I need you to survive

di Sherry Jane Myers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Shoot me ***
Capitolo 2: *** Awakening ***
Capitolo 3: *** I don't want forget ***
Capitolo 4: *** You were right ***



Capitolo 1
*** Shoot me ***


I need you to survive

Gale incrocia i miei occhi e,  muovendo solo le labbra, mi dice qualcosa che non capisco. Lui deve averlo capito, perché ripete lo stesso movimento con le labbra, una, due volte. Il significato di quelle parole mi raggela, perché non avrei mai pensato di arrivare a quel punto. Certo, è più che ragionevole, anche io l’avrei chiesto e, soprattutto, avevo promesso a Gale che l’avrei fatto. Silente, ma pur sempre una promessa. Eppure tra il dire e il fare ci sono in mezzo tutti e 12 i distretti.

Sparami.

Punto il fucile. I Pacificatori, o meglio, Snow, gli faranno qualunque cosa, se capiranno chi è. E di certo, con tutte le interviste per i miei due Hunger Games, chi a Capitol City non avrebbe riconosciuto il mio “cugino”?
Gale fa una smorfia. O forse era un sorriso d’addio, ma non vedo bene. Io sto piangendo, ho la vista annebbiata e tremo come una foglia. Anche lui ha le lacrime agli occhi, mentre lotta con i Pacificatori. Il messaggio è chiarissimo: “Sparami prima che mi portino via”.
Il suo volto viene coperto dal mirino del fucile, o almeno quasi del tutto. In realtà vedo i suoi occhi, perché sto mirando giusto in mezzo.
Il colpo parte. Almeno sarà una morte veloce, penso. In quella frazione di secondo, Gale chiude gli occhi. Cado a terra. Non rivedrò mai più i suoi occhi. Mai.
Ma accade l’imprevedibile. Non so di chi sia la colpa. Mia che tremavo? O forse perché avevo la vista annebbiata? Dei Pacificatori che l’hanno spostato? Forse, prima era un po’ piegato sulle ginocchia e loro lo hanno alzato. Di chiunque fosse la colpa, non lo colpisco in testa, ma lo colpisco al petto. Giusto sotto la spalla, quel tanto che basta per non evitare il polmone, a occhio e croce. Ma come ho già detto, non ci vedo bene.
Però quella vista mi schiarisce subito le idee e mi asciugo le lacrime. Ho, come sempre, combinato un disastro. Gale si affloscia tra le braccia che un attimo prima lo trattenevano con difficoltà, ma respira ancora, pur affannosamente. Quelli, per tutta risposta, lo lasciano lì e se ne vanno. Facile la vita, ho fatto il lavoro al posto loro! Mi detesterei, se avessi tempo per farlo e se nel mio cuore ci fosse ancora posto, tra disperazione, angoscia e terrore. Altro che squadra di tiratori scelti. Perché sono così brava a difendere me stessa e così inutile per gli altri?
Devo raggiungere Gale. Non mi interessa il dislivello di tre piani, lo devo raggiungere in qualche modo. Non so come, ma mi ritrovo appigliata all’inferriata sopra di lui. Non penso di aver mai saltato così tanto in vita mia. Però, ora devo scendere di sotto, possibilmente senza cadere e senza calpestarlo, dato che giace steso a terra, ansimante. Sono quei respiri, gli stessi che hanno preceduto la morte di Rue, a darmi la forza di lasciarmi cadere.
Mi aggrappo all’inferriata del balcone su cui si trova lui. Ed è sempre con la stessa, disperata forza che le mie braccia resistono al contraccolpo, mentre i piedi penzolano nel vuoto, ed è sempre lei che mi fa coraggio e mi consente entrare anche io nella porta, lanciandomi e riuscendo perfino ad evitare di cadergli sopra, grazie all’ultimo sforzo delle mie braccia.
Rotolo di lato rispetto a lui. Non mi concedo neanche un momento per ansimare per lo sforzo. Mi fiondo subito a vedere come sta Gale, anche se è ovvio che sta male.

– Gale! –

Lui tiene la mano appoggiata sulla ferita, senza neanche la forza di provare ad arginare il flusso di sangue.

– Gale! Resisti, ora… ora ti porto da qualcuno che ti curerà, resisti, io… –

Volevo dire “ti salverò” ma mi è parso troppo eroico, dato che non ho la minima idea di dove e come portarlo. Ma non devo finire la frase, perché lui socchiude un attimo gli occhi per vedermi e poi si abbandona.

– Gale! –

Respira. Ancora. Sta ancora respirando, ma ha i respiri contati. Perdo due preziosi secondi a chiedermi quanti gliene rimangono, prima che finisca tutto. Scosto la sua mano dal petto ed inizio io a tenere premute entrambe le mani sulla sua ferita. Sento il calore del sangue contro la mia mano, sento la sua pelle fredda quando gli scosto i capelli dal volto che si è tinto di un pallore cadaverico. So che tenendogli premuta la ferita non andrò da nessuna parte, ma non ho idea di cosa fare.

– Gale, resisti, non mi puoi lasciare… ti prego… Gale, non mi lasciare… ho bisogno di te! –

Ogni traccia di qualcosa che non sia disperazione scompare. Non so da dove mi sono uscite quelle parole, ma è la pura verità. Lo bacio sulla fronte, sperando che si svegli, che mi guardi, perché non sopporterei di non vedere più i suoi occhi. O peggio, di rivederli fra i mille occhi del Giacimento, tutti ugualmente grigi, senza trovare i suoi.
Piango. Chissà cosa direbbe lui nel vedermi così. Mi ha chiesto lui di sparare, l’ho fatto. Perché ora non dovrebbe morire?
Perché sono egoista. Magari senza saperlo l’ho fatto apposta. Un po’ come per le bacche agli Hunger Games. Magari l’ho colpito al petto sperando di ingannare i Pacificatori come ho fatto con gli Strateghi, solo che non me ne sono resa conto. Cosa dirà Hazelle? E i miei amici dell’ormai perduto distretto 12? E i miei compagni di squadra, e Haymitch, e...
Le mie elucubrazioni vengono interrotte da un soffio. Alzo lo sguardo e, in piedi sulla pancia di Gale, che già fatica a respirare senza bisogno di aiuti, c’è un gatto. Non un gatto qualsiasi, ma il gatto più brutto del mondo.

–       Vattene! Stupido gatto, che vuoi fare? Non vedi che sta già abbastanza male? Scendi di lì!

Ranuncolo soffia un po’ ma obbedisce. Sarebbe stata quasi una scenetta comica. Piango su Gale, quasi cadavere e mi ritrovo davanti un gatto. Solo che non ho per niente voglia di ridere. Torno a bisbigliare, implorando Gale di non andarsene. Da quando sono così frignona?

–       Ranuncolo! –

Alzo lo sguardo e, sulla soglia dell’appartamento, c’è Prim. Sposta lo sguardo da me a Gale al gatto e di nuovo a Gale.

–       Katniss! Che cos’è successo? – chiede, agitata.

Indossa un uniforme da medico. Dev’essere arrivata qui con gli altri del distretto tredici. Si sente un esplosione, ma Prim, noncurante, si inginocchia accanto a Gale. Io, ancora scombussolata per la sua comparsa, la lascio fare. Ranuncolo mi guarda come a dire “Se il tuo amico si salva sarà grazie a me”. Non c’è bisogno di spiegazioni, Prim, è già partita in quarta. Ha perfino con se il kit medico, di quelli veri, non di quelli che danno ai soldati. Di quelli che solo i medici sanno usare.
Ricompongo mentalmente i pezzi, mentre Prim inizia ad armeggiare con i suoi medicinali, con bende, fasce e quant’altro. Chiudo gli occhi, perché ho paura di vomitare, ma non posso lasciare lì Gale. Probabilmente, Prim si è infilata fra i medici, ma Ranuncolo l’ha seguita per poi sfuggirle. Lei l’aveva rincorso fin lì e lui mi ha trovato. In fondo, se Gale sopravvivrà dovrò seriamente dovuto prendere in considerazione l’idea di scusarmi per averlo tentato di annegare, per il gioco del Gatto Pazzo e tutto il resto. È un prezzo accettabile, per salvarlo. Basta solo che si salvi davvero.

–       Non startene lì! Vai a chiamare qualcuno degli altri medici, non posso fermare per sempre il sangue! –

Io mi riscuoto e corro, seguita da Ranuncolo. Immagino che voglia assistere fino in fondo al suo trionfo. Lancio un ultimo sguardo a Gale, il mio partner di caccia. Tornerò, prometto silenziosamente. Tornerò e ti salverò.
Di quello che succede dopo, ho solo ricordi sfocati. Si sente un’esplosione, vedo dei medici. Farfuglio loro qualcosa, mentre mi sento mancare. Non mi importa se sono stata ferita di striscio dall’esplosione mentre cercavo di raggiungerli, non sono io ad aver bisogno di aiuto, ma Gale. Per fortuna, a guidare i medici ci pensa Ranuncolo. I miei ultimi pensieri vanno tutti a Gale, ma una piccola, infinitesimale parte ringrazia Ranuncolo e si appunta di rivedere la considerazione che ho di lui. Poi, svengo.

Quando rinvengo sono in uno dei letti d’ospedale di Capitol City. Strano, questa volta non sono né legata né impazzita. Una cosa strana, per i miei standard. Ma non ho tempo per rimuginarci sopra.
Dato che, oltre ad essere scottata su tutto il lato sinistro del corpo (per fortuna sono scottature lievissime, basta confrontarle con quelle dei miei primi Hunger Games) non ho riportato altri danni, mi stacco rapidamente la flebo attaccata al mio braccio e, scoperte le mie gambe stranamente solide, considerato com’erano nel momento in cui sono svenuta, corro fuori. Un unico pensiero: devo trovare Gale. Ma l’unico che trovo è Peeta.

– Ehi, sta calma. – mi fa.

Mi devo rimangiare quanto detto prima, credo di essere impazzita. L’unica cosa che so pronunciare è il nome di Gale. Devo sapere se è vivo, devo sapere dov’è, se si riprenderà, quanto ci vorrà, se tornerà esattamente come prima.
Perché Peeta ha quella dannatissima espressione? Perché mi sorride, tranquillamente? Lo so che mi vuole solo aiutare, ma quando cerca di riportarmi a letto glielo impedisco. È normale o ha uno dei suoi attacchi? Di certo non ha ingerito la pillola che gli avevo dato. Una parte di me deve tirare un sospiro di sollievo, l’altra è troppo preoccupata.

– Sta’ calma, non puoi aiutarlo, adesso. –

Vuoi tranquillizzarmi o farmi prendere dal panico? No, gradirei saperlo! Ok, faccio un respiro profondo, mi ripeto per la centunesima volta il ritornello “Mi chiamo Katniss Everdeen…” , un altro paio di respiri e finalmente riesco ad articolare:

– Come sta Gale?  –

Sarò io che sono stanca, preoccupata ed esasperata, ma una scrollata di spalle non è quello che mi aspetto. Può essere rassegnazione, ignoranza, potrebbe voler dire che è morto, che ovviamente sta bene ed io sono stupida a preoccuparmi o qualunque altra cosa. Il mio sguardo interrogativo lo costringe a parlare.

– Non ne ho idea. Lo hanno operato d’urgenza, ma è ancora in sala operatoria. –  risponde.

Dannazione. Forse preferivo la scrollata di spalle. Ora sono dannatamente preoccupata.

– “Ancora”. Da quanto è lì dentro? – chiedo.

Per un momento penso che mi odierà per il modo in cui mi interesso a lui, ma non ci fa caso. Non gli ho neanche chiesto come sta, com’è sopravvissuto, ma non ho tempo. Capirà, spero.

– Sette, otto ore. Ho perso il conto. –

Otto ore. Mi sento mancare, di nuovo. Quanto può essere grave la ferita?

– Gli hai sparato tu. – dice. Il tono d’accusa mi colpisce in pieno, e lui deve accorgersene, perché subito aggiunge: – Vero o falso? –

Molto divertente, sì, vero o falso. Cosa me lo chiedi a fare se sai già la risposta? Non so perché ma mi arrabbio con Peeta. Devo arrabbiarmi con qualcuno, se non altro per non lasciare spazio ai pensieri del tipo “Cosa faccio se Gale non sopravvive?”.

– Vero. – dico semplicemente alla fine.

Ho cercato di avere una voce fredda, ma ho ottenuto l’opposto. Sto per scoppiare a piangere. Inizio a balbettare, devo spiegare a Peeta. Non voglio che pensi che gli ho sparato così a sangue freddo.
Mi perdo qua e là, perché i ricordi sono confusi. So di avere sparato perché l’avevano preso i Pacificatori, che me l’ha chiesto lui. So di aver sbagliato mira, di avergli dato un’agonia al posto della libertà. Non proseguo sul salvataggio condotto da Ranuncolo ma continuo a singhiozzare farfugliando in continuazione che Gale respirava appena ed ero terrorizzata, insieme ad un mucchio di altri sentimenti e descrizioni che a Peeta devono importare ben poco.

– Anche io avrei fatto la stessa cosa, al posto tuo. –

Non è di grande conforto. Il fatto che anche lui avrebbe potuto sparare e sbagliare non mi aiuta, perché alla fine sono stata io. Come non importa quante persone avrebbero potuto salvarlo, perché alla fine è stata Prim. Sempre che sia davvero salvo. Poi,  Peeta sembra leggermi nella mente.

– Se sopravvive, credo che il dolore del colpo sarà ben ripagato. –

Già un passo avanti, se escludo dalla frase il “se” iniziale. Una volta ci sapevi fare di più con le parole, penso.
Poi tocca a lui raccontare, ed io ascolto, per quanto abbia il desiderio di irrompere in sala operatoria per vedere come sta Gale.
Sembra che l’esplosione che ho subito di striscio abbia ucciso la maggior parte dei medici, tranne quelli che ho distratto io. Non ho voglia di chiedere perché i medici fossero lì, ma non importa. A quanto pare, Snow è stato catturato, ma non capisco bene da chi. Da Plutarch, probabilmente. Poi penso che, se non fosse stato per Ranuncolo, che, tra parentesi, è appena scivolato nella mia stanza, Prim non sarebbe stata lì, con loro, non avrebbe salvato Gale e sarebbe morta con gli altri medici.

– Sapevi che Gale stava male? –

Probabilmente Peeta mi prende per pazza, poi capisce che parlo col gatto. Cosa che, comunque, non è del tutto normale. Ma se quelli del distretto 13 lo considerano intelligente ci sarà un motivo.
Ranuncolo fa le fusa e muove la testa come per annuire. Incredibile. Sia Prim che, forse, Gale sono stati salvati da un gatto. Ora sì che la scenetta di qualche ora prima sembrava divertente. Salvati da un gatto. La cosa più divertente è che io sono l’unica che non ha salvato. Ah, ah. Faccio una risatina, anche Peeta si unisce anche se non ne comprende bene la ragione.

– Ti prometto che d’ora in poi avrai tutti gli avanzi che vuoi. Anche il piatto intero! –

Non credo di averlo mai sentito fare le fusa, non a me, comunque, prima. Comunque sia, non ho più tempo.

– Dove vai? – mi urla Peeta.

Non rispondo perché lo sa. Devo trovare Gale. Non so cosa mi spinge a cercarlo, tanto non mi lasceranno entrare in sala operatoria. Basta pensare a come mi ha cacciato mia madre quando è stato frustato…
Ecco. Proprio lei arriva, intercettandomi. Inizia a chiedermi come sto, ma non ho voglia di rispondere. So solo di dover trovare Gale. Ad ogni costo. Mi sembra che il cuore mi stia per morire in petto. Gli ho sparato, devo sapere come sta. Devo essere sicura che non sia arrabbiato con me, che non pensi che l’abbia fatto apposta… che fine ha fatto la ragazza che lo conosceva alla perfezione, che intuiva come avrebbe reagito prima del tempo? Non lo so, ma non mi importa. L’importante è trovarlo.
Fisso mia madre, che cerca di strapparmi una parola ad ogni costo. Pronuncio interrogativa il nome di Gale e lei capisce. Nuovamente, non ho altre parole. Mi indica la direzione e corre via, poiché è richiesta altrove.
In condizioni normali non mi farebbero girare così per la zona delle sale operatorie, ma per fortuna dopo la ribellione sono troppo indaffarati per notarmi, e chi mi nota non mi dice nulla.
All’improvviso da una porta escono dei medici con una barella. Tutti si fanno da parte per lasciarli passare e io li imito. Mentre passano, intravedo il ragazzo sulla barella.

Gale
.
_______________________________
*** Post-it di Sherry***
*Sbircia nel fandom di Hunger games*
Allora! Sono Sherry, ho finito settimana scorsa "Il canto della rivolta" e tre ore dopo ho iniziato a scrivere questa fic. Chi è arrivato fin qui ha già capito che sono una tifosa di Gale, probabilmente, e quelli di Peeta mi sa che hanno già chiuso la pagina... xD
Io ci sono rimasta troppo male per il finale. Beh, me l'aspettavo, dato che se mi piace una coppia, di sicuro quella non si mette insieme... xD tifo sempre le coppie più sfortunate.
Comunque, tornando alla storia, vorrei dire che se non si spezza bene e la lunghezza dei capitoli non è uniforme non è del tutto colpa mia, perchè all'inizio non pensavo di pubblicarla e l'ho scritta come capitolo unico ^^ però se posto trenta pagine di word dubito che qualcuno arrivi in fondo, quindi ho diviso.
Vi ringrazio già ora se leggete queste righe, e ancora di più se mi lasciate una recensioncina!
^.* Sherry J. Myers

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Capitolo 2
*** Awakening ***


I need you to survive


Respira. È vivo. Gale è vivo. Grido il suo nome, ma è l’unico a non sentirlo, probabilmente. Seguo docilmente i medici perché non mi mandino via. Sembra quasi un corteo. E la cosa divertente è che finisce in camera mia. Mi sa tanto che c’entra Haymitch. O Peeta. Potevo starmene seduta e aspettare, sarebbe arrivato lui.
Lo spostano sul letto, muovendo cautamente le flebo e tutto. Tutti quei fili mi fanno impressione, ma penso che, se servono a farlo stare bene, starò ben attenta che nessuno li tocchi.
Mi butto sul letto e, seduta, mi appoggio a Peeta, mentre finiscono di trasferire le flebo da qui a lì senza un’apparente ragione.

– Ora sei più tranquilla? – chiede.

Io annuisco. Tiro un profondo respiro di sollievo e quel qualcosa che mi bloccava la gola, facendo passare solo il nome di Gale, svanisce.

– Avevo… avevo paura di averlo ucciso… non me lo sarei mai perdonato, non in quel modo. Non facendolo cadere a terra con un buco nel petto. Non dopo avergli chiesto di resistere, avergli chiesto di farlo per me, avergli tenuto le mani sulla ferita per farlo sopravvivere… sarebbe stato crudele… Come quando, dopo aver resistito per tutti gli Hunger Games, ci hanno detto che dovevamo ucciderci. Dopo aver fatto di tutto perché ti salvassi, non sarebbe stato crudele se ti avessi lasciato morire? –

Lui mi stringe forte e io non posso che essergliene grata. Tutta la tensione di quei quindici, venti minuti è svanita, però l’adrenalina è rimasta. Devo togliermi di dosso quelle paure. Gale è lì, è vivo. Io sono abbracciata a Peeta e piango di felicità.

– Sì, ma non l’hai fatto. Tu non sei una persona crudele, su questo non ho bisogno di giocare a “Vero o falso”. – sorride – Ci ho messo un po’ per capirlo, eh? –

Io sorrido e annuisco, non gli dico che io non ne sono ancora convinta, ma mi libero dalla sua presa, per correre dietro a uno dei medici, che hanno finalmente abbandonato il letto di Gale.

– Come sta dottore? –

Tutta quella formalità non mi si addiceva, ma sono così. Quando sono al settimo cielo (o terribilmente terrorizzata come alle interviste degli Hunger games) riesco ad essere composta.
Ma la faccia del dottore mi riporta sulla terra con un tonfo. Dannazione, tutti i medici sono così seri? Ma io sono di nuovo preoccupata, la sua espressione non è positiva, ma neanche negativa. Ho beccato il medico musone, penso stizzita.

– Noi abbiamo fatto il possibile, ma ora dipende da lui. Il colpo ha danneggiato il polmone, bisogna vedere se si riprenderà del tutto. Inoltre, non abbiamo idea di come reagirà a questi sforzi.

Altro che terra. Dal settimo cielo mi schianto direttamente nel nucleo di lava. Inizio a capire come si sente Haymitch quando gli mollo una secchiata d’acqua per svegliarlo. Non riesco a pensare che Gale non si possa riprendere. Certo che si riprenderà. Certo. È sopravvissuto e non si dovrebbe riprendere? Gale si riprenderà. Gale è forte, è robusto è… insomma, è Gale. Non può farsi battere da una pallottola. Neanche se l’ho sparata io.
Il medico se ne va e io resto inebetita un istante, prima di correre al letto.
Mi accorgo che ha una strana mascherina che gli copre bocca e naso, così faccio per toglierla, ma Peeta mi ferma.

– Non toccare. Serve per aiutarlo a respirare. –

Mi stupisco che lui conosca quell’aggeggio e io no. Che l’avessero già usato su di lui?

– Fa paura. – dico io.

Peeta scrolla le spalle, ma non capisce che la paura è per altri motivi. Ho paura, ho paura che davvero non riesca a respirare da solo, che il suo polmone non si riprenda. So cosa significherebbe per lui. Non ho idea di come cambieranno le cose, dopo Snow e la fine degli Hunger games, ma saremo sempre io e lui a tirare avanti le nostre famiglie, di questo sono abbastanza certa. E senza tessere, senza ciò che mi era stato offerto come vincitrice, senza il suo lavoro nella miniera (sempre che la miniera esista ancora) non so proprio cosa avrebbe fatto. La sua famiglia è anche più numerosa della mia.

– Ma… serve solo ad aiutarlo, vero? Cioè, potrebbe respirare anche senza, giusto? –

Tutto quello che vedo nello sguardo di Peeta è dubbio e amarezza.

– Non lo so. Però non ho voglia di toglierglielo per scoprirlo, sei d’accordo? –

Io annuisco, mordendomi il labbro. Lancio un occhiata al ragazzo sdraiato nel letto e sospiro. Gale c’è la farà, ne sono certa. Gale c’è la fa sempre. Sorrido pensando che tutto tornerà come prima. Magari troverà un lavoro anche meglio di quello alla miniera, che ci permetta di cacciare insieme non solo di domenica. Saremo di nuovo i due ragazzi che si sono incontrati anni fa nel bosco.

– Il furto è punibile con la morte, Gale… – ridacchio, persa nei miei ricordi.

Peeta capisce che è meglio lasciarmi sola con lui, mentre io continuo a ridacchiare. Deve avermi preso davvero per pazza o per scema, ma poco importa. Forse lo sono.
Prendo lo sgabello su cui si era seduto Peeta e lo sposto accanto al letto di Gale. Mi ci lascio cadere sopra, per poi appoggiare la testa sul materasso del letto. Incrocio le braccia e sento gli occhi chiudersi. Ma prima di addormentarmi afferro la mano di Gale. Intreccio le mie dita alle sue, quasi aspettandomi che risponda alla stretta. Ma non lo fa, così chiudo gli occhi sussurrando “Buonanotte, Gale”.
La mattina, quando mi sveglio, lo saluto con un “Buongiorno, Gale”. Che strano, non ho avuto incubi. Però sono ancora in ansia per lui. Ho lo stomaco chiuso. Non mangio nulla tutto il giorno e bevo solo un sorso d’acqua. La cosa si ripete, diventando monotona, una terribile monotonia oppressiva. La mattina gli dico buongiorno, sto ferma tutto il giorno a parlargli, sperando che si svegli, rifiutando il cibo e accettando poca acqua. La sera arriva Peeta, che mi ha promesso di essere lì, se per caso si sveglia di notte e di svegliarmi. Io dico buonanotte a Gale e mi addormento.
Va avanti così per nove giorni. Ogni tanto passa mia madre, ogni tanto passa Hazelle, che è l’unica con cui ho ancora voglia di chiacchierare un po’. Ma poco, perché preferisco stare zitta ed aspettare che Gale si svegli. Però so che è la persona che prova la cosa più vicina a quello che provo io, e questo mi conforta. So che è per lui che lo stomaco rifiuta il cibo, e posso notare che anche Hazelle si è smagrita. Mi sembra di morire ogni volta che Gale espira l’aria, mentre io la trattengo per paura che non torni più ad inspirare. Ma per fortuna lo fa regolarmente, anche se non mi piace il suono che fa respirando in quel coso che ha sulla faccia. Beh, non quanto mi snervi il “Bip, bip” regolare della macchina che controlla che il cuore gli batta, anche se è meglio che continui a fare bip. Ogni tanto, se mi distraggo, mi viene il panico perché non mi accorgo di uno di quei bip. Ma quello dopo arriva sempre. E menomale, altrimenti probabilmente si ferma il mio, di cuore.

– Mi fa paura con quel coso sulla faccia. – ho detto un giorno ad Hazelle.

E non era solo la maschera a spaventarmi. Forse era il fatto che, nonostante il passare dei giorni, il pallore che si era fatto strada sulla faccia di Gale era ancora lontano dal poter essere definito anche solo vagamente rosaceo.

– Appena si sveglia se lo leva da solo, sta’ tranquilla. – ha replicato lei.

Mi viene da sorridere. Forse lo conosco ancora un po’, perché ho pensato la stessa cosa.

– Già, l’ho pensato anche io. –

Poi passano i medici, mia madre, Prim. Soprattutto Prim, che è preoccupata. Un po’ per Gale e un po’ perché potrebbe essere colpa sua se muore, potrebbe aver sbagliato qualcosa. Io le dico che non ha sbagliato proprio nulla, da oggi a quando mi ha costretto a tenere Ranuncolo. Ogni tanto mi sembra che lasci indietro i vent’anni di crescita accelerata e di saggezza extra che si è procurata, tornando ad essere la Prim del giorno della mietitura, la mia paperella.
La decima mattina sono praticamente uno scheletro. Non peggio di come sono tornata dagli Hunger games, ma il risultato è più o meno quello. Eppure il mio stomaco rifiuta tutto. Mi hanno anche provato a fare dei controlli, ma io non mi scollo da Gale.

– Buongiorno, Gale – dico.

Peeta se ne accorge e fa per lasciarmi sola. Non mi dice nulla e so che Gale non si è svegliato nella notte.

Io annuisco e lui se ne va, mentre torno alla mia posizione abituale.

– Gale… – sussurro, triste. Sento che mi sta per venire da piangere.

Lo guardo e gli sposto i capelli dalla fronte. Ha la stessa espressione da dieci giorni. La stessa, identica, inquietante espressione.

– Gale… perché non ti svegli? Ho tante cose da dirti, tante domande da farti…

Niente. Nessuna risposta. Eppure io ne ho tante da dargli e ancora di più da chiedergli. Resto lì, ferma a fissarlo. Uno, due, dieci, venti minuti. Forse di più. Passa Prim ma non dico nulla e lei se ne va. È la prima volta che tratto così mia sorella. Ed è quando esce che mi metto a piangere a dirotto, formando una chiazza che si allarga sulle coperte di Gale. Cerco di smettere di piangere con tutte le mie forze e quando ci riesco decido che deve essere arrabbiato con me. O qualcos’altro, comunque, perché non può davvero non essersi ancora svegliato.

– Dai. Sputa il rospo, c’è l’hai con me, vero? So di essere stata un’emerita imbecille e una totale inetta, ma dimmi qualcosa! Se continuo così finirò come Haymitch, se non peggio. Se mi odi mi sta bene e hai tutte le ragioni! Ma svegliati, ti prego, svegliati… Se non per me, fallo per tua madre, per i tuoi fratellini, anche solo per te stesso… voglio solo vederti aprire gli occhi, vedere che stai bene. Ti prego, apri gli occhi e guardami…

Mi chiedo cosa diamine sto facendo. Ah, sì, sono sicura che se la ride della grossa. Uh, divertente, sì. Vedermi qui a piangere e a preoccuparmi mentre magari lui sta benissimo e si è messo d’accordo con Peeta per non svegliarmi la notte. Non è da lui, ma non so più cosa pensare. So solo che non gli lascerò la mano finché non aprirà gli occhi. L’ho giurato a me stessa.

– E possa le buona sorte… – sussurro, dandogli un bacetto sulla fronte e stringendo forte la sua mano.

Vorrei baciarlo davvero. Come dice lui, quando sta male ho l’impulso di baciarlo. Ma quella maschera me lo impedisce. Stupida maschera, mi chiedo se lo stia davvero aiutando.
Sento qualcosa. Sento che qualcuno risponde alla stretta della mia mano. Ci metto un attimo a credere che sia davvero lui.

– Gale! – urlo.

La gola mi fa male all’improvviso per aver alzato troppo la voce. Dopotutto bevo pochissimo da giorni. Anche Gale si sforza di parlare, nonostante la raucedine e la gola sicuramente secca.

– Essere… sempre a tuo favore… –

Io scoppio a ridere. Nonostante le sue condizioni, ha perfino imitato l’accento di Capitol City! Smetto quasi subito, perché lui, a fatica, riapre gli occhi. I miei diventano lucidi e lui sorride. Tra le lacrime, continuo a ripetere il suo nome e a ringraziarlo. Lo ringrazio per non avermi lasciata. Lo ringrazio per avere lottato per rimanere e per svegliarsi. Lo ringrazio di tutto quello che ha fatto nella vita per me, dall’insegnarmi le tecniche di caccia a salvare Prim dalla distruzione del distretto 12. Dovrei avvertire i medici, ma non lo faccio. Voglio stare con lui ancora un po’.
Lui fa la parola “Acqua” con le labbra. Cerco subito una delle bottigliette che hanno provato a farmi trangugiare in questi dieci giorni, prendo un bicchiere dalla pila che si è ammonticchiata accanto alle bottiglie. Poi però esito un attimo.

– Devo toglierti la mascherina, per dartela. C’è la fai a respirare lo stesso?

Un’altra volta mi avrebbe risposto a tono, me lo dice il suo sguardo. “Credi che non sappia più neanche respirare?” mi avrebbe detto. Ma sa che mi sto preoccupando per lui e, come me, è troppo stanco, anche per una lite amichevole a colpi di prese in giro. Annuisce debolmente. Io appoggio il bicchiere. Gli sollevo il capo cercando di non fargli male mentre gli sfilo la mascherina. Sto attenta a come reagisce lui, ma continua a respirare senza problemi. Mi fa effetto sentirlo respirare quasi normalmente, anche se continua a sembrare un po’ affannato, dopo giorni che sento quel rumore distorto proveniente da quella maschera.
Mi rendo conto che è troppo debole per muoversi più di tanto e che già stringermi la mano deve essere stato faticoso, così prendo il bicchiere e lo aiuto io a bere.
Quando ha avidamente trangugiato tutto il bicchiere gli riappoggio il capo sul cuscino. Fa davvero impressione vederlo così… indifeso, è la parola giusta. Ho conosciuto un Gale sempre pronto a tutto in ogni caso ed è strano vederlo così debole.

– Chi è che ha avuto l’idea di mettermi quella cosa sulla faccia? – chiede.

Io mi metto di nuovo a ridere. Ha ancora la voce roca, ma parla meglio ora che ha bevuto ed è senza mascherina. Che bello. È vivo, si è svegliato e sta bene. Ringrazio il cielo di non averlo ucciso, alla fin fine.

– I medici, ma non l’abbiamo tolta perché tua madre ha detto che avresti fatto da solo appena ti fossi svegliato! – rispondo io, anche se non era una vera domanda, la sua. – Come ti senti? – chiedo, tornando seria.

Lo fisso dritto negli occhi e penso che potrei buttarmi sopra di lui ed abbracciarlo, se non fosse che probabilmente gli farei nuovamente sanguinare la ferita. E non ho intenzione di dargli una scusa per dormire altri dieci giorni.

– Ho avuto giornate migliori… ma a parte la stanchezza e il buco nel petto sto bene. –

Mi morsico il labbro, mentre lui si accorge di aver detto qualcosa che doveva essere suonata male alle mie orecchie. Trattengo le lacrime a stento. Voglio fargli vedere che sono forte.

– Scusa… io… –

Ci zittiamo entrambi, perché l’abbiamo detto insieme. Gli faccio cenno di parlare per primo.

– Non intendevo dire che sono arrabbiato con te. Non lo sono, infatti. Ma mi hai chiesto come stavo e te l’ho detto. Doveva essere una battuta. –

Fantastico, ho gli occhi lucidi. Viva me e il mio autocontrollo.

– Dovresti essere arrabbiato, invece. Guarda come ti ho combinato. Non sono neanche stata capace di fare quello che dovevo. – dico.

– Però adesso non sarei qui, ma sottoterra, se l’avessi fatto. – commenta lui.

Resto un po’ zitta. Voglio capire come sta davvero. A lui non piace lamentarsi troppo. Però mi sa che la ferita gli fa davvero male. Voglio sapere davvero se gli ho fatto così male.

– Gale…? – faccio. Lui mi guarda attento. – Quando ti ho colpito… ti ho fatto molto male? Dimmi la verità, ti prego. –

Verità. Esita perché pensa che io starò male per le sue parole o perché sembrerà che si stia lamentando? Io devo saperlo. Devo sapere perlomeno cosa gli ho fatto.

– Beh… all’inizio pensavo di morire sul colpo lo stesso, perché faceva male, ma ho iniziato a perdere conoscenza quasi subito. Non mi accorgevo più molto neanche della ferita. So che sei arrivata da me, mi hai chiesto di resistere e io l’ho fatto. Poi sono svenuto.

Io annuisco, in silenzio. Di tutte le cose che devo chiedergli e dirgli, non so dove iniziare. Se non altro, è stato sincero. È questo il bello di Gale. Se glielo chiedi riesce ad essere serio. Sa quando può scherzare e quando è meglio parlare tranquillamente.

– Sei stato svenuto tutto il tempo? – chiedo.

Beccato. Gale non può avere segreti con me. Scuote la testa rassegnato. Io lo becco sempre. Una delle poche cose che riesco ancora a fare.

– Perché non mi hai detto niente? A me o a Peeta. Ero preoccupatissima! Non sapevo più cosa fare e tu eri sveglio! –

No, non volevo dire questo. O meglio, fino al punto di domanda lo volevo dire. Non voglio litigare, ora che si è svegliato. Voglio dimenticarmi tutto, tutti i miei e tutti i suoi errori. Vorrei non avergli urlato contro per la cosa dei pass-pro. Vorrei non averlo mai lasciato per gli Hunger Games, vorrei non aver sbaciucchiato Peeta in TV per settimane. Vorrei, vorrei, vorrei. Vorrei essere scappata con lui nella foresta. Non avrei mai saputo che Primrose Everdeen sarebbe stata estratta. Peeta l’avrebbe protetta, lo so, e forse sarebbe tornata a casa con lui come ho fatto io. Ok, è una visione molto ottimistica. Ma lo vorrei. Perché la nostra amicizia si è incrinata? Lo sappiamo tutti e due che è così. Non mi sento più così libera con lui. Di solito, insieme a Gale potevo essere me stessa. Dirgli tutto. Ora mi sembra di essere un po’ limitata. Cavoli, vorrei non essere mai andata a Capitol City.

– Non ci riuscivo, d’accordo? Ero troppo stanco per parlare. Sai, è un po’ difficile, se ti metti nei miei panni. –

Rimango zitta. Non volevo urlare, non so cosa dire. Mi sa che è solo colpa mia. Come sempre, Gale da voce ai miei pensieri.

– È cambiato tutto. Dannazione. Dovevo offrirmi al posto di Peeta a quella stramaledetta mietitura. Dopo che sei andata lì è cambiato tutto. – Sospira. – Vorrei che le cose tornassero come prima. Vorrei essere di nuovo il tuo migliore amico. –

Io scuoto la testa. Lui mi guarda con un’espressione indecifrabile. È ovvio che reagisca così. È stato il periodo migliore della mia vita, nonché il periodo senza Peeta. E io gli ho detto di non rivolere indietro quei momenti.

– Io non vorrei, invece. –
_________________________
***Post-it di Sherry***
Ecco la seconda parte del finale ^^ spero vi piaccia!
Povero Gale, giàà mezzo distrutto di suo, ora Katniss gli dice pure che non vorrebbe che tornasse ad essere il suo migliore amico... Ehi, fan di Gale, non scappate! Sono una di voi! xD
Vabbè! Ho deciso che la storia avrà un altro capitolo più l'epilogo. Volevo fare tre parti, ma preferisco tenere l'epilogo separato e non volevo postarvi 17 pagine in una volta sola ^^
I ringraziamenti:
Grazie a chi ha recensito lo scorso Chappy! Alicous, Sheeiren_Black 22 e CatnipEverdeen! ♥♥♥ grazieeeee!!
Grazie a chi ha messo la storia tra le seguite: CatnipEverdeen, Cla998 e DarlingAry!! ♥Grazie 1000!!!♥
Grazie di nuovo a Cla998, che ha messo la storia anche nelle preferite!!
Poi, anche se forse dovevo metterlo nel primo capitolo, voglio ringraziare in modo particolare CatnipEverdeen, che mi ha incoraggiata a pubblicare nel fandom e che mi ha lasciato la prima recensione! ^^ arigatò!
Grazie anche solo a chi legge e basta!
^.* Sherry J. Myers

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Capitolo 3
*** I don't want forget ***


I need you to survive


Ora Gale sembra veramente a disagio. Non capisco neanche io perché faccio così. Ci devo girare in torno, parto da lontano.

– Perché? Credevo che ti piacesse cacciare con me. Era per sopravvivere, ma era molto… piacevole, ecco. –

Mi dispiace farlo stare così. Sarebbe già andato via se avesse potuto. Ma non può, bloccato nel letto. Devo fare qualcosa. Tra noi due c’è una specie di muro, o meglio, una voragine. E visto che l’ultima volta che siamo stati separati da una voragine gli ho sparato, la situazione non mi piace un granché. Sono dal suo lato destro e la ferita è a sinistra, così mi arrischio. Appoggio la testa sul suo petto, lentamente e stando bene attenta. Lui non dice niente. È bello sentirlo respirare, dopo tutto lo spavento che ho preso negli ultimi giorni. È il rumore che più mi ricorda i boschi, l’unico che non riuscivo mai ad escludere totalmente durante la caccia insieme. Adesso stiamo respirando insieme, allo stesso ritmo.

– Sì, era bellissimo. Quei giorni sono i migliori di tutta la mia vita. Io, te e il bosco. Però… tornare a quei giorni significherebbe perdere quello che è successo in mezzo. Doverlo dimenticare.

E poi dico che è Peeta quello bravo a parlare. Ho cercato di calmare Gale, ma nella sua voce cambia qualcosa e non in bene. È come se si fosse incrinata quella maschera di impassibilità che ha di solito.

– Cosa c’è che non vuoi dimenticare? Gli Hunger Games? La rivolta? La distruzione del distretto 12? – Fa una pausa prima di terminare – Oppure… Peeta?

Ah, ecco il nocciolo della questione. Mi sento un po’ sollevata per essere arrivata dove volevo. O almeno sulla strada giusta. Gale ha girato la testa dall’altra parte. Sono quasi arrabbiata. Ha meno autostima di Peeta ai suoi primi Hunger Games.

– Non ti passa per la testa che magari… che magari quello che non voglio dimenticare sei tu? –

Sembra che gli abbia tirato un pugno come quello che mi assestò Clove al festino, perché si zittisce. Lo so che non se l’aspettava. Pensava che io fossi pazza di Peeta. Beh lo ero, credo. Non proprio pazza, ma pensava che mi sarei messa con lui. E lo pensavo anche io, più o meno. Beh, non ricordo esattamente cosa ne pensavo, al momento.

– Che magari… che magari non voglio metterci una pietra sopra perché significherebbe… significherebbe che non mi hai mai baciato, che non mi hai mai detto che mi ami… –

Ora stiamo tutti e due zitti, ma è un silenzio diverso da prima. Questo è un bel silenzio. È il silenzio che c’è nei boschi quando cacciamo. E quando riesco a concentrarmi fino a sentire io il suo cuore e lui il mio, sento che è tutto lì. Tra me e lui. Tra di noi.

– Davvero? – chiede.

Non è un davvero. È un “Davvero hai scelto me? Perché hai scelto me e non Peeta?” So che si aspettava che scegliessi lui. È la cosa più normale. A parte quando l’hanno depistato, è sempre stato lui a prendersi cura di me. A scacciare i miei incubi. A tenermi per mano sui carri, mentre ci avviavamo agli Hunger Games. Eppure ho capito una cosa, giusto dieci giorni fa.

– L’ho capito… l’ho capito quando ho premuto quel grilletto. Non so, è stato come se… come se il mio corpo si rifiutasse di ucciderti sul serio. – Lui ha l’aria ancora più interrogativa. – Io… ho capito che riuscivo ad accettare la morte di Peeta… ero pronta ad accettarla, per il suo bene, quando gli ho dato quelle bacche, quando gli ho dato il mio morso della notte… – faccio un’altra pausa. – Ma non riuscivo a sopportare la tua. Nonostante tutto, sapendo che era la cosa giusta da fare per evitarti di venire torturato da Snow… non c’è l’ho fatta. Non ho potuto lasciarti andare. –

Lui sorride. Ora abbiamo entrambi le lacrime agli occhi. Era vero. Pur a malincuore, sapendo che era la cosa migliore ero pronta a veder morire Peeta. Con Gale non ci sono riuscita. Nonostante tutto, nonostante avessi visto cos’era successo a Peeta. Non ho resistito all’idea di vivere senza di lui. Gale alza il braccio libero dalle flebo, lo tira fuori dalle coperte e mi abbraccia. Lo ringrazio mentalmente per quella stretta. Tanto, lui capisce lo stesso. Lui mi capisce sempre. Mi chiedo se davvero siamo mai stati solo migliori amici. Probabilmente sì, ma non ci si ricorda mai nei dettagli ciò che si pensava prima, quando si cambia idea.

Dopo un po’ mi sciolgo dolcemente dal suo abbraccio.

– Credo di dover chiamare i dottori per dirgli che ti sei svegliato. – dico.

Lui annuisce, mentre io fisso con aria di sfida il pannello di bottoni accanto al suo letto, mentre cerco di trovare quello giusto. Mentre un campanello sta squillando da qualche parte, mi giro verso Gale.

– Ti amo, Gale. Ma tu lo sai, giusto? –

Detto questo lo bacio. E decido che questo è davvero il mio primo, vero bacio. Perché amo Gale, non ho più dubbi.

Arrivano i dottori, ed a quel punto la stanchezza ha il sopravvento. Mi abbandono sul letto, mentre sento Gale protestare perché i medici vogliono rimettergli la mascherina. Penso che non gli piace quasi quanto non piace a me, poi cado in uno stato di dormiveglia in cui rimango finché un medico non mi riscuote. Riesco a dedicargli quel po’ di attenzione che mi rimane per sentire cos’ha da dire su Gale e poi non lo sento più, quando inizia a propormi di fare degli esami. Lo lascio con una scusa, perché, barcollando, devo andare a dire agli altri che Gale sta bene e che si è svegliato. Prima di tutto ad Hazelle, ai fratellini e alla sorella di Gale, poi dovrò dirlo anche a Peeta, a mia madre e a Prim, che è preoccupatissima. Gli altri me li ricorderò dopo, se ci sono. Sono troppo stanca più o meno per qualsiasi cosa, ma non posso mollare adesso. Ho resistito nove giorni e resisterò tutto il decimo.
Quando busso alla camera di Hazelle, non riesco a dirle nulla perché mi costringe a sedermi e a bere un the. La ringrazio, ma sono di fretta. Le dico tutto così velocemente che devo ripeterglielo due volte, ma sono sicura che anche solo per il fatto che mi avesse visto fuori dall’ospedale avesse significato per lei che Gale stava bene. Poteva anche essere morto, ma so che avrebbe notato che mi comportavo in modo totalmente diverso. Non sarebbe mai riuscita a farmi bere neanche un sorso di the, né tantomeno a farmi sedere. Devo avere un’espressione euforica sul viso. Stanca, ma euforica. Poi arriva subito il fratellino più piccolo di Gale, che mi chiede come sta il suo fratellone. Gli rispondo che sta bene e lui chiede subito alla madre se può andare a trovarlo. Lei, che ha notato la mia spossatezza, gli dice che probabilmente Gale sarà stanco e che magari andranno da lui domani. La ringrazio con uno sguardo e dice che ci penserà lei ad avvertire mia madre e Prim. La ringrazio di nuovo, poi mi avvio per tornare nella mia stanza d’ospedale.
Vedo che Gale si è addormentato. I medici, in un modo o nell’altro, gli hanno rimesso la mascherina. Penso che di sicuro gli hanno iniettato qualcosa per farlo dormire, per riuscirci. Ne approfitto per buttarmi anche io sul letto, ma non prima di avergli dato un veloce bacio in fronte. Sento che si muove un po’ dopo che l’ho baciato. Sorrido, mentre gli occhi mi si chiudono e per un attimo rimpiango di non aver capito prima che aveva ragione, per aver considerato fredda la frase che aveva detto a Peeta giorni fa. Lo guardo un altro momento e chiudo gli occhi.

Mi sveglio tormentata dai soliti incubi. Quando spalanco gli occhi, la stanza è buia e le luci sono spente.

– Sei sveglia, Katniss? –

Peeta mi sta tenendo la mano. Io, spaventata, la sottraggo subito alla sua presa, mentre annuisco. Mi accorgo che c’è rimasto male, ma si riprende subito, sospira e prima che io riesca a scusarmi scuote la testa.

– Hai fatto la tua scelta. Vero o Falso? – chiede, anche se non è una vera domanda.

Mi dispiace, perché glielo leggo negli occhi che ci sta male. Mi ha amato tutta la vita e io l’ho rimpiazzato con Gale, che non ha mai mostrato molto interesse per me, fino a qualche tempo fa. Ma mica posso dargli false speranze. Sarebbe come dare ragione a quello che mi ha detto la prima volta che abbiamo parlato dopo essere stato depistato.

– Peeta, senti… –

Lui mi mette una mano sulla bocca. Non faccio nulla per impedirglielo.

– Non importa. Sai che non importa mai… Di innamorato sventurato nel distretto 12 ci sono solo io, mi sa… –

Questo fa male. Lo so, l’ho ingannato tutto questo tempo. Io sono sopravvissuta grazie a lui agli Hunger games. Lui mi ha dato quel panino, forse mi ha salvato la vita quella e molte altre volte. Sposto la sua mano dalla bocca.

– Peeta, so che… che è come se ti avessi ingannato. Mi hai salvato la vita mille e più volte, con quei panini, agli Hunger games… E adesso devo sembrarti un’ingrata cosmica. – sospiro, ho le lacrime agli occhi. – Ma anche Gale ha fatto tanto. Mi ha insegnato a cacciare, a piazzare le trappole, si è occupato della mia famiglia mentre non c’ero, ha salvato Prim e mamma dalla distruzione del distretto 12… – Peeta sta guardando dall’altra parte. Io gli metto una mano sulla sua. – È stato il mio cuore a scegliere. Mi dispiace di averti fatto sperare che per noi ci fosse un futuro, ma non posso dirti di avere rimpianti per quello che provo per Gale. Quindi, vero. –

Lui scrolla le spalle. Mi sorride, triste. Io non ho più nulla da dire. Anzi forse una cosa c’è l’ho, ma prende prima lui parola.

– Non importa. L’ho sempre saputo. Puoi avermi baciato cento volte più di lui, ma te lo si leggeva in faccia. Anche quando litigavate, tu ci stavi molto peggio che per quando litigavi con me. E ho visto come lo guardavi sempre e come lo guardavi mentre stava male, prima, o quando lo hanno frustato. – Sospira. Io vorrei dire qualcosa, ma lui riprende – Quando è stato il mio turno, tu hai sempre cercato di essere forte. Con lui invece eri te stessa. –

Si alza, lasciandomi un vuoto nel petto. Ho davvero fatto tutte queste cose? L’ho sminuito quando gli ho detto che ha una memoria notevole. Non ho niente di cui scusarmi, eppure mi dispiace. Anche lui è stato importante. In fondo, mi sono data alla caccia dopo aver visto, grazie a lui, quel dente di leone. In un certo senso, si può dire che ho incontrato Gale grazie a lui.

– Aspetta! – dico io, prendendolo per un braccio.

Sono scattata a sedere e ho trascinato con me le coperte, mentre un piede sta già toccando terra, pronto a sostenermi nel caso debba prendere una rincorsa.

– Non voglio che tu esca dalla mia vita. Anche tu sei una persona a cui tengo. Voglio che restiamo almeno amici, se non mi odi troppo. –

Lui mi guarda e sorride. Dove diavolo lo tira fuori un sorriso così, quando ho appena infranto i suoi sogni? Forse ritenermi il suo “sogno” è esagerato, ma non ha negato di avermi amato tutta la vita e soprattutto di amarmi ancora. Però sorride.

– Amici va benissimo. Grazie Katniss. – dice e scivola via dalla mia stretta.

Sorrido. Sono felice che mi abbia capita. Non posso e non voglio cambiare ciò che prova il mio cuore per Gale. Ma se lui riesce ad accettare che restiamo solo amici, io sto benissimo. E spero che anche lui stia come me.

____________________________________________

***Post-it di Sherry***
Eccomi ^^ sono un po' in ritardo, ma eccomi! (Tanto non mi aspettava nessuno xD)
Beh, io avevo avvisato... e nonostante abbia provato a fare suspence, tutti hanno capito, più o meno, cosa stava dietro all "io non vorrei" di Katniss.
Ebbene, a voi la parola. Spero vi sia piaciuta ;) Al prossimo e ultimo capitolo, l'epilogo!!!
I ringraziamenti:
Grazie a chi ha recensito lo scorso Chappy! Cla998, Sheeiren_Black 22 e CatnipEverdeen! ♥♥♥ grazieeeee!!
Grazie a chi ha messo la storia tra le seguite: CatnipEverdeen, Cla998 e DarlingAry!! ♥Grazie 1000!!!♥
Grazie di nuovo (è la seconda volta che lo scrivo xD) a Cla998, che ha messo la storia anche nelle preferite!!
Grazie anche solo a chi legge e basta! (però una recensioncina fa sempre piacere... xD)
^.* Sherry J. Myers

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Capitolo 4
*** You were right ***


I need you to survive

Gale fu dimesso dall’ospedale qualche settimana dopo, con suo grande sollievo. Ora fa una faccia divertentissima ogni volta che ripensa a quella mascherina che gli mettevano addosso. Quando siamo usciti sembrava una festa. C’è voluto tutto l’impegno mio, di Prim e di Hazelle per far sì che i fratellini non lo distruggessero. E altrettanto ce n’è voluto per costringerlo a seguire le istruzioni del medico, anche se un paio di volte l’ho portato lo stesso a caccia. Dopotutto, si sa che l’aria dei boschi è salutare, no? Però confermo la bravura dei medici di Capitol city. A ricordare l’incidente è rimasta solo una cicatrice, che tra le altre cose i chirurgi si erano anche offerti di rimuovere. Già, penso che, ricordando gli standard di Capitol City, il rifiuto di Gale sia stato considerato un’utopia. Ma chi poteva biasimarlo? Dopo essere stato a letto per tre settimane, voleva andarsene il prima possibile. Gli ultimi giorni era davvero insofferente. Ora sta benissimo, il punto dove l’ho colpito non gli fa più male, neanche un po’ a sentire lui. Io sono un po’ scettica, ma fin ora non l’ho ancora colto in fallo, quindi mi fido.

Per un po’ abbiamo fatto spola tra il distretto 13 e Capitol City. Ma i boschi non ci soddisfacevano. Noi volevamo i nostri boschi. Il distretto 12 è ancora un cumulo di macerie, ma ci stiamo dando da fare. Non diventerà un luogo dimenticato da tutto e da tutti come lo è stato il 13, né il sito di qualche tour sulla ghiandaia imitatrice. Tornerà ad essere il caro, vecchio distretto 12. Ogni tanto mi chiedo se cambierà qualcosa, se resterà “il luogo migliore per morire di fame in tutta sicurezza” o Diventerà qualcosa di diverso. Però sia io che Gale siamo d’accordo su una cosa: sarà sempre casa nostra. È stato un lungo lavoro, ma hanno contribuito in molti, e non solo quelli del nostro distretto. Sembra che, fra tutti i distretti, ognuno abbia deciso di darci una mano. Sono rimasta commossa. Tutti i distretti, nessuno escluso. Anche quelli i cui tributi sono stati vittime mie o di Peeta agli Hunger games. Abbiamo iniziato dal Giacimento, ma per un po’ abbiamo dovuto vivere tutti nella zona delle case riservate ai vincitori. Ora il risultato è che abbiamo rimesso in piedi quasi del tutto il Giacimento. “Ora” significa molto tempo dopo l’inizio dei lavori.
Se pensiamo a quanto stiamo facendo per questo posto, da cui una volta volevamo scappare ad ogni costo, io e Gale scoppiamo a ridere. Ma Capitol City non fa per noi, non abbiamo voglia di farci tatuare tutte le mattine il programma della giornata e quanto agli altri distretti… beh, c’è da dire che non se la passano molto meglio del dodici. E comunque, c’è qualcosa di diverso. Il clima di quei distretti potrà essere più calmo, più pacifico, i distretti potranno essere mille volte più puliti e ordinati ed i boschi potranno essere molto più redditizi. Ma non saranno mai i nostri boschi.

Mamma e Prim invece stanno benissimo, sia a Capitol City che nel distretto tredici. Insomma, ovunque ci sia qualcuno da curare, loro si adeguano. Però ogni tanto passano ancora di qui. Ranuncolo sembra aver deciso che mi può sopportare, perché a quanto pare adora Gale anche più di Prim. Non lo capirò mai, quello stupidissimo gatto. Credo che Gale abbia scoperto di essere allergico al pelo di Ranuncolo, cosa buffissima perché non ha mai avuto problemi con i felini, nei boschi. Però, un po’ mi infastidisce, questa cosa: per quanto bene lo tratti adesso, continua a detestarmi. Allora io sono tornata dell’opinione che sia uno stupido, stupidissimo gatto. Ma ho promesso a Prim che me ne sarei presa cura. In realtà lascio fare tutto a Gale, perché, nonostante qualche starnuto, sembra andarci d’amore e d’accordo. Ho deciso che è una specie di congiura, ma ci ho fatto l’abitudine.

Quello che secondo me c’è rimasto peggio è Peeta. Ogni tanto lo becco con un’aria triste a sospirare. Credo di piacergli ancora. Ma credo anche che si sia rassegnato, più o meno. Fissa sempre me e Gale con un’invidia infinita, quando stiamo insieme. Ho provato a coinvolgerlo ogni tanto, proponendogli di cacciare, ma Gale diventa insofferente perché fa scappare tutte le prede, ed io, anche se lo nascondo meglio, non sono da meno. Abbiamo sospeso le uscite di caccia con lui, anche perché ho ancora i segni del suo primo (e, spero, ultimo) tiro con l’arco. Per ora ci limitiamo a contenere le dimostrazioni d’affetto in sua presenza e tiriamo avanti benissimo.

Non sono riuscita a contare i morti, perché sono troppi. Sembra che, mentre ero impegnata a cercare un medico per Gale, Snow abbia sferrato l’ultima, disperata offensiva contro il distretto tredici. Purtroppo, questa volta Peeta non ne sapeva nulla, così ci sono stati molti più danni. E tra questo e il bombardamento del dodici ho perso oltre la metà di coloro che conoscevo. Madge ad esempio. Mi chiedo se l’avrebbero intervistata, dato che è stata lei a far nascere questa cosa della “ghiandaia imitatrice” dandomi quella spilla. Lei e la sua famiglia sono morti tutti, oltre a tutti coloro che abitavano con loro per aiutarli. Haymitch, altra persona cui devo moltissimo. Però, come ha commentato Peeta, è morto come avrebbe desiderato: con una bella bottiglia di vino in mano. Sembra che non abbia resistito, quando l’ha adocchiata. Non ho capito com’è morto, ho chiesto a Peeta di non dirmelo. Ma ho pianto moltissimo lo stesso. Gale, io, Prim e Hazelle abbiamo provato a stilare una lista di chi conoscevamo. Della lista, che comprendeva troppi nomi per contarli, ne sono rimasti davvero una percentuale irrisoria.

Il colpo peggiore però credo sia stato Gale ad accusarlo. Io non me ne accorsi, fin quando tornammo nel tredici dopo che Gale fu dimesso. Impegnato dai fratellini fino a quel momento, notò solo dopo che Hazelle li mise a letto della mancanza della sorella. Non ho mai legato molto con lei, ma la conoscevo abbastanza bene dalle chiacchierate con Gale e l’ho sempre considerata molto dolce. È rimasta uccisa da un’esplosione, un’esplosione utilizzata per raggiungere una zona diventata inaccessibile e per salvare altre persone. Aveva solo cinque anni. Ho sempre saputo quanto Gale volesse bene alla sua famiglia, ma vederlo piangere in quel modo mi ha davvero sconcertato. Non sapevo davvero cosa dire, per consolarlo. L’ho abbracciato, ma credo che più di me abbia potuto Hazelle. Ho visto un altro lato di Gale, quel giorno. Mi sono davvero sentita di troppo, ma lui ha voluto che restassi ed io l’ho confortato meglio che ho potuto. Anche adesso non ne parla volentieri, ma lo capisco bene.
La cosa che mi solleva di più, però, è che quando Beetee è passato a salutarci e ha tentato di parlare con Gale di armi e di trappole, lui ha scosso la testa e gli ha risposto seccamente di aver deciso di non collaborare più a quel tipo di studi. Credo che abbia deciso che il fine non giustifica più i mezzi, dopo la morte di Posy.
Dei risvolti politici me ne sono curata assai poco. Ho declinato sia la proposta dei nuovi Hunger Games della Coin (Ho pensato a tutti coloro che conoscevo: il mio staff, Caesar, tutti coloro che magari detestavano gli Hunger Games ma non potevano dirlo. E se ero ancora nel dubbio, tutte le parole di Gale pronunciate contro quei giochi mi hanno fatto ricredere) sia la mia richiesta di uccidere Snow. Ho deciso che ha già tormentato abbastanza la mia vita, senza bisogno di avere anche un fantasma a perseguitarmi.

Ora però, dopo che ci siamo lasciati dietro tutti i fantasmi della guerra, io e Gale viviamo in una bella casetta di quelle in riva al lago, senza più nessuna recinzione a separarci dai boschi. In questo preciso istante, si sono spente le urla stridule che ci trapanavano i timpani da un’oretta buona.

–       Si è addormentato? – chiede Gale.

Annuisco, buttandomi spossata sul divano, accanto a lui. Diavoli, se avessi saputo che nostro figlio sarebbe stato una tale peste…
Guardiamo qualcosa alla TV, svogliatamente. Siamo entrambi esausti. I programmi TV sono uno dei pochi miglioramenti effettivi verificatisi dopo quelli che è sono stati soprannominati “Hunger Days”  letteralmente, i Giorni della fame. C’è una buffa continuità con i Giorni bui che non è sfuggita a me e Gale.
Stufi, spegniamo la luce e andiamo in camera, attenti a fare il minor rumore possibile. Ci addormentiamo abbracciati, come sempre. Con Gale affianco, gli incubi non sono così tremendi.
Mi rigiro nel sonno, sudando freddo per la paura. Clove sta per uccidermi, di nuovo. Ho paura, anzi, sono terrorizzata.
Poi, però, sento che Gale mi stringe più forte. Clove scompare, ma non è stato Thresh a salvarmi, non questa volta. È stato Gale.
Socchiudo gli occhi e sorrido. Lui, invece, non si è accorto di nulla. Il mio sorriso si allarga ancora di più, quando la mia mente è raggiunta da un pensiero. Lo bacio su una guancia, quasi per ringraziarlo.

–       Avevi ragione, Gale. Non avevo neanche intuito lontanamente il senso della frase che dicesti a Peeta, quel giorno. Ma hai ragione: ti ho scelto perché ti amo. Ed ho bisogno di te, per sopravvivere. –
__________________________________________
*** Post-it di Sherry***
Eccoci ^^ Giunge, infin, l'epilogo. Piaciuta la frase finale di Katniss? Doptutto, è quella che ha dato nome alla storia intera ^^
Mi sono divertita un po' a scriverlo. Soprattutto i pezzi di Ranuncolo e della mascherina xD (ormai erano diventati i tormentoni della storia, non potevo lasciarli indietro xD)
Eh, sì, Katniss e Gale hanno avuto un figlio *O* Dovevo metterlo per forza xD era un obbligo!
Beh, che ne pensate? Fatemi sapere!

Grazie a chi ha recensito lo scorso Chappy! Beautydragon, Sheeiren_Black 22 e Monroe e Faithfully! ♥♥♥ grazieeeee!!
Grazie a chi ha messo la storia tra le seguite: Aryam, CatnipEverdeen, Beauydragon, Faithfully e DarlingAry!! ♥Grazie 1000!!!♥
Ri-grazie a Beautydragon, che ha messo la storia anche nelle preferite!!
Grazie anche solo a chi legge e basta! (però una recensioncina fa sempre piacere... xD)
Non è mai bello mettere il punto ad una storia. Ma sulle mie in particolare, non leggerete mai la scritta "THE END" perchè, a parer mio, possono finire le pagine di un libro, ma la storia che racconta non finirà mai!
E comunque, a quanti sperano di essersi liberati di me metto in guardia... ho molte altre storie in serbo per questo fandom ;)
^.* Sherry J. Myers

 

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