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di Polveredigente
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** I know, maybe no, but surely. ***
Capitolo 3: *** This is heaven or hell? ***
Capitolo 4: *** I wish it were a dream but it's my life. ***
Capitolo 5: *** Come on .. is another world! ***
Capitolo 6: *** Drunk of me. ***
Capitolo 7: *** All I want is the taste that your lips allow. ***
Capitolo 8: *** Thinking of you. ***
Capitolo 9: *** It isn't pleasure but necessity. ***
Capitolo 10: *** Why I am so happy? ***
Capitolo 11: *** Run together. ***
Capitolo 12: *** Love sucks. ***
Capitolo 13: *** Shudder. ***
Capitolo 14: *** Empty. ***
Capitolo 15: *** And kiss him. ***
Capitolo 16: *** Time is never on our side. ***
Capitolo 17: *** Pensa sempre a me, io penso a te. ***
Capitolo 18: *** Fire. ***
Capitolo 19: *** Freefall. ***
Capitolo 20: *** Everything leads to you. ***
Capitolo 21: *** Light. ***
Capitolo 22: *** Love is everything. ***
Capitolo 23: *** It's a silent night in Bristol. ***
Capitolo 24: *** I remember us. ***
Capitolo 25: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Prologo. 











E' una notte silenziosa ad Hamilton.
Una solita e nevosa notte nel cuore del Canada.
Il mondo tace, solo qualche animale lontano rincorre la propria preda, un ululato squarcia il silenzio, chi rivedrà la luce del sole?
Io scommetto sul più grande, qualsiasi cosa sia.
E' una notte silenziosa ad Hamilton.
Il buio avvolge la città ma fiocchi bianchi e lenti attraversano il cielo.
E' la prima nevicata in Ontario, la prima nevicata dell'inverno, e nessuno la sta ammirando.
Nessun bambino con il naso schiacciato contro il vetro appannato di una casa al terzo piano.
Nessun gridolino eccitato di una ragazza contenta che guarda fuori dalla finestra sperando che la scuola rimanga chiusa.
Nessun battito accelerato nel caldo soffocante di una camera d'albergo stracolma d'amore.
E' una notte silenziosa ad Hamilton.
Tutto è buio, tutto è spento, tutto è fermo.
Solo una luce è accesa, solo una casa è in subbuglio, solo un cuore batte frenetico.
Una ragazza dai capelli color del grano fa le valige.
Continua a metter roba in una valigia già piena, tira disordinatamente roba che non le servirà mai più.
Trasloca. Di notte. Un trasloco all'oscuro di tutto, di tutti.
Annusa distrattamente l'aria prima di chiudersi la porta alle spalle, non ha molto da portare via, una lacrima le solca il viso, ma non pare accorgersene.
E' una notte silenziosa ad Hamilton.
Il sorriso della ragazza è spento ma continua a sorridere piano e a muoversi frenetica,  l'energia è sparita dal suo corpo minuto, l'allegria è morta dissipandosi in un cumolo di cenere, ma la cosa più spaventosa sono i suoi occhi.
Contengono la morte, la tristezza, l'orrore. 
Il suo viso si scontra con uno specchio ed il ribrezzo non si disegna nemmeno per un secondo sul suo viso, gli occhi vacui assumono minuto dopo minuto un colore grigiastro tremulo e insignificante.
Come la fiamma debole di un fuoco che sta per estinguersi, ma che si risveglierà, rinascendo da quelle ceneri.
Ragazza combatti, non è il tuo destino, combatti… Non riusciranno mai a renderti insignificante, non per sempre.
E' una notte silenziosa ad Hamilton ed una ragazza è pronta a cambiare vita, ancora una volta, ma lei non lo sa.
Lei anche questa volta vivrà, ma non sarà per sempre.







Salve persone! 
Questa è la prima storia che pubblico,e  lo sto facendo solo sotto minacce pesanti. 
E' solo il prologo e quindi so benissimo che potrebbe anche non dirvi nulla, ma spero che vi incuriosisca almeno un minimo, così da farvi leggere anche il primo capitolo. 
Chiedetemi qualsiasi cosa, ditemi tutto quello che pensate e prendetemi anche a parolacce, accetto tutto. 

Grazie. 

-Allen

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Capitolo 2
*** I know, maybe no, but surely. ***


I know, maybe no, but surely.
 
So cosa sei.
 
Stringo tra le dita il pezzo di carta stropicciata, non riconosco nemmeno la mia scrittura deformata da tutta la pressione che ho scaricato sulla penna, ma che sento ancora scorrermi nelle vene. E' stato uno dei momenti più lunghi della mia vita, come se l'inchiostro si rifiutasse a collaborare, come se la penna non accettasse quelle idee sconnesse che mi vorticavano in testa e che avevo intenzione di confessare al mio compagno di banco.
Che poi quali idee? Come sono arrivata a quella conclusione inverosimile?
Dove avrei preso il coraggio per dirgli che avevo passato ogni secondo dell'ultimo periodo a pensare a lui e a cosa fosse in realtà?
Fisso ancora quella scritta in caratteri tremanti e incerti, come se quelle parole fossero il muro traballante che divide il Mondo dalla verità, dalla verità che si nasconde dietro alle labbra rosse e carnose che ho continuato a sognare ogni notte, a bramare con assoluta insistenza nei momenti di lucidità.
Chiudo le mani a pugno accartocciando anche quello stupido pensiero che mi ha rovinato giornate intere e serro gli occhi stanca di quella dannata situazione, di quella maledetta lezione, di tutto quel parlare continuo...stanca.
Il silenzio per un attimo mi avvolge e sento la terra mancarmi sotto i piedi, il sorriso spuntarmi in volto e le mani rilassarsi, come a volere abbandonare quel pensiero, quel chiodo fisso che è diventato quotidiano.
E per un attimo solo per una frazione di secondo sono tra le sue braccia, non curante delle mie teorie, delle mie paure, delle notti passate a leggere storie impossibili, e di tutti gli incubi che mi investono ogni volta che riesco a prender sonno, esausta.
Sono qui, al caldo, stretta a lui.
Incurante del Mondo.
Sarebbe mai successo? Avrei mai potuto bearmi del suo profumo e della sua stretta, ma soprattutto del suo amore?
Un sospiro mi riporta alla realtà, spalanco gli occhi stizzita come se avessero interrotto il migliore sogno di sempre, l'attimo più rilassante di una vita intera, ed incontro i suoi occhi.
Non dovrebbero essere cosi caldi, non dovrebbero essere cosi grandi, non dovrebbero essere cosi profondi, e non dovrebbero essere cosi vicini.
"Ehi bella addormentata vuoi per caso una coperta?" Sussurra sorridente a pochi centimentri da me, la guancia appoggiata alla mano grande e le dita affusolate a stuzzicarsi l'orecchio, il gomito troppo vicino alla mia mano aperta sotto la quale si nasconde il mio segreto, che di mio non ha proprio niente. Il suo segreto.
Fermo non essere cosi insistente, non essere cosi perfetto, non essere cosi Adrian.
"Cosa? No, ero solo soprappensiero. E sono stanca, questa maledetta pioggia non mi fà chiudere occhio." Concludo i indicando i nuvoloni neri che continuano a oscurare il cielo da giorni, ogni tanto dorvrei prender sul serio in considerazione l'idea di fare l'attrice, riesco a fingere e a inventar balle troppo facilmente.
"Venendo a Bristol cosa ti aspettavi di trovare? Forse il sole perenne?" Chiede curvando le labbra e scoprendo i denti bianchi e perfetti.
Smettila di analizzare ogni suo particolare, ogni suo gesto, ogni suo dettaglio.
Ti farai del male molto presto, e sarà troppo questa volta, no Hope? 
"Si" continuo ridacchiando "speravo di abbronzarmi un pò sai? Il pallido stanca." 
"Guardami." Dice indicandosi senza vergogna"Il pallido non stanca mai."
Oh diamine lo so bene, non ricordarmelo ogni secondo, non può stancare, soprattutto quando hai la pelle più bianca di questo mondo che invita chiunque la veda a sfiorarla, ed adesso la tua guancia è solo ad un palmo da me.
"Melek" rimarco cercando un minimo di lucidità" Hai dimenticato per caso la modestia a casa?" Lo sento soffocare una risata mentre i miei occhi guizzano sul professore che continua insistente a parlare..chi lo starà ascoltando mai?
"Mi dispiace Hope, ma la parola modestia nel mio dizionario non c'è mai stata." Grazie al cazzo Adrian, quando sei paragonabile ad un dio greco non serve la modestia per vivere.
"Mh"mugogno poco convinta" Dovresti chiedere al tuo spacciatore di procurartene un pò, sai fà bene." Vedo un lampo attraversargli gli occhi ed il mio cuore perdere un battito, perchè quegli occhi mi attirano con la stessa forza con cui mi respingono? E perchè non riesco a rimanere indifferente a tutto questo?
"Non ne ho bisogno, e poi sai che la mia spacciatrice sei tu."Conclude mettendo la sua mano enorme e bianca come il latte sulla mia piccola e sudaticcia. 
Un momento di piacere, di assoluto e infondato piacere, e poi sento il cuore accellerare la corsa, la pelle avvampare e la bocca seccarsi.
Poi lo sento respirare forte, come se fosse l'ultimo respiro prima del nulla, l'ultimo raggio di sole prima buio, e sotto le nostre mani intrecciate il nostro segreto inizia a bruciare.
"Lo so bene, come potrebbe essere altrimenti?" Mi fissa ancora sorridente ma adesso porta la sua mano sul libro di storia lasciando la mia sola, che chiudo immediatamente a pugno.
Automaticamente sorrido scutendo la testa, e faccio la grande cazzata di guardarlo negli occhi e soffermarmi sulla sfumatura incredibilmente azzurra che oggi i suoi occhi hanno deciso di rubare al cielo, ma non il semplice celeste quello che trovi ovunque, no. Quell'azzurro quasi perfetto, quello dei colori a pastello, non quello che finiva sul foglio,quello sbiadito e smunto, ma quello brillante e vivo,quello talmente chiaro da far paura, quello impossibile da trovare negli occhi di nessuno, tranne nei suoi.
Come può un essere umano avere gli occhi di un azzurro cosi intenso, ipnotico?
Come può distruggere e ammaliare ogni cosa che i suoi occhi individuano?
Come può semplicemente essere meglio di chiunque altro e sorridermi beato dal banco di una stupida aula?
Come può essere solamente un essere umano?
Nulla è perfetto, Hope, hai forse dimenticato tutto? Nulla è perfetto, il male si nasconde ovunque.
Lo so, ed il male in questo momento è il foglietto di carta stropicciato e accartocciato che brucia sotto nel palmo della mia mano.
Continuo a fissarmi la mano e dei brividi mi percorrono la schiena, ma stanno diminuendo, non mi sta toccando più, sto bene, sto bene.
Cosa fare adesso?
Le idee ci sono, le convinzioni pure, e anche le prove.
Ma mi manca il coraggio, mi manca la forza di prendere il mio amico- quella parola mi fà quasi ribrezzo, l'amicizia non è mai stata nei miei piani non c'è momento il cui la mia mentre abbia associato il suo nome ad un semplice amico - e scuoterlo, dirgli che sono malata, che la mia mente è piena di immagini sconclusionate, senza senso, associabili più ad un film horror che alla vita di una semplice adolescente, dirgli le mie teorie, spiegargli che ci sono arrivata con tanto lavoro, con notti passate a cercare e a leggere racconti su essere non umani, lui mi guarderà spaventato, inorridito, e scapperà via da me.
Lo guardo ammaliata, cosa può legarmi a lui?
Cosa mi ha attirato in un modo talmente irrefrenabile e sbagliato?
Dire tutto sarebbe troppo da ragazzina innamorata?
Sogghigno piano respingendo quella parola con forza, io non sono innamorata, non posso esserlo, perchè tra di non non c'è mai stato nulla...
 
Oltre tutte le battutine, gli sguardi, le carezze, e poi quella volta..
 
Una folata di vento mi scompiglia i capelli e i miei occhi si vanno a posare automaticamente sulle mani piccole e magre, le nocche sono bianchissime, quasi trasparenti e continuano ad aggrapparsi a quel pezzo di carta come se fosse l'unico filo invisibile che le lega ancora al mondo della vecchia Hope, al Mondo normale.
E con uno scatto repentino le mani si aprono, le nocche riprendono colore e sento immediatamente la tensione che era racchiusa nei mie pugli librarsi nell'aria..il foglio batte sotto la mano distesa.
Batte la testa in modo sconesso, squilibrato.
Batte il cuore, troppo veloce per contarne i battiti.
Batto io, percorsa da brividi troppo insistenti per essere ignorati.
"Hope? Hope? Cosa diamine succede?" La sua sedia scricchiola, girandosi rapida verso di me, e quasi urla paonazzo, ma a me la sua voce arriva lontana quasi ovattata.
Lo guardo.
Guardo la mia mano.
Ed in un momento troppo breve il foglio passa dal mio banco pieno e caotico sul suo banco, le mani mi finiscono in grembo, ed inizio a torturarmi le labbra senza pietà.
I suoi occhi prima non si posano sul foglio, lo trapassano come se non vedessero nulla, come se non ci fosse stato nulla, e poi quei laghi lo individuano. 
Adesso l'acqua ribolle, si rincorre, si gela.
E un'ondata di ghiaccio mi travolge.
"Seguimi."Sussurra questo comando al mio orecchio, con una voce talmente roca da sembrare un ringhio trattenuto, lo guardo spaesata.
E mentre si alza brusco dalla sua sedia sento risuonare lontana la campanella, l'ultimo suono reale prima che le mie orecchie vengano invase dal rumore assordante dei battiti del mio stesso cuore.
 
Sento le sue dita stringersi violentemente intorno al mio polso, continua a strattonarmi tra la gente incurante di ogni cosa, come se ci fossimo solo noi due, e quelle maledette parole.
Come ho potuto anche solo pensare di scriverle?
Come mi è venuto in mente di andare a dire a Adrian quelle cose?
A Adrian non a chiunque altro. 
Adrian che c'è sempre stato in quei mesi, nel suo modo bizzarro, scostante, quasi maleducato, ma c'era sempre.
Un sorriso.
Una frase.
Ma Hope Evans, quella nuova e allegra, quella vera e nascosta, sa di poter contare su Adrian Melek come ci si fida di un vecchio amico:non lo si sente tutti i giorni, non sa tutto di te, e forse tu non sai nulla di lui, ma sai che un abbraccio non ti verrà negato mai, non da lui,perchè lui per te c'è.
Non voglio pensare, pensare fà male, la testa pulsa, il cuore batte con troppa insistenza, le sue dita sono ancorate al mio polso, quasi contente di farmi male, ed Adrian ignora le mie proteste, ignora i miei tentativi, ignora ogni cosa che io tenti di fare.
Mi ignora come non ha mai fatto, anche quel primo giorno riuscì a catturare la sua attenzione, cosi per caso, per sbaglio, mentre adesso, dopotutto...mi ignora.
Vado a sbattere distrattamente ad un ragazzo, non ho il tempo nemmeno di scusarmi, di dire che non l'ho fatto apposta, che è solo la foga del momento che vengo strattonata ancora verso il cancello della scuola, intrevedo tutto il verde che all'inizio mi aveva quasi spaventato, ma che lui mi ha fatto conoscere, mi ha fatto amare.
E gli occhi mi si riempiono di lacrime, non di dolore per la mano che inizia a chiedere, ad implorare pietà, non per il freddo acuto che mi ha quasi raggiunto, ma solo perchè tutti i ricordi accumulati in questi mesi hanno iniziato a vorticarmi in mente, a rimbalzare contro le pareti della mia testa, ancora e ancora, a battere.
Ricordi.
Mi ero ripromessa che qui in Inghilterra non avrei creato legami, che non mi sarei aperta con nessuno, perchè alla fine ogni sentimento porta sofferenza, porta dolore ed io sono stanca di stare male, ho sofferto troppo, e continuavo a sopravvivere credendo di non poter essere felice, di non meritarmelo.
Poi sono arrivata in questa maledetta città e ho sentito che non avrei mantenuto la parola.
"Adrian, Adrian mi fai male!" Basta Adrian basta, lasciami, mi fai male, non è da te, questo non sei tu. Basta. Vorrei urlare, scappare, liberarmi ma mi esce solo un rantolo sussurrato.
"Zitta" Dice, e stavolta non mi sbaglio, è un ringhio soffocato tra i denti, accompagnato dal peggiore dei suoi sguardi. Le acque tiepide che mi hanno accompagnato per tutti questi giorni possono immediatamente gelarsi? Ed essere cosi fredde, gelide ed incredibilmente spaventose? Un brivido mi percorre la schiena..Ho mai avuto paura di Adrian?
Nonostante tutto quello che so?
Il vento mi sferza il viso e mi scompiglia i capelli, la stretta si fà più forte e si ferma per un secondo solo, come se avesse bisogno di capire cosa stesse succedendo.
Giusto, cosa succede?
Paura di essere scoperto? 
Paura che qualcuno ti chieda come ti permetti di trascinare fuori al freddo una ragazza, come tu possa obbligarla a seguirti?
Tranquillo, non succederà, nessuno ti farà questa domanda, non con il cognome che ti ritrovi e soprattutto non quando tutti sanno cosa fai con le ragazze.
Sospiro, non sono una di quelle ragazze.
Ed ecco i suoi occhi travolgermi, come se non bastasse, come se non fosse abbastanza non sentirsi più la mano, come se non volessi sparire con abbastanza forza perchè mi ha portato al nostro lago, e sento quasi riecheggiare le nostre risate, le nostre parole, sento diventare sempre meno definiti i contorini di una bella amicizia,come se non percepissi abbastanza nell'aria l'impazienza di parlare accompagnata dalla paura di sbagliare, l'ansia di sapere mischiata a quella di perdere.
Come se tutto questo non bastasse a confondermi, i suoi occhi iniziano a scavare nella mia anima, e mi rendo conto di non poter fare nulla.
"Adrian" Dico piano, la mia voce sembra lontana, sbiadita, dai contorni confusi.
"Hope." Dalla sua voce invece traspare quasi disappunto, come se lui non volesse essere la, come se non contasse nulla lui in tutto questo.
Mi guarda negli occhi, quasi con sfida, un mezzo sorriso gli compare in volto, gli occhi prima fermi, severi, cattivi, si sciolgono, le acque diventano limpide, calde, invitanti e si poggia al tronco di un albero quasi ricoperto di muschio, come se non ci fosse situazione più facile al mondo.
La gamba piegata, i jeans stretti che gli fasciano ancora i muscoli contratti, il braccio lasciato lungo il fianco, e l'altro proteso verso di me, come una radice scivolata fuori dalla statua perfetta che tante volte si era creata in quel boschetto.
Quante volte ero caduta nella convinzione che fosse perfetto?
Fin troppo perfetto?
O meglio, che lo sia tutt'ora?
E proprio da questa convizione sono partite le idee strane, le notti insonni, gli incubi ricorrenti.
"Adrian" Scandisco il suo nome con una pazienza ritrovata, come se fosse tutto normale, tutto tranquillo "vorrei sapere come ci si sente ad avere una mano."
"Hope" E' diventato quasi un gioco, a chi ostenta più calma. " Prima vorrei sapere cosa sono."
Gelo. 




Salve persone!
Okaaaaay gente siamo già al primo capitolo e non mi aspettavo tante persone, solo per il prologo poi!
Questo capitolo l'ho partorito qualche mese fà e seriamente non so se possa piacervi o incuriosirvi, è ancora tutto confuso, parecchio ma almeno è più lungo.
Secondo voi cos'è Adrian?
Ditemi sempre la vostra, in ogni caso, mi raccomando.
Ah e poi voglio ringraziare le mie donne che mi hanno quasi costretto a pubblicarla e che continuano a supportarmi!
Grazie a tutte..e buona lettura!
 
-Allen

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Capitolo 3
*** This is heaven or hell? ***


 This is heaven or hell?
 
 
Gelo.
Lui è ancora qui sereno, sorridente, pacifico.
Io sono qui, e mi sento morire dentro.
"Adrian" Il fiato mi manca, l'ansia mi è scoppiata dentro "era un gioco, una cazzata. Scherzavo. " Non mi crederà, ma devo far finta di crederci anche io, era un gioco.
"Hope" Sorriso rimarcato, occhi ancora più convincenti "conosco le tue cazzate" Sospira come ricordando momenti passati e migliori " Eri seria. E non ti lascerò fino a quando non mi dirai le tue teorie." Si sofferma ghignando sull'ultima parola. 
Si,Adrian cosa c'è da ridere?
Teorie.
Come se fosse facile ammettere ad alta voce ciò che ho fatto per tutto questo tempo, come se fosse facile fare uscire dalla mia testa il fiume di pensieri sconnessi che si rincorrono, come se fosse facile dire al ragazzo di fronte a me, che ti guarda bello come un dio e divertito come un bambino, cosa penso che lui sia.
"Adrian" La voce mi muore in gola, però sento l'adrenalina nelle vene, come se dovessi scappare, fuggire, ma le gambe mi rimangono incatenate al terreno, attratte da quella situazione come spaventate. " Tu non sei umano."
"Oh, questo lo so anche io." Sputa per niente turbato, non mi aspettavo una risposta cosi semplice, immediata, schietta.
"So cosa sei." Secca, stizzita. Non ho paura, sono semplicemente terrorizzata, ma ormai non si torna più indietro, vero?
"Si Hope, avevo capito anche questo."
"So cosa sei." Ripeto ancora più convinta, ancora una volta, come un disco rotto che ricorda solo quello di una vita intera.
Ed esce dalla tasca quel foglietto malconcio, quasi dilaniato da tutti quei sentimenti,unica valvola di sfogo di un mondo impossibile, e lo fissa, poi se lo passa tra mani incerto. 
"Mh, forse pensi di saperlo." Di nuovo quell'occhiata stizzita, come le acque che si infrangono contro gli scogli in una giornata di metà agosto, insistenti e fastidiose."Si Hope, lo pensi." Ghigna divertito, annuendo alla sua stessa affermazione.
In me adesso sparisce la paura, il terrore,adesso sento nascere solo l'orgoglio, si fà viva la voglia di averla vinta e sento l'impellente bisogno di dimostrare a  lui la mia verità.
Mi ritrovo a guardarlo come stregata, so cos'è, dovrei essere terrorizzata da singola cellula del suo corpo eppure non riesco ad avere paura di lui, il mal di stomaco e le gambe molli non sono proprio sintomi di paura, anzi..
Mi soffermo sul collo lasciato scoperto:bianco, candido, ti invita semplicemente a toccarlo, ad accarezzarlo, a baciarlo.
E quasi inconsciamente mi avvicino al mio obbiettivo, accontentando tutte le mie voglie, i miei piedi si muovono da soli verso quell'incavo perfettamente bianco dove la mia testa si incastrerebbe benissimo.
 
Basta Hope, che dici?
Contieniti un minimo,grazie.
Vuoi un fazzolettino?
 
Rido, la mia testa, il mio inconscio non può maltrattarmi in questo modo, non può venirmi contro con tanta facilità, non è assolutamente normale.
Dovrebbe stare zitta, cioè non dovrebbe proprio esserci.
Un'altra risata risuona nell'aria e sento due pozzi di cielo posarsi su di me, la presa intorno al mio polso si allenta leggermente ed i miei occhi rimettono a fuoco la situazione. 
Sono vicinissima ad Adrian, sento il suo respiro caldo sfiorarmi il viso con insistenza, e non m'importa di niente, l'unica cosa sono quei pezzi di cielo incastonati in quel viso meraviglioso che mi fissano e cercano di scavarmi dentro, di leggermi..e arretro spaventata.
Un passo indietro intimorita da tutto quell'azzurro, da tutto quel profumo misto di liquirizia, vaniglia e sigaretta, da tutto quell'Adrian...un passo indietro.
E la stretta adesso è salda come non mai.
Il cuore batte in maniera sconsiderata, smaniosa, con l'impellente bisogno di uscire dalla cassa toracica e farsi vedere dal mondo.
 
Scappa.
 
Non è paura, il cuore è impazzito, ma non di paura.
E non scapperei.
Anche se potessi, non lo farei mai, sono ancorata qui come una vecchia nave è ancorata al proprio porto da un qualcosa di più forte.
Portatemi via o lasciatemi morire qui, da soli, io e lui.
 
Finirà cosi lo sai benissimo, ormai.
Ti va bene morire?
 
Non mi importa.
"Allora dobbiamo aspettare tanto?" La voce si fà più brusca, come se sia riuscita a scappare da sotto la maschera di gelo che si è creato intorno."Attendo con ansia l'illuminazione." 
"Sai dove te la ficchi l'illuminazione?" Non me ne frega nulla.
"Si, ne ho una vaga idea. Ma adesso parla." E quelle parole suonano inesorabili, decisive, avrei parlato.
"Adrian lasceresti prima la mia mano?" La mia voce assume un tono quasi supplichevole, i suoi occhi sono ancora limpidi e tranquilli ma la presa è ferma impercettibile ma sicura.
"No, poi scapperesti via."
Un piccolo sorriso mi sorge spontaneo, lui non lo sa che non scapperei lontano da lui nemmeno se avesse un coltello in mano?
"Non scapperei, sono mai scappata?"
"Non ancora, ma potresti farlo presto. Solo se sapessi.." I suoi occhi si velano per un istante di qualcosa di buio, triste e in qualche modo pericoloso.
Sento i brividi nascermi sul collo.
 
 
Corri Hope, corri lontano e prega Dio che non ti trovi mai più.
 
 
"Io so. Pelle diafana e incredibilmente bianca. Occhi cangianti: delle volte sono di un blu spaventosamente intenso, delle volte azzurri come il cielo, o ancora trasparenti come il ghiaccio. Sei più forte di chiunque altro. E hai una velocità disumana. Sei bello, bello da star male. E delle volte sembri sprofondare in un mondo tutto tuo, quasi perso in te stesso. Sparisci per giorni interi, poi riapparti come se nulla fosse e non accetti domande. Respingi chiunque voglia sapere qualcosa in più su di te e allontani tutti, inevitabilmente. " Lo butto fuori tutto d'un fiato. Non ci credo. L'ho detto. 
"Non ho mai allontanato te. " Gli ho sputato addosso tutti i miei pensieri, tutti i miei dubbi, tutto. E lui mi risponde cosi? 
" Ah" Si schiaffeggia la fronte con una mano, quasi con violenza " Pensi che sia cosi bello?"
"Adrian." Cazzo ti prenderei a schiaffi e ti rovinerei quella bella faccia che ti ritrovi.
"Non ti ho mai allontanato, mai."
"Perchè non ho mai fatto domande. E non ho mai chiesto di più." Le parole adesso spariscono tra il vento. Di più, di più. Avrei voluto di più da quel giorno in cui spaventata ed impaurita arrivai a scuola e dopo aver passato delle ore d'inferno, in mensa vidi la sua figura pallida e terribilmente perfetta venirmi incontro, mi tese la mano e si presentò semplicemente.
"Ciao, benvenuta. Qui in Inghilterra non sono tutto cosi maleducati da lasciare anche a pranzo da sola la nuova arrivata, solo la maggiorparte. Io sono Adrian Melek, piacere."
Volevo sprofondare, ero nella merda fino al collo pensai: era il ragazzo della sera precedente?
"Si, sono il tipo al quale hai dato del deficiente, indovinato."
E da lì è iniziato tutto, da quel giorno desidero di più ma non ho mai chiesto niente.
"E allora cosa sono?" La sua voce mi fece ritornare velocemente al presente.
"Adrian." Un sussurro paragonato alle urla che mi gridano in testa di scappare, ma sembra che sia l'unica cosa che sappia dire: ripetere il suo nome all'infinito, come se farlo potesse rendere le cose credibili.
"Oddio forse ho capito." I suoi occhi si illuminano di una luce nuova, ma che mi sembra fin troppo conosciuta, e mi lascia il polso di slancio come se fosse la come meno importante di questo Mondo.
Il suo fiato si posa sul mio collo, le mani si poggiano sui miei fianchi solo per un attimo, come per assicurarsi che non provassi a scappare, e poi vanno accanto ai fianchi, inermi.
La mia testa scatta all'indietro, cosa succede? Ho bisogno dei suoi occhi.
"Shh, ho capito Hope." Un sussurro al mio orecchio, che mi destabilizza. 
"Adesso chiedimi di cosa ci nutriamo." La voce roca mi graffia, poi scoppia a ridere sommessamente. " Dio, scusa. Il ruolo del vapiro bello e tormentato mi va un pò stretto."
"Cosa?" Sono di fronte a lui, le mani di entrambi lungo i fianchi, le mie strette a pugno, le sue rilassate mentre ride senza contegno. 
"Pensavi seriamentehe fossi un vampiro?" Il cielo è racchiuso in quegl occhi lucidi che adesso mi fissano divertiti e seri allo stesso tempo.
"Adrian." Non so dire altro, non riesco a pensare altro che non sia il suo nome associato a tutte le puttanate che ho letto, cercato, studiato. 
Sento la terra tremare sotto i miei piedi. 
Cosa ho detto? Cosa ho fatto?
Ho detto ad Adrian che è un vampiro.
Come ho potuto anche solo pensarlo? Il solo fatto che sia bello e che il suo tocco mi mandi in visibilio puo' avermi portato all'idea che fosse un vampiro? 
La pioggia mi fà male, l'umidità mi manda il cervello in tilt, non sono fatta per Bristol.
Il Mondo gira. 
Il mondo freme.
Il Mondo pulsa.
"Sono seriamente una stupida." 
 
La prima frase di senso compiuto dopo quanto?Un'ora, forse?
 
Lo vedo aprire la bocca come per dire qualcosa e poi richiuderla subito, non puoi dire nulla per farmi sentire meno rincoglionita.
"Un po'." Si gratta la testa, non lo sto nemmeno ad ascoltare. "Parecchio forse, ma non importa piccola. "
"Non sei un vampiro?"
Cado sulla panchina bagnata senza una giusta causa..questa notizia dovrebbe farmi felice, eppure cos'è questo senso di smarrimento?
"No Hope, certo che no. I vampiri non esistono, o meglio non quelli che conosci tu."
Stizzito si accende una sigaretta e inizia a borbottare una serie indefinita di parolacce con in mezzo la parola vampiro.
"Adrian? Scusami.. non so cosa mi sia preso." Rido portando le gambe al petto e appogiandoci sopra il mento. 
"Tranquilla, non preoccuparti proprio. Ma io sono più bello di qualsiasi vampiro chiaro?" Un meraviglioso sorriso gli compare in volto, e alza un soppraciglio guardandomi di traverso. Il solito Adrian.
Avrei mai potuto rimediare? Sarebbe stato mai più come era fino al giorno precedente?
"Fammi fare due tiri cosi mi calmo un pò." 
"Fumi?"La sua espressione passa dal sorpreso all'arrabbiato nel giro di un secondo."Fa male Hope." Mi fissa accigliato e vorrei alzarmi e urlargli in faccia di passarmi quella maledetta sigaretta.
"Da uno con la sigaretta accesa ed il fumo ancora tra i denti mi sembra tanto una presa per il culo." Mi limito a dire calma sporgendomi verso di lui. Ma cosa vuole fare adesso?
"Se lo sapesse Helen mi ucciderebbe." Dice guardando il cielo e spegnendo la sigaretta con il piede.
Helen? Una fitta al petto che poi si propaga velocemente per tutto il corpo... Helen Helen Helen.
Sento le lacrime combattere per uscire e il cuore pulsare frenetico.
Chi è Helen?
E perchè tutto questo? 
Una serie di voci sconnesse mi balzano in testa, immagini sconclusionate schizzano dentro i miei occhi e nelle orecchie sento il ripetersi famigliare di una frase in una lingua sconosciuta.
Helen. 
Aiutatemi posso affogare in questo mare di ricordi.
Ricordi, si, ma di chi?
Non conosco nessuna Helen, nessuna donna con questo nome mi ha mai lasciato questo vuoto nel petto, nessuna donna mi ha mai lasciato tutta questa malinconia, nessuna Helen per lo meno.
Mi alzo di scatto e le mie mani corrono al suo petto.
"Adrian chi cazzo è questa Helen?" Lo vedo serrare le labbra e socchiudere gli occhi. "Dammi una risposta cazzo!" 
"Nessuno Hope, nessuno di importante. Credimi." 
Non posso credergli, non quando sento le lacrime fuoriuscire dagli argini..e corro.
Corro lontano da tutto questo.
Da Adrian che mi guarda con gli occhi sbarrati. 
Dall'acqua increspata del laghetto.
Dagli uccellini che cinguettano felici appollaiati sugli alberi. 
E da quella voce lontana che mi rimbomba nelle orecchie.
I piedi si muovono veloci, devono andare lontano, indipendenti, nella foresta, ovunque, da sola, corro come a voler scappare da quella verità, da quelle lacrime.
Adrian continua a fissarmi, muove una mano e poi un piede nella mia direzione, poi si blocca di colpo. 
Non mi seguirà, sa come sono fatta, ho bisogno di stare da sola, per calmarmi.
Corro, corro nel cuore di quel bosco che spesso ci ha sentito ridere e scherzare, mentre adesso ascolta solo i miei singhiozzi spezzati e il battito sfrenato del mio cuore. 
Scappo, scappo come ho sempre fatto, corro, corro lontano da quella verità nascosta che mi umilia, piango,  piango per rabbia, malinconia, tristezza?
Non capisco cosa sia questo senso di assoluta solitudine.
Sono sempre stata sola sempre, e sto bene cosi.
Sono forte.
Eppure adesso continuo a piangere a causa di uno stupido nome, di una sconosciuta, di una tristezza che mi porto addosso senza motivo alcuno.
Per non parlare del fatto che qualsiasi cosa mi passi per la testa debba per forza uscirmi dalla bocca.
Stupida, stupida bambina.
Corro, corro, continuo a correre mentre una leggera pioggerellina filtra attraverso gli alberi e le gambe iniziano a farmi un male cane.
Corro, le lacrime scorrono senza senso e non riesco a fermarle.
Corro, stralci dei sogni che mi hanno accompagnato per una vita intera mi sfilano davanti. 
Corro, mi sono persa, lo sento, ma non m'importa.
Corro, le gambe mi cedono e sprofondo nel terreno umido, preda dei singhiozzi.
Perchè piango, perchè decido di farmi del male inutilmente?
Non decido nulla io, è il mio corpo a reagire, ad ansimare, a singhiozzare, a tremare.
Gli occhi si chiudono e mi sento avvolgere da uno stato di torpore improvviso, la voglia si scappare è sparita, voglio solo stare qui e pensare.
E come un film ripescato da chissà quale repertorio il mio cervello porta a galla un sogno nitido e famigliare, che ha infestato le mie notti per settimane intere e poi è sparito.
Mi lascio andare a quel sogno, perdendo ogni forza e semplicemente rimanendo ferma a guardare con le palpebre chiuse e la pioggia addosso, ma lontana.
Dormo, sogno, divento matta.
Non lo so che succede, ma sono tra le sue braccia.
Siamo io e lui, mi stringe al petto ed il rumore del mare è vicino.
Sono felice.
 
"Sono un'emerita testa di cazzo, credo sia la prima volta che dica una cosa del genere ma sono un coglione." Una voce mugugna queste parole, ma sono lontane, attutite dal rumore del mare, del vento, delle grida dei gabbiani. Prendo un respiro profondo e sento che non siamo a Bristol, probabilmente non siamo nemmeno in Inghilterra, l'aria è pulita, calda ma non umida e c'è un profumo che non sento da tempo, il profumo del sole. Apro gli occhi in cerca di tutto quello splendore, ma proprio quando provo a mettere tutto a fuoco i bordi dei miei occhi iniziano a tremare, l'orizzonte inizia a sbiadire e tutto cambia. Il sogno, l'aria, la brezza non è più leggera e piacevole ma pesante e fredda, non sento più il sole sulla pelle ma sono comunque al caldo.Ma soprattutto le braccia intorno a me sono più forti, più sicure, il suo respiro è incandescente sulla mia guancia e tutto in lui mi sembra reale, dalle sue parole, sfontate e sicure, al suo modo di tenermi stretta. E' tutto più vero.
Spalanco gli occhi di scatto, il sogno, la foresta, le lacrime, i singhiozzi, la scuola?
Tutto ciò che il mio sguardo è in grado di percepire è il cielo.
Azzurro, limpido, sgombero da qualsiasi nuvola e vicino.
La testa si inclina automaticamente verso il basso.
Sono al di sopra della città, tutto da qui sembra piccolo e insignificante.
Un capogiro mi colpisce in pieno mentre i miei occhi sbarrati fissano quello spettacolo meraviglioso. 
E ancora una volta succede tutto troppo velocemente ed i miei occhi adesso si chiudono violentemente, la testa martella in modo spasmodico e le forze sgusciano via da me.
Cosi mi lascio andare al suono ritmico di due cuori che battono vicini accompagnati dal un fischio delicato che risuona in cielo, il vento viene strappato e sono in paradiso, ma cos'è questo caldo?




Ed ecco a voi il secondo capitolo!
So che per molti può sembrare ancora parecchio confusa, ma si chiarirà parecchio nei capitoli seguenti.
E questo vi piace? Spero di essere riuscita a farvi sentire tutta la confusione provata da Hope.
Ditemi sempre la vostra in ogni caso, mi raccomando. 
Prima di sparire ringrazio sempre le mie ragazze che mi danno il coraggio di postare, coraggio che purtroppo a me manca. 
Grazie a tutte..e buona lettura!
 
-Allen

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Capitolo 4
*** I wish it were a dream but it's my life. ***


I wish it were a dream but it's my life.
 
 
"Fermo, fermo. Non lasciarmi qui da sola. Non di nuovo." Le mie mani si aggrappano forsennate al buio che mi circonda e non trovano nulla, nulla se non quella luce lontana e fredda ed il silenzio più assordante. 
"Fermo" Continuo ad urlare, ma non sono io a farlo, io non voglio. Io non so nemmeno a chi sto pregando di restare, sono immobile, avvolta dalle tenebre e stringo i denti per non piangere, può un sogno fare tanto male?
Un buco mi dilania il petto e non capisco il perchè, va tutto bene, è tutto un sogno, va tutto bene.Un lampo soffuso illumina lo squarcio di oscurità dove sono caduta e gli occhi scattano immediatamente, solo adesso riesco a spalancare gli occhi rilassata.
Un altro sogno, un altro incubo. 
La solita routine, la solita vita.
Ma un attimo, la scuola, la dichiarazione, le lacrime, la foresta facevano parte dei miei soliti appuntamenti con la fantasia?
Una serie semplicissima di incubi.
Tutta pura illusione. 
Lo sguardo si perde fuori, fuori da quella casa, fuori da quella vita,la finestra aperta è solo la porta verso il mio mondo interiore: il cielo è cupo, piove fitto, e solo i lampi e i tuoni riescono a scuotere l'oscurità.
Buio fuori.
Buio dentro.
Buio ovunque.
Mi guardo intorno in cerca di qualcosa di famigliare e cosi i miei occhi vengono catturati da un luccichio metallico: il mio cellulare.
Un oggetto cosi semplice e quotidiano che quasi scoppio a ridere, ci sono ancora cose semplici nella mia vita?
Che poi sogno o realtà, io quasi quasi non ricordo più nemmeno il mio nome, è stato tutto un sogno mi continuo a ripetere, ma nemmeno io ci credo del tutto.
Mi avvicino alla scrivania ancora mezza addormentata, dove il cellulare è appollaiato sulla giacca a vento blu ben ripiegata,posata sui jeans e la maglietta bianca che indossavo stamattina, la stessa del sogno.
Tutto quest'ordine mi lascia per un momento stranita, questa casa di solito è uno schifo, io sono una disordinata cronica ed in questa stanza mi impegno meno del normale, e questo piccolo stralcio di organizzazione e quiete mi è nuovo.
Prendo il cellulare in mano e m'imbatto in una serie di messaggi e squilli, tutti da un numero sconosciuto, tutti, uno a uno, conferma dei miei dubbi.
Non è stato un sogno.
 
Va tutto bene piccola.
Non è successo nulla.
Se puoi perdonami, e dimentica tutto.
Ah sono io.
 
Mi fermo a fissare il polso, il segno delle dita, delle sue dita, è ancora ben visibile, un cordoncino rosso mi delinea la circonferenza minuta e pallida.
E' tutto vero.
Una scossa mi scuote l'anima ed il corpo, Adrian non è un vampiro, è un mio amico, il solito e strafottente figo della scuola, quello che mi ha fatto ridere anche non sapendo nemmeno il mio nome, il mio Adrian.
Ed invece la reazione che ho avuto sentendo quel nome è stata casuale, colpa dello stress, dell'insonnia..
Trattengo lo sguardo fisso su quelle parole, non riconosco il numero, ma so di potermi fidare, è lui, non ho dubbi, e ha detto che va tutto bene, ma se lo dice lui..cazzo no che non va tutto bene.
Il cellulare si illumina ancora tra le mie mani, un nuovo messaggio.
 
Ignorami quanto vuoi, dimmi solo che stai bene.
 
Sono le quattro di notte, e lui continua ancora a mandarmi messaggi, potrei benissimo essere a letto, come dovrebbe fare lui invece di pensare alla povera cogliona che si ritrova per amica, oppure sotto la doccia, lui invece pensa che lo ignori di proposito.
Scuoto la testa tra me e me e vado a prendere un pò di cocacola dalla cucina, scendendo le scale di casa ancora in pantaloncini e maglietta extra-large e mi rendo conto che, in un certo senso, sono più leggera..almeno so che non può farmi del male e che la razione che il mio corpo ha al suo tocco è anormale,come tutto d'altronde.
 
Sto bene, sono solo un pò stordita. 
Chi mi ha trovato? E soprattutto dove?
Scusa per essere scappata, purtroppo è l'ultima cosa che ricordo.
E comunque grazie di tutto.
 
La coca cola fredda mi scorre in bocca direttamente dalla bottiglia e la pioggia fuori sgroscia ancora con insistenza, cosa farò adesso?
Il cellulare sul tavolo vibra di nuovo, e sorrido divertita, non ho mai avuto il numero di Adrian, ora invece continua tranquillamente ad inviarmi messaggi in piena notte,  devo suggerirlo a tutte le ragazze che gli muoiono dietro, provate ad avere una crisi isterica nel boschetto poco fuori scuola..diventerà il vostro principe azzurro.
 
Stai bene? Stavo quasi per venire fuori casa tua per controllare.
Ora però tienimi sulla coscenza: non mi hai fatto dormire.
Domani le mie occhiaie ti chiederanno i danni.
 
Scoppio a ridere buttandomi sul divano e digitando una risposta veloce, poi mi accoccolo le gambe al petto e appoggio la testa sopra le ginocchia.
 
Potrai sempre dire di avrer trascorso la notte con una sventola bionda. 
 
Che poi diciamo la verità per Adrian non sarebbe nemmeno tanto strano, attira persone come il sole attira i pianeti, le ragazze, ma non solo, la gente in generale si piega al suo volere, basta una semplice occhiata, o una parola sussurata in un modo particolare e vedi qualsiasi persona sciogliersi ai suoi piedi. Non ho mai visto un ragazzo tanto menefreghista quanto dolce, tanto distante quanto disponibile,  per non parlare poi del suo viso, delineato, scolpito ma allo stesso tempo ancora tenero e delicato, è una contraddizione vivente, un continuo evolversi di espressioni, gesti, parole..scuoto la testa contrariata. Riesco a stargli vicino fino a quando lo immagino come amico, appena la messa in scena cade inizia la tacchicardia, i brividi, il respiro mi muore in gola e le gambe vorrebbero correre lontano.
 
Ma lei è venuta seriamente, se n'è andata poco fà. Domani ti faccio vedere i graffi..sai era molto passionale.
 
Come appena detto... Adrian ha stregato anche me purtroppo, e mi sento costantemente attratta da lui come un girasole che cerca il sole in pieno giorno e si ritrova un palazzo a dividerlo dall'unica speranza di felicità.
Cosi mento.
Mento a lui trattandolo da semplice amico, sfiorandolo distrattamente quando vorrei toccarlo per ore per trasmettergli la metà di tutte le sensazioni che mi attanagliano lo stomaco e mi confondono.
Mento a Danielle,alla mia unica amica, alla ragazza che c'è stata anche quando chiedevo di restare sola, l'unica di cui mi fido, ma non abbastanza per dirle davvero cosa provo.
Mento a tutti, ignorando le numerose voci, le numerose bugie, i numerosi sguardi che si susseguono quando entriamo in mensa vicini o corriamo verso il laghetto insieme.
Mento a me stessa, giurandomi di non desiderarlo con ogni cellula del mio corpo, promettendomi di non innamorarmi mai di quegli occhi maledettamente profondi, ricordandomi che l'amore non esiste, non quello vero con la A maiuscola, quello che ti fà brillare gli occhi e sudare le mani, l'amore di adesso è un rincorrersi frettoloso di passione e mani, niente ha a che fare con il cuore, con l'anima..
E fingo che tutto vada bene.
 
Interessante, sei passato al sadomaso?
 
Fingo che tutto vada bene quotidianamente, quando l'unica cosa che vorrei fare è spiegarmi questo senso di smarrimento, di sicurezza e ansia perenne, di paura e  d'amore, questo miscuglio indefinito di desiderio e terrore. Nulla ha senso nella mia testa quando sono vicino a lui e riesco solo a sentirmi confusa, come un'adolescente alla prima cotta, stravolta dagli ormoni.
 
Dovresti provarci. Ottimi risultati. Io sono sempre disponibile, uno squillo e porto il frustino. 
 
Mi sistemo meglio sul cuscino e inizio a digitare lentamente una risposta svogliata e trascinata, una stanchezza improvvisa mi colpisce e il sonno burrascoso della notte inizia a dare delle conseguenze.
Un senso di pace invade il mio corpo e la casa esce dal buio illuminata dalle prime luci del giorno.
E naturalmente cado..cado nel solito sogno, nel solito buio, nella stessa agonia. Però adesso ci sono due braccia a sostenermi ed il costante, lontano rumore di distruzione mi fà meno paura, non sono sola.
 
 
Fuoco. Il fuoco. Sento ardere le gambe e la presa farsi meno forte, mi sta lasciando, non ho la forza nemmeno di protestare, non combatto, mi faccio divorare dalle fiamme..e dall'agonia di essere di nuovo sola.
Un ciclo continuo, mi salva, ma poi mi abbandona di nuovo, come se non potessi essere felice, come se il mio destino fosse quello di restare sola.
Ma chi mi abbandona? Chi mi resta accanto? Cosa succede?
"Hope, Hope!" Un rumore sordo accompagna il mio nome, ma io brucio, io non posso farci nulla, sono in continua combustione.
"Merda, HOPE." La voce famigliare è accompagnata da una nota d'isteria e preoccupazione.
Quest'ansia e questa paura spingono i miei occhi ad aprirsi e con ancora il corpo in fiamme intravedo la figura di Danielle nervosa che sbatte i pugni contro la porta e si sistema i capelli dietro le orecchie frenetica.
"Giuro che se non apri immediatamente questa porta la sfondo."
Mi rimetto seduta e mi guardo intorno, perchè sono sul divano con il cellulare stretto in mano e non nel mio letto? 
"Sai che ti dico? Vaffanculo. Vienitene a piedi a scuola!" 
Mi alzo veloce dal divano e spalanco la porta con un mezzo sorriso.
"Buongiorno amore mio!" Dico divertita spostandole un altro ciuffo arancione dietro l'orecchio e appoggiandomi allo stipite.
"Amore un paio di cazzi. Sono stata in pensiero dal momento in cui ti ho messo a letto fino a 20 minuti fà, quando ti ho sentito urlare. In quell'istante mi è partita l'ansia. Cosa minchia è successo?" La rabbia è svanita e vedo che è davvero preoccupata e prende un grosso respiro prima di continuare entrando in casa" Anzi, meglio, come stai?"
Si siede sul divano e incrocia le mani appoggiandole sulle gambe accavallate.
Come sto? Non lo so nemmeno io, cosa è successo? Perchè è successo?
Respiro io stavolta..sto bene in fin dei conti.
"Bene, naturalmente." Annuisco e la guardo "Tu?" La voce impastata dal sonno suona stanca, ma copre almeno tutti i miei dubbi.
"Hope cazzo parla con me." Mi appoggio al tavolo e pensandoci Dan c'è sempre stata, perlomeno da quando le ho permesso di entrare nella mia vita. E mi ha dato solo motivi per fidarmi, per aprirmi, per parlare di tutto con lei..solo che è cosi difficile affidarsi a qualcuno quando non riesci a fidarti nemmeno di te stessa, dei tuoi ricordi, dei tuoi sogni, della tua vita.
Però Danielle mi ha sempre aiutato, mi ha fatto sfogare nei pochi momenti di crisi a scuola, mi ha fatto ridere quando ero triste e soprattutto spesso con le sue domande stupide mi ha fatto stare meglio.
"Davvero nulla, ho parlato solo un pò con Adrian.."
"Oh minchia lo so. Bè vi siete messi insieme?" Mi guarda speranzosa e batte la mani piccole e abbronzate, naturalmente perfettamente curate.
"Cioè, in realtà devo ancora capire come facciate a non saltarvi addosso...dubito fortemente che lui ne sarebbe dispiaciuto, ma c'è qualcosa che non va." Si friziona sbadatamente i capelli e ghigna "Sicuramente tu, lui è perfetto!"
"Sei gentilissima nell'ultimo periodo, sai? Comunque davvero Adrian è carino ma non mi piace." Falsa, da piccola tutto dicevano che eri un libro aperto, una fonte sicura di verità e adesso? Falsa.
"Primo" Alza l'indice" Tu non mi prendi per il culo."Sorride e mi guarda con sfida"Secondo"Il medio si alza e non sorride più, anzi è seria" Siete puro sesso spendore. Quando vi parlate o vi sfiorate per sbaglio sembra l'inizio di un porno!" Sbuffa e divarica leggermente le gambe, per poi accavallarle di nuovo, Danielle Bull è la ragazza più sfacciata e pervertita che abbia mai conosciuto, per lei i doppi sensi si nascondono ovunque e ogni momento è buono per qualche battutina maliziosa e leggermente squallida."Terzo.."
"Frena frena frena."Urlo gesticolando e trattenendo una mezza risata. "Abbiamo parlato di puttanate come al solito!" Mi siedo sul tavolo e spero che per una volta non faccia domande, non rompa le palle almeno, come posso spiegarle la mia brillante uscita sul vampiro e la mia reazione per quel nome?
"Certo, e sei svenuta semplicemente parlando no?" Si mordicchia un'unghia distratta ed io mi guardo intorno in cerca di savezza..cosa le dico? "Si ti ho messo io a letto, Adrian mi ha detto che nemmeno ti ha toccato purtroppo e si è inventato una palla su un calo di zuccheri improvviso. Qual è la verità invece?"
"Questa." Annuisco decisa. Pensa Hope, pensa. "Sto mangiando pochissimo per colpa dell'ansia, dello studio. Poi dormo poco. Quando capirò qualcosa di più ti dirò tutto."
"Lo spero per te!" Si alza di scatto e mi abbraccia di slancio, un abbraccio veloce, ma carico di promesse, di speranze, d'amicizia... Posso  riempire la vita felice di una mia amica con i miei problemi esistenziali?
"Dan è vero che oggi non andiamo a scuola?" Piagnucolo mentre si risiede a gambe incrociate stavolta.
"Cosa? Oggi abbiamo il compito della Parker, quella già mi odia."
"Andasse a cagare con la sua fidanzata." Scoppia a ridere e i capelli lucidi e assurdamente arancioni oscillano intorno alla sua testa come animati.
"Devi ancora spiegarmi la convinzione che sia lesbica." Ridacchia ancora  sistemandosi meglio sul divanetto.
"Si vede lontano miglia che le piacciono le donne. E poi fissa il culo a qualsiasi ragazza, lo fissa a me e questo vuol dire anche che ha gusti orrendi." Sbuffo è cosi evidente dai.
"In effetti non capisco come possa esserti amica sei talmente brutta!" Fà schioccare la lingua e continua " Ah si Melek ti viene dietro proprio perchè fai paura, certo."  Mi lancia un'occhiataccia, con lei non vale la tattica dello sviare, inutile cambiare discorso.
"Siamo solo amici." Purtroppo, per colpa mia, per colpa del mio corpo, non del mio cuore, non dei miei sentimenti.
"Okay ed io sono la fata turchina." 
"Niente scuola." Esulto buttandole un piccolo muffin al cioccolato che ho fatto solo per lei, lo afferra come un orso ed i suoi occhi si illuminano.
"Vattene all'inferno Hope." Tira un morso al composto scuro e chiude gli occhi per un istante, come fà a mangiare una cosa del genere, troppo troppo cioccolato per me, quella poltiglia mi manderebbe in pappa il cervello. "Dammi la scodella, velocemente. E sparisci." Si alliscia la gonna a fiori che le arriva fin sopra al ginocchio e ancora masticando bofonchia "Qui pronta per uscire alle nove, non accetto scuse." O perlomeno una cosa molto simile.
Salgo le scale di fretta, voglio farmi solo una bella doccia e rilassarmi un pò, sono già dentro la doccia ma le sue urla arrivano lo stesso a me. "Fatti bella dobbiamo farti uscire il ragazzo dagli occhi azzurri dalla testa."


Salve persone. 
L'ultimo capitolo non vi è piaciuto molto vero?
No perchè sono stata in depressione visto che quasi nessuno si è espresso per dirmi se è piaciuto o meno.
Questo e il successivo saranno capitoli di passaggio, servono per far capire qualcosa di più sulla vita di Hope e sul suo carattere.
Fatemi sapere cosa ne pensate, sempre e comunque, come dico sempre anche se faccio schifo e devo andarmi a ritirare.

Grazie a tutte..e buona lettura!
 
-Allen

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Capitolo 5
*** Come on .. is another world! ***


Come on .. is another world!
 
 
"Dove andiamo?" Salto sull'ultimo scalino piena di energia e sorridente, i capelli mi rimbalzano in testa e ancora umidi li friziono portandoli da una parte sola, Danielle mi fissa e ritorna a impazzire con il suo cellulare.
L'asprina inizia a fare effetto e il mal di testa sta piano piano scomparendo, ma al suo posto compaiono immagini sconclusionate e nitidissime, che fanno venire a galla particolari che ieri ho ignorato e che adesso mi sembrano fondamentali. 
Il tono con cui mi ha ordinato di seguirlo, la forza con cui mi ha strattonato per i corridoi, il momento di confusione appena usciti da scuola, gli occhi prima gelati e poi caldi e accoglienti, la voce sollevata con cui mi ha parlato quando ha capito che lo consideravo un vampiro, ma soprattutto l'assurda fermezza con cui mi aveva assicurato di non essere un umano.
"Per scuola puoi pure andare bene ma se devi fare conquiste devi mostrare la merce." Decreta squadrandomi. Cosa? Di cosa parla? Mi sono persa di nuovo. Guardo i miei jeans e la mia t-shirt larga e poi fisso lei.
"Sai che non mi sento a mio agio mezza nuda, e poi merda non sono femminile!" Mi butto accanto a lei sul divano e appoggio la testa sulla sua spalla, diciamo che questi non sono proprio i problemi più importanti della mia vita, ma se proprio ne dobbiamo discutere continuo"E poi non devo conquistare nessuno io."
"Si è femminili per se stesse, non per gli altri. Se ti senti figa lo diventi!"
Ride scuotendo anche me. "Almeno un pò di trucco che dici?" Per lei la vita è cosi facile, sarebbe bello per una volta non avere troppi pensieri per la testa, non pensare a quanti soldi ti restano per mangiare fino a fine mese, non pensare a quante ore di straordinario ti tocca fare, non pensare a quanto poco la vita ti abbia dato, arrivare a casa e preoccuparsi solo di cosa mettere il giorno dopo a scuola, agitarsi del brutto voto in matematica e emozionarsi per le occhiate che un ragazzo continua a lanciarti. La mia vita non può essere cosi facile vero? Guardo Danielle e sorrido, non l'invidio però, anzi le voglio bene e sono felice che la vita per lei sia facile, porta un po' di tranquillità nella mia, che tutto può essere tranne che normale.
"Lo sai che lo amo.. ma non ne sono capace!" Parlare con lei di trucchi, vestiti, cibo, rende le cose meno strane, meno complicate, più sopportabili. Non sapete cosa significhi svegliarsi la mattina e sapere che a nessuno importa di te. Non sapete il nodo allo stomaco quando hai bisogno di qualcuno che ti dica che per te ci sarà sempre, e alla tua porta non si presenta nessuno. Non sapete cosa significhi essere soli al mondo.
"Faccio io!" Fà schioccare le dita con uno sguardo preoccupante.
Mi alzo repentina e mi guarda di nuovo da capo a piedi.
"Andiamo di sopra cosi mi fumo una sigaretta nel frattempo." Fumo da quando ho 14 anni, presi una sigaretta da Madaline, da mia madre cioè, e aspettai una sgridata, uno schiaffo, un riprovero..non arrivò mai nulla.
"Ricominciato?" Si alza appoggiando la scodella quasi vuota sul tavolo, vedo più negli occhi della mia amica un velo di riprovero e di preoccupazione che nei suoi in tutta la mia vita.
"No, solo quando sono nervosa..o ne ho voglia. O faccio gli incubi." Tocca a me sorridere e con lei per fortuna non c'è mai nulla di sforzato.
"Non hai mai smesso, perfetto." 
"Andiamo in camera mamma!" Sbuffo avvicinandomi alla scale per prendere il pacchetto e l'accendino, sarà che ho trovato una nuova mamma qui a Bristol?
"Prendi sorella..dovessi poi non trovarlo!" Vedo il mio cellulare volarmi in contro e con uno scatto della mano lo afferro, prima che vada a frantumarsi contro il muro.
"Merda." E' l'unica parola che riesco a dire, una serie di brividi mi nasce in petto e vorrei sprofondare proprio adesso, ma non posso, mi appoggio al corrimano e ci spingo contro il viso accaldato. Cosa succede? Adrian non c'è, non ci sono ragioni per le crisi di panico, sto bene, sto bene. E poi ricordo il perchè mi sono addormentata sul divano, mi ricordo i messaggi, il sadomaso.. è tutto legato a lui. La mia vita è legata alla sua da un sottilissimo filo che continuo a pensare porti solo del male, ma spezzarlo a cosa può portare?
"Che succede? Stai morendo?" Ancora la voce allarmata mischiata al gioco, ancora il terrore mischiato alla risata. Danielle non deve soffrire, non centra nulla, eppure continuo a svelarle sempre piccoli particolari, continuo a volerla senza riserve, la vita mi ha portato ad essere cosi egoista? Non deve soffrire, ma ho cercato di allontanarla per tanto tempo, adesso ho bisogno del suo sorriso e della sua innata felicità per poter andare avanti.
"Andiamo." Stringo in denti e mi alzo sorridente verso di lei." Muovi il culo babe." Strascico l'ultima lettera come il nostro adorato professore di matematica e salgo ridacchiando le scale.
"Sei una pessima attrice ragazza." Si alza e mi segue, oggi non sarà affatto facile. La vedo sul piede di guerra.
"Ti ha toccato?" Sento la sua presenza dietro di me e capisco che devo una risposta, ma quale?
Danielle sa delle reazioni assurde che il mio corpo ha al tocco di Adrian, gliel'ho dovuto dire a causa dei numerosi giramenti di testa che mi prendevano durante le lezioni solo perchè mi aveva poggiato la mano sulla spalla, o dei semi svenimenti quando mi sfiorava la guancia distrattamente, sa almeno questo, e spesso ne parliamo ma non ne arriviamo mai a capo.
"Raramente"Sospiro aprendo con un calcio la porta "E' come se avesse capito di mandarmi fuori di testa." Mi butto poco delicatamente sulla sedia a dondolo mezza rotta vicino alla finestra accendondomi la sigaretta. Come al solito con lei mi sfuggono troppe cose, non saranno le parole che controllo ancora bene o male, ma il tono in cui le dico o i gesti che le accompagnano sono esageratamente miei, veri, personali..E lei è fin troppo attenta.
"Ne sei triste vero?" Da morire. Ogni volta che le sue dita toccano la mia pelle per sbaglio e non si soffermano abbastanza per sentirne il calore, impazzisco.
"Un po'." Mi sento un merda ogni volta che mento a Danielle, lei mi dice qualsiasi cosa, da quante volte si specchia a quante volte fà la pipì, ed io non riesco nemmeno a dirle la semplice e pura verità. "Okay, parecchio." 
Allento un po' la presa sul mio autocontrollo, che paura ho?
Dan è una bravissima ragazza e l'unica cosa che mi chiede è fiducia, ed io non riesco ad accontentarla in nessun modo.
Prima o poi dovrò pur fidarmi totalmente di qualcuno, perchè non iniziare dalla ragazza dai capelli arancioni e dagli occhi grandi che mi fissa sorridente?
"Hope ti piace, e su questo non ci sono dubbi." Butto fuori velocemente il fumo e sono pronta a ribattere quando continua " Però se prima ti sfiorava per caso, come due amici stupidi e poco intimi, poi ha iniziato a fare battute allusive, a sfiorarti le mani, le guance..Ed il tuo cuore ha iniziato a fare le capriole. Poi le cose sono peggiorate, ogni volta che ti sfiora il tuo cuore rischia di impazzire e tu ti senti di morire. Ma dici che ha capito che ti fà del male?" Mima due virgolette nell'aria e sorride mordendosi il labbro "E quindi che ti tocca per vedere la tua reazione? Reazione che prontamente non manca." Annuisce alla sua stessa affermazione ed io sono quasi dispiaciuta di interrompere il suo monologo, ma devo.
"Veramente questo lo stai dicendo tu." Però in fin dei conti non ha nemmeno tutti i torti, all'inizio, appena arrivata a scuola lui è stato il primo a parlarmi, però era una cosa che finiva lì, frequentavamo quasi tutti i corsi insieme, parlavamo, tanto, a pranzo passava a salutarmi prendendomi in giro per qualche minuto, e poi andava a sedersi tra i suoi amici fighi. 
Adesso le cose non sono cambiate più di tanto, solo che le sue mani si poggiano sempre più spesso sulle mie gambe, i suoi occhi mi cercano durante le lezioni con insistenza e il mio cuore corre più del normale.
Lei si passa una ciocca di capelli prima in bocca poi la butta all'indietro e adesso mi fissa, mi fà paura.
"Siamo nella merda." La guardo, prendo una boccata dalla mia sigaretta e rido piano, poi scoppio in una risata isterica. 
"Davvero? Quante volte abbiamo fatto questo ragionamento? Siamo arrivati sempre alla solita conclusione: siamo nella merda. Sono nella merda."
Sono solo una malata di mente, tutto qui, non posso innamorarmi, non posso vivere, non posso nemmeno farmi toccare da un ragazzo perchè rischio l'infarto. 
La cosa che più mi da' fastidio è l'assoluta certezza che qualcosa da parte sua c'è, Adrian prova qualcosa per me, che sia la voglia di scopare con me o di innamorarsi ancora non lo so, ma è chiaro che non sono una semplice amica, ed io perchè non posso essere una semplice ragazza una volta ogni tanto? Che commette errori, che sbaglia, che si innamora.
 
L'amore non esiste, ricordi tutte le notti che ti sei ripromessa di non cascarci?
 
"Eppure non è una questione di ragazzi in genere. Il tuo corpo non accetta quello di Adrian."
"Ma la mia anima lo cerca disperatamente." La guardo e scuoto la testa, ci stiamo buttando, almeno facciamolo in grande stile. "Ma senza corpo due anime non possono incontrarsi no?"
Una smorfia le si disegna in viso ed entra nel mio bagno sicuramente alla ricerca dei beauty case con i miei trucchi..amo truccarmi, ma non ne sono assolutamente capace.
"Stasera si va in discoteca." Urla dall'altra stanza, io quasi mi strozzo con il fumo e con la mia saliva. 
"Cosa?No, Bull, no non ci vengo." 
"Tu verrai con me devo provare un cosa." Si tratta di farmi infilare la lingua in gola da qualcuno, già immagino.
"Ci ho già provato..nulla." Da dove mi venne di dare corda al ragazzino del bar che ogni mattina ci provava con me?
"Quando? Complimenti bimba." Sbuca dal bagno e si siede sulla scrivania.
"Dopo il primo svenimento, credo. Lui era bellino ma alle prime armi." Ricordo ancora il profumo di cornetti caldi che emanava, l'avevo portato nel retro con la scusa di una sigaretta e poi mi ero ritrovata le sue labbra sulle mie, scuoto la testa.
"E il cuore?" Porto una mano all'altezza del diretto interessato e adesso batte tranquillo, ritmico e silenzioso. Traditore.
"Schifato." In effetti è l'unica cosa che ricordo oltre il tanfo soffocante.
"Hope!" Sgrana gli occhi e incrocia le gambe.
"Niente. Niente brividi, niente paura, niente confusione. Nulla di nulla." Sospiro, una persona normale che bacia un'altra persona.
"Dobbiamo andare oltre il bacio." Si guarda le unghie aspettandosi una mia reazione.
"Cosa?No, non posso." Urlo presa da non so quale furia. "Cazzo, no con uno sconosciuto. Non posso, è contro ogni mia etica." Ho fatto sesso solo con una persona, solo con Stephen e sinceramente non ne ho un ricordo roseo, mi aspettavo tutto tranne il cozzare sordo di due corpi sudati in una macchina vicino al mare.
"Si invece, ti sistemo e andiamo un pò al centro commerciale. E nel frattempo mi spieghi anche la crisi di panico appena ho detto oltre."
"Nessuna crisi, niente panico. Tutto bene." Sono pronta a raccontarle tutto? Non ancora, lo farò. Ho deciso di dare fiducia a Danielle e non sarà certo il ricordo di un ragazzo a frenarmi. 
"Sisi certo. Adesso fatti truccare e non muoverti troppo."
Apro la finestra e butto la cicca della sigaretta, mi risiedo e incrocio le gambe appoggiandoci sopra i gomiti.
"Niente di eccessivo chiaro?" La mia voce suona quasi cattiva, ma le sorrido e sembra capire che tutto va bene visto che mi sorride di rimando e inizia a frugare dentro il mio beauty.
"Perchè hai tutti questi trucchi quando il massimo che ti ho visto in faccia è stato un rossetto e un po' di matita per giunta sbavata?" 
"Mh" Le parlo con gli occhi chiusi e la testa già tra le nuvole " La speranza è sempre l'ultima a morire no?"
"Vieni qua e fa' la brava." Mi raggomitolo ancora di più sulla sedia che mi culla lentamente. 
"Da vicino sei ancora più bella." Questo me lo ripete sempre anche Adrian quando si avvicina per bisbigliarmi qualcosa nell'orecchio durante storia o per abbracciarmi velocemente per farsi perdonare.
"Bella, bella..poi un ragazzo mi sfiora e rischio l'infarto." Come al solito non sono ossessionata, il ragazzo che me l'ha detto più volte è anche quello a cui non posso avvicinarmi, sfigata fino al limite.
"Non un ragazzo, il ragazzo." Precisiamo rigirando il dito nella piaga.
"Perchè lui?" Un sussurro mi esce strozzato dalla gola, non riconosco quasi la mia voce.
"L'amore non è una cosa facile piccola, non lo è mai stato e mai lo sarà. Perchè una persona inizia ad aver bisogno dell'altra in modo sconsiderato e folle? Da cosa nasce questo bisogno? E perchè delle volte nasce per poi finire, mentre altre volte vive in eterno? L'amore và solo accettato e coltivato, al resto ci pensa lui."
Nessuno mi ha mai amato, nessuno mi ha mai dimostrato amore più che altro. Che ci vuole a dirlo? Ti amo. Ti amo, sei tutta la mia vita. Ma i gesti? Le dimostrazioni? Non sono mai stata amata da nessuno. Nessuno mi è stato accanto sempre. Nessuno mi ha mai portato la colazione a letto o un semplice fiore la mattina presto. Nessuno c'è mai stato per me, come posso credere che esista qualcosa grande abbastanza da durare in eterno? Tutto smette di esistere prima o poi.
"Perchè per tutti è facile e per me non può esserlo?" Sospiro e sento le sue mani sul viso.
"Tu..tu non sei tutti. Sei diversa!" Dan è forse la prima persona che cerca di meritarsi un posto nella mia vita, mi aiuta in continuazione, cerca di farmi ragionare, e soprattutto di farmi ridere. Però cosa più importante sembra volermi bene.
"Si mo inizia anche a dire che lui è il problema, che non mi merita e che dovremmo rimanere amici. Mi sentirei davvero dentro un telefilm di seconda categoria."
"No aspetta. Tu e Adrian siete sesso! L'ho già detto?"
"Perchè ti interessi cosi tanto a me?" Dalla mia bocca escono indipendentemente queste parole, non sono da ragazza matura, nè tantomeno da donna, sono da bambina incoscente e stupida.
"Ti voglio bene Hope." La frase che aspettavo di più, ma anche quello che temevo con tutte le mie forze.
"Non te l'ho mai chiesto." Sono sulla difensiva, ho paura, paura di farmi male, di cadere e di non riuscire più ad uscire dal baratro.
"Non si chiede di diventare amiche o di voler bene. Succede e a qualsiasi cosa porti è sempre il massimo. E' solo un altro tipo d'amore." Amore. Sempre la solita domanda. Esiste? E' giusto crederci? E' giusto dirsi innamorate quando dopo una settimana si bacia un altro? E' giusto voler bene ad un'amica quando appena si gira la si critica? Amore, amore e ancora amore. Non c'è altra spiegazione al mondo?
"Non sai nulla di me." Cerco di modulare la mia voce, ma risuona ancora fredda e aspra. Ho paura e l'unico modo per nasconderlo e indossare la mia maschera da dura, quella da intoccabile. 
"Non ce n'è bisogno. Voglio bene ai tuoi occhi che mi hanno guardato sin dalla prima volta pieni di felicità, voglio bene al tuo sorriso contagioso e terribilmente vero, voglio bene alla tua voce melodiosa anche quando mi bestemmi contro. Ti voglio bene perchè mi fai ridere senza rendertene conto, ti voglio bene perchè hai la forza di dieci uomini e la cattiveria di un uccellino, ti voglio bene perchè sei caduta tante volte e non ti vergogni di mostrare le tue cicatrici, anzi ne vai fiera. Ti voglio bene perchè risplendi di luce propria ed io godo del calore che emani. E ti vorrò bene anche se mi dovessi dire di essere una poliziotta infiltrata pronta ad arrestarmi per chissà quale crimine."
"Non merito tutto questo. Sei una persona meravigliosa.." Non riesco più a parlare, le parole si confondono e ne esce solo un sussurro strozzato. "Resta nella mia vita, ho bisogno di te." Ho detto che dipendo da una persona, l'ho appena detto, ho appena ammesso di aver bisogno di qualcuno nella mia vita. Complimenti Hope ammettere la propria malattia è un passo fondamentale per guarire. "Ah e non lo sono, mi dispiace, niente carcere e ragazzoni tatuati."  Ridacchio gettando la testa all'indietro e dondolandomi leggermente con le braccia, ho gli occhi lucidi e non voglio darlo a vedere. Avrò anche ammesso di volerle bene ma piangere no, sono forte, non piango davanti alle persone.
"Chi sei Hope?"
"Sono Hope Anya Evans. Ho 18 anni e sono all'ultimo anno. 
Amo la fotografia e odio la matematica. Leggerei per ore e la musica è una delle poche cose che mi fa' calmare." Non le basterà, sento nell'aria la curiosità e la frenesia, non le basterà sapere quello che a scuola tutti sanno. Danielle vuole sapere di più, come tutti d'altronde, riuscirò a darle quello che vuole?
"E queste cose già le so..Chi sei in realtà Hope?" La sua voce è gentile, le sue mani delicate, il suo profumo dolce e l'atmosfera che mi circonda serena. E cosi lascio che la paura di farmi male, la paura di fidarmi troppo vada lontano, cerco di dare la mia più completa fiducia a Danielle, la mia Danielle e credo di non sbagliarmi, lei non mi farà del male.
"Sono Hope Anya Evans. Ho sempre amato il mio nome perchè ognuno deve sempre avere un po' di speranza nella vita. Mio padre è morto quando avevo 2 anni, non ricordo nulla di lui, neppure il suo nome." Credo di non ricordare nemmeno la sua faccia, prima lo ricordavo bene, ricordavo i suoi occhi grandi e grigi, e la sua voce quando chiamò mia madre perchè l'avevo chiamato papà per la prima volta."Mia madre mi ha abbandonando scappando in Asia con il suo nuovo fidanzato quando ne avevo 14. Non è mai stata una mamma per me, ogni sera entrava in casa con un uomo diverso, ogni sera piangevo lacrime amare da sola nel mio letto. Mi sono rimboccata le maniche e ho vissuto tra scuola e lavoro fino all'anno scorso, quando stanca della mia vita ho fatto le valige e ho deciso di partire. Ho viaggiato per mesi quando mi andava bene su autobus sgangherati, se no facevo l'autostop sotto la pioggia o magari la neve. Però ho fatto tante foto, ho conosciuto tanta gente, e non sono riuscita a fidarmi mai di nessuno."
Prendo un respiro e apro gli occhi, ho buttato davvero tutto fuori?
La sua faccia non è cambiata di un millimetro: occhi verdi e grandi, capelli arancioni e liscissimi, ed il suo sorriso meraviglioso, mentre armeggia con la mia faccia. Quante persone ho incontrato sulla strada? Ho cambiato sempre nome, ho cambiato sempre storia.. adesso una ragazza qualsiasi sa' tutta la mia storia, ed ha in pugno la mia vita.
"Di me si, adesso. Continua."  Ed è vero. Mi sto fidando di lei, non dovrei, non potrei, quando la mia vita è un intrico complicato, però alla fine ti stanchi di combattere da sola, ogni tanto hai bisogno di qualcuno che ti tenga per mano.
"Sono arrivata a Londra dopo quasi sei mesi di viaggio. Avevo trovato dei ragazzi con cui mi trovavo bene, ma l'Inghilterra mi aveva catturato.
Sono venuta a Bristol solo perchè Cristina era di qui, lei e Scott erano venuti a prendere chissà cosa, loro volevano portarmi in giro, ancora, ma ero davvero stanca del vagabondaggio." Ricordo la prima volta che avevo chiesto un passaggio a Cristina, eravamo in autogrill ed io avevo assolutamente bisogno di una sigaretta, lei mi guardò e senza nemmeno aprir bocca me ne passo una, presentandosi. Non dimenticherò mai i suoi capelli riccissimi e le gote perennemente rosse. E' stata la persona con cui ho legato di più, l'unica che potessi anche lontanamente considerare amica." Volevo stabilirmi da qualche parte e lei me ne ha dato l'occasione giusta: non avevo soldi e lei mi offrì casa sua, a patto che la mantenessi pulita. Mi ha fatto un regalo, ma non immaginavo cosi grande." Apro le braccia cercando cercando di comprendere la meravigliosa villetta sperduta nel bosco che avevo trovato seguendo le istruzioni disegnate su una tovaglietta da bar. " Bella vero? Ormai è mia. L'ho arredata a gusto mio, faccio quello che voglio, ma se un giorno Cristina venisse potrebbe benissimo cacciarmi, anche se non credo. E' ricca sfondata!"
"Perchè eri stanca della tua vita?" Dondolo lentamente cercando di non darle fastidio e lei non è dispiaciuta.
"Sai quel senso d'infinita apatia che riescono a portare solo le delusioni? Vedi la vita passarti davanti e non fai niente per cambiare le cose. Ero semplicemente stanca di vedere sempre le stesse facce, di provare sempre le solite emozioni.." Mi fermo per riflettere, sono proprio io quella che sta parlando? No perchè ero dell'idea che qui a Bristol non avrei avuto vita, non avrei avuto passato, non avrei avuto ricordi. Ed invece sono su una sedia a dondolo a parlare del mio passato, come una qualsiasi vecchia di paese.
"Che delusione? D'amore?" Ah, amore. Prima ci credevo sapete?
Quando ero piccola e fissavo il soffitto della mia camera desideravo trovare un ragazzo capace di portarmi via da quello schifo di casa e farmi vivere la favola. Doveva portarmi via da quell'incubo sopra ad un cavallo bianco e possibilmente doveva avere gli occhi chiari. E una voce dolce e allo stesso tempo ferma. Doveva farmi innamorare, giorno dopo giorno, ed io dovevo amarlo continuamente, senza freni e limiti, sempre noi due ed il nostre amore. Scuoto la testa. Via cavallo, via ragazzo, via amore. Vivo benissimo da sola.
"Quasi." Non chiedermi questo, non sono pronta, non loro.
"Me lo racconti?" 
"NO." Un urletto strozzato mi esce dalla bocca involontariamente, apro un occhio e la vedo armeggiare con spugnetta e fondotinta, mi lancia un sorriso pieno d'amore, di felicità e di felicità ancora. "Si..diciamo che è una puttanata."
"Racconta." La bocca si secca e il solo aprir la porta di questo ricordo amaro mi fà male al cuore, dopo un pò il dolore passa no?
"La mia migliore amica se la faceva con il mio fidanzato" Un groppo mi sale in gola, Margaret, quanto bene le ho voluto? Non è possibile dimenticare tutto vero? Schiacciare un dannato pulsante e ricominciare da zero, ogni volta, promettendo continuamente che sia l'ultima, ma sapendo nel profondo che non sarà cosi. La vita non è cosi semplice.  "..se fidanzato si potesse chiamare."
"Ma in che senso? Cosa facevano insieme?" Amica mia, proprio tu non immagini? Ricordo quel giorno come fosse ieri, come se avessi ancora chiusa nel portafoglio la fotografia di loro due, avvinghiati.
"Fai vagare l'immaginazione amica."
"COSA?" Schiudo un occhio e lei mi fissa contrariata, in mano ha svariati prodotti e sul naso un pò di fondotinta troppo chiaro.
"Stavano scopando. Solo che non li ho visti solo io, tutta la scuola era tappezzata dalle loro foto. Nudi come vermi, in tutti i corridoi, su tutti gli armadietti, in tutti i bagni,nelle pose più strane e umilianti." Mi iniziano a sudare le mani, quel ricordo nonostante tutto fa' un male cane.. quel dolore che ti nasce dal petto e si diffonde in ogni possibile lembo di pelle. 
"E a lui? A lui che hai fatto?" La sua voce prende la curiosità che si ha quando si vuol sapere la fine di un libro o di un film.
"Di Stephen non m'importava nulla." Mi scappa un risolino ma le sue mani mi riportano alla serietà. "Ero diversa..ero più timida e silenziosa e quando questo ragazzo biondino, famoso in tutta la scuola mi chiese di uscire accettai. Anche se i biondi di solito non mi piacciono, anche se quando lo vedevo per i corridoi non provavo nulla, anche se non era il mio tipo." Anzi odiavo la sua faccia, odiavo quella faccia da cane bastonato, ma anche quella da figo che indossava con le ragazze, odiavo le occhiate che lanciava a tutte, odiavo come i capelli li ricadevano sul collo, odiavo tutto di lui." E anche se sapevo che per lui sarebbe stata solo una sfida accettai, e nel giro di una settimana diventai la sua ragazza." Quella da esporre nelle giornate importanti, quella carina e seria, quella intelligente e allo stesso tempo innocua, la solita cogliona.
"Ma?" Il sole inizia a filtrare attraverso la finestra e le mani di Danielle sul mio viso diventano quasi rilassanti.
"Ma fu lei a sconvolgermi. Fu lei a farmi male. Fu lei a dilaniarmi. Eravamo cresciute insieme, Margaret era un pezzo di cuore. Le avevo dato tutto, sapeva ogni mio problema, ogni mio dubbio..tutto. Ed è proprio per colpa sua se non mi fido di nessuno." Il nostro primo incontro fu sotto un fiume di lacrime. Lei piangeva e si stringeva le esili gambe al petto, aveva i capelli di un un biondo smunto e chiarissimo, era bella sin da piccola ed io le chiedi cosa succedeva.. perchè piangeva?
Lei mi guardò dicendomi che le avevano rubato la merendina, io presi la mia e gliela passai, diventammo subito amiche. Ed iniziammo a dividere ben più di un panino al prosciutto, era la mia compagna di vita.
"Di me ti stai fidando." Le ho raccontato una vita che sembra un film, le ho scaricato addosso una storia che fatico a credere anche io, mi sembra impossibile essere riuscita a superare tutto eppure lei continua a fidarsi di me..non ha avuto la minima esitazione. E mette in primo piano la mia fiducia nei suo confronti.
"Dopo quanto? Non pensi sia un pò troppo?" Pensavo mi buttasse la spugnetta contro e mi mandasse al diavolo, pensavo non credesse a nulla, pensavo sparisse dalla mia vita spaventata, è ancora qui.
"L'importante è che tu mi stia dando fiducia. Lo apprezzo. E giuro che tutto quello che mi stai dicendo non uscirà mai dalla mia bocca, anche se fossi ubriaca o sotto tortura." Mi scappa un sorriso, ma capisco che lei mi considera sua amica, una sua buona amica, ed io le tengo nascosta anche una cazzata, un domani cosa potrei nasconderle? Mi sto aprendo con Danielle, mi sto aprendo ma non riesco a dirle una delle tante puttanate fatte, questa è amicizia? Le mie labbra si muovono da sole, ancora una volta, dicendo quello che non avrei mai dovuto nemmeno pensare. 
"Ho detto ad Adrian che è un vampiro." Pronunciare quel nome mi provoca la pelle d'oca sul braccio sinistro, quello dove sfoggio ancora il braccialetto rosso, che ormai sta diventando di un viola pallido e giallognolo.
"Spiegami perchè sei cosi cogliona da avermelo detto solo adesso..FINITO." 
"CHE?" Apro gli occhi spaventata e una luce accecante mi spinge a richiuderli immediatamente. "Cosa mi hai fatto?"
"Sei solo bellissima." La sua voce soddisfatta mi arriva direttamente nelle orecchie ed infatti immediatamente le sue mani si posano sulle mie spalle, schiudo gli occhi piano e lo specchio riflette ancora troppa luce. Vedo però una figura pallida e dai capelli biondi con gli occhi spalancati e la bocca disegnata da un fuxia meravigliosamente intenso. Le lentiggini sono ancora in bella mostra ma danno al viso un'aria infantile, al viso, al mio viso. 
"Sono proprio io?" Ecco di cosa parlavo, riesce a rendermi anche se per pochi minuti o per qualche ora una ragazza semplice e magari frivola, che si lascia truccare e vestire, che si vuol vedere bella e non lo nega.
"E chi se no? La mia bellissima amica e ora corri a metterti na cosetta carina che andiamo al bar. Ho bisogno di un buon caffè e tu dovresti mangiare qualcosa di caldo ogni tanto." Mi scompiglia leggermente i capelli e me li sistema di lato, io corro velocemente verso l'armadio e lo fisso sconsolata, poi tiro fuori una maglietta bianca sblusata e larga, la misuro di slancio, non ricordavo nemmeno di averla. 
"Taaadan." Mi guardo allo specchio e rimango delusa. "Merda mi scopre metà pancia" cerco di togliermela ma Dan mi interrompe.
"Cosa diamine fai? Lasciati questa maglietta, ti sta divinamente. "
Mi tira per un braccio e mi trascina verso le scale, la lascio fare, mi diverte essere una bambola nelle mani della bimba sadica ogni tanto.
"Aspetta, no, no. Devo prendere la borsa con sigarette e soldi."
"Velocemente prego. Ho bisogno di rimetterti a nuovo." La guardo torva cercando svincolarmi dalla sua presa.
"Ehi sono cosi male?" Cerco di fare una faccia da finta offesa, ma lei non mi guarda nemmeno, so che Danielle mi ama, e so anche cosa vogliano dire le sue parole, ma con lei spesso e volentieri cerchiamo di non prenderci sul serio.
"Assolutamente no. Ma devi essere al massimo. Se non puoi avere Adrian devi avere qualcuno alla sua altezza." Ci guardiamo fisse negli occhi per pochi secondi, poi scoppiamo a ridere.
"Impossibile." Diciamo all'unisono, una gridando e l'altra borbottando.
"Hope Evans hai trovato la tua futura migliore amica e ti farò felice, costi quel che costi. Non ti libererai di me cosi facilmente." Sorrido con la testa bassa, ha già occupato un posto che non avevo mai nemmeno preso in considerazione, ha preso la sua posizione quando io non l'ho mai avuta.
"Aspetta chi è la mia migliore amica? Mi sono forse persa qualcosa?"
"Sono qui, non mi vedi? Amica migliore di me non potevi avere, quindi adesso stai zitta e andiamo." Ho trovato un'amica, una spalla su cui piangere. Una persona a cui dare amore. Una persona da cui ricevere amore. L'amicizia non è solo un tipo diverso d'amore?
 
 
"Non posso, scordatelo Dan." Scuoto la testa cercando di allungare quella specie di minigonna a vita alta con gli occhi chiusi e le mani di lei in faccia"Credo di essere stata più vestita anche al mare!" Mi rifiuto cazzo.
"Taci. Stai benissimo e l'azzurro ti sta da dio." La gonna è di uno sgargiante azzurro cielo e sopra una piccola canotta bianca.
"Ma la gonna è corta!" Sbuffo sbattendo i piedi per terra.
"Non troppo." Odio come riesce a mantenere la calma, in tutte le situazioni. 
"Ma.." Cerco appigli, non posso uscire di casa cosi, datemi i miei jeans!
"Ti piaceva questo abbinamento però Hope!" Ecco la nota spazientita che aspettavo.
"Mi piace.. lo vedo solo esagerato per una serata in discoteca." Mi giustifico, il problema non sta nei vestiti, o nei capelli, il problema è semplicemente che non voglio andare in discoteca.. ho un brutto presentimento. Ed io raramente sbaglio.
"Credo di aver capito che ciò che per te è esagerato per me è perfetto..stai zitta."
"Dan?"Sento la punta bagnata e fredda dell'eyeliner delinearmi l'occhio e le sue mani vogliono tapparmi la bocca, ma riesco a bofonchiare."Grazie di tutto."
"Di nulla babe. E ricorda che ti ho fatto una promessa, cioè l'ho fatta più a me che a te, ma Danielle Bull mantiene la parola data. Sempre." Apro gli occhi e la guardo..mi sto fidando totalmente di lei, la sto facendo entrare nella vita e stranamente non ne sono spaventata.
Sono fiduciosa nei suoi confronti, sapete cosa significa? E' una delle sensazioni più belle del mondo. So' di potermi fidare della ragazza di fronte a me, non è una fiducia che dai con il tempo, quella che scatta quando conosci sempre più aspetti di una persona, è semplice e pura chimica. Mi fido perchè sento di poterlo fare.
"Andiamo adesso madame?" Continua lei sorridente porgendomi il braccio.
"Certamente monsieur. E si alzi il top se vuole arrivare almeno in discoteca." Usciamo da casa ridendo e parlando. Mi chiudo la porta rumorosamente alle spalle e Danielle si guarda intorno. "Che succede? C'è il lupo?" Anche io setaccio il cortile dove l'unica cosa in movimento sono due uccellini sull'albero accanto alla sua macchina.
"Cogliona mi sembra di aver sentito un sospiro."
"Impossibile siamo sole. " Qui vicino non abita nessuno tranne i signori con le 3 gemelline e i 4 cani, che però sono in vacanza. E quei vecchietti difronte.
Entriamo in macchina e tutto il lavoro fatto durante il giorno cade miseramente ai miei piedi.
Ho cercato di mantenere la testa piena per tutto questo tempo, ho provato ad isolare ermeticamente tutti i pensieri e i ricordi di ieri, ma in questo momento di pace dove Danielle non parla ma guida canticchiando una canzone di Bruno Mars ed io fumo non può essere altrimenti. 
Ho fatto la cazzata più grande della mia vita? Ho rovinato tutto? Cosa potrebbe essere stato? Immagini di noi due abbracciati mi scorrono davanti: alcune nitide e dolorose, altre sbiadite e incolori dilaniate probabilmente dal battito frenetico o da qualche svenimento.
Eravamo belli mentre bisticciavamo fuori scuola sotto la pioggia sai?
Io ero come al solito senza macchina, ma mi ostinavo a voler andare a piedi, mentre tu continuavi ad insistere per darmi un passaggio. Avevamo litigato, per l'ennesima volta, non ricordo nemmeno il motivo. Però eravamo felici, io bagnata e insolente, tu al caldo nella tua macchina ma insistente e sfacciato. 
Ho rovinato tutto e ne sono purtroppo l'unica artefice. 
"Hope Hope." Una mano mi scrolla forte il braccio. "Preparati siamo quasi arrivate." Guardo Danielle e vedo il sorriso sulle sue labbra e l'eccitazione nei suoi occhi, non sarebbe giusto chiederle di tornare a casa vero? "Devo solo trovare parcheggio." Guardo verso il basso e cerco di pensare a come quelle scarpe potrebbero uccidermi anche senza volerlo, ritiro le gambe al petto. Lei nel frattempo trova un posto non troppo lontano dal locale ed esce dalla macchina fluidamente. 
"Si, si parcheggia. Io rimango chiusa in macchina!" Sbuffo ancorandomi ai sedili stinti di un colore indefinito tra il marrone ed il rosso.
"Esci immediatamente dalla mia Lancia o mi metto a gridare." Giro la testa e mi guardo intorno, c'è poca gente vicino a noi, ma la fila spaventosa fuori alla discoteca mi spaventa e soprattutto mi lasciano perplessi i ragazzi che fissano ammaliati la ragazza sgargiante dai capelli arancioni e i pantaloncini inguinali che sbatte i pugni violentemente contro una macchina.
"Esco se ti calmi e eviti di attirare l'attenzione. " Dico prima di lanciarle una linguaccia, lei però incrocia le braccia al petto e mi sorride bonariamente.
"Quando mai attiro l'attenzione?" 
"Dan tu sei egocentrica anche mentre dormi."
"Sta zitta ed esci dalla mia macchina!" Si allontana fissandomi ed io non posso far altro che obbedirle.
Fuori dalla macchina musica e rumori si fondono in un unico suono fastidioso e ritmato, le voci si sovrappongono come il suono di una cascata ed il mio cuore inizia a battere quando vedo un guizzo di capelli neri entrare nel locale. Non sarà una serata facile ma la scritta bianca mi invita a farmi avanti e a far vedere al mondo chi sono realmente, la scritta bianca mi invita e come posso rifiutare un invito? Non è educato.
"The Bunker." Sussurro e Danielle mi stringe ancora più forte la mano.
"Questo è un altro mondo bambina. Vivi perchè so che ti piace farlo."
Sorrido alle sua parole e subito dopo un uomo, o meglio un armadio perchè è quasi più largo che alto, ci fà entrare sorridente, passiamo davanti ad una fila interminabile di persone che ci guardano maligne, Dan continua a sorridere mentre io la guardo interrogativa. "Tutto merito mio." Poi continua abbracciandomi. "Divertiti Hope, è il tuo momento."





Buongiorno ragazze belle!
Per me oggi è ufficialmente finita la scuola e quindi fatemi felice dicendomi la vostra!
Allora come detto l'altra volta questo è un capitolo abbastanza di passaggio, però credo si capisca parecchio della vita di Hope e si stiano chiarendo un po' di cose, o sbaglio?

Fatemi sapere cosa ne pensate, sempre e comunque, come dico sanche se faccio schifo e devo andarmi a ritirare, ditemelo.

Grazie a tutte..e buona lettura!
 
-Allen

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Capitolo 6
*** Drunk of me. ***


Drunk of me.

"Tu rimani qui." Mi guarda con gli occhi lucidi e leggermente traballante cerca anche di assumere un tono autoritario."Non muoverti che qui come niente ti fottono ok?" Non capisco in pieno le sue parole, confusa e stordita dalla musica, dal martellare del mio cuore, e sicuramente dall'alcol, però annuisco e stringo le braccia al petto. Come se fosse facile muovermi da sola, ho un miscuglio indefinito di alcolici in corpo e la testa mi ronza come un alveare, e poi credo di finire in un rapporto a tre se muovo anche solo un braccio. A sinistra una ragazza è completamente a cavalcioni su un ragazzo biondino che la sta praticamente spogliando, mentre alla mia sinistra ci sono due ragazzi che si baciano con passione, ed uno dei due ogni tanto mi lancia delle occhiate insistenti, per questo continuo a fissare per niente interessata il muoversi caotico dei corpi in mezzo alla pista sperando di vedere una figura conosciuta venirmi in contro.
Abbasso lo sguardo per qualche minuto guardandomi le mani pallide e le unghie mangiucchiate, Danielle continua ad intimarmi di non mangiarle più, hai una bella forma continua a dire, hai le dita sottili e femminili mi ripete, io invece sfogo quasi tutto il mio nervoso contro le mie unghie, l'altra parte contro le mie labbra. 
Sento su di me uno sguardo, fisso, penetrante, e istintivamente alzo la testa per capire chi sia, per un secondo, per un solo istante i miei occhi individuano due pozzi di un turchese talmente intenso da spaventarmi, poi di nuovo il caos. 
Scuoto la testa e mi alzo troppo velocemente dal divanetto, dove ricado pochi secondi dopo stordita, devo seguire quell'azzurro, devo sapere a chi appartiene, devo sapere se è lui, ma non riesco a rialzarmi, la testa gira ed io non riesco a stare in piedi, credo di aver esagerato oggi, continuo a vedere Adrian anche quando lui non c'è, non riesco a muovermi e quando una mano si poggia intorno al mio braccio urlo disperata.
"Si calmi. Sta bene?" Il ragazzo del divanetto di sinistra mi guarda interrogativo, mi sembra quasi di riconoscerlo, ma è impossibile, alza un sopracciglio e spalanca gli occhi grandi ridendo."Oh mio dio, ma sei davvero tu?" Anche lui ha avuto la mia stessa impressione, ma dove l'avrò incontrato mai? E' un viso conosciuto, lo sento a pelle, ma non ricordo dove. Non ad Hamilton, non l'avrei riconosciuto con tanta facilità, ho chiuso quel capitolo della mia vita talmente in fondo nella mia testa che mi sembra improbabile, quei ricordi, quelle persone, quelle vite sono ricoperte da uno strato talmente spesso di polvere che perfino pensarci è faticoso. E nemmeno qui a scuola, troppo sbiadito come ricordo. "Sono Jake..ci siamo incontrati in Germania credo, in quel pub dove mentre ti scatenavi mi versasti la birra addosso!" Sorrido, anche io questa volta. Anche se quasi completamente ubriaca e con poca lucidità mi ricordo quel momento, è stato uno dei più imbarazzanti della mia vita, se mettiamo da parte tutte le puttanate dette e fatte con Adrian. 
"JAKE." Urlo questa volta abbracciandolo di slancio, non avrei mai immaginato di ritrovare un compagno di viaggio qui. 
"Ti ritrovo esattamente come ti ho lasciato: bellissima, ubriaca e con i capelli scombinati. Solo un po' meno vestita, che succede, passata l'avversione verso la femminilità?" Lui è lucidissimo, mentre io fatico a stargli dietro, le parole non decidono a fermarsi e non prendono un senso logico, fino a quando in qualche modo si sistemano in una frase, che più o meno capisco.
"Oddio Jake che ci fai qui? Sei cambiato parecchio noto." Indico il ragazzo con cui si stava baciando poco prima, ridacchiando. 
"Guarda che sei stata tu a tentarmi, sempre stato da quell'altra parte."
Scoppio a ridere non capendo nemmeno di cosa parla, poi si morde le labbra e in un flash rivedo le sue mani sulle mie gambe, la sua bocca sul mio collo ed il mio pugno sul suo naso.
"Ma cosa dici? Sembro una tentatrice?" Dico accavallando le gambe e leccandomi le labbra, lui mi sorride e si passa la mano tra i capelli. 
"Continui ad esserlo per me, nulla da fare." Vedo passare una leggera nota d'amarezza sul viso del moro che lo aspetta ancora con lo sguardo perso tra la gente.
"Non ti ho fatto male, vero?" Riesco a fingere e a sviare discorso anche da ubriaca, anche se il mio corpo non reagisce ai giusti comandi che impartisco riesce bene o male a cavarsela, gli sfioro il naso con l'indice e lui mi guarda accigliato. 
"Non avrei mai pensato che una ragazza cosi mingherlina potesse sferrare un destro talmente forte." Si siede sul mio divanetto, le nostre gambe sono a contatto e la pelle nuda delle mie sfrega contro i suoi jeans consumati. 
"Ehi con chi pensi di aver a che fare?" Gli do un piccolo schiaffo sulla nuca e lui chiude gli occhi come preparandosi al peggio, ma oltre la ragione mi hanno abbandonato anche le forze, lui ghigna divertito e mi accorgo che in fin dei conti è davvero bello, non ricordavo i suoi capelli cosi luminosi ed i suoi occhi profondi e appoggio la testa contro la sua spalla.
"Anya quanto mi sei mancata." Mi passa un braccio intorno alle spalle e per un secondo mi sento come dentro a quel pick up giallo sbiadito dal sole, solo io e lui e la musica country. Con Jake ho passato quasi un mese di viaggio tra colazioni esorbitanti e birra a qualsiasi ora, la Germania era bellissima e ogni luogo ci sorprendeva e affascinava, anche noi eravamo una bella coppia, tutti scommettevano che ci saremmo messi insieme e che avremmo vagabondato per sempre con i nostri figli..ma un secondo Anya? Gli ho dato il mio secondo nome, strano. Di solito cercavo di allontanarmi più possibile dal mio nome vero, dalla mia vita vera, lui allora è un tipo apposto.  Non sono del tutto in me per ricordare quanta verità gli ho detto e quanto ho inventato, ma ricordo che Jake mi ha sempre accettato anche non conoscendomi, anche non sapendo nulla di me mi ha trattato come un'amica di vecchia data, e ci andava bene cosi.
"Come va la vita ragazzo mio?" Le sue dita corrono sul mio braccio e trovo rilassante il tutto, come se la musica insopportabile sparisse davvero e ci fossimo solo io e lui, appoggio la testa alla sua spalla e lui posa la sua sulla mia. 
"La vita mi ha portato qui biondina. E tu?" Penso a tutto ciò che la vita mi ha dato e mi ha tolto nel giro di un anno, penso a tutta la gente che ho conosciuto, a tutte le storie che ho inventato, a tutte le lacrime che ho versato. Bristol è casa mia adesso. 
"La mia vita è qui biondino." Gli pizzico leggermente il fianco e il sul suo viso si disegna una smorfia. " Voglio finire la scuola, anche se la vedo difficile." Mi limito a continuare tranquillamente mentre le sue mani mi accarezzano e mi sfiorano lentamente, è una sensazione splendida, ma anche una piccola tortura. 
"Mi sorprendi però..sei incredibilmente lucida per essere ubriaca. Sei da sola?" Una risata isterica sgorga dalla mia bocca, il controllo del mio corpo sta svanendo, la mia mente è ricoperta da uno strato denso di nebbia e lui mi dice che sono lucida. 
"Lucidissima!" Sussurro e mi accorgo di avere la gola secca. "Hai qualcosa da bere?" Basta Hope, basta alcolici, chiedi una coca cola, un pò d'acqua..qualsiasi cosa. 
"Che dici non è meglio fermarsi?" Mi alzo di scatto dalla sua spalla, e lo guardo accigliata.
"Ragazzo passami qualcosa da bere, ho solo sete. E poi anche se non dovessi reggermi in piedi mi accompagnerai tu a casa no?" Quella che parla non sono io, come in un vecchio incubo sento la mia voce dire cose che nemmeno lontanamente direi da sobria, con un tono altamente malizioso e seducente, il problema è che combatto con tutta la forza possibile per allontanare le mie gambe dalle sue, per chiudere la bocca, per fermare le mie mani, ma non ci riesco. Sono intrappolata nel mio corpo e sono talmente stordita da lasciarmi andare a questa situazione con troppa facilità. Sono ubriaca, cosa potrò mai combinare?
Avvicino le mie labbra alla sua guancia, ma sbaglio mira e sono fin troppo vicina alla sua bocca. 
Hope, Hope, Hope. La mia mente da sotto lo stato di torpore continua a chiamarmi, per rimettermi all'ordine, per riprendere il controllo, ma credo sia troppo tardi per riconquistare il mio corpo, soprattutto perchè la mia bocca succhia avidamente la cannuccia spessa di un drink. Fragola, pesca e un gusto amaro, ma aromatico..
"Buonissimo!" Esclamo appoggiandomi a lui di nuovo, sfiorando con due dita il suo collo. "Grazie mille!" Distendo le gambe sulle sue e potrei anche rimanere qui per sempre, sembra quasi che tutti i problemi del mondo spariscano con un po' d'alcol.
I turni al lavoro, i brutti voti a scuola, la professoressa Burridge che mi odia, Adrian che si allontana da me appena cerco di capirlo, il mio cuore..tutto sparito, tutto occupato dalla pace.
"Non mi merito un premio?" I suoi occhi brillano rubando i colori più strani alle luci della discoteca, la sua bocca sottile è leggermente screpolata e una sua mano è ancora impegnata a stuzzicare la pelle del mio braccio, mentre io cerco di ricordare di che colore siano in realtà i suoi occhi, se verdi o nocciola.
"Meriteresti un premio sempre tu.." Adesso non riesco nemmeno a formulare una frase di senso compiuto, le parole sono strascicate e sussurrate e la testa gira gira gira.
Appoggio non curante la guancia contro il suo collo e lo trovo incredibilmente liscio e morbido, mi sporgo leggermente per lasciargli un altro bacio sulla guancia, solo che questa volta lui è più veloce e ritrovo la sua lingua che lecca le mie labbra.
"Cosa diamine fai?" In un lampo di lucidità lo allontano da me ma lui è più forte e si avvicina ancora, sorridendomi e accarezzandomi le braccia nude, che adesso sono ricoperte di brividi. 
Il cuore però sembra muto, silenzioso e costante non crea problemi, e quei brividi sono dovuti alla sorpresa, non certo all'eccitazione, però continuo a bearmi del suo tocco e della sua stretta, nonostante abbia paura di cosa possa combinare, di dove possa andare a sfociare questa piccola rimpatriata.
"Lascia fare a me piccola." Dice troppo vicino alla mia bocca, dove infatti lascia un piccolo e veloce bacio. Perchè essere chiamata piccola da lui mi da' fastidio? Sento come se stesse cercando di rubare il posto a qualcuno..ma a chi? E il bacio non mi rende per niente felice, felice come anche solo il sorriso di qualcuno riesce a rendermi.
"Jake sei gay." Ridacchio io, sfiorando i suoi capelli e poi il suo viso.
"Appunto non ti farei mai del male, e poi mi conosci."
Perchè questa sua affermazione mi calma cosi tanto? Perchè le mie braccia sono intorno al suo collo? Perchè la sua lingua cerca di entrare nella mia bocca ed io non faccio nulla per fermarlo? Perchè ci stiamo baciando come due fidanzati un pò alticci e non come due conoscenti? Lo conosco, non mi farebbe mai del male, lo conosco..le sue mani accarezzano le mie cosce cercando di alzare la gonna.
"Jake no, piano." Si stacca leggermente da me, si morde le labbra e fissa la mia bocca."Sei cosi bella." 
"E' l'alcol che ti fà parlare.." Butto la testa all'indietro ma non mi dà il tempo nemmeno di farlo che ritrovo la sua lingua sul mio collo. 
"Sei tu quella ubriaca, mi avresti mai notato se non lo fossi?"
"Ho notato benissimo come toccavi il ragazzo su quel divanetto." Ridacchio io indicando con il mento il moro che fino a due secondi fà ci fissava furioso.
"Ora voglio te." Mi hai rivisto dopo mesi dove ognuno ha ignorato la presenza dell'altro, ci siamo rivisti per caso in una discoteca dell'inghilterra, lontani da casa e dici di volermi?
"Non mi avrai lo sai.." La mia voce suona inesorabile, come se le cose siano già scritte, non mettendo in conto che se fossi più ubriaca e meno in mè saremmo già sul retro a fare sesso.
"Aspetterò." Trattengo un sorriso e le sue labbra mi lasciano un bacio all'angolo della bocca.
"Vai via Jake, sei un amico per me e non capisco perchè continui a farmi baciare. Cosa c'era nel drink? Mi sento meglio."
"Una semplice aspirina, ne avevi bisogno!" Sorride e i suoi occhi lucidi nascondono tutto un mondo.
"Jake? Ti voglio bene, ma per me sei solo un amico." Cerco di abbracciarlo ma mi ruba un ultimo bacio, dove mi lascio andare anche io, dove le nostre lingue si rincorrono e dove le nostre mani si cercano.
"Hope cosa cazzo stai facendo?" Brusca mi stacco da Jake e vedo la mia amica con in mano due cocktails blu. " Merda mi hai sempre detto che i biondi non ti piacciono." Jake sorride imbarazzato e vedo le sue mani stringersi a pugno contro il divano, noto anche che il rossetto che indossava la mia amica è completamente andato - come il mio d'altronde - ma i capelli sono in perfetto ordine lisci e lucenti. 
"Danielle come stai?" Lancio uno sguardo al biondo al mio fianco e lo vedo annuire. 
"Mh? Come sto? Una favola!" Cerca di fare una piroette ma sbanda e sono costretta ad alzarmi di scatto e a sorreggerla. 
"Ne hai un'altra?" Mimo con le labbra verso il mio amico che fissa la scena immobile e sorpreso. 
"Dimmi prima che non sei lesbica." Dice pacato, e Danielle lo guarda male, malissimo e gli punta un dito contro.
"Ehi lesbica a chi? Mi piace il cazzo okay?" Lui si alza e mi porge una pillola che estrae dal portafoglio.
"Dan, Dan calma." Le apro la bocca e le faccio ingoiare la pillola con la forza, mentre lei si dimena. 
"Lasciami, lasciami. Sto bene, non vedi?" Si sbraccia inutilmente per dimostarmi di stare bene, ma al contrario capisco che è ancora più persa di me.
"Andiamo al bar, hai bisogno di un po' d'acqua. Ed io di un po' d'aria, magari." Cerco di portarla verso l'uscita ma lei mi spinge verso il divanetto mugugnando qualche lamento.
"Due minuti sul divano, se no ti vomito addosso." Sentenzia alla fine risoluta.
"Andiamo al bagno." Urlo io in preda al panico.
"No, divano." L'appoggio sul divano dove fino a pochi minuti fà stavamo pomiciando io Jake e lui mi passa una mano dietro la schiena, lasciando la sua mano sul mio fianco.
"Dici che sopravvive?" Dico io guardandola.
"Sicuramente, con un'amica come te poi di sicuro."
"Mi stai prendendo in giro? Ah comunque no, mi piacciono i ragazzi, ancora per poco. Sono tutti stupidi." Ghigno sorridendogli.
"Grazie a dio, avevo pensato di ritornare etero per una come te. E poi io non sono stupido!" La sua voce sale di un'ottava e mi schiaffeggia la schiena con delicatezza.
Lo abbraccio e gli lascio un bacio sulla guancia, prima di appoggiare il mio viso contro la sua spalla.
"Solo un po'." E lui mi stringe più forte a sè, azzerando qualsiasi distanza fra i nostri corpi.
"Bionda, bionda." Una mano mi tira la gonna e mi giro verso Danielle preoccupata. "Cesso ti prego."
La prendo immediatamente da sotto la braccia, anche se essendo molto più bassa di lei per me è uno sforzo enorme e le sistemo un braccio intorno al mio collo, così va meglio, per fortuna cammina bene o male, non sarei riuscita a trasportarla di peso.
"A presto Jake." Sorrido inviandogli un bacio con la mano libera. 
"Quando la tua amica finisce di vomitare l'anima ci vediamo qui, va bene?" Il suo viso si contraee in una piccola smorfia e mordendosi le labbra cerca di sorridere.
"Okay, e grazie." Urlo io, non so se mi sente ormai mi sono allontanata di una decina di metri e Danielle inizia a fare domande, la musica rimbomba nelle mie orecchie e mi sta venendo un mal di testa atroce.
Fisso il pavimento, ogni cosa in questo momento potrebbe farci cadere rovinosamente, meglio evitare, un ragazzo mi urta contro, ed io non faccio in tempo ad alzare lo sguardo che è sparito, lasciando dietro di lui solo un profumo di sigaretta misto a vaniglia e menta.
Entriamo nel bagno e il tanfo di vomito, fumo e alcol è soffocante, Dan si siede su un tavolino mettendosi a giocare con un posacenere di vetro ed io mi bagno leggermente il viso, fregandomene delle ore di trucco, facendo poi lo stesso con la mia amica che sembra dover scoppiare da un momento all'altro.
"Grazie a dio la serata è quasi finita, avresti rovinato tutto il mio lavoro. Adesso portami fuori, qui dentro puzza troppo perfino per vomitare."
Non so come riusciamo a superare la folla che ancora si scatena in pista, nè come Danielle riesca a trovare una piccola porta che dà su uno spiazzo, per fortuna deserto. 
La porto il più lontano possibile dalla musica assordante e soprattutto cerco un posto dove si possa liberare per bene, la sistemo su una panchina e le tiro tutti i capelli legandoglieli con un elastico.
"Babe dai il meglio di te, ma non chiedermi di guardare." Sangue, ossa rotte, torture e omicidi, ma non chiedetemi di stare a guardare mentre qualcuno vomita. Mi guardo un po' intorno canticchiando, o più che altro cercando di non sentire i conati che Dan emette, e noto che il retro della discoteca è un quasi un parchetto, tra alberi, panchine ed aiuole, sento dei rumori e mi muovo verso quella direzione, vedo però poco distante da me due figure che si muovono in sincrono, mi avvicino un pò e sento i gemiti provenire da una delle due ombre e capisco. La camicia del ragazzo è quasi vicina ai miei piedi e le urla della ragazza che adesso sento più forti e decise tolgono ogni dubbio, poi i movimenti iniziano a farsi più veloci e netti, meglio andare. Copro gli occhi con entrambe le mani, mentre retrocedo velocemente, poi mi giro e  ritorno repentina dalla mia amica che serena mi aspetta vicino alla porta, masticando una chewingum.
"Tutto bene?" Domando ancora ridendo, mi passo i capelli dietro le orecchie e mi appoggio ad un muretto basso. 
"Oh si, molto meglio. Quel tuo amico ha fatto miracoli! Anche se la testa mi gira ancora e sento le gambe molli, e tu perchè quella faccia?" Dovrei farmi dire davvero di cosa si tratta, se mai rivedrò Jake.
"Che faccia?" Trattengo un sorriso pensando a quei due, dio spero non mi abbiano sentito.
"Hai una faccia tra il divertito e l'imbarazzato. Novità con il biondino?"
"Oh nono." Scuoto la testa contrariata. "Ho solo scoperto due ragazzi che fanno sesso dietro lì e io mi stavo anche avvicinando, giusto per controllare. Merda se mi scoprivano!" Ridiamo entrambe ed io riesco dopo un pò a sedermi sul muretto, o più che altro ad arrampicarmi.
"Ti rovini la gonna cosi Hope." L'ignoro accendendomi la sigaretta e rimettendo l'accendino nella sua borsetta.  "Andiamo a vedere chi sono i ragazzi? Li conosco sicuramente. Oddio andiamo, andiamo!" Mi tira per un braccio verso il nascondiglio che gli alberi ed un altro muretto leggermente più alto di questo creano, io mi oppongo e lei continua a tirare ma poi sentiamo dei passi e le mimo di stare zitta.
"Ma dove vai adesso? Fino a tre minuti fà ti piaceva, se vuoi posso darti il mio numero..cosi ci vediamo."
Una vocina stridula e leggermente fastidiosa si avvicina e dopo un borbottio basso una voce maschile le risponde secca.
"Puoi tenerti il tuo numero, non voglio vederti mai più." Un colpo al cuore mi leva il respiro, riconosco questa voce, non può essere, non è vero. Danielle mi lancia un'occhiata spaventata, ed il mio cuore batte talmente forte che ho bisogno di chiudere gli occhi per rendermi conto di cosa stia succendendo, non sta succedendo, non sta succedendo. Appoggio la testa, che inizia a vorticare velocemente, al muro e inizio a temere il peggio quando comincio a tremare, le mani di Dan bloccano le mie spalle e posiziona il suo viso a pochi centimetri di distanza dal mio.
"Va tutto bene okay? Ti sta sbagliando." Chiudo le mani a pugno e le porto contro le cosce, appoggio la testa contro la sua spalle e sospiro. 
"Non mi sbaglio, ma va tutto bene, va tutto bene." Il cuore non ha rallentato la sua corsa, frenetico corre come se dovesse arrivare primo a qualche strana gara, per poter poi godersi il meritato riposo, ma non è cosi, mi porterà a diventare matta, ero stata bene, perchè proprio adesso?
"Sentirai la mia mancanza, fidati." Un pò di sfida parte nella voce della ragazza e un suono di schermo arriva di tutta risposta dal ragazzo.
"Non sei nè la prima nè l'ultima puttana che ho conosciuto." La figura longilinea del ragazzo compare per prima, seguita da una affannata e procace ragazza, che cerca di prenderlo per un braccio, ma lui è più veloce e furbo, scatta in avanti entrando per bene nel nostro campo visivo e soprattutto sotto le luci che mostrano il suo viso delineato e dolce, scolpito e delicato, ma soprattutto angelico e allo stesso tempo beffardo. 
Un viso maledettamente conosciuto.
Fisso il suo volto e la terra mi manca sotto i piedi, l'unica cosa che mi mantiene legata a questo mondo sono le mani di Danielle intorno alle mie chiuse a pugno e le sue parole che mi risuonano in testa.
I capelli neri e mossi oggi sono sistemati su un lato dal gel, ricadono sulle orecchie in piccole onde, le labbra rosse e disegnate sono umide ma perfette e schiuse, le spalle larghe sono fasciate dalla camicia bianca che giaceva fino a poca fà vicino ai miei piedi, i pantaloni scuri leggermente spiegazzati fasciano le sue gambe mentre cammina verso di noi con un'andatura terribilmente silenziosa e tranquilla. La cosa che però mi destabilizza maggiormente sono i suoi occhi, grandi e lucenti come al solito, ancora umidi dopo l'amplesso, ma incredibilmente azzurri, anzi più che azzurri, turchesi. 
Ci nota e pare quasi bloccarsi, ma subito ricomincia a camminare spedito con ancora la mora che gli corre dietro scodinzolando, pregandolo di fermarsi, lui si volta un secondo per guardarla e la fulmina con lo sguardo, lei poverina rimane scossa da quell'occhiata e smette di camminare, come per riprendere fiato. 
Fiato che servirebbe anche a me, che invece di respirare a pieni polmoni continuo a sospirare e a fare mezzi respiri, spezzati dai battiti del mio cuore, mi sento morire, oggi non mi ha nemmeno toccato, sto peggiorando, dovrei farmi curare.
"Ehi ciao Hope, come mai da queste parti?" Sorride e si ferma a pochi passi dal muretto, una piccola fossetta si crea fra le sopracciglia, oltre le solite che compaiono veloci ai lati della bocca, rivederlo mi riporta a mente la mia dichiarazione stupida ed infantile, e anche il  mio fuggire quasi stupido, vorrei saltargli al collo e scusarmi, dirgli che per me non è cambiato niente, che è sempre e solo un amico, e che potrebbe anche ignorarmi, ma non ci rieso, rimango abbagliata dai suoi occhi, e dal suo sorriso, dalla sua voce e dalle sue mani. Da lui.
"Mh.."Ingoio saliva a vuoto pur di cercare di creare una risposta decente, non è successo nulla no? "Cosi, ogni tanto ci vuole una serata in discoteca. Tu?" Quello che cerco di fare dovrebbe essere un sorriso ma scommetto un braccio che assomigli più ad una smorfia malcontenta.
"Questo è il mio Mondo. Ci vediamo." E con una scrollata di spalle scompare dietro gli alberi, lasciandosi dietro il suo inconfondibile profumo di vaniglia, menta e sigaretta.
Sento una porta sbattere e la stretta di Danielle si fà meno forte, posso cosi portare le gambe al petto e appoggiarci la testa sopra, deve smettere di girare, almeno cosi vorticosamente, ed il mio cuore, il mio maledetto cuore deve fermarsi, ormai ha perso ogni scommessa.
Non avevo immaginato nulla, lui era lì.
"Hope.." Un sussurro rispetto alla tonalità con cui mi chiama quotidianamente.
"Tutto bene, solo il cuore." Le sue mani si poggiano sul mio collo, massaggiandolo leggermente.
"Non ti ha toccato." Dice dopo un pò, in effetti non mi ha nemmeno sfiorato, mi ha trattato come un'estranea, una comune compagna di scuola, altro tutti i miei sogni, le nostre supposizioni, i miei timori.
"Sto peggiorando, l'hai notato anche tu?" Alzo lo sguardo per poterla guardare negli occhi ed il movimento, troppo veloce, mi porta un conato di vomito e una fitta alla testa.
"Ho bisogno di Jake, deve avere un'altra di quelle pillole." La guardo implorandola di andare a cercare il mio amico e con un ultimo sorriso mi lascia seduta su quel muretto da sola, alla disperata conquista della calma, corre traballando, non so se dare la colpa all'alcol o ai tacchi alti, ma non m'importa granchè, non quando anche la mia testa si muove troppo per i miei gusti.
Non è successo nulla, nulla di esageratamente interessante almeno.
Ho visto Adrian fare sesso con una sconosciuta, quante volte me ne ha parlato? O ho visto le ragazze piangere disperate nei bagni perchè lui non voleva saperne più niente?
So' come è fatto Adrian, so' che la sua vita non è fatta per legarsi ad un unica persona, lui è come il sole, ha bisogno di diversi pianeti che gli orbitano intorno facendolo sentire importante, amato, poi quando si stanca o i pianeti si avvicinano troppo basta una parola o uno sguardo per distruggere un piccolo mondo, per annientare un vita intera.
Però non mi spiego il mio comportamento, non dovrebbe toccarmi, non dovrebbe nemmeno sfiorarmi il fatto che lui si diverta in qualsiasi modo, è la sua vita, cosa frega a me?
Io sono una conoscente per lui, il divertimento a scuola, quella che ancora non gliel'ha data, la ragazza da far impazzire..una nullità.
Una cosa però mi ha dato fastidio, non il minimo accenno a ieri, non la minima prova che qualcosa gli importi di me, nulla, il vuoto.
Adrian mi svuota come al solito.
Con lo scorrere dei pensieri anche i brividi sono scomparsi e il cuore ha ricominciato a battere tranquillo e ritmico..
"Hope Hope!" Mi volto verso quella voce che riconosco subito e che ha interrotto i miei pensieri, una Danielle affannata e sconvolta esce fuori dalla porta con un ragazzo moro al suo seguito, il mio cuore si ferma per un secondo, ma subito ricomincia a battere, non è lui.
"Jake.." Si piega sulle ginocchia per riprendere fiato. "Il tuo amico biondino non c'è." Prende un'altra pausa e poi dice. " C'è stata una piccola rissa e l'hanno cacciato." Rimango incredula, Jake in una rissa? E' impossibile odiarlo, si è fatto male? Poi è il tipo meno violento che conosca, non ucciderebbe nemmeno una mosca, e poi diamine perchè?
Cosa gli sarà successo? Mi alzo con uno scatto dal muretto e mi avvicino a lei per saperne di più. 
"Cosa è successo?" Il moro si fà avanti e lo riconosco immediatamente.
"Tu sei quello con cui stava pomiciando..dimmi che sta bene!"
"In realtà non proprio.. gli ha spaccato il naso." La voce che esce dal ragazzo magrolino e smilzo è potente e rauca, un misto tra divertimento e ansia però si delinea sul suo viso.
"Ma perchè? Uno non può avvicinarsi ad un tizio e rompergli il naso."
E' impossibile, avrà detto o fatto qualcosa, ci sarà stato un motivo, una scintilla che ha scatenato la rissa.
"Ed invece si. Si è avvicinato e con uno strattone lo ha girato nella sua direzione, poi è partito il pugno in pieno volto. Jake è rimasto immobile mentre il sangue iniziava a riempirgli il viso, poi il ragazzo si è voltato ed è uscito dalla discoteca." Il ragazzo conclude passandosi un dito sul sopracciglio sinistro e grattandosi la fronte.
"E quindi? Jake? Al ragazzo non hanno fatto nulla? Chi era?" 
"Hope una domanda alla volta." Mi ero completamente dimenticata di Danielle in realtà, la guardo per un istante e poi mi concentro di nuovo sul ragazzo.
"Jake è stato accompagnato fuori, il ragazzo è sparito. Non lo conoscevamo, almeno non io. Sarà un altro a cui il tuo amico ha spezzato il cuore, non è stato bello vedervi amoreggiare!" Mi lancia uno sguardo stizzito e incrocia le braccia al petto, io lo guardo contrariata e scuoto la testa.
"Siamo amici, ed il mio amico è gay, tu lo sai bene no?" Dico imbarazzata, mordendomi il labbro. "Quindi ritorniamo all'aggressore. Com'era vestito? Descrivilo." Non so a cosa può portarmi questo interrogatorio, ma sento di poter far qualcosa, di poter conoscere questo ragazzo, siamo a Bristol, io anche se da pochi mesi abito qui e sento di poter riconoscere qualcuno.
"Era bruno, alto e leggermente muscoloso." Molto dettagliato amico, conoscerò quel centinaio di ragazzi cosi, lo incito a continuare con le mani e lui alza gli occhi al cielo "Ah e poi indossava una camicia bianca e un pantalone grigio topo credo. " Dan mi prende la mano e me la stringe non capisco il motivo, cosa c'è di strano? " La cosa più bella e strana allo stesso tempo erano i suoi occhi però, era di un stupefacente azzurro, quasi turchese direi." Il mio cuore batte frenetico, la vista si ofusca e la mente produce pensieri sconnessi.
Adrian.



Salve persone! 
Scrivere questo capito è stato un parto, chi mi conosce lo sà, faticavo anche io a pensare determinate cose, però davvero hanno deciso loro cosa fare ed io ho dovuto solo farlo accadere.
In questo capitolo poi ho voluto mostrare una Hope più "normale", più semplice ragazzina e non troppo donna presa e finita.
Ricordate di dirmi sempre la vostra, anche se non vi è piaciuto e dovrei ritirarmi.

Grazie a tutte..e buona lettura!
 
-Allen
 
 

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Capitolo 7
*** All I want is the taste that your lips allow. ***


All I want is the taste that your lips allow
 
Vengo svegliata dal profumo inconfondibile del caffè appena fatto che riesce a risollevarmi dal sonno troppo breve e dalla tempesta di immagini confuse che mi costringeva in un dormiveglia fastidioso. 
Apro gli occhi ed una luce troppo soffusa filtra nella mia stanza ed un sole troppo basso fà capolinea attraverso uno strato spesso di nuvole, che ore sono? E dove sono? 
Mi guardo intorno ed il caos è l'unica cosa che vedo, vestiti sparsi ovunque, delle coperte buttate per terra, un cuscino sulla finestra e scarpe sul comodino, e proprio lì accanto mi aspetta un bicchiere colmo d'acqua con accanto una compressa, Danielle per fortuna sembra abituata a queste serate devastanti e naturalmente sa' come riprendersi. 
Mi fisso le gambe nude e mi rendo conto di essere praticamente solo in biancheria intima, un pensiero mi colpisce immediatamente e subito mi alzo in piedi, un giramento di testa però mi opprime e cado sul pavimento freddo appoggiando la schiena al materasso con gli occhi chiusi.
"Danielle?" La mia voce suona come un gracchio, ma spero davvero che sia lei a rispondermi e non qualche uomo sulla quarantina, brizzolato e con la pancia.
"Ciccia fatti una doccia veloce che io ti aspetto giù per la pranzo."
La sua voce non mi è mai suonata cosi melodiosa e inaspettata, con cautela mi alzo e mi affaccio alla porta: un ottimo odore di pancakes e muffin sale per le scale invitandomi a scendere.
No, prima una bella doccia gelida, penso mandando giù la pillola con l'acqua ormai calda, poi mi butto di tutta fretta sotto l'acqua ed il getto che mi accoglie è incredibilmente freddo, mi hanno accontentano in pieno, ma cosi riesco a pensare almeno.
Cosa è successo ieri sera? Siamo andati in discoteca, Danielle mi ha infilato in una gonna cortissima, abbiamo bevuto un po' - parecchio- poi l'unica cosa che ricordo è la musica assordante e frasi senza senso.
Mi insapono distrattamente e tocco un punto sul collo che mi fa' male, ma continuo disinteressata a bearmi del massaggio dell'acqua e del profumo esagerato di arance che mio bagnoschiuma emana, anche se sento le gambe doloranti e la testa battere mentre continuo a perlustrare i miei ricordi caotici, i pensieri diventano più chiari, uno in particolare, e tutta la mia attenzione si focalizza su un'unica scena: le labbra soffici di qualcuno sul mio collo, le sue gambe sotto le mie e le sue mani sulle mie cosce.
Spalanco gli occhi cercando fiato... è successo qualcosa, con uno sconosciuto, ed io non ero nemmeno completamente cosciente, merda!
Non è possibile, non volevo, ero ubriaca va bene, ma me ne ricorderei no? Non ricordo nulla, nemmeno un pò di dolore al basso ventre a ricordarmi qualcosa, nulla di nulla, solo vuoto e musica.
Appoggio la testa al vetro freddo e umidiccio della doccia cercando altri frammenti, altri momenti, ma l'unica cosa sono i suoi occhi che mi fissano dolci, le sue mani delicate sul mio corpo, la sua bocca avida però di me.. e poi d'improvviso un altro sguardo, più inquietante e duro, niente dolcezza in quegli occhi chiari, ma il mio stomaco scatta lo stesso, anche se sono distanti, troppo e cosi dannatamente azzurri.
Solo una persona può avere gli occhi di un colore cosi intenso, solo un ragazzo può emanare tanto disprezzo ma allo stesso tempo attrarti con un'intensità spaventosa, scuoto la testa, lui non era lì. Adrian non era in discoteca, non c'è stato nessuno sguardo e non sono andata oltre con nessuno. 
Esco velocemente dalla doccia ancora grondante e mi piazzo davanti allo specchio tamponandomi i capelli e fisso la macchia rossa che spicca sul collo pallido, la tasto lentamente con le dita e noto che è questo il punto dolente, per un secondo mi chiedo cosa possa essere, poi mi sembra cosi chiaro che riesco a darmi anche della stupida, è un succhiotto, ma è l'unica differenza che noto sul mio corpo, niente lividi, niente macchie rosse, niente graffi, solo le solite labbra rosse e piene, gli stessi occhi grigi e troppo grandi, lo stesso corpo smunto ed esile, in più solo le occhiaie profonde.
Mi vesto in tutta fretta e in pochi minuti sono di sotto, con addosso solo una maglia larga e le mutandine, ho bisogno di risposte e sinceramente anche di cibo.
"Danielle nutrimi immediatamente. E dimmi che non ho fatto la puttana, potrebbe andarne della mia salute mentale!" Urlo sedendomi sul divano in soggiorno.
"Che?" Sbuca dalla porta ed è completamente in ordine: truccata leggermente, ma perfetta, i capelli alzati in una coda di cavallo ed in biancheria intima farebbe invidia a qualsiasi modella.
Io per conseguenza diretta mi rannicchio ancora di più contro il divano portandomi le gambe al petto e sorridendole.
"Come fai ad essere perfetta anche dopo una sbronza?" Cerco di sistemarmi i capelli, ma ci rinuncio e li lascio asciugare all'aria.
"Abitudine amica. Tu piuttosto sembri uno zombie." Ridacchia dandomi un piccolo schiaffo sulla nuca.
"Gentile come al solito." Dico e subito dopo sbadiglio, lei mi sorride e mi indica con la testa la cucina.
"Andiamo. Ci sono tonnellate e tonnellate di caffè. Hai preso la pillola?"
"Cos'era?" Rispondo annuendo prima di seguirla in cucina. " Tutti che mi parlate di pillole, mi state drogando, lo sento."
"Era un antidolorifico che ho rubato da mamma." Ridacchia sedendosi al tavolo pieno di qualsiasi cosa commestibile al mondo. "Uno di quelli forti credo, e specifico per le sbronze o per cose del genere." 
Mi siedo stravaccata al mio posto, e noto che si parte da cornetti, uova strapazzate e caffè e si finisce con carne e pasta.
"Chi dovrebbe mangiare tutto questo?" Dico addentando un cornetto, sperando che sia alla crema.
"Tu, puoi mangiarne per una settimana. Sai cucinare perché non lo fai più spesso testa di cazzo?" Inizia a mangiucchiare un uovo strapazzato e mi guarda torva. 
"Non mi và e poi cucino, i tuoi muffin chi li fa?" Affondo la faccia in una tazza fumante di caffè.
"Tu, magari sapessi cucinare io!" Come magari? E tutto questo da dove è sceso? Dal cielo? 
"Dimmi che non hai comprato tutto questo." La minaccio puntandole contro un coltello.
"Ho fatto il caffè." Sorride alzando le mani in segno di resa.
"Come al solito è inutile parlare con te." Sbuffo mentre assaggio un pò di bacon.
"Hope ho tanti soldi, condividerli con te non è un errore okay?" Non va bene, sei ricca? Tieni per te i tuoi soldi, non spenderli per me, io in qualche modo vivo, anche con i quattro soldi che mi da il supermarket.
"Io mi sento in obbligo." E' questo il problema, il mio voler assolutamente essere indipendente, l'ho sempre voluto, non ho mai voluto sentirmi in obbligo verso qualcuno perchè poi so di non essere in grado di ripagarlo.
"Non devi, mi sento felice quando vedo felice te." Sorride lanciandomi un tovagliolo in faccia e colpendomi in pieno.
"Va bene, va bene." Dico in tono pacato. "Però non esagerare!"
"Preciso e perfetto il succhiotto che ti ha lasciato il tuo amico."
"Cosa?" Le dita corrono subito alla zona arrossata sul collo e abbasso lo sguardo imbarazzata.
"Si il biondino, credo si chiamasse Jake." Si gratta la nuca e sembra pensarci, poi scrolla le spalle e beve un goccio di tè. 
"Jake??" Un sorriso mi sorge spontaneo, Jake, Jake non è uno sconosciuto, Jake l'ho incontrato in Germania, credo in una birreria di Brema, Jake mi vuole bene, Jake è un amico.
"Jake Tomar mi ha baciato? Ancora?"
"A te piaceva anche da quello che ricordo. Vi ho dovuto interrompere dopo un pò perchè dovevo stendermi io."
"Cazzo!" Sospiro bevendo un altro pò di caffè. "Non siamo andati oltre il bacio vero?" 
"Qualche toccatina probabilmente, ma non credo proprio sia successo quello che dici tu." Scuote la testa ed il mio cuore è molto più leggerlo, mi sento molto meglio adesso. 
"Mi sono baciata solo con lui no?"
"Si e stavi svenendo per Adrian. Ma niente non mi hai accontentato. Tutto nella norma, mi lasci come al solito scontenta!"
Calma cuore, calma.
"Aspetta un momento, Adrian Melek ieri era in discoteca?" La voce mi sale di parecchie ottave e mi ritrovo ad urlare, poi la mia faccia sprofonda tra le mie mani ed anche il cuore sprofonda nella solita tachicardia pacata, quando parlo di lui.
"Non ricordi nulla? Eri lucida però." Mi chiede con una voce interrogativa.
"Nulla." Scuoto la testa e mi appoggio al tavolo, mentre lei inizia una descrizione dettagliata della serata, bene o male non ho combinato tanti casini, oltre aver visto Jake baciarsi con un ragazzo, e dopo due minuti essermelo baciato io, ed escludendo il pugno che si è preso Jake in pieno viso.
"COSA?" Riemergo dallo stato di apatia solo quando sento che secondo "la me ubriaca" sia stato Adrian ad aggredire Jake. "Non è possibile. Non si conoscono nemmeno." Non si conoscono, Jake è tedesco, Adrian inglese? Americano? Non so nulla di lui, non mi ha mai detto nulla della sua vita privata, è sempre troppo occupato a sbattersi la nuova arrivata. Jake è carino, simpatico, delle volte anche indolente, ma non farebbe del male nemmeno ad una mosca, e poi c'è Adrian, che è bello, bello come un dio, strafottente, risoluto, e pronto a tutto.
"Sei stata tu a dirlo, e a cercare come una pazza Adrian per il locale, urlando." Scuote la testa come se fosse ovvia come cosa e beve un generoso sorso di un succo.
"Come sono arrivata a questa brillante conclusione?" Mangiucchio nervosa un altro uovo, ma l'unica cosa che faccio è spappolarlo in realtà. Non posso pensare di averlo fatto davvero, diamine Hope cosa cazzo ti prende? 
"Il tizio a cui hai rubato Jake ci ha fatto una descrizione abbastanza dettagliata, anche io ho pensato subito a lui." E le parole del ragazzo mi guizzano subito in testa: alto e leggermente muscoloso, camicia bianca, pantalone scuro, i suoi occhi però, erano di un stupefacente azzurro, quasi turchese. 
E' stato lui, ma perchè? Non ha senso come cosa..
"Jake, Jake come sta?" L'unico pensiero coerente che non comprenda occhi grandi e azzurri e sorrisi mozzafiato, mi esce dalla bocca con un rantolo.
"Chiedi a me? Ieri quella con la sua lingua in bocca eri tu."
"Non ti mando a cagare solo perchè non sono in vena." Acida. Stop. Stop Hope. Danielle? Presente? Calma i bollenti spiriti.
"Hope?"
Pensa adesso, pensa ad un motivo per il quale Adrian Melek abbia picchiato un ragazzo, uno sconosciuto. 
Ad Adrian forse ha dato fastidio che ci fosse qualcuno bello quasi quanto lui? Impossibile, ha un'autostima da far paura.
Forse Jake stava baciando qualcuna che aveva adocchiato lui o forse aveva adocchiato proprio Jake. Oh mio dio, Adrian gay. I sogni erotici di tutta Bristol mi cadono tra le braccia, però diamine che perdita per la popolazione femminile. 
"Hope!" O forse Jake assomiglia a qualcuno che aveva qualche conto in sospeso con Adrian, e quel pugno avrà sistemato tutto?
Oppure era ubriaco e qualcuno gli ha rifilato un due di picche e ha sfogato la rabbia contro Jake. Ma chi voglio prendere in giro? Chi manderebbe in bianco Adrian? 
"HOPE!!" Danielle sbatte i pugni sul tavolo e solo in quel momento mi ricordo della sua presenza, la fisso però sconcertata e sbatto più volte le ciglia. "Ah, finalmente. Odio essere ignorata."
"Ho notato." Un piccolo fiume di tè si riversa sulla tovaglia blu e corre dritto verso di me, e lo tampono con un fazzolettino.
"A cosa stavi pensando?" Incrocia le mani sotto al mento e mi guarda curiosa.
"Oh a nulla, pensavo." Altra fitta allo stomaco, non posso mentire a Danielle, non mi viene più naturale, mi fà quasi male. Mi gratto il mento e poi la nuca, ma il senso di inadeguatezza non passa.
"Stai mentendo. E poi ti vedevo concentrata, parla." Mi sorprende la velocità con cui cambia umore Dan, o meglio non proprio umore, cambia personalità, in un momento è la mia amica svampita e occupata a vestirmi e a truccarmi come una bambola, due minuti dopo è la ragazza seria e caparbia, che vuole capirmi e aiutarmi, e poco dopo è la maliziosa e sempre pronta a parlarmi come un camionista.
"Pensavo ai motivi, alle cause che hanno potuto portare Adrian a sferrare un pugno ad uno sconosciuto." Il caffè ormai è quasi freddo, e disgustoso, ma lo mando giù ancora.
"Sicura fosse uno sconosciuto?" Mi scruta ed i suoi occhi verdi sono lucidi e limpidi. Sinceri.
"Non proprio. Ho pensato si conoscessero già, ma come? Poi ho pensato ad un'assomiglianza." Dire il resto sarebbe troppo troppo imbarazzante.
"Non hai pensato l'avesse conosciuto quella sera?!" Si lecca le labbra e sorride.
"Oh si, ho pensato che lo trovasse anche carino.." Mi interrompe scoppiando a ridere e battendosi una mano in fronte.
"Sei tarata però. Non hai pensato che la causa del pugno potresti essere tu?"
"Io? Ed io cosa centro?" Inizio a mordermi il labbro inferiore e ad agitarmi sulla sedia. 
"Tu? Semplicemente Adrian ti desidera e un pivellino lo ha preceduto. Anzi diciamo che lui non ci ha mai nemmeno provato davvero e sono tre mesi che vi punzecchiate." Alza le spalle e picchietta le dita sul tavolo.
"Due mesi in realtà. E poi una volta.."
"E non mi hai mai raccontato nulla? Però sei una testa di cazzo."
"No, purtroppo nulla. Eravamo vicini, tantissimo e lui mi stava sussurrando di quanto brava di bocca fosse la Sulgard di terzo e poi le nostre labbra si sono quasi sfiorate."
"Perchè quasi?" Si sporge verso di me e mi guarda assorta.
"Troppe domande Bull. No comunque perchè suonò la campanella ed io corsi in bagno e naturalmente svenni." Un sorriso amaro compare sul mio viso, quel giorno il mio cuore era fuori di testa, era completamente andato, batteva furioso e frenetico, ma quando lui mi tocca sto bene, non svengo, non piango, non fremo. 
"Perfetto. Domani a scuola ci parli." Mi minaccia puntandomi un dito contro e poi scoppiando a ridere.
"Ci parlo, ma chiaramente non è come dici tu." Scuoto la testa e continuo. "Ma adesso devo sapere il perchè."
 
"Hope esci da quella dannata doccia o ti vengo a prendere dai capelli."
Danielle ormai vive a casa mia da un paio di giorni e devo dire che amo il fatto che casa sia più ordinata e anche l'idea di non essere perennemente da sola, ma è fiscale e non posso uscire di casa se non vestita e truccata come dice lei. 
"Ti odio." Urlo uscendo dalla doccia e avvolgendomi in un accappatoio blu "Sali tu? O scendo io?" Mi infilo la biancheria intima e sciolgo la coda, i capelli biondi mi cadono sulle spalle in onde leggere e luminose, Dan sarà fiera di me, non ho rovinato il suo capolavoro.
"Camera tua. ADESSO." Mi muovo lentamente e attraversando il corridoio sento un odore e una fragranza famigliare.
"Caffè!" Grido entrando in camera e fiondandomi verso la scrivania.
"Oggi ci parli babe." Mi spinge sulla sedia ed inizia ad armeggiare con la mia faccia.
"Con chi?" Bofonchio con il caffè bollente che mi ustiona la gola, ha imparato anche a prepararlo come piace a me. Bollente. Ristretto. E dolce. 
"Con Adrian. Con chi se no?"Danielle si prende cura di me come non ha fatto mai nessuno, e mi segue con costanza e delle volte anche insistenza."Ieri ci sono cascata che non vi siete visti, ma oggi bella mia ti tocca." 
"Dan si, ma cosa gli dico?" Le sbadiglio in faccia e poi ridacchio aprendo un occhio.
"Bella panoramica davvero! Gli parli, stop. E poi esci il discorso."
"Ehi Adrian perchè hai spaccato il naso al mio amico? No sai mi hanno detto che sei stato tu e vorrei sapere il motivo."
"Si, perfetto. Proprio cosi. "
"Cosa mi stai mettendo in faccia?"
"Shh. Ho finito." Mi scompiglia leggermente i capelli e mi alza il mento. "Perfetta." A questo mi alzo di slancio e riprendo la tazza ancora calda in mano. "Andiamo, andiamo. E' tardi." Urla prendendo le nostre borse ed io abbandono la mia tazza. 
"Non sono nemmeno le otto, Dan." 
"Muovi il culo." Sento le sue mani sul fondoschiena e spingere.
"Ho un naso da spaccare?" Rido chiudendomi la porta alle spalle.
"No, un cuore da rubare." E corre verso la macchina ridendo e lasciandomi di sasso. 
 
 
 
"Ma dici che la Parker ci fà recuperare il compito?" Camminiamo fianco a fianco e lei cerca di scansare le scie di fumo che lascio.
"Forse.." Dico io guardandomi intorno ansiosa, se vediamo Adrian dovrò parlargli e non posso fare come ieri, che appena sentivo anche solo la sua voce mi chiudevo in qualche bagno. 
“Io non credo.” Mi poggia la mano sulla spalla ed io sussulto leggermente. “Anzi lo farà fare solo a me, sono io la pecora nera. Dirà che la sua Evans non ne ha bisogno!” Imita la camminata leggermente sciancata della professoressa di italiano ed io scoppio a ridere. Lei ridacchia per un po’ poi però si blocca di colpo. 
“Danielle?” La mia voce è esitante, ho paura che abbia localizzato l’obbiettivo da cui io dovevo star lontana, e che adesso mi costringerà a parlarci, lei di tutta risposta mi sorride e mi incita ad avvicinarmi a lei, come ha fatto ad arrivare già alla rampa?
Cammino lentamente, cosa dirò ad Adrian? 
Ehi ciao perché hai rotto il naso ad un mio amico? E poi sei sparito? 
Ah non lo sai? Okay non fa niente, amici come prima. 
No, se scappo verso la macchina e mi ci chiudo dentro fino a quando tutti saranno dentro a lezione se ne accorge qualcuno? Danielle.
E se corro verso il boschetto? Danielle mi prenderebbe.
Maledetta.
Mi avvicino sempre di più a lei e vedo il sorriso enorme che le illumina il viso, ed inizio ad avere paura.
“Dan? Che succede?” Siamo a nemmeno mezzo metro di distanza e la mia voce è un sussurro, lei però mi si butta fra le braccia e mi abbraccia con forza.
“Sei forte.” Dice sui miei capelli, sembra che stia per andare in guerra.
“Smettila.” Le accarezzo la schiena impacciata, la gente inizia a guardarci ed io lancio sorrisi isterici a tutti.
“Adrian è dietro al muretto come al solito, ed è solo. Cosa aspetti babe?” 
“No, non posso, davvero. Non so cosa dire. “ L’allontano guardandola negli occhi, implorandola di non farmi fare una figura di merda. Ho paura, ho paura di svenire, della tachicardia, dei brividi, ma soprattutto che lui se ne accorga. 
“Vai e spacca un po’ di culi.” E con un’unica spinta mi allontana e non so grazie a quale esercizio fatto da piccola per la pallavolo atterro accovacciata per terra di fronte ad un Adrian divertito e stranamente sorridente.
“Sei arrivata dal cielo? O sei sempre stata una rana Evans?”
“Ciao anche a te, Adrian.” Mi alzo avvampando dalla testa ai piedi, il cuore oltre che per la vergogna batte tranquillo, niente sbalzi di temperatura e niente giramenti di testa. 
“Ciao Hope!” Si passa la mano fra i capelli e poi si lecca le labbra guardando dietro di me.
“Adrian posso farti una domanda?” Ma perché cazzo ascolto quella testa di minchia di Danielle? Non ho più saliva in bocca, e le parole faticano persino a prendere senso nella mia testa.
“Qualche altra strana supposizione sulla mia natura, piccola?” Scuoto la testa e mi mordo il labbro, poi sorrido arrossendo maggiormente. Lui si avvicina e mi sfiora la guancia con l’indice ed il medio, lentamente, mentre il cuore inizia la sua lunga e veloce corsa contro il tempo, saltandomi nella cassa toracica talmente forte da poterla rompere, e i brividi nascono sul mio collo quando il suo fiato incandescente mi arriva dritto in faccia. Cosa sta facendo? Devo essere concentrata, devo parlare, dobbiamo chiarire. Ha colpito il mio amico in faccia, gli ha spaccato il naso, devo parlare. Ma quando inizia ad accarezzarmi davvero le gote con il pollice, e libera il labbro dalla morsa dei miei denti, inizio a sentire le gambe farsi molli ed il respiro accelerare, calma Hope. 
“No, Adrian, no.” Balbetto leggermente stralunata, potrei morire qui in questo esatto istante e non me ne accorgerei nemmeno. Sono completamente rapita dal movimento delle sue dita sul mio viso, sono stregata dai suoi occhi internamente ancora turchesi come l’altra sera in discoteca ed esternamente più blu, sono ancorata al suo sorriso cosi vicino e splendente, e completamente ammaliata dal profumo di liquirizia che emana.
“Perché hai colpito Jake?” Diciamo che tutte le prove fatte con Dan su come dovessi dirlo o farlo sono andate a farsi benedire, pazienza, ma almeno ho lanciato la bomba. La sua espressione però non cambia, si indurisce solo leggermente e al posto del sorriso dolce e leggero arriva un ghigno che mi spiazza.
“Chi?” La sua voce non mi è mai sembrata tanto suadente e melodiosa, e anche il suo respiro sa mandarmi fuori di testa, ma noto, non so con quale forza di volontà, la finta sorpresa. Sa di chi parlo e non vuole dirmelo.
“Jake, il mio amico, quello biondo. Gli hai spaccato il naso.” Sospiro appoggiandomi al muro, la sua presa sul mio viso non diminuisce,anzi si fa ancora più insistente, più profonda, più bella. Perché si, il cuore mi batte forte, i polmoni pretendono aria, la bocca è secca, lo stomaco si contorce e le gambe vorrebbero correre via, ma l’unica vera sensazione che riesco a provare è il benessere assoluto di essere con lui.
“Ah, lui. Mi stava semplicemente sulle palle!” Fa ancora un passo e il suo petto sfiora il mio, il mio cuore batte più forte, ma se fosse per me lo stringerei ancora più forte, lo vorrei ancora più vicino.
“Non mentirmi.” Non so come la mia voce questa volta esce netta e sicura, esattamente 
il contrario di come mi sento io.
“Non ci sono mai riuscito davvero.” La sua bocca è a pochi centimetri dalla mia, il suo naso sfiora il mio e le sue mani sono sui miei fianchi, le mie si poggiano sulle sue spalle, in un impeto improvviso vorrei solo allontanarlo e parlare, come persone normali.
“Allora dimmi la verità Adrian, ne ho bisogno.” La mia voce assume un suono lamentoso, sgradevole, eppure lui non si muove dalla sua posizione, se possibile si avvicina ancora, e con uno scatto le sue mani sono intorno ai miei polsi, portandoli contro il muro.”Cosa stai facendo?” 
“Shh piccola.” E le sue labbra toccano le mie per un secondo, un istante che a me sembra un sogno, poi si allontana leggermente e mi guarda negli occhi, per la prima volta sento che la mia anima è stata scovata, e soprattutto accarezzata con un flebile tocco. Ma anche io lo sto fissando e dai suoi occhi capisco di essere in una realtà parallela, ho perso il senso dell’orientamento e del tempo, ho perso la ragione e ogni senso del pudore, ma soprattutto capisco che non gli è bastato, ed infatti dopo qualche respiro veloce ed il rumore del mio cuore che risuona nelle mie orecchie,si avventa sulle mie labbra, impaziente, affamato e soprattutto frenetico. Ed il mio cuore smette di battere, per una frazione di secondo, per un momento infinito, ma ne sono certa il rumore assordante causato dalla tachicardia non c’è, non c’è nemmeno la voglia di scappare, tantomeno i giramenti di testa, non c’è nulla. Ci siamo solo io e lui. 
C’è solo la voglia di restare qui per sempre, imprigionata tra le sue braccia per l’eternità.
Poi ricomincia a battere, lento, costante, melodioso..tranquillo. 
Anche se io sono tutto tranne che tranquilla, sono l’esatta figura del caos e della voglia d’amore.
Mi morde le labbra, le succhia, le lecca, lascia piccoli baci casti e ravvicinati, continua quasi a venerarle e a farle sue, io non mi oppongo, io non faccio nulla. In un primo istante non ricambio nemmeno il bacio, rimango immobile contro il muro, convinta sia il solito sogno, convinta sia solo immaginazione, le mie labbra si schiudono per fare uscire un piccolo gemito dovuto al morso sul labbro inferiore, e sento la sua lingua entrare con forza ed il sapore metallico del sangue sulle mie labbra, e mi sveglio dal sogno, che sogno non è. 
Mi rendo conto che uno dei miei desideri più ricorrenti sta diventando realtà in questo preciso istante ed io me ne resto ferma, come una stupida. E allora getto via ogni forma di pudore e paura, il mio corpo viene percorso da un formicolio e inizia la danza.
Le nostre bocche si incontrano e lottano, si cercano e si allontanano, le lingue si rincorrono smaniose mentre girano una intorno all’altra in uno scontro di passione lenta e vera, nessuna fretta di andare avanti, solo la voglia di sfiorarsi, di conoscersi, di raccontarsi, è come se non ci fosse un domani, come se tutta la nostra vita si concentrasse in quell’unico bacio. I miei occhi si aprono per un istante e trovano i suoi spalancati e lucidi, pieni di desiderio e di voglia, e cerco di muovere la mano, desidero toccargli i capelli, voglio sfiorargli il viso, voglio sentirlo più vicino, e cosi gli allaccio le gambe al bacino, ed ogni singola parte del mio corpo adesso batte sulla sua, siamo vicini, cosi tanto che non capisco più dove finisco io ed inizia lui, la mia lingua lo cerca, lo desidera, lo brama e si stringe alla sua in un’ondata di gelosia. Mio, mio non sarebbe stato mai. La sua bocca lascia la mia per farmi prendere fiato, e accarezza ogni parte del mio volto, le palpebre, le guance sicuramente arrossate, il mento, la mandibola, mi mordicchia le orecchie e poi ritorna sulle labbra gonfie ormai.
“Adrian”Mugugno sulle sue labbra prendendo fra i denti il suo labbro superiore, lui appoggia la fronte sulla mia e respira profondamente, prima di chiudere gli occhi e rituffarsi sulla mia bocca. Mi accarezza la lingua, il palato, i denti, ogni terminazione nervosa del mio corpo è come in fibrillazione per lui, il suo tocco ha spazzato via ogni pensiero, è come l’acqua capace di annientare tutto semplicemente esistendo.
E poi si allontana, troppo presto per i miei gusti, troppo in fretta per il mio cuore, troppo sola per la mia mente. 
“Hope non dovevamo.” Mi dice lontano, freddo, distante. Chi è l’estraneo che mi sta parlando? Ha solo il corpo di Adrian, solo la sua voce, solo i suoi occhi. Non è lui.
Non dovevamo, non dovevamo, ma cosa cazzo dice?
Lui mi ha baciato, lui mi ha interrotto mentre io cercavo di parlare, volevo solo sapere perché avesse colpito Jake, ed invece mi ha baciato, contro la rampa della nostra scuola, noi due da soli, come al solito del resto, noi ed il mondo fuori.
“Perché? Perché lo hai fatto?”
“Odiavo il fatto che avessi ancora il suo sapore sulle labbra.” 
E la mia mano si muove da sola, veloce, silenziosa, netta, contro il suo volto.
Ho appena dato uno schiaffo ad Adrian Melek, dopo averlo baciato nel retro della scuola.
L’ho baciato, ed è stato il bacio più bello della mia vita.






Salve persone!
Dovete scusare il ritardo pazzesco, avevo promesso un aggiornamento a settimana ed invece sono 10 giorni che non mi faccio viva.
No adesso sono qui e potete anche linciarmi, sono pronta a tutto.
Questo è un capitolo importante, cioè da inizio a qualcosa che non si sà ancora come finirà.
Hope si riprende dalla sbronza e chiarisce un pò le cose, piaciuto il come?

Ricordate di dirmi sempre la vostra, anche se non vi è piaciuto e dovrei ritirarmi.
Grazie a tutte..e buona lettura!
 
-Allen

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Capitolo 8
*** Thinking of you. ***


Thinking of you
 
Corro, non sono stata mai una ragazza atletica, anzi diciamo che il massimo sforzo che faccio di solito è girare la pagina di un libro o piangere da sola mangiando gelato davanti ad un film, ma nell’ultimo periodo corro che è una bellezza.
E la cosa più strana è che mi piace anche.
Amo sentire il vento tra i capelli, amo sentire i muscoli tendersi sotto il mio controllo e farmi male, amo semplicemente sentirmi libera, fisso i miei piedi cercando di mantenermi concentrata e di non rotolare per i corridoi deserti della scuola. 
Le lacrime spingono per uscire, ma stringo i denti e continuo a correre, non posso permettermelo.
Ho perso la prima ora, la Parker capirà. 
Danielle invece immaginerà? Serro i pugni pensando a lei, cosa le dirò? Le dirò che non mi ha detto nulla? E che come al solito siamo finiti a litigare? O le dirò tutta la verità?
Il ricordo del calore delle mani di Adrian sul mio viso si fa largo tra la massa indefinita di pensieri che ho tirato fuori per tenermi occupata.
Non pensare Hope, non farlo, pensare ha sempre fatto male, pensare porta solo problemi, prendi la vita come viene, impara a fregartene. 
Ma è troppo tardi e le sue labbra sono di nuovo sulle mie, chiudo gli occhi e do libero sfogo ai miei desideri, nella mia mente lui mi ha rincorso e mi ha fermato, mi ha intimato di starlo a sentire e dopo essersi dichiarato mi ha baciato, nel corridoio che porta alla palestra aperta, di fronte a tutti i possibili professori, davanti a tutti i ragazzi.
Mi sfioro le labbra con la mano e le sento ancora gonfie e umide, serro gli occhi e scuoto la testa, non devo essere masochista.
Poi l’impatto troppo fisico per essere finzione, troppo reale per essere un sogno, e soprattutto seguito dal tonfo del mio corpo che cade sul pavimento chiaro e forte di fronte al bagno dei ragazzi, interrompe il film.
Gli occhi sono ormai spalancati e cercano il motivo dell’improvvisa caduta, ma trovano solo un paio di grandi occhi che mi fissano accigliati.
“Signorina può anche guardare avanti quando.. ANYA!” La voce si fa strada tra i miei pensieri e in pochi secondi capisco di essere caduta su Jake.
“JAKE!” Gli butto le braccia al collo e rido di gusto. Sta bene, sta bene.
“Che ci fai qui?” Mi chiede lui allontanandosi leggermente, per guardarmi negli occhi.
Avrò la faccia sconvolta? O gli occhi gonfi?Sembra non importargli, affonda la testa tra i miei capelli e mi stringe. E non posso che ricambiare l’abbraccio, non posso che affondare il viso sulla sua spalla trattenendo le lacrime, non posso che sentirlo vicino.
“Io vengo a scuola sai?” Ridacchio io cercando di non pensare che fino a pochi istanti prima avevo cosi vicino Adrian, e ci stavamo baciando.
“Appunto le lezioni sono iniziate e tu stai tranquillamente pascolando per i corridoi.” Si mette in ginocchio per qualche istante e mi guarda scrutandomi.
“Ah, quello. No niente, prima ora buco.” Con lui ancora tutto liscio. Qualche cazzata me la posso giocare, bene.
“Non ci credo nemmeno morto. Posso offrirti una sigaretta?” Mi lascia un buffetto sulla guancia e si alza, mettendosi le mani in tasca cercando il pacchetto.
“Volentieri. Ma tu che ci fai qui?” Gli tendo la mano che lui afferra prontamente tirandomi su.
“Lo sai che sono in continua ricerca di lavoro. Sono qui perché un’accademia qui vicino deve tenere un corso su una particolare pittura astratta. Ma sai che quelli sono tutti corsi a pagamento e che non viviamo d’aria. E quindi sono venuto a portare qualche curriculum.” Mi sfioro il collo e cerco di darmi un qualche contegno perché adesso che gli occhi sono ben aperti e la mente non deve rimanere concentrata per non cadere, i pensieri si sovrappongono e le lacrime vorrebbero uscire. Non ho mai avuto cosi spesso voglia di piangere come nell’ultimo periodo. 
“Ah, continui a dipingere?” Mi ricordo che mi svegliavo in piena notte e lo trovavo a sfogliare giornali sulle mostre o sui colori migliori per dipingere il cielo o il sole. 
“Mi stai chiedendo se continuo a respirare?” Sorride e arriviamo fuori, dove un paio di ragazzi fanno stretching ed io lo porto su una panchina abbastanza nascosta all’ombra.
“Jake tu sei tedesco vero?” Chiedo sedendomi ed incrociando le gambe, per fortuna oggi Danielle mi ha graziato facendomi mettere i jeans, aderentissimi e a bassissima vita, ma sempre jeans sono.
“Si perché? Di papà americano e mamma tedesca, ma ho vissuto a Brema fino ai miei 18 anni, si.” Tocca la panchina e la trova leggermente bagnata e mi guarda storto.
“No, curiosità! Allora me la offri questa sigaretta?” Sorrido, anche se sono su questa panchina bagnata con Jake, con il cuore che batte tranquillo e gli occhi sereni, il mio corpo, la mia mente, io stessa sono ancora contro quel muro, con la bocca di Adrian sulla mia ed il calore delle sue mani sulla mia pelle.
“Tieni. Ma è bagnato. Tu ti sei seduta sopra con una felicità assurda.” Si appoggia al muretto di fronte a me e mi porge la sigaretta. 
“Qui a Bristol tutto è bagnato per la maggior parte del tempo amico, dovrai abituarti.” Si avvicina esageratamente per accendermi la sigaretta ed io urlo. “Ma i tuoi occhi sono verdi. Anzi no cerulei!” Lui si allontana sconsolato, e aspira un tiro prima di parlare con un sorriso amaro.
“Non lo ricordavi nemmeno?” Io cerco di non guardarlo negli occhi, perché ricordate il detto che gli occhi sono lo specchio dell’anima? Bè se guardate Jake negli occhi potreste affondare tra le sue emozioni, è un libro aperto, spalancato a dirla tutta. E non sono riesci a immergerti completamente tra la sua anima, ma ne vieni risucchiata.
“Ero indecisa tra il marrone ed il verde. Oggi mi spiego il perché.” Fisso il sole che cerca di fare capolinea fra le nuvole e il viso di Adrian vicino al mio non va via.
“Ho saputo che ti sei preso un pugno in faccia l’altra sera..” Devo sapere tutto. Come si è avvicinato, se lo conosceva..non può essere come dice Danielle. 
“Non parlarmene.” Si sfiora il naso con l’indice e continua. “Si è avvicinato come un pazzo e mi ha piazzato un pugno sul naso, prima di scomparire però ha detto qualcosa tipo non toccarla mai più, ma non ne ho capito il senso.” Scuote la testa ed il mio cuore inizia a battere leggermente più forte. Ma non è stato Adrian vero? O ho ragione io, ed è gay, oppure dovrò dare ragione a Dan. Scuoto la testa, no è impossibile.
“Ma lo conoscevi?” La gola secca non aiuta la messinscena, ma lo vedo troppo concentrato per preoccuparsi di me che fingo male.
“Assolutamente no. Era carino, parecchio. Ma diamine, non toccarla, non capisco la frase. Non ci ho provato quella sera con nessuno di fidanzato.”Non capisce nemmeno lui, lo vedo dai suoi occhi spalancati e dal modo in cui continua a muovere la testa velocemente. “Sei fidanzata?” Mi fissa e si aspetta una risposta, spera negativa, lo vedo.
“No, certo che no.” E’ la verità però perché sento come un pizzicotto sul cuore? Mi fisso per un attimo le mani e poi il mio sguardo ritorna da lui.
“Esatto. E tu sei l’unica donna con cui, bè sai..”Gli mancano le parole, non sa come catalogare quello che è successo l’altra sera, quanto mi è mancato vederlo in difficoltà anche per le più piccole cose. Jake è cosi tenero e perennemente in imbarazzo, mentre lui è dannatamente sicuro di se. 
“Si, ho capito.” Lo guardo e questa volta sono io a sorridere.
“Quindi mi sono preso un pugno e lui ha pure sbagliato persona..” Ed invece ti sbagli di grosso, non ha sbagliato persona, era te che voleva colpire, per colpa mia, è sempre colpa mia maledizione. Adesso sta a me capire il perché, anche se non credo che ci sia, Adrian agisce cosi, d’istinto, quasi non si rende conto che ci sono delle conseguenze nella vita, che dai suoi gesti possono scaturire tante lacrime, agisce non sa nemmeno lui il perché.
“Forse era ubriaco..” Cerco di dissimulare io.
“No, poteva aver bevuto. Ma era lucidissimo!” Dice gettando la cicca e sbattendomi il sedere in faccia, cercando di sedersi sulle mie gambe,
“Okay va bene che sei piccolino ma diciamo che cosi mi spezzi le gambe!” Piccolino, diciamo che io sembro la figlia, ma non è nemmeno un colosso, ed io so che è il suo punto debole. Lo spingo e non si muove nemmeno di un centimetro, anzi si gira verso di me e sorride.
“Io non sono piccolino! “ Si alza e si mostra completamente. Jake non è assolutamente un brutto ragazzo, anzi. I capelli sono più scuri rispetto a come ricordavo, ma un perfetto biondo cenere spicca da sotto le punte ispide sistemate con il gel, gli occhi scuri sono caldi e allo stesso tempo bellissimi e la bocca sottile è sempre tesa in un sorriso. Ha un fisico non proprio scolpito, e non è nemmeno altissimo,sarà al massimo un metro e settantacinque, ma è asciutto e tonico, e poi ricordo quando mi disse che ha fatto il modello d’intimo per un periodo. “ E voglio ricordarti che abbiamo 6 anni di differenza.” Scoppio a ridere vedendo la sua faccia fiera e mi alzo anche io in piedi.
“Anche se non sembra per niente amico.” Scendo dalle gradinate e lo raggiungo con un salto e mi appoggio a lui con una mano sola.
“Taci, bionda. E dammi il tuo numero! Ci vediamo stasera?” Butto il filtro e ci penso un attimo. 
“Oh oggi no. Ho il turno al supermarket. ” Sconsolata esco il cellulare dalla borsa e la prima cosa che noto sono i 13 messaggi di Danielle. L’ultimo risale a 2 minuti fa è più una minaccia che un messaggio d’amore.
 
Se non vieni immediatamente nel bagno accanto all’aula di biologia ti spacco la testa e a casa torni a piedi.
 
Sorrido e noto che Jake sta facendo lo stesso, fissandomi.
“Che c’è?” Sussurro io imbarazzata, odio quando la gente mi fissa. 
“Sei bella quando ridi.” Lo dice con nessuna malizia negli occhi e nemmeno nelle braccia che si aprono davanti a me accoglienti. 
“E tu quando mi vuoi abbracciare.” Mi ci tuffo dentro senza nessuna paura, lui non mi farà mai del male, lui non mi bacerà mai lasciandomi poi a piangere, lui non occuperà mai il vuoto che sento dentro, ma non lo farà nemmeno crescere mai.
Continuiamo a restare abbracciati mentre ci scambiamo i numeri, io gli confesso che in realtà Anya è solo io mio secondo nome, ma lui si ostina a chiamarmi cosi, e poi scherziamo e ridiamo con lui continua a dire che sono troppo bassa per la mia età, 
“Bassa o meno resto il tuo più grande amore!” Scherzo abbracciandolo più forte per un minuto per poi sciogliere l’abbraccio sentendo l’ennesimo squillo da Danielle.
“Questo sempre.”
“Devo scappare biondo. Mi aspetta biologia!” Una smorfia si disegna sul mio viso. Odio ogni tipo di scienza. 
“Non mi dai nemmeno un bacio?” Vorrei tanto buttargli una scarpa contro, ma sono le mie vans e non si toccano e allora gli mando un bacio volante. E’ il massimo che posso permettermi, adesso ho il sapore di Adrian Melek sulle labbra. Io stessa rido per la battuta di poco conto che la mia testa ha partorito e scuoto leggermente la testa.l
“A presto Jake.” Urlo entrando a scuola e con lo sguardo basso ed un passo veloce, cerco di raggiungere il più in fretta possibile il bagno sperando di non fare incontri spiacevoli. Ed invece una voce arriva forte e chiara al mio orecchio, una voce fastidiosa e stridula, distorta però dal pianto e dai singhiozzi. Alzo la testa cercando di capire da dove provenga e subito vedo le due cheerleader in un’aula deserta, la più piccolina delle due piange seduta sul banco con le gambe elegantemente accavallante, quando piango io sembro un uomo ubriaco che annega, lei invece è un concentrato di femminilità, anche quando sussurra le parole che raschiano le mie orecchie e fischiano nella mia testa.
“Melek oggi mi ha portato nel bagno dei maschi e abbiamo fatto sesso.” I miei occhi iniziano a riempirsi di lacrime, come al solito non è il gesto che mi da fastidio, so che Adrian lo fa con mezza scuola, ma per il semplice fatto che ha baciato me, probabilmente pochi minuti prima, rendendomi felice. Sono una stupida.
“Mi ha fatto male. Era arrabbiato, ma è sempre Adrian, ed è di quinto. Anche se tutto è stato tranne che delicato e romantico.” Continua la bionda mentre io fingo di aver perso qualcosa in borsa, cosi da poter sentire la discussione. E’ di quinto, è lui, Adrian,  ma cosa cazzo significa? Entrerei nell’aula solo per prenderla a schiaffi e levarmi la soddisfazione. La bruna però si ferma un secondo e interromper i miei istinti violenti facendole una domanda giusta, che io in preda al vortice di emozioni ho ignorato.
“Perché allora piangi? Significa che ti ha notato, che gli sei piaciuta.” Cerco di non ascoltare le ultime parole e mi concentro sui gesti meccanici che la bruna compie. Le accarezza i capelli, ma noto che è una di quelle amicizie a convenienza, chi conoscerà la bionda di importante? Qualche bel ragazzo? Adrian stesso? Gli occhi della ragazza, della bruna, sono felici, e non c’è un minimo di dispiacere per l’amica. Nascondono semplicemente falsità.
“No” Un singhiozzo le rompe il fiato “No, continuava a chiamarmi come quella puttana. Immaginava lei al posto mio. Sono stata solo la prima che ha trovato pronta a dargliela.”
Mi allontano veloce, non so di chi stia parlando, forse di Carey la capo cheerleader o chissà di chi altro, ma non voglio sentire. 
Entro in bagno e sembra deserto, mi chiudo in uno dei cubicoli, le gambe cedono, cosi come gli argini che ho costruito con tanto impegno poi qualcuno bussa alla mia porta.
“Hope?” Danielle sussurra dietro la porta, riconosco le sue ballerine e la sua voce ormai mi è completamente famigliare. Cerco di asciugare le lacrime e mi accorgo che il maglioncino che mi ha scelto oggi è di un delicato color panna, non posso rovinarlo, cosi mi accontento di tirare su con il naso e di tamponare gli occhi con le mani.
“Tieni!” Anche lei si accascia contro la porta, dall’altra parte però, e mi passa un fazzolettino di carta con cui posso darmi una ripulita.
“Non trascinare. Tampona.” Seguo i suoi consigli, in fatto di trucco e di moda è la migliore che potessi trovare, anzi è la migliore che potessi trovare in ogni campo. “Cosa è successo? Se vuoi parlarne sono qua.”
“Non c’è nessun’altro?” Odio la mia voce dopo il pianto, suona stanca, affievolita, svuotata.
“Siamo sole. Questo è uno dei bagni più inutilizzati della scuola.” Anche la sua voce è strana, non capisco il perché. Poi la sua mano si posa sulla mia coscia e noto che la porta finisce a 20 o 30 centimetri dal pavimento e che la sua manina trema.
“Danielle che hai?” Chiedo in preda all’ansia.
“Nulla.” Dice sicura, ma cede sull’ultima sillaba e sento che sta trattenendo le lacrime.
“Dan dimmi che hai.” Prendo la sua mano tra le mie e la stringo forte.
“Tu come stai?” E capisco, tutto adesso mi è chiaro. Noi due non siamo come le due cheerleader chiuse in quella classe, noi ci vogliamo davvero bene, noi facciamo quel che facciamo perché teniamo alla nostra amicizia, non perché un giorno verremo ripagate, noi veniamo ripagate giorno dopo giorno dal sorriso dell’altra. Noi ci vogliamo bene davvero, senza sconti o mezzi fini, noi siamo semplicemente amiche. E quando una sta male, l’altra può solo accorrere e darle la mano. E anche se tardi, anche se magari l’ho fatta soffrire, anche se mi sono aperta dopo mesi di mezze verità, anche se siamo completamente diverse, lei ci sarà per me, ed io ci sarò per lei.
“Mi ha baciata.” Dico mentre stringo la sua mano e ricomincio a piangere.
“Perché piangi?” Nella mia mente risuonano ancora la sue parole, la freddezza con cui mi ha liquidato, l’assoluto menefreghismo, risuona l’eco dell’indifferenza.
“Perché mi ha detto che non dovevamo.” Anche la mia voce adesso è atona, fredda, piatta.
“Cosa?” Dan si infervora, l’immagino spalancare gli occhi e schiudere la bocca prima di parlare.
Le racconto tutto, da come mi ha immobilizzato le braccia a come si è avvicinato, dal modo in cui mi ha sfiorato le guance a come mi ha baciata, e poi respinta.
Le dico di come mi sono vergognata chiedendogli il perché, e di come lui abbia risposto che semplicemente odiava pensare che sulle mie labbra ci fosse ancora il sapore di Jake.
“Si, dopo è partito lo schiaffo.” Dico asciugandomi catturando l’ultima lacrima con la bocca. 
“Hai schiaffeggiato Adrian?” La sua mano stringe con forza le mie e l’immagino sorridere.
“Si e lui si è andato a sfogare con la biondissima leccaculo di secondo.” Anche io sorrido amaramente però, ricordando la ragazzina che piangeva, lamentandosi di come fosse stato, come ha detto? Poco romantico e delicato.
“Parli della Shepald?” Come fa a conoscere tutta la scuola?
“La cheerleader..non so come si chiama. Va sempre in coppia con una bruna, è minuta e truccatissima.” Cerco di ricordare altri particolari oltre le lacrime e la voce fastidiosa, ma non ci riesco più di tanto.
“Lei. Sbava dietro ad Adrian dall’anno scorso, quest’anno che è entrata nel covo delle vipere ha pensato di poter essere notata, ed invece è stata solo sfruttata.” Non vedere il suo viso me ne fa immaginare però i tratti, la vedo già con le dita che picchiettano sulla guancia e la faccia pensierosa.
“Come me.” Un rantolo mi esce dalla gola, non parlo più, sto diventando un qualche strano animale.
“No, per colpa tua.” Dice convinta, e ho imparato che è meglio non contraddire Danielle, piuttosto prendila a schiaffi.
“E’ sempre colpa mia.. in questo caso, perché?” Sembro una di quelle bambine di dieci o magari undici anni che si lamenta della vita.
“Il perché lo devo ancora capire, ma Adrian ti desidera, ma non ti può avere. Quindi si sfoga con chi capita.” Ora sorride, ne sono certa, fiera di essere arrivata ad un nuovo livello di comprensione della persona più enigmatica del pianeta.
“Bel modo di conquistarmi. Ora vieni qui e abbracciami, ne ho bisogno!” Ogni tanto anche io mi spavento da sola e per la prima volta sento l’impellente bisogno di un abbraccio e sinceramente non mi va nemmeno di nasconderlo, lei dal canto suo spalanca la porta e praticamente mi si butta in braccio piangendo.
“Non tenermi mai più fuori dalla tua vita okay?” E scoppiamo entrambe a piangere, comunque vada a finire la mia vita a Bristol una cosa è certa ho trovato più di un’amica, ho trovato la sorella che ho sempre cercato.
 
 
E’ una settimana.
Una settimana esatta dall’ultima volta che Adrian mi ha rivolto la parola, ed io non faccio nulla per rimediare o per cercare di riallacciare i rapporti. Io ignoro lui come lui ignora me, cosa può esserci di sbagliato in questo?
La vita va avanti come al solito, se non meglio devo ammettere, pensavo di avere non so qualche crisi in piena notte, o qualche incubo in più, ma davvero mi sorprendo. Non ho bisogno di lui. Sono forte. Si questo è quello che dico per cercare di convincere anche me stessa. Ma a scuola mi rendo conto che lo vorrei avere vicino, vorrei sentire la sua voce, vorrei averlo almeno come amico.
Il mio corpo non ha bisogno di lui, la mia anima, come al solito lo cerca disperatamente, e da quel bacio se possibile ne vorrebbe ancora di più. Ogni volta che lo trovo a guardarmi, ogni volta che siamo chiusi nella stessa stanza, ogni minuto che condividiamo la stessa aria è un frammento di anima che si autodistrugge, si proprio quell’anima che ho sentito completamente felice e serena per la prima volta durante quel bacio. Ma questa volta non farò io il primo passo, se lo scordasse, non ho bisogno di lui. Ho pianto solo quella volta, nel bagno con Danielle, il resto delle volte ho stretto i denti e sono stata zitta ad ascoltare.
Si, perché si sta dando da fare, e sembra quasi che dica alle sue amichette andatevi a lamentare o ad ansimare nelle orecchie di Hope Evans.
Prima lui sdrammatizzava, aveva sempre un piccolo aneddoto divertente da raccontarmi su tutte le ragazze con cui faceva sesso, quella aveva una voglia strana là, quella era una ninfomane, quell’altra era venuta solo pensando a lui, adesso invece se possibile cerca di dare peso ad ogni singola volta, un succhiotto sul collo, le labbra gonfie, gli occhi lucidi..
Per fortuna ho Danielle, che vive praticamente a casa, e che mi riempie di roba costosa che la maggior parte delle volte nemmeno guardo, ma soprattutto riempie la casa con le sue urla, con la sua risata contagiosa e soprattutto con i suoi sentimenti, ci tiene a me ed io sento di potermi fidare, lei è buona.
Jake invece si fa vivo ogni giorno, si sta ritagliando un posto nelle nostre vite – la mia e quella di Dan ormai combaciano- prima portandoci la colazione, poi inviandoci le foto dei suoi quadri strambi con finte frasi poetiche ed infine preoccupandosi di noi, è una specie di fratello maggiore, per entrambe. 
Poi da quando ho ricominciato a dormire anche al lavoro va tutto meglio, e riesco anche a fare qualche straordinario in più, per potermi comprare finalmente una macchina.
Va tutto splendidamente, eccezione fatta per quella piccola, piccolissima parte di me che brama le mani di Adrian sul mio corpo e le sue labbra sulle mie, questo è l’unico inconveniente nella mia vita. Ma non ho bisogno dell’amore per vivere no?
“Hope un cliente!Puoi andare tu vero?” La voce del signor Bran arriva gentile dal retro ed io immediatamente esco dal magazzino e cerco con gli occhi il cliente, ma nessuno si presenta davanti a me. 
Mi giro per ritornare a sistemare i prodotti e a fare l’inventario, quando qualcuno si schiarisce la voce ed io mi giro di scatto.
Merda, non tu, con una scatola di preservativi in mano che mi fissi sorridente. 
“Posso aiutarla?” La mia voce è formale, e tale deve rimanere, è un semplice cliente.
“Questa divisa ti sta da dio, se davvero vuoi aiutarmi vieni in macchina con me.” Il suo sguardo si assottiglia ed il ghigno che tanto mi mancava si presenta davanti ai miei occhi immediatamente. I suoi occhi percorrono tutta la mia figura e lentamente ritornano al viso, per poi sfiorarsi le labbra.
“Può passarmi il prodotto? Devo passarlo in cassa per poterle dire il prezzo.” La mia mano va spedita verso il collo, per poterne sentire il battito, e i denti stanno distruggendo le mie labbra.
“Rispondimi.” Si appoggia con entrambe le mani al bancone e sorride divertito a poca distanza da me.
“Mi passi il prodotto cosi posso dirle il prezzo.” Dico con un tono monocorde, se non fisso i suoi occhi, o la sua bocca, e se non do troppo peso alle parole che dice posso rimanere lucida, ce la posso fare, non scapperò questa volta, non ne uscirò sconfitta.
“Smettila, non trattarmi come uno qualunque.” Si sta leccando le labbra e sorride verso di me, Adrian uno qualunque, anche sforzandomi non riuscirei a vederlo come tale e mi farei quasi scappare un risolino se non fosse che sono concentrata sul suo collo bianco.
“Adrian passami il cazzo del pacco dei preservativi e finiscila.” Sbotto sottovoce per paura che possa sentirmi qualcun altro, Danielle in questo momento sarebbe fiera di me, sto tenendo testa ad Adrian, e lei nemmeno c’è, che merda è questa?
“Non si trattano cosi i clienti, piccola.” Mi sfiora la guancia con la mano, anche se io cerco di scansarmi lui è più veloce e a questo semplice tocco il cuore batte all’impazzata, non posso ricominciare adesso. Stavo bene, stavo cercando di vivere al meglio la mia vita a Bristol, tra scuola, amici e lavoro, e che fai? Arrivi a scombussolare di nuovo tutto.
“Smettila, e non chiamarmi piccola. Non puoi fare come vuoi tu, io non sono una delle tante bionde con cui scopi. Io non t’appartengo.” I suoi occhi oggi blu brillano sotto le luci al neon del negozio, ed il sorriso non lascia mai il suo volto perfetto. Non è perfetto, è semplicemente un bel ragazzo. E la ragazza che parla sicura e fredda naturalmente non sono io.
“Tu sei mia, e ancora non lo sai.” Sussurra a pochi centimetri dal mio viso.
Il mio cuore ormai è andato, la solita corsa contro il tempo, ricordate?
Quasi mi mancava la sensazione del cuore che vuole uscirmi dal petto, e delle gambe che vogliono portami in Alaska. Non mi concentro sulle parole che dice, non le sento nemmeno, vorrei non averle sentite perlomeno, ma le mie orecchie bollenti e il mio cervello dicono tutt’altro. Non può averlo detto, mi sta prendendo in giro, lasciatemi morire, vi prego.
“Non sono tua, e non lo sarò mai.” Queste parole suonano sicuramente più per me che per lui una condanna, ma io non sono una bambola con cui giocare, non può prendermi e poi abbandonarmi quando dice lui, non sono un suo giocattolo. Sono indipendente, l’amore è sempre stato nei miei sogni, ma diciamo la verità chi vuole essere usata?
Io non di certo, e non mi farò mettere in piedi in testa per la prima volta di certo da lui, anche se è bello, bello da impazzire, anche se mi attira come nessuno è stato in grado di fare mai, anche se è qui alle nove di sera con un pacco di preservativi in mano che mi sorride ed io vorrei morire.
“Non mentire a te stessa, lo vedi anche tu il modo in cui i nostri corpi si cercano.” E la sua mano si posiziona sulla mia, ed il fuoco invade tutto, ogni parte del mio corpo è in fiamme, come se potessi implodere da un momento all’altro. Ogni volta che mi sfiora la sensazione cambia, è come se fosse ogni volta la prima volta, come se il mondo si concentrasse tra i nostri corpi, ogni singola parte del mio corpo brucia per lui.
“Hope bisogno d’aiuto?” I baffi famigliari e rassicuranti del signor Bram sbucano improvvisamente dalla tendina a fiori che divide il magazzino dal negozio vero e proprio ed io lo guardo per qualche istante boccheggiando, poi cerco Adrian sperando in una qualche parola ma al suo posto ci sono alcune banconote ed il solito ed invitante profumo di liquirizia e tabacco.
Ed i pensieri ritornano inesorabilmente a concentrarsi su di lui.







Salve persone!
Sto cercando di farmi perdonare, pubblico dopo nemmeno una settimana!
Ma non sono da amare?
No davvero cercherò di mantenere l'aggiornamento costante, tentiamo ogni domenica?
Comunque ritornando al capitolo Hope cerca di allontanare Adrian, e lui ritorna, perchè?
E poi Danielle e Hope si avvicinano sempre di più e capiscono di aver bisogno l'una dell'altra.
Voi mi dite la vostra adesso?

Ricordate di dirmi sempre la vostra, anche se non vi è piaciuto e dovrei ritirarmi.
Grazie a tutte..e buona lettura!
 
-Allen

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Capitolo 9
*** It isn't pleasure but necessity. ***


It isn't pleasure but necessity.


Esco dal negozio che oramai è sera inoltrata, scende una fitta ed insistente pioggia che confonde i contorni delle luci della città e la mia testa è pesante e caotica.  
Prendo l’ipod e con forza mi ficco le cuffie nelle orecchie, cercando di placare l’insistente emicrania e soprattutto l’inutile affannarsi dei miei pensieri che cercano come al solito delle risposte.
I Radiohead iniziano a cantare ma la mia mente è troppo lontana persino per ascoltare un po' di musica e mi accendo una sigaretta sedendomi su un gradino. Intravedo dall’altro lato della strada l’insegna della pizzeria che da un mese a questa parte mi ospita una sera si e l’altra no, loro non sono affatto dispiaciuti di questo, io invece, soprattutto all’inizio , ero arrabbiata fino alla punta dei capelli, adesso invece sono quasi divertita di questo appuntamento, che delle volte dura una decina di minuti, delle volte anche delle ore. 
Danielle si è offerta di venirmi a prendere sin da quando cercavo con tutte le mie forze di tenerla lontana da me, ma questo periodo non è durato più di un paio di settimane scarse e lei dopo avermi strappato un mezzo consenso si presenta alla fine di ogni turno all’inizio del grande viale. 
Il problema vero e proprio è l’orario in cui si presenta da me, quando dice lei è una maniaca dell’organizzazione, ogni cosa deve andare come dice lei e soprattutto non si deve mai uscire dai suoi schemi, ma non so’ perché ogni sera devo mandarle almeno 20 messaggi prima di vederla arrivare sulla sua macchinetta nera con la musica a palla. 
 
Oggi sono puntuale, prendi qualche pizza. Alle bevande c’ho pensato io. Ti aspetto al solito posto.
 
Sorrido e mi alzo dirigendomi verso la pizzeria, la strada è quasi deserta e buia, solo i negozi e le loro vetrine illuminano leggermente il passaggio ed i due volti stanchi dei ragazzi che hanno appena finito di lavorare nella gelateria accanto, io però sono un po' più tranquilla, la mente un po' più vuota, il cuore più calmo, ignorare l’accaduto non è la strada giusta, ma solo la migliore fin quando non sarò a casa e potrò gridare e sfogarmi, e poi chi è Adrian per sconvolgere la mia vita?
Non è nessuno, nessuno nella mia vita, nessuno nel Mondo, nessuno qui a Bristol . 
Naturalmente ignorare la faccenda è strettamente collegato al mentire a me stessa, e all’inutile tentativo di auto convincermi. L’arrivo di Adrian nel mio negozio mi ha spiazzato, questo lo posso anche ammettere infondo. 
“Principessa dove pensi d’andare?” Una mano mi afferra per il polso mentre l’altra mi sfila con delicatezza le cuffie, vorrei urlare ma sono paralizzata, poi però metto a fuoco la scena e vedo la macchina di Danielle, un sorriso famigliare e soprattutto l’inconfondibile voce dolce di Jake.
“Stronzo, mi fai prendere un infarto” Le sue braccia mi circondano e lo sento ridere sui miei capelli, io cerco di tirargli un calcio o qualcosa di simile, ma non ci riesco. 
“Ti sono venuto a prendere pure queste parole devo sentirmi dire.” Sento una sgommata violenta e sciolgo l’abbraccio preoccupata, ma non vedo più macchine intorno a noi, eppure quella sgommata sembrava cosi vicina. 
“Dan è qui dentro?” Dico bussando sul vetro e non ottenendo risposta.
“Muoviti entra, ti stai bagnando tutta. E poi ci sono solo io, paura che ti faccia qualcosa?” Mi apre lo sportello ed io mi accomodo come al mio solito con le gambe incrociate e i gomiti sulle ginocchia. 
“No semplicemente Danielle deve fidarsi proprio tanto per darti la sua auto.” Dico io sorridendo, vedendolo entrare dalla parte del guidatore. 
“Ho la faccia di un ragazzo affidabile.” Risponde lui divertito mettendo in moto.
“E soprattutto puntuale. Devo prendere le pizze prima.” Mi ricordo agitata, cercando di scendere dall’auto, ma Jake mi ferma e sorride. 
“Già fatto, già fatto. Se ci affidassimo ad una ragazza che si butta nella macchina del primo che passa saremmo davvero fritti.” Guarda di fronte a sé serio, nascondendo però un sorriso.
“Divertente Tomar, divertente.”  Io incrocio le braccia al petto e guardo fuori dal finestrino, lo sento ridere e poi iniziare a parlare di quanto faccia schifo il tempo qui a Bristol.
Io però ormai sono persa tra i miei pensieri, penso a come mai sia venuto nel supermarket dove lavoro io, penso al pacco di preservativi che teneva stretto in mano, penso ai miei ragionamenti in quel momento e a come sono stata in grado di tenergli testa, penso alla sua mano sulla mia e all’incendio che ha scaturito sulla mia pelle, ma soprattutto penso alle sue parole. 
Ha cercato di dirmi qualcosa o voleva semplicemente confondermi? 
Tu sei mia e ancora non lo sai. Questa frase mi rimbomba in testa, dovrei darle un significato? O dovrei semplicemente passarci sopra e sorridere? Sono solo una scommessa? Non è possibile, non mi avrebbe mai raccontato tutto, non ha mai provato nulla nei miei confronti, ero e sono un’amica, solo questo. Il bacio è stato uno sbaglio, lo ha detto anche lui e io lo tratterò come un semplice amico. 
I nostri corpi si cercano 
Sbatto le palpebre e cerco di tornare nel mondo reale, e fisso Jake in silenzio, mentre lui mi parla di lavoro e delle diverse trattative.
“Aspetta un lavoro?” Mi guarda per un secondo e sorride leggermente.
“Avevo notato che eri distratta ma non pensavo cosi tanto.” Mi tira una ciocca di capelli e poi torna a guardare la strada. “Ricordi almeno del corso di pittura?”
“Si!” Urlo soddisfatta. “Pittura astratta!” 
“Brava. E quell’accademia mi ha offerto un lavoro in una scuola artistica per bambini.”
Annuisce e poi vedo che imbocca la strada per entrare nel viale che conduce a casa mia.
“E tu non sai se andarci?Ami i bambini.” 
“Li adoro. E quasi sicuramente ci andrò. Domani ho il colloquio.”
“Bravo il mio bambino preferito.” Gli tiro un pizzicotto sulla guancia mentre parcheggia.
“Tuo? Mi sono perso qualcosa.” Sorride facendo retromarcia, vedo la macchina di Danielle conficcata nel tronco di un albero per un secondo, ma poi ricordo che Jake è uno dei guidatori più affidabili che conosco. 
“Sistema la macchina che prendo le pizze biondino.” Ferma la macchina qualche secondo dopo e noto che la pioggia si è diradata leggermente.  
“Ai comandi signor capitano.” Risponde lui serissimo, mentre le mani sul volante sono rilassate ed i suoi occhi luminosi. 
“Sull’attenti soldato.” Ridacchio prendendo le pizze e mi incammino verso casa.
Lancio un’ultima occhiata verso l’auto e trovo Jake che mi fissa compiaciuto.
Con lui è tutto cosi semplice, dannazione.
 
 
 
“Segreto più imbarazzante?” La voce di Danielle un po' alticcia accompagnata dalle sue risate risuona nel salone, dove in cerchio parliamo da ore.
“Mh..” Jake si passa un dito sul naso e poi alza gli occhi al cielo. “Sono gay, ma credo di essere innamorato di una ragazza.” Danielle si strozza con la birra che sta bevendo, io invece sorseggio la mia lentamente, è la seconda e non andrò oltre, e la stringo forte con le dita, parla di me.  Non può essere, non ho mai fatto nulla per poterlo far innamorare, non l’ho mai nemmeno provocato, la prima volta che ci siamo baciati è stato dieci giorni fa in discoteca ed io ero ubriaca, non anche questo macigno, non posso prendermi anche questo pensiero adesso. “Non vorrò mai nulla da lei, però. Solo vederla felice.” Internamente sto urlando, esternamente sono la figura dell’indifferenza. Non voglio mentire a Jake, ma non riesco a considerarlo più di un amico. E’ esattamente il contrario di quello che succede con Adrian, lui riesco a considerarlo tutto tranne un amico. 
“Poi passiamo alle spiegazioni. Bionda tocca a te.” Dan mi guarda e in un momento di sconforto non so cosa dire, ho tanti segreti, la maggior parte condivisi solo con il mio cuscino, ma sconvolta è solo uno il segreto che mi esce dalla bocca. 
“Ho quasi 18 anni ma non so cos’è l’amore. Non sono mai stata attratta davvero da nessuno. Secondo me l’amore vero non esiste.” Fisso la loro espressione, e un paio di occhi verdi mi fissano interrogativi, Danielle mi dice mentalmente di non mentire, che adesso sono attratta da un ragazzo come non mi è mai successo prima, ma che purtroppo non è in questa stanza. “Tocca a te babe.” 
Il viso di Jake affonda per un secondo nella tristezza, poi accompagnata da un sorso di birra questa però sparisce, lasciando un sorriso appena accennato. “Si ragazza tocca a te.”
“Vorrei tanto dirvelo ragazzi, ma non ci riesco.” I capelli le ricadono liscissimi sulle spalle e gli occhi lucidi urlano di farla smettere di bere. “Okay, devo dirvelo. Siete degli amici veri.” Alza le spalle e con la faccia sconsolata sussurra. “Vedete questa abbronzatura? Non è naturale. Una volta a settimana sono costretta a farmi una lampada. Se no sarei bianca come un cencio.” Jake sputa una sorsata della pinta, io scoppio a ridere e mi lascio cadere per terra mantenendomi la pancia. 
“Non prendete in giro le mie disgrazie, maleducati.” La sua voce seria ci fa ridere ancora di più e passati i cinque minuti di ilarità lei riprende. “ Prima volta?”
“Sapete che ci ho provato anche da etero? Con una donna, vediamo 15 anni. Con un uomo da passivo 17. E da attivo 18 appena compiuti, fu il mio regalo di compleanno.”
Dice soddisfatto alzando il pugno.
“Alt.” Smorzo io il suo entusiasmo “Non vogliamo sapere i particolari.”
“Io invece voglio sapere i suoi signorina Evans.” La faccia di solito angelica di Jake si trasforma in un concentrato di malizia e curiosità, che non si addice a lui, ma piuttosto a qualcuno a me noto.
“Scordatevelo. Sedici anni, in una macchina in riva al mare. Stop.” Scuoto la testa e arrossisco violentemente, Stephen non è un ricordo piacevole ma non è lui che mi fa avvampare, sono le occhiate che mi lancia Danielle, la odio. Non dovevo raccontarle l’incontro con Adrian, non dovevo, ho solo rafforzato le sue teorie. E poi da stupida le ho raccontato anche la proposta di andare in macchina a provare il suo nuovo acquisto.
“Io volevo sapere di più, ma so che non è stata una bella esperienza dalla tua faccia, quindi passo avanti. Ah e comunque anche io a 15 anni. Sul letto matrimoniale dei miei genitori.” Conclude lei orgogliosa di quel vecchio ricordo, sistemandosi un ciuffo dietro l’orecchio e finendo la sua terza o quarta birra.
“Prima cotta?” Questa volta è Jake a parlare stappando altre due bottiglie. 
“Famosa o no?” Danielle continua a bere, ma da quel che vedo riesce benissimo a mantenersi su un piano stabile, è completamente brilla. 
“Entrambe.”
“Sicuramente un amico di mio zio, avevo 8 anni e lo amavo. Mi veniva a prendere tutti i giorni fuori da scuola ed io mi facevo sempre bella per lui.” Dice pensandoci su e poi sospirando “ Di famosi, mh, vediamo.. Robbie Williams, a 10 anni ho costretto mamma a portarmi ad un suo concerto! Dai Angels è pura poesia!” 
“Devo proprio dirlo?” I ragazzi mi fissano e annuiscono. “Ricordo poco e niente della mia vita da piccola, ma ricordo benissimo un paio di occhi azzurri e un sorriso enorme. Si chiamava William, era il figlio di un’amica di mamma. Io avevo 4 anni, forse e lui 6.” Sorrido imbarazzata, sento un formicolio al braccio sinistro, che inizio a massaggiare con forza, mi succede spesso quando parlo del mio passato, sarà una delle mie tante fisse.
“Che storia romantica!” Danielle si sporge verso di me e mi accarezza i capelli con troppo trasporto, credo mi abbia strappato un ciuffo. “E di famoso chi ti piaceva?
“Ricky Martin, senza alcun dubbio.” Esordisco sorridente, davvero lo sento ancora adesso ogni tanto quando ho bisogno di musica allegra, e di tirarmi su.
“E’ gay lo sai?”
“Certo. Io amo tutti i gay.” Dico ma un secondo dopo mi pento delle mie parole, non può capire male no?
“Vieni qua piccola nana.” E vedo Jake saltarmi addosso mentre sento Danielle ridere forte, sono tra amici e sto bene, ma anche quando rido una piccola parte del mio cervello pensa ancora alle sue labbra sulle mie. 
 
 
 
E' notte fonda, i ragazzi sono andati via da un po' ed io non riesco a dormire, e la cosa più brutta è che mi sfugge il motivo, diciamo che più che sfuggirmi è la verità che non vuole fermarsi per un momento, è come se mi mancasse un passaggio fondamentale, ma non so per quale ragionamento. Sono sul terrazzo e stranamente non piove, però la mia mente rincorre un pensiero, e quando sento di essere vicina alla soluzione questo mi sfugge dalle dita.
Fisso le stelle e decido di concentrarmi su qualcosa, ripenso a quello che è successo in questi pochi mesi con Adrian, scuoto la testa sorridendo, cosa è successo in realtà?
Cosa è cambiato da quando fradicia, distrutta e completamente incazzata lo tamponai appena arrivata a Bristol? Lo presi a parolacce incolpandolo di essere sbucato dal nulla, di averlo fatto apposta, gli intimai di controllare se la mia auto a noleggio fosse intatta, volevo anche strozzarlo, ma lui per tutto il tempo rimase zitto. Poi in momento in cui stavo prendendo fiato lui aprì bocca per la prima volta, chiedendomi se stessi bene, la sua voce mi colpì come il peggior schiaffo, era dolce, vellutata, ma allo stesso tempo rauca e profonda. Annuì stordita e lui se ne andò sgommando sulla sua Mini Cooper blu. Io rimasi lì, sotto la pioggia completamente immobile. 
Cosa è cambiato? 
Io sono la causa di quello che succede intorno a me, ne sono convinta, ognuno è l’artefice della propria vita, ogni scelta anche la più banale influenza la propria esistenza, ma Adrian, nonostante tutto, nonostante i miei sforzi e i miei diversi tentativi, è l’unico capace di lasciarmi ancora come la priva volta: stordita, sola e con il cuore che batte a mille. 
E non dico che ne sono innamorata, tantomeno penso che sia l’uomo della mia vita, ma sento che le nostre anime sono legate, un legame sottile magari che delle volte ci porta anche a separarci ma che alla fine dei conti porta solo i nostri cuori a battere vicini, come ci spieghiamo le mie reazioni strane? O la sua fissazione con me? Potrebbe avere chiunque, credete sia solo una sfida? Domande domande e ancora domande si rincorrono nella mia testa. 
Questa settimana non è stata la prima in cui mi sono allontanata, dopo i primi svenimenti ero terrorizzata da lui ed ero fermamente convinta di non volerlo più vicino a me, ma dopo passati alcuni giorni mi resi conto che la voglia di sentire anche solo la sua voce era più forte della paura, e cosi è sempre. Anche se mento a me stessa periodicamente dicendomi che è solo un amico capisco che è qualcosa di più, lo intuisco visto che lui è il primo ragazzo che davvero mi attira, non ho mai voluto qualcuno accanto a me, non ne ho mai sentita la necessità, invece vorrei le sue mani sul mio viso praticamente per sempre. Per un momento ho la sensazione di essere osservata, e nemmeno tanto da lontano, mi guardo intorno, ma non vedo nessuno, poi all’orizzonte un guizzo bianco improvviso, sarà stato un aereo. Chiudo gli occhi per un secondo e poi sospiro, prendo il cellulare per controllare l’ora, ma mi è arrivato un messaggio ed è stato inviato 3 ore fa.
 
L’incontro non è finito come avevo progettato, ma è sempre un piacere farti impazzire Evans.
 
Adrian, maledizione. Ogni qual volta cerco di rimettere in riga il mio cuore, ogni volta che tento di considerarlo solo un amico, ogni dannata volta che vorrei anche solo chiarirmi le idee, arriva lui. Con i suoi modi di fare strani, con la sua strafottenza, con le sue mani grandi, con il suo profumo di liquirizia..Respiro profondamente prima di inviargli una risposta fredda e scostante.
 
Devo darti il resto. Per fortuna è finita cosi, il piacere non è ricambiato.
 
Tramite messaggi è facilissimo mentire sapete?
Scendo di sotto e mi butto a letto, appoggio il telefono per terra ma pochi secondi dopo la camera si illumina e sento una leggera vibrazione, la mente mi direbbe di ignorarlo ma il cuore mi costringe a muovere il braccio e ad aprire il messaggio.
 
Non mentire, me ne accorgo anche tramite messaggi ormai. Ti conosco, non trovi?
 
Conoscermi, penso che quest’onore non ce l’abbia nemmeno io stessa totalmente, sono confusa, incasinata, la mia mente è piena di domande e contiene poche risposte, i miei ricordi spesso sono ricoperti da una coltre di nubi e solo nell’ultimo periodo sto vivendo come una persona normale, per quanto normale possa essere la vita di un’orfana espiantata in Inghilterra, sola al Mondo.
 
Non è stato un piacere Adrian, sei fastidioso. 
 
Fastidioso è un complimento rispetto a tutte le parole che mi vorticano in testa, parole che si mischiano con i ricordi, i ricordi delle sue mani sul mio viso, delle sue labbra sulle mie, del suo modo di chiamarmi.
 
Questo lo so, è una delle tante cose di cui sono a conoscenza.
 
L’insistente sensazione di essere stupida, o magari tonta mi assale e mi spiazza per un secondo mentre fisso il soffitto della mia stanza. Sarà che io sono fissata, sarà anche che sento che qualcosa di più di una semplice cotta mi lega a lui, ma capisco che lui sa qualcosa. E poi il ricordo della mia fuga e della mia reazione francamente esagerata al solo sentire quel nome, Helen, mi rimbalza in testa. E’ lui l’ostacolo per la verità, è lui l’unico passaggio mancante, lui sa qualcosa che io non so, non so in che modo, non so grazie a chi, ma lui sa qualcosa che a me serve. Ed io lo saprò in ogni modo.
 
Smettila, vorrei dormire. Avrai domani il piacere di parlarmi. 
 
Ma cosa può sapere? Saprà come è morto mio padre? O perché mia madre mi ha abbandonato? Saprà la cura del cancro? O cosa? I pensieri si confondono, però le sue parole mi suonano nelle orecchie, sento la sua voce sfiorarmi la pelle e le sue mani posarsi sul viso. Mi piace Adrian, qualsiasi verità possa nascondere non sarà mai abbastanza grande non cancellare questo legame, il problema è che lui non proverà mai quello che provo io, lui non sente il cuore battere appena lo sfioro, non sente la mancanza di me quando gli sono distante, non sogna anche ad occhi aperti il nostro prossimo bacio, e non fa sogni apocalittici su di noi.
 
Non è questione di piacere, è questione di necessità.
 
E la solita e fin troppo famigliare sensazione di assistere ad un film si fa spazio tra i miei pensieri, cado in un sonno pesante, ma più che altro in un sogno preciso. 





Salve persone!
Oggi aggiorno addirittura prima anche se il capitolo non mi convince del tutto.
A voi piace?
E' un capitolo di passaggio, lo anche io, ma serve per capire alcune cose.
Mi dispiace che sempre meno persone mi dicano quello che pensano, giuro che non mordo.
Grazie a tutte, e buona lettura!

-Allen.

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Capitolo 10
*** Why I am so happy? ***


Why I am so happy?




Gli occhi sono saldamente chiusi e sento il leggero fruscio delle lenzuola contro la pelle nuda delle gambe ma ciò che il mio sguardo trova è solo un mare immenso e buio come l’inchiostro, la luna, troppo grande e vicina, è alta in cielo e disegna un cerchio perfetto che illumina fiocamente la macchia scura che si estende davanti a me. Una mano si alza automaticamente come a voler sfiorare quello spettacolo ma trova un ostacolo freddo e liscio: un vetro.
Mi rendo conto solo adesso di aver lasciato completamente il mio corpo, lo capisco guardando i miei vestiti e soprattutto frugando tra i miei ricordi, sono pieni d’amore, di gioia, di vita. 
Sono in un sogno, in una delle tante fantasie che la mia mente crea, e non mi resta nient’altro che viverla e affrontarla, è un sogno certo, ma odio non poter agire come vorrei io, è la mia mente che comanda, io sono solo un manichino di me stessa in fin dei conti. 
Spazientita da questa situazione mi guardo intorno in cerca di qualche via di fuga, ma sono intrappolata in una teca, una teca di vetro posizionata in aria, a qualche decina di metri da una scogliera alta e rocciosa che termina con una parete ripida e a strapiombo sul mare.
La paura delle altezze non è mai stata tra le mie fobie, ma non riesco a smettere di tremare e di guardarmi intorno, cerco di non fissare le onde che si infrangono contro gli scogli sotto di me e soprattutto di non immaginare la mia testa contro quel muro di roccia, ma poi sento un rumore provenire da sotto i miei piedi e il mio sguardo inizia immediatamente una ricerca disperata.
Un ragazzo dai capelli scuri avanza a petto nudo verso il precipizio, indossa solo un paio di pantaloni, non riesco a riconoscere il suo viso, e tantomeno qualche altro particolare, sembra che cammini a occhi chiusi, intravedo un piccolo sorriso, si ferma a pochi passi dall’oblio, sembra quasi risplendere di luce propria, come se anche lui emanasse un debole bagliore, ed i suoi occhi per un istante si aprono per fissare l’orizzonte, poi allarga le spalle e si butta.
Un urlo sgorga spontaneo dalla mia gola, è straziante, prolungato, acuto, quasi non mi rendo conto che proviene da me fin quando non sento le pareti della gola bruciare ed i pugni chiusi e dati contro il vetro più volte dolere, spalanco gli occhi, il mare è ancora nero, la luna ancora alta ed il cielo ancora plumbeo, ma ciò che vedo davanti a me mi fa sorridere. 
Distrutta cado in un angolo e raccolgo le ginocchia al petto, guardo l’orizzonte e sorrido,  non è finita, non finirà mai. La scarica di ottimismo che mi invade però, per la prima volta in tutta la mia vita, non appartiene al sogno, alla ragazza che desidererei essere, appartiene a me. Il ragazzo è vivo.

 
 
"Quando mi dirai che cazzo hai sarò contenta." Sono in un silenzio completo da quando mi sono svegliata, Danielle è esuberante come al solito, ma non riesco a concentrarmi sulla sua voce, la sento ma è come se non arrivasse del tutto al cervello, si ferma nelle orecchie e lì continua a rimbombare mentre mi prende a parolacce o mi maltratta. "Quando ti passerà il mutismo chiamami." La testa mi penzola distrattamente ad ogni curva, ad ogni dosso, ad ogni pensiero eccessivamente pesante che la mente produce. Il sogno di questa notte mi ritorna in testa continuamente, una scena di un film che ti è piaciuta troppo, il ritornello di una canzone che ti ronza in testa anche se in verità l'hai sentito solo una volta in televisione, la frase di un libro che ti emoziona dalla prima lettura.
I sogni accompagnano la mia vita da sempre, non c'è giorno importante a cui non associ un sogno, delle volte sono stupidi, insensati, delle volte li sento come premunizioni, delle volte sono semplici immagini, veri e propri sogni, desideri, favole. Come ogni altra cosa però, anche i sogni fatti ad Hamilton sono ricoperti da uno strato spesso e pesante di polvere, e sinceramente non ho nessuna intenzione di armarmi di straccio e pazienza per ripulire i miei ricordi, ma di una cosa sono certa tutti i sogni che mi perseguitano da quasi una vita non mi hanno mai resa felice. Mi trasmettevano ansia, forse paura, tristezza, angoscia, delle volte potevo anche svegliarmi con un sorriso in faccia magari divertita dell’ennesimo principe a cavallo, ma felice, felice davvero, felice come adesso mai. Fino a qualche giorno fa sbarravo gli occhi e storcevo la bocca leggendo aforismi e citazioni che spesso legavano la felicità al senso della vita, e adesso povera stupida quelle stesse frasi mi sfilano in testa accompagnate da quelle immagini e da quell’assurda felicità.
Sono felice.
E credo sia la prima volta nella mia vita.
Ho tutto ciò di cui ho bisogno, ho degli amici stupendi, la scuola sta finendo, fra un po’ avrò una macchina tutta mia e certamente non posso considerarmi una ragazza sfortunata nonostante tutto, ma sono arrabbiata con me stessa, so’ che tutta questa felicità non dipende solo dal senso di benessere che sto vivendo, no, assolutamente, io sono felice grazie a quel sogno, e questa cosa mi lascia non poco infastidita, non riuscire a capire il perché delle cose mi ha sempre dato fastidio, ma qui superiamo ogni limite.
Sento una felicità innaturale scorrermi nel petto e non so’ spiegarne l’origine.
Perché sono cosi felice?
“Stai sorridendo, sorridi. Non sei morta!” Danielle mi posa una mano sulla gamba prima di pizzicarla leggermente, io di tutta risposta la guardo e le sorrido ancora di più. “E non sei nemmeno sorda. Devo solo riuscire ad accertarmi che qualche orso non ti abbia rubato la lingua e posso considerarmi una donna soddisfatta.” Dice parcheggiando nel cortile della scuola affollatissima da ogni tipo di ragazzo esistente al mondo. La Clifton è l’unica spesa che pago con i soldi di mia madre, da quando ho memoria ricordo che tutti i risparmi accumulati in casa andavano a finire in un conto intestato proprio a me, che progettassero entrambi la fuga sin d’allora? Non so quanti soldi ci sono sopra, la scuola prende tutti i soldi che servono, gli altri resteranno lì. Non ho bisogno dei loro soldi, non ne ho mai avuto bisogno. Scuoto la testa uscendo dalla macchina, sono felice, sono felice, sono felice.
Ma perché sono cosi felice?
“Hope qualsiasi cosa sia successa me ne parlerai quando sarai pronta, stai tranquilla. Io però ci sono okay?” Le braccia di Danielle mi circondano ed in pochi secondi mi ritrovo ad abbracciarla e ad inspirare solo il suo insistente profumo ai frutti di bosco. 
Non basterebbe questo per farmi felice?
“Ti voglio bene Dan.” E’ la prima volta che riesco a dire ad alta voce quanto importante per me sia una persona, mi è sempre stato difficile, anche con Margaret, scherzavamo, ridevamo, era la mia migliore amica ma non sono mai arrivata a sentire la necessità di vederla, di volerla vicino, di dimostrarle qualcosa, ed invece sento vicina la ragazza con il fisico da modella e la faccia da bambina che trattiene le lacrime di fronte a me, che è riuscita a portare nella mia vita un’ondata di benessere, di rumore, di vita.
La vita ti porta a cambiare, ti porta a fare o a dire cose che non avresti mai pensato di provare, ti fa conoscere gente capace di stravolgerti, molti dicono che se si nasce tondi non si può morir quadrati, secondo me la vita, il destino o qualsiasi entità che mandi avanti la nostra esistenza, ci plasma. Plasma ognuno di noi, c’è chi lo ammette, rincuorato di essere cambiato, di essere cresciuto, di aver imparato dai propri errori, c’è chi lo tiene nascosto, perché le delusioni lo hanno reso freddo, apatico, silenzioso e magari rimpiange il passato dove guardava il sole sorgere ed era felice, e poi c’è chi non lo sa, non se ne accorge nemmeno forse, sono cambiamenti minimi, ma secondo me sono quelli più profondi, più intensi, più decisivi. I particolari migliorano l’opera d’arte dicevano, e una persona per quanto perfetta ha bisogno costantemente di essere migliorata. 
“Andiamo.” Sussurra mordendosi un’unghia e sorridendo visibilmente. 
“Sei felice?” Dico io cercando di circondarle la vita con un braccio e camminando guardandomi intorno rilassata.
“Mi sorprendi sempre Evans. Sono molto più che felice, l’amore è strettamente legato alla felicità ricordi?E in questo momento il tuo è l’amore più grande che potessi desiderare.” E’ felice, l’ho resa felice, ed io sono ancora più felice. E’ forse vero che tutto ciò che la vita chiede è un istante di pura felicità? E’ forse vero che la maggior parte delle volte non sai nemmeno da dove arriva questa scarica di emozioni? E’ forse vero che il regalo più bello di sempre è la felicità?
“Perché allora trattieni le lacrime?” Una però supera gli argini e cade silenziosa giù sulla guancia, lei si asciuga con una mano ma continua a sorridere.
“Non ti è mai capitato di essere stata talmente bene, di essere cosi felice da non riuscire a contenere tutti quei sentimenti? E allora piangi e ti sfoghi, ma soprattutto dici grazie. E’ un modo per ringraziare la vita!” La sua voce si addolcisce ed io mi sento tanto una bambina che ascolta rapita la lezione dalla sua maestra preferita, non capendo però la situazione, non sono mai stata cosi felice, figuriamoci tanto felice da piangere.
“Hope, Adrian ti sta fissando intensamente da alcuni minuti. Ed è da solo.” Danielle mi scuote con forza per un braccio e mi indica con la testa la rampa dove di solito è circondato da ochette e da compagni di football. 
“Vado. Sono felice.” Le dico ad alta voce avvicinandomi spedita ad Adrian che sorride.
“Oh quale onore Evans.” La sua voce come al solito in un primo momento mi stordisce leggermente e mi lascia senza fiato, ed anche l’accelerare del cuore, non aiuta, ma so controllarmi.
“Di solito si dice buongiorno!”Dico frugando nella borsa alla ricerca dei suoi soldi. “Eccoti il resto, spero ieri di essere stata d’aiuto ieri.” 
“Ti avevo detto qual era il modo migliore per aiutarmi, ma lasciamo stare.” Mi risponde passandosi una mano tra i capelli ed ignorando la mano aperta davanti a lui.
“Infatti lasciamo stare, prendi questi soldi e basta.” Faccio un altro passo nella sua direzione ma il suo sguardo non cade nemmeno per un secondo sul mio braccio, è concentrato sui miei occhi, ed io cerco in tutti i modi di fissarlo senza però far trapelare l’eccesso di emozioni che cercano di dilaniarmi. I suoi occhi blu, oggi eccessivamente profondi, sprizzano elettricità da ogni poro ma soprattutto mi fissano illuminati da una strana luce.
“Come mai cosi felice?” La sua presenza di solito mi fa dimenticare il mio stesso nome, ma questa volta la felicità che mi scorre nelle vene è cosi tanta che non riesco a trattenermi e sorridergli, si nota tanto?
“Come lo sai?” Posso dirgli che sono felice grazie ad uno stupido sogno? Posso dirgli che grazie alla felicità irradiata da quel sogno mi rendo conto di essere davvero fortunata?
“Sei radiosa, e poi l’hai urlato due minuti fa’.” Giusto, lo saprà tutta la scuola come minimo, non importa. Sono felice.
“Ah..” Arrossisco violentemente e mi mordo il labbro, dovrei pensare prima di parlare, specie con lui.
“Sei bellissima quando diventi rossa.” Sussurra lui leccandosi le labbra e continuando a fissarmi insistentemente, io però porto lo sguardo sulle mia mano ancora aperta per alcuni istanti silenziosi, poi la ritiro.
“Non fissarmi.” Decido alla fine ritornando a posare i miei occhi su di lui, l'ho mai sentito cosi vicino, e allo stesso tempo lontano?
“Allora perché sei cosi felice?” Mi verrebbe quasi di dirgli la verità, di rispondergli semplicemente mi sono svegliata felice, lo sono, punto. Ma è la mia felicità, non voglio sembrare egoista, presuntuosa o chissà cosa, ma quel sogno, quel ragazzo, quel bagliore, meritano di essere protetti. 
“Ho semplicemente capito che la vita mi sorride, e voglio imparare a sorriderle anche io.” Mi esce spontaneamente, lui però inarca un sopracciglio e ghigna divertito.
“Mi sa tanto di frase di biscotto della fortuna.” Sorrido e scuoto la testa, ma mi rendo velocemente conto che il cortile è praticamente deserto e che io e Adrian Melek siamo a due passi di distanza, e questo non è assolutamente un bene per il mio cuore.
"Prendi questi, devo andare a lezione." Il braccio scatta automaticamente verso di lui e anche la mano si apre quasi contro il suo petto.
"Continuiamo pure cosi." Risponde secco e distaccato, il cuore accelera, adesso che c'è? Ha paura che si allontani? Che si stanchi? L’ho sempre detto, il mio cuore combatte contro di me, però adesso siamo coalizzati. Abbiamo capito che Adrian deve rimanere nella nostra vita, non importa come. La sua mano poi sfiora il mio palmo su cui sono appoggiati i soldi, e sospira con forza.
"Cosi come?" La mia voce è pari ad un sussurro, quasi non la sento coperta dai battiti che risuonano nelle mie orecchie, lui mi sorride, ed i suoi occhi brillano, accesi da qualche improvvisa idea, ed il mondo si ferma, cessa ogni cosa, ogni sospiro, ogni rumore, ogni battito di ciglia. Tutto nel mio mondo è completamente attivo in funzione dei suoi occhi. Quegli occhi. Non può essere, mi sbaglio.
"Vieni qui." E mi tira a se, con tutta l'impazienza e la voglia di chi cerca solo un abbraccio. Mi ritrovo tra le sue braccia, il viso nell’incavo del suo collo dove tante volte avrei voluto essere,è come l’avevo immaginato, morbido, soffice, accogliente, l'unico odore che riesco a percepire è il suo costante profumo di liquirizia, appoggiati ad una rampa di una scuola prestigiosa inglese siamo stretti in una morsa ferrea, dove davvero resterei per sempre. Guardo il suo viso ed il mio cuore aumenta la corsa, gli occhi socchiusi ed un piccolo sorriso sghembo, le lunghe ciglia, la mascella rilassata addolcita dal sorriso, non può essere.
Ogni parola rovinerebbe il momento, ed io non riesco a immaginare momento più perfetto di questo, non ci sono doppi fini, non c’è una litigata da placare, e nemmeno qualcosa da festeggiare, siamo solo io e lui, abbracciati, completamente persi tra le braccia dell’altro, felici? Io lo sono, probabilmente più di stamattina, più di stanotte quando ansante mi sono svegliata con il cuore che batteva troppo forte per la felicità,più di quando ho realizzato di poter andare avanti, più di sempre.
Perché sono cosi felice?
Le sue mani sono sui miei fianchi, e accarezzano la pelle nuda sfuggita al maglioncino con una lentezza e una calma disarmante, le mie di mani sono ferme sulle sue spalle larghe, e le braccia gli circondano il collo, poi però cerco di avvicinarlo di più, di sentirlo ancora di più contro il mio corpo e le mani scendono giù per la schiena, accarezzando ogni centimetro del maglione grigio aderente, il mio viaggio si interrompe solo quando sento il tessuto dei jeans sotto le dita, ma non mi fermo anzi riparto verso il suo collo, ma all’altezza delle scapole, anzi leggermente più in basso, sento come una piccola scossa che mi smorza il respiro e mi manda il cuore fuori controllo. Non è stata la scossa che prendi ogni tanto, quando viaggi in macchina o quando indossi le scarpe sportive, è stata pura elettricità.
“Adrian?” La mia voce è incerta, tremante, sento ancora quel tremolio nelle dita che mi spaventa ma non so perché non voglio scappare, sono ancora tra le sue braccia, il mio viso poco distante dal suo ed i nostri respiri si fondono in un’unica fragranza. “Adrian?”
Lui sembra non sentirmi, mi pare concentrato, anzi probabilmente sta pensando, la mascella però è contratta e le labbra sono serrate come a trattenersi dal parlare, dal fare qualcosa, ma cosa?
“Dimmi.” Risponde dopo alcuni istanti ancora con gli occhi chiusi e la voce sforzata.
“Non hai sentito nulla?” Non può essere stata una mia invenzione, una mia fissa, una mia sensazione, non è possibile. Non erano brividi, era elettricità.
“Cosa?” I suoi occhi si aprono, e sono lucidi, il blu non solo si sta rischiarando ma diventa ancora più invitante, più insistente, più famigliare…
“William..” Quel nome supera ogni barriera creata dal mio cervello, ogni barricata alzata crolla davanti a quella consapevolezza. “Adrian William Melek.”
“Hope, come?” La sua voce si alza di un’ottava, l’ho spiazzato. Il problema è che sono spaventata anche io, come faccio a sapere il suo secondo nome? A scuola tutti lo chiamano Adrian, e i professori non hanno mai nemmeno accennato alla presenza di un altro nome, eppure io lo so. So’ che William è il suo secondo nome, e che lo odia. 
“William è il tuo secondo nome.” Dico semplicemente allontanadomi ma guardandolo dritto negli occhi, quegli occhi.
“Come lo sai? Qui a scuola non lo sa nessuno.” Come lo so? Come? Lo so, punto. Non c’è una spiegazione, un motivo logico a cui aggrapparmi, non c’è nulla. Solo quel nome che mi orbita in testa, seguito da tante altre immagini, luoghi, frasi, promesse.
“Noi due ci conosciamo già.” E’ un’affermazione la mia e lui se ne accorge, lo vedo dal suo sguardo fermo e dal sorriso che accompagna ogni mia frase. 
“Come l’hai capito?” Si lecca le labbra e subito incrocia le braccia per poi con una mano giocare con il suo orecchio, concentrarmi sui particolari mi ha sempre aiutato a non pensare, e delle volte mi viene anche naturale, ma questa volta scaccio quest’abitudine con forza. Io so, da sempre, di conoscere Adrian. Me lo diceva il mio corpo, me lo diceva il mio cuore, me lo dicevano le mie sensazioni, me lo diceva la mia anima.
E sono stata una cieca dal primo istante a non accorgermene, una vera e propria stupida.
“E non ci siamo conosciuti ad Hamilton.” Scuoto la testa sorridendo, è cosi chiaro, cosi nitido adesso per me, mi sfugge solo dove ci siamo conosciuti. Ma sento di saperlo, devo solo concentrarmi.
“Rispondi.” Ha usato questo tono poche volte con me, pochissime a dir la verità, ma tutte le volte che lo ha fatto mi è sembrato inesorabile, adesso invece riesco a dir di no, noi non possiamo sempre parlare, questa volta deve agire. 
“Non farmi domande Adrian, mostrami chi sei in realtà.” E questa volta sono io che lo prendo per il polso e lo porto verso il parchetto, ho bisogno solo di conferme, ma io so già tutto. So cos’è Adrian. E so anche dove ci siamo già conosciuti, in un’altra vita.
Adesso però chiedetemi perchè sono cosi felice. 
     
   
La felicità non è uno stato a cui arrivare, ma un modo di viaggiare.




        
Salve persone!
Sono in ritardo è vero, ma dovete perdonarmi sto capitolo doveva essere perfetto, vabbè non credo lo sia, ma chiedo venia!
Questo capitolo è fondamentale, se sapete leggere tra le righe capirete tutto. 
Diciamo che secondo me è logica come cosa!
Amo il fatto che vi siate risvegliati, cioè adoro leggere le vostre recensioni e sapere cosa ne pensiate, mi fa' andare avanti con più piacere.
Grazie a tutte, spero continuerete a leggermi e recensirmi.
Buona lettura!

-Allen

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Capitolo 11
*** Run together. ***


Run together.



“Hope smettiamola okay?” Si ferma solo alcuni passi prima del cancello, intravedo il laghetto, dobbiamo arrivare lì, lui però è fermo ed irremovibile, ma io non mollo la presa intorno al suo braccio, anzi mi ci arpiono con ancora più forza. Non può sfuggirmi adesso, adesso che ho capito cos’è e cosa sa’, non adesso che deve darmi le giuste risposte, non adesso…”Non puoi sapere nulla, ammetti che mi hai portato qui solo per sedurmi.”
“Adrian..” La mia voce è quasi sconsolata, pensa davvero che anche questa volta mi sbagli? E se mi sbagliassi davvero? Impossibile. Non è il momento giusto per farsi prendere dai dubbi, io sono certa. Io l’ho visto, in tutti quei sogni lui c’è sempre stato, sono stata solo cieca, perché il sogno della scogliera non si è fatto vivo prima? Perché non sono riuscita a vedere il suo viso e la sua natura prima? E una nuova domanda si fa spazio nella mia mente, e se non fossero sogni? O come ho sempre pensato desideri?
“Dimmi tutto Hope.” La sua voce è sinuosa, come se accarezzasse il mio corpo con calma e allo stesso tempo con passione e frenesia.
“Non prendermi in giro, dimmi che hai sentito anche tu la scossa quando ti ho toccato la schiena.” La mia voce trema, come le mani, come le gambe, come il cuore che cerca di battere più forte del possibile, tutto il mio mondo trema, vedete anche voi il sole che sbiadisce?
“Io la sento ogni volta che mi sfiori anche per sbaglio.” Ammette cercando il mio sguardo e sfiorandomi la guancia, velocemente, quasi non me ne rendo conto ma la guancia è in fiamme, ed il resto del corpo è ricoperto da brividi, pesanti e insistenti.
“Impossibile." Rispondo scuotendo la testa, come è possibile? Non posso crederci, non è solo mia la tortura? Non solo io soffro ogni volta che lui è a meno di un metro da me? Siamo in due a farci del male ma a voler l'altro vicino? Ora cambia tutto, se non sono solo io a soffrire vale la pena?
Se anche lui ci sta male è abbastanza importante?
“Ad ognuno il suo Evans. Lei non combatte con tachicardia e svenimenti?” Mi guarda alzando entrambe le sopracciglia e ghignando leggermente.
“Perché? Perché proprio noi due?” Dico lasciando il suo polso e mettendomi le mani tra i capelli, allora ogni pensiero, ogni dannata teoria, ogni maledetta ipotesi su cosa mi potesse legare ad Adrian ha qualche fondamenta, non è tutta fantasia, una delle numerose idee è vera, oppure non mi sono mai nemmeno avvicinata a quella che possiamo chiamare verità?
“Hai detto di sapere cosa sono. Fai uno più uno.” Non capisco l'inclinazione che la sua voce inizia a prendere, è un misto tra la strafottenza solita e una nuova sfumatura.
“Adrian io ho visto cosa sei.” E' la verità, non lo so, non l'ho letto o capito, mi si è palesato davanti, era davanti ai miei occhi, il resto sono solo sensazioni, congetture, ma l'unica cosa di cui sono certa è racchiuso in quel sogno e nel bagliore emanato da quel ragazzo.
“In un film al cinema?O in qualche telefilm?”Cerca di alzarmi il viso con delicatezza ma l'unica cosa che le sue dita mi trasmettono è l'impazienza, il ricordo di quella scossa ed il solito batticuore.
“L’ho sognato.” Spunto fuori senza pensarci due volte. Ho imparato che nella vita l'unica cosa che bisogna dire è la verità, non importa circondarla da parole e soprattutto nasconderla, quando si può l'importante nella vita è essere sinceri, ed Adrian anche con i suoi sbalzi d’umore e il suo carattere, è una delle poche persone che riesce a farmi parlare sempre.
“Aspetta, parli seriamente?” Adesso le due dita sotto il mio mento sono decise e forti, vuole guardarmi negli occhi, vuole capire se sto mentendo, ed io non riesco a reggere il suo sguardo, eppure tutto ciò che dico è vero, come potrà credermi se non lo guardo negli occhi?
Come posso farmi credere se non ci credo nemmeno io?
E un'ondata di autostima mi investe, e come mai prima d'ora sono contenta di tutto ciò che la vita mi ha dato: delle cadute, delle difficoltà, delle batoste, ma anche delle persone splendide che ho incontrato come di quelle cattive, degli insegnamenti, sono felice di sapermela cavare perché so che ne uscirò vincente da questa situazione, qualsiasi cosa lui sia, qualsiasi cosa ci unisca.
“Eravamo su una scogliera, tu eri a petto nudo, ed io ero rinchiusa in una teca di vetro. “ Lo vedo sussultare, mi sta credendo, devo continuare. I fotogrammi del sogno mi sfilano d’avanti agli occhi in modo confuso e veloce, ma riesco a riconoscere la forma delle spalle grandi, riesco a sentire ancora la sorpresa e la paura per quel bagliore appena accennato, riesco ancora a provare il terrore di quando l’ho visto precipitare, ma soprattutto ritrovo ancora nelle vene la dose massiccia di sollievo di quando ho visto il suo corpo vicino alla luna. ”Faceva freddo, ma a te sembrava non importare, hai camminato ad occhi chiusi per parecchio, poi a pochi passi dal vuoto ti sei fermato e hai guardato desolato davanti a te, poi ti sei buttato.”
“Irlanda. Cliffs of Moher. Quanti anni sono passati? Troppi.” Quel mondo di cui spesso ho parlato, che mi faceva quasi paura, quel mondo antico, misterioso, quello in cui spesso lo vedevo affondare per poi emergere è davanti ai suoi occhi, non lo vedo, forse non c’è nemmeno, ma so che lui è lì, lo capisco dal modo in cui guarda davanti a se, assente, distante, perso. Mai ho sentito cosi inesistente la sua presenza accanto a me, delle volte l’ho allontanato, delle volte si chiudeva a riccio, delle volte scappavamo entrambi, ma adesso è qualcosa di diverso, adesso lui non è nel mio Mondo.
“Anni? Io sono qui da pochi mesi, non ci siamo mai visti prima..” Vorrei schiaffeggiarlo per riportarlo qui da me, vorrei dirgli tante di quelle cose, ma come al solito la sua voce, le sue parole mi mandano fuori di testa, e tutto ciò che riesco a fare è stare ad ascoltare.
“E' stata la prima volta che sono riuscito a baciarti. E mi sei sfuggita come al solito dalle mani." Sgrano gli occhi e inizia a scarseggiare la saliva, le mani mi sudano e le gambe vorrebbero correre, sentono un’improvvisa voglia di sgranchirsi e di arrivare in Africa correndo, eppure sono qua, ogni muscolo è teso pronto ad ascoltare altre parole, altre frasi, pronto a leggere tra le righe e a carpire nuove informazioni.
"Cosa stai dicendo Adrian? Ci siamo baciati per la prima volta una settimana fa' fuori da scuola." Avvampo al solo ricordo e una mano corre a sfiorarsi le labbra, automaticamente senza che nessun comando parta dal cervello. Eppure le sue parole per me non suonano esageratamente strane, conosco quel luogo, il nome mi è famigliare, e anche l’idea di averlo baciato altre volte, in altre circostanze non mi è nuova, eppure il mio corpo non le accetta, il mio corpo cerca di scappare da quella situazione, di tergiversare.
"Hope, Hope. Vedi che non sai niente?" La sua mano si avvicina pericolosamente al mio viso ed io fisso le sue labbra che sembrano quasi accarezzare il mio nome, mai mi sono sentita cosi bene solo ascoltando delle stupide parole, parole che forse non sono nemmeno del tutto vere.
"Adrian?Stai farneticando." Chiude per un istante gli occhi e scoppia in una fragorosa e amara risata, poi quel blu immenso ritorna a colmare ogni mio desiderio.
"Non sai cosa voglia dire ogni volta, ritrovarti e poi perderti ancora." Il suo pollice mi accarezza la guancia, e poi si sofferma sul labbro inferiore, sfiorandolo leggermente. Ed il mio cuore a quelle parole scatta, perché si sente tirato in causa, perché sente che non si sta dicendo la verità, perché sa’ cosa voglia dire ogni volta, perché comprende tutto quel dolore.
"Cosa succede ogni volta?" Il respiro mi manca, e mi ritrovo quasi a balbettare con il battito del cuore nelle orecchie e i brividi che corrono sulla schiena, i suoi occhi sono a pochi centimetri da me, il suo respiro batte contro il mio viso e sono troppo concentrata a non scoppiare per rendermi conto della velocità con cui mi lascia un bacio all'angolo della bocca e poi corre, corre via da me, nel parco, corre, ma non troppo lontano perché riesco a vedere le immense ali che gli nascono dalla schiena, sono le stesse ali che ho visto nel sogno di questa notte, enormi, bianche, sembrano quasi soffici, solo che adesso alla punta sono striate di nero, e Adrian, il mio Adrian prende il volo.
"Ogni volta sparisci e lo lasci da solo." E' un sussurro perso tra gli alberi, ma ne sono certa, non è opera della mia fantasia, è quella voce che mi accompagna nei sogni, che sento quando sono in difficoltà, che mi ha riempito la testa mentre scappavo via da lui, è la voce che mi avvisa tutte le volte di un nuovo svenimento, mi appoggio lentamente al cancello mentre le palpebre diventano pesanti ed il cuore rallenta, il corpo cade in una quasi totale anestesia ed anche la vita intorno a me cessa d’esistere, non c’è nessun rumore esterno, non c’è nessun colore, non c’è nessuno là fuori per me, ed il nero mi avvolge. Ho sempre avuto paura del buio.
 
 
 
Riprendo i sensi solo quando sento una pioggia insistente e fredda battere sul mio corpo, il cancello ha praticamente fatto a pezzi la mia schiena e mi sembra quasi di non sentire più le gambe, ma la cosa più brutta di tutte è sicuramente il nero che continua a opprimere ogni mio senso, ogni terminazione nervosa è completamente terrorizzata dal buio, ha paura di rimanere così, in bilico per sempre. Gli occhi rifiutano d’aprirsi, la bocca non emette nemmeno un lamento, le orecchie omettono qualsiasi suono, ho paura. Chi non ha mai avuto paura del buio? Il buio può nascondere tante cose, al buio possono succede le cose peggiori, il buio ti può inghiottire, il buio può fare male. Chi può nascondersi in quella stanza buia? Cosa può succede nell’oscurità di una strada isolata? Non si può aver paura del giallo, o del verde, chi ha paura del colore del sole o di quello dell’erba? Il nero invece è il colore della morte, è il colore del male, è il colore della menzogna, è il colore del buio, è il colore della notte, il nero è l’assenza vera e propria di colori, e noi abbiamo bisogno di un mondo a colori per poter sognare, per poter continuare a lottare, per rialzarsi dopo una brutta caduta, per continuare dopo una vittoria, abbiamo bisogno dei colori per vivere. I colori segnano la nostra esistenza, da piccoli rosa per la femminuccia, celeste per il maschietto, e cosi per sempre, l’amore è rosso, vivo, passionale, la tristezza è grigia, spenta, apatica, la tranquillità è azzurra, serena, come il cielo, come il mare.. il nostro mondo è fatto a colori, e senza colori che mondo è?
Delle mani si posano sulle mie spalle, gli occhi dovrebbero aprirsi, non lo fanno, dovrei urlare, sono muta, qualcuno mi dovrà pur chiamare, non sento nessuno. Non c’è nessuno. Vengo scrollata con forza, le ossa mi fanno male, sento di potermi sbriciolare fra le loro mani,manca poco alcuni minuti, di meno, secondi, e diventerò cenere tra le loro mani, diventerò polvere che si porta il vento, diventerò il nulla.
Ma da torturarmi le spalle passano al viso, chi siete? Cosa volete? Mi schiaffeggiano, sento dolore, il dolore è bianco, è bianco come la malattia, come gli ospedali, ma è bianco come le sue ali, come il suo sorriso, come la sua pelle, è bianco come la luce, ed il bianco combatte il nero, la luce sconfigge il buio, lui è luce.
“Hope cazzo, che ti hanno fatto?” E non sono io a sgretolarmi, è il buio che viene sconfitto, è il nero che viene illuminato, i miei occhi si aprono e trovano una macchia arancione, l’arancione per me è sempre stato amicizia, vicino al rosso ma mai pericoloso. Il rosso può essere un divieto, può essere qualcosa di proibito, può far male. L’arancione no, l’arancione è coraggio, l’arancione è verità, l’arancione è Danielle.
“Dan..” Lei mi guarda immobile, anzi dire immobile è poco, è paralizzata, come una statua, è rimasta attonita, e solo la mia voce riesce a farla riprendere.
“Hope che cazzo combini?” Mi butta le braccia al collo e mi stringe forte, l’arancione è forza, l’arancione è qui. “Non puoi farmi prendere questi spaventi okay?” Mi accarezza i capelli ed ho meno freddo, l’arancione è calore.
“Scusami.” La mia voce è pari ad un sussurro, ma mi sento bene, adesso che il buio è andato via va tutto meglio, ci sono i colori. Anche i pensieri ritornano chiari come al solito, riesco a rendermi conto di aver passato chissà quante ore buttata contro un cancello, di essere svenuta e soprattutto di essere fradicia dai capelli fino alla punta delle scarpe, però sorrido. L’arancione è rassicurante, l’arancione è bello, l’arancione è casa.
“Ho chiamato Jake, sarà qui a minuti. Quando arriviamo a casa davanti ad una cioccolata calda ci spieghi tutto, e non accetto repliche.” Ci alziamo entrambe mentre lei controlla che sia tutta intera, ed io inizio a pensare a quanto grottesca possa essere quella piccola riunione con lei e Jake. Sapete svengo spesso dopo che parlo con il ragazzo che mi piace, no ma tranquilli, tutto nella norma. Saranno gli ormoni. Ah dimenticavo si, lui vola.
“Perché lo hai chiamato?” Sembro una di quelle bambine che hanno combinato qualche guaio e si lamentano pure se hanno chiamato i genitori.
“Scusami se non ti trovavo e il mio cuore ha perso qualche battito durante la mattinata, avevo bisogno di rinforzi.” E credo anche di averla combinata grossa, di solito Danielle mi trovava a colpo sicuro, mi prendeva e mi svegliava, o mi portava direttamente a casa. Questa volta invece sembra proprio che si sia preoccupata, e anche parecchio ed io invece continuo a lamentarmi, dovrei fare qualche tipo di statua a questa ragazza, mi aiuta anche se non glielo chiedo mai, c’è sempre anche se potrebbe benissimo andarsene, come hanno fatto tutti.
“Grazie Dan..” Sussurro abbracciandola e inspirando forte il suo profumo, anche il suo odore mi ricorda l’arancione, lei scuote la testa e si appoggia alla mia spalla ricambiando l’abbraccio.
“Non ringraziarmi. E’ questo che fanno le amiche, salvano il culo alle teste di cazzo che si ritrovano accanto.” Mi sembra quasi di vederla sorridere, con gli occhi che le prendono vita e le guance colorate di rosso.
“Gentilissima.” Rispondo tirandole una ciocca di capelli e sciogliendo la presa ferrea che come al solito sono il nostro modo per dirci ti voglio bene.
“Tu piuttosto come stai?” C’è una domanda di riserva vero? Posso dire passo? Facciamo scadere il tempo e continuo con la domanda successiva? La guardo per alcuni istanti muta, poi capisco che la miglior difesa è l’attacco.
“Bene, bene.” Dico sventolando la mano in modo poco convincente, infatti lei mi guarda un po’ stranita, ma proprio quando apre la bocca continuo “Adrian?”
“Anche lui non c’è. Ed io pensavo che stesse facendo un po’ di sesso selvaggio su qualche panchina nel parchetto.” Mi scappa un sorrisetto che subito mi muore in gola, dove sarà? Era strano, se è successo qualcosa? “Poi dopo le prime tre ore ho iniziato a pensare che o Adrian fosse un pornodivo di successo mondiale o che forse fosse successo qualcosa.” Non riesco a starla a sentire, mi sembra quasi che dica frasi senza senso o che parli una lingua diversa.
“Ma lui? Dov’è? Sta bene?” Ignoro persino la faccia di Dan che nota il mio panico e ghigna leggermente, come a voler sottintendere qualcosa, e inizio a camminare verso il parchetto decisa e combattiva, ma come al solito mi ferma.
“Non so dove sia babe. Sai che quando sparisci è il primo a cui faccio il quarto grado.” Anche questo è giusto, però ho paura che abbia fatto qualche cazzata. Dite che mi sto dando troppa importanza? Ma lo conosco, non pensa mai alle conseguenze delle sue azioni, agisce e poi tocca chi lo conosce riattaccare i pezzi. Ma anche questo come lo so?
“Sta bene però, lo so.” Mi rispondo da sola ad alta voce, lo so perché mi sono presa distrattamente tra le mani il labbro inferiore e ho provato di nuovo quella strana scossa, quel passaggio di energia, quella scarica. Se fosse successo qualcosa non l’avrei provata di sicuro, se non ci fosse l’avrei capito, sta bene. “Danielle, devo dirti una cosa.”
“Dimmi tutto tesoro.” Siamo entrambe in piedi eppure il suo volto è un paio di spanne più in alto del mio, i capelli le ricadono scomposti come mai sulla schiena e gli occhi mi sembrano leggermente rossi, il rosso delle volte fa male, ma poi scovo la realtà in quegli occhi:sono verdi, ed il verde non fa paura, il verde è speranza.
“Jake non può sapere nulla.” Dico mangiucchiandomi un’unghia e sperando che non faccia domande, che non richieda risposte.
“Perché?” Anche se non dovevo sperarci troppo, Danielle senza le sue domande, ed il suo sarcasmo sarebbe la mia Dan? Ma adesso cosa le rispondo?
“Adrian..” Butto fuori senza pensarci due volte, ed in fin dei conti è la realtà. Non sarebbe una sofferenza inutile raccontare davanti a Jake cosa provo per Adrian ed in che modo strano anche lui ricambi il tutto?
“Che ti ha fatto quello stronzo? Giuro che gli strappo le palle.” Inizia quasi ad urlare ed alza un pugno con fare minaccioso, e il sorriso che fa mi preoccupa leggermente, mi fa paura.
“Nulla, nulla.” Scuoto la testa sorridendo, ogni tanto fa piacere sapere che c’è qualcuno pronto a difenderti in ogni caso, non importa se tu abbia ragione o torto, se tu abbia fatto una cazzata o se cerchi di portare avanti solo la verità, sai che qualcuno c’è e puoi solo sorridere alla vita. “Mi piace.”
“Sarebbe questa la novità?” Dice con voce spazientita e con una faccia assurdamente divertente. Io la guardo interrogativa, cosa vuol dire? “Amore bello lo ha capito mezza scuola che vi piacete, l’altra metà pensa che vi diate da fare nei bagni.”
“Credo si sbaglino tutti quanti.” Sussurro guardando per terra e interessandomi improvvisamente agli stivali color cuoio della mia amica.
“Perché? Non nei bagni? Qui nel parco? Dimmi non contro questo cancello, mi ci sono appena appoggiata.” Si guarda intorno quasi schifata e inizia ad urlare frasi sconnesse riguardanti me ed il miglior pornodivo di sempre.
“Ferma.” Ridacchio alzando le mani in segno di resa. “Non abbiamo fatto sesso. E non credo che Adrian sia un attore porno.”
“Si dice amore e che cazzo..” Finge di darmi un pugno in testa ma come al solito la interrompo.
“Io ed Adrian ci conosciamo.” La mia frase è di una chiarezza disarmante. Se ci fosse qualcun altro a sentirmi mi avrebbe già mandato a cagare, anzi diciamo la verità se non ci fosse stata Danielle non ci sarebbe stato nessun’altro.
“Lo so, anche io lo conosco. E credo che anche Jake se lo ricordi bene, sai, il cazzotto..” Appunto, detta cosi sembra tanto una presa per il culo, ma posso fidarmi? Posso dirle come stanno le cose realmente? E se mi dovessi sbagliare? Le parlo. Mi sono tenuta dentro troppe cose, per troppo tempo. Se dovessi sbagliare lei mi sarà vicino, se dovessi avere ragione, faremo qualcosa per capirne qualcosa in più, perché non ci sto capendo davvero nulla, se quello che prima consideravo complicato adesso mi sembra impossibile, dove ci siamo conosciuti? Perché noi due?
Quando ho deciso di aprirmi con Dan ho deciso anche che non ci sarebbero state bugie, non ci sarebbero stati te lo dico dopo, non ci sarebbero state mezze verità. Ci saremmo state solo noi due e la realtà. Niente sogni troppo sopra le righe e nemmeno film apocalittici, semplicemente due ragazze che vivono la propria vita, insieme.
“Io ed Adrian ci siamo conosciuti già.” La guardo negli occhi, mi aspetto una brutta reazione, anzi in realtà non so mai cosa aspettarmi realmente da Danielle quindi semplicemente studio il suo viso, e la sua espressione impassibile.
“Quando? Ad Hamilton? Ecco cos’era quella sensazione di conoscerlo già, di famigliarità.” Niente, non ha capito nulla, nemmeno un minimo dubbio, un po’ di incertezza, niente.
“Non so quando, non so nemmeno dove in realtà. Non in questa vita.” Affermo con semplicità, come se fosse scontato, come se fosse stupido. Ho lanciato la bomba e mi sento sinceramente meglio.
“Ma tutto bene? Non è che hai qualche trauma cranico? Hai sbattuto la testa?” Si avvicina e mi poggia la mano sulla fronte, poi mi ispeziona per trovare possibili ferite o dei segni di qualche caduta, ma non trova nulla, perché io sto bene.
“Dan Dan ascoltami..” La prendo per le spalle alzandomi sulle punte fissandola negli occhi.
“Parla.” Dice scettica incrociando le braccia al petto ricambiando lo sguardo.
“Adrian non è umano.” Dico scandendo ogni singola parola, lei mi scoppia a ridere in faccia, ma smette dopo alcuni secondi notando la mia faccia seria e la mia poca voglia di ridere in questo momento.
“Cosa cazzo dici Hope?” Sta urlando, ed il problema è che non sono semplici urla le sue, sono urla isteriche, accompagnate da risate, da sorrisi, da parole senza senso.
“Dan parlo sul serio.”
Mi guarda negli occhi e mi attira a se, per alcuni secondi rimango immobile poi mi abbraccia, come al solito mi stringe troppo forte e come al solito sento i nostri cuori battere vicini, potrà essere anche un’enorme cazzata tutta questa storia ma avrò lei su cui appoggiarmi.
“Belle ragazze che dite di entrare in macchina? Sapete sta piovendo… non vorrei dover uscire la divisa da infermiere sexy.” Una macchina si ferma a pochi passi dal cancello dove siamo io e Danielle, a me scappa un sorriso mentre lei fissa l’auto divertita.
“Grazie Tomar ma ne farei sinceramente a meno.” Urla prendendomi per mano e aprendomi lo sportello.
“Non sai cosa ti perdi Bull. E tu Evans?” Il viso tondo e gli occhioni scuri di Jake mi fissano ed io non posso che sorridergli di rimando.
“Tutto bene Jake.” Sospiro appoggiando la testa al sedile scuro della macchina di Danielle e chiudo gli occhi.
“La domanda non era proprio questa, ma va bene.” Sospira ritornando dritto e mettendo in moto.
“Taci accompagnaci a casa, abbiamo bisogno di una bella doccia.” La voce di Dan è quasi soporifera al momento eppure riesco a immaginare la faccia di Jake che la guarda storto e alla fine sorride rispondendo con una delle sue.
“Agli ordini signor capitano.” Come avevo detto, Jake a differenza della rossa è assolutamente prevedibile e affidabile, anche se pure lui ogni tanto se ne esce con le sue ottime sorprese. I ragazzi sicuramente staranno continuando a parlare, e immagino vogliano delle risposte che io ancora non ho, li ignoro e mi chiudo nella mia solita bolla,sono stanca, stanchissima, cosa ho fatto? Nulla, ho solo scoperto di aver conosciuto un ragazzo in un’altra vita, ho preso la scossa solo sfiorandolo e l’ho visto prendere il volo. Ma soprattutto ho capito che ogni volta che parlo con Adrian sembra quasi che faccia una corsa campestre, quel ragazzo mi sfianca fisicamente, ma adesso che so che non è un sogno, adesso che so la verità ho capito che ne vale la pena, adesso che so che Adrian è un angelo possiamo correre insieme








Salve persone!
Sono passate quasi due settimane, e davvero potete pure linciarmi, ma primo sono senza computer e poi volevo che fosse perfetto ed invece continua a non convincermi. 
Qui si capisce tutto, alcuni l'avevano indovinato, alcuni ci erano andati vicino, altri non avevano capito nulla! 
Allora è il capitolo centrale, possiamo dire anche decisivo, piaciuto?
Pareri? Critiche? Ditemi tutto quello che pensate, sapete che per me è fondamentale sapere la vostra e vorrei tanto vedervi attivi. 
Fatemi domande se non avete capito qualcosa oppure mandatemi a cagare se non vi è piaciuto... sono a vostra disposizione.
Grazie a tutte, spero continuerete a leggermi e recensirmi.
Buona lettura!

-Allen

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Capitolo 12
*** Love sucks. ***


Love sucks.






Il silenzio avvolge la casa.
E la cosa stranamente mi disturba, dovrei esserne abituata, vivo da sola da anni, ma da quasi un mese la casa è sempre in subbuglio, piena di voci, anche se magari sempre le stesse, di risate, perché no aggiungiamo lacrime e parolacce, ma almeno era piena.
Adesso invece si torna alla normalità, è tutto spento, tutto cosi incredibilmente monotono che mi fa paura.
Danielle è via con i genitori, una rimpatriata, mi ha detto, che fanno tutti gli anni alle porte del natale, anche se non la capisco visto che lasciano la figlia da sola quasi per tutto l’anno e poi se ne escono con questa meravigliosa vacanza sulla neve, Jake sta dando tutto se stesse a quel corso strano di pittura invece, e quindi lo vedo pochissimo, ci sentiamo solo per telefono, tra un ritratto e una natura morta.
Ed io sono qui, sola, con la neve che cade e mille pensieri in testa.
Il silenzio non mi ha mai fatto paura, può opprimerti della volte, può schiacciarti in un secondo, ma può essere sconfitto, può essere riempito, c’è la musica, c’è il telefono che squilla, c’è un vecchio film che danno continuamente solo perché è Natale.
Il vero terrore è verso la solitudine.
La solitudine non si sconfigge, non si riempie, se sei solo dentro puoi avere anche i migliori amici del mondo, anche i più casinisti, divertenti e stupidi, puoi essere circondato da persone meravigliose, puoi anche essere il capo del mondo, ma non te ne accorgi, se non hai nessuno con cui condividere la tua felicità, puoi chiamarla davvero felicità?
Wonderlwall interrompe il flusso dei miei pensieri e corro verso il cellulare con un po' di speranza nel petto, non sono sola, e la solitudine è lontana anni luce da me.
“La mia ragazza si sta dando da fare o le manco incredibilmente?” Non ho nemmeno il tempo di accettare la chiamata che la voce stridula di Danielle mi risuona nelle orecchie.
“Potresti evitare di urlare, qui siamo ancora tutti udenti.” Dico io con un tono normale, ma leggermente divertito.
“Abituati al mio tono di voce. Danielle Bull sta tornando babe!” Urla ancora con più forza, sfondandomi sicuramente un timpano.
“Quando torni Dan?” Dico acquattandomi sul divano e allontanando il cellulare preventivamente.
“A giorni dovrei essere lì. Dovevamo partire domani, ma una tormenta di neve ha fatto qualcosa.” Risponde questa volta pacata, ed io sorrido, la neve ha fatto qualcosa.
“Ti stai divertendo?” Chiedo immaginando i capelli arancioni uscirle da enormi e costosissimi cappelli bianchi, soffici come la neve.
“Mi mancate tu e quella troia ambulante di Jake.” Sono contentissima del meraviglioso rapporto che si è creato tra il biondo e la rossa, in pratica siamo diventati un bel trio, i problemi inizieranno quando Jake vorrà ricominciare la sua vita da vagabondo, e tutta l’Inghilterra sentirà le urla di Danielle.
“Bel soprannome amica.” Ridacchio, pensando alla faccia di Jake quando lo chiamò per la prima volta cosi, con quegli occhi grandi e il broncio tenerissimo.
“Lo sai bene che sono la migliore.” Afferma immediatamente cominciando ad urlare, ancora.
“Nulla da ridire.” Cedo dopo un po’ di mezze parole e grugniti, la migliore assolutamente, certo. Oltre tutte le parolacce che dice, e le continue urla, e la prepotenza con cui mi butta giù dal letto ogni mattina, e la sfacciataggine.
“Fai bene. Con Melek?” Mi sembra quasi di sentire la sua voce cedere e di vederla sorridere o toccarsi i capelli.
“Mi manchi da morire, ora dovrei andare a portare il cane a fare una passeggiata, quindi ci sentiamo dopo.” Rispondo io tutto d’un fiato, iniziando a mordicchiarmi il labbro già fatto a sangue.
“Ma non hai un cane..” La sento sbraitare, ma è troppo tardi e le ho già chiuso il cellulare in faccia buttandolo ai miei piedi.
Con Melek?
No, tutto bene, chiudo gli occhi. Ci vediamo tutti i giorni, mi porta la colazione a letto, è la persona più dolce di tutto il mondo e abbiamo fatto l’amore già una decina di volte.
Come?
Ah, hai capito che sono tutte puttanate?
Melek non lo vedo da quel giorno nel parchetto, quando ha avuto l’incredibile idea di spiccare il volo e lasciarmi da sola a complessarmi sotto la pioggia.
Dov’è andato?
Me lo chiedo anche io, tutti i giorni, tutte le volte che vedo una macchina blu sfrecciarmi davanti penso ai suoi occhi, alle sue mani, alla sua voce.
Ma non è che quel giorno mi hanno messo qualche pasticca nel caffè?
Non può essere un angelo.
Gli angeli non esistono, cioè possono esistere quelli biondi, paffutelli, con le labbra a cuore e la voce melodiosa, Melek è tutto fuorché un angelo.
Io però l’ho visto volare, io sono convinta di averlo visto in qualche altro momento, o vita, io sento di conoscerlo, quando sto con lui è come se fossi in un continuo dejà vu, prima l’impazienza di conoscere e poi la consapevolezza di saperlo già.
Io e Adrian ci siamo conosciuti, non so dove, l’assurda certezza che mi scorreva nelle vene adesso è sparita, devo ammetterlo, ma sfiorarlo, toccarlo, anzi proprio lui stesso mi trasmette un garbuglio di emozioni che non riesco ancora a sciogliere, non è solo attrazione fisica, non è semplice amore, è qualcosa di più profondo, è come se dovessi riconoscerlo tra mille, è come se dovesse essere semplicemente lui.
Sono passate due intere settimane, se non qualche giorno in più, e non l’ho più visto.
Tutto nella norma, dite?
Sparisce sempre è vero, ma mai cosi a lungo, e poi perché proprio da quel giorno?
Non riesco a concentrarmi su altro, anche se impongo al mio cervello di non pensarci lui ritorna meccanicamente ad Adrian appena ne ha tempo.
Cerco anche di convincermi che non mi manchi, ma non ne sono ancora del tutto convinta.
Ammettere che mi manca non cambierà le cose no?
Non farà star zitto il cuore, non fermerà il cervello, non diminuirà la portata dei pensieri, tantomeno lo farà venire da me con un mazzo di girasoli.
Ammettere che mi manca è un puro atto di masochismo, perché sfilano in tondo tutti i bei ricordi di quando eravamo insieme, dominati sicuramente dal bacio, mi guardano e mi sembra quasi di sentirli ridere, sembra che si prendano burla di me, perché loro sanno, come sto capendo anche io,che inesorabilmente non sarà mai più cosi.
E’ mai stato cosi?
Ci puoi provare anche a essere indifferente, tenti di ignorare i ricordi, cerchi di non farti sfiorare da emozioni troppo forti, e scansi sentimenti che ti fanno paura.
Tieni tutti fuori, senza distinzioni, un no di massa alla gente, perché la gente può ferire e tu non vuoi star male, gli sguardi che si posano su di te non hanno effetto, sei apatica, non riesci nemmeno a pensare, perché cerchi di non dare un senso all’assurdità che hai in testa.
Ma quanto a lungo può durare questa farsa?
Quante volte puoi evitare di dire la verità?
Quante volte puoi negare l’evidenza, anche se questa ti fa paura?
Non per sempre, di questo sono certa, prima o poi tocca a tutti noi vedersela faccia a faccia con la verità, e non sempre questa ti tratta con i guanti bianchi.
Scuoto velocemente la testa, cercando di scacciare via i brutti pensieri e vado a farmi un caffè, almeno tengo testa e mani occupate, e poi mi riprendo anche.
Ma che ore sono?
Anzi meglio che giorno è oggi?
Sto impazzendo.
 
 
I miei migliori amici sono diventati divano e letto nell’ultima settimana, ed oggi non è assolutamente un’eccezione anche se non so dopo quanto tempo c’è un po' di sole ed il mio cervello mi impone di uscire, ma il mio corpo si oppone con ogni forza e da come si stanno mettendo le cose credo vincerà quest’ultimo.
Inizia una lotta silenziosa dove la mente vuole andare fuori, leggere un libro, fare quattro passi, stare al sole, uscire, ed il corpo vuole stare solo per sempre su questo stupido divano a poltrire.
Purtroppo a vincere ancora una volta è il cervello, sta suonando il campanello e devo assolutamente andare a rispondere prima che mi sfondi tutte e due le orecchie.
“Chi è?” Sbraito aprendo la porta fregandomene altamente di chi possa essere.
“Si risponde cosi al tuo migliore amico che vuole solo salvarti dal suicidio?” Appena vedo una testa bionda e registro la voce di Jake le braccia si muovono da sole verso il suo collo e la testa si sistema tra la spalla e il suo collo. “Ecco la mia bambina.”
“Jake diamine ma che brutta fine hai fatto?” Decido di non muovermi da quella posizione e lui lo capisce, infatti chiude la porta e ci avviciniamo al divano dove cadiamo con un tonfo.
“Ogni tanto tocca anche a me studiare, e fra studio, bambini, lavoro e colori non ho avuto nemmeno più tempo per bere una birra con la mia Anya.” Mi accarezza i capelli come lo si farebbe ad una bambina.
“Hope!” Ridacchio sul suo collo e continuo “Sai che è illegale farmi bere?”
Mi guarda storto, si gratta il mento e poi velocemente mi lascia un bacio a fior di labbra.
“Anche questo è illegale no?” Io rimango ancora con gli occhi spalancati, e l’unica differenza che sento sono le labbra adesso umide, Jake chiaramente non fa per me.
Non sento niente nello stomaco, e nessun’altra parte del corpo è in subbuglio in questo momento, le gambe sono stabili, il cuore è sereno, il mondo intorno continua a girare ed io sono ancora qui sul mio divano.
Con Jake è facile, con Jake è semplice, con Jake è tutto liscio, ma è questo amore?
Ma chi ha detto che l’amore deve essere senza ostacoli?
Che gusto ci sarebbe in fin dei conti?
L’amore è fatto di alti e di bassi, è fatto di salite e di discese, è fatto di salti in alto e poi di immersioni subacquee improvvise, l’amore è acqua, ma è soprattutto fuoco, l’amore è casa, ma è avventura, l’amore è tranquillità, ma passione, l’amore però è soprattutto brivido, e nessun brivido mi ha accarezzato la pelle adesso.
Nemmeno uno piccolo, delicato, alla base del collo.
Sono lucida, ho il controllo di tutte le mie emozioni e in questo istante non riuscirei nemmeno a schiaffeggiare Jake, non sono arrabbiata, sono indifferente, non è un ragazzo, non è un estraneo, è Jake.
“Si, anche guardarmi come stai facendo lo è, smettila!” Gli do uno schiaffo in piena viso, ma sembra non sortire l’effetto desiderato.
“Ho conosciuto un ragazzo!” Afferma accarezzandomi la nuca concentrato su qualcosa che io non so,
“Davvero?” Esordisco io quasi urlando. “ E me lo dici con questa faccia?” Gli tiro un pizzico sull’orecchio e continuo “Voglio sapere tutto. Adesso.”
“Con che faccia dovrei dirtelo?” Ritorna a guardarmi e sorride leggermente, io lo fisso allibita e mi allontano.
“Cazzo Hope ho conosciuto un ragazzo.” Dico urlando con una voce leggermente più mascolina.  “E’ fantastico. E’ dolce, bello, simpatico e ricco. E ha un fratello per te.” Mi ficco le mani nei capelli sorridendo in modo esagerato e muovendomi sul divano. “Ci sposiamo l’anno prossimo.” Tossisco e riprendo a parlare normale. “Diciamo che cosi potrebbe anche andare bene.” Lui si morde un labbro come per non scoppiare a ridermi in faccia ed è però silenzioso. “Ho azzeccato almeno una di queste cose?”
“E’ bello.” Un ghigno si disegna sul viso di solito angelico di Jake “E dotato.”
Non riesco a capirlo e questa volta rimango io in silenzio con un’espressione interrogativa. “Abbiamo fatto sesso Hope.”
“Ma che cazzo fai? Da quando vi conoscete? Ti uccido.” Cerco di strangolarlo ma mi ferma e si alza ancora ridendo.
“E’ un pittore, lo fa per professione. E’ venuto a farci una lezione, e ci siamo piaciuti.”
Si siede sul tavolino e incrocia le dita sotto il mento.
“Poi? Continua, non posso tirarti i particolari.” Mi metto a gambe incrociate pronto ad ascoltarlo mentre le vedo assolutamente pacato.
“E poi abbiamo fatto sesso a casa sua, la sera stessa.” Conclude alzando le spalle e aspettandosi una risposta decente, io invece gli butto contro un cuscino.
“Ma nessuno ti ha insegnato che non la si da la prima sera?” Apro le mani come a voler dire che è logico. “A 14 anni di che parlavate? Non si da, merda.”
“Fra noi è un po' diverso.” Si pizzica la punta del naso e scuote la testa.
Non è logico, non è diverso.
La prima sera non si conclude, è matematico.
O sei ubriaca fradicia o sei una di quelle prostitute per mestiere.
“Taci. E adesso sto pittore è sparito no?” Mi accarezzo il collo “I pittori sono tutti strani, tutti gli artisti anzi, hanno un loro mondo..” Bofonchio sotto voce, ma mi ha sentito e mi squadra da testa a piedi.
“Anche io sono un artista, bimba. E comunque, lui è vivo e vegeto. Sono io che sono sparito.” Finge di scrollarsi un po' di polvere dalle spalle e poi si ammira le unghie con aria rapita.
“Ripeti.” La mia voce è un sussurro.
“Lui continua a chiamarmi, almeno 10 chiamate al giorno. Ma lo ignoro.” Un’altra delle sue fastidiosissime scrollate di spalle, in casa dovrei impedirlo. Tenete le vostre spalle ferme.
“Dimmi il perché adesso e potrei non ucciderti.” Ridacchio fra me e me, cercando di ignorare quanto stupida sia stata quell’idea e mi concentro sulla sua espressione.
“Non lo so, sinceramente.” E’ sereno. Non sta impazzendo perché vuole capire, non si sta nemmeno impegnando minimamente, non capisce e gli va bene cosi. Vorrei tanto ucciderlo con lo sguardo, ma più efficaci dello sguardo sono le mie mani e cerco di schiaffeggiarlo, ma si protegge sorridendo dietro le mani.
“Non ha senso, hai detto che ti piaceva.”Urlo e continuo a dimenarmi cercando di fargli del male.
“Se torni a posto continuo.” Mi risiedo come prima e mi sistemo i capelli.
“Mi piace, è un bellissimo ragazzo. Ed ha anche parecchio fascino, sai barbetta, capelli scuri, occhi chiari, un sorriso mozzafiato..” Inizia sognante lui, ma la mia mente come al solito mi tradisce e solo l’immagine di un ragazzo mi vaga in testa e quasi non sento più la sua descrizione, perché mi perdo ad ammirare la linea perfetta che disegna la sua mascella nei miei sogni. “Mi ascolti?”
“Si..”Scuoto la testa e cerco di riparare “In pratica un dio greco!
“Praticamente si. E poi è più grande…” Si morde un labbro e sospira lievemente alzando gli occhi al cielo, mi sembra quasi di vederlo preso. Ma che senso ha l’ignorarlo? Nessuno e poi perché questo continuo senso di incertezza? Non capire Jake mi dà fastidio, sono stata sempre abile nel leggere le sue emozioni, le sue paure, le sue insicurezze, ma adesso sento quasi che abbia eretto un muro nei miei confronti, come se non volesse rendermi partecipe della sua vita, come se volesse tenermi al di fuori di tutto.
“Ma?” Mi sta mettendo ansia, se devi dirmi qualcosa non devi farlo a puntate.
“Ma non lo so. Mi piace, ma non ne sono innamorato. Sono tutto sbagliato cazzo.”
Affonda la testa fra le mani e come gli sfioro i capelli chiari con una mano lo vedo sussultare.
“E’ normale non esserne innamorati. Vi siete visti una, due volte? Con calma, dai calma alla vita. Non dirmi che te lo lasci scappare cosi..” Continuo ad accarezzargli la nuca con calma e lui ha ancora la faccia nascosta dalle mani.
“Di te mi sono innamorato la prima volta.” Si alza di scatto e mi guarda negli occhi, che sento umidi e che soprattutto iniziano a pizzicare.
Innamorato.Che parolone sta usando? Come può essere innamorato di me?
Come può solo pensare che io possa piacergli? Jake è gay.
“Io sono una femmina..” I suoi occhi grandi e infinitamente lucidi non aiutano, oggi sono verdi, di un verde che quasi mai ho visto sul suo viso, e sono vicini. Ma lo stomaco è vuoto, la testa è calma, sono in pena per lui, ma sono cosciente. Solo gli occhi si disperano, solo il cuore batte lento, solo le mani vorrebbero stringerlo più forte.                
“Ed io un uomo, dovrebbe essere più normale fra noi, che fra me e Adam.” Si massaggia le tempie con vigo
“Ahh, sappiamo il nome quindi.”
“Si, Adam Clarfer. Ventinove anni. Stimato in tutto il mondo per la sua bravura e per la sua bellezza.” E’ ancora calmo, io non riuscirei a star ferma sulla sedia, meglio sul mio tavolino, un ragazzo del genere, da come l’ha descritto meglio di un qualsiasi modello, è interessato a lui, e lui è calmo e lo ignora. Gli uomini..
“E questo certo Adam ti sta chiamando, in questo momento. Rispondi.” Afferra il cellulare con forza dalle mie mani e lo sbatte per terra, poi torna a fissarmi, con un’intensità e una sicurezza disarmanti.
“Hope cazzo io amo te va bene? Non me ne fotte che io sia gay da quando sono nato, non me ne frega un cazzo che io abbia dato il mio primo bacio all’asilo ad un maschio okay? Io ti amo.” Prende fiato per un secondo ed io rimango muta, anche i pensieri si sono improvvisamente ammutoliti. “E’ qualcosa di assurdamente incomprensibile, quando guardo una ragazza sospiro e sono quasi schifato, è donna, è femmina. Con te è diverso, mi sento attratto da te come non è successo mai prima. Tu non sei donna o uomo, tu sei Hope. Tu sei la mia bimba.” Una mano si avvicina piano al mio viso e lo sfiora con una dolcezza impagabile.” Non amo te come donna, come uomo, amo te come persona, ed è una cosa fantastica. Non sono mai stato innamorato di nessuno, ma con i maschi è diverso, dopo il sesso non c’è più niente, con te invece, con te invece il sesso sarebbe l’ultima tappa, il coronamento di tutto. Casa mia è tappezzata dai tuoi occhi, dalle tue mani, dai tuoi sorrisi. Io vivo di te. E non so nemmeno il perché te lo stia dicendo, merda.”
“Jake prendi fiato.” Adesso sono io che gli accarezzo il volto, per alcuni minuti lui rimane in silenzio, la mia mente si rifiuta di pensare, sono concentrata su di lui, e noto il momento in cui si rende conto di qualcosa, si scosta da me, brusco, e si alza in piedi.
“Non mi serve capisci? Quando sono con te nient’altro ha senso. Sono innamorato okay? E’ questo l’amore? Non lo so. Non me ne frega. Non voglio più essere innamorato. L’amore fa schifo. Non sono adatto all’amore. E’ giusto essere innamorati e stare cosi male? L’amore non è il sentimento più puro del mondo? L’amore è una merda.” Un singhiozzo spezza il discorso ed io lo guardo senza riuscir a muovere un muscolo.
“Jake..” Non riesco ad elaborare nient’altro. Si accascia contro il mio petto in lacrime e non posso far altro che accoglierlo tra le mie braccia e cullarlo lentamente. “Sei un amico Jake, forse il migliore che abbia mai avuto.”
“Non mi basta, cazzo.” Urla contro di me, poi fa un respiro lunghissimo e continua con più calma.“Hope io vorrei essere molto di più di un semplice amico, lo sai no? Ma mi accontento e ti voglio nella mia vita, a qualsiasi condizione.”
E’ questo in realtà l’amore? Aver bisogno dell’altro e accontentarsi di tutto quello che può darci? Senza chiedere nulla? L’amore è donare e mai chiedere. L’amore è ricevere e star male. L’amore è tutto, ma ti può render niente.
Era cosi chiaro che saremmo arrivati a questo punto, tutti lo sospettavano, sin dal primo mese che abbiamo trascorso insieme, solo che io con la mia stupida voglia di non pensare ci passavo sopra, ignoravo bellamente le mezze frasi dolci che mi regalava Jake, toglievo importanza ai piccoli gesti che mi dedicava, davo per scontato il suo volermi bene.
“Non devi stare male, non te lo permetterò.” Bisbiglio accarezzandolo e stringendolo più forte possibile. Jake mi ha detto delle parole meravigliose, Jake è un ragazzo fantastico, Jake è migliore di me sotto ogni sfaccettatura, ma posso dire di amarlo quando è bugia?
Posso mentirgli solo per farlo felice per un, due, forse tre mesi?
Ne vale davvero la pena?
Non credo, voglio vederlo felice, voglio sentirlo ridere di gusto con Danielle, voglio mangiare ancora qualcosa preparata da lui, voglio averlo per casa e sentire la sua voce, voglio vedere il suo broncio e ascoltarlo canticchiare parole di canzoni che non sa, ma potrei mai essere cosi egoista? Riuscirei a dirgli si, ti amo anche io solo per tenermelo stretto? Non ci riuscirei, non è da me. Non sarei Hope. Non sarebbe giusto.
“Vuoi vedermi felice?”Annuisco debolmente e lo sento sorridere fra le lacrime.
“Tienimi nella tua vita.” Mi stringe ancora più forte nella morsa ferrea che abbiamo creato sul divano, il suo cuore batte forte, il mio se possibile in questo momento batte leggermente più piano, sta cercando di ricomporsi piano piano, ha perso un piccolo pezzo, ha perso la parte che sperava un giorno di vedere Jake felice, insieme a me.







Salve persone! 
Okay c'è qualcuno che si ricorda di me?
Tra vacanze, pc rotto, nottate e puttanate varie non sono stata per niente a casa e quindi il capitolo si è fatto aspettare parecchio.
Saprete perdonarmi vero?
Il capitolo almeno è bello lungo e prometto che non passerà più cosi tanto tempo.
Adesso però mi lasciate na recensione?
Vi regalo una caramella.
Fatemi sapere la vostra, che per me è fondamentale e siate sempre sinceri.
Grazie a tutte, spero continuerete a leggermi e recensirmi.
Buona lettura!

-Allen

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Capitolo 13
*** Shudder. ***


Shudder






Siamo in uno stupido bar. Con stupide sedie. Con una stupida carta da parati. Circondati da stupide persone. E con finti e assolutamente stupidi sorrisi in viso. Jake mi sorride ed io non posso far altro che ricambiare mentre lo sento parlare in modo appassionato dei suoi quadri e della sua carriera che non riesce a prendere il volo, ma cosa vorrebbe dirmi realmente? Di cosa vorrebbe parlare in questo momento? Non lo interrompo, non fermo nemmeno il suo gesticolare frenetico intervallato delle volte da silenzi devastanti. Jake dovrebbe essere qui, con me, in questo stupido bar, ma in realtà è ancora a casa, probabilmente nei suoi piani a quest’ora ci stiamo baciando, ed io lo ricambio, io accetto il suo amore e lo stringo a me..scuoto la testa, sento il cuore battere lento, ancora una volta. Non è destino, Jake non è il mio futuro, Jake sarà lo zio dei miei probabili figli, non potrà essere il padre, non in questa vita, non in questo mondo, non perlomeno in un mondo dove Adrian Melek esiste.
Vorrei tanto poter accettare tutto l’amore che mi può regalare il ragazzo biondo di fronte a me, vorrei davvero circondare con le mie braccia il suo cuore e cullarlo nelle notti buie, vorrei davvero farlo felice, di quella felicità innaturale, di quella che può nascere da un abbraccio o da uno stupido regalo, quella che delle volte sfocia in lacrime ma che ti lascia sempre e comunque il sorriso sulle labbra e un ricordo meraviglioso. Lo vorrei fare felice e l’assoluta convinzione di non poterlo fare mai, non almeno come lui desidera, devasta me in una maniera inconcepibile.
“Hope credimi i colori di quel quadro, dio quei colori erano fantastici, mi credi se ti dico che me li sognavo la notte? Sognavo quel dorato, sognavo quel grigio, incorniciato poi da quel rosso..” Appoggia il viso fra le mani e guarda fisso di fronte a se, lo sguardo perso, per un istante ho quasi la tentazione di scuoterlo, di dirgli che non è successo nulla, di assicurargli che sarà tutto come prima, ma non sarei convincente, non ci sarebbe certezza nella mia voce, in questo momento non ho certezze in testa, solo una piccola e inesorabile verità: io e Jake non possiamo stare insieme.
“Jake?” La mia voce è un sussurro, gli sfioro la mano e lui sussulta piano.
“Hai visto il culo di quel commesso? Cioè fa invidia ad una statua!” I suoi occhi si riempiono per un secondo di una luce, la solita luce che animava Jake quotidianamente, quella che mi ha fatto subito fidare di un ragazzo qualsiasi, la luce dell’innocenza mi verrebbe da dire, ma sento quasi di non esserci completamente dentro, lui non è solo innocente anche quando parla di sesso, lui è buono, sempre.
“Complimenti a mamma, amico.” Dico sottovoce girandomi e constatando che in realtà quel commesso è davvero davvero carino.
“Puoi dirlo forte sorella!” Urla di rimando Jake, invitandomi a battere cinque. Io lo guardo un po' imbarazzata ma quando qualcuno ti guarda cosi, con un sorriso del genere e ancora gli occhi rossi del pianto, non puoi che accontentarlo e scoppiare a ridere assieme a lui. “E comunque un tizio biondo e riccioluto guarda nella nostra direzione da quando siamo entrati in questo stupido bar, non riesco a capire da che lato stia però..”
“Cedo volentieri, non sono in cerca..” Rispondo incrociando le mani davanti a lui e portando per un secondo solo lo sguardo su questo ragazzo che effettivamente ci sta fissando, e che, non riesco a capire il motivo, mi lascia addosso un po' di soggezione e soprattutto di malessere, sento come se non dovessi nemmeno incrociare i suoi occhi, come se il suo posto non fosse in un bar mezzo desolato nella periferia di Bristol.
“Figlia mia quando mai sei stata in cerca tu?” Un sorriso amaro compare sul suo viso, io sento un groppo salirmi in gola e lo guardo leggermente sconsolata. Lui mi prende le mani e le avvolge tra le sue. “Hope io mi sono tolto un peso, sai tutto adesso. Ma non voglio che cambi nulla. Sei troppo importante..” Continuo a fissarlo e non leggo nulla di nuovo nei suoi occhi, solo tanto, troppo affetto.
“Jake io ti voglio bene, davvero. Ma come puoi essere cosi certo di provare tutto quello?” Non riesco a pronunciare la parola amore, non è che non voglio, non mi esce proprio dalle labbra.
“Hope io sono innamorato di te. Emani una luce particolare, è come se fossi attratto da te con ogni singola cellula del mio corpo. E’ amore, solo non corrisposto, ma sempre amore.” E’ calmo, non c’è traccia dell’impazienza di stamattina, nulla dà a vedere che ha pianto fra le mie braccia per ore e che mi ha urlato contro pochi minuti prima, è sereno, è il Jake di cui si potrebbero fidare le mamme, il Jake che ama chiunque. “Cazzo scappiamo via di qua.”
“Cosa?”Le mie mani sono ancora strette fra le sue e lo sento aumentare la presa.
“E’ appena entrato il tizio che mi voleva rompere il naso!” In un primo istante rimango confusa, non capisco di chi stia parlando e lo guardo interrogativa, poi velocemente capisco e rimango paralizzata.
“Chi?” Cerco una smentita che so non arriverà, ma Jake avrà pure un altro nemico sulla faccia della terra, no?
“Andiamocene. Hai finito la cioccolata? Sta volta mi rompe le gambe.” Dice portandosi le nostre mani vicino alla bocca, ed io lentamente mi giro per controllare con i miei occhi e noto una figura slanciata ed incredibilmente famigliare avvicinarsi al tavolino del ragazzo biondo a cui si riferiva pochi minuti fa Jake e che mi ha lasciato quel senso di vuoto allo stomaco appena ho incrociato i suoi occhi scuri.
“Adrian..” Mi sfugge un rantolo sconnesso dalle labbra, non lo vedo da tanto, mi ero quasi, e dico quasi arresa all’idea che si fosse trasferito, che avesse cambiato casa, città, residenza, che si fosse dato fuoco ed invece eccolo qui, di fronte a me, probabilmente bello più di quanto ricordassi, ma allo stesso tempo fastidioso più del solito, e diciamo che non l’ho visto nemmeno in faccia. E’ legale questa voglia di prenderlo a schiaffi?
“Aspetta un secondo..” Jake mi riporta nel mondo reale strattonandomi le mani con forza “Il famoso Adrian di cui parli ogni santissima volta con Dan è lo stesso essere che mi ha quasi spaccato il naso?” Lo guardo in cerca di comprensione e annuisco flebilmente “Dirmelo prima no, vero?”
“Abbassa il tono della voce Jake. Cerchiamo di uscire senza farci vedere, sarà meglio per tutti.” Io praticamente non sto nemmeno parlando, sussurro talmente piano che lui a malapena riesce a capirmi.
“Troppo tardi amore, il tuo Adrian mi sta uccidendo con lo sguardo da quando è entrato e il biondino è ancora più insistente. Però bei gusti amica, il bruno ha degli occhi..”
“Dio Jake abbassa la voce!” Arrossisco violentemente e spalanco gli occhi cercando in qualche modo di zittirlo e di farmi guardare, ma lui è completamente preso da quei due estranei che lo fissano e non può di certo abbassare lo sguardo, questione d’orgoglio, questione di maschi.
Uomini..
“Credo che se tu non ci fossi mi avrebbe già sparato.” Per fortuna ritorna a guardarmi e mi sorride inclinando la testa.
“Possiamo andare?” Lo scongiuro cercando di fare un qualche tipo di faccia tenera.
“Non credo. Il bruno sta venendo qui, mi proteggi tu vero? Se ha qualche coltello?” Il suo sguardo e le sue parole sono serie, Adrian sta venendo qui.
“Adrian non è cosi.” La mia voce non accetta repliche e sinceramente dalla faccia di Jake capisco che l’ha notato anche lui.
“Buonasera.” La sua voce mi fischia in testa come una volta, come la prima volta, ogni volta in realtà con lui è come la prima volta, ed io povera stupida sento immediatamente il cuore accelerare e la bocca seccarsi, lo sguardo però lo cerca disperatamente e quando lo trova sento quasi un sospiro di sollievo dentro di me “Ciao Hope, da quanto tempo, però che strano caso trovarsi proprio nello stesso bar, non trovi?”
“In effetti.. come mai da queste parti?” Mi sorprendo di come la mia voce suoni tranquilla, pensavo che avrei balbettato ed invece sembro la persona più calma di questo mondo, quasi.
“Oh il mio amico è un cliente affezionato.” Lo sguardo di Jake vola verso il tavolo poco distante dal nostro, io invece non riesco a smettere di guardare Adrian: la mascella pronunciata, il naso dritto e perfetto, le sopracciglia scure che risaltano sulla pelle diafana, la bocca carnosa e rossa, ma soprattutto quegli occhi magnetici che però sono circondati da due aloni scuri.
Il cuore batte sempre più forte dentro alla cassa toracica che mi sembra stia scricchiolando, sento le guance avvampare perché come al solito mi sento sotto analisi, ma cerco di ricompormi.
“Capisco. Allora buon divertimento, noi stiamo andando via.” Dico alzandomi velocemente recuperando le mie cose, il solito profumo di liquirizia mi invade e sento dei piccoli brividi affiorarmi sulla schiena.
“Davvero? Ed io che pensavo che la serata avesse preso una piega diversa..” Il suo sguardo come al solito vaga sul mio viso con fare insistente, poi si sposta sul mio corpo per ritornare ancora una volta alla faccia, mi ha praticamente squadrato, ed odio quando mi guarda così, ma allo stesso tempo lo amo infinitamente, e non capisco il perché.
“Si, stiamo andando via. Mi dispiace, sarà per la prossima volta.” Sono praticamente in piedi di fronte a lui, Jake fissa la scena curioso e non capisco nemmeno come io riesca a stare in piedi, il cuore batte troppo velocemente, la testa gira, i brividi corrono su tutto il mio corpo, ma le gambe sarebbero pronte a correre una maratona.
“Oh il dispiacere è tutto mio piccola.” Una sua mano si è posata sul mio fianco e la sua bocca è incredibilmente vicina al mio orecchio, rimango paralizzata e anche la tachicardia per un secondo sembra rallentare per poi ricominciare ancora più sfrenata.
“Andiamo Jake” Dico dopo aver preso un profondo e lungo respiro. “A presto.” Continuo poi girandomi verso di lui e trovandolo ancora troppo vicino.
“Prima di quanto tu possa immaginare..” Sussurra di nuovo troppo vicino al mio viso, ed Adrian è ovunque. Adrian è sulla mia pelle, Adrian è nei miei polmoni, Adrian è nei miei occhi, Adrian è brivido.
 
 
“Mi spieghi chi cazzo è questo Adrian?”La voce di Jake furiosa rimbomba in macchina mentre io mi lascio cadere sul sedile del passeggero e guardo lui accendere la macchina e iniziare a sfrecciare verso casa.
“E’ un semplice ragazzo della mia scuola, tutto qua.” Cerco di dissimulare nel migliore dei modi, ma la mia voce non suona molto convincente, anzi.
“Si in effetti anche io per tutti i ragazzi carini della mia scuola rischiavo l’infarto.” Mi guarda serio, e si pizzica la base del naso per poi sorridere leggermente e ritornare a fissare la strada.
“Cosa?” Io mi strozzo con la mia stessa saliva e lo guardo completamente rossa.
“Nulla, appena l’hai visto avrai perso almeno quindici anni.” Dice calmo continuando a sorridere, a guidare, e a sorridere ancora.
“Non lo vedevo da tempo.” In effetti dopo che ho scoperto, anzi ho sognato, cos’è, e lui mi ha confuso ancora di più con mezze frasi e abbracci fuorvianti, non l’ho più visto. Ah, ed è scappato via volando.
“E ti piace da morire.” Sicuro. Netto. Certo. Jake ha capito tutto. Ha capito ciò che io stessa non riesco per bene a chiarirmi, ha capito ciò che semplicemente io non voglio ammettere.
“E’ bello, Adrian.” Scandisco il suo nome con una nota troppo dolce, non dovrei accarezzare il suo nome, dovrei sbatterlo al muro, dovrei schiaffeggiarlo, dovrei cercare di fargli del male, non dovrei nemmeno nominarlo in realtà.
“Ti piace.” Continua imperterrito nel suo interrogatorio, ha intuito qualcosa di grande e non se lo lascerà di certo scappare.
“No.” Ma non posso parlarne con lui.
“Si.” Lui è il mio migliore amico.
“No.” Ma lui mi ama, non posso.
“Non mentirmi.” Lui mi ha detto tutto, sempre.
“E’ un bel ragazzo.” Ammetto, ma più che altro è un dato di fatto, chiunque con un paio di occhiali e un minimo di sincerità nelle vene potrebbe dirlo senza problemi.
“E..” Il sorrisetto fastidioso non ha abbandonato per un istante le sue labbra e anche adesso mentre mi guarda gli sorride l’intero viso.
“E un bel cazzo!” Sbotto spalancando le braccia e ridacchiando.
“Maleducata.” Mi fissa accigliato, come se non fosse normale usare una parolaccia fra amici, e lui fosse mio padre e dovesse far vedere al mondo che mi ha educato bene.
“Jake dio mio..” Mi lascio scappare un sospiro, ma perlomeno pensare a lui e alle sue puttanate mi tiene la mente occupata, che se no riuscirebbe a concentrarsi su un unico pensiero: Adrian.
“So bene che sono il tuo unico dio, ma non serve adesso..” Continua a guardarmi sorridendo, ma allo stesso tempo mantenendo un tono alquanto autoritario, la mia unica paura però è un albero che vedo già ben schiantato nel cofano della sua smart.
“Jake guarda la strada, merda!” Mi viene quasi da piangere quando un’altra macchina ci sfreccia pericolosamente vicina e Jake non se ne accorge nemmeno.
“Si, è più divertente guardare te che scleri però.” Dice sconsolato ritornando a guardare la strada, mettendo su un mezzo broncio.
“Poi ti faccio fare due risate a casa, ora consegnami sana e salva al mio divano, e magari ad un bel bicchiere di gelato.” Gli sfioro la nuca e cerco di imitare la voce di una bambina.
“Sarà fatto.” Ed il suo sorriso illumina la macchina. Jake è bello. Jake è casa. Jake è amico. Jake non è brivido.
 
 
“Ma quindi sto Adrian è etero?” Jake me lo chiede con gli occhi delusi ed io annuisco convinta “Ma completamente?”
“Del tutto Jake, e se non ti fidi di me chiedi a tutta la popolazione di Bristol, femminile.”
“Che spreco, che spreco.”
“Ma anche no, tu hai Adam.”
“Ma Adam..E quindi tu hai Adrian?”
“Adrian non è mio” ignorando il suo sguardo leggermente malizioso.
“Hope dimmi una cosa” mi guarda e come al solito nello sguardo di Jake si nascondono tante, anzi troppe cose.
“Tutto quello che vuoi” dissi tutto d’un fiato, poi riprendo “Adrian è etero” respiro “Non c’è stato mai nulla fra noi” oltre quel bacio mi verrebbe da dire, ma ci riuscirei? Riuscirei mai a descrivere a voce tutto quello che si scatena nel mio stomaco solo nominando quel bacio?
“Quanto ti piace Adrian? E non negare, non serve.” Alza le spalle e anche tutta la voglia di combattere per mantenere quel segreto mio scompare, rimane solo una piccola parte spaventata di parlare proprio con Jake di Adrian preoccupata solo di come possa reagire il mio migliore amico.
“Mi piace, okay, fanculo.” Sento un peso in meno nello stomaco, sono più leggera, credo di poter volare.
“Ripetilo ad alta voce, più convinta.” La sua espressione è serena ma una mano è chiusa a pugno che sbatte frenetica contro il tavolo, come il suo piede che non si ferma nemmeno per un secondo di mantenere il ritmo di una canzone sconosciuta. E allora sono io che mi fermo. E mi rendo conto di ciò che possono scatenare le mie parole su di lui, e lo fisso silenziosa incapace come al solito di parlare.
“Hope amore…” Lascia questa frase a metà e con quegli occhi tremendamente lucidi mi fissa ed io non riesco a trattenere il suo sguardo, perché in quegli occhi c’è il dolore di un amore non corrisposto, c’è la forza di chi ha accettato un rifiuto e la volontà di esserci comunque, ma soprattutto, in quegli occhi, c’è l’amore, e io so di non meritarlo. “Io sono Jake va bene? Il tuo migliore amico. Non sono solo il coglione innamorato di te sin dal primo momento, sono la persona che più tiene a vederti felice e se questo Adrian può farlo sono solo contento per te, per voi. Ora fa’ finta che non ci sia io qui di fronte a te e non dirlo per farmi un favore, dillo perché ne sei convinta, dillo perché ti piace davvero, dillo perché ti tremano le gambe quando lo vedi. Dillo, e sii la Hope che conosco, quella di cui mi sono innamorato.” Conclude accarezzandomi il viso e lasciandomi un piccolo bacio ai capelli, io gli prendo le mani grandi e le stringo tra le mie e con uno sguardo cerco di trasmetterli tutto l’affetto che provo per lui, tutta la felicità che vorrei provasse, tutta la speranza di averlo per sempre nella mia vita.
“Sei il migliore. Ti voglio bene.” Sussurro vicino al suo orecchio abbracciandolo e accarezzandogli la schiena. Il suo sorriso si apre e vedo gli occhi che tanto mi hanno preoccupato oggi, luminosi e liberi come un tempo.
“Ora dillo. Adrian ti piace?” Si allontana per guardarmi negli occhi e si siede sul divano accanto a me, io prendo un respiro profondo e non ci penso nemmeno più…
“Adrian Melek mi piace” e non ci sono dubbi, è inutile nasconderlo, soprattutto a me stessa. Solo che sentire la mia voce dire una cosa del genere mi lascia come in uno stato di confusione, sono divisa in due: una parte di me sta scoprendo l’attrazione verso Adrian e come ogni ragazza normale ne è intimorita, spaventata, ma allo stesso tempo ne è felice, mentre c’è una parte che lo da quasi per scontato, mi fa sentire come se fosse normale innamorarmi del ragazzo dagli occhi cobalto, come se dovesse andare così, come se il flusso delle cose debba essere questo ed io non posso far niente per cambiarlo, come se semplicemente ci appartenessimo.
“Meglio?” Jake mi passa un braccio intorno alle spalle e poggia la testa su una di queste.
“Sinceramente? Parecchio” mi stringe forte e sento il suo calore irradiarsi anche nelle mie vene. “Grazie Jake.”
“Dovere piccola.” E chiudo gli occhi, sono stanca, stanca come non mi sentivo da tempo Delle volte, ho imparato, che chiarire con se stesse è uno degli atti più faticosi al mondo.
Adesso voglio solo dormire, abbracciata al mio migliore amico, mentre lo sento parlare nel sonno, però c’è ancora qualcosa che non va, prendo il cellulare…

Ho saputo la notizia, quindi piaccio anche a te? 






Salve persone!
Che fine avete fatto tutti? L'ultimo capitolo non vi è piaciuto molto? Non so, ditemi voi, perchè continuate a diminuire? 
Vabbè ritorniamo a questo capitolo, è vero che è passato anche questa volta tanto tempo però è anche vero che è ritornato Adrian, Jake si sta facendo amare e abbiamo anche conosciuto un altro personaggio importante.
Come sempre ditemi la vostra, anche se devo ritirarmi e faccio schifo.
Grazie a chi legge e recensisce, a chi mi ha messo fra le storie preferite/ricordate e seguite e anche a chi legge semplicemente.
Grazie a tutti!
Un bacio, buona lettura.
-Allen.

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Capitolo 14
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E vorrei essere in un sogno,anche  in uno di quei sogni dove ti mangi le mani perché le cose non vanno come vorresti tu, quei sogni su cui ti metti a fantasticare da ben sveglio, guardi fuori dalla finestra e pensi qui avrei fatto così, anzi meglio non l’avrei fatto proprio, forse sarebbe cambiato tutto dici, forse sarebbe stato un bel sogno piuttosto che un incubo, non chiedo il sogno perfetto da cui ti alzi con un sorriso ebete e il morale altissimo, vorrei uno di quei sogni scadenti di cui non ricordi nemmeno l’inizio o la fine, ma vorrei almeno la certezza che si trattasse di un sogno, invece questa è la mia vita e mi hanno catapultato in un incubo da cui non so uscire.
Datemi una chiave.
Svegliatemi.
Tiratemi fuori.
Il cellulare brucia fra le mie mani, ed un Jake irrequieto e parlante si stringe fra le mie braccia con più insistenza, vorrei poterlo abbracciare e zittire ogni pensiero, ogni paura, anzi vorrei non averne di paure, vorrei per un giorno non pensare a nulla, solo a come truccarmi e magari vestirmi, vorrei non sentire tutte le emozioni riversarsi nel mio stomaco come una colata di lava incandescente.
Vorrei chiudere gli occhi e appoggiare la testa sulla spalla del mio migliore amico, vorrei potermi sentire al sicuro e non aver paura dei miei sentimenti, vorrei imparare ad amare senza il terrore e la voglia di scappare, ma quando mai le cose vanno come dico io?
Il Mondo ha fatto una congiura contro di me, e qualcosa mi dice che non sarà così facile fargli cambiare idea.
Mi avvio verso la veranda a piedi nudi, fisso il cielo cupo e pieno di nuvoloni, e  sedendomi su un gradino aspetto che una luna timida e piena si faccia vedere, sperando che riesca almeno lei a rischiarirmi i pensieri.
Adrian mi piace.
Okay, va bene, l’ho ammesso, adesso?
Mi liberate da questo senso di oppressione?
Mi date una medicina contro il mal di testa onnipresente quando lui è a meno di cento metri da me?
Sapete spiegarmi la voglia di correre lontano e non tornare più quando lui mi tocca, ma allo stesso tempo la voglia irrefrenabile di averlo sempre vicino?
Quando siamo vicini sento qualcosa accadere alla mia pelle, sento tanti piccoli brividi che partono incontrollati da ogni zona che tocca, sento le gambe cedere e le guance prendere fuoco, ma soprattutto sento il cuore che corre, corre ma sa bene di aver trovato finalmente quello di cui ha bisogno.
Perché anche se non voglio ammetterlo, anche se mi costa tanto anche solo pensarlo, so benissimo che ho trovato finalmente quello che ho da sempre cercato.
Il messaggio attira periodicamente la mia attenzione, lo rileggo ogni volta sperando che sparisca o sperando che almeno le parole prendano una forma coerente, dando significato a questa maledetta frase.
“Che cosa ho fatto di male?” Sospiro gettando la testa fra le mani e massaggiandomi le tempie , chiudendo gli occhi.
“Nessuno ti ha mai detto che anche i muri hanno le orecchie?” E di tutta risposta una voce squarcia il silenzio che mi aspettavo, rimango per un attimo sbigottita ma prima di  quanto pensassi i miei occhi iniziano una ricerca spasmodica e veloce, impazienti di conoscere la fonte di questa voce. E la trovano anche senza alcuna difficoltà.
Un ragazzo è seduto sul davanzale di una delle finestre di casa mia, guarda anche lui il cielo, ed in un momento fortunato la luna gli illumina il volto, scoprendo gli zigomi alti, la bocca carnosa, la mascella spigolosa ma soprattutto la luce fioca rende il suo viso un insieme di luci e ombre misterioso, che lascerebbe chiunque con l’insano desiderio di guardarlo per ore.
“Oh mio dio. Che cazzo ci fai a casa mia?” I suoi occhi guizzano per un secondo nella mia direzione e faccio in tempo a notare l’accenno di un sorriso prima che una nuvola copra la luna.
“Avevo intenzione di ucciderti, ma ho dimenticato il coltello a casa.” Entrambi fissiamo l’orizzonte,da lontano chiunque non ci vedrebbe qui fuori, al buio, ma noi invece sappiamo di esserci, io sento la sua presenza accanto a me e qualche assurda convinzione mi dice che anche lui mi sente vicina.
Adesso sono io a scuotere la testa, contrariata da quella situazione come dalle affermazioni che faccio senza alcuna prova, baso da sempre tutta la mia vita su delle sensazioni, su dei piccoli segni, perfino su cose che chiunque altro non noterebbe nemmeno.
“Se vuoi vado a prenderne uno affilatissimo.”  Replico mantenendo un tono serio mangiucchiandomi distrattamente le unghie, per essere a metà dicembre non fa troppo freddo mi viene subito da pensare ma mi interrompo quando mi trancio praticamente un pezzo di dito con i denti.
“Lo hai sempre fatto..” Si passa una mano tra i capelli, lo so perché il luccichio metallico di un braccialetto è l’unica luce nel buio, e da un movimento quasi impercettibile lo immagino scuotere la testa, odio parlare con la gente senza poterla guardare in faccia, mi snerva, ma con Adrian è diverso, la necessità che sento partire dal petto di andare da lui e toccarlo è qualcosa di più profondo del semplice volerlo guardare negli occhi, è come se avessi bisogno di sentirlo reale, di vederlo con i miei occhi, è come se necessitassi di averlo nel mio campo visivo. E poi quando so che mi è accanto, quando ogni cellula del mio corpo sa di lui voglio scappare, è come una reazione chimica che funziona male, come un circuito elettrico che non porta luce, voglio vederlo, e appena lo vedo mi sento quasi di morire perché vorrei non essere lì. Scappo e dopo lo rivoglio con me.
“Cosa?” Rispondo dopo alcuni istanti, mi ero persa nei miei pensieri e mi sembra quasi di non ricordare l’affermazione di poco prima.
“Ti sei da sempre mangiata le unghie…” Lascia la frase a metà ed io sovrappensiero non le do peso e anzi la completo senza problemi.
“Da quando ho sei anni. Sono praticamente 12 anni che mi distruggo le mani.” Ho iniziato perché la maestra mi odiava, era un odio ricambiato per lo meno, e non riuscirò mai più a smettere, purtroppo, ci sono riuscita solo per alcuni mesi, dove ogni sorta di colore sgargiante sfilava sulle mie mani.
“Oh no, da molto prima.” Una folata di vento mi scompiglia i capelli e ancora guardando la luna nascosta da strati e strati di nuvole una strana consapevolezza, mischiata a una piccola dose di incredulità, si fa spazio in me.
“Cosa stai cercando di dirmi?” E sono automaticamente in piedi, il bisogno impellente ha avuto la meglio perfino sull’istinto di correre e il batticuore malato, cos’è Hope stai imparando a controllarti in presenza di Adrian? Davvero brava. Eccellente.
“Lascia stare.” Sono di fronte a lui, la luce è minima, il massimo che può fare qualche stella sparsa nel cielo giustamente, ma riesco a notare i suoi occhi, i suoi occhi non passerebbero inosservati nemmeno in una notte completamente buia, i suoi occhi adesso mi fissano come due laghi di ghiaccio: trasparenti, ma al tempo stesso impenetrabili.
“Sono stanca di lasciar stare…”Appoggio le mani sulle sue che sono sistemate ai lati delle ginocchia, è la prima volta che in qualche modo sono io a cercare il contatto, ma chi voglio prendere in giro? Parliamo seriamente, la prima che vuole capirci qualcosa qui in mezzo sono io, e se lui sa qualcosa che può togliermi questo maledetto peso di inadeguatezza dallo stomaco, se lui può spiegarmi tutto il casino che si scatena appena lo vedo, se lui sa qualcosa, qualsiasi cosa, ho bisogno di saperla, perché lui è l’unica persona che può aiutarmi ed io ho bisogno di lui, sotto ogni punto di vista. “Parla chiaro.”
“E’ tutto inutile, capisci?” Mantiene un tono sostenuto e basso, ma dal tempo in cui le sue palpebre rimangono chiuse capisco che vuole controllarsi dal dire qualcosa di esagerato, come se volesse selezionare le parole giuste.
“No, non capisco, spiegami.” E le sue mani, prima strette a pugno, ora avvolgono le mie con fare protettivo, non immagina neanche cosa sta scatenando questo semplice gesto, non pensa nemmeno che il movimento lento e pacato dei pollici sulle mie nocche fa partire una serie di scosse che sono fin troppo piacevoli, non immagina che la voglia di sentire quelle mani per sempre sulla mia pelle è il desiderio più forte che abbia mai provato.
“Non capisci che è sempre cosi? Io me ne vado, ma la voglia di tornare è più forte di tutto, se ci sei tu.” Risponde scandendo ogni parola con una precisione secca e decisa che potrebbe quasi spaventarmi se non fosse che nel suo sguardo c’è una dolcezza infinita.
“E allora perché vai via??” La mia voce è un lamento, in questa frase c’è tutta la disperazione di un abbandono che non ho mai ricevuto, c’è la richiesta muta ma allo stesso tempo urlante di smetterla, richiesta che non sono io a controllare.
“Perché ogni volta è sempre peggio. Quando penso che tutto andrà bene tu mi sfuggi dalle braccia.” La presa intorno alle mie mani si fa per un solo secondo più forte, come se il ricordo di qualcosa facesse davvero male,  come se avesse bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi per non cadere nell’oblio.
“Eppure sai che le tue braccia sono il posto che più amo al mondo.” Abbasso lo sguardo imbarazzata e leggermente pentita di quella affermazione anche se ho la certezza di non avergli detto nulla di nuovo e soprattutto so di essere stata sincera, completamente sincera. Mi spaventa il contrasto fra i miei desideri più intimi e le necessità del mio corpo, viaggiamo su due correnti diverse: la mia anima implora di rimanere qui, per sempre, mentre il mio corpo vorrebbe solo correre da qualche parte, lontano da lui.
“Non dirlo, Hope.” E mi tira a sé, quasi con violenza, ed i nostri corpi sono incollati, ogni voglia di andarmene sparisce, sparisce con velocità, come è sparita ogni distanza fra di noi. “Non dirlo.”
“Non posso nasconderti la verità.” Soffio sul suo collo, la mia testa trova abilmente posto fra la testa e la spalla di Adrian, come se il suo posto fosse lì e da nessun’altra parte.
“Sei l’unica persona alla quale io non so mentire.” Ribatte a pochi centimetri dal mio orecchio, la sua voce non mi è mai sembrata cosi calda, le mie orecchie mai cosi bollenti, la sua presenza mai cosi fondamentale.
“Ma continui a farlo… non vuoi dirmi la verità.” Chiunque avrebbe pronunciato queste parole scagliandogliele contro, urlandogli in faccia e soprattutto sarebbe stato un minimo arrabbiato, io invece lo faccio affondando il viso contro il suo collo ed un odore di liquirizia e tabacco invade le mie narici, facendomi girare la testa e dandomi una sensazione che non dovrebbe appartenere ad Adrian, anzi non dovrebbe appartenere a nessuno. Una boccata di quest’odore e mi sono sentita a casa. Casa. “Non mi dici chi sei. Chi siamo.”
“Vuoi sapere chi siamo?” Annuisco inspirando forte il suo profumo e lo sento trattenere il fiato per poi ricominciare subito dopo. “Io sono quello che non dimostra emozioni, dicono che non abbia paura, che non sia mai davvero felice, che non possa essere truster, che non provi nulla, mentre tu sei quella che piange anche guardando un cagnolino abbaiare. Io cerco situazioni impossibili per poi dover trovare delle soluzioni ugualmente impossibili mentre tu leggi tranquillamente in soffitta. Io sono quello che combatte, per ogni cosa, non trovo metodo migliore, tu invece sei in grado di ammaliare, parli e chiunque ti ascolta.” Un primo istinto mi dice di allontanarlo e di chiedergli come possa sapere tutto questo ma poi riprende spedito. “Tu sei quella che anche dopo ore e ore sotto la pioggia sa di buono. Sei quella che mi fa calmare anche quando i miei occhi vedono solo rosso. Sei quella che ama ascoltare la musica per ore fin quando ogni parola non ti entra in testa e ti segna. Sei quella che si dispera guardando un film. Sei quella che si sveglia singhiozzante da un incubo troppo realistico..” Prende fiato ed io vorrei domandargli come faccia a sapere lati del mio carattere che non gli ho mai svelato qui a Bristol, vorrei avere tante risposte da lui, ma la mia anima sa già tutto, ricorda quante notti ha passato a consolarmi, sa che mi cullerebbe all’infinito solo per farmi addormentare dopo un brutto sogno, è come se ricordasse eventi che non ho mai vissuto, come se avesse vissuto con me altre mille vite, a mia insaputa.
“Ma quando io cado però..” E’ l’unica cosa che riesco a dire, la mia voce si rifiuta di porre domande di cui conosce già la risposta, e solo questa frase che sembra quasi senza senso esce dalle mie labbra.
“Io sono sempre pronto per farti rialzare. Una come te non dovrebbe nemmeno sapere cosa voglia dire toccare il fondo.” Le sue mani hanno lasciato le mie inermi sul legno umido e stanno iniziando a muoversi lente su e giù per le mie braccia, ogni zona che sfiora prende fuoco ed il cuore ad ogni tocco acquista velocità. Calma. Possiamo superare tutto.
“Perché? Cosa?” Non capisco, non voglio capire. Non sta parlando di me, si sta sbagliando. Ha una concezione troppo alta, io non sono cosi. Non sono speciale. Non lo sono mai stata. Non sono una di quelle ragazze che sin da piccole venivano notate per essere bellissime o dolcissime, sono sempre stata una bimba bella e brava, ma niente di che.
“La mattina ti guardi allo specchio?” La voce nasconde un pizzico di rabbia ma le mani che mi allontanano da lui per potermi guardare negli occhi solo delicate e dolci come se avesse paura di rompermi. “Ti rendi conto almeno in parte di ciò che sei in grado di fare? Hope quando parli la gente si ferma ad ascoltarti, tu non ci dai peso, non lo noti nemmeno, ma quando qualcuno ti ascolta viene rapito dalla tua voce, dalle tue espressioni, dalle tue mani, ed è come se entrasse nella tua testa, come se potesse vedere ciò che tu vuoi mostrargli.” Le mie unghie affondano nel legno, trovandolo più morbido e malleabile di quanto immaginassi, e non ho il tempo nemmeno di rendermi conto di tutto ciò che mi ha riversato addosso che continua. “Attiri tutte le attenzioni che non vorresti mai, perché tu..”
“Perché io odio le attenzioni.” Concludo al posto suo stregata dal fiume di parole che mi ha detto, da tutte le informazioni che sembra avere su di me, ma soprattutto incantata dalla tonalità di voce che ha usato parlandomi, dal modo in cui i suoi occhi danzavano sul mio viso studiando ogni mossa, dall’assurda sensazione di aver trovato un posto giusto al Mondo, dalla convinzione malata di essere amata almeno da qualcuno. “Ti sbagli, mi dai troppa importanza.”
“E’ quella che ti meriti. Sei la persona migliore che l’intero universo abbia mai visto.”
Le sue mani bollenti circondano il mio viso ed i pollici mi accarezzano le guance, i suoi occhi fissi nei miei sono brillanti come due fari nella notte. “Oltre me naturalmente.”
“Modestia a parte. Chi sei Adrian William Melek?” Per alcuni momenti mi chiedo se mi abbia sentito visto che non ottengo risposta, ma mi accorgo che ha la mascella serrata e capisco che sta solo cercando la risposta giusta.
“Posso essere tutto ciò che cerchi.” Risponde tranquillo dopo secondi che a me sono sembrate ore e ore di tortura, come se per ogni battito di ciglia che ha seguito la mia domanda un ago bollente mi avesse trafitto un braccio.
“E allora sii il mio Adrian, quello che combatte per ciò che vuole.” Forse una mano me la sta dando la luna, forse il buio che nascondo il rossore continuo che imporpora le mie guance, o forse semplicemente la birra che ho bevuto sta dando i suoi effetti, ma parlo a ruota libera e riesco a controllare tutti i malesseri che di solito mi avrebbero già uccisa.
“E cosa voglio?” Alza un angolo della bocca, come facendo un mezzo sorriso “Tu lo sai?” Io di tutta risposta scuoto la testa accucciandomi contro il suo petto, la possibilità di parlargli cosi a lungo e soprattutto cosi da vicino pare stremarmi, ma non m’importa, rimango qui, con il fiato corto e il cuore a mille, ma rimango, perché io ci sono sempre.“E allora te lo dico io, vorrei solo rimanere cosi per sempre.”
“Chi ce lo impedisce?” La mia è una richiesta muta, una richiesta d’aiuto, un’implorante richiesta di accontentare ogni suo desiderio che abbia a che fare con me.
“Parecchie regole morali e soprattutto la tua voglia di viaggiare di notte, all’improvviso.” Un sopracciglio scuro come l’inchiostro di notte si alza veloce accompagnando queste parole, ma solo quando ritorna al suo posto le sue parole forti e chiare arrivano al mio cervello.
“Cosa stai dicendo?” Lo guardo con un’espressione a metà fra la confusione più assoluta e l’incredulità più ferma. “Io, io non andrei mai via. Non ce la farei, no..non è possibile. Non capisco. ” Le parole si accalcano al solo pensiero di abbandonarlo adesso, di farlo di mia spontanea volontà, di vivere una vita senza di lui adesso che l’ho trovato.
“Non lo fai da cosciente, ma lo fai. In piena notte. Mettendo in valigia ciò che capita. Non avvisando nessuno. Parti senza una meta, semplicemente lontano da me.” Conclude sospirando e le sue mani irremovibili continuano ad accarezzarmi il viso ed il collo lentamente, come se la cosa più importante del mondo fossi io, ma le parole che mi dice sono fredde come il ghiaccio e non meno dure, ma il mio cervello non le elabora, non mi da nemmeno il tempo di capirle del tutto, di assorbirle, che un tepore mi assale, la vista si offusca e le gambe cedono, non scapperei mai da Adrian, non potrei…E l’unica immagine che mi accompagna nell’oblio sono i suoi occhi, il colore dei suoi occhi non potrei mai dimenticarlo, è come l’azzurro del cielo a metà giugno: limpido, sereno, pulito, vivo.
Ed i suoi occhi sono questo per me, perché nonostante i problemi, nonostante gli ostacoli, nonostante il nostro rincorrerci continuo, lui sa rendermi viva, ed è l’unico che da un giusto senso alla mia vita. Per un secondo vedo i suoi occhi accavallarsi in mille espressioni diverse, in mille giorni diversi, ma sempre giovani, sempre brillanti  e soprattutto sempre illuminati dall’unica luce che mi fa credere che nell’universo debba esserci qualcosa di più, perché se esistono degli occhi cosi dobbiamo pur dire grazie a qualcuno. E ne sono più che certa, ne sono oltremodo convinta, non scapperei mai da questo azzurro, non potrei mai girare la testa ed andare dall’altra parte, fregandomene di tutto quell’energia sprecata, non scapperei mai soprattutto se cosciente di non trovarlo ad aspettarmi dall’altra parte.
 
 
 
 
Non lo fai da cosciente, ma lo fai.
Parti senza una meta, semplicemente lontano da me.
 
 
 
 
 
Sono in un sogno, e per la prima volta da quel che ricordo, ne sono spettatrice e non protagonista. E’ come se fossi davanti ad una grande finestra e le immagini si succedessero secondo uno schema preciso: prima una panoramica veloce di un treno che sfreccia attraverso la notte più nera, nemmeno una stella illumina il cielo e mi sembra  di sentire i brividi sulla mia pelle, e poi entriamo in un vagone e mi si mozza il respiro in gola.
Una ragazza dai lunghi capelli biondi fissa il finestrino e il susseguirsi di forme e colori cupi pare non sfiorarla nemmeno, indossa degli abiti scuri e anche il trucco deve essere stato parecchie ore prima esageratamente definito e pesante, ma adesso ne rimane un alone quasi slavato, con un po' di matita sbavata a circondarle gli occhi e l’ombra di un rossetto rosso sulle labbra.
Non parla, non mangia, non si muove, non sta ascoltando nemmeno la musica, lei guarda fuori dal finestrino come se avesse di meglio a cui pensare, come se non ci fosse giorno, ora o momento più inutile di quello, come se in fin dei conti in quel treno lei non ci fosse.
Un ragazzo dai capelli lunghi e corvini si avvicina sistemandosi la maglietta e la guarda interrogativo.
“Signorina?” Un ciuffo gli ricade fastidioso davanti agli occhi ma lui aspetta comunque una risposta, un cenno. “Signorina? Il posto è libero?”
La ragazza non risponde, la ragazza è assente.
Su quel treno, nell’ultimo vagone, seduta su un sedile fatiscente non c’è nessuna ragazza.
Il giovane allora le sfiora una spalle preoccupato della sua salute, solo in quel momento qualcosa si muove ed il viso della ragazza adesso è completamente visibile.
E forse sarebbe stato meglio non vederlo mai.
Avrei preferito rimanere all’oscuro, immaginarla persa a fantasticare su un amore mal corrisposto pur di non incontrare quegli occhi.
Perché la ragazza non solo è assente, non solo non le importa nulla di quel treno, di quella notte, negli occhi della ragazza si legge l’apatia di vivere.
Mai ho visto un viso cosi spento, mai credo di aver trovato un volto cosi incapace di trasmettere emozioni, tutti ti trasmettono qualcosa nella vita e lei trasmette  solo assenza, lei regala il vuoto, lei dona indifferenza, ed i suoi occhi, grandi e spenti, mi fanno venire da piangere, perché mai ho visto degli occhi cosi sperduti.
Quegli occhi contengono tutta l’angoscia di una vita che non ti lascia mai soddisfatta.
Quegli occhi sono il libro aperto su un mondo fatto di continue perdite e di assurde partenze.
Quegli occhi potrebbero contenere un intero universo, ma in questo istante sono talmente spenti da far paura.
Quegli occhi sono grigi, un grigio intenso, un grigio che non ti da la possibilità di scegliere, tu vedi un colore e ti regala uno stato d’animo, questo grigio ti dona solo la voglia di non sognare mai.
Perché in quegli occhi, vuoti e minacciosi, c’è tutta la rassegnazione di una vita vissuta per metà, una vita di cui non sei l’unica artefice.
In quegli occhi c’è la spaventosa certezza che vivere non sia tutta questa gran cosa.
In quegli occhi non ci sono parole, non ci sono emozioni, ci sono comandi, obblighi che non vorresti mai rispettare.
Quel grigio maschera i sentimenti della ragazza rendendoli una macchia indistinta per lei come per chi la circonderà, perché avrà una vita, si farà degli amici, andrà perfino bene a scuola, ma poi sparirà e quel grigio, solo quel grigio può renderla invisibile.
Lei non solo è grigia, lei non solo non c’è, lei stanotte non esiste.
Ricomincerà domani a parlare a vanvera anche solo per riempire il silenzio vorticante di una stanza  piena, ricomincerà domani a cantare sotto la doccia parole d’amore che dedica a qualcuno che pensa di non aver mai incontrato, ricomincerà domani a vivere, con il gusto di farlo.
Oggi lasciatela stare.
Oggi si è presa una pausa dall’universo.
Oggi vuole solo riconquistare una vita, perché lo merita, ma in fin dei conti chi non si meriterebbe un posto nella vita che chiami casa? Chi non meriterebbe di sentirsi amato? Chi non vorrebbe una vita?
Lei mi guarda e sorride.
Lei assomiglia incredibilmente a me, ma io non sono cosi, io sorrido sempre, io parlo sempre, io vivo sempre.
Ma in un momento di puro terrore, in cui le lacrime scendono copiose dai miei occhi e vorrei solo chiuderli e svegliarmi nel mio letto, mi rendo conto di una cosa che dovrebbe essermi stata chiara dal primo momento.
Lei sono io.
 

 
 
 
 
 


SALVE PERSONE.
Faccio schifo, ma schifo sul serio quindi vi concedo di prendermi a sassate, di dar fuoco a casa mia o di uccidermi lentamente facendomi soffrire.
Torno dopo un mese, ma mi aveva abbandonato anche il pc da cui scrivo, la scuola ha iniziato inesorabilmente a rovinarmi la vita e anche le possibilità di connettermi da computer di altri scarseggiano.
L’importante è che sono tornata, no?
Cooomunque, spero di essermi fatta perdonare.
Il capitolo è abbastanza lungo, Adrian è tornato con il botto e chiaramente si inizia a capire qualcosa.
Avete idee?Fatemi sapere tutto in una recensione, vi prometto una bella cioccolata calda a testa.
Sempre quello è il motto, ditemi tutto e siate sinceri.
Buona lettura, spero non m’abbiate abbandonato.
Un bacio grande.
 
-Allen

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Capitolo 15
*** And kiss him. ***


And kiss him.





“Hope, Hope svegliati!” Non so quanto abbia dormito, e nemmeno se l’abbia fatto sul serio, ma le ultime immagini che mi sfiorano la mente parlano di due occhi grigi, grandi e spaventosi, che mi accarezzano e poi esplodono in centinaia di schegge trasparenti, spalanco gli occhi e trovo la stanza ancora semibuia e per un istante la voglia di rituffare la testa nel cuscino tornando a dormire mi invade, ma ecco che i due occhi ritornano, insistenti e vuoti come sempre, e velocemente mi siedo, tirando le gambe al petto e aprendo lentamente gli occhi. “Dio, Hope che succede?? Che hai sognato?”
Gli occhi che incontro adesso sono così diversi da quelli che mi hanno accompagnato nell’oblio, entrambi meravigliosi di certo, ma fondamentalmente opposti, e sorrido di rimando quando questi mi guardano preoccupati ed accesi da una luce che farebbe morire chiunque, leggo paura, leggo sincerità, leggo amore.
“Cosa c’è non mi riconosci nemmeno più?” La voce è dolce. Il tono scherzoso. Il sollievo di vedermi sorridere, tangibile. E’ Jake che mi parla e mi fissa divertito. Lo abbraccio di slancio, trascinandolo quasi su di me e aspirando forte il suo odore, trovandomi di colpo in un campo di agrumi con un’insistente e ricorrente fragranza: arance.
Jake dopo alcuni momenti si allontana e mi guarda negli occhi, cosa vedrà?
Vedrà degli occhi vuoti e inespressivi? Vedrà quegli occhi?
O vedrà degli occhi contenti, magari gonfi, ma belli, sognanti, luminosi e soprattutto vivi?
Cosa vedrà?
E la cosa che più mi spaventa è non essere sicura della risposta, non avere la certezza matematica che veda degli occhi normali, avere l’incessante dubbio che veda degli occhi vuoti mi dilania lo stomaco.
“Jake, oh Jake..” Vorrei dirgli tante cose, vorrei domandargli cosa nota di diverso in me, avrei da fare cosi tante domande, ma tutte, una a una, mi muoiono in gola, sopraffatte da alcuni singhiozzi e dall’insistente sensazione che quegli occhi siano diventati i miei occhi, che anche io sia priva di allegria, priva di sogni, priva di vita.
“Mi spieghi cosa  c’è? Un brutto sogno?” Mi abbraccia con fare protettivo, accarezzandomi la schiena e facendomi piangere indisturbata per alcuni minuti, poi le mani finiscono sulle mie spalle e mi guarda aspettandosi una risposta.
“Un incubo di cui non ricordo nulla.” Sospiro mentendo, devo parlarne con qualcun altro prima di dirlo a Jake, non voglio farlo preoccupare inutilmente, non ce n’è bisogno, è solo un sogno no? “Non so nemmeno perché stia piangendo.” Mi strofino con forza gli occhi e le mani diventano nere. “Oh cazzo. Il mascara!”
“Sembri un panda. Un panda meraviglioso con dei meravigliosi occhi grigi.” Ridacchia ritornando in piedi e porgendomi una tazza. Per un istante nemmeno lo considero, con dei meravigliosi occhi grigi ha detto. I miei occhi, lei non sono io. Io non sono cosi.
Io sono viva.
“Ho sempre detto di adorarti?” Esclamo circondando finalmente la tazza con entrambe le mani e beandomi del calore e dell’inconfondibile odore di caffè.
“Non abbastanza.” Risponde incrociando le braccia al petto, e solo in quel momento mi rendo conto che è senza maglietta con addosso solo i jeans sgualciti ed i capelli umidi sembrano di un biondo intenso.
“Jake non hai freddo?” Lo guardo sbigottita e lui annuisce sconsolato. “E perché sei mezzo nudo?”
“Di certo non per farti vedere gli addominali.” Ride fingendo una posa da modello e cercando di respirare il meno possibile. “Avevo messo il caffè, e mi ero venuto a fare una doccia. Il caffè era uscito e sono sceso sono con i jeans addosso, poi ti ho sentito urlare. E sono venuto da te, correndo.”
“Grazie.” Rispondo alzandomi e circondandogli il bacino con un braccio. “Ora ho fame, che dici di fare altro caffè mentre io mi do una ripulita?”
“Diventerai una vecchia cicciona schizofrenica per quanto mangi e per quanti caffè prendi.” Dice piccato togliendomi la tazza dalle mani e scendendo le scale parlottando fra se e se.
Jake mi conosce. Jake conosce Hope. Ma quale Hope?
Chi è Hope in realtà?
Hope è la persona  che tutti conoscono?
Hope è la persona che ho sempre creduto di essere?
 
 
“Allora com’è che mi hai lasciato da solo sul divano?”  Affondo la faccia in un’altra tazza fumante di caffè e fingo con ogni fibra nervosa di essere completamente interessata solo a quel sapore forte e avvolgente, ma sento il suo sguardo bruciare sulla mia testa bassa e dopo un po’ rispondo tranquilla.
“Avevo bisogno d’aria. E poi sono andata spedita di sopra.”  Lo guardo in faccia e lui ribatte semplicemente inarcando un sopracciglio e sorridendomi beffardo. “Che c’è?”
“No, nulla. Mi sono solo sognato Adrian che scorrazzava per casa.”Alza le spalle  e scuote la testa con noncuranza.
“Cosa?” Urlo tossendo e sentendo improvvisamente caldo.
Adrian non faceva parte del sogno.
Adrian è stato qui stanotte.
“Ti ha portato lui di sopra. Credo non mi abbia visto, ma ti teneva tra le braccia come si tiene una bambola, ma ti guardava come se fossi la persona più forte del mondo.”
Vedo la stanza girarmi intorno, e tutti i colori fondersi in un’unica macchia indistinta, le parole di stanotte echeggiano nella mia mente, come lontane, ma mi destabilizzano come se me le stesse dicendo in questo momento, come se adesso avessi Adrian accanto e mi stesse dicendo di amarmi.
Come se fosse possibile, come se non fosse tutto un brutto tiro, come se non si trattasse di uno scherzo fatto dal destino.
Io e Adrian siamo legati.
E non importa il modo, la forma, non importa nemmeno da quanti anni questo legame esista, importa solo che comunque vadano le cose questo filo non è mai stato spezzato, importa solo che ci ritroviamo sempre come un bambino disperato cerca la sua mamma, ci cerchiamo e quando ci ritroviamo il tempo a nostra disposizione è sempre troppo poco.
“Guardati… i tuoi occhi parlano d’amore.” E le mani di Jake che mi accarezzano il viso mi riportano nella realtà “La mia bambina innamorata.” Continua e mi tira un ciuffo di capelli dietro le orecchie. “Ma tu non eri quella che non avrebbe mai trovato l’amore?”
“E chi ti dice che abbia trovato l’amore?”
E’ stato lui a trovare me.
Un suono lungo e prolungato ma estremamente fastidioso risuona per casa interrompendomi.
Il citofono, chi sarà?
“Jake vai?” Lo guardo implorante e lui mi fissa torvo “Dai, faccio paura! Se qualcuno mi vedesse adesso scapperebbe via urlando!”
“Tu sei sempre bellissima.” Dice ormai già vicino alla porta, spalancandola.
E Jake, ancora leggermente assonnato, e ancora a petto nudo, si ritrova davanti Adrian  con in faccia stampato il migliore dei sorrisi e con in mano una scatola rosa di ciambelle.
Adrian, il mio Adrian è qui.
Se è qui significa qualcosa no?
“Vedo che ti consoli facilmente tu! Una bella scopata è il modo migliore per riprendersi no?” Per  la prima volta la sua voce mi trafigge il cuore, ed invece di lasciare per casa una dolce melodia sento come dei ruggiti, ma ruggiti di un leone ferito, non di uno aggressivo e crudele. E lascio che le parole cadano lontano da me, che non mi sfiorino nemmeno, le allontano con tutta la forza che non pensavo di avere e mi ritrovo a fissarlo quando continua,“E tu brutto stronzo” adesso lo sguardo è tutto per Jake, che fattosi piccolo piccolo mi sembra inerme contro il muro. “quando capirai che le devi stare lontano?” Le mani di Adrian finiscono pericolosamente vicino al viso del biondo, e solo in quel momento mi riprendo dallo stato di trance in cui ero caduta. Fino a ventiquattro ore fa ero convinta che non avrei mai più rivisto Adrian, mi ero rassegnata a convivere per sempre con la costante sensazione di vuoto in mezzo al petto, avevo accettato l’idea che mai più avrei provato le emozioni che le sue mani sulla mia pelle sapevano provocare, e in questo momento invece è sulla porta di casa mia, indossando un semplice jeans e un maglione blu scuro che lo fanno sembrare meglio di qualsiasi modello, pronto a picchiare il mio migliore amico.
Un attimo.
COSA?
“Fermi tutti. Cazzo succede?” La mia voce sembra quasi un gracchio, sgradevole e stridula infastidisce perfino me, ma Jake lentamente, molto lentamente, gira la testa e incontra il mio viso paonazzo, mentre Adrian continua a fissarlo con odio, con ribrezzo, come se fosse pronto ad ucciderlo a mani nude. “Adrian cosa stai facendo?” Scandisco ogni parola con calma e sicurezza e mi insinuo fra lui e Jake con facilità, sperando di calmare i bollenti spiriti. Lui però nemmeno di degna di guardarmi e allora riprendo con ancora più tormento nella voce, “Adrian ascoltami..” solo in questo momento i suoi occhi si fermano nei miei, è un attimo, una frazione di secondo, ma li trovo freddi, gelidi, impenetrabili, ma altre volte mi è capitato di vederlo cosi, la cosa che oggi mi spaventa di più è che sotto lo strato spesso di ghiaccio il fuoco arde. E ne ho paura, dov’è l’angelo che ho sempre visto in lui? “Guardami negli occhi.” Le mie mani gli circondano il viso, e smettono di tremare nell’esatto istante in cui incontrano la sua pelle, e stessa cosa il cuore, prima ogni battito era come se mi sferzasse l’aria dai polmoni, adesso invece corre, come al solito, ma corre felice. “Per favore.”
Le mani cadono lungo i fianchi con un tonfo e mi scappa un sospiro liberatorio, poi chiude gli occhi e per qualsiasi persona il volto tra le mie mani sarebbe quello di un meraviglioso angelo, la bocca rossa e carnosa, gli zigomi alti, le ciglia lunghe e scure che farebbero invidia a qualsiasi ragazza e la pelle diafana che contrasta con i capelli color della pece che si arricciano leggermente sulla nuca.
“Tu” Dice, interrompendo il silenzio irreale che si è creato in casa, con una voce carica di odio ed estremamente serena allo stesso tempo “sparisci dalla mia vista. E vestiti. Adesso.”
Jake come un cucciolo bastonato abbassa lo sguardo e sparisce di sopra solo dopo avermi guardato preoccupato e aver ricevuto unva tutto bene mimato con le labbra.
“Allora che ti è preso?” Vorrei che la mia voce risuonasse più cattiva, più arrabbiata, ma non ci riesco, è come se vederlo cosi faccia più male a me che a lui stesso, e gli sfioro una mano con due dita. “Ho pensato che fossi venuto a salvarmi..”
“Cosa stai dicendo?”  Gli occhi adesso sono spalancati e mi sembra quasi di vedere il ghiaccio sciogliersi, come se tutta quella durezza sparisse per fare spazio alla dolcezza delle acque di un lago.
“Quando ti ho visto entrare la prima cosa che ho pensato è che sei reale. Tu non sei un sogno. Tu esisti. Vivi. E sei qui.” Il suo sguardo adesso non è solo liquefatto, ma è pura bellezza, i suoi occhi sono del colore delle onde del mare che si infrangono contro gli scogli, sono azzurri, vivi e antichi. E proprio come l’acqua se potessero ci racconterebbero i segreti del mondo.
“Per te. Come ogni volta.” Le sue dita raccolgono le mie e le portano vicino alle labbra, dove lasciano un bacio. “Esisto solo grazie a te.”
Questa frase mi colpisce come un pugno in pieno viso, come la grandine di metà gennaio che distrugge i raccolti, come guardare il cielo limpido pieno di stelle, questa frase mi destabilizza e mi lascia senza fiato.
“Non puoi dirmi una frase del genere dopo che hai quasi picchiato il mio migliore amico.” Esclamo balbettante cercando le parole migliori, ma non trovandone abbastanza.
“Perché è qui da prima di me, perché ti ha trovato prima di me, perché ti ha baciato prima di me.” Una mano si chiude violentemente a pugno “Perché un semplice umano potrebbe darti quello che io non potrò mai darti. E potrebbe farlo adesso.”
La gente delle volte si domanda perché l’uomo sia così cattivo da far guerra al suo simile, io stessa delle volte mi sono chiesta come si possa essere cosi stupidi, come si possa voler far del male a se stessi, ma in questo momento tutto sembra perder senso, come se ogni domanda non potesse mai trovar risposta, perché negli occhi di questo ragazzo sta avvenendo la guerra più brutta che il mondo possa mai immaginare, il suo cuore ed il suo cervello stanno litigando, solo per amore.
“E vorrei che capissi in che modo smisurato io necessiti solo di te. Non so bene da quando abbia iniziato a vivere, ma so che la prima emozione che sono stata in grado di provare è stata la mancanza di te.” Le parole escono fluide dalla mia bocca, senza interruzioni, senza pause inutili o mugugni, solo parole che dovrebbero servire a raccontargli del mio amore, parole che però non esistono. Nulla potrebbe descrivere ciò che provo.
“Come fai a sapere che sia io quello che hai sempre cercato?” Lui mente, i suoi occhi no. I suoi occhi sanno benissimo che è lui, che è sempre stato solo lui.
Mi è bastato vederlo quel primo giorno, per strada, con la pioggia scrosciante e l’instabilità di una bambina che fa i primi passi, anzi mi è bastato semplicemente arrivare a Bristol, sentivo che qui ci c’era qualcosa che mi apparteneva, e sono qui solo per riprendermela.
“Non mi è servito nient’altro che guardarti negli occhi. In quegli occhi ho trovato tutto l’amore che mi è sempre mancato.” E le sue mani mi circondano la vita portandomi su di lui, ogni parte dei nostri corpi è a stretto contatto, ogni respiro si mischia nella stessa fragranza, ogni battito di cuore si moltiplica per due.
“Come due bambini ci cerchiamo, anche se sappiamo che presto ci faremo male, anche se ce ne siamo già fatto parecchio. Come se amassimo sbucciarci le ginocchia, come se prendendoci per mano ogni cosa avesse senso. Ci cerchiamo e ogni volta che ci troviamo è sempre peggio.”
“Non dire cosi… questo è male?” Le mie dita gli attraversano il viso, dallo zigomo alla bocca, una, due, tre volte. E i brividi che sento attraversare la pelle di entrambi non possono essere male, sono tutto ciò che di bello ha il mondo.
“Questo è amore. Può essere male?” Le parole non servono, parlano i nostri occhi al posto nostro, parlano le nostre mani che si sfiorano come se non ci conoscessimo ancora abbastanza, parliamo in una lingua tutta nostra, con segnali che solo noi captiamo.
E anche se consapevole che non durerà, anche se entrambi siamo convinti che come al solito non porterà a nulla di buono, anche se la certezza che sia tutto un errore mi opprime lo stomaco, percepisco la magia nell’aria, sento quell’odore che solo l’amore porta. E lo bacio. Come se non ci fosse domani. Come se non ci fossero dubbi. Come se tutto ciò di cui il mondo si preoccupasse fossero le nostre labbra che si muovono in sincrono. Lo bacio e per un solo istante le nostre anime si toccano. E si amano. Si amano come i nostri corpi non sono stati ancora in grado di fare.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Salve persone!
Questa volta sono quasi puntuale non trovate?
Il capitolo scorso non vi è piaciuto per niente purtroppo, spero che almeno questo vi entusiasmi un tantino di più.
Se sto sbagliando qualcosa, se esagero, se faccio schifo..ditelo. E’ importante per me sapere la vostra e noto che con il passare del tempo non fate altro che diminuire.
Ora tornando al capitolo, che dire?
Hope e Adrian chiariscono un po' di cose, le chiariscono fra di loro e le per fortuna le chiariscono anche a noi.
Jake poverino in questo capitolo l’ho isolato un po’ chi si offre volontaria per consolarlo??
Spero di leggere i vostri pareri, i vostri dubbi e tutte le vostre domande. Sarò contentissima di rispondervi.
Un bacio grande.
 
-Allen

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Capitolo 16
*** Time is never on our side. ***


Time is never on our side.


“Oh mio dio. Cosa cazzo ho interrotto?” Questa voce arriva come la nebbia che cade su una città addormentata, avanza spedita ma allo stesso tempo ovattata, ma quando arriva mi sveglia strappandomi dal tepore in cui ero caduta senza accorgermene. E di scatto un’ondata di arancione riempie il mio soggiorno. Sono sul mio divano, non sono sola e le braccia di Adrian mi circondano la vita.
Ho dormito con Adrian.
Siamo stati per tanto tempo insieme senza mandarci al diavolo.
Abbiamo dormito insieme per la prima volta?
Assolutamente no, è stato un rincontro, è stato il riunirsi di due corpi che si appartengono, è stato come quegli abbracci strappalacrime in stazione, dopo anni e anni di distanza.
Ci siamo ritrovati.
“Hope Evans manco per una settimana e ti ritrovo a letto con Melek?” Danielle ancora sulla porta di casa ha in viso un’espressione sconvolta e mi guarda con il peggiore dei suoi sguardi da mamma severa.
“Precisamente è un divano.” La voce di Jake arriva sicuramente dalle scale, e non mi sforzo nemmeno di controllare. Cosa sta succedendo?
“Danielle..” Sussurro dopo alcuni istanti guardandola sconvolta.
“Oh buongiorno principessa. Mi spieghi come vanno le cose in questa casa?” Posa entrambe le mani sui fianchi e mi guarda aspettandosi una risposta, scuotendo in anticipo la testa.
“Dan non fare castelli dove non ce ne sono.” Sospiro rassegnata sorridendole “Sono vestita noti?” Un brivido però mi attraversa la schiena e mi rannicchio contro il divano, o meglio contro Adrian. Lo sveglieremo sicuramente con questo baccano.
“Almeno quello..” Interviene Jake mentre si lava i denti, con gli occhi gonfi e la palese faccia di qualcuno che ha dormito alla grande. “Mi saluti Bull?”
“Oh quanto mi sei mancato ammasso di merda!” Dice Danielle strattonandolo e abbracciandolo con foga.
“Questa mi mancava, devo ammettere.” Ridacchio ammirando la scena, ed un movimento mi avverte di aver svegliato anche Adrian.
“Ma in realtà questa casa di chi è?” Ed è proprio lui a parlare poi guarda prima Danielle con le chiavi in mano e poi Jake con lo spazzolino in bocca, e porta infine il suo sguardo su di me.
“Melek, buongiorno. Dormito bene? Quel divano non è molto comodo.” Dan parla con un braccio intorno alle spalle di Jake ma gli occhi le guizzano fra noi due con una velocità spaventosa.
“Non l’ho notato molto, la buona compagnia rende migliore il peggio.” Risponde ghignando e stringendomi leggermente più forte. E’ una mia impressione, o fa davvero caldo?? Le guance avvampano, come il resto del corpo, ma devo riabituarmi a essere messa in imbarazzo continuamente da questi due.
“Questa mi è piaciuta amico.” Esclama con il viso acceso dalla solita allegria “Ora posso salutare la mia ragazza?”
“La tua che?”
“La mia ragazza.” Dice convinta e in pochi secondi una sua mano circonda la mia e mi fa alzare dal divano “Vieni qui nana!”
Sono fra le braccia accoglienti di Danielle e mi rendo conto che in casa mia ci sono le persone a cui tengo di più, le persone che sono state in grado di entrare nella mia vita, in un modo o nell’altro, e di cambiarla.
Sono tra le braccia praticamente di mia sorella e sto bene, sono davvero a casa.
Avendola ogni giorno per casa, sentire la sua voce, sentirla ridere, ogni cosa mi sembrava davvero quasi scontata, ma in questa settimana ho capito che ho bisogno di lei, perché non solo è una buona amica, ma è la mia famiglia, è la mia confidente, è semplicemente Danielle.
“Quanto mi sei mancata?”
“Quando sono entrata non mi sembravi cosi depressa.” Sussurra al mio orecchio, tirandomi un pizzico sul fianco. “Mi racconti tutto?”
“Non adesso..”
“Ne abbiamo di tempo.” Dice con il suo solito tono, un misto fra un minaccia ed una promessa.
“Il tempo non è mai dalla nostra parte.” Il mio sguardo cade sul viso di Adrian mentre pronuncio questa frase, e so che mi ha sentito. Il suo viso si incupisce privandomi del suo meraviglioso sorriso ma regalandomi la convinzione che il tempo a mia disposizione sia poco, sia troppo poco anche e solo per capirne il motivo.
Ma che senso ha?
Perché il tempo mi rema contro?
Ho 18 anni, ho tutta la vita d’avanti, dovrei avere tutto il tempo che voglio, ma il tempo non c’è, e non c’è nemmeno la possibilità di stoppare quelle maledettissime lancette che inesorabili portano alla fine.
“Scopare ti rende negativa, amica mia.” Avvampo non solo per la frase, che in condizioni normali mi avrebbe fatto già arrossire, ma semplicemente perché lo ha urlato.
Jake scoppia in una fragorosa e sana risata, intervallata da necessari respiri profondi, mentre Adrian inizia a ridere ma poi nasconde il tutto fingendo una tosse improvvisa.
“Danielle!” L’allontano velocemente cercando di fulminarla con lo sguardo, ma quando la guardo bene, quando vedo le gote rosse, gli occhi grandi ed i capelli arancioni capisco quanto mi sia mancata in realtà, e quanto anche le sue battute squallide e per niente velate si siano fatte aspettare.
“Chi ha fame?”
Jake è già in cucina, Danielle raccoglie una busta a cui non avevo fatto caso prima e lo segue lentamente, ed io mi giro verso il divano. Troppo vicini incontro gli occhi di Adrian, che a pochi centimetri da me mi fissa divertito.
“Andiamo?”
“Se ti senti a disagio, se non vuoi, se qualsiasi cosa, andiamo da un’altra parte..” Balbetto preoccupata della situazione in cui ci stiamo andando a mettere, siamo come due topolini che di proposito vanno nella tana dei leoni.
“Hai qualche segreto nascosto di cui non vuoi parlarmi?”  Inarca un sopracciglio e mi porta una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Ancora ti senti in imbarazzo…”
“Adrian Melek in imbarazzo?” Mi guarda con l’aria di qualcuno che è stato gravemente offeso e poi scuote la testa con forza. “Mai.”
Mi circonda la vita con un braccio ed io appoggio la testa sulla sua spalla inspirando forte il suo profumo e sentendo le mani iniziare a formicolarmi, mentalmente costruisco una barriera, una barriera che come un muro cerca di arginare la voglia di scappare, la tensione nervosa, i brividi e il batticuore.
“E comunque ho ucciso dei ragazzi e li ho fatti a pezzi. Sono nel frigo.”
“Ottimo. Prima o poi me li farai assaggiare.” Conclude ridendo lasciandomi un bacio sui capelli.
 
 
 
“Dove stiamo andando??” Chiedo agitata scendendo l’ultimo scalino di tutta fretta.
“Hai preso il cappotto?”
“Dammi una risposta. Non puoi ignorarmi!” La voce che esce dalla mia bocca è quella di una bambina di al massimo 3 anni che chiede alla mamma un altro leccalecca. Mi dice che vuole farmi vedere una cosa, che dopo pranzo mi ci porta e che non devo preoccuparmi di nulla, ma non mi dice cos’è, non mi dice dov’è, e nulla.
Sono ore che lo imploro di darmi una risposta, ma lui continua a rifiutarsi, e sembra che il gioco gli stia piacendo parecchio.
“Certo che posso, piccola.” Risponde lui facendomi un occhiolino.
“Troppa confidenza Melek.”
“Hai preso qualcosa di più pesante?” Un angolo della sua bocca è troppo in alto, mi avvicinerei e lo bacerei solo per farlo tornare al giusto posto, e levargli quello stupido sorrisetto dal volto. “Solo con il maglioncino ti farà freddo.”
“Prendo il parka se mi dici dove stiamo andando.”
“Troppo facile, Evans.” Dice sorridente a pochi centimetri dal mio viso, è possibile che senta ancora di essere in un sogno? E’ tutto troppo perfetto e tutto è successo troppo velocemente. Ma è la realtà.
Adrian Melek ed io stiamo insieme da molto tempo, da chissà quanto tempo, e anche se a qualche forza superiore questo non va bene siamo in grado di ritrovarci sempre.
“Dai.” Mi rendo conto della faccia che faccio solo quando vedo il suo viso addolcirsi per un istante  e poi ritornare a sorridere divertito.
“Non immagini cosa ti farei in questo momento..” Mi appoggia una mano sulla guancia e mi guarda come stregato.
“Cosa?” Mi avvicino alla sua bocca e lo vedo leggermente titubante.
“Ti prenderei a schiaffi, cosa pensavi?” Si allontana aprendomi la porta e ghignando.
“Stronzo.”
“Pronta?” Chiede ed il vento che gli scompiglia i capelli lo fa assomigliare ad un modello di una di quelle pubblicità dei profumi, anzi lui è molto meglio di qualsiasi modello, ed è solo mio.
Diamine, che pensiero estremamente stupido, sono stata davvero io a farlo??
“Con te sono pronta a tutto.” Concludo guardando la mini Cooper e rendendomi conto di essere decisamente spaventata.
 
 
“Adrian?” La mia domanda suona leggermente titubante ma cerco di tranquillizzarmi con respiri lunghi e profondi.
“Dimmi..” Risponde dopo avermi guardato a lungo.
“Quanto tempo mi rimane?”
“Cosa?” Sterza bruscamente e ci ritroviamo sul ciglio della strada con le macchine che sfrecciano vicine e indifferenti.
“Giorni? Mesi?” Fisso le mie mani che sono intrecciate sulle ginocchia.
“Di cosa stai parlando?” Sento il suo sguardo bruciarmi sulla testa, ma se lo guardo negli occhi non sarei capace di ragionare, di chiedergli sul serio quanto tempo manchi.
“Non chiedermi perché. E’ come se mettendo insieme tutte le sensazioni, i sogni, i piccoli dettagli che fai trapelare nelle tue frasi, sia arrivata alla convinzione che la mia vita abbia una durata ben precisa. E che ormai sia vicina alla fine.”
“Sei a metà strada.” Sospira e lo vedo, con la coda dell’occhio, chiudere gli occhi e stringere con forza il volante, facendo diventare le nocche ancora più bianche, quasi trasparenti.
“Spiegami.” Dico ritornando a fissarmi le unghie.
“Non c’è nulla da spiegare.” Esclama brusco ed io vorrei quasi non aver mai iniziato questa discussione, vorrei aver continuato a ridere e a scherzare, avrei voluto godermi questi attimi a pieno, invece di fare questo discorso, invece di pensare alla mia morte.
“Per favore.” La mia voce è più una preghiera che altro, lo scongiuro di spiegarmi ciò che al mio cervello manca, ciò che succede ogni volta, ciò che fa di me una ragazza a tempo determinato.
“Sei parecchio vicina alla verità. Hai un tempo di vita. E ogni volta che questo tempo scade sparisci nel nulla. Vai dall’altra parte del mondo e ti appropri della vita di qualcun altro.” Risponde con un sussurro che sembra essergli uscito dalla bocca sotto tortura, come se avesse preferito non dirlo, non pensarlo nemmeno, come se avesse preferito morire piuttosto che dire una cosa del genere.
“Hope  Evans quindi non esiste?” Il mio stomaco inizia a brontolare, come se avesse bisogno di espellere un po’ di roba, come se l’idea di non esistere mi desseleggermente fastidio.
“Hope  Evans sei tu.” Mi lancia uno sguardo veloce e ritorna a fissare fuori. “Sono i ricordi che non sono i tuoi. Magari ricordi i tuoi genitori, oppure degli amici, loro per te non sono mai esistiti.”
Mi lascio prendere alla sprovvista da un fremito.
Stephen, Margaret, non sono mai esistiti.
Mamma, papà, niente, nessuno.
La mia vita a Hamilton? Un sogno? Un incubo? Cosa?
Portavo dentro di me un dolore che non mi ha mai colpito veramente, mi aggrappavo a ricordi non miei che però fluttuavano nella mia testa, credevo di appartenere a qualcosa, qualcosa che però non è mai esistito.
“Di chi è questa vita?”
“Di una ragazza canadese. Tutto ciò che pensavi fosse la tua vita in realtà appartiene a lei.” Inizio a sentire freddo, freddo ovunque, fin dentro alle ossa che sento battere e sgretolarsi sotto un peso eccessivo.
Qualche parte del mio cervello mi comunica che i miei denti battono furiosi da alcuni minuti e che stringo talmente forte le mani a pugno che le ossa iniziano a tremare a causa della pressione.
“Tutto ciò che ricordo quindi non mi appartiene?” E’ una domanda, una flebile speranza però mi dice che qualcosa di mio nella mia testa c’è, qualcosa che appartiene a Hope, che appartiene a me.
“Sei Hope Evans dal momento esatto in cui hai aperto gli occhi a Toronto.”
“Quasi un anno fa…” Affermo più a me stessa che a lui. “Sono a metà strada. Manca poco più di un anno giusto?”
“Giusto.” Conferma lui con ancora lo sguardo di un condannato a  morte che viene torturato solo per divertimento.
“E perché questo?” Gli occhi iniziano a bruciarmi, come la testa che è partita per un giro infinito su una giostra troppo veloce.
“Sarebbe troppo chiedere di parlarne un altro giorno?” La sua mano finisce sulla mia gamba, e dal punto esatto in cui le sue dita sfiorano i miei jeans sento partire un caldo in grado di trapassare ogni tessuto, un caldo che riscalda e non fa male, un caldo che riporta a casa, una casa che può essere in qualsiasi parte del mondo, l’unica cosa davvero importante per poterla definire tale è la costante e indiscutibile presenza di Adrian.
Tante domande si affollano nella speranza di trovare una risposta, ogni uomo, anche il più saggio si è spesso chiesto perché. Il perché della vita, il perché dell’amore, il perché di ogni cosa andrebbe spiegato e magari compreso, ma poi cos’altro avrebbe da fare l’uomo?
I perché spingono l’uomo a conoscere, come l’odore di selvaggina spinge il predatore ad attaccare, sia la conoscenza che la fame sono bisogni ricorrenti, che vanno appagati spesso e che altrettanto spesso ritornano, ancora più distruttivi, ancora più esigenti, e come l’animale che osa troppo alla fine viene ucciso, l’uomo troppo impavido può essere punito?
“Abbiamo fatto qualcosa di davvero brutto per meritarci questo.” Sussurro con ormai gli occhi chiusi e le gambe molli “Ma non importa, mi sarò comportata bene in qualche altra vita, sennò adesso non avrei te.”
Lo immagino sorridere e vorrei tanto sfiorargli con l’indice quelle meravigliose fossette e poi dirgli che amo le rughe che si creano intorno ai suoi occhi quando ride, ma non ne ho la forza, il buio continua a bussare incessante e qualcuno, in chissà quale vita, mi ha insegnato che bisogna sempre aprire la porta a chi chiede di entrare.






Salve persone!
Sono in ritardo come al solito, ma ho riavuto il mio pc e quindi adesso prometto di essere perlomeno più puntuale.
Voi però che fine avete fatto?
Siete spariti ed io sto cadendo in depressione. 
In effetti devo ringraziare le mie donne, che mi hanno detto di continuare anche quando non ne avevo voglia.
Come faccio senza sapere la vostra??
Cioè come faccio a capire se faccio schifo se voi non me lo dite??
Aspetto i vostri commenti, le vostre recensioni e anche le vostre critiche, se le merito.
Un bacio grande.
Alla prossima.


-Allen

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Capitolo 17
*** Pensa sempre a me, io penso a te. ***


Pensa sempre a me, io penso a te. 




“Non ero mai stata qui.” Esclamo una volta scesa dalla macchina ammirando sconvolta il paesaggio. “Non sapevo nemmeno che a Bristol ci fosse il mare. O è un lago?”
“E’ il canale di Bristol, un’insenatura dell’oceano atlantico.” Una sua mano passa intorno alle mie spalle, ed io quasi inconsciamente mi accuccio su di lui.
“Dici che andiamo troppo di fretta?”  Il suo volto si gira nella mia direzione, e le nostre labbra si sfiorano per alcuni secondi, nessuna fretta, nessun timore, niente di niente.
Siamo solo noi, come l’acqua che rincorre ogni giorno la sabbia, ma non può mai averla davvero.
Questo siamo noi, ci sfioriamo, ci tocchiamo, ci baciamo, ma mai riusciremo a stare insieme per sempre.
Lui è l’acqua ed io sono la spiaggia, ed ogni volta che ci incontriamo tanti piccoli pezzi di me si disperdono in lui, come le sue acque, che anche se in parte resteranno in me per sempre.
“Sei sempre stata cosi riflessiva..” Sbuffa divertito, guardando il mare.
“E tu cosi sconsiderato.” E questa volta il bacio che ci scambiamo non ha nulla a che fare con la dolcezza, con la lentezza, le nostre labbra si cercano disperatamente, le nostre lingue iniziano una corsa sconsiderata e le nostre mani percorrono chilometri e chilometri sul corpo dell’altro.
“Non ti è mai dispiaciuto però..” Esclama con un soffio con il mio labbro fra i denti.
“Non ho mai detto questo.”
“In realtà qualche volta si.” Sorride, ma i suoi occhi si velano per alcuni secondi di un’insana e insolita venatura scura,  che mi lascia perplessa poi le sue mani iniziano ad accarezzarmi i capelli e riprende “Delle volte ho pensato non mi sopportassi.”
“Non ti sei mai allontanato troppo dalla verità.” Non so nemmeno cosa abbia capito della frase visto che non mi ha dato il tempo nemmeno di finirla, mi ha baciato nel bel mezzo del discorso, e anche se odio essere interrotta, evito di lamentarmi, è la più bella interruzione di sempre.
E’ normale sentirsi ovunque e da nessuna parte nello stesso momento? Gli odori di mille città diverse si accavallano ad un aroma acre e fastidioso, che il mio cervello collega automaticamente al nulla. Sono in Inghilterra, ma contemporaneamente sono in qualsiasi parte del mondo, sono in Francia, in Italia, in America ed in Svizzera, l’unica cosa che accomuna ognuno di questi paesi è che almeno una volta ci sono stata, e ci sono stata con il mio fidanzato. “Adrian, cosa siamo noi due?”
“Adrian e Hope.” Risponde scontato, ma dando alla sua frase quasi un che di geniale.
“E insieme cosa siamo?” Non so nemmeno io dove voglio arrivare, voglio solo sapere come chiamarlo, come poterlo immaginare, ci rincontriamo, ci amiamo, ci vogliamo, ma lui per me cos’è? Ed io per lui?
“Un ragazzo con una ragazza bellissima.” Ridacchio piano, e il mondo intorno scompare. Vorrei tanto essere meno coinvolta, sentirmi meno come una qualsiasi adolescente preda della prima cotta, ma quando ci guardiamo sento che il resto non conta, sento che non c’è nulla di più importante, ci siamo solo io e lui.
“Dio quanto mi è mancata questa risata.” Mi fissa con due occhi che nulla hanno da invidiare al cielo sopra alle nostre teste e mi lascia un bacio sui capelli.
“A me mancavano cosi tanto queste labbra.” Esclamo io a bassa voce cercando la sua bocca e trovandola immediatamente.
“E tutto il resto?” Si allontana troppo presto da me e mi guarda con aria scioccata.
“Mh, diciamo anche tutto quello che ci sta intorno.” Dico sfiorandogli le labbra con una lentezza quasi snervante.
“Bionda non puoi provocarmi cosi.”
“Guarda che non sto facendo proprio nulla.”  Affermo con sicurezza “E poi tu mi hai provocato per mesi, posso ricambiare il favore?”
“Assolutamente no.” Risponde divertito, mi prende per un braccio e mi abbraccia da dietro, appoggiando la testa sulla mia spalla. “Comunque non siamo qui solo per guardare il mare.”
“E per cosa allora?” Lo guardo con una leggera aria maliziosa e lui scuote la testa.
“Andiamo piccola.”  Mi prende per mano e ci incamminiamo pigramente, parlando di tutto, di tutto tranne di noi davvero, di tutto tranne della nostra storia, di tutto tranne della sua natura, e della mia che sappiamo?
“Fermo, fermo.” Urlo quasi incantata. “Guarda questi fiori..”
“Sono viole del pensiero.” M’informa sicuro. “Una leggenda narra che una freccia di cupido cadde su questi fiori.”
“Sono bellissimi.”
“Rispetto a me non di certo.” Stacca un fiore dai petali di un viola intenso con delle venature più scure e me lo porge. “Diciamo che pure rispetto a te impallidisce.”
“Bugiardo.” Sussurro senza voce, nonostante Adrian mi faccia complimenti da quando sono arrivata, nonostante io senta che sia sempre andata cosi, mi imbarazzo, mi imbarazzo come se fosse la prima volta, come se avessi 15 anni.
“Oh stai arrossendo.”
“Stupido.” Gli do una piccola spinta e gli rubo la viola, iniziando a correre.
“Vieni qua, piccola peste.” Lo sento urlare, ma mentre corro, mentre mi allontano spedita dalle aiuole verso il mare, il paesaggio cambia intorno a me, prima una città affollata  con alte arcate e tanti visi sorridenti, poi un parco enorme, tanto verde, tanta gente, un lago, e dopo ancora una città sull’acqua, meravigliosa ma in questo momento buia e addormentata.
Madrid?
New york?
Venezia?
Tante scene viste, viste con questi occhi, in un’altra vita, con altri ricordi in testa, ma sempre con l’amore incondizionato verso il ragazzo che sento arrivare alle mie spalle, nel cuore.
Corro a perdifiato per la spiaggia, questi flash mi confondono, ma allo stesso tempo mi riempiono di adrenalina, ma devo fermarmi comunque, un secondo solo, devo prendere aria.
“Tregua.” Ansimo, piegata su me stessa con le mani sulle ginocchia.
“Per niente al mondo.” Dice alle mie spalle prendendomi una mano e tirandomi verso di lui.
“No, no. Fermo!” Inizio ad urlare e nello stesso momento a ridere.
“Si, si invece.”  Io comincio a divincolarmi, ma lui mi tiene cosi forte stretta al suo corpo che quasi non riesco a muovermi.
“Amore mio, no.”
“Mi hai chiamato amore?” Mi fa voltare verso di lui e sfrutto l’occasione per scappare via dalle sue grinfie. L’ho chiamato amore, e mi è venuto incredibilmente normale, naturale, come se fosse scontato che lui sia il mio amore, come fosse cosi da sempre.
Gli faccio una linguaccia e ricomincio la corsa, ma lui mi è sempre alle spalle e in un secondo ci ritroviamo faccia a faccia, occhi incatenati in occhi, e non so in che modo in un istante ci troviamo per terra, io sopra al suo corpo,  e lui sotto di me, con tutto il mio peso addosso.
Tutti i nostri muscoli sono a contatto, ed i suoi tesi, battono contro i miei percorsi da brividi e spasmi, per la corsa le nostre maglie si sono alzate, e la pelle delle nostre pance quasi si confonde per quanto siamo vicini, ma la cosa che più amo di questa situazione è sentire il battito del suo cuore contro il mio petto, con un’insistenza ed una forza che mi porta a pensare che i nostri cuori si attraggano inesorabilmente.
E poi iniziamo a ridere, felici, melodiosi, innamorati.
Anche se lui non lo sa.
Lui non ne è neanche lontanamente consapevole.
Ma io, in questi attimi in cui riusciamo a essere davvero noi, senza nessuna decisione di troppo, senza il costante ticchettio delle lancette di un orologio a ronzarci nelle orecchie come un branco di cavalli imbizzarriti, senza il pensiero inesorabile che tutto potrebbe finire da un momento all’altro, io sono felice e potrà sembrare anche stupido , ma l’unica cosa di cui mi importa davvero è leggere nei suoi occhi la stessa felicità.
Ed adesso la leggo, eccola là quella luce, quella scintilla capace di infuocare il mondo intero, ma soprattutto capace di farmi innamorare giorno dopo giorno, anno dopo anno, vita dopo vita.
I nostri sono piccoli stralci di paradiso, e dalla vita non chiedo più niente.
 
 
“Benvenuta nel faro di Falitaj.”
“Ma non c’è nessuno?” Domando, in quel posto tutto sembra immobile da anni, come se nessuno ci entrasse, come se non fossero quasi a conoscenza di quel posto.
“Tutto per noi.” Risponde schietto sollevando leggermente un angolo della bocca carnosa e rossa.
“Adrian è fantastico qui!” Esclamo circondandogli con foga il collo con le braccia e stringendolo a me.
“Non ti ricorda nulla?” La sua voce è un sussurro, ma è cosi vicino al mio orecchio che riesco a percepire persino la leggera nota di esitazione nel suo tono, e appena mi concentro un po’ di più un brivido mi fa accapponare la pelle del collo e automaticamente chiudo gli occhi, e ci rivedo. Siamo noi, di nuovo in questo faro, con altri vestiti, con una melodia sconosciuta alla radio, il sole alto fuori e l’aria di un amore giovane e fresco.
“Siamo già stati qui!” Dico con ancora gli occhi chiusi e la testa che si affanna per ripescare quel ricordo.
“Guarda.” La sua voce è come il rumore di un onda in un lago silenzioso e desolato.
Apro gli occhi e una polaroid sbiadita svetta sul muro, ci siamo io e Adrian, abbracciati, io con indosso un vestito blu dalle forme geometriche e un paio di occhiali scuri fra i capelli, e lui con i capelli leggermente più lunghi, indossa una semplicissima polo amaranto e dei pantaloni scuri. Sorridiamo beati e lui mi stringe cosi forte che mi sembra quasi di sentire ancora quel calore smisurato sulla pelle.
“10 Luglio 1965.” Leggo con voce tremante e in un momento di lucidità riconosco perfino la mia scrittura con un sussulto.
“Belli vero?”
“Mi mandavi seriamente in giro cosi?” Lui mi guarda con aria interrogativa e  allora io riprendo. “Ero ridicola, e poi quel vestito era cortissimo.”
“Non immagini quante ne abbiamo passate per quei vestiti, e poi eri bellissima come al solito.”
“Tu sei cambiato da morire.” Scherzo e lui mi guarda torvo.
“Mi mantengo fedele a me stesso.” Il suo è un piccolo sorriso, non uno di quei sorrisi pieni e completamente soddisfacenti, no è un sorrisetto, sotto il quale nasconde una leggera ansia, perché lui se l’aspetta la scarica di domande, lui si aspetta anche una reazione spropositata, l’unica cosa che non sa è che le domande ci sono ma sono assolutamente tranquilla, va tutto bene, nessun giramento di testa, niente ansia, niente di niente.
“Cosa sapevo?”
“Nulla.”  Risponde immediato, guardando verso la porta.
“Davvero??” Esclamo, non me l’aspettavo, pensavo sapessi di più, ma.. “Nulla davvero?”
“Ti piacevo, i tuoi non volevano, e quindi è scoccato l’amore. Una delle prime volte in cui ci simo baciati.” Mi attira a se e fa rincontrare le nostre labbra, il profumo costante di liquirizia si abbatte su di me come un pugno che non fa male, ed io mi abbandono a lui completamente, le mie mani finiscono fra i suoi capelli scuri e si attorcigliano intorno alle punte ricce, le sue di mani invece sono sui miei fianchi e continua a spingermi verso di lui, ma ogni distanza è stata già annullata, come ogni dubbio.
Siamo vicini, talmente vicini che i nostri corpi si mischiano in un’unica essenza, le nostre labbra non hanno voglia di riposo, smaniose cercano sempre di più, e si raccontano, si parlano come solo loro sanno fare, si ritrovano e si amano, e ricordano insieme tutto l’amore di cui sono le uniche testimoni.  “Questo fiore  è una promessa.”
“Cosa?” Gli accarezzo il collo bianco con entrambe le mani e mi ritrovo a giocare con un suo orecchio mentre lo vedo sorridere.
“L’abbiamo colta, quindi adesso dobbiamo mantenerla.” Ed è lui ad estrarre la viola del pensiero da una tasca dei jeans e a sistemarmela nei capelli.
“Puoi dirmi quale sarebbe questa promessa da mantenere?” Mi lascia un bacio sul collo e mi ritrovo a sussultare inconsapevolmente.
Pensa sempre a me, io penso a te".
“Solo questo? Mi dispiace io lo faccio già.” Affermo sicura e dispiaciuta.
“Questo è un contratto, sei pronta a firmarlo?? Lo sguardo che mi lancia è carico di sentimenti e la cosa che più mi sorprendere è riuscire a riconoscerli tutti. C’è il divertimento, c’è la passione, c’è la voglia di prendermi in giro mischiata a quello di avere delle certezze, e vi giuro in quegli occhi vedo anche un po’ d’amore.
Lo bacio per un secondo, un bacio semplicissimo, a stampo, senza troppe pretese, volevo solo sfiorare quelle labbra, volevo farle mie, volevo sentirlo vicino.
“Lo prendo come un si?” Domanda iniziando a mordicchiarmi il collo.
“Assolutamente.”
“Dimmi una cosa.” Dico tranquilla, non so da dove mi nasca questa curiosità, ma voglio saperlo, è solo una domanda stupida, ma voglio saperlo. “Quando chiudi gli occhi cosa vedi?”
“Perché?” Di nuovo quel mezzo sorriso fastidioso, quell’angolo della bocca alzato, quegli occhi luminosi.
“Curiosità.” Rispondo abbassando lo sguardo imbarazzata, perché non sto mai zitta?
“E tu piccola Hope cosa vedi?”
“Non si risponde ad una domanda con una domanda.” Lui scoppia in una fragorosa risata e si siede su una sedia impolverata restando in silenzio e fissandomi, io allora riprendo. “Io quando chiudo gli occhi vedo te. Ci sei tu con i tuoi sorrisi strani, con quegli occhi che sembrano lampadine per quanto brillano, con quei capelli che non sono mai in ordine. Ci sei tu con quel costante odore di liquirizia, tu con la battuta sempre pronta, tu che ami prendermi in giro. Sempre tu. Ed è cosi da sempre, dovevo solo capirlo prima.”
Le sue braccia sono spalancate, ed io improvvisamente con gli occhi lucidi mi tuffo su di lui, perché in fin dei conti è anche questo quel che vedo: me tra le sue braccia grandi, per tanto tanto tempo.
“Lo vuoi sapere ancora cosa vedo quando chiudo gli occhi?”
“Si” Sussurro sul suo collo.
“Vedo un sorriso meraviglioso, vedo delle lentiggini dolcissime, vedo dei capelli perennemente disordinati. Unghie mangiucchiate. Parlantina. Parolacce. Ma soprattutto vedo delle mani, della mani che sanno stringermi come non ha saputo mai far nessuno, quelle mani sono elettricità pura, quelle mani che alle volte tremano ma che nascondono la forza di mille uomini. Vedo quella mano che mi sfiora il viso, che mi accompagna durante un viaggio, vedo quella mano che prende la mia e non mi lascia mai solo. Quando chiudo gli occhi vedo l’unica cosa in grado di togliermi il fiato.”
Ed io rimango senza voce, come al solito l’emozione blocca ogni tipo di comunicazione, lo stringo con più forza, poi lo allontano solo per poterlo guardare negli occhi, e mi ributto fra le sue braccia, perché altro non posso fare, perché altro non c’è da fare.
Infondo hanno inventato gli abbracci per far sapere alle persone che le ami senza dire nulla.






SALVE PERSONE!
Ormai è scontato che sia in ritardo, vero?
Ma comunque oggi ho un buon motivo, voglio dire è appena finita la settimana più depressa della mia vita, piangevo per ogni cosa, ogni minuto, quindi perdonatemi.
Passando al capitolo invece finalmente c'è un capitolo felice, e sinceramente non ne ero quasi abituata, vederli cosi felici e contenti mi fa uno strano effetto!
Spero che vi piaccia e che non sia troppo sdolcinato, ma un po' di dolcezza se la meritano anche loro due. 
Fatemi sapere la vostra, mi raccomando, che per me è estremamente fondamentale. 
Sono pronta a tutto.
Fatemi domande, bestemmiatemi contro o sclerate con me. 
Un bacio grande. 
Alla prossima.
 
-Allen

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Capitolo 18
*** Fire. ***


Fire.



Essere in questa macchina fa un brutto effetto, anzi più che brutto direi strano, è uno dei primi ricordi che ho qui a Bristol, questa macchina blu con il ragazzo strano che mi sorrideva mentre io gli urlavo contro. Ma il primo sicuramente è l’insana sensazione di appartenere a questa città come mai mi era capitato, era come se avessi trovato l’unica calamita in grado di attrarmi, ed anche questa è sicuramente colpa di Adrian.
“Non credi sia una cattiva idea arrivare insieme?” Chiedo mangiucchiandomi le unghie e guardando fuori dal finestrino.
“E perché mai?” Una sua mano finisce sulla mia coscia ed il cuore parte come al solito, ormai non è più nemmeno un fastidio, è qualcosa con cui impari a convivere, come un paio di occhiali che all’inizio trovi fastidioso e poi diventa indispensabile.
“Come la prenderanno le tue amate cheerleader?” Appoggio la mia mano sulla sua, e poi lo allontano con forza.
“Oh, sicuramente ci sarà un suicidio di massa.” Lo fisso e con lui provare due sensazioni opposte contemporaneamente è normale, in questo momento vorrei abbracciarlo per lo sguardo che mi lancia divertito e colmo di amore, e vorrei spaccargli la faccia per colpa del sorrisetto assurdo che segue il tutto. “Ma per te sono pronto a sopportare anche il senso di colpa.”
Mi prende il mento con due dita e mi lascia un piccolo bacio sul naso, mentre siamo fermi ad un semaforo, ed io inspiro forte il suo costante odore di liquirizia e mi sembra quasi che il mondo abbia iniziato a girare.
Mi stancherò mai di inspirare a pieni polmoni questa fragranza?
Un sorriso mi scappa pensando alla risposta così scontata, mai.
“Un bacio me lo merito?” Sussurra troppo vicino alla mia bocca e un’ondata di menta si abbatte sul mio viso, i suoi occhi, cosi vicini, sono due laghi immensi nei quali nelle sere d’estate si può fare l’amore.
“Per aver fatto cosa?” Esclamo alzando un sopracciglio e arrossendo leggermente per colpa dello sguardo inquisitore di un ragazzo fermo sul marciapiede che si gode la scena.
“Ho appena sottinteso che sarei pronto ad uccidere centinaia di persone per il tuo amore.” Spiega con risolutezza appoggiandomi una mano enorme e calda sul collo.
“Ah siamo già a centinaia, ed io ero convinta che ci fermassimo alle decine.”
“Ho il mio giro, bambina.” Mi sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio e mi lascia un bacio proprio sotto il lobo.
“Cammina, stupido.” Lo allontano sentendo i clacson impazziti dietro di noi.
“Agli ordini signor capitano.” Ritorna serio al volante e scimmiotta un mezzo gesto militare.
“Preferirei mi chiamassi mio grande ed unico dio.”
“Va’ al diavolo Evans.” Ghigna alzando quel maledettissimo angolo sinistro della bocca e facendomi venir voglia solo di prenderlo a schiaffi, e poi baciarlo per ore.
 
 
“Adrian un paio di bionde mi stanno guardando e credo di vedere qualche forcone!”
“Smettila.” Ride appoggiandosi ad un armadietto e fissando il suo sguardo su di me.
“Oggi a chi tocca?” Domando guardandomi intorno e trovando realmente degli sguardi di odio, l’entrata non è stata per niente plateale, anzi siamo arrivati in anticipo proprio per non dar troppo nell’occhio, Adrian non ha voluto lasciarmi per un secondo la mano ed io ne sono stata inconsciamente fin troppo felice, ma nessuno si è fermato a guardarci o si è messo a parlottarci alle spalle, adesso però stanno arrivando tutti e non molto lentamente sto accumulando sguardi pieni di amarezza, di cattiveria e di risentimento. Colpe?
Adrian ha il suo braccio intorno alla mia vita ed anche volendo non potrei allontanarmi da lui, ma la cosa migliore sono gli sguardi che mi riserva, i piccoli gesti che nessuno nota, le piccole carezze con cui mi sfiora il viso, la gentilezza con cui mi sistema i capelli ed un secondo dopo me li scompiglia, la sfumatura con cui mi chiama amore…
“Vorrei che toccasse tutti i giorni a te.” Mi tira verso di lui e il suo petto aderisce completamente alla mia schiena ed il suo respiro mi scompiglia i capelli e mi fa rabbrividire tutta la pelle scoperta del collo. “Vorrei tante cose in realtà.” E lo immagino con in volto un sorriso amaro e gli occhi leggermente socchiusi.
“Piano piano avremo tutto, nulla è impossibile, no?”
“Con te fra le mie braccia, assolutamente.” Sussurra strofinando il naso contro la pelle sotto il mio orecchio.
“Smettila.” Dico implorante, e non per colpa del batticuore, del mal di testa, o di qualsiasi altra forza superiore, ma semplicemente perché io potrei non rispondere più delle mie azioni.
“Sennò?” Chiede con la voce roca e con le labbra troppo vicine al mio lobo.
“Sennò potrei baciarti per ore contro questo armadietto.” Rispondo arrossendo delle mie stesse parole.
“Non perderei mai un’occasione del genere, amore mio.” Esclama divertito, girandomi verso di lui e facendo scontrare i nostri cuori, che come ogni volta che sono cosi vicini sbraitano per ricongiungersi, perché dite quello che volete, ma un amore che si rincorre nel tempo, un giorno tanto tempo fa’ è stato diviso, e cerca ancora la sua rivincita.
“Non qui, Adrian.” Siamo così vicini che anche un gesto impercettibile dei due potrebbe far unire le nostre labbra.
“E perché mai?” Non riesco a ragionare, troppa vicinanza, troppo contatto, troppa roba da gestire. “Al massimo ci denunciano per atti osceni in luogo pubblico.”
“Stup” Non riesco a finire di parlare che le sue labbra sono incollate alle mie, ed il mio mondo è completo. Chiamatemi stupida, chiamatemi ragazzina, o in qualsiasi altro modo vi venga naturale, ma per me la sensazione che la sua bocca ogni volta mi regala è inspiegabile, è come il sole per un girasole, come la libertà per un’aquila, come la voglia di un bambino di stringersi con forza alla madre.
Indispensabile.
Congenito.
Naturale.
E mentre lui si occupa delle mie labbra io faccio scivolare la mia lingua fra le sue, e nell’esatto momento in cui queste si trovano il mondo inizia a sgretolarsi come la mia consapevolezza di essere a scuola.
Così le nostre lingue iniziano a fare mille acrobazie, in un momento si accarezzano dolci e poi saettano smaniose, non riusciamo ad accontentarci, ogni attimo sembra durare troppo poco e ogni contatto sembra fin troppo superficiale, respiriamo ognuno il respiro dell’altro e le nostre lingue intrecciate si esprimono meglio di quanto qualsiasi amante abbia fatto prima.
Fra le nostre bocche si concentra un enorme sole, come se dalle nostre bocche nascesse un fuoco che sentiamo solo noi, che capiamo solo noi, che riscalda solo noi.
Le sue mani accarezzano la pelle scoperta fra i jeans e il maglioncino, mentre le mie mani affondano tra i suoi capelli, potrei desiderare di più quando sento il battito del suo cuore attraversarmi la pelle e scuotermi osso per osso?
La campanella suona all’impazzata e di colpo mi riporta alla realtà, ai corridoi della mia scuola, agli sguardi cattivi che mi circondano.
Circondavano.
Adesso siamo soli, arpionati fra di noi e completamente accaldati.
“Devi proprio andare a lezione?” Domanda tracciando lentamente con il naso una linea immaginaria che attraversa il mio collo e termina sulla mia bocca, con un altro e fugace bacio.
“Di regola..” Combatto per far uscire la mia voce, che come ogni volta in queste situazioni si rifiuta di collaborare.
“No, perché l’idea di rimanere qui per ore si prospetta parecchio allettante.” Replica portando le mani leggermente più in basso e spingendomi contro di lui con maggior forza.
Ed il fuoco divampa.
Adesso non è più ben delimitato fra le nostre bocche, adesso comprende tutto, distrugge ed avvolge ogni fibra del mio essere, percorre strade che non pensavo nemmeno facessero parte del mio corpo e unisce le nostre due anime in un’unica ed immensa fiamma.
“Devo andare.” Ansimo sentendo le sue mani al caldo nelle tasche posteriori dei miei jeans e la bocca sul mio collo.
“E mi lasci qui?” Tutti i baci che ci siamo dati non sono nulla in confronto alla potenza dello sguardo che mi riserva, l’ho visto lanciare sguardi pieni di odio, sguardi divertiti, sguardi sarcastici o estremamente seriosi, ma questo sguardo è quello che più mi lascia senza fiato.
Credo non sia nemmeno tutta colpa del paio d’occhi di uno strabiliante turchese che mi fissano da una distanza minima, e nemmeno della leggera sfumatura giallastra che l’iride assume vicino alla pupilla, sono assurdamente convinta che la cosa che mi fa’ più male, ma che allo stesso tempo mi rende ancora più sconvolta, è tutto l’amore che riesce a trasmettere con quegli occhi.
E’ come se mi parlassero, come se fossero in grado di dirmi “Ehi amore sei tutta la mia vita, non ti lascerò mai.”, come se fossero capaci di avvolgermi nel più caloroso e amorevole abbraccio di sempre,è come se si portassero dietro tanti di quei sentimenti da farmi girare la testa, non c’è nulla di certo, nulla di concreto, c’è solo l’amore incondizionato che i suoi occhi mi trasmettono, ed io mi sento al sicuro.
“Adrian…” I suoi occhi, quegli occhi, si incatenano ai miei e in un flash si susseguono tanti abbracci, tanti sguardi, tante mani che si sfiorano e che si stringono. Cosi la consapevolezza di aver trovato di già tutto quello che l’uomo cerca da millenni mi fa sorridere stupidamente, come se adesso il mio dormire rannicchiata in un angolo del letto avesse senso, gli ho sempre lasciato un posto per starmi vicino in caso decidesse di farsi vivo, perché scontato è il desiderio di essere sommersa dal suo amore, lo è sempre stato, ma adesso mi è chiaro che sono piena, stracolma del mio amore verso di lui, perché non è solo nel mio cuore che si racchiude tutta la forza dei miei sentimenti verso Adrian, l’amore si è impossessato totalmente di me, come fa la vita in un fiore fra la neve, ed io non gli ho mai sbarrato la strada perché è amore quell’amore che ti penetra nelle ossa e riesce a scuoterti senza mai farti male, e con la stessa facilità con cui questo pensiero mi si formula in testa due semplici parole sgusciano via dalle mie labbra. “Ti amo.”
 
 
 
 
 
 
Danielle mi squadra dalla testa ai piedi dal momento in cui entro in classe leggermente barcollante e rossa come un peperone, e scuote la testa quando non calcolo minimamente il professore che mi informa che non è consentito fare i propri comodi e che abbiamo degli orari da rispettare, delle regole, e tutte le solite puttanate.
Mi siedo sulla solita sedia ricoperta di frasi e completamente scheggiata con un tonfo e tutta la classe si volta verso di me con fare sospettoso.
“Hope dammi solo una valida ragione per tollerarti.” Dice la rossa che mi guarda schizzinosa con una mano a reggerle la testa e l’altra che tamburella sul banco.
“Cosa?” Chiedo confusa. “Si sono in ritardo, non lo faccio più mamma.”
“Cosa cazzo me ne frega che sei in ritardo?” Dice a voce alta ma poi abbassa il tono guardandomi con odio.
“Cos’altro avrei fatto?”
“Hai tutto, tutto il rossetto sbavato!” Esclama allargando le braccia in segno di esasperazione.
“Okay, tu non mi sopporti perché ho il rossetto sbavato?” Domando accoccolandomi sul banco con entrambe le mani sotto la testa.
“Assolutamente si. Avevi scelto un bel rosa, ma cosi davvero non posso far altro che odiarti.” Ribatte risoluta  incrociando le braccia. “Capisco l’amore forte, il bisogno di contatto e tutte le cazzate varie, ma il rossetto non si sciupa mai.”
“Danielle.” Prende un respiro profondo cercando di regolarizzare il battito cardiaco. “Tu. Sei. Assurda.” Scandisco ogni parola con precisione voluta e scuoto la testa leggermente divertita.
“E perché mai questo? Solo perché do più importanza alla tua reputazione piuttosto che ai tuoi bacetti languidi con Adrian?”
“Esattamente.” Rispondo e annuisco convinta.
“A proposito, occhi azzurri è un buon baciatore?”
“Dan, dai non puoi farmi queste domande…” Il fuoco non si è ancora del tutto spento e il solo pensiero delle sue labbra sulle mie mi fa venire il mal di pancia. Sicure che si tratti di farfalle? Io sento di avere nello stomaco almeno quattro o cinque camion che si divertono a fare wrestling.
“Si che posso!” Dice mettendosi nella sua chiara posizione d’ascolto: sguardo fisso, labbra leggermente socchiuse, e mano sotto il mento.
“Non puoi.. Adrian è” Prendo un respiro profondo e riprendo. “Adrian.”
“Questo non mi era chiaro. Sei stata utilissima.” Mi prende in giro spalancando gli occhi con fare teatrale. “Davvero un intervento divino.”
“Danielle Bull non posso spiegarti come bacia Adrian.”
“La smetti di pronunciare il suo nome con fare sognante?” Sbotta ad un certo punto. “Sei fastidiosa.  E poi so che puoi..” Ed ecco lo sguardo a cui non so resistere, quello assurdamente dolce a cui nessun essere umano può dire di no.
“Come dire? Hai presente quando affondi i denti in un panino di Mc Donald dopo un decennio di dieta ferrea?”
“Si, purtroppo.” Conferma afflitta scuotendo la testa.
“Ecco, amplifica almeno centomila volte il tutto. E’ come se ritornassi alla luce dopo millenni di buio, come se avessi trovato la mia strada in un modo deserto, come se imparassi a respirare davvero solo quando le sue labbra sfiorano le mie.”
“Ho quasi gli occhi lucidi Evans.” Finge di asciugarsi una lacrima “Conclusione?”
Un sorriso le illumina il volto e speranzosa è in attesa di una risposta decente.
“E’ un ottimo baciatore, Dan. Immagina il miglior bacio che potrai mai ricevere, fatto?” Domando speranzosa, e lei annuisce immediatamente. “Bè Adrian è molto ma molto meglio.”
 
“Mi dai la manina?” Mi chiede fra i corridoi già quasi desolati della scuola.
“Danielle spiegami il motivo di questa richiesta.” Rispondo guardandola storto e sorridendo.
“Mi sento trascurata.”  Dice con il tono di una piccola e povera bambina indifesa, allora tendo il braccio e la prendo a braccetto.
“Questo è il massimo che ti concedo.” Ribatto cercando di sembrare seria.
“E’ già tanto piccola mia.”  Tenta di avvicinarsi imitando malamente uno sguardo dolce e sensuale allo stesso tempo, facendo sporgere le labbra in fuori.
“Cosa stai facendo?” Scoppio a riderle in faccia, e faccio girare dei ragazzi che stavano parlando vicino all’uscita.
“Voglio solo darti un bacio, piccola mia.” La mia mano si spalma completamente sulla sua faccia e l’allontano ridendo ancora più forte.
“La smetti di cercare di imitare Adrian?” Sbotto e la vedo sorridere da orecchio a orecchio. “Non ci riesci nemmeno!”
“Dai, lo so che mi ami.” Ammicca verso di me e con scarsi risultati cerca di sorridermi seducente. “Nessuno può resistermi.”
“Smettila!” Esclamo ad alta voce fra una risata e l’altra.
“Andiamo, ragazza.” Aumenta il passo e si passa la lingua sulle labbra, ritornando la solita Danielle, con i capelli che le rimbalzano ad ogni passo. “Andiamo alla ricerca disperata del tuo ragazzo.”
“Tecnicamente non siamo fidanzati.” Obbiettò dandole una leggera gomitata.
“Praticamente fate peggio dei conigli.” Urla spalancando la porta che si affaccia sul cortile della scuola.
“Ah ah ah.” Fingo una risata, e nel frattempo mi guardo intorno alla ricerca di Adrian.
“Dov’è?” Mi chiede facendo saettare come me lo sguardo da un parte all’altra della zona.
“Sarà già vicino alla sua macchina, vieni.” Dico incerta e sento un pizzico di fastidio attanagliarmi lo stomaco. Sarà scappato? “Dan, gli ho detto che lo amo.”
“E ME LO DICI COSI?” Urla come una pazza e si ferma di colpo in mezzo al cortile, per fortuna mezzo vuoto.
“Come dovrei dirtelo?”
“Cosa gli hai detto? Come ti ha risposto? Dove eravate? Come ha reagito?” E’ un fiume in piena e si ferma solo perché le metto una mano sulla bocca impedendole di parlare.
“E’ finito il terzo grado?” Domando sconcertata e sinceramente preoccupata.
“Parla.” Lo dice lentamente e il suo sguardo mi inquieta leggermente.
“Eravamo in corridoio. Eravamo, bè dai, si ci, cioè..” Mi imbarazzo talmente tanto che la lingua si attorciglia su se stessa e le parole lottano fra di loro.
“Stavate pomiciando, okay, continua!”
“E mi è sembrato talmente scontato e semplice che ho dovuto dirglielo. Mai nella vita sono stata cosi certa di qualcosa. E’ chiaro, come chiaro è che il solo sorge a Est. Poi sono venuta correndo in classe.” Spiego totalmente certa delle mie frasi.
“Da dove ti è venuto?”
“L’ho sentito Dan. Era come avere un corpo estraneo sottopelle. Doveva uscire, dovevo dirlo.” Rispondo con voce incerta. “Ora mi dite dove cazzo è?”
“Non fare l’isterica. Quella non è la sua macchina??” Indica una mini cooper blu ed il mio cuore di ferma per alcuni istanti quando vedo dei ricci biondi sbucare poco lontano da lui.
“Zitta.” Le ordino e la tiro con me avvicinandoci a loro, e per fortuna riconosco in quei capelli chiari il ragazzo dagli occhi neri come la pece del bar.
“E’ un contratto, stringimi la mano e tutto sarà fatto.” La voce dello sconosciuto è inquietante come il suo sguardo, è assurdamente profonda e roca, ed è la voce più pesante che abbia mai udito.
“Piano.” Ribatte immediatamente Adrian “Posso essere parecchio avventato, ma qui non posso rischiare. Qui si parla di qualcosa di molto più importante di me stesso.”
“Oh lo so ragazzo mio.” Il tono con cui dice questa frase mi mette in soggezione, come se Adrian appartenesse davvero a lui, come se fosse un qualsiasi oggetto e non una persona. “Qui c’è in ballo la sua di vita, sei pronto a tutto?”
“A tutto, tutto pur di vederla felice.” Risponde sfrontato sorridendo piano passandosi una mano nei capelli. Di cosa sta parlando?
“Stringimi la mano e al primo sguardo ogni stralcio di passato sparirà.” La sua mano si tende verso Adrian che la guarda con fare disgustato e poi indietreggia scuotendo la testa.
“Ed il suo futuro?”  Chiede con ancora lo sguardo basso e incerto che saetta dalle mani del ragazzo biondo all’asfalto.
“Quello di una qualsiasi comune ragazza.” I ricci del biondo si muovo leggermente e credo stia ridendo sommessamente.
“Alla prossima Shaitan .” Adrian lo guarda adesso a testa alta.
“Non si è mai pronti a dire addio ad una persona, vero mio caro Adrian?”







Salve persone!
In ritardo ma ci sono anche questa volta, e oggi vi porto anche un capitolo più lungo del solito, anche se abbastanza di passaggio. 
Ma che succede?
Sappiate che mi faccio tante di quelle domande perchè vedo che siete completamente spariti che potrei andarmene in depressione.
Ed infatti anche questa volta ringrazio Baffua e Rose.
VOI PERO' MI LASCIATE UNA RECENSIONE? 
Pure piccola piccola.
Voglio sapere la vostra.
Un bacio.

-Allen

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Capitolo 19
*** Freefall. ***


Freefall.





Gli occhi sono ben chiusi, la bocca ben sigillata, tutto ciò che sento è il freddo pungente sulla pelle ed il suo respiro poco distante da me.
Ed in un secondo una domanda supera tutte le altre, scavalca con forza ogni grande intrico nel mio cervello e si fa largo fra la moltitudine di richieste.
Spalanco gli occhi e prendo un respiro profondo.
“Adrian dimmi solo perché, perché siamo qui, perché la nostra vita non è finita anni fa. Perché siamo destinati a rincorrerci per sempre?”
“Hope, Hope, Hope…” Mi volto verso di lui ed un lamento sembra uscire dalle sue labbra che si muovono veloci e apparentemente senza senso, entrambi gli occhi socchiusi e le lunghe ciglia creano delle ombre marcate intorno agli occhi.
“Perché? Voglio solo sapere questo.” Non gli sto chiedendo chi sia quell’uomo inquietante, e nemmeno di chi stessero parlando, voglio solo saperle il perché del nostro destino.
“Perché ci amavamo troppo.” Risponde con un sorriso amaro che in realtà di sorriso vero non ha nulla, le sue labbra sono solo tese in una leggera curva, curva mortale sulla quale molti hanno perso il controllo e si sono schiantanti, me compresa.
“Cosa? Adrian non ha senso.” Con entrambe le mani sul viso mi massaggio gli occhi e poi riprendo con più calma. “Tu sei un angelo, io un’umana. Cosa ci unisce?”
“Un’umana?” Domanda leggermente stupito, alzando un sopracciglio e guardandomi con le mani intrecciate dietro al schiena. “Hai sempre pensato di essere una semplice umana?”
“E cos’altro dovrei essere allora?” Il battito automaticamente aumenta, conscio di aspettare una risposta che potrebbe sconvolgerci la vita, e stringo le mani a pugno che iniziano a sudare.
“Sei una nephilim.” Esclama scontato, mordendosi un labbro subito dopo e chiudendo di scatto gli occhi.
“Una cosa??” Chiedo urlando con lo stomaco in gola, e lui immobile come una statua non mi concede la tanto attesa risposta. “Cosa Adrian? COSA?” Mi avvicino e lo prendo per le spalle, scuotendolo.
“L’incrocio fra i figli di dio e le figlie degli uomini.” Sussurra con un fil di voce e sento le sue labbra quasi muoversi sui miei capelli e le braccia circondarmi con fare protettivo in modo da calmarmi.
“Adrian, ti prego… parla.” Mi abbandono contro il suo corpo come senza vita, e mi rendo conto che essergli lontana ha solo peggiorato le cose, potrà anche dirmi che sono figlia di un unicorno ma fra le sue braccia tutto avrà un minimo di senso.
“Tua madre è morta di parto e tuo padre…” La sua voce è calma, pacata ma leggermente insicura “Bè tuo padre non si è mai fatto vivo, ma il sangue angelico nelle tue vene assicura il suo intervento.” Rimango inebetita e leggermente stonata ma lo esorto a continuare comunque. “Helen ti ha salvato quando eri ancora una neonata. Ti ha cresciuto come nemmeno la tua madre biologica avrebbe saputo fare.”
“Mamma…” Sussurro ed un flash mi annebbia la mente: dei grandi occhi color del grano e una cascata di lunghi capelli scuri.
“E’ la direttrice della scuola per nephilim sull’isola di Moitié. Ed è lì che ci siamo incontrati.”
“Quando il primo incontro?” Mi lancia uno sguardo tra il divertito e lo scioccato.
“Ti ho appena detto che se figlia di un angelo…” Scuote la testa e riprende subito dopo rituffandosi fra i miei capelli. “ La prima volta eri ancora fra le braccia di Helen, non avevi nemmeno due anni, i riccioli biondi ti arrivavano alle spalle e avevi gli occhi più belli del Mondo.” Sorrido imbarazzata e mi incastro ancora di più fra le sue braccia. “Mi prendesti un dito e mi chiedesti di essere il tuo fidanzato.”
“Cosa ho fatto?” Avvampo ma soffoco l’urlo contro il suo maglione scuro. “Bugia non ripeterlo!”
“Come vedi però, ho mantenuto la promessa.” Le mani mi circondano il viso e mi bacia la fronte, poi entrambe le palpebre, il naso ed infine lascia un piccolo bacio sulla bocca, che mi inonda di calore e di tranquillità. “Perché tu Hope Evans sarai per sempre la mia fidanzata, no?”
“Sempre. Ovunque saremo e qualsiasi cosa faremo, sempre.” Mi bacia di nuovo e la lava copre tutto, la lava è tutto, le sue mani sono ovunque, le sue braccia tengono vicini i pezzi di un corpo che potrebbe sgretolarsi da un momento all’altro. “Perché se mi stringi cosi non posso che volerlo per sempre.”
 
 

 
 
Nero.
Tutto intorno è nero, quel nero assoluto che può solo far paura.
Ho sempre avuto paura del buio.
Ma se l’assoluta assenza di luce o colore potrebbe passare anche inosservata, il caos che regna sovrano in questo posto è insostenibile.
Urla, lamenti, rumori assordanti che ti fanno chiudere gli occhi di scatto e accapponare la pelle, porto le mani alle orecchie come se fosse possibile isolare quell’ ammasso incongruente di suoni, ma riesce a penetrare perfino la pelle e mi entra dentro, scuotendomi il cuore che ad ogni urlo si stringe, ad ogni rumore sobbalza e ad ogni lamento smette di battere preoccupato, cosa staranno facendo a Adrian?
Quella domanda mi preoccupa, è un sogno, un sogno.
Adrian è a casa sua, dorme tranquillo.
Domani mi passerà a prendere e andrà tutto bene.
Un urlo e un lampo di luce.
Ed in questo momento, in quest’esatto istante il gelo si impossessa di me.
Muovo le mani frenetiche sulle braccia, cerco di riscaldarmi il qualsiasi modo possibile, ma poi capisco, capisco che il freddo non viene da fuori, il freddo è dentro di me, e non c’è caso più giusto per dire che un cuore ha smesso ufficialmente di battere, perché io ho riconosciuto quell’urlo, ho capito a chi appartiene quella voce, avrei riconosciuto quella voce fra i mille sussurri di un coro, e lascio che il freddo si impossessi di me, perché l’unica persona in grado di riscaldarmi continua ad urlare e ad invocare il mio nome.
“Adrian…” Urlo presa dal panico quando non lo sento più.
“Hope, amore.” La sua mano si posa sulla mia spalla e, assicuratami sia davvero lui, il cuore ricomincia lentamente ed inesorabilmente a battere.
“Amore volete e amore abbiate.” Una voce che azzittisce tutti i rumori ma che allo stesso tempo è ancora più fastidiosa, squarcia il silenzio. “Sarà un amore nero, agitato, ansante e tremante. Lui, lui affogherà tra i ricordi, i rimorsi gli riempiranno i polmoni negandogli il respiro vero ed il dolore, la paura ed il terrore saranno il suo pane quotidiano. Ma la vera pena sarà guardarla e non averla mai davvero, sfiorarla e vederla sparire. Ed invece la ragazza non avrà vita, non avrà ricordi, non avrà casa. Un’esistenza senza pace e memoria farà male, ma mai quanto la necessità di allontanarsi dal suo amore più grande. La vita può essere cattiva, ma l’amore può fare molto più male.”
La caduta adesso è libera, ma non importa.
Adrian è con me.
 
 
 

 
 
Mi sveglio come al solito ansante e completamente sudata come dopo ognuno di questi dannati sogni, l’ultima frase mi risuona in testa come il ticchettare frenetico di un orologio che hai ingoiato e che non riesci più ad espellere, i brividi scuotono tutto il mio corpo e i sussulti non riescono a lasciarmi libera.
La vita può essere cattiva, ma l’amore può fare molto più male.
Quanta verità si nasconde in questa frase detta quasi con noncuranza?
Il dolore che provoca l’amore o quell’ammasso di sentimenti che spesso vengono considerati tale, è quello che più ti annienta, ti lascia svuotato con un unico grande desiderio che ti rimbalza contro le pareti della testa a qualsiasi ora del giorno e della notte e che non ti lascia mai in pace, puoi anche andare avanti, fingere che tutto vada bene e sorridere, mangiare un panino e canticchiare distrattamente una canzone, ma quell’insana voglia continuerà a tormentarti ogni minuto, ogni istante, fin quando non riuscirai ad esaudirla, o almeno a sostituirla.
Alcuni desiderano semplicemente una risposta, altri un piccolo e ultimo bacio di addio, in pochi sperano in un ritorno di fiamma, ma la maggior parte si tormentano con una sola e unica domanda, ne è valsa la pena?
Costa tanto amare, costa troppo perfino uno sguardo con uno sconosciuto che ti guarda sorridendo, già lì compi il primo sbaglio, dai l’accesso alla tua anima, e poi si susseguono le prime parole, dove mostri le tue debolezze, i tuoi punti di forza e si scoprono i talloni d’Achille, ma la parte che preferisco è quella che precede la fase del bacio, è quella delle mani che si cercano, dei capelli che si intrecciano fra le dita fredde nelle sere di metà febbraio, degli abbracci che non terminano mai e del fiato sul collo che ti fa sentire la persona migliore del mondo, perché è questo che ci frega, l’amore ci rende importanti.
Ai nostri occhi essere innamorati ci fa brillare di una luce particolare, e la gente intorno ci da ragione, è la felicità dicono, è l’amore, ma è semplicemente la convinzione di essere importanti per qualcuno che ci rende brillanti, perché quello che cerchiamo da sempre è qualcuno in grado di volerci bene più di quanto sappiamo fare noi stessi, cerchiamo qualcuno pronto a perdonarci, pronto a stare dalla nostra parte anche quando fai la testa di cazzo e non indovini una frase in un ragionamento, qualcuno che corra da noi quando cadiamo e ci sbucciamo le ginocchia, vogliamo qualcuno che ci ami e che ci faccia brillare.
L’amore costa, l’amore fa male, l’amore potrebbe anche uccidere, ma amare è lo scopo per cui affrontiamo la nostra vita, e nessuno può negare la bellezza di due occhi enormi e lucidi che ti sussurrano mi sono innamorata.
E se adesso siamo qui, se magari fra un anno non ricorderò nulla di questa casa, di Bristol, di Adrian che mi stringe raccontandomi la verità, sarà solo per colpa dell’amore, ma che colpa può avere se è proprio grazie a lui se quei pochi momenti di normalità acquistano valore?
Magari avrei potuto essere una ragazza normale, magari Adrian sarebbe venuto alla mia scuola e avrebbe giocato a football, io sarei impazzita e avrei iniziato a contare le volte in cui guardava dalla mia parte o magari mi sorrideva, magari sarebbe stato fidanzato con la solita cheerleader ma poi al ballo di fine anno avrebbe scelto me e ci saremmo sposati, sarebbe stato lo stesso, ogni bacio, ogni tocco, ogni carezza avrebbe avuto la stessa intensità, la stessa elettricità.
Ma saremmo stati allo stesso modo Adrian e Hope? Però una cosa è certa, noi ci amiamo, non come è scontato amarsi alla nostra età, no quello è solo l’antipasto di quello che proviamo noi, il nostro amore fa parte di quegli amori viscerali capaci di dilaniarti lo stomaco e di lasciarti ancora il sorriso ebete sulle labbra, l’amore sconsiderato di una bambino per la nutella, l’amore pazzo di due amanti che fanno il bagno il diciassette di agosto da vent’anni sempre nello stesso lago solo per ricordare momenti felici, l’amore infinito di una madre per i propri figli, il nostro è quell’amore che ti porta a commettere i gesti più sconsiderati e le scelte più avventate, il nostro è amore, amore vero, ma amarsi delle volte non basta, e questa è una di quelle volte. 





SALVE PERSONE.
Ci credete? 
Sono quasi in orario, è l'aria natalizia, ne sono convinta. 
Il capitolo è corto, ma se avessi continuato sarebbe stato troppo lungo, quindi breve ma intenso.
Qui si iniziano a scoprire parecchie cose e spero di sapere anche la vostra, come al solito, perchè sono piena di dubbi e di incertezza.
Grazie a tutti. 
Un bacio.

-Allen

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Capitolo 20
*** Everything leads to you. ***



Everything leads to you






Mi guardo allo specchio e fra la nuvola di vapore acqueo scorgo i miei lineamenti leggeri e quasi infantili, i grandi occhi grigi e le lentiggini chiare. I capelli sono disordinati e arruffati, le labbra secche e screpolate. Ho perfino i brufoli.
Dove si nasconde la mia parte angelica?
Scuoto la testa e sbuffo.
Sono una nephilim.
Mezza umana mezza angelo.
Un sussurro nella mia testa mi ricorda che in qualche modo l’ho sempre saputo, ma un’altra voce, più nitida e decisa, continua a implorarmi di scappare, di non credere alle parole di quel truffatore e di immergermi nella realtà.
Ma oggi, per me, esiste realtà più certa di Adrian?
Riepilogando.
Sono Hope Evans, ho 18 anni e sono una nephilim. Mia madre è morta, mio padre non si è mai fatto vivo. La donna che mi ha cresciuto si chiama Helen, e mi manca.
Lei è un angelo ed è la direttrice dell’unico istituto per gente come me.
Lì ho incontrato Adrian, un angelo di cui mi sono pazzamente innamorata e che mi ricambia, in un modo assurdo e inspiegabile.
Poi?
Come si arriva a tutto il resto?
Cosa c’è dopo questo?
“Se non scendi immediatamente giuro che ti prendo per capelli e ti faccio fare tutte le scale di testa.” Sorrido fra me e me e scuoto la testa leggermente nervosa.
Danielle e Jake sono al piano di sotto e mi aspettano sicuramente davanti ad una pizza e ad un paio di birre, il nostro venerdì scivolerà via così, come al solito.
Ed Adrian non c’è.
Quando mi ha accompagnato mi ha detto che aveva alcuni problemi da risolvere e che si sarebbe fatto vivo il prima possibile.
Ancora nessuna traccia.
Lancio ancora una volta uno sguardo leggermente deluso verso il riflesso nello specchio e ci vedo una ragazza comune, nemmeno tanto carina, con un enorme punto interrogativo disegnato in faccia.
Un paio di occhi azzurri come il mare a giustificare la mia parte angelica?
Un accenno di ali?
Un qualche potere superiore, tipo leggere la mente, volare o trasformarsi in un pipistrello?
Credo di essermi confusa un tantino adesso.
Ma nulla giustifica le parole di Adrian, nessuno può confermarmi la sua spiegazione, nessuno può dirmi ha ragione, fidati di lui.
Eppure lo faccio completamente, ormai mi pare quasi che le sue parole siano l’unica verità che abbia mai ascoltato, l’unica parte della mia vita che non sia una recita destinata a qualcun altro. Qualcuno che mi guarda vivere vite che non sono mie, prendere decisioni che non mi spettano e cadere preda dei miei incubi, e ride.
Ride di me.
Ride delle mie sventure.
Ride delle mie speranze, dei miei sogni, del mio amore.
Una recita, dove l’unica parte improvvisata è causata dalla comparsa di Adrian.
Comparsa che arriva ogni volta, e che stravolge tutto.
Ma le cose più belle della vita, delle volte, sono quelle improvvisate.
Sono una nephilim, e adesso?
Sento la testa pesante ed il cuore accelera come al solito quando non so spiegarmi qualcosa, quando il mondo gira ed io rimango ferma in ginocchio a farmi mille domande che la maggior parte delle volte non hanno risposte soddisfacenti.
Nulla ha senso.
Metto le mani sotto il getto dell’acqua freddo e le porto sul viso, cercando un minimo di lucidità.
Sono una nephilim e ho Adrian, l’amore della mia vita, anzi della mia esistenza, al mio fianco.
Va tutto bene.
 
 
 
Per le scale aleggia un profumo famigliare che mi invade i polmoni e mi lascia piacevolmente colpita, scendo i gradini due per volta e arrivo subito alla fonte dell’odore.
“CINESE.” Urlo saltando e battendo le mani come una qualsiasi bambina di cinque anni.
“Cinese freddo.” Esclama Danielle con indosso uno dei suo soliti vestitini e delle calze scure e pesanti. “ Freddo, solo per colpa tua.” Riprende facendo battere il piede ancora più freneticamente sul pavimento.
“Lasciala stare. E’ innamorata la ragazza.” Dice Jake aprendo le braccia e facendomi accucciare contro di lui. “Vero, tesoro?”
“Mh..” Sussurro e prendo un respiro profondo. “Come mai cinese?”
“Lui ha detto che sei depressa e quindi ha pensato di farti felice.” Risponde Danielle ridacchiando e togliendosi le scarpe.
“Danielle!” La rimprovera Jake buttandole contro un cuscino che lei scansa a occhi bassi.
“E’ la verità, mangiamo?” Domanda sorridente e pienamente soddisfatta, con gli stivali abbandonati dietro al divano.
“Tu sei cattiva, niente cibo per te oggi, a letto senza cena.” Riprende divertito e inizia nel frattempo a giocare con i miei capelli, arricciandoli fra le dita e facendomi rilassare incredibilmente.
Soliti battibecchi, solito rumore di pioggia contro le finestre, solite risate fra gente che si vuole bene, ma l’ansia si insinua fra le mie ossa e le fa battere, una a una, dovrò dire addio a tutto.
Sono davvero pronta?
Un anno, dodici mesi, trecentosessantacinque giorni e non ci sarà più nulla.
Non ci sarà più Danielle con i suoi inconfondibili capelli e le sue assurde idee sulla moda e sui trucchi, non ci sarà più Jake con la sua dolcezza, il suo amore, le sue braccia calde che mi accolgono sempre, non ci saranno più le cheerleader che mi squadrano dalla testa ai piedi e mi riservano il solito sorrisetto, non ci sarà più nulla, non ci sarà neppure nessuna Hope in questa casa.
Loro non ci saranno più per me.
Cosa sarà la mia vita?
Della vita della ragazza che loro conoscono perlomeno?
Diranno che sono morta?
Adrian si occuperà di trovare un corpo e di seppellirmi, oppure mi faranno sparire nel nulla?
Io, io andrò lontano, magari in America, o forse attraverserò l’Europa, ma qui la vita come andrà? Cosa succederà ai miei amici? Bristol rimarrà sempre la stessa, che differenza può fare l’assenza di una stupida ragazza?
Vengo strappata via da quel labirinto in cui mi ero cacciata intenzionalmente da un Jake abbastanza divertito che continua a tirare una ciocca dei miei capelli.
“Ragazza, a cosa pensi??”
“A quanto vi voglio bene!” Annaspo ancora fra l’assoluta certezza di perderli, non me ne faccio ancora una ragione, ma perlomeno devono essere consapevoli di quanto fondamentali siano stati nella mia vita, qui a Bristol.
Faccio segno a Dan di avvicinarsi ed io mi stringo ancora di più contro il petto di Jake respirando forte il suo odore di arance e pensando a come possa essere bizzarra la vita.
Ho degli amici fantastici, una casa meravigliosa, Adrian, e conosco il mio passato.
Amicizia, amore, sogni, speranze, un miscuglio perfetto che potrebbe rendere la vita eterna, ma che al contrario me la riduce, me la annienta e annulla completamente.
Un anno, o poco meno e dirò addio.
Addio a tutto.
“Fatemi respirare o rischio di morire!” Danielle a quelle parole si scaraventa ancora più sopra Jake e schiaccia di conseguenza anche me.
“E’ la volta buona che ci liberiamo di te!” Urla iniziando a saltare e a ridere su di noi.
“Dan, Dan.” Le tiro un pizzico mentre i suoi capelli mi finiscono in bocca e rischio di soffocare.
“I’m on the floor, floorI love to dance. I’ll give me more, to lucky stand. Get on the floor, floor like a chola’s dance, if you want more, more then here I a.” Sta praticamente ballando su di noi e si muove divertita e allo stesso tempo fa la sexy, da quello che vedo. La mia testa è incastrata fra il petto di Jake e lo stomaco di Danielle.“Starships were meant to fly, hands up and touch the sky.” Si slancia come se potesse toccare il cielo e  praticamente prende il volo.
Quando riesco a muovermi la vedo sul tappeto con una mano sul fondoschiena, gli occhi chiusi e un’espressione dolorante sul viso. “Il culo!!”
Jake invece esce titubante dalla tenda che i miei di capelli avevano creano sul suo viso e scoppia a ridere sguaiato, con gli occhi chiusi e la faccia rossa.
“Jake io al posto tuo non riderei tanto!” Urla isterica ancora per terra massaggiandosi la parte dolente e bestemmiando sottovoce contro chiunque.
“E’ una minaccia, Bull?” Chiede socchiudendo un occhio e facendo ridere anche me con la sua solita faccia da prendere a schiaffi.
“Assolutamente!” Esclama lei e in un attimo è  in piedi e tira ridacchiando i capelli chiari di Jake.
“Ahia, ahia.” Danielle adesso è soddisfatta e per nulla dispiaciuta. “I capelli, no. Dan, ti prego.”
“Ora ti lamenti? Io mi sono schiantata di culo per terra!” E tira con più forza. Io mi trattengo dal ridere ma poi la faccia cattiva di lei mi fa scoppiare e lei contenta della mia reazione continua imperterrita.
“Scusa, scusa. Dan, dai.” La sta praticamente implorando, ma lei lo ignora e guarda verso di me.
“Hope, ma secondo te fa più male una gomitata dritta nelle palle o una tirata di capelli forte, ma forte proprio?”
“Non chiedermelo.” Rido, divertita dall’espressione seriosa che le si dipinge in volto.
“Jake tu, cosa dici?” Appoggia un braccio al divano e mi sorride facendomi un occhiolino.
“Che ti odio da impazzire!” Sbotta lui con una voce isterica che fa ridere entrambe.
“Okay, basta. Ho fame.” Io e Jake ci guardiamo negli occhi e rimaniamo per alcuni secondi scioccati per il cambiamento improvviso di rotta e poi scuotiamo la testa in sincrono. “Chi tocca i miei Wonton è morto!!” Esclama portando tre birre per mano.
Ora cadono, ora cadono. Mima Jake con le labbra, ed invece tutte le bottiglie arrivano al tavolo, sane e salve.
Ci fiondiamo sul tavolo ed io cerco giusto qualcosa da mandare giù, cosi a caso, sono convinta che qualsiasi cosa mi farà impazzire, ma poi capita sotto le mie bacchette  il maiale in agrodolce e inizio a gracchiare come un’adolescente davanti ad una vetrina di abiti firmati.
“Non so quale sia lo spettacolo peggiore, se questo o Hope che guarda Adrian.” Sento dire a Danielle in tono sarcastico ed è proprio in quel momento, quando ho appena ingoiato una pepita e sto quasi per svenire per l’agglomerato di sapori contrastanti, che il campanello suona.  Ed io sono immediatamente in piedi, con ancora la salsa agrodolce che mi raschia la gola mi muovo veloce verso la porta e la spalanco sorridente.
E lo guardo.
Il mio sguardo scivola su quelle labbra, su quegli occhi, su quella mascella.
Scivola su quel viso e si ferma.
Un brivido di freddo mi corre per la schiena. Perché adesso?
Il cuore si stringe per un attimo ed è solo per lui.
Un pugno di ghiaccio in un mare di fuoco.
Lo guardo, lo faccio con la consapevolezza che la fine è vicina, ma allo stesso momento un’altra certezza si fa spazio dentro di me, ed è totale, spiazzante, demolente.
Mi stavo divertendo, ero con i miei amici, andava tutto bene, eppure mi mancava.
Mi mancava come ad Agosto può mancare il mare.
Mi mancava come alla luce manca il buio.
Mi mancava come ad un bambino manca almeno un dente nel giorno del suo sesto compleanno.
E me ne rendo conto adesso, adesso che sorridente e bellissimo si presenta davanti a me con in mano una rosa rossa e gli occhi azzurri, splendidi come al solito, accesi dalla quell’insolita luce che mi ricorda perché la terra continua a girare intorno al sole ed ogni mattina 5 miliardi di persone si svegliano e affrontano una nuova giornata. 
Lo amo e nessuna maledizione potrà cambiare questo dato di fatto.
 
 
 
“Perché adesso mi hanno permesso di sapere?” Siamo usciti sul dondolo in veranda da alcuni minuti e la sensazione di non sapere ancora abbastanza mi infastidiva al tal punto da rovinare l’atmosfera che si era creata.
“Perché cosa sai?” Mi risponde lui scetticamente, il suo petto si alza e si abbassa ritmico contro la mia schiena.
“So che sono una nephilim, so che ti amo da quando la mia vita doveva essere solo una, so che per qualche assurdo motivo una maledizione si è abbattuta su di noi e so che ogni due anni mi resettano, come se fossi un vecchio computer che da problemi.”
“Come sai della maledizione?”
“Un sogno, uno dei tanti e innumerevoli sogni che mi attanagliano le notti, ma che in compenso mostrano stralci di passato che sembra io abbia dimenticato.”
Il primo sogno che feci parlava di promesse, di speranze infrante come onde sugli scogli, non gli diedi peso, sarà la stanchezza del viaggio pensai, lo accantonai, come feci con l’assoluta inadeguatezza che sentivo pesarmi addosso. Subito dopo  i sogni diventarono più reali, riconoscevo i volti, correvo, urlavo, e poi ritornavo pacifica, felice, ridevo abbracciata a qualcuno di cui mai sono riuscita a riconoscere il viso. Un unico viso non sono mai riuscita a decifrare, ed era quello della persona che mi faceva cosi felice.
Era il viso di Adrian.
Amore volete e amore abbiate.” Recito con fare teatrale “Sarà un amore nero, agitato, ansante e tremante.” I suoi respiri accelerano e decido che è arrivato il momento di finirla, ha capito che non bleffo, ha capito che davvero so. “ La vita può essere cattiva, ma l’amore può fare molto più male.”
“E’ come..” La prima volta che vedo Adrian in difficoltà lascia senza parole anche me. “E’ come se si fossero create alcune lacune nella barriera che avevano creato nel tuo cervello. Alcuni ricordi trapelano sotto forma di sogni.”
“Perché?”  Mi sembra di non respirare per alcuni secondi, perché esiste questa barriera che mi ha praticamente annullato e che ogni due anni continua a farlo?
“Bella domanda.” Lo sento muoversi come divertito da quella frase o dalla domanda innocente che gli ho fatto. “Me lo chiedo da sempre. Perché? Perché ci amavamo troppo. Perché un angelo non dovrebbe provare il tipo di sentimenti che io provo per te. Perché l’amore fraterno non ci bastava. Perché volevamo cadere nel fuoco dell’inferno e rinascere angeli dalle nostre ceneri.”
“Perché il nostro amore è cosi forte da far paura anche a Dio.” Rispondo con la stessa innocenza nella voce, con la stessa assenza di malizia di sempre.
“Esatto, piccola mia.” Le sue mani si stringono con più forza intorno al mio bacino e lo sento sospirare sui miei capelli. “Eravamo semplicemente troppo vicini al cielo per essere felici.”
“Cosi adesso siamo destinati a rincorrerci per sempre, senza averci mai davvero.” Sussurro io, quasi ancora inconsapevole, come se non si parlasse di noi due, come se non parlassimo delle nostre vite, come se noi fossimo persone normali, che invecchieranno e avranno dei figli, e quelli di cui parliamo sono i personaggi di un film che andremo presto a vedere al cinema.
Ed invece, mi rendo conto, che si parla di noi, perché non abbiamo fatto altro che trovare l’amore, l’amore quello di cui tutti parlano, quello con la a maiuscola,  ed adesso proprio questo amore ci sta dilaniando, ci sta facendo a pezzi e poi mangiando.
“Ed è tutta colpa mia.” Dice con tanta cattiveria nella voce che mi verrebbe voglia di prenderlo a schiaffi, e poi a pugni, come può anche e solo pensare che gli dia la colpa di tutto questo? “Non avrei dovuto innamorarmi di te.” Di colpo tutto ciò che sento è il gelo. Il freddo artico che taglia via la pelle e ti congela le ossa, e lo fa con gusto, si diverte, e lo senti fischiare lontano e rumoroso, mentre tu lentamente perdi il controllo di ogni articolazione, mentre tu vedi gelarsi e poi cadere a pezzi tutto ciò in cui hai sempre creduto, mentre tu silenziosamente muori.
“Pensi che le cose sarebbero andate diversamente? Pensi che non mi sarei comunque innamorata di te? Pensi forse che non essendo ricambiata sarei stata felice? Ci siamo incontrati perché doveva succedere, e non potrei esserne più felice.”
“Per te è tutto cosi facile.” Con il naso mi sfiora l’orecchio ed il caldo adesso ritorna formicolante a percorrere i numerosi chilometri che formano le mie vene, passa sfrecciante per ogni lambo di pelle e scalda con forza ogni piccolo pezzo di ghiaccio che era rimasto impavido. “Sarei dovuto sparire dalla tua vita.”
“Avresti lasciato vuoto il cratere che il tuo arrivo aveva provocato.” Esclamo senza farlo finire di parlare, sono irremovibile. Il nostro amore non può essere una colpa. Amare è sempre e solo coraggio.
“Oggi sei decisa a non darmela vinta, noto.” Scherza tirandomi un pizzicotto alla pancia.
“Come al solito.” Ridacchio leggermente divertita dalla situazione, viviamo da chissà quanti anni, abbiamo sulle nostre spalle la pesantezza di una maledizione che rende entrambi immortali ed infelici, eppure ci amiamo. Eppure quando siamo insieme ogni cosa sparisce, perché il nostro amore occupa tutto il resto. Lui si stringe con più forza a me ed io sento il suo cuore attraversarmi la spina dorsale e arrivare al mio. Qualcuno diceva che nella schiena di un uomo c’è un punto dove, se ci affondi una lama, riesci a trapassargli il cuore e a spezzargli la spina dorsale con un colpo solo, ed io sento che è proprio quello il punto in cui il cuore di Adrian batte adesso. “Coelho diceva che abbracciare qualcuno in modo sincero ci fa guadagnare un giorno in più di vita. Quindi mettiamola in questo modo: ti ho amato in modo cosi sincero e sconfinato da aver reso la mia vita infinita.”
“Ho guardato tante persone negli occhi, delle volte anche per molto tempo, e spesso ho rincontrato quello sguardo perso. Lo sguardo di chi aspetta, di chi è in trepidante attesa e non sa nemmeno cosa sta aspettando. E sai cosa? Tutti loro cercavano l’amore. Perché è proprio l’amore che rende la nostra vita qualcosa di giusto da fare. Qualcosa da vivere con il gusto di viverla. Ed è questo che hai fatto tu. Hai dato sapore, hai dato speranza, hai dato colore. Sei riuscita a farmi restare nonostante tutti mi urlassero di scappare, ma ho imparato a stare fermo e ad aspettare solo per il gusto di vedere i tuoi occhi accendersi ed il tuo sorriso esplodere quando dico che ti amo.” L’aria è qualcosa di cosi inutile quando puoi bearti del suono di queste parole che trattengo il respiro fin quando mi rendo conto di poter implodere da un momento all’altro. Per lui sono l’amore, come lui lo è per me. Ed io me ne sto zitta, immobile, con il fiato sospeso e la paura di sbagliare ogni cosa, non pensi mai che anche una sola sillaba di troppo o di meno possa rovinare tutto? Possa portare a situazioni diverse e magari disastrose? Cosi cerco solo le sue labbra e nonostante sappia benissimo che proprio queste labbra sono la mia condanna, e inevitabilmente la fonte della mia maledizione, non riesco a staccarmene, come se ogni terminazione nervosa fosse attratta da quella bocca e ogni altra persona sulla faccia della terra mi consigliasse di fare ciò che sento. Cosa sento?
Sento che il mio posto è fra quelle labbra, lì dove l’amore la fa da padrone.
“Non riesco quasi a parlare, ma posso dirti che finché avrò la possibilità di scegliere, sarai sempre tu la mia scelta.” Sussurro a pochi centimetri dalle sue labbra.
“Perché?” Ansima sorridendo sulla mia bocca e prima di rispondere mi faccio cullare dal suo respiro che continua inspiegabilmente a darmi, oltre che di liquirizia e tabacco, di casa.
“Perché guardaci, guardami, ogni mio viaggio, anche quello più improvviso, porta da te.”






Buonasera persone!
Ho avuto pochissimo tempo, e soprattutto non volevo che uno degli ultimi capitoli fosse frettoloso o pieno di errori.
Anche se, in fin dei conti, siete ormai pochissimi a leggere e soprattutto a recensire. 
Comunque ormai si è svelato praticamente tutto e Adrian e Hope andranno incontro a questa maledizione. 
Ma come??
Vorrei sapere come al solito la vostra, se vi piace, se vi fa schifo, o se debba ritirarmi.
Grazie a tutti.
Un bacio.

-Allen

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Capitolo 21
*** Light. ***


Light. 





Imbuco la lettera e subito dopo mi guardo intorno come se stessi compiendo qualche reato per cui potrei finire da un momento all’altro in prigione. Scuoto la testa divertita e ritorno a camminare spedita verso casa.
Quello che ho fatto è stato incredibilmente stupido e insensato, ma è l’unico modo per rassicurarmi e per dare un minimo di pace alla mia mente, che se no non avrebbe un momento per respirare, senza continuare a lavorare su nulla, impegnandosi a vuoto, cercando risposte a domande inverosimili.
Come ha fatto per tutta la mattinata, dove invece di essere attenta a clienti e scontrini, nel minimarket non riuscivo a concentrarmi nemmeno davanti alla cassa, e cosa ho dovuto inventarmi? Di non sentirmi tanto bene, e allora il signor Burm mi ha spedito nel magazzino, dove ho potuto semplicemente stare seduta a sorseggiare caffè.
Dalle cuffie dell’i pod parte una canzone che riconosco dalla prima nota e che dalla prima nota mi fa sorridere.
Who you are, solo che a cullarmi non è la voce femminile e acuta di Jessie J, ma quella roca e profonda di Ed Sheeran, che ad ogni sillaba sembra quasi accarezzarmi i capelli e dirmi che tutto andrà bene, e che riuscirò a tenere me stessa con me. Mi lascio consolare da queste bugie, perché io lo so che non migliorerà un bel niente, io lo so che quelle parole incombono su di noi come un spada di Damocle che prima o poi si schianterà su di noi, distruggendo il finto idillio che ci siamo creati.
Ma come posso credere che smetterò di sentire bruciare dentro di me l’amore di cosi tante vite? Come posso accettare che non ricorderò i nostri baci, i nostri ti amo, le nostre parole, le nostre carezze? Che cosa resterà delle notti insonni, dove eravamo solo noi due ed il luccicare irrefrenabile dei nostri occhi che si specchiavano riflessi nell’amore che irradiavano?  Dove andrà a finire il nostro stringersi convulso, il nostro cercarsi continuo, le nostre mani che si intrecciano e le nostre bocche che si completano?
Dove andrà a finire tutto?
“Piccola.” Qualcuno mi tira dolcemente per un braccio e la voce che arriva ovattata alle mie orecchie non riesce a sovrastare la parte della canzone che più di tutte mi stravolge e che ogni volta mi lascia senza fiato.

Real talk, real life, good love, goodnight
With a smile, that’s my home
That’s my home, no

“No, no, no, no… ”

 
“Hope!” Una mano fredda mi sfila la cuffia lasciandomi con gli occhi lucidi e il respiro mozzato. “Ehi piccola.” Le mani fredde mi circondano il viso e solo con un secondo di ritardo riconosco quegli occhi, quelle mani che così gelide non ho mai sentito e quel sorriso che mai mi è sembrato tanto finto.
“Adrian.” La mia più che un’affermazione sembra una domanda, qualcuno cortesemente potrebbe spiegarmi cosa succede? E soprattutto chi è lo sconosciuto che ha preso il posto del mio fidanzato?
Adrian è davanti a me, ma praticamente non è lui.
Gli occhi azzurri sono spenti e cerchiati da pesanti occhiaie, e ricordate quella luce in grado di placare ogni dubbio? Quella luce che era praticamente il mio sole e la mia luna? La mia stella polare ed il mio unico vero punto di riferimento?
Ecco, quella scintilla capace di illuminare il mondo intero è sparita.
Ne è rimasto solo uno stralcio, un fascio slavato e poco convincente, un tizzone ancora ardente e pronto ad esplodere, ma ricoperto dalla cenere.
“Hope? Cosa diamine succede?” La sua voce è allarmata, ed è possibile aver visto un piccolo lampo in quegli occhi cosi vuoti? Un lampo di luce pura. “Sembra che tu abbia visto un morto.”
Non è cosi? Tu cosa sei?
Il pensiero che si formula automaticamente nella mia testa mi fa venire i brividi, e prontamente scuoto la testa in modo da scacciare quelle parole, appoggiando una mano al suo petto, cosi da assicurarmi che sia vero, reale e che stia bene.
Il battito del suo cuore mi da il benvenuto, ed in un momento tutto sembra sparire, l’incessante ticchettare dell’orologio nella mia testa, le sue stranezze, le mie paure, tutto sembra trovare senso e pace, perché il cuore di ognuno di noi batte secondo i ritmi più strani e sconosciuti, ma la melodia che segue il suo, dio, non mi stancherei mai di ascoltarla.
“Cosa ci fai qui?” Si avvicina ancora di più, le nostre fronti quasi si sfiorano e sarei pronta anche a stare dalla parte di chissà quale esercito di alieni fin quando intravedo i capelli più biondi che io abbia mai visto e nella mia mente ritornano decise e nette le parole del ragazzo con cui parlava Adrian alcune settimane fa fuori a scuola. “Ah capisco.” Il vento di fine Gennaio mi scompiglia i capelli ed un ciuffo mi finisce davanti agli occhi impedendomi di potermi accertare che sia proprio lui, ma non ho bisogno di molte certezze. E’ il tipo inquietante.
“Cosa?” Mi sistema il ciuffo dietro l’orecchio e quando mi sfiora la guancia con il polpastrello lo vedo sorridere, ed è un sorriso vero, quel sorriso sghembo che mi fa impazzire, quello in cui alza un solo angolo della bocca, quindi, sta bene?
“Il tuo amico lì.” Indico con la testa il tavolino fuori al bar e lo vedo toccarsi i capelli nervoso. “Adrian, cazzo, dimmi che non sei gay.”
Una risata genuina e sincera sgorga dalle sue labbra e inizio a sentirmi davvero meglio quando appoggia la sua fronte sulla mia e l’incessante odore di liquirizia e tabacco si fa largo fra i miei polmoni, facendomi sentire a casa.
“Perdendomi te?” Mi lascia un bacio sul naso e lo vedo lentamente ricominciare a brillare di quella luce particolare, che mi ha fatto pensare fin da subito che non potesse essere umano. “Non potrei mai.”  E mi bacia lentamente, con le sue mani adesso di nuovo calde contro il mio viso ed i nostri corpi cosi vicini da confondersi.
E  tutte le parole che avremmo consumato per spiegare cose inutili, tutte le frasi che avremmo dovuto dire per giustificare la mia tristezza, la sua apatia, tutte le sillabe che avremmo sprecato cercando di rendere normali le nostre vite, sono state risparmiate.
Perché delle volte le parole non servono, basta un bacio, uno di questi baci dove non sono le labbra a comunicare, ma sono le nostre anime che si ritrovano e che chiariscono, senza troppi giri di parole, senza nessuno spreco di voce, solo bocche che si scontrano e che irrimediabilmente si completano.
Lui sa come al solito di buono, è meglio di qualsiasi pizza davanti ad un film, meglio di un letto caldo e di un buon libro, meglio del profumo di erba appena tagliata, lui da semplicemente di paradiso.
“Sai di buono.” Esclama con il mio labbro fra i denti e le mani dietro alla mia testa, accarezzandomi i capelli e regalandomi i suoi occhi, quegli occhi. “Andiamo…” Dice poi di scatto, ancora troppo vicino per iniziare a respirare regolarmente, ma sono quasi certa di vederlo perdere troppo velocemente vitalità. “Devo presentarti un amico.”
“Ma chi è? Cos’è questo effetto che ha su di te?” Lo fermo prendendolo per un polso e lui mi guarda stranito.
“Cosa?” Gli occhi spalancati e la piccola scintilla che bussa per entrare sono sul punto di farmi cedere, ed invece riprendo.
“Quando sei con lui sei diverso, è come se perdessi energia.” La mia voce è un soffio, la sua espressione un concentrato di emozioni negative, è sorpreso, ma anche arrabbiato, confuso, ferito, e soprattutto si sente vulnerabile. Ed odia esageratamente questa situazione.
“Amore, cosa stai dicendo? Sono solo stanco.” Cerca di giustificarsi, e vedo che in qualche modo lo fa in modo sincero e soprattutto senza cattiveria alcuna.
“Mi dirai sempre se c’è qualcosa che non va? Se cambia qualcosa?  Se non sono più la tua scelta in piena notte e in pieno giorno? Se quando ti svegli non cerchi il mio corpo accanto al tuo? Se non saresti pronto a seguirmi in capo al mondo? Se gli oceani ti faranno paura e non gli attraverserai nemmeno per amarmi un’altra volta?” Lo dico tutto d’un fiato e per un momento spero di averlo detto perfino troppo velocemente cosi da non avergli fatto capire nulla. Ed invece la scintilla si accende, ma questa volta non c’è cenere che tenga, né acqua, né vento, la scintilla è ovunque, ed il suo sguardo è luce.
Quella luce che più di tutto mi fa capire che alla mia di felicità preferisco la sua, ma che soprattutto non smetterò, nemmeno per un istante, di sperare, di sperare che il mondo diventi improvvisamente buono e che non se la prendi con dei ragazza che vorrebbero solo amarsi per una vita intera.
“Sarai sempre la mia prima e unica scelta. Il resto del mondo perde importanza se non sono le tue labbra a raccontarmelo.” Con che razza di sguardo mi sta fissando? I suoi occhi mi stanno perforando l’anima con il rumore del battito delle ali di un uccellino e la forza dell’esercito invincibile che ancora deve essere creato, ci stanno riuscendo, stanno sciogliendo lo strato immenso di paure che mi aveva stretto lo stomaco per giorni interi, mi stanno regalando l’amore che quella maledizione mi aveva negato, mi stanno donando la casa che non avrei mai potuto avere, mi stanno facendo credere che comunque le cose vadano quegli occhi saranno sempre pronti a salvarmi dal buio, mi stanno facendo innamorare un’altra volta, in un modo totalmente improbabile e assurdo.
E rimanemmo cosi, persi uno negli occhi dell’altro, mentre il tempo passava e i dubbi divenivano certezze.
 
 
Guardo lo sconosciuto con una sensazione di inquietudine che mi cammina sulla pelle, lasciandola umida e viscida, ed il vento freddo che soffia invece la fa riempire di brividi e mi fa stringere del mio parka, come una bambina che non vuole stare a sentire.
Sono seduta al bar Humburg, difronte a me ho un ragazzo di massimo venticinque anni, bello, biondissimo e leggermente muscoloso. I suoi occhi però mi spaventano: sono di un nero assoluto, un buio profondo, una tenebra perpetua.
Evito il più possibile di incrociare il suo sguardo, ma magari fosse solo quello a spaventarmi, è come se fosse intoccabile, come se, se provassi a ristringergli la mano, saltassero fuori una decina di uomini pronti ad uccidermi, anzi non proprio, qualcosa di ancora più pericoloso, come se per caso dovessi sfiorargli il braccio cadrei a terra preda delle convulsioni.
Non ho mai provato tutte queste sensazioni spiacevoli per un ragazzo solo, durante il mio viaggio ho imparato a fidarmi di questo senso, riuscivo a capire da chi stare alla larga e chi invece era avvicinabile e gentile, era quasi divertente capire dal primo sguardo cosa potesse riservare una persona, ma adesso, con gli occhi di Shaitan puntati addosso sento un peso sulle spalle che mi sta lentamente sfiancando e rendendo sempre più debole e impotente.
“Amore?” Chiamo Adrian sottovoce e lui mi guarda immediatamente. “Io devo andare, fra poco Danielle arriva a casa.” Il braccio intorno alle mie spalle è freddo, probabilmente più di quanto lo fosse prima, ma gli occhi, gli occhi quella luce non l’hanno persa, non adesso. Voglio dire, se non dovessimo conoscerci, se non ci amassimo da sempre, se non sapessi chi fosse, e lo incontrassi per strada, o forse in un bus, rimarrei ore intere a fissare quegli occhi, e non perché sono di quell’incredibile azzurro, che se ci guardi bene dentro, ci vedi il mare, ma no, li guarderei perché rispendono di luce propria e la luce nasce solo dalla vita.
“Si, si.” Lancia uno sguardo veloce a Shaitan e poi ritorna a me con un mezzo sorriso. “Ora andiamo, piccola.” Io di rimando sorrido e lui mi accarezza la guancia con fare premuroso.
“Che coppia meravigliosa che siete.” Esclama il ragazzo difronte a noi appoggiando il mento sulle mani congiunte. “Davvero davvero innamorati.”
“Grazie.” Rispondo io, imbarazzata dalla tensione inspiegabile che aleggia nell’aria. Mi ritrovo improvvisamente fra la presa d’acciaio di Adrian e lo sguardo inspiegabilmente inquietante di Shaitan.
Da quando mi sono seduta a questo tavolino, se possibile, le domande si sono triplicate e i dubbi mi stanno facendo lentamente affogare, ma i due ragazzi a momenti sembrano amici di vecchia data – cosa che da subito mi ha fatto dubitare della natura del biondo-, mentre subito dopo si scambiano sguardi ostili dove uno dei due sembra pronto a saltare sull’altro per mangiarselo a morsi, e magari dopo dieci secondi noto che Shaitan parla di Adrian come un burattino nelle sue mani e che immediatamente il mio fidanzato inizia ad alterarsi e si ritorna ai vecchi amici di vecchia data.
E’ un rapporto strano, una situazione scomoda, ma continuo a sguazzarci dentro, perché nonostante sia confusa e affannata, sono curiosa di sapere cosa stia succedendo, perché, e di questo ne sono certa, qualcosa sta succedendo ed è completamente fuori dal mio controllo.
La cosa che più spaventa e mi lascia perplessi però, non è il loro cambio frenetico e veloce di comportamento, e probabilmente nemmeno l’eccessiva voglia di controllo di Adrian, la cosa che più mi spaventa è la totale e assoluta assenza di espressioni da parte di Shaitan, potrebbe ridere o fare un lieve sorriso, potrebbe arrabbiarsi o essere confuso, ma la sua faccia rimane impassibile.
Non trovo altri aggettivo oltre ad inquietante.
“Come stai?” Mi sussurra il mio fidanzato all’orecchio e non capisco lo sguardo preoccupato che sembra lanciarmi, e cosi lo fisso dubbiosa.
“Bene, bene.” Rispondo confusa. “Come dovrei sentirmi?”
Anche se a dire la verità bene è una parolona e sono incredibilmente stanca, come se tutte le mie necessità siano salite improvvisamente a valori troppo alti, valori mai toccati prima e ogni mia terminazione nervosa sia tesa e messa sull’attenti.
Mi lascia un bacio sulle labbra, uno di quei baci casti, innocenti, quasi puri, e non sta baciando solo la mia bocca, sta baciando i nostri problemi, sta baciando mie paure, sta baciando i suoi tormenti. Con questo semplice bacio sta baciando anche quella maledizione che tanto ci fa male, sta baciando il nostro amore.
“Shaitan, noi andiamo.” Lo sguardo che gli lancia è puro gelo, il ghiaccio ha mai fatto cosi tanta paura? “Mi assicuri che tutto vada bene, quindi?”
“Sicurissimo amico mio.” Sorride prontamente il biondo fissandoci intensamente, e di scatto ci alziamo tutti e tre, come delle molle che non sopportano più una pressione eccessiva. “Hope” Dice con un soffio e un movimento quasi impercettibile della bocca. “Lietissimo di aver fatto la tua conoscenza.” E con uno slancio di confidenza una mia mano si ritrova fra le sue bollenti, quasi incandescenti oserei dire. Cosi il buio mi divora, per un secondo sembra tutto spegnersi intorno a me, come se quel contatto avesse spento ogni dannata luce nel cuore di Bristol, come se solo lo sfiorarsi frettoloso di due mani fosse riuscito a spegnere il sole, come se mi stesse lentamente prosciugando da ogni sprizzo di luce che la mia anima conservava gelosamente. Il buio ormai mi è entrato dentro, e sta avvolgendo con ingordigia ogni pensiero, ricordo, momento. Ma ad un tratto vedo  una piccola luce, una lampadina che risplende nell’immensità nell’universo, irradia una luce particolare, una luce diversa, una luce tutta sua.
Scappo dal buio, ma lui è sempre avanti a me, è intorno a me, è ovunque, ma d’un tratto mi trovo ai piedi della luce, e la luce che irradia è inconfondibile, è di quell’azzurro che spesso mi sono ritrovata a fissare incredula, quell’azzurro intenso da far paura, quell’azzurro che più lo guardi e più ti chiedi se possa essere reale.
La lampadina irradia semplicemente turchese.  
E con tutte le forze che mi rimangono mi aggrappo a quella luce, sperando che riaprendo gli occhi il mondo mi si mostri per quello che è davvero, sperando che aprendo gli occhi riesca semplicemente a rivedere quel colore.
“Hope, Hope che succede?” Siamo lontani dal tavolo e dall’intero bar quando riesco a dare una risposta decente alle incessanti domande di Adrian, che però, nonostante tutto non mi ha mia lasciato la mano.
“Era buio, troppo buio.” Mi volto e trovo due occhi che mi scrutano con insistenza, due occhi che praticamente mi stanno venerando senza esprimersi a parole, trovo, anzi ritrovo quel turchese che mi ha salvato dal baratro e la testa mi gira leggermente, scuotendomi dall’interno.
“Sono stato creato per essere la luce nelle tue tenebre.”




“Oh, e a te sembra una cosa normale questa?” Apro incerta la porta e la voce che sento mi fa automaticamente sorridere e allo stesso tempo preoccupare ancora di più.
“Cosa c’è?” Sono ancora metà nascosta dietro alla porta di ingresso perché ho sinceramente paura ad entrare, questa ragazza potrebbe farmi del male da un momento all’altro.
“E’ maleducazione dare un invito ad un’amica e non farsi trovare.”  Esclama come se fosse la cosa più ovvia del mondo ed io fossi una stupida a non averlo capito prima.
“Scusami Danielle.” Rispondo entrando in casa e buttandomi sfinita sul divano. “Ho incontrato Adrian e un suo amico al bar e mi sono fermata un po’ con loro.” A questo pensiero i brividi che partono dal mio collo percorrono tutto il mio corpo lasciandomi ancora quell’incessante senso di inquietudine addosso. “Sono stanca morta.” Chiudo gli occhi e appoggio la testa allo schienale del divano, cercando un minimo di miglioramento.
“Che? Cosa?” Inizia ad urlare “Non abbiamo tempo per riposarci, dobbiamo cucinare, preparare qualcosa, sistemare casa.”
“E perché questo?” Le chiedo nella stessa identica posizione di poco prima.
“Perché fra mezzora Jake è qui, e non lo vedremo per la bellezza di tre settimane.”
“COSA?” Urlo io questa volta. “E’ oggi?”
“Esattamente.”
“Merda merda merda.” Continuo isterica camminando avanti e dietro per la stanza con le mani fra i capelli.
“E’ l’unica parola che puoi dire, brava.” Interviene risoluta, scuotendo la testa e muovendo spasmodicamente quei capelli inverosimilmente arancioni, non sono rossi, o magari rossicci, nemmeno ramati, sembrerebbe quasi che una decina di bambini si siano divertiti a colorare uno a uno ogni suo capello con la tempera più luminosa presente sul mercato e che il risultato sia, malgrado piuttosto appariscente, davvero bello da vedere.
Eccolo un altro colore che mi rincorre, oltre al turchese dei suoi occhi, sento che anche l’arancione resterà per sempre uno di quei colori particolari.
Quei colori che ti piacciono tanto, quelli fra i quali non sai scegliere, i colori che rendono la vita un posto più vivibile, che annientano il bianco e nero con la loro brillantezza, con la loro indiscutibile presenza.
Quei colori che rendono, la tua di vita, un mondo pieno di sfumature.
E che so mi porterò anche in altre mille vite.
“Non sei per niente incoraggiante.” Lo guardo in cagnesco e lei mi sorride, con quella forza che solo un sorriso sincero può avere.
“Lo so, lo so.” Dice con le mani congiunte e lo sguardo serio. “Incoraggiante non lo sono, ma previdente si. E per fortuna qualcuno mi ha mandato nella tua vita, per migliorarla.”
“O peggiorarla.” La interrompo divertita. “Dipende dai punti di vista.”
“Potrei benissimo portarmi a casa la pasta che ho preparato e le bistecche che ho già messo in frigo.”
“Oh mio dio.” Mi avvicino a lei e le butto le braccia al collo. “Ti ho mai detto che ti amo?” La stritolo fin quando anche a me manca il fiato e poi la guardo negli occhi e continuo. “La mia salvezza sei tu.”
“E tu la mia pallina di pelo.” Mi scompiglia i capelli e mi sorride. “Devo anche aggiustarti un po’, sei quasi inguardabile.”
“Quel quasi è parecchio d’aiuto.” Le do un leggero spintone e lei ricambia con una risatina appena trattenuta e un inchino regale.
“Sempre a sua disposizione, milady.”
“Corro a fare la pipi e poi sono tutta tua.” Esclamo già sulle scale e adesso la sento perfino dal primo piano la sua risata, quella libera e quasi singhiozzante, la sento che aleggia nell’aria e che rende la casa quel posto pieno e vivo che ho sempre desiderato.
Hanno deciso per me, una volta, che non avrei mai potuto avere una casa, dei ricordi e probabilmente nemmeno una vera famiglia, oltre ad avermi tolto il vero amore. Ma in questa vita, l’unica in cui mi è stato concesso conoscere, ho avuto tutto quello che loro mi hanno negato, ho avuto il mio Adrian, ho avuto un fratello e una sorella, ho avuto momenti che possono essere considerati tali, pieni, vivi, indimenticabili, e che quindi saranno i migliori ricordi che potrebbe essermi concesso portarmi dietro, e anche se non fosse cosi, sono stati vissuti, e questo basta, ma soprattutto ho avuto una casa.
E non parlo di questo agglomerato di legno, mattoni e ferro.
Parlo del calore che è stata in grado di trasmettermi, parlo della felicità che ho saputo provare ogni giorni aprendo gli occhi e trovandomi ancora qui, parlo delle emozioni che mi ha trasmesso semplicemente tenendomi al caldo e al sicuro da ogni problema, parlo della consapevolezza, che per la prima volta ho provato, ne sono sicura, di sentirmi davvero a casa.

Perché casa è dove si trova il cuore.

 

 

 

BUONASERA PERSONE!
E finalmente ho partorito anche questo capitolo.
In realtà doveva essere molto più lungo, ma ho preferito dividerlo, per dare più spazio possibile al prossimo.
Purtroppo voi siete spariti e da quel che ho capito la storia non piace molto, ma, mi dispiace per voi devo finirla!
Come al solito, mi farebbe davvero piacere sapere la vostra, e rispondere alle vostre domande o chiarire i vostri dubbi.
Grazie a tutti.
Un bacio.

-Allen

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Capitolo 22
*** Love is everything. ***


 Love is everything.






“Jake, Jake!” Urla radiosa Danielle, con gli occhi che brillano ed i capelli che sembrano dotati di vita propria. “Guardami, devo farti una foto!” Ne scatta alcune e nel frattempo continua a ridere, squillante e sincera, guardandolo fissare incerto l’obbiettivo con tutta la barbetta corta sporca di sugo e un alone da clown intorno alla bocca.
Alla fine cedo anche io e gli scoppio a ridere in faccia, ed il suono che aleggia in questa casa, in questo momento, probabilmente è uno dei pochi suoni che possa collegare alla felicità.
“Vieni qui, vuoi fare una foto con l’uomo più bello del mondo?”
Ammicca verso di me ed io velocemente sono vicino a lui circondandogli le spalle con un braccio.
“E’ un onore per me, ho sempre aspettato questo momento.” Esclamo con un finto tono devoto.
“Avvicinati ragazza, avvicinati.” Ed è lui a far quasi toccare i nostri volti, ed io lo scanso repentina.
“Ti faccio schifo?” Domanda con una finta espressione di stupore dipinta in viso.
“Si.” Rispondo disinvolta allontanandolo con tutte le forze possibili, cercando di non farmi sporcare.
“Vieni qua piccola e insignificante ragazza.” Dice con un tono imponente ed un’espressione seria.
“Insignificante a chi? Uomo dai pochi valori!” Lo interrompo spintonandolo leggermente con la faccia più minacciosa che possa permettermi.
“Ho talmente tanti valori che mi escono dal..”
“Dite cheese!” Sbraita Danielle ormai al nostro fianco, e con un gesto rapido e indolore unisce i nostri tre visi, che si scontrano e si confondono rimanendo sempre uguali.
Cosi con il tavolo ancora pieno di cibo, i capelli in disordine e l’umore altalenante, mi lascio andare ad una serie di fotografie in cui mi diverto con i miei amici, in cui diamo libero sfogo alla nostra fantasia, e dove Danielle non si stanca mai di fare avanti e dietro per azionare il flash.
Ci sono foto belle, alcune un po’ meno, una dove abbiamo le dita nel naso, altre in cui ridiamo sinceri, una dove i nostri visi potrebbero benissimo raccontare una vita intera.
E poi ce n’è una dove semplicemente siamo vicini, abbracciati, con la teste che quasi si scontrano ed espressioni assolutamente naturali dipinte in volto.
Danielle subito decide che non le piace, ed invece io me ne innamoro follemente.
Perché è come se l’attimo rubato poco prima fosse ancora davanti ai miei occhi, mi si presenta davanti ed rimango interdetta, Dan, Jake ed io siamo tutti e tre sporchi di sugo, stravolti e praticamente struccati, non ci sono grandi maschere, abiti o situazioni dietro alle quali possiamo nasconderci, siamo semplicemente noi, e siamo meravigliosi.
I nostri visi combaciano, e se si parte del mio colorito pallido, si finisce con quello dorato di Danielle, ma tutti e tre brilliamo di quella luce particolare e vitale, se invece a parlare sono i nostri occhi non c’è distinzione più assurda da fare se quella dei colori, il mio grigio, il verde della ragazza ed il nocciola del ragazzo sono accesi dalla stessa particolare magia, e per favore, non soffermiamoci nemmeno sui sorrisi meravigliosi che brillano sui visi dei miei amici, sarebbe quasi inutile, scontato, non c’è qualcosa di incredibilmente speciale in questa foto?
E se tutto questo mi fa sorridere e credere fermamente che in questo momento la mia vita possa essere considerata quasi perfetta, c’è qualcosa ben più forte di tre amici che si vogliono bene e che trascorrono del tempo insieme, c’è qualcosa che penzola sulla mia testa e che fra poco, molto poco mi dividerà da loro, e dal mio Adrian, e non riesco a frenare le lacrime, che cadono dai miei occhi silenziose e solitarie.
“Hope, tesoro?” Jake mi alza il mento con un dito ed io tiro forte con il naso, mi guarda aspettandosi una risposta, risposta che non posso concedergli, non questa volta. “Cosa succede? Perché piangi?”
“No…” Ansimo cercando di placare i singhiozzi. “Mi è entrata una cosa nell’occhio.”
“Si, ed io sono la sorella diretta della regina Elisabetta.” Mi interrompe Danielle con la solita delicatezza. “Abbraccio di gruppo, gente di merda!”
“No, aspetta.” Interviene Jake, confuso. “Perché?”
“Zitto. Abbracciaci e basta.” La decisione che prende Danielle è inconfutabile ma è senza alcun dubbio la migliore scelta che potesse fare.
Sono stretta in uno di quegli abbracci soffocanti, come se ci fosse una marea di gente intorno a noi, mentre siamo solo noi tre, stretti l’uno nelle braccia dell’altro, persi uno nel profumo dell’altro, ma non potrei chiedere di meglio al mondo.
Perché a cosa servono quelle amicizie fatte di cuori sparsi ovunque e di nomignoli affettivi detti solo per abitudine, o per esibizionismo?
A cosa servono quelle amicizie dove, quando ti ritrovi faccia a faccia, senza niente da fare, regna il silenzio?
A cosa servono quelle amicizie dove, quando ti guardi dietro non c’è nessuno pronto a prenderti?
Desideravo quelle amicizie di cui puoi fidarti, quelle in cui non servono tante parole, quelle che considerano l’amico casa.
E ho trovato loro.
Loro che sono l’apice della sicurezza, del caos, della vita.
Loro che mi sostengono quando tutto il mondo trema, e che delle volte invece lo fanno tremare solo per me.
Loro che stringono la nostra amicizia in un abbraccio stretto stretto, quelli da cui non puoi scappare, quelli in cui ti senti al sicuro, quelli che per molti, come per me oggi, rappresentano un addio.
Il migliore degli addii.



 
“Dove andiamo?” Domando io al vento mentre chiudo la porta di casa, e prendendo un respiro profondo sento il profumo inconfondibile del mio ragazzo, ed infatti quando mi giro c’è un Adrian sorridente e quasi iperattivo che mi fissa con fare sicuro e amorevole.
“Ricordi il faro? Il canale di Bristol?” A questa richiesta mi scappa un risolino isterico che fa cambiare improvvisamente la sua espressione. “Cosa c’è da ridere, biondina?”
“Come posso dimenticare gli attimi insieme a te? Sono tutti marchiati a fuoco. Almeno per un altro anno, dico.” E mi sembra cosi scontato ricordare ogni cosa, che ogni parola, ogni abbraccio, ogni risata, mi sfila davanti come un film in bianco e nero, quelli in cui non contavano tanto le luci, gli effetti grafici o magari una colonna sonora da paura, sono dentro ad un film degli anni 50, dove era tutta questione di sguardi, di emozioni e di sorrisi rubati. E l’unica cosa che contava davvero era trasmettere amore.
“Bene.” Risponde scuotendo leggermente la testa e prendendomi per mano, mentre io lo guardo rispendere sotto i raggi del sole. “Aggiungiamo un altro marchio, ti va?”
“Assolutamente.” Rispondo fulminea, fermandomi di  scatto. “Ma questa volta mi dici dove si va.”
“Devo proprio?” Con uno scatto del braccio mi avvicina facendo scontrare i nostri petti, e improvvisamente i nostri cuori battono all’unisono e i nostri respiri si fondano in un’unica fragranza.
“Certo.” Esclamo poco convinta da tutta quella vicinanza.
“Sennò?” Chiede sarcastico alzando solo un lato della bocca e mostrandomi solo una piccola fossetta, ed il solito e incredibile sorriso.
“Baciami Melek, baciami come se non ci fosse domani.” Sussurro sulle sue labbra, mentre lentamente perdo coscienza di tutto e mi affido a lui.
Ed Adrian si china su di me e posa la sua bocca sulla mia, mi cinge i fianchi con le mani e mi avvicina maggiormente, come se potessimo confonderci, come se potessimo perderci uno nell’anima dell’altra, perché per noi i corpi sono quasi superflui, ad amarsi sono le nostre anime che solo quando si sfiorano riescono a brillare della giusta luce.
Ripenso cosi a tutte le volte in cui mi sono detta che l’amore non serve, che bisogna fuggire, che porta solo del male.
Ma a cosa serve correre se l’amore va più veloce?
A cosa serve scappare dall’amore se quando tu chiudi ogni porta a chiave lui trova sempre quella giusta?
A cosa serve difendersi se davanti ad un muro di domande l’amore è in grado di trovare mille risposte?
Non serve, non serve a nulla, perché non c’è nulla di male.
Perché non c’è nulla da fare, lo farai.
Ti innamorerai.
In questo bacio si riserva ogni nostro tormento, ogni nostro problema, ogni nostra paura, e non c’è scelta mi giusta da fare che abbandonarci completamente al nostro amore.
Perché è semplicemente uno di quei baci in cui  vedo un mare in cui poter immergermi e poter nuotare per ore, dove andare sott’acqua, con il cuore che batte forte e gli occhi che cercano furiosi una sirena, e cosi persa nella ricerca di un’utopia, io su queste labbra, come in quel mare, sarei pronta a dimenticare irrimediabilmente di riprender fiato.
Mi allontano di pochi centimetri per guardarlo negli occhi, per capire se lo stesso sapore di perfezione che aleggia sulle mie labbra lo hanno anche le sue, ed il fuoco che prima bruciava attraverso le nostre labbra adesso arde nel ghiaccio delle sue iridi. E di quello sguardo capisco di non potermi stancare mai. Perché delle volte non lo sopporto, delle volte vorrei schiaffeggiarlo, ci sono momenti in cui mi irrita ed altri in cui vengo ossessionata da ogni suo gesto, ma com’è che ognuno di questi sentimenti non scalfisce nemmeno lontanamente l’amore che provo per lui?
Perché semplicemente di questi occhi necessito per vivere.
“Ti amo.” Esclamo e poi mi mordo il labbro inferiore, istintivamente.
“Hope Evans dirti che sei il regalo migliore che la vita mi abbia mai concesso, sarebbe troppo smielato?” Mi sfiora il labbro con il dito lungo e flessuoso e lo libera dalla presa dei denti e cosi mi vedo davanti due occhi belli come il cielo che mi guardano colmi di promesse, e fra le tante, ne colgo una, colgo la tacita promessa di un amore duraturo, eterno, inscalfibile.
Perché comunque vadano le cose, ovunque i nostri corpi siano, nonostante a decidere non siamo più noi da tempo, in quegli occhi c’è il sigillo di un amore, che vivrà.
Perché non c’è nulla di più duraturo di un momento che diventa ricordo e che si imprime nella tua anima con il miglior degni inchiostri.
E lo bacio io, faccio combaciare le nostre labbra, ed intorno si ferma tutto, rimane solo il frusciare delle nostre bocche che si accarezzano, lo schiocco di due lingue che si rincorrono ed il ticchettare costante di un paio di cuori che si attraggono irrimediabilmente e che battono insieme, bruciando la stessa passione.


 
“Non farlo mai più.” Dico catapultandomi giù dalle sue spalle e finendo quasi per terra se non fosse per le sue mani che mi prendono da sotto le ascelle.
“Ma se sei stata tu a dirmi di voler provare.” Ghigna divertito. “Avevo detto che era meglio non farlo.”
“Bugiardo!” Urlo con il fiato corto e la testa che gira. “Potevi avvisarmi.”
Mi sento praticamente come se mi avessero ficcato in una lavatrice e mi avessero fatto fare un bel lavaggio con centrifuga.
“Diamine, come sei delicata, biondina.” Mi schernisce divertito accarezzandomi i capelli.
“Mi stai per caso prendendo in giro? Brutto pezzo di..” Apro gli occhi per la prima volta e siamo al faro di Falitaj, e oggi siamo ancora più fortunati, perché il sole rende la giornata perfetta per andare al mare. “Come abbiamo fatto ad arrivare cosi velocemente?”
“Eh…”Mi guarda scrollando le spalle. “Conta che sei venuta volando, quindi zero traffico, zero semafori, zero incidenti.”
“Non ricordarmelo.” Scrollo la testa e sento una leggera ondata di nausea scendere lasciandomi però in bocca un amore sgradevole.
“E’ stata un’idea tua.” Continua lui, ed ha ragione. L’ho praticamente ricattato, ho detto che sarei andata ovunque avesse voluto solo se mi ci avesse portato volando.
“Potevi proibirmelo, erano tue le spalle a cui era aggrappata.” Dico stizzita, spintonandolo leggermente e respirando finalmente a pieni polmoni. Questo posto sembra lontano dall’intero mondo. Sembra una bolla fatta solo per noi.
“Guarda che mettersi contro di te corrisponde ad un suicidio.” Ribatte divertito pizzicandomi un pezzo di pancia lasciato scoperto dalla camicia.
“Troppa confidenza Melek, troppa.” Ringhio trattenendo un sorriso fra i denti con gli occhi fissi nei suoi.
“Non me la merito?” Domanda mentre io lentamente mi lascio rubare dalla sinfonia che il mare riesce a suonare solo per me.
“Non meriti nulla.”
“Si dice cosi al tuo fidanzato?” Il mio fidanzato. Perché ho le farfalle che mi volano nello stomaco? Questo non dovrebbe essere un sintomo delle prime volte?
“Perché sei il mio fidanzato?” Chiedo voltandomi verso di lui con una faccia sorpresa e gli occhi spalancati.
“Cosi dicono in giro.” Ribatte alzando le spalle e sistemando la bocca in una strana smorfia.
“Quante malelingue.” Sussurro girata verso il mare calmo, solo qualche piccola onda si infrange contro gli scogli solitari.
“Infatti.” Mi abbraccia da dietro facendo combaciare la mia schiena con il suo petto. “Ma tu poi non sei già fidanzata?”
“Si.” Rispondo trattenendo a stento una piccola risata. “Con Danielle.”
“Ottima scelta.” Dice cercando di non scoppiare a ridere e appoggiando la testa sulla mia spalla. “Molto coraggiosa però.”
“Sai che vorrei solo invecchiare insieme a te?”
Il mio è un sussurro che non doveva uscire, uno di quei pensieri che fai, ma che devono rimanere muti, ma in sua presenza molti filtri cadono e adesso non posso farci più nulla.
Ma cosa posso farci se è vero?
E’ il mio sogno più grande, non chiederei altro che passare una vita lunga e normale al suo fianco.
Perché io ci vedo già al nostro matrimonio, mentre ci scambiamo le fedi nuziali e lui mi guarda con uno di quelli sguardi che mettono tutto al posto giusto, io ci vedo un giorno in sala parto, io che urlo isterica e lui che mi tiene la mano mentre mi prende in giro, ci vedo le notti svegli a cullare la nostra bambina, e vedo lei innamorata persa del papà, e Adrian che continua a chiamarla principessa mentre cresce. Ci vedo piangere davanti alla prima parola e urlare per i primi passi. Ci vedo a scattare decine di foto come per lasciare un segno indelebile del nostro passaggio.
E soprattutto ci vedo in veranda, io con i capelli grigi sistemati in una treccia, e lui con i capelli sale e pepe tirati all’indietro, con ancora qualche riccio che è sopravvissuto al tempo. Vedo lo sguardo che gli riservo ancora, l’adorazione che scatta nei miei occhi appena il suo viso entra nel mio campo visivo, perché nulla è cambiato, è sempre amore.
Vedo la sua espressione mentre guarda nostro nipote giocare e sento il sorriso nascermi in volto perché cerca la mia mano e se la porta lentamente al viso, e poi ci lascia un bacio.
E mi vedo mentre il bambino fra le mie braccia, con gli occhi di quell’incredibile sfumatura di turchese,  mi chiederà come mi sono innamorata del nonno, ed io risponderò semplicemente che i suoi occhi hanno bussato al mio cuore, ed a un paio di occhi come ai loro non si può mai dire di no.





 
“Va tutto bene.” Entrambe le mani finiscono sotto gli occhi cercando di cancellare le tracce di lacrime.
“Non va tutto bene, piccola.” Si alza dal letto con un movimento veloce e allo stesso tempo fluido e mi guarda con fare protettivo. “Cosa succede?”
E me lo chiede anche cosa succede.
E no, amore, non piango perché sono triste.
Piango perché sono felice, troppo felice, e non ne sono abituata.
Piango perché ho amato sentire le tue mani addosso per tutto il tempo oggi, piango perché fuori il sole sta tramontando e la luce che entra dentro è qualcosa di estremamente magico, piango perché il punto sulla spalla in cui mi hai baciato poco prima scotta ancora.
Possibile che senta nascermi dentro una felicità tale da poter scoppiare? Come se per contenerla tutta servirebbero almeno altre due o tre persone.
“Va tutto bene, mi rendo solo conto che in qualche modo assurdo mi ami.”
“Potrebbe essere altrimenti?”
“Si, si che potrebbe essere altrimenti. Io sono normale Adrian. Io sono una comune ragazza, potresti benissimo scegliere chiunque invece che restare incatenato con me in questa maledetta relazione a tempo.”
“Hope io per te sarei pronto a lasciare tutto, a perdere tutto.” I suoi occhi si velano di un qualcosa di scuro e le occhiaie sotto i suoi occhi sembrano più marcate “E sai quante cose vorrei fare ancora con te? E non parlo di grandi cose. Parlo di stare abbracciati sotto la pioggia. Parlo di vedere centinaia di film e di farti accucciare contro il mio petto. Parlo di mangiare per ore mentre fuori il mondo è in silenzio, e poi buttarci su di un letto troppo pieni anche solo per respirare. Parlo di vederti sorridente il giorno del tuo diploma ed essere fiero di te. Parlo di partire domani per New York, e vederti ammirare tutti i palazzi come una bambina di tre anni. Parlo di tutto quello che forse non sarà mai davvero nostro, ma parlo di tutto quello che farei per l’amore.”
Rimango inebetita davanti alla meravigliosa prospettiva che il mio cervello ha iniziato inconsciamente ad elaborare ma che purtroppo non diverrà mai realtà, e capisco che anche lui custodisce tutti i sogni che ho io.
“Basta adesso.” Le mani intorno al mio viso sono di pura brace, ma nonostante brucino non riesco a staccarmene, anzi le bramo con ancora più intensità. “Andiamo fuori.”
“No, no…” Lo interrompo piazzandogli un dito sulle labbra. “Ascoltami per un secondo. Promettimi che ovunque io sia, ovunque tu vada, avrai un piccolo ricordo di me. Ricordati delle mie risate, dei miei strani vizi, della mia paura del silenzio e del mio continuo parlare.” I suoi occhi mi guardano colmi di tutto quello che chiunque cerca per una vita intera, e per cui io sono condannata. “Ricordati di me, di noi.”
“Ricorderò sempre le lentiggini che mi incanto a guardare nelle notti in cui dormire è sprecato.”  E le sue parole sono accompagnate da un gesto lieve e quasi stupido che però mi fa sussultare. Un suo dito si ferma sulla pelle della mia guancia destra ed inizia ad unire con lentezza e dolcezza la manciata di lentiggini che ho sul viso, scrivendo parole magari d’amore o disegnando opere d’arti che mai si sveleranno. “Ricorderò sempre il rosso delle tue labbra come se fosse l’unico colore mai esistito. E ricorderò più di ogni altra cosa, per ogni altro giorno della mia insulsa vita, le tue mani che cercano la mia pelle, e che la prima volta che mi hanno toccato hanno saputo mettere a posto i cocci di mille vasi rotti.”
“Posso crederci?” Le lacrime incombono ed il cuore batte praticamente in ogni brandello di pelle. “E’ una cosa da pazzi.”
“Proprio per questo devi crederci.”  Mi abbraccia come solo due persone innamorate potrebbero fare, quegli abbracci in cui ti perdi, in cui vorresti affogare per quanto meravigliosi. Quegli abbracci che annullano tutti gli abbracci dati prima, dati agli altri, come se fossero state solo le prove per farlo nel modo giusto con te.  Cosi mentre lentamente mi stringe al petto e ci stendiamo sul letto, con il suo respiro che mi scompiglia i capelli e i brividi che mi mangiano la pelle, capisco che mi sarei comunque innamorata di lui, perché ha il viso di uno di quei cattivi ragazzi, perché bacia anche come uno di quei cattivi ragazzi, estrae tutto e ti lascia vuota, e magari parla anche come uno di quei cattivi ragazzi. Ma dio, ti abbraccia solo come un ragazzo giusto saprebbe fare, ti abbraccia e ti fa dimenticare i problemi, ti da dimenticare i tormenti, ti fa dimenticare tutto.
Ed è il ragazzo giusto, perché per amore è capace di rinunciare a tutto, e con me lo ha sempre fatto, lo ha fatto quando mi guardava fra la gente e rimaneva muto, ma soprattutto quando per la prima volta ha preso la mia mano fra la sua e ha imparato a tenermi al sicuro.
E cosi è pronto a farlo questa volta.
Avrei potuto dirgli del mondo, avrei potuto raccontargli di tutte le sensazioni che mi attanagliano lo stomaco giorno e notte pensando a lui, avrei potuto raccontargli tante cose, ed invece semplicemente mi sono aggrappata a lui, perché alle cose belle ci si aggrappa sempre, e con lo stomaco sottosopra ed i pensieri in subbuglio lascio che quella notte porti nuove esperienze, tanti sospiri ed un momento in più da ricordare in eterno.
Lascio che tutto intorno scivoli mentre mi lascio completare.
Perché mentre guardo i suoi occhi infiammarsi ed il ghiaccio sciogliersi il stelle filanti, con il leggero ma intenso odore di liquirizia che culla i nostri cuori che ancora hanno voglia di ballare, mi rendo conto che è tardi, che bisogna dormire, che il mondo incombe ma che la notte non mi fa paura.
“Ti amo Hope. Non sarai mai davvero sola.” Perché quando la tempesta sarà finita chi sarà al mio fianco? Chi mi toglierà i capelli dal viso e mi dirà che sono bella? Chi riuscirà a rendere vano ogni mio tentativo di risposta?
Aspetterò ancora lui, perché di uomini come lui non ce ne sono più.
Perché lui non è semplicemente un uomo, lui è la mia anima gemella.
“Addio Adrian. Non ti dimenticherò mai davvero.”
E per una volta il buio si insinua dentro di me con dolcezza, scavalcando le mie ciglia e lasciandomi beata fra le braccia del mio unico amore, nell’unico posto in cui dovrei essere sempre.
Accoglie tutto, ma non cancella nulla.
Sta accadendo ancora, stanno vincendo ancora.
Ma questa volta è diverso, questa volta l’amore ha superato tutto, perfino le leggi superiori.
Questa volta l’amore ha deciso di smetterla di prenderci in giro, e ha semplicemente fatto la scelta più difficile, ma che in fin dei conti, è sempre stata l’unica da prendere.
Perché ci troviamo in un posto dove ogni cosa va per il verso sbagliato, dove si perdono i treni, dove cadono lacrime, dove si fingono sorrisi.
Siamo in un posto in cui la vita gira troppo frenetica, e gli attimi passano, non vengono assaporati, si dimenticano.
Siamo in un posto dove non si ha tempo per leggere una buona storia, per guardare un bel film, per semplicemente uscire in strada e veder due ragazzini innamorati.
Siamo in un posto in cui l’unico motivo per cui continuo a respirare non c’è più.
Ma almeno abbiamo capito che l’amore basta.
L’amore aggiusta tutto.
L’amore è tutto. 









Salve persone!
Sono in una valle di lacrime perchè la fine si avvicina ed io non ne sono pronta.
Quindi sarò breve e voglio solo dire grazie a chi è arrivato fin qui, a chi mi ha sempre detto la sua, o a chi lo ha fatto ogni tanto, a chi ha letto silenziosamente e a chi ho fatto scappare anche solo un sorriso o una lacrima.
Grazie.
Spero vi sia piaciuto e che non vi abbia deluso.
Come al solito vorrei sapere la vostra opinione.

Un bacio.

-Allen

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Capitolo 23
*** It's a silent night in Bristol. ***


It's a silent night in Bristol.

 

E' una notte silenziosa a Bristol.
Una solita e piovosa notte nel cuore dell’Inghilterra. 
Stamattina il sole brillava alto, e giuro di aver visto dei ragazzi andare al mare.
Si saranno divertiti? O avranno contato i minuti che li separavano dalle loro case? Dalle loro solite vite?
Oh, dipende tutto da che amici fossero, e da quanto fossero amici.
E’ una notte silenziosa a Bristol.
La città buia è lentamente annaffiata dalle gocce lente e stanche che cadono sui prati immensi come sui monumenti più famosi.
La pioggia scroscia instancabile contro i tetti delle case, disegnando per le strade meravigliose opere d’arte che nessuno si fermerà a guardare. 
E’ una notte silenziosa a Bristol.
Il mondo tutt’intorno è fermo, silenzioso, apatico. 
A nessuno importa cosa stia accadendo in un faro fuori porta. 
Nessuno guarda i due ragazzi avvinghiati che sprigionano amore anche solo respirando la stessa aria.
Nessuno nota i tremiti della ragazza ed i sussulti di lui.
E’ una notte silenziosa a Bristol.
La ragazza con i capelli color del grano oggi non cambia vita, nessun trasloco notturno, all’oscuro di tutto, di tutti.
La vita della ragazza però sta cambiando e probabilmente quello che sta attraversando questa notte è il cambiamento che più le stravolgerà la vita. 
Togliamo quel probabilmente, sicuramente le stravolgerà la vita.
Ma il cambiamento non sempre è una cosa positiva, sapete?
E’ una notte silenziosa a Bristol.
La ragazza è avvolta da una coltre di tenebre. 
Chi l'aiuterà adesso? 
Chi sarà la sua luce? 
A chi si aggrapperà quando il buio farà troppa paura??
Il ragazzo alle sue spalle sta perdendo linfa vitale. 
Ogni attimo che trascorre abbracciato a lei corrisponde ad un pezzo di vita che viene inghiottito con ingordigia dagli inferi. 
E’ una notte silenziosa a Bristol.
Ma il ragazzo con gli occhi rubati al cielo è sveglio.
Non riesce a staccarsi da quella donna.
Ed il ragazzo sembra quasi sconfiggere le tenebre, riesce a trapassare quella bolla, senza però farla scoppiare. 
Ma quel buio gli fa male, quel buio è la peggiore delle scosse elettriche, ma non gli importa, cosa potrebbe importargli? 
Il suo è, un modo come un altro, per punirsi, ancora una volta.
E’ una notte silenziosa a Bristol.
Il ragazzo però apre gli occhi, e dona al mondo, l’ultimo stralcio di paradiso che ci è concesso vedere. 
Cosi, sorride, ed è un sorriso triste il suo, ma fiero.
Sorride perché il suo dovere è fatto. 
Non ha altro da fare su questa stupida terra, perché lei adesso è al sicuro. 
Lei avrà una vita lunga e serena con affianco qualcuno che la ami e in grado di renderla felice davvero, magari però, tutto l’amore che riceverà non sarà pari neanche alla metà dell’amore del ragazzo, e la felicità che proverà sarà solo uno stralcio di quella che avrebbe potuto provare grazie a lui. 
Ma lui non lo sa, lui non lo immagina nemmeno.
E’ una notte silenziosa a Bristol. 
Il ragazzo si avvicina al corpo inerme della giovane donna.
Le sistema un ciuffo dietro l’orecchio e le accarezza una guancia con fare dolce e amorevole. Il viso della ragazza è contenuto perfettamente nel palmo del giovane uomo, e questo lo fa sorridere ancora una volta. 
Le posa un bacio fra i capelli e prende un profondo respiro, cercando di trattenere il più possibile quel dolce profumo di casa nei polmoni. 
E’ una notte silenziosa a Bristol.
Il mare è burrascoso, il mondo dorme ed un angelo caduto spalanca le ali ormai nere come la pece.
E’ una notte silenziosa a Bristol.
E mentre il mondo si rifugia nei più bei sogni che la notte può portare, un angelo, se ancora cosi si può chiamare, piange solo, con l’assurda compagnia della luna. 




 
Salve persone!
Lo so ho pubblicato appena ieri e so anche che non è da me, ma è praticamente tutto già finito, quindi è inutile portarlo avanti cosi, giusto per il gusto di farlo.
Sarei contenta come al solito di sapere la vostra opinione, soprattutto su questi capitoli finali che sono dei parti assurdi.
Un bacio.
Grazie mille per essere arrivati qui.

-Allen

 

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Capitolo 24
*** I remember us. ***




I remember us. 



5 anni dopo.
 

 

Esco dalla scuola con una nota d’allegria che mi risuona in testa con fare melodioso e che mi rilassa tutti i nervi che poco prima erano in tensione.

La Clifton svetta maestosa alle mie spalle e con fare pensieroso sfioro il cancello che porta al parchetto quasi adiacente, mi scappa un sorriso.

Quante ore della mia vita ho passato qui dentro?

La macchina, illuminata dal sole, mi aspetta e mi rendo conto di quante cose sono cambiate negli ultimi anni, scuoto la testa e ci entro, canticchiando una vecchia canzone e nel giro di pochi minuti arrivo a casa, con ancora il sorriso stampato in volto.

Appena entro la prima cosa che faccio è liberarmi dalle trappole portali che mi ritrovo ai piedi, mi hanno costretto a indossare scarpe altissime che, come avevo immaginato, mi hanno distrutto i piedi.

Che poi è stata solo una donna a obbligarmi a metterli, come sempre d’altronde, mi costringe a indossare ciò che lei dice da quando la conosco, e lo fa anche con una certa insistenza. Ma come posso darle torto se ne capisce più lei di moda di tutta Bristol messa insieme? E soprattutto come posso darle torto se è l’unica sorella che ho mai avuto?

“Dovrebbero farti un monumento come persona più maleducata del mondo.” Dice una voce femminile che riconosco subito, dalla cucina. “Io arrivo e in casa non c’è nessuno.” Il ticchettare dei tacchi mi fa capire che sta venendo verso di me. “E’ sempre stato cosi.”

“L’importante è che tu sia riuscita ad entrare” Rispondo sorridendo palesemente.

“E a recuperare la tua prole.” Aggiunge scuotendo il capo.

Un sorriso ancora più grande mi compare in viso e mi incammino verso il giardino del retro quando lei mi prende per un braccio e mi ferma. “Hope, vuoi dirmi come cazzo è andata?” Sembra trattenere il fiato e la tensione le attraversa il volto dorato e bellissimo per un istante.

“Dan è andata benissimo.”

“Quindi?” Domanda con la voce che trasuda sollievo e un sorriso che le va da orecchio a orecchio.

“Quindi mi hanno fatto i complimenti, mi hanno detto che ho un ottimo curriculum, che per essere cosi giovane ho già tutte le carte in regola…” Mi lascio prendere da una spiegazione più che esaustiva ma ad un certo punto un suo sbuffo mi interrompe.

“E allora? Hai davvero un pessimo modo di dare delle notizie.”

“Allora da Settembre insegnerò alla Clifton.”

“Dio Hope, non puoi immaginare quanto sono felice per te!” Mi stringe di slancio in uno dei suoi abbracci da orso, ed i suoi capelli arancioni, vivi come la prima volta che l’ho vista, si intrecciano ai miei. “Sono cosi fiera di te.”

“Oh tesoro.” Dico a voce leggermente più alta preda dell’emozione, mentre la stringo ancora più forte.

“Maaaaaaammmma!” Urla qualcuno per casa e nel giro di un secondo un omino dai capelli scuri si aggrappa alla mia gamba e pretende di essere preso in braccio. Lascio una carezza al viso di Danielle e mi piego per esaudire ogni desiderio del mio bambino.

Cosa sarei oggi senza di lui?

Ogni notte in cui mi sveglio solo per rimboccargli le coperte, ogni attimo che passo insieme a lui, ogni gioco che scopriamo insieme e che irrimediabilmente lui sa fare meglio di me, ogni volta che per il corridoio vedo i suoi dinosauri di plastica, ogni volta che sento anche solo la sua voce, mi domando perché ho meritato cosi tanto.

Perché da quattro anni questo bambino ha reso la mia vita la migliore che potesse capitarmi.

Sarebbe la stessa cosa senza i suoi balletti la notte prima di andare a dormire?

E senza le sue risate che illuminano i miei giorni?

“Amore della mamma!” Gli lascio un sonoro bacio sulla guancia tonda e rosea, e lui però guarda con fare sospettoso la mia amica.

“Zia Danielle” Il modo in cui la chiama zia mi fa sciogliere ogni volta, e probabilmente è l’unica parola che riesce a dire senza mangiarsi o strascicare lettere. “Mamma non la devi toccale.” Dice appoggiandomi una mano piccola e paffutella sulla guancia. “Lei è solo mia.” Emette aggrappandosi meglio a me e lasciandomi un bacio con quella bocca rossa e tonda a forma di cuore, sulle labbra. “Solo mia.”

“Ehi tu.” Esclama Danielle puntandogli un dito sul petto e sorridendo appena. “C’ero prima io. Fai la coda.”

“Maaaamma è velo che ami più  me?” Ed il mondo scompare inghiottito dalla fiamme liquide che danzano nei suoi occhi, di quell’incredibile sfumatura di azzurro cielo che lascia chiunque senza fiato e che ogni volta fanno perdere anche me. Batte le ciglia lunghe in attesa di una risposta ed io e Dan ci scambiamo uno sguardo di intesa, ma poi noto come Dal lo guarda, gli riserva una devozione e un amore assoluto.

Ma potrebbe essere altrimenti?

E’ il bambino più amabile che abbia mai conosciuto.

Gioca, scherza e parla con chiunque, e chiunque lo abbia conosciuto se n’è innamorato pazzamente.

E’ bellissimo, con i capelli quasi corvini e gli occhi chiari, dolce come lo zucchero filato e troppo intelligente per la sua età, e prende in giro chiunque.

Posso amarlo più di cosi?

“William tu sei il mio amore più grande.” Rispondo pizzicandogli leggermente la guancia. Ed i suoi occhi si abbattono nei miei come il più potente degli schiaffi. I suoi occhi per me sono come stelle filanti che illuminano le mie notti. E sono di quell’incredibile azzurro che mi ha sempre fatto credere che qualcosa di più debba pur esistere.

 

 

 

 

“Amore?” La voce dall’altra parte della cornetta e dolce come al solito.

“Amore, dimmi.” Rispondo appoggiandomi al tavolo mentre Danielle gioca con Will.

“Dimmi? Dimmi tu piuttosto.” Esclama leggermente divertito.

“E cosa dovrei dirti?” Chiedo sistemandomi un ciuffo dietro l’orecchio, e mangiucchiandomi un’unghia. “Sono stata presa!”

“Dio mio, quanto sono orgoglioso di te.” Dice con la voce che sembra scoppiare di felicità e immagino i suoi occhi prendere vita.

“Sono contentissima, ho tutto quello che ho sempre desiderato.”

“Ne faccio parte anche io spero.” Interviene ed io trattengo un sorriso.

“Mh, non credo.” Riprendo confusa. “Chi saresti tu?”
“Uh, piacere sono Jake e dovrei essere tuo marito.” La sua voce è melodiosa e calda.

“Da quanto tempo sei mio marito? Ed io non ne so nulla?” Domando fintamente spaventata.

“Più o meno da 5 anni, da quando ci siamo resi conto di aspettare un meraviglioso bambino.” Dice affettuosamente ed il mio sguardo cade sulla peste che sta costringendo Dan a giocare con le macchinine.

“Un matrimonio riparatore quindi?” Scherzo sedendomi sul tavolo e accavallando le gambe.

“Per niente.” Sospira divertito. “Un matrimonio d’amore.”

“Ah mi ami quindi?” Il piccolo fa schiantare una macchina contro il ginocchio della mia amica, che si scaraventa le mani sulla bocca ed inizia a dire parolacce a più non posso. Io la guardo di traverso e con la testa gli faccio segno verso il bambino.

“Pazzamente.” Continua mio marito, con un tono dolcissimo.

“Ci credo solo perché oggi sono troppo felice.” Esclamo contenta. “Però ti vorrei tanto qui vicino a me.”

“Lo so piccola, ma questi vogliono uccidermi.” Sbotta ridendo. “Vogliono concedermi la mostra, ma continuano a parlare di guadagni, di entrate, di uscite.” Dice annoiato. “Io voglio solo sapere quando.”

“Ti ho mai detto che sono fierissima di te?”

“Credo di si.” Risponde velocemente.

“Ehi amore, chiudo. Mi rivogliono dentro, sarà la volta buona?” Una solita domanda retorica che continua a riempire le sue giornate chiusi in quello stupido ufficio.

“Io incrocio le dita.” Sospiro e lo faccio sul serio, come sempre.

“E non martoriarti troppo le labbra, che stasera sono solo mie.” Arrossisco leggermente e le sfioro con un dito.

“Vai, stupido.” Esclamo divertita. “Buona fortuna.”

“Ti amo.” Dice con quella voce talmente dolce da farmi morire ogni volta.

“Anche io.” Ed è vero, senza Jake dove sarei adesso?

E’ la mia ancora, il mio amore, il mio destino.

Il mio tutto.

 

 

 

William sta dormendo e Danielle è tornata al lavoro, avevano bisogno di lei.
Ed io sono rimasta sola in questa casa immensa nella periferia di Bristol e sento l’impellente bisogno di fare qualcosa da appena messo piede in casa, ma che ho dovuto rimandare per cause di forza maggiore.

Adesso però sono libera e corro su, in camera da letto, e mi fermo un secondo davanti al cassetto che mi invita ad aprirlo con una forza ed una pressione incredibile, che quasi mi fa girare la testa.

Lo assecondo e una lettera svetta fra tutto il resto netta e bianca.

La sfioro con un solo dito, per paura di sgualcirla e poi la annuso come faccio ogni volta, spaventata dalla sola idea di poter perdere quel odore magnifico.

Quanto stupida sono?

Che senso ha voler dare la notizia della mia assunzione ad una lettera?

Nessuno, assolutamente nessuno.

Ma cosa posso farci se è la prima cosa che ho pensato uscendo da scuola?

Cosa posso farci se non ho pensato ad altro durante il pranzo?

Cosa posso farci se questa lettera rappresenta l’unica e vera ancora al mio passato?

La apro e fra le dita faccio passare un fiore viola intenso esiccato e lo porto alle labbra, lentamente.

E mi rendo conto che è sempre stato cosi.

La verità è che questa lettera colma quel piccolo vuoto che sento nella punta del cuore, quel baratro che non è riuscito a colmare un bambino, un matrimonio, un marito meraviglioso e la vita più perfetta che potessi chiedere.

Perché non mi manca nulla, perché non avrei bisogno, tecnicamente, di nulla, ma quando sono felice o quando sono triste, quando sono eccessivamente sola o quando vorrei spaccare tutto, questa lettera è la medicina di ogni male, è sempre qui.

Colma tutto, in un modo malato e sconclusionato.

E cosi sarà fino alla fine, perché per noi, per me, non è stata mai solo una promessa.  

Io mi ricordo di noi. 




 

Salve persone!

Questo capitolo doveva arrivare ieri sera ed invece la mia linea internet mi ha abbandonato.
Manca solo l'epilogo e dovremo dire addio a Hope e Adrian.
Al prossimo i ringraziamenti e i vari pianti isterico/disperato. 

Un bacio grande. 
Fatemi sapere tutto, domande, dubbi, bestemmie, tutto.

Grazie.

-Allen 

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Capitolo 25
*** Epilogo. ***


28 gennaio 2013
 

Cara Hope,
spero leggerai questa lettera e scoppierai a ridere divertita di te stessa.
Spero che tu ti sia sbagliata, che tutti i tuoi pensieri siano state grandissime fandonie, che ogni cosa sia rimasta tale e quale perché il cambiamento ti spaventa.
Lo spero, e spero che tu sia felice, completamente felice, ma chissà perché una parte fin troppo rumorosa di me, mi assicura che non sarà cosi.
Cosa è cambiato? Cosa ricordi? Cosa è stato?
Spero sia bello, ovunque tu sia.
Ti conosco, e so che la cosa che più ti spaventa è l’incertezza, il dubbio, il tempo lacerante fra una scoperta e l’altra, e anche se probabilmente non ricorderai nulla, una volta, nemmeno io so quanti anni fa’ hai incontrato una persona in grado di annullare qualsiasi esitazione. Ha cancellato tutto.
E tutto all’improvviso ha acquistato senso.
Strano vero? Ma è successo proprio a te.
Ed io sono qui solo per ricordartelo, comunque siano andate le cose, qualsiasi persona tu abbia al tuo fianco adesso, ricorda che un giorno, tanto tempo fa’, eri innamorata di un ragazzo dai grandi occhi azzurri e dal sorriso meraviglioso, ma soprattutto con un cuore d’oro.
Ringrazia lui se adesso hai una famiglia, dei figli, e magari un cane, e se lui è ancora accanto a te bacialo, non sprecare nemmeno un secondo del tempo che avete a disposizione, non pensare che non ti ami, e che sia tutto sbagliato.
E’ il mondo che gira male, è lui che va al contrario, voi avete ragione, voi inseguite solo il vostro più grande diritto, ognuno di noi ha il diritto di amare e voi lo state rivendicando nel migliore dei modi, perché è vero che l’amore può fare male, può distruggerti da dentro senza nemmeno dire una parola, ma allo stesso tempo l’amore è in grado di guarire ogni ferita, l’amore tiene in vita.
Non dimenticarlo ragazza mia, non farlo mai.
E adesso vivi, vivi come vorrebbe facessi.
Quel ragazzo ha superato qualsiasi confine solo per poterti regalare una vita normale, una felice e lunga vita con chiunque, nulla di esagerato e stupefacente. Ti ha dato la possibilità di vivere.
E non sprecarla.
Spero sia bello, comunque sia andata.
Quando le cose andranno male, quando avrai voglia di spaccare tutto e di andare via, prendi questa lettera, annusa il fiore secco che trovi fra le pagine piegate, annega fra ricordi che ormai non ci sono più, e amalo. Amalo come so sarai ancora in grado di fare.
Pensa sempre a me, io penso sempre a te, cosa ti ricorda questo?
E’ un contratto, ricordi?
Una freccia di cupido cadde su questi fiori, e c’è gente pronta a giurarlo, di notte iniziavano a cantare parole d’amore.
Queste parole ti disse una volta, te le disse con il cuore che batteva forte e gli occhi che ti ammiravano con una tale intensità da farti sudare freddo.
Perché, non credere a qualsiasi cosa dicano sull’amore, ma credimi se ti dico che il vostro di amore è in grado di affrontare anche l’oblio dell’infinito.
Attimi, parole, mani che si toccano, elettricità pura che si scatena.
Che si scatenava, no?
Lui non c’è adesso.
Ma ti manca, lo so.
Ti manca mentre guardi un film sdolcinato alla televisione o mentre anneghi fra le pagine di un nuovo libro.
Ti manca quando porti fuori il cane e mentre racconti le favole ai tuoi bambini, ti manca quando fuori piove e l’unica cosa che vorresti sono le sue braccia vicine, ti manca fra una risata ed una lacrima, fra una parola ed una carezza, ti manca tutto di lui, anche se non te ne rendi conto, anche se non sai nemmeno che faccia abbia.
Perché quelli come noi una volta che hanno amato non dimenticano.
Quelli come noi amano con ogni dannata parte del corpo.
Quelli come noi si tuffano nell’amore senza salvagente.
E adesso che l’amore è sparito dove saremmo?
Saremmo andate a fondo come un qualsiasi sacco di farina, e poi magari ci saremmo incagliate in qualche scoglio e saremmo rimaste là per sempre.
Invece l’amore prima di sparire ci ha salvato dal baratro.
Ci ha dato un bacio della buonanotte e ci ha messo al sicuro.
Spero sia bello, nonostante lui non ci sia più.
Come va il vuoto?
Come curi l’assenza?
Lui ti ha consumato dall’interno.
Ogni osso si è sbriciolato.
Ogni muscolo disintegrato.
Ogni stralcio di pelle è stato strappato via con violenza.
Lui non c’è.
Lui dov’è?
Lui ha scelto il buio.
E non rinnegarlo, non farlo adesso, perché lo ha fatto per te.
Ha preferito annegare nelle tenebre pur di farti felice.
Non capisci?
Non è difficile, nella sua vita c’era la persona più inquietante del mondo.
E ha scelto quella persona.
Ed i suoi occhi erano le porte spalancate verso l’inferno.
Ha sacrificato tutta la sua vita per consentire a te di viverne una normale, felice, serena.
Spero sia bello e che tu sia felice, ma che soprattutto capisca.
Capisca che ciò che la vita ti ha donato è un regalo dell’amore.
Capisca che gli occhi del tuo bambino sono un universo a parte, rubato all’amore.
Capisca che ogni gesto che compi ha uno spettatore silenzioso, lontano o vicino.
Capisca che il mondo vi vedeva mano nella mano, una coppia di giovani innamorati ed impavidi, con un’unica debolezza, vi amavate troppo.
Capisca che lui senza di te non poteva continuare a vivere, eppure lo ha fatto comunque.
Capisca che lui ti ama ogni giorno in modo più assoluto e incredibile.
Perché io lo so, io lo so benissimo che sarà cosi.
Ora non ti chiedo grandi cose.
Non voglio chiederti di farmi grandi promesse o di giurarmi cose che so non potrai mantenere.
L’unica cosa che ti chiedo di fare è di ricordarlo.
E di riservargli uno piccolo posto nel tuo cuore.
Spero sia bello, anche se se che sarà difficile. Un vuoto come il suo non si colma mai davvero. Ogni tua cellula brama il suo profumo, le sue mani, la sua voce. Un cratere come il suo non viene mai riempito davvero.
Non piangere ragazza, sii felice e vivi la vita che Adrian ti ha donato.  
 

Hope.


 

Salve persone!
Oddio siamo alla fine di questa storia, è davvero finita?
Sono depressa.
Quindi non mi resta nient'altro da fare se non ringraziare le persone che hanno fatto in modo che tutto questo esistesse.
Prima di tutto ringrazio la mia Rose, che ha creduto in me più di quanto io abbia mai fatto e che è rimasta sempre, sclerotica e tarata, ma sempre presente.
Ringrazio la mia Afua, la mia parabatai, perchè mi ha dato il coraggio di sognare.
I'm your Will as you are my Jem.  
Ringrazio la mia migliore amica che, probabilmente non leggerà mai queste righe, ma che si è sopportata ogni sclero, ogni notte in bianco e ogni momento depresso.
Ringrazio Fra, che ho dovuto tartassare notte e giorno, e che ha dovuto recuparare 10 capitoli in un pomeriggio.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito, chi ha letto in silenzio e chi si è emozionato con la mia storia.
Grazie per aver creduto nelle mie parole. 
E voglio dedicare quest'ultimo capitolo alla mia sorellina acquisita, tanti auguri amore, sei sempre la mia piccolina.

Un bacio grande.

-Allen

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