Il mastino a tre teste di Hogwarts

di Maya98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro sul treno ***
Capitolo 2: *** L'unico in grado di mettere in difficoltà il Cappello Parlante ***
Capitolo 3: *** Simpatia insospettabile ***
Capitolo 4: *** L'inizio di una grande amicizia...e i primi casi ***
Capitolo 5: *** Di furti, fratelli e di gelosia - Parte 1 ***
Capitolo 6: *** Di furti, fratelli e di gelosia - Parte 2 ***



Capitolo 1
*** Incontro sul treno ***


Capitolo 1 - Incontro sul treno

P.O.V. Watson, ovviamente.

La mia prima Long

 

 

Era incredibilmente seccante dover trascinarsi per tutto il treno, l'affollatissimo treno, in cerca di uno stramaledettissimo scompartimento libero.

Ed era ancora più incredibilmente seccante essere del primo anno e quindi non sapere assolutamente niente di come doversi comportare sul treno in questione.

E ad aggravare tutto ciò era anche la seccatura di essere incredibilmente timido per poter solo anche azzardare a bussare alla porta di qualche scompartimento già occupato per chiedere:-Posso sedermi?-

Inoltre, mio cugino di secondo grado Stamford, del quinto anno, mi aveva mollato per andare nella carrozza dei prefetti: doveva ricevere le istruzioni subito dopo la nomina, diceva. Che imbecille, era solo una scusa per mollarmi e andare con la nuova prefetto di Grifondoro, Barbara Smiths. Era palese che ne fosse cotto, visto che aveva passato tutto il suo soggiorno a casa mia (ovvero tutta l'estate) a scrivere ridicole poesie che cercava di nascondere nei cassetti e che io trovavo comunque.

Camminai ancora un poco, trovando le porte degli scompartimenti chiusi. Ma dai, era davvero possibile che non ce ne fosse uno libero?

Dopo qualche secondo di respirazione profonda mi dissi mestamente qualcuno lo dovrà pur fare. Chiusi gli occhi, puntai la bacchetta (salice, unicorno, undici pollici e un quarto, piacevolmente flessibile, aveva detto Olivander, era leggermente inclinata e mi piaceva da morire anche se non ero ancora riuscito a produrre alcun incantesimo) a caso verso una delle porte degli scompartimenti. Feci altri due respiri profondi e aprii.

-Scusate...posso entr...?

Ma mi bloccai subito. Nello scompartimento non c'era assolutamente nessuno.

Cioè...nessuno nessuno. Vuoto. Niente, nada, rien. I sedili erano vuoti, non c'era alcuna persona in quello scompartimento.

Eppure avrei giurato che fossero tutti occupati. Le porte chiuse, il baccano...Che strano colpo di fortuna.

Mi sedetti sul posto vicino al finestrino, con aria sollevata. Tirai fuori dalla tasca della giacca "I delitti della Rue Morgue" versione tascabile e lo aprii alla pagina dove ero rimasto. Avevo da poco iniziato la lettura quando Il mio stomaco brontolò. Chissà, Stamford aveva detto che sarebbe passata una strega paffutella che spingeva un carrello pieno di dolciumi e leccornie, ma tra quanto tempo...?

-Oh, se è per questo è ovvio che arriverà tra due minuti e diciotto secondi. E' tre scompartimenti indietro questo.-disse una voce.

Sobbalzai violentemente, il libro finì dalle mie ginocchia al pavimento. Mi alzai di scatto e feci ruotare la testa tre volte intorno a me. Ma non c'era ancora nessuno. E allora da dove diamine veniva quella voce?

-Dalla tua sinistra, è ovvio.

Sobbalzai nuovamente e mi voltai come una saetta verso sinistra, ma i miei occhi intravidero solo la porta dello scompartimento. Mi misi una mano sulla testa e la massaggiai piano: avevo delle allucinazioni? Sentivo delle voci strane? Non è che magari avevo sbattuto la testa? Lì non c’era nessuno. Nessuno. Cercai di convincermi.

-Non essere sciocco, non ti stai immaginando niente. E la tua testa è perfettamente sana.

Spalancai gli occhi, terrorizzato, e ripresi a massaggiarmi con più insistenza il capo. Magari mamma aveva messo qualcosa di strano nella colazione...

-Per l'amor di dio! Sono reale, come devo fartelo capire? Finitus!

E poco a poco davanti a me comparve la figura di un ragazzo. Doveva avere la mia età, anche se era piuttosto alto, i capelli neri e gli occhi grigio scuro. Indossava già la divisa di Hogwarts ed era comodamente spaparanzato sul sedile accanto al mio, sorriso canzonatorio sul volto e aria annoiata.

-Ora sei contento?-chiese.

Sbattei un poco le palpebre per accertarmene, ma la visione non accennò a svanire. Possibile che...?

-Era solo un incantesimo di Disillusione, per dio! Mi sembri esageratamente scioccato.

-Non...non..è quello.-borbottai, imbarazzato, distogliendo lo sguardo:-E' che...che hai risposto ai miei pensieri. Cosa sei, un Legilimens?

-Ma certo che no.-ribatté:-Ma era terribilmente semplice capire cosa stavi pensando, ogni espressione che ti si dipinge sul volto parla chiarissimo. Nato babbano, giusto?

-Si.-confermai, dopo aver ritrovato la voce.

-Ma con una certa competenza in materia di magia.-continuò:-Probabilmente a causa di un parente. O un fratello maggiore e un cugino, dagli occhi azzarderei il nuovo prefetto di Grifondoro.-concluse.

-Co..cosa!?..tu come...come fai a sapere tutte queste cose?-esclamai, sbalordito.

-Oh, bé, è elementare. Quegli abiti sono babbani e non molti purosangue sanno vestirsi in modo coerente, però hai dato chiari segni di conoscenza magica citando i Legilimens. Quindi devi essere sicuramente accuratamente informato grazie ad un parente prossimo che è andato ad Hogwarts prima di te. O un fratello o un cugino, ma vedendo le tue iridi azzurro chiaro mi è venuto chiaramente in mente Micheal Stamford, che - se le mie fonti sono esatte - è recentemente diventato il prefetto dei Grifondoro.

-Stupefacente!-mi lasciai sfuggire, riflettendo sull’assurda conversazione che stavo facendo con un ragazzo appena ritornato visibile.

-Facile.-si schernì lui, sorridendo. Quello era il primo sorriso che gli avevo visto fare da quando era comparso:-Quando applichi la deduzione analitica per undici anni hai parecchia esperienza.

-Undici anni?-esclamai, sbalordito:-Hai solo undici anni?
-Undici anni spesi bene.replicò.
-E sai fare un incantesimo di Disillusione?

-Si.-disse, improvvisamente imbarazzato. Oh, non pensavi che un tipo così avrebbe potuto essere imbarazzato:-Nella mia famiglia sono tutti maghi, sguazzo nella magia da quando ero in fasce.

-Beato te.-dissi, terribilmente invidioso:-E sei de primo anno...-continuai il ragionamento, gli occhi socchiusi per non perdere il filo e mantenere la concentrazione. Stamford diceva che così sembravo ancora più stupido.

-Ovviamente.

Mi ero riseduto, questa volta di fronte a lui, e avevo raccolto il libro da terra. Lui aveva allungato le chilometriche gambe sui sedili accanto al suo.

-E in che casa vorresti finire?-chiesi, riuscendo a portare la conversazione su livelli a me accessibili.

-Ah, non saprei.-replicò, con noncuranza.

-Cosa?!?-esclamai, sempre più sbalordito:-Come puoi non avere idea in che casa vorresti stare per i prossimi sette anni della tua vita?

-Oh, ogni casa ha i suoi pregi così come i suoi difetti.-continuò, intestardito nel suo ragionamento:-I Tassorosso per quanto di buon cuore diventano morbosi. E sono così banali...monotoni...noiosi. Dei mollaccioni.

Bé, in questo non aveva torto.

-...i Grifondoro va a finire che con tutto quel fegato e la cavalleria si fanno ammazzare...

-Ehy!-replicai piano:-I voglio finire in Grifondoro!

-Prevedibile.-sbuffò e un ciuffo sulla sua testa sussultò per poi ricadere nella massa scompigliata:-I Serpeverde sono abbastanza astuti, ma sono terribilmente arroganti e si sprecano per fare dei dispetti stupidi. I Corvonero sono troppo dediti allo studio! Venerano ogni singola materia, quando la metà è sostanzialmente inutile.

-Corvonero non è così male.-riflettei:-E quanto ad arroganza di Serpeverde mi pare che tu ne abbia parecchia!

Non so cosa mi spinse a dire una cosa del genere. Io ero sempre stato un ragazzo timido e riservato ma quel tipo...mi faceva venir voglia di dire qualsiasi cosa mi passasse per la testa. Che sensazione strana.

Per un attimo pensai che mi avrebbe urlato contro, picchiato o scagliato un incantesimo. Invece si limitò a ridacchiare:-La falsa modestia non porta da nessuna parte. A proposito, mi chiamo Sherlock. Sherlock Holmes.

-Che nome buffo.-esclamai:-Io sono...

-No no no,-mi interruppe:-Non dirmelo. Voglio indovinare. Un nome banale come John, Jehremia o qualche altro nome comune che inizia per J. E di cognome...-attese un attimo scrutandomi:-Weatherby, Wilson, Watson...una roba così. Ma certo! John...John Watson, giusto?

Spalancai la bocca, sbalordito.

-Il tuo aspetto ordinario e le iniziali sulla spilla sulla giacca. Tra parentesi, il libro che stai leggendo è terribilmente noioso.

-I delitti della Rue Morgue, Poe?-chiesi, dubbioso.

-Ovviamente. Si capisce l’assassino da pagina trentadue.

-Ma..ma...-esclamai:-I miei amici dicono che viene svelato solo alla fine da Dupin! E io ho già superato pagina trentadue da un pezzo...ma non ho capito niente.

-Elementare.-replicò, fissando il soffitto:-Ma non tutti hanno il mio intuito.

Alzai gli occhi al cielo e sbuffai. Quello era davvero un arrogante. Però un arrogante genio. Lui abbassò lo sguardo sull’orologio:-La strega sarà qui tra dodici secondi.-si vedeva che era annoiato, e non ero sicuro né di stargli simpatico né che lui stesse simpatico a me.

Tuttavia non potemmo fare altro che sorriderci quando, dodici secondi dopo, sentimmo una voce femminile urlare:-Qualcosa dal carrello, cari?

 

( to be continued... )

Angolino della Skizzata:
Oh, ho sempre sognato di fare un crossover su loro due a Hogwars! E' un esperimento, ve lo dico chiaramente. Recensioni gradite.
Dedicata alla mia Christie (che ne sarà esasperata) e alla mia Watson (che non sa neanche di esserlo) e a James, la mia ispirazione.

A Ciajka: grazie, come puoi vedere ho sostituito Dieci Piccoli Indiani. I delitti della Rue Morgue è del 1841, stando a wikipedia, e posso considerare che loro siano a scuola qualche lustro dopo...no? Speriamo e grazie ancora! Si, Agatha Christie era un saluto indiretto ad una persona cara...a me non piace!!

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Capitolo 2
*** L'unico in grado di mettere in difficoltà il Cappello Parlante ***


Capitolo 2 - L’unico in grado di mettere in difficoltà il Cappello Parlante

P.O.V. Watson

E Ad un Certo punto (quando attacca in corsivo) P.O.V: Holmes

 

Quando scesi dalla carrozza di Stamford non c’era ancora traccia. Avrei scommesso che si fosse dimenticato già di me, tutto intento a correr dietro alla gonna della Smiths. Ok, lo ammettevo, era carina, ma insomma...c’è di meglio! Anche le mie ex-compagne di scuola erano meglio di quella tipa coi capelli neri e il naso storto. 

Stando a quanto dicevano le voci, quelli del primo anno dovevano andare al castello in barca, attraversando il lago. A cielo aperto. Se pioveva, arrivavi che non dovevi farti la doccia, per lo meno, e il vecchio detto diceva - Di pioggia bagnati, attraverso il lago, degli anni fortunati, attendono il buon mago - che c*etinata.

Bé, piovigginava, purtroppo. Sperando in dei buoni sette anni seguii la figura di un uomo piuttosto basso che gridava:-PRIMO ANNO CON ME! PRIMO ANNO!!!

Stamford mi aveva detto che quello era McHiggins, l’insegnante di Trasfigurazione*, un bravo insegnante ma terribilmente severo e assegnatore di valanghe di compiti, responsabile della casa Corvonero. Ah bé, tutti gli insegnanti di Trasfigurazione saranno così, no? Con la fama che ha la materia.

Ci sistemammo nelle brache a gruppi di tre. Io finii con una ragazza dalle trecce bionde e la sua amica ridacchiante. Dio, già a quell’età erano così chiassose? Per fortuna erano carine, e questo rese la mia sopportazione più facile. Sentii la biondina arrovellarsi su quale casa sarebbe stata la sua, mentre la sua amica le rideva in faccia, sbandierando ai quattro venti che sarebbe finita in Corvonero, tanto era intelligente.

Quando arrivammo all’altra riva ero soltanto un po’ bagnato, ma niente di che. Sicuramente avevo freddo, quello si. Vidi tutti stringersi addosso i loro cappotti, con i denti che battevano. Tutti tranne Sherlock Holmes, quel ragazzo strano che avevo incontrato sul treno, che se ne stava con la sua camicia a maniche corte senza batter ciglio**.

Finalmente le porte si aprirono e fummo consegnati da McHiggins ad un’altra insegnante.  Aveva i capelli rossi raccolti in una coda, le sopracciglia alte e gli occhi azzurri. In un certo senso sembrava davvero giovanissima, e molto più morbida e meno rigida di McHiggins.

-Buona sera.-disse con un sorriso, non appena ci ebbe condotto davanti alle porte della Sala Grande:-Sono Samantha Grenoble, o professoressa Grenoble, la vostra insegnante di pozioni e rappresentante della casa Grifondoro. Siamo davanti alle porte della Sala Grande, il refettorio, dove si terrà la cerimonia dello Smistamento. Per chi non lo sa, lo Smistamento consiste semplicemente nel calarsi il Cappello Parlante sulla testa ed attendere il suo verdetto: non spaventatevi se i vostri fratelli o sorelle vi hanno detto che è una prova dolorosa. Non dovrete dimostrare niente. Il Cappello è in grado di leggere le vostre capacità e vi saprà assegnare alla casa giusta. La vostra Casa, negli anni che passerete qui a Hogwarts, sarà la vostra famiglia. I successi che otterrete, rispondendo alle domande in classe, vincendo le partite di Quidditch, vi faranno guadagnare punti per essa. Le infrazioni alle regole ve ne faranno perdere. E alla fine dell’anno alla Casa con più punti verrà assegnata la Coppa delle Case. Tutto chiaro?

Noi ragazzi, intimoriti, annuimmo.

-Bene, seguitemi.

Le porte si aprirono e la professoressa Grenoble ci condusse dentro.

Era una sala piuttosto ampia, anzi...enorme! Le candele illuminavano quattro tavoli disposti in verticale lungo la stanza, più uno orizzontale dove sedevano i professori e il preside. Il soffitto, come aveva promesso Storia di Hogwarts, era incantato e rifletteva il cielo nuvoloso che c’era effettivamente fuori. Verso il fondo della Sala c’era uno sgabello su cui era posto il Cappello.

Avanzammo insicuri fino a raggiungerlo ed in qualche modo sembrammo restringerci quando la Grenoble tirò fuori una lista con i nomi in ordine alfabetico. Uffa, sarei stato uno degli ultimi.

Poi uno strappo si aprì sulla vescica di stoffa e cominciò a cantare:-

Buon giorno, nuovi studenti arrivati,

Io sono il Cappello Parlante,

avvicinatevi e sarete smistati

calandomi sulla testa, all’istante

 Non abbiate paura, di dote ne avete

se nascosta la scoprirete,

vicini, vicini, su, non temete!

Sedetevi qui quando chiamati verrete!

Di quattro case una scelgo, per sorte***!

E ad un dormitorio io vi assegnerò

La strada che poi vi aprirà mille porte

lasciatemi dire quel che io so:

C’erano un tempo di fama due maghi, 

Il buon Grifondoro e il Serpeverde

credetemi si, coraggio di draghi

e quell’astuzia che prima o poi serve.

E due belle streghe, la Tosca e Priscilla,

ma certo vi parlo di Tassorosso,

e se in Corvonero l’acume sfavilla!

il primo da affetto è soltanto mosso.

Ebbene ora voi, qui vi smisterò,

e il mio verdetto si fa più corretto,

in una casa di fama, il difetto mancò!

Lo sbaglio non conosco, io, vecchio berretto.

 

Tutti applaudirono.

-Fa un po’ pena la canzone di quest’anno.-sentii sussurrare da un tavolo vicino:-si vede che ha esaurito le rime.

-Adler, Irene!-esclamò la Grenoble, cogliendomi di sorpresa, mentre una ragazzina si avvicinava sorridendo maliziosa al Cappello.

-Serpeverde.-sentii dire una voce annoiata dietro di me.

Mi voltai velocemente, per scoprire niente di meno che Sherlock Holmes ancora, il ragazzo che aveva condiviso tutto il tempo del viaggio lo scompartimento con me.

-SERPEVERDE!-sentii esclamare dal Cappello qualche istante dopo. Mi rivoltai verso Irene, che si avviava verso il tavolo grigio-argento.

-Brown, Eleonore!-

La ragazzina dalle trecce bionde che era seduta in barca con me si fece avanti con le gambe tremanti. Era pallida, quando si sedette sullo sgabello e le fu calato il Cappello in testa.

-Tassorosso.-sentii scandire lentamente Sherlock.

-TASSOROSSO!

La ragazzina sorrise e corse felice verso il tavolo.

-Cook, Martin!

Un ragazzino dalla zazzera nera si avvicinò spavaldo al Cappello.

-Serpeverde.-sentii sussurrare chiaramente da Sherlock.

-SERPEVERDE!

-Davinson, Luke!

-Grifondoro.

-GRIFONDORO!

Mi rivoltai di nuovo, sempre più stupito. Come diamine faceva ad indovinare le case prima che il Cappello le esclamasse?

-Gandal, Harriet!

-Corvonero.-sussurrò Sherlock, sempre con lo stesso tono annoiato.

-CORVONERO!

Dio, ma come diavolo faceva?!?

-Lestrade, Gregory!

-Tassorosso.

-TASSOROSSO!

-Moriarty, James!

-Serpeverde.

-SERPEVERDE!

-Murphy, Larry!

-Grifodoro.

-GRIFONDORO!

-Stevens, Michelle!

Vidi la ragazza compagna della trecce-bionde, quella che si era vantata di finire in Corvonero per la sua intelligenza, avanzare spavalda verso il cappello.

-Serperverde.-disse Sherlock.

-SERPEVERDE!-e il sorriso si cancellò dalla faccia della ragazza.

Andò avanti così per un po’, quando iniziai a chiedermi perché Sherlock non era ancora stato chiamato. Insomma, Holmes iniziava con la H, giusto?

-Watson, John!

Oddio. Oddio. Oh. Mio. Dio.

Mi avvicinai tremante al Cappello. Mi sedetti e me lo sentii calare in testa. Non sentii il verdetto di Sherlock, purtroppo. Però sentii quello che Cappello.

-Coraggio, amicizia, cavalleria, senza dubbio. Oh, non c’è più gusto nello smistare. GRIFONDORO!

Estremamente sollevato mi alzai e corsi verso il tavolo dei Grifondoro. Stamford, che finalmente si era ricordato di me, mi fece posto sulla panca.

-Zanzara, Marika!

Erano rimasti solo lei e Sherlock nella sala.

-Corvonero.-lo sentii scandire.

-CORVONERO!-esclamò il cappello, subito dopo.

-Bene, abbiamo concluso!-La Grenoble fece per mettere via la lista, quando si accorse di Sherlock, ancora in piedi in mezzo alla sala.

-Holmes, Sherlock.-disse lui, anticipando la domanda:-Mi ha saltato.

Lei riaprì la lista frettolosamente, e giunse alla lettera H.

-Oh si.-confermò:-Holmes, Sherlock! Mi perdoni, signor Holmes.

Lui fece una strana smorfia con la bocca, e si avvicinò al cappello. Poi la sua faccia scomparve sotto la stoffa nera.

 

Dio, e ora si erano pure dimenticati di chiamarmi. Ma dopotutto la professoressa era stata distratta dal cognome uguale a quello di sua cugina, sotto il mio, ed era stato un puro sbaglio. Comunque, ora il verdetto.

Mi avvicinai verso il Cappello, e mi sedetti. Mi fu calato sul capo.

Oh, sentii una vocina sussurrarmi all’orecchio, oh oh oh, finalmente qualcuno di interessante. Oh cielo, questo sarà difficile.

E ci mancava solo questo, pensai.

Coraggio, arroganza, intelligenza. Disprezzo, una buona dose, originalità parecchia, acume una pila. Oh, diciamo tutto tranne che Tassorosso.

Ovvio, sono noiosi. ribattei, nella mia mente.

Nessuna preferenza...uhm, si, difficile, davvero complesso...

Ti dai una mossa?

Abbastanza acuto e arrogante per essere un Serpeverde. Coraggioso abbastanza per essere un Grifondoro. Terribilmente strambo e molto intelligente abbastanza per essere un Corvonero. Insomma, sono tutte ugualmente dosate, come caratteristiche!

Spicciati.

Oh bé, scartiamo Grifondoro, non mi sembra che tu sia molto amichevole. Serpeverde o Corvonero? Sei intelligente, certo, ma è intelligenza selettiva questa, come puoi eliminare tutte le nozioni che tu ritieni inutili? D’altronde mi sembra che tu reputi male i Serpeverde come vanitosi...insomma, quale dei due?

Una a caso, basta che ti muovi.

Allora...

Ci stava mettendo secoli. Davvero, con tutti gli altri era andato abbastanza sul sicuro, il Cappello. Con Sherlock ci mise davvero un’eternità. Cosa passava in quel cervello, cosa il Cappello leggeva?

-CORVONERO!

Non sembrò né gioirne né piangerne. Si avviò con indifferenza verso il tavolo dei Corvonero.

Ah bé, la genialità e l’originalità avevano vinto sull’arroganza e l’egocentrismo, pensai.

Ma quando lo si sedette al tavolo lo sentii sussurrare chiaramente:-Noioso.

( tu be continued...) 

* Le vicende narrate precedono Harry Potter di un sacco. Dopotutto siamo alla metà dell’ottocento. Quindi no-McGranitt, no-Silente e Tom Riddle dovrebbe arrivare tra una quarantina d’anni, no? E lo so bene, stando alla Rowling il Torneo tre maghi non si faceva da tre secoli al tempo di Harry, ma sono convinta che se Watson e Holmes vanno a hogwarts ci vanno negli anni dei tornei. Punto. Ah, e non dovrebbero avere neanche la stessa età, Holmes è più giovane, giusto? Eppure non me ne frega. Punto di nuovo.

** Non so perché ma sono convinta che Holmes sia immune al freddo. Bho.

Scusate, la canzone fa schifo, ma non ero ispirata :(
Maya
P.S. RECENSIONI POSITIVE E NEGATIVE GRADITE! Sono anche in cerca di una beta :)

 

*** Lo so, Ulysses Moore.

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Capitolo 3
*** Simpatia insospettabile ***




Capitolo 3 - Simpatia insospettabile

P.O.V. Watson

Come mi pare di aver già accennato in precedenza, al seguito del mio primo incontro con Sherlock Holmes, non ero ben sicuro né di andargli a genio, né che lui andasse a genio a me. Dopo lo smistamento, in aggiunta, in quanto smistati in case diverse avevo cancellato dalla mia mente ogni possibilità di contatto. Era naturale durante i primi anni legare con quelli del proprio dormitorio, e le amicizie e i giovani amori tra le case solevano svilupparsi negli anni seguenti. Io, timido come ero, non trovai particolarmente accoglienti i miei compagni di camerata: si conoscevano tutti, e in un certo senso mi escludevano. C’erano due gemelli, il loro migliore amico e un amico di questo, perciò inizialmente mi sentii un po’ escluso. Era nella mentalità Grifondoro cercare di fare amicizia con il prossimo, però magari occorreva tempo, e io pazientai.

Tornando al discorso precedente, su Sherlock Holmes, visto la nostra non molto buona prima impressione, immaginate che stupore quando, il giorno dopo, alla lezione di Incantesimi che condividevamo con i Corvonero, la suddetta persona sopracitata si sedette accanto a me.

-Non dire che è occupato, non ti disturba affatto, sono l’unico viso familiare in un mare di volti. Quindi, taci.-disse, senza lasciarmi il tempo di aprire bocca.

Era frustrante parlare con uno dalle incredibili doti apparentemente telepatiche.

-E non domandare il motivo per cui io mi sono volontariamente seduto accanto a te. Anche per me sei l’unico viso familiare in una marea di volti, e ritengo i miei compagni realmente noiosi e banali. E, visto che in genere ritengo i Grifondoro degli impulsivi un po’ sciocchi, tu mi sei sembrato il candidato migliore tra essi, poiché ci siamo già incontrati.

Bé, dopo un discorso del genere, come proferire parola? A modo mio: tirando fuori l’argomento più stupido che possa esistere.

-Allora, Corvonero, eh?-chiesi, a voce alta, visto che il professore non era ancora arrivato:-Contento della scelta del Cappello?

-Indifferente.-replicò:-E’ rimasto in dubbio tra Corvonero e Serpeverde fino all’ultimo. Ma devo dire che l’acume ha vinto l’arroganza.

-Mmm, questo è da vedere.-sussurrai, convinto che non mi potesse sentire.

-Ho sentito benissimo, per tua informazione.-disse invece.

Arrossii fino alle orecchie.
In quel momento si aprì la porta dell’aula ed entrò il professore. Era un uomo ben piazzato, la barba nera lunga fino alla cinta, due occhi verdi brillanti:-Salve.-disse, burbero a noi primini:-Sono il professor Exponents, di Incantesimi. Penso che il nome della materia parli da sola, no? Bene. Allora, vediamo un po’...-arrivò alla cattedra a grandi falcate:-...di che pasta sono fatti gli alunni di questo anno? Ascoltate bene. Alzi la mano, per favore, che ha già tentato di fare degli incantesimi con la bacchetta comprata da Olivander. Non siate timidi.

Mi guardai intorno, sollevando la mano. Quasi tutti l’avevano alzata, compreso Sherlock, che aveva sollevato l’avambraccio senza staccarlo dal banco, l’espressione annoiata.

-Oh, bene!-commentò il professore:-E quanti di voi sono riusciti?

Questa volta le mani alzate erano due: una di Sherlock, che manteneva l’espressione menefreghista, ed una ragazzina dai denti  a castoro e gli occhiali che sembrava molto desiderosa di imparare.

Il sorriso si allargò sul volto del professore:-Un po’ meno bene...allora, signorina?

-Gandal, Harriet Gandal, signore.-rispose la ragazza con gli occhiali, abbassando la mano.

-E che incantesimo ha compiuto, signorina Gandal?

-Ho tentato i Lumos,-disse lei, abbassando gli occhi concentrata:-E poi il Reparo e l’Alohomora.

-Oh, molto bene!-commentò l’insegnante, impressionato:-E lei, signor...?

-Holmes.-disse Sherlock, senza alcuna inflessione nella voce.

-Signor Holmes, che incantesimi ha tentato?

-Aparecium, Colloportus, Alohomora, schiantesimi, Lumos, Wingardium Leviosa, Expelliarmus e incantesimi di Disillusione.-replicò, sempre nello stesso tono piatto, gli occhi rigorosamente fissi davanti a sé a fissare il vuoto.

Questa volta il professore scoppiò in una fragorosa risata:-Ah, bella ragazzo!-sghignazzò:-E quanti di questi ti sono riusciti?

-Tutti.

Il professore tornò serio:-Non starà mica parlando sul serio, signor Holmes.

-Sono serissimo-replicò questi, serio davvero.

-Ebbene,-disse allora, con un ampio gesto della mano:-La invito a dimostrarlo. Sarò franco, non si vedeva una cosa del genere dai tempi di Merlino, sono proprio curioso di trovare la beffa.

-Nessuna beffa, signore.-rispose Holmes, alzandosi in piedi e sfoderando la bacchetta.

Ci fu un attimo di silenzio.

-Colloportus!-esclamò, rivolto alla porta. Si sentì un clack di qualcosa che si chiude a chiave.

-Molto bene.-disse Exponents, soddisfatto.

-Alohomora.-esordì ancora Sherlock con un altro colpo di bacchetta. La porta di spalancò.

-Corretto.

-Lumos.-dalla bacchetta sprizzò un forte alone luminoso:-Wingardium Leviosa.-aggiunse poi, rivolto ad un banco, che si sollevò di qualche metro, per poi ri-posarsi a terra come una piuma.

Il professore sorrise:-Molto bene.-disse:-Ma riguardo agli schiantesimi e agli incantesimi di Disillusione...?-evocò un cuscino.

-Stupeficium!-esclamò Sherlock, e il raggio azzurro colpì con precisione il cuscino, per farlo volare parecchio all’indietro:-Disillio.-esclamò infine, scomparendo alla mia vista.

Rimase così un paio di secondi:-Finitus!-ed esattamente come sullo scompartimento, ricomparve.

Ci fu un po’ di silenzio in classe. Qualcuno azzardò a battere le mani. La ragazza coi denti a castoro aveva gli occhi spalancatissimi.

-Ottimale, direi.-ammise il professore:-Stupefacente, per uno così giovane. Te li ha insegnati qualcuno? Tua madre, tuo padre, un fratello?

-Li ho imparati da solo.-disse Sherlock fermamente:-Sui libri.

-Molto molto bene.-sembrava seccato. Certo che avere un alunno così dotato doveva essere una fatica...ma il sorriso tornò sul volto di Exponents, per sparire da quello di Sherlock:-Temo che allora dovrai sorbirti le lezioni dei tuoi compagni. Oggi impariamo Lumos.

E si addentrò in una dettagliata spiegazione, a cui io, mio malgrado, dovetti prestare attenzione. Quando ci disse di provare, dalla mia bacchetta uscì solo una lieve luce, che si spense subito come se qualcuno ci avesse soffiato sopra.

-Tieni il polso più fermo.

Era stato ancora Sherlock. Non si era nemmeno scomodato a riprodurre l’incantesimo, ormai era chiaro che era il primo della classe. E della classe successiva. E di quella successiva ancora. Non mi guardava neanche.

-Cosa?-chiesi.

-Tieni il polso più fermo.-ripetè:-Se lo fai tremare la bacchetta percepirà la tua insicurezza e la tua paura. Sei un Grifondoro, no? Tira fuori il fegato.

Mi schiarii la gola:-Lumos.-ripetei. Questa volta la bacchetta si accese di una luce brillante e vivida. Il sorriso mi comparve sul volto e mi voltai per ringraziarlo.

-Niente ringraziamenti, per favore, era solo un consiglio.-disse, burbero, poggiando ancora una volta il mento al banco, lo sguardo fisso perso nel vuoto.

-Sei stato incredibile prima, hai visto la faccia del professore?-continuai, gli occhi che brillavano di ammirazione.

-Si.-fu la sua secca risposta, l’angolo della bocca che si sollevò appena.

-Meraviglioso.

-Grazie.

-Ti piace Incantesimi?

-Noioso.

Fu qui che si concluse il nostro discorso.

Sarà anche stato riservato, ma quel ragazzo mi ispirava un’insospettabile simpatia.

 

 

E fu proprio questa insospettabile simpatia a spingermi a tenerlo d’occhio. Frequentavamo tutte le lezioni con i Corvonero, tranne che Trasfigurazione e Storia della Magia (la prima con i Tassorosso, la seconda con i Serpeverde).

A colazione non lo vidi mai mangiare, neanche una volta. A pranzo piluccava giusto qualche pezzo di pane e a cena niente di nuovo. Un suo compagno di stanza, il fratello minore del migliore amico di Stamford, che avevo conosciuto qualche estate prima, mi disse che di notte non era mai nel suo letto. Non mangiava, non dormiva...ma era umano?

E poi non si interessava a tutte le lezioni. Astronomia per esempio, era una materia che non lo vidi mai seguire. Scribacchiava su un quadernetto solo degli appunti su quelli che sembravano incantesimi. Erbologia la snobbava, dicendo che finché non avremmo iniziato con la pratica, la teoria era inutile. Adorava Pozioni, incondizionatamente. E la professoressa, la nostra capo-Casa!!!, adorava lui. Si intendevano a meraviglia, Corvonero  guadagnava sempre un sacco di punti. A Difesa contro le Arti Oscure era il primo della classe. Conosceva già molti incantesimi e molte fatture molto avanzate. Trasfigurazione, mi dissero, la riteneva superflua. Sapeva già trasfigurare molto bene, e perciò la riteneva noiosa, come Incantesimi. A Storia della Magia leggeva, mentre tutti gli altri dormivano. Aveva una conoscenza acutissima delle notizie, novità, soprattutto i pettegolezzi, ed eventi passati con cronologia esatta. Rapine, omicidi, furti...sapeva tutto ancor prima che arrivasse la Gazzetta del Profeta. In più conosceva gli eventi passati, anche lì rapine, omicidi, furti, con data e luogo. Sentii chiaramente i fantasmi parlare di Intelligenza Selettiva: Sherlock era geniale nelle materie interessate ed era il classico “ragazzo intelligente se solo si impegnasse di più” in tutte le altre.

Aveva poi una gran conoscenza della logica. Riusciva a dedurre tutto di una persona guardandolo di sbieco per cinque secondi. Era allucinante. Non concedeva segreti, né privacy. Era terribilmente stupefacente.

L’unica figuraccia che lo vidi fare in pubblico fu a lezione di Quidditch. Ah, me lo ricorderò per sempre.

In questo potevo vantarmi di avere una buona dote. L’aria era il mio spirito, e l’anno prossimo se ne sarebbe andato Goullemberg dalla squadra, avevo così intenzione di fare il provino per il ruolo di battitore.

Tornando a Sherlock Holmes e alla sua figuraccia.

Eravamo disposti sue due file con i manici di scopa in mano. Eravamo appena montati e la professoressa Scarlett stava dando il via per librarci in aria. Salimmo appena di un metro, per poi riscendere cautamente. Era andato tutto bene, nessuno ferito, nessuno morto, scherzò Antony, un mio compagno di dormitorio. Ma, come notai, Sherlock non aveva volato. Non era neanche a cavalcioni della scopa. Era a due metri di distanza e guardava il manico con profonda avversione. Lo udii chiaramente dire alla professoressa:-Io lì non ci salgo.

-Sciocchezze.-replicò la professoressa, scocciata:-Signor Holmes, si metta a calvalcioni di quella scopa.

-No.-ribattè lui, con astio.

-Signor Holmes!

-Mai.

Che coraggio, pensai, rispondere a tono ad un professore.

-Signor Holmes, se non sale su quella scopa sarò costretta a togliere cinque punti alla sua casa.

Ormai tutti stavano assistendo al battibecco tra la professoressa e Sherlock.

-Li tolga.

-Signor Holmes! Una punizione, invece, le sembra un buon prezzo? L’espulsione dal Club di Pozioni per due settimane?

Questa volta lo vidi esitare. Certo, lui faceva parte del Club di Pozioni, ovvio, era un genio. Adorava Pozioni almeno quanto Difesa contro le Arti Oscure, e il dover rinunciare alle sue pozioncine sperimentali sembrava turbarlo molto.

Sempre con astio profondo negli occhi, fulminando la professoressa tutto il tempo, si avvicinò lentamente al manico di scopa. Lo prese in mano cautamente e si mise a cavalcioni.

-Bene, ora si che si ragiona.-disse la professoressa, vittoriosa. Conoscendo bene il ragazzo, mi resi conto che si sarebbe vendicato. Due settimane dopo, infatti, la professoressa Scarlett passò una settimana in infermeria coperta di alcune chiazze gialle che si trasformavano in rane.

-E ora sollevati.

-Cosa?-chiese educatamente Sherlock.

-Sollevati da terra.

Per una volta lo vidi davvero avere paura. Non so se fossero vertigini o solo il senso di precarietà sul manico. So solo che lo vidi stringere convulsamente le mani attorno alla scopa, cercando di mantenere la calma. Si diede una piccola spinta verso l’alto e decollò.

Era ovvio che non si sarebbe fatto prendere dal panico. Le emozioni sapeva ben dominarle. Ma se la scopa perde il controllo allora anche il mago migliore...

Si era alzato di cinque metri neanche quando il manico cominciò a fare capriole. Non urlò, mantenne lo stesso la calma. Ma precipitò. E sbattè sul terreno, bruscamente, piuttosto.

Tutti risero. Solo io e la professoressa corremmo ad inginocchiarci accanto a lui, per vedere come stava.

-Tutto bene, tutto bene, mi sono solo rotto un dito.-borbottò. Ma aveva anche un lungo taglio sula guancia:-Non è niente, è poco profondo. Posso andare in infermeria da solo.

-Non so se è il caso, Holmes.-disse la professoressa.

Sul viso del ragazzo per la prima volta vidi bruciare rosse lacrime di umiliazione, mentre gli altri si sbellicavano ancora.

-Lo accompagno io.-dissi velocemente. Vidi Sherlock alzare gli occhi al cielo.

-Watson? Oh, si, bene. Andate in infermeria, in due va bene.-disse la professoressa.

Dopo essersi spolverato la polvere dai pantaloni si avviò con me, cercando di accelerare il passo. Ma accordai la camminata alla sua, e lo seguii in silenzio.

Arrivammo alla porta dell’infermeria. Rimasi lì fino ad attendere il verdetto di Madama McCley. Si, il taglio era poco profondo, ma andava disinfettato. E si, il dito era rotto.

-Non potrò suonare il violino per un po’.-commentò Sherlock, addolorato. Oh, non sapevo suonasse il violino. Chissà se era bravo. Doveva tenerci molto, visto come sembrava abbattuto.

-Tu puoi andare, ora. Questo ragazzo tornerà a posto entro domani.-mi abbaiò l’infermiera.

-Tutto bene sul serio?-chiesi, preoccupato.

Lei se ne andò borbottando, senza rispondere.

Mi voltai e arrivai alla porta dell’infermeria, conscio che se avessi detto qualsiasi cosa a Sherlock lui l’avrebbe ritenuta umiliante. Ma mi fermai, anzi, fu la sua voce a fermarmi.

-Ah...John?

Era la prima volta che mi chiamava per nome. Anzi, era la prima volta che mi chiamava e punto.

-Si?-mi voltai, titubante. Era ancora seduto sul lettino e teneva gli occhi bassi.

-Grazie per non aver riso di me.-disse, dopo un evidente sforzo.

Serve davvero dire che tornai il giorno dopo, e il giorno dopo ancora, finché non fu dimesso e che lui non usò mai più il tono freddo e riservato con me?

 

(continua...)

 

 

 







Angolino della Skizzata:
Finalmente diventano amici, quanto ho bramato questo momento!! Si, non so perché sono convinta che Sherlock abbia paura di volare, ma l'incidente mi serviva. Punto.
Maya
P.S. A chiunque segua, le recensioni (soprattutto quelle negative) sono gradite!

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Capitolo 4
*** L'inizio di una grande amicizia...e i primi casi ***


Capitolo 4 - L’inizio di una grande amicizia...

                                             ...e i primi casi

P.O.V. Watson

 

Era incredibile quanto venni a scoprire sul mio amico - si il mio amico, quanto faceva strano chiamarlo così - una volta che fu dimesso dall’infermeria. Passavamo tutto il tempo insieme, e quando dico tutto intendo tutto tutto. Perché è ovvio, signori miei, che se ti era permesso di essere l’unico amico di Sherlock Holmes (Sherlock Holmes il genio) allora dovevi pagare un prezzo. Perché per Sherlock niente, assolutamente niente - tantomeno i comuni fabbisogni umani - era la priorità se c’era in ballo un caso. Ogni attività - compiti, pasti, dormite, festicciole, bagni, altri impegni, allenamenti, sedute, lezioni - passava in secondo piano nella sua testa. E io dovevo adeguarmi di conseguenza.

Eh si, amici miei, quando parlo di casi intendo casi casi. Oddio, comincio a ripetermi. Ma nel senso di casi come i casi di un poliziotto, o meglio, di un investigatore. Ecco, Sherlock era un investigatore. Anche se probabilmente se avesse scoperto che lo avevo chiamato in quel modo mi sarebbe saltato alla gola ringhiando:-Consulente investigativo, John, non un banale detective.

Funzionava più o meno così - i nostri compagni di casa lo chiamavano quando avevano un problema. Un animale scomparso, un amico sparito, degli oggetti che non fungevano la loro funzione...Sherlock trovava sempre una soluzione. Sempre molto velocemente, qualche volta addirittura senza neanche scomodarsi ad andare sul luogo della vicenda. Era ordinaria amministrazione a Hogwarts, ovviamente, e questa cosa lo seccava a morte.

Non gli andava di risolvere situazioni così banali, diceva, un cervello come il suo aveva bisogno di più stimoli.

Più raramente capitava che ci fosse in ballo qualcosa di serio-serio-serio. Ma sul serio, ok, la smetto. Tipo quella volta che saltò fuori che la collana di Amy Price, del secondo anno, conteneva una maledizione leggera. O quando fu trovato un cucciolo di basilisco nel caminetto della sala comune dei Serpeverde. Una volta, che ricordo molto bene, qualcuno aveva sostituito il succo di zucca del tavolo dei Grifondoro in Distillato della Morte Apparente. Metà della Casa sembrava sterminata e facemmo davvero prendere un bel colpo a Madama McClay. Insomma, la avevo bevuta anche io quella roba, e penso che me la ricorderò per sempre.

Di andare in biblioteca a studiare poi, non se ne parlava affatto. Non studiava mai, non ne aveva il minimo bisogno. Ma io si, ed era proprio per questo che in quel momento stavamo discutendo animatamente. Ora che ci penso, fu proprio in quel momento che iniziò tutto.

-Dai, Sherlock, se domani mi faccio trovare ancora una volta impreparato in Trasfigurazione, quello mi ammazza!-stavo dicendo io, con il tono paziente che riservavo solo al mio amico.

-Noioso.-fu la sua risposta.

-Ti scongiuro!-continuai, diventando supplicante. Ma Sherlock Holmes non conosceva sentimenti, non gli interessavano neppure le ragazze.

-Noioso.-disse, questa volta definitivamente.

-Insomma, tu credi di essere il centro del mondo!

-Ovviamente.

Che seccatura.

-Scusate, chi di voi due è Sherlock Holmes?-ci raggiunse una voce.

Ci voltammo in simultaneo, giusto in tempo per vedere una ragazzina dai grandi occhi verdi che ci veniva incontro. Aveva dei bei capelli biondi* lunghi fino alle spalle e la camminata leggera come quella di una farfalla.

-Io.-disse il mio amico, squadrando la nuova arrivata:-Secondo anno, Tassorosso, destrosa, Mezzosangue (non nel senso dispregiativo, ovviamente), rottura alla caviglia di due anni fa, fidanzamento rotto da poco, grande delusione - ti ha mollato lui - e un caso da risolvere.-esclamò, contando sulle dita.

Gli occhi della ragazza si fecero ancora più grandi:-Si,-confermò, in un filo di voce:-Bravo come mi avevano detto. Mi chiamo Mary Morstan, il resto lo hai detto tu.

-Su via, saltiamo i convenevoli, esponi il problema.-tagliò corto Sherlock, dandomi una gomitata mentre sorridevo ebete alla nuova arrivata. Era davvero carina.

-Una mia amica, Helen Schiller, mi ha consigliato di venire da te. Dice che sei l’esperto in questo genere di cose...

-Helen Schiller, il caso di Charles Milverton.-ricordò Sherlock, sorridendomi. Oh, quello era stato uno dei casi più importanti e più emozionanti. Questa ragazza, fidanzata, si era innamorata di un altro ragazzo, Matthew, e gli aveva scritto una lettera per San Valentino. Matthew però, essendo un vile e ipocrita Serpeverde, le aveva detto chiaro e tondo che la disprezzava e lei era tornata dal suo ragazzo, che non sapeva assolutamente niente. La lettera per una serie di sfortunate coincidenze era capitata nelle mani di Charles Milverton, un bullo del quinto anno. Questo aveva cominciato a minacciare Helen di spedire la lettera al suo ragazzo e rivelando quindi la sua cotta per Matthew, se lei non avesse fatto esattamente ciò che le diceva. Ricatto, insomma. Aveva cominciato chiedendo mucchi di cioccolatini di mielandia, risposte ai compiti in classe, suggerimenti nelle interrogazioni, ma la cosa si era fatta grave quando lui aveva cominciato a chiederle dei soldi. Alla fine Helen era venuta da noi e Sherlock aveva risolto tutto sottraendo (con il mio aiuto) la lettera a Milverton dopo essere stati due ore nascosti nel dormitorio di Serpeverde, dietro un mediocre mantello dell’invisibilità che lui aveva incantato da solo, a respirare pianissimo.

-Oh, si.-confermai, senza staccare gli occhi da Mary.

-Mi è stato rubato un medaglione. Un ciondolo a forma di cuore. Me lo aveva regalato Andrew, il mio ex-ragazzo. Tengo come me stessa a quel medaglione, per favore. Potreste aiutarmi?-chiese la ragazza.

-Ovviamente.-esclamai io, precipitosamente. Sherlock mi lanciò un’altra occhiataccia:-Certo.-tossicchiò:-Ma cosa ti spinge esattamente a pensare ad un furto e non ad averlo perso, per esempio?

-Il fatto che Andrew era davvero un bel ragazzo!-esclamò lei,avvampando di rabbia:-Centinaia di ragazze gli morivano dietro. Ma lui scelse me, oh si!, all’inizio scelse me. Mi sono fatta molte nemiche per questo. E poi non sono così sbadata!

-Molto bene, ci sarebbe il movente quindi.-continuò Sherlock:-Ma allora il furto deve essere avvenuto prima della rottura del rapporto, altrimenti non avrebbe senso.

-Il furto è avvenuto ieri sera.-disse Mary, quasi in lacrime:-E Andrew mi ha lasciato questa mattina a colazione.

-Molto bene. Posso sapere ora le modalità con cui è avvenuto il furto?

-Lo tengo sempre al collo.-disse lei, tirando su col naso:-Ma prima di dormire lo tolgo e lo metto in una cassetta con serratura e chiave. La chiave ce l’ho sempre con me,-e ce la mostrò, una piccola chiavetta dorata:-E ieri sera non ho fatto eccezione. L’ho riposto, sono andata a dormire, e questa mattina non c’era più.

-Serve una parola d’ordine per entrare nel dormitorio di Tassorosso?-chiese Sherlock.

-Ovviamente. Ma è cambiata proprio ieri.

-E quanto frequentemente cambia?

-Ogni settimana.

-Da quanto c’era la parola d’ordine precedente all’attuale?

-Da due giorni.

-Non vi siete insospettite di questo tempestivo cambio di parola?

-Si, molto. Infatti sia a me che a Helen è sembrato molto strano.

-Eccellente!-esclamò Sherlock, ora molto interessato:-E di solito chi da l’ordine al ritratto - è un ritratto, giusto? - di cambiare la parola d’ordine.

-Il prefetto di Tassorosso, penso. Di solito è Marianna, del sesto anno.

-Una ragazza. E’ bassa, vero?

-Come fai a saperlo?

-E’ bassa?

-Si. Sembra una tredicenne.

-E non ha connotati particolari.

-No, ha i capelli e gli occhi castani, la pelle abbastanza chiara.

-Difatti, difatti. Ora, la ragazza che cerchiamo, la colpevole, deve avere circa la tua età, o la nostra, quindi deve essere parecchio alta. Oppure è una metamorfus magus, ma a quanto mi risulta, non ce ne sono in questa scuola.

-Non può aver cambiato i connotati con un incantesimo?-chiesi.

-No, è magia troppo avanzata. Io non sono capace, e nemmeno quelli del settimo anno...-rispose lui, come se chiudesse qui l’argomento:-Molte grazie, Mary, per averci esposto il problema. Ti faremo sapere al più presto i risvolti del caso.

-Sono lieta più io che voi.-ci ringraziò lei, prima di sparire.

-Caso molto interessante, John, molto interessante.

-A me è sembrata molto carina.-dissi, rivolgendomi a Mary.

Ci fu uno sbuffo che mi offese parecchio:-Ehy!

-Le ragazze sono una-perdita-di-tempo.-scandì chiaramente, come se fossi un ritardato:-Quante volte te lo devo dire? E ora su, muoviamoci ad andare in biblioteca, così possiamo occuparci del caso!

Non credetti alle mio orecchie. Almeno avevo vinto io, per una volta.

 

(continua...)

 

Angolino della Skizzata:

Oddio, le rivisitazioni dei casi fanno pena, ma dopotutto...che ci si pò fare?

Maya

(*e potete immaginare chi è no? Sarà OOC, tuttavia...NdAutrice che guarda la biondina con astio*)

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Capitolo 5
*** Di furti, fratelli e di gelosia - Parte 1 ***


A tutte le 8 persone che seguono (tranne qualcuno, che commenta sempre) guardate che le recensioni qui non mi fanno schifo ^.^

 

Capitolo 5 - Di furti, fratelli e di gelosia

P.O.V. Watson

-Non ho capito bene cosa hai in mente.-dissi, appostato dietro una colonna, cercando di far parlare Sherlock sul suo piano. Eravamo lì da almeno un quarto d’ora, e lui continuava a fissare insistentemente il muro con ostinazione, ignorando ogni domanda.

-Ssst! Zitto e taci.-fu la risposta. Ah, che fantasia.

Sbuffai:-Zitto e taci sono sinonimi.-puntualizzare aiutava. Dava l’impressione, la vaga illusione di segnare un punto in un ipotetico tabellone, anche se non era mai vero. Sherlock era anni luce davanti a noi.

-Potresti anche applicarne qualcuno, allora.-borbottò, sempre senza distogliere lo sguardo e tendendo le orecchie.

-Dai, che ti costa spiegarmi?-tentai, tanto non avrebbe funzionato.

-Costa. Il tempo è denaro*, John.

Oh, una delle sue massime incomprensibili, ci mancava che adesso esclamasse uno dei suoi -elementare!- oppure un noiosoooo come faceva di solito:-Ah, si, perché ti fai pagare per risolvere i casi.

-Si, dieci api frizzole a giorno. Ma solo se il caso è interessante.

Risi, ma lui non si unì a me. 

-Fai sul serio?-chiesi, esterrefatto:-E come mai non hai mai diviso con me che ti accompagno sempre? Ma davvero fai sul serio?

-Faccio sul serio anche quando ti dico di tacere.

Silenzio. Sarò anche stato la Pazienza in persona, la sua reincarnazione, ma cielo...:-Santo cielo, ma che ci facciamo qui?-sbottai.

-Cerchiamo di capire come ha fatto la ladra a cambiare la parola d’ordine del dormitorio dei Tassorosso. Ho intenzione di applicare lo stesso sistema.-sussurrò, sempre concentrato verso l’obiettivo e senza rivolgermi uno sguardo.

Bé, almeno mi aveva risposto. Un passo avanti.

-E come hai intenzione di fare?

-Fammi solo vedere l’aspetto di un prefetto di Tassorosso.-disse:-Poi...

Rimasi basito, poi mi riscossi:-Hai proprio bisogno di vederlo?-cioè...eravamo lì appostati nell’attesa di un prefetto di Tassorosso?

-Si, se voglio farmi un’idea precisa di come è.

-E se sapessi descrivetene uno?

Questa volta fu lui a girarsi sbalordito:-Conosci un prefetto di Tassorosso?

-Jerry Fields, quinto anno.-dissi, sorridendo:-E’ uno degli amici di Stamford.

Pensai, in un pensiero generato dall’ignoto buco nero che si formava nella mia testa quando Sherlock mi sorrideva, che mi sarei potuto imparare a memoria la descrizione di ogni alunno passato e passante per Hogwarts solo per rivedere il luccichio che brillava negli occhi del mio amico quando si illuminavano.

-Spara, allora, mi salvi da ore di attesa.-esclamò, sorridendo. Un vero sorriso, ogni tanto.

-Ci salvo da ore di attesa.-ribattei:-Lo faccio solo per me, che ti devo sopportare! Capelli biondi, occhi castani, alto pressappoco come Stamford, pelle pallida, mascella squadrata, un po’ in carne. Voce cadenzata, vocali aperte, consonanti raddoppiate-snocciolai. Il suo sorriso di ampliò:-Ottime doti riassuntive. Grazie.

Mi aveva davvero ringraziato? Dovevo segnarmelo sul calendario. Probabilmente non avrei sentito quella parola fino all’anno dopo.

-Ora mi spieghi che hai intenzione di fare?

Per la prima volta dopo mesi sembrò a disagio.

-Ehy, che hai?-chiesi, preoccupato.

-Ok, te lo dico.-disse infine:-Sono un semi-Metamorfusmagus.

-COSA?!?-esclamai.

-Ehy, abbassa la voce.-mi rimbeccò.

-Cosa?!?-ripetei sottovoce, avvicinandomi al suo orecchio. Oh santo dio.

-Mia madre è una di loro, ma non sono riuscito ad ereditare completamente il talento. Sono un mutante a metà.-ammise, un poco intristito.

Devo ammettere che rimasi profondamente colpito dalla rivelazione:-E cosa vuol dire a metà? Che non puoi trasformarti?

-Posso si,-replicò lui:-Ma non completamente. C'è stato un problema nella trasmissione ereditaria.

-Cioè?-chiesi, sempre più interessato:-Trasformi la parte superiore del corpo e non quella inferiore?

-Non dire cavolate.-mi liquidò con un gesto della mano:-Le trasformazioni sono un po’ più lente. Posso modificare l’altezza, ma non l’età. Il colore ma non la forma degli occhi. E il sesso, ovviamente.

-Il sesso?

-Si.

Aggrottai le sopracciglia:-Non sapevo che i Metamofusmagi potessero cambiare sesso!

-Perché non lo fa mai nessuno.-sussurrò, ridendo dallo shock che la rivelazione stava suscitando in me:-Mia madre da giovane mutava spesso in ragazzo. Finita la scuola smise, però. Più o meno quando incontrò mio padre.

-Mi stai raccontando della tua famiglia, è da segnare sul calendario.-risposi, sorridendo:-Che altro mi dici? Dai, sono curioso. Mi sembri spuntato dal nulla, non ti riesco a vedere come lattante con un ciuccio in bocca.

-Basta, su, dobbiamo agire. E, tra parentesi, non ho mai avuto un ciuccio. I ciucci mi hanno sempre disgustato. Sono banali!

-L’ultima cosa!-pregai.

-Ho un fratello. Di cinque anni più grande.-disse, suscitando ancora sgomento.

-E’ ancora qui a Hogwarts!

-Lo so.

-Chi è?

-Mycroft Holmes, Corvonero, Prefetto, Caposcuola, primo della classe e terribile pigrone.-elencò, sorridendo. 

-I nomi chi li ha scelti?-santo cielo, tra Mycroft e Sherlock uno più difficile?

-Mia madre. Lei si chiamava Amenia.

-Che gusti.

Fece una strana smorfia:-Stai dicendo che non ti piace il mio nome?

-Oh no!-feci ritirata, bruscamente. Correre correre, soldati!:-Solo che mi sembrano un po’...particolari.

Rise della mia bugia:-Non mi offendo, tranquillo. Anche a me non piace. Ma allora, vogliamo agire? Hai detto alto come Stamford?

-Esatto.

Strinse gli occhi per circa dodici secondi. Ma ce ne misi almeno trenta per cominciare a vedere i cambiamenti. Si fece ancora più alto, i suoi bei ricci neri sparirono (no, che peccato! pensai, e poi subito dopo Insomma, John, che te ne frega?) sostituiti da ciuffi scomposti e biondi. Gli occhi azzurri divennero marroni, la pelle un poco più pallida. Non cambiò età, non poteva, ma il fatto che si fosse alzato, e che la mascella fosse diventata un po’ più squadrata lo faceva sembrare più grande.

-Sei irriconoscibile!-esclamai, ammirato.

Sorrise:-Gli assomiglio?

-Da morire!

-Allora posso andare. Tu aspettami qui.-e senza neanche lasciarmi il tempo di protestare uscì dal nascondiglio e si avvicinò ad un quadro di un grande albero nodoso. Che fosse il Platano Picchiatore?

-Oh, ciao caro.-disse l’albero, aprendo una voragine nella corteccia e facendomi sobbalzare:-Tutto bene?

-Tùtto bènne, gràzie.-rispose Sherlock, in una perfetta imitazione di Jerry Fields, con la voce cadenzata:-C’è dà cambiàrre la parròla d’òrdine.

-Oh, è già passata una settimana?-chiese l’albero.

Sherlock annuì con serietà:-La pròssima parròla è Mànico di Scòppa.

-Perfetto.-disse l’albero:-La comunicherò agli altri.

-N’n c’èddi chè.-rispose Sherlock, la e apertissima, per poi ritornare dalla mia parte. Mi fece un cenno con la mano e lo seguii. Dopo aver svoltato l’angolo cominciammo a correre e alla fine del corridoio scoppiammo a ridere. Fu difficilissimo smettere, mi mancava il fiato nei polmoni e cominciai a tossire di brutto, colpendomi il petto con le mani. Dopo esserci ripresi, sospirò:-Tutto ok, è stato semplice. Non ha visto il distintivo dei Corvonero sulla divisa.

-Bravissimo!-esclamai:-Stupefacente! Non ti ho mai sentito parlare con l’accento!

-E’ stato facile. C’è riuscita così anche la ladra.

-Cioè? C’è un’altra semi-Metamorfusmagus nella scuola?-esclamai.

-No.-ribatté:-ma di persone brave a camuffarsi ne esistono ovunque. A meno che non si usi la Polisucco, anche se dubito. E’ molto complicata da preparare e non si fa fino al sesto anno. La ragazza che cerchiamo è giovane, e ha imitato bene.

-Cioè...fammi capire. Si è travestita da Marianna e ha cambiato la parola d’ordine. Così, quando è dovuta entrare nel dormitorio non ha avuto problemi. Poi?

-Ha aperto il lucchetto del baule con un Alohomora e si è presa il ciondolo.

-Poi è uscita?

-No.-sospirò:-Sarebbe davvero strano uscire dopo essere entrati nel proprio dormitorio. E’ saltata dalla finestra.

-Però!-feci un fischio:-Agile!

-Penso di sapere chi sia.-disse, con la voce carica di aspettative.

-Wow, e che hai intenzione di fare per prenderla?

-Assolutamente niente.

 

 

(continua ... )

 

* Si, cito Fred e George...li adoro!

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Capitolo 6
*** Di furti, fratelli e di gelosia - Parte 2 ***


Avvertimenti: questa storia ha molto del Canon, del Movieverse e qualche cosa della BBC.

-Assolutamente niente.
Rimasi un attimo in silenzio.
-COSA?!?
-Ho detto che non ho intenzione di fare assolutamente niente.-ripeté, scandendo lentamente le parole.
-Ma...-ero incredulo:-Ma è un caso! Anche interessante hai detto...e...insomma! Se sai chi è perché...oddio. Non ci sto capendo niente. E' forse una persona che conosci?
-La conosco si, ma non di persona.-disse, sorridendo:-Non ho ancora avuto questo piacere. E comunque lasciami finire. Non ho intenzione di fare assolutamente nulla perché questa notte lei ha intenzione di rientrare.
-Cosa?-richiesi, il cervello impantanato nelle sabbie mobili, senza riuscire a seguirlo.
-Quella...Mary si sbagliava sul movente.-mi sussurrò, abbassando la voce:-Qui non si tratta di gelosia. Abbiamo a che fare con una ladra provetta, la probabile autrice del furto dell'anello di brillante di Cassandra Swany*.
-Ah!-ricordai improvvisamente:-Quel caso mezzo irrisolto...hai detto che sapevi chi era l'autore del furto ma che non potevi incastrarlo. Ma, se non sbaglio, l'anello è stato ritrovato sul comodino della ragazza due giorni dopo.
-Esattamente!-esclamò con tono esaltato, facendomi sobbalzare violentemente e finire a sbattere contro un'armatura. Dio volle pure che dietro quell'armatura ci fosse nascosto Lux, il Poltergeist** della scuola. Come tutti i Poltergeist adorava fare i dispetti, quindi, appena sbattei contro la scatola di metallo, quello saltò fuori facendomi cacciare uno strillo e cadere all'indietro, mentre si allontanava svolazzando e ridacchiando.
-Santo cielo, John, fai più piano!-mi rimproverò Sherlock, senza voler ascoltare le mie proteste. Quanto odiavo quando faceva così. Allora perché lo seguivo? Masochista, mi dissi:-Stavo dicendo...ricordi anche Miranda Godwell?-mi chiese lui, interrompendo il filo dei miei pensieri.
-Gli orecchini rossi.-scandii, sottovoce:-Altro caso irrisolto e gli orecchini...
-Furono ritrovati due giorni dopo!-esclamò lui, senza smettere di sorridere:-Di che casa erano Cassandra e Miranda?
-Grifondoro e Corvonero.
-E questa Mary è una Tassorosso. Non capisci, John? Torna tutto!
-Non ho capito nulla.-ammisi, incupendomi.
-La nostra ladra è una Serpeverde.-chiarì lui, contando sulle dita lunghe:-Non ruba per l'amore del tesoro, ma per l'amore del furto. Adrenalina, astuzia, infrangere le regole.-elencò:-Lei ruba delle cose per dimostrare che è capace di farlo, che è brava, che non la possono beccare. E' una ladra provetta, ha rubato un oggetto in ogni casa che non è la sua, perché farlo "a casa propria" letteralmente sarebbe troppo facile. E' alta, dei primi anni, brava a cammuffarsi. Abbiamo già molte informazioni su di lei. E questa sera tornerà nel dormitorio di Tassorosso a rimettere a posto il medaglione, per dimostrare ancora una volta ciò che lei è capace di fare.
-Quindi...-commentai, ora con la mente snebbiata:-Alla ragazza non interessa l'oggetto che ruba, ma solo far vedere che se volesse rubare un qualcosa che le interessa potrebbe farlo. Giusto?
-Giusto, John.-approvò con un battito di mani:-E ora aspettiamo la sera.


*Ho inventato il caso di sana pianta.
**si scrive così Poltergeist? E il precursore di Pix.
Angolino della Skizzata:
Ormai avrete capito tutti la soluzione. Lo so, mi faccio schifo da sola. Il capitolo è corto e io sono stata via per una settimana. Prometto che se ho tempo lo allungo.
Recensioni CRITICHE gradite
Maya

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