Un lungo viaggio, insieme

di Severa Crouch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Ogni arrivo è una partenza ***
Capitolo 2: *** Prima tappa: la magia di Bisanzio ***
Capitolo 3: *** Seconda tappa: Parigi e la Francia ***
Capitolo 4: *** Terza tappa: Praga, l'Alchimia e il Golem ***
Capitolo 5: *** Quarta tappa: l'antica Grecia ***
Capitolo 6: *** Quinta tappa: l'Egitto ***
Capitolo 7: *** Sesta tappa: l'Irlanda ***
Capitolo 8: *** Settima tappa: il freddo del Nord ***



Capitolo 1
*** Prologo - Ogni arrivo è una partenza ***


Prologo – Ogni arrivo è una partenza

 

Wiltshire, casa Leroux, 1 giugno 1998

Pop.

Nel giardino di casa Leroux si materializzarono due figure nere. Avevano lasciato Hogwarts per sempre, senza idee su dove andare.

La ferita di Severus necessitava stare del tempo sotto osservazione, così il Wiltshire sembrava una buona idea, un posto dove stare tranquilli. I genitori di Alice si erano rifugiati in Francia da quando Voldemort aveva eletto casa Malfoy come sua residenza e non avevano ancora fatto ritorno, nonostante fosse caduto ormai da qualche giorno.

Era il crepuscolo, il sole batteva sulle finestre di casa Leroux rendendo difficile capire se tutto fosse tranquillo, tuttavia l'occhio attento ai dettagli non mancò di notare un leggero cambio di riflesso: dentro qualcuno aveva mosso una tenda.

Avanzarono con la bacchetta stretta in mano, pronti a reagire al minimo cenno di attacco. Quando furono abbastanza vicini alla porta questa si spalancò e uscirono i due elfi domestici. Fanon esclamava: “Alice! Alice! Bentornata! Padron François ci ha lasciati a vegliare sulla casa! Nessuno ha osato avvicinarsi!”.

Alice scoppiò in un sorriso di gioia: “Fanon! Aerine! Come facevate a sapere che...”, Aerine mostrò all'ingresso i bagagli, Alice scosse la testa e disse: “Minerva! Quella donna anticipa tutti!”, poi entrando con gli elfi chiese loro: “Come state? Ci sono stati combattimenti? Avete avuto paura?”, Fanon era emozionatissimo dal poter raccontare come aveva protetto la casa con la magia elfica: “i Mangiamorte se la sognano la nostra magia!” esclamava compiaciuto.

Severus parve confuso, il modo in cui Alice trattava i suoi elfi, il modo in cui questi si esprimevano erano così lontani dalla sua passata esperienza con Dobby, Kreacher e Winky. Aerine prese i mantelli dei due arrivati e portò i bagagli nelle stanze che avevano preparato per l'occasione. Era tutto così insolito che quando l'elfa chiese il mantello a Severus, lui glielo porse e le disse anche: “Grazie.”.

L'elfa non mancò di stupirsi: “Oh! E' gentile come te, Alice!”

Severus sorrise imbarazzato: “I tuoi elfi sono un po' insoliti per essere degli elfi domestici, non trovi?”, Alice si voltò, sorrise e, come se fosse la cosa più naturale del mondo, disse: “Eh? Sì, sono elfi liberi”. Notò lo stupore sul viso di Severus, si sentì in dovere di aggiungere qualcosa alla sua spiegazione, come quando studiavano insieme e le sue risposte non sembravano mai abbastanza complete: “Li abbiamo liberati io e Charlotte da piccole, costringendoli a vestirsi per giocare a prendere il tè con noi. Loro hanno deciso di rimanere, perché i miei genitori li trattavano molto bene. Non hanno mai voluto essere pagati, però mio padre ha insistito perché imparassero a parlare bene, sai che lui ama insegnare.”.

Severus sorrise, i Leroux non avevano nulla a che vedere né con i Black, né con i Malfoy, i cui elfi vivevano nel terrore dei loro padroni, pensava che nemmeno Silente si era mai preoccupato di insegnare a parlare correttamente agli elfi che lavoravano nelle cucine di Hogwarts.

Nella sala da pranzo la tavola era apparecchiata e la cena stava per essere servita da Aerine che esclamava: “Sarete affamati! La cena è pronta!”.

Ebbero il tempo di rinfrescarsi un attimo e poi gustarono un'ottima cena. Gli elfi volevano fare bella figura, erano contenti di vedere qualcuno della famiglia di nuovo a casa, finalmente non si sentivano più abbandonati.

Dopo cena, sedettero in soggiorno a controllare la ferita di Severus, non era tanto la cicatrice che preoccupava, gli incantesimi curativi avevano rimarginato tutte le lesioni; tuttavia il primo utilizzo dell'antidoto su una persona andava monitorato per controllare che non ci fossero strani effetti collaterali. Fortunatamente sembrava tutto a posto.

Entrambi erano stanchi, provati dagli ultimi avvenimenti e poco inclini a chiacchierare. Rimasero in silenzio, seduti l'uno accanto all'altra con lo sguardo perso nel vuoto, ognuno immerso nei propri pensieri. Stranamente, entrambi si trovavano a proprio agio. Alice aveva sempre apprezzato questo aspetto di Severus: non era una persona con cui bisognasse parlare per forza e sembrava che lui fosse dello stesso avviso.

Il silenzio che regnava tra loro non era di quelli imbarazzanti, non era un silenzio che indicava un vuoto da colmare, non era neanche uno di quelli noiosi, il loro era un silenzio di intesa. Semplicemente non avevano bisogno delle parole. Non esistevano parole o argomenti di cui parlare: erano vivi per miracolo e avevano lasciato Hogwarts. Bisognava metabolizzare il tutto. Inoltre, Severus aveva baciato Alice e lei aveva ricambiato.

Se Charlotte fosse stata presente avrebbe fatto una marea di domande su come il loro rapporto fosse cambiato dopo il bacio, su cosa provasse lei, su cosa pensava provasse lui, insomma, tutto quel genere di cose che dicono interessare le ragazze.

Alice, invece, non era abituata a farsi domande del genere, non aveva mai indagato le sfumature dei sentimenti, quasi fosse il cuore un territorio assai pericoloso. La persona seduta accanto a lei era Severus e tanto bastava a definirlo.

“Forse è meglio prepararsi per la notte.”, proruppe Severus, come sempre con la parola giusta al momento opportuno. In queste piccole cose la loro intesa era formidabile, tuttavia, veniva da chiedersi: era questo che avrebbe fatto di loro una coppia?

Il pensiero non poté fare a meno di andare alle coppie che Alice conosceva: James e Lily, Charlotte e Alain, Sabina e William, i suoi genitori, nessuna di queste sembrava combaciare o avvicinarsi a Severus e lei.

Alice continuò queste riflessioni a letto nella sua vecchia camera, mentre nella stanza accanto Severus probabilmente era sprofondato in un sonno ristoratore. Continuava a girarsi nel letto per avere un indizio di quello che sarebbe stata la sua vita. Avrebbe tanto voluto sentire le farfalle nello stomaco, come da ragazzina le aveva sentite per Regulus Black. Avrebbe voluto avere il folle ottimismo di Lily che l'aveva spinta con gioia a legare la sua vita a quella di Potter, ricordava le parole: “E' quello giusto, ne sono sicura.”

Severus era quello giusto? Era solo un bacio ad aver fatto credere che le loro vite fossero legate? Era il fatto di essere sopravvissuti ad una guerra, gli unici sopravvissuti della loro generazione, ad averli spinti a credere di appartenersi? Perché in ventiquattro anni, di cui ventuno trascorsi insieme, non era successo niente? Era solo perché Severus era innamorato di Lily? E poi, lui aveva scelto Alice solo perché era viva? Era solo una seconda scelta rispetto a Lily? Questo pensiero le fece male, tremendamente male.

Aveva bisogno di respirare, le mancava l'aria, aprì la finestra e una leggera brezza notturna entrò nella stanza. Non era sufficiente. Infilò le pantofole e senza neanche prendere la giacca da camera uscì dalla stanza, scese le scale e andò sul patio all'ingresso della casa. Sedette sugli scalini che degradavano verso il giardino. Chiuse gli occhi e iniziò a respirare, avida e bisognosa di quell'ossigeno che le mancava. Il vento serale le provocava dei leggeri brividi sotto il cotone bianco della camicia da notte.

Quando aprì gli occhi Severus era seduto accanto a lei, con le braccia appoggiate sulle ginocchia ed i polsi incrociati, mentre la mano destra impugnava la bacchetta, esattamente come lei: una delle tante posture che avevano in comune e nessuno dei due sarebbe stato in grado di dire chi avesse iniziato a sedersi così e chi avesse preso il vizio per imitazione.

“Non riesco a dormire” disse lui, “Già”, rispose Alice. Il silenzio tra i due questa volta non era d'intesa, una parte di Alice aveva paura di quell'intimità, come se potesse essere il preludio di nuove sofferenze.

Fu Severus a colmare il vuoto e le distanze che li stavano separando: “Non c'è una veglia da fare”, “No” rispose Alice scuotendo la testa. “Non ci sono nemici da aspettare”, “No”. “Non ci sono studenti da punire”, “No” fu sempre la risposta. “Abbiamo portato a termine la missione”. “Sì, l'abbiamo fatto”, questa volta la risposta fu più lunga. Entrambi continuavano a guardare davanti a sé, come se fossero in attesa di un segnale, di un'indicazione.

Fino ad allora Silente aveva guidato in un modo o nell'altro le loro vite e loro si erano lasciati condurre, perché entrambi sapevano che era giusto così.

“Ho espiato la mia colpa” disse Severus, “Suppongo di sì” rispose Alice.

“Adesso cosa posso fare?”, Alice sorrise, sospirò e disse: “Hai passato la tua vita nel rimorso, hai sopportato pesi incredibili cercando di rimediare ad un errore, hai espiato la tua colpa. Lascia andare il passato, Sev, i bei ricordi ti ritorneranno con il tempo, senza il dolore”, poi aggiunse: “Adesso puoi provare ad essere felice”.

Severus fece un sorriso amaro, nella risposta di Alice vide scorrere tutta la sua vita: “Non so se ne sono ancora capace. E' troppo tempo che non so cosa significhi essere felice”. Alice guardò i profondi occhi neri del suo amico, quelli che dalla morte del Signore Oscuro erano ritornati gli occhi del ragazzo di Serpeverde che aveva conosciuto e per anni aveva cercato di scorgere invano nel Mangiamorte, disse: “Puoi cominciare con un sorriso.”.

“Un sorriso?” disse lui meravigliato dalla semplicità della risposta, “Sì, come quello che avevi la volta in cui abbiamo capito che i fagioli soporiferi andavano schiacciati con il coltello d'argento, o quando ci vedevamo il primo settembre a King's Cross con Regulus.” disse Alice ricordando i sorrisi più belli che aveva scorto sul volto del giovane Piton.

“O come quando ti ho vista arrivare al Ballo del Ceppo”, concluse lui.

“Hai sorriso?” chiese Alice felicemente sorpresa, Severus si fece pungente: “Guardavi Karkaroff?”. Lei scosse la testa sorridendo: “No, cercavo Minerva, ma tu hai sorriso? Tu?”. Severus si strinse nelle spalle, una mano teneva il polso, l'altra la bacchetta, sorridendo disse: “Lo trovi strano? Sorridevano tutti, quella sera eri bellissima. Sei sempre bellissima. Quella sera toglievi la parola.”.

Se c'era un argomento di cui Alice e Severus non avevano mai parlato erano proprio le questioni estetiche: di entrambi non si poteva dire che fossero vanitosi, Alice non si sentiva per nulla bella, come le sue sorelle non mancavano mai di rimarcare; pertanto le parole di Severus la colpirono. Il buio della notte nascose il rossore sulle guance, ma non fu in grado di nascondere il sorriso che le comparve in volto: “Sev, stai sorridendo anche adesso”.

“Non sarò mai un sentimentale, tu sei l'unica che riesce a farmi sorridere. Avrei dovuto capirlo molti anni fa”, disse lui con molta naturalezza, mentre con un braccio le cingeva le spalle, dimostrandole con un gesto, più efficace di innumerevoli discorsi, che i suoi timori non avevano ragione di essere, che no, lui non sarebbe andato da nessuna parte.

Alice appoggiò la testa sulla spalla di Severus, sentendo finalmente nello stomaco qualcosa che si muoveva, avvertendo un po' di quel confuso ottimismo: i dubbi iniziavano a svanire. “Sarebbe stato tutto così diverso se lo avessimo capito per tempo” disse lei, che non voleva tirarsi indietro, che aveva le sue responsabilità, che aveva avuto bisogno di tempo per capire i propri sentimenti, che ancora adesso tutto appariva confuso e pieno di interrogativi. Soprattutto se passi la vita intera a pensare agli altri per soffocare quello che potresti sentire tu. Se ti lasci coinvolgere in una missione suicida perché così riesci a dare un senso a quella solitudine, mascherandola da dovere. Se, contro ogni tua aspettativa, la vita ti concede l'opportunità, o la sventura, di sopravvivere, il tempo che si pone d'avanti è pieno di domande per le quali non hai risposte, è una pergamena bianca per un tema di cui non conosci la traccia. E se quello che nascondevi in fondo al cuore, a te stessa in primo luogo, si avvera, allora pensi solo che la vita si sta prendendo gioco di te, perché a trentaquattro anni ti ritrovi a vivere le sensazioni che l'adolescenza ti ha negato. Sai che non hai il tempo, l'esperienza e la forza di sopportare quelle sensazioni, perché ogni palpito ti fa sentire che sei viva, contro ogni previsione. E' la paura che la portava a cercare la sua spalla, a voler sentire il calore del suo corpo.

Severus guardava avanti a sé e sentiva il peso e il calore della testa di Alice sulla sua spalla. Anni di doppio gioco ti rendono sensibile alle sfumature dell'animo, ai tremori involontari, ai dubbi, le paure e le riserve mentali; tuttavia con Alice non ebbe bisogno del suo sesto senso o dell'esperienza maturata sul campo perché da sempre riusciva a leggerle dentro, nonostante lei fosse molto brava a nascondere i suoi sentimenti, specie a se stessa, ed era un altro tratto che avevano in comune.

Dopo una vita di sofferenza dovuta alle parole non dette, non puoi permetterti di rischiare di nuovo, perché contro ogni aspettativa sei sopravvissuto e non puoi continuare a nascondere l'evidenza anche a te stesso, o assurgere come pretesto inutili timori adolescenziali, perché a trentotto anni non hai più l'età e sei ridicolo come Potter con la figlia di Weasley. Allora ti schiarisci la voce e ti metti a nudo, come quando ipotecasti la vita per dimostrare un amore che non sarebbe mai stato compreso, certo che questa volta tutto andrà bene. La tua arma più affilata, il tuo sarcasmo ti fa notare quanto sia patetico il tuo ottimismo, ma decidi di ignorare quella che è stata la tua difesa contro il mondo intero e accetti la sfida, perché sai che lei ne vale la pena.

“Alice, non vorrei mai che pensassi che siamo insieme qui, adesso, perché siamo sopravvissuti o perché mi hai salvato la vita. Voglio che tu sappia che adesso io sono qui con te perché quello che provo non lo sento da molto tempo e non voglio compiere gli errori del passato, non con te”.

Alice si strinse a lui, che aveva sempre la risposta alle sue domande. Lui aggiunse: “Non dovresti essere sorpresa, sei l'unica che mi conosce abbastanza da sapere come ero prima che tutto iniziasse”, lei sorrise: “Sono solo sorpresa di vedere il Severus di una volta, mi è mancato terribilmente!”.

Alice spostò la cortina di capelli neri che cadeva al lato del volto di Severus: era proprio il Severus di un tempo, il Principe Mezzosangue era tornato, stentava a crederci.

Era come se il presente si fosse finalmente saldato al passato, i pezzi tornavano a combaciare. Severus le sfiorò il volto, la baciò dolcemente e le sussurrò: “Torniamo dentro”.

Adesso erano due adolescenti che si erano improvvisamente svegliati nel corpo di due trentenni, era come se una parte della loro vita, quella legata agli aspetti più intimi, si fosse fermata il giorno in cui Severus ottenne il Marchio Nero. La sofferenza che scaturì da quella scelta fu paralizzante e dovette finire una guerra perché i loro cuori tornassero a battere.

Fuori dalla camera di Severus continuavano a baciarsi, perché quella nuova forma di intimità era meglio di tutti i loro silenzi e di tutti i loro discorsi, del tempo trascorso sui libri e degli incantesimi fatti insieme. Non smettevano di sorridere, proprio come due adolescenti, entrambi sapevano che sarebbero risultati ridicoli a chiunque li avesse visti, perché c'è un tempo per ogni cosa e loro avevano molta strada da recuperare.

Non era solo un nuovo amore che nasceva, come quando a trent'anni si inizia una nuova relazione, era l'embrione della prima relazione di entrambi. Avevano deciso di abbandonare la sfera di dolore e sofferenza che si erano costruiti attorno per incontrarsi e adesso dovevano formarsi quell'educazione sentimentale che l'esperienza regala ai giovani. Dalla loro c'era la fiducia totale nell'altro e la profondità di un sentimento che ai giovani è precluso dai furori e l'incostanza delle infatuazioni. Avevano abbandonato l'alibi dell'amore impossibile dietro cui si erano trincerati per anni, nella folle paura che quel sentimento potesse nuovamente causare tanta sofferenza. Si erano lasciati scivolare la vita addosso e dovevano assistere alle morti di tutti i loro conoscenti perché potessero apprezzare l'importanza e il valore della vita, riuscendo finalmente a capire che vale sempre la pena di amare, perché quello che stavano perdendo era enormemente più grande delle sofferenze che un amore sbagliato avrebbe potuto provocar loro.

La presa di coscienza fu lenta e graduale, come il risveglio da un lungo sonno. Adesso, che come due adolescenti si scambiavano baci fuori la porta della camera di Severus, il desiderio chiedeva di essere ascoltato da chi per troppo tempo era stato sordo ai suoi richiami.

“Ti va di entrare?”, chiese Severus, che non voleva separarsi da quei baci. Alice annuì mordendosi un labbro, neanche lei sembrava non voler mettere fine a quel momento.

La stanza di Severus era buia, illuminata soltanto dalla luce lunare che entrava dalle ampie finestre aperte: anche a lui era mancata l'aria.

Severus le stringeva le mani e la guardava con un misto di dolcezza ed esitazione, il pallore di Alice era amplificato dalla luce chiara della luna, lui le accarezzava il viso ed Alice sentiva le mani fredde e nervose sfiorarle le guance, come se avessero paura di toccarla, di romperla o quasi lei fosse un fantasma e non potesse essere toccata da mano mortale.

Alice guardava Severus esitare e non capiva le ragioni del suo turbamento, gli accarezzò il volto. Come la sua mano toccò la tempia e iniziò a scendere lungo lo zigomo per poi raggiungere la guancia, Severus chiuse gli occhi, le prese la mano e la strinse tra le sue, con molto imbarazzo le confessò: “Alice, io non ho mai...”. Alice sorrise teneramente, avvolse la sua mano libera intorno a quella di Severus, che aveva interrotto le sue carezze, e scuotendo la testa ammise: “Neanche io”.

Severus le sorrise, sorpreso dalla rivelazione: avevano molte più cose in comune di quanto non avessero finora sospettato. Abbracciò Alice, la strinse forte a sé, come se avesse paura che fosse tutto un sogno. Lui che aveva sempre pensato che nonostante tutto lei fosse andata avanti, perché era sempre tranquilla, perché l'aveva vista ridere in modo complice con Lupin, perché Regulus Black si era vantato di cose non vere, e lui aveva sofferto da giovane, e aveva deciso di non rivolgerle la parola, pensando che lei fosse esattamente come l'altra: pronta a dimenticarlo dopo finte scuse e a crearsi una vita con un altro. Invece no, lei aveva sofferto per questa decisione al punto da rinunciare a tutto e quando lo aveva ritrovato, preferiva essergli amica e collega per non affrontare il dolore straziante della perdita. Si era impegnata con Silente che non sarebbe andata oltre, che voleva solo che lui stesse bene e tutto il resto non importava, anche il prezzo che lei avrebbe dovuto pagare non era importante. Avrebbe dovuto capirlo quando lei si prese cura di lui dopo la morte di Lily, nonostante anche lei fosse devastata da quella perdita. Invece lui si chiuse nel suo dolore, egoisticamente, senza capire.

Adesso che i conti con il passato erano stati saldati ed era caduto anche l'alibi del dolore per Lily, dietro al quale si era rifugiato per una vita intera, pur di non ammettere di avere una paura folle di essere rifiutato un'altra volta. Adesso che sapeva quanto potesse essere forte un amore e a cosa avesse rinunciato Alice pur di stargli accanto, adesso tutto il suo passato gli sembrava un grosso sbaglio. Pensava che avrebbe dovuto chiederle scusa per il sectumsempra, che avrebbe dovuto mandare al diavolo Regulus Black, continuare gli esperimenti con Alice, trovare un lavoro al San Mungo e quando lei si sarebbe diplomata l'avrebbe sposata ed entrambi a quest'ora sarebbero stati dei genitori orgogliosi dei loro figli. Perché a volte bisognava mettere a tacere lo stupido orgoglio che gli aveva imposto di perseverare sulla strada sbagliata. Guardando gli occhi scuri di Alice, Severus capì che raramente la vita ti dà la possibilità di ritornare sulla strada che hai abbandonato e questa volta si sarebbe fidato e non avrebbe preso più alcuna deviazione.

Le sorrise: “Allora, tu vuoi?”, lei annuì sorridendo per la tenerezza di quell'uomo che per lungo tempo aveva portato la maschera dell'inflessibilità. “Abbiamo aspettato abbastanza, non credi?” disse lei divertita e un po' maliziosa. Severus annuì, i timori svanivano e sentiva il desiderio crescere in lui: “dici che dovresti... o ci penso io?”. Nessuno dei due era esperto di queste faccende preliminari, però era un bene che Severus mantenesse sempre il suo lato pragmatico. “Hai ragione, ci penso io”, disse Alice, facendo apparire la boccetta con la pozione e un calice: non era il caso di rischiare una gravidanza proprio il giorno in cui avrebbe scoperto il lato più profondo dell'intimità. Finito di bere, tornò tra le braccia di Severus, impaziente di stringerla di nuovo. Sentì un leggero brivido al contatto delle mani fredde di lui lungo la schiena calda, nonostante la leggera barriera di cotone della camicia da notte. Le mani indugiarono sui fianchi di lei, stringendola con desiderio, poi tornarono su, verso il petto. Severus poteva sentire il battito del cuore di Alice ed i respiri più intensi, non appena le sfiorò il collo con il naso e la bocca si posò sulla clavicola. Le mani corsero a slacciare il nastro che chiudeva la scollatura della camicia da notte, nascondendo dei seni piccoli, ancora tondi e sodi come dovevano esserlo nel fiore degli anni. Liberò le spalle dalla camicia da notte, che scivolò lungo il corpo pallido di lei senza alcuna esitazione: era bellissima.

Alice si morse un labbro per il desiderio e sollevò la maglietta di Severus, voleva sentire il contatto con la sua pelle, emerse lo stesso corpo magro che si poteva immaginare sotto la divisa da Serpeverde e che per anni lui aveva nascosto sotto gli spessi strati della sua veste da mago, portata sempre con un lungo mantello. Sentì i brividi di lui non appena gli sfiorò il torace, il battito cardiaco accelerato e il movimento del diaframma che indicava una respirazione più intensa. Le mani scesero lungo i fianchi stretti di lui e si fermarono all'attaccatura dei pantaloni, sciolse il nastro che stringeva i pantaloni del pigiama alla vita e li fece cadere. Adesso erano entrambi con un solo indumento.

Nel loro abbraccio Alice poté sentire il desiderio di Severus contro il suo ventre, guardandolo negli occhi, sorrise mentre giocava con l'elastico dei suoi boxer di cotone bianco. Lui le prese le mani e la condusse a letto, sdraiandosi lungo il corpo di lei, non c'era fretta, dopo un'attesa lunga una vita, adesso volevano assaporare ogni istante, lasciavano che le loro mani esplorassero i corpi in lunghe e intense carezze, che le loro labbra gustassero ogni singolo bacio e che il loro olfatto si inebriasse del profumo dell'altro.

Si guardavano, sorridevano e prestavano attenzione ad ogni dettaglio, come durante la preparazione dei loro composti, verificavano le reazioni dell'altro ad ogni carezza o sfioramento. Bastava un sospiro di lei, la schiena leggermente inarcata perché lui capisse che era sulla strada giusta, così come a lei bastava vedere gli occhi chiusi di lui, un tremore nella voce o un sospiro più profondo per capire che stava giocando con una zona sensibile. Presto anche il loro ultimo indumento venne abbandonato tra le lenzuola, le loro mani scesero ad esplorare le zone intime, con dolcezza, prestando ancora più attenzione alle reazioni dell'altro, perché avevano molto da imparare, su se stessi e sull'altro.

Alice pensava che non avrebbe voluto scoprire queste sensazioni con nessun altro al di fuori di Severus, che la sua dolcezza ed una certa abilità nell'uso delle mani, che sembravano dedicarle delle attenzioni degne del più raro e delicato ingrediente magico, le stavano regalando delle sensazioni mai provate prima e si schiuse al tocco delicato di lui.

Sentì le mani risalire lungo il corpo, non appena lui si installò sopra di lei e anche in questo caso l'incastro era perfetto. Era pronta a sentire un po' di dolore, ma Severus fu molto dolce e delicato e dopo un po' riuscì persino a sentire il piacere provocato dal movimento di lui dentro di lei. Entrambi non staccavano il contatto visivo dall'altro, perché ogni espressione aumentava il piacere e il desiderio. Lei lo trovava bello, bello come non lo aveva mai trovato e pensava che in fondo era valsa la pena aspettare lui, ringraziava la vita che gli aveva dato l'occasione di essere così felice e adesso sentiva che sì, lui era quello giusto. Quando gli affondi di lui si fecero più intensi e profondi, Alice inarcò la schiena per il piacere e sollevò lo sguardo al soffitto, sopra di lei. In quell'istante lui la trovò talmente bella da non riuscire più a contenersi e si liberò dentro di lei, che provava un brivido e un'onda di piacere nel sentire la forza dell'orgasmo di lui, cui seguirono brevi e intensi brividi e piacevoli spasmi muscolari, mentre il respiro tornava lentamente regolare.

Rimasero a lungo abbracciati, Severus le scivolò accanto e lei appoggiò la testa sulla spalla, mentre si lasciava accarezzare la schiena nuda. Questa volta il silenzio mostrava un'intimità molto più profonda dell'intesa che da sempre regnava tra loro.

Il vento della notte faceva venire i brividi ai loro corpi nudi, ancora accaldati, con un gesto della bacchetta sul comodino, Severus chiuse le finestre e accostò le tende, così che non sarebbero stati svegliati dalle prime luci del giorno. Si addormentarono stretti l'uno all'altro, riuscendo finalmente ad assaporare un sonno intenso e profondo come non capitava loro da anni.

Il mattino successivo, Alice fu risvegliata da un movimento di Severus, aprì gli occhi e sorrise nel vederlo accanto a lei, pensava che sarebbe stato meraviglioso aprire gli occhi ogni mattina in questo modo. Lui le diede un tenero bacio sulla fronte, mentre Alice si stropicciava gli occhi come una bambina. Fu tutto molto naturale, non ci fu imbarazzo nel ritrovarsi a letto, nudi dalla sera precedente. Si rivestirono e si diedero appuntamento a colazione, dopo una doccia che avrebbe tolto gli ultimi residui di sonno.

Leggere la Gazzetta del Profeta accanto a Severus, sorseggiando una tazza di té, non era mai stato tanto bello, sembrava l'inizio di una nuova vita.

Durante quella giornata decisero di fare un viaggio insieme, quello che tutti i maghi e le streghe facevano dopo il diploma, al quale avevano rinunciato a causa della guerra.

Alice aveva viaggiato molto grazie a Silente e suo padre, tuttavia i suoi non erano mai stati viaggi di piacere, erano per lo più missioni. Sarebbe stato bello girovagare per il mondo, mostrando a Severus alcune meraviglie e facendo le esperienze che la vita aveva loro negato. Lui pensava che un po' di tempo insieme, da soli, avrebbe rafforzato il loro legame, perché l'unica cosa di cui era certo era che non voleva perderla, perché non esisteva al mondo una creatura in grado di amare Severus Piton esattamente per come era, nonostante il pessimo carattere, il suo sarcasmo e quei maledettissimi capelli unti, che non volevano assolutamente migliorare con nulla.

 

 

 

N.d.A: Ce l'ho fatta. Scusate per la sbadataggine. Presa dalla foga di scrivere su Istanbul, ho dimenticato l'inizio e a mio avviso era fondamentale. E' stata una fatica immane, per la sofferenza che mi ha provocato la scrittura, perché Severus non è un personaggio semplice (lo sappiamo) e la mia Alice neanche. Insomma, la guerra è finita e loro devono fare i conti con un passato pesante per entrambi, che durante la guerra hanno volutamente evitato di affrontare, perché non c'era tempo e non aveva senso (entrambi pensavano di non sopravvivere). Immaginare l'iniziazione sessuale di due adulti è stato difficilissimo, avrei potuto immaginare che Severus avesse avuto le sue esperienze, solo che il pensiero della vita di Severus, dei suoi ricordi, di come dice a Silente “Always”. Insomma, tutto deponeva contro l'idea che lui si fosse divertito con qualcun altra e idem Alice, che era solitaria e aveva sofferto per la perdita dell'amicizia di Severus, per la morte di Lily e sappiamo come pur di salvare Sev da Azkaban lei si fosse impegnata con Silente in quel compito che le imponeva la più assoluta solitudine. Io penso che per accettare di pagare un prezzo così alto, non si sufficiente solo l'amore per l'altro, penso che ci sia anche una gran componente di paura della sofferenza e che Alice conoscesse così bene la solitudine da considerarla confortevole. Silente, astuto giocatore di scacchi, come lo immagino, (o manipolatore come lo descrive Aberforth) ha saputo sfruttare le debolezze delle persone: la paura di Alice e il dolore di Severus e grazie a queste debolezze è riuscito a sconfiggere Voldemort (perché è chiaro che Harry è solo una pedina, o al massimo un alfiere nella scacchiera mossa da Silente). Spero di non aver rovinato i personaggi, in particolare Severus, che magari sembra un po' insolito, però dobbiamo tenere presente che lui non è il doppio giochista occlumante della saga, è la persona gentile dei primi anni che gioca con Lily, quella in lacrime che offre se stesso pur di salvare Lily. Consideriamo che molta della percezione che abbiamo di Severus è dovuta alle sensazioni di Harry e all'atteggiarsi di Severus come insegnante di Pozioni, però anche il più esigente dei professori, fuori l'aula è una persona normale e nella saga ci sono mille indizi che ci dicono che lui era una persona dolce e sensibile, nonostante il pessimo carattere. Ecco, ho voluto spogliare (in tutti i sensi, eheheh) Severus da tutte le percezioni e mostrarlo per come realmente dovrebbe essere.

Come sempre, i commenti sono i benvenuti. Un saluto ai lettori silenziosi e alle anime buone che lasciano due parole. La mia pagina Facebook è https://www.facebook.com/SeveraShaEfp

Alla prossima tappa (Praga)

Severa_Sha 

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Capitolo 2
*** Prima tappa: la magia di Bisanzio ***


Ok lo so che se ho in corso una pseudo long e tutta una serie di contest non dovrei impelagarmi in queste situazioni con un'altra pseudo long (o raccolta di one-shot che dir si voglia), però avete presente il momento in cui siete a letto e vi viene in mente un'idea e voi per mettere a tacere la testa che stra frullando vorticosamente dite (e già qua c'è il primo segno di follia) “Va bene, va bene, mi segno l'idea sul taccuino e ci penserò più in là!”

Insomma uno vorrebbe pure avere il tempo di ripensarci, rileggere, limare, prendersi la libertà di modificare e persino di cancellare le sue creazioni. Invece, no. La mattina successiva ti trovi con il pc in mano a scrivere come una dannata sotto l'imperativo categorico del dover mettere tutto su file!!

La colpa (o il merito, sta a voi deciderlo) di questa catena di razioni che mi ha portato a iniziare questa follia è della mia super-lettrice fedelissima e fonte di ispirazione Austen95, che in un botta e risposta originato dalle recensioni di “Harry, ti presento Lily” ha detto qualcosa sulla tenerezza di Severus e allora le rotelle hanno iniziato a girare e no, non potevo limitarmi a una fluffosissima scena di serenità familiare della nuova famiglia Piton-Leroux, perché non sarebbe da Severus, insomma lo conosciamo bene, e conosciamo anche Alice (o almeno le mie lettrici la conoscono) e non sarebbe da lei. Perché lei in fondo è l'altra metà di Severus e, nonostante le diversità, sono estremamente compatibili.

Insomma, tutto parte da una frase (in realtà due) dell'epilogo de l'Orizzonte degli Eventi: “Alice ricordava, come fosse ieri, l'estate dopo la fine della guerra magica, fu la prima estate di vacanze dopo tanti anni. Alice e Severus viaggiarono molto e trascorsero alcuni giorni nel Wiltshire, lì decisero di sposarsi.”. Mi son detta perché non mettiamo i nostri due in giro per il mondo (o almeno per la Vecchia Europa) alle prese con qualche avventura/disavventura magica che possa cementare il loro rapporto? (come se 24 anni passati insieme non fossero stati sufficienti..). La storia-pilota (per usare il gergo dei telefilm) è ambientata in una città che amo particolarmente e che reputo magica per l'intreccio di arte, storia, culture, sapori e profumi: Istanbul.

Buon divertimento! :-)

Fatemi sapere cosa ne pensate e sgridatemi se maltratto troppo il mio amatissimo Severus! <3

Severa_Sha

PS: Se guardate nel menu a tendina c'è un prologo che ho aggiunto dopo la pubblicazione del primo capitolo, abbiate pazienza ma non riesco a far partire la storia dal prologo senza cancellarla e ripubblicarla

 

La magia di Bisanzio

 

In tutti quegli anni, nonostante il tempo trascorso accanto a colui che a quanto pare era diventato il suo fidanzato, Alice non si era mai domandata che tipo di compagno di viaggio sarebbe stato. Abituata a viaggiare in compagnia di suo padre, o al più da sola, non si era mai chiesta come avrebbe reagito Severus a contatto con mondi e culture diverse dal suo habitat. In qualche modo, era certa che lui si sarebbe divertito tantissimo, tanta era la viva curiosità che albergava in quell'uomo. Insomma, viaggiare è un po' come entrare in un'enorme biblioteca in cui prima ci si deve ambientare, si gira per gli scaffali e solo dopo si inizia a godere della sapienza messa a disposizione dei lettori. Ricordava che gli unici viaggi che avevano fatto insieme erano quelli sull'Espresso di Hogwarts, o al massimo qualche uscita a Hogsmeade, anche se definire viaggiare lo spostarsi da un punto all'altro era decisamente riduttivo.

L'antica Bisanzio, ribattezzata Costantinopoli, attualmente segnata sulle carte geografiche con il nome di Istanbul era una città che stordiva. Forse non era il caso di iniziare il loro giro europeo proprio da quella città; tuttavia, era una delle mete che più erano rimaste nel cuore di Alice e dall'entusiasmo con cui ne aveva parlato a Severus, lui si era convinto a visitarla.

Adesso, dopo una guerra, era strano giocare a fare i turisti inglesi che visitano il Palazzo di Top Khapi, in quelle giornate di fine agosto in cui il caldo era mitigato dalla perenne brezza del Bosforo e l'aria nel palazzo profumava delle note degli alberi di agrumi, del gelsomino e delle rose che adornavano quegli splendidi giardini. Le ceramiche di Izmir erano meravigliose, con i loro motivi geometrici e floreali decoravano le stanze del palazzo. Quello che interessava a Severus e Alice, tuttavia, non era l'arte, seppur bellissima, bensì le stanze dei sacerdoti e dei veggenti del sultano.

Nella storia, per mantenere lo stato di segretezza o per non subire ritorsioni da parte dei babbani insoddisfatti dei risultati ottenuti, spesso i maghi preferivano circondarsi dell'aura mistica della religione in modo da poter giustificare con la volontà divina l'eventuale insoddisfazione dei loro sovrani.

Le stanze dei sacerdoti interessavano poco ai comuni turisti, mentre l'occhio attento alla magia riusciva a vedere antichi meccanismi dietro le semplici ceramiche, che formavano delle bellissime descrizioni di filtri e pozioni le cui ricette erano andate perse nei secoli.

Severus fu estremamente affascinato da certe descrizioni e dalla genialità in cui tanta sapienza magica fosse esposta così impudicamente e così segretamente agli occhi dei babbani. Tuttavia, era impaziente di visitare la tappa successiva del loro giro turco.

Lasciato il Palazzo di Top Khapi, con moltissime fotografie delle ceramiche di quelle stanze, che si riservavano di studiare a casa con calma, Alice e Severus iniziarono a dirigersi verso il bazar delle spezie, dove avrebbero trovato numerosi ingredienti per i loro filtri.

Per quanto molte cose si potessero trovare anche a Diagon Alley, Alice adorava girare in quel posto e si era promessa di tornarci non solo per fare scorta di ingredienti, più economici rispetto a quelli inglesi, ma anche per comperare dell'ottima frutta candita da spedire via gufo al professor Lumacorno, che era certa avrebbe apprezzato il pensiero.

Seguirono la via principale che dalla piazza della Moschea blu e Haghya Sophia, costeggia il palazzo di Top Khapi e scende verso il mare, dove in lontananza risaltava il ponte di Galata. Le strade della città erano brulicanti di genti e piene di odori. La delicatezza dell'aria dei giardini reali aveva lasciato il posto a un forte odore di kebab mentre le vetrine delle pasticcerie splendevano di dolci dall'aspetto tanto meraviglioso quanto eccessivamente dolce per il palato europeo.

Sulle rive del Bosforo alcuni pescatori vendevano il pesce appena pescato che provvedevano ad arrostire e a servire tra due fette di pane. Tra tutte le cose abbaglianti che questa città offriva, fu questo spuntino semplice e frugale a conquistare l'animo essenziale di Severus.

Il bazar delle spezie era un crocevia di gente, pieno di minuscole botteghe ricolme di ogni genere di spezie: si andava dai tè orientali, fino alle spezie da cucina, quelle medicamentose, i rimedi naturali e ogni tipo di erba che si potesse immaginare ridotta in polvere, essiccata o conservata in mille altre varianti. Accanto a quello che sembrava il paradiso per un pozionista (mancavano solo gli ingredienti magici) vi erano botteghe ricolme di frutta secca, disidratata o candita e Severus poteva giurare di non aver mai visto tanta dolcezza e varietà neanche a Mielandia. In quel momento capì perché Alice pensava a Lumacorno ogni volta che metteva piede ad Istanbul: il vecchio Horace, goloso come era, avrebbe speso una fortuna tra queste botteghe.

Alice comprò una bella confezione di frutta candita, che aveva una predominanza di ananas, dato che era il frutto preferito di Horace, e si mescolava con tanti altri frutti, creando un delizioso gioco di colori.

Usciti dal bazar delle spezie entrarono in quella che sembrava una babele di altrettante botteghe, questa volta all'aperto, che esponevano di tutto. Severus rimase colpito dal venditore di corde, che possedeva ogni tipo di fune, da quelle in juta a quelle sintetiche, a quelle per stendere il bucato, il tutto in moltissime varianti. Questa estrema specializzazione e ricchezza di scelta era presente in ogni bottega che si caratterizzava per essere specializzata in un genere di mercanzia.

Salirono la collina che portava alla Moschea di Solimano ed entrarono in un café turco. Severus iniziò a riconoscere gli abiti da mago, anche se la foggia era diversa da quella inglese, in un certo senso si sentì a casa o, perlomeno, nel suo mondo. Esattamente come al Paiolo Magico, sul retro c'erano dei mattoni da toccare per avere l'accesso al quartiere magico della città.

L'effetto era simile all'ingresso a Diagon Alley e tuttavia la vista era profondamente diversa: il quartiere magico di Istanbul rifletteva la babele di botteghe della città babbana e i maghi erano allegri e chiacchieroni esattamente come i loro connazionali babbani. Raggiunsero l'ufficio per le spedizioni via gufo e presero un forte gufo bruno che partì immediatamente alla volta di Hogwarts per portare la frutta candita al professor Lumacorno. Alice aveva accompagnato il pacchetto con un biglietto in cui dava notizie del loro viaggio.

Fu sorpresa di trovare una bella lettera da parte di Aurora, che aveva saputo dalla professoressa McGranitt la loro meta. Nonostante tutto, Minerva scriveva di tanto in tanto a Severus per sapere come stesse e cercava invano di convincerlo a tornare ad Hogwarts.

La scuola adesso era pronta per accogliere gli studenti il primo settembre e Minerva si era impegnata tanto per rendere vivo lo spirito del professor Silente che ai professori spesso sembrava quasi di vederlo aggirarsi per i corridoi del Castello.

Entrarono in un café per riposarsi un po' dopo la lunga passeggiata e scrivere una risposta per la professoressa Sinistra, quando Alice vide seduta ad un tavolino la sua amica turca Farah che sorseggiava un caffè leggendo alcune pergamene.

Alice corse a salutare la sua amica, illustre pozionista persiana che da anni viveva ad Istanbul e che aveva conosciuto durante il suo primo viaggio in Turchia. Farah sollevò lo sguardo dalle pergamene e salutò Alice, ci furono le presentazioni con Severus e, visto che erano tutti pozionisti, propose loro di visitare il suo laboratorio dove stava lavorando ad alcuni filtri sperimentali. In omaggio alla tradizione turca, avrebbe offerto loro del tè alla mela, che era una specialità del posto.

Il laboratorio di Farah era completamente diverso da come se lo aspettavano, non aveva niente a che vedere con gli ambienti bui in cui lei e Piton avevano lavorato per anni ad Hogwarts: era pieno di luce, con un enorme tavolo da lavoro situato d'avanti una finestra che dava sul blu del mare. Severus chiese informazioni sugli ingredienti sensibili alla luce e Farah li guidò in un'altra stanza, attigua a quella di lavoro, dove erano conservati e lavorati gli ingredienti fotosensibili, il cui contatto con la luce, specie quella solare, faceva venir meno le proprietà magiche. In questa stanza regnava perennemente la notte.

L'elfa domestica portò il vassoio con il tè alla mela per gli ospiti e Farah disse di lasciar pure sul tavolo. Alice e Severus si guardavano intorno stupiti, entrambi pensavano che nella casa da ristrutturare a Spinner's End anche loro avrebbero realizzato qualcosa di simile, anche se con meno decorazioni in stile turco, in modo più consono al gusto anglosassone.

Alice parlava con Farah mentre sorseggiava il suo tè ed entrambe non si accorsero dell'errore di Severus. Lui era un pozionista e sapeva benissimo che in un posto ricolmo di fiale e pozioni, se proprio bisogna bere una bevanda, è meglio tenere gli occhi fissi sul recipiente che si sta prendendo e portando alla bocca, piuttosto che distrarsi a leggere le etichette delle fiale contenute in uno scaffale.

Se ne accorse Farah, che sorrise e sottovoce disse ad Alice: “Pare che abbia sbagliato bicchiere.” Alice si preoccupò: che cosa poteva aver bevuto Severus? Farah rise, tranquillizzò Alice dicendole: “Non ti preoccupare, non è niente di mortale, è solo un filtro afrodisiaco che sto sperimentando.”.

L'espressione di Alice non parve affatto tranquillizzata, anzi era ancora più preoccupata. Farah cercava di nascondere le risatine con una mano ed aggiunse: “Non funziona molto bene, i suoi effetti compaiono tardi e sono molto flebili. Al massimo il tuo freddo fidanzato si scalderà appena, approfittane per divertirti un po'.” concluse strizzando l'occhio in un gesto di intesa che Alice parve non apprezzare molto.

Alice scosse la testa, disse a Severus che per fortuna non aveva bevuto nulla di velenoso e lasciarono il laboratorio di Farah prima di combinare altri guai.

Le parole dell'amica turca risuonavano nella testa di Alice e no, non voleva approfittare dell'effetto di un filtro di dubbia riuscita, però avrebbe seguito il consiglio, si sarebbe divertita e avrebbe regalato una splendida serata a Severus.

Severus era stordito dalla bellezza e dal caos di quella città, abituato a trascorrere lunghi anni in posti bui o nebbiosi, non riusciva a credere che esistessero posti con tanta luce, in cui il bisogno di luce era ancora più evidenziato dalle cupole d'oro delle moschee che al tramonto rendevano la città meravigliosa.

Tra lo sfarzo dei palazzi e la decadenza delle strade aleggiava un fondo di malinconia e un desiderio di vita imperioso che continuavano a stordire i sensi di Severus. Sentiva troppi stimoli, visivi, olfattivi, tattili e lasciava che fosse Alice a guidarlo in quel labirinto, fidandosi per la prima volta di una persona che non fosse se stesso.

La sera scese presto e Alice organizzò una splendida cena a base di pesce del Bosforo, che tanto aveva deliziato Severus, su una delle splendide terrazze che i ristoranti usavano per servire la cena ai clienti offrendo loro lo spettacolo magico delle luci della città.

Dall'alto di quelle terrazze, qualsiasi fosse la prospettiva del tavolo, ovunque si posasse lo sguardo dell'avventore, il panorama lasciava senza fiato. La magia del posto invadeva anche gli spiriti dei babbani, sorpresi dal profilo delle cupole delle moschee, dai cui minareti i muezzin con il loro canto annunciavano la fine delle preghiere serali e dalle luci dello stretto.

Per contrasto, il ristorante era un trionfo di candele e tessuti bianchi che risaltavano nel buio della sera, creando tuttavia una luce soffusa che non abbagliava i clienti.

La cena fu piacevole e la serata proseguì con una camminata fino alle rive del Bosforo, dove si trovava l'hotel in cui pernottavano.

Severus era in bagno a rinfrescarsi dopo la lunga e faticosa giornata che aveva vissuto. Alice, già con la camicia da notte, ammirava ancora una volta il panorama, affacciata al terrazzo della loro camera. Sulla sinistra il ponte di Galata, con le sue splendide luci, i bar e i locali notturni in cui fumare il narghilè ricordava che la città viveva anche la notte, sulla sinistra, la quiete delle ville signorili era interrotta solamente dall'illuminazione del palazzo di Dolmabahçe, ultima residenza dei sultani.

Dopo aver visto la morte in faccia, dopo la sofferenza della guerra, sapere che esistevano posti in cui la vita scorreva come un fiume in piena, forte come la corrente del Bosforo, in cui l'orrore non era giunto, era confortante.

Dietro di sé sentì arrivare Severus, provato dalla lunga giornata, si appoggiò alla ringhiera del terrazzo accanto ad Alice.

“Anche a te fa un effetto strano questa città?” chiese Alice, curiosa di sapere se Severus, più forte ed esperto di lei avesse reagito in modo diverso, Severus guardò il panorama del Bosforo, le luci della città turistica e la quiete di quella residenziale e disse: “Stordisce e confonde i sensi, come sotto l'incanto confundus”, vide Alice annuire, anche lei provava il suo stesso stato d'animo.

Guardando ancora una volta il panorama, Severus abbracciò dolcemente la sua Alice, posò lo sguardo su di lei, le scostò i capelli dal volto e, lasciando alle spalle le rovine dell'antica Costantinopoli e le luci della moderna Istanbul, la baciò dolcemente.

Il bacio divenne profondo e intenso, la vitalità della città e dei suoi abitanti avevano impresso un desiderio di sentirsi vivo in Severus che fino a quel momento aveva ignorato. Del resto, la città viveva di forti contrasti e forse era necessaria la dolcezza della notte perché questo istinto vitale venisse fuori.

Entrarono in camera, continuando a baciarsi appassionatamente, non ci volle molto tempo prima che la camicia da notte scivolasse ed Alice si ritrovasse avvolta solo dal corpo di Severus e dalle lenzuola di cotone.

Fuori la città viveva la notte e in quella stanza, dopo un sonno durato anni, anche loro due si sentivano vivi, dannatamente vivi, in quella notte che sembrava un risveglio.

Le mani di Severus stringevano i fianchi di Alice, percorrevano la sua schiena, i seni, le gambe alla scoperta di territori inesplorati. Alice inarcava la schiena per il piacere e si aggrappava al corpo del suo fidanzato, che la guerra e le sofferenze avevano lasciato esile come quando era solo un adolescente, e che nonostante tutto sembrava forte come non mai. Quella notte si amarono, con una passione e un desiderio che non avevano mai provato prima di allora. Al colmo del piacere Alice si chiese se tutto ciò fosse merito della città, della loro intesa o della pozione di Farah.

Non seppe mai la risposta, infondo non le interessava neanche. Quella notte di fine estate Alice ignorava che Istanbul le stava facendo un altro regalo, che come un bocciolo di tè al gelsomino avrebbe avuto bisogno del suo tempo per fiorire, e che solo all'inizio della prossima estate avrebbe cambiato le vite dei due amanti.

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Capitolo 3
*** Seconda tappa: Parigi e la Francia ***


Seconda Tappa: Parigi e la Francia

 

Alice adorava Parigi, non tanto per le sue origini francesi, quanto per il fascino che la città aveva nei racconti di suo padre. Entrambe le sue sorelle oramai vivevano in Francia da anni: Charlotte dopo aver lasciato Hogwarts si era trasferita in Normandia dove aveva appreso l'arte della fabbricazione delle bacchette da Monsieur de la Plume, mentre Sabina e William avevano ottenuto il trasferimento al Ministero della Magia francese che tanto auspicavano e, per via dell'intolleranza al clima freddo e umido della Gran Bretagna, si erano trasferiti al sud, in Provenza. Tuttavia, il tempo dei due giovani maghi non era molto e pertanto non avevano progettato di andare a far loro visita, anche perché le due sorelle non avevano reagito molto bene alla notizia del fidanzamento e Alice era ancora piuttosto seccata con loro.

Alice voleva far scoprire l'elegante malinconia di Parigi, il fascino delle sue vie e la dolcezza della Senna. Era certa che Severus avrebbe apprezzato la sofisticata eleganza della città molto più del travolgente stordimento di Istanbul.

Parigi era una città da amare e vivere camminando, i grand-boulevards, così come le strette viette del Marais offrivano agli occhi dei due maghi un panorama sempre cangiante. Gli eleganti edifici neoclassici lasciavano il posto a scorci medievali, in cui il cuore di Severus sembrava essere richiamato da voci ancestrali. La sera Saint-Germain pullulava di turisti, di vicoletti, di parigini impegnati tra aperitivi, cene e dopo cena. La città era viva, la folla scorreva, così come la corrente del fiume, con un'eleganza e una fluidità pari a quelle dell'acqua. Il tutto era profondamente diverso dal brulicare tumultuoso di Istanbul, era molto più consono al gusto britannico e alla sensibilità europea.

L'ingresso al quartiere magico di Parigi si trovava nel quartiere di Montmartre in una via molto suggestiva, rue des Trois Frères, lì in un piccolo cafè, ignorato dai babbani perché sempre pieno di maghi, si trovava l'accesso. I babbani non sapevano che i tre fratelli a cui era dedicata la via erano gli stessi della storia raccontata da Beda il Bardo, mentre i maghi in visita a Parigi non omettevano mai di cercare questa via per omaggiare la storia dei tre fratelli.

Il quartiere di Montmartre non aveva bisogno di un quartiere magico al suo interno, visto che la magia aleggiava su quel posto come in nessun altro luogo di Parigi. La collina in cima alla quale si trovava la Basilica du Sacre-Coeur dominava l'orizzonte e alle sue pendici una giostra con i cavalli allietava i bambini di passaggio. Tutto intorno una marea di artisti suonavano, si esibivano, ritraevano i turisti e vendevano stampe con le visuali più belle della città.

Il quartiere magico di Parigi si trovava letteralmente dentro la collina e le sue vie riproducevano lo stesso spirito di quelle del quartiere babbano che si trovava fuori. Al posto dei negozi di souvenir c'erano degli splendidi negozi di abiti da mago. Alice si incantò d'avanti un negozio che vendeva cappelli da strega e supplicò Severus perché entrassero a misurarne uno. La sua scelta cadde su un modello a punta, malva, il suo colore preferito che, a detta della venditrice andava molto in voga tra le streghe francesi, mentre le inglesi preferivano i toni del blu.

Entrarono in un immenso negozio che vendeva ogni genere di ingrediente per la preparazione delle pozioni. Lì trovarono degli splendidi calderoni, fecero rifornimento di fialette di dimensioni insolite e trovarono anche il “kit del pozionista in viaggio”: un minuscolo calderone che si espandeva e dentro conteneva una scatola da viaggio con numerosi scomparti in cui mettere i vari ingredienti. Severus decise di comprarne uno, non poteva mai sapersi, poteva essere comoda anche per i brevi spostamenti.

Girovagarono a lungo in libreria alla ricerca di libri nuovi e dall'antiquario alla ricerca di pergamene antiche.

La locanda per maghi “Le vieux Chaudron” era il posto in cui Severus aveva riservato una stanza, il proprietario, monsieur Dubois, era un simpatico signore di mezza età con una corporatura piuttosto robusta, che amava servire ai suoi avventori vini elfici prelibati e formaggi realizzati appositamente da alcuni maghi allevatori che vivevano nelle splendide campagne francesi. Alice e Severus avevano chiacchierato a lungo con lui sul modo in cui arrivare nelle Ardenne, dove avrebbero dovuto incontrare il famoso erbologo Gèrome Herbeux. Monsieur Dubois aveva presentato loro sua moglie, Sophie, un altrettanto simpatica e robusta signora, con corti capelli neri e dai modi molto diretti, originaria di quelle foreste, spiegò loro cosa visualizzare mentre si smaterializzavano, in modo da capitare in una parte della foresta che fosse vicina alla casa di Monsieur Herbeux. Consigliò loro di avvertire il mago della loro visita con un gufo, in quanto non amava molto le visite e spesso si divertiva a proteggere la propria abitazione con ogni sorta di incantesimo anti-visitatore, per cui difficilmente sarebbero riusciti a trovare la casa.

Sophie conosceva molto bene Monsieur Herbeux e raccontò loro che lui era rimasto a vivere in quella foresta, isolato dal mondo, dal momento in cui si era innamorato di una Veela. Severus storse il naso e Sophie gli disse che non era semplicemente caduto vittima del fascino magico della Veela, ma se ne era proprio innamorato, fino a sposarla e avere una bambina. Le regole di quella comunità impedirono a lui di andare a vivere con la moglie e la figlia, che doveva crescere ed essere educata secondo i dettami di quella società matriarcale. Pertanto, lui rimase a vivere in quelle foreste, dove ogni tanto la moglie e la figlia lo raggiungevano e potevano stare insieme.

Lui era sempre stato un tipo solitario e in questo isolamento riuscì a trovare la pace e la serenità che da tempo cercava, oltre che l'amore della sua vita e dal momento in cui si innamorò di sua moglie lui non si mosse più da quel posto. Questa storia e l'amore che legava Monsieur Herbeux a sua moglie e alla bambina affascinarono molto Alice, che non vedeva l'ora di incontrare questo mago così solitario.

Il giorno dopo, Alice e Severus lasciarono Parigi di buon'ora e si materializzarono nel mezzo della fitta foresta delle Ardenne francesi, il motivo della visita all'anziano Herbeux era quello di ottenere delle rarissime radici di Snarqdel, una pianta rara, dai più creduta estinta, i cui effetti Alice e Severus volevano provare nella preparazione di alcuni filtri; inoltre speravano di poter replicare la pianta, in modo da salvarla dall'estinzione, grazie alle rare conoscenze nel campo dell'erbologia che Alice non aveva mai smesso di approfondire, stimolata dal continuo confronto con la madre Demetra.

Alice e Severus avevano in mente di raccogliere molto materiale in questo loro viaggio in modo da poterlo analizzare una volta tornati a casa e poter lavorare su alcune loro intuizioni. Speravano vivamente di poter arrivare a scrivere un libro di pozioni, in cui avrebbero corretto molti degli errori o delle inesattezze contenuti nei libri di testo adottati dagli studenti e speravano anche di riuscire a creare un lavoro che contenesse solo filtri di loro invenzione o totalmente reinventati rispetto alle vecchie ricette. Il progetto era piuttosto ambizioso, anche se gli anni passati insieme a lavorare dava loro motivo di ottimismo e senza l'impegno continuo delle lezioni, tutto sarebbe stato più semplice.

Severus amava l'odore dei boschi, il silenzio interrotto dal calpestio delle foglie cadute e dai rumori degli animali che lo abitavano. Sentiva l'aria fresca del mattino sul viso e ricordò i suoi girovagare per i boschi e i prati quando era solo un bambino, per sfuggire alle continue rimostranze di suo padre e i soliti tormenti. In quegli anni aveva imparato ad orientarsi anche senza un orizzonte di riferimento, aveva sviluppato un sesto senso che gli permetteva di non perdersi e di trovare sempre la strada per arrivare alla sua meta.

Alice, poco abituata a vagare per i boschi da sola, si fidò totalmente di Severus e si lasciò condurre senza esitazioni. I due camminavano l'uno accanto all'altro, ogni tanto facevano una pausa per uno spuntino, avevano portato moltissime provviste, visto che Alice aveva il terrore di perdersi e il fatto che il cibo fosse una delle pochi limiti della magia le metteva ansia. A giudicare dalla loro andatura e dal loro contegno, non sembravano due turisti, ancora non avevano realizzato che la guerra era realmente finita e, dato che la prudenza non era mai troppa, e molti evasi da Azkaban avevano trovato rifugio nei boschi dell'Europa continentale, Alice e Severus camminavano con la bacchetta stretta in mano, pronti a difendersi.

Dopo un paio di ore di camminata trovarono Monsieur Herbeux, che li accolse nella sua casa ben volentieri. Raccontò loro che si era rifugiato in questi boschi al tempo in cui Grindenwald seminava il terrore nell'Europa Centrale e aveva imparato a vivere come gli animali del bosco, secondo i ritmi della natura. Con il tempo aveva smesso di rimpiangere la società civile, che tanti orrori produceva e la sua attività di erbologo lo metteva in contatto con numerosi accademici e pozionisti. In uno di questi incontri aveva conosciuto la professoressa Demetra Lari, insegnante di erbologia a Beauxbatons, il ricordo e la gentilezza di Demetra erano rimasti impressi nella mente dell'anziano mago, che rivedeva lo stesso spirito gentile in Alice. Raccontò loro anche di come aveva conosciuto sua moglie e che l'incontro con lei aveva certamente contribuito ad alimentare la decisione di rimanere in quei boschi.

Diede loro le radici che stavano cercando e in cambio chiese che Demetra gli mandasse via gufo uno dei pasticci di carne che lui adorava. Alice gli promise che avrebbe scritto alla madre al più presto e lei sarebbe stata felicissima di inviare una delle sue specialità ad un amico che ricordava con molto affetto.

Prima che andassero via, Mr Herbeux avvertì la giovane coppia: “State attenti, in questo bosco vive una comunità di Veela molto dispettose.”, Severus storse il naso diffidente e Monsieur Herbeux gli disse: “Anch'io ebbi la tua stessa reazione, mi consideravo un ottimo occlumante e guardami: ne ho sposata una e vivo in questi boschi. Buona fortuna!”.

Alice e Severus si rimisero in marcia, mentre camminavano stavano decidendo quale sarebbe stata la prossima tappa: Severus voleva andare a Praga, mentre Alice pensava che avrebbero potuto fare un salto in Spagna, a Madrid, visto che là si trovavano alcuni frammenti interessanti da leggere sugli incantesimi che le streghe avevano utilizzato per sopravvivere ai Tribunali dell'Inquisizione.

Si sedettero a controllare la guida turistica per maghi che avevano comperato, quando Severus iniziò a comportarsi in modo strano: sorrideva. Alice rimase sorpresa, era così insolito vedere Severus sorridente, forse con un sorriso sarcastico, uno dei suoi sorrisi soddisfatti per la riuscita di un esperimento, ma un sorriso così aperto, svagato, e felice Alice pensava di non averlo mai visto, forse solo quando si incontravano il primo settembre al binario di Hogwarts, anche se poteva giurare che il sorriso non fosse così ampio. Ci fu dell'altro: Severus iniziò a ridere, a guardarsi intorno e come se fosse richiamato da una melodia che solo lui poteva udire iniziò a camminare nel bosco. Alice rabbrividì: le Veela li avevano incontrati, perché si erano messi a discutere delle tappe, che fretta c'era? Praga? Madrid? Potevano girovagare per l'Europa per tutta la vita, avrebbero avuto tutto il tempo di visitare entrambe le città!

Alice appellò tutto quello che era intorno a loro, lo infilò nella borsa e corse dietro Severus con la paura di perderlo e perdersi a sua volta nel bosco. Trovò Severus vicino due Veela, sorrideva in un modo che lo faceva sembrare stupido, loro lo guardavano divertite, ridacchiavano tra di loro e lui diceva: “Oh, sì, io sono un grande mago, un grandissimo mago, ho ingannato il più grande mago oscuro di tutti i tempi. Non ha mai sospettato di me, ho ingannato i docenti di Hogwarts, che non sapevano da che parte stessi, ho ingannato il grande Harry Potter. Sono così grande che potrei compiere magie prodigiose anche senza la bacchetta.”.

Alice corse verso Severus, lo prese per un braccio e cercò di allontanarlo da quelle due: “Severus, cosa stai dicendo, andiamo!”, Severus guardava le Veela e disse loro: “Ve lo dimostro!”, allora prese la sua bacchetta e la spezzò di fronte le due Veela sempre più diveritite. Alice spalancò gli occhi non appena sentì il rumore del legno infranto, si voltò e vide per terra la bacchetta divisa in due parti. Non poteva credere ai suoi occhi: si era disarmato da solo. Decise che era troppo: non aveva passato anni accanto al suo amico, per accorgersi di esserne innamorata e poi farselo portare via da due stupide Veela. Tirò via Severu, si figurò il negozio di Charlotte, il primo posto che le venne in mente, e si smaterializzò, portando con sé un Severus fin troppo sorridente e la sua bacchetta spezzata in due.

Fuori dal negozio di Charlotte c'era un via vai di gente, dovevano essere iniziati gli acquisti per l'inizio dell'anno scolastico a Beauxbatons perché il negozio pullulava di famiglie con i bambini alle prese con la scelta della loro prima bacchetta. Charlotte da dietro il bancone vide la sorella in compagnia del suo orribile fidanzato, corse loro incontro, per quanto la pancia della sua terza gravidanza glielo consentisse e lasciò il povero Alain alle prese con i clienti.

“Alice, che piacere! A cosa devo la vostra visita?”. Severus nel frattempo si era ripreso, l'effetto della vicinanza della Veela era svanito e si sentiva leggermente confuso. Alice salutò la sorella e disse: “Abbiamo avuto un incontro fin troppo ravvicinato con le Veela delle Ardenne.”, Charlotte fece un'aria disgustata e, riferendosi a Severus, disse: “E perché lui è ancora qui?”. “Non potevo mica lasciarlo in balia delle Veela, no?” rispose Alice, Charlotte disse ironicamente: “Non potevi? E perché no?”.

Alice non sopportava il sarcasmo in quelle circostanze, se Charlotte non fosse stata l'unica fabbricante di bacchette che conosceva, dopo la chiusura di Ollivander, non sarebbe mai andata a trovarla per nulla al mondo.

Era così seccata di dover ammettere di aver bisogno della sorella.

Arrivò Demetra insieme agli altri due nipotini, Amelie e Jeanclaude, che erano le copie identiche di Charlotte e Alain: “Alice, Severus, che piacere vedervi! Siete di ritorno da casa di Gèrome, suppongo! Non ditemi che avete incontrato le Veela!”, Alice sospirò e annuì. Raccontò loro come erano andate le cose e Severus si meravigliò molto di come aveva reagito, di solito riusciva a difendersi bene dalle Veela.

“Le Veela delle Ardenne sono particolarmente infide, molto più potenti delle comunità che vivono in contatto con il mondo dei maghi! Avrebbero fatto innamorare anche Tu-Sai-Chi” disse Demetra, quasi a giustificare la difesa inadeguata di Severus.

Il negozio nel frattempo si era svuotato e Charlotte fece entrare Alice e Severus. Misero sul bancone la bacchetta spezzata di Severus, Charlotte l'osservò: “Quercia, il nucleo è di corda di cuore di drago, 14 pollici, flessibile. Niente male, Severus, ti sottovalutavo. La tua bacchetta non è niente male.”, Severus guardò Charlotte rivalutandola per la prima volta in vita sua, nonostante la civetteria e la presunzione, lei doveva conoscere il fatto suo in tema di bacchette magiche, chiese: “Si può riparare?”, Alain scoppiò a ridere: “Riparare questa bacchetta? Impossibile, hai spezzato in due persino il nucleo! Possiamo trovarti un'altra bacchetta!”. Charlotte iniziò a pensare, con la stessa espressione che Severus aveva sempre scorto sul viso del buon Ollivander.

Charlotte prese alcune bacchette, mentre altre furono prese da Alain, sembrava che tra moglie e marito fosse in corso una gara e avrebbe vinto chi trovava la bacchetta giusta per Severus.

Severus ne provò alcune, senza grandi risultati, iniziava a sentire la mancanza della sua vecchia bacchetta, con cui aveva vissuto tantissime avventure, quando Charlotte disse: “La tua vita è stata un po'... estrema, negli ultimi tempi”, si girò a guardare gli scaffali, poi si abbassò sotto il bancone e tornò su con una scatola nera impolverata, aprì la confezione, prese la bacchetta e porgendola a Severus disse: “Prova questa.”.

Non appena la mano di Severus impugnò la bacchetta, questa si illuminò e comparvero le scintille rosse che testimoniavano che la bacchetta aveva trovato il suo mago. Alain si meravigliò: “Non avrei mai creduto che quella bacchetta avrebbe scelto qualcuno, insomma è così complessa!”, Charlotte disse a Severus: “Legno di palissandro, 15 pollici, estremamente flessibile, nucleo in crine di Thestral. Se questa bacchetta ti ha scelto, devi essere un grande mago, non solo un secchione, e devi aver vissuto delle esperienze tali che è un miracolo se sei vivo: il Thestral non ti avrebbe mai scelto, altrimenti.”.

A Severus piacque la nuova bacchetta, il legno scuro del palissandro era consono al suo amore per le ombre e dopo quello che era successo nella Stamberga Strillante, il Thestral gli avrebbe ricordato che era vivo per un soffio. “Grazie Charlotte, Alain.” disse Severus.

“Di niente, sono 20 galeoni e 15 falci.” disse Charlotte soddisfatta dall'essere riuscita a trovare la bacchetta giusta battendo, ancora una volta Alain.

Trascorsero la serata insieme, Alice finalmente conobbe i suoi nipotini che con la guerra di mezzo non aveva ancora incontrato. Amelie e Jeanclaude erano adorabili, Amelie era vanitosa come la mamma, così come Jeanclaude era divertente come il papà.

La mattina dopo, Alice e Severus partirono alla volta di Praga: aveva vinto Severus, dopo l'ultima avventura aveva preteso di scegliere lui la prossima tappa del loro viaggio ed Alice acconsentì.

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Capitolo 4
*** Terza tappa: Praga, l'Alchimia e il Golem ***


Terza tappa: Praga, l'Alchimia e il Golem


Il fiume Moldava scorreva lento sotto il ponte Carlo. L'estate boema, fresca come quella inglese, rendeva piacevole passeggiare lungo le strade dell'antica città medievale. Attraversando il ponte, mentre erano diretti al Castello Antico, Severus si godeva la leggera brezza del fiume che smuoveva i suoi pesanti capelli, mentre Alice era intenta a leggere la guida turistica per maghi.


Secondo la leggenda, ogni sera, dopo il tramonto, le statue del ponte Carlo si muovono per andare a prendersi cura dei bambini della vicina isola di Kampa”, Alice scosse la testa, guardò le statue ed esclamò: “Solo le statue di santi cristiani possono essere così premurose, non trovi?”.


Severus sorrise sarcastico: “Basterebbe un piertotum locomotor e le statue inizierebbero a muoversi, facendo quello che tu desideri”. Alice rivolse uno sguardo indulgente a Severus, lui conosceva benissimo l'antica tradizione magica praghese, anche se era piuttosto diffidente circa la possibilità di creare dei Golem.


A giudizio di Severus, i Golem erano delle creature mitiche, frutto della fantasia di qualche studioso della Cabala, che sperava di poter usare la magia. Invece, gli studi di magia antica di Alice sembravano sostenere tutt'altra versione: secondo lei, la Cabala era una trovata di qualche mago per proteggere il segreto di questo antico incantesimo. A Praga si trovava il discendente del rabbino Loew, uno dei pochi che era riuscito a creare un Golem lavorando l'argilla del Moldava.


Alice era molto curiosa di incontrarlo, gli aveva scritto tempo addietro e lui, dopo qualche scetticismo circa il reale interesse di Alice, non appena scoprì che era una strega, si mostrò più incline ad incontrarla e a farle vedere quella che lui chiamava la creatura. L'appuntamento era previsto per l'indomani, dopo i festeggiamenti e le preghiere dello Shabbat, di modo che la sinagoga in cui era conservata la creatura fosse libera dalla presenza dei fedeli e che questi non venissero disturbati durante le preghiere.


Nei pressi del Palazzo Reale sorgeva il quartiere magico di Praga, in quello che era chiamato il Vicolo d'oro, dove i Babbani, non senza fondamento, credevano che il re Rodolfo II avesse radunato i più illustri alchimisti perché lavorassero alla pietra filosofale.

In questi vicoli, il celebre Nicolas Flamel aveva iniziato i suoi studi alchemici, che lo avrebbero portato più in là a realizzare la pietra filosofale e ottenerne l'elisir di lunga vita. Attualmente, dopo la distruzione della pietra filosofale concordata con Silente, Nicolas Flamel e sua moglie stavano invecchiando allegramente in campagna e sistemavano le loro faccende in vista della morte.


Il vicolo d'oro era una strada stretta e in salita, frequentata da turisti babbani per via della leggenda e delle numerose botteghe orafe che sorgevano lungo la strada. In una strettoia sul lato sinistro del vicolo si trovava l'accesso al quartiere magico di Praga, bastava attraversare il muro d'avanti al quale erano posti ordinatamente dei cassonetti dei rifiuti. Mai un quartiere magico era stato così esposto e al contempo invisibile agli occhi dei babbani: i maghi boemi confermavano la fama che li circondava.

Severus girava allegramente tra quelle piccole botteghe. L'alchimia esercitava un notevole fascino su un pozionista come lui, desideroso di esplorare nuovi campi, per le sfide che poneva al mago, anche se la creazione della pietra filosofale, dopo le disavventure di Flamel, gli interessava veramente poco. Tuttavia, la possibilità di compiere nuovi studi, di fondere le conoscenze e magari utilizzare qualche ritrovato alchemico per perfezionare alcune pozioni lo intrigava non poco.

Alice curiosava tra i libri, cercava qualche antico manoscritto, magari dimenticato tra gli scaffali polverosi da chissà quanto tempo, in cui erano conservate antiche formule alchemiche.


Alcuni dei più grandi scienziati e pensatori celebri anche tra i babbani, come Isaac Newton e Giordano Bruno, erano noti alchimisti e i loro studi erano andati persi nel tempo. L'economista John Maynard Keynes riuscì ad entrare in possesso di alcuni manoscritti di Newton ad un'asta e provvide a pubblicarli, tuttavia, negli ambienti magici si vociferava che il manoscritto non fosse completo e che il grosso degli studi alchemici di Newton era andato perduto per sempre, a meno che l'illustre scienziato non avesse deciso di affidarli a qualcuno che li custodisse gelosamente.


Gran parte degli storici babbani e degli studiosi di magia antica erano da secoli sulle tracce dei manoscritti perduti di Newton, o di qualcosa che indicasse loro la direzione in cui proseguire la ricerca. Alice non credeva di poter trovare qualcosa del genere tra queste librerie, tuttavia, un antico libro alchemico, in grado di ispirare nuovi studi o di approfondire qualche ricerca sarebbe stato un ottimo risultato per il suo viaggio in Boemia.

La ricerca non portò grandi esiti, Alice riuscì a trovare soltanto due libri: uno sulla storia dell'alchimia e un altro sulle teorie per la realizzazione del Golem, con riferimenti all'antica magia mediorientale e alla Cabala.


Severus, al contrario, se ne uscì dalla libreria pieno zeppo di libri sull'alchimia, l'entusiasmo sul suo volto era abbastanza inaspettato, dopo anni di studi pensava di non riuscire più a trovare altri stimoli, quando gli si era aperta innanzi una nuova via, che stuzzicava non solo la sua proverbiale curiosità, ma anche la sua voglia di mettersi alla prova: l'alchimia era una scienza magica piuttosto rara, per l'esercizio della quale erano necessarie doti fuori dal comune, Severus riusciva a sentirsi stimolato, come solo le Arti Oscure in passato avevano saputo fare.


La locanda in cui soggiornavano era piuttosto semplice, un fabbricato a tre piani in legno di pino, in cui al piano terra si trovava un'ampia sala piena di tavoli per mangiare, mentre in un angolo, vicino al camino erano sistemate delle poltrone rivestite di una spessa stoffa a quadri con dei tavolini, dove i viaggiatori potevano riposare sorseggiando del tè o del whisky incendiario. Ai piani superiori, le stanze per gli ospiti della locanda erano arredate con lo stesso stile in legno e decorate con tessuti a quadretti.


Dall'aspetto del posto c'era da giurare che in inverno facesse parecchio freddo da quelle parti, visto che tutta la struttura sembrava orientata ad evitare ogni dispersione di calore e garantire un riparo caldo e comodo agli avventori.


La cucina del posto prevedeva come specialità il gulash: un piatto a base di carne e patate che soddisfaceva molto i gusti altrettanto essenziali di Severus, mentre Alice preferiva la zuppa di cipolle, più consona alle tradizioni della cucina francese.


Quella sera Alice e Severus erano distrutti dalla lunga camminata per le strade della città antica, ancora rivivevano le atmosfere della piazza dell'orologio e avevano nelle orecchie il suono di quel meraviglioso marchingegno segna tempo: era incredibile quante opere prodigiose riuscissero a fare i Babbani! Il giro per il quartiere alchemico nel quale soggiornavano e l'acquisto dei libri aveva contribuito ad alimentare la stanchezza, tanto che a cena avevano divorato qualsiasi cosa la gentile locandiera portasse loro. Alla fine della cena, sazi, si gustavano il famoso Trldo, detto anche manicotto di Boemia, un cilindro di una pasta simile a quella delle brioche francesi spolverato con zucchero di canna e cannella, un dolce semplice e gustoso, che rappresentava il giusto culmine per una cena altrettanto essenziale.


Il giorno dopo, ristorati dal sonno, Alice e Severus ripresero il giro per Praga. Dal quartiere magico dovevano tornare alla città vecchia, nei pressi della quale sorgeva l'antico quartiere ebraico, anche se solo in serata avrebbero incontrato il rabbino Loew nella vecchia sinagoga di famiglia. Tornarono in piazza dell'orologio, si spinsero fino a piazza Venceslao, anche se i rumori dei caffè e dei negozi babbani un po' li mettevano a disagio, così che ripresero a girovagare per i vicoletti dell'antica cittadina medievale.


Nei pressi del ponte Carlo si fermarono ad osservare un banchetto che vendeva biglietti per alcuni concerti di musica classica, tenuti nei numerosi teatri della città e in alcune chiese. Presero due biglietti per uno spettacolo pomeridiano che prevedeva l'esecuzione di alcuni pezzi del repertorio di Mozart, tra cui spiccava la sinfonia di Praga.


Severus amava Mozart. La precocità del talento del pianista glielo aveva fatto percepire come uno spirito affine: l'armonia e l'eleganza delle composizioni del giovane austriaco erano paragonabili alla raffinatezza dei composti e degli incantesimi di Severus e negli anni di solitudine le opere di Mozart avevano accompagnato tante notti insonni di Severus, per cui non poteva esimersi dall'andare ad ascoltare un concerto dedicato al suo amato compositore.


Alice lo accompagnava volentieri, anche lei amava Mozart, la cui musica le ricordava le numerose notti passate con Severus a lavorare sulle pozioni e la costante ricerca dell'armonia, dell'eleganza e della perfezione.


La sala in cui si teneva il concerto era molto piccola, tuttavia l'acustica era ottima ed entrambi godettero di tutto il repertorio proposto, così che quando uscirono si era fatta sera e andarono alla sinagoga dei Loew con lo spirito ben nutrito.


La sinagoga Staro-nova, il cui nome significa Vecchia-Nuova, mostrava la sua storia. Originariamente era chiamata Nuova sinagoga, per distinguerla dal vecchio tempio andato distrutto, con la costruzione di altre sinagoghe, al nome Sinagoga Nuova si aggiunse anche l'aggettivo vecchia.


Il tempio, guidato ancora dai discendenti del rabbino Loew, era un edificio molto semplice, di epoca gotica, che tuttavia aveva subito alcuni interventi conservativi. Il corpo chiaro dell'edificio risaltava per contrasto con l'enorme tetto spiovente scuro che lo sormontava. All'interno, sei volte pentagonali erano sormontate da pilastri ottagonali. La sala centrale era l'unico corpo medievale che fosse rimasto, mentre le altre sale dell'edificio erano di epoca più moderna.


Le funzioni religiose dello Shabbat erano terminate e il rabbino Jehuda, che portava il nome del suo celebre antenato, stava riponendo le scritture che aveva recitato durante la cerimonia. Era un uomo mite, con un fisico magro, nonostante la mezza età e una barba già bianca corta e ordinata. Impegnato a meditare su alcuni passi del Talmud che aveva appena letto, sobbalzò quando Alice e Severus entrarono facendo cigolare la porta d'ingresso. Pensando che si trattasse di qualche fedele che aveva dimenticato qualcosa, Jehuda Loew si affrettò ad andar loro incontro e si meravigliò quando vide che in realtà non si trattava di fedeli ma dei due maghi a cui aveva promesso di mostrare il segreto della sua famiglia.


Madmoiselle Leroux, Mr Piton, che piacere! Prego entrate. Ero intento in alcune riflessioni sul Talmud e non mi sono accorto del tempo che passava.” disse in un inglese che indicava le sue origini boeme.


Alice sorrise andandogli incontro: “Rabbi, Loew, che piacere! Grazie per la disponibilità.”. La sinagoga odorava della cera delle candele che la illuminavano, era un ambiente semplice e accogliente, Severus seguiva Alice, ci fu il momento delle presentazioni e poi il rabbino invitò i due maghi in un'altra stanza.


Lo statuto di segretezza nella Repubblica Ceca era piuttosto rigido e il Ministero prevedeva delle sanzioni esemplari per i trasgressori, così che i maghi erano molto prudenti nel parlare di magia o di qualsiasi cosa attinente al loro mondo.


Lo studio del rabbino era molto accogliente. Nonostante tre pareti fossero completamente occupate da scaffali ricolmi di libri, la parete sotto la finestra era stata arredata con un divanetto e un tavolino basso in cui ricevere gli ospiti per chiacchierate un po' informali. Jehuda prese una delle sedie poste di fronte la scrivania e l'avvicinò al tavolinetto, invitò i suoi ospiti ad accomodarsi sul divano e lui si sedette sulla sedia, in fronte a loro. Estrasse la bacchetta in legno di ulivo e piuma di fenice, che usò per far comparire del tè da offrire ai suoi ospiti inglesi.


Sorseggiando il tè, disse loro: “E così voi sapete della creatura”. Alice e Severus annuirono, Loew non mancò di notare l'espressione diffidente di Severus e gli chiese: “Mr Piton, lei non crede all'esistenza della creatura?”. Severus non si scompose minimamente, posò con estrema lentezza la tazza di tè e disse con la sua espressione atona: “Non mi sembra nulla che non si possa realizzare con un piertotum locomotor, un banalissimo incantesimo di locomozione”.


Loew sorrise placidamente, la sua calma ricordava quella di Silente, in un certo senso, o forse era la barba bianca e l'aura di saggezza a ravvivare il ricordo del vecchio preside di Hogwarts. “Saprà certamente che l'incantesimo di locomozione è stato inventato dai maghi egizi per agevolare la costruzione delle piramidi e la loro difesa. Sa anche che nell'incantesimo di locomozione l'oggetto, o la statua, si muove”.


Piton annuiva con un'espressione annoiata, Loew continuò: “Ebbene, la creatura che le mostrerò, la magia antica che la anima, non solo fa muovere la statua ma le fa anche compiere dei gesti umani”. Severus inarcò il sopracciglio ed aggiunse: “Le statue di Hogwarts ci hanno difeso e hanno combattuto durante la guerra, con il piertotum locomotor”.


Loew lo guardò dritto negli occhi, aveva d'avanti a sé un osso duro ma lui amava le sfide, il suo lavoro richiedeva grandi dosi di pazienza e perseveranza: “Dimentica che le statue di Hogwarts sono statue magiche. La nostra creatura è fatta con l'argilla del Moldava e nient'altro. La magia che la anima è molto antica. Risale ai nostri illustri antenati. Il rabbino Loew, di cui mi onoro di portare il nome, non solo ha realizzato questa impresa poderosa, con cui ha protetto la città di Praga da numerosi attacchi, ma era anche un fine studioso della Cabala e uno dei suoi più illustri ermeneuti. La Cabala contiene indicazioni importanti per gli incantesimi degli antichi, per l'alchimia, l'aritmanzia e la divinazione”, fece una pausa per bere un ultimo sorso di tè e sorridendo concluse: “Ovviamente, i miei fedeli babbani pensano solo che siano scritture divine attinenti al loro mondo, riescono ad accettare solo la divinazione.”.


Comprensibile, è la branca della magia più semplice da accettare per un babbano. Forse anche la più stimolante, visto che loro riescono a vivere egregiamente anche senza la magia ma non possono conoscere il futuro. Questo è il fascino della divinazione.” disse placidamente Alice che aveva appena finito di gustare il suo tè.


Esattamente, Madmoiselle Leroux. Adesso rompiamo gli indugi e andiamo in soffitta, vi farò vedere la creatura!” concluse Jehuda Loew.


Salirono una stretta scala a chiocciola, fin su, nel sottotetto della sinagoga. In un'ampia sala in pietra, completamente vuota e con un soffitto ancora molto alto, un'immensa statua d'argillla era coricata sul pavimento.


Severus ne fu impressionato, pensò che dovevano avere un grosso senso dell'umorismo per chiamare creatura qualcosa di queste dimensioni, si avvicinò, la statua era molto più grande di Hagrid, probabilmente aveva le dimensioni di un gigante, la cui espressione, tuttavia, era benevola. Il busto era decorato con incisioni di simboli ebraici e scritte cabalistiche, che dovevano essere formule propiziatorie per la statua, una volta sveglia.


Il rabbino Loew si avvicinò alla testa della statua. Alice non si perdeva neanche un gesto, ammirava l'eleganza dei suoi movimenti e la serenità che promanava. Vide che Loew scriveva un biglietto nel quale ordinava al golem di alzarsi, prendere Alice in mano e posarla sulla spalla, senza farla cadere. Alice fu un attimo intimorita dal contenuto del biglietto, tuttavia, decise di fidarsi del rabbino Loew e non disse nulla.


Il biglietto venne posto nella bocca del golem, sulla sua fronte venne incisa la parola emet, verità, la statua aprì gli occhi e si alzò, il rabbino Loew rivolse un saluto gentile al Golem e questo avvicinò la mano alla strega lì presente. Alice guardò titubante il rabbino, incoraggiata da un suo sguardo e consapevole che Severus avrebbe vegliato su di lei, salì sulla mano della creatura.


Salire in cima alle sue spalle era una sensazione spaventosa, i movimenti non erano molto aggraziati ed Alice temette di cadere o di essere sbattuta al soffitto. Il Golem si accorse dei movimenti scoordinati e si fermò un attimo, poi riprese a far salire la mano contenente la sua giovane ospite più lentamente, finché non arrivò sulla spalla. La vista da lassù era meravigliosa, Alice rivolse un sorriso di ringraziamento al Golem. Adesso capiva perché lo chiamavano la creatura: era proprio come se fosse vivo.


Il rabbino impastò un biglietto con un po' di argilla e lo aggiunse al corpo della statua, questa eseguì immediatamente l'ordine scritto: prese Alice, la posò dolcemente a terra e poi si coricò immobile. Loew gli si avvicinò, cancellò la parola emet, vi incise met, morte. Il Golem ritornò ad essere la statua d'argilla che avevano conosciuto.


Severus era impressionato da questa forma di magia, chiese delle informazioni e il rabbino Loew gli regalò una copia del Sefer Yetzirah, il libro della formazione, nel quale avrebbe trovato tutte le informazioni per costruire un Golem, se solo fosse diventato abbastanza esperto di studi cabalistici. Severus sorrise, dubitava di voler costruire un Golem ma fu grato per il regalo: era bello essere trattato con tanta gentilezza, questa umanità gli era mancata nel corso degli anni. Forse, avrebbe trovato qualche informazione alchemica e questa sì che gli sarebbe stata di grande interesse.


Ringraziarono il rabbino per la sua cordialità, si promisero di scriversi e di aggiornarlo sull'andamento dei loro studi alchemici, senz'altro sarebbero tornati a fargli visita. Lo invitarono anche in Inghilterra ma la sua funzione non gli dava molto tempo per viaggiare, i fedeli avevano bisogno di lui. In ogni caso, promise loro che avrebbe trovato il tempo far far loro visita: erano anni che sognava di vedere i luoghi magici della Gran Bretagna.


Tornarono alla locanda, dove decisero che l'indomani sarebbero partiti alla volta dell'Antica Grecia.

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Capitolo 5
*** Quarta tappa: l'antica Grecia ***


Quarta tappa: l'Antica Grecia


L'odore del mare inebriava le narici abituate al clima continentale. Il calore del sole di giugno riscaldava la pelle, spesso costretta sotto spessi abiti e nel chiuso delle stanze. Gli occhi faticavano ad abituarsi alla luce solare, amplificata dal bianco delle piccole abitazioni squadrate. Se c'era un posto in cui si poteva assaporare la libertà, quello era la Grecia.

Alice inspirava profondamente l'aria salmastra, il caldo di inizio estate era estremamente piacevole, specie per chi aveva passato il lungo rigido inverno di una Hogwarts sotto l'influsso dei Dissennatori.

Dell'antica città di Micene restavano solo le imponenti rovine, la Porta dei Leoni, le mura poderose, l'acropoli della città, il palazzo ed un labirinto sotterraneo di tombe riservate alle più alte cariche della società micenea.

A quanto ne sapevano i Babbani la città era scomparsa da secoli, ne residuava un centro archeologico di fama mondiale. Tuttavia, i maghi, che nell'antichità svolgevano il ruolo di sacerdoti, mettendo le Arti magiche al servizio della collettività, avevano ricreato l'antica città nei dintorni della vecchia acropoli.

Immersa nella macchia mediterranea e protetta da incantesimi, conformemente allo Statuto di Segretezza, la nuova Micene appariva come un grazioso villaggio greco costruito secondo i dettami dell'architettura classica.

L'impressione che la società magica non seguisse la stessa evoluzione di quella Babbana era evidente a qualsiasi mago, tuttavia la sensazione che a Micene il tempo si fosse fermato all'epoca dei miti e degli eroi era più forte che altrove.

Severus, che aveva dovuto quasi trascinare Alice, perché desistesse dall'idea di concedersi una giornata di ozio al mare, fu sollevato nel vedere come la sua compagna cambiò immediatamente proposito non appena vide le ordinate vie cittadine e la splendida Agorà, da secoli cuore pulsante della Micene magica.

L'attenzione di Alice fu catturata da uno splendido edificio di pianta rettangolare, circondato da colonne doriche, il cui lato principale era sormontato da un timpano finemente scolpito con scene della mitologia. Si chiese se i maghi greci fossero ancora devoti alle divinità dell'antichità.

Le si avvicinò un giovane, che indossava uno splendido chitone bianco e le disse: “Buongiorno, forestieri. Da dove venite?”
Alice osservò il giovane e pensò che le leggende sul fascino dei Greci avessero un fondamento: il corpo del ragazzo era modellato dalla pratica sportiva e il clima estivo aveva dato un colorito sano alla carnagione. Al cospetto, lei e Severus sembravano due malati appena usciti da un ospedale. “Dall'Inghilterra” disse Severus con il tono di chi non gradiva fare conversazione.

Alice approfittò della cordialità di quel giovane affascinante e gli chiese: “Guardavo il tempio, mi chiedevo se siete ancora devoti alle divinità dell'epoca antica o è solo un monumento che ricorda il vostro passato”. Il giovane rise, trovava i turisti estremamente divertenti, specie i maghi nordeuropei, perché bastavano una fila di colonne e un timpano su un edificio e loro erano convinti di trovarsi innanzi ad un tempio. “Madame, quello che sta osservando non è un tempio, è semplicemente la nostra biblioteca!”

Alice non riusciva a credere alla figuraccia che aveva appena fatto, dietro di lei Severus tratteneva le risate: il giovane greco l'avrebbe visto imperturbabile come sempre, ma la piega della sua bocca, quella particolare inclinazione dell'angolo sinistro, lei sapeva bene che significava che dentro di sé lui si stava sbellicando dalle risate.

Il ragazzo sorrise gentilmente: “Non si preoccupi Madame, tutti i visitatori cadono nel suo stesso errore di valutazione. Il mio nome è Eracle, per servirla”.

Alice rimase colpita dalla gentilezza del giovane, balbettò: “Piacere, mi chiamo Alice e lui è...”, “...Severus Piton” intervenne Severus, che adesso non rideva per nulla, anzi aveva un'espressione piuttosto seria.

“In Grecia diamo molta importanza all'ospitalità. Durante il vostro soggiorno, per noi Micenei, sarà un grande piacere la vostra gioia e il vostro benessere. Non esitate a chiedere qualsiasi cosa possa recarvi conforto, faremo il possibile per soddisfarla”. Il sopracciglio di Severus si alzò ed Alice capì che lui era perplesso e che questa gentilezza lo rendeva diffidente. In realtà era risaputo che i Greci fossero un popolo molto ospitale, pertanto Alice non trovò nulla di strano nelle parole di Eracle e chiese dove si trovasse la locanda “Perseo”, che portava il nome dell'eroe che secondo il mito aveva costruito le mura dell'antica Micene.

Eracle accompagnò personalmente i due Inglesi alla locanda e si congedò con un baciamano che fece arrossire Alice e la cui visione infastidì Severus.

Il proprietario della locanda, il signor Thanasis, era un allegro uomo di mezza età, magro e con pochi capelli rimasti attaccati ai lati della testa, ai quali dedicava moltissime cure. Secondo la moglie, che assisteva il marito nella conduzione della locanda, lui stesso era la causa della propria calvizie, soprattutto la pervicace ostinazione con cui continuava a spalmarsi ogni giorno una lozione curativa a dispetto della sua evidente inefficacia. I loro battibecchi rendevano l'ambiente familiare ed i turisti finivano per sentirsi a casa.
La vocazione al turismo e la tradizione ospitale del suo paese rendevano questa coppia molto incline a parlare con gli ospiti e dare suggerimenti affinché la vacanza fosse perfetta.

La locanda era in tipico stile greco: un ampio ingresso, arredato sui toni del bianco e del blu richiamava il mare, sulla destra il ristorante serviva ogni genere di prelibatezza che la cucina magica greca riuscisse a concepire. Al piano di sopra, le stanze per gli ospiti erano fresche e dotate di uno splendido terrazzino da cui entrava la brezza del mare poco distante. I bagagli erano già stati sistemati in camera ed Alice era alle prese con la sua guida turistica: c'era così tanto da vedere!

Di comune accordo, decisero di evitare il caos di Atene. La Capitale, infatti, aveva fama di essere una città caotica, polverosa e burocratica, dove per i maghi l'unico interesse era costituito dalla sede del Ministero della Magia.

Le cose realmente interessanti per i turisti maghi si trovavano, invece, nell'entroterra greco. Non era un mistero che gli dei abitassero sul monte Olimpo e si immischiassero di rado nelle faccende umane, allo stesso modo i maghi greci vivevano separatamente dal mondo dei Babbani: la Grecia era il paese con il minor numero di infrazioni allo Statuto di Segretezza Internazionale.

Il vero problema del Ministero della Magia era quello di tenere a bada le numerose Creature Magiche che abitavano i boschi dell'entroterra. In un paese costituito da boschi, monti e numerose isolette, la fuga di Ippogrifi, Manticore, Chimere e Minotauri era un enorme problema ed un pericolo sia per i Maghi che per i Babbani, che potevano finire tra le loro fauci.

Alice si stese sul letto, sentiva la ruvidità del copriletto in cotone grezzo contro il braccio, chiese a Severus: “Cosa ne pensi di Micene?”, lui si voltò con un sorriso sarcastico e imitando l'accento del giovane greco disse: “Che danno molta importanza all'ospitalità...” e continuando con il suo solito accento perfettamente inglese aggiunse: “...Forse troppa”.

“Sei geloso?” chiese Alice divertita. “Perché dovrei? Non sei mica diventata tutta rossa mentre quel giovincello ti faceva un baciamano” disse, cogliendola in fallo.
Alice lo guardò sorridendo, gli diede un bacio sulla guancia e, sarcastica come sempre, disse: “Almeno non ho distrutto la mia bacchetta!”

Severus alzò un sopracciglio e con un tono molto serio le disse: “Vuoi forse paragonare quel giovane ad una Veela?” Alice scosse la testa, avrebbero continuato a discutere di quel baciamano per tutto il soggiorno greco: “No, certamente, però devi ammettere che era affascinante. In ogni caso, domani saremo a Delphi, non vedo l'ora!”

Alice riprese a scorrere la guida turistica: gli scavi di Delphi erano imperdibili. La via sacra emanava una magia ancestrale, in grado di ricordarle i tempi in cui conduceva le ricerche per conto di Silente; inoltre, avrebbe incontrato la Pizia: il famosissimo oracolo di Delphi.

“Preferisco tornare a parlare del giovane greco, sai che non ho un buon rapporto con le profezie. Mi chiedo se non ti siano bastati tutti gli anni trascorsi in compagnia di Sibilla Cooman perché tu senta il bisogno di ascoltare un'altra ciarlatana”, esclamò Severus, per il quale il futuro era un argomento tabù e sapeva che l'ultima volta che aveva ascoltato una profezia la sua vita era finita sull'orlo del baratro. Non aveva alcuna voglia di correre un altro rischio. Severus era seduto sul bordo del letto, Alice si alzò e gli cinse le spalle con un abbraccio, sentiva la sua schiena calda e ossuta contro il suo petto, sussurrò: “Andrà tutto bene”.

Severus in cuor suo sentiva che non sarebbe andato tutto bene, che la Divinazione il più delle volte è ciarlataneria, però ricordava anche la sensazione di disagio che gli metteva Sibilla Cooman. Lei era stata la donna che aveva predetto la morte di Lily, che gli aveva reso palese l'abisso in cui si trovava e aveva indicato il varco per uscire. Ricordava le rare volte che la incontrava in Sala Insegnanti e di come ogni volta lei gli dicesse: “Non avere paura, Severus: l'amore e la felicità a cui aneli sono più vicini di quanto tu possa credere”. Quante volte aveva scambiato questa predizione per una proposta assolutamente fuori luogo e inopportuna? Gli ultimi tempi, quando la guerra si avvicinava, quelle predizioni e gli avvertimenti si erano intensificati. In qualche strano modo Sibilla Cooman lo aveva messo in guardia grazie alla sua Vista. Adesso, che era in viaggio con Alice e stava iniziando una nuova vita, riusciva a capire il senso di quelle profezie.

Il giorno seguente, Severus si avvicinò alla grotta in cui la Pizia dispensava i suoi oracoli con un misto di paura e preoccupazione, mentre Alice, al contrario, manteneva la serenità di chi spera di ottenere belle notizie: lei non aveva ancora conosciuto l'angoscia del futuro.

La penombra della grotta in cui si trovava l'Oracolo rievocava miti che si perdevano nel tempo. Da sempre gli umani hanno sognato di conoscere e controllare il futuro, fallendo miseramente ogni loro tentativo.

La Pizia era una sacerdotessa devota al dio Apollo, nonché un oracolo di fama mondiale. Attualmente era una donna minuta, con lunghi capelli scuri e una pelle olivastra, indossava una preziosa tunica di lino color porpora. Gli stati di trance avevano lasciato un corpo esausto, pieno di lividi per gli svenimenti improvvisi e un'aria stravolta. Severus notò la somiglianza con Sibilla Cooman nonostante l'evidente diversità d'aspetto con la sua ex collega: la vista del futuro era qualcosa di sconvolgente che lasciava tracce pesanti in coloro che avessero il dono, o la condanna, dell'Occhio Interiore.

Un soffio di vapore uscì da una fenditura del terreno ai piedi dell'Oracolo. La veggente inspirò profondamente il getto d'aria calda che ne scaturì. Severus deglutì e si accorse che anche Alice era scossa da un brivido di paura: iniziava a sentire il terrore del futuro.

Se vai avanti, morirai. Cambia strada e andrai avanti” disse la Pizia, la sua voce era innaturale, sembrava che una forza misteriosa ed estranea si fosse impadronita del suo corpo. Severus si sentì morire: non avrebbe mai dovuto acconsentire ad ascoltare questo oracolo, adesso un profezia di morte pendeva sulla testa della sua compagna.

La Pizia si avvicinò ad Alice, era ancora in trance, le porse qualcosa. Alice si vide offrire una melagrana e un bulbo di papavero da oppio, li prese e guardò attentamente questo dono, domandandosi il significato di tale gesto.

Uscirono dalla grotta scossi, confusi e preoccupati per quanto era stato appena predetto. Severus si avvicinò ed osservò i doni ricevuti da Alice. Alice disse: “Non capisco: la melagrana e il papavero da oppio sono simboli della dea Hera. Hera è la moglie di Zeus, protettrice del matrimonio e della famiglia, è anche famosa per le scenate di gelosia dovute ai tradimenti del marito. Cosa c'entra con me?”

Severus ripeté: “Se vai avanti, morirai. Cambia strada e andrai avanti. Che questa profezia sia legata ai doni?”

Alice era sempre più confusa: “Non saprei. La melagrana è simbolo di fertilità e abbondanza: è un simbolo positivo. Il papavero da oppio simboleggia la morte. Non riesco a collegare il tutto: forse non necessariamente morirò, forse dipenderà dalle scelte future”.

Severus strinse Alice, era preoccupato esattamente quanto lei. Dopo la guerra pensavano che tutti i problemi sarebbero finiti, che avrebbero potuto fare normalmente i turisti, eppure ancora c'era qualcosa che aleggiava sopra le loro vite, le disse: “Proviamo a dar retta alla Pizia, invece di andare a visitare il teatro, andiamo al mare: dopo questa profezia ti sei meritata una giornata di riposo, che ne dici?”

Alice guardò Severus con tenerezza, la premura di quell'uomo l'aveva colpita da subito ed era una delle molteplici qualità che l'avevano fatta innamorare perdutamente di lui, anche se loro non erano una coppia romantica: non camminavano mano nella mano come le coppiette di maghi in viaggio di nozze che incontravano nei loro viaggi, non passavano il tempo a sbaciucchiarsi come gli adolescenti; i gesti d'affetto li riservavano per i momenti in cui erano soli e non amavano condividere la loro intimità con il resto del mondo, così che agli occhi degli altri sembravano due amici o due colleghi, come lo erano stati per gran parte della loro vita.

Si avviarono lentamente verso il mare, svoltando a destra, lasciando il sentiero che si biforcava verso sinistra e conduceva alle rovine del teatro antico. La salita alla grotta era stata piuttosto faticosa, adesso si godevano la dolcezza della discesa e la splendida vista sul mare e sulle rovine sparse lungo il pendio della collina. Camminavano con la testa ancora persa nelle parole della Pizia, quando sentirono nell'aria una bellissima musica. Si fermarono per ascoltare quella melodia che aveva qualcosa di magico e terribile al tempo stesso.

Incuriositi da quel suono mai udito prima e che non sembrava riconducibile ad alcuno strumento musicale, si avvicinarono silenziosamente alla fonte di quella melodia.

Un'enorme Manticora era intenta a divorare un povero gatto, che aveva avuto la sventura di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Lo spettacolo era ripugnante: la creatura aveva la testa d'uomo, il corpo da leone e la coda di scorpione. Alice chiuse gli occhi alla vista del volto umano che divorava avidamente quel povero gatto stretto tra le zampe da leone.

Le leggende sul canto delle Manticore erano vere: esse amavano cantare mentre divoravano le loro prede e il loro canto era celestiale.

Severus prese per mano Alice e silenziosamente come erano arrivati se ne andarono. Non si poteva rischiare di essere visti da una Manticora e sperare di sopravvivere all'incontro, il Ministero della Magia le segnalava come Creature Mortali, da XXXXX, poiché la loro pelle era in grado di resistere agli incantesimi dei maghi.

Alice si domandò se la profezia della Pizia non si riferisse proprio all'incontro con la Manticora: avevano progettato di visitare il teatro, poi Severus aveva proposto il mare, così avevano cambiato strada ed erano sopravvissuti.

Se vai avanti, morirai. Cambia strada e andrai avanti” le parole dell'oracolo sarebbero risuonate a lungo nella testa confusa di Alice e Severus.

Scossi dall'incontro con la Manticora, decisero di non rischiare oltre: la Grecia era un posto famoso per i brutti incontri con Creature pericolose, probabilmente per Hagrid sarebbe stato una specie di paradiso terrestre, ma loro non avevano la robustezza e la resistenza agli incantesimi del Mezzogigante. Convinti di seguire la profezia della Pizia, stravolsero i loro piani e partirono immediatamente, abbandonarono l'idea di andare in Italia e decisero che l'Egitto, regno delle Fenici e degli Ippogrifi, sarebbe stato un posto decisamente più tranquillo.

Sul traghetto che li portava verso il Cairo, Severus ed Alice ammiravano un bellissimo tramonto sul mar Egeo, che ricordava loro di essere vivi per un miracolo, o per una profezia.





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N.d.A.: Eccomi di nuovo qua! :-)
Scusate per il ritardo nell'aggiornamento: sono stata presa dalle altre due (!!) long che ho iniziato e che vi segnalo "Scacco matto" http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1032129&i=1 su vita e opere di François Draco Piton e "Come un satellite" http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1032410&i=1 su un nuovo OC, Kate Brownhil, compagna di corso di Barty Crouch jr.
Finito l'angolo pubblicitario, torniamo ai nostri due eroi. Li avevamo lasciati tranquilli a spasso per Praga, tra sinagoghe e concerti di Mozart e li ritroviamo che hanno rischiato di finire sbranati da una Manticora. Confesso che mi sto divertendo tantissimo a scrivere questi capitoli per lo studio e la ricerca dei miti che c'è dietro! :-D
Non so se Severus è IC nell'essere geloso in questo modo: di sicuro era geloso di James Potter e adesso che si è dichiarato con Alice penso che si faccia meno problemi ad esternare i suoi stati d'animo, con il suo solito sarcasmo. Tra l'altro Alice si conferma tutt'altro che una femme fatale, dato che l'unica volta che prova a rendersi interessante fa una figuraccia (con somma soddisfazione di Severus).
Allora, i riferimenti a Sibilla Cooman sono frutto delle idee strambe che mi mette in testa Charlotte McGonagall e i suoi crack pairing. C'entrando la Divinazione non potevo non mettere un riferimento a Sibilla, lo avevo previsto ma l'ho sviluppato un po'. Inizialmente doveva esserci un battibecco tra Alice che amava la Divinazione (memore delle notti passate con Sibilla disperata dal licenziamento della Umbridge - non pensate male, eh!) e Severus scettico. Charlotte mi ha fatto cambiare idea, mi ha aperto gli occhi su una possibile sensibilità di Severus alle profezie e il timore che provocano. Ho giocato sul fraintendimento della frase sulla vicinanza dell'amore e della felicità (immagino lo sguardo disgustato di Severus che rivolge a Sibilla credendo che lei si riferisca a se stessa e non ad Alice looool). 
Questo capitolo lo dedico a Charlotte per l'ispirazione su Sibilla Cooman e a Sbarauau che ieri sera si è rivelata (insieme a Charlotte) fonte di ispirazione sui miti greci (e poi perché una dedica se la merita senz'altro) <3
Un saluto ai lettori silenziosi, a Lulu_Herm che è una lettrice affezionata e alla mia mitica Austen95, che è meravigliosa!
Alla prossima
Severa_Sha :-)

 

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Capitolo 6
*** Quinta tappa: l'Egitto ***


Quinta tappa: Egitto

 

Dalle spesse tende di lino filtrava la luce del mattino già caldo.

Il cotone egiziano del letto era fresco e morbido al contatto con la pelle. Una mano scostò leggermente il lenzuolo dalla spalla nuda e due labbra vi si posarono dolcemente.

Alice si stropicciava gli occhi e sorrideva al ricordo della notte appena trascorsa. Girò il viso dall'altra parte, Severus le accarezzava la schiena provocandole dei brividi di piacere. Sorrise e lui le disse: “Buongiorno”.

Incontrare quegli occhi scuri al mattino era una gioia.

“Buongiorno”, disse con un'aria beata.

Severus baciò nuovamente la spalla e le chiese: “Come mai tanti sorrisi?”

Alice si girò, tornando supina, e avvicinò la testa alla spalla di Severus.

Lui era steso su un fianco, con una mano attorno alla vita di lei, abbassando lo sguardo, era proprio sopra il viso raggiante di Alice.

“Mi domandavo come abbiamo fatto in tutti questi anni”, disse stringendosi a lui.

Severus continuò ad accarezzarle i fianchi, si strinse a lei e le sussurrò: “Vuoi recuperare?”

Alice rise divertita per la proposta, scuotendo la testa, esclamò: “Con questo caldo? Dopo la notte di ieri?”

Lui adorava il sorriso luminoso di Alice, e i suoi occhi, che sembravano tutto fuorché contrari alla proposta appena fatta. La risposta non era un rifiuto, era solo un'altra domanda, a cui lui rispose: “Sì”.

Alice rise, ancora più divertita, disse: “Fa troppo caldo, vado a fare la doccia”.

“Posso raggiungerti sotto l'acqua?” chiese lui, che non aveva nessuna voglia di rinunciare al suo proposito.

Alice era in piedi nella stanza, ai piedi dell'ampio letto matrimoniale, leggermente coperta dalla camicia da notte appoggiata con una mano sui seni; rivolse verso il letto uno sguardo di sfida e sorridendo disse: “Se riesci ad aprire la porta del bagno... ”

Severus sorrideva dal letto: lui adorava le sfide e sapeva benissimo di essere molto più bravo di Alice negli incantesimi. Lo era sempre stato: aprire la porta del bagno sarebbe stata una sciocchezza. Lasciò che Alice entrasse e, dopo qualche minuto, quando sentì lo scroscio della doccia, decise ad alzarsi dal letto.

Fuori dalla finestra entrava un caldo soffocante, il sole stava già eliminando ogni traccia del fresco della notte. Severus arrivò alla porta del bagno e sussurrò: “Finite Incantatem”, sorrise soddisfatto. Probabilmente sarebbe bastato anche un semplice Alohomora, ma la sua mente era già oltre la porta.

Sotto la doccia, Alice regolava la temperatura dell'acqua, era immersa tra i vapori che odoravano di bagnoschiuma. L'acqua scorreva sulla pelle, lavando via i residui di sonno.

Il pensiero della notte precedente, che sembrava non volersene andare, le strappava ancora un altro sorriso.

Percepì un alito di aria fredda entrare nel chiuso della doccia, si girò ed i suoi occhi incontrarono quelli di Severus, soddisfatto per la sfida appena vinta.

“Ce l'hai fatta” disse Alice, il cui sorriso era diventato incredibilmente malizioso.

“Avevi dubbi?” chiese Severus, con il solito filo di sarcasmo nella voce.

Alice gli mise le mani intorno alla nuca, scuotendo la testa, con gli occhi fissi in quelli di Severus, lo tirò a sé.

“Nessuno”.

Negli istanti successivi ci fu molto sapone, e vapore, e quando loro due uscirono dalla doccia, chiunque avesse visto la loro espressione avrebbe potuto dire che quell'aria soddisfatta non era dovuta ad una semplice doccia mattutina.

 

Le strade dell'antica Tebe erano polverose. Il sole ardeva i tetti delle case e qualsiasi cosa su cui si poggiassero i suoi raggi. L'Alto Egitto era un posto magico, perché le tradizioni e l'antica cultura egizia erano sopravvissute all'evoluzione dei Babbani.

I maghi tebani, continuavano in gran segreto i loro riti, attenti a non farsi scoprire dai Babbani, la cui adesione alla religione Islamica li induceva ad essere poco tolleranti verso qualsiasi credo che avesse a che fare con la magia, in quanto sospettato di satanismo.

Molti maghi egizi, tuttavia, erano anche fedeli islamici e cercavano di conciliare la fede per Allah con la pratica magica, considerando la loro condizione come un dono che Allah aveva fatto loro. Tuttavia, non era semplice, soprattutto in tempi complessi come quelli attuali in cui l'intero mondo Mediorientale era in subbuglio per i cambiamenti imposti dalla modernizzazione.

La tensione era palpabile e per quanto l'Egitto fosse conosciuto come un paese moderno e moderato era fin troppo facile eccitare gli animi di fanatici religiosi, per cui i maghi prestavano molta attenzione a palesare la propria esistenza e vivevano una vita separata, chiusi all'interno delle loro comunità, protetti da sofisticati ed antichissimi incantesimi.

Alice e Severus, camminavano tranquillamente in quello che era il quartiere magico. Abituati al clima continentale, faticavano a resistere a quelle temperature, nonostante i freschi abiti di lino che indossavano e la continua ricerca di ombra.

Erano le dieci del mattino, l'ombra dei cappelli era già insufficiente, così che erano costretti a farsi aria con un ventaglio.

“Ricordami perché sei voluta venire in Egitto”, chiese Severus, esasperato dall'afa.

“Per comprare una boccetta di lacrime di Fenice”, rispose Alice che si stava maledicendo per non aver rimandato l'acquisto ad un periodo dell'anno più propizio.

Il mercato del quartiere magico era affollato e rumoroso come quello di Istanbul e all'ombra dei banchi si riusciva a trovare un po' di riparo dal sole. I mercanti esponevano ogni genere di mercanzia, anche se i maghi stranieri erano attratti soprattutto dagli amuleti magici, vista l'antica tradizione magica egizia.

I turisti più facoltosi, invece prediligevano le Fenici: animali molto rari, estremamente fedeli e costose. L'acquisto di una Fenice era un procedimento piuttosto complesso, non solo perché ci voleva una quantità spropositata di Galeoni, quanto perché era la Fenice a dover scegliere se seguire o meno l'aspirante acquirente.

A volte, le Fenici decidevano di lasciare il loro mercante per un numero indefinito di anni e di farvi ritorno solo dopo la morte della persona che avevano deciso di seguire, così che anche il commercio di questi volatili era soggetto alle intemperanze di questi animali, il cui spirito indipendente e fedele era leggendario.

Alice amava le Fenici, per la loro forza e per quello che rappresentavano: erano un simbolo di rinascita e di speranza. Si incantò nel guardarne alcune appollaiate sui trespoli dietro un banco. Cercò di richiamare l'attenzione di Severus tirandolo per un braccio, mentre continuava ad osservare una di queste splendide creature.

“Alice, non possiamo permetterci una Fenice, lo sai bene”, disse Severus, che continuava a farsi aria con un ventaglio ottenuto da una foglia di palma intrecciata.

Alice scosse la testa. “No, Sev, non è per questo. Guarda quella Fenice, non ti sembra di averla già vista?”, disse lei mentre continuava ad osservarla.

“Tu pensi che sia...”, disse Severus, che aveva iniziato ad osservare l'animale.

“No, non può essere è impossibile, magari si somigliano solo”, concluse, portando via Alice da quel banco, dove altrimenti avrebbe trascorso tutta la giornata.

Alice, mentre veniva trascinata via per un braccio da Severus, continuò ad osservare l'animale, questo aprì un occhio e la guardò, facendole un cenno di intesa. Alice sorrise. Fanny era tornata a casa sua in Egitto e doveva averla riconosciuta, dopo tutto il tempo che aveva passato nello studio di Silente ad accarezzarla e a portarle da mangiare.

Alice ricordava ancora il canto straziante di Fanny il giorno della morte di Silente, fu contenta di sapere che adesso la Fenice aveva una nuova vita in Egitto e stava bene.

Acquistarono una boccetta contenente delle preziosissime lacrime di Fenice: l'Egitto era l'unico posto al mondo in cui era possibile trovare una simile rarità, cui molti pozionisti anelavano per la preparazione di antidoti e filtri curativi. Severus precisò che l'avrebbero usato con estrema parsimonia e solo per alcune sperimentazioni, dopo aver testato l'inutilità del bezoar e del corno di unicorno, che, benché raro, era certamente meno costoso e raro delle lacrime di Fenice. Alice annuì, anzi avrebbe vegliato su quella boccetta perché Severus non la sprecasse nelle sue sperimentazioni.

Alice e Severus furono fermati anche da alcuni venditori di tappeti magici, fu difficile convincerli di non poterne acquistare uno, perché il possesso era vietato dal Ministero della Magia Inglese.

I mercanti di tappeti, che non avevano ancora digerito la scelta dei Ministeri europei di vietare i tappeti magici a favore delle scope, quando compresero le ragioni del rifiuto li cacciarono via dalla loro bottega insultandoli e facendo ironie sull'uso delle scope in Europa.

Severus decise che faceva troppo caldo per perdere la pazienza con dei mercanti maleducati, preferì raccontare ad Alice del tappeto da dodici posti che aveva Bartemius Crouch.

Era stato il figlio, Barty junior, a parlarne a Severus, durante i tempi del liceo. Severus ricordava anche che Barty una volta aveva rubato il tappeto del padre insieme a Regulus Black e, insieme ad Avery e Mulciber, erano andati a trovare Severus a Spinner's End, durante l'estate successiva al diploma.

Sembrava passato un secolo da quei tempi, eppure quello era uno dei pochi momenti divertenti del periodo da Mangiamorte di Severus.

Raccontò come avevano sorvolato mezza Inghilterra, fino ad arrivare al mare, senza farsi vedere dai Babbani grazie ad un incantesimo di Disillusione.

Alice rimase incantata da quel racconto, disse che suo padre più volte aveva meditato di comprare un tappeto volante, però non si era mai deciso, frenato di continuo dalla moglie, che preferiva di gran lunga le scope, finché il Ministero non aveva messo fine alla querelle tra i coniugi Leroux, vietando i tappeti magici, con somma gioia di Demetra Lari.

Continuarono a camminare per le vie polverose dell'antica Tebe, cercando riparo nei café, egualmente polverosi e caldi, dove riuscivano a trovare un po' di ristoro dalla canicola, sorseggiando tè alla menta.

Nel pomeriggio andarono a visitare il tempio di Karnak, dedicato al culto di Amon-Ra, divinità del Sole egizia.

Alice raccontò a Severus le origini antiche della cultura egizia e di come un tempo la magia fosse conosciuta dai Babbani. I maghi, come in Grecia, spesso svolgevano il ruolo di sacerdoti del tempio e riuscivano ad incantare i fedeli ed i Faraoni grazie ai loro poteri.

I Babbani tenevano in grande considerazione i maghi, al punto che essi costituivano una classe sociale privilegiata.

Quando un mago diveniva Faraone, il popolo finiva per considerarlo una divinità, come fu per Ramses II e per la sua adorata sposa Nefertari: insieme fecero cose mirabolanti ed il tempio di Karnak era un esempio della loro grandezza.

Il viale d'ingresso, ai cui lati erano poste due file imponenti di sfingi aveva un aspetto trionfale. Severus pensò che una struttura del genere potesse adattarsi perfettamente ai gusti megalomani del Signore Oscuro, e che era solo per merito della guerra che si fosse accontentato della villa dei Malfoy, senza pretendere la costruzione di nulla di simile.

I Babbani vedevano solo rovine. In realtà, quelle erano un'illusione che nascondeva il reale aspetto del tempio, che per i maghi era diventato il fulcro della vita della comunità che abitava l'antica Tebe.

Il colonnato era maestoso e le enormi colonne che rappresentavano alberi di papiro sembravano quasi ricreare la freschezza di una macchia di vegetazione, anche se era un sofisticato insieme di incantesimi a tenere il fresco nel tempio.

Alice e Severus incontrarono il sacerdote Amenophis, che raccontò loro la storia della costruzione di quel tempio e il culto di Amon-Ra, mentre visitavano l'immenso complesso architettonico.

Amenophis era un uomo di circa quarant'anni, alto, magro e dal colorito molto scuro. Portava i capelli acconciati in lunghe trecce nere, secondo la moda degli antichi egizi ed indossava una fresca tunica di lino bianco, che sembrava essere l'unica cosa da poter sopportare in mezzo al caldo del deserto.

“La magia nella nostra lingua si chiama Heka”, diceva Amenophis, scandendo bene le parole per farsi capire meglio, mentre passeggiava per il cortile insieme ai due ospiti.

“La parte finale della parola, -ka, significa anima. Heka è l'energia che esce dall'anima, la magia. Heka è anche il nome di un dio bambino che simboleggia proprio la magia, infatti questa si manifesta per la prima volta nei bambini, come ben sapete”.

Severus sembrava molto interessato alle ricostruzioni che faceva Amenophis e lo ascoltava con attenzione, quando fu distratto da un sibilo sinistro, che gli era fin troppo familiare.

Severus si girò di scatto, così come Alice ed Amenophis: un cobra, seguito da uno sciacallo, stava per varcare l'ingresso del tempio. Probabilmente, i due animali erano attratti dall'odore di cibo che veniva dal tempio e l'ingresso dal deserto circostante aveva fatto credere alle due bestie che il posto fosse disabitato.

Amenophis non sembrò prenderla allo stesso modo: il suo volto scuro per l'abbronzatura impallidì repentinamente e un'espressione di terrore si impadronì dei suoi occhi.

Alice e Severus si guardarono perplessi e rivolsero uno sguardo carico di dubbi ed interrogativi al sacerdote.

Amenophis, dal canto suo, mormorava: “Seth, Apopi, brutto presagio!”, guardò i due ospiti stranieri e cercò di ricomporsi, arrivando a pensare che era strano che Seth e Apopi si fossero manifestati proprio il giorno dell'arrivo dei due visitatori.

Le mani del sacerdote tremavano dal terrore e dalla tensione nervosa. Le infilò frettolosamente nelle tasche della tunica di lino ed estrasse due amuleti. Mise un amuleto in mano a Severus ed uno in mano ad Alice. Adesso i due maghi erano alquanto spaventati da quel comportamento.

Severus chiese: “Ma cosa sta succedendo?”

Amenophis iniziò a camminare velocemente verso l'area sacra del tempio dicendo: “Non c'è tempo, non c'è tempo. Dovete andare! Andate via! Pregherò il grande Ra, Iside e Mehen perché vi proteggano: adesso andate!”

Alice e Severus, sconcertati per quel comportamento bizzarro, si videro spingere per mezzo cortile, poi decisero di andarsene di propria volontà, dato che il sacerdote sembrava non voler dire loro nulla.

Erano quasi all'ingresso quando incontrarono una sacerdotessa del tempio, che riferì di chiamarsi Bastet, in onore della dea-gatto, figlia di Ra, dio del Sole.

Alice provò a chiedere a questa giovane donna, che doveva avere all'incirca la sua stessa età, come mai Amenophis li avesse cacciati via in quel modo, se avessero fatto qualcosa di inappropriato, o se fosse successo qualcosa di terribile.

Quando la giovane Bastet seppe del cobra e dello sciacallo ebbe la stessa reazione del sacerdote. Fece forza su se stessa per non lasciare i due stranieri nel dubbio e spiegò loro: “Vedete, il cobra è una delle figure con cui si manifesta Apopi. Lo sciacallo è la forma di Seth, e quella di Anubi. Non è bene.”

Alice si portò le mani alla bocca, sconcertata. Avrebbe dovuto riconoscere Apopi e Seth, non aveva pensato al forte simbolismo della religione egizia.

Rivolse un sorriso carico di preoccupazione alla sacerdotessa e le mostrò gli amuleti che Amenophis aveva dato loro.

“Questo è l'Ankh, simbolo di vita: ti proteggerà”, disse Bastet, mettendo l'amuleto in mano a Severus.

“Questo è il Tiet, detto anche Nodo di Iside. Protegge le donne, per la famiglia. Tienilo sempre con te: ti aiuterà. Ora andate, non c'è tempo. Offrirò dei sacrifici ad Iside perché vegli su di voi”.

Alice prese per mano Severus, leggermente sconvolta. Camminavano per la città di Tebe senza una meta apparente.

La notte iniziava a scendere, così come le temperature. La vicinanza del deserto comportava forti escursioni termiche, così che la sera i freschi abiti di lino di Alice e Severus apparivano quanto mai inadeguati. Tornarono nella loro locanda per cambiarsi e andarono a cena.

Alice era pensierosa e poco incline a parlare. Severus le cinse un braccio intorno alla vita, le si avvicinò all'orecchio e le disse: “So che sei preoccupata, vuoi mettermene a parte?”

Si sedettero al tavolino in disparte di un café, ordinarono dei falafel, dell'hummus di ceci e del tè alla menta. Le luci colorate delle lanterne creavano un'atmosfera soffusa, ideale per il racconto di antichissimi miti.

Alice raccontò: “Secondo le leggende Egizie, Apopi rappresenta il buio e il Caos. Si racconta che ogni mattina cerchi di attaccare la barca di Ra, con cui fa sorgere il sole nel cielo, per impedire alla luce di sorgere. Rappresenta le forze oscure che ci assalgono. Ogni mattina, secondo la leggenda, Iside e Mehen lottano contro Apopi, lo incatenano e lo scuoiano vivo. Si dice che le nuvole rossastre che si vedono in cielo all'alba siano il sangue di Apopi: il segno che anche questa volta la Luce ha trionfato sull'Oscurità”.

Alice prese un sorso di tè per rinfrescare la gola e continuò: “Seth è il dio della guerra e del Caos. Si narra che cercò di uccidere Osiride, dio dei Morti e della Fertilità, ci riuscì, per poi essere sconfitto da Horus, figlio di Osiride, così venne bandito nel deserto dalle altre divinità Egizie che decisero a favore di Horus. È simboleggiato da uno sciacallo, animale del deserto, che simboleggia anche il dio Anubi, dio dei Morti. Capisci che non è bello incontrare nel tempio di Ra Seth e Apopi?”, disse Alice con lo sguardo preoccupato.

Severus le prese le mani sorridendole con dolcezza: “Andrà tutto bene, vedrai, sono solo coincidenze”

Alice, che non sembrava assolutamente convinta dalla tesi di Severus esclamò: “Oh, Sev, perché siamo perseguitati dai presagi di morte e di oscurità?”

Severus si alzò dal suo posto e si strinse nel divanetto di legno e cuscini su cui era seduta Alice, l'abbracciò per farle coraggio e le disse: “I presagi di morte sono così: dopo che li conosci, li vedi ovunque. Una volta, volevo comprare un libro su questo argomento al Ghirigoro. Sai, dopo la profezia di Sibilla e la morte di Lily, insomma cercai di interessarmi alla Divinazione per cercare di capire se quella profezia potesse essere infondata. Il commesso, che sa sempre tutto, mi sconsigliò di leggere i libri sui presagi di morte, perché ci avrei rimesso la salute, vedendo ovunque presagi di morte. In effetti, dopo aver conosciuto Sibilla Cooman, mi sono detto che forse aveva ragione il commesso e che avevo fatto bene a non dargli retta”.

Alice si sentì sollevata da quel racconto, una parte di lei voleva credere assolutamente a quello che le stava dicendo Severus, però non poteva fare a meno di sentire un nodo allo stomaco. Strinse il Tiet che teneva nella tasca del vestito da strega, sperando che quegli amuleti, che in altre occasioni avrebbe giudicato inutili, servissero a qualcosa e che avesse ragione Severus, che non c'era proprio motivo di preoccuparsi. Pensò a Fanny, che le aveva fatto un cenno di intesa: le Fenici erano associate a Ra. Forse le tenebre che sembravano minacciarli non avrebbero vinto tanto facilmente.

“Se ti senti più tranquilla, domani lasciamo questo caldo infernale, che se non sono le divinità del Caos a farci fuori, di certo sarà lo stesso Ra con il suo sole a farci venire un colpo”, suggerì Severus, che mal tollerava l'idea di passare un'altra giornata tra quelle temperature. Un sorriso ricomparve sul volto di Alice: Severus era tornato sarcastico e questo era confortante. Annuì, l'indomani sarebbero ripartiti.




N.d.A: Al momento della pubblicazione del capitolo, ho scritto due volte queste note e due volte sono andate perse, finché non ho capito che forse alle due e mezza di notte non ero proprio in condizioni ideali per scriverle! 
Ci riprovo adesso che è giorno e il sole è alto nel cielo. :-)
Un saluto ai lettori affezionati, a Lulu_Herm, Austen95 e Glass Heart, che mi seguono sempre e recensiscono, un abbraccio a tutti coloro che hanno messo la storia tra le preferite/seguite ed ovviamente anche ai lettori silenziosi. Non per fare sentimentalismi, però in un fandom grande come quello di Harry Potter, avere uno zoccolo duro di lettori affezionati, che con il tempo hanno iniziato ad amare le mie storie, è veramente incredibile. Soprattutto se uno pensa che non mi interesso della coppia Granger/Malfoy jr, che "mi dicono" piaccia molto (come se una home piena di Draco/Hermione non fosse sufficiente - lol)
Come i lettori di "Harry, ti presento Lily" sanno, sto riguardando l'Orizzonte degli eventi. Ora, non vi chiedo di rileggerlo, anzi, però vi dico che se ogni tanto passate, potreste trovare delle piccole modifiche, tipo la presenza di una copertina e qualche disegno. Per adesso ho riguardato solo il primo capitolo. I disegni li trovate anche nella mia pagina di  Fb 
https://www.facebook.com/SeveraShaEfp, se passerete a trovarmi, vi posso assicurare che mi farà molto piacere! Troverete gli aggiornamenti delle storie, i disegni e quant'altro.
Vi segnalo, inoltre, (anche se penso che molti di voi le conosceranno già) altre due long che ho in corso: "Scacco matto", che ha un titolo bellissimo, che è troppo presto da capire, che narra le avventure di François Draco Piton http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1032129&i=1  e "Come un satellite" (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1032410&i=1), 
che racconta una storia molto particolare, intrisa di Angst, sul mio nuovo personaggio, Kate Brownhill (della quale presto farò un disegno), compagna di classe di Barty Crouch jr. Capisco che Barty non ha il fascino di Draco e Severus ma, credetemi, è un personaggio fighissimo e sottovalutato, che meriterebbe un po' di credito nel Fandom. 

Vi lascio con un disegno di Alice e Severus (Severus è decisamente OOC nel disegno), ispirato dalle chiacchierate con Austen95, a cui è dedicato.

Alla prossima
Severa_Sha :-) *incrocia le dita che la pubblicazione vada a buon fine*

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Capitolo 7
*** Sesta tappa: l'Irlanda ***


Sesta tappa: L'Irlanda

 

Lasciarono il caldo dell'Egitto alle spalle e fecero una breve tappa in Spagna. Volevano spezzare il viaggio, rifornirsi di un po' di pelle di Graphorn e di polvere delle sue corna, che era molto costosa in Inghilterra, mentre in Spagna veniva venduta ad un prezzo migliore, visto che sui Pirenei viveva una colonia di Troll allevatori di Graphorn, che aveva iniziato dei commerci con i maghi spagnoli. La tappa spagnola, pertanto, fu breve e limitata ad un piccolo paesino alle pendici dei Pirenei.

Il giorno successivo, partirono alla volta dell'Irlanda. Severus ed Alice finalmente, si sentivano quasi a casa, e nel verde di quei prati sembravano trovare un po' di calma.

Dublino era una città incantevole. Le sue strade, i pub ed i parchi erano pieni di gente allegra. Nel mese di giugno, la città iniziava a riempirsi di giovani studenti provenienti da tutta Europa, che arrivavano per frequentare i corsi di lingua inglese.

Il mondo magico, invece, conduceva una vita più riparata nell'entroterra. In mezzo alle colline ed i campi coltivati, si trovavano alcuni piccoli villaggi magici.

Presero una stanza in una delle locande di Killnoe, un piccolo villaggio magico situato sulle rive del fiume Shannon, ed iniziarono a godersi un po' di riposo.

Il cielo grigio irlandese, che si riempiva di pioggia a seconda delle correnti atlantiche e che dopo poco tornava di un azzurro splendente, faceva profumare l'erba dei prati di un odore fresco ed intenso, che era un balsamo per gli animi scossi di Alice e Severus.

Seduti su un prato, loro due si godevano il sole di giugno, pensando al viaggio che stavano compiendo. Alice si domandava in che direzione stesse evolvendo il rapporto con Severus, cui si sentiva sempre più legata, ma al tempo stesso la faceva sentire più fragile.

Era consapevole di aver legato la propria vita a quella di Severus ben prima della fine della guerra. In un modo o nell'altro loro due erano sempre stati legati, e adesso si domandava quale fosse la natura del legame che li univa così strettamente.

Davanti a loro, due giovani innamorati giocavano ad inseguirsi.

Alice appoggiò la testa sulla spalla di Severus, mentre osservava quella ragazza dai capelli rossi e gli occhi verdi che correva felice in quel prato. Fu impossibile non pensare a lei.

Che fosse proprio lei il legame che aveva unito la sua vita con quella di Severus? Fin da quando erano studenti, fin da quando lei le chiedeva come andassero le cose con Sev, ed Alice non capiva, perché era una ragazzina, e al tempo la vita scorreva ordinata e felice e l'amore era solo una cosa che riguardava i grandi. Sentì la mano di Severus sulla spalla e provò un senso di conforto.

“Sai, penso che forse riuscirei a sopportare persino la presenza di James Potter”, disse Severus. Alice lo guardò piena di interrogativi: come gli era venuto in mente James Potter?

Severus aggiunse: “Vedi quella ragazza? Sembra Lily. Dopo il matrimonio era felice in quel modo con James. Era una di quelle felicità che finiscono per ferirti il cuore, tanto sono forti, perché ti fanno pensare che tu non potrai mai provarle”.

Alice abbracciò Severus e lui continuò, abbozzando un sorriso: "Adesso potrei sopportare quella felicità, potrei anche sopportare James, forse”.

“Beh, lui era piuttosto insopportabile. Chissà, magari adesso sarebbe diverso”, disse Alice, mentre si rifugiava nel caldo di quell'abbraccio.

“Sono tutti morti”, disse Severus tristemente. Quella verità continuava a fargli male, anche se sapeva che sarebbero morti lo stesso, perché erano testardi, e avrebbero continuato a combattere i Maghi Oscuri frontalmente.

Anche senza la profezia di mezzo, Voldemort li avrebbe uccisi prima o poi, e adesso gli sarebbero mancati ugualmente, perché era il destino dei superstiti quello di piangere i caduti.

“Mancano tanto anche a me, mi manca persino Black, con le sue odiose illazioni. A volte penso che sia una condanna l'essere rimasti in vita”, disse Alice, il cui viso si era rabbuiato.

“Condanna? Per cosa?”, chiese Severus.

“Forse per non essere stati abbastanza coraggiosi, per aver temporeggiato, per aver esitato, quando avremmo dovuto schierarci senza se e senza ma”, disse Alice, che continuava a maledire l'assenza di coraggio e l'astuzia, lo spirito di conservazione e l'indipendenza tipica dei Serpeverde. Troppe volte avrebbe voluto essere un Grifondoro, il Cappello Parlante aveva parlato di Corvonero, non certo di Grifondoro, lei non aveva le qualità per essere una Grifondoro, era piena di dubbi, perennemente insicura ed il combattimento era una cosa che la spaventava. Adesso, dopo diciassette anni dalla fine degli studi ad Hogwarts, quei pensieri non avevano senso, anche se quel Cappello segnava le sorti di gran parte dei maghi, finendo per decidere il destino di quei giovani, loro malgrado. C'era voluta una guerra perché Severus riscattasse la sua immagine di codardo, ma pochi sapevano quale fosse stato il vero ruolo di Alice in tutti quegli anni.

Tornarono a Killnoe, perché il cielo aveva iniziato ad annuvolarsi e minacciava di far scoppiare un temporale da un momento all'altro. Lungo le vie del villaggio la luce iniziava a calare ed Alice, passando velocemente accanto ad un vicolo, ebbe l'impressione di vedere una donna, vestita di nero, che si stava disperando. Tornò indietro per controllare meglio e non vide nulla al di fuori dei bidoni della spazzatura pieni di sacchi neri. Si disse che la suggestione facesse brutti scherzi e che ormai era pronta a vedere sventure ovunque. Strinse il Tiet - che teneva sempre in tasca - e raggiunse Severus, che nel frattempo aveva proseguito a camminare e non aveva mancato di notare la preoccupazione della sua compagna, ma provava un certo timore nel farle delle domande, perché quando Alice era così preoccupata non c'era niente di bello in vista.

La locanda dove soggiornavano era piena di maghi e di streghe dalle vesti delle più svariate fogge. Conobbero una coppia di maghi giapponesi in visita in Europa. Il signore e la signora Sadamoto raccontarono dei problemi che stava attraversando il Giappone, impegnato nella lotta contro un Mago Oscuro che radunava gli spiriti e li faceva ribellare contro i viventi. La storia aveva dell'incredibile, le ribellioni dei fantasmi non creavano spavento ai maghi occidentali, tuttavia, in Giappone gli spiriti avevano un ruolo molto importante ed il mondo magico giapponese era alla perenne ricerca dell'equilibrio nel cosmo.

Akira Sadamoto chiese notizie anche della guerra che aveva colpito il mondo magico anglosassone. Severus ed Alice scoprirono che alcuni emissari di Voldemort si erano spinti persino in Giappone pur di reclutare sostenitori della loro causa. Tuttavia, i maghi giapponesi erano poco inclini a lasciarsi coinvolgere da una guerra, anche perché non si erano ancora ripresi dalle conseguenze che la Seconda Guerra Mondiale dei Babbani aveva provocato.

Quella notte in camera ci fu silenzio. Stettero sul letto abbracciati, stretti l'uno all'altra a pensare che era solo un caso il fatto che fossero vivi. Severus era stato strappato alla morte per un soffio e Silente aveva impedito ad Alice di prendere posizione, dandole una missione difficile. Adesso era tutto finito. Non era semplice lasciare andare il passato, perché nei momenti di calma, quando loro potevano pensarsi a riposarsi, quella calma sembrava irreale per due animi abituati a stare in allerta.

Adesso occorreva reinventarsi, occorreva tenersi la mente impegnata, occorreva trovare una nuova identità, perché non erano più due insegnanti di Hogwarts, perché il loro futuro era quanto mai incerto e le possibilità erano infinite.

La presenza dell'altro era l'unica certezza, l'unico conforto e l'unico appiglio per non perdere il senso della propria identità. Ogni mattina, gli occhi scuri di Severus ricordavano ad Alice chi era, chi era stata e perché adesso si trovava in quel luogo; così come i lunghi capelli scuri di Alice ricordavano a Severus perché era vivo e come era finito in Irlanda.

Dopo aver assistito al crollo del loro mondo, ognuno era l'ancora dell'altro per ricominciare a vivere, per non perdersi nell'oblio del passato e non essere ingrati per il dono di essere sopravvissuti.

La fame di vita, era questo che li aveva spinti a cercarsi, a desiderarsi in un modo disperato, perché fare l'amore ricordava loro che erano vivi e che si amavano, quindi dovevano essere per forza felici. Nonostante l'animo devastato, l'angoscia per il futuro e la precarietà del presente, si aggrappavano l'uno all'altro per rivendicare un briciolo di felicità, per poter dire che sì, anche loro una volta erano stati felici.

Ci sarebbe voluta tanta felicità imposta per riuscire a conoscere il gusto della vera felicità, per capire che non erano i turbinii adolescenziali la vera felicità. La felicità l'avrebbero vista in un sorriso al mattino, nella mano dell'altro che era sempre lì quando ce n'era bisogno. La felicità era l'accoglienza, il calore e l'abbraccio dopo una giornata difficile. La felicità era la consapevolezza che non esisteva nessuno al mondo in grado di leggere dentro la propria anima come riusciva a fare l'altro. La felicità era continuare a sentire il battito del cuore, i sobbalzi dell'anima, nonostante una parte fosse sotto terra insieme ai caduti della guerra. Sarebbero stati felici quando la vita avrebbe mostrato loro il modo per andare avanti.

Dopo la pioggia torna il sole e, se si è fortunati, si vede anche un arcobaleno, questa era la lezione dell'Irlanda. L'ultimo messaggio che il verde degli occhi di Lily sembrava voler lasciare ai suoi due amici: andare avanti ed essere felice. Lily aveva scritto questo augurio per Alice innumerevoli volte nelle sue lettere, era come se volesse ricordar loro di non sprecare la vita nel pianto dei morti, ma di impiegarla per il bene dei vivi. In un modo o in un altro, lei sarebbe stata sempre accanto a loro.

Se l'erano promesso tanti anni fa: lei, Alice e Severus. Sarebbero rimasti amici per sempre.

Si addormentarono stretti nel loro abbraccio. L'indomani la nostalgia si sarebbe dissolta come la rugiada.

Il giorno successivo, passarono la giornata leggendo alcuni dei libri che avevano comprato durante i loro giri. Dopo tanto tempo passato a combattere o a viaggiare era piacevole ritornare con la testa sui libri. In un certo senso, si sentivano tornare al periodo dei loro esperimenti, quando la guerra aveva preso una pausa e le serate in laboratorio erano entusiasmanti.

Ripresero a parlare di studi, di pozioni e di materiali. Adesso avevano degli ingredienti di tutto rispetto, mancava solo il laboratorio.

Severus iniziò a discutere con Alice della costruzione del nuovo laboratorio, ne voleva uno luminoso, dove poter lavorare in pace e con spazio sufficiente per i libri, gli ingredienti e le pozioni preparate. Inoltre, proprio come aveva fatto Farah, voleva anche una stanza buia dove mettere gli ingredienti fotosensibili. Alice condivideva tutti i propositi di Severus, in effetti, realizzare un laboratorio del genere sarebbe stato un sogno e pensava che trascorrere la vita in quel modo sarebbe stato meraviglioso.

Videro arrivare un gufo, che planò sul loro tavolo. L'animale teneva una lettera stretta nel becco, Alice la prese e diede un po' del biscotto che le era rimasto sul tavolo, anche se l'uccello sembrò non gradire molto l'offerta, tanto che se ne volò via sdegnato.

 

Cari Alice e Severus,

Spero che il vostro viaggio stia andando bene. Vi ringrazio ancora una volta, a nome del Ministero della Magia e dell'intero mondo magico, per tutto quello che avete fatto nella lotta contro Lord Voldemort. L'offerta per un lavoro al Ministero è sempre aperta per voi, abbiamo bisogno di maghi e streghe del vostro livello e della vostra esperienza.

Vi scrivo per chiedervi di recarvi a Durmstrang, ho bisogno che incontriate Kaspar Nesbyen, attuale Professore di Pozioni a Durmstrang. È molto importante: dovrete analizzare un veleno che pare stia mettendo in crisi molti maghi del nord. Se dovesse entrare nelle mani sbagliate, ed essere diffuso, potrebbe fare una strage. Conto su di voi. Domani troverete una Passaporta, predisposta dal mio collega irlandese, che vi condurrà direttamente a Durmstrang.

Spero di avere presto vostre notizie,

Kingsley Shaklebolt

Ministro della Magia.

 

Alice e Severus si guardarono preoccupati: il mondo reale tornava a farsi presente dopo poco più di due settimane di pace. C'erano i conti con il passato da saldare ed in qualche modo bisognava andare avanti. Non c'era molta scelta. Alice prese una pergamena e scrisse a Kingsley:

Ministro,

comprendiamo perfettamente la gravità della situazione. Domattina partiremo immediatamente alla volta di Durmstrang. Le invieremo delle notizie non appena arriveremo a destinazione.

A presto,

Alice Leroux, Severus Piton






N.d.A.: Scusate il ritardo per l'aggiornamento. Ho avuto un po' di cose da fare e ho dovuto organizzare alcuni dettagli, specie per il finale di questa storia. Senza contare la sbandata che mi sono presa per Barty Crouch jr. (correte a leggere "Come un satellite", perché lui è un figo, e di fighi  in quella storia ce ne sono tanti: Avery, Mulciber, Regulus, Rodolphus eh sì, mi sto prendendo la briga di dare un volto, una personalità vagamente intrigante a quelli che vengono dipinti come mascherine di cartone. Soprattutto il buon Rodolphus Lestrange!) Pubblicità a parte, sto già scrivendo il finale di questa storia: il prossimo capitolo. Conto di pubblicarlo prestissimo, un po' per farmi perdonare per aver latitato su questa storia, un po' perché sono stata fulminata sulla via di Damasco: ho scoperto una Challenge su Severus, sul forum di Magie Sinister e quindi mi lancerò nell'epilogo de l'Orizzonte degli eventi. Sono alla ricerca di un titolo. Per il momento ho qualche idea... :-) 
Questo capitolo è stato una sofferenza, perchè scrivere di Lily mi crea problemi e l'Irlanda, con tutto quel verde, ricorda lei. E loro due devono ancora fare i conti con il passato ingombrante. Ma ce la  faranno, sono ottimista!
Beh, non la faccio lunga,
a prestissimo!
Severa_Sha :-)

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Capitolo 8
*** Settima tappa: il freddo del Nord ***


Settima tappa: il freddo del Nord

 

I mantelli di lana inglese erano insufficienti per il freddo che regnava nelle terre di Durmstrang. L'estate sembrava una stagione sconosciuta da quelle parti, dove il vento pungeva e feriva la pelle di chi si era abituato troppo presto al caldo del Mediterraneo.

Igor Karkaroff era sopravvissuto anche all'ultima guerra. Il coraggio non era mai stato una sua dote, specie dopo aver sperimentato i Dissennatori di Azkaban. Continuava a dominare la sua scuola con la fermezza di uno czar, circondato dal rispetto dei suoi studenti e della fama dei tempi passati. Ammesso che loro conoscessero le lacrime versate al Wizengamot o la sua poco onorevole fuga dopo il Torneo Tremaghi.

Alice non era coraggiosa, ma non riusciva a comprendere il comportamento di Kararoff. Lui si era lasciato affascinare dalle parole di Lord Voldemort, lo aveva servito, rinnegato e dopo lo aveva temuto, non prendendo altra posizione che quella che potesse tornargli utile.

Il preside accolse i suoi ospiti inglesi sull'uscio del grande portone di abete norvegese. “Madmoiselle Leroux, tanto fascino è giunto per scaldarci dal gelo del nord?”, esclamò Karkaroff non appena rivide Alice.

Durante il Ballo del Ceppo l'aveva costretta ad una serie di valzer che finirono per stancarla terribilmente: voleva dimostrare la forza, la costanza e l'eleganza degli uomini del Nord, mentre Alice si trovò annoiata dal ballare con quello che sembrava un tronco d'albero viscido e sgradevole. Anche in quest'occasione Karkaroff non riuscì a mostrarsi sotto una luce migliore. Forse era la sua passione per le Arti Oscure, il fatto che fosse un vigliacco o quella strana luce di avidità che lei vedeva nei suoi occhi, ma Alice non riusciva a fare a meno di sentirsi a disagio in sua presenza. Alice guardò Severus, sperando che le desse un po' di conforto e notò lo sguardo disgustato con cui osservava Karkaroff.

“Mio caro amico!”, disse il preside, abbracciando Severus, che era fin troppo rigido.

“È una fortuna che siate arrivati. Il nostro insegnante di Pozioni è brillante, però ha bisogno di alcuni riscontri. Tu sei l'uomo giusto, e la tua assistente Mademoiselle Leroux... Beh, è sempre un piacere averla tra noi”, disse con il suo tono mellifluo. Alice finse di osservare dei quadri pur di allontanarsi da quei due: era disgustata. Sentì chiaramente Severus dire: “Mademoiselle Leroux è una brillante Pozionista. Non è la mia assistente, ma una valida collega”.

Karkaroff alzò un sopracciglio, ridacchiò e disse a Severus: “Voi Inglesi avete la fissa del politically correct. Sono certo che la nostra graziosa ospite non si sarà sentita offesa o sminuita dalla mia galanteria”.

Alice sorrise imbarazzata. “In Francia abbiamo usi diversi”, disse seccata. Lei aveva lavorato per anni all'antidoto contro il morso di Nagini - al pari di Severus - ed ora doveva essere considerata solo un elemento di arredo?

Karkaroff bussò alla porta del professor Nesbyen. “Professore, sono arrivati i suoi colleghi”, disse, congedandosi dai due Inglesi, non senza aver fatto l'ennesimo baciamano ad Alice.

Vennero accolti da un uomo della loro età, biondo, dai lineamenti duri, gli zigomi sporgenti e gli occhi color ghiaccio. Senza dubbio, era un uomo affascinante.

Il pavimento dello studio era riscaldato da un grande tappeto di pelle di orso, mentre le pareti erano piene di scaffali di legno, su cui erano riposti disordinatamente libri, pergamene, fiale ed ingredienti. Alice sorrise nel guardarsi attorno: tutti i Pozionisti avevano un certo disordine in comune, dovuto al troppo lavoro che si accumulava. In un angolo della stanza, un caminetto riscaldava l'aria, mentre fuori dalla finestra si vedeva un'immensa distesa di neve. E pensare che era giugno.

Il professor Kaspar Nesbyen era una persona meno sgradevole di Karkaroff. Le foto di un'allegra famigliola esposte sopra il camino, in mezzo agli strumenti per la lavorazione delle pozioni, rincuorava Alice: il suo collega non sarebbe stato un viscido come Karkaroff.

“Benvenuti, miei colleghi”, disse in un inglese da cui emergevano tutte le difficoltà della pronuncia. “Mi dispiace avervi fatto precipitare in questo posto isolato, ma la situazione è grave”, disse serio il professore.

Severus sembrava altrettanto grave: “Il Ministro non ci ha dato molti dettagli, vuol dirci esattamente di cosa si tratta?”

“Diamoci pure del tu: siamo colleghi, lavoreremo insieme”, osservò Kaspar, e poi aggiunse: “Si tratta dei Doxy. Gli esperti del Ministero hanno iniziato a notare dei cambiamenti all'interno di alcune colonie: si cibano di alimenti diversi dal solito, si comportano in modo strano. Sono diventati estremamente aggressivi e il solito Doxycida sembra non funzionare più”.

Alice analizzava attentamente tutte le informazioni, disse: “Ci hanno parlato di vittime”. Il professor Kaspar si rattristò in volto ed aggiunse: “Sì, anche il loro veleno è cambiato. Ci sono stati dei morsi, nessun antidoto sembra funzionare. Temiamo che si possano diffondere ad altri paesi”.

Severus annuiva gravemente, i Doxy erano creature molto diffuse, vivevano nelle tende, nei mobili ed infestavano le case abbandonate. Sicuramente ne avrebbe trovati un po', una volta tornato a Spinner's End. Un aumento dell'aggressività era già una seccatura, se poi il loro veleno diveniva mortale, i problemi aumentavano di gran lunga. Il problema non erano tanto i maghi, quanto i Babbani, tenuti all'oscuro dell'esistenza dei Doxy.

Iniziarono a mettersi a lavoro. Si divisero il laboratorio, estrassero i calderoni ed iniziarono ad aprire i libri sui veleni. Severus pensò di consultare anche i libri che avevano acquistato durante il viaggio.

“Quali sono i sintomi?”, chiese Alice, mentre sfogliava uno dei suoi libri preferiti, quello sulle erbe curative che le aveva regalato sua madre: lo conosceva a memoria, ma era da sempre la sua fonte di ispirazione.

“Sono orribili: il corpo si riempie di piaghe e pustole dolorosissime, compare una febbre altissima che porta allucinazioni, deliri e forti spasmi muscolari. In pochi giorni il malato cede e muore”, rispose Kaspar.

“Avete provato con la polvere di unicorno?”, chiese Severus.

“Non ancora, abbiamo avuto la guarigione di un mago grazie alle lacrime della sua Fenice. Il Ministero ci sta pregando di trovare un rimedio che possa essere commercializzato tra i Maghi”, rispose Kaspar, che comprendeva perfettamente lo sdegno che compariva sul volto dei suoi colleghi, come se quando si trattasse di vita e di morte delle persone si potesse pensare a cose come l'industria delle pozioni.

“È comprensibile, se il veleno dovesse diffondersi vorranno avere antidoti a sufficienza. Gli ingredienti rari rendono il costo a la reperibilità più difficile”, osservò Alice, che in parte condivideva le intenzioni del Ministero, anche se pensava che prima di tutto occorresse trovare un rimedio, e subito dopo partire con la ricerca per trovarne di meno costosi.

La testa ricominciò a lavorare, a ripassare ingredienti, proprietà, procedimenti e riprendere tutte le nozioni che in quelle settimane aveva accantonato.

Osservò Severus ed anche lui stava riflettendo. “Le pozioni lenitive contro i sintomi della febbre e gli spasmi hanno qualche effetto?”, chiese Severus.

“Purtroppo molto lieve e di durata infinitamente breve”, rispose Kaspar.

“Avremo bisogno di qualche campione del veleno dei Doxy da esaminare”, disse Alice, che non vedeva l'ora di mettersi al lavoro.

Kaspar le sorrise: “Ne abbiamo in grandi quantità: siamo riusciti ad estrarlo senza molti problemi dai Doxy che abbiamo catturato. Queste fiale sono sufficienti?”

“Abbondantemente”, rispose Alice. Prese una fiala e l'annusò. L'odore era rivoltante, iniziò a sentirsi nauseata e le sembrò che la testa le girasse. Allontanò velocemente la fiala e tutto tornò a posto: quel veleno era fin troppo potente, ricordava il veleno di Drago.

Si domandò se l'antidoto contro il veleno di Drago riusciva a fare qualche effetto. Rovistò nella sua borsa, alla ricerca della fialetta esatta e quando la trovò provò a versare una goccia di antidoto sul veleno di Doxy. Il risultato non fu incoraggiante: era lo stesso effetto della pozione contro la febbre.

Kaspar si illuminò: “Una goccia di questa pozione ha un effetto lenitivo più lungo ed intenso di quella contro la febbre. Non è molto, ma possiamo aiutare i malati”, esclamò soddisfatto.

Si misero subito al lavoro. C'erano alcune decine di malati negli ospedali magici scandinavi ed occorreva dar loro conforto, tenerli in vita finché non si provvedesse a trovare la cura definitiva. Alice non sperava di avere tanta fortuna al primo colpo, anche se era difficile considerare una vittoria quella che sembrava solo una piccola tregua, ma era meglio di niente.

Lavorarono per tutto il giorno, alla sera furono accompagnati nelle loro stanze. Era strano per lei e Severus tornare a dormire separati, sembrava quasi di trovarsi di nuovo ad Hogwarts, anche se l'ambiente era decisamente più spartano e meno accogliente.

Alice si rannicchiò sotto le coperte, cercando un po' di calore in quella stanza gelida, mentre continuava a leggere un libro, con la speranza di trovare la soluzione ad un problema che rischiava di divenire catastrofico. La giornata si era rivelata pesante dal punto di vista del lavoro svolto e delle emozioni. L'idea che un male così oscuro e misterioso potesse diffondersi nel mondo magico, senza che i maghi potessero fare nulla per evitarlo, l'angosciava parecchio. Avrebbe voluto avere Silente vicino a sé; il vecchio Preside aveva sempre uno sguardo od un sorriso che infondevano speranza nei suoi interlocutori. La saggezza delle parole e gli occhi limpidi di Albus erano sempre stati fonte di conforto per Alice, soprattutto nei momenti più disperati delle loro ricerche, quando entrambi si chiedevano se Harry sarebbe stato in grado di affrontare il compito che lo attendeva. Ripensando a Silente, alle passeggiate con lui, le chiacchierate ed i dolcetti mangiati insieme, Alice si addormentò con il libro stretto tra le braccia, quasi che potesse infonderle la saggezza che cercava nel ricordo del vecchio preside di Hogwarts.

I giorni successivi, Alice, Severus e Kaspar lavorarono moltissimo e riuscirono ad ottenere una forma di rimedio, che tuttavia era molto lungo nel produrre i suoi effetti ed estremamente doloroso per le vittime. La cura necessitava almeno un mese di ricovero in ospedale, il veleno del Doxy veniva reso innocuo poco alla volta, lasciando il malato debole e con forti sintomi di febbre e delirio. Le complicazioni della malattia potevano risultare fatali nei bambini e negli anziani, tuttavia, sembravano non esserci altri rimedi e questo per il momento era un risultato più che soddisfacente. Alice ne fece una questione di principio, e si decise a continuare la ricerca una volta rientrata a casa, perché non era giusto che delle persone morissero in un modo così doloroso. Ci sarebbe voluto del tempo per trovare la cura adatta, forse anni, però Alice non aveva altri programmi per il futuro e questa prospettiva le dava la spinta per andare avanti e continuare ad impegnarsi nello studio e nella ricerca.

Dopo un paio di settimane, Severus ed Alice salutarono Kaspar: avrebbero continuato le ricerche separatamente. Nel frattempo, erano riusciti a far rientrare l'emergenza ed i primi maghi guariti dalla malattia sembravano non portare ulteriori strascichi. Si sarebbe dovuto lavorare anche ad un nuovo veleno contro i Doxy, visto che il precedente non produceva più alcun effetto.

“Troverete la Passaporta che ha predisposto il Ministero non appena avrete superato il confine di Durmstrang”, disse il professor Nesbyen, aggiungendo: “Il preside Kararoff mi prega di porgervi le sue scuse. Purtroppo non riuscirà ad accompagnarvi e salutarvi, perché è molto impegnato in alcuni compiti istituzionali”.

Alice sorrise, l'ennesimo saluto mellifluo di Karkaroff se lo sarebbe risparmiata volentieri: era bello pensare di tornare a casa, con un nuovo obiettivo ed una nuova prospettiva, dopo questo viaggio.

Alice e Severus si strinsero nei loro mantelli e si prepararono ad attraversare la tenuta di neve e ghiaccio che circondava la scuola Scandinava.

Il vento gelido continuava a ferire la pelle, nonostante oramai fossero i primi di luglio, mentre i piedi iniziavano a bagnarsi al contatto con la neve. Durante il tragitto non parlarono, cercando di disperdere meno calore possibile, mentre si chiedevano se fosse normale un clima del genere.

Videro un vecchio cappello da strega; doveva essere la Passaporta predisposta dal Ministero della Magia. Si avvicinarono e non appena varcarono una linea di confine tracciata sul terreno, che circondava il cappello, vennero accerchiati da esseri incappucciati.

“Piton, siamo alla resa dei conti”, tuonò una voce maschile, rauca e minacciosa.

Severus ed Alice sfoderarono le bacchette e si misero schiena contro schiena, cercando di capire chi fossero quegli individui.

“Lo abbiamo sempre saputo che eri un codardo”, disse una seconda voce, più squillante.

Severus cercava di riconoscere qualcuno, loro evidentemente lo conoscevano. Ad un certo punto disse: “Ti pensavo ad Azkaban, Rabastan”.

L'uomo incappucciato rise, con una risata che fece gelare il sangue ad Alice.

Mangiamorte. C'erano dei Mangiamorte in Scandinavia: avevano trovato rifugio dagli arresti e dalla caccia dei Dissennatori in questi posti desolati.

“È stato Karkaroff, suppongo”, disse Alice, che non si meravigliava di nulla ed era certa che quel verme li avesse subito offerti su un piatto d'argento a coloro che cercavano vendetta.

“Mademoiselle Leroux, lei è sempre così... acuta”, disse un'altra voce. Alice la riconobbe subito: era lui. Karkaroff non li aveva venduti. Karkaroff faceva parte – ancora – di quel manipolo di Maghi Oscuri.

Un Mago, finora rimasto in disparte, disse qualcosa in una lingua sconosciuta. Doveva suonare come un ordine, come un invito a non perdere tempo ulteriore. I maghi estrassero le bacchette, Alice e Severus furono velocissimi nel difendersi.

Riuscirono ad evitare di essere colpiti da qualche Incantesimo e Maledizione, ma i loro avversari erano troppo numerosi, e dopo poco ebbero la meglio.

Alice fu colpita da una Maledizione Cruciatus. Sentiva il corpo contorcersi sotto il fitto dolore della tortura. Era come se un'infinità di aghi, e spade, e lame, continuassero a colpirla in ogni parte del corpo. Sentiva i muscoli induriti dagli spasmi e pensava che non sarebbe sopravvissuta molto a lungo.

Guardò Severus, immobilizzato e torturato, come lei. Le lacrime iniziarono a scendere, sentiva il freddo pungente ferirle il viso, insieme all'effetto della Cruciatus. Ogni movimento, anche il solo respirare, causava dolori atroci.

L'aria fredda feriva la gola secca per le urla di dolore. Venne legata al tronco di un grosso abete da una catena. Nel forte impatto contro l'albero, la corteccia le ferì la mano e la bacchetta cadde a terra, sprofondando nella neve.

Alice iniziò ad avvertire la morsa del terrore. Era impotente, disarmata, nelle mani di assassini, che la costringevano a guardare le torture inflitte a Severus.

“Ti saresti risparmiata tutto questo se fossi stata meno testarda, Mademoiselle Leroux”, disse la voce melliflua di Karkaroff.

Alice lo guardò provata dal dolore inflitto dalla tortura: “Cosa vuoi da me, Karkaroff? Perché non mi lasci in pace?”

“Non sei poi così acuta se non l'hai ancora capito”, disse Karkaroff, che sembrava divertirsi in questa situazione, quasi che riuscisse a vendicarsi di tutte le umiliazioni ed i rifiuti che aveva dovuto subire.

“Tu non mi piaci”, disse Alice. Le lacrime, gelate dal vento del Nord, continuavano a rigarle il viso. Karkaroff rise, di gusto, trovava divertente quella donna patetica, quell'ingenua che addirittura pensava che lui, Igor Karkaroff, potesse essere interessato a lei.

“Sei un'ingenua, Leroux. Pensi sul serio che un uomo del mio livello possa volere una come te? Come sposa, magari? Piccola, patetica, presuntuosa! Ti voglio solo nella mia collezione. Dovrai strisciare ai miei piedi”, disse lui, con la tracotanza di chi ha dinnanzi a sé una vittima inerme.

“Perché tutto questo?”, chiese Alice, che trovava assurda questa situazione, la tortura per finire preda di uno sfizio perverso di Karkaroff, per finire ad essere un numero in più nell'elenco delle sue conquiste. Capiva il senso delle sue parole, quando molti anni fa, Karkaroff le aveva detto che erano poche le donne che lo avevano respinto. Alice non ci aveva fatto caso e pensava che fosse una delle sue solite frasi arroganti, ma aveva ragione Silente: Karkaroff era come un bambino capriccioso, che cerca di prendersi con la forza ciò che si vede rifiutato.

Karkaroff prese il volto di Alice tra le sue mani. Alice chiuse gli occhi perché era terrorizzata, e non voleva vedere niente, e sperava che sarebbe morta presto. Il corpo era rigido per il freddo e la paura. La paura di essere violata, come se ogni cellula cercasse di creare una difesa contro il tocco indesiderato di quell'uomo.

Alice tremava, sentiva il fiato di Karkaroff sul viso e le sue mani fredde che le impedivano i movimenti. Poi, sentì le labbra ruvide di lui appoggiarsi con forza contro le sue. Serrò le labbra, non voleva rispondere alla prepotenza di quello che non aveva nulla della dolcezza di un bacio, finché lui non le premette le guance così forte da farle aprire le mascelle.

Pensò che sarebbe stato capace di romperle il viso, di sgretolare ogni parte del suo corpo, di ridurla in brandelli, finché non avrebbe trovato il frammento di lei che non era più in grado di opporsi al suo volere.

Una lingua umida e viscida entrò nella bocca, immobilizzata dalla presa di Karkaroff. Un senso di nausea la pervase.

“Scommetto che lui non ti bacia così”, disse Karkaroff alludendo a Severus. Le lacrime riempirono nuovamente gli occhi di Alice, il pensiero di Severus torturato, costretto ad osservare quella scena terribile le diede le vertigini, e per la prima volta sperò che finisse tutto al più presto.

All'improvviso la sua mente si svuotò. Il corpo tornò a rilassarsi, le sembrava di galleggiare nell'aria. Non c'erano pensieri, né preoccupazioni.

Si accorse di non essere morta quando sentì le sue labbra rispondere al bacio di Karkaroff: non aveva esitato a ricorrere alla Maledizione Imperius, pur di ottenere quello che voleva. Alice non riusciva ad impedire il movimento della sua bocca, che sembrava cercare le labbra di Karkaroff contro la sua volontà. Una sola briciola di coscienza le era rimasta, e quando – con la coda dell'occhio - vide Severus accasciato sulla neve, l'ennesima lacrima uscì a rivendicare la sua effettiva volontà: c'era un solo angolo all'interno della sua persona che era stato risparmiato dall'effetto della maledizione. Così il corpo non tremava più e non era più rigido, nonostante il tocco rude di Karkaroff le desse la nausea.

Si sentiva impotente. Dopo la bacchetta aveva perso anche il controllo del suo corpo e la lucidità della mente la devastava: avrebbe voluto non essere cosciente, questa situazione era peggio dell'effetto di un filtro d'amore.

Dal canto suo, l'aguzzino godeva di quella nuova situazione e si prendeva i baci che non meritava ed indulgeva in carezze che non gli erano concesse, mentre Alice sentiva la disperazione divorarle l'anima.

Ci fu un lampo rosso, che colpì Karkaroff alle spalle. Alice vide gli occhi di lui spalancarsi e poi contorcersi a terra per il dolore. Ne approfittò per riprendere la bacchetta e liberarsi di quelle catene. La perdita del contatto visivo aveva interrotto l'effetto della Maledizione ed Alice si sentiva nuovamente libera e padrona del proprio corpo.

“Stupeficium!”, gridò verso Karkaroff, provvedendo a far schiantare il corpo del direttore di Durmstrang contro un albero distante dalla sua posizione.

Alice si precipitò sopra Severus, andando incontro alle maledizioni lanciate dagli altri maghi. Riuscì a schivarne qualcuna, altre la colpirono quando ormai era giunta vicino il corpo di Severus, ferito e stremato dalle torture subite.

“Andiamo! Stanno arrivando”, disse uno degli uomini incappucciati ed una serie di rumori sordi annunciò che si erano Smaterializzati, lasciando loro due soli in mezzo alla neve.

Al Ministero dovevano essersi accorti che qualcosa era andato storto, perché avevano perso la Passaporta: erano salvi, i soccorsi stavano arrivando.

Alice vide Severus gravemente ferito, perdeva molto sangue. Iniziò a praticargli degli incantesimi curativi e vide che era sempre più stanco. Gli disse di non addormentarsi, di rimanere sveglio, che presto sarebbero arrivati i soccorsi. Non poteva lasciarla sola, non adesso, non dopo tutto quello che stavano vivendo, non ora che stava finendo tutto.

In preda alla disperazione, prese la boccetta con le lacrime di Fenice e versò tutto il contenuto nella bocca di Severus: non poteva morire. Continuò a praticargli Incantesimi curativi e lo abbracciò, cercando di impedire che il suo corpo perdesse quel poco di calore che gli era rimasto.

Alice piangeva, le sembrava di essere tornata al giorno della Battaglia di Hogwarts, quando il mondo le stava crollando addosso. Sentiva le forze abbandonarla, questa volta non era certa che avrebbe resistito, questa volta era stanca, ferita, e stava perdendo sangue.

Se i soccorsi non fossero arrivati nel giro di qualche minuto, li avrebbero certamente trovati morti entrambi, assiderati o dissanguati.

Si dice che quando muori tutta la vita ti passi davanti gli occhi. Alice con le ultime forze prima del buio strinse Severus, pensò che non gli aveva ancora detto di amarlo, glielo aveva dimostrato, in mille modi, ma dirlo faceva sempre un altro effetto, e lei stava morendo, amata, senza sapere cosa si provasse nel sentirsi dire “Ti amo”.

L'ultima lacrima scese sul viso e dopo fu il buio.

Passarono pochi istanti e Severus riprese conoscenza. Gli incantesimi curativi e le lacrime di Fenice gli avevano dato forza sufficiente, ed il corpo di Alice lo aveva protetto dal vento gelido circostante.

Strinse tra le braccia il corpo privo di sensi di Alice, sentiva che era viva, seppure non poteva durare molto in quelle condizioni. Gli cadde lo sguardo per terra e vide la fiala di lacrime di Fenice vuota. Ancora una volta, lei aveva fatto di tutto per salvargli la vita.

Non ci fu bisogno di pensare a lungo, fece l'unica cosa sensata da quando tutta quella serie di presagi avevano iniziato ad avvisarli di interrompere il viaggio.

 

- CRACK -

 

L'ingresso del San Mungo apparve davanti i suoi occhi. Entrò con Alice in braccio e l'affidò alle cure di un Medimago. In Inghilterra c'era apprensione per la loro sorte, perché non si avevano notizie da parte loro ed il Ministero aveva allertato il San Mungo ed Hogwarts: i posti dove sarebbero potuti andare a cercare aiuto.

Un guaritore controllò le ferite di Severus, a quanto pare Alice aveva fatto un buon lavoro, così che occorsero solo un paio di bende ed una pozione, per lo più contro il freddo patito tra le nevi.

Severus rifiutò di essere ricoverato. Sedette su una poltrona, nella Sala d'aspetto del reparto d'urgenza dove avevano ricoverato Alice, aspettando che qualche Medimago uscisse dalla stanza per informarlo delle sue condizioni.

Kingsley si Materializzò esclamando: “Severus! Sono profondamente addolorato”.

Severus scattò in piedi ed esclamò: “No! Non provare a dirmi come ti senti! Come hai potuto mandarci là? Siamo stati attaccati da ex Mangiamorte, c'erano seguaci di Grindenwald. Ci avete dato in pasto a loro senza avvisarci!”

“Severus, non avevamo prove, c'erano solo delle voci”, disse Kingsley, cercando di giustificarsi, aggiunse: “Il Ministero Scandinavo ci aveva garantito”

“Il Ministero Scandinavo è corrotto. Sai chi guidava il gruppo? Rabastan Lestrange ti dice qualcosa?”, ribatté Severus. In piedi, di fronte Kingsley, lo guardava dritto negli occhi.

Kingsley disse: “Mi dispiace, Severus, sul serio. Dopo la guerra abbiamo tutti bisogno di normalità. Come sta Alice? Potter mi ha detto del suo ruolo nella guerra”.

“È là dentro. Sto aspettando notizie dai Medimaghi. Sono in quattro ad occuparsi di lei. Sembra grave”, disse, accasciandosi sulla poltrona. Il suo sguardo tornò cupo. Nella mente gli scorrevano tutti i momenti trascorsi con Alice.

Dalla prima volta in cui lei gli aveva sorriso, chiedendogli il libro per studiare il Distillato della Pace, quando lei era una bimba di appena undici anni. Ripensò alla sua gentilezza, al fatto che lei era sempre presente quando lui aveva bisogno di lei. Pensò alle Cioccorane sui libri, quando lei pensava di fargli una sorpresa, ma lui aveva capito subito che era lei, e non si era mai sentito di mettere fine ad un gesto così dolce. I regali di Natale e poi il loro litigio. La pace dopo la morte di Lily e la ripresa dei loro studi insieme. L'attacco dei Dissennatori e l'amicizia tra Alice e Remus. La morte di Silente e la disperazione. La guerra ed il nuovo inizio. No, lei non poteva lasciarlo in questo modo. Non così, non anche lei. Non adesso. Non le aveva neanche detto di amarla, dopo tutto. Perché lei lo sapeva e lui pensava che fossero sufficienti i fatti.

Arrivarono i genitori di Alice. Demetra era pallida in volto. Kingsley aveva provveduto ad informarli e loro si erano precipitati al San Mungo. Nella preoccupazione silenziosa di François Leroux, Severus riconobbe il contegno di Alice: senza dubbio, lei aveva il carattere del padre.

“Severus, come stai?”, chiese Demetra preoccupata.

“Io bene, Alice è stata così sconsiderata da salvare me invece di curarsi”, disse lui preoccupato.

Demetra sorrise, senza nascondere la preoccupazione che la divorava: “Lei è fatta così, è così presa dal mondo, che non si accorge di sé. L'importante è che almeno tu stia bene”.

“Kingsley ci ha informati di cosa vi è successo”, disse François, che voleva tranquillizzare Severus e dirgli che non c'era bisogno di cercare le parole per spiegare l'accaduto, perché ne erano già al corrente.

Severus apprezzò questa iniziativa di Kingsley e continuò a stare in silenzio, con il viso nascosto tra i capelli ad attendere una notizia, qualsiasi notizia. L'attesa lo stava uccidendo e quel silenzio era preoccupante. Passarono tre lunghissime ed interminabili ore prima che uno dei Medimaghi uscisse dalla stanza in cui si trovava Alice.

Una giovane Medimaga, probabilmente una tirocinante, si avvicinò alla sala d'aspetto, stringendo una cartelletta tra le mani, disse: “Ehm... Severus Piton?”

Severus si alzò e corse dalla Medimaga, il modo in cui stringeva la cartelletta non gli piaceva per niente, riuscì a dire solo: “Mi dica”. La giovane abbozzò un sorriso e gli fece cenno di seguirlo: “La situazione è sotto controllo adesso. Ci sono state delle complicazioni, la signorina Leroux è molto debole”

Dal fondo della sala Demetra e François tirarono un sospiro di sollievo e lasciarono andare Severus, loro lo avrebbero raggiunto dopo. Demetra si strinse al marito, che l'abbracciò, come avrebbe voluto abbracciare la sua Alice.

La stanza era bianca ed invasa da un forte odore di medicinali e disinfettante. Severus entrò cercando con gli occhi gli altri Medimaghi.

Un uomo sulla quarantina, si avvicinò a Severus e gli disse: “Aveva molte ferite interne. Siamo riusciti a risanarle tutte e a curare i segni della tortura. Purtroppo ha perso molto sangue, è molto debole”, disse il Medimago. Severus lo guardò e gli chiese: “Ce la farà?”

L'uomo annuì: “Sì, se non subentrano ulteriori complicazioni ce la farà. In ogni caso, la terremo sotto stretto controllo”.

Severus si sedette sulla sedia situata accanto al letto, prese la mano pallida di Alice e sentì il Medimago dire: “C'è un'ultima cosa. Adesso lei sta bene, purtroppo ha perso il bambino”. Severus sentì il suo respiro fermarsi, guardò l'uomo e disse: “Vuole dire...”

Il Medimago annuì, guardò la cartelletta e disse: “La gravidanza era allo stadio iniziale: stava finendo il primo mese. È probabile che neanche lei fosse a conoscenza del suo stato. I primi sintomi si verificano in genere intorno al terzo mese. Fortunatamente, lei sta bene e potrà avere ancora figli”. Il Medimago uscì dalla stanza, seguito dai suoi colleghi, lasciando Severus appoggiato contro lo schienale della sedia di legno.

Sarebbe diventato padre. Lui ed Alice avevano creato una vita e gli era stata portata via prima ancora che ne fossero consapevoli. Non riusciva a pensare ad altro. All'improvviso il passato gli sembrò qualcosa di lontano, rispetto a quello che aveva appena scoperto.

Il futuro si presenta alla porta quando meno te lo aspetti, e se non stai attento, finisce che te lo portano via a tua insaputa. Stava per avere la normalità che cercava da una vita: l'amore di una donna, un figlio, ed aveva appena rischiato di rimanere da solo, di nuovo.

Alice mosse le palpebre, Severus sorrise. Quando lei aprì gli occhi, la prima cosa che vide furono gli occhi scuri di Severus, chino su di lei, ad osservare ogni linea del suo volto, pensando a tutto quello che aveva perso e rischiato di perdere in quella giornata.

“S-Severus, dove siamo? Stai bene?”, disse con la voce impastata dal sonno e dai medicinali. Severus annuì e le disse: “Siamo al San Mungo. È tutto finito”.

Alice vide i volti dei suoi genitori spuntare dalla porta della stanza e sorrise loro. Demetra corse verso la figlia: “Oh, Salazar! Alice, cara, stai bene! Che gioia!”, François seguiva la moglie, sollevato nel vedere la figlia già sveglia e cosciente.

Alice disse: “Papà”, sorridendo in direzione del signor Leroux e Severus sentì un brivido corrergli lungo la schiena. François si sedette dall'altro lato del letto, prese la mano sinistra di Alice e le disse scherzosamente: “Che ti avevo detto, cara, quando saresti diventata grande, anche tu avresti avuto le tue avventure. Sono molto orgoglioso di te”. Alice sorrise, era decisamente stanca. Un'infermiera fece uscire tutti dalla stanza, lasciando solo Severus seduto accanto ad Alice.

“Severus, cosa hai? Cosa ho di preciso?”, chiese Alice, che conosceva fin troppo bene lo sguardo preoccupato di Severus e sapeva che c'era qualcosa dietro quel silenzio imbarazzato.

Severus si fece coraggio e le raccontò quello che gli avevano detto i Medimaghi. Alice scosse la testa, non aveva idea delle condizioni in cui si trovava, ed adesso comprendeva il suo stato d'animo. Gli occhi si inumidirono, di nuovo, per il futuro che le era stato portato via, dissolto come i ricordi di quella splendida serata sotto il cielo di Istanbul, prima che i presagi di morte iniziarono a funestarli.

Non poteva saperlo, eppure la Banshee che aveva visto in Irlanda l'aveva avvertita. Dicono che predicano la morte, specie quella dei bambini, in circostanze terribili. Alice ignorava di aspettare un bambino e tutti quei presagi non li collegava a nulla del genere. Aveva sempre pensato che, finché lei e Severus fossero stati insieme, tutto sarebbe andato bene, ma non era così.

Severus le si avvicinò e le disse: “Che ne dici se mettiamo fine a questi viaggi? Io ti amo, Alice. So che non è molto, ma ti posso offrire una vita noiosa, così noiosa che il peggiore imprevisto può essere una pozione mal fermentata, e con noi due come pozionisti, sai che non è possibile”.

Alice sorrise, era così bello sentirsi dire “Ti amo”, non le era mai successo prima d'ora. Annuì e disse: “Ti amo, Severus. Sì, voglio una vita noiosa, e quando le pozioni non fermenteranno bene capirò che è ora di andare in pensione”.

Severus le baciò la fronte, finalmente sentiva un po' del calore che aveva cercato per una vita intera.

 

 

Fine.

 

 

 

N.d.A.: Se non avessi deciso di scrivere un sequel sarei già distrutta dalle lacrime. I due hanno fatto un passo avanti, a quanto pare le disgrazie servono a qualcosa: per lo meno a mettere un punto e ricominciare, con una motivazione diversa.

L'idea del veleno del Doxy è di Charlotte McGonagall, le ho prestato Alice per una sua storia e lei mi ha prestato questa idea. Grazie mille, Charlotte! :-)

Il finale mi dà speranza però sono anche piuttosto triste, perché è stato difficile scriverlo e fare un male del genere ad Alice, però era necessario.

Forse, qualcuna, tipo Lulu_Herm, che è attentissima ai dettagli, avrà capito che le date dell'epilogo dell'Orizzonte degli eventi o la data di nascita di François non combaciava con il concepimento iniziale, però non so.

Sono un po' triste, perché mi dispiace maltrattare Alice: prometto un po' di Fluff nel sequel.

Alla prossima

Severa_Sha :-)

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