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Che strano... Di solito aveva
solo nausea, durante quei viaggi in aereonave...
-Yuffie Kisaragi?-
Shelke. Che cosa voleva, dalla
sua vita?
Non aveva mai odiato una
persona in quel modo... Non sapeva neppure perché...
Era entrata nel gruppo
prepotentemente, mentre lei aveva dovuto GUADAGNARSI l’amicizia di tutti. Ma
Shelke era una bambina pucciosa, quindi tutti l’avevano immediatamente adorata.
Che rabbia.
-Ti senti bene?-
-Non credo che questo possa
interessarti.-
La rossa si sedette per terra,
a gambe incrociate, fissandola divertita.
-Che cos’hai contro di me,
Yuffie Kisaragi?-
-Piantala di dire il mio nome
per intero, Shelke Rui.-
-Se dovessi dire il tuo nome
per intero direi Sakanagi Kisaragi, Kami no Batsu.-
Come poteva sapere il suo vero
nome?
-Trovo che sia un bel nome...
Perché non lo usi mai?-
-Lo odio.-
-Perché te l’ha dato la tua
matrigna?-
Serrò la mascella, fissando
l’ex Zviet con odio.
-Fatti i cazzi tuoi. Se non
vuoi che ti faccia vedere cosa significa il mio nome.-
-Ma io sarei molto interessata!
Eheh... Vorrei proprio vedere la Punizione Divina all’opera! Oltrettutto,
nonostante abbia cercato ovunque, non sono riuscita a trovare una traduzione di
Sakanagi... Ha a che fare con i pesci?-
-Sakana vuol dire pesce, ma non
c’entra nulla.-
Perché le interessava tanto?
Per un attimo vide il corridoio
girare intorno a lei.
Si appoggiò alla parete
metallica con una mano, spaventata.
Non si ammalava da anni,
ormai... E odiava stare male. La faceva sentire fragile, vulnerabile.
Traballò lungo il corridoio,
verso la propria camera.
-Yuffie, aspetta, devi
sederti!-
Ignorò la ragazzina,
accelerando il passo.
Se la ritrovò davanti.
-Insomma, sono sei tu quella
che dice sempre a Vincent di non rinchiudersi nel proprio bozzolo? Di parlare
quando ci sono problemi? Avanti, Yuffie!-
Sbuffò, superandola. Perché
doveva stressarla in quel modo?
Era vero che aveva sempre
provato a far parlare Vincent dei suoi problemi, ma non poteva farci niente,
lei era un gatto... Se stava male si rintanava in un angolino ed aspettava che
passasse tutto.
Se peggiorava andava da un
dottore, ma solitamente non si ammalava in modo grave.
Sbattè contro qualcosa di
solido.
-Chi ha messo un muro in mezzo
al corridoio?- sbottò, alzando la testa.
Qualcuno, non qualcosa.
Vincent.
Ci mancava solo lui...
-Ti senti bene?-
-Ma certo, Vinnie!- esclamò la
ninja, allegra.
L’uomo represse una smorfia.
Yuffie sapeva che odiava i nomignoli che gli affibiava.
Si divertiva a trovarne sempre
di nuovi.
Era l’unico modo che conosceva
per fargli cambiare espressione.
-Sei pallida.-
-Ma no, Vinnie Pooh, sto
benissimo!-
La sua pelle pallida, le
cicatrici sul suo viso... E quegli occhi intensi, che sembravano fatti d’oro.
L’avrebbe riconosciuto ovunque.
La prima persona che l’avesse
mai considerata una donna, nonostante i suoi lati infantili.
Il primo uomo ad averle
confessato che l’amava.
L’ennesima persona ad essere
morta per salvarla.
Aprì gli occhi, sussurrando il suo
nome.
Chino su di lei c’era il medico
di bordo. Le stava facendo un prelievo.
-Buongiorno, Yuffie...-
-Buongiorno Kusanagi...-
rispose educatamente.
Era una donna di Wutai, sulla
cinquantina, eternamente vestita in modo sobrio, di solito di nero. Indossava
sempre il camice, nonostante fosse raro che i suoi servizi fossero richiesti...
Kusanagi Laira.
Beata lei che aveva un nome
decente...
Sospirò.
-Sei svenuta in corridoio e
Vincent ti ha portata qui... Ora mi sembri piuttosto in forma... Non hai nè
febbre, nè tosse o qualsiasi sintomo che possa essere ricondotto ad
un’influenza... Tesoro, mangi abbastanza?-
-Certo che mangio! Ho preso
anche peso, ultimamente...-
-Ah sì? Quanto?-
In realtà aveva perso quasi due
chili, ma li aveva ripresi subito dopo...
-Due chili.- mentì.
Perché i medici dovevano sempre
insistere nell’affermare che era troppo magra?!
Non era anoressica. Si sentiva
abbastanza bene con sè stessa.
A parte gli svenimenti, ma
quello era momentaneo.
-In realtà... Li ho persi... Ma
li ho ripresi subito dopo, giuro!-
-Davvero?- si stupì la
dottoressa, trafficando con alcune provette.
Notò Vincent in un angolo. Non
aveva aperto bocca...
Che cosa ci faceva lì?
-Ciao, Vincychan!-
-Ciao.- le rispose,
sorprendendola.
-Come mai sei qui?-
-Shelke mi ha detto che eri
svenuta già prima...-
-Può darsi che sia solo
stanca...- ribattè la ragazza, sedendosi nel letto.
-Tesoro, hai un ragazzo?- le
chiese la Kusanagi, sempre intenta a trafficare con le sua provette.
Si morse il labbro inferiore,
ignorando la domanda.
Non ci voleva molto, bastava
rispondere “no”...
Eppure, non ci riusciva. Non
poteva cancellarlo dalla sua esistenza così...
-Ce l’avevo... Ma non è finita
tanto bene...- ammise.
-Perché?-
Cosa gliene fregava?!
-Le importa così tanto?-
-Mi serve saperlo per decidere
se farti un determinato esame.- rispose la donna, voltandosi.
-La prossima domanda cosa sarà?
Qualcosa legato al sesso? No, perché non vorrei bloccare la crescita di
Vincent.- sibilò, stizzita.
Perché era ancora lì? Che cosa
voleva?
-Vi siete lasciati?-
-E’ morto.-
-Mi dispiace...-
Scese dal letto e barcollò fino
alla porta.
-Dove vai, Yuffie?- le chiese
l’uomo, trattenendola.
-Ho sonno. Vado a dormire.-
sussurrò lei, cercando di liberarsi dalla sua presa.
-Yuffie, hai bisogno...-
Non sentì mai il resto della
frase...
Note
E’ un piccolo esperimento, su
una coppia molto meno convenzionale del solito... Non aggiornerò
regolarmente... Insomma, ancora non lo so!
La luce dell’abat-jour glieli
ferì, per cui distolse lo sguardo.
Osservò la camera in cui si
trovava. A giudicare dal casino, era proprio la sua.
Si alzò a sedere, con la vista
leggermente offuscata e la testa pesante. Non si era mai sentita tanto debole.
Probabilmente era dovuto al
malessere generale che provava da qualche settimana.
Si sentiva come se non avesse
dormito da anni.
-Congratulazioni, sei incinta.-
Incinta? Lei? Non poteva esserlo.
Si trattava sicuramente di un
errore.
Nella penombra scorse
finalmente la figura di Vincent.
Il suo primo impulso fu quello
di alzarsi e prenderlo a calci.
Non era un argomento sul quale
scherzare.
Deglutì, cercando di calmarsi.
Sentiva il rumore del proprio
cuore, assordante, aritmico.
-Puoi ripetere?- gli chiese,
spaventata.
Alla rabbia si era presto
sostituito il panico.
Vincent non scherzava. Mai.
-Aspetti un bambino.-
Il suo tono si era addolcito,
mentre pronunciava quella frase. In esso vi era un misto di emozioni
contrastanti, che andavano dal timore alla... gioia.
Possibile che potesse essere
felice per lei?
-E’ impossibile, i risultati
del test devono essere per forza sbagliati...- sussurrò Yuffie, incredula.
Strinse convulsamente le lenzuola
nei pugni chiusi, abbassando lo sguardo.
Anche in lei lottavano più
sentimenti; ma quello predominante era la prudenza.
E la paura di essere felice per
una notizia falsa.
La paura e la consapevolezza di
essere sola.
-Il risultato è sempre sicuro,
nel caso sia positivo.-
Si posò una mano sul ventre,
quasi involontariamente, lasciando che la disperazione la sommergesse.
Scoppiò a piangere.
Era un miracolo.
Era una maledizione.
Tentò di svuotare la mente e
pensare lucidamente.
Non aveva un posto dove andare.
Di sicuro, non poteva rimanere
con Avalanche. Non voleva rispondere alle loro domande. Non avrebbe saputo come
rispondere, in ogni caso. Avrebbe rovinato tutto.
Non poteva tornare a Wutai.
Suo padre non gliel’avrebbe mai
permesso.
Non aveva idea di quanto tempo
ancora avesse a disposizione prima che la lieta notizia si diffondesse.
Probabilmente era solo
questione di poche ore.
Se l’avesse scoperto Tifa...
Avrebbe dichiarato che con
l’aiuto di Avalanche se la sarebbe cavata.
E la ninja le avrebbe creduto.
Scosse la testa e cercò di
pensare a situazioni meno negative.
Doveva andarsene e decidere da
sola. Con calma.
Da sola.
Se non fosse stata da sola, il
problema di decidere se tenere o no il bambino non si sarebbe sicuramente
posto...
Non poteva farcela.
Non aveva idea di che cosa
volesse dire lavorare. Aveva rubato materia dall’età di sei anni e non
si era mai posta il problema di trovarsi un lavoro un pò più tranquillo.
Era fuori discussione che si
mettesse a rubare materia con un figlio a carico.
Non aveva soldi.
Poteva chiederli a suo padre,
come aveva sempre fatto, ma prima o poi avrebbe dovuto imparare a cavarsela da
sola.
-Ti senti bene?-
Si era quasi dimenticata della
presenza di Vincent.
La stava fissando, inespressivo
come sempre, così che, per un attimo, credette di aver immaginato quella
domanda.
Era troppo gentile per essere
stata posta da lui.
-Stai bene?- ripeté, calmo.
Annuì, stupita, asciugandosi le
ultime lacrime.
-Le valige sono accanto al
letto. Se hai bisogno di altro, puoi chiedermelo.- continuò l’ex Turk.
Era sorprendente come potesse
sembrare gentile pur rimanendo totalmente privo di espressione ed atono.
-Grazie, ma credo che questo
sia tutto quello che un essere umano possa fare per me...- ribatté lei, con un sorriso
triste.
L’uomo sembrò per un attimo
mutare d’espressione.
Forse nella penobra aveva visto
male.
-Com’è una vita in cui nessuno
sa che esisti? In cui non conosci nessuno?- chiese la ninja.
-Non credo che si possa
chiamare vita. E’ semplicemente un’ esistenza.-
-E qual’è la differenza?-
-Se ti accontenti di esistere,
la morte non ha nessuna importanza per te.-
-E la vita? Che cos’è?-
-Se vivi, senza alcun dubbio
t’imbatti in altri esseri umani, interagisci con loro... Provi una varietà di
sentimenti di cui non sospettavi neppure l’esitenza.-
-E tu vivi o esisti?-
-Non lo so ancora.-
Abbassò lo sguardo. Come poteva
lui sorridere sempre, nonostante fosse condannato a quel tipo di esistenza?
Persino quando le aveva annunciato che stava per morire, sorrideva con
malincolica eleganza.
L’ex Turk posò alcune banconote
sul comodino: -Me le restituirai quando ci rivedremo.- sentenziò, fissandola
per qualche secondo negli occhi, con tutta l’intensità che gli permettevano i
suoi occhi porpora.
Annuì. Era un tono che non
ammetteva repliche.
Lo osservò allontanarsi, sempre
più confusa.
Era un enigma vivente.
-E... Yuffie? Chiamami quando
ti sarai sistemata.- sussurrò, aprendo la porta.
Per un attimo la stanza si
riempì della luce e dei rumori che provenivano dal corridoio.
Poi tornarono di nuovo
l’oscurità ed il silenzio.
La principessa sorrise: -Avevi
ragione tu, Astharoth, è un angelo.-
L’angolo degli amichetti di
Chaos
Otto commenti per il primo
capitolo? Wow, questo sì che è un buon inizio!
Credo che molti ci abbiano
azzeccato, nel diagnosticare la “malattia” di Yuffie... Del resto, era
abbastanza evidente... Ho scopiazzato un pò dai libri pre-maman...
Per quanto riguarda l’identità
del padre del marmocchio, vi siete proprio dati alla pazza gioia...
Posso solo assicurarvi che non
è Azul... Non preoccupatevi... Intanto accontentatevi di sapere che si chiama
Astharoth e che non riuscirò mai a scrivere il suo nome in modo corretto...
E’ la prima volta che scrivo
Vincent quasi IC... E’ un miracolo... Ma perché è felice della lieta notizia?
(Risata satanica)
Bè, la risposta a questo
quesito la troverete alla fine della fic... ^_^
Afferrò il cellulare, ben
decisa a mandargli un messaggio per comunicargli dove fosse.
Si avvicinò alla finestra, per
poi sedersi sul cornicione.
Chiuse gli occhi, ascoltando il
rumore assordante della natura.
Healin Lodge, un posto isolato
e calmo, immerso nella natura. Perfetto per rilassarsi e pernsare con tutta la
calma di cui aveva bisogno.
I padroni di casa erano usciti.
Apparentemente erano andati al lago che si trovava lì vicino.
Immaginarsi i Turks e Rufus che
pescavano la fece sorridere.
Forse poteva raggiungerli e
godersi la scena dal vivo...
Quella era la pace a cui sua
madre aspirava. La totale mancanza di conflitto. I Turks che pescavano...
Scoppiò a ridere.
Probabilmente sua madre non ci
aveva neppure pensato, ai Turks che pescavano.
Li immaginava sterminati.
Credeva che dovessero essere puniti per le loro azioni per conto della Shinra.
Neppure sua madre era esente
dal rancore.
In ogni caso, riusciva a non
sentirsi a disagio o eccessivamente oppressa dalla loro presenza.
Li conosceva abbastanza da
poter vivere con loro, ma non abbastanza da rischiare di essere bersagliata di
domande; sempre nel caso avessero scoperto in che situazione si trovava.
Era ciò che le importava di
più, in quel momento.
Era trascorso un mese da quando
si era trasferita a Healin. Un mese da quando aveva scoperto di essere incinta.
Un mese dall’ultima volta in cui aveva dormito per quattro ore di fila.
Non aveva la più pallida idea
di che età potesse avere il bambino. Non meno di tre mesi, comunque. Non sapeva
neppure quanto avesse senso pensare al proprio futuro senza di esso.
-Come stai, bellissima? Perchè
non vieni con noi al lago? Hai paura di metterti in costume?- chiese Reno,
entrando senza bussare.
Sussultò e scattò in piedi.
Il rosso era l’eccezione che
conferma la regola.
Faceva di tutto per renderla
partecipe della loro vita. Entrava sempre in camera sua senza bussare, faceva
molto rumore e poneva centinaia di domande inutili.
Lo fulminò con lo sguardo.
-Avanti, senza di te non è
divertente, lo sai!- insisté il Turk, con un largo sorriso. –Ti aspetto giù!-
Tentò di fermarlo, ma quello
aveva già chiuso la porta.
Sbuffò vedendo che le aveva
anche lasciato un bikini sul letto. Ci mancava solo quello.
Chiuse la finestra ed afferrò
l’indumento rosso, osservandolo. Non l’avrebbe mai indossato. Neanche morta.
Anche perché da un mese non
indossava altro che vestiti larghi e coprenti.
Alzò la maglietta e si osservò
allo specchio, di profilo.
Era fin troppo visibile: era
incinta.
Non voleva che qualcuno se ne
accorgesse.
Non voleva essere obbligata a
tenerlo solo perché qualcuno l’aveva scoperto.
S’infilò il costume da bagno ed
una maglietta lunga, si legò i capelli ed uscì dalla stanza.
-Ti piace il posto?- chiese il
rosso.
-Sì, mi piace il silenzio.-
Lo fissò in modo eloquente.
Il rosso tacque e il suo
sorriso svanì.
Era troppo dura con lui.
Cercava solo di tirarle su il morale, dopotutto.
Non era colpa del Turk se non
aveva nessuna intenzione di essere felice.
Osservò la schiena della
padrona di casa: era ricoperto di cicatrici.
Aveva un bel fisico, slanciato
e longilineo... Ma, soprattutto, era veramente molto colta ed intelligente...
Avrebbe potuto fare dell’altro... Perché decidere di sacrificare sé stessa per
una società oppressiva e despotica?
Ma forse, fare il Turk non era
una sua scelta...
Come non era stata una scelta
di Yuffie diventare una ninja.
-Perché mi fissi?- chiese
Elena, voltandosi di scatto.
-Chi? Io? Non ti stavo
fissando!- mentì la principessa.
-Lo so, ho delle cicatrici
sulla schiena. Tseng insiste nel dire che non disgustano affatto... Invece...-
cominciò la bionda, abbassando la testa.
Tseng... Ogni volta che
pronunciava quel nome, il suo viso pallido si colorava di un rossore diffuso ma
tenue, che la rendeva incredibelmente tenera...
-Così questo è il tuo vero
nome...-
-Sì... Vorrei mi chiamassi
così...-
-Ok... Astharoth.-
Sembravano una coppia molto
felice, nella loro estrema serietà...
-Non ti preoccupare! Non si
notano neppure!-
La Turk azzardò un piccolo
sorriso ed andò in camera.
Un singhiozzo. E un altro. Un
altro ancora.
Si voltò di colpo, ritrovandosi
davanti alla bionda in lacrime.
Arretrò lentamente, coprendosi
il ventre con la maglietta.
Negli occhi celesti della donna
vide invidia e frustrazione.
E comprese il senso di quelle
uscite mensili con Tseng, dalle quali tornavano stanchi ed affranti.
Stava cercando di avere un
bambino, senza risultato.
Era giunto il momento di
andarsene dalla sua isola felice.
L’angolo degli
amichetti di Chaos
Che bello, come scrivo veloce!!
Niente aggiornamento per due settimane! Posso finire i costumi! ^_^
Dunque, dopo questo capitolo,
molto corto (come i primi due, del resto...), si passerà all’azione! La trama
partorita dalla mia mente malata prenderà pian piano forma... E speriamo bene!
Non sono ancora riuscita a spiegare il prologo a nessuno.
Reno ha finito col trasformarsi
inevitabilmente in Rikku... Poverino... Speriamo almeno non si vesta anche lui in
quel modo perché altrimenti è finita...
Voleva restare sdraiata a letto
per nove mesi, partorire e poi…
Non erano nove... Erano molto
meno.
Quello era l’unico aspetto
positivo che riusciva a trovare in quella situazione.
Sentì la porta aprirsi e scorse
la figura inconfondibile di Vincent.
-Alzati.-
Nascose la testa sotto il
cuscino, ma l’altro la scoprì con uno strattone a cuscino e coperte.
-Alzati.-
-No-
-Come?-
-No.-
Per lui, no era più che
sufficente. Che diritto aveva di chiederle di alzarsi? La vita era sua.
-Yuffie.-
-Non ne ho voglia.-
-Yuffie, uno...-
Incredibile! La trattava come
una bambina di quattro anni! Proprio lui! Quello che desiderava solo la morte!
Quello che sapeva solo scappare via dalle responsabilità!
-Non rompere i coglioni!- urlò,
alzandosi di scatto ed approfittando dell’occasione per riprendersi le coperte.
Il “due” gli morì in gola.
Probabilmente era troppo antiquato per credere che una ragazza potesse usare un
linguaggio simile. Doveva solo imparare ad adattarsi prima. Erano passati
quattro anni da quando si era risvegliato.
La afferrò per un braccio e
tentò di farla alzare, sollevandola di peso.
Si dibatté furiosamente,
colpendolo alla mascella con il pugno chiuso.
-Sei soddisfatta, ora?- sibilò,
gelido.
Scosse la testa, allungando le
dita della mano destra verso la pelle diafana dell’uomo, appena arrossata dal
pugno. La ritirò rapidamente.
-Smettila di fare la bambina.-
-Io sono una bambina! Non ce la
posso fare da sola! Non posso! Ho bisogno di qualcuno che mi abbracci e mi dica
che andrà tutto bene, che resterà accanto a me! Io... Non posso... Non posso
farcela da sola...- singhiozzò la ninja, nascondendosi sotto le coperte.
-Mi dispiace Yuffie, ma non
sarò io a dirtelo.- sussurrò l’uomo.
Sentì la coperta scostarsi
leggermente e una parte del letto abbassarsi.
-Ma credo di essere ancora in
grado di fare questo...- mormorò, cingendole la vita con un braccio.
Sbuffò e guardò il cielo
infuocato, illuminato debolmente dal sole morente.
Le piaceva Mideel, nonostante
fosse immersa in una foresta. Non percepiva quei rami intricati come una gabbia
verde, al contrario, sembrava volessero offrirle protezione senza rinchiuderla.
In lontananza, riusciva a
sentire il rollìo del mare. Amava il mare.
Non c’era granché da fare,
eppure, non si annoiava affatto.
Forse a causa della gravidanza,
i suoi ritmi erano rallentati e tutto quello che faceva, sebbene semplice, come
una passeggiata fino al mare o la spesa, le riempiva completamente la giornata,
senza stancarla.
Era rimasta più di due ore in
ospedale, a girare come una deficiente per trovare tutti gli specialisti che le
servivano. Fortunatamente per lei, erano quasi tutti disponibili.
Il dottore l’aveva rimproverata
per circa mezz’ora; era al quarto mese di gravidanza e ancora non aveva
eseguito un solo esame.
Non era riuscita a conoscere il
sesso del bambino, ma, almeno, l’aveva visto.
Avava sentito il battito del
suo cuore. Più veloce del suo. Decisamente più veloce. Quel suono regolare
aveva scacciato un pò dei suoi dubbi, delle sue paure, anche se non tutte.
Sentì il cellulare vibrare
nella borsa.
Probabilmente si trattava di
Vincent. Era partito più di una settimana prima ed aveva promesso di chiamarla.
Ovviamente, non si era ancora
fatto vivo.
Guardò lo schermo e il suo
cuore ebbe un sussulto.
Tifa.
Tremando, accettò la chiamata.
-Yuffie! Perché non ci hai
detto nulla della buona notizia?! Sapessi come sono felice per voi!! Sono
capitata per caso sulle tue analisi!! E poi, perché non mi hai detto niente di
te e Vincent? Cavoli, se l’avessi saputo prima... !- esclamò la donna.
La ninja si sedette a terra,
allontanando l’apparecchio dall’orecchio e posandoselo in grembo.
Che diavolo blaterava?!
Lei e Vincent...? Ma quando
mai?!
Riavvicinò il telefono
all’orecchio e fece un sospiro profondo, ingoiando le lacrime. Che Tifa lo
venisse a sapere era proprio l’ultima cosa che voleva...
Come minimo, l’avrebbe
bersagliata di domande alle quali non avrebbe potuto non rispondere. La sua
storia con Astharoth sarebbe venuta a galla e...
Forse l’avrebbero lasciata in
pace.
-Insomma, Vincent mi ha detto
che stavi facendo il giro degli ospedali però ero troppo curiosa di sapere come
è iniziata tra voi due e...- continuò la barista.
-Scusami, Tifa... Devo andare...
Ti racconterò tutto...- mormorò Yuffie, riattaccando.
Fece un paio di respiri
profondi, ma questo non servì a calmarla.
-DANNAZIONE!-
Perché semplicemente non
riusciva a dire la verità? Perché doveva nascondersi dietro alle bugie che gli
altri costruivano per lei? Era stufa di quella situazione, eppure... Non poteva
farne a meno.
Gettò il telefono a terra, così
violentemente che la custodia si aprì in due e lo schermo si ruppe.
Ecco. Quello era il modo in cui
risolvere i problemi, per lei. Allontanarsi dal resto del mondo. Far sparire le
proprie tracce. Probabilmente, se avesse raccontato la verità, nessuno
l’avrebbe presa sul serio, o peggio...
-Vorrei svegliarmi, un giorno e vederti
addormentato accanto a me. Vorrei fare colazione con te, presentarti ai miei
amici. Ma, soprattutto, riuscire a svegliarmi e sentire il tuo respiro sulla
mia pelle. E allora, solo in quel momento dirti addio.- sussurrò, sfiorandogli
il dorso della mano con le dita.
Lo sentì sobbalzare e stringerla
ulteriormente a sé. Ma non disse nulla.
-Ma se potessimo dormire insieme, se
potessimo svegliarci insieme, allora non ci sarebbe bisogno di dirci addio.-
continuò, chiudendo gli occhi. – E se non ce ne fosse bisogno... Allora io...
Io non sentirei più questo vuoto. Una parte di me non morirebbe ogni volta che
mi accorgo del freddo del mio corpo senza il tuo accanto.-
-Se fosse così, Aier, questo mondo sarebbe
perfetto...-
Avvertì un rumore metallico sul
selciato ed alzò la testa. Di fronte a lei si ergeva un uomo che indossava una
lunga tunica nera. Aveva gli occhi rossi, luminosi ed intorno a quello destro
poteva vedere una fitta rete di circuiti.
La bocca, priva di labbra, si
apriva su una linea di denti d’acciaio, estremamente affilati.
Il braccio destro scintillava
della luce dei lampioni e sembrava costruito in metallo. La mano era a malapena
abozzata. Sembrava più una pinza meccanica.
Evitò per un soffio di ricevere
quel braccio nel cuore, prevedendo la mossa dell’avversario in tempo ed
allontanandosi in fretta.
Percepì una sensazione
spiacevole al livello della bocca dello stomaco. Una sensazione che aveva
imparato da tempo ad ignorare. Paura.
Se fosse riuscito a colpirla?
Se fosse morta?
Il suo avversario avvertì la
sua esitazione e ne approfittò per tornare all’attacco.
Cercò uno degli shuriken che
teneva solitamente attaccati alla cintura e sorrise quando le sue dita
toccarono il metallo freddo dell’arma. La lanciò, mirando alla gola
dell’aggressore.
Quello, allungò il braccio più
di quanto alla ragazza sembrasse umanamente possibile ed afferrò l’arma.
Arretrò, sempre più spaventata,
osservando l’essere allungare e dislocare gambe e braccia, gettandosi su di
lei.
Non doveva cedere alla paura.
Doveva pensare. In fretta.
Se era un androide, poteva
mandarlo in corto circuito. Le serviva dell’acqua.
-Leviathan!-
Il drago si abbatté sul nemico,
trascinandolo via mentre si disperdeva in Lifestream.
Con il respiro affannato, la
donna si appoggiò su un muretto. Evocare Leviathan senza materia non era mai
una buona idea. Già in condizioni normali la stancava enormemente.
Ma, in effetti, era sempre una
prospettiva migliore della morte.
Alzò lo sguardo. Aveva la vista
appannata e la semi-oscurità non l’aiutava di certo a vederci meglio.
Ma riusciva perfettamente a
distinguere cinque figure ammantate.
Tre sembravano androidi.
Era finita.
-Chi siete? Che diavolo volete
da me?- urlò Yuffie, notando che molti degli abitanti della cittadina erano
usciti dalle loro case, armati di tutto ciò che avevano potuto trovare.
Una delle due figure
incappucciate emerse dall’oscurità e sorrise.
Vide che aveva un occhio
azzurro ed uno dorato, probabilmente, quest’ultimo era finto. Era un uomo.
-Prendetela.- sibilò.
Prima che gli androidi
potessero muoversi, un’ombra blu li mandò a sfracellarsi contro una roccia, per
poi frapporsi tra Yuffie e le due figure.
La folla di cittadini arretrò
vedendo Galian Beast.
-Il capo ci vuole al suo
cospetto. Un imprevisto.- mormorò la seconda figura, afferrando per il braccio
il primo incappucciato e scomparendo nell’ombra.
La principessa di Wutai crollò
sulle ginocchia, sostenuta fermamente dal demone celeste.
-Vincent, sei debole, non
puoi...-
Stava facendo le valigie in
fretta e furia, controllando in continuazione fuori dalla finestra.
Nella stanza regnava la
quasi-totale oscurità, sfidata di tanto in tanto dai fari di un’auto.
-Vincent? Non voglio.-
-Non fare la bambina.-
-Non voglio e basta. Mi piace
Mideel. E’ calmo, qui...-
-Preferisci farti uccidere?-
sibilò l’uomo, porgendole un sacchetto.
-Ma non voglio che ti facciano
del male.- sussurrò Yuffie, afferrandogli le mani. –Non per causa mia.-
-E io non voglio vederti
morire.- ribatté l’ex turk, facendola voltare verso il bagno e spingendola
dentro.
Dentro al sacchetto c’era un
vestito bianco, lungo, estremamente semplice ed un pò scollato, una parrucca,
anch’essa lunga, castana ed un paio di lenti a contatto azzurre.
Aveva preparato la fuga da
settimane.
Alla faccia della paranoia.
Indossò tutto quello che aveva
preparato e si guardò allo specchio.
Diventare un’altra era la
soluzione? Per quanto sarebbe stata al sicuro? Che senso aveva scappare?
Quei due sapevano chi era.
L’avrebbero trovata ovunque.
Uscì dal bagno e cacciò un
grido di sorpresa.
Si era tagliato i capelli. E si
era cambiato. Indossava una maglietta nera e dei jeans dello stesso colore.
Sembrava un altro.
-Anche se ce ne andiamo, ci
troveranno. Se restiamo qui possiamo sconfiggerli!- esclamò Yuffie, piegando i
propri vestiti ed infilandoli in valigia.
-Yuffie. Se restiamo qui,
manderanno degli assassini. Muoviti.-
La donna sobbalzò. Di nuovo il
senso di angoscia che l’aveva assalita pochi minuti prima la bloccava.
-Perché insisti nel volermi
proteggere?-
-Yuffie, non mi sembra il
momento più adatto per discutere.- sibilò l’uomo, afferrandola per un braccio.
-Rispondimi!-
Vincent sospirò, evidentemente
esasperato.
-Se ti rispondo, mi seguirai
senza obiettare?- chiese, cedendo.
La donna annuì con vigore.
-L’ho promesso.-
Aprì gli occhi e si stiracchiò
pigramente. Erano ancora in treno, sotto il tunnel che collegava Mideel a
Gongaga. Chissà quanto tempo sarebbe durato, quel viaggio...
In ogni caso, le piacevano i
treni. Erano l’unico mezzo di locomozione nel quale non si sentiva male.
Osservò il suo compagno di
viaggio, seduto di fronte a lei. Stava leggendo un libro dall’aria antica,
ingiallito dal tempo, con il dorso così rovinato che era impossibile decifrarne
il titolo.
-Se ti dico qualcosa, tu devi
darmi ascolto.- sussurrò, senza spostare gli occhi dalle pagine del tomo.
-Somigli a Sid.- ribatté
Yuffie, con un largo sorriso, tanto per farlo irritare ulteriormente.
Chissà se era la piega naturale
dei suoi capelli? Poteva aver messo del gel...
Non ce lo vedeva proprio, a
mettersi del gel... Non era neppure sicura che ne fosse capace... Quando era
giovane esisteva? Forse Cloud gli aveva dato ripetizioni...
-Come, scusa?- chiese Vincent,
riprendendosi dallo shock.
-Così vestito e pettinato
somigli a Sid Vicious.-
Sid tornò al proprio libro, molto probabilmente cercando di
capire chi fosse “Sid Vicious”.
Lei tornò ad osservare il
paesaggio inesistente fuori dal finestrino.
Perché doveva sempre fare i
musi?
Non era di certo colpa sua se
un gruppo di psicopatici aveva deciso che la voleva morta.
-Secondo te chi sono il tenente
Colombo, Darth Vader e C3PO?-
L’uomo la fissò con un
sopracciglio alzato, confuso.
-Il ragazzo con un occhio di
vetro, l’androide e l’incappucciata...- precisò la principessa, appoggiando la
testa al finestrino.
-Dovresti saperlo...-
-E invece no! Dai, Vinnie, fai
uno sforzo!-
-Vogliono rapirti e rubarti gli
organi, per poi cucinarti e mangiarti le guance.- lanciò l’ex Turk, tornando al
proprio libro.
Yuffie lo fissò disgustata.
-Perché proprio le guance?-
-Sono la parte migliore.-
-Non invitarmi mai a cena,
Hannibal Lecter.-
-Non c’è pericolo, Clarice
Starling.-
Sorrise, piacevolmente
sorpresa. Era stato simpatico, per una volta.
Chiuse gli occhi e respirò
profondamente, cercando di rilassarsi.
-Vincent!-
-Hai cambiato idea e vuoi che
t’inviti a cena?-
Scosse la testa e sorrise,
posandosi una mano sul grembo: -Ha scalciato!-
L’angolo degli
amichetti di Chaos
Più scrivo di Tifa, più mi
accorgo di quanto nella mia testa sia simile ad Aeris... Mi dispiace, ma non riesco
a cambiarla... Anche se vorrei, visto che Aeris proprio non la sopporto...
La lingua che parla Astharoth è
elfico. Mi sarebbe piaciuto mettere il gaelico, ma, alla fine, le frasi che mi
servivano erano complicate e non ho voglia di chiederne al mio prof d’inglese
la traduzione, anche perché mi odia per il semplice motivo che, invece di
andare a Gaelico, andavo a Giapponese...
Peccato, perché mohushla
mi piace da morire e mi sarebbe piaciuto inserirlo da qualche parte... Per chi
non lo sapesse (intendo dire i pochi che non hanno visto million dollar baby)
significa: mia cara (my darling).
Ad un certo punto ero talmente
disperata che volevo farlo parlare francese...
Viste che le mie conoscenze di
elfico sono ristrette, chi magari lo studia può farmi il piacere di correggermi
ma non uccidermi?
Aier, in ogni caso, significa: piccola (di statura). Volevo
la prendesse un pò in giro... ^_^
Sono indecisa se inserire o no
un’introduzione “musicale” ai capitoli, come per Just Before the Sunset... Che
ne pensate? Potrei farlo? (l’avrete capito: in casa è arrivato un nuovo cd.)
Capitolo 5 *** When will this loneliness be over? ***
When will this loneliness be over
When will
this loneliness be over?
Life will
flash before my eyes
So
scattered almost
I want to
touch the other side
And no
one thinks they are to blame
Why can't
we see
That when
we bleed we bleed the same
Map of the problematique
Muse
-Ce l’avevamo in pugno! Perché
ci hai richiamati?!- urlò la donna, tirando un calcio ad una colonna.
-Non hai notato il demone,
Kaminà?- chiese l’uomo incappucciato, sarcastico.
-Quel demone non vale un cazzo,
per tua informazione. L’avrei ucciso con un solo colpo di spada.- sibilò
Kaminà, fissando l’altro con odio.
-Kaminà, la tua impulsività
sarà la tua rovina.- mormorò la ragazza alla sinistra del Capo, aprendo
gli occhi.
-Hai proprio detto demone?-
chiese una seconda donna, avvicinandosi. –Che tipo di demone?-
-Un canide, cara dottoressa.
Con un elegantissimo gonnellino rosso.- sussurrò Kaminà, a denti stretti,
desiderando soltanto di uccidere l’ultima arrivata.
Le labbra della seconda donna
si piegarono in un ghigno spaventoso;
-Vincent Valentine.-
-Ne ero sicuro.- sussurrò il
Capo, dall’alto del suo trono di pietra. –Alyah, Fraye. Portatemi qui Yuffie ed
il demone. Vivi. Mia cara dottoressa, avrai il tuo giocattolo entro una
settimana...-
Si sdraiò sul letto e si mise a
leggere il libro che aveva appena comprato. A caso, oltretutto, perché il
signor Lestat aveva fretta e la paranoia che fossero attaccati in pieno centro
commerciale.
Com’era finita in quel casino?
O meglio, perché ci era finita?
Non conosceva nessuno che
potesse avercela con lei, se non qualche viaggiatore a cui aveva rubato un bel
pò di materia. Ma da lì ad odiarla al punto d’ingaggiare dei killer...
Doveva riflettere.
Avevano accennato ad un capo,
quindi dovevano essere per forza organizzati in qualche modo.
E volevano rapirla.
Per fare cosa?
-Yuffie?-
Alzò lo sguardo ed incontrò
quello enigmatico del signor Tepes.
-Hai intenzione di leggere al
contrario a lungo o posso parlarti?- chiese.
Focalizzò la propria attenzione
sugli ideogrammi che teneva di fronte ed arrossì: erano proprio al contrario.
Come aveva fatto ad
accorgersene?
Richiuse il libro e lo posò
accanto al letto, profondametne imbarazzata.
-Ti ho già detto che, se vuoi
sopravvivere, devi seguire i miei ordini alla lettera. Devi essere estremamente
cauta.- sussurrò l’ex Turk, con tono di rimprovero.
-Come se mi fossi buttata giù
da qualche ponte, fin’ora!- gli fece notare, sarcastica, incrociando le braccia
al petto.
-Cosa ti parlo a fare?- sbottò
Vincent, uscendo in terrazzo.
Non sopportava più di vivere in
una stanza d’albergo. Era opprimente, completamente priva di personalità.
Dopo aver vissuto in piena
libertà a lungo, quella prigione era la cosa più brutta che le potesse
capitare.
Voleva andarsene. Almeno per
fare una passeggiata.
Le mancavano le passeggiate sulla
spiaggia... Le mancava persino la vicina perfida che aveva a Mideel, Miss
Zittella Acida, quella che non perdeva mai l’occasione di sottilineare che suo
marito non si faceva mai vivo, nonostante fosse incinta.
Si alzò dal letto, sbuffando e
raggiunse l’uomo, appoggiandosi alla balaustra di ferro traballante e sperando
che reggesse il suo peso sommato a quello di Vincent.
-Vinnie... Quando ce ne
andiamo?- chiese, fissandolo dal basso.
Gongaga faceva schifo.
C’erano sì e no tre case e
l’albergo aveva una splendida vista sulle rovine del reattore.
-Fino a prova contraria, sei tu
l’obiettivo di quegli assassini.- sibilò lui, evitando di guardarla.
-Mi sento sola...-
-Yuffie, sei incinta.-
-Non dicevo in quel senso!
Mamma mia come sei malizioso! L’astinenza ti fa proprio male, eh?-
Chiuse gli occhi, appoggiando
la testa sul suo braccio.
Appunto. Era l’obiettivo. Ma
perché?
Aveva tentato di chiederlo, ma
non aveva ricevuto risposta.
-Secondo la tua fervida
immaginazione, perché vogliono rapirmi?-
-Perché hai qualcosa che loro
vogliono.- ribatté Vincent, serio.
-Perché dovrebbero volere il
mio bambino?- chiese la donna, stringendo i pugni ed alzando la testa –Insomma,
se vogliono vendicarsi su di me, che mi prendano! Ma perché prendersela con un
bambino?!-
-Mi piacerebbe saperlo,
Yuffie...-
Avvertì un dolore lancinante al
ventre e cadde sulle ginocchia, afferrata prontamente da Vincent, che la posò
delicatamente sul letto.
Poi si voltò per andare a
cercare un dottore, ma lei lo afferrò per un polso, bloccandolo.
-Hai bisogno di un dottore.-
-No... Altrimenti lui scoprirà
che noi... No, Vincent... E’ solo... E’ solo una questione di tempo...-
sussurrò debolmente la donna.
L’ex turk spalancò gli occhi
dalla sorpresa ed arretrò, tenuto sempre saldamente da Yuffie.
-Hai bisogno di un dottore.-
ribadì l’ex Turk.
-Io sono un dottore. Lui è un
dottore. Ed io mi fido di lui.-
-Non farlo! Vincent!-
L’uomo si fermò e lasciò il
ricercatore rantolante a terra.
-Non toccarla mai più. E tu
stagli lontano, d’accordo?-
-Vincent! E’ mio marito! Come
hai potuto?!-
-Yuffie. Smettila... Smettila!-
urlò Vincent, liberandosi dalla sua presa.
La donna si abbandonò sui
cuscini, tremante di dolore e serrò le palpebre per non piangere.
-C’è una ragazza che ti segue,
Vinnie...-
Si voltò verso di lei,
leggermente stupito. Si aspettava di tutto tranne quello, probabilmente.
-Non vedo nessuno.-
La ragazza castana sorrise ed appoggiò una mano
sulla spalla dell’uomo, che la superava di una ventina di centimetri, in
altezza. Chinò la testa di lato e la salutò con l’altra mano.
Aveva fatto finta di non
vederla, fino a quel momento.
Erano anni che ignorava gli altri.
-Ha i capelli castani, molti
lunghi e gli occhi di un bellissimo color nocciola. E’ molto bella.-
-Non dire idiozie.-
La sua risposta colpì anche la
misteriosa ragazza, che si allontò dall’ex Turk, come se si fosse scottata.
-E’ la risposta che mi danno
tutti.-
Abbassò la testa ed arretrò.
Era stata un’idea stupida.
La ragazza le accarezzò i
capelli e la osservò con aria materna.
-E’ possibile che abbia avuto
delle allucinazioni. Sarà meglio che esegua alcuni accertamenti, in ogni
caso...-
-La ringrazio, dottore.-
sussurrò Vincent, chiudendo la porta della stanza.
La ninja si alzò di scatto a sedere,
come risvegliandosi da un lungo incubo.
-Hai chiamato un dottore?
Perché? Non puoi! Non puoi! Mi rinchiuderanno di nuovo! Dovevi parlarmene!-
esclamò, agitata.
Ricadde sul cuscino, reggendosi
la testa con le mani.
-Amin mela lle.- sussurrò.
-Ehi, ma che cosa vuol dire?-
chiese lei, curiosa.
-Nulla...-
-Avanti!-
Si mise a cavalcioni su di lui
e gli bloccò rapidamente e saldamente i polsi.
-Sono mesi che me lo ripeti e
io non so ancora che cosa vuol dire! E’ un insulto?- azzardò la ragazza.
Come poteva insultarla con
un’espressione così dolce?
-No, assolutamente!- si
affrettò a ribattere.
-Allora, che cosa vuol dire?-
-Non posso dirtelo... Mi
odieresti...-
Non avrebbe mai potuto odiarlo!
Al contrario, lei...
Scosse la testa e sorrise, incoraggiante.
Allentò la presa sui suoi polsi, lasciando
che le proprie dita scivolassero lungo le sue mani, fino ad intrecciarsi con le
sue.
Non doveva. Non doveva.
-Ti amo. Ecco cosa significa.-
Si allontanò di scatto e stette
il più lontano possibile dall’uomo.
Scosse la testa.
Non poteva amare. Non di nuovo.
-Perdonami... Io... Vado...-
-C...-
-Astharoth.-
L’osservò mentre andava via,
con il suo caratteristico sorriso malinconico sulle labbra.
-Astharoth?-
-E’ il mio nome...-
-E’ molto bello...-
Lo trattenne per un braccio,
fermandolo. Lo vide chiudere gli occhi e distendere ulteriormente le labbra.
-Resta... Astharoth.-
-As... tha... roth?-
Aprì gli occhi con estrema
lentezza.
Immagini e suoni le riempirono
di nuovo la mente. Scosse la testa e le bloccò.
Non doveva farsi sopraffare.
Rischiava di essere nuovamente
rinchiusa e che il suo bambino nascesse in un ospedale psichiatrico era proprio
l’ultima cosa che voleva.
All’immagine di Astharoth andò
gradualmente a sostituirsi quella di Vincent. Al sorriso del primo subentrò la
velata preoccupazione del secondo.
-Mi spieghi che cosa ti sta
succedendo?- chiese lui, teso.
Si mise a sedere e si guardò
intorno. Era di nuovo in quell’orrenda stanza d’albergo.
Strano, prima di sognare
Astharoth, credeva di essere in un laboratorio sotterraneo.
Fissò l’ex Turk, ancora in
attesa di una risposta. Che cosa avrebbe potuto dirgli? Non le avrebbe mai
creduto. Nessuno le aveva mai creduto.
-Buongiorno, signora.-
La signora, piuttosto bassa,
aveva i capelli bianchi e tante rughe, come Momoka, la sua testuggine.
La sua pelle sembrava
terribilmente traslucida; poteva vedere perfettamente le sue vene bluastre.
Indossava un kimono semplice,
poco decorato, dalle tinte spente.
Sorrise. Aveva un bel sorriso.
Dolce.
Sembrava una persona molto
gentile.
-Ehi, ma con chi parli?-
-Lasciala stare, Wu...-
-Lasciala stare, è la
strega...-
Arretrò lentamente, guardando
la vecchia signora scomparire.
Di nuovo una di loro.
-Devo farmi una doccia.-
rispose, evasiva.
-Yuffie. Che diavolo succede?-
ripetè l’uomo, bloccandola.
-Niente. Niente che possa
interessarti, almeno.- sussurrò, liberandosi e camminando lentamente verso il
bagno.
-Perché ripeti quello che
diceva Lucrecia?-
Si bloccò con la mano sulla
maniglia della porta.
Il laboratorio doveva essere
quello di Nibelheim.
-Probabilmente perchè la
pensiamo allo stesso modo.- sussurrò, chiudendosi in bagno.
Non si erano rivolti la parola
per tutta la giornata.
Stava cercando un modo per
spiegarli tutto, ma non lo trovava. Non poteva pretendere che le credesse, che
la capisse. Gli altri erano una tradizione di Wutai, dopotutto. E lui
era un orientale...
-Uffi, io proprio non lo
capisco...-
-Ma la ragazza c’è ancora?-
-Sì...-
-Ma... Ci osserva... Proprio
sempre?-
-No, ogni tanto fa shopping
nella Via Lattea...-
-Davvero?-
-No.-
Scoppiò a ridere.
-Com’è?-
Stupita, osservò la figura
vestita di bianco davanti a lei e tentò di trovare un segno particolare che
potesse identificarla. Aveva il viso tondo, quasi infantile, dai tratti
delicati. Gli occhi erano grandi e le lunghe ciglia accarezzavano l’aria con
grazia. Nonostante ciò, aveva un fisico estremamente femminile.
Poi vide una macchia a forma di
luna sul polso destro. Sembrava una cicatrice da ustione.
-Ha una cicatrice a forma di
luna sul polso destro.-
-Da quanto tempo ci segue?-
-Era con lui nella cripta, ma
allora sembrava sempre infelice. Adesso sorride spesso.-
-E’ sua madre.-
Anche allora non le aveva
voluto credere... Probabilmente era rimasto stupito dalla descrizione che aveva
fatto della madre. Ma non voleva crederci.
Sbuffò e si alzò, ben
intenzionata a farsi un giro.
-Yuffie?-
-Che c’è? Non posso nemmeno
alzarmi, ora?- sbottò, stizzita, spostando il proprio peso da una gamba all’altra
per sgranchirle un pò.
Lui sembrò ignorarla e si mise
a cercare qualcosa.
Lo fissò senza capire, poi
sentì chiaramente dei passi leggeri oltre la porta d’ingresso.
La maniglia si abbassò e la
porta si aprì, rivelando le figure di due bambine perfettamente identiche, che
potevano avere sì e no sei anni. Sembravano due bambole di porcellana,
dall’incarnato pallido ed i capelli ondulati di un biondo surreale. Entrambe
avevano un occhio rosso ed uno verde.
-Chi siete?- chiese Vincent,
guardando verso la finestra ed iniziando a combattere contro un nemico
immaginario.
Illusioniste.
-Vincent! Dannazione,
bloccale!- urlò, ben sapendo quanto fosse inutile.
-E’ troppo tardi, piccola
patetica umana.- sibilò la bambina di destra, che indossava un vestito rosso.
–Morirà. Si ucciderà con le sue stesse mani...-
-Il mio nome è Alyah e questa è
la mia sorellina Fraye. Siamo qui per liberare il mondo dalla vostra inutile
presenza.- sussurrò l’altra, che indossava invece un abito nero, del tutto
simile a quello della sorella.
Sentì una voce acuta cercare di
entrarle nella testa, ma la respinse quasi immediatamente.
Di sicuro erano bambine
raggirate in qualche modo da quelli che la cercavano. Non poteva ferirle.
Non poteva attaccarle.
Qualcosa di metallico ed
appuntito le colpì la spalla, trapassandogliela e mozzandole il respiro.
Il braccio meccanico di
Vincent.
Non poteva attaccarle, ma aveva
il dovere di difendere sé stessa e il bambino.
Tirò un calcio alla porta,
chiudendola e vi tracciò il primo simbolo che le avevano insegnato. La stanza
si trasformò in una foresta scura e Yuffie fu circondata da ninja armati fino
ai denti.
-Ecco con chi combatteva
Vinnie...-
Chiuse gli occhi e si lasciò
trasportare dall’illusione.
-Non mi hai mai aiutata!-
Si trovava sempre in quella
foresta, ma le gemelle, i ninja e Vincent erano scomparsi nel nulla. Al loro
posto stavano Kasumi, Lord Godo e Lady Kisaragi. La sua famiglia. Le persone a
cui teneva più al mondo.
-Per colpa tua ha dovuto
rinunciare a tutto!-
-E’ solo colpa tua se è
diventata quello che è ora!-
-Sei il disonore di Wutai!-
Lo sapeva. Sapeva di essere
colpevole, ma cercava di dimenticarlo...
Da quando lei se n’era andata
era peggiorato tutto e poi... Era arrivato lui... E quella promessa... E...
-Non hai mai saputo amarmi come
meritavo...- sibilò una voce alle sue spalle.
Jubei.
Jubei?!
Spalancò gli occhi con un mezzo
sorriso sulle labbra.
-Questo non dovevate farlo.-
sibilò.
Si concentrò sulla voce acuta
che continuava ad urlarle disperatamente nelle orecchie e la mise a tacere, per
poi inviarla nuovamente alla propria avversaria.
Le due sorelle comparvero nella
foresta e si guardarono intorno, disorientate.
Yuffie si accontentò di
aumentare il volume della voce ridicolmente stridula ed osservò i ninja
voltarsi verso di loro e ridacchiare.
Mantenne la concentrazione, ma
la perse dopo il primo grido delle due. Erano solo bambine, nonostante tutto.
Certo, erano simpatiche quanto Jenova, ma erano solo bambine.
E lei era una futura mamma.
Dissipò l’illusione e cadde in
ginocchio sul linoleum della stanza d’albergo.
Alyah e Fraye erano scomparse
nel nulla. Al loro posto, però era subentrato qualcuno con una forza spirituale
maggiore. Era venuto a prenderle. Ed era molto arrabbiato.
Avvertì il respiro dell’essere
nel collo e tutto il suo corpo si tese, rimanendo in attesa.
Ma anche quella presenza
scomparve.
Si era curata come poteva,
usando una materia di cura a livello medio; le sarebbe rimasta la cicatrice, ma
il danno maggiore, all’articolazione, era sanato.
Il bambino, dopo il primo
momento di panico della madre, aveva ripreso a muoversi nonappena si era seduta
e curata.
Vincent aveva parecchi tagli;
era riuscito a farsi abbastanza male, da solo, ma il suo corpo era capace di
curare ferite ben più gravi, fortunatamente. Si era accontentata di fasciarlo
come una mummia, più per divertimento personale che per utilità effettiva.
L’ex Turk si alzò di scatto e
si guardò intorno, confuso: -I ninja?-
-Illusioni create da due membri
dell’Associazione Pazzi Furiosi che cerca di uccidermi...- gli spiegò, cercando
di sembrare calma e disinvolta.
-Stai bene?-
Yuffie sospirò, chiedendosi se
non fosse il caso di dirgli la verità. Dirgli che era quasi riuscita ad
uccidere due bambine in preda ad un raptus omicida? Dirgli che, probabilmente,
la causa di tutto quello che stavano sopportando era il padre del bambino che
portava in grembo? Di Astharoth?
No, non era il caso.
Se ne sarebbe andata quella notte
stessa.
L’angolo degli
amichetti di Chaos
Il capitolo si apre con una bella
descrizione dei nemici che si stuzzicano come bambini dell’asilo... lol...
Volevo renderli più cattivi e invece sembra una parodia...
Kaminà: Poveri noi...
Per il momento ve ne ho
presentati pochissimi... Ma saranno un pochino di più... Ognuno ha una
personalità precisa (chi più di una...) spero si capisca... Alyah e Fraye sono
più perfide di quello che avevo pensato in un primo momento...
Capo: Sto scomodo su ‘sto tronooooo...
Chi te l’ha fatto fare di farmelo avere di pietra?! Imbecille!
-Stupido! Sono colpevoli di alto
tradimento, avrebbero già dovuto essere giustiziate! Ringrazia il Capo per la
sua magnanimità!- esclamò Kaminà.
-Non discuto delle mie sentenze,
Dirae, lo sai bene.-
-Hanno sei anni! Non puoi tenerle a
lungo in prigione!- protestò il giovane, avvicinandosi ulteriormente al trono
di pietra.
-Se preferisci, posso tenerle nel mio
laboratorio... Sono esseri così resistenti, per la loro età...- iniziò la
Dottoressa, melliflua, cingendogli la vita con un braccio ed accarezzandogli la
schiena.
-Allontanati. Hai il suo odore
addosso.- sibilò Dirae, spingendola via.
La donna si allontanò ridendo, in un fruscio
di seta.
-Devi essere più comprensivo con lei,
Dirae... Le tue sorelle le avevano promesso il suo giocattolo entro una
settimana... Non ha valvole di sfogo, ora...- sussurrò il Capo.
-Se glielo portassi io, libereresti
Alyah e Fraye?- propose il ragazzo, serrando i pugni.
-Se ne sta già occupando qualcuno di
più fidato.- rispose Kaminà, uscendo dalla stanza. –Seguimi! Ti porto dalle
traditrici!- esclamò dal corridoio.
Dirae strinse i pugni, voltandosi
un’ultima volta verso il Capo, poi seguì la combattente fuori dalla stanza.
-Dannazione!- urlò il Capo, sbattendo
violentemente il pugno chiuso sul muro.
-Ha sconfitto due delle tue migliori
alleate... Avevano Valentine in pugno e quella... Bisogna eliminarla.- mormorò
la Dottoressa, risoluta.
-No! Dobbiamo catturarla! Non possiamo
assolutamente ucciderla! Per questo ho mandato...-
-Non dubiti forse della sua fedeltà?-
lo interruppe la donna, accarezzandogli il volto.
-Madre... Ripongo tutta la mia fiducia
in lei... Come lei la ripone in me... -
-Come desideri... Ricordati che
Valentine è mio.- concluse lei, lasciando la stanza.
-Yuffie Kisaragi...-
-Yuffie, ti prego!-
-Non ci penso nemmeno! Non sono una
medium, non voglio riferire i tuoi messaggi!-
-Lui non mi ascolta più... Non vuole
più ascoltarmi...-
-Questi sono cazzi tuoi, Lucrecia.-
sibilò, gelida.
-Non puoi dirmi questo, Yuffie... Sei
tu ad usarlo. Sei tu che gli rimani accanto per i tuoi secondi fini.- sussurrò
la ricercatrice, secca.
Le tirò uno schiaffo. Da quanto tempo
desiderava farlo! Si sentì subito meglio, più leggera... Essere accusata di
usare Vincent da quella donna... Come si permetteva?!
-Ascoltami bene, Vincent è mio amico.
Non ho nessuna intenzione di comunicare il tuo messaggio a lui per il semplice
fatto che non hai fatto altro che ferirlo!- esclamò, risoluta.
La presenza scomparve.
Doveva assolutamente fermarsi per
dormire. Nibelheim era ancora lontana e non avrebbe retto ancora per molto.
Aveva fatto di tutto per depistarlo, ma camminare a vuoto l’aveva stancata
prima di quanto fosse abituata ed aveva cambiato i suoi piani.
Si era portata dietro solo lo stretto
necessario per cambiarsi ed un pò di soldi per sopravvivere altri quattro mesi.
Il bambino si agitava come un dannato,
cosa che, da una parte la consolava e le teneva compagnia, dall’altra la
stancava e, soprattutto, la faceva innervosire.
Alzando lo sguardo, si accorse di
essere nei pressi di una locanda. L’unica nel raggio di chilometri. Esultò mentalmente,
mentre le sue gambe acceleravano l’andatura in previsione di un meritato
riposo.
Entro e notò immediatamente, nella
penombra che sembrava contraddistinguere quei luoghi, che pochissimi
viaggiatori frequentavano quella strada.
In effetti, era abbastanza antica,
l’aveva scelta perché allungava notevolmente il viaggio e, soprattutto, faceva
parte della sua manovra diversiva.
Non aveva incontrato nemici:
probabilmente si erano fatti furbi da tempo ed avevano capito che i viaggiatori
passavano da tutt’altra parte. Aveva incrociato dei mostri strani, innocui, a
forma di volpino a tre code.
L’unico che aveva avuto vedendoli era
stato di prenderli e portarseli a casa.
Casa? Quale casa?
-Buonasera, signora, desidera una
camera?- chiese la padrona, con gentilezza. Era una donna molto giovane,
vestita in modo estremamente semplice: abito lungo, celeste e bianco, con un
grembiule consunto ma pulito sopra.
-Sì, grazie.-
-Sono 130 gil, prego.-
Pagò, cercando di capire per quale
motivo, nonostante fosse più che evidente che fosse incinta, non le avesse
chiesto se voleva una camera doppia... Per ospitare anche suo marito.
-Ha bisogno di qualcos’altro?- chiese
la donna, gentilmente.
-Come sapeva che volevo una singola?-
domandò, incuriosita.
-Neppure mio marito ha mai visto
nostro figlio...-
Aveva sistemato i suoi pochi averi
nella piccola camera accogliente che le era stata assegnata. Era stata arredata
con gusto, abbellita da piccoli particolari che la rendevano calorosa.
Poi, era scesa nella sala da pranzo e
si era seduta accanto al camino, per cenare. Non ne aveva molta voglia, ma si
era sforzata di ingoiare tutto ciò che la padrona della locanda le aveva
presentato davanti. Alla fine della cena, la donna le aveva offerto una tisana.
-E’ sola?- le domandò una voce maschile, bassa e
vibrante, con uno strano accento. Sembrava confondere ogni o con delle a.
Alzò lo sguardo ed incontrò una figura
imponente e massiccia che le bloccò la visuale.
Sbuffò e tornò a fissare la propria
tazza vuota.
Ma che voleva, quello?
Si mise a pensare alla padrona. Forse
chi aveva sofferto conosceva il tipo di domanda che riusciva a ferire nel
profondo ed evitarla di formularlo. Probabilmente le persone ferite riuscivano
soltanto a capirsi tra loro.
Alzò nuovamente lo sguardo e, questa
volta, incontrò un mare in tempesta.
L’uomo cui appartenevano aveva deciso
di sedersi davanti a lei senza permesso. Nonostante le fosse sembrato, in un
primo momento, imponente, il suo viso era leggermente scavato. Questo non
faceva altro che accrescerne il fascino, così come la cicatrice che tagliava il
suo sopracciglio destro in due tre/quattro centimetri.
Indossava un cappotto scuro tre taglie
più grande del dovuto, che lo facevano sembrare enorme. Ma era comunque qualche
centimetro più alto di Vincent, doveva ammetterlo.
-Suo uomo è conte. Non fa di lei
contessa, però.- sussurrò con un sorriso mellifluo.
La principessa sobbalzò, coprendo la
mano sinistra con la destra, d’impulso. Chi era quell’uomo? Come conosceva
Astharoth? Perché, ovviamente, doveva conoscerlo per sapere che era un conte...
Per saper leggere quel sigillo.
-Alex! La signora ci ha trovato una
camera!- esclamò una bambina, interrompendo il breve monologo.
Anche lei era parecchio strana. Per
prima cosa, nonostante non dimostrasse più di cinque/sei anni, aveva i capelli
rosa shocking, corti ed indossava un maglioncino dello stesso colore, una gonna
di pelle nera. A completare il tutto vi era una sciarpa, ovviamente rosa ed un
paio di ballerine abbinate ad un paio di calze a rete... Fucsia.
Di sicuro, era eccentrica.
Per poco non cacciò un urlo quando
notò che, nella sua schiena, vi era un paio di piccole ali piumate, immacolato.
E si muoveva.
Alex,
apparentemente soddisfatto dalla sua reazione, si alzò e seguì la piccola, non
prima di aver lasciato un fiore viola, simile ad un giglio, sul tavolo.
-Cos’hai intenzione di fare, con
quella?-
-Va ny znaye...- sussurrò lui,
suadente.
-Cosa vuol dire non lo so?! Non
sono più l’unica donna della tua vita?!- sbottò la bambina, furente.
-Ma no, ma no...- sussurrò l’uomo,
accarezzandole i capelli e scompigliandoglieli affettuosamente.
Quel modo di fare le ricordava quello
di Barret con Marlene... Allo stesso tempo distaccato ed attento.
Che fossero padre e figlia?
-Signorina, è molto tardi, farebbe
meglio a riposarsi...- sussurrò la padrona di casa, poggiandole una mano sulla
spalla.
Annuì leggermente, alzandosi ed
imboccò le scale dietro alla strana coppia. A metà si voltò e prese ad
osservare la padrona parlare con un giovane che aveva intravisto nella sala
poco prima. Lui le cinse la vita e le sussurrò qualcosa all’orecchio.
Ma suo marito non era morto?
-Mamma, dov’è Rosie?- esclamò un
bambino, sbucando da una porta e precipitandosi sulla madre.
-Rose è a dormire! E dovresti esserci
anche tu!- lo rimproverò l’uomo.
-Ma... Victor... Uffi!!!-
Non era il padre del bambino. Era...
Un altro. Quella donna era riuscita a farsi una vita anche dopo la morte del
marito. Della persona con cui aveva avuto un figlio.
Forse, anche lei, con il tempo,
avrebbe dimenticato...
-Amy, torna qui!-
-Non ho intensione di stare con le
mani in mano mentre sci atacano!-
-Amy, non puoi, non in tue condizioni!
Pensa a tua bambina!-
-La bambina é anche tuà, Alexandre! Ma
non posò. Te l’avevo detò, io sono una gueriera!-
-Amy...-
-Je t’aime.-
Il bacio che seguì era disperato e passionale allo stesso
tempo. Sapeva di sangue e di abbandono. E di rimpianto. Un bacio d’addio.
Si svegliò di soprassalto, trattenendo
un urlo di terrore. Era stato orribile.
Si accorse immediatamente che qualcosa
non andava. Prima di tutto, c’era un’ombra scusa china su di lei. L’ombra scura
terminava in una mano che era saldamente premuta sulla sua bocca.
-Ferma! Non è in mio stile uccidere
donne. Voglio parlare.- sussurrò Alex, tenendola ferma.
Si calmò, pronta però ad attaccare in
caso ce ne fosse stato bisogno.
La sua mano scomparve da sopra la sua
bocca e lei tirò un sospiro di sollievo.
Accese la luce, intontita dal sonno e
dalla visione che aveva appena avuto. Riguardava l’uomo davanti a lei, ne era
certa. Uomo? Non era poi tanto sicura fosse un semplice essere umano...
-Tu sei moglie di Astharoth?-
-Moglie? Ehm... Direi di no...-
-Tu hai suo anello.-
-E’ stato... Un regalo... Di
fidanzamento.-
-Tu sei sposata con lui.-
-Ah... Bene... Tutto qui quello che
volevi dirmi?- tagliò corto, a disagio. Quindi, quello davanti a lei era un
demone? Ma non si erano estinti da millenni?
Ogni demone ha un sigillo che lo contraddistingue.
Notò che il suo tatuaggio era sulla
mano sinistra. Rappresentava una bilancia, contornata da cinque sfere verdi.
Neutrale. Ottimo. Re. Mica tanto ottimo.
-Mi piace questo tatuaggio!- esclamò, tracciandone i
contorni con la punta delle dita. Le afferrò la mano, allontanandola
brutalmente dal proprio corpo, con un ringhio sordo.
Lei sbuffò: - Non è certo colpa mia se
hai un tatuaggio sullo stomaco! Lo sai che di solito sono le ragazze a farselo
in quel punto?-
-Non ho scelto io il posto.- ribatté,
freddo.
Non era proprio giornata...
-Che cosa rappresenta?- gli chiese
comunque, non essendo nella sua natura di arrendersi alla prima difficoltà
senza aver prima soddisfatto la propria naturale curiosità.
-E’ un sigillo. Il mio sigillo.-
-E perché dici che non hai scelto tu
il pos..- iniziò, interrotta da uno sbuffo.
-L’ha deciso il Boss.-
-Il Boss?- ripeté, interdetta.
-Lucifero?-
-Aaah! Dev’essere troppo fico essere
capo dei demoni!-
-Fammi capire, ti piacerebbe essere
morta da tremila anni?- chiese, stupito.
-Quello è un dettaglio senza
importanza!-
Riprese a fissare il tatuaggio,
notando una sfera celeste.
-E’ celeste perché sei un maschio?-
Gli occhi del demone si spalancarono
per la sorpresa, poi scoppiò a ridere, stringendola a sé.
-Perché ridi? Lo so, sono
ignorante!!!-
-No, assolutamente... Sei così
innocente e tenera... A’maelamin...-
-Allora, perché è azzurra?-
-Perché sono schierato dalla parte dei
demoni. Il Verde rappresenta la neutralità. Il numero di sfere indica il
grado.- spiegò, pazientemente.
-Uno! Su quanti?-
Lui si rabbuiò.
-Cinque. Sono un conte.-
-Come il conte Dracula...- concluse
Yuffie, pensosa.
-Sei un Re.-
Probabilmente, visti gli infiniti
poteri che aveva a disposizione, le aveva letto nel pensiero. E aveva letto: cazzo,
se a questo gira male mi fa fuori senza sforzo.
-Ho poco tempo, contessa. Società che
sta cercando lei si chiama Dusk Society. Ne fanno parte esseri umani dai grandi
poteri. Deve fare molta attenzione.- le spiegò, così in fretta che, tra il suo
accento e la velocità con cui pronunciava le parole, la povera ninja non capì
quasi nulla.
-Eh? Alex, capiscimi, sono le tre del
mattino... Puoi ripartire dall’inizio?-
-Ho poco tempo, contessa. Società che
sta cercando lei si chiama Dusk Society. Ne fanno parte esseri umani dai grandi
poteri. Deve fare molta attenzione. Loro scopo principale è rapire lei o
uccidere lei. Lei eliminato solo un membro.- sussurrò, più lentamente. –Milaja,
lasci che sia io a proteggere lei...- continuò, suadente, avvicinandosi
pericolosamente alle sue labbra.
Milaja, per tutta risposta, per nulla intimorita, alzò
violentemente il ginocchio e spinse via il demone rantolante. Poi scivolò
rapidamente fuori dal letto, afferrò la propria esigua valigia e corse via.
Bussò, ansante e, quasi
immediatamente, la porta di casa si aprì.
Osservò la padrona di casa, stupita.
Era di Wutai, senza dubbio. Aveva il viso ovale, gli occhi grandi ed allungati,
di un intenso color ghiaccio. Dopo averli fissati più a lungo, scoprì che erano
fissi. La donna era cieca.
Yuffie impegnò qualche secondo a
chiedersi come, nonostante ciò potesse essersi infilata il kimono e l’elaborato
obi ed essersi fatta due chignon perfettamente simmetrici ai due lati della
testa.
Concluse che, probabilmente, qualcuno
doveva occuparsi di lei.
-Scusi... Credo di essermi persa... Ho
visto un mostro enorme e sono corsa qui... La disturbo?- chiese, titubante.
-Affatto, cara, entra pure... Devi
essere stanca, riposati pure sul divano...- sussurrò la donna, con voce
vellutata. Non sapeva perché, ma eseguì l’ordine senza pensarci troppo...
Si osservò intorno: le sembrava di
essere tornata a casa, dopo tanto tempo. L’abitazione era scarsamente arredata,
come lo voleva la tradizione di Wutai. Nella sua estrema semplicità, era
splendida.
Fissò una stampa che rappresentava una
splendida donna in kimono che sembrava battersi con un uomo vestito di scuro,
dalle grandi ali nere. Strano, di solito la sua gente non ammetteva l’esistenza
di esseri del genere. Di demoni.
-Vuoi che ti racconti la storia di
quella donna?- le chiese la padrona di casa, sorridendo con grazia. –So che la
guardavi... Le persone rimangono incantate da quel disegno...-
La coprì con una coperta pesante e le
accarezzò la testa.
-A Wutai c’erano due villaggi. Il
Villaggio della Terra ed il Villaggio del Cielo. Il secondo esiste ancora
oggi... ma è dal primo che proviene la ragazza. Si chiamava Hikaru, Luce, ed
aveva occhi splendenti ed una voce soave. Era felice e la sua felicità
allietava l’intero villaggio... Ma dalle viscere della terra, una sera, emerse
un essere immondo, un demone. Estasiato dalla voce della ragazza, la rapì e la
trascinò agli inferi, dove ne fece la sua triste sposa. Venne la Guerra dei
Demoni e quel demone fu dato per disperso. Ormai, dopo millenni, la ragazza
aveva finito con innamorarsene e, dopo la sua scomparsa, sprofondò nell’oblio.
Ma ecco che egli ricompare... Ma ha perso la memoria e non si ricorda
dell’amata, al contrario, le preferisce un’altra umana, originaria del
Villaggio del Cielo...- raccontò, con voce suadente ed ipnotica.
Yuffie si addormentò, per la prima
volta, scivolando in un sogno senza sogni. Le sembrava passata un’eternità,
quando sentì il dolore alla spalla. Spalancò gli occhi e gridò. Istintivamente,
tirò un calcio all’assalitore, che crollò all’indietro, attaccato quasi
immediatamente da un’altra creatura.
Si sentiva bruciare la spalla e faticò
a mettere a fuoco la scena. Possibile che Galian... Come poteva averla trovata?
Il demone blu era sicuramente Galian.
E quell’enorme serpente? Dov’era finita la padrona di casa? Era ferita? O
peggio?
La cercò con lo sguardo, ma riuscì a scorgere
solo il kimono strappato in un angolo della stanza.
-Signora?- sussurrò, alzandosi
lentamente.
-Yuffie, dannazione, vattene!- ruggì
il “canide”. Il momento di distrazione gli costò caro, perché il serpente lo
morse ad un braccio e lì rimase attaccato, finché lui non riuscì a liberarsi
con uno strattone.
-E tu sta attento!- sbottò lei,
concentrandosi e raccogliendo un pò della propria forza. Afferrò i Sai appesi
alla parete accanto a sé e li lanciò sul mostro. –Bloodfest!-
Il serpente si abbatté al suolo e
riprese forma umana. A terra rimaneva una donna dalle pelle candida, coperta
unicamente da una massa lucida e ordinata di capelli neri.
-Signora?- la chiamò la ninja,
sbigottita. Era una specie di serpente mannaro?
-Stammi lontana! Ho perso tutto a
causa tua! Tutto! Ma ora morirai!- urlò l’altra, alzandosi a fatica. –Tu non
sei bella! Non sei aggraziata! Non sai cantare! Non sai ballare! Cosa ti rende
più desiderabile di me?!-
La principessa arretrò, spaventata e
sorpresa. Quella di fronte a lei era Hikaru, la donna della storia. E il demone
che l’aveva sposata e abbandonata era... Astharoth?
-Non lo so... Hikaru, ti prego...
Perdonami... Non ho mai capito cosa gli piacesse di me... Mi sentivo così
fortunata... Non credevo...- sussurrò Yuffie, sentendosi terribilmente
colpevole.
-E’ vero. Lei non è bella, è
splendida. Ed è dannatamente aggraziata. E, al contrario di te, è una brava
combattente. Non ti consiglio di offendere le persone che non conosci... E tu,
Yuffie, piantala di sminuirti, ho il monopolio della bassa autostima, ricordi?–
sussurrò Galian Beast, con il fiato corto, appoggiandosi al muro.
La ninja sorrise debolmente,
preoccupata. Se cominciava a farle complimenti, probabilmente quel demone era
terribilmente velenoso...
Poi, in un attimo, i due demoni si
scontrarono. Se ne accorse soltanto quando vide il corpo della donna a terra,
riverso in una pozza di sangue.
Galian riprese forma umana e scivolò a
terra, quasi senza rumore.
-Vincent? Vincent!-
Era solo svenuto. Ma era ridotto male
e tremava a causa del veleno.
Fissò il corpo di Hikaru, disteso
prono sul legno intriso del suo sangue. Aveva agito per amore. Aveva combattuto
per amore. Era morta per amore. E sempre per amore voleva ucciderla.
-Non sarò mai come te, Yuffie Kisaragi, ma ci proverò e
lui dovrà riconoscere che il mio amore è più forte del tuo!- esclamò, alzandosi
con uno sforzo enorme per non scivolare sul sangue.
-Idiota. Se il tuo amore non è
ricambiato non è certo perché è migliore o peggiore di quello di qualcun
altro...- sussurrò una voce maschile. Yuffie si voltò verso quella e vide Reno.
Un secondo prima che premesse il grilletto.
-No! Perché l’hai fatto?! Perché?-
-Yuffiechan, devi smetterla di essere
così scrupolosa con le persone che vogliono ucciderti...- tagliò corto il
rosso, caricandosi in spalla Vincent –E tu, Vincent, devi piantarla d’indossare
così tanto metallo... Quanto diavolo pesi?!-
L’angolo degli amichetti di Chaos
Si capisce un pò di più la mia trama
contorta? Qualcuno ha capito cosa vuole la Dusk Society (Società del
Crepuscolo) da Yuffina? Ma, soprattutto, quanti membri ha? E ancora, riuscirò a
non far morire Vincent nei prossimi capitoli?
Ho voluto assolutamente inserire i
volpini di FF12 (i rabbit)! Sono troppo kawaii!
E mi sono divertita a scrivere il
pezzo del flashback di Alex con la sua dolce metà... Mi piace il fatto che
entrambi abbiano uno strano accento... Per la cronaca, quello di Alex è russo
(ho anche azzardato una frase... scritta come si pronuncia!), quello di Amy
(che, tra l’altro, nella lista dei demoni, è un marchese, indipercui uomo...
^_^) francese. Per il primo accento ringrazio Nina, Sasha, Masha, Elvira e,
soprattutto, Dina Kotelnikova, per avermi incosciamente aiutata. (“dovi’è
Rossiela?” rimarrà sempre negli annali della scuola. Povera Roxy...) Per il
secondo, mi ringrazio da sola per non saper pronunciare le doppie e le gl...
^_^ E, ovviamente, tutta la comunità francese...
Mi sto ponendo un quesito, però... Tutti ‘sti demoni si
capiranno, tra loro? No, perché ognuno parla una lingua diversa...
A’maelamin significa mia amata o mio amato... Milaja,
invece, cara.
Hikaru è un personaggio molto più
complesso di quello che sono riuscita a mostrare... E’ stato un peccato farla
morire così presto... Ah! Certo, come dimenticarmelo... Non è la Pucca,
nonostante l’acconciatura!
A proposito... Complimenti a Krizalid...
Astharoth è un demone... E’ un conte, per la precisione... Mi pareva che
fossero divisi in Marchesi, duchi, conti, presidenti e re... Mi sbaglio? @_@
Comunque, amo questo nome...
Già che ci sono, scusate, ma rispondo
ai commenti...
Kay:
esattamente come Sid! (si scioglie e comincia ad urlare isterica come una
banale fangirl)
Dastrea: Astharoth è morto da tre mesi... Yuffie è
incinta da appena cinque... la morte di Astharoth, per essere ben precisi,
avviene durante DOC...
Geko93: Grazie a te... Mi commuovo sempre quando faccio un
commento non troppo positivo e l’autore della fic mi ringrazia... ^_^
mizar89: io ho iniziato dall’8, per poi passare al dieci, a
Kingdom Hearts, al 7, all’X-2, al 9 e al 6... Ti capisco...
Amantha: Come potrebbe essere Azul? Povera Yuffina! Comunque...
Per un attimo ho creduto anche io fosse Nero, con tutte le similitudini che hai
trovato con il mio Astharoth... Ma Nero ha gli occhi rossi, come Vinnie...
Giocaci, a Doc... Ti aiuterà a capire un sacco di cose... ^_^
Così, se me lo stai chiedendo, voglio che tu sappia
When my time comes
Forget the wrong that I’ve done
Help me leave behind some
Reasons to be missed
Don’t resent me
And when you’re feeling empty
Keep me in your memory
Leave out all the rest
Leave out all the rest
Quando arriva la mia ora
Dimentica gli sbagli che ho fatto
Aiutami a lasciare dietro qualche
Ragione perché io manchi
Non provare risentimento verso di me
E quando ti senti vuota
Tienimi nella tua mente
Lascia fuori tutto il resto
Lascia fuori tutto il resto
Leave out all the rest – Linkin
Park
Assaporò ogni centimetro della
pelle calda con cui era a contatto. Lei fu scossa dai brividi, ma non si
scostò. Si era abituata alla sua pelle gelida.
-Quante donne hai avuto prima
di me?- gli aveva chiesto, assonnata.
-Nessuna.- le aveva risposto,
sinceramente.
Non aveva ricordi precedenti il
giorno in cui si era svegliato, anni prima, confuso ed imprigionato. Il suo
primo ricordo riguardava un paio di occhi nocciola che lo fissavano al di là
della prigione. Era sicuro che la persona a cui appartenevano, una donna, fosse
a conoscenza delle sue origini.
Certo, grazie a Yuffie aveva
recuperato qualche frammento. Ma non aveva ricordi dell’amore. Per lo più aveva
ricordato aspetti generali della sua vita precedente.
-Quante donne ci saranno dopo
di me?-
-Quattro o cinque, non di
più...- sussurrò, baciandola.
-Scemo...- mormorò lei,
posandogli le mani sul petto ed addormentandosi.
Le sue piccole mani, delicate,
eleganti, capaci di dare la morte. Ma anche di aprire le porte del Paradiso.
Se le sarebbe ricordate molto
bene, le sue piccole mani. Erano calde, morbide. E lenivano le sue ferite con
un solo tocco. Cancellavano il fatto che non aveva né un passato né un futuro.
Avevano raccolto le sue
lacrime, le sue paure e le avevano trasformate in qualcosa di diverso. Qualcosa
di positivo e meraviglioso. L’avevano tenuto stretto a lei quando aveva deciso
che non poteva vivere senza.
Quante donne ci sarebbero
state, dopo di lei? Nessuna. Non ci sarebbe stato nulla, dopo di lei. Neppure
il Lifestream.
A quelle domande lei avrebbe
risposto in modo diverso.
Prima di lui, qualcuno c’era
stato. Qualcuno che aveva lasciato delle profonde cicatrici nel suo cuore. Non
solo, probabilmente, però a lui importavano quelle. Erano quelle che la
facevano piangere.
Qualcuno che si chiamava Jubei.
Quella ragazza, aveva una gioia
di vivere contagiosa mista alla sagezza tipica delle persone anziane. Sapeva
ciò che era giusto e quello che era sbagliato, ma non perdeva mai l’occasione
di varcare la linea sottile che divideva i due concetti. Lo confondeva. E, allo
stesso tempo, ne era rimasto affascinato.
Nelle ultime settimane era
stato tormentato dal desiderio di baciarla. Non sapeva per quale motivo
desiderasse tanto farlo, ma il punto era che lo desiderava più di ogni altra
cosa al mondo. Quindi, aveva deciso di baciarla, nel sonno.
Fino a quel momento la
situazione era perfetta. Lei dormiva un sonno agitato e lui era sulla soglia
della stanza da circa tre ore, perfettamente immobile, incapace di muoversi o
respirare. Un osservatore disattento l’avrebbe sicuramente confuso con
l’arredamento del Ghost Hotel.
Si diede dello stupido. Era o
non era un demone? Poteva baciare chi gli pareva!
-Ti prego... No... Ti prego...-
la sentì sussurrare, debolmente. Era come il miagolìo di un gattino
abbandonato. Senza speranza, pieno di paura.
Stava piangendo.
Le si avvicinò, indeciso sul da
farsi. Non voleva che lo vedesse, che si accorgesse di lui. Si sentiva già
abbastanza imbarazzato. Però l’espressione che aveva non gli piaceva per
niente. La conosceva fin troppo bene.
-Jubei, ti prego... Non
farlo...-
La abbracciò, titubante e prese
ad accarezzarle i capelli. Non gli importava di farsi scoprire. Piuttosto che
osservare senza fare nulla il suo dolore, avrebbe spiegato ogni cosa. Ma non
voleva vederla soffrire.
-Poikaer, kaima... Uuma dela,
amin sinome… Kaima... Uuma dela, amin sinome... Kaima.-
Si calmò e lo strinse a sé,
lasciandolo confuso e spaventato. Le asciugò le ultime lacrime e la baciò sulla
fronte. Tutt’altro bacio non sarebbe stato tanto significativo e bello, in quel
momento. E, straordinariamente, sentì che gli bastava.
Dopo di lui sperava ci sarebbe
stato qualcun altro, qualcuno da amare alla luce del giorno, qualcuno del quale
non vergognarsi. Qualcuno che sapesse darle tutto l’amore che meritava.
Anche se il pensiero di lei tra
le braccia di un altro era insopportabile, lo faceva sentire male; era nauseato
e disgustato perché l’amava tanto da desiderare soltanto lei ma non abbastanza
da riuscire a negare quel desiderio in modo da permetterle di essere felice con
un altro, dopo la sua morte.
-Ho visto una coppia, oggi...
Si tenevano per mano... Ho pensato che noi non potremo mai concederci questo
lusso... Per noi non ci sarà mai nulla. Solo attimi. Attimi che fuggiranno via
per sempre una volta trascorsi, che rimarranno nella nostra memoria per
tormentarci per sempre...-
-Ma anche per farci sentire
bene... Per accompagnarci nei momenti difficili e per ricordarci che esiste
sempre una luce, anche nell’oscurità più profonda...-
-Sarebbe stato meglio se non
avessi deciso di cambiare idea Yuffie...- mormorò, tormentandosi le mani.
-No... Probabilmente in questo
momento sarei qui a piangermi addosso... Voglio sapere perché sei stato così ingiusto
con me... Volevi che ti lasciassi, vero?- gli chiese, afferrandogli una mano e
sorridendo, incoraggiante.
-Ingiusto?- ripeté Astharoth,
divertito.
-Ok, ok... Maledettamente
stronzo è l’espressione più giusta...-
-Io sto morendo.-
Era scoppiata a piangere e si
era ritrovato disarmato, inutile, davanti al suo dolore. Tra le lacrime, gli
aveva detto che tutti dovevano morire, che era nella natura delle cose. Che
sarebbe stata con lui fino alla fine.
A quel punto, solo a quel
punto, era riuscito a dirle che non voleva che stesse con lui fino alla fine.
Voleva che ricominciasse a vivere come aveva sempre fatto.
Aveva rifiutato. Lo sapeva fin
dall’inizio che non avrebbe acconsentito. Non era nel suo carattere. Com’era
nel suo carattere pensare prima agli altri e poi a lei.
E allora le aveva confessato
tutto. Tutto quello che provava per lei, quanto le fosse grato per avergli
offerto un passato ed un futuro, fino a quel momento. Quanto l’amasse. E quanto
le sarebbe mancata. Tutto quello che non le aveva mai detto perché aveva paura
che si legasse indissolubilmente a lui.
Si sciolse dal suo abbraccio,
rinunciando per sempre al suo calore ed osservò la sua stanza. In tre anni, non
le aveva lasciato niente. Non c’era nessuna traccia del suo passaggio.
Sarebbe stato più semplice
passare oltre, dimenticarlo e rifarsi una vita con un altro.
Con un ultima occhiata alla
donna che amava, scivolò nella notte.
-Promettimi che ti prenderai
cura della ragazzina.-
-Te lo prometto.-
L’angolo
degli amichetti di Chaos
Chaos (piagnucola): Lui non è
un mio amichetto!
Astharoth: Ne sei proprio sicuro?
(sadico)
Yuffie: A proposito, dove
scivoli nella notte, che sei nudo?
Non potevo mica scrivere che
prendeva un bonsai ed usciva! Mi si rovinava tutto il momento poetico...
Questo capitolo è stato
ispirato dal BELLISSIMO film “Tristano e Isotta”, che almeno ha qualche
citazione interessante... Anche se tristemente melense... (“quante donne ci
saranno prima di me? Nessuna. Dopo di me? Nessuna.” Che scemata... Meglio le
uscite di Asty) Ma, più che altro, dal testo della canzone dei Linkin...
Bellissimo cd, me piange...
Jubei Kakei (Get Backers): Io
non ho fatto niente, perché dici che stavo con Yuffie? Non mi piacciono
neppure, le donne...
Ero a corto di nomi
giapponesi... Perdonatemi, eventuali fan della serie...
Poikaer, kaima... Uuma dela,
amin sinome… Kaima.Dovrebbe significare: Tu che sei pura (pure one),
dormi... Non preoccuparti, sono qui. Dormi.
Bè, ecco, ora sapete chi è
Astharoth, insomma, chi era... Cosa ne pensate? Volete uccidere anche lui? Aspettate
di conoscere Jubei, prima...
-Vi ringraziamo di cuore,
nostro signore. La vostra bontà supera ogni nostra speranza.-
-Non sono sicura che
riusciranno a terminare la loro missione... Non ora che sta iniziando a
comprendere i propri poteri...- sussurrò la dottoressa.
-Ci riusciranno, abbi fede.-
-La fede è ciò che più ci
manca...- s’intromise la ragazza alla sinistra del capo, osservando la
superfice di uno specchio.
-Marie, che cosa vedi?-
-Nulla di buono, mio signore.
Morte. Solo morte.- mormorò.
-Se le gemelle dovessero
fallire, sarà il vostro turno.- disse il Capo, rivolto a Kaminà e il suo
compagno di squadra. –Colpiremo i suoi punti deboli, così da farla cedere.-
-Non và un pò meglio ora che ti
sei sfogata?- chiese Tifa, con un mezzo sorriso.
L’altra annuì, sorseggiando la
tisana che le era stata preparata.
-Perdonami, Tifa, pensavo fossi
solo una pettegola rompiscatole e, invece... Invece sei così gentile...
Grazie...-
-Quando ho telefonato ero molto
arrabbiata... Credevo non ti fidassi abbastanza di me da potermi dire che stavi
con Vincy... Mi sono sentita... Delusa... Per me è importante avere la fiducia
delle altre persone, sai? Mi fa sentire meno inutile... Quando ho visto che non
accendevate più i cellulari, la rabbia è aumentata...- raccontò la barista, con
un sorriso. –Poi però mi sono ricordata che anche testa di Chocobo lo lascia
acceso, nonostante non ami ricevere chiamate ed ho cominciato a
preoccuparmi...-
-Ti ho sentita!- urlò Cloud,
dalla stanza accanto.
Le due donne scoppiarono a
ridere.
-A proposito, Yuffie...
Gliel’hai detto?-
-Che cosa?-
-Che non è lui il padre della
bambina...-
La fissò, confusa. Lui chi?
-Guarda che con il punk non ho
fatto proprio nulla...-
-Ti ho sentita!!!- ripeté il
punk in questione.
-Parlavo di Vincent!-
-E chi ha fatto qualcosa con
Vincent! Ha più di 50 anni!!!-
-Allora non state insieme?-
-No!-
-Peccato, sareste così
carini!!!-
-Tifa, non farti strane idee!-
-Lo ying e lo yang!!!-
-Tifa!!!-
-Gli opposti che si
attraggono!-
-Tifaaaaaa!!!-
-Ma, scusa, è così romantico!-
-TIFA!-
La maggiore tacque e rimase
qualche secondo con la testa tra le nuvole, sospirando.
-Ammetti che ti piacerebbe,
però...- insistette.
-Eh? Litighiamo dal mattino
alla sera! Non fa altro che pensare alla sua ex mor...!- esclamò la
principessa, interrompendosi immediatamente.
-Anche tu.-
-E’ diverso! Io sono incinta!-
-Oh bè, congratulazioni,
allora, non si era ancora notato...- mormorò Cloud, sarcastico, alludendo con
un cenno della testa al grembo della minore.
Non fece in tempo a schivare i
due grossi cuscini che gli lanciò in faccia.
Tifa scoppiò nuovamente a
ridere, rotolandosi maleducatamente sul divano.
-Il tuo Principe delle Tenebre
deve solo riposare... L’antidoto ha fatto effetto e il suo corpo sta reagendo
perfettamente.- le annunciò il biondo, rimettendo a posto i cuscini, curandosi
che la propria coinquilina rimanesse sotto. –Ovviamente non vuoi dirmi chi è il
padre del bambino, vero?-
-E’ una bambina.- rettificò
Tifa, ancora distesa sotto i cuscini.
-Sei comoda?-
-Sto da Dio.-
-Mi posso sedere o devo
comprarmi un altro divano?-
-Non posso, mi dispiace... Non
subito... Prima devo scoprire che cosa vuole la Dusk Society da me... Il motivo
potrebbe essere legato a lui... Non voglio coinvolgervi...- rispose Yuffie, con
un sorriso tirato.
-Ci hai già coinvolti. Vincent
ha rischiato la vita per te... Lui almeno sa qualcosa?- chiese Cloud, serio,
sedendosi sul tavolino di fronte al divano.
-No. Anche io so veramente
poco... Mi dispiace...- sussurrò, alzandosi.
-Yuffie?- la chiamò Cloud,
serio.
Si voltò verso di lui,
rimanendo in attesa che continuasse la frase.
-Cos’hai intenzione di fare,
dopo che la bambina sarà nata?- domandò.
-Tornerò a Wutai, ovviamente,
con lei.- sussurrò.
-Certamente, ma, hai già
pensato al fatto che ti serve un padre?-
-Ci penserò a tempo debito.-
concluse la ninja.
Era ricoperto da bende zuppe di
sangue e respirava a fatica. Gli accarezzò i capelli, sedendosi sul letto,
accanto a lui, cercando di non pensare che era tutta colpa sua.
Lui gemette debolmente ed aprì
gli occhi:-Stai bene?-
-Scemo! Sei tu che stai male!-
esclamò la donna, tirandogli una ditata sulla guancia e strappandogli un
ulteriore gemito soffocato.
-L’importante è che tu stia
bene.- sussurrò, alzando lentamente la mano e sfiorandole il ventre. –Anche lui
deve stare bene...-
-E’ una bambina...- lo corresse
Yuffie, con un debole sorriso.
-Speriamo non sia come te...-
ricambiò il sorriso, ma presto quello si trasformò in una smorfia di dolore.
-Non sforzarti troppo...- lo
rimproverò, provando una dolorosa fitta al petto osservandolo.
-Io non mi sforzo, Yuffie, con
te mi viene tutto molto naturale... Anche farmi pestare da un demone serpente è
normale, con te...- mormorò l’ex-Turk, soffocando una risata ed il conseguente
gemito di dolore.
-Come mi hai trovata?- gli
chiese.
-Ho seguito la scia del tuo
profumo.-
-Ah... E che profumo ho?-
domandò, arrossendo violentemente.
-Direi profumo di Yuffie.-
-Tenterò di commercializzarlo,
allora...-
-Desolato di interrompere il
vostro momento romantico... Volevo solo chiedere a Vincent se poteva
gentilmente smetterla di farti cacciare nei guai... Dopotutto, sei incinta...-
disse Reno, appoggiandosi allo stipite.
-E’ colpa mia, Reno... Sono io
che lo sto cacciando in tutti i casini possibili ed immaginabili...- sussurrò
la ninja, abbassando la testa.
-Devo farla anche a te, la
ramanzina, ma mettiti in coda.- la interruppe il rosso, un pò più dolce.
-E’ sfuggita dalla mia
protezione, mi dispiace.- si scusò l’ex-Turk, tentando di alzarsi a sedere.
-Yuffie, perché sei scappata?-
chiese il rosso, ignorandolo.
-Non volevo che si facesse
male... Mi dispiace...- si scusò la donna, abbassando la testa.
-Non intendevo ora...- ribatté
lui.
-Ah... Ecco, non volevo dare
fastidio ad Elena...– gli spiegò, abbassando la testa ed arrossendo.
-Ti ha detto lei di andare
via?- le chiese, stupito.
-No, ho deciso da sola...-
confessò lei.
-Scusa la domanda, ma tu, che
di solito non ti arrendi mai, hai lasciato che una donna imbottita di ormoni,
con una crisi isterica ti cacciasse di casa? Non ti capisco...- le domandò il
Turk, alzando un sopracciglio.
-Io la facevo soffrire! Nel mio
stato non potevo... Lei cercava di avere un bambino e quindi...-
Reno scoppiò a ridere, come se
avesse fatto la battuta più divertente del mondo.
-Quindi, ora che è incinta
potresti tornare?- le chiese.
-E’ incinta?! Davvero? Credevo
che...-
-Torneresti?- ripeté il Turk,
serio.
-No, non credo... Non voglio
mettere in pericolo nessuno... Andrò via...-
Percepì il freddo del braccio
meccanico di Vincent stretto attorno al polso.
-Lucrecia, lascia che ti
aiuti...-
-Non voglio più vederti. Cosa
non hai capito di questa frase?!-
Scosse la testa per scacciare
quella visione e si sforzò di guardarlo negli occhi. –Nessuno.-
-Yuffie. Continuerò a seguirti
anche se non vorrai. Anche se finirai con l’odiarmi. Anche se mi ripeterai
all’infinito tutto ciò che mi disse Lucrecia.- sussurrò, risoluto.
Quindi sapeva delle sue
visioni. Da chi l’aveva saputo? Possibile che avesse chiamato...
-Volete che levi il disturbo?-
chiese titubante Reno.
-No, Reno, non preoccuparti...
Riposati, Vincy...- mormorò la ragazza, scossa, tentando di liberarsi dalla
presa del moro, senza risultato.
-Yuffie. Non te ne andrai.- non
era una domanda.
-No, non me ne andrò.- mentì
lei, cercando di allontanarsi.
-Valentine, non fare l’eroe...
Hai bisogno di dormire o non recupererai mai...- le venne in soccorso il Turk.
L’altro, controvoglia, le lasciò il polso e lei s’incamminò fuori dalla stanza.
-Che dire, ancora, se non un
banalissimo se la fai soffrire, ti ammazzo?- lo sentì aggiugere.
Si bloccò, appena fuori la
soglia, gelata sul posto.
Se il tuo amore non è
ricambiato non è certo perché è migliore o peggiore di quello di qualcun
altro...
In un modo o nell’altro, le
persone che le stavano accanto finivano tutte col soffrire per causa sua.
-Quando scomparirò, non
attaccarti alla mia memoria.-
-No.-
-Avevo detto...-
-Avevi detto “senza se e senza
ma”. Io ho detto no.-
Scosse nuovamente la testa ed
alzò lo sguardo, con un respiro.
Sobbalzò. Tifa la fissava in
modo strano, come addolorata. Poi, senza preavviso, iniziò a piangere.
-Tifa, che hai?-
-Pensavo... Pensavo che sei
bellissima! Aeris sarebbe stata così felice di vederti finalmente innamorata di
qualcuno che non fosse Cloud!- singhiozzò la barista, gettandosi tra le braccia
della minore.
-E..ehy... Parliamone... Non
sono mai stata innamorata di Cloud...-
-Ma tu sei riuscita a ottenere
un appuntamento con lui!- protestò la mora, allontanandosi lentamente, sempre
scossa dai singhiozzi –Ti ricordi, al Gold Saucer?-
-Quello? Aspetta, fammi capire,
stai piangendo perché sono riuscita ad uscire con Cloud al Gold Saucer?-
-No, sto piangendo perché stavo
pensando ad Aeris... A quanto sarebbe felice per te...-
-Oltrettutto, non abbiamo fatto
niente, a quell’appuntamento...- sussurrò la ninja, interdetta.
A malapena se lo ricordava...
Quella sera stessa aveva conosciuto Astharoth, però... E quello se lo ricordava
fin troppo bene...
-Io di sicuro non ho fatto
niente, ma tu mi sei saltata addosso per baciarmi...- rettificò Cloud, con un
sorriso.
-Cloud! Come hai potuto!-
sbraitò Tifa, avvicinandoglisi con una gran voglia di ucciderlo.
Avvertì una fitta al ventre,
meno forte di quelle che preannunciavano una serie di visioni ed osservò Aeris
materializzarsi davanti a loro. Tifa cacciò un urlo ed arretrò pericolosamente
verso le scale, afferrata prontamente da Cloud, altrettanto scosso.
Aeris, ignorando tutti, entrò
nella stanza degli ospiti, che fu illuminata di luce verde. I tre la seguirono,
solo per scoprire che era scomparsa.
-Mi sento meglio... Ma credo di
delirare...- annunciò Vincent, confuso. –Ho appena visto Aeris eseguire un
Great Gospel...-
-Stai bene?!- esclamò Yuffie,
osservando l’ex-Turk alzarsi a sedere e togliersi le bende dal viso.
–Vado ad informare Rufus dei
tuoi progressi!- esclamò Reno, ormai sulle scale.
-Reno! Come fai a sapere...?-
chiese la principessa, seguendolo di corsa.
-Principessa, non c’è nulla che
la Shinra non sappia su di lei... – rispose suadente, posandole un dito sulle
labbra. –Dimentica la guerra, forse?-
La lasciò inebetita sulle scale
a pensare come potesse aver dimenticato che quella Shinra era la stessa che
aveva attaccato Wutai ed aveva tentato di appropriarsi di tutti i segreti della
famiglia reale...
Probabilmente era tutta colpa
dell’amicizia che li legava.
-Reno!- urlò a pieni polmoni.
–La Shinra non conosce i miei sentimenti!-
Il rosso si voltò, la fissò e
sorrise: -Ci stiamo organizzando, principessa demoniaca, ci stiamo
organizzando...-
-Contessa!- ribatté, con un
largo sorriso.
-Il primo era un androide,
accompagnato da una donna bionda e un uomo.- iniziò a raccontare Vincent,
appoggiandosi alla parete con la schiena.
-L’uomo aveva un occhio di
vetro, giallo. La pupilla aveva una forma strana, ma ero troppo lontana per
vedere di che cosa si trattasse...- precisò Yuffie, seduta sul divano.
-Una croce?- chiese Marlene,
spuntando da dietro una porta.
-Può darsi, non ne sono
certa... L’altro occhio era azzurro. Che ci fai qui?- le chiese la donna.
Era cresciuta così tanto,
dall’ultima volta in cui l’aveva vista... Dopotutto, aveva dieci anni... Il suo
viso aveva perso un pò dei suoi tratti infantili, allungandosi leggermente ed
era molto più alta. Teneva i capelli sciolti e le ricadevano lungo la schiena
in piccole onde castane.
-Scusami, zia, se voglio vedere
come stai!- sbuffò, avanzando verso il centro della stanza. –Allora tu e Vinnie
avrete un bambino?-
Vincent si voltò verso Tifa,
lanciandole un’occhiataccia: -A quale percentuale della popolazione mondiale
hai raccontato questo? 75 %?-
-Ero così felice per voi che...
– iniziò la barista, interrotta immediatamente da un’altra occhiataccia. –L’ho
detto ad Avalanche e basta!- sbottò, incrociando le braccia al petto e
sbuffando.
-E i vicini, i clienti del bar,
il postino, la parrucchiera...- elencò Cloud, ricevendo l’ennesimo cuscino in
faccia della giornata.
La principessa annuì: -Sì, io e
Vinnie avremo un bambino.- confermò.
“Vinnie” si voltò di scatto
verso la donna incinta, inebetito: -Yuffie, ma che diavolo...?!-
-Che bello! Pensavo che Vinnie
non si sarebbe mai trovato una ragazza!- esclamò Denzel, entrando nel salone.
–Eheh... Vecchio marpione!-
-Denzel, io e Yuffie...!-
iniziò l’altro, imbarazzato.
-A proposito, Marl, cosa dicevi
a proposito del tenente Colombo?- lo interruppe la ninja.
-Ho visto una sua foto in un
libro che mi ha prestato Re’...- annunciò la bambina.
-Ecco che la personalità di
Hermione prende di nuovo il sopravvento...- sbuffò Denzel, alzando gli occhi al
cielo.
Lei gli tirò un pugno nella
spalla ed andò a rovistare nella libreria, ricomparendo cinque minuti dopo con
un grosso tomo. –Storia della Shinra! Emil Metzengerstein, assistente del
dottor...- lesse.
-Grimoire Valentine.- sussurrò
Vincent. –Era un pazzo. Faceva esperimenti su persone che presentavano
caratteristiche uniche, l’ultima volta che lo vidi stava sperimentando i poteri
leggendari della famiglia reale di Wutai.-
-Valentine? Un tuo parente?-
chiese Tifa.
-Mio padre.-
-Ma è impossibile, insomma, si
parla di più di trent’anni fa...! Auch! Cloud, mi spieghi perché mi hai tirato
una gomitata?- sbottò la donna, fissando Cloud. Lui le indicò con un cenno del
capo il più anziano del gruppo, che aveva abbassato la testa e tentava di
confondersi con la parete. –Ah... Scusa, Vincy, dimentico sempre che...
Insomma...-
-Sei fortunata...-
-E’ il predecessore di Lu,
quindi!- chiese Yuffie, osservando la foto dell’uomo e cambiando discorso.
Afferrò il moro per un braccio e lo obbligò a sedersi accanto a lei. –Carino,
però... Potevi innamorarti di lui, invece che della Crescent...–
-Un giorno la cavia n° 2384
fuggì dalla propria cella e gli strappò l’occhio destro. Fu sostituito
abilmente dal suo assistente, il Dottor Nicholas Hojo, con un occhio capace di
vedere le capacità nascoste delle persone che erano state contaminate dal
Mako... Il Dottor Metzengerstein si ritirò dalla Shinra due anni dopo.
–lesse Marlene.
-Bisognerebbe riuscire a
scoprire chi fosse la cavia... Sono sicura che, se Alex ha detto la verità,
Emil ha radunato le sue cavie per fondare la Dusk Society... Qui abbiamo la
cavia 2384... E’ un buon punto di partenza.- sussurrò la ninja.
-Shelke...- sussurrò Vincent.
-Che c’entra quella nana, ora?-
sbottò la principessa, acida.
-E’ una hacker, Yuffie...-
ribatté, alzando un sopracciglio. –Ed è poco più bassa di te.-
Sbuffò e guardò altrove. Ma
perché gli piaceva così tanto?
-Intanto, non riesco a capire
come abbia potuto Emil dare ordini ad un Re demoniaco... Insomma, ok che Alex è
neutrale... Ma è sotto Giuramento del Silenzio... E poi, le due bambine...
Hanno detto di chiamarsi Alyah e Fraye... Sono illusioniste molto potenti, ma
tendono ad usare i loro poteri come capita loro, senza pensarci troppo... E’
pericoloso, perché potrebbero subire il Sakanagi...- s’interruppe, deglutendo.
-Intendi il ritorno di fiamma
della magia di Wutai? Ma non sono illusioniste di Wutai...- sussurrò Tifa. –Il
ritorno di fiamma non colpisce solo gli abitanti di Wutai?-
-Il Sakanagi è gestito da un
essere umano. E, sì, di solito è riservato agli abitanti di Wutai. Ma essendo
una forma di giustizia gestita da un umano, è ovvio che è lui a decidere a chi
infliggerla.- ribatté Yuffie, annuendo.
-Che cos’è il Sakanagi?- chiese
Vincent.
-Quando si compie un azione,
sia buona che malvagia, quella ritorna indietro. Una persona buona riceve solo
bontà, una persona malvagia solo malvagità. Questo tipo di ritorno di fiamma è
gestito dal Lifestream stesso. Ovviamente non esistono persone completamente
buone o cattive e quindi, in alcuni casi, la persona a cui è affidato il
compito di facilitare il compito del Lifestream può dosare la bontà e la
malvagità che una persona riceve. Per esempio, se tu salvassi un gattino da una
macchina, un Sakanagi con una passione particolare per i gatti ti restituirebbe
il bene centuplicato. Saresti euforico e ricorderesti solo ciò che di buono c’è
stato durante la tua vita per un bel pò di tempo...- spiegò la ninja, seria.
-Bello! Mi piacerebbe
conoscerne uno!- esclamò Denzel.
Yuffie scosse la testa: - Una
volta tornato alla realtà, tutto ti sembrerebbe molto triste. Anche troppo
triste per essere sopportato.- sussurrò, abbassando la testa. –Per questo motivo
i Sakanagi intervengono solo raramente.-
-E il contrario, invece?
Restituire tutto il male di una vita ad una persona infelice, per due o tre
giorni...- chiese Tifa, andando con lo sguardo da Vincent a Cloud.
-Potrebbe essere una
soluzione... Ma se lo meriterebbe veramente?- ribatté la minore.
-No, penso proprio di no...-
sussurrò la barista, distribuendo tazze di té a tutti e cacciando Denzel e
Marlene con la scusa che erano troppo giovani.
-Tifa, ti ho detto mille volte
che non sono affatto infelice.- sbottò Cloud, bevendo un sorso del té.
-Hai la faccia che sembra il
culo di un gatto, Cloud.- sibilò la donna, acida.
Il biondo soffocò con la
bevanda ed iniziò a tossire violentemente. Yuffie scoppiò a ridere e Vincent,
straordinariamente, sogghignò.
-Non ridere, te, perchè la tua
è peggiore! Hai una bellissima donna al tuo fianco e, a parte essertela fatta
rubare da uno sconosciuto apparentemente tanto orribile da non poter essere
nominato, probabilmente Lord Voldemort, non la consideri! Basta pensare a
Lucrecia, capito?! E’ morta! She’s dead! Elle est morte! Sie ist gestorben!-
sbottò Tifa, sottolineando le ultime quattro esclamazioni con un colpo di
vassoio in testa al moro, che si limitò a fissarla negli occhi con
un’espressione indecifrabile.
Per poi alzarsi ed uscire dalla
stanza. -Vado a chiamare Shelke...- annunciò.
-Teef, quando fai così fai
paura...- mormorò Cloud, finalmente in condizione di parlare.
-Perché devo accompagnarti
dalla tua fidanzata?- sbottò Yuffie, per la quindicesima volta.
-Piantala di abbaiare, Yuffie.
O ti compro una museruola.- ribatté il moro, bussando alla porta della Shinra
Mansion. Ma tra tutti i posti disponibili sul pianeta, proprio in quello doveva
trasferirsi? Aveva i ricordi di Lucrecia, certo... Ma appunto per questo motivo
non avrebbe dovuto stare alla larga da quel posto maledetto?
-Puoi rimanere fuori, se vuoi.
Vuoi un guinzaglio?- ribatté Vincent, atono, notando il suo disgusto.
-Ti piacerebbe, Valentine...-
sibilò la principessa, tirando un calcio alla porta ed aprendola. –Prego, prima
le signore...-
-Spero vivamente che la bambina
prenda dal padre... ops, è vero, il padre sei tu.- sussurrò mellifluo l’uomo,
entrando nel posto in cui erano iniziati tutti gli incubi.
Questa volta, gli tirò una ginocchiata
sul retro del ginocchio, rischiando di farlo cadere e lo precedette sulle scale
della casa. –Che c’è, Vinnie, artrosi?-
-Allora, Signor Guardia del
Corpo! Cosa ti succede? Sei troppo vecchio per correre?!- urlò Lucrecia, in
cima alle scale, col fiato corto.
-Signora Lucrecia! Lei è
incinta! Non può rischiare di mettere a repentaglio la salute del suo bambino!-
esclamò Vincent, sul primo scalino.
-Ah! Sembri mio padre quando
fai così! Cosa vuoi che mi succeda? Ci sei tu a proteggermi, no?- ribatté la
donna, con un largo sorriso. –Allora, non riesci proprio a raggiungermi, vero?
Vedi, che succede, quando si fuma?-
Vincent arrossì violentemente.
Aveva ragione. Lui era lì per proteggerla. Ma non si aspettava che riponesse
così tanta fiducia in lui.
-Posso chiamarti Vinnie?-
sussurrò, a due centimetri dal suo viso. L’uomo sobbalzò. Non aveva notato che
era scesa fino al suo livello. Sentiva il suo respiro sulle labbra. I suoi
occhi nocciola lo fissavano intensamente, sorridendo.
-Sì...- sussurrò, a malapena
udibile.
Le emozioni la travolsero come
un fiume in piena. Non solo le proprie, ma quelle di tutti gli occupanti della
casa. C’era rancore, odio, speranza e amore. Ma anche frustrazione,
disperazione e rabbia. La sensazione di essere stati traditi dalla persona alla
quale si tiene di più.
-Come morirai?-
-Mi dissolverò nel nulla, esploderò... Non
lo so... Qualcosa di molto doloroso, immagino... Dopotutto, io non meritavo di
vivere, secondo i Cetra. Non possedevo sentimenti.-
-Ma possiamo dimostrare che non
è vero!-
-L’importante è che tu lo
sappia. Che tu sappia chi sono realmente. Il resto non ha importanza.-
Il mio corpo non resisterà
ulteriormente alle manipolazioni a cui l’abbiamo sottoposto io e Nicholas... Mi
dispiace così tanto... Alla fine, diventare dati e rimanere... I miei pensieri,
questo mio amore... Registrazioni, copie dei miei ricordi... Per il bene di
quella persona... Può essere fatto?
Si sentì scivolare in avanti,
senza riuscire più a comandare il proprio corpo, cedendo sotto il suo peso.
L’afferrò saldamente e la prese
in braccio.
-E che caspita, Lucrecia, fatti
i fatti tuoi!- sbraitò, appendendosi al moro. E, molto probabilmente, facendolo
diventare sordo.
-Yuffie, non ho ancora cambiato
nome in Lucrecia...- le fece notare.
-Scusami...- sussurrò,
mortificata, scendendo dalle sue braccia. –Grazie, sto meglio, ora...-
-Volevo che vivessi, dopo che mi sono
accorta dei miei sentimenti... Ho fallito. Mi dispiace... E’ stato molto
doloroso, vero?-
Si prese la testa tra le mani e
fece alcuni respiri profondi. Non poteva cedere. –LUCRECIA, TACI!-
-Secondo te dov’è Shelke?-
domandò a Vincent, accorgendosi che era lui a tenerla in piedi.
-E’ nella stanza di Lucrecia.-
ribatté l’uomo, prendendola di nuovo in braccio. –Non protestare. Non voglio
che cada dalle scale. E smettila di urlare.-
Arrossendo, si nascose
nell’incavo della sua spalla. Che figure... Meno male che era la più grande
ninja del Pianeta... Ma poi... Da quando l’ex Turk era così gentile?
-Ce la fai a stare in piedi,
ora?- le domandò.
Lei annuì debolmente e
ridiscese. Si sentiva meglio, nonostante avvertisse ancora il leggero ronzio
provocato da diverse voci.
Per provargli che stava bene e
che non aveva bisogno del suo aiuto, aprì la pesante porta della stanza e fu
immediatamente investita da una musica assordante.
-Relax! Taakee it
eeeeeaaaasyyyyyy!!!-
-Shelke, vuoi farci morire?!-
sbottò Yuffie.
La ragazza si voltò verso di
lei, interropendo il balletto che stava eseguendo e lasciando Mika rigirarsi allegramente
nella tomba. Sembrava molto cresciuta dall’ultima volta in cui si erano
incontrate. Certo, era sempre l’apoteosi dell’androginia, ma era almeno cinque
centimetri più alta.
Reeve l’appendeva per i piedi
prima che andasse a dormire? La concimava? Mistero.
-Yuffie Kisaragi!- esclamò,
saltandole in braccio. –Quanto sei ingrassata!-
-Si chiama “essere incinta”,
koala.- sibilò la ninja, facendola scendere.
-Alla fine i grandi Yuffie
Kisaragi e Vincent Valentine hanno dovuto chiedere aiuto alla piccola Shelke,
eh?- chiese l’ex Zviet, con un largo sorriso.
-Frequentare Yuffie ti ha fatto
molto male...- commentò Vincent, sarcastico.
-Vincent Igniatius Valentine!-
esclamò Yuffie, afferrando una tastiera con la ferma intenzione di lanciarla
all’ex Turk. Shelke la fermò, afferrando l’accessorio ed accarezzandolo.
–Povera Jenova...-
-Jenova?!- sbottò la
principessa. –Hai dato un nome alla tua tastiera ed è Jenova?!-
-Tu hai chiamato Hojo il tuo
shuriken...- le fece notare la rossa.
-E’ indubbiamente vero che
aveva un certo fascino... Ma possiamo passare ad argomenti che possano
affrontare anche persone con un quoziente intelletivo superiore a zero?- sibilò
Vincent, con un sopracciglio alzato.
-Vero, caro il mio
ranocchietto! La Società del Crepuscolo!- esclamò Shelke, sedendosi sull’unica
poltrona della stanza ed infilando il proprio casco.
Ranocchietto? Da quando erano
tanto intimi da darsi nomignoli ridicoli? Osservò Vincent, che fissava la
Hacker con un certo astio, ma che non aveva ancora aperto bocca per protestare.
Allora erano proprio
love-love...
-Io e il tuo ranocchietto cerchiamo
informazioni su Emil Metzengerstein e, più in generale, le sue ricerche
principali ed un elenco delle sue cavie. Inoltre, vorremmo sapere qualcosa
della numero 2384.- spiegò Yuffie, appoggiandosi al muro.
-Perché le devi dare corda?-
chiese il moro, a denti stretti.
-Emil Metzengerstein, nato il 2
Settembre 1940, come il ranocchietto, incredibile! Andavate a scuola insieme?-
domandò la ragazza.
-Eh già... – sussurrò Vincent,
sbattendo il palmo aperto sulla fronte e scuotendo la testa.
-Vi conservano nella formalina
o vi mummificano?- chiese Yuffie, fingendosi incuriosita.
-Yuffie!- ringhiò il moro.
-Helen McCarty, catturata
all’età di otto anni. I suoi genitori erano fuggiti dal laboratorio in cui
erano stati rinchiusi undici anni prima. La madre dominava il fuoco mentre il
padre era un discreto telecineta. Ma era lei ad incuriosire maggiormente il
dottore. Qualsiasi cosa vedesse eseguire, riusciva a riprodurlo nei minimi
dettagli e dimostrava una capacità di apprendimento superiore alla media. Tutte
le cavie del dottore risultano scomparse o morte. E sono circa un migliaio.-
-Prova ad inserire 651920 come
password.- la interruppe Vincent, avvicinandolesi.
-Com’è che sai la password per
entrare nell’account di Lucrecia?- chiese Shelke.
-Perché era la stessa di quello
di mio padre. Lui usava quel numero ovunque. E’ la data di nascita di mia
madre.- rispose, lasciando la stanza.
-Ce l’ha con il padre, per
caso?-
-No, è solo un’impressione...
Non ha fatto mai nulla di male a parte che far catturare la sua prima ragazza,
che è morta dopo dieci giorni di trattamento speciale da parte dei Turks,
lasciar sola sua madre che stava attraversando un momento delicato della
gravidanza, così che quando ha partorito, è morta e flirtare con Lucrecia...-
sibilò la rossa, sarcastica.
L’immagine di un Vincent
vecchio e bavoso che ci provava con Lucrecia le fece passare l’appetito. Prima
il padre di Vincent, che doveva avere 50 anni e poi Hojo, dall’età indefinita
ma non di certo maggiormente affascinante...
-Bleah.-
-Grimoire non era affatto
male...- sussurrò la minore, come se le leggesse nel pensiero.
-E la sua prima ragazza? Cosa
le è successo?-
-Uscivano da parecchio... Stavano
persino per sposarsi... Era una delle tante figlie illeggittime di Shinra, che
però il buonuomo aveva riconosciuto... Immagina il tipo... Rufus al
femminile... A quanto pare, un giorno lei gli confessa che è il primo capo di
Avalanche, il gruppo ecoterrorista che, come è suo mestiere, terrorizza da
qualche mese la Shinra. Lui, diviso tra l’amore per lei e la dedizione che ha
per il proprio lavoro, racconta tutto a Grimoire... Molto casualmente poco
tempo dopo i Turks la rapiscono e la tengono rinchiusa una decina di giorni.
Poi viene uccisa. Sul permesso di esecuzione c’è la firma di Vincent...-
raccontò Shelke, a bassa voce. –Non credo sia mai riuscito a perdonarglielo...-
Certo che riusciva ad
immaginarsela... Era uno degli spiriti che seguiva Vincent... L’unica con la
quale non riusciva a parlare. C’era un alone di disperazione, intorno a lei,
che rendeva ovattata la sua voce.
-Come mai sai tutti i
dettagli?- chiese la ninja, sentendosi pervadere da un’intensa e profonda
tristezza.
-Grimoire e Vincent si
somigliano molto. Anche se Grimoire era più disposto a parlare di ciò che lo
tormentava. Ha detto tutto a Lucrecia... Non è sorprendente che poi lei ci sia
andata cauta, con Vincy...-le spiegò. –Ne ho ancora per un pò, Yuffie,
raggiungilo...-
-Ehy, ranocchietto!- lo salutò,
sedendosi accanto a lui sul divano mezzo sfondato della Sala.
Guardava il pianoforte senza
vederlo realmente, perso nei suoi ricordi. Chissà cos’era successo in quella
stanza...
-Non chiamarmi ranocchietto.-
-Shelke sì e io no? Cosa sono
queste preferenze?- si lamentò lei, facendo i musi ed incrociando le braccia al
petto.
-E’ una lunga storia...-
-Mi piacciono le lunghe storie
di ranocchi!- esclamò la donna, con un largo sorriso.
-Mi ha chiesto di uscire con
lei, tempo fa, ma ho rifiutato, sostenendo che non fossi sotto alcun aspetto il
tipico principe azzurro... Allora lei mi ha chiesto se fossi ancora un
ranocchio in attesa del bacio della principessa... E’ ancora peggio di te,
quando si mette in testa qualcosa non cede. Ha detto che continuerà a chiamarmi
in questo modo finché non accetterò di andare a cena con lei...- spiegò l’ex
Turk. –Ma finché lei conserverà dentro di sé l’immagine di Lucrecia... Non
posso...-
-Ti piace nessuno in questo
periodo? Uomo, donna, animale, conifera?- domandò la principessa.
-No, nessuno in particolare...-
Gli accarezzò energicamente la
schiena: -Lo so, lo so, l’astinenza è brutta...-
-Sei incinta, Yuffie...-
-Ehy, non è che lo ripeti per
convincerti a non saltarmi addosso?- pensò ad alta voce la donna.
Si voltò verso di lei e la
guardò negli occhi, con l’espressione più seria del mondo. –Come hai
indovinato?-
-Sono telepatica, sai?-
-Con tutto quello che sta
succedendo, stento a non crederci...- sussurrò l’uomo, esasperato.
-Uhm... Più che altro sono gli
altri ad entrare nella mia... Tu ci credi al fatto che vedo gli spiriti?-
domandò.
-Dimmi a cosa non posso più
credere, a questo punto... Ho visto l’ultima Ancient, le Armi del Pianeta, ho
quasi causato la fine del mondo e ho persino visto un uomo di una certa età e
fama chiamare “mamma” un alieno dal sesso indefinito e senza testa... Potresti
dirmi di essere originaria del Pianeta Papalla e ti crederei...- mormorò
Vincent, prendendosi la testa tra le mani e massaggiandosi le tempie.
Gli scompigliò i capelli, che
cominciavano ad essere un pò più lunghi. Poveretto...
-Hai perdonato Eden?-
Sollevò la testa di scatto,
tornando a fissarla. –In fondo, ero io dalla parte sbagliata.-
-Sì, ma, in ogni caso, lei ha
fatto una scelta e tu...-
-Sì, ha fatto una scelta. E non
includeva me. Ma almeno è riuscita a fare una scelta giusta.- sussurrò l’ex
Turk. –L’ho perdonata... E io spero abbia perdonato me.-
-Si possono perdonare i
peccati?- chiese, accarezzandosi distrattamente il ventre.
-Da quando citi parola per
parola Cloud?- domandò, con un sorriso sghembo. –Penso che il tempo cambi molte
cose...-
-Hai perdonato tuo padre?-
-Cerco di non pensarci. Il più
delle volte funziona. E’ morto da molto tempo... Non ha senso portare rancore.-
sussurrò l’uomo. –Cosa ti ha fatto di tanto orribile il padre della bambina?-
-Nulla... Lui assolutamente
nulla... Ma il...-
Fu interrotta dall’aumentare
del volume del ronzio.
-Vincent, porta via Shelke. In
fretta. Ci sono di nuovo le due illusioniste!- esclamò la principessa,
chiudendo gli occhi.
-Yuffie...-
-Vincent, vattene o ti
picchio.-
-Yu...-
-Dannazione, Vincy, me la posso
cavare anche da sola! Fidati.- sussurrò, con un largo sorriso.
La fissò, indeciso, per poi
uscire dalla stanza in fretta.
La principessa di Wutai
tremava. Erano anni che non lo faceva e l’ultima volta aveva rischiato la
morte. Ma, soprattutto, nonostante sapesse di essere immune alla Punizione
Divina, aveva paura che il male che stava per fare le ritornasse indietro.
-E’ solo legittima difesa...-
mormorò, spalancando gli occhi.
Le due illusioniste erano
sedute sul pianoforte, di fronte a lei e sembravano occupare il loro tempo
giocando con una bambola di porcellana.
-Non abbiamo ancora capito i
tuoi poteri, signorina...- esordì una delle due. –Come hai fatto a respingere
le nostre illusioni, l’altro giorno? Tu non entri nelle menti altrui...-
-No, in realtà sono gli altri
ad entrare nella sua mente... – spiegò una ragazza stretta in un kimono
cerimoniale celeste, sedendosi sul bordo della finestra.
Yuffie sorrise e lei restituì
il sorriso.
-Il vostro problema è che non
siete allenate quanto lei. Avete interrotto i vostri allenamenti a sei anni,
quando siete diventate immortali, perché vi credevate speciali. Pensavate che nessuno
potesse avere dei poteri come i vostri...- continuò una bambina dai lunghissimi
capelli neri. Anche lei indossava un kimono molto elaborato. Sembrava una
bambola di porcellana.
-Enkouko, Kasumi, benvenute...-
mormorò la principessa.
-Chi sono?- chiese la gemella
più silenziosa, cercando di nascondere la sorpresa ed il terrore.
-Enkouko e Kasumi Kisaragi,
siamo le sue sorelline...- rispose la più piccola, trotterellando fino alla
sorella maggiore ed afferrandole la mano. Yuffie trattennne le lacrime,
mantenedo la concentrazione.
-Qual’è il tuo potere?- domandò
Alyah. Il ronzio aumentò.
-Il mio potere, mie giovani
sessantenni? E’ molto semplice... Una volta entrate nella mia mente, voi non
potete uscirne e io posso manipolarvi come preferisco.- ribatté la donna. –Ma
il potere che deve spaventarvi, mie care, non è il mio. E’ il loro!-
Enkouko generò una sfera di
fuoco, che Kasumi avvilluppò in una piccola tromba d’aria. Il colpo colpì in
pieno i ninja che le due illusioniste avevano creato.
In un’attimo, la stanza si
riempì di guerrieri. Ma non durarono molto, perché le due principesse di Wutai
li distrussero in un attimo. Alyah e Fraye erano in difficoltà. Probabilmente
non avevano mai controllato così tante illusioni in una volta sola. Ed erano stanche.
-Non ucciderci! Ti prego!
Abbiamo solo sei anni!- esclamò Alyah, buttandosi ai piedi di Yuffie.
-Non mi sembra che vi siate
tirate indietro quando si è trattato di attaccare una donna incinta...-
sussurrò la donna, fissandola con astio.
-Nostro fratello ti ucciderà.
Nostro fratello ti strapperà dal corpo quel bambino immeritato e ti lascerà
agonizzare.- sibilò Fraye, afferrandola per il collo.
Chiuse gli occhi, ma sentì
distintamente le urla, il calore del fuoco e l’odore della carne bruciata. Quando
li riaprì, la stanza era in perfetto ordine. Le due bambine giacevano a terra,
una accanto all’altra. Sembravano semplicemente addormentate.
-Ho sentito delle urla...
Stai...? Cos’è successo?-
Osservò le due illusioniste
diventare parte del Lifestream, ignorando la voce lontana di Vincent.
-Yuffie!-
Lo fissò: -Le ho uccise. Hanno
avuto un infarto. Le ho uccise.-
L’angolo
degli amichetti di Chaos
Aeris, ignorando tutti, entrò
nella stanza degli ospiti, che fu illuminata di luce verde.
Vi assicuro che al posto di
Aeris avevo scritto “Voldemort”... Harry Potter mi ossessiona sempre di più...
Anche ora che è finito...
E ancora di più mi ossessiona
Angel Sanctuary, da cui ho preso l’idea di usare il vento per amplificare il
potere del fuoco. (Michelino e Raphy! ^_^) Dunque, se non avete capito niente
di Kasumi, Enkouko (che significa fiamma), visioni e fuoco, non preoccupatevi,
tutti (ma proprio tutti) i nodi verranno al pettine nel prossimo capitolo,
persino l’identità di Astharoth sarà svelata! Se ancora non avete chiaro
qualcosa, commentate e chiedetemi tutto... Cercherò d’inserire le risposte nel
prossimo capitolo...
Reno in questo capitolo ha
abbandonato le vesti di Rikku, per quelle (più comode) di Balthier (e un pò
Belial di Angel Sanctuary)... Yuffie, ma come fai a resistere a tutti questi
uomini che ti girano intorno?
Metzengerstein è il titolo di
un racconto di Poe, lo uso spesso come cognome, mi piace molto! ^__^
Il Sakanagi è il risultato di
miei personali studi sulla filosofia orientale (il karma) e le religioni new
age (wicca, in particolare, la legge del tre).
“Hai la faccia che sembra il
culo di un gatto” probabilmente qualcuno l’ha già sentita, visto che è un quote
del film “Priscilla la regina del deserto”. Mi è sembrata molto adatta ad una
persona calma e pacata come Tifa... ^_^
-Questa missione è stata
affidata a Kaminà, Dirae. Tali sono le regole della Società del Crepuscolo.-
-Non m’interessa! Erano le mie
sorelle, Emil! Te ne prego... Lascia che sia io ad ucciderlo!-
-Voi manipolatori della mente
siete così ingenui...-
-Marie! Come ti permetti
di...?!-
-Mi permetto, caro Emil, mi
permetto... Dimentichi forse che, per me, le regole della Società del
Crepuscolo non sono valide? Conosco i vostri più reconditi desideri... Conosco
il vostro futuro... Dirae ucciderebbe anche Lei. E lei ci serve viva.-
-No, non la ucciderei! So che è
importante per...-
-Dirae! Qualcuno ci osserva.-
-Che acutezza... Di cosa
parlava voi che Alexander non può udire? Complotti?-
-Accusi noi di complottare,
Alexander?! Proprio tu che hai più contatti con il nemico?!-
-Io, piccola dottora, sono re
di Inferi. Mio livello è superiore a tutti voi. Se tu non vuole trasformare in
pecora, te chiudere tua bocca.-
-Tu sarai anche un Re tra i
Demoni, ma ti ricordo che il tuo cucciolo non lo è... Dicono che le lacrime dei
cherubini siano una cura contro la morte... Che dire delle loro piume?-
-Tu tocca mia figlia e io insegno
te significato di parola dolore.-
-Allora, siete ancora qui? Cosa
guardate?! Non avete una missione da compiere?!-
-Alexander?-
-Sì, Marie?-
-Attento alla dottoressa, fa
sul serio.-
-Mia principessa, non farmi mai
più uno scherzo del genere...-
-Jubei... Io non...-
-Quel ragazzo ti vuole tutta
per sé...-
-Io e Gackt siamo solo amici!-
-Sta zitta!-
Aprì gli occhi di scatto e
trattenne un urlo.
Da quanto tempo non sognava
Jubei?
Scese dal letto e osservò la
stanza d’albergo in cui si trovava. Era spoglia come tutte quelle in cui
avevano soggiornato fino a quel momento, priva di qualsiasi personalità.
Cominciava a pensare che ad arredare tutte le stanze d’albergo del Pianeta
fosse stato la stessa persona.
Probabilmente, in quel momento,
si stava godendo la villa con piscina che si era guadagnato, alla faccia di
tutti i poveri ospiti degli alberghi che aveva arredato.
Fissò il quadro appeso alla
parete di colore blu slavato: probabilmente rappresentava un’aragosta bollita
in un momento di profonda disperazione. A scelta, il momento di disperazione
poteva essere dell’aragosta o del pittore, che poteva averla dipinta o bollita
in un momento di disperazione.
(La magia della
punteggiatura...)
L’aveva già visto. Era lo
stesso dell’albergo di Kalm e Junon.
Le opzioni erano due:
1)Il pittore era diventato ricco e famoso dopo aver dipinto
tutti quei quadri e in quello stesso momento abitava nella villa accanto a
quella dell’arredatore.
2)Il pittore e l’arredatore erano la stessa persona.
-Chi è Jubei?-
-Non volevo svegliarti...-
mormorò la donna, continuando a fissare il quadro, incuriosita dal mistero che
racchiudeva. Chissà cosa rappresentava quell’aragosta, per il pittore... Magari
un’ex amante o un amico perduto...
-Hai avuto un incubo. Urlavi.-
-Secondo te l’aragosta era
un’amante o un amico?- gli chiese, ipnotizzata dal crostaceo.
Si sentì posare una mano,
gelida, sulla fronte. –Yuffie, c’è il titolo, sotto... Quella è una mela.-
“Natura morta con mela e rosa
rossa. Ovvero, la lontananza dal lontano lido della valle della felicità è come
un treno a vapore che non fuma: non fuma.”
-Nani?- s’interrogò la
ninja, confusa.
-Invece di cambiare
discorso...- iniziò Vincent, sedendosi di fronte a lei.
-Ma che vuol dire?! Non è
un’aragosta?! Non è possibile! Guarda, Vinnie, ha le chele!- esclamò lei,
interrompendolo ed andando di corsa a frugare dentro la propria valigia.
-Hai la foto di un’aragosta?-
-Ma no, ma no!- sbottò,
guardandolo di sbieco. Corse nuovamente verso il letto, ondeggiando pericolosamente,
con in mano un uni-posca rosso. Si mise in piedi sul letto e tracciò i contorni
del crostaceo, aggiungendo, poi, un paio di antenne.
Per concludere, tracciò un paio
di ideogrammi intorno all’animale.
-Che cos’hai scritto?-
-Ma Vinnie, un ex Turk come te
che non sa leggere il Wutai! Mi meraviglio di te!- esclamò la donna, fingendosi
sorpresa. –Ovviamente, c’è scritto: questa non è un’aragosta.-
L’ex Turk le strappò di mano il
pennarello e la spinse leggermente a lato. Tracciò le stesse parole in basic.
-Che hai scritto?- gli chiese.
Si tappò la bocca con entrambe le mani, trasalendo.
L’uomo la guardò come se fosse
stata uno degli alieni del pianeta Papalla.
-Che vuoi?! Tu non sai leggere
gli ideogrammi, no?!- sbottò Yuffie, sedendosi sul letto.
-Ecco perché al supermercato
non trovi mai un reparto...- sussurrò il moro, momentaneamente illuminato dalla
luce di Ramuh, signore delle idee geniali.
-Non è per questo! É solo
che... Sono indicati male, ecco!- bofonchiò lei, incrociando le braccia al
petto.
-Yuffie... Chi è Jubei?-
Lo fissò lungamente negli
occhi, seria, per poi emettere un lungo e sonoro sbadiglio. –Oleviathaaaahhn,
che sonno mostruoso! Buonanotte Winnie Winnie!- esclamò, rannicchiandosi sotto
le coperte.
-Yu...-
-Ronf Ronf...-
-Lo so che non stai dormendo...
Gli esseri umani non si addormentano così rapidamente...-
-Tu lo fai... La piccola ha
appena deciso di dormire, ne approffitto...-
-Chi è Jubei?-
Si rannicchiò ulteriormente su
sé stessa, per quanto le fosse permesso dal volume della pancia. La bambina si
agitò nuovamente.
-Jubei... E’ la mia Lucrecia.
Per cui, ti prego di non fare domande.-
-Yuffie, non correre...- sprecò
fiato Vincent.
Wutai! Era tornata, finalmente!
Quanto le era mancata!
I suoi colori, i suoi odori...
-Sono a casa!!! Piccolina,
siamo a casa!- urlò a squarciagola, correndo in tondo, a zig zag, per la piazza
principale.
-Sono le cinque del mattino...-
-Chissà come stanno tutti! Ah!
Devo andare al Turtle Paradise! E salutare i miei gatti! Vinnie, quanto
restiamo?!- esclamò la ninja, saltellando intorno al moro.
-Rimaniamo solo per oggi.-
-Ma come, Winnie Winnie!!! Devo
andare a trovare tutti!!!- protestò la donna, inciampando e salvandosi solo
grazie al provvidenziale aiuto di “winnie winnie”. –E poi ti devo anche
presentare Yuriko, Yuki, Yoru, Yu...- iniziò ad elencare.
-Conosci solo ragazze il cui
nome inizia per Y?- notò lui, alzando un sopracciglio.
-No! Solo quelle carine
iniziano per Y!-
-Perché dovresti
presentarmele?-
-Per fartene sposare una, che
domande!- rispose la ragazza, con naturalezza.
-Non ho nessuna intenzione di
sposarmi, Yuffie. I mostri non si sposano.-
Yuffie sbuffò e lo fissò negli
occhi, risoluta.
-Anche io ho avuto una brutta
esperienza con un ragazzo... Talmente brutta che, per anni, ho creduto
fermamente che non avrei mai amato nessuno... Ma poi è arrivato Astharoth ed è
cambiato tutto... Vedrai che anche tu, un giorno, troverai la persona perfetta
per te.- gli assicurò, incoraggiante.
-E per fare cosa, poi? Non
potrei mai avere una famiglia. E’ sbagliato... Io sono sbagliato.-
-Sei ancora peggio di Asty...-
-Che c’è? Prima mi dici che mi
ami e poi non vuoi stare insieme a me?-
-Non è questo... Io... Io non
sarò mai capace di darti un figlio. Io sono un demone, tu un’umana. Non potrò
mai stare con te perché sono un parassita... Ci sono... Ci sono troppe
variabili... Ovviamente tu non puoi capire.-
-Sei
scemo? Di che diavolo parli?! Variabili? Matematica?! Questa non è matematica,
è la vita vera!-
-Entro stasera sarai sposato
con qualcuno, Vinnie! Che sia uomo, donna, animale o conifera!-
-Cosa vuoi?-
Gelò sul posto. Cosa ci faceva
Sakura a palazzo? Di solito rimaneva nella sua villa immersa nella natura con i
suoi diciotto amanti...
-Cosa vuoi tu? E’ casa mia...-
rispose prontamente.
-Sei incinta! Dovevo
sospettarlo! Sei venuta a spillare qualche soldo al tuo paparino? Come quella
sgualdrina di tua sorella?!- sbottò la donna, appoggiandosi allo shoji con fare
lascivo. Portava il kimono in modo spaventoso, come le donne orientali quando
era scoppiata la mania del Wutai. Prima di tutto, indossava un unico furisode
dalle maniche lunghe, nonostante fosse sposata; e l’obi era legato talmente
male che l’abito sembrava un accappatoio e lasciava scoperte gran parte delle
sue gambe snelle e lunghe e la spalla destra.
-In realtà volevo solo
salutarlo, quindi torna pure al tuo amante, Mantide Religiosa.- sibilò la
minore.
L’altra le afferrò il mento con
una mano, sovrastandola dall’alto del suo metro e settantacinque. –Ricorda con
chi stai parlando, Sakanagi.-
Sentì il rumore tipico delle
sicure del Cerberus.
-Sei molto irritante,
ragazzina.- sussurrò a denti stretti Vincent. –Siamo qui per parlare con Lord
Godo, per cui, per favore, lasciaci passare.-
-Uhm... Che uomo brusco ed
affascinante... Proprio il mio tipo...- mormorò Sakura, lasciando la ninja ed
eclissandosi.
Tirò un calcio ad un paravento,
che, cadendo, andò in frantumi e lanciò una serie di epiteti poco carini in
Wutai, rivolta alla donna.
-Ho capito che non scorre buon
sangue tra di voi...-
-Vincent, sei proprio geniale
quando si tratta di sottilineare un’evidenza!- esclamò Yuffie. –Andiamo, la
stanza del vecchio è di qua...-
-Chi era quella donna?- le
chiese, seguendola.
-Oh, la Mantide Religiosa?
Nessuno... La mia matrigna.- rispose lei, sbuffando. –Se te lo stai chiedendo,
la chiamiamo così perché fa giustiziare i suoi amanti per alto tradimento, di
tanto in tanto... E, sì, farsi la moglie dell’Imperatore è considerato alto
tradimento.-
-In realtà mi stavo chiedendo
quanti anni avesse...-
-27.-
-E’ molto giovane... Ha quasi
la tua età... Immagino che sposarsi con qualcuno che ha il doppio dei tuoi anni
non sia piacevole...- sussurrò Vincent.
-A me non sarebbe dispiaciuto
affatto sposare Sephiroth quando gli davamo la caccia e ti posso assicurare che
il matrimonio tra quei due è stato un matrimonio d’amore... Almeno da parte di
Godo... Lei era una turista, tornata nella città dei suoi padri per vedere se
riusciva a trovare qualche bel souvenir ed ha incontrato lui... Amore a prima
vista. A prima vista del portafoglio di lui, ovviamente... Lei è una
mezzosangue.- raccontò la ninja.
-Non sei un pò razzista?-
-Razzista? Io? Ti ricordo che
faccio parte di una minoranza etnica...-
-Giusto, giusto... Sei solo
invidiosa dei quindici centimetri che vi separano... Un abisso.-
-Ecco perché non volevi che ti
presentassi le mie compagne di corso... Non ti piacciono le ragazze basse! Sei
un feticista delle gambe, per caso? Non rispondere, lo so... Eccoci.-
Fece un profondo respiro e si
voltò verso Vincent, scompigliandogli i capelli.
-Che fai?!-
-Sembri Rodolfo Valentino,
così... Tanto è inutile! Non hai proprio il senso dello stile!- si disperò lei,
appoggiando la testa al suo petto. –Senti, probabilmente mi ucciderai dopo
quello che succederà oggi. E’ stato bello averti al mio fianco.-
Si allontanò ed aprì la porta
di scatto. Non era cambiato nulla. La stanza era sempre arredata al contrario
di quello che esigeva il buon gusto di Wutai. In poche parole, sembrava la
bottega di un rigattiere. C’era tutto quello che l’uomo aveva raccolto durante
le proprie peregrinazioni.
Al centro della stanza
troneggiava un enorme uovo di vetro. Quando era piccola si ricordava che
quell’uovo la metteva in soggezione. Tutto ciò che era più alto di lei la
metteva in soggezione. Sua sorella Kasumi le aveva caldamente suggerito di non
giocare in quella stanza, per non romperlo. Ovviamente non l’aveva ascoltata.
L’uovo si era rotto, ma la
colpa era stata di Kasumi, con la sua straordinaria goffaggine.
E quella era stata la prima volta che s’era rotto.
-Non ti preoccupare per l’uovo,
Vincent...- sussurrò l’uomo, stiracchiandosi ed alzandosi dal kotatsu.
-L’uovo?- ripeté l’altro,
confuso.
-Hai guardato di nuovo la scena
di Matrix in cui compare l’Oracolo, vecchio?!-
Ci fu un tonfo sonoro ed un
rumore di vetri rotti.
-L’uovo che hai appena rotto,
Vincent. Come stai?- chiese alla figlia.
-Bene, sono incinta.- rispose
lei con naturalezza.
-E il padre chi è?-le domandò.
Fissò Vincent, che cercava
invano di ricostruire l’uovo e sorrise. Quella era una replica dell’uovo che
Shinra conservava nel suo palazzo. Per essere precisi, era la quindicesima
replica. Bastava sfiorarlo leggermente per incrinarlo e poi mandarlo in mille
pezzi. Ogni volta che qualche nobile si era presentato in quella casa per
chiedere in moglie una delle figlie, stranamente la scultura era andata in
mille pezzi e loro, costernati, erano scappati. Erano caduti in disgrazia da
generazioni e risarcire l’uovo era troppo costoso.
-Si chiamava Astharoth ed è
morto nella battaglia di Midgar di tre mesi fa.- mormorò, dopo un lungo
silenzio.
-Astharoth, eh? Come il demone
di quella vecchia leggenda! Che coincidenza! A proposito, Yuffie, anche io
morirò.- annunciò l’Imperatore, atono.
Fu come se qualcuno le avesse
tirato del ghiaccio secco in testa. Si sentiva gelare ed era stordita.
-Stai scherzando, vero,
vecchio?-
-Affatto. Sono mesi che sogno
di morire... Ormai non faccio altro... Non è affatto piacevole, in effetti...
Non mi aspettavo nemmeno la tua venuta.-
Si accarezzò il ventre, in
cerca di conforto. Perché gliel’aveva annunciato in modo così freddo?
-Padre...-
-Ho bisogno che tu faccia
qualcosa per me. Voglio vedere Kasumi, prima di morire. Probabilmente non vorrà
vedermi e, in quel caso, dille che l’ho perdonata. E che ha ancora un posto a
Palazzo. Come te, del resto, futura Imperatrice di Wutai...-
-Ma sei scemo?! Primo, non sarò
mai Imperatrice, perchè non mi sposerò mai! Secondo, non mi puoi annunciare una
cosa del genere e poi chiedermi dei favori!- sbottò la donna, adirata.
-Signor Valentine? Lei è
innamorato o legato ad una donna o un uomo, in questo momento?- chiese Godo,
con tono autorevole.
-No, signore.-
-Bene, bene! Una persona ragionevole!
Mi dia la sua mano sinistra, per favore!-
Gli porse il braccio meccanico,
che l’uomo guardò impressionato. –E’ oro?-
-No, ottone.-
-Peccato! Sì, proprio un
peccato! Yuffie, potevi farci un pò di soldi...-
-Ci ho già provato...- confessò
lei.
-C’è la possibilità di avere un
dito in cui entri questo?- chiese Godo, mostrando loro un anello semplice.
-Che cos’è?- chiesero i due in
coro, sospettosi.
-Un anello con cui ti si
apreranno molte porte, Vincent!- assicurò l’Imperatore, con un largo sorriso.
Si sfilò il guanto, pezzo dopo
pezzo e l’altro gli infilò l’anello all’anulare.
-Sai nuotare, Vincent?-
-Sì.-
-Sai cucinare?-
-Un pò.-
-Sai rendere felice una donna?
Ovvero, sei ricco?-
-Ho un discreto conto in banca,
sì.-
-Perfetto! Yuffie, hai sposato
un uomo dalle qualità encomiabili!- annunciò l’uomo.
-E quando l’avrei sposato?!-
sbottò la ninja, esterefatta.
-Un quarto d’ora fa, quando ti
ho infilato la fede al dito!- ribatté suo padre, indicandole la mano sinistra.
Fissò l’anulare, sotto shock.
Non s’era accorta di niente...
La fede nunziale brillava con
una forza che le dava fastidio. Si sentiva come svuotata.
-Finché sarò vivo, non
permetterò a nessuno di sposarti.-
Allora era vero. Stava per
morire. Ma perché? Sembrava in ottima forma ed era troppo giovane per una morte
naturale.
-Non ho nessuna intenzione di
sposarmi, vecchio.- sibilò, sfilando l’anello e lasciandolo cadere a terra. Non
voleva quell’anello. Non voleva sposarsi con qualcuno che non fosse Astharoth.
Non quando era incinta di sua figlia. Era immorale.
Non voleva che suo padre
morisse.
-Non è forse la stessa cosa
essere sposati con lui o con l’altro?- chiese Godo. –Non sono forse la stessa
persona, Yuffie?-
-No che non sono la stessa
persona! E non insistere! Non voglio sposarmi! Io non amo Vincent, capito?! E
non lo amerò mai, perché è un mortorio stare con lui!- esclamò la donna. –Non
posso fare a meno di vedere il suo passato e ti assicuro che non esiste un uomo
più idiota di lui! Ha lasciato che la donna che amava si sposasse con una
specie di carciofo bollito dalla risata satanica e le ha persino lasciato fare
un figlio con quell’essere, quando invece quello che doveva fare era avere le
palle di dirle che l’amava! Ti pare che potrei mai stare insieme a quel cretino?!-
-Tu non riesci ad amarlo perché
in realtà sei innamorata di lui, Yuffie.-
-Ma sei scemo?! Ti ho appena
detto che non posso vederlo!-
-Hai ragione. Ma sei innamorata
di lui comunque. Sei innamorata di Astharoth.- ribatté l’Imperatore,
infilandole nuovamente l’anello al dito. –A proposito, penso che si senta un pò
usato, ora come ora.-
Yuffie si ricordò
improvvisamente che l’ex turk si trovava nella stanza. –Oh no...-
Si voltò verso di lui, ma, come
si aspettava, se ne era andato.
Che stupida. Perché l’aveva
insultato in quel modo?
Non era colpa sua se Astharoth era morto e se suo padre stava per
morire.
Fin da quando si erano conosciuti era stato il suo capro
espiatorio. Era semplice fargli notare i suoi errori, perché era l’unico di
Avalanche a riconoscerli.
Invece lui l’aveva sempre
difesa dalle parole velenose delle persone che la giudicavano senza conoscerla.
Era un amico. Forse il suo unico vero amico.
-Yuffie, ricorda di portarmi
Kasumi.-
-Ehilà…- sussurrò, sedendosi
accanto a lui nell’erba umida, con qualche difficoltà.
Aveva impiegato più due ore per
trovarlo. Aveva cercato in tutti i posti in cui un simil vampiro profondamente
offeso potesse rifugiarsi, poi aveva pensato a dove Vincent Valentine potesse
andare a cercare un pò di conforto... Sotto un albero, lontano dalla città.
E l’aveva trovato alla prima.
-Scusami. Non pensavo quello
che ho detto. In realtà, penso veramente poco, ultimamente...-
Lui rimase assorto nei propri
pensieri, senza degnarla di uno sguardo.
-Sono io il Sakanagi di questa
generazione...-
-Lo so.- mormorò lui. –Per
questo posso vedere i tuoi ricordi con Astharoth.-
Si sentì morire. Poteva
vederli?
-Non è per questo...
Probabilmente sei molto ricettivo.- rispose, cercando di fermare il tremore
delle mani.
-O probabilmente perché sono
anche i miei.-
Le fu impossibile fermare le
lacrime. Lacrime di dolore e vergogna per sé stessa, per il proprio
comportamento.
-Credevo di essere impazzito
del tutto. Fortunatamente ho trovato una risposta alle mie domande. Tre anni di
menzogne, Yuffie. Tre anni. Mi dirai, sono abituato, dopotutto.-
-Vincent...- iniziò la donna,
sedendosi sui talloni.
-Mi disgusti profondamente,
Yuffie Kisaragi.-
Avrebbe preferito essere
schiaffeggiata. L’avrebbe preferito a quel suo essere gelido e apatico.
L’avrebbe preferito alle sue parole sincere.
-Lo so. Hai ragione. Non è
stato semplice... No... E’ stata la soluzione più facile, in realtà. Ma ne sono
sinceramente dispiaciuta, Vincent...-
-Dillo.-
Chiuse gli occhi e fece un
respiro profondo. – Chaos è Astharoth.-
Quando li riaprì, non vi era
più alcuna traccia di Vincent Valentine.
-Non volevo perdere
entrambi...-
Odiava quel luogo. Era il
preferito di Jubei.
Nei corridoi vi era un violento
odore di donna, che invano tentava di nascondere quello del sesso.
L’arredamento era tipicamente orientale, con una sovrabbondanza di velluti
rossi, specchi e tutto ciò che potesse esserci di cattivo gusto.
-Buongiorno, signora.-
Si voltò verso la padrona di
casa, una donna sulla cinquantina, elegantemente fasciata in un tubino rosso. I
suoi capelli decolorati e sapientemente arriciati, mentre quella muoveva la
testa, non si spostavano di un millimetro. Era stata operata alle palpebre ed
esposta al Mako, ma era chiaramente di Wutai.
Era pronta a risponderle che
suo marito non si trovava lì.
-Buongiorno. Sto cercando
Kasumi Kisaragi, sono sua sorella.- la sorprese.
Nessuno, nel giro, conosceva
Kasumi con quel nome. Lei era semplicemente la Dama della Nebbia.
-Aspetta, cara, guardo se è
occupata... No, è in pausa. E’ nella stanza della Nebbia.- le indicò la bionda,
con un sorriso.
Percorse il corridoio rosso con
lo stesso timore con cui l’aveva percorso anni prima, per la prima volta. Ogni
stanza ospitava una Dama, una prostituta. Ce n’erano venti.
La stanza della Nebbia era
l’ultima a destra. A sinistra vi era la stanza di Orlando, la più famosa e la
più richiesta. Il suo punto di forza stava nel fatto che avesse un aspetto
androgino.
Bussò alla porta azzurra di
destra.
-Sono in pausa! Lasciatemi in
pace!-
Spalancò la porta e s’immerse
nella nebbia artificiale della stanza. Al centro troneggiava un letto a
baldacchino con tende pesanti, azzurre ed altri veli e decorazioni.
-Kasumi...-
Era sdraiata sul letto ed il
suo modo d’indossare il kimono le ricordò quello di Sakura. Si voltò verso di
lei e spalancò gli occhi celesti.
-Yuffie! Come sei cresciuta!-
esclamò, con un sorriso. –Sei sposata?! Ma sei giovanissima! Hai 18 anni, ora,
no?-
-Ne ho venti, Kasumi...-
Era così triste, vederla
ridotta in quello stato... Il trucco era sbavato ed i capelli completamente
scompigliati. E i suoi occhi... Quand’erano piccole, quando giocavano ad essere
gemelle, si ripetevano che solo gemelle potessero avere occhi così identici.
Occhi come ghiaccio, come l’acciaio degli shuriken.
I suoi occhi spenti, azzurri,
erano come lame appuntite conficcate nel cuore.
-Scusami! E’ un sacco che non
esco di qui, sai?-
Lo sapeva. Erano anni che non
usciva. Da quando aveva scoperto dov’era scappata. Sei anni prima.
-Papà sta morendo. Vuole
vederti.-
-Come sta Jubei?-
-Jubei è morto, Kasumi. Abbiamo
fatto un incidente d’auto, quella ha preso fuoco ed io mi sono salvata per
poco.- sussurrò Yuffie, gelida.
-Mi dispiace... Lo amavi tanto
vero?- sussurrò l’altra, con voce quasi infantile.
-Kasumi. Jubei mi picchiava.-
-Ma tu l’amavi tanto...-
-Sì.-
-Anche io l’amavo tanto... -
-Vai da papà, Kasumi, ti sta
aspettando.- sussurrò Yuffie, uscendo dalla stanza e quasi correndo fuori
dall’edificio. Aspirò una boccata d’aria fresca e scoppiò a piangere.
Lo sapeva, fin dal principio,
che Jubei era la causa di tutto. Lui aveva messo incinta sua sorella, facendola
scappare di casa. Lui l’aveva obbligata ad abortire, abbandonandola subito
dopo.
Eppure, nonostante tutto questo,
si era innamorata di lui.
-Jubei...-
Pensava che tornare in quel
luogo le avrebbe fatto solo male. Invece, non provava nulla. O meglio, si
sentiva completamente vuota. Lì era morto. Bruciato vivo.
Non provava neppure
compiacimento per quello che gli era successo.
Aveva pianto troppo per lui.
Ecco, era quella la sensazione
che provava. Si era svuotata per lui.
Aveva compiuto una serie di
azioni senza senso per emularlo, perché lo amava. Non le aveva mai chiesto
nulla. Lei aveva fatto tutto da sola. Ovviamente, lui non aveva fatto nulla per
impedirle di agire in modo così sconsiderato. Però neppure l’aveva
incoraggiata.
L’ammirava. L’ammirava e voleva
emularlo. Era bello, sulla sua moto, con i suoi occhi spenti e l’aria di uno
che non ha nulla da perdere. Avrebbe voluto essere come lui. Avrebbe voluto che
qualcuno la considereasse bella in sella ad una moto.
Sarebbe potuta scappare, la
prima volta che l’aveva picchiata. Sapeva di non avere colpa e, che, in nessun
caso, il suo comportamento era giustificabile con una propria azione.
Ma l’amava.
E lui era l’unico ad averle mai
detto che era carina.
La colpa non era da una parte
sola.
La colpa era di entrambi.
Chiuse gli occhi.
-Avrei voluto salvarti. Ero
piccola, ingenua... Ma avrei voluto salvarti veramente. Perdonami se non ce
l’ho fatta.-
Il poltergheist scomparve. Il
rimorso ed il rancore erano completamente scomparsi.
-Yuffie. -
-Pensavo di farti schifo.-
sussurrò, voltandosi verso Vincent.
-Non c’è tempo. Stanno
attaccando. Dobbiamo scappare.-
-Non scapperò, Vincent. Non
più. Lasciami stare, ora.- gli ordinò, avviandosi verso il proprio scooter.
Galian Beast le sbarrò la
strada, ben intenzionato a farla ragionare.
Serrò i pugni. L’importante, in
quel momento, non era di sicuro il suo orgoglio. Doveva dare una mano alla sua
città. Sbuffò e si arrampicò sul dorso del demone blu, che grugnì, sorpreso,
per poi correre verso la città.
-Gli esseri umani sono così
prevedibili!- esclamò Kaminà.
Era in piedi, al centro della
piazza principale di Wutai. Al suo fianco vi era Emil, ferito ad un fianco.
Al centro, in ginocchio, vi era
suo padre, ferito gravemente. Respirava a fatica, ma tentava in tutti i modi di
alzarsi in piedi e tenere la testa alta.
-Lascialo.- sibilò Yuffie,
avvicinandolesi, subito fermata da Galian.
-Minacciata da una donna
incinta! Tremo di paura!- esclamò la bionda, sfilando un coltello dalla cintura
e piantandolo nel fianco di Godo.
-No!-
La ninja corse incontro alla
donna e prese letteralmente fuoco. Si avventò su di lei e la colpì
ripetutamente con il suo stesso pugnale, divenuto ormai incandescente. Una
falce le sbarrò la strada.
Si voltò verso Emil, che
indietreggiò leggermente, stupito dalla sua ferocia.
Afferrò la falce e gliela
rigirò contro, procurandogli un taglio perpendicolare a quello che suo padre
gli aveva fatto, per tutta la lunghezza dell’addome.
Emil cadde a terra.
Yuffie si voltò per affrontare
Kaminà, ma non fece in tempo ad accorgersi che la sua avversaria era fuggita,
poiché fu risucchiata dall’oscurità.
L’angolo
degli amichetti di Chaos
Lo so, è estremamente
deprimente, come capitolo...
Chaos: Ma... Ma... O_o
Astharoth: Ebbene sì, siamo la
stessa persona!
Yuffie: In qualsiasi modo la
giri, questa mi sembra una Yuffentine...
Chaos, abbracciando Yuffie: Tu
sei la mia amichetta speciale!
Ve l’aspettavate? Avevate già
indovinato?
Se sì, bravi!
Gackt (il cantante): Come fai a
resistermi?
Yuffie (mezza soffocata da
Chaos): Non lo so... Davvero... non lo so... @ ç @
La natura morta dell’aragosta
mi è venuta in mente per caso... Visto il mio profondo amore per l’arte
astratta e/o moderna... Certi quadri che mettono negli alberghi sono veramente
spaventosi... E l’arte astratta proprio non la capisco...
Per chi non lo sapesse, il
basic è la lingua veicolare di Star Wars, quella che tutti sono obbligati a
parlare per farsi capire un minimo...
Le scene di lotta non mi
vengono proprio... E avrei voluto rendere la morte di Godo un pò più...
Gloriosa? Però non ci sono riuscita e mi dispiace... Per la sua
caratterizzazione, mi sono data alla pazza gioia, rifiutandomi categoricamente
di farlo IC... Il mio Godo è completamente fulminato, molto forte in battaglia
(come l’originale) e dorme in continuazione... Ma è anche molto positivo... Sa
che deve morire ma si comporta tranquillamente...
Sakura è la gemella cattiva di Kisaki... E
sottolineo cattiva... ^_^ (Just before the sunset... Ve lo ricordate? Io sì,
purtroppo...)
I thought I
saw you late last night
But it was just a flash of light
An angel passing
But I remember yesterday
Life before you went away
And we were laughing
We had hope and now it's broken
Credevo di averti visto l'altra notte sul tardi
ma è stato solo un flash,
un angelo che stava passando
ma ricordo il passato, la vita prima che
te ne andassi via, e noi stavamo ridendo
avevamo sperato e adesso tutto è finito
And I could see it clearly once
When you were here with me
And now somehow all that's left are
Pieces of a dream
ed io riesco a vedere tutto chiaramente
per la prima volta, da quando eri qui con me
e adesso in qualche modo tutto ciò che è rimasto
sono solo pezzi di un sogno
Pieces of a dream - Anastacia
Oro.
Oro?
Oro!
Doveva
raggiungerlo!
Ma sentiva un tale peso sullo stomaco!
Non
riusciva a muoversi, si sentiva come schiacciata verso il basso.
Ma quell’oro, luccicante, pronto ad essere coccolato...
Doveva afferrarlo!
-Yuffie!-
Si svegliò di soprassalto, ritrovando la stessa
sensazione del sogno. Qualcuno era seduto sul suo stomaco.
Afferrò
un kunai da sotto il cuscino, istintivamente.
Incontrò
per una frazione di secondo, mentre si apprestava a colpire l’intruso, un paio
di occhi color dell’oro. La straordinaria bellezza di quegli occhi, mista alla
malinconia che ne traspariva, la fece esitare l’attimo che bastò a farle
mancare il bersaglio.
Sbuffò,
stizzita, rifiutandosi di darsi per vinta. Si liberò dalla morsa
dell’avversario e scappò dalla finestra.
Doveva
trovare Cloud e Tifa. Erano in giro per il Gold Saucer a fare chissà cosa. Cid
e Barret? Non sarebbe mai riuscita a trovare il bar in cui si erano infilati.
Non aveva idea di dove fossero Red e Cait. Vincent?
Dove
diavolo era Vincent, quando serviva un’entrata ad effetto?
E
dove diavolo erano i tubi di collegamento tra le attrazioni? Perché la foresta
intorno al Ghost Hotel era così fitta e spettrale? E perché perdeva tempo a
pensare, quando l’unica cosa che doveva fare era correre?
-Aspetta
Yuffie! Non voglio farti del male!-
Lui,
poiché si trattava di un uomo, le afferrò il braccio. La sua mano era così
fredda che lei si arrestò di botto, come se quel freddo intenso si fosse
propagato in tutto il corpo.
-Ciao
Yuffie.- sussurrò lui, entrando nel suo campo visivo.
Era
alto e minaccioso, pallido come un morto. Aveva ali enormi. Lo sapeva anche se
quelle non erano spiegate, in quel momento.
Lo
sapeva perché aveva di fronte il demone Chaos.
Ecco
spiegato il motivo per il quale Vincent non aveva fatto entrate ad effetto.
L’essere
mostrava i denti e soffiava.
-Chaos...-
balbettò la ragazza, spaventata a morte. Lui o, meglio, esso, non sembrava
amichevole.
Le
lasciò il braccio e le fece la domanda più assurda del mondo. –Come stai?-
Arretrò
lentamente, cercando di calcolare quante probabilità ci fossero di uscire viva
da un eventuale scontro. Decisamente poche.
Percepì
il tronco di un albero nella schiena. Era in trappola. Maledetta foresta.
Chaos
smise di soffiare e chiuse gli occhi.
-Scusami,
non sono abituato a parlare...- sussurrò.
La
luce di Ramuh illuminò la ninja con un’idea geniale. Non le stava soffiando
contro. Aveva il fiatone.
-Nemmeno
a correre...- azzardò.
-Ah...
Bé... Sai... Con le ali...- biascicò lui. Sembrava imbarazzato.
Smise
di digrignare i denti.
Yuffie
si rilassò, espirando dopo una lunga apnea. Stava veramente chiaccherando con
uno dei quattro demoni di Vincent? Le sembrava assurdo...
-Mi
dispiace, non era mia intenzione spaventarti...- sussurrò, abbassando la testa.
Yuffie
non poteva credere ai propri neuroni, quando si accorse che l’unico aggettivo
che le veniva in mente per descrivere il demone era: kawaii.
Però
era kawaii.
-Io
spaventata? Stai scherzando?! Stai parlando con Yuffie Kisaragi, la ninja
straordinaria!- sbottò, mettendosi le mani sui fianchi. –Nulla mi spaventa!-
Chaos
digrignò nuovamente i denti e lei non poté fare a meno di fare un balzo
all’indietro.
-Che
bei denti, signor Chaos!- esclamò lei, arretrando ulteriormente e perdendo del
tutto la propria aria sfacciata.
A sua
grande sorpresa, il demone si sedette a terra, con la schiena appoggiata ad un
tronco bruciacchiato, abbracciandosi le gambe e dondolandosi avanti ed
indietro.
-Ti
spavento... Mi dispiace, non era mia intenzione. Volevo solo parlare con te...-
le spiegò.
La
sua mente razionale le consigliò caldamente di scappare.
Avanzò
con un pò di timore, per poi sedersi sui talloni, accanto a lui.
Non
era razionale.
Aveva sedici anni, che diamine! Ed una mente
che considerava terribilmente kawaii un demone depresso!
-Ho
freddo... Mi presti il tuo mantello?- gli chiese, implorante.
-Scusami!
Io non percepisco la sensazione di freddo!- esclamò lui, slacciando il mantello
rosso e avvolgendovi la ragazza. La sua pelle era gelida.
-Grazie.
Ehm... Chaos, che fai nella vita?- gli domandò, imbarazzato. Non aveva mai
parlato con un demone. Non aveva idea di che cosa dirgli.
-Penso.-
-Quindi
esisti.-
-Esatto.
Come essere pensante.-
Era
incredibile la sua sua somiglianza con Vincent. Era inquietante. E perfetto.
Arrossì
al pensiero.
Kawaii
andava bene, ma addirittura figo...
-Tu
sorridi spesso. Potresti insegnarmelo?- le chiese, fissandola con i suoi occhi
d’oro. La facevano sentire a disagio. Erano sinceri. Qualsiasi cosa avesse
detto, gli avrebbe creduto.
La domanda
le arrivò al cervello, momentaneamente spento a causa di quello sguardo.
Sgranò
gli occhi. Non poteva farle una domanda del genere.
-Scemo!
E’ impossibile che tu non sappia sorridere! Prova!- esclamò la ninja.
-Ci
ho provato, ma ti sei spaventata...- le fece notare, deprimendosi.
Quindi
quando mostrava i denti, in realtà, sorrideva...
-Devi
pensare a qualcosa di allegro. Come un desiderio che si avvera! Cosa desideri
in questo momento?-
Lui
appoggiò la testa al tronco, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Un
lieve colore rosato comparve sulle sue guance.
-Vorrei
assaggiare una pigna.-
-Cosa?!-
-Secondo
te è buona?-
-No,
scemo, non si mangiano mica, le pigne! Un desiderio! Chessò, la pace nel
mondo!-
-Si
mangia?-
Si
bloccò. Voleva mangiare. Non aveva mai mangiato in vita sua.
Mangiare
era il suo desiderio.
S’intenerì
e si calmò.
-Visto
che prima o poi mangerai, non vuoi pensare a qualcosa di meno raggiungibile?
Qualcosa per la quale valga la pena di sorridere.- gli spiegò, fissandogli i
capelli con estremo interesse, per non incrociare i suoi occhi.
-Parlarti.
Ma so che non durerà...-
-Prometto
che la prossima volta non scapperò!- esclamò la ragazza, con un largo sorriso.
-Posso
toccarti le labbra?- le chiese, guardando verso la fine del bosco.
Arrossì
come se le avesse appena fatto la proposta più indecente del mondo.
Ma
annuì, incapace di pronunciare una sola parola e si lasciò sfiorare dai suoi
polpastrelli gelidi.
-Sono
calde.- notò, piacevolmente stupito.
-Le
tue sono fredde?- gli chiese, scandendo piano le parole, in modo che le sue
dita rimanessero dov’erano.
-Incredibilmente.-
Gli
afferrò la mano, spostandola dalle proprie labbra e posò quelle sulle sue.
Aveva
ragione, le labbra erano fredde. Il suo bacio era tutto il contrario. Istintivo
e passionale.
Il
bacio di un demone.
Allontanandosi
da lui, paonazza per il bacio e l’imbarazzo, si accorse che le sue labbra
avevano assunto un colorito più sano.
-Stai
avverando ogni mio desiderio, Yuffie...- sussurrò lui, arrossendo lievemente.
Con
lentezza, le sue labbra si distesero in un sorriso particolare, un pò sghembo,
elegante e dolce.
Il
suo primo sorriso. Ed era per lei.
La
ninja si alzò in piedi e sorrise.
-La
prossima volta assaggeremo una pigna!- gli promise.
Fino alla fine,
non ha smesso di sorridere nel suo modo particolare, elegante e dolce.
L’angolo degli amichetti di Chaos
Un altro capitolo di
flashbacks! Questa volta, riguardanti il primo incontro tra Yuffie ed
Astharoth...
Mi sorprende che nessuno si sia
accorto della sua vera identità... Eppure gli indizi c’erano tutti: gli occhi
dorati, le cicatrici sul viso pallido...
L’altra cosa che mi stupisce è
che nessuno abbia commentato: ehu, che schifo! Chaos e Yuffie?!
Ma dico, avete visto Chaos in
DoC?!
In realtà ho letto molte
ChaosXYuffie, su siti stranieri... E’ una coppia che mi ha sempre incuriosito!
Divagazioni a parte, ecco le
mie risposte ai vostri commenti, che, ripeto, mi fanno sempre un immenso
piacere!
Ladyhellsing: stupendo è una parola grossa... d’ora in poi dovrei
aggiornare più spesso, anche se Kage non la scrivo di getto e la riaggiusto
cinquanta volte prima di pubblicarla...
Dastrea: La bambina ha la pellaccia dura, come la madre! Ho
cercato di rendere Shelke un pò più umana e sopportabile... Non ci sono
riuscita, mi dispiace...
Kay: Grazie, la morte di Godo è stata una scena orribile da
scrivere... Avevo il magone...
Yuffie18: Non hai idea di quanto mi dispiaccia far morire un
personaggio, soprattutto se l’ho inventato io... Anche se le gemelle,
personalmente, mi stanno antipatiche e preferisco di gran lunga Hikaru, un pò
Madame Butterfly...
Grazie a tutti coloro che hanno
letto e commentato! E grazie anche a MM., le cui canzoni mi sono sempre
d’ispirazione!!!
Lately I’ve been having the same nightmares over and over
Lately I’ve been having the same nightmares
over and over...
On my way on the long long road, the moon illuminates my destination
Riding with you, I hide my breath and eat up the nightmares
Saikin
sou unasarete wa onaji yume kurikaesu...
Nagai nagai michi no tochuu tsuki dake ga yuku saki terashi
Anata ni nori iki wo hisome akumu wo tabetsukusu no
I bury my face in your lap when I’m scared
at night
so when morning comes, I’ll be sure to make a wish for you
Hiza ni
kao wo uzumenagara yoru ni obiete iru naraba
Makuramoto ni negai wo kome kanarazu kuru asa he to
Desert Rose –
Nakashima Mika
-La perdita di Emil non è stata
irrilevante, Kaminà.-
La donna bionda si prostrò ai
piedi del Capo. –Vi supplico, perdonatemi!- eclamò.
-Inoltre, la morte di Lord Godo
non era prevista. Ricorda che se dovesse subire shock troppo intensi, potrebbe
perdere il bambino. Se questo dovesse accadere, i nostri piani fallirebbero.-
sibilò la dottoressa, poggiando il tacco dei propri stivali sulle dita della
guerriera.
Quella chiuse gli occhi e
soffoccò un gemito.
-Dobbiamo approfittare della
sua momentanea debolezza per catturarla.- sussurrò. –Marie?-
-Sì, mia Signora?- mormorò la
“bambina”, aprendo gli occhi e stiracchiandosi. –Agli ordini, Signora.-
Si alzò ed uscì dalla stanza,
dopo un leggero inchino.
-Marie?-
-Buongiorno, Semiramis. Tra non
molto verrà richiesto il tuo aiuto...- le disse la giovane, con un debole
sorriso.
-Lo so, Marie... Ma... Mi
preoccupavo per te... Insomma... Ultimamente le tue visioni sono confuse...-
La veggente osservò la
guerriera ed il suo sorriso si allargò. –Ti ringrazio, Semiramis. Sto bene.-
sussurrò, infilandosi nella propria stanza.
-La prossima carta a bruciare
sarà quella degli amanti.-
-Perché hai fatto una cosa così
orribile?!- urlò la donna.
Non aveva più lacrime. Aveva
già pianto abbastanza.
Non era più triste. L’unico
sentimento che provava in quel momento era l’ira. Un’ira che cresceva sempre di
più. Sentiva il sangue ribollirle nelle vene.
L’aveva portata via da Wutai.
Erano al Gold Saucer.
Si accasciò sul letto, priva di
forze. Lui non rispose. Rimase a fissare il cielo artificiale, fuori dalla
finestra.
-Lo so che ti disgusto... Ma
perché fare una cosa del genere?- sussurrò, rannicchiandosi su sé stessa. –Per
vendetta?-
Tentò di calmarsi, di pensare
in modo razionale. Non ci riuscì.
Premette le mani sulle orecchie
e serrò gli occhi, investita da voci sconosciute.
Non riuscì neppure a calmare i
battiti del suo cuore.
Per cui urlò.
C’erano troppi ricordi legati a
quel luogo. Ricordi con Astharoth. Ricordi della propria famiglia. Ricordi
dolorosi, in quanto felici. Ricordi di quando erano tutti vivi, quando nessuna
ferita era letale. Schegge di normalità, di quotidianeità.
E poi Aeris, Tifa, Cid, Cloud,
Red, Barret, Cait... Si erano divertiti, in quel luogo. Per l’ultima volta
tutti insieme. Dov’erano finiti tutti? Perché era riuscita ad allontanarli, con
il suo atteggiamento? Perché non riusciva a legare con nessuno? Fin da piccola,
non era mai riuscita a mantenere un’amicizia. Era complicato; Era faticoso. Ma,
soprattutto, il più delle volte le sue amicizie erano a senso unico.
-Yuffie! Yuffie, basta,
smettila! Mi dispiace, mi senti? Mi dispiace! Ma ti prego, smettila!-
Tornò alla realtà, accorgendosi
che il gelo che provava fino a pochi secondi prima era scomparso, sostituito da
un dolce tepore. Il grido le morì in gola.
Spalancò gli occhi,
accorgendosi finalmente che la stava abbracciando.
-Calmati... Calmati... Ti
prego... Calmati...- mormorò, accarezzandole i capelli.
Ricambiò l’abbraccio,
aggrappandoglisi con tutte le proprie forze. –Io non volevo perdere tutti! Non
volevo! Potevo impedirlo, ma non ce l’ho fatta! Ero troppo debole... Sono
troppo debole... Ho paura.-
Lui non rispose. Non c’era
nulla da rispondere, dopotutto.
Si risvegliò qualche ora dopo.
Si sentiva leggermente meglio, non molto, ma era comunque un passo avanti
rispetto alla precedente crisi isterica.
-Sta un pò meglio, ora... Non
credo che sia saggio... Lo so che le farebbe bene, però penso anche che i
nostri nemici la troverebbero immediatamente, seguendo voi... Me la cavo...
Tifa... Tifa, per favore... Tifa sei incinta... Non è una... Che c’entra mia
sorella, ora, scusa? Non ho sorelle... Tifa... Tifa, non fare come Yuffie!-
Si alzò a sedere, sotto shock.
Tifa? Incinta? E di chi? Di Cloud? Possibile?
-D’accordo, ci sentiamo
domani.-
-No! Tiffy!!- esclamò la ninja,
balzando in piedi e correndo verso la stanza attigua, da dove proveniva la voce
di Vincent. O, almeno, tentando di correre. –Voglio parlare con Tifa!- sbottò,
spalancando la porta ed inciampando.
Vincent la prese appena in
tempo. –Ho riattaccato. Non dovresti correre, lo sai che non hai senso
dell’equilibrio... La chiamerai domani, ad un orario più consono. Sono le due
di notte.- le spiegò, rimettendola in piedi.
-Davvero è incinta?! Di
quanto?! Chi è il padre?!- lo bersagliò di domande.
-Di qualche settimana, lo sa da
oggi. Come chi è il padre, Yuffie?! Ovviamente è Cloud. Chi altri è sempre in
casa sua?- chiese l’ex Turk, alzando un sopracciglio, interdetto.
-Wow, sono impressionata,
credevo che fosse rimasto all’impollinazione dei cavoli... E poi, Vinnie, non
vorrei dire... Ma anche tu sei sempre con me... Eppure non sei il padre della
bambina...-
Le lanciò un’occhiata omicida.
Deglutì.
-Bè, tecnicamente...- iniziò
lei, arrossendo.
Tecnicamente lo era o non lo
era? Se il corpo era suo, allora...
-Ran.-
-Caos?-
-In quanto tuo marito ti
impongo di usare il nome Ran per la bambina.- sussurrò l’uomo.
-Non ci penso nemmeno! Non
chiamerò mia figlia Caos! E’ orrendo!- protestò lei.
-Io lo trovo molto bello,
Ran...- mormorò Vincent. –E poi non è Caos, è Ran.-
Svuotato del proprio
significato, il nome Ran era bello... Ma, anche se non fosse stato collegato ad
Astharoth, non avrebbe mai chiamato sua figlia caos. Non era proprio di buon
augurio...
-Con un cognome lungo un nome
corto sta bene...- argomentò l’uomo. –Ran Kisaragi...-
-Non ci sta bene. Non
insistere, Valentine. Non chiamo mia figlia Caos, è orrendo. So esattamente che
cosa vuol dire avere un nome orrendo.- sibilò Yuffie, incrociando le braccia al
petto.
-Se dovessimo stare a guardare
il significato di ogni nome, dovrei essere il primo a lamentarmi...-
-Almeno Vincent è di buon
augurio...- ribatté lei.
-Posso assicurarti che non
porta nessuna fortuna.-
S’infilò sotto alle coperte,
sdraiandosi sulla schiena. Ran Kisaragi. Ran...
Dannato Valentine, cominciava a
piacerle!
-E poi, significa anche orchidea...-
Si voltò verso di lui,
fingendosi seccata. –Valentine... – sibilò.
La fissava con uno sguardo
indecifrabile, a metà tra la disperazione e la confusione.
-Yuffie, ascoltami... Vorrei
sapere una cosa... Poi considererò questa discussione chiusa.- mormorò,
socchiudendo gli occhi. –Perché hai accettato il mio aiuto?-
Strinse i pugni, con una gran
voglia di picchiarlo. Davvero pensava che la loro amicizia fosse dovuta al
fatto che lui e Astharoth condividevano lo stesso corpo?! Cosa voleva? Delle
prove?!
-Perdonami, Yuffie.-
Sdraiata su un lato, faceva
finta di dormire. Aveva bisogno di prove, eh?
Come se la capacità di
riconoscere l’affetto che qualcuno prova nei tuoi confronti non fosse
soggettiva!
-Perdonami. Ti prego.-
-Non pregarmi, non sono la
divina Lucrecia.- sibilò lei, stizzita.
-Hai ragione. Non sei lei.
Vorrà dire che ti supplicherò...- mormorò l’uomo, scompigliandole i capelli e
sdraiandolesi accanto, abbracciandola. –Vi supplico, divina Yuffie,
perdonatemi.-
Lo sentì chiaramente sorridere
e, sul momento, si arrabbiò ulteriormente, ma capì che la discussione era
conclusa. Amici come prima. Appoggiò le proprie mani sulle sue e la bambina,
che prima era agitata, si calmò.
-Ti voglio bene, Vincy...-
mormorò, sorridendo.
-Questo significa che la
chiamerai Ran?-
Sbuffò, esasperata. –Odio i
nomi di fiore!- esclamò.
-E’ un sì?-
-Buonanotte, Valentine...-
-Uffi, non si sveglia!
Principessaaaa!!! Himeeee!!! Tywysogeees!!! Princeeess!!-
Si alzò di scatto a sedere,
spaventata. Incontrò un paio di occhi indaco, leggermente coperti da una
frangetta viola. Era la ragazzina che accompagnava Alexander. Quella volta
indossava un body nero, abbinato ad un tutu rosa shocking e vari accessori di
perle colorate.
Più la osservava, più si
convinceva di stare di fronte ad una specie di Shelke. Una bambina che non
sarebbe mai cresciuta.
Cercò Vincent. Era accanto a
lei, seduto a gambe incrociate sul letto e sembrava tranquillo...
-Perdona noi per disturbo,
contessa.- tuonò l’uomo, in piedi accanto alla finestra.
-Figurati, sono solo le quattro
del mattino... Chi diavolo dorme alle quattro del mattino?- ironizzò la ninja,
appoggiandosi alla parete, con la schiena ed attendendo che i due le dicessero
cosa volevano.
-Ora, principessa, dirò lei
cosa è Società di Crepuscolo...-
L’angolo degli amichetti di Chaos
Buongiorno, animaletti! Volevo
assolutamente aggiornare oggi... Per cui ho troncato il capitolo, tanto per
aumentare la suspence! E aumentare le maledizioni che mi lanciate
regolarmente... ^_^
Darkrin: bentornata! ^_^ In che senso era pesante, prima? A me
sembra pesante ora! Sono contenta che la coppia ti piaccia! Io la adoro, anche
se spesso Chaos è visto come un maniaco sessuale, solo perché è un demone!
Invece secondo me è tenerissimo! (prende tra le braccia il demone e lo soffoca)
KaYcHaN: Anche io adoro la
frase finale!!! Hai presente il Conte Cain, di Kaori Yuki? Ecco, quel sorriso
un pò sghembo ma elegante ce l’ha anche Asthy! (Amy si esalta e stritola Caos)
Yuffie: Domo Arigatou
Gozaimasu!
Terrabrake: Come non sai chi
è Chaos? E’ quella creatura orrenda, viola e assessuata nella quale Vincent si
trasforma di tanto in tanto! ^_^ La differenza tra ff7 e doc è abissale... Il
perché Chaos si faccia chiamare Astharoth è già stato spiegato... Semplicemente,
Astharoth è il suo vero nome e Chaos è il nome che Luku (Lucrecia) gli ha
dato... Ovviamente il fatto che il suo vero nome non sia Chaos me lo sono
inventato... Mi hai appena dato l’ispirazione per un flashback... ^_^
Dastrea: Le
parti di Vinnie? Non compare proprio, Vinnie... Immagino che ti riferissi a
Chaos! ^_^
Dunque, intanto vi avverto che questa fic mi piace
sempre di meno, anche se gli ultimi tre capitoli mi piacciono da morire (sì, ho
già scritto la fine!). Semplicemente, non sono fatta per le storie avventurose.
Amo le storie introspettive. Probabilmente è per questo motivo che gli ultimi
tre capitoli mi piacciono...
Ma se a voi piace, mi sforzerò di finirla...
Chaos: Fallo per me!!! (occhi kawaii)
Ok, ok!!!
Ho introdotto un nuovo personaggio, tra i malati
di mente della Dusk Society, Semiramis. Visto che amo quella donna, cercherò di
rappresentarla al meglio...
Quasi dimenticavo! Tiffy è incinta! Di Cloud!
Poverina!!! Ciocca come un poggiolo anche lei... Motivo per il quale Vincent ha
una crisi di nervi...
A proposito! Mi aiutate a trovare un riassunto
decente? Quello attuale fa schifo! Thank You!
Why don’t you take another little piece of my heart
Why don’t you take another little piece of my heart?
Why don’t you take it and break
it and tear it all apart?
All I do is give and all you do
is take
Baby why don’t you give me a
brand new start?
Perché non prendi un altro pezzetto del mio cuore?
Perché non lo prendi e non lo rompi e non lo fai
completamente a pezzi?
Tutto ciò che faccio è dare e tutto ciò che fai è
prendere
Perché non mi dai un nuovo punto di partenza?
So let me live
Perciò lasciami vivere
Why don’t you take another
little piece of my soul?
Why don’t you shape it and
shake it ‘til you’re really in control?
All I do is give and all you do
is take
All that I’m askin’ is a chance to live
Perché non prendi un altro pezzetto della mia anima?
Perché non gli dai una forma e lo scuoti finché non lo
controlli veramente?
Tutto ciò che faccio è dare e tutto ciò che fai è
prendere
Tutto quello che ti sto chiedendo è un’opportunità per
vivere
So let me live
Perciò lasciami vivere
Let me live - Queen
-Secondo me sbaglia a pensare sempre a
quella Lucrecia! Insomma... E’ morta e sepolta e di sicuro non l’amava! Guarda
come l’ha trattato!- sbottò Yuffie, crollando pesantemente sul letto.
-Amava il proprio lavoro sopra
ogni cosa. E’ il motivo per il quale sposò Hojo, probabilmente. Se proprio
bisogna sposarsi, tanto vale farlo con qualcuno che condivide il proprio amore
per qualcosa. Inoltre, nessun altro marito le avrebbe mai permesso di
sperimentare sul loro stesso figlio...- iniziò Astharoth, sedendosi accanto a
lei, abbracciandosi le gambe e poggiando il mento sulle ginocchia. –Ha
utilizzato persino Vincent come cavia. E’ stata lei ad inserirmi nel corpo di
Vincent. Per salvarlo. Ma anche per provare le proprie teorie. Vincent era già
morto, per cui... Non aveva nulla da perdere.-
Gli afferrò delicatamente una
mano, voltandosi verso di lui. Non glielo aveva mai chiesto, ma probabilmente
condivideva la stessa sofferenza di Vincent. E gli stessi ricordi.
-Non sembri amarla
particolarmente...-
-Umpf... Forse... Ma non posso
odiarla... E’ la mia mamma...- sussurrò il demone, nascondendo il viso dietro
le braccia.
Di nuovo Mideel. Di nuovo
quella calma irreale, che sapeva non sarebbe durata.
In una settimana, nessuno li
aveva attaccati.
-Ma tu non ne fai parte? Non rischi di...-
Yuffie s’interruppe. Rischiava di morire.
-Principessa, vostra preoccupazione lusinga
Alexander. Lei dimentica che io Re?- ribatté Alexander.
-Già! E, comunque, anche noi
abbiamo i nostri alleati, all’interno della Dusk Society! Ovvio, c’è un Capo,
ma è cieco senza Marie!- esclamò la ragazzina in rosa, scendendo dal letto.
–Marie è una veggente. Grazie a lei conosciamo ogni vostro spostamento in
anticipo.-
-Ottimo, quindi, in poche
parole, non c’è modo di sfuggirvi! Questa notizia mi riempe di gioia!- sbottò
la ninja, esasperata.
-Dusk Society ha tredici
membri. Zapotec, Alyah, Fraye, Hikaru ed Emil sono caduti per mano di voi.-
-Poi ci sono te, Kaminà, quella
Marie e la presenza che ho percepito quando ho incontrato per la prima volta le
gemelle. E sono nove. Gli altri?- chiese la donna.
-Scusa, io chi sono, l’ultima
ruota del carro?- sbottò la ragazzina in rosa.
-Rose...-
-Ok, con te sono dieci. Con il
capo undici.- contò Yuffie, esasperata.
-Poi ci sono Semiramis e Joanna
la regina del sadomaso...- concluse Rose.
-Rose!-
-Ma è vero! Non ha un nome! E’ solo un
clone! E si veste come Joanna la regina del sadomaso! Come la devo chiamare,
Carla?-
-Sono pericolose?- domandò
Vincent, alzandosi ed accostandosi alla seconda finestra della stanza.
-Sì.-
Marie stava facendo un buon
lavoro, doveva ammetterlo.
-Guarda!!! Kawaii!!!- esclamò,
mostrando a Vincent un paio di scarpine bianche racchiuse in una scatola di
plastica trasparente.
-Non hai comprato abbastanza
abiti bianchi?- chiese lui, esasperato e carico di sacchetti.
-Non preoccuparti, Vinnie,
passeremo anche dal sexy shop, per il nastro da bondage!- ribatté la donna,
tirandogli una pacca sulle spalle. La commessa, che aveva sentito tutto,
strabuzzò gli occhi e lasciò cadere tutto ciò che aveva in mano.
-Yuffie, sei impazzita?!
Cosa...-
-Prendiamo anche queste!- lo
interruppe la ninja, posando le scarpe sul banco. Tese il palmo aperto verso di
lui, con un largo sorriso. –Carta di credito!-
-Perché non compri nulla di
rosa?- le chiese.
-Vincent Valentine! Il rosa mi
disgusta, mi fa ribrezzo e mi fa anche venire la pelle d’oca.- ribatté Yuffie,
con fare minaccioso. Puntandogli contro la carta di credito. –E i conigli rosa
uccidono, ricorda!-
La cassiera fece cadere tre
volte la carta, ma alla fine, riuscì ad effettuare il pagamento.
-Arrivederci.- pigolò. –E...
Au... Au... Auguri!-
Dopodiché, scappò in magazzino.
-Che strana ragazza...-
commentò la ninja, confusa, uscendo dal negozio.
-L’hai spaventata a morte,
Yuffie.- le fece notare Vincent.
-Vincent!-
Un fulmine celeste investì l’ex
Turk, sbilanciandolo.
-Credevo che Hojo ti avesse
ucciso! Ero così preoccupata!- esclamò la donna lampo, appesa saldamente al
collo del moro.
A Yuffie non ci volle molto per
riconoscerla. Arretrò, stupefatta. Non poteva essere lei. Era morta.
La ninja serrò gli occhi,
disturbata da un fischio che si faceva man mano più fastidioso. Per quanto si
sforzasse, le era impossibile vedere gli spiriti dell’uomo. Scosse la testa più
volte, cercando di scacciare l’interferenza. Si appoggiò ad un muro, lottando
contro il proprio corpo per non svenire.
-Lucrecia?-
-Restano voi pochi membri da
sconfiggere.-
-Chiamali pochi... Sono otto,
per tua informazione.-
-Uffi, sei una lagna,
principessa! Come diavolo fai per sopportarla?- chiese Rose, rivolta a Vincent,
che rispose facendo spallucce: -Solo Shiva lo sa...-
Gli lanciò il cuscino, che
l’uomo afferrrò senza problemi, molto prima che quello lo colpisse.
-Vedi che non ascolti? Io,
Marie e Xaxa non vi daremo nessun problema... Siamo del tutto neutrali!-
esclamò la ragazza. –Siamo i più potenti, noi!!-
“Xaxa” le lanciò
un’occhiataccia.
Si risvegliò nella loro camera
d’albergo. Sentiva due voci in sottofondo e quel fischio, nonostante fosse più
debole di prima. Lo ridusse ulteriormente, con notevole sforzo. Guardò Vincent.
Intorno a lui vi erano due piccoli esseri luminosi. Due.
-E’ solo una ragazzina che
tenta di attirare l’attenzione.-
-Non è una ragazzina e di
sicuro non vuole attirare l’attenzione su di sé. Ne ha fin troppa, ultimamente.-
-Avanti, per quale altro motivo
avrebbe dovuto rimanere incinta alla sua età, allora?-
-Perché aveva una relazione
stabile con un uomo che amava. E non penso proprio che sapesse che sarebbe
morto.-
Era indecisa tra fargli una
statua ed ammazzarla.
Decise di rimandare la
carneficina e mettersi a sedere.
Fino a quella mattina, Lucrecia
era stata uno spirito. Quella seduta di fronte a lei era viva.
Eppure gli spiriti che
vegliavano su Vincent erano due.
-Per iniziare bene il nostro
rapporto, Lucrecia... Che vuoi?- le chiese, acida.
-Vincent mi ha raccontato tutto
di te! Mi dispiace molto... Se hai bisogno di consigli...- sussurrò la
dottoressa, sorridendo in modo incoraggiante.
Di sicuro non avrebbe chiesto
consiglio ad una donna che aveva sperimentato ogni sorta di sostanza sul
proprio figlio, per poi pentirsene ma non avere abbastanza fegato per tirare un
calcio nelle palle al marito e scappare con il bambino. Recuperando
eventualmente Vincent dalla sua bara.
Il fischio aumentò di volume.
Tentò di individuarne la fonte, ma poi decise di rimandarlo alla persona che si
meritava più di tutti un bel mal di testa.
Notò con piacere che la donna
strinse gli occhi per il dolore per qualche secondo.
-Desidero ricominciare.-
rispose Lucrecia.
-Tanti auguri. Se però rimani
di nuovo incinta, evita i bagni nel Mako, rendono i figli terribilmente sexy,
ma un pò suonati...- sibilò la principessa, fissandola con astio ed uscendo
dalla stanza.
-Shelke.-
-Perché non riesco mai a
prenderti di sorpresa?- si lamentò la rossa, in SND. Si sedette sul letto della
stanza che Yuffie aveva preso per sé.
-Forse perché ho una decina di
anni di esperienza più di te, alle spalle. Che vuoi? Non è giornata.-
-Lo sai che Tifa è incinta?-
-Bene. Spero che sia l’ultima a
rimanere incinta. Se anche la mia vicina lo rimane, siamo fottuti.-
-Yuffie, guardi nel vuoto e
stai distruggendo le lenzuola... Che succede?- domandò l’ex Zviet, preoccupata.
-C’è che Lucrecia è resuscitata
e che lei e Vincent stanno facendo di tutto per ricordare i vecchi tempi... E
quando dico di tutto significa che probabilmente tra trent’anni avremo un
secondo Sephiroth intenzionato a distruggere il pianeta...-
La rossa la fissò senza capire,
poi ebbe un’illuminazione. -Ma... E’ morta...-
-Lo so... Lo so! Non è
possibile! So che non è la vera Lucrecia, perché lei è ancora lì, da qualche
parte! Ma quella donna... Chiunque lei sia, si sta comportando come
l’originale! Io non ho nessuna intenzione di raccogliere i pezzi della mente di
Vincent, dopo!- urlò la donna.
-Allora piantala di comportarti
come lei e torna ad essere Yuffie Kisaragi.- sibilò Shelke, scomparendo.
-Come, non lo sai?-
-Certo che non lo so! Non c’ero
mica, trent’anni fa!- sbottò la ragazza, imbronciata.
Le accarezzò il viso dolcemente
e sorrise. Lei rispose a quel sorriso e si accoccolò sul suo petto. Era freddo,
come sempre. Ma ormai non le dava più fastidio. Anzi, d’estate era anche
comodo.
-Quando gli ha confessato di amarlo, lei ha
tirato fuori la scusa che non poteva ricambiarlo perché aveva gli occhi di suo
padre, Grimoire Valentine.-
-E dove ce li aveva, gli occhi
di suo padre? In bocca?-
Bussò violentemente alla porta della
stanza, non ottenendo nessuna risposta. Trattenendo l’istinto che le suggeriva
di buttarla giù con un calcio, bussò nuovamente.
Le aprì Vincent, su di giri,
spettinato e con uno sguardo che non gli aveva mai visto.
Strabuzzò gli occhi, sotto
shock. Non avevano perso tempo...
-Ho bisogno della mia valigia.-
Le chiuse la porta in faccia.
-Ma guarda te che stronzo...-
commentò Yuffie, sbuffando ed apprestandosi a bussare di nuovo.
La porta si riaprì e l’uomo
posò ai suoi piedi la piccola valigia che la ragazza si portava dietro da mesi.
-Scusami, caro, pensi forse che
la porterò in camera da sola?- gli chiese, sarcastica.
Lui alzò gli occhi al cielo,
gesto che la fece andare su tutte le furie e l’accompagnò fino in camera, che,
tra l’altro, era quella accanto.
Lei chiuse la porta dietro di
loro, a doppia mandata.
-Cos’hai intenzione di fare,
Yuffie?- le domandò, posando la valigia ed avanzando verso di lei.
-Che domande, ma adescarti,
ovviamente! E tu? Quella non è Lucrecia! E so che te ne sei accorto anche tu!
Lucrecia è diversa! Ricordi la sua domanda nella caverna? “Dov’è mio figlio”?
Perché non ti ha chiesto nulla?- sbottò.
Il suo sguardo, così diverso da
quello a cui era abituata, la spaventava. Non era Vincent, quello. Non era il
Vincent Turk e non era il suo Vincent. Si placcò contro la porta, poggiando le
mani sul ventre. Anche Ran era agitata. E questo contribuì ad accrescere
l’ansia della madre.
-Ha percorso molti chilometri,
dal suo risveglio. Ha chiesto informazioni sui trent’anni in cui... In cui non
c’è stata. Soddisfatta? Ora spostati.-
-Ma veramente la prima cosa che
farete dopo tutto questo tempo sarà del sesso? Non riesco a crederci... Pensavo
fosse diverso, tra voi... Evidentemente, mi sbagliavo...- sussurrò la donna,
rilassandosi, ma non cambiando posizione. –Vinnie?- pigolò.
I loro sguardi s’incrociarono.
Era tornato quello di sempre. Lei distolse il suo. Si tormentò l’anulare
sinistro ed ingoiò le lacrime.
Pregò che lei e Shelke si
sbagliassero. Forse Lucrecia era rinata. Frose non l’avrebbe ferito di nuovo.
O, almeno, non come trent’anni prima.
-Prima di farlo, togliti la fede.
Fanne quello che vuoi, buttala, vendila. Non m’importa. Poi non rifarti vivo.-
sibilò, aprendo la porta e spingendolo fuori.
Mentre scivolava lungo la
porta, fino a sedersi a terra, non pianse, anche se avrebbe voluto. Non aveva
senso piangere. Non ce n’era motivo.
Se lui era felice, valeva la
pena di soffrire in quel modo.
-Buongiorno, principessa...-
sussurrò Shelke, sedendosi sul letto. –Hai una bruttissima cera e, Ifrit,
quanto sei ingrassata!-
Aprì gli occhi, ancora
assonnata. Guardò l’ora, per poi ricordarsi le parole della rossa.
-Shelke? Vai a cagare.-
biascicò, stiracchiandosi.
Erano le sette del mattino.
Probabilmente avevano finito, nella stanza accanto.
Scacciò dalla mente quel
pensiero e si concentrò sull’intrusa. Era reale. Non era in SND.
-Quando io rimarrò incinta,
probabilmente mi deformerò a tal punto che mi scambieranno per una pera.- si
lamentò l’ex Zviet, azzannando un croissant. –Guardati, Yuffie Kisaragi, fai
schifo. Hai preso due taglie di sopra e sei rimasta uguale di sotto. Ti odio!-
Mentre parlava, agitava le mani
in continuazione. E così notò l’anello.
Le bloccò la mano sinistra.
All’anulare brillava quello che aveva tutta l’aria di essere un solitario con
un diamante molto grande.
-Se ti pesi con questo al dito,
di sicuro superi i 50 chili, Shelke.- commentò, con gli occhi tondi. –E’ un
regalo del Presidente della Società per la Rimozione dei Rifiuti Urbani?-
-Me l’ha regalato ieri! Era il
nostro primo anniversario!- gongolò l’altra.
-Per il primo anniversario di
matrimonio cosa ti regala, la Spider?!-
La odiò per avere un fidanzato
ricco, innamorato e, soprattutto, vivo.
-Shelke?-
-Sì?-
-Sono felice per te.-
Bussarono alla porta.
Probabilmente il proprietario dell’albergo che le avvertiva che i loro
schiamazzi non erano graditi.
Con un pò di timore, aprì la
porta.
-Stai bene?-
Fece un passo indietro. Non era
il proprietario. Era molto peggio.
Annuì e fece per chiudere la
porta, prontamente bloccata da Vincent.
-Non hai portato la tua
ragazza? Lucrecia?- chiese seccata Shelke. Non amava particolarmente la donna.
-Lucrecia dorme... Per favore,
Yuffie, fammi entrare...-
Si spostò dal vano della porta
e la richiuse dietro di lui. Si andò a sedere sul letto, mentre Shelke prendeva
posto sulla scrivania.
-Se stiamo a lungo in un luogo
solo rischiamo di essere raggiunti dai membri della Dusk Society. Dobbiamo
partire domani.- spiegò loro l’uomo.
-E Lucrecia?-
-Resterà qui, so di poterla
trovare qui. Se dovessi essere catturata, neppure lei saprebbe consolarmi.
Neppure lei potrebbe alleviare la mia colpa.- sussurrò l’ex Turk.
Annuì semplicemente. Era una
frase strana, surreale. Ma era sincera.
-Ti riangrazio. Buonanotte.-
sussurrò Vincent, uscendo dalla stanza.
-Posso darti un mio modesto
parere, Yuffie?- chiese Shelke, con un piccolo sorriso.
L’altra annuì nuovamente.
-Vincent ti ama.-
-Non ho nessuna intenzione di
restare qui ad aspettare!- sbottò Lucrecia, su tutte le furie.
Anche lei, se Astharoth avesse
deciso di scortare una ragazza bellissima in una missione suicida, piuttosto
che rimanere con lei, avrebbe avuto più o meno la stessa crisi semi-isterica.
Era una fortuna che non
conoscesse nessuno al di fuori di lei...
-Ma Lucrecia, è pericoloso...-
iniziò Vincent, per l’ennesima volta.
-Non m’interessa! Ti ho perso
una volta, non voglio perderti di nuovo!- esclamò la donna.
La tipica frase da romanzetto
rosa.
Bleah.
-Luku. Stai qui e basta.- le
ordinò, con un tono che non ammetteva replica alcuna.
-Secondo te, se si
reincontrassero ora, potrebbero avere la loro seconda chance?- gli domandò,
incuriosita.
-Oggi è decisamente la giornata
di Vincent e Lucrecia!- esclamò Astharoth, sorridendole. La ninja si sciolse,
in estasi. Amava il suo sorriso sopra ad ogni altra cosa. –Non lo so...
Probabilmente il suo amore per lei rimarrebbe immutato. Ma Vincent è cambiato
molto, in questi anni... Prima era uno sfigato... Insomma, era un colletto
bianco qualsiasi, sottomesso al capo e con gravi problemi nelle relazioni
interpersonali... –
-Ehy, stai parlando del
proprietario del tuo corpo!-
-Lo so... E so anche che ora è
diverso. Profondamente diverso. Sa imporsi. Non so se Lucrecia accetterebbe un
Vincent del genere...-
Lucrecia tacque, basita. Non se
l’aspettava di certo.
Mentre si allontanavano, lui
non si voltò neppure una volta.
-Oh, eccovi tutti! Anche il
nostro Re è venuto a trovarci? Che onore, davvero!-
-La nostra dottoressa ha delle
novità per noi tutti!- annunciò Kaminà, beffarda.
-Sanno tutto. Come siamo
organizzati, quanti siamo, quali sono i nostri poteri. E tutto perché qualcuno
che doveva rimanere neutrale li ha informati.- sibilò la dottoressa, fissando
con astio Alexander.
Il Capo si alzò dal suo trono,
avanzò verso il demone e lo afferrò per il collo. –Tu! Avevi giurato sul tuo onore
di Re demoniaco di mantenere il segreto!-
-Smettila! Smettila! Sono stata
io! Lascia stare mio padre!- urlò Rose, frapponendosi tra i due.
Per tutta risposta, il primo le
tirò uno schiaffo, mandandola a sbattere per terra e lasciò andare il re demoniaco.
Fece qualche passo verso la ragazzina e l’afferrò per i capelli, sollevandola.
-E’ così?- le chiese.
-Sì! Lui non poteva dire
niente, era sotto giuramento, così sono andata a raccontare tutto a Yuffie!-
gridò, scalciando. –Sei un essere ignobile! Te lo meriti! Nessuno ti rimarrà
mai fedele!-
La lanciò lungo la sala e il
suo corpo strisciò a terra per qualche metro. La raggiunse e sguainò una delle
spade di Kaminà, puntandola alla gola del cherubino. –Sei irritante, bambina.
Hai l’onore di far parte della Società del...-
-Non me ne frega niente! Sei un
pezzo d’idiota!- ribatté lei, afferrando la spada e gettandola lontano. –Non
sai neppure combattere, cretino!-
-Rose!-
Vide chiaramente gli aghi.
Erano diretti verso di lei. Poi quelli scomparvero, sostituiti da una
sensazione dolce ed angosciante allo stesso tempo. Suo padre la stava
abbracciando, schermandola dall’attacco.
Si risvegliò in una città
sconosciuta, in un letto sconosciuto. Occhi azzurri, sconosciuti anch’essi, la
fissavano.
Era ricoperta di sangue. Ma non
una sola goccia era sua.
Avevano trovato una piccola
abitazione Ancient, appena all’entrata di un bosco ed avevano deciso di
fermersi in quel luogo per la notte. Risaliva ad un periodo in cui Mideel era
un continente, che comprendeva anche l’isola del Tempio. All’interno tutto era
perfettamente funzionante, in ordine e pulito.
Si distese sul letto, esausta.
Aveva un mal di schiena bestiale e Ran non la smetteva di agitarsi,
probabilmente intenta ad imparare i primi passi di breakdance...
Niente treno, l’avevano già
usato. Avrebbero preso un traghetto fino a Junon.
E avrebbe vomitato l’anima,
come al solito. Un giorno, qualcuno si sarebbe deciso ad inventare il
teletrasporto, ne era certa.
Sospirò, affranta. Ran espresse
il proprio appoggio con l’ennesimo calcio.
-Sta ferma! Vincent? Che fai,
ti trucchi per andare a letto?!-
L’uomo si appoggiò allo stipite
della porta che separava la camera dal corridoio. In venti minuti, si era tolto
la cravatta ed aveva la camicia mezzo sbottonata. Perché insisteva nel volersi
vestire come un impiegato di banca? Non ne aveva avuto abbastanza, quando era
un Turk? Oltrettutto, i suoi capelli, non si sa come, erano cresciuti parecchio
e gli arrivavano fino al mento.
Esattamente come quando era un
Turk.
-No, mi stavo contemplando allo
specchio...- ribatté, sarcastico. –Ho trasportato la tua valigia, controllato
la mappa, acceso il riscaldamento e cacciato un topo di due metri fuori dalla
cucina.-
-Bah, ti lamenti sempre...
Dobbiamo proprio prendere la nave?- gli domandò, con occhi supplicanti.
-Preferisci che ti porti in
spalla Hellmasker?- chiese l’uomo.
La ninja rabbrividì. Non solo
Hellmasker era un sadico, amante dei massacri e del sangue. Era anche un
maniaco... Ed aveva un debole per lei.
-Ti darò dei calmanti. Ti
faranno dormire durante il viaggio. Ho chiesto al medico, non faranno del male
a Ran.- leassicurò, avanzando verso di lei.
Quando avevano deciso di
chiamarla Ran? Non ricordava di essere giunta ad un accordo, riguardo al nome da
dare alla bambina. Avevano cominciato a riferirsi a lei con quel nome. Era
stato molto naturale...
Lo notò subito. Per quello gli
tirò un cuscino in faccia. –Pervertito di un porco delle steppe!- urlò,
arrabbiata.
-Ma non ho fatto nulla!- si
difese lui, spostando il cuscino giusto in tempo per ricevere “I fratelli
Karamazov” (con copertina cartonata) in pieno viso.
-Come non hai fatto niente?
Certo che non hai fatto niente! Hai un succhiotto di mezzo metro sul collo!
Come si chiama la tua fidanzata, Lestat?! E non dire che è stato un polpo,
perché non ci credo!- urlò la donna, tenedolo a debita distanza con una
conchiglia gigante.
Si riabbottonò in fretta e
furia, visibilmente imbarazzato.
-Tradita con Lestat! Almeno
potevi preventarmelo, prima!- esclamò lei, rannicchiandosi sotto le coperte,
con fare tragico.
-Yuffie... Perdonami.-
Interruppe la farsa. Perché le
chiedeva di perdonarlo? In fondo, erano sposati solo perché altrimenti Ran non
avrebbe avuto un padre...
Le accarezzò i capelli e si
allontanò verso la propria stanza.
-Scemo! Non m’importa!- sbottò
la donna, sforzandosi di sorridere.
Lui s’immobilizzò, senza però
voltarsi.
-Sei felice?-
-Sì, Yuffie, sono felice...-
Al buio, in un letto troppo
freddo e vuoto, si rannicchiò su sé stessa, alla ricerca di un pò di conforto.
-Che madre stupida che hai,
Ran...-
Cosa le importava, se avevano
fatto l’amore? Era normale, si amavano, dopotutto...
Eppure... Eppure un dolore
sordo, in una parte recondita del suo cuore, le fece capire che, a lei, importava.
-Yuffie?-
Sobbalzò. Non l’aveva sentito
arrivare.
-Stai tremando... Hai freddo?-
le chiese, sedendosi sul letto.
-No, sto bene... Grazie,
Vinnie.-
Anche al buio, quella macchia
scura sul suo collo era come una firma. Era di Lucrecia.
Vincent apparteneva a Lucrecia.
L’aveva perso.
Non avevano parlato per tutta
la mattina.
Probabilmente non se n’era
neppure accorto. Era abituato al silenzio.
E, Yuffie, per una volta, non
aveva idea di che cosa dire.
Aveva continuato a conversare
con Ran, nella propria mente. Era confortante, anche se, ovviamente, non
avrebbe mai ricevuto risposta. Avrebbe perso anche lei, un giorno. Ma a lei
sarebbe rimasta legata per sempre.
Le mancava terribilmente la
vecchia Yuffie.
-E tu, sei felice?-
-Perché non dovrei esserlo?-
-Vuoi che ti faccia l’elenco
dei motivi per i quali non dovresti esserlo?-
Abbassò la testa.
Era viva. E presto sarebbe
diventata madre. Ed aveva degli amici. E loro erano felici.
-Yuffie?-
Alzò lo sguardo nell’istante
stesso in cui qualcosa di estremamente appuntito gli trapassava la spalla.
Serrò gli occhi per un attimo. Poi si voltò nella direzione da cui il pugnale
proveniva.
-Ero stufa del vostro irritante
tète-à-tète!- dichiarò l’aggressore. Era una donna.
Uscì dall’ombra.
Non fu difficile riconoscerla,
nonostante il trucco pesante e la tuta di pelle nera. La sua espressione
sprezzante era rimasta la stessa.
-Lucrecia?-
-Poi ci sono Semiramis e Joanna
la regina del sadomaso...- concluse Rose.
-Rose!-
-Ma è vero! Non ha un nome! E’ solo un
clone! E si veste come Joanna la regina del sadomaso! Come la devo chiamare,
Carla?-
-Non è Lucrecia, è un clone,
Vincent. E nemmeno ben riuscito.- sussurrò Yuffie, socchiudendo gli occhi
mentre il fischio che accompagnava le apparizioni della donna si faceva sempre
più assordante. –Come ci riesci?-
-Non è difficile, ho costruito
un chip che ho inserito nel mio braccio sinistro, che disturba i tuoi poteri.
Ma non penso che serva più, ora che sono uscita allo scoperto.- spiegò la
dottoressa, incidendosi la pelle del braccio con un pugnale da lancio ed
estraendo il componente elettronico. Il fischio si interruppe, a grande
sollievo della principessa.
E Lucrecia ricomparve.
-Vincent, te lo chiederò una
sola volta, seguimi e passa dalla mia parte. Alla mocciosa non sarà torto
neppure un capello.- declamò il clone, teatralmente.
La ninja guardò l’uomo. Era
immobile, accanto a lei. Sembrava terrorizzato.
-Se non deciderai entro cinque
secondi, la rapirò e la farò diventare molto simile a quello che sei ora... A
proposito, Lucrecia non è della stessa opinione, ma ti preferisco così. Stai
zitta!-
La moglie di Hojo si comportava
in modo strano... Stava letteralmente cercando di abbracciare il proprio clone.
-Luku, che diavolo fai? Ti
sembra il momento degli slanci di affetto?!- esclamò Yuffie, confusa ed
innervosita dal comportamento di coloro che la circondavano.
Sentì tre click, per cui si
voltò verso l’ex Turk. Aveva estratto Cerberus e la stava puntando verso Joanna.
-Non ne avrai mai... Smettila! Il
coraggio, Vincent Valentine! Troppi ricordi sono legati a questo corpo!- urlò
la donna, suadente, avanzando verso di lui, finché le tre canne del fucile non
toccarono la sua fronte.
Lucrecia continuava la sua
strana danza, tentando di cingere con le braccia la copia. Ma che...?
Certo! Stava cercando di
prendere possesso del suo corpo! Due anime non possono vivere nello stesso
corpo. E quello del clone era geneticamente identico a quello della
ricercatrice, per cui, lo spirito poteva prenderne possesso.
E lei era un Sakanagi.
Probabilmente la donna che le stava di fronte aveva avuto una vita miserevole,
essendo, tra l’altro, frutto di un esperimento. Strinse i pugni e scatenò i
propri poteri. Lo spirito riuscì quasi immediatamente ad acquisire il corpo.
-Vincent... Uccidimi.-
-Lucrecia, no... Non posso
farlo... Non puoi chiedermi una cosa del genere...-
-Vincent, dannazione, sono
trascorsi trent’anni!-
-Non posso dimenticare.-
-Nessuno ti ha chiesto di
dimenticare... Passa oltre, tutto qui... E ora spara!-
Lucrecia fu sostituita dal
clone, che sorrise, beffardo. –Stupida...-
Vincent afferrò la ninja per le
spalle e la strinse a sé, badando a che non vedesse nulla, rintanata sul suo
petto. Poi sparò.
-Di nuovo il tuo sangue sulle
mie mani, Lucrecia...-
Sospirò e spinse la porta della
sua camera, aprendola.
Era seduto davanti allo
specchio e si guardava le mani. Erano immacolate. Quando l’aveva uccisa,
indossava dei guanti.
Per la prima volta, lo vide
come un essere umano segnato dal tempo, terribilmente vecchio. Stufo della
vita.
Si sedette accanto a lui e posò
una piccola bacinella di acqua tiepida su un mobile vicino. Poi, iniziò a
togliergli il sangue di Lucrecia dal viso.
-Il sangue rimmarra lì anche se
lo lavi via... Ormai ne sono completamente ricoperto.-
Abbassò la testa e si mise a
giocherellare con il pezzo di stoffa macchiato di sangue.
-Immagino che quello ti rimarrà
per un pò... – notò Yuffie, indicandogli il collo. Si osservò allo specchio,
sfiorandosi il livido scuro con la punta delle dita.
-Se devi dirmi qualcosa, dilla
subito. Puoi insultarmi, se vuoi, dirmi che mi avevi avvertito.- sussurrò
l’uomo, evitando di guardarla negli occhi.
Lasciò scivolare lo straccio in
acqua. A cosa sarebbe servito?
Lo abbracciò, trattenendo le
lacrime. –Ti voglio bene, Vinnie.-
L’angolo degli amichetti di Chaos
Hello! Come state? Spero bene!
Immagino noterete una certa differenza tra questo capitolo e il precedente... O
almeno spero. Questo capitolo mi piace di più, anche perché compare Luku...
Sorpresi? Joanna la regina del sadomaso è proprio lei! L’idea di vestirla in
questo modo mi è venuta mentre la disegnavo... ^_^
La prima scena mi piace
tantissimo, con gli sposini che scelgono gli abiti per la bimba! Amy si rotola
felice, mentre Vincent e Ron la fissano senza capire (i miei gatti)...
I conigli rosa uccidono, ricorda! Non so quanti fan di Dylan Dog ci siano tra voi, ma
io amo quell’uomo... “I conigli rosa uccidono” è il primo volume delle sue
avventure che abbia mai comprato ed apprezzato.
Oltrettutto, il capitolo è
molto più introspettivo del solito... Penso di aver trovato un buon equilibrio,
finalmente...
Il Sensitive Net Dive è la tecnica
che Shelke usa per... Per... Ehm... Penso che sia per analizzare i frammenti di
memoria sparsi qua e là... Non l’ho ancora capito...
Quello che dice Shelke sul fatto
che Yuffie non sia ingrassata riflette il mio pensiero. La mia prof di
Giapponese non è ingrassata per niente, durante la gravidanza e fino alla
settimana scorsa credevo che fosse ancora al 5° mese... Invece partorirà il
mese prossimo... °_° Me invidiosa...
La parte “cosa combinano nel
frattempo quelli della Dusk?”, è molto triste. Se non l’avete capito, Alexander
è morto, per proteggere Rose e l’ha teletrasportata lontano... Dove? Se mi
ricordo (succedono troppe cose, perdo il filo), ve lo dirò...
Understand what I've become It wasn't my design And people everywhere
think something better than I
am But I miss you, I miss 'Cause I liked it, I
liked it When I was out there d'you know this, d'you
know You did not find me, you
did not find does anyone care?
Capisco ciò
che sono diventata Non era ciò
che pensavo E le persone, ovunque,
credono Qualcosa di migliore di
ciò che sono Ma mi mancate, mi manca Perché mi
piaceva, mi piaceva Quando ero lì Lo sapete, questo? Lo
sapete? Non mi avete trovata,
non avete trovato Interessa qualcuno?
Unhappiness was when I was young and we didn’t
give a damn ’Cause we were
raised To see life as fun and
take it if we can My mother, my mother she
hold me did she hold me, when I
was out there? My father, my father, he
liked me OL he liked me, does
anyone care?
L’infelicità
era quando ero giovane E non
c’importava Perché
eravamo stati cresciuti Per vedere la vita come
divertente e prenderla, se potevamo Mia madre, mia madre mi
stringeva Mi stringeva, quando ero
lì? Mio padre, mio padre,
gli piacevo? Oh dio, gli piacevo?
Importa a qualcuno?
Ode To My Family – The
Cranberries
-Mio Signore, abbiamo perso due dei nostri membri più
potenti... Inoltre, siamo solo cinque...-sussurrò
Kaminà, inquieta.
-So contare, Kaminà. Non v’è bisogno
alcuno che tu lo faccia per me.-ribatté freddamente il Capo,
seduto sul proprio trono di pietra. –Semiramis, sarai la
prossima. Marie, invece di giocare con quelle stupide carte, aggiornaci
sulla loro posizione.-
La veggente respirò profondamente un paio di volte, per poi
aprire gli occhi ed estrarre una carta. –Junon Town.-
sussurrò, turbata.
-Li colpirai lì.- ordinò lui.
La guerriera annuì e fece per lasciare la sala. Marie la
raggiunse di corsa e le porse la carta estratta. –Sii
prudente.-
Semiramis la fissò con un mezzo sorriso: -Non è
di sicuro la mia carta...- ribatté, dolcemente,
scompigliandole i capelli e lasciando la sala.
Fissò “la torre”. Significava che la
situazione sarebbe degenerata; indicava pericolo e sfortuna. La strinse
al petto, inquieta per la sorte della guerriera ed estrasse
un’altra carta.
-So a cosa stai pensando...- iniziò Yuffie, alzando il viso
verso di lui e fermandosi.
Le aveva a malapena rivolto la parola, durante il viaggio verso
Junon... Nonostante fosse mezza intontita dai calmanti, se
n’era accorta perfettamente. Sulle prime aveva pensato non
volesse disturbarla... Poi aveva pensato fosse arrabbiato con lei, che
la ritenesse in qualche modo responsabile della morte di Lei...
In seguito, chissà come, probabilmente perché era
troppo infelice per bloccare i propri pensieri, quelli si erano
infiltrati tra quelli della donna e non l’avevano
più abbandonata. La sua disperazione, il vuoto che sentiva,
erano diventati i propri. E la ninja stava male. Decisamente male. Non
era di certo abituata a convivere con tutto quel dolore, lei.
Vincent si fermò, in attesa e rimase a fissarla mentre
cercava le parole giuste per esprimersi.
Non era certo facile. Non voleva essere offensiva o poco delicata.
Da parte sua, Lucrecia era stata in disparte, fissando altrove. Per la
prima volta, Yuffie aveva provato una grande pena per la donna.
Probabilmente si sentiva in colpa per quello che era successo... Ma chi
se lo sarebbe aspettato che un gruppo di pazzi l’avrebbe
clonata in versione regina del sadomaso solo per usarla come esca?
-Soffri terribilmente per la sua scomparsa e ti chiedi che senso abbia
continuare a vivere con il peso della sua morte sulle spalle... Ma non
devi pensare... Non devi pensare a... quello.- sussurrò la
ninja, accarezzandosi il ventre per farsi coraggio. Il proprio stato
era evidente da tempo. E le persone intorno a lei se ne accorgevano. E
la indicavano. E mormoravano.
Era insopportabile. Era come se l’accusassero di un crimine
orrendo.
-Non preoccuparti, Yuffie, porterò a termine la mia
missione.- le assicurò, seriamente.
-Allora non capisci proprio? Che ne sarà di me e Ran, se tu
muori? Sei mio marito, fino a prova contraria. Sarai suo padre di
fronte a tutti. E diamine, in parte lo sei veramente! Non pensi a lei?
Perché non capisci? Non devi morire!-
-Non m’importa della mia vita, Yuffie. Per me può
anche finire oggi stesso.-
I successivi 5 secondi, la principessa li visse come in un sogno. La
mano destra si alzò da sola e si abbatté con
violenza sulla guancia dell’uomo, dotata di
volontà propria.
-Perché pensate tutti di fare gli eroi romantici
suicidandovi? Non vi sopporto! Non sopporto che vi lasciate portare
dalla disperazione al punto di uccidervi! Dannazione, Vincent pensa a
coloro che restano!- sbottò, tremante di rabbia.
Vincent rialzò la testa e la fissò, per poi
pronunciare in tono atono: -Torniamo in albergo.- sussurrò.
Sempre tremando, sentendosi completamente impotente, la ninja si
diresse verso l’albergo.
Dopo alcuni passi, però, si voltò indietro.
Diamine, era la rosa bianca di Wutai, non prendeva ordini da nessuno!
Scoprendo così di essere rimasta da sola.
Cercò l’ex Turk tra la folla, senza risultato, per
parecchi minuti. Poi andò nel panico.
Non riusciva a capire l’origine della paura di averlo perso
per sempre.
Iniziò a chiamarlo, correndo tra la folla e rischiando di
perdere l’equilibrio più volte.
Lo vide fermarsi sotto un porticato e lo raggiunse, rischiando
più volte di finire sotto ad una macchina.
Lo afferrò per un braccio.
-Perdonami.-
Per un attimo, credette di aver espresso a parole ciò che
pensava. Ma era stato lui a scusarsi.
-Non sono abituato a tutto questo... Non sono abituato a che qualcuno
sia in ansia per la mia sorte.- le spiegò.
-Scusa.- sussurrò semplicemente lei, in risposta.
Le era difficile scusarsi. Non era abituata. E poi, nei propri
pensieri, non aveva mai bisogno di scusarsi, era sempre colpa degli
altri.
Ma ne sentiva il bisogno, in quel momento. Per cui, ripeté
la parola.
-Scusa.-
-Ti sei svegliata, finalmente... Ti senti meglio?-
Aprì gli occhi ed incontrò nuovamente lo sguardo
azzurro. Apparteneva ad una ragazza minuta dai capelli rossi che le
scendevano fino alle spalle.
I suoi tratti non le ricordavano nessun luogo in particolare dal quale
potesse provenire; erano ancora decisamente infantili, nonostante
l’altezza e il suo modo di vestire, tipico delle giovani
donne, abbastanza sobrio.
Doveva a malapena avere 20 anni.
Non si sentiva affatto meglio, pensò, alzandosi a sedere ed
osservando la stanza.
Era semplice, ma non impersonale e spoglia. Era più che
evidente che ci viveva qualcuno, anche se non da molto tempo.
Tornò ad osservare la propria interlocutrice. Aspettava una
risposta.
-Sì, la ringrazio molto.- sussurrò, annuendo
debolmente.
Era una stupida. Se solo non fosse stata così impulsiva,
avrebbe potuto salvare Alexander, avrebbe potuto salvare suo padre.
E invece... Non avrebbe neppure più aiutato Yuffie.
Che stupida.
La padrona di casa la fissò severamente: -Non hai ascoltato
NULLA di quello che ti ho detto, vero?- chiese.
Rose arrossì violentemente e negò con un cenno
rapido del capo, imbarazzata.
L’altra alzò gli occhi azzurri al cielo:
-D’accordo, te lo ripeto. Non darmi del lei, ho 19 anni.
Siamo quasi coetanee, no?-
Come aveva previsto.
-Ho 17 anni.-
-Come ti chiami?-
-Rose Alexandrova.-
-Sai come sei capitata qui, Rose?-
La ragazza scosse i capelli biondi, ripensando all’ultima
volta in cui aveva visto suo padre.
Ricordava gli aghi e il gusto metallico del sangue. Quando si era
risvegliata, non ve n’era rimasta una sola goccia. Indossava
una camicia da notte rosa stampata ad orsetti, che profumava di
detersivo.
-Il mio nome è Shelke, puoi restare qui quanto vuoi... Hai
fame?-
Scosse nuovamente la testa, ma il proprio stomaco la smentì
prontamente.
La rossa sorrise e le tese la mano per aiutarla a scendere dal letto.
L’altra l’afferò e seguì la
ragazza in cucina, deve sedeva un uomo sulla trentina, con i capelli
scompigliati e il pizzetto, ma in giacca e cravatta.
Leggeva il giornale, davanti ad una tazza di caffé bollente.
Sentendo le due arrivare, alzò lo sguardo per osservarle.
-Ecco la nostra ospite... Come stai? Ci hai fatto prendere un bello
spavento, quando sei arrivata qui... Sono Reeve, piacere di conoscerti.-
La biondina abbassò il capo, arrossendo. Doveva averli
disturbati molto... Comparire così in casa
d’altri... Ma a cosa pensava Alexander?!
Il nome Reeve le ricordava qualcosa...
Si sedette al tavolo, a testa bassa. Sentendo la sedia muoversi sotto
di lei, si alzò di scatto.
-Ma non controlli mai dove ti siedi, Shelke? Oh! Non sei Shelke! Che
carina! Chi sei?- chiese un gatto di peluche, stiracchiandosi e
saltando giù dalla sedia.
-Cait Sith!- esclamò –E tu sei Reeve Tuetsi! Ma
certo! E tu sei l’ex Zviet...!- capendo di aver detto troppo,
si tappò la bocca con le mani.
-Sì, l’ex Zviet Shelke Rui.- sussurrò
Shelke, facendo finta di lavare un cucchiaino pulito solo per darle le
spalle.
Ecco allora svelato l’arcano... L’aveva mandata in
quella casa perché lì abitavano amici di Yuffie.
Per proseguire nel suo compito.
-Sono un membro della Società del Crepuscolo.-
Per quanto ancora aveva intenzione di agitarsi? Non riusciva
più a ricordare di aver dormito una sola notte per
più di tre ore di fila. Era stufa e stanca. Le facevano male
le gambe e stava diventando una piaga di donna incinta.
Fissò Lucrecia, che fece spallucce. Lei non aveva bisogno di
dormire... Era morta.
Dopo l’episodio con la clone, tutti gli altri spiriti di
Vincent erano scomparsi, disturbati a tal punto
dall’interferenza da essere stati trascinati nel Lifestream.
Era rimasta solo lei a vegliare sull’ex Turk. Probabilmente
perché, in maniera paradossale, era la più forte.
S’infilò le cuffie dell’mp3 nelle
orecchie e sospirò. Aveva provato ad ascoltare musica
rilassante, ma Ran sembrava agitarsi ancora di più.
L’unico modo per dormire era sfinirsi, in modo da non sentire
più la bambina muoversi...
Seduta sul letto, al caldo sotto le coperte, premette play ed
iniziò a tirare pugni all’aria.
-The eeeeeeeeye! Of the tiger!-
-Scusa l’interruzione, Rocky, ti pare l’ora di
cantare?- l’interruppe Vincent, togliendole una cuffia.
Yuffie spense l’mp3, imbarazzata: -Ti ho svegliato?-
-No, Rocky, che dici? Dopo la tua scarica di pugni?- le chiese,
sarcastico, massaggiandosi il fianco.
-Ecco cos’era quel mucchietto informe di coperte...-
s’illuminò d’immenso Yuffie, grattandosi
la nuca.
L’ex Turk borbottò qualcosa e si
riappallottolò in posizione fetale.
-Non riesco ad addormentarmi, Ran si agita troppo...- gli
spiegò.
Si voltò verso di lei, osservandola dal basso.
–Prova a rilassarti per prima. E magari ascolta una canzone
più calma.- le suggerì.
-Ci ho già provato, appena mi sdraio ricomincia a ballare la
breakdance...-
-Strano, eppure non dovrebbe avere più molto spazio...
Vedrai che tra un mesetto sarà troppo grande per
agitarsi...- la rassicurò, sorregendosi la testa con una
mano ed utilizzando l’altra per sfiorarle il ventre.
-Come sai tutte queste cose?- gli chiese, incuriosita, accorgendosi
della gaffe tre secondi dopo.
Lucrecia.
-Sono stato incinta anche io, che domande...-
La ninja lo fissò con gli occhi a palla, sentendo Lucrecia
ridere a crepapelle.
-Ho letto molto sull’argomento... Preferiresti forse vedermi
correre qua e là in preda al panico ad ogni minimo
problema?- le chiese, con un mezzo sorriso.
L’immagine di un Vinnie-chibi che correva qua e là
agitando le braccina la fece scoppiare a ridere.
–Bé, per una volta, mi piacerebbe trovarti
impreparato su qualche cosa...-
-Ci sono molti aspetti della vita per i quali sono decisamente
ignorante. I più importanti...- ribatté lui.
-Ad esempio?-
-Come gestire una donna incinta che non dorme mai ed impedire
contemporaneamente che un gruppo di fanatici la uccida...-
-Oh... Hai detto donna?-
-Vista Ran, suppondo che tu lo sia.-
Lo fissò, divorata dalla curiosità, arrossendo
violentemente al pensiero di porgli una domanda personale. Molto
personale.
-A proposito, Vinnie, ricordi per caso qualcosa...- iniziò
lei con naturalezza, subito interrotta da un “no”
secco. -Oh Levy, Vincent... Ricordi tutto, altro che…-
Ricordava ogni dettaglio di quei tre anni. A causa della loro
vicinanza, probabilmente, i suoi ricordi erano riemersi, andando a
colmare ogni suo vuoto di memoria. Era successo con Lucrecia.
Così era con Yuffie.
-Mi dispiace.-
-Per cosa?-
-Per averti usato e mentito.-
Si stiracchiò pigramente. Sarebbero partiti
l’indomani. In che direzione? Non aveva importanza...
L’Indovina li avrebbe scoperti in ogni caso.
Ci mancava solo lei!
-Ne mancano solo cinque, Yuffie. E poi sarai libera di stabilirti dove
più ti aggraderà.-
Wutai. Le sembrava di non averla vista da secoli... I suoi abitanti se
la sarebbero cavata anche senza di lei... C’erano Chekov,
Kasumi... Si erano separate così bruscamente...
Una volta sconfitta la Dusk, avrebbe chiesto un ultimo favore a
Vincent. Gli avrebbe chiesto di aiutarla a tirarla fuori da quel
bordello per sempre. E l’avrebbe chiuso.
-Sakura!-
-Come?-
-E’ da sola ed è diventata reggente in mia
assenza! Nulla le impedisce di fare un colpo di stato, depormi e...-
esclamò la ninja, in preda al panico.
-Non credo ne sia in grado, al momento.-
-Ma non la conosci! È crudele, è orribile,
è...-
-Incinta.- la interruppe l’ex Turk –Ho chiesto a
Reeve di tenere d’occhio Wutai e mi ha riferito la lieta
notizia. Apparentemente, dove passi te fioriscono donne incinte...-
La sua matrigna... Incinta? E chi diavolo era in padre? Di sicuro ogni
dei mille amanti/poeti che riceveva a palazzo... Non poteva essere...
Non poteva essere Godo il padre.
-Avrai presto tre bambini di cui occuparti, non sei felice?-
-Non vedi come sprizzo gioia da ogni poro? Figurati se mi occupo anche
del suo... E poi... Aspetta... Tre?-
-Aspetta due maschi.-
Maschi. Eredi. Di sicuro sarebbero stati la gioia di Godo. Se fosse
stato vivo.
-Yuffie, siamo arrivati.- annunciò l’uomo,
posandole una mano sulla spalla.
Fissò l’insegna luminosa, piena di dubbi.
-Perché vuoi comprare un’auto?- chiese, fissando
la vetrina della concessionaria, dove brillavano le carozzerie di una
decina di macchine sportive.
-La noleggiamo.- la corresse.
-Andiamo via?- gli domandò –Così
all’improvviso?-
-Sì, l’ho deciso ora passando di qui.
Probabilmente, se non seguiamo un programma preciso, individuarci
sarà più difficile. Ho eliminato il problema dei
bagagli per questo motivo.- le spiegò.
Aveva spedito tutto a Cloud e Tifa, a Edge. Compravano secondo le
esigienze del momento, in modo da non averne bisogno.
La vita della rossa era piena di musica. Non faceva nulla senza un
sottofondo musicale. Segno che era spesso sola.
Reeve partiva per chissà quali missioni segrete e tornava, a
volte, per poco più di un’ora. Non dormiva quasi
mai a casa. Doveva essere molto triste vivere così.
Soprattutto per una persona che aveva bisogno di reinserirsi nel mondo.
Era sola. Completamente sola. E riempiva le proprie giornate di musica.
Qualsiasi tipo andava bene, purché abbattesse quel silenzio
opprimente.
-Shelke, i vicini non si lamentano?-
-Uhm? No... In ogni caso, i vecchi si lamenterebbero di me a
prescindere... Sono sempre a dire che il loro caro figlio è
il loro gioiello, che mai e poi mai mi permetteranno di portarglielo
via...- spiegò l’ex Zviet, rovistando nel frigo,
alla ricerca di cibo.
-I vicini sono i genitori di Reeve?-
-Sì. Lui è fin troppo affezionato a loro. E
viceversa. Non pensano sia adatta a lui. A loro dire, non lo merito...-
sbuffò la rossa, guardando sconsolata una bottiglia di latte
quasi finita e posandola sul tavolo. –Devo fare la spesa.-
-E perché?-
-Perché dentro al frigo c’è
l’eco...-
Il cherubino si sedette sul tavolo di legno e prese a fissare
l’altra mentre si versava il latte. –Anche i miei
hanno avuto alcuni problemi... Non potevano stare insieme... Poi
però se ne sono fregati e si sono sposati...- le
raccontò, con un largo sorriso.
-Avevano problemi di suoceri?- chiese Shelke, bevendo qualche sorso di
latte.
-No, mia madre era un cherubino e mio padre un re demoniaco...-
ribatté con naturalezza la ragazzina bionda.
Per poco Shelke non morì soffocata dal latte, ma,
eroicamente, riuscì a guaire un: -Cosa?!-
Rose coppiò a ridere: -Dimentico sempre che voi umani siete
strani...-
-Io credevo di essere strana... Ma tu mi batti ampiamente...- rispose
la rossa, con il volto dello stesso colore dei propri capelli a causa
del mancato soffocamento.
-Bè, è un buon argomento da presentare di fronte
ai tuoi suoceri...-
L’ex Zviet sorrise: -lo farò.-
Già a prima vista, non sembrava un bel posto. Anzi, ad
essere sinceri, era veramente squallido.
Si aspettava che, da un momento all’altro, un topo gigante
scendesse le scale per chiedere in drink al bar...
Gli unici altri ospiti erano un uomo pieno di cicatrici,
dall’aria arcigna; un altro dalla faccia da topo e una donna
sulla quarantina, truccata pesantemente.
-Vinnie... Mi sa che siamo capitati in un ritrovo della Yakuza...-
sussurrò Yuffie, avvicinandosi al banco della reception.
-Per te non c’è posto.- sibilò
seccamente il proprietario, un vecchio abbronzato, carico di collane
d’oro.
-Qualche problema con mia moglie?- chiese minaccioso l’ex
Turk, posandole una mano sulla spalla.
-No, nessuno, non ti preoccupare, ha detto che ha una camera per noi.-
-Me la cavo anche da sola, Vin...- sussurrò la ragazza,
quando furono installati nella loro camera.
-Sì, ma mi irrita che qualcuno dia fastidio a mia moglie.
E’ una questione di principio.-
-Bé, non siamo proprio sposati... Sei più la mia
guardia del corpo... E un amico... Capito signor guardia del corpo?-
-Ti prego, non chiamarmi in questo modo.- mormorò Vincent,
appoggiandosi al vetro della finestra con la fronte.
-Che palle! C’è una cosa che lei non ti abbia
detto?- si lamentò la ninja, incrociando le braccia al petto
e sbuffando.-
-C’è, ma non mi aspetto che tu me lo dica.-
Vincent la Sfinge back in action...
-Siamo sposati, Yuffie. Almeno per quanto mi riguarda.-
In quel momento, chissà perché, Yuffie
arrossì e prese a giocherellare con la fede.
–Grazie Vince, sei gentile.-
Era troppo bello per essere vero. Ran si era addormentata subito... E
Yuffie era stata svegliata dal rumore di uno sparo. Si era alzata di
scatto, cercando a tentoni l’interruttore
dell’abat-jour.
Intorno a lei sentiva chiaramente i rumori della battaglia.
Improvvisamente, agli angoli della stanza comparvero delle fiammelle,
illuminando la scena. Vincent e l’intruso smisero per un
attimo di combattere, mentre la ninja trovava finalmente
l’interruttore e lo premeva.
All’istante le fiammelle scomparvero, facendo posto ad
un’accecante luce artificiale.
-Chi sei? Cosa vuoi? Vattene! Torna in un altro momento, ho sonno!-
sbottò la principessa, profondamente irritata. Tutto quel
trambusto aveva svegliato Ran, che aveva iniziato a ballare il tango.
La donna, poiché si trattava di una donna, era decisamente
strana. Non per gli standard della Società del Crepuscolo,
ma per lei sì.
Inanzitutto, indossava due pezzi di stoffa leggera. Non aveva nulla
contro gli abiti ridotti, aveva scorrazzato per anni in pantaloncini e
maglietta per il mondo... Ma almeno i suoi erano abiti. Quelli
dell’intrusa erano pezzi di stoffa trattenuti da corde
incrociate sul petto. La “gonna” era formata da
quello che sembrava un lenzuolo tagliato a metà, che copriva
ben poco. Stava su grazie a due nodi, uno per ogni lato.
Però aveva il senso del risparmio.
Aveva un tatuaggio a forma di scarabeo sul ventre e la carnagione
scura. I capelli erano neri, tagliati a caschetto e gli occhi,
pesantemente truccati, erano rossi.
-Il mio nome non ha importanza, poiché tra poco morirete...-
sibilò, avventandosi su Vincent e cercando di colpirlo con
quelli che sembravano sai.
Erano quasi alla pari, per ciò che riguardava la
velocità... Ma la forza? Vincent sembrava voler
semplicemente evitarla... Esitava prima di colpirla.
Perché esitava? Ah, se solo non le avesse confiscato lo
shuriken... Però magari poteva aiutarlo lo stesso.
Approfittando della loro distrazione, afferrò la prima cosa
che le capitò a tiro: i famosi Karamazov con copertina
cartonata che aveva lanciato all’uomo poche settimane prima...
Mentre i due combattevano o, meglio, eseguivano uno strano balletto per
schivare l’una i colpi dell’altro, prese la mira e
lanciò l’arma impropria sulla nuca della
guerriera, che svenne all’istante.
-Bè?- chiese all’ex Turk.
–L’ho sempre saputo che Dostoevskij era utile...-
L’ANGOLO DEGLI
AMICHETTI DI CHAOS
9 miserrime pagine in 3 mesi! Amy, fai schifo come scrittrice!
Non so come abbia fatto a partorire questo capitolo... Probabilmente
perché ho ascoltato a palla “eye of the
tiger” mentre scrivevo... Sì, la canzone di
Rocky... Quella che ascolta Yuffie prendendo a pugni Vincent... Ho
quasi rotto la tastiera perché pigiavo i tasti troppo
violentemente... Durante la scrittura delle ultime due pagine, sono
passata a “I will survive”... Sì, non
sto bene... ^_^’’’
Comunque... Quando si dice “le ultime parole
famose”! Avevo detto che avrei aggiornato più
spesso, vero? Purtroppo ci sono stati degli imprevisti, tipo la gita
scolastica a Malta ed un blocco dello scrittore tremendo... E anche
alcuni costumi che hanno rubato un sacco di tempo alla scrittura... Non
fate mai il cosplay di Vincent, potrebbe portarvi alla follia...
(soprattutto se la persona che ve lo commissiona, alla fine di una
giornata pesante, afferma di voler fare quello di Chaos, la prossima
volta)
Poi, credevo di riuscire a pubblicare prima della mia operazione, ma
nisba... E vabbè... Chissà quanti lettori
avrò, dopo tutto questo tempo...
Sì, lo so, semino donne incinte ovunque... Prima Yuffie, poi
Tifa ed ora anche Sakura! Che vi devo dire, sarà la
primavera...
Amo alla follia Shelke, ultimamente... E’ una continua fonte
di ispirazione e mi piace metterla a confronto con Rose (che non riesco
più a chiamare Rose... Ormai è
l’Alexandrova...)... E odio i suoi suoceri... Odio i suoceri
in generale (a parte i miei)... Se fossi in loro mi preoccuperei
più del fatto che mio figlio mi regala dei soggiorni in un
bordello che di una povera ex Zviet che non nuoce a nessuno... Vi
ricordate l’inizio di FF7, al Wall Mart, nel Bee non
ricordo... Se si spia da una serratura si vedono i genitori di Reeve...
Porcelli!
Rose ha i capelli biondi, all’origine... Poi li cambia come
le piacciono di più...
Cos’è che Lucrecia non ha mai detto e che Vinnie
non si aspetta che Yuffie gli dica? Hihi... Mistero...
Terrabrake :
Ebbene sì, amo le citazioni… Lestat non mi piace
particolarmente, come personaggio letterario, ma il Lestat di Tom
Cruise rimarrà sempre nel moi cuore… W le
primedonne ! ^_^ La morte di Alexander è affrettata ?
Probabilmente perché è un colpo di scena anche
per me… E perché sono molto affezionata al
personaggio… (Yuffie : Caso strano è russo,
biondo e si chiama Alexander… Amy : ehm… sono
semplici coincidenze… ^#_#^)
Ladyhellsing
: Apparentemente nessuno si aspettava il ritorno di Luku in versione
sadomaso… ma cercavo un tredicesimo personaggio e Luku
è perfetta nelle vesti di cattiva…
KaYcHaN :
Sì, sono flashback, quelli tra Yu e Astychan… A
proposito… Nessuno lo chiama Chaos ! Allora ho proprio
raggiunto il moi scopo ! La parte della morte di Luku piace molto anche
a me, con un Vincent in versione paterna… Awww !
Dastrea : Yuffie isterica è un amore ed è
ispirata alla sottoscritta, sempre isterica, dal mattino alla sera,
nonostante non sia incinta… (figurarsi quando lo
sarò… ) Sto andando molto ooc, lo so…
And I'd give up forever to touch
you 'Cause I know that you feel me somehow
You're the closest to heaven that I'll
ever be And I don't want to go home right now
And all I can taste is this moment And all I can breathe is your life 'Cause sooner or later it's over I just don't want to miss you tonight
And I don't want the world to see me 'Cause I don't think that they'd
understand When everything's made to be broken I just want you to know who I am
Goo Goo Dolls - Iris
-Buongiorno...-
La visione di lei che preparava
la colazione con unicamente una delle sue camicie addosso lo svegliò
completamente.
-‘iorno.-
O quasi.
Si sedette su una sedia,
fissandola occuparsi di tre fornelli alla volta.
Sembrava non avesse fatto altro
tutta la vita.
Trattandosi di Yuffie, la cosa
lo sorprese non poco. Da quando cucinava? E da quando una donna spettinata
poteva essere così bella? Scosse mentalmente la testa. Si stava di nuovo
facendo influenzare dai sentimenti di Chaos. Non doveva assolutamente, se voleva
mantenere sé stesso integro.
Aveva già apparecchiato e,
apparentemente, era uscita in giardino per raccogliere dei fiori da mettere in
un vaso, sul tavolo. Erano fiori di campo, alcuni veramente inquietanti, dalle
forme e i colori più disparati. Tutti insieme non stavano affatto bene.
Nonostante tutto, non poté
evitare di provare uno strano calore all’interno di sé, guardandoli.
Quell’imperfezione gli dava una sensazione di perfezione, invece. Gli ricordava
l’infanzia, sua madre. I suoi genitori prima che Grimoire si lanciasse a
capofitto nel proprio lavoro, prima che lasciasse morire sua madre.
Se non avesse guardato oltre la
finestra, avrebbe creduto che fosse una giornata normale. Invece, erano le tre
del mattino. Quando si allontanavano dal gruppo, per fingere di essere una
coppia normale, modificavano il loro ciclo del sonno, in modo che lui, Vincent,
non si svegliasse con Yuffie accanto.
Chissà se Chaos sapeva che era
lo spettatore muto ed immobile del loro amore proibito? E, chissà, sopratutto,
se non si stava sognando tutto. Che quello fosse solo un sogno, che
rappresentasse la materializzazione dei suoi desideri e le sue speranze?
No. Era la realtà. Se fosse
stato un sogno, la donna intenta a preparare la colazione sarebbe stata
un’altra. Di sicuro non Yuffie.
Si alzò e la raggiunse
cingendole la vita con le braccia. Come poteva sopportare il contatto gelido
del demone? Come poteva sopportare la pressione delle sue labbra morte sulla
pelle calda?
Lei non rabbrividì, non si
scansò disgustata. Sorrise.
-Asty! La colazione non sarà
mai pronta, se mi distrai!- protestò la ninja, allegra.
Avrebbe voluto urlare. Si
rendeva conto di quello che faceva?! Stava baciando un demone! Stava baciando
un essere che non era normale! Come poteva sopportarlo senza battere ciglio?!
Come poteva... Come poteva amarlo?
Odiò Chaos. Odiò Chaos perché
invidiava quel calore, quella pelle morbida, il solletico che gli procurava la
massa scompigliata dei capelli di quella donna. Invidiava l’amore che lei
provava per il mostro.
Per anni si era convinto che i
mostri non meritassero affetto o considerazione da parte degli esseri umani.
Dovevano essere cacciati, perseguitati ed uccisi, i mostri.
Per anni si era definito
mostro. Non aveva bisogno di amore o amicizia, perché era un mostro. Si
allontanava dal mondo, si isolava, perché era un orribile mostro.
Per anni il suo desiderio più
grande, l’unico, quello che graffiava con le sue lunghe unghie dentro il suo
petto, era stato quello di amare ed essere ricambiato, nonostante la sua
volontà di privarsi di tutto ciò che voleva.
Ed ecco che un mostro più
pericoloso ed orribile di lui, un mostro come quello delle favole che gli
raccontava suo padre, causa di morte e sofferenza per gli esseri umani... Ecco
che trovava la bella. La bella a cui non importava affatto che la persona che
amava avesse occhi gialli, zanne ed artigli. La bella che offriva il suo amore
incondizionatamente.
Ed ecco che capiva, finalmente,
che, quella scenetta quasi patetica, di una colazione alle tre del mattino, con
i pancake caldi, la marmellata e il caffélatte, con i fiori mostruosi e la luna
alta fuori dalla finestra, era ciò che aveva desiderato per anni. Uno stralcio
di normalità. Un finto mattino in cui sentirsi normali, liberi dalle privazioni
di cui si è i soli responsabili. Un finto mattino in cui baciare una donna
senza sentirsi colpevoli.
Sentì le lacrime solcare il
viso di Chaos. Sapeva che era stato lui stesso a provocarle.
-Ehy, che hai?- chiese Yuffie,
posando il pancake che stava mangiando su un piattino, preoccupata.
-Ah... Queste? Non
preoccuparti, melamin... Queste sono lacrime di felicità.- le rispose il
demone, dolcemente.
Ovviamente sapeva. Sapeva che
Vincent era lì ed assisteva impotente alla scena. Sapeva anche che le lacrime
erano causate quasi unicamente dai suoi sentimenti, dalla sua felicità.
Sorrise, soddisfatto.
–E’ la più bella colazione
della mia vita, Yuffie.-
L’ANGOLO DEGLI AMICHETTI DI
CHAOS
Ciao, cari amichetti!
Chaos: Ciao, amichetti!
Visto che non ho ancora finito
il capitolo 13 (me lenta a copiare), vi regalo questo capitoletto carino, sulla
lovestory tra i nostri amorucci dal punto di vista del terzo incomodo, ovvero
WinnieWinnie... Capitolo scritto in due ore circa, brevissimo, ma di cui vado
molto fiera! Comincio a credere che il punto di vista di Vincent sia quello che
mi viene meglio... Sarà perché ne condivido i casini mentali...
Marie voltò una carta alla
volta, in preda all’ansia. Davanti a lei si svolgeva una crudele battaglia, che
coinvolgeva Semiramis. Soffriva, tentennava e veniva ferita quasi mortalmente.
E lei non c’era. Nessuna carta
indicava la sua presenza. Perché?
Voltò l’ultima carta. La Morte.
Nessuna carta era più ambigua. Poteva significare la fine, ma anche l’inizio di
qualcosa di nuovo. Significava che Semiramis avrebbe terminato la propria
missione, ma non ne precisava l’esito. Significava che, forse, come i loro
compagni prima di lei, sarebbe morta.
Marie si alzò in un fruscìo di
seta ed uscì dalla propria stanza. Proprio per le sue abilità sapeva che nulla
è scritto e che era ancora in tempo per salvarla.
-Ehy, ciao!- esclamò Yuffie,
con un largo sorriso.
Era seduta sul ramo di un
albero, appoggiata al tronco e fissava il paesaggio. Non riusciva a dormire.
C’era qualcosa di triste e sublime in quel paesaggio luminoso e monocromatico.
E c’era qualcosa d’inquietante nel modo in cui la Citta degli Antichi li
respingeva, qualcosa che la spaventava.
L’aveva osservato mentre usciva
da una delle case e si avviava verso la foresta e l’aveva chiamato proprio
mentre passava sotto il suo albero.
Chaos alzò la testa e la fissò,
sorpreso. –Non dormi, Yuffie?-
-No... Non ci riesco... C’è
qualcosa di affascinante e spaventoso, qui.- gli confessò, saltando giù
dall’albero con agilità felina. Era alto. Molto alto. Ma erano i capelli a
renderlo così immenso? Le persone alte la mettevano in soggezione, oltre a causarle
il torcicollo.
-Hai ragione. Anche noi la
pensiamo così... Solo che Vincent ha deciso di non preoccuparsene più di
tanto... Non è molto affezionato a voi, sai... O almeno, così vuol farvi
credere...- le spiegò, sedendosi sotto l’albero. Aveva assunto un’aria più
matura, rispetto alla volta precedente. Non si erano visti per tre mesi,
dopotutto, era più che normale. Ma le dispiaceva che avesse perso quall’aria
ingenua.
-Allora, che cos’hai fatto in
tutti questi mesi?- gli chiese, incuriosita, sedendoglisi accanto. Fissò il
cielo attraverso i rami luminosi dell’albero. Tutte quelle luci non le
impedivano di vedere le stelle.
-Ho fatto degli esperimenti.-
rispose lui, brevemente. Aveva imparato la diffidenza, apparentemente. –Ho
imparato cos’è l’amore e cos’è il tradimento.-
Lo fissò, sbalordita: aveva
avuto una relazione? Ma non doveva essere finita bene, a quanto diceva. –Vuoi
parlarne?-
-Non è nulla di che... Una donna mi ha
fermato per strada e mi ha proposto di conoscere cosa fosse l’amore. Ho
accettato. Poi lei ha cominciato a... Sedurmi. Avevo l’apparenza di Vincent,
per cui non ero abbastanza forte. E lui ha preso il sopravvento ed è scappato.
In seguito ho incontrato molte volte la donna ed abbiamo parlato molto. Ma lei
non era quello che credevo fosse. Centinaia di altri uomini l’avevano
“conosciuta” e lei non amava nessuno. Ed eccomi qui. Puoi anche ridere di me
perché mi sono innamorato di una prostituta, ora.- concluse il demone,
abbassando la testa.
Durante tutto il racconto,
Yuffie aveva sentito crescere in lei due sentimenti contrastanti: una profonda
pietà e la rabbia. Perché provava rabbia? In fondo, era solo un demone che
tentava di capire qualcosa del mondo in cui era capitato. Ma anche lei si
sentita tradita.
Si sentiva tradita perché
ricordava quel bacio.
Si sentiva tradita al punto che
iniziò a piangere senza riuscire a capirne il motivo, senza potersi fermare.
Chaos l’abbracciò, senza dire
una parola. La strinse a sè avvolgendole intorno le sue ali, come se tentasse
di proteggerla, accarezzandole la testa. Forse aveva imparato anche questo
dalla sua prostituta.
Il pensiero cancellò le lacrime
e fece riemergere la rabbia.
-Perché ti comporti in questo
modo orribile? Perché mi racconti questo?- chiese, cercando di allontanarsi.
-Perché durante tutto questo
tempo, non ho mai smesso di pensare al nostro bacio.-
-Vincent?-
C’era decisamente qualcosa che
non andava. E lui esitava a rivelarle di che cosa si trattasse.
Gli sfiorò una spalla e si
sedette accanto a lui. Fissava un punto imprecisato della parete di fronte a
sé.
-Ho paura di stare impazzendo.-
sussurrò l’uomo, in modo che la prigioniera non sentisse.
Yuffie spalancò gli occhi,
sorpresa: -Eh?-
Sembrava terribilmente
angosciato. Perché credeva di essere impazzito? Doveva essere successo qualcosa
di grave, per sconvolgerlo in quel modo! Eppure, era rimasta con lui tutto il
tempo e non era successo assolutamente nulla.
-Tu vedi quella ragazza?- le
chiese, indicandole la parete vuota.
Ok, era impazzito. A forza di
sentirle parlare di spiriti, si era messo in testa di poterli vedere anche lui.
La osservò attentamente,
avvicinandosi. C’erano delle crepe, la carta da parati era disgustosa e piena
di muffa. Ma a parte quello, nulla. A parte Lucrecia che fissava Vincent come
se fosse impazzito completamente.
-Non vedo nessuno.- ribatté,
voltandosi verso di lui. Per tutta risposta, Vincent impallidì ed iniziò a
sudare freddo. Probabilmente pensava a quale sarebbe stata la prossima mossa.
Probabilmente avrebbe iniziato a collezionare gatti di ceramica, riordinare
meticolosamente la stanza o cose del genere.
-Eppure è lì... Ne sei certa?
Durante il combattimento si frapponeva tra me e l’avversaria, era impossibile
colpire una senza ferire l’altra...- le spiegò, incapace di distogliere lo
sguardo dal muro vuoto.
-Bè, sai, magari non stai
impazzendo... Magari è semplicemente una delle abilità che HojieWoojie ti ha
lasciato... E la ragazza che vedi è in SND. Sai, ci sono volte in cui Shelke
cambia frequenza per essere invisibile ai più ed andare a spiare la squadra di
rugby di Edge negli spogliatoi...- tentò di spiegargli. Gli si sedette accanto
e gli afferrò un polso. –Tenta di leggermi nel pensiero.-
La fissò, stupito: -Non credo
che Hojo mi abbia dato questo potere...-
Lei sbuffò. Odiava dover
spiegare in continuazione il suo potere, ma non aveva scelta. Anche a lei erano
serviti anni per capirci qualcosa.
-Dunque, come spiegare...
Esistono persone che leggono i sentimenti e i pensieri delle persone
semplicemente guardandoli. Te l’avranno detto un sacco di volte, che il viso e
gli occhi sono lo specchio dell’anima, che alcuni movimenti o posizioni che il
corpo assume involontariamente rimandano a determinati sentimenti, no? Essendo
un Turk sei stato allenato per “leggere” le persone.- gli spiegò,
pazientemente.
-Non mi pare di leggere nel
pensiero...- ribatté lui, confuso.
-Infatti il pensiero non si
legge, si ascolta. E si vede. Insomma, Vincy, che te frega? Tutto quello che
devi fare è tentare di capire cosa penso. Al resto ci penso io.- tagliò corto
la ragazza, esasperata. Non era una buona insegnante.
Lei chiuse gli occhi e, dopo
qualche secondo, si vide come in uno specchio, attraverso il suo sguardo. Non
sapeva esattamente come funzionasse, ma era così. Se qualcuno entrava dentro la
sua mente, lei riusciva ad intrappolarlo e “vedere” attraveso i suoi occhi,
oltre che a sentire. Sentire era la cosa peggiore, quando si trattava di
Vincent. Vincent era confuso, addolorato e, sopratutto, frustrato.
Lasciandolo entrare nella sua
mente, quella volta, si sorprese nel sentire qualcosa di diverso. Non c’era
angoscia, dentro di lui. Solo desideri. E i desideri erano piacevoli, da
sentire, come una melodia.
-Ora, Vincent, guarda la
ragazza.- sussurrò.
La propria voce era strana, ascoltata
attraverso le sue orecchie. Ogni volta si stupiva di quanto i sentimenti
contassero in quel tipo di esperienza. I sensi erano indubbiamente influenzati
da essi.
Lui eseguì, incapace di capire
cosa lei stesse facendo, ma fiducioso.
La misteriosa ragazza esisteva.
Aveva i capelli rossi, divisi
in boccoli ordinati. I suoi occhi erano di un celeste intenso, quasi irreale;
le ricordarono immediatamente quelli dei Soldier. Il suo pallore era nobile e,
probabilmente a causa dell’SND, le dava l’aria di uno spirito. Era vestita di
rosso, con abiti del secolo precedente, eleganti e di buon gusto. In mano
reggeva un mazzo di tarocchi.
Il suo sguardo era fisso sulla
loro prigioniera e sembrava incapace di sentire una sola parola di quello che
dicevano. Forse era troppo concentrata. O forse il suo potere non era completo.
Di sicuro era potente e la sua
energia le ricordò quella della persona che aveva soccorso le due gemelle. Ma
non era lei. La sua potenza era agli stessi livelli delle bambine, mentre
quella della persona che le aveva portate via era, molto probabilmente, tre o
quattro volte più forte. E allenata.
-Yuffie, che cosa stai facendo,
di preciso?- le chiese. Anche la voce di Vincent era terribilmente diversa. Le
ricordava il verso di un gatto arrabbiato. La sua gola vibrava in modo
inquietante.
-Sto guardando attraverso i
tuoi occhi.- spiegò lei, sorridendo. Si lasciò scivolare ancora un pò nella sua
mente. Era curiosa, quando si trattava di desideri. Soprattutto quando si
trattava di desideri genuini. Le ossessioni “suonavano” in modo inquietante. I
desideri, in modo cristallino. Ne era irresistibilmente attratta.
-E l’hai vista?- le domandò,
inquieto.
Perse di vista i desideri,
offuscati dall’orribile rumore della paura. Tornò in sé e sbuffò.
-Non puoi startene un pò
tranquillo?- chiese, seccata. Si alzò ed andò a frugare nella valigia, alla
ricerca di due tranquilizer. Somministrò il primo alla guerriera, che intanto
era stata spostata sul suo letto. Dopodiché, si voltò verso Vincent, che era in
preda, come aveva previsto, ad una terribile emicrania.
-Colpa mia! Comunque, sì, l’ho
vista. Non sei pazzo, la ragazza esiste...- lo rassicurò, con un sorriso. Si
sedette sul letto e gli somministrò il calmante. Era l’unico modo per fargli
passare l’emicrania.
-Da quando è iniziato questo
viaggio con te mi sembra di essere capitato in un mondo parallelo guidato da un
Destino sadico. Abbiamo combattutto fianco a fianco per tre anni e neppure una
volta hai mostrato uno solo di questi strani poteri... Ora ne hai certi che
viene naturale chiedersi se chi li ha inventati sia sotto effetto di qualche
sostanza stupefacente... Sono mesi che giriamo il mondo senza una meta,
inseguiti da un branco di pagliacci vestiti a festa, che ancora non ci hanno
comunicato una ragione valida per agire in quel modo...- iniziò Vincent,
socchiudendo gli occhi. –Quindi, Yuffie, devo chiederti una cosa molto
importante.-
-Se vuoi chiedermi di sposarti
guarda che sei in ritardo...- ironizzò la donna, divertita. I Tranquilizer rendevano
le persone più simpatiche...
-No, Yuffie, qualcosa di più
importante... Credi che i danni al cervello saranno permanenti?-
Scoppiò a ridere, andando a
buttare i flaconi di medicinali nella spazzatura del bagno.
-Vince, non ti devi
preoccupare, tu non ce l’hai il cervello.- lo rassicurò, rimboccandogli le
coperte. Fissò il proprio letto, occupato dalla misteriosa ragazza e sospirò.
–Un’altra notte in bianco...-
L’uomo l’afferrò per un braccio
e la costrinse a sdraiarsi accanto a lui, posandole caritatevolmente la coperta
addosso. –Sei tu la donna incinta...- bofonchiò l’ex Turk, imprigionandola tra
le proprie braccia.
Il tranquilizer aveva impiegato
circa mezz’ora ad agire, ma, alla fine, era riuscita a liberarsi dal suo
abbraccio. Era comunque rimasta sdraiata accanto a lui a fissare il soffitto.
Con la ragazza in SND nella stanza, non sarebbe mai riuscita a prendere sonno.
Peccato, visto che Ran aveva deciso di dormire.
-Spero che tu nasca quando
tutto questo sarà finito.- sussurrò, emettendo un lungo sospiro.
Si alzò all’alba, per
socchiudere la persiana. Non voleva che Vincent si svegliasse. Aveva bisogno di
riposo, anche lui. Le ferite inferte dalla donna erano scomparse in poche ore,
ma doveva essere stanco.
Quella storia doveva finire in
fretta, anche per il suo bene.
Non ricordava neppure quando
avesse iniziato a proteggerla. Probabilmente da dopo la sconfitta di Kadaj.
Aveva iniziato a trattarla diversamente dagli altri membri del gruppo,
aiutandola quando era in difficoltà ed andandola spesso a trovare. La ragione
stava di sicuro nel fatto che era stata lei a cercarlo per prima, tempestandolo
di telefonate.
Soffocò una risata. Sapeva di
essere insopportabile, a volte.
Perché, poi, lo cercava? Se
l’era chiesto spesso, rispondendosi che il motivo era, semplicemente, che
Vincent era il simulacro di Astharoth. Ma sapeva di non essere così egoista.
Comunque, il fatto era che lui
era cambiato più rapidamente di qualsiasi altro membro del gruppo. Era sempre
paranoico ed innamorato perso di una donna morta. Ma era cambiato. Cercava di
sopportare la presenza di altre persone nel proprio territorio e certe volte
quella presenza sembrava fosse anche gradita al principino.
Ed eccolo lì, a farsi pestare
in continuazione da un gruppo di psicopatici, solo per proteggere quella che,
un tempo, era una delle più forti del gruppo. Se quelli non erano progressi,
allora, cos’erano? A parte la dimostrazione che Vincent fosse un masochista
nato...
Una delle più forti del gruppo.
Era vero, anche messo da parte il proprio profondo egocentrismo.
Allora perché doveva
accompagnarsi ad una guardia del corpo?
-Già sveglia?-
Si voltò verso il letto, quasi
spaventata da quel suono improvviso.
Annuì, con un sorriso.
–Buongiorno, Mr Hyde!-
Vincent si alzò, si stiracchiò
e la guardò di sbieco. –Non usi questo soprannome da anni, Yuffie...- le fece
notare.
-Sono di ottimo umore!- ribatté
lei, allegra. –Tu come stai? Dormito bene?-
Lui si accontentò di annuire,
vagamente confuso. –Pronta a partire?-
-Si và ad Edge.-
-Semiramis!- esclamò Rose,
nonappena i tre fecero il loro ingresso nel Seventh.
-Rose?- chiese sorpresa Yuffie.
–Che cosa ci fai qui?-
Rose raccontò tutto
dall’inizio, senza tradire alcuna emozione, come se fosse stata una spettatrice
passiva della morte di Alexander e della propria vita in casa Tuesti.
Poi li informò che quella che
avevano catturato era Semiramis, una delle migliori della Dusk e che,
probabilmente, la ragazza rossa che avevano entrambi visto era Marie, la
veggente.
Sembrava che la prima fosse
iperprotettiva nei confronti della seconda. E viceversa, anche se la protezione
che offriva Marie non era visibile.
Tifa e Cloud arrivarono
esattamente alla fine del racconto. Il biondo era carico di pacchi e borse,
mentre lei portava un sacchetto con dentro la spesa.
-Cose essenziali, 100 gil, con
mastercard.- sentenziò, indicando il sacchettino. –Cose inutili poiché mancano
mesi alla nascita del bambino, 20000 gil, con mastercard. Sapere che il proprio
fidanzato è impazzito per la terza volta e si crede una lontra che fa provviste
per l’inverno... Non ha prezzo.-
La barista posò il sacchettino
sul bancone ed abbracciò Yuffie. –Mi sei mancata! Non ti sei più fatta sentire!
Eravamo tutti preoccupati! Sai che Vincent risponde al telefono più spesso di
te? Anzi, un muto risponde al telefono più di te!-
La minore abbassò la testa,
imbarazzata.
-Voglio sapere tutto! Vincent!
Sei iscritto al forum...?- iniziò a sparare a raffica Cloud, una volta
liberatosi dai pacchi, lanciandosi sull’ex Turk, che arretrò, inquieto.
-Da quando è così isterico,
Tifa?- chiese sottovoce Yuffie, seguendo la maggiore in cucina.
-Da sempre... Non ti ricordi?
“Io grande Soldier prima classe, Io ucciso Sephi, Io grande figo, Io Nibelheim
fatto boom”...- rispose la mora, alzando un sopracciglio e mettendo a posto le
provviste.
-Mi hai comprato la Nutella?-
chiese Rose, comparendo magicamente da dietro la barista.
-Tieni, è il barattolo da
cinque chili.- rispose lei, porgendoglielo. La ragazzina dai capelli biondi afferrò
un cucchiaio e si sedette su una sedia a mangiare la sua Nutella. –Pene
d’amore...- sussurrò Tifa.
-Ah, mi era sembrato...- disse
Yuffie, sedendosi davanti alla minore. –Vuoi parlarne?-
-Yu, non è una buona idea...
L’ultima volta che hai provato a consolare qualcuno, non è servito a molto.
Anche perché il qualcuno in questione ero io e la tua soluzione è stata battere
sul tempo me e Aeris ed uscire con lui al Gold Saucer.- le fece notare
la maggiore, spaventata.
-Certo, ma quello era per il tuo bene!
Pensa un pò, ora sei incinta di un chocobo! Non sei contenta?- chiese la ninja.
–E tutto grazie a me! Dai, Rose, confidati con la zia...-
-Non uscirai con lui, vero?-
domandò il cherubino, incerta.
L’altra scosse la testa in
senso di diniego. –Sono una brava ragazza, ora! Sono persino sposata!-
-Peccato che il matrimonio sia
stato celebrato a sua insaputa...- commentò Tifa, sempre intenta a mettere a
posto.
-Ok... – disse la ragazzina,
sospirando. –Lo amo!!!! E’ così figo!- urlò.
Persino Ran protestò per
l’inquinamento acustico, il che è tutto dire.
-Ah, Reno! Quanto sei
intelligente! E figo! E sexy! Con la tua aria da teppista! E hai detto che sono
una creatura affascinante, con i miei capelli strani e le mie ali!!!- continuò
sullo stesso tono.
-Sei sicura che non sia stato
Hojo a dirtelo? “Che creatura affascinante” è la sua frase preferita...-
ribatté Yuffie, inquieta.
-Era, Yuffie! Era!!! Lo vuoi
far resuscitare?!- s’inalberò Tifa, nel panico. –Con mezza Avalanche incinta?!-
-Ma lo sai che Hojo per me è
una presenza costante! E’ il sole che mi sveglia al mattino, il profumo dei
fiori di campo...- scherzò l’altra, fingendosi profondamente innamorata.
-I gusti sono gusti...-
commentò Vincent, entrando nella stanza. –Hai del caffé, Tifa?-
-Vincent! Rose, hai trovato il
tuo consigliere del cuore personale!- esclamò la ragazza, facendolo sedere
accanto a sé.
Tifa sghignazzò e porse una
tazza di caffé al più anziano del gruppo. Poi lasciò la cucina.
-Ma perché io?- protestò lui.
-Vincentino, mi devi aiutare!
Mi sono innamorata di Reno...- lo pregò la biondina, attaccandosi al suo
braccio. –Sei lo specialista dell’amore romantico, no?-
-Chi diavolo sei, te? Vai via,
prima che ti disconnetta a modo mio!- sbottò una voce familiare, proveniente
dalla stanza attigua.
-Shelke!- esclamò Rose,
fiondandosi sulla rossa e trascinandola in cucina.
-Bè, ecco i due più saggi nelle
questioni amorose...- commentò Yuffie. –I’msosorry ti avrà insegnato
qualcosa, no?-
-I’msosorry?- chiese la
biondina, confusa. –E’ un vostro amico?-
-Mio non di sicuro... Suo.-
sibilarono Yuffie e Shelke, indicando il povero ex Turk.
-Bene, ho chiamato Reeve, si
occuperà lui di Semiramis... La porterà nelle prigioni della Wro... Nel
frattempo...- iniziò Shelke, interrotta da una risata surreale.
-Nel frattempo, cara la mia
Zviet, prenderò la qui presente principessa vi eliminerò tutti.-
L’angolo degli amichetti di Chaos
Ma che fatica... Per fortuna
siamo quasi alla fine!!! Anche se mi sono inventata tante situazioni crudeli
per i miei tesori, credo che entro l’anno questo parto sarà finito! Evviva!
Stavo guardando, l’altro
giorno, da quanto tempo questa tortura andasse avanti... Veramente troppo! Devo
continuare anche le mie due altre fic!
Beatrix: Ti ringrazio per i complimenti e anche per leggere
questa fiction senza aver giocato a doc (se ti capita, giocaci, arrivare alla
fine è di una facilità impressionante), in effetti, ti manca il personaggio
principale, Astharoth, ovvero Chaos, la quarta (e figa) trasformazione di
Vincent. Non ti preoccupare se ti perdi, mi perdo anch’io, a volte i personaggi
vanno per conto loro... ^_^’’’ Felice di sapere che qualcuno ha finalmente
capito le mie citazioni! Soprattutto perché riguardano tre miti personali
(Dylan ha ritirato fuori i conigli, il mese scorso, ma non sono rosa)!
Kay: Quella di Eye of the tiger è anche uno dei miei pezzi
preferiti, con Yuffie che mena Vinnuccio... Mentre la scrivevo ridevo così
forte che i miei si sono chiesti se stessi bene...
Terrabrake: Bè, sinceramente trovo che Yuffie ancora più esagitata
sia divertente, anche perché altrimenti la mia alternativa è farla deprimere e
rimuginare... Ci sono già un sacco di personaggi che si deprimono in questa
fic... In effetti l’unico che non si deprime mai è Astuccio (che
soprannome...), anche se è l’unico che dovrebbe... Anyway, la mia Yuffie è
comunque abbastanza ooc rispetto al personaggio originale, probabilmente perché
ne so qualcosa di ragazze che ridono tutto il tempo e tengono nascosti i propri
sentimenti, uno squilibrio ormonale e hop, diventano isteriche... ^_^
Rose ha 17 anni!! Ebbene sì!!!
Almeno, li dimostra, perché in realtà ne ha qualche centinaio in più, essendo
un demone... angelo... qualcosa! Voglio la sua abilità speciale anche io...
sigh...
Dastrea: Un’altra delle mie fedeli lettrici!!! Una gattina fan
dei Metallica? Che carinaaa!!! Intanto, posso anticiparti che Yuffie non
partorirà in treno e Vincent non combatterà contro il Capo... Ho deciso da
tempo il capitolo che riguarda i due argomenti e, probabilmente, sorprenderò un
paio di lettori... hihi... Reeve è l’uomo che controlla Cait Sith, uno che
somiglia molto a George Michael e che di solito metto in coppia con Shalua...
^_^ Anche io mi sono posta il problema degli eredi di Godo, ma credo che,
avendo Yuffie lavorato tutta la vita per migliorare Wutai, sia meno sadico che
assuma lei il suo posto... Anyway, grazie per la comprensione... Purtroppo non
è che mi sia svagata da morire in questi mesi... (Chaos: il cibo dell’ospedale
era buono, dai... Amy: Se solo avessi potuto deglutire!!!)
How can you just walk away
from me, when all I can do is watch you leave?
Because we’ve shared the
laughter and the pain and even shared the tears… You’re the only one who really
knew me at all.
So take a look at me now,
there’s just an empty space and there’s nothing left here to remind me, just
the memory of your face. Take a look at me now, well, there’s just an empty
space and you coming back to me is against all odds. And what I’ve got to face.
Come puoi andartene da me, quando tutto ciò che posso fare
è guardarti mentre te ne vai?
Perché noi abbiamo condiviso le risa e il dolore e
persino le lacrime... Sei l’unica persona ad avermi conosciuto realmente.
Così, guardami un attimo, c’è solo uno spazio vuoto e non
c’è nulla qui che può farmi ricordare, solo il ricordo del tuo viso. Guardami
un attimo, bè, c’è solo uno spazio vuoto e che torni da me è contro ogni
probabilità. Ed è questo che devo affrontare.
Against all Odds - Phil
Collins
Gli intrusi erano due. La prima
era la bionda che li aveva attaccati per la prima volta. L’assassina di Godo.
Vedendola, Yuffie si sentì pervadere dall’urgenza di uccidere, di usare le
tecniche che il padre le aveva insegnato per compiere la propria vendetta.
Una mano si posò sulla propria
spalla. Trasalì, accorgendosi di essersi inconsciamente avvicinata ai due
nemici.
-Non fare follie.- sussurrò
Tifa, trattenendola. Aveva lo sguardo deciso e determinato che assumeva prima
di una battaglia importante. Uno sguardo che era specchio del proprio.
Si voltò nuovamente verso gli
avversari. La bionda non indossava il solito mantello e, al di sotto di quello,
sembrava non aver mai indossato granché. Un bikini rosa ed una minigonna nera
non penso possano essere considerati “vestiti”. Aveva le avambraccia ricoperte
di bracciali rigidi, d’argento. Per compensare, forse?
Al fianco portava tre katana.
Capiva due, ma tre come faceva ad utilizzarle? Inoltre, il semplice fatto che
lei utilizzasse armi tipiche di Wutai, la mandava su tutte le furie.
L’uomo che aveva parlato aveva
i capelli argentati, mossi, tagliati corti, eccezion fatta per un lunghissimo
ciuffo sul davanti, che gli copriva uno degli occhi color ghiaccio. Era alto,
vestito di pelle nera. La sua arma era una spada massiccia. Il suo sguardo era
carico d’ira. Determinato a raggiungere il proprio scopo. Fisso sulla ninja.
In un attimo, si avventò su
Yuffie, che scansò l’affondo all’ultimo momento. Il secondo colpo fu
intercettato da uno spadino. L’uomo alzò la testa per guardare l’avversario e
la ninja fu sorpresa nel vedere Shelke impugnare quell’insolita arma, due
spadini collegati da una catena. Fu ancor più sorpresa nel constatare che i
capelli dell’uomo non si erano affatto mossi nell’azione. Quell’essere sfidava
ogni legge fisica. E vinceva.
Shelke sorrise: -I tuoi
trucchetti mentali non funzionano con me, Cavaliere Jedi. –sibilò, compiaciuta
dalla sorpresa dell’avversario. Lo spinse ad allontanarsi dalla ninja con una
serie di attacchi rapidi.
–Yuffie, questi squilibrati
mentali sono quelli che ti stanno dando così tanti problemi?- chiese Tifa,
spuntando da oltre la spalla destra di Cloud, ben intenzionato a non far
partecipare la fidanzata alla battaglia.
-Non volevo foste coinvolti...-
sussurrò la ninja, mordendosi nervosamente il labbro inferiore e cercando intorno
a sé una qualsiasi arma.
-E perché dovrebbe divertirsi
solo Vincent, scusa? Ehi, Cloud, non è giusto! Voglio picchiarli anche io!-
protestò la donna. Cloud stava tentando di comprendere la tecnica di Kaminà,
mentre quella sembrava impegnata in un numero mortale di giocoleria. Utilizzava
tre spade alla volta, lanciandone una ed attaccando normalmente con le altre
due, recuperando poi la prima con le altre lame. Il biondo sembrava confuso da
quel “gioco”.
Nello stesso momento, Vincent
attraversò il bar con un balzo all’indietro. Guardando dalla direzione da cui
era partito, si scoprì che anche Semiramis si era ripresa. E sembrava veramente
di ottimo umore. Come se due pazzi furiosi già non bastassero.
-Eccoti finalmente sveglia,
inutile donna... Credo che inizierò da te.- sibilò l’intruso, lanciandosi sulla
compagna di squadra sorpresa. Dopo il primo attimo di smarrimento, però, si
difese egregiamente, mettendo immediatamente l’uomo in difficoltà.
La mente di Yuffie fu
attraversata dal pensiero che quella non fosse l’arma prediletta dell’uomo. Lui
era l’illusionista. Quel pensiero la spaventava più della battaglia che si
stava svolgendo sotto i propri occhi.
Fece un passo in avanti per
avvertire Shelke, che le era più vicina e combatteva contro Kaminà, quando la
terza spada della bionda passò vicinissima ai suoi occhi, per cui ci rinunciò e
fece l’unica cosa possibile: usò il Sakanagi, che fu bloccato da qualcosa di
invisibile.
L’emo che combatteva contro
Semiramis era Dirae, il fratello delle due gemelle e, in qualche modo, era più
potente di lei. Il che, riflettendoci, era impossibile. Non faceva altro che
mandare al mittente gli stessi poteri con cui egli attaccava. Ed essi dovevano
per forza essere della stessa intensità con cui partivano.
Una spada colpì Semiramis alla
spalla, di striscio, per poi bloccarsi a mezz’aria, come se il tempo si fosse
fermato. Nessuno di loro controllava il tempo. Almeno, a quanto ne sapeva. Ma
era lei la ragazza dai poteri impossibili.
-Yuffie, prendi!- esclamò Tifa.
La ragazza si voltò giusto in tempo per afferrare due materia. Gli occhi le si
illuminarono. All e Toad. Il sorriso le si spense immediatamente. Che schifo!
-Che razza di materie sono?!-
protestò, equipaggiandole comunque.
-Sono quelle di Denzel!-
La spada “vagante” volò dritta
verso Shelke, ma tra di esse si frappose Rose, che eseguì un movimento che a
Yuffie sembrò di aver già visto, che congelò la spada e le gambe di Kaminà. Per
tutta risposta, la bionda la imitò. Il ghiaccio non toccò la minore, che aveva
usato una tecnica diversa, di elemento fuoco, annullando l’attacco del nemico.
-Rose Alexandrova, l’unica ed
originale, diffidate delle imitazioni!- esclamò la ragazza dai capelli rosa,
con un ghigno di soddisfazione sul volto.
-Imitano i movimenti delle
summon!- esclamarono contemporaneamente Tifa e Yuffie, illuminate dalla sacra
luce di Ramuh. Si guardarono, basite. –Che razza di potere!-
Shelke disarmò completamente
l’avversaria e le puntò lo spadino alla gola. Lo stesso fece Cloud con Dirae.
-Tutto qui?- li canzonò Rose,
melliflua.
I due sorrisero all’unisono.
No, apparentemente non sembrava loro abbastanza.
-Voi, miserabili umani, non
sarete mai al nostro livello.- sibilò la bionda.
Dirae fece qualche passo
indietro ed osservò con soddisfazione la sua compagna di squadra cambiare
forma, fino ad assumerne una nuova, che a pochi, in quella stanza, non era
familiare. Galian Beast.
-Vi presento il potere della
mia cara compagna Kaminà. Ella imita qualsiasi tecnica veda eseguita.-
La bestia urlò e con un colpo
di zampa distrusse il bancone. Tifa urlò e tentò invano di andarla a prendere a
calci, trattenuta fermamente da Cloud. Questo non l’impedì di proferire alcuni
epiteti particolari, davanti ai quali anche Cid sarebbe impallidito. Vincent osservò
la bestia con sguardo indecifrabile. Probabilmente rifletteva su quanto fosse
ridicolo il gonnellino rosa e nero del demone.
Poi iniziò il fischio. Era più
forte delle altre volte. E più fastidioso. Questo, assieme alla non gradita
presenza di una copia, bastò a risvegliare il vero Galian Beast, che si avventò
su di essa.
Yuffie fece qualcosa che le si
addiceva molto. Corse e si frappose tra le due bestie. Poi pronunciò la
formula. Toad era un incantesimo che non funzionava MAI. Nessuno era così idiota
da farsi trasformare in rana. Strinse gli occhi, accorgendosi di essere tornata
in character solo per commettere l’idiozia che l’avrebbe uccisa. Sentì
chiaramente quello che poté facilmente identificare con un grugnito di
disapprovazione provenire la Galian.
-CRA?-
Aprì un occhio. Poi l’altro.
Vide davanti a sé, mettendosi in punta di piedi per superare Galian, due
ranocchi arrabbiati, che saltavano e tentavano di ucciderla. Scoppiò a ridere e
ringraziò Denzel e le sue materie inutili.
Il fischio terminò nell’esatto
momento in cui una carta andò a piantarsi sui resti del bancone. Era la carta
dell’Eremita. La proprietaria avanzò nel locale con fare solenne e si diresse
verso Semiramis. Nel frattempo, Tifa ne approfittò per inseguire le due rane e
prenderle a calci, almeno finché quelle non svanirono grazie alla solita
illusione.
-E io che volevo offrire un
aperitivo francese ai miei clienti...- sibilò, con un ghigno malefico sul
volto.
-Su quale bancone, amore?- osò
farle notare innocentemente Cloud, ricevendo immediatamente una scarica di
pugni dalla fidanzata.
-Buongiorno, avrei bisogno di
una camera. Glielo chiedo come favore, non ho denaro con me, solo questo.-
sussurrò con voce cristallina quella che Yuffie identificò come Marie, porgendo
a Tifa un rubino grosso come una palla da ping pong. Tifa mise fine al massacro
e tornò professionale.
-Le devo dare il resto, secondo
te?- domandò la barista a Cloud, sottovoce.
-Nono, incassa, incassa...-
ribatté lui, rapidamente.
Le due s’incamminarono su per
le scale, accompagnate dalla padrona di casa.
-Rose?- domandò spiegazioni
Shelke, confusa.
-Sono a posto, garantisco per
loro!- esclamò Rose, con un largo sorriso.
Di nuovo Vincent era stato
ferito per colpa sua. Anche se non ne rimaneva più alcuna traccia e lui
sembrava dormire serenamente, il senso di colpa sembrava volerla soffocare.
Osservò la pioggia fuori dalla
finestra. Rendeva il paesaggio surreale, cancellando i contorni e sfuocando
tutto. Edge era quasi bella, così. Ran approvò con un leggero movimento.
Appannò il vetro soffiandoci
sopra e disegnò un omino stilizzato, con tre peli dritti in testa.
Doveva allontanarsi, ma sentiva
di non potercela fare. Non poteva stargli lontano, anche se non capiva perché,
anche se era per il suo stesso bene.
Si sentiva bruciare gli occhi.
Non era triste, era infuriata. Principalmente con sé stessa, per la propria
incapacità di allontanarlo. Eppure era sempre stato semplice. La sua volontà
lottava per vincere sul senso di colpa e il disgusto per la propria persona.
Avrebbe volentieri pianto, ma era troppo orgogliosa per farlo.
-Vincent, sei sveglio?-
sussurrò.
-Sì.- lo sentì rispondere.
Sembrava molto vicino. Dietro di lei, per la precisione. Le si era avvicinato
senza rumore, come sempre, ma, in qualche modo, si era accorta della sua
presenza.
-Stai bene?- chiese,
preoccupato.
-Tu, piuttosto?-
-Mai stato meglio...- sussurrò
lui, appoggiando un braccio sull’intelaiatura della finestra.
Avrebbe voluto voltarsi ed
abbracciarlo. Ma non era abituata agli abbracci spontanei. Ricordava ancora
come, a 14 anni, fosse andata in giro per Mideel con un cartello “Abraci
Gratis” (sì, proprio Abraci. Dopotutto, non sapeva né leggere né scrivere ed il
cartello se lo era fatto scrivere da un bambino che passeggiava). Le era
costato molto. Era stato imbarazzante. Il fatto che fosse riuscita ad iniziare
in quel modo la propria collezione di portafogli e carte di credito ne era il
motivo principale, in realtà, ma tendeva a rimuovere quel ricordo.
Insomma, abbracciare le era
estremamente difficile e, quando lo faceva, era così innaturale da essere
sospettabile. Non era solo una sua paranoia. Le persone controllavano sempre
nelle proprie tasche, dopo un suo abbraccio.
-Che paesaggio
melodrammatico... A volte mi chiedo se non siamo noi ad influenzare la natura,
in momenti come questi...-
-E chi è melodrammatico, qui?-
-Io sicuramente. E tu sei...
Piovosa.-
-Che vuol dire? E poi, non è
tutta Edge ad essere triste, solo io.-
-Vedi? Ti sei risposta da
sola... Perché sei triste?-
Perché era triste, di preciso?
Perché lui era stato ferito un’altra volta e lei era troppo incinta per
aiutarlo. Perché lui era triste e non capiva come aiutarlo. Perché sapeva che
Ran sarebbe stata presto qualcosa di più che una cosa lontana ed indistinta. E
i veri problemi sarebbero cominciati allora e sarebbero stati più complessi di
quelli provocati da una setta di fanatici.
Era tutto questo ed altro. Ed
era altro in particolare che la preoccupava. Qualcosa di
incomprensibile. Un vuoto inquietante che non sapeva come riempire.
-Non lo so.-
La fece voltare verso di sé e
la guardò dritta negli occhi. –Yuffie, non ti farò promesse che non so se potrò
mantenere, ma sappi che, se un giorno vorrai abbandonare questo atteggiamento
orgoglioso da donna di Wutai, io sarò qui e ti ascolterò, qualcunque cosa avrai
da dire.- disse, convinto. Poi la sua convinzione sembrò vacillare. –Almeno
credo. Spero.- sussurrò, alzando lo sguardo verso il vuoto.
Sospirò e tornò a guardarla
negli occhi. Le pose due dita sotto il mento e le sollevò il volto.
La mente della donna si svuotò
da qualsiasi pensiero non fosse “Oh Leviathan”. Una vocina le ripeteva qualcosa
sul senso di colpa, ma gli “oh Leviathan” sovrastavano ogni cosa.
Lui fece un mezzo sorriso
tirato e nervoso, più per farsi coraggio che per altro, e si chinò per
baciarla. A metà strada sembrò cambiare idea e la baciò sulla fronte. In un
tempo rapidissimo, di 13 secondi circa, Vincent lasciò la stanza. La ninja
rimase inebetita, ferma ed irrigidita accanto alla finestra.
Gli si avvicinò di soppiatto. Anche lui non
era andato lontano... Forse era andato da qualche parte ed era già tornato. Ma,
in ogni caso, era lì e fissava il cielo. Le stelle iniziavano a scomparire.
Solo la Meteora, rossa e minacciosa, rimaneva, stagliandosi sul nero del cielo.
Lei non aveva pensato neppure
mezzo secondo a tornare a Wutai. Se la missione fosse fallita, avrebbe
ritrovato tutte le persone a cui teneva di lì a poco, nel Lifestream. In caso
contrario, li avrebbe rivisti dopo la battaglia. E, poi, la Wutai che voleva
rivedere non era in nessun luogo. Era nei suoi ricordi. E ai ricordi si può
avere accesso in qualsiasi luogo.
Forse era quello che stava
facendo lui, in quel momento. Ricordava.
Diede involontariamente un
calcio a qualcosa, per cui abbassò lo sguardo.
Purché non fosse un fortunato
ricordino di Molboro...
-Se è questo, giuro che vado a
pulirmi le scarpe sui capelli di Sephiroth-
Non lo era. Aveva dato un
calcio ad un cumulo di pigne secche. Sorrise e ne raccolse due.
-Ehy, Chaos! Colazione
insieme?-
Fuori, sotto l’acquazzone,
Galian sfogava qualsiasi cosa stesse provando in quel momento correndo come un
pazzo tra le case. L’osservò per qualche minuto, con i pugni stretti.
Le che cosa faceva? Ricordava
Astharoth. Perchè nei momenti peggiori le tornavano in mente, prepotenti e
dolorosi, i ricordi più felici? Un motivo doveva pur esserci. Non si sentiva
così masochista da farlo volontariamente.
Chiuse gli occhi e si lasciò
pervadere dal ricordo, trovandolo molto meno doloroso di quanto ricordasse.
C’era sempre una punta di agrodolce nel ricordarsi felice, ma molto meno di
alcuni mesi prima.
Osservò la bestia scrollare il
pelo bagnato e tornare a correre. Era rabbia, la sua? Frustrazione? Ricordava
ancora distintamente il suono dei suoi desideri, semplice e cristallino.
Avrebbe voluto avere il potere di leggere nel pensiero, in quel momento, per
capire cosa lei stessa stava distruggendo e quali desideri avrebbe potuto
aiutarlo a realizzare.
La bestia imboccò la strada
principale e corse verso la periferia. Per qualche strano motivo, Yuffie capì
che, l’unico modo per capire ciò che lui desiderava era seguirlo. E così fece.
Scese le scale con un’agilità e
una rapidità sorprendenti per una persona che non si vede i piedi, afferrò il
primo cappotto che le capitava a tiro ed uscì di corsa dal bar,
abbottonandoselo.
La pioggia era ghiacciata e
faceva un rumore assordante, ma non si fermò. Le case erano avvolte da una
strana nebbia e, improvvisamente, Yuffie fu certa di essersi persa.
Ma non rallentò e raggiunse la
porta della città. Di Galian nessuna traccia, probabilmente era uscito o era
dalla parte opposta di Edge. Si fermò, indecisa sul da farsi e riprese fiato.
Non correva in quel modo da mesi, pensando che non ci sarebbe mai riuscita.
Invece non era messa male come aveva pensato. Stava sputando i polmoni, ma
almeno non era inciampata.
Fece qualche passo nel deserto
e fu sollevata nell’individuare il bestione viola.
Si era riparato sotto il patio
di una casetta bianca che sembrava disabitata. Lo raggiunse di corsa e scoppiò
a ridere. Fradicio com’era, aveva tentato di scrollarsi di dosso la pioggia,
ottenendo un pelo dritto e gonfio.
-Scusami, Galian, ma sei
ridicolo.- precisò la donna, cercando di soffocare la risata.
-E tu sei fradicia. Cosa ti è
saltato in mente?!- esclamò Vincent, tornando umano, asciutto e con una
stupenda cotonatura ai capelli.
Spinse la ninja dentro la casa,
fingendo d’ignorare la sua risata sguaiata. All’interno, l’abitazione sembrava
lo chalet di un film porno, con tanto di finta pelliccia stesa a terra, stereo
con giradischi, divani di pelle, letto tondo con coperta di velluto rosso
ricoperto di cuscini e, ciliegina sulla torta, caminetto. Quest’ultimo si
accese automaticamente nonappena Yuffie vi si avvicinò.
Stette a fissare il fuoco,
inebetita. Chi era il piromane, tra i due?
-Ran...- sussurrò, sorridendo.
La bambina fece un leggero movimento di approvazione.
Si tolse il cappotto e lo gettò
accanto al camino, in modo che si asciugasse. Cercò un bagno e vi trovò un
asciugamano, con il quale si asciugò i capelli. Sembrava tutto molto ben
tenuto. Forse i proprietari tornavano ogni tanto per fare le pulizie.
Tornò nella stanza principale e
cercò un posto per sedersi. Optò per il letto e vi sprofondò.
-Ma è ad acqua! - esclamò,
stupita. –Ah, che bello, ho sempre desiderato un materasso ad acqua, ma non me
lo potevo permettere a causa dei gatti! Che invidia, voglio anche io un posto
come questo per portarci... i miei numerosi fidanzati morti!-
Si voltò versò Vincent, che
tentava invano di non sembrare un Glam in giacca e cravatta. –Fondiamo un
gruppo su Facebook? Quelli che amano persone morte! Dai Vincy, sarà fantastico!
Potremmo fare dei raduni nei cimiteri! Oppure andare per tema! Quelli morti di
overdose, quelli morti per salvare il mondo, quelli morti non si capisce bene
come e sono diventati virus del computer... Sono un genio, vero?-
-No, Yuffie, stai cercando solo
di non piangere.- le rispose brevemente, avvicinandolesi con cautela. Era
evidentente che non aveva la più pallida idea di come comportarsi.
-Ma no, che cavolo dici,
Vinnie? Sono così felice! Devo assolutamente chiedere a Shelke di scrivermi il
testo introduttivo... E poi, dobbiamo anche trovare delle regole! Chessò, prima
regola: il tuo/la tua fidanzato/a dev’essere morto/a; seconda regola: non solo,
deve essere anche morto/a in modo orribile, tipo sfracellata contro una parete,
con il cervello che si disintegra per la legge di Eulero-Venn, per grave
malattia che rende liquido il solido e solido il liquido...- continuò la ninja,
estremamente entusiasta. –Com’è morto suo marito? Ictus. Ma no, signora, che
morte banale, noi se non hanno creato un nuovo monumento nel cielo non li
vogliamo, questi morti! Se le rotule non...-
Vincent le impedì di finire la
frase, sollevandola dal letto e baciandola brevemente. –Smettila.- sussurrò,
deciso. Lei iniziò a piangere in silenzio e lei si accontentò di abbracciarla,
facendola sedere su uno dei cuscini di cui il pavimento era disseminato.
Non parlarono per mezz’ora,
mezz’ora durante la quale Yuffie cercò inutilmente di calmarsi, finché l’ex
Turk non si decise a spezzare il silenzio.
-Io ero... Invidioso del vostro
rapporto.- iniziò l’uomo, dopo un profondo sospiro. –Lo sono tutt’ora. Non mi
capacito di come una donna perfettamente sana di mente possa essersi innamorata
di un essere che di umano ha veramente poco. Era un demone infernale, creato
per portare la fine del mondo, Yuffie...-
-Oh, cazzo, davvero?!- esclamò
lei, fingendosi sotto shock. Si asciugò le lacrime e sorrise. –Astharoth era
carino, Vinnie. Era un gran figo, ad essere sinceri. E m’incuriosiva, perché
era diverso da tutte le persone che avessi mai incontrato. Con il tempo ho
imparato ad apprezzarlo e penso che tu sappia perfettamente il motivo del suo
fascino. Lo conoscevi molto meglio di me.-
Vincent non poté fare a meno di
annuire controvoglia. Si alzò e si sedette sul letto, con le mani incrociate e
lo sguardo perso nei propri pensieri.
-A proposito, signor Valentine,
perché mi ha baciata, prima?- chiese la donna, incuriosita, con un sorriso.
–Non è stato granché...-
-Nemmeno per me, ma l’ho dovuto
fare per farti stare zitta, quindi prego Shiva non capiti più una simile
occasione.- sibilò lui, stranamente piccato.
Lei si alzò e gli si avvicinò,
preoccupata. –Non volevo offenderti, Vincy. Avrei bisogno di qualcosa di più
consistente per giudicare, quindi è ovvio che stavo scherzando!- esclamò lei,
con un sorriso di incoraggiamento.
-Io non ne ho bisogno per
affermare che è stato come baciare una scopa.- ribatté lui, sempre più
irritato.
-Ma che ego smisurato che hai,
Vincy... Bè, fuori è notte, quindi, se non ti spiace, io dormirei. Notte
signore dall’ego smisurato e che bacia decisamente male.- sussurrò Yuffie,
maligna, infilandosi sotto la coperta. –Chissà di chi è questa casa...-
-Dei genitori di Reeve. Per il
loro anniversario fa sempre dei regali di questo tipo. Non si accorge neppure
di quanto siano fuori luogo.- rispose freddamente l’ex Turk.
La ninja ridacchiò e si mise a
sedere dietro di lui. L’abbracciò e gli scoccò un bacio sulla guancia. –Non
essere arrabbiato... Regalerò anche a te una villetta così per il nostro
anniversario.-
Si sdraiò e spense la luce.
Sentì le vertebre urlare di gioia per la comodità del materasso e sospirò.
-Non voglio far parte di quel
gruppo, Yuffie. Voglio lasciare il passato al suo posto ed innamorarmi di una
persona viva, una persona che mi ricambi... Voglio essere felice, per una
volta. Credi che sia possibile?- sussurrò Vincent, al buio.
-Non lo so, ma lo spero per te,
Vinnie.-
L’alba era diventata un messaggero, il segno
che il tempo a loro disposizione era quasi finito. In qualche modo cercavano di
allungare il tempo che avrebbero trascorso insieme, prendendo più rischi, forse.
Ma ne valeva la pena. Valeva la pena di soffrire le pense dell’inferno per
vedersi. Valeva la pena non dormire, rischiare di farsi ammazzare in battaglia
perché ci si addormentava, farsi sgridare ed ammalarsi.
Erano innamorati e nient’altro
aveva senso. Ogni notte era un sogno, ma la realtà prendeva sempre il
sopravvento, in qualche modo.
Ogni mattina, quando Tifa la
andava a svegliare dalle sue due ore di sonno, Yuffie trovava un biglietto sul
proprio comodino.
A’maelamin, elen sila lumenn omentilmo;
cormamin niuve tenna’ ta elea lle au’. Amin mela lle. A.
Mia amata, possa una stella illuminare il
momento in cui ci incontreremo nuovamente; il mio cuore piangerà fino a che non
ti vedrò di nuovo. Ti amo. A.
Si sedette sui gradini della
casa e guardò, oltre l’orizzonte, il sole che nasceva. Sorrise.
-Namaarie, Astharoth,
namaarie.-
Addio.
L’angolo degli amichetti di Chaos
Meno male che dovevo finire presto... Non
ho più voglia di trascrivere a computer!!! Oltretutto, quando scrivo di Kaminà
hò là strànà tèndènzà à scrìvèrè tùttò còn glì àccèntì... Mi sento come Fleur
Delacour...
Tre combattimenti in
contemporanea mi hanno uccisa... Non ci capivo più niente... E Tifa e Yuffie
ferme come pere cotte... Mah... spero vi piaccia... La scena del combattimento
è la ragione principale per la quale ho impiegato così tanto tempo a
pubblicare... é stata un parto... Mai più fanfiction d’azione, solo fic melense
e dolciose.
Quando Rose prende in giro
Dirae, mi viene in mente la pecora di Sheep in the Island, quando prende
in braccio la rana e, scuotendola, dice: gnaaaignaaaigna! Ma, più che altro, mi
ricorda molto il carattere originale di Yuffie. Ultimamente la mia Yuffie è più
OOC del solito... E’ un sacco che non gioco con FF7, ora sono passata al 9, che
non ho ancora finito... Spero di non confondere i personaggi... Immagino già
Vincent vestito da Kuja che fa la sua entrata trionfale dicendo: vi amo tutti!
I materassi ad acqua sono
COMODI!!! Li amo, anche se ho avuto l’opportunità di provarli una volta sola...
Ah, la mia schiena se lo ricorda ancora... Che dormita!
Bene, per oggi i commenti
personali finiscono qui, alla prossima! E se non aggiornassi prima, a Maggio
sarò alla fumettopoli, quindi se volete chiarimenti sulla storia, spoiler,
autografi e strette di mano, mi troverete lì. Mi riconoscerete dal suggestivo
palco di corna in testa e le ali nere... XD
I really feel I'm
losing my best friend. I can't believe This could be the end.
Sento veramente che
sto perdendo il mio migliore amico. Non posso credere che questa
possa essere la fine
Don't speak, I
know just what you're saying. So please stop explaining. Don't tell
me 'cause it hurts. Don't speak, I know what you're thinking, I don't
need your reasons. Don't tell me 'cause it hurts .
Non parlare. So cosa
stai dicendo, Perciò' smettila di spiegare, Non dirmelo perché
fa male. Non parlare. So quel che stai pensando. Non ho bisogno di
spiegazioni. Non dirmelo perché fa male
Our memories, they
can be inviting, but some are altogether, Mighty frightening. As we
die, both you and I, with my head in my hands I sit and cry.
I nostri ricordi,
posso essere belli, ma alcuni sono a dir poco spaventosi. Mentre
moriamo, entrambi, con la testa tra le mani mi siedo e piango.
It's all ending, I
gotta stop pretending who we are... You and me. I can see us dying
... are we?
Sta
finendo tutto, devo smetterla di fingere ciò che siamo... Tu
ed io, posso vedere che stiamo morendo... non
e' vero?
Don’t Speak –
No Doubt
Marie
era il radar
della Società del Crepuscolo e, in quanto tale, individuava le
sue prede. Infallibile e amorale, era la loro arma principale. Non
solo prevedeva le mosse e i movimenti dell’avversario, ma
riusciva, analizzando quelle stesse mosse, a trovare i punti deboli
da usare a proprio favore.
Marie
era la perfetta macchina da guerra, anche se in modo diverso dagli
altri Crepuscolari. Era una stratega, nata nel sangue e per la
battaglia, cresciuta per essere fredda, razionale e ridere in faccia
alla morte. Se solo ne fosse stata capace.
Per
molti versi, la sua storia personale le ricordava quella di Shelke.
L’ex Zviet si era ripresa perché circondata da persone
che l’avevano aiutata e, nonostante le apparenze, anche grazie
a Reeve. Cosa sarebbe successo a Marie?
Semiramis
e la veggente, cresciute insieme, sembrava non avessero la minima
idea di come funzionassero gli scambi interpersonali. Shelke si era
imposta di dar loro una mano a reinserirsi nel mondo reale, ma
sembrava non aver sortito nessun effetto. Le due, inoltre,
continuavano ad essere una coppia che non sa di essere una coppia.
In
ogni caso, dopo l’abbandono della Dusk da parte di Marie, essa
si era ritrovata senza uno strumento prezioso ed aveva smesso di
disturbare Avalanche. Il bancone di Tifa era stato ricostruito e
tutto sembrava fin troppo normale...
Shelke
e Rose, le uniche due donne sul Pianeta ad amare le pulizie, ormai
sfruttate da Tifa, spazzavano il bar al ritmo di “Don't let me
be misunderstood”, sollevando più polvere di quella che
togliessero, perché, impossibilitate a causa della scopa a
battere le mani a ritmo, battevano con i piedi il pavimento di legno
del locale.
Yuffie
si annoiava a morte. Sì, si annoiava a morte perché non
era più inseguita da un gruppo di fanatici dallo scopo
imprecisato. Trascorreva le giornate dormendo, mangiando biscotti e
guardando la televisione. Marlene, per qualche strano motivo fan di
fantascienza, le aveva prestato le trenta serie complete di Doctor
Who e la ninja, dopo aver guardato le ultime tre stagioni con estremo
interesse, si era magicamente convertita. Dopo aver trascorso due
settimane vagando per il bar e ripetendo “sterminare,
sterminare” agli sfortunati avventori, aveva accettato di
accompagnare la ragazzina al cinema, per vedere l’undicesimo
film di Star Trek. Grave errore!
Lo
“sterminare” era stato sostituito dall’augurio di
“lunga vita e prosperità”, il che era un grande
passo avanti, visto che, diciamocelo, Zachary Quinto è un po'
meglio di un Dalek.
La
conversione di Yuffie a Whoviana e, contemporaneamente, ad Adoratrice
di Spock e della Sua Stirpe ebbe come conseguenza che tutti coloro
che passavano per il bar, da Cloud al Pervertito del Villaggio,
ebbero un soprannome ispirato. Cloud era alternativamente un Klingon
e un Paradigma di Skasa, il che non era proprio un complimento.
Povero Klingon.
Il
signor Valentine, che improvvisamente si era messo ad evitarla si era
guadagnato il soprannome di “Distruttore di Mondi”, anche
se, in verità, era più Yuffie a volerlo distruggere che
altro. Aveva tentato di parlargli più volte, ma chissà
perché, chissà percome, lui si era sempre limitato a
rispondere per monosillabi.
Probabilmente
era troppo concentrato a far girare il criceto sulla ruota. Due cose
alla volta non riusciva a farle. In fondo, era un uomo, certe cose
proprio non gli riuscivano.
Sospirò,
svaccata sul divanetto.
Le
mancava inseguire come una cretina Sephi in giro per il mondo.
Incredibile. Doveva avere qualche problema psicologico. Un trauma
infantile.
Eppure,
la sua vita nomade insieme ad Avalanche le mancava. Era come se
avesse perduto qualcosa di realmente importante. Irrimediabilmente.
In fondo, erano come una famiglia. Cloud era un padre un po'
dispotico e rompiballe, Tifa consolava e rassicurava gli altri membri
del gruppo, proprio come una madre. Con la sola eccezione che spesso
i membri maschi ricevevano pugni e calci se avevano fatto qualcosa di
sbagliato.
E
gli altri erano come fratelli.
Leviathan,
le mancavano persino i commenti maligni di Cid
Le
mancava, tutto questo. Non che non volesse bene alla poca famiglia
che le era rimasta. Semplicemente, non era proprio normalissima.
Sospirò,
affranta. E tintinnò. Il sospiro divenne uno sbuffo. Perché
doveva girare per Wutai vestita da albero di Natale? Soprattutto se a
Wutai non si festeggiava? Giocherellò con i due
anelli-armatura d’oro che indossava, al mignolo ed all’anulare.
Erano estremamente appuntiti. Ci avrebbe volentieri infilzato Chekov.
Non poteva togliersi tutta quella roba di dosso da sola. Avrebbe di
sicuro rovinato qualcosa. E poi, chi l'avrebbe sentito suo padre?
Ma
dov’era quell’essere?!
-Yuffie?-
Si
voltò, sorpresa, ritrovandosi faccia a faccia con Vincent
Valentine. Lui non era vestito da albero di Natale, ma era
evidentemente sorpreso. Chi non lo sarebbe stato, davanti ad una
trasformazione del genere?
-Ehy...-
sussurrò, arrossendo. -E' passato quasi un anno... Come mai
qui?-
Lo
vide esitare. Non riusciva, era abbastanza evidente, a distogliere lo
sguardo da lei, dal vestito che indossava e dalla decorazione
natalizia che stava miracolosamente in piedi sulla sua testa. -Ehm...
Ho sentito delle voci su di te... Dicono... Bé, stai andando
alla grande!- balbettò lui, ipnotizzato dalla cometa dei Re
Magi.
“stai
andando alla grande”? Non era esattamente nel frasario di
Vincent o, almeno, non da sobrio. E lui non era mai ubriaco.
-Chaos!-
Il
demone riprese la propria forma originaria e sorrise: -Sei realmente
splendida, Yuffie. Sarò breve e cercherò di non fare
troppi giri di parole. Sono qui per chiederti un appuntamento.-
Stupidi
ricordi! Si alzò a fatica e salì in camera. Non che
disdegnasse la presenza di altre persone, ma aveva un mal di schiena
terribile e voleva dormire. Ma la camera, come scoprì
immediatamente, era occupata proprio dall'essere bipede che non
voleva assolutamente vedere. Ma con cui doveva riuscire a parlare.
Era
sdraiato sul proprio letto e fissava il soffitto, ma, non appena la
vide entrare, si ricordò magicamente che aveva da fare e si
alzò, scusandosi. Gli sbarrò la strada, risoluta.
-Mi
spieghi che ti succede?- gli chiese, affranta. In realtà aveva
assunto un'espressione con cui non avrebbe mai voluto affrontarlo. E
questo, lo vide, lo mise a disagio.
-Nulla,
assolutamente nulla, sono solo molto in ritardo.- rispose lui, con un
sorriso tirato. Non era neppure più capace di mentire,
apparentemente, perché non ci credette neppure un attimo. Era
diventato il Bianconiglio e lei si era magicamente trasformata in
Alice? Perché non se n'era accorta?
-Per
cosa?-
-Che
moglie gelosa...-
-Se
tu mi rispondessi forse mi metterei il cuore in pace, Vinnie... Non
mi sembra di aver fatto nulla che potesse irritarti, almeno, spero...
Sei il mio migliore amico... E non voglio che ti allontani così,
senza dirmi cosa ti tormenta.- sussurrò, tormentandosi le
mani.
La
strinse a sé, per un tempo che a Yuffie sembrò troppo
breve e poi, uscendo dalla stanza, finalmente, rispose: -E' proprio
questo il problema.-
Quella
notte l'aveva sentito alzarsi e fare le valige. Non aveva poi molto
da portare via. Non riusciva a credere che se ne stesse andando,
forse era solo un incubo.
Sentendo
i passi allontanarsi verso l'uscita, si irrigidì, ancora
indecisa sul da farsi. Poi lo sentì tornare e sedersi sul
letto. Ed accarezzarle i capelli per svegliarla. Fece finta di
dormire e lo sentì esitare. Ma poi la chiamò e lei si
alzò di scatto.
-Vinnie?-
-Vado
via, Yuffie. Non hai più bisogno di me, qui sei ben protetta.-
le sussurrò come scusa.
Se
ne stava veramente andando via. Stava scappando dal gruppo, come
aveva sempre fatto. Non sarebbe mai riuscito ad integrarsi, non
sopportava che qualcuno fosse in pena per lui.
Ma
l’aveva svegliata, la stava avvertendo, al contrario di quello
che aveva sempre fatto. Capì di essere importante, ai suoi
occhi.
Avvertì
la sua intrusione, ma si lasciò scivolare dentro di lui,
dentro le sue tenebre. E si vide piangere. Si vide piangere in modo
ordinato, senza urli o singhiozzi, solo lacrime. Una ragazzina
incinta seduta sul letto, incapace di muoversi. Patetico.
Marie
non avrebbe mai più comunicato alla Dusk dove si trovavano,
erano al sicuro o, almeno, lo sarebbero stati per un po'. La Società
era quasi sconfitta. Era quasi finita.
E
lui andava via.
E
lei non riusciva a trattenerlo. Si accontentava di cadere nel suo
baratro, di assimilare il suo dolore. Non aveva parole per
trattenerlo.
-Bé,
non siamo proprio sposati... Sei più la mia guardia del
corpo... E un amico... Capito signor guardia del corpo?-
-Ti
prego, non chiamarmi in questo modo.- mormorò Vincent,
appoggiandosi al vetro della finestra con la fronte.
-Che
palle! C’è una cosa che lei non ti abbia detto?- si
lamentò la ninja, incrociando le braccia al petto e
sbuffando.-
-C’è,
ma non mi aspetto che tu me lo dica.-
Qualcosa
che l’avrebbe trattenuto, probabilmente. Ma cosa? Cosa non gli
aveva mai detto?
-Vincent...
Vinnie... Ti prego... Non andare via.- pigolò, stringendo la
stoffa della camicia da notte e tornando in sé. Si asciugò
le lacrime. –Che razza di padre e marito saresti?-
-Yuffie...
Sappiamo entrambi chi è il vero padre della bambina. E non
sono io.- le rispose, con un sorriso tirato. –E’ stato
bello finché è durata l’illusione, Yuffie,
davvero. Ma non posso restare.-
Le
accarezzò la testa, dolcemente e l’attirò a sé,
abbracciandola. –Non piangere... Tornerò a trovarvi...-
promise.
La
fissò qualche istante negli occhi, quasi indeciso su ciò
che voleva fare. Poi si allontanò, fermandosi nuovamente, con
la mano sul pomello della porta.
Scese
rapidamente dal letto e gli corse incontro, afferrandogli un braccio
per trattenerlo. Si voltò verso di lei, sorpreso solo a metà.
-E
ora? Cosa vuoi dirmi, Yuffie? Cosa vuoi fare? Tutto il nostro viaggio
è stato un continuo tripudio di segreti e parole non dette,
non potrai trattenermi con il silenzio. Io ho deciso. Sta a te
decidere, ora.- mormorò, con la maniglia stretta nel pugno.
Se
dovessi essere catturata, neppure lei saprebbe consolarmi. Neppure
lei potrebbe alleviare la mia colpa.
-Resta
ancora un’ora.- lo pregò, per non restare in silenzio.
-Il
mio treno parte tra un’ora, Yuffie.- ribatté Vincent,
apatico.
-Allora
dieci minuti, un minuto... Ma dammi la possibilità di
trattenerti.-
Un
sorriso amaro si formò sulle labbra del moro: -Sembri
Desdemona nell’Otello, Yuffie. Me ne sto solo andando, non ti
sto uccidendo.- le fece notare, girando di poco la maniglia.
-Perché
insisti nel volermi proteggere?-
-L’ho
promesso.-
-Hai
ragione, che stupida... La tua missione è finita. Da bravo
Turk, te ne vai. Ah, accidenti! Io che quasi ci credevo! Scusami,
scusami!- esclamò, ridendo. –Ho dimenticato
completamente che il grande Vincent Valentine non prova sentimenti
per le proprie missioni! Sono proprio stupida! Vai pure, non sarò
io a trattenerti, soprattutto che, visto che siamo in vena di
confessioni, io proprio non ti sopporto, Vincent! Non hai idea di
quanto sia stato difficile usarti per tutto questo tempo! Leviathan,
immagina la mia faccia quando ho scoperto che non potevo più
proteggermi da sola! Ovviamente, ho subito pensato a te! Chi altri
può essere manipolato come te? Proprio per questo motivo
proprio mi fai schifo. Un individuo senza spina dorsale come te, a
Wutai, sarebbe stato buttato da Da Chao alla nascita!-
Non
sapeva perché stava dicendo quelle cose orribili e false.
Sapeva solo che più il viso di lui si faceva triste, più
lei si sentiva soddisfatta, più il proprio dolore si
allontanava. Voleva ucciderlo.
Si
spaventò da sola per quello che aveva pensato. Voleva
annientarlo, perché lui stava annientando lei.
-Sei
ancora qui? Te ne vuoi andare? Nessuno ti vuole, in questa casa,
soprattutto la sottoscritta.- sibilò, aprendo lei stessa la
porta.
Vincent la fissò.
Stringeva
i denti, sospeso tra rabbia e dolore. Poi uscì, chiudendo la
porta dietro di sé. Non sarebbe tornato.
Ascoltò
i suoi passi nel corridoio, nelle scale e, poi, finalmente, il rumore
della porta che si apriva e chiudeva.
Rimase
a fissare la porta chiusa, incredula. Cercò di convincersi che
non era colpa sua se andava via. Ma era colpa sua. Era colpa dei suoi
silenzi e delle sue mezze verità. Non era stata sincera. Ma
non lo era mai stata, con nessuno. Aveva paura di mostrare i propri
sentimenti. Preferiva ferire chi amava, cacciarlo.
Così
era stato con suo padre.
Scoppiò
finalmente a piangere, afferrò un vaso da una mensola e lo
buttò sulla porta, urlando. Crollò sulle ginocchia,
lasciando che la crisi isterica continuasse, finché non
avvertì una fitta intensa al ventre. Smise di urlare, ma
quella non diminuì affatto d’intensità. Al
contrario.
Sentì
qualcosa scivolarle tra le gambe, qualcosa di caldo e denso. Sangue.
E
comprese.
Non
aveva perso la bambina quando suo padre era morto.
L’avrebbe
persa perché Vincent se ne andava.
L’angolo
degli amichetti di Chaos
Chaos:
(Piangendo) Mi hai abbandonatooooo!!! Non sei più la mia
amichetta, non vuoi più far soffrire Vincent e Yuffie! Sei
cattiva!!! Però, dai, la fine del capitolo è abbastanza
cattiva! (con un grande sorriso) Sei la mia amichetta preferita!
Yuffie
e Vincent: Ma guarda 'sto stron...
Scusateeee!!!!
Dall'ultima volta in cui ho aggiornato ho fatto la maturità e
mi sono trasferita all'estero!!! Troppe cose da fare, da studiare
da... argh! Non ne posso più! Ho dovuto persino rileggere
tutto perché non ricordavo un'acca! Ho riscritto la fine, in
modo che tutti i nodi vengano veramente al pettine e non vedo l'ora
di pubblicarla... Anche perché Yuffie sta sperimentando la
gravidanza più lunga della storia dell'umanità... Più
di due anni!
Scusate
anche l’abbondanza di citazioni non sempre comprensibili... Ma
mi sono buttata per disperazione nella fantascienza (come se ne fossi
mai uscita...) ed ultimamente è un ossessione... Chissà
perché... XD Sarà per il signor ZQ? O per il signor LN?
Diciamo che è più per il signor Spock... Tutti e tre...
XD
Spiegazione
dei termini:
Klingon:
alieno presente in Star Trek, con un'espressione eternamente e
teneramente corrucciata, con tanta voglia di uccidere tutto ciò
che incontra. Se su Google cercate Klingon vi innamorerete
immediatamente di loro. Che sexy!
Paradigma
di Skasa: chiave dietro a cui vi è il modo in cui funziona
l'universo. Riuscendo a capire il paradigma, una persona potrebbe
ritrovarsi a giocare a Dio.
Spock:
no, dai, ragazzi, non posso spiegarvi cos'è Spock... E' come
tentare di spiegare Dio... XD Su Wikipedia sono meno fanatici di me,
vi spiegheranno meglio.
Riuscirò
ad avere una connessione internet? Riuscirò a terminare questa
benedetta storia e passare ad altro? Riuscirò a non uccidere
la mia vicina che fa casino notte e giorno? XD
ps:
notare quanto sono lunghi i paragrafi adesso, rispetto al primo
capitolo... Me ne sono accorta rileggendo tutto!
I'll be there for
you, these five words I swear to you
When you breathe, I
wanna be the air for you
I'll be there for you
I'll live and I'll
die for you, I'll steal the sun from the sky for you
Words can't say what
love can do, I'll be there for you
“Ci
sarò per te”, queste quattro parole ti prometto
Quando
respiri, voglio essere l'aria per te
Ci
sarò per te
Vivrò
e morirò per te, ruberò il sole dal cielo per te
Le
parole non sanno descrivere quello che può fare l'amore, ci
sarò per te
I'll be there for you
– Bon Jovi
Non
era riuscita a trattenerlo perché nessuno le aveva insegnato
ad esprimere ad alta voce i propri sentimenti. Non era Aeris, che
andava fiera di ciò che provava. Non ne era fiera. Al
contrario, spesso si sentiva a disagio con quei sentimenti. Se ne
vergognava, erano una debolezza.
Invece,
avrebbero potuto fermarlo. Se solo avesse potuto dare un nome a ciò
che si agitava dentro di sé, pronto a divorarla.
Si
accarezzò il ventre, sospirando. Era un movimento automatico,
che avrebbe fatto fatica a perdere. La bambina era salva. Era tutto
ciò che importava. Che stesse bene, che fosse nata in salute.
Anche se per questo fosse stata costretta a letto. Era nata in
anticipo di un mese. Era stato inaspettato e, in un certo senso, non
si sentiva ancora pronta. L’aveva vista, era riuscita a dare un
volto a Ran, ciò che le rimaneva di più caro.
Aveva
occhi incredibilmente belli, la carnagione olivastra e capelli
d’ebano, già abbastanza lunghi, quando era nata. Stavano
dritti sulla testa, che a Yuffie sembrò fin troppo piccola e
Cid commentò subito che era tutta suo padre.
Aveva
cinque giorni, ormai. La madre si era un po' ripresa dal parto e
trascorreva il proprio tempo a guardarla dormire nel lettino accanto
al proprio. C’è da aggiungere che non c’era molto
da fare, in ospedale e che la ragazza era sorpresa e meravigliata da
quella cosetta piccolissima. Aveva il terrore di romperla.
-E’
bellissima...- ripeté per la quattordicesima volta in un’ora.
Come
da tradizione a Wutai, la primogenita avrebbe avuto due nomi. Aveva
deciso il primo da tempo. Il secondo doveva essere dato in onore di
un caro defunto. Il primo ovviamente, sarebbe stato usato tutti i
giorni ed era il più importante. Ma il secondo serviva proprio
ad onorare chi ormai non c’era più. Non se la sentiva di
chiamarla Enkouko o Lijuan, come sua sorella o sua madre. Astharoth
era parte della sua famiglia e tecnicamente, Ran ricordava lui.
Stupidamente,
voleva dare a Ran il nome della madre di lui, anche se era
impossibile, visto che non si ricordava affatto i suoi genitori.
-E’
la mia mamma...-
-Lucrecia?-
-Sì.
Chiamalo imprinting, ma l’ho sempre considerata come la mia
mamma...-
-Ran
Lucrecia Kisaragi Valentine.- affermò, con un sorriso.
Tifa
la fissò, confusa. –Come hai detto?- chiese, mezza
addormentata.
Fissò
il soffitto della camera d’ospedale, poi l’amica. –Ran
Lucrecia Kisaragi Valentine. E’ il nome che voglio dare alla
bambina. Ricordatelo, in caso morissi... – sussurrò,
sorridendo.
Ovviamente
sapeva che non sarebbe morta. Non se lo sarebbe permesso.
-La
vuoi veramente chiamare Lucrecia? E Valentine, soprattutto. Non
risponde alle telefonate, quell’essere. Ed ha pure staccato la
segreteria telefonica.- sibilò, profondamente incazzata. Tifa
non era mai arrabbiata, passava dalla calma assoluta allo scazzo
totale senza passare da fasi chiamate in modo più fine. Yuffie
sapeva che, se Vincent fosse tornato, come minimo la barista
l’avrebbe castrato, sbudellato, fatto a pezzi e, non contenta,
l’avrebbe cotto al forno per servirlo nel bar come stuzzichino
delle sei.
-Lucrecia
è la madre di Astharoth. Almeno, lui la considerava in questo
modo.- le spiegò, sorprendendosi di quanto le fosse facile
parlare di lui. Non c’era più dolore e rimpianto. Solo
dolcezza.
Faceva
quasi bene pensare a lui. Era morto, certo, ma sarebbero rimasti i
ricordi felici. E Ran. Le aveva salvato la vita, aveva salvato il
Pianeta intero. E gli era grata per questo. Avrebbe parlato a più
persone possibili di lui, in modo che la sua esistenza si
trasformasse in vita attraverso i ricordi condivisi.
A
costo di sembrare pazza o malata o perversa.
-Chiamalo
con il mio cellulare.- suggerì a Tifa, cercando la posizione
giusta per evitare il mal di schiena e fissare nello stesso tempo la
bambina.
-Yuffie,
sei un genio!- esclamò la donna, finalmente contenta di poter
sfogare la rabbia repressa su chi la causava. Si alzò ed
afferrò il telefono, uscendo dalla stanza.
-E
te ne accorgi solo ora?! Quando io ve lo dicevo, non mi credevate
mai!-
-Buongiorno,
mocciosetta... Come stai oggi?- chiese una voce che conosceva fin
troppo bene.
-Cid!
Vecchio Bonobo rachitico!- rispose Yuffie, fissando con un sorriso
l’aviatore mentre entrava nella stanza e posava dei fiori sul
comodino. La ninja rimase a bocca aperta. Che Cid avesse fatto dei
corsi speciali di gentilezza?
-Chiudi
quella bocca, principessa, non voglio vedere il tuo intestino! Per la
cronaca, questi fiori sono da parte di Shera!- esclamò lui,
infrangendo l’illusione e sedendosi sul letto. –Cazzo, si
vede che hai appena partorito... E’ impressionante...
Soprattutto perché di solito sembri un fottuto manico di
scopa!-
Lei
sorrise. Era bello ritrovarsi a parlare con Cid. Ed era bello sapere
che non era affatto cambiato.
Barret,
che aveva dormito fino a quel momento, aprì gli occhi in tempo
per sentire quell’affermazione. Colpì l’altro con
un pattone nella schiena. –Non si importunano le puerpere con
proposte indecenti.-
-Ma
era un cazzo di complimento! Barret, ammettilo, Yuffie rischia di
battere il primato di Tifa...-
-Si
potrebbe evitare di parlare delle mie tette mentre sono presente?
Grazie!- esclamò la ninja, arrossendo. No, non pensava avrebbe
battuto il primato di Tifa. Era alquanto improbabile.
-NO,
SONO TIFA, CARO IL MIO LESTAT! ASCOLTAMI ATTENTAMENTE E NON PROVARE A
RIATTACCARE, ALTRIMENTI GIURO SU BAHAMUTH CHE TI TROVO E T’INFILO
UN CANDELOTTO DI DINAMITE SU PER IL...- urlò Tifa, dal
corridoio.
Yuffie
scoppiò a ridere, divertita, fissando la faccia scioccata di
Cid, non abituato a quella Tifa.
-E’
da incinte che le donne si rivelano per quello che sono...- gli
spiegò, con le lacrime agli occhi.
-...
dei vampiri assatanati e desiderosi di sbudellare gli uomini.-
terminò la frase lui. –A chi sta telefonando? A
Sephiroth? Ad Aerith?-
-A
Cloud?- aggiunse Barret, divertito.
-A
Vincent. Che in questo momento le starà elencando calmamente
le ragioni per cui è partito... Invano.- rispose la ninja, con
un ghigno.
-NON
M’INTERESSA, DEVI TORNARE INDIETRO, SUBITO. DOVE SEI? A
MIDEEL?! CHE CI FAI A MIDEEL? URLO QUANTO MI PARE! Yuffie? Ah, ok, te
la passo.- concluse sussurrando la guerriera. –Un attimo, sono
nel corridoio dell’ospedale...-
Aveva
scelto un modo subdolo e crudele per comunicargli la notizia... La
mente di Yuffie era divisa tra due pensieri. Il primo era: “ben
gli sta”. Il secondo, invece: “Non è un buon modo
per annunciare ad un vecchietto certe notizie”.
La
donna entrò nella stanza. –No, niente di che... -
-Tifa!-
protestò la ninja. Non si meritava tutto questo, era in parte
anche colpa sua, perché non aveva saputo trattenerlo. Allungò
la mano per afferrare il telefono, che fu prontamente intercettato da
Cid.
-Pronto?
Sono Cid. Vincent, hai fatto una gran stronzata. Due gran stronzate.
L’hai messa incinta e l’hai abbandonata ad un mese dal
parto... Non dire che non sei il padre, brutto coglione acefalo!
Siamo una fottuta famiglia, noi di Avalanche, no? Anche se non te la
sei fatta, per te dovrebbe essere una stronzissima sorella, dico
bene? – disse l’aviatore, evidentemente seccato anche
lui.
Siamo
una famiglia.
Erano
una famiglia? Sì, ma certo, lo erano. Solo che non aveva mai
voluto accettarlo. Era l’unica a non considerare Avalanche come
la sua famiglia. Anzi, no. Anche Vincent la pensava così. Ed
era per questo che erano scappati da essa. Lei quando aveva scoperto
il proprio stato. E lui...
Strappò
il cellulare dalle mani di Cid, in tempo per ascoltare, in parte, la
risposta dell’ex Turk.
-Dannazione,
certo che la considero una sorella, una figlia, tutto quello che
vuoi, Cid! Ma non posso restare e pensare che in me vede un’altra
persona! E ora dimmi come sta, ti prego...-
Chiuse
gli occhi e fece un respiro profondo. –Sto bene. E anche Ran.
E’ bellissima, dovresti vederla.- rispose.
In
realtà avrebbe voluto ordinargli di tornare subito. Le mancava
terribilmente. E voleva vedesse Ran. Voleva vedesse che non era più
solo, che aveva qualcuno di simile a lui. Ma ancora non riusciva ad
essere completamente sincera con lui, qualcosa la bloccava.
-Non
dovevo andarmene.-
Sorrise,
sperando che lo sentisse. –Tu stai bene?- gli chiese. Aveva
l’impressione di essere tornata bambina, mentre formulava
timidamente ogni frase.
Da
bambina era sincera.
-Mi
dispiace.-
Sentì
chiaramente che piangeva. Il pianto è un suono terribile,
sentito tramite un telefono. Si è consapevoli di non poter
consolare la persona che piange, se non con le sole parole. E Yuffie
non era brava con le parole.
-Non
scusarti al telefono, Vinnie... Devi scusarti di persona, se vuoi che
le scuse siano accettate... E poi, anche io ti devo delle scuse. Per
cui non appena ci rivedremo, ce le porgeremo reciprocamente e tutto
tornerà come prima! Perché... Perché tornerà
tutto come prima, vero?- chiese, improvvisamente spaventata.
-Sì,
Yuffie, tornerà tutto come prima.- sussurrò lui,
calmandosi. –Ora devo andare e tu devi riposare.-
-Aspetta,
Vincy, devo dirti assolutamente due cose!- si ricordò la
ninja, nervosa. La prima non era sicura gli sarebbe piaciuta molto.
-Dimmi,
Yuffie...-
-La
prima è che ho deciso quale secondo nome dare a Ran. Te lo
dico per sapere se sei d’accordo. Visto che Ran ricorda già
in un certo senso un membro della mia famiglia che non c’è
più, mi chiedevo se ti piacerebbe chiamare la bambina
Lucrecia.- sussurrò, rimanendo in attesa di una risposta. Si
mordicchiò nervosamente un’unghia, ricevendo
puntualmente uno schiaffo sulla mano da parte di Tifa.
-E’
morto?- chiese Cid.
-Cid
chiede se sei morto, Vincent...- riportò la ragazza,
terribilmente nervosa.
-Certo
che sono morto, Yuffie... Credevo lo sapesse da tempo...- fu il
commento dell’ex Turk. Poi di nuovo il silenzio.
-Non
sta molto bene con Kisaragi...- rispose, dopo cinque minuti di
profonda riflessione.
-Bé,
il secondo nome è usato solamente durante le cerimonie... Si
tratta solo di una formalità...- ribatté lei. –Io
trovo che stia bene con il secondo cognome... Ok, forse con il primo
non molto, però a me piace il nome Lucrecia, dà un che
di nobile. Lucrecia Kisaragi. No, dai, è carino, ci sta
bene...-
-Immagino
la gente per scrivere una cazzo di lettera... Alla Signorina Ran
Lucrecia Kisaragi... Alla faccia del nome indirizzo...- commentò
Cid, giocherellando con il pacchetto di Chesterfield pronto ad essere
aperto.
-Ran
Lucrecia Kisaragi Valentine...- lo corressero in coro Tifa e Yuffie.
-Dì
a Cid di smettere immediatamente di fare commenti inopportuni sul
nome di mia figlia, quando chiudi la telefonata, per favore...-
chiese Vincent.
Ebbe
un brivido. Aveva definito Ran come sua figlia. In quel momento, le
venne una gran voglia di piangere. E non riusciva a capire perché.
–La
seconda?-
Certo,
la seconda. –Volevo solo dirti che ti voglio bene, tutto
qui...- sussurrò la ragazza, con un sorriso.
-E,
dimmi, l’hai detto davanti a Cid e Tifa, questo?- chiese l’ex
Turk. Alla sua risposta affermativa, sospirò. –Grazie,
Yuffie, la mia vita è rovinata...-
-La
tua vita si è rovinata nel momento in cui mi hai incontrata,
Vin...- disse Yuffie, sorridendo.
-Oh
Santa Shivaaaa!!! Valentine, dille che la ami follemente, che sei
felice che la tua astinenza cesserà fra poco, chiudi sta cazzo
di telefonata e muovi il tuo culo anoressico per raggiungerla!- si
esasperò Cid, immediatamente colpito da un calcio ed un pugno
in testa.
Lo
sentì sorridere, finalmente. –Anche io.-
-Anche
tu cosa?- chiese la ragazza, innocentemente.
-Yuffie,
non ci provare... Non voglio ripetere quello che ho detto.-
-Ok...
Mi chiedevo solo perché volessi anche tu essere picchiato da
me e Tifa...- continuò lei, sullo stesso tono da angioletto
benedetto.
-Sei
esasperante.-
-E’
per questo che mi vuoi così bene, Vinnie...-
-Esatto.
Ora cerca di riposarti, d’accordo?-
-Sì
caro marito...-
-Caro
marito?-
-Sì...
A proposito, Vincent...-
Lo
sentì sospirare.
-Quando
ti guardo, vedo solo te.-
-Ah.
Hai sentito...-
Ci
fu un altro momento di silenzio.
-A
parte quando sono ubriaca! Allora vedo due te, anche tre, quattro,
cinque, dipende da quanto bevo! Ma non credo che conti!!!- esclamò
la ninja, allegramente. –Ciao ciao caro marito, a presto! Si
ricordi di passare in edicola per comprarmi Dylan Dog!-
-Ma
certo, cara moglie...-
Non
era soddisfatta dalla conversazione avuta con Vincent, anche se aveva
chiarito alcuni punti. Con profondo sollievo aveva accolto
quell’affermazione su Ran, ma ancora, il fatto che non le
avesse detto se e quando sarebbe tornato per vederla la gettò
in uno stato di profonda agitazione e, conseguentemente, non chiuse
occhio quella notte.
La
giornata iniziò alle sei e mezza, quando il primario irruppe
nella stanza con la sua particolare risata “Oh-oh-oh” e
la frase inquietante del giorno: -Su, belle signore, l'acqua è
poca, la papera non galleggia!-
Yuffie,
ormai abituata alle bizzarrie del medico, era pronta con il proprio
blocnotes in mano e scrisse la frase, chiedendosi cosa mai potesse
significare. Prima le chele delle aragoste da arricciare e poi le
papere che non galleggiavano... Che fosse un codice?
Ran
sembrò borbottare e si girò dalla parte opposta,
evidentemente assonnata, ma il dottore la prese in braccio e la mise
a sedere accanto alla madre. Le posò un indice sulla punta del
naso, lo allontanò e le fece seguire i movimenti del dito,
cosa che irritò ulteriormente la piccola.
-Signora
Kisaragi, sua figlia non solo è in piena salute, vede anche
perfettamente! Oh oh oh. E' un caso straordinario. Lei come sta?-
chiese, con un largo sorriso.
-Quando
potrò riavere le mie interiora?- rispose, ripetendo
l'esperimento con la piccola, ma più lentamente. Per tutta
risposta, Ran si addormentò.
-Oh.Oh.Oh!
Mi dia il polso! Non si preoccupi, molto presto si sentirà
meglio!- esclamò lui, apparentemente divertito. -Un
affascinante giovane dallo sguardo cremisi mi ha trattenuto mezz'ora
per farmi un terzo grado sulle sue condizioni di salute! Oh.Oh.Oh! Il
suo polso mi dice che si tratta del papà di questa bimbetta
adorabile!-
-E'
Vincent.- Arrossì e tentò di calmarsi, proprio mentre
la bimbetta adorabile si svegliava di nuovo per reclamare cibo,
gridando come una disperata. -Che hai da gridare? Guarda che ti
capisco anche se non fai l'indemoniata...-
La
piccola si calmò improvvisamente e sembrò fissarla. Il
modo in cui fissava le persone era quasi inquietante, da quanto
sembrava seria. Ma era tenera, con quei suoi occhioni e la madre
sorrise.
Il
medico si fece serio. -Signora Kisaragi, non ho nulla da commentare
sulle sue scelte, perché suo marito sembra un uomo per bene,
ma... Insomma, sembra che qualcuno ci sia andato pesante con gli
esperimenti su di lui.- sussurrò, in modo che nessuno
sentisse. Yuffie si sentì morire e strinse a sé la
piccola. -Non è nulla di grave o di spaventoso, non si
preoccupi. Sono stato medico nella Shinra. Volevo solo avvertirla
che... Può darsi che la piccola si dimostri sempre in anticipo
sui suoi coetanei, ma non deve assolutamente allarmarsi, è una
bambina forse un po' speciale, ma...-
Quello
che probabilmente l'uomo stava tentando di dirle era che, se avesse
notato qualcosa di strano in Ran, era suo dovere volerle bene in ogni
caso. Non doveva spaventarsi e non doveva abbandonarla. Ma lo sapeva.
Sapeva che sarebbe stata diversa dalla maggior parte dei propri
coetanei. Ma era sua figlia!
-Non
mi chiamo Lucrecia Crescent, io, non si preoccupi!- rispose, con un
largo sorriso. -Sposando Vincent sapevo esattamente cosa
aspettarmi.-
La
bambina riprese a gridare come un'indemoniata.
-Cosa
c'è? Ti ho dato da mangiare, sei asciutta e pulita e piangi?-
chiese la neo mamma, confusa.
Il
medico si avvicinò alla piccola, di nuovo calma e sussurrò:
-Vincent.- Ran riprese ad urlare.
Cos'aveva
contro il nome Vincent? Non aveva un suono strano e non aveva urlato
pronunciandolo.
-Lo
so, è stato scemino, ma è fatto così e ce lo
dobbiamo tenere.- mormorò. Era stato stronzo, altro che
scemino!! L'avrebbe massacrato di botte, ma prima, voleva vederlo.
Voleva che vedesse la piccola.
-Credo
che potrei far finta di nulla e lasciarla uscire in corridoio,
girandomi casualmente verso la finestra. - sussurrò il medico,
con aria cospiratoria. -Se mi promette di non stare troppo in piedi.-
E
chi voleva stare in piedi? Scese a fatica dal letto, si sciolse i
capelli che aveva raccolto malamente con una pinza, li pettinò
rapidamente con le dita ed attese che il medico guardasse casualmente
altrove. Poi prese la bambina ed uscì furtivamente dalla
stanza. Ricordandosi del pigiama bianco con i Chocobo che indossava,
fece per tornare indietro per cambiarsi, ma era in un ospedale ed
aveva visto pigiami peggiori.
Si
diresse verso la sala d'aspetto ed incrociò Vincent o, almeno,
ciò che ne rimaneva, a metà strada. Sembrava
estremamente concentrato sulla macchina del caffè, che impiegò
un quarto di secolo ad erogare un espresso.
Aveva
la stessa espressione di uno degli zombi dell'Alba dei Morti Viventi
e lo stesso aspetto fresco e riposato. Più del solito. Afferrò
il bicchiere e lo mescolò per un altro quarto di secolo. Poi,
quando ormai tutto lo zucchero era definitivamente scomparso, si
avviò verso la sala d'aspetto.
Lo
seguì pazientemente, cercando di ricordarsi se fosse o meno
sonnambulo. Lui si sedette in un angolo della sala d'aspetto e si
concentrò sul caffè, continuando a mescolare. Gli si
avvicinò cautamente e gli si sedette accanto.
Lui
bevve finalmente il suo stupido caffè, ma non diede altri
segni di vita. Al contrario, continuò a mescolare, nonostante
non ci fosse molto da mescolare. Poi la caffeina gli entrò in
circolo ed andò a buttare il bicchiere. Al ritorno si accorse
finalmente dei due esseri che gli erano seduti accanto.
Impallidì
e boccheggiò, per poi sedersi accanto a loro e fissarle.
-E'
lei?- chiese, timidamente.
-No,
ho preso quella della vicina! Ma certo che è lei! E'
bellissima, come potrebbe essere di qualcun altro?- ribatté,
sorridendo. -Mentre aspettavamo ti svegliassi e smettessi di
mescolare quel caffè, si è addormentata!-
-Ho
viaggiato tutta la notte...- le spiegò, tenendo la mano di Ran
tra le dita. -E' così piccola... Oh, Leviathan, è
bellissima.-
Aveva
appena detto “Oh Leviathan”? Sorrise, divertita dalle
reazioni dell'uomo. Dopotutto, era la “primogenita” di
Avalanche ed aveva suscitato in tutti reazioni incredibili. Gli
uomini veri del gruppo, ovvero Cid e Barret, si erano commossi fino
alle lacrime. Tifa e Cloud non avevano smesso un attimo di commentare
ogni minima azione della bambina, con voce estremamente acuta, cosa
che si sarebbe potuta aspettare da Cloud, ma non da Tifa. Reeve, o,
meglio, il naso di Reeve, era diventato il giocattolo preferito della
piccola. Nanaki era un caso a parte. Era entrato in ospedale dopo una
lunga discussione con il portinaio ed era arrivato in ritardo. Appena
Ran l'aveva visto, aveva cominciato a spegnergli ed accendergli la
coda. Rose e Shelke, che non avevano mai visto una bambola in vita
loro o, almeno, non se lo ricordavano, avevano litigato furiosamente
su chi dovesse tenere di più la bambina. Alla fine, Shelke
aveva finito per chiedere insistentemente a Reeve una cosa simile e
Reeve era arrossito. Cait, offeso, era rimasto in ospedale, nella
culla della piccola.
In
quanto a Vincent Valentine... Era quasi sicura che stesse pensando di
fondare una nuova religione con Ran come unica e sola divinità.
E aprire un sito internet. E un fan club su facebook. E offrire
sacrifici umani alla nuova divinità. Nello sguardo aveva una
luce completamente nuova. Era felice.
Ran
si agitò ed aprì gli occhi, sbadigliando rumorosamente.
Vincent arretrò di qualche sedia, spaventato. O, ancora
meglio, terrorizzato. -No.-
Fece
un respiro profondo, chiedendosi perché mai dovesse essere
così scemo. Osservò la figlia e seppe immediatamente il
motivo di quel terrore. I suoi occhi erano bellissimi. Ma
evidentemente lo spaventavano. Uno era rosso e l'altro dorato. Si
avvicinò cautamente e per un attimo ebbe paura che Ran lo
incenerisse. -Vincent...-
Fu
interrotta da un grido disperato, che s'interruppe quasi
immediatamente.
-Che
cos'ha? Sta male? Ha qualche problema?- s'inquietò l'ex Turk,
tormentandosi il labbro inferiore.
-Ha
un problema con il nome Vincent.- Grido disperato. -Vincent.- Grido
disperato. -Vedi?-
-Mi
odia?- le chiese, dopo un lungo sospiro. -Non mi sorprende. Ho
parlato con il primario, so che hai rischiato...-
Una
lingua di fuoco lo interruppe.
-Penso
che sia un modo per attirare la tua attenzione. Non la stai
considerando...- gli spiegò Yuffie, sbuffando. -Non vuoi
prendere in braccio tua figlia, Vincent?- Grido disperato. -Vinnie.-
si corresse.
-Non
ho mai preso in braccio un neonato... E mi tremano le mani...-
protestò, quando le porse la bambina. -Non sono il tipo da
prender... No, Yuffie... Aspetta. Yu...!- alla fine, però, si
ritrovò con la bambina in braccio. -Oh.-
Alle
11, quando i Turks varcarono la soglia della camera, Vincent
Valentine aveva appena terminato di fare un giro turistico del
reparto, con la bambina in braccio, allo scopo di presentarla al
mondo intero. Questo aveva permesso a Yuffie di darsi una sistemata,
vestirsi e fare la valigia.
E
sì, Vincent Valentine non aveva smesso di sorridere un
secondo, quella mattina. Cosa che spaventò parecchio Reno, che
tentò di nascondersi dietro a Elena. Difficile, data la
differenza di altezza.
-Valentine
sta sorridendo.- mormorò, sull'orlo della crisi di panico.
-Non
solo, sta parlando da cinque ore e non credo si fermerà
presto.- rispose la ninja, con un sorriso. -E' quasi inquietante.-
L'uomo
inquietante si avvicinò ai Turks e li presentò ad uno
ad uno alla bambina. Poi, con tono solenne, aggiunse: -Lei è
Ran. E' mia figlia.-
Elena
fissò alternativamente il professionale Tseng, la propria
pancia e Vincent, inquieta. Probabilmente chiedendosi che razza di
droga si fosse calato l'ex Turk. Sperando che Tseng non fosse così.
-Se lui è così, non oso immaginare come potrebbe essere
Reno.-
-Vuoi
provare l'esperienza, bellissima?- chiese il rosso, con un sorriso
killer. Ricevendo immediatamente un colpo di teser in testa da parte
del suo capo.
Rude
si avvicinò alla piccola, per osservarla meglio. Le stava
guardando gli occhi. Lei ne approfittò per rubargli gli
occhiali da sole e masticarli. -Ha preso dalla madre.- commentò
brevemente.
-Ehy!-
protestò la donna, offesa. Se non fosse stata costretta a
letto dal medico E da suo marito, gli avrebbe tirato volentieri
qualcosa in testa.
Ran
sembrò perdere interesse negli occhiali e li buttò in
un angolo della stanza, provocando l'ilarità di Reno. Poi si
concentrò sulla pelata dell'uomo, stranamente interessata,
passandoci la mano sopra. Reno, ormai sull'orlo delle lacrime,
ricevette un secondo colpo di teser in testa.
Elena
si avvicinò a propria volta: -Somiglia moltissimo a suo
padre... Sarà un Turk eccezionale!- esclamò, commossa.
Elena era una fan di Vincent. L'aveva scoperto vivendo con loro.
Aveva un altarino con una serie di foto che risalivano al periodo
Turk. Periodo in cui Vincent era terribilmente sexy, tra parentesi.
Apparentemente per i Turk era una specie di guida spirituale, anche
se credeva che l'abitudine di rivolgersi a lui chiamandolo
“Principe” fosse solo tipica della bionda.
-Rude,
glielo devo ricordare che siamo gli ultimi?- chiese sottovoce Reno,
preoccupato. Il collega scosse la testa.
-Aaah!
Guarda quell'occhietto rosso! E' bellissima!- continuò Elena,
ormai probabilmente decisa a seguire la religione che Vincent stava
per fondare.
Non
si era accorta che l'unica persona ad essersi avvicinata a lei era
Reno, che la stava osservando intensamente, come se cercasse di
capire qualcosa. Poi sobbalzò e comprese: -Yuffie! Hai le
tette!-
Cercò
di sprofondare tra i cuscini, imbarazzata. Perché tutti
dovevano farglielo notare?! Come se prima fosse stata piatta! Non si
chiamava mica Shelke!
-Wow,
ora non solo sei figa, hai un corpo fantastico, sai combattere e hai
più di due neuroni! Mi sposi?- chiese il rosso, sfoderando di
nuovo il sorriso killer.
-E'
già sposata.- sibilò una presenza demoniaca alle sue
spalle, con voce lugubre.
-Reno,
non ti preoccupare, esiste il divorzio...- sussurrò lei, in
tono confidenziale.
Per
tutta risposta, Reno cacciò un grido e fu trascinato per i
capelli fuori dalla stanza da Rude, che la salutò con un gesto
della mano.
-Principessa,
hai il mio numero!- urlò, dal corridoio.
L'angolo
degli amichetti di Chaos
Chaos:
Che figoooo!!! Ho una figlia! Posso mangiarla?
Yuffie:
Vai via, tu! (spostandolo con un calcio)
Ran
(Incenerendolo): Aggà!
Vi
piace la canzone che ho messo all'inizio?! Come fa a non piacere (si
scioglie)?!
Yuffie:
Sei finalmente fidanzata con un uomo che non somiglia a Vincent,
ovvero che non ha problemi mentali tali da confessarti di avere sette
personalità e fare sogni strani?
Vincent:
Non ho sette personalità... Taci tu! No, tu!
Ran
(incenerendo anche lui): Aggà!
Nono,
sono solo felice!!! Ho quasi finito Kage no Moroboshiiii!!! Non ci
credo!!! Finite le notti insonni china sui libri pre-maman e le fan
fiction di azione!!! Ho finito anche il vestito di Quetzaaal in
teeempooo!!! La mia vita è completaaaa!
Ran:
Gnà?
Yuffie:
Quetzal?
Sìsì,
è come Ramuh...
Yuffie:
Un trans?
Ma
no, ma... Un attimo... In effetti è un po' strano... (leggere
“Sunshine in Winter” fa male!)
ANYWAY!
Fanciulle e fanciulli, vestita da uccello del tuono con problemi
d'identità sessuale, ovvero Quetzal, ho coronato il mio sogno!
Sono emozionata! Il gruppo di cui facevo parte al Lucca Comics ha
vinto!!! ^_^ Un yatta! È doveroso.
Vincent:
Smettila di farti pubblicità!
Ran:
Gna? (traduzione: “Ehy, ma tu non eri morto?”)
Vincent
stramazza a terra in stile opossum, fingendosi morto.
Sul
capitolo non c'è molto da dire, in realtà, a parte che
la canzone iniziale è una bella canzone d'amore, sì, ma
che l'ho messa lì per illustrare i sentimenti di Vinnie per la
bambina... Come sono tenera! (Devi innamorarti dei tuoi vestiti più
spesso... nd Yuffie.)
Aprì
gli occhi, lentamente. E non vide nulla. Nulla di reale. Intorno a
lei tutto era confuso; voci, suoni e colori sembravano girarle
intorno in un vortice psichedelico. Tentò di alzarsi, cercando
di riordinare i propri pensieri. Non riusciva a ricordare dove fosse.
Non ricordava nulla della giornata. In più, i suoi sensi erano
confusi.
Prima
di tutto, sentiva delle voci. A meno che non fosse diventata
schizofrenica durante la notte, non le sembrava normale. Inoltre,
tentando di alzarsi, aveva prodotto dei suoni. Suoni che si erano
tradotti in immagini. Si chiese se non fosse stata drogata. La
sinestesia era un sintomo abbastanza bizzarro.
Yuffie
Kisaragi. Era il suo nome. Bene, stava facendo progressi. Aveva un
gusto metallico in bocca, probabilmente sangue. Ma le era impossibile
comprendere come si fosse ferita. Si ricordò a fatica dove
fosse nata e quando ed attese ancora, rannicchiata a terra, di
acquisire altre informazioni.
I
sentimenti arrivarono tutti insieme. Dolcezza, felicità,
paura, disperazione, furia.
La
bambina. La bambina. C'era la bambina con lei. Sua figlia! La cercò
accanto a sé a tentoni, per quanto il gesto fosse irrazionale.
Produsse altro rumore. Ed altre immagini. Le avevano portato via la
bambina. Era lei che volevano, fin dall’inizio. Chi? Non
importava! La bambina. Ran! Il suo nome era Ran! Quella stessa
bambina che aveva pensato più volte di strappare via dal
proprio corpo, che aveva percepito come un peso e che l’aveva
fatta sprofondare nella disperazione. La figlia di Astharoth.
Astharoth, Astharoth. Chi era Astharoth?! La bambina. Scomparsa.
Urlò.
Non le importava se la sentivano tutti. Dovevano sentirla. Dovevano
sapere che stava per ucciderli tutti. Non importava chi, non
ricordava e non le importava. Uccidere. Uccidere! Chiunque! Nessuno!
Immagini, immagini, ancora immagini, confuse, colorate, violente. E
il grido. Il grido che diventava immagine.
-Yuffie...-
un immagine dolce. Ma non abbastanza forte, subito avvolta ed
inghiottita dai colori.
Sentì
due braccia circondarla. Altro rumore. Un sentimento diverso. Se le
scrollò di dosso, violentemente, continuando ad urlare.
-Yuffie...
Calmati, Yuffie... Ti prego...- Calore, odore di sangue ed altre
immagini dolci. Di nuovo, ma più debolmente, quelle braccia
tornarono a circondarla. Il grido le morì in gola. E,
nuovamente, la voce, bassa e roca, parlò. La persona che le
parlava respirava a fatica e le sue parole sembravano sibili. Sangue,
sangue, sangue ovunque. Non vedeva nulla oltre quelle immagini così
dolci da spezzare il cuore. E il sangue scivolava su di sé.
-Andrà
tutto bene... Te lo prometto.-
Vincent
Valentine. Vincent che l'aiutava. Vincent che la salvava. Troppe
immagini, troppe, troppe, troppe immagini dolci e dai colori tenui.
Si rifugiò dentro di lui, ma era peggio. C'era dolore. Dolore
e sangue. Ma niente immagini, solo una donna con lo sguardo fisso.
Ricordava i suoi pensieri. C'era la musica dei desideri, ancora.
C'era sempre, sotto la musica del dolore, sotto la musica della
paura. Pianse, ma fu la donna a versare lacrime. Non voleva tornare
lì, non con le immagini, ma quel dolore, quel dolore era
insopportabile.
Chiuse
gli occhi, riordinando le idee. Le immagini dolci non erano cessate.
Erano il battito del suo cuore preoccupato. Il suo ritmo strano, ma
rassicurante. Erano il suo respiro anche se sibilante.
Era
tornato, per lei, perché teneva a lei e alla bambina. Era
tornato nonostante tutto il male che gli aveva fatto. Lui era tornato
e poi... Poi Dirae, l’illusionista... Un attacco mentale. Non
su di lei. Su Vincent. Vincent che era... Morto?
-No...
Non morto...- riuscì ad articolare, posandogli le mani sul
volto. Lo sentì serrare la mascella quando passò le
mani su qualcosa di sottile ed umido. Un taglio. Un altro. Non era
stato Dirae a ferirlo. No, Dirae l'aveva... -Non sei...-
-Ringrazia
Hojo...- le immagini scomparirono, ma non ritrovò la vista.
Vincent era crollato a terra e lei... Aveva usato il Sakanagi. Dirae
era morto, ma lei non... Cos'aveva fatto alla sua mente? -Cos'hanno i
tuoi occhi?-
Si
mise a sedere e tentò di vedere, senza troppi risultati. Cercò
a tentoni Vincent e trovò qualcosa di umido e leggermente
appiccicoso. Sangue. Sentì un gemito quando gli toccò
il braccio e riconobbe una frattura. L'osso era esposto. Perché
non vedeva? -Yuffie?-
-Buio...-
Non era neppure diventata più loquace. Almeno aveva ammazzato
quello stronzo. -Ran?-
Lo
sentì mettersi seduto e gemere di nuovo mentre si appoggiava
alla parete. Il respiro si fermò per un attimo e fu seguito da
un rumore di ossa rotte. Un grido. Poi solo il respiro. Lo cercò
di nuovo a tentoni e trovò la sua mano. Tremava. Gli si
avvicinò e ripeté la sua domanda.
-Siamo
nel Quartier Generale della Società del Crepuscolo e Ran è
con loro...-
Si
appoggiò al muro e chiuse gli occhi. Non cambiò poi
tanto. Doveva vedere. Doveva vedere. Non poteva permettersi di non
vedere in quella situazione. Dirae non poteva averle danneggiato a
quel punto il cervello.
Riaprì
gli occhi e vide. Si trovava in una cella buia, dalle pareti
metalliche. I muri si estendevano fino a confondersi con l’oscurità.
Sembrava non vi fosse via d’uscita.
Vincent
era ricoperto di tagli e lividi ovunque. Soprattutto in faccia. Il
Jenova che era in lui aveva evitato che morisse. Ma non era sicura
che fosse realmente un bene. Stava guarendo, ma soffriva.
Come
aveva fatto a ferirsi in quel modo? Non riusciva a ricordarselo.
Sembrava che qualcuno di molto forte l’avesse preso a calci e
pugni. Lo abbracciò, tentando invano di non fargli male e
scoppiò a piangere.
Era
solo colpa sua se era in quelle condizioni, rinchiuso dentro una
prigione... Aveva pensato soltanto a sé stessa; si era
rifugiata sempre da lui, senza interessarsi minimamente ai suoi
sentimenti. Era solo un’egoista. Lo era sempre stata. E lui era
uno stupido altruista che non riusciva ad abbandonarla al suo
destino.
-Perdonami.-
-Ti
amo.-
Non
se lo sarebbe mai aspettato, da parte sua. Insomma... Era ancora
innamorato di Lucrecia e... E invece quel ti amo era per lei. Lo
shock fermò le lacrime. La sensazione piacevole che aveva
provato quando era nella sua mente era quella. Amore. La amava.
-Ecco,
ora posso anche morire in pace...-
-Vinnie,
tu sei sopravvissuto alla morte... Perché?- chiese,
distogliendo per un attimo lo sguardo dal paesaggio che sfrecciava
veloce oltre il finestrino. Non avrebbe mai creduto di avere il
coraggio per porgli quella domanda. Ma quello era stato prima di
rimanere incinta. Prima di essere costretta ad una fuga continua.
Prima che lui decidesse di proteggerla.
-Forse
perché avevo un conto in sospeso...- rispose lui, dopo qualche
secondo di silenzio. Il suo era stato un mormorio confuso, quasi
incomprensibile. Probabilmente aveva risposto a sé stesso.
Abbassò
la testa e si appoggiò meglio al sedile del treno,
accarezzandosi distrattamente il ventre. Certo, lui doveva
vendicarsi. Doveva smetterla di pensare all’improbabile
possibilità che Astharoth potesse essere sopravvissuto. Lui
non aveva nulla di cui vendicarsi, a parte forse il destino che gli
era stato riservato. E non era poco. Ma non aveva conti in sospeso
sul Pianeta. Aveva dei conti in sospeso con gli dei.
-La
vendetta...- sussurrò la ragazza, quasi inconsciamente.
Lui
scosse la testa, concedendosi un sorriso tirato.
-No...
Volevo dire a Lucrecia che l’amavo... Direttamente, senza
pensare alle conseguenze... E’ stato questo a farmi
sopravvivere... E’ ridicolo, vero? E’ ridicolo come
qualcosa di fragile come l’amore possa rendere forti le
persone.-
Si
appoggiò a lei, con tutto il suo peso e, per un attimo, pensò
con orrore fosse morto. Non poteva morire. Non doveva. Non dopo
quella confessione. Doveva sentire la sua risposta.
Ma
il suo respiro sibilante vicino all’orecchio la rassicurò.
Stava solo dormendo... Poggiò le dita sulla sua tempia e pensò
a tutto quello che aveva fatto per lei, i suoi sacrifici e quel
dolore terribile che aveva percepito. E al suo amore. Il Sakanagi
fece il resto e sentì che il dolore scompariva a poco a poco.
-No,
non puoi... Non potrei sopportarlo, Vinnie.-
-Vattene,
Valentine.-
Non
l’aveva lasciata un attimo, neppure durante il sonno.
Anche
in quel momento la stava abbracciando. Ed era perfettamente sveglio.
Constatò, sollevata, che le ferite erano quasi guarite. Si
stava riprendendo. Che stupida, era stata, a pensare che potesse
morire. Lui era Vincent Valentine, dopotutto.
Alzò
la testa e si ritrovò a fissare gli occhi celesti e crudeli di
Kaminà. Il desiderio di farle una rinoplastica con un machete
la assalì. Ma non c'era nulla di appuntito nei paraggi e
Vincent aveva smesso definitivamente di indossare il suo guanto
metallico alla nascita di Ran. Si pentì di non essere una
malata di shopping e non avere sotto mano una Louboutin tacco 20 da
tirarle in un occhio.
-Lasciala
andare e vattene. Il capo ti ha già torturato abbastanza, non
credi?-
Osservò
l’ex Turk. Le ferite erano scomparse, ma aveva ancora il
respiro affrettato e sibilante. Non sembrava avere nessuna intenzione
di lasciarla andare. Si odiò perché ne era felice.
Aveva detto che l’amava. Non l’avrebbe mai lasciata
andare volontariamente. Era allo stesso tempo confusa, felice e
spaventata da quella confessione.
Era
stato il famoso Capo della Dusk Society a fargli del male. Lo stesso
che, in quello stesso momento, aveva in ostaggio Ran. E lei doveva
andare a recuperarla. E recuperare qualcosa per la famosa
rinoplastica.
-Valentine,
non fare l’idiota.- sibilò Kaminà. –Oh, per
i fulmini di Ramuh, quanta pazienza ci vuole con te!-
Posò
un pacchetto fasciato da carta bianca a terra ed uscì dalla
cella. Poco prima di chiudere la porta, aggiunse: -Tu cambiati. Hai
dieci minuti, il mio Signore desidera vederti.-
-Vai,
Vincent...- sussurrò, quando finì d’indossare
l’abito. Era semplice ed elegante, bianco. Le donava, ma non le
piaceva affatto. Lei non indossava abiti. Non le piacevano proprio,
perché le intralciavano i movimenti e la facevano sentire
prigioniera. E poi, il bianco era il colore del lutto, non era
proprio di buon augurio.
La
fissò, confuso. Ovviamente non se l’aspettava. Aveva
trascorso sette mesi a proteggerla, probabilmente si era dimenticato
di quanto Yuffie Kisaragi avesse veramente poco bisogno di una
guardia del corpo.
O
forse era sempre più sorpreso nel constatare quanto fosse
testarda e simile a lui. La sua era una questione personale e come
tale voleva risolverla.
-Vai,
non preoccuparti per me...-
Scosse
la testa, deciso. –Non posso acconsentire.-
-Dannazione,
Vincent! Tanto sei inutile! Anche se te ne vai non cambia molto! Ti
salvi soltanto la vita!-
Gli
diede le spalle. Non voleva guardarlo andare via. Non di nuovo.
Voleva ferirlo un’ultima volta per salvarlo. Se non se la fosse
cavata l’avrebbe ricordata come una perfetta stronza, ma,
almeno l’avrebbe salvato. E se se la fosse cavata... Scosse la
testa con determinazione. No. Non aveva tempo per pensare, doveva
solo andare dal capo, ucciderlo e riprendersi Ran. Sperava solo di
potercela fare. Se non per sé stessa, almeno per la bambina.
Lo
sentì soffocare dolorosamente una risata –Dovresti
cambiare metodo, dopo la prima volta non funziona più,
Yuffie.-
Si
voltò verso di lui, confusa ed irritata. Non era uno scherzo,
doveva andarsene. –Non è perché hai detto che,
ora come ora, potresti anche morire che saresti in pace, che, per
forza, devi provare l’ebrezza di morire.- sibilò.
-Perché
non vuoi che muoia, Yuffie? In fondo, cosa sono per te, oltre ad una
guardia del corpo?- sussurrò l’ex Turk, con un mezzo
sorriso.
-Sei
un amico.- rispose lei, convinta. –Un amico molto caro. Quindi,
per favore, ora vattene.-
Si
avvicinò a lui, quasi inconsciamente e l’abbracciò.
–Ti prego, vattene.-
-Mi
stai trattenendo.- mormorò l’uomo, approfittando
dell’occasione per abbracciarla a sua volta. –Come ogni
volta, c’è qualcosa di razionale in te che mi allontana,
ma qualcosa di più forte ed irrazionale che prova questo
insoffocabile istinto di abbracciarmi. Non è vero, Yuffie?-
Si
allontanò come se si fosse scottata, stupita da come le sue
parole riflettessero bene i propri pensieri.
-Non
vuoi dirmi nulla, prima che me ne vada?-
Si
riavvicinò, perfettamente cosciente di quello che stava
facendo e si fermò ad un passo dall’uomo. –Sì,
Vincent Valentine... Sono felice che tu sia mio marito e il padre di
mia figlia.-
-Tecnicamente...-
iniziò lui, alzando l’indice per sottolineare l’appunto
irritante.
-Tecnicamente
sei un rompicoglioni, Vincent Valentine. Sempre a rovinare i momenti
romantici...- sbuffò la donna, irritata, per poi scoppiare a
ridere. Capendo cosa avesse appena detto, ammutolì ed arrossì.
-Grazie,
sei un tesoro.- sussurrò l’uomo, chinandosi per
baciarla. Non cambiò idea all’ultimo momento, per una
volta, ma fu un bacio fugace. Un bacio dolce. Quando si accorse che
avrebbe ucciso pur di averne un altro, fece l'unica cosa possibile:
lo obbligò ad abbassarsi e restituì il bacio. Si
accorse che era quello che avrebbe dovuto fare mesi prima. La cosa
più semplice. La cosa più difficile. E la frase che
l'avrebbe trattenuto era così semplice che si stupì di
non averci pensato prima. Ma non riusciva a pronunciarla. L'aveva
dimenticata, chiusa nel proprio lutto.
Si
fermò quando si accorse di averlo fatto sbattere contro la
parete, abbastanza violentemente. -Ti amo. Scusami. Non volevo...-
-...rompermi
la spina dorsale?- terminò lui, con un gemito di dolore,
chiudendo gli occhi.
-Sanguini
di nuovo... Oh Leviathan, mi dispiace!- si scusò la ninja,
avvicinandoglisi di nuovo.
-Hai
appena detto...? Davvero?!- le chiese, stupito. Ma non le diede il
tempo di rispondere e la strinse a sé. -E' stato il bacio più
doloroso della mia vita, ma credo ne sia valsa la pena...-
Gli
sfiorò di nuovo la tempia e non le servì neppure
concentrarsi per usare il Sakanagi. -Ne vale sempre la pena...-
Sorrise e posò nuovamente le proprie labbra sulle sue per un
breve istante. -Meglio?-
-Per
la schiena indubbiamente...- mormorò Vincent, restituendo il
sorriso. Risalì con le labbra fino all’orecchio della
ninja e continuò: -Odio lasciare a te il lavoro pesante,
Yuffie, ma penso anche che tu abbia un conto in sospeso con
quest’essere... Quindi, che ne dici di occuparti di lui, mentre
io recupero nostra figlia?-
Non
sapeva cosa rispondere. Accettare significava metterlo in pericolo,
ma anche dare una possibilità di fuga alternativa a Ran.
Rifiutare significava fare di testa propria e buttarsi a capofitto
nella battaglia, con basse possibilità di vittoria ma alte
probabilità di massacrare per bene lo stronzo che l’aveva
seguita per mesi.
Poteva
avere entrambe.
Poteva
avere entrambe le cose, pensò, finalmente, ma non a proposito
della battaglia. Poteva essere felice con Ran ed innamorarsi di
nuovo. Poteva passare oltre il lutto. Odiava quegli abiti bianchi, ma
non aveva fatto altro che rifugiarsi in essi. Aveva ricevuto il
diritto di farsi una vera vita e l’aveva buttato.
-OK,
Vinnie, tu recupera nostra figlia, io prendo a calci il supercattivo
di turno.- sussurrò, con un ghigno. Sorprendentemente, l’uomo
la cinse in un abbraccio stritolante, facendole quasi male.
-Coraggio.-
Poi
bussò alla porta della cella, assumendo l’aria più
truce che potesse fingere in quel momento e, quando Kaminà
aprì, se ne andò senza una parola. Yuffie sospirò
e controllò per l’ultima volta di avere l’unica
arma avesse portato durante quei mesi. Sorrise.
-Bevi
questo.- le ordinò la bionda, porgendole un bicchiere pieno di
un liquido che non avrebbe saputo identificare.
Lo
afferrò e fece finta di bere, senza però ingoiare. Era
dolce... Cosa poteva essere trasparente e dolce? Limonata
industriale? E cosa volevano farle, con la limonata industriale? Non
si fidava tanto, per cui, non appena la donna si fu girata, lo sputò.
-Dov’è
mia figlia?- chiese. In qualche modo, sperava fosse abbandonata a sé
stessa in un luogo lontano a quello in cui stava per andare. Un luogo
in cui Vincent la potesse trovare e portare via. Perché le
aveva detto di aver coraggio?
-Che
ti frega? Era solo una noia, dopotutto...- ribatté rapidamente
l’altra, con un’alzata di spalle. –A cosa servono i
figli? A continuare la specie e basta. Il capo dice di essere deluso
dall’assenza di ali. In effetti, è una delle mutazioni
più interessanti in assoluto. Quegli occhi disgustosi,
invece...-
Era?
Perché usava il passato?
Possibile
che... Che l’avessero uccisa? No, in fondo era necessaria ai
loro scopi, apparentemente. Quindi doveva essere viva. Sperava solo
che non fosse qualche clone di Hojo ad esaminarla. O almeno, che
Vincent lo prendesse per bene a calci nel culo tanto per sfogarsi.
-Io
li trovo magnifici...- ribatté, con un piccolo sorriso. Non
poté impedirlo. Non riusciva a non intenerirsi, ripensando
all’aspetto della bambina. I suoi occhi erano belli. Anche se,
in un certo senso, rappresentavano il dubbio che aveva attanagliato
lo spirito della madre negli ultimi mesi. –Quindi volevate solo
un discendente di Astharoth?-
La
bionda si bloccò. Per un attimo, Yuffie credette fosse perché
si era accorta di aver detto troppo. Invece quella la prese per il
collo e la sollevò, con uno sguardo folle.
-Non
pronunciare quel nome! Non ne hai alcun diritto!- sbraitò. Gli
occhi le divennero dorati, segno che, probabilmente, imitare Galian
Beast una volta l’aveva condannata allo stesso destino di
Vincent.
-Strano,
mi sembrava che Astharoth me l’avesse permesso. Ovviamente tu
non puoi saperlo, visto che non l’hai mai incontrato.- sibilò
la ninja, acida. Con un movimento rapido, ruppe il polso della bionda
ed atterrò elegantemente al suolo. –Ricorda che parli di
mia figlia, primo. Ricordati che sono stata l’unica a conoscere
Astharoth, secondo.-
-Oh,
si, certo... Fin’ora sei stata veramente una madre modello...
Non hai fatto altro che sballottarla qua e là, mettendo a
repentaglio la sua vita e ne hai persino tradito il padre con un
deficiente qualunque!- sbottò Kaminà, melliflua. -Sei
ricoperta del suo lurido sangue, guardati! E tu dovresti essere la
Promessa? Sei disgustosa!-
Era
vero, era coperta da macchie scure, irregolari, del sangue raggrumato
di Vincent. Ma quella frase non l’aveva ferita, si stupì,
al contrario, l’aveva lasciata indifferente.
Lasciò
che la insultasse, senza battere ciglio. Non doveva cedere alle sue
provocazioni. Non quando era così debole. Rischiava di farsi
picchiare da quella pazza. E sapeva quanto poteva essere forte.
Doveva risparmiare le energie per colui che meritava di farsi
massacrare dalla Rosa Bianca di Wutai.
Kaminà
si rialzò e prese l’altra donna per un braccio, usando
più forza del dovuto. Insieme oltrepassarono l’ennesima
porta, sbucando in un’ampia sala.
E
la minore, per poco, non perse i sensi.
La
sala era a cupola, con un lucernario di vetro scurito dal tempo, ma,
grazie alla presenza di una luce irreale ed inquietante, era
possibile vederne il contenuto. Colonne che non sostenevano nulla
troneggiavano ai lati della stanza e, proprio di fronte a lei, seduto
su un trono, vi era il Capo.
-Astharoth!-
Fece
alcuni rapidi passi verso di lui, incredula. Era divisa tra la voglia
di abbracciarlo e quella di picchiarlo.
Perché
non le aveva mai detto di essere a capo di quell’organizzazione?
No, la vera domanda era un’altra. Perché le aveva fatto
tutto questo? Perché le aveva mandato quei pazzi furiosi
contro, aveva fatto uccidere Godo ed aveva torturato il suo migliore
amico?
E
perché le aveva portato via, a poco a poco, ciò che era
più importante per lei?
-Dov’è
la bambina?- chiese, risoluta. Non fece più un solo passo
verso di lui, né arretrò quando lui avanzò fino
quasi a sfiorarla.
-Avevo
detto che doveva dimenticarsi tutto, Kaminà.-
Lui
era vivo. Era davanti a lei. Ma nulla nell’essere che le stava
davanti le ricordava la persona che aveva amato. Era diverso. Nei
suoi occhi non c’era più nulla di umano, nessun
sentimento buono, solo desiderio di vendetta e morte. La vendetta
contro un destino ingiusto.
Non
riusciva a riconoscerlo. Non riusciva a credere che fosse lui l’uomo
che aveva sperato incontrare nuovamente, con cui aveva sperato
passare il resto della sua vita. Non era lui. Non poteva essere lui.
-Dov’è
mia figlia?-
Sua
figlia, come se non avesse un padre... Come se suo padre non fosse
davanti a lei, in quel momento.
Ma
non lo era, dopotutto. Non era il padre della bambina. Non quello.
Il
demone la fissò, stupito ed irritato. Astharoth non mostrava
mai la propria irritazione, si ritrovò a pensare. E, poi,
improvvisamente, si sentì sollevata. Certo, lui non era
Astharoth e, in ogni caso, non era stato su di lui che aveva potuto
fare affidamento fino a quel momento. No, il padre di Ran, la persona
che l'aveva amata e protetta fino a quel momento non era di sicuro
lui. Neppure la persona che aveva amato a lungo era lui. Non era
Vincent. E non era il suo Astharoth. Fece un mezzo sorriso. Poteva
farcela.
-Vorrà
dire che sarò obbligato a fare da solo... Mia cara... Hai
fatto un ottimo lavoro...-
Scosse
la testa ed arretrò di un passo, giusto in tempo per
allontanarsi dal braccio teso di Astharoth. Il sorriso non lasciò
le sue labbra.
-Cosa
c’è? Non volevi che ti abbracciassi e ti baciassi di
nuovo, come un tempo? Ebbene, eccomi, che cos’aspetti?- chiese
il demone, confuso.
-Perché
dici che ho fatto un ottimo lavoro?- ribatté lei, decisa a
capire il motivo per il quale avesse vissuto l’inferno.
-Hai
portato in te nostra figlia, in modo che potessi usare le sue cellule
per creare un corpo mio, ovviamente... E’ un peccato che
quest’utilissima setta si sia rivelata tanto debole. Erano
persone speciali, come te e me. Avevano un passato tormentato e
desideravano solo una lieta novità, la pace nella loro mente.
Solo io posso giustiziarli e purificare la loro anima.- spiegò,
con un sorriso vuoto e falso. Si chiese per un lungo istante se
provasse un qualsiasi sentimento.
I
suoi occhi color ambra... Quanto aveva sognato di poterli rivedere?
Ma
quelli che aveva davanti a sé non corrispondevano a quelli che
ricordava. Quel lume di follia pura lo conosceva. L’aveva visto
negli occhi di Sephiroth. Negli occhi di Hojo. Negli occhi di chi
aveva perso tutto e a cui non importava più né della
propria sopravvivenza, né di quella del resto del Pianeta.
L’attirò
a sé e la baciò, senza troppi problemi. Non percepì
neppure una lacrima d’amore in quel bacio. Solo passione e,
forse, neppure quella. Solo il desiderio di sentirsi vivo e utile.
Ma ricambiò il bacio, cercando, per la seconda volta in una
giornata, di pensare ad un piano. Ritrovandosi invece a pensare a
Vincent, di nuovo. Era andato a salvare Ran. Ce l’avrebbe
fatta.
E
grazie a lui sarebbe riuscita anche ad eliminare Chaos, perché
non indossava più l'abito bianco del lutto. Ma un abito che si
stava tingendo di cremisi.
Si
staccò da lei e fissò Kaminà, con uno sguardo
indecifrabile, tra il soddisfatto e il furioso.
-Il
siero ha funzionato, mio Signore.- pigolò la bionda,
spaventata.
Siero?
Probabilmente quello che la guerriera aveva insistito affinché
bevesse. Quello che il suo istinto le aveva consigliato di sputare.
-Ha
comunque agito in ritardo.- sibilò il demone, mellifluo.
Probabilmente aveva semplicemente trovato il pretesto giusto per
eliminarla. Aveva previsto da tempo come fare. Si avvicinò al
Giocoliere del Diavolo, che arretrò, spaventata. Yuffie si
ritrovò incapace di muoversi, spettatrice immobile e passiva
di un’esecuzione.
-Astharoth...
Astharoth... Ti prego... Io...-
-E’
stato un errore che avrebbe potuto costarci caro, Helen.-
-No!!!
Non dire il mio nome!!! Non dire il mio nome!!!-
-E’
il tuo secondo errore, mia cara... Credevi forse che avrei gioito
sapendo che avevi ucciso Emil, Helen?-
-Smettila!!!
Smettila!!!-
Astharoth
afferrò la donna per il collo e, con un movimento rapido,
glielo spezzò. Poi, come se si trattasse di un oggetto di poco
conto, gettò il suo corpo in un angolo. Yuffie osservò
impietosita quella che un tempo era la sua peggior nemica. I capelli
biondi le coprivano il volto, quasi a volerlo schermare dallo sguardo
altrui. In fondo, era solo... Innamorata della persona sbagliata.
-Astharoth?-
-Sì?-
-Mi
ami?-
-Mi
sembra strano che un demone possa aver affermato di amarti...-
Lo
fissò, arrabbiata, sbattendo il pugno chiuso sul letto.
-Certo
che l’ha detto! Lui mi amava! E, oltre a dimostrarmelo ogni
giorno, me l’ha confessato, anche!-
-Allora
era uno strano demone, perché i demoni non riescono a mentire
fino a questo punto... Un demone non pronuncerà mai la frase
“ti amo”.-
-Yuffie?-
-Vuol
dire... Che non mi ami più? Lo sapevo!-
Forse
stava recitando un po' troppo la parte della ragazzina viziata, ma
non aveva idea di che cosa fosse quel siero. Probabilmente era una
specie di pozione d’amore o cose del genere... Che idiozia...
Non esistevano pozioni d’amore.
-Amore
mio... Non dire questo... Io... Io sì...-
-Sì
che cosa?-
La
falsità che trapelava dalla sua voce e dal suo sguardo era
rivoltante. Il demone le afferrò le mani e gliele accarezzò.
Non sapeva perché, ma quel gesto, invece, le sembrava sincero.
Ma, allo stesso tempo, era diverso dai gesti a cui l’uomo che
amava l’aveva abituata.
Era
esagerato. Come se stesse imitando senza troppo successo qualcuno.
-Asty,
sei sicuro di amarmi?-
-Eh?
C...Certo che... Che ti amo!-
-Ecco,
vedi, hai esitato!-
Incrociò
le braccia al petto e gli diede la schiena.
-Sei
sicura che invece non sei tu a non essere certa dei tuoi sentimenti
per me?-
-Oh,
dannazione, Asty, quando fai così sembri Vincent!-
Vincent...
Ma certo... Vincent! Perché non ci aveva pensato prima?!
Quello
che aveva di fronte era Astharoth fuori dal corpo di Vincent! Sarebbe
quindi bastato farlo tornare nel corpo di Vincent e tutto sarebbe
tornato come prima. Come prima? Prima di quando? Prima di vivere
l'anno infernale che aveva appena vissuto? Prima di scoprire di
essere incinta? Prima che Astharoth morisse?
-Perdonami,
Yuffie.-
Sdraiata
su un lato, faceva finta di dormire. Aveva bisogno di prove, eh?
Come
se la capacità di riconoscere l’affetto che qualcuno
prova nei tuoi confronti non fosse soggettiva!
-Perdonami.
Ti prego.-
-Non
pregarmi, non sono la divina Lucrecia.- sibilò lei, stizzita.
-Hai
ragione. Non sei lei. Vorrà dire che ti supplicherò...-
mormorò l’uomo, scompigliandole i capelli e
sdraiandolesi accanto, abbracciandola. –Vi supplico, divina
Yuffie, perdonatemi.-
Lo
sentì chiaramente sorridere e, sul momento, si arrabbiò
ulteriormente, ma capì che la discussione era conclusa. Amici
come prima.
-Ti
voglio bene, Vincy...-
Non
aveva nessun diritto di annientare un’esistenza solo per il
proprio interesse; Dopotutto, lui aveva sacrificato mesi della
propria esistenza per la principessina egoista... Era stato
torturato. Aveva ucciso la donna che amava, o, almeno, la sua ombra.
No. Non aveva nessun diritto su di lui. E poi, dannazione, lo amava.
Nessun demone poteva sostituirlo. Nessun demone, per quanto potesse
averla amata in passato, poteva sostituire e cancellare tutto quello
che Vincent rappresentava. Nessun Astharoth poteva sostituire il
calore del suo abbraccio, il suo sorriso o l'amore che provava per
lei e per la loro bambina.
-Io...-
Il
suo sguardo. Disperatamente in cerca di qualcosa. Ma che cosa? Forse
era perso, senza i sentimenti che aveva appreso da Vincent. Forse
cercava soltanto il passato. Cercava ciò che era stato.
-Tu
non hai mai avuto un cuore, vero?- gli chiese, calmamente.
La
fissò, sbigottito e confuso, indeciso se ucciderla o
rispondere. Un secondo dopo, la ninja sentì un intenso
bruciore al petto. Aveva deciso di ucciderla.
Tentò
di non guardare l’artiglio che il demone le aveva conficcato al
livello del cuore. Ancora non sanguinava.
Bene.
E
non era neppure morta.
Ancora
meglio.
-Che
cosa vuoi da me?-
-Voglio...
Voglio che resti con me... Per sempre... Me l’avevi
promesso...-
Gli
accarezzò il viso e sorrise. Un bambino. Era un bambino
crudele ed inesperto. Un bambino che ricordava di aver avuto dei
sentimenti e non riusciva più a trovarli nel proprio cuore. Un
bambino alla ricerca di ciò che era stato, dei sentimenti di
allora, delle parole di allora. Ma tutto era scomparso.
Ed
aveva paura.
Di
niente.
Di
tutto quanto.
-Non
posso. Non posso amare che una persona.-
-Ma...
Winniewinnie! Non so usarla!-
La
ragazza si rigirò tra le mani la piccola pistola, confusa. Non
riusciva a capire. Lui era lì per proteggerla, no? Aveva
magicamente deciso di farle da guardia del corpo, quindi non aveva
bisogno di una pistola.
-E’
una semi-automatica, non è difficile.-
-Ho
paura di ferire qualcuno!-
-E’
fatta apposta, Yuffie. E comunque, la dovrai usare solo in caso
d'emergenza. Ha un solo proiettile.-
-Lo
so, ma...-
-Prendila
e basta. E smettila di fare la bambina.-
Sì.
Doveva smetterla di fare la bambina, anche lei. Dove va crescere, una
volta per tutte.
I'll know your eyes
in the morning sun I feel you touch me in the pouring rain And
the moment that you wander far from me I wanna feel you in my
arms again
And you come to me on
a summer breeze Keep me warm in your love and then softly leave
I believe in you You
know the door to my very soul You're the light in my deepest
darkest hour You're my savior when I fall
And you may not think
I care for you When you know down inside That I really do
How deep is your Love –
The Bee Gees
-Devi
solo promettermi una cosa. Una sola. Te la senti? Senza ma e senza
se.-
Annuì,
poco convinta. Non le erano mai piaciuti gli addii. Si asciugò
le lacrime e provò a calmare i singhiozzi.
La
abbracciò, accarezzandole la schiena per farla smettere.
-Quando
scomparirò, non attaccarti alla mia memoria.-
-No.-
-Avevo
detto...-
-Avevi
detto “senza se e senza ma”. Io ho detto no.-
-Non
sto dicendo che domani dovrai sposarti con un altro. Sto solo dicendo
che, dopo un po' di tempo, dovrai pensare a farti una vita tua, senza
pensare ossessivamente a me. Ti sto solo chiedendo di non diventare
una copia di Vincent.-
-Amin
delotha lle.- sibilò la ragazza. Ti odio.
Il
demone scoppiò a ridere: -lle
delotha mel amin!- Tu odi amarmi.
Yuffie
sorrise debolmente ma continuò a fissarlo con astio:
-Prometto. Ma quando scomparirai m’infilerò in un
monastero e non ne uscirò più.-
-Sono
stufa di te, Vincent Valentine!- sbraitò Yuffie Kisaragi,
lanciando un piatto verso il marito, che lo afferrò
prontamente, intento a sorseggiare un caffè.
-Non
eri neppure lontanamente credibile, Yuffie.- sussurrò, senza
distogliere lo sguardo dal giornale.
La
donna sbuffò ed asciugò l'ultimo piatto. Perché
non ci riusciva? Dove sbagliava? Eppure aveva seguito i consigli del
maestro alla lettera. Aveva pensato all'ultima volta che era stata
realmente arrabbiata e ci aveva provato.
-Forse
dovrei provare a pensare a qualcosa di diverso. Non so, forse quando
i Wutai Bulls hanno perso il campionato di MahJong all'ultimo
minuto...- azzardò, pensosa.
-Forse
dovresti abbandonare l'idea dei corsi di teatro, non sei esattamente
portata.- ribatté l'ex Turk, terminando il caffè e
ripiegando il giornale in modo ordinato. -Tanabe-san afferma che ci
sono probabilità che mi sia affidato il ruolo di Amleto al
prossimo saggio.- affermò, con un sorriso trionfante.
Perso
nel proprio narcisismo, non vide arrivare il giornale che atterrò
violentemente sulla sua gamba. -Ed ora puoi anche fare l'Imperatore
Claudio! Non sei contento?!- sbottò la ninja, irata.
-Un
punto per Kaasan.- sentenziò Kazuki, dall'alto dei suoi sei
anni. Era un bambino dai penetranti occhi di ghiaccio e i capelli
corti, neri, leggermente scompigliati. In quel momento il suo visetto
tondo era decorato da un'intera collezione di chicchi di riso. Fece
un sorriso alla madre, per poi sussultare. -Kaasan! Ran mi picchia!-
singhiozzò, con il mento tremante.
-Ran,
non picchiare tuo fratello.- sentenziò la madre, con una mano
sul fianco.
Per
tutta risposta, la bambina, nove anni, i capelli lunghi e neri
stretti in una coda sulla cima della testa, eseguita con maestria dal
padre, suo maestro ed unica luce nelle giornate buie, assunse
l'espressione più innocente del mondo: -Era un calcio sotto il
tavolo, non ci sono testimoni!- esclamò, accorgendosi
immediatamente di essersi fregata con le proprie mani.
-Non
eri credibile neppure ora.- proclamò il futuro Amleto.
-La
prossima volta mirerò più al centro, così potrai
fare direttamente Cleopatra, amore.- sibilò Yuffie, melliflua,
con un largo sorriso.
Ci
fu un lungo silenzio da parte dell'ex Turk, in cui probabilmente
contemplò la possibilità di evitare di innervosire
ulteriormente la moglie, per assicurarsi di riuscire ad avere una
discendenza.
-Ma
Cleopatra era una donna...- s'intromise Ran, dubbiosa.
La
madre le accarezzò amorevolmente la testa e sorrise: -Quando
sarai più grande ti racconterò la gloriosa storia di
Lorena Bobbit, tesoro, la più grande eroina che la storia
umana ricordi...- le assicurò. -Ma prima la mamma deve
riuscire ad ottenere quella parte, perché la mamma è
un'attrice nata, capito?-
Kazuki
scese dalla sedia in quello che nella sua immaginazione era un balzo
elegante e si aggrappò alla gamba della madre, evidentemente
geloso. La sorella lo spinse via con un piede.
-Ran,
non picchiare tuo fratello.- sentenziò Vincent, osservando
calmamente mentre i due bambini si attaccavano alle gambe della
madre.
-Pa'?
Potrò picchiare il fratellino?- chiese innocentemente Ran, con
un sorriso.
Yuffie
sussultò. Ran era una bambina... un po' impulsiva. Era molto
gelosa di suo fratello e, anche se dimostrava la tendenza a
schierarsi dalla parte del padre, si dimostrava possessiva con la
madre, a cui, almeno caratterialmente, somigliava molto.
-Ehm...
No, Ran, meglio di no... Ma te ne potrai occupare, se vuoi.- rispose
la madre, visto che il padre ne era impossibilitato dalla perdita
temporanea della mascella inferiore.
-Ah
sì? Non lo vendiamo?- chiese la piccola, subito colpita da uno
schiaffo sul braccio dal fratello, a cui rispose con un calcio. Per
tutta risposta, lui si mise a piangere e corse dal padre, che lo
afferrò prontamente.
-Ran!-
tuonò Vincent, alzandosi in piedi, con Kazuki aggrappato al
collo come un piccolo polpo. -E' ora che tu vada a scuola.-
-Ma
già questo fratello è stupido, non ne voglio un altro!
E poi all'inizio era rotto! Vomitava e faceva solo... ecco! E poi è
debole! E frigna sempre! E vuole i miei giochi!- protestò la
bambina.
-Ran.
Non lo ripeterò una seconda volta.- ribatté Yuffie,
gelida. -E chiedi scusa a tuo fratello.-
La
bambina arretrò, intimorita. Vedeva la madre come un fuscello,
fragile e minuta. Ma era Imperatrice e non lo era per caso. Annuì
e prese la propria cartella. Quando il padre fece scendere il
fratello dal proprio collo, lo prese per mano e lo trascinò
via. Odiava il rientro del pomeriggio. Sbuffò vedendo in che
stato era la faccia di suo fratello e lo pulì con un
fazzoletto. Odiava quell'idiota. Odiava il suo sorriso idiota. Odiava
quando tornava da lei anche se l'aveva picchiato cinque minuti prima.
Non
voleva un altro fratello tra i piedi. Stava tanto bene da sola! E poi
ricordava quanto era stata male la mamma l'ultima volta. Ed era tutta
colpa di Kazuki!
Si
voltò per dirgli almeno qualcosa di cattivo, ma incontrò
il suo sorriso disarmante. E il bambino fece qualcosa di inaspettato:
la baciò sulla guancia.
-Ti
voglio bene, sorellina.-
-Scemo.-
-Anche
se mi dici scemo.-
-Ti
picchio.-
-Anche
se mi picchi.-
Sbuffò.
Ma perché era così scemo?
-Tu
non picchi nessuno.-
-Mi
picchi solo tu. Gli altri mi vogliono bene.-
Quell'affermazione
le fece male, per due motivi. Primo, Kazuki in quel modo diceva che
lei non gli voleva bene. Secondo, lui non aveva avuto problemi a
farsi degli amici, mentre lei...
Fin
dal primo giorno di scuola, era stata presa in giro per i suoi occhi.
Lei non ci aveva mai visto nulla di male, anzi, la mamma le diceva
sempre che erano i più belli del mondo. E papà aveva
gli occhi rossi, un po' come lei. Ma quell'occhio dorato...
I
bambini della scuola erano stati cattivi con lei. E lei aveva
imparato a rispondere come poteva. Volendo avrebbe potuto fare loro
male sul serio, visto che era decisa a seguire le orme della sua
mamma ed aveva iniziato l'allenamento per diventare Kunoici.
Invece
Kazuki era tenero ed aveva gli occhi come la mamma... Occhi
normali... E poi, lei...
Era
tornata a casa in lacrime, anche se si era chiusa nella stanza per
nasconderle, dopo l'ennesima frase cattiva dei suoi compagni di
classe. Fino a quel momento era riuscita a non piangere, ma quello
era troppo!
-Tesoro,
che succede?- le aveva chiesto la sua mamma, preoccupata, entrando
nella camera.
Non
era riuscita a resistere ed aveva urlato tutto quello che era
successo, dagli scherzi alle spinte. Le aveva detto che era
sbagliata, che non era come gli altri bambini, che era un oni, un
demone. In quel momento aveva visto la sua mamma crollare a terra,
come completamente svuotata, in ginocchio, davanti a lei. L'aveva
abbracciata a lungo, in silenzio, ma aveva sentito che tremava.
Kazuki
e papà erano entrati e lui si era inginocchiato accanto a lei,
preoccupato. Poi l'aveva guardata e aveva visto che piangeva, per cui
non aveva esitato un attimo ad abbracciarla anche lui. Kazuki, che
aveva tre anni, imitò i genitori. Era una strana sensazione,
essere abbracciata da tutti e tre. Si sentiva meglio, era calma, ma
voleva delle risposte.
-Perché
sono diversa dagli altri bambini?-
Il
suo papà aveva portato Kazuki in un altra stanza, in cui si
era forse addormentato ed era tornato da solo. La mamma tremava
ancora e papà l'aveva aiutata a sedersi sul suo letto.
Ran
si sorprese nel vedere che la mamma non piangeva, ma stringeva i
pugni e sussurrava qualcosa. Qualcosa di simile a “li ammazzo”.
-Dovete
dirmi qualcosa di brutto? Non sono... Non...- iniziò Ran,
interrotta da un singhiozzo.
-Sei
nostra figlia, tesoro e noi siamo fieri di te, sappilo.- iniziò
Vincent, dopo un lungo sospiro. -Yuffie, calmati... Dobbiamo
spiegarle...-
-Cosa
c'è da spiegare?! E' una bambina normale e buona, non è
normale ciò che loro stanno facendo! Non è giusto,
dannazione!- sibilò la sua mamma, tirando un pugno al muro.
-Mamma...-
-Non
ti preoccupare, non è colpa tua...- tentò di
tranquillizzarla il papà, accarezzandole la testa. -Conosci
già tutta la storia di Avalanche... Te l'abbiamo raccontata
molte volte...-
-Tu
e la mamma avete salvato il mondo!- esclamò la bambina,
fieramente. -Tre volte!-
-Sì,
ma... Insomma... Ti ricordi che ho tanti segni sulle braccia, no?
Tesoro, io non sono... Non sono del tutto... Non sono del tutto
umano.-
Lungo
silenzio, durante il quale Ran trattenne il fiato.
-Capisci
cosa significa, tesoro?- vedendola annuire, continuò. -Non
sono nato con questi occhi e quest'aria lugubre... Sono stato
modificato geneticamente dalla donna che amavo e da suo marito. Non
ero sveglio quando mi hanno fatto questo.-
-Ti
hanno fatto del male?- chiese la bambina, con gli occhi pieni di
lacrime. -Ma lei... Hai detto che... L'amavi... Come la mamma? E lei
ti ha fatto i segni?-
C'erano
tante nuove parole in quella spiegazione, come “geneticamente”,
che non capiva tanto, ma capiva che a suo papà era stato fatto
del male... e si sentiva meno sola.
Lui
annuì, poi aggiunse: -Geneticamente significa che mi hanno
cambiato... dentro.-
-L'anima?-
-E'
difficile da spiegare, tesoro... In un certo senso, anche quella...
Ma quello che mi fa funzionare, la mia pelle... Tutto in me è
diverso da quello che dovrebbe essere... E questo che è
cambiato, è genetico, quindi posso passarlo ai miei bambini...
Come i capelli neri di Kazu... Capisci?-
Annuì.
Il papà sapeva spiegarsi bene, anche se non capiva come quella
signora avesse potuto fargli del male. Aveva anche lei un segno,
sulla gamba, che si era fatta cadendo, ma lui era pieno. Anche sulla
schiena. Le vennero di nuovo le lacrime agli occhi pensando al male
che si era fatta cadendo e pensando a quante volte il papà
aveva provato il male.
Lui
le scompigliò i capelli e sorrise: -Non ho più male,
stà tranquilla.-
-Tesoro...
Devi sapere che a papà furono anche aggiunte delle creature.
Non so come spiegartelo, perché neppure io so come è
stato fatto. Ma papà può trasformarsi in queste
creature.- sussurrò la mamma, seria.
-Come
gli Oni?- chiese la bambina. Vide lui sobbalzare e stringere i denti,
segno che non era contento. -Solo che non è cattivo? Non è
cattivo, vero? Quando si trasforma.- si affrettò ad
aggiungere.
Tese
la mano verso il papà, che sembrava lontanissimo. Lui la
afferrò e la strinse a sé: -Non lo sono, tesoro, non lo
sono...-
-Fammi
vedere.- chiese la piccola, incuriosita.
Lui
la allontanò leggermente e scosse la testa: -Non è
necessario... Non voglio... Non voglio che tu mi veda... come un
mostro.-
-Non
sei un mostro.- lo rassicurò la bambina, annuendo per
sottolineare l'affermazione.
-Galian.-
sussurrò la mamma, accarezzando la schiena del papà,
che si allontanò fino al centro della stanza ed iniziò
a cambiare. In poco tempo era una bestia enorme, che sembrava un cane
gigante. Ma aveva gli occhi gialli e tristi. Gli si avvicinò e
lui guaì, arretrando.
Sentì
che la mamma era dietro di lei, pronta a correre in caso di problemi.
La bestia smise di arretrare e lei tese la mano verso la sua testa.
Contrariamente a quello che pensava, il cane grande e blu si lasciò
accarezzare, per poi ritornare ad essere il papà.
-Sei
morbido quando sei un cane, papà...- osservò, con un
sorriso. -Anche lui ha gli occhi gialli!-
Lui
scosse la testa. -Ho tre creature in me. Due di loro sono spaventose
ed hanno una personalità. Come se dentro la mia testa fossimo
in tre. Adesso mi succede meno, ma prima sentivo spesso i loro
pensieri. Quella che hai visto è la mia trasformazione
preferita. Rimango me stesso quando mi trasformo. Ma esisteva una
creatura forte quanto me, con le sue idee e i suoi sentimenti, poco
prima che tu nascessi. Si chiamava Astharoth.-
-E
com'era?- chiese lei, sedendosi di nuovo sul letto.
Il
papà fece uno strano sorriso, come un sorriso non felice e
mormorò: -Così.-
Questa
volta la creatura era davvero gigante. Aveva le ali e i capelli erano
strani, dritti. Somigliava molto al papà, solo che era più
appuntito. Vide che la mamma arretrava fino a toccare il muro, con
una mano sulla bocca. Si avvicinò, un po' meno spaventata di
prima, forse perché somigliava più al papà. -Hai
detto che non c'era più.-
-Non
c'è più. Lui non c'è più, non pensa più.
Ma il suo corpo c'è, non può essere strappato dal mio.-
rispose, avvicinandosi a lei e chinandosi per mostrarle il viso. Era
pieno di segni. Aveva i denti lunghi e gli occhi... Gli occhi dorati.
-Sono come il mio!-
-Esatto
tesoro...- sussurrò lui, cambiando di nuovo e cadendo in
ginocchio. Aveva il fiatone. Si sedette a terra e lei l'imitò.
-Non sono sempre stato... così bene. Prima di conoscere la
mamma ero molto diverso. Perché quella persona mi aveva fatto
tutto questo. Pensavo di non essere all'altezza della mamma, lei che
era sempre così felice e così... bella.- abbassò
la testa. -La verità è che non volevo amarla ed
Astharoth sì. Perché era la parte di me che era meno...
triste. Ho iniziato a capire che amavo la mamma prima che nascessi,
ma prima... Per tre anni lei e la creatura si sono amati e sei nata
tu... Quindi... E' difficile forse da capire, ma è un po' come
se...-
-Come
se avessi preso un po' da lui?- chiese Ran.
-Esatto.
Io... In realtà non mi ero accorto di nulla... Ero troppo
scemo. Quando l'ho saputo mi sono arrabbiato con la mamma, perché...
Perché mi sentivo come quando quella signora mi aveva fatto
del male. Ma poi sei nata tu ed è cambiato tutto.- terminò
il papà, con un sorriso.
-Quindi
non sei il mio papà?-
-Il
corpo è mio, ma sarebbe più giusto dire che è
lui.-
-Quindi
tutti e due.-
-Se
vuoi...-
-Ma
lui non è il mio papà papà. Insomma... Lui non
mi vuole bene.-
-Non
puoi saperlo, sono sicuro sarebbe stato un buon papà, ma sono
felice di essere al suo posto. Tu mi rendi felice, Ran. Non so se
puoi capire, sei piccola, ma tu mi rendi felice ogni giorno.-
Questa
volta sentì le lacrime bagnarle le guance. Anche lei era
felice. Si ricordò che la mamma sembrava spaventata, per cui
la cercò con lo sguardo. Niente. Sparita. -La mamma?-
Il
papà si era alzato ed si era affacciato alla finestra. Fuori
pioveva. Sentì il papà mormorare “dannazione”.
Si voltò verso di lei e le scoccò un bacio sulla
fronte, per poi correre a cercare la nonna.
Quella
notte erano rimasti svegli, anche se la nonna e gli zii erano
addormentati, ad aspettare. Avevano avuto paura che il papà e
la mamma non tornassero, che si perdessero. Ma il giorno dopo erano
tornati e la mamma si era ammalata subito dopo. Papà aveva
detto che aveva qualcosa ai polmoni ed era rimasto sveglio molte
volte la notte. Per un po' nemmeno noi piccoli eravamo usciti di
casa.
Poi
la mamma si era ripresa, poco a poco. Ma non aveva più sentito
parlare di Astharoth.
-Non
sono tua sorella.-
-Non
è vero.-
-Invece
sì! Ho un altro papà.-
-Lo
so.-
-E
allora?-
-E
allora niente. Sei la mia sorellina e ti voglio bene, tutto qui.-
-Come
vuoi... Non allontanarti quando esci da scuola.-
-Ok.-
Non
ne discussero subito. Yuffie aveva una riunione e lui, in quanto
primo ministro, la accompagnò. Non riuscì a capire
nulla dell'ordine del giorno, ovviamente, tanto era assorbito nei
propri pensieri. E lei ovviamente glielo fece notare tre ore dopo,
alla fine della riunione.
-Signor
Primo Ministro, si concentri... Per fortuna che la giornata è
finita, vero?- disse, con un largo sorriso, una volta tornati a casa.
-Già.-
-Non
stai bene, Vinnie?-
-No,
penso che mi andrò a riposare per un po', in effetti.-
Gli
si avvicinò e gli posò le labbra sulla fronte. -In
effetti sei stanco, ma non mi sembra tu abbia la febbre.-
-Non
posso.-si accontentò di risponderle, sdraiandosi sul letto.
-Non posso avere la febbre. Ogni tanto mi farebbe comodo, non credi?
Un raffreddore, un'influenza... Qualcosa che mi faccia sentire
normale...-
Gli
si sedette accanto: -Vince, volevo dirtelo non appena fossi stata
sicura... Insomma... Sono stata male, mentre eri via, ma credevo...
Sia Ran che Kazu hanno avuto l'influenza e pensavo di averla anche
io...-
-Non
mi sono lamentato di questo, Yuffie.- sussurrò lui,
raggomitolandosi. -Mi sento semplicemente male, forse sono stanco,
forse starò meglio domani... Non lo so...-
Gli
accarezzò i capelli, ma invece di tranquillizzarlo, questo
contribuì a farlo sentire in colpa. -Non so perché, ma
non lo voglio, Yuffie. Non voglio il bambino.-
La
vide cambiare rapidamente espressione ed impallidire. -Intendi...
Ora?-
-Non
posso rischiare di nuovo che... Insomma, sai che cosa sono...- tentò
di spiegarle.
-Un
bugiardo?-
Deglutì
rumorosamente. Non ne parlavano da anni. Astharoth. Chiuse gli occhi.
-Scusami...
Uno stronzo bugiardo!-
-Ti
ho già spiegato... Yuffie, non rivangare il passato... Non
sono fiero di quello che ho fatto ma...-
-Sono
un idiota! Cosa ti devo dire, ancora, Yuffie?! Mi sono inventato
tutto, perché mi sono innamorato di te dal primo momento in
cui ti ho vista, perché Astharoth era un modo per gettare
tutte le mie maschere? Che avrei forse dovuto rimanere Astharoth? Che
avrei dovuto far morire Vincent? Sai quante volte ci ho pensato? Sai
quante volte ho creduto di morire, pensando quanto amavi lui e quanto
disprezzavi me? Sai cos'è significato parlarti di tutto quello
che mi distruggeva, sperando, pregando che tu fossi quella giusta?
Amavi un mostro, Yuffie! Ma non mi vedevi neppure! L'ho dovuto
uccidere perché finalmente capissi che esistevo anche io, che
se ti aiutavo, se cercavo di salvarti, se rischiavo la mia vita per
te non era per espiare i miei peccati o altro, era soltanto perché
ti amavo! Ma tu non vedevi nulla di tutto questo, perché era
lui ad ascoltarti, lui ad abbracciarti, lui a...- non riuscì a
continuare oltre e, per la prima volta da anni, pianse.
-Eri
tu. Sei sempre stato tu... Non hai mai tentato di parlarmi... Non
hai... Oh Leviathan... Quando è morta Aeris... Sei stato tu ad
abbracciarmi ed a parlarmi di tua madre... Sembravi così
diverso... Così simile a... Ad Astharoth. Oh Leviathan!- Non
la vide, ma sentì il suo calore accanto a sé. -Ran è
tua figlia! Brutto bastardo! Ran è tua figlia e tu le hai
mentito!-
-Cosa
dovevo fare?! Tu non ne sapevi nulla! E comunque, il vero Astharoth
non faceva altro che parlare di donne! Sempre e comunque! Aveva perso
parte della memoria, ma ricordava quella lingua incomprensibile, un
po' della sua storia ed avevo il suo anello... E' stato così
semplice inventare la persona che amavi... Così difficile
ucciderlo dopo che Chaos era sparito. Così difficile salutarti
prima di morire, Yuffie.-
-Sono
rimasta incinta perché credevo che il mio ragazzo fosse un
demone, Vincent. E credevo che le gravidanze interspecie non fossero
possibili. Asth... Tu stesso mi avevi detto che...-
-Perché
era quello che mi aveva assicurato Hojo, Yuffie. Che non avrei mai
tentato di fare a qualcun'altra quello che ho fatto con sua moglie...
Per cui credevo... Credevo che Ran fosse qualcosa di estremamente
raro e prezioso, era mia figlia. Era l'unica prova vivente che... Mi
avevi amato, anche sotto un aspetto diverso dal mio. Era un piccolo
miracolo.- tentò di spiegare, con il cuore in gola.
-Ma
la Società del Crepuscolo? E... Chi diavolo ti ha conciato in
quel modo?- chiese lei, confusa.
-Astharoth.
Una piccola vendetta per aver usurpato il suo nome. Era una creatura
instabile, un bambino crudele, in un certo senso. E penso volesse Ran
per lo stesso motivo che ti aveva confessato: voleva un corpo.- si
voltò verso la moglie, che mantenne lo sguardo fisso nel
vuoto.
-Sei
stato a letto con Lucrecia?-
-E'
un grosso problema per te? Non ero nulla per te. Un amico, tutto
qui...-
-Perché?
Perché dici questo? Non ho dormito quella notte, ho pianto e
mi sono data della stupida per non averti fermato. Ed avevi quello
sguardo...-
-Non
me l'hai mai detto, Yuffie.-
-Sei
stato a letto con Lucrecia?-
-No.
Le ho dato un tranquilizer senza che se ne accorgesse. Ci hai
interrotti in tempo.-
Fece
un sorriso, ripensando a quella sera, a Yuffie che lo trascinava
fuori dalla camera. Per salvarlo, in un certo senso. Come sempre.
-Avrei
voluto baciarti, quella sera, avrei voluto dirti che ti amavo, che
eri il mio angelo custode e che senza te mi sarei pentito di quella
notte tutta la vita. Ma credo che, nello stato in cui ero, non sarei
riuscito a parlare dopo il bacio. E tu eri incinta. E mi avresti
respinto, vero?-
-Non
lo so. Davvero... Non so che cosa avrei fatto. Di sicuro mi sarebbe
sembrato strano che tu rinunci così alla donna della tua
vita... Forse allora avrei capito tutto di te ed Astharoth... O forse
no... Baciate diversamente... E' normale?- gli chiese, senza
guardarlo.
-Può
darsi... Preferisci qualcuno in particolare?-
-Cloud.-
-Come?-
-Cloud
bacia abbastanza bene, Reno è un piccolo dio del bacio e Cid
è... qualcosa di indescrivibile... Indescrivibile soprattutto
se i ricordi sono offuscati dall'alcool.-
-Hai
baciato Cid? Ma è... Potrebbe essere tuo padre... Insomma...
Si comporta esattamente come se fosse tuo padre!-
-Non
mi sorprende che abbiano avuto tutti quei figli, con Shera...-
Ci
fu un momento di silenzio, in cui Vincent si chiese come mai non
fosse stato incluso nella classifica. Poi si ricordò l'ultima
ed unica volta in cui era stato proposto il gioco della bottiglia e
lui non aveva partecipato, forse perché sobrio. Lei l'aveva
seguito e l'aveva baciato, in modo timido, quasi tremando. Si
conoscevano da un anno e Sephiroth era morto da poco. Il mondo era
salvo e Vincent era solo. Come sempre. Ma lei, nonostante fosse
ubriaca, l'aveva baciato con gentilezza, senza lussuria.
Quella
sera aveva ricambiato il suo bacio, a Cosmo Canyon, perché si
sentiva terribilmente solo e l'unico suo desiderio era di sentirsi
vivo. E lei lo faceva sentire vivo, da qualche mese.
-Mi
sono innamorato di te a Cosmo Canyon, quella sera in cui eravate
tutti troppo ubriachi per ricordare alcunché. Ho capito quella
sera che forse tu potevi salvarmi.-
-Ma
non ce l'ho fatta, apparentemente. Non vuoi... Non vuoi il bambino.
Perché?! Se mi ami, perché?!-
I
due bambini si stavano incamminando verso l'ingresso, attraverso il
viale, quando sentirono le voci.
-Stanno
litigando...- sussurrò Ran, trattenendo il fratello per il
colletto. -Aspettiamo qui in giardino, dai...-
-Se
prendesse da me? Kazuki è stato fortunato, ma quanto potrà
durare la nostra fortuna?-
-Intendi...
Se fosse elegante e sofisticato e dannatamente bravo a recitare?-
-Sto
parlando... delle mie modifiche.-
-Non
sei tu il primo a rassicurare Ran sui suoi occhi?-
-Yuffie...-
-E
vogliamo parlare dei miei difetti? Ran è una bambina testarda
per colpa mia... Ma non credo per questo di vagare piangendo!- sbottò
la donna.
-Io
non vago piangendo, ma vorrei che capissi...- cercò di
interromperla Vincent, convinto fosse una causa persa in partenza.
-Piantala,
Vincent.-
-Non
dirmi di piantarla! Non posso permettere che nasca un bambino come
Ran! Non voglio che soffra come ha sofferto lei solo perché è
diversa dal resto del mondo! Non per colpa del mio fottuto codice
genetico!- urlò, alzandosi in piedi e cambiando stanza. Doveva
stare solo, calmarsi e forse sarebbe riuscito a spiegarle le sue
paure.
-Leviathan,
Vincent, la prossima volta ricordami di andare dal vicino, quando
avrò voglia di fare un figlio! Lui è alcolizzato e
picchia la moglie, ma almeno non ha gli occhi rossi!-
-Cosa
c'entra?! Sto parlando di codice genetico! L'alcolismo non è
genetico!-
-No,
ma è ereditario se si passa la giornata ad evitare le
bottiglie che tuo padre ti lancia! Vincent, che cazzo, sei una
persona equilibrata, un padre eccezionale e i tuoi figli ti amano,
nonostante i tuoi occhi, i tuoi tre muscoli cardiaci, la tua quasi
assenza di stomaco e il fatto che cominci ad avere i primi capelli
bianchi a quasi settant'anni!-
-Cos'è
un muscolo pardiaco, sorellina?-
-Il
cuore, scemo!-
-E
papà ne ha tre?-
Silenzio.
Sorriso
di Kazuki.
-E'
per questo che è così gentile!-
Vincent
si accasciò su una sedia. Appena aveva iniziato ad abituarsi a
Ran, all'idea di essere, in parte, padre, era nato Kazuki. Aveva
dovuto abituarsi al fatto che era padre per intero e non era un'idea
facile da accettare, soprattutto perché non aveva mai
completamente abbandonato l'idea di essere sbagliato. Interamente
sbagliato. Ed irreparabile. E troppo vecchio per cambiare.
Non
l'aveva mai confessato a Yuffie, ma da quando era nata Ran non aveva
smesso di porsi domande. Scosse la testa. Ricordava quanto lui fosse
perfetto e non riusciva a smettere di immaginare che cos'avrebbe
fatto al suo posto in tutte le situazioni che si era ritrovato ad
affrontare durante la crescita della piccola. Anche se lui non
esisteva. Sentiva di scivolare verso la pazzia, a poco a poco.
Aveva
tentato di essere perfetto, ma aveva ceduto ad un sorriso, ad un
abbraccio e, forse, l'aveva viziata un po' troppo.
-So
a cosa stai pensando. Stai pensando di essere sbagliato, di essere
troppo imperfetto come genitore...- sussurrò Yuffie,
sedendoglisi di fronte e poggiando i gomiti sul tavolo. Si nascose il
viso tra le mani. -Anche io mi sento così e spesso... Dico che
avrei potuto fare questo, rinunciare a quello... Divorziare e sposare
qualcuno che non fosse complessato come il mio attuale marito,
qualcuno che non avesse paura di un confronto con una persona morta.
Io non posso sapere che cosa avrebbe fatto Lucrecia al mio posto...-
sussurrò la donna, con un sospiro. Rialzò la testa e
sorrise. -Probabilmente avrebbe trasformato entrambi in due Soldier
dai capelli argentati con tanta voglia di conquistare il mondo...-
-O,
più realisticamente, sarebbe scappata dopo aver saputo di aver
concepito un figlio con il suo amante...- ribatté l'ex Turk,
amareggiato. -Per poi trasformarlo in un Soldier dai capelli
argentati e tanta voglia di distruggere il mondo.-
Nel
viale d'ingresso, i due bambini aspettavano pazientemente,
annoiandosi a morte.
-Ran,
devo fare pipì...-
-Falla
in un cespuglio.-
-Ma
Ran...-
-La
figlia dell'Oni!- esclamò un ragazzo, inoltrandosi nel
vialetto ed, automaticamente, Ran si pose davanti al fratello.
Guardandosi intorno, si accorse che altri studenti delle medie si
stavano avvicinando. Probabilmente amici dei bambini che la mamma
aveva fatto punire a scuola.
-Paura,
piccola?-
Lei
sorrise e si accontentò di rispondere: -Ti piacerebbe...-
-Lo
sapevo che non poteva essere di Hojo!- esclamò Yuffie,
trionfante. -Era troppo figo per essere di Hojo!-
Alzò
lo sguardo, sorpreso. Era tutto lì l'effetto che le faceva la
notizia? I suoi geni avevano generato il più terribile mostro
dell'ultimo millennio e tutto quello che aveva da dire era che “Era
troppo figo per essere di Hojo?”
-Ascolta,
Vinnie. Non è colpa tua se è diventato un pazzo
furioso. Tu eri... Impossibilitato a vivere. E lei aveva scelto tempo
prima cosa fare di suo figlio. Sono sicura che... Bè, Ran e
Kazu non sono l'esempio più chiaro di come non sia colpa tua?
Stanno bene, sono felici ed anche grazie a te. Sono sicura che anche
questa volta andrà bene. Non possiamo essere i genitori
perfetti, ma almeno possiamo provare ad essere meglio dei nostri
genitori... E magari evitare di morire nel tentativo... Ma non mi
farai rinunciare solo perché hai paura che nasca un
sociopatico...- sussurrò Yuffie al marito, abbracciandolo.
-Ran
e Kazu!- esclamò lui, saltando in piedi ed uscendo di casa.
Ran
si stava divertendo. Anche troppo. Sentiva che avrebbe usato il
fuoco,presto o tardi, per mettere fine a quella storia. Se doveva
essere un demone, che almeno avessero paura di lei!
Parò
un bastone che stava per colpirla alla tempia, ma non vide il calcio
diretto al suo stomaco e cadde a terra, sulla schiena. Il suo
aggressore sorrise e si apprestò ad infierire, quando qualcosa
di blu lo investì in pieno. Qualcosa di blu che sembrava un
lupo.
-Papà?-
Ma
non poteva essere il suo papà, era molto più piccolo.
Si guardò intorno, mentre la bestia metteva in fuga i ragazzi.
Kazu era sparito e, in compenso, papà e mamma guardavano la
creatura con occhi sbarrati.
Quella
trotterellò verso di loro ed alla bambina sembrò
sorridere.
-Kazu?-
Vincent
Valentine osservò suo figlio, trasformato in un essere simile
a Galian Beast, tornare umano e fare un ampio sorriso.
-Oh
Shiva.-
Sua
moglie, al contrario, scoppiò a ridere, apparentemente
divertita dalla mutazione di Kazuki.
-Guarda
Kazu.- gli suggerì.
-Lo
sto facendo, Yuffie.-
-Ma
non lo stai vedendo, Vinnie. Guardalo. Ti sembra infelice?-
No,
Kazuki sorrideva, mentre sua sorella, impressionata, lo riempiva di
complimenti. Kazuki si trasformava in una creatura mostruosa, ma era
felice.
Sorrise.
Doveva avere fiducia nel futuro.
Qualche
mese dopo, Vincent Valentine entrò nel reparto maternità
dell'ospedale di Wutai, accompagnato da due bambini preoccupati ed un
mazzo di fiori.
-E'
la stanza 133, pa'... E' dall'altra parte...- sbuffò Ran,
ormai decenne, non troppo entusiasta all'idea di avere un altro
fratello, ma ormai in ottimi rapporti con Fuffi, la trasformazione
del primo fratello.
Un
grido femminile lacerò la calma dell'ospedale. Vincent afferrò
i due figli e corse in quella direzione, dove trovò Tifa
intenta a trascinare in corridoio il marito, apparentemente esanime.
Le gemelle lo fissavano, dall'alto dei loro nove anni, inquiete.
Indossavano entrambe un abito viola e i capelli biondi erano stretti
in due trecce perfettamente simmetriche. A Vincent ricordarono una
vecchia foto scattata da Tifa dopo la fuga dal Covo di Don Corneo, in
cui il padre delle gemelle era “decorato” esattamente
nello stesso modo.
-Perché
è svenuto?- chiese, spaventato, posando i figli a terra.
-Bambini,
tappatevi le orecchie.- avvertì la “zia”. I
quattro eseguirono controvoglia. -Perché è un ex
Soldier rincoglionito!-
-Ha...
Qualcosa di strano?- chiese esitante l'uomo.
-Cloud?
Gli manca il cervello! A volte mi chiedo se non sia evaporato
attraverso le punte! Vedrai adesso come lo sveglio!- sbraitò
Tifa, infilando i vecchi guanti da battaglia che portava sempre nella
borsetta e preparandosi a colpire. Le gemelle tolsero le mani dalle
orecchie e si prepararono ad incoraggiare la madre.
-No,
Tifa! Il bambino!!!!- sbottò l'ex Turk, in preda al panico.
-E'
verdastro, ha le orecchie a punta e le sopracciglia all'insù.
Yuffie l'ha chiamato Spock e lui si è affrettato a precisare
“Signor Spock, madre”.- rispose la donna, con un
sopracciglio alzato, esasperata.
Con
un grido inumano, Vincent si affrettò ad entrare nella stanza
della moglie, riempita da Avalanche, gran parte della Shinra e tutti
i discendenti al completo, compresi gli otto figli di Cid (tre erano
stati adottati, non vi preoccupate per la povera Shera). Cercò
la culla tra la folla e svenne.
Risvegliandosi,
vide che tutt'intorno a lui si era formato un cerchio di bambini
curiosi, compreso il bambino grande di Cid, dark di diciassette anni,
che si affrettò ad allontanarsi borbottando: -Che palle, non
muore più nessuno in questa fan fiction...- Il che sembrò
una strana frase a Vincent. Ma forse aveva capito male.
Ai
bambini si aggiunse Tifa, che gli tese la mano per aiutarlo ad
alzarsi. Sembrava piuttosto contrariata. Accettò l'aiuto, ma
quando la donna fu abbastanza vicina, gli sibilò: -Prova a
fare lo stronzo e ti privo della possibilità di procreare,
Valentine.-
-Si
è svegliato?-
Vincent
riconobbe la voce di Yuffie e si affrettò a raggiungerla. Era
pallida ed aveva delle tremende occhiaie. Sentì Tifa dirigere
i visitatori fuori dalla stanza e sentì il loro mormorio di
disapprovazione. In poco tempo la stanza si svuotò, ad
eccezione delle due donne incinte che la dividevano con Yuffie.
-Svenire
in quel modo...-
-Però
è affascinante!-
-Sì,
ma siamo sicure non sia gay?-
-Ed
avrebbe tutti quei figli?-
-Hai
visto com'è giovane, lei? Io ho messo sette anni a convincere
Sano ad avere il primo figlio...-
-Sei
sicura che non sia tuo marito ad essere gay?-
-Che
c'entra mio marito? Sano è il giardiniere...-
Le
due donne ammutolirono, una perché sotto shock, l'altra perché
si accorse di aver parlato troppo.
E
Vincent poté finalmente sentire le prime parole della moglie.
-Se provi di nuovo a toccarmi giuro che ti privo della possibilità
di procreare, Valentine.- sibilò, tentando di mettersi a
sedere, senza troppi risultati.
-Sei
piena di tubi...- notò l'uomo, spaventato dalla minaccia.
-Forse
due sono un po' tanti per il mio fisico...- ribatté lei, con
un mezzo sorriso.
Si,
erano due, l'aveva visto, ma non riusciva a voltarsi nuovamente verso
la culla. Si concentrò su Yuffie e le accarezzò i
capelli. Era un vigliacco, lo sapeva, ma non riusciva a guardarli,
anche se avrebbe voluto. Non aveva niente contro quelle povere
creature. Era arrabbiato con sé stesso, contro le proprie
debolezze.
-Ma
che fanno?-
-Non
so, lui non ha ancora guardato i bimbi... Che strano...-
Desiderò
intensamente avere sotto mano Cerberus e mettere fine ai commenti
delle due donne. Come si permettevano di giudicare? Era un momento
difficile e... Si voltò verso l'uscita. Dall'oblò della
porta, Tifa gli fece un chiaro gesto d'affetto, indicandosi il collo
e facendo segno di tagliarlo con l'indice.
-Eppure
sono così belli! E sani! Se solo anche il mio fosse così...-
-Kozuko,
non fare così, vedrai che troveranno presto una cura... E poi,
con le medicine, potrà avere una vita normale...-
-Sì,
ma... Che cosa gli dirò quando mi chiederà perché
non può giocare con gli altri bambini?-
Vincent
abbassò la testa. Ecco, Cerberus poteva sempre servire, ma si
sarebbe sparato per la propria stupidità. Afferrò la
mano di sua moglie e sorrise.
-Ho
fatto una bella figura, prima...- balbettò, grattandosi la
nuca, imbarazzato. -Ma... Devi scusarmi, sono un fascio di nervi...-
-Vincent...
Ti prego...-
-Dammi
solo due minuti, poi mi alzo e vado da loro, ma ti prego, lasciami
due minuti per calmarmi. Non voglio che mi vedano così...-
sussurrò, arrossendo.
-I
neonati non vedono.- precisò lei.
-Ma
io sì, amore...-
Rimasero
in silenzio e Yuffie finì per addormentarsi, anche grazie
all'azione degli antidolorifici. Passarono ben più di due
minuti, ma non riuscì ad alzarsi. Era debole, era vigliacco.
Lo sapeva.
Poi
uno dei due si svegliò ed iniziò a piangere. Fu
automatico. Vincent si alzò e lo prese in braccio. Era piccolo
e magro e non pesava nulla. Ebbe l'impressione di tenere tra le
braccia qualcosa di stranamente fragile e prezioso. D'altronde, aveva
avuto quest'impressione con Ran e Kazuki, anche se non erano mai
stati così piccoli. Si sedette nuovamente, perché era
consapevole di tremare e cullò il piccolo, che si calmò
e lo fissò incuriosito.
-Per
fortuna somigli alla mamma, piccolo... Anche questa volta abbiamo
evitato la catastrofe, eh?- mormorò, con un largo sorriso.
-Intendi
dire che somiglia a Madre? E poi, è una femmina... Il maschio
dorme in continuazione... Mi ricorda qualcuno...- commentò
Yuffie, perfettamente sveglia.
-Somiglia
a te! Cosa c'entra Jenova, ora? Ma cosa dice la mamma! E' stanca e
dice delle stupidate, vero piccola? Le dice anche quando è
perfettamente riposata, ma tu non dirglielo, capito?-
-Smettila
di istigarla contro di me già alla nascita!- protestò
sottovoce la donna, falsamente offesa. Anche il gemello cominciò
a piangere. -Passamela e vai a prendere l'altra bestia!-
L'uomo
eseguì, ma esitò vedendo la targhetta con il nome. -Hai
deciso senza di me?-
-Tu
hai deciso per Ran! Ti lascio scegliere il nome della bimba, così
siamo pari...- rispose lei, con un mezzo sorriso.
-Perché
proprio questo nome, Yuffie?- sussurrò a disagio l'ex Turk,
tendendo un dito al bambino, che l'afferrò prontamente e tirò.
Sembrò stizzito quando scoprì che non si sarebbe
staccato tanto facilmente. -Yuffie? Chi ti ha detto che i neonati non
vedono? Questo potrebbe giocare a freccette e vincere...-
-Anche
Ran e Kazuki vedevano bene alla nascita, Vincent... E' una
caratteristica dei tuoi geni, direi...- rispose Yuffie, con un'alzata
di spalle, constatando che la bambina seguiva perfettamente i
movimenti del suo indice. -E poi, mi sembrava un bel nome, tutto
qui...-
-Ogni
riferimento a fatti e persone realmente esistite è puramente
casuale?-
-Assolutamente
sì, vero Lucrecia?-
-No,
ti prego, Lucrecia è un nome terribile! Sembra uno starnuto!-
Yuffie
scoppiò a ridere. L'ex Turk riuscì a riappropriarsi del
proprio dito, ma per breve tempo, perché il neonato lo afferrò
prontamente e ne mordicchiò la punta con le gengive. -Yuffie!-
-Che
c'è? Sta evocando oggetti stellari? Provoca singolarità
nello spazio tempo? Ha tirato fuori una katana di sette metri?-
chiese lei, esasperata.
-No...
Almeno... Mi sembra... Ma si comporta esattamente come lui...
Yuffie...-
-Ti
sta minacciando?-
-No,
tenta di mordermi. Ma non ha i denti.-
-E'
terribile, Vincent, al tuo posto sarei terrorizzata... Prova a
scacciarlo con l'aglio!-
-E'...
Tenero...-
Ci
fu un breve silenzio, interrotto dalla donna:- Lo stai mangiando?-
Vincent
s'inginocchiò davanti alla culla e fissò il piccolo
addormentarsi, sempre mordicchiando il suo dito. Fece per
toglierglielo, ma gli occhi gli si riempirono di lacrime, per cui di
affrettò a restituirgli il giocattolo, approfittandone per
prenderlo in braccio.
-Perché
pesano così poco?-
-Sono
neonati e sono gemelli, Vincent...-
-Ma...
Possono stare qui? Intendo... Non dovrebbero stare... Nelle
scatolette trasparenti?-
-Perché
dovrebbero stare nei Tupperware, scusa? Per metterli nel microonde?-
-Perché
nel microonde?-
Si
sedette accanto al letto della donna e le posò il piccolo
accanto.
-Non
è bellissimo?- chiese lei, sorridendo. -Voglio dire...
Guardalo! Sta provando a mangiarti! E' dolcissimo! E anche lei, sai?
Sono belli e teneri...-
-Senza
dubbio, ma... Il nome... Non so... Non sta bene né con
Kisaragi né con Valentine...- azzardò l'uomo, subito
interrotto da un'occhiata assassina. -Era solo una proposta,
scusascusa!-
-Accontentati
di dare un nome a lei, uomo!-
-Momoka?-
-Cosa
c'entra la mia tartaruga, ora?-
-Hai
una tartaruga?-
-Ehm...
Sì... Da qualche parte... Forse. Ma che c'entra?-
-E'
un bel nome.-
-E'
il nome della mia tartaruga, Vinnie... E se poi le confondo?-
-Ma
come fai a confonderle?!-
-Non
so... Mi sembrerebbe strano... Pensa, chiamo una ed arriva
l'altra...-
-Ma
le tartarughe non fanno così! E poi, non sai neppure se ce
l'hai ancora!-
-Dev'essere
rimasta nel cemento quando hanno inaugurato il nuovo ponte... Che
strano, l'avevo lasciata lì perché era stata cattiva e
poi non l'ho più trovata... Può darsi che si sia
solidificato...-
-Dammi
la bambina, degenerata!!!-
-Cretino!
E' nello stagno! Ti pare che lascio una tartaruga nel cemento
fresco?-
Sentì
un cigolìo alle proprie spalle e si voltò. Kazuki e Ran
erano entrati nella stanza e si stavano avvicinando con timore.
-Kazu
era più ingombrante...- notò la bambina, indicando il
neonato. -E' malato?-
Kazuki
si aggrappò alla gamba del padre e spiò con timore il
fratello. -Ha i capelli di un colore strano...-
-Non
è malato, è solo piccolo... E non è da solo...
C'è anche lei...- precisò il padre, indicando Momoko.
-E anche lei ha i capelli di un colore strano, come dici tu...-
-Una
bambina! Che carina! Come la chiamiamo? Posso scegliere un nome? Ha
la faccia tonda tonda! La chiamiamo Luna? La chiamiamo Palla? La
chiamiamo Sole? La chiamiamo Mela?- chiese Ran, esaltata.
-La
chiamiamo Momoko.- annunciò Vincent, con un ampio sorriso.
Kazuki tese una mano verso il minuscolo fratello, che lo fissò
con curiosità. -Ha gli occhi come Koneko...- notò.
-Sì,
ma sono più belli! Sono verdi! Mamma! Anche io volevo gli
occhi così!- protestò Ran.
-Hai
gli occhi di tuo padre, non sei contenta?-
-Sì,
però... Anche io volevo gli occhi come un gatto...-
-Quando
sarai maggiorenne ti comprerò delle lenti a contatto uguali.-
-Wow!
Grazie mamma!-
-Kaasan
sembra il televisore, pa'...- mormorò Kazu, tornando presto ad
occuparsi del fratello.
-E'
piena di tubi, effettivamente...-
-E
lui? E' carino anche lui! E' tondo! Lo chiamiamo Luna? Lo chiamiamo
Palla? Lo chiamiamo Sole? Lo chiamiamo Mela?- propose Ran,
saltellando.
-Lui...-
iniziò Vincent, esitando. -Il nome...-
-Vincent,
se preferisci...-
L'ex
Turk sorrise e scosse la testa. -Lui si chiama Sephiroth.-
L'angolo
degli amichetti di Chaos
Chaos:
Cari amichetti, un'altra avventura termina, a lieto fine! Ma perché
nessuno si ricorda di me?
Sephiroth:
Ragazzi, quanto sono figo, sono riuscito a resuscitare anche qui!
Chaos:
Non sei un mio amichetto, tu! Io qui invito solo i miei amichetti,
sciò! Vieni amore della mia vita, scrivi... che ne hai
bisogno... dopo ti faccio una cioccolata calda ed un massaggio...
Scritto
la notte prima del mio colloquio per l'università,
emozionalmente devastata, in overdose da caffè e con tanto
bisogno di affetto, quindi capitemi, è già il quarto
finale che scrivo, spero sia il definitivo e volevo fosse tenero. La
nascita dei due marmocchi dai capelli strani mi sembrava
interessante, ma mi sono dilungata troppo, forse... Non lo so!!! Help
me!!! 16 pagine!!!
(sono
stata presaaaa!!!) (ho dovuto abbandonare perché mi sono di
nuovo ammalataaaa!!! XD)
Forse
è meglio usare questo angolo in modo intelligente, và...
Vediamo... Partiamo dalle caratteristiche genetiche dei pargoli
(quattro!) Yuffentine (un po' come i Brangelina, wow! NdYuffie). I
primi due, l'avrete capito, hanno un carattere ereditato da entrambi
i genitori, formato in seguito dagli eventi. Geneticamente, visto che
Vincent è un OGM, mi sono sbizzarita.
Ran
ha un occhio diverso dall'altro, a testimoniare dei suoi due “padri”,
oltre, se vi ricordate, il potere della sorella di Yuffie. In poche
parole, è la piromane della situazione, anche se qui lo
accenno soltanto.
Kazuki
è apparentemente il bambino più normale (e timido e
scemo) del mondo: le prende dalla sorella (ovviamente parlo delle
botte che ci si dà da fratelli, non lo picchia a sangue,
povero piccolo) ed è amato da tutti per il suo carattere mite.
Ma quando si arrabbia... Diventa una bestia! XD Nella fattispecie,
diventa Galian Beast. In chibi e kawaii.
E
Luna e Palla, ovvero Momoko e Sephi... Bè, lascio che sia la
vostra immaginazione a trovare dei poteri strani, ma per la
mutazione... Sapete ovviamente che sulla pannocchia OGM dark
(Vincent) è stato testato tutto tranne la pillola -e quando
dico la pillola intendo “la pillola”- e il Viagra e con
questo tutto intendo anche Jenova... Ho solo pensato che potesse
esserci in lui anche quella mutazione e che ci sia in lui un gene
recessivo degli occhi da gatto e dei capelli argentati... Ehy, è
Final Fantasy, in questo gioco le persone si salvano anche saltando
dalle rupi tentando il suicidio e non si trova una corda in una
stupida accademia volante! Non stiamo a spaccare il capello in
diciotto!
Sono
abbastanza contenta della caratterizzazione dei personaggi, anche se
mi sono appena accorta che Ran mi ricorda un po' troppo Sephiroth...
Insomma... Come sarebbe stato Sephiroth se non fosse stato allevato
da uno scienziato pazzo ed un'ape cristallizzata evidentemente
miope...
Dopo
questo capitolo ce ne sarà uno speciale, temporalmente situato
subito prima la partenza di Vincent e la nascita di Ran. Leggetelo,
please!
Ed
ora, le considerazioni personali... Questa fanfiction è stata
da una parte molto più difficile da scrivere rispetto alle
precedenti. Just Before the Sunset era stata un parto cesareo con una
roncolata, poiché ero molto coinvolta in quello che scrivevo.
Non solo Kage è stata impegnativa dal punto di vista dello
stile e del genere, che non sono molto adatti a me, ma molte
situazioni descritte qui derivano direttamente dai miei ricordi. Ne è
un esempio un passaggio del capitolo 12, quello dei portici...
Sono
stata una tra le prime a scrivere Yuffentine in italiano, dopo averne
lette più di cinquecento su internet e le storie con cui ho
debuttato non erano esattamente il massimo (sto pensando di
riscriverle, ma non ne ho la forza). Ho notato che c'è stato
un periodo in cui la coppia era diventata di moda e volevo solo
dire... Vi prego, so che sono la regina dell'OOC e dovrei essere
l'ultima a parlare, ma... Non trasformate le Yuffentine in Mary Sue!
So che l'idea di avere una relazione con un OGM di sessant'anni può
essere esaltante (anche se sono la prima a dire che una relazione con
una persona come Vincent è semplicemente impossibile, per
esperienza personale), ma non lasciate che le vostre Yuffentine
diventino qualcosa di melenso ed inutile, senza una trama o un fine!
Detto
ciò, mi aspetto tantissimi commenti e ricordatevi del capitolo
speciale! E per il mio compleanno voglio il vestito che indossa Ciel
Phantomhive al ballo, quindi, se voleste farmi una donazione con
Paypal...
Cupid, draw back your bow and let your arrow flow,
straight to my lover's heart, for me.
Cupid, please, hear my cry and let your arrow fly,
straight to my lover's heart, for me.
Now listen, I don't want to bother you, but I'm in distress
There's the danger of me losing all of my happiness
For I love a girl who doesn't know I exist
and this, you can fix
Cupid –
Blackpool OST (Johnny Nash)
-Ehilà,
vampiro! Sei più depresso del Kyaktus con manie suicide che
Shelke ha investito al terzo tentativo di prendere la patente!-
esclamò Cid, intercettando Vincent nel corridoio. Lo afferrò
per il braccio e lo trascinò in camera sua, mettendogli una
bottiglia di Vodka tra le mani.
-Dì
tutto al tuo caro Cid, Vincy!-
L'ex
Turk osservò la bottiglia, sospettoso. Non aveva mai bevuto
alcolici, da quando si era risvegliato, ma quando era un Turk era
conosciuto per la propria assoluta non resistenza all'alcool. Si
ubriacava con la birra analcolica, a momenti.
Bé,
in fondo aveva un corpo geneticamente modificato, forte,
resistente... L'alcol doveva essere poca cosa in confronto. Bevve un
sorso della bevanda, che gli bruciò nella gola e si sentì
subito più triste del solito.
Ma
con un altro sorso si sarebbe sentito molto meglio. O forse no.
Dopo
quasi mezzo litro di Vodka aveva l'espressione dell'urlo di Munch,
per cui si alzò in piedi di scatto e proclamò
solennemente: -Io sono depresso!-
-E
ubriaco.- constatò Shelke, entrando nella stanza e richiudendo
la porta dietro di sé. Afferrò la bottiglia e la finì
senza esitazioni. -Ma cos'è? Acqua?-
Vincent
si accasciò a terra e Cid controllò non fosse morto una
seconda volta. -Sono innamorato di lei, non riesco a smettere di
pensare a lei, alla sua pelle, ai suoi capelli, al suo profumo... Non
faccio altro che pensare a quello che potrei dirle, che non posso
dirle e quello che diciressi...-
-Che
lingua è diciressi? Ancient?- protestò la rossa,
facendo la candela.
-Ancora
quella rincoglionita di Lucrecia?!- sbottò l'aviatore su cui
Vincent si stava arrampicando per raggiungere il letto.
-Ma
Cid! Cosa disciii?! Lucr... Lucura... Insomma, quella lì è
morta da trent'anni e poi mi ha trattato male.- sussurrò il
moro, con la voce più piagnucolosa del mondo. Riuscì
finalmente a salire sul letto, spingendo Shelke ed avvicinandosi a
Cid, fissandolo negli occhi: -Lei è il Male!-
Shelke
smise di fare aerobica e lasciò le gambe cadere, sotto shock.
-Vincent, ubriacati più spesso, ti prego!-
-Io
amo Yuffie.- annunciò, solennemente.
Cid
lasciò cadere la mascella a terra e Shelke prese a
festeggiare, urlando: -Ho vinto 20 mila gil!!! Mwahahah! Reeve,
aspettami!-
Il
biondo afferrò il “vampiro” per il colletto e lo
spinse contro un muro: -Allora sei stato tu a metterla incinta! Altro
che Astharoth del cazzo!-
-Astharoth
non esiste. Me lo sono inventato.- rispose l'altro. -Sono sempre
stato io, sempre... Ed ora non so più cosa fare...-
Shelke
smise di festeggiare, perché, apparentemente, non aveva fatto
lo stesso ragionamento di Cid. Abbracciò il moro e sussurrò:
-Non lo sapevo! Il mio rospettino...-
Rimasero
qualche lungo minuto in quella posizione, persi nei propri pensieri.
Cid
era sollevato che la sua futura figlioccia avesse un padre e che
quello non fosse un demone. Ma non capiva ciò che trattenesse
Vincent. Fosse stato Yuffie, sarebbe stato felice di sapere che
l'uomo era il vero ed unico padre della piccola.
Shelke
capiva perfettamente, invece, le paure di Vincent, ma sapeva anche
che Yuffie non avrebbe tardato ad accorgersi che era innamorata anche
di quel Vincent. E anche da tempo.
Vincent
si stava riprendendo dalla sbronza e si stava conseguentemente
maledicendo per essersi lasciato andare.
Fu
l'aviatore ad interrompere il silenzio, tirandogli una sonora pacca
sulla spalla: -Bé, sei ancora qui, brutto idiota?! Vai a
confessarglielo, altrimenti continuerà ad essere triste e io
finirò con il chiuderti in una stanza con un Lesmathor nella
stagione degli amori!- sbottò, spingendolo fuori in dalla
stanza malo modo.
-Cos'è
un Lesmathor?- gli chiese Shelke, confusa.
-E
che ne so?-
-Che
cosa ne pensi di questo? Mancano due mesi, lo so, ma a me sembra
perfetto!- esclamò la ninja, sfiorando il legno pallido di un
lettino dalla foggia antica, a dondolo.
Fissò
il letto ed impallidì. Non era quasi mai svenuto in vita sua,
tanto meno da quando era “cambiato”, ma avrebbe potuto
riconoscere quella sensazione tra mille.
-E'...
Carino...- riuscì a balbettare, prima di scappare dal negozio.
La sensazione sgradevole sembrava scomparsa, sostituita da qualcosa
di più forte e di conosciuto. Non poteva più ignorare
il fatto che stava per diventare padre, ma che lei non lo sapeva,
perché, in buona fede, credeva di aver amato qualcun altro.
Si
sedette sugli scalini della piazza, respirando profondamente, ma non
riuscì a calmarsi, perché lo stava seguendo.
-Tutto
ok?-
Scosse
la testa e strinse i pugni. Non riusciva più a tenere per sé
i propri dubbi, per cui, dopo un breve sospiro, glieli espose: -Io
non sono suo padre.- Sì, lo era, ma lei non lo sapeva. -E'
davvero il caso che ti accompagni? Voglio dire... E' tua figlia. Non
la mia. E tu non mi ami, per cui... Non ha senso che ti accompagni.-
La
donna alzò un sopracciglio e sbatté le palpebre,
inebetita. Poi si sedette, a fatica, accanto a lui. -Lucrecia?-
Anche.
Sì, anche per quello non amava quella situazione. Aveva già
aiutato una donna a comprare l'occorrente per la nascita di un
figlio. Una donna che non sarebbe mai stata sua ed un figlio che non
avrebbe mai conosciuto. E trent'anni dopo, era nella stessa
situazione. No, la situazione era ancora più stupida. Era il
rivale di se stesso.
-Ascolta,
Vinnie, tu sei mio marito, almeno finché non deciderai di
chiedere il divorzio per sposare un'avvenente modella. E per Ran puoi
essere quello che più desideri. Io... Io vorrei che tu le
facessi da padre, ma la scelta rimane tua. So che saresti perfetto.-
sussurrò lei, appoggiando la testa sulla sua spalla.
Aveva
una scelta. Un lusso che non doveva sprecare. Le posò la mano
sul ventre. Forse ce l'avrebbe fatta, quella volta. Sarebbe stato
padre.
-Sono
terrorizzata, Vinnie, ma so che tu ci sarai e questo mi
tranquillizza, almeno un po'.-
La
camera era piccola e spoglia ed ovunque vi era un odore di chiuso e
di un profumo da quattro soldi, tipico degli hotel a ore.
Si
erano incontrati in quella stanza per più di tre mesi, dal
giorno in cui le aveva chiesto un appuntamento. E per più di
tre mesi non avevano fatto altro che parlare. Essere un demone senza
ricordi del passato non era un male. Le aveva parlato un po' di lui,
del vero lui e lei, era strano, ma era molto interessata. E poi
ovviamente lei aveva parlato molto più di lui, di tutto e
niente. Delle sue paure, dei suoi progetti... E anche di cose che non
si sarebbe mai sognata di dire a Vincent.
E
poi, non sapeva bene come, forse perché il suo profumo e la
sua pelle lo facevano impazzire, si erano ritrovati ad usare il
letto. Non ancora del tutto, ma ci sarebbero arrivati presto.
Almeno
finché lei non scattò a sedere e sospirò: -Non
posso.-
-Eh?-
si stupì, tentando di riprendersi dalla doccia fredda
improvvisa, incapace di formulare un pensiero coerente.
-E'
il corpo di Vincent. Dannazione, Asth! E' come baciare lui! E non
credo sarebbe consenziente!-
Si
sentì morire, ma assunse l'espressione meno addolorata
possibile per guardarla e sorridere: -Tu non hai idea dei pensieri
che fa su di te, Yuffie Kisaragi.- Non voleva dire questo! Oh Shiva,
perché era così rincoglionito?! Però era vero.
Soprattutto in quel momento, la desiderava.
-Questo
è il suo corpo. Quando un giorno si ricorderà di quello
che ho fatto, come credi che si sentirà?-
Da
dio?
-A
lui non importa nulla di te.-
-Non
dire stronzate. E' mio amico! Ed è stato lui a consolarmi
quando Aeris è morta!- sbottò lei, con le mani sui
fianchi.
Che
carina... E lui che aveva sempre pensato che fosse totalmente
insensibile ai suoi tentativi di essere meno stronzo con il mondo...
-Ma
io non potevo, io...!-
-Il
corpo non è tuo, torna quando avrai una delega scritta.-
-Perché
mi fissi?-
La
donna aprì gli occhi e lui non poté fare a meno di
sobbalzare. Come si era accorta che la guardava? Esitò un
attimo, poi sospirò e decise, per una volta, di confidarsi con
lei. -Io e mia sorella dormivamo spesso insieme... Chissà
perché me l'hai ricordata...-
Lei
si girò su un fianco, imitando specularmente la sua posizione,
con una mano sotto il mento. -Non mi hai mai parlato di lei. Era
bella?-
-Molto.
Eravamo gemelli. Prima che me lo chiedi, sì, ci somigliavamo
molto. Solo che lei aveva gli occhi verdi.-
-E
i tuoi com'erano?-
-Nocciola.-
-E'
un bel colore.-
Fece
un breve sorriso, poi riprese il racconto: - Quando ero bambino avevo
paura di tutto e io mi rifugiavo sempre da lei per piangere.-
-Cosa
ti fa venire voglia di piangere?-
Prese
a fissare il soffitto, pentendosi della propria confessione. Per
molte cose avrebbe volentieri pianto ed una di quelle era lei. Lei,
che si era appena infilata nel suo letto e l'aveva stretto a sé.
Ricordare che poco tempo prima quella principessa era sua, che
conosceva ogni centimetro di quel corpo caldo, le cicatrici e la
morbidezza della sua pelle, era terribile.
Allora
aveva pianto, perché si era illuso di poterle confessare
tutto, una volta morto Chaos. Si era illuso che Vincent poteva
bastarle. Ma si rendeva conto, finalmente, che l'unica persona che
avrebbe dovuto morire, quella notte in cui aveva combattuto contro
Omega, era lui.
Era
stanco di vivere.
Doveva andarsene.
L'angolo
degli amichetti di Chaos
Chaos:
Waaah! (piange) Tornerò ad essere un personaggio che non caga
nessunoooo!
Yuffie:
(piange) Tornerò ad essere una brutta copia di Selphieeee!!!
Vincent:
Tornerò IC! (eseguendo il balletto di Thriller dalla felicità)
Ho
avuto dei problemi ad identificare la canzone che ho messo
all'inizio... Ve la saprei cantare e la so a memoria, ma non sapevo
né il titolo né il cantante... Ma in Blackpool (una
mini serie inglese troppo troppo bella) la cantano un po' tutti,
compreso... DAVID TENNANT!
Yuffie:
ecco che si scioglie e va a pregare al suo altarino...
Insomma,
quando l'ho sentita ho subito pensato a Vinnie, anche se sinceramente
non avrei mai pensato che lui e Asthy fossero la stessa persona...
Yuffie:
Ma sei l'autrice!!!
Bé,
a volte le cose mi sfuggono un po' di mano e per la fine non sapevo
più dove sbattere la testa per spiegare Astharoth.
Yuffie:
Un po'?! Non ti sei accorta che due personaggi erano la stessa
persona!!!
Bé,
se ha sorpreso me, pensa i lettori... Tre anni a scervellarsi sui
sentimenti di Vincent e poi scoprono che ce li avevano sotto il naso
tutto il tempo... Come avrò fatto a non accorgermene?
Yuffie:
Oh, Leviathan, salvaci tu... E te non dici nulla, cretino?!
Vincent:
Ah, io lo sapevo che ero Astharoth, so tutto quello che succede nella
mente dell'autrice, persino con chi ti farà avere un'avventura
romantica nella prossima fic... Mi fai quasi tenerezza, Yuffie...
Yuffie:
Oh Leviathan, ovviamente non vuoi dirmelo, vero?
Vincent:
Non sarebbe divertente! Fwahahahaha!
Shelke:
Mi dissocio da quello che dice Cid all'inizio del capitolo, ho preso
la patente alla prima! E quel Kyaktus aveva veramente manie suicide!
Cid:
Sì e le altre sette? E il Tomberry? E l'Omega weapon? E Rinoa?
Shelke:
Glom...
E'
fatta, posso finalmente mettere la parola fine a questa storia. Devo
ringraziare tutti quelli che hanno recensito e tutte quelle persone
che, in generale, mi sostengono tutti i giorni. Grazie mille, spero
di potervi sempre divertire con le mie storie. ^_^