Elen sìla lùmenn' omentielvo

di GilraenAlcarin
(/viewuser.php?uid=198785)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontri ***
Capitolo 2: *** ALLA  RICERCA ESTENUANTE DI TE ***
Capitolo 3: *** Quando la Leggenda diventa realtà ***
Capitolo 4: *** Cambiamenti ***
Capitolo 5: *** Lungo la via del grande fiume ***
Capitolo 6: *** Lothlorien ***
Capitolo 7: *** Incontri e scontri ***



Capitolo 1
*** Incontri ***


Elen sìla lùmenn' omentielvo

 
CAPITOLO I    

                                             
INCONTRI  
 
 
 
Ormai Anor era sparito da alcune ore dietro l'orizzonte, non accennava a voler fermare la sua cavalcata; l'aria fresca della notte sembrava allontanare i pensieri che affollavano la sua mente e dargli maggior vigore tuttavia il suo destriero non sembrava essere dello stesso avviso quindi decise di fermarsi. Legò il cavallo, accese un piccolo fuoco così da potersi scaldare, cercò nella bisaccia la borraccia per dissetarsi e si stupì di trovarla vuota, andò a riempirla nel torrente che scorreva li vicino... Alzo gli occhi e gli parve di essersi smarrito in un sogno. Se ne stava li, inginocchiato sulla riva, armeggiando con il suo arco, talmente assorto nei suoi pensieri da non notare la presenza dell'Uomo. Ne aveva visti molti di Elfi ma mai nessuno come lui, bello, talmente bello da non sembrare una creatura terrena.
 
Il suo corpo era snello ma muscoloso allo stesso tempo, e ciò veniva messo in risalto dai sottili pantaloni di seta che gli fasciavano le gambe fino a scomparire all'interno degli stivali neri, e dall'altrettanto raffinata e bellissima veste corallina che indossava. La sua pelle era candida e tipica della sua stirpe, vellutata come una  pesca. Lineamenti dolci e all'apparenza freddi, occhi azzurro blu come il firmamento, e un paio di labbra rosee costituivano il suo viso perfetto. Come ogni Elfo Silvano, aveva capelli biondissimi e lunghi che scendevano fin sotto le spalle, raccolti in due piccole treccioline sulle tempie, che andavano poi ad unirsi in una grossa treccia dietro la testa, alla maniera del suo popolo. A cingergli la fronte, una sottile seppur regale coroncina argentea, ed al collo portava un gioiello rappresentante uno stemma a forma di foglia. Per un lasso di tempo indefinito, rimasero immobili a fissarsi, finché l’Uomo mosse qualche piccolo passo verso di lui come incantato da tanta meraviglia. L’Elfo con un balzo felino, saltò su di un ramo del grosso albero che aveva accanto per poi sparire tra la fitta e rigogliosa chioma fogliosa.
 
<< Aspetta, non fuggire... Ti prego. >> Si apprestò a dire l’Uomo, avvicinandosi all’albero per paurache fosse già troppo lontano.
 
<< Chi sei tu? >> Ripetè con più calma, comprese che quello doveva essersi spaventato.
 
<<  Non temere, lungi da me fare del male ad una creatura....  Come te...  >> Cercava di scorgerlo ma non lo vedeva, e per un attimo pensò davvero che fosse fuggito nel bosco. Si girò e fece per percorrere a ritroso i pochi passi appena compiuti, quando una voce soave e cristallina lo fece voltare nuovamente.
<< Cosa ci fa un Uomo in questi boschi?  >> Chiese timidamente l’Elfo, sporgendosi un poco per farsi vedere e allo stesso tempo poter scorgere i movimenti del suo interlocutore.
 
<< Sono solo di passaggio... Non voglio creare alcun disturbo e. .. Nel modo più assoluto, non ho cattive intenzioni. Puoi fidarti... >>
 
<<  Non posso fidarmi di qualcuno che non mi rivela neppure il suo nome. >> disse la creatura, spostandosi su un ramo ancora ancora più lontano rispetto all'Uomo
<< Perdonami.. >> disse con un filo di voce, ancora non riusciva a capacitarsi della bellezza dell'Immortale
 
<<  Sono Aragorn, figlio di Arathorn II. Sono vissuto a Granburrone, alla casa di Elrond per...un po' di tempo. E tu chi sei? Ti prego scendi e fatti vedere, non ho alcuna intenzione di farti del male. >> La creatura scese con un balzo estremamente elegante dal ramo, si trovarono a pochi passi di distanza, l'Uomo tentò di nuovo di avvicinarsi, ma l’Elfo mise prontamente la mano sull’elsa del pugnale che portava allacciato alla vita, così rimase fermo.
 
<< Dunque sei l'erede di Isildur e di Elendil? Sei l'erede al trono di Gondor.... >>Asserì ,aprendo un po’ di più gli occhi come era solito fare quando non capiva qualcosa .«Dunque non era una leggenda» proferì con un tono di voce flebile tanto che nemmeno il giovane riuscì a sentire. 
 
<< La mia stirpe fu spezzata. Non sono quello che tu dici. Sono Grampasso il ramingo. >> Rispose l’Uomo abbassando lo sguardo ai propri piedi.
 
<< E tu devi essere di nobili natali... >> 
 
<< Da cosa lo deduci? >> Chiese la creatura silvana, stupita da quell’affermazione da parte di un mortale.
 
<< Dalle tue... Vesti.. Di pregevole fattura e... La corona che ti circonda la fronte... Il monile che porti al collo... E.... Dal tuo... Aspetto... >> Non capiva perché avesse aggiunto l’ultima parte eppure non se ne era reso conto. 
 
<< Cos'a il mio aspetto?  >> chiese subito quello stranito, ma sirese conto quasi subito di aver posto una domanda alquanto sciocca a quello che doveva essere uno sconosciuto e così parlò mal celando il suo imbarazzo.
 
<< Verdefoglia >>Disse, stringendo nella mano il ciondolo a forma di foglia che aveva sul petto << Questo ti deve bastare giovane uomo... >>  ed in un attimo scomparì tra la fitta boscaglia lasciando da solo l'uomo che in pochi istanti si ritrovò con le ginocchia a terra ed un sorriso idiota stampato sul volto... Non sapeva nulla di quella creatura, anzi una cosa sì: gli aveva rapito il cuore.
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** ALLA  RICERCA ESTENUANTE DI TE ***


 
Capitolo 2
 
IN RICERCA ESTENUANTE DI TE
 
Non riusciva a darsi pace. Mille e mille domande affollavano la sua mente del ramingo dopo l'incontro con quella stupenda creatura... Chi era? Da dove veniva? Perché era fuggito non appena gli aveva rivelato chi fossero i suoi avi? Cosa poteva voler dire Verdefoglia? Un nome non poteva esserlo di certo... Come poteva esistere una creatura così meravigliosamente bella e perfetta? Era forse la reincarnazione di un Valar sulla Terra di Mezzo? Poteva averlo solo sognato?
No, non poteva aver sognato. Il cuore che batteva impazzito nel suo petto ne era la prova.
Valar! La testa gli stava per scoppiare, s'impose di dormire... Tutto inutile... Ogni volta che abbassava le palpebre subito si formava l'immagine di quel viso angelico...

<< Che dolce tortura >> pensò...
Si tirò su a sedere fissando lo scoppiettio del fuoco per lunghi momenti portandosi le ginocchia al mento, senza che il sorriso lasciasse mai il suo volto...
Il cavallo gli si fece vicino e senza attendere un istante accarezzò la criniera dell'animale

<<  Brego... >> disse con un sospiro <<  tu mi capisci sempre.. .>> sorrise di nuovo.

Rimase sveglio fino all’alba,  e quando Anor salì alto nel cielo,  raccolse la sacca che portava sempre con se e riprese il suo cammino, alla ricerca di qualcosa che nemmeno lui sapeva spiegarsi. Mai gli era successo di sentirsi così incredibilmente vivo come dopo l’accaduto.
Ogni volta che ripensava al suo viso  sentiva accendersi qualcosa, un pensiero costante che non lo abbandonava, si sentiva quasi stordito dalla sensazione che sentiva crescere sempre più nel petto.
Ogni foglia, ogni rumore, ogni profumo di quel bosco gli ricordava lui e il modo repentino in cui se n’ era andato. 
Cavalcò senza una meta precisa,  fino al momento in cui si ritrovò all’interno di una fitta radura, troppo fitta per essere attraversata a cavallo, quindi dopo esserne disceso legò Brego al fusto di un albero, voleva esplorare quel magnifico posto con il pensiero che magari vi avrebbe trovato qualche utile erba medica.
Così fu infatti, il suo istinto da ramingo non falliva mai…. Si accucciò davanti ad un cespuglietto di Foglia di Re, estrasse un piccolo pugnale dallo stivale e fece per tagliarne gli steli, quando avvertì qualcosa di freddo sul collo e sulla gola.

<< Cosa vedo… un ramingo colto alla sprovvista… >>
non si mosse consapevole che sarebbe bastato appena un piccolo movimento per essere ferito, percepiva distintamente la presenza dietro di sé... Non poteva essere un uomo, lo avrebbe sicuramente sentito arrivare... Un ramingo? No, i raminghi non attaccano i propri compagni... All'improvviso tutto gli fu chiaro; non poteva essere altro che una creatura eterna quelle che ora gli stava puntando la spada alla gola

<<  Cosa ci fa un ramingo nelle Terre di Re Thranduil, sovrano di Bosco Atro?  >>

<<  Bosco Atro? >>  si chiese il giovane tra sé e sé << Devo essermi spinto fino a qui senza nemmeno rendermene conto... Questo spiega la natura del mio aggressore >> pensò ancora

<< Una domanda più appropriata sarebbe: perché minacci un povero ramingo che sta solamente raccogliendo dell'Athelas? >>

<< Mortale non ti conviene scherzare con me..  >> l'uomo sentì la lama allontanarsi lentamente dalla sua carne
<< Sei in una terra che non ti appartiene, terra che io ho il dovere di proteggere, anche a costo della mia stessa vita >> il misterioso assalitore ripose la lama cosicché il ramingo potesse alzarsi e guardarlo faccia a faccia.

Si, non aveva sbagliato, poiché di una creatura immortale si trattava.
Era più alto di lui,  e indossava quella che doveva essere la divisa dei guardiani di quei boschi. Lo guardò con attenzione e si accorse che in realtà appariva differente dagli altri Elfi che conosceva…. Portava i lunghi capelli biondi e ondulati sciolti sulle spalle, giù fino alla vita, tranne due piccole ciocche raccolte dietro la testa.  Teneva la camicia un po’ aperta sul petto e  i suoi occhi chiari scrutavano indagatori il corpo del ramingo, come a volervi scorgere qualcosa di pericoloso, ma effettivamente in lui non vi era nulla di malvagio. L’uomo dovette ammettere che era incredibilmente affascinante.

<<  Se ti aspetti che io creda che sei qui solo per raccogliere erbe mediche ti sbagli. >> Asserì il guardiano portando le mani sui fianchi e continuando a fissare il giovane uomo.

<< Non mi pare di aver detto questo.  >> Rispose prontamente.

<< Quindi ti consiglio di dirmi subito cosa cerchi e da dove vieni. >> Disse il guardiano avvicinandosi così tanto a lui da potergli parlare all’orecchio, provocandogli un fremito.

<< Cosa ti fa pensare che io voglia seguire i tuoi consigli? E poi non mi pare di aver neanche mai detto di essere in cerca di qualcosa….. o qualcuno. >> Il ramingo si sentì colto in fallo  così come un bimbo che viene scoperto a combinare marachelle.

<< Me lo hai appena confermato tu stesso. >> Sorrise, il guardiano ancora senza nome per poi proseguire << dimmi il tuo nome, stolto mortale. Devo portarti a palazzo dal Mio signore. >>

<< Te lo dirò, ma non prima che tu mi abbia rivelato il tuo, guardiano. >>  Il guardiano si incamminò nella radura senza rispondere.

<< Ed ora seguimi, almeno che tu non voglia costringermi a legarti!! >>  disse poi, ma senza voltarsi. L’uomo non oppose resistenza e iniziò a seguirlo, consapevole che nessun’Elfo gli avrebbe mai fatto del male.

<< Lanthir è il mio nome. >> Disse quello, quando fu certo di averlo alle spalle, in modo da poter essere udito.

<< Aragorn >>  rispose seguendolo, notò il ricamo di una foglia molto simile a quella che la misteriosa creatura, incontrata la notte precedente, portava al collo...

<< Verdefoglia >> pensò allora e l'immagine del bellissimo immortale tornò a farsi prepotentemente strada nella sua mente...

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Quando la Leggenda diventa realtà ***


 

 

Arrivarono a palazzo dopo una mezz’ora di cammino. Il ramingo spalancò gli occhi vedendo la maestosità delle costruzioni elfiche, molto diverse da quelle che era stato abituato a vedere ad Imladris. Dopo essere stati debitamente annunciati da un paggio, fu condotto dal guardiano all’interno di un’enorme sala tutta decorata con iscrizioni in lingua elfica ed intricati arabeschi. Quello che doveva essere il Sovrano, li accolse senza troppi preamboli sedendo al suo trono.

 

<<  Mio Signore, ho trovato questo ramingo solitario che si aggirava per i boschi. Il suo nome è Aragorn, e non ha opposto resistenza.  >> Riferì Lanthir, facendo un piccolo inchino.

 

<<  Svolgi sempre un ottimo lavoro, Lanthir. Ben fatto. Aragorn? Non mi è nuovo questo nome.  >> Disse il Sovrano, alzandosi dal seggio e facendo qualche passo verso di loro.

 

<<  Dunque che cosa ti porta a varcare i confini dei miei boschi, ramingo?  >> Chiese poi fermandosi al centro della sala.

 

Aragorn notò subito una strana somiglianza con Verdefoglia, aveva gli stessi capelli solo acconciati in modo diverso, gli stessi occhi profondi, di un blu intenso come il mare… Chi era dunque? Cosa nascondeva?

 

<<  Padre…  >> Una voce lo riportò alla realtà e lo fece voltare di scatto come d’altronde tutti i presenti. D'improvviso si ritrovò a fissare negl'occhi l’Elfo che non aveva mai smesso di occupare la sua mente. Lo guardò sconvolto. Entrambi immobili, incapaci di proferir parola.

Lanthir comprese subito che qualcosa non andava, dovevano essersi già incontrati, e che con ogni probabilità era lui il motivo della profonda angustia che aveva potuto leggere negli occhi del mortale; quel qualcuno che andava disperatamente cercando.

 

<<  Io… non importa.  >> Disse questi. Si bloccò sulla soglia continuando a fissare imperterrito lo straniero, chiuse la porta,  fece un lungo respiro e si avviò raggiungendo il padre visibilmente nervoso richiudendosi la porta alle spalle. Il sovrano, alzò un sopracciglio, non capendo la reazione del figlio ne tanto meno quella dello sconosciuto ramingo quando i loro occhi si erano incontrati. Aragorn mosse un passo d’istinto, ma si bloccò subito riportando lo sguardo su quello che aveva compreso essere il padre di Verdefoglia.

 

<< Cosa succede? >> chiese affiancando il genitore

 

<< Ho trovato questo Mortale che si aggirava senza permesso nelle nostre Terre, mio principe >> fu Lanthir a rispondere con un sorrisino sornione che gli illuminò il viso alle ultime due parole

sgranò gli occhi, possibile che fosse riuscito a seguirlo? No, era un'ipotesi altamente improbabile....

 

<< Padre... >> disse quasi sussurrando, guardando l'Uomo

 

<< Avrei urgenza di parlarvi >>

 

<< Cosa ti angustia, Legolas, figlio mio? >> chiese subito il Re con tono apprensivo. In quel momento la bocca dell'uomo si incurvò in un piccolo ma dolce sorriso, quando quel nome giunse alle sue orecchie come la più dolce delle melodie.

 

<< È una questione urgente e... della massima importanza. >> ribadì il principe continuando a fissare l'uomo davanti a lui.

 

<< E non può attendere qualche minuto? >> Sussurrò il sovrano con amore verso il figlio

 

<< Temo di no, Ada >>

 

Sire Thranduil fece cenno con il capo al suo capitano dei guardiani di lasciare la stanza assieme al ramingo così da poter parlare in privato con lui.

Prima di chiudere la porta, Lanthir lanciò una fugace occhiata al suo principe, che racchiudeva un misto tra stupore e divertimento, facendogli intuire che la sapeva lunga.

 

<< Cammina, ramingo >> disse poi all'orecchio del giovane, con una cadenza fin troppo sensuale da usare con un estraneo. Sentendo il suo respiro caldo nell'orecchio e sul collo il mortale ebbe un brivido che non sfuggì al guardiano, che sorrise della reazione che ne era sortita.

Non appena furono soli, il Sovrano sedette sul nobile scranno e attese che il principe iniziasse a parlare...

 

<< Quell'Uomo... L'Uomo che Lanthir ha condotto al tuo cospetto >> si fermò non trovando le parole adatte

 

<<  Coraggio figlio mio... Avanti, se hai qualcosa da dirmi su quel mortale parla... Lo sai che con me puoi parlare liberamente…  >>

 

<< Il fatto è che non so come la prenderai... >>

 

<< Beh, non ti resta che dirmelo per scoprirlo figliolo >>

 

<< Come la prenderesti se ti dicessi che quella che noi consideravamo una leggenda è divenuta realtà? >>

 

<< Non comprendo, Legolas >> il Re assunse un espressione corrucciata in volto.

 

<< Ecco, costui asserisce di essere l'erede di Isildur. Aragorn, figlio di Arathorn. >> disse il principe, titubante.

 

<< Non può essere... >> Il sovrano sgranò gli occhi a quelle affermazioni. Stentava a crederci ma sapeva che il figlio non gli avrebbe mai mentito, tantomeno su qualcosa di tale portata.

 

<< Devo incontrare Celeborn. >> aggiunse poi iniziando a camminare avanti e indietro nel salone.

 

<< No padre!! Egli non vuole un tale peso. >> Disse prontamente l'Elfo più giovane in difesa del ra qmingo.

 

<< Sire Celeborn e Dama Galadriel vorranno sapere non credi anche tu, figlio mio? Se quanto mi dici è vero sai cosa significa? Che la leggenda si è risvegliata!! >>

 

<< Dubiti forse di me, Ada? >> chiese Legolas riferendosi alle parole del padre.

 

<< No, certo che no figliolo. Ma credo tu comprenda l'importanza della cosa. E necessario che io veda i Signori della Luce. Sarai d'acvordo con me che una faccenda di tali proporzioni non può essere ignorata. >> Lo guardò con sguardo grave.

 

<< Si, padre. Chiedo perdono. >>

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cambiamenti ***


Capitolo 4
 
Cambiamenti
 
Da quando Lanthir lo aveva lasciato solo per andare a svolgere i propri compiti, era rimasto seduto su quel gradino del porticato... Erano trascorse delle ore ormai ma né il bellissimo principe né il sovrano di Bosco Atro erano ancora usciti dalla sala del trono.                                                                                                                        Si era sfilato l'anello di Barahir ed ora lo rigirava fra le dita, ripensando all'istante in cui il tempo parve fermarsi, al momento in cui la meravigliosa creatura eterna aveva fatto il suo ingesso nella stanza e a come si fossero guardati... Subito si erano riconosciuti, non solo nell’apparenza ma anche nell’anima, nel profodo.
 
 << Legolas >> un sospiro.  Finalmente un nome.                                                                                                                                            Cosa poteva essere così urgente? Cosa doveva riferire Legolas a suo padre ti talmente importante da indurre il sovrano a farli allontanare dalla sala del trono?
All'improvviso il gioiello gli scivolò via dalla mano finendo a terra... Un lampo gli attraversò la mente
Ma certo! Non poteva che trattarsi di quello... Legolas doveva di certo aver riferito al genitore la sua vera identità. Si prese la testa fra le mani a quel pensiero... Da quando aveva raggiunto l'età in cui si diventa uomini era stato posto sulle sue spalle, da colui che considerava un padre, il peso, simboleggiato da quell'anello, di quella discendenza maledetta della debolezza e dall'ossessione del potere e di quel trono che non voleva, che non desiderava con tutte le sue forze. Maledì il momento in cui aveva rivelato all’Elfo la sua vera identità. Ma perché si era esposto tanto con quello che doveva essere uno sconosciuto? Non seppe spiegarselo.
 
La porta si aprì, ed un impercettibile rumore di passi risuonò per tutto il portico, era il principe che a grandi falcate si allontanava mentre degli altri Elfi, probabilmente i consiglieri del re, si appropinquavano ad entrare, l'espressione sul suo volto era strana, le labbra tirate in un quello che poteva sembrare un broncio e negl'occhi un velo di tristezza, lo sorpassò senza nemmeno notarlo. Quasi senza rendersene conto Aragorn allungò una mano per afferrarlo, Legolas percepì un movimento alle sue spalle e si voltò trovando l'Uomo seduto con il braccio allungato verso di lui.
 
<< Aragorn >>  Quasi non si accorse di aver pronunciato il suo nome. Sì fermò incapace di continuare, ancora una volta completamente prigioniero di quello sguardo che fin da subito aveva sentito su di se come una carezza…. Una dolce e calda carezza. A lui spettava il compito di informarlo delle decisioni del padre ma non sapeva come farlo.
 
 
<< Sei un principe. Avevo visto bene. Perché non me l’ hai detto subito? >>
 Chiese il ramingo, posando la mano destra sul marmo accanto a se, in un chiaro invito ad occuparlo.
 
<< Anche tu lo sei. >>
Rispose semplicemente il principe, volutamente ignorando la sua domanda. Si chinò a raccogliere l’anello da terra.
 
<< No, non lo sono. Non lo sarò mai. Sono solo un ramingo solitario. >> Mentre diceva queste parole, con la mano sinistra scostò una ciocca di capelli biondi dal bellissimo viso del principe, gesto completamente in contrasto con il freddo scambio di battute che stavano tenendo.
A quel gesto, Legolas s’irrigidì, decisamente quel mortale osava troppo, pensò. Ma tutto il suo corpo iniziava a tremare ogni qualvolta le mani dell’Uomo si avvicinavano a lui….
 
 
 
<< Domani verrai a Lothlòrien con me e mio padre, per incontrare i Signori della Luce. >>
Disse ad un tratto tutto ad un fiato, quasi a voler nascondere le reazioni del suo corpo a quel semplice gesto. Si alzò dandogli le spalle e si poggiò con una spalla alla colonna di marmo del porticato nel quale si trovavano
 
<< Perché? Sono vostro prigioniero? >>
Chiese Aragorn, alzandosi a sa volta e raggiungendo il biondo principe alle spalle. Si avvicinò così tanto da poter percepire il suo profumo, e quei capelli, avrebbe voluto toccarli, avrebbe voluto toccarlo. Ad ogni parola, l’Elfo poteva percepire il suo respiro.
Come se il suo corpo non agisse più per conto della sua mente, totalmente inebriato da quella miriade di sensazioni, alzò una mano e lentamente la posò sul suo fianco in un tocco quasi impercettibile, tanto era delicato.
 
<< No. >> Disse il principe con voce un po’ più alta appena percepì il suo tocco, e si voltò di scatto verso di lui bloccandosi quando si rese conto della distanza quasi inesistente alla quale si trovavano. Aragorn non capì se quel “no” fosse riferito alla sua domanda o al gesto che aveva compiuto. Ma non gli importava….  Fissò quelle labbra piene, avrebbe voluto baciarle, avrebbe voluto…
Un colpo di tosse li fece sobbalzare entrambi. Si ridestarono da quel dolce tepore in cui erano caduti.
 
<< Ada >> disse il principe
 
Aragorn sentendo quella parola si voltò subito
 
<< Mio signore >> un lieve inchino col capo
 
<< No, non sei nostro prigioniero >> rispose Thranduil che aveva ascoltato l'ultima parte della conversazione
 
<< Lungi da me far prigioniero l'erede al trono del più grande regno degli Uomini, colui al quale un giorno dovremo tutti la salvezza della Terra di Mezzo >> Disse il sovrano, un poco basito dalla vicinanza tra i due, e di come il figlio avesse tentato di allontanarlo al suo arrivo.
 
<< Verrai con noi a Lorien, Aragorn, non temere ciò che non puoi impedire. Sarai ciò che sei nato per essere. E mio figlio ti sarà d'aiuto. >>
Asserì il sovrano, facendo un piccolo sorriso.
 
 
 
 
 
A quelle parole il principe spalancò gli occhi, ma non aggiunse nulla, non poteva contraddire suo padre, perché il Sovrano aveva già detto tutto ciò che doveva esser detto.
 
<< Mio Signore.. Io... >> il ramingo non trovò le parole per proseguire e abbassò il capo.
 
Avrebbe tanto voluto gridare, urlare al mondo che lui era solamente un Uomo, che lui non era il discendente di Isindur, l'ultimo dei Numenor, colui nel quale scorreva il sangue degli antichi Re! Avrebbe voluto gridare
 
<< Io sono Grampasso. Grampasso e nessun altro! >>
 
Il sovrano capì i suoi pensieri
 
<< Aragorn vieni con me >> disse incamminandosi, facendo cenno al figlio di non seguirli
 
<< Lo so cosa stai provando >> riprese Thranduil una volta allontanatisi
 
<< So che hai paura, ti sembra che sia un'impresa troppo ardua da affrontare e che temi di non farcela. Anche io ero spaventato quando mio padre a suo tempo decise che era arrivato il momento che prendessi il suo posto, avrei voluto tanto salire in groppa al mio destriero e sparire >>
 il giovane lo guardò sgranando gli occhi sentendo un'affermazione del genere
 
<< Non fare quella faccia >> lo rimproverò scherzosamente
 
<< Il punto è che non siamo noi a scegliere il nostro destino e quando siamo destinati a ruoli importanti come essere sovrani bisogna mettere da parte i propri desideri e pensare al meglio per le altre persone >>
 il ramingo restò per lunghi momenti in silenzio, le parole della creatura immortale lo avevano scosso profondamente
 
<< Verrò con voi >> disse infine.
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Lungo la via del grande fiume ***


Capitolo 5
 

                               Lungo la via del Grande Fiume
 

Cavalcavano dalle prime luci dell’alba. Man mano che si avvicinavano al Bosco d’Oro, il ramingo sentiva crescere dentro di se il timore di riavvicinarsi tanto a quelle terre che significavano per lui il dover accettare quel destino dal quale era fuggito. Non lo aveva detto a nessuno pur sentendo di potersi fidare del Sovrano del Reame Boscoso. Egli cavalcava davanti affiancato dal capitano dei guardiani e il principe stava accanto a lui, dietro al padre. Per tutto il viaggio non si erano scambiati nemmeno una parola, ma continuava a pensare a quando l’aveva sentito così vicino, ai suoi occhi che lo avevano guardato senza timore alcuno, alle sue mani da guerriero, ma così morbide e delicate…
Si chiese fino a che punto avrebbe potuto spingersi se Thranduil non li avesse interrotti... Era; doveva essere in collera con lui!
Cosa c'entrava quell'Elfo con la sua storia? Come si era assurdo permesso di rivelare la sua vera identità? Eppure proprio non riusciva ad essere arrabbiato con la creatura immortale che cavalcava al suo fianco...

<< E’ quasi il tramonto, dobbiamo fermarci, Mio Signore. >> Esordì Lanthir rallentando l’andatura del cavallo
 
<<  Se proseguissimo con l'oscurità diventeremmo un facile bersaglio... Gli orchetti non si lascerebbero certo sfuggire l'occasione di attaccare le Maestà di Bosco Atro >>
 
<< Hai ragione Lanthir, come sempre... e poi i cavalli sono stanchi. >>
 rispose il Sovrano
 
<< Non c'è alcuna ragione di affrettarci  >> continuò guardando per un secondo il ramingo negl'occhi.
 
<< Presto giungeremo dei pressi del Bosco D’Oro ove saremo al sicuro, i guardiani di Lorièn, attendono il nostro arrivo. >>
 
<< Possiamo accamparci qui, lungo il fiume, così i cavalli possono abbeverarsi. >> Aggiunse il principe, rallentando fino quasi a fermarsi.
 
<< Andrò a dare un’occhiata in giro. >>
Lanthir scese per primo, legò il cavallo ad un albero poco distante e iniziò a perlustrare la zona che sembrava tranquilla e priva di pericoli.
 
Si accamparono riparati da una piccola ma fitta schiera di cespugli, che li nascondeva da eventuali occhi indiscreti. L’acqua del fiume era così limpida quella sera, che il principe non resistette all’impulso di andare a fare un bagno… Si allontanò dal punto in cui suo padre stava riposando alla maniera degli Elfi dove avevano acceso un fuoco, e Aragorn fissava pensieroso le fiammelle scoppiettanti che illuminavano la sera.
 
<< Vado qui vicino. >> Disse Legolas alzandosi e lanciando un profondo sguardo al ramingo di fronte a lui.
 
<< Fate attenzione principe. >> La voce di Lanthir, sempre piena di premura verso i propri Signori.
Il principe non rispose, si limitò a guardarlo con dolcezza e a fare un piccolo sorriso, cosa che non sfuggì al ramingo che si sentì pervadere da uno strano senso di rabbia.

Sembrava avere un rapporto molto confidenziale con il guardiano, e non seppe spiegarsi il motivo di quelle fastidiose sensazioni.

Seguì con lo sguardo ogni movimento flessuoso compiuto dal suo corpo allontanandosi.
 
Aspettò pazientemente finché non vide nuovamente la figura del principe stagliarsi nell'oscurità a dirigersi verso gli alberi, gettò uno sguardo verso il guardiano, teneva gli occhi chiusi. Ma lui non poteva di certo sapere che egli non stava dormendo.
 
 Decise di raggiungere la creatura immortale così, attento a non fare rumore, superò Lanthir ma non appena credette di averla fatta franca sentì lo sguardo di quest'ultimo su di sé.
 
<< Vado a fare quattro passi, per schiarirmi le idee >> tentò di giustificarsi l'Uomo guardandosi gli stivali, la creatura eterna alzò un sopracciglio.
 
<< Tranquillo non tenterò di fuggire >> disse di nuovo, alzando lo sguardo e seguendo la strada intrapresa dal principe
 
<< Oh... Questa è un'eventualità che proprio non prenderei in considerazione >> sussurrò ridendo, girandosi, non appena il ramingo si allontanò, verso il bosco in cui si erano inoltrati.
 
 
Non ci volle molto affinché l'Uomo raggiungesse il punto in cui l'Elfo si era fermato e per poco il fiato non gli venne a mancare. La creatura immortale se ne stava distesa con i gomiti poggiati a terra, fissando le stelle, con la luce della luna che faceva splendere di un alone etereo il suo corpo, i capelli ancora umidi, rilucevano come fili d'argento.

Non riusciva a mettere insieme dei pensieri concreti e si stava chiedendo perché avesse sentito l'impellente desiderio di raggiungerlo; fortunatamente la voce dell'Elfo ruppe il silenzio
 
<< Speravo che mi raggiungessi >> disse rialzandosi per mettersi seduto, il ramingo restò basito, possibile che Legolas lo stesse veramente aspettando?
 
<< Davvero? >> chiese con un filo di voce
 
<< Desidero scusarmi per il comportamento che ho tenuto durante il tuo incontro con mio padre... Non avevo alcun diritto di rivelargli il tuo lignaggio. Se ti sei presentato a lui come ramingo, ci sarà stato un motivo... Mi dispiace. >> così dicendo, Legolas si alzò dalla sua postazione e si avvicinò alla riva del fiume con una disinvoltura incredibile, iniziando a parlare.
 
Teneva una mano su un fianco, e con l’altra accarezzava il lembo della leggera tunica azzurrina che indossava.
 
Per un momento, il ramingo non comprese il suo gesto, s allontanava quando lui avrebbe tanto desiderato sentirlo vicino come il giorno precedente, quando il Sovrano li aveva interrotti; stava per chiedergli il motivo del suo comportamento, ma appena vide  la creatura eterna lasciarsi scivolare i capelli su una spalla, sentì la gola secca, incapace di parlare o di compiere un qualsivoglia movimento….
 
<< No, io…. Io.. non.. >> Farfugliò, le parole non giungevano alle labbra nell’ammirare il bellissimo principe che risplendeva alla luce della luna piena mettendo in risalto il suo bel viso angelico.
 
<< All’inizio ti ho sentito come una minaccia. Poi quando mi hai rivelato la tua identità non ti ho più considerato tale. Mi incuriosisci, Aragorn >> disse l’Elfo senza però voltarsi verso di lui, ma il ramingo potè ugualmente intravedere un piccolo sorriso sul suo volto, prima che si coricasse sul sottile strato di erba morbida appena accennata, in quel punto.
 
Quella sera di primavera, la luna nel cielo sorrideva felice, nell’illuminare il cammino che entrambi, stavano iniziando, senza saperlo.
 
<< Non ti devi scusare. Sono io che fuggo da me stesso >> Rispose l’uomo alzandosi, non resistendo più all’istinto di avvicinarsi a lui. Gli si sedette accanto, ignorando il prepotente calore che sentiva.
 
Come percepì la sua presenza al suo fianco, Legolas voltò il viso verso di lui ammirandone i tratti mortali e ben definiti e non potè fare a meno di notare quanto fosse bello.. aveva veduto molti mortali in vita sua, ma quello era diverso, misterioso, e affascinante tanto quanto un appartenente al suo popolo.
 
<< Non dovrai più fuggire adesso…. Estel. >>  L’Elfo non capì perché aveva usato quel termine per chamarlo. Gli era semplicemente affiorato alle labbra, un pensiero inespresso.. fino a quell’istante.

L’istante in cui aveva incontrato di nuovo i suoi occhi come il giorno prima sotto al porticato, e ora fissava un’Aragorn basito, senza parole.
 

La mano di Legolas era sulla sua, e nessuno dei due sembrava essersene accorto.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Lothlorien ***


 

Capitolo 6

 

Lothlorien

 

La luce di Anor riscaldava il suo volto, donandogli una sensazione di dolce tepore come in un sogno. Sentiva la morbidezza del manto erboso sotto di se, e voltandosi su di un fianco, prese ad accarezzarla con la mano sinistra.

Gli ricordava il calore di sua madre, quando era bambino, e lo svegliava con quel sorriso radioso sul volto…. Poi il buio. Lei lo aveva lasciato ad Imladris e li era stato cresciuto da Sire Elrond, come uno dei suoi figli. Ma poi il peso della sua discendenza gli era piombato addosso e lui era semplicemente fuggito.

 Con la mano tasto nell’erba, alla ricerca di ciò che aveva tenuto stretto tutta la notte, ma non vi trovò altro che la verde distesa del prato.

Percepì un leggerissimo fruscio avvicinarsi, ma non vi diede peso, pensando fosse la brezza mattutina che scompigliava il manto erboso che lo circondava. Poi uno strano ma dolcissimo profumo invase l’aria e lo inspirò a pieni polmoni, qualcosa di molto familiare.. il cinguettio degli uccelli non gli permise di udire dei passi veloci che si avvicinavano alla sua figura dormiente. Poi un lieve solletico sulla guancia sinistra gli fece aprire di poco le palpebre, e potè così notare alcune ciocche di lunghissimi capelli biondi ed ondulati che scendevano fino al suo braccio, segno che qualcuno si era inginocchiato dietro di lui.

<< Sveglia, ramingo… I Signori di Lorien ti attendono. >> quella voce calda e soave che gli aveva sussurrato all’orecchio gli fece venire un forte brivido in tutto il corpo, ma non si mosse, ancora mezzo addormentato, e fu allora che percepì le lunghe dita sottili del guardiano di Bosco Atro scostare una ciocca di capelli dal suo viso.

Proseguì poi sul suo collo, con una lenta e lasciva carezza che arrivò fino al petto, tra i lembi della tunica che indossava.

 Nel frattempo continuava a sussurrargli all’orecchio parole in elfico.

 
<< Lanthir! Dobbiamo andare adesso!! >> La voce di un alquanto irritato principe fece destare del tutto il ramingo che si sollevò da terra in velocità.

Il guardiano, dopo essersi rialzato, superò Legolas con un breve inchino del capo.

Dopo aver lanciato un’occhiata fulminante, egli seguì Lanthir, lasciando Aragorn frastornato.

 

 
Percorsero una breve distanza da quel punto, fino ad essere circondati dai mallon del Bosco d’Oro, ove l’aria era profumata e leggera e il sole filtrava fioco tra le fronde dei grossi alberi.

Fu il capitano dei Galadhrim ad accoglierli, Haldir di Lorien.

Dopo aver salutato il Sovrano ed il principe portando la mano destra sul cuore, come di loro usanza, ed aver osservato Lanthir di sottecchi come suo solito, con una smorfia austera disse

 << I Signori della Luce vi attendono. >>

Assieme ad un piccolo gruppo di guardiani, li condusse al cuore del Reame Elfico in terra.

Su due sedie, sormontate da un baldacchino di rami viventi, sedevano fianco a fianco Celeborn e Galadriel. Si alzarono ad accogliere gli ospiti, secondo l'usanza degli Elfi. Erano molto alti, e la statura della Dama pari a quella del Signore; i loro volti erano gravi e belli. Le vesti bianche, e i capelli della Dama di un oro intenso,  quelli del Sire Celeborn d'argento. lunghi e lucenti, nessuna traccia d'età. salvo forse la profondità dei loro occhi, penetranti come lance, eppur impenetrabili, abissi di arcaici ricordi.

<<  Mae govannen Thranduil >> il Lord accolse il Signore di Bosco Atro

<< Mae govannen Legolas Thranduilion >> mentre Dama Galadriel, con uno sguardo infinitamente dolce, diede il benvenuto al giovane principe.

Legolas ed il padre chinarono il capo in segno di rispetto, l'Elfo più giovane si scostò non appena vide la Signora del Bosco d'Oro avanzare verso di lui, o meglio verso chi stava in piedi appena dietro di lui.

<< A Aragorn in Dúnedain istannen le ammen. Saesa omentien lle >> disse rivolta al ramingo, mentre con l'indice sollevava delicatamente il mento dell'Uomo per poter osservare il suo volto e questi restò ammaliato da tanta bellezza e dolcezza.

<< Non ti devi preoccupare figlio di Anathor. Qui sei al sicuro... Non dovrai temere nulla, nemmeno te stesso, i tuoi avi ed il tuo futuro. Non più >> Un dolce sorriso illuminò il volto della Signora.

<< Mia Signora. >> Esordì il ramingo, chinando il capo per reverenza.

<< Un’ ombra si scuote ad Est. Il nemico si sta risvegliando ma non abbiamo da temere >> disse il Lord raggiungendo la Bianca Dama.

<< Non ora che la Speranza è tra noi >> concluse la Signora, lanciando uno sguardo verso il principe per poi concedere un altro dolcissimo sorriso al ramingo.

<< Cosa devo fare? >> Chiese Aragorn, incrociando lo sguardo del Sire di Lothlorien, portandosi una mano sulla fronte.

<< Accettare quel destino dal quale stai fuggendo da troppo tempo. Molte cose dipendono da te, il destino di molti è nelle tue mani... La salvezza della Terra di Mezzo... di coloro che ami >> istintivamente l'Uomo andò a cercare gli occhi di Legolas, quasi senza comprenderne il motivo.

 << Mio Signore >> sospirò il giovane, sentendosi quasi in colpa per le parole che stava per pronunciare << Non è facile... Io sono l’erede di Isildur. Lo stesso sangue scorre nelle mie vene, la stessa debolezza... >>

<< Ma tu non sei Isindur! Il tuo momento arriverà. Affronterai lo stesso maligno. E tu lo sconfiggerai. >> il ramingo si voltò verso il principe di Bosco atro che era corso verso di lui affiancandolo, ed ora, fiero, sosteneva il suo sguardo, aveva agito d'impulso, quelle parole gli erano uscite così naturali... 

Credeva davvero nell'Uomo, fin dal primo momento in cui si era perso in quelle iridi color ghiaccio, aveva percepito in lui la purezza e la forza degli Antichi Re.

<< Sono veritiere le tue parole, principe Legolas. So che potresti aiutarlo a percorrere questa irta via! >> Constatò la Signora, con la massima dolcezza di cui era capace, ma d'altronde…. Lei aveva capito.

“ Puro è il tuo cuore, come i sentimenti in esso appena nati. Non temere l’amore, quando esso è già vivido in te “ Legolas sentì queste frasi nella sua testa, e non potè fare a meno di abbassare lo sguardo, dal viso della Dama di Lorien, che gliele aveva sussurrate.

<< Lo farò. Se con la mia vita o la mia morte potrò proteggerti, io lo farò. Hai il mio arco, principe Aragorn. >> Disse poi, lanciando uno dei suoi più meravigliosi sguardi cristallini al ramingo.

<< Dunque è deciso, mio figlio si occuperà della tua istruzione. >> Concluse Sire Thranduil, che per tutto il tempo era rimasto in silenzio.

<< E la mia spada. >> La voce del guardiano del Reame Boscoso fece voltare tutti.

<< A quanto ne so sei molto abile nell’uso della spada, Lanthir. >> Esordì il Lord, mantenendo però quella serietà che lo caratterizzava.

<< Non per nulla, è il capitano dei miei guardiani, Celeborn. >> Rispose Thranduil sorridendo alla secolare austerità di quello.

<< Non è necessario, Lanthir ha altri compiti da svolgere, posso occuparmene io. >> Lo interruppe Legolas, alzando un poco la voce, mal celando l’improvvisa gelosia che lo aveva colto, ed ignorando deliberatamente le occhiatacce del padre, che non pote esimersi dal riprendere il figlio che stava mostrando ben poca cortesia

<< Sono sicuro che ti sarà d’aiuto, Legolas. >> incrociò le mani dietro la schiena

<< Seguimi, principe Legolas, voglio mostrarti una cosa. >>

<< Chiedo perdono, ada. >> Con questa frase, dopo aver chinato il capo, seguì la Dama di Lorien lungo il corridoio.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Incontri e scontri ***


Capitolo 7

 

Incontri e scontri

 

“ Non posso farcela “ pensava, con la testa tra le mani. Era li da un ora oramai, da quando Legolas se n’era andato con Lady Galadriel, seduto sul bordo della fontana di quel bellissimo giardino. Non avevano più avuto occasione di parlare, di sfiorarsi……

Continuava a pensare al suo sguardo, ed era convinto di averci letto dell’altro oltre che fiducia … poteva essere….  amore quello che quel blu immenso celava?

<< Ti è andata bene tutto sommato, mortale. >> Quella voce lo ridestò da quei pensieri, una voce che oramai stava imparando a riconoscere.

<< Vattene, Lanthir, lasciami solo per favore. >> Disse voltandosi lentamente, ma rimase senza parole nel vederlo.

La luce della luna rifletteva sulla sua pelle chiara, rendendola, se possibile, ancor più morbida all’apparenza… i lunghi capelli che ricadevano sul petto, raccolti distrattamente dietro la testa.

La tunica corta che indossava, lasciava intravedere le gambe muscolose fasciate dai pantaloni marroni, che finivano poi negli stivali.

Tutto questo non sfuggì al guardiano, ben consapevole dell’effetto che aveva sui mortali.

Lo raggiunse, e senza dargli il tempo di alzarsi, si chinò su di lui, posando le mani sulle sue cosce e parlandogli sulle labbra << Vedo che hai imparato il mio nome, credo che passeremo molto tempo insieme da ora in avanti, ramingo. >> per poi lasciare un leggero e lunghissimo bacio su di esse

<< Mai ho veduto una creatura più avventata di te, guardiano. >> Disse Aragorn, senza riuscire a staccarsi dalle sue labbra

<< E la cosa ti dispiace, Aragorn? >> A quelle parole, l’uomo si alzo bruscamente, afferrando le braccia del guardiano e spingendolo indietro, fino al tronco di un grosso albero dorato, e premendosi completamente contro il suo corpo.

<< Non giocare con me. >> La sua voce era bassissima, per via del desiderio che quell’Elfo era riuscito a scatenare in lui

<< Il tuo corpo mi desidera, non puoi negarlo…. Sei in mio potere, mortale. >> Il guardiano baciò di nuovo quelle labbra ardenti, quanto il desiderio che riuscivano a destare nel suo corpo immortale

 <><><>

Un impercettibile sospiro lasciò le labbra del principe

<< Cosa ti turba Legolas? Puoi parlarmene; lo sai che ti considero come un figlio >> lo rassicurò la Dama

<< Mia Signora... Vi ringrazio e vi assicuro che io nutro lo stesso affetto nei vostri confronti. Per me siete stata e siete tutt'ora come una madre. La mia mente è confusa... >>

<< Come ti ho già detto il tuo cuore è puro e non devi temere ciò che prova. Devi solo saperlo ascoltare >>

<< Io ascolto mia Signora ma non è così facile... E devo dar retta anche alla mia testa, alla mia posizione... >>

la Dama Bianca sorrise <>

le doleva il cuore vedere colui che considerava come un figlio, essere preda di una tale confusione

<< Potete darmi una mano? Il vostro specchio mostra il futuro... >> chiese Legolas speranzoso

<< Il mio specchio mostra tante cose figliolo... cose che furono, cose che sono ed altre che devono ancora verificarsi ma nulla è certo. La risposta alle tue domande la troverai solamente guardando dentro al tuo cuore >> detto ciò la Dama si alzò per tornare dai due Signori.

<><><>

 
<< Il mio corpo ti desidera… oppure è il tuo, che desidera me? >> Chiese il ramingo, spingendosi verso di lui tenendo le mani sui suoi fianchi, in modo da far aderire il bacino con il suo, così da poter percepire la forza impetuosa del suo desiderio.

Lanthir portò le mani sulle sue forti spalle, sussurrandogli all’orecchio << Entrambe le cose potrebbero rivelarsi… interessanti >> soffiò volutamente l’ultima parola, sfiorandolo con le labbra

Aragorn fu scossò da un brivido che lo fece tremare << Queste labbra… sanno solo parlare, dunque? >> Con uno scatto impercettibile all’orecchio umano, il guardiano estrasse il piccolo pugnale che l’uomo portava alla vita, e glielo puntò alla gola, ma senza premere sulla sua carne

<< Non sfidarmi, mortale, potresti pentirtene >> Fisso gli occhi chiari nei suoi, facendogli perdere ogni controllo

<< Dov’è che ho già visto questa scena?? Ah, già, il nostro primo incontro >> Gli fece eco il ramingo, divertito, rubandogli un altro bacio a fior di labbra

<< Dunque, è la seconda volta che ti colgo alla sprovvista, ramingo……… >> Con il pugnale, scese sul suo collo e poi giù fino al petto, tagliando i lacci che tenevano chiusa la sua camicia, fino all’addome, scoprendo poi con uno strattone il petto ampio e forte

 <><><>

Il principe si lasciò andare sulla soffice erba portandosi le mani dietro la nuca, tanti pensieri affossavano la  sua mente in quell'istante e le parole della Signora del Bosco d'Oro lo avevano reso ancora più insicuro; voleva solo distrarsi. 

Lasciò vagare il suo sguardo per il limpido cielo che si stagliava di fronte a lui... Il cielo di di un blu intenso... come i suoi occhi. 

Prepotentemente l'immagine del volto di Aragorn tornò a farsi largo tra i suoi pensieri.

<< Ma cosa mi succede? >> si chiese Legolas.

Aveva affermato il vero quando disse che pochi Uomini avevano osato avventurarsi fino ai confini del suo regno ma poteva essere amore quello che in realtà lui considerava solamente curiosità per una razza con la quale aveva  avuto pochissimi contatti?

Ripensò a quei pochi istanti che avevano condiviso da soli...

Sotto il portico... La sua mano posata in una dolce carezza sul suo fianco ed il fiato caldo che prima gli lambiva il collo e le labbra poi.

E la sera precedente, quando era rimasto abbagliato dalla bellezza del suo volto ed istintivamente le loro mani si erano cercate.

<><><>

 
Senza attendere oltre, l’Elfo lo prese per i lembi della camicia ora completamente aperta, tirandolo ancor più vicino a se, incrociando le braccia dietro al suo collo e incatenandolo in un bacio che di casto aveva ben poco.

Si era sentito subito attratto da quel mortale, così diverso da lui e dalla sua stirpe… l’uomo sentì la propria forza di volontà venir meno, e soffocò un gemito nella sua bocca quando egli prese a muoversi contro di lui. 

Senza preavviso portò le mani sulla sua schiena, fino ai glutei, che strinse con fare possessivo, strappando una risatina di compiacimento all’altro.

<< Fallo… so che vuoi farlo.. lo sento.. >> Quanto era provocante quell’Elfo dai lunghi capelli ondulati…. Non avrebbe mai pensato che un essere di luce avrebbe potuto tenere un comportamento tale. Fino a quel giorno. 

Così dicendo fece scivolare una mano tra le sue gambe, percorrendo di continuo l’addome, il petto, facendogli scivolare la stoffa dalle spalle e parlando tra un bacio e l’altro.

<< Ma chi sei tu… >> Oramai perduto, l’uomo scese con le labbra sul suo collo inspirando il suo profumo di fiori freschi, baciando quella pelle morbida... << Non riesco a smettere di toccarti, di baciarti.. Sei come ti avevo immaginato.. >>

<< Chi sono io? Sono il guardiano di Bosco Atro… dunque tu hai immaginato me, mortale? >> Rispose Lanthir, sottostando al suo attacco e facendogli credere momentaneamente di avere il controllo

<< Il principe di Bosco Atro… >> Sussurrò l’uomo, con voce quasi impercettibile, completamente perso in un’altra dimensione, in cui forse, non era il guardiano ad essere tra le sue braccia.

<< Che tra te ed il mio principe ci fosse qualcosa lo avevo capito già da tempo, ed ora tu me lo confermi. >>  A quelle parole, Aragorn si bloccò di colpo, immobile, quasi incosciente di ciò che stava facendo, o meglio… di ciò cui la sua mente e forse, il suo cuore, lo avevano portato ad immaginare

 

“ sei come ti avevo immaginato “ chiuse gli occhi;

“non riesco a smettere di toccarti, di baciarti” li riaprì di scatto.

L’immagine di Legolas, vivida nella sua mente

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1093909