The Destiny of Wolves

di Just a Shapeshifter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ... ***
Capitolo 2: *** Chapter 1; blood like red moon. ***
Capitolo 3: *** Chapter 2; Prophecy. ***
Capitolo 4: *** Chapter 3; Isn't it a tail? ***
Capitolo 5: *** Chapter 4; Figh over something. ***
Capitolo 6: *** Chapter 5: Transmutation ***
Capitolo 7: *** Chapter 6; Luxury ***
Capitolo 8: *** Chapter 7; Welcome to the Wolv's clan ***
Capitolo 9: *** Chapter 8; Autumn. ***
Capitolo 10: *** Chapter 9; Smell blood. ***
Capitolo 11: *** Chapter 10; NightShark. ***
Capitolo 12: *** Chapter 11; Gloomy mood. ***
Capitolo 13: *** Chapter 12; Hunting season. ***
Capitolo 14: *** Chaptert 13; Trādo ***
Capitolo 15: *** Chapter 14; Escape. ***
Capitolo 16: *** Chapter 15; Ready, set, fight! ***
Capitolo 17: *** Chapter 16; A storm beyond the fur ***
Capitolo 18: *** Chapter 17; Cage ***



Capitolo 1
*** Prologo ... ***


Nel lontano 470 d.C. circolava una malattia, una malattia brutale, capace di trasformare un essere umano in un uomo-lupo durante le misteriose notti di luna piena.
Faceva perdere la ragione, il corpo non si controllava più, e un istinto animalesco divorava la vittima. Se il soggetto si fosse trovato il suo migliore amico davanti l'avrebbe ucciso senza alcuna pietà.
Intanto, sempre nel lontano 470 d.C. vi era una specie ancora più potente. Controllava la magia oscura. E conosceva tutti i malefici, anche i più orribili e disumani.
Tra le più potenti streghe di allora ce n'era una, il suo nome simboleggiava la bellezza e l'astuzia, Blaineley, famosa per le sue maledizioni molto durature.
Aveva una figlia, cattiva e calcolatrice, il suo nome faceva gelare il sangue nelle vene, Heather. La madre offriva i suoi servigi a tutti coloro che possedevano abbastanza denaro per pagarla. Uno di questi era un uomo molto ricco e affascinante. Il suo nome era caldo e sensuale, Alejandro.
Lui, essendo un uomo carismatico e benestante, aveva molti nemici. Venne a sapere da una sua spia di questa donna in grado di aiutarlo e così andò da lei per avere un vantaggio sui suoi avversari.
<< Quindi il tuo piano è di avvelenarlo con una pozione in grado di fargli cessare il respiro, facendolo soffocare nel suo stesso sangue. >> divulgò Alejandro seduto su una comoda sedia rossa, con aria compiaciuta.
<< Esattamente. >> annunciò la bionda sorseggiando un vino di un colore stranamente rosso acceso.
<< Splendido, accurato, sopraffino e sopratutto facile da ricordare... >> il suo sguardo, di solito sempre concentrato sull'obbiettivo parve improvvisamente distaccato, come distratto da qualcosa.
<< Signor Burromuerto? Che cosa sta guardando di così... interessante? >> domandò la donna restando nella sua posizione iniziale e sospirando poco dopo, prima di iniziare a parlare, capendo.
<< Heather figlia mia, quante volte ti ho detto che non mi devi disturbare mentre ho degli ospiti? >> pronunciò la strega con un pizzico di impazienza, mascherato alla perfezione, ma che Alejandro comunque captò. << Oh non si preoccupi, la Chica non disturba >> la guardò. << Non disturba affatto. >> ammise, con un sorriso ammaliante.
La mora lo squadrò da capo a piedi, poi girò i tacchi e si diresse nelle sue stanze. Le giornate passarono, e i due diventarono amici, dato che il ragazzo passava molto tempo dentro quella grande villa, programmando la morte di ogni sua sfortunata vittima.
Provocando nella malvagia Heather una sensazione di attrazione.

Odio e amore, ammirazione e mistero, queste caratterizzavano i due innamorati. E un giorno il ragazzo, dopo una brutta discussione con l'apprendista strega, in preda a una crisi isterica, fugge nel bosco durante un'eclissi di luna.

Occhi iniettati di sangue, che fissavano la bianca luna che risaltava in tutto quel blu.

Heather osservava da dietro un muro quell'orrida e spaventosa scena.
La madre non doveva assolutamente scoprirlo.
Oppure sarebbe accaduto il peggio.
Messo da parte il subdolo orgoglio i due si innamorarono tra segreti nascosti e la passione che ardeva in loro, si lasciarono trasportare da tutte le emozioni. Quella notte intorno a loro si stendeva un velo di rosso.
Ma il male è sempre in agguato...

Una sanguinosa lotta scuoteva la terra dopo la scoperta dell'oscuro segreto del Primo Lupo Mannaro...

<< Perchè sei qui? >>
<< Fidati, meglio non saperlo. >>


Angolo dell'autrice

Autrice: Sono tornata :D
Scott: Qual è la novità?
Autrice: La novità è una FF su lupi mannari e licantropi :D
Scott: Posso non risponderti?
Autrice: Certo che puoi. Ma tanto ci sei anche tu dentro questa FF v.v
Scott: Ah si? Fammi indovinare sono... quello che se ne va da questa discussione senza senso?
Autrice: No u.ù Tu sei un... Lo scopriremo nei prossimi capitoli!
Scott: Mi stai prendendo in giro?

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Capitolo 2
*** Chapter 1; blood like red moon. ***


Continui passi veloci si propagavano sul terreno ricco di foglie.
Stava scappando, fuggendo via da una sua ormai vecchia vita. La testa le girava da impazzire, ma non poteva fermarsi, non ora.
Un tuono più forte degli altri squarciò il cielo e alzasti la testa, osservando quelle nuvole minacciose.
Tra poco sarebbe scoppiata una vera e propria tempesta, te lo sentivi, il tuo istinto non sbagliava mai.

Heather si guardò intorno in cerca di un riparo, e una grotta perfetta le apparve in aiuto, offrendole un rifugio.
La ragazza si accomodò su una delle lisce pietre, pensava a un modo per mandare avanti la propria, quasi, inutile vita. Già, quasi inutile, perché ella portava dentro il suo grembo una piccola, ma non inutile, nuova vita.
Nonostante fossero passate appena due settimane, il ventre cresceva sempre più velocemente.
Chiuse gli occhi abbandonandosi alla stanchezza. Uno strano presentimento scorreva nelle sue viscere, c'era qualcuno con loro. Avrebbe potuto aiutarli? O la piccola apprendista avrebbe dovuto affrontare un nemico forse più forte di lei?
<< Perché sei qui? >> quella voce la sorprese ma non la spaventò, era così calma, riflessiva, stranamente accogliente.
Prese coraggio e le rispose cercando di mantenere quel poco di calma che le era rimasto in corpo. << Fidati, meglio non saperlo. >>
<< Mi chiamo Dawn, sono un'eremita veggente. E da quello che riesco a leggere nella tua aura sei in attesa di una creatura piccola e indifesa, ma nello stesso tempo sei visibilmente preoccupata. >>
Scandalizzata, ecco com'era l'espressione sul viso di Heather. Come faceva a sapere della gravidanza? Come faceva a sapere il colore della sua aura e sapere il suo stato d'animo? Troppi punti interrogativi le passavano nella mente, e forse l'eremita se ne era già accorta.

La testa le stava scoppiando, troppi Flash Back la tormentavano, passando tra un'anticamera del cervello e l'altra, troppi ricordi, troppo sangue.
Si abbandonò ad un Flashback più forte degli altri. Quella notte, quella rossa notte in cui tutto cambiò.

<< Fermo! Dove pensi di andare? Non ho ancora finito con te! >>
<< No Chica, abbiamo chiuso! >> quelle taglienti parole squarciarono la voce della ragazza, incredula. Non avrebbe mai pensato che qualcuno potesse parlarle in quel modo così freddo e raggelante.
L'ispanico corse via in preda a un attacco di rabbia mai provata prima, seguito dalla strega che in quel momento avrebbe voluto farlo in tanti pezzettini, essendo solo un vile essere umano, non poteva neanche minimamente competere con la sua magia.

Alejandro si ritrovò solo, in mezzo a una delle più scure delle foreste del regno. Si bloccò, pensando a quello che poco prima era accaduto.
Non avrebbe mai dovuto fare una cosa del genere. Perché poi? Per vederla soffrire? Oh no, allora non era così cattivo come pensava.
All'improvviso vide scintillare qualcosa nella boscaglia, a primo avviso sembravano che ne so, lucciole, gioielli, pietre, perfino il riflesso dell'acqua. Ma nessuna di queste cose era paragonabile all'orribile, maligna e incredibilmente atroce creatura che si nascondeva con abilità dietro mucchi di erbacce, abeti e cespugli.
Una feroce belva stava in agguato. In attesa di un primo passo falso della sua vittima.
Alejandro continuava a fissare quei bagliori, cercando una spiegazione, un indizio che lo avrebbe portato a una soluzione. Finalmente la ragazza lo raggiunse, capendo immediatamente cosa stava per accadere da li a poco. Si nascose dietro un cespuglio, sperando che non fosse come temeva.
Ma, la belva tanto temuta uscì, rivelandosi.
Un grosso lupo gli si parò davanti, forse il più grosso che avesse mai visto. Pelo nero, incredibilmente fitto e irto sulla schiena. Denti affilati e sporchi di una sostanza rossastra, la bocca piena di schiuma e la bava che colava da tutti e due gli angoli. Pupille pericolosamente dilatate; l'occhio ambrato ma allo stesso tempo terribilmente minaccioso.
In un attimo senza neanche pensarci due volte azzannò l'uomo al collo, provocandogli una ferita profonda. Il denso sangue si versò sul morbido terreno del bosco, formando una pozza sotto lo sfortunato.
Heather assistette a tutta la scena, voleva soccorrerlo, fece per alzarsi ma la paura le bloccò gli arti, facendola indietreggiare a una ributtante visione dopo la misteriosa scomparsa dell'animale.

L'uomo cadde appoggiandosi sulle ginocchia, si mise una mano sul collo sanguinante, sentendo sotto i polpastrelli la profondità della ferita.
Cercò di alzarsi ma, guardandosi la mano sporca del suo stesso sangue una sensazione di ribrezzo gli percorse la schiena facendolo cadere nuovamente.
Era curvo, le mani gli paravano il viso, dita incurvate verso l'interno, come se volesse strapparsi gli occhi.
Un gorgoglio gli salì dal profondo delle viscere, diventando più acuto mano a mano che saliva, liberandosi finalmente in un urlo di dolore.
Degli occhi iniettati di sangue fissavano quella bianca luna che risaltava la sua forma sferica in tutto quel blu.
Forse per quello la trasformazione era subito iniziata. Partendo dalle dita, che si inarcavano e allungavano sempre di più, diventando dei veri e propri artigli che potevano sgozzare un uomo con un singolo e leggero colpo.
La cassa toracica dell'uomo produceva dei rumori secchi, sottolineando la rottura di molte ossa.
Le gambe si allungavano anch'esse. I muscoli aumentavano sempre di più. E sulla pelle spuntavano tanti, forse troppi peli, di un colore nero pece.
Infine anche la sua mascella si ingrandì, prendendo una forma che assomigliava molto a quella del muso di un lupo, la scatola cranica aumentava di grandezza e di peluria, formando una vera e propria criniera sul collo.

Heather si riprese da quel Flash Back che tanto odiava.
Scosse la testa e seguì la veggente per vedere dove sarebbe vissuta per più tempo possibile.


Angolo dell'autrice:
Buongiooooorno/ sera/ notte...
Eccoci qui con il primo capitolo "ufficiale"...
Beh, come va il mal di testa?!?
Come vi sembra il capitolo? Forse è troppo macabro? Troppo rozzo? Troppo dettagliato? *Va nel panico e si infila le dita tra i capelli*

Duncan: Ma per favore... Se io sono il protagonista, perché non ci sono!?!
Autrice: .-. Evidentemente arriverai dopo no?!? Ma ora passiamo alle cose più importanti...
Scott: Siiii, cose come tipo la schifezzaggine assurda di questo capitolo?!? Perchè fa veramente schifo, lo sai?!?
Autrice: Non so neanche se un termine come schifezzaggine esista.... ma sorvoliamo... qui il tuo parere non conta u.u
Beh...che altro dire...
Ah, si... recensite e datemi un parere sulla storia ^^
Aloha :3

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Capitolo 3
*** Chapter 2; Prophecy. ***


Era seduta su una sedia Heather...
Una sedia grezza, costruita intrecciando semplici ramoscelli, ma pur sempre comoda. Oh si, l'eremita era davvero brava.
Osservava suo figlio giocare con un cucciolo. Il cucciolo di Dawn, un dolce lupacchiotto dal pelo stranamente argentato. Lei lo aveva trovato nel bosco, e ormai era come un cane, certo, forse un po' più pericoloso...
Il piccolo bimbo che dimostrava tre anni giocava con lui davanti a un caminetto acceso dentro casa.
Il bagliore del fuoco illuminava la piccola casetta nascosta in mezzo al bosco, rendendola calda e accogliente.
Era pensierosa, Heather. I suoi occhi puntavano sempre verso suo figlio.
Un bambino vivace... Con quegli occhi così limpidi color acquamarina, che contrastavano dei capelli nero pece.
Così grazioso ma così diverso...
Se ne erano accorte fin dalla gravidanza, durata appena tre mesi e due settimane.
Fatto molto strano. Dawn non ci poteva credere. Nessuno poteva partorire in così poco tempo.
Che la magia della strega non fosse riuscita a contrastare la malattia del compagno?
E in più il bimbo era nato perfettamente sano, aprendo quasi subito i suoi occhioni blu, rivelandosi al mondo esterno.
A soli due mesi già riusciva a camminare, e verso i dieci mesi già correva e parlava.
Il piccolo ragazzo dai capelli scuri come la notte e il piccolo lupo stavano bene insieme. Si capivano... Come se ci fosse un certo feeling, tra i due.
Heather sospirò, lasciandosi cullare dalla leggera brezza del vento tra le foglie.
La sua mente era libera, spensierata... così si lasciò travolgere da uno dei Flash Back più dolci che avesse mai avuto.

"Volevo solo aiutarti...” << Volevo solo aiutarti.. >>
Il ragazzo non le diede risposta.
<< Lo so che sembra stupido, ma, il fatto è che... che non sopporto vederti così! >> lo sguardo della ragazza si era fatto basso, delle lacrime parevano sgorgarle dagli occhi, e le mani si raggomitolarono in due stretti pugni.
In un secondo il ragazzo dalla pelle ambrata si girò di scatto verso di lei, appoggiando le sue forti mani sulle spalle della strega; forse compiaciuto delle scuse.
<< Oh, Heather, lo sai, neanche per me è facile convivere con questa... questa... >> si bloccò, come per riflettere su ciò che stava per dire. << Questa malattia. >> sospirò infine non mollando la presa.
La mora capì immediatamente che non stava mentendo però, era suo dovere aiutarlo. Ma la madre non sarebbe mai dovuta venirlo a sapere o per lui, o meglio, per loro sarebbero stati guai.
Alejandro amava Heather. Gli era pienamente riconoscente. Ma non si può sconfiggere un male se non lo si conosce.
Il silenzio invase l'aria come un tornado scuote la terra.
Il latino sollevò delicatamente con una mano il mento della ragazza, e si appressò a lei come un vestito che cadeva alla perfezione.
Le loro auree si unirono in un mix di rosso perfetto.
La passione ardeva in loro come il fuoco che bruciava il duro e umido legno di quelle foreste, così difficile da incendiare, così difficile da procurare.
Parevano due ballerini, due ballerini perfettamente in sincronia.
Tra baci passionali e piccoli gemiti la potente piccola strega e l'affascinante, ormai non più uomo, si unirono costruendo così una nuova, ma non inutile, piccola vita.

Si risvegliò, se così possiamo dire, attirata da una voce femminile e molto famigliare.
<< Dawn... quante volte te lo devo dire... Non devi comparire così all’improvviso, lo sai che lo detesto... >> enunciò la strega abbandonando per sempre quella dolce sensazione di pochi istanti prima.
<< Scusami... volevo solo avvisarti di una cosa... >> si difese lei sedendosi in mezzo all’erba incrociando le gambe e fissando un punto sul terreno.
Heather avvertì una lieve scossa dietro la schiena, così azzardò un commento, consapevole di averci azzeccato pure questa volta.
<< Hai avuto una premonizione, giusto? >> disse lei accavallando la gamba destra su quella sinistra.
La bionda annuì, facendo volteggiare i candidi capelli.
<< Di che si tratta stavolta Dawn? >> domandò curiosa la mora.
La piccola veggente non riusciva a dire una parola. Forse troppo spaventata dalla sua fugace visione.
<< Allora? Me lo vuoi dire si o no? >> nella voce di Heather si poteva benissimo sentire un lieve tono di arrabbiatura, che fece rabbrividire la compagna.
Allora la ragazza di fronte a lei si decise di parlare con un tono di voce ispiratrice, i suoi occhi erano annebbiati di fumo immaginario.
<< Tuo figlio. Ho scoperto perché cresce così velocemente. >> dichiarò la biondina fissando Heather dritta negli occhi.
La donna si bloccò, come paralizzata.

La sua voce tentava di uscire per chiedere spiegazioni, ma la gola impediva il passaggio di qualunque suono.

Rimase così, con gli occhi sgranati e la bocca semi aperta per diversi secondi. Poi, finalmente riuscì a formulare una frase.
<< C-che cosa vuoi dire... che cos'ha?! Parla! >> << Dobbiamo stare attente... Tra cinque anni un’eclissi di luna apparirà nel cielo... E allora sarà troppo tardi. >> Heather non credeva alle parole appena sentite.
Come poteva suo figlio... essere in qualche modo un mostro?
Che centrasse...Alejandro?
No, no, no: non poteva essere...
Una voce cristallina irruppe di nuovo nei suoi pensieri. << Heather ho visto che cosa diventerà! >>
<< S-Spiegati meglio. >> fu tutto quello che riuscì a dire la mora, conficcando le proprie unghie tra gli intrecci della poltroncina.
Dawn si accertò che il piccolo figlio della strega fosse abbastanza lontano, per non udire quella sgradevole conversazione... poi iniziò.
<< Accadrà per un motivo preciso. Degli occhi, ho visto solo loro. Due occhi neri, forse appartenenti a una figura femminile. E poi un forte ululato. Niente più... Ma di una cosa sono certa... quello era tuo figlio, me lo dicono gli spiriti... Dobbiamo stare attente, Heather, molto attente... >> commentò per l’ennesima volta la veggente come se stesse ripetendo un formula magica in stile sciamano, prima di alzarsi e di ritornare dentro quella sottospecie di caverna, oramai la loro casa da quasi due anni.

-Cinque anni dopo-

Un ragazzo dal fisico quasi scolpito si stiracchiò prima di scendere dal suo letto e andando a salutare il suo amico a quattro zampe.
Si grattò per un attimo la testa pensieroso, per poi scegliere l’arma del giorno.
Un arco affusolato e un piccolo contenitore con dentro delle frecce perfettamente costruite.
Il ragazzo sogghignò. Sapeva che la zia veggente era contraria alla caccia, ma, diamine! Era più forte di lui...
Il sapore del sangue... il sapore della carne lo faceva letteralmente impazzire...
E in più pure il suo amico impellicciato doveva sfamarsi... quindi la caccia era d’obbligo. Di certo non sarebbe diventato vegetariano, non dopo la scoperta di quel cibo così buono e succoso così, con un lieve fischio attirò il lupo e gli fece cenno di seguirlo.
Uscirono dalla loro casa alle prime luci dell’alba, immergendosi nel fitto della foresta. Il ragazzo dai capelli corvini e occhi azzurri era in quel dannato mondo da soli sette anni, ma ne dimostrava già sedici.
La veggente aveva ragione... lui era diverso, speciale... ma il giovane non aveva mai dato molta importanza a tutto ciò.
Era da sempre vissuto solo, con la madre, la zia adottiva e il suo piccolo amico dai canini scintillanti.
E tra tutti e tre era l’anima con cui andava più d’accordo.
Per qualche strana ragione il giovane poteva comunicare con il lupo, e viceversa.
Certo, questo poteva sembrare abbastanza strano, ma per lui no.
Ad un certo punto il canide si fermò, drizzando le orecchie. Era il segnale.
Il ragazzo estrasse una delle sue frecce dalla custodia che gli pendeva dietro la spalla destra e iniziò a prendere la mira.
Un istante dopo una freccia con delle piume ornamentali si librava nel cielo, scattante e veloce quanto pericolosa.
<< Centro! >> disse il ragazzo correndo a prendere la sua meritata preda e dividendola con l’amico a quattro zampe. << Beh... tu la tua parte te la mangi così ma io la preferisco di gran lunga cotta... torniamo dai. >> annunciò alla fine il giovane riprendendo il cammino verso casa.
Ormai il sole era alto nel cielo... eppure, diversamente dagli altri giorni, esso sembrava...spento.
Senza pensarci troppo il duo continuò a camminare, fino a quando un rumore attirò l’insolita coppia.
Il giovane si appiattì al suolo, imitando il compagno impellicciato.
Alzò lentamente la testa, per vedere chi fosse la causa di quel rumore:
Un orso?
Una semplice volpe?
O un piccolo ed insignificante furetto?
Alla vista della creatura il ragazzo per poco non svenne.

Un’umana.
Un’altra umana dispersa in quella foresta.
Com’era possibile?!
Restò lì, incantato, a fissare quella creatura così simile a lui.
Restò lì forse un po’ troppo, perché la ragazza dai capelli color ebano e gli occhi profondi e scuri come due pozzi lo notò.
<< Ehi! Che ci fai da queste parti? Di solito qui non c’è mai nessuno... Ed è anche il mio nascondiglio segreto! Tu e il tuo, lupo? Ah beh, oramai l’avete trovato... Si può sapere come avete fatto?! >> sputò la ragazza con un pizzico di irritazione nella voce.
<< Cavolo una vaga in mezzo alle foreste in cerca di un piccolo spazio di pace per sé, lo trova e poi arrivate voi e rovinate tutto! >> la ragazza misteriosa continuava a parlare senza sosta, mentre un’eclissi di luna sovrastava il cielo.
<< Fantastico, ci mancava pure questa cosa qui! >> annunciò infine sedendosi su una pietra liscia. << Comunque, visto che hai rovinato tutto, piacere, sono Courtney. >> disse tendendo la mano.
<< Duncan. >> sbottò il giovane con un sorrisetto malizioso sulle labbra e stringendole la mano.
<< Bene, ora che le presentazioni sono finite... tu sai che cosa potrebbe essere quella roba lì? >> continuò lui indicando il cielo, improvvisamente buio.
<< Beh, genio... è un eclissi! Benvenuto nel regno dei vivi! >> disse lei irritata. << Uuuuuuh... qualcuno è acido... >> commentò il ragazzo facendo affiorare un ghigno sulle labbra. << NON SONO ACIDA, OK?! >>
All’improvviso il compare di Duncan scattò in allerta.

Un rumore attirò l'attenzione anche del moro, che non fece in tempo a reagire.
Un orso sbucò all’improvviso da dietro alcuni cespugli, tirando una zampata in direzione dei due giovani: Duncan la schivò, non ricavando danni, Courtney invece fu meno fortunata.
L’artigliata la colpì, facendola sbattere contro un albero e facendole perdere i sensi.
L’atmosfera era tesa, così tanto che la si poteva tagliare con un coltello.
Il corpo del giovane iniziò a scaldarsi, sempre di più.
La rabbia gli ribolliva nel corpo.
No! Quella sottospecie di bestia non poteva uccidere il suo primo contatto umano... No che non poteva!
Duncan serrò i pugni, facendo sbiancare le nocche tanta era la pressione che stava esercitando.
Aprì la bocca mostrando i denti, che nel frattempo si erano allungati ferendogli il labbro inferiore.

All’improvviso qualcosa gli fece scattare lo sguardo verso il cielo. Verso quella luna comparsa stranamente di giorno.

Sentì il suo corpo trasformarsi.
Le mani piano piano scomparivano, per essere sostituite subito dopo da due enormi zampe, color carbone.
La sua colonna vertebrale stava mutando.
Il viso si trasformò, diventando sempre più simile a quello del suo così conforme amico lupo. Sentiva i denti diventare zanne, e un folto e irto pelo gli cresceva a dismisura in tutto il corpo, mentre una specie di protuberanza gli spuntava nelle parti del fondo schiena, molto probabilmente una coda...
Finalmente la trasformazione era completa.
Il giovane mutaforma aprì gli occhi.
Che a differenza di tutto il resto, erano sempre gli stessi, azzurro acquamarina.
Sentiva una forte sete di vendetta nei confronti di quella specie di mostro.
Lanciò un ululato che squarciò l’aria, poco prima di lanciarsi su quella sottospecie di orso.


Angolo dell'autrice

Duncan?!?! Figlio di Heather e Alejandro?!?! Buhahaha incredibile come suscito curiosità nelle persone :D
Scott: *Scoppia a ridere* Hey!?! Papino?? Hahaha! Al!!
Alejandro: Ma come ti vengono in mente idee così! Oddio, non mi fraintendere, io Duncan lo considero come un fratello, mah, questo è troppo!
Duncan: O___O" Bhè il lato positivo è che c'è la mia Principessa :D
Autrice: Hem.. già... Però ti avviso che un orso l'ha sbattuta contro un albero...
Duncan: Ucciderò quella creatura >:D
Scott: Hei Hei fermi tutti! E io dove sono!?!? Non dovrei esserci anche io in questa scena?
Autrice: Aspetta... fammici pensare... NO >:D Ti ho detto che tu vieni dopo!
Duncan: Hahaha che pivello!
Autrice: Bene! Spero vivamente che con questo capitolo i vostri dubbi si sono finalmente schiariti :D Recensite perchè voglio assolutamente sapere come vi è sembrato :D *sparisce*

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Capitolo 4
*** Chapter 3; Isn't it a tail? ***


L'ultimo ululato si librò nell'aria come un falco che si preparava a ghermire la sua preda.

In un attimo tutto finì.
Quella sanguinosa lotta era giunta finalmente al termine.
Gli occhi del ragazzo finalmente si spalancarono tingendosi di quel così strano ma dannatamente invitante blu. La testa gli girava, confusa, che cosa era successo?
Un braccio slittò indietro facendo sollevare il torace del moro, inizialmente sdraiato al suolo. Si massaggiava le tempie cercando, invano, di ricordare anche solo un frammento di quelle ultime ore accorgendosi, solo dopo, di una carcassa orribilmente puzzolente vicino a lui.
Un orso... quell'orso, quello che aveva tentato di sbranare Courtney...ma adesso era li, morto. Con uno squarcio che partiva dall'occhio destro fino alla gola per poi interrompersi e proseguire sul ventre svuotato.
Ma che razza di mostro era? Come poteva, anche solo aver pensato di fare una cosa così terribile? Se l'eremita l'avesse scoperto, avrebbe passato davvero dei grossi guai.
Intorpidita, ecco com'era la sensazione che inizialmente gli stimolava la spalla. Il suo sguardo precipitò vedendo una lacerazione alquanto profonda. La carne pulsava ancora e il sangue fuoriusciva velocemente sporcandogli la camicia. Un’artigliata lunga e netta gli prendeva di traverso tutta la parte superiore del braccio.
Pensò di aver sognato tutto, ma quelle mani così sporche di quel rosso così invitante dicevano il contrario.
Si girò di scatto, sentendo un rumore dietro di sè. << Lo-Logan. >> Il lupo non rispose, il suo sguardo era fisso su un punto.
<< LOGAN! >> l'urlo del ragazzo non fece altro che potenziare la sua curiosità. Voltò gli occhi e la vide, i capelli castani abbracciavano il terreno estendendosi come i raggi del sole. Girata su un lato dormiva, il vestito bianco risaltava il suo corpo con quella pelle cosi dannatamente ambrata.
Duncan si alzò appoggiando le mani sul suolo dipingendolo di rosso.
Non si accorse di nulla, si avvicinò alla ragazza e mentre cercava di risvegliarla, senza badare alla sua ferita, si accorse che sul suo abito c'era del sangue, sperava non si fosse ferita, quando finalmente concepì che le sue mani erano sporche di sangue, ma non era il suo, o almeno non lo credeva.
Continuava a girarle dal palmo al dorso, il sangue era quasi seccato, ciò voleva dire che non era li da molto.
Un fugace sguardo d'intesa verso l'argentato e il ragazzo sparì fra la boscaglia, dicendo al compagno di fare guardia a Courtney.

Sapeva che doveva tornare, ma doveva prima di tutto curarsi quella ferita, o sarebbe morto dissanguato.
Prese un po' d'acqua ricavata da un ruscello che sgorgava dalle rocce del terreno e si disinfettò la ferita. Dopo di che, grazie agli insegnamenti della Zia prese delle grandi foglie che usò come bende, assicurandole con delle morbide radici.
Bruciava, cavolo se bruciava.

Tornò indietro.
Il manto di Logan scintillava, riflesso dai raggi lunari. Il piccolo lupo se ne stava seduto di fianco a qualcosa, o meglio, di fianco a qualcuno.

Quella visione, quella visione gli era già capitata di vederla...
Duncan ricordò improvvisamente tutto…
Quell’incontro quasi predestinato, quella ragazza dalla pelle caramellata e la voce così dolce ma decisa allo stesso tempo… L’incontro con l’orso, l’eclissi di luna, la sua rabbia e… quella cosa… quella trasformazione…
Ecco perché le sue mani erano tinte di rosso. Non era un sogno.

Prese il suo arco, se lo mise dietro la schiena e poi sollevò delicatamente il busto della ragazza, lasciando le sue gambe penzolare all'aria, dirigendosi verso casa, mentre una nuova alba spuntava nel cielo, sconfiggendo ancora una volta la tenebrosa notte.

***

<< Ma dove si sarà cacciato quel deficiente! >> Heather era furiosa, il figlio non era ancora tornato. La preoccupazione la stava portando lentamente alla pazzia.
<< Ti prego calmati! Sento che sarà qui presto... >> la veggente cercava di tranquillizzarla, ma sapeva benissimo che cosa poteva rischiare, nonostante le occhiate raggelanti della mora non segnalavano nulla di buono.
La strega camminava nervosamente avanti e indietro, pronunciando qualche parola incomprensibile, i suoi lunghi capelli color corvino ondeggiavano seguendo il ticchettio dei suoi talloni sul pavimento di legno d'acero. La nera veste cadeva fino ai piedi alzandosi ogni suo passo.
Dawn si sentiva di troppo... meglio lasciar sfogare la strega in pace e cercare di meditare. Chiuse di nuovo gli occhi, ma come mai non riusciva nel suo intento? Come mai continuava a vedere immagini della sua infanzia?
Un episodio più forte degli altri le si insinuò nella mente, e la giovane eremita non poté far altro che dargli spazio e rivivere quel momento...

Disperazione. Questo avvertiva la ragazza dai capelli biondo splendente. Sentiva la morte annidarsi in ogni angolo, in ogni via. Occhi pieni di odio la osservavano dappertutto.
Lei, così giovane e indifesa. Al suo passaggio tutti la squadravano, nessuno l'apprezzava. Sapeva di essere diversa, ma arrivare ad odiarla solo per la sua diversità era troppo... Camminava per le strade la piccola veggente. Teneva un passo svelto ma allo stesso tempo delicato.
Arrivò a casa Dawn. Si chiuse la porta alle spalle, chiedendosi perché il destino aveva scritto una storia così struggente per lei.
Salutò i suoi genitori, anche se loro non ricambiarono, come sempre.
Erano nere le loro auree, come quelle di tutto il popolo d'altro canto...
Dawn non ci badò, una strana sensazione le avvolgeva l'anima... La violenza si istigava ovunque, e lei l'avvertiva...
Doveva scappare, o il fato avrebbe continuato a scrivere orrori su quel pezzo di carta rovinato nel tempo.
Una coperta, un cuscino, un bracciale, questi erano i suoi oggetti più cari.
La prima e il secondo l'accompagnavano da sempre nelle più scure e solitudini notti. Che di solito passava in bianco.
Il terzo invece non era un oggetto, era un vero e proprio ricordo, un ricordo concreto, di quelli che si potevano toccare, vedere, e addirittura ascoltare.
Apparteneva a sua madre.

La sua vera madre.

La peste... non poteva prevedere che sarebbe arrivata... perché? Non doveva finire così. Perché Dio ha voluto così tanto male nel mondo. Perché non possiamo cambiare il corso del fiume...
La sua vecchia vita le mancava terribilmente. Da quando stava li con i suoi falsi genitori non era felice. Neanche se avesse scavato nelle profondità della sua mente, avrebbe trovato un attimo di felicità su cui contare.
Discriminata da tutti, lei era differente, ma non le dispiaceva, se gli altri non l'apprezzavano per quella che era, perché apprezzare loro?
Quando non era a lavorare nei campi, l'unico suo rifugio era il suo letto, dove poteva ricordare la sua vera famiglia, la sua vera casa, e crearsi il suo piccolo spazio segreto, dove nessuno poteva entrare.
Ma oramai era stufa di quella orribile situazione.

La coperta, il cuscino e il bracciale, ecco cosa mise nella sacca prima di uscire definitivamente da quella finestra.
Correva, correva più veloce del lupo più giovane, più agile di uno scoiattolo. Correva con i capelli che ondeggiavano dietro di lei, senza una meta precisa.
Il giorno dopo arrivò una terribile malattia al villaggio, il colera.
Non risparmiò nessuno... Uomini, donne, bambini... nessuno scampò a quella tortura... Solo la giovane veggente riuscì a scappare, rifugiandosi in una caverna.
Non sapeva neanche lei il motivo per cui proprio in quel momento era scappata.
Non sapeva neanche lei cosa l'aveva spinta a fuggire. Divinità? Poteri magici? O solo fortuna sfacciata?

Ad un certo punto si riprese, attratta da qualcosa.
Il sole accompagnò l'entrata tanto attesa del ragazzo a casa, che spalancò la porta con un piede facendo sobbalzare Dawn in piena meditazione.
Logan seguì il giovane e, superata l'entrata, sparì in una delle stanze.

Heather si girò di scatto e fece per saltargli al collo. Neanche lei sapeva se quel gesto era una sottospecie di abbraccio affettuoso o un piccolo e micidiale modo per strangolarlo, fatto sta che si fermò a metà del suo intento, dopo aver notato la ragazza fra le braccia del figlio.
Dawn, oltre alla ragazza, analizzò anche le foglie avvolte intorno al braccio del ragazzo, così prese in mano la situazione. << È evidente che quella ragazza ha bisogno di tutto l'aiuto possibile, presto; falla stendere sul letto. >> enunciò tenendo gli occhi chiusi e non abbandonando la sua posizione e concentrazione.
Duncan roteò gli occhi, ma si vedeva chiaramente che era preoccupato per il suo primo contatto umano. Sparì nella sua stanza provocando nella madre una sensazione di ribrezzo e stupore allo stesso tempo.
Il suo sguardo era fisso su un punto ben preciso. Non poteva credere ai suoi scuri occhi.
Quando il ragazzo tornò, si accorse dello sguardo scioccato della strega.
<< Bhe, che hai da fissare? >> chiese il moro fissando la madre negli occhi con uno sguardo strafottente.
Dawn aprì gli occhi, e notò anche lei quello strano particolare.
<< Duncan... perché hai la coda? >> Pronunciò Heather con uno sguardo di irrequietezza negli occhi.


Angolo autrice:

Autrice/i: Ma saaaaaaaaaaaalve *un ghigno gli affiora sulle labbra*
Duncan: A-HAH l'avevo detto che avrei ucciso quella bestia e... O__O da quando ho la coda?!? E soprattutto dov'è Scottex? Di solito è sempre qui a rompere con le sue frasi fatte...
della serie "E io quando arrivo?" eccetera eccetera...
Autrice/i: Hem... diciamo che scott ha avuto un piccolissimo contrattempo *sguardo sadico*
Duncan: Che intendi dire?
Autrice/i: Hem....nieeente ^^
Scott: *Appare dal nulla* HEY! credevi di sbarazzarti di me eh? E invece eccomi qui. E ora...hahahahhaa Duncan da bravo, dammi la zampa ahhhahahaha
Duncan: -.- *prende la mazza*
Scott: O__O heyheyhey! che vorresti fare con quella?!?
Duncan: Ora vedi >:D
Autrice/i: *si da una manata in faccia* Bene...io direi di finirla qui...
Voglio assolutamente un vostro parere *si rifugia sotto un potenziale tavolo prima di essere colpita da qualcosa* Aloha :D

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Capitolo 5
*** Chapter 4; Figh over something. ***


Turbato, il ragazzo si girò di scatto.
Incredibile. Una coda?!
<< Eh...già... >> prese un attimo fiato mentre una risatina nervosa usciva dalla gola. << Lunga storia. >>

La madre lo guardava con occhi rivelatori. << Duncan, figlio mio. >> la strega sapeva che cosa era successo, ogni singola fibra del suo corpo imprecava.
Dawn prese la situazione in mano vedendo le auree dei due confuse.
<< Duncan... Io so cosa sei. >> il suo viso era coperto dai suoi candidi capelli mentre rivelava tutto ciò che ormai era così chiaro.

Duncan era chiaramente spaventato.
Lui sapeva che cosa era successo.
Ma non sapeva che cosa realmente era.

La veggente prese fiato. Non solo sapeva chi era o cosa era il ragazzo, lei sapeva anche il perché.
Ma, rivelarlo era troppo difficile. E le parole bruciavano così tanto che la sua gola si era infiammata. << Beh, dimmelo! Cosa aspetti! >> Duncan incrociò le braccia ed inclinò la testa verso un lato, alzando il sopracciglio.
Non si accorse, però, di un certo canide che avanzava verso di lui con fare furtivo. << Ah! LOGAN! >> urlò il giovane con una nota di dolore nella sua voce rauca.
Il piccolo e innocente lupo aveva serrato la mandibola nella coda dello sfortunato ragazzo dagli occhi blu.
<< Eh levati! Mi hai preso per una lepre? >> L'amico mollò lentamente la preda accucciandosi a pancia all'aria ai piedi del moro in segno di sottomissione, abbassando le orecchie dispiaciuto e mugolando.

Passarono pochi secondi di silenzio e il ragazzo si ricordò, finalmente, della ferita, e si dimenticò temporaneamente della loro precedente conversazione. << Senti... Zia? Non è che potresti dare una occhiata al mio braccio? Sai è un po'... come dire malandato. >> Dawn strabuzzò gli occhi, sebbene sapeva benissimo che cosa aveva combinato il ragazzo. << Hai lottato con un orso per caso? >> la veggente ormai sapeva tutto di lui. Le bastava guardarlo negli occhi per vedere cosa nascondeva.
<< Ma che idee ti vengono in mente... eh... si, si, è stato un orso, va bene hai ragione tu. >> divulgò amaramente abbassando la testa come suo compare poco prima, e massaggiandosi il braccio. << D'ha, sei davvero incorreggibile, mi sembra che tu abbia ancora cinque anni! >> la strega era al limite della sopportazione.

Portare a casa una ragazza sconosciuta dopo aver combattuto con un orso, no, non gliel'avrebbe perdonata stavolta.

<< Ma madre... Adesso sono più grande, so cavarmela da solo! >> si lamentò il moro con uno sguardo implorante. << Non ne combini mai una giusta! E adesso vediamo che cos'hai alla spalla. >> tutt'un tratto la mora si calmò.
<< Vieni Duncan che te lo disinfetto come si deve. >> Dawn aveva a cuore il nipote e come una zia cercava sempre di indirizzarlo verso la giusta via.
<< Ma Dawn, le tue creme bruciano! >> il ragazzo non aveva tutti i torti: le creme della veggente, sebbene miracolose, erano un vero e proprio inferno.
<< Ah, sei proprio un bambino! Sì uomo Dunchino. >> enunciò la strega con fare strafottente. << E non chiamarmi Dunchino! >> detto questo il moro si girò e iniziò a togliersi le bende che fungevano da fasce per fermare l'emorragia.
Dawn osservava il candido braccio del ragazzo. Non aveva assolutamente alcun segno di sfregiatura.
<< Ma, Duncan, qua non c'è niente... >> << COSA?! Mah... mah... com'è possibile! Era lungo così! >> distanziò le mani di venti centimetri per sottolineare la lunghezza della ferita, inesistente. << Dawn, grande così! >> non riusciva a darsi pace. Come poteva un taglio così lungo scomparire in meno di mezz'ora?
Heather teneva le orecchie tese per sentire ciò che si dicevano.
<< Duncan... credo sia ora che tu sappia la verità... >>

Il moro rimase sconvolto. Come poteva essere figlio di una strega e un lupo mannaro?
Perché non era un ragazzo come tutti?
Perché anche se aveva solo 7 anni ne dimostrava 16?
Perché sua madre non gliel'aveva mai detto?
Chi era suo padre?
Troppe domande, troppi inganni, troppi misteri.
Chi era lui quindi?

<< Tu sei una specie di incrocio. Tuo padre era un uomo, ha contratto la malattia da un lupo e, da quel momento non è stato più lo stesso... >> delle lacrime scendevano salate dagli occhi di Heather. Ma almeno adesso il ragazzo aveva tutte le risposte, o meglio, quasi tutte.
<< E lui adesso dov'è? Voglio dire, perché non è qui? >> disse l'eremita con un tono interrogativo.
<< Non fare domande di cui non vuoi sapere risposta Dawn. >> la strega era saggia. E non voleva rivelare altro.
La mente le scoppiava. Doveva trovare una distrazione al più presto, non voleva in alcun modo rivivere quella orribile sensazione.

Per sua fortuna qualcosa la distrasse dai suoi pensieri; una voce proveniente dalla camera di Duncan.
Il figlio girò di scatto il viso, attratto dalla voce femminile quasi quanto dall'odore del sangue. << Courtney! >> Esclamò il moro alzandosi di scatto dalla sedia e correndo verso la voce. Heather roteò gli occhi e seguì il figlio, accompagnata da Dawn.

***

Blaineley aveva ormai avvertito degli strani comportamenti nel suo interlocutore.
Per esempio una volta mentre stavano parlando di affari, come al solito, il ragazzo appena avvertiva un rumore proveniente dalla finestra girava la testa di scatto, e veloce come un fulmine annusava l'aria.
Fatto al quanto strano. Blaineley era curiosa, forse troppo.
Heather aveva ragione, la madre non doveva sapere cosa era accaduto ad Alejandro.
Ma tutti i nodi vengono al pettine, e nulla si può tenere nascosto. << Ale, presto devi scappare! >> << No! Non ti lascerò qui Chica! Vieni con me. Scappiamo. Insieme. >> il ragazzo teneva stretta a sé la piccola strega. Non poteva abbandonarla, non ora.
Non ora, o tutto il male del mondo si sarebbe avversato su di loro.

Le loro labbra si toccarono, per subito dopo allontanarsi sempre di più.

Blaineley stava in agguato. Pronta a sferrare l'attacco primario.
Alejandro era li, dritto davanti a lei.
In mezzo a loro un grande prato sovrastato da spighe di grano.
<< Come hai anche solo pensato di fare quell'orribile cosa a mia figlia! Eh! Rispondimi quando ti parlo! MOSTRO! >> la potente strega era furiosa. Doveva a voleva ucciderlo.
Il latino era ancora li, non si muoveva di un passo.
Sapeva che la strega poteva ridurlo in fin di vita. Ma dei dubbi gli sovrastavano la mente. << Prima rispondimi tu. Come sei riuscita a venirlo a sapere! >> la rabbia era forte in lui. E una grande luna stava prendendo il posto del caldo sole.
La bionda emise un ghigno altamente beffardo. << Una brava strega non rivela mai le sue fonti... e adesso preparati, Cane! >> L'espressione dell'uomo era spaventata. Che cosa voleva fare la strega con quel bastone? I suoi pensieri furono interrotti da un dolore lancinante in pieno petto.
Il latino urlò di dolore, mentre si accasciava al suolo premendosi una mano sul punto dolorante...

Ansimava Alejandro... il respiro faticava ad entrare ed a uscire dalla sua gola, i suoi arti erano come paralizzati, la sua vista si stava offuscando, sempre di più. Stava morendo.

No! Non poteva morire... prima doveva rivederla... doveva rivedere la sua Chica, doveva dirle che sarebbe andato tutto bene, che non l'avrebbe mai abbandonata...
Con la rabbia che ribolliva dentro al suo corpo, Alejandro in qualche modo si alzò. Sentiva l'energia vitale scorrergli nelle vene, e le forze ritornare. Il petto non gli doleva più.
I raggi lunari erano come droga per lui... Ogni secondo si sentiva sempre più in forze. Si osservò le mani e, pochi istanti dopo un ghignò gli si fece spazio sulle labbra. Le unghie si stavano allungando...
<< Bene, ora si giocava ad armi pari! >> Aleandro perse quel briciolo di buon senso che aveva e si scagliò sulla strega, con un solo obbiettivo in mente: Ucciderla.

Ululati e colpi magici volavano per l'aria. Due esseri lottavano l'uno contro l'altro. E il cielo si tinse con sfumature di rosso e viola.

Alejandro, per quanto potesse essere forte, nulla poteva contro la potente strega.
Così, dopo l'ennesimo colpo letale di Blaineley , l'uomo si accasciò al suolo.
Il pelo era scomparso, gli artigli ritratti e il viso ritornato quello di sempre. Forse con qualche, anzi, molti graffi. Una pozza di sangue si formò sotto di lui, mentre i respiri faticavano ad uscire sempre di più.
La strega lo fissò per un lungo istante, scomparendo poi dalla sua vista, avvolta da una nebbiolina grigia e con un ghigno stampato in faccia.
Non aveva notato, però, che il busto del latino si abbassava e sollevava ripetutamente, sebbene in maniera quasi invisibile...
Presto sarebbe morto.


Autrice/i: Ed eccoci qui, con il nuovo capitolo ^^ (non potete neanche lontanamente immaginare che cosa abbiamo passato per farlo e finirlo O__O...)
Scott: *Alza un sopracciglio e incrocia le braccia* Che mollaccione... che cosa vi è successo di così grave? Vi è scappato il gattino? *Inizia a ridere*
Autrice/i:No... Diciamo che il capitolo ha deciso di farci venire dei mini infarti...
Della serie che abbiamo rischiato di perderlo tutto per ben tre volte D: Stupido catorcio! *Tirano un calcio al computer e per poco non viene un altro Blackout* E...poi tu non dovevi essere ancora ubriaco?!?
Scott: Nell'altra stupida FF vorrai dire! Dove l'autrice P. e il punk laggiù mi hanno legato ad una sedia?
Autrice/i: Hem... Già...
Scott: Bhè sai esite una cosa chiamata doposbornia Einstein *alza gli occhi* Ma almeno non vedo Duncan nei paraggi.. hehe... *si passa una mano sulla fronte*
Duncan: Buongiorno sfigati! *spunta dal nulla*
Scott: Come non detto *si passa una mano sulla faccia in segno di disperazione*
Autrice/i: Sento che qui succederà qualcosa di brutto... *scappano a gambe levate* Spero vivamente che il nuovo capitolo vi sia piaciuto :D Per ogni recensione che lasciate scoprirete sempre di più :3
E se volete sapere quando arriva il nostro stratega preferito non dovete far altro che continuare a leggere. Aloah ^^"

Scott: Vieni qui Punk da quattro soldi con la cresta palesemente TINTA!!
Duncan: *scappa deridendo il rosso, poi trova un attrezzo di scena e i due cominciano a picchiarsi*

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Capitolo 6
*** Chapter 5: Transmutation ***


<< Dove mi trovo? >> Courtney spalancò gli occhi, incredula.
Non riconosceva quel posto, non conosceva quel letto, tutto era diverso.
Si girò di scatto poi, attirata da una presenza proprio dietro di lei. << Ti sei svegliata, finalmente. >> una candida voce le sfiorò l'udito, producendo in lei un alone di quiete. Si sentiva bene tutt'un tratto.
Che cosa poteva fare? La scelta era molto limitata. Attraversata da una sensazione di curiosità e stranezza. Dawn si apprestava a preparare un the, schiacciando delle foglie in una ciotola ricavata con dei trucioli di legno.
<< Non vorrei che la tua aurea diventasse grigio pallido, non aver paura. >> soffiò l'eremita travasando l'intruglio in una tazza. La mora sorrise falsamente, cercando di nascondere la sua orgogliosa aurea arancione dietro dei denti visibilmente bianchi e curati.
<< Devi appartenere a una famiglia ricca. Lo capisco dal colore, il colore che emani. >> la ragazza tese la bevanda all'altra, aggiungendo un sorriso cieco.
<< Dove sono? >> chiese Courtey sorseggiando. << Al sicuro. >> rispose la veggente con tono convinto, scomparendo lungo il corridoio.

Fuori tirava un vento fortissimo. Probabilmente quelle splendide foglie autunnali stavano cadendo in gran quantità...
In quell'istante Courtney fu attraversata da un brivido. Non sentiva più una parte di lei, non sentiva più i suoi ricordi. Subito la paura la prese alla gola. Stritolandola.
Cercò di ricordare l'ultima cosa che aveva vissuto prima di ritrovarsi li, in quel letto, appartenuto a chi sa chi.
Un'immagine le sfiorò la mente, nitida come le acque di un ruscello, reale come il dolore che le infieriva sul petto.

I raggi del sole, una figura avvicinarsi, nera. Occhi acquamarina, incredibilmente magnifici e ipnotici.

In quel momento, quella foto scattata con gli occhi e conservata nella mente, si espanse, creando un filmato di eventi.
Rimembrò quell'animale che uscì accecato da rabbia sovrannaturale dalla foresta.
Rimembrò la zampata, e subito dopo un dolore pungente dietro il fianco destro. Poi, più nulla. La sua vista si oscurò, attirata come da una calamita in un buco nero.
Courtney si rese conto di aver perso tutto del suo passato. Tutto era stato attirato in quella profonda voragine, cancellando la sua vita in un attimo.
Una parola la fece ritornare in quella scura stanza, dove la luce del sole traspariva da una finestra sfiorata da delle tendine bianche.
<< Allora Principessa, ci siamo finalmente svegliate? >> riconobbe subito quella rauca voce. Duncan se ne stava appoggiato con una spalla alla porta, ammaliato dalla bellezza della ragazza dalla pelle ambrata.
<< Si, ma non grazie a te! Che ci fai qui, e che ci faccio io qui? >> domandò, mentre il timore si insinuava in ogni sua fibra. Ma più delle sue parole, Duncan era affascinato dall'immagine di Courtney davanti alla finestra, sullo sfondo di quel paesaggio dipinto di colori autunnali. Pareva potesse dissolversi da un momento all'altro.
Provava tenerezza nel vedere le sue ginocchia avvicinarsi al petto avvolte da delle sottili e calde braccia. Non doveva perdere altro tempo.
<< In poche parole ti ho salvato la vita. >> disse Duncan osservandole i capelli castani scivolarle davanti a quelle invitanti spalle dorate. << Si quello me lo ricordo. >> sussurrò lei con voce flebile. << Allora non vedo il problema. >> ribatté l'altro avvicinandosi a lei.
Un profumo dolce e aspro di diffuse per la stanza e, come per magia, una scena incredibilmente sfuocata apparve nella mente tormentata di Courtney.

Un uomo anziano era seduto su una sedia a dondolo, e fumando una pipa leggeva un libro. Una bambina giocava allegra con la sua bambola fatta di pezza sul tappeto davanti a lui.
La consolava con delle frasi che trovava scritte in quelle pagine rovinate dal tempo.
A Courtney piaceva sentirlo parlare. La sua voce era calda, e l'avvolgeva completamente, concentrata su ogni singola sillaba. La bambina ascoltava con occhi sognanti.

Un fremito percorse la spina dorsale della ragazza. Che diavolo era? Forse, un ricordo? Si dimenticò temporaneamente del moro, che nel frattempo si era accomodato sul letto di fianco a lei.
<< Beh, potresti anche degnarmi di una risposta... >> disse brusco Duncan osservandola guardare fuori dalla finestra. In quel momento Dawn sorpassò ancora la soglia.
<< Duncan, non dovresti metterle fretta. Leggo che è pensierosa e, di solito, quando qualcuno sta pensando bisogna che la sua mente sia libera da intoppi >> mormorò l'eremita alzando l'indice, poi continuò. << Ho parlato con tua madre. Se vuole Courtney può restare >> << No! Non vorrei disturbare, adesso tolgo il disturbo! >> disse la castana alzandosi dal letto e sistemandosi la piccola veste bianca stirando alcune piccole pieghe con le mani.
<< Ma dove vuole andare, che non sa neanche la strada! >> sbottò Duncan come se stesse parlando al vento.
<< Ti avviso che il mio senso dell'orientamento è ben sviluppato e che si, so riconoscere perfettamentela strada di casa. >> rispose acida lei, puntandosi il pollice contro. Aveva letto l'aurea Dawn. Sapeva che la ragazza non era nelle condizioni di attraversare la foresta. Possedeva una dote innata, sentiva gli spiriti, leggeva nel passato e nel futuro, e nella mente di Courtney il passato sembrava svanito, intrappolato in una camera oscura.
Li lasciò soli, senza dire altro si diresse dalla sua protetta.

***

<< Dimmi, cosa hai visto?>> sussurrò la strega lisciando una piega del suo abito nero.
<< La ragazza ha perso la memoria. Duncan la sta convincendo a restare qui. Credo che tra loro nascerà qualcosa di serio... >> disse con occhi brillanti la veggente, avvicinando le mani incrociate al petto.
<< Si, come vuoi tu. >> con un gesto di polso Heather abolì le parole della ragazza dai capelli albini.

***

A guardarla, ad ascoltare la sua voce, sentiva la testa intrappolata e aveva la sensazione che la sua energia venisse risucchiata.
<< Andiamo Courtney! Mi dici che cos'hai? >> sbraitò l'altro ormai al limite della sopportazione del silenzio frustrante dell'ispanica. Il suo viso era cambiato, gli occhi si erano aperti più che mai. Il viso paonazzo. Duncan non riusciva a capire che le stava succedendo.
Lo sguardo della ragazza era fisso su un punto. Non ci poteva credere, quella visione la paralizzò per un istante, insomma, non era normale per un umano! Ma visto la sua indole impulsiva aprì la bocca sconcertata.
<< E quella che cos'è?! >> soffocò un grido mettendosi una mano davanti alla bocca, mentre l'altra indicava scrupolosamente il piccolo difetto di Duncan. Merda! Si era completamente dimenticato di quella cosa che usciva dal basso della schiena. Dannazione! Aveva ancora la coda! E questa cosa lo turbava molto, dal fatto che era partito benissimo.
<< Questa?... Questa è, beh... >> balbettava, mentre i battiti cardiaci aumentavano sollecitati da una specie di paura e timore. << Oh dannazione! Si, è una coda! E vuoi sapere perché ce l'ho?! >> sbraitò il moro ampliando le braccia.
Finché una piccola risatina tagliò improvvisamente l'aria.
<< Sei buffo! >> esclamò la ragazza, felice dell'espressione di imbarazzo sul volto del compagno.
Ben presto quel sorriso si trasformò in una autentica risata che s'impadronì dell'aria circostante, archeggiando per tutta la stanza. << Ti credi così divertente?! >> disse Duncan bruciandola con lo sguardo. Ma lei non ci dava importanza, si coprì il viso con tutte e due le mani, soffocando finalmente quell'ilarità improvvisa, diventando seria.
<< Ma perché? Voglio dire, che ti è successo? >> domandò dubbiosa la castana. Che cosa gli poteva importare? In fondo, era solo una coda, una fastidiosa coda ricoperta di un pelo folto e nero. Ma come avrebbe reagito se avesse saputo la verità che da li a poco si era rivelata. No, non poteva dirglielo, o forse si? Come si sarebbe comportata? Sarebbe scappata, di sicuro, spaventata.
Oppure, sarebbe rimasta li, in fondo le aveva salvato la vita e non doveva aver paura di lui. Mutaforma, ecco cos'era in realtà, un fottuto mutaforma. Non doveva essere difficile da accettare, bisognava solo sperare nella reazione meno impulsiva.
<< Sei sicura di volerlo sapere? >> domandò il moro facendo il prezioso. La ragazza lo analizzava con lo sguardo, poi aggiungendo un sorriso rassicurante inclinano la testa verso il basso per poi alzarla. << Non mi faccio spaventare da niente, io. >> aggiunse poi riproponendo il pollice contro di se.
Il ragazzo si assicurò che la madre non lo stesse ascoltando, poi iniziò, creando un'atmosfera colorata di mistero, come quando raccontava le storie di terrore al suo amico dal pelo argentato.
<< Sono un dannato, dannato per l'eternità, l'unico della mia specie. Il primo. Irripetibile. >> il suo piano stava funzionando, girovagava per la stanza con le mani dietro la schiena. << Ma non aver paura di me, non mordo. >> aggiunse un ghigno. << Almeno non per ora. >> poi continuò, nessuno poteva distrarlo. << Immortale, mutaforma, così mi definisco. Io... sono il primo dei Licantropi! >> disse infine prostrando le mani avanti, osservandole con disprezzo.

Il silenzio scese nella stanza come la nebbia alla mattina.

Courtney fu risucchiata da mille emozioni, gli pareva di non riuscire a respirare. Non è la tristezza, è lo shock, lo shock di quando tutto è accaduto, che ritorna.
Stava cercando di prepararsi al dopo. Immota Courtney lo contemplò con gli occhi, lasciandosi cadere sul letto, rimbalzò. Posandosi una mano sulla bocca sgranò gli occhi. Avrebbe voluto non crederci.
I loro sguardi si incontrarono, e si rese conto di una cosa, la cosa che gli faceva realmente paura. Lui si era già innamorato di lei. Ma a essere sincera, ne fu felice.
Perdendo tutto, quella fu la migliore.
Provò quella sensazione illusoria di aver camminato insieme a lui per anni. Improvvisamente lo accettò. Lui e la sua bellissima coda nera dal pelo morbido.

***

Tre mesi erano passati dal risveglio di Courtney... Da tre mesi viveva con la sua nuova famiglia.
Da tre mesi conosceva Duncan... e tra i due era subito nata un'amicizia, nonostante le continue stuzzicate del moro nei conti della ragazza...
Tre mesi erano passati da allora, e tutto sembrava andare a meraviglia, visto che la ragazza aveva cominciato ad apprezzare ogni suo difetto.

Courtney entrò nella stanza di Duncan, avvicinandosi furtivamente al letto del ragazzo.
<< Hey, svegliati idiota, il sole sta sorgendo, Logan sta morendo di fame e se vuoi mangiare la tua adorata carne devi muoverti, prima che Dawn ci scopri... >> sussurrò l'ispanica al ragazzo ancora dormiente.

Strana la vita... Per Courtney, una abituata fin da piccola a rispettare le regole, ed a non infrangerle mai, era bastato incontrare Duncan, per modificare il proprio comportamento.

Il ragazzo si voltò dall'altra parte, deciso a restare nel suo piccolo letto. Così Courtney decise di svegliarlo a modo suo...Iniziò a girovagare per la stanza, alla ricerca dell'oggetto che avrebbe fatto a caso proprio.
I suoi occhi scuri si illuminarono.

Un cuscino abilmente intrecciato con dei fili di vari colori formò una parabolica librandosi in aria, colpendo in pieno la faccia del ragazzo.

<< MA CHE DIAVOLO?! >> Duncan si alzò di scatto, massaggiandosi la fronte in modo teatrale. Spostò lo sguardo fino ad incontrare gli occhi della ragazza e lì, un ghigno gli affiorò sul volto. << Bene... che c'è, sei venuta per prenderti il buongiorno? >> disse sedendosi sul letto e stiracchiandosi.
<< No... sono venuta a dirti che se non ti muovi oggi non mangerai niente, caro Lupacchiotto... >> lo stuzzicò lei dirigendosi verso la porta, con l'intento di andare nella propria stanza. << "Quante volte ti devo dire che detesto essere chiamato lupacchiotto?! Diamine, sono un mutaforma, UN MUTAFORMA! >> il moro urlò perdendo la pazienza, procurando il rompersi del sonno di Dawn e Heather.

Logan si girò di scatto verso il compagno, arricciando il labbro e mostrando leggermente i canini luccicanti come gemme. << Lo so, lo so... forse ho fatto una cazzata... non dovevo urlare... >> commentò Duncan passandosi una mano dietro la testa e grattandosi la nuca evitando le occhiate brucianti dell'amico impellicciato d'argento.
Se c'era una cosa che desiderava ora, era un bel pezzo di carne, e nessuno poteva negarglielo, nessuno.

Duncan captò i pensieri del canide... Da quando si era trasformato, riusciva a comunicare con Logan molto più facilmente...

Sbuffò, alzandosi dal letto. << E va bene ora vado a risolvere tutto... nessuno ci negherà il nostro cibo... >> mormorò dando una piccola pacca sulla testa del lupo per poi uscire dalla stanza, iniziando ad inventarsi una giustificazione per la sua uscita improvvisa.

Una banale scusa come sbollire andandosene a fare un giro e aveva convinto la madre, anche se la sua indole da strega non ne era d'accordo.

Arrivato in mezzo ad una radura chiuse gli occhi, ed incominciò a concentrarsi.
E' vero, ora riusciva a diventare un licantropo a suo piacimento solo durante la notte, ma gli veniva difficile trasformarsi a comando, sopratutto di giorno. Così sprecava una buona mezz'ora per concentrarsi sulla trasformazione.

Quando iniziava a sentire i suoni sempre più distintamente. Quando riusciva a captare odori sempre più distanti, e quando sentì una protuberanza uscirgli dal fondo schiena,capiva che la trasformazione stava iniziando.
Tutto stava procedendo perfettamente, o meglio, così credeva...
<< Hey lupacchiotto! >> Duncan si distrasse, perdendo tutta la concentrazione accumulata con troppa enfasi. Le orecchie a punta svanirono, la coda si ritrasse, il soffice e caldo pelo si volatilizzò... Ecco... mezz'ora sprecata per niente...
<< Courtney, ti diverti tanto a rovinarmi tutto il lavoro? >> dalla voce sembrava parecchio irritato, ma la ragazza sapeva bene che fingeva. << Beh, dopo un po' diventa noioso, ma... si, posso rispondere che è sempre divertente vederti fallire... >> rispose la ragazza, mentre sul suo volto comparve un sorriso.Il ragazzo le diede le spalle e richiuse gli occhi, concentrandosi sull'aspetto del proprio alter ego...
Pensava alle sue mani, alle dita che scomparivano e si accorciavano, alle unghie che si sviluppavano, ai canini che incominciavano a sporgere...
Pensava Duncan, cercava di ricordare tutte le caratteristiche del suo essere notturno: la coda, le ossa deformate, la cassa toracica più larga, il pelo nero e folto che gli compariva, ricoprendolo completamente.
Logan se ne stava accucciato poco lontano dal ragazzo da diversi minuti. Sapeva che ci avrebbe messo di nuovo un'eternità per trasformasi, così andò ad accucciarsi ai piedi di Courtney, nella speranza di ricevere un po' d'affetto.

L'ispanica era seduta su un tronco caduto. Vide Logan accucciarsi ai suoi piedi e istintivamente gli diede qualche carezza. La ragazza non voleva ammetterlo ma... Duncan l'affascinava. Era diverso a modo suo...E diciamo che il fattore licantropo giocava a favore del ragazzo.

Courtney s'incantò con lo sguardo. Incrociò le gambe e poggiò una mano sotto il mento, per sostenersi.
Adorava vedere come poteva un uomo trasformarsi in un licantropo... Era una cosa particolare ma...affascinante.
Un rumore di ossa rotte attirò la sua attenzione. Ecco, era il momento. Duncan si stava trasformando.


Angolo P / M

Autrice P: *mi stiracchio sulla sedia con un sorriso che mi illumina il volto* Ahh! Abbiamo finalmente finito!

Autrice M: Okay vediamo un po' qui *apre un piccolo libricino trovato su una mensola* tú perro ahora tiene un nombre, pero el juego insiste en guiarte más adelante.

Autrice P: Vero M?... *la osservo con aria turbata* ma che cacc...! Che cosa stai facendo?!?!

Autrice M: El juego te dirá como enseñarle un truco a tu perro. Y que mejor forma de empezar que con el clásico "Sientate"? El juego te dirá que arrastres el Stylus desde la cabeza de tu perro hacia abajo. Simple. *alza gli occhi incrociando lo sguardo di P* Shhh! Devo imparare a insegnare questo a Duncan!

Autrice P: Stai leggendo le istruzioni di Nintendogs?... Le MIE istruzioni di Nintendogs! Dove le hai trovate!

Autrice M: *alza il dito indicando la mensola* ... Si, ma ci sono solo in spagnolo... eh, poi è bello leggere in spagnolo!

Autrice P: *alzo un sopracciglio e mi metto a scrivere il prossimo capitolo* e poi dice che sono io quella strana *sussurro mugolando*

-Visto che abbiamo le idee chiare... eccetto M. scriveremo il prossimo capitolo subito dopo questo.
Indizio? Buhahaha! Vi piacerebbe saperlo-
Ps: Non ci sono nè Duncan nè Scott perché... Hem... M? Dove sono quei due?

Autrice M: *alza lo sguardo preoccupato sgranando gli occhi* N-non lo so...

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Capitolo 7
*** Chapter 6; Luxury ***


Il cielo era graduato ancora di azzurro, anche se il disco solare era sorto da pochi minuti incontrando la luna, che pian piano scompariva dietro quelle alte montagne verdi.

Sentiva il suo corpo cambiare: poteva benissimo tastare con la lingua quei canini così appuntiti che gli sporgevano dal labbro.
Assaporava quella sensazione di libertà accorgendosi che gli arti erano finalmente diventati zampe.
La coda sbucò, completando la trasformazione insieme al folto pelo, mentre tutto il corpo s'ingrandiva producendo dei rumori secchi.

Il moro finalmente aprì gli occhi, rivelando al mondo quello splendido colore. Notò Courtney ancora imbambolata, così le si avvicinò dandole un colpetto alla spalla con il muso.
Lei si riprese subito, posando le iridi color carbone sul mutaforma dinanzi ad essa. Un sorriso le apparve in volto, illuminandolo. Duncan ce l'aveva finalmente fatta. Si era trasformato!
Durante il giorno.
Non ci poteva credere!
Il cuore che batteva agitato, la bocca semi aperta, mentre si fissavano negli occhi.
Senza pensarci troppo l'impulsività si prese cura della ragazza dalla pelle ambrata.
Un gancio fatto di braccia si avvinghiò sul collo dell'enorme bestia gentile.
Duncan si sentì sopraffatto da tutta quell'emozione. No, non poteva essere, non poteva provare quell'emozione.

<< Ce l'hai fatta! >> soffiò la castana nel gigantesco orecchio dell'altro, che non poté far altro che muovere velocemente la sua folta coda in segno di felicità e abbassare le orecchie. << Ora andiamo a cacciare, sto morendo di fame. >> riprese l'ispanica, alzandosi poi dal tronco.
Infine incamminandosi nel folto della foresta, seguita dai due canidi.

***

Un cervo giaceva sul terreno, la sua anima era spirata via da diversi minuti. Di lui non rimanevano che ossa spolpate e qualche brandello di carne sparso qua e la.
Courtney dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non vomitare. Ok, adorava vedere Duncan sotto forma di lupo gigante e Logan cacciare con maestria la preda, ma ancora non era riuscita ad abituarsi al fatto di essere a pochi metri da un cadavere.

Cercò di distrarsi, mangiando alcune bacche trovate nel sottobosco. Ma la stretta allo stomaco non sembrava volersi attenuare.
Avrebbe mangiato del cibo più sostanzioso una volta tornata a casa... Non ce la faceva proprio a mangiare carne cruda, che pareva quasi, ancora viva.

Una goccia sulla testa la distorse dai suoi pensieri. Alzò lo sguardo e vide delle nuvole, terrificanti, farsi largo in quel cielo, che aveva trasformato quell'azzurro puro, in un grigio terribilmente cupo.
Si guardò intorno più volte, ma dei due compagni impellicciati nessuna traccia. Scocciata e al quanto delusa cercò di orientarsi.
Qual'era il sentiero che conduceva a casa?
Ci stava ancora pensando, quando un tuono squarciò l'aria e pesanti goccioloni cominciarono a precipitare.
Senza esitare Courtney si mise a correre. Voleva tornare a casa, e al più presto... Odiava stare da sola in mezzo alla foresta, lo doveva ammettere, e il temporale non aiutava. Fece un passo falso, scivolando sul terreno umido e sbattendo la testa. Sentì solo un ululato e la pioggia che le bagnava incessantemente il viso.
Poi, buio.

Una piacevole sensazione di calore invase il corpo quasi inerme della ragazza. Aprì gli occhi curiosa.
Ci mise qualche secondo per permettere ai suoi occhi di mettere a fuoco la scena.
Si dimenò, tentando di liberarsi dalla sua ferrea presa, come era potuto succedere?

Duncan spiò il risveglio di Courtney. Ammaliato, ecco com'era il suo volto non visibile. La testa della mora era appoggiata al petto del ragazzo.
<< Mollami! Che diamine stai facendo? >> chiese la mora cercando in tutti i modi di sciogliersi da quell'incandescente abbraccio. << Non lo vedi? Ti salvo la vita, come sempre... Se non l'hai notato, lì fuori c'è il diluvio universale. E tu eri fradicia fino alle ossa: potevi andare in ipotermia. >> sbottò Duncan con un ghigno stampato in faccia.
<< Si certo, e tu mi hai aiutata tenendomi abbracciata, ma per favore. >> Courtney si dette un piccolo slancio e balzò in piedi, rendendosi conto, solo allora di indossare solo una leggera sottoveste, che fine avevano fatto i suoi abiti? << Brutto maniaco! Che cosa mi volevi fare?! >> sbraitò tirandogli ripetuti pugni al petto. Duncan alzò gli occhi al cielo, per poi bloccarle i polsi con le mani.
<< Maniaco? Eroe semmai! Si da il caso che, come Licantropo, io, abbia ininterrottamente una temperatura non inferiore ai quaranta gradi... e tu, cara la mia vittima,eri sull'orlo di cadere in ipotermia... >> si fermò per riprendere fiato. << E poi si sa, il calore si propaga più velocemente da pelle a pelle. >> Duncan toccò ripetutamente gli indici, intrecciandogli li uni con gli altri, per dare maggior enfasi alla frase. << Quindi, ti ho tolto quell'ingombrante vestito zuppo, per non farti morire per assideramento. >>
Courtney notò solo allora che il compagno indossava solo dei pantaloni zuppi e rovinati. Lasciando il torace nudo, risaltando un fisico che sembrava scolpito nella roccia.

Ammaliata da quel seducente corpo, Courtney non sapeva che cosa rispondere. La sua mente annebbiata fungeva da scanner, impregnando nella memoria quell'immagine che tanto la faceva impazzire.
Non poteva dirgli grazie. Si sarebbe abbassata ai suoi livelli. Eppure, quella parola doveva essere liberata, in un modo o nell'altro.
Così sorrise, formando degli incavi sotto gli occhi e sopra le narici, osservando le dita del ragazzo che girovagavano su se stesse.
<< Hai fatto bene. >> sussurrò la ragazza non avendo più carte da giocare.

Duncan fu impressionato dalle sfuggenti parole della mora. Non se lo sarebbe mai aspettato da lei. Da sempre era stata acida e irrefrenabile, un carattere difficile da controllare. Ma in fondo, era questo che gli piaceva di lei.
Fu da sempre affascinato dal suo corpo. Perfetto. In tutte le sue curve.
Avrebbe voluto il meglio per la sua principessa. Avrebbe voluto stringerla a sé. Coccolarsela fino alla fine. Gustandola fino in fondo.

La parte migliore è quella prima del contatto, quando c'è questo scambio di pensieri identici che fa entrare in una situazione di beatitudine assoluta.

<< Spero solo che questa pioggia smetta di scorrere. >> continuò poco dopo lei, cercando di sviare l'argomento. << Me ne sbatto della pioggia! >> sghignazzò l'altro prendendole il viso con la mano.

Ormai erano una cosa sola. Un essere unico, ma non completo.
Sorrise con labbra serrate Courtney, abbassando lo sguardo verso destra.
Le sollevò il viso Duncan, costringendola ad entrare nei suoi occhi acquamarina.
Poi si avvicinò alle sue rosee labbra.
Si girò Courtney, liberandosi con un colpo di collo la mano del ragazzo, dirigendosi poi all'entrata di quella sottospecie di grotta bassa abbracciandosi il busto a braccia arrotolate.

Oh si, quella ragazza era davvero particolare, pensava Duncan. Ma lui non l'avrebbe persa, non l'avrebbe lasciata andare così, non l'avrebbe lasciata da sola, non adesso che l'aveva appena trovata.

Le braccia di Courtney non furono più sole, dopo che il ragazzo l'aveva avvinghiata da dietro. <>
Le soffiò dolcemente nell'orecchio portandola verso l'interno. Stranamente la castana lo lasciò fare, forse presa anche lei da quella così strana emozione che stentava a controllare.

Cominciò baciandole quell'invitante collo. Le labbra di Courtney si ritrassero sotto i denti. Una morsa le prese il cuore, fermandole il respiro temporaneamente.
I due si amavano, e niente poteva distrarli, neanche Logan, che se ne stava accucciato davanti alla caverna scrutando ogni cosa che si muoveva colpita dalla pioggia.

Duncan la girò verso di se, riproponendole il suo viso come dimostrazione che faceva davvero sul serio.
Affascinata dalla determinazione del compagno, la ragazza afferrò delicatamente il collo dell'altro appendendosi e lasciandosi trasportare da quel contatto tra loro.

L'aria si colorò di musica attorno a loro.
Quel bacio si propagò all'infinito.

Duncan la spinse a terra, stando attento a non farle male con la sua delicatezza.
<< Che cosa pensi di fare? >> mormorò lei posandogli un dito sul naso amichevolmente con qualche accenno provocante. << Adesso vedrai... >> sogghignò quello ormai in una sensazione di lussuria.

L'impressione del suo corpo contro quello di lei lo portava letteralmente alla pazzia. Con delicatezza fece scorrere la mano tra suoi capelli castani, fissandola intensamente per poi ricominciare a baciarla.
Scostò con l'altra mano il vestito che la copriva fino alle cosce, facendola rabbrividire all'impressione del suo arto sulla sua schiena.
Lei lo lasciò fare e, eccitata gli prese la schiena, facendo in modo che i loro corpi si toccassero ancora di più.
Il suo respiro era mozzato, e le gambe cominciarono a attorcigliarsi contro il suo bacino. Salendo ancora, Duncan sfilò il bianco abito della ragazza, scoprendola completamente, rimanendo abbagliato da uno splendido corpo subito s'eccitò.
La dea Afrodite si agitava nei suoi pantaloni, provocando un leggero rigonfiamento, che bastò a trarlo in inganno.
La ragazza continuava a baciarlo senza tregua, e grazie alla sua impulsività tolse i pantaloni al moro con un leggero interseca-mento delle dita.

Ogni colpo produceva un effetto di lussuria in Courtney, che continuava a tenere il ragazzo appendendosi al suo forte collo.

Nell'aria volavano carezze e piccoli gemiti soffocati da accoglienti baci sonori.
Una percezione altamente piacevole e senza limiti avvolgeva la ragazza. Finché, alzando gli occhi, vide il volto dell'altro che si stava trasformando, diventando sempre più inquietante. Le sue labbra sorridevano malignamente, mentre il suo sguardo era abbassato e concentrato sull'azione.
Rise di nuovo, sarcasticamente. Di scatto alzò quell'espressione che tanto spaventava Courtney. Fu accecata dalla paura, nel vedere il colorito dei suoi occhi cambiare, colorandosi intorno all'iride nero e infinitamente piccolo di rosso, e tutto intorno un alone dorato fungeva da porta per l'inferno.

Una stretta prese e strinse il cuore della ragazza, spaventata da quello sguardo malefico. E come se non bastasse i canini cominciarono ad allungarsi, e la pelle a farsi più grigia. L'angoscia la catturò in una gabbia di paura. Chi era? Che cosa stava diventando?

In quella mattina turbata dalla pioggia che formava dei crateri nella terra, i due si unirono tra amore e dolore.

In quel momento Duncan capì quattro cose importanti:

Era dannatamente invitante.
Quello fu il vero istante di pura felicità.
Lui amava Courtney.
Lei amava lui.

***

Quando il temporale finalmente cessò, il silenzio suonava nell'aria sulle note del vento.
Fu gelata dagli occhi che la stavano osservando. I due si guardarono a lungo senza dire una parola.
Duncan avrebbe voluto parlare, ma dalla bocca non uscì nessun suono. In silenzio, scrutava i tratti di quel viso sconvolgente.

La voce del ragazzo le soffiò nell'incavo del collo << Ti ho fatto male? >>
Lo guardò, sussultando. << Un po'... >> mormorò non distogliendo lo sguardo da quei pozzi acquamarina. << "Adesso torniamo a casa... >> disse infine borbottando, sebbene avrebbe voluto restarsene lì, in eterno.


Angolo P / M

Autrice P: *la schiena scrocchia, un sorriso compare sul volto dell'autrice* Ah, che bella percezione di felicità :D
Autrice M: UH! GUARDA C'E' IL TEMPORALE!! *esulta scostando la tenda e appiccicando il naso sul vetro pensando di avvicinarsi sempre di più in quello sfogo della Madre Terra*
Scott: Ahh! Ancora con la storia della madre terra! Ne ho fin sopra i capelli!
Autrice P: Alè, è arrivato anche l'altro... *si stiracchia sulla sedia d'ufficio*
Duncan: Si, per una volta avete fatto un buon lavoro :D
Autrice P: Eh? ... Ah... bhè, grazie, visto che qualcuno non mi ha aiutato /:
Autrice M: *in pochi istanti la sua mente viene attirata dalla voce della collega lasciando perdere lo spettacolo che le si propaga davanti* EHI! Anche io ho aiutato! ... Bhè, più o meno... Non è colpa mia se le parti da pervertita le scrivi meravigliosamente.
Autrice P: Lo devo prendere come un complimento? ... Ah, PS: si chiama fenomeno CocktailParty...
Autrice M: SI! :D
Autrice P: *la fulmina con lo sguardo, incenerendola*
Scott: *si accorge di un particolare, per lui, molto sgradevole* HEY! E io dove sono?!?! 6 capitoli e neanche l'ombra del sottoscritto!
Duncan: Eh! Pivello, la folla preferisce me, a uno come te!
Autrice M: *ritornando alla realtà -di nuovo-* Hem.. cosa potrei dire in un caso simile? Ah giusto! Siamo a corto di recensioni... HELP T.T
Autrice P: Ah! Taci e inghiottiti sto guscio di arachide! *le infila in bocca un guscio di arachide* visto che prima te ne sai mangiati una dozzina... *rabbrividisce*
Scott: Tzè, io me ne vado! Non voglio mica fare da BabySitter a una mangia-gusci! *prende ed esce*
Duncan: Buon proseguimento di serata con Dawn!!
Scott: *sgrana gli occhi e ritorna dentro* hem... oh guarda! Fuori piove! Eh, non posso mica uscire se piove, eh, mi bagnerei tutto! Oh accidenti, a quanto pare dovrò restare qui! *si siede sul letto e accende la tv*
Autrice P: Bhè, insomma, sai, esistono gli ombrelli... *e nessuna risposta le sopraggiunse all'orecchio* Va bhè, lasciate una recensione per questo obbrobrio sorto dalla mia immaginazione *w*
Autrice M: L'importante è che non ti metti più il cappellino sopra i tuoi capelli in stile e colore Zoey diventando una specie di Maritoba indossando degli occhiali blu... incuti terrore...

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Capitolo 8
*** Chapter 7; Welcome to the Wolv's clan ***


Sette anni. Per tutto questo tempo l'aveva cercata. Quasi un decennio passato invano a trovare la sua amata. E il vento sussurrava ancora fra i suoi capelli il suo nome. Non se lo sarebbe mai dimenticato, e mai avrebbe scordato il suono della sua voce.
Quella sera la brezza ancora calda s'infrangeva sul suo volto ormai guarito esteriormente.
Aveva finito le sue carte, le aveva giocate tutte, non sapeva più dove scorgere il suo attento occhio, dove drizzare le sue fini orecchie.
Un suono di fragili passi lo raggiunsero, facendolo voltare incrociando quegli occhi così azzurri oramai famigliari.

<< Per quanto mi lusinghi la tua presenza devo chiederti di non disturbarmi, lo sai, quando sono da solo nessuno deve distrarmi di miei pensieri. >> la sua voce era calda e avvolgente, come un dolce abbraccio per la bionda.

<< Mi scusi, volevo solo avvertirla che abbiamo individuato due tributi. >> disse la ragazza abbassando la testa e lisciando una piega della sua gonna azzurra.
<< Bene, prendeteli e portateli nel cellarium. >> tagliò corto l'ispanico distogliendo lo sguardo e ritornando ai suoi flashback. Esatto, nonostante gli anni passati quegli inutili ricordi continuavano a tormentarlo, non facendolo persino dormire la notte. Il calpestio dei piedi della ragazza lo riportarono indietro nel tempo.

Ferito e affamato giaceva sotto quell'albero che non gli procurava altro che una lunga frescura, forse troppo fredda.

Sì, era sopravvissuto.

Ci voleva altro per uccidere il primo lupo mannaro.
La luna si era ormai dissolta, e la luce dei primi raggi del sole lo infastidiva. Agonizzante appoggiò la schiena a quella dura corteccia che si estendeva lungo quel prato ormai rovinato, si era formato un buco, quel varco, luogo di lotta e di miseria.

Si era reso conto che da solo non ce l'avrebbe mai fatta. Si sedette con la schiena appoggiata al muro e le braccia pendenti non trovavano la forza di alzare neanche un dito.
Doveva essere soccorso, oppure presto, sarebbe morto. E questa volta davvero.
Chiuse gli occhi Alejandro. L'attimo dopo la sua visione era sfuocata, dove diavolo era?

Una figura avanzava lenta, portando un vassoio, su di esso una tazzina e una scodella con dell'acqua calda e un fazzoletto.

<< Chi sei straniero? >> domandò quella dolce e soave voce rassicurante. << Un sopravvissuto. >> rispose quasi sussurrando e tossendo subito dopo. La ragazza prese la tazzina contenente una tisana, gliela porse, dicendo che gli avrebbe fatto bene.
Il moro parve quasi abbagliato dalla bellezza della ragazza corsa in suo aiuto.
Bridgette il suo nome, biondi e lunghi i suoi capelli, azzurri i suoi occhi.
Finì di sorseggiare la tisana e, nonostante il caldo afoso che si espandeva per le strade di campagna, quell'intruglio lo fece sentire meglio.

La bionda notò le profonde ferite che si intravedevano sotto quella camicia bianca, ormai tinteggiata di un rosso scarlatto.
Senza pensarci due volte corse in casa, prendendo tutto l'occorrente per prestargli le prime cure.
Tornò sotto le fronde di quella quercia, iniziando a tagliare la camicia, per toglierla al latino. Il sangue raggrumato si era fuso col tessuto, rendendo difficile staccare il tutto.
Ma Bridgette riuscì nel suo intento, tagliando pezzi di stoffa e staccandoli mano a mano dal petto, dalle braccia, dall'addome, per poi iniziare a lavare via il sangue in eccesso e disinfettare i profondi squarci sulla pelle del moro.

Una smorfia di dolore si impossessò del viso di Alejandro.
Certo, nonostante lo stato confusionale in cui era e le numerose ferite riportate, la sua mente capiva che l'intervento della ragazza era utile, in quanto lo stava aiutando, ma quell'insieme di erbe che venivano sfregate sul suo corpo bruciavano da impazzire.
Ma, accidenti! Lui era un lupo mannaro, lui era il primo lupo mannaro... Doveva reagire.
Una volta realizzato che i muscoli reagivano di nuovo ai suo comandi si alzò barcollando, appoggiandosi al tronco dell'imponente albero, seguendo subito dopo la bionda dentro casa, sentendo uno strano calore dentro se. E, una volta varcata la soglia, le ferite erano scomparse. Volatilizzate.
La ragazza si accorse subito che il malcapitato non aveva più quelle dolorose escoriazioni. Mossa dalla curiosità non poté far altro che domandarsi il perché.
L'ispanico capì subito il motivo di quell'espressione che attendeva risposta.
Così entrò nella parte che sapeva recitare meglio. Gli raccontò della sua breve avventura, del morso di quel dannato lupo e della sua nuova vita. Gli raccontò dello scontro con la strega, per impossessarsi di quel medaglione, ma non gli disse il motivo di quella scelta. E, mentre le parole si fecero più accentuate, l'ispanico l'avvolse in una sensazione di piacevole lussuria, scatenando in lei quel sentimento che conosceva alla perfezione, ma che in realtà fingeva soltanto di provare.

Così infatuata com'era avrebbe voluto aiutarlo... Ma in che modo?

<< Potresti diventare come me se solo lo vorresti. Certo, sarai dannata ma... >> il suo sguardo incrociò gli occhi incerti della ragazza << Vivresti per sempre, insieme a me. >>
Nonostante la differenza d'età e al fatto che lui era un perfetto sconosciuto, Bridgette in qualche modo si fidava di lui, a tal punto di diventare il secondo lupo mannaro, donandogli così la propria vita e facendo crescere la sua stirpe.
<< Il problema, querida, è che non posso farlo adesso... >> gli sussurrò all'orecchio baciandole un pezzo del collo, per poi finire la frase. << Per renderti come me, dovrei trasformarmi ma, al momento, come puoi vedere manca una cosa fondamentale. >> disse volgendo gli occhi al cielo, scrutando il sole.
<< La luna piena è l'unica cosa che mi permette di diventare ciò che sono e, finché lei non sarà in cielo, dovremo rimandare il nostro piano. >>

Ma alla fine ce l'aveva fatta. La tenera ed insicura Bridgette ora era un lupo mannaro, e non erano i soli.
Il loro clan era composto da tre membri, ma si stavano espandendo.
Scosse il capo, facendo scivolare via quei dannati flashback, per poi scendere dalla terrazza, dirigendosi altrove.

Una massa di capelli arancioni sbucò da dietro l'angolo, dirigendosi nel punto dove poco fa c'era il capo.
Sapeva che non poteva stare lì, ma quell'insieme di luci, suoni e odori erano come una droga per lui.
Era diventato un eterno da poco, si e no un'anno e mezzo. E tutti quegli stimoli, quei rumori impercettibili udibili solo da lui, quegli odori così succulenti e distinti lo eccitavano da morire. Si, essere un dannato era stupendo, e non si pentiva affatto di quel fatidico giorno, in cui tutto cambiò.

Il rosso era oramai stufo della sua vita piena di problemi, piena di cose da fare. Lui, troppo pigro ed ribelle per eseguire ordini da altri. Lui non seguiva gli ordini di nessuno e a volte neanche di se stesso.
La sua vita così odiosa l'aveva reso terribilmente solitario, aggressivo e sociopatico. Il che lo rendeva un perfetto mannaro.
Individuato subito dal latino, una notte, mentre camminava nel bosco, come suo solito fare per sfuggire a quell'odiosa vita, il destino per lui cambiò.
S'incontrarono.
<< Non voglio farti del male, ti migliorerò solo l'esistenza, fidati. >> detto questo si udì uno scricchiolio di ossa, seguito da un ululato e un rapido morso.
Gemette di dolore Scott, accasciandosi al suolo. I suoi occhi grigio perla incontrarono la pallida luna...per poi cambiare colore. La pupilla si rimpicciolì, e le sfumature color perla si persero in un mare di bianco, dal quale risaltava solo la scura pupilla. E li, il suo destino si riscrisse per l'ultima volta.

Ghignò, sentendo le urla provenienti dal cellarium... Sapeva che cosa lo attendeva. E non voleva perdersi niente di quello spettacolo.
Balzò giù dalla terrazza, atterrando illeso cinque metri più sotto, dirigendosi al punto d'incontro.
Non aveva mai assistito ad una cerimonia d'iniziazione... Okay, va bene, era la prima volta per tutti... ma assistere alla trasformazione di qualcun'altro era comunque entusiasmante.
La luna piena risplendeva alta nel cielo. Bene, era il momento. Aprì il cellarium, entrandovi e trovando già Alejandro e Bridgette.
Non sapendo che fare si sedette in un angolo del freddo pavimento, ghignando vedendo i due tributi. Tremanti come foglie indietreggiavano. Erano in due, solo due, perché non tre, o quattro? Ma in fondo, che cosa poteva importargli, per adesso, erano solo vili respiranti.

<< Sicuramente vi starete chiedendo perché siete qui, chi siamo noi e che cos'è questo posto... ma prima le presentazioni: mi chiamo Alejandro, lei è Bridgette e lui Scott. Non siamo ciò che pensate... >> Continuò poi restando nell'ombra cominciando a sentire quel calore così famigliare scendere nelle vene.
<< Siete stati scelti per un motivo, diventare membri del clan. Noi vi doneremo la vita eterna, non dovrete più preoccuparvi di nulla. >> un fascio di luce lunare si stigliava da un buco ovale in mezzo alla stanza impolverata. << Il problema di essere un immortale? Trasformarsi ogni luna piena in un lupo mannaro. >> continuò il rosso fissando il piccolo ragazzo che sembrava più un bambino, nascosto dietro la sagoma della tetra ragazza dalla pelle bianca.
<< Ma, come tutti, non siete stai scelti a caso. >> il tono dell'ispanico era misterioso, per prima guardò la ragazza dai corti capelli neri e uno scuro abito con un'ampia scollatura. << Gwen. Sei la tipica ragazza facile, non sposata hai sempre vissuto dentro quella squallida casa, approfittata da quegli uomini vili e meschini. Odi davvero la tua vita? Io credo di si. >>

Il latino si concentrò poi sul ragazzino. Il suo sguardo era letteralmente terrorizzato, come se avesse appena visto un cadavere ritornare in vita dopo secoli di solitudine in una bara puzzolente, stra colma di insetti mangia organi.

<< Ma che ci fa lui qui? N-non mi sembra fosse nella lista... >> mormorò la bionda infilandosi le mani nelle tasche della sua gonna azzurra pensierosa, guardando quel piccolo uomo ripararsi dietro la ragazza. Cody in realtà si trovava li per caso.
<< Teoricamente lui non doveva essere neanche qui. Era lei la predestinata a diventare un lupo mannaro. >> gli rispose Alejandro sbucato da poco dalla penombra.
<< Che cosa?! Cody! Perchè mi stavi seguendo?! >> domandò l'altra con un tono al quanto arrabbiato quasi ringhiando contro il poveretto, appoggiando le due mani sul bacino.
Ma non era così sorpresa... non era la prima volta che si ritrovava Cody tra i piedi...
Già in passato le era capitato di scoprire il ragazzino seguirla. Tentava di corteggiarla?!
Forse, ma la loro storia non avrebbe mai potuto avere un'inizio...e poi, non era il suo tipo. Un'insistente poppante. Ecco com'era Cody agli occhi della gotica.

Quella sera, come tutte le altre del resto, Gwen si aggirava per il giardino della sua scadente dimora, diretta al loroalbero. Già, pochi mesi addietro aveva incontrato qualcuno che la amava così com'era, che apprezzava ogni suo singolo difetto... Un dolce ed affascinante cantastorie dagli occhi color smeraldo e un mare di capelli neri.
Si erano giurati amore eterno sotto quell'albero, un mansueto acero dalle larghe fronde.
Avevano inciso le loro promesse su quella dura corteccia... Poi lui era scomparso.
Ma Gwen, ogni notte tornava lì, sotto quell'albero protettivo, per viaggiare almeno con la mente in quei dolci ricordi.
E intanto, due figure si aggiravano in quello stesso giardino. Il primo aveva capelli color nocciola e uno sguardo da fanciullo. Era rintanato dietro ad un cespuglio, ad osservare quella strana ragazza, rimanendone, come ogni volta, affascinato.
Il secondo stava dietro alla dura corteccia di un pino, aspettando il momento buono per agire. Uno...due...tre... Ancora pochi passi e avrebbe potuto mettere in atto il suo piano.
Con uno scatto felino afferrò la ragazza per un braccio, pronto a portarla via. Peccato che il primo non fosse d'accordo: afferrò Gwen per l'altro braccio, cercando in tutti i modi di non mollare la presa.
Alla fine il sequestratore non poté far altro che portarsi via tutti e due.

<< Ah, e così hai rapito per errore il nostro piccolo amico? >> domandò l'ispanico voltandosi verso il rosso. << Tzé... era lui che non mollava la presa... così ho pensato di portarlo qui. >> scrollò le spalle. << Infondo... meglio due tributi di uno solo no? >> sputò tranquillamente il rosso sedendosi a gambe incrociate sul pavimento e ghignando.

Il latino alzò le spalle, girando la testa verso la luna piena.

<< Bene... ci siamo. A te l'onore Scott... infondo, li hai catturati tu no? >>Alejandro incrociò le braccia, scostandosi a lato, invitandolo a procedere verso Cody. Un sorriso bastardo si fece largo sul suo volto spruzzato di lentiggini, alzandosi.

In un momento la trasformazione era già iniziata, una scapola si contrasse provocando un rumore secco, come quello delle ossa che si frantumano per poi ricostruirsi ingrandendosi di colpo. Poi l'altra.
Sul suo viso cominciarono a spuntare i primi peli di un colore rossastro confondendosi con i capelli, mentre il fascio di luce lunare lo investiva i suoi occhi cambiarono improvvisamente colore diventando sempre più bianchi e le pupille diminuire di dimensione.
Un ultimo scricchiolio di ossa e la trasformazione era riuscita in pieno. Possente si scagliò con una ferocia assurda sul povero ragazzino, mordendolo sulle braccia e sul ventre, quasi ammazzandolo. Delle urla e degli ululati s'infrangevano contro i muri del cellarium.


Angolo Autrici:
Buongiooorno popolo :D
Dopo settimane buttate via, un po’ per colpa delle vacanze, un po’ per il fatto che noi non ci siamo potute vedere per settimane e un po’ per colpa…
Scott: D’ah, ma chi se ne frega!
La sai una cosa? Hai ragione… Comunque, contento Scott?!? Finalmente dopo… Hem, dopo sette capitoli sei arrivato :D
Scott: Tzè… e capirai… dovevo venire prima… dovevo farlo IO il protagonista!
Duncan: Beh, ti è andata male… Il protagonista sono io. E.. perché non ci sono in questo capitolo?!?
Hem… semplice ^^ Perchè dovevamo pur presentare in qualche modo gli altri personaggi no? eddai, non fare l’egoista.. Un pò per uno u.u
Duncan: … Vabbé…
Si… hem, dov’eravamo rimaste? Ah, giusto :D Speriamo che il capitolo sia stato di vostro gradimento, e che vi abbia confuso le idee, almeno un pochino… Ma no, dai… Non siamo così cattive…
Bene, alla prossima :D Qui è tutto, da P. e M. :D

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Capitolo 9
*** Chapter 8; Autumn. ***


Il sole riscaldava il bagnato e freddo terreno di quel così famigliare bosco. Le foglie si stavano asciugando, e le cortecce degli alberi prendevano colore, un venticello fresco soffiava nella loro direzione, facendo rabbrividire la ragazza che un po’ incerta camminava a lenti passi.
Avrebbe voluto tornare a casa al più presto, i suoi vestiti si erano quasi asciugati, ma ancora umidi non la riscaldavano minimamente, ma in fondo, a quello ci pensava Duncan tenendole con un braccio la vita, riscaldandole quel così sensuale ventre.
Dopo quella bufera di pioggia, di quello scalpitio sulle rocce, di quel così famigliare rumore i due si erano uniti, amandosi, cercandosi e costruendo qualcosa che superava quell’innamoramento.

Era così bello stare insieme, niente e nessuno avrebbe potuto separarli. O quasi.

Il cuore correva, i muscoli erano tesi, i polmoni chiedevano aria, il cervello era in fase –pausa- tutto fremeva a quell’affermazione, tutto sembrava più bello, più colorato, più chiaro, più nitido, tutte le cose presero forma, il paesaggio si dipinse di felicità e allegria mentre gli occhi contemplavano l’impossibile che era accaduto. Perfino i fiori, le api, gli alberi, sembravano vivi e pieni di gioia.
<< Courtney sei incinta >> la voce di Dawn risplendeva di luce propria. Sorrisi si disperdevano nell’aria nitida. Tutti erano colmi di felicità, di quella senza parole, senza abbracci e senza baci.
La ragazza dai capelli castani era come se volasse su quelle bellissime sillabe che parevano dette da una fata.
Tutti, o quasi, erano sospesi in una bolla carica di positività raggiante, perfino Heather gioiva a quelle parole, ma non riusciva ad accettare il fatto di essere nonna così giovane.
<< C-cosa?! >> il viso del ragazzo era a dir poco scandalizzato, preso alla sprovvista. Si certo, era contento, ma.. diventare p-padre? Non era quello che voleva. O forse si? Non lo sapeva neanche lui, ma il cuore diceva il contrario, probabilmente era solo l’effetto sorpresa, aveva finito le cose da pensare. Tuttavia non poteva negare di essere contento, non poteva dire che non era entusiasmato.
<< M-ma.. mamama… c-com’è possibile… vuol dire che diventerò p-padre? >> la sua voce sembrava spezzata, appariva non crederci. << D'ah ma mi ci vedi?! Si, va bene, è una cosa bellissima, ma… >> Courtney restò così, sorpresa e un po’ curiosa.
<< Ma cosa? Sbaglio o sei stato tu a saltarmi addosso? >> lo fulminò l'altra con i suoi occhi scuri sibilando la seconda domanda tirandolo nella loro stanza.
<< Si, ma tu hai ricambiato o sbaglio? >> ghignò il primo prendendola per i fianchi avvicinandola a se. << E che scelta avevo? Non potevo mica scappare. >> rispose lei abbassando il tono e mettendosi a fissare il pavimento di legno d’acero.
<< Senti, non voglio che tu soffra. Porteremo a termine questa cosa insieme. >> un dito finì sotto il viso della ragazza, costringendola a guardarlo negli occhi, facendole vedere che faceva davvero sul serio, che non l’avrebbe abbandonata. Insomma, lo sbaglio l’aveva commesso lui, il suo unico obbiettivo era vederla sorridere.
<< Ti amo, Duncan. >>
<< Ti amo anche io Courtney. >>

Quel bacio ne succedette mille altri. E tra sorrisi e dolci parole erano passate 10 settimane da quegli attimi così felici...

I due si fronteggiavano con lo sguardo, ma gli occhi di una madre sono provocatori e riescono sempre a vincere su quelli del figlio.
<< Tu non capisci la gravità della cosa! Non l’hai ancora capita Duncan! >> Heather infieriva sul povero ragazzo, che come sempre ritirava ogni accusa cercando invano di ribattere. << Mah... >> la madre non gli diede il tempo di rispondere che subito si avventò su di lui come una pantera pronta a ghermire con gli artigli la sua preda.
<< Non dirmi “Ma!” dannazione, lo sai che cosa sta succedendo? Non puoi permetterti di andartene via a tuo piacimento quando sai che lei ha bisogno di te! >> la mora si posò una mano sulla fronte buttandosi sulla sua sedia intrecciata con rami morbidi.
<< Non sei più un ragazzino… >> continuò con un filo di voce che diede la possibilità al ragazzo di controbattere. << Senti non era qui da sola ok? C’è sempre Dawn insieme a lei! >> il moro sapeva benissimo che cosa aveva fatto. Forse non doveva scomparire senza preavviso per 3 giorni insieme a Logan.
<< Certo che c’è sempre lei! Ma non lo capisci che lei potrebbe… >> la strega non riuscì a finire il suo discorso. Non poteva neanche dirla quella fredda parola che si dovrebbe pronunciare solo una volta, perché troppo potente, troppo cruda e senza sangue. Così si alzò di scatto dalla sedia dirigendosi a passo veloce e frenetico fuori casa sbattendo la porta con forza e chiudendo le mani in due pugni.
Tutti sapevano che cosa stava succedendo e, quegli attimi di felicità erano scomparsi da tempo. Courtney stava male, sempre di più. Era stanca, affaticata, quasi triste. Ma doveva essere forte, e combattere, lottare finché ne aveva, cercare di non essere sopraffatta da tutto quel dolore lancinante.
Che cosa si può dire quando la mente va via e non riesce a pensare altro che a tutto quel rammarico, dicendo addio a tutte le speranze, a tutti i sogni. Courtney stava perdendo ogni cosa, era solo questione di tempo prima che tutto fosse svanito.
Le sue labbra imprigionavano la tristezza, le lacrime, il respiro. Tutto stava scolorendo, l’autunno era quasi finito, e il gelo invernale si stava già artigliando tutto, portava via le foglie, dipinte di quelle bellissime sfumature tutte diverse le une dalle altre. I primi colpi di vento gelido facevano spostare le tende di quella grigia camera, dove una ragazza dai bellissimi capelli castani era distesa sul letto, coperta da un manto di pensieri negativi e coperte calde e avvolgenti.
Lì, c’era Courtney in tutta la sua persona.
Il rumore scricchiolante delle assi del pavimento attirarono l’attenzione della ragazza dalla pelle caffèlatte distogliendola dai suoi cupi pensieri senza destinazione.
<< E-Ehi Court. >> il ragazzo entrò nella stanza, sedendosi sul letto di fianco all’ispanica. Era debole, la sua pelle caramellata sembrava fredda, morta…Non del suo solito e raggiante colore.
Le occhiaie incorniciavano i suoi scuri occhi, e il suo volto esprimeva tristezza.
Duncan ebbe un colpo al cuore. Stava peggiorando, e la colpa era solo sua, in fondo lo sapeva…perché il bambino che portava in grembo era suo, ergo poteva essere solo unmostro. Era già strano che avesse il ventre così pronunciato dopo appena dieci settimane.
Certo, lui era nato nel giro di quindici settimane, ma sua madre era una strega, e la gravidanza non aveva avuto effetti su di lei. Courtney, invece, sembrava soffrire ogni giorno sempre più.
<< D-Duncan. >> gemette la ragazza alla vista del moro. << Dove…dove sei stato in questi giorni? >> sputò quelle parole come veleno, mentre una smorfia di dolore si impossessò del suo viso.
<< Lo sai…dovevo andare a caccia e… il mio istinto mi ha tenuto fuori più a lungo del previsto. >> poggiò la mano sul suo viso Duncan, regalandole una tenera carezza. << Ma ora sono qui. Non ti devi più preoccupare. >>
Un piccolo sorriso si formò sulle labbra di Courtney. Nonostante la rabbia e l’ansia provate nel sapere che lui era sparito, il suo ritorno riusciva a farla solo stare meglio… Ancora non riusciva a spiegarsi come facesse il ragazzo a cavarsela ogni volta…
Un nuovoattaccoda parte del feto la fece urlare dal dolore. Un grido quasi soffocato e innaturale s’impossessò della sua voce.
L’eremita accorse subito in suo aiuto, posandole un impacco bagnato sulla fronte, per poi mettersi a tritare varie foglie di piante. Quante sfumature di nero scurivano la camera, e quel verde scuro non rilassava Dawn e la sua aurea violetta.
Si sentiva impotente Duncan. La ragazza che amava stava soffrendo, e lui non poteva far niente per aiutarla. Le diede la mano, e Courtney prontamente l’afferrò, stringendola, aspettando la fine di quella fitta.
La sua mano era gelata, nonostante la febbre alta. Sembrava come se il feto le stesse lentamente succhiando via ogni forza, rendendola debole e quasi depressa.
Doveva scaldarsi, o non avrebbe superato la notte. In questo il moro era utile. Si sdraiò al suo fianco, accogliendola in un abbraccio e stringendola delicatamente a se, donandole calore.
Teneva più di ogni altra cosa all’incolumità della sua amata. Non l’avrebbe lasciata per nulla al mondo.

Vegliò su di lei tutta la notte, stringendola ad ogni suo brivido, rassicurandola ogni volta che si svegliava per colpa degli incubi, aspettando l’alba nascere, per sconfiggere la notte e regalarle un altro giorno.

Tutto era pronto, tutti erano presenti. Il fatidico momento era arrivato, forse troppo velocemente, forse troppo prematuramente. Courtney ebbe la prima contrazione. Il parto era iniziato, e non c’era più tempo per fermarlo o rimandarlo.
Duncan con il suo respiro mozzato era relegato fuori da quella stanza, incapace di vedere ciò che accadeva al suo interno. Tutto gli pareva senza colore, senza emozione. La preoccupazione lo stava devastando, ma cosa gli stava succedendo? Non conosceva quell’emozione così dolorosa, quella stretta ai polmoni, quella che non ti fa respirare e ti fa temere sempre il peggio facendoti battere il cuore senza riuscire a controllarlo. Il dolore era così reale, così vero, e faceva male, era forse peggio di quando si trasformava, apparentemente devastante.
Ma non poteva fare niente, era li, da solo, a sperare, a pregare, le cose potevano andare meglio? Si sarebbero sistemate? Si sentiva come un marinaio che durante una bufera sul mare cadeva in quelle gelide e mosse acque, lottava per non affogare, lottava per non morire da quella strana emozione.
La preoccupazione lo stava divorando come quando lui uccideva senza pietà le vittime mentre era tormentato dal suo mostro interiore.
Sentiva quelle urla doloranti divulgarsi in quell'aria torbida, le sentiva anche senza l'aiuto di quelle due estensioni soffici e pelose che erano le sue orecchie da licantropo. Non ce la faceva più a sentire le sue grida. Non poteva più stare li, sapendo che lei stava dando alla luce il loro primogenito.
Si avvicinò alla porta, appoggiò l'orecchio al legno e degli stralici di frasi scambiate dalla madre e Dawn lo raggiunsero fin troppo chiaramente. << Maledizione Dawn! Non c'è qualcosa che le impedisce di provare tutto questo dolore?! La sta uccidendo! >> ed era vero. La forza del bambino era troppa per la ragazza, non riusciva a controllarlo. Heather posò le mani incorniciando il suo volto rigato dalle lacrime cercando di regalarle un po' di conforto.
<< I-io non lo so. C-con te non ci sono stati questi problemi. >> il tono della veggente era preoccupato. Accecata da tutti i colori che c'erano in quella camera, distratta da essi non riusciva a far calmare la povera Courtney, che nel frattempo stava lottando per rimanere in vita.

Gocce di sudore miste a lacrime bagnavano il suo volto. Come poteva, un bambino fare tutto questo? Come poteva una sola vita far provocare così tanta sofferenza? No, non poteva, e non doveva. Diamine era solo un embrione! Un bambino con il suo stesso sangue, forse con la sua stessa maledizione… Una scossa attraversò la sua mente confusa e imprevedibile. Come un lampo che squarcia il cielo le notti di tempesta, come la corrente più forte dell’oceano. In quel momento Duncan capì che cosa stava succedendo.

<< Fatelo smettere! >> urlava Courtney, non ce la faceva più, ogni spinta le procurava un dolore inaudito, un tormento che non aveva fine.
Il bambino era aggressivo, possedeva una forza inaudita, si era già sviluppato in sole 10 settimane, questo poteva significare che poteva essere anche più forte del padre. Ma in quella stanza c’era solo sangue. Il materasso era in una pozza di quel liquido denso e spaventoso. I bordi della vestaglia della ragazza erano anch’essi tinti di rosso. La situazione stava degenerando, e le urla assillanti dell’ispanica angosciavano tutti, persino il vento fuori stava aumentando la sua intensità, come per aiutarla, ma invano.
<< Non ce la faccio! Non ce la faccio più! >> ripeteva come un mantra, gridando.

Non ce la faceva più nemmeno Duncan, con la testa batteva sulla porta, come se volesse entrare. Entrare e vedere come aiutare, vedere il pessimo stato della ragazza, vedere i suoi occhi gonfi e rossi di lacrime. Ma non poteva. Maledizione non poteva! E questo lo faceva ancora andare più in bestia.
Continuava a premere con la fronte sul legno, mordendosi il labbro per non piangere, digrignava i denti fino a farsi male. Non riusciva più a sentire quelle urla di straziante dolore disumano. Quale Dio poteva creare tanto male in un colpo solo? Perché si sentiva pesante e impotente?! Perché la sua mente non riusciva a formulare una frase di senso compiuto! Perché era tutto così schifosamente brutto, tanto da sembrare un fottuto incubo!

<< Sssh è tutto finito, Courtney ce l’hai fatta… >> la voce di Heather era una dolce melodia per tutti, per la prima volta.

Raggio di Luna prese il neonato in braccio, rimanendo spaventata alla vista di due grandi spirali rosse e nere che coloravano gli occhi del bambino.
Che cos’era? Questo non l’aveva predetto, nessun flash aveva illuminato la sua mente… Dawn si sentì mancare l’aria, il bambino la fissava, il suo sguardo era truce e ipnotico, le gambe cedettero alla paura che la strega annusò subito, lasciando la neomamma riposare dopo quell’apparente carneficina. Prese il neonato fra le sue braccia dopo avergli tagliato il cordone ombelicale e averlo avvolto in una specie di copertina.

L'inquietudine abbandonò il ragazzo una volta resosi conto dei cessati urli il quale a fatica si tirò in piedi entrando nella stanza, subito un acre e malsano odore lo invase da capo a piedi.
Odore di morte, troppo simile all'odore di morte.
Scosse la testa notando poi la veggente seduta su una seggiola con le mani tra i capelli e la testa piegata sulle ginocchia scossa di tanto in tanto da alcuni singhiozzi. Rimase impietrito alla vista di tutto quel sangue, la consapevolezza si fece strada attraverso la sua coscienza.
Il liquido rossastro sembrava non scorrere più, come se l’avesse esaurito tutto. Vari conati di vomito che salivano e scendevano dal canale gutturale. Poi collegò.
Il petto ricominciò a dolergli. La vista diventò offuscata e il cuore pompava in eccesso, la temperatura del suo corpo era ormai troppo calda per sopportare tutta quella rabbia, quel rammarico, quella tristezza. Un rivolo di sangue gli colorò il bordo destro del labbro chiuso in un’espressione di struggimento emotivo.
Si inginocchiò ai piedi del letto dove la sua bellissima compagna era distesa, le mani strette in dei pugni dove nascondeva la sua amarezza nel vederla li, con il candido vestito sporco di quell’ammaliante rosso schizzato come dalla punta di un pennello. Gli scostò quel ciuffo ribelle davanti agli occhi per poterla vedere meglio, e memorizzarla come la splendida ragazza di cui si era innamorato la prima volta, e non come una Courtney straziata dopo una eroica azione quasi mortale.
<< C-Courtney?" >> sibilò poi cercando di svegliarla toccandole con leggerezza i morbidi capelli.
<< Principessa?... svegliati, è tutto finito, non ti devi più preoccupare... >> le pettinò i ciuffi con le dita abbandonando piano piano ogni speranza di sentire la sua rassicurante voce sonora. Oh cosa avrebbe dato in quel momento per ascoltare anche un insulto, uno dei suoi dolci insulti.
<< D-Duncan... >> la ragazza girò la testa e sentì lo sguardo di lui le due onici si mossero sempre più, cercando di proferire quello che la voce non poteva.
<< Trova il medaglione. Proteggi nostro figlio. >> sibilò con un filo di voce l’ispanica.
<< Ti amo. >> pronunciò infine la mentre la sua fiamma si spegneva lentamente.
I due sguardi si incrociarono e sembrava che attraverso essi Duncan gridava perdono.
<< Anche io ti amo Court.. v-vedrai che andrà tutto bene, a-adesso Dawn ti prepara qualche strano infuso e.. e ti sentirai subito meglio… >> il ragazzo sapeva più che bene che cosa stava succedendo all'altra. Ma nessuno doveva patire le sorti di una vita ingiusta.
Il sangue copioso si diramava ancora nelle vene di Courtney, finché la sua carnagione si spense del tutto, diventando sempre più pallida, come trasparente.
Duncan si avvicinò al corpo della ragazza finché non avvertì il cuore della sua anima gemella giacere immobile nel petto. Con il viso rigato, chiuse gli occhi per sempre a Courtney.
Una lacrima silenziosa cadde sul collo dell’ispanica.
<< Duncan. >> il ragazzo si girò di scatto con ancora gli occhi lucidi, troppo poco tempo per cacciare giù quelle lacrime salate. La madre gli porse il fagotto che aveva fra le braccia. Il moro per poco non svenne, nel vedere gli occhi del neonato.

Rosso come il colore del sangue, iride bianco e incredibilmente dilatato su uno sfondo nero. Squarciava cadaveri e lacerava le carni con solo un artiglio. Occhi pieni di rabbia, e mascella incredibilmente storpiata in una lunghezza disumana.
La luna bianca alonata di blu risplendeva abnorme in quel cielo che pareva nero.

Ecco che cosa sarebbe diventato. Un mostro.
Duncan rimase paralizzato da quella visione. Forse anche un po’ impaurito non riusciva a distogliere le iridi da quelle del bambino, tanto spaventose quanto surreali.
Stette li, a fissarlo, non potendo fare altro finché anche il piccolo licantropo dagli occhi rossi come rubini chiuse quegli così strani onici per l’ultima volta.
Heather appoggiò una mano sulla spalla del figlio portando fuori la povera Dawn ancora tramortita lasciando Duncan da solo con i suoi demoni.

Rimaneva unicamente il presente. Ed era un presente da incubo.

Il ragazzo si alzò con lo sguardo basso pieno di sofferenza, posando suo figlio nella culla costruita apposta per lui qualche tempo prima.
Una seconda lacrima rigò il suo viso mentre le gambe perdevano sensibilità accasciandosi in ginocchio su quel pavimento d’acero.
Duncan sfociò in un grido che parlava d’inferno, d’odio, di rabbia, di tristezza, di dolore. Abbracciando il corpo dell’amata defluendo in un pianto straziante urlato e frustrato.


Angolo Autrici... anzi no: Angolo P.

AutriceP: S-sono così orgogliosa del mio meritato lavoro :’) Ma prego, voi potete anche lanciarmi i pomodori :D
Scott: Ma scusa, l’altra psicopatica?
AutriceP: Davvero vuoi saperlo?
Duncan: Si… anche perchè sennò non posso prenderti a cazzotti!
AutriceP: Oh ma andiamo! Io ho già un piano tutto mio u.u So come far andare avanti la baracca.. IO!
Scott: Ah si? E perché qui io non ci sono?!
AutriceP: Perché questo capitolo era concentrato sulla morte di Courtney e il bambino occhi rossi inquietanti…
Duncan: Spero che rimedierai a questo tuo errore!
Scott: Fantastico… le cose si complicano… ma non mi hai ancora detto perché non c’è l’altra incapace…
AutriceP: Beh, si da il caso che lei abbia scritto solo da “-E-Ehi Court-“ a “Non lavrebbe lasciata andare.” Il resto l’ho scritto io… lei ha: giocato con il DAS (della serie bambini di 8 anni) pettinato i pony giocattolo, colorato il DAS e mangiato i cereali…
Duncan: Ragazza ne hai di voglia... (comunque io ci sono rimasto male... non doveva ammazzarmi Court)
Scott: Uh, aspetta, faccio io i saluti :D ... RECENSITE E FATECI SAPERE I VOSTRI PARERI!
Duncan: Tkz... leccaculo...

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Capitolo 10
*** Chapter 9; Smell blood. ***


Immobile. Tutto era immobile.
I colori? Spariti, non esistevano più nel mondo di Duncan.

Lo sguardo perso, che vagava in un mondo parallelo. No, Courtney non era morta, lei…lei n-non poteva.
Quel pensiero tormentava il ragazzo come uno stalker. Non riusciva ad accettare l'idea di aver perso la sua principessa.
"Il bambino era troppo forte." Mezzo umano, mezzo licantropo, Courtney non poteva farcela a portare a termine la gravidanza.
Certo, aveva lottato, fino alla fine, ma si sa… non si può sfuggire al destino. Quando decide di portarti via non si può fare niente. Arriva e, poco dopo non esisti più.

Il moro strinse i pugni, fino a far sbiancare le nocche. Sorpassò il letto dove giaceva la sua principessa, oramai addormentata per l’eternità.
Scansò Logan di fianco alla culla del bambino, ormai anche lui senza più una scintilla di vitalità.
Si fece spazio tra Dawn e la madre, che nel frattempo si erano spostate in "salotto" a contemplare quel terrificante silenzio. Il ragazzo uscì di casa, sbattendo la porta, facendo cadere qualche scheggia di legno, accecato dalla rabbia, dalle delusione e da un senso troppo forte di impotenza.

Il sole stava per tramontare…
Fissò quella palla di fuoco spegnersi mano a mano, smettendo anche lui di lottare contro la rotazione della terra. Chiuse le sue iridi acquamarina e, quando le riaprì, erano completamente bianche.

Dov’erano spariti quei due oceani? Che fine avevano fatto quelle iridi che da sempre lo distinguevano?

Il pelo iniziava a crescere, la coda spuntava e le ossa si plasmavano con rumori secchi. Sbatté le palpebre e una volta riaperte, due cerchi ambrati centravano gli occhi.
Sparì in mezzo alla boscaglia, con un solo obiettivo in mente. Vendetta. Ma verso cosa? In fondo la colpa non era di nessuno.
Ma Duncan ce l’aveva con il mondo intero in quel momento, la razionalità aveva deciso di prendersi una breve vacanza, lasciando le redini al famigerato istinto. E così l’unica cosa che gli suggeriva era di uccidere. Non aveva specificato contro chi o cosa, ma il moro doveva sfogarsi, non riusciva a trattenere un dolore così grande.

Si concentrò, affinando l’udito. Era incredibile come il suo lato animale avesse queste capacità fuori dal comune... a volte si stupiva persino lui.
Un fruscio di cespugli, doveva essere un coniglio, ne era certo e, a giudicare dall'intensità e dalla frequenza… doveva anche essere vicino. Sulla destra, una ventina di metri più avanti. Si mise in posizione d’attaccò e iniziò ad avanzare.
Un coniglio, un semplice, inutile, coniglio. Non poteva esistere preda più facile per il licantropo, e almeno si sarebbe potuto sfogare un po'.
Era a pochi metri dal piccolo roditore, poteva sentire il suo cuoricino battere a mille mentre tentava di nascondersi, inutilmente. Ce l’aveva i pugno, un balzo e sarebbe stato suo, già pregustava il sapore del sangue scivolare nella sua gola. Quelle teneri carni tra i suoi denti, gli ossicini che si spezzavano sotto la stretta morsa della sua mandibola.
Stava leccandosi il labbro quando un altro rumore lo attirò. Voci umane. Due imponenti voci umane. Drizzò le orecchie, per captare meglio quegli stralici di conversazione, perdendo la preda.

Poco gli importava, avrebbe potuto sfogarsi con quelle nuove.
Ghignò mentalmente, mentre iniziava a trotterellare silenziosamente verso sinistra, la fonte del rumore, ascoltando le due voci farsi sempre più chiare e distinguibili.

<< Amico, finalmente si va a casa…ho bisogno di riposo. >> disse in tono neutro un alto ragazzo dalle spalle larghe e il fisico scolpito, mentre si sistemava il cappello, schiacciandolo con la mano su quei morbidi capelli biondi.
<< Hai detto bene, è quasi buio, non vorrei imbattermi in qualche strano animale pronto ad ucciderci. >> mormorò con un velo di paura l’altro, toccandosi la nuca con la mano libera quasi tremante. Come se sapesse quello che di li a poco avrebbero vissuto.
<< No amico, non ci possono essere creature pronte ad ucciderci in questa radura. Rilassati. >> l'ombra di un sorriso gli sfiorò le labbra. Sicuro che nessuno li avrebbe importunati, si portò meglio la spalla del cesto sulla sua, cercando di non far cadere tutta quella legna che erano pronti a portare a casa dopo la lungo ed esasperante camminata nel bosco.

Duncan senza pensarci due volte si era già avvicinato pericolosamente ai due, osservandoli da dietro un angolo, con il cuore che batteva all’impazzata, pompando sangue che si poteva vedere da sotto la pelliccia nera. Ma il desiderio era troppo forte nel vedere quei due uomini dirigersi per uno stretto sentiero di montagna quando la luna stava prendendo il suo posto nel limpido cielo.
Si sentiva come in preda a una sorta di energia pazzesca, di quelle che ti prendono il cuore e te lo stritolano in una morsa d’acciaio, e in un attimo sbucò davanti a loro, compiendo un agile salto, atterrando pesantemente sul terreno ricco di foglie autunnali variopinte, facendo si, che il terreno si sollevò al suo impatto con esso, sbriciolando polvere, facendo saltellare i sassolini. Alzò entrambi i lati del labbro superiore, abbassando quello inferiore, rivelando abbaglianti denti appuntiti e bianchissimi, mentre i suoi occhi erano tinti di sfumature di rosso e le sopracciglia che si confondevano con il folto pelo aggrottate, lasciando liberi solo i suoi spiragli scarlatti.

<< MAMMA! >> il terrore inglobava il volto del ragazzo dalla pelle scura, mentre si accingeva a coprire il suo corpo, nascondendosi dietro l'altro, mentre i suoi occhi neri valutavano la terrificante creatura davanti a loro.
<< S-stiamo calmi… se, se non ci muoviamo penso che...che lui se ne andrà. D-DJ. Non. Muovere. Un. Muscolo. >> il ragazzo era visibilmente preoccupato, ma mascherò quella sua insicurezza, cercando di rimanere il più calmo possibile. Ma, doveva ammetterlo, quel lupo troppo cresciuto gli metteva una sorta di paura forse più alta del previsto.
Indietreggiarono i due ragazzi, sperando di non essere la cena di quel mostro. Ma sfortunatamente fecero male i loro calcoli.
Un ululato tagliò l’aria, urlato, forte, possente, si stagliò nel cielo, pareva spezzarlo. Poi le iridi ritornarono a posarsi sui due, pronte ad ucciderli, fisso il suo sguardo era penetrante.
Con un rapito movimento di zampe corse impazzito verso i loro inermi corpi.

***

I respiri del ragazzo martoriato da molteplici morsi inferiti con ferocia da quella spaventosa creatura erano ormai gravi e affannosi, ma impercettibili.
Gli aveva squarciato l'addome e strappato via pezzi di carne dalle gambe e dalle braccia. Il sangue defluiva velocemente sul freddo pavimento in marmo scuro del cellarium. Alejandro fu davvero sorpreso nel vedere il corpo del ragazzino in fin di vita, diede un'occhiata all'altra, più bianca del solito si era portata le mani alla bocca, occhi sgranati, e un dolore allo stomaco la stava divorando, perché Scott si era subito avventato anche su di lei.
Una volta finito il lavoro, il rosso sparì. Già dall'inizio gli era stata insegnata una cosa. Una volta mannari la ragione sparisce, e l'unica cosa in mente è il sapore del sangue.
Perciò, per non far del male al proprio branco ancora in versione umana, si deve andare in esilio fino a quando non si riprende l'aspetto normale. Era la regola base, mai, mai infrangerla.
Il latino ghignò. Scott aveva fatto un ottimo lavoro e, nonostante il suo costante rifiuto di seguire le regole e di ribellarsi, una cosa l'aveva imparata. Separarsi una volta trasformato.
Doveva ammetterlo, era fiero di quel ragazzo ma, ora non era lui la persona importante. Si voltò verso i due tributi, accasciati entrambi sul pavimento del freddo cellarium
Contemplò i loro corpi... Il sangue sgorgava dalle loro ferite, lasciando ai loro piedi una pozza rossa.
Un sorrisino soddisfatto prese il possesso di Alejandro, guardò poi la bionda al suo fianco. Il suo volto era turbato...scosso. A differenza dei due esseri senza cuore, alias la sua famiglia, lei aveva trattenuto dentro di se quel pizzico di bontà che di solito si perde dopo la trasformazione.
Vedere quelle anime in pena...no, non la faceva stare male, oramai era abituata al sangue delle sue prede durante le battute di caccia, solo... si sentiva strana, un tantinello intimorita, ecco.
Il ragazzo dalla pelle ambrata lo notò, così la prese sottobraccio e si introdusse insieme a lei nei cunicoli che portavano alla villa. Non era prudente passare per il lussuoso giardino con la luna piena che splendeva sulle loro teste.
<< Todo bien princesa? >> la fissò, nonostante il carattere sanguinario caratteristico della loro specie, lei aveva ancora qualche difficoltà nell'accettare il suo destino.
<< Eh? Oh, oh...si, sto bene. >> la bionda scosse la testa come per riprendersi, mentre seguiva il latino al'interno della villa.

Correva Scott, seguendo l'istinto, seguendo tutti quegli odori invitanti che gli capitavano sotto il naso.
Una scia, un odore nuovo. Ghignò attraverso le zanne da lupo mannaro, mettendosi subito all'inseguimento di quella scia. Percorse diversi sentieri in mezzo alle più fitte foreste, salendo e scendendo rapidamente i vari rialzamenti della terra, simili a piccole montagnette.
L'odore si faceva sempre più vicino, la sua prossima vittima avrebbe vissuto ancora per pochi minuti. Un passo felpato percorreva quelle buie vie. Chi era così tolto da aggirarsi, a sol calato, in quei posti?
Il rosso alzò le spalle. A lui non faceva differenza, anche perché da li a poco quell'essere dallo strano odore e dal passo sicuro ma leggero sarebbe finito nelle sue fauci.
Si girò di scatto. L'oscurità era fitta, ma lui riusciva a vedere chiaramente. Un lupo...o un orso?
L'aspetto era quello di un comune canide ma...ma era la dimensione che lo lasciava perplesso. Grosso come un orso. I manto nero e gli occhi ambrati, che risplendevano alla luce della luna, come quelli dei felini quando gli si punta una fonte luminosa in faccia.
Correva, e anche piuttosto velocemente e, nonostante la mole, le sue falcate accarezzavano il terreno, per poi fargli spiccare balzi in avanti.
Era sull'altro versante della montagna, e sembrava intento a seguire una particolare traccia. Annusò l'aria, ma l'unico odore fu quello di quello stranissimo essere.
Era tentato di seguirlo, ma... quello strano canide era già sparito lungo il sentiero, facendo perdere le tracce di sé.

Scott ringhiò, maledicendosi per essersi lasciato sfuggire una preda così succulenta e mai vista. Avrebbe, che ne so, potuto portare la carcassa al leader, facendo vedere quanto valeva veramente.
Ma quell'idea venne presto sostituita. Anche se poteva rintracciarlo dall'odore, non conosceva l'effettiva potenza dell'avversario e, detestava ammetterlo ma sembrava piuttosto veloce, addirittura più veloce di lui.
Girò i tacchi e si avviò verso una nuova scia odorosa, pronto a sfamare la propria fame, seguendo l'istinto. Avrebbe raccontato tutto al capo dopo.
<< Forse >> si lasciò sfuggire la mente, procurando una smorfia di soddisfazione nel volto del mannaro, mentre iniziava a correre verso il cibo.


Angolo Autrici:
Autrice M: Salve campeggiatori popolo di EFP!
Esatto, siamo tornate TREMATE MORTALI!
Bene, bene... Ci sono delle svolte.
Contento Scotty? Hai avuto il tuo ruolo.
Scott: Tzè...continuo a ripetere che dovevo farlo io il protagonista...
Autrice P: Io spero solo che vi sia piaciuto :D anche se... siamo ferme da troppo tempo... ma io ho la mia brillante motivazione! ...il mio pc è morto... però riusciremo comunque a pubblicare gli altri :')
Autrice M: D'ah...ma sei inaccontentabile!
Passiamo a cose più allegre... Speriamo che il capitolo sia stato di vostro gradimento, e che le recensioni siano positive (o almeno che ci siano :'D )
Konnichiwa!

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Capitolo 11
*** Chapter 10; NightShark. ***


Musica a tutto volume proveniva da un locale nel centro di Toronto.
Era il posto preferito dei ragazzi. Buona musica, drink da far andare fuori di testa e divertimento assicurato… Che c’è di meglio?
Un giovane dai capelli rossi e dal viso sparso di lentiggini ballava, strusciandosi senza pudore contro una ragazza dai capelli scuri, tenuti cotonati alla perfezione da uno spesso strato di lacca. Portava dei leggins attillati, un top sul rosa-fucsia che faceva da sfondo a un trucco pesante, troppo pesante per una della sua età. O almeno questa era l’impressione, vedendola avrà avuto sedici anni, forse, quasi diciassette.

Accanto a loro si muoveva a ritmo una snella ragazza, dalla folta chioma bionda. Un colore dominava nel suo vestiario; il rosa. I suoi affascinanti occhi verdi scrutavano il ragazzo davanti a lei, un’affascinante giovane, carnagione color caramello, capelli color inchiostro, fisico perfetto.
Ballavano senza sosta. Quattro giovani che volevano divertirsi. O meglio, così sembrava all’apparenza.
Il quartetto si agitava, mischiandosi perfettamente nella folla di giovani sovreccitati.
Dopo l’ennesima canzone spacca timpani si staccarono dalla massa, sedendosi su dei divanetti di pelle nera, in un angolino della discoteca più emozionante e appariscente di tutto Toronto e dintorni.

<< Ragazzi! Chi di voi mi va a prendere uno di quei drink che ti fanno andare fuori di testa? Com’è che si chiama? Chich… no.. Cocm… no apetta ce l’ho Kicnik! >> urlava l’ultimo dei quattro aggiungendo un sorriso smagliante, mettendo in mostra la sua perfetta dentatura bianca da modello super sexy, cercando di farsi sentire dagli altri che, nel frattempo si erano spaparanzati sui morbidi cuscini nero pece.
<< Si chiama Cocktail stupido incapace! Dannazione vivi qui da… hem.. si vivi qui da una vita se si può aggiungere extramortale, e non sai il nome dei nostri drink?! >> sputò la Iena fissando il modello cercando le parole che tanto odiava non trovare, correggendosi.
<< Scusa! Perdonami Scott ma sai, non sono pagato per ricordarmi i nomi dei drink! Devo solo attirare le persone nella nostra discoteca >> portandosi la mano al petto e chiudendo le palpebre parlava in modo teatrale Justin.
<< Oh giusto, dimenticavo del modello capace solo di attirare qualche ragazza della serie oh-mio-dio-guarda-quanto-è-figo-quello, tzè, patetiche >>. Arriccia il naso la iena, evitando il contatto occhi con chiunque l'avesse guardato, distraendosi allargando le braccia, larghe, sui poggioli del divanetto, come se fosse il capo della situazione.

Era giovane nel Clan Justin. Trasformato in una calda notte d'agosto, dopo uno dei suoi spettacoli. Faceva il modello, guadagnava anche bene. Aspirava al potere però e la sua mente era per lo più dominata da pensieri malvagi, oltre alla ripetitiva scelta di quale crema per il viso usare ogni mattina.
L'avevano notato i "Wolv", e avevano deciso di inserirlo nel Clan. Sotto quei capelli color dell'onice si nascondeva un cervello dopotutto e, se quest'ultimo non fosse servito...potevano sempre usare i soldi del ragazzo per finanziare il tutto. Si era trasformato quella sera, mentre era sulla via di casa.
<< Non preoccuparti Richard. Faccio due passi lungo la spiaggia e poi vado a casa. >> Disse alla guardia del corpo, vedendolo successivamente sparire con la limousine nera lungo le vie.
Peccato che un'agguato era in serbo per lui.
Un colpo fulmineo, un morso e il moro si era trasformato, sotto i raggi della luna piena. E da quel giorno la sua vita era cambiata.

<< Sssh! Zitti imbecilli... sento qualcosa >> drizzò le orecchie Anne Maria, aveva l'udito più sviluppato di tutto il Clan << Sono quattro... diretti qua... attacco premeditato. Vado ad avvisare Al. >> Fu subito interrotta da un segno di rimprovero scagliato con ferocia dagli occhi color nebbia del rosso, fermando la sua alzata dalla pelle nera.
<< Vado io a chiamare Mr. Io sono il leader >> annunciò la Iena ghignando. << Quei lupetti dalle zampe corte se la vedranno brutta, statene certi. >> sibilò, alzandosi.
<< Vorrei tanto dare un pugno sul muso a uno di quei.. grr... di quegli stupidi cani. >> sorrise aggrottando le sopracciglie con aria di sfida Anne Maria aprendo una mano e sbattendoci dentro il pugno.

Anne Maria? Trasformata tempo fa, molto tempo fa. Al branco servivano persone forti, toste...E la ragazza faceva al caso loro.
Era stato Alejandro stesso a trasformarla. Lui trasformava ogni vittima femminile. L'aveva abbordata, stregata, ammaliata e l'aveva invitata a fare un giro, lungo i sentieri vicino ai grandi laghi.
<< Luogo romantico. >> pensava Anne Maria, deliziata dall'accento latino e dai muscoli scolpiti dell'argentino.
<< La tua ora si avvicina sempre più. >> ghignava Alejandro mentre s'incamminavano lungo il sottobosco, diretti alle sponde del lago, diretti verso la luce lunare.
Non era stato uno sbaglio però trasformarla. Aveva grinta da vendere. E il suo udito super sviluppato avvantaggiavano molte volte il branco.

<< SI! Vi ricordo che una di loro si è presa la mia collana! Io la rivoglio! >> arrotò i denti la Velina, guardandosi le mani con rabbia. Nella lotta precedente una dell'altro clan, mentre si accingeva a morderla sul collo una dei Lican gli strappò di netto il suo ciondolo preferito.

La tenera, dolce Dakota. Ricca ereditiera, preda perfetta per il clan. Stavano attraversando difficoltà economiche all'epoca, servivano soldi per mantenere il segreto e finanziare le attività.
Era capitata per caso, non era programmata, la Velina. Ma...come dire, un paio di dollari in più fanno sempre comodo no?
Aveva lasciato la villa della propria casa, dirigendosi in cortile. Quella festa in maschera era d-e-l-i-z-i-o-s-a, a detta sua, ma...le serviva un po' d'aria fresca. Si era seduta su una delle panche in marmo, in quella fresca sera di fine maggio. Il suo sguardo intercettò subito quello di un rosso e di un latino.
<< Saranno invitati. Meglio accompagnarli dentro, si saranno persi... >> pensò, alzandosi e dirigendosi verso di loro, dando le spalle alla pallida luna che faceva capolino dietro le varie nuvole. Uno scambio di sguardi, un sorriso maligno...e i due si erano gettati addosso alla ragazza, giusto quando la luna era al centro del cielo, libera dalle nuvole.
<< Una ricca ereditiera fa sempre comodo." >> ghignò il rosso mentre Alejandro la trasformava.

<< Avrete tutti la vostra vendetta. >> soffiò Scott, alzandosi dal divanetto e sparendo poco dopo.

la Iena salì in fretta e furia le scale che lo accompagnavano fino alla ascensore, lasciandosi alle spalle i visi imbambolati dei tre dietro di lui per dirigersi nella suite del Capo, aveva una splendida notizia da dargli, e non poteva aspettare altro tempo.

Due uomini stavano all'erta davanti a una grande porta in legno che separava Alejandro dal mondo esterno. I loro occhi si puntarono sul rosso e il suo solito ghigno stampato in faccia mentre si apprestava ad attraversare le due porte metalliche lo separavano da lui e la sua ricompensa.
<< Fatemi passare bamboccioni! >> incalzò la Iena appena arrivato davanti ai due. << Allora? Quale parola non vi è chiara?>> continuò con un pizzico di rabbia nella voce, vedendo i due non muovere ciglio.
<< Il Capo ha detto che non voleva essere disturbato. Sta svolgendo affari importanti. >> Scott sapeva benissimo di quali affari importanti era alle prese Alejandro, sicuramente qualche affare importante col nome Bridgette, oppure Gwen.
<< Ma che mi importa se ha da fare altro, le mie notizie sono molto più essenziali!>> picchiò il piede per terra e strinse i pugni << D'ah! Spostatevi allocchi! >> ringhiava tanto era veloce la tachicardia dietro le costole, mentre si accingeva a superare le guardie e spingere con un colpo di mani la porta verso l'interno.

Gli occhi scuri di Alejandro fulminarono il rosso poco gradito da dietro la testiera del divano, digrignando i denti, fermando tutta l'eccitazione nella stanza, frenando la ragazza sotto di se. Afferrò l'accappatoio in seta bianca coprendosi con la massima cura, nascondendo alla perfezione tutta la frustrazione di quel momento da uno strato di calma parziale.
<< Bridgette, cara aspettami qui. >> si diresse verso la porta che portava nel suo ufficio, con una certa irritazione nei suoi passi e un'istinto omicida negli occhi.
Il rosso lo seguì, ghignando verso il divanetto dove sostava la ragazza completamente nuda, per poi entrare nella piccola stanzetta adiacente. Il capobranco ora era irritato, e lo si vedeva bene. E non erano solo i canini sporgenti a sottolineare quel particolare stato. Se lo si fissava negli occhi...ci si poteva perdere in quella spirale di malvagità. E Scott lo sapeva bene, così puntò lo sguardo altrove
<< Quante Scott, dimmi: quante volte te l'ho detto che quando sono occupato non devi disturbarmi?! >> ringhiò l'alfa non prima di sedersi sulla poltrona imbottita in cuoio nero.
Roteò gli occhi il ragazzo, ma solo mentalmente. Se Alejadro l'avrebbe colto in quel gesto...non avrebbe avuto vita facile.
Si limito ad annuire il rosso, per poi prendere coraggio, parlando insieme al latino.
<< I Lican Al. >> il moro digrignò i denti al nomignolo << Stanno per arrivare. Mezz'ora e saranno qui, se non di meno. >>
<< Tsk...stupido, ingenuo Scott. Lo sai che non possono attaccare. Non prima della chiusura. Secondo te correranno il rischio di svelare le loro e le nostre identità? Ragiona burro! Il segreto è la cosa più preziosa! >> ghignò, il latino << Quindi per le tre ore successive non dobbiamo farci problemi. Ora va giù, ed escogitate un piano per il contrattacco. >>

***

<< Così non va... Ci serve un nuovo piano. >> disse quasi preoccupato la Recluta, fissando l'entrata del NightShark. Ormai era il loro posto, il loro locale. Quando non avevano nessuna missione da fare, nessuno da seguire o da spiare venivano al NightShark, di solito a bere o a chiacchierare. Quella notte erano in tre, usciti per una perlustrazione, ma trovavano comunque il tempo per qualche drink.
<< Dio mio, piscialetto! Il capo ha detto di aspettare il momento decisivo! Lo sai che ha esperienza più di tutti noi messi insieme! >> sibilò Jo, colpendo il marines alla nuca, risultato di un debole e secco "Ahi.".
<< Io darei ascolto alla ragazzaccia, ci tengo ai miei arti...e soprattutto al cervello. >> commentò l'Allergico. << Tu dovevi venire per forza con noi?! Non capisco perché faccia di metallo ci abbia affidato un'inetto come te. >> << Wow Jo, il tuo vocabolario si arricchisce ogni giorno sempre più. Complimenti. >> rispose sarcastico l'indiano, prima di esser steso da una carezza ad alta velocità , come le definiva la bionda.
<< Ragazzi? Non vorrei fare il guastafeste ma... >> Brick deglutì, nel vedere una Lamborghini nera fermarsi poco distante... << Il boss è qui. >> Al ragazzo dalla cresta verde, ovvero il primo Licantropo, non piaceva starsene al rifugio mentre aspettava le notizie riguardanti gli spostamenti dell'altro clan. Preferiva invece partecipare alla caccia con i suoi compagni.
In questo modo sarebbe stato ancora più difficile capire chi fosse in mezzo a tutti.

Duncan cercava nuovi membri, per allargare il Clan. Dopotutto non si può iniziare a combattere una guerra senza un esercito...
<< Maddai...quello? Non lo vedi quanto è magro? Non ci servirà a nulla. >> ripeteva Geoff al maschio alfa, mentre osservavano l'indiano incamminarsi lungo i sentieri del bosco.
<< Geoff? So quello che faccio. E il suo cervello è pieno di informazioni, tattiche, strategie...Con tutti i libri che legge deve essere per forza così. E poi mi serve un braccio destro. >> ghignò il moro, fissando il cammino di Noah.
<< E-ehi! Pensavo di essere io il tuo braccio destro! >> piagnucolò il biondo.
<< Sogna bimbo, sogna. >> gli rispose Duncan mentre iniziava la mutazione, facendo comparire lunghi canini scintillanti al posto del solito ghigno, incamminandosi dietro all'allergico.

<< Duncan...lo so che è un momento difficile ma...non puoi vivere così. >> Raggio di luna cercava di consolare il moro. Soffriva, e lo dimostrava benissimo la sua aura nera, con spruzzi di grigio e rosso scuro... Odio, rabbia, ira e rassegnazione. Tutti in un unico corpo. La veggente non capiva come potesse sopportarli.
<< Dawn. Lei è morta, è morta! Per colpa mia, dei miei geni! >> le dita si attorcigliarono intorno ai capelli, mentre si massaggiava le meningi. << Porto solo devastazione! >> sbottò Duncan, alzandosi e superando i neo licantropi, Geoff e Dj, uscendo, senza ascoltare le suppliche della bionda.

Ecco cos'era diventato Duncan dopo la perdita di Courtney. Uno spietato condottiero, il leader del Clan dei licantropi. I suoi seguaci tremavano e si portavano la coda tra le gambe al suo passaggio, e nessuno osava mostrargli i denti.
La sua aurea era cambiata ora. Dawn lo fissava a volte, e vedeva sempre del turchese misto al blu. Si, un'abile ma spietato guerriero. E tutto per la morte dell'amata. Per anni aveva respinto ogni attenzione, perfino i suoi fratelli licantropi, che aveva trasformato lui stesso.
Poi, un giorno, la madre gli ricordò di un medaglione. Lo stesso medaglione di cui spesso aveva sentito Courtney parlare. Un artefatto tanto potente in grado di incredibili cose; resuscitare i morti, dannare persone, assolverne altre.
<< Magia nera. >> sibilava Dawn appena sentiva quella conversazione... Ma Duncan ne era affascinato. Si era creato un clan tutto suo, per combattere i mannari, anche loro sulle tracce del prezioso ciondolo.
Una lotta che andava avanti da un'eternità. Ogni Clan pedinava le mosse dell'altro, nella speranza di scoprire per primi dove si trovasse.

La porta della macchina s'aprì con un dolce e sonoro clak, la carrozzeria rifletteva i lampioni che illuminavano quella strada dall'asfalto ancora umido dalla pioggia del giorno. Ne uscì un ragazzo, dall'aspetto giovane, se ben aveva più di un millennio dietro di se. Capelli alla moicana, una cresta verde brillante, occhi di ghiaccio. Notò da subito i tre, lì impalati dall'altro lato a fissarlo, come se fossero in attesa di qualcosa.

Avevano trasformato Brick e Jo insieme, trovandoli lungo una scogliera, che si affrontavano in una sfida a chi arrivava per primo in cima.
<< Andiamo Capitan Piscina! >> lo schermì la bionda. << Non vorrai farti battere da una femminuccia. >> urlò la ragazza, continuando l'arrampicata.
Lottarono per tutta la salita, ma la vincitrice fu Jo. Il premio per il primo posto? Trovarsi tre enormi lupi con labbra ritirate, che lasciavano vedere i denti fino alle gengive ringhiavanti verso di loro.
Il lupo dal pelo color nocciola si avventò sulla bionda, mentre quello più piccolino, color cioccolato, dopo poco saltò su Brick, aiutato da un'altro enorme, dal manto scuro, un misto tra i peli dei suoi compagni.

Si diede tempo accendendosi una sigaretta, annusando il penetrante odore di gas caratteristico di Toronto. Diede una boccata di fumo, che svolazzò davanti ai suoi occhi.
<< Comandante! >> si posò velocemente la mano ritta sulla fronte il cadetto << Quali sono gli ordini. >> disse, quasi come se fosse ancora nell'esercito.
<< Calmati Brick. Abbiamo un sacco di tempo. >> rispose il punk aspirando un po' di nicotina, mentre si apprestava ad appoggiarsi col bacino sulla sua adorata macchina nera che fungeva da specchio. L'aveva pagata cara quella macchina. Non per i soldi, bensì rubata, ma non ad un uomo qualunque, sia mai. L'aveva scippata a uno dei loro nemici, forse quello più astuto. Ormai era di sua proprietà, quel pel di carota non sarebbe riuscito a riprendersela. La teneva come l'oro quella macchina, sempre ben pulita e ordinata, non se ne separava mai.
<< Oh certo, e noi stiamo qui in attesa di un presunto ordine non ancora arrivato. >> Calamity incrociò le braccia, lanciando un'occhiata nel cielo. Quella notte c'erano fin troppe stelle, o forse erano solo aerei e satelliti.
<< Ma non l'hai sentito? Praticamente ha detto che i Wolv ci metteranno un po' a... >> una mano bloccò la parlantina esagerata di Noah << Zitto cervellone... ho sentito qualcosa. >> tutti drizzarono le orecchie, logicamente tutti tranne Duncan, che sapeva fin dall'inizio chi di li a poco, li avrebbe raggiunti.


Angolo Delle Autrici;

M: Hem...Salam :D
Sono tornata! Solo per voi. Siamo tornate, finalmente.
P: E il paesaggio è cambiato, catapultandoci dal passato al presente. E in ogni capitolo ci sono svolte, come nuovi personaggi e quei mini episodi di come si sono trasformati
M: E...scusateci se aggiorniamo così tardi TT_TT Ma non avevamo ne ispirazione ne idee per scrivere...
Scott: Cosa?! Sono un Lupo Mannaro? Ma vi siete bevute il... oh... aspetta... sono nel clan dei cattivi... *le sue labbra si piegarono in un sorriso malizioso* ghehehe
P: Beh.. si, non sei il protagonista o il capo... ma, si, sei un personaggio altrettanto importante v.v
M: Nè che brave... dopo... uno, due, tre, quattro... beh dopo nove capitoli finalmente abbiamo deciso di inserirti ;D
Scott: Era ora... ho dovuto aspettare dieci fottuti capitoli! Spero almeno che non mi facciate schiattare!
P: Oh no, tu avrai un ruolo importante >:D
M: Ehi! Non spifferare nulla alla Iena ... shh segreto professionale ;)

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Capitolo 12
*** Chapter 11; Gloomy mood. ***


<< Sono qui. >> sibilò la Iena, riconoscendo l'odore del suo nemico. Iniziò ad incamminarsi fuori dal locale, seguendo la scia odorosa.
<< EHI! Dove credi di andare?! >> Anne Maria lo notò, seguendolo, correndo e raggiungendolo. << Testa calda! Neanche sappiamo quanti ce ne sono la fuori e tu ti precipiti così, senza una strategia o un motivo? Vuoi farti uccidere, idiota?! >> sibilò la ragazza, afferrandolo per un polso.
Scott roteò gli occhi, slacciandosi le dita abbronzate della mora dal braccio. << La strategia? Me la cavo benissimo con l'improvvisazione, cara compagna ... il motivo? La Mia adorata macchina! Sento l'odore di quella feccia, lui e la sua fetida puzza...me l'avrà rovinata, di sicuro con quel suo fetore da cane bagnato! >> digrignò i denti il rosso, riprendendo a camminare.
<< Ti farai sbranare dai Lican... e poi anche tu puzzi di cane bagnato, se non peggio! >> gli urlò dietro la ragazza. << Già in passato abbiamo avuto difficoltà da soli, come loro d'altronde. Scott ragiona! >>
Il ragazzo dal volto pieno di lentiggini si fermò,stringendo i pugni e continuando a dare la spalle alla ragazza. Aveva ragione... varie volte in passato aveva affrontato i licantropi da solo, nel tentativo di guadagnarsi fama e di farsi benvolere da Al, diventando il vice capo, magari... e in futuro... anche capo clan, se possibile.
Era forte, questo si, ma il latino lo uguagliava in forza, e poi... era il primo dei mannari, di sicuro sapeva giocare le sue carte.
Sospirò il rosso, scuotendo la testa. Era vero. Quel licantropo coi capelli alla moicana l'aveva sorpreso. Era giovane, molto giovane, eppure... era saltato fuori dal nulla, l'aveva attaccato, fulmineo, per poi indietreggiare, schivando una zampata del mannaro. Era come un rituale per quel lupo dal pelo nero.
Salto, affondare le zanne nella carne e ritrarsi, schivando gli attacchi.
Alla fine il mannaro dal manto rosso era caduto, tornando alla sua forma umana. Il Lican si era trasformato di nuovo, ghignando alla vista della Lamborghini, per quanto la macchina fosse bella era strano trovarla appena fuori il bosco che costeggiava entrambi i lati dell'asfalto. << Questa ora è mia. >> sussurrò a Scott prendendo le chiavi, per poi salire sulla vettura e sparire, lasciandosi la luna piena e il rosso alla spalle.
L'avevano trovato la mattina dopo, pieno di cicatrici. guarigione istantanea, l'unica fortuna di Scott, disse Bridgette, mentre curava le ferite più profonde, ancora sanguinanti...
Quelle cicatrici che si portava dietro da anni gli avevano fatto capire che era meglio agire in gruppo, perché anche uno solitario come lui nulla poteva a volte contro alcuni.
<< D'ah, e va bene... va bene. Ehi?! >> la iena fischiò, attirando l'attenzione di alcuni del branco, per poi partire verso la scia, alla ricerca del branco nemico.
C'era la luna piena, e questo avvantaggiava i Wolv . Certo, potevano trasformarsi solo con il plenilunio, ma aveva anche dei vantaggi: diventavano forti, mostruosamente forti. Ghignarono una volta usciti allo scoperto, dopo aver sorpassato una serie di corridoi sottoterra. Puntarono tutti il naso verso la luna... Ognuno di loro iniziava ad illuminarsi, una sorta di aurea bianca, grigia e nera gli avvolgeva. I vestiti si strappavano, i musi e gli arti si allungavano, facendo sporgere le zanne dalle labbra... Erano sette in tutto.
Scott, con il suo appariscente pelo rosso fuoco, a capo del gruppo. Era il più determinato, un abile combattente, seppure una testa calda. La strategia? Sembrava non averne, perfino lui diceva d'agire d'istinto, di improvvisare... ma in realtà ogni zannata, ogni salto era ben escogitato.
Dakota, che anche da mannara restava affascinante. Il suo candido manto brillava al contatto con i raggi lunari, così come le zanne e gli occhi di quel verde acqua così intenso. Da umana odiava sporcarsi o dover lavorare... Ma l'istinto animale la rendeva un'abile e spietata assassina.
Anne Maria aveva un manto corvino, spesso come la sua chioma. Non era uno dei combattenti migliori, però aveva un udito finissimo, e più volte era stata d'aiuto al branco.
Justin? Odiava gli spargimenti di sangue, non perché fosse sensibile, ma perché odiava sporcarsi le mani, o meglio, le zanne e le zampe, per non parlare del suo pelo color inchiostro perfetto a detta sua. Ma dopo una manciata di minuti nascosto nell'ombra, a spiare il combattimenti... si gettava nella mischia, desideroso di combattere.
Poi c'era Gwen. Il manto striato di varie sfumature, proprio come i suoi capelli. Era introversa, solitaria, persino cinica. Tre caratteristiche perfette per una guerriera. Adorava la notte, aveva una vista eccellente, come tutti quelli del clan ma... la sua si era sviluppata ancora di più rendendola capace di vedere nel buio totale come se fosse giorno. Non a caso era stata soprannominata dai compagni gatto che ulula un soprannome stupido per la dark, ma... la rispecchiava.
Cody e il suo manto color cioccolato... Pareva un cucciolo, nonostante l'aspetto mostruoso di tutti i Wolv. Ma era piccolo, tremendamente piccolo rispetto agli altri. Durante le battaglie si impegnava con tutto se stesso per proteggere Gwen... peccato che per lo più delle volte era la gotica a salvare il ragazzo.
E infine c'era Tyler; manto color ebano, fisico niente male, da atleta...
Si, all'apparenza era temibile, molto temibile. Peccato che non si giudica un libro dalla copertina. Era un impiastro. Aveva una forza mostruosa negli arti, riusciva a spiccare balzi e a saltare molto in alto rispetto agli altri ma... al buio non vedeva quasi niente, e si doveva affidare solo all'olfatto e all'udito. A volte però ne combinava una giusta, salvando i compagni.

Si allenava. Ogni giorno.
Da anni cercava di sfondare nello sport, ma a causa della sua sbadataggine falliva sempre. Non ce la faceva più l'atleta, essere sempre deriso dai compagni di squadra.
L'unico suo pregio? La forza nelle dita. Era impressionante quanti kg riuscisse a sollevare solo col mignolo... peccato che non ci vedesse bene, ne sott'acqua, ne al buio.
Una sera era in palestra, da solo, si stava allenando: aveva sbagliato sette canestri su dieci, e tre palle doveva ancora tirarle... Sospirò maledicendosi per la sua mancanza di concentrazione, quando sentì un rumore provenire dagli spogliatoi.
Prese un pallone da basket come arma di difesa, mentre si avvicinava alla porta, facendo il caratteristico "cick-ciack" delle scarpe da ginnastica sul pavimento della palestra. Aprì la porta, sbiancando completamente. Un lupo mannaro dal manto nero e sfumature blu e verdi lo fissò, ghignando impercettibilmente.
Gli artigli stridettero sulle piastrelle dello spogliatoio, facendo tremare Tyler che indietreggiò, iniziando a correre verso l'uscita...
Non fece in tempo ad arrivare a metà campo che la gotica l'aveva morso, trascinandolo poi fuori, sotto la luna piena.

<< Ssssh! >> ringhiò il mannaro dalla pelliccia rossa, sentendo delle voci.

***

<< C-capo? Dobbiamo proprio farlo? Ora?! Che...c-che è buio? >> << Oh mio Dio piscialletto... non possiamo combattere alla luce del sole. Punto numero uno: perché i cagnolini geneticamente modificati là non avrebbero chance contro di noi... punto numero due: la luna rende più forti anche noi. Quante volte te lo devo ripetere?! >>
<< Il ragazzo ha ragione. >> disse Lightning, che aveva da poco raggiunto il gruppo. << QUANTE VOLTE DEVO DIRTI CHE SONO UNA RAGAZZA?! >> ringhiò Calamity, avventandosi sul Fulmine, fermata però poco dopo. Il punk la teneva per un braccio, bloccandola, mentre con l'altra mano teneva il petto di Lightning.
<< Ragazzi... ci vogliamo calmare? >> chiese il piercing apparentemente calmo, mentre sbatteva i due a terra. << Vogliamo azzuffarci come animali? >>
<< Beh... in fin dei conti lo siamo e... >> si bloccò l'indiano, mordendosi la lingua e non finendo la frase alla vista dell'occhiataccia di Duncan. Così giovane eppure già capo clan...Beh, che cosa ci si doveva aspettare? Era il primo dei Lican, dopotutto.
<< Ehi, Duncan...è stato lui a sha-iniziare... >> si lamentò Lightning, schivando un pugno della ragazza, ma fu meno fortunato nell'intercettare un calcio, che finì dritto dritto nel suo punto debole, o meglio, nel punto debole di tutti i maschi. << Non. Sono. Un. Ragazzo! Sono una ragazza. Con la A! Ra-gaz-zA! Idiota! >> il punk si passò una mano sulla faccia, mentre Brick e Noah separavano la bionda e il palestrato dalla rissa.
<< Eccoci. >> due lupi enormi si trasformarono, tornando umani: Geoff e Dj erano arrivati. E così anche il loro clan era in sette, gli altri erano alla base... Questa notte ci sarebbe stata una battaglietta leggera, niente di importante per muovere tutto il branco...
Duncan non li ascoltò. Semplicemente drizzò metaforicamente le orecchie, visto che era ancora un umano. << Stanno arrivando. >> si limitò a dire per poi digrignare i denti e balzare giù dalla roccia dov'era seduto, atterrando. Al posto del ragazzo c'era il suo alter-ego, quel lupo dal manto color notte e dagli occhi acquamarina.
In poco tutti gli altri si trasformarono.
Calamity divenne un'imponente lupo dal manto color grano, con alcune sfumature di biondo platino che scintillavano sotto la luna, come i suoi canini aguzzi. Grande combattente, riusciva sempre a farsi notare in una lotta, anche affrontando tre nemici contemporaneamente. Prima che qualcuno potesse aiutarla, lei si era già liberata.
Brick si trasformò all'unisono con la ragazza. Pelo stranamente corto il suo, come i capelli a spazzola che portava... ma era caldo. Il soldato poteva trascorrere notti intere da solo al gelo. E quei peli così strani erano utili. Lo rendevano silenziosissimo, visto che non strusciavano contro i muscoli, i legamenti, rendendo il ragazzo simile a un'ombra. In più, quel pelo nero, nero come la pece, aiutava. Non per niente Duncan lo mandava in avanscoperta nonostante i borbottii della recluta, che odiava il buio.
Dj aveva un manto marroncino, color cannella. Era un Lican grosso, enorme... odiava l'attacco, si limitava a difendersi e basta... ma non aveva mai perso una battaglia. Piuttosto staccava la testa al nemico, pur di salvare il compagno.
Geoff adorava prendersi gioco del nemico. Era veloce, tremendamente veloce, e visto che non era un granché in attacco si arrangiava come poteva. Amava stancare il nemico, facendolo correre fino a sfinirlo per poi dargli il colpo di grazia. Aveva un manto color grano, come quello di Calamity, solo un po' più scuro e senza sfumature.
Noah... gracile come licantropo, ma grazie a questa sua caratteristica e al colore del pelo era letale. Il manto color terra, lo avvantaggiava molto. Si accucciava a terra, mimetizzandosi perfettamente col terreno. Appena un Wolv si avvicinava, gli azzannava una zampa, facendolo cadere, per poi lottare col nemico.
E infine c'era Lightning. Manto di un colore impreciso, spruzzi di cannella, cioccolato e varie sfumature di marrone invadevano il suo pelo. Aveva una potenza sovrumana, e adorava lottare, ma soprattutto vincere...
"Sha-Lightning deve vincere!" Urlò telepaticamente il Fulmine, correndo a perdifiato su per la collina. Era in testa, come sempre. Arrivò in cima, urlando dietro a Jo.
"Ehi, ragazzo! Ti ho battuto e...dove sei?!" Non fece in tempo a girarsi che Calamity gli saltò addosso, già trasformata in licantropo. "Sono una ragazza" Ghignò comunicandogli col pensiero, per poi morderlo.
I sette sentirono dei passi, lunghe falcate battere sul terreno, correre verso di loro. Non persero tempo. Jo e Geoff si rotolarono a terra, rapidi, nascondendo il loro pelo, così evidente e lucido, mimetizzandolo con la terra.
Corsero incontro al nemico. Il punto di scontro era una radura, visto che entrambi i clan si destreggiavano meglio in spazi aperti... ma il punk si fermò di colpo, drizzando le orecchie. Annusò l'aria, per poi saltare sopra una roccia, al riparo.
"Cambio di strategia. Non arriveremo mai alla radura, l'hanno già superata...nascondetevi, li attaccheremo con un'imboscata." Parlò telepaticamente ai propri compagni, mentre si appiattiva al suolo.
Tutti si nascosero. I licantropi dal pelo scuro a terra, tra gli immensi cespugli, Calamity e il Cow boy spiccarono sui rami di un'enorme quercia. Ora dovevano solo aspettare...
I mannari entrarono nel cerchio dell'imboscata, annusandosi intorno. Noah, Dj e Lightning erano appiattiti col ventre a terra a osservare la scena, in attesa del segnale dei due appostati sugli alberi. << Sssh, sono qui...non sentite? Il loro respiro, gli artigli che sfregano sul terreno, i muscoli che si tendono, pronti all'attacco. >> Mormorò in un ululato Anne Maria con quella mostruosa voce, per colpa della trasformazione.
Gwen non l'ascoltò. Semplicemente si staccò dal gruppo, iniziando a guardarsi intorno. Ghignò, alla vista della Lican sull'albero, mentre scioglieva le spalle pronta a balzare addosso alla bionda, per scatenare l'attacco. Saltò la gotica, silenziosa, afferrando Calamity per la collottola, sbattendola a terra.
Inutile dire che quello che succedette nei secondi a venire fu un vero e proprio inferno...
Duncan saltò dalla sua postazione dominante, saltando addosso a Scott. L'aveva battuto in passato, l'avrebbe sconfitto in pochi minuti. I due iniziarono ad azzuffarsi, sbattendosi reciprocamente a terra, per poi rialzarsi e riniziare a combattere, zanna contro zanna. Il rosso era migliorato, però.
Jo, dopo una confusione iniziale si alzò di scatto, scrollandosi il fango e la terra di dosso, rivelando il proprio pelo lucido. Si girò verso la dark, ringhiando, iniziando a combattere.
Meno fortunati furono Noah e Dj...Dakota e Tyler li trovarono. Dj non poteva battersi con una ragazza, e si limitava a schivare o parare i colpi della bionda, che nel frattempo si dava da fare... Noah era debole, se confrontato a Tyler, più massiccio e possente. E la sua strategia era saltata, ergo non poteva fare altro se non combattere per non perdere la vita.
Geoff balzò giù dall'albero, trovando Justin tra i cespugli a osservare la battaglia. Sorrise mentalmente, quasi divertito. Già, perché per il biondo era tutto un gioco. Lo morse, trapassandogli l'orecchio da parte a parte, per poi correre, inseguito dal moro decisamente irritato, mentre ululava dal dolore e dalla rabbia.
Cody sgranò gli occhi quando si ritrovò in aria, per poi cadere di schiena. Si rialzò, di scatto, non vedendo nessuno nei paraggi. Due occhi nero pece brillarono nel buio. Poi la recluta inghiottì la paura del buio, mostrò i denti e si lanciò di nuovo sul piccolo mannaro, ma quest'ultimo fu pronto.
E infine c'erano Anne Maria e Lighting... i due lottavano, furiosi. La prima odiava perdere, ed essere derisa, il secondo voleva vincere a tutti i costi... se non fossero stati nemici... quei due potevano benissimo essere fratelli... Dopo secondi, minuti, ore di incessante battaglia gli unici due che resistevano e combattevano come se la stanchezza non li opprimesse erano Duncan e Scott...la Iena voleva riprendersi la propria Lamborghini, il moro adorava stare nelle risse e, più combatteva... più aveva voglia di continuare. Entrambi erano con profonde ferite, sulle spalle, la schiena, graffi sul viso e le zampe sanguinanti, ma continuavano. Entrambi rimarginavano le ferite in fretta, per niente vogliosi di cessare il tutto.
Uno sparo, una luce accecante, e poi un sibilo, seguito da un secco colpo contro la corteccia di un albero.
Tutti drizzarono le orecchie, smettendo per un secondo di lottare. "Cacciatori." sibilarono all'unisono. I due capi guardarono i propri clan, per poi correre in direzioni diverse. Non potevano rischiare di essere catturati dai quei tre, o sarebbe stata la fine.
Ma tutti riuscirono a scambiarsi sguardi d'odio, prima di sparire tra i tronchi e i cespugli.

***

<< Dannazione! Sono fuggiti! >> sbraitò la bionda con uno scollato abito rosso e scarlatto. << Chi di voi deficienti ha sparato?! >> fulminò i due, alle sue spalle.
<< È stato Chef! >> ghignò un'affascinante uomo sulla quarantina, lanciando il fucile tra le sue mani, mentre l'omone di colore sbuffava.
<< Idioti, ora dovremo rintracciarli... ci servono i due capo clan, lo volete capire?! Uno di loro è quel fottuto mostro, quello che ha messo incinta mia figlia...Il secondo... >> fece una pausa. < Wolv e il Lican sapranno condurmi da Heather. >> ghignò la bionda sistemandosi i capelli, mentre risaliva sulla lussuosa auto con i due compagni.


Angolo delle autrici

P: Salve! Lo so, lo so... è un saluto banale e abbastanza brutto...
M: Non ce ne sono mai di migliori v.v
P: VOLEVO CHIEDERE SCUSA A TUTTI I PRESENTI! T.T
M: Per il saluto? o.o
P: Mah, no... è perchè non ho aiutato M. con il capitolo e... l'ha fatto tutto lei mi.. sento inutile.. la mia ispirazione se nè andata allegramente a farsi fottere...
Scott: Eh no eh! Dovevo vincere IO maledizione! IO! M. ma che diamine avevi in testa?! Far arrivare quei diavolo di cacciatori e rovinare tutto il divertimento *sbuffa*
Duncan: Tkz. Lo sanno tutti che avrei vinto io *ghigna*
P: ehi ehi ehi... l'idea dei cacciatori è mia v.v nessuno se la deve prendere con l'artefice di questo capolavoro... chiaro?!
Scott: *sbuffa, nuovamente* eh che palle però!
Duncan: Rassegnati.. scommetto che nel prossimo capitolo ci sarà più azione.. e... oh ma che figo, adesso ho anche una bellissima Lamborghini >
P: ... hem... non divulghiamoci ^^"
M: ma le Lamborghini sono fighe è.è
Scott: se... soprattutto se è la MIA Lamborghini!
M: ... beh, si è concluso anche questo capitolo... scritto interamente dalla sottoscritta dopo una vena di ispirazione legata ad Underworld *-*
P: io... vi chiedo ancora umilmente scusa... sono stata inutile... beh, lasciate un piccolo commento... anche solo per dirvi se vi è piaciuto ^^
M: Aloha!

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Capitolo 13
*** Chapter 12; Hunting season. ***


<< Dannazione! >> sbraitò Alejandro, una volta esser venuto a conoscenza dell'accaduto e sbuffando diede un pugno sul tavolo, già oscillante.
<< Scott... Perché? Come diamine hai fatto a fartelo fuggire? Avevi quel fottuto Lican tra le zampe e tu? Tu te lo sei fatto scappare per un minuscolo sparo?! >> la palpebra che copriva l'occhio destro del latino ballava, tanto era il nervoso. Gli serviva un Licantropo, avrebbero potuto avere informazioni importanti, decisamente importanti...
Fissò la Iena con rabbia. << SEI UN INCAPACE! >> gli urlò contro, incrociando le braccia. << Un compito Scott, ti avevo affidato un solo compito. Nella prossima battaglia cattura uno dei nostri nemici. E basta! >> e dopo averlo rimproverato si passo una mano tra i bruni capelli, sbuffando e passandosi le mani sul viso, cercando di calmare tutti quei nervi accavallati.
<< Ehm...capo? >> mugugnò Sadie, abbassando la testa senza incrociare quello sguardo terribilmente sexy, anche se al momento indemoniato.
<< Scott ha riportato diverse ferite durante la battaglia, ad un certo punto ha dovuto lottare contro due dei nostri nemici... da quel che mi ha detto Dakota è stato un miracolo che sia riuscito a liberarsi... >> commentò, umile, mentre finiva di fasciare il bicipite della Iena, attraversato da un taglio abbastanza profondo. << A-anche se è un ottimo g-guerriero e tutti n-noi abbiamo l-la guarigione istantanea... certe ferite hanno b-bisogno di cure a-adeguate e...di riposo... << commentò la ragazza cercando di regolare il respiro, senza incrociare lo sguardo del capo. Sapeva benissimo che era meglio fare i sottomessi quando Ale era di pessimo umore e, ultimamente lo era spesso.

Sadie era uno dei casi di trasformazione più rari e spassosi della storia dei Wolv. Era la migliore amica di un'altra ragazza, giravano sempre insieme, stessa scuola, stesse passioni, perfino stessi vestiti, chi le vedeva per la strada non poteva pensare altro. Insomma, erano le classiche migliori amiche, quelle che si scambiano elastici o braccialetti dell'amicizia...
Avevano puntato tutte e due, ai Wolv servivano elementi che si specializzassero nella cura delle ferite post battaglia, risultati degli scontri contro i Lican.
Stava tornando a casa Sadie, quella ragazza un po' formosa con degli simpatici codini che tenevano insieme dei capelli tendenti al nero, era stata da poco a casa della sua eguale. Brutta mossa quella di uscire la sera da sola e, anche se era estate, con la luna quasi piena.
Sentì un presentimento, un orribile presentimento le percorreva la spina dorsale, che qualcuno la stesse seguendo? O peggio ancora? Aumentò il passo la ragazza, guardandosi intorno, insicura e titubante. Poi un rumore ed il cuore le saltò in gola, appena sentì la bocca tappata e la vista nera, mentre la trascinavano via.
<< Ale? Che ne facciamo di lei? >> chiese Gwen, puntando il pollice verso la ragazza formosetta dietro loro, legata e con la bocca ancora tappata.
Il latino fissò la ragazza, sciogliendole i lacci che le impedivano di parlare. << Come ti chiami? >> mormorò. << S-Sadie. >> sussurrò la mora. << Gwen? Aspetta la prossima luna piena e trasformala. >> dichiarò il castano, guardando in quelle nere pupille il terrore vacillare. << Non lotterà, mi serve immortale per le ricerche sulle cure, non posso cambiare ragazza ogni mezzo secolo. >> disse, liquidandola.
<< Trasformarmi? P-per cosa? >> purtroppo la ragazza non ebbe risposta, i due erano usciti. E il prossimo plenilunio le avrebbe chiarito le idee

Il latino la squadrò, mormorando un << Fascialo e mandalo a riposare. Al prossimo plenilunio lo voglio in forze e pronto a compiere la missione. >> per poi sparire, oltre la porta, come inghiottito dall'ombra.
Scott sibilò, alle strette delle garze sui suoi muscoli. << La vuoi smettere? Cazzo fanno più male le tue cure che le fauci di quei bastardi. >> ringhiò mentre stringeva i denti, lamentandosi con la ragazza in carne, una volta accertatosi dell'assenza del capo.
<< Scott...curo noi Wolv da centinaia di anni. >> sospirò, lo sguardo pieno di malinconia. << Fammi finire al lavoro, poi fila a letto okay? Hai bisogno di riposo... >> Scott roteò gli occhi, imprecando di nuovo, mentre la ragazza finiva di medicarlo.
Uscì dallo studio con il braccio fasciato, un corpo dolorante e una smorfia sulla faccia, ma non per il dolore, sia mai. << Guarigione istantanea un corno... >> mormorò frustrato, incamminandosi verso i propri alloggi, al di sopra della discoteca.
Non poteva e non voleva nemmeno pensare al fatto che Sadie si preoccupasse così tanto, specialmente per lui, solo perché nel cuore immortale della ragazza il mannaro dai capelli rossi occupava un posto speciale, addirittura un gradino sopra il capo.
Vivevano lì i mannari, in un grattacielo. I primi tre piani erano per la discoteca, enorme mentre tutti gli altri erano per i dannati. Scott abitava in uno dei piani più alti, quelli privilegiati

Maledisse ogni suo movimento, sibilando dal dolore, senza accorgersi di un piccolo particolare:
<< Ciaaaao Scott! >> sorrise la bionda mentre si avvicinava al rosso affiancandosi a lui, provocandogli uno sbuffo tra le labbra. << Lindsay, lasciami in pace. >> mormorò continuando a camminare cercando in tutti i modi di arrivare al più presto in camera sua.
<< Oh, ho... ho sentito Al urlare e...volevo sapere se stavi bene. >> Iniziò la bionda, con le sue affermazioni decisamente fuori luogo per gli altri. "Evidentemente si, visto che sono qui." Disse mentalmente Scott, il quale si limitò ad ignorarla e a proseguire.
<< E... come è stata la battaglia? Avrei tanto voluto esserci, adoro giocare con quei cagnolini troppo cresciuti. Sono così carini! >> esclamò sorridente cercando di stare al suo passo veloce.
<< Carini? CARINI?! Cercano di ucciderci in ogni incontro, vogliono arrivare al talismano prima di noi. Vogliono rendere fine alla nostra specie! Non sono carini! Sono degli assassini, proprio come noi! >> si fermò poi, incrociando le iridi della ragazza, fissandola male. <> ghignò. << Anche noi miriamo allo stesso, da secoli interi lottiamo, massacrandoci a vicenda. Quanti ne abbiamo uccisi di quei lupetti? Migliaia. E tutto per vincere quel talismano, in grado di esaudire ogni desiderio. Ricchezza, fama... tutto ciò che si vuole. << concluse il rosso, ispirato dalle sue stesse parole, realmente convinto che la bionda ci capisse qualcosa.
<< Ma anche loro hanno ucciso... >> mormorò Lindsay << Perché non si può vivere in pace? In fondo...siamo simili. >> sorrise, anche se allo rialzare dello sguardo le sue labbra ritornarono piane, alla vista del lentigginoso.
<< L'unica cosa che abbiamo in comune sono le pulci. >> sibilò, entrando nella propria stanza, lasciando li la bionda, da sola, ancora una volta snobbata da tutti.

Era stata morsa dal latino, dopo una notte di fuoco. In fondo affascinare le ragazze e poi trasformarle era la tecnica preferita da Al. L'aveva morsa appena dopo essersi soddisfatto.
Con una scusa uscì in terrazzo, trascinandosela dietro, baciandola, mentre si trasformò, appena esposto ai raggi lunari. La bionda, spaventata cercò inutilmente di sfuggire ai suoi artigli...
Ma Lindsay era spacciata... Alejandro non mancava mai una preda.
Era inesperta, nonostante gli anni passati a lottare... una vera incapace. Ma poco importava. Alejandro la usava solo per scopi primari, come faceva con tutte le ragazze carine del gruppo...

Erano anni che era il braccio destro del latino...
Un onore, si direbbe. Invece Scott , lui lo odiava. Il capo branco aveva una serie di privilegi, lui aveva il potere, decideva ogni ordine, comandava a bacchetta gli altri. Per non parlare delle signore, le aveva tutte, dalla prima all'ultima e, si diceva che chi non sottostava al suo volere venisse uccisa.
Questo Scott odiava più di tutti. Il Latin Lover, alias Al, poteva flirtare con tutte quelle del clan e, ovviamente, portarsele a letto... E gli altri sfigati? Niente, non potevano fare assolutamente niente. O rispettavi le regole o eri fuori dal clan. E per fuori si intendeva, dentro una bara, ma neanche, una fossa in giardino bastava e avanzava. Il rosso detestava vedere il capo ghignare, mentre leggeva i suoi pensieri.
Si, Alejandro poteva leggere i pensieri dei propri sudditi . E ogni volta che ghignava, intuendo le immaginazioni e le frustrazioni di Scott, quest'ultimo digrignava i denti, ma non poteva fare altro che abbassare la testa e sottomettersi. Era il Beta, il secondo al comando, il prossimo candidato...ma il latino non gli lasciava mai il comando, fatta eccezione per le lotte, anzi...ogni volta lo stuzzicava, sfidava quasi, come per fargli intendere che senza di lui non sarebbe stato niente.
Si buttò sul letto, sbuffando. Oh, se ne sarebbe andato da un pezzo, se...se non fosse uno dei bersagli principali dei Lican. Era forte, pericolosamente forte, però da solo non sarebbe durato a lungo. Si portò le mani sulla faccia, frustrato, incapace di trovare risposte alla sua chimera.

Che fare? Restare a fare il Beta per sempre, o uscire, scappare e fondare un branco tutto suo?
Fissò la falce di luna, sospirando. Non era una scelta facile...

***

<< B? Potresti passarmi quella ciotola?" la rossa indicò una delle molteplici scodelle, ognuna contenente una crema diversa, come diverse erano le necessità...
Noah aveva il segno di due canini segnati sulla spalla, e diversi graffi lungo tutto il braccio. Sospirò, mentre Silent B prendeva la ciotola contenente una crema verde chiaro, passandola alla rossa.

Zoey? Anima in pena, senza amici...Così diceva lei, affascinata dagli abiti vintage e amica di un criceto...
Conobbe la timida e socievole Dawn, e l'amicizia tra le due crebbe sempre di più. La veggente la portò nel suo mondo, facendole apprezzare quell'universo parallelo.
Fu Bella Gioia a proporsi come candidata, un aiutante... Duncan ascoltò la proposta della ragazza e la versione di Dawn. La "zia" del primo licantropo aveva già insegnato un sacco di cose alla ragazza dai capelli raccolti in due codini ramati, quindi il punk la sbatté al muro, senza troppe cerimonie, e la trasformò.
<< Perfetto, ora hai la tua aiutante Dawn... E tu non deludermi. >> fissò Zoey. << Difficilmente faccio entrare persone nel branco, se non le scelgo io >> pensò velocemente ad alta voce, andando ad organizzare il prossimo giro di ronda, alla ricerca di informazioni...

Zoey sfiorò la spalla dell'indiano, il quale mugugnò, forse un po' di dolore superficiale. Non era esperto in battaglie e quelle zanne avevano scavato veramente tanto. Certo, i Lican, come i Wolv erano dotati della guarigione istantanea, nemmeno le pallottole facevano male. Equivalevano a un pizzicotto. Ma le ferite che si procuravano con i propri cugini erano stranamente fatali, quindi una ferita più profonda fatta da uno dei loro nemici ci rimetteva di più ad curarsi in breve tempo...
E lì, lì entravano in campo Zoey e B, gli infermieri dei Lican. Entrambi avevano imparato da Raggio di Luna i metodi naturali per guarire le diverse lesioni, l'unico problema era che bruciavano... ma ogni rimedio miracoloso ha i suoi difetti, no?
Il ragazzo formoso si spostò poi da Brick, disteso a terra, che respirava a fatica: aveva due costole rotte. B si mise a lavorare con diversi materiali trovati al momento. Gli fece bere un bicchiere di tranquillante, facendolo sedere, per poi iniettarli nelle costole una siringa.
Era inutile dire che la recluta continuò a lamentarsi anche sotto l'effetto della morfina mascherata dentro un drink. In mezzo a tutti quei mugolii arrivarono in infermeria il punk e la fata, notando i due che si lamentavano. L'albina strinse le dita intorno alla spalla del moro come per ammonirlo, aiutando poi B con il piscialetto. Il siero che gli aveva iniettato procurava una velocizzazione della guarigione. Avevano lavorato settimane intere l'albina e il pesce muto ma alla fine c'erano riusciti. Quel siero si espandeva nel sangue, raggiungendo le ossa intaccate, quelle rotte, cicatrizzandole, riuscendo a riaggiustarle e a rinforzarle.

B era uno sciamano, uno stregone. Duncan, Dawn e Heather l'avevano trovato, un paio di parole... beh, più che altro Dawn lesse l'anima del ragazzo e spiegò ai due chi era e cosa faceva. Serviva sempre una mano in più per trovare informazioni, e uno sciamano faceva veramente comodo.

<< Noah, Brick... >> iniziò il punk fissandoli, la schiena appoggiata alla parete, una sigaretta tra le labbra.
<< Duncan non dovresti fum... >> Noah si zittì al truce sguardo di Duncan e sgranò gli occhi appena esso digrignò i denti. Ritornò a sibilare in silenzio al lavoro di Bella Gioia, la quale tamponava le ferite in modo più delicato possibile.
<< Che dire? Tu Noah ti sei fatto trovare subito dai nemici, hai cercato di lottare, per cosa? Ti sei fatto massacrare da una r-a-g-a-z-z-a. >> marcò le ultime parole più delle altre, procurando sul viso dell'allergico una sensazione di indifferenza ma che celava disprezzo. << E tu, Brick? Gesto nobile quello di aiutare Jo, la grintosa licantropa di cui sei totalmente cotto ma... >> lo fissò, gli occhi che avrebbero voluto mangiarlo vivo. << Se penserai solo col cuore finirai col farti uccidere. E basta. Pensa col cervello recluta, non con quel coso che batte. Quello ti fa fare solo un sacco di cazzate. >> sibilò il ragazzo, arrabbiato e deluso dai suoi stessi compagni, scostandosi dal muro ed uscendo dalla stanza congedandosi senza altre parole.
Dawn sospirò disinfettando l'ultimo taglio oramai superficiale di Brick, mentre i quattro la fissavano.
Nessuno del branco sapeva il passato di Duncan, a parte Heather e lei. E visto che tutti temevano la strega, la madre del capo clan... Raggio di luna era l'unica candidata alle domande e risposte.
L'albina sospirò nuovamente, sedendosi su una delle sedie. << Ha sofferto molto in passato... >> sorrise << Lo sapete meglio di me che ha questi attacchi... ma è un buon capo. Ci ha sempre guidati verso la giusta via e, con le avanscoperte e le ronde che organizza ci avviciniamo sempre di più al talismano. >> Dawn sbatté le palpebre, alzandosi. << Quando troveremo quell'amuleto i nostri problemi saranno risolti, lei tornerà. >> si fece sfuggire l'unica parola che non avrebbe dovuto dire, la minuta ragazza, tappandosi la bocca con le mani.
<< Lei? >> la fissò Noah, curioso. Ma l'eremita sorrise, non dandogli risposta, uscendosene dalla stanza.

L'indiano se ne stava disteso sul letto, ancora intorpidito per le ferite in via di guarigione. Sapeva benissimo che entro l'alba sarebbero sparite e sarebbero rimaste al massimo dei segni di cicatrice. Ma l'attesa era agonizzante. Si girò di nuovo sul materasso, gemendo silenziosamente quando il braccio sfregò intrappolato nel lenzuolo. Le parole del moro gli risuonavano nella mente " Noah ti sei fatto trovare subito dai nemici, hai cercato di lottare, e? Ti sei fatto massacrare da una r-a-g-a-z-z-a."
Sbuffò, ancora, e ancora. Era da ore che quelle parole l'affliggevano, non ne poteva più.
E la notte non aiutava, col suo micidiale silenzio...

<< E...se me ne andassi? Le lotte non fanno per me...e Mr Io-Sono-Il-Migliore-Lotto-Bene-Solo-Io non mi da tregua da anni. >> sussurrò tra se e se Noah girandosi di nuovo nel letto, cercando di dormire.

***

I due se ne stavano comodamente seduti su divanetti in pelle della stanza. La bionda e il moro discutevano animatamente, cercando una strategia per incastrare i due clan, mentre nell'angolino in piedi se ne stava un omaccione dalla pelle scura con le braccia incrociate e un cappello da chef in testa.
<< Ci servono i due capi. Il latino, Alejandro... quel bastardo. >> digrignò i denti la strega, sibilando e posando il bicchiere vuoto sul tavolino. << Lui deve sapere per forza, deve avere delle informazioni su mia figlia! >> sbraitò la bionda, mentre veniva subito zittita dall'affascinante uomo sulla quarantina.
<< Blaineley? Che mi dici del capo dei licantropi? Da quel che sappiamo i licantropi e i lupi mannari hanno stili totalmente diversi ma... entrambi stanno cercando lo stesso oggetto, e si prendono a zannate per vincere la sfida. >> un sorriso malizioso si intrufolò sul suo viso << Si scannano a vicenda eh? >> ghignò, il mento tra il pollice e l'indice.
<< La questione ora è semplice. Catturiamo Duncan e Alejandro, ovviamente i due non sanno che l'altro è il capo branco del clan e... >> lo interruppe il cuoco. << Li facciamo combattere tra di loro, promettendo la libertà al vincitore in cambio di informazioni e... >>
<< Dopo aver scoperto tutto li uccidiamo. Senza i due capi i clan saranno sicuramente deboli o perlomeno confusi. Lì li attaccheremo, facendoli prigionieri con uno dei tuoi incantesimi. Con i mannari e i licantropi sotto il nostro dominio... domineremo il mondo! >> continuò l'affascinante presentatore dai capelli perfettamente in piega, prendendo come spunto l'idea dell'altro.
I due ghignarono all'unisono, la strega che si gettava sul moro, mettendosi a cavalcioni su di lui, trascinandolo in un appassionante bacio. << Ecco perché ho scelto te e non Chef... Adoro la tua mente subdola e senza scrupoli. >> sussurrò trascinandolo in un altro bacio, mentre l'omaccione tirò fuori il braccio da dietro la schiena.
<< Ho delle informazioni per voi. >> gettò a terra un ragazzo, tirato fuori da dietro la schiena, nascosto, capelli castani e fisico magro << Anzi. >> sogghignò. << Lui ne ha per noi. >> disse fissando il ragazzo ai piedi dei tre.


Angolo delle autrici

P: buonanotte *sbadiglia*
M: nonono, si dice cosi.. hem hem *si sgranchisce la gola* Buonanotte a tutti ;D
P: *sbadiglia nuovamente*
Scott: *beve la birra*
Duncan: *rotea gli occhi* siete monotoni
M: no, siamo stanchi v.v
P: *pasticcia saliva nella bocca, come appena alzata* cosa?
Scott: dico solo, che dovrei essere io il capo accidenti! *il suo tono assomiglia molto a quello di una persona brilla*
M: eh Scotty, così va la vita, non puoi decidere tutto tu è.è
Duncan: ha ragione *ghigna*
P: no, non voglio trascrivere una litigata, quindi, finiamola qui *gli occhi le si chiudono dal sonno*
M: beh, spero che la mia socia non collassi sulla tastiera ^^" quindi, vorremmo sapere VOGLIAMO SAPERE COME VI è SEMBRATO!
Scott: Cagato?!
P: se, buonanotte Scotty

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Capitolo 14
*** Chaptert 13; Trādo ***


L'arancione del cielo era il colore che dipingeva uno spazio spalancato. Zoey aprì la bocca per sospirare, le parve di nutrirsi dell'aria, quella stessa aria di cui si nutre tutto ciò che è vivo, il suo pensiero si fermò di colpo quando i suoi occhi sbatterono contro la scritta Butcher Beef.
Sospirò ancora e questa volta le parve di trangugiare anche le poche nuvole spaiate all'orizzonte. << Macelleria Bovina, eppure dobbiamo mangiare anche noi. >> sorpassò quel mastodontico cancello scorrevole di metallo abbietto e subito la travolse un instancabile odore di melma e fieno.
Doveva fare quella ordinazione, toccava a lei il compito di procurare ai Lican il pranzo, la cena e la colazione, per quel mese; certo, potevano benissimo cacciare ma, con l'evolversi della tecnologia e dei tempi le aree verdi erano diminuite sempre di più, ergo farsi sorprendere dagli umani era sempre più probabile.
<< Ciao Stacy. >> Bella Gioia inserì il naso tra l'indice e il pollice, quello che percepiva attraverso il suo olfatto ben sviluppato andava ben oltre ciò che stanziava nell'edificio.

La donna stava mozzando alcuni pezzi di carne abbastanza ripugnante, ma Stacy non era disgustata da tale lavoro. Il suo sguardo cadde sulla ragazza che si stava avvicinando a lei e in automatico mosse lingua, labbra, mascella e denti... tutti insieme. << Anche il mio bis-bis-bis-bis-bis-bis pro zio macellava i bovini, era proprio il figlio del mio pro-pro-pro-pro-pro... >> la rossa la lasciò parlare, non era proprio sua abitudine fermare qualcuno che stava parlando, così finiva per stare anche interi quarti d'ora ad ascoltare la sua interlocutrice senza battere ciglio.
Ma per fortuna ogni volta c'era qualcuno che era dotato di una dote innata nel far tacere le persone. << Pensa a fare bene il tuo lavoro invece che parlare della tua noiosa famiglia cui non frega niente nessuno! >> Stacy non fece in tempo a rispondere che Eva tirò un calcio al tavolo di acciaio, che procurò un rumore che rimbombò per tutto l'atrio. << BASTA! NON TI SOPPORTO PIU'! >> ringhiò la ragazza con troppi muscoli, sbattendo un piede sul pavimento e facendo formare una crepa che unita alle altre formava un quadro di assoluta rabbia.

Ogni volta era così, e ogni volta Zoey usciva trascinandosi dietro di se qual peso che nessuno le avrebbe tolto dalle spalle.

Eva era una combattente, una vera testa calda. Una guerriera formidabile, certo, ma una testa calda.
Era stato proprio Duncan a metterla in quel macello, per sorvegliarlo e controllare gli ordini da dare agli umani e quelli che erano riservati ai Lican. Era un po’ come un’arma segreta, lei: mai partecipato ad una battaglia, non nell’ultimo secolo almeno. Aveva preso parte ad un paio, e nonostante in entrambe i licantropi avessero vinto, in entrambe Eva aveva perso le staffe, e per poco non si era fatta scoprire dai comuni esseri mortali.
E così era reclusa in quella sottospecie di macello, a servire carne e a dare ordini a Stacy, una comune "umana" che era del tutto ignara della sua superiore Lican, o del fatto per cui ogni settimana un ragazzo o una ragazza diverse da Zoey venissero li per fare il solito ordine di carcasse di bovino. Ma… gli andava bene così, infondo pagavano sempre, e non c’erano mai state lamentele, erano come dei fedeli clienti e ora, grazie ad Eva, pagavano davvero poco, anzi, i bovini appena spirati erano praticamente gratis, per i licantropi…

La strada su cui correvano quelle poche macchine era sempre deserta, alzò il naso verso l'alto proponendo il suo viso al cielo, si accorse in fretta che il blu stava accingendo a mangiare quel fantastico arancione, ma li separava una piccola striscia di verde e giallo… l'atmosfera stava via via scivolando via.
Sorrise.
Quando abbassò lo sguardo per dirigersi alla fermata della corriera che l'avrebbe riportata alla base, i suoi occhi incrociarono quelli di un ragazzo che si affrettava nella sua direzione, per alcuni era solo un volto anonimo come milioni di altri anonimi al mondo, e andava per la sua strada e andando per la sua strada la guardava. Bella Gioia ne rimase folgorata, lui era la sua bussola, rappresentava la via da accogliere. Bastava seguirlo.

E mentre cominciava a calare nel cielo un blu intenso,
Zoey non smise di assecondare ogni suo passo.

Quello si accingeva a dirigersi verso un bar, e non smise di accorgersi di lei.
<< Ehi, scusa ma non ho potuto non notare che mi stavi seguendo. >> Gli angoli della bocca di quel ragazzo dai capelli in piedi e occhi gentili si allungarono fino a formare un sorriso, considerò subito lo sguardo spaiato dell'altra e sorrise nuovamente tendendole la mano.
<< Piacere sono, cioè... mi chiamo Mike. >> quando lo disse si spalancarono infinite risposte e possibilità per Zoey, ma da Lican non doveva e non poteva avere nessuna relazione con gli umani, potevano essere spie o peggio ancora, anzi, semplicemente il clan li considerava esseri inferiori, quasi non degni di far parte di loro, eccetto i più forti.
Non disse nulla, benché bramasse presentarsi e magari andare a bere qualcosa insieme a lui.
Ma esso la guardava come un cane in attesa del premio di riuscita dell'azione appena imparata. La rossa lo squadrò da capo a piedi con fare dolce, per poi sorridere. << Io sono Zoey... e si, ammetto che ti stavo seguendo. >> dalle sue labbra scaturì una debole risata, e le sue guance arrossirono sotto tanta gentilezza.

Per schiarirsi un po' sul da farsi il ragazzo le offrì di fare la strada insieme. La gente che a volte incrociavano sul marciapiede rimaneva a fissarli finché non li superavano.
Poi Bella Gioia zittì quel silenzio << Ti va di entrare qui? >> indicò un piccolo bar sulla loro destra, le finestre erano colorate di un tenue blu e dalle tende sembravano spuntare delle spighe verdi, ne rimase incantata, una mano si appese senza accorgersi alla manica della maglietta del moro. Mike annuì e sorrise notando quel gesto così sincero, ma non fece in tempo a notare anche lui quei particolari, che fu letteralmente tirato da parte da un venditore ambulante<< Compra cappello! >> e, quella fu la sua rovina.

Bella Gioia si girò, spalancando gli occhi, senza vederlo più.
Il cielo tuonò, in un momento un'enorme nuvola apparentemente casta occultò quella scala di colori magnifici, la prima goccia cadde, poi la seconda, e la terza, e anche una quarta. Camminando sul bordo del marciapiede degli occhi grigio nebbia scorsero la figura di Zoey. La ragazza avvertì una strana sensazione mai provata prima, come se un velo di tristezza si mescolasse agli spruzzi e, il vento freddo che soffiava sulle panchine le sferzava le guance. Si riempì i polmoni di quell'aria gelida ed ispirò lentamente.

Alzò lo guardo il ragazzo dagli occhi nebbia, guardandosi nel finestrino di una macchina parcheggiata a pelo dal marciapiede, con una smorfia dubbiosa la sua bocca si schiuse leggermente, come se improvvisamente gli venisse a mancare l'aria. Deglutì sonoramente, prima di portarsi dietro Bella Gioia con fare lusinghiero e falsamente amichevole.
<< Ciao Cara Lican. >>sussurrò al suo orecchio e, fece in tempo a prenderla per il polso per non farla scappare.
La rossa si paralizzò a quel sussurro, spalancò le palpebre... conosceva quella voce, l'aveva già sentita da qualche parte. La paura la accalappiò nel suo retino come una farfalla che innocentemente stava succhiando il polline dall'ultimo fiore.
Certo, poteva trasformarsi, erano in una vietta abbastanza isolata, ma il capo Lican era stato chiaro: "Nessuna trasformazione se non siete veramente in pericolo, possiamo comunicare telepaticamente, basta un pensiero e tutto il clan sarà lì." Bella Gioia fermò il pensiero: era un Wolv, non c’era la luna piena, ergo non poteva trasformarsi. Ingoiò la saliva però, raschiando un po' di coraggio dal vasetto di scorta dell'animo e comprese nuovamente con chi aveva a che fare. Era Scott, uno dei mannari più forti. In giro si mormorava che alcuni di essi avessero affinato la tecnica della trasformazione a tal punto da farla loro, ed usarla a proprio piacimento. Ma i licantropi credevano saldamente al fatto che fosse solo una diceria messa in giro da qualche stupido Wolv…
<< Cosa vuoi da me? >> bisbigliò cercando di non adempire a quel desiderio, a quella voglia di trasformarsi e vederlo in faccia, per poi staccargli la testa di netto... la parte più razionale ed impaurita di lei glielo impediva.
<< Come siamo prevenuti piccola Zoey. Voglio solo parlarti, ma in privato. >> mormorò l'aitante figura, mentre con un colpo di capo indicò il bar di fianco a loro, quello con gli inserti blu e le tende dai dolci ricami. La ragazza annuì, un po' spaventata e un po' curiosa... un Wolv che voleva conversare con lei...

Si sedettero l’uno davanti all'altra, sul tavolo c'erano dei crisantemi bianchissimi, tanto da sembrare artificiali, e lì, Zoey vide finalmente quel volto chiedente assistenza. Il viso era cosparso da piccoli puntini, che la gente di solito chiamava lentiggini o "freckles" in inglese. Rimase affascinata da quegli occhi pigmentati di un magnifico blu cobalto, che andava a mischiarsi con le più tetre ma affascinanti sfumature di grigio... i capelli rossi tendente all'arancione. Spalancò nuovamente gli occhi, la ragazza, no, lui no...
<< S-Scott. >> le venne a mancare l'ossigeno ai polmoni… che cosa avrebbe mai potuto sapere da lei? Qualche strategia adottata dalla grande Heather? O il prossimo attacco sprigionato dalla meravigliosa mente di Duncan? Oppure ancora l'intruglio rigenerante che avevano creato Dawn e Silent B?
<< Ci sono tante cose che vorrei sapere Bella Gioia. Ma non c'è niente da fare, non mi vengono fuori. >> Aveva parlato con un tono compito, quasi formale.
Fuori risuonavano flebili le gocce di pianto delle nuvole scure, e Zoey lo guardò con sospetto, ma lo sguardo di Scott era uno dei più sinceri.
"Potrebbe mentire, tutto il clan sa benissimo che guerriero spietato sia Scott. Certo, sembra uno stupito, quasi un'amante del pericolo, ma avete imparato a vostre spese quanto sia scaltro. Non fidarti!" Ripeteva e sibilava la vocina ma, la rossa era da sempre dotata di un animo gentile e dolce, propensa ad aiutare il prossimo quando presentava anche una piccola parte di tristezza, era sempre li, ad ascoltare, a capire, a sorridere.
Il silenzio si fece pesante sopra le loro teste. Zoey lesse sul suo volto ammutolito qualcosa che andava oltre il semplice sguardo. Scott le stava chiedendo aiuto.

<< Scelgo di parlarne a te, perché è difficile parlarne ed essere ascoltato dagli altri, sopratutto quando vorresti solo andartene... e poi tra rossi ci dovrebbe essere almeno un poco di solidarietà, giusto? >> La ragazza sgranò i suoi occhi smeraldo e il brusio intorno a loro si gelò per qualche istante. Accarezzò la tovaglia a quadrati blu e bianchi che caratterizzavano un motivo scozzese. Ci pensò su per qualche secondo, e la situazione si faceva sempre più chiara, limpida come l'acqua di un ruscello.
<< Raccontami. >> sussurrò sorvegliando ogni sguardo saltellante del ragazzo, sembrava quasi che si vergognasse, sembrava appunto, perché la Iena era sempre serio, o con un ghigno stampato in faccia.
Lo sguardo del Wolv che vagava sul vetro dei suoi occhi fu attirato dall'ombra leggera che fuggiva in basso, la Lican gli teneva la mano e il cuore s'intrise di battiti cardiaci.
Il braccio di Scott si appoggiò lungo il bordo del tavolo, magari per sorreggersi, e prese il fiato spinto a parlarle proprio quando la cameriera passò al loro tavolo.
<< Qualcosa da ordinare? >> rivolse un sorriso.
<< Un aperitivo con olive. >> rispose il ragazzo con un lieve accenno di scocciatura nascosto.
<< Lei? >> domandò nuovamente la ragazza indossante una camicia a scacchi che lasciava posto all'immaginazione. << Un bicchiere d'acqua naturale. >> sorrise amabilmente Bella Gioia. E poco dopo la signorina tornò con le ordinazioni.

Una cosa bella che caratterizzava i Lupi Mannari come Scott era il fatto che potevano anche non mangiare per sopravvivere, ma quando lo facevano potevano imbottirsi di cibo e restare comunque in una perfetta ed invidiabile forma fisica.

***

Non passò molto tempo da quando Beth entrò nel suo piccolo appartamento sopra un negozio chiamato Bettany, era strana, la storia di quel posto, una minuscola bottega che vendeva oggettini di poco conto ma comunque utili.
Era nuovo, aperto solo da un anno dalla mamma della ragazza con gli occhiali. Beth era la classica ragazza un po' sfigatella che si fidava di tutto e di tutti, ed è proprio per questa sua natura gentile che era stata attirata da uno dei soliti barboni che assopiscono sulle panchine del parco per il facile e logico motivo che non hanno una casa. La Cozza si era sempre chiesta la ragione per cui quei poveretti si riducevano a dormire su una povera panchina dalle assi di legno arcuate e lerce, dove lo sporco iniziava sulle punte quadrate agli estremi.

Ogni volta che entrava in casa sua salutava i suoi genitori e salendo in camera sua a volte inciampava sulle scale, ma sorridente si dirigeva sempre verso la finestra e guardava fuori, con occhi sognanti.
Le piaceva incrociare le braccia sul davanzale e poggiare la testa su di esse. Di solito pensava al suo passato, o a quello che le avrebbe riservato con cura il futuro.

Era stata un errore.
Un soggetto non programmato, non voluto, come quelle gravidanze impreviste… ma era arrivata, e non avevano potuto fare niente, se non accoglierla, chi bene e chi male.
Passeggiava per le vie del bosco poco distante da casa, la castana. Era buio, ma lei non aveva paura, l’aveva fatta così tante di quelle volte, in quell’anno in cui viveva li. Era estate, e le lucciole illuminavano sempre quella stradina, con i loro soffusi e magici bagliori.
La luna era alta nel cielo, ma di quelli insetti luminosi, nemmeno una traccia. Un brivido percorse la schiena della ragazza appena avvertì dei bassi ringhi e poco dopo un terribile ululato.
<< L-lupi?! Cosa… c-cosa ci fanno i lupi da queste parti? >> disse fra se e se, come per darsi coraggio, distraendosi, ma i fruscii intorno a lei erano tutt’altro che incoraggianti.
Cercò di urlare, ma il fiato gli si spense in gola, appena vide un’immensa pelliccia bionda, simile alla luna. L’abnorme creatura si girò verso un’altra, una gigantesca belva dal pelo rossastro, si ringhiarono qualcosa, e Beth vide solo che i due la fissarono con i loro occhi rossi, scarlatti come il sangue prima di vedere il mondo da tutt’altra prospettiva…

Camminava per le vie dell’immensa discoteca, o meglio, camminava sopra la discoteca, in quell’intreccio di vie che la sovrastavano, diretta verso l’ufficio del capo dei Wolv. Entrò, riuscendo a malapena a schivare un fermacarte, che andò a sbattere nel muro provocando una crepa, tanta era la forza del lancio.
Il latino ritirò i canini, e gli occhi tornarono del loro colore naturale, ovvero verdi. Si diede un contegno, alla vista della Cozza… non era lei la malcapitata, per Sua fortuna.
<< ¿Dónde diablos está Scott?! >> ringhiò, sperando che la castana gli portasse buone notizie. Mancava da due giorni da li, nessuno l’aveva più visto, e lo spagnolo iniziava ad avere seri sospetti. La ragazza tremò, deglutendo. << N-non… non l’abbiamo ancora trovato. >> sussultò nuovamente nell’udire il sonoro schianto di nocche sulla scrivania in mogano che tremò sotto tanta violenza, una crepa fece capolino da uno degli angoli. << Mierda. >> Alejandro digrignò nuovamente i denti, mentre la porta si aprì di scatto, rivelando una figura.
<< Beth, lasciaci. >> sibilò il capo dei Wolv, lanciando una stilettata all’ombra appena entrata. La ragazza non se lo fece ripetere due volte, schizzò fuori dalla stanza e si affrettò a chiudere la porta, tirando un sospiro di sollievo. Era salva.

<< Chico… >> al latino crebbero nuovamente e immediatamente le zanne mentre fissava il rosso, ostile, con i suoi occhi iniettati di un liquido rosso che poteva far accapponare la pelle anche ad Alejandro stesso.
<< Senti Al, avevo bisogno di schiarirmi le idee, di un po’ di solitudine e soprattutto di nessun fottuto tuo ordine. >> Scott scrollò le spalle come se niente fosse ma allungò i canini, mostrando le zanne e ritraendo le labbra appena si ritrovò sollevato di una decina di centimetri dal suolo e tenuto contro il muro da una mano.
<< Osi sfidarmi? >> il Capo ghignò, fissandolo. << Sai benissimo di non avere nessuna speranza. Avanti, cos’hai fatto in questi giorni? E ti consiglio di rispondere in fretta prima che venga a scoprirlo da solo... >>
<< Mi sono scopato una ventina di ragazze. Secondo te?! Sono andato in giro, per cercare un po’ di pace. >> rispose con un sibilo cercando l'aria che tanto gli mancava nei polmoni sentendo la presa stringersi intorno al collo, il fiato mancare.
<< Non mentirmi, Scotty. >> lo ammonì con un timbro di voce duro e rabbioso l'altro.
<< Non lo sto facendo, Al. >> quella fu l’ultima goccia per lo spagnolo, odiava sentire le bugie, odiava sentire il proprio nome storpiato e accorciato in quella maniera. Si sentì come un rompersi d’ossa, la mano di Alejandro si trasformò, allungandosi. Le unghie rivennero affilate, mentre un folto manto ricopriva dita, palmo e dorso ma fermandosi sul polso, il resto del braccio ancora umano.

Solo il capo dei Wolv aveva affinato quella difficile tecnica, solo Alejandro riusciva a trasformarsi a comando, ma per ora solo una parte del corpo alla volta.
Ghignò, poggiando l'indice mutato sulla fronte del rosso, poco sopra la fine della base del naso e tra gli occhi.
<< Lo sai, vero, che io posso leggerti il pensiero… >> sussurrò, sorridendo maliziosamente quando l'unghia aguzza si spostò sicura e ostile dalla fronte tracciando una piccola curva, spostandosi sopra l’occhio sinistro. Sogghignò, nuovamente, entrando nella pelle del rosso, il quale cacciò un urlo di dolore riuscendo a malapena a chiudere l’occhio, prima che l'unghia passasse sopra, approfondendo quelle tracce nella carne della guancia, scavando il solco fino a metà di essa, da cui uscì un rivolo di sangue.
Alejandro lo mollò, facendolo cadere a terra e guardandolo con un piccolo sorrisetto folle di vittoria, uno di quei sorrisi allargati e gli occhi aperti come impazzito.
Scott si coprì velocemente la parte lesa col braccio, per fortuna aveva graffiato seriamente solo sulla guancia. Si pulì quel che bastò per poter osservare la scena e sgranare gli occhi dietro il suo arto. << N-no. >> sussurrò, nel vedere il latino trasformare nuovamente la mano nella sua forma originaria, e leccare il sangue della Iena, facendolo così entrare in circolo... ed acquisire ogni suo ricordo.

Fu un attimo senza ripensamenti.

Lo scaraventò personalmente in quella cella, fatta su misura per i Wolv. Traditori.
Lui li aveva traditi! Beh, non ancora, ma ci sarebbe voluto poco. L’indomani avrebbe avuto un altro incontro con una Lican, Zoey da quanto stava scritto nei ricordi di Scott.
L’indomani avrebbe rivelato la base segreta, ogni piano e avrebbe portato alla distruzione i Wolv.

<< Infido bastardo! >> digrignò i denti che sembravano sibilare, lo spagnolo, mentre due Wolv gli strappavano di dosso la canotta bianca e gli legavano ai polsi catene di puro argento, indistruttibili per un mannaro.
<< Eri come un hermano per me, come hai anche solo pensato di entrare in combutta e parlare con i Lican! >> Alejandro era furioso, i canini che gli spuntavano dalle labbra, sfiorando la mascella ma lesionandogli la pelle.
Il rosso non gli diede risposta, i denti in bella mostra raffiguravano l'odio che gli scorreva nel sangue e gli si attorcigliava come un nastro alle costole. Inginocchiato fissava la luna, dietro le nuvole che tra poco l'avrebbero rivelata in tutto il suo splendore.
Lui avrebbe potuto trasformarsi. Quella cella era esposta ad ogni plenilunio, era stato Alejandro a farla costruire per un motivo ben preciso.

Urlò Scott, appena il capo gli conficcò qualcosa nella schiena. Un coltello tra le scapole, il sangue gocciolava lungo la spina dorsale, picchiettando sul pavimento lindo e lucido.
Non era preoccupata la Iena, avrebbe potuto spezzare quelle catene e toglierselo di dosso... ma aveva sottovalutato una cosa, Scott… sia la lama che le catene erano d’argento puro…

Il latino sorrise maliziosamente, e con un unghia incise la carne dell'altro e sul collo si formò una parola scritta in una lingua morta.

Trādo

Alejandro uscì e scappò fuori, libero, in città mutato in lupo mannaro e subito i due Wolv chiusero la cella. La tortura sarebbe iniziata da li a poco.
Si sentì il classico rompersi di ossa, lo scheletro si modificava e la pelliccia cresceva.
Scott soffocò un mugolio di dolore, l’ennesimo. Non riusciva nemmeno a tirare fuori le zanne, come faceva pochi istanti prima…
Tirava, oh, tirava con tutte le sue forze, ma le catene sembravano risucchiargli tutta l’energia, e il coltello conficcato fino a metà lunghezza lo faceva urlare dal dolore ad ogni movimento. Era una situazione sgradevole e stranamente frustante non riuscire a trasformarsi.
Urlò nuovamente ogni volta che cercava disperatamente di liberare la parte più animalesca di sé per mettere fine a quella tortura.
La luna lo invitava a trasformarsi, mutare forma, ma sia i bracciali di argento e la lama nella schiena rossastra ora, glielo impedivano.

Si ritrovò ad ululare,
ma era un ululato pieno di sofferenza,
un ululato che sentirono tutti i Wolv… chiedeva aiuto, era straziante ma nessuno, nessuno di loro sarebbe giunto.
Li aveva traditi. Era solo, ora...


Angolo delle autrici

M: ECCOCI QUI
P: n-no... povero Scott T.T
M: heh.. P? Dovresti salutare.. no così tanto per dire al pubblico che ci segue che esisti v.v
P: oh, oh giusto... SALVE A TUTTI
Scott: Tutti chi? Mitomane...
M: Mi mancavano le tue battutine *si da una manata in faccia*
P: *ignorando Scottex rotoloni regina* "amare significa mai chiedere scusa" quindi non ci scusiamo per il ritardo v.v
Scott: Cosa avete fatto questa volta? Dovevate scappare dalle cavallette?
M: Diciamo che siamo state catturate in una sorta di NON ISPIRAZIONE ... HELP US! NON RIUSCIAMO PIU' A SCRIVERE INSIEME! D':
P: Aiutateci T.T
Alejandro: *compare dal nulla* visto che le due chiche stanno piangendo per la perdita delle loro capacità vi saluto io ;) Il grande Alejandro Burromuerto!
buenas dias!

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Capitolo 15
*** Chapter 14; Escape. ***


Dolore, sangue, stanchezza.
Questo avrebbe provato ogni essere, umano o meno, ma non lui: non Scott. Avrebbe preferito un altro coltello nella schiena o essere trapassato da parte a parte da una pallottola, piuttosto che ammettere che... stava lentamente morendo dal dolore.
Okay, morendo era una parola grossa, ma nemmeno tanto, visto che la lama d'argento lo stava poco a poco uccidendo sul serio. Potevi resistere ai colpi di pallottola, alle ossa rotte dai denti dei Lican, persino da una caduta dal sesto piano, volendo... ma ogni mannaro, ogni singolo Wolv era destinato a morire lentamente sotto quella lama. L'argento? Era come l'acido cloridrico... devastante.
Ma, essendo un lupo mannaro, resisteva da una settimana, oramai, a quella tortura, ed era stato fortunato. Ogni notte la luna brillava, nel cielo, e gli dava quelle poche cure necessarie e farlo restare in vita. Non aveva bisogno di cibo, ne tanto meno di acqua ma, la luna... lo rigenerava, o almeno così pareva.
Era una lenta ed agonizzante tortura, come quella di Prometeo, condannato per aver dato il fuoco agli uomini... la lama era la sua aquila, che ogni giorno lo torturava, e la luna la sua notte, che gli ridava le forze per affrontare il giorno seguente, per non morire sotto l'opprimente sofferenza che quell'aquila d'argento gli poneva.
Ma Scott era vivo solo per due fattori:

Il primo, il capo mannaro ogni due giorni andava li. Lo guardava sogghignando, mentre estraeva l'oggetto argenteo, provocando ogni volta quel piccolo gemito di dolore al rosso, che non pronunciava parola per tutta la durata di quella tortura.
Puliva il coltello, Alejandro, puliva anche le ferite di Scott, ovvero quel taglio parallelo alla colonna vertebrale, ghignando sadicamente alla fine del processo. Un'unghia si allungava, diventando di nuovo artiglio, e tracciava una piccola linea sul collo del rosso, come una carezza, scendendo lungo la spalla e proseguendo lungo la schiena, sentendolo irrigidirsi, ogni volta.
Paura, ansia... timore... il latino sapeva come farsi rispettare, in quel clan.
E sorrideva bastardamente, finendo quella carezza e riconficcando il coltello nella carne, dilaniandola e facendola sanguinare, di nuovo, strappando un urlo di puro dolore alla Iena, o meglio, al Trādo, uscendosene dalla cella e tornandosene sui suoi passi. Era una lenta tortura, ma voleva tenerlo in vita, almeno per ora... e almeno, aveva qualcosa con cui giocare, il sadico latino.

La seconda, e secondo i pensieri di Scott la unica e vera ragione, era l'odio che provava per quello schifo di posto, oramai. Odiava ogni singolo istante, minuto, secondo che passava li. Odiava ogni parola o discorso o frase che usciva dalla labbra del suo ex capo. Odiava ogni forma di vita che passava di li e lo insultava, trattandolo come... come un cane. Era l'odio che faceva vivere il ragazzo con una cicatrice sul sopracciglio e sulla guancia, col coltello conficcato a pochi centimetri dalla colonna vertebrale e dalla pelle scomparsa di lentiggini. L'odio, e la convinzione che avrebbe ammazzato tutti, una volta uscito di li.

<< Scott? >>
<< ... >>
<< Scott, io... >>
<< Sta zitta Lindsay, tornatene da dove sei venuta e lasciami in pace. >> sibilò Scott, poco dopo... quella lama stava diventando una vera rogna, la scorsa notte le nuvole avevano interamente coperto il cielo, la luna l'aveva abbandonato, lasciandolo solo, al buio e ferito. Era ovvio che il rosso fosse irritato. La bionda, ignorò la minaccia della Iena, continuando a parlare.
<< Tu conosci per caso quel nuovo negozio in centro? Ho visto degli smalti trooooppo carini! >> Se solo Scott avesse potuto, si sarebbe tolto il coltello dalla schiena, solo per ficcarselo in un occhio, così non ci avrebbe pensato. Anzi, perché morire? Semplicemente avrebbe conficcato la lama nelle carni della ragazza, fino a farle esalare l'ultimo respiro. Ma non poteva e, oltre alla tortura fisica, ora c'era anche quella psicologica.
<< Scott? >> Linsday lo richiamò, questa volta un po' più forte con la sua vocina acuta e vagamente fastidiosa. << Sei ancora vivo, vero? >> il rosso ringhiò. << Vedi quella fottuta lama alzarsi ed abbassarsi, insieme al manico? >>
<< Ehm, si...>>
<< E allora si, sono vivo dannazione. >>

***

Sospirò Bella Gioia, mentre il suo manto rossastro si ritirava, così come le zanne e la ragazza assumeva la posizione eretta, mutando da potente licantropo ad umano.
Si sedette sul letto della propria stanza ed inspirò sonoramente quando il sangue cominciava ad allinearsi al respiro. Nelle ore successive avrebbe dovuto affrontare una missione che prevedeva il ritrovamento di altri indizi che potevano portare al raggiungimento della base dei loro nemici.
Per colpa degli impegni erano esattamente due settimane che tentava di riuscire a raggiungere quel bar, e Scott. Sopratutto per capire a fondo cosa lo affliggeva e se c'era qualcosa sotto o era davvero un doppiogiochista. Era vero? Che voleva... << Vuole passare al nemico. >> sussurrò, sgranando gli occhi. Era stato fin troppo sincero, perché avrebbe dovuto mentirle? Per entrare e fare da spia? No, persino loro sapevano che ultimamente la Iena agiva sempre più spesso in solitaria.
Tutto questo ragionamento la stava facendo impazzire... doveva parlarne, parlarne con qualcuno che riuscisse a capirla.

Percorse i corridoi del proprio rifugio segreto, un caseificio abbandonato e diroccato. Sembrava distrutto, da fuori potevi benissimo vedere le pareti degradate. Persino i bagni, che sembravano dei posti in cui la gente veniva torturata e il sangue sbattuto e seccato sulle piastrelle bianche. Ma era un trucco di Silent B, quel ragazzo era un genio. Una specie di proiezione olografica rendeva l'edificio abbandonato a se stesso, decaduto... da anni, decenni era così, e nessuno l'aveva mai abbattuto, per due semplici ragioni:
La prima, l'edificio era infestato .
La seconda, e la più logica a detta di molti. Il terreno era già abbastanza fragile, se solo un paio di escavatrici avessero messo piede in quelle terre sarebbe potuto crollare tutto, edificio e terreno, facendo restare solo un immenso buco. E magari dopo anni attribuirgli maggior significato la caduta di un ufo.
Quindi, quel rifugio era praticamente perfetto, anche se fragile.
Zoey passeggiò lungo un corridoio, la parete alla sua destra era crollata, e faceva vedere nella strada dove i campi correvano in parallelo insieme ad essa, in quel momento due ragazzini camminarono li vicino sul marciapiede, uno indicò all'amico quella stanza. La rossa sussultò, che... che l'avessero vista? Sospirò sollevata poco dopo, nel sentirli ridere, alla vista dei bagni. Già, all'esterno erano dei banali e sporchi bagni, ma dall'interno quello era uno splendido corridoio, con quadri, tappeti, mobilio... tutto perfetto, pulito ed in ordine... e la parete rotta che faceva vedere la strada.
Duncan aveva detto di lasciarla così, dava un tocco horror a quel rifugio fin troppo perfetto ed ordinato. In più, rinfrescava l'ambiente indispensabile per dei licantropi e non pioveva mai dentro, grazie a quello strano campo di forza che trasformava il rifugio dall'interno all'esterno, facendolo vedere in due prospettive totalmente diverse, il tutto dipendeva da dov'eri... dentro o fuori.

Scosse la testa, riprendendosi dai propri pensieri, ed affrettò il passo fino ad arrivare davanti ad una tenda, una persiana, un velario insomma... richiamava i classici disegni naturali, tantissime foglie, come un bosco, e piccoli animali di campo, come coccinelle, lucciole, grilli... alla sola descrizione poteva sembrare una cosa da bambini, ma a vederlo dal vivo... era uno spettacolo naturale, un ammasso di colori e di forme, rendevano il tutto perfetto, tutto perfetto per la persona che alloggiava all'interno.
Scostò timidamente quella sorta di tenda, infilando la testa dentro la stanza, trovando la biondina nella posizione del loto.
Questa aprì rapidamente gli occhi cobalto, sorridendo alla ragazza ed alzandosi poco dopo. << La tua aura é chiaramente disturbata, che cosa turba il tuo animo? >>
Il posto era pieno di piante, e il pavimento in legno non levigato dava un'aria rustica ma nello stesso tempo accogliente. Dawn era in centro alla stanza seduta su un cuscino dal colore del cielo alla mattina, quell'azzurrino che dà una sensazione di armonia e freschezza. Sotto di esso un tappeto dove il colore dominante era il viola, ma sovrastato da tante piccole girandole, cerchi, fiori stilizzati e macchie colorate, insomma un drappo dallo stile hippie sorreggeva l'animo di quella fanciulla dagli albini capelli.
Prima di parlare la rossa sospirò di nuovo facendo rialzare la sua gabbia toracica e prendendo un bel respiro << Che cosa penseresti se una persona ti dicesse che non si piace com'è? >> alzò gli occhi riscoprendo quel bagliore di ghiaccio che catturava la sua migliore amica, che senza pensare le rispose alzando l'indice verso l'alto e chiudendo quei pozzi dall'acqua cristallina. << Le direi di cambiare in ciò che più le piace, oppure di accettarsi. >> era evidente che la veggente sapeva di cosa parlava Zoey, e ci pensò un attimo su ma senza dare il minimo indizio...

Si continuava a rigirare tra le coperte a fiori del suo letto vicino alla finestra Raggio di Luna.
Agitato era il suo animo quando alzò il busto e riprese a respirare.
Il suo sguardo cadde sul ragazzo che dormiva silenziosamente di fianco a lei, gli accarezzò la guancia e sorrise.
Incominciava a rilassarsi e a godersi la luce del satellite naturale della terra che rifletteva sul materasso e andava a finire ai piedi del letto. Stava iniziando a prendere sonno e chiuse le palpebre coricandosi a pancia in su, sentiva quel delizioso profumo che si spruzzava sempre il suo compagno prima di andare a letto insieme a lei, si stava ormai accingendo a lasciare il mondo dei viventi quando una luce la accecò, facendo passare la ragazza in un tunnel attraverso gli occhi.
Il suo corpo stava entrando in due fessure grandi come una moneta, e cadendo in questo scivolo di luci colorate atterrava in un posto ogni volta diverso.
Sentiva il freddo e bagnato terreno della metropoli sotto i piedi, ed appena alzò lo sguardo riuscì a scorgere due figure che parlavano in un bar dalle finestre azzurre. Chiuse gli occhi, di nuovo.
Le loro auree si estendevano fino a un metro l'uno dall'altra. Si avvicinò con la mente per sentir meglio, capendo infine di chi si trattava e la loro conversazione.

Zoey spalancò le sue iridi dipinte di un meraviglioso verde. Rispose all'amica con un tono un po' più basso e quasi arrendevole << Anche se quella persona fosse un nostro nemico? >> abbassò il capo e restando nella sua posizione e aspettando un consiglio, una risposta o qualcosa che avrebbe salvato la sua reputazione.
<< È evidente che stai alludendo a Scott... >> fece una pausa per sentire il sospiro che si dileguò dalle labbra della rossa. << Credo che le sue parole fossero sincere, la sua aura era diversamente colorata in un tenue azzurrino. >> respirò dolcemente quelle parole come se la sua lingua fosse fatta di seta, tenne gli occhi chiusi e continuò.
<< Dovresti parlare con Duncan, ma sappiamo entrambe l'odio che prova per quel Wolv dal pelo rossastro. >> Zoey fece per aprir bocca e dare aria alle parole, ma la bionda la anticipò.
<< So perfettamente che non ti darà retta tesoro, e percepisco anche il tuo timore... glielo riferirò non appena lo vedrò. Se ciò che dice Scott è vero, allora avrà il nostro aiuto, e logicamente bisogna informare anche Lady Heather. >> affermò decisa alzandosi dal posto di meditazione facendo congiungere le mani e facendo risplendere i suoi occhi chiari una volta spalancate teneramente le palpebre.

***

<< Fermi! >> sogghignò il latino inarcando lievemente il labbro alla vista del ragazzo davanti a se, che fissava con nonchalance i molteplici nemici che lo guardavano male.
<< Un Lican eh? Si, l'odore da licantropo ce l'hai, ma chi mi dice che tu non stia mentendo? >> sussurrò Alejandro al quale crebbero i canini, nell'avvertire il pungente odore del nemico. Tutto il suo clan era irrequieto, certo, erano tutti umani ora, era sera si, ma non c'era nessuna luna piena, la prossima era prevista solo tre giorni dopo e, il fatto che un presunto licantropo fosse riuscito ad entrare nel covo non era cosa da poco...

Era un covo un po' strano, quello dei Lupi Mannari...
Discoteca per i primi tre piani di grattacielo, poi gli appartamenti dei Wolv, ed in cima l'ufficio di Alejandro... poteva sembrare il classico locale con in cima gli uffici, tipico di alcuni grattacieli, ma la cosa singolare erano i sotterranei...
Dalla discoteca non vi si poteva accedere, e nemmeno dagli appartamenti dei mannari. Per accedere a quei sotterranei si doveva andare su, fino in cima, e scollegare vari cavi da un computer che normalmente sembrerebbe quello di una segretaria, il classico bancone dove dietro ci sta quasi sempre una bionda col sorriso stampato in faccia che ti dice << Prego, si sieda e attenda, il capo la riceverà fra pochi secondi. >> ma la bionda non c'era mai stata, e quel computer serviva a tutt'altro.
Infatti, bastava scollegare quei due cavi e ricollegarli al contrario, per poi accendere il computer, poggiare la mano sul tappetino del mouse, che in realtà rilevava le impronte digitali e, se tutto corrispondeva, da sotto la scrivania si apriva una botola, camuffata perfettamente ed il soggetto doveva solo scendere le scale e ritrovarsi nel vero covo dei lupi mannari, un labirinto di cunicoli che giungevano infine ad un'unica immensa sala, illuminata dalle torce appese al muro. Un ultimo particolare giungeva infine ad unirsi a tutto quel piano per non essere scoperti.
La sala comune aveva tre vie, e queste vie si diramavano mano a mano... quella centrale riportava in superficie, alla vita umana, quello a destra ti portava in una radura dove a pochi passi sorgeva la luna piena e i nuovi membri venivano battezzati, diventando lupi mannari.
Si udivano flebili lamentele, dalle poche celle sulla destra, erano gli ultimi umani presi, scelti per diventare immortali. A sinistra, invece, nessun suono proveniva, se non nei giorni in cui il capo stesso o qualcun altro andava per insultarlo.
Lì sulla sinistra, in una cella esposta ai raggi lunari grazie ad un complesso giro di specchi, c'era Scott, che digrignava i denti ogni qualvolta che qualcuno si fermava davanti alla sua cella per offenderlo, deriderlo o, nei casi di Alejandro, per farlo soffrire...

Il ragazzo era stato fortunato, o forse solo intelligente... ma era penetrato nel covo dei Wolv, allarmandoli dal primo all'ultimo. In molti avevano estratto i denti come per iniziare un combattimento che li avrebbe resi vincitori, altri si erano rifugiati dietro muri per piombargli addosso e smembrarlo in pochi attimi, ma il latino gli aveva zittiti tutti con uno schiocco di dita.
<< Dimostraci che non stai bleffando, ti do la mia parola che nessuno dei miei ti farà nulla. >> aveva ricevuto un'alzata di spalle ed un << D'accordo. >> seguito da un lieve scricchiolio di ossa e, pochi istanti dopo al posto del ragazzo dai capelli castano scuro c'era un intero manto color cioccolato, zanne appuntite, zampe possenti e un vago e famigliare muso allungato, due pozzi neri guardavano Alejandro, quei due occhi scuri avevano capito fin da subito che lui era il capo la dentro.
<< Affascinante. >> sussurrò l'alfa, avvicinandosi a quel cane gigante, guardando ogni sottoposto nella sala, un tacito ordine di non attaccare, non ancora per lo meno. << Davvero affascinante, mai avevamo potuto godere della trasformazione di un Lican da così vicino. >> unì le dita alle altre avvicinandole alla bocca che già pregustava la via al raggiungimento di quel medaglione, e all'estinzione di tutti i Lican.
Osservò il licantropo, che a malapena riusciva a trattenersi dal non ringhiare... o per lui sarebbe stata la fine. << Ora puoi tornare alla tua forma umana. Grazie per questa succulenta dimostrazione di coraggio. Seguimi Lican... >> girò le spalle, facendo segno a tutti di restare ai propri posti, ma c'era qualcuno nel branco che non era d'accordo su questo... come poteva Alejandro fidarsi di quell'individuo con così tanta fiducia.

<< Noah, giusto? >> l'allergico annuì sedendosi sulla sedia di pelle nera, quella in cui tutti si erano seduti almeno una volta. Era una poltroncina soffice imbottita sullo schienale, la pelle vera. Si diceva che le aveva fatte lo stesso Capo una volta ucciso il primo Licantropo della sua vita.
Il castano soffermandosi sull'aspetto dell'uomo davanti a se restò impassibile mentre esso gli conferiva le domande principali. << Illuminami: perché sei qui? >> << Perché sono la vostra spia. >> disse come se stesse parlando con l'edicolante.
Alejandro sgranò di poco gli occhi, loro non avevano mai avuto una spia, e quello poteva essere la risposta a tutte i loro interrogativi. Aprì la bocca per parlare, ma venne bloccato dall'indiano, cosa che provocò un allungamento dei canini di Alejandro.
<< Cioè, voglio diventare la vostra spia. So dov'è il covo del mio gruppo, so a cosa sta pensando in questo singolo momento ogni singolo muta forma e, se non mi farai entrare nel tuo clan... beh, dirò al mio clan la vostra posizione e scoppierà una battaglia. >> Noah fissò il latino, che era intento a controllare quel brutale istinto di ucciderlo.
<< Ammettetelo, è un piano geniale, la farà vincere ed avere l'esclusiva per il medaglione: ho fatto alcune ricerche, dovrei sapere dove si trova. >> il Leader non sapeva se essere affascinato o insicuro nei suoi confronti. Insomma un ragazzo si presenta, afferma di essere un Lican e gliene da dimostrazione quindi subito dopo ammette di voler tradire il suo branco per aiutarli in quella agognata ricerca rossa. Gli avrebbe fatto comodo, o forse era solo un doppiogiochista che stava mentendo ad entrambi? Con chi stava realmente quella figura assai molesta e fastidiosa? Ma sopratutto geniale.
Noah estrasse dalla giacca un piccolo portatile, dicendo all'ispanico che li dentro c'erano tutte le sue ricerche. Alejandro ghignò e premendo un pulsante una pallottola di puro platino andò a conficcarsi nella spalla dell'indiano, immediatamente venne afferrato da due guardie. L'ispanico afferrando il portatile sorrise sadicamente: perfetto. Poteva prendersi le informazioni che gli servivano e uccidere quello stupido cane.
<< Veramente, il computer ha una password e, si. >> pasticciò la saliva nella bocca. << La conosco solo io." >> disse atono il moro, cercando di non sibilare per la pallottola che lentamente stava rilasciando nel suo corpo un calmante... poco dopo si accorse che stava sudando e ansimando.
<< Portatelo in infermeria e toglietegli la pallottola... poi vedremo come procedere. >> sussurrò Alejandro, ghignando strafottente dopo aver avuto accesso alle informazioni del piccolo portatore di informazioni che era stato sbloccato dallo stesso Noah... << Gwen? Prepara il branco, tra due giorni attacchiamo la lor base, e... voglio vincere. >>

***


Uno zainetto finì sbattuto sul pavimento e dei fogli scritti da una calligrafia dura e spezzettata decisero di abbracciare il pavimento. Il ragazzo si accorse subito di quei pezzi di indagine che potevano nascondersi sotto il letto o l'armadio e decidere di procurare problemi e altro tempo perso. Li raccolse in fretta rimettendoli nella sacca nera e successivamente si sedette spossato sul letto afferrando il cellulare senza contare le e-mail ricevute si diresse subito in una cartella soprannominata Shadow Wolf Document copiandola ed inviandola ad un contatto tra le mail. Imprecò solo per qualche secondo, D'ah, come poteva un ragazzo che veniva dal Texas capirci qualcosa di cellulari elettronici che ogni tre per due si inceppavano? Non era adatto a quegli aggeggi infernali del ventunesimo secolo, Geoff. Si tolse il cappello da cowboy ritrovandosi i capelli appiattiti e con fin troppa forma.
Il cellulare rimase ignorato sul letto quando il ragazzo si alzò e si osservò allo specchio << Non ho avuto mica questo aspetto per tutto il giorno vero? >> mostrò i denti alla sua immagine in una smorfia di disapprovazione e disgusto alzando un lembo del labbro.
Ritornò dal suo amico di sventura quando udì il primo tu tu si infilò la mano tra i capelli biondi, i quali erano divisi a metà che scendevano lungo le tempie arrivando a sfiorargli gli occhi.
<< Dove sei? >> chiese l'altro dall'altra parte del ricevitore.
<< Stavo riguardando gli appunti di prima e sono riuscito a codificare l'età e il sesso. >> alzò lo sguardo e lasciò che gli occhi si muovessero a loro piacimento.
<< Dovremo approfondire l'argomento e informare il capo al più presto Dj. Incontriamoci alle nove al blocco. >> chiuse la telefonata alla fine il Texano togliendosi il pesante giubbotto e sfilandosi la maglietta prendendola dal retro del collo, facendo inevitabilmente cadere di nuovo a terra il cappello e camminando verso la doccia. << Niente feste oggi Geoff, devi lavorare tra poco. >>

Alle nove in punto il biondo avviava lo sguardo verso la strada dove sarebbe spuntato l'amico-collega.
Mentre aspettava esordiva a pensare su come fosse iniziato tutto quello... come era diventato il ricercatore numero uno dei Lican. Osservò l'orologio avanti di cinque minuti. Lo teneva sempre avanti di qualche tempo perché arrivava sempre in ritardo in ogni appuntamento, logicamente tranne quando doveva uscire con una bella ragazza ed andare ad una festa. Ma tutto quello ormai stava finendo, c'era del materiale nuovo su cui lavorare, ed era così invitante che nessuno dei due osava rinunciarci.
Il loro lavoro nel clan consisteva nel fare ricerche sui lupi mannari, i loro nemici, le loro nemesi... Quando nell'antichità riuscivano a catturarne uno di solito non era vivo, e ciò voleva dire che ritornava umano.
Non appena vide il Jamaicano spuntare da dietro l'angolo gli venne subito in mente quello che doveva dirgli con estrema urgenza.

<< Ehi bella, amico!" >> strepitò il biondo alzando il braccio a mano tesa, il quale venne subito colpito dal ragazzo di colore davanti a lui << Ciao fratello. Beh? Cos'hai scoperto sul nostro piccolo campione di pelo? >> sorrise, e i suoi denti parvero brillare facendo contrasto con la sua pelle. Aveva della larghe spalle e occhi piccoli Dj, un ragazzo di 17 anni da troppo tempo, dal fisico scolpito e dai capelli rasati nascosti sotto un berretto bianco. Amante degli animali e della natura, pauroso e al quanto pacifico il suo carattere, quando si trattava di lottare si tirava sempre indietro, non si trasformava mai, se non in casi di estrema necessità o per far sopravvivere un compagno.
<< Non hai idea delle cose che ho scoperto amico! >> anche i denti di Geoff brillavano, sempre così curato e preciso, come la sua voce squillante ma virile. << Il nostro amico è il più vecchio lupo mannaro che abbia mai visto... e... >> l'altro lo interruppe bruscamente prima che potesse finire << Aspetta.. hai detto il più vecchio? Vuol dire che è un maschio? >> ci fu un attimo di silenzio tra i due.
<< Ma dai! Fratello sei troppo forte! Il sesso era la seconda cosa che ho scoperto. >> il cielo incominciava a scurirsi e i due agognavano scoprire di più su quel personaggio .

L'aria era sovrastata da una moltitudine di luci e di cartelli luminosi, i due ragazzi si stavano dirigendo a bordo di quella Lodge blu elettrico. Il texano la chiamava Emily, ma quel nome doveva essere cambiato al più presto, perché la persona che lo indossava ormai non faceva più parte della sua vita.
Ci pensava ogni tanto a quella ragazza conosciuta ad una festa in piscina lì, in quella città colorata dove lo smog stava lentamente divorando ogni traccia di purezza.
Emily sfrecciava sull'asfalto, superando ogni macchina accompagnata da una risatina del biondo che divertito osservava l'amico reggersi a qualunque cosa potesse essere usata come appiglio: la mano destra afferrava disperatamente la maniglia superiore attaccata quasi al tettuccio, l'altra incollata al sedile. I piedi premevano contro il tappetino facendo irrigidire i nervi delle gambe e procurando sul suo viso un'espressione impaurita contrariata, inseguita da brevi gridolini che intonavano la parola che caratterizzava il Jamaicano, mamma.

***

<< Scooooott? >>
<< Dio no, ancora. >> la Iena sbuffò e sibilò, continuando a fissare il pavimento.
<< Scott! Alejandro sa dov'è il covo dei Lican! Abbiamo vinto Scott! Alla prossima luna piena attacchiamo! >> Lindsay sembrava una bimba in attesa del giorno di Natale, e Scott la ignorò, alzando lo sguardo fino a scorgere la luna... era quasi piena.
Merda.
<< Cosa, Lindsay? >>
<< Alejandro attaccherà i cani cattivi! Sai la vecchia fabbrica di formaggi in periferia? Sono li! >> Sorrise la bionda tutta presa da una sorta di allegria che le fece battere ripetutamente le mani come una bimbetta.
<< Ah... e, beh, potrei esservi utile... la vedi quella chiave laggiù? >> la bionda girò la testa, per poi rigirarla verso il rosso e sorridere.
<< Ecco, prendila e apri la cella, poi le mie man-... >>
<< Non posso. >>
<< Il motivo? >> sibilò Scott, stizzito.
<< Alejandro non vuole. >>
<< ... >> Pensa Scott, pensa!
<< Se mi liberi domani ti accompagno a fare shopping. >>
<< Da-davvero? >>
<< Si... >>

Tre secondi dopo era libero, e senza nessun coltello conficcato nella schiena... un sonoro sospiro di libertà varcò con forza le labbra della Iena mentre le spalle si muovevano piano, ancora intopidite.


Angolo delle autrici

Scott: Omiodio si! Sono uscito da quella cavolo di prigione.. grazie.. grazie a Linsday? Eh va beh, così è la vita "papino"
M: Ale non c'è per commentare.. ma in compenso...
MeP: SIAMO RIUSCITE A FINIRE CON UN RITARDO ESORBITANTE IL QUATTORDICESIMO CAPITOLO!
P: yeah, chapter!
M: Speriamo tanto che nel prossimo le cose si velocizzeranno a tanto sangueee muhahaha >:D *si sfrega le manine*
P: utilizzo questo spazio promozionale per avvisarvi che sto continuando tutte le storie... tra cui Antagonisti, Sociopatico e Principessa delle fate!
Scott: sisisi non importa a nessuno.. sai cosa importa alla gente? ... ME IN QUESTA STORIA
M: Ok capo, a te la gloria.. e per concludere ringraziamo tutti i presenti che ci hanno seguito da un anno a questa parte.. e...
P: SIETE TUTTI BELLISSIMI... te.. te.. te.. tu *indica scott* no...

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Capitolo 16
*** Chapter 15; Ready, set, fight! ***


Che sapore ha la libertà? Per Scott la libertà sa dell’amaro che ha in bocca, il sangue non era dolce per i Wolv, bruciato dalle tossine del virus esso aveva perduto la sua strana dolcezza metallica.
Eppure per il ragazzo dai capelli ramati esso aveva il sapore della libertà, quella che però non poteva avere vita con la debolezza della Iena. Sentiva ogni forza difettare, il passo rallentava appesantito da tutte quelle palline colorate che annebbiavano gli occhi.
Non poteva permettere di essere rintracciato e successivamente ucciso da IoSonoAlLeaderDalleManiMutaforma, lui era un Trādo marchiato con la stessa parola sul retro del collo per l’eternità.
L’ardere delle ferite faceva digrignare i denti in un sonoro sospiro di sofferenza, Scott annaspava cercando ossigeno ma, più prendeva aria con la bocca più le sue fitte dolenti lo rallentavano. Quante frustate aveva? Ormai i numeri erano solo rivoli di sangue sulla sua pelle lentigginosa, addio costellazioni e benvenute ferite da prigionia.
Quanto aveva patito la Iena sotto le torture dello spietato animo di Alejandro, e adesso era così debilitato che il solo riempire i polmoni gli risultava estremamente tormentante, di camminare non se ne parlava proprio. Si era allontanato quanto bastava dalla base del suo Clan e conosceva i posti dove essi si tenevano alla larga, evitarli sarebbe stato semplice ma comunque temporaneo, erano passate circa due ore da quando quella svampita di Lindsay lo aveva svincolato da quelle catene d’argento e la caccia sicuramente era già iniziata… o almeno così credeva lui.
Si era appostato dietro la stazione dei treni ove si trovava il deposito dei container, appoggiato a una lastra metallica in penombra si domandava quanti intervalli di vento i primi ululati in lontananza avrebbero tagliato il traguardo del suo udito. Ansante per la paura Scott utilizzava tutte le particelle del suo corpo per controllare quell’emozione che si faceva spazio tra il suo petto, un grosso grumo che non saliva ne scendeva procurandogli la gola secca e l’annebbiamento della vista. Questo era un problema.
<< Merda. >> sussurrò facendo cedere le gambe e accasciandosi al suolo. Doveva trovare un rifugio, scappare il più veloce possibile e lui che faceva? Rimaneva seduto a piangersi addosso. Digrignò i denti, le unghie tracciarono solchi nel terreno. Nossignore, Scott non si sarebbe arreso così facilmente.
La mente tracciò una mappa della città, bene o male se la sarebbe cavata. Raccolse le ultime energie e si issò nel container del treno. Conosceva a menadito le destinazioni e, quel binario quasi morto faceva al caso suo... ora doveva solo aspettare, leccarsi le ferite e pregare di non essere scoperto prima del tempo.

****

Duncan digrignò i denti, mentre i capelli si allungavano sul collo e quel poco di calma che aveva cominciò a trasparire, diventare cupo e scuro come il suo manto ispido, il pelo si rizzò come gli aculei di un riccio. Fiutò l'odore, fiondandosi verso la porta che separava la palestra, ovvero il campo addestramento, dal resto del quartier generale.
Già trasformato non aveva tempo di uscire dalla porta diroccata e spezzata. Fece un salto flettendo le zampe anteriori per scappare attraverso la finestra del secondo piano... << D'oh! >> Fu il verso che si fuse tra le sue corde vocali una volta capito. Aveva tanta frenesia nel corpo, il cuore pulsava da impazzire e tutto ciò lo rendeva iperattivo e ansioso, un nemico era li e non poteva sfuggirgli. Era talmente tanta la voglia di conficcare i canini in quella carne nemica che si dimenticò del campo di forza intorno all'edificio, sbattendo il grande muso contro uno strano vetro trasparente, rimbalzando indietro come una pallina di pelo.

<< D-Duncan no! >> Zoey lo fermò appena in tempo, era scesa subito, appena aveva visto una massa di capelli rossi.
Il capo staccò i denti dalla carne di Scott, inaspettato, bellissimo, beato sollievo. Poteva respirare ancora per un po'.
Duncan la squadrò, per nulla convinto, mentre guardava la Iena ridotta più o meno in fin di vita. << E perché, sentiamo omega >> a Zoey venne un colpo al cuore. Cosa stava facendo? Era nella forma umana, davanti a lei c'era il boss e lei provava a discutere? Abbassò lo sguardo.
<< É dei nostri, Duncan. >> i due si girarono all'unisono, scorgendo Dawn. << Portalo dentro, per favore... >> il leader non ci stava capendo più nulla, ma si ritrasformò, ubbidendo alla zia e portando il nemico dentro.
<< A-arriveranno... arriveranno dopodomani, con la luna piena. Sanno dove siete, u-uno dei vostri v-vi ha tradito. >> Sussurrò il rosso, prima di svenire definitivamente.

Duncan camminava avanti indietro per la grande sala, tutti i Lican quieti intorno a lui, salvo Jo e Brick che stavano facendo da guardia a Scott. Dawn l'aveva medicato e ora il rosso stava riposando in una delle stanze libere; polsi e caviglie erano adornati da luccicanti gadget d'argento... così, per sicurezza.
Nell'aria c'era tensione, così come tra i propri fratelli. Zoey deglutì, gli occhi oscillarono sulla coda di uno dei Lican, arricciata e all'erta. Duncan intanto continuava quella marcia personale, lasciando libera la mente di organizzare a proprio piacimento i pensieri.
Nessuno parlava eppure, tutti riuscivano a dialogare.
Certo, quando erano in forma umana era tutto più semplice, almeno a livello mentale: i pensieri erano propri e basta, si poteva scegliere liberamente di non condividerli con gli altri ma, una volta che il pelo si era impossessato del derma e scintillanti ma letali denti avevano modificato le proprie fauci, tenere i pensieri per sé era tutto fuorché facile. Era come essere immersi in un'immensa chat globale solo, al posto dei messaggi su uno smartphone, le ambizioni di tutti venivano visualizzate direttamente nella mente.
Nonostante Duncan fosse umano e i Lican nella stanza fossero solo trasformati a pezzi -chi una coda, chi le orecchie- quella trama di pensieri giungeva nelle menti di ognuno, attuando un tacito botta e risposta.
Si parlava della sorte di Scott, del pericolo imminente e della battaglia. Insomma, un fottuto casino.
Duncan ringhiò e le spalle gli si gonfiarono, i capelli si rizzarono minacciosi, crescendo un poco. Guardò male uno dei Lican e poi Heather, la quale assisteva alla conversazione comodamente seduta. La malvagia genitrice del moro riusciva a leggere la mente di tutti così, comoda, ascoltava semplicemente i pensieri di Duncan. Era l'unica a parlare con labbra e lingua ma, quando lo faceva, tutti s'immobilizzavano ad ascoltarla.
Zoey tirò un lungo sospiro di sollievo quando, dopo minuti che parvero ore, la scelta fu presa: Scott sarebbe rimasto li solo se avesse collaborato. Una scelta quasi neutra ma, sempre meglio dell'idea iniziale, la morte.

****

Alejandro si pulì le zampe scarlatte in un soffice asciugamano immacolato. Le iridi osservarono per l'ultima volta quella ragazza, il ventre completamente svuotato, le viscere che colavano insieme al sangue sul pavimento, la testa mozzata.
<< Peccato, querida. >> sussurrò gettando l'asciugamano alle proprie spalle e voltando i tacchi. << Eri stupida come poche ma avevi uno scopo. >> Alejandro si fermò un istante, girando di tre quarti il viso e guardando la smorfia deforme sul volto oramai inanimato di Lindsay. << Suppongo tu ti sia giocata male le carte, bambolina. >> sussurrò, ritrasformando gli arti in mani umane ed uscendo dalla stanza.
Lindsay era utile solo per scaricare la tensione sotto le coperte, per il resto lo infastidiva e basta... aveva perso un componente si: un componente altamente stupido. Ringhiò tra sé e sé per aver permesso tutto ciò e si diresse da Noah, nelle segrete.
<< Ho bisogno di sapere ogni cosa su quella base: angoli ciechi, punti deboli, eventuali gallerie. >> la voce ferma ma allo stesso tempo vibrante di tensione di Alejandro giunse all'udito dell'indiano, il quale lo fissò da oltre le sbarre.
<< Temo dovrai fermarti qui un paio d'ore... c'è tanto da spiegare. >>

<< Forza! >> Gwen ruggì, mettendo tutti sull'attenti. << Non abbiamo molto tempo, perciò chiudete quelle fogne e preparatevi ad ascoltare. >> Tutti i Wolv erano adunati tra quelle larghe gallerie. Un ologramma sbucò dal centro della grotta più ampia, ben visibile da tutti. La base dei Lican diede il proprio saluto agli occhi dei nemici, flebile e sotto una lucina azzurra.
Gwen spiegò per filo e per segno ogni punto debole e sperò in cuor suo che avessero capito. Appena Alejandro mise piede nella stanza lasciò la parola a lui, rifugiandosi nei propri pensieri.
Scott era sparito, Lindsay morta -non che le fregasse- ma, con Scott aveva legato fin da subito e, non aveva ancora capito che cosa avesse spinto il rosso a fare tutto quel casino.
Stava ancora pensando quando avvertì un piacevole formicolio tra le dita. Da li alla notte successiva la luna piena sarebbe sorta, guidandoli verso la vittoria. Sogghignò e ogni pensieri razionale venne assopito. Al suo posto l'euforia per quella nuova, eccitante battaglia.
Si leccò le labbra e assaporò il discorso di Alejandro. Da li a ventiquattr'ore ci sarebbe stato un fiume di sangue, già ne sentiva il ferroso odore.


♣ Angolo Autrici ♦

M: Buon quasi mattina! Sono le 04:30 e si, stiamo finalmente aggiornando NIENTE POPO' DI MENO CHE la nostra prima Long!
P: *Sbadiglia*
M: Se, ehm, come dicevo non aggiorniamo da...
Scott: dal Cristo di 2013! Sono quasi quattro anni che "scappo"... ma vi svegliate?!
P: *dopo una notte passata a essere svegliata ogni 3x2 da M, senza poter riposare... si gira verso Scott con delle occhiaie da L e l'omocidio nello sguardo* Senti tu. Devi andare subito su un sito perché se compri le cialde del caffé ti regalano la macchinetta, hai capito?
Scott: *alza un sopracciglio* ma che problemi hai, per intenderci?
M: È solo molto stanca Scott, lasciala in pace e ringrazia che non ti abbiamo fatto sbranare.
Scott: Voi due avete dei problemi, cià. *finalmente Rotoloni Regina Scottex non finiscono mai leva le tende*

Facendo le serie per un attimo: dopo anni abbiamo deciso di riprendere la Long, con l'intenzione di finirla. Sarebbe stupendo rianimarla e rianimare il piccolo fandom che c'era dietro.
Noi due ci impegneremo al massimo il resto, beh, il resto spetta a voi, lettori silenziosi o meno.
Sono le 04:35. Qui M, e P, che vi danno la buonanotte e il quasi buon giorno.

Siamo tornate in sella!

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Capitolo 17
*** Chapter 16; A storm beyond the fur ***


Quella stessa sera, al colorare della notte il cielo blu, Zoey attendeva pazientemente che la Veggente le aprisse la porta.
Era davanti a quell'entrata da ormai dieci minuti e l'ansia man mano le saliva fino alle punte delle orecchie. Scott era all'interno, forse in vita, o forse ancora in balia del dolore causato dalle ferite. Era strano pensare a un Wolv nella sala di Dawn, la loro guaritrice.
Poco dopo Bella Gioia potette varcare la soglia di piastrelle bianche e candide, la luce al neon dava all'ambiente un aria curiosamente fresca, “manco fossero gli studi della Apple” diceva sempre Jo.

Scott era seduto sul lettino in una zona della stanza bianca, con i piedi sul ripiano della scaletta sospirava frustrato. Al petto nudo dei sensori controllavano il battito cardiaco e le sue funzioni vitali. Una flebo, presumibilmente di vitamine, ristabiliva le sue energie e, le ferite assottigliate sarebbero guarite presto. Nel momento in cui i due sguardi si scambiarono un'occhiata di rammarico, Zoey si avvicinò a lui.
<< Bella merda eh, sti fottuti sensori. >> sputò il rosso passandosi entrambe le mani sul viso continuando la sua lamentela. << Perlomeno adesso non sono in un bosco a marcire, o dietro un container. >> alzò il viso verso la figura femminile seduta accanto a lui, quella ragazza era l'unica che li dentro non lo trattava diversamente da quello che era.

Una Lican e un Wolv.
Pensiero tanto strano quanto piacevole. Zoey era bella, intelligente e curativa in un certo senso. Lo ascoltava, e aveva quell'aria di libertà che le luccicava nello sguardo.
<< Scott, volevo chiederti una cosa... >> sussurrò sorridendo lei interrompendo i suoi pensieri. L'occhiata di conferma della Iena la fece continuare << Ecco vedi... è da un po' che non incontro Mike, ma non mi fanno uscire da sola. E mi chiedevo se potessi venire con me. >>
L'occhiata rapida di Scott permise a Zoey di accorgersi dell'assurda richiesta. Scosse il capo Bella Gioia e sospirò con determinazione << Hai ragione, è una idea stramba... con la notizia che hai dato prima di svenire... >> Scott la fermò con tutta fretta, come se dipendesse la sua incolumità da uomo << Ehi ehi! Io non sono svenuto ok? È solo che dovevo riprendere fiato da delle ferite mortali. Tutto qui. Non. Sono. Svenuto. Scott non sviene. Al massimo fa svenire le sventole. >>
Quella frase risvegliò una risata assopita in Zoey, che non poté far a meno di dar ragione a Scott. Alla fine, nessuno sapeva di Mike. Trovarlo e vederlo era una motivazione che veniva dal petto, un presentimento, un desiderio.
<< Grazie Scott. >> il ragazzo sbiancò non appena ricevette un bacio sulla guancia ferita. << Hem.. se... fa come vuoi. >> la liquidò lui girando il viso, ma non riuscì a nascondere un certo rossore orgoglioso sulle guance.

***

Era incauto e pericoloso.
Le luci della cittadina spargevano la propria tenue luce sui muri delle case, attorno agli spigoli delle porte dei negozi. Millimetri di vissuto s'attaccavano sotto le suole delle scarpe della rossa, e i passanti le sfioravano spalle e preoccupazioni.
Aveva fatto qualche rapido calcolo: l'ultima volta che aveva visto Mike, prima di essere fermata da Scott, era proprio lì, dall'altra parte del marciapiede dove situava il bar dagli infissi in legno blu. Il focus dello sguardo saltellava tra i volti dei passanti, e fu proprio lì che tra quei volti riconobbe quello di Mike.

Il cielo si stava spegnendo dei suoi colori caldi, ma dentro di se quegli stessi colori le scaldavano il petto.
Quando finalmente il coraggio di parlargli le attraversò ogni fibra, Bella Gioia lo salutò con un lieve sorriso. << Oh! Ehi, ciao... Zoey. >> il sorriso si allargò vistosamente, tanto che sul viso di Mike se ne verniciò uno uguale.
<< E-ehi Mike, hai, da fare? Cioè adesso? >> una risata d'imbarazzo fece vibrare il sorriso di lei << Scusa è che io, pensavo di invitarti in quel bar, sai... come l'altra volta... >> con riserbo si spostò i ciuffi di capelli dietro l'orecchio e con gli occhi guardare il luogo in cui le sarebbe piaciuto scambiare due parole con lui.
Mike a sua volta non fece neanche in tempo ad accettare che la cameriera portò due tazze di the ai due.

<< Sai, mi è sembrato così strano quella volta, mi sono girata e non c'eri più. >> con un sorriso infantile Zoey assaggiò il the alle rose che aveva ordinato << Buffo no? >> quello stesso poi si allargò in una ilarità contagiosa.
<< E-ehm... >> Mike non sapeva proprio come poteva giustificare quel comportamento, o almeno non sapeva come trovare le parole esatte per spiegarle la situazione, in modo da non farla scappare. Quel ragazzo aveva suscitato fin da subito un interesse da parte di Zoey, come se ci fosse una parte di lui che la chiamasse a se. Un sentimento che non pensava minimamente fosse ricambiato.
Non sapendo che cosa risponderle, il moro dal ciuffo in piedi si accollò alla sua allegria. << Si... buffo eheh... >>
Fortunatamente, per la ragazza era solo un punto di conversazione. Non le importava della strana sparizione improvvisa del ragazzo, era interessata a lui, spinta da qualcosa che non sapeva riconoscere.
<< Questo the è delizioso, posso assaggiare il tuo? >> cercò di cambiare argomento Alter Ego nella speranza di rivelarle la verità, un giorno. << Oh... ma, ma certo! Ecco, tieni. È un the ai fiori, con rose. Ha un sapore delicato con un accenno di dolcezza. >> gli angoli della bocca si fecero all'insù mentre la tazza di ceramica passava dalle esili dita di lei, alle mani lisce di lui...

Fu fulmineo.
Una scossa assalì la schiena di Zoey, un pensiero dritto al cervello, una improvviso balzo di nervi e il the alle rose finì rovesciato sul tavolo.

“I Wolv ci attaccano”.

***

Il germogliare di un ringhio, l'aumentare del battito cardiaco e l'ampliare della rabbia permisero al pelo ispido dai riflessi rossi di incrementarsi sul viso e sul corpo della figura.
Che cosa prova un Lican quando si trasforma? Uno strazio di fitte all'interno dei recensori delle ossa, uno spasmo continuo di sangue a tutte le estremità del corpo. Un tormento di motivazione al peccato e ogni parte del corpo mutata.

La prima cosa è la schiena, poi gli arti e il viso in simbiosi perfetta si arricchiscono di quei dettagli immani, un tremendo cambiamento che comporta la sopportazione del dolore più atroce.
Superato questo, un senso di potenza varca le porte dell'umano, ormai lupo, rendendolo munito di una forza immane, di un istinto animalesco e di appartenenza al proprio branco.

Ed era così.
Zoey non corse così veloce in tutta la sua vita. Appena ricevuto il messaggio si dovette costretta a liquidare Mike nuovamente, con la promessa di rivedersi, sempre là.
Ma il suo branco era in pericolo, Duncan era in pericolo, e così anche Dj, Geoff, Dawn e tutti gli altri. Anche Scott.
Corse oltre la città, lontana dagli occhi di chi non conosceva, incidendo l'erba e la terra con gli affilati artigli e sfidando l'aria gelida col muso dal fiato caldo e secco.

***

Ululati e urla impregnavano l'aria quasi quanto l'odore del sangue. Mal lo percepì nettamente, mentre senza troppe cerimonie s'inoltrava nella base dei Lican.
Aveva seguito Zoey fino a li, l'aveva vista mutare in prima persona e raggiungere il proprio branco. Tanto meglio per lui, sarebbe stato molto più noioso certo ma anche più sicuro. S'aggiustò la cinghia dell'AA12 e sogghignò. Blaineley e Chris avevano speso una fortuna per quel gioiellino, l'unica cosa che potesse fare era usarlo come meglio poteva. Notò con scarso piacere che l'edificio benché fosse lussuoso, peccava di nemici da uccidere. Sbuffò quasi divertito e dalla tasca estrasse un palmare, attivandolo. Lo schermò s'illuminò, settandosi poi sulla videocamera termica: altra ingente spesa ma ehi, cacciare prede così succulente era dispendioso.
Sempre più compiaciuto si riavviò per i corridoi, in una mano l'AA12, nell'altra il palmare.
La caccia è aperta

Come avesse fatto Mal a raggiungere la base? Semplice, quel fesso di Mike, preoccupato per quella stupida rossa l'aveva seguita, rendendo così finalmente noto a lui e agli altri cacciatori l'esatta posizione di una delle basi dei clan. La scarlatta poi aveva voluto strafare, trasformandosi in un Lican davanti agli occhi di un incredulo Mike. Il passo dallo shock alla venuta di Mal era stato breve.
Così, una volta in pieno possesso delle abilità psicofisiche, il cacciatore in poco tempo era tornato verso l'auto, aveva preso il necessario e si era infiltrato. Nulla di più facile.

Heather s'irrigidì, girandosi di scatto. Scott giaceva sul letto. Il rosso la guardò accigliato e aprì le labbra per proferire parola ma, venne anticipato da un monito di silenzio da parte della stratega. L'asiatica sentiva delle vibrazioni nell'aria, oltre la porta.
Le dita vibrarono quasi impercettibilmente e, dai palmi delle mani s'iniziò a creare una luce dalle tonalità viola. Scott aggrottò ancora una volta le sopracciglia. Che fosse una strega lo sapeva, il dubbio rimaneva il medesimo: perché si stesse preparando a combattere.

Mal identificò quelle due sagome da dietro lo schermo, sogghignando. Non sapeva chi fossero o quali poteri avessero, fatto stava che una delle due figure emetteva una notevole fonte di calore dalle mani.
Certo, avrebbe tranquillamente potuto sfondare la porta, buttarcisi dentro e fare piazza pulita ma sai; se schiacci due scarafaggi, poi arriva l'intera famiglia.
A malincuore rinunciò a quella breve e soddisfacente follia, sussurrò qualcosa attraverso l'auricolare nell'orecchio e premette quest'ultimo, attivando un'interfaccia multimediale. Il dispositivo iniziò ad analizzare l'ambiente circostante, facilitando Mal con l'inquadrare gli obiettivi più sensibili, come se una patina tecnologica si fosse sovrapposta tra le iridi del ragazzo e lo scenario.
Decise così di abbandonare quelle figure al loro destino e proseguì, registrando ogni spostamento e inviandolo a Blaineley. Avrebbero pensato in un secondo momento ai modi migliori per attaccarli.
Si dovette ricredere poco dopo, quando la strega in persona gli dettò rapide, precise istruzioni. Con un ghignò acconsentì a quella richiesta: un po' di sana pazzia, questo avrebbe movimentato quell'avanscoperta fin troppo moscia.

***

<< Si mette male! >> Geoff gridò quel pensiero e lo condivise con il clan, schivando la zampata di uno dei suoi due aguzzini, sprecando ulteriori energie.
Il pelo una volta colore del grano era colmo di scarlatte striature. Se la stava vedendo brutta, anche perché i nemici contro i quali stava combattendo non erano uno ma ben due Wolv di taglia eccessiva. Ringhiò ai due ma, non fece in tempo a saltare per attaccarli che si ritrovò zampe all'aria come una pallina, alla mercé dei suoi aguzzini.
Era finita, già lo sapeva. Addio mondo, addio amici e addio feste da sballo: da li a poco sarebbe divenuto crocchette per Wolv.
Chiuse gli occhi e attese la fine quando, essa tardò. Confuso scoprì le iridi dalle palpebre solo per vedere quel gigantesco Lican salvargli le chiappe. Balzò nuovamente in piedi e afferrò per la collottola uno dei due con i denti. << Ti devo un favore, Duncan! >> << Taci e vedi di combattere, che hai perso lo smalto. >> Duncan sogghignò e attirò il mannaro più grosso verso di sé, lasciando così più probabilità al compagno.
Strattonò per un polpaccio il Wolv con i canini e guaì quando quest'ultimo gli conficcò le unghie nell'addome. Sapeva che quello era il capo e, era giusto che loro si affrontassero.
Come si poneva, come gli altri stupidi Wolv gli spianassero il passaggio. L'odore... quel dannato odore gli pungeva il naso e lo infastidiva più di tutti gli altri, come se lo conoscesse da sempre. Era il capo, il nemico numero uno e, in quanto megalomane un tantino ipocrita, era suo compito metter fine a quella lite che andava avanti da secoli.

Alejandro riuscì a conficcare gli artigli nell'addome dell'altro. Sogghignò sentendo la calda carne sfaldarsi sotto il passaggio dei propri artigli e, fu proprio questa distrazione a permettere all'altro di liberarsi.
La luce della luna era alta nel cielo, e i fili di bagliore puntavano dritti verso la battaglia. Il manto dei Wolv splendeva sotto quel chiarore proprio come il sangue scarlatto che tinteggiava la terra. Il leader dei Lican gocciolava abbondantemente, incrostando il ventre e la pelliccia con l'acre odore del sangue. Si prese un'istante per riempirsi narici e polmoni di quel dolce aroma, prima di poter nuovamente attaccare.

Duncan ringhiava ma, di cuor suo sapeva di essere alle strette. Balzò nuovamente verso il nemico, con una scivolata che ricordava più una sbandata condita con una bestemmia lo oltrepassò, solo per conficcare nuovamente le fauci sul polpaccio della bestia, tranciandogli di netto i tendini. La zampa cedette e costrinse Alejandro ad appoggiarsi agli anteriori, facendolo zoppicare.
I due ebbero così un istante per fermarsi, prendere fiato e permettere alle ferite di iniziare a rigenerarsi. Sapevano benissimo di essere sullo stesso piano in quanto tattica o strategie, perciò ogni istante o azione sarebbe stata fatale. Iniziarono a ruotare intorno a un cerchio disegnato dalle orme e dal sangue, rallentando solo quello che sarebbe divenuto uno scontro mortale.
Alejandro zoppicava vistosamente ma, nonostante ciò non demordeva, ringhiando e urlando verso l'altro. Duncan, al contrario rimaneva in silenzio, arricciando le labbra fino a scoprire la parte più chiara delle gengive, trattenendo gli ansimi per il dolore.
La battaglia imperversava dall'altra parte della base, in più entrambi i clan sapevano di non dover intervenire in una lotta tra due capi ergo, in ogni caso erano soli.

Gli occhi piantati gli uni negli altri ma le orecchie libere di ruotare per captare ogni suono proveniente dai dintorni. Entrambi sentirono chiaramente un rumore ma, indecisi sul da farsi lo ignorarono, concentrandosi solo l'uno sull'altro.
Erano gli obbiettivi.
Mai scelta fu meno cauta.
L'adrenalina era come un tornado nei polmoni, faceva annebbiare la vista e flettere i muscoli per avventarsi sull'altro. Se solo Duncan avesse donato più attenzione ai rumori nelle vicinanze e alla luna sempre più lieve nel cielo, allora forse non avrebbe sentito quel peso nel corpo di chi, perdendo le energie, cade sul morbido terreno all'unisono con l'avversario.
Due dardi, due rapidi colpi e Mal sbucò dalla vegetazione, un ghigno stampato in faccia nonostante la delusione di non averli uccisi. “Ci servono vivi.” così aveva detto la strega. Poco prima di attaccarli aveva cambiato i proiettili con dardi a prova della più feroce delle creature, vedendo i due lupoidi collassare sul terreno.
L'auricolare dall'interfaccia multimediale era sempre connesso, rendendo quell'esperienza quasi in prima persona, per Blaineley.
Blaineley, colei che aveva organizzato ogni singolo particolare, adesso poteva assistere alla cattura dei due più elevati esemplari di Lican e Wolv. Un sorriso beffardo e una sensazione di gioia euforica divampavano nella strega come un fuoco che divora ogni cosa.
Si sentì come se il tempo si fosse cristallizzato, un vuoto incombeva tra i cuori dei clan e su tutta l'area circostante.

Dj si prese una pausa, un Wolv giaceva a terra, morto. Sfruttò questo tempo per concentrarsi sui compagni, captarne i pensieri e accertarsi che stessero bene. Si bloccò non appena notò l'assenza di Duncan. Galoppò così tra le carcasse di fratelli e nemici, cercando il proprio Alfa: nulla. Un battito venne a mancare, quando realizzò che Duncan non era più lì.
Non riusciva a contattarlo, in nessun modo.
Un ululato squarciò il cielo, rendendo tutti i Lican consapevoli della scoperta. Al suo canto si unirono in molti ma, la cosa che sconvolse tutti fu che anche i Wolv iniziarono quella cantilena.
L'aria si riempì di urla di dolore, un dolore dovuto alla peggiore delle ipotesi: i due Alfa erano spariti e no, non erano tra le carcasse martoriate.


♣ Angolo Autrici ♦

M: Aloha! Indovinate un po' chi è tornato a tormentarvi con le loro chiacchiere?
Scott: Voi?
P: Proprio così! :D E indovina un po' chi è nuovamente inutile in questo capitolo?
Scott: ...
P: Esatto! TU.
M: Se possiamo andare avanti... *prende un registro e controlla i progressi fatti fino ad ora* Ebbene, The Destiny sta procedendo a meraviglia ma: *gli occhi si assottigliano, divenendo demoniaci* non esiste una storia senza recensioni! Sappiamo che la leggete, abbiamo i cristo di contatori e tutte le altre cose tecnologiche di EFP!!1!11 *P provvede a metterle la camicia di forza e i Linkin Park come sottofondo*
P: Ssssh, calmati suvvia.
Scott: Ma questa ci è o ci fa?
P: Questa mi fa *pausa* ah ah aaaah. *badumtsssk*
Comunque, sono le 04:49 e siamo sveglie a rompere le palle al Fandom!
M: FANDOM! *ripete stile Denzel Crocker*
P: A parte la pazzia della mia compagna, personalmente sono molto curiosa di sapere che fine faranno Duncan e Alejandro. Voi no?

*Le stelline avvolgono le due autrici (E Scott), facendoli sparire verso l'alba*

PS: Un grazie super mega specialoso a Liberty_Fede, per la sua recensione al capitolo precedente nonostante i quattro anni di ritardo ♥

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Capitolo 18
*** Chapter 17; Cage ***


Bridgette accelerò il battito, urlando quel dolore al cielo. Non importava se la propria voce si sarebbe fusa con quella di compagni o nemici, lei doveva urlare ciò che provava. Un dolore lancinante tra le costole, l'amara sensazione alla bocca dello stomaco e l'inizio della certezza, della mancanza del loro Leader.
Dj aveva dato il via a quel canto e continuava a spiccare tra la melodia di ululati facendo quasi a gara con Geoff, rendendosi però il principale portavoce della notizia. La mancanza del capo ti faceva scattare un meccanismo di difesa autonomo, insieme alla disperata chiamata rivolta verso il proprio Alfa.
<< B, dobbiamo fare qualcosa. >> Dawn sussurrò flebili quelle parole, facendole catturare dai fiati delle due specie. B la guardò, non disse niente e si passò il palmo della mano sul viso partendo dalla fronte e arrivando sotto il mento: sul viso dello sciamano figurava un teschio. Dawn lo lasciò fare e, ascoltando quella straziante melodia si sedette sull'erba macchiata di rosso, incrociò le gambe e chiuse gli occhi. Sulla candida pelle spuntarono tatuaggi illuminati dall'interno da una tenue luce bluastra. I capelli si schiarirono ancora di più replicando i raggi di luna restanti in quel cielo; iniziò a cantare versi persi nei tempi più remoti, recitando formule e vecchie profezie oramai dimenticate.
B si avvicinò alla donna, porse le mani verso di lei e una volta incanalata l'energia la assorbì tra i palmi, chiudendoli a pugno. La maschera sul viso si illuminava a tempi alterni di una luce rossastra, si chinò poi e sfiorò con le dita alcune gocce di sangue ancora fresco di un Wolv. Una volta aperte le mani, delle fiale vennero rivelate.
Dawn sbatté le palpebre un paio di volte, facendo scomparire i tatuaggi. Guardò B, sfiorò anche lei con le dita il sangue a terra e si alzò, facendo cadere un paio di gocce sulle fiale e recitando un'antica nenia. Le fiale s'illuminarono e da esse iniziò a fluire un denso fumo.
Gwen tornò ad ululare dopo essersi accucciata. Non avrebbe mai voluto farlo ma era un istinto primordiale: Alejandro era sparito e loro senza una guida si sentivano perduti, lei compresa. Spezzò l'ululato solo quando avvertì quell'acre odore solleticargli l'olfatto. In pochi attimi sentì le zampe tremare e la pelliccia scrollarsi sotto il controllo dei muscoli: era ancora dentro il proprio corpo ma, non ne aveva più il controllo. L'armatura di pelliccia nella quale era rinchiusa si accasciò a terra. Fece in tempo a notare Dakota e Cody iniziare a fare lo stesso, prima di vedere una coltre oscura calarle sulle palpebre, seguita da un silenzio assordante.

***

Nella sala grande si erano riuniti tutti i Lican, e a fila prendevano i bendaggi e le erbe curative da Dawn.
C'erano tutti, da Jo e Brik a Stacy ed Eva. I più giovani Lican, spaesati per la loro prima battaglia a cielo aperto, rimanevano confusi davanti a ciò: Heather in centro a tutti loro con uno sguardo deciso che nascondeva un doloroso rammarico per la perdita del figlio. DJ e Geoff la guardavano con saggezza mentre l'uno attorcigliava una benda pulita sull'avambraccio dell'altro. << Piano, fai male... >> mugolò con un filo di voce Dj per poi venir interrotto da uno sghignazzo nelle retrovie.
<< Ti hanno aperto proprio bene quei bastardi eh Panda ? >> Jo chiamava in quel modo il jamaicano per sottolineare il suo carattere mansueto, e a volte quel soprannome creava in Dj un sorriso sincero. Il contrario della reazione voluta da Jo.
<< Disse quella senza un ginocchio >> osò Brik intento a disinfettarsi le ferite sul volto. Inutile dire che si sentì immediatamente una mancanza generale, una mancanza alla quale non erano abituati. << Giuro che se trovo quei viscidi e schifosi cacciatori io... io... ecco io li sbrano! >> interruppe Stacy, che aveva fatto ben poco, se non rifornire tutti di cibo e avanzi. << Inutile dire che il nostro caro vecchio Duncan ha bisogno di tutto l'aiuto possibil- >> Geoff non aveva nemmeno finito di dare aria all'ultima vocale che la voce atona di Heather scompose i pensieri del gruppo.
<< Quello che Geoff dice è la pura e semplice verità figli miei, Duncan è stato preso da persone che non penso vogliano solo ucciderlo. >> con gli occhi fece una carrellata complessiva e sospirò amaramente continuando: << Quelle persone, non hanno solo privato noi di una guida, un maestro, un figlio. Ma ne hanno privato anche i nostri nemici. >> questa volta Zoey si sentì gli occhi della strega addosso, e un brivido le zampettò lungo i lati della schiena, come un gelido brivido in piena estate. << Nemici che hanno avuto una lode nel nostro branco. Nemici che hanno dimostrato fedeltà non solo ai Lican, ma anche ai loro animi. >>
E questa volta quel tremore lo percepì anche Scott, il Trādo. Era una sensazione raggelante che in qualche strano e bizzarro modo lo faceva sentire meglio, come un soffio di vento in una estate torbida.
La strega era tanto saggia quanto belli erano i suoi occhi, raccolti nel dolore della perdita. Lei, tenace e distruttiva come un uragano non lasciò che una via da percorrere al suo branco: << Figli miei, come possiamo noi undici recuperare ciò che ci hanno portato via! >> Una voce si alzò dal fondo infine, per rispondere a quella domanda che domanda non era.
<< Io una idea ce l'avrei, Heather. >> Era l'ultima voce aggiuntasi al coro a parlare per prima, quella del Trādo , così perseverante e irremovibile. Scott era l'ultimo a dover proferire fiato alle proprie parole, l'ultimo a dover proporre un piano, una scappatoia, una strategia.
Eppure la sprezzante voce del Wolf dipinse sul volto della strega un velo di orgoglio, celato da un sorriso.
<< Hai un'ora per pianificare il tutto Scott. Sappiate inoltre, che il vero nemico non è nella stanza a fianco, dormiente e ignaro delle nostre parole, il vero nemico è colei che ci ha strappato via i nostri capo branco, un nemico così antico senza il quale la sottoscritta non sarebbe qui. >> fece una piccola pausa Heather, riprendendo il fiato e il coraggio di dire quel diabolico nome a voce alta << mia madre, la strega Blaineley. >>
In quel preciso istante le mani di Dawn ebbero un tremore improvviso, Heather non aveva mai proferito parola nemmeno con lei di questo fatto. La veggente diede un'occhiata al branco, il volto di ognuno aveva perso il colorito e il fiato era sospeso nella gola.
La madre di Heather .
Quando l'attesa fu sufficiente, la strega rese noti i propri esatti sospetti: << Non ne ero mai stata certa prima di stanotte. In tutti gli attacchi avuti dai cacciatori, non abbiamo mai rintracciato alcuna traccia di incantesimi, ma oggi qualcosa ha infranto la nostra barriera visiva non facendoci vedere due personaggi dietro al fumo del dardo. L'illusione ci ha portato via Duncan, un incantesimo così lieve che solo un occhio esperto poteva smascherarlo. E figli miei, pensavo che la magia avesse cessato di esistere nel lontano 470 dopo Cristo, ma dopo oggi, penso che mia madre non fu veramente morta in quello che mi era stato confermato un incendio boschivo. >>
L’aria era così stretta in sospiri, e gli sguardi così incollati alle parole della mora tanto da non riuscire a trapelare commento. Nelle menti di tutti defluiva il pensiero che i cacciatori non potevano aver fatto tutto ciò senza l’aiuto di un interno, e che una strega di certo doveva almeno aver sferrato un attacco in passato per scoprire come disattivare la loro barriera.
<< Heather, penso sia impossibile non chiedere allora, come mai i cacciatori sono riusciti a portare a termine il loro obbiettivo… senza l’aiuto di un interno. >> Quel coraggio Zoey non l’aveva mai avuto, l’aveva tenuto nascosto e mite con dolcetti di autocontrollo, ma adesso poteva anche slacciare il guinzaglio.
Quelle parole non stupirono solo la Madre calcolatrice, bensì tutto il gruppo dei Lican li riuniti. << Tks, io scommetto che è piscialetto qua. >> esordì Jo con un voluto accenno di sarcasmo verso Brick, e lui come risposta le donò una “zampata” sulla nuca << Eddai Jo, ti sembra il caso di dire una cosa così in un momento come questo? >> la voce trema leggermente di fronte all’azione appena compiuta. In una lotta tra i due, Brick non se la sarebbe sentita di colpirla o farle del male… avrebbe sicuramente perso.
<< Tuttavia… >> Heather non perse tempo, e dalle sue labbra scivolarono le peggio parole che i Lican potessero sentire riguardo a una loro stessa verità << C’è un motivo se i cacciatori sono venuti proprio qua, nella nostra base, nella nostra casa. C’è un motivo se la nostra barriera protettiva ha inesorabilmente ceduto sotto un inganno. Un inganno che ci è costato forse la vita del nostro Leader. Sto parlando di un tradimento che nel nostro branco prende il nome di... Noah. >>

Quel nome scivolava così bene sulla lingua di Heather. Un agrodolce sospiro che fece congelare il sangue al proprietario, nonostante sapesse già cosa lo aspettava. Noah avvertì un bruciore dietro il collo, un fastidioso prurito di fuoco. Come se qualcuno stesse incidendo nella sua pelle con una lama rovente.
<< Trādo >> sussurrando la madre di Duncan diede il via ad un coro di voci che lentamente si infilava nell’animo del traditore dei Lican.
<< Trādo >> una sinfonia di voci lugubri, era quella che accompagnava Noah davanti a colei che assicurava loro la vita, colei che ora gliela avrebbe tolta.
<< Trādo >> e il coro si eleggeva più alto, più forte, più straziante.

La donna era tanto seria quanto impenetrabile, il chiarore del suo sguardo illuminato dalla luce della luna chiuse il cuore di Noah in una morsa di ghiaccio. Il ragazzo si fermò esattamente davanti a lei, dubbioso sul destino della propria pena.
<< Che cosa state aspettando?! >> più che una domanda il tono dell’impulsiva Eva era quello di chi non aspetta altro che la vendetta. << Aspetta… guardate. >> Geoff aveva visto bene? Heather stava forse... sorridendo?
Gli occhi da licantropo scrutano meglio quel gesto tanto spontaneo, un gesto che nessuno si sarebbe mai aspettato: la Strega aveva posato una mano sulla spalla dell’allergico e con uno sguardo fisso e glaciale aveva filmato tutto il suo branco iniziando a parlare con voce soffice e bassa << E così… sareste pronti a giustiziare un visto compagno di vita? Un vostro alleato, un fratello? >> il timbro di voce della mora aumenta, e con quello anche la pesantezza di quelle parole.
<< Che cosa sta dicendo Heather? >> emette un filo di voce lieve e prolungato Zoey, come se volesse farsi sentire anche dal rosso affianco a lei. << Non chiederlo a me dolcezza, non conosco le usanze e i metodi dei vostri. >> come risposta, Bella Gioia ottenne solo la conferma dei propri dubbi.
Il silenzio era tombale.
La curiosità impellente mozzava i respiri dei presenti.
Ogni rumore era stato sostituito dalla voce ferma e sicura della loro guida madre. << Lasciate o figli miei che vi riveli la cruda verità: sbagliate. >> e fu in quel momento che le parole di Heather si tuffarono nelle orecchie e negli animi dei Lican. << Avete dato un giudizio morale errato solo perché la sottoscritta ha comandato che fosse così. Ebbene sappiate che Noah non è affatto un Trâdo. Sotto il consiglio di alcuni dei nostri membri più fidati Noah era l’unico che poteva introdursi nella base dei Wolv, non come nemico… ma come alleato: un Lican che dopo aver tradito il suo branco cerca di entrare nella tana del nemico scoprendo i loro punti deboli e il recente attacco. E adesso… possiamo sapere dove hanno portato Duncan sfruttando le conoscenze che Noah ha raccolto in questo tempo per un nostro vantaggio. >> o almeno, questo era ciò di cui era convinta la corvina. Secondo i ragionamenti di Heather, la madre avrebbe potuto pedinare Noah mentre si spostava tra un clan e l'altro, venendo così a conoscenza delle loro posizioni. Oh, quanto si sbagliava su ciò.
La strega aveva incantato tutti in quel salone, sentiva la pressione dei loro sguardi su di lei, lei che sorridente sapeva che mancavano solo due mosse per lo scacco matto.
<< Ma ora, finitela di leccarvi le ferite e preparate gli animi alla battaglia. >> la strega non aveva ancora finito il proprio discorso. << Nella stanza a fianco ci attendono una dozzina di Wolv. Scott. >> le sillabe colpirono in pieno petto il rosso, facendolo drizzare e alzare lo sguardo fiero verso la donna. << So come trattarli nonostante mi considerino carne da macello. Abbiamo giusto mezz'ora per pensare ad un piano nei minimi dettagli: non saranno più nella forma da mannari ma, fidatevi... >> il rosso alzò un lembo della canotta, rivelando uno squarcio oramai rimarginato all'altezza del fegato. << Anche da umani sanno come uccidervi. >> sussurrò con un sogghigno mentre i Lican lo accerchiavano, in cerca di una guida.
Doveva far conoscere i due Clan ed era l'unica chiave di volta disponibile... magari sarebbe anche riuscito a divenire il nuovo capobranco di entrambi i Clan, perché no.


Angolo Autrici

Autrice P: UN NUOVO CAPITOLO!
Scott: non ti scaldare troppo P... io faccio solo una battuta, non è un gran traguardo *il rosso mi lancia una occhiataccia* scommetto che le recinzioni saranno tutte a bandierine rosse.
Autrice M: quali recensioni? Sigh*sussurra* Autrice P: guardi sempre e solo te? Prendi Heather che non c'è stata dall'inizio della seconda parte eppure... eppure non si lamenta mica u.u e comunque... si dice RECENSIONI... cretino.
Scott: d'ah...
Autrice M: UN NUOVO CAPITOLO!
Scott: si, l'ha già detto P.
Autrice M: si, ma P. non ha detto che questo capitolo è il 17° e ciò vuol dire che no: non siamo morte, e no: non abbiamo abbandonato il nostro amato fandom.
Duncan: fantastico, adesso tutti sanno che sono rinchiuso. Grazie eh.
Autrice P. e M: *prendono i guinzagli dei loro due cani e li legano insieme portandoli fuori dalla “stanza scrittura” senza dar peso agli insulti* Oh! La pace! *si battono il cinque*
Fateci sapere con una recensione (e NON recinzione) che cosa vi ha sconvolto di più, (e sappiamo che c'è qualcosa *ghignano*) e se ci sono delle imprecisioni nel testo, saremo felici di correggerle.

Bye Bye! Al prossimo capitolo EFPniani!
*P. e M. salutano con la manina mentre Duncan e Scott irrompono nella stanza*

PS: Per chi volesse supportare la piccola ~M, ci sarebbe l'ultimo capitolo di ○ Out There che, in primis come titolo richiama la canzone di Scar del Re Leone (E M AMA SCAR).
In secondo luogo il titolo di questo capitolo di sposa perfettamente con l'altra ff e infine, se vi piacciono le ff incentrate in un carcere e su tutte le belle cose che servono per fuggire da un mondo che vi sta troppo stretto, potreste trovare interessante la lettura ;)
Bye.

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