Possession

di Amor31
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Destino ***
Capitolo 2: *** Fine ***
Capitolo 3: *** Possessione ***
Capitolo 4: *** Stranezze ***



Capitolo 1
*** Destino ***


  1. Destino
Le prime luci dell’alba.
Un nuovo giorno.
Una nuova vita ti attende.
E questa volta non hai intenzione di fartela scappare.
-Ci vediamo-, dici infilando il casco e cavalcando la tua preziosa moto.
Lui non ti dice nulla. Si limita a portare due dita alla fronte e a salutarti.
Accendi il motore, lo lasci rombare per qualche istante, poi esci per strada e vai: sai di dover fare in fretta, altrimenti tutto sarà inutile. È Trent che vuoi: ora o mai più.
Ti giri un’ultima volta verso Duncan e alzi un braccio. Forse non lo rivedrai più, anche se non vi siete detti definitivamente addio. Eppure il vostro saluto è sembrato quasi risolutorio; no, tra te e lui non ci sarà niente, in futuro. Perché la tua vita sarà accanto all’unico ragazzo che ami e che in fondo non hai mai smesso di amare, mentre Duncan tornerà dalla sua adorata e odiata Courtney.
Questo è ciò che vuole il destino. E non cambierà.
Acceleri, l’aria ti sferza il viso protetto dal pesante casco nero. Intorno a te il silenzio: il quartiere dorme ancora e sarai proprio tu a farlo risvegliare al passaggio della moto.
Sfrecci via, lontana da quella che ti era parsa una prigione dorata, lontana dagli ultimi mesi vissuti come una non-morta: solo adesso hai ripreso a vivere.
Riesci a respirare e percepisci quei particolari che altrimenti non avresti notato. L’odore dell’asfalto cittadino ti inebria e aumenti ancora la velocità della moto. Il cuore batte all’impazzata, accordato al rumore assordante del motore; i pensieri vagano e finiscono inevitabilmente alla ragione del tuo esistere: presto rivedrai Trent. Presto riavrai la tua luce, quella che circa un anno fa avevi osato spegnere.
“Sto arrivando… Aspettami!”.
Sai bene che a separarti da lui c’è una strada lunga miglia, ma non ti importa. L’unica cosa che non puoi dimenticare è lo scopo per cui sei partita: devi raggiungere l’aeroporto in tempo, altrimenti Trent volerà via e non avrai l’occasione di rivederlo.
“Se riuscisse a perdonarmi… Se capisse che non era mia intenzione ferirlo… È stata solo debolezza, la mia. Avrei voluto allontanare Duncan e non tradire una mia amica, ma le circostanze hanno reso tutto più difficile. Potrà mai accettare le mie scuse?”.
Hai raggiunto i 120 Km/h. Sono troppi per le stradine periferiche della città, ma troppo pochi per cogliere l’ultima possibilità di redenzione. Hai bisogno di essere perdonata e accettata di nuovo, Gwen. E sei disposta a correre perfino i rischi maggiori pur di raggiungere l’obiettivo.
“Spero solo che non sia troppo tardi. Il suo aereo dovrebbe partire alle otto e potrei farcela per quell’ora. Possibile che questa moto non vada più veloce?”.
Il motore romba ancora, mentre ti lasci alle spalle la striscia nerastra del fumo di scappamento. E superi la soglia dei 180 Km/h.
“Ti prego, fammi volare… Portami da Trent!”.
Ora sei vicina all’ingresso dell’autostrada. Luci lontane brillano nella pallida luce della prima mattina.
Sei troppo lontana per distinguere il colore dei semafori all’orizzonte. La velocità presa è troppo alta perché tu possa fermarti in tempo.
“È rosso! Accidenti! Devo frenare, devo frenare…”.
Attraversi l’incrocio. Una vettura ti passa vicino senza provocare danni.
Il cuore si è fermato improvvisamente. Sei indenne. Sei viva.
“Come diamine ho fatto a…”.
Fari. Luci abbaglianti e improvvise.
Uno stridore mai sentito prima ti giunge dalla destra.
Un boato. L’impatto che non avevi previsto.
Ti libri nell’aria, leggera: che sensazione strana…
Sembra che il tempo abbia cessato di scorrere.
Rimani sospesa nel nulla e ti senti come una farfalla, sebbene tu abbia sempre detestato quell’insetto.
Poi l’impatto con la terra. Fredda, inumidita dalla brina notturna.
Chiudi gli occhi e vedi Trent. Sta venendo da te, ha saputo che lo stavi cercando.
Lentamente socchiudi le palpebre e ti volti per cercare una soluzione al mistero.
La tua moto giace inerme a pochi metri da te, completamente distrutta e prossima alle fiamme.
Capisci che cosa è successo. Speri che arrivi qualcuno.
I minuti passano, ma nessuno giunge al tuo fianco. Non c’è Trent. Neanche Duncan è con te.
Sei sola nella notte che si dirada, accompagnata da sirene lontane.
Hai forze per vedere soltanto un’auto della polizia in avvicinamento.
Senti i portelloni aprirsi e richiudersi con uno scatto violento, mentre i passi si fanno sempre più veloci nella tua direzione.
Le immagini riflesse nei tuoi occhi adesso sono sfuocate e pian piano una nebbiolina grigia ti porta via dalla realtà.
Ti sembra di riconoscere il volto del tuo amato in uno dei due poliziotti che si sono inginocchiati a terra. E sussurri il suo nome con un filo di voce, quanto basti per far capire alle orecchie estranee: -Trent…-.
 

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Capitolo 2
*** Fine ***


2. Fine

Un’asettica sala d’attesa.
Tanta paura. Terrore che divora l’anima, cuore stanco di battere così forte.
-Che cos’è successo?-.
C’è qualcuno vicino a te, Duncan. Ti alzi in piedi e vai incontro ad una ragazza dall’espressione corrucciata, notando i suoi occhi ancora gonfi per il sonno. È la prima mattina, ma ti sembra di essere sveglio da secoli.
-Gwen… Un incidente con la moto…-.
-Oh, mio Dio!-.
La tua ritrovata Courtney ti stringe dolcemente, passandoti una mano tra i capelli, accarezzando piano quella tua cresta verde perennemente alzata di cui vai molto fiero. Ti senti meglio in sua compagnia, ma la preoccupazione continua ad affliggerti.
-Sediamoci, ti prego-.
Prendete posto su due sediole azzurrine, rimanendo in silenzio. Nessuno di voi ha voglia di parlare, nessuno saprebbe cosa dire. Non vi rimane che sperare per il meglio.
-Ma come? Perché?-.
-Se ne stava andando, Courtney. Ieri sera, dopo averti incontrata per strada, le ho parlato e insieme abbiamo preso la decisione di lasciarci. Ci siamo resi conto che le cose tra noi non potevano continuare-.
-E dove era diretta? Insomma, uscire così presto di casa…-.
-Aveva saputo che Trent stava per partire. Una tournee, a quanto sembra. Penso che tu sappia del successo che ha ottenuto, ultimamente-.
-Certo, sta facendo un bellissimo lavoro. È tutta la sua vita. O almeno questo è quello che mi aveva detto l’ultima volta che abbiamo parlato-.
-Bene. Gwen voleva fermarlo per dirgli che mi aveva lasciato, che aveva intenzione di tornare da lui. Eppure…-.
Una lacrima ti riga il volto, Duncan. Da quanto tempo non piangevi, pur sentendone il bisogno? Forse è giunto il momento di tornare davvero sui tuoi passi?
-Sarei dovuto andare con lei… Se l’avessi accompagnata, probabilmente ora non ci troveremmo tutti qui. In un maledetto ospedale, a sperare che si rimetta!-.
Scatti in piedi, in preda al furore, e calci via la sedia su cui te ne stavi. Courtney ti guarda e capisci che anche lei sta soffrendo: non sei il solo a sentirsi in colpa per quanto accaduto.
-Calmati, ti prego. Vedrai, andrà tutto bene…-.
La ragazza ti abbraccia di nuovo e ancora una volta trovi la pace; sei sempre più convinto che lasciarla sia stato un errore, il più grande della tua vita.
Ti lasci cullare per qualche secondo dalle sue braccia, poi sussurri, interrotto dal pianto: -Ho chiamato Trent-.
Courtney ti afferra per le spalle e ti fissa negli occhi: -Davvero?-.
-Avrei potuto fare altrimenti?-.
Vedi la tua amata scostarsi lentamente e tornare a sedersi, mentre dice con gravità: -Dov’è adesso?-.
-Sta arrivando. Dovrebbe essere a momenti-.
Cammini su e giù lungo la sala d’aspetto, davanti agli occhi vigili di Courtney. Di tanto in tanto noti i camici bianchi dei medici svolazzare nel corridoio e cerchi di avvicinarli per avere informazioni sullo stato di Gwen, ma sembra che tutto sia inutile. Nessuno parla o ha il coraggio di parlare.
Tlin.
L’ascensore raggiunge il quarto piano e le porte si spalancano. Tu e Courtney vi voltate e lo riconoscete subito, anche se sono trascorsi mesi dal vostro ultimo incontro.
Trent si avvicina prima con passo veloce, poi di corsa. Ha il respiro mozzato, il cuore che batte così forte da essere percepito perfino dall’esterno, la bocca storta in una smorfia preoccupata. Mette da parte tutto il rancore che prova nei tuoi confronti, Duncan, chiedendo solamente: -Dov’è Gwen? Come sta?-.
-È in coma. Ha battuto la testa a terra-.
-Quando e come è successo?-.
-Verso le sei. È stata travolta da un’automobile mentre viaggiava in moto-.
-Investita? E tu dove accidenti eri, eh? Perché era sola?-.
-Stava venendo da te-.
-Mi prendi in giro? Perché ti assicuro di non avere voglia di giocare con te, Duncan-.
-È la verità. Non ti sto mentendo-.
-Perché mi cercava? Che cosa le hai fatto?-.
-Ci siamo lasciati. Ieri sera-.
Trent spalanca gli occhi, incredulo. Nonostante le parole che vorrebbe pronunciare siano fiumi, improvvisamente si fermano e muoiono nella sua gola, rendendolo incapace di articolare qualsiasi suono.
-Io e Courtney stiamo tornando insieme e saremo definitivamente una coppia solo dopo aver messo fine a questa storia-.
Gli occhi verdi di Trent, per alcuni istanti fissi a terra, si alzano verso il tuo volto e puoi distinguere chiaramente le pupille prendere fuoco.
-Le hai fatto del male, idiota!-.
Ti afferra per il colletto del giubbotto di pelle nera e ti sbatte contro la parete urlando tutto il suo dolore, mentre Courtney cerca di dividervi senza alcun esito positivo.
-Non solo me l’hai portata via, ora l’hai perfino tradita! Sei un verme, Duncan!-.
Pian piano molla la presa e lascia scivolare tra le dita il risvolto della tua giacca. Si allontana dandoti le spalle, ma lo senti piangere quelle lacrime che avrà versato già tante altre volte pensando alla sua ex. Anche per questo ti senti responsabile e senti un improvviso dolore trafiggerti il petto.
-Da quanto tempo siete qui?-.
-Circa un’ora. Mi ha chiamato la polizia per avvertirmi dell’accaduto e poi ti ho contattato-.
-Come facevi ad avere il mio numero?-.
-Gwen lo aveva scritto su un foglietto di carta che aveva scordato a casa. L’ho trovato e…-.
-Sta’ zitto, per favore. Non voglio più sentire la tua voce!-.
-Trent, cerca di ragionare…-, dice Courtney facendosi più vicina al ragazzo.
-Ragionare? È questo il momento? Per quel che ne so, in quella stanza Gwen sta lottando tra la vita e la morte, lottando contro se stessa per uscire dal coma. E avete il coraggio di dirmi di stare calmo? Me ne frego, sapete? Finché non avrò buone notizie dai medici potete stare certi che non rimarrò buono e tranquillo in un angolo!-.
Si passa le mani tra i capelli più volte, come se desiderasse strapparli via. Sente allontanarsi sempre di più la possibilità di vedere ancora Gwen così come l’aveva conosciuta. E amata.
-Il signor Campbell?-.
Un dottore richiama la vostra attenzione e rispondi all’appello: -Sono io-.
-Dovrei parlarvi della signorina Taylor…-.
-Come sta? Si è svegliata?-.
Trent aspetta in trepidazione e tu, Duncan, cerchi di dominarti per apparire sereno. Non desideri mostrare la tua debolezza.
-Fortunatamente è uscita dal coma…-.
Un sospiro di sollievo si leva da ognuno di voi tre per essere subito fermato: -Ma le condizioni rimangono gravissime. Avete la possibilità di entrare nella stanza, ma solo uno per volta. Ha bisogno di riposo-.
Vi guardate l’un l’altro, attendendo la prima mossa.
-Sarà meglio che vada-, dici muovendo qualche passo verso la porta della stanza.
-No-, afferma decisa Courtney. -Lascia che sia Trent ad andare-.
Ti volti verso di lei e ti senti stringere con delicatezza il braccio; capisci che non è il tuo momento.
-Vai pure-, dici al ragazzo, già vicino all’entrata della camera.
Trent abbassa la maniglia con estrema lentezza, temendo di poter disturbare la sua adorata Gwen. Si affaccia pian piano e scivola all’interno della stanza. Il cuore sussulta e comincia a correre.
La giovane è stesa su un lettino bianchiccio, avvolta in un camicione verde della stessa tonalità delle sue meches; i lineamenti del volto, più pallido del solito, si confondono con il colore anonimo del cuscino su cui poggia la testa.
Trent rimane immobile a contemplarla per alcuni istanti, senza sapere cosa fare. È orribile, per lui, vedere una benda fasciarle la fronte e la flebo inserita nel braccio sinistro. Ma è ancora peggio vedere quei segni rossi, non più sanguinanti, che le sfregiano le guance.
Il ragazzo sente il cuore stringersi e diventare minuscolo, pronto ad esplodere da un momento all’altro. Muove alcuni passi e si blocca di nuovo, a non più di due metri dal letto. Si avvicina ancora e si inginocchia, senza smettere di fissarla; poi sussurra il suo nome, convinto che non possa riuscire a sentirlo.
-Ciao, Gwen-.
Il silenzio nella stanza lacera l’anima di Trent. Non un segnale di vita giunge dal corpo inerme della ragazza e il giovane sente il bisogno di piangere, di fuggire da quello che può essere solo un brutto incubo.
-Svegliati-, si dice schiaffeggiandosi, -questa non è la realtà. Appena ti alzerai dimenticherai questa terribile visione e partirai, come da programma. Ti prego, tutto quello che hai davanti è finzione… Una tremenda finzione…-.
-Non hai perso l’abitudine di parlare da solo, eh?-.
Trent alza la testa ed incredulo si trova a tenere gli occhi fissi in quelli di Gwen. La gioia gli esplode nel petto, mentre dice: -Mi hai sentito?-.
-L’intero discorso-.
La ragazza viene interrotta da un’improvvisa tosse e si rende conto che qualcosa nel suo corpo non va. Non sono solo le ferite a far male: c’è qualcosa di più profondo che la fa soffrire profondamente.
-Come ti senti?-.
-Come se questo fosse un sogno… Ho paura di svegliarmi e non trovarti mai più. Ma non voglio. Non ora che ti ho ritrovato-.
Una scossa la blocca di nuovo e negli occhi di Trent si materializza il terrore.
-Non sforzarti, Gwen, continua a riposare. Devi riprenderti; vedrai, tornerai più forte di prima… Sei una tosta, no? Lo hai dimostrato…-.
-No, Trent, ti sbagli. Se c’è un ragazzo forte in questa stanza, quello sei tu. Tu, che sei venuto da me nonostante io ti abbia fatto del male…-.
-Shh, è tutto passato. Non mi importa niente di quello che è successo. Adesso devi solo preoccuparti di stare meglio-.
-Non migliorerò, se uscirai da questa stanza. Non tornerei ad essere me stessa, se ci lasciassimo di nuovo-.
Trent le afferra le mani: sono fredde, bianche, prive di sangue che le riscaldi. Ma negli occhi della ragazza c’è ancora una scintilla di luce che fa ben sperare.
-Non me ne andrò, Gwen. Non me ne sono mai andato-.
-Lo so. Per questo mi sento così male… È stata solo colpa mia… Potrai mai perdonarmi per quello che ho fatto? Perché nelle tue iridi vedo riflesse ancora le immagini del mio tradimento-.
-Ti ho già scusata. E non ho smesso nemmeno per un istante di amarti, pur sapendo che per te non era lo stesso-.
Una lacrima riga il volto del giovane. Una lacrima che ferisce Gwen come la lama di un coltello.
La ragazza solleva lentamente il braccio e gli asciuga con dolcezza il viso; una fatica mai provata prima la affligge.
-Scusami, se puoi. Scusami per non esserti stata accanto come avrei dovuto-.
Trent le stringe la mano sospesa a mezz’aria e l’accarezza, portandosela poi alle labbra. Guarda Gwen e vede il suo sguardo appannarsi, velato da una nebbiolina grigia e fumosa che le spegne quella luce che ha sempre amato.
-Gwen-, la chiama scosso da un primo singhiozzo.
-Rimani ancora qui con me-.
Il petto della ragazza si alza e si abbassa un paio di volte in preda all’affanno. Il respiro si fa rado, il battito del cuore irregolare. Ed una sirena inizia a suonare imperterrita, mentre lo schermo verde del macchinario a cui la ragazza è collegata visualizza una sola linea piatta.
-Gwen-, dice di nuovo Trent scuotendole lievemente il braccio.
-Gwen!-.
il suo urlo di dolore è destinato a perdersi nel silenzio nella stanza e va ad infrangersi sul viso adesso rilassato della ragazza.
-Non lasciarmi, ti prego! Torna da me come una volta!-.
-Sono qui, Trent. Non mi vedi? Sono proprio al tuo fianco. Mi sento bene, leggera, felice. Nessuno potrà più ostacolarci! Andiamocene di qui: voglio riprendere a vivere insieme a te. Mi ascolti? Trent?-.
Il giovane continua a tenerla per mano, struggendosi dal pianto. Le accarezza le guance segnate dalle cicatrici, le sfiora le labbra che pian piano diventano viola; e non riesce a sentire le parole che Gwen gli sussurra.
-Perché non riesci a sentirmi? Perché non smetti di piangere?-.
La porta della stanza si spalanca ed entrano Duncan e Courtney. Era tempo che le due ragazze non si incontravano.
-Gwen?-, la chiama il punk avvicinandosi al letto; l’altra se ne sta ancora sulla soglia, le mani portate alla bocca e gli occhi spalancati per lo shock.
-È…-.
-È la fine! La fine della sua vita, della mia vita! L’ultima volta in cui potrò vederla!-.
Le parole di Trent sono scosse da singhiozzi che non gli permettono di esprimersi come vorrebbe; Duncan assiste alla scena impotente, sentendosi sprofondare mentre Courtney lo raggiunge e lo abbraccia.
-Ragazzi, sono qui! Ascoltatemi, accidenti! Possibile che siate così presi dalle lacrime? Se faceste silenzio, riuscireste a percepire la mia presenza!-.
 Gwen accarezza la chioma corvina di Trent, ma il ragazzo non se ne accorge. E finalmente la giovane presta attenzione alle sue membra, abbandonate sul modesto giaciglio mortale.
-No, non ora. Devo riprendermi il mio corpo! Devo farlo, se voglio stare con la persona che amo!-.
Lo spirito torna a combaciare con le spoglie solo per un attimo. Qualcosa impedisce che si riaccenda la scintilla vitale.
-Maledizione! Non puoi farmi questo! Non posso morire proprio adesso!-.
Ma ormai è troppo tardi. Il destino ha deciso che questa sarà la fine. E tu, Gwen, non potrai più fare ritorno.
 

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Capitolo 3
*** Possessione ***


NB: Mi scuso con tutti i lettori, silenti e non, per il madornale ritardo nella pubblicazione di questo capitolo. Una vacanza programmata all'ultimo secondo mi ha impedito di caricare il testo sul sito. Scusandomi ancora con tutti voi, vi auguro buona lettura.


3. Possessione

-Ho bisogno di tornare indietro… Ho bisogno di parlare ancora con lui-.
Sei diventata un fantasma, Gwen. Stavolta davvero.
-Non lo abbandonerò. Se lo facessi, tutto tornerebbe come prima. Ma voglio che lui sappia che io gli sarò vicina. Sempre-.
Questi sono i tuoi propositi mentre continui ad osservare Trent piangere sulle tue spoglie in un letto d’ospedale. Vicino a lui si stringono Duncan e Courtney: pensi che, almeno per loro, questa storia abbia portato un po’ di felicità, anche se tu ormai non ci sei più.
-Non mi arrenderò a questo destino. Devo trovare un modo per chiarirmi definitivamente con Trent-.
Provi di nuovo a rientrare nel tuo corpo, ma esso ti respinge. E, all’improvviso, hai un’intuizione: -Spero solo di riuscirci-.
 
Il ragazzo si è appena svegliato e si stropiccia gli occhi ancora impastati dal sonno. Scende dal letto, infila le pantofole  e raggiunge il piano inferiore per la colazione. Si rende conto di avere una gran fame.
-Vediamo cosa ci dice la televisione…-.
Si sintonizza sull’ultimo canale visto la sera precedente.
-Wow, c’è già il telegiornale? Impossibile, è relativamente presto…-.
Si avvicina al frigorifero e prende una bottiglia di latte, che versa nella sua ciotola di cereali. Prende un cucchiaio e si siede, ascoltando le ultime notizie.
*È con immenso dispiacere che vi annunciamo la prematura scomparsa di Gwen Taylor, una tra le più amate partecipanti delle prime tre edizioni dell’acclamato reality Total Drama condotto da Chris McLean. La ragazza, uscita questa mattina di casa all’alba, è stata coinvolta in un incidente stradale che non le ha lasciato scampo. Inutili i soccorsi: all’arrivo in ospedale, la giovane era già entrata in coma. Sembrava essersi lievemente ripresa, ma un attacco cardiaco l’ha stroncata. Si trovano ancora nel policlinico il fidanzato Duncan Campbell, il suo ex Trent Whiston e Courtney Jackson, oltre ai familiari da poco arrivati.
Le fonti presenti sul posto ci informano, inoltre, che i funerali della vittima si terranno domani mattina presso la St. Mary Church di Toronto*.
-No, non ci credo! Come è possibile?-, si chiede a voce alta il ragazzo. -Devo assolutamente fare una telefonata!-.
Si alza di scatto, afferra prontamente il cellulare lasciato vicino al televisore e compone un numero. Dall’altra parte, dopo una serie di squilli, risponde la fresca voce della sua fidanzata.
-Che cosa succede? Qualcosa non va?-.
-Hai sentito la notizia in televisione?-.
-Quale?-.
-L’incidente di Gwen Taylor-.
-Oh, ti prego, non me ne parlare! Sono sconvolta, davvero! Sai quanto mi piacesse, quella ragazza… Insomma, ti ho raccontato che facevo il tifo per lei, nella prima edizione del reality…-.
-Per questo ti ho chiamata. Sono profondamente scosso anch’io… E pensare che tu hai perfino avuto la possibilità di conoscerla!-.
-Già… Mi sento terribilmente triste! Pensi di potermi raggiungere a casa?-.
-Certamente! Vuoi che venga subito?-.
-Appena puoi-.
-D’accordo, allora. Sarò da te tra poco-.
Il giovane interrompe la telefonata e corre a vestirsi. Dal tono della voce della sua ragazza, ha intuito che ci deve essere qualcos’altro che non va.
 
“E se qualcosa dovesse andare storto? Potrei farle del male… Ma no, non sono altro che uno spirito! Che cosa le farei? Certo, se il piano funzionasse, risolverei una volta per tutte questa dannata storia…”
Immagini di parlare ad alta voce, Gwen. L’idea che ti ha illuminata ti sembra tanto folle quanto possibile da realizzare, ma ti poni molti, troppi problemi. Comprensibili, anche se non del tutto.
“Riuscirò a mantenere il controllo? Riuscirò a non farla impazzire? Lei è l’unica che può aiutarmi…”
Hai abbandonato l’ospedale e ti libri leggera sui tetti dei palazzi cittadini. Non sai dove abiti la persona che stai cercando, ma in qualche modo ti senti collegata a quella ragazza che hai incontrato una volta sola.
“È come se mi rispecchiassi in lei, anche se per alcune cose siamo completamente diverse… Ma è la cosa giusta da fare e credo cha sarà disposta ad aiutarmi”
Ora rasenti l’asfalto nero delle strade trafficate. Ti guardi intorno, maledicendo l’automobilista che ti ha travolta: hai saputo che quell’uomo non ha riportato altro che una serie di graffi innocui.
“E io dovevo morire? Perché, accidenti? Possibile che il destino ce l’abbia con me? Ho capito di aver sbagliato… Stavo per riparare ai miei errori… Eppure sono stata punita ugualmente. E che punizione, poi!”
Abbandoni la strada e ti sposti sul marciapiede, sbirciando incuriosita i volti dei passanti; di tanto in tanto getti un’occhiata oltre le finestre scure dei palazzi e ricordi che meno di ventiquattro ore prima assaporavi la felicità dei tuoi ex vicini di casa. Daresti qualsiasi cosa pur di tornare alla sera precedente.
Ti stanchi del centro cittadino e raggiungi la periferia; le case di fanno più grandi, squadrate, circondate da piccoli giardinetti. È una vista armoniosa quella che ti appare e decidi di prendere una pausa: non avevi mai provato tanta serenità come in questo assurdo momento.
“Vediamo che cosa succede qui”.
Raggiungi le porte di ogni abitazione, leggendo di sfuggita il nome dei proprietari affisso all’ingresso. Cook, Lane, Bridge… Tanti cognomi che non hai nemmeno mai sentito. Stai per sorpassare anche la dimora della famiglia Brown, quando un movimento brusco dietro i vetri opachi della finestra più vicina ti blocca.
-Non ci posso credere… Davvero, è una notizia terribile!-.
Senti una voce che, in vita, ti avrebbe fatto sussultare.
“L’ho trovata”, pensi schockata.
Cerchi di distinguere ancora le parole della ragazza, ma evidentemente si è spostata in un’altra stanza.
“Al diavolo! Se dovesse essere la persona sbagliata, continuerò a cercare!”.
Afferri il coraggio con entrambe le mani e ti immergi attraverso la spessa porta di legno che ti sbarra la strada. Hai l’impressione di trovarti in una vasca d’acqua gelata, ma la spiacevole sensazione si dissolve subito dopo aver raggiunto l’interno della casa.
Ti guardi intorno; la prima cosa che vedi sono alcune foto incorniciate e poggiate su un tavolino, proprio vicino al telefono, ritraenti due giovani. Ti soffermi a contemplare il viso della ragazza e con grande felicità hai la conferma di aver rintracciato la persona giusta.
“Dove si è cacciata?”.
Sembra che la casa sia disabitata; il silenzio regna sovrano.
Ti sposti di stanza in stanza per raggiungere l’unica abitante del posto. Il salotto è vuoto, la cucina deserta. Sali al piano superiore e finalmente la vedi: è seduta sul bordo del suo letto e sembra fissare il nulla attraverso la grande finestra che le sta di fronte.
-Non riesco a crederci… Eppure è morta. Ma perché? Come? Era così giovane… Aveva una vita davanti!-.
-Esattamente-, dici adirata. -Una vita che non potrò condividere con il ragazzo che amo-.
-C’è qualcuno?-, chiede all’improvviso la ragazza.
Silenzio. Nessuna risposta.
-Mike, sei tu?-.
“Possibile che abbia percepito la mia presenza?”, ti chiedi turbata e sorpresa.
-Mike, non è divertente. La mattinata è iniziata nel peggiore dei modi e sinceramente non ho voglia di essere spaventata. Non da te, per giunta!-.
-Riesci a sentirmi?-, chiedi avvicinandoti di più alla giovane.
-Ma che cosa c’è? Oh, Cielo, sto impazzendo! Mi sembra di sentire delle voci che filtrano dalle pareti!-.
-Allora puoi ascoltarmi! Ti prego, aiutami! Solo tu ne sei in grado! Non avere paura, non ti farò del male…-.
-Mike, aiuto! Questa casa è infestata dagli spiriti! Mike!-.
-Non urlare, accidenti!-.
Vedi la ragazza precipitarsi giù per le scale e la segui rasentando il suolo; sta per gettarsi fuori di casa, nella piena luce del giorno, ma istintivamente attraversi il suo corpo, esattamente come hai fatto poco prima con la porta d’ingresso.
La giovane geme debolmente; le sue membra si indeboliscono improvvisamente e ricadono a terra, inermi.
Osservi per un istante il risultato ottenuto e di nuovo ti senti in colpa.
“Spero solo di non averla uccisa…”.
Prendi quello che sarebbe dovuto essere il respiro ed attui il tuo piano: il tuo spirito si immerge nel corpo della ragazza stesa sul pavimento freddo, aderendo perfettamente alle sue forme.
Per un attimo ciò che ti circonda è il buio assoluto. Hai paura di aver fallito miseramente e stai per abbandonarla lì dove è caduta. Ma poi senti tornare la forza nelle braccia, nelle gambe, nel torace. Il cuore pulsa, il sangue scorre caldo nelle vene. E finalmente puoi aprire gli occhi.
-Ce l’ho fatta-, dici con una voce non tua.
Ti ammiri stupita le mani, serrando e aprendo i pugni un paio di volte: ti accerti che tutto sia andato bene e senti il bisogno di guardare il tuo nuovo viso allo specchio.
Cerchi il bagno, rilegato sotto la scala di legno che hai percorso per raggiungere il primo piano della casa. Abbassi con delicatezza la maniglie a spingi la porta, affacciandoti leggermente all’interno.
La stanzetta è piccola, quanto basta per una ragazza che vive sola. Ma ciò che più colpisce la tua attenzione è proprio lo specchio scintillante che sovrasta il lavabo.
Ti muovi lentamente, desiderando quasi di non scoprire la tua rinnovata identità. Ma alla fine non resisti alla tentazione e ti guardi.
L’immagine riflessa è quella di una ragazza esile, dai capelli rossi e dai grandi occhi marroni. Ha poco meno di vent’anni e ti osserva incuriosita dall’altra parte dello specchio.
-Bentornata alla vita, Gwen-.
Provi gioia. Una gioia indescrivibile, materializzata in un sorriso così diverso dal tuo che ti spaventa.
-Siamo completamente l’opposto, vero? Perfino il tuo sguardo è più brillante del mio-.
Esamini attentamente ogni dettaglio del viso della ragazza di cui hai preso in prestito il corpo. La possessione è stata portata a termine con successo.
-Ora devo solo tornare da Trent. Dopo avergli parlato, potrò ridare a questa ragazza la sua vita-.
Esci dal bagno e rabbrividisci sentendo il campanello suonare.
-Chi sarà mai, a quest’ora?-.
Raggiungi la porta e sbirci attraverso lo spioncino. Ciò che vedi ti fa sussultare.
-No, non adesso…-.
Il campanello trilla di nuovo mentre ti avvicini alle foto sul tavolino del telefono e, presa una cornice, osservi i volti ritratti.
lui… Ora come faccio?-.
-Hey, sei in casa?-.
Il ragazzo bussa con forza alla porta. Hai meno di cinque secondi per decidere quale strategia attuare.
“D’accordo, allora. Un bel respiro e…”.
-Ciao, Zoey! Va tutto bene?-.
-Certo, una meraviglia. Perché sei venuto?-.
-Ma… Poco fa, a telefono, mi hai detto tu di raggiungerti-.
-Davvero?-.
Un silenzio imbarazzante ti scuote profondamente e senti il volto andare a fuoco.
-Oh, già! Scusami, ma questa mattina sono veramente fuori di me…-.
-Non preoccuparti, è tutto a posto. Posso entrare?-.
-NO!-.
Il ragazzo ti guarda decisamente sorpreso e preoccupato: non aveva mai visto la sua ragazza comportarsi così.
-Cioè… Tra cinque minuti potrai; il pavimento adesso è bagnato, ho appena lavato per terra-.
-Ah! D’accordo, allora. Aspetterò qui fuori-.
-Bene-.
Gli chiudi in faccia la porta e osservi la sua reazione dallo spioncino: il ragazzo, seppur profondamente turbato, si allontana dall’entrata e si ferma in giardino.
“Ho combinato un casino!”, pensi appoggiando le spalle alla porta e tirando un sospiro. “Questo è il difetto della possessione”.
 

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Capitolo 4
*** Stranezze ***


4. Stranezze

“Come faccio a sapere qualcosa in più su questa Zoey? Non le ho mai parlato, non so se ha fratelli, se i genitori sono separati, vivi o morti… E inoltre ignoro del tutto il rapporto con questo ragazzo. Sicuramente è il suo fidanzato, viste le foto che circolano in casa, ma che cosa sarà successo stamattina per chiamarlo e chiedergli di raggiungerla?”.
Mille domande a cui non sai dare una risposta, Gwen. L’unica cosa certa è che tra pochi minuti dovrai affrontare questo fantomatico “Mike”; o almeno ti sembra di ricordare che sia questo il nome pronunciato da Zoey prima di svenire.
“Sono stata una sciocca… E così adesso posso anche essere smascherata. Ottima mossa, Gwen”.
Prendi un respiro profondo e cerchi di calmarti, poi ti avvicini alla porta e aprì per chiamare il tuo inatteso ospite.
-Vieni pure. Il pavimento non è più un problema-.
Mike ti raggiunge sulla soglia di casa ed entra senza troppi complimenti. Evidentemente è abituato a frequentare l’abitazione.
-Allora, come ti senti?-, chiede guardandosi intorno.
-Bene; perché questa domanda?-.
-Prima, a telefono, mi sei sembrata profondamente scossa. E poi mi hai chiesto di venire qui: c’è qualcosa di cui vuoi parlarmi?-.
-No. Avevo… Solo voglia di vederti, tutto qui-.
-E per la storia di Gwen Taylor? Insomma, eri una sua grande estimatrice, una fan sfegatata… Mi hai detto tu di essere stata molto contenta di aver avuto l’occasione di incontrarla nel corso del reality-.
-Ah, beh… Sì, mi era simpatica; una ragazza che diceva le cose in faccia agli altri senza pensarci troppo…-.
-Hai pianto?-.
-No, accidenti, non sono arrivata a questo punto! Non sono una completa femminuccia!-.
Ti rendi conto di aver appena detto una sciocchezza. E hai paura che il ragazzo si sia accorto di te.
“Diamine, devo stare più attenta! Per quel che ne so, Zoey è una persona dolce e sensibile… E non userebbe mai espressioni come *accidenti*, *per la miseria* e via dicendo. D’accordo, Gwen, cerca di concentrarti: non sai per quanto tempo dovrai rimanere nel suo corpo, perciò è meglio che tu ci faccia l’abitudine”.
-Zoey, stamattina non sembri tu. Sei certa di stare bene?-, domanda Mike poco convinto alzando un sopracciglio.
-Te l’ho detto, va tutto splendidamente. Non ti pare d’essere un po’ troppo premuroso?-.
Ancora una volta ti accorgi in ritardo di aver usato le parole sbagliate.
-Troppo premuroso?-.
-Sì… Non che mi dispiaccia, certo, però…-.
-Allora vuoi che vada via?-.
-No, no, resta pure. Ormai è quasi ora di pranzo e vale la pena di rimanere, non pensi?-.
-Se per te non ci sono problemi...-.
Dalla voce del ragazzo capisci di averlo profondamente ferito, seppur involontariamente. E inizi a tormentarti.
“Ci manca soltanto che rovini questa coppia! Si vede che sono molto affiatati, perciò devo cercare di comportarmi con naturalezza… Non ho intenzione di mandare all’aria la loro relazione, non dopo aver guastato completamente il mio rapporto con Trent”.
Entri in cucina seguita da Mike e apri il frigorifero alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti; ovunque tu guardi vedi soltanto carne e pesce.
“Ma no! Sono vegetariana, non posso prendere nulla di tutto questo cibo! Possibile che la ragazza non abbia delle verdure?”.
-Ti serve aiuto, Zoey? Possiamo cucinare insieme, se ti va-.
-Cosa? Oh, no, ti ringrazio. Preparo tutto da sola-.
Riemergi dal frigorifero con dei vegetali dall’aspetto decisamente poco invitante e afferri un piatto contenente della carne; rabbrividisci alla sua sola vista e poggi il tutto sul tavolo che troneggia al centro della stanza.
-Anzi, già che ci sei, puoi mettere sul fuoco la carne? Ultimamente la odio e non ho nemmeno il coraggio di assaggiarne un pezzetto-.
-Ma tu adori la carne! Che cosa mangerai, allora?-.
-Verdura, ovviamente. Ricca di sali minerali e vitamine-.
-Zoey, tu detesti i vegetali. Che ti prende?-.
-Mike, non vedi che sto ingrassando? È bene che stia a dieta…-. Non sai in che altro modo spiegare la tua “decisione shockante”, se non con una scusa così banale.
-Penso che tu mi stia nascondendo qualcosa; non te ne è mai importato nulla dell’alimentazione, hai sempre messo da parte la verdura e adesso mi dici che…-.
-Mike, non vedi che mi sto costringendo a mandare giù questa insalata mezza rinsecchita? Credi davvero che sia contenta?-.
-Allora non mangiarla!-.
-Ma devo! O forse preferisci vedermi ridotta ad una salsiccia ambulante?-.
-No, ma…-.
-Fa come ti dico. Prendi pure la carne, il pesce, le uova o qualsiasi altra cosa tu preferisca, ma ti prego di lasciarmi in pace-.
-Va bene. Non insisto-.
Il ragazzo afferra sconsolato il piatto che hai lasciato sul tavolo, afferra una piccola padella riposta sotto il piano cottura e accende il fornello; la carne sfrigola sul fuoco e in pochi minuti la cucina si riempie del suo profumo. Per te nauseante, ovviamente.
-Fa caldo, vero? Sarà meglio aprire la finestra-, dici con disinvoltura scostando le tendine e aprendo il vetro per far passare dell’aria: non hai alcuna intenzione di respirare un minuto di più l’odore nauseabondo del pasto di Mike.
-Sì, hai ragione. Eppure il tempo non è dei migliori… Il cielo si sta rannuvolando poco alla volta-.
-Ti dispiace se accendo il televisore? Vorrei sentire le ultime notizie-.
-Ma certo, Zoey. È casa tua, questa; perché chiedi il mio consenso?-.
-Perché potresti preferire ascoltare della musica alla radio o semplicemente fare conversazione-.
-Non preoccuparti. Qualsiasi cosa tu decida, sarà perfetta anche per me-.
“Wow, che ragazzo comprensivo e disponibile… Mi ricorda molto Trent, sotto questo punto di vista”.
Afferri il telecomando e ti sintonizzi sul primo canale d’informazione; come previsto, il notiziario è in onda. Alzi il volume per poter sentire meglio e, sorpresa, ti accorgi che si parla di te.
*La sconvolgente notizia che stamane ha raggiunto la nostra redazione non smette di impressionare i milioni di fedeli spettatori del reality Total Drama. L’improvvisa scomparsa della nota concorrente Gwen Taylor ha lasciato stupito tutto il Canada, che ora si interroga su modalità e motivi della tragedia. Ancora non si sa con precisione come la ragazza sia rimasta coinvolta nell’incidente che l’ha uccisa, ma dagli ultimi aggiornamenti in tempo reale vi informiamo che una folla di fan scatenati si è radunata intorno al St. Michael’s Hospital per salutare i conoscenti della ragazza. Vi ricordiamo che i funerali, come annunciato dai genitori della Taylor, si terranno domani mattina alle undici in punto presso la St. Mary Church di Toronto. Per ulteriori notizie rimanete sintonizzati su questo canale*.
-Tutto questo… Per me-, sussurri sentendo gli occhi riempirsi di lacrime.
-Come dici?-, domanda distrattamente Mike senza allontanarsi dai fornelli.
-Uhm? Oh, niente… Mi dispiace davvero per quella povera ragazza. Anzi, sai che ti dico?-.
-Che cosa?-.
-Domani andrò a salutarla-.
-Vuoi visitare la camera ardente?-.
-No, sei matto? Non ci tengo proprio!-.
Hai risposto troppo bruscamente e il ragazzo ti osserva alzando un sopracciglio. Sospiri e spieghi:
-Ho intenzione di andare al funerale. Sai che mi era simpatica e ci terrei ad onorarla un’ultima volta… Anche per fare le condoglianze ai suoi genitori-.
-Vuoi che ti accompagni? Faremo molto prima con la mia macchina-.
-Sì, sarebbe perfetto. Fai attenzione a quella carne, la stai bruciando-, dici tappandoti istintivamente il naso.
-Ah, accidenti! Sarà immangiabile!-.
-Direi proprio di sì… Buttala pure nel cestino, c’è sempre l’insalata ad aspettarti-.
Con aria profondamente sconsolata Mike afferra il manico della padella e rovescia il contenuto all’interno della pattumiera; immagini che non abbia voglia di ingurgitare la tua stessa verdura sfiorita e prontamente apri il frigorifero alla ricerca di due uova.
-Dai, ti preparo della frittata…-.
Mentre rompi i gusci rosati, il ragazzo ti guarda sedendo poco lontano. E sorride riconoscendo la sua innamorata.
-Zoey, da quanto tempo stiamo insieme?-.
-Da troppo poco-, rispondi accennando un sorriso nella sua direzione.
-Lo pensi davvero?-.
-Certo. Mi sembra di averti conosciuto solo ieri…-.
“O, meglio ancora, questa mattina”, pensi con il cuore che batte a mille per paura di essere scoperta.
-Lo sai che ti amo?-.
“Ma quante smancerie… Non saranno un po’ troppe?”.
-Non potrei mai dubitarne-, dici osservando impassibile le uova nella padella.
Il ragazzo si alza e si avvicina tenendo le mani dietro alla schiena. Con la coda dell’occhio ti accorgi che trama qualcosa e esiti un secondo in più del necessario prima di fermarlo.
-Ti voglio solo per me… Sei il mio mondo-, ti sussurra pian piano nell’orecchio circondandoti i fianchi con le braccia.
-Ehi, non farmi distrarre, altrimenti anche la frittata sarà disgustosa…-, dici con voce sottile per allontanarlo.
-Non me ne importa niente del pranzo. Tu sei tutto ciò di cui ho bisogno-.
Ti afferra delicatamente il viso, facendoti voltare, e prova a sfiorare le tue labbra chiudendo gli occhi. Il panico si è impadronito di te e non sai cosa fare.
-Mike, mangiamo, per favore. Non mi sento molto bene-.
Il ragazzo ti guarda dritto negli occhi, quasi volesse ispezionarti l’anima per cercare il motivo del tuo malessere.
-D’accordo, Zoey. Facciamo come vuoi tu-.
Spegni il fornello, ancora ansimante e con il cuore che martella contro il petto alla velocità della luce.
“Me la sono vista brutta”, pensi sentendoti responsabile di una colpa che non hai commesso. Non questa volta, almeno.
-È pronta. Mangia, prima che si freddi-, ti raccomandi porgendo a Mike il piatto con le uova.
-Grazie…-.
-Vado in salotto, se non ti dispiace. Vorrei vedere un film dell’orrore per passare il tempo… Fai pure con calma e raggiungimi quando puoi-.
Stai per uscire dalla porta della cucina quando lui ti richiama: -Ma non odiavi gli horror? Mi avevi detto che ti spaventavano perfino le copertine dei DVD!-.
-Sì, ma quando avevo cinque anni. Ormai non ho più alcun timore-.
-Se lo dici tu…-.
“Accidenti, ma questa Zoey è davvero una bambinetta! Paura degli horror! Ma si può essere più sciocchi?”, pensi per un istante mentre raggiungi l’altra stanza ed ispezioni il cassetto contenente film sotto il televisore.
“Vediamo un po’ che cosa abbiamo qui… *La casa degli spiriti*: lo avrò visto almeno quattro volte; *Sentieri oscuri*: non mi è nemmeno piaciuto… Non ci credo, c’è una copia di *Ombre nella notte*! Vada per questo, lo cercavo da mesi”.
Richiudi il cassetto e accendi il lettore DVD, pronta a goderti lo spettacolo. Fin dalle prime scene la pellicola si rivela adeguata alle tue aspettative.
-Che cosa guardi?-.
Mike è appoggiato allo stipite della porta e ti guarda senza dire nulla, cosa che ti infastidisce non poco.
-“Ombre nella notte”: deve essere bellissimo. Vuoi vederlo insieme a me o preferisci andare a casa?-.
Il ragazzo lancia un’occhiata all’orologio e decide di rimanere; prende posto al tuo fianco e ti circonda le spalle con il braccio sinistro.
-Posso baciarti, adesso?-, chiede in un sussurro.
-Non puoi aspettare la fine del film? Non vorrei perdermi nessun particolare…-.
-Preferisci un horror a me?-, domanda imbronciato.
-Ovviamente… no-, dici subito soffermandoti sui tratti del suo viso.
-Allora che cosa c’è che non va? È da quando sono arrivato che sei strana!-.
-È tutto a posto, tranquillo. Ho solo voglia di…-.
-Vedere questo stramaledetto film! Certo! Sarà meglio che vada, allora!-.
Mike si alza e ti lascia sola, sbattendo con forza la porta d’ingresso. Stupita ti allontani dal divano e affacciandoti dalla finestra lo vedi partire a gran velocità a bordo della sua macchina.
“L’ho combinata grossa… Spero solo che tutto questo non porti a conseguenze gravi”, preghi tornando in salotto.
 

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