Il mio Amico più caro!

di telesette
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte ***
Capitolo 2: *** Seconda Parte ***
Capitolo 3: *** Terza Parte ***



Capitolo 1
*** Prima Parte ***


Accadde più o meno nell'autunno del 1990...

Ricordo che avevo all'incirca otto anni e, per quanto possa sembrare strano, i passatempi di allora erano un po' diversi da oggi. All'epoca io e i miei coetanei facevamo la collezione dei Masters Universe ( meglio noti come "He-Man e i Dominatori dell'Universo" ) e ogni pomeriggio, finita la scuola, ci ritrovavamo nel Parco della Villa il Ventaglio ( in quel numero 12 di via Aldini, un giardino stupendo con un laghetto meraviglioso ) e facevamo le squadre per affrontare il perfido Skeletor e i suoi seguaci. Purtroppo il sottoscritto era ben lungi dall'essere He-Man e, nonostante il pupazzetto del mio eroe superforzuto, Duccio e Lorenzo avevano le idee molto chiare su come giocare e chi far giocare.

- Tu te ne vai - mi dissero entrambi, mandandomi via con uno spintone.
- Perché me ne devo andare? - domandai io, senza capire il motivo di questo atteggiamento.
- Perché sei un cazzone di merda - rispose Duccio, guardandomi storto. - Puzzi come una femminuccia, fai schifo e non ti vogliamo!

Devo ammetterlo, la mia reazione non fu quello che si suol dire una mossa intelligente.
Sia Duccio che Lorenzo mi superavano come altezza di un bel po' e, facendo piscina due volte la settimana, anche come fisico non scherzavano... Ciononostante feci la bella "prodezza" di avventarmi su Duccio, per poi ritrovarmi afferrato dietro le spalle e immobilizzato da Lorenzo.

- E' proprio scemo questo - sogghignò Duccio con una smorfia.
- Meglio - osservò Lorenzo. - Almeno ci divertiamo di più!
- Lasciami, stronzo - gridavo io, nell'inutile tentativo di liberarmi.

Ero piccolo, pieno di rabbia e di vendetta, ma il cazzotto che Duccio mi sparò in mezzo allo stomaco fu più che sufficiente a placare i miei bollenti spiriti.
Era la prima volta che ne ricevevo uno così forte.
Anche durante la ricreazione a scuola, quando ci azzuffavamo tra compagni, non mi era mai capitato di sentire tanto male al petto e un'improvvisa difficoltà a respirare. In quel momento ero totalmente incapace di muovermi o di reagire, tanto che Lorenzo poté abbandonare la presa senza problemi, ma la lezione che i miei due cari amichetti volevano impartirmi era appena cominciata. Vedendo che ero piegato su me stesso, Duccio pensò bene di chiamare gli altri per gridare quanto fosse divertente. Le risate dei miei coetanei, anche se alle mie orecchie giungevano ovattate, mi suggerivano istintivamente di rimettermi in piedi...

- Sta giù - esclamò Lorenzo, costringendomi a terra col piede.
- Ecco che aspetto ha lo stronzo quando caca - gridò Duccio, facendo ridere gli altri ancora più forte.

In quel momento la pancia mi faceva un male d'inferno, a causa del pugno ricevuto, tanto che a malapena riuscivo a rimanere cosciente. Costoro si divertirono ancora per qualche istante dopodiché, raccogliendo il mio pupazzetto di He-Man da terra, Duccio me lo mise davanti agli occhi e lo afferrò per le gambe con tutt'e due le mani.
Le uniche cose che ricordo, a parte le immagini che facevo chiaramente molta fatica nel mettere a fuoco, erano lo schianto della plastica rotta e il rumore del mio He-Man che veniva buttato a terra senza gambe.
Dal momento che la lezione l'avevo avuta, il gruppo si allontanò a giocare nel boschetto poco lontano. Io invece rimasi lì ansimante per alcuni minuti, prima di avere fiato sufficiente per rimettermi a sedere sull'erba e contemplare il mio giocattolo rotto.
Purtroppo i pupazzetti snodabili, per quanto fighi all'epoca, hanno sempre avuto un gran difetto: una volta spezzate le articolazioni, non era più possibile aggiustarle... Mia madre forse poteva metterci un po' di Super-Attack, tanto per consentirmi di tenerlo sulla mensola, ma He-Man non era mica un soldatino di piombo.
Mio Dio, che vergogna!
Buttato a terra e umiliato, senza neanche la possibilità di difendermi...
Purtroppo non era la prima e non sarebbe certo stata l'ultima volta.
In quel momento forse avrei voluto avere davvero la spada di He-Man da sollevare verso il cielo, per invocare la forza e dare una lezione a quei bulletti. Ma la realtà non è come i cartoni animati, e questo lo avevo imparato duramente a mie spese.
Per un po' rimasi seduto all'ombra di un albero, a piangere... Sì, a piangere!
E che altro potevo fare?
Non è una vergogna piangere, specie quando qualcosa fa male, e comunque avevo i miei motivi.
Il mio giocattolo era rotto, la pancia mi faceva ancora male e non ero riuscito a mollare a quegli schifosi nemmeno un pugno.
A pensarci adesso viene quasi da sorridere, specie guardando la cosa attraverso gli occhi di un adulto. Un adulto avrebbe risolto il tutto con una sculacciata, una ramanzina ai genitori, e la cosa sarebbe finita lì... Eppure l'unica persona a capire e a comprendere i miei sentimenti di bambino fu proprio un adulto!

- Stai bene, piccolo?

Come lo vidi chino sopra di me, per poco non mi spaventai.
Avrà avuto come minimo l'età di Matusalemme: un vecchio barbabianca, con i vestiti color mobile antico e un elegante bastone da passeggio; costui mi stava guardando dall'alto, attraverso due spessi occhiali cerchiati di ottone, e sorrideva gentile come un Babbo Natale in incognito.
Gli feci cenno di sì con la testa e lui sembrò rassicurato.
Dal momento che accanto all'albero c'era una panchina, si mise a sedere e si mise ad inveìre contro i due che mi avevano ridotto in quello stato. Aveva assistito da lontano a tutta la scena ma, non potendo logicamente correre e poiché il guardiano del parco era altrove ( come al solito! ), era giunto sul posto quando ormai era troppo tardi.

- Piccoli delinquenti - esclamò il vecchio. - Cominciano bambini e finiscono per puntarti addosso una pistola, quando crescono abbastanza... E poi dicono che la Mafia non esiste, esiste eccome!

Io non potei fare a meno di guardarlo perplesso.
Ma chi era, che cosa voleva?
Ad ogni modo mi faceva troppo male la pancia, per preoccuparmi di quel vecchio impiccione e delle sue farneticazioni.

- Purtroppo la vita è anche questo, figliolo - esclamò lui, guardandomi negli occhi. - I vigliacchi e i prepotenti ci sono stati, ci sono e ci saranno sempre: sono quelli abituati ad imporsi con la forza, solo quando sono assolutamente sicuri di vincere; certa gente si sgonfia solo con una bella dose di scapaccioni al momento giusto, altro che storie!

Io lo ascoltavo, senza nemmeno capire cosa stesse dicendo ( solo più avanti avrei capito il vero senso di quel discorso ). In quel momento ero troppo triste e, col mio giocattolo rotto tra le mani, gli occhi mi bruciavano a causa delle lacrime.

- Non piangere - mi disse lui. - Anche il Principe Adam è debole, quando non è trasformato!

Da non crederci.
Che ne sapeva quella vecchia mummia di Adam e di come facesse a trasformarsi in He-Man?
Mia nonna a malapena sapeva cos'erano i cartoni animati alla televisione, figuriamoci poi i nomi dei personaggi.

- Ma lo conosci anche tu? - domandai io.
- Perché, ti stupisce? - fece l'altro, come se fosse una cosa del tutto naturale. - Sono vecchio ma non sono rincoglionito! Certo, ai miei tempi avevamo Conan il Barbaro... Ma anche He-Man non è male come personaggio, anche se personalmente preferisco Man-At-Arms!
- Scherzi - protestai. - Man-At-Arms non vale un dito di He-Man!
- Ne sei proprio sicuro?
- Certo!

Il vecchio fece una smorfia, quasi volesse prendermi in giro, tuttavia si alzò in piedi e mi propose una sfida vera e propria.

- D'accordo, allora - esclamò. - Facciamo così: tu adesso prendi la Spada di He-Man e mi dimostri quante lattine sei in grado di buttare giù in una volta!
- Eh ?!?
- Beh, se sei convinto che He-Man sia meglio di Man-At-Arms, non dovrebbe essere difficile!

In effetti il ragionamento non faceva una piega.
Il cestino dei rifiuti era pieno di lattine vuote e non era certo difficile trovare un ramo secco sufficientemente lungo per simulare la Spada di He-Man. In breve raccolsi circa una dozzina di lattine e le disposi lungo il sedile della panchina; mentre il vecchio invece si chinò a raccogliere mucchi di sassolini e cominciò a trafficare con vari pezzi di corteccia arrotolati come una specie di tubo...

- Che cos'è quell'affare?
- Un po' di pazienza - rispose il vecchio. - Dammi il tempo di finirlo, e ti farò vedere il Braccio Sparatutto di Man-At-Arms in azione; tu intanto comincia pure!

Sul momento pensai che fosse solo un vecchio matto, tuttavia presi il bastone e lo sollevai verso l'alto. Per un attimo mi convinsi di essere He-Man, con in mano la sua mitica spada magica, e recitai la formula per darmi la carica necessaria.

- Per la Forza di Grayskull !!!

Urlando come un pazzo, mi lanciai verso la panchina e menai un poderoso fendente trasversale contro le lattine. Su dodici lattine, riuscii a buttarne giù circa otto o nove ed ero più che soddisfatto. Poco dopo il vecchio aveva finito di trafficare con quella specie di tubo... anzi, con qualcosa di vagamente simile ad una protesi di pezzi di corteccia attaccati insieme. Subito mi chiese di aiutarlo a rimettere a posto le lattine sulla panchina e, dopo avermi fatto cenno di stare indietro, sollevò quello strano aggeggio e lo puntò a mo' di fucile contro il bersaglio.
Tenendo l'avambraccio alto, e soffiando attraverso una specie di tubicino sottile inserito sopra, il vecchio "sparò" letteralmente una raffica di sassolini contro le lattine. Queste caddero tutte insieme, come sotto l'effetto di una grandinata, e io rimasi lì a guardare come un bischero.

- Ma come hai fatto? - gli chiesi.

Lui mi guardò sorridendo e, inginocchiandosi per farmi vedere meglio quello spara-ciottoli, provò a spiegarmi con calma il modo in cui lo aveva costruito.

- Quando avevo la tua età, più o meno nel '25, i nostri genitori non avevano soldi per comprarci tanti giocattoli; così molti di noi si ingegnavano per costruirseli da soli, e questo andava per la maggiore una volta!
- Ma come si fa?
- Osserva: con la corteccia arrotolata, devi creare una specie di canna; qui devi stringere e assottigliare, non troppo logicamente, e infilarci dentro i sassolini da usare come proiettili; una volta fatto questo, prendi un tubicino di carta ( o una cannuccia molto larga, se la trovi ) e lo inserisci alla base per poi soffiarci dentro... e il gioco è fatto!

Dopo aver visto come aveva buttato giù tutte quelle lattine in un solo colpo, quell'aggeggio mi sembrava una cosa fortissima. Era solo un mucchio di pezzi di corteccia, niente di eccezionale, ma era indubbiamente meglio della pistola ad acqua che mi aveva regalato la zia Elena per il compleanno.
Chissà se anch'io ero in grado di fare una cosa del genere oppure no?
Comunque era forte, una volta ricaricata, potevamo usare ancora le lattine e fare finta che fossero i seguaci di Skeletor da buttare giù. A forza di soffiarci dentro, mi divertii come un matto... E senza neppure accorgermene, mi ero perfino dimenticato del mal di pancia e del pupazzo rotto.

- La forza è importante - disse poi il vecchio, aiutandomi a prendere la mira col braccio. - Ma non basta, bisogna anche saper usare la propria testa, specie quando ti ritrovi da solo contro tutti... Prendi He-Man per esempio: lui usa la spada e la forza, Man-At-Arms usa le armi e l'ingegno, eppure entrambi ottengono dei risultati quando affrontano Skeletor!
- E' vero, non ci avevo mai fatto caso!
- Non ti buttare troppo giù, anche quando perdi - proseguì lui, aggiustandosi gli occhiali sul volto. - L'importante è che tu sappia come "rialzarti", anche quando gli altri si comportano male con te, e usa sempre tutto quello che hai a disposizione: un cuore, un cervello e due mani... Se riesci a mettere a frutto queste tre cose, nessuno potrà mai fare nulla per portartele via!

Logicamente ero ancora troppo piccolo per capire correttamente quelle parole, tuttavia mi piaceva molto come le diceva. Quel simpatico vecchietto, oltre a conoscere He-Man e avermi mostrato come costruire quello spara-ciottoli, mi stava spiegando come fare uso della mia fantasia per non abbattermi di fronte alla prepotenza.
I miei coetanei non volevano che giocassi con loro?
Pazienza!
Anche da solo, potevo sfruttare la mia immaginazione per divertirmi quanto e addirittura più di loro.

- Come ti chiami ? - gli chiesi.
- Francesco - rispose lui, porgendomi la mano ruvida e callosa con un sorriso sincero.
- Io sono Dado, piacere!

Entrambi ci stringemmo la mano con amicizia.
Costui avrà avuto circa dieci volte la mia età, se non qualcosa in più, eppure aveva lo stesso sguardo vispo e limpido di un bambino come me.
Non era bugiardo.
Mi accompagnò da mia madre e, dopo aver scambiato con lei qualche parola, si raccomandò con me affinché facessi il bravo e di darle ascolto. Mia mamma sorrise, quando le feci vedere lo spara-ciottoli che Francesco mi aveva regalato. Lui spiegò che mi aveva visto un po' triste, per via di alcuni bisticci con gli altri bambini, e che aveva costruito quell'aggeggio solo per farmi sorridere.
Di nuovo lo salutai e lo ringraziai per il regalo e lui mi suggerì di applicarmi e di studiare, per costruire cose ancora più belle.
Ancora non lo sapevo ma, proprio quel giorno, Francesco era diventato il mio più grande amico e la figura più cara di tutta la mia infanzia.

( continua )

 

Angolo dell'Autore:

Volendo dedicare queste pagine alla memoria di Francesco B. e a tutto ciò che da lui ho imparato.
Nato a Firenze, il 16 agosto del 1915, Francesco B. è stato uno dei più autorevoli studiosi italiani del teatro shakespeariano. Negli ultimi anni della sua vita, dal 1980 al 1997, dopo aver concesso l'uso della sua casa colonica in provincia di Figline Valdarno alle Suore Calasanziane, si dedica alle attività ricreative e all'assistenza dei bambini ( in particolare quelli affetti da forme di handicap ). Fondatore della oggi scomparsa Compagnia Teatrale "Piccoli Diavoli", fino all'ultimo si preoccupò di trasmettere tutto ciò che sapeva alle nuove generazioni. Esempio di umiltà, benevolenza e generosità ineguagliabile, Francesco B. si spegne il 22 ottobre del 1997.
Purtroppo gli eredi, una volta preso possesso dei suoi beni, hanno cancellato ogni traccia del suo operato in ambito sociale. Molti oggi a Firenze non ricordano nemmeno la sua esistenza, altri invece ricordano soprattutto i suoi meriti in materia di studi e competenze sulle origini del Teatro e dello Spettacolo...
Io invece preferisco ricordarlo come era, come l'ho conosciuto, e come desiderava essere chiamato:

Un Vero Amico!

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Capitolo 2
*** Seconda Parte ***


Da allora io e Francesco continuammo ad incontrarci e a giocare quasi tutte le settimane nel parco del Ventaglio, e ogni volta lui finiva sempre per insegnarmi qualcosa di nuovo: come costruire marionette con i rami secchi, come chiudere e sigillare la corteccia con il fango per farne piccole imbarcazioni, oppure come utilizzare paglia e saggìna di scope per fare modellini...
Sapeva un mucchio di cose e, nonostante io fossi parecchio imbranato, non faceva mai il saccente né mi faceva notare dove sbagliavo.

- Riprova - mi diceva. - Non avere fretta: osserva bene ciò che stai facendo, cerca di capire la funzione di ogni singolo passo, e prova a giungere da solo alla soluzione!

Aveva ragione.
A forza di provare, seguendo il mio istinto e imparando dai miei stessi errori, le mie mani si abituarono poco per volta. La prima cosa che Francesco riuscì ad insegnarmi, oltre a costruire vari oggetti, fu senza dubbio la pazienza; stando seduto accanto a me, senza brontolare o ripetere cose già dette, mi riportava sempre a riflettere con la mia testa e a capire da solo perché e in che cosa eventualmente sbagliavo; non mi metteva mai fretta, non ce n'era bisogno, e a volte impiegavamo anche pomeriggi interi finché io stesso non giungevo alla soluzione del problema.
A forza di esercitarmi, le mie mani erano quasi sempre spellate e ruvide ma ero contento lo stesso.
Senza rendermene neanche conto, stavo imparando come cavarmela da solo e a non contare sempre sull'appoggio degli adulti. In questo Francesco era davvero meglio di qualsiasi maestro: potevo impiegare giorni se non addirittura settimane, per imparare a fare qualcosa da solo, e vedere alla fine gli sforzi ripagati con qualche nuovo oggetto tra le mie mani.
Costruire, piegare, avvolgere, creare, sperimentare, inventare...
Verso i dieci anni, oltre ai modellini che Francesco mi aveva spiegato come costruire, imparai anch'io a realizzare qualcosa di nuovo e di personale. I giochi sulla mia mensola cominciarono a prendere polvere, presto rimpiazzati da un vero e proprio Laboratorio Artigianale che mi ero creato in camera, e ogni momento libero lo trascorrevo in mezzo a: carta, cartone, legno, spago, forbici e colla.
Tutto quello che passava per le mie mani ( tappi di bottiglie, fiammiferi usati, vecchie cannucce di plastica, pezzi di stoffa colorata, vecchie cianfrusaglie rotte e inservibili, e tanto altro ancora ) finiva per trasformarsi in qualche nuovo giocattolo per me: la vecchia caffettiera napoletana della nonna per esempio, con l'aggiunta di un paio di bastoncini e di quattro spesse ruote di cartone robusto, si trasformò nella mia prima locomotiva ( Il Cafferone! ); il vecchio giradischi di nonno Nicodemo invece, con qualche opportuna modifica, mi accorsi che era perfetto per "sparare" i tappi di sughero semplicemente girando la manovella; per non parlare della mia Armatura di Pegasus ( dei Cavalieri dello Zodiaco ), realizzata con cartone, carta stagnola, stoffa rossa e almeno centoventisette ore di lavoro...
E così verso il 1992, nonostante la moda per i computer e i videogiochi fosse in continuo aumento per quasi tutti i miei coetanei, la mia stanza assomigliava sempre di più al laboratorio di Archimede Pitagorico. Ormai era raro che chiedessi un giocattolo nuovo ai miei genitori, con loro grande sorpresa suppongo, eppure avevo talmente tante cose con cui divertirmi che potevo addirittura tirare a sorte.

***

Nel frattempo Francesco aveva legato tanto con me quanto con la mia famiglia, ed era diventato un amico per tutti. Mia madre lo riteneva una persona gentile e squisita; anche le suore calasanziane parlavano di lui molto bene, menzionando allegramente tutte le attività che svolgeva con i bambini del loro istituto; da quando era andato in pensione, aveva trasformato la sua villa a Firenze e la sua casa nei pressi di Figline Valdarno in un Centro Ricreativo gratuito e per i ragazzi più grandi aveva messo in piedi anche un piccolo gruppo teatrale.
Ogni volta che lo sentivamo parlare, era sempre allegro e affabile con chiunque; trovava sempre il modo di dedicare il suo tempo agli altri, senza mai dimostrarsi seccato o annoiato; conosceva un mucchio di battute spiritose e... come me, andava letteralmente pazzo per la pasta con i fagioli e il pane imburrato.
A vederlo quasi non dimostrava neppure l'età che aveva ( e non era certo un ragazzino ), ma faceva tutto con grande vitalità ed energia, e sapeva sempre come risolvere ogni tipo di situazione... anche nei momenti più difficili, quando perfino i miei genitori si trovavano in difficoltà.

***

Ricordo ancora quella volta quando, mentre ero in macchina con mia madre, lo incrociammo per caso sul marciapiede mentre passeggiava. Mia madre lo salutò attraverso il finestrino e accostò un momento per chiedergli se per caso gradiva un passaggio.

- No, ma scherza signora? - rispose lui sorridendo. - Mica sono vecchio, e poi una passeggiata fa bene alla circolazione!
- Noi andiamo a prendere il gelato da Badiani - gli dissi io con l'acquolina in bocca al pensiero. - Vieni con noi ?
- Ah, beh... Allora è un altro discorso: vorrà dire che mi sacrificherò per una coppa di buontalenti e stracciatella!

Subito salì in macchina e insieme cominciammo a cantare un brano de I Puffi, stonando come le campane della parrocchia a mezzogiorno. Eravamo appena giunti ad un incrocio con il semaforo verde e, nel mentre che attraversavamo, un pazzo ci tagliò la strada col suo vespino. Fortunatamente mia madre riuscì ad inchiodare in tempo, prima che succedesse un disastro, tuttavia il pazzo cominciò ad urlare e a sbraitare che era una cretina e che doveva risarcirlo.
Mia madre non sapeva come rispondere, più che altro visto il tono violento e arrogante dell'altro, tuttavia provò ugualmente a scendere dalla macchia e a ragionarci... inutile dire che, nel vedere come costui le stava gridando addosso, mi impressionai anch'io e molto. Tutti quelli che si erano fermati a guardare la scena, invece di chiamare qualcuno o di darle una mano, se ne stavano lì zitti ad osservare una donna sola e insultata pesantemente da un cafone maleducato. Dal momento però che la situazione stava degenerando troppo oltre, Francesco mi chiese di reggergli il bastone mentre lui andava a parlare con quel tizio.

- Scusi - esclamò Francesco, guardando costui in modo severo. - Mi permetto di farle notare che la signora stava procedendo sulla regolare, col semaforo verde, mentre lei le ha tagliato la strada senza guardare...
- Vaffanculo, vecchio di merda - rispose l'altro, spintonandolo.

Francesco non si scompose per niente anzi, ripetendo le sue ragioni con maggiore insistenza, prese le difese di mia madre con incredibile calma e sangue freddo. Io osservavo tutta la scena da dentro la macchina, preoccupato che quel tizio potesse anche tutt'a un tratto venire alle mani, ma non sapevo assolutamente né cosa dire né cosa fare...

- Prima di tutto - proseguì Francesco. - Si dovrebbe scusare con la signora ed assumere tutto un altro tono, visto che si trova palesemente in torto...
- Ma tu che ca**o vuoi ?!?
- Non voglio nessun "ca**o" ed esigerei invece un certo rispetto, soprattutto nei confronti della signora!

Per tutta risposta, il pazzo si slacciò il casco con rabbia e minacciò Francesco con il pugno.

- Tenga a posto le mani e abbassi la voce, che tanto non mi impressiona - disse calmo Francesco, senza abbassare lo sguardo.
- Se questa pu***na non mi veniva addosso, non avrei sfasciato la vespa - ruggì l'altro, sempre ostentando una ragione che non aveva assolutamente. - E adesso chi me li paga i danni? Gesù Cristo ?!?
- Sa come si dice: "Chi è causa del suo mal pianga sé stesso"...

Quando il pazzo afferrò Francesco per la giacca, per un attimo mi venne un groppo in gola.
Invece un istante dopo vidi il mio amico opporre uno schiaffo preciso sul polso dell'altro e spingerlo all'indietro con una manata sul petto. Costui non si aspettava evidentemente quel genere di reazione ma, senza considerare che si trovava di fronte ad un uomo anziano, fece per colpirlo nuovamente con un pugno.
Successe tutto così velocemente che, anche dopo che Francesco mi spiegò la meccanica dell'azione, mi riuscì difficile credere che ciò fosse reale o possibile.
Il mio amico aveva semplicemente spostato il volto dalla traiettoria dell'altro, opponendo il proprio gomito a mo' di scudo per allontanare il pugno, e costui era meccanicamente caduto in avanti per l'improvvisa perdita di equilibrio. Mia madre intanto era corsa al bar più vicino per chiamare immediatamente il centotredici, nel momento in cui quel pazzo aveva alzato le mani addosso a Francesco, ma quando la polizia giunse all'incrocio il mio amico non si era fatto un graffio mentre il pazzo era seduto e frastornato in terra accanto al vespino. I testimoni confermarono che il vecchio si era semplicemente difeso, senza tuttavia eccedere, e che l'aggressore aveva praticamente fatto tutto da solo.
Più tardi ovviamente, grazie anche alla collaborazione di un buon avvocato, sarebbe stata accertata la legittima difesa. Tuttavia restava un mistero che un uomo di settantasette anni fosse riuscito a difendersi dall'aggressione di un uomo sui trentacinque e con oltre novanta chili di peso.
La risposta risiedeva nel fatto che Francesco era stato un buon pugile in gioventù e, nonostante l'età, il suo corpo sapeva ancora istintivamente come evitare certi tipi di attacchi goffi e senza controllo.

- Prima di fare a pugni, devi essere soprattutto in grado di "evitare" i pugni - mi spiegò lui più tardi, quando provai nuovamente a chiedergli come aveva fatto. - Se una persona ti viene addosso senza controllo, come quell'idiota della vespa per esempio, è sufficiente spostarsi da un lato e lasciare che sia il suo stesso impeto a farlo cadere... In pratica è come se facesse tutto da solo, niente di più niente di meno!
- E funziona sempre? - domandai curioso.

Francesco mi guardò serio.

- Dado - esclamò. - Lo so che fa piacere "vendicarsi" dei bulletti che ti mettono sotto, ma c'è una bella differenza tra fare il prepotente e difendersi dai prepotenti... Chiunque può usare la forza fisica, entro le proprie possibilità ovviamente, ma il come usare questa forza è tutto un altro discorso!

Così dicendo, mi mise le mani sulle spalle e mi guardò negli occhi.

- Io lo so che sei un bravo bambino, anche se un po' indisciplinato a sentire tua madre, ma cosa faresti se un tuo compagno ti tirasse un pugno?
- Glielo restituirei, è ovvio!
- E se dieci di loro dopo ti prendono a pugni tutti insieme, che cosa hai risolto?

Silenzio.
In effetti saper fare a pugni senza criterio non era certo una soluzione valida per tutti i problemi. Certe volte poteva essere molto più utile evitare di trovarsi coinvolti in una rissa, piuttosto che andarsela letteralmente a cercare e finire come quel tizio della vespa. Francesco non aveva colpito quel prepotente, anche se sarebbe stato perfettamente in grado di farlo, e questo aveva fatto la differenza.

- Mettiamola così - esclamò. - Io potrei anche insegnarti a difenderti, in questo non c'è nulla di male, ma tu devi promettermi di ricorrere alle mani solo quando è veramente necessario... Mi spiego? Le regole sono poche ma chiare: mai attaccare briga per primo, mai colpire chi non è in grado di difendersi, e soprattutto mai attaccare alle spalle!
- Attaccare alle spalle?
- Esatto, e non solo per fare a pugni... Attaccare qualcuno alle spalle, in combattimento come nella vita, è un comportamento da vigliacchi: è il modo di ragionare di chi colpisce sapendo che l'altro non sarà mai in condizioni di poter rispondere; non è una cosa di cui andare orgogliosi, bensì per vergognarsi tutta la vita!

A giudicare da come lo diceva, sembrava che la cosa lo riguardasse molto da vicino.
Gli chiesi se per caso qualcuno lo aveva mai "attaccato alle spalle", anche se non riuscivo ad immaginarmelo.

- Quando non provi rispetto per qualcuno, o quando approfitti della sua lealtà per attaccarlo dove è più debole, in quel momento puoi forse andare fiero come l'ultimo dei vigliacchi... E una persona del genere può solo fare ribrezzo, perché non ha più la dignità per potersi guardare allo specchio!

Anche stavolta non potevo comprendere subito il significato di quel discorso, o di quanto fosse vero purtroppo, tuttavia gli promisi che avrei fatto del mio meglio per seguire il suo consiglio. Francesco sembrò contento e, mantenendo la sua promessa, mi insegnò dunque tutto ciò che sapeva sulla boxe e sul combattimento in generale. Grazie a lui imparai a difendermi e a come reagire di fronte al pericolo, imparai ad anteporre gli amici e i familiari al mio interesse personale, e soprattutto imparai ad affrontare ogni tipo di ostacolo a viso aperto.
Negli anni a venire, come era logico, avrei avuto modo di riflettere meglio sulle sue parole e su cosa significasse attaccare qualcuno alle spalle... Ma questa è un'altra storia!

( continua )

 

Angolo dell'Autore:

Avevo quasi dimenticato gran parte dei discorsi di Francesco, perciò scrivere queste pagine mi sta aiutando a ricordare e a riflettere su ciò che mi andava sempre ripetendo. "Essere sempre corretto, anche di fronte alle scorrettezze degli altri, e non lasciarsi mai prendere dall'ira"...
Purtroppo nella realtà, per quanto uno ci prova, finisce per commettere inevitabilmente gli stessi errori degli altri.
Non è una giustificazione per nessuno, così come nessuno è in grado di definirsi migliore o peggiore di tanti altri. Ma arriva il giorno in cui un uomo si alza la mattina e, guardandosi allo specchio, ha solo due scelte davanti a sé
-
 sputarsi addosso per lo schifo che è diventato
- far finta di niente e autoconvincersi di essere comunque nel giusto
La verità è che io NON sarò mai neppure lontanamente paragonabile a quell'uomo eccezionale che era Francesco ( inutile farsi illusioni, lui era unico e inimitabile! ), ma il suo ricordo è una delle poche cose che ancora mi offre un motivo per ammettere i miei errori e sforzarmi di seguire per quanto possibile le sue orme.

"Mai attaccare briga per primo, mai colpire chi non è in grado di difendersi, e soprattutto mai attaccare alle spalle... in combattimento come nella vita!"

Proprio come dicevi tu, Francesco... Grazie amico mio, per tutto!

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Capitolo 3
*** Terza Parte ***


Francesco aveva settantasette anni allora, eppure riusciva a muovere le braccia e a colpire un sacco di sabbia con la stessa velocità ed energia che impiego io oggi nel fare la stessa cosa...
Non male per un vecchietto!
Da lui ho appreso tutti i segreti e i dettagli di questo sport, imparando anzitutto a difendermi, e ciò mi sarebbe stato utile circa sei anni più tardi ( all'epoca del mio inserimento nella categoria dilettanti dei Pesi Gallo ) e fino al mio ritiro. Se non lo avessi visto con i miei occhi, non ci avrei mai creduto: malgrado la gamba destra non gli consentisse di muoversi agilmente, equilibrando tutto il suo peso su quella sinistra, Francesco riusciva ad imprimere una forza più che sufficiente per contrastare una media di ottanta chili di peso.

- Osserva bene, Dado - diceva, facendo oscillare il sacco e colpendolo nuovamente nello stesso punto mentre era ancora in movimento. - Il primo colpo esercita una battuta d'arresto, atta a bloccare l'avversario quando questo è in movimento, dopodiché la velocità e la precisione giocano sull'atterramento definitivo... E' tutto chiaro?

Per essere chiaro era chiaro ma, tra il dire e il fare, sarei stato in grado di mettere in pratica gli insegnamenti solo con la passione e l'esercizio. All'epoca ero ancora un bambinetto di dieci anni, con dei guantoni che da soli pesavano più di me, e ciononostante mi allenavo per imparare i concetti di base: come muovermi, come pensare, come portare i colpi anche se affaticato... Allora non avevo molta forza nelle braccia ma, con pazienza ed impegno, il mio corpo imparò ad agire e reagire per istinto. Verso i dodici anni, sapevo già come effettuare uno scambio veloce sulla ravvicinata; anche se, come promesso a Francesco, facevo uso di certe tecniche solo in allenamento e mai per azzuffarmi.
Di tanto in tanto i miei compagni continuavano con la loro abitudine di mettermi sotto ma, con mio grande stupore, mi resi conto che adesso il mio corpo era in grado di assorbire i colpi assai meglio di quando ero più piccolo. A forza di flessioni, addominali ed esercizi vari, la mia struttura ossea e muscolare si era sviluppata ( in modo poco evidente forse ma era comunque molto più tonica ); un pugno di un mio coetaneo, per quanto potesse fare male sul momento, era sopportabile e così spesso non sentivo neppure il bisogno reale di vendicarmi... Se avessi voluto rispondere, sapendo di essere palesemente in vantaggio, non sarei stato molto diverso da tutti quei piccoli stronzetti che si divertivano a spese dei più deboli.
Era questa la differenza di cui parlava Francesco.

- Impara a valutare le situazioni in modo corretto - mi ripeteva sempre il mio amico, nonché istruttore. - Avere la forza sufficiente non basta, se viene a mancare il buon senso... Certo può capitare di trovarsi in situazioni estreme, dei casi-limite dove non si ha altra scelta, ma se puoi evita sempre di comprometterti con qualche gesto sconsiderato!
- E se mi aggrediscono?
- Te l'ho detto, valuta da situazione a situazione: se ti fanno uno sgambetto e si mettono a ridere, non è come quando ti stringono in cinque per sfondarti la pancia di cazzotti... Puoi alzarti e tirare dritto per i fatti tuoi nel primo caso, come puoi e devi difenderti nel secondo; devi essere in grado di riflettere, prima di commettere qualcosa della quale poi ti potresti pentire! Non penso che ti farebbe sentire fiero di te stesso, prendere a pugni qualcuno solo perché ti fa le linguacce, giusto?

Puro Vangelo!
Oddio intendiamoci, non che io fossi uno stincodisanto ( a detta dei miei insegnanti, ero un elemento indisciplinato e ribelle come pochi ), però non andavo certo in giro a picchiare la gente per gusto. A volte mi capitava di subire restando in silenzio e altre volte invece rendevo pan per focaccia, comunque rimanendo entro i limiti della correttezza... e così sempre, anche ora che gli anni sono passati e con loro la mia infanzia e la mia adolescenza, la morale è sempre la stessa.

***

Da quando ero bambinetto e in fasce, non c'era film Disney che mia madre non mi portava a vedere al cinema. Crescendo poi, nel frattempo la tecnologia aveva inventato i videoregistratori e le VHS che negli anni '90 andavano per la maggiore...
Anche a casa di Francesco, nel bel mezzo di quel salotto enorme con tanto di TV Color e impianto SONY, vi era una collezione completa di Classici Disney Home Video ( "Il Libro della Giungla", "Robin Hood", "Alice nel Paese delle Meraviglie", "Cenerentola", "La Bella Addormentata nel Bosco", "Pinocchio", "Peter Pan", e tanti altri ancora ).
Quel giorno io e Francesco ci stavamo guardando Taron e La Pentola Magica, uno dei miei preferiti, e ci divertivamo come al solito a fare le voci di Rospus e Re Cornelius. Avevo visto quel film almeno venti volte ( centoventinove negli anni a seguire ), eppure mi emozionavo sempre nel vedere come Taron e il piccolo Gurghi si affannavano per trovare la Pentola Magica prima dei cattivi.

- Ma come fanno a fare storie così belle? - mi domandavo ad alta voce, con gli occhi incollati allo schermo.
- Semplicemente perché gli autori leggono molti libri di qualità - rispondeva Francesco. - Questo film per esempio, è stato ricavato dalla lettura di almeno cinque libri...
- Sul serio ?!?

Da non crederci.
Cinque libri per ricavare ottanta minuti di animazione.
Il libro illustrato del film che mi aveva regalato mia madre, che a malapena leggevo in quindici minuti scarsi, mi sembrava impossibile che avesse a che fare con ciò di cui parlava Francesco.

- Dado, dimmi la verità - fece lui, guardandomi con una smorfia. - Hai mai letto qualcosa, a parte Topolino?
- Beh, veramente...

A dire la verità, la mia maestra aveva provato a farmi leggere quelle cose piccolo/medio/rettangolari chiamate "libri"... Ma era una tale rottura di scatole!
Ogni volta dava da leggere delle cose che nessuno di noi a scuola conosceva, e ogni volta mi addormentavo puntualmente sulle prime pagine. Erano talmente noiosi... Molto meglio i fumetti, con tante immagini e personaggi, che pagine intere di parole appiccicate senza nessuna vivacità.

- Ho capito, non aggiungere altro - tagliò corto Francesco. - Purtroppo spesso si pretende che i ragazzi d'oggi leggano senza saper leggere... E' il tipico errore di molte scuole!
- Come?
- Ah, Dado Dado - sospirò Francesco. - Se scorri le righe di una pagina, senza vivere la storia nella tua mente, come puoi pretendere di capire fino in fondo cosa c'è scritto?

In quel momento era come se stessi cadendo letteralmente dalle nuvole.
Era vero che, quando leggevo all'ora di antologia, spesso tiravo via senza prestare granché attenzione ma... Al diavolo, lo facevano tutti. Nessun libro poteva essere interessante e divertente quanto un fumetto.
Tuttavia Francesco mi disse una cosa che mi lasciò ancora più perplesso.

- Quando avevo la tua età - cominciò. - la televisione non esisteva ancora e i fumetti poi... Ma in compenso avevamo il modo giusto di leggere, e ti assicuro che nessun libro è noioso se sei capace di leggerlo nel modo corretto!
- E quale sarebbe il modo corretto?
- Quello con cui leggi i fumetti e guardi la televisione - rispose lui pronto. - Solo che devi ricorrere ancora una volta a quella cosa che si chiama: Fantasia!
- Ma i libri sono noiosi - protestai. - Come si fa a leggerli senza mettersi a dormire?

Francesco si alzò in piedi, sospirando rassegnato, e mi fece cenno di seguirlo nella stanza accanto.

- Vediamo se mi riesce di svegliarti con una semplice dimostrazione pratica - esclamò.

Così dicendo mi introdusse in quella che, a tutti gli effetti, poteva essere benissimo scambiata come un'ala della Biblioteca Nazionale di Firenze... e invece era lo studio del mio amico: pieno zeppo di scaffali e di libri come non mi era mai capitato di vederne; paragonato a quello spettacolo, la libreria scolastica degli Scolopi pareva l'espositore dell'edicolante dove andavo a comprare le figurine. Dall'ingresso dove eravamo entrati, correva una prima fila di scaffali che si interrompeva in corrispondenza di un ampio finestrone rettangolare. Il resto della stanza poi comprendeva altre tre file ricolme di scaffali e un'ampia scrivania con una lampada da tavolo orientabile.
Entrando lì dentro, mi sentivo smarrito e confuso come nella mia prima gita scolastica ( ovvero panico totale! ). Mi guardavo intorno e non vedevo altro che libri; non riuscivo neanche a capire quanto fossero alti quegli scaffali e, mentre cercavo invano di orientarmi, Francesco andò a prendere qualcosa da uno dei ripiani più bassi.

- Allora, vediamo: Albert, Aldrecht, Alemann... Eccolo qua, Alexander!

Così dicendo, tirò fuori un libro piuttosto voluminoso e me lo porse con un sorriso.

- Dagli pure un'occhiata - disse. - L'edizione è un po' vecchia ma il testo è scritto piuttosto largo, non dovresti avere problemi!
- Ma che cos'è questo? - domandai.
- Questo è la storia "completa" di quel film di Taron che ti piace tanto - spiegò. - Ovviamente è un po' diversa, e c'è qualche personaggio in più rispetto al cartone animato, ma ti assicuro che i protagonisti ci sono tutti e sono esattamente come li vedi sullo schermo!
- Ma come...
- Usa la fantasia, Dado - disse ancora lui. - Prova a leggere le azioni e i discorsi di questo libro, come se li stessi vivendo tu stesso assieme ai protagonisti... Dammi retta, non è difficile!

All'inizio ero un po' scettico, poi però mi convinsi a fare almeno un tentativo. Il libro che Francesco mi aveva dato da leggere non era nemmeno un unico libro, bensì una trilogìa ( ovvero tre libri insieme ), e visto così sembrava ancora più grande e noioso dei miei libri di scuola. Ad ogni modo presi un respiro profondo e, dopo che Francesco imbottì la sedia della scrivania di cuscini, mi sedetti lì tranquillo e cominciai a leggere...
Fu così che il 29 di ottobre dell'anno 1994, all'età di dodici anni, cominciai a leggere Le Cronache di Prydain opera di Lloyd Alexander.
Certo fu una sorpresa per me scoprire che Taron in realtà si chiamava Taran, che Ailin si chiamava Eilonwy, che il Menestrello Sospirello era in realtà un re girovago e che si chiamava Fflewddur Fflam... A parte questo, come aveva detto Francesco, mi sorpresi di come non riuscivo a staccare gli occhi dalla lettura. La maggior parte dei fatti ivi narrati non erano presenti nella versione cinematografica della Disney, e tuttavia riuscivo perfettamente ad immedesimarmi nella storia come se mi trovassi al suo interno. Man mano che leggevo, divoravo le pagine senza neanche rendermene conto, i miei occhi e la mia mente erano concentrati solo sugli spostamenti di Taran e dei suoi compagni, e le frasi che dicevano i personaggi avevano la stessa potenza e vivacità delle voci alla televisione... per il semplice fatto che era la mia mente che gli conferiva tale effetto, per la suggestione credo, ed era come se tutto intorno a me continuasse a cambiare ( dalla fattoria di Caer Dallben, alla scura e fitta foresta impenetrabile, agli oscuri antri del maniero del perfido Arawn, fino anche alle magiche terre sotterranee in compagnia dell'irascibile Doli ). A volte mi mettevo a gridare per l'eccitazione, senza neanche rendermene conto, e in capo a una decina di giorni avevo già letto la trilogìa ed ero già alle prese con gli ultimi due libri che chiudevano la saga.
Alexander aveva scritto diverse opere e anche in quegli anni, benché sconosciuto ai più, continuava a scrivere e a pubblicare racconti fantasy adatti al pubblico più giovane. Francesco era un grande appassionato delle sue storie, e difatti ne aveva collezionato un bel numero, ma non era certo l'unico autore che conosceva.
Con pazienza e dedizione, mi insegnò ad avvicinarmi a molti altri classici della letteratura mondiale, e sempre usando lo stesso metodo di lettura: "Il Signore degli Anelli", "Robinson Crusoe", "I Tre Moschettieri", "Ventimila Leghe sotto i Mari", "Moby Dick", "Viaggio al Centro della Terra", "Dalla Terra alla Luna", "Le avventure di Sherlock Holmes", "Robin Hood", "Miti e Leggende dei Cavalieri della Tavola Rotonda", "Il Piccolo Lord", "Il Giardino Segreto", "Le Avventure di Huckleberry Finn", "Il Giornalino di Gian Burrasca", "Senza Famiglia", "Ommini e Bestie", "Il Gigante Egoista", "La Fabbrica di Cioccolato", "Vampiretto", e molti altri ancora...
Trascorrevo pomeriggi interi nel suo studio, divorando libri uno dopo l'altro, e mi emozionavo sempre tantissimo nell'immedesimarmi in ciascuno dei personaggi e provare ad immaginare come si sarebbero comportati se avessero vissuto realmente determinate vicende e situazioni. Ma il vero motivo per cui mi appassionai tanto alla lettura, ancora una volta venne fuori dal genio bizzarro di Francesco.
Avevo quasi finito di leggere L'Isola del Tesoro, quando Francesco sbucò fuori all'improvviso dalla porta della biblioteca con un grosso cappello nero in testa e una sciabola di plastica in mano. Io sollevai appena la testa e, prima che me ne rendessi conto, Francesco si era messo ad urlare come e peggio di un pirata al cospetto del suo equipaggio.

- Maledetto Capitano Flint - gridò. - Lurido e schifoso pendaglio da forca, che io sia dannato se non riuscirò a mettere le mani sul tuo tesoro... Parola di Long John Silver!

Nel sollevare la sciabola verso l'alto, Francesco mi fece l'occhiolino e io capii al volo. Subito afferrai la mappa dell'isola, quella che era possibile staccare dalla copertina del volume, e con quella balzai sulla scrivania come un pazzo scatenato.

- E' inutile che fai tanto la voce grossa, vecchio farabutto zoppo che non sei altro - urlai. - La mappa ce l'ho io, e senza di questa non arriverai mai a mettere le mani sul tesoro!
- Come osi, piccolo mozzo intrigante? Se non mi consegni subito quella mappa, userò le tue budella come legaccio e getterò il resto ai pescecani...
- Prima però dovrai prendermi, Silver!
- E sia, moccioso, l'hai voluto tu... ALL'ARREMBAGGIO !!!

Con la sciabola luccicante levata sopra la testa, Francesco si avvicinò zoppicando alla scrivania ( battendo a terra il bastone, in modo da simulare la stampella e la gamba di legno del pirata ). Io invece scesi con un balzo e, afferrato l'ombrello dal portaombrelli, mi portai al centro della stanza e sfidai "coraggiosamente" il pirata a soffiarmi la mappa di Capitan Flint dalle mani.
Francesco, alias Long John Silver, non se lo fece ripetere due volte.
In breve cominciammo una specie di "duello"... Ma sarebbe più corretto dire che facevamo semplicemente una sceneggiata ridicola, in preda a un impeto di follia reciproca. Nei panni di Jim Hawkins, dovevo difendere ad ogni costo la mappa dalle grinfie di quel vecchio pirata scellerato; tuttavia Long John non aveva certo intenzione di arrendersi così facilmente.

- Tieni alta la lama - mi suggerì Francesco sottovoce, invitandomi a ripetere i suoi movimenti. - Finta, parata, finta... Mi raccomando, tieni il polso morbido e il braccio rigido!
- D'accordo, ho capito!

In fin dei conti, tirare di spada non era poi molto difficile dal tirare di boxe. Il concetto di base era più o meno lo stesso: i corpi si muovevano seguendo il ritmo veloce dello scambio di colpi, solo che invece del pugno entrambi facevamo uso di un prolungamento del braccio; logicamente non facevamo sul serio ma, per rendere il tutto più credibile, ci divertivamo ad improvvisare su uno stile già provato in precedenza.
Solo un gioco, nient'altro che un gioco, ma faceva parte di quell'immenso tesoro che era la fantasia.
Non ricordo un solo giorno in cui le mie letture risultavano pesanti e noiose, neppure quando si trattava dei compiti, perché grazie a Francesco ogni cosa finiva per trasformarsi in qualcosa di allegro e irresistibilmente buffo.
Ricordo ancora quando, per insegnarmi a leggere la Divina Commedia, si mise addosso la tunica di Virgilio e mi fece fare il giro della sua villa con indosso un mantello rosso e una papalina con foglie di alloro in testa. Così conciati, passammo attraverso i gironi infernali, declamando a gran voce i versi dell'opera ( anche se dopo un po' i vicini telefonarono per sapere cosa stava succedendo )... e potrei citare decine di esempi addirittura più folli di questo.
La verità era che Francesco non aveva limiti, non conosceva freni, e proprio per questo era così speciale!

( continua )

 

Angolo dell'Autore:

Dicevano che era matto...
Proprio così, "matto da legare" - questa era l'opinione di chi aveva a che fare con lui, senza ovviamente conoscerlo - ma io dico che, se fossimo tutti un po' matti come lui, il mondo non sarebbe certo quello schifo che è. Mi rendo conto che, per la maggior parte di coloro che leggeranno queste righe, sto solo sprecando tempo e tuttavia scrivo ugualmente nella speranza che il senso buono di questa storia giunga a chi deve giungere.
Per quello che mi riguarda, io non sono che un povero demente che ha avuto la fortuna di conoscere un uomo buono e meraviglioso ( e non mi stancherò mai di ripeterlo ). Francesco ha arricchito la mia vita come nessun altro, è stato il mio maestro di vita e confidente ( soprattutto nei momenti di sconforto ) e, anche se non c'è più, il ricordo di tutto quello che abbiamo fatto insieme vive ancora oggi...
Il punto è che, indipendentemente da ciò che pensano gli altri, io non rinnego nulla di ciò che sono.
Io posso essere tranquillamente l'individuo più odiato e disprezzato di questo mondo, quello che non fa altro che commettere errori nella sua vita, e mi sta bene così.
Ho fatto tante cose, giuste o sbagliate che siano, ma è anche vero che io NON sono Francesco... Lui era una persona eccezionale: un eterno bambino e un genio della letteratura allo stesso tempo; io invece un "pazzo scatenato" che scrive a tempo perso solo perché gli gira di farlo.
Ma come al solito sto divagando, e probabilmente ciò è dovuto alla tristezza con cui rivivo nostalgicamente il contenuto di questa pagina e tutto ciò che è successo da allora.
Il ragazzo di questa storia è cresciuto da tanto tempo ormai, forse è per questo che fa così tanta fatica ad accettare che il tempo va avanti e che le cose belle non ritornano mai più indietro.
Mah ?!?
Provo a guardarmi allo specchio a volte e rivedo come ero allora e come sono oggi... Un uomo a metà, tra il passato e il presente, e questo fa di me un essere incompleto. Forse un giorno, quando mi ritroverò con una lunga barba bianca e qualche rotella fuori posto, allora potrò finalmente dire addio ad una realtà che non mi appartiene e non mi è mai appartenuta.
Così vanno le cose, non ci si può fare niente, è il destino!
L'unica cosa che ho ancora adesso sono gli occhi per leggere, le mani per scrivere, e il cuore... il cuore per ricordare ciò che non deve essere dimenticato.

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