Boulevard of Broken Dreams

di SheBecameDirectioner
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Boulevard of Broken Dreams
Capitolo 1


Cara Mia,
mi manchi moltissimo e qui è veramente deprimente a volte. Ho parlato molto con tua madre e lei è d’accordo con me sul fatto che oramai tu sia grande.
In questo periodo le cose non stanno andando tutte per il verso giusto: non mi sono ancora ripresa dalla morte di Darrel, il mio unico e vero amore, i problemi con la casa, e un  po’ la mia vita in generale… Quindi se volessi venire qui in vacanza dalla tua cara zietta adorata, sei la benvenuta! Dal momento che mi sento alquanto sola, mi farebbe piacere un po’ di compagnia, anche perché date le distanze delle nostre case non abbiamo mai molte opportunità per incontrarci.
Rispondimi al più presto.
Ti voglio tanto bene, Mia, sappilo.
Zia Susan,
Londra, 15 Giugno
 
P.S.: L’unico problema è tua madre, che dice di non avere abbastanza soldi per il viaggio. Ma tu… guarda sotto il letto di tua madre…
Un bacione grande!
 
Quella mattina nella cassetta delle lettere avevo trovato la busta proveniente da mia zia Susan.
Finii di leggere la lettera con un sorrisone stampato in faccia. Nello stesso momento in cui distolsi lo sguardo, mi venne da svenire. Ma mi raddrizzai all’idea di andare laggiù da mia zia, nel Paese che amavo.
Era vero, la mamma sotto il letto nascondeva una scatola. Non sapevo cosa contenesse fino a quel momento; ebbene sì, conteneva dei soldi… Tanti soldi. Ero fuori di me, emozionatissima. Mi venne in mente mia madre e mi fiondai da lei, sprofondai tra le sue braccia lacrimando, in quel momento le dissi: «Grazie mamma!»
«Di niente, tesoro…», mi rispose lei, un po’ confusa. «Ma per che cosa, scusa?»
Mi staccai da lei, osservando i suoi ricci capelli biondi e quei bei occhi color cioccolato.
«Per farmi andare da zia Susan in Inghilterra, no?»
«Oh sì! Giusto, tesoro, me ne stavo per dimenticare», ridacchiò lei gesticolando.
«Dimmi… Oh, lo so, lo so…». Stavo per chiederle una cosa, ma lei mi interruppe.
«Vedi, Mia, il viaggio costa molto e noi non ce lo possiamo permettere», mi spiegò. «La zia mi ha proposto di pagarlo, ma mi sono rifiutata, sai… questione di orgoglio»
«Mamma, sappi che se non mi manderai laggiù mi rovinerai la vita per sempre e non ti perdonerò mai più», la minacciai.
Mamma prese la cosa come uno scherzo, ma io avevo davvero la sensazione che qualcosa sarebbe cambiato. Un cambiamento nella mia  vita che non potevo perdermi solo perché non c’erano abbastanza soldi per pagare l’aereo.
Poi  continuai con le “minacce”: «Mamma, davvero, tu non capisci. Questo viaggio potrebbe cambiarmi la vita per sempre. E lo dici anche tu che ho bisogno di conoscere persone nuove. Con la lingua inglese non ho problemi, e non dirmi che non te lo puoi permettere, perché la zia mi ha detta della scatola dei risparmi sotto al letto!»
«Mia, Dio santo!», esclama lei, scocciata e anche un po’ imbarazzata. «Hai davvero frugato sotto il mio letto?»
Era davvero adirata con me, fra poco le avrei visto anche il fumo uscirle dalle narici, come i draghi (?)
«Mamma?!», gridai io. «Ti prego, ti prego, ti prego! Farò tutto quello che vuoi! Per mesi, e se vuoi per anni! Laverò il water con lo spazzolino, mangerò le pizze bruciacchiate al tuo ristorante e…»
Ma mamma mi interruppe nuovamente, con un sospiro però.
Io continuai imperterrita. «Ma io devo andare da zia! E poi, ehm, be’, mi era… sì, mi era caduto, uhm, un calzino sotto il tuo letto, quindi…»
Non ditemelo: lo so che era una pessima scusa. Ma d’altronde si prova di tutto quando si è disperati.
«Oh, d’accordo!», esclamò lei, davvero isterica. La cosa mi spaventò un po’. «Ma sappi che dovrai venire ad aiutarmi al ristorante il venerdì e il sabato»
Dovevo accettare una simile condizione? Però, ho detto che si prova di tutto quando si è disperati. Diamine. Non poteva rubarmi i venerdì e i sabati!
Ci guardammo negli occhi – ci rendevamo conto entrambe dell’assurdità di quella discussione – e ci scambiammo un sorriso che riempì il cuore a entrambe.
 Ma quanto adoravo quella donna?
 
Da quando ebbi la bella, anzi, la fantastica notizia che sarei partita e che sarei andata da mia zia in Inghilterra non stavo più nella pelle!
Nina, la mia migliore amica, non era proprio entusiasta della situazione, ma prima o poi se ne sarebbe dovuta fare una ragione! Anche io avrei sentito molto la sua mancanza, cosa credeva?
Di lei si può dire che è la “ragazza perfetta”, ha tutto quello che si potrebbe mai desiderare: una famiglia perfetta composta da un fratello medico, una mamma buona come il pane e un padre avvocato. Per non dimenticare la villa con piscina interrata e i tre cane (Schwarzenegger, Vin Diesel e Chuck Norris) poi, non solo è ricca e fortunata ma è anche la ragazza più bella della scuola! Lei non vuole ammetterlo ma è così: ha dei bellissimi capelli biondo scuro che le arrivano più o meno a metà gomito, due occhi verdi che sembrano pietre preziose e per non parlare del fisico da modella che si ritrova, il fisico che tutte le ragazze vorrebbero, me compresa. Ciononostante è anche la mia migliore, il che non è facile, dato che il mio carattere è abbastanza insolito e difficile da gestire. Inoltre molte tizie della nostra scuola mi accusano di essere amica di Nina solo per la sua popolarità. Di solito le guardo e scoppio a ridere, un po’ dispiaciuta per la loro stupidità mentale.
Nina ed io abbiamo entrambe diciassette anni, frequentiamo il liceo artistico e siamo al penultimo anno.
In casa mia vivono il mio gatto Millo, la mia tartarughina acquatica Bimo, mia madre ed io. La mia vita non è un granché.
In questi giorni la scuola sta organizzando dei viaggi  culturali per andare in Francia, ma io odio la Francia e tutto ciò che la riguarda.
Il pomeriggio dopo la scuola andai da Nina per studiare ma come al solito non aprimmo libro e parlammo tutto il resto della giornata di cosa avrei dovuto fare, dire, mettere e tutte le cose possibili e immaginabili da fare laggiù, in Inghilterra.
Andai a casa accompagnata dalla mia bicicletta con una ruota bucata. Passando per il centro notai una ragazza e un ragazzo su una panchina, che si stavano baciando a dir poco appassionatamente davanti a tutti. Mi sentii un po’ sola in quel momento. Avevo sì avuto molti ragazzi, ma non erano mai stati davvero sinceri.
Mi avvicinai un po’, di nascosto, non so perché lo feci, forse semplice curiosità eppure c’era qualcosa che… Non so, non andava, diciamo.
Passai proprio davanti a loro.
Mi prese una specie di shock quando vidi che erano due mie compagni di scuola.
Non ci potevo credere, c’erano Amy e Liam su quella panchina! Amy era la tipica troietta della scuola, con quel suo gruppo odioso di amiche oche che la seguivano ovunque andasse. Mi chiesi appunto perché non fossero lì a due centimetri da Amy e Liam ad assistere alla scena.
Liam invece era il ragazzo più bello ed intelligente nei dintorni della scuola e, ovviamente, tutte le ragazze lo seguivano da tutte le parti. Tranne io. Non è proprio il mio tipo e poi mi fa un po’ pena, chissà come si sente ad avere tutte quelle ragazze ai suoi piedi? Be’, è sicuramente una sofferenza, girano voci che a San Valentino la sua cassetta della posta fosse stracolma di lettere d’amore e che lui le abbia bruciate tutte! Per questo, lo stimo tanto.
Dopo essermi ripresa dallo shock proseguii per la mia strada arrivando a casa verso le 6 passate.
Appena arrivata la mamma mi assalì.
«Mia, ti sei preparata la valigia? Tra soli quattro giorni hai il volo! E mica vorrai arrivare dalla zia senza niente, vero?»
«In effetti non avevo proprio pensato alla valigia...», ammetto colpevole. «Sì, mamma, tranquilla, vado subito a prepararla!», aggiunsi seccata.
Andai in camera mia e cominciai a tirare fuori roba dai cassetti. Visto che era estate presi un po’ di costumi, magliette a maniche corte, pantaloncini, due felpe, una tuta per partire e la biancheria.
Soddisfatta del mio lavoro, mi sdraiai sul letto, facendo un lieve sospiro di sollievo. Dopodiché mi addormentai.

Salve a tutti! E' la mia prima storia che scrivo qui e non sono molto pratica, ecco... non siate crudeli!
L'idea per il titolo di questo capitolo era "La Vendetta della Zebra", inventato dalla mia migliore amica (non so che le passa per la testa a quella povera ragazza!), bah... Mi stupisco anche io a volte, ma d'altro canto senza il suo aiuto non sarei mai e poi mai riuscita a perfezionare questa storia e quindi... grazie Amber! :D
Spero tanto che il capitolo vi piaccia, e... commentate anche perché se commentate mi posso perfezionare con il vostro caro aiuto. Continuerò al più presto! :)
Fawn.



 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2.

 
Dopo 3 giorni passati con la solita routine, ossia: alzarsi alle 11, fare colazione, fare la doccia, pranzare, andare da Nina, tornare a casa, cenare e andare a dormire, era arrivato il giorno. L’ aspettato, temuto e amato giorno!
In aeroporto aspettai ben due ore prima che il mio aereo partisse, avevo paura del volo… Ero a dir poco terrorizzata, fin da piccola ho questa paura. Ricordo perfettamente la prima volta che la sperimentai: io, mamma e papà dovevamo andare in Francia, a Parigi e per farlo dovevamo prendere l' aereo; in quel momento ero felicissima ma non appena salii mi venne da svenire, mi girava la testa e non capivo più nulla di tutto ciò che stava in torno a me.
Girai per i negozi di tutto l'aeroporto, non vi erano molti piccoli negozietti: una profumeria, un'erboristeria e due o tre "botteghe del vestito". Mamma mi aveva pregato di potermi accompagnare ma avevo insistito e le avevo detto di no… Ero grande abbastanza da sapere come arrivare in aeroporto e come prendere un volo, insomma tutti i film polizieschi che guardavo con la mamma dovevano servire a qualcosa. Mi pentii del mio sfacciato orgoglio subito arrivata lì, avevo bisogno di qualcuno con cui parlare, le uniche parole che sentivo erano quelle dei signori di fianco a me che spettegolavano sui fatti di cronaca e – cosa molto più gradevole – la musica del mio iPod.
Salii sull'aereo. Mi misi a sedere sulla parte destra e quindi con la vista del finestrino, di fianco a me era seduta l'unica ragazza al di sotto dei trent' anni. Aveva dei bellissimi capelli castano chiaro, raccolti in una coda di cavallo. Aveva un cartellino sulla camicia azzurra che riportava il nome, il cognome, la data di nascita e anche una piccola foto, si chiamava Elena. Anche lei ascoltava la musica ma con un volume molto più alto del mio.
Il volo durò circa tre ore, il cuore mi batteva fortissimo, ogni tanto per tranquillizzarmi parlavo con me stessa, "stai tranquilla Mia, stai tranquilla!", mi ripetevo. Arrivammo in piena notte a Londra, appena atterrammo sospirai e mi tranquillizzai. Ero arrivata! Volevo gridarlo al mondo ma… Non lo feci. Mi alzai dalla panchina da dove ero seduta e andai alla ricerca di un bar o un punto di ristoro, ero affamata, sull'aereo non ci hanno dato molto da mangiare, solo acqua, bibite e un tramezzino quasi invisibile. Cercai di avviarmi in qualche area di ristoro, cavoli!, in confronto all’aeroporto da cui ero partita quello di Londra era immenso!
Trovai un bar in fondo ad un corridoio gremito di gente che spingeva da tutte le parti. La mia claustrofobia si faceva largo nella mia mente, mi girava la testa, ero confusa dal rumore dei signori intorno a me. Camminai fino a raggiungere con fatica il piccolo bar, mi appoggiai per un secondo al bancone e poi andai a prendere una bottiglia d’ acqua e un panino, il primo che mi era capitato in mano. Mi sedetti su una panchina e cominciai a sorseggiare l’acqua. Finita la “cena” cominciai a cercare un’ uscita. Io e il mio trolley percorremmo un immenso corridoio in cui si potevano benissimo vedere le numerose uscite. Mi ritrovai più o meno dove ero sbarcata e cercai l’uscita più vicina. Sull’imponente barra di metallo c’era scritto “exit B”. Uscii dall’enorme vetrata. Volevo solo trovarmi la zia davanti che mi dicesse: “Benvenuta in Inghilterra cara!”, e che mi accogliesse con un abbraccio. Non fu così, mi ritrovai davanti dieci persone mai viste prima tutte impegnate a parlare in modo acceso al telefono. Ah, non poteva andare peggio! Io con la claustrofobia e il trolley in un aeroporto enorme!
Rientrai e cercai un’altra uscita vedevo la “exit A” e la “exit C” solo che non riuscivo a decidere. L’istinto mi diceva la A ma io non lo ascoltai e mi diressi verso la C. Davanti al portone non c’era nessuno e la cosa mi spaventò… molto! Uscii dalla vetrata e lì fuori vidi solamente tra taxi e una signora che fumava una sigaretta intenta a trafficare con il cellulare. Sembrava la zia Susan dalla corporatura che riuscii ad intravedere dallo scuro della notte. Lei si girò verso di me e le si illuminò il viso appena mi vide, io non riuscivo ancora a vedere il suo viso poiché oscurato dal buio.
Si avvicinò, io indietreggiai. Ma perché avere paura di una povera signora? Non mi aveva fatto niente di male!
-Mia, sei tu?- mi sussurrò la signora.
Mi avvicinai e appena riuscii ad intravedere il suo viso la riconobbi subito. Mi aggrappai a lei in un abbraccio.
-Oh, non sai quanto sono felice di vederti!– le dissi stringendola ancora di più.
Mi staccai da lei e poi mi chiese molto dolcemente: -Ehi, allora com’era il volo? Ti senti bene?-
Era dolcissima quando le rivolgevi la parola e quando le facevi delle domande e, in questo caso, quando lei le faceva a te.
-Sì, è andato tutto bene, non ti preoccupare. Che ne dici se ce ne andiamo a casa? Sai, in questi posti non mi trovo molto a mio agio-
-Certo tesoro!- sorrise e ricambiai.
-La macchina è da quella parte, vuoi che ti porti la valigia?-
-No, non è pesante per niente, c’è il minimo indispensabile qui dentro e poi non pesa cento chili… è solo un trolley.-
-Ok, ok, come vuoi.-
Andammo verso la macchina. Dopo circa dieci minuti arrivammo davanti ad una cinquecento rossa.
–Wow!- esclamai. – Questa è la tua macchina?-
-Sì, e non è l’ unica!- sorrise.
-Cosa?- le chiesi abbastanza scioccata.
-Lo scoprirai, non ti preoccupare.-
Abbassai la testa e mi appoggiai al finestrino.
Passammo per il centro di Londra, ma non lo vidi molto bene, ero mezza addormentata. Aprivo gli occhi a fatica, la luce che proveniva dal centro mi abbagliava di tanto in tanto. Era magnifico!
Arrivammo a casa, avevo perso la cognizione del tempo. La zia aprì un cancello automatico enorme con un telecomando minuscolo. Entrammo piano in una villa enorme, non mi ricordavo che la casa di zia Susan fosse così grande. Scesi dalla macchina, presi il trolley dal baule e seguii la zia attraversando prati e aiuole molto colorate e illuminate da piccoli lampioni a forma di girasole. Sbadigliavo in continuazione, non sapevo quanto sarei riuscita a rimanere in piedi. Per fortuna la casa era su un solo piano, non sarei riuscita sicuramente a salire le scale.
Percorsi un piccolo corridoio che portava alla stanza degli ospiti, o almeno speravo fosse così. La zia mi fece strada, arrivò davanti ad una porta verde prato, già mi piaceva. Appena entrai rimasi a bocca aperta: le pareti erano tutte verdi e i cassetti e gli armadi erano decorati con delle scritte in inglese di tutti i colori, il letto aveva il materasso ad acqua e sulle pareti vi erano dei disegni e delle fotografie di paesaggi stupendi e sul soffitto era dipinta la bandiera dell’ Inghilterra… era la camera che avevo sempre desiderato, era a dir poco magnifica!
-Ti piace?- mi chiese la zia ridendo sotto i baffi. Conosceva i miei gusti e sapeva che la avrei trovata bellissima.
- Sai che la adoro!- corsi ad abbracciarla, i suoi capelli ricci castani mi accarezzavano il viso, il suo profumo di rosa si sentiva da un chilometro ma era delizioso, adoravo mia zia!
-Ok, Mia, è ora di dormire: sono le tre di notte.- mi disse lei staccandosi dal mio abbraccio.
Annuii e cominciai a spostare le lenzuola dal mio letto, mi ci sdraiai… era una cosa pazzesca! Volevo chiamare Nina ma erano le tre e un quarto del mattino e non potevo svegliarla, lo avrei fatto sicuramente il giorno dopo.


GUTEN TAG :D! Sono tornata, yoh!, con un nuovo capitolo tutto per.. VOI! Grazie per tutte le visualizzazioni, ahah mi avete commossa, giuro :') Però non costa nulla lasciare un commentino, anche perché questa è la mia prima fanfiction o.ò Insomma, vi ho detto di non essere crudeli, non silenziosi ._. Grazie :D
SheBecameDirectioner


 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 
Boulevard of Broken Dreams

capitolo 3


La mattina dopo ero molto stanca, volevo rimanere in quello splendido letto ancora per ore e ore, lasciare che il tempo passasse e io lì… a ronfare come un ghiro. Erano le undici passate e avevo un certo languorino. Mi alzai di controvoglia e mentre ceravo di esplorare la casa mi ritrovai in cucina. Era molto grande, il colore dominante era l’arancione, i mobili del piano da cottura erano in legno antico e anche gli scaffali ed il frigorifero erano dello stesso materiale. Al centro sorgeva una penisola arancione che probabilmente faceva da tavolo – anche se in salotto vi era un tavolo lungo il doppio di quello. Ispezionai anche quella stanza e poi mi precipitai sul frigo. Era vuoto! Non poteva essere vero, ero a dir poco affamata e esigevo qualcosa da mangiare all’istante!
Alzai lo sguardo e intravidi un foglio scritto a mano. Lo presi e lo lessi:
“Buongiorno, dormigliona! In frigo non trovi nulla, mi dispiace. Io sono al lavoro torno pe le 14. Le chiavi sono nel camino se vuoi uscire e se ti serve qualcosa da mangiare o qualsiasi altra cosa, a due isolati di distanza trovi un supermarket. Spero che ti diverta! Ci vediamo più tardi Tesoro, ciao!”
Il primo pensiero che mi venne in mente fu: prendere la giacca, mettermi le scarpe e uscire di corsa a comprare qualcosa da mangiare. Poi mi fermai un secondo a pensare, non potevo uscire in tuta del giorno prima e dovevo assolutamente farmi una doccia!
Andai un bagno, accesi la musica a palla e mi immersi in doccia, mi lavai i capelli con uno shampoo alle erbe, c’erano shampoo, bagnoschiuma, balsamo e creme dappertutto. Dopo una bella mezzoretta in doccia a provare ogni singola crema o profumo che mi capitasse davanti, mi vestii: pantaloncini corti azzurri, canottiera, camicia e converse verdi.
Andai in bagno per asciugarmi i capelli ma non ne avevo affatto voglia, li legai in una coda di cavallo e uscii prendendo chiavi di casa e borsa dello stesso colore delle scarpe. Da lontano vidi un ragazzo intento a chiudere il cancelletto della villa affianco alla nostra, era biondo con una maglietta bianca, jeans rossi e scarpe alte blu. Il look mi piaceva… molto! Sembrava impacciato nel chiudere il cancello, io chiusi il cancelletto senza problemi. Mi avvicinai.
-Serve una mano?- gli dissi impacciata.
-No, posso cavarmela da solo. Grazie comunque!- incrociai le braccia e lo guardai con una faccia del tipo “tanto lo so che prima o poi mi chiederai aiuto quindi fallo ora, no?”. Lui mi guardò, alzò gli occhi e si arrese.
-Ok ok hai vinto! Mi dai una mano?- mi porse la mano, che io non accettai, andai subito al cancelletto, alle medie ho aggiustato un sacco di armadietti rotti… diciamo che ne sapevo qualcosa. Lo alzai e poi provai a spingerlo in dentro, poi lo alzai di nuovo per vedere se tutte le cose erano andate al loro posto e lo lasciai. Si aprì ed io guardai il ragazzo con aria soddisfatta.
-Non c’è di che!-
-Oh grazie, sono uno stupido! Non so nemmeno usare un cacciavite!-
-Non c’è problema tranquillo! Io sono Mia!- gli porsi la mano.
-Ciao! Io sono Erik, sei nuova di qui?- era tutto rosso e la cosa mi intenerii. Sorrisi.
-Esatto! Sono arrivata ieri e starò qui da mia zia per circa tre mesi, fino a che non riinizierà la scuola.- cavolo ero impacciatissima quando si trattava di parlare con i ragazzi; l’unico ragazzo con cui riuscivo veramente a parlare decentemente era Liam, eravamo amici fin dal primo giorno di asilo. Io, Liam e Nina abbiamo legato fin dal primo istante, credo che ci abbiano fatto giocare con le barbie il primo giorno e Liam interpretava il ruolo di Ken mentre io e Nina probabilmente eravamo le due principesse.
-Di dove sei?- mi chiese lui, probabilmente aveva capito che non ero inglese.
-Italia, abito in un piccolissimo paesino nel nord.- ovviamente anche se gli avessi detto Lombardia non ne avrebbe saputo niente per cui, cercai di arrotondare.
-Oh l’Italia è bellissima! Non posso saperlo dal punto di vista pratico ma dalle robe che ci fanno studiare a scuola la adoro.-
-Magnifico! Sono contenta che ti piaccia, ci sono molti paesi da visitare ed io abito vicino a Milano.- ci fu qualche secondo di silenzio – probabilmente non sapeva cos’era Milano, cavolo –  e poi continuò:
-Che ne dici di andare a prendere un caffè?- ok quella era una proposta impossibile da rifiutare.
- Sì ok, però dovrei anche fermarmi a prendere delle cose per il pranzo, dopo, scusa.-
-No, nessun problema! Dopo il caffè ognuno a casa propria.- era carino, divertente, sexy e l’unica cosa che ancora non sapevo era se fosse single.
Camminammo per un po’ e arrivammo in centro, dove sorgevano tanti piccoli chioschi. Ci fermammo in un bar con un’insegna enorme su cui era scritto il nome del bar “Breakfast”. Ci sedemmo in un tavolino a cerchio, ero uscita di casa e avevo incontrato un ragazzo figo e simpatico! Cosa che non mi sarebbe mai capitata dalle mie parti. Sembrava un ragazzo molto dolce e simpatico, con cui si poteva parlare senza problemi.
-Allora Mia, che cosa ti posso offrire?- mi chiese lui con un tono da cameriere.
-Per me una ciambella al cioccolato e un caffè… ma tanto ora tu ti siedi e ti metti comodo, che cosa posso offrirle signor… come ti chiami di cognome?- gli dissi io sfacciata.
-Carter, ma…- non gli lasciai finire la frase, volevo sembrare spiritosa… volevo fare colpo su di lui in poche parole.
-Shh, sono io la cameriera ora, dica cosa vuole ordinare signor Carter.-
-No, mi oppongo! Si sieda per favore signorina… come ti chiami di cognome?- sì, simpatico era simpatico. Mi arresi e lasciai che i suoi occhi blu mi trascinassero via.
-Coal, Mia Coal.-
-Ok signorina Coal la sua colazione sta arrivando!- e poi se ne andò al bancone della caffetteria.
Era un ottimo ascoltatore e questo mi piaceva! Parlavo solo io, mi sentivo libera di parlare e parlare senza interruzioni, mi sentivo a mio agio con lui. Parlammo e scherzammo del più e del meno per circa un’ora, il pranzo avrebbe potuto andare a farsi fottere a quel punto. Arrivati di fronte ai propri cancelletti ci scambiammo i numeri di telefono ed entrammo in casa. Era l’una e mezza, solo mezzora dopo sarebbe arrivata zia e forse avrebbe dovuto mangiare. Presi la borsa e mi scaraventai fuori dalla porta in cerca di quel famoso supermarket. Fortunatamente era vicino a casa, comprai un pacco di pasta e del sugo al pomodoro già pronto, del pane, bibite, dolci e schifezze varie; spesi cinquanta sterline.
Tornata a casa accesi il gas e misi su la pasta come una brava cuoca e apparecchiai il tavolo.
 Erano le due passate e zia non si era ancora fatta vedere.
Accesi il computer portatile che i miei mi avevano regalato per il mio sedicesimo compleanno, su Facebook non avevo nessuna notifica a parte dei messaggi di Nina e Liam che mi chiedevano dove fossi finita e se fossi morta. Gli risposi scusandomi e dicendogli che non avevo avuto tempo di chiamare o di rispondere ai loro messaggi. Forse ero un po’ scontrosa ma l’ultima volta che avevo visto Liam si stava baciando con la mia peggior nemica quindi ero ancora un po’ confusa. Sentii il campanello suonare, mi alzai dal divano appoggiando il computer aperto senza curarmene, andai ad aprire e mi ritrovai di fronte Erik.
-Ciao Mia!- mi disse. Non era solo, c’era un ragazzo di fianco a lui. Era moro scuro con degli orecchini che saltavano subito all’occhio dato il colore nero, era alto poco più di Erik e aveva un sorriso molto tetro, oscuro… malvagio.
-Ciao Erik! Che ci fai qui?- ero sgarbata, me ne rendevo conto.
-Lui è Alex. Mia, Alex. Alex, Mia. – gli porsi la mano e lui me la strinse in un modo molto dolce e delicato, la sua mano era calda, accogliente.
Lui sorrise e il suo sorriso mi contagiò. Il suo sorriso era molto aggraziato, le sue labbra erano carnose e rosee come non ne avevo mai viste prima.
-Ti va di venire ad una festa stasera?- era solo il primo giorno che stavo lì, era tutto troppo veloce. Ma mi piaceva. Tutto questo andare di fretta il non sentirmi più una sfigata non mi andava tanto male. Sicuramente se fossi stata ancora a casa con mia madre nessun ragazzo mi avrebbe mai chiesto di uscire. Qui era tutto diverso, sentivo odore di cambiamento!
-Sì, per me non c’è assolutamente problema… lo devo chiedere a mia zia che sarà di ritorno fra poco.- mi misi le mani nelle tasche posteriori dei pantaloni e poi Erik continuò:
- Oh, se vuoi ci parlo io con Susan! Diciamo che mi ha cresciuto lei e non resiste al mio fascino da bravo ragazzo- sbaglio o si stava vantando? Non mi piaceva questo lato di lui.
-Ma smettila!- disse Alex, la sua voce gli si addiceva perfettamente era bassa e calda, sembrava il doppiatore di qualche film.
Quando tornò la zia noi tre eravamo sul divano che sorseggiavamo coca cola scherzando come dei cretini.
Erik parlò con la zia e la convinse a mandarmi a quella festa.
 Era veramente bravo con le parole, mi sarebbe venuto a prendere alle nove e zia mi aveva dato il permesso di stare via fino a mezzanotte e mezza.
Andai in camera per vedere che cosa averi potuto indossare. Erik mi aveva detto di mettere un costume ma non sapevo esattamente a cosa si riferisse, mi aveva semplicemente detto di mettere un costume. Capivo perfettamente che alla festa ci sarebbe stata una piscina ma mi piaceva l’acqua e quindi non mi feci tanti problemi.
Optai per jeans corti – forse un po’ troppo corti – una maglietta larga del concerto dei Coldplay; era la mia maglietta preferita. L’avevo presa al loro concerto due anni fa, ero con mio padre. Lui era un avvocato di successo e non era quasi mai a casa, i miei avevano divorziato da tre anni ormai e la mia settimana tipo era a casa con Nina o la mamma, pranzavo da sola tornata da scuola perché mia madre, essendo direttrice di un ristorante, non era mai a casa a quell’ora.
Sotto la maglietta misi in costume blu, era molto semplice ma mi piaceva lo stesso non ero una ragazza molto alla moda e al passo con i tempi ma bensì ero all’antica e semplice. Misi un filo di matita, solo per allungare un po’ gli occhi e guardai l’orologio. Erano le 6.35.
Andai in sala e trovai mia zia che beveva una tazza di thè, stava cercando di fraternizzare con il pc ma a scarsi tentativi. Mi avvicinai a lei e presi anch’io una tazza di thè.
-Che hai fatto oggi a casa da sola, a parte flirtare con il vicinato?- rise.
-Non stavo flirtando!- le dissi poco convinta, poi continuai:
-Si notava così tanto?- le chiesi arrossendo e coprendomi la faccia con le mani.
-Mia… non so come dirtelo- che cosa voleva insinuare con quel “non so come dirtelo”?
-Dimmi, che c’è? Dimmi tutto, mica mi offendo o cose varie!- le dissi un po’ confusa.
-Vedi Erick- si interruppe e mise la tazza nel lavandino.
-Erik è fidanzato… mi dispiace.- ecco perché esitava nel parlare. Non mi immaginavo proprio che fosse fidanzato ma non potevo giudicarlo solo il primo giorno, certo mi dispiaceva ma non dovevo farmene un dramma! “Non lo conosco nemmeno”, mi ripetevo per convincermi.
-Oh, non importa! Insomma, non c’è solo lui in questa città! È Londra!- le dissi per sdrammatizzare.
-Hai intenzione di cenare prima di andare alla strabiliante festa con i tuoi nuovi amichetti?- adoravo mia zia soprattutto perché era permissiva ma anche per la sua dolcezza infinita.
 
Appena aprii la porta vidi cinque ragazzi e una ragazza che sorridevano. Riconobbi solo Erik e Alex e quella ragazza in fondo doveva essere la fidanzata di qualcuno dei cinque.
Magari quella di Erik.
 
BONJOUR, MIS AMOURS (?) - non so neanche se si scrive così o.ò - CHE VE NE PARE :D? All'inizio ho messo la storia nella categoria "Romantica", poi ho deciso di metterla in "Artisti Musicali > One Direction"! Voi Directioner, che siete mie sorelle :3, dovete farmi un piacere però: RECENSIRE! Cioé, davvero, il vostro parere è troppo importante e se non so cosa ne pensate vado in tiiiilt cwc dsfsbdjvnbsdjk! Vi prego çç!
Grazie :D Comuuuunque, so che i nomi dei personaggi sono diversi D: Per farvi sapere, Erik è Niall C: mentre Alex è Zayn! Poi gli altri arriveranno tutti u.u Be', poi fatemi saperes ffsjdkvndl*-*
SheBecameDirectioner

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Boulevard of Broken Dreams
Capitolo 4 

-Hey, andiamo?- si fece avanti Alex.
-Prima le presentazioni, no?- disse il ragazzo alto alla sinistra di Alex, era moro con degli occhi marroni e indossava una camicia a quadri rossi, neri e bianchi e sotto una maglietta blu con la scritta “Abercrombie” in bianco, dei jeans corti fino al ginocchio e un paio di infradito bianche. Lui mi porse la mano, io la strinsi amichevolmente.
-Io sono Mia.- gli dissi sorridendo.
-Finn, piacere!- si avvicinò a me un altro ragazzo con una maglietta a righe fini blu e bianche.
-Io sono Will.- gli strinsi la mano e mi presentai.
Restava solo un ragazzo, era alto con una corporatura atletica, gli occhi verde-chiaro quasi verde acqua, i morbidi boccoli gli scendevano delicatamente sul viso incorniciandolo perfettamente.
Aveva un sorriso mozzafiato. Non avevo bisogno di stringergli la mano… quel gesto mi bastava. La ragazza poi si avvicinò e strinse sotto braccio Erik confermando la mia ipotesi. Quei due stavano insieme.
-Piacere io sono Sophi.-
Era una ragazza acqua e sapone, solo con un filo di matita e un po’ di ombretto azzurro le ornavano il viso, aveva dei bellissimi capelli castani molto lunghi, alle orecchie portava degli orecchini a forma di bottoni blu.
-Piacere mio!- le sorrisi. Non potevo farmi problemi per Erik! Non sarebbe stato giusto, ne per me ne per lui e nemmeno nei confronti di Sophi.
-Ok, finite le presentazioni… ora possiamo andare!- esordii io catturando l’attenzione di tutti.
-Ok ragazzi, tutti in macchina!- disse Will, gesticolando.
Non riuscivo a togliermi dalla testa il sorriso del riccioluto, il mio sguardo ricadeva sempre su di lui. Non mi rivolse nemmeno uno sguardo per tutto il tragitto e ciò mi permise di osservarlo e di capire che cosa aveva di speciale. Erik e Sophi si sedettero nei sedili davanti, Will, il ragazzo “sorriso” ed io nei sedili posteriori. Finn, invece, ci seguiva con una vespa blu… facendomi sentire la mancanza della mia vespa rossa.
Arrivammo in una villa enorme che mi faceva tanto pensare alla casa delle barbie che avevo da piccola. Scendemmo dalla macchina, Will mi porse la mano per aiutarmi a scendere e mi fece arrossire.
Entrammo nella villa e tutti insieme percorremmo il vialetto di ghiaia che portava alla veranda dove si vedeva un minibar.
-Che vi va di fare?- ci chiese Erik.
-Io credo che andrò… a prendere qualcosa da bere. Volete qualcosa?-rispose Finn.
Mi voltai per dare un’occhiata in giro e mi ritrovai il “ragazzo sorriso” davanti, i nostri petti si toccavano, potevo sentire il suo battito attraverso la sua maglietta, volevo rimanere lì immersa nel suo battito cardiaco ad ascoltare il suo cuore, ma mi spostai all’idea di poter essere vista da uno dei ragazzi.
-Ehi, attenta.- mi disse lui con un tono dolce, la sua voce non si adeguava affatto al suo corpo. Era simile a quella di un fumatore, roca. Era forte e bassa, calda accogliente, dava in qualche modo sicurezza.
-Sì, scusa mi dispiace molto, non volevo… - sorrise ed io arrossii.
-Noi due non ci siamo presentati. Io sono Harry, piacere di conoscerti.-
Ecco, ora non potevo più chiamarlo “ragazzo sorriso”… mi ci ero quasi abituata.
-Piacere mio, sono Mia.-
Ci fu un attimo d’imbarazzante silenzio e poi proseguì:- Sei qui da poco non è vero? Mi sarei accorto di te se ti avessi già vista.- “sfacciato il ragazzino”, pensai.
-Sì, sono qui da ieri, sto da mia zia, la vicina di casa de Erik.- gli risposi fredda, mi davano fastidio i ragazzi che facevano i leccaculo.
-Io raggiungo Finn, vuoi qualcosa da bere?- mi chiese dolcemente. Forse ero stata un po’ troppo crudele con lui, dovevo dargli una seconda possibilità.
-Sì, mi prenderesti una coca light per favore?- Volevo tornarmene a casa, non ero rimasta nemmeno per dieci minuti ma me ne volevo tornare a casa. Quella specie di festicciola per ricchi sfondati non mi piaceva. Vedere ragazzi che fumavano e sniffavano roba non mi piaceva per niente. Le uniche feste a cui ero stata erano: i compleanni di Nina e Liam, che di solito festeggiavamo andando al cinema a vedere film horror e la festa di fine anno delle superiori a cui ero rimasta solo per mezzora per via di quella troia di Amy che mi aveva rovesciato il punch sul vestito.
Mi misi a sedere in un angolo isolato, la musica era penetrante e confusionaria, la claustrofobia non mi aiutava per nulla.
Mi guardavo intorno senza sapere che tipo di ragazzi mi circondavano… forse non avrei dovuto accettare la richiesta di Erik. Avrei dovuto starmene in casa a chiacchierare con la zia della scuola e dei miei compagni, lei mi avrebbe dato dei consigli e io l’avrei ascoltata.
Ero stanca di aspettare quel Harry ma non sapevo dove andare, non potevo alzarmi, non avrei saputo dove mettere piede.
“Sì invece!” pensai tra me e me contraddicendo le mie stesse idee. Non potevo lasciarmi spaventare da una folla di ragazzi ubriachi! Mi alzai dalla sedia e cercai di orientarmi. Andai dentro la villa e mi stupii talmente tanto che gemetti alla vista. Alex che sniffava polvere bianca da un tavolo, era chino e il dito della mano destra comprimeva la narice. Non potevo crederci! Era un ragazzo dolcissimo, forse in apparenza poteva sembrare un duro o cose del genere ma appena cominciavi una conversazione con lui si dimostrava tenero, gentile e a volte timido.
Ma chi ero io per giudicare un ragazzo che conoscevo da un giorno?
Quella domanda o esclamazione che sia mi annebbiava le idee.
Mi voltai per uscire da quello scempio ma una voce mi chiamò. Conoscevo quella voce. No, dovevo andarmene da lì, non volevo parlare con lui ora, non ora!
 
-Hey Mia, Aspetta!- oh no, no, no.
Mi voltai di scatto e vidi Alex che mi fissava con aria sorridente. Era sotto effetto di droga, cazzo!
Mi girai e presi a camminare svelta senza voltarmi più. Cercai Erik, Will, Finn o anche Harry mi andava bene. Nessuna traccia!
Alex non era più dietro di me, che cosa potevo fare? Di sicuro non sarei andata via!
 Ero persa, mi ero persa!
Mi avvicinai alla piscina percorrendo tutti i lati rettangoli e alla fine riuscii a vedere in lontananza Finn che stava parlando con una ragazza.
Mi avvicinai, e gli piombai alle spalle. Non gli dissi nulla ma si voltò ugualmente.
-Ciao, mi dispiace interromperti ma mi sono persa- che cosa potevo dirgli? Così mi buttai: - Sai per caso dov’è Erik?- non volevo andare da lui ma mi sarei inventata qualcosa sul momento.
-Sì, dovrebbe essere dentro con Sophi.- mi rispose a voce alta.
Sarei andata da Erik e gli avrei chiesto di riaccompagnarmi a casa e poi sarebbe tornato alla festa in meno di venti minuti… “facile”, pensai.
-Grazie! Io allora vado- alzò un sopracciglio e intravidi un sorriso.
-Sì…- mi voltai e cominciai guardarmi in torno, vidi la veranda della casa e mi avvicinai a passo svelto. Spingevo gente da tutte le parti e non facevo altro che dire “scusami”, ”mi dispiace” o “permesso”.
Arrivai dentro e mi ritrovai in una cucina. Era piccola in confronto a tutto il resto della casa: mattoncini verdi con fregi floreali dappertutto.
Andai verso un corridoio che portava al salotto. Due divani ricoperti di pelle sintetica rosa, un mobile bianco e una televisione maxischermo ne facevano parte, tutto il resto dello spazio era cosparso di ragazzi e ragazze che ballavano, pomiciavano o fumavano, mi venne il volta stomaco solo per l’odore e le scene che mi circondavano non mi davano la meglio di sicuro.
Ed ecco lì. Erik e Sophi seduti sul divano che si baciavano appassionatamente. Sì, li invidiavo di brutto.
Mi avvicinai. Davanti a loro, ero davanti a loro e il bello è che non se ne accorgevano, non mi davano retta continuavano e continuavano imperterritamente. Diedi una pacca sulla spalla di Erik e spostò lo sguardo da Sophi per posarlo su di me, arrossii e cominciai: -Hey, scusa per il disturbo ma… vedi, potresti riaccompagnarmi a casa?-
-Che hai? Non ti diverti?- era scontroso ma non ci feci caso.
Feci di no con la testa e lui emise un sospiro.
-Ok bellezza, andiamo a casa!- si alzò dal divano e Sophi gli diede un calcio sul culo sorridendo freneticamente. Lo seguii e andammo verso la macchina. Salimmo uno di fianco all’altra. Guidò fino a casa e mi fece scendere gentilmente dall’auto. Scendemmo e mi accompagnò alla porta, mi salutò con un bacio sulla guancia. Volevo rimanere lì con la sua bocca calda appiccicata alla mia guancia carnosa. Si scostò e il momento magico finì. Entrai in casa e mi appoggiai con le spalle alla porta.
Ero stanca, stanchissima, non mi trovavo bene a quella festa e di certo non mi sarei messa a civettare con un ragazzo. Volevo dei nuovi amici, li avevo trovati e non erano quelli giusti.
La zia mi venne in contro e mi prese in un abbraccio. Mi avvinghiai alla zia e poi la mollai per andare a sedermi sul divano, si sedette a fianco a me e cominciammo a parlare, parlare e parlare della serata, dei ragazzi, della mia vita a casa con la mamma.
Dopo quasi un’ora andai al letto e mi addormentai.

HOLA CHICOS :D Mi rendete triste cwc Non è giusto che non mi commentate la storia, santo cielo, è così orripilante?! Vabbé :( Cercate di essere più presenti, per me, sapete, è importante :) Comunque, di questo capitolo che ve ne pare? Per farvi sapere, Alex è Zayn, Erik è Niall, Will è Louis, Finn è Liam e Harry è.. be', Harry AHAHAHAH (?)
Ok, faaaatemi sapere com'è :') E aumentate le visualizzazioni, thaaanks u.u
SheBecameDirectioner

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