Hymeneal

di _Eleuthera_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Homecoming ***
Capitolo 2: *** The Queen commands ***
Capitolo 3: *** A girl obeys ***
Capitolo 4: *** I have seen you before ***
Capitolo 5: *** Emptiness and deception ***
Capitolo 6: *** Question and answer ***
Capitolo 7: *** The trial ***
Capitolo 8: *** That's for remembrance ***
Capitolo 9: *** Secrets unfolded ***
Capitolo 10: *** A life for a life ***
Capitolo 11: *** You cannot shun yourself ***
Capitolo 12: *** One may smile and be a villain ***
Capitolo 13: *** Believe none of us ***
Capitolo 14: *** Freedom is a lie ***
Capitolo 15: *** O Hymen Hymenaee ***
Capitolo 16: *** Everything has changed ***
Capitolo 17: *** Woe is me ***
Capitolo 18: *** We know what we are ***
Capitolo 19: *** We know not what we may be ***
Capitolo 20: *** The sweetest downfall ***
Capitolo 21: *** A truth of blood ***
Capitolo 22: *** The promise ***
Capitolo 23: *** The sacrifice ***
Capitolo 24: *** What dreams may come ***
Capitolo 25: *** Never let me go ***
Capitolo 26: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** Homecoming ***


NOTA DEL 13/4/2013: quella che state per leggere è la versione revisionata di HYMENEAL. Le differenze rispetto alla prima versione pubblicata su Efp riguardano soprattutto errori di battitura, alcune pesantezze grammaticali e vari passaggi riscritti e rivisti. La trama non è stata alterata in nessun modo. Spero che questa nuova versione di Hymeneal sia migliore della precedente, e che vi piaccia di più. Buona lettura!


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H Y M E N E A L
 

'Eρέω τε δηùτε κοùκ έρέω,
καì μαίνομαι κοù μαίνομαι.
Anacreonte, Frammento 34







 

HOMECOMING




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Il popolo di Asgard si radunò per osservare il traditore.
Arrivarono lentamente, poco a poco, prima soltanto una manciata di persone e poi una folla immensa. Si stiparono attorno agli dèi per lasciarli passare, crearono un corridoio dalle pareti vive e fitte, e in ogni spiraglio c'era lo sguardo di qualcuno. Non muovevano un muscolo. I loro occhi erano sgranati, avidi e pieni di confusione. Avevano creduto che Loki fosse morto, ma non alzarono grida di gioia per il suo ritorno, né applausi per Thor che conduceva il fratello in catene. Rimasero tutti in silenzio.
Loki indossava una museruola, ma era bastato il suo sguardo per farli tacere tutti quanti.




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«Ahia!» Sigyn si portò una mano ai capelli, lì dove la spazzola aveva tirato troppo forte.
«Non volevo, Sigyn» si affrettò a scusarsi Grete mordendosi il labbro. «Sono un disastro. Dovevi lasciarmi a casa»
«Non dire sciocchezze, Grete», rispose Sigyn. «Sono contenta che tu sia qui».
Grete sorrise, spazzolando di nuovo con troppa energia. Sigyn cercò di non farci caso e attese che sua cugina completasse l’acconciatura.
«Finito», esclamò Grete. Aveva pettinato i lunghi capelli color miele di Sigyn in una bella treccia morbida che le ricadeva su una spalla.
«Grazie, Grete. Sei bravissima». Sigyn abbracciò la cugina, una ragazzina pestifera che cercava di comportarsi come una donna. Grete le rivolse un sorriso pieno di entusiasmo, poi andò verso la finestra.
«È una giornata bellissima, Sigyn. Cosa facciamo? Sei impegnata stamattina?»
«È ancora presto. Possiamo andare a fare una passeggiata», disse Sigyn avvicinandosi alla cugina. «Che cosa ne dici?»
Gli occhi di Grete si illuminarono. Sigyn ridacchiò, prese la mano della ragazzina e uscì dalla stanza con un enorme sorriso.
Davanti a loro, un grande corridoio terminava in una scalinata di marmo. Sigyn e Grete lo percorsero quasi saltellando, soffocando risate troppo rumorose. Erano già sul primo scalino quando due donne arrivarono correndo nella loro direzione. Sigyn e Grete si fermarono lì dov’erano, mentre le donne alzavano lo sguardo su di loro. Sigyn le riconobbe.
«Astrid, Inga… che succede?», chiese. Sul volto delle ancelle era dipinta un'espressione sconvolta, e Grete le strinse più forte la mano.
«Lady Sigyn… Lady Grete», fece Astrid con il respiro affannato. Inga sembrava assolutamente terrorizzata. Sigyn rimase colpita dai suoi occhi sgranati.
«Forza, calmatevi», disse in tono pacato. «Vi prego, ditemi che cosa sta succedendo».
Le due donne si guardarono per un attimo. Poi Astrid parlò con voce tremante. «I principi sono tornati. Sono alle porte di Asgard».
«I principi?» ripeté Sigyn, perplessa. «Il principe Thor, vorrai dire».
«No… no» disse Astrid. «Il principe Thor... e Loki. Il principe Loki è con lui».
Grete guardò Sigyn, confusa, ma Sigyn non aveva le risposte che cercava.
«Loki è morto», sussurrò. Astrid e Inga, però, erano già corse via lasciandole impietrite sulle scale.
«Sigyn…» mormorò Grete, forzando la cugina più grande a girarsi verso di lei.
«Vieni» disse Sigyn con decisione. Tornò sui suoi passi e percorse di nuovo il corridoio, di corsa, sollevando la gonna per non inciampare. Arrivò ad una grande finestra e scostò le tende con il cuore in gola. Finalmente l’aprì, si sporse oltre il parapetto e sentì Grete trattenere il fiato.
Sotto di loro c’era il grande viale che conduceva al cancello principale del palazzo. Centinaia di persone si erano radunate attorno alla strada. In mezzo a loro, Sigyn riconobbe Thor. La gente si disperdeva di fronte a lui, lasciandolo passare. Al suo fianco c’era Loki.
Sigyn lo fissò, incapace di emettere un suono. Loki era morto. La famiglia reale aveva portato il lutto per mesi. Era un fantasma? Eppure quello che camminava insieme a Thor sembrava essere un individuo di carne e ossa.
Fu solo allora che Sigyn si rese conto del silenzio.
Nessuno parlava, nessuno bisbigliava. Tutti tacevano. Decine di persone si affacciavano dalle finestre del palazzo come lei e Grete, e altre centinaia erano radunate sotto di loro, ma nessuno osava rompere quel silenzio.
Sigyn seguì con lo sguardo Thor e Loki mentre si avvicinavano ai cancelli. Loki era incatenato e imbavagliato, e Sigyn ebbe paura. Mesi fa, il dio si era impadronito del trono e aveva sfidato Thor e Odino in persona. Se non era morto… dov’era stato tutto quel tempo?
«Andiamo via», bisbigliò a Grete.
In quel momento, Loki alzò lo sguardo verso di lei.
Sigyn rimase immobile lì dov’era, trattenendo il respiro. Era sicura, nonostante la distanza che la separava dalla folla, che Loki stesse guardando proprio verso di lei. L’aveva visto solo una volta prima d’allora, alla cerimonia per l’incoronazione di Thor, quando gli Jotun avevano fatto irruzione ad Asgard. Non gli aveva mai parlato, e senza dubbio non sapeva chi lei fosse, ma si sentì umiliata come se le stesse rivolgendo uno sguardo di rimprovero.
Poi i due fratelli sparirono dalla sua vista, e improvvisamente Sigyn ebbe l’impressione di essere di nuovo libera di parlare e muoversi.
«Andiamo via» ripeté, allontanandosi dalla finestra. Grete le fu subito accanto mentre percorreva il corridoio diretta alla sua stanza.
«Sigyn?» chiese la cugina dopo averla osservata a lungo.
«Cosa c’è, Grete?»
«Non dovremmo andare di sotto, cercare qualcuno? Per capire che cosa sta succedendo…»
«Tu vai pure, Grete. Ti raggiungo dopo».
«Sigyn…»
Sigyn si fermò davanti alla porta della camera. «Grete, è tutto a posto. Davvero. Scendo subito anch’io».
«No, Sigyn, non è per questo», aggiunse Grete. «È… il principe Loki. Ha guardato verso di noi, vero?»
Sigyn strinse le labbra. «Non lo so, Grete... Sì, forse. Sarà stato un caso. C’era tanta gente affacciata alle finestre».
«Hai ragione», disse Grete. Attese un attimo prima di proseguire. «Ma… non credi che possa aver guardato verso di noi… perché mentre tutti erano in silenzio, tu hai parlato?»
Sigyn sentì il sangue affluire al viso mentre Grete dava voce ai pensieri che lei stessa non osava pronunciare. Scosse la testa sforzandosi di restare calma. «No, Grete, è impossibile. Non può avermi sentito parlare da quella distanza, lo sai bene».
Grete annuì, ma i suoi occhi erano ancora sgranati e impauriti come prima. Sigyn le prese le mani.
«Non avere paura. Siamo al sicuro», disse con dolcezza. «Ora vai di sotto. Vengo anch’io fra poco».
Grete abbozzò un sorriso e la salutò, imboccando il corridoio. Quando la vide scendere le scale, Sigyn si chiuse la porta della stanza alle spalle.
Non appena si sedette sul letto, si rese conto di avere le vertigini.










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Erano anni che non pubblicavo una fan fiction e devo ammettere che sono contenta di essere tornata.
Grazie perché se state leggendo queste parole avete letto tutto il primo capitolo, il che è pazzesco. Spero lascerete un commento. Adesso, voglio solo delucidarvi su un paio di cose, visto che questo è il primo capitolo e della storia ancora non si sa nulla.

  1. Movieverse. Purtroppo non leggo il fumetto e mi baso solo su ciò che ho visto al cinema. Perciò Sigyn trae le sue caratteristiche esclusivamente dalla mitologia norrena e dalla mia mente malata, non dal fumetto.
  2. Il titolo. Svelarvi il significato del titolo è un mega spoiler, quindi taccio. Sarà rivelato solo al momento giusto. Grecisti e latinisti di questo fandom, mantenete il segreto con me!
  3. I capitoli. Non saranno troppo lunghi, non voglio stancarvi, però cercherò di pubblicare costantemente e senza farvi aspettare più di due giorni. Siccome la storia è narrata a volte dal punto di vista di Sigyn e a volte da Loki, il passaggio dall'uno all'altra sarà indicato dai simboli che ho già usato in questo capitolo.
  4. Niente Mary Sue. Se cercate una storia sdolcinata con lunghe descrizioni dei capi d'abbigliamento dei protagonisti, per favore non seguite la mia fan fiction.
Un'ultima cosa: la traduzione del frammento di Anacreonte posto come citazione all'inizio della storia.

Amo. Non amo.
Son folle, non sono folle


Spero di avervi incuriositi abbastanza, e di ritrovarvi alla fine del secondo capitolo.
Sayonara!
Eleu

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Capitolo 2
*** The Queen commands ***



THE QUEEN COMMANDS


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Dopo aver terminato quella patetica quanto ingloriosa sfilata, era stato condotto al cospetto di Odino. Non era stato un processo, quanto una piccola riunione di famiglia. Solo quando si erano trovati tutti insieme, chiusi in una stanza, Thor gli aveva delicatamente tolto la museruola.
Tuttavia, lui non aveva aperto bocca, e non perché il dolore alla mascella fosse quasi insostenibile ma perché aveva scelto così. Emise solo un paio di monosillabi e per il resto del tempo le sue labbra rimasero serrate, strette in un sorriso affilato.
Lo sguardo di Odino era indecifrabile, ma quello di Thor era fin troppo trasparente. Era ferito. Loki lo trovò insopportabile.
C’era anche Frigga, con loro. Sebbene apparisse calma e composta era la più disperata di tutti, e Loki trovò pure questo insopportabile, anche se in modo diverso.
Quando finalmente si resero conto che cercare di farlo parlare era un’impresa impossibile, Thor gli rimise la museruola e lo condusse via. Scesero rampe di scale addentrandosi nelle viscere del palazzo finché non raggiunsero le prigioni. Loki si era aspettato quel trattamento, ma si sentì trafiggere dall’indignazione quando Thor aprì la porta della cella.
«Mi dispiace, fratello», gli disse guardandolo negli occhi. Loki lo fulminò con lo sguardo. Non aveva certo bisogno delle sue scuse, era ovvio che sarebbe stato messo in gabbia, e tenuto lì, con le catene anche sulla bocca, finché Padre non avesse deciso di liberarsi di lui. A che cosa servivano le sue maledette scuse? Avrebbe preferito se le avesse tenute per sé.
Quando Thor se ne andò con un sospiro e lui rimase solo, si sedette a terra e chiuse gli occhi.
Aveva avuto tutto in pugno e ora non aveva niente. Quella museruola che gli avevano messo addosso era dolorosa e umiliante. Inizialmente quasi ne era stato adulato - dovevano pensare che fosse davvero pericoloso, per riservargli una tale premura - ma era tornato ad Asgard da perdente e aveva recitato così bene la sua parte da far apparire suo fratello ancora più eroico del necessario. Il mondo lo aveva visto incatenato e imbavagliato, e il loro silenzio gli era stato di poca consolazione.
Non era ancora abbastanza pazzo da non sentirsi triste e spaventato, e pensò che avrebbe preferito aver perso completamente il senno.
Ma la cosa peggiore era la rabbia, una rabbia così grande che pensava di non essere in grado di contenerla tutta. Era più forte di lui, e sarebbe esplosa, lo avrebbe ucciso. Non poteva sopportarla.
Non era mai stato bravo come figlio d’Odino, ma era un fallimento anche come mostro.
Nella solitudine della sua prigionia, Loki pianse di rabbia fino ad essere troppo stanco per tenere gli occhi aperti. Quando si addormentò, sognò una vendetta terribile.


 

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Sigyn aveva sperato che il chiacchiericcio pacato delle altre dame di corte potesse distrarla dopo il brusco inizio della giornata, perciò era stata felice quando era stata convocata nelle stanze della Regina insieme alle altre donne. Era insolitamente tardi, ma immaginava che la Regina avesse avuto una mattinata particolarmente difficile. Mentre sedeva con le altre, Sigyn lanciò uno sguardo verso di lei. Frigga era una donna gentile e materna e le ore passate in sua compagnia erano piacevoli, ma nonostante non vivesse a corte da molto a Sigyn non era servito tanto tempo per rendersi conto che i suoi occhi erano perennemente offuscati da un velo di malinconia. Questo l’aveva incuriosita, ma non allarmata. Ci si aspettava discrezione, da lei, e aveva tenuto i propri pensieri per sé.
Adesso, però, mentre osservava di nascosto l’espressione della Regina, ogni suo proposito di distrazione s’infrangeva miseramente. La Regina non era soltanto preoccupata, era addolorata: glielo si leggeva nelle sue rughe sottili, nelle mani strette in grembo. Sigyn distolse lo sguardo in fretta, ma l’angoscia che aveva osservato le era entrata nel cuore. Doveva avere per forza a che fare con il ritorno dei principi, pensò. Anche lei, come tutti gli altri, doveva aver creduto che Loki fosse morto. Ma se invece era vivo, ed era tornato a casa, perché quegli occhi pieni di dolore? Qualcos’altro turbava la Regina. Qualcosa non andava. Il ritorno del figlio non era abbastanza per renderla felice, e Sigyn pensò di sapere che cosa ci fosse di terribile. L’immagine del dio costretto a portare la museruola balenò nella sua mente.
«Sigyn»
Sigyn si voltò. La Regina stava guardando verso di lei. Lentamente, si alzò e lasciò l’angolo dove sedeva con le altre donne. Avevano continuato a parlare come se niente fosse, ma Sigyn sapeva che con la coda dell’occhio stavano tutte guardando lei.
Quando fu davanti alla Regina, fece un breve inchino. «Mia signora».
Frigga sorrise. «Cammina con me, Sigyn».
Sigyn seguì la Regina nel chiostro che lei tanto amava. Le alte colonne che limitavano il pavimento di pietra davano su un lato su un piccolo giardino interno, mentre dall’altra parte troneggiava l’imponente profilo di Asgard con i suoi grandi palazzi e precipizi, e il cielo terso del primo pomeriggio.
Sigyn sapeva che alla Regina piaceva passeggiare con le sue dame, ma da quando era lì non l’aveva mai vista chiedere la presenza di qualcuno in particolare. Senza un motivo preciso, lo interpretò come un cattivo segno. Forse aveva fatto qualcosa che non andava e per questo doveva parlarle. Forse era successo qualcosa a casa. Sigyn tremò, pensando che suo padre era anziano e poteva essergli successo qualcosa, e rabbrividì di nuovo quando il pensiero del padre si concretizzò nella sua testa.
«Da quanto tempo sei a corte, Sigyn?» chiese la Regina.
«Undici mesi, maestà» rispose Sigyn.
«Arrivasti con tuo padre il giorno dell’incoronazione di Thor, non è vero?»
Sigyn annuì. Suo padre l’aveva portata a corte per assistere al grande evento e prendere gli ultimi accordi con la Regina per assicurare alla figlia un futuro dignitoso presso la casa reale. Sigyn era cresciuta nella tenuta dei genitori, un possedimento modesto anche se curato, e trovarsi di punto in bianco nelle gigantesche stanze del palazzo reale non era stato un cambiamento da poco. I primi tempi aveva vissuto ogni giorno nello smarrimento più totale, con una violenta nostalgia di tutto ciò che aveva perduto da quando era arrivata a corte. Per un po’ aveva cercato di tener duro, poi aveva iniziato a scrivere lettere piene di dolore a suo padre, implorandolo di mandare Grete a stare con lei, che aveva sofferto nell’essere separata dalla cugina più grande ed era molto più contenta all’idea di lasciare casa e vivere a corte. Sigyn non aveva mai provato lo stesso entusiasmo. A volte pensava che si trattasse soltanto di passare da una gabbia più piccola ad una più grande.
Ad ogni modo, quando suo padre si era deciso a prendere ulteriori accordi e a mandare Grete da lei erano già passati dieci mesi e Sigyn aveva finito per imparare a vivere nel suo nuovo mondo fatto di sussurri gentili e sorrisi di circostanza.
«Come ti trovi qui, Sigyn?», chiese la Regina, e Sigyn riemerse dai ricordi.
«Sto bene, mia signora» rispose. Era vero. Era fortunata ad essere dov’era. Ma era solo una delle tante dame di corte e non avrebbe mai potuto essere nient’altro. Questo era il pensiero che a volte la teneva sveglia di notte, che non la faceva prendere sonno. Tuttavia, che cos’altro avrebbe potuto essere?
«Molto bene» disse la Regina. Le rivolse un sorriso materno, ma Sigyn si accorse che nonostante Frigga si stesse sforzando in ogni modo di mantenere il solito atteggiamento, nei suoi occhi balenava l’angoscia. Era troppo intensa per ignorarla e Sigyn parlò ancora prima di rendersene conto.
«Mia signora, che cosa vi turba?»
Era una domanda inutile, perché sapevano entrambe quello che era successo poche ore prima, ma la Regina rispose con solennità.
«Sono preoccupata per mio figlio».
«È successo qualcosa al principe Thor?»
Sigyn capì troppo tardi l’errore che aveva commesso. Lo sguardo della Regina la pietrificò.
«Non lui. Loki».
Abbassando lo sguardo in preda alla vergogna, Sigyn si affrettò a scusarsi. «Perdonatemi, maestà, io…»
«So quali voci girano a corte», proseguì la Regina. «Ma nonostante tutto, Loki rimane sempre nostro figlio».
Sigyn tacque, lo sguardo ancora basso e le guance in fiamme. Pensava che il discorso fosse chiuso e si stupì quando la Regina parlò ancora.
«Non mi è concesso vederlo. Vorrei poter sapere come sta, vorrei potergli parlare. Poterlo sentire parlare». La voce di Frigga era colma di dispiacere. Sigyn trovò il coraggio di alzare la testa e rivolgerle lo sguardo.
«Perché non potete vederlo, mia signora?»
«Il mio Re non me lo permette». La Regina strinse le labbra. «Anche a Thor è stato imposto questo divieto. Credo che mio marito abbia paura di ciò che Loki potrebbe dirci. Eppure stamattina ci ha a malapena rivolto la parola».
Fece una pausa. Sigyn non aggiunse nulla. Non se la sentiva di biasimare il Re: anche lei aveva paura di Loki.
«Non credo che mio figlio abbia perso la ragione», proseguì la Regina. «A dire il vero, penso che sia fin troppo lucido. E negargli di interloquire con la sua famiglia può soltanto peggiorare le cose».
Sigyn avrebbe voluto far notare a Frigga che le sue erano le parole di una madre preoccupata per il figlio e che in quella situazione era pericoloso esprimere giudizi, ma non era sicura di essere nella posizione di poter dire una cosa del genere alla moglie del potente Odino.
«Mia signora, se il Padre degli Dei ha preso questa decisione, c’è sicuramente un valido motivo» azzardò. La Regina non parve convinta.
«Ho sempre onorato le decisioni di mio marito. Mi sono fidata della sua lungimiranza. Ma molte cose sono cambiate nel cuore del Padre degli Dei negli ultimi mesi», mormorò. «La sua vista è offuscata dall’orgoglio. Crede di aver perso Loki per sempre, ma io non ho intenzione di arrendermi. Non sono ancora pronta a perdere mio figlio».
La conversazione stava prendendo una piega che a Sigyn non piaceva affatto. Iniziava a capire perché Frigga avesse scelto di passeggiare con lei soltanto, e quando la Regina si voltò e la osservò a lungo con il suo sguardo altero, Sigyn si rese conto che i suoi sospetti erano fondati.
«Sigyn, voglio che tu vada da Loki e gli porti un messaggio da parte mia».
Improvvisamente le sembrò che la terra le venisse a mancare sotto i piedi. Si fermò, guardando la Regina con il puro terrore riflesso negli occhi. La gravità dell’ordine ricevuto aveva paralizzato i suoi pensieri. Voleva parlare, dire qualcosa, cercare di salvarsi, ma la Regina vide il suo sgomento e fu più veloce di lei.
«Sigyn, non avere paura. Loki non ti farà del male. E’ mio figlio, e rispetterà chi porta un messaggio da parte di sua madre».
Le prese le mani e le rivolse un sorriso rassicurante. Sigyn alzò lo sguardo pensando che qualunque cosa avesse detto non sarebbe stata sufficiente. Aveva ricevuto un ordine dalla sua Regina e doveva portarlo a termine. Si trovava in un vicolo cieco e non riusciva a capire che cosa stesse provando, se paura o rabbia, o entrambe.
«Farò come la mia signora desidera», disse alla fine. La Regina sembrò soddisfatta della risposta e proseguì la passeggiata al suo fianco, definendo i dettagli dell’incontro che si sarebbe svolto all’oscuro di Odino. Sigyn annuì in silenzio mentre il suo cuore bruciava. Avrebbe voluto essere stata forte e coraggiosa come l’eroina di un poema, e ribellarsi a quello che era il volere di una donna troppo piegata dal dolore per poter ragionare. Invece si era lasciata docilmente condurre in trappola. Aveva obbedito, da brava.
Quando Sigyn tornò a sedersi nel cerchio delle dame di corte tutti gli sguardi erano puntati sulla sua figura, ma quando alzò gli occhi nessuno la stava guardando. Fu allora che si pose per la prima volta la domanda che, nelle notti seguenti, l’avrebbe tenuta sveglia.
Perché la Regina aveva scelto proprio lei?














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Sto diventando pazza nel cercare di rendere plausibile questo paring, e non banale o scontato come tanti altri.
Farò di tutto per cercare di sorprendervi, ve lo prometto. E mi riserbo anche il diritto di smettere di pubblicare qualora la storia diventasse patetica.
Intanto vi ringrazio infinitamente per aver letto anche il secondo capitolo!
Un ringraziamento speciale va a AcrossTheSea, akachika e Darma, che hanno commentato il primo capitolo;
a Out of my head che ha inserito la storia tra le ricordate;
a akachika, Alkhema, amidala1201, asok, Darma, Didyme, kenjina, LittleBulma, MaRmOtTeLlA, maura 77, Morrigan Aensland, PhoenixofLight, Princess_Klebitz, saku89 e Sherlockian7, che hanno inserito la storia tra le seguite.
Non avete idea di quanto mi faccia piacere sapere che ci siete.
Mi fareste ancora più felice lasciando un commento quando leggete la storia, ma sono già veramente contenta di vedere che ho un piccolo pubblico che, a modo suo, mi segue!
Sayonara!
Eleu

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Capitolo 3
*** A girl obeys ***



A GIRL OBEYS


 

Quando si era svegliato non si era ricordato subito dove si trovasse. Era stato strano pensare istintivamente “casa”. La stanza dove lo avevano rinchiuso non era piccola, ma era buia. Le finestre avevano la dimensione di una piccola feritoia ed era impossibile capire in quale momento della giornata ci si trovasse. Così, Loki non aveva idea di quanto fosse passato da quando era stato portato là sotto.
Aver perso del tutto il senso del tempo lo innervosiva, quindi iniziò a contarlo nella sua testa, un secondo dopo l’altro, scandendo il nulla dell’attesa. Dopo trentaquattro minuti due guardie aprirono la porta ed entrarono insieme ad un servitore che portava un vassoio con un pasto. Gli fu tolta la museruola per permettergli di mangiare e gli fu rimessa non appena ebbe finito.
Il tempo ricominciò a scorrere nel vuoto e Loki si disse che metterlo in quella situazione era la cosa peggiore che Padre avesse potuto fare. Costretto in solitudine per ore, senza finestre o rumori o qualunque altra fonte di distrazione, Odino gli stava dando un’occasione d’oro per
pensare. Niente lo avrebbe potuto distogliere dai suoi pensieri e avrebbe costruito la sua vendetta pezzo per pezzo.
Era impaziente di uscire di lì e di distruggerli tutti. Non di guadagnarsi il rispetto, ma di comprarselo. Se doveva far loro male per avere quello che voleva, lo avrebbe fatto. L’unico problema, osservò a malincuore, era che non sapeva più esattamente che cosa volesse. Regnare su Asgard? L’idea non lo esaltava più come una volta. Certo, aveva un conto in sospeso con Midgard, e non se ne sarebbe di certo dimenticato.
A pensarci bene, aveva un sacco di conti da regolare.
Sospirò, ma il sospiro rimase prigioniero nella gabbia che aveva sulla bocca e gli sembrò di essere di nuovo così tanto pieno di tutta quella rabbia da poter esplodere da un momento all’altro.
Di nuovo aveva perso il senso del tempo. Passarono ore, o almeno così gli sembrò.
Ad un certo punto la luce che proveniva dalla porta si affievolì, ostacolata da un’ombra. Loki alzò lo sguardo. C’era qualcuno di fronte alle sbarre. Non ci fece troppo caso, ma gli venne in mente la sua breve e inutile prigionia su Midgard. Se si fosse trovato di nuovo davanti una donna isterica che gli chiedeva di collaborare, museruola o no le sarebbe scoppiato a ridere in faccia.
Rimase seduto lì dov’era, aspettando che la porta si aprisse ed entrassero le guardie, ma non successe niente di tutto questo. Chiunque fosse davanti alle sbarre rimase lì, e un barlume di curiosità si accese nello sguardo del dio.
«Principe Loki».
Loki strinse gli occhi, perplesso. Era la voce di una donna, poco più di un sussurro, difficile da sentire. Si alzò lentamente e percorse i pochi metri che lo separavano dalla porta, in ascolto. La donna non aveva più detto nulla, ma gli sembrò di sentire il suo respiro, e il tremito che lo attraversava. Fece un altro passo e fu davanti alle sbarre.



Era alto, molto più di lei. La parte inferiore del suo viso era nascosta dalla museruola, ma poteva ancora distinguere nella penombra la linea dritta del naso e gli occhi chiari, fissi nei suoi.
Sigyn era terrorizzata.
Loki era comparso davanti a lei all’improvviso, nel buio della cella, e ora la stava fissando. Era forse la seconda volta che la guardava quel giorno, e per la seconda volta Sigyn era rimasta impietrita. Serrò le labbra, cercando di non tremare. Sarebbe tutto finito presto, si disse mentre lo sguardo di Loki attraversava l’oscurità. Avrebbe detto quello che doveva dire, Frigga sarebbe stata soddisfatta e la faccenda si sarebbe conclusa lì.
Ma quell’attimo era una cosa eterna. Non finiva mai. Sigyn, immobile di fronte alla porta, lasciò che Loki la scrutasse a lungo, ed ebbe la curiosa sensazione di essere lei a stare dietro le sbarre.
Poi, incredibilmente, quell’istante finì.
«Porto un messaggio da parte della Regina vostra madre» disse Sigyn tutto d’un fiato «A Sua Maestà non è permesso farvi visita, ma vuole tuttavia che sappiate che l’avervi ritrovato la riempie di gioia e che le siete caro come prima».
Tacque con il cuore in gola. Aveva distolto lo sguardo. Quando lo rialzò, Loki la stava ancora fissando. Non si era mosso di un centimetro, e Sigyn non avrebbe saputo dire che cosa stesse succedendo nella sua testa. La luce si rifletteva sulla museruola come un sorriso di metallo. Gli occhi di Loki parlavano, ma Sigyn aveva troppa paura per ascoltarli.
«La Regina vostra madre si augura di riuscire a trovare presto un modo per visitarvi personalmente» proseguì, guardando altrove. «Desidera sapere come state. Se volete farle avere un messaggio, glielo porterò».
Loki non poteva parlare, ma avrebbe potuto comunque far intendere qualcosa, se avesse voluto. Tuttavia era chiaro che non voleva. Si limitò a fissarla. Sigyn lo guardò e improvvisamente le sembrò di guardare un pazzo: i suoi occhi non erano solo chiari, erano spiritati, e nella penombra il suo viso le ricordò le storie di demoni che aveva ascoltato nelle sere d’inverno.
Dove andarsene, subito.
«Con permesso» esibì un brevissimo inchino e si voltò, allontanandosi con passo controllato affinché la sua fuga non fosse troppo palese.
Camminò piano, ma ebbe comunque l’impressione che i suoi passi fossero troppo rumorosi. Sentiva l’irrazionale timore che qualcosa potesse costringerla a ritornare indietro, ma non incontrò nessuno sul suo cammino.
Quando finalmente arrivò alla propria stanza, vi si rifugiò con un sospiro di sollievo. Andò alla finestra e osservò i contorni di Asgard, chiari e luminosi, e cercò di dimenticarsi l’oscurità e la paura delle prigioni. Era lontana da loro, adesso. Lontana dal principe folle che custodivano come un tesoro pericoloso.
Grete entrò, strappandola ai suoi pensieri.
«Sigyn-»
Sigyn si voltò, e Grete dischiuse le labbra in un’espressione di stupore.
«Sigyn, che cosa ti è successo?»
«Perché me lo chiedi?» domandò Sigyn, perplessa. Grete si avvicinò alla svelta.
«Sei pallida. Sembri spaventata».
«È tutto a posto, Grete».
Grete non sembrava affatto convinta. «Cos’è successo, Sigyn?»
Sigyn sospirò. Non avrebbe dovuto dire niente a nessuno, ma Grete non si sarebbe scoraggiata in fretta, e lei non si era resa conto di quanto si sentisse stanca.
«La Regina mi ha dato un ordine» disse con calma, sedendosi sul bordo del letto. «Ho dovuto portare un messaggio al principe Loki da parte sua».
Grete sgranò gli occhi. «Hai parlato con il principe Loki?»
«Non proprio, Grete. Lui non poteva parlare. Gli ho solo riferito il messaggio della Regina».

Mi ha guardato, però, avrebbe voluto dire - ma per qualche strano motivo, lo tenne per sé.
«Sigyn, non so cosa sia successo là sotto, ma sembri spaventata a morte. Non andarci più» insistette Grete.
«Non è successo niente!» ribadì Sigyn. Grete, con gli occhi sgranati, sembrava addirittura più spaventata di lei.
«È solo che ho paura» proseguì. Lo disse forte, per sentirlo bene. «Loki mi fa paura. A corte dicono moltissime cose su di lui, e sono una più terribile dell’altra. Non voglio che sappia chi sono. Non voglio parlargli. È pericoloso, hanno tutti paura di lui. E anch’io ho paura».
Grete abbracciò Sigyn, tenendola stretta. Sigyn chiuse gli occhi e si lasciò cullare. Un malessere strano le avvinghiava lo stomaco.
Quella sera, dopo essere andata a riferire alla Regina quanto avvenuto, si unì alle altre dame con il cuore sollevato per aver portato a termine il suo compito.
Addirittura, riuscì ad illudersi che fosse davvero tutto finito.














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"A girl obeys", adesso parlo pure come Jaqen H'ghar!
Sono molto, molto contenta, perché improvvisamente mi seguite in tantissimi! Lo speravo, ma non me l'aspettavo. Non so come ringraziarvi. Adesso, spero diventerete ancora di più!
Sono incerta sulla lunghezza dei capitoli. Preferisco pubblicare capitoli non molto lunghi ma a breve distanza l'uno dall'altro, piuttosto che capitoli enormi ma uno alla settimana. Voi che ne pensate?
Questo capitolo è un piccolo assaggio di ciò che succederà nelle prossime pagine, quindi continuate a leggere! Sono piuttosto avanti nella stesura della storia, e sinceramente non vedo l'ora di pubblicare certe cose... :)
Uno speciale ringraziamento a chi ha commentato il secondo capitolo: Darma, Sherlockian 7, akachika, maura 77, Geilie, virgily, Ila_Chan91, Nat_Matryoshka, AcrossTheSea
A chi sta seguendo la storia: akachika, amidala1202, Amora the Enchantress, asok, Darma, Didyme, Elweren, Francesca Akira89, Geilie, Ila_Chan91, kenjina, Lady Aquaria, LittleBulma, MaRmOtTeLlA, maura 77, Morrigan Aensland, Nat_Matryoshka, Nemsi, Paddina, PhoenixOfLight, Princess_Klebitz, saku89, Sherlockian7, snoopevious, Warumono
A chi ha inserito la storia tra le ricordate: Jun M, Out of my head
E a chi ha messo la storia nelle preferite: HelleonorGinger, Vampire_Heart, virgily
Dopo aver scritto che se chi seguiva avesse commentato mi avrebbe fatto davvero contenta, le recensioni sono decisamente aumentate! Non volevo minacciarvi :P ma visto che ha funzionato, lo ripeto: mi farebbe piacere se chi seguisse lasciasse anche un commento. Siete proprio tanti, sarebbe stupendo se ciascuno di voi lasciasse due righe!
Sayonara!
Eleu

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Capitolo 4
*** I have seen you before ***



I HAVE SEEN YOU BEFORE


 

Stanco di restare seduto, Loki vagava per la stanza, esasperato. Aveva forse sottovalutato la sua capacità di sopportazione. Là sotto era il nulla. Troppo buio, troppo silenzio. Strinse i pugni contro il muro, ascoltandone il freddo.
Neppure i pensieri venivano così facili, alla fine. Era tremendamente distratto dall’ira, la sua costante compagnia nel buio, e troppo spesso il suo intelletto si volgeva verso fantasie malsane, proiezioni del futuro. Tornava alla realtà bruscamente, cercando di controllarsi.
Loki era ossessionato dalla vendetta, e
fantasticava.
La sua mente, instabile, non riusciva ad aggrapparsi alla realtà.
Stava diventando pazzo.
Non era veramente consapevole di che cosa gli stesse succedendo, ma ne avvertiva ogni sintomo. In primo luogo quell’esasperazione tagliente, insopportabile, poi quella cocente frustrazione, e ancora lo sconforto che scendeva su di lui nei momenti in cui era più stanco.
Il cigolio della porta lo colse di sorpresa. Si voltò. La luce improvvisa era debole, ma lo accecava lo stesso.
Quando riuscì a vedere di nuovo, si trovò davanti un drappello di guardie.
Prima che potesse accorgersene, una di loro si avvicinò e iniziò a togliergli la museruola.


 



«Ho bisogno che tu vada di nuovo da mio figlio».
A Sigyn mancò improvvisamente l’aria.
Quella mattina la Regina l’aveva convocata presto, troppo presto perché si trattasse della solita passeggiata con le altre donne. Sigyn si era preparata in fretta e furia perché non voleva far aspettare la Regina, ma in cuor suo avrebbe voluto vestirsi e pettinarsi il più lentamente possibile. Dentro di sé sapeva già perché la Regina l’aveva chiamata, e
non voleva presentarsi al suo cospetto.
Invece si preparò con cura e rapidità, e si recò da lei.
Questa volta Frigga era andata subito al dunque, e adesso guardava Sigyn aspettandosi una risposta.
Sigyn però non era pronta a rispondere. Pensava al falso sollievo che l’aveva cullata la sera prima, e all’incubo da rivivere completamente da capo.
«Posso chiedervi, mia signora… come mai?» mormorò alla fine, abbassando lo sguardo.
«Desidero sapere da lui come sta» rispose la Regina, sorvolando sulla reticenza di Sigyn «Dovrai riportarmi fedelmente ogni sua parola».
Sigyn corrugò la fronte, perplessa.
«Ma… Vostra Maestà, lui non può… voglio dire, è…»
«Thor è riuscito a disporre che Loki venga liberato dai suoi impedimenti» disse la Regina con un sorriso «La museruola è stata rimossa».
Il puro terrore piombò su Sigyn con tutto il suo peso. Permettere al Dio degli Inganni di
parlare andava oltre ogni follia, e il pensiero di essere lei a doverlo ascoltare la pietrificò. Si raccontava che Loki si fosse impadronito di Asgard con le parole soltanto. Sigyn ricordò come il suo sguardo l’avesse fatta fuggire, e pensò che, per quanto ne sapeva lei, si sarebbe potuto impadronire di Asgard anche solo con gli occhi.
«Sigyn».
La voce della Regina la ricondusse alla realtà. Aveva pronunciato il suo nome allo stesso modo in cui avrebbe dettato un ordine. Sigyn sobbalzò e rispose tutto d’un fiato.
«Perdonatemi, mia signora. Porterò a termine il mio compito» disse. Non riuscì a nascondere il tremito della voce, e Frigga la notò. Si avvicinò a Sigyn, prendendola per le spalle con gentilezza.
«Mia cara» disse con un sorriso «Non c’è da aver paura. Ieri hai svolto alla perfezione il tuo incarico, e non sarà diverso, questa volta. Sono sempre io a mandarti da mio figlio, sei sotto la mia protezione. Loki non oserà fare alcunché a tuo danno». Il pensiero del male di cui era capace il figlio sembrò addolorarla, perché lasciò andare Sigyn con un ultimo sorriso tirato, e il suo sguardo cadde nel vuoto.
Mentre lasciava le stanze della Regina, Sigyn non riuscì a impedirsi di sentirsi in pena per Frigga. Si consolò con il pensiero che, se non altro, portarle notizie del figlio l’avrebbe sollevata.
Lei, invece, doveva farsi forza da sola. Non voleva dire nulla a Grete, l’avrebbe soltanto spaventata. Come affrontare quel compito, Sigyn non lo sapeva. La sua prima visita a Loki era stata devastante e l’aveva lasciata piena di angoscia, il cuore pregno di una sensazione bizzarra, ma oscura. Si era illusa che la Regina sarebbe stata soddisfatta così, ma era prevedibile che si accontentasse di sapere che il suo messaggio era stato recapitato. Frigga voleva di più, voleva sapere come stava suo figlio. Sigyn la capiva, ma avrebbe tanto voluto che fosse stata più comprensiva nei suoi confronti. Non era la persona adatta. Aveva troppa paura. Perché aveva scelto lei?
Quel pomeriggio, quando scese di nuovo la stretta scalinata diretta alle prigioni, Sigyn ebbe la strana sensazione che gli scalini fossero infiniti. Avrebbe
voluto che fosse stato così. Scese con cautela, immergendosi progressivamente nel buio, il battito del cuore sempre più forte mentre scendeva l’ultimo gradino.
Per un attimo rimase ferma lì dov’era. Nella quiete dei sotterranei, l’unica cosa che sentiva era la propria paura agitarsi nello stomaco.
Alla fine riprese a camminare lungo il corridoio. Si fermò poco prima della cella, ascoltando il rombo del cuore nel suo petto. Era quello, forse, il rumore della paura.
Le sembrava impossibile poter parlare, ma invece dischiuse le labbra e lo chiamò.
«Principe Loki».
C’era silenzio, non il silenzio vellutato della notte, ma quello vuoto e freddo della solitudine. Sigyn rimase in attesa, ogni senso all’erta, come se da un momento all’altro dovesse avvenire qualcosa di terribile.
Anche questa volta Loki le comparì davanti improvvisamente
Sigyn sussultò. Eccolo di fronte a lei, alto, pallido, pazzo. Non poteva vederlo bene attraverso le sbarre incastrate in un piccolo rettangolo della porta, ma vedeva abbastanza. La museruola non c’era più, e Sigyn notò la mascella affilata e l’assenza di sorriso.
«Eccoti di nuovo. Quale altro messaggio mia madre si è premurata di farmi avere?» disse Loki, squadrandola da capo a piedi.
La voce di Loki era
soffice. Sigyn non se l’era immaginata così. Era come una carezza, ma l’ironia che l’attraversava aveva la stessa consistenza di una pugnalata alle spalle. Era strano sentirlo parlare, dopo averlo visto nel grave silenzio della cerimonia di Thor, e nel mutismo della prigionia. Ora Loki faceva sfoggio della sua arma più potente - le parole - e lo stava facendo proprio davanti a lei.
Stordita, Sigyn annaspò alla ricerca di una risposta.
«La Regina vuole vostre notizie, e desidera sapere da voi come state» mormorò, ripetendo alla perfezione le parole che le aveva detto Frigga. Loki sbuffò divertito.
«Mi piacerebbe molto credere a quello che dici, ma mi sembra alquanto insolito che la Regina mandi una delle sue ancelle nella tana del drago solo per sapere della salute del figlio» disse, osservandola con i suoi occhi di ghiaccio. «Non sei d’accordo?»
Sigyn aveva la gola secca. Deglutì. Non sentiva più nemmeno la paura: tutto dentro di lei era paralizzato.
«Non discuto gli ordini della mia Regina» disse.
«Ah, certo. Sei proprio brava» rispose Loki con tono di scherno. Sigyn alzò involontariamente lo sguardo su di lui. La disorientava la capacità di Loki di umiliarla, pur non conoscendola affatto. Abbassò le palpebre, sconfitta.
Loki lasciò vagare lo sguardo su di lei, ancora divertito, poi un lampo di riconoscimento balenò nei suoi occhi e corrugò la fronte in un gesto teatrale.
«Come ti chiami?»
Sigyn impallidì, lottando per controllare l’impulso di fuggire. Sarebbe stato così semplice.
«Perché me lo chiedete, mio signore?» domandò con un filo di voce.
«Sono certo di averti già vista prima d’ora».
«Mi… mi avete vista qui, ieri».
«Questo è ovvio» replicò Loki, innervosito «Intendevo, oltre a ieri. Ti ho già vista prima».
«Non credo sia possibile, mio signore».
Loki osservò a lungo il suo volto al di là delle sbarre, e Sigyn desiderò che fosse molto, molto più buio di quanto non fosse già. Tutto dentro di lei le gridava di scappare.
Poi Loki sorrise. Sorrise apertamente, ma era un sorriso crudele.
«Quando sono stato condotto ad Asgard in catene, tu eri affacciata alla finestra del palazzo».
Sigyn, atterrita, guardò il vuoto con occhi sgranati mentre davanti a sé il proprio incubo prendeva forma.
Loki non distolse lo sguardo da lei nemmeno per un istante.
«Tu sei stata l’unica a parlare, mentre tutti erano in silenzio».

 














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Due nuovi fattori stanno per stravolgere la mia carriera di fan writer: per prima cosa, i capitoli successivi che ho già scritto sono considerevolmente più lunghi; seconda cosa, ho avuto l'idea per un'altra fan fiction. Insomma, passerò l'estate a scrivere fan fiction come i bei tempi in cui andavo al liceo.
Chiedo scusa per il finale bastardo di questo capitolo, ma amo lasciarvi col fiato sospeso. Per farmi perdonare, vi assicuro che nel prossimo capitolo ci sarà tanto, tanto, tantissimo POV di Loki! Urrà!
Passo a ringraziarvi tutti.
Per le recensioni: Lady Aquaria, Nat_Matryoshka, mirianval, Geilie, LittleBulma, EDVIGE86, akachika, virgily
Per aver inserito la storia tra le seguite: akachika, amidala1202, Amora the Enchantress, asok, BradDourif89, camomilla17, Didyme, EDVIGE86, Elweren, Francesca Akira89, Geilie, Ila_Chan91, kenjina, Lady Aquaria, Lady of the sea, LittleBulma, MaRmOtTeLlA, maura 77, Morrigan Aensland, Nat_Matryoshka, Nemsi, Paddina, PhoenixOfLight, Princess_Klebitz, saku89, Sherlockian7, snoopevious, Warumono
Per aver inserito la storia tra le ricordate: BadWolfSherlokid, Chihiro, Jun M, Out of my head
Per aver inserito la storia tra le preferite: Astrid Cuordighiaccio, HelleonorGinger, Vampire_heart, virgily
Da una parte sono entusiasta nel vedere così tanto pubblico, dall'altra mi intristisce un po' il fatto che con oltre 30 persone che "formalmente" mi seguono, ricevo a malapena una decina di recensioni a capitolo. Spero che magari, andando avanti con la storia, anche si segue in silenzio decida di lasciarmi un messaggio. Chi di voi è autore può ben capire la mia fame di recensioni, di sapere che ci siete. :)
Un abbraccio a tutti, e un in bocca al lupo a chi ha gli esami domani!
Eleu

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Capitolo 5
*** Emptiness and deception ***



EMPTINESS AND DECEPTION


 

Loki aveva capito immediatamente chi era la donna davanti a lui, fin da quando era venuta alla sua cella la prima volta. A dire il vero non ne era stato del tutto sicuro allora, perché non aveva avuto il tempo di osservarla a dovere. Tuttavia gli era bastata solo un’occhiata più lunga per riconoscerla subito. Aveva accolto con orgoglio il silenzio che era caduto tra la folla quando aveva fatto il suo ingresso ad Asgard, finché lei non aveva parlato. La sua voce non era stata nient’altro che un sussurro nel silenzio, ma lui era un dio, e quello era il suo silenzio. L’aveva vista, e l’aveva ricordata.
Ora era davanti a lui, e l’aveva in pugno. Era parecchio tempo che Loki non si sentiva così forte, e poco importava se quella forza provenisse dal prendersi gioco di una ragazzina. Era solo un’ancella, pensò, osservandola attraverso le sbarre. Biondiccia come tutti gli Asgardiani, e opaca e obbediente come tutte le donne.
In sostanza, non gli importava niente di lei.
Il messaggio di sua madre, ecco, quello l’aveva turbato. Qualcosa aveva stretto il suo cuore e non l’aveva più lasciato andare. Ma era così arrabbiato, così furente e folle e pieno d’odio, e tutto dentro di lui era annebbiato dall’ira. Lo irritava anche la paura sul volto della ragazza. Non gli aveva lanciato che sguardi pieni di terrore fin dalla prima volta che era scesa nelle prigioni. Per lei doveva essere stata come una discesa nell’oltretomba, e gli aveva rivolto la parola diligentemente, ma tremando come una foglia.
Da parecchio tempo Loki non sentiva di avere il controllo della situazione, ma improvvisamente le cose erano cambiate. Quella ragazza era completamente in suo potere. Era una sensazione inebriante, sublime.
«Allora» proseguì, guardandola dritta negli occhi «Che cosa stavi dicendo di così importante, mentre tutti tacevano?»
Lei tentennò, come se stesse ancora rielaborando il trauma.
«Dicevo a mia cugina che volevo andare via» parlò così piano che Loki fece fatica a sentire. Non era esattamente la risposta che si aspettava.
«Non volevi assistere al ritorno del potente Thor con il suo bottino di guerra?» Loki esibì un sorrisetto ironico «Stento a crederci. Lo spettacolo non era di tuo gradimento?»
La ragazza abbassò lo sguardo.
«No, mio signore, non lo era».
Loki ricordò l’agente Romanoff, l’ultima donna con cui aveva parlato. Era stata meschina tanto quanto lui. L’ancella che gli rivolgeva la parola adesso, invece, era così
pura da disgustarlo. Incassava i suoi colpi troppo facilmente, subiva senza emettere un suono. Iniziava a irritarlo.
Proprio come aveva fatto con l’agente Romanoff, Loki sferrò un pugno alla porta, avvicinandosi ad un soffio dalle sbarre, cogliendo di sorpresa la ragazza. La osservò sussultare e soffocare un grido, e se ne compiacque.
«Come sei ingenua» sussurrò sprezzante «La vista del Dio degli Inganni in catene ti avrebbe dovuto rallegrare, invece. Non hai idea di quello che potrei fare a te, a tutti voi, e che farò non appena sarò fuori di qui. E, credimi, accadrà. Se chi ti ha mandato qui sotto lo ha fatto con lo scopo di farmi intenerire, è ingenuo tanto quanto te. E adesso, sparisci».
La ragazza si coprì la bocca con le mani, gli occhi grandi pieni di panico. Per un attimo rimase ferma, poi si voltò e corse via.
Loki, soddisfatto, restò accanto alla porta per qualche secondo ancora, ascoltando il rumore di passi, poi si allontanò dalle sbarre con il sorriso sulle labbra. Un grande vuoto si stava allargando dentro di sé, ma lui fece finta di niente, crogiolandosi nella sua piccola prepotente vittoria.
Si chiese che cos’avrebbe riferito l’ancella a chi l’aveva mandata da lui - non era del tutto sicuro che fosse veramente la dama di compagnia della madre, o che sua madre l’avesse incaricata di portargli un messaggio. No, molto più probabilmente era un’idea di Thor, un piano che aveva architettato allo scopo di rompere il silenzio e farlo uscire allo scoperto. Purtroppo per lui, non ci era affatto cascato.
Era preso da questi pensieri quando udì di nuovo il rumore di passi.
Perplesso, Loki tornò verso la porta e si ritrovò davanti la ragazza.
Aveva il viso arrossato e una forza insolita nello sguardo. Loki aprì la bocca per intervenire, ma lei fu più veloce. Parlò tutto d’un fiato, senza fermarsi.
«Quando eravate ai cancelli di Asgard me ne volevo andare perché avevo paura di voi. Non volevo venire qui sotto e non vi volevo vedere. E non sono venuta lo stesso perché me l’aveva ordinato la Regina. Sono venuta perché vostra madre è logorata dall’angoscia. Non è ancora pronta a perdervi, l’ha detto lei stessa, e voi non avete idea di quanto stia male. Ha
bisogno di sapere che state bene. Quindi, non me ne andrò finché non mi darete un messaggio da portarle. Verrò di nuovo, se mi farete fuggire. Non ce la faccio a tornare dalla Regina e a dirle che mentre lei si consuma nel dolore, suo figlio non ha pensato a lei nemmeno per un istante».
Tacque, il respiro affannato. Loki era rimasto a bocca aperta, le parole non dette bloccate tra le labbra. Il suo primo impulso era stato di gridare più forte della ragazza, sovrastare la sua voce e farla tornare al suo posto. Ma se prima aveva ostinatamente ignorato l’immagine di Frigga, adesso invece occupava tutta la sua mente e Loki si rese conto con orrore del groppo che gli era salito in gola.
Deglutì, lasciando che il dialogo si dilatasse in un silenzio troppo lungo. La ragazza, ancora ferma dall’altra parte della porta, non si mosse. Loki ne era sorpreso. Si chiedeva che cosa fosse successo in lei, dove avesse trovato il coraggio, o l’ardire, di rivolgersi a lui in quel modo.
Abbassò lo sguardo, pensando pensieri di cui non riusciva più a dimenticarsi. Poi si avvicinò alle sbarre e alzò gli occhi sull’ancella. Poteva quasi sentirla tremare.
«Di’ a mia madre che sto molto meglio, dopo aver ricevuto il suo messaggio» disse. Nessun sarcasmo attraversò la sua voce, e nessun sorriso maligno spezzò il suo volto. La ragazza lo fissò per qualche istante, e per un attimo a Loki sembrò che capisse tutto, ma non ne era affatto sicuro.
Alla fine l’ancella chinò il capo.
«Con permesso» disse, e si allontanò. I suoi passi svanirono nel buio, ma Loki rimase ancora accanto alla porta, legato allo spiraglio di luce.
Questa volta, il vuoto lo sentì benissimo. 

«Non ce la faccio a tornare dalla Regina e a dirle che mentre lei si consuma nel dolore, suo figlio non ha pensato a lei nemmeno per un istante».
Sigyn terminò di parlare e solo allora si rese veramente conto di quello che aveva fatto. Fissò Loki incredula, senza sapere che cosa aspettarsi.
Era arrivata quasi fino alle scale prima di fermarsi e decidere di tornare indietro. In quel momento si era accorta che la rabbia dentro di lei stava superando ogni possibilità di controllo. Era arrabbiata perché si era fatta spaventare ed era fuggita. Era arrabbiata perché la Regina l’aveva di nuovo mandata là sotto. Era arrabbiata perché aveva obbedito, sapendo che non sarebbe riuscita a portare a termine il compito non tanto a causa del pericolo, ma della sua stessa paura. Ed era arrabbiata perché si era lasciata docilmente umiliare da Loki.
In un attimo aveva dovuto prendere una decisione.
Poteva salire le scale e tornarsene nella sua stanza.
Oppure, poteva voltarsi.
Sigyn aveva chiuso gli occhi, confusa. Sapeva che, fra qualche ora, quando fosse stata al sicuro nella luminosa quiete della sua camera, la sua mente sarebbe ritornata a quel momento e avrebbe trovato le parole giuste con cui rispondere, e si sarebbe costruita un piccolo trionfo.
Sarebbe stato troppo tardi, però, per viverlo.
Poi aveva pensato alla Regina. La stava aspettando, piena di angoscia e di speranza.
Non sapeva perché avesse scelto lei, ma l’aveva fatto. Fra tutte, aveva scelto proprio lei.
A quel punto Sigyn si era voltata ed era tornata verso la cella con il cuore in gola.
Adesso stava davanti a Loki quasi senza respirare, mentre le sue stesse parole le turbinavano in testa, disordinate e reali. Non aveva parlato a nessuno con quel tono da quando era arrivata a corte. In quegli ultimi mesi tutte le sue parole erano state pacate e gentili. Si era dimenticata di essere
anche così.
L’adrenalina pompava nel suo sangue, ma lei era fin troppo vigile. Temeva la reazione di Loki.
Poi lui alzò gli occhi e la inchiodò con lo sguardo.
«Di’ a mia madre che sto molto meglio, dopo aver ricevuto il suo messaggio».
Non era la risposta che Sigyn pensava di ricevere. Attonita, aspettò ancora un istante, pensando che a quel messaggio sarebbe seguita un’altra battuta, forse ironica, o malvagia, ma arrivò solo silenzio.
Loki la stava ancora guardando. Il suo sguardo la metteva a disagio.
Sigyn ebbe la prontezza sufficiente ad accennare un inchino e un saluto, e si dileguò.
Le parole di Loki le risuonarono in testa per tutto il tragitto. Il cuore le batteva forte dall’emozione e dalla paura e mano a mano che si allontanava tutto iniziava ad apparire irreale e sbiadito. Non sapeva come sentirsi, né che cosa provare. La vergogna e l’adrenalina si mescolavano nel respiro e lei entrò nella sua stanza come una furia, andando quasi a sbattere contro Grete.
«Dèi! Grete!» esclamò, mentre la cugina l’afferrava gli avambracci, impedendole di cadere.
«Sigyn! Cosa…?» l’espressione del viso di Grete cambiò completamente. «Sei andata di nuovo laggiù, vero?»
Suonava come un rimprovero. Sigyn sospirò.
«Sì, Grete, ho dovuto. Per ordine della Regina». Sigyn cercò di rivolgerle un sorriso rassicurante, ma probabilmente non ci riuscì.
«È pericoloso, Sigyn! Non puoi dirle di no?»
«Grete, non posso “dire di no” alla Regina» spiegò pazientemente Sigyn. La cugina emise un mormorio frustrato, quasi un’imprecazione.
«Tu stai bene?»
Sigyn annuì.
«Voglio che mi racconti tutto» proseguì Grete. Sigyn alzò gli occhi al cielo, ma la prese ugualmente per mano, dirigendosi verso il piccolo balcone di cui era provvista la camera. Aveva bisogno di aria fresca. Il cuore sembrava ancora impazzito.
Raccontò tutto a Grete, e quando ebbe terminato si sentì un po’ più sollevata.
Grete, d’altro canto, la fissava ad occhi spalancati.
«Va tutto bene, Grete» insistette Sigyn «Alla fine è andata meglio di quanto pensassi. Mi ha anche dato un messaggio per la Regina».
«Sigyn… ma non hai capito?»
Interrotta dalla voce preoccupata di Grete, Sigyn corrugò la fronte. «Capito cosa?»
«Perché ti ha risposto così. Non hai capito?»
«Si tratta di sua madre, probabilmente è ancora…»
«No, Sigyn, io lo so perché ti ha risposto così» intervenne Grete, concitata «Con una risposta del genere, la Regina vorrà sicuramente che tu torni da lui. Vorrà mandargli altri messaggi e sapere di più. Sigyn… lui l’ha fatto perché vuole che tu vada di nuovo là sotto. Vuole rivederti e vendicarsi».
Grete tacque, e Sigyn rimase in silenzio, gli occhi sgranati.
«Grete, io non credo proprio che… lui non sembrava…»
«Sigyn, è il Dio degli Inganni».
Improvvisamente sembrava tutto così palese. Era ovvio che non ci fossero buone intenzioni dietro quel messaggio, ed era altrettanto ovvio che Loki non si sarebbe dimenticato di lei così facilmente. Aveva commesso un errore spaventoso, e l’avrebbe pagata molto cara.
Ogni traccia di soddisfazione sparì dai suoi sentimenti mentre realizzava la formula della trappola. Vacillò, allontanandosi dal parapetto.
«Devo andare dalla Regina» disse distrattamente. Grete le gridò dietro qualcosa, ma Sigyn aveva già aperto la porta.
Non c’era nient’altro che potesse fare.















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Sono davvero contenta: voi siete sempre di più e io scrivo, scrivo, scrivo. Ho iniziato la mia seconda fan fiction: per ora non voglio svelarvi nulla, ma spero la leggerete quando vedrà la luce. Aspetterò di essere almeno a metà della stesura prima di pubblicarla.
Ah, sarà un'altra Loki/OC. E sarà quasi spiritosa.
La scrivo nei ritagli di tempo, perché Hymeneal resta comunque la mia priorità. Cerco sempre di scrivere almeno un capitolo tra un aggiornamento e l'altro e sono un poco più avanti rispetto a quello che pubblico.
La trama si infittisce, inganno e confusione ovunque... Ricordate solo una cosa: la storia procede per punti di vista, quindi la verità c'è e non c'è. In questo capitolo spero sia chiaro che Sigyn e Grete hanno letteralmente inventato una malefatta che Loki non aveva intenzione di attuare, e questo era evidenziato nel pov di Loki. Questo genere di intrecci sarà piuttosto ricorrente nella fan fiction, fateci caso. :)
Spero vi stiate tutti appassionando alla lettura e che la storia non abbia ancora iniziando ad annoiarvi!

Passiamo ai ringraziamento. Siete tantissimi!

Chi ha recensito il quarto capitolo: LilythArdat, akachika, Warumono, EDVIGE86, Geilie, Elweren, mirianval, LittleBulma, virgily, blackpearl_, Nat_Matryoshka, camomilla17, maura 77 e TsunadeShirahime che si è unita al gruppo di lettori/recensori commentando il primo e il secondo capitolo.
Chi ha inserito la storia tra le preferite: Astrid Cuordighiaccio, HelleonorGinger, Vampire_heart, Veruschka, virgily, Warumono
Chi ha inserito la storia tra le ricordate: BadWolfSherlokid, Chihiro, Jun M, Out of my head
Chi ha inserito la storia tra le seguite: akachika, amidala1202, Amora the Enchantress, asok, blackpearl_, BradDourif89, camomilla17, Darma, Didyme, EDVIGE86, Elweren, flavianolamanoo, Francesca Akira89, Geilie, GingerTrickster, Ila_Chan91, kenjina, Lady Aquaria, Lady of the sea, LilythArdat, LittleBulma, MaRmOtTeLlA, maura 77, Morrigan Aensland, Nat_Matryoshka, Nemsi, Paddina, PhoenixOfLight, Princess_Klebitz, aku89, sasuchan7, Sherlockian7, snoopevious, TsunadeShirahime, Warumono

Continuate a seguirmi, ormai la storia ha preso il via e stanno per arrivare ulteriori complicazioni. Gli inganni, quelli veri, saranno presto rivelati. Ancora un po' di pazienza!
Au revoir,
Eleu

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Capitolo 6
*** Question and answer ***



QUESTION AND ANSWER



Sedute in cerchio nella grande stanza soleggiata, le dame di compagnia della Regina non fingevano neppure di ignorare la situazione. Avevano abbandonato i loro lavori sulle ginocchia o al suolo e bisbigliavano senza sosta, piegando la schiena per avvicinarsi l’una all’altra. Qualcuna si era addirittura alzata per avvicinarsi alle altre. Sigyn ascoltava in silenzio, mentre il cuore le rimbombava nelle orecchie.
Odino era andato dalla Regina.
Frigga passava generalmente le mattinate lontano dal marito, intrattenendosi con le sue dame e lasciando che il dio si occupasse in autonomia degli affari del regno. Quella mattina, però, senza nessun preavviso, le guardie avevano spalancato le porte dell’ampio salone dove la Regina e le altre donne sedevano insieme e Odino era entrato con passo marziale.
Le dame si erano subito alzate, inchinandosi e restando a testa bassa. Sigyn si era sentita tremare le gambe e il volto diventare tutt’ad un tratto bollente. Fissava il suolo, terrorizzata al pensiero di incontrare lo sguardo di Odino. Un terribile presentimento aveva catturato il suo cuore. La veemenza con cui il Padre degli Dei era entrato nelle stanze della Regina in un momento così inusuale non era passata inosservata. Adesso che marito e moglie si trovavano dietro le porte chiuse delle camere private della Regina, lontano dalle orecchie indiscrete delle dame, era tutto un sussurrarsi e chiedersi il perché di quell’incontro. Sigyn lo sapeva, il perché, ma non disse una parola.
Era per lei. Odino aveva scoperto i messaggi della Regina, e presto sarebbe venuto anche per lei. Sigyn aspettava che arrivasse quel momento cercando di nascondere i sintomi della sua ansia. Fingeva di ascoltare, ma non apriva bocca. Pensava a che cosa dire al Padre degli Dei, ma soprattutto pensava a che cosa le avrebbe fatto. Pensava a com’era stata felice la Regina quando, il giorno prima, Sigyn le aveva riferito il messaggio di Loki. Pensava a Grete, che l’aveva avvertita del pericolo più e più volte. Pensava a Loki, che avrebbe ottenuto la sua vendetta senza muovere un muscolo.
I suoi pensieri furono spazzati via dal rumore delle porte che si spalancavano. Odino uscì dalla camera della Regina, e le donne si ricomposero prontamente, inchinandosi e mormorando il loro rispetto.
Sigyn rimase immobile, china e tremante, senza respirare, aspettando che Odino si avvicinasse a lei e le ordinasse di seguirlo.
Ma non accadde. Odino superò il gruppo delle dame di corte e si allontanò oltre la porta della sala principale.
Sigyn ci mise un po’ per realizzare che la tempesta era passata senza portarla via. Alzò lo sguardo, titubante, senza osare raddrizzarsi del tutto.
Come un’unica creatura, le donne spostarono lo sguardo verso la Regina, in piedi accanto a loro, gli occhi ancora puntati sulla porta oltre la quale era scomparso il marito.
Lei non le guardò nemmeno. Attese un istante, pensierosa, poi si diresse anche lei verso la porta, e se ne andò.
Le dame non persero nemmeno un secondo e ripresero immediatamente il loro bisbiglio. Sigyn invece rimase immobile, sconvolta. Non capiva più niente. Si sentiva quasi presa in giro da quel continuo via vai nel quale, era certa, era in qualche modo coinvolta anche lei.
Si sedette stancamente insieme alle altre donne ma solo per sussultare quando, diversi minuti dopo, le porte si aprirono di nuovo. Frigga fece la sua entrata, e questa volta andrò dritta verso di lei. Sigyn sentì il proprio viso diventare di fuoco.
«Sigyn, vieni» disse la Regina. Sigyn si alzò, instabile sulle gambe. Sentiva gli occhi di tutte le donne puntati sulla sua schiena. I loro sguardi la seguirono fino alla camera della Regina, poi Frigga serrò la porta, chiudendoli fuori.
Ora Sigyn poteva vedere bene il volto della Regina. L’angoscia vi era stata scolpita sopra e ne offuscava la luce. La guardò, ma non sembrava in grado di parlare.
Sigyn deglutì. Aveva la gola secca, e la sua voce suonava insicura.
«Mia signora… cosa sta succedendo? Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
Frigga scosse la testa.
«No, mia cara, no, non hai fatto assolutamente niente».
Le parole della Regina furono come ossigeno per Sigyn, liberandola dal peso che aveva creduto di avere sulle spalle.
«Mio marito mi ha appena detto che il processo avrà luogo questa mattina stessa» proseguì Frigga. Sigyn non fece nemmeno in tempo a pensare che allora Odino non sapeva nulla dei messaggi segreti, né di lei, perché la stranezza dell’affermazione la colpì in pieno. Era strano che Loki venisse processato così presto: di solito ci voleva del tempo prima che i criminali fossero presentati davanti alla corte. Evidentemente Odino voleva risolvere il prima possibile quella situazione pericolosa.
«Loki sarà messo alla prova» aggiunse la Regina, guardando Sigyn negli occhi «Mio marito è disposto a concedergli una grazia, se Loki ammetterà di dolersi delle sue azioni. Vuole che vinca l’orgoglio e l’arroganza. Ma io conosco mio figlio, e temo che quando arriverà il momento, non sarà in grado di dare al Padre degli Dei la risposta che desidera».
In quel momento Sigyn capì che cosa voleva da lei la Regina. Si morse le labbra e chinò il capo, perché temeva che Frigga potesse scorgere la frustrazione nei suoi occhi.
«Cosa dovrò dirgli esattamente, vostra Maestà?»
La Regina sorrise.
«Digli che quando Odino gli chiederà se rimpiange di aver fatto ciò che ha fatto, dovrà rispondere di sì a tutti i costi». Frigga si avvicinò a Sigyn e le pose le mani sulle spalle. «Sigyn. Mi hai servito fedelmente e non sai quanto ti sia grata. Sono consapevole dell’angoscia che questo compito ti provoca, ma ti devo chiedere ancora aiuto. Porta questo messaggio a Loki. Potresti essere colei che salverà la vita di mio figlio».
Il tormento della Regina era così evidente nei suoi occhi che Sigyn si sentì improvvisamente in ansia per la sorte di Loki. Come chiunque altro ad Asgard anche lei non desiderava che il peggio per il Dio degli Inganni, ma non riuscì a rimanere indifferente allo sguardo di Frigga. Assorbì la sua stanza ansia, e forse la Regina se ne accorse, perché la strinse più forte.
«Affido a te la vita di mio figlio» sussurrò «Ho parlato con Thor non appena ho ricevuto la notizia da mio marito. Ti aspetta qui fuori per assicurarsi che tu riesca a scendere alle prigioni. Non c’è stato tempo di organizzarsi come le scorse volte».
«Mia signora, c’è una cosa… le mie compagne» disse Sigyn, riferendosi alle altre dame «Temo che inizino a sospettare qualcosa».
«Penserò io a loro. Ora, vai. Non abbiamo molto tempo».
Sigyn si inchinò rapidamente e uscì dalla stanza quasi di corsa. Attraversò gli sguardi delle donne, conscia del fatto che il loro mormorio fosse cessato nell’esatto istante in cui aveva varcato la soglia. Aprì anche l’ultima porta, prese il corridoio, e si trovò davanti Thor. Nell’agitazione si era già scordata di dover essere accompagnata da lui, e sussultò quando se lo vide di fronte.
«Principe Thor!» chinò il capo in segno di rispetto. Thor l’afferrò per un braccio, delicatamente ma con forza.
«Dobbiamo sbrigarci» tagliò corto, trascinandola con sé. Sigyn si ricompose in fretta, accelerando il passo per stare dietro alle ampie falcate di Thor.
Non aprirono bocca per tutto il tragitto. Sigyn si sentiva in soggezione di fronte al Dio del Tuono. Thor appariva possente e determinato, ma l’ombra sul suo volto era molto simile all’angoscia della madre. Sembrava perso nel suo mondo, e Sigyn non indagò.
Grazie alla sua presenza le guardie non fecero domande. Avevano l’ordine di non far passare né Thor né Frigga, ma nessuno aveva detto loro di impedire l’accesso a Sigyn, soprattutto se su richiesta dell’erede di Odino. Così, prima ancora di rendersene conto,Sigyn si trovò a scendere per la terza volta le scale delle prigioni. Il percorso le era ormai diventato familiare. Arrivò di fronte alla cella di Loki e lo trovò già lì, davanti alle sbarre. Le lanciò uno sguardo sorpreso, fece per parlare, ma Sigyn lo precedette.




«Stanno per portarvi al processo».
Loki alzò un sopracciglio. «E allora?»
La ragazza corrugò la fronte, ma proseguì. «C’è una cosa che dovete sapere».
Loki era perplesso. Non si aspettava un messaggio di sua madre così presto, ma soprattutto non riusciva a decifrare l’espressione che animava gli occhi dell’ancella. Aveva addosso un’agitazione curiosa, impropria.
«Sentiamo».
«Il Padre degli Dei vi chiederà se rimpiangete le vostre passate azioni, e voi dovrete assolutamente rispondere di sì».
«Da quando in qua un processo si basa su domande di cui si conosce già la risposta?» ribatté Loki, sarcastico.
«Morirete, se non darete quella risposta».
Mai avrebbe voluto sentirsi così, ma ciò nonostante Loki avvertì distintamente un’ombra di paura entrare nel proprio respiro. Tentò disperatamente di ignorarla, fissando lo sguardo sulla ragazza.
«Chi mi dice che tu non mi stia dando l’informazione opposta?» insinuò «Credo proprio che tu, come tutti gli altri Asgardiani, mi voglia morto».
La ragazza ricambiò lo sguardo con una scintilla di incredulità. Loki pensò di averla ferita. Non importava. Ciò che contava davvero era che davanti alla debolezza di lei la propria paura stava già svanendo.
«Vi ho detto esattamente quello che mi ha riferito vostra madre» replicò l’ancella, distaccata. In qualche modo Loki sentì che quell’improvviso allontanamento fosse un modo per rispondere alla sua propensione a ferirla gratuitamente. In un certo senso lo colpì, ma non per questo rinunciò al suo scopo.
«Mi sorprende che mia madre ti abbia mandato ancora qui sotto, dopo le altre cose che ti ho detto ieri».
La ragazza esitò, e Loki capì tutto.
«Non le hai riferito quella parte del discorso, dico bene?»
La risposta non arrivò subito, ma quando arrivò lo fece sorridere.
«Sì, è così».
«Perché?»
«Non volevo farle del male».
Era così ingenua. Loki rise.
«Qualunque messaggio le avessi portato l’avrebbe fatta soffrire. È l’argomento in sé ad essere marcio. La Regina lo sa, in fondo, che sono un mostro» commentò sarcastico.
«Questo non è vero, non è quello che pensa!» rispose la ragazza con foga. Loki sorrise, avvicinandosi alle sbarre.
«E tu, che cosa pensi?»
«Non lo penso nemmeno io».
Per un istante si guardarono in silenzio, e per la prima volta Loki fu quasi sconvolto dalla cocciuta sincerità negli occhi di lei. Era come se gli avesse risposto così solamente per il gusto di dimostrargli che si sbagliava.
«Bugiarda» mormorò Loki.
In quel momento un rumore di passi risuonò lontano nel corridoio. La ragazza sussultò, spezzando lo sguardo e volgendosi verso un punto alla sua sinistra. Stava arrivando qualcuno.
Si voltò di nuovo verso Loki, lo guardò, sembrò voler aggiungere qualcosa, ma poi corse via senza una parola.
Loki rimase nel buio. Il suo sorriso era incerto.
Dopo qualche istante le guardie aprirono la porta della sua cella, gli strinsero le catene e gli rimisero la museruola. Loki si lasciò condurre lungo il corridoio senza opporre resistenza. Se solo quel maledetto processo non fosse avvenuto così presto, se avesse avuto più tempo, se avesse scoperto quale incantesimo gli era stato fatto per privarlo dei suoi poteri durante la prigionia, allora forse sarebbe riuscito a capire come dileguarsi al momento del trasferimento dalla cella, o avrebbe potuto plagiare l’ancella della Regina per convincerla a liberarlo. Il tempo però era contro di lui e lui doveva smetterla di fantasticare, subito, perché questa volta il presente era troppo immediato per rifugiarsi nei sogni.
La luce lo colpì a tradimento, e barcollò, disorientato, mentre veniva condotto al di fuori delle prigioni. Mise un piede davanti all’altro con indolenza, pronto a fulminare con gli occhi chiunque osasse guardarlo. Servitori e attendenti rimanevano pietrificati alla sua vista, le nobili dame tacevano non appena scorgevano il drappello di guardie. Dove passava Loki, restava il silenzio.
Mano a mano che si avvicinavano al grande salone dove l’avrebbero giudicato - lo stesso in cui Thor sarebbe stato incoronato, un giorno - la concentrazione di spettatori aumentava sempre di più. Giunti al teatro del processo Loki notò senza meraviglia che la sala era letteralmente gremita dalla gente. Poteva scorgere, in fondo, Odino seduto sul suo grande trono, Thor al suo fianco, e Frigga all’altro lato. Per un attimo, gli mancò il respiro.
Proprio in quel momento, distogliendo lo sguardo mentre si avvicinavano alla scalinata, Loki si accorse dell’ancella.
Si affacciava sulla sala insieme ad un gruppo di donne. Lo fissavano tutte atterrite, ma c’era qualcos’altro nello sguardo di lei, qualcosa che teneva segreto, e che Loki sapeva.
Sotto la museruola, Loki piegò maliziosamente le labbra in un sorriso complice.
Lei non poteva vederlo, ma era certo che l’avrebbe immaginato.

 













--
Ci stiamo avvicinando ad un momento fondamentale della storia: il processo di Loki. Nel prossimo capitolo affiorerà un nuovo mistero, ma non ci vorrà molto tempo perché venga svelato.
Ho aggiornato con un giorno di ritardo. Credo che i tempi di aggiornamento si allungheranno leggermente. Di sicuro non aggiornerò prima di tre giorni, ma non lascerò mai passare una settimana intera tra un capitolo e l'altro. La storia si sta facendo sempre più complicata da scrivere, i personaggi evolvono e sto facendo i salti mortali perché restino IC e non diventino stucchevoli, e ho bisogno di tempo, perché mi faccio una marea di problemi prima di pubblicare. Comunque non temete, quando pubblico ho sempre già altri due o tre capitoli di riserva, non resterete a secco!
Vorrei ricordarvi ancora una volta che i capitoli seguono precisi punti di vista, e a parte qualche eccezione più avanti, noi non sapremo mai che cosa accade a personaggi che non interagiscono direttamente o indirettamente con Sigyn o Loki. Il narratore non è onniscente.
Vi ringrazio ancora per il vostro supporto preziosissimo!

Per le recensioni: virgily, akachika, Nat_Matryoshka, snoopevious, Geilie, Elweren, LittleBulma, mirianval, LilythArdat, camomilla17, Francesca Akira89
Per aver inserito la storia tra le seguite: AcrossTheSea, akachika, amidala1202, Amora the Enchantress, asok, blackpearl_, BradDourif89, camomilla17, Darma, Didyme, EDVIGE86, Elweren, flavianolamanoo, Francesca Akira89, Geilie, GingerTrickster, Ila_Chan91, kenjina, Lady Aquaria, Lady of the sea, Latis Lensherr, LilythArdat, LittleBulma, MaRmOtTeLlA, maura 77, Mishja, Morrigan Aensland, Nat_Matryoshka, Nemsi, Paddina, PhoenixOfLight, Princess_Klebitz, saku89, sasuchan7, Sherlockian7, snoopevious, The_Lonely, TsunadeShirahime e Warumono;
Per aver inserito la storia tra le preferite: Astrid Cuordighiaccio, gunnantra, HelleonorGinger, Paddina, Vampire_heart, Veruschka, virgily, Warumono
Per aver inserito la storia tra le ricordate: BadWolfSherlokid, Chihiro, Jun M, Out of my head

Vi ringrazio tantissimo e, come al solito, se siete tra coloro che mi seguono in silenzio, vi esorto a lasciarmi una recensione! :)
Un abbraccio,
Eleu

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Capitolo 7
*** The trial ***


THE TRIAL
 

Sigyn strinse con forza la balaustra, seguendo con gli occhi il drappello di guardie e il loro prigioniero.
Loki aveva le aveva rivolto lo sguardo, per un brevissimo istante. Il gesto non le era sfuggito e l’aveva bruscamente riportata con la memoria all’occhiata che le aveva lanciato qualche giorno prima, quella di cui lui si ricordava ancora così bene.
Sigyn distolse rapidamente gli occhi, ma il contatto era durato abbastanza da svelarle la scaltrezza sul volto del dio. Non sapeva spiegarsi il perché, ma avrebbe potuto giurare che sotto quella maschera di metallo si celasse un sorriso.
Turbata, si sentì al sicuro solo quando Loki fu condotto oltre la scalinata di marmo e verso il fondo della sala, dove il Padre degli Dei sedeva con la sua famiglia. A quella distanza, si sentì libera di osservarlo senza correre il rischio di incrociare il suo sguardo.
Loki seguiva le guardie con nonchalance, esaminando a suo piacimento la folla che lo circondava. Il brusio indistinto che serpeggiava tra gli spettatori si stava già trasformando in un silenzio di ghiaccio.
Una volta giunto di fronte ai membri della famiglia reale Loki fu fatto inginocchiare al suolo. Anche qui non oppose resistenza, ma a Sigyn non sfuggì una certa rigidità nei suoi movimenti. Spostò lo sguardo verso Frigga. Era la prima volta che la Regina vedeva suo figlio da quando le era stato imposto il divieto di andargli a fare visita, e a Sigyn sembrava quasi di sentirlo, il peso che gravava sul cuore della madre. Strinse le labbra, osservando la Regina con la consapevolezza del suo conflitto. Si domandò se Loki le avesse almeno lanciato uno sguardo - non uno dei suoi, di quelli che la disorientavano, ma uno sguardo almeno un po’
umano. Dubitava che ne fosse capace.
In quel momento, Sigyn ricordò la conversazione che aveva avuto con lui solo pochi minuti prima, e avvampò. Nell’agitazione del momento l’aveva quasi dimenticata. Era corsa via senza voltarsi indietro, nascondendosi per riuscire a evitare le guardie, e aveva cercato di correre senza essere scoperta da alcuno pur di unirsi alle altre dame lungo la strada per la sala del trono. Non aveva avuto il tempo di pensare alle ultime, terribili parole che avevano pronunciato. Lei gli aveva detto che
non pensava fosse un mostro – ancora non riusciva a crederci. Era stata proprio lei a dirlo? Pensò di essere stata spinta dalla paura, dall’urgenza di mettersi al sicuro, ma ancora non riusciva a capire perché il suo buonsenso non le avesse consigliato di tacere.
In tutta risposta, lui le aveva detto che era una
bugiarda. Era ironico, considerato che lui era conosciuto dal mondo intero come il Dio degli Inganni, ma era soprattutto spaventoso, perché Sigyn sapeva che aveva ragione.
Odino si alzò dal trono e Sigyn cercò di mettere da parte i suoi ricordi ossessivi. Era innaturalmente agitata come se ad essere sotto processo fosse stata lei, in realtà.
«Loki Laufeyson» la voce del Padre degli Dei rimbombò nella vastità della sala del trono «Asgard ti accusa di alto tradimento».
Odino proseguì illustrando dettagliatamente i crimini compiuti dal figlio. Sigyn aveva creduto di sapere quasi tutto sul conto di Loki, e si meravigliò nell’udire di fatti sconosciuti.
Fu rivelato finalmente che cosa fosse accaduto nel tempo che era passato dalla sua presunta morte al ritorno ad Asgard.
Loki era stato su Midgard.
Il pensiero sconvolse Sigyn, che immaginava Midgard come una terra lontana, una leggenda irraggiungibile. Loki, tuttavia, era stato là, e aveva tentato di dominare con la forza l’intera razza umana, alleandosi con spaventose creature provenienti da un altro mondo e mettendo in pericolo l’equilibrio dell’universo.
Sigyn sapeva che Loki aveva tentato di impossessarsi di Asgard, sapeva che era dedito all’inconsueta arte della magia e che veniva descritto come un essere malvagio e corrotto, ma questo andava oltre ogni sua immaginazione. Rabbrividì al pensiero di aver incontrato per ben tre volte una persona così pericolosa, e di averlo fatto completamente sola e senza protezione. La disperazione doveva aver proprio sconvolto la mente della Regina, per averle fatto pensare che una sua ancella non corresse rischi in una situazione del genere.
Tuttavia, Sigyn non riusciva a ritrovare dentro di sé le tracce del disprezzo che balenava sui volti degli altri spettatori. Quel “bugiarda” le risuonava nella testa. Improvvisamente, si sentì spaventata da sé stessa. Distolse lo sguardo, cercando di concentrarsi sulle parole del Padre degli Dei.
Quando Odino tacque, una guardia si avvicinò a Loki e gli slacciò la museruola.
Un sommesso boato percorse la folla, mentre il dio muoveva impercettibilmente la mascella, recuperandone la sensibilità.
«Grazie per il riassunto, Padre. Sono così tante cose che inizio a fare fatica a ricordarmele tutte» commentò Loki. Sigyn trasalì. Quell’ironia iniziava ad esserle familiare, e non era una buona cosa.
«Loki, hai qualcosa da dire in tua difesa?» continuò Odino, ignorando la tracotanza del figlio.
Il prigioniero sorrise con amarezza. «Più che altro, ci sono alcune cose che avete tralasciato».
Sigyn corrugò la fronte, chiedendosi che cosa stesse tramando Loki. Non lo vedeva molto bene dalla sua posizione, ma notò il suo sorriso. Non prometteva niente di buono. Sperò che almeno fosse abbastanza saggio da ricordarsi del suo messaggio, e darle ascolto, e salvare non tanto la sua vita, ma quella della Regina.
«Vi siete scordato di rammentare che le mie azioni sono state la conseguenza della verità che
voi mi avete ostinatamente celato per tutti questi anni» proseguì Loki con sdegno «Se aveste ammesso fin dall’inizio la mia vera discendenza, io non avrei-»
«Temo che le tue azioni non siano un effetto di ciò che ti è stato rivelato, ma che siano insite nella tua natura, Loki» lo frenò Odino. Loki, interrotto, rimase un attimo con la bocca dischiusa e l’ira negli occhi, prima di serrare le labbra in una smorfia amara.
«Dite bene, nella mia natura. Quindi perché condannarmi per qualcosa che non dipende dal mio libero arbitrio?»
Sigyn ascoltava il dialogo con occhi sgranati. Era colpita dalla capacità di Loki di manipolare a suo piacimento le parole, ma soprattutto la sconvolgevano le emozioni roventi che trapelavano dalle sue battute. Non aveva mai considerato il punto di vista di Loki in tutta quella situazione. Non c’era malvagità nella sua voce, ma una rabbia infinita. Questo non cambiava i fatti, ma si sentiva lo stesso confusa.
«Basta così!» tuonò Odino. «Loki. Rispondi a questa domanda, e fallo con il tuo cuore. Le azioni che hai commesso, il tradimento della tua famiglia, le tue menzogne e le tue malefatte; tu le rimpiangi?»
Sigyn trattenne il respiro mentre realizzava che era arrivato il momento di scoprire se Loki le avrebbe dato retta oppure no. Stretta fra le sue compagne, cercò la mano di Grete, che fino a quell’istante era rimasta immobile e in silenzio. Quando la trovò la strinse forte, e Grete si voltò verso di lei con aria interrogativa. Dovette vedere qualcosa sul suo volto, perché le rivolse un piccolo sorriso e ricambiò la stretta con energia.
Non riusciva a distogliere lo sguardo da Loki. I secondi sembravano non passare mai.
Il dio alzò la testa, si guardò attorno, e Sigyn pensò che stesse cercando lei. Avrebbe voluto diventare invisibile, e si fece piccola piccola tra le altre donne.
Loki non riuscì a trovarla, ma non lo diede a vedere. Rivolse di nuovo lo sguardo verso Odino.
In quel momento, Sigyn riuscì perfettamente a scorgere il sorriso affilato spuntare sulle labbra di Loki, bellissimo e terribile, e pensò che quella museruola non era stata forgiata per impedirgli di parlare, ma per nascondergli il sorriso.
Capì che cos’avrebbe risposto un attimo prima di sentire la sua voce.
«No» disse Loki, e il suo rifiuto risuonò nel silenzio.



 

Loki ascoltò compiaciuto il sommesso fragore che percorse la folla. Trovò gratificante la confusione che era scaturita dalla sua risposta, e non si premurò di nascondere un sorriso soddisfatto.
Alzò gli occhi verso Odino. Lo sguardo del Padre degli Dei era serrato sul figlio, indecifrabile e profondo. La mancanza di reazioni sul suo volto irritò Loki. Lo irritò anche l’espressione di Thor, delusa e ferita, quanto mai buona, ma la cosa peggiore fu lo sguardo di sua madre. Frigga non l’aveva lasciato un istante, il viso tirato, ma un’ombra di fiducia nei suoi occhi. Dopo il suo rifiuto, qualcosa nei suoi occhi era improvvisamente cambiato: si erano in qualche modo appannati, avevano perso la luce, e ora la donna lo fissava in un misto di tristezza e disperazione.
Loki lottò per non perdere l’autocontrollo, ma il suo sorriso svanì.
Distolse rapidamente lo sguardo dalla madre. Gli sembrava di avere una pietra nel petto, ghiaia nei polmoni.
Si domandò se l’ancella sarebbe stata punita per non essere riuscita a convincerlo a rispondere di sì. Gli sembrava quasi patetico che avessero pensato di riuscire a comandare la sua volontà a tal punto da fargli rispondere quello che volevano loro. Non sarebbe mai caduto così in basso da rimpiangere ciò che aveva fatto. Forse non ne andava del tutto fiero, ma le sue azioni avevano un motivo, e non poteva fare marcia indietro e rinnegare le sue ragioni.
Peccato che Padre non volesse ascoltarlo.
Adesso sarebbe morto, eppure si sentiva come se la cosa non lo riguardasse nemmeno. Forse in fondo sperava di riuscire a farla franca prima dell’esecuzione. Oppure, forse stava davvero diventando pazzo, e Loki poteva intuire nel brusio che lo circondava che tutti la pensavano esattamente così.
«La condanna per altro tradimento è la morte» disse Odino dopo una lunghissima pausa. Calò il silenzio. Thor mosse un passo avanti, decisamente contrariato, ma Odino lo frenò.
«Vi è una sola attenuante per i membri della famiglia reale che sono accusati di alto tradimento, ed è già stata messa in pratica in passato. La loro vita potrebbe essere risparmiata qualora un fratello o una sorella, un coniuge o un figlio implorino per la loro salvezza».
«Temo di non poterne fare uso, visto che avete ucciso i miei fratelli» replicò Loki con freddezza. Un brusio si levò dalla folla, e il Padre degli Dei lo zittì con un grido, nero in volto.
Thor si avvicinò al padre e mormorò qualcosa, ma Odino scosse la testa.
«No, figlio mio: il tuo esilio grava ancora sul tuo passato, e questo ti impedisce di essere un valido candidato per implorare per la vita di Loki» disse piano Odino, rivolgendosi poi al figlio in catene.
«Come dici tu, non c’è nessuno che possa pronunciare questa supplica. Per tanto, io, Odino, il Padre degli Dei, ti condanno a morte».
Un gemito proruppe incontrollato dalla voce della Regina. Thor le fu subito accanto, sorreggendola mentre le gambe cedevano. Loki distolse lo sguardo dalla madre con uno sforzo sovrumano, mentre un brivido gli afferrava la nuca. Provò il forte impulso di alzarsi, scrollarsi di dosso le guardie, correre da lei e abbracciarla, e non pensare a niente. Serrò la mascella, frustrato e pieno di dolore.
Trovò tuttavia la sfacciataggine per sorridere con sarcasmo al Padre degli Dei, mimando un inchino con il capo. Lo fissò negli occhi mentre le guardie gli rimettevano la museruola con una nuova malagrazia, e lo strattonavano affinché si alzasse.
Loki era consapevole della propria uscita in grande stile, degli sguardi sconvolti e impauriti che percorrevano la sua figura mentre le guardie lo spingevano lungo la strada. Ciò nonostante, qualcosa pulsava sotto la sua pelle, e forse era paura.
Era già oltre la scalinata quando, guardandosi attorno con ostilità, si accorse della ragazza. Il gruppo di donne con cui l’aveva vista prima si stava allontanando, ma lei era rimasta lì, immobile. Lo stava fissando, e Loki notò con orrore l’inusuale mancanza di panico nel suo sguardo. Sembrava confusa, e triste.
Con rabbia, Loki voltò la testa, e per il resto del tragitto non guardò più nessuno.

--

Con il cuore pesante, Frigga si chiuse alle spalle la porta della propria stanza.
Quasi non riusciva a reggersi in piedi, ma non poteva permettersi di riposare. Non ancora.
Non voleva arrendersi.
Camminò piano fino allo scrittoio dove, da mesi, giaceva la lettera di Lord Iwaldi, inascoltata.
Si sedette, la rilesse. Pensò a lungo.
Poi prese penna e inchiostro, e iniziò a scrivere la risposta.















--
Loki ha fatto la sua scelta, ma chi ne pagherà veramente le conseguenze? Come reagirà Sigyn alla condanna a morte di Loki? Che cos'ha in mente la Regina? Chi è Lord Iwaldi?
So che questo capitolo ha introdotto alcune nuove incognite, ma vi prometto che saranno tutte svelate nell'arco dei prossimi due aggiornamenti. Siamo arrivati ad uno snodo essenziale della storia, e in pochi capitoli i nuovi misteri saranno svelati, accompagnandoci verso la conclusione di quella che considero la "prima parte" della fan fiction.
Spero che questo capitolo sia stato all'altezza delle vostre aspettative. Siete ormai così tanti a seguirmi - o almeno, siete tanti per i miei umili standard! - che inizio ad avere davvero paura di deludermi. Spero che questo non accada mai e che continuerete a seguirmi. Vi prometto che ce la sto davvero mettendo tutta!

Vi ringrazio uno per uno, e uno per uno vi abbraccio forte.

Per le bellissime recensioni: mirianval, Geilie, Jack delle Ombre, camomilla17, LittleBulma, Nat_Matryoshka, Francesca Akira89, TsunadeShirahime, Morven_Eledhwen, Darma, akachika, waterlily_, Enide
Per aver messo la storia tra le seguite: AcrossTheSea, akachika, amidala1202, Amora the Enchantress, asok, blackpearl_, BradDourif89, camomilla17, Darma, Didyme, EDVIGE86, Elweren, Enide, flavianolamanoo, Francesca Akira89, Geilie, GingerTrickster, Ila_Chan91, Jack delle Ombre, kenjina, Lady Aquaria, Lady of the sea, Latis Lensherr, LilythArdat, LittleBulma, LudusVenenum, lullaby3, MaRmOtTeLlA, maura 77, Mishja, Morrigan Aensland, Morwen_Eledhwen, Nat_Matryoshkaì, Nemsi, Out of my head, Paddina, PhoenixOfLight, Princess_Klebitz, saku89, sasuchan7, Sherlockian7, snoopevious, The_Lonely, TsunadeShirahime, Warumono, _Loki_.
Per aver messo la storia tra le preferite: Astrid Cuordighiaccio, gunnantra, HelleonorGinger, muahaha, Paddina, Vampire_heart, Veruschka, virgily, Warumono, waterlily_
Per aver messo la storia tra le ricordate: BadWolfSherlokid, Chihiro, Jun M, Out of my head

A chi ancora mi segue in silenzio: un penny per i vostri pensieri? :)

Vi annuncio inoltre che ho deciso di creare un profilo FB per poter tenermi in contatto con chi volesse seguirmi anche al di fuori dei semplici aggiornamenti. Posterò notizie esclusive sulla fan fiction, immagini ed extra di vario tipo. Se volete fatemi la richiesta di amicizia, a me farebbe molto piacere.
Tuttavia, vorrei che mi scriveste il vostro nome utente quando mi fate la richiesta, così so chi siete :)
Ecco il profilo: http://www.facebook.com/eleuthera.efp

Au revoir,
Eleu

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Capitolo 8
*** That's for remembrance ***


THAT’S FOR REMEMBRANCE


Sigyn era piena di sensi di colpa. La Regina non aveva convocato le sue dame né il pomeriggio del processo, né il giorno seguente, e lei si sentiva come se fosse stato per causa sua, anche se in cuor proprio sapeva che non era quella la ragione.
Loki non l’aveva ascoltata. Per qualche motivo, non aveva risposto alla domanda come avrebbe dovuto. Sigyn aveva cercato di ignorarlo, ma non poteva fare a meno di pensare che forse semplicemente non era riuscita a convincerlo. Sapeva che non era così, che era stato chiaro a tutti i presenti che Loki aveva deliberatamente scelto la propria risposta, che quel “no” era stato una sfida a Odino, un libero affronto alla sua onnipotenza – la dimostrazione che tutto il suo potere non sarebbe bastato per salvare il figlio traditore. Sigyn lo sapeva, ma nonostante questo si sentiva responsabile del dolore che quel “no” aveva provocato. Il fatto che la Regina non l’avesse più chiamata non faceva altro che aggravare le cose.
Per quasi due giorni Sigyn si era torturata rievocando le immagini del processo nella propria mente. Aveva nelle orecchie le parole severe di Odino e la voce tagliente di Loki, e il sorriso beffardo del Dio degli Inganni davanti agli occhi. Riviveva l’episodio più volte, pensando a come sarebbero potute andare le cose se Loki avesse risposto “sì”, immaginando la gioia della Regina illuminarle il viso, e sollevando il peso che opprimeva la sua coscienza. Una volta aveva addirittura immaginato di incontrare Loki dopo che il dio avesse ricevuto il perdono. Sognò le loro parole, e nel sogno sconfisse la propria paura, e si risvegliò felice per quel breve istante prima di realizzare la realtà.
La realtà era che Loki era stato condannato a morte, e Sigyn si sentiva come se fosse colpa sua.
Il palazzo era quasi in festa per la sentenza, ma lei continuava a pensare alla Regina, e a come era cambiato lo sguardo di Loki quando le aveva dato il messaggio da portare a Frigga, e alle sue parole, sprezzanti ma piene di dolore, che nessuno aveva ascoltato al processo. Era come un grande mistero, un quadro minuzioso ma spezzato in mille schegge, e Sigyn non riusciva a comporlo. Mancava qualche frammento, e lei continuava a cercarlo nei ricordi.
Quella mattina Grete l’aveva trascinata in giardino, ripetendole che l’unico modo per sentirsi meglio era distrarsi. La cugina aveva da poco imparato i significati delle piante più semplici, e gironzolava per il parco come una bambina, raccogliendone gli esemplari e spiegando a Sigyn per filo e per segno di che erba si trattasse. Sigyn conosceva quei significati meglio di lei, ma non era da questo che nasceva il suo disinteresse. Non c’era modo di distrarsi. Anche nella mattinata limpida e fresca, tra le fronde degli alberi che solitamente amava, Sigyn continuava a ricordare e pensare, e a rodersi l’anima.
«Questo è rosmarino» disse Grete, stringendo un rametto tra le dita. «
Per il ricordo».
Osservò la cugina di sottecchi: Sigyn era smarrita nel suo mondo, gli occhi scuri ammantati di ombre.
«Decisamente, niente rosmarino per te» commentò Grete con una smorfia, gettando lontano il rametto. Sigyn non lo notò neppure, perché stava fissando qualcosa in lontananza.
«Grete, c’è la Regina» esclamò. Grete le afferrò la mano.
«Sigyn, che cosa stai pensando?»
L'altra si voltò verso di lei, lo sguardo perso. «Perché me lo chiedi?»
«Non sono stupida, Sigyn».
Un sorriso amaro affiorò sulle labbra della ragazza. «Grete, devo parlare con lei».
«No, invece, non devi».
«Voglio aiutarla».
«Adesso vuoi aiutarla? Ma sei hai detestato doverle fare da messaggera e…»
«Lo so, ma ormai non posso più tirarmi indietro».
«Sigyn, questa è una scusa!»
Sigyn pensò di non aver mai visto Grete così infuriata. D’altro canto, anche lei stava iniziando ad arrabbiarsi.
«Non è per niente una scusa, Grete. Finiscila, adesso».
«Si può sapere che cos’è successo? Tutti sono contenti per la condanna di Loki. Perché tu no?»
Sigyn tacque, incapace di rispondere. Dentro di lei ogni emozione sembrava in lotta con sé stessa. Guardò dietro di sé: la Regina stava parlando con un attendente, poco lontano da loro.
Sigyn lanciò un ultimo sguardo verso la cugina, poi iniziò a camminare.
Pregò perché Grete non la seguisse. La sentì gridare oltre le sue spalle, ma quando si trovò di fronte alla Regina con il cuore in fiamme, non la sentì più.
La Regina e l’attendente la guardarono, sorpresi. Sigyn si inchinò.
«Vostra Maestà, chiedo di poter conferire con voi».
Lo sguardo che Frigga le lanciò disse a Sigyn che la Regina aveva già capito tutto. Le fece un cenno d’assenso, congedò l’attendente, e la chiamò con un gesto del capo.
«Cammina con me, Sigyn».
Sigyn aspettò che l’attendente si fosse allontanato prima di aprire bocca. Aveva avuto un attimo di agitazione quando aveva deciso di andare a parlare con la Regina, ma nel momento in cui le aveva rivolto la parola tutto era sparito. Era lucida, adesso, e determinata. C’era una nuova forza dentro di sé, e neppure lei riusciva a capire da dove provenisse.
«Mia signora, come state?»
La Regina le rivolse un sorriso triste, ma molto dolce. «Sigyn, mia cara, lo sai già».
Le strinse una mano, e Sigyn ricambiò la stretta. «Mia signora, non posso fare a meno di sentirmi in colpa per tutto questo».
Frigga corrugò la fronte. «In che senso?»
«Io rimpiango di… di non essere riuscita a convincere vostro figlio a dire la cosa giusta» Sigyn si accorse improvvisamente di avere un nodo nella gola, il preludio del pianto.
«Sigyn, temevo che sarebbe accaduto, ma escludo che la colpa sia tua. La volontà di Loki è forte, eccessiva alle volte. E lui ha fatto la sua scelta».
Vi era un'insolita rassegnazione nella voce della Regina, e Sigyn la guardò incuriosita. Un pensiero le balenò in testa, e gli diede voce ancora prima di realizzarlo.
«Vostra Maestà, con il vostro permesso, io vorrei poter parlare un’ultima volta con Loki».
Non provò alcuna paura nel dirlo, ma fu proprio questo a spaventarla. Sigyn sapeva che parlare con Loki poteva essere l’unico modo per pacificare la propria coscienza tormentata, ma le sembrava strano che fosse bastato questo per spingerla a formulare una richiesta tanto imprudente. Temeva che ci fosse qualcos’altro dentro di lei, ma non capiva che cosa. Avrebbe tanto voluto essere felice per la condanna a morte, come tutti gli altri. Eppure, non ci riusciva.
La Regina si fermò, e Sigyn ebbe paura di aver osato troppo.
«Tra tutte le cose che pensavo mi avresti chiesto, Sigyn…» disse Frigga «Questa, devo ammettere che non me l’aspettavo».
Sigyn avvampò. «Mia signora, perdonatemi».
«Tuttavia, credo di capire il motivo della tua richiesta» concluse la Regina. Sigyn le rispose con uno sguardo incredulo, ma Frigga sorrise, nascondendo il mistero nel suo sorriso.
«Ti permetterò di parlare con mio figlio».
Sigyn lasciò passare qualche istante prima di trovare il coraggio di parlare ancora.
«Non volete che gli porti un vostro messaggio?»
La Regina non rispose. Qualcosa nel suo sguardo si riempì di ombre, e quando riaprì bocca fu solo per definire con Sigyn i dettagli dell’incontro.
In quel momento un bizzarro presentimento catturò il cuore di Sigyn. Era come se la Regina sapesse qualcosa che a lei era oscuro, e glielo stesse nascondendo di proposito. Era insolito che non volesse mandare un messaggio a Loki, considerato che per lei vigeva ancora il divieto di incontrare il figlio. Sigyn si sorprese a pensare che potesse esserci un motivo ben preciso dietro quel silenzio. Si sentiva come se fosse coinvolta a sua insaputa in uno di quegli intrighi di palazzo di cui tutti sapevano ma nessuno parlava.
Quando la Regina l’ebbe congedata, Sigyn tornò indietro, confusa. Alzò lo sguardo: Grete la guardava con severità, due rametti di rosmarino tra le mani. Si avvicinò e gliene porse uno.
«Anzi, meglio che lo prendi» disse «Così forse ti ricorderai che io ti avevo avvertita».

 


Loki non stava aspettando di morire. O almeno, così credeva.
Aveva l'impressione che da quando era stato condannato a morte, l'opinione della plebe fosse molto cambiata. Forse erano più tranquilli, adesso che avevano la certezza che presto non si sarebbero più dovuti preoccupare di lui. Fatto stava che era stato spintonato senza pietà per tutto il tragitto fino alle prigioni, e che per la prima volta le guardie avevano tentato di prendersi gioco di lui. Non avevano avuto molto successo, non solo perché Loki li aveva zittiti con un'occhiata, ma anche perché quando gli avevano tolto la museruola, non aveva detto nulla in risposta alle loro provocazioni. Si era limitato a sorridere con aria di sufficienza. A quel punto un vago timore era affiorato sui loro volti, e le cose erano tornate alla normalità. O quasi.
Loki sentiva che qualcosa era cambiato, e questo lo preoccupava.
Prima di tutto, non aveva più ricevuto messaggi da Frigga.
Era molto soddisfatto del suo comportamento durante il processo. Aveva mostrato un'integrità inattacabile ed era rimasto fedele a sé stesso. C’era una sola cosa non si perdonava, ed era il dolore che aveva visto negli occhi di sua madre.
Gli sembrava così strano che non gli avesse più mandato messaggi. Aveva addirittura paura che le fosse accaduto qualcosa. Possibile che il dolore per la sentenza fosse stato troppo e...?
Per un volta avrebbe voluto che qualcuno si fosse ricordato di lui, là sotto, e che gli dicesse qualcosa. Per due giorni interi era stato più solo che mai. L'ancella non era più tornata a interrompere il suo silenzio.
Loki si era sorpreso a pensare a lei un po' troppo spesso del necessario. Forse l'avevano punita, per il suo rifiuto, e in fondo non si aspettava di rivederla. Ricordava quasi con piacere il loro ultimo discorso lasciato in sospeso, e aveva pensato che gli sarebbe piaciuto concluderlo prima che il suo tempo lì sotto fosse finito.
Non sapeva neppure
quanto di quel tempo gli rimanesse, e per due giorni aveva rimandato il pensiero, cercando di escogitare la fuga.
Adesso, però, allo scoccare del secondo giorno, Loki aveva smesso di sognare e aveva iniziato a fare i conti con sé stesso.
Non c'era modo di scappare.
Sarebbe morto.
Aveva paura, perché non voleva morire.
Ripensandoci, nella propria vita non era riuscito a fare quasi nulla di quello che voleva. Non gli sembrava giusto andarsene così, a mani vuote.
Non gli sembrava giusto andarsene e basta.
Voleva salvarsi, ma non poteva, se l'unico modo per vivere era piegare la testa e rinnegare sé stesso. Possibile che nessuno lo avesse capito? Era rimasto inascoltato. Come sempre.
Nella sua ultima notte insonne, Loki si era illuso di essersi rassegnato. Aveva cercato di abbracciare il pensiero della morte come un vecchio amico, e tentato di rendersi confortevole il proprio destino. Rivolgendo verso di sé la propria lingua d'argento, si era raccontato una bella favola, trasformando la propria morte nel miglior destino che avesse sperato.
Ma in fondo, Loki sapeva di essere un bugiardo.
Stava seduto al buio, nella sua cella, cercando con tutte le forze di non cedere alla disperazione, di non apparire debole nemmeno nell'oscurità.
«Principe Loki?»
Loki alzò la testa di scatto. Conosceva quella voce.
Sorrise, alzandosi in piedi.
«Ce ne hai messo di tempo ad arrivare, a quest'ora potevo essere già morto» commentò. Si avvicinò alla porta e si trovò davanti gli occhi tristi dell'ancella.
Il suo cuore mancò di un battito, mentre un terribile sospetto prendeva forma in lui.
«Mia madre sta bene?»
L'ancella corrugò la fronte, sorpresa. «Come credete che stia, dopo quello che avete fatto?»
Loki percepì la rabbia nella sua voce. «Spiegati meglio».
«Avete permesso che vi condannassero a morte!» esclamò la ragazza con veemenza. Loki si allontanò dalla porta di scatto, infastidito. Non avrebbe lasciato che un’ancella lo rimproverasse.
«Vi avevo detto che cosa dovevate rispondere» proseguì lei imperterrita «Perché non mi avete dato ascolto?».
«Ma l'ho fatto» rispose Loki, freddo «Ti ho ascoltata e ti ho anche creduto. Tuttavia, non potevo dare quella risposta».
L'ancella sembrava esasperata. Lo guardava con un misto di delusione e rabbia.
«Perché non potevate dire di
no
«Perché non era la verità».
«Con tutte le volte che avete mentito, proprio adesso dovevate decidere di essere sincero?!»
Loki si voltò verso di lei, esterrefatto. Come si permetteva di rivolgersi a lui in quel modo? Dov'era finita la paura che l'aveva ammantata durante le sue prime visite? L'osservò con attenzione, chiedendosi quale sentimento l'animasse a tal punto da spingerla a esporsi così tanto.
«Devo ricordarti con chi stai parlando?»
«Sono preoccupata per vostra madre» rispose lei in un soffio, come per giustificarsi. «E volevo... capire».
Loki sbuffò. «Che cosa vuoi capire?»
«Perché avete tanta fretta di morire».
Loki avrebbe voluto scoppiarle a ridere in faccia, ma si rese conto che non gli veniva da ridere nemmeno un po'. Si avvicinò a lei e le parlò piano.
«Io non voglio morire».
Adesso che i suoi occhi guardavano dritti in quelli dell'ancella poteva notare che lo spavento non era affatto svanito dal suo volto, anzi. Aveva paura, era arrabbiata, forse lo disprezzava, ma in qualche maniera sembrava essere quasi anche preoccupata per lui. Loki non era sicuro che lei se ne rendesse conto, ma c'era una dolcezza nel modo in cui lo guardava che lo faceva quasi sentire in colpa per non aver risposto come voleva lei. Forse iniziava a capire perché sua madre avesse scelto di mandare là sotto proprio quella ragazza.
Un moto d'orgoglio lo travolse, quando si rese conto di aver mostrato una debolezza troppo importante. Si allontanò in fretta dalle sbarre, irritato con quell'ancella impudente. Avrebbe voluto spaventarla.
«Tutto questo non ti riguarda».
«Io...».
«NON TI RIGUARDA!».
La ragazza si ammutolì. Rimase in silenzio, poi gli rivolse un sorriso sconsolato.
«Avete ragione, non mi riguarda. Vi parlo in modo troppo sfacciato, e meriterei di essere punita».
Loki sbuffò. «Non hai capito niente».
Lei tacque. Dopo un po’, Loki proseguì.
«Se c’era una volta in cui valeva la pena essere sincero, era quella».
«Avete firmato la vostra condanna a morte con quella risposta» replicò lei.
«Lo so. Ti sembro contento?»
La ragazza tacque di nuovo, ma Loki poteva indovinare nei suoi occhi che forse, stavolta, aveva capito.
Si voltò. Era ancora pieno di rabbia, ma da qualche parte dentro di sé un peso era scomparso.
«Vattene» disse comunque, lontano dalla porta, in preda a un furioso imbarazzo.
La ragazza non si mosse.
«Vattene».
«Volete che porti un messaggio a vostra madre?»
Loki sussultò. Cercò di riflettere, ma tutti i pensieri facevano troppo male.
«Credo che saprai che cosa dirle».
Ancora silenzio. Loki percepì l’incertezza dell’ancella, il suo indugiare davanti alla porta. Non riusciva ad andarsene.
«Non vi vedrò più» disse lei ad un certo punto, come se fossero pensieri e non parole. Loki sorrise amaramente.
«Non esattamente. Mi vedrai, all’esecuzione. Sono certo che non ti perderai lo spettacolo».
Capì di averla ferita, perché il tono della sua voce cambiò subito.
«Addio, principe Loki».
Loki si voltò giusto in tempo per vederla sparire.
Per un lunghissimo istante guardò la penombra che era rimasta al suo posto, lo spazio vuoto debolmente illuminato, finché non ebbe la nitida impressione che se fosse riuscito a fuggire, o se fosse morto, ad ogni modo di sarebbe per sempre ricordato di lei.
Per vendicarsene, forse. O forse no.




Sigyn percorse le scale tremando, e quando riemerse nella luce del palazzo aveva l’anima a pezzi. Le mancava il respiro, il cuore le spaccava il petto, ma non si sentiva sul punto di piangere. Era lucida e triste. Scelse corridoi deserti e corse verso gli appartamenti della Regina.
Aveva assorbito ciascuna delle parole di Loki, e l’unica cosa che riusciva a realizzare mentre cercava di mettere un piede davanti all’altro era che non voleva che morisse.
Fino a pochi giorni prima non sarebbe mai riuscita a pensare una cosa simile, ma credeva di aver visto qualcosa in Loki che non la spaventava affatto. Tutto era nascosto, celato, e lei non sapeva quasi nulla, ma avvertiva sulla pelle una tristezza insopportabile al pensiero che sarebbe stato ucciso.
Ogni tanto la coscienza le dava un forte scossone, ricordandole che Loki era pazzo, che era un assassino, e che lei lo temeva e lo disprezzava. Allora Sigyn si spaventava perché si rendeva conto che le cose erano cambiate. Improvvisamente non aveva più così tanta paura del Dio degli Inganni. Voleva capire. Lei voleva sempre capire, e sempre tutti le tenevano qualcosa nascosto. Aveva bisogno di svelare quel mistero, voleva porvi rimedio, voleva fare qualcosa. Loki non doveca morire.
Era quasi davanti alle stanze della Regina quando vide aprirsi il grande portone. Si fermò, pensando che si trattasse della Regina, e chinò il capo.
«Sigyn».
Ma la voce che pronunciò il suo nome non era quella di Frigga. Sigyn alzò lo sguardo e vide Lord Iwaldi, in piedi accanto alla Regina.
Gli occhi di Sigyn si spalancarono dalla sorpresa.
«Padre?»















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In questo capitolo ho nascosto una citazione da un'opera di Shakespeare. Chi è riuscito a trovarla?
Ad ogni modo, tutti avevate intuito che vi fosse una parentela tra Lord Iwaldi e Sigyn. Ma comunque, che diamine ci fa lui qui? Cosa c'era scritto su quella lettera?
Questa domanda riceverà una risposta nel prossimo capitolo, e sempre nel prossimo capitolo verrà rivelato un importantissimo colpo di scena, il vero motore della storia.
State pronti, quindi: venerdì prossimo uscirà il nono capitolo, e vi voglio tutti qui a leggere e prendervi un infarto!
Nel frattempo, grazie, grazie mille per tutta la vostra attenzione e passione.

I recensori: mirianval, Hiddle, waterlily_, Darma, Nat_Matryoshka, Francesca Akira89, TsunadeShirahime, camomilla17, LittleBulma, Morwen_Eledhwen, akachika
Chi ha messo la storia tra le preferite: Astrid Cuordighiaccio, Francesca Akira89, gunnantra, HelleonorGinger, Jun M, lovermusic, muahaha, Paddina, Vampire_heart, Veruschka, virgily, Warumono. waterlily_
Chi ha messo la storia tra le ricordate: BadWolfSherlokid, Chihiro, Jun M, Out of my head
Chi ha messo la storia tra le seguite: AcrossTheSea, akachika, amidala1202, Amora the Enchantress, asok, blackpearl_, BradDourif89, camomilla17, Darma, Didyme, doctor tenth, EDVIGE86, Elweren, Enide, flavianolamanoo, Francesca Akira89, Geilie, GingerTrickster, Hiddle, Ila_Chan91, Jack delle Ombre, Jessy87g, kenjina, Klainer, Lady Aquaria, Lady of the sea, Latis Lensherr, LilythArdat, LittleBulma, LudusVenenum, lullaby3, MaRmOtTeLla, maura 77, Mishja, Morrigan Aensland, Morwen_Eledhwen, Nat_Matryoshka, Nemsi, Out of my head, Paddina, PhoenixOfLight, Princess_Klebitz, saku89, sasuchan7, Sherlockian7, snoopevious, The_Lonely, TsunadeShirahime, Warumono, _Loki_

Siete in oltre 50 a seguirmi "ufficialmente", com'è che ho solo una decina di recensioni a capitolo? Su, lasciatemi un commento, spronatemi a scrivere, fatemi sapere che ci siete. :)
E se vi fa piacere aggiungetemi su facebook per avere contenuti extra, retroscena e fan art della storia. http://www.facebook.com/eleuthera.efp

Au revoir,
Eleu

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Capitolo 9
*** Secrets unfolded ***


SECRETS UNFOLDED


«Eccoti!»
Lord Iwaldi si avvicinò, dedicandole uno dei suoi rari sorrisi. Dal canto suo Sigyn era ancora immobile, paralizzata dallo stupore. Non vedeva suo padre da nove mesi, vale a dirsi da quando l'aveva lasciata alla sua nuova vita a palazzo. Che cosa ci facesse lui lì, adesso, per di più insieme alla Regina, Sigyn non se lo immaginava nemmeno.
«Mia figlia» disse Iwaldi, marciando verso di lei a braccia spalancate «Di ritorno dall'incontro con il principe cadetto, suppongo».
Sigyn pensò che sarebbe svenuta. Tutto le sembrò vorticarle attorno nell'istante in cui il padre pronunciò quelle parole. Smarrita, guardò istintivamente verso la Regina, incapace di parlare. Frigga le venne in aiuto.
«Non temere, Sigyn, sono stata io a dirglielo. Va tutto bene. Tuo padre è al corrente dei tuoi incarichi».
Il cuore di Sigyn continuò a battere forte mentre lei spostava lo sguardo da Frigga a suo padre, atterrita. Non riusciva a comprendere perché la Regina avesse rivelato dei suoi incontri con Loki, né come Lord Iwaldi potesse dire una cosa del genere e allo stesso tempo apparire così sereno. Sul suo viso troneggiava un'espressione soddisfatta, e sorrideva tanto che Sigyn ne era turbata.
«Padre, cosa vi porta a palazzo?» esordì la ragazza con cautela. «Non sono stata informata del vostro arrivo».
«Non ce n'è stato il tempo, figlia mia. Non è una visita che avevo programmato con anticipo».
Sempre più confusa Sigyn si voltò di nuovo verso la Regina, ma Frigga rimase in silenzio, quasi in disparte, guardandola con un misto di commiserazione e distacco.
«Spero non sia successo niente di grave» balbettò Sigyn con la strana sensazione che qualcosa fosse molto, molto sbagliato.
«Oh, no, affatto» esclamò Lord Iwaldi «Ho appena concluso un accordo importante con Sua Maestà. Un accordo che ti riguarda da vicino».
Sigyn corrugò la fronte. «Di che cosa si tratta?»
L’uomo le pose le grandi mani sulle spalle con fare paterno.
«Sigyn, oggi ho nobilitato la nostra famiglia per gli anni a venire» disse Lord Iwaldi con orgoglio.
«Ho concesso la tua mano al principe Loki. Sarai la sua sposa».


Loki guardava da dietro alle sbarre, appoggiato alla porta sui gomiti. Era rimasto così da quando l’ancella della Regina se n’era andata. Mentre il suo sguardo vagava nella penombra Loki ripercorreva mentalmente il loro dialogo, cercando qualche significato celato dietro alle parole di lei. Forse la ragazza era stata mandata dalla Regina per portargli un messaggio nascosto, e lui stava cercando ossessivamente di capire, rivivendo la scena dentro di sé. Tuttavia, non credeva veramente in quello che stava facendo. Lo distraevano le emozioni, i ricordi e tutto quello che avrebbe perduto molto presto. Si chiese da quando fosse diventato così emotivo. Forse lo era da sempre.
Le guardie scesero le scale per la solita ispezione, portando nuove ombre nella poca luce sotterranea. Loki le osservò, torvo.
«Che c’è, Dio degli Inganni? Cosa stai tramando?
» lo derise un soldato. Era lo stesso che aveva tentato di prendersi gioco di lui il giorno prima.
Loki sorrise, perfido.
«Vuoi provare a indovinare?»
L’altro digrignò i denti. L’aggressività nei suoi occhi aveva una nota quasi infantile.
«Ancora un giorno e tu e il tuo sarcasmo marcirete nell’oltretomba».
Loki non era affatto abituato a sentirsi mancare di rispetto da qualcuno di così inferiore. Quella guardia doveva essere folle per rivolgersi a lui in quel modo. O forse, la prospettiva della sua morte la rendeva oltremodo ardita. Loki sentì la rabbia travolgerlo come un fiume in piena. Se avesse potuto, avrebbe disintegrato quel ragazzino sfacciato con un solo sguardo.
«Farai meglio ad andartene alla svelta, altrimenti
tu e la tua impudenza mi farete da avanguardia nell’oltretomba. E se ti rimane un minimo di buon senso in quel tuo patetico cervello, ti renderai conto che questa è una minaccia» replicò. La battuta sortì il suo effetto, perché la guardia strinse le labbra, rinunciò a rispondere e si allontanò alla svelta. Loki fu selvaggiamente felice nel constatare che non aveva perso il potere della parola, ma non poté fare a meno di pensare che la gente stava iniziando a non avere più paura di lui. Non andava per niente bene.
Sapeva di essere stato spesso deriso alle spalle, ad Asgard, ma nessuno si era mai permesso di affrontarlo. Avrebbe dovuto prendere provvedimenti.
Si paralizzò, quando si rese conto che stava ancora ragionando come se ci fosse stato un
dopo, quando invece un dopo non sarebbe mai arrivato. Annaspò, preso alla sprovvista dalla sua stessa deduzione.
Un giorno, aveva detto la guardia. Dunque gli restava solo un giorno.
Come diamine avrebbe dovuto passare l’ultimo giorno della sua vita?
Loki si guardò attorno, pur conscio del vuoto che lo circondava. Non voleva sprecare l’ultimo giorno della sua vita. Non voleva nemmeno che fosse l’ultimo.
Sapeva di non poter scappare, ma continuò a pensare a come fuggire.
Dopo qualche ora un momento di sconforto lo catturò all’improvviso, cogliendolo impreparato mentre ancora cercava di architettare la propria fuga. Pensò alla morte, al Valhalla che non si era meritato e al niente che sarebbe seguito. Si chiese come l’avrebbero giustiziato, se gli avrebbero concesso una morte veloce o lenta, indolore oppure no, e finì per concludere che sarebbe stata comunque terribile, e inevitabile.
Scosso dalla rabbia e dalla paura, Loki si rinchiuse nella sua testa. Non avrebbe lasciato entrare nessuno, perché nessuno sarebbe venuto a cercarlo.




Nell'istante che seguì, Sigyn sperimentò la più totale assenza di emozioni, preludio della tempesta. Poi il panico si infranse su di lei come un'onda. Ne fu travolta, e i suoi occhi sgranati cercarono un appiglio in quelli della Regina, ma lo sguardo di Frigga non mentiva. Non era uno scherzo, Lord Iwaldi aveva detto la verità.
«Cosa?» mormorò Sigyn. Parlare era uno sforzo disumano.
«I tuoi eredi saranno di stirpe reale, figlia mia. Pensa. I Midgardiani ricorderanno il tuo nome!»
«Io non...» la voce rumorosa del padre la disorientava. Ad un certo punto pensò quasi di essere in un sogno. Com'era possibile che tutto ad un tratto, in mezzo a un corridoio, suo padre le dicesse di averla promessa in sposa a Loki? Era di un’assurdità lancinante.
Eppure no, non era un sogno. Sigyn sapeva benissimo che stava accadendo veramente.
Rivolse lo sguardo verso Frigga, disperata. «Io non capisco. Vostra Maestà...»
«Tuo padre mi scrisse mesi fa, chiedendomi di combinare la tua unione con un membro della casata reale» spiegò la Regina con fin troppa calma «All'epoca, però, la situazione non era favorevole. Thor proclamava di aver promesso il suo cuore alla donna che lo aveva aiutato su Midgard, e Loki era perduto. Ora le cose sono molto cambiate. Affidandoti l'incarico di portare a mio figlio i miei messaggi ho saggiato il terreno, e ho convenuto che la vostra unione sarebbe vantaggiosa per entrambe le famiglie».
Sigyn ascoltava senza riuscire a capire veramente quello che la Regina le stava dicendo. Quindi la storia dei messaggi era stata soltanto un pretesto... Sentì una rabbia sottile farsi strada dentro di lei, la cocente consapevolezza del tradimento, di essere stata usata. Ricordò di essere stata messa in guardia quando era arrivata a palazzo. Stai attenta a non lasciarti ingannare. Apri bene gli occhi, ascolta ogni cosa. Lo farò, aveva promesso lei. Ed era diventata una perfetta pedina tra le loro mani.
«Mia signora» tentò di controbattere «Loki... è stato condannato».
«In qualità di futura consorte potrai implorare per la sua vita, e il Padre degli Dei lo risparmierà» rispose la Regina. In quel momento, Sigyn finalmente capì.
Vi è una sola attenuante per i membri della famiglia reale che sono accusati di alto tradimento, ed è già stata messa in pratica in passato. La loro vita potrebbe essere risparmiata qualora un fratello o una sorella, un coniuge o un figlio implorino per la loro salvezza.
Un coniuge.
«Lo state facendo per salvarlo» disse con un filo di voce. La Regina rimase in silenzio, ma Sigyn sapeva di avere ragione. Mentre cresceva in lei la consapevolezza della trappola in cui era caduta, i suoi pensieri iniziarono a correre liberi. Si era preoccupata per la Regina, aveva preso a cuore la sua sorte, aveva rischiato la vita per lei, e lei l'aveva tradita.
«Sigyn, non essere sciocca. Dobbiamo la nostra eterna gratitudine al Padre degli Dei. Egli ha accettato questa unione che porterà grande lustro a tutta la nostra stirpe» ribatté Lord Iwaldi con voce dura. Sigyn lo fissò, incredula e nauseata.
A suo padre importava solo di nobilitare lo status della famiglia, dandola in sposa ad un principe.
La Regina, sconvolta dalla prospettiva della morte di Loki, voleva solamente salvarlo.
Odino non voleva macchiarsi le mani del sangue del figlio – questo era evidente, perché aveva accettato senza ripensamenti il matrimonio.
Sigyn era perfettamente consapevole di essere stata venduta.
Il suo orrore crebbe a dismisura quando prese a realizzare con lucidità di dover andare in sposa a Loki.
Loki, l'assassino, il Dio degli Inganni. L'empatia che aveva costruito con lui in quei giorni fu spazzata via in un soffio. Tutto ciò a cui riuscì a pensare era che quell'uomo era spaventoso, pericoloso, e lei non lo voleva.
«Non posso farlo» esclamò, gli occhi sgranati pieni di terrore.
Lord Iwaldi le lanciò uno sguardo affilato, e prima ancora delle sue parole Sigyn sentì la ferocia nei suoi occhi. La travolse come un ruggito. «Ho sentito bene, Sigyn?»
Resa coraggiosa dalla paura stessa, Sigyn si rivolse alla Regina. Sentiva la presenza di suo padre richiamare prepotentemente il suo sguardo, ma si impose di non guardarlo. Se l'avesse fatto, sapeva che avrebbe perso ogni forza d'animo.
«Mia signora, vi prego, perdonatemi, ma non posso accettare».
«Nessuno ha chiesto il tuo consenso, figlia. Tu sposerai Loki. È deciso» esclamò Lord Iwaldi, afferrandola in una presa d'acciaio. Sigyn guardò la Regina, disperata, sperando che il cuore nobile di Frigga non potesse accettare di imporle un'unione che non desiderava.
«L’accordo è stato preso» disse invece la donna. Frigga avrebbe pagato qualunque prezzo per salvare la vita di suo figlio, e la voce di Sigyn tremò come nel principio del pianto. Non riusciva ad arrendersi. Non poteva permettere che la sua vita venisse venduta e scambiata come moneta. Non c'erano vie di fuga, ma voleva scappare ugualmente.
«Io non provo nulla per lui» mormorò, e nello stesso istante vide la mano di Lord Iwaldi sollevarsi su di lei, pronta a colpirla per l'insolenza. Sigyn si ritrasse per proteggersi, e si ritrovò fra le braccia della Regina, in una stretta rassicurante. Sorpresa, alzò lo sguardo.
«Lord Iwaldi, permettetemi di parlare con vostra figlia in privato».
Lord Iwaldi, colto alla sprovvista, recuperò velocemente il contegno con un profondo inchino. La Regina si allontanò nelle proprie stanze con Sigyn sottobraccio. Adesso, lontana dal padre, la ragazza sentì la concentrazione vacillare, e cercò di soffocare i singhiozzi per timore di scoppiare a piangere senza ritegno.
«Perdonatemi, Maestà, non volevo mancarvi di rispetto» esordì, ma la Regina la zittì con dolcezza.
«Sigyn, devi essere tu a perdonare me».
Sigyn ammutolì. Mai e poi mai avrebbe pensato di ricevere delle scuse da parte della Regina.
«Questo è il solo modo che permetterà di evitare la morte di Loki. Gli salverai la vita».
«Ma chi salverà la mia?»
La Regina tacque e Sigyn si sentì scivolare nel vuoto, mentre si rendeva conto che proprio nessuno poteva strapparla da quell'incubo. Detestava Loki con tutte le sue forze. Se non fosse stato per lui, nessuno l'avrebbe costretta a sposare un pazzo per salvargli la vita. Se solo avesse risposto di sì a quella maledetta domanda, lei non si sarebbe dovuta sacrificare. Era tutta colpa sua, della sua cocciutaggine, della sua malvagità, e per un attimo Sigyn si chiese se non l'avesse fatto apposta, se non fosse stato tutto un suo piano. Forse Loki aveva risposto di sì proprio perché la madre fosse costretta a dargli in sposa Sigyn per salvarlo. Eccola, la sua vendetta. In realtà era piuttosto improbabile che le cose fossero andate in quella maniera, ma in quel momento non riusciva a pensare ad altro. Lo odiava, lo odiava così tanto, con tutto il suo cuore, con tutte le sue forze.
«Anche il mio è stato un matrimonio combinato» stava dicendo la Regina nel frattempo «L'amore si impara col tempo. Non partire dal presupposto che tra te e Loki non ci sarà mai nulla...»
«Ho paura di lui, ha fatto delle cose terribili-»
«Ti sarà grato, Sigyn. Gli salverai la vita. E comunque, sarà sorvegliato. Non rischierai nulla, non temere».
Sigyn avrebbe voluto mettersi a gridare dalla frustrazione. Qualunque cosa dicesse, la Regina la trasformava in qualcos'altro. Con parole dolci, certo, ma toglieva importanza da tutto ciò che lei cercava di dire. La stava demolendo. E Sigyn, senza più nulla a cui aggrapparsi, capitolò.
Rimase in silenzio, coltivando dentro di sé tutto l'odio e la rabbia di cui era capace. Quando tornarono nel corridoio, Lord Iwaldi stava aspettando.
«Allora, Sigyn. Hai ripensato alle tue parole?» le chiese, sapendo già la risposta.
Sigyn alzò lo sguardo, e i suoi occhi erano inespressivi come la sua voce.
«Sì, padre. Vi chiedo perdono. Sono lieta che la nostra famiglia si sia tanto nobilitata tramite la mia unione».
Lord Iwaldi sorrise, compiaciuto.
«Molto bene».
«La supplica è fissata per domattina» disse Frigga, allungando a Sigyn una pergamena chiusa con un sigillo di ceralacca. «Queste sono le parole che dovrai pronunciare di fronte al Padre degli Dei».
Sigyn afferrò la pergamena osservando il suo stesso gesto come in un sogno. Parole e immagini erano annebbiate nella sua testa, e si congedò con gesti meccanici, dirigendosi con indolenza verso la propria stanza.
Solo quando ebbe varcato la soglia e si fu seduta sul letto, completamente sola, Sigyn si rese veramente conto della gravità della situazione. Si lasciò avvolgere dal panico, e nell’orrore si ripeté disperata che avrebbe dovuto insistere, si sarebbe dovuta opporre con più forza, e che poteva ancora rifiutarsi di presenziare alla supplica. Ma lei era tanto brava a obbedire, e dentro di sé sentiva che per quanto potesse lottare, né suo padre né la Regina le avrebbero mai permesso di sfuggire al destino che avevano preparato per lei.
Strinse le mani attorno alla pergamena che conteneva le parole che qualcun altro aveva scelto per le sue labbra. Adesso sapeva chi era il responsabile del suo dolore, chi aveva travolto i suoi sogni, chi le aveva rubato la vita. Le sembrava impossibile aver pensato che ci fosse qualcos’altro in lui oltre che alla menzogna e all’orgoglio.
Adesso sapeva che nome dare al proprio rancore.

Loki.















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Ho svelato il principale meccanismo della storia, e adesso per una volta non sono affatto ansiosa di ricevere recensioni, anzi, le temo sul serio.
Immagino che molti di voi saranno irritati dall'atteggiamento di Sigyn. E' facile dire che avrebbe dovuto mettersi a gridare e fare un gran casino, ma nella situazione reale, di fronte al proprio padre e alla propria regina, non poteva e basta. Sigyn si è rifiutata, ma a loro non importa, non l'hanno ascoltata. Non vale nulla. Mi sento di difenderla perché ho visto che ultimamente il suo atteggiamento viene un po' frainteso. Probabilmente è colpa mia, cercherò di rendere tutto più chiaro nei prossimi capitoli.
Loki non si è visto molto in questo capitolo, ma vi assicuro che nei prossimi due capitoli ci sarà molto Loki POV. Il punto è che dovevo trattare con la giusta attenzione l'annuncio del matrimonio a Sigyn.
La citazione di Shakespeare nello scorso capitolo, era quella del rosmarino. Nell'Amleto, quando Ofelia perde la ragione, vaga per il palazzo con dei fasci di erbe che ha raccolto, e li regala ai vari personaggi. Ad un certo punto prende il rosmarino e dice: "there's rosemary, that's for remembrance". Chi l'aveva indovinata? :)
Il prossimo aggiornamento sarà probabilmente martedì, perché sono abbastanza in alto mare con il nuovo capitolo.
Passo ai dovuti ringraziamenti:

Per le recensioni: Hiddle, LittleBulma, Darma, Geilie, mirianval, Warumono, camomilla17, Morwen_Eledhwen, Elweren, Francesca Akira89, laureta1387, Nat_Matryoshka, TsunadeShirahime, Alkimia187, akachika, _Zazzy, waterlily_, Red_sayuri, _VioletDAY, virgily. L'ultimo capitolo ha ricevuto addirittura 20 recensioni, pazzesco, non era mai successo!!!
Per aver messo la storia nelle seguite: AcrossTheSea, akachika, Alkimia187, amidala1202, Amora the Enchantress, asok, blackpearl_, BradDourif89, camomilla17, Darma, Didyme, doctor tenth, EDVIGE86, Elweren, Enide, flavianolamanoo, Francesca Akira89, Geilie, GingerTrickster, Hiddle, Ila_Chan91, Jack delle Ombre, Jessy87g, kenjina, Klainer, Lady Aquaria, Lady of the sea, Latis Lensherr, LilythArdat, LudusVenenum, lullaby3, MaRmOtTeLlA, maura 77, Mishja, Morrigan Aensland, Morwen_Eledhwen, Nat_Matryoshka, Nemsi, Out of my head, Paddina, PhoenixOfLight, Princess_Klebitz, Red_sayuri, saku89, sasuchan7, Sherlockian7, snoopevious, Strix, The_Lonely, TsunadeShirahime, Warumono, _Loki_, _Zazzy
Per aver inserito la storia tra le preferite: Astrid Cuordighiaccio, Francesca Akira89, gunnantra, HelleonorGinger, Jun M, LittleBulma, lovermusic, muahaha, Paddina, Vampire_heart, Veruschka, virgily, Warumono, waterlily_,_VioletDAY,_Zazzy
Per aver inserito la storia tra le ricordate: BadWolfSherlokid, Chihiro, Jun M, Out of my head, _VioletDAY

Se volete, aggiungetemi su facebook: http://www.facebook.com/eleuthera.efp

Au revoir!
Eleu

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Capitolo 10
*** A life for a life ***


A LIFE FOR A LIFE

 

Si era svegliato con la sensazione di non aver dormito nemmeno per un istante. Non c’era modo di misurare il tempo là sotto, ma Loki era lo stesso convinto che fosse l’alba. Si sollevò dolorante, più stanco di prima, e la consapevolezza del giorno che era iniziato lo lacerò all’improvviso.
Era la sua ultima alba.
Rimase a fissare l’oscurità, avvolto dal silenzio. Non riusciva a credere che quello fosse veramente l’ultimo giorno della sua vita, eppure da qualche parte dentro di sé lo sapeva, ed era una certezza disarmante.
Si passò le mani sul volto nel tentativo di recuperare un minimo di sangue freddo. Laggiù c’erano solo tenebre e il rumore del suo respiro. Era difficile restare sé stessi.
Non sapeva bene che cos’avrebbe fatto quando fossero venuti a prenderlo, ma in quel momento lo preoccupava molto di più l’attesa.
Rimase seduto, le mani tra i capelli, nel suo angolo di buio.
Finalmente, iniziò ad aspettare la morte.


Sigyn ascoltò i propri passi risuonare lentamente nel corridoio mentre procedeva verso la sala del trono. Non aveva idea di come facesse a muoversi, né di cosa la trattenesse dal voltarsi e tornare nella sua stanza. Il cuore le pulsava convulsamente nel petto, ma i pensieri erano limpidi: sapeva benissimo che cosa stava facendo, ma pur sapendolo non riusciva a fermarsi, né a tornare indietro.
Continuò a camminare. Un lontano brusio affiorò al suo udito, mescolandosi al silenzio innaturale che regnava nei corridoi. Le superfici dei grandi passaggi marmorei erano lucide e levigate, e Sigyn osservò per un attimo la propria immagine riflessa sulla parete. Per la prima volta dopo la morte di sua madre indossava un abito nero, e la chioma dorata splendeva sulla schiena.
Di lì a poco non avrebbe più potuto portare i capelli sciolti: non era un’acconciatura consona ad una donna sposata.
La parete si confuse tra complicati intarsi, il suo riflesso sparì; Sigyn varcò la soglia e si trovò davanti alla grande scalinata della sala del trono.
La scena le ricordò immediatamente il processo di Loki. Il Padre degli Dei sedeva sul trono tra Frigga e Thor. La sala era affollata, poiché la supplica avrebbe perso di significato se il popolo non vi avesse potuto assistere.
Ogni singolo individuo nella stanza, dal servitore alla dama di corte all’attendente, si voltò verso di lei nel preciso istante in cui entrò. A differenza del processo, non scese alcun silenzio, e il brusio continuò indisturbato.
Sigyn, tesa, si sforzò di non osservare la folla e di tirare dritto. Sentiva il fuoco sulle guance e il cuore in gola, e scese le scale lentamente, per paura di perdere l’equilibrio. Non udiva le frasi che componevano quel mormorio indistinto, ma poteva immaginarle. Nella sua mente inventava parole per definire sé stessa, la promessa sposa di un traditore che aveva tenuto segreta la sua relazione fino a quando non aveva deciso di supplicare per la vita dell’amato. Poteva essere una storia di quelle che aveva sentito raccontare dalle altre donne, una storia torbida, un pettegolezzo grave; con la differenza che quella storia non sarebbe mai stata dimenticata come lo erano le dicerie delle dame di corte. Tutti si sarebbero ricordati di quel racconto, e leggende sul suo amore sarebbero state tramandate: la storia di come il traditore Loki fosse stato salvato dalla sua fedele sposa.
Sigyn si accorse di non riuscire quasi più a trattenere le lacrime. Sapeva che le parole che venivano sussurrate attorno a lei non erano gentili né comprensive. Era umiliante e doloroso scendere quelle scale in mezzo agli sguardi senza pietà di chi probabilmente non voleva morto solo Loki, ma anche lei.
Sapeva che Grete era tra la folla, e se la immaginò livida in volto proprio come quando, la sera prima, era stata costretta a rivelarle tutto. Aveva preferito che Grete lo sapesse da lei piuttosto che da una qualunque dama di corte, ma la reazione della cugina era stata così violenta che Sigyn non era riuscita a calmarla nemmeno per un attimo. Grete aveva urlato e urlato, ripetendole che doveva opporsi, che doveva essere forte, e a nulla erano valsi i tentativi di Sigyn di spiegarle che quello era un ordine come tanti altri e che non poteva fare niente. Grete se n’era andata. Sigyn non l’aveva più vista, ma era certa che si trovasse lì in quel momento, e che i suoi occhi non fossero meno spietati degli altri.
Voltarsi e scappare sarebbe stato un attimo. Anche rifiutarsi di supplicare per Loki e smascherare la messinscena era una possibilità, sebbene fosse una scelta più ardita.
Sigyn valutò le due opzioni mentre muoveva un passo dopo l’altro verso il trono di Odino. Aveva racimolato tutto il suo coraggio e stava per aprire bocca e svelare l’inganno, quando fece l’errore di sollevare lo sguardo.
L’unico occhio del Padre degli Dei la fulminò, e Sigyn ebbe la netta certezza che lui sapesse perfettamente che cos’aveva in mente di fare, e che se avesse osato farlo l’avrebbe uccisa seduta stante.
Scivolò in ginocchio come da copione, senza rendersene nemmeno conto. Si sentiva come se non fosse lei a comandare le proprie azioni, ma lo stesso Odino.
Terrorizzata, guardò verso Frigga, ma per la prima volta non trovò nulla nel suo sguardo che potesse in qualche modo confortarla. Frigga era serena, e teneva il suo sollievo per sé stessa. Sigyn cercò allora Thor, ma notò che il principe evitava meticolosamente il suo sguardo.
Era perduta, e sola. Da qualche parte in mezzo alla folla, anche suo padre la stava guardando.
«Chiedo il permesso di conferire con il Padre degli Dei» disse con un filo di voce.
«Chi chiede udienza?» rispose Odino, seguendo il cerimoniale.
«Sigyn, figlia di Lord Iwaldi e di Lady Freya».
«Lady Sigyn, vi è concesso parlare».
In quel momento la ragazza si accorse del silenzio. Era calato lentamente, e ora riempiva tutta la stanza. La folla voleva sentire bene le sue parole. Sigyn vacillò. Stava salvando la vita di Loki, condannando la propria, e lo stava facendo davanti a quello che per lei era il mondo intero.
Non sapeva come riuscisse a parlare, perché tutto il resto dentro di lei era pietrificato.
«Vi ringrazio, mio signore. Sono giunta al vostro cospetto per implorarvi di risparmiare una vita che avete destinato all’oltretomba».
«La vita di chi merita la tua supplica?»
Sigyn aprì la bocca per rispondere, ma non uscì alcun suono. Sentiva l’orgoglio e l’orrore bruciare dentro di lei, invaderle il cuore. Soffocò la coscienza, e provò di nuovo a dar voce alla menzogna che avevano scritto per lei.
«La vita di Loki Laufeyson, a cui è promessa la mia mano».
Attorno a lei, gli spettatori non trattennero la propria indignazione. Il loro mormorio fu zittito dal rumore dello scettro di Odino sul pavimento, ma a Sigyn quel brusio restò dentro. Tentennò. La sua voce era dolce e limpida come sempre, ma faticava ad uscire, a dire la prima parola. Faticava a fingere, lei che non aveva mai voluto dire bugie nemmeno da bambina.
Pensò con amarezza che, forse, stavano cercando di renderla simile all’uomo che avrebbe sposato.
Una parola le risuonò nella testa, terribile e verissima, quasi una profezia.

Bugiarda.
«Continua, figlia di Iwaldi» la esortò Odino, costringendola ad abbandonare il silenzio.
Sigyn alzò lo sguardo, vuoto.
«Mio signore, vi supplico di non privarmi del mio sposo a poche settimane dalle nozze. Vi prego di perdonare le sue azioni deplorevoli e la debolezza del suo animo. Vi imploro di concedere un’ultima possibilità di redenzione all’uomo che vi ha tanto offeso. Per questo io, Sigyn figlia di Iwaldi, vi sarò grata in eterno, e insegnerò ai miei figli la bontà di colui che con tanta saggezza risparmiò la vita di loro padre».
Non era così difficile, alla fine. Aveva imparato le parole a memoria, e le recitò ancora prima di rendersi conto di averle pronunciate.
In un attimo era tutto finito.
Persa, guardò Odino incapace di credere a quello che aveva appena detto. Non era stata lei a parlare. Non voleva credere di essere stata lei a parlare.
«Io, Odino, Padre degli Dei, concedo al tuo futuro sposo Loki Laufeyson di vivere» rispose Odino, alzandosi in piedi in modo che tutti potessero udirlo e vederlo bene. Avrebbe dovuto seguire uno scrosciante applauso, ma l’unico rumore che percorse le pareti lucide della sala fu il boato di avversione della folla. Sigyn tentò disperatamente di ignorarlo mentre pronunciava la sua ultima frase.
«Grazie, Padre degli Dei».
Si alzò in piedi, ma le gambe non ressero. Inciampò e per poco non finì a terra. Rossa in viso, si inchinò tremando, e si allontanò il più rapidamente possibile. Aveva paura della folla, e percorse ogni gradino senza respiro e con il cuore in gola.
Le sembrò un viaggio infinito, e quando finalmente fu fuori dalla sala scoppiò in lacrime.
Aveva trattenuto il pianto per tutta l’udienza, così come l’aveva trattenuto il giorno prima. Adesso, sebbene non volesse essere sorpresa in singhiozzi, rimase ferma poco oltre la soglia della sala, priva di forze e di autocontrollo. Si premette violentemente una mano contro il viso per soffocare il pianto, ma il suo volto già era bollente. Si appoggiò al muro con una mano, presa da un capogiro.
Non sapeva come, ma l’aveva fatto. Aveva appena distrutto la sua vita.



L'attesa era follia. Loki si era sempre reputato un tipo paziente, ma ci voleva una certa serenità per aspettare la morte tutto il giorno, e lui quella serenità non si sognava nemmeno di averla.
Dopo aver aspettato per qualche ora seduto in silenzio, aveva preso a vagare nervosamente per la stanza contando ogni passo, ogni respiro, ogni istante. Dopo un po' non era più stato in grado di tenere il conto e il tempo si era annullato, diventando un'unica tenebra di cui lui non aveva il possesso. Iniziò a dubitare che fosse giorno – magari era ancora notte e lui non aveva dormito affatto – e ad un certo punto iniziò a dubitare addirittura di essere vivo. In fondo, non poteva nemmeno sapere veramente dove fosse. Attorno a lui c'erano le anonime pareti della cella, e dentro le pareti c'era il buio. Forse era già morto e quello era il dopo, ma la sua mente aveva deciso di giocare e lo spingeva a credere di essere ancora vivo. Forse aspettare la morte era già morire.
Come faceva a sapere la verità?
Tornò a sedersi in un angolo, la testa fra le mani. Sentiva la follia scorrere lentamente nella testa. Sapeva di star diventando pazzo. La realtà sbiadiva mentre la morte si avvicinava, e lui era perduto.
Il rumore di passi arrivò all'improvviso e Loki sussultò, scattando in piedi. Sentì il clangore avvicinarsi e fermarsi davanti alla porta, mentre i pensieri ronzavano impazziti, squarciandolo. Erano venuti a prenderlo, e lui era in preda al panico. Aveva temuto quel momento, lo aveva atteso, ma adesso che era arrivato Loki non sapeva che cosa fare. Rimase immobile, all'erta, gli occhi sbarrati, ogni senso più vivo che mai.
Quando le guardie entrarono nella cella e lo afferrarono con forza per le braccia, oppose una certa resistenza. Non si era aspettato quella reazione da sé stesso, ma il suo corpo agì per lui, rifiutando di collaborare. Fu condotto fuori a fatica.
Barcollando, Loki era ormai sulla porta quando si domandò come mai non gli avessero ancora legato le mani, né imposto la museruola. Era strano che lo portassero al patibolo senza premurarsi che non scappasse. Per un patetico istante Loki pensò che si fossero
dimenticati di legarlo. Non riusciva a spiegarselo, altrimenti. Poi aveva varcato la soglia e si era trovato davanti Thor, e tutti i suoi pensieri erano svaniti.
La confusione di Loki raggiunse il suo apice nell’accorgersi che Thor lo accoglieva con un gran sorriso. Serrò le labbra mentre il disprezzo montava dentro di lui e si mescolava alla frustrazione e all’ira.
«Non serve che mostri la tua soddisfazione per la mia condanna in maniera così palese» commentò freddo il sorriso del fratellastro. In tutta risposta, Thor sorrise con rinnovato entusiasmo, afferrando spalle dell’altro.
«Fratello, non capisci» rispose con affetto.
«Questa, poi. Thor, potresti almeno avere la decenza di lasciarmi morire in santa pace» ribatté Loki cercando di scrollarsi di dosso la presa. La cosa che di più gli seccava era che effettivamente non capiva nulla. Le cose non stavano andando come pensava. La lunga attesa, la debolezza e l’angoscia, e quella nuova confusione, lo stavano trasportando sull’orlo della collera.
«Adesso, se non ti dispiace, dovrei andare ad un’esecuzione capitale - e si dà il caso che sia la mia, quindi non posso proprio mancare. Spostati».
Thor non dava segno di volerlo lasciar andare. Quando il fratellastro sorrise di nuovo, Loki fu certo di essere sul punto di perdere il controllo.

«Fratello, non ci sarà nessuna esecuzione».
Loki non reagì subito. L’affermazione arrivò veloce alla sua mente vigile dall’adrenalina, ma il cuore non la comprese. Quello che diceva Thor semplicemente non era possibile. Spiegava l’assenza delle manette, della museruola, e spiegava quel suo orribile sorriso, ma non era possibile.
Loki sapeva di dover morire. Aveva aspettato la morte. Perché adesso lo lasciavano vivere?
Di tutte le cose che avrebbe voluto dire, o che avrebbe potuto dire per dar sfoggio del suo orgoglio e della sua integrità in un momento del genere, Loki non ne disse nemmeno una.
«Che cosa?» mormorò.
«Dobbiamo rimandare le spiegazioni ad un luogo più consono» proseguì Thor con il sorriso ancora sul volto. «Ma sappi che sei salvo, Loki. La condanna a morte è stata revocata».
Thor fece strada lungo il corridoio, al fianco del fratello e delle guardie. Loki vide la cella che per un attimo aveva creduto l’oltretomba allontanarsi dietro di sé e sparire nel buio. Si sentiva smarrito, e detestava quello smarrimento dal profondo del cuore.
«Esigo una spiegazione, adesso» ringhiò all’indirizzo di Thor mentre le scale si profilavano davanti a loro. Nella penombra, non gli sfuggì il cambiamento d’espressione sul viso del fratellastro. Sembrava in difficoltà.
«Sei stato perdonato» disse Thor dopo qualche istante. Loki sbuffò sonoramente.
«L’ultima volta che l’ho visto, Padre non sembrava affatto incline al perdono».
«Qualcosa gli ha fatto cambiare idea».
Loki fece per ribattere quando la luce accecante, ancora una volta, lo sorprese ad un tratto. Per una manciata di secondi non si rese conto di dove stessero andando. Allo stesso tempo, realizzò improvvisamente quanto fosse debole. Non aveva fatto particolare attenzione alle sue condizioni fisiche durante la prigionia, ma mentre percorrevano defilati i grandi corridoi lucidi del palazzo scorse fugacemente il suo riflesso sulla superficie delle pareti. Intravide un volto sciupato e l'angoscia nello sguardo, e per un attimo il pensiero di essere tornato ad Asgard in quelle condizioni gli suscitò un’umiliazione feroce.
Non fece nemmeno in tempo a riemergere dai propri pensieri che si ritrovò in una stanza. Si guardò intorno, perso, mentre le guardie uscivano dalla porta, consapevole della costante presenza di Thor accanto a lui. Gli ci volle un attimo per rendersene conto, e il modo in cui il ricordo si insinuò nella sua testa fu quasi doloroso.
Era la sua stanza.
Come principe cadetto aveva a disposizione alcuni appartamenti, ma quella era proprio la sua stanza, dove aveva dormito da bambino e passato il tempo da ragazzo. Rimase senza parole.
Lo colse alla sprovvista il pensiero di non essere più un prigioniero, e di essere tornato a casa.

«Riposa, Loki. Presto anche Madre verrà a farti visita e…»
Loki si voltò di scatto verso Thor, mentre l’altro si stava già dirigendo verso la porta.
«Non credere di andartene così» ringhiò «Ho detto di volere delle spiegazioni, e tu me le darai, adesso».
«Sei stato perdonato, Loki, questo è quanto».
«No, non è quanto. Non è una riposta neanche lontanamente soddisfacente. Voglio sapere perché Padre ha cambiato idea. Dov’è il trucco, Thor?»
Thor gli rivolse uno sguardo malinconico. «Perché devi sempre pensare che ci sia un trucco in tutto quello che vedi?»
«Perché è così» ribatté Loki. «E non osare dirmi che mi sto sbagliando».
Il silenzio di Thor gli fece supporre di essere nel giusto. Rincarò la dose. «Allora, me lo vuoi dire o no, Thor? Cos'ha mai potuto far cambiare idea all’onnipotente Odino? Quale strategia vale la salvezza di un traditore che avreste ucciso senza ripensamenti?»
«Non c’è nessuna strategia, Loki!»
L’attesa, la paura, i segreti. Loki esplose. Si avvicinò al fratello come una furia, livido in volto.
Doveva sapere. Doveva sapere, maledizione! Non aveva aspettato la morte tutto quel tempo per esserne strappato senza sapere il perché. Non avrebbe neppure potuto godere del sollievo della vita, se non avesse saputo perché stava vivendo.
«Dimmelo! Perché Padre ha cambiato idea?»
Thor ricambiò lo sguardo e Loki vi lesse la stessa esasperazione che animava il proprio. Capì che stava finalmente per dirgli la verità, e per un paradossale secondo si sentì in
pericolo.
«Perché qualcuno ha supplicato per la tua vita
» rispose Thor. «Di preciso, è stata la tua promessa sposa. Sì, Loki, stai per sposarti. Congratulazioni».
















--
Sono contagiata dal vostro entusiasmo. Non avete idea di quanto io vi sia grata, e di quanto sia contenta.
Alcuni di voi mi hanno scritto che il matrimonio era "prevedibile", altri che era "totalmente inaspettato". A dire il vero avevo volutamente sparso alcuni indizi, in modo che si potesse ipotizzare, ma non sapere con certezza.
Il prossimo capitolo racconterà in primo luogo la reazione di Loki alla sua inaspettata salvezza, e sarà pubblicato sabato.
Ringraziamenti:

Recensioni:virgily, Alkimia187, EffEDont, LittleBulma, NekoBreeBree_, Red_sayuri, TsunadeShirahime, Geilie, camomilla17, sillyVantas, Darma, Nat_Matryoshka, _Zazzy, akachika, mirianval, Hiddle, Morwen_Eledhwen, Sheelen_, waterlily_, maura 77
Per aver inserito la storia tra le seguite: AcrossTheSea, akachika, Alkimia187, amidala1202, Amora the Enchantress, asok, blackpearl_, BradDourif89, camomilla17, Darma, Didyme, doctor tenth, EDVIGE86, EffEDont, Elweren, EnekSotet, Enide, flavianolamanoo, Francesca Akira89, Geilie, GingerTrickster, Hiddle, Ila_Chan91, Jack delle Ombre, Jessy87g, kenjina, Klainer, Lady Aquaria, Lady of the sea, Latis Lensherr, LilythArdat, LudusVenenum, lullaby3, MaRmOtTeLlA, maura 77, Mishja, Morrigan Aensland, Morwen_Eledhwen, Nat_Matryoshka, Nemsi, Out of my head, Paddina, PhoenixOfLight, Princess_Klebitz, Red_sayuri, saku89, sasuchan7, Sherlockian7, snoopevious, Strix, The_Lonely, TsunadeShirahime, Warumono, _Loki_, _Lucrezia97_, _Zazzy
Per aver inserito la storia tra le preferite: akachika, Astrid Cuordighiaccio, EffEDont, ESTchaviskij, Francesca Akira89, gunnantra, HelleonorGinger, Jun M, LittleBulma, lovermusic, muahaha, Paddina, Sheelen_, sillyVantas, Vampire_heart, Veruschka, virgily, Warumono, waterlily_, _Zazzy
Per aver inserito la storia tra le ricordate: BadWolfSherlokid, Chihiro, Jun M, Out of my head, Sheelen_

Vi ricordo di aggiungere il mio profilo autore su facebook, se vi va: http://www.facebook.com/eleuthera.efp?ref=tn_tnmn
Vi voglio anche consigliare questa fan fiction: http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=1150218 (Revenge Sweet Revenge di Francesca Akira89. La sento un po' anche come una vendetta personale. Ho iniziato a scrivere proprio perché non ne potevo più di Mary Sue...)

Au revoir,
Eleu

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Capitolo 11
*** You cannot shun yourself ***


YOU CANNOT SHUN YOURSELF


Calò un silenzio che pareva di marmo. Loki capì subito, ma l’affermazione era talmente assurda che ci mise un istante in più ad assorbirla completamente. Fissò Thor, incredulo.
«Che cos’hai detto?» sibilò.
Thor parve tentennare, improvvisamente reticente. «Ho detto che stai per sposarti».
«Come sarebbe a dire che “sto per sposarmi”?» esplose Loki, pieno di sdegno. «Che idea malsana e ridicola è questa!?»
«Era l’unico modo per salvarti la vita» ribatté Thor «Non mi aspetto certo gratitudine, ma nemmeno che-»
«Sei stato tu quindi a organizzare questa pagliacciata?»
«No. E’ un’idea di nostra madre».
Loki tacque. La furia dentro di lui rallentò la sua corsa, trasformandosi in un dolore sordo all’altezza del petto.
«L’unico modo per salvarti era che qualcuno supplicasse per te. Un fratello o una sorella, un figlio…»
«…o un
coniuge. Lo so» lo interruppe Loki, seccato. Iniziava a comprendere quel tranello. Perché di un tranello si trattava.
«Vi lamentate di me, ma in quanto a sotterfugi non siete da meno» commentò. Thor distolse lo sguardo.
«Era per salvarti la vita».
«Grazie, davvero. E ora vi aspettate sul serio che prenda moglie?»
«Non hai alternative».
Gli occhi di Loki brillarono, freddi e selvaggi. «Oh no, su questo ti sbagli. C’è sempre un’alternativa. C’è sempre un bivio. E stando a come la pensate voi, io scelgo sempre il sentiero che meno vi piace».
Uno scricchiolio catturò la sua attenzione. Loki si voltò e si trovò davanti Frigga. La porta si richiuse con un tonfo, ma Loki già non ci faceva più caso.
«Madre» mormorò, colto alla sprovvista.
Frigga lo guardò per un istante lunghissimo. Loki rimase impalato, senza riuscire a muoversi, o a dire nulla. Non era come trovarsi di fronte ad Odino. Quella era sua
madre. Non aveva mai voluto ingannarlo, né aveva mai preferito Thor a lui.
Frigga si avvicinò e lo abbracciò forte, accarezzandogli la nuca come quando era bambino. Loki chiuse involontariamente gli occhi, dimenticando il mondo per un attimo. Poi si ricordò che per salvarlo, sua madre aveva combinato il suo matrimonio, a sua insaputa e senza il suo consenso.
Si allontanò dall’abbraccio senza dire una parola, ma a Frigga bastò uno sguardo per capire.
«Thor ti ha detto tutto, non è vero?»
Loki la guardò con occhi pieni di risentimento.
«Proprio così, Madre. Thor mi ha rivelato dei vostri piani per
trovarmi una moglie
«Per
salvarti la vita, Loki».
«Peccato che io non abbia nessuna intenzione di sposarmi».
Frigga sospirò. Sembrava terribilmente esausta. «I matrimoni combinati sono una costante nella vita dei reali. Non vedo come questo potrebbe essere diverso».
Loki rise, sarcastico. «Non prendetemi in giro, Madre, le circostanze sono totalmente differenti da quelle in cui viene generalmente concordato un matrimonio combinato».
«Loki» il tono della Regina si era fatto molto serio. Prese le mani del figlio tra le sue. Thor osservava la scena in silenzio, assorto. «Sei abbastanza saggio da renderti conto che in questo momento non c’è altra soluzione. Sono certa che vuoi salva la vita. Vivrai, ma a questa condizione. Accettala. Sai anche tu che non c’è altro che puoi fare, e che in fondo non è un danno».
Loki fece una smorfia. «Non ho intenzione di rinnegare il mio passato».
«Non è quello di cui sto parlando. Intanto accetta questo compromesso, e vivi. Ad ogni modo, figlio mio, io spero che con il tempo il tuo passato non diverrà altro che un fantasma» commentò Frigga con una nota di tristezza nella voce.
La mente di Loki correva come impazzita cercando di trovare un modo per accettare un simile compromesso. Sapeva anche lui che in quel momento non aveva alternative, ed era troppo disperatamente legato alla vita per pensare a risolvere la faccenda con la morte che aveva aspettato con orrore negli ultimi due giorni. No, l’unica cosa da fare era attraversare la situazione, e attendere. Avrebbe agito, ma dopo. Avrebbe finto che tutto stesse andando bene, per poi colpire. Dovette fare attenzione a nascondere l’esaltazione che minacciava di fiorire nei suoi occhi, mentre una nuova speranza sorgeva all’orizzonte. C’era una via di uscita, in fondo. Avrebbe solo dovuto aspettare. Era infastidito dall’idea di una relazione imposta, ma non credeva che gli sarebbe stata troppo d’intralcio.
Alzò lo sguardo, rendendosi conto di essere rimasto in silenzio troppo a lungo. Frigga e Thor lo fissavano, trepidanti.
«Con chi dovrei sposarmi?» chiese Loki senza la minima enfasi.
«Con Lady Sigyn» rispose la Regina. Loki alzò un sopracciglio. Il nome non gli diceva niente, ma la sua mente si stava già precipitando a dare un volto a questa sua sposa sconosciuta.

«È la mia dama personale» proseguì la Regina. «Ti ha portato i miei messaggi durante la prigionia».
Qualcosa si ruppe dentro Loki mentre ricordava l’ancella con cui aveva parlato più volte nelle carceri. Le sue certezze si sgretolarono come sabbia. Non aveva calcolato di dover sposare qualcuno che già conosceva, qualcuno con cui aveva un conto in sospeso, in un certo senso. Non capiva bene perché, ma al pensiero di prendere in moglie proprio quella ragazza gli si annodava lo stomaco.
«E come ha accolto la notizia del matrimonio?» domandò con tagliente ironia, nascondendo lo shock. «Ditemi, si è già buttata dalla torre più alta del palazzo?»
«Lady Sigyn ha accettato il suo destino senza battere ciglio» replicò Frigga, sorvolando sulla battuta «Spero non ci sia bisogno di dirti, Loki, che mi aspetto da te la massima correttezza nei confronti della tua promessa sposa».
La freddezza improvvisa della Regina lo colpì, ma non si lasciò impressionare.
«Non pensatelo neppure, Madre» disse. Per qualche ragione gli uscì un tono molto più grave di quanto avrebbe creduto.
Frigga parve soddisfatta della risposta, e si rivolse all’altro figlio. «Vieni, Thor, lasciamo riposare tuo fratello».
Solo allora Loki si accorse dell’espressione diffidente che aveva assunto Thor. Ebbe l’impressione che il Dio del Tuono non avesse creduto ad una singola parola di quello che aveva detto.
Madre e figlio si allontanarono, ma quando furono sulla soglia Frigga si voltò. Rivolse a Loki uno sguardo tanto affettuoso da far male.
«Bentornato a casa, figlio mio» disse, prima di chiudere la porta.
Loki rimase solo in mezzo alla stanza, e soltanto allora gli parve di comprendere finalmente tutta l’assurdità della situazione.
Era libero, vivo, e si sarebbe
sposato.
Si sedette sul letto, ignorando la morbidezza del materasso che fino a pochi istanti prima gli avrebbe strappato un sospiro di sollievo. Era troppo concentrato a trovare un modo per ammettere la situazione in cui si trovava. Non gli sembrava vera. Era certo che sarebbe stato morto, a quell’ora. Non era preparato per vivere.
Alla fine, si convinse che quello del matrimonio era un espediente necessario. In fondo, aveva fatto molto di peggio, in passato. Se lo ripeté più volte, finché non fu soddisfatto. Ma dentro di lui pulsava un’innaturale preoccupazione, un’ansia luminosa, e se avesse avuto il coraggio di guardare fino in fondo dentro sé stesso Loki si sarebbe reso conto di essere terrorizzato all’idea di prendere moglie, ovvero di avere una donna che con ogni probabilità non lo voleva affatto e di doverle quasi sicuramente spezzare il cuore.
Al contrario, Loki liquidò la faccenda del matrimonio e si diresse spedito verso la stanza da bagno, attribuendo l’irrequietezza al capovolgimento degli eventi. Si diede una ripulita, prendendosi il tempo per osservare meglio il riflesso che aveva solo intuito durante lo spostamento dalla cella. Due grandi occhiaie scure gli circondavano gli occhi. Lo sguardo che il riflesso gli restituì era quello di un pazzo.
Irritato, Loki tornò nella propria stanza, dove qualcuno aveva lasciato del cibo. Mentre mangiava, si chiese se fossero riusciti a trovare servitori abbastanza coraggiosi da osare mettere piede lì dentro. Presunse di no.
Scivolò nel sonno poco dopo, ma le verità che aveva soffocato da sveglio lo raggiunsero nei sogni, e sognò una moglie senza volto, anonima e opaca, e piena di odio.
Si svegliò all’alba, quasi nauseato, e si rese conto di non poter stare chiuso lì dentro un minuto di più. Aprì la porta. C’erano delle guardie poco distanti, ma sapeva che ovunque fosse andato lo avrebbero seguito sentinelle che non sarebbe mai riuscito a vedere. Affrontando a testa alta la propria fasulla libertà, uscì dalla stanza e si diresse verso il parco.


Grete aveva trovato Sigyn rannicchiata sulla cassapanca davanti alla finestra. Portava sul volto i segni del pianto, e non si mosse nemmeno quando sentì la porta chiudersi.
«Sigyn…»
Finalmente la cugina alzò lo sguardo su di lei. «Che cosa c’è?»
«Volevo solo dirti che mi dispiace».
Sigyn capitolò. Gettò le braccia al collo della ragazzina e la strinse forte mentre le lacrime affioravano di nuovo agli occhi.
«Sei stata impeccabile alla supplica» sussurrò Grete accarezzandole i capelli.
«Non volevo dire nemmeno una parola di quello che ho detto» replicò Sigyn tremando. Grete la strinse più forte.
«Lo dovrò sposare davvero». Stava ancora cercando di realizzare che era tutto reale. «È un ordine, devo obbedire come a tutto il resto. Cosa posso fare?»
Grete rimase in silenzio mentre Sigyn nascondeva il viso contro la sua spalla. Pensava ossessivamente a come potersi salvare, ma non riusciva a trovare nessuna risposta e il panico diventava sempre più atroce, scavandosi la strada nel suo respiro.
«Scappa».
Sigyn alzò lo sguardo verso la cugina.
«Scappa» ripeté Grete, seria. «È l’unica cosa che puoi fare. Se resti qui, dovrai sposarlo. Devi fuggire».
«Se lascio la reggia senza permesso, Heimdall lo saprà di sicuro» replicò Sigyn, sperando con tutto il suo cuore che Grete la contraddisse e le rivelasse una nuova speranza. Ma la ragazzina non aggiunse nulla.
«Hai ragione» disse poi, e Sigyn si sentì sprofondare di nuovo nell’abisso.
«Ma forse c’è un modo di raggirare Heimdall» riprese Grete alzandosi in piedi di scatto «E se c’è, lo troveremo!»
Sigyn riuscì finalmente a sorridere. Dubitava che fosse possibile ingannare Heimdall, anche la Regina aveva dovuto sicuramente trattare con lui per permettere che gli incontri segreti con Loki avessero luogo, ma l’entusiasmo di Grete era contagioso, e un piccolo barlume di speranza si accese dentro di lei.
«Grazie, Grete» disse abbracciandola forte. L’altra ricambiò la stretta, poi si allontanò rapidamente verso la porta.
«Stai tranquilla, Sigyn, troveremo un modo. Non sposerai mai quel mostro».
La frase la colpì come una stilettata. Sigyn sorrise, ma quando Grete uscì dalla porta, il sorriso le svanì dalle labbra.
Dopo un po’ si alzò, irrequieta. Indossò rapidamente gli abiti da giorno. Era mattino presto, i giardini sarebbero stati quasi deserti e avrebbe potuto camminare senza che nessuno la guardasse storto o mormorasse al suo passaggio.
Percorse con cautela i corridoi del palazzo, e quando varcò il cancello del parco l’aria fresca le riempì i polmoni. Era effettivamente deserto, e Sigyn si sentì sollevata. Quel posto la lasciava respirare. Quando era andata alla supplica nella sala del trono, sebbene il salone fosse gigantesco, si era sentita soffocare per tutto il tempo.
Pensò a quello che le aveva detto Grete. Era davvero possibile riuscire a scappare? Non conosceva storie di gente che fosse fuggita dalla reggia di Asgard. Si chiese se anche la Regina avesse pensato che avrebbe tentato la fuga. Forse aveva provveduto affinché fosse sorvegliata. Si guardò intorno. Apparentemente non c’era nessun altro, ma non era così ingenua da credere che non la stessero ugualmente tenendo d’occhio.
Continuò a camminare, ma il pensiero del matrimonio era sempre con lei. Ripeteva nella propria mente il dialogo con la Regina e suo padre, e il contenuto della supplica, cambiando le parole per trovare un nuovo finale alla sua storia. Ma anche così, nella sua testa, le cose andavano sempre a finire allo stesso modo, e lei non aveva scampo.
«Lady Sigyn».
Sigyn si voltò, e si trovò faccia a faccia con Loki.
Spalancò gli occhi mentre sentiva il cuore balzarle in gola. Non avrebbe voluto fissarlo, ma non riusciva a muoversi, e rimase con gli occhi puntati su di lui. Era la prima volta che lo vedeva così da vicino e alla luce del sole. Aveva uno sguardo colmo di astuzia, e uno strano sorriso. Era terrificante.
Sigyn rimase in silenzio, il cuore gonfio di odio, mentre Loki si avvicinava.
«Che succede, Lady Sigyn, che fine ha fatto l’arguzia di cui avete fatto mostra durante i nostri ultimi incontri?»
Sigyn non riusciva a parlare. Loki la fissava senza pietà. Non c’erano sbarre tra di loro questa volta e lei era fragile e disarmata. Strinse le labbra e finalmente riuscì a distogliere lo sguardo. Loki uscì dal suo campo visivo, ma Sigyn era certa che stesse ancora sorridendo.
«E’ curioso incontrarvi proprio adesso. Poco fa mi è giunta voce che presto noi due ci sposeremo». La frase colpì Sigyn come uno schiaffo e lasciò un bruciore insopportabile. Alzò istintivamente lo sguardo solo per pentirsene quando, un istante dopo, vide gli occhi del Dio degli Inganni la fissi nei suoi.
«Mia madre ha scelto un gran bel modo di ricompensarvi per la vostra devozione nei suoi confronti» disse Loki, lentamente. Sigyn si accorse che nel suo sguardo ogni traccia di ilarità era scomparsa. Sul suo volto era scesa una gravità improvvisa, e ora la fissava tetro. Non le sembrò meno folle di prima, ma quella sua istantanea presa di coscienza la raggelò.
Voleva andare via.
«Vogliate scusarmi, devo andare» Sigyn accennò un inchino e fece per spostarsi, il cuore in gola.
«Fermati» disse Loki, e Sigyn si fermò.
«Cerchi sempre di fuggire, non è vero?» proseguì. «La prima volta che mi hai portato un messaggio, lo hai fatto. Anche la volta seguente sei scappata, sebbene dopo tu sia tornata indietro. E adesso...» Le sue parole la disorientavano, come sempre. Non riusciva a capire dove volesse andare a parare. «Adesso daresti qualunque cosa per fuggire».
Sapeva che non era possibile, ma Sigyn ebbe la sensazione che Loki potesse leggerle nel pensiero, e che la fuga di cui stava parlando fosse quella che lei e Grete stavano cercando di pianificare.
Doveva assolutamente impedirgli di pensare una cosa del genere.
«Adesso non sto scappando» disse. Loki rise.
«Perché ti ho detto di fermarti, e hai troppa paura per contraddirmi».
Quando Sigyn si rese conto che Loki aveva ragione, avvertì il familiare ronzio della rabbia nello stomaco. Era troppo debole. La cosa la irritò disperatamente, perché lei non era mai stata così prima di arrivare a corte. Non era mai stata così con qualcuno che non fosse lui.
Lo odiava, lo odiava così tanto.
Loki si avvicinò ancora di più, mentre lei fremeva di rabbia.
«Non hai nessuna intenzione di sposarmi, vero?»
Non sembrava una domanda retorica. Sigyn lo fissò senza dire una parola, ma il dissenso era evidente nei suoi occhi.
Loki la scrutò a lungo prima di ritenersi soddisfatto.
«Non preoccuparti» disse poi, quasi sprezzante «Neppure io ti voglio».
Sigyn non desiderava le sue attenzioni, ma quella frase le sembrò così crudele nel modo in cui era stata pronunciata, nello sguardo che Loki le aveva rivolto, che qualcosa si ruppe fragorosamente dentro di lei. Dischiuse le labbra per parlare, senza sapere cosa dire.
«Presumo che tu stia cercando un modo per evitare il matrimonio» proseguì Loki, impassibile.
«Ma immagino che l’unico modo che ti rimanga sia, anche questa volta, scappare».
Un campanello d’allarme trillò nella testa di Sigyn. Non riusciva a capire se Loki la stesse solo prendendo in giro, o se stesse cercando di comunicare veramente con lei. Lo guardò incredula, ma lo sguardo che le restituì fu profondo e grave.
«Non ti biasimo certo» proseguì Loki. «Immagino che, se fossi al tuo posto, cercherei di fare la stessa identica cosa».
Sigyn si stupì nel pensare che sembrava addirittura sincero. Osò appena aprir bocca. «Aiutatemi, allora. Avete detto che neanche voi mi volete sposare».
«Non ho più i miei poteri, non c’è nulla che possa fare per sfuggire alla vista di Heimdall» rispose lui, spaventosamente serio. Poi all’improvviso si voltò verso di lei.
«No, Sigyn, tu mi
sposerai. Mi sposerai perché non puoi fare nient’altro. Non ci sono vie di fuga per nessuno dei due, non puoi voltarti e scappare, non questa volta. Sei in trappola.».
Spiazzata dall’aggressività con cui le aveva rivolto la parola, Sigyn rimase per un attimo insensibile. Poi lo spavento e la rabbia la travolsero come un fiume in piena, e parlò senza pensare.
«Lo dite come se fosse colpa mia» mormorò «Ma se voi non aveste risposto di “no” al processo, non sarebbe successo niente».
Non sentiva più quella strana empatia che avevano costruito nei giorni passati. Sotto la paura, c’era l’odio. Non riusciva a nasconderlo.
Loki la guardò sprezzante. «Ma infatti è colpa
mia, come sempre. E tu ti senti come una vittima sacrificale».
Si avvicinò. Era molto più alto di lei e Sigyn si sentì sovrastare.
«Dovresti piantarla di avere tutta questa paura» le disse.
Non le era mai stato così vicino. Sigyn sentiva il battito del cuore ovunque, nel petto, nelle orecchie, nella gola.
«Allora voi smettetela di farmi paura».
Loki ridacchiò, e per la prima volta a Sigyn sembrò che non la guardasse con nessun sottinteso. Se ne andò senza salutare, lasciandola in mezzo al sentiero, sola.
Soltanto qualche ora dopo, tornando verso il palazzo, a Sigyn venne in mente che con tutte quelle parole affilate Loki forse aveva voluto dire che gli
dispiaceva. Era un pensiero quasi scioccante, ma per tutto il pomeriggio non riuscì a liberarsene.
Quella notte, prima di andare a dormire, la voce di Loki le rimbombò in testa un’ultima volta.

Dovresti piantarla di avere tutta questa paura.
In un moto di rabbia, Sigyn decise che non si sarebbe mai fatta incantare, che lo avrebbe odiato per sempre.
Ma che mai, mai più, ne avrebbe avuto paura.
















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Apro l'angolo autore con una notizia spiacevole: il prossimo aggiornamento andrà a sabato prossimo. Sono impegnata in un workshop di regia teatrale e per quanto sia bello richiede moltissima energia e attenzione. Non riesco a ritagliarmi nemmeno l'ora e mezza che generalmente dedico tutte le notti alla stesura della storia. Ho bisogno di riposarmi un po' e di portarmi avanti con i capitoli. Dopo sabato prossimo dovrei essere in grado di garantirvi di nuovo un capitolo ogni tre/quattro giorni. Scusatemi... spero sarete comprensivi.
Siamo entrati in un'altra fase della storia, ovvero, il periodo che precede il matrimonio (sempre che ci sarà, questo matrimonio... voi che ne pensate?) e che si snoderà nell'arco di due o tre capitoli. Scriverlo si sta rivelando piuttosto impegnativo, perché i sentimenti sono tanti e cambiano di continuo ed è difficile restare con i piedi per terra.
Quasi dimenticavo: ultimamente si parla spesso in vari termini del fatto che il finale dei capitoli avvenga in medias res, provocando una buona quantità di suspence. Ragazzi, mettetevi il cuore in pace! Io amo la suspence e la piazzerò dentro il più possibile, sebbene non si possa terminare ogni capitolo in questo modo. Ribadisco la più famosa regola non scritta di ogni fandom: se non vi piace, non leggete.
Il titolo del capitolo, You cannot shun yourself, è ancora una volta una citazione di Shakespeare (il che sta diventando una costante ormai). E' tratto da un dialogo del Troilo e Cressida, un dramma sconosciuto ma che io ho letto e a cui sono molto legata. "What offends you, lady?" "Sir, my own company" "You cannot shun yourself" ("Cosa vi turba?" "La mia stessa compagnia" "Non puoi fuggire da te stessa")

E ora, come al solito, vi ringrazio per il vostro enorme supporto!
Per le recensioni:Nou, Alkimia187, LittleBulma, akachika, camomilla17, Red_sayuri, EffEDont, _Zazzy, Morwen_Eledhwen, Francesca Akira89, mirianval, virgily, Elweren, Nat_Matryoshka, Sheelen_, TsunadeShirahime, Darma, Hiddle
Per aver messo la storia tra le seguite: AcrossTheSea, akachika, Alkimia187, amidala1202, Amora the Enchantress, asok, blackpearl_, BradDourif89, camomilla17, Caris, ClaireLove, Darma, Didyme, doctor tenth, EDVIGE86, EffEDont, Elweren, EnekSotet, Enide, flavianolamanoo, Francesca Akira89, Geilie, GingerTrickster, Hiddle, la_Chan91, Jack delle Ombre, Jessy87g, kenjina, Klainer, Lady Aquaria, Lady of the sea, Latis Lensherr, LilythArdat, lullaby3, MaRmOtTeLlA, maura 77, Mishja, Morrigan Aensland, Morwen_Eledhwen, Nat_Matryoshka, Nemsi, Out of my head, Paddina, PhoenixOfLight, Princess_Klebitz, Red_sayuri, saku89, sasuchan7, Seleia, Sherlockian7, snoopevious, Strix, The_Lonely, TsunadeShirahime, Warumono, _Loki_, _Lucrezia97_, _Zazzy
Per aver messo la storia tra le preferite: akachika, Astrid Cuordighiaccio, ClaireLove, EffEDont, enifpegasus, ESTchaviskij, Francesca Akira89, ghirigoro, gunnantra, HelleonorGinger, Jun M, LittleBulma, lovermusic, LudusVenenum, muahaha, Nou, Paddina, Sheelen_, sillyVantas, Vampire_heart, Veruschka, virgily, Warumono, waterlily_, _Zazzy
Per aver messo la storia tra le ricordate: Astrid Cuordighiaccio, GingerTrickster, LilythArdat, Mayaserana

Mentre aspettate il prossimo capitolo, potreste leggere White blank page, la mia one-shot nel fandom "The Avengers", ancora una volta con Loki protagonista. Fatemi sapere che cosa ne pensate: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1155768&i=1
Ricordatevi di aggiungermi a facebook per ricevere aggiornamenti sulla storia, per farmi sapere che ne pensate se non siete iscritti a EFP e non potete commentare, e cose così! http://www.facebook.com/eleuthera.efp

Au revoir!
Eleu

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Capitolo 12
*** One may smile and be a villain ***


ONE MAY SMILE AND BE A VILLAIN


Loki si era reso conto piuttosto in fretta di essere semplicemente passato da una prigione all’altra. Aveva attraversato i giardini e i corridoi del palazzo per ritornare alle proprie stanze e misteriosamente non aveva incontrato nessuno. Le guardie non si erano apparentemente mosse di un centimetro, ma quando Loki aprì la porta sentì il loro sguardo sulla schiena.
La richiuse con rabbia dietro di sé, andò verso la finestra e si appoggiò al davanzale, guardando senza meraviglia il luminoso profilo di Asgard.
Non si era aspettato di incontrare Sigyn proprio quel giorno. Si era diretto verso il parco per poter assaporare meglio l’illusione di essere libero, e quando se l’era trovata davanti non aveva resistito alla tentazione di cercare subito il confronto. Ricordava bene i loro incontri, ricordava la paura che aveva costantemente annebbiato i suoi occhi. Era una paura rassicurante, la conferma di essere ancora il Dio degli Inganni, di essere capace di manipolare le parole, le persone, la realtà.
Si era avvicinato con questo intento, ma non appena l’aveva vista, aveva trovato subito una cosa che non andava bene.
Odio.
Lei l’odiava.
A lui piaceva essere temuto, non odiato.
Improvvisamente, Loki aveva desiderato ferirla. Voleva punirla per l’odio che provava per lui. Ma la sua paura era diventata qualcosa di frustrante, una barriera inattaccabile scaturita dal disprezzo; e ancor prima di dire una parola, era stata lei a ferire lui.
Ma la cosa peggiore era che Loki capiva. Capiva che fosse terribile essere costretta a sposarlo, e che la causa scatenante di quel supplizio era stata la sua risposta durante il processo. Sapeva che era colpa sua, e si odiava, perché non voleva essere colpevole di niente.
Era rimasto quasi scandalizzato quando si era reso conto di doverle chiedere scusa. Alla fine aveva giocato con le parole come suo solito, ma i sentimenti erano rimasti lì, contrastanti e paradossali; e adesso si chiedeva se quello non fosse un altro sintomo della sua impellente pazzia.
Perché, non appena l’aveva vista, si era sentito in dovere di scusarsi? Perché lei, con tutta quella paura che aveva addosso, ogni volta riusciva in qualche maniera a
contenerlo, ad assorbire i suoi attacchi, a respingerli con calma, a ricevere i colpi senza cadere? Come accidenti faceva a sopportarlo?
Era così colmo di rabbia da non poter neppure guardare l’irreale paesaggio fuori dalla finestra. Tirò le tende, e si isolò da quel mondo dorato a cui non apparteneva.
Sigyn faceva parte di quel mondo, e Loki si chiese come avrebbe mai potuto sposare una donna che lo odiava, e come mai non riuscisse a restare indifferente, e perché desiderasse che quell’odio avesse fine e che fosse stato in grado di dirle che le dispiaceva.
Pensò che sarebbe finita male per entrambi: lui sarebbe stato salvato da un atto di carità, e lei avrebbe avuto il cuore spezzato. Loki aveva fatto del male a un sacco di gente, ma per qualche motivo lo nauseava il pensiero di doverle imporre un’intimità che lei non voleva affatto.
Possibile che riuscisse a progettare la conquista di un mondo senza alcuna pietà, ma non potesse sopportare il pensiero di non essere amato dalla sua insignificante promessa sposa?
Quella notte fece un sacco di sogni terribili, ma il mattino dopo li aveva dimenticati. Gli rimase addosso la sensazione di qualcosa di profondamente sbagliato, e sperò con tutto il cuore che a nessuno venisse la brillante idea di bussare alla sua porta. Voleva restare solo.
Le sue aspettative furono istantaneamente deluse quando, poche ore dopo, Thor entrò nella stanza.
Loki si irrigidì, scrutando il fratello dall’alto in basso.
«Se sei venuto qui per parlare, càpiti male, Thor» disse aspramente prima che l’altro potesse aprir bocca.
«Non sono così sciocco da pensare che tu voglia parlare con me, fratello».
«Non sono tuo fratello».
«Invece lo sei, che ti piaccia o no».
«Non mi piace affatto, ma questo lo sai già».
L’altro lo fissò amareggiato, ma Loki non si lasciò incantare. Thor aveva avuto un ruolo fondamentale nella sua caduta, e questo non se lo sarebbe mai dimenticato.
«Bene, non sarò io a parlarti» proseguì Thor dopo qualche istante di silenzio
«Ma nostro padre desidera conferire con te. Mi ha incaricato di condurti da lui».
Loki aveva pensato di dover affrontare Odino, prima o poi, ma non credeva che gli avrebbe voluto parlare così presto. Non mostrò alcun segno di agitazione, ma il battito del suo cuore accelerò vertiginosamente.
«Sarebbe da sconsiderati disobbedire agli ordini del Padre degli Dei» commentò, dirigendosi verso la porta. Thor lo seguì con un sospiro.
Percorsero i corridoi senza dire una parola. Loki si era imposto di ignorare Thor per tutto il tragitto, ma non riusciva ad impedirsi di osservarlo di tanto in tanto con la coda dell’occhio. Non era affatto cambiato. Per un incredibile attimo fu trascinato indietro nel tempo, e gli parve di essere ancora gli stessi di un anno prima, quando l’antipatia che covava nei confronti del fratello dava vita a brillanti dispetti, e niente di più. Ricordò l’affetto che aveva accompagnato quell’avversione, dividendosi il suo cuore con parsimonia in un equilibrio incredibilmente stabile. Sembrava fossero passati secoli.
Ritornò in sé stesso ancora più frustrato di prima. Non c’era neanche una cosa, nella sua vita, che non gli fosse sfuggita di mano.
Thor lo accompagnò fino agli appartamenti privati del Re e della Regina. Un drappello di guardie rivolse loro il saluto militare, ma Loki ebbe l’impressione che si rivolgessero soltanto a Thor e non a lui. Entrò nella stanza, e si trovò davanti Odino.
Loki si era prefigurato quell’incontro, come tutto il resto. Non era abile a creare illusioni solo all’esterno, ma anche all’interno di sé stesso, e la sua immaginazione procedeva rapida dando forma agli scenari a cui pensava. Nella sua testa aveva previsto un dialogo freddo e controllato, una marea di accuse a cui sarebbe stato chiamato a rispondere, e un baratro insormontabile tra lui e Odino; perciò, quando il Padre degli Dei si sporse in avanti per abbracciarlo, Loki scattò all’indietro, atterrito.
«Prima desiderate la mia morte, e poi mi volete stringere tra le braccia?» esclamò con ferocia.
«Loki, io non ho mai desiderato la tua morte».
La voce del Padre degli Dei era calma e controllata. Loki si infuriò ancora di più. Sentiva un gran peso nel petto, dolore, forse.
«Mi pare che siate stato voi a pronunciare la mia condanna».
«Anche un re deve attenersi alle leggi, e tu non mi hai lasciato via d’uscita, nonostante ti avessi dato la possibilità di salvarti senza ricorrere a espedienti».
«Pensavate davvero che mi sarei umiliato dicendo a tutti di essermi pentito?».
«No, ma questo non mi ha impedito di sperare».
Loki strinse le labbra, osservando il padre con diffidenza. Si rendeva conto di star perdendo il controllo. Quello era il suo primo dialogo con Odino da quando si era lasciato cadere nel vuoto, da quando aveva capito che qualunque cosa avesse fatto non avrebbe mai reso suo padre orgoglioso di lui.
«Perché mi avete convocato?» mormorò a denti stretti.
«Per parlare con mio figlio».
«Voi mi avete rinnegato.
Loki Laufeyson, ve lo devo ricordare?».
«Non potevo definirti con altro titolo, data l’accusa di alto tradimento che pendeva sulla tua testa».
«Ma anche prima non sono mai stato vostro figlio. Ero merce di scambio, e questo lo sappiamo benissimo entrambi».
Odino sospirò, e per un attimo Loki pensò che non avesse nulla con cui ribattere. Si sentì raggelare al pensiero di aver ragione, di essere sempre stato solo una reliquia rubata.
Avrebbe venduto l’anima pur di essere contraddetto, pur di sentirsi dire che non era vero. Eppure gli avrebbero potuto ripetere mille volte che non era vero, e lui non sarebbe mai riuscito a crederci.
«La tua visione delle cose è distorta. Io e tua madre ti amiamo come un figlio.
Sei nostro figlio. Abbiamo agito con ogni mezzo per evitare la tua inevitabile condanna a morte» proseguì Odino con voce grave.
«Già, il matrimonio combinato. Una brillante trovata, ve lo concedo. Vi aspettate sul serio che sposi quella ragazza senza fare una piega?».
«No, affatto; è per questo che ho disposto di convocare anche lei. Sarà qui a momenti».
«Che cosa?» Loki corrugò la fronte. Si chiese Odino se avesse intenzione di sposarli seduta stante, e tutt’ad un tratto sentì il vuoto nello stomaco.
In quel momento le porte della stanza si aprirono, e Thor condusse Sigyn all’interno.
«Tempismo perfetto» commentò Loki, tentando di spezzare la tensione. Non ci riuscì.
Lanciò uno’occhiata a Sigyn. Era composta e controllata, come suo solito, ma ad un’occhiata più precisa notò che il suo sguardo era vigile. Quando si accorse di lui, i suoi occhi si spalancarono impauriti. Loki sorrise.
«Ora posso sapere a che cosa è dovuta la presenza della mia futura sposa?»
«Avvicinatevi» tuonò Odino.
Era quel genere di comando al quale non si poteva disobbedire. Loki mosse un passo, poi si fermò, gli occhi fissi sul padre, all’erta.
Odino afferrò lo scettro, e Loki vide Sigyn impallidire. Per un istante provò il naturale, odioso istinto di proteggerla. Poi l’istante passò, e prima ancora che Loki se ne potesse accorgere Odino aveva sfiorato la sua fronte e quella di Sigyn con la punta dello scettro.
«Io, Odino, il Padre degli Dei, Sovrano di Asgard, sancisco il vostro legame e proclamo la vostra unione».
Odino disse molte altre cose in quella manciata di secondi, ma Loki non le sentì. Stava iniziando a capire, e la rabbia montava dentro di lui come un mare in tempesta.
«Questa è la cerimonia ufficiale di fidanzamento che ancora non aveva avuto luogo» spiegò Odino quando ebbe terminato. «Il vostro matrimonio è stato approvato e
ordinato dal Re. Rifiutarsi sarebbe come trasgredire un comando, e pertanto ne conseguirebbe una severa punizione».
Odino parlò fissando Loki, e nessuno si accorse dell’espressione di Sigyn, sempre più pallida.
«Mi chiamate Dio degli Inganni» sibilò Loki, terreo «Ma sarebbe un titolo assai più consono a voi».
Il Padre degli Dei non disse nulla, ma i suoi lineamenti divennero di marmo. Si voltò senza una parola, e Loki capì che l’incontro era terminato.
Nauseato, girò sui tacchi e si diresse a grandi passi verso la porta, ignorando Sigyn e passando oltre Thor. Era ormai sul corridoio quando si sentì toccare il braccio.
Si voltò, sconvolto da tanto ardire, e si trovò davanti Sigyn. Sembrava scioccata anche lei. Ritrasse subito la mano, come se avesse toccato il fuoco.


Loki non avrebbe mai saputo quanto le fosse costato quel gesto. Era ancora disorientata dai provvedimenti di Odino, sebbene quella cerimonia non avesse cambiato di molto la sua situazione. In fondo, lei non avrebbe avuto modo di sottrarsi al matrimonio nemmeno prima, se non con la fuga. Ma non era stato quell’aspetto della faccenda a turbarla tanto, quanto il fatto che Odino avesse, in un certo senso, ingannato Loki. Le ricordava molto il modo in cui Frigga aveva ingannato lei.
Sigyn aveva già sentito quel dolore nelle parole di Loki, laggiù nelle segrete, pochi giorni prima, ma l’aveva dimenticato. Ora l’aveva colpita come un uragano. Allora si era fatta forza, aveva combattuto la sua paura, e istintivamente gli aveva sfiorato il braccio per fermarlo.
Adesso si fissavano senza emettere un suono, l’uno più stupefatto dell’altra. Sigyn aveva ritirato la mano non appena si era resa conto di averlo toccato, ma sentiva che il danno era ormai stato fatto. Una furia terribile splendeva negli occhi di Loki, e Sigyn avvertì la familiare sensazione di pericolo.
Ebbe l’impulso di scappare. Stava quasi per farlo, quando si ricordò della promessa che si era fatta il giorno prima. Raccolse tutto il suo coraggio, e non si mosse.
«Che cosa c’è?» disse finalmente Loki. Sigyn sussultò.
«Io…»
«Ti avevo detto che stavolta non potevi fuggire. Ora capisci che cosa intendo?»
Sigyn corrugò la fronte. «Io volevo solo dire che…»
«Cosa? Che cosa volevi dire?»
«Che mi dispiace».
Loki emise una mezza risata. Sigyn sentiva il cuore pronto a esplodere, un vulcano in mezzo al petto, ma ancora non si mosse.
«Certo che ti dispiace. Non vuoi sposarti».
«Non in quel senso» replicò lei «Mi dispiace per…».
Si fermò. Non sapeva come spiegarsi. Ogni parola sembrava sbagliata.
Loki strinse gli occhi come per cercare di vedere meglio. Sigyn avvertì lo stomaco annodarsi. Aveva una paura folle, ma non voleva stare zitta.
«…per voi».
Capì subito di aver scelto, comunque, le parole sbagliate. Loki rise, ma era chiaro che la risposta lo avesse irritato.
«Cosa stai cercando di ottenere?» le chiese a bruciapelo.
«Mio signore?»
«Tu mi odi, non me lo nascondere. E vieni a dirmi che ti dispiace per me?»
Sigyn fece uno sforzo per controllare la voce tremante. «Non sto cercando di ottenere nulla. Mi dispiace per davvero».
«Come fai a odiarmi e ad essere dispiaciuta allo stesso momento?».
Lei schiuse le labbra, ma l’unica cosa che riuscì a dire fu la verità. «Non lo so».
«Tu sei sempre così
sincera, eh?»
Loki si avvicinò, di nuovo, con quella stessa aria famelica con cui si era rivolto a lei nei giardini.
«Hai deciso di smettere di scappare».
Non era nemmeno una domanda. Si sentì colta con le mani nel sacco. «Sì» rispose con un filo di voce.
Loki sorrise e, incredibilmente, le sembrò
ammirato.
«Perché?» chiese.
«Lo avete detto voi, che questa volta non posso fuggire».
«Quindi mi hai fermato solo per dire che ti dispiace».
«Sì».
«Sarebbe stato molto più comprensibile se mi avessi lasciato andare via».
«E’ quello che volevate? ».
Loki tacque e la guardò con interesse. Sigyn pensò di aver osato troppo e attese la risposta con il respiro inchiodato in gola.
«Sì» disse Loki alla fine, e lei si sentì sprofondare.
«Allora vi chiedo scusa» mormorò.
«Non starai forse cercando di vedere del buono in me, Sigyn?».
Sigyn alzò la testa e si trovò davanti i suoi occhi di ghiaccio. Erano indecifrabili, e per un attimo non riuscì a ragionare.
«Cosa…?»
«Spero che tu non stia cercando di convincerti che sono una brava persona». C’era quasi del disgusto nella sua voce.
«Ho solo detto che mi dispiace per il modo in cui siete stato trattato da vostro padre. Perché questo vi irrita tanto?» esclamò Sigyn, esasperata.
Loki non rispose, e a Sigyn sembrò non avesse alcuna intenzione di farlo.
«Sono stata ingannata anch’io» proseguì «Ho la sensazione che in questo posto nessuno sia quello che sembra».
Loki le lanciò improvvisamente uno sguardo così comprensivo che lei tacque di colpo.
«E’ vero» disse. Senza disprezzo, senza nulla. Abbassò lo sguardo a terra, ma quando lo rialzò era di pieno di rabbia.
«Ricordatelo bene, Sigyn» disse «Che uno può sorridere, e sorridere, ed essere
malvagio».
Sigyn lo guardò, aspettandosi una risata, qualcosa, ma invece non ci fu nulla. Loki ricambiò lo sguardo, e per la prima volta a Sigyn sembrò davvero di
capire, di aver trovato un brandello dell’empatia ormai dimenticata. Lo sguardo che Loki le stava rivolgendo non era quello dell’ingannatore, ma dell’ingannato. Sigyn cercò disperatamente l’odio e lo trovò, in un angolino della sua mente; vi si aggrappò, ma non era abbastanza. In quel momento non contava.
Poi Loki se ne andò e Sigyn si affrettò ad allontanarsi nella propria direzione. La paura l’avvolgeva come un bozzolo, adesso che Loki se n’era andato, adesso che non aveva più bisogno di essere coraggiosa.
Quella sera Grete le parlò con voce desolata. Aveva letto ogni pergamena reperibile, ma non aveva ancora scoperto come scampare alla vista di Heimdall.
«Eppure deve esserci un modo» aveva continuato a ripetere, prima che Sigyn la interrompesse.
«No, Sigyn. Non si può fuggire».
La cugina si era zittita di colpo.
«Non dire così…» aveva mormorato dopo un po’.
«No, Grete, è la verità: io non posso fuggire».
Le parole di Loki le erano rimaste nella mente come marchiate a fuoco.
Uno può sorridere, e sorridere, ed essere malvagio.
Pensò a tutte le espressioni indecifrabili che aveva visto sul suo volto.
Poi però si ricordò che, dopo averle detto quella frase tremenda, Loki non aveva sorriso affatto.















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Oggi è il mio ultimo giorno di workshop a Milano, e sono triste. E' stato bellissimo, e anche se mi ha fisicamente distrutta (ultimo giorno con febbre, vertigini e dolori vari) lo rifarei tutto da capo.
Lascio Milano con un capitolo che dovrebbe aggiungere elementi al rapporto tra Loki e Sigyn. Sto cercando di non forzare la loro relazione, di lasciare che si costruisca pezzetto per pezzetto, come dovrebbe succedere nella realtà, o se non altro in un universo verosimile. Vi prego di dirmi se le cose vi sembrano troppo affrettate, perché in tal caso cercherò di curare meglio gli sviluppi dei prossimi capitoli.
Il capitolo tredicesimo uscirà non prima di venerdì o sabato prossimo. Non mi piace aggiornare in tempi così lunghi, ma ho scritto molto poco durante il workshop e per ora sono costretta a farvi aspettare una settimana intera. Spero di portarmi avanti velocemente e di tornare a pubblicare ogni tre o quattro giorni.
Ad ogni modo vi rassicuro del fatto che la fan fiction è, per lo meno, nella mia testa, e che voglio finirla. Farò di tutto per riuscire a scrivere ogni singolo capitolo da qui alla fine, dovessi fare i salti mortali o allungare ulteriormente gli aggiornamenti.
In questo capitolo è nascosta un'altra citazione dall'Amleto di Shakespeare! Chi di voi l'ha trovata?
Intanto vi ringrazio, perché scrivo sì perché amo scrivere, ma vi assicuro che il mio entusiasmo sarebbe meno frizzante se non fosse per voi.

Chi ha commentato l'undicesimo capitolo: Layla_Morrigan_Aspasia, Liz_23, Red_sayuri, Hiddle, LilythArdat, Darma, Warumono, waterlily, Morwen_Eledhwen, Sheelen, Francesca Akira89, Elweren, Nat_Matryoshka, mirianval, LittleBulma, TsunadeShirahime, gunnantra Perdonatemi se non ho risposto a tutti singolarmente ma in queste due settimane non ne ho avuto il tempo! Tornerò a rispondervi ad uno ad uno, prometto.
Chi ha inserito la storia tra le seguite: AcrossTheSea, akachika, Alkimia187, amidala1202, Amora the Enchantress, asok, blackpearl_, BradDourif89, camomilla17, Caris, ClaireCarriedo, Darma, Didyme, doctor tenth, EDVIGE86, EffEDont, Elweren, EnekSotek, Enide, flavianolamanoo, Francesca Akira89, Geilie, GingerTrickster, Hiddle, Ila_Chan91, Jack delle Ombre, Jessy87g, JoyBrand, kenjina, Klainer, Lady Aquaria, Lady of the sea, LaPazza7, Latis Lensherr, LilythArdat, Liz_23, lullaby3, MadHatterJoe, MaRmOtTeLlA, maura 77, mhcm, Mishja, Morrigan Aensland, Morwen_Eledhwen, Nat_Matryoshka, Nemsi, Out of my head, Paddina, PhoenixOfLight, Princess_Klebitz, Red_sayuri, saku89, sasuchan7, Seleia, snoopevious, Strix, The_Lonely, TsunadeShirahime, Vale11, Warumono, _Loki_, _Lucrezia97_, _Zazzy
Chi ha inserito la storia tra le preferite: akachika, Astrid Cuordighiaccio, ClaireCarriedo, EffEDont, enifpegasus, ESTchaviski, Francesca Akira89, ghirigoro, gunnantra, Harmony394, HelleonorGinger, Jun M, Lady_G93, LittleBulma, lovermusic, LudusVenenum, MonMon, muahaha, Nou, Paddina, Sheelen_, Sherlockian7, sillyVantas, Vampire_heart, Veruschka, virgily, Warumono, waterlily_, _Zazzy
Chi ha inserito la storia tra le ricordate: BadWolfSherloki, Chihiro, Jun M, Layla_Morrigan_Aspasia, Out of my head, Sheelen_, Wynne_Sabia
Oh voi che mi leggete in silenzio, lasciate un commento! :)

Vi ricordo di aggiungermi a facebook, se vi fa piacere: https://www.facebook.com/eleuthera.efp
E, se vi va, di leggere e commentare la mia one-shot nel fandom di The Avengers, con Loki e un nuovo personaggio: White Blank Page http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1155768&i=1

Au revoir,
Eleu

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Capitolo 13
*** Believe none of us ***



BELIEVE NONE OF US


La cosa più strana era che niente sembrava essere mutato nel modo di fare di sua madre. Loki non capiva. Aveva quasi ucciso Thor, distrutto un mondo, soggiogato un altro pianeta, sfidato l’autorità di suo padre più volte, eppure Frigga continuava a riservargli l’affetto che non gli aveva mai fatto mancare. Frigga aveva insistito affinché passasse del tempo con lei e lui non era riuscito a rifiutare, ma si sentiva a disagio, mentre camminava al fianco della madre accompagnandola nella sua solita passeggiata. Non comprendeva come facesse a guardarlo e a parlargli come se niente fosse stato. Loki camminava in silenzio, senza capire se si sentisse estremamente grato a sua madre per quell’atteggiamento, o piuttosto tradito, perché era stata lei ad aver architettato un matrimonio alle sue spalle. Forse entrambe le cose.
Dopo la frettolosa cerimonia di fidanzamento, Loki si era rinchiuso nelle sue stanze e non ne era più uscito per quasi due giorni. Thor aveva cercato di parlargli, una volta, ma lui lo aveva cacciato via. Si chiedeva se mai fosse giunto il momento in cui Thor avesse finalmente compreso che non c’era alcun modo di ricostruire un qualunque legame tra di loro. Aveva l’impressione che non si sarebbe mai arreso, e si era aspettato di rivederlo molto presto. Tuttavia, Thor non si era più fatto vivo. In un certo senso, Loki ci era rimasto male.
Frigga era venuta personalmente a chiedergli di accompagnarlo, quella mattina stessa. Dapprima lui non le aveva risposto, diffidente. Pensava che se avesse seguito la madre si sarebbe ritrovato al seguito qualcuna delle sue dame, e forse Sigyn sarebbe stata tra loro. Il pensiero lo aveva raggelato, ma dopo un istante si era ricordato che la cosa era in realtà assolutamente irrilevante. A lui non importava nulla di Sigyn. Se lo ribadì più volte, in silenzio, mentre cercava di formulare una risposta. Così alla fine aveva accettato., ma si era comunque sentito a dir poco sollevato quando aveva raggiunto i giardini con la madre e avevano iniziato a camminare senza altra compagnia.
Per un po’, Loki aveva ascoltato Frigga narrargli con calma di ciò che era accaduto durante la sua assenza - la ricerca di un altro passaggio tra le dimensioni, il lutto, i tentativi di ristabilire l’ordine tra i mondi. Gli aveva raccontato tutto questo senza calcare mai l’accento sul ruolo che lui aveva avuto nelle vicende. Loki ascoltava senza parlare, gli occhi fissi nel vuoto. Incontrarono alcuni nobili sulla loro strada, e lui osservò il gelo nei loro gesti e la paura nei loro occhi con un’attenzione quasi morbosa, come a voler farsi del male.
Devo andarmene da qui, pensò dopo aver oltrepassato il terzo drappello di nobildonne indignate. Aveva creduto di essere abbastanza forte da poter sopportare quelle facce, quegli occhi, quelle parole, ma il problema era che lui non poteva sopportarli. Non ne era mai stato capace, nemmeno prima, ed era inutile che continuasse a ripetersi di potercela fare. Non sarebbe mai stato in grado di ignorarli.
Avrebbe voluto ucciderli tutti.
Improvvisamente si sentì talmente pieno di rabbia e di amarezza che ebbe l’impulso di smettere di camminare e restare lì dov’era. Gli sembrava di soffocare. Invece continuò a procedere accanto a Frigga, la mente altrove, un nodo nel petto. Non sentiva più niente di quello che lei gli stava dicendo.
Finché, ad un certo punto, Frigga disse qualcosa che lui non poteva proprio ignorare.
«Dovresti passare più tempo con lei».
Loki si voltò di scatto. «Con chi?»
Sapeva già la risposta, ma la domanda era sorta spontanea, gli era sfuggita dai pensieri.
«Con Sigyn, naturalmente».
«Non mi sembra il caso» disse Loki, tentando di chiudere la conversazione. Frigga corrugò la fronte.
«Al contrario, piuttosto. Vi sposerete fra tre settimane. Non credi che sia opportuno conoscere la donna che diventerà tua moglie?»
«Le avete già fatto male abbastanza costringendola a sposarmi. Intendete farla soffrire ancora imponendole la mia presenza più del necessario?».
Questa volta fu Frigga a fermarsi all’improvviso.
«Perché dici così?» chiese. Loki sbuffò, spazientito.
«Vedo le cose come stanno. Sigyn non mi desidera come suo sposo e io non ho alcuna intenzione di anticipare il supplizio». E inoltre - ma questo evitò di dirlo - nemmeno lui era ansioso di passare del tempo con lei. Volse il pensiero al loro ultimo dialogo, a quel gesto totalmente inaspettato. Lei gli aveva afferrato il braccio. Loki non era sicuro se fosse stata quell’azione a dargli fastidio, o l’accecante sincerità che aveva visto sul suo volto. Sigyn aveva voluto sul serio dirgli che gli dispiaceva, e nonostante tutto era riuscita a farlo. Forse si stava davvero sforzando di non avere paura, come lui le aveva detto. Loki strinse i pugni. Si era lasciato travolgere da una situazione che gli dava l’idea di non poter essere del tutto controllata.
«Questo non è il modo giusto di affrontare la questione» disse Frigga.
«E quale sarebbe il modo giusto, madre?»
«Loki, passa del tempo con lei. O desideri forse spendere il resto della tua vita al fianco di una perfetta estranea?»
Loki tacque, pensando che sicuramente non avrebbe passato il resto della sua vita insieme alla sua sposa, e che sarebbe riuscito ad andarsene molto prima; ma tenne per sé stesso i propri piani, nascondendoli con cura alla mente lungimirante della Regina.
Qualcosa turbinava nella sua testa.
Sono stata ingannata anch’io, aveva detto Sigyn. Lui meglio di chiunque altro sapeva che cosa significasse subire un inganno. Quella ragazza era stata costretta al matrimonio, proprio come lui. Avrebbe dovuto essere un dettaglio del tutto irrilevante, eppure continuava a pensarci quando considerava la propria condizione. Lei lo odiava, questo era evidente e prevedibile, eppure lui non riusciva a detestarla del tutto. Sapeva troppo bene che cosa significasse essere ingannati per riuscire a ignorare il fatto che, per la prima volta, si trovava davanti a qualcuno nella sua stessa identica situazione. Qualcuno che avrebbe potuto capire.
Si riscosse rabbiosamente, accusandosi con disprezzo di essere troppo sentimentale. Era chiaro, che lei non avrebbe mai capito. Non avrebbe mai capito, perché
non voleva capire. In fondo, perché avrebbe dovuto?
E comunque, lei era niente. Un dettaglio sulla strada verso la sua libertà, e tale sarebbe rimasta.
«Mi dispiace, madre, ma temo che passerò del tempo con la mia sposa soltanto quando questo sarà inevitabile» disse con tono fin troppo aggressivo. Frigga sussultò, lo osservò per qualche istante, ma poi chinò il capo e non aggiunse nient’altro sulla questione. La passeggiata si concluse in silenzio.
Loki si allontanò, tetro. Dentro era tutto un groviglio di ira e frustrazione. Quel matrimonio, per quanto non fosse che un dettaglio, gli bruciava terribilmente. Era certo che Frigga avesse escogitato quell’espediente non solo per salvargli la vita, ma anche per tentare di tenerlo lì, di non farlo andare via. Forse sperava che il senso del dovere, o l’affetto, avrebbero avuto la meglio. Ma il suo unico dovere era vendicarsi dei torti subiti, e non c’era posto per l’affetto in tutta quella faccenda. La sua vendetta sarebbe stata più efficace se nessuno avesse sospettato alcunché, e quindi, chiaramente, doveva stare al gioco e sposarsi come volevano loro, per tranquillizzarli, perché si illudessero che lui non fosse più un pericolo. Era tutto molto semplice. Perché quel nodo nello stomaco, allora?
Loki si ricordò di un tempo, quando era adolescente, in cui aveva pensato che forse, un giorno, gli sarebbe capitato di conoscere una ragazza a cui non avrebbe dato fastidio la sua propensione per gli incantesimi, che non avrebbe preferito Thor a lui, e che lo avrebbe trattato in modo diverso da tutti gli altri. Allora, pensava, l’avrebbe sposata. E l’avrebbe amata.
Ma con gli anni si era reso conto che non sempre i desideri possono essere soddisfatti, e allora cambiano nome. Diventano sogni. Li aveva rinchiusi dentro di sé, in posti dov’era difficile cercare e dove non guardava mai; ma lui aveva una grande immaginazione, un innato talento per le storie e per le illusioni, e adesso non riusciva a fare a meno di pensare a quello che aveva desiderato, e a ciò che aveva ottenuto.
Per qualche strana legge dell’universo, quello che voleva non era mai ciò che gli veniva dato.
Si lasciò alle spalle i suoni ovattati del giardino. Era spaventosamente assurdo camminare per i corridoi del palazzo come un uomo libero, quando sapeva perfettamente che libero non lo era affatto. Loki tentò di sopportare, ignorando gruppi di cortigiani che cercavano a loro volta di ignorarlo. Ma non era impossibile far finta di niente, questo era chiaro. I loro sguardi lo condannavano. Serrò la mascella, dirigendosi con passo veloce verso le proprie stanze, senza guardare in faccia nessuno.
Voltò l’angolo, e si fermò di colpo. Poco più in là due donne stavano parlando fra loro.
Una di esse era Sif. L’altra era Sigyn.
Loki si sentì raggelare, mentre un nuovo groviglio di sentimenti prendeva forma sotto la sua pelle. Sif. Era la prima volta che la vedeva da quando era tornato, ma non era questo a turbarlo.

Perché stava parlando con Sigyn?
Loki non ci pensò sopra nemmeno un secondo. Era sicuro che l’argomento della conversazione avesse a che fare con lui. Non poteva vedere le espressioni delle due donne siccome gli davano le spalle, ma per qualche motivo lo sapeva. Lo sapeva e basta.
Se solo si fosse avvicinato, anche di un passo, sarebbe stato abbastanza vicino da ascoltare il loro dialogo. Ma a pensarci bene, perché avrebbe dovuto avvicinarsi? Molto probabilmente Sif stava mettendo in guardia Sigyn, o qualcosa del genere. O forse Sif aveva qualcosa di preciso in mente, un piano contro di lui. Ma Sigyn sembrava troppo onesta per darle corda.
Giusto?
Indugiò per un attimo. Credeva di essere freddo e calcolatore anche in quel momento, ma il suo cuore andava a mille.
Alla fine, prese una decisione. Mosse un passo in avanti.


Grete non si era arresa e aveva continuato a cercare come se fosse stata messa in pericolo la sua stessa vita. Dopo giorni passati tra i libri, però, non aveva ancora trovato nulla.
Sigyn sapeva che quella ricerca era completamente inutile. La sua unione era stata resa ufficiale dal Padre degli Dei in persona, e si sarebbe sposata alla fine del mese. In qualche modo sentiva che era arrivato il momento di affrontare la realtà, e la realtà diceva che quel matrimonio era assolutamente inevitabile. Poteva pensare che esistesse una via di uscita, ma poi quel giorno sarebbe arrivato lo stesso, e se la sarebbe portata via. La consapevolezza cresceva dentro di lei, e Sigyn non comprendeva neppure del tutto cosa fosse stato innescarla. Certe parole, forse, che ancora sentiva nella testa.
Grete l’accusava di essersi rassegnata, ma lei non si sentiva affatto come se si fosse rassegnata. Non riusciva a spiegarlo alla cugina. Non erano emozioni che poteva delineare con chiarezza. Non voleva sposarsi, eppure sapeva che lo avrebbe fatto. Era come se avesse visto nel futuro, e sapesse già che cosa sarebbe successo.
Verso metà mattina, Sigyn venne convocata dalla Regina con le altre donne. Si preparò insieme a Grete e lasciò la propria stanza. Non le piaceva l’idea di incontrare le dame di compagnia, né la Regina, che l’aveva ingannata e che non le aveva più parlato dopo l’incontro con suo padre.
Poi, le venne in mente Loki, e tutto il resto scomparve. Era un pensiero ingombrante, aveva bisogno di spazio.
Era distratta, quando sentì una mano sulla sua spalla. Si voltò. Davanti a lei stava una donna alta con lunghi capelli neri.
«Lady Sif» Sigyn si piegò in un breve inchino.
«Lady Sigyn» fece l’altra. «Potete dedicarmi un istante del vostro tempo?»
Sigyn si voltò verso Grete. Sua cugina la stava guardando, smarrita. Sapendo di non poter rifiutare, Sigyn le fece un cenno, invitandola a raggiungere gli appartamenti della Regina prima di lei. Grete si allontanò con aria poco convinta.
«Sì, certo» rispose allora, tornando verso Sif. Era la prima volta che la guerriera le rivolgeva la parola e si chiedeva quale fosse il motivo. Non aveva nulla di che temere, o almeno così pensava, eppure sentì lo stesso il battito del cuore aumentare di intensità mentre lei e Sif si appartavano accanto alla finestra.
«Lady Sigyn, mi rincresce rivolgermi a voi in circostanze tanto spiacevoli, ma devo mettervi in guardia» esordì subito Sif, concitata.
Sigyn corrugò la fronte. «Che cosa intendete dire?»
«Mi riferisco alla vostra unione con Loki, naturalmente».
Il cuore mancò di un battito. Sigyn rimase in silenzio, e Sif proseguì.
«Ho sentito dire molte cose a corte, ma non posso credere ciecamente a nessuna di esse. Non so quali siano stati i termini del vostro matrimonio, ma se vi è un modo per evitarlo, ricorretevi all’istante».
«Perché mi state dicendo questo?» chiese Sigyn. Sapeva già la risposta, ma voleva sentirla pronunciare ad alta voce. Sif la scrutò per un istante.
«Vi rendete conto che state per sposare un folle?»
«Sì, lo so» rispose Sigyn a bruciapelo. Si sentiva attaccata, e avrebbe voluto difendersi. Il problema era che, in questo modo, avrebbe dovuto per forza difendere anche Loki.
«Non so che cosa stia tramando Loki, ma è pericoloso. Io c’ero, quando ha organizzato il complotto contro Thor, quando ha cospirato contro il regno. So di che cos’è capace».
«Pensate che abbia intenzione di farmi del male?»
Sif fece una pausa. «Forse. Di certo, non vi farà del bene».
Erano tutte le sue paure, tradotte in parole chiare e concise. Sigyn sperò con tutto il cuore di riuscire a sopportarle senza mostrare l’effetto che avevano su di lei. Voleva affrontarle, maledizione.
«Sono conscia del pericolo che sto correndo, mia signora» disse con voce controllata. Sif spalancò gli occhi, e la afferrò per le braccia.
«Che cosa vi spinge a correre un simile rischio? È un’azione totalmente dissennata! State cadendo in trappola. Non so che cosa vi abbia detto, ma quell’uomo non è capace di pronunciare una sola parola onesta».
«Invece te, Sif, onesta lo sei fin troppo».
Sigyn e Sif si voltarono nello stesso momento. Era stato Loki a parlare, poco lontano, le braccia incrociate e nemmeno l’ombra di un sorriso.
«Loki» sussurrò Sif a denti stretti.
Lui non ricambiò il saluto. Sigyn lo fissò immobile mentre le si avvicinava, e si accorse all’ultimo della scintilla nei suoi occhi. Non riuscì a decifrarla. In quel momento, Loki si fermò accanto a lei e le circondò la vita con un braccio.
Sigyn quasi trattenne il respiro, e le parole dell’altro le arrivarono opache e confuse.
«Se non ti è di disturbo, Sif, vorrei passare del tempo con la mia promessa sposa».
Sigyn si accorse che l’espressione della guerriera era diventata come di pietra. Si voltò impercettibilmente verso l’uomo che doveva sposare, cercando di scorgere il suo viso, ma non ci riuscì. La percezione della sua presenza accanto a lei era circoscritta al contatto della sua mano. C’era una certa forza in quella presa, forse troppa.
Loki si allontanò, costringendola a seguirlo e lasciandosi alle spalle Sif. Sigyn realizzò a poco a poco di star camminando accanto a lui, in silenzio, in un’atmosfera assurda. Non le sembrava che le volesse fare del male, e rimase disorientata dalla sua stessa impressione. Poi si rese conto che la mano era ancora sul suo fianco, e si ritrasse di colpo.
«Cosa state facendo?» esclamò. Loki la guardò divertito.
«Passo del tempo con la mia futura sposa» ribatté. «Vieni».
Appoggiò la mano sulla sua schiena, guidandola verso la terrazza che si protendeva sul profilo di Asgard, alla fine del corridoio.
«Sono attesa da vostra madre» cercò di difendersi Sigyn, il cuore in gola.
«Non credo che mia madre avrà nulla in contrario se passerai del tempo con me invece che con lei».
La trascinò con sé fino alla terrazza. Quando lei aprì la bocca per parlare, Loki la precedette.
«Molto bene, Sigyn» disse, e tutto di lui era cambiato, gli occhi si erano riempiti di amarezza e la sua voce era dura. «Adesso, dimmi che cosa ti ha detto Sif».
Sigyn corrugò la fronte. Loki aveva tolto la mano dalla sua schiena, ma lei se la sentiva ancora lì.
«Quindi è questo che vi interessa» commentò. Loki non fece una piega. In qualche modo, Sigyn si sentì ferita.
«Mi ha detto che sono in pericolo e che non mi devo fidare di voi» rispose.
«E tu le credi?»
Una pausa, decine di immagini dietro agli occhi, e brandelli di parole nella testa.
«Qui dentro nessuno è come sembra, e a nessuno si può credere. Non la pensate così anche voi?» rispose.
Loki rise. Rise sul serio, e Sigyn ne fu spiazzata.
«Certo che la penso così».
Si appoggiò alla balaustra. Guardava Asgard come un re avrebbe guardato il suo regno, ma a Sigyn sembrò devastato da quella vista. Serrò le labbra, combattuta tra l’odio che le ribolliva da qualche parte nel cuore e l’empatia che non riusciva ad ignorare.
«Quindi, non volete passare del tempo con me» disse dopo un po’. «Volevate solo che vi dicessi cosa mi aveva raccontato Lady Sif».
«Era quello che volevo sapere».
«Perché?»
Loki si voltò verso di lei. Sigyn non aveva osato avvicinarsi, ma quello che la tratteneva era timore, non terrore. Non si sentiva paralizzata come sempre. Forse iniziava a farci l’abitudine, forse iniziava ad avere coraggio, o forse aveva finalmente capito che Loki avrebbe potuto apprezzare la schiettezza in quel mondo di inganni. Tra le mura di Asgard lei aveva imparato a mentire, ma fin dai suoi primi incontri con Loki qualcosa l’aveva sempre spinta a non celargli mai la verità.
Lui la osservò per qualche momento.
«Ho le mie ragioni» replicò.
«Non credevo che vi importasse tanto di quello che mi viene raccontato sul vostro conto».
Loki la fissò, lo sguardo immobile su di lei, e per un istante Sigyn tremò di nuovo.
«La pensi così?» le chiese.
«Voi avete detto che non mi volete sposare, e quindi pensavo che non vi importasse di quello che penso».
«Non mi importa, infatti».
Sigyn si fermò a riflettere. «Allora vi importa di quello che pensa Lady Sif».
Loki sbuffò. «Men che meno».
«Non capisco» si arrese Sigyn. Mosse involontariamente un passo verso di lui. «Non potete spiegarmi?»
Loki si irrigidì, e la scrutò con interesse. «Tu vorresti che ti spiegassi che cosa penso?»
Sigyn si rese conto troppo tardi di dover rispondere ad una domanda pericolosa. Pensò a tutte le notti che aveva passato sveglia, chiedendosi quali fossero le intenzioni di Loki, quali i significati delle sue parole. Così, decise di rispondere di nuovo la verità.
«Sì», disse.
Loki, attonito, non replicò. Le diede le spalle senza guardarla, come sovrapensiero, e Sigyn ebbe il sospetto di aver detto una cosa terribile.
«Suppongo che non siano affari miei» mormorò, per riparare al danno.
«Esattamente» replicò subito Loki, e Sigyn desiderò di scomparire.
Per un lungo istante rimasero entrambi in silenzio.
«Fra tutte le richieste, questa non credevo mi sarebbe mai stata sottoposta» disse Loki. Sigyn non capì se la cosa gli piacesse o meno e rimase in attesa, con il cuore che batteva forte e la paura che iniziava a riemergere.
Poi Loki si voltò verso di lei e si rese conto che no, non era offeso, perché non sembrava volesse spaventarla. Aveva un’espressione che non gli aveva mai visto. Le appariva quasi fragile, e per un attimo si dimenticò di odiarlo tanto e di non voler niente a che fare con lui perché era pazzo e pericoloso. In quel momento sembrava soltanto smarrito.
Il silenzio era durato troppo. Lo sguardo di Loki diceva un sacco di cose, ma Sigyn non riusciva a capirle tutte. Abbassò la testa per un istante, poi rialzò gli occhi.
«Allora, mi spiegherete?» chiese.
Loki si avvicinò. Sembrava che fosse lui, adesso, a cercare di capire che cosa passasse per la testa di lei.
«Sì», rispose. «Lo farò».
Sigyn sentì il cuore mancare di un battito - per il tono con cui aveva parlato, per l’intensità dello sguardo, per l’assenza di sorriso che aveva fatto assomigliare le sue parole ad una vera promessa.
Loki si riscosse bruscamente, e mosse qualche passo lontano da lei.
«Va’ da mia madre, ora. Ti starà aspettando».
Sigyn avrebbe voluto dire ancora qualcosa, ma si rese conto che la conversazione era terminata. Loki, le braccia distese sulla balaustra, osservava il regno che non possedeva, dandole le spalle e celandole i suoi occhi, e Sigyn si allontanò con una strana sensazione dentro al petto.
Era tutto un mistero, e lei non riusciva a smettere di pensare che, forse, Loki le aveva appena promesso che presto lo avrebbe svelato.


Il panorama di Asgard davanti a lui non gli sembrava niente di più di una landa desolata. Loki ascoltò i passi di Sigyn farsi sempre più lontani. Appoggiato alla balaustra, fremeva di rabbia.
Era arrabbiato perché era confuso.
Nessuno, prima di quel momento, gli aveva mai veramente chiesto
che cosa pensava.















--

Questo, che era nato come un capitolo di transizione, è diventato invece un altro snodo molto importante.
Sto disperatamente inseguendo l'IC, ma questo non mi impedirà di dare una svolta considerevole alle relazioni nel prossimo capitolo, che uscirà fra una settimana e che prevede un piccolo salto temporale, perché per quanto mi piaccia far dialogare questi due, non posso scrivere altri quattro capitoli solo di dialogo, che servirebbe sicuramente ad approfondire e a rendere tutto molto plausibile, ma temo che finirebbero per annoiarvi. Per qui, la mia sfida è di riuscire a rendere le cose plausibili anche tramite la nobile arte della sintesi. Riuscirà la nostra eroina a non andare OOC? Il mistero sarà svelato la prossima settimana.

Parliamo di citazioni! Il titolo di questo capitolo è, ancora una volta, una citazione dell'Amleto. Viene da una battuta che lui dice a Ofelia, atto III, I. Mi rendo conto che più scrivo questa storia, più trovo dell'Amleto in certe tematiche. Sigyn è per certi versi una novella Ophelia. Loki è, ancora di più, Hamlet.
Nello scorso capitolo la citazione era nel titolo. "One may smile and be a villain", ripresa, in traduzione, nel testo ("Uno può sorridere e sorridere, ed essere malvagio"). E' tratta dal monologo di Amleto dopo aver scoperto che il padre è stato assassinato dallo zio.

Anche su facebook, sto conoscendo tante persone che seguono la fanfiction, a cui piace, che si divertono leggendola... e questo è un regalo enorme per me, e dopo tredici capitoli ancora non riesco a crederci che ci sono persone che aspettano gli aggiornamenti e che seguono la storia e che la divorano. Accidenti, come faccio a dire a parole quanto vi sono grata, e quanto sono contenta?
Grazie!
A chi ha commentato lo scorso capitolo: camomilla17, _Zazzy, waterlily, Alkimia187, Morwen_Eledhwen, Darma, Efy, Sheleen_, Elweren, LilianStark, Livin_la_vida_Loki, Red_sayuri, LittleBulma, Nat_Matryoshka, TsunadeShirahime, Liz_23, mirianval, Francesca Akira89, EffEDont.
Chi ha inserito la storia tra le seguite (siete tantissimi!!!): AcrossTheSea, akachika, Alkimia187, amidala1202,Amora the Enchantress, blackpearl_, BradDourif89, camomilla17, Caris, ClaireCarriedo, Darma, Didyme, doctor tenth, EDVIGE86, EffEDont, Elweren, EnekSotet, Enide, flavianolamanoo, Francesca Akira89, Geilie, GingerTrickster, Hiddle, Ila_Chan91, Jack delle Ombre, Jessy87g, JoyBrand, kenjina, Keyra93, Klainer, Lady Aquaria, Lady of the sea, LaPazza7, Latis Lensherr, LilianStark, LilythArdat, Livin_la_vida_Loki, Liz_23, lullaby3, MadHatterJoe, MaRmOtTeLlA, maura 77, mhcm, Mishja, Morrigan Aensland, Morwen_Eledhwen, Nat_Matryoshka, Nemsi, Out of my head, Paddina, PhoenixOfLight, Princess_Klebitz, Red_sayuri, saku89, sasuchan7, Seleia, snoopevious, Strix, The_Lonely, TsunadeShirahime, Vale11, Warumono, _Loki_, _Lucrezia97_, _Zazzy
A chi ha inserito la storia tra le preferite: akachika, Astrid Cuordighiaccio, ClaireCarriedo, EffEDont, enifpegasus, ESTchaviski, Francesca Akira89, ghirigoro, gunnantra, Harmony394, HelleonorGinger, Jun M, Keyra93, Lady_G93, LittleBulma, LaPazza7, Livin_la_vida_Loki, lovermusic, LudusVenenum, MonMon, muahaha, NerdHerd, Nou, Paddina, Sheelen_, Sherlockian7, sillyVantas, Vampire_heart, Veruschka, virgily, Warumono, waterlily_, _Zazzy
A chi ha inserito la storia tra le ricordate: BadWolfSherloki, Chihiro, Jun M, Layla_Morrigan_Aspasia, Out of my head, Sheelen_, Wynne_Sabia


_Zazzy ha segnalato la storia per essere inserita tra le "scelte"!!! Io sono ancora emozionata. Grazie, grazie, grazie!!!

Come sempre, vi esorto a lasciarmi una recensione, che è un po' l'ossessione di noi autori :) A parte gli scherzi, bè, lo sapete quanto mi faccia piacere.
Se ancora non l'avete fatto, aggiungetemi su facebook: http://www.facebook.com/eleuthera.efp

Au revoir,
Eleu

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Capitolo 14
*** Freedom is a lie ***


FREEDOM IS A LIE

Anche se Sigyn continuò a ripetersi che il loro incontro successivo fu del tutto casuale, le cose non andarono affatto così.
Dopo quell’ultimo scambio di battute era tornata in fretta verso le stanze della Regina. Mentre si allontanava da Loki recuperava progressivamente la percezione del battito frenetico del proprio cuore. Aveva tanto a cui pensare, ma rimandò il momento delle riflessioni non appena mise piede nella sala e tutti si voltarono verso di lei. Gli sguardi delle dame di corte erano una condanna silenziosa. Frigga aveva voluto sapere il motivo di tanto ritardo, ma quando Sigyn le aveva spiegato come stavano le cose, la Regina si era subito calmata e non aveva più aggiunto nulla.
Dopo, però, c’erano state la curiosità di Grete da soddisfare, l’ostilità delle altre donne da gestire e l’interminabile lavoro quotidiano da sbrigare. Così, verso sera, quando Sigyn si era finalmente trovata sola nella sua stanza, era quasi scoppiata in lacrime dalla tensione accumulata e trattenuta per tutto il giorno.
Le cose erano cambiate, era questo a sconvolgerla tanto. Lei aveva ancora paura, ma il timore non le impediva di parlare e di sopportare l’arroganza di cui Loki amava tanto far mostra. Ma soprattutto la sconvolgeva il fatto di aver accettato la situazione in cui si trovava. Grete continuava a dire che si era arresa, e lei era confusa. Non riusciva a darle una risposta definitiva. Forse non gliela voleva nemmeno dare.
Loki la disorientava, con tutti quei suoi gesti incomprensibili e le parole ambigue, e adesso che lo shock del matrimonio combinato si stava lentamente acquietando in lei, sentiva nitidamente l’eco di quella curiosità che aveva avvertito nelle prigioni. Le sembrava fosse accaduto secoli prima. Ma adesso lui le aveva detto che le
avrebbe spiegato, e anche se tutti continuavano a dirle che era un folle e un bugiardo e lei stessa più di chiunque altro continuasse a ripetersi che era malvagio e che lo odiava, non riusciva a resistere. Voleva sapere. Voleva sapere che cosa c’era nella sua testa. Voleva sapere chi era l’uomo che avrebbe dovuto sposare. E voleva saperlo lei, e non saperlo perché lo dicevano gli altri, o lo diceva lui.
Quindi, anche se Sigyn pensò che incontrare di nuovo Loki sulla stessa terrazza fosse una pura casualità, il giorno seguente qualcosa dentro di lei l’aveva spinta a cercarlo.
Lui doveva averla sentita arrivare. Era impossibile passare inosservati tra i corridoi del palazzo, poiché anche i rumori più lievi cozzavano contro le pareti luminose. Sigyn era diretta da tutt’altra parte quando vide la sagoma di Loki stagliarsi sulla terrazza tra le ombre del pomeriggio. Lui si voltò prima che lei potesse prendere alcuna decisione e così Sigyn si fermò di colpo, rimangiandosi tutti i pensieri e ascoltando, per una volta, solo quello che sentiva.
Era sorpresa. Ma in un certo senso era una bella sensazione.
Si aspettava quasi che Loki si sarebbe voltato di nuovo verso il paesaggio, ignorandola. Invece, rimase dritto con gli occhi su di lei.
«Anche tu qui», constatò semplicemente, ma la frase colpì Sigyn come un’accusa.
«Se volete stare da solo, me ne vado» rispose, distogliendo lo sguardo.
«Hai già cambiato idea?» mosse un passo verso di lei e spalancò appena le braccia, come un invito. «Non volevi che ti
spiegassi
Era stato così diretto, e Sigyn si impose di replicare con altrettanta schiettezza. «Sì».
«Allora andarsene non avrebbe senso».
Loki rimase immobile, e Sigyn capì che voleva che fosse lei ad avvicinarsi. Si avvicinò circospetta, ma quando gli fu accanto lui non fece nulla per metterla a disagio. Tornarono insieme verso la terrazza.
C’era un sottile, fragile equilibrio nel silenzio tra lei e Loki mentre guardavano insieme la città dorata. Non aveva idea di come avessero creato quella precaria stabilità, ma era certa che sarebbe bastata una parola sbagliata per ridurla completamente in frantumi. Per lei era come camminare sospesa su un filo. La minima distrazione e sarebbe caduta nell’abisso.
Loki non parlava. Sembrava completamente assorto di fronte a quel paesaggio che doveva aver visto già mille volte. Sigyn lo scrutò di nascosto. La sua fronte era percorsa da rughe sottili, i segni della preoccupazione. Era la prima volta che le notava.
«Allora, non mi chiedi nulla?»
Sigyn sussultò, colta di sorpresa, ma si sforzò di rispondere subito. «Cosa dovrei chiedervi?»
Loki fece una smorfia. «Non volevi delle spiegazioni? Dovresti farmi delle domande, allora».
«Se lo facessi, sembrerebbe un interrogatorio e non una conversazione» puntualizzò lei.
«Chi mi dice che non sia proprio così?» Loki le rivolse un sorriso, ma i suoi occhi erano seri. Sigyn si sentì gelare mentre capiva a che cosa si stesse riferendo.
«Voi non starete pensando che… oh, no!» esclamò «Nessuno mi sta usando per estorcervi informazioni, se è questo che credete».
Il sorriso di Loki rimase lì, confermando la sua ipotesi. Sigyn guardò altrove, cercando le forze per convincerlo. Riusciva sempre a ferirla in qualche modo.
«Non riuscite proprio a fidarvi, vero?» chiese. «Anche quando vi portavo i messaggi della Regina dubitavate di me».
«Non ci si può fidare di nessuno» ribatté secco Loki, e Sigyn sentì la rabbia bruciare nello stomaco.
«Questo è perché le persone non sono oneste», replicò. «Ma per una volta che vi trovate davanti a qualcuno che è davvero sincero, potreste dargli ascolto».
Loki abbandonò del tutto la balaustra, incrociando le braccia sul petto e puntando gli occhi su di lei. «E così tu saresti onesta?»
«Sì!»
«Devo ricordarti, Sigyn, che hai già mentito in mia presenza?»
Sigyn rimase in silenzio, mentre i suoi pensieri correvano.
«Quando hai detto che non credevi che io fossi un mostro», sussurrò Loki. «Anche un bambino avrebbe capito che stavi mentendo. Sei una pessima bugiarda».
La ragazza serrò le labbra per calmare la rabbia e frenare la paura. Le parole di Loki la inchiodavano al suolo, ma non voleva arrendersi. Non voleva arrendersi mai più.
«Fatemi cambiare idea sul vostro conto e la mia risposta sarà stata sincera».
Qualcosa mutò impercettibilmente sul viso di Loki. Distolse lo sguardo.
«Quindi lo pensavi veramente».
Sigyn corrugò la fronte. Si chiese se, per una volta, fosse stata lei a ferire lui. Bastò questo perché il senso di colpa emergesse feroce. Si avvicinò appena.
«Potrei dirvi che ero sincera anche allora, ma voi mi credereste?»
Loki sorrise, ma non rispose. Sigyn si chiese se la risposta fosse celata nel sorriso.
Rimasero in silenzio per qualche istante.
«Non dovete spiegarmi per forza, se non volete» disse Sigyn ad un certo punto.
Loki non reagì subito, ma poi abbassò lo sguardo, e per un attimo non le sembrò né pazzo né pericoloso.
«Possiamo parlare di qualcos’altro» suggerì lei, ma Loki alzò la testa, i lineamenti induriti dalla rabbia.
«Mi hai forse scambiato per una dama di compagnia con cui poter far conversazione?» ringhiò. Sigyn rimase immobile, fronteggiando quello scatto d’ira con gli occhi spalancati e il cuore pronto a esplodere. Umiliata, dimenticò tutto l’autocontrollo, tutte le buone maniere imparate durante gli undici mesi a corte, e fece una cosa che non faceva da quasi un anno: rispose a tono.
«Con quel vostro atteggiamento, non potrei
mai scambiarvi per una dama di compagnia».
Si portò le mani alla bocca, trattenendo il respiro, non appena l’ultima parola fuggì dalle sue labbra. Loki, incredulo, la fissò dritto negli occhi, e lei non riuscì a muoversi. Adesso sì che aveva paura.
«Quest’impudenza non ti si addice» mormorò Loki dopo un po’, con calma glaciale.
Sigyn tolse le mani dalla bocca, tremando. «Perdonatemi».
Era certa di averlo offeso, eppure sembrava divertito.
«Anche il tuo modo di fare non si addice affatto ad una dama di compagnia» proseguì lui.
«Vi chiedo scusa, non-»
«D’altronde, l’idea di sposare una dama di compagnia mi era assolutamente insopportabile». Loki si allontanò di qualche passo, dandole la schiena. «Tuttavia non tollererò un altro affronto. Intesi?»
«Sì» sussurrò Sigyn, senza respiro.
Avrebbe pensato che sarebbe stata punita. Invece, le aveva permesso di essere sé stessa senza fare una piega. Sembrava quasi che la cosa gli fosse piaciuta.
Loki si voltò di nuovo verso di lei. «Allora, Sigyn» disse, come se nulla fosse stato «Vuoi che ti spieghi, oppure no?».
Nel ricordare quella giornata, Sigyn spesso si chiese se non fosse stato tutto un sogno.
Aveva passato ore a parlare con Loki, e avevano parlato di niente. Lei si era rifiutata di interrogarlo e insistere affinché “le spiegasse”, e aveva avuto paura di non avere nulla da dire, ma non era stato così. Per la prima volta la sua lingua d’argento non aveva cercato di ingannarla, ma l’aveva guidata tra brillanti ricami di parole. Lei aveva mantenuto in atteggiamento circospetto, in una certa misura, perché non poteva sapere quando Loki avrebbe avuto un nuovo scatto d’ira, né se avesse deciso di fargliela pagare.
Invece, non era successo niente. Avevano parlato e basta, e il suo sgomento era diventato sempre più grande mentre si rendeva conto che ogni minuto che passava lei si sentiva un po’ più sé stessa. Si rivolgeva a lui nel modo schietto e sincero che a corte non era tollerato, e Loki sembrava gradire. Per questo, ripensandoci, faticava a credere a quello che era successo. Era una situazione irreale, ma viva, vera, che portava ancora nella memoria con una lucidità disarmante.
Loki non aveva cercato di farsi odiare, non l’aveva spaventata, non l’aveva ingannata. E a lei era piaciuto parlare con lui.
Ora, mentre sedeva davanti allo specchio nella sua stanza, riverita da tre ancelle della Regina, Sigyn ricordava tutte quelle parole e tutti quei momenti, perché ce n’erano stati altri. Lo aveva sempre incontrato per caso - o almeno così credeva - e sempre lui non l’aveva lasciata andare.
Mentre ricordava quelle conversazioni quasi amichevoli, Sigyn si sentiva sprofondare. Era come se avesse fatto qualcosa di terribilmente sbagliato, come se si fosse disonorata, e solo adesso si rendesse conto della gravità delle sue azioni. Sentiva il cuore palpitarle in gola, il volto bollente, gli occhi pieni di lacrime. Ora, mentre le ancelle le acconciavano i capelli e le sistemavano il vestito, le sembrava tutto terribile.
Mancavano tre giorni al matrimonio. I festeggiamenti avrebbero avuto inizio di lì a poche ore, e Sigyn voleva scomparire.
Si era illusa di aver accettato la situazione, aveva addirittura passato delle intere ore a conversare con Loki - con Loki! L’assassino, il pazzo, lo Jotun! Che cosa le era passato per la testa? - ma adesso che era ad un soffio dal matrimonio voleva soltanto sparire o, ancora meglio, svegliarsi e scoprire che era stato tutto un incubo.


Che cos’altro avrebbe potuto fare? In fondo, lei gli aveva chiesto che cosa pensava. Gli aveva addirittura chiesto di spiegarle quello che aveva nella testa.
Era stata gentile.
Mentre si preparava per lo snervante banchetto al quale non poteva evitare di prendere parte, Loki cercava per l’ennesima volta di giustificare il proprio comportamento nelle ultime settimane.
Nei giorni precedenti, ogni qual volta avesse incontrato Sigyn, invece che passare oltre senza degnarla di uno sguardo si era fermato e le aveva parlato. Non era successo più di tre o quattro volte, ma erano state lunghe conversazioni, arricchite da quei particolari e da quei rimandi che ricorrono solo nei dialoghi tra persone che in passato si sono già parlate.
Era strano, perché allo stesso tempo voleva e non voleva quel contatto. Lo irritava l’idea di condividere i suoi pensieri con la dama di corte che avrebbe dovuto sposare, ma era piacevolmente sorpreso dalla forza d’animo che Sigyn aveva svelato. Era una forza che aveva già intravisto tempo prima, nelle prigioni, ma poi era scomparsa, inghiottita dalla paura. Adesso era emersa di nuovo, con delicatezza e decisione, e Loki era rimasto sconvolto da sé stesso quando si era reso conto di ritenere che Sigyn fosse una brillante conversatrice e un’ottima compagnia. Aveva cercato di stare lontano da lei, isolandosi più a lungo e crogiolandosi stoicamente nella propria prigionia. Aveva tentato di concentrarsi sulla vendetta, di pianificare l’azione che avrebbe intrapreso non appena le acque si fossero calmate.
Ma poi la incontrava. Le rivolgeva la parola, contro ogni suo ordine silenzioso, forse per il solo gusto di disobbedirsi. Detestava ammetterlo, ma passare quelle ore intriganti impegnato in un botta e risposta schietto e arguto, era in qualche modo confortante. Lo faceva un sentire un po’ più vivo e un po’ meno prigioniero. Poi la conversazione finiva e lui si rendeva conto di quanto fosse sciocco, e debole.
Si diceva che avrebbe dovuto approfittare di quella stucchevole vicinanza per inserire Sigyn nei propri piani, trovandole il ruolo da pedina che meritava, ma più pensava e meno riusciva a collocarla nel suo grande quadro. Un posto per lei non c’era. Non capiva il perché. In fondo, nonostante avessero passato qualche ora insieme, lei non restava altro che un'insignificante nobildonna. Non gli importava certo del modo in cui lei ascoltava tutto attentamente, né di come lo guardasse dritto negli occhi e abbassasse velocemente lo sguardo quando si accorgeva che lui l’aveva vista, né di come si sforzasse di comprendere i suoi ragionamenti più complessi, né della contentezza che illuminava tutto il suo volto quando capiva. Non gli importava affatto di come tutto ciò che lei faceva sembrasse assolutamente gratuito, né di quanto fosse inquietante trovarsi a pensare che quegli incontri gli facessero in qualche modo del bene, e che se lei non ci fosse più stata, forse quelle ore insieme gli sarebbero mancate.
Era tutto assolutamente irrilevante e arbitrario. Doveva solo portare pazienza. Avrebbe sistemato ogni cosa molto presto, l’importante era non lasciarsi distrarre. Tutti quei sentimenti che avvertiva in mezzo al petto erano una matassa indistinta che lo innervosiva. Non voleva neanche capire che cosa fossero. Voleva solo che sparissero.
Mentre si dirigeva verso le stanze di Sigyn, continuò a sperare che quel groviglio si dissolvesse nel nulla. Erano ufficialmente iniziati i festeggiamenti per il loro matrimonio, e dovevano cominciare a comportarsi da fidanzati. Bussò alla porta con un nodo nello stomaco.
Sigyn gli comparve davanti mentre alcune ancelle si dileguavano dietro di lei. Loki si impose di non soffermarsi più di tanto sul vestito di seta che le scivolava sulla sua pelle o sulla cascata d’oro dei suoi capelli. Non riuscì però a ignorare il suo sguardo, perché lo vide tanto colmo di paura come non era da settimane.
Sigyn sorrise, nervosa, e appoggiò una mano tremante sul braccio che lui le stava porgendo.
«Sei tesa», commentò Loki, senza riuscire a incrociare il suo sguardo elusivo.
«Sì, un po’», fece lei con un filo di voce. Loki notò che non osava neppure prendergli il braccio. La sua mano lo sfiorava appena.
«So che può essere difficile da credere, ma il mio braccio è esattamente come quello di chiunque altro, e non ti accadrà nulla se vi appoggerai la mano» commentò sarcastico. Sigyn abbozzò timidamente un sorriso, ma la sua presa sul braccio si rafforzò.
Camminarono in silenzio per un po’, ma in prossimità della sala dei festeggiamenti Loki avvertì Sigyn irrigidirsi. Le voci degli invitati rimbombavano tra le pareti. Loki si voltò verso la ragazza: sembrava quasi che non respirasse, e lui corrugò la fronte.
«Non ha senso essere così agitati» disse.
Finalmente Sigyn si voltò verso di lui, mostrandogli tutto il suo spavento.
«Non vorrete farmi credere che voi non lo siete nemmeno un po’».
«Dimmi, ti sembro forse nervoso?»
Sigyn fece una pausa. Abbassò gli occhi, poi li rialzò.
«A giudicare da come avete tenuto stretto il pugno per tutto questo tempo, sì, mi sembrate nervoso».
Loki guardò il braccio che aveva offerto alla ragazza, e il pugno serrato alla sua estremità.
Sorrise, ma non appena si rese conto che erano proprio quell’arguzia ciò che gli piaceva di lei, il sorriso scomparve.
Presero posto al banchetto in silenzio. Sarebbe dovuta essere la loro festa, ma nessuno li acclamava. A parte Thor e Frigga, chiunque si avvide dall’avvicinarsi a Loki. Di tanto in tanto qualcuno si rivolgeva a Sigyn, ma lei non era brava a fingere di non essere ferita dalle decine di occhiate ostili che stava raccogliendo. Era
troppo sincera, pensò Loki. Sigyn non ce la faceva proprio, a fare finta, e lui continuava a sentirsi maledettamente in dovere di proteggerla. Sbuffò, guardando lontano, cercando di distrarsi. Poco più in là, Sif e i Tre Guerrieri conversavano fra di loro. Loki avrebbe potuto facilmente indovinare qual era l’argomento della conversazione.
Dopo un po’ si rese conto che avrebbe anche potuto lasciare la stanza e niente sarebbe cambiato. Il punto era che nessuno lo voleva vedere. Se prima si limitavano ad accettarlo di malavoglia, adesso non lo accettavano e basta. Fingevano che non esistesse. La rabbia gli attraversò il cuore dolorosamente. Lui aveva il dono dell’inganno, ma alla fine erano tutti così bravi, lì dentro, a fingere.
Il suo sguardo si si posò su Sigyn. Erano tutti così bravi a fingere. Tutti, tranne lei.
Seduta al suo fianco, Sigyn sembrava essere sull’orlo del pianto. Ogni cosa di lei gridava che non voleva stare lì, che gli sguardi che aveva addosso la ustionavano anche solo sfiorandola, e che quella non era la vita che voleva, né lo sarebbe mai stata.
Non riusciva a sopportarla. Loki si rese conto di avere un peso nel petto, e comprese che era colpa di quegli occhi scuri fissi per terra, persi nel vuoto. Pensò di sentirsi così perché l’atteggiamento di Sigyn lo irritava, e non perché gli suscitasse compassione - un sentimento di cui non voleva nemmeno ricordare l’esistenza.
La prese discretamente per un braccio, catturando la sua attenzione.
«Andiamo» disse, alzandosi e trascinandola via.
Sigyn lo lasciò fare, indolente. Forse non aveva realizzato subito il suo gesto. Sembrò riprendersi solo dopo qualche passo.
«Non possiamo andare via» protestò senza convinzione.
«È la mia festa e decido io quando andarmene» ribatté Loki. Lei non disse altro. Quando ebbero raggiunto l’ampio porticato al di fuori della sala, lontani dal brusio, dalla luce e dal calore, Loki si fermò.
«Smettila» le disse all’improvviso. Sigyn non fece una piega. Il suo sguardo era ancora fisso per terra.
Loki le afferrò bruscamente il mento, sollevandole il volto per poterla guardare negli occhi.
«Ti ho detto di smetterla!»
C’era una disperazione talmente feroce nello sguardo di lei che quasi lo stordì. Pensava che si sarebbe divincolata, ma non lo fece. Sembrava le costasse un grande sforzo, ma sostenne il suo sguardo.
«Che cosa volete da me?»
«Smettila di essere così debole».
«
Non posso!»
Loki la lasciò andare con rabbia, voltandosi, dandole le spalle per non vederla. Rimasero in silenzio per un bel po’, prima che Loki parlasse a denti stretti.
«Sei insopportabile».
«Se non foste per me sareste ancora nelle prigioni!».
Loki si voltò di nuovo, lentamente. Sul suo volto era apparso il può amaro dei sorrisi. Si sentiva quasi morire, perché sapeva che lei aveva ragione.
«Credi che non sia più un prigioniero?» domandò, fissandola negli occhi pieni di orgoglio «Credi che io adesso sia libero? Ti svelo un segreto, Sigyn. La libertà è la più grande menzogna che ti sia mai stata raccontata. Qui dentro non deciderai mai per te stessa. La prigione non è quella che hai visto nei sotterranei. Asgard lo è. Tutto il mondo è una prigione».
Solo dopo aver parlato si accorse di aver desiderato dire quelle cose da molto tempo, e che ora che le aveva lasciate andare, il peso dentro al suo petto sembrava essere un po’ più leggero.
«Allora non biasimatemi se sto così male» mormorò Sigyn, avvilita.
Di nuovo quel nodo nello stomaco, quella pugnalata gelida. Loki strinse le labbra.
«Non lo faccio» disse, e in quel momento tutte le ore passate insieme gli sfilarono nella testa, tutte le parole, soprattutto il suo sguardo troppo sincero, ritagli di involontarie confidenze, una danza di ricordi. Indurì il proprio cuore e scacciò ogni immagine, ma non appena guardò Sigyn si rese conto che non poteva scacciare proprio niente.
Suo malgrado era stato sincero con lei tante, troppe volte, ma solo adesso le parlò sapendo di esserlo.
«Non devi mostrare loro quanto questo ti faccia male. Piangi quanto vuoi chiusa nella tua stanza, ma quando sei tra loro non farti mai vedere così. Loro sono niente, non meritano di essere considerati, nemmeno di essere visti. I loro sguardi ti devono scivolare addosso come polvere. Ci siamo capiti?»
Poi fece una cosa che, quella notte, tornò costantemente nei suoi pensieri disturbandolo nel dormiveglia. Forse lo fece perché sapeva perfettamente che cos’era quello la faceva stare così male, perché lui più di chiunque altro capiva. Forse perché per la prima volta sapeva che - ed era chiaro nei suoi occhi - lei aveva capito benissimo. O forse lo fece perché c'era un motivo se riusciva a dirle quelle cose, ed era che
lui era stato come stava lei.
L’abbraccio morì sul nascere e lui finì soltanto per appoggiare le mani sulle spalle di lei. Sigyn alzò lo sguardo in silenzio, ignara, ma se si fosse avvicinata un po’ di più avrebbe avvertito il battito frenetico del suo cuore. Lui la lasciò andare dopo poco, ma non fu comunque abbastanza veloce, e già il panico si faceva strada nella sua testa.
Non… stava per farlo… sul serio, vero?
«Ad ogni modo, presumo che la nostra presenza sia ancora richiesta là dentro» disse tetro, cercando soprattutto di distrarre sé stesso.
«Lo credo anch’io» asserì Sigyn, prima di esalare un profondo sospiro.
Loki indugiò un attimo, fissandola. Era una raccomandazione silenziosa, non aveva bisogno di parole, e lei capì.
Quando tornarono nella sala dei festeggiamenti, Sigyn non diede il minimo segno di turbamento. Mantenne un atteggiamento impeccabile per il resto della serata. Solo Loki colse qua e là qualche cenno di angoscia, ma era più preoccupato di tentare di definire quello che stava passando nella propria testa. Non era stato tanto l’impulso illogico di abbracciarla, o la propria reazione esageratamente rabbiosa davanti al malessere di lei. Il peso che aveva dentro, in quel momento, era qualcos’altro. Qualcosa di molto peggiore. La guardava sorridere, sopportare e sorridere ancora, senza riuscire a distogliere gli occhi da lei.
Quella sera aveva insegnato a Sigyn come
fingere.
Mai e poi mai avrebbe voluto farlo.















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Questo capitolo è una grande scommessa. Probabilmente dovrei nascondervi quanta ansia ho nel pubblicarlo, ma... non ci riesco, ve lo dico, ho un'ansia pazzesca e spero che tutto sommato mi vada bene anche stavolta.
Sarete ormai stufi di citazioni dall'Amleto, ma ce n'era una nascosta anche in questo capitolo, l'avete trovata?
Il prossimo capitolo è quel capitolo, lo pubblicherò sabato prossimo e mi chiedo se avrò i nervi abbastanza saldi da sopravvivere alla pubblicazione XD

Per festeggiare l'uscita di quel capitolo, ho realizzato un piccolo teaser trailer della fan fiction. Lo trovate qui: http://www.youtube.com/watch?v=_UGGO57eKBY&feature=share

Passo a ringraziarvi come sempre:
Grazie a chi ha commentato il tredicesimo capitolo: Bored94, Darma, laureta1387, SvaneH, Morwen_Eledhwen, Alkimia187, Geilie, Sheelen_, TsunadeShirahime, LadyGuns56, Elweren, NerdHerd, Efy, Nat_Matryoshka, Liz_23, Francesca Akira89, camomilla17, mirianval, _Zazzy Con lo scorso capitolo abbiamo superato le 200 recensioni e la cosa mi fa gongolare :D
Grazie a chi ha inserito la storia tra le seguite (77 persone... sono un po' sconvolta!): AcrossTheSea, akachika, alessandralala, Alkimia187, amidala1202,Amora the Enchantress, blackpearl_, bluedragon9, Blue_Moon, Bored94 , BradDourif89, camomilla17, Caris, ClaireCarriedo, Darma, Didyme, doctor tenth, Duda_Smythe, EDVIGE86, EffEDont, Elweren, EnekSotet, Enide, flavianolamanoo, Francesca Akira89, Geilie, GingerTrickster, Hiddle, Ila_Chan91, Jack delle Ombre, Jessy87g, JoyBrand, keikoten, kenjina, Keyra93, Klainer, Lady Aquaria, Lady of the sea, LaPazza7, Latis Lensherr, LilianStark, LilythArdat, Livin_la_vida_Loki, Liz_23, lullaby3, MadHatterJoe, Manu Hiddlesworth, MaRmOtTeLlA, maura 77, mhcm, Mishja, Morrigan Aensland, Morwen_Eledhwen, Nat_Matryoshka, Nemsi, Out of my head, Paddina, PhoenixOfLight, Princess_Klebitz, Red_sayuri, saku89, sasuchan7, Seleia, snoopevious, Strix, SvaneH, The_Lonely, TsunadeShirahime, Vale11, Warumono, _Loki_, _Lucrezia97_, _Zazzy
Grazie a chi ha inserito la storia tra le ricordate: BadWolfSherloki, Chihiro, Jun M, Layla_Morrigan_Aspasia, Out of my head, Sheelen_, Wynne_Sabia
Grazie a chi ha inserito la storia tra le preferite: akachika, amidala1202, Astrid Cuordighiaccio, ClaireCarriedo, Duda_Smythe, EffEDont, EmmE_K, enifpegasus, ESTchaviski, Francesca Akira89, ghirigoro, gunnantra, Harmony394, HelleonorGinger, Jun M, Keyra93, Lady_G93, LittleBulma, LaPazza7, Livin_la_vida_Loki, lovermusic, LudusVenenum, mirianval, MonMon, muahaha, NerdHerd, Nou, Paddina, Sheelen_, Sherlockian7, sillyVantas, Song__, Vampire_heart, Veruschka, virgily, Warumono, waterlily_, _Zazzy

Anche TsunadeShirahime ha segnalato la storia per le scelte di EFP! Grazie davvero :D adesso incrociamo le dita!
Aggiungetemi su facebook se ancora non l'avete fatto: http://www.facebook.com/eleuthera.efp
Au revoir,
Eleu

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Capitolo 15
*** O Hymen Hymenaee ***


O HYMEN HYMENAEE

Aveva creduto che il tempo per pensare non le sarebbe mancato. Era tradizione che la sposa passasse i tre giorni precedenti il matrimonio lontano dal futuro marito, tre giorni duranti i quali si sarebbe progressivamente lasciata alle spalle la sua vecchia vita, preparandosi ad accoglierne una nuova. Per Sigyn, quei tre giorni avrebbero dovuto servirle a frenare l’avvicinarsi del matrimonio e a riflettere con calma su tutto quello che stava cambiando e che lei non poteva fermare.
Ma come gli eventi la rapirono frenetici, Sigyn si rese conto che il tempo per pensare lo aveva già avuto,
prima: e non lo aveva sprecato, tutt’altro. Il problema, forse, era che il tempo era sempre stato troppo poco. Da quando la Regina le aveva affidato il compito di portare quei messaggi segreti al figlio, legandola in un intreccio di lealtà e dovere, il tempo non era mai stato dalla sua parte. L’aveva trascinata via, una parola dopo l’altra, e se mai le aveva permesso di fermarsi brevemente per respirare, era ripartito con più foga di prima.
Ad un solo giorno di distanza dal matrimonio, a Sigyn sembrava impossibile che quel momento fosse arrivato così in fretta. Eppure era lì, tendeva le braccia verso di lei, la chiamava. Ma lei non era pronta, e non voleva rispondere.
Le parole che Loki le aveva rivolto sotto i pilastri del portico dorato non erano più uscite dalla sua testa, ma avevano continuato a risuonare nel sonno, ricordandole che lui aveva ragione. Era terribile ammettere che Loki, il traditore, aveva sempre avuto ragione nei discorsi che aveva fatto con lei. Aveva avuto ragione sulla corte reale, un nido d’inganni. Aveva avuto ragione sulla libertà, niente più di un’illusione. Infine, aveva avuto ragione su di lei.
Era troppo sincera, e non poteva più esserlo. Doveva fingere per salvarsi almeno un po’.
Così, durante quei tre giorni Sigyn non diede nemmeno un piccolo segno dell’angoscia che minacciava di divorarle il cuore da un momento all’altro. Aveva intravisto lo sguardo preoccupato della Regina posarsi su di lei quando, rispondendo ad alcune dame di compagnia che le avevano rivolto le loro più fasulle congratulazioni, Sigyn aveva reagito con il viso disteso e uno splendido sorriso. Rifiutò con rabbia la compassione di Frigga, e solo più tardi si rese conto che per la prima volta aveva incolpato la Regina per la sua sventura, e non Loki.
Allora fu contenta che non le fosse nemmeno permesso vederlo. Avrebbe dovuto ricordarselo più spesso, che era colpa
sua, del suo rifiuto testardo e del suo egocentrismo. Se lo ripeté più e più volte, ma non cambiò nulla. Non lo voleva sposare, però i loro discorsi le mancavano. Non era sicura che le avesse spiegato tutto. Voleva ancora ascoltarlo, e voleva ancora capire.
Sarebbe stato più semplice se non lo avesse dovuto sposare di lì a pochi giorni. A quel punto non ci sarebbe stato più niente da capire, perché incontrarsi,
stare insieme, non sarebbe più stata una loro scelta. Sarebbe stato un obbligo. Quel matrimonio avrebbe rovinato tutto.
Il tempo le fece un nuovo scherzo e decise di rallentare, dilatando l’ultimo giorno in ore interminabili. Lo stessa mattina, suo padre arrivò a palazzo. Lord Iwaldi volle essere ampiamente informato riguardo i preparativi che avevano tenuto occupata la figlia nelle ultime quarantottore - un colloquio eccessivamente formale con le donne più anziane, la benedizione di una sacerdotessa, un ricevimento solenne… tutte cose che Sigyn aveva odiato profondamente, perché non avevano fatto altro che ricordarle che la sua vita stava cambiando senza che lei lo avesse chiesto.
Quando Iwaldi fu soddisfatto, lasciò la figlia ad altri preparativi e si ritirò nelle sue stanze. Sigyn sospirò di sollievo. Suo padre aveva sorriso trionfante fin da quando aveva messo piede a corte, e lei non ne poteva più. Era anche colpa sua, perché era stato lui a voler innalzare lo status della famiglia, a chiedere alla Regina di combinare un matrimonio, quasi un anno prima.
Si ritrovò a pensare di nuovo che la causa della sua disperazione non risiedesse unicamente in Loki, ma in altre persone oltre a lui, persone non meno abili a tessere inganni e sotterfugi.
All’improvviso le venne in mente una cosa che le aveva detto Loki, settimane prima.
Non starai mica cercando di convincerti che sono una brava persona?
No, certo che no, gridò con rabbia Sigyn nella propria testa. È colpa tua, solo colpa tua. E io non ti amo. Non ti voglio sposare.
Lo gridò per tutto il giorno, cercando di convincersi ad ascoltarsi. Ma tra tutti quei preparativi, quei vestiti e quei dettagli e tutte quelle raccomandazioni, si rese conto di non riuscire a sentire un bel niente.
Così rimase in silenzio, e quando finalmente arrivò la sera e lei si lasciò cadere sul letto, c’erano così tante cose da pensare, da aspettare e da temere, che non riuscì ad affrontarle una per una. L’assalirono tutte insieme, affamate.
Grete entrò proprio in quel momento, trovandola pallida e stremata. Sigyn alzò gli occhi, e Grete non attese un istante di più. Si chiuse la porta alle spalle e corse verso di lei, abbracciandola come se fosse l’ultima volta in cui poteva farlo. Si sarebbero viste ancora, perché Sigyn avrebbe sempre abitato a palazzo e Grete sarebbe stata ancora tra le dame di compagnia di Frigga, ma sapevano entrambe che, comunque, allora sarebbe stato tutto diverso.
«Dovevamo scappare» mormorò Grete, la voce incrinata dal pianto e il viso nascosto sulla spalla di Sigyn. «Dovevamo scappare».
«Non abbiamo trovato il modo. Nessuno scappa da qui» Sigyn aveva soffocato le lacrime per tutto il giorno, ma adesso le sentiva affiorare agli occhi e non riusciva a fermarle.
«Volevo aiutarti, ma non ci sono riuscita» Grete piangeva. Sigyn la scostò da sé per poterla guardare negli occhi. Le sembrava ancora così piccola, poco più di una bambina.
«Non assumerti colpe che non sono tue. Non c’era modo di evitare questo matrimonio. Lo sai» disse con dolcezza, scostandole i sottili capelli biondi dalla fronte.
«Mi dispiace di aver detto che ti eri rassegnata» aggiunse Grete dopo un po’ «Lo so che non potevi fare nient’altro».
Sigyn sorrise, ma abbassò lo sguardo. E se invece fosse stato così? Forse si era davvero rassegnata. Forse la verità era che si era arresa troppo presto. Magari c’era stato un modo per fuggire, ma lei non era stata abbastanza coraggiosa. Si sentì debole, demolita in ogni piccola certezza.
Grete insistette per spazzolarle i capelli prima di andare a dormire, e Sigyn la lasciò fare. Si sedette e chiuse gli occhi mentre la cugina passava la spazzola tra le onde dorate della capigliatura. Grete la pettinò a lungo e con attenzione, e l’abbracciò ancora, fortissimo, prima di andarsene.
Sigyn rimase sola, i capelli soffici e il cuore a pezzi.
Scivolò sotto le lenzuola quando ormai era troppo tardi per riuscire ad addormentarsi. Tentò disperatamente di cadere preda del sonno, ma non ci riuscì. Sarebbe stato troppo semplice passare quella notte tra i sogni. No, quella era la sua ultima notte in quel letto, l’ultima notte da sola. Tra ventiquattro'ore avrebbe appoggiato la testa su un altro cuscino, tra le braccia di…
Il pensiero era inconcepibile e basta. Fino a quel momento lo aveva rimosso, ma non poteva più ignorarlo. Mancava troppo poco tempo, per poter continuare a far finta di niente.
Per settimane aveva parlato con Loki combattendo contro l’odio e la paura, lo aveva ascoltato appassionandosi alle sue parole e apprezzando la sua compagnia, aveva imparato da lui, aveva iniziato a conoscerlo. In tutto questo aveva sempre fatto finta che il momento in cui lo avrebbe dovuto baciare, toccare e amare non sarebbe mai arrivato.
Sigyn provò a immaginare come dovesse essere, ma non riusciva a figurarsi Loki che l’abbracciava, la baciava, che le riservava le attenzioni che un marito avrebbe dovuto rivolgere alla moglie la prima notte di nozze. Si rese conto di essere assolutamente terrorizzata.
Ficcò la testa sotto le lenzuola sperando di addormentarsi al più presto, perché non voleva più pensare.
Dormì soltanto poche ore, svegliandosi alle prime luci dell’alba con un profondo senso di nausea. Si tirò su di scatto. Non aveva avuto bisogno di realizzare che giorno fosse, come le capitava ogni tanto, quando era stordita dal sonno. Non ci aveva nemmeno dovuto pensare un attimo su. Lo sapeva benissimo.
Era il giorno del suo matrimonio. 



Era il giorno del suo matrimonio.
Ci mise volutamente un po’ a realizzarlo, sdraiato rigido sotto le coperte per oltre un minuto. Analizzò con calma gli avvenimenti degli ultimi tre giorni, prima di affrontare la mattinata che si trovava davanti.
Il primo giorno forse era stato il peggiore. Quando un attendente si era presentato di buon’ora alla sua porta, chiedendogli di seguirlo per prendere parte ad una serie di procedure e di tradizioni, Loki aveva quasi minacciato di ucciderlo, e l’altro per poco non se n’era andato via di corsa. Dopo era arrivato Thor, al quale Loki non aveva riservato un trattamento migliore. Alla fine era stata Frigga a convincerlo, non perché avesse messo in campo una qualche argomentazione, ma soltanto perché di fronte al suo atteggiamento autoritario tipicamente materno Loki si era reso conto che la sua resistenza sembrava quasi un capriccio. Per non perdere la propria dignità, aveva acconsentito stoicamente a partecipare a quelle insulse procedure. La sua mente era volata altrove per tutto il tempo, pianificando ulteriormente le sue azioni una volta portato a termine il matrimonio. Solo ad un certo punto si era trovato a pensare che anche Sigyn doveva essere impegnata in quelle stesse procedure, in quel momento. Si chiese come se la stesse cavando, se ci riuscisse davvero, a fare finta. In fondo, sperava di no. Se aveva perso quella sincerità, era tutta colpa sua. Fingere davanti agli altri che le cose non facessero così male poteva aiutarla a convincere anche sé stessa di non soffrire tanto, ma Loki non era sicuro che avrebbe funzionato, nel suo caso. Avrebbe soltanto perso la sincerità, e questo era triste.
Si lasciò trasportare dal pensiero per un po’, poi la consapevolezza di stare per sposare proprio quella ragazza lo colpì come un macigno in pieno petto. Ma come faceva a sposarla? Come faceva a sposare Sigyn? Sigyn che era… sua
amica?
No. Non era sua
amica. Ma era una ragazza brillante, sveglia. Emotiva. Non meritava di sposare un reietto. E soprattutto, non meritava di diventare una pedina del suo prossimo piano.
Del secondo giorno Loki ricordava un glaciale scambio di sguardi con il Padre degli Dei, intento a supervisionare i preparativi dell’evento. Si era dileguato un attimo dopo, ma Loki aveva continuato a sentirsi addosso gli occhi di suo padre. Parlavano di ingratitudine. Guarda come sei ingrato, dicevano. Noi ti stiamo salvando, e tu hai ancora quella faccia.
E lei?, avrebbe voluto rispondere Loki. State salvando anche lei?
Ma quelle parole non uscirono mai dalla sua testa.
Arrivò alla sera del terzo giorno così ricolmo di rabbia da non riuscire nemmeno a dormire. Sentiva quella stessa pulsazione sorda all’altezza del cuore che lo aveva spinto in lacrime la prima notte che aveva passato in cella, quando era stato riportato a palazzo. Si affannò a soffocare tutto, emozioni, ricordi, idee. Se solo la sua immaginazione si fosse fermata per un istante, se solo lo avesse lasciato in pace. Invece, appena chiudeva gli occhi si vedeva davanti Sigyn che gli veniva data in moglie, Sigyn che gli stava accanto durante i festeggiamenti, Sigyn che lo seguiva nelle loro nuove stanze. Avrebbe voluto pensare alla sua vendetta, lasciarsi ossessionare dai piani di rivalsa, e invece continuava a vedere lei.
Si dedicò con tanta minuzia a soffocare ogni pensiero che alla fine riuscì ad addormentarsi.
La mattina dopo si svegliò intontito, di controvoglia. Realizzò con calma che era il giorno del suo matrimonio, e con calma gli si annodò lo stomaco.
Rifiutò l’aiuto che gli venne offerto da alcuni attendenti che aveva ricevuto il compito di aiutarlo a prepararsi. Sì vestì da solo e con solennità, come se stesse indossando l’armatura prima di una battaglia. Quando si calò l’elmo sulla testa, per un attimo si sentì forte e potente come non si sentiva da parecchio tempo. Durò solo un attimo, però, perché lo specchio gli restituì l’immagine di due occhi che sembravano annegare nell’ansia. Loki fece una smorfia e non si specchiò più finché non lo vennero a chiamare.
Attese l’inizio della cerimonia in una sala i cui intarsi dorati erano troppo carichi e splendenti. Thor lo raggiunse poco dopo. Probabilmente aveva avuto la brillante idea di fargli compagnia. Loki era già pronto a cacciarlo, ma nell’osservare la sua armatura tirata a lucido e il sontuoso mantello di porpora non riuscì a trattenere un ghigno.
«Ti trovo a tuo agio, come damigella d’onore» commentò. Thor parve offendersi per un istante, ma poi un grande sorriso si dipinse sul suo volto.
«Però non aspettarti che ti regga lo strascico» replicò fingendo malamente di essere ancora serio. Poi la sua espressione mutò di nuovo, e batté la mano sulla spalla del fratello in un gesto che era solo affetto.
Loki avrebbe voluto sentirsi in qualunque altro modo tranne che così, perché quel fratello lui lo odiava, lo odiava così tanto da aver tentato di ucciderlo, ma in quel momento sentiva solo l’amarezza pungente che si prova quando ci si trova davanti a qualcosa che si è perduto per sempre. Avrebbe voluto cancellare l’amore dal viso di Thor con un pugno ben assestato, ma invece sorrise in risposta. Aveva sempre capito quello che Thor pensava ancora prima che lui stesso se ne rendesse conto, e lo capiva anche adesso. Thor stava dicendo che gli dispiaceva. Che sapeva che quella situazione era tremenda, e che gli era accanto. E Loki, con suo immenso orrore, gli stava rispondendo.
Non era certo, però, di quale fosse la risposta che gli illuminava gli occhi.
L’amarezza gli rimase ben impressa sotto la pelle anche quando le porte si aprirono e lui percorse al fianco di Thor un breve corridoio, fino a sbucare all’aria aperta.
La cerimonia era stata allestita nei giardini, all’ombra di un grande frassino che avrebbe rappresentato Yggdrasill, l’albero cosmico. Per permettere ai nobili di partecipare all’evento erano stati eretti sull’erba degli ampi spalti circolari. Anche alla popolazione comune era stato permesso prendere parte ai festeggiamenti, e la gente si era radunata ad una certa distanza dagli spalti. Molti di loro sembravano sinceramente emozionati.
Tutti, nobili e plebei, stavano guardando verso di lui.
Loki li odiava. Nessuno di loro aveva spezzato una lancia in suo favore durante il processo, ma ora erano pronti a festeggiare il suo matrimonio. Li odiava tutti, li odiava da morire. Li odiava già da prima, ed era sicuro che, sotto a quegli opachi sorrisi di circostanza, anche loro lo odiassero.
Thor lo accompagnò lungo il corridoio erboso fino ai piedi del frassino. Solo allora Loki si accorse del palco sul quale sedevano Frigga e Odino, poco lontano. Sapeva che il Padre degli Dei lo avrebbe raggiunto presto per portare a termine la cerimonia, una volta che anche Sigyn fosse giunta sotto l’albero. Un allarme scattò nella sua testa. Sigyn! Sarebbe arrivata da un momento all’altro. Dov’era? Attendeva nella stessa stanza dove aveva atteso lui? Magari all’ultimo era riuscita a fuggire. Loki sogghignò al pensiero, ma sapeva che era impossibile. Si voltò verso la direzione da cui era venuto, in attesa, e ad un tratto si ricordò di quando, il giorno della sua presunta esecuzione, si era seduto nella propria cella e si era messo ad aspettare la morte.
Solo ora si accorgeva che la gente non era tanta, era tantissima, i loro contorni sfocati nella luce del sole. Era così che si era immaginato la sua esecuzione, circondato da tanta gente, da tanti spettatori entusiasti di vedere il suo sangue. Ma si rendevano conto di assistere ad un matrimonio e non ad una condanna?
Poi si ricordò. Certo, era di questo che si trattava. Una condanna. Era solo una condanna come le altre.
Pensò di nuovo a Sigyn. Lo stordì il modo in cui il suo pensiero restava attaccato a lei. Era come la sensazione stridente del campo di battaglia, l’ansia di sapere dove fosse il compagno e di salvarlo prima che fosse troppo tardi.
Per loro era già troppo tardi.
Cosa stava pensando, Sigyn? Si stava divincolando dalla presa del padre che l’avrebbe dovuta accompagnare nella marcia solenne? Si stava preparando a indossare una maschera, proprio come lui le aveva spiegato?
Si stava sentendo morire anche lei?
Loki strinse gli occhi per combattere il sole, e in quel momento la vide avanzare nel prato.
Gli attendenti di corte si erano dati da fare per esaltare l’aspetto della sposa, ma non avevano esagerato con lo sfarzo. Sigyn indossava un abito semplice, chiaro e leggero. Una corona di fiori intrecciati le circondava la fronte. La luce del sole si rifletteva brillando sull’oro dei capelli e sull’argento dei monili, ma Loki non ci fece affatto caso. Era preoccupato a guardare
lei. Il suo viso, la sua espressione. Voleva sapere che cosa pensava, voleva sapere come stava. Voleva sapere se stava come lui.
Ma quando Sigyn fu abbastanza vicina per permettergli di osservarla più attentamente, Loki si rese conto che la sua espressione era impeccabile. La bocca piegata appena in un sorriso, il collo dritto, la testa alta. Sigyn teneva lo sguardo fisso davanti a sé, e Loki era certo che non stesse guardando lui. Si rivolgeva ad un punto invisibile, e per un istante fu travolto dall’ira. Voleva la sua attenzione. Si tranquillizzò, pensando che non avrebbe potuto ignorarlo per tutta la cerimonia. Avrebbe dovuto guardarlo negli occhi, prima o poi.
Quando un Lord Iwaldi assolutamente infervorato raggiunse il frassino insieme alla figlia, Loki capì che era arrivato il momento. Lo sguardo di Sigyn scivolò inavvertitamente nel suo, e Loki si rese conto del perché gli avesse tenuto nascosti gli occhi fino ad allora.
Aveva celato bene la sua angoscia davanti al pubblico che adesso attendeva trepidante attorno a loro, ma lui aveva pur sempre un dono per l’inganno, e vedeva benissimo che cosa c’era veramente negli occhi di Sigyn.
Sentì qualcosa spezzarsi, e pensò fosse quel nodo di rabbia che sentiva nel petto, ma la sensazione gli rimase. Non capì mai che cosa si fosse spezzato veramente. Sapeva solo che in quel momento, davanti alla paura e all’ira che Sigyn riusciva a malapena a combattere, non ce la faceva a sentirsi esasperato come sempre. Avrebbe voluto dirle di nuovo di piantarla di avere paura, con il solito tono un po’ brusco, ma invece riuscì solo a sorridere. Gli occhi di Sigyn non lasciarono il suo volto neanche per un attimo.
Lord Iwaldi appoggiò la mano della figlia su quella di Loki con un gesto pomposo, e Loki riuscì giusto a realizzare che era la prima volta che la prendeva per mano che già Odino gli stava davanti, pronto a procedere con il rito.
Adesso si sentiva teso. Rimase in piedi, rigido, senza ascoltare le parole di Odino. Pensava a come si era immaginato quel momento, e a quanto fosse diverso da come aveva pensato. Si ricordò con rabbia che le cose che accadono sono sempre diverse da come le si immagina. Forse sarebbe stato più semplice se non si fosse nemmeno reso conto di essere lì, ma lui si rendeva perfettamente conto di essere lì, sentiva i minuti scorrere, i raggi del sole sulla pelle, la mano nervosa di Sigyn nella sua. Senza pensarci, la strinse più forte per calmarla.
Sigyn si voltò verso di lui e Loki guardò ancora i suoi occhi. Aveva sempre pensato che fossero occhi ordinari, come quelli di tutti gli Asgardiani, ma improvvisamente si rese conto che non era così. Non erano freddi occhi azzurri né scialbe iridi marroni. Sigyn aveva occhi scuri, profondi. Grandi. Aveva dei begli occhi. Perché lo notava solo adesso?
Distolse lo sguardo, riconducendo la propria attenzione verso Odino che stava dicendo qualcosa riguardo alla solennità del vincolo del matrimonio. Loki sperò che guardasse il suo volto e si rendesse conto di quanto fosse ostile.
C’era solo una cosa che trascinava la sua rabbia in una sorta di malinconia, uno stato non meno doloroso, ma più dolce, ed era una cosa che aveva visto negli occhi di Sigyn. Una cosa che solo lui poteva sapere.
Ai piedi di quell’albero maledetto, mentre si consumava la loro esecuzione, Sigyn si sentiva esattamente come lui.


Alzò meccanicamente la mano, appoggiandola sulla destra di Loki, per permettere al Padre degli Dei di intrecciarvi sopra un nastro di raso. Un’unione simbolica, una metafora del loro legame. Sigyn sollevò lo sguardo su Loki, sorprendendolo per una volta con gli occhi fissi a terra. Non sembrava contento neppure lui, ma affrontava ogni gesto con una dignità che la lasciava senza parole. Avrebbe voluto esserne capace anche lei. Stava facendo del suo meglio, ma continuava a sentirsi sotto esame, osservata da centinaia di occhi curiosi, oggetto di uno spettacolo di cui si sarebbe parlato per un po’. Osservò ancora Loki. Era così che si era sentito, quando era stato condotto ai cancelli del palazzo con indosso la museruola e tutta la reggia si era affacciata alle finestre per guardarlo tornare?
Loki alzò lo sguardo e Sigyn istintivamente abbassò il proprio.
Odino continuò a parlare, la mano aperta sopra quelle intrecciate degli sposi, e ad un certo punto Sigyn si sentì soffocare.
Non ce la faceva. Non ce la faceva a fingere di stare bene. Era completamente intrappolata nel bel mezzo di un momento che aveva allontanato nella testa per settimane. Non poteva scappare, non poteva andare da nessuna parte, poteva solo stare ferma e guardare il Padre degli Dei mentre decideva come sarebbe stata la sua vita da quel momento in poi, sorridere e fingere che tutto stesse andando bene. Non ce la faceva, non ce la faceva più.
In quel momento sentì la mano di Loki stringere forte la sua. Alzò lo sguardo, senza preoccuparsi di che cosa dovesse esserci sul suo volto, e incontrò gli occhi di Loki, seri e pensierosi. Come sempre, parlavano. Di solito ne aveva paura, ma Sigyn si fece coraggio e cercò di ascoltarli.
Era uno sguardo diretto, profondo, e pensò che volesse rassicurarla, forse. Sembrava impossibile, ma più lo guardava e più se ne convinceva. Cercò di sorridere, ma sentiva i muscoli del viso rigidi per la tensione, e non fu sicura di riuscirci. Sperò che i suoi occhi fossero più bravi di lei a esprimere le emozioni, in quel momento.
Poi improvvisamente Loki distolse lo sguardo da lei e disse qualcosa. Sigyn sussultò. Erano le parole che dovevano essere pronunciate alla conclusione del rito. Era già tutto finito. Ascoltò le stesse parole uscire dalla propria bocca senza quasi rendersi conto di pronunciarle, mentre il cuore le batteva a mille e le tappava la gola. Ebbe l’impressione che stesse per esplodere, quando terminò di parlare e Odino concluse solennemente la cerimonia. Si voltò verso Loki, consapevole del bacio che come da tradizione doveva ricevere, ma che aveva paura di non riuscire dare.
Nell’istante senza tempo in cui fissò Loki con il cuore in gola, pensò che non era affatto così che doveva essere il primo bacio fra due persone. In quel momento Sigyn rimpianse non tanto il fatto di dover sposare proprio Loki, ma di non essersi conosciuti in altre circostanze. Non avrebbe mai avuto il ricordo di un primo bacio strappato in riva al lago, o dietro una colonna nel porticato, o nella confusione di una festa. Le sarebbe rimasto solo il ricordo sterile e opprimente di quel bacio forzato che nessuno dei due voleva dare.
Loki si sporse in avanti e la baciò, un bacio non troppo lungo né troppo breve, come da protocollo, ma lei fece a malapena in tempo a rispondere. Catturò le sue labbra solo per un istante, poi lui tornò al suo posto e si voltò verso la folla che aveva già iniziato ad applaudire. Sigyn lo imitò, stordita. Mentre lo sconforto del bacio si attenuava e il mare di gente sorrideva estatico, iniziò a rendersi conto della gravità nascosta nell’esultanza della gente. Le sembrò che tutto iniziasse a vorticarle intorno, e fu contenta della presa salda della mano di Loki nella sua.
Era così consapevole di quello che era appena successo da sentirsi quasi male.
Si era sposata. 















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Hymenal: agg. inglese; dal latino; 1. riguardante il matrimonio 2. canzone o componimento che celebra il matrimonio. (Da Wikipedia: "L'imeneo è un componimento poetico greco, che veniva eseguito durante il corteo nuziale che accompagnava la sposa nella nuova casa.")
Il titolo di questo capitolo, O Hymen Hymenaee, è un'invocazione presente appunto in un hymeneal poem di Catullo (Carme 61).

Svelato il segreto del titolo stesso della storia, vi confesso che pubblicare questo capitolo mi emoziona un po'. Questo è il cuore della fan fiction. Da ora in poi tutto sarà diverso. Non crediate però che il resto della storia sia solo vita coniugale. Ricordatevi che ci sono dei conti in sospeso che non ho affatto dimenticato. Le cose riceveranno una bella scossa fra poco. Giusto per complicarmi la vita!
Non ho idea di come ci si sposi su Asgard (ma va'?) e ho inventato ogni cosa di sana pianta, ispirandomi a vaghi ricordi di riti celtici. Ho lasciato perdere la storia degli anelli perché mi sembrava eccessivamente "midgardiana", e volevo differenziare un minimo la cerimonia rispetto a quella terrestre. Avrei voluto descrivere una cerimonia nordica-pagana doc, ma non ho trovato informazioni da nessuna parte, quindi alla fine ho deciso di mettermi serenamente a inventare ogni cosa.
La citazione dall'Amleto nascosta nel capitolo precedente è, come alcuni di voi hanno indovinato, il concetto del mondo che è una prigione. Amleto ne parla in un celeberrimo dialogo con Rosencrantz e Guildenstern nella scena II dell'atto II. (A: La Danimarca è una prigione. R: Allora tutto il mondo lo è. A: Una prigione come si deve, piena di celle, di sotterranei e di segrete; e la Danimarca è una delle peggio).
Il prossimo capitolo sarà pubblicato sabato prossimo e... sì, parlerà della prima notte di nozze. Ehm. Aiuto.

Non so come farei a gestire l'ansia che ho nel pubblicare questi capitoli tremendamente delicati, con l'OOC in agguato e tutto il resto, se non avessi il vostro supporto che è, bè, è qualcosa di magnifico.
Ho ricevuto tante altre segnalazioni per le storie scelte e non so proprio come ringraziarvi. Spero che la storia continui a piacervi e che non ne restiate delusi. Farò del mio meglio, prometto! Mi sto facendo in quattro, credetemi.
Vi ringrazio TANTISSIMO, tutti.
Per le recensioni: Darma, DarukuShivaa, LilithKe, Red_sayuri, MonMon, Efy, EffEDont, TsunadeShirahime, Nat_Matryoshka, Geilie, Liz_23, Hikina88, Francesca Akira89, Livin_la_vida_Loki, LittleBulma, camomilla17, _Zazzy, Alkimia187, Bored94, SvaneH
Per aver inserito la storia tra le seguite: AcrossTheSea, akachika, alessandralala, Alkimia187, amidala1202, Amora the Enchantress, blackpearl_, bluedragon9, Blue_Moon, Bored94 , BradDourif89, camomilla17, Caris, ClaireCarriedo, Darma, doctor tenth, Duda_Smythe, EDVIGE86, EffEDont, Elisahq, Elweren, EnekSotet, Enide, flavianolamanoo, Francesca Akira89, Geilie, GingerTrickster, Hiddle, Ila_Chan91, Jack delle Ombre, Jessy87g, JoyBrand, JhonSavor, keikoten, kenjina, Keyra93, Klainer, Lady Aquaria, LadyGuns56, Lady of the sea, LaPazza7, Latis Lensherr, LilianStark, LilithKe, LilythArdat, Livin_la_vida_Loki, Liz_23, lullaby3, MadHatterJoe, Manu Hiddlesworth, MaRmOtTeLlA, maura 77, mhcm, mirianval, Mishja, Morrigan Aensland, Morwen_Eledhwen, Nat_Matryoshka, Nemsi, Out of my head, Paddina, PhoenixOfLight, Princess_Klebitz, Red_sayuri, saku89, sasuchan7, Seleia, snoopevious, Song__, Strix, SvaneH, The_Lonely, TsunadeShirahime, Vale11, Warumono, _Loki_, _Lucrezia97_, _Zazzy
Per aver inserito la storia tra le ricordate: BadWolfSherloki, Chihiro, Jun M, Layla_Morrigan_Aspasia, Manu Hiddlesworth, Out of my head, Sheelen_, Wynne_Sabia
Per aver inserito la storia tra le preferite: akachika, amidala1202, Astrid Cuordighiaccio, ClaireCarriedo, DarukuShivaa, Duda_Smythe, EffEDont, Elisahq, ellewaldorf, EmmE_K, enifpegasus, ESTchaviski, Francesca Akira89, ghirigoro, gunnantra, Harmony394, HelleonorGinger, Jun M, Keyra93, Lady_G93, LittleBulma, LaPazza7, Livin_la_vida_Loki, lovermusic, LudusVenenum, mirianval, MonMon, muahaha, NerdHerd, Nou, Paddina, Sheelen_, Sherlockian7, sillyVantas, Song__, Vampire_heart, Veruschka, virgily, Warumono, waterlily_, _Zazzy

Se ancora non l'avete fatto, chiedetemi l'amicizia su facebook. Potrete visionare contenuti extra come fan art e estratti dai nuovi capitoli in anteprima, oltre che a fare due chiacchiere! http://www.facebook.com/eleuthera.efp
Ah, fatemi contenta, recensite. :D

Au revoir,
Eleu

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Capitolo 16
*** Everything has changed ***


EVERYTHING HAS CHANGED

Gli ci volle ogni briciola di autocontrollo per restare calmo, mentre davanti a lui la folla esultava. Esultava per cosa? Avrebbe voluto andare da loro, afferrarli per il bavero uno per uno e chiederglielo. Invece rimase fermo dov’era, la mano di Sigyn stretta nella sua in qualche modo a trattenerlo. Osservò la folla a lungo, paralizzato, la mascella serrata e il fuoco negli occhi. Provò l’impulso fortissimo di starsene da solo, poi si ricordò che avrebbero dovuto essere loro a dare inizio ai festeggiamenti, e senza aspettare oltre si incamminò lungo il corridoio erboso portando Sigyn con sé. Forse si mosse un po’ troppo velocemente, perché avvertì una leggera confusione subentrare alle esclamazioni esaltate della gente, ma non se ne curò affatto.
«Tutto bene?»
La voce di Sigyn lo sorprese tanto da farlo sussultare. Non la vedeva da solo tre giorni, ma gli sembrava di non sentire la sua voce da molto più tempo. Spostando lo sguardo su di lei notò una scintilla di comprensione nei suoi occhi, e si irritò.
«Cosa ti aspetti che ti risponda?» ribatté, duro. Sigyn abbassò lo sguardo. Sembrava delusa. Loki fece caso al piccolo broncio in cui si erano piegate le sue labbra, e si rese conto che ormai gli era addirittura familiare. Improvvisamente pensò al bacio rituale che si erano dovuti scambiare pochi istanti prima, e realizzò che fra non molte ore si sarebbero dovuti spingere parecchio più in là di un bacio. Cercò di ignorare il peso nello stomaco e percorse l’ultimo tratto fino a tornare di nuovo al coperto. Sigyn non disse più nulla per il resto del tragitto.
La sala dove avrebbero avuto luogo i festeggiamenti era gigantesca. Le pareti erano lunghi porticati sostituivano e terrazze, e i raggi del sole inondavano la stanza. Loki la giudicò subito troppo luminosa. I pilastri erano così lucidi da potervisi specchiare, e lui evitò accuratamente di rivolgere lo sguardo verso il proprio riflesso.
Sigyn gli stringeva ancora la mano, obbediente e taciturna. Loki sapeva che quel silenzio non era niente di buono, ma decise di ignorarlo. Era troppo preso dalla rabbia. Era furioso perché alla fine erano riusciti a farlo sposare. Avevano vinto loro. Ed era furioso perché Sigyn pretendeva di cercare di capirlo pure in quel momento. Pensò che aveva sbagliato a parlare con lei e a lasciare che gli si avvicinasse. Tanto non avrebbe mai capito niente. E adesso dovevano stare insieme per sempre, o almeno, finché lui non fosse riuscito ad andarsene.
Quando i primi invitati si avvicinarono per congratularsi con gli sposi, Loki si rese conto di non essere in grado di ingoiare la rabbia e rispondere. Pensò che non ce l’avrebbe fatta a trattenersi e che li avrebbe
davvero ammazzati tutti. Fu allora che Sigyn ruppe il proprio silenzio e iniziò a salutare e ringraziare chiunque si parasse loro davanti, conversando con abilità e gentilezza in modo così convincente che Loki si voltò a guardarla, allibito. Sapeva che era quasi impossibile, ma non riuscì a impedirsi di pensare che forse Sigyn aveva intuito che si trovasse in difficoltà, ed era corsa in suo aiuto. La cosa lo avrebbe dovuto far infuriare ancora di più, perciò quando sentì un briciolo di gratitudine emergere tra la rabbia, lo cacciò via in fretta e furia.
Dopo un po’ iniziò anche lui a rispondere alle congratulazioni dei nobili, seppur con freddezza. Una parola, un cenno del capo. Nonostante tutto dovette apparire veramente ostile, perché ad un certo punto le congratulazioni cessarono.
Loki tirò un sospiro, e anche Sigyn gli sembrò sollevata. Una seccatura in meno. Ne mancavano ancora molte prima di arrivare a sera, ma in fondo Loki non era nemmeno sicuro di volere che la notte arrivasse tanto velocemente.
In quel momento qualcun altro entrò nel suo campo visivo. Qualcuno che non aveva ancora fatto loro i migliori auguri, e che con ogni probabilità intendeva farli proprio adesso.
Erano i Tre Guerrieri e Sif. Chi più chi meno, avevano l’aria di chi non avrebbe mai voluto trovarsi in quella situazione. Loki sorrise amaramente: almeno su quello era d’accordo con loro.
Si inchinarono quasi simultaneamente.
«Le più sentite congratulazioni per la vostra unione» proclamò Fandral. Evidentemente era stato scelto come portavoce. Loki scoccò un’occhiata a Sif: chissà se gli altri sapevano del suo tentativo di mettere in guardia Sigyn. Non era improbabile. Magari, semplicemente quella volta era toccato a lei il ruolo di portavoce.
Sigyn stava già per rispondere, ma Loki la precedette. C’erano delle cose che voleva dire, e altre che voleva sapere.
«Sono estremamente lieto che approviate il legame tra me e Lady Sigyn» rispose. Era una frase assolutamente fuori posto, e Sigyn si voltò di scatto verso di lui. Loki la ignorò. Tutta la sua attenzione era concentrata su Sif e sui Tre Guerrieri. Non riusciva a smettere di sorridere, perché con quelle parole aveva ottenuto esattamente l’effetto sperato.
Tutti e quattro gli Asgardiani si erano improvvisamente irrigiditi, gli occhi puntati su di lui come di fronte ad un terribile pericolo. Rimasero in silenzio, e Loki si rese conto di averci visto giusto. Sif era stata solo una portavoce.
Fandral ribatté senza distogliere lo sguardo.
«Tutti noi confidiamo nella buona riuscita della vostra unione» disse scandendo bene le parole. Loki capì subito, e si lasciò sfuggire una risata da mettere i brividi. Era una minaccia, quella, e nemmeno troppo velata. Lo leggeva negli occhi ostili di Sif, nelle espressioni di pietra dei Tre Guerrieri. Tuttavia, era una mossa azzardata. Se volevano davvero giocare quella partita, avevano trovato un avversario micidiale. Loki si concesse di godersi per un attimo la tensione tra gli sguardi, il caos negli occhi dei suoi nemici, i loro piccoli segnali di agitazione. Ne era compiaciuto, perché sapeva di essere stato lui a scoprire le carte in tavola, a dirigere il gioco.
Sigyn fece un passo in avanti, e questa volta fu lei a precedere Loki.
«Le vostre congratulazioni ci fanno onore. Grazie» disse con tono deciso, accennando un inchino. Era un chiaro segnale che la conversazione era conclusa. Sif e i Tre Guerrieri si allontanarono titubanti, e Loki rimase lì, fremente, lo sguardo ancora fisso su quelli che una volta erano stati i suoi compagni di avventure. Fu il tocco gentile di Sigyn a riportarlo alla realtà, e a ricordargli che era stata colpa sua se non era riuscito ad avere l’ultima parola nella conversazione. Si voltò bruscamente per dirle qualcosa a riguardo, ma non ci riuscì. Sigyn lo stava guardando in modo tale da non permettergli di pensare. Per la seconda volta in poche ore, rimase colpito dai suoi occhi. C’erano migliaia di cose là dentro. Perché se ne rendeva conto solo adesso?
«Dobbiamo prendere posto» gli stava dicendo Sigyn. Loki si riscosse, e guardò verso la grande tavolata. Era il momento del banchetto, ma tutti avrebbero aspettato loro per iniziare. Il pensiero di dover fare un discorso o qualcosa del genere lo nauseava. Per qualche motivo non riusciva a controllarsi come faceva di solito. Si sentiva sul punto di esplodere da un momento all’altro.
Si voltò verso Sigyn. Gli sembrò agitata, e nel vederla così Loki, paradossalmente, si tranquillizzò un po’.
«Ricordati quello che ti ho detto» le bisbigliò. Sigyn annuì, ma l’angoscia nei suoi occhi non scomparve. A Loki sorse il dubbio che la causa di quell'angoscia non fosse affatto la folla che li circondava o i discorsi che avrebbero dovuto ascoltare. Gli venne in mente la notte che avanzava a rapidi passi, e si domandò se anche lui avesse quella stessa ombra nei propri occhi.
Alla fine pronunciò a denti stretti le poche parole di rito, lui e Sigyn bevvero il primo sorso dai calici, e il banchetto ebbe inizio.
Scoprì di avere lo stomaco chiuso, e passò gran parte del tempo ad osservare gli invitati e a rimuginare in silenzio. Evitò accuratamente gli sguardi apprensivi che sua madre gli lanciava di tanto in tanto. Thor conversava con i Tre Guerrieri e Sif, e sembrava addirittura contento. Odino ancora non gli aveva rivolto la parola, ma qualcosa nel suo atteggiamento gli fece pensare che presto lo avrebbe fatto. L’idea di dover sostenere un dialogo con suo padre gli fece passare del tutto l’appetito. Si rese conto che si era sentito soffocare fin da quando aveva messo piede nella sala. Perciò, quando tra una portata e l’altra Sigyn gli chiese se desiderava fare due passi con lei, accettò senza farselo ripetere. Il banchetto sarebbe durato ore e loro non erano tenuti a restare seduti per tutto il tempo. Si alzò e si allontanò insieme a Sigyn prima che qualcuno potesse fermarli e fare loro qualche altra stupida congratulazione.
Si diresse verso la terrazza più lontana. Pensò che sarebbe stato piacevole conversare per un po’ con Sigyn, lontano dall’allegria insopportabile degli invitati, ma dopo qualche istante si rese conto di aver completamente dimenticato un punto molto importante.
Il punto era che tutto era cambiato.
Non appena si trovò da solo con Sigyn, non riuscì a dire neanche una parola. Rimasero entrambi in silenzio, incapaci di emettere un suono. Sigyn evitava il suo sguardo. Loki si perse a fissare l'orizzonte, come aveva già fatto troppe volte nelle ultime settimane. La rabbia montò rapidamente dentro di lui, un familiare fiume in piena, e si sentì di nuovo sul punto di esplodere.
«Non dobbiamo smettere di parlare solo perché adesso siamo sposati» disse all’improvviso. Era più che altro un pensiero che gli era sfuggito, ma Sigyn si voltò subito verso di lui. Gli rivolse un piccolo sorriso.
«Hai ragione. È assurdo, ma io…»
«Non
osare dirmi che hai paura».
Sigyn sussultò «No».
A Loki venne da ridere, perché le ricordava così tanto i loro primi discorsi, quando lei si scusava sempre per il timore di aver detto qualcosa di sbagliato. La nostalgia gli bloccò la gola, e ancora una volta si sentì soffocare.
«Sei sempre stata una pessima bugiarda» mormorò, celando il magone «Ma credevo che fossi migliorata un po’».
«Con gli altri, forse. Ma non ho intenzione di mentire con te».
Era proprio una di quelle cose che solo lei avrebbe potuto dire. Loki la guardò. La voce era la stessa, le parole le stesse, anche gli occhi erano gli stessi di prima, eppure avvertiva chiara e forte la tremenda impressione che tutto fosse cambiato. Perché le cose non potevano restare com’erano?
«È una promessa ammirevole, da parte di una moglie al proprio marito» disse, consapevole di infastidirla. Sul viso di Sigyn si dipinse una smorfia.
«Lo avrei fatto anche se non ci fossimo sposati»
«Ne dubito».
«No. Lo
sai che lo avrei fatto» replicò. «Questa volta sei tu il bugiardo».
Loki rise, e Sigyn gli rivolse un sorriso che gli fece pensare che forse no, le cose non erano cambiate poi così tanto.
Rimasero ancora un po’ sulla terrazza. Non si dissero molto, ma non c’era più imbarazzo nel silenzio, anzi. Era un bel silenzio. Riposante, in un certo senso.
Almeno finché Loki non si mise a pensare di nuovo che non andava affatto bene, che Sigyn non poteva certo essere un’alleata nella sua vendetta e che avrebbe dovuto mettere subito una distanza tra sé e la sua sposa. Di sicuro, non avrebbe potuto mettere quella distanza se avesse continuato a parlare con lei, a preoccuparsi per lei, a guardare i suoi occhi e a provare nostalgia di quei momenti lontani in cui si parlavano a stento e in cui lei cercava di rivolgersi a lui senza ferirlo, con una delicatezza tale da costringerlo a rispondere ancora, e ancora…
Tornò con Sigyn nella grande sala animato da sentimenti contrastanti. Quando la ragazza fu avvicinata da alcuni parenti e si allontanò con loro per un momento, Loki non ebbe nemmeno bisogno di voltarsi per indovinare la presenza alle sue spalle. Il Padre degli Dei era lì, e gli stava chiedendo di parlare con lui. C’era anche Frigga. Una mossa saggia. Loki avrebbe tanto voluto rifiutare, ma non poteva.
La prima cosa che Odino fece fu mettergli una mano sulla spalla, e Loki combatté disperatamente la tentazione di scrollarsela di dosso in un gesto rabbioso.
«So che questo non è ciò che volevi, Loki» disse Odino. L’affetto che ammorbidiva la voce di suo padre gli faceva male. Apriva vecchie ferite. Loki non lo voleva ascoltare. «Ma ti abbiamo salvato. Neanche per un momento ho desiderato la tua morte, e anche se le cose non sono andate nel modo in cui avremmo pensato, sono felice di aver potuto vedere questo giorno».
Loki lo fissò, in silenzio. C’erano troppe cose dentro di lui, e non riusciva ad esprimerne nemmeno una.
«Ditemi voi che cosa desiderate che vi risponda, padre» esclamò poi «Perché sono certo che tra tutto ciò che avrei da dirvi, non c’è nulla che vorreste sentire».
«Non mi aspetto una tua risposta. Volevo solo che tu sapessi che il mio affetto resta immutato» ribatté Odino. Frigga taceva, ma a Loki non sfuggì il suo sguardo vigile.
Quasi incredulo, fissò a lungo i propri genitori, prima di esplodere.
«E adesso che lo so, che cosa cambia? Cambia forse il fatto che mi abbiate mentito, che mi abbiate usato, allora - e anche adesso?» Sentiva la rabbia trapelare nel respiro, nell’increspatura della voce, e gli stava bene così. «Mi avete imposto un
matrimonio, senza il mio consenso, con una dama di compagnia per la quale non provo nulla. E per cosa? Per salvarmi la vita? In questo modo avete sacrificato due vite al posto di una. Se la testa di un principe vale questo prezzo, allora è solo l’ennesima prova del marciume che dilaga nel vostro regno».
Frigga dovette letteralmente trascinare via Odino, ma Loki non se ne accorse neppure. Si era allontanato a grandi passi subito dopo aver detto l’ultima parola, il cuore rovente nel petto e un grande sorriso sul volto.
Era spaventosamente felice.
Finalmente aveva detto quello che voleva dire. Lo aveva detto in faccia a suo padre. Questa volta non aveva potuto non ascoltarlo, e lui gli aveva detto tutto.
Si trovò improvvisamente davanti Sigyn e l’impulso di abbracciarla quasi lo travolse. Si fermò, mentre lo sforzo di trattenersi lo faceva ritornare in sé stesso. La guardò, bellissima nel suo abito da sposa. Poi notò l’espressione del volto, e il sorriso che aveva conquistato con tanta fatica svanì.
Gli occhi di Sigyn parlavano. Se non altro, lo facevano con lui. Lo avevano sempre fatto.
E quello che gli stavano dicendo in quel momento era che Sigyn aveva udito ogni cosa.


«Che cos’hai sentito, esattamente?»
Sigyn maledisse la propria incapacità di fingere. Eppure era sicura che le riuscisse piuttosto bene con gli altri. Perché con lui no? Aveva il volto in fiamme per la rabbia, e abbassò lo sguardo.
Loki la scosse leggermente, costringendola ad alzare di nuovo gli occhi.
«Sigyn. Dimmi che cos’hai sentito».
«Niente che non sapessi già» tagliò corto. Però Loki la fissava con quel suo sguardo tremendo, e lei capitolò dopo un istante. «Non ho potuto evitarlo, ero proprio lì vicino. Non sono stata l’unica ad aver sentito. Non sei stato molto… discreto».
Sapeva benissimo che Loki non provava sentimenti per lei. Lo aveva ammesso lui stesso, qualche settimana prima. D’altronde non era
previsto che provasse niente per lei, e lei non si aspettava altrimenti. Perciò non riusciva davvero a spiegarsi perché fosse così profondamente avvilita. Improvvisamente rimpianse tutte le volte in cui si era fatta coraggio e aveva parlato con lui. Quando Loki le era venuto in soccorso, la sera in cui erano iniziati i festeggiamenti, per un attimo aveva pensato che forse - forse - gli importasse qualcosa di lei. Era stata ingenua, e adesso era sposata con un uomo che non la amava e con cui non sarebbe mai stata felice.
«Ero furioso quando ho detto quelle cose».
Sigyn non alzò nemmeno lo sguardo. «Lo so».
«Ero fuori di me».
Perché insisteva tanto? Sigyn sollevò gli occhi su di lui solo per trovarselo davanti con la tragica espressione di chi vuole dire qualcosa, ma non riuscirà a dirla.
Loki la guardò in silenzio per un po’.
«Ti ho offesa?» chiese a bruciapelo.
«No» Sigyn rispose così velocemente che la sua voce si confuse con quella di Loki.
Nell’istante di silenzio che seguì si aspettò di sentirsi dire un “bugiarda” che non arrivò mai. Loki si limitò a fissarla senza aggiungere altro, ma quando le prese la mano per allontanarsi dalla folla, le accarezzò le dita per un istante. Sigyn alzò gli occhi verso di lui, ma Loki guardava dritto davanti a sé, la fronte corrugata come in preda a qualche pensiero lontano, e lei rinunciò a scoprire che pensiero fosse.
Continuò a ripetersi che non c’era motivo di essere ferita e che anche lei non lo amava affatto, ma per il resto del pomeriggio le rimase addosso l’atroce sensazione di essere stata rifiutata, o peggio, tradita. Non se ne liberò più.
Notò che più si avvicinava la sera, più Loki era distante, perso in sé stesso. Anche lei prese progressivamente ad isolarsi, mentre il sole calava. All’imbrunire si rese conto di star tremando. Avrebbe voluto che Loki le rivolgesse uno dei suoi sguardi implacabili e la spronasse a restare padrona di sé stessa, a continuare a fingere di star bene, ma lui non fece niente del genere e Sigyn si trovò sola a combattere contro il panico che la divorava.
Non voleva che arrivasse la notte. Aveva paura. Avrebbe preferito restare circondata da tutta quell’inappropriata baldoria ancora per giorni piuttosto che affrontare la sera.
Il crepuscolo sembrava eterno, allungato nel tempo immobile dell’attesa. Ad un certo punto, Sigyn pensò che la notte non sarebbe arrivata proprio.
Invece, la notte arrivò.
Una piccola congregazione - i reali, i parenti, una sacerdotessa - li condusse fuori dalla stanza, mentre gli altri invitati proseguivano i festeggiamenti. Avrebbero continuato a celebrare anche senza di loro, in un gesto propiziatorio per la loro unione. Loki le sussurrò all’orecchio qualcosa in proposito, probabilmente una battuta, ma Sigyn non la sentì. Muoveva meccanicamente un passo dopo l’altro, proprio come quando si era imposta di continuare a camminare, il giorno in cui aveva supplicato per la vita di Loki. Già allora sapeva che quella notte sarebbe arrivata. Come aveva fatto a far finta di niente, tutto quel tempo? Adesso sentiva il cuore esplodere in grandi, poderosi battiti, offuscandole l’udito, avviluppandola in un sogno. Niente di tutto quello che la circondava le sembrava reale. Sapeva che Loki la stava scrutando di sottecchi, ma continuò a camminare impassibile finché il gruppo non si fermò davanti all’ingresso dei loro nuovi appartamenti.
Qualche gesto della sacerdotessa, qualche parola dei loro genitori. Loki le aprì la porta e se la chiuse alle spalle dopo che lei ebbe varcato la soglia.
La camera era molto grande, ammobiliata con sfarzo. Sigyn poteva scorgere grandi finestre, un’ampia terrazza e due porte che dovevano condurre ad altre stanze. Non erano stati loro a scegliere gli appartamenti, e a Sigyn la camera sembrò fredda ed estranea.
Rimase immobile sulla soglia mentre Loki passava oltre, del tutto indifferente alla novità. Si tolse l’elmo ed emise un sospiro di stanchezza. Sigyn si rese conto di essere tremendamente stanca anche lei. Si sedette sul letto, ignorando le coperte sontuose. Il tremito delle gambe si notava di meno, da seduta.
Si ignorarono l’un l’altra per alcuni minuti. Era un'indifferenza innaturale, troppo diversa dalla complicità a cui si erano abituati, ma Sigyn sapeva che quel silenzio era la loro unica difesa.
Ad un certo punto, sentì i passi di Loki dietro di sé.
«Hai paura?»
«No» mentì, sperando con tutto il suo cuore che lui si accorgesse della bugia.
Dietro di lei, Loki emise una mezza risata. Sigyn immaginò il suo sorriso, ma ancora una volta il “bugiarda” non arrivò. Le sembrò che una secchiata d’acqua gelida le si rovesciasse di colpo sulla testa mentre l’assaliva il dubbio che forse lui non aveva capito. O non
voleva capire.
Sentì i suoi passi lenti e controllati mentre si avvicinava. Quando parlò, la sua voce era incolore.
«È il nostro dovere».
Sigyn si rese conto che le sue labbra stavano tremando, e chiuse gli occhi cercando di trattenere il pianto. Si alzò in piedi, perché non voleva che Loki la raggiungesse e la vedesse così. Quando fu certa di aver recuperato il controllo, si voltò.
Loki si era tolto l’armatura, ma era ancora completamente vestito. Non sembrava avere fretta, ma c’era qualcosa di venefico nella sua espressione, una malinconia spaventosa. Sigyn avrebbe voluto sapere che cosa stava pensando, ma aveva paura di chiederglielo.
Rimase perfettamente immobile mentre lui si avvicinava. Lasciò che le slacciasse la veste e le sfilasse la tunica. Evitò di guardarlo, e scelse un punto lontano, nel buio oltre la finestra. Pensò che sarebbe stato più semplice se avesse finto di non essere veramente lì.
Dopo qualche attimo si accorse che Loki non stava fissando il suo corpo, ma i suoi occhi assenti. Si sentì colta in flagrante. Lo guardò solo per un attimo. Quando fece per distogliere lo sguardo, Loki le afferrò il viso con una mano.
«Guardami» scandì. Era un vero e proprio comando, e Sigyn alzò immediatamente gli occhi su di lui. Era stracolma di paure, di ricordi e di desideri, tanto da non riuscire a capire che cosa stesse veramente succedendo dentro di lei in quel momento - ma nel vortice di confusione che le annebbiava lo sguardo le sembrò di scorgere la follia negli occhi di Loki, e si sentì travolgere dal terrore.
Non riusciva a reggersi sulle gambe. Indietreggiò, andando a sbattere contro il bordo del letto e cadendo seduta. Loki si avvicinò, impassibile, e iniziò a togliersi la casacca. Sigyn sentì le lacrime pizzicare in gola mentre pensava a tutte le volte in cui avevano parlato e in cui le era sembrato di
capire. Per qualche strana ragione le venne in mente anche quando lui le aveva accarezzato la mano, poco prima. Pensò al fatto che le era sempre piaciuto cercare di indovinare che cosa avesse negli occhi.
Ma l’uomo che le stava davanti adesso aveva un’espressione indecifrabile, e solo quando si chinò sulle sue labbra Sigyn percepì il suo desiderio. La baciò con forza, bruscamente, a momenti con rabbia, poi ad un tratto si ritrovò sdraiata, sovrastata dal suo corpo, senza rendersi conto di come fosse successo. Non sentiva niente se non la paura. Forse in un’altra circostanza si sarebbe potuta lasciar guidare dai suoi gesti, ma invece i baci erano forzati, e non sapeva che farsene delle mani. Cercò di accarezzargli il viso, ma non ci riuscì. Provò ad appoggiarle sul suo petto, ma le sembrò innaturale. Loki non parve farci caso. Sigyn si chiese come facesse a baciarla e a toccarla in quel modo, e se fosse davvero così facile come sembrava.
Quando lo sentì liberarsi degli ultimi indumenti rimasti, qualcosa dentro di lei si bloccò. Le venne in mente con quanto disprezzo avesse detto di non volerla e come lo avesse ripetuto senza remore davanti a Odino e Frigga. Le venne in mente come si fosse preso gioco di lei tutte quelle volte nelle prigioni, spaventandola a morte. Lo sentì premere tra le cosce e si ritrasse violentemente, tirando a sé le gambe e alzandosi sugli avambracci.
Non era solo paura del dolore. Lei non lo voleva. Non così.
Nel silenzio assoluto della stanza, Loki alzò la testa e la fissò per un lungo istante. Sigyn, le gambe strette contro il petto, osservò il suo sguardo incupirsi mentre si rendeva conto di cosa aveva fatto. Lo vide serrare la mascella e le sembrò in preda a chissà quale conflitto, ma poi all’improvviso allungò la mano e le afferrò il polso, tirandola verso di sé.
«No!»
Sigyn lo mormorò appena, ma nella quiete irreale della stanza il rifiuto risuonò come un grido. Non era previsto che lo dicesse. Era certa di averlo pensato e basta, finché non aveva sentito la sua stessa voce uscirle di bocca. Pietrificata, fissò gli occhi sgranati di Loki. La sua mano la teneva ancora stretta, forte e salda come prima.
Sigyn vide lo sguardo di Loki cambiare come la luce del crepuscolo, quando il cielo si scurisce e ad un certo punto è sera, ma non sapresti dire esattamente quando il sole è scomparso ed è spuntata la notte. L’espressione sul viso del dio era diventata una maschera di rabbia. Per un momento Sigyn ebbe paura che le facesse del male, ma poi si accorse che era una rabbia triste, dolorosa, non violenta. Incredula, non riuscì a distogliere gli occhi nemmeno per un attimo. Loki la teneva inchiodata lì, con il suo sguardo devastato, senza dire una parola.
Ad un tratto lasciò bruscamente la presa sul polso di lei, si voltò e scese dal letto. Afferrò i pantaloni e li indossò rapidamente. Non aveva ancora detto nulla, ma i suoi gesti erano rabbiosi e sbrigativi.
Se ne stava andando. Sigyn lo realizzò quando era troppo tardi. Si riscosse dall’intontimento e d’istinto si tirò addosso il lenzuolo, mentre si sporgeva verso di lui.
«Loki!» lo chiamò, ma lui aveva già aperto una porte, chiudendosela alle spalle con fragore. Sigyn lo chiamò di nuovo, e il silenzio cadde pesantemente su di lei quando la sua voce si estinse. Si sedette sul letto avvolta nel lenzuolo, pensando che Loki sarebbe tornato a momenti, ma la porta rimase chiusa.
Dopo qualche minuto, Sigyn si rese conto che Loki non sarebbe tornato affatto. Chiuse gli occhi e se lo vide davanti mentre guardava Asgard con la fronte corrugata, sulla terrazza insieme a lei. Forse anche adesso era affacciato da qualche parte e osservava il regno immerso nella notte.
Scoppiò a piangere senza preavviso, premendosi il lenzuolo sul volto perché le lacrime restassero un segreto. Si raggomitolò tra le coperte mentre pensava a tutto, a tutte le cose che le premevano sul cuore, senza lasciarne indietro nessuna. La nostalgia di casa. L’etichetta di corte. Suo padre. Il Re e la Regina. Tutti i loro inganni. Il matrimonio combinato. Loki. Loki che aveva detto che non la voleva, ma che l’aveva aiutata a sopravvivere tra gli intrighi di corte, e che le aveva accarezzato la mano e che se n’era andato tremante di rabbia perché lei non aveva voluto consumare la prima notte di nozze. Era colpa sua, non aveva alcun diritto di rifiutarlo. Ma alla fine era comunque tutta colpa di Loki, perché era stato lui a rispondere di “no”, e allora non le importava più niente di tutto quello che si erano detti e dell’empatia che aveva sentito così forte da far male, lui era pazzo e lei lo odiava. Si sentiva morire. Forse era lei ad essere impazzita.
I pensieri si accavallavano l’uno sopra l’altro in un massacro di ricordi. Avrebbe tanto voluto che Grete fosse lì con lei.
Si calmò solo perché il pianto aveva risvegliato la stanchezza. Quando riuscì a controllare i singhiozzi, Sigyn si alzò, andò all’armadio dove tutti i suoi averi erano già stati stipati e indossò una camicia da notte. Tornò a letto e si infilò sotto le coperte, chiudendo fortissimo gli occhi, sperando di addormentarsi subito.
Il sonno però non arrivò presto. Sigyn continuava a sussultare, perché le sembrava di aver sentito la porta aprirsi. Ogni volta chiudeva gli occhi fingendo di dormire, ma poi non sentiva il rumore di passi, e allora si tirava su e si accorgeva che non c’era nessuno.
Quando si addormentò, Loki non era ancora tornato.















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Okay, io il capitolo l'ho pubblicato, adesso come promesso emigro in Canada e non sentirete mai più parlare di me!

A parte gli scherzi, l'ansia che mi procura il pubblicare questa cosa è superiore a tutte le pare mentali che mi sono fatta pubblicando altri capitoli che comunque mi avevano dato dei problemi. Ho letto diverse ipotesi su cosa sarebbe successo durante questa prima notte di nozze e credo di averle deluse tutte. Spero almeno che vi piaccia il modo in cui gli eventi proseguiranno. Nel prossimo capitolo arginerò un po'l'OOC osceno di Loki dando spazio all'introspezione che non ho potuto dedicargli nella seconda parte di questo capitolo, visto che tutto è stato filtrato dagli occhi di Sigyn.
Definire il comportamento di Loki in questo capitolo è stato non difficile, peggio. Sostanzialmente, ha deciso lui. Non per liberarmi dalla responsabilità, ma ad un certo punto le cose non sono andate esattamente come avevo pensato. E' bello quando le parole vengono così, però ieri sera, rileggendo e correggendo, ad un certo punto ho pensato "o... ca**o. E io dovrei pubblicare questa cosa?"
Che poi, posso confidarvi un segreto?
Io non credo affatto che Loki in questo capitolo sia OOC. Per niente. Però temo che lo possiate pensare voi!
A proposito, siete così stupendi a commentare e a seguirmi con tanta assiduità, e soprattutto sulla mia pagina facebook sta nascendo una bellissima community attorno a "Hymeneal". Vi ringrazio di cuore! A volte mi chiedo che diamine ho fatto per meritarmi tutto questo (#angst). Lo so, è un cliché, ma io me lo chiedo sul serio!

Grazie:
Per le recensioni (il capitolo del matrimonio ha fatto scalpore, eh! XD): Layla_Morrigan_Aspasia, LilythArdat, LittleBulma, Wynne_Sabia, Darma, Red_sayuri, CamigovE, EffEDont, Geilie, DarukuShivaa, Liz_23, Alkimia187, camomilla17, PhoenixOfLight, TsunadeShirahime, Nat_Matryoshka, SvaneH, _Zazzy, AcrossTheSea, Sheelen_, Hiddle

Per aver inserito la storia tra le seguite: AcrossTheSea, akachika, alessandralala, Alkimia187, amidala1202, Amora the Enchantress, blackpearl_, bluedragon9, Blue_Moon, Bored94 , BradDourif89, camomilla17, Caris, ClaireCarriedo, Darma, doctor tenth, Duda_Smythe, EDVIGE86, EffEDont, Elisahq, Elweren, EnekSotet, Enide, flavianolamanoo, Francesca Akira89, Geilie, GingerTrickster, Hiddle, Ila_Chan91, IloveNeils_smile, Jack delle Ombre, Jessy87g, JoyBrand, JhonSavor, keikoten, kenjina, Keyra93, Kiai, Klainer, Lady Aquaria, LadyGuns56, Ladyan, Lady of the sea, LaPazza7, Latis Lensherr, LilianStark, LilithKe, LilythArdat, Livin_la_vida_Loki, Liz_23, lullaby3, MadHatterJoe, Maika Kamiya, Manu Hiddlesworth, MaRmOtTeLlA, mars51, maura 77, mhcm, mirianval, Mishja, Morrigan Aensland, Morwen_Eledhwen, Nat_Matryoshka, Nemsi, Out of my head, Paddina, PhoenixOfLight, Princess_Klebitz, Red_sayuri, saku89, sasuchan7, Seleia, Shykyzaky, snoopevious, Song__, Strix, SvaneH, subaru87, The_Lonely, TsunadeShirahime, Vale11, Vale_san, Warumono, Wynne_Sabia, _Loki_, _Lucrezia97_, _Zazzy

Spero che le 87 persone sopracitate che non mi lasciano mai recensioni, abbiano una buona scusa... :P

Per aver inserito la storia tra le ricordate: BadWolfSherloki, Chihiro, Jun M, Layla_Morrigan_Aspasia, Manu Hiddlesworth, Out of my head, Sheelen_, Wynne_Sabia

Per aver inserito la storia tra le preferite: akachika, amidala1202, Astrid Cuordighiaccio, ClaireCarriedo, Chandrajak, DarukuShivaa, Duda_Smythe, EffEDont, Elisahq, ellewaldorf, EmmE_K, enifpegasus, ESTchaviski, Francesca Akira89, ghirigoro, gunnantra, Harmony394, HelleonorGinger, Jun M, Keyra93, KikkaMj, Lady_G93, Layla_Morrigan_Aspasia, LittleBulma, LaPazza7, LilianStark, Livin_la_vida_Loki, LilythArdat, lovermusic, LudusVenenum, Maika Kamiya, mirianval, MonMon, muahaha, NerdHerd, Nou, Paddina, Sheelen_, Sherlockian7, sillyVantas, Song__, subaru87, Vampire_heart, Veruschka, virgily, Warumono, waterlily_, _Zazzy

Volevo ringraziare in particolar modo tutti coloro che stanno segnalando la storia perché venga inserita tra le seguite! Grazie! :)
E vorrei anche ringraziare specialmente Darma, che è una sorta di mia beta/sostegno morale che si sorbisce puntualmente, prima di ogni capitolo, le mie pare ("Ma io non so scrivere! Mi sembra che tutto quello che scrivo faccia schifo" etc etc. Poveretta)
Se volete condividere fan art, opinioni, leggere anticipazioni dei prossimi capitoli e molto altro, collegatevi a facebook: http://www.facebook.com/eleuthera.efp

Au revoir,
Eleu

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Capitolo 17
*** Woe is me ***


WOE IS ME

Loki sbatté la porta ignorando la voce di Sigyn che lo chiamava. Si inoltrò a grandi passi nella stanza buia in preda ad una rabbia che non sapeva come sfogare. Si sentiva la testa stretta da una morsa dolorosa, i muscoli tirati. Represse a stento l’impulso di mettersi a gridare.
Era stato rifiutato. Sigyn lo aveva rifiutato. Aprì un’altra porta, entrò in un’altra stanza, vagando irrequieto come un animale in gabbia. L’aveva rifiutato e lui avrebbe dovuto immaginarselo. D’altronde per quale motivo avrebbe mai potuto volerlo? Però non aveva alcun diritto di sottrarsi alla prima notte di nozze, non quando lui era stato così attento a non fare nulla che potesse spaventarla in qualche modo. Non era stato semplice nemmeno per lui. Aveva affrontato l’attesa senza pensarci troppo, ma quando era arrivato il momento si era scoperto più teso del previsto. Sigyn lo aveva guardato come si guarda un aguzzino, implorandolo con gli occhi di lasciarla in pace, e lo avrebbe anche fatto se non fosse scattato in lui qualcos'altro. Non aveva mai pensato che la prima notte di nozze potesse rappresentare un problema, e solo allora si era reso conto di aver sottovalutato la situazione. Si era trovato davanti ad una scelta, perché in fondo avrebbe anche potuto essere lui a rifiutarsi - ma in un certo senso si era sentito così terribilmente in
dovere di andare fino in fondo che non ci aveva quasi pensato. Era qualcosa di scontato dentro di sé. Si era impegnato così tanto per affrontare la prima notte di nozze nel modo giusto, per fare in modo che almeno una cosa, una stramaledettissima cosa in tutta quell’insensata prigionia andasse come doveva andare.
Si lasciò cadere contro il muro, sedendosi per terra nell’oscurità. Non aveva fatto niente che non andava, era colpa di Sigyn. Sua
moglie. Una frigida dama di compagnia, e un maledetto intralcio alla sua vendetta. Si lasciò sfuggire un’imprecazione.
All’improvviso si rese conto che Sigyn non era affatto la cosa peggiore. La cosa peggiore era il modo in cui
lui si sentiva a riguardo. Mano a mano che la rabbia si placava, restando in agguato in qualche angolo della sua testa dolente, Loki scoprì con orrore di essere triste.
Nel profondo silenzio della stanza deserta pensò che non sarebbe mai riuscito a farle del male. Per un attimo, quando lei lo aveva spinto via, ne era stato quasi tentato, ma la sola idea lo aveva nauseato a tal punto che era riuscito soltanto ad alzarsi, rivestirsi e fuggire. Come faceva a farle del male? Come poteva farla sua, se lei non lo desiderava? Non gli era mai importato molto di chi gli stava attorno e si era sempre preso quello che voleva senza farne una tragedia. Ma questo no. Non poteva. Non a lei. Non a lei che gli aveva chiesto
che cosa pensava. Odiava ammetterlo, ma non era indifferente a tutto questo. Non sapeva dire che cosa fosse Sigyn per lui, ma non era un’estranea, e il suo rifiuto lo faceva star male molto più di quanto fosse ragionevole. Non avrebbe nemmeno dovuto toccarla. Perché diamine lo aveva fatto?
Rimase seduto al buio per ore, pensando a come le cose stessero andando a rotoli. Cercò di ragionare a mente lucida su come quegli sviluppi potessero influire sulla sua vendetta, ma benché si sforzasse di riflettere, in quel momento nella sua testa non c’era posto per la rivincita. Aveva davanti agli occhi l’immagine di Sigyn che lo spingeva via. Sentiva ancora la sua pelle sotto le mani. Ricordava l’istante in cui era stato ghermito dal desiderio e aveva pensato che la cosa, in fondo, non gli dispiaceva. E poi i suoi occhi, quei maledetti occhi scuri che lo guardavano come se fosse stato un mostro. Lo aveva chiamato, quando si era alzato per andarsene. Aveva pensato veramente che sarebbe tornato indietro? La maledisse con tutta la rabbia che aveva in corpo.
Doveva essere notte fonda quando il pensiero di Sigyn che lo aspettava gli si conficcò nella testa senza pietà. La sua prima reazione fu cercare dentro di sé l’ira cocente che lo aveva divorato, per tenersi lontano l’idea di alzarsi e tornare di là, ma la furia era scivolata via insieme alla notte, e ora restava soltanto un nodo doloroso all’altezza del petto. Se solo avesse potuto continuare ad affrontare le cose con la stessa spavalderia che aveva mostrato su Midgard, mandare tutto al diavolo e agire con prepotenza e audacia. Non era una cattiva idea, in fondo. Era un pensiero inebriante, lasciar perdere ogni cosa. Avrebbe potuto farlo, ma si chiese se ne sarebbe stato contento.
Alla fine si alzò, attraversò le due stanze e tornò verso la camera da letto.
Sul davanzale della finestra, una candela era ancora accesa. Loki pensò che Sigyn l’avesse lasciata lì per lui, e si maledisse per quel pensiero.
Si avvicinò al letto e vide la sua sposa addormentata sotto le coperte. Notò che si era rivestita e che i segni del pianto marcavano il suo volto nella penombra della camera.
Improvvisamente si sentì peggio che un mostro. Sigyn sembrava così fragile mentre dormiva, e si chiese come avesse anche solo potuto pensare di costringerla a giacere con lui. Aveva fatto cose
discutibili in passato, e ne avrebbe fatte altre in futuro, ma quella no. Lui non era così. A lui non era mai importato nulla di quello che doveva o non doveva fare - o almeno, quasi nulla - e fra tutti i doveri possibili, se ce n’era uno da rifiutare, forse era quello. Perché non l’aveva fatto, allora?
Si sedette sulle coperte. Senza pensare, fece per scostare una ciocca di capelli dal viso di Sigyn, ma quando si rese conto di che cosa stava facendo si fermò bruscamente e ritirò la mano. Per un po’ rimase immobile. Ogni tanto sentiva un’eco di rabbia scalpitare nello stomaco, e allora aspettava finché la collera non tornava a parlargli sottovoce.
Quando si decise a mettersi a letto anche lui, pensò a lungo a ciò che era successo quella notte, confondendosi con ricordi di momenti che non sarebbero più tornati.
Alla fine si addormentò, cullato dal sottile bisbiglio della rabbia. Tra le ombre notturne, la sua collera iniziava ad assomigliare sempre di più alla malinconia, pallida e dolce.
Ma i pensieri che si fanno la notte svaniscono con la luce del giorno come neve al sole. Loki si svegliò poco dopo l’alba in preda ad un’umiliazione cocente, un sentimento talmente atroce da indurlo a pensare di non poter provare nient’altro. La vista di Sigyn ancora addormentata accanto a lui lo turbò a tal punto che si alzò subito. Non poteva credere di aver dormito accanto alla donna che lo aveva rifiutato, non poteva credere di aver pensato a lei con tanta tenerezza, né di essere stato sul punto di perdonarla per quello che era successo. La notte lo aveva reso debole, si disse, ma ora era giorno. Si rivestì in fretta, spinto dall’urgenza di allontanarsi il prima possibile dalla sua sposa.
Se ne andò, vagando nelle enormi stanze che adesso gli appartenevano, ostinandosi a cercare la solitudine, e mentre camminava si rese conto di che cosa fosse quel nodo in mezzo al petto che gli faceva così male.
Con tutte quelle parole gentili e quegli sguardi sfuggenti, Sigyn gli aveva fatto credere che non lo avrebbe rifiutato. Lo aveva illuso. È colpa sua, pensò Loki con ferocia, contento di poterle attribuire un torto che la notte prima aveva assegnato a sé stesso. Era come tutti gli altri. Non era niente di più che un’altra promessa che non era stata mantenuta.

Si svegliò di soprassalto, come ci si sveglia da un incubo, ma non riusciva a ricordare che cosa avesse sognato subito prima di aprire gli occhi. Per un istante rimase immobile sotto le coperte, avvolta dal torpore. Poi tutt’ad un tratto si ricordò ogni cosa, e subito le mancò il respiro.
Si voltò, cercando alla propria destra una sagoma sotto le lenzuola, ma non c’era nessuno, e si sentì sprofondare nell’angoscia. Rimpiangeva già l’oblio che le aveva regalato il sonno e fu tentata di chiudere gli occhi e riaddormentarsi, solo per non sentire più le cose che stava provando. Sarebbe stata la cosa migliore per il suo cuore pesante, ma aveva smesso di fuggire da un bel po’, ormai. Con un sospiro, mise le gambe fuori dal letto.
Non c’era traccia di Loki. Sigyn si domandò che fine avesse fatto, se fosse mai tornato nella stanza o se avesse passato la notte altrove. Si maledisse per essersi addormentata. Avrebbe dovuto restare sveglia e aspettarlo, e affrontarlo se fosse tornato. Non sapeva se sentirsi sollevata o meno di non averlo trovato al risveglio. Chissà com’era risvegliarsi con qualcuno accanto.
Scoprì che la stanza adiacente alla camera da letto era stata allestita per la colazione e che un’ancella la stava aspettando per adempiere alle sue necessità. La donna non fece una piega di fronte all’assenza di Loki, e Sigyn fu quasi sul punto di chiederle se lo avesse visto, prima di decidere che non era una domanda da fare.
Dopo la colazione, l’ancella le pettinò i capelli in una sobria acconciatura raccolta. Sigyn fissò a lungo il proprio riflesso nello specchio, senza riconoscerlo.
Finse di non aspettare Loki per tutta la mattina. Non era previsto che partecipasse alle solite attività insieme alla Regina, perché quel giorno sarebbe dovuto essere il suo primo giorno da sposata. Un giorno da passare con suo marito.
All’ora di pranzo, mangiò sola.
Suo padre sarebbe ripartito nel pomeriggio e Sigyn lasciò la stanza per andarlo a salutare prima della partenza, ma mentre camminava lungo i luccicanti corridoi del palazzo, si accorse che c’era qualcosa che non andava. Loki era sempre nella sua testa, un pensiero ossessivo che continuava a ritornare, ma il suo cuore non era affatto lo stesso della sera prima.
Si rese conto che non sentiva niente. Non provava una particolare paura, né rabbia. Solo una lieve angoscia opprimente, una sensazione asfissiante che le pervadeva tutto il corpo, ma niente passioni sfrenate, niente sentimenti devastanti. Era come se qualcosa dentro di lei si fosse dolorosamente inceppato, e lei non aveva idea di come fare per aggiustarlo. Le venne il dubbio che non fosse affatto possibile ripararlo e di essere condannata per il resto della sua vita a tenersi dentro al petto un cuore indifferente. Forse, alla fine, non era poi così male.
Catturò la propria immagine sfuggente sui pilastri lucidissimi che sostenevano la volta del corridoio. Il suo riflesso, con i capelli raccolti e la nuca esposta, le sembrò pericolosamente vulnerabile.
Lord Iwaldi l’accolse cerimonioso come sempre, chiamandola “principessa”. Sigyn fu altrettanto cerimoniosa nell’augurargli un buon viaggio di ritorno.
Poi Iwaldi si accigliò, e Sigyn si accorse del pericolo un attimo prima che suo padre aprisse bocca.
«Mi aspettavo di essere salutato anche da tuo marito, Sigyn. Come mai il principe Loki non è con te?»
In una frazione di secondo Sigyn avvertì una forte stilettata di panico conficcarsi nel petto. Forse il suo cuore non era poi così indifferente. Guardò Iwaldi, e si rese conto che c’era una sola cosa da fare: mentire.
«Loki è stato convocato con urgenza dal Padre degli Dei poco prima che lasciassi le nostre stanze per venire a trovarvi. Vi manda i suoi saluti» disse con naturalezza. Iwaldi sembrò non notare alcuna anomalia in quella circostanza.
«Deve esser accaduto qualcosa di molto grave perché il Padre degli Dei lo convocasse il giorno dopo le nozze» commentò.
«Non saprei» disse Sigyn, fingendosi confusa «Non ho chiesto il motivo della convocazione. Ho pensato che non fosse una questione che mi riguardava»
Lord Iwaldi esibì un grande sorriso. «Molto bene, figlia mia, vedo che hai compreso perfettamente qual è il tuo posto. È importante che lo tieni bene a mente qui a corte, soprattutto adesso che fai parte della famiglia reale.
Disciplina, mia cara. Ricorda sempre qual è il tuo ruolo», abbassò il tono della voce, «E vedi di compiacere il tuo sposo».
La frase suonò così minacciosa che Sigyn non riuscì a imporsi di fare altro se non annuire, bisbigliare qualche ultimo saluto e allontanarsi con il cuore in gola. Per un attimo si chiese se fosse possibile che suo padre sapesse qualcosa di quella prima notte di nozze. Magari qualcuno li aveva spiati. Non se ne sarebbe stupita. Forse, però, se suo padre avesse veramente saputo, avrebbe riservato molte più parole all’argomento. No, era improbabile che Iwaldi fosse al corrente del suo fallimento.
Solo dopo un po’, invece, si rese conto di quanto bene avesse mentito. Aveva inventato una scusa repentina, affermando la prima cosa che le era venuta in mente, e Iwaldi aveva creduto ad ogni sua singola parola. Sigyn pensò che si sarebbe dovuta ritenere soddisfatta per un simile successo, ma notò che la sua anima era piombata di nuovo in quella sorda apatia, e le era difficile provare qualunque cosa eccetto una strana, impalpabile agitazione. Si sforzò di pensare agli eventi della sera prima, concentrandosi sul suo rifiuto, sullo sguardo tremendo di Loki, sul pianto e sull’attesa, ma era come se il suo cuore rifiutasse ogni impulso. Non voleva sentire niente, e niente sentiva.
Nel tornare ai propri alloggi Sigyn fece una strada più lunga, girovagando per il palazzo e scegliendo con cura i corridoi meno frequentati. Era consapevole del perché stesse ritardando il più possibile il suo ritorno ai propri appartamenti. Temeva che Loki fosse tornato, ma allo stesso tempo aveva paura di scoprire che ancora non si era fatto vivo. Non era certa di quale delle due opzioni fosse la peggiore. Non sapeva cosa avrebbe potuto dirgli se se lo fosse trovato davanti, ma il pensiero di non trovarlo proprio le provocava un dolore sordo, una delle poche cose che il suo cuore accettava di sentire.
Non poteva andare a trovare Grete, perché a quell’ora sarebbe stata impegnata con le altre dame della Regina. Per quanto allungasse la strada, doveva tornare ai propri appartamenti. Percorse lentamente l’ultimo corridoio, dilatando il tempo il più possibile, ma quando fu di fronte alla porta l’aprì subito, perché l’ansia dell’attesa era diventata un nodo in gola che non riusciva più a sopportare.
Entrò e si trovò davanti Loki.
L’onda di panico che la travolse le fece capire che qualunque cosa avesse intorpidito il suo cuore fino a quel momento, era svanita non appena aveva visto il gelo sul volto di suo marito. Loki era in piedi davanti alla finestra, lo sguardo puntato su di lei. Sigyn esitò, senza respiro, la mente annebbiata dall’angoscia. Forse non aveva veramente creduto di trovarlo lì al suo ritorno, e adesso le sembrava impossibile che fosse di fronte a lei. Era così irreale, dopo quello che era successo la notte precedente, dopo il modo in cui aveva infestato i suoi pensieri. Non si sentiva pronta ad affrontarlo, ma non aveva scelta. Si ricordò della porta e la richiuse con mano tremante.
Loki parlò all’improvviso, senza darle il tempo di difendersi.
«Pensavo che ti avrei trovata ad aspettarmi, ma invece vedo che hai preferito andartene in giro per conto tuo invece che attendere tuo marito» disse con freddezza.
Sigyn riconobbe nelle sue parole la cattiveria sorda di chi è stato ferito. Se prima il suo cuore l’aveva difesa impedendole di provare emozioni, adesso gliele lasciava sentire tutte. Ogni dolore, senso di colpa, paura, erano tutti conficcati dentro di lei. Non sarebbe più riuscita a controllare nulla. Avrebbe sentito ogni cosa, incassato ogni colpo, ed era chiaro che Loki che non gliene avrebbe risparmiato nemmeno uno.
«Sono andata a salutare mio padre prima che partisse» rispose lentamente «Ti ho aspettato tutta la mattina».
Loki fece una smorfia di disprezzo, e Sigyn si sentì svilita. Lo aveva atteso spasmodicamente tutto il giorno, tremando al pensiero del suo ritorno ma desiderando comunque che ritornasse. Era sincera, ma Loki non sembrava essere disposto a credere nemmeno ad una delle sue parole.
«Volevo che tornassi» aggiunse Sigyn con un filo di voce. Per un attimo pensò che Loki non l’avesse neanche sentita, ma poi la rabbia balenò nei suoi occhi di ghiaccio, tremenda, spaventosa. Sigyn avvertì la gola serrarsi come nel principio del pianto.
«Volevi che tornassi?» ripeté Loki, muovendo qualche passo verso di lei. «Ti mancavo, Sigyn?»
Sigyn abbassò lo sguardo. Le sembrava di essere stata catapultata indietro nel tempo, come ad uno dei loro primissimi dialoghi, quando Loki faceva ogni cosa in suo potere per metterla a disagio e ferirla. Poi pensò che, no, adesso era ancora peggio, perché all’epoca di quei primi incontri non si conoscevano affatto. Lei non aveva ancora notato le piccole rughe che gli solcavano la fronte quando era pensieroso, non aveva ancora ascoltato i suoi consigli, stretto la sua mano, baciato le sue labbra. A quel tempo, non aveva perduto nulla. Adesso, invece, aveva perso tutto.
«Loki…» esordì, ma la voce di lui la interruppe bruscamente.
«No, certo che non ti mancavo, ma ti sentivi in colpa. Dovevi alleviare il peso sulla tua coscienza. Non vedevi l’ora che tornassi, per farti perdonare».
C’era un odio terrificante nelle sue parole. Sigyn si trovò improvvisamente con le spalle contro la porta: aveva indietreggiato senza accorgersene.
«Perché non mi lasci parlare?» chiese, disperata.
«
Parlare. Tu vuoi sempre parlare» replicò Loki. «Non hai mai pensato che, forse, io non abbia la minima voglia di stare ad ascoltarti?»
Sigyn nascose il viso. Stava per scoppiare a piangere e non voleva che Loki si accorgesse di averla ferita a tal punto. Non si sarebbe fermato comunque, avrebbe continuato a respingerla. Quella era la sua vendetta e Sigyn non poteva neppure dire che non ne avesse il diritto. Cercò di odiarlo. Ci provò, con tutte le sue forze, ma il senso di colpa dentro di lei divorava ogni cosa. Si voltò, ma evitò il suo sguardo.
«Allora perché sei tornato?»
Il silenzio di Loki riempì lo spazio della risposta. Sigyn trovò il coraggio di alzare gli occhi, e lo scrutò a lungo, osservando la durezza dei suoi lineamenti. Si era avvolto così bene nella propria rabbia che Sigyn provò il terribile desiderio di scorgere almeno per un istante uno dei suoi mezzi sorrisi.
«Non hai il diritto di chiedermi perché sono tornato a casa mia» ringhiò Loki.
«Sapevi che mi avresti trovata qui, se fossi tornato».
«Non mi importa nulla di te, credevo di avertelo già detto».
Sigyn tacque. Questa volta le aveva fatto davvero troppo male. Loki, implacabile, la fissava distaccato, le labbra serrate.
«Davvero, Loki?» sussurrò Sigyn. Si sentiva così stanca, e si lasciò cadere seduta sul letto. «Davvero la pensi così?»
Ti prego, non rispondere.
«Sì» rispose Loki.
Sigyn chiuse gli occhi. Le ci volle un attimo per riprendere possesso dei pensieri. Non sentiva nient’altro che dolore. Era semplice classificare come dolore tutte le fitte che le trapassavano il respiro, ma anche riduttivo. È che non sapeva come definirle altrimenti. Le sembrava di sentire
ogni cosa. Rabbia, nostalgia, e anche uno strano calore che in un certo senso la faceva pensare ad un cuore infranto.
Ad un certo punto pensò che qualcosa non quadrava in quello che aveva detto Loki.
Si rese conto che non gli credeva.
«Se non ti importa nulla di me, perché ieri notte ti sei fermato?» chiese.
Quando riaprì gli occhi, vide che Loki aveva assunto un’espressione di dolore quasi analoga alla propria.
Rimasero in silenzio per un po’.
«Almeno per una volta» disse piano Loki. «Almeno per
quella volta, avresti potuto mentire»
Quando Sigyn realizzò il significato che si celava dietro alle parole di Loki, si sentì sprofondare nello sconforto. Avrebbe potuto fingere di desiderarlo, invece che respingerlo. Era questo che intendeva Loki. Dubbi e parole le turbinavano in testa, ma poi si ricordò una cosa. Un episodio lontano, marcato a fuoco nella sua memoria.
«Ricordi quando sono venuta da te nelle prigioni, dopo che tu avevi risposto di no al processo?» disse. «Allora, ti avevo detto la stessa identica cosa».
Finalmente vide un sorriso affiorare sulle labbra di Loki, ma era un sorriso triste, devastante. Desiderò che si sedesse accanto a lei, ma lui rimase in piedi, lontano.
«Ti prego, perdonami» disse Sigyn con un filo di voce.
Loki non le rispose. Si allontanò verso la finestra. Le diede le spalle per così tanto tempo che ad un certo punto Sigyn si alzò con l’intenzione di avvicinarsi.
Si rese conto che voleva indietro la persona con cui aveva condiviso i propri pensieri nelle ultime tre settimane. La persona a cui aveva salvato la vita e che l’aveva aiutata a salvare la propria. La voleva indietro così disperatamente che quasi si dimenticò di avere paura.
«Sei stato tu a dirmi che non dobbiamo smettere di parlarci solo perché siamo sposati» disse Sigyn.
«È vero, l’ho detto. Infatti stiamo parlando, mi pare».
Sigyn soffocò un sospiro, esasperata. Si fermò a pensare a ciò che aveva evitato di rievocare fino a quel momento - la notte prima, il momento in cui lui le aveva sfilato la tunica, e quando lo aveva sentito premere contro di lei...
Fu facile ricordarsi cosa l’aveva spinta a rifiutarlo. Fu un po’ meno facile schiudere le labbra e dire tutto a Loki.
«Avevi appena gridato davanti a tutti che non provavi niente per me» mormorò. Ma perché non riusciva ad aprir bocca senza che il pianto le incrinasse la voce? «E allora io non… Come facevo a… a giacere con qualcuno che non mi voleva?»
Rimase sorpresa quando Loki si voltò verso di lei rivolgendole un sorriso affilato.
«Ieri notte ho forse dato l’impressione di non volerti?»
Sigyn abbassò lo sguardo, il viso in fiamme. Ricordava ogni cosa, ma era strano. In un certo senso, era come se non fosse successo a lei. Non le sembrava possibile che Loki avesse toccato e baciato
lei, e quando ci pensava era come ricordare qualcosa che era successa ad un’altra persona. Sarebbe stato difficile mantenere la calma, quando avrebbe realizzato che era accaduto proprio a lei.
«Avevo paura» disse alla fine, gli occhi ancora fissi al suolo.
«Questo è un altro discorso» ribatté Loki aspramente. «Non sforzarti di trovare una scusa. Non ti ho chiesto spiegazioni. Lo so, perché l’hai fatto. Avrei dovuto ignorarti».
«Ma non l’hai fatto. Perché?»
«Perché mi stavi fissando come se fossi stato un mostro, ecco perché!»
Avrebbe potuto farla sentire ancora più in colpa di quanto non lo fosse già, ma di fronte alla sua collera Sigyn pensò soltanto a difendersi.
«Ti guardavo così perché avevo paura, e perché pensavo che non mi volessi e che non significasse nulla per te. Non ce l’ho fatta a fare finta di niente, non sono brava a fingere…»
«Sciocchezze. Tu sei perfettamente in grado di fingere. Quando ti trovi in pubblico sei impeccabile. Il punto è che ti sei messa in testa di voler essere sincera con me a tutti i costi, e questo è stato un grave errore».
Loki non l’avrebbe mai perdonata, e lei aveva perso la voglia di implorare il suo perdono. Rimase un attimo in silenzio, cercando di districare i pensieri che le affollavano la mente. Si sentiva persa in un labirinto: qualunque cosa dicesse era un vicolo cieco. Loki la fissava senza nascondere la rabbia, ma c’era qualcos’altro nei suoi occhi, qualcosa che probabilmente non stava mostrando di proposito.
Era ferito così profondamente da non riuscire a dissimularlo.
A Sigyn venne in mente come lui le avesse stretto forte la mano durante la cerimonia, rivolgendole un sorriso che non aveva mai visto prima, e ad un tratto si rese conto di non aver mai e poi mai desiderarlo ferirlo.
A quel punto le parole arrivarono da sole, e Sigyn le pronunciò ancora prima di accorgersene.
«Aiutami».

Si voltò quasi di scatto, pensando di aver sentito male.
«Cosa?!»
«Non voglio che quello che è successo ieri notte accada di nuovo. Per favore, aiutami a fare in modo che non succeda più».
Loki la scrutò a lungo, chiedendosi dove fosse il trucco. Non pensava che tra loro le cose sarebbero mai riuscite ad andare diversamente rispetto alla sera prima, e non credeva che Sigyn avrebbe mai desiderato altrimenti.
«Vuoi che ti insegni a fingere di stare bene? Ne avevamo già parlato. Ne sei perfettamente capace, almeno con gli altri» ribatté con freddezza.
«No, io…» Sigyn sembrava lottare con sé stessa per esprimersi, e Loki si sorprese a chiedersi come si dovesse sentire. Scacciò subito il pensiero, infastidito.
Sigyn lo fissò intensamente per un istante, poi proseguì.
«Io… non voglio
fingere. Voglio riuscire a non dire di no e ad essere sincera».
Loki pensò che era già la seconda volta che Sigyn lo coglieva alla sprovvista. La prima volta era stato quando gli aveva chiesto di spiegargli che cosa pensava. Come allora, anche adesso si sentiva assolutamente spiazzato.
Gli stava dicendo che voleva sul serio consumare il matrimonio.
Questa era davvero l’ultima cosa che si sarebbe aspettato da lei.
«Sei sicura di quello che vuoi?» chiese, rendendosi conto di essere rimasto in silenzio troppo a lungo.
«Sì» rispose Sigyn.
«Perché?»
La fissò attentamente, ansioso di scorgere la sua reazione. Di nuovo, ebbe l’impressione che Sigyn stesse lottando con qualcosa dentro di sé. Sicuramente aveva paura, e lo colpì il gesto deciso con cui alzò la testa guardandolo dritto negli occhi.
«Perché adesso siamo sposati, e se non faccio il mio dovere, ti perderò».
Loki corrugò la fronte, ma il suo cuore aveva già iniziato a battere più forte. Perché aveva detto una cosa del genere? La guardò e si rese conto di non essere sicuro di voler approfondire il discorso.
«Pensavo che non vedessi l’ora di perdermi» replicò.
«Se dobbiamo passare insieme il resto della nostra vita, voglio parlare con te e stare con te come prima. Ma temo che se non avrò il coraggio di fare il mio dovere, continueremo a ferirci a vicenda e basta».
«Non torneremo mai a
parlare come prima» tagliò corto Loki. Quel fastidiosissimo battito del cuore era ancora più forte, perché adesso Sigyn stava chiedendo una cosa che sapeva di volere anche lui.
«Possiamo provare» rispose lei. «Ti prego, Loki».
Loki rimase in silenzio. Qualcosa dentro di lui - qualcosa di insensato, assolutamente - aveva una nostalgia terribile di quei pomeriggi lontani passati a discorrere insieme a Sigyn. Alla fine, pensò che avrebbe solo dovuto fare ciò che meglio gli poteva garantire di sviluppare la sua vendetta in tranquillità, ma non riuscì comunque a impedirsi di provare una sonora fitta di amarezza. Sigyn lo fissava in attesa di una risposta, e Loki si chiese perché le avesse permesso di avvicinarsi così tanto a lui - ma soprattutto, perché lo avesse permesso a sé stesso.
Ormai non poteva più farci nulla. Non era vero, che non gli importava di lei.
«Non ti prometto niente» disse.
Erano solo poche vaghe parole, ma bastarono perché l’espressione di Sigyn cambiasse completamente. Il sorriso che affiorò sulle sue labbra era così raggiante che Loki si sentì spiazzato di nuovo. Si chiese se se ne rendesse conto, di sorridere così.
«Non essere tanto contenta. Ti ho detto che non ti prometto nulla» ribadì.
«Fino a qualche minuto fa non mi avresti concesso nemmeno questo» replicò Sigyn, e Loki fu quasi spaventato dal pensiero di essere stato lui a provocare la sua felicità. Non succedeva spesso. Non succedeva mai, a dire il vero. Era piuttosto certo di aver suscitato in lei ben altre emozioni, per tutto quel tempo. Ricordava che c’era stato un periodo in cui spaventarla gli aveva procurato una notevole soddisfazione. La
felicità… questo era un altro discorso, e a lui adesso sembrava di avere un groviglio al posto dello stomaco.
«Dove sei stato tutto il giorno?» gli chiese Sigyn, muovendosi verso di lui. Era uno spudorato tentativo di intraprendere una conversazione.
Loki le lanciò uno sguardo. Non sarà mai come prima, pensò. Eppure, le rispose proprio come se tutto fosse tornato come prima.
Passarono il resto del pomeriggio a parlare e il tempo scivolò sulle loro parole come sabbia fra le dita. All’improvviso era già il tramonto. Avevano dialogato con una facilità incredibile, ed era proprio questo ad turbare Loki.
Non era normale. Dopo quello che era successo, come facevano a parlarsi con tutta quella naturalezza? Aveva creduto che qualunque rapporto ci fosse mai stato con Sigyn prima del matrimonio fosse stato completamente distrutto dagli eventi della notte precedente. Invece era ancora lì. Avrebbe potuto recuperarlo, se avesse voluto. Avrebbe potuto viverlo. Ma a lui la cosa non interessava.
Quando più tardi Sigyn iniziò a prepararsi per andare a dormire, Loki si rese conto di non riuscire a stare fermo. Decise di andare a fare una passeggiata, e si inoltrò sotto i portici che circondavano l’ala del palazzo, osservando con disinteresse il cielo e le stelle. Continuò a interrogarsi sul motivo di quell’agitazione improvvisa che lo infastidiva tanto, finché non tornò nella camera da letto.
A quel punto si rese conto che il motivo della sua agitazione era disteso sotto le lenzuola, i capelli sparpagliati sul cuscino come la corolla di un fiore, e il pensiero di doversi infilare anche lui sotto le coperte non fece che peggiorare le cose.
Si lasciò dominare dall’inquietudine per un po’, ma alla fine l’irritazione prese il sopravvento. Non poteva tollerare di sentirsi agitato a causa di sua
moglie che aveva detto di voler consumare con lui e che adesso stava dormendo con quei fastidiosissimi capelli biondi sparsi sul cuscino.
Decise di farla finita. Era stanco, voleva riposare. Si spogliò e si mise sotto le coperte, dandole le spalle.
«Buonanotte, Loki».
La voce di Sigyn riaccese d’improvviso tutta l’agitazione che lui aveva così meticolosamente soppresso.
«Pensavo dormissi» mormorò tra i denti.
«Ho tanti pensieri per la testa e faccio fatica ad addormentarmi».
«Che cosa c’è?»
Quando si rese conto dell’idiozia commessa, era troppo tardi e aveva già posto la domanda. Forse lo aveva fatto per forza dell’abitudine, dopo tutte quelle parole che si erano detti. O forse era di nuovo colpa della notte, con quel suo modo di distorcere il cuore e i pensieri.
Sigyn tacque a lungo prima di rispondere. Probabilmente non si aspettava che Loki le chiedesse come stava.
«Sono un po’ agitata. Tu no?»
«No» rispose subito Loki. «Non ho un cuore, io, non ricordi? Sono un mostro».
Aveva dovuto essere una battuta, ma forse il sarcasmo s’era perso nel buio, perché Sigyn sembrò prenderla seriamente. Il silenzio pesò su di loro, prima che lei si decidesse a rispondere.
«Già», disse. «Me lo dimentico sempre», e non aggiunse altro.
Prima di crollare addormentato, Loki si chiese se anche quella di Sigyn fosse una battuta, oppure no. 















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"Woe is me" è una battuta di Ofelia. Significa letteralmente: "Io sono dolore". E' un'espressione di sconforto molto frequente nel lessico Shakespeariano, e la si trova in diverse varianti ("Woe the day", ad esempio, ne "La Tempesta). Descrive un dolore assoluto, radicato in profondità, e aveva un grande impatto sul pubblico.
Ci sta bene perché questo capitolo non è solo pieno di dolore fino a scoppiare, ma perché scriverlo è stato un vero dolore D:
Sul serio, è stato ancora più difficile del precedente, che non era stato proprio una passeggiata. Far riallacciare questi due è molto peggio che farli litigare, anche perché più cercavo di farli riappacificare e più loro se ne uscivano con frasi e comportamenti che li allontanavano di nuovo. Alla fine è venuto fuori il capitolo più lungo della storia finora, ma qualcosa l'abbiamo risolta. Però non voglio star qui a giustificare il comportamento dei personaggi. Spero di essere riuscita a far trapelare dalle parole tutto quello che volevo, ma un po' di ambiguità è voluta. Se tutto fosse cristallino, non sarebbe divertente :)
Spero di aver chiarito un po' anche i dubbi che mi avevate esplicitato riguardo il comportamento di Loki nel capitolo precedente. Tuttavia, vi chiedo di portare pazienza, perché siccome la storia è narrata attraverso punti di vista soggettivi e non tramite un narratore onniscente, quasi sempre a noi è dato sapere esclusivamente quello che pensano i personaggi. Perciò quasi sempre la spiegazione che riceviamo è quella che si danno loro stessi. E non sempre ci si dice la verità.
Abbiate pazienza e prometto che l'attesa verrà ricompensata!
Lo scorso capitolo ha ricevuto 32 recensioni e io mi sento quasi male. Mai una cosa che ho scritto ha avuto questo successo. Grazie a tutti, perché leggete, perché commentate, e grazie anche a chi mi segue su facebook e contribuisce nel creare la stupenda community che ruota attorno a questa storia.

Grazie per le recensioni allo scorso capitolo: Layla_Morrigan_Aspasia, Aires89, Elweren, Darma, LadyGuns56, Kiai, Bored94, Alkimia187, Red_Sayuri, KikkaMj, Duda_Smythe, Sheleen_, AcrossTheSea, LilithKe, MonMon, camomilla17, snoopevious, Liz_23, Hikina88, Efy, Shykyzaky, LittleBulma, SvaneH, PhoenixOfLight, Nat_Matryoshka, Geilie, EffEDont, TsunadeShirahime, DarukuShivaa, _Zazzy, Hiddle, Harmony394
In tanto mi avete detto che di solito non lasciate recensioni perché non le sapete scrivere, ma non credo che una recensione debba sempre essere un commento ben calibrato sulle capacità dell'autore o sul capitolo: si può recensire anche solo per far sapere all'autore della propria esistenza e dell'apprezzamento (o del contrario!) della storia. Per questo io spero che sempre più lettori silenziosi decidano di farmi felice e commentare :)

Per aver inserito la storia tra le seguite (91! Dai che fra poco arriviamo a 100!): AcrossTheSea, akachika, alessandralala, Alkimia187, amidala1202, Amora the Enchantress, blackpearl_, bluedragon9, Blue_Moon, Bored94 , BradDourif89, camomilla17, Caris, ClaireCarriedo, dark dream, Darma, doctor tenth, Duda_Smythe, EDVIGE86, EffEDont, Elisahq, Elweren, EnekSotet, Enide, Extraordinary, flavianolamanoo, Francesca Akira89, Geilie, GingerTrickster, Hiddle, Ila_Chan91, IloveNeils_smile, Jack delle Ombre, Jessy87g, JoyBrand, JhonSavor, keikoten, kenjina, Keyra93, Kiai, KikkaMj, Klainer, Lady Aquaria, LadyGuns56, Ladyan, Lady of the sea, LaPazza7, Latis Lensherr, LilianStark, LilithKe, LilythArdat, Livin_la_vida_Loki, Liz_23, lullaby3, MadHatterJoe, Maika Kamiya, Manu Hiddlesworth, MaRmOtTeLlA, mars51, maura 77, mhcm, mirianval, Mishja, Morrigan Aensland, Morwen_Eledhwen, Nat_Matryoshka, Nemsi, Out of my head, Paddina, PhoenixOfLight, Princess_Klebitz, RedFeather1301, Red_sayuri, saku89, sasuchan7, Seleia, Shykyzaky, snoopevious, Song__, Strix, SvaneH, subaru87, The_Lonely, TsunadeShirahime, Vale11, Vale_san, Warumono, Wynne_Sabia, _Loki_, _Lucrezia97_, _Zazzy

Per aver inserito la storia tra le ricordate: BadWolfSherloki, Beckystark, Chihiro, Jun M, Lauren_MsLoki , Layla_Morrigan_Aspasia, Manu Hiddlesworth, Out of my head, Sheelen_, Wynne_Sabia

Per aver inserito la storia tra le preferite: Aires89, akachika, amidala1202, Astrid Cuordighiaccio, ClaireCarriedo, Chandrajak, dark dream, DarukuShivaa, Duda_Smythe, EffEDont, Elisahq, ellewaldorf, Elizabeth_Tempest, EmmE_K, enifpegasus, ESTchaviski, Francesca Akira89, ghirigoro, gunnantra, Harmony394, HelleonorGinger, Jun M, Keyra93, KikkaMj, Lady_G93, LadyGuns56, Layla_Morrigan_Aspasia, LittleBulma, LaPazza7, LilianStark, Livin_la_vida_Loki, Lilithke, LilythArdat, lovermusic, LudusVenenum, Maika Kamiya, mirianval, MonMon, muahaha, NerdHerd, Nou, Paddina, pamagra, RedFeather1301, Sheelen_, Sherlockian7, sillyVantas, Song__, subaru87, Vampire_heart, Veruschka, virgily, Warumono, waterlily_, _Zazzy

Vi lascio come al solito il mio indirizzo facebook, nel caso qualcuno volesse farmi la richiesta d'amicizia: http://www.facebook.com/eleuthera.efp :)
Ancora nessuna novità dal fronte "storie scelte", ma vi ringrazio per le nuove segnalazioni! Chissà, forse prima o poi l'amministrazione riterrà la storia abbastanza meritevole da essere inserita in questa categoria.
E adesso emigro, perché questo capitolo mi ha davvero dato del filo da torcere e non sono sicurissima di voler sapere se il risultato finale vi ha convinti D: Vancouver, aspettami! Oh, mannaggia, dov'è che avevo messo le valigie?

Au revoir,
Eleu

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Capitolo 18
*** We know what we are ***


WE KNOW WHAT WE ARE

Sigyn si svegliò, aspettandosi la pesante sensazione di stanchezza della mattina precedente, e si meravigliò quando si rese conto di essere stranamente riposata. Socchiuse gli occhi, distinguendo sui mobili della stanza la luce morbida delle prime ore del mattino. C’erano un silenzio e una quiete tali, che per una manciata di secondi Sigyn non si lasciò sfiorare da nemmeno uno dei pensieri amari che la notte prima l’avevano tenuta a lungo sveglia.
Sbadigliò, affondando di nuovo la testa nel cuscino. Si girò sull’altro fianco, aprì gli occhi e si trovò davanti Loki, coricato proprio di fronte a lei e profondamente addormentato.
Sigyn si irrigidì di colpo, ogni traccia di sonnolenza improvvisamente scomparsa. Il battito del cuore aveva accelerato tutt’ad un tratto e lei rimase assolutamente immobile, come per paura che se si fosse mossa di un centimetro, se solo avesse respirato, Loki si sarebbe svegliato.
Sentiva i secondi scorrere su di lei a lei mentre fissava Loki dormirle accanto. Pensava che l’avesse comunque sentita muoversi e che fosse questione di istanti prima che aprisse gli occhi, ma invece non fece niente di tutto questo. Loki continuava a dormire e Sigyn non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Aveva sempre pensato che ogni persona sembrasse serena e rilassata quando dormiva, ma Loki no. Era tranquillo, certo, perso nel sonno, ma la sua espressione era quella di sempre. La malinconia era scolpita sul suo viso, impressa nei lineamenti nello stesso modo in cui colorava i suoi occhi durante il giorno.
Sigyn lo osservò per un po’, ipnotizzata. Non aveva mai potuto guardarlo così prima di quel momento. A quel punto, le venne in mente che avrebbe potuto guardarlo così per il resto della sua vita, e ogni pensiero amaro le franò addosso come una valanga.
Si scostò da lui lentamente, con precauzione. Il cuore le batteva ancora forte, ma adesso per altri motivi. Adesso pensava al fatto che era già il suo secondo giorno da sposata. Adesso ricordava il patto che aveva stretto con Loki il giorno prima. Gli aveva promesso di consumare il matrimonio. Si chiese istintivamente perché lo avesse fatto, ma la domanda risuonò disperata dentro di lei e dovette rispondersi di nuovo, con pazienza, come aveva fatto la notte scorsa quando non riusciva ad addormentarsi. Era molto semplice: lo aveva fatto perché voleva cercare di rendere le cose meno peggiori. Prima o poi sarebbe successo e lei non voleva subire più di quanto non stesse già. Se doveva succedere, voleva desiderarlo. E poi non lo voleva perdere, non voleva che smettessero di passare il loro tempo insieme, di condividere il silenzio.
Ma soprattutto, in quelle poche settimane aveva scoperto che le loro solitudini avevano un modo inusuale e bellissimo di intrecciarsi l’una con l’altra. In qualche modo non poteva più farne a meno. E forse non lo odiava nemmeno più così tanto. Ma questa verità giaceva nel profondo, timida e inascoltata. Ciò che rimaneva in superficie era solo il desiderio impulsivo e amaro di non restare più sola.
A Sigyn piaceva spiegarsi le cose e lo aveva fatto anche con questa. Quindi, si alzò dal letto, portandosi dietro la sua splendida spiegazione, pesante come un macigno. Si avvolse in uno scialle e aprì delicatamente la porta che sbucava sul balcone.
L’aria del mattino era fresca e le si infilò tra i capelli mentre si appoggiava alla balaustra. Asgard era splendente e maestosa come sempre, e per un po’ Sigyn si dedicò ad osservarla minuziosamente, cercando di allontanare i pensieri mentre scovava i minuscoli particolari degli edifici sotto di sé. Aveva appena notato le piccole guglie color argento sulla torre alla sua sinistra, quando Loki apparve al suo fianco.
«Mi stavo chiedendo se non fossi fuggita di nascosto durante la notte».
Sigyn sussultò, voltandosi verso di lui. Doveva essersi alzato già da un po', perché era completamente vestito. La stava guardando con un mezzo sorriso dei suoi e Sigyn si chiese se si fosse svegliato con il piede giusto, perché aveva un’aria meno ostile del solito.
«Magari un’altra notte» scherzò di rimando, riuscendo a strappargli un sorriso intero. «Sono stata io a svegliarti?».
«No» rispose lui, laconico. Si voltò, dando le spalle al luccicante paesaggio della città e incrociando le braccia sul petto. Le lanciò un’occhiata eloquente e Sigyn ebbe l’impressione che le stesse chiedendo se si ricordasse del patto che avevano stretto. Sostenne lo sguardo per una manciata di secondi, finché non si sentì aggredire di nuovo dalle proprie paure. Allora abbassò gli occhi.
«Pensavo di andare a trovare Grete», disse. «È ancora presto e non credo sia già impegnata con la Regina».
Loki non rispose, e Sigyn si domandò se non avesse fatto male a nominare Frigga. Cercò di capire, ma Loki si era voltato di nuovo verso Asgard e aveva assunto quel cipiglio pensoso che indossava sempre quando osservava la città. Alla fine, Sigyn decise di prendere semplicemente il suo silenzio come un assenso.
Mentre rientrava nella camera guardò il letto che troneggiava in mezzo alla stanza, le lenzuola e le coperte in disordine, e avvertì una stretta allo stomaco nel pensare che lei aveva dormito in quel letto insieme a Loki. Non si erano nemmeno sfiorati, ma dormire accanto a lui era un pensiero che la sconvolgeva più di quanto avesse immaginato. C’era qualcosa di tremendamente intimo in quel pensiero, e nella propria mente Sigyn vide ancora il viso di Loki ad un soffio dal suo, immerso nel sonno.
Si preparò rapidamente, senza aspettare l’ancella per acconciarsi i capelli, in modo da essere pronta per uscire il prima possibile, e si inoltrò nei corridoi con l’immagine di Loki addormentato ancora nella testa.
Non era che l’alba e il palazzo era ancora sprofondato nel silenzio notturno, ben diverso da quella quiete artificiale che non le era mai piaciuta. I corridoi erano deserti, ma ad un certo punto Sigyn incrociò un gruppo di ancelle. Sembravano ancora assonnate, eppure per poco non scattarono sull’attenti quando la videro. Si inchinarono tutte insieme, e nel salutarla la chiamarono “principessa”. Sigyn si sentì avvampare, e si portò la sensazione bruciante del rossore sul volto fino alla camera di Grete.
Sua cugina era sempre stata mattiniera e quando bussò alla porta Sigyn sperò di non buttarla giù dal letto. Poi sentì una voce esclamare “avanti” e sorrise, perché erano giorni che non sentiva la voce Grete, e improvvisamente si ricordò di quanto le fosse mancata. Entrò, impaziente. Grete era seduta davanti allo specchio e stava combinando un vero e proprio disastro nel cercare di intrecciarsi i capelli da sola. Non appena si accorse che la figura che era entrata nella sua stanza era Sigyn lasciò cadere con malagrazia la spazzola sul tavolino, si alzò dalla sedia come una furia e corse ad abbracciarla con un gridolino di sorpresa.
«Non mi aspettavo di vederti!» esclamò quando si decise a lasciarla andare. «Mi manchi così tanto. Pensavo che dovessi passare tutto il tuo tempo con Loki e quindi…»
«Non devo stare sempre insieme a lui. E poi volevo venire a trovarti» fece Sigyn, cercando di evitare l’argomento. Non poteva rivelare a Grete quello che era accaduto la prima notte di nozze, perciò doveva assolutamente impedirle di sospettare qualunque cosa. Altrimenti, lo sapeva, avrebbe insistito così tanto da finire per indovinare la verità.
Grete non sembrava molto convinta, ma quando riprese a parlare era piena di entusiasmo.
«Non ho smesso di cercare, sai? Sto ancora raccogliendo informazioni. Sono ancora convinta che ci sia un modo per sfuggire alla vista di Heimdall…»
«Grete…»
«Ovviamente poi non potresti tornare a casa, lo zio non ti aiuterebbe di certo. Però è anche vero che, proprio per questo motivo, nessuno penserebbe che tu sia andata lì, e quindi…»
«Grete. Non posso andarmene».
Grete corrugò la fronte. «Perché no?».
«Sono sposata con un principe. Se scappassi, verrei punita» rispose Sigyn, il cuore in gola mentre parlava - perché in un certo senso aveva l’impressione di star mentendo, anche in quel momento.
Grete sembrava delusa. «Ci hai proprio rinunciato, vero?».
«Non posso e basta, Grete. Non parliamone. Ti prego».
Quando finalmente Sigyn riuscì a convincere Grete a lasciar perdere l’argomento e a raccontarle delle sue giornate insieme alla Regina, si rese conto di non aver più preso in considerazione l’ipotesi di fuggire. Aveva sempre agito pensando di restare. Aveva chiesto a Loki di aiutarla perché credeva che avrebbe passato il resto della sua vita insieme a lui. Il peso delle sue stesse convinzioni la trascinò con sé, ma la cosa peggiore era che Sigyn si rendeva perfettamente conto di non voler affatto fuggire.
Mi stavo chiedendo se non fossi fuggita di nascosto durante la notte, le aveva detto Loki. Immaginò di scappare via nel buio, mentre Loki dormiva, e se lo vide di nuovo davanti addormentato proprio come quella mattina. Improvvisamente le venne il dubbio che quella frase non fosse affatto una battuta. Anzi, ora che ci pensava, Loki era stato piuttosto serio. Forse aveva pensato veramente che fosse scappata.
Contro ogni sua volontà, le si spezzò il cuore.
Pettinò i capelli di Grete con dolcezza e poi uscì con lei sul corridoio, accompagnandola per un breve tratto prima di lasciarla ai suoi impegni con le dame di corte. Tornò verso le proprie stanze, pensando ancora alla battuta di Loki. Continuava ad esserci qualcosa che non tornava. Il giorno precedente aveva ribadito ancora una volta che di lei non gli importava nulla. Ma allora che senso avevano quelle frasi, quei mezzi sorrisi, e soprattutto, perché allora non si era imposto su di lei la prima notte di nozze? Quel gesto che le aveva scatenato tanti sensi di colpa adesso la faceva riflettere, perché a ben pensarci era assurdo. Ricordava perfettamente il modo in cui il suo sguardo era mutato, la rapidità con cui Loki era andato via.

Fuggito, pensò.
Aprì la porta dei propri appartamenti, scoprendo che la camera era vuota. Si guardò attorno, chiedendosi se Loki se ne fosse andato, ma quando passò nella stanza adiacente lo vide seduto in un angolo, con un libro tra le mani. Non diede il minimo segno di essersi accorto del suo arrivo, e Sigyn rimase sulla soglia per qualche istante, sbirciando il suo profilo appena visibile. Sembrava assorto nella lettura, perso in un mondo segreto. Sigyn fece per dire qualcosa, ma ad un tratto fu spiazzata dal ricordo delle sue dita che le accarezzavano la mano il giorno del suo matrimonio. Così rimase lì dov'era, con troppe contraddizioni in quello che sentiva e troppi misteri in quello che ricordava.
«Prometto che non ti accadrà nulla se varcherai la soglia».
Sigyn sorrise debolmente al sarcasmo. Loki non aveva alzato la testa dal libro, ma anche le sue labbra si erano piegate in un mezzo sorriso. Probabilmente si era accorto di lei fin da subito.
«È stata una breve visita» commentò quando Sigyn si decise ad entrare nella stanza.
«Mia cugina era attesa dalle altre dame di corte» disse lei. «Fra qualche mese anch’io tornerò ai miei doveri, ma immagino che sarà comunque tutto diverso».
Lanciò uno sguardo verso Loki, incuriosita dal libro che teneva aperto davanti a sé.
«Che cosa stai leggendo?»
Loki parve esitare e per un attimo Sigyn pensò che le avrebbe risposto di non immischiarsi.
«Un testo di arti magiche» le rispose invece con voce controllata.
«So del tuo talento con la magia» Sigyn cercò di non darlo a vedere, ma l’idea che Loki stesse studiando qualche incantesimo la allarmò. Forse lui lo capì, perché la guardò a lungo, assorto, come a scoprire che cosa si celasse veramente nei suoi pensieri.
«Talento che ora come ora è assolutamente irrilevante, dato che il potente Odino mi ha privato di tutti i miei poteri» commentò aspro.
«Allora perché leggi un libro di magia?»
Loki fece una pausa.
«Per
dopo» disse alla fine, soppesando le parole. «Per quando li avrò di nuovo. Ammesso che il Padre degli Dei intenda restituirmeli».
Subito si voltò verso di lei, cercando ansiosamente la sua reazione, lo sguardo vigile.
Sigyn teneva gli occhi bassi, in silenzio. Aveva capito subito che cosa intendesse Loki con quella risposta, e gli restituì un’occhiata amara. Temeva quello che avrebbe potuto fare, se avesse riottenuto i suoi poteri. Forse non avrebbe devastato il regno, ma di certo avrebbe restituito al popolo di Asgard ogni briciola del dolore che portava ancora dentro di sé. Alzò lo sguardo verso di lui, pensando di scorgere la vendetta nei suoi occhi.
Invece no. La sua brama di riscatto era offuscata dalla malinconia. E qualcosa, una sensazione tremenda, scivolò tra i pensieri di Sigyn insinuandosi dentro di lei.
Gli occhi di Loki sembravano dire: no,
tu no. Loro sì. Ma tu non devi avere paura.
Il messaggio le arrivò così forte, definitivo come una sentenza, che non avrebbe potuto farle più effetto se fosse stato declamato a gran voce. Sigyn si chiese se se lo fosse soltanto immaginato, ma lo poteva vedere lì, negli occhi di Loki. Così, dovendo decidere se abbassare lo sguardo o sostenerlo, decise di tenere la testa alta. Il cuore le batteva furiosamente nel petto, e non capiva perché.
«Sono sicura» disse piano, «Che quando riacquisterai i tuoi poteri, li userai nel modo migliore».
Questa volta fu Loki a ricevere un messaggio. Per un attimo a Sigyn sembrò che vacillasse sotto il peso di quelle parole, ma poi subito si ricompose, e le rivolse un sorriso beffardo. Tornò al suo libro come se niente fosse stato, ma Sigyn sapeva che non era così.
Per tutto il pomeriggio, e anche durante i giorni successivi, si dedicò ai suoi passatempi con scarso successo. Si lasciava distrarre troppo volentieri dalle proprie domande. Aveva tra le mani una miriade di incomprensibili tasselli, e sapeva che se solo fosse riuscita a metterli tutti insieme, allora finalmente avrebbe capito.
I ricordi le turbinavano nella memoria, stralci di immagini e di parole. C’era sempre qualcosa che non tornava. La presa della sua mano durante il matrimonio. La rabbia con cui aveva rivelato nel bel mezzo del ricevimento di non provare nulla per lei e l’ombra che era calata sul suo volto quando aveva scoperto che aveva sentito tutto. Il modo in cui l’aveva sospinta a giacere con lui la prima notte di nozze e il risentimento con cui era fuggito. La malignità con cui aveva ribadito che lei non contava niente. E ancora, quel messaggio silenzioso, la promessa che qualunque cosa fosse scaturita dal suo odio non l’avrebbe sfiorata. Loki si contraddiceva di continuo, e lei non era esperta di inganni. Se il maestro della menzogna aveva progettato quel quadro disegnandolo con le proprie bugie, lei non sapeva come fare a capirlo. Ma qualcosa le diceva che non era affatto così.
Negli interminabili giorni vuoti dopo il suo matrimonio, Sigyn, con pazienza, ricompose il quadro. Quando parlava insieme a Loki lo faceva cercando di non pensare troppo alle cose che già sapeva di lui. Si rese conto che passare quel tempo insieme le piaceva molto, proprio come prima. Osservava i suoi occhi e i suoi gesti, ascoltava le sue parole, costruiva la propria immagine di lui senza sforzo, con i suoi sorrisi e le sue ombre. Finché, una notte, Sigyn trovò il coraggio di dire una cosa che nascondeva tra i pensieri già da un po’.
Era tardi, ma Loki non dormiva. Spesso quando calava il sole usciva sulla terrazza e osservava la notte scurirsi sempre di più. Sigyn lo raggiunse con discrezione. Loki si spostò appena, facendole spazio, e per un po’ condivisero il silenzio.
«Loki», disse Sigyn ad un certo punto.
«Cosa?»
«Non credo davvero che tu sia un mostro».
Sentì Loki irrigidirsi accanto a sé. Sigyn trattenne il fiato e rimase zitta, aspettando la sua reazione come si aspetta il rumore di un sasso che affonda dopo averlo lanciato nel mare.
Non dovette aspettare a lungo, ma le sembrò comunque un’eternità.
«Cosa ti ha fatto cambiare idea?»
La domanda rimase sospesa nella notte. Sigyn non si era preparata alcuna risposta e sentiva lo sguardo di Loki addosso a lei, nervoso, forse anche confuso.
«Tutto», rispose alla fine.
Si voltò, cercando gli occhi di Loki nel buio, e quando li trovò si rese conto che forse, quella volta, non le avrebbe detto di piantarla di cercare il buono in lui.
Rispose al suo sorriso. Poi, con il batticuore, gli diede le spalle e tornò all’interno.
Quella notte, si addormentò contenta.



Quella notte Loki non riuscì a chiudere occhio. Non ci provò neppure, a dire il vero. Per un po’ fissò il soffitto, poi osservò i ricami di luce che filtravano fra le tende. Quando si voltò verso Sigyn e vide che dormiva tranquilla, si innervosì. La sua sposa non si rendeva conto dell’effetto delle sue ultime parole, altrimenti anche lei sarebbe stata sveglia.
Dopo una o due ore di sonno agitato si trovò di nuovo a fissare l’oscurità con l’impressione di non aver dormito nemmeno per un minuto. Alla fine si arrese. Era stanco, ma l’insonnia era una battaglia che in quel momento non si sentiva di combattere. Si alzò e prese a girovagare tra le stanze, aspettando il mattino. Sapeva che i pensieri che lo tenevano sveglio non potevano essere scacciati in alcun modo, quindi tanto valeva affrontarli. Viverli. Pensarli. Chiuse gli occhi e si passò le mani tra i capelli.
Sigyn lo aveva sorpreso di nuovo. Non gli piaceva essere colto alla sprovvista, ma nonostante fosse già accaduto più di una volta non riusciva a provare la minima avversione per Sigyn in quella circostanza. Qualcosa glielo impediva. Era arrabbiato, questo sì, forse. Ma comunque, non con lei.
Non poteva crederci e basta. Così come gli era stato difficile comprendere che lei desiderava sul serio che lui le
spiegasse, allo stesso modo non riusciva a credere a quello che gli aveva detto quella notte. La sua prima reazione era stata il rifiuto. Era una bugia, qualche espediente per ammorbidirlo, o qualcosa del genere. Ma Sigyn non era il tipo di persona da celare tranelli dietro parole gentili - no, lei era quella sincera, e per giunta si era messa in testa di non mentirgli mai.
Quello che gli aveva detto era la verità. Erano i suoi pensieri, così come glieli aveva confidati in tanti altri momenti. Questa volta, però, Loki non poteva accettarli e basta. Sapeva benissimo che le cose tra lui e Sigyn erano cambiate, e non solo per il matrimonio. Guardando a ritroso con la lucidità dell’insonnia vedeva perfettamente i nodi sottili del loro rapporto stringersi e sciogliersi nel tempo che avevano passato insieme. Adesso sapeva di aver mentito, quando aveva detto che non gliene importava nulla di lei.
Loki era arrabbiato con sé stesso, era furioso, stravolto, perché non era così che dovevano andare le cose, perché niente, niente stava andando come stabilito. Sigyn non poteva fidarsi di lui a tal punto da non credere più che fosse un mostro. Lui non poteva legarsi a lei a tal punto da non riuscire a dormire per colpa di qualcosa che aveva detto. Lui doveva vendicarsi, doveva essere solo. Cosa ne sarebbe stato di Sigyn, quando…
Sigyn si sbagliava, oh se si sbagliava. Lui era un mostro. E sapere che lei era così convinta del contrario lo faceva stare male da morire, perché un giorno sarebbe arrivato il momento in cui avrebbe distrutto la sua certezza, e allora lei l’avrebbe odiato di nuovo e le cose sarebbero tornate ad essere come dovevano essere.
Ma nel mondo riflesso dell’insonnia Loki aveva abbastanza coraggio per ammettere di non voler affatto che le cose tornassero ad essere come dovevano. Pensò che una volta l’avrebbe potuta odiare con tutte le sue forze, per avergli rivolto la parola in quel modo. Adesso, si sentiva solo infelice.
Poco prima dell’alba gli venne in mente il momento di panico che aveva vissuto quando Sigyn lo aveva respinto la prima notte di nozze. Gli sembrò di sentirlo di nuovo nella testa, vivo e doloroso. Per un istante la rabbia ribollì dentro di lui, ma poi pensò che quella notte, quando lei lo aveva spinto via, in quel preciso momento lui non aveva desiderato altro che essere ricambiato. Pensò a come sarebbe stato se invece di rifiutarlo Sigyn lo avesse accolto. Immaginò il respiro di lei sul suo collo, vide il suo sguardo sereno e il suo sorriso. Quando si rese conto della gravità della cosa era troppo tardi, perché l’immagine che aveva creato era limpida e trasparente, proprio come quei sogni che al risveglio lasciano una lunga fitta di nostalgia.
Quando Sigyn si svegliò Loki finse che il loro dialogo della notte prima non avesse mai avuto luogo. Dentro di sé però sapeva perfettamente che cosa stava succedendo e passò la giornata a ripetersi che era solo un’illusione, proprio come tutte le altre; e come le altre, prima o poi, si sarebbe infranta.
Perché erano così che facevano, no?
Riuscì a resistere un altro giorno intero chiuso nel palazzo, poi decise che era arrivato il momento di mettere fine alla propria reclusione. Nessuno lo costringeva a restare, ma lo irritava sapere che sarebbe stato seguito e controllato anche fuori dalle mura.
Senza pensarci neanche, domandò a Sigyn se voleva venire con lui. Lo fece così spontaneamente che non si chiese nemmeno perché lo avesse fatto.
Sigyn esitò. Per qualche istante lo guardò in silenzio, ma poi rispose di sì.
Non appena scesero le scale e sbucarono nel grande cortile del palazzo, Loki fu consapevole di ogni singolo sguardo puntato su di loro. Lanciò un’occhiata attorno a sé, notando come ogni individuo abbassasse rapidamente le palpebre quando si accorgeva di essere a sua volta osservato. Li guardò bene tutti, come ad imprimersi le loro facce nella memoria.
Sentì la mano di Sigyn appoggiarsi al suo braccio, e si voltò verso di lei. Trovò i suoi occhi fissi su di lui, serissimi, e si rese conto che Sigyn sapeva esattamente che cosa stava succedendo nella sua testa in quel momento. Avvertì la presa sul braccio mutarsi in carezza. Distolse lo sguardo e proseguì a testa alta.
Quando finalmente si lasciarono alle spalle i torrioni splendenti di Asgard e galopparono verso i sentieri meno frequentati che conducevano alle colline, Loki si rese conto che per la prima volta da quando era tornato riusciva a sentirsi vagamente libero. Assaporò quell’ennesima illusione per un istante, ascoltando il rumore del vento contro di sé.
A metà percorso rallentò e si voltò, cercando Sigyn. Sua moglie era accanto a lui, solo pochi metri più indietro. Stringeva le briglie con troppa forza e Loki pensò che non doveva essere affatto abituata a cavalcare. Però aveva l’impressione che si stesse godendo quel momento proprio come stava facendo lui. La sua acconciatura si stava disfando nella foga della corsa, le sue guance erano rosse, e gli occhi - oh, gli occhi, maledizione. I suoi occhi brillavano. Sigyn era felice. Loki avrebbe ricordato quello sguardo per sempre.
Raggiunsero uno spiazzo al limitare di un boschetto, sul versante orientale della collina. Potevano intravedere i palazzi della città brillare al di sotto, ma Asgard non si era spinta fin lassù. Lì c’era un silenzio completamente diverso da quello che consumava i corridoi del palazzo.
Loki legò i cavalli ad un albero vicino, osservando Sigyn con la coda dell’occhio. Si era inoltrata nella foresta e passeggiava in silenzio. Loki guardò la sua figura esile immersa nelle ombre degli alberi, una scena infinita, dilatata nel tempo eterno di un secondo. Pensò che lei era sua moglie, e gli si annodò lo stomaco.
Andò a sedersi poco lontano, sull’erba fresca della radura. Avevano cavalcato a lungo per arrivare fin lì, ma non si sentiva stanco. O meglio, lo era, ma si trattava di un altro tipo di stanchezza. Osservò Asgard brillare ai piedi della collina e fondersi e scomparire con le lande che la circondavano, e per un po’ riuscì a non pensare quasi a nulla.
Qualche minuto dopo Sigyn lo raggiunse. Loki si voltò verso di lei mentre gli si sedeva accanto e cercava inutilmente di rimettere in ordine i capelli. Aveva ancora le guance rosse. Forse si sentì osservata, perché alzò lo sguardo verso di lui e abbozzò un sorriso.
«Non sono abituata ad andare a cavallo» spiegò.
«Te la sei cavata comunque benissimo» rispose Loki.
Sigyn rise e abbassò lo sguardo. Loki non si perse neppure uno dei suoi piccoli gesti.
«Ho imparato a cavalcare perché faceva parte della mia istruzione, ma mio padre lo considerava un passatempo inadatto ad una fanciulla».
«E tu sei d’accordo con lui?»
«Al contrario». Sigyn fece una smorfia. «Molto raramente sono d’accordo con quello che dice mio padre».
Loki rimase in silenzio. Sapeva che Sigyn stava pensando quello che pensava anche lui. Le lanciò un’occhiata fugace prima che lei parlasse di nuovo.
«Quando sono arrivata a corte, un anno fa, mio padre scrisse una lettera per combinare il mio matrimonio con uno dei membri della famiglia reale» disse, soppesando ogni parola. L’ultima frase le uscì come un sussurro. «Io non ne sapevo nulla».
Loki strinse le labbra e si sporse appena verso di lei, fissandola bene negli occhi.
«I padri pretendono la verità dai figli, quando sono loro stessi i primi a mentire».
Poi non riuscì più a guardarla. Distolse lo sguardo e rivolse gli occhi verso la rassicurante linea dell’orizzonte. Non indagò l’espressione di Sigyn, e non cercò di capire che cosa pensava. Sentiva ancora dentro di sé le parole che aveva pronunciato, ancorate alla gola, pesanti come sassi. Improvvisamente aveva un uragano nel cuore.
«Se un giorno ti chiederò che cos’è davvero successo con tuo padre» mormorò Sigyn dopo un po’, «Tu me lo racconterai?»
Loki sorrise amaramente, serrando la mascella mentre pensava che l’unica cosa sensata era rispondere di no. Tuttavia, se Sigyn non gli avesse fatto quella domanda, lui avrebbe aspettato ancora e ancora, finché lei non gliel’avesse rivolta.
«Forse» rispose.
Sigyn non disse più nulla, e Loki la ringraziò tra sé per quel silenzio. La ringraziò anche per la delicatezza con cui aveva posto la domanda. Aveva sempre avuto una cura preziosa, spontanea, nel rivolgersi a lui. Loki si rese improvvisamente conto che era una cosa per niente scontata.
Poi gli vennero in mente le poche, maledette parole che gli aveva rivolto la notte prima e l’uragano imperversò, una vera e propria tempesta dentro di lui.
Si voltò verso Sigyn e la osservò mentre strappava qualche filo d’erba. Sarebbe stato meglio per lui se fosse rimasto in silenzio e avesse soffocato tutte quelle parole.
«Le cose che hai detto ieri notte» disse invece, «Le pensi veramente?»
Sigyn alzò la testa, colta alla sprovvista, e per un attimo incrociò il suo sguardo. Loki si sforzò di restare impassibile.
«Certo» rispose dopo un attimo. «Certo che le penso. Altrimenti non te le avrei dette».
Loki la fissò ancora a lungo prima di replicare.
«Come diamine fai ad essere così sincera, Sigyn?»
Si rese conto di aspettare quella risposta quasi con il cuore in gola. Sigyn gli restituì lo sguardo cercando forse di sorridere, ma Loki si accorse che non ci riusciva. La vide tentennare, abbassare di nuovo gli occhi.
«Non lo so» sussurrò. Era così maledettamente sincera, anche in quel momento. «Tu lo sai perché sei così, Loki?»
Forse era questo il problema. Quando le aveva domandato come faceva ad essere così sincera, in fondo già sapeva che cosa gli avrebbe chiesto dopo. Gli rivolgeva domande per le quali avrebbe potuto odiarla, eppure lui non ci riusciva.
Pensò a come risponderle. Davanti a sé vedeva la neve cadere su Jotunheim e la sua pelle che si colorava di blu, stretta in una morsa ghiacciata. Vedeva la stanza delle reliquie, capiva la verità troppo tardi. Cadeva nel baratro dell’universo. Una risposta ce l’aveva.
«No» mentì. «Non lo so».
In quel momento Sigyn gli sfiorò la mano.
Loki rimase immobile mentre lei intrecciava le proprie dita con le sue. Si voltò lentamente, pronto a rifiutare la compassione nei suoi occhi, ma Sigyn non lo stava guardando con pietà. Lo stava guardando con affetto.
Loki si chiese come fosse possibile che quell’ondata di calore lo invadesse all’improvviso, se al tocco della sua mano invece si era sentito raggelare. La fissò ad occhi sbarrati, pensando di dover assolutamente interrompere il contatto, spostarsi, andare via da lei. Cercò di capire che cosa volesse da lui, cercò di scoprire perché gli avesse preso la mano, ma sembrava non volere niente. Quando Sigyn distolse lo sguardo, Loki catturò di nuovo la sua mano prima che scivolasse via, e la tenne stretta ancora per un po’.
Tornarono al palazzo verso sera, e Loki non fece nemmeno caso al fastidioso luccichio delle torri al tramonto. Sigyn aveva ancora quello sguardo felice e la sera si dissolse nell’oscurità senza sforzo.
Quella notte Loki fece il primo incubo. Sognò la sua caduta nell’universo, eterna come il tempo che non sarebbe mai arrivato. L’impatto con il suolo gli mozzò il respiro, poi arrivò il dolore.
Si svegliò di soprassalto, senza ricordare nulla di quello che aveva sognato. Si tirò su, esausto, aspettando che la sensazione opprimente dell’incubo sparisse del tutto. Solo quando si distese di nuovo si accorse di Sigyn. Era ad un soffio da lui.
Loki si prese tutto il tempo per cercare di distinguere i lineamenti nel buio. I pensieri iniziavano già a offuscarsi nel sonno, e per una volta non riuscì a frenare il suo istinto. Lentamente, con cautela, le passò un braccio attorno alla vita. La strinse piano, avvicinandola a lui, poi appoggiò la fronte contro la sua, in silenzio, immobile. Chiuse gli occhi, completamente perso, e si rese conto che andava benissimo così. Quello era l’abbraccio che non era mai riuscito a darle. Probabilmente lei non ne sarebbe mai venuta a conoscenza, ma comunque le cose andavano benissimo in quel modo. Andavano molto meglio di una prima notte di nozze consumata per dovere.
Si addormentò senza accorgersi che Sigyn, immobile e silenziosa tra le sue braccia, con i capelli scompigliati sul cuscino e la testa appoggiata a lui, era perfettamente sveglia.















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Nel lasciar scorrere gli eventi lentamente, con il loro ritmo, temo di star risultando un pochino pesante. Spero di non annoiarvi troppo con questi capitoli, che sono densi di seghe mentali considerazioni interiori dei nostri personaggi. Sono necessarie allo sviluppo della storia. Spero di essere riuscita comunque a renderle interessanti.
Vi sembra che la storia si stia, in un certo senso, ammorbidendo? Avete ragione. Godetevela, finché dura. Muahahahahah!
Il titolo del capitolo è strettamente legato al titolo del prossimo, pertanto ne darò la spiegazione con l'aggiornamento successivo.
Vi ringrazio infinitamente per tutti i bei commenti e le segnalazioni per le storie scelte. Vi ringrazio anche per le richieste di amicizia su facebook e per l'affetto con cui mi seguite anche là. Non so mai bene come ringraziarvi. Cioè, non so se passa il messaggio di quanto io sia contenta e di quanto vi sia grata. Spero che un po' si capisca :)

Grazie per le recensioni all'ultimo capitolo! Darma ('na santa, questa donna, credetemi),KikkaMj, Lilithke, laureta1387, Elweren, Red_Sayuri, SvaneH, Aires89, lovermusic, DarukuShivaa, Hikina88, CamigovE, Vampire_heart, Liz_23, EffEDont, TsunadeShirahime, Nat_Matryoshka, camomilla17, Alkimia187, _Zazzy, Efy, Sheelen_

Grazie di inserire la storia tra le seguite! AcrossTheSea, akachika, alessandralala, Alkimia187, amidala1202, Amora the Enchantress, blackpearl_, bluedragon9, Blue_Moon, Bored94 , BradDourif89, camomilla17, Caris, ClaireCarriedo, dark dream, Darma, doctor tenth, Duda_Smythe, EDVIGE86, EffEDont, Elisahq, Elweren, EnekSotet, Enide, Extraordinary, flavianolamanoo, Francesca Akira89, Geilie, GingerTrickster, Hiddle, Ila_Chan91, IloveNeils_smile, Jack delle Ombre, Jessy87g, JoyBrand, JhonSavor, keikoten, kenjina, Keyra93, Kiai, KikkaMj, kappa93, Klainer, Lady Aquaria, LadyGuns56, Ladyan, Lady of the sea, LaPazza7, Latis Lensherr, LilianStark, LilithKe, LilythArdat, Livin_la_vida_Loki, Liz_23, lullaby3, MadHatterJoe, Maika Kamiya, Manu Hiddlesworth, MaRmOtTeLlA, mars51, maura 77, mhcm, mirianval, Mishja, Meggyla, Morrigan Aensland, Morwen_Eledhwen, Nat_Matryoshka, Nemsi, Out of my head, Paddina, PhoenixOfLight, Princess_Klebitz, RedFeather1301, Red_sayuri, saku89, sasuchan7, Seleia, Shykyzaky, snoopevious, Song__, Strix, SvaneH, subaru87, The_Lonely, TsunadeShirahime, Vale11, Vale_san, Warumono, Wynne_Sabia, yuuki_love, _Loki_, _Lucrezia97_, _Zazzy

Per aver inserito la storia tra le ricordate! BadWolfSherloki, Beckystark, Chihiro, Jun M, Lauren_MsLoki , Layla_Morrigan_Aspasia, Manu Hiddlesworth, Out of my head, Sheelen_, VeroMahatma, Wynne_Sabia

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Ho riesumato il mio account deviantart, così se non volete farmi la richiesta di amicizia su facebook, potete trovare le mie fan art su Hymeneal anche qui: http://eleutheraandreia.deviantart.com/gallery/
Se le riutilizzate o postate da qualche parte, gradirei che venisse incluso il link alla storia. Grazie!

Au revoir,
Eleu

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Capitolo 19
*** We know not what we may be ***


WE KNOW NOT WHAT WE MAY BE

Sigyn spostò delicatamente il braccio di Loki, stando ben attenta a non svegliarlo. Proprio come tutte le mattine, prese la mano di lui nella sua e la fece ricadere piano sul lenzuolo. La mano scivolò sul suo fianco come una carezza, spezzando l'abbraccio. Sigyn rimase un attimo immobile sotto le lenzuola guardando Loki dormire, poi si voltò e scese dal letto, il cuore in fiamme.
Si era svegliata tra le braccia di Loki per oltre due settimane. Non si addormentavano mai veramente
abbracciati, ma quando la luce del sole filtrava tra le tende Sigyn si svegliava e scopriva che Loki la stava tenendo stretta, che lei gli aveva appoggiato la testa sul petto e che se avesse inclinato il viso avrebbe potuto sfiorare il suo con le labbra.
La prima volta che era successo era rimasta completamente pietrificata. Si era svegliata nel bel mezzo della notte e nel buio aveva scorto la sagoma di Loki seduto sul materasso. Era stata sul punto di chiedergli cosa fosse successo, ma poi Loki si era ridisteso e lei aveva immediatamente chiuso gli occhi, d'istinto.
Poi, dopo qualche secondo, aveva sentito il suo braccio circondarle i fianchi e spingerla piano verso di lui. Aveva tenuto gli occhi ben chiusi fingendo di essere addormentata, e non si era lasciata sfuggire nemmeno un sussulto quando lui aveva appoggiato il viso contro la sua fronte.
Dopo un po' Loki si era addormentato, ma lei era rimasta sveglia, perfettamente immobile e vigile come mai lo era stata, ipnotizzata dal rumore del suo respiro e dalla sensazione del suo braccio su di lei. Non sapeva che cosa fare. L'unica volta che si erano trovati così vicini era stata la sua prima notte di nozze, ma non avevano indugiato in quel contatto e lei non ricordava nemmeno che cosa avesse provato. Forse non aveva provato niente. Adesso invece ogni battito del suo cuore era un boato che risuonava sotto la pelle. Per un po' era rimasta in attesa, aspettando che Loki si spostasse o comunque sciogliesse l'abbraccio, ma non successe niente di tutto questo. Aveva pensato di scivolare via dalla sua presa, ma temeva di svegliarlo e di creare una situazione imbarazzante per entrambi.
A quel punto aveva pensato che non avrebbe chiuso occhio. Sarebbe rimasta sveglia tutta la notte, rigida e silenziosa sotto le coperte, perché non sarebbe mai riuscita ad addormentarsi mentre Loki la stringeva nel primo abbraccio che mai le avesse dato. Al contrario, avrebbe aspettato l'alba chiedendosi perché Loki la stesse tenendo stretta tra le sue braccia. Ma non aveva fatto i conti con la stanchezza e ad un certo punto aprì gli occhi ed era già passata l'alba, e anche se la sua testa era scivolata più in basso, sulla spalla di lui, l'abbraccio era sempre lo stesso.
La scena si era ripetuta più o meno allo stesso modo la notte seguente, poi quella dopo e quella dopo ancora, finché Sigyn aveva smesso di trasalire quando al risveglio scopriva di aver dormito con la testa appoggiata al suo petto o con le sue braccia attorno a lei. Adesso, dopo quasi un mese dal matrimonio e due settimane da quel primo contatto, Sigyn iniziava a chiedersi se fosse sempre stato esclusivamente Loki a prendere l'iniziativa o se anche lei avesse iniziato a cercare il suo abbraccio nel sonno.
Nessuno dei due aveva mai accennato alla questione. Quella nuova vicinanza di cui entrambi erano consapevoli ma di cui non parlavano mai non aveva minimamente influito sulle loro giornate. Sigyn faceva visita a Grete e frequentava le stanze della Regina, mentre Loki passava gran parte del suo tempo sui libri. A volte spariva per ore, passeggiando in solitudine per poi ricomparire con gli occhi pieni di ombre. Spesso andavano insieme sulla collina nei pressi di Asgard e passavano intere giornate lontani dal silenzio fasullo della corte. Parlavano, lasciandosi indietro il peso opprimente della prima notte di nozze, un ricordo che non finiva mai di pungere nella mente di Sigyn ma che compariva sempre meno spesso nei suoi sogni. Ora dormiva un sonno tranquillo, privo di incubi, e forse sapeva anche come mai. Aveva iniziato ad indugiare tra le braccia di Loki, quando si svegliava. Ancora si chiedeva il perché di quegli abbracci, senza desiderare davvero una risposta.
La verità era che il risveglio era un momento bellissimo. Loki la teneva stretta quasi con prepotenza, ma c'era un affetto sorprendente nel modo in cui la sua mano le sfiorava la schiena, e quando si svegliava Sigyn chiudeva di nuovo gli occhi, ingannando sé stessa e dicendosi di avere ancora sonno e voler restare ancora lì, quando invece era perfettamente sveglia e sentiva benissimo il calore di Loki che l'avvolgeva. Le piaceva. Le piaceva tantissimo. Allora aveva paura di sé stessa, dissolveva l'abbraccio e scendeva dal letto – ma quando capitava che al suo risveglio Loki si fosse già alzato, la travolgeva una dolorosa sensazione di vuoto.
Quella mattina, Sigyn si alzò e si affacciò alla finestra, perdendosi nei primi ricordi che aveva di Loki e anche negli ultimi, così dolci da essere quasi irriconoscibili. Le cose che cambiano fanno paura, e lì non c'era una singola cosa che non stesse cambiando.
L’aria del mattino era fresca e luminosa come sempre, ma Sigyn sapeva che quella non era una giornata qualsiasi. Erano passati ventotto giorni dal matrimonio: un ciclo di luna si era concluso e un’ultima cerimonia li attendeva, un rito antico che avrebbe riguardato lei in particolar modo. Era un rito della fertilità, da celebrare con una sacerdotessa, in privato, allo scoccare del ventottesimo giorno dalla prima notte di nozze; una cerimonia solenne ma intima, alla quale sarebbe seguito un banchetto più riservato rispetto al ricevimento nuziale.
Sigyn pensò a quale sfoggio d’ipocrisia avrebbe dovuto ricorrere per tutta la durata dell’evento. La cerimonia prevedeva senza dubbio che lei avesse già avuto rapporti con suo marito e il rito doveva propiziare la gravidanza.
Del patto che avevano stretto, Loki e Sigyn non avevano più parlato. Sapevano che c’era, ma non agivano in funzione di esso. Ogni tanto Sigyn ci pensava, chiedendosi se anche a Loki venisse in mente quell’accordo rimasto in sospeso, ma nell’equilibrio che si era creato fra di loro non c’era quasi nemmeno posto per mantenere la promessa. Tuttavia, Sigyn ricordava; ed era certa che anche Loki ricordasse. Fingevano semplicemente di essersene dimenticati.
Mentre osservava il cielo scolorirsi nelle tinte dell’alba, Sigyn pensò alla consapevolezza che avrebbe dovuto fingere di avere durante la cerimonia. Si chiese come sarebbe stato se non avesse dovuto fingerla affatto. Per un istante si permise di fantasticare, immaginando una notte che non aveva mai vissuto, ma interruppe bruscamente il sogno quando si accorse di trovare la cosa estremamente piacevole. Era un piacere molto simile a quello che provava nell’indugiare tra le braccia di Loki al risveglio.
Arrossì violentemente e chiuse il proprio cuore a chiave, rifiutando di ascoltare una parte di sé stessa che nelle ultime due settimane non aveva smesso di sussurrarle all’orecchio.
Come da tradizione, avrebbero passato le due settimane successive a quella cerimonia nel luogo di origine della sposa. Per tanto l’indomani sarebbero partiti per la regione da cui proveniva Sigyn, Vanaheim, a nord-est, dove il clima era più rigido e il mare vicino smorzava l’aria fredda. Sigyn provò una fitta di nostalgia nel pensare che non vedeva casa sua da più di un anno, ma si rese conto di non essere comunque contenta di ritornare. Aveva come l’impressione che se avesse lasciato Asgard, avrebbe perso dietro di sé anche quella sorta di familiarità che provava nel trovarsi accanto a Loki ad ogni risveglio. Forse temeva che le cose sarebbero cambiate di nuovo.
Sigyn si allontanò dalla finestra, dando le spalle alla luce del giorno, giusto in tempo per vedere Loki dirigersi verso le stanze da bagno. Si lasciò sfuggire un sorriso. Loki portava i capelli un po’ più corti rispetto a quando era tornato ad Asgard, pettinati all’indietro com’era solito fare, ma ogni mattina, quando si alzava dal letto, sfoggiava un’acconciatura tanto scarmigliata che una volta Sigyn aveva trovato il coraggio di dirgli che appariva quasi più pazzo così. Loki non aveva risposto, e Sigyn aveva pensato che, in quel momento, non le sembrava nemmeno possibile che fosse malvagio.
Loki si voltò. «Buongiorno».
Avevano ancora qualche difficoltà a salutarsi al mattino. Sigyn aveva sempre l’impressione che nessuno dei due sapesse cosa dire all’altro.
«Buongiorno» rispose con un sorriso, cercando di metterlo a suo agio «Sei pronto per il grande evento?»
Loki corrugò la fronte. «Cosa intendi?»
«La cerimonia» spiegò Sigyn «Oggi pomeriggio ci sarà il rito e il banchetto a seguire».
«Ah» rispose Loki dopo un attimo «Me n’ero dimenticato. Non c’è da sorprendersi, visto che si tratta dell’ennesima consuetudine di cui avrei volentieri fatto a meno».
Sigyn sospirò «Domani però partiamo per Vanaheim. Staremo lontani dalla corte per un po’». Saremo soli, stava per aggiungere, ma cambiò idea e non lo disse. Quando alzò lo sguardo, però, si rese conto che Loki doveva aver colto il sottinteso. Ce l’aveva dipinto sul volto.
Sigyn lasciò le stanze nel primo pomeriggio per recarsi agli appartamenti della Regina. Sarebbero state le sue ancelle a prepararla per la cerimonia, sotto la supervisione di Frigga. Era un rito importante, più di quanto Sigyn si rendesse conto, e quando entrò nella camera adibita per l’attesa avvertì immediatamente l’atmosfera solenne di cui era permeata.
Le sembrò quasi di rivivere la vigilia del matrimonio mentre le donne le intrecciavano i capelli in silenzio e una dama di compagnia della Regina le descriveva il rito nei minimi particolari, spiegandole cosa avrebbe dovuto dire e quale atteggiamento avrebbe dovuto mantenere per tutta la durata della cerimonia. Sigyn si sforzò di sorridere e ascoltare come se non stesse indossando nessuna maschera, perché temeva che per quanto fosse assai ingannevole all’apparenza, gli occhi delle donne non ne sarebbero stati ingannati e avrebbero capito ad un primo sguardo che lei non aveva affatto consumato il matrimonio. Perciò teneva gli occhi bassi, fingendo rispetto e pudore, ascoltando il rumore della spazzola che scivolava tra i capelli e la voce perentoria della dama di compagnia.
Poi Frigga entrò nella stanza e Sigyn alzò gli occhi di scatto.
La serenità della Regina traspariva al di sotto del contegno regale, e Sigyn avvertì il proprio cuore indurirsi, mentre si ricordava del modo in cui Frigga l’aveva usata. Evitò il suo sguardo, finché le donne non ebbero terminato i preparativi e la Regina le congedò.
Non appena le ancelle ebbero lasciato la stanza, calò il silenzio. Sigyn teneva gli occhi bassi, aspettandosi un qualche grave discorso da parte di Frigga, ma quando la Regina iniziò a parlare si profuse in semplici considerazioni sull’importante cerimonia che l’aspettava e sulla vita matrimoniale. Sigyn attese che il tempo passasse. Aveva la sensazione di trovarsi sull’orlo di un baratro. Non vedeva l’ora di essere al sicuro.
«Sei felice, Sigyn?»
Sigyn alzò la testa, esponendo i propri occhi alla vista della Regina, vulnerabile e sincera nel proprio sconcerto. Schiuse le labbra cercando una risposta, ma non si era aspettata quella domanda e rimase in silenzio troppo a lungo.
«Perché me lo chiedete, Maestà?» replicò con un filo di voce.
La Regina sospirò. «Non sono una sciocca, Sigyn, e non ho nemmeno un cuore di pietra. So che non volevi sposare Loki e non hai idea di quanto mi addolori l’averti costretta ad un matrimonio che non desideravi. Spero che tu riesca ad essere felice, nonostante tutto».
Cadde di nuovo il silenzio. Sigyn sapeva che se avesse parlato la sua voce si sarebbe increspata sotto le lacrime. Riviveva nella sua testa il momento in cui le era stato annunciato il matrimonio, la violenza con cui quell’unione le era stata imposta. Pensava a Loki, rovesciando la prospettiva delle cose e vedendo sé stessa come un vincolo indesiderato. Pensava ai suoi modi bruschi e a quanto lo avesse odiato. Pensava a quanto le piacevano i suoi abbracci.
«Posso farvi io una domanda, mia signora?» chiese. La Regina la guardò con aria interrogativa.
«Certo, mia cara».
Erano mesi che quella domanda le turbinava in testa, fin da quando era scesa per la prima volta nelle prigioni.
«Perché avete scelto me?»
Tornava di tanto in tanto anche adesso, quella domanda, quando si chiedeva come sarebbe stato se un’altra donna si fosse svegliata ogni mattina insieme a Loki, e lei fosse rimasta al riparo nelle stanze della Regina con un ricamo tra le mani.
«Temo di non capire, Sigyn» rispose Frigga, ma Sigyn era sicura che in realtà avesse capito benissimo.
«Quando avete avuto bisogno di qualcuno che portasse i vostri messaggi a Loki», spiegò «E poi, di qualcuno che gli salvasse la vita. Ci sono tante ragazze, a corte. Perché avete scelto me?»
Solo alla fine della frase si accorse del groppo che aveva in gola. Aveva appena chiesto a gran voce una verità che aspettava di conoscere da mesi, e adesso che era arrivato il momento di ascoltarla aveva quasi paura.
Rimase di stucco quando Frigga si chinò su di lei, appoggiandole le mani sulle spalle.
«L’ho fatto perché era la scelta migliore» disse.
«La scelta migliore?» ripeté Sigyn «Non sono brava a capire i pensieri degli altri e non so come si curano le ferite
dentro alle persone. Non ero adatta a quel compito. Perché allora me lo avete voluto assegnare a tutti i costi?»
A quel punto si rese conto che non era più possibile trattenere le lacrime, e tutta la frustrazione che aveva ingoiato negli ultimi mesi si sciolse in pianto. Frigga si accigliò, ma non tentò di consolarla. Le sollevò il viso perché la guardasse negli occhi.
«Tu sei leale», disse. «Sapevo che non lo avresti mai tradito. E’ questo ciò di cui lui ha bisogno».
Prima di essere travolta di nuovo dall’indignazione per essere stata così spudoratamente usata per soddisfare le necessità della famiglia reale, Sigyn si rese conto che Frigga aveva ragione. Per la prima volta riconobbe un tratto di sé che non aveva mai considerato. Disorientata, pensò istintivamente che forse allora essere sposati non era così assurdo, se aveva ciò di cui lui aveva bisogno.
Ma lui?
Loki aveva ciò di cui
lei aveva bisogno?
Sigyn pensò agli abbracci con cui si svegliava, ai mezzi sorrisi, alle battute un po’ ciniche, ai sottintesi della sua risata, alle occhiate oblique, ai capelli disordinati del mattino, al suo silenzio e a mille altre cose ancora.
E decise che sì, lo aveva.
Quando vennero a prenderla, Sigyn era pronta a fingere il necessario. Si congedò dalla Regina con uno sguardo amaro e seguì le ancelle fino ad una cripta sconosciuta, scendendo una scala a chiocciola nelle profondità del palazzo. Lì, nelle viscere della terra, la sacerdotessa le auspicò di poter presto benedire la propria unione con un figlio. Sigyn finse che fosse possibile, e tutto andò bene.
Lasciò la cripta con la consapevolezza di aver pensato alle parole della Regina per quasi tutta la durata del rito. Quando si trovò davanti alle porte della sala dove si sarebbe tenuto il banchetto, realizzò che tra pochi istanti avrebbe visto Loki, e avvertì il vuoto nello stomaco.
Non ebbe il tempo di riflettere a lungo su cosa stesse veramente provando in quel momento perché subito le porte si spalancarono davanti a lei. Scese la scalinata, camminando in mezzo alla piccola folla solenne che aveva atteso la sua comparsa. Poco più in là c’era Loki, in piedi in mezzo alla stanza, com’era previsto. Detestava quell’atmosfera e non si premurava di nasconderlo, ma quando la vide arrivare abbozzò un sorriso e Sigyn, d’istinto, fece lo stesso.
La cerimonia doveva concludersi con un bacio: lo sposo avrebbe baciato la sua compagnia, simboleggiando il suo impegno nel proteggerla mentre lei avrebbe portato in grembo il frutto della loro unione. Mentre si avvicinava, Sigyn pensò a quanto malvolentieri avrebbero dovuto eseguire quel gesto, poi improvvisamente si rese conto che il loro ultimo bacio risaliva alla loro notte di nozze e che lei nemmeno si ricordava com’era stato.
Si fermò davanti a Loki, imbarazzata e intristita dal ricordo. Alzò lo sguardo su di lui sperando che capisse quello che stava cercando di dirgli: baciami, e finiamola con questa messinscena.
Ma nel momento in cui Loki si chinò su di lei per baciarla, Sigyn si rese conto che questa volta non avrebbe dimenticato.
Non era il bacio rigoroso del matrimonio, né aspro come quelli della prima notte di nozze. Era morbido e delicato e indugiava su di lei.
Era come se fosse il primo.


Si scostò da Sigyn pensando che voleva darle un altro bacio ancora.
Il pensiero arrivò piano alla sua coscienza, ma quando la raggiunse si sentì raggelare e per un attimo fissò Sigyn incredulo, quasi confuso. Poi ricordò che la cerimonia era finalmente terminata, quindi la prese per mano e sparì tra la folla, il cuore in fiamme.
Cercò di imbastire una qualunque conversazione, pur di distrarsi. Le chiese com’era andato il rito, ma si rese conto che era stata una pessima idea quando scoprì di non riuscire a smettere di fissare le sue labbra mentre parlava. Notò un bagliore nel suo sguardo, qualcosa che non aveva visto prima e che accendeva i suoi occhi. Lo trovò intrigante e si maledisse per questo.
Il banchetto era spaventosamente simile al ricevimento che aveva seguito il matrimonio, e Loki si trovò intrappolato di nuovo nell’usuale rete di congratulazioni. Ad un certo punto si allontanò, lasciando a Sigyn il compito di districarsi tra i convenevoli – d’altronde, riusciva molto meglio a lei che a lui. Non c’era bisogno di avvertirla, ormai sapeva. Gli lanciò un’occhiata consapevole quando lo vide allontanarsi, solo che quel bagliore era ancora nel suo sguardo e Loki se ne andò con uno strano, piacevole calore nel petto.
Si diresse verso il solito porticato, cercando la zona meno gremita. Notò con soddisfazione che nessuno tentava di fermarlo per rivolgergli la parola. Sorrise: certe cose non cambiavano mai.
Scelse un angolo appartato e lì rimase, ascoltando il vago brusio che proveniva dalla sala alle sue spalle. Chiuse gli occhi, sforzandosi di pensare alla sua vendetta, ma la prima immagine che lo assalì fu il preciso istante in cui si era chinato per baciare Sigyn.
Riaprì gli occhi. Non era il momento per quei pensieri. C’erano cose molto più importanti, piani di rivalsa che non riusciva mai a mettere a punto e che dimenticava ogni notte quando abbracciava Sigyn nel sonno. Qualcosa gridava dentro di lui con furia disumana, ricordandogli che ad un certo punto avrebbe dovuto fare una scelta. Non si possono avere entrambe le cose, gli diceva, e tu
dovrai decidere. Dovrai scegliere, perché non puoi averne una senza rinunciare all’altra.
Loki aveva ancora nel petto il calore dell’ultimo sguardo di Sigyn, e si disse che invece le avrebbe avute tutte e due. Ancora non sapeva come, ma nessuno aveva il diritto di dirgli che cosa doveva fare. Nessuno. Nemmeno sé stesso.
Sentì dei passi alle sue spalle e per un attimo pensò fosse Sigyn. Poi si voltò e si trovò davanti Sif.
«Che sorpresa, Lady Sif» la salutò senza calore.
«Loki…» rispose lei. A Loki bastò uno sguardo per capire.
«Devo ammettere che il ruolo di portavoce non ti si addice molto, ma sembra che i Tre Guerrieri siano convinti del contrario» commentò. Sif lo guardò con ostilità, e lui proseguì. «Avanti, Sif. Sono mesi che mi chiedo che cosa stiate architettando alle mie spalle. Sii gentile e svela questo arcano».
«Non c’è niente da nascondere» disse Sif «Siamo preoccupati per l’incolumità di tua moglie»
Loki alzò le sopracciglia, sarcastico. «Non l’avrei mai sospettato».
«Non ci fidiamo di te».
«Anche questa è un’incredibile rivelazione. Sono sconvolto».
Sif si accigliò, e Loki sorrise. Innervosirla era gratificante e lui non si premurava di nascondere il proprio divertimento. Continuò a sorridere mentre la guerriera gli si avvicinava con occhi feroci.
«Non ho idea di come siano andate veramente le cose, ma è chiaro che non ti sei sposato per amore. Sappiamo che farai la tua mossa. Spero che tu abbia almeno la decenza di non coinvolgere tua moglie».
Loki si accorse che tutto il proprio sarcasmo era svanito nel breve spazio di quelle parole. Fin dall’inizio della conversazione aveva deciso di non prendere sul serio Sif, in modo da togliere valore a quanto gli avrebbe detto, ma ad un tratto si era reso conto di non poter continuare a non darle retta. Quello che stava insinuando era terribile, e per un attimo lo sconvolse il pensiero che i dubbi di Sif potessero essere anche quelli di Sigyn. Forse la ragazza che abbracciava ogni notte aveva paura che lui le facesse del male.
Una volta gli era piaciuto scorgere la paura negli occhi di Sigyn, ma adesso il solo pensiero gli era insopportabile.
«Farò la mia mossa, su questo hai ragione», mormorò a denti stretti. «Ma ti assicuro che ti pentirai di aver insinuato che potrei servirmi di Sigyn per questo. Certo, è quello che vi aspettate tutti, e credimi, mi disgustate, dal primo all’ultimo. Chi deve aver paura siete voi, non lei. Se è questo che ti preoccupa, Sif, puoi dormire sonni tranquilli, perché preferirei ridurmi in cenere insieme ad Asgard piuttosto che farle del male».
Tacque, una rabbia atroce impressa nello sguardo e un bizzarro senso di orgoglio nel cuore. La verità gli era sgorgata dalle labbra con una facilità impressionante, ma in quel momento non ci pensò. Lo colpì piuttosto la natura stessa delle sue parole. Forse non lo aveva mai realizzato fino a quel momento, ma adesso dentro di sé sapeva perché non potesse nemmeno concepire l’idea di far del male a Sigyn. Ormai, pensò atterrito, era troppo tardi per scegliere.
Sif rispose con durezza. «Non ci faremo cogliere impreparati. Sappiamo chi sei».
Loki replicò con il sorriso più amaro che avesse mai rivolto.
«Oh, certo. Sappiamo ciò che siamo», disse, e ogni parola piombò come un macigno nel silenzio della . «Ma non sappiamo che cosa potremmo essere».
Per un attimo si confrontarono senza parlare, dritti in piedi e con lo sguardo di fuoco. Poi Sif girò sui tacchi e se ne andò.
Loki rimase un attimo lì dov’era, non ancora sconvolto ma nemmeno indifferente. Quando lo scompiglio iniziò a crescere tra i suoi pensieri, si voltò, appoggiandosi alla balaustra; e in quel momento vide Sigyn.
Era poco più in là, seminascosta dietro una colonna argentea, e sembrava indecisa se avvicinarsi o meno. Loki si tirò su di scatto, e la osservò a lungo prima di parlare.
«Hai sentito tutto di nuovo». Sorrise, perché era una di quelle cose così assurde da succedere per davvero.
«È stato un caso anche questa volta, ma immagino che non mi crederai», rispose Sigyn con un filo di voce. Loki la guardò ed ebbe l’impressione che esitasse e allo stesso tempo desiderasse con tutte le sue forze di avvicinarsi.
«Perché non dovrei?» replicò.
«Hai sempre detto di non fidarti di nessuno».
«Ma tu sei sincera, con me. O no?»
Sigyn sorrise e gli si fece più vicina.
«Sì», disse. «Sempre».
Loki pensò che forse non avrebbe dovuto scegliere, alla fine.
L’istante dopo, Sigyn lo baciò sulle labbra.
Aveva visto ogni istante di quel gesto - Sigyn che appoggiava le mani sul suo petto e che si alzava in punta di piedi - eppure il bacio lo colse di sorpresa. Impreparato, sentì Sigyn premere dolcemente le labbra contro le sue per un momento lunghissimo, senza tempo.
Rimase immobile, disorientato dal silenzio che all’improvviso era calato nella sua testa, ma quando Sigyn fece per scostarsi l’afferrò per la vita e la spinse di nuovo verso le sue labbra.
Le diede tutti i baci che si era imposto di non darle.
Quando alla fine si allontanò attese che i pensieri tornassero pesanti come prima, ma la sua mente rimase leggera e silenziosa. Guardò Sigyn incredulo, e si rese conto di tenerla ancora abbracciata e di non aver nessuna voglia di lasciarla andare.
Sigyn schiuse le labbra, forse per parlare, ma poi abbassò lo sguardo e non disse nulla. Loki pensò che fosse in imbarazzo e lasciò la presa, scostandosi da lei. Se ne pentì immediatamente, perché a quel gesto Sigyn alzò gli occhi e lo guardò come a domandargli il perché.
La mente di Loki non era fatta per essere leggera. Avvertì il primo pensiero precipitare con un tonfo. La vendetta. Il suo futuro. E Sigyn, proprio lì in mezzo. Ora ricordava perché si era imposto di non darle nemmeno uno di quei baci.
Si voltò verso il cielo color pece. Alle sue spalle, Sigyn taceva.
Per un istante pensò di respingerla bruscamente, di usare il talento delle sue parole per metterla in fuga. Riconobbe che sarebbe stata una soluzione assennata. Ma poi sentì la mano di Sigyn sul suo braccio e disse il contrario di quello che avrebbe dovuto dire.
«So che può essere difficile da credere…» esitò. Era ancora in tempo. Guardò accanto a sé e vide gli occhi di Sigyn brillare della luce della notte. No, era troppo tardi. «Ma tutto quello che ho detto a Sif era la verità».
Sigyn sorrise, e Loki vide una fiducia tale nei suoi occhi da sentirsi prendere dal panico.
«Lo so» disse lei. Loki la baciò di nuovo.
Questa volta la sua testa non si svuotò affatto e sentì benissimo tutti i pensieri gridargli di smetterla, che si stava distruggendo con le sue stesse mani, che così sarebbe stato molto più difficile. In risposta, Loki continuò a cercare le labbra di Sigyn, sfidando furiosamente sé stesso. C’era un'altra voce, lì dentro, insieme a tutti quei pensieri complicati e contorti, una voce limpida e breve: e quella voce diceva che non c’era proprio niente di sbagliato.
Rimasero a lungo sotto il porticato, ma Loki non avrebbe saputo dire quanto. Ad un certo punto, Sigyn si scostò da lui e gli parlo quasi con timidezza.
«Almeno uno di noi due dovrebbe tornare là dentro… il banchetto è in nostro onore».
Loki non lasciò la presa sui suoi fianchi. «Mi sembra di avertelo già detto una volta: la festa è mia, decido io quando andarmene».
Sigyn ridacchiò, veramente contenta, e Loki la guardò affascinato, perché non l’aveva mai vista così.
«Mi ricordo, e ricordo anche che quella volta, alla fine, eravamo dovuti rientrare» replicò lei.
Loki sbuffò. «E va bene» disse. Scambiò un ultimo sguardo con Sigyn, ma si rese conto che l’istante senza tempo del bacio era finito. Ora nei suoi occhi vedeva una promessa che lo turbava, e si domandò anche lui avesse lo stesso sguardo.
Tornarono nella sala in silenzio. Non fecero alcun riferimento a quanto era successo, ma i loro occhi avevano trovato un nuovo modo di incontrarsi senza preavviso. Gli sguardi non duravano più di un istante, ma era un istante pieno di parole inespresse.
Loki ricominciò a lottare con sé stesso. Ora più che mai aveva bisogno di trovare un posto per Sigyn all’interno dei suoi piani di rivalsa. Non voleva farle del male, ma sapeva che prendersi la sua vendetta sarebbe stato un modo per metterla in pericolo. Rinunciare a vendicarsi era fuori discussione, quindi doveva riuscire a salvarla da sé stesso in qualche modo, ma non sapeva come. Non era certo il momento migliore a cui pensarci, ma non riusciva a fare altrimenti. Vedeva Sigyn accanto a lui indossare un sorriso di circostanza e si ricordava di essere stato lui a insegnarglielo. I suoi ricordi avevano un modo incredibile di allacciarsi l’un l’altro, perciò appena tirava l’estremità di uno, tutti gli altri seguivano come migliaia di onde. Così, Loki la guardava e ricordava tutto, e provava la sensazione opprimente di essere in un vicolo cieco.
Quando tornarono verso le proprie stanze si chiuse in sé stesso. Inizialmente Sigyn tentò di parlargli, ma ad un certo punto si arrese e rimase in silenzio anche lei. Loki ignorò la stretta al cuore e aprì la porta senza dire una parola.
Per un po’ fece finta di niente e rimase impassibile. Una volta gli riusciva bene, ma da quando viveva con Sigyn era sempre più difficile. Cercò di escludere ogni cosa che fosse al di fuori della sua testa, andò sulla terrazza e rimase lì, ma dopo qualche minuto si rese conto di non riuscire più a sopportare il brusio ossessivo dei propri pensieri. Ancora una volta fece quello che non avrebbe dovuto fare e si alzò, tornando in camera.
«Sigyn», disse. La ragazza si voltò. Aveva appena sciolto i capelli, e le ricadevano ondulati sulle spalle e sulla schiena.
«Loki?»
«Hai sentito quello che ho detto a Sif poco fa».
Loki parlava con voce controllata, i muscoli del collo tesi.
«Sì… certo che l’ho sentito» rispose Sigyn, confusa.
«Dimmi che cos’hai sentito
esattamente».
«Hai detto… che non mi faresti mai del male».
«E la parte in cui dicevo che avrei
fatto la mia mossa, l’hai sentita quella parte, Sigyn?»
Sigyn fece una pausa e per un attimo Loki pensò che gli avrebbe risposto di no.
«Sì».
«E allora…» Si sentiva come vicino ad esplodere e restare calmo fu uno sforzo disumano. Aveva molte cose da dire, ma per la prima volta in tutta la sua vita non riuscì a trovare le parole. «…perché?»
Quando sollevò di nuovo gli occhi verso Sigyn, si rese conto che lei aveva capito lo stesso. Gli si avvicinò senza distogliere lo sguardo.
«Perché tu
non mi farai del male». Scandì ogni sillaba con decisione, come a rassicurarlo, ma Loki non si sentì affatto rassicurato, si sentì sprofondare e per un attimo pensò che l’unica soluzione era mentirle. Le avrebbe detto che non gli importava nulla di lei, e sarebbe stato meglio se ci avesse creduto.
Poi però Sigyn lo baciò di nuovo e lui se ne dimenticò.
Loki la strinse più dolcemente di quanto avrebbe potuto credere, mentre il riverbero delle parole di lei echeggiava nella sua testa. Ma certo, che non le avrebbe fatto del male. La sentiva appoggiarsi contro il suo corpo con una fiducia disarmante. Era così diversa rispetto alla prima notte di nozze. Ma non solo lei, tutto. Tutto era diverso, e non voleva che venisse rovinato da niente. Mandò al diavolo i pensieri, respingendoli con rabbia: avrebbero comunque distrutto ogni cosa, e lui voleva soltanto che almeno in quel momento lo lasciassero in pace.
Poco prima di cadere nel sonno, Loki si chiese che cosa provasse davvero per Sigyn, ma non volle darsi una risposta. Si addormentarono abbracciati.
Quella notte fece il secondo incubo. Sognò di nuovo la caduta, ma questa volta fu molto più breve. Non si svegliò con lo schianto dell’impatto. Rimase immobile, ancorato a terra, schiacciato dal nulla sopra di lui. Tentò di muoversi, di gridare, ma i muscoli non rispondevano e nessuna voce usciva dalla sua bocca. Un suono lontano mormorava nel buio, qualcosa di tremendamente familiare, sillabe indefinite, come le parole di qualcuno che fosse troppo distante per essere capito con chiarezza. Chiuse gli occhi per non sentire, e in quel momento arrivò il dolore.
Si svegliò annaspando in cerca di aria, sgranando gli occhi, ma rimase immobile proprio come nel sogno, l’incubo ancora disteso davanti allo sguardo. Gli sembrava quasi di avvertire ancora lo spasmo violento che lo aveva svegliato. Cercò di muoversi e si sentì esageratamente sollevato quando si rese conto di non essere pietrificato come nel sogno.
Non c’era nessun lontano mormorio nella stanza, solo silenzio. Sigyn dormiva con la testa sul suo petto, e Loki la strinse più forte a sé.
Questa volta, l’incubo se lo ricordò.















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Il titolo del capitolo, se collegato a quello del capitolo precedente, risulta essere la frase che Loki pronuncia concludendo il dialogo con Sif. "We know what we are, but we know not what we may be". E' una citazione dall'Amleto, precisamente di Ofelia, quando lei è ormai impazzita e vagando per il castello si trova davanti alla corte sconvolta dal suo comportamento.
Sto provando a rendere questi momenti di lenta trasformazione il meno noiosi e zuccherosi possibili - ma come nel capitolo precedente, ribadisco: godetevela, finché dura!
Mi sono inventata un sacco di cose per questo aggiornamento! Non ho idea se ci sia la "luna" o il concetto di "ciclo lunare" su Asgard, ma vabbè, facciamo che esiste. Allo stesso modo, non so se gli dèi si servano di sacerdotesse, ma ho pensato che potrebbero avere anche loro qualche legame con la natura o le forze naturali e che quindi la cosa poteva anche starci.
Ho deciso che Vanaheim non è un regno a parte, come nella mitologia, ma una regione di Asgard. A livello narrativo preferivo questa soluzione.
Ah, ormai credo che si sia capito, ma... la cosa degli incubi di Loki non è messa lì a caso. Ha un significato che verrà svelato molto presto.
Oddio, la cosa dei capelli arruffati di Loki al mattino... non ho resistito. E' una cavolata, lo so.
Il prossimo capitolo è, per così dire, l'ultimo della parte centrale della storia, dopodiché inizieremo la discesa verso il finale. Mi fa davvero impressione essere arrivata fino a questo punto. Non canterò vittoria finché non avrò scritto l'ultima parola dell'epilogo ma, comunque, mi sembrava impossibile anche solo arrivare alle attuali 112 pagine di Word e, soprattutto, ad avere un pubblico così vasto e intenso e meraviglioso. Non so se avete idea di quanto mi stiate aiutando a scrivere. E' veramente bello lavorare ad una storia sapendo che qualcuno la vuole leggere.
Siete più di cento a seguirmi ufficialmente su Efp. Vi rendete conto?!? Io no. Mamma mia.
Molto bene, vi ringrazio tutti uno per uno come sempre :)

Per le recensioni all'ultimo capitolo: LilithKe, SenzaNome, Crisscolfersara, LadyTramp1895, Silvia91, ArtemisBlack, Morwen_Eledhwen, _Elentari_, Alkimia187, Aires89, KikkaMj, SvaneH, Efy, Hikina88, FrancescaAkira89, Kiai, Sherlockian7, DarukuShivaa, Duda_Smythe, LilythArdat, Elweren, Nat_Matryoshka, Red_sayuri, camomilla17, _Zazzy, EffEDont, TsunadeShirahime, Sheleen_

Per aver inserito la storia tra le seguite: AcrossTheSea, Aethelflaed, akachika, alessandralala, Alkimia187, amidala1202, Artemis Black, bluedragon9, Blue_moon, Bored94, BottigliaDiRum, BradDourif89, camomilla17, Cara2003, Caris, ClaireCarriedo, dark dream, Darma, doctor tenth, Duda_Smythe, EDVIGE86, EffEDont, Elisahq, Elweren, EnekSotet, Enide, Extraordinary, flavianolamanoo, Francesca Akira89, Geilie, GingerTrickster, Hiddle, Ila_Chan91,Jack delle Ombre, JaneNoire, Jay W, Jessy87g, JhonSavor, JoyBrand, kappa93, Kashmir, keikoten, kenjina, Keyra93, Kiai, KikkaMj , Klainer, Lady Aquaria, Lady of the sea, LadyGuns56, LadyTramp1895, LaPazza7, Latis Lensherr, LilianStark, LilithKe, Livin_la_vida_Loki, Liz_23, lullaby3, MadHatterJoe, Maika Kamiya, Manu Hiddlesworth, MaRmOtTeLlA, mars51, maura 77, Meggyla, Mendori, mhcm, mirianval, Mishja, Morrigan Aensland, Morwen_Eledhwen, Nat_Matryoshka, Nemsi, Out of my head, Paddina, PhoenixOfLight, pizzy_marauder, Princess_Klebitz, RedFeather1301, Red_sayuri, saku89, sasuchan7, Seleia, SenzaNome, Sheelen_, Shykyzaky, snoopevious, Song__, Strix, subaru87, SvaneH, The_Lonely, TsunadeShirahime, Vale11, Vale_san, wade, Warumono, Wynne_Sabia, yuuki_love, _Loki_, _Lucrezia97_, _Zazzy

Per aver inserito la storia tra le preferite: Aires89, akachika, alessandralala, Alice Williams, amidala1202, Astrid Cuordighiaccio, ClaireCarriedo, Chandrajak, Crisscolfersara, dark dream, DarukuShivaa, Duda_Smythe, EffEDont, Efy, Elisahq, ellewaldorf, Elizabeth_Tempest, EmmE_K, enifpegasus, ESTchaviski, Evilcassy, Francesca Akira89, ghirigoro, gunnantra, Harmony394, HelleonorGinger, Jersey, Jun M, Keyra93, KikkaMj, KneelbeforeLoki, LadyTramp1895, Lady_G93, LadyGuns56, Layla_Morrigan_Aspasia, LittleBulma, LaPazza7, LilianStark, Livin_la_vida_Loki, Lilithke, LilythArdat, lovermusic, LudusVenenum, Luna11, Maika Kamiya, Mayaserana, mirianval, MonMon, muahaha, NerdHerd, Nou, Paddina, pamagra, RedFeather1301, SenzaNome, Sheelen_, Sherlockian7, Silvia91, sillyVantas, Song__, subaru87, Vampire_heart, VeroMahatma, Veruschka, virgily, Warumono, waterlily_, _Elentari_, _Moriarty_, _Zazzy

Per aver inserito la storia tra le ricordate: Artemis Black, BadWolfSherloki, Beckystark, Chihiro, Jun M, Lauren_MsLoki , Layla_Morrigan_Aspasia, Manu Hiddlesworth, Out of my head, Sheelen_, Silvia91, VeroMahatma, Wynne_Sabia

E' stata messa online la prima pagina del fumetto tratto da Hymeneal! La potete trovare qui: http://l-remy.deviantart.com/art/Page-1-Homecoming-325285176 Se siete iscritti su deviant art, ricordatevi di commentare!

Vi abbraccio tutti. Spero tanto, ma davvero tanto, che vi sia piaciuto questo capitolo. Mi sono fatta tremila pare per quel bacio. Spero che alla fine sia risultato credibile e non troppo smielato.

Au revoir!
Eleu

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Capitolo 20
*** The sweetest downfall ***


THE SWEETEST DOWNFALL


La strada che portava a Vanaheim non era particolarmente aspra o insidiosa, ma avrebbero comunque impiegato almeno un giorno e mezzo per giungere a destinazione. Così, la mattina seguente partirono presto, in modo discreto, senza ulteriori cerimonie. Sigyn abbracciò Grete con la promessa di salutarle chiunque conoscesse e di portarle un ricordo da casa. Loki fu molto meno affettuoso con Frigga, Thor e Odino: riservò a tutti e tre un addio educato ma freddo, e non degnò il Padre degli Dei nemmeno di uno sguardo. Non si erano più rivolti la parola dopo il giorno del matrimonio, almeno per quanto ne sapesse Sigyn, e le loro questioni irrisolte spiccavano feroci nel silenzio in cui entrambi si ostinavano. Sigyn strinse forte la mano di Loki per fargli sapere che, anche in quel frangente doloroso, lei era lì con lui.
Partirono a cavallo seguiti da un drappello di guardie. Il viaggio risvegliò in Sigyn un entusiasmo che lei stessa stentava a riconoscere, e mentre osservava il paesaggio che aveva già visto all’andata, più di un anno prima, cercò di passare il tempo coinvolgendo Loki in una delle loro conversazioni. Ma Loki era taciturno e distratto, e alla fine Sigyn si arrese. Tacque e aspettò. Non passò molto tempo prima che fosse lui a rompere il silenzio.
«Pensavo che mi avrebbe restituito i poteri» mormorò.
Sul momento, Sigyn non comprese. «Che cosa?»
«Odino. Pensavo che in vista del viaggio mi avrebbe consentito di nuovo il possesso dei miei poteri» spiegò Loki «Se non del tutto, almeno in parte».
Sigyn lo guardò attentamente. Aveva parlato a voce bassa, ma la rabbia saettava nei suoi occhi, e lei non riuscì a fare a meno di chiedersi cosa avrebbe potuto fare, se Odino avesse deciso di restituirgli i poteri. Distolse lo sguardo: voleva riuscire a non pensarci almeno per un altro po’.
«Hai idea di come sia riuscito a privartene?» gli chiese invece.
«Con il suo scettro, probabilmente. L’ho visto esiliare Thor su Midgard soltanto con esso». Loki sospirò, massaggiandosi la fronte. «Mi auguro per lui che non sia una cosa permanente».
Lei gli appoggiò una mano sul braccio. «Sono certa che non è così».
Loki la fissò intensamente per un istante. Sembrò esitare, poi si sporse verso di lei per baciarla.
Sigyn sentì le sue labbra premere contro le proprie e cercò con tutte le forze di gestire il caos di emozioni. Non ci riuscì, e il groviglio di sentimenti rimase là, annodato in gola, senza sapere veramente quale fosse il suo posto.
Solo un mese prima non avrebbe mai potuto pensare ad una cosa del genere, ma quando si era trovata sotto il portico e aveva ascoltato le parole di Loki, e quando lui si era voltato e l’aveva vista, Sigyn non era stata subito certa di quello che avrebbe fatto. Una parte di lei le aveva chiesto disperatamente di avvicinarsi; un’altra, di stare ferma lì dov’era. Sapeva che avrebbe dovuto prendere una decisione, ma non era stata dolorosa come aveva pensato. Quando si era trovata di fronte a Loki, non era stato veramente come decidere: era stato come se non avesse avuto scelta, come se le cose potessero improvvisamente andare in un solo modo. Così, lo aveva baciato. Aveva atteso pazientemente il senso di colpa, di giustizia, di rabbia, di qualunque cosa, ma non era arrivato. Le sembrava tutto così giusto. Perciò aveva continuato a baciarlo.
Solo dopo, quando erano rientrati si era accorta che dentro di lei c’erano migliaia di cose. Una strana sensazione tintinnante in mezzo al petto, qualcosa che non aveva mai provato prima. Poi c’era lo smarrimento, malinconico e quasi spaventoso. La cosa che più la colpiva, però, era quella sorta di spinta tra i propri pensieri, qualcosa che le diceva che andava tutto bene, che le suggeriva di guardare Loki a lungo quando lui non sapeva di essere osservato e che le sussurrava che, se lo avesse voluto, avrebbe potuto baciarlo ancora.
Ad un certo punto, quasi per abitudine, aveva avuto paura. Guardava Loki cercando dentro di sé il vecchio terrore, trovandone qualche frammento nella memoria. Non era abbastanza.
E poi lo aveva baciato ancora, quella notte, e si era fatta baciare; e neppure per un istante aveva avuto l’impressione che fosse una cosa sbagliata.
Quando sulla via per Vanaheim Loki si scostò da lei, interrompendo il bacio, Sigyn lo fissò per un istante, assorta. Alla fine si sporse in avanti e lo baciò di nuovo.
Lungo la strada, in uno dei momenti di silenzio, Sigyn capì di sapere benissimo che cosa stesse provando, e capì anche di non volerlo dire. Era quella, la cosa che le faceva veramente paura. Era il modo in cui si fidava di Loki, che una volta non sarebbe nemmeno riuscita a guardare senza pensare che fosse un traditore e un folle. Era il modo in cui tutte quelle cose sembravano non avere più importanza. Era il mondo in cui lo desiderava, e gli voleva bene.
Quella notte si accamparono ai piedi di una montagna nel territorio di Vanaheim. L’indomani avrebbero passato il valico e in poche ore sarebbero giunti alla dimora di Lord Iwaldi, situata sul versante occidentale del rilievo. Rivedere suo padre non era un bel pensiero, e Sigyn lo evitò. Si rannicchiò nella sontuosa tenda da viaggio che era stata allestita per lei e Loki, e quella sera parlò a lungo con suo marito, stretta a lui sotto le coperte.
«Credo che al nostro ritorno dovrò parlare con Lady Sif» disse Sigyn ad un certo punto «Per… rassicurarla».
Loki sbuffò. «Sif è solo un portavoce. I Tre Guerrieri la pensano come lei. Forse hanno ricevuto da Odino in persona l’ordine di proteggerti. Dubito che cambierebbe qualcosa se tu le parlassi, e ad ogni modo credevo che ormai non ti importasse più di tanto di come la pensino a corte».
«Forse se le dicessi che va tutto bene e che non corro pericolo, lo riferirebbe al Padre degli Dei» proseguì Sigyn. «E lui potrebbe decidere che ora sei meritevole di ricevere i tuoi poteri, almeno in parte».
Loki tacque per un po’, ma qualunque cosa stesse pensando l’abbandonò in fretta. Le rivolse un sorriso affilato. «Cosa ti garantisce che adesso non corri pericolo?»
Sigyn si sentì avvampare e lo fissò, impietrita, per un istante lunghissimo. Quando Loki scoppiò a ridere, lei sussultò. Fece per baciarla, ma all’ultimo si tirò indietro, osservandone l’espressione ancora sgomenta.
«Hai paura?» le chiese, improvvisamente serio. Sigyn rimase colpita dall’ansia con cui sembrava aspettare la sua reazione. L’ultima volta che aveva risposto di no a quella domanda era stata la notte delle nozze, e lo aveva respinto poco dopo.
«Hai detto che non mi farai del male», disse Sigyn con lo stesso tono serio che aveva usato lui. «E hai detto che era la verità. Io ti credo».
Le sembrò di vedere Loki sgranare gli occhi nell’oscurità e fissarla a lungo, come trafitto in pieno da qualcosa che mai si sarebbe potuto aspettare; la strinse a sé dopo un po’, ma rimase in silenzio. Si addormentarono così.
La mattina dopo si avvolsero in pesanti mantelli per difendersi dal freddo, e valicarono il passo. Loki guardava nervosamente il paesaggio e Sigyn si domandò se la terra dei Giganti di Ghiaccio assomigliasse a quella montagna, una landa di roccia e chiazze di neve ammorbidita dal vento tiepido del mare.
Scesero sul versante opposto, percorrendo strade scavate nella roccia dove la neve si era sciolta e aveva formato piccole pozzanghere tonde. A metà tragitto, quando le pareti di pietra calarono e la via si aprì, Sigyn scorse il mare. Riempiva il panorama al di sotto modellando un golfo aspro, puntellato da scogliere e caverne. Era freddo e grigio, ma Sigyn non lo vedeva da un anno intero e si sentì annodare lo stomaco in preda ad un’euforia del tutto sconosciuta.
Il suo entusiasmo si smorzò quando vide emergere all’orizzonte il profilo del palazzo e suo padre sulla soglia, con servitù e popolani pronti ad accogliere solennemente il loro arrivo. Sapeva che Loki detestava quel genere di cose e si girò verso di lui per vedere la sua espressione. Il suo viso era una maschera di indifferenza, ma quando si voltò verso di lei le rivolse un debole sorriso.
Lord Iwaldi si mostrò cerimonioso e affettato nei suoi modi, ma a Sigyn non sfuggirono le occhiate impaurite che lanciava di tanto in tanto a Loki. Non aveva mai pensato che suo padre, che aveva sempre ottenuto obbedienza da lei e da chiunque altro, potesse avere paura di qualcuno. Eppure Sigyn notò come soppesava le parole e i gesti in presenza di Loki, e quando passarono tra la folla riunita per accoglierli vide che chi non teneva gli occhi fissi a terra lanciava sguardi che erano puro terrore. Sapeva che non erano rivolti a lei, ma era come se lo fossero. Pensò a come dovesse sentirsi Loki. Lo guardò, ma la sua espressione era di ghiaccio e passò tra la gente senza degnarli di un solo sguardo.
L’abitazione era appartenuta alla famiglia della madre di Sigyn, Lady Freya, ma Iwaldi si trovava perfettamente a suo agio nell’atteggiarsi a padrone del maniero. Spiegò a Loki come fosse stato scolpito nella roccia, incastrato nella montagna, e insistette per mostrare loro i dintorni del palazzo. Sigyn, che era rimasta in silenzio fino a quel momento, trovò il coraggio di dire quello a cui stava pensando fin da quando aveva intravisto la rocca stagliarsi contro la montagna.
«Perdonatemi, padre», disse. «Vorrei andare a fare visita a mia madre, adesso».
Il volto di Lord Iwaldi si adombrò all’istante. Sigyn si irrigidì, ricordandosi i tanti, troppi momenti in cui il padre aveva calpestato la propria volontà, e allora si accorse che Loki stava fissando Iwaldi dritto negli occhi, implacabile e spietato, e che suo padre stava ricambiando lo sguardo. Per un istante, si scrutarono l’un l’altro in silenzio.
Poi Iwaldi distolse lo sguardo, e Sigyn scorse una paura indefinibile sul suo volto. Improvvisamente si sentì protetta come mai lo era stata, con Loki accanto a sé. Non poteva saperlo, ma era sicura che in quel momento stesse sorridendo.
«Certo. Vai pure, figlia mia, e porta a tua madre anche i miei saluti» disse Iwaldi prima di congedarsi.
Loki seguì Sigyn lungo una scala tortuosa addossata alla parete di roccia, per nulla ripida ma stretta, scolpita nella pietra. Salirono fino in cima, dove la montagna si ritirava in una minuscola radura disseminata di erica e pervinca. Sigyn sentì il cuore mancare di un battito, perché era stata lei a piantare quella pervinca, molti anni prima.
In fondo alla radura, contro la roccia, c’era un dolmen coperto dall’erica. Sigyn si avvicinò di qualche passo, poi si fermò, incapace di proseguire.
«Vuoi restare sola?» le chiese Loki. Non aveva aperto bocca fino a quel momento. Sigyn si voltò verso di lui e gli prese la mano.
«No», disse. «Per favore, resta».
Loki non batté ciglio, ma rimase accanto a lei. Aveva assunto un atteggiamento discreto, rispettoso addirittura, che Sigyn non gli aveva mai visto. Gli lasciò la mano e si avvicinò alla tomba di sua madre.
Sfiorò la superficie piatta del dolmen con le dita, un gesto lungo, come se fosse un rito; poi si inginocchiò ai piedi del sepolcro, e rimase lì in silenzio. Sentiva Loki dietro di sé attendere senza fretta, poco distante. In quel momento, mentre il vuoto incolmabile si espandeva dentro di lei, avrebbe tanto voluto che lui venisse più vicino e che l’abbracciasse. Sapeva che non lo avrebbe fatto, e rimase di stucco quando sentì i suoi passi e le sue mani stringerle le spalle.
Si rese conto di star piangendo solo quando avvertì il proprio respiro incrinarsi. Ingoiò le lacrime.
«Mia madre era di un’antica famiglia nobile, la stessa stirpe della casa reale» esordì, perché voleva parlare. «Mio padre era di lignaggio inferiore al suo, ma il matrimonio era stato combinato per favorire l’ascesa sociale della sua famiglia. Si sposarono e nacqui io. Poi mia madre si ammalò. Mio padre era molto amareggiato perché non poteva più dargli dei figli e lui ancora non aveva un erede maschio». Fece una pausa. Loki era ancora lì, con le mani sulle sue spalle. Sigyn si voltò appena per cercare i suoi occhi, senza trovarlo. «Su Midgard ci… ci chiamano “dei”, giusto? Dovremmo essere immortali, o almeno vivere molto a lungo. Mia madre peggiorò rapidamente e morì».
Sigyn chiuse gli occhi e li strinse forte per riuscire a pronunciare le parole che aveva dentro.
«Io lo so perché mia madre è morta», disse. «Per questo da bambina dicevo che non mi sarei mai sposata».
Davanti a lei le pietre del dolmen rilucevano nella brina gelata, massicce e antiche. Sigyn chiuse di nuovo gli occhi, cercando di ricordare sua madre. Era così piccola quando l’aveva vista l’ultima volta.
«Quando sconfisse i Giganti di Ghiaccio, Odino trovò un neonato tra le rovine di Jotunheim».
Sigyn sussultò e aprì gli occhi. Loki continuò a parlare.
«Era il figlio di Laufey, il re, ma era gracile, così era stato abbandonato. Odino pensò di allevarlo come il suo erede, insegnandogli i propri principi e nascondendogli le sue origini. Lo portò via con sé, aspettando che arrivasse il momento di impadronirsi di Jotunheim grazie al principe che aveva rapito». Loki rise. «Questo non accadde mai. Scoprii la verità da solo, quando Thor fu esiliato su Midgard. Misi a repentaglio ogni cosa che mai avessi amato per dimostrare a mio padre che ero molto più di una reliquia sottratta al nemico, ma lui mi respinse lo stesso. Ero sospeso sul Bifrost, aggrappato alla vita per un soffio, e ciò che mi disse fu “no”». Sigyn sentì la frase spezzarsi, e quando Loki parlò la sua voce tremava. «Fu allora che mi lasciai cadere nel vuoto».
Sigyn pensava di sapere perché Loki avesse scelto quel momento per rispondere alla domanda che lei gli aveva posto tempo prima. In quella radura scavata nella roccia, lontani dal mondo, si erano raccontati l’un l’altra la propria storia, senza averci pensato prima. Era successo e basta. Sigyn si rimise in piedi e trovò sul volto di Loki la stessa malinconia cocente che aveva sentito nelle sue parole.
Lo abbracciò in silenzio, appoggiando la testa sul suo petto. Alla fine aveva ricomposto il quadro; e ci era riuscita soltanto perché lui glielo aveva permesso.
Dopo un attimo si sentì circondare dalle sue braccia. Rimasero così per un po’, senza parlare, ascoltando l’eco di tutte le parole che avevano detto. Adesso Sigyn sapeva perché Loki non poteva né voleva riappacificarsi con Odino. Adesso tutti i suoi discorsi sugli inganni e sulla sincerità assumevano un nuovo significato. Adesso capiva molte cose. Pensò che Loki era stato rifiutato due volte in vita sua, prima da chi l’aveva messo al mondo e poi da chi l’aveva cresciuto. Ma quando si rese conto di come stavano veramente le cose, si sentì raggelare. Finalmente capiva, ma non ne era illuminata né sollevata. Si sentiva sprofondare.
Loki non era stato rifiutato due volte, ma tre. La terza era stata la notte di nozze. Era stata lei.
Il senso di colpa che aveva ormai accolto e accettato riemerse furiosamente. Ora capiva la rabbia con cui Loki se n’era andato via, le barriere che aveva alzato contro di lei, il risentimento disperato con cui l’aveva guardata. Ma lei non poteva sapere…
Ripensò alla scena, indelebile nella sua testa, e scoprì che se fosse successo di nuovo, lei non lo avrebbe fermato. E non perché ora sapeva quanto lo ferisse essere respinto. Non lo avrebbe fermato e basta. Si scostò bruscamente, senza pensarci, in preda a pensieri che lui non conosceva.
«Va tutto bene?»
Sigyn alzò lo sguardo verso Loki. «Scusa», disse a bruciapelo. Era un pensiero che le era sfuggito, e nel tentativo di rimediare, lo ripeté di nuovo. «Scusami».
Loki corrugò la fronte. «Perché?».
Sigyn non rispose.
«Sigyn», disse Loki. «Non accetterò le tue scuse se non mi rivelerai per quale motivo me le stai facendo».
«Per averti portato quassù e per essermi lasciata prendere dalla tristezza», mentì lei. Non voleva parlare della prima notte di nozze.
Loki la scrutò attentamente con uno sguardo che una volta le avrebbe fatto paura. Alla fine sorrise.
«E tu dovresti essere sempre
sincera con me? Dopo tutto questo tempo, sei ancora incapace di mentire proprio come quando scendevi nelle prigioni a farmi visita», disse.
«Io sono sincera. Mi dispiace veramente di averti fatto assistere a questa scena».
«Ma non era questo il motivo delle tue scuse», replicò Loki, ma non indagò oltre. Sigyn sospirò di sollievo e rispose al sorriso.
Percorsero con cautela gli scalini di roccia e tornarono all’interno del palazzo. Quando Loki le porse il braccio per aiutarla a scendere l’ultimo gradino, Sigyn istintivamente si sporse verso di lui e lo baciò sulle labbra. Lo fece come se fosse una cosa scontata e solo quando sentì Loki rispondere al bacio si rese conto di quanto fosse invece tutto il contrario: non era una cosa
scontata, era incredibile, e si stupì della velocità con cui stesse diventando un gesto naturale.
Passarono il pomeriggio riposando nelle loro stanze. Quando Iwaldi annunciò il banchetto che aveva solennemente allestito per il loro arrivo, Loki diventò livido in volto e a Sigyn venne quasi da ridere.
Per prepararsi alla serata ricevette l’aiuto delle ancelle che una volta si erano occupate di lei. Le chiesero di tutto sulla vita di corte, su Grete e sui quelli che erano stati i preparativi per il matrimonio, ma evitarono meticolosamente di parlare di Loki. Per la prima volta, Sigyn si infuriò davanti a quella sorta di tacito divieto di nominare suo marito. Per tutto il tempo si tenne dentro una rabbia sorda, segreta.
Nel dirigersi verso la sala principale Loki le accarezzò la nuca scoperta, sfiorando l’attaccatura dei capelli che erano stati raccolti in alto sulla testa. Sigyn rabbrividì al contatto. Ogni piccolo gesto di affetto da parte di Loki la sorprendeva, perché era una parte di lui che non aveva mai conosciuto prima. Eppure era come se fosse stata sempre lì, proprio sotto gli occhi di tutti, ben nascosta, e Sigyn si chiese se solo a lei fosse stato consentito vederla. Immaginava che Loki avesse avuto altre donne prima di lei. La gelosia la morsicò senza preavviso e con così tanta forza da stordirla.
Il banchetto non era che una delle solite feste che nell’ultimo mese avevano iniziato a darle noia. Aveva pensato che salutare le persone che non vedeva da oltre un anno sarebbe stato bello e rimase delusa quando si rese conto che se a Loki riservavano occhiate ricolme paura, per lei c’erano soltanto sguardi di compassione. Le parlavano come se fosse stata condannata a scontare qualche pena, rivolgendole la parola con precauzione e, talvolta, con diffidenza.
Dopo qualche ora Sigyn avrebbe voluto mettersi a gridare. Nemmeno nelle ultime settimane a corte si era sentita tanto prigioniera quanto in quel momento. Le sembrava di assistere ad un funerale, e non ad uno qualunque, ma il proprio - perché dietro alla voce di chi le parlava sembravano quasi nascondersi delle condoglianze. I loro sguardi scivolavano da lei a Loki, implacabili e feroci.
Si impose di resistere. Una volta Loki le aveva detto che era importante non mostrarsi deboli, che doveva porsi al di sopra degli altri, e quindi si sforzò di restare impassibile e cortese. Ma quando si sentì stringere la mano e si trovò davanti proprio Loki, vide nei suoi occhi che lui aveva capito benissimo.
«Andiamo», bisbigliò Sigyn. Loki annuì e si allontanò insieme a lei.
Solo quando furono nelle loro stanze Sigyn si sentì abbastanza al sicuro da poter parlare liberamente. «Ci guardano tutti come se fossimo…», non riusciva a trovare le parole giuste. «…diversi».
«Non lo siamo?» rispose Loki senza guardarla. Le dava le spalle, appoggiato al davanzale.
«Non nel modo che intendono loro», replicò Sigyn.
«Io sì». Loki si voltò appena. «E anche tu, adesso, perché sei mia moglie».
Sigyn si sentì in qualche modo ferita. Rimase in silenzio, e Loki proseguì.
«Tu però non sei nata per questo. Io invece sì. Non è il tuo destino, né lo sarà mai. Poco importa se il mondo non lo capisce».
Si avvicinò a lui quasi di corsa, perché riusciva a sentire che cosa c’era sotto quelle parole, ed era un significato terribile.
«Loki».
Lui non si girò. Sigyn lo afferrò per il braccio e lo spinse a voltarsi. «Loki!».
Aveva la risposta a quelle sue frasi terribili, l’aveva proprio lì, in mezzo al petto, pulsante e splendida come mai l’aveva sentita, ma non riusciva a trovare le parole. Allora, lo baciò.
Si accorse subito che quel bacio era completamente diverso da tutte le altre volte. Se ne accorse dal modo in cui lui rispose al contatto, da come sembrasse chiederle di più. Ma soprattutto se ne accorse perché quando si scostò da lui pensò che era davvero bello, e che lo aveva sempre pensato.
All’improvviso si rese conto di essere seduta sul letto, accanto a Loki. Si lasciò cadere sulle coperte, tra le sue braccia. Attese la paura che l’aveva pietrificata la notte delle nozze, ma non arrivò; invece, strinse Loki ancora più forte contro di sé, nascondendo il viso contro il suo collo. Non sentiva i propri pensieri ma solo un grande torpore sotto la pelle, sulle labbra, tra i capelli. Si lasciò di nuovo accarezzare dalla sensazione che tutto stesse andando bene, che tutto fosse
giusto, così. Non era obbligata a fare nulla, quella volta. Forse era proprio per quel motivo che, invece, lo voleva così tanto.
In quel momento Loki si issò sui gomiti e la guardò. Sigyn lasciò che il proprio sguardo vagasse nel suo senza paura. Poi, all’improvviso, Loki scese dal letto e le diede le spalle.


Si sentì quasi prendere dalle vertigini non appena si rimise in piedi. Si allontanò dal letto a grandi passi, lo sguardo di Sigyn ancora nei suoi occhi. Li strinse forte per farlo sparire.
Dentro di lui c’era un frastuono tremendo - era il suo cuore che galoppava folle, mozzandogli il respiro, ed erano i suoi pensieri disperati che gridavano all’unisono, troppo forte perché potesse ignorarli. Si appoggiò al davanzale, cercando di far silenzio nella propria testa. Fuori era notte, densa e scurissima. Non brillava una stella, nel cielo di Vanaheim.
«Loki…»
Sigyn lo chiamava, ma lui represse l’istinto di voltarsi. Gli venne in mente quell’altra volta, quando non erano bastate tutte le sue grida per farlo tornare. Deglutì a vuoto. Doveva riprendere il controllo di sé stesso, doveva calmarsi, zittire la sua testa. Così non andava bene, non andava bene per niente. Perché continuava a perdere di vista quello che era davvero importante?
«Loki, che cosa succede?»
Ancora una volta tentò di ignorarla. Dentro di sé, sentiva l’odio per Asgard bruciare senza consumarsi, come sempre; sentiva la rabbia divampare feroce alimentando il proprio desiderio di vendetta. Era sempre sé stesso, pensò. Però voleva voltarsi, tornare da Sigyn, sdraiarsi accanto a lei, baciarla e accarezzarla fino a scivolare nel sonno. Non lo avrebbe dovuto fare. Non poteva, e lei nemmeno. Negli ultimi giorni aveva pensato che, forse, quando avesse messo in atto il suo piano, lei avrebbe potuto restare al suo fianco. Non l’avrebbe mai abbandonata, e lei lo avrebbe aiutato e sostenuto e insieme avrebbero ottenuto la rivalsa su chi aveva manipolato le loro vite. Ma non era sicuro di voler esporre Sigyn ad un rischio così grande.
Sentì la mano di Sigyn sfiorargli il braccio e si voltò senza opporre resistenza, ma quando se la trovò davanti realizzò che mai e poi mai avrebbe potuto chiederle di stare al suo fianco nella propria vendetta. No, pensò, mentre ricominciava a perdere la presa su sé stesso. Sigyn non voleva veramente nulla di tutto ciò. Lo aveva sposato perché aveva dovuto. Stava solo cercando di sopravvivere.
«Loki…» Sigyn gli sfiorò il volto, ma Loki allontanò la sua mano con rabbia improvvisa.
«Non devi», disse. Subito l’ira gli strinse le tempie, spietata. «Considera nulla la promessa che mi hai fatto. Non devi mantenerla per forza».
Sigyn corrugò la fronte. «Che cosa c’è che non va? Non capisco». Sembrava quasi spaventata. Poi, con un filo di voce, aggiunse qualcosa. «Le promesse, di solito, si mantengono».
Loki la afferrò per le spalle e la guardò dritta negli occhi, mentre ogni cosa nella sua testa gli gridava per l’ennesima volta di stare zitto.
«Sigyn, ascoltami», scandì. «Quello che è successo la prima notte di nozze… non succederà più. Non devi fare niente che non vuoi».
Erano le sue scuse, conservate in silenzio per tutto quel tempo, nascoste scomodamente tra i propri pensieri. Avevano premuto contro le labbra ogni volta che le aveva parlato, ma non erano mai trapelate nelle sue parole. Adesso, Loki scoprì che il peso in mezzo al petto era sparito.
Vide il sorriso fiorire lentamente sul volto di Sigyn.
«Non devi mantenere nessuna promessa», insistette lui.
«La
voglio mantenere», disse Sigyn.
Ad un tratto nella sua testa c’era solo silenzio. Era solo con sé stesso, e quando parlò si riconobbe.
«
Bugiarda», disse senza sorridere.
«No», replicò Sigyn, decisa. «Te l’ho detto. Io sono sincera».
Loki si riconobbe anche quando Sigyn lo baciò e lui le restituì il bacio. Si riconobbe quando si distese accanto a lei accarezzandole le spalle e i fianchi. Si riconobbe quando le slacciò il corsetto e sfiorò con le labbra la pelle scoperta, e ancora quando si sfilò la casacca mentre lei gli accarezzava il petto diafano e poi il volto, delineandone i contorni con la punta delle dita. La fiducia nei suoi occhi lo disorientò per un istante quando, tra un respiro e l’altro, colse di sfuggita il suo sguardo luminoso. Per un attimo sentì l’eco lontano di sé stesso ripetergli che sarebbe finita molto male per entrambi, ma quella volta Loki si rispose che non sarebbe affatto andata così, che lei gli sarebbe stata accanto e lui l’avrebbe protetta. Forse non era in quel modo che dovevano andare le cose, ma lui aveva deciso così, e così sarebbe stato.
Poi, finalmente, lasciò che il futuro svanisse e che l’unica immagine davanti ai suoi occhi fosse quella di Sigyn, nitida e vera, e sua. Forse l’aveva desiderata da più di quanto pensasse, perché tutto gli appariva surreale come quei momenti che, dopo essere stati attesi a lungo, arrivano e pretendono di essere vissuti. Così, perse la concezione del tempo. La guidò in quei gesti che lei non conosceva, sforzandosi di non spaventarla, aspettandosi di sentirla irrigidirsi e respingerlo proprio come aveva fatto in passato e sorprendendosi ogni volta nello scoprire che non sembrava avere alcuna intenzione di allontanarlo. Sigyn lo abbracciava e lo baciava come se così facesse da sempre; e allora lui percorse la sua pelle con le labbra, tracciò carezze su di lei, imparando lentamente le linee del suo corpo. I suoi stessi gesti lo sorprendevano, come qualcosa che mai sarebbe potuto succedere e che invece stava succedendo.
Sigyn gli dedicava sospiri brevi e spezzati, e quando lui ebbe paura di farle male l’accarezzò a lungo fino a sciogliere il suo corpo irrigidito. Adesso gli sembrava di aver avuto nostalgia di lei per tutto quel tempo, pur non avendola mai avuta prima, e quindi la baciò come si bacia qualcuno che è stato lontano così tanto, che così tanto ti è mancato.
Quando Sigyn emise un gemito di dolore Loki le sfiorò le labbra con il cuore che batteva fortissimo. Cercò il suo volto e ne trovò lo sguardo, splendente e pieno di qualcosa che andava oltre la fiducia e che gli tolse il fiato. La guardò con ammirazione, pensando a quanto fosse diventata coraggiosa. Ma forse, in fondo, lo era sempre stata.
Poi consumarono tutti i sospiri e scivolarono l’uno accanto all’altra, ancora stretti nell’abbraccio.
Loki era senza parole.
Quando la lucidità avanzò di nuovo fra i propri pensieri, lui la combatté ardentemente, tentando di spingerla lontano, fuori dalla sua testa, ma non gli fu possibile. Aveva fatto una scelta e ne avrebbero pagato il prezzo. Adesso ne sentiva di nuovo tutto il peso.
Anche Sigyn non disse una parola, rannicchiata contro di lui, e Loki le accarezzò i capelli in silenzio. Mentre la gravità di quanto era appena successo lo travolgeva lentamente, sperò che Sigyn dicesse qualcosa, che lo portasse via da quei pensieri.
Aspettò, ma Sigyn non disse niente. Invece, ad un certo punto si strinse forte contro di lui, nascondendo la testa contro il suo petto e accarezzandolo piano. Allora Loki decise di lasciar perdere le parole, chiuse gli occhi e assorbì quel momento in ogni suo piccolissimo granello di tempo. Il calore che aveva dentro era quasi devastante. Si addormentò con Sigyn fra le sue braccia.
Quella notte, Loki fece il terzo incubo.
Non era più lui a cadere, era tutto il resto. C’era l’universo attorno a lui e tutto precipitava, si infrangeva in mulinelli di vuoto, turbinava tra frammenti scomposti di materia. La percezione della propria caduta, quella vera, quella che era successa veramente, gli si era conficcata nella testa così forte da farlo urlare. Lottò per orientarsi in quel fracasso di universi. Si chiese dove fosse Sigyn. Si chiese se stesse bene.
Poi, improvvisamente, scoprì di essere inchiodato a terra. Il suolo sotto di lui era freddo, ma l’aria gli scottava il viso. Era un posto che conosceva già, che si era infilato da qualche parte nella sua memoria, ma il sogno non glielo faceva ricordare.
Arrivò la voce, il mormorio che l’incubo gli aveva già bisbigliato una volta. Loki non sentì le parole, ma si rese subito conto del dolore. Fiorì lentamente, partendo in profondità, sotto il cuore, diramandosi nelle le vene, emergendo infine in superficie, divorandolo. Era ovunque. È solo nella mia testa, pensò ad un certo punto; ma gli sembrava che fosse dappertutto.
Poi, all’improvviso, la voce si spezzò come un guscio di carta e Loki sentì le parole.

Non esisteranno regni, o lune deserte, né crepacci dove lui non verrà a trovarti.
Aveva già ascoltato quelle frasi. Qualcuno le sussurrava di nuovo al suo orecchio.
Pensi di conoscere il dolore? Lui ti farà capire quanto quel dolore sia niente!
Vide davanti a sé la figura incappucciata dell’Altro, e le sue mani artigliate lo afferrarono per le spalle e lo sollevarono con violenza.
E, come promesso, lui sta arrivando.
Loki avvertì nitidamente la percezione di essere fuori da sé stesso, trasportato oltre gli universi, proiettato tra i mondi. La sua mente, annebbiata dal dolore, era sveglia.
Questo è reale, pensò. Non è un sogno. È reale.
Nel suo letto, Loki spalancò gli occhi e il dolore rimase, e con esso la sensazione di essere stato strappato bruscamente dall’altra dimensione. Era una sensazione che conosceva bene. Non l’avrebbe mai potuta dimenticare.
Fissò il vuoto, incapace anche solo di prendersi la testa fra le mani. La voce di Sigyn gli arrivò lontanissima, e sussultò quando lei gli accarezzò le spalle, quasi come se il contatto potesse risvegliare il dolore di prima.
«Loki!», Sigyn lo scuoteva dolcemente. «Loki, cosa succede? Dimmelo, per favore».
Loki sollevò la testa verso di lei e vide il proprio terrore riflettersi nei suoi occhi. Passarono lunghi secondi di silenzio prima che riuscisse a parlare.
«È Thanos», disse con un filo di voce. «Mi ha trovato».















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Okay, è stato bello finché è durato. Adesso però inizia la caduta inarrestabile verso l'ultimo capitolo.
Ah, quasi dimenticavo: le prime tre frasi pronunciate dall'Altro non sono farina del mio sacco, le ho tratte pari pari dal suo dialogo con Loki in The Avengers

Vi ringrazio tutti di cuore - siete sempre di più, la cosa quasi mi spaventa e io mi chiedo ancora che cosa posso fare per dimostrarvi quanto sia felice e grata a ciascuno di voi.
Grazie anche a chi legge soltanto. Mi scordo sempre di ringraziarvi, ma so che ci siete, e sono contenta che ci siate :)

Grazie per le recensioni all'ultimo capitolo: LilithKe, _Elentari_, Alkimia187, Aires89, Kiai, TsunadeShirahime, Nat_Matryoshka, Dietrich, Red_sayuri, Crisscolfersara, Efy, Liz_23, KikkaMj, sillyVantas, EffEDont, AliceWilliams, SenzaNome, _Zazzy, Artemis Black, camomilla17, bored94, Elweren, DarukuShivaa, Hiddle, SvaneH, Shykyzaky, Evilcassy

Per aver inserito la storia tra le seguite: AcrossTheSea, Aethelflaed, akachika, alessandralala, Alkimia187, amidala1202, bik, Artemis Black, bluedragon9, Blue_moon, Bored94, BottigliaDiRum, BradDourif89, camomilla17, Cara2003, Caris, ClaireCarriedo, Crisscolfersara, dark dream, Darma, Dietrich, doctor tenth, Duda_Smythe, EDVIGE86, EffEDont, Elisahq, Elweren, EnekSotet, Enide, Extraordinary, Ezzy O, flavianolamanoo, Francesca Akira89, Geilie, GingerTrickster, Hiddle, Ila_Chan91, Jack delle Ombre, JaneNoire, Jay W, Jessy87g, JhonSavor, JoyBrand, kappa93, Kashmir, keikoten, kenjina, Keyra93, Kiai, KikkaMj , Klainer, Lady Aquaria, Lady of the sea, LadyGuns56, LadyTramp1895, LaPazza7, Latis Lensherr, LilianStark, LilithKe, Livin_la_vida_Loki, Liz_23, lullaby3, LoveTwilightSaga, MadHatterJoe, Maika Kamiya, Manu Hiddlesworth, MaRmOtTeLlA, mars51, maura 77, Meggyla, Mendori, mhcm, mirianval, Mishja, Morrigan Aensland, Morwen_Eledhwen, Nat_Matryoshka, Nemsi, NoxAeterna, Out of my head, Paddina, PhoenixOfLight, pizzy_marauder, Princess_Klebitz, RedFeather1301, Red_sayuri, saku89, sasuchan7, Seleia, SenzaNome, Sheelen_, Shykyzaky, Silvia91, snoopevious, Song__, Strix, subaru87, SvaneH, The_Lonely, TsunadeShirahime, vala888, Vale11, Vale_san, wade, Warumono, Wynne_Sabia, yuuky chan, yuuki_love, _Loki_, _Lucrezia97_, _Moriarty_, _Zazzy

Grazie per aver inserito la storia tra le preferite: Aires89, akachika, alessandralala, Alice Williams, Alkimia187, amidala1202, Astrid Cuordighiaccio, ClaireCarriedo, Chandrajak, Crisscolfersara, dark dream, DarukuShivaa, Duda_Smythe, Dietrich, EffEDont, Efy, Elisahq, ellewaldorf, Elisabeth_lovesasha, Elizabeth_Tempest, EmmE_K, enifpegasus, ESTchaviski, Evilcassy, Francesca Akira89, ghirigoro, Ginger Weasley, gunnantra, Harmony394, HelleonorGinger, Iurin, Jersey, Jun M, Keyra93, KikkaMj, KneelbeforeLoki, LadyTramp1895, Lady_G93, LadyGuns56, Layla_Morrigan_Aspasia, LittleBulma, LaPazza7, LilianStark, Livin_la_vida_Loki, Lilithke, LilythArdat, lovermusic, LudusVenenum, Luna11, Maika Kamiya, Mayaserana, mirianval, MonMon, muahaha, nemesis47gr, NerdHerd, Nou, NoxAeterna, Paddina, pamagra, RedFeather1301, Red_sayuri, Seleia, semperadreamer, SenzaNome, Sheelen_, Sherlockian7, Silvia91, sillyVantas, Song__, subaru87, vala888, Vampire_heart, VeroMahatma, Veruschka, virgily, Warumono, waterlily_, yuuky chan, _Elentari_, _Moriarty_, _Zazzy

Grazie per aver inserito la storia tra le ricordate: Artemis Black, BadWolfSherloki, Beckystark, Chihiro, Jun M, Lauren_MsLoki , Layla_Morrigan_Aspasia, Manu Hiddlesworth, Nerween, None to Blame, Out of my head, SenzaNome, Sheelen_, Silvia91, VeroMahatma, Weird, Wynne_Sabia

Ricordo a tutti i nuovi lettori che potete farmi la richiesta di amicizia su facebook, per condividere opinioni sulla storia, sul fandom in generale, vedere i miei vlog e le fan art sulla fan fiction :) https://www.facebook.com/eleuthera.efp

(Sì, ho una strana sensazione, piuttosto tremenda, del tipo "aiuto, mancano ancora cinque capitoli + l'epilogo, manca poco, davvero poco", ma sto cercando di far finta di niente. Non manca così poco, in fondo... Può ancora succedere di tutto.)

Au revoir,
Eleu

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Capitolo 21
*** A truth of blood ***


A TRUTH OF BLOOD

Loki non le aveva voluto dire niente. Era rimasto sotto le lenzuola solo per un istante, piegato in avanti come avesse ricevuto un pugno nello stomaco. Poi si era alzato con una furia improvvisa, e adesso vagava per la stanza a grandi passi, completamente rivestito, le labbra serrate sul viso sconvolto. Sigyn lo guardava allibita. Aveva soltanto capito che era accaduto qualcosa di terribile, probabilmente nel sonno; ma non aveva idea se fosse stato semplicemente un incubo o qualcosa di più. Le sembrava strano che Loki fosse così turbato da qualcosa che aveva solo sognato, a meno che fosse stato più di un semplice sogno.
Questo però lo poteva soltanto supporre, perché Loki non le spiegava. Camminava nella stanza come se si fosse dimenticato di lei, fermandosi di tanto in tanto e mormorando tra sé. Per un po’ Sigyn l'osservò in silenzio, senza sapere come avrebbe dovuto agire. Il calore del suo abbraccio era scivolato via e lei iniziava a sentire freddo sulla pelle nuda. Il suo corpo era indolenzito, ma non era il dolore a ricordarle quello che avevano fatto. Erano i ricordi, immagini vividissime nella sua mente che le danzavano tra gli occhi e i pensieri, più luminosi di frammenti di sogni. Quella notte avevano fatto l’amore per la prima volta, e adesso Loki vagava per la stanza in preda a una sorta di delirio. Sigyn sentì il vuoto nello stomaco e si domandò se le due cose non fossero collegate.
Vide Loki chiudere gli occhi e passarsi una mano sulla fronte e poi sul volto. Sigyn sapeva com’era toccare quel viso, adesso. Sapeva cosa si provava a sfiorare i suoi zigomi, la linea marcata del suo naso. Sapeva in quale modo le sue labbra cercavano le proprie. Forse, pensò, era stato tutto un sogno alla fine, e quello era il risveglio e Loki non la guardava neanche perché non gli importava nulla di lei.
«Loki», lo chiamò, ma le uscì solo un mezzo sussurro e lui non diede segno di averla sentita. Sigyn esitò un istante, poi si alzò dal letto, raccolse la camicia da notte e la indossò. Poi, con cautela, si avvicinò a lui.
Loki non aveva smesso di marciare avanti e indietro, ma quando si trovò davanti Sigyn si fermò bruscamente. La fissò a lungo, come a metterla a fuoco.
«Cosa succede?», mormorò Sigyn. Loki continuò a guardarla, senza risponderle.
«Ti prego», insistette lei. Un terribile presentimento le pesava dentro al petto. «Dimmi che cosa succede».
Per qualche istante Loki la scrutò assorto. Sigyn sostenne il suo sguardo in silenzio. Nella quiete innaturale della stanza percepiva il battito del proprio cuore nelle orecchie, rapido e forte.
«È stato solo un sogno», disse alla fine Loki, dandole le spalle. Sigyn rimase per un attimo senza parole.
«Se è stato solo un sogno, allora torna a letto», replicò.
«Non credo di riuscire più a dormire».
Sigyn sospirò. Il presentimento che la divorava era troppo ingombrante, e si diede voce da solo.
«Non è stato soltanto un sogno».
Questa volta il silenzio arrivò da Loki e Sigyn lo assorbì tutto, raggelando. Qualcosa era cambiato d'improvviso, poteva sentirlo nel silenzio stesso, nella paura impressa sul volto di Loki, nel modo in cui la teneva lontana.
«Chi è Thanos?», domandò Sigyn in un soffio. Loki si voltò di scatto.
«Non ne voglio parlare» scandì, gelido. Sigyn gli si avvicinò, lo guardò bene negli occhi e scoprì che era terrorizzato.
«Hai detto che ti ha trovato».
«Non ho intenzione di parlarne».
Sigyn capì che la sensazione che si sentiva addosso era quella degli incubi, quando ci si rende conto che vi si è immersi senza potersi svegliare. Aveva avuto paura che lasciando Asgard tutto ciò che c’era tra lei e Loki sarebbe svanito e adesso sembrava che fosse bastato il breve spazio di un sogno a distruggere ogni cosa. Era doloroso essere respinta da Loki in quel modo. Era sempre stato doloroso.
«Perché non vuoi dirmi cosa succede?» insistette con disperazione, quasi sull'orlo del pianto. «Non lo dirò a nessuno, se è questo che temi. Ma per favore, parla».
«Stai
zitta!», esplose Loki, e per poco non la spinse via. «Lasciami… pensare».
Sigyn sentì il proprio cuore mutare in ghiaccio. Poi le lacrime affiorarono agli occhi tutte insieme, all’improvviso, e lei scivolò seduta sul letto. Loki le aveva detto molte cose spiacevoli durante i loro primi incontri, ma non le aveva mai parlato con quel tono. L’immagine dei loro corpi abbracciati la trafisse come una stilettata, e si nascose il viso tra le mani quando avvertì un minuscolo barlume dell’antico odio riemergere tra i pensieri.
«Sigyn…»
Era Loki. Sigyn alzò lo sguardo e se lo trovò davanti, l’espressione sconvolta. Sembrava essersi risvegliato da qualche torpore, o essersi reso conto soltanto adesso di averle parlato. Sigyn rimase in silenzio, fissandolo con occhi stanchi. C’era un’ombra di rimpianto sul suo volto, ma lei non volle vederlo. Loki distolse lo sguardo e riprese a vagare per la stanza.
«Quando caddi dal Bifrost», esordì a voce bassa, «precipitai fino agli angoli più remoti dell’universo. Lì incontrai Thanos».
A Sigyn sembrò che Loki rabbrividisse a pronunciare quel nome, ma non avrebbe saputo dire di che natura fossero quei brividi - se di rabbia o, piuttosto, paura.
«In principio fu gentile con me», proseguì Loki. «Mi aiutò a riprendermi dalla caduta. Mi spiegò molte delle cose che avevo visto precipitando tra gli universi. Poi…» Fece una pausa, come se all’improvviso gli mancasse il fiato. Lanciò un’occhiata furtiva a Sigyn. «Poi scoprii che sapeva essere molto convincente. Conosceva molte cose su ogni universo, anche su quello che c’è
nella tua testa. Poteva entrarci. Poteva riempirla di dolore a suo piacimento».
Si voltò cercando la reazione di Sigyn, ma lei ascoltava in silenzio, gli occhi sgranati e un nodo nel petto. Voleva sapere la fine della storia, ma allo stesso tempo ne aveva paura. Le sembrò che Loki tentennasse per un attimo, che fosse sul punto di avvicinarsi, ma non lo fece e continuò a parlare.
«Così, quando mi propose un patto, non potei rifiutare. Voleva il Tesseract, il cubo cosmico che si trovava su Midgard. Io desideravo la mia rivalsa. Non mi importava di che natura fosse, volevo solo… Volevo
agire. Non potevo restare in un anfratto della galassia, dimenticato».
L’ultima parola vibrò nell’aria e Sigyn sussultò. La voce di Loki era intrisa di risentimento e di dolore e lei, dopo tanto tempo, aveva di nuovo paura.
«Gli promisi il Tesseract in cambio del dominio su Midgard», pronunciò Loki, voltandosi verso di lei. «Fallii. Non mi preoccupai di Thanos, perché sapevo che aveva bisogno del Tesseract per raggiungere altri mondi. Lui, però, mi ha trovato lo stesso». Fece una smorfia, quasi una risata. «Hai ragione, Sigyn: non era soltanto un sogno. Thanos è entrato nella mia testa. È vicino. Sta arrivando».
Sigyn si sforzò di assimilare con ordine tutte quelle informazioni, ma era distratta dagli occhi di Loki, fissi nei suoi e spaventosi come lampi nella notte. Non intendevano farle paura. I suoi occhi erano spaventosi perché erano pieni di spavento. Sembrava che il terrore gli si fosse congelato nello sguardo e fosse rimasto lì ad aspettare, e lei abbassò le palpebre, senza sapere cosa dire. Consolarlo sarebbe stata una pessima idea, e in quel momento lei aveva timore anche solo a sfiorarlo.
Sentì Loki sospirare e quando riaprì gli occhi lo vide ancora in piedi, di spalle, davanti alla finestra. Fuori il cielo si stava colorando di chiaro.
«Fuggirai?», gli chiese. Loki rise.
«A che pro? Mi raggiungerà ovunque».
«Devi affrontarlo, quindi».
Era una semplice constatazione, ma Loki la guardò come se avesse detto qualcosa di immenso.
«Suppongo di sì». La scrutò a lungo e Sigyn non poté sopportare altro. Si alzò e lo raggiunse.
«Devi chiedere al Padre degli Dei di restituirti i tuoi poteri».
Loki alzò un sopracciglio.
«Preferirebbe consegnarmi a Thanos».
«Come ti difenderai?»
Loki tacque per un istante e qualcosa di molto simile alla rabbia balenò nella sua voce. «Mi inventerò qualcosa. Mi invento sempre qualcosa».
«No, Loki, ascolta». Sigyn serrò le mani sul suo petto mentre le parole le scorrevano rapide tra le labbra. «Torna ad Asgard. Chiedi a Odino di restituirti i poteri e di prepararsi alla battaglia. Se dovesse arrivare un esercito…»
«Sarei ben contento se Thanos radesse al suolo Asgard e tutta la sua corte!» esplose Loki.
Sigyn si zittì di colpo, le mani ancora sul suo petto. Le lasciò scivolare via piano, mentre i propri incubi prendevano forma tra le parole di Loki come nuvole di fumo.
«E io?», mormorò. «Come difenderai me?»
Per la prima volta da quando lo conosceva, Loki le sembrò completamente perduto. La guardò come se si trovasse a miglia di distanza da lui, su una sponda lontana. Corrugò la fronte e quando parlò le sembrò che la sua voce tremasse appena.
«Farò di tutto perché tu sia al sicuro» disse.
«Allora parla con il Padre degli Dei», insistette Sigyn. «Se vuoi difendere me, difendi Asgard».


Quello era il motivo per cui non era mai stato in grado di figurarsi la propria vendetta con Sigyn accanto a sé. Sapeva che prima o poi avrebbe pronunciato quelle parole. Fece una smorfia, quasi divertito.
«Questo, Sigyn, è un ricatto».
Mentre lei inorridiva di fronte all’accusa, lui stesso inorridì pensando che, ricatto o meno, non avrebbe davvero potuto fare altrimenti. Non poteva difendersi senza i suoi poteri e Thanos avrebbe sicuramente portato con sé un esercito. La sua unica speranza di salvezza era riottenere il controllo sulla magia. Perciò doveva parlare con Odino - e questi avrebbe certo voluto organizzare una difensiva. Dubitava che lo avrebbe consegnato a Thanos, dopo tutta la fatica che aveva fatto per tenerlo in vita, anche se l’idea doveva sembrare allettante per un bel po’ di persone.
«Non voglio che tu muoia».
Loki si voltò per scoprire che gli occhi di Sigyn erano pieni di lacrime. Per un istante rimase spiazzato e sentì solo silenzio. Poi, ad un tratto, la consapevolezza di non essere
solo lo travolse come una valanga. Guardò Sigyn con il petto in fiamme, senza riuscire a parlare perché i pensieri nella sua testa erano troppi. Lui non aveva mai dovuto proteggere nessuno. Non in quel senso. Non gli era mai interessato. Adesso, invece, lo voleva.
Lei era l’unica che se lo meritava.
«Non succederà», mormorò, senza distogliere lo sguardo da lei. Poi le ombre fra i suoi pensieri si addensarono e lui guardò altrove.
«Torniamo ad Asgard».
Pronunciare quelle parole gli costò uno sforzo immenso, ma lo fece comunque. gli occhi di Sigyn brillarono di sollievo e lui ignorò il modo in cui il proprio cuore rispose allo sguardo.
«Vado a disporre per la partenza», disse lei, avvolgendosi in uno scialle. Si accigliò. «Mio padre non ne sarà contento».
«Se Lord Iwaldi troverà il modo di posticipare la visita di Thanos, sarò il primo a compiacersene» commentò Loki. Sigyn lo guardò come se il fatto che lui facesse dell’ironia in una situazione simile la stupisse, e gli sorrise.

Non voglio che tu muoia. Le sue parole gli si erano inchiodate dentro la testa e continuavano a risuonare, terribili. Loki la guardò lasciare la stanza con un nodo in gola.
La sua mente aveva un proprio modo di fargli assaporare il pericolo. Tutto gli appariva velocizzato, gli istanti erano più corti e frenetici, i pensieri ridotti all’essenziale, concentrati febbrilmente su quanto lo spaventava e lo costringeva a reagire. Ora si rendeva conto di non aver considerato abbastanza attentamente la possibilità del ritorno di Thanos. Si era lasciato distrarre dalla propria vendetta senza contemplare quella del suo vecchio alleato, che aveva creduto bloccato a distanza di universi. Doveva combatterlo, adesso, e doveva vincere. Probabilmente non sarebbe morto se avesse perso - no, quello sarebbe stato troppo poco. Thanos avrebbe trovato un modo per ricordargli ogni istante di essere ancora vivo. Si sarebbe premurato di fargli sentire quanto fosse
reale il dolore.
A quel punto arrivò la rabbia, risalendo le correnti della sua memoria e riscoprendo gli antichi torti per i quali si era tormentato a lungo. Niente di tutto ciò sarebbe successo se non fosse caduto dal Bifrost, se Odino non gli avesse risposto con quelle parole, se Thor non fosse tornato a rovinare ogni cosa. Si sentì fremere dall’ira mentre pensava che il destino aveva sempre avuto un modo beffardo di impedirgli che le cose andassero come voleva lui. Niente era mai andato come pensava. Lui ci aveva provato, certo. Si era anche sforzato di seguire le regole, ma non era valso a nulla e così le aveva infrante, cercando prepotentemente una strada sicura. Non aveva funzionato. Tutto quello che aveva costruito era crollato lo stesso. Ebbe l’impulso di chiederlo, di urlarlo, di ferirsi la gola nel tentativo di gettare fuori quella domanda.

Che cosa devo fare, allora?
L’immagine di Sigyn entrò nei suoi pensieri, costruendo un futuro in cui Thanos distruggeva ogni cosa trovasse sul suo cammino, lei compresa.
Devo combattere, pensò. Non aveva scelta. Si chiese avesse mai avuto veramente una scelta, nella sua vita.
Quando Sigyn tornò trafelata, Loki era pronto per partire. Osservò i segni stanchi che percorrevano il volto di sua moglie e gli si strinse lo stomaco. Mentre l'aiutava ad indossare il mantello, le sfiorò le spalle, pensò al modo in cui lo aveva guardato quella stessa notte, e si sentì in trappola.
Partirono tra le proteste esageratamente educate di Lord Iwaldi, lasciando il palazzo in silenzio, alle prime luci dell’alba. Inviarono un messaggero su una rapida cavalcatura affinché Odino fosse avvertito il prima possibile del loro arrivo e di una certa “emergenza”. Nessuno sapeva quale fosse il vero motivo del loro ritorno ad Asgard. Sigyn aveva detto a suo padre che si trattava di un’importantissima questione di stato e aveva insistito strenuamente quando lui si era opposto alla partenza. Loki l’aveva guardata basito per un istante. Sigyn aveva assunto un atteggiamento che lo sorprendeva. L’aveva già vista determinata in altre occasioni, ma mai come in quel momento. Cavalcava di fianco a lui con un’espressione decisa e battagliera che gli appariva completamente nuova e che non lo lasciava indifferente. Gli sembrava che Sigyn, in quel momento, potesse fare qualunque cosa. Decise che in presenza di Odino si sarebbe assicurato che Sigyn fosse rimasta al sicuro, qualunque cosa potesse accadere.
Non fecero che una breve pausa durante il tragitto. La tenda da viaggio venne montata frettolosamente e Sigyn si addormentò esausta non appena si distese sulle coperte. Loki invece rimase ben sveglio, gli occhi spalancati nel buio. Sapeva che dietro la cortina del sonno indugiavano i sogni, e Thanos sarebbe stato lì ad aspettarlo. Quindi lottò contro la stanchezza, lasciandosi distrarre dal peso leggero della testa di Sigyn sulla sua spalla. Al suo calore doveva ancora abituarsi. Rievocò i ricordi della sera precedente, scoprendo che doveva ancora abituarsi anche a quelli e che gli toglievano il respiro e lo scaldavano in un modo diverso da qualunque altra cosa. Ma dopo un po' anche quelle immagini svanirono nella notte, finché non si accorse che nel buio i pensieri tornavano ad assomigliare a quelli che avevano riempito il silenzio nei suoi giorni passati in cella, ossessivi e contorti, blocchi di ghiaccio nella sua testa.
Forse stava di nuovo aspettando la morte.
Quando ripartirono, Loki contemplò il pensiero della propria rivalsa, irritato all’idea di doverla mettere da parte. Aveva iniziato a credere che Sigyn potesse stare al suo fianco anche in quel frangente, ma proprio adesso che le cose sembravano aver trovato naturalmente il modo di incastrarsi fra di loro alla perfezione, tutto improvvisamente si era capovolto. Loki pensò a lungo alle congetture che non avrebbe potuto mettere in pratica. Ci pensò furiosamente, troppo seccato per lasciarsi andare al rimpianto. Ci pensò come se fosse ancora possibile metterle in atto.
Fu quando intravide all’orizzonte i bagliori metallici della città che capì. Sorrise senza poter nascondere l'esaltazione, mentre i pensieri si allacciavano l’un l’altro in perfetto accordo, concatenandosi e dando forma alla sua idea.
Gli avevano tolto i poteri, lo avevano tenuto prigioniero, avevano giocato con la sua vita scegliendo per lui prima la morte e poi la sopravvivenza, e adesso una minaccia terribile pendeva sul suo collo. Tuttavia, lui era il Dio degli Inganni. Lo era sempre stato, e l’inganno che aveva appena concepito non faceva che confermarglielo. Sorrise trionfante. L’euforia gli ribolliva nelle vene e lui si sentiva sveglio e vigile, e vivo. Gli dava una certa soddisfazione ricordarsi di essere ancora sé stesso.
Il messaggero che avevano mandato avanti li aveva preceduti di parecchie ore, e quando arrivarono ai cancelli di Asgard trovarono un drappello di guardie ad accoglierli. Una di esse gli si avvicinò non appena fu sceso da cavallo.
«Principe Loki», disse la guardia. «Il Padre degli Dei vi attende».
«Molto bene». Quelle parole gli suonarono assurde, eppure le pronunciò senza fare una piega. Poi si voltò verso Sigyn. Era pallida pallida e stanca, ma stava dritta in piedi accanto a lui con la stessa espressione decisa di prima. Loki corrugò la fronte. Sapeva già che ciò che avrebbe detto non le sarebbe piaciuto.
«Vi prego di scortare Lady Sigyn alle nostre stanze e di assicurarvi che sia al sicuro».
La guardia fece un cenno d’assenso nello stesso istante in cui Sigyn lo fulminò con lo sguardo. I suoi occhi bruciavano di disapprovazione. «Non intendo-»
«Non saresti comunque ammessa alla presenza di Odino in questo frangente», la interruppe Loki.
«Sono tua moglie!» replicò lei indignata.
«Appunto. Devi stare al sicuro».
Non poteva dire quello che pensava veramente, non davanti alle guardie e ai cortigiani curiosi che spiavano dalle finestre del palazzo. Le lanciò un’occhiata eloquente, e Sigyn parve capire.
«Bene, allora» acconsentì, ma la sua espressione non si era affatto addolcita. Per un attimo parve esitare, poi si allontanò seguita dalle guardie con l’incedere di una regina. Quella sua fierezza non era emersa che a tratti fino a quel momento, ma adesso splendeva come una fiamma, alimentata dal pericolo. Loki pensò che era meravigliosa. Sarebbe stata una regina saggia e forte, quando lui fosse diventato re.
La guardò allontanarsi, poi si incamminò verso la sala del trono dove era atteso dal Padre degli Dei. Si preoccupò di occultare con cura la propria baldanza mentre si avvicinava, mascherandosi il volto con un’espressione grave. Dentro al petto però sentiva ancora quell’inarrestabile euforia che nasce con le idee inaspettate. Aveva un che di liberatorio. Si permise di assaporarla finché, a pochi passi dal grande portone della sala del trono, si trovò spiazzato realizando che avrebbe dovuto parlare con suo padre. Era passato parecchio tempo dal loro ultimo dialogo e non si erano certo lasciati nel migliore dei modi. E poi gli doveva chiedere di restituirgli i poteri, e di difendere Asgard - che era come difendere lui, perché era lui che Thanos voleva. Era umiliante. Loki strinse le labbra, mentre una guardia apriva il portone. Ce l’avrebbe fatta. Alla fine si trattava di fingere, e lui in questo era bravo. Poco importava se fosse doloroso.
Non appena mise piede nella sala del trono si rese conto che qualcosa che non andava. Thor era in piedi alla destra di Odino, e accanto a lui Sif e i Tre Guerrieri aspettavano in silenzio. Loki non riusciva a spiegarsi la loro presenza. Si avvicinò con la consapevolezza dei loro sguardi torvi su di sé.
«Inizio a chiedermi che cosa vi abbia veramente riferito il messaggero», commentò quando fu abbastanza vicino. Nessuno colse l’ironia.
«Ha parlato di un’emergenza», rispose Thor. Loki roteò gli occhi. Fece per parlare, ma la voce di Odino sovrastò la sua, terribile non per la sua potenza, ma per le sue parole.
«Lui ti ha trovato. Non è così, Loki?»
Loki batté le palpebre. Lo sconcerto che avrebbe dovuto essere di Odino era impresso sul suo volto.
«Come…»
«Fin dall’inizio ho creduto che il tuo deluso alleato sarebbe partito alla ricerca del Tesseract e di te medesimo, dopo l’esito del conflitto su Midgard. Ora, ho ragione di credere che ti abbia trovato»
Non avevano scambiato che poche parole e Loki già sentiva la rabbia premere contro la gola. Si sforzò di ignorarla e il suo volto si tramutò in una maschera impassibile.
«Il suo nome è Thanos», disse. «E, sì, mi ha trovato».
Rimase in attesa di una reazione, ma i presenti lo fissavano senza parlare. Loki ingoiò la rabbia ancora una volta e proseguì.
«È una creatura potente. Dispone di un vasto esercito e non ho dubbi che ne farà uso. Ha una particolare abilità nel muoversi negli intelletti altrui e nel controllarli. È così che ho saputo del suo arrivo. Mi ha visitato in sogno, il che significa che è abbastanza vicino da poter accedere alla mia mente nel momento in cui non ne ho il pieno controllo».
«Perché ti avrebbe annunciato il suo arrivo?», lo interruppe Sif. «Se vuole attaccare Asgard, è improbabile che voglia gettar via così il fattore sorpresa».
«Lo ha fatto perché è la paura è la sua arma», replicò Loki senza staccarle gli occhi di dosso. «Lui vuole essere atteso. Vuole che aspettiamo e che anneghiamo nel terrore al pensiero che potrebbe essere qui da un momento all’altro. Ad ogni modo, non mancherà molto al suo arrivo. Deve essere vicino, se ha potuto far breccia nella mia mente».
«Non ci faremo trovare impreparati», esclamò Thor. «Padre, dobbiamo organizzare immediatamente la nostra difesa».
«Se lo scontro avrà luogo qui, sarà opportuno mettere in salvo i cittadini», osservò Fandral. I guerrieri presero a parlare della possibilità di attirare l’esercito lontano dalla città e scegliere un altro sito per lo svolgersi della battaglia. Loki rimase in disparte, osservando il minuscolo germoglio della sua vendetta attecchire di nascosto.
«Se Thanos è vicino, Heimdall potrebbe scorgerlo e prevedere il luogo del suo arrivo», disse Thor.
«A questo provvederemo quanto prima», ribadì Odino. Poi volse lo sguardo su Loki e per un istante il Dio degli Inganni si sentì gelare. «Loki, che cos’altro ci puoi dire su questo nemico?»
Loki parlò a lungo di ciò che aveva scoperto su Thanos - della maestria nell’innescare il dolore, della sua capacità di muoversi nell’universo delle sue vittime - evitando di menzionare il fatto di aver sperimentato molte di quelle cose sulla sua pelle. Quando ebbe detto ogni cosa, esitò un attimo prima di domandare ciò che doveva.
«Ho due richieste da sottoporvi» disse, lo sguardo basso. Odino corrugò la fronte.
«Di che cosa si tratta?»
Loki si lasciò distrarre per un attimo dal pensiero che, per tutta la durata dell’incontro, Odino non aveva mai mostrato di dubitare della sua sincerità. Aveva notato lo sguardo ostile di Sif e quello preoccupato degli altri guerrieri e di suo fratello, ma Odino era rimasto impassibile. Dopo tutto quello che era successo, dopo il loro ultimo sventurato dialogo, lo ascoltava come se niente fosse. Avrebbe mille volte preferito la furia del Padre degli Dei a quella sua insopportabile benevolenza.
«Chiedo che sia garantita a mia moglie la massima sicurezza», esordì. «Che sia fatta ogni cosa affinché non le venga recato danno quando la battaglia avrà luogo. E che… i suoi diritti restino inviolati, qualunque cosa accada».
Fu lo sguardo confuso dei suoi antichi compagni di avventure che lo irritò. Thor invece lo guardava con ammirazione, il che era ancora peggio.
«È una richiesta ragionevole», rispose il Padre degli Dei. «Sarà fatto».
Aveva messo in salvo Sigyn, ora doveva fare lo stesso per sé. Guardò Odino, consapevole che il proprio viso nascondeva perfettamente il proposito segreto della sua domanda.
«Chiedo inoltre che mi siano restituiti i miei poteri, così da poter mettere fine all’esistenza di Thanos con le mie stesse mani».
Sentì chiaramente il soffocato sconcerto provenire dai presenti, ma non distolse lo sguardo dal Padre degli Dei. Lo sostenne a lungo, finché non vide qualcosa incrinarsi nella sua espressione. A quel punto, Loki seppe di aver vinto.
«Non prendo questa decisione a cuor leggero, ma l’alternativa significherebbe non permetterti di scendere in battaglia, il che sarebbe poco onorevole», disse Odino. «Per tanto, quando arriverà il momento, i tuoi poteri ti saranno restituiti».
«Padre degli Dei!» Sif fece un passo avanti. «Chi ci garantisce che Loki non sia ancora alleato con Thanos? Restituendogli i poteri, ci mettete tutti in grave pericolo».
«Ti assicuro che ti chiarirai le idee, Sif, quando vedrai Thanos cercare di uccidermi sul campo di battaglia», ribatté Loki, freddo. Tuttavia dovette riconoscere che i dubbi di Sif erano ragionevoli. È incredibile, pensò. Per una volta che diceva la verità… be’, quasi tutta la verità.
«È deciso», scandì Odino alla fine, e Loki nascose un sorriso di trionfo. Quando lasciò la sala, dopo aver parlato a lungo dei provvedimenti da prendere in vista della battaglia, si sentiva euforico quanto prima. Dentro di lui, da qualche parte molto in profondità, si annidava un terrore smisurato, lo stesso mondo buio in cui aveva passato il suo tempo aspettando la morte nelle prigioni del palazzo. In quel momento però non lo vedeva e non lo sentiva. In quel momento pensava a come ogni piccolo ingranaggio fosse stato posizionato correttamente, pronto a funzionare e a mettere in moto la sua vendetta. Era stato immobile a lungo, troppo a lungo, ma adesso che era ripartito non si sarebbe più fermato. Era più forte di lui. Ne era attratto senza rimedio. Lui doveva vendicarsi e doveva vincere. Con un po’ di fortuna, avrebbe avuto entrambe le cose.
D’altronde, pensò incamminandosi verso le proprie stanze, in battaglia poteva succedere qualunque cosa a chiunque. Anche al Dio del Tuono, o al Padre degli Dei. Forse non avrebbe nemmeno dovuto ucciderli, e gli avrebbero fatto il favore di morire da soli.


Solo quando si era chiusa la porta alle spalle Sigyn si era resa conto di quanto fosse terribile la situazione in cui si trovava. Fino a quel momento aveva respinto il panico cercando di farsi forza in ogni modo possibile, ma adesso, improvvisamente, si sentì travolgere da ogni frammento di paura che aveva rifiutato. Sopraffatta, ebbe un capogiro e fece appena in tempo a trascinarsi fino al letto.
Erano in pericolo. Questo, più che saperlo, lo sentiva. Era nell’aria, era tra le loro parole, nei loro gesti e nei loro sguardi. Lo respirava, lo percepiva, lo avvertiva dentro di sé. Era quell’ansia sottile che le aveva reso difficile riposarsi la notte prima, era il battito sempre rapido nel suo petto, era la nebbia che soffocava i suoi pensieri. Era una paura diversa da quella che aveva provato quando era stata mandata da Loki nelle prigioni. Questa paura era un velo appiccicoso su ogni istante della veglia.
Sigyn chiuse gli occhi e aspettò che l’ondata di panico andasse via. Aspettò anche che Loki ritornasse, ma quando si fu calmata lui non si era ancora fatto vedere. Pensò al suo faccia a faccia con il Padre degli Dei, dopo tutto quel tempo. Pensò alla faccenda dei poteri e sperò con tutto il cuore che, se li avesse ricevuti, Loki li usasse per difendersi e non per qualcos’altro. Temeva davvero che non sarebbe stato così. Forse Odino gli avrebbe impedito di scendere in battaglia, poiché Thanos voleva ucciderlo. L’idea la riempì per un attimo di speranza, ma sapeva che Loki non avrebbe mai potuto accettare un simile compromesso. Era sciocco da parte sua immaginare una soluzione del genere. Doveva vedere in faccia la realtà: Loki sarebbe sceso in battaglia e forse sarebbe tornato, o forse no.
Sentì il calore spinoso del terrore scivolare di nuovo nel petto, e affondò la testa nel cuscino. Non aveva nemmeno potuto pensare a quello che era successo tra loro due. Si era concessa a lui e lo aveva fatto con una fiducia che quasi l’aveva spaventata, e ancora non riusciva ad accettare il motivo. Lo sapeva, ma non lo voleva dire. Lo sapeva, ma ne aveva paura. La irritò pensare di essere sempre così spaventata. Non aveva fatto altro che avere paura, fin dall’inizio.
Si alzò, furiosa con sé stessa. Uscì sulla terrazza e osservò Asgard riflettere la luce del giorno, mentre cercava di sentirsi forte e determinata ad affrontare il pericolo. Non ci riuscì, non come avrebbe voluto.
In quel momento sentì il rumore della porta che si apriva. Si voltò e vide Loki varcare la soglia. Rientrò immediatamente, quasi di corsa.
«Ebbene?» gli chiese.
Loki alzò lo sguardo su di lei e Sigyn si irrigidì. Negli occhi di Loki c’era un bagliore antico, una luce che aveva visto molto tempo prima, nel buio della sua cella. Ma durò solo per un istante. Loki distolse lo sguardo e si sedette stancamente sul letto.
«Attenderemo Thanos con un esercito. Quando arriverà, saremo preparati». Tacque per una manciata di secondi. «Al momento opportuno, mi saranno restituiti i miei poteri».
Sigyn si sforzò di sorridere, ma nel suo cuore si era aperta una voragine. «Se non altro era quello che volevi, no?»
Curiosamente, Loki ignorò le sue parole.
«Mi sono accertato che tu stia al sicuro durante lo scontro», proseguì. «Ci sono delle camere apposite, nascoste nel palazzo, dove ti rifugerai con la Regina. Tua cugina può venire con te. Resterai lì e non uscirai per nessun motivo».
Le aveva parlato con un tono così perentorio che per un istante Sigyn rimase spiazzata. Poi si rese conto che Loki era preoccupato tanto quanto lo era lei, e una stilla di panico riprese a danzare nel suo petto.
«Sarò al sicuro, te lo prometto» rispose. Esitò, prima di continuare. Loki non le aveva rivolto che l’ombra di un sorriso e adesso fissava il vuoto con quell’espressione che indossava sempre quando si perdeva tra i suoi pensieri. Sigyn fece scivolare lentamente la propria mano tra le sue, e per un po’ rimasero così, in silenzio.
«Pensi che arriverà presto?», gli domandò.
«Sì», disse Loki. «Manca poco. Heimdall potrebbe riuscire a scorgerlo, quando sarà abbastanza vicino, così da darci la possibilità di muoverci e raggiungere il luogo del suo arrivo». Fece una pausa. «Credo che ormai sia questione di ore».
Sigyn tacque, aspettando che anche la paura facesse silenzio dentro di lei. Non capì come Loki avesse interpretato la mancanza di una risposta, perché quando le parlò la sua voce aveva assunto una sfumatura di dolore.
«Sigyn, se non dovessi tornare…»
«Tornerai», lo interruppe lei.
Loki la fissò senza aggiungere altro. Per qualche istante si guardarono e basta. Il suo sguardo indugiò su di lei come una carezza e per un attimo a Sigyn sembrò che le stesse dicendo addio. Gli strinse le mani più forte, pensando che non voleva perderlo, non voleva davvero, che avrebbe fatto qualunque cosa, dato qualunque cosa perché tornasse sano e salvo. Ma lui sarebbe tornato. Con i suoi poteri si sarebbe potuto difendere e sarebbe tornato da lei. Cercò la conferma nei suoi occhi, ma non la trovò. Quindi lo baciò, perché fosse lui a trovare la conferma in lei.
Quella notte fecero di nuovo l’amore e Sigyn si impose di non pensare che forse sarebbe stata l’ultima volta. Si accorse che questa volta il dolore era minore e lei riusciva ad ascoltare meglio il ritmo dei loro corpi. Sussurrò il suo nome nel buio e lo sentì fremere. Accarezzò il suo profilo e cercò le sue labbra finch ad entrambi non si chiusero gli occhi.
Dopo qualche ora si svegliò, scoprendo che Loki era in piedi accanto alla finestra. Il cuore stritolato dall’angoscia rimpiangeva già il dolce oblio del sonno, ma Sigyn si alzò lo stesso. Loki la sentì e si voltò verso di lei mentre.
«Perché sei sveglio?», chiese Sigyn, sforzandosi di non apparire preoccupata.
«Non posso dormire», spiegò Loki. «Thanos visiterebbe i miei sogni».
Non sembrava che restare sveglio fosse un peso per lui, ma Sigyn riconobbe la stanchezza nel modo in cui corrugava la fronte.
«Torna a dormire» le disse. In risposta, Sigyn scivolò nel suo abbraccio.
«Ti farò compagnia».
Loki si accigliò. «Hai bisogno di riposare».
Sigyn non rispose, né si mosse. Sentì Loki sospirare, ma anche stringerla più forte tra le sue braccia.
Rimasero insieme ad aspettare l’alba e il giorno senza fine che avrebbe portato con sé. Mentre attendeva la luce del sole, Sigyn pensò che non avrebbe mai voluto che la notte finisse.
Ma poi, quando sentì il clangore delle armi spezzare il silenzio, Sigyn seppe che la notte era finita.















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Era molto importante per me che Loki rimanesse sé stesso. La storia con Sigyn è importante, ma non lo ha certo fatto diventare "buono". Lui è sempre lui.
Questo è un capitolo di transizione, un anello che collega due momenti molto importanti della storia, ma è anche il primo capitolo della parte finale. Ci siamo quasi!

Ancora una volta, grazie per tutto il vostro sostegno meraviglioso. Per le recensioni, per il vostro supporto su facebook, per il passaparola che sta portando qui un sacco di nuovi lettori.
A proposito, ultimamente tanti nuovi lettori mi chiedono quando pubblico, quindi ricordo a tutti che pubblico un nuovo capitolo ogni sabato.

Ringrazio per le recensioni allo scorso capitolo: _Elentari_, Alkimia187, Butterfly90, Evilcassy, AcrossTheSea, Silvia91, AliceWilliams, KikkaMj, LittleBulma, Aires89, Nat_Matryoshka, TsunadeShirahime, SvaneH, Crisscolfersara, Efy, Dietrich, Outofmyhead, semperadreamer, DarukuShivaa, camomilla17, Artemis Black, Elweren, SenzaNome, Kashmir, EffEDont, _Zazzy, Bored94, FrancescaAkira89, Warumono, Hiddle

Importante: da oggi in poi non farò più le "liste di ringraziamento" per chi ha inserito la storia tra le seguite, preferite, ricordate, perché... siete troppi! Non ci sto proprio dietro... Spero che capirete. Non avrei mai pensato che avrei dovuto lasciar perdere le liste perché sarebbero state eterne, è pazzesco. Io non so davvero come ringraziarvi. Anche voi che leggete e basta. E voi che state lasciando tutte quelle segnalazioni per le storie scelte! Siete stupendi.

Tuttavia, per ringraziarvi per aver superato la soglia delle 400 recensioni, ho una sorpresa per voi! http://www.youtube.com/watch?v=dcVRH1vfVzw&feature=share
Fatemi sapere che ne pensate :)

Vi ricordo anche che, se siete nuovi lettori, potete farmi la richiesta di amicizia su facebook: https://www.facebook.com/eleuthera.efp
E potete anche farmi una domanda su questo sito: ask.fm/Eleuthera

Un grandissimo abbraccio a tutti!
Au revoir,
Eleu

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Capitolo 22
*** The promise ***


THE PROMISE

Sussultò e strinse forte il braccio di Loki, cercando ansiosamente il suo viso. Si era voltato verso la porta, immobile come una statua, gli occhi spalancati, e la fissava come se qualcuno stesse per entrare da un momento all’altro. La porta rimase chiusa, ma c’erano passi e rumori metallici e grida lontane al di là della stanza. Sigyn si rese conto di trattenere il fiato.
Poi Loki la guardò con un’espressione tanto grave da farle venire i brividi.
«Devo andare», disse soltanto, ma a Sigyn bastò. Schiuse le labbra per replicare, ma era scivolata in un vortice di vertigini e freddo e nessuna voce usciva dalla sua gola. Si aggrappò a lui, cercando di recuperare la lucidità. Chiuse gli occhi e appoggiò la fronte sul suo petto nel tentativo di allungare quell’istante anche solo di una briciola di tempo. Loki le sfiorò la schiena con dolcezza, quasi con rimpianto. Poi la scostò con decisione e l’istante finì per sempre.
La prese per mano e uscì dalla porta insieme a lei. Il corridoio era deserto, ma l’eco del clangore risuonava tra le pareti lucide. Per la prima volta Sigyn pensò che quel posto era spettrale, con quel suo modo di catturare i suoni e le voci, con quelle sue pareti che riflettevano le immagini imprigionandole sotto la superficie. Improvvisamente le sembrava tutto spaventoso.
Loki la trascinò con sé nei meandri del palazzo camminando con passo deciso, senza voltarsi. C’erano così tante cose che Sigyn avrebbe potuto sentire, in quel momento, eppure non ne provava neanche una. La sua mente era immersa nella nebbia, in un limbo ovattato. Il battito del cuore pulsava nei timpani.
Iniziò a reagire quando vide il primo drappello di soldati tagliare loro la strada. Se li vide davanti e pensò che avrebbero potuto non tornare; poi pensò lo stesso di Loki e il rumore del proprio battito nei timpani divenne un rombo sordo. Una sorta di silenzio, quasi. Si voltò verso Loki, osservando la sua fronte corrugata e gli occhi seri. Avrebbe voluto che si fermasse e l'abbracciasse forte, che la baciasse promettendole che non gli sarebbe accaduto nulla, ma non lo fece. Ricacciò indietro le lacrime mentre si dirigeva con lui verso la Sala del Trono.
Un attimo dopo incrociarono Thor. Non appena li vide si illuminò di una luce scura. Si affiancò al fratello e iniziò a confabulare qualcosa che Sigyn non riuscì a sentire.
Aveva l’impressione tremenda di non avere alcun appiglio su tutto quello che stava succedendo. Il tempo scorreva attorno a lei, senza controllo. Si trovò nella Sala del Trono quasi senza accorgersene. Odino indossava un’armatura da battaglia; era una vista che ispirava rispetto e Sigyn chinò il capo in segno di saluto. Frigga si ergeva accanto al marito con un’ombra di preoccupazione nel suo portamento regale. I Tre Guerrieri e Sif rivolsero le rivolsero uno sguardo grave, ma parvero dimenticarla in fretta.
«Thor ha detto che Heimdall è riuscito a scorgerlo», stava dicendo Loki.
«Sì», confermò Odino. «Heimdall ha intravisto Thanos viaggiare tra gli universi. Sarà qui a breve. Dobbiamo partire immediatamente».
Loki si voltò verso di lei e Sigyn si accorse di tenergli ancora la mano.
«Lady Sigyn». Odino aveva lo sguardo severo di chi si sta preparando ad una guerra e non cambiò espressione nel rivolgerle la parola. «Vi recherete subito ai rifugi destinati alla famiglia reale. Vostra cugina vi sarà scortata al più presto».
Subito Frigga fu accanto lei, una mano sul suo braccio. «Andiamo, mia cara».
Sigyn si guardò intorno, smarrita. Era come se nel bel mezzo di tutta quella confusione avesse improvvisamente intravisto da una certa distanza il momento che stava vivendo, chiaro e definito.
Si voltò di nuovo verso Loki e vide nei suoi occhi la conferma dei propri pensieri. Era quello il momento dell’addio, l’istante che aveva atteso per tutta la notte sperando che non arrivasse mai.
Invece era arrivato, così come il matrimonio, come la prima notte di nozze. Arrivò come arrivano tutte le cose che sembrano impossibili.
Sembrava che tutti avessero una gran fretta, ma lei voleva solamente che quel momento rallentasse il più possibile. Si strinse a Loki, pensando ossessivamente che quella poteva essere l’ultima volta in cui avrebbe sentito le sue braccia attorno a sé.
Loki la guardò con gli stessi occhi seri di prima.
«Resta al sicuro», le intimò con un tono così autoritario che Sigyn annuì d’istinto. Sentiva il tempo scivolare via ed ogni istante era un tesoro bruciato. Le sembrò che Loki stesse per aggiungere qualcosa, ma non lo fece, e lei pensò disperatamente a cosa dirgli.
Ma non c’era tempo. Loki si chinò su di lei, le impresse un breve bacio sulle labbra e un istante dopo Sigyn aveva oltrepassato la soglia insieme a Frigga, diretta quasi di corsa verso una meta di cui era ignara.
Combatté con ogni sua forza per non voltarsi e tornare indietro, finché non si rese conto che era troppo tardi. Rifiutò con rabbia il dolore sordo che le pesava nel petto. Era furiosa perché aveva la sensazione di essere stata strappata via da Loki da un momento all’altro, ancora prima di accorgersene. Era furiosa perché non gli aveva detto nulla. Seguì la Regina come un fantasma, perduta in sé stessa. Lungo la strada Grete si unì a loro. Tremava di paura e abbracciò Sigyn in lacrime.
«Che cosa sta succedendo?», mormorò.
«Ci sarà una battaglia», rispose stancamente Sigyn. «Ci stanno portando al sicuro».
«Ma perché sei tornata?», chiese Grete. Poi spalancò gli occhi, e abbassò la voce per non farsi sentire dalla Regina. «È… Loki, vero? Ha attaccato Asgard e-»
«No!» esplose Sigyn, senza permetterle nemmeno di finire di parlare. «La sta difendendo. Là fuori, insieme a tutti gli altri».
Grete rimase di stucco e non aggiunse altro. Sigyn guardò il vuoto, sentendosi divorare dalla rabbia e pensando che Loki stava difendendo Asgard perché lei glielo aveva chiesto. Il groppo in gola la lasciò senza fiato. La sua mente era annebbiata come dalla nostalgia, una malinconia aspra e dolorosa. Un nodo nel cuore, qualcosa che non era riuscita a dirgli, ma non capiva che cosa…
Fu proprio allora che lo vide.
Stavano scendendo al livello inferiore del palazzo. L’unica finestra del breve corridoio era grande e luminosa. Sigyn guardò distrattamente oltre il vetro, scoprendo che la visuale s’apriva su un cortile interno gremito dai soldati. Alcuni di loro stavano varcando i cancelli in fila compatte, e Loki e Thor sbucarono in quel momento dal portone di quella che Sigyn capì essere la scuderia.
Si fermò lì dov’era, attonita. I due principi stavano conducendo le proprie cavalcature, le briglie in mano e lo sguardo pesante. Indossavano entrambi elmo e armatura. Sigyn li osservò senza respiro. Pensò che Loki avrebbe alzato lo sguardo su di lei senza preavviso, proprio come quando lei lo aveva visto varcare i cancelli di Asgard e lui l’aveva inchiodata con i suoi occhi di ghiaccio. I pochi istanti che passò alla finestra le sembrarono eterni. Continuò ad aspettare che Loki alzasse lo sguardo verso di lei, anche quando sentì Grete e Frigga chiamarla. Poi, quando capì che Loki non l’avrebbe guardata - perché queste cose non succedono mai quando devono - si voltò e corse verso le scale.
La voce di Grete la inseguì lungo la scalinata e allora Sigyn corse più forte, cercando l’uscita con una lucidità che fino a poco prima non aveva neanche sperato di avere. Trovò la porta che dava sul cortile, spalancata, la soglia affollata dal via vai dei soldati. Sgattaiolò fra loro, cercando un passaggio e lottando quando qualcuno tentò di fermarla. Non seppe come, ma ad un certo punto oltrepassò l’ingresso e si trovò inghiottita nella calca. Cercò con lo sguardo la sagoma imponente di Loki, sentendo un brivido di disperazione quando si rese conto di non riuscire a trovarlo. Poi all’improvviso non ci fu più nessuno di fronte a lei. Quando si trovò davanti Loki capì che era stato lui a vederla e che tutti si erano spostati per lasciarlo passare. Rimase senza respiro, perché Loki era davvero impressionante, con quell’elmo che lo faceva sembrare ancora più alto e gli occhi privi di sorriso. Per un attimo pensò che fosse arrabbiato, ma quando lo abbracciò lui non oppose resistenza.
«Sigyn, quale parte di “restare al sicuro” non ti è chiara?», le domandò Loki scostandosi da lei ma tenendola sempre vicina, e Sigyn si sorprese a sorridere alla nota d’ironia che aveva ammorbidito la sua voce.
«Perdonami», disse. «Ti ho visto dalla finestra, e… Prima io non…»
«Sigyn». Loki la interruppe e Sigyn si accorse che il suo sguardo era cambiato. C’era un’ombra di impazienza. Di fretta, come se il tempo avesse potuto rubargli le parole prima di poterle pronunciare. Loki si chinò in avanti, abbreviando la distanza tra di loro e celando il proprio dialogo a chiunque li circondasse. «Ti ricordi quando ti dissi che non mi importava nulla di te».
Non era una domanda, ma Sigyn rispose lo stesso. «Sì».
Era un episodio lontano, ma scoprì di ricordarlo benissimo. Faceva ancora male, e lei abbassò lo sguardo.
Loki fece una pausa. «Mentivo», rispose.
Sigyn alzò gli occhi, incapace di aggiungere nulla, perché con quella parola Loki le aveva detto tutto.
Con il cuore in fiamme, lo baciò a lungo consapevole che quello poteva essere l’ultimo bacio. Lo impresse nella memoria e quando si scostò da lui lo guardò con tutta la forza e la decisione di cui era capace. «Uccidi Thanos», disse. «E ritorna da me».
Loki non rispose, ma nel suo sguardo Sigyn capì che le aveva fatto una promessa. La guardò ancora a lungo, lo sguardo nervoso di chi deve andarsene ma vorrebbe restare; poi le lasciò un breve bacio sulle labbra, e andò.
Sigyn lo osservò salire a cavallo mentre una nausea feroce le stringeva lo stomaco. Sentì dei passi dietro di sé, una mano sulla sua spalla: era Grete, pallida e preoccupata. Sigyn non riuscì a fare altro che ignorarla. Non perse di vista Loki nemmeno per un secondo. Adesso, tutt’ad un tratto, riviveva nella sua mente ogni memoria di loro due, rivedeva il suo sguardo folle e la museruola, le sue parole astute e il sorriso di cui lei non aveva più paura.
Fu quando Loki varcò il cancello e sparì dalla sua vista che Sigyn si rese conto di amarlo, e di non averglielo detto. 



Mentre raggiungeva il Padre degli Dei in testa all’esercito, Loki provava una tale amarezza quasi da dimenticarsi di avere di nuovo i poteri. Era stata una sensazione inebriante, in principio. Era stata questione di un attimo. Prima di lasciare la sala del trono Odino aveva proteso lo scettro verso di lui e gli aveva restituito la piena padronanza dei suoi poteri magici. Tutti quei mesi passati a rimpiangere l’assenza della magia e adesso, in meno di un istante, era tornato tutto come prima. Si era lasciato travolgere dall’euforia, incredulo, mentre ascoltava dentro di sé lo scorrere dell’energia di cui era stato privato così a lungo. La padronanza della magia era qualcosa che lo aveva definito da sempre, che faceva parte di lui. Adesso che la possedeva di nuovo, era come essere tornato sé stesso.
Il suo entusiasmo però non era durato a lungo. I preparativi per la battaglia lo avevano travolto e finalmente si era reso conto che il pericolo era lì, era arrivato, ed era per lui. Aveva fatto appello ad ogni frammento di autocontrollo per mantenersi saldo e vigile e per non cedere all’angoscia. Aveva cercato disperatamente di non pensare a Sigyn e ci era riuscito, finché non se l’era trovata davanti.
Adesso, mentre cavalcava davanti all’esercito con Thor e con Odino, Loki combatteva in silenzio per nascondere dentro di sé l’immagine di Sigyn che lo cercava tra la folla, per far tacere la sua voce.

Torna da me. Sarebbe tornato. Voleva tornare. Ma se Sigyn avesse saputo ciò che stava per accadere sul campo di battaglia, forse non gli avrebbe chiesto di tornare da lei.
Il pensiero gli fece molto più male di quanto avesse immaginato. Non era arrivato soltanto il momento della battaglia, era arrivato anche il momento in cui Sigyn avrebbe capito che si era sbagliata su di lui, che si era
davvero sbagliata. Il momento in cui avrebbe cambiato idea.
Per questo Loki sapeva che, se fosse tornato o meno, era stato comunque un addio. Per questo le aveva detto la verità. L’aveva detta a sé stesso da molto tempo, ma mai a Sigyn. E voleva che lei la sapesse, prima di cambiare idea, prima di dimenticarsi di lui, di com’era stato, prima di scoprire com’era veramente.
Non c’era un alito di vento nel luogo prestabilito per lo scontro. Heimdall aveva saputo prevedere il punto di arrivo di Thanos e del suo esercito e loro lo avrebbero aspettato lì, sulla cima di una collina spoglia. Avevano parlato di tattiche e di strategie, avevano orchestrato la battaglia rapidamente ma con precisione, eppure Loki si rese conto che la sua mente era vuota. Quel falso silenzio che precedeva lo scontro s’insinuava sotto la pelle. Non era l’assenza di vento, il mormorio dei soldati: era un silenzio nella testa, un deserto dei pensieri. Loki lo aveva già sentito molte volte e sapeva che c’era chi ne impazziva e non se ne liberava mai più.
Attese. Si ritrovò a pensare di essere diventando alquanto bravo ad attendere – in fondo non aveva fatto altro per tutta la vita. Poi però pensò che questa volta non era il solo ad aspettare. C’era qualcun altro che attendeva al sicuro, nascosta nel palazzo le cui torri splendevano indifferenti nell’alba fredda. Aspettava il suo ritorno.
Loki si chiese se quel nodo tremendo nel petto fosse il prezzo da pagare per non essere più solo.
«Non ti ricorda i vecchi tempi, fratello?» Thor, accanto a lui, forzò un tono baldanzoso che Loki giudicò subito irritante.
Alzò un sopracciglio. «No, affatto».
«La differenza è che un tempo ero io a trascinarti in battaglia. Questa volta, invece, è stato il contrario», proseguì Thor. Loki gli lanciò uno sguardo di pietra.
«Se la cosa non t’aggrada, avresti potuto consegnarmi a Thanos» ribatté aspramente. L’espressione di Thor cambiò all'istante. Perse ogni traccia di spavalderia e si velò di tristezza.
«Non avrei mai potuto fare una cosa simile», mormorò. Loki distolse lo sguardo. Dentro di sé sentiva affiorare un magone che sapeva di non poter sopportare.
«Se ancora dubiti del nostro affetto, guardaci adesso», proseguì Thor. «Combattiamo insieme il tuo nemico-»
«Difendete Asgard e il Tesseract», lo corresse Loki con voce stentorea.
«Difendiamo te», replicò Thor. Prima che l’altro potesse reagire, gli mise una mano sulla spalla. «Loki, so che mai più vorrai essere mio fratello. Ma per questa volta, combatti al mio fianco come se lo fossi».
Loki si scrollò di dosso la sua mano, gli occhi ridotti a due fessure, nel cuore la malinconia che aveva cercato di evitare. «Io non…»
In quel momento il cielo esplose.
L’alba si squarciò come pelle contro un coltello e Loki fissò stupefatto la voragine aprirsi davanti ai suoi occhi. Era calato un silenzio terribile. Non era più la quiete prima della tempesta, era l’istante immediatamente precedente, era l’ultimo singhiozzo di attesa. Il cielo sventrato rimase immobile per una manciata di secondi, rosseggiando come una ferita. Poi arrivò un gran fragore e un attimo dopo il varco brulicava di Chitauri, i loro corpi squamosi che si urtavano l’un l’altro nella foga di uscire.
Loki si accorse di aver la bocca secca. Deglutì, scambiò senza volerlo uno sguardo con Thor e scoprì che gli occhi del fratellastro erano lo specchio dei propri, sgranati e pieni di quella luce che illumina lo sguardo prima della battaglia, una luce scura, un misto di terrore e adrenalina.
Odino gridò qualcosa, probabilmente un incitamento alla battaglia. Loki non ci fece nemmeno caso. La sua testa si stava svuotando, un pensiero alla volta, un gesto graduale ma assoluto. Quando si lanciarono contro i primi Chitauri, già pensava solo a vivere.
Il primo assalto della cavalleria Asgardiana si infranse bruscamente contro le fila disordinate dei nemici. Loki si trovò presto inghiottito nella marea indistinta di corpi, e quando la sagoma di un Chitauro lo sovrastò ringhiando non esitò e lo colpì con forza dove sapeva essere più vulnerabile, in un piccolo spiraglio della corazza tra il collo e il cuore. Loki lo trafisse, ed estrasse la lancia in un unico movimento fluido, spostandosi prima che il corpo si accasciasse su di lui e colpendo allo stesso modo un altro Chitauro alla sua destra.
Ripeté il colpo una, cinque, dieci volte, meccanicamente, senza pensare. Quando una carica dei Chitauri lo disarcionò da cavallo, si rialzò e continuò a colpire. La densa sostanza scura che fuoriusciva dai corpi dei suoi avversari era calda e appiccicosa. Non era sicuro che fosse sangue. Si pulì le mani sugli avambracci, ma la sensazione vischiosa rimase.
Loki non era mai stato un guerriero. Era Thor quello che amava combattere e mostrare la propria forza in ogni occasione. Loki possedeva un altro genere di forza, meno apprezzata e più temuta, una forza potente ma spaventosa. Una forza invisibile di cui Asgard aveva paura. Così, nonostante fosse micidiale nella sua arte, non avevano chiamato lui “guerriero”, ma Thor.
Eppure Loki aveva combattuto e sapeva che c’era un momento, durante la battaglia, in cui ogni uomo era solo con sé stesso. Così quando quel momento giunse e Loki si alzò da terra e per un istante incredibile rimase immobile e ignorato, vide il riflesso della guerra sul suolo, i cadaveri e il sangue e le membra sparse e confuse, e pensò che era colpa sua. Gli sembrò che l’istante durasse all’infinito dentro alla sua testa, che la battaglia attorno a lui rallentasse fino a diventare un’ombra sfuggente. Pensò che sarebbe morto e pensò con rabbia che tutti ne sarebbero stati felici.
Poi si rese conto che quello era un pensiero a cui si era abituato, un pensiero antico, ma che le cose non stavano più così. Non sarebbero stati
tutti felici.
Schivò per un pelo il colpo di un Chitauro e lo uccise senza nemmeno accorgersene.
A quel punto combatté per sé stesso, perché era colpa sua ed era la sua battaglia. Massacrò con foga ogni Chitauro gli si parasse davanti, decimando l’avanguardia di Thanos. Ogni fendente era una soddisfazione, ma la sua mente restava fredda e lucida e forte nei suoi propositi. Non stava combattendo soltanto una battaglia. I suoi occhi vigili non perdevano di vista né Thor, né Odino.
Ancora una volta, Loki stava solo aspettando il momento giusto.


La stanza segreta era silenziosissima, scavata in profondità, più giù delle prigioni e della cripta segreta dove si era tenuto il rito di fertilità. Un rifugio inespugnabile, aveva detto Frigga tentando di rassicurare Grete. Sigyn invece aveva pensato ad una tomba.
Quando aveva ripreso il controllo di sé stessa ed era tornata indietro risalendo le scale insieme a Grete, Sigyn aveva trovato lo sguardo severo di Frigga ad aspettarla. Le aveva detto che non c’era tempo da perdere e che doveva farsi forza. Sigyn avrebbe voluto rispondere che si stava facendo forza fin da quando la Regina l’aveva mandata a far visita a Loki, assegnandole un compito al di sopra delle sue capacità, sacrificandola per il bene di qualcun altro. Invece era rimasta in silenzio e aveva seguito Frigga sempre più giù percorrendo scale e passaggi poco illuminati. Era certa che solo la Regina e le guardie che sorvegliavano la stanza fossero a conoscenza di quel posto. Il rifugio era una grande stanza rettangolare allestita per una lunga permanenza. C’erano giacigli, candele e cibo a sufficienza per settimane. Da ciò che Sigyn aveva capito il rifugio era stato costruito appositamente per la famiglia reale e i nobili erano stati scortati verso un’altra camera segreta. Non aveva idea di quali misure di sicurezza fossero state prese nei confronti della popolazione.
Si era rannicchiata su un letto, le braccia serrate attorno alle ginocchia. Si sentiva le palpebre pesanti per il sonno perduto della notte prima, ma non voleva addormentarsi. Concentrò i propri pensieri sulle fiammelle delle candele che danzavano nella semi oscurità, perdendo il senso del tempo.
Grete era seduta accanto a lei, in silenzio. Frigga camminava avanti e indietro nella stanza come se si aspettasse da un momento all’altro di ricevere notizie. Un soldato era stato incaricato di monitorare la situazione e di comunicare alla Regina l’andamento della battaglia, e Frigga lo aspettava con ansia evidente. Sigyn pensò che anche lei avrebbe dovuto mostrare la stessa irrequietezza, ma dentro di lei non c’era nulla. Un vuoto doloroso. Era il silenzio di quanto trattieni il respiro, il silenzio che soffoca. Sigyn aveva iniziato a capire che quando qualcosa le faceva veramente molto male, era quel silenzio era la sua difesa, ma anche se ne conosceva la causa non le piaceva per niente. Un brivido continuo le percorreva il petto, un tintinnio nello stomaco, ed era difficile stare ferma ma ci provava lo stesso perché le sembrava che fosse l’unico controllo che ancora poteva esercitare su di sé. Teneva strette le gambe ma le sentiva fremere, e le tremavano le mani. Se si fosse addormentata non avrebbe più sentito nulla, ma voleva essere sveglia per udire le parole del messaggero se fosse arrivato. Non voleva perdersi nemmeno un istante di quell’attesa, non mentre Loki era là fuori. Non voleva addormentarsi e dimenticarsi di lui.
Un rumore di passi brevi echeggiò nella stanza, il rumore di una corsa attutita dalle pareti di marmo. Frigga si fermò di colpo e si voltò verso la porta, immobile come una statua. Sigyn si rese conto aver cessato di respirare. Quelli erano i passi di qualcuno che stava scendendo le scale, forse del messaggero. Fissò la porta, immaginandola spalancarsi e riversare dentro un mare di mostri, creature nemiche che lei non conosceva e che l’avrebbero fatta a pezzi. Tra loro, per qualche motivo, c’era Loki. L’avrebbe vista mentre veniva massacrata. Non avrebbe fatto in tempo a raggiungerla, lei non sarebbe riuscita neanche a sfiorarlo…
Si sentì soffocare e scoprì di aver trattenuto il respiro troppo a lungo mentre dipingeva nella mente gli scenari peggiori. Serrò le palpebre, ma anche nel buio degli occhi chiusi non vide altro. Non si accorse che il rumore di passi era cessato e non era preparata quando la porta si aprì.
«Maestà…» mormorò il messaggero, lo sguardo ampio e doloroso di chi ha visto cose orribili.
Frigga gli si avvicinò a grandi passi. Era più bassa di lui, ma Sigyn ebbe l’impressione che lo sovrastasse.
«Quali notizie dal campo di battaglia? Parla!»
Il soldato non sembrava così desideroso di parlare, ed esitò, guardando a terra. «Il nostro esercito combatte valorosamente. Il Padre degli Dei e i vostri figli non si risparmiano in battaglia».
Loki era vivo. O almeno lo era stato, l’ultima volta che il soldato si era affacciato alla torre di vedetta. Sigyn sentì un brevissimo sollievo accelerare il battito del cuore.
«Le forze di Thanos, però, sembrano inesauribili», proseguì il soldato, lo sguardo sempre fisso a terra. «E sicuramente di numero maggiore rispetto alle nostre».
«Le truppe di istanza al nord saranno ormai quasi arrivate», replicò Frigga. «Rinforzeranno le nostre difese. Torna di vedetta e avvertici di ogni mutamento della sorte».
Il soldato annuì, si richiuse la porta alle spalle e il rumore dei suoi passi veloci risuonò ancora tra le pareti marmoree. Piombò un silenzio grave. Avevano tutti paura, e lo sapevano.
Grete cercò la mano di Sigyn e lei se la lasciò stringere. Quando la cugina si accoccolò tremando nel suo abbraccio, la accolse con dolcezza, ma senza parlare.
Aspettava. Imparava l’attesa. Il tempo non passava e lei cercava di spingerlo, di farlo andare più veloce, di farlo sparire, di riportarle Loki. Lottava contro il tempo, ma il tempo non perdeva mai. Restava immobile nella penombra della stanza segreta. Sigyn si chiese se l’eternità fosse qualcosa di simile.
«Perché non sei rimasta a Vanaheim?» le chiese Grete flebilmente, incrinando il silenzio. «Saresti stata lontana dalla battaglia».
«Il mio posto non era lì», rispose Sigyn, meravigliandosi della propria voce come se non la sentisse da tanto tempo.
«Ma a Vanaheim saresti stata al sicuro», piagnucolò Grete. «E io potevo venire a stare da te…»
«Siamo al sicuro anche qui». Sigyn si sforzò di indossare al meglio la propria maschera di consolatrice, ma dentro di lei c’era una rabbia sottile, un fastidio pungente, e il pensiero soffocante di Loki che forse in quel momento non era nemmeno più vivo. «Il nostro esercito ci sta difendendo e qui sotto nessuna forza nemica potrà nemmeno trovarci. Non devi temere per noi, Grete. Temi piuttosto per chi è là fuori».
Grete si zittì all’istante. Sigyn pensò di aver parlato troppo duramente, ma scoprì di non pentirsene. Avrebbe voluto scambiare il suo posto con Loki, essere lei fuori sul campo di battaglia e sapere che lui stava bene. Rivoleva indietro le mattine in cui si era svegliata abbracciata a lui e non aveva saputo che cosa fare. Voleva riprendersi quella strana euforia che provava quando sentiva il suo abbraccio. Voleva parlargli e ascoltarlo. Voleva essere vicino a lui, e sebbene tante volte avesse avuto l’impressione che Loki fosse lontano, troppo lontano da lei per essere raggiunto, adesso lo era veramente e non c’era rimedio. Non questa volta.
«Com’è successo?»
Sigyn si voltò verso Grete, corrugando la fronte. «Cosa?»
«Tu lo odiavi», sussurrò Grete. «Volevi fuggire, eri disperata quando ti hanno detto che lo avresti sposato. Come… hai fatto a innamorarti di lui?»
Per un attimo Sigyn la fissò sconcertata. Fece per risponderle, ma dalle sue labbra non uscì voce. Un dolore di una dolcezza indescrivibile le stringeva la gola.
«Non lo so», rispose alla fine. «Suppongo che fosse destino».


Thanos era comparso proprio mentre l’armata dei Chitauri costringeva l’esercito asgardiano ad una momentanea ritirata. Loki lo aveva visto sbucare dalla gola slabbrata nel cielo, in piedi su un carro da guerra, seguito dal suo luogotenente. Per un istante Loki ricordò le sue mani artigliate stringerlo nel sogno. Ricordò il dolore che sapeva di non aver solo sognato e serrò le labbra in una smorfia, mentre retrocedeva spinto dalla furia dei Chitauri. Per ogni nemico ucciso ce n’erano tre a prenderne il posto. Il cielo restava divelto e le profondità dell’universo continuavano a rigettare Chitauri. Loki si chiese se fosse possibile chiudere il passaggio, e che cosa lo avesse provocato. Se avesse fermato l’avanzata avrebbero avuto qualche speranza.
Nella confusione intravide Sif lottare mentre retrocedeva, e Volstagg poco più in là. Fandral e Hogun dovevano essere ancora tra le prime file. Ma lo sguardo di Loki era fisso su Thor e Odino, e nella furia della battaglia si guardava intorno ansiosamente per impedirsi di perderli. Combattevano con valore, come ci si aspettava da loro. E Loki, a sua volta, aspettava.
Adesso però era arrivato Thanos e lui doveva rapidamente riconsiderare le sue priorità. Bastò un attimo - si voltò per vedere dove si stesse dirigendo il suo nemico - e già Thor era sparito dalla sua vista. Loki imprecò, difendendosi con rabbia dall’assalto di un Chitauro. Aveva pensato che, una volta liberatosi da Odino e Thor, sarebbe riuscito ad accordarsi con Thanos e a consegnargli il Tesseract. Al che Thanos se ne sarebbe andato a conquistare i mondi che desiderava, e ogni cosa sarebbe tornata come prima. Anzi, meglio di prima. Alla fine, lo faceva per il bene di tutti. Forse Sigyn avrebbe capito.
Ad ogni modo niente di tutto questo si sarebbe realizzato se lui non fosse riuscito a incastrare perfettamente ogni frammento del suo piano. Doveva crearsi un’occasione, e quando vide Thor avvicinarsi con quella luce negli occhi fin troppo familiare, capì che, forse, era il momento giusto.
Thor lo prese per un braccio, trascinandolo al sicuro nelle retrovie.
«Ho intenzione di tentare di sbaragliare Thanos», disse.
Loki fece una smorfia. «Dubito che Miolnjr sia sufficiente».
«Come puoi saperlo?», ribattè Thor. Loki non rispose. «Thanos deve essere sconfitto», proseguì l’altro imperterrito. «Qualcuno deve provarci».
«Che cos’hai intenzione di fare?» chiese Loki.
Thor lo guardò dritto negli occhi. «
Nornheim».
Loki ricordava Nornheim. Per un po’ di tempo quell’episodio era stato motivo d’orgoglio per lui, la timida speranza che lui stesso sarebbe stato ricordato per quella battaglia. Poi, col tempo, si era reso conto che nemmeno l’aver praticamente salvato la vita a Thor era stato sufficiente a cambiare le cose. Aveva osservato tutti dimenticare, mentre lui, come sempre, aveva ricordato.
Thor voleva che evocasse la nebbia che lo aveva celato agli occhi dei nemici durante la battaglia di Nornheim, e Loki lo avrebbe fatto solo perché sapeva che nessuna nebbia, nessun incantesimo, nessun trucco sarebbe stato abbastanza contro Thanos. Thor stava aiutando Loki a compiere il suo inganno senza nemmeno rendersene conto.
Thanos si era appostato su di un’altura e osservava la battaglia come un demiurgo contempla il suo creato. Loki seguì Thor ad una certa distanza, tenendosi momentaneamente lontano dalla lotta. Lo vide radunare Sif e i Tre Guerrieri e spiegare loro qualcosa. Poi gli lanciò uno sguardo e annuì.
Loki fece un gesto con la mano e una nebbia sottile scaturì dal terreno. Risalì verso l’alto, addensandosi e rallentando la battaglia. Penetrò nella figura di Thor, celandola del tutto. Loki soltanto poteva vedere la massiccia nuvola di nebbia che lo avvolgeva, e l'osservò vide approfittare della confusione per dirigersi ai margini della foresta che costellava l’altopiano e che conduceva all’altura dove si trovava Thanos.
Loki lo seguì con cautela, celando sé stesso con la medesima nebbia. Si mosse nella semi oscurità con una terrificante sensazione di euforia nel petto. Improvvisamente tutto andava secondo i piani. Forse quella volta ce l’avrebbe fatta davvero e allora, finalmente, avrebbe potuto mantenere la sua promessa.
Sarebbe tornato.
Notò che la battaglia si stava dirigendo verso di loro. Innervosito, guardò verso Thor: era già abbastanza lontano, ma lui non sarebbe riuscito ad allontanarsi in tempo. Ancora celato dalla nebbia, uccise un Chitauro troppo vicino. Iniziava a sentire la pesantezza dell’incantesimo ingombrargli la mente e in un attimo di panico si rese conto che non sarebbe resistito a lungo.
La battaglia, adesso, incombeva sotto l’altura, ma Thanos non si era spostato di un soffio. Loki s’inoltrò tra gli alberi alle spalle di Thor, perché doveva essere presente al momento della sua disfatta, doveva controllare che tutto andasse per il verso giusto, riproporre l’alleanza a Thanos, promettergli il Tesseract. C’era un margine di fallimento nel suo piano, ma confidava di riuscire a convincerlo.
Fu in quel momento che ogni sua certezza fu spazzata via.
In quel momento le sue energie vennero a meno e l’incanto su Thor svanì per un istante. In quel momento l’Altro lo scorse e allungò una mano per sgozzare il Dio del Tuono. In quel momento Loki vide la sua vendetta dispiegarsi di fronte ai propri occhi, vide la morte di Thor tessere la sua trama e adagiarsi nell’aria.
In quel momento il tempo si fermò, come spesso ama fare quando ci si trova ad un bivio.
Fu in quel momento che Loki uscì dalla nebbia per trafiggere l’Altro. Lo colse alle spalle e squarciò la carne della creatura con un suono terribile.
Si rese subito conto di aver rovinato ogni cosa e per un istante rimase smarrito, la lancia ancora conficcata nella schiena del luogotenente di Thanos, le braccia in tensione. Quando realizzò di aver appena salvato la vita di Thor, un rombo cupo gli invase la testa e spazzò via ogni altro pensiero. Quella che sentì dopo fu piuttosto una sensazione, la percezione di non essere stato capace di compiere la sua vendetta, di nuovo - solo che questa volta non era stato nessuno ad impedirglielo. Era stato lui, e non capiva. Non capiva perché aveva improvvisamente agito in preda all’istinto, in un momento in cui il controllo della propria mente era stato tanto ferreo. Non capiva perché, nonostante odiasse suo fratello così tanto, non fosse stato capace di lasciarlo morire.
Non era rimasto immobile che per pochi istanti, ma aveva l’impressione di aver perso troppo tempo. Estrasse la lancia con forza, spingendo a terra il corpo dell’Altro. Si voltò e subito si sentì afferrare per il collo. Annaspò mentre la mano di Thanos si serrava sulla sua gola e la sollevava da terra. L’improvvisa mancanza di ossigeno lo stordì, e quando riuscì a mettere a fuoco si trovò davanti il volto rugoso del suo nemico, i suoi occhi scintillanti.
«Ho atteso a lungo questo incontro, piccolo Dio», sussurrò Thanos con una calma serena, come se avesse avuto tutto il tempo del mondo.
Loki sentì la propria voce uscire dalle sue labbra senza rendersi conto di parlare. «Ti darò il Tesseract. Lascia solo che…»
Thanos scosse il capo. «Non sono qui per il Tesseract. Sono qui per te».
Sentì Thor gridare da qualche parte. Forse l’Altro non era morto sul colpo, e ora stavano combattendo.
«Non hai mantenuto la tua promessa, Dio degli Inganni», proseguì Thanos con la stessa voce tranquilla. «Io, però, manterrò la mia».
Loki cercò di fare qualcosa, qualunque cosa, perché davanti alla morte è questo che fai, cerchi di vivere. Tentò di liberarsi, di respirare, di concepire l’idea che lo avrebbe salvato. Nell’istante brevissimo che seguì l’unica cosa che riuscì a pensare fu che anche lui avrebbe mantenuto la sua promessa. Avrebbe lottato fino allo stremo per mantenerla. Era la sola cosa di cui aveva coscienza dentro di sé. Era il suo ultimo desiderio, e quando sentì la mano di Thanos afferrargli il petto ed
entrargli nel cuore, Loki gridò non tanto per il dolore, quanto per la rabbia, perché in quel momento capì che non avrebbe potuto mantenere quella promessa.
Non sarebbe tornato.















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Prima che esclamiate indignati "Ah, Eleu ha fatto fare una terribile cosa OOC a Loki, poi se n'è pentita e quindi lo ha fatto fuori!", lasciate che vi spieghi perché il gesto di Loki secondo me non è affatto fuori dal personaggio.
Io e una mia amica abbiamo sviluppato una teoria basata su The Avengers secondo la quale Loki non ha affatto intenzione di uccidere Thor. Nel film ne ha l'occasione per ben due volte, ma in entrambe non porta a termine il tentativo. Loki, sotto sotto, non lo vuole affatto uccidere. Non ce la fa. Non si impegna nemmeno. Il vero lato tragico di Loki è la sua impossibilità a realizzare quei suoi piani malvagi, a vincere. Nel sistema di forze cosmiche, è destinato a fallire. Inoltre, un conto è odiare Thor e progettare il suo assassinio, un altro è ammazzarlo. A Loki le cose sembrano sempre perfette, nella sua testa. Poi, però, quando arriva il momento di metterle in pratica...
Ho cercato di trattare questo momento nella storia con la dovuta cura, per renderlo plausibile (infatti qualche timido tentativo di avvicinamento tra Loki e Thor c'è stato), e spero di avervi convinti.
Se dopo aver letto l'ultima scena vi state chiedendo se faccio sul serio... la risposta è sì.

Ringrazio chi ha recensito l'ultimo capitolo: _Elentari_, Chrisscolfersara, KikkaMj, Aires89, Liz_23, LittleBulma, xAlisx, dama greenleaf, SvaneH, Evilcassy, Alkimia187, Elweren, Dietrich, TsunadeShirahime, Bored94, Nat_Matryoshka, Artemis Black, Efy, _Zazzy, FrancescaAkira89, Hiddle
Immagino che a lungo andare ci si possa stufare di recensire ogni singolo capitolo, quindi veramente mille grazie a voi che arrivati quasi alla fine della storia continuate a farmi sapere che ci siete e che apprezzate ciò che scrivo, con un affetto incredibile. Siete meravigliosi. Grazie!

Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi - se volete lasciare un commento, sapete quanto è importante per me e quanto mi faccia piacere - e ricordo che se volete mi potete fare la richiesta di amicizia su facebook: https://www.facebook.com/eleuthera.efp

Ho pubblicato una flash fiction su Loki, The green-eyed monster. La trovate qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1283331&i=1

Au revoir,
Eleu

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Capitolo 23
*** The sacrifice ***


THE SACRIFICE
 

Se solo in quella stanza ci fosse stata una finestra - non tanto per vedere la battaglia, quando per rendersi conto che il tempo esisteva ancora, che alla luce seguiva il buio, che i giorni e le notti passavano. Sigyn non aveva idea di quante ore avesse trascorso nella camera segreta. Sembravano tante, tantissime, ma non riusciva a capire se lo fossero veramente. Potevano esserne passate solo un paio, o forse erano di più, forse erano giorni. Aveva tentato di recuperare la percezione del tempo, ma non sapeva come fare. Avevano consumato in silenzio un pasto che Sigyn aveva pensato coincidesse con il mezzodì, ma non riusciva a capire se fosse già notte. E comunque, si era resa conto che il normale scandire del tempo non contava più. Non erano più le albe e i tramonti a segnare i loro momenti, quanto le visite del messaggero, sempre più rare.
Grete si era addormentata stravolta e dopo un po’ anche Sigyn si era distesa sul suo giaciglio. Non dormiva, però. Scrutava la semioscurità della stanza, osservando la sagoma di Frigga. La Regina non si era riposata, non si era nemmeno seduta, era rimasta in attesa. Anche Sigyn aspettava, ma la sua era un’attesa più nascosta. Era pensieri ossessivi. Era un bollore nello stomaco, nei fianchi. Era un cuore in gola che non si era calmato neanche per un secondo. Allora si era messa in un angolo ad aspettare, perché non poteva fare altro, e così aveva lentamente imparato quanto fosse terribile attendere l’esito di qualcosa che non è possibile controllare.
Si sentiva inutile, chiusa là sotto ad aspettare che in un modo o nell’altro arrivasse la fine. Scattò in piedi mille volte pensando di aver sentito il rumore di passi affrettati sulle scale e ogni volta era rimasta in ascolto, scoprendo che quel rumore non c’era mai stato. La sua mente la ingannava. Era stanca, avrebbe dovuto dormire, e ad un certo punto cercò di chiudere gli occhi e di scivolare nel sonno, ma si rese conto che il solo gesto le suscitava una rabbia immensa. Le lacrime bruciavano lungo le guance.
All’improvviso la colpì il pensiero che se avessero perso quella battaglia, sarebbero morti tutti. Non si sarebbero salvate nemmeno loro. Se Asgard fosse stata rasa al suolo, sarebbero rimaste seppellite là sotto. Sigyn aveva avuto ragione fin dall’inizio: quello non era un rifugio, era una tomba, una tomba sicura dove avrebbero potuto morire lontano dalla furia dei nemici. Sentì il panico risalire bollente come lava. Sarebbe morta, sarebbe morta, non avrebbe mai più rivisto Loki…
In quel momento la terra tremò così violentemente che a Sigyn mancò il fiato. Si aggrappò ai bordi del giaciglio, alzando istintivamente la testa nel tentativo di vedere cosa stesse accadendo anche se da vedere non c’era nulla. C’erano solo le vibrazioni potenti che risalivano lungo la spina dorsale, i muri e il soffitto che tremavano con un rombo sordo. Grete urlò e allungò una mano verso di lei, stringendo il suo braccio. Dall’altra parte della stanza Frigga si era seduta, incapace di restare in piedi. Se il soffitto fosse crollato, non si sarebbero potute difendere in alcun modo. Sigyn chiuse forte gli occhi, il cuore impazzito. Forse era quello il momento, sarebbe morta adesso. Non si sentiva affatto pronta. Non voleva. Voleva vivere, voleva rivedere Loki. Non voleva morire seppellita viva nelle viscere della terra. Sentì le lacrime tapparle la gola, e gridò.
Poi, all’improvviso, il tremore tacque. Le pareti cessarono di sussultare, il soffitto non si mosse più. Calò un grande silenzio, e Sigyn riaprì lentamente gli occhi. Le sembrava quasi impossibile che tutto ad un tratto ogni cosa fosse tornata immobile come prima. Squadrò il perimetro della stanza con cautela. Aveva la terribile impressione che quel silenzio significasse una sola cosa: era tutto finito.
Come, non lo sapeva, ma la calma improvvisa dopo quel rombo terrificante le dava l’idea di una fine inevitabile. Qualunque cosa dovesse succedere, forse era accaduta.
Cercò Frigga con lo sguardo, tentando di capire se anche lei avesse i suoi stessi pensieri. La Regina era pallida e i suoi occhi erano pozzi di angoscia, ma non si lasciò sfuggire nemmeno una parola. Grete singhiozzava piano e Sigyn scese dal proprio giaciglio per accoccolarsi sul suo, stringendola a sé. A quel punto, ripresero ad aspettare.
Quando il tonfo lontano dei passi risuonò attraverso i muri di pietra Sigyn non ci fece neanche caso. Pensò che fosse tutto nella sua testa, ancora una volta. Così, quando sentì il rumore della porta che si spalancava e il respiro affannato del messaggero, sussultò e scattò in piedi quasi senza accorgersene. Con occhi sgranati fissò il soldato, senza emettere un suono, cercando di decifrare la sua espressione. In quell’uomo c’era la verità su cosa fosse accaduto in superficie, metri e metri sopra di loro. Quell’uomo aveva le risposte che lei desiderava, di cui aveva paura.
«Abbiamo vinto», disse il messaggero con la voce spezzata dall’affanno.
Non le servì tempo per assorbire l’informazione. Era annegata, nel tempo, in quelle ore che aveva passato chiusa nel rifugio segreto. Non ne poteva più di lunghi secondi, di attimi dilatati e tempi immobili. Il messaggio le arrivò subito, la colpì al cuore e le tolse il respiro. Lo comprese in tutta la sua immensità e zittì ogni altra cosa nella sua testa.
«Abbiamo vinto», ripeté il messaggero. Forse lui ancora non ci credeva. «Abbiamo sconfitto le forze di Thanos. L’esercito sta tornando».
«Che tu sia lodato per questa notizia!» esclamò Frigga, ma la sua voce portava ancora l’impronta della paura. Sigyn cercò Grete e la trovò seduta sul giaciglio, stordita. La fece alzare, sussurrandole all’orecchio che era tutto finito, che avevano vinto.
Ora, mentre lo ripeteva a sua cugina, le sembrava veramente assurdo. Forse non aveva mai creduto davvero che Thanos potesse essere battuto dal loro esercito. Alla fine forse si era meglio preparata a morire sepolta là sotto piuttosto che a uscire e scoprire chi era tornato e chi no. Adesso i pensieri si facevano più difficili, si annodavano tra di loro e non la lasciavano respirare. Il suo dolore non aveva pensiero, era così immediato e persistente che neppure doveva dargli forma, lo sentiva e basta. Perciò, quando la Regina domandò al messaggero in che condizioni fossero il Padre degli Dei e i suoi figli, Sigyn si sentì mancare. Fu lei ad aggrapparsi a Grete mentre il soldato riprendeva fiato e alzava lo sguardo.
«Dalla mia postazione non ho avuto modo di verificare la salute dei vostri figli, mia signora, ma sono certo che il Padre degli Dei stia bene, poiché è stato lui a sconfiggere Thanos».
Il messaggero non sapeva nulla, pensò Sigyn. Loki poteva essere sopravvissuto, eppure lei si sentiva come se quell’incertezza, quel vuoto di sicurezza significasse non che Loki poteva esser vivo, ma che poteva essere morto.
Risalì le scale tremando, un vuoto spaventoso in mezzo al petto, la silenziosa ondata di calore del panico nascosta fra i polmoni. Il silenzio della camera segreta scompariva dietro di lei mano a mano che saliva verso la superficie. Un brusio sempre più distinto si propagava lungo il corridoio, grida e parole e suoni che erano le voci dei vivi, ma che Sigyn trovò inquietanti. Pensò alla voce di Loki, a come si modellasse con maestria, al modo in cui le aveva sussurrato con malignità nelle prigioni e sospirato contro la sua guancia la notte prima. Il panico bruciava, nella fessura della gola.
La luce del sole le accarezzò gli occhi senza ferirli e Sigyn capì che doveva essere l’alba. Il tempo, dunque, non si era fermato. Lei ne aveva perso la concezione mentre attendeva nel rifugio segreto, ma le ore erano trascorse comunque, senza pietà. Era un nuovo giorno, e a giudicare dalle espressioni dei primi nobili che incontrarono sulla loro strada doveva essere un giorno bellissimo. Il giorno della vittoria. Ci sarebbero presto state celebrazioni, prima i compianti per i caduti e poi un grande banchetto per festeggiare i vivi. Per molte lune avrebbero ricordato la battaglia e chi era scomparso con la luce del nuovo giorno; ma è molto difficile ricordare quando si ha a disposizione l’eternità, e presto avrebbero dimenticato. Sigyn, no. Se Loki fosse stato tra coloro che non erano tornati, lei avrebbe ricordato quel giorno fino alla fine del tempo.
Trovava sempre più difficile gestire il terrore che la divorava, ma si impose il silenzio mentre percorrevano a ritroso il percorso che li aveva condotti in salvo e sbucavano nei meandri del palazzo. Le pareti del corridoio rilucevano come sempre, slanciate e argentee nella luce del mattino, come se nulla fosse mai accaduto. Sigyn esitò, disorientata, chiedendosi dove andare. Non sapeva da quale ingresso sarebbero tornati i guerrieri. A quel punto Frigga le lanciò uno sguardo e le fece cenno di seguirla. Sigyn pensò di affidare Grete al gruppo di dame di corte che aveva intravisto poco prima, ma la cugina stava ancora tremando stretta al suo braccio, e allora lasciò perdere. Si incamminò dietro a Frigga insieme a Grete, senza dire una parola.
Si era aspettata più confusione. Il palazzo era intatto, la furia di Thanos non l’aveva nemmeno sfiorato. Pochi gruppi di nobili percorrevano i corridoi, e se non fosse stato per i loro occhi sconvolti Sigyn non avrebbe potuto notare la differenza rispetto ad una giornata qualunque. C’era il brusio, certo, ma si perdeva tra i corridoi. Il silenzio del palazzo assorbiva ogni cosa, come sempre.
Non poteva assorbire però il rumore che c’era dentro di lei, il rombo assordante della paura, l’ansia tremenda che le pesava su ogni battito del cuore. Avrebbe voluto accelerare il passo, mettersi a correre, raggiungere l’esercito, cercare Loki, trovarlo, abbracciarlo e sentirsi dire all’orecchio “sono vivo”. Per un attimo si permise di contemplare l’idea di vedersi venire incontro Loki sano e salvo, e di stringerlo con la certezza che era tornato. Era un pensiero così dolce da far male.
Ad un tratto riemerse furtivo il ricordo di qualcosa che aveva pensato molto tempo prima, l’idea che niente di tutto quello che le era successo sarebbe mai accaduto, se solo Loki avesse dato la risposta giusta al processo. Questa volta, però, non la sfiorò nemmeno l’ombra del risentimento. Si rese conto di essergli grata, per quel “no”.
In quel momento girarono l’angolo e furono davanti all’ingresso principale. Uscirono sul grande spiazzo e Sigyn si trovò immersa nella vera confusione. Le grida dei soldati si mescolavano a quelle del popolo, festose e selvagge. Le urla di dolore dei feriti trasportati in fretta e furia dentro al palazzo passavano inosservate. Qualcuno ancora gridava dei comandi, altri raccontavano già la battaglia. Tuttavia, quando la Regina comparve sulla soglia, per un istante il boato si attutì.
Frigga scrutò la folla con un sorriso tirato e occhi severi, mentre Sigyn cercava Loki con lo sguardo. Poteva essere ovunque, e lei si sentì afferrare da una frenesia inarrestabile. Si sarebbe gettata nella folla alla sua ricerca, se in quel momento non si fosse avvicinato Odino.
Il Padre degli Dei si fece largo nella calca e si diresse verso Frigga senza esitare nemmeno per un istante. La Regina lo baciò e si scambiarono qualche parola sussurrata. Sigyn avrebbe voluto chiedergli di Loki, ma ad un tratto non si sentiva più la voce. Parlò improvvisamente, sorprendendo anche sé stessa.
«Padre degli Dei, che ne è del mio sposo?»
Odino sembrò accorgersi di lei solo allora. La guardò, e Sigyn vide sul suo volto stanco un dolore tremendo. Non fece in tempo ad avvertire il proprio cuore mancare di un battito che la voce di Thor le tolse il respiro.
«Loki mi ha salvato la vita».
Sigyn si voltò verso di lui, scoprendo nei suoi occhi lo stesso dolore del padre. Finalmente sentì il battito mancante del cuore. La travolse con un fragore sordo, riempiendole la testa di silenzio. Aveva già capito, ma la sua voce si rifiutò di dire quello che pensava veramente.
«Che ne è di lui?» chiese invece.
Thor sostenne il suo sguardo solo per poco, poi abbassò gli occhi. Sigyn pregò che parlasse in fretta. Non poteva sopportare quelle parole, ma doveva sapere.
«Loki mi ha salvato la vita… a costo della propria».
Sigyn udì qualcuno - Grete, forse - correre verso di lei per sorreggerla, ma non vacillò nemmeno. Rimase immobile come una statua mentre guardava l’ultima stilla di speranza scivolare via con l’eco delle parole di Thor.
Loki era morto e lei non riusciva a fare altro che fissare il vuoto.
«Sigyn?» La voce di qualcuno la chiamava da molto lontano. Sigyn si girò e scoprì che la voce non era affatto lontana, era vicina, vicinissima. Era Frigga. La stringeva per le spalle con la dolcezza di chi condivide un dolore. Sigyn non seppe risponderle. Improvvisamente tutto dentro di lei era diventato così lento, quasi immobile.
Poi, senza preavviso, tagliente come un fulmine, il dolore esplose e Sigyn lanciò un grido. Si tappò la bocca con le mani la sua voce continuare a gridare, spezzata, a più riprese, un’entità separata che non le sembrava nemmeno di conoscere. Eppure era la
propria voce, usciva da lei. La cosa la terrorizzò a tal punto da credere di star per morire.
Quando si sentì stringere, si rese conto che non era Frigga, e nemmeno Grete: era Thor che la teneva ferma tra le sue braccia. Le stava dicendo qualcosa, ma Sigyn non sentiva. Quando si accorse di aver recuperato il controllo della propria voce, domandò senza ascoltarlo.
«Dov’è?» Le parole tremavano e dovette ripeterle perché fossero chiare. «Dov’è? Portatemi da lui».
Thor le sembrò interdetto. Scambiò uno sguardo con Odino, ma poi annuì. Le fece segno di seguirla, e si inoltrarono nel palazzo attraverso un ingresso minore. Sigyn lo assecondò meccanicamente. Le sembrava impossibile ogni cosa: riuscire ancora a camminare, saper parlare, muovere gli occhi. Era come se niente fosse davvero reale. Però lo era.
Dopo il dolore, esplosero i pensieri. Quasi le impedirono di proseguire quando scoppiarono tutti insieme nel bel mezzo del tragitto. Riempirono il suo cuore come polvere e detriti, la assordarono con il loro schianto. Sigyn andò in frantumi insieme a loro, e si sciolse in lacrime in silenzio pensando a Loki come se fosse l’ultimo pensiero che le era rimasto. Quasi si aspettava di vederlo comparire da un momento all’altro. L’avrebbe raggiunta a passo veloce, con un sorriso maligno nei suoi occhi di ghiaccio. Era una bugia, avrebbe detto. Una bugia cattiva. Da lui ce lo si poteva aspettare. Non era vero, che era morto. Avrebbe riso delle sue lacrime e l’avrebbe baciata fino a farla sorridere.
Ma questo non sarebbe mai accaduto perché lui era morto e Sigyn non sapeva che posto trovare a quello che in altro modo non sapeva definire, se non dolore. Era dolore e basta. Impossibile da contenere. Le sembrava fosse ovunque.
Thor entrò in una stanza circolare da cui proveniva un continuo via vai di sacerdoti. Sigyn si fermò sulla soglia senza riuscire a muovere un altro passo, perché aveva visto un letto in mezzo alla stanza, perché aveva visto chi c’era su quel letto
. Si costrinse a muoversi con l’ultima briciola di volontà rimasta. Entrò con gambe tremanti, il cuore in gola e le lacrime negli occhi.
Loki era disteso sopra alle coperte. Era ancora in abiti da battaglia, ma non indossava più il pettorale dell’armatura. Sotto le bende che gli coprivano il petto si poteva indovinare la macchia scura delle ferite profonde, e Sigyn pensò che quello era il limite. Non sarebbe riuscita ad avvicinarsi di più. Non ce l’avrebbe fatta a vedere il suo volto, l’espressione della morte. L’unica cosa che voleva era chiudere gli occhi e che tutto scomparisse e che anche lei scomparisse.
Poi, però, fece un altro passo. E allora se ne accorse.
Era un movimento debolissimo, quasi impercettibile, ma il petto di Loki si alzava e abbassava al ritmo di un respiro invisibile. Sigyn non pensò nemmeno di averlo soltanto immaginato. Si avvicinò al letto quasi di corsa, colmando la breve distanza che ancora la separava da Loki. Da vicino era chiaro che stesse respirando e Sigyn sentì il sollievo mischiarsi al dolore e non riuscì più a capire nulla. Poi vide il volto di Loki e rimase sgomenta.
Era la sua espressione. Sigyn la conosceva benissimo. L’aveva vista tante altre volte, l’aveva amata così tanto. La malinconia impressa sul suo volto.
«Sembra che stia dormendo», mormorò fra sé, dando voce al proprio pensiero.
«Non sta dormendo».
Sigyn si voltò con un sussulto. Odino, sulla soglia, la guardò per un istante prima di proseguire. «Sta sognando».


Prima ancora di rendersi conto di essere morto, Loki pensò di non essere riuscito a uccidere Thor. Fece per aprire gli occhi mentre la rabbia iniziava a mormorare nel suo petto, e a quel punto scoprì di averli già aperti. Batté le palpebre, confuso, finché non riuscì a mettere a fuoco il reticolato di luce bianca che vedeva davanti a sé.
La vista iniziò a decifrare le immagini con lentezza estenuante. La luce si dissolse piano, lasciandogli intravedere un cielo freddo, grigio. Non riusciva a capire se fosse coperto dalle nuvole, o se non ve ne fosse nemmeno una e il colore livido gli appartenesse naturalmente. Cercò di sedersi per vedere cosa c'era attorno a lui, ma si accorse di non poterlo fare. Qualcosa lo teneva saldo a terra. Loki mosse le braccia e udì il tintinnìo delle catene.
Si sentì assalire dall’angoscia mentre tentava inutilmente di liberarsi dei vincoli e di mettersi seduto. Non poteva vedere il terreno sotto di sé, ma gli sembrava avesse la consistenza della roccia, fredda e levigata. Istintivamente, pensò di trovarsi su di una montagna.
Ad un certo punto si arrese. Si lasciò ricadere sulla pietra e chiuse gli occhi, sforzandosi di pensare. Aveva salvato la vita a Thor, colpendo l’Altro prima che questi potesse trafiggere il dio. Thanos però lo aveva visto, e lo aveva ucciso. Ricordava perfettamente la presa sulla sua gola e l’istante in cui la mano di Thanos era penetrata nel suo petto, stringendosi attorno al suo cuore. Ne ricordava la sensazione impossibile, alla quale era seguito il nulla. Thanos lo aveva ucciso.
Eppure Loki iniziava a dubitare di essere morto. Il cielo livido, la roccia, il dolore delle catene strette ai polsi erano reali proprio come se fosse stato vivo. Si sentiva respirare. Avvertiva la pesantezza dell’armatura sulle spalle. Sentiva il proprio sangue impregnare la stoffa della casacca, ancora umida. Era piuttosto sicuro che, se fosse stato morto, non avrebbe sentito nulla di tutto ciò.
Tuttavia non riusciva a capire come avesse fatto ad arrivare fin lì. Soprattutto, non capiva come potesse essere ancora vivo.
Lottò ancora contro le catene, scoprendo di non essere stato legato alla roccia soltanto tramite i polsi. Gli anelli di ferro gli stringevano le braccia e le gambe, assicurandolo saldamente al suolo. Riusciva solo ad alzare appena la testa. Si lasciò sfuggire un gemito di frustrazione nel rendersi conto di non sentire più nelle vene l’energia magica che Odino gli aveva appena concesso. Pensò febbrilmente ad un altro modo per liberarsi. Forse Thanos sarebbe venuto a fargli visita da un momento all’altro, e lui aveva intenzione di sparire prima. Quella doveva essere la sua idea di prigionia, pensò. Evidentemente non l’aveva ucciso, l’aveva preso in ostaggio. Forse intendeva barattarlo con il Tesseract. Era l’unica spiegazione plausibile, anche se non gli sembrava affatto nello stile di Thanos.
Dopo un po’ si rese conto di non poter fare altro che aspettare. Si lasciò ricadere sulla roccia e chiuse gli occhi. Pensare, aveva bisogno di pensare, elaborare un piano con calma, trovare il modo di ingannare Thanos e fuggire da lì, ovunque si trovasse. Prima, però, doveva capire quali fossero le sue intenzioni. Quindi, attese.
Si rese conto che qualcosa non andava quando notò che il cielo era sempre uguale. Non era solo l’assenza di nuvole, ma anche l’assenza del buio. La luce non cambiava. Il tempo non esisteva. A Loki venne il dubbio che non fossero passati che pochi minuti, anche se era certo che non fosse così. Doveva essere trascorsa quasi una giornata. Per un po’ si concentrò sul cielo, cercando di scorgere il minimo mutamento dei suoi colori, ma non ne notò alcuno. Il vento taceva. L’atmosfera era grigia come fumo, pesante come piombo. Loki strattonò le catene con un sospiro esasperato.
In quel momento, sentì il sibilo.
D'istinto fece per voltarsi e trattenne un gemito di dolore quando le catene gli impedirono il movimento. Vagò nervosamente con lo sguardo e sentì di nuovo il sibilo, e poi ancora, ma continuò a non vedere nulla. Il cuore accelerò il battito mentre Loki stava all’erta, gli occhi sgranati, completamente indifeso. Sembra un incubo, pensò. E allora capì.
Il serpente sbucò sopra di lui all’improvviso, ondeggiando la piccola testa squadrata. Loki, immobile, smise di respirare. Voglio svegliarmi, pensò. Voglio svegliarmi adesso. Continuò a pensarlo, pur sapendo che non si sarebbe svegliato affatto. Inorridito, vide il serpente spalancare le fauci senza poter muovere un muscolo. Una goccia ambrata scivolò dalle zanne, indugiando all’estremità. Loki la osservò cadere, e per un istante gli sembrò una lacrima.
La goccia colpì il suo viso annebbiandogli la vista, e Loki sentì il veleno divorargli la pelle e bruciargli la carne. Avvertì ogni istante di dolore di ogni goccia di veleno, finché non riuscì più a trattenere le grida e la sua voce esplose da sola.
Non era un prigioniero per fare uno scambio, e nemmeno era morto. Thanos aveva semplicemente mantenuto la sua promessa, al contrario di lui.


«Thanos non può essere sconfitto», stava spiegando Odino. Nella Sala del Trono, Sigyn sedeva insieme a Frigga e a Thor, Sif e i Tre Guerrieri. Ascoltava il sovrano con mente annebbiata. «È una creatura eterna e non conosce morte. Tuttavia, la materia non ne è esente: io ne ho distrutto l’involucro, e Thanos può ben poco senza di esso».
Sigyn non aveva idea di come avesse fatto il Padre degli Dei a distruggere il corpo di Thanos, esiliandone lo spirito al di fuori dei Nove Regni, negli abissi dell’universo da dove proveniva. Non voleva neppure che glielo spiegasse. Sigyn pensava all’espressione del viso di Loki, nella camera di guarigione. Ai sogni che stava facendo. Al sonno che lei aveva creduto fosse morte.
Thor aveva cercato di dirglielo, poco prima, al suo ritorno dal campo di battaglia, ma Sigyn era stata travolta dallo shock e non aveva capito. Le avevano spiegato rapidamente, dopo, che Loki era stato imprigionato in un sogno dal quale Thanos si era assicurato non potesse scappare. Sigyn aveva assimilato l’ informazione diligentemente e aveva lasciato che la conducessero là, rendendola partecipe dell’incontro. Ora sedeva in silenzio, gli occhi ancora fissi sul Padre degi Dei. Ascoltava le sue parole aspettando che si ricordasse che suo figlio si trovava da qualche parte tra la vita e la morte. Fremeva di rabbia, Sigyn, perché Loki non era morto, era solo addormentato, eppure lei non poteva svegliarlo. Era lì, ad un passo da lei, e non poteva raggiungerlo.
«Quindi Thanos non tornerà», disse Frigga.
«No», confermò Odino. «Non nell’immediato. Gli saranno necessari secoli affinché ricomponga la materia e ritrovi la strada. Rimane una minaccia, ma è una minaccia lontana. E, forse, non oserà più volgersi contro Asgard».
Era una notizia confortante, ma nella sala nessuno sospirò di sollievo. Sigyn si guardò intorno, osservando i presenti sprofondare in un silenzio pensieroso. Si sentiva debole e scossa e le ci volle un po’ per trovare la forza di parlare.
«Ditemi che cos’è successo a Loki», chiese.
Odino si voltò verso di lei e Sigyn cercò di reggere il suo sguardo. Non era astuto e tormentato come quello di Loki, ma era potente e severo, e lei scoprì di non essere in grado di sostenerlo a lungo.
«Thanos ha la facoltà di viaggiare negli universi», spiegò il Padre degli Dei. «In ogni universo. Anche in quello celato nella mente di ogni uomo. Se Thanos vi ha accesso, può modellarlo a suo piacimento, infliggendo ciò che desidera. Loki…» Il respiro del Padre degli Dei era carico di dolore. Sigyn ne fu stupita. Col tempo aveva assorbito gli stessi pensieri di Loki e riconoscere che Odino non era ostile nei confronti del figlio le sembrava in qualche modo assurdo. «Thanos ha trascinato Loki sul baratro della morte, e lì è entrato nella sua testa, imprigionandolo nel limbo. Ha manipolato il mondo dentro di lui. Non sappiamo cosa vi abbia creato, ma lì lo ha costretto a rimanere. È un luogo simile a quello in cui Loki è stato trasportato nei suoi ultimi sogni. È una dimensione limitrofa, parallela. È nella sua testa, ma è reale».
Sigyn era stanca e trovava difficile capire quella storia, ma credette di aver compreso abbastanza.
«Quindi, è vivo».
Odino fece una pausa e Sigyn attese la sua risposta con il cuore colmo di angoscia.
«Sì, lo è».
«Ed è impossibile riuscire a svegliarlo?»
«Non è un sonno che può essere spezzato».
«Dunque non c’è un modo per salvarlo».
Sentì il mondo crollarle addosso quando vide il Padre degli Dei evitare il suo sguardo ed esitare. Sussultò quando Thor, accanto a lei, si alzò in piedi.
«Padre, se vi è anche solo un modo per salvare la vita di mio fratello, vi prego, ditecelo!»
La voce di Thor sembrò scuotere Odino molto più di quanto non avesse fatto quella di Sigyn. Il sovrano parlò guardando il figlio dritto negli occhi.
«Un modo c’è», disse. «Il sogno deve essere spezzato dall’interno. Loki deve liberarsi, ma non potrà farlo da solo. Gli servirà aiuto».
Sigyn corrugò la fronte. Quello che Odino stava dicendo non le sembrava possibile.
«E come?», domandò Thor.
«Tramite un sonno indotto, qualcuno deve riuscire a entrare nel suo sogno e prestargli aiuto», spiegò Odino. «Possibilmente un membro della sua famiglia. Qualcuno che gli è vicino, che possa entrare nella sua coscienza».
«Andrò io», esclamò Thor. Sigyn, che era rimasta in silenzio fino a quel momento, alzò lo sguardo su di lui. Aveva ascoltato il discorso con il cuore in gola, preoccupata di non riuscire a capire, di sentirsi dire che non c’era una soluzione. Invece eccola lì, la speranza. Splendeva minuscola in quel mondo di paure.
Sigyn non sapeva da dove venisse il proprio coraggio, quell’ondata di calore che le aveva improvvisamente attraversato le braccia e le gambe, ma non esitò nemmeno per un istante quando schiuse le labbra per parlare.
«No. Andrò io».
I presenti si voltarono verso di lei tutti nello stesso momento, nel silenzio più assoluto. Sigyn non sentiva altro che il battito del suo cuore, un suono potente nei timpani, e in un certo senso anche fiero.
«Lady Sigyn», esordì Thor dopo averla scrutata a lungo senza parlare. «Il vostro coraggio è nobile e vi fa onore. Ma Loki ci ha chiesto di assicurarci che foste al sicuro, qualunque cosa accadesse. Se vi lasciassimo compiere un gesto simile, mancheremmo alla sua promessa. Lasciate andare me».
«Loki non permetterà a nessuno di voi di entrare nella sua testa», replicò lei all’improvviso.
Thor tacque all’istante e Sigyn sentì il silenzio annodarsi, assumere il disagio dell’affronto. Abbassò gli occhi.
«Mi dispiace, non intendevo mancarvi di rispetto. Ma Loki ha un… atteggiamento ostile nei vostri confronti. Dubito che vi permetterà di entrare nei suoi sogni. Ma forse…» Esitò, ma solo per un istante, perché il coraggio che l’aveva scaldata bruciava ancora nelle sue vene. «…forse, lascerà passare me».
Con la coda dell’occhio, vide Thor corrugare la fronte e sporgersi verso di lei per replicare, ma non era sua la voce che sentì.
«Sigyn ha ragione».
Gli occhi che prima erano puntati su di lei si spostarono su Frigga. La Regina non ne parve turbata. Guardava Sigyn quasi con gratitudine, ma non fu questo a colpirla. Fu lo sguardo di rispetto che le rivolse a lasciarla davvero sgomenta.
«Se c’è una persona a cui Loki permetterà di passare», proseguì Frigga, «è Sigyn. Non sei tu, figlio mio, e nemmeno voi, mio re. Non serve che ve ne spieghi il motivo».
Sigyn non si era aspettata la nota di rimprovero che aveva vibrato brevemente nella voce di Frigga, e quando volse lo sguardo su Thor e Odino si rese conto che anche loro erano stati colti impreparati. Per un istante pensò che non lo avrebbero tollerato, ma nessuno dei due disse una sola parola. Il Padre degli Dei aveva assunto un’espressione profonda, pensierosa. Alzò lo sguardo all’improvviso.
«Lo so», disse. «Ma ho fatto una promessa a Loki. Gli ho dato la mia parola che la sua sposa sarebbe stata al sicuro».
«Anche Loki mi aveva dato la sua parola», replicò Sigyn, e si accorse di star tremando. «Mi aveva detto che sarebbe tornato, ma non ha mantenuto la promessa. Credo che voi possiate infrangere la vostra, per permettergli di mantenere la sua».
Il silenzio scese come nebbia. Quando Odino la guardò, Sigyn già sapeva che cosa avrebbe risposto.
«Così sia».
Di ciò che avvenne dopo Sigyn ricordò le proteste di Thor e dei guerrieri, la loro indignazione di fronte a quella decisione così imprudente. Lei non ci aveva dato peso. Aveva permesso ai loro sguardi compassionevoli di attraversarla come un fantasma, finché non si erano arresi. L’avevano guardata severamente mentre lasciava la sala insieme al Padre degli Dei, risentiti come davanti a un tradimento.
Sigyn aveva aspettato che il coraggio svanisse e svelasse il vuoto velenoso del panico, ma quel calore di pietra che sentiva nel petto era rimasto. L’aveva sostenuta mentre camminava verso la camera di guarigione e aveva celato il suo dolore. Le aveva rivelato una forza che non sapeva di avere. Ora si chiedeva se l’avesse sempre avuta, e perché improvvisamente fosse capace di tener testa alla propria paura. Fu quando si trovò davanti a Loki, disteso sulle coperte e addormentato dentro ad un sonno che assomigliava di più alla morte, che Sigyn comprese perché fosse diventata così. Mentre si sedeva accanto a lui, pensò a quando l’aveva abbracciata nel sonno e lei era rimasta pietrificata tra le sue braccia. Chiuse gli occhi e immaginò che Loki la stesse stringendo come allora, ma sentì soltanto il vuoto.
Attorno a lei, i sacerdoti si predisposero a indurle il torpore che le avrebbe consentito l’accesso al sonno di Loki. Adesso una fiammella di angoscia danzava nel suo ventre, dolorosa come le cose inevitabili. Aveva paura, perché non aveva idea di cosa succedesse dietro alle porte del sonno. Non sapeva dove si trovasse quell’universo di cui Loki era prigioniero. Forse si sarebbe persa lungo la strada, senza riuscire più a tornare. Forse, anche se l’avesse trovata, non sarebbe stata in grado di abbandonarla e svegliarsi. Lentamente la paura salì dentro di lei, strisciando lungo la spina dorsale come un brivido. Eppure, se fosse tornata indietro Sigyn si sarebbe offerta un’altra volta senza esitare nemmeno per un secondo.
Sentì qualcuno toccarle delicatamente le spalle e aprì gli occhi. Frigga era davanti a lei.
«Sei molto coraggiosa, Sigyn», disse.
Sigyn ribatté quasi senza accorgersene. «Sono leale».
Frigga abbassò lo sguardo per un istante. «Sigyn, ascolta», rafforzò la presa sulle sue spalle mentre sollevava di nuovo gli occhi su di lei. «Non sei costretta a compiere questo gesto, se non lo desideri. È molto rischioso. Non intendiamo obbligarti».
Il formicolio della rabbia le risalì la schiena. Sigyn rimase senza parole, ricordandosi come i reali non si fossero fatti alcuno scrupolo nel costringerla a ben altro, in passato.
«Sto facendo tutto questo perché voglio riportare indietro Loki», scandì. Il coraggio e la furia si mescolavano come lampi nei suoi occhi.
Frigga fece una pausa. «Ti ringrazio di cuore, Sigyn».
«Sono io a ringraziare voi», ribatté Sigyn freddamente. «Per la prima volta, mi avete permesso di decidere per me stessa».
La Regina non aggiunse più nulla e Sigyn richiuse gli occhi per non dover leggere la sua espressione, e perché sentiva le lacrime risalire prepotentemente sotto le palpebre. Pensò che una volta non sarebbe mai stata in grado di parlare in quel modo. Si sentì fiera di sé stessa, e si chiese se anche Loki sarebbe stato orgoglioso di lei.
Un sacerdote intonò un canto, e il torpore l’assalì all’improvviso. Sigyn schiuse le labbra come a cercare un respiro che le era mancato, e per un istante rimase sospesa tra il sonno e la veglia, lottando istintivamente per restare cosciente. Le voci dei sacerdoti si intrecciarono, sommergendola come un’onda, e lei avvertì il proprio respiro rallentare finché non fu assalita dalla paura peggiore, il terrore folle del preciso istante in cui capisci di non poter più fuggire. Adesso la tenebra dietro ai suoi occhi era densa e palpabile. Si sentiva il corpo annodato da una stanchezza impropria. La paura avrebbe dovuto farle pulsare il cuore più forte, ma i battiti erano lunghi e placidi come il respiro. Era così innaturale che Sigyn sentì la gola serrarsi nella morsa del panico. D’impulso, allungò una mano verso il letto. Trovò subito quella di Loki, e la strinse forte. A quel punto, fu come addormentarsi accanto a lui.















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Loooooki'd!
Già, Loki non è affatto morto. Per ora.
Chi conosce un po' la mitologia nordica e in particolare le leggende su Loki e Sigyn, ha sicuramente capito dove sto andando a parare. Intanto metto le carte in tavola e vi dico che nel mito norreno Loki, punito per aver architettato l'omicidio del dio Balder, viene legato ad una roccia mentre un serpente striscia sopra di lui. Il veleno che cola dalle fauci del serpente cade sul corpo di Loki procurandogli atroci dolori, e secondo la leggenda il suo divincolarsi è ciò che provoca i terremoti. C'è un'altra parte del mito, di cui ancora però non vi accenno.
La storia di come Odino sconfigge Thanos e tutta la faccenda dei sogni sono completamente campate per aria. Non so nulla di Thanos, ho cercato di documentarmi un po' ma, basandomi esclusivamente sul Movieverse e sulla mitologia, non mi trovo con molto materiale su cui lavorare. Sarebbe stato interessante narrare la sconfitta di Thanos nei minimi termini, ma non era così funzionale a livello della trama. Quindi, ho cercato di renderla plausibile ma anche di non dilungarmici troppo. La faccenda dei sogni è un po' diversa, e nasce da una scena precisa di The Avengers, in cui Loki si trova nella sua base segreta e si "teletrasporta" su questa sorta di pianeta dove parla con l'Altro. La domanda è: che diamine succede in quel momento? Dov'è andato Loki? La prima cosa che ho pensato è stata: oh, si è addormentato. E' stata la mia prima impressione e ancora non ho capito bene che cosa sia successo. La teoria che ho definito in questo capitolo parte da quell'episodio e in fondo lo vorrebbe anche spiegare.

Un grandissimo abbraccio a tutti voi lettori, e un ringraziamento speciale per le recensioni allo scorso capitolo: _Elentari_, Red_sayuri, semperadreamer, KikkaMj, Efy, Sheleen_, Butterfly90, Evilcassy, Dietrich, Nat_Matryoshka, xAlisx, DarukuShivaa, Alkimia187, Crisscolfersara, LittleBulma, SvaneH, SenzaNome, EffEDont, Layla_Morrigan_Aspasia, SofyEchelon97, Artemis Black, TsunadeShirahime, Kiai, Lady_Porta, camomilla17, BloodyladyRinoa, dama greenleaf, AliceWilliams, Elweren, _Zazzy, Aires89, Hiddle. Grazie di cuore, gente!!!

Ricordo ai nuovi lettori che, se vi fa piacere, potete aggiungermi a facebook (www.facebook.com/eleuthera.efp) o farmi una domanda e leggere le risposte che ho già dato! (ask.fm/Eleuthera)

Au revoir,
Eleu

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Capitolo 24
*** What dreams may come ***


WHAT DREAMS MAY COME

 

Era immerso nella neve fino alle caviglie.
Loki guardò il paesaggio bianco e immobile attorno a sé e per un attimo pensò che fosse Jotunheim. Poi si ricordo che no, Jotunheim non era affatto così, era una spianata dura e fredda di roccia scura e di ghiaccio. I morbidi pendii incolori che vedeva adesso erano piuttosto come si era
immaginato che fosse Jotunehim, quand’era bambino. Forse era stata così per davvero, una volta, ma doveva essere stato molto tempo prima. Avanzò nella neve, lasciando un sentiero di impronte pesanti, e strinse gli occhi, cercando di spingere lo sguardo oltre l’orizzonte. Vedeva il proprio respiro condensarsi di fronte a sé, ma non sentiva freddo.
Non ricordava come fosse arrivato fin lì, né quale fosse la sua meta. Mentre camminava sulle dune candide, si domandò dove lo stesse attirando Thanos. Il pensiero però morì quasi all’istante. Ora il vento gli fischiava nelle orecchie, graffiando il silenzio. Il pensiero che venne dopo era per Sigyn che non avrebbe più visto.
Lo notò con la coda dell’occhio. Un bagliore dorato, capelli che si sollevavano nella brezza e scomparivano dietro a un declivio. Loki rimase immobile per un attimo, poi sentì il cuore esplodere e cominciò a correre, incespicando. Quando raggiunse la collina, sapeva già che era troppo tardi. Gli faceva male qualcosa nel petto, e pensò fosse il cuore.
Abbassò lo sguardo - il vento iniziava a bruciargli gli occhi, a scottargli la faccia - e allora lo vide.
Si piegò sulle ginocchia per guardare meglio. C’era qualcosa sulla neve. Macchie. Due grandi macchie rosse come il sangue.
Loki chiuse gli occhi, ma quando cercò di riaprirli non ci riuscì. Sì sentì stringere la gola mentre tentava di nuovo, inutilmente. Si accorse quasi subito che sullo schermo buio delle sue palpebre le macchie c’erano ancora, rotonde e scarlatte, vive come un fuoco, e un attimo dopo Loki si rese conto che stavano bruciando veramente, ustionando e trapassando la pelle sottile. Aprì gli occhi e il veleno del serpente gli gocciolò sulle labbra e sul collo. Il dolore non era più nel petto, era ovunque. I suoi occhi ardevano senza consumarsi. L’ultimo brandello della visione che gli era apparsa nell’incoscienza si sciolse tra le fiamme.
Loki sentì il pavimento di roccia tremare mentre lui gridava e i suoi occhi bruciavano.



Quando aprì gli occhi, per un attimo pensò di essersi svegliata veramente. Si guardò attorno, cercando un viso conosciuto che le potesse spiegare, ma non trovò nessuno. Era completamente sola.
Non era così che se l’era immaginato. Aveva pensato che ovunque fosse andata in quel sonno innaturale sarebbe stato come essere in un sogno. Si era aspettata immagini annebbiate, colori troppo vividi, contorni sfocati, ma quello che vedeva era nitido e inconfondibile come un paesaggio reale. Attorno a lei si apriva per miglia e miglia una steppa arida e secca. Il cielo era grigio e Sigyn si chiese da dove venisse la luce, perché non vedeva alcun sole. Era un posto assurdo, però era vero. Sigyn poteva sentire il vento freddo ferirle il volto e la luce pallida riflettersi negli occhi. Capì che era questo che intendeva Odino. Quel luogo non era solo nella testa di Loki: era reale, esisteva da qualche parte. E Loki era là.
Sigyn girò su sé stessa scrutando l’orizzonte. Lontano, dietro di lei, c’era la sagoma scura di una montagna, ma non riusciva a capire quanto fosse effettivamente distante. Si strinse le braccia al petto, disorientata da quel luogo che sapeva essere reale ma allo stesso tempo un sogno. Era una contraddizione che non riusciva a capire, eppure era lì e la stava vivendo. Esitò per qualche istante, poi fece l’unica cosa che poteva fare: si incamminò attraverso la steppa.
Mosse ogni passo con precauzione, con la paura che il terreno sotto i suoi piedi si potesse trasformare da un momento all’altro, proprio come nei sogni. Ma l’erba rimase secca e sbiadita e l’orizzonte dritto e immobile, e dopo un po’ Sigyn iniziò a dimenticarsi di essere in un universo in bilico tra la realtà e l’illusione. La luce si stava scaldando e lei poteva sentirne i raggi sul collo, anche se non vedeva il sole. Il vento era cessato ma l’aria era pungente, e quando Sigyn vide una macchia di fiori gialli occhieggiare nel prato seppe che erano reali. Dopo qualche miglia si era scordata di star camminando dentro a un sogno di Loki. Le sembrava piuttosto qualche terra lontana, ipnotica ed estranea, ma vera.
Proseguì verso la montagna per quelle che le parvero delle ore. Ad un certo punto si accorse che il cielo non cambiava e che quindi non aveva modo di definire lo scorrere del tempo. Quel grigiore immutabile sì che non era reale, e Sigyn sentì il cuore appesantirsi della sensazione di essere rinchiusa dentro ad un’illusione. Dove si trovava veramente? Che ne era del suo corpo, della sua testa, mentre lei viaggiava in quel mondo senza fine, grigio e arido e invincibile? E dov’era Loki in quella steppa senza rifugio? Forse aveva preso la direzione sbagliata. Ma anche se fosse stata giusta, nonostante continuasse a camminare la montagna non le sembrava affatto più vicina. La sagoma scura contro il cielo le ricordò gli artisti che si erano presentati un giorno nella sua casa a Vanaheim, portando un telo candido sul quale avevano giocato con le proprie ombre, creando una storia in controluce. Forse anche quel mondo era così, erano ombre proiettate dalla mente, impressionanti e magnetiche ma niente di più che illusioni, e lei non avrebbe mai potuto trovare Loki dentro a quell’inganno. Si fermò e si lasciò cadere seduta nel mezzo della steppa, sopraffatta dallo sconforto. Si era offerta per salvare Loki senza esitare nemmeno per un istante, ma ora pensava che forse aveva sbagliato, perché lei non sapeva affatto come salvarlo. Non riusciva neppure a trovarlo. La montagna le sfuggiva, come negli incubi in cui nessuna corsa porta più lontano di un respiro. La steppa non finiva mai, il cielo era grigio come il metallo, finto. La sensazione di stanchezza che le avvolgeva le vertebre, però, era reale, e Sigyn rimase seduta per un po’ senza riuscire a riposarsi, tormentata dall’angoscia di star perdendo tempo prezioso. Loki era lì, da qualche parte, e lei doveva correre. Il terrore di non riuscire a trovarlo le accorciava il respiro. Si rialzò quasi subito, stanca più di prima. Non avrebbe avuto pace finché non avesse trovato Loki. Dopo, avrebbero cercato il modo di uscire di lì. Insieme.
Mentre proseguiva veloce nella steppa, Sigyn si rese conto di odiare Thanos con un’intensità feroce, assoluta. Le venne in mente come aveva odiato Loki quando l’aveva umiliata nelle prigioni con le sue battute taglienti e quando si era ostinato a rispondere come preferiva durante il processo. Ricordava benissimo quella sensazione di durezza, di totale repulsione, di completo rifiuto, e improvvisamente le venne da piangere. Era stato un odio diverso, però. Non aveva niente a che vedere con la rabbia violenta nei confronti di Thanos. Ricordava di aver sempre lottato con sé stessa, perché sebbene per molto tempo avesse continuato a ripetersi che Loki era un mostro e che lei lo detestava, qualcos’altro dentro di lei aveva combattuto strenuamente per affermare il contrario. Aveva capito, alla fine, e adesso doveva trovarlo e dirgli che non l’aveva mai odiato e che era arrivata fin lì per confessargli quello che non era riuscita a rivelare prima. Desiderava così tanto ritrovarlo da sentirsi un nodo al posto del cuore, strettissimo, da togliere il respiro. Non riusciva a recuperare la forza e il coraggio che l’aveva spinta fin là. Pianse in silenzio, piena di sconforto.
Non si aspettava per niente di trovare una casa in mezzo alla steppa, e così si fermò all’istante quando la vide. Percepì il battito del proprio cuore accelerare e rimase del tutto immobile, senza accorgersi di star trattenendo il fiato. Guardò a lungo la casa all’orizzonte - la montagna era più lontano, ancora incredibilmente irraggiungibile - come per accertarsi che non scomparisse. Allora si rese conto che c’era veramente e che non era un’illusione, ammesso che vi fosse qualcosa, in quel mondo, che non lo era. Riprese a camminare, quasi a correre. Forse, pensò Sigyn, Loki era là dentro. Un misto di euforia e terrore le annebbiò i sensi e affrettò il passo.
La casa non era affatto come la montagna e ad ogni momento si faceva più vicina. Dopo un po’ Sigyn riuscì a distinguerne chiaramente i contorni, scoprendo che si trattava di poco più di una capanna, le pareti e il tetto di legno, le finestre coperte da un drappeggio di tende. Ebbe l’impressione che quella casa fosse là da un sacco di tempo, nel bel mezzo del nulla.
Si fermò a pochi metri dal cortile, uno spiazzo in cui l’erba era stata strappata via. Da vicino la capanna era più grande di quanto avesse pensato, e improvvisamente le sembrò come un monolite, eretta nella prateria in un tempo lontano, immobile per sempre. Non osò aprire la porta. Restò ferma a pochi passi, aspettando di veder comparire qualcuno. Poi, con cautela, si mosse attorno alla casa, facendo capolino sul retro. A quel punto, vide le tre donne.
Sembrarono non accorgersi subito di lei e per qualche istante Sigyn le osservò di nascosto. Indossavano sgargianti abiti dei colori del mare e del cielo, blu e azzurri, turchesi e celesti, ma la stoffa era logora e impolverata, come se avessero conservato a lungo i vestiti in un baule. Due di loro erano indaffarate attorno a un telaio, ma la terza sedeva in disparte, gli occhi fissi sull’orizzonte. I loro capelli erano bianchi e lunghissimi. Quando si voltarono Sigyn vide che i loro volti erano un reticolo di rughe, ma avevano lo sguardo limpido e brillante di chi vecchio non era affatto. Si sentì arpionare dai loro occhi turchini, e rimase immobile.
Le tre donne la guardarono in silenzio, osservandola da capo a piedi coi loro occhi di cristallo. Sigyn si domandò come mai non provasse paura di fronte a tre persone che non avevano ragione di esistere in quel mondo. Poteva essere un tranello di Thanos, poteva essere qualunque cosa, eppure lei non sentì il minimo brivido mentre le tre donne la scrutavano senza parlare.
«Perdonatemi», disse Sigyn ad un tratto. «Sto cercando mio marito».
«Lo sappiamo», rispose la donna seduta più lontano, quella che guardava l’orizzonte. «Sapevamo che saresti arrivata. E, in un certo senso, anche lui lo sa».
Allora Sigyn si accorse che la donna non stava guardando l’orizzonte, ma la montagna. Sentì il battito del cuore incalzare d’improvviso.
«Sapete dove si trova?», chiese.
«Lo sappiamo come sappiamo ogni altra cosa», rispose la seconda donna. La prima, quella seduta, era tornata a guardare lontano. Sigyn corrugò la fronte, confusa, ma quando fece per parlare la terza donna la precedette.
«Devi riposare. Sei stanca», disse. «Fermati con noi».
«Ma non posso fermarmi», replicò Sigy.n «Devo trovarlo. Devo trovarlo il prima possibile».
La donna sorrise. «Il tempo qui, mia cara, non è come al di fuori, e tu te ne sei già accorta».
«È diverso, ma non capisco in che modo».
«Non è
diverso», spiegò l’altra. «Non esiste».
Sigyn tacque. La donna che era rimasta seduta fino a quel momento si alzò. I suoi capelli erano veramente lunghissimi, e la seguirono come un mantello mentre si avvicinava.
«Vieni, Sigyn», disse. «Entra in casa e riposa».
Improvvisamente Sigyn si sentì stanca da morire, così si dimenticò di chiedersi come facesse quella donna a sapere il suo nome. La seguì in silenzio oltre la porta. Le tende che coprivano le finestre non lasciavano trapelare che qualche spiraglio di luce, ma non era abbastanza e la casa era piena di ombre. Quando gli occhi di Sigyn si abituarono al buio, notò che la capanna comprendeva un’unica stanza quasi del tutto spoglia. C’erano tre giacigli addossati alla parete e la donna gliene indicò uno.
«Dormi, Sigyn», disse.
«Come posso dormire, se sono già dentro ad un sogno?» ribattè Sigyn, ma già si sentiva avvolgere dal sonno.
«Sei dentro un sogno, ma non stai dormendo», disse la donna. «E allo stesso tempo stai dormendo, ma non sei dentro ad un sogno. In entrambi i casi, sarai capace di addormentarti».
Sigyn si sentì terrorizzata. «E se non dovessi riuscire a svegliarmi?»
«Ci si sveglia sempre», rispose l’altra. «Qualunque sogno finisce. Si spezza a metà, si conclude dolcemente, si infrange di soprassalto. Tutti si svegliano, anche chi non vuole. C’è un solo sonno dal quale non c’è risveglio, e quello è la morte».
La donna si chinò su di lei e le accarezzò i capelli. «Ma non è il tuo sonno, Sigyn. E nemmeno il
suo».
Ma Sigyn cadde addormentata prima di poter sentire le ultime parole.
Aveva trascorso due notti insonni - la prima ad aspettare l’inizio della battaglia, la seconda ad attenderne l’esito, e si addormentò come si sarebbe potuta addormentare nella realtà, di colpo, senza avere il tempo di vivere il momento in cui scivoli nell’incoscienza ma sei ancora abbastanza lucido per rendertene conto. Chiuse gli occhi e fu nel buio.
Quando iniziò a sognare le sembrò di svegliarsi. Si guardò intorno, pensando con terrore di essere di nuovo ad Asgard, sveglia accanto al corpo privo di sensi di Loki. Ma non si trovava nella stanza della guarigione, né nella casa in mezzo alla steppa. Era circondata da una silenziosa distesa di neve, tanto bianca da far male agli occhi. Si accumulava negli spazi di piccole dune, così da assomigliare piuttosto a un deserto di ghiaccio. Il cielo era lo stesso del mondo in cui si era addormentata. Che poi era un sogno. Era come la visione che stava avendo adesso? Era reale anche quella? Si chiese quanti mondi fossero nascosti in quell’universo, quanti sogni si dispiegassero dai sogni come i colori di un caleidoscopio. Il panico divorò il suo respiro mentre pensava all’ipotesi di restare perduta là dentro, in un vortice di illusione dove non sarebbe più stata in grado di distinguere la realtà.
Ci si sveglia sempre, aveva detto la vecchia donna dai capelli lunghissimi. Ogni sogno finisce. Anche questo finirà, pensò Sigyn, e si incamminò nella distesa candida sperando di svegliarsi presto.
La neve cadeva continuamente sulle montagne di Vanaheim e da bambina Sigyn ci aveva giocato spesso insieme ai suoi coetanei. Ricordava il pizzicore del freddo sulle mani gelate e quel misto di dolore e piacere ad immergerle nell’acqua calda, quando tornava a casa. Si chinò, prendendo in mano una manciata di neve. Era fredda e le gelava le dita. Era vera. Sigyn la lasciò cadere, strofinando la mano contro il vestito, cancellando il gelo.
Si chiese se il terreno nascosto fosse quello della steppa, se si trovasse semplicemente nello stesso luogo, ma in un altro momento. Quando però si accorse che nel cielo pieno di nebbia non si intravedeva in nessun modo la sagoma della montagna, crebbe in lei la paura di essere stata ingannata. Il sonno a cui la vecchia donna l’aveva invitata non le era sembrato pericoloso, ma adesso si chiedeva perché in lei la prudenza fosse stata totalmente assente. Era successo qualcosa, in quella casa. Si era comportata con la stessa mancanza di pensiero che governa i sogni.
Non si accorse che il vento che le sfiorava il viso non portava alcuna sensazione di freddo, né che l’orlo del suo vestito passava sopra la neve senza bagnarsi. Continuò a camminare pensando che, forse, la montagna era solo più lontana e che presto l’avrebbe vista trapelare all’orizzonte, una sagoma sottile come carta velina nel cielo color del piombo. Così camminò nel nulla senza stancarsi. Il mondo attorno a lei non cambiava. Forse, pensò Sigyn, era come il tempo.
Una raffica di vento si sollevò all’improvviso, sparpagliandole i capelli nell’aria come una pioggia d’oro. Sigyn si riparò dietro una duna, proteggendosi dalla folata, e in quel momento sentì rumore sordo, attutito, un’eco tra la neve. Ci mise un po’ a capire di cosa si trattasse, ma quando si rese conto che erano i passi di qualcuno che si stava avvicinando di corsa, incespicando nella foga, lasciò immediatamente il rifugio e vagò con lo sguardo nella steppa innevata. Improvvisamente vedeva tutto annebbiato, ma le sembrò di scorgere un’ombra precipitarsi verso di lei, facendosi strada a fatica. Capì che era Loki, e subito si svegliò.
Aprì gli occhi perdendo istantaneamente la sensazione del sogno. Sottò di sé sentiva le coperte calde del giaciglio e il suo sguardo incontrò solo la penombra della capanna. Serrò subito le palpebre, facendo quello che fino a poco prima non si sarebbe mai potuta aspettare di fare: cercò disperatamente di riaddormentarsi, di recuperare nella memoria gli ultimi istanti del sogno, rivivendoli in silenzio nel tentativo di renderli di nuovo reali. Ma non si addormentò più. Tenne gli occhi chiusi, calmò il proprio respiro agitato, ricreò nel buio l’immagine di Loki che le veniva incontro - l’ultima cosa che aveva visto - ma il sonno non arrivò. Quando si rese conto che era inutile, si mise a sedere e si nascose il viso fra le mani.
Piena di amarezza, Sigyn si alzò e varcò la soglia. In mezzo al cortile la stessa donna che le aveva mostrato il giaciglio stava attingendo acqua da un pozzo. Era strano, perché Sigyn era certa di non aver visto nessun pozzo quando era arrivata. La donna si voltò e Sigyn vide che teneva fra le mani una profonda ciotola di legno mezza piena d’acqua. Improvvisamente, sentì una gran sete.
«Potrei averne un sorso?», chiese.
La donna le porse la ciotola. «Bevi», disse. Suonava come un ordine, e Sigyn bevve.
Quando fece per restituirle la ciotola, la donna scosse la testa. «Tienila».
«Perché?», domandò Sigyn.
«Conosco il motivo», rispose l’altra. «Ma non mi è permesso rivelartelo».
Ad un tratto a Sigyn sembrò di conoscere quella donna da sempre, o di essere in qualche modo destinata a conoscerla. Si guardarono in silenzio per qualche istante.
«Chi siete?», chiese Sigyn. La donna non rispose.
«Riprendi il tuo viaggio. Vai verso la montagna. Trovalo. Svegliati, e a quel punto sveglia anche lui», disse invece. Poi le accarezzò i capelli come aveva fatto prima che Sigyn si addormentasse. «Io e le mie sorelle ti rivedremo, Sigyn, quando per l’ultima volta ti addormenterai».
La frase echeggiò dentro di lei senza portarle paura, ma solo una lunga, dolce malinconia. Sigyn si incamminò verso la montagna e quando si voltò vide tre bellissime giovani donne nel cortile della casa, vestite di blu e con lunghi capelli color delle fiamme. Le salutò con la mano e loro risposero.
Si accorse che qualcosa era cambiato perché ora ad ogni passo la montagna si faceva più vicina. Non sentiva più la stanchezza e lo sconforto di prima, solo una gran fretta. Qualcosa la chiamava a raggiungere la montagna il prima possibile e Sigyn corse senza sentirsi stanca, la ciotola di legno ancora in mano. Quando calpestò le prime rocce, rallentò il passo e si guardò intorno cauta. Le pendici della montagna erano disseminate di grotte e rupi e lei non sapeva dove cercare. Avvertì il familiare brivido del panico lungo la schiena. Quel luogo era un labirinto di pietra dove perdersi era facile e lei era davanti all’entrata, sul punto di scegliere la strada giusta o quella sbagliata. Si arrampicò sulle rocce con prudenza, cercando in ogni caverna, in ogni rientranza della montagna. Il tempo non esisteva, ma lei continuava a dimenticarsene e si chiese da quanto stesse cercando Loki senza trovarlo. Poi, all’improvviso, lo vide.
Sigyn sgranò gli occhi e nel silenzio più assoluto avvertì il battito del cuore nelle orecchie, una pietra in mezzo al petto che le toglieva il fiato. Per un istante attese terrorizzata di svegliarsi com’era successo nella casa delle tre donne, ma quando questo non accadde si lanciò di corsa verso Loki, la mente svuotata e mille pensieri dentro al cuore. Gridò il suo nome. Poi si accorse che il pavimento di roccia stava tremando, un sussulto feroce che quasi la fece cadere. Inciampò e continuò a correre verso Loki con un sorriso debole ma splendente, perché qualunque cosa fosse successa adesso lo aveva trovato, non era più solo, e lei lo avrebbe aiutato a spezzare il sogno. Ma quando fu abbastanza vicina da vederlo con più chiarezza, sentì l’orrore mozzarle il respiro.


Non ci volle credere. Quando nell’oscurità ustionata sentì risuonare il proprio nome, rifiutò di credere che quella fosse la voce di Sigyn. Pensò che fosse soltanto lo stadio iniziale dell’incoscienza, l’ennesimo dei deliri in cui il suo corpo scivolava esanime quando il dolore diventava insostenibile. In quei momenti aveva scoperto che esistevano sogni dentro ai sogni, stratificati e complessi, e vi si era perso fino a non ricordare più se fosse sveglio oppure no. Alla fine però il veleno del serpente lo riportava alla sua dimensione di partenza. Loki aveva capito fin dall’inizio dove si trovava, aveva capito che Thanos lo aveva imprigionato in quello stesso luogo in cui gli aveva fatto visita nei suoi incubi. Sapeva di chiamarlo sogno solo perché non c’erano altre parole per definirlo, ma sapeva anche che non era affatto un sogno. Era un termine riduttivo e superficiale, e Loki lo sapeva bene perché a lui il Tesseract aveva mostrato ogni cosa su quei mondi dentro ai mondi. Per questo quando socchiuse gli occhi e vide Sigyn china su di lui, si rifiutò di credere che fosse anche lei prigioniera là dentro. Era per forza un tranello di Thanos, era una tortura studiata apposta per lui, era per fargli male - e Thanos aveva ottenuto quello che voleva, perché il solo pensiero di Sigyn dentro a quel mondo lo riempiva di una disperazione folle. Tirò le catene, istintivamente, senza motivo. Una goccia di veleno gli cadde sul volto e lo costrinse a chiudere gli occhi.
«Loki».
Ancora la voce di Sigyn. Loki desiderò in silenzio che non fosse davvero lì, che non fosse stata condannata alla sua stessa sorte, ma quando sentì la mano di Sigyn stringere la sua - dita sottili contro il suo polso incatenato alla roccia - capì che era tutto reale. Aprì gli occhi, il veleno di serpente come magma tra le ciglia. Quando riuscì a mettere a fuoco, Sigyn era lì davanti a lui.
«È stato Thanos?» sussurrò pieno di rabbia, le labbra ustionate che bruciavano a contatto con le parole. Vide Sigyn scuotere la testa.
«Thanos è stato sconfitto», disse. Loki sbuffò.
«Thanos
non può essere sconfitto».
Il veleno di serpente gli scivolò lungo la gola e Loki strinse la mascella per non gridare. Poteva immaginare il riflesso del suo volto specchiarsi negli occhi di Sigyn, un viso esangue e lacerato, stravolto dal dolore, senza dignità. Era umiliante. Vedeva la paura negli occhi di Sigyn, ma non era quel terrore che una volta aveva trovato così gratificante. Sigyn aveva paura
per lui, e Loki serrò le labbra per non sfarsi sfuggire nemmeno un gemito, per non far capire a Sigyn che non si trovava davanti ad un uomo morto, ma a qualcosa di molto peggiore.
«Il Padre degli Dei ci è riuscito», proseguì Sigyn. La sua voce tremava. «E poi mi ha mandata qui. Per svegliarti».
Loki scattò in avanti, dimenticandosi di essere incatenato alla roccia. «Ti ha mandata qui?!», esplose. «Ti ha condannata!»
«Lui non-»
«Non c’è modo di svegliarsi da questo sogno. Tu non tornerai, ma loro non potranno dire di non aver tentato di salvarmi. È un inganno. Ti hanno usata, non capisci? Lo hanno fatto fin dall’inizio. Così come...»
…hanno fatto con me, avrebbe voluto dire, ma in quel momento sentì il veleno cadere sulla sua fronte e nella foga delle parole non riuscì a soffocare il grido. Strinse le labbra, mozzandosi il respiro. Chiuse istintivamente gli occhi per controllare il dolore e sentì Sigyn stringergli la mano ancora più forte.
«Non avresti mai permesso a Odino o a Thor di entrare nella tua testa», mormorò lei, e Loki capì ogni cosa. Si sentì travolgere dalla disperazione.
«Non puoi salvarmi», ringhiò. «Non si fugge, da qui».
Non era arrabbiato con lei, era furioso con sé stesso. Non gli era mai importato di ciò che gli altri provavano a causa sua, ma con Sigyn ormai era diverso. Non poteva sopportare che si fosse
sacrificata per lui, e nel suo groviglio di dolore sapeva che non si trattava soltanto di una questione di orgoglio. Sigyn non meritava quella sorte e non doveva stare lì, eppure aveva scelto di viaggiare in quel mondo impossibile senza che Loki potesse far nulla per impedirlo. Lo aveva fatto per lui, e adesso era prigioniera in un sogno e Loki non poteva salvarla.
Aprì gli occhi e la guardò. Avrebbe voluto liberarsi da quelle catene, tirarsi su e abbracciarla, e portarla via da lì.
Riuscì a cogliere il bagliore delle lacrime negli occhi scuri di lei un attimo prima che lei li abbassasse. C’era qualcosa che Sigyn stava guardando, qualcosa che forse teneva in mano e che Loki non riusciva a vedere. Quando sollevò lo sguardo, Loki si accorse che stava fissando il serpente che ondeggiava sopra di lui, e prima che potesse dirle qualunque cosa Sigyn si era alzata dirigendosi dall’altra parte del pavimento di roccia. Loki cercò di voltarsi, ma quando il veleno colò di nuovo sul suo viso fu costretto a serrare gli occhi.
Gli sembrò di sentire il fruscio del suo vestito e pensò che si fosse seduta dietro la sua testa. Quando riaprì gli occhi non riuscì a vederla, ma sentì le sue dita correre fra i suoi capelli, sulla nuca, lì dove il veleno non era sceso. Era una carezza così dolce che per un attimo Loki pensò solo a quella.
Poi vide un’ombra calare sul proprio volto e il profilo del braccio di Sigyn sospeso sopra la sua testa. Non gli fu subito chiaro che cosa stesse facendo, ma poi realizzò che mentre la mano sinistra di Sigyn gli accarezzava la nuca, la destra reggeva qualcosa in alto, verso il serpente; e quando si accorse che non sentiva più il veleno gocciolare sulla sua pelle, iniziò a capire.
«Forse hai ragione tu, non possiamo svegliarci», stava sussurrando Sigyn. «Ma in quanto a salvarti, io…»
«Che cos’è?» la interruppe bruscamente Loki, perché sapeva già quello che Sigyn stava per dirgli e non voleva sentirlo. Saperlo era già abbastanza doloroso.
Sigyn fece una pausa prima di rispondergli. «Una ciotola», disse. «Ho incontrato tre donne lungo la strada. Una di loro mi ha dato questa. Aveva detto che mi sarebbe servita. Adesso capisco il perché».
«È impossibile che questo mondo sia abitato».
«Non sono certa che quelle donne
appartengano a questo mondo».
Loki rimase in silenzio. La sua mente correva e cercava di capire la situazione, di trovare la chiave per risolverla. Non si era mai trovato in simili circostanze, e non per via della prigionia o della tortura - era la presenza di qualcuno disposto a salvargli la vita a costo della propria. Era un nuovo pensiero, un calore nello stomaco e un dolore nel petto che gli facevano quasi venire da piangere.
«Non potrai sorreggere quella ciotola per l’eternità», disse comunque, perché da qualche parte dentro di sé non poteva credere ad un amore simile e soprattutto perché non voleva credere che Sigyn sarebbe rimasta in quel limbo per sempre.
«Qui il tempo non esiste. Non ci sarà mai l’eternità», ribatté lei.
«Sai benissimo cosa intendo dire», replicò Loki a sua volta. Poi, con orrore, sentì la propria voce incrinarsi. «Io sono stato rinchiuso qui dentro da Thanos, ma tu no. Come ci sei entrata, puoi uscirne. Va’ via di qui. E quando ti sarai svegliata, fa’ l’unica cosa che abbia senso fare». Pensarlo era stato più semplice. Ora si rese conto che quasi non riusciva a dirlo. «Metti fine alla mia vita».
«No!». Loki sentì il respiro di lei spezzarsi, e si chiese se stesse piangendo. «No, c’è un modo per uscire di qui, entrambi. Lo troveremo. E nel frattempo io resterò qui, dovessi tenere sollevata questa ciotola per tutta l’eternità».
Loki si rese conto di non sapere come ribattere. Se si era sentito sollevato davanti al rifiuto di Sigyn - perché lui non aveva mai desiderato morire - l’idea di aver condannato anche lei al suo stesso supplizio lo trascinava giù, in abissi dove i pensieri non riuscivano a muoversi. Rimase in silenzio, cercando parole che non aveva.
«Ti giuro che uscirai di qui», mormorò alla fine.
«Non se dovrò andarmene da sola», rispose Sigyn. Ora Loki era sicuro che stesse piangendo. Improvvisamente sentì una grande rabbia dentro di sé e nel preciso istante in cui parlò fu certo che se ne sarebbe pentito. «Senso del dovere», disse a denti stretti. «Ha dominato ogni tua azione, fin dal principio. Mi sono sempre chiesto come-»
«Non l’ho fatto per senso del dovere, Loki! Dopo tutto quello che è successo, ancora non l’hai capito?» esclamò Sigyn, e la sua voce si perse tra le pareti di roccia, anche quando diventò poco più di un sussurro. «L’ho fatto per amore».
Loki avrebbe voluto poter vedere gli occhi di Sigyn per leggerne lo sguardo e lasciare che lei leggesse il suo. Sapeva bene che il silenzio era per le cose veramente importanti. Le parole erano tranelli, e in quelle di Sigyn c’era l’inganno più bello di tutti.
«Lo so», rispose. «Perdonami».
Sigyn doveva avergli letto nel pensiero, perché in quell’istante si piegò in avanti, facendo attenzione a tenere in equilibrio la ciotola. Gli sfiorò delicatamente le labbra con le proprie, a lungo, premendo piano per non ferirlo ulteriormente, ma Loki non sentì alcun male. Si era scordato che c’erano altri modi, oltre al silenzio, per le cose veramente importanti.
Sebbene il tempo lì non esistesse, Loki ebbe l’impressione che passassero secoli. Si era abituato al gocciolio ritmico e ininterrotto, e nonostante fosse consapevole della presenza di Sigyn che reggeva la ciotola sopra la sua testa continuò istintivamente ad attendere le stille di veleno, le braccia e le gambe tese e irrigidite nello sforzo di resistere al dolore che sarebbe arrivato. Quando realizzò che non sarebbe arrivato davvero nessun dolore, si concesse di riprendere il respiro. La pelle guariva lentamente e lui, senza il continuo bruciore del veleno nella sua carne, poteva finalmente pensare. Doveva trovare un modo per infrangere il sogno, almeno per Sigyn. Se l’avesse trovato, forse, l’avrebbe convinta ad andarsene anche senza di lui. Poteva ingannarla e dirle che si sarebbero svegliati entrambi, quando invece lei soltanto avrebbe riaperto gli occhi. Coltivò l’idea per un po’, ma Sigyn lo avrebbe odiato per quell’inganno, e lui capì di non essere in grado di dire quella bugia.
Loki non poteva vedere Sigyn con i propri occhi, ma riusciva ad immaginarsela, condannata a reggere quella ciotola sopra di lui. Sigyn non aveva voluto sentire ragioni, ma quando il recipiente aveva iniziato a riempirsi aveva dovuto sorreggerlo con entrambe le mani. Allora, prima di abbandonare il contatto della propria mano sui suoi capelli, Sigyn gli aveva sollevato dolcemente il capo, appoggiandolo sul suo grembo. Quel gesto lo aveva trascinato in un vortice di ricordi, immagini che ancora non aveva avuto il tempo di assorbire, abbracci che lo sorprendevano anche nella sua memoria. Una volta gli sarebbe stato impossibile immaginare tutta quella tenerezza, eppure si ritrovò ad ammettere che quella situazione terrificante era molto più sopportabile, adesso. Si sentì quasi tradito dal pensiero ma se ne lasciò cullare lo stesso, perché aveva creduto che non avrebbe mai più rivisto Sigyn e invece lei era lì, contro ogni ragione e nonostante ogni cosa. E non era lì per via di qualche comando o sotterfugio, ma soltanto per lui. Per la prima volta, Loki provò la sensazione tremenda e bellissima di essere
importante per qualcuno. Si chiese se Sigyn si rendesse conto che anche lei era così, per lui.
Si scambiarono poche parole nell’eternità senza tempo che passarono in quella prigione di roccia, brevi frasi scintillanti nel cielo grigio. Sigyn gli raccontò l’incontro con le tre donne e Loki ascoltò con l’impressione che ci fosse un particolare che continuava a sfuggirgli. Loki continuava a pensare e di tanto in tanto, quando rischiava di soffocare in quella livida attesa che aveva conosciuto al tempo della sua esecuzione, si aggrappava alle parole di Sigyn e recuperava il respiro. Perciò, quando la ciotola fu piena fino all’orlo, Loki si accorse subito della nota di panico nella voce di lei.
«È piena», sussurrò.
Loki rimase in silenzio. Aveva saputo fin dall’inizio che sarebbe arrivato quel momento e attese che Sigyn vuotasse la ciotola mentre sentiva il battito del cuore fermarsi in gola.
Il veleno colò sul suo volto proprio come se l’era immaginato, bollente e improvviso, e gli ustionò la pelle sottile che si era formata sopra alle bruciature. Ingoiò il dolore senza lasciarsi sfuggire nemmeno un gemito, mentre Sigyn alzava di nuovo la ciotola verso la testa del serpente. La goccia che Loki sentì cadere sul suo volto un attimo dopo non era veleno, ma lacrime, e a quel punto non seppe più per che cosa stesse provando dolore.
La ciotola che si riempiva era l’unica parvenza di tempo che potesse indovinare, ma dopo un po’ Loki perse il conto delle volte in cui il recipiente andava svuotato. Alla fine pensò che anche se il tempo non esisteva là dentro, non importava: per lui quella era l’eternità, una sorte senza scampo.
«Le tre donne che hai incontrato lungo la strada», chiese Loki ad un certo punto, quando si rese conto che non riusciva davvero a credere che esistesse una via d’uscita. «Non ti hanno detto niente di preciso su come andare via da qui?»
«Mi hanno detto di svegliarmi, e di svegliare te», rispose Sigyn. «Mi hanno detto che ogni sogno finisce».
«Ogni sogno tranne questo, evidentemente».
«No, anche questo. Finirà».
Loki non capiva se Sigyn stesse semplicemente cercando di dargli speranza, o se ci fosse di più. Ma alla fine chiuse gli occhi ed entrò di nuovo nel labirinto dei suoi pensieri. Aveva capito chi erano quelle tre donne - Sigyn forse no, o comunque non sembrava dargli tanta importanza quanta invece gliene attribuiva lui. Era certo che non le avessero dato soltanto quel recipiente per aiutarla a stargli accanto nel suo supplizio. No, c’era dell’altro. Le tre donne le avevano sicuramente detto anche come salvarlo. C’era la verità nelle loro parole, bisognava solo scovarla, afferrarla, capirla. E, improvvisamente, Loki capì.
«Sigyn», mormorò. «Ascoltami. Devi svegliarti».
«No!» esclamò subito lei, ma Loki fu più veloce e le impedì di proseguire.
«Quelle tre donne, loro ti hanno detto esattamente come fare a portarmi via di qui».
«No, ti assicuro, loro non…»
«Ti hanno detto di
svegliarmi», replicò Loki. «Ed è esattamente questo ciò che devi fare. Svegliati. E poi sveglia me».
«Ma il Padre degli Dei ha detto che il sogno non può essere spezzato dall’esterno…»
«Il Padre degli Dei non sa ogni cosa», ribatté lui aspramente. «Hai capito chi erano quelle tre donne, vero?»
Sigyn esitò prima di rispondere. «Le Norne».
«Esatto. E le Norne non sprecano il tempo in inganni. Non loro. Loro sanno quanto vale, il tempo». Loki serrò la mascella, in preda alla rabbia. «Era così semplice. È per questo che non l’ho capito prima. Cercavo un tranello, un enigma da svelare, e ho tralasciato la soluzione più semplice. E, naturalmente, la verità era proprio quella».
«Tu credi che, quando mi sveglierò, sarò in grado di svegliare anche te?»
La voce di Sigyn era piena di paura e Loki desiderò poterle stringere la mano, ma sotto le dita incontrò solo roccia.
«Sì», rispose.
«Forse non è quello che intendevano le Norne, forse non è così che dovrei svegliarti. E allora tu resteresti imprigionato qui».
«Non succederà. Le Norne ti hanno detto di svegliarmi. Fallo, Sigyn».
Un fruscio. Tenendo la ciotola alzata tra le mani, Sigyn si era avvicinata a lui. Adesso Loki poteva vedere il suo viso, e lo fissò intensamente perché, se non si fosse svegliato, quella sarebbe stata l’ultima volta in cui lo avrebbe visto.
«Dimmi che questo non è un inganno», fece lei.
Loki avvertì lo stomaco avvinghiarsi. Non era sicuro che in quel modo si sarebbe svegliato, ma se non altro Sigyn sarebbe stata libera. Pensò a quanto fosse orribile doverle dire addio con una bugia.
«Non è un inganno».
Lasciò che lei lo baciasse, ma non si impresse nella memoria il bacio perché temeva che se fosse davvero stato l’ultimo, il ricordo avrebbe fatto troppo male.
«Ci vediamo fra poco» disse, sforzandosi di sorridere, ma l’espressione di Sigyn era di pietra. La vide dischiudere le labbra e per un attimo pensò che gli avrebbe detto che era un bugiardo, ma invece rimase in silenzio. Aveva le guance bagnate di lacrime e allungò una mano per accarezzargli il volto. Loki la osservò chiudere gli occhi, ma non la vide mai riaprirli.
Scomparve come se non ci fosse mai stata, e la prima cosa che Loki sentì non fu il veleno sul volto, ma il vuoto lì dove la mano di Sigyn aveva sfiorato il suo viso. Pensò che l’avrebbe odiato, quando avesse tentato di svegliarlo senza riuscirci.
Poi la prima goccia di veleno gli trafisse la pelle e Loki gridò, e allora pensò che Sigyn sarebbe riuscita a svegliarlo, e quando avrebbe riaperto gli occhi si sarebbe messo a ridere dicendole che non c’era stato alcun motivo di preoccuparsi.
Sorrise, mentre il veleno gli bucava le labbra. Era un bel modo per ingannare sé stesso.















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Tanto per cambiare, il titolo è una citazione dall'Amleto. Nel famoso monologo "To be or not to be", Amleto dice: "For in that sleep of death, what dreams may come" ("Poiché in quel sonno di morte, quali sogni possono giungere"). Amleto sta contemplando l'ipotesi del suicidio ma ha paura di quello che c'è dopo la morte, che sia il nulla o che sia qualcosa. Estrapolata dal contesto, mi sembrava una citazione calzante per questo capitolo.
Ci sono alcune cose che restano in sospeso in questo capitolo, ma vi assicuro che avrete tutte le risposte nel prossimo aggiornamento. Che poi è anche l'ultimo capitolo. L'epilogo è breve e si distingue piuttosto nettamente per stile e impostazione rispetto agli altri capitoli, quindi lo considero un po' a parte.
Essere arrivati quasi alla fine di questa storia è qualcosa che mi mette addosso un'euforia e una malinconia tremende. Mi dispiacerà non scrivere più di questi personaggi (non chiedetemi un sequel, perché... no. Sarebbe rovinare le cose) e delle loro pare mentali e del loro angst... Ho altre storie in mente, ma non saranno questa. E' la prima volta che scrivo una storia lunga che abbia un senso e della quale non credo mi vergognerò fra qualche anno. Almeno spero.

Un paio di volte mi sono sentita dire che non dovrei scrivere per gli altri o per le recensioni, ma per me stessa. A dire il vero, io credo che se questa storia non avesse avuto il pubblico che ha, io non sarei arrivata a scrivere nemmeno fino al quinto capitolo. Certo che scrivo per voi! E non credo nemmeno che sia sbagliato. Fa parte del divertimento. Si scrive per comunicare, scrivere senza nessuno che ti ascolta è un controsenso e, soprattutto, è demotivante. Che poi uno possa scrivere qualcosa per sé stesso lo capisco e lo faccio anch'io, ma non è il caso di questa storia. A me piace raccontare storie, e le cose non si possono raccontare senza un pubblico.
E voi siete il miglior pubblico che potessi avere, e vi ringrazio tutti per leggere e per esservi lasciati coinvolgere da questa storia. E' stato stupendo raccontarvela. Cerchiamo di goderci gli ultimi capitoli. :)

Un ringraziamento speciale per le recensioni all'ultimo capitolo a _Elentari_, Darma, Warumono, KikkaMj, Alkimia187, Evilcassy, Efy, Red_Sayuri, xAlisx, Aires89, FrancescaAkira89, EffEDont, Butterfly90, Kashmir, Nat_Matryoshka, LittleBulma, Dietrich, TsunadeShirahime, ArtemisBlack, _Zazzy, SenzaNome, DarukuShivaa, Clint Laufeyson, Elweren, Alice Williams, Bored94, Lady_Porta, SofiaEchelon97, Vampire_heart

Per ogni vostra curiosità, aggiungetemi su facebook (http://www.facebook.com/eleuthera.efp) o fatemi una domanda (http://ask.fm/Eleuthera).

Au revoir,
Eleu

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Capitolo 25
*** Never let me go ***


NEVER LET ME GO

Sigyn aprì gli occhi e subito se ne pentì. Li richiuse immediatamente, cercando di sprofondare di nuovo nel sogno, ma dietro alle palpebre vide solo soltanto buio e allora capì di non poter tornare indietro. Si sentì travolgere dal panico mentre si rendeva conto che quel mondo così reale era sparito proprio come un’illusione, tanto da chiedersi se mai fosse esistito veramente. Tentò di muoversi, ma il proprio corpo era ancora addormentato e per un brevissimo istante rimase paralizzata, incastrata fra il sonno e il risveglio. La mente però era tornata nel mondo reale da un pezzo e lei già si stava chiedendo come avesse potuto accettare la proposta di Loki. Se prima le sue parole erano riuscite a convincerla, adesso le sembrava semplicemente impossibile che bastasse svegliarlo per riportarlo indietro. Il terrore crebbe come la prima onda di una bufera e la travolse. L’ho abbandonato, pensò. Soltanto un attimo prima era lì insieme a lui, ma era bastato lasciarsi convincere a chiudere gli occhi e desiderare di svegliarsi per fuggire da quel mondo. Loki era solo, adesso, in quella distesa sconfinata di roccia e cielo. Sigyn poteva ancora vedere dentro ai propri occhi l’immagine del suo volto sfigurato dal veleno. Pensò che l’unica cosa che mai avrebbe potuto perdonargli era di averle fatto credere di poterlo salvare, e mai avrebbe potuto perdonare a sé stessa di averlo creduto.
All’improvviso si rese conto di potersi muovere e riaprì gli occhi, battendo le palpebre per difendersi dalla luce inaspettata. Il colore sfocato del mondo le invase la retina, lasciandola confusa e stordita, incapace di decifrare i contorni della sua vista e le voci sussurrate che avvertiva attorno a sé. Non ricordava più dov’era. La sua memoria tracciò lentamente il percorso a ritroso, risalendo verso l’ultimo istante di coscienza prima del sonno, e dopo una manciata di secondi ricordò la camera di guarigione e i sacerdoti. Fece per mettersi a sedere, ma scoprì di non avere forza nelle braccia. Non si era aspettata quella stanchezza, una debolezza disarmante. Batté di nuovo le palpebre e finalmente riuscì a vedere.
C’erano tutti. Frigga le stava accanto, Thor era poco distante insieme ai suoi compagni, Odino era curvo su di lei e la scrutava in volto. Sembrava leggere sui suoi lineamenti ciò che era successo nel mondo dentro al sogno, e probabilmente era proprio così, perché Sigyn vide il suo sguardo riempirsi di ombre e quando si allontanò aveva l’espressione di chi è stato sconfitto.
«Loki non si è svegliato, perché?» Era una voce maschile, e Sigyn la riconobbe come quella di Thor. Si sentiva ancora incapace di reagire, non completamente sveglia. Non apparteneva più al sogno, ma allo stesso tempo era come se il sogno non l’avesse lasciata andare del tutto. Riemergeva con una lentezza estenuante e ad ogni istante di lucidità riguadagnato sapeva di essere sempre più lontana da Loki.
«Abbiamo fallito», disse Odino. Sigyn vide le sue labbra muoversi e le parole seguire come un’eco. Poi capì che il rumore che sentiva nei timpani era il rombo del proprio cuore e aprì la bocca per parlare, perché c’era ancora una speranza, e per quanto assurda e irreale fosse era l’unica che aveva. Ma nessuna voce uscì dalla sua gola e Sigyn si sentì soffocare. Lottò con ogni sua forza perché il sogno le restituisse gli ultimi brandelli della coscienza e quando finalmente riuscì ad alzarsi trovò Frigga a sorreggerla tra le braccia.
Allora si rese conto che la stavano portando via.
Frigga le stava sussurrando qualcosa sul fatto che doveva riposare e che si sarebbero presi cura di lei. Sigyn si voltò, ricordandosi che Loki era proprio lì accanto, ma Odino e Thor si erano avvicinati al capezzale e le impedivano di vederlo. Una furia cieca esplose dentro di lei, quasi lo stesso dolore dell’addio, il momento in cui aveva visto Loki sparire oltre i cancelli, in cui aveva creduto che fosse morto in battaglia, e infine l’istante in cui si era svegliata e il sogno era scivolato dai suoi occhi. Forse era in grado di cancellare tutti quegli addii, se solo glielo avessero lasciato fare. Sentì le mani dei sacerdoti posarsi premurosamente su di lei e si divincolò.
«No».
La voce le uscì flebile e sottile, ma Frigga si voltò verso di lei. Sigyn lottò ancora, scacciando il torpore con ferocia, riemergendo dal sonno come dal mare, il fiato corto e i polmoni pieni di acqua gelata. Per un istante senza tempo vide la Regina osservarla e i sacerdoti stringersi attorno a lei e sommergerla come una tempesta, e pensò che non ci sarebbe riuscita, che non avrebbe potuto dirgli che il modo per salvare Loki c’era, e anche se glielo avesse detto non le avrebbero creduto. Non si accorse nemmeno di avere gli occhi pieni di lacrime.
Tutt’ad un tratto ciò che era rimasto del sogno scomparve. Sigyn sgranò gli occhi, stordita dalla percezione improvvisa e lucida. I sacerdoti non la stavano annegando come le onde di una tempesta, erano presenze discrete attorno a lei, e Frigga era le era davanti e le stava parlando. Poteva sentire tutte le sue parole, e a quel punto si rese conto di essersi svegliata del tutto.
«Prima dobbiamo assicurarci che tu stia bene, poi ci racconterai che cos’è successo», stava dicendo la Regina. Aveva occhi vuoti come pozzi di angoscia e la voce stanca.
«No», replicò Sigyn. Il suono uscì attutito come se non avesse parlato per moltissimo tempo, ma adesso era sveglia la vita bruciava dentro di lei, e ripeté a voce più alta. «No. Posso svegliarlo».
«Svegliarlo non spezzerà il sogno», rispose piano la Regina.
«Lo farà, invece. Sono state le Norne a dirmelo. Mi hanno detto di svegliarmi, e poi di svegliare Loki».
Improvvisamente Sigyn si accorse che tutti la stavano ascoltando. Non era solo Frigga a fissarla senza battere ciglio, ma anche Thor, Odino, i guerrieri e i sacerdoti. Nel silenzio risuonavano solo le sue parole, e quando Sigyn tacque nessuno aggiunse altro. Allora li guardò uno ad uno, e si rese conto che non le credevano.
«È la verità» esclamò, umiliata. «Le Norne mi hanno aiutata lungo il cammino, e mi hanno rivelato come riportare indietro Loki».
«E basterebbe soltanto che tu lo svegliassi?» domandò Frigga. C'era una sfumatura ambigua nelle sue parole, a metà tra l’incredulità e lo scetticismo.
Sigyn indugiò, temendo che una risposta così semplice non sarebbe stata presa sul serio.
«Sì».
Frigga si voltò verso Odino. Adesso tutti fissavano il Padre degli Dei, cercando nel suo sguardo una risposta. Dietro di lui Sigyn poteva intravedere la sagoma di Loki, disteso sul letto, addormentato, e pensò a cosa si celasse dietro a quel sonno e al veleno del serpente e all’ultimo sorriso con cui lui aveva mascherato l’addio. Allora Sigyn si avvicinò al Padre degli Dei, il cuore pesante come piombo, e lo guardò dritto nel suo unico occhio blu.
«Vi prego», disse. «Lasciate che provi a svegliarlo».
Lo sguardo di Odino, profondo come l’universo, vagò a lungo sul suo volto. Poi, senza dire niente, il Padre degli Dei si fece da parte permettendole di passare.
Sigyn si fece avanti con gli sguardi di tutti posati su di lei. Era stato così alla supplica, e così anche al matrimonio, ed ebbe l’inquietante impressione di chiudere un cerchio, con la differenza che questa volta nessuno la stava obbligando a fare niente.
Ad un tratto ebbe paura di sentirsi mancare e si fermò accanto al letto in preda al terrore, perché se quello era l’ultimo inganno di Loki toccava a lei scoprirlo, e sarebbe stata la sua menzogna più dolorosa, perché aveva mentito per salvare lei. Sarebbe diventato un eroe, e Sigyn pensò a quanto Loki avrebbe potuto odiare una cosa del genere.
Esitò, appena protesa oltre il bordo del letto, ipnotizzata dalla malinconia sul suo viso. Era l’istante eterno prima della verità, il momento in cui l’ignoto si incrina. Se ora aveva una speranza, piccola ma così luminosa e così piena di forza, forse dopo non l’avrebbe più avuta. Per una frazione di secondo, Sigyn pensò di non voler sapere. Sentiva il sangue pulsare sotto la pelle del collo al ritmo selvaggio del cuore mentre appoggiava una mano sul braccio di Loki. Non era meno reale di quanto non lo fosse stato nel sogno. Forse, pensò Sigyn, la realtà non è questa, anche questo è un sogno e io non mi sono mai veramente svegliata.
Poi improvvisamente ricordò le parole di Loki, parole lontanissime che però aveva conservato nella memoria, custodendole con attenzione. Anche volendo, non le avrebbe mai dimenticate. All’epoca erano state parole malvagie, ma adesso danzavano nella sua mente come frammenti di cristallo, e lei lasciò che risuonassero tra i ricordi.

Non ci sono vie di fuga per nessuno dei due, non puoi voltarti e scappare.
Sigyn guardò suo marito e pensò che forse c’era un motivo se era stata mandata da lui, il giorno del suo ritorno ad Asgard. Era lo stesso motivo per cui Loki l’aveva abbracciata in silenzio, una notte di molto tempo dopo.
Si chinò su di lui e sussurrò il suo nome per svegliarlo, come mai aveva osato fare. E forse sempre per quello stesso motivo, Loki aprì gli occhi.
Li aprì di scatto, come avrebbe fatto se si fosse svegliato da un incubo nel bel mezzo della notte, e Sigyn cessò di respirare e rimase immobile, perché stava vivendo un momento impossibile. Fino ad allora quell’istante era esistito solo nella sua testa. Era un momento così bello che lei aveva quasi avuto paura di crederci quando lo aveva pensato, e viverlo non era meno spaventoso che immaginarlo. Fece giusto in tempo a realizzare che Loki non le aveva mentito, prima che la sua mente si svuotasse; e allora restò ferma di fianco a lui, in perfetto silenzio, come per paura che il minimo sussurro potesse spezzare l’illusione e riportarla dentro ad un mondo dove Loki non aveva aperto gli occhi e né lei né nessun altro avrebbero potuto svegliarlo. Non sentiva più nemmeno il battito del cuore infrangersi contro il petto. Tutto era sospeso dentro di lei, e così rimase finché non si accorse che nel risveglio Loki le aveva afferrato il polso in un riflesso involontario. Lo teneva ancora stretto, tanto da farle quasi male. Solo per un istante lo sguardo di Sigyn si spostò sul suo braccio, osservando la mano di Loki stretta attorno al suo polso in una morsa ferrea, come l’ultimo appiglio di una fuga. Quando si volse di nuovo verso di lui, lo sguardo di Loki cadde nel suo.
Sigyn sapeva che negli sguardi di Loki c’erano sempre state parole, messaggi più o meno nascosti nei suoi occhi color del ghiaccio. Lo sapeva perché le aveva viste, furiose e infide e malinconiche negli sguardi che le aveva rivolto fin dal primo giorno. Non era stata subito in grado di comprenderle, ma dopo un po’ aveva capito. Alla fine aveva iniziato a cercare i suoi occhi, perché quei messaggi da decifrare erano come una sfida tra di loro. Così in quel momento Sigyn cercò d’istinto il messaggio nello sguardo di Loki, ma si accorse che quella volta nessuna parola silenziosa poteva tradurre i suoi occhi. Era lo sguardo stravolto di chi è sfuggito a qualcosa di peggiore della morte, e lei sapeva che cosa vi fosse di peggiore, così strinse le dita attorno al polso di lui per dirgli che era sveglio, che non si sarebbe addormentato mai più dentro a quel sonno.
Loki sorrise. Allora Sigyn comprese che era tornato veramente, perché quando aveva pensato a quel momento aveva immaginato esattamente quel sorriso.
«Non ho mentito, vedi?»
La sua voce era impastata dal sonno e da qualcos’altro che sembrava dolore e che nemmeno il sorriso riusciva a nascondere. Sigyn annuì, ridendo piano. Era un suono sussurrato, ma liberatorio, eppure si accorse che si stava già trasformando in pianto.
Le sembrò che Loki la fissasse per un tempo infinito, ipnotizzato, aspettando forse che dicesse qualcosa, ma quando si rese conto che Sigyn era troppo sconvolta per parlare anche lui iniziò a ridere sommessamente. Poi si fermò, come colpito da un dolore improvviso, serrò la mascella e tentò di alzarsi, senza riuscirci. Non aveva lasciato il sogno senza pagarne le conseguenze, però era vivo, e Sigyn gli strinse la mano e gli accarezzò il viso mentre sentiva di non riuscire più a controllare le lacrime e dentro di lei esplodeva una felicità così folle da far quasi male, un sollievo che le faceva tremare le gambe.
All’improvviso fu come se il mondo riprendesse a muoversi. Ad un tratto c’era un grande brusio, tante persone che parlavano tutte assieme senza che Sigyn riuscisse a capire che cosa stessero dicendo. Alcuni si avvicinavano, altri uscivano dalla stanza. Sigyn non lasciò Loki finché non sentì qualcuno afferrarla per le spalle e allontanarla con gentilezza. Oppose resistenza al contatto, ma inutilmente, perché si sentiva prosciugata di ogni forza, stanca come se si fosse appena risvegliata dal sogno. Disorientata, cercò di tornare verso Loki, ma improvvisamente era in un’altra stanza senza sapere come ci fosse arrivata e un attimo dopo era distesa su un materasso troppo morbido e qualcuno le stava dicendo di riposare. Con suo immenso orrore, si rese conto di essere sul punto di addormentarsi. Combatté il sonno, terrorizzata, ma fu sconfitta dalla propria stanchezza. Dormì a lungo, senza sognare.
Si svegliò più volte, ogni volta insicura del proprio risveglio, ansiosa di verificare la realtà, di assicurarsi di non essere intrappolata in un sogno. C’era sempre qualcuno lì con lei, e una volta riuscì a restare cosciente abbastanza a lungo da riconoscere Grete, pallidissima e silenziosa. Quando fu un grado di rimanere sveglia, le dissero che aveva dormito per oltre due giorni. Le spiegarono anche che era un effetto causato dal suo viaggio nel sogno di Loki. Doveva recuperare le forze, dissero, e la costrinsero a letto finché non riuscì a mettersi in piedi da sola. Era ancora troppo debole perché Odino o Frigga le facessero visita, ma non appena fu in grado di camminare volle essere portata da Loki. Si accorse non averlo nemmeno chiesto, ai sacerdoti: glielo aveva
ordinato. Loro avevano obbedito senza sollevare obiezioni e l’avevano condotta nella sala dove riposava Loki.
Loki non stava dormendo. Quando Sigyn entrò nella camera, lo trovò in piedi accanto alla finestra con un atteggiamento impaziente, come un prigioniero. Era una strana immagine, e più che i loro primi incontri le ricordò il giorno dopo la notte delle nozze, quando l’aveva trovato ad aspettarla nella loro stanza. Aveva l’impressione che anche adesso fosse lì ad aspettarla.
Non lo vedeva da giorni, ma non era stata quell’attesa a congelarle il cuore nel trovarselo davanti. Era stato tutto ciò che era successo prima, nel sogno e fuori dal sogno, a ritroso fino al momento in cui lei aveva osato parlare nel silenzio il giorno del suo ritorno ad Asgard. Era una vita intera, e Sigyn esitò un attimo, la porta chiusa alle spalle e Loki a pochi passi da lei. Come poteva trovare le parole, per una vita intera?
Loki si avvicinò con passo deciso e l’abbracciò in silenzio. Sigyn sentì la voce morirle in gola e si strinse a lui come non aveva potuto fare nel sogno, ma come aveva tanto desiderato. Le sembrava assurdo che all’improvviso tutto fosse così normale. Poteva abbracciarlo quando voleva. Poteva baciarlo. Poteva parlargli e sentirlo parlare e vedere i suoi occhi. Aveva avuto così tanta paura di aver perso per sempre ciascuna di quelle cose e pensò che voleva assolutamente parlare, trasformare in parole il nodo che sentiva nel petto, perché stringerlo fra le sue braccia dopo aver avuto paura di perderlo era una cosa talmente bella da essere quasi dolorosa. Poi però Loki la baciò e lei allora gli parlò così, spezzando i baci e ascoltando le sue risposte sottili come sussurri.
Quando si sedette sul letto insieme a lui osservò con calma il suo volto, la sua espressione sempre seria e il colore freddo degli occhi. Le piaceva accarezzare i contorni delle sue guance e lui chiuse gli occhi quando lei le sfiorò con la punta delle dita. Ricordava com’era stato il suo viso dentro al sogno, la pelle ustionata dal veleno, piegata in carne viva. Un nodo di lacrime le serrò la gola, ma non riuscì a distogliere lo sguardo dal volto di Loki.
«Nel sogno, la tua faccia era…» si lasciò sfuggire, senza riuscire a concludere la frase. Loki riaprì gli occhi.
«Immagino fosse messa piuttosto male», commentò.
«Sembrava così reale».
«
Era reale».
Sigyn rabbrividì, perché bastava parlare del sogno per rivederselo davanti agli occhi. Se lo sentiva dentro come l’inquietudine opprimente del risveglio da un incubo. Loki le accarezzò i capelli, lentamente. Anche lui doveva provare la stessa identica cosa.
«C’è una cosa che ancora non ho capito», disse Sigyn dopo un po’. «Le Norne. Perché erano nel tuo sogno?»
Loki rifletté per qualche istante prima di rispondere, la fronte corrugata.
«Non ne sono del tutto convinto», rispose. «Ma credo che loro siano dentro ognuno di noi».
«Avrei potuto svegliarti fin da subito», osservò Sigyn. Loki le rivolse lo sguardo e lei proseguì senza riuscire a guardarlo negli occhi. «È bastato dire il tuo nome. Svegliarti, come mi avevano detto di fare le Norne. Non c’era nessun rito da compiere, nessuna formula da recitare. Era semplice. Avrei potuto farlo subito, non appena ti ho visto di ritorno dal campo di battaglia, se solo mi fosse venuto in mente».
Sentì la mano di Loki sfiorarle il mento e sollevarle il volto verso di lui. Nonostante tutto, non era ancora abituata a quei gesti di affetto. La sorprendevano, lasciandola senza parole. Alzò lo sguardo verso di lui, scoprendo che i suoi occhi avevano assunto la loro sfumatura più grave.
«Ascoltami, Sigyn», disse. «Non potevi saperlo. Non ci pensare. Hai letteralmente viaggiato tra gli universi per riportarmi indietro, e io non mi lamenterò di certo perché non hai tentato di svegliarmi quando mi credevi morto».
Loki fece una pausa, ma Sigyn non riuscì a distogliere lo sguardo da lui.
«Inoltre», proseguì. «Credo che tu sia riuscita a svegliarmi proprio perché sei entrata nel mio sogno. Se le Norne non te lo avessero detto, non ne saresti stata capace».
Dietro a quelle parole Sigyn intravedeva i segreti di qualcosa che non si poteva nemmeno definire magia. Non indagò oltre. Alla fine il sogno era stato spezzato, e non contava nient’altro. Loki la teneva fra le sue braccia con una naturalezza disarmante e Sigyn sbirciò di sottecchi la piega seria delle sue labbra, la curva della fronte, il profilo del collo. Era il Dio degli Inganni, esattamente come lo aveva visto la prima volta, e allo stesso tempo era tutt’altro.
Del groviglio di sentimenti che avvertiva dentro di sé, Sigyn non riusciva a trovare né l’inizio né la conclusione. Quindi, alla fine, mentre si lasciava avvolgere dal torpore rassicurante dell’abbraccio, fece la scelta che aveva sempre fatto. Disse la verità.
«Mi sei mancato».
Sentì la stretta di Loki farsi improvvisamente nervosa, i muscoli irrigidirsi, ma continuò a parlare.
«Ho avuto paura che non tornassi dalla battaglia. Ho avuto paura di non riuscire a trovarti dentro al sogno, e di non essere in grado di svegliarti. Ho pensato di averti perduto e non riuscivo a sopportare l’idea di non vederti mai più».
Quando tacque ancora sentiva l’eco delle proprie parole nella testa. Il nodo dentro al petto si stava sciogliendo. Loki rimase in silenzio per qualche istante, poi si chinò verso di lei e la guardò negli occhi. Il suo sorriso le tolse il respiro.
«Allora», disse. «saprai perché, dentro al sogno, quando ti dissi di lasciarmi da solo, ti chiesi anche di uccidermi».
Non smise di guardarla negli occhi nemmeno per un momento. Sigyn si sentì invadere da un calore bollente che proveniva da qualche parte dentro al petto, lì dove aveva sempre creduto che si annidassero i sentimenti, le lacrime e le parole non dette. Certo che capiva. Avrebbe desiderato la morte anche lei, piuttosto che restare per sempre senza di lui. Sorrise, nascondendo il viso contro il suo collo. Negli ultimi giorni, mentre temeva per la sua vita e lottava per salvarlo, si era completamente dimenticata di tutta la paura che aveva provato prima, dei suoi dubbi e dei suoi rancori. Forse, pensò Sigyn, non erano così importanti. O almeno, non lo erano più.


Quando finalmente gli avevano permesso di lasciare le camere di guarigione, non gli era stato concesso di tornare subito alle sue stanze. Era stato convocato dal Padre degli Dei e aveva passato la serata nella sala del trono a discutere delle conseguenze dello scontro con Thanos e ad analizzare la situazione. Odino e Frigga gli avevano fatto visita non appena si era ripreso, e lui aveva sopportato a fatica le loro parole. Adesso, costretto ad ascoltare i loro discorsi riguardo i postumi della battaglia, a malapena riusciva a trattenersi dall’alzarsi e andarsene. Era furioso con ciascuno di essi, perché avevano permesso a Sigyn di entrare nel suo sogno e di affrontare un viaggio pericoloso in quel mondo che sebbene esistesse dentro sé stesso, lui non poteva controllare. Aveva rischiato di restare imprigionata lì con lui, condannata ad assisterlo nel suo supplizio per l’eternità. Non avrebbero dovuto permetterle di correre un tale pericolo.
Tuttavia Loki rimase in silenzio, il familiare calore della rabbia nello stomaco. Esitava a sollevare l’argomento con i presenti, perché c’era dell’altro. C’era qualcosa che lo pungeva nel profondo, un ricordo così opprimente da impedirgli di pensare.
Niente di tutto ciò sarebbe successo se lui non avesse fallito nell’uccidere Thor. Se fosse riuscito a portare a termine la sua vendetta, se avesse lasciato che l’Altro colpisse suo fratello e ne strappasse via la vita, sarebbe riuscito a provare a Thanos la sua lealtà e si sarebbe assicurato la salvezza. Loki sapeva che le cose non erano così semplici, che quello dei “se” era un mondo pericoloso dove le illusioni erano potenti e insidiose. Sapeva anche che, probabilmente, Thanos non avrebbe affatto accettato la sua alleanza e le cose sarebbero finite allo stesso modo. Tuttavia restava un’incognita sottile, una domanda che non poteva avere risposta e a cui lui continuava a pensare.
Thor aveva avuto gli occhi lucidi quando era venuto a trovarlo nelle camere di guarigione. Loki gettò uno sguardo al fratello, seduto accanto a lui, e sentì quel nodo in gola che ormai gli era tanto noto. Da ragazzi il suo odio era stato quasi un gioco, come il brivido di sporgersi oltre un precipizio e oscillare indietro un attimo prima di sbilanciarsi. Quando aveva scoperto di essere un Gigante di Ghiaccio non era più riuscito a restare in equilibrio. Era precipitato, e adesso non sapeva più dov’era. Non era del tutto certo di essere in fondo al precipizio, ma ovunque si trovasse, non riusciva a risalire. Aveva l’impressione che sarebbe rimasto per sempre a metà strada. Era un nuovo equilibrio a cui ancora non si era abituato, e faceva male. Non era riuscito a lasciar morire suo fratello, e sebbene fosse umiliante, fu costretto ad ammettere a sé stesso che se fosse tornato indietro probabilmente non ci sarebbe riuscito comunque. Pensò di non aver mai desiderato la morte di Thor. Forse voleva soltanto che le cose tornassero com’erano prima, ma sapeva che questo non era possibile.
Thor non sembrava sospettare nulla di tutto quello che Loki aveva cercato di mettere in atto. Quando si erano rivisti nella sala del trono lo aveva accolto con un gran sorriso e una pacca sulla schiena di cui Loki avrebbe volentieri fatto a meno. I tre guerrieri e Sif, forse, avevano intuito che qualcosa di insolito nella faccenda, ma Loki ignorò deliberatamente le loro occhiate oblique. Erano veramente l’ultimo dei suoi problemi. Si era salvato per miracolo da una punizione eterna, mettendo a repentaglio la vita dell’unica donna che mai avesse contato qualcosa per lui, e nella sua mente non c’era spazio per altro. Non si era vendicato, aveva fatto quella che molti avrebbero ritenuto essere la cosa giusta, ma Sigyn aveva comunque pagato le conseguenze delle sue azioni. Non c’è una risposta, pensò Loki. Aveva la sensazione di essere stato in balia di un’ironia crudele.
«Loki».
La voce del Padre degli Dei lo fece quasi sussultare, ma Loki dissimulò la sorpresa e si voltò con noncuranza.
«Hai fatto mostra di grande realtà e coraggio, salvando la vita di tuo fratello».
Loki sorrise maligno. «Immagino che questo faccia di me un
eroe».
«È quello che sei, fratello» esclamò Thor, battendogli di nuovo la mano sulla spalla. Loki se la scrollò di dosso a denti stretti.
«Non amo essere definito tale» replicò, freddo. «E sono certo di non essere il solo a non apprezzare la definizione».
Pensò a come avrebbe reagito la popolazione alla notizia.
Il Dio degli Inganni, redento. Si sentì soffocare dalla rabbia, una frustrazione che nasceva dal profondo. Sarebbe stata l’ennesima menzogna, e questa volta non era nemmeno stato lui ad architettarla.
«Il tuo è stato un atto di valore, tutto ciò è innegabile», proseguì Odino. «E cancella completamente la vergogna delle tue azioni passate».
Loki pensò di aver sentito male. Corrugò la fronte, colto alla sprovvista, poi sollevò lo sguardo, sdegnato. «
Cosa?!»
Il Padre degli Dei non reagì. «Ciò che hai fatto su Midgard passa completamente in secondo piano di fronte alla tua impresa sul campo di battaglia».
«Ti perdoniamo», intervenne Frigga. «Sebbene ti fosse stata concessa la grazia, eri stato condannato per i tuoi crimini. Adesso quella condanna non esiste più».
Loki strinse gli occhi, incredulo, in preda al risentimento. «Non vi ho chiesto un
premio per aver salvato Thor».
«È quello che hai meritato».
«Ma non è quello che voglio». Loki si rese conto che tutta la sua rabbia rischiava di emergere e di travolgerlo da un momento all’altro. Odiava quel mondo con tutte le sue forze. «Non cercate di
redimermi. Sarebbe un inganno troppo grande anche per me».
Notò con soddisfazione di aver lasciato i presenti senza parole. Un guizzo di euforia trasformò il suo sorriso in un ghigno. Quasi non sentiva più il nodo in gola, e nemmeno la delusione negli occhi di Thor cambiò le cose.
Lasciò la sala con una baldanza che scaturiva dall’ira. Il mondo avrebbe potuto credere che fosse un eroe, ma loro avrebbero sempre saputo che non era così. Era l’unico travestimento che non avrebbe mai voluto indossare. L’ultima volta che ci aveva provato era precipitato dal Bifrost negli abissi dell’universo. Thor era un eroe, non lui; ancora prima di Thor lo era stato Odino, e Loki mai e poi avrebbe voluto essere come lui.
La prima cosa che vide quando aprì la porta delle proprie stanze - gli sembrava di essere stato lontano una vita, e in fondo era così - fu Sigyn. Era un’ombra al di là della tenda che copriva la porta della terrazza. Non si era accorta del suo arrivo, ma si volto immediatamente quando Loki entrò e scostò la cortina.
«Ti stavo aspettando», disse.
Loki sorrise. «Lo so».
Forse qualcosa di anomalo era trapelato dalla sua voce, perché avvertì lo sguardo di Sigyn indugiare su di lui troppo lungo. Si rese conto che aveva capito. Si voltò, rientrando, ma era troppo tardi.
«Cos’è successo?» chiese Sigyn. Per un solo istante, Loki pensò di dirle che non era successo niente.
«Si è parlato del mio valore sul campo di battaglia», rispose invece. «Sembra che le mie azioni facciano di me un eroe».
Sentì i passi di Sigyn dietro di sé e improvvisamente si rese conto di essere stato profondamente agitato fin dal momento in cui aveva messo piede nella stanza.
«Hai salvato la vita di Thor, è normale che pensino che sei un eroe», disse lei. Loki serrò la mascella, soffocando l’irritazione. Non era arrabbiato con lei, quanto con la verità nelle sue parole.
«Lo so, ma non amo la definizione, né l’uso che ne faranno», replicò. «Plasmeranno una nuova identità per il figlio traditore. Racconteranno a tutti della mia redenzione miracolosa».
«E tu lascia che ci credano. Una volta mi dicesti che non avrei dovuto nemmeno considerare quello che pensava la gente».
Loki si voltò con una strana sensazione, come di essere stato colto in flagrante. Sigyn lo guardava senza paura, ma non c’era giudizio nei suoi occhi, e lui ne fu esageratamente sollevato.
Sigyn gli si avvicinò e gli rivolse un sorriso quasi timido. «So che non ne vuoi parlare», disse. «Ma anch’io penso che tu abbia agito con valore».
Loki rimase impassibile, ma dentro di sé qualcosa si incrinò. Osservò il volto di Sigyn con il terrore di vedervi dipinto l’orgoglio e così la scrutò a lungo, con attenzione. Quando fu sicuro di non scorgere niente del genere, si voltò di nuovo.
Era rimasto in silenzio, eppure sentiva quella stessa sottile amarezza di quando raccontava una menzogna. Era una sensazione con la quale aveva imparato a convivere, ad accettare addirittura, ma per la prima volta nella sua vita la trovò assolutamente insopportabile. Sapeva, ancora una volta, di trovarsi davanti ad un bivio. Spesso gli era capitato, con Sigyn, di dover fare una scelta. In quel momento avrebbe potuto tacere, sorridere e fingere che tutto andasse più o meno bene, oppure rivelarle cos’era veramente successo su quel campo di battaglia. Mentire sarebbe stata la soluzione migliore, lasciar credere a Sigyn di aver voluto salvare Thor, e risparmiarle la verità. C’era una bellezza anche nelle bugie, e Loki lo sapeva bene. Con le parole poteva creare la realtà, ma non doveva essere per forza una realtà mostruosa. Distorta, sì, ma bella: una realtà in cui Sigyn non aveva sposato un uomo che era sceso sul campo di battaglia pensando di uccidere il fratello. Le avrebbe fatto un regalo, in fondo. Era una bella bugia da raccontare.
Poi però pensò a quanti altri campi di battaglia ci sarebbero stati e a quante altre volte si sarebbe trovato a scegliere tra la verità e la menzogna, finché non avrebbe più avuto la possibilità di decidere e l’una o l’altra si sarebbero presentate fuori dal suo controllo. Pensò di star mentendo non tanto a Sigyn quanto a sé stesso.
Preso da un impeto di determinazione, si girò di nuovo verso Sigyn. Improvvisamente si accorse di aver bisogno di una quantità spropositata di coraggio per dire quelle parole, più di quanto avesse immaginato, e per un istante ebbe paura di non averne abbastanza.
«Non avevo intenzione di salvare Thor», disse dopo quella che gli parve un’eternità. «Volevo negoziare con Thanos, volevo scambiare il Tesseract con la nostra salvezza. Avevo un piano, ma ho fallito. Non ho mai voluto comportarmi da eroe. Intendevo uccidere Thor, e anche il Padre degli Dei, non appena mi si fosse presentata l’occasione».
Era così assurdo credere di star pronunciando quelle parole proprio in quel momento, che tutto gli sembrava meno reale del sogno in cui era stato rinchiuso. Sigyn lo fissava attentamente, gli occhi sgranati e il volto serio.
«Alla fine, però, quando hai avuto l’occasione, non l’hai fatto», disse lei con un filo di voce.
«Ma se lo avessi fatto?»
Sigyn restò in silenzio, e quando Loki la vide abbassare lo sguardo sentì quel qualcosa dentro di lui incrinarsi ancora di più. Aspettò con pazienza che lei rialzasse gli occhi, controllando la rabbia. Ormai aveva fatto la sua scelta e per quanto il pensiero di quella verità lo lasciasse completamente terrorizzato, doveva sapere.
«Il punto è che l’ho
pensato», disse quando Sigyn incontrò di nuovo il suo sguardo. «L’ho pensato a mente fredda e sono stato sul punto di agire. Non importa che non l’abbia fatto, quel pensiero è esistito nella mia testa. Queste sono le cose che penso: la vendetta nei confronti di chi mi ha fatto torto. Forse un giorno riuscirò a compierla. E io… non credo che tu voglia passare la tua vita al fianco di qualcuno che pensa queste cose».
Avrebbe voluto cercare immediatamente la reazione di Sigyn, ma si rese conto di non riuscire a guardarla in volto. Si impose di non vacillare e la fissò con il cuore in gola mentre lei abbassava gli occhi, forse cercando di riordinare i pensieri. Continuava a ripetersi nella testa le proprie parole, come a ricontrollarle per essere sicuro di averle dette esattamente come voleva. Gli sembrarono comunque terribili, forse perché erano sincere.
«Ti sbagli».
Aveva atteso la sua reazione, eppure lo colse alla sprovvista e quasi sussultò. C’era un fuoco negli occhi di Sigyn, quel moto di fierezza che aveva notato per la prima volta nelle prigioni e che gli aveva fatto venire voglia di continuare a provocarla.
«Tu pensi che se portassi a termine la tua vendetta, io ti odierei?» proseguì Sigyn, un tremito nella voce che Loki classificò come frustrazione. «Certo che non voglio che tu uccida nessuno, non puoi chiedermi il contrario. Ma so benissimo che non è l’unico pensiero che hai nella testa. Lo so, perché me ne hai raccontati molti altri. Li ho visti, li ho sentiti, e non vi rinuncerei mai. Se dovessi vendicarti sarai esaltato dalla vittoria, ma non sarà l’unica cosa che che proverai. Sai anche tu che ci saranno cose più oscure che cercheranno di strapparti tutti gli altri pensieri». Gli si avvicinò senza sorridere, lo sguardo pieno di una forza nuova eppure istintiva, come se in realtà fosse sempre stata lì. Loki la fissò con un nodo in gola mentre lei scandiva le sue ultime parole.

«Ma io non ti lascerò solo».
La mente di Loki non conosceva attesa e lui aveva immaginato molte risposte nel tentativo di dare forma al futuro. Aveva pensato che Sigyn non avrebbe replicato, o che avrebbe mormorato qualche parola consolatoria. E poi sì, aveva immaginato anche quella risposta, ma non aveva osato sperare di sentirla. Per un istante non provò nulla, poi si rese conto che il peso che avvertiva dentro era molto, molto più leggero di prima.
Sarebbe potuto restare sé stesso e Sigyn ci sarebbe stata comunque. L’idea che lei lo amasse davvero così com’era lo colpì quasi come una pugnalata, improvvisa e disarmante. Si era tormentato a lungo, diviso tra ciò che reputava il proprio dovere e quello che aveva iniziato a provare per lei, ma si rese conto di non dover più scegliere. In un certo senso, era come essere liberi.
Si accorse di essere rimasto in silenzio molto a lungo quando sentì la mano di Sigyn sfiorargli il volto. «Loki?»
Adesso la sua voce aveva assunto una tinta velata di paura. Loki batté le palpebre e la guardò come si guardano le immagini irreali dei sogni, poi la strinse a sé senza dire una parola. Sigyn appoggiò la testa sul suo petto. Loki si chiese se sentisse il rintocco folle del proprio cuore.
«Tu, piuttosto», disse Sigyn dopo un po’, con la voce incerta di chi ha pensato a lungo prima di parlare. «Quando farai quello che devi fare, non… lasciarmi».
Loki la scostò per poterla guardare negli occhi. Era la prima volta che udiva quelle parole e sentì il loro potere entrargli nel sangue. Rispose d’istinto.
«No», disse. Poi i pensieri entrarono in circolo e lui corrugò la fronte. «No, certo che no. Sigyn, non pensarlo. Non pensarlo nemmeno».
Baciò il suo sorriso e lasciò che gli abbracci li sospingessero verso il letto. Nel sogno aveva desiderato poterla sfiorare senza averne il modo, e la baciò e la strinse con l’intensità di qualcuno che ha rischiato di morire.
«I sacerdoti hanno detto di riposare», sussurrò Sigyn in mezzo ad un sospiro.
Loki rise senza smettere di baciarla. «Per quanto mi riguarda, ho dormito abbastanza» rispose. Allora anche Sigyn rise e non disse più nulla.
Alla fine, quando lei si addormentò fra le sue braccia, Loki rimase sveglio. Aveva veramente dormito abbastanza, e non era sicuro di voler chiudere gli occhi e sognare. In realtà pensava che non sarebbe mai più stato capace di dormire. Rimase vigile e attento, sveglio nella notte, con il calore di Sigyn su di sé a ricordargli che stava tutto succedendo veramente.
Loki abbracciò più forte la donna al suo fianco mentre la sua mente inarrestabile dipingeva il futuro con colori sconosciuti. Sarebbe rimasto il Dio degli Inganni, avrebbe mentito e ingannato, forse anche ucciso, intrecciato illusioni e giocato con le parole come aveva sempre fatto.
Con la differenza che, adesso, avrebbe mentito e ingannato, ma lo avrebbe fatto per lei.















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Questo è l'ultimo capitolo.
Tuttavia vorrei commentare la fine della storia solo quando uscirà l'epilogo - non necessariamente fra una settimana, quindi state attenti - che però non considero un capitolo vero e proprio perché è molto più breve ed è notevolmente diverso dal punto di vista stilistico. E' la chiusa della storia, e secondo me le lacrime arriveranno di più con quello che con il capitolo che avete appena letto.
Qualche giorno fa ho finito di scrivere la storia. Ho scritto l'ultima parola dell'epilogo e mi sono detta "l'ho finita". Mi aspettavo una sorta di vuoto interiore tragico ma invece niente, solo un po' di malinconia. Meglio così. Ci tengo tanto a questa storia e l'aver evitato la depressione post parto narrativo forse significa che sono abbastanza contenta di quello che ho scritto.
Mi sembra comunque incredibile essere arrivata a pubblicare l'ultimo capitolo! Quando ho iniziato non avevo idea che sarei arrivata fin qui. Come sempre vi ringrazio di cuore, perché senza voi lettori tutto questo non sarebbe stato possibile.

Un ringraziamento speciale per le recensioni allo scorso capitolo: KikkaMj, Chrisscolfersara, Darma, FrancescaAkira89, LittleBulma, Butterfly90, Alkimia187, Aires89, Kashmir, Clint Laufeyson, Just My Immagination, TsunadeShirahime, Nat_Matryoshka, L_Remy, Artemis Black, Vampire_Heart, SenzaNome, EffEDont, Evilcassy, Efy, Dietrich, Lady_Porta, Elweren, _Zazzy, Alice Williams, SofyEchelon97 Lo sapete che ci tengo che mi facciate sapere cosa ne pensate della storia, quindi, veramente, grazie!

Se volete seguirmi anche dopo che questa fan fiction sarà finita, potete aggiungermi su facebook (http://www.facebook.com/eleuthera.efp). Se volete chiedermi qualcosa, invece, potete scrivermi qui: http://ask.fm/Eleuthera

Au revoir!
Eleu

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Capitolo 26
*** Epilogue ***


EPILOGUE



Stanotte Vali ha fatto un altro incubo. Non ricordo che facesse brutti sogni quando era più piccolo, ma negli ultimi mesi ha iniziato a svegliarsi di soprassalto nel cuore della notte. La prima volta che lo abbiamo trovato raggomitolato in mezzo al nostro letto, Loki si è arrabbiato e gli ha detto di tornare in camera sua, ma poi Vali gli ha raccontato l’incubo e Loki si è zittito all’istante. Al buio non potevo vedere il suo sguardo, ma sapevo cosa stava pensando, perché era quello che pensavo anch’io.
Quella notte lasciò che Vali dormisse insieme a noi.
Ci avevano avvertiti riguardo a questo, sapevamo che sarebbe successo, ma come faccio a dire a Vali che quelli non sono incubi, ma ricordi che gli abbiamo passato senza volerlo, insieme al sangue, come una malattia? Come faccio a dirgli che quelle cose sono accadute veramente ai suoi genitori, e che lui forse era già dentro di me quando accadevano e per questo porta con sé l’eredità del sogno?
Vali è ancora piccolo, ma ha la mente di un bambino più grande. I suoi occhi hanno lo stesso bagliore che illumina lo sguardo di Loki e che io ormai conosco così bene. Fa domande su ogni cosa, vuole sapere. Un giorno sentirà le canzoni che a tutti è proibito raccontargli, quelle che narrano di come il Dio degli Inganni fu assistito dalla sua fedele moglie nella tortura del serpente. Loki dice che appena sarà abbastanza grande gliela racconterà lui stesso. Dice che non vuole mentire a suo figlio.
Narfi ha appena imparato a camminare.
È presto per dirlo, ma mi sembra più tranquillo. Anche lui ha gli occhi di Loki, ma i suoi sorridono sempre. Ha fatto fatica a venire al mondo e quando è nato tutti piangevano; forse è per questo che continua a sorridere. Segue Vali ovunque adesso che ha imparato a camminare, e vuole sempre giocare con lui. A volte quando Loki li guarda ho l’impressione che non veda veramente loro, ma lo specchio di un passato che desidera ricordare, anche se il ricordo lo ferisce. Vali con i suoi riccioli biondi e Narfi con i capelli neri, i loro occhi chiari come acqua. Lo sguardo adorante di Narfi verso il fratello maggiore e la dolcezza con cui Vali lo trascina ovunque. Io so che cosa vede Loki. Quando i suoi occhi si perdono nel passato, lo abbraccio e gli dico che le cose sono diverse, sono cambiate e che non si ripeteranno, e lui mi risponde che sì, saranno diverse, perché lui non nasconderà mai la verità ai propri figli.
Hanno sempre saputo che c’era qualcosa di peculiare nella loro famiglia, ma fra qualche anno Loki spiegherà ad entrambi perché lo chiamano “Dio degli Inganni” e perché non si fregia più di quell’ “Odinson” che lo zio invece ha sempre portato; e alla fine racconterà di quando mi ha incontrata e di quello che è successo nel sogno di Thanos, come narrano le canzoni.
La prima volta che le sentii ne fui quasi oltraggiata. Non eravamo stati noi a diffondere la storia tra il popolo. Chiunque fosse stato l’aveva riportata piuttosto fedelmente, ma nel passaggio di voce in voce avevano alterato e inventato i particolari, immortalando una storia che stentavo a riconoscere come la mia. I nomi però erano i nostri, le parole potevano esserlo e i ricordi erano proprio quelli, cose spaventose a cui preferivo non pensare.
Non era più un nostro segreto: tutti sapevano ciò che era accaduto nel mondo dentro al sogno, e anche in quello al di fuori. Sapevano che il fratellastro traditore aveva coraggiosamente salvato la vita al Dio del Tuono, sacrificandosi per lui. Loki era furioso per questo, ma avevamo previsto che le cose sarebbero andate in quel modo. Nemmeno quei racconti furono davvero in grado di cancellare la reputazione di Loki, ma lo stesso tutti raccontavano e ascoltavano la storia del Dio degli Inganni e della Dea della Lealtà. Non mi piaceva essere chiamata così, perché la lealtà dovrebbe essere una cosa da tutti, non una cosa da dèi. Però adesso è così che mi chiamano e io fingo di non sentire, o non sento proprio, perché ormai ci sono abituata.
Ma mi fa rabbrividire il pensiero che Vali e Narfi possano ascoltare quella storia, perché è un ricordo di cui non ci siamo più liberati. Forse non abbiamo mai lasciato del tutto quel sogno, forse ne abbiamo assorbito l’aria o la luce, perché spesso di notte rivediamo la rupe e il veleno di serpente. A volte sono io a svegliarmi, col cuore in gola. A volte si sveglia Loki, annaspando, perché nel sogno il veleno lo soffoca. Altre volte sono io a svegliare lui o viceversa, perché riconosciamo nei reciproci sonni i segni agitati degli incubi che ritornano. Tuttavia, non ho più sognato le Norne. Credo che loro possano visitare questi mondi come meglio preferiscono, e che abbiano deciso di venirci a trovare solamente quando sarà l’ultima volta.
Le Norne non ci sono nelle canzoni su di noi. Sono davvero
soltanto su di noi. Al popolo forse piacciono perché rivelano che anche il Dio degli Inganni ha bisogno di aiuto, e quindi che non è così disumano come sembra. Loki detesta questa cosa, e la odio anch’io, perché credo che di umiliazioni ne abbia avute abbastanza nella sua vita e mi addolora che la gente abbia bisogno di una canzone per capire che non è un mostro. Ad ogni modo, Loki conosce a memoria ogni singola parola di queste storie. Non perché gli piacciano, ma perché lui ha bisogno di sapere.
Dicono che queste storie siano arrivate su Midgard. Non so esattamente come funzioni, ma pare che quello che succede su Asgard riecheggi nelle menti degli altri mondi. I nostri echi risuonano più forti su Midgard, si insinuano nella mente dei mortali. Ai Midgardiani piacciono le storie ancora più di quanto piacciano a noi, e quando i nostri echi si propagano nella loro testa pensano che siano cose meravigliose, canzoni che prima non esistevano e adesso esistono, perché in un istante loro le hanno pensate. Così le raccontano, le scrivono, le cantano. Così mi è giunta voce che su Midgard una nuova storia si sia aggiunta a quelle precedenti, distorta e trasformata nel passaggio tra gli universi. È la nostra storia.
Mi sento come se mi avessero rubato qualcosa di mio. Non so nemmeno se crederci o no.
C’è una sola cosa nei racconti di Midgard che allo stesso tempo mi spaventa e mi affascina: nelle loro canzoni la tortura del serpente dura all’infinito, e quando l’infinito finisce c’è la fine del mondo, c’è il nulla; e io non capisco come mi sento, perché so benissimo che passerò il resto della mia vita insieme a Loki, che starò con lui per tutta l’eternità, non perché devo ma perché voglio. Però so anche che le cose finiscono, e non per forza con la fine del mondo. Hanno il loro modo di terminare e non è meno terribile.
Loki è rimasto sé stesso. È passato tanto tempo, abbiamo imparato molte cose l’uno dall’altra, ci conosciamo a memoria, ma Loki quando dorme porta sul volto la stessa espressione di malinconia che ha sempre avuto. Non sparirà mai, perché lui sa che questa è soltanto una calma apparente. Sa che un giorno si troverà a contemplare un inganno troppo grande, a decidere se viverlo oppure no; e sappiamo entrambi che cosa deciderà.
Aspettiamo quel momento, sapendo che c’è una natura in ognuno di noi che ci trascina come vuole, e che quella di Loki ama le parole e gli farà fare cose terribili. Non come in passato forse, perché è vero che gli dèi dimenticano, ma Loki è l’unico che ricorda veramente ogni cosa. Però succederà e non possiamo evitarlo.
La mia natura è diversa. Per qualche motivo, io non riesco a tradire nemmeno con le parole. Ho amato questo tempo infinito accanto al Dio degli Inganni e ho amato lui con la stessa intensità con cui all’inizio sembrava impossibile, e so che qualunque cosa Loki possa fare non cambierà quello che provo, perché dopo tutto questo tempo lo sento ancora dentro di me come una promessa eterna.
Forse ha ragione Midgard, e quando tutto finirà sarà a causa di Loki. Non voglio che arrivi quel momento, ma arriverà. E così, quando Loki troverà il suo destino, io sarò accanto a lui. Lo terrò lontano dal buio il più a lungo possibile. Gli ricorderò che non è solo e lui farà lo stesso con me, perché è quello che ha sempre fatto. Poi capirò che era l’ultimo inganno, perché vedrò le Norne venire verso di me con i loro abiti dei colori del cielo e del mare.
Su Midgard le canzoni degli uomini ci fanno vivere per sempre. Questo è quello che dicono, e per questo molti amano la terra dei mortali. Io credo di essere loro grata, perché se quello che si dice è vero, forse un giorno nelle loro parole io e Loki ci incontreremo di nuovo per la prima volta. Ritorneremo nelle loro storie e anche quando Midgard si sarà dimenticata di noi, qualcuno ricorderà. Mi piacerebbe sentire quelle parole, ma non accadrà mai, e io voglio vivere e veder crescere i miei bambini e abbracciare mio marito, ed è questo che faccio. Vivo. E mentre vivo so che da qualche parte, negli abissi del tempo, qualcuno sta raccontando la nostra storia.















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E' la prima volta che scrivo una storia così lunga dall'inizio alla fine, quotidianamente, pubblicando con costanza. Ad una settimana dalla fine della stesura sono già in astinenza. Prima di iniziare a scrivere Hymeneal ho avuto un blocco dello scrittore della durata di due anni, durante i quali ho sì scritto qualcosa, ma niente di impegnativo o soddisfacente. Questa storia è arrivata come un fulmine a ciel sereno e così com'è uscita dal mio cuore vi è entrata di nuovo, perché mi ha ricordato che a me piace scrivere, mi piace da pazzi, perché raccontare le storie è quello che mi piace di più al mondo. Che sia tramite la regia di uno spettacolo, o leggendo ad alta voce a bambini e ragazzi, o scrivendo. E' questo quello che voglio fare: raccontare delle storie. E io ho veramente amato raccontarvi questa storia, darle forma nella mia testa e poi scriverla e tentare di trascinarvi dentro e di farvi vivere l'universo a cui avevo dato immagine nei miei pensieri. Spero di esserci riuscita. Spero che abbiate sentito quanto ho amato questa storia, e che questo ne compensi i difetti.
C'è un bel pezzo del mio cuore nell'epilogo, perché l'idea che persone e fatti più o meno di fantasia sopravvivano nelle storie e nei racconti è un retaggio vagamente classicista che mi porto dietro da tanto tempo. E' qualcosa in cui credo fermamente ed è un po' una costante nelle mie storie, oltre al fatto che dà un senso ulteriore al fatto che io, di mestiere, voglio fare il cantastorie.
Volevo rompere gli schemi con l'epilogo, comunicare la distanza e la sensazione del finale dolceamaro (il genere di finale che preferisco di più, né lieto né tragico) e per questo ho scelto di dare voce a Sigyn in prima persona. Ho scelto lei e non Loki perché in fondo è stata Sigyn l'anello di raccordo tra noi lettori e Loki. Fa parte di quel mondo, ma allo stesso tempo vi è estranea perché non è mai comparsa nel Movieverse e ho dovuto darle forma quasi dal nulla. Mi piaceva molto l'idea che fosse lei, con la sua voce, dopo averci accompagnati in tutta la storia, a concluderla.
Vali e Narfi sono veramente i figli di Loki e Sigyn. Nella mitologia nordica fanno una fine orribile. Su questo non mi esprimo. E' un finale dolceamaro e, soprattutto, aperto. E' per voi, da immaginare.

Vi ringrazio mille e mille volte per aver letto, recensito, seguito, segnalato la storia per le scelte... e per il vostro incredibile sostegno, per il bellissimo rapporto che si è creato in questi cinque mesi. Mi mancherete esattamente come mi mancherà scrivere questa storia.
Se volete, continuate a seguirmi. Ho altre fan fiction in cantiere.
E se questa storia vi è piaciuta, se vi ha trasmesso qualcosa, se avete sognato... ditemelo. Mi renderete davvero felice.
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Un grande abbraccio e alla prossima storia,
Eleu

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