I am Not Afraid To Walk This World Alone.

di ChaosReign_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Our Lady Of Sorrows ***
Capitolo 2: *** 2. Helena. ***
Capitolo 3: *** 3. And all things will end. ***
Capitolo 4: *** 4. You know what they do to guys like us in prison. ***
Capitolo 5: *** 5. Dead! ***
Capitolo 6: *** 6. Nightmare (as your nightmare comes to live) ***
Capitolo 7: *** 7. Welcome to the Family! ***
Capitolo 8: *** Scream. ***



Capitolo 1
*** 1. Our Lady Of Sorrows ***


 

I am Not Afraid To Walk This World Alone.

 

Our Lady Of Sorrows.

 

-CHI È STATO?!?! Chi è stato a mettere questo essere immondo sulla mia sedia?!?-

La professoressa, se così si possono chiamare i docenti della Gloomy&Grim, urla puntando il dito tozzo e smaltato di rosso contro gli alunni. L' essere immondo a cui si riferisce è una piccola e innocua lucertola... Morta.

-Sono stata io!-

Una ragazza minuta e magrolina, vestita completamente di nero, si alza in piedi e incrocia le braccia con aria di sfida.

-Strada! Chi altri poteva essere!? Figlia di nessuno che non sei altro, vai subito nell'auditorium e non uscire di lì prima di domani mattina!-

La donna dietro la cattedra è completamente alterata ma nonostante questo riesce a sorridere maliziosamente, mettendo in mostra denti ingialliti dal fumo delle sigarette e labbra rugose ricoperte da uno strato abbondante di rossetto, anch'esso rosso.

Quando pronuncia la parola “auditorium” tutti i ragazzi presenti hanno un tremito, anche la ragazza che fronteggia a testa alta tutto il corpo docenti non riesce a trattenere i brividi correrle lungo la schiena. Ma non si muove, rimane ferma al suo posto.

-Otto anni della loro povera vita, hanno sprecato i tuoi genitori! Loro hanno pagato per iscriverti in questo istituto e tu come li ripaghi? Così, facendo queste stronzate ai tuoi educatori. Chissà cosa staranno pensando di te in questo momento, sei solo una delusione.-

La signora, vittima dello scherzo, aggredisce la più piccola, non le risparmia insulti e non cerca di avere un po' di tatto.

Le urla contro tutto quello che le passa per la mente, con uno sguardo crudele stampato in volto. Tutto il contrario di quello che dovrebbe essere una vera insegnate.

L'adolescente sostiene lo sguardo senza sorridere, senza ribattere.

Chiusa nel suo mutismo post-prediche fa un passo verso la cattedra e, con le mani strette a pugno lungo i fianchi, esce dall'aula sempre a testa alta.

L'unica cosa che la tradisce sono gli occhi verde smeraldo scuri di rabbia e... Lucidi.

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti!!!

Questo è un nuovo esperimento di long-fic che sto provando a fare...

Lo so che il prologo è molto corto però deve essere così, anche perché è l'unico capitolo scritto in terza persona.

Ogni capitolo di questa storia avrà un nome di una canzone (credo che la maggior parte saranno di My Chemical Romance e Avenged Sevenfold.) Volevo solo farvelo sapere.

Ringrazio chiunque passi a leggere questo mio nuovo delirio, vi stimo molto se arrivate fino in fondo.

E che altro... Spero vi abbia incuriosito almeno un pochino...

Mi farebbe molto piacere ricevere qualche recensione, commenti, consigli, critiche o qualunque cosa mi vogliate dire... Davvero, sarei molto molto felice *3*

Alisea <3

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Capitolo 2
*** 2. Helena. ***


 

Helena.

 

 

24 Agosto 2005, Firenze.

 

-Perché ti cacci sempre nei guai?-

Il prof di musica, l'unico che si possa ritenere tale e l'unico che ci tratta come persone, mi scorta per i corridoi dell'istituto fino ad arrivare all'auditorium.

-E perché in questo posto ci trattano come... Come animali? O peggio, almeno loro negli zoo hanno qualche diritto.-

Il ventisettenne al mio fianco sospira, è sempre stato contro i loro “metodi d'insegnamento”. Mentre tutti gli altri insegnanti ogni volta ci guardano con sentimenti di pena, disprezzo o repulsione, lui ci rispetta e ci fa sentire accettati.

Una volta mi ha pure confessato che gli sto simpatica, ha detto anche perché sono l'unica che ha il coraggio di affrontare e tenere testa alla tirannia della nuova preside che ormai vige qui da sette anni.

Sono Helena Strada, diciassettenne senza più via di scampo. Chiusa in questo istituto “del dolore” da nove anni. I primi due anni passarono bene, i professori erano amorevoli e la preside mi aveva preso sotto la sua ala come una figlia. Era tutto perfetto, o quasi. Poi un giorno tutto cambiò, la preside dovette trasferirsi e con lei il corpo insegnante. La gente che arrivò dopo, beh, è ancora qui.

Sono una veterana, la padrona di casa e la più ribelle tra tutti gli studenti qui.

I dittatori non ci rispettano, ci danno il minimo indispensabile per vivere, quando va bene e le loro punizioni ci tengono agli stremi. C'è solo una parola per descriverle: dolore.

È da sette anni circa che le sopporto.

È da sette anni che è nato l'auditorium.

Auditorium è il termine che i professori usano per dire segregazione, è una stanza più piccola di un metro quadrato, senza finestre.

Con solo un bicchiere d'acqua per tutta la notte.

Con un solo bicchiere d'acqua per tutto il tempo che dovrò passarci dentro.

Non potrò sedermi, men che meno sdraiarmi. Posso contare solo sulla forza della mie gambe e sulla mia volontà, quella non manca di certo.

Come ho detto prima siamo trattati malissimo, ma io continuo a lottare e anche stanotte resisterò qui dentro.

E domani... Domani ne uscirò ancora più forte.

 

 

 

25 Agosto 2005, Firenze.

 

Sentire il materasso sotto il corpo dopo aver passato una notte in piedi sembra la sensazione più confortevole del mondo.

Stesa sul mio letto, perché io ci vivo anche in questo inferno come la mia compagna di stanza e gli altri ottantanove ragazzi, chiudo gli occhi e me li massaggio cercando di riprendermi un po'.

-Dovresti smetterla di farti del male... Sono troppo forti, anche per te.-

Chiara, la mia migliore amica e compagna di stanza, si siede accanto a me e mi massaggia una coscia.

Per un attimo vedo una stanza arancione con una bella lampada attaccata al soffitto e degli armadi azzurri ricoperti di figurine dei Pokémon o di altri cartoni animati.

Sbatto un paio di volte le palpebre e tutto scompare come tutte le volte che rivedo quella stanza.

Il dormitorio degli studenti è un edificio grigio, imponente e squadrato, con porte massicce che non lasciano trapelare all'esterno alcun segno di vita. La facciata è coperta di muffa nera, visibile perfino dall'altro lato della strada. Tutte le finestre sono chiuse da file di spesse sbarre d'acciaio. Tutto l'istituto, come se non bastasse, è circondato da un muro alto circa tre metri e largo uno. Grigio anch'esso.

Bene, tutto è normale, sono ancora in questa prigione.

Starai benissimo qui, piccolina... Non ti preoccupare... No, non piangere. Ti sentirai a casa.”

La Gloomy&Grim non assomiglia affatto a quello che mi avevano detto per convincermi a non piangere quel primo anno. Non somiglia a niente, tranne che a un posto senza vita e senza colore dove sono stata mandata per decisione di un pezzo di carta e del tribunale.

-Lo sai che non posso... Devo continuare a lottare, se no è finita.-

-Beh potresti farlo in un altro modo... Non devi per forza ridurti in questo stato solo per dimostrare loro che tu sei forte e che non cederai alle loro torture.-

Chiara, lei ha la mia età ma è arrivata qui tre anni dopo di me, l'hanno presa dalla strada sotto ordine dei servizi sociali. La prima volta che l'ho vista ho avuto paura, a undici anni vedere arrivare una coetanea pallidissima, con occhiaie viola sotto gli occhi e due piercing non è normale. In più era vestita come quei mostri che fanno vedere in TV, quelli con le catene, gli scarponi neri e collare con le borchie, maglietta e pantaloni strappati.

Lei viveva con suo fratello e gli amici di lui in un magazzino nella periferia della città. Suo fratello faceva parte di una setta, per questo Chiara aveva quei piercing e quei vestiti. Poi una sera, doveva essere come tutte le altre, dei ragazzi arrivarono. Con un colpo di pistola uccisero il fratello della mia amica, Kyle era il suo nome.

Lei non sopportò la vista di quel massacro e così scappò per le vie della città.

La trovarono. Ed ora è qui.

-Non posso... Non saprei cos'altro fare. Non c'è più un altro modo.-

-Si che c'è... C'è sempre un'altra via.-

Mi prende il viso tra le mani e i nostri occhi si scrutano a vicenda. Poi appoggia la sua fronte alla mia, sento i suoi capelli, come seta, sfiorarmi leggeri la guancia.

Ha i capelli bianchi: veramente bianchi, il colore del gelo o della foschia. Al contrario le ciglia lunghe e nere gli incorniciano occhi nocciola che solo una come lei può rendere unici e speciali.

Invece io ho i capelli neri come la pece, come il carbone e gli occhi verdi sono circondati da ciglia fini e corte.

-Helena... Ancora cinque anni e saremo fuori... Resisti. I... I tuoi occhi sono...-

-Lo so! Io non posso resistere!! Non posso più farlo, mi hanno preso tutto! TUTTO! Anche il colore dei miei occhi!!-

Mi alzo barcollando un po' prima di arrivare allo specchio.

I miei occhi, i miei occhi verdi, gli occhi che ho sempre amato che mi ricordano sempre il posto in cui sono cresciuta, una villetta in mezzo al bosco.

I miei occhi verdi come il bosco... Come la foresta, come il mio spirito libero non ci sono più. Hanno lasciato spazio a delle iridi vuote e senza vita. Grigie, come tutto qui dentro.

Se non fosse per lo specchio davanti a me non mi accorgerei nemmeno di stare piangendo. Lacrime salate solcano le mie guance. La mia pelle bianchissima, quasi quanto quella di Chiara, prende una sfumatura grigiastra, statuaria.

Fottuto grigio, ti odio.

-Beh... Ti ho detto che c'è sempre una seconda scelta... Io ho quello che ci vuole per te...-

Ecco la mia amica, lei è quella positiva della coppia. Già, siamo una coppia, facciamo tutto insieme. Forse lei è l'unica che è al mio livello di cazzutaggine.

Insieme siamo scappate, abbiamo fatto ogni genere di scherzo possibile, si siamo difese a vicenda. È la mia complice in tutto e soprattutto lei è la ragazza che mi ha fatto conoscere la musica. Quella vera.

Con lei ho fatto il mio primo tatuaggio, la mia prima fumata, con lei scappo sempre il sabato, l'unico giorno libero.

Con lei ho sentito per la prima volta, quattro anni fa, gli Avenged Sevenfold.

-Beh... Cos'hai in serbo per me?-

-Beh potresti venire al concerto degli A7X, per esempio...-

La guardo confusa, non abbiamo i biglietti e ormai è troppo tardi per cercarli. In più non sappiamo nemmeno dov'è.

-Scusa?? P-puoi ripetere?-

-Si... Mentre tu ti facevi mettere in quel buco io ho guardato in giro e ho trovato questo.-

Tira fuori un volantino. IL volantino.

Il foglio è dominato da un'immagine dei Sevenfold sul palco e nel centro ci sono scritte poche parole.

Avenged Sevenfold in concerto. Campo sportivo di Firenze. 28 agosto, ore 22.00”

Campo sportivo, dove ci portano per fare educazione fisica. Il grande campo a lato del muro ovest della scuola.

Un blocco di cemento mi divide dal mio gruppo preferito. Un solo muro, un piccolo ostacolo che potrei superare a occhi chiusi.

-Sarà fantastico... Però...-

-Niente ma! Se tu riesci a stare buona per due giorni sarà estremamente facile riuscire a scappare. -

Già mi immagino pogare insieme a Chiara sulle note di Second Heartbeat, la mia canzone.

Ci guardiamo per un secondo interminabile e in sincronia saltiamo come due pazze facendo urletti da ragazzine quattordicenni arrapate.

Mentre lei sta ancora saltando e muovendo la testa a ritmo di una canzone immaginaria il mio entusiasmo inizia a svanire.

Se penso che dovrò tornare per le undici e mezza, prima che le riunioni serali dei collaboratori scolastici finiscano mi si spezza il cuore.

-Chia...- La fermo prendendola per un braccio. -Ma sarà solo per una sera...-

-Lo so... Ma pensaci bene, sarà la sera più bella della nostra vita!-

Chiara, riesce sempre a trovare il lato positivo delle cose.

Mi viene da sorridere, lei è la ragazza che mi ha fatto sentire viva in questi anni, l'unica che ha davvero creduto in me come persona.

Torniamo a saltare sul letto mentre cantiamo Beast and the Harlot.

All'improvviso tutto il dolore post-auditorium svanisce lasciando spazio alla speranza di essere felice almeno per un'ora.

Sentiamo bussare rumorosamente alla porta.

-Allora!! vogliamo fare un po' di silenzio!!! Siete qui per riprendervi non per fare le oche!-

La voce del prof Andreoni ci arriva forte e chiara.

Noi aspettiamo di sentire i suoi passi pesanti allontanarsi dalla nostra camera per poi rimetterci a fare quello che stavamo facendo prima.

Divertirci come due ragazze normali.





Ciao a tutti!! Sono tornata anche con questa long. mi ha preso particolarmente bene.
Spero faccia piacere anche a voi che sia tornata, non uccidetemi!!
Comunque... Spero vi piaccia almeno un pochino come inizio... ci spero tanto...
Beh, ringrazio tutti quelli che leggono e anche tutti gli altri e mi scuso per ogni eventuale errore. perdonatemi!!
Se volete lasciatemi una recensioncina con un commentino o una critica... me tanto felice per quello *3*
Al prossimo chap.
Alis. <3

 

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Capitolo 3
*** 3. And all things will end. ***


 

And All things will end.

 

28 Agosto 2005. Firenze.

La sento, è l'adrenalina che mi sale ogni volta che lo facciamo. Ogni volta che sappiamo che solo un passo falso ci può costare caro... Molto caro.

Io e Chiara ci muoviamo silenziose e agili per i corridoi bui della scuola.

È quasi impossibile che ci vedano perché siamo tutte e due vestite di nero.

Ho detto quasi perché la poca luce che filtra nell'edificio si riflette sulle nostre carnagioni chiare e, in particolare, sui capelli chiarissimi della mia amica.

Già, questi piccoli particolari potrebbero far saltare tutto.

Ma non oggi, oggi nessuno ci fermerà, abbiamo preso le precauzioni giuste: i cappucci delle felpe sono calati sulla testa fino quasi a coprire gli occhi.

Finalmente arriviamo davanti alla porta che da sull'ala ovest del giardino.

Davanti a noi si estende, per un centinaio di metri, l'alto muro che ci separa dal concerto. Questioni di metri. Metri!

Tutte e due sappiamo cosa fare, in due giorni abbiamo organizzato tutto alla perfezione.

Ci scambiamo uno sguardo d'intesa, consapevoli che una volta oltre quel muro non c'è possibilità di tornare indietro.

Una volta a ridosso del muro Chiara si mette a gattoni per farmi salire sulla sua schiena così che mi possa arrampicare senza sforzo. Per lei invece è più semplice, è più alta e quindi le basta aggrapparsi alla mia mano tesa ed è fatta, siamo dall'altra parte.

Quello che vediamo appena ci rendiamo conto di essere davvero lì è insolito e inaspettato: capanni, gente impegnata a correre di qua e di là e... Chitarre.

Siamo nel backstage. Nel backstage degli Avenged Sevenfold, davanti alle chitarre di Synyster Gates e Zacky Vengeance! Mi sembra impossibile.

Sia io che Chiara siamo paralizzate sul posto.

Ebbene sì, non abbiamo curato tutto alla perfezione. A questo non avevamo pensato, eravamo sicure di spuntare dal nulla nel campo o sugli spalti.

Dobbiamo raggiungere la folla senza farci beccare dallo staff o, peggio ancora, dai Sevenfold in persona. Però la voglia di prendere in mano quelle chitarre è tanta.

-Dobbiamo andare tra la folla senza essere braccate...-

Mi sussurra Chiara, molte volte succede che pensiamo le stesse cose.

Annuisco e le sorrido per incoraggiarla anche se sono molto concentrata, continuo a ripetermi “solo un passo falso e...”

Zigzaghiamo tra amplificatori enormi e strumenti tecnici sparsi un po' ovunque fino a che troviamo l'entrata delle tribune. Mentre ci mischiamo tra la folla, gente proveniente da tutta Italia, i grandi schermi messi a lato del palco si accendono sfoggiando un gigantesco Deathbat nero su sfondo bianco. E il conto alla rovescia inizia.

-... Five, four, three, two, one...-

Tutto si oscura e il silenzio invade il campo. Le luci continuano a restare spente, anche quando il suono della chitarra solista irrompe in tutta l'arena.

Poi il palco si illumina, cioè, una luce viene puntata su... Ommiodio! Synyster Gates che entra con le mani che si muovono sul suo strumento. A poco a poco entrano anche gli altri, tenendo il vocalist della band per ultimo.

Quando Matt Shadows inizia a cantare, un'ovazione generale del pubblico li accoglie.

La mia bocca è più veloce del mio cervello e prima che possa ricordare le parole, sono già a cantare To End The Rapture a squarcia gola insieme a tutte le altre mille mila persone presenti.

E la prima canzone finisce.

E dopo quella prima ne seguono altre, le migliori. E io e Chiara le cantiamo tutte, a ogni canzone urliamo di più, ci facciamo sentire di più, entriamo nel pogo e urliamo.

E il tempo passa.

Tra noi e il gruppo solo il palco. In un momento di pura pazzia ho anche pensato di buttarmi oltre la folla ammassata nelle prime file, oltre la sicurezza e arrampicarmi su quel palco. Non l'ho fatto, però.

-... But it's not true, i don't know you. Don't waste your time, and don't waste mine...-

Anche Desecrate Through Reverance finisce. Un'altra canzone è andata, altri cinque minuti in meno.

-Ehi Elly, i prossimi saranno i My Chemical Romance, vero?-

Mi urla la mia amica per farsi sentire. Si, se sopravviveremo a questa notte il prossimo gruppo che andremo a vedere saranno i My Chem.

-Certo!-

Le faccio segno di “ok” con il pollice. E mentre noi pianifichiamo il nostro prossimo concerto parte Bat Country.

-He who makes a beast himself geeets rid of the paaaain of beeeeeeeeeeeeiing aaaaaaaaa maaaaaaaaaaaaaaaaaaaann!!!!!!!!-

Io, Chiara e le mille mila persone ci mettiamo a urlare insieme a Shadows.

Ma niente è per sempre e dopo Bat Country Chiara sembra triste.

-Ehi, che c'è?-

Cerco di capire il suo repentino cambio d'umore, lei non è mai stata lunatica. Se sta male o è triste c'è sempre un motivo.

Lei si volta verso il backstage, da dove siamo arrivate. Poi torna a guardare me.

-Helena, sono le dieci e quarantotto... Dobbiamo tornare, i professori finiscono la riunione alle undici e dieci e controllano le stanze alle undici e mezza. Per quell'ora è meglio essere già dentro, non voglio rischiare troppo...-

La tristezza, nel momento in cui dice che è ora, diventa anche parte di me. Non ho nemmeno sentito la mia canzone, Second Heartbeat.

Ma annuisco e controvoglia la seguo verso “casa”.

Ma subito mi blocco, mi blocco quando sento l'ultima frase che dice Matt.

-... This is the best of Waking the Fallen, Second Heartbeat!-

E l'intro della canzone, di QUELLA canzone inizia a riecheggiare nel campo, sul palco, nelle vie vicine... Nella mia testa. Guardo supplichevole Chiara.

-Chia... Io devo restare, ma tu inizia ad andare... Ti raggiungo appena finisce.-

Il mio subito equivale a dieci minuti e tra dieci minuti, per me, potrebbe essere già troppo tardi.

-Va bene... Ma fai presto, al massimo cerco di coprirti io...-

Lei mi capisce, così se ne va lasciandomi sola con la mia canzone.

Piango, canto e urlo con Matt contemporaneamente. Ora, ci siamo solo io e lui, la sua voce.

-Two in my heart have left me a while, I stand alone. When they get back, it won't be the same. Never be the same!-

A questo punto la voce mi si spezza, cado rovinosamente a terra e rimango lì per non so quanto in uno stato di trance.

Rivedo la stanza arancione e luminosa ma ora è più nitida. Non sento le voci ma vedo due volti: un uomo e una donna. Sono giovani, lei con i capelli neri e lunghi come i miei e gli occhi scuri, lui con i capelli castani e gli occhi azzurri. Sono belli.

Mi sorridono, credo di essere stesa sul letto perché la visuale è diversa, non vedo l'armadio vicino al lettto ma vedo la finestra che da su di un cortile molto grande con molti alberi e la piscina. I due adulti sono dinnanzi a me e sono felici, molto felici insieme. Sono i miei genitori.

Con le lacrime agli occhi mi riprendo, davvero, non so quanto tempo sia passato. Fatto sta che mentre mi rialzo sento la gente intorno a me cantare Seize the Day e vedo tantissimi accendini o cellulari che vengono sventolati lentamente, sulle note della canzone.

Seize the Day, la canzone mi piace però c'è qualcosa che non mi convince, ho una sensazione strana, negativa.

Guardo le ore, il mio orologio segna mezzanotte meno un quarto.

Cazzo.

Cazzo. Cazzo. Cazzo.

Mi rialzo e vengo colta da un giramento di testa per il movimento brusco ma non demordo. Mi metto a correre, cerco di correre più veloce che posso ma la gente tutt'intorno sembra non volermi far passare. Tutti con quelle mani alzate che si dondolano incantati dalla voce di Matt. Anche quando la canzone finisce la gente non si smuove, anzi, sembra ammassarsi ancora più fitta, si moltiplica!

-Sevenfold! Sevenfold!-

Tutti urlano il bis ma i ragazzi dicono che sono stanchi e si dileguano. Cazzo.

Dovevo riuscire a scavalcare il muro prima della fine del concerto. Ora sono davvero nei guai.

Tra spintoni e gomitate riesco ad arrivare nel backstage senza farmi vedere.

Ora corro più veloce, cerco di fare il minimo rumore mentre ripercorro a ritroso la strada che qualche ora prima io e Chiara avevamo fatto. Zigzago ancora tra attrezzi, amplificatori e strumenti. Ma ora non ho tempo di fermarmi a guardare.

Sono praticamente salva, mancano un centinaio di metri circa al muro.

Non posso avere la sfiga di...

-Ehi! Stai un po' attenta... Ma... Che ci fai qui? E chi sei?-

Come non detto. Porca merda!

Sono andata a sbattere contro un ragazzo che mi sbraita contro con la sua voce roca.

Non riesco a vederlo in faccia perché sono caduta e non ho il coraggio di alzare lo sguardo. Cerco di rialzarmi per scappare via ma lo sconosciuto mi afferra il polso.

-Lah... Sciah... Mih!-

Mi dimeno, cerco di morderlo per scappare, ma niente. La sua mano è stretta sul mio braccio come fosse una presa d'acciaio.

-Io ti lascio... Ma tu devi stare calma e non scappare. Ok?-

Io non rispondo e continuo a divincolarmi, combatto contro l'impulso di mollare e lasciarmi andare. In più quella voce mi sembra familiare ma non ricordo dove l'ho già sentita.

-Ti prego... Lasciami! Se no sono morta, finita!-

Alzo lo sguardo che si sta riempiendo di lacrime, implorante. E li vedo.

Occhi verdi.

Occhi che ho già visto milioni di volte, ma solo da lontano. O dietro uno schermo.

Certe volte anche coperti da occhiali da sole.

Poi mi accorgo del resto: braccia tatuate e muscoli scolpiti, capelli corti e aria da duro.

Sono andata a sbattere contro Matt Shadows.

-Da... Da quello che ho capito sei venuta qui senza permesso e ora sei nei guai? Però non sei venuta per noi?-

Mi guarda con aria severa, un ragazzo di soli quattro anni in più di me come fa ad essere così autoritario?

-No... Io... Devo andare, se no... Se la prenderanno con me.-

Cerco di non dire nulla su quello che dovrei, che dovrò passare quando arriverò alla Gloomy&Grim.

-Dov'è che devi andare? L'uscita in ogni caso è da quella parte.-

Matt Shadows mi guarda un po' confuso mentre con il braccio libero mi indica dove stava la folla. Io sto zitta, ho sempre avuto molta immaginazione ma ora sembra essere tutta sparita, non so più cos'altro inventarmi.

Lo guardo con le lacrime agli occhi.

-Allora... Vuoi dirmi la verità? Mica ti mangio.-

La sua presa si allenta sul mio polso ma non mi lascia ancora. Come potrei sbattergli in faccia tutta la mia vita? Lui non può capire, non ha avuto un passato “infelice” come il mio.

-E-Ecco... Io... Ehm...-

Inizio a piangere, tiro su con il naso ma non resisto ad accasciarmi a terra, con la manica della felpa mi asciugo le lacrime.

-Sembri sconvolta, non avere paura... Se mi racconti cos'è successo potrei aiutarti, se pensi che solo perché io sia famoso non capisca i problemi degli altri fai un grosso errore.-

Al che gli racconto tutto, relativamente. E senza piangere gli racconto della scuola e delle punizioni che ci infliggono. Gli parlo di me e di Chiara e del concerto.

-... Per favore, non volevamo imbucarci però non sapevamo cos'altro fare...-

Lui mi ascolta senza interrompermi, man mano che gli parlo lui allenta la presa fino a togliere la mano e lasciarmi libero il polso. Dopo aver sentito la storia della mia scuola scuote la testa contrariato. Scommetto che non aveva mai sentito una storia simile prima.

Mi sembra impossibile, sono qui a parlare con il vocalist degli A7X. Pazzesco. Solo che ora, in questo momento, non lo vedo come personaggio famoso ma come un ragazzo in cui cercare conforto. Solo pensare o parlare del mio istituto mi mette ansia e gli occhi mi si gonfiano ancora una volta di lacrime.

-È terribile, ma tu devi stare tranquilla. Io e i miei amici troveremo un modo per portarti via da lì. E faremo chiudere quel posto. Ti aiuteremo, te lo giuro.-

Prima che le lacrime inizino a scendere copiose sulle mie guance, mi sento circondata dalle braccia di Matt.

Si accovaccia accanto a me e posa una mano sulla mia nuca accompagnandola contro il suo petto. Lì, tra quelle braccia forti mi sento, per la prima volta da più di nove anni, davvero protetta e mi lascio andare in un pianto disperato, liberatorio.

Lui mi stringe a sé passandomi una mano nei capelli.

-È tutto finito.-



 

 

 

Ciao Mondo!
Eccomi con il nuovo capitoluccio...
perdonatemi se ci sono errori ma l'ho finito a notte fonda eheh...
comunque spero vi piaccia... Avete intuito cosa è successo ad Helena??
Nei prossimi capitoli ci saranno ancora più chiarimenti... *3*
Beh che altro dire? ringrazio sempre chi legge, recensisce e mette la storia nella seguite, ricordate o preferite.
Io vi amo, lo sapete!
mi farebbe davvero piacere sapere quello che ne pensate, sia che vi sia piaciuta oppure che vi abbia fatto vomitare la faraona ripiena di vostra nonna del cenone di natale di sei anni fa... consigli, commenti, critiche... tutto è ben accetto con un mio sorriso stampato in volto (?)
Se non avete capito la frase sopra questa non vi biasimo. recensite!! :D
Bacioni.
Alisea. <3

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Capitolo 4
*** 4. You know what they do to guys like us in prison. ***


 

You know what they do to guys like us in prison.
 

28 Agosto 2005. Firenze.

Matt mi prende per mano e mi guida sul palco cioè, meglio dire nel retroscena del palco dove, seduti intorno ad un tavolino da picnic, ci sono gli altri componenti della band.

Bevono birre, scherzano e parlano felici, troppo impegnati a divertirsi per accorgersi del nostro arrivo. Solo quando Matt, con il suo vocione, saluta i suoi amici gli stessi si accorgono di una nuova presenza. Non parlo di me, ma dello stesso Matt.

-Ciao ragazzi...-

-Ehi, Matt! Si può sapere dov'eri finit... Oh...-

Synyster Gates interrompe la frase a metà esattamente quando i suoi occhi si posano su di me.

-Chi è la nuova arrivata?-

Chiede mentre alzandosi si dirige verso di noi subito seguito da Jimmy The Rev, Zacky Vengeance e Johnny Christ.

Si avvicinano, ma non troppo. Mi guardano curiosi ma con cautela, molta cautela.

-Lei è...-

-Helena.-

Lo interrompo io, solo ora mi accorgo di non essermi ancora presentata. Lui mi ha promesso aiuto, mi ha consolato senza nemmeno sapere chi fossi, senza sapere il mio nome. Si è fidato delle mie parole, solo di quelle.

-Giusto, Helena.-

Matt rimarca il mio nome e questa volta mi sorride.

-Beh, tu sai chi siamo noi... Credo. Ma mi presento comunque, sono Brian.-

Brian Elwin Haner Jr. mi porge la mano tutto sorridente. E che sorriso, il più bello che abbia mai visto in diciassette anni di vita.

Io gli stringo la mano con un sorriso da ebete stampato in volto. L'ho già detto che ho un debole per lui? Nonostante sia venuta qui per un motivo, o meglio, abbia cercato di evitare di farmi braccare da chiunque, in questo momento potrei comportarmi come una tredicenne arrapata. Quando le nostre mani si incontrano quasi svengo. Ecco la parte di me che salta fuori in questi momenti, quando mi sembra di essere una ragazza normale, come tutte le altre.

-Ma... cosa ci fa qui?-

Johnny Christ si rivolge solo a Matt, scoccando a me solo un'occhiata, di rimprovero mi sembra. È... È scocciato?

Io torno alla realtà e guardo Christ ma distolgo subito gli occhi da quel ragazzo poco più alto di me. Non sembra disposto, come Matt, a parlarmi. Non è interessato alla causa.

Infatti quando cerco conforto nel suo sguardo, lui mi poggia una mano sulla spalla e torna a fissare gli altri. Uno per uno.

Io seguo il suo sguardo.

Si sono chiusi a cerchio intorno al loro vocalist e a me. A sinistra di Matt c'è Zacky che con la bocca socchiusa mi fissa pensieroso. Johnny si è avvicinato a Zacky e sposta lo sguardo dalla mano di Shadows sulla mia spalla alla mia faccia a quella del suo cantante. È preoccupato.

Brian invece è tutto l'opposto, è calmo e rilassato, sorride. Ancora. Ha le braccia incrociate sul petto e sembra a suo agio.

E poi il mio sguardo cade su di lui, James Owen Sullivan. Uno dei più spettacolari batteristi del mondo.

Sono tutti qui, davanti a me che mi guardano, i loro occhi esprimono tutta la loro curiosità. Vogliono spiegazioni, una buona ragione del perché Matt mi ha portato da loro.

Mi soffermo sugli occhi di quest'ultimo, vicino a me. Ne avevo sentito parlare, ne avevo letto, avevo anche immaginato come potessero essere da vicino ma mai, mai avrei pensato che vederli dal vivo sarebbe stato così disarmante.

Sono occhi blu, ma non del blu del cielo né del blu del mare. Sarebbero paragoni troppo ovvi, troppo classici... Troppo scontati per degli occhi del genere.

Poi abbasso lo sguardo e noto che sorride, anche se me ne ero già accorta solamente guardandolo fisso negli occhi.

Ricambio il sorriso, è impossibile non farlo quando ti trovi davanti questo ragazzo che riuscirebbe a mettere allegria a chiunque.

-Beh... È... È una situazione un po' delicata. E anche molto strana... Sediamoci.-

Ci spostiamo di nuovo dove io e Matt avevamo visto, poco prima, i ragazzi scherzare.

-Allora... Lei e una sua amica si sono imbucate qui, ma non è questo il punto. Sono scappate per poche ore dalla loro scuola che è anche dove vivono e...-

Matthew inizia a raccontare quello che tempo prima gli avevo detto io stessa. Non dice tutto, pensa che qualcosa debba rimanere tra noi. Racconta delle punizioni severissime, delle condizioni pessime in cui ci lasciano. Le cose più terribili.

E man mano che racconta le facce degli altri si fanno pian piano sempre più scure.

Le espressioni di quei quattro ragazzi rispecchiano tutto quello che ho passato io.

Shock. Sorpresa. Dolore. Pena.

Disgusto.

Matt finisce di spiegare la situazione e quattro teste si voltano verso di me. Visi pallidi, basiti.

-Sono Helena Strada: diciassette anni, rinchiusa in quel “coso” da nove. E da sette torturata solo per aver alzato la mano una volta di troppo, certe volte. Io insieme ad altri novanta ragaz...-

E la voce mi gioca ancora quel brutto scherzo di sparire lasciando spazio a singhiozzi spezzati e sospiri pesanti ma Matt è pronto e mi stringe ancora in un abbraccio pieno di compassione.

Lo ammetto: anche io, ora, ho bisogno di aiuto.

E prima di oggi non l'avrei mai ammesso. Avrei tirato avanti fino alla fine con o senza forza, con o senza volontà.

-Ecco, adesso capite perché non l'ho potuta lasciare andare... Anche se lei mi ha pregato di farlo...?-

Brian guarda Matt che guarda Johnny e Zacky che fissano me che guardo The Rev.

Sono tutti qui, tutti davanti a me, preoccupati per la mia, e quella dei miei compagni, incolumità. È così irreale. Loro stessi sembrano essere frutto della mia immaginazione.

Certo, sono i miei eroi, il mio gruppo preferito ma non avrei mai pensato che potessero essere delle persone così pulite, gentili.

Tutti, chi più chi meno, dopo il successo diventano avari, pensano solo ai soldi, al successo, ai loro bisogni e mai si preoccupano per gli altri.

Pensavo che sotto sotto anche loro fossero così. Che facessero la figura degli artisti legati ai fan solo come facciata. Mi sbagliavo.

-Cazzo ma è terribile, davvero... Non so che dire...-

A parlare è stato Zacky. Già, nessuno sa mai cosa dire di fronte a queste storie. Tutti si sentono fuori posto. Cerco di dirglielo, per me tutto quello ormai è normale, non deve sentirsi in obbligo di essere dispiaciuto per me. Ma qualcun altro mi precede.

-Beh... Zacky sappiamo tutti che dire “è terribile” o “mi dispiace tanto per te” non vale un cazzo in questi casi. Pensa un po'... Se al suo posto ci fosse stato tuo fratello avresti detto un semplice “mi dispiace”? E tu Bri, tu cosa avresti fatto se al posto suo ci fosse stata McKenna? Non credo che se ci fossero stati dei vostri familiari sareste ancora qui a parlarne...-

James si alza e fronteggia due ragazzi allibiti e scandalizzati. Brian e Zackary si lanciano un'occhiata d'intesa poi mi guardano.

-Ha ragione Jim... Se al tuo posto ci fosse stata mi sorella, in questo momento non sarei qui a parlarne ma sarei già a spaccare la faccia a quei pezzi di merda. E per Vee è lo stesso. Scusaci per la superficialità.-

-Bene... Però il problema rimane, cosa possiamo fare?-

Matt scioglie l'abbraccio e mi fa alzare. Poi tutti ci muoviamo da quel posto per entrare in quelli che prima del concerto erano gli spogliatoi della squadra di calcio. Ora diventati i camerini delle “Star”.

-Beh, è ovvio quello che faremo. Andremo lì e spaccheremo il culo a tutti. Faremo chiudere quella fottuta scuola!-

Johnny Christ che finora è rimasto in disparte si alza e sbatte un pugno sul tavolo.

Il suo scatto mi fa indietreggiare, non me lo aspettavo, non da lui. Credevo fossi una seccatura, un... Che cazzo ne so cosa potessi essere per lui! Ma non qualcosa di buono, di sicuro!

-MadonnaCristoSanto! Christ, sei peggio di un elefante quando ti muovi, eppure sei un nano!-

Brian che era di fianco a lui, gli impreca contro. Lui si è quasi rovesciato per lo scatto del più basso. Questo scambio di “paroline dolci tra amici” mi fa ridere.

Per la prima volta dopo molto tempo. Rido per davvero, non è una risata falsa o solo accennata.

-Oh... Abbiamo fatto ridere Lele, almeno!-

Lele? E questo cos'è? Mai nessuno mi ha dato un soprannome. Solo Chiara, ma solo perché Helena è troppo lungo l'ha accorciato in Elly.

-Lele?-

-Beh... Si, non ti chiamano mai così?-

Brian mi guarda sconvolto. Beh, lui ce l'ha sempre avuto un soprannome, così anche tutti gli altri. Io no. Perché io non ho nessun amico che possa darmene uno. -No... Non ho amici...-

-Uh... Ma è terribile. E non è nemmeno colpa tua. Vabbè, oggi io ti battezzo Lele. Ti piace?-

Brian mi sorride. Cristo santo, quel ragazzo mi fa morire.

-Si, è fantastico.-

Matt applaude seguito da tutti gli altri.

Scherziamo per un lasso di tempo indefinito, mi sento a mio agio con loro. Può sembrare strano ma è vero. Fino a che una battuta di troppo non fa calare un'atmosfera tesa nella stanza.

-Fottiti Zacky!-

-Ma tua madre!-

Bum. La mia faccia deve essere di pietra. Rigida in un sorriso falsissimo. Gli altri se ne accorgono, ma come potevano pensare che con una risposta, apparentemente innocua, potessero ferire i miei sentimenti.

-Ehi Lele, che hai?-

-No... Niente...-

Bugia.

Ma loro non possono capire che anche solo quel “tua madre” mi ha ferito. Perché loro hanno una madre, hanno una famiglia che li aspetta a casa. Ad Huntington Beach.

Matt inarca le sopracciglia.

...Helena... Ma i tuoi genitori non sanno di queste violenze? Perché ti permettono di restare lì?-

Ecco. Quello che ho cercato di evitare per tutta la sera. Nemmeno Matt sa dei miei genitori.

-I miei genitori sono morti, assassinati. Sono orfana.-






Eccomi ad aggiornare una settimana prima degli esami!
Mi rendo conto che questo capitolo è un po', ma solo pochino, assurdo.
Quando l'ho scritto stavo delirando, è sicuro, ma non uccidetemi vi prego!!
Se ci sono errori vorrei saperlo... tanto per riempire le mie giornate vuote e monotone... ç_ç
ringrazio chiunque legga e chi recensisce come Mezmer_, Amelie_, synystergates, foREVerA7X, Manganese, Love LeonScottKennedy___ che hanno recensito il terzo capitolo.
Ringrazio anche chi mette la storia nelle seguite-ricordate-preferite.
Grazie per il vostro sostegno!!
Alla fine vi auguro buona lettura e spero che mi vogliate lasciare qualche recensioncina!!
me sarebbe molto felice *3*
Bacioni.
AlisG. <3




 

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Capitolo 5
*** 5. Dead! ***


 

DEAD!

6 Maggio 1996. Firenze.

 

6 maggio.

Era bello maggio, era il mese più bello dell'anno secondo Helena.

Ma per una bambina di otto anni era ovvio che maggio, il mese dei fiori,

il mese dei colori, del caldo, del sole, del verde, fosse il migliore.

Ma non sempre tutto ha un lieto fine.

Quel giorno Helena era felice, era un sabato quindi non c'era scuola.

Era andata nel bosco vicino a casa con i suoi genitori la mattina.

Lei amava i suoi genitori.

Amava il suo papà, con il naso un po' troppo grosso rispetto al viso, con i capelli “marroni” e gli occhi azzurri. Gli piacevano i suoi abbracci che sapevano di schiuma da barba e cannella. Sapevano di casa.

-Quando sono grande ti sposo.-

Era questa la frase che pronunciava sempre quando era tra le braccia forti del suo papà. Lui sorrideva e facendo scontrare il suo naso con quello della piccola, il loro saluto, le rispondeva:

-Certo. Sarai la prima della lista.-

E ridevano insieme.

Amava la sua mamma, una donna bellissima, la più bella per Helena.

I capelli color della pece e gli occhi scuri facevano a pugni con la carnagione pallida. E forse era proprio questo che la rendeva così bella. Era sempre pronta a giocare con lei e non la sgridava mai, o quasi. Certe sere però la vedeva al lavoro e l'ammirava.

-Mamma da grande voglio essere come te!-

-Anche io vorrei tanto essere come te, piccola mia.-

Una famigliola felice. Questo erano.

Ma non quel giorno.

Quel giorno il fuoco e le fiamme bruciarono quello che Fred e Alicia si erano costruiti in una vita.

Nel pomeriggio, quando Helena stava facendo i compiti nella sua stanza, Fred ricevette una chiamata.

Un avviso.

Una minaccia.

Licenziati. Licenziatevi, tu e tua moglie. Subito. E sarete salvi.

Continuate a lavorare alla causa e sarete tutti morti.

Anche la vostra tenera bimba.”

Questo diceva lo sconosciuto.

Un complice, di sicuro, del carcerato Nelson Fray.

Pluriomicida scoperto e arrestato proprio da loro, Alicia e Fred.

Loro lavoravano nella polizia.

Ma certo, Helena non lo sapeva. Non sapeva delle minacce che i suoi genitori erano costretti a sopportare. Per lei erano degli eroi e si sa, gli eroi non muoiono mai.

Helena era felice quel giorno. Era maggio, il 6 maggio, il suo mese preferito.

Era un sabato.

E in quel sabato una bomba, posta sul portico della casa Strada, pose fine alla vita di due persone. I genitori di Helena.

Loro cercarono di proteggere la figlia e ci riuscirono.

Ma dovettero sacrificare le loro vite.

-Helena, vai subito in camera tua! Mettiti dentro l'armadio e non fare storie!-

La signora Strada gesticolò contro la figlia che si era affacciata sulle scale per vedere cosa avessero da parlottare i suoi genitori.

Spaventata corse su per le scale e si nascose dentro la grande cabina armadio, proprio come le aveva detto di fare la madre.

Cosa sta succedendo? Perché mi ha sgridato?” questo pensava la piccola.

Lei, ovviamente, non sapeva ciò che stava accadendo fuori dalla sua casa proprio in quel momento.

Due uomini sulla quarantina, vestiti di nero e con il volto coperto stavano piazzando un potente ordigno sul portico della casa.

Erano gli stessi che avevano chiamato Fred, li stavano osservando.

-Piedi piatti e teste di cazzo! Tutti uguali 'sti qui. Noi vi avevamo avvertito, ora il tempo è scaduto!-

Questa è l'ultima frase che i due coniugi sentono pronunciare prima di saltare in aria con il resto della casa.

Helena, chiusa nell'armadio e con le mani premute sulle orecchie non sentì i suoi assassini pronunciare quella frase, non sentì i suoi genitori urlare. Ma le proprie urla le sentì.

Sentì lo scoppio.

Vide le fiamme.

Un attimo prima era tutto tranquillo e l'attimo dopo tutto tremava, consumato dalle fiamme.

La bomba non era delle più distruttive ma la facciata della casa era completamente distrutta, forse la bimba si è salvata solo per il fatto che la sua stanza era dalla parte opposta dell'entrata.

Helena non uscì dal suo nascondiglio, non volle sapere, non volle controllare.

Semplicemente aspettava che arrivassero i suoi amati genitori a chiamarla per andare a mangiare un gelato. Tutti insieme.

Semplicemente piangeva in silenzio.

Le ore passavano e quel momento non arrivò mai.

Al contrario arrivarono i colleghi di mamma e papà, i poliziotti, gli altri supereroi

La trovarono, la costrinsero a seguirli. La portarono con loro al distretto.

E il giorno seguente, dopo aver letto una lettera lasciata da Alicia e Fred, un testamento in pratica, spedirono Helena nella scuola citata.

La direttrice era una loro amica fidata. Sapevano che con lei era in buone mani.

Più che con altri familiari. No, di loro non si fidavano. Tutte e due le famiglie avevano avuto problemi con la legge, per questo i due adulti erano diventati poliziotti, per non seguire le orme dei loro cari.

-Tranquilla... I tuoi genitori sono andati in un posto bellissimo e li rivedrai presto. Ora starai qui con me a farmi compagnia, va bene?-

Helena aveva annuito e la preside l'aveva stretta in un abbraccio per farla smettere di piangere, l'aveva presa sotto la sua ala di protezione. Come una figlia.”

 

28 agosto 2005. Firenze.

-Ma come vedete, dopo due anni tutto andò a farsi fottere.-

Racconto loro la mia storia, quel giorno che non dimenticherò mai. Glielo devo e poi non è certo un fatto così raro. Ora come ora mi ritengo anche fortunata. In questi anni ci sono stati omicidi molto più terrificanti: intere famiglie squartate, accoltellate o soffocate. Gente che buttava giù da un palazzo la propria moglie e i propri figli e poi si suicidava con un colpo di pistola.

Stupri, violenze, suicidi, omicidi... Sono tutti all'ordine del giorno.

Ma certo, per loro una storia del genere non è normale.

Solo in Italia possono succedere cose del genere.

-...-

Matt dischiude le labbra come a voler dire qualcosa ma poi le richiude non trovando le parole adatte, credo. Nessuno ce le ha mai.

-...Ma sapete, a questo punto, dopo sette anni passati a soffrire, preferirei essere morta con loro che sopravvivere -perché la mia non è vita- così. E sarebbe successo se non fosse stato per la mia ubbidienza. E sarebbe successo anche poco tempo fa se non fosse stato per la mia amica. È lei che mi ha dato la forza di andare avanti.-

Ormai nemmeno le lacrime macchiano la mia faccia. Si sono esaurite, si sono stancate di uscire.

-Non puoi più tornare indietro. Non stanotte, non domani. Mai. Ti faremo spazio nel tour bus per stanotte e domani faremo chiudere quella fottuta prigione.-

Parole al vento. Quelli sono più duri della roccia.

-No, davvero... Devo tornare da Chiara, se no finirà nei guai...-

-No. Piuttosto ci presentiamo noi, lì e ora. E presentiamo una denuncia. Ma tu non ci torni, che sia chiaro.-

Mi arrendo ai loro ordini, non che abbia altra scelta.

C'è solo un pensiero che mi frulla per la testa e a cui non so rispondere: Chiara? Resisterà una notte intera così?








Ciao a tutti!!
Sono ancora qui a scartravetrarvi le palle... Che vergogna...
Comunque questo è un capitolo un po' triste... Me ne rendo conto.
Spero vi piaccia comunque e vi auguro buona lettura!
Ringrazio tutti quelli che leggono, inseriscono la storia tra le seguite, ricordate, preferite e recensiscono. (mi raccomando fatelo in tanti!!)
Ecco, se volete lasciarmi qualche recensione, commentino, critica, consiglio, complimento, tuttociòchevuoiquandovuoi, io sarei molto felice :D
Bacioni.
Alis. <3

P.S. Auguratemi buona fortuna per gli esami che iniziano mercoledì  x__x

 

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Capitolo 6
*** 6. Nightmare (as your nightmare comes to live) ***


 

Nightmare.

(as your nightmare comes to live)

 

(Chiara Point Of View.)

 

28-29 Agosto 2005. Firenze

Cammino per la stanza ininterrottamente. Avanti e indietro. Avanti e indietro.

Ogni cinque o sei passi guardo l'orologio. Le lancette battono il secondo precise.

Tic toc.

Tic toc.

Tic...

23:15.

Dovrebbe essere finita Second Hearbeat. Facendo il conto sono passati ben ventisette minuti da quando Matt Shadows l'ha annunciata. E se non erro quella che stanno suonando ora è Blinded in Chains.

Ma dove cazzo è Helena?

Lo so, per loro, per gli Avenged Sevenfold farebbe di tutto ma mi ha promesso di essere qui dopo poco, solo dieci minuti. Il tempo di una canzone.

I miei passi sono sempre più veloci. Frenetici.

Nelle mani tengo un pezzo di corda, un antistress. Me l'aveva regalato mio fratello.

Mentre cammino osservo i nodi che spuntano e poi svaniscono.

Cammino e cammino. Il tempo sembra passare inesorabilmente. Helena non si fa viva. Io non smetto di camminare.

Ma il mio dubbio più grosso è che i professori non sono ancora passati. E se l'avessero già trovata loro?

Guardo l'orologio.

00.02.

Mi stendo sul materasso e passo l'intera notte così: sveglia, occhi spalancati, sguardo rivolto verso il soffitto.

Ossessivamente impegnata a fare nodi, a sollevarli davanti a me per poi scioglierli e ricominciare da capo. Come mi aveva insegnato mio fratello.

Kyle...

Quanto mi manchi. Solo ora capisco in che guai ti eri cacciato e ancora non mi rendo conto del perché tu l'abbia fatto! Mi hai lasciato, mi hai abbandonato in questo posto. Ti odio per questo. Ora vorrei essere con te. Anzi vorrei che tu fossi con me. Essere di nuovo insieme, non mi importa dove ma insieme.”

Quando viene mattina non ho ancora chiuso occhio. Mi fanno male le dita, non ho smesso di fare nodi. Mai. Ma resisto.

Sono tutta un tremito, se non le fosse successo qualcosa sarebbe qui. Non mi avrebbe lasciato sola per così tanto tempo.

Tiro un lato della corda bianca e l'ultimo nodo si scioglie.

Con fatica giro ancora una volta la testa per vedere le ore: 7.18.

Cerco di calmarmi, inspiro, espiro. Inspiro, espiro. Faccio circa cinque volte la stessa azione, conto fino a dieci.

Ma dove cazzo è?? DOVE CAZZO È FINITA?!?!?

Urlerei se non fosse per il terrore di essere sentita.

Mi rigiro sul duro materasso, prona e inizio a singhiozzare. Cerco di non fare rumore affondando la faccia nel cuscino. Cerco di soffocare i singhiozzi, cerco di piangere in silenzio. Ormai sono abituata, l'ho fatto molte volte.

Nel bel mezzo del mio pianto il rumore di nocche sbattute contro la porta della stanza mi fa sobbalzare.

-È ora di colazione! Muovetevi!-

Assimilo l'indicazione lentamente.

Ora. Colazione. Muovetevi.

Muovetevi.

Non sanno che non c'è Helena!

Questo vuol dire che non è tornata. E se le fosse successo qualcosa? Se qualche maniaco l'avesse rapita?

Se le avessero sparato... Come a mio fratello?

No. No. Non può essere!

A questo punto urlo. Non mi curo più di “loro” e non me ne frega quello che mi faranno passare per averli disturbati.

Urlo il suo nome, ripetutamente finché non arriva qualcuno ed esige di farlo entrare.

-Dai... Fatemi entrare, Helena... Chiara?-

Il prof di musica.

Mi alzo e barcollando riesco ad arrivare alla porta ed aprirgli.

-Ehi! Cosa sta succ..-

Non fa in tempo a finire la frase che tutto diventa nero e sento la forza abbandonare il mio corpo.

 

 

Mi risveglio sul mio letto, con il prof seduto al mio fianco che mi tasta la fronte per sentire se ho la febbre.

-Ben sveglia.-

-Mhm.-

Cerco di dire qualcosa ma quello che sento uscire dalle mie labbra è solo un insieme indistinto di versi senza senso.

La testa sembra che possa scoppiare da un momento all'altro, come se un martello pneumatico cercasse di perforarmi il cranio.

-Ahh.-

Mi stropiccio gli occhi qualche volta e metto a fuoco la stanza, il prof e la situazione in cui mi sono cacciata.

-Già, ti fa male la testa vero? Sei svenuta e l'hai sbattuta per terra. Cosa è successo? Dov'è Helena?-

Okay, è questa la situazione in cui mi sono cacciata: mi sono fatta beccare, Helena non c'è, ho un trauma cranico e se mi va bene finirò solo un giorno nell'Auditorium.

Calma, respira. Conta. Ti ricordi il gioco che facevi con Helena i primi anni o quando rientrava da una punizione particolarmente violenta e dopo aver perso i sensi la aiutavi a ricordare?

-Prof, mi faranno male vero o falso?*

Lui mi guarda con aria interrogativa. Certo, lui non conosce questo gioco. Ma ora più che mai ne ho bisogno.

-Eh?-

-Risponda, per favore. Vero o falso?-

Lo guardo speranzosa, lui si appoggia una mano sotto il mento e inizia a grattarsi quella poca barbetta che inizia a crescergli.

-Falso. Quello che mi dirai ora non lo riferirò a “loro”.-

Cerco di tirarmi su a sedere per poter parlare meglio e guardarlo negli occhi.

-Helena non è qui a scuola. Vero o falso?-

-Vero.-

Inizia a mancarmi l'aria, il respiro si fa pesante, si spezza. Arranco in cerca di ossigeno.

Calma. Respira. Conta.

-Ehi, ehi calma. Tu sai dirmi dov'è? Sai, se la trovo sarà più facile per tutti. Tranquilla non dirò agli altri che tu l'hai coperta però mi serve il tuo aiuto per trovarla.-

L'unico essere umano presente in questa scuola? Lui.

-Si.. Ieri s-siamo andate al concerto al campo... Degli Aven-Avenged Sevenfold. E quando io sono tornata lei non era con me. Lei mi ha detto che sarebbe rimasta solo un'altra canzone. Perché era la sua canzone e io pensavo che sarebbe tornata presto invece non c'è!-

Inizio a singhiozzare, piangere come una bambina a cui è stato portato via il lecca-lecca.

-Oh... E quindi non è tornata. Tu dici che è scappata?-

-NO! Non è scappata, mi ha promesso che sarebbe tornata... Me l'ha promesso...-

Mi stringo le ginocchia al petto e inizio a dondolarmi avanti e indietro.

Avanti e indietro. Ossessivamente.

-Okay, okay. Calma.-

Il professore mi accarezza i capelli. Mi ricorda tanto il mio fratellone.

Faceva gli stessi movimenti quando arrivavano i suoi amici e io avevo paura.

-...Kyle...-

L'uomo si blocca. Mi guarda attentamente.

-No, sono Andrea... Non Kyle. Mi dispiace.-

-No, lo sapevo...-

Mi sento morire dentro. Ma è solo colpa mia, devo smetterla di sperare che torni indietro. Io non sono diversa da tutti gli altri, qui.

Tutti gli alunni hanno perso i genitori e la loro famiglia oppure non ne hanno mai avuto una.

Siamo gli scarti della società moderna.

-Per favore, trova Helena!-

-Certo. Corro subito al campo, forse è svenuta ed è ancora lì.-

Lui si alza e io, anche se con un po' di fatica, lo seguo.

-Fammi venire con te!-

Lo prego, non posso stare qui ad aspettare mentre lui è a cercare la mia amica, voglio essere la prima a vederla sana e salva.

-... Ti prego!-

-Mhm... Va bene. Ma solo perché potresti essermi utile.-

Dopo una crisi adolescenziale del ringraziamento, quelle della serie salti battendo le mani e urlando come una stupida “grazie, grazie, GRAZIEEE!!” ci incamminiamo verso l'uscita della scuola, questa volta quella principale.

Nessuno dei due osa parlare, io guardo di sottecchi il mio professore, è un bell'uomo. Ha i capelli biondi e lunghi fino alle spalle e gli occhi azzurri, sembra un modello di Abercrombie, cosa ci faccia qua ad insegnare non lo so. Eppure non me lo sono mai chiesta prima d'ora, per me è sempre stato qui, un componente essenziale della scuola.

-Prof... Posso farle una domanda?-

-Certo, dimmi.-

Mentre scendiamo le scale incrociamo ragazzi con libri sottobraccio e espressioni afflitte sui volti, ognuno di loro, il mio prof, lo saluta per nome battendogli una pacca sulla spalla.

-Perché, detto sinceramente, con le potenzialità che si ritrova è ancora qui ad insegnare a noi trovatelli? E non mi dica che non ha trovato altri lavori.-

-Oh... Ehm, bella domanda. Credo di voler insegnare qui per darvi una speranza... Voglio farvi capire, con i miei insegnamenti, che dopo questo c'è tutta una vita che vi attende e voi dovete riuscire a viverla al meglio. Perché se qui vi viene la voglia di smettere di vivere io voglio farvela tornare. Voglio darvi quella possibilità che vi hanno tolto.-

Lo guardo stupefatta, non me la sarei mai aspettata una risposta così.

-Bella risposta, prof.-

Arriviamo alla segreteria davanti all'ingresso e Andrea saluta la segretaria Rosy, sempre con un sorriso sulle labbra.

E nel momento in cui ci giriamo, trovandoci di fronte alla porta, succede quel qualcosa che di solito vedi solo nei film, nelle fiabe.

Helena è davanti a noi, a meno di due metri di distanza.

Non mi sembra vero, sono come pietrificata: le gambe sembrano due blocchi di cemento e le braccia si sono fatte pesanti lungo i fianchi.

Ma quello che più mi pietrifica, con un'espressione illeggibile (da vera idiota) sul volto, è che non è sola.

Dietro di lei, con una mano appoggiata sulla sua spalla, c'è Matthew Shadows, il cantante degli Avenged Sevenfold.

E al seguito tutti gli altri.

Synyster Gates, Zacky Vengeance, Jimmy “The Rev” Sullivan e Johnny Christ.

Sono tutti qui e ci squadrano dall'alto in basso, a parte Johnny Christ che ci guarda negli occhi.

Alla mia amica brillano gli occhi quando mi vede.

-Ciao Chiara!-

Si catapulta su di me e mi abbraccia.

-Scusami se ti ho fatto preoccupare, ma stai tranquilla. Siamo salve.-

Mi sussurra in un orecchio.

 

 

 

 


 

 

 

 

Se siete arrivati fin qui vi faccio già tanti complimenti! Comunque...
Ciao bella gente!
Dopodomani ho l'orale e invece che studiare sono qui ad aggiornare questa cosa... Genio!
È dal punto di vista di Chiara e spero si sia visto tutta la paura di rimanere sola che ha, spero si siano visti i suoi due diversi aspetti: quando è sola e quando è al concerto con Helena nel chap. Precendente...
Oggi voglio ringraziare le 25 persone che hanno recensito i 5 capitoli precedenti, le 3 persone che l'hanno messa nelle preferite: BJ foREVer, Manganese e Mezmer_ e le nove che l'hanno messa nelle seguite: alexx_fire_inside, Black is the new Black, foREVerA7X, LizLoveSyn, LoveLeonScottKennedy___, Luri07, Niandra, Rebecca Lestrange Buki e synystergates. E grazie a tutti quelli che leggono!
E basta...
Bacioni.
Alisea. <3

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Capitolo 7
*** 7. Welcome to the Family! ***


 

Welcome to the Family!

 

 

-Mi puoi perdonare? È colpa di questi qui se non sono tornata... Però in effetti anche mia, poi ti dovrò spiegare tutto...-

La sto ancora abbracciando e vedo che lei è felice almeno quanto me di essere tornate insieme.

Ci allontaniamo di poco, con ancora le braccia incatenate le une alle altre, come per aggrapparci, per sostenerci a vicenda.

-Helena...-

Il nostro prof di musica interrompe i nostri pensieri, miei e di Chiara.

-Si può sapere dove sei stata tutta la notte?-

-Prof, questa volta ha sbagliato. La domanda non è “dove” ma “cosa ti hanno fatto”.-

Andrea mi guarda confuso, poi passa il suo sguardo sui ragazzoni che mi fanno da guardie del corpo, preoccupato.

-Prof, questa notte sono, siamo -tutti noi- stati salvati.-

Il più grande si avvicina a noi passandosi una mano sulla barbetta appena accennata. Non toglie lo sguardo dagli altri cinque poco più piccoli di lui.

-Non capisco, spiegati.-

-Prof, questi ragazzi faranno chiudere la scuola!-

Esclamo quasi urlando, al che la mia amica fa uno scatto tutta agitata.

-Beh, sono contento che ti abbiano dato retta, ma non pensi ai novanta ragazzi che saranno abbandonati?-

-Ehm... Si... Ecco, io vorrei replicare. Non li abbandoneremo, non ci abbiamo mai pensato, troveremo altri insegnati, più disposti a insegnare e non a torturare. Vede, Helena ci ha raccontato la sua storia. Non ci è piaciuta, per niente.-

Matt prende in mano la situazione come già ieri sera gli avevo visto fare, quando mi ha presentato agli altri.

-Esatto, in America non si sono mai viste atrocità simili. Su dei ragazzi, poi! Non siamo riusciti a passarci sopra. Anche noi siamo ragazzi come loro, a momenti, e vogliamo che nessuno soffra più come loro.-

Brian da man forte a Matt e tutti gli altri annuiscono.

-Li faremo trasferire in scuole-famiglie più adatte, dove potranno trovare una famiglia vera. Potranno essere adottati, trovare sorelle e fratelli, amici.-

Il prof li guarda pensieroso, i suoi occhi sono arzilli e sorridono ai ragazzi, lo sappiamo che anche lui vuole questo per noi.

-Beh, ma come avete detto voi siete solo dei ragazzi...-

-Possiamo farlo, abbiamo i fondi e le capacità. Noi possiamo farlo anche senza la sua approvazione. E lo faremo. Però preferiamo che lei approvi la nostra scelta, siamo speranzosi a trovare almeno una persona, qui dentro, disposta ad aiutarci.-

Aggiunge Johnny con i pugni serrati lungo i fianchi.

Io e Chiara ci abbracciamo strette.

-Te l'avevo detto di non mollare. Ora ce l'hai fatta. Ho capito cosa è successo ed è fantastico.-

Mi sussurra lei. L'ha sempre saputo, lei ha sempre creduto in me.

Andrea sospira, guarda noi e poi i cinque armadi, a parte Johnny, tatuati. Continua a grattarsi il mento, quel movimento lo fa molto intellettuale ma non lo sopporto, da l'impressione di calma e io sono molto impaziente.

Io, Chiara e i cinque ragazzi non fiatiamo, aspettiamo la risposta del prof con il cuore in gola, i più grandi sono fermi, chi con le braccia conserte al petto, chi lungo i fianchi e chi appoggiate ai fianchi. Gli occhi sono puntati su Andrea.

-Ragazzi, sentite... Io vi appoggerò in tutto e per tutto se mi dite che potete farlo. Ma se illuderete questi ragazzi e li farete soffrire... Io vi faccio neri!-

Al che tutti ci lasciamo andare a un'esclamazione di approvazione della serie “fuck yeah” che in effetti Jimmy urla.

-Benissimo, basta solo una telefonata... E... Ecco...Fatto.-

Si sente Matt parlottare fra sé mentre fa scorrere le dita sul touch-screen del suo i-Phone.

La telefonata avviene all'esterno, nessuno sente quello che Matt dice al suo interlocutore sconosciuto. Tutti siamo ansiosi di sapere, quando entra con un sorriso a trentadue denti con annesse fossette pendiamo tutti dalle sue labbra.

-Sta arrivando la polizia, vedete c'è un mio amico che ci lavora e ho chiesto un intervento immediato, li condurremo dentro senza dire niente e faremo vedere cosa succede qui. Ha detto che ci vorrà meno di mezz'ora. Intanto... Non credo che ci siamo presentati ufficialmente.-

Matt guarda prima me con aria da finto rimprovero e poi Chiara.

Prima di continuare a parlare il prof di musica suggerisce di aspettare la polizia fuori dall'edificio così che possiamo accoglierla subito.

-Comunque noi siamo gli Avenged Sevenfold. E io sono Matt.-

Matt tende la mano a Chiara che la osserva ancora un po' scioccata per le troppe cose successe in così poco tempo.

Poi la stringe mostrando un sorriso timido, appena accennato.

-Piacere Brian.-

-Johnny.-

-Zacky o Zee Vee. Come preferisci.-

Chiara stringe la mano a tutti sorridendo sempre di più a ogni volto che incontra. Se la si conosce bene non è poi una ragazza così timida, solo un po' riservata all'inizio di ogni nuova conoscenza.

-Cioè, io che sono il più alto, il più bello e il più bravo... E anche colui che ha il soprannome più figo, mi lasciate sempre ultimo. Lo so che sono il colpo di scena però anche a me farebbe piacere essere il primo, qualche volta... Comunque sono Jimmy, The Rev per gli amici.-

Jimmy gesticola un po' prima di fare uno dei suoi sorrisi disarmanti e porgere la mano alla mia amica.

Tutti scoppiamo a ridere per buffa affermazione di Jimmy e anche per il suo broncio finto che lo fa sembrare ancora di più un bambino.

Per la prima volta mi sembra di avere degli amici, amici veri.

Ma non come la scorsa notte quando ero nel backstage del mio gruppo preferito con loro che mi hanno promesso aiuto, non come quando sono in stanza con la mia amica e progettiamo le nostre fughe.

Mi sembra di essere uscita da quel limbo di tristezza, mi sembra di aver cambiato vita in solo un minuto. Il tempo di passare oltre quella porta.

Eppure anche in momenti come questi riesco a pensare a come sarà il mio futuro, in questa scuola sapevo cosa fare, cioè per sapere cosa fare intendo che sapevo che dovevo studiare, sfidare i prof e venire messa nell'auditorium. Risvegliarmi con Chiara che si prendeva cura di me e tornare a lezione...

Era una routine, un circolo vizioso da cui non si poteva uscire.

La mia vita era ridotta a quello e solo a quello.

E ora? Cosa ne sarà di me?

-Ehi va tutto bene? Sembri preoccupata?-

Io faccio cenno di si a Brian che mi ha affiancato, lui mi stringe le spalle con un braccio e mi scuote un po' in modo giocoso.

-Bene. Vedrai che andrà tutto bene, tra poco sarà tutto finito. Davvero.-

Gli sorrido e gli sussurro un grazie proprio quando l'auto della polizia con luci e sirene incorporate e funzionanti ma spente irrompe davanti all'ingresso della scuola.

Finalmente.

Lancio uno sguardo a Brian che sorride e uno alla mia amica che guarda i cinque ragazzi come se fossero degli dei, e per noi lo sono credetemi, ma si tiene in disparte, cioè si rintana sotto l'ala protettiva di Andrea che beh, certo, ha sempre prediletto noi però con lei c'è sempre stato un rapporto speciale, quasi fraterno.

-Eccoci, ciao Matt. Ciao ragazzi. Vogliamo entrare a vedere come si svolgono le lezioni...?-

L'uomo che saluta Matt con una pacca sulla spalla è sulla cinquantina, è alto e brizzolato. Dev'essere stato un bel ragazzo perché è un bell'uomo tutt'ora.

Ha un fare autoritario e sbrigativo, che mi ricorda tanto i colleghi di mamma e papà, tipico dei poliziotti.

È accompagnato da altri due uomini muniti di divisa e pistola, nonché distintivo, proprio come il primo. Solo che sono un po' più giovani

Tutti ci dirigiamo verso l'interno, il prof di musica li guida e quando raggiungiamo la sala mensa, ora che ci penso non ho guardato l'ora per tutta la mattinata e non mi sono accorta che è già ora di pranzo, guardiamo dalla porta proprio un momento tipico, che si ripeteva da ormai non so quanti giorni.

Un ragazzo di un'altra classe, un tipo a posto, un po' in sovrappeso ma niente di che, viene schiaffeggiato dalla signora della mensa perché si è presentato con il vassoio davanti a lei. La preside gli ha vietato di pranzare, perché visto che è “grasso” per lei è in grado di tirare fino a sera e anche oltre solo con la colazione.

Lui non ce la fa, sviene spesso e ogni giorno, a mezzodì, si presenta per una porzione anche minima di cibo.

E ogni volta l'addetta alla mensa gli tira una sberla e lo manda via senza pranzo.

-E stasera, per questo gesto, non cenerai e sconterai quattro ore in Auditorium. E non ci provare più. E non ti ci mando ora perché è occupato... Ringrazia il cielo...-

I tre poliziotti cercano di intervenire ma io li fermo, faccio loro cenno di seguirmi.

Chiara mi guarda e annuisce, ha capito che voglio portarli a vedere l'Auditorium.

Quando arriviamo davanti alla porta dello sgabuzzino, la nostra più grande paura, non si sentono rumori: il ragazzo o la ragazza che c'è dentro o è svenuto o cerca di stare fermo per preservare le energie per le prossime ore.

Faccio segno agli agenti di aprire la porta.

Loro aprono il lucchetto e fanno pressione sulla maniglia, una ragazza con i capelli rossi e ricci si accascia tra le loro braccia, è pallida e ha gli occhi chiusi.

-E questo cos'è?-

-É l'Auditorium. Il luogo dove ci tengono segregati per ore se sbagliamo qualcosa, o se facciamo una domanda che a loro non va a genio o se chiediamo del cibo, come ha potuto vedere.-

-Ma è terribile... Voglio parlare immediatamente con la preside e far chiudere questa scuola. Gli alunni saranno sotto nostra sorveglianza finché non saranno trasferiti.-

Noi annuiamo e lo accompagniamo davanti all'ufficio della preside dopo aver fatto sdraiare la ragazza su un letto di una stanza vicina.

-Ragazze è meglio se voi state fuori, anche voi. Professore finita questa conversazione la ringrazierò per il suo sostegno nel più dovuto dei modi, ora resti con loro.-

-Certo. Dai, andiamo all'entrata.-

Nessuno fiata per il tempo del tragitto ufficio della preside-entrata. Tutti pensiamo ai fatti nostri, io e Chiara continuiamo a mandarci sguardi di sostegno. Finalmente tutto è finito, è quello che pensa anche lei, di sicuro.

Arrivati alla “hall” tutti si lasciano andare ad un sospiro collettivo. Non se lo aspettavano di vedere queste cose. Matt si passa una mano sul volto, Brian si accarezza i capelli, Johnny si tortura le mani, Zacky non fa altro che tenere la testa bassa per fissarsi le scarpe e Jimmy ha lo sguardo perso nel vuoto, fissa un punto indefinito dinnanzi a sé e con il colore dei suoi occhi, di quell'azzurro indefinibile la profondità del vuoto che vede non fa che accentuarsi.

Ad un certo punto Matt sussurra una cosa a Syn che la sussurra a sua volta a Johnny e così via fino ad arrivare a Jim che annuisce e mi fissa.

Io arrossisco automaticamente, stare sotto lo sguardo di quelli lì mi mette sempre in soggezione.

-Lele... Possiamo parlarti un attimo?-

-Si, certo.-

Do un occhiata alla mia amica che intenta a parlare con Andrea, non si accorge di me.

Allora mi volto a guardare i miei salvatori e li vedo tutti sorridere.

-Senti... Visto che questa struttura chiuderà e tu non hai una famiglia... Volevamo chiederti se ti andasse di seguirci in California. Potremmo essere noi la tua nuova famiglia.-

Li guardo sconvolta, sbalordita, felice e timorosa. Tutto un insieme di emozioni si impadronisce della mia mente, del mio cuore.

Lo staranno facendo solo per cortesia, tu dirai di no e loro se ne andranno felici dimenticandosi di te dopo nemmeno due giorni.

-Ma no, avete già fatto tanto, troppo per me... E io sarei solo d'intralcio per voi.-

-Ma che dici! Lo so che sembra strano ma -parlo a nome di tutti- ci siamo affezionati a te, dal primo momento che ti ho vista lì per terra mi sei sembrata una sorellina da proteggere. Se ti unissi a noi ci farebbe solo piacere.-

Davvero stanno insistendo?

No, è un sogno che si avvera, una cosa del genere potrebbe capitare una volta ogni duemila anni. O anche di più, non è mai successo che delle star prendessero con loro una trovatella.

Eppure a me è successo, potrei diventare la trovatella degli Avenged Sevenfold.

Apro la bocca per rispondere la la richiudo, c'è una cosa che non ho calcolato. Ed è la cosa, anzi la persona, più importante della mia vita. Chiara.

-Se è per Chiara c'è un posto anche per lei. I soldi e lo spazio ce li abbiamo, potrete integrarvi grazie a mia sorella e al fratello di Zacky. Vi troverete benissimo.-

Brian mi sorride. Come ha fatto? Ha i super poteri quel ragazzo?

-Davvero?-

Chiedo timorosa, ad un tratto tutto sembra tremolare e farsi più sfocato, come se da un momento all'altro scomparisse e dopo aver aperto gli occhi mi accorgo di essere nella mia stanza, quella di questa scuola, reduce da una nottata passata nello sgabuzzino e come se questo, tutto questo, fosse stato solo un sogno.

Un sogno e nient'altro.

-Davvero.-

Ah, ora ho capito perché tutto trema e sfuma, gli occhi mi si stanno riempiendo di lacrime.

-Sarebbe fan... Fantastico!-

Esclamo tra un singhiozzo e l'altro ormai in lacrime.

Jimmy si avvicina per abbracciarmi e io affondo la testa nel suo petto, o meglio, nella sua pancia visto che il petto è troppo alto. Lui mi stringe a sé.

-Grazie. Mi avete cambiato la vita. Mi avete reso libera.-

-No, tu ci hai cambiato... Ci hai fatto capire che non tutto il mondo è rosa e fiori e la gente è malvagia ma tra queste comunque rimangono delle persone fantastiche. Come te.-

Anche gli altri ragazzi mi abbracciano e mi raccomandano di non piangere, non me lo merito.

-Chiara, CHIARA!-

Lei si gira e mi corre in contro con le lacrime agli occhi.

-Ho una bellissima notizia da darti.-

-Ho una bellissima notizia da darti.-

Pronunciamo la stessa frase nello stesso momento. È in momenti come questi che mi accorgo quanto siamo simili e nel contempo diverse.

-Vai prima tu.-

Lei mi guarda con gli occhi lucidi, illuminati da una nuova luce. Mi appoggia le mani sulle spalle e inizia a parlare, anche i suoi capelli sembrano più luminosi. Non più bianchi ma argentati.

-Andrea mi ha raccontato che quando aveva circa undici anni sua madre era incinta di una bimba, andavano molto d'accordo... Ma a sette anni è morta, uccisa in un incidente stradale. Gliel'hanno strappata via senza nemmeno scusarsi. Ha detto che è venuto qui per aiutare noi ragazzi e per riscattarsi per non essere riuscito a salvare sua sorella. Ha detto che in me ha trovato una somigliaza enorme e sai che io la prima volta che l'ho visto l'ho scambiato per Kyle... Mi ha detto che visto che entrambi vediamo nell'altro un appiglio potrebbe portarmi con lui. Avrei di nuovo una famiglia! E tu sei la benvenuta.-

Al che il mio sorriso si spegne.

-Non sei felice??-

-Certo... Certo, sono davvero felice per te... Solo che... I ragazzi mi hanno chiesto se volevo andare con loro, sai... Loro mi hanno salvato e... Beh se volessi potresti venire anche tu... Però credo che tu voglia rimanere qui. Dove il ricordo di Kyle è più presente...-

Anche il sorriso sulle sue labbra sparisce, ci fissiamo come se fosse l'ultima volta che stiamo insieme; e forse è l'ultima.

Non diciamo niente per alcuni minuti, non ci serve parlare quando solo gli sguardi bastano per intendersi.

-Elly... I tuoi occhi hanno riacquistato un po' di colore... Loro sono la tua strada, il tuo futuro. Io so, lo vedo che ti sei affezionata a loro non solo perché sono i nostri idoli ma perché li hai conosciuti come persone e... Oddio, non ci posso credere... Lo sto per dire!-

Scoppiamo tutte e due in un pianto liberatorio nello stesso momento. Dicono che tra due migliori amiche, tra due sorelle ci sia sempre un filo che le tiene unite, un filo invisibile che nessuno può distruggere se non la lontananza.

In questo momento ho sentito il filo strapparsi, non si è rotto, solo lesionato. È davvero l'inizio di una nuova vita, allora. E una nuova vita comprende sempre un addio. Solo che non ho mai pensato che il mio addio l'avrei dovuto dire a quella persona che per i sette anni passati è stata la mia famiglia, il mio tutto.

-Chia... Ci stiamo davvero separando? Questo è un addio? Io in California e tu qui a Firenze? Non ci posso credere. Noi due siamo inseparabili! Non possiamo vivere distanti... Come farò senza di te?-

-Oh Helena... Tu sei stata la mia famiglia per sette anni, sto provando quello che provi te ora... Ma guarda: hai dei ragazzi fantastici che ti daranno una famiglia vera. E io ho un nuovo fratello, un padre, un amico e un insegnante. Tutto quello che mi è mancato. Ci terremo in contatto, ogni giorno e verrò a trovarti e tu verrai a trovare me. Non saremo mai davvero distanti. Non posso costringerti a rimanere qui... E credimi io lo so quanto tu sia impaziente di partire con loro.-

Ci abbracciamo come abbiamo fatto mille e mille volte ma con la consapevolezza che questo è uno degli ultimi abbracci se non l'ultimo. Ci guardiamo negli occhi, il grigio/verde dei miei si fonde con il marrone dei suoi in un tutt'uno.

-Il filo si è strappato ma non del tutto. Chiara ti voglio bene, non dimenticarlo mai. Perché io non mi dimenticherò mai di te e tranquilla che comprerò un cellulare e ti chiamerò ogni singolo giorno.-

Mentre io e la mia migliore amica ci scambiamo gli addii vediamo scendere le scale i tre poliziotti con la preside ammanettata, il vicepreside e la signora della mensa. Gli altri professori più tardi.

Intanto gli Avenged Sevenfold si avvicinano a noi e Andrea fa lo stesso.

-Ora è tutto risolto. I ragazzi verranno trasferiti oggi pomeriggio stesso, come noi. Oggi pomeriggio ce ne torniamo a casa. Chiara, Helena siete dei nostri?-

Mi chiede Zacky con un sorriso un po' agitato sul volto.

Io cerco la forza per dire di si nello sguardo della mia compagna che mi da una gomitata nelle costole.

-No, io no. Grazie mille per l'offerta ma io non riesco a staccarmi dall'Italia. Helena però si. Infatti stava proprio per andare a prendere le cose nella sua stanza. Ah, e procuratele un cellulare che devo chiamarla ogni giorno.-

Jimmy sorride un po' preoccupato, sanno quanto dev'essere difficile per me lasciare la mia amica.

-Beh consideralo già fatto. Però tu verrai a trovarci vero?-

-Consideralo già fatto.-

Io sorrido a entrambi e corro in camera a prendere le mie poche cose di valore, quelle che non posso lasciarmi alle spalle.

Quando torno abbraccio e saluto Chiara e il prof Andrea.

-Chiara non è un addio. Un arrivederci.-

Così mi volto con le lacrime agli occhi ma con le labbra piegate in un sorriso.

Matt mi apre la porta e Jimmy e Brian arrivano da dietro e mi abbracciano uno da sinistra e l'altro da destra. Poi in coro dicono:

-Benvenuta in famiglia!-








Ciao bella gente!!
Sono tornata con questo capitolo, avevo l'ispirazione ed è uscito un po' più lungo degli altri... Spero vi piaccia comunque.
Alla fine tutto è andato per il meglio... O quasi... Chiara ed Helena si sono dovute separare, non sapete quanto mi sia costato far prendere questa piega alla storia... ç___ç
Ora voglio ringraziare
chi leggele 10 persone che seguono la storia, BJ foREVer, Luri07, Mezmer__, Manganese, RevRubberDuky e _Pollywantsacracker che l'hanno messa nelle preferite e soprattutto le 32 persone che hanno recensito i capitoli precedenti. io vi amo, lo sapete. mi date il coraggio per continuare a postare.*3*
Ora vi saluto e spero mi lacesere qualche recensioncina con pensieri, commenti, critiche... tutto quello che volete.
Bacioni.
AlisGee (Alisea). <3

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Capitolo 8
*** Scream. ***


 

Scream.

 

 

 

Mi sento afferrare da dietro per una spalla.

Il vicepreside mi fissa con sguardo languido e sorriso malizioso. No, non ancora.

Cerco di divincolarmi ma la sua stretta è ferrea, cerco di correre via, di sfuggire alla sua presenza ma a ogni passo sembra farsi maledettamente più vicino.

-Cara... Non vuoi farmi un po' di compagnia?-

Dice con voce gutturale, quasi meccanica. Dopodiché scoppia a ridere come un pazzo.

Io urlo con tutto il fiato che ho in gola. Dalla mia bocca non esce il minimo rumore.

Gli tiro una sberla cercando di tramortirlo almeno in parte... Non riesco. Ho le mani bloccate, pesanti come cemento.

Urlo e urlo ancora.

Ma lui non sembra sentire la mia voce travolta dal terrore, sorride e sposta il suo sguardo sul mio corpo.

Si passa la lingua sulle labbra...

 

 

 

È sempre la stessa storia, appena chiudo gli occhi questa immagine mi si ripete nitida come se fosse un film.

E così riapro subito gli occhi, con il fiato spezzato mi metto a sedere.

È da ormai cinque giorni che viaggio con i Sevenfold, ci è voluto un giorno per raggiungere New York, dall'Italia.

Ed è da quattro giorni che siamo qui, domani i ragazzi hanno l'ultimo concerto del tour e poi torneremo in California.

Ed è da cinque giorni che mi rifiuto di dormire, non riesco.

Loro mi hanno dato tutto: una casa, un letto, vestiti, cibo. Tutto, e io non riesco nemmeno a dormire sicura.

Mi alzo con passo affannato e mi dirigo fuori dalla stanza, verso le scale che portano al piano inferiore, in cucina.

La casa è immersa nel buio, sembra strano, lo so, ma il buio mi rilassa.

Il buio aiuta ad andare avanti, se le cose succedono nell'ombra non vedrai niente e il tuo dolore sarà minore.

In più sono sempre stata abituata a fare le cose di nascosto, senza essere notata. E il nero aiuta i miei capelli scuri e i miei vestiti a non farmi vedere mentre scappo quasi tutte le notti.

Ma ora non ho più bisogno del buio, quella era un'altra vita.

Ma le ombre rimarranno per sempre con me, rimarranno parte di me.

Rimango al buio, nella cucina l'unica luce presente è quella del frigorifero aperto quando prendo un bicchiere di the freddo.

Rimango, come tutte le notti, seduta davanti al bicchiere che mi rigiro tra le mani pensando a tutte le cose successe in questi giorni.

Ripenso alla mia amica, a Chiara.

Come starà adesso? Come si trova con Andrea... Spero bene, davvero. Si merita il meglio quella ragazza.

-Si può sapere che fai?-

La voce che proviene da dietro di me mi fa sobbalzare e così rovesciare sul tavolo anche il liquido dorato che c'era nel bicchiere.

Mi volto di scatto riuscendo a distinguere i lineamenti di un Brian abbastanza scazzato, a torso nudo e con le braccia incrociate al petto.

-Io... Io...-

Non so cosa dire, ho paura.

Synyster Gates mi è sempre sembrato... Stronzo, sì proprio stronzo. Cioè, nelle fanfiction che la mia amica mi faceva leggere è sempre stato dipinto come il cazzone stronzo e strafottente. E da alcuni comportamenti che ha sul palco sembra rafforzare quell'idea.

Beh, mi mette in soggezione.

Scoppio in lacrime prima di riuscire a dire qualcosa di sensato.

Lui si avvicina e per un momento tempo che mi dia uno schiaffo, alla scuola lo facevano spesso.

Mi tiro indietro meccanicamente.

-Shhh... Non voglio farti del male.-

Mi appoggia le mani sulla testa e mi fa posare il capo sul suo petto iniziando ad accarezzarmi i capelli.

Io mi lascio cullare e mi stringo di più nel suo abbraccio, continuo a singhiozzare per un po' ma ne lui ne io intendiamo muoverci.

-Tranquilla, è tutto okay. È tutto okay. Qualunque cosa sia successa è finita. Ci siamo noi, ora.-

Mi prende il viso tra le mani e si abbassa alla mia altezza così che possa guardarlo negli occhi. Il grigio e il marrone dei nostri occhi si specchia l'uno nell'altro. Nel suo sguardo riesco a scorgere la preoccupazione, anche se tenta di nasconderla.

Con i pollici mi asciuga le ultime lacrime.

-Che ne dici se ne parliamo, mhm? A questo ci penseremo dopo.-

Annuisco senza dire niente e mi faccio accompagnare da lui sul divano in salotto.

Rimaniamo sempre nell'ombra. Come se quello che ci saremmo detti sarebbe restato tra noi, come un segreto che non dev'essere svelato.

-È da quando siamo qui che ti tengo d'occhio, mi sono svegliato la prima notte per andare in bagno e ti ho visto seduta lì. E le sere seguenti non è cambiato nulla. Che succede?-

Rimango in silenzio per un po', nessuno dei due osa spezzare quel silenzio creatosi tra noi due.

Poi lui mi prende la mano e mi attira verso di sé facendomi appoggiare alla sua spalla.

-Non riesco a dormire, da quando siamo partiti non ho chiuso occhio, mai. Appena inizio ad assopirmi... Ho gli incubi. È terribile, terribile...-

Solo al pensiero della visione di quell'uomo che mi prende, il cuore inizia a battermi all'impazzata e diventa difficile anche respirare.

-Perché non ce l'hai detto subito? Lo sai che queste cose devi dircele.-

-No... Non volevo darvi altre seccature...-

Brian si alza di scatto facendomi barcollare al suo fianco.

Riesco a sentire l'odore della sua rabbia.

-Tu. Non. Sei. Una. Seccatura. Se ti abbiamo chiesto di venire ci sarà un motivo, o no?-

Annuisco tenendo lo sguardo basso, lo so che loro non vogliono che dica queste cose però non riesco, con loro mi sembra sempre di essere fuori posto, un peso, una zavorra che si devono portare dietro.

-Dai, vieni...-

Mi mette un braccio sopra le spalle e io gli circondo il busto con il mio. Così mi riporta nella mia stanza.

-Cerca di dormire... Buonanotte, Lele.-

Se ne sta per andare quando lo afferro per un braccio.

-Brian... Pe... Per favore, resta.-

Lui mi guarda con un misto di tenerezza e pena nello sguardo. È lo sguardo che odio, non ho bisogno della pietà degli altri. Anche se già una volta anche Chiara mi aveva detto che tutti, anche io, ho bisogno di aiuto, di qualcuno che sappia darmi la forza. Devo lasciarmi aiutare, qualche volta.

-Certo.-

Dice semplicemente e senza aggiungere altro si sdraia accanto a me e mi circonda con le sue braccia muscolose.

Prima di provare a chiudere gli occhi un'altra volta con il rischio di ritrovarmi davanti quella scena orribile, passa un po' di tempo.

Brian si è ormai addormentato, almeno lui ha un'aria serena quando dorme.

Chiudo gli occhi con il terrore costante ad attanagliarmi le budella ma non succede niente, c'è solo il nero e quelle macchie che si muovono quando chiudi gli occhi.

-Grazie.-

Sussurro rivolta a Brian prima di assopirmi del tutto.

Questa è stata la prima notte in cui ho dormito per davvero, ho avuto bisogno della presenza di qualcun altro ma non ho avuto gli incubi. O almeno, non potenti come quello che cerco di dimenticare.

Ed è durante questa notte che capisco che soprattutto io ho bisogno di qualcuno.

Perché dopo sette anni di sofferenze dove c'è sempre stata lei a prendersi cura di me non posso andare avanti e rifarmi una vita senza qualcuno che mi dica che è tutto okay e che nessuno verrà a picchiarmi mentre dormo.

 

 

La mattina a svegliarmi è un urlo proveniente dal piano di sotto.

-Bri... Brian, ho sentito un urlo... Cos'è stato?-

Lo scuoto per farlo svegliare, lui si stiracchia per bene e dopo essersi sgranchito tutto mi guarda ancora insonnolito.

-Buongiorno anche a te. Comunque tranquilla, è Jimmy che si è ritrovato il tavolo pieno di the versato.-

Infatti dopo nemmeno qualche minuto sentiamo altre grida miste a imprecazioni.

Si, è l'inconfondibile voce di Jimmy quella che si sente.

-CHI È STATO A ROVESCIARE IL THEEEEEEEE!?!?!?! No, il mio tavolo pulito... Ora è tutto sporco!!!-

Brian si passa una mano sul volto per sembrare più sveglio, la cosa non gli riesce molto bene perché quando cerca di sorridere quello che gli esce è una smorfia non proprio rassicurante.

-Scusa per averti svegliato per niente e comunque grazie, è la prima notte che dormo davvero.-

-Mhm... Non fa niente, tanto Jimmy mi avrebbe svegliato comunque con le sue urla isteriche. Sai che ci teniamo a te, non ti meritavi una vita come quella e noi vogliamo solo che tu sia felice. Quel posto ti ha segnato, hai paura di restare sola. È normale, se così possiamo dire. Ma sappi che noi non ti lasceremo mai sola, ci saremo sempre per te.-

Detto questo mi da un bacio sulla fronte e si alza per raggiungere il suo amico non poco arrabbiato.

Dio se è un bel ragazzo. Certo, abbiamo otto anni di differenza* però ieri sera, al buio non sembrava così... Così... Muscoloso, bello.

Dieci giorni fa avrei usato termini come “figaccione, gnocco” o robe simili, tanto non l'avrei mai conosciuto ed era il mio chitarrista preferito. Potevo permettermelo.

Ma ora, come dicono loro, non li devo trattare come se fossero gli “Avenged Sevenfold” ma devo vederli come una famiglia, come Matt, Zacky, James, Brian e Johnny.

Ora loro sono tutto quello che ho, sono loro la mia famiglia.

Mi alzo dal letto e mi incammino verso la cucina, il luogo dove Jimmy mi preparerà una buona colazione e mi perdonerà seduta stante per aver imbrattato il suo tavolo.

-Briiiian! Eccoti, sei tu il colpevole, eh? SEI TU IL COLPEVOLE?!? CONFESSA!-

Sorrido.

Come non detto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti... Non sono scomparsa, lo so che è da anni che non leggete un nuovo capitolo e molto probabilmente avrete pensato fosse finita così. E invece no.
Ma vi prego, non uccidetemi.
In questo capitolo la nostra Helena passa a vita nuova anche se le ombre del passato tendono a rimanere per sempre.
Spero vi piaccia e spero non ci siano errori. Se ce ne sono ditemelo che li correggo.
Ringrazio tutte le persone che leggeranno la storia e chi recensirà, metterà la storia nelle seguite, preferite o ricordate.
Vi adoro, sappiatelo. <3
Se qualcuno vuole recensire questo capitolo faccia pure, a me fa solo piacere. molto. *fa occhi da cucciolo*
Ora ringrazio seriamente tutti.
Chi l'ha messa nei preferiti:

1- BJ foREVer [Contatta]
2 - daisy _ [Contatta]
3 - Ducky Revenge [Contatta]
4 - Luri07 [Contatta]
5 - Manganese [Contatta]
6 - Mezmer_ [Contatta]
7 - Saretta95 [Contatta]
8 - _Pollywantsacracker_ [Contatta]
9 - ___revenge [Contatta]

Nelle seguite:

1 - alexxx_fire_inside [Contatta]
2 - Alex_Vee90 [Contatta]
3 - Black is the new Black [Contatta]
4 - BlackArrow [Contatta]
5 - daisy _ [Contatta]
6 - foREVerA7X [Contatta]
7 - LizLoveSyn [Contatta]
8 - LoveLeonScottKennedy___ [Contatta]
9 - Luri07 [Contatta]
10 - MaryDay [Contatta]
11 - MaryGates_ [Contatta]
12 - Niandra [Contatta]
13 - Pollishhh [Contatta]
14 - Rebecca Lestrange Buki [Contatta]
15 - Search_And_Destroy [Contatta]
16 - synystergates [Contatta]
17 - _Leah [Contatta]
18 - ___revenge [Contatta]


 

E chi ha recensito l'ultimo capitolo.

-Mezmer_ (Moglieeeee *____*)
-Daisy_
-_Leah
-foREVerA7X
-Manganese
-Luri08
-synystergates
-BlackArrow
-LizLoveSyn
-LoveLeonScottKennedy


 Grazie mille a tutte!! Siete la mia grande giuoia, siete la luce dei miei occhi ragazze. Davvero.
Bacioni.
Alis. <3

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