Kage no Moroboshi

di formerly_known_as_A
(/viewuser.php?uid=6311)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kami no Batsu ***
Capitolo 2: *** Alone ***
Capitolo 3: *** Soli in due ***
Capitolo 4: *** Koi wo Shite ***
Capitolo 5: *** When will this loneliness be over? ***
Capitolo 6: *** Par Amour... ***
Capitolo 7: *** What am I leaving? - Astharoth ***
Capitolo 8: *** Confrontation ***
Capitolo 9: *** Snow White Princess ***
Capitolo 10: *** Interlude ***
Capitolo 11: *** The Chaotic Orchid ***
Capitolo 12: *** The Cerulean Rose ***
Capitolo 13: *** Ode to families ***
Capitolo 14: *** Vincent Side ***
Capitolo 15: *** Promises ***
Capitolo 16: *** Addio... ***
Capitolo 17: *** The Loss ***
Capitolo 18: *** Love You Inside Out ***
Capitolo 19: *** Il filo rosso ***
Capitolo 20: *** Il cerchio si chiude ***
Capitolo 21: *** Vincent ***



Capitolo 1
*** Kami no Batsu ***


Kami no Batsu

Kami no Batsu

Yuffie si rialzò, sentendosi confusa e assonnata.

Era svenuta?

Che strano... Di solito aveva solo nausea, durante quei viaggi in aereonave...

-Yuffie Kisaragi?-

Shelke. Che cosa voleva, dalla sua vita?

Non aveva mai odiato una persona in quel modo... Non sapeva neppure perché...

Era entrata nel gruppo prepotentemente, mentre lei aveva dovuto GUADAGNARSI l’amicizia di tutti. Ma Shelke era una bambina pucciosa, quindi tutti l’avevano immediatamente adorata.

Che rabbia.

-Ti senti bene?-

-Non credo che questo possa interessarti.-

La rossa si sedette per terra, a gambe incrociate, fissandola divertita.

-Che cos’hai contro di me, Yuffie Kisaragi?-

-Piantala di dire il mio nome per intero, Shelke Rui.-

-Se dovessi dire il tuo nome per intero direi Sakanagi Kisaragi, Kami no Batsu.-

Come poteva sapere il suo vero nome?

-Trovo che sia un bel nome... Perché non lo usi mai?-

-Lo odio.-

-Perché te l’ha dato la tua matrigna?-

Serrò la mascella, fissando l’ex Zviet con odio.

-Fatti i cazzi tuoi. Se non vuoi che ti faccia vedere cosa significa il mio nome.-

-Ma io sarei molto interessata! Eheh... Vorrei proprio vedere la Punizione Divina all’opera! Oltrettutto, nonostante abbia cercato ovunque, non sono riuscita a trovare una traduzione di Sakanagi... Ha a che fare con i pesci?-

-Sakana vuol dire pesce, ma non c’entra nulla.-

Perché le interessava tanto?

Per un attimo vide il corridoio girare intorno a lei.

Si appoggiò alla parete metallica con una mano, spaventata.

Non si ammalava da anni, ormai... E odiava stare male. La faceva sentire fragile, vulnerabile.

Traballò lungo il corridoio, verso la propria camera.

-Yuffie, aspetta, devi sederti!-

Ignorò la ragazzina, accelerando il passo.

Se la ritrovò davanti.

-Insomma, sono sei tu quella che dice sempre a Vincent di non rinchiudersi nel proprio bozzolo? Di parlare quando ci sono problemi? Avanti, Yuffie!-

Sbuffò, superandola. Perché doveva stressarla in quel modo?

Era vero che aveva sempre provato a far parlare Vincent dei suoi problemi, ma non poteva farci niente, lei era un gatto... Se stava male si rintanava in un angolino ed aspettava che passasse tutto.

Se peggiorava andava da un dottore, ma solitamente non si ammalava in modo grave.

Sbattè contro qualcosa di solido.

-Chi ha messo un muro in mezzo al corridoio?- sbottò, alzando la testa.

Qualcuno, non qualcosa. Vincent.

Ci mancava solo lui...

-Ti senti bene?-

-Ma certo, Vinnie!- esclamò la ninja, allegra.

L’uomo represse una smorfia. Yuffie sapeva che odiava i nomignoli che gli affibiava.

Si divertiva a trovarne sempre di nuovi.

Era l’unico modo che conosceva per fargli cambiare espressione.

-Sei pallida.-

-Ma no, Vinnie Pooh, sto benissimo!-

La sua pelle pallida, le cicatrici sul suo viso... E quegli occhi intensi, che sembravano fatti d’oro.

L’avrebbe riconosciuto ovunque.

La prima persona che l’avesse mai considerata una donna, nonostante i suoi lati infantili.

Il primo uomo ad averle confessato che l’amava.

L’ennesima persona ad essere morta per salvarla.

Aprì gli occhi, sussurrando il suo nome.

Chino su di lei c’era il medico di bordo. Le stava facendo un prelievo.

-Buongiorno, Yuffie...-

-Buongiorno Kusanagi...- rispose educatamente.

Era una donna di Wutai, sulla cinquantina, eternamente vestita in modo sobrio, di solito di nero. Indossava sempre il camice, nonostante fosse raro che i suoi servizi fossero richiesti...

Kusanagi Laira.

Beata lei che aveva un nome decente...

Sospirò.

-Sei svenuta in corridoio e Vincent ti ha portata qui... Ora mi sembri piuttosto in forma... Non hai nè febbre, nè tosse o qualsiasi sintomo che possa essere ricondotto ad un’influenza... Tesoro, mangi abbastanza?-

-Certo che mangio! Ho preso anche peso, ultimamente...-

-Ah sì? Quanto?-

In realtà aveva perso quasi due chili, ma li aveva ripresi subito dopo...

-Due chili.- mentì.

Perché i medici dovevano sempre insistere nell’affermare che era troppo magra?!

Non era anoressica. Si sentiva abbastanza bene con sè stessa.

A parte gli svenimenti, ma quello era momentaneo.

-In realtà... Li ho persi... Ma li ho ripresi subito dopo, giuro!-

-Davvero?- si stupì la dottoressa, trafficando con alcune provette.

Notò Vincent in un angolo. Non aveva aperto bocca...

Che cosa ci faceva lì?

-Ciao, Vincychan!-

-Ciao.- le rispose, sorprendendola.

-Come mai sei qui?-

-Shelke mi ha detto che eri svenuta già prima...-

-Può darsi che sia solo stanca...- ribattè la ragazza, sedendosi nel letto.

-Tesoro, hai un ragazzo?- le chiese la Kusanagi, sempre intenta a trafficare con le sua provette.

Si morse il labbro inferiore, ignorando la domanda.

Non ci voleva molto, bastava rispondere “no”...

Eppure, non ci riusciva. Non poteva cancellarlo dalla sua esistenza così...

-Ce l’avevo... Ma non è finita tanto bene...- ammise.

-Perché?-

Cosa gliene fregava?!

-Le importa così tanto?-

-Mi serve saperlo per decidere se farti un determinato esame.- rispose la donna, voltandosi.

-La prossima domanda cosa sarà? Qualcosa legato al sesso? No, perché non vorrei bloccare la crescita di Vincent.- sibilò, stizzita.

Perché era ancora lì? Che cosa voleva?

-Vi siete lasciati?-

-E’ morto.-

-Mi dispiace...-

Scese dal letto e barcollò fino alla porta.

-Dove vai, Yuffie?- le chiese l’uomo, trattenendola.

-Ho sonno. Vado a dormire.- sussurrò lei, cercando di liberarsi dalla sua presa.

-Yuffie, hai bisogno...-

Non sentì mai il resto della frase...

Note

E’ un piccolo esperimento, su una coppia molto meno convenzionale del solito... Non aggiornerò regolarmente... Insomma, ancora non lo so!

Cos’avrà Yuffie? Immagino l’abbiate scoperto tutti!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Alone ***


Hitori de

Hitori de

 

Spalancò gli occhi, scoprendoli umidi di lacrime.

 

La luce dell’abat-jour glieli ferì, per cui distolse lo sguardo.

Osservò la camera in cui si trovava. A giudicare dal casino, era proprio la sua.

Si alzò a sedere, con la vista leggermente offuscata e la testa pesante. Non si era mai sentita tanto debole.

Probabilmente era dovuto al malessere generale che provava da qualche settimana.

 

Si sentiva come se non avesse dormito da anni.

 

-Congratulazioni, sei incinta.-

 

Incinta? Lei? Non poteva esserlo.

Si trattava sicuramente di un errore.

 

Nella penombra scorse finalmente la figura di Vincent.

Il suo primo impulso fu quello di alzarsi e prenderlo a calci.

Non era un argomento sul quale scherzare.

 

Deglutì, cercando di calmarsi.

Sentiva il rumore del proprio cuore, assordante, aritmico.

 

-Puoi ripetere?- gli chiese, spaventata.

 

Alla rabbia si era presto sostituito il panico.

Vincent non scherzava. Mai.

 

-Aspetti un bambino.-

 

Il suo tono si era addolcito, mentre pronunciava quella frase. In esso vi era un misto di emozioni contrastanti, che andavano dal timore alla... gioia.

Possibile che potesse essere felice per lei?

 

-E’ impossibile, i risultati del test devono essere per forza sbagliati...- sussurrò Yuffie, incredula.

 

Strinse convulsamente le lenzuola nei pugni chiusi, abbassando lo sguardo.

 

Anche in lei lottavano più sentimenti; ma quello predominante era la prudenza.

E la paura di essere felice per una notizia falsa.

 

La paura e la consapevolezza di essere sola.

 

-Il risultato è sempre sicuro, nel caso sia positivo.-

 

Si posò una mano sul ventre, quasi involontariamente, lasciando che la disperazione la sommergesse.

Scoppiò a piangere.

 

Era un miracolo.

Era una maledizione.

 

Tentò di svuotare la mente e pensare lucidamente.

 

Non aveva un posto dove andare.

Di sicuro, non poteva rimanere con Avalanche. Non voleva rispondere alle loro domande. Non avrebbe saputo come rispondere, in ogni caso. Avrebbe rovinato tutto.

 

Non poteva tornare a Wutai.

Suo padre non gliel’avrebbe mai permesso.

 

Non aveva idea di quanto tempo ancora avesse a disposizione prima che la lieta notizia si diffondesse.

Probabilmente era solo questione di poche ore.

 

Se l’avesse scoperto Tifa...

Avrebbe dichiarato che con l’aiuto di Avalanche se la sarebbe cavata.

E la ninja le avrebbe creduto.

 

Scosse la testa e cercò di pensare a situazioni meno negative.

 

Doveva andarsene e decidere da sola. Con calma.

Da sola.

 

Se non fosse stata da sola, il problema di decidere se tenere o no il bambino non si sarebbe sicuramente posto...

 

Non poteva farcela.

Non aveva idea di che cosa volesse dire lavorare. Aveva rubato materia dall’età di sei anni e non si era mai posta il problema di trovarsi un lavoro un pò più tranquillo.

Era fuori discussione che si mettesse a rubare materia con un figlio a carico.

 

Non aveva soldi.

Poteva chiederli a suo padre, come aveva sempre fatto, ma prima o poi avrebbe dovuto imparare a cavarsela da sola.

 

-Ti senti bene?-

 

Si era quasi dimenticata della presenza di Vincent.

La stava fissando, inespressivo come sempre, così che, per un attimo, credette di aver immaginato quella domanda.

 

Era troppo gentile per essere stata posta da lui.

 

-Stai bene?- ripeté, calmo.

 

Annuì, stupita, asciugandosi le ultime lacrime.

 

-Le valige sono accanto al letto. Se hai bisogno di altro, puoi chiedermelo.- continuò l’ex Turk.

 

Era sorprendente come potesse sembrare gentile pur rimanendo totalmente privo di espressione ed atono.

 

-Grazie, ma credo che questo sia tutto quello che un essere umano possa fare per me...- ribatté lei, con un sorriso triste.

 

L’uomo sembrò per un attimo mutare d’espressione.

Forse nella penobra aveva visto male.

 

-Com’è una vita in cui nessuno sa che esisti? In cui non conosci nessuno?- chiese la ninja.

 

-Non credo che si possa chiamare vita. E’ semplicemente un’ esistenza.-

 

-E qual’è la differenza?-

 

-Se ti accontenti di esistere, la morte non ha nessuna importanza per te.-

 

-E la vita? Che cos’è?-

 

-Se vivi, senza alcun dubbio t’imbatti in altri esseri umani, interagisci con loro... Provi una varietà di sentimenti di cui non sospettavi neppure l’esitenza.-

 

-E tu vivi o esisti?-

 

-Non lo so ancora.-

 

Abbassò lo sguardo. Come poteva lui sorridere sempre, nonostante fosse condannato a quel tipo di esistenza? Persino quando le aveva annunciato che stava per morire, sorrideva con malincolica eleganza.

 

L’ex Turk posò alcune banconote sul comodino: -Me le restituirai quando ci rivedremo.- sentenziò, fissandola per qualche secondo negli occhi, con tutta l’intensità che gli permettevano i suoi occhi porpora.

 

Annuì. Era un tono che non ammetteva repliche.

Lo osservò allontanarsi, sempre più confusa.

 

Era un enigma vivente.

 

-E... Yuffie? Chiamami quando ti sarai sistemata.- sussurrò, aprendo la porta.

 

Per un attimo la stanza si riempì della luce e dei rumori che provenivano dal corridoio.

Poi tornarono di nuovo l’oscurità ed il silenzio.

 

La principessa sorrise: -Avevi ragione tu, Astharoth, è un angelo.-

 

 

L’angolo degli amichetti di Chaos

 

Otto commenti per il primo capitolo? Wow, questo sì che è un buon inizio!

Credo che molti ci abbiano azzeccato, nel diagnosticare la “malattia” di Yuffie... Del resto, era abbastanza evidente... Ho scopiazzato un pò dai libri pre-maman...

Per quanto riguarda l’identità del padre del marmocchio, vi siete proprio dati alla pazza gioia...

Posso solo assicurarvi che non è Azul... Non preoccupatevi... Intanto accontentatevi di sapere che si chiama Astharoth e che non riuscirò mai a scrivere il suo nome in modo corretto...

E’ la prima volta che scrivo Vincent quasi IC... E’ un miracolo... Ma perché è felice della lieta notizia? (Risata satanica)

 

Bè, la risposta a questo quesito la troverete alla fine della fic... ^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Soli in due ***


Solitude à deux

Solitude à deux

 

Afferrò il cellulare, ben decisa a mandargli un messaggio per comunicargli dove fosse.

Si avvicinò alla finestra, per poi sedersi sul cornicione.

Chiuse gli occhi, ascoltando il rumore assordante della natura.

 

Healin Lodge, un posto isolato e calmo, immerso nella natura. Perfetto per rilassarsi e pernsare con tutta la calma di cui aveva bisogno.

 

I padroni di casa erano usciti. Apparentemente erano andati al lago che si trovava lì vicino.

Immaginarsi i Turks e Rufus che pescavano la fece sorridere.

Forse poteva raggiungerli e godersi la scena dal vivo...

 

Quella era la pace a cui sua madre aspirava. La totale mancanza di conflitto. I Turks che pescavano...

Scoppiò a ridere.

Probabilmente sua madre non ci aveva neppure pensato, ai Turks che pescavano.

Li immaginava sterminati. Credeva che dovessero essere puniti per le loro azioni per conto della Shinra.

Neppure sua madre era esente dal rancore.

 

In ogni caso, riusciva a non sentirsi a disagio o eccessivamente oppressa dalla loro presenza.

Li conosceva abbastanza da poter vivere con loro, ma non abbastanza da rischiare di essere bersagliata di domande; sempre nel caso avessero scoperto in che situazione si trovava.

 

Era ciò che le importava di più, in quel momento.

 

Era trascorso un mese da quando si era trasferita a Healin. Un mese da quando aveva scoperto di essere incinta. Un mese dall’ultima volta in cui aveva dormito per quattro ore di fila.

 

Non aveva la più pallida idea di che età potesse avere il bambino. Non meno di tre mesi, comunque. Non sapeva neppure quanto avesse senso pensare al proprio futuro senza di esso.

 

-Come stai, bellissima? Perchè non vieni con noi al lago? Hai paura di metterti in costume?- chiese Reno, entrando senza bussare.

 

Sussultò e scattò in piedi.

 

Il rosso era l’eccezione che conferma la regola.

Faceva di tutto per renderla partecipe della loro vita. Entrava sempre in camera sua senza bussare, faceva molto rumore e poneva centinaia di domande inutili.

 

Lo fulminò con lo sguardo.

 

-Avanti, senza di te non è divertente, lo sai!- insisté il Turk, con un largo sorriso. –Ti aspetto giù!-

 

Tentò di fermarlo, ma quello aveva già chiuso la porta.

Sbuffò vedendo che le aveva anche lasciato un bikini sul letto. Ci mancava solo quello.

 

Chiuse la finestra ed afferrò l’indumento rosso, osservandolo. Non l’avrebbe mai indossato. Neanche morta.

Anche perché da un mese non indossava altro che vestiti larghi e coprenti.

 

Alzò la maglietta e si osservò allo specchio, di profilo.

Era fin troppo visibile: era incinta.

 

Non voleva che qualcuno se ne accorgesse.

Non voleva essere obbligata a tenerlo solo perché qualcuno l’aveva scoperto.

 

S’infilò il costume da bagno ed una maglietta lunga, si legò i capelli ed uscì dalla stanza.

 

 

 

-Ti piace il posto?- chiese il rosso.

 

-Sì, mi piace il silenzio.-

 

Lo fissò in modo eloquente.

Il rosso tacque e il suo sorriso svanì.

 

Era troppo dura con lui. Cercava solo di tirarle su il morale, dopotutto.

Non era colpa del Turk se non aveva nessuna intenzione di essere felice.

 

 

 

Osservò la schiena della padrona di casa: era ricoperto di cicatrici.

Aveva un bel fisico, slanciato e longilineo... Ma, soprattutto, era veramente molto colta ed intelligente... Avrebbe potuto fare dell’altro... Perché decidere di sacrificare sé stessa per una società oppressiva e despotica?

Ma forse, fare il Turk non era una sua scelta...

 

Come non era stata una scelta di Yuffie diventare una ninja.

 

-Perché mi fissi?- chiese Elena, voltandosi di scatto.

 

-Chi? Io? Non ti stavo fissando!- mentì la principessa.

 

-Lo so, ho delle cicatrici sulla schiena. Tseng insiste nel dire che non disgustano affatto... Invece...- cominciò la bionda, abbassando la testa.

 

Tseng... Ogni volta che pronunciava quel nome, il suo viso pallido si colorava di un rossore diffuso ma tenue, che la rendeva incredibelmente tenera...

 

-Così questo è il tuo vero nome...-

 

-Sì... Vorrei mi chiamassi così...-

 

-Ok... Astharoth.-

 

Sembravano una coppia molto felice, nella loro estrema serietà...

 

-Non ti preoccupare! Non si notano neppure!-

 

La Turk azzardò un piccolo sorriso ed andò in camera.

 

 

 

Un singhiozzo. E un altro. Un altro ancora.

 

Si voltò di colpo, ritrovandosi davanti alla bionda in lacrime.

Arretrò lentamente, coprendosi il ventre con la maglietta.

 

Negli occhi celesti della donna vide invidia e frustrazione.

 

E comprese il senso di quelle uscite mensili con Tseng, dalle quali tornavano stanchi ed affranti.

 

Stava cercando di avere un bambino, senza risultato.

 

 

Era giunto il momento di andarsene dalla sua isola felice.

 

L’angolo degli amichetti di Chaos

 

Che bello, come scrivo veloce!! Niente aggiornamento per due settimane! Posso finire i costumi! ^_^

Dunque, dopo questo capitolo, molto corto (come i primi due, del resto...), si passerà all’azione! La trama partorita dalla mia mente malata prenderà pian piano forma... E speriamo bene! Non sono ancora riuscita a spiegare il prologo a nessuno.

Reno ha finito col trasformarsi inevitabilmente in Rikku... Poverino... Speriamo almeno non si vesta anche lui in quel modo perché altrimenti è finita...

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Koi wo Shite ***


Koi wo shite – I loved

I loved

 

Non aveva voglia di alzarsi.

Voleva restare sdraiata a letto per nove mesi, partorire e poi…

 

Non erano nove... Erano molto meno.

Quello era l’unico aspetto positivo che riusciva a trovare in quella situazione.

 

Sentì la porta aprirsi e scorse la figura inconfondibile di Vincent.

 

-Alzati.-

 

Nascose la testa sotto il cuscino, ma l’altro la scoprì con uno strattone a cuscino e coperte.

 

-Alzati.-

-No-

-Come?-

-No.-

 

Per lui, no era più che sufficente. Che diritto aveva di chiederle di alzarsi? La vita era sua.

 

-Yuffie.-

 

-Non ne ho voglia.-

 

-Yuffie, uno...-

 

Incredibile! La trattava come una bambina di quattro anni! Proprio lui! Quello che desiderava solo la morte! Quello che sapeva solo scappare via dalle responsabilità!

 

-Non rompere i coglioni!- urlò, alzandosi di scatto ed approfittando dell’occasione per riprendersi le coperte.

 

Il “due” gli morì in gola. Probabilmente era troppo antiquato per credere che una ragazza potesse usare un linguaggio simile. Doveva solo imparare ad adattarsi prima. Erano passati quattro anni da quando si era risvegliato.

 

La afferrò per un braccio e tentò di farla alzare, sollevandola di peso.

 

Si dibatté furiosamente, colpendolo alla mascella con il pugno chiuso.

 

-Sei soddisfatta, ora?- sibilò, gelido.

 

Scosse la testa, allungando le dita della mano destra verso la pelle diafana dell’uomo, appena arrossata dal pugno. La ritirò rapidamente.

 

-Smettila di fare la bambina.-

 

-Io sono una bambina! Non ce la posso fare da sola! Non posso! Ho bisogno di qualcuno che mi abbracci e mi dica che andrà tutto bene, che resterà accanto a me! Io... Non posso... Non posso farcela da sola...- singhiozzò la ninja, nascondendosi sotto le coperte.

 

-Mi dispiace Yuffie, ma non sarò io a dirtelo.- sussurrò l’uomo.

 

Sentì la coperta scostarsi leggermente e una parte del letto abbassarsi.

 

-Ma credo di essere ancora in grado di fare questo...- mormorò, cingendole la vita con un braccio.

 

 

 

 

 

Sbuffò e guardò il cielo infuocato, illuminato debolmente dal sole morente.

 

Le piaceva Mideel, nonostante fosse immersa in una foresta. Non percepiva quei rami intricati come una gabbia verde, al contrario, sembrava volessero offrirle protezione senza rinchiuderla.

In lontananza, riusciva a sentire il rollìo del mare. Amava il mare.

 

Non c’era granché da fare, eppure, non si annoiava affatto.

Forse a causa della gravidanza, i suoi ritmi erano rallentati e tutto quello che faceva, sebbene semplice, come una passeggiata fino al mare o la spesa, le riempiva completamente la giornata, senza stancarla.

 

Era rimasta più di due ore in ospedale, a girare come una deficiente per trovare tutti gli specialisti che le servivano. Fortunatamente per lei, erano quasi tutti disponibili.

Il dottore l’aveva rimproverata per circa mezz’ora; era al quarto mese di gravidanza e ancora non aveva eseguito un solo esame.

 

Non era riuscita a conoscere il sesso del bambino, ma, almeno, l’aveva visto.

Avava sentito il battito del suo cuore. Più veloce del suo. Decisamente più veloce. Quel suono regolare aveva scacciato un pò dei suoi dubbi, delle sue paure, anche se non tutte.

 

Sentì il cellulare vibrare nella borsa.

Probabilmente si trattava di Vincent. Era partito più di una settimana prima ed aveva promesso di chiamarla.

Ovviamente, non si era ancora fatto vivo.

 

Guardò lo schermo e il suo cuore ebbe un sussulto.

 

Tifa.

 

Tremando, accettò la chiamata.

 

-Yuffie! Perché non ci hai detto nulla della buona notizia?! Sapessi come sono felice per voi!! Sono capitata per caso sulle tue analisi!! E poi, perché non mi hai detto niente di te e Vincent? Cavoli, se l’avessi saputo prima... !- esclamò la donna.

 

La ninja si sedette a terra, allontanando l’apparecchio dall’orecchio e posandoselo in grembo.

Che diavolo blaterava?!

 

Lei e Vincent...? Ma quando mai?!

 

Riavvicinò il telefono all’orecchio e fece un sospiro profondo, ingoiando le lacrime. Che Tifa lo venisse a sapere era proprio l’ultima cosa che voleva...

Come minimo, l’avrebbe bersagliata di domande alle quali non avrebbe potuto non rispondere. La sua storia con Astharoth sarebbe venuta a galla e...

Forse l’avrebbero lasciata in pace.

 

-Insomma, Vincent mi ha detto che stavi facendo il giro degli ospedali però ero troppo curiosa di sapere come è iniziata tra voi due e...- continuò la barista.

 

-Scusami, Tifa... Devo andare... Ti racconterò tutto...- mormorò Yuffie, riattaccando.

 

Fece un paio di respiri profondi, ma questo non servì a calmarla.

 

-DANNAZIONE!-

 

Perché semplicemente non riusciva a dire la verità? Perché doveva nascondersi dietro alle bugie che gli altri costruivano per lei? Era stufa di quella situazione, eppure... Non poteva farne a meno.

 

Gettò il telefono a terra, così violentemente che la custodia si aprì in due e lo schermo si ruppe.

 

Ecco. Quello era il modo in cui risolvere i problemi, per lei. Allontanarsi dal resto del mondo. Far sparire le proprie tracce. Probabilmente, se avesse raccontato la verità, nessuno l’avrebbe presa sul serio, o peggio...

 

 

 

-Vorrei svegliarmi, un giorno e vederti addormentato accanto a me. Vorrei fare colazione con te, presentarti ai miei amici. Ma, soprattutto, riuscire a svegliarmi e sentire il tuo respiro sulla mia pelle. E allora, solo in quel momento dirti addio.- sussurrò, sfiorandogli il dorso della mano con le dita.

 

Lo sentì sobbalzare e stringerla ulteriormente a sé. Ma non disse nulla.

 

-Ma se potessimo dormire insieme, se potessimo svegliarci insieme, allora non ci sarebbe bisogno di dirci addio.- continuò, chiudendo gli occhi. – E se non ce ne fosse bisogno... Allora io... Io non sentirei più questo vuoto. Una parte di me non morirebbe ogni volta che mi accorgo del freddo del mio corpo senza il tuo accanto.-

 

-Se fosse così, Aier, questo mondo sarebbe perfetto...-

 

 

 

Avvertì un rumore metallico sul selciato ed alzò la testa. Di fronte a lei si ergeva un uomo che indossava una lunga tunica nera. Aveva gli occhi rossi, luminosi ed intorno a quello destro poteva vedere una fitta rete di circuiti.

La bocca, priva di labbra, si apriva su una linea di denti d’acciaio, estremamente affilati.

Il braccio destro scintillava della luce dei lampioni e sembrava costruito in metallo. La mano era a malapena abozzata. Sembrava più una pinza meccanica.

 

Evitò per un soffio di ricevere quel braccio nel cuore, prevedendo la mossa dell’avversario in tempo ed allontanandosi in fretta.

 

Percepì una sensazione spiacevole al livello della bocca dello stomaco. Una sensazione che aveva imparato da tempo ad ignorare. Paura.

 

Se fosse riuscito a colpirla? Se fosse morta?

 

Il suo avversario avvertì la sua esitazione e ne approfittò per tornare all’attacco.

 

Cercò uno degli shuriken che teneva solitamente attaccati alla cintura e sorrise quando le sue dita toccarono il metallo freddo dell’arma. La lanciò, mirando alla gola dell’aggressore.

 

Quello, allungò il braccio più di quanto alla ragazza sembrasse umanamente possibile ed afferrò l’arma.

Arretrò, sempre più spaventata, osservando l’essere allungare e dislocare gambe e braccia, gettandosi su di lei.

 

Non doveva cedere alla paura.

Doveva pensare. In fretta.

 

Se era un androide, poteva mandarlo in corto circuito. Le serviva dell’acqua.

 

-Leviathan!-

 

Il drago si abbatté sul nemico, trascinandolo via mentre si disperdeva in Lifestream.

 

Con il respiro affannato, la donna si appoggiò su un muretto. Evocare Leviathan senza materia non era mai una buona idea. Già in condizioni normali la stancava enormemente.

 

Ma, in effetti, era sempre una prospettiva migliore della morte.

 

Alzò lo sguardo. Aveva la vista appannata e la semi-oscurità non l’aiutava di certo a vederci meglio.

Ma riusciva perfettamente a distinguere cinque figure ammantate.

Tre sembravano androidi.

 

Era finita.

 

-Chi siete? Che diavolo volete da me?- urlò Yuffie, notando che molti degli abitanti della cittadina erano usciti dalle loro case, armati di tutto ciò che avevano potuto trovare.

 

Una delle due figure incappucciate emerse dall’oscurità e sorrise.

Vide che aveva un occhio azzurro ed uno dorato, probabilmente, quest’ultimo era finto. Era un uomo.

 

-Prendetela.- sibilò.

 

Prima che gli androidi potessero muoversi, un’ombra blu li mandò a sfracellarsi contro una roccia, per poi frapporsi tra Yuffie e le due figure.

La folla di cittadini arretrò vedendo Galian Beast.

 

-Il capo ci vuole al suo cospetto. Un imprevisto.- mormorò la seconda figura, afferrando per il braccio il primo incappucciato e scomparendo nell’ombra.

 

La principessa di Wutai crollò sulle ginocchia, sostenuta fermamente dal demone celeste.

 

 

 

-Vincent, sei debole, non puoi...-

 

Stava facendo le valigie in fretta e furia, controllando in continuazione fuori dalla finestra.

Nella stanza regnava la quasi-totale oscurità, sfidata di tanto in tanto dai fari di un’auto.

 

-Vincent? Non voglio.-

-Non fare la bambina.-

 

-Non voglio e basta. Mi piace Mideel. E’ calmo, qui...-

 

-Preferisci farti uccidere?- sibilò l’uomo, porgendole un sacchetto.

 

-Ma non voglio che ti facciano del male.- sussurrò Yuffie, afferrandogli le mani. –Non per causa mia.-

 

-E io non voglio vederti morire.- ribatté l’ex turk, facendola voltare verso il bagno e spingendola dentro.

 

Dentro al sacchetto c’era un vestito bianco, lungo, estremamente semplice ed un pò scollato, una parrucca, anch’essa lunga, castana ed un paio di lenti a contatto azzurre.

 

Aveva preparato la fuga da settimane.

Alla faccia della paranoia.

 

Indossò tutto quello che aveva preparato e si guardò allo specchio.

Diventare un’altra era la soluzione? Per quanto sarebbe stata al sicuro? Che senso aveva scappare?

Quei due sapevano chi era. L’avrebbero trovata ovunque.

 

Uscì dal bagno e cacciò un grido di sorpresa.

Si era tagliato i capelli. E si era cambiato. Indossava una maglietta nera e dei jeans dello stesso colore.

Sembrava un altro.

 

-Anche se ce ne andiamo, ci troveranno. Se restiamo qui possiamo sconfiggerli!- esclamò Yuffie, piegando i propri vestiti ed infilandoli in valigia.

 

-Yuffie. Se restiamo qui, manderanno degli assassini. Muoviti.-

 

La donna sobbalzò. Di nuovo il senso di angoscia che l’aveva assalita pochi minuti prima la bloccava.

 

-Perché insisti nel volermi proteggere?-

 

-Yuffie, non mi sembra il momento più adatto per discutere.- sibilò l’uomo, afferrandola per un braccio.

 

-Rispondimi!-

 

Vincent sospirò, evidentemente esasperato.

 

-Se ti rispondo, mi seguirai senza obiettare?- chiese, cedendo.

 

La donna annuì con vigore.

 

-L’ho promesso.-

 

 

 

Aprì gli occhi e si stiracchiò pigramente. Erano ancora in treno, sotto il tunnel che collegava Mideel a Gongaga. Chissà quanto tempo sarebbe durato, quel viaggio...

In ogni caso, le piacevano i treni. Erano l’unico mezzo di locomozione nel quale non si sentiva male.

 

Osservò il suo compagno di viaggio, seduto di fronte a lei. Stava leggendo un libro dall’aria antica, ingiallito dal tempo, con il dorso così rovinato che era impossibile decifrarne il titolo.

 

-Se ti dico qualcosa, tu devi darmi ascolto.- sussurrò, senza spostare gli occhi dalle pagine del tomo.

 

-Somigli a Sid.- ribatté Yuffie, con un largo sorriso, tanto per farlo irritare ulteriormente.

 

Chissà se era la piega naturale dei suoi capelli? Poteva aver messo del gel...

Non ce lo vedeva proprio, a mettersi del gel... Non era neppure sicura che ne fosse capace... Quando era giovane esisteva? Forse Cloud gli aveva dato ripetizioni...

 

-Come, scusa?- chiese Vincent, riprendendosi dallo shock.

 

-Così vestito e pettinato somigli a Sid Vicious.-

 

Sid tornò al proprio libro, molto probabilmente cercando di capire chi fosse “Sid Vicious”.

 

Lei tornò ad osservare il paesaggio inesistente fuori dal finestrino.

 

Perché doveva sempre fare i musi?

Non era di certo colpa sua se un gruppo di psicopatici aveva deciso che la voleva morta.

 

-Secondo te chi sono il tenente Colombo, Darth Vader e C3PO?-

 

L’uomo la fissò con un sopracciglio alzato, confuso.

 

-Il ragazzo con un occhio di vetro, l’androide e l’incappucciata...- precisò la principessa, appoggiando la testa al finestrino.

 

-Dovresti saperlo...-

 

-E invece no! Dai, Vinnie, fai uno sforzo!-

 

-Vogliono rapirti e rubarti gli organi, per poi cucinarti e mangiarti le guance.- lanciò l’ex Turk, tornando al proprio libro.

 

Yuffie lo fissò disgustata.

 

-Perché proprio le guance?-

-Sono la parte migliore.-

-Non invitarmi mai a cena, Hannibal Lecter.-

-Non c’è pericolo, Clarice Starling.-

 

Sorrise, piacevolmente sorpresa. Era stato simpatico, per una volta.

 

Chiuse gli occhi e respirò profondamente, cercando di rilassarsi.

 

-Vincent!-

 

-Hai cambiato idea e vuoi che t’inviti a cena?-

 

Scosse la testa e sorrise, posandosi una mano sul grembo: -Ha scalciato!-

 

 

 

L’angolo degli amichetti di Chaos

 

 

Più scrivo di Tifa, più mi accorgo di quanto nella mia testa sia simile ad Aeris... Mi dispiace, ma non riesco a cambiarla... Anche se vorrei, visto che Aeris proprio non la sopporto...

 

La lingua che parla Astharoth è elfico. Mi sarebbe piaciuto mettere il gaelico, ma, alla fine, le frasi che mi servivano erano complicate e non ho voglia di chiederne al mio prof d’inglese la traduzione, anche perché mi odia per il semplice motivo che, invece di andare a Gaelico, andavo a Giapponese...

Peccato, perché mohushla mi piace da morire e mi sarebbe piaciuto inserirlo da qualche parte... Per chi non lo sapesse (intendo dire i pochi che non hanno visto million dollar baby) significa: mia cara (my darling).

Ad un certo punto ero talmente disperata che volevo farlo parlare francese...

Viste che le mie conoscenze di elfico sono ristrette, chi magari lo studia può farmi il piacere di correggermi ma non uccidermi?

 

Aier, in ogni caso, significa: piccola (di statura). Volevo la prendesse un pò in giro... ^_^

 

Sono indecisa se inserire o no un’introduzione “musicale” ai capitoli, come per Just Before the Sunset... Che ne pensate? Potrei farlo? (l’avrete capito: in casa è arrivato un nuovo cd.)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** When will this loneliness be over? ***


When will this loneliness be over

When will this loneliness be over?

 

Life will flash before my eyes

So scattered almost

I want to touch the other side

And no one thinks they are to blame

Why can't we see

That when we bleed we bleed the same

 

Map of the problematique

Muse

 

 

 

-Ce l’avevamo in pugno! Perché ci hai richiamati?!- urlò la donna, tirando un calcio ad una colonna.

 

-Non hai notato il demone, Kaminà?- chiese l’uomo incappucciato, sarcastico.

 

-Quel demone non vale un cazzo, per tua informazione. L’avrei ucciso con un solo colpo di spada.- sibilò Kaminà, fissando l’altro con odio.

 

-Kaminà, la tua impulsività sarà la tua rovina.- mormorò la ragazza alla sinistra del Capo, aprendo gli occhi.

 

-Hai proprio detto demone?- chiese una seconda donna, avvicinandosi. –Che tipo di demone?-

 

-Un canide, cara dottoressa. Con un elegantissimo gonnellino rosso.- sussurrò Kaminà, a denti stretti, desiderando soltanto di uccidere l’ultima arrivata.

 

Le labbra della seconda donna si piegarono in un ghigno spaventoso;

 

-Vincent Valentine.-

 

-Ne ero sicuro.- sussurrò il Capo, dall’alto del suo trono di pietra. –Alyah, Fraye. Portatemi qui Yuffie ed il demone. Vivi. Mia cara dottoressa, avrai il tuo giocattolo entro una settimana...-

 

 

 

 

Si sdraiò sul letto e si mise a leggere il libro che aveva appena comprato. A caso, oltretutto, perché il signor Lestat aveva fretta e la paranoia che fossero attaccati in pieno centro commerciale.

 

Com’era finita in quel casino?

O meglio, perché ci era finita?

Non conosceva nessuno che potesse avercela con lei, se non qualche viaggiatore a cui aveva rubato un bel pò di materia. Ma da lì ad odiarla al punto d’ingaggiare dei killer...

 

Doveva riflettere.

 

Avevano accennato ad un capo, quindi dovevano essere per forza organizzati in qualche modo.

E volevano rapirla.

 

Per fare cosa?

 

-Yuffie?-

 

Alzò lo sguardo ed incontrò quello enigmatico del signor Tepes.

 

-Hai intenzione di leggere al contrario a lungo o posso parlarti?- chiese.

 

Focalizzò la propria attenzione sugli ideogrammi che teneva di fronte ed arrossì: erano proprio al contrario.

Come aveva fatto ad accorgersene?

Richiuse il libro e lo posò accanto al letto, profondametne imbarazzata.

 

-Ti ho già detto che, se vuoi sopravvivere, devi seguire i miei ordini alla lettera. Devi essere estremamente cauta.- sussurrò l’ex Turk, con tono di rimprovero.

 

-Come se mi fossi buttata giù da qualche ponte, fin’ora!- gli fece notare, sarcastica, incrociando le braccia al petto.

 

-Cosa ti parlo a fare?- sbottò Vincent, uscendo in terrazzo.

 

Non sopportava più di vivere in una stanza d’albergo. Era opprimente, completamente priva di personalità.

Dopo aver vissuto in piena libertà a lungo, quella prigione era la cosa più brutta che le potesse capitare.

 

Voleva andarsene. Almeno per fare una passeggiata.

Le mancavano le passeggiate sulla spiaggia... Le mancava persino la vicina perfida che aveva a Mideel, Miss Zittella Acida, quella che non perdeva mai l’occasione di sottilineare che suo marito non si faceva mai vivo, nonostante fosse incinta.

 

Si alzò dal letto, sbuffando e raggiunse l’uomo, appoggiandosi alla balaustra di ferro traballante e sperando che reggesse il suo peso sommato a quello di Vincent.

 

-Vinnie... Quando ce ne andiamo?- chiese, fissandolo dal basso.

 

Gongaga faceva schifo.

C’erano sì e no tre case e l’albergo aveva una splendida vista sulle rovine del reattore.

 

-Fino a prova contraria, sei tu l’obiettivo di quegli assassini.- sibilò lui, evitando di guardarla.

 

-Mi sento sola...-

-Yuffie, sei incinta.-

-Non dicevo in quel senso! Mamma mia come sei malizioso! L’astinenza ti fa proprio male, eh?-

 

Chiuse gli occhi, appoggiando la testa sul suo braccio.

 

Appunto. Era l’obiettivo. Ma perché?

Aveva tentato di chiederlo, ma non aveva ricevuto risposta.

 

-Secondo la tua fervida immaginazione, perché vogliono rapirmi?-

 

-Perché hai qualcosa che loro vogliono.- ribatté Vincent, serio.

 

-Perché dovrebbero volere il mio bambino?- chiese la donna, stringendo i pugni ed alzando la testa –Insomma, se vogliono vendicarsi su di me, che mi prendano! Ma perché prendersela con un bambino?!-

 

-Mi piacerebbe saperlo, Yuffie...-

 

 

 

 

Avvertì un dolore lancinante al ventre e cadde sulle ginocchia, afferrata prontamente da Vincent, che la posò delicatamente sul letto.

Poi si voltò per andare a cercare un dottore, ma lei lo afferrò per un polso, bloccandolo.

 

-Hai bisogno di un dottore.-

 

-No... Altrimenti lui scoprirà che noi... No, Vincent... E’ solo... E’ solo una questione di tempo...- sussurrò debolmente la donna.

 

L’ex turk spalancò gli occhi dalla sorpresa ed arretrò, tenuto sempre saldamente da Yuffie.

 

-Hai bisogno di un dottore.- ribadì l’ex Turk.

-Io sono un dottore. Lui è un dottore. Ed io mi fido di lui.-

 

 

-Non farlo! Vincent!-

 

L’uomo si fermò e lasciò il ricercatore rantolante a terra.

 

-Non toccarla mai più. E tu stagli lontano, d’accordo?-

 

-Vincent! E’ mio marito! Come hai potuto?!-

 

 

-Yuffie. Smettila... Smettila!- urlò Vincent, liberandosi dalla sua presa.

 

La donna si abbandonò sui cuscini, tremante di dolore e serrò le palpebre per non piangere.

 

 

 

 

-C’è una ragazza che ti segue, Vinnie...-

 

Si voltò verso di lei, leggermente stupito. Si aspettava di tutto tranne quello, probabilmente.

 

-Non vedo nessuno.-

 

La ragazza castana sorrise ed appoggiò una mano sulla spalla dell’uomo, che la superava di una ventina di centimetri, in altezza. Chinò la testa di lato e la salutò con l’altra mano.

 

Aveva fatto finta di non vederla, fino a quel momento.

Erano anni che ignorava gli altri.

 

-Ha i capelli castani, molti lunghi e gli occhi di un bellissimo color nocciola. E’ molto bella.-

 

-Non dire idiozie.-

 

La sua risposta colpì anche la misteriosa ragazza, che si allontò dall’ex Turk, come se si fosse scottata.

 

-E’ la risposta che mi danno tutti.-

 

Abbassò la testa ed arretrò. Era stata un’idea stupida.

 

La ragazza le accarezzò i capelli e la osservò con aria materna.

 

 

 

 

-E’ possibile che abbia avuto delle allucinazioni. Sarà meglio che esegua alcuni accertamenti, in ogni caso...-

 

-La ringrazio, dottore.- sussurrò Vincent, chiudendo la porta della stanza.

 

La ninja si alzò di scatto a sedere, come risvegliandosi da un lungo incubo.

 

-Hai chiamato un dottore? Perché? Non puoi! Non puoi! Mi rinchiuderanno di nuovo! Dovevi parlarmene!- esclamò, agitata.

 

Ricadde sul cuscino, reggendosi la testa con le mani.

 

 

-Amin mela lle.- sussurrò.

 

-Ehi, ma che cosa vuol dire?- chiese lei, curiosa.

 

-Nulla...-

 

-Avanti!-

 

Si mise a cavalcioni su di lui e gli bloccò rapidamente e saldamente i polsi.

 

-Sono mesi che me lo ripeti e io non so ancora che cosa vuol dire! E’ un insulto?- azzardò la ragazza.

 

Come poteva insultarla con un’espressione così dolce?

 

-No, assolutamente!- si affrettò a ribattere.

 

-Allora, che cosa vuol dire?-

 

-Non posso dirtelo... Mi odieresti...-

 

Non avrebbe mai potuto odiarlo! Al contrario, lei...

Scosse la testa e sorrise, incoraggiante.

 

Allentò la presa sui suoi polsi, lasciando che le proprie dita scivolassero lungo le sue mani, fino ad intrecciarsi con le sue.

 

Non doveva. Non doveva.

 

-Ti amo. Ecco cosa significa.-

 

Si allontanò di scatto e stette il più lontano possibile dall’uomo.

Scosse la testa.

 

Non poteva amare. Non di nuovo.

 

-Perdonami... Io... Vado...-

 

-C...-

 

-Astharoth.-

 

L’osservò mentre andava via, con il suo caratteristico sorriso malinconico sulle labbra.

 

-Astharoth?-

 

-E’ il mio nome...-

 

-E’ molto bello...-

 

Lo trattenne per un braccio, fermandolo. Lo vide chiudere gli occhi e distendere ulteriormente le labbra.

 

-Resta... Astharoth.-

 

 

-As... tha... roth?-

 

Aprì gli occhi con estrema lentezza.

Immagini e suoni le riempirono di nuovo la mente. Scosse la testa e le bloccò.

Non doveva farsi sopraffare.

Rischiava di essere nuovamente rinchiusa e che il suo bambino nascesse in un ospedale psichiatrico era proprio l’ultima cosa che voleva.

 

All’immagine di Astharoth andò gradualmente a sostituirsi quella di Vincent. Al sorriso del primo subentrò la velata preoccupazione del secondo.

 

-Mi spieghi che cosa ti sta succedendo?- chiese lui, teso.

 

Si mise a sedere e si guardò intorno. Era di nuovo in quell’orrenda stanza d’albergo.

Strano, prima di sognare Astharoth, credeva di essere in un laboratorio sotterraneo.

 

Fissò l’ex Turk, ancora in attesa di una risposta. Che cosa avrebbe potuto dirgli? Non le avrebbe mai creduto. Nessuno le aveva mai creduto.

 

 

-Buongiorno, signora.-

 

La signora, piuttosto bassa, aveva i capelli bianchi e tante rughe, come Momoka, la sua testuggine.

La sua pelle sembrava terribilmente traslucida; poteva vedere perfettamente le sue vene bluastre.

Indossava un kimono semplice, poco decorato, dalle tinte spente.

 

Sorrise. Aveva un bel sorriso. Dolce.

Sembrava una persona molto gentile.

 

-Ehi, ma con chi parli?-

-Lasciala stare, Wu...-

-Lasciala stare, è la strega...-

 

Arretrò lentamente, guardando la vecchia signora scomparire.

 

Di nuovo una di loro.

 

 

-Devo farmi una doccia.- rispose, evasiva.

 

-Yuffie. Che diavolo succede?- ripetè l’uomo, bloccandola.

 

-Niente. Niente che possa interessarti, almeno.- sussurrò, liberandosi e camminando lentamente verso il bagno.

 

-Perché ripeti quello che diceva Lucrecia?-

 

Si bloccò con la mano sulla maniglia della porta.

Il laboratorio doveva essere quello di Nibelheim.

 

-Probabilmente perchè la pensiamo allo stesso modo.- sussurrò, chiudendosi in bagno.

 

 

 

 

 

 

Non si erano rivolti la parola per tutta la giornata.

 

Stava cercando un modo per spiegarli tutto, ma non lo trovava. Non poteva pretendere che le credesse, che la capisse. Gli altri erano una tradizione di Wutai, dopotutto. E lui era un orientale...

 

 

-Uffi, io proprio non lo capisco...-

 

-Ma la ragazza c’è ancora?-

 

-Sì...-

 

-Ma... Ci osserva... Proprio sempre?-

 

-No, ogni tanto fa shopping nella Via Lattea...-

 

-Davvero?-

 

-No.-

 

Scoppiò a ridere.

 

-Com’è?-

 

Stupita, osservò la figura vestita di bianco davanti a lei e tentò di trovare un segno particolare che potesse identificarla. Aveva il viso tondo, quasi infantile, dai tratti delicati. Gli occhi erano grandi e le lunghe ciglia accarezzavano l’aria con grazia. Nonostante ciò, aveva un fisico estremamente femminile.

 

Poi vide una macchia a forma di luna sul polso destro. Sembrava una cicatrice da ustione.

 

-Ha una cicatrice a forma di luna sul polso destro.-

 

-Da quanto tempo ci segue?-

 

-Era con lui nella cripta, ma allora sembrava sempre infelice. Adesso sorride spesso.-

 

-E’ sua madre.-

 

 

Anche allora non le aveva voluto credere... Probabilmente era rimasto stupito dalla descrizione che aveva fatto della madre. Ma non voleva crederci.

 

Sbuffò e si alzò, ben intenzionata a farsi un giro.

 

-Yuffie?-

 

-Che c’è? Non posso nemmeno alzarmi, ora?- sbottò, stizzita, spostando il proprio peso da una gamba all’altra per sgranchirle un pò.

 

Lui sembrò ignorarla e si mise a cercare qualcosa.

 

Lo fissò senza capire, poi sentì chiaramente dei passi leggeri oltre la porta d’ingresso.

La maniglia si abbassò e la porta si aprì, rivelando le figure di due bambine perfettamente identiche, che potevano avere sì e no sei anni. Sembravano due bambole di porcellana, dall’incarnato pallido ed i capelli ondulati di un biondo surreale. Entrambe avevano un occhio rosso ed uno verde.

 

-Chi siete?- chiese Vincent, guardando verso la finestra ed iniziando a combattere contro un nemico immaginario.

 

Illusioniste.

 

-Vincent! Dannazione, bloccale!- urlò, ben sapendo quanto fosse inutile.

 

-E’ troppo tardi, piccola patetica umana.- sibilò la bambina di destra, che indossava un vestito rosso. –Morirà. Si ucciderà con le sue stesse mani...-

 

-Il mio nome è Alyah e questa è la mia sorellina Fraye. Siamo qui per liberare il mondo dalla vostra inutile presenza.- sussurrò l’altra, che indossava invece un abito nero, del tutto simile a quello della sorella.

 

Sentì una voce acuta cercare di entrarle nella testa, ma la respinse quasi immediatamente.

 

Di sicuro erano bambine raggirate in qualche modo da quelli che la cercavano. Non poteva ferirle.

Non poteva attaccarle.

 

Qualcosa di metallico ed appuntito le colpì la spalla, trapassandogliela e mozzandole il respiro.

Il braccio meccanico di Vincent.

 

Non poteva attaccarle, ma aveva il dovere di difendere sé stessa e il bambino.

 

Scattò all’indietro, liberandosi dall’arto dorato.

 

Tirò un calcio alla porta, chiudendola e vi tracciò il primo simbolo che le avevano insegnato. La stanza si trasformò in una foresta scura e Yuffie fu circondata da ninja armati fino ai denti.

 

-Ecco con chi combatteva Vinnie...-

 

Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dall’illusione.

 

 

-Non mi hai mai aiutata!-

 

Si trovava sempre in quella foresta, ma le gemelle, i ninja e Vincent erano scomparsi nel nulla. Al loro posto stavano Kasumi, Lord Godo e Lady Kisaragi. La sua famiglia. Le persone a cui teneva più al mondo.

 

-Per colpa tua ha dovuto rinunciare a tutto!-

 

-E’ solo colpa tua se è diventata quello che è ora!-

 

-Sei il disonore di Wutai!-

 

Lo sapeva. Sapeva di essere colpevole, ma cercava di dimenticarlo...

Da quando lei se n’era andata era peggiorato tutto e poi... Era arrivato lui... E quella promessa... E...

 

-Non hai mai saputo amarmi come meritavo...- sibilò una voce alle sue spalle.

Jubei.

 

Jubei?!

 

 

Spalancò gli occhi con un mezzo sorriso sulle labbra.

 

-Questo non dovevate farlo.- sibilò.

 

Si concentrò sulla voce acuta che continuava ad urlarle disperatamente nelle orecchie e la mise a tacere, per poi inviarla nuovamente alla propria avversaria.

 

Le due sorelle comparvero nella foresta e si guardarono intorno, disorientate.

Yuffie si accontentò di aumentare il volume della voce ridicolmente stridula ed osservò i ninja voltarsi verso di loro e ridacchiare.

 

Mantenne la concentrazione, ma la perse dopo il primo grido delle due. Erano solo bambine, nonostante tutto. Certo, erano simpatiche quanto Jenova, ma erano solo bambine.

E lei era una futura mamma.

 

Dissipò l’illusione e cadde in ginocchio sul linoleum della stanza d’albergo.

 

Alyah e Fraye erano scomparse nel nulla. Al loro posto, però era subentrato qualcuno con una forza spirituale maggiore. Era venuto a prenderle. Ed era molto arrabbiato.

 

Avvertì il respiro dell’essere nel collo e tutto il suo corpo si tese, rimanendo in attesa.

 

Ma anche quella presenza scomparve.

 

 

 

 

Si era curata come poteva, usando una materia di cura a livello medio; le sarebbe rimasta la cicatrice, ma il danno maggiore, all’articolazione, era sanato.

Il bambino, dopo il primo momento di panico della madre, aveva ripreso a muoversi nonappena si era seduta e curata.

 

Vincent aveva parecchi tagli; era riuscito a farsi abbastanza male, da solo, ma il suo corpo era capace di curare ferite ben più gravi, fortunatamente. Si era accontentata di fasciarlo come una mummia, più per divertimento personale che per utilità effettiva.

 

L’ex Turk si alzò di scatto e si guardò intorno, confuso: -I ninja?-

 

-Illusioni create da due membri dell’Associazione Pazzi Furiosi che cerca di uccidermi...- gli spiegò, cercando di sembrare calma e disinvolta.

 

-Stai bene?-

 

Yuffie sospirò, chiedendosi se non fosse il caso di dirgli la verità. Dirgli che era quasi riuscita ad uccidere due bambine in preda ad un raptus omicida? Dirgli che, probabilmente, la causa di tutto quello che stavano sopportando era il padre del bambino che portava in grembo? Di Astharoth?

 

No, non era il caso.

 

Se ne sarebbe andata quella notte stessa.

 

 

 

 

L’angolo degli amichetti di Chaos

 

Il capitolo si apre con una bella descrizione dei nemici che si stuzzicano come bambini dell’asilo... lol... Volevo renderli più cattivi e invece sembra una parodia...

 

Kaminà: Poveri noi...

 

Per il momento ve ne ho presentati pochissimi... Ma saranno un pochino di più... Ognuno ha una personalità precisa (chi più di una...) spero si capisca... Alyah e Fraye sono più perfide di quello che avevo pensato in un primo momento...

 

Capo: Sto scomodo su ‘sto tronooooo... Chi te l’ha fatto fare di farmelo avere di pietra?! Imbecille!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Par Amour... ***


Regarde-toi, assise dans l’ombre

Regarde-toi, assise dans l’ombre

A la lueur de nos mensonges

Les mains glacées

Jusqu’à l’ongle

 

Guardati, seduta nell’ombra

Alla luce delle nostre bugie

Le mani ghiacciate

Fino all’unghia

 

Guardati, all’altro polo

Chiudere gli occhi su quello che ci rode

Siamo cambiati

Con il tempo

 

Regarde-toi, à l’autre pole

Fermer les yeux sur ce qui nous ronge

On a changé

A la longue

 

 

Le chemin

Kyo

 

 

-Chiedo la liberazione di Alyah e Fraye.-

 

-Stupido! Sono colpevoli di alto tradimento, avrebbero già dovuto essere giustiziate! Ringrazia il Capo per la sua magnanimità!- esclamò Kaminà.

 

-Non discuto delle mie sentenze, Dirae, lo sai bene.-

 

-Hanno sei anni! Non puoi tenerle a lungo in prigione!- protestò il giovane, avvicinandosi ulteriormente al trono di pietra.

 

-Se preferisci, posso tenerle nel mio laboratorio... Sono esseri così resistenti, per la loro età...- iniziò la Dottoressa, melliflua, cingendogli la vita con un braccio ed accarezzandogli la schiena.

 

-Allontanati. Hai il suo odore addosso.- sibilò Dirae, spingendola via.

 

La donna si allontanò ridendo, in un fruscio di seta.

 

-Devi essere più comprensivo con lei, Dirae... Le tue sorelle le avevano promesso il suo giocattolo entro una settimana... Non ha valvole di sfogo, ora...- sussurrò il Capo.

 

-Se glielo portassi io, libereresti Alyah e Fraye?- propose il ragazzo, serrando i pugni.

 

-Se ne sta già occupando qualcuno di più fidato.- rispose Kaminà, uscendo dalla stanza. –Seguimi! Ti porto dalle traditrici!- esclamò dal corridoio.

 

Dirae strinse i pugni, voltandosi un’ultima volta verso il Capo, poi seguì la combattente fuori dalla stanza.

 

-Dannazione!- urlò il Capo, sbattendo violentemente il pugno chiuso sul muro.

 

-Ha sconfitto due delle tue migliori alleate... Avevano Valentine in pugno e quella... Bisogna eliminarla.- mormorò la Dottoressa, risoluta.

 

-No! Dobbiamo catturarla! Non possiamo assolutamente ucciderla! Per questo ho mandato...-

 

-Non dubiti forse della sua fedeltà?- lo interruppe la donna, accarezzandogli il volto.

 

-Madre... Ripongo tutta la mia fiducia in lei... Come lei la ripone in me... -

 

-Come desideri... Ricordati che Valentine è mio.- concluse lei, lasciando la stanza.

 

-Yuffie Kisaragi...-

 

 

 

 

-Yuffie, ti prego!-

 

-Non ci penso nemmeno! Non sono una medium, non voglio riferire i tuoi messaggi!-

 

-Lui non mi ascolta più... Non vuole più ascoltarmi...-

 

-Questi sono cazzi tuoi, Lucrecia.- sibilò, gelida.

 

-Non puoi dirmi questo, Yuffie... Sei tu ad usarlo. Sei tu che gli rimani accanto per i tuoi secondi fini.- sussurrò la ricercatrice, secca.

 

Le tirò uno schiaffo. Da quanto tempo desiderava farlo! Si sentì subito meglio, più leggera... Essere accusata di usare Vincent da quella donna... Come si permetteva?!

 

-Ascoltami bene, Vincent è mio amico. Non ho nessuna intenzione di comunicare il tuo messaggio a lui per il semplice fatto che non hai fatto altro che ferirlo!- esclamò, risoluta.

 

La presenza scomparve.

 

 

 

 

Doveva assolutamente fermarsi per dormire. Nibelheim era ancora lontana e non avrebbe retto ancora per molto. Aveva fatto di tutto per depistarlo, ma camminare a vuoto l’aveva stancata prima di quanto fosse abituata ed aveva cambiato i suoi piani.

Si era portata dietro solo lo stretto necessario per cambiarsi ed un pò di soldi per sopravvivere altri quattro mesi.

Il bambino si agitava come un dannato, cosa che, da una parte la consolava e le teneva compagnia, dall’altra la stancava e, soprattutto, la faceva innervosire.

 

Alzando lo sguardo, si accorse di essere nei pressi di una locanda. L’unica nel raggio di chilometri. Esultò mentalmente, mentre le sue gambe acceleravano l’andatura in previsione di un meritato riposo.

 

Entro e notò immediatamente, nella penombra che sembrava contraddistinguere quei luoghi, che pochissimi viaggiatori frequentavano quella strada.

In effetti, era abbastanza antica, l’aveva scelta perché allungava notevolmente il viaggio e, soprattutto, faceva parte della sua manovra diversiva.

Non aveva incontrato nemici: probabilmente si erano fatti furbi da tempo ed avevano capito che i viaggiatori passavano da tutt’altra parte. Aveva incrociato dei mostri strani, innocui, a forma di volpino a tre code.

L’unico che aveva avuto vedendoli era stato di prenderli e portarseli a casa.

 

Casa? Quale casa?

 

-Buonasera, signora, desidera una camera?- chiese la padrona, con gentilezza. Era una donna molto giovane, vestita in modo estremamente semplice: abito lungo, celeste e bianco, con un grembiule consunto ma pulito sopra.

 

-Sì, grazie.-

 

-Sono 130 gil, prego.-

 

Pagò, cercando di capire per quale motivo, nonostante fosse più che evidente che fosse incinta, non le avesse chiesto se voleva una camera doppia... Per ospitare anche suo marito.

 

-Ha bisogno di qualcos’altro?- chiese la donna, gentilmente.

 

-Come sapeva che volevo una singola?- domandò, incuriosita.

 

-Neppure mio marito ha mai visto nostro figlio...-

 

 

 

Aveva sistemato i suoi pochi averi nella piccola camera accogliente che le era stata assegnata. Era stata arredata con gusto, abbellita da piccoli particolari che la rendevano calorosa.

Poi, era scesa nella sala da pranzo e si era seduta accanto al camino, per cenare. Non ne aveva molta voglia, ma si era sforzata di ingoiare tutto ciò che la padrona della locanda le aveva presentato davanti. Alla fine della cena, la donna le aveva offerto una tisana.

 

-E’ sola?- le domandò una voce maschile, bassa e vibrante, con uno strano accento. Sembrava confondere ogni o con delle a.

Alzò lo sguardo ed incontrò una figura imponente e massiccia che le bloccò la visuale.

Sbuffò e tornò a fissare la propria tazza vuota.

 

Ma che voleva, quello?

 

Si mise a pensare alla padrona. Forse chi aveva sofferto conosceva il tipo di domanda che riusciva a ferire nel profondo ed evitarla di formularlo. Probabilmente le persone ferite riuscivano soltanto a capirsi tra loro.

 

Alzò nuovamente lo sguardo e, questa volta, incontrò un mare in tempesta.

L’uomo cui appartenevano aveva deciso di sedersi davanti a lei senza permesso. Nonostante le fosse sembrato, in un primo momento, imponente, il suo viso era leggermente scavato. Questo non faceva altro che accrescerne il fascino, così come la cicatrice che tagliava il suo sopracciglio destro in due tre/quattro centimetri.

Indossava un cappotto scuro tre taglie più grande del dovuto, che lo facevano sembrare enorme. Ma era comunque qualche centimetro più alto di Vincent, doveva ammetterlo.

 

-Suo uomo è conte. Non fa di lei contessa, però.- sussurrò con un sorriso mellifluo.

 

La principessa sobbalzò, coprendo la mano sinistra con la destra, d’impulso. Chi era quell’uomo? Come conosceva Astharoth? Perché, ovviamente, doveva conoscerlo per sapere che era un conte... Per saper leggere quel sigillo.

 

-Alex! La signora ci ha trovato una camera!- esclamò una bambina, interrompendo il breve monologo.

Anche lei era parecchio strana. Per prima cosa, nonostante non dimostrasse più di cinque/sei anni, aveva i capelli rosa shocking, corti ed indossava un maglioncino dello stesso colore, una gonna di pelle nera. A completare il tutto vi era una sciarpa, ovviamente rosa ed un paio di ballerine abbinate ad un paio di calze a rete... Fucsia.

Di sicuro, era eccentrica.

 

Per poco non cacciò un urlo quando notò che, nella sua schiena, vi era un paio di piccole ali piumate, immacolato. E si muoveva.

 

Alex, apparentemente soddisfatto dalla sua reazione, si alzò e seguì la piccola, non prima di aver lasciato un fiore viola, simile ad un giglio, sul tavolo.

 

-Cos’hai intenzione di fare, con quella?-

 

-Va ny znaye...- sussurrò lui, suadente.

 

-Cosa vuol dire non lo so?! Non sono più l’unica donna della tua vita?!- sbottò la bambina, furente.

 

-Ma no, ma no...- sussurrò l’uomo, accarezzandole i capelli e scompigliandoglieli affettuosamente.

 

Quel modo di fare le ricordava quello di Barret con Marlene... Allo stesso tempo distaccato ed attento.

Che fossero padre e figlia?

 

-Signorina, è molto tardi, farebbe meglio a riposarsi...- sussurrò la padrona di casa, poggiandole una mano sulla spalla.

 

Annuì leggermente, alzandosi ed imboccò le scale dietro alla strana coppia. A metà si voltò e prese ad osservare la padrona parlare con un giovane che aveva intravisto nella sala poco prima. Lui le cinse la vita e le sussurrò qualcosa all’orecchio.

Ma suo marito non era morto?

 

-Mamma, dov’è Rosie?- esclamò un bambino, sbucando da una porta e precipitandosi sulla madre.

 

-Rose è a dormire! E dovresti esserci anche tu!- lo rimproverò l’uomo.

 

-Ma... Victor... Uffi!!!-

 

Non era il padre del bambino. Era... Un altro. Quella donna era riuscita a farsi una vita anche dopo la morte del marito. Della persona con cui aveva avuto un figlio.

 

Forse, anche lei, con il tempo, avrebbe dimenticato...

 

 

 

 

-Amy, torna qui!-

 

-Non ho intensione di stare con le mani in mano mentre sci atacano!-

 

-Amy, non puoi, non in tue condizioni! Pensa a tua bambina!-

 

-La bambina é anche tuà, Alexandre! Ma non posò. Te l’avevo detò, io sono una gueriera!-

 

-Amy...-

 

-Je t’aime.-

 

Il bacio che seguì era disperato e passionale allo stesso tempo. Sapeva di sangue e di abbandono. E di rimpianto. Un bacio d’addio.

 

 

 

 

Si svegliò di soprassalto, trattenendo un urlo di terrore. Era stato orribile.

Si accorse immediatamente che qualcosa non andava. Prima di tutto, c’era un’ombra scusa china su di lei. L’ombra scura terminava in una mano che era saldamente premuta sulla sua bocca.

 

-Ferma! Non è in mio stile uccidere donne. Voglio parlare.- sussurrò Alex, tenendola ferma.

 

Si calmò, pronta però ad attaccare in caso ce ne fosse stato bisogno.

 

La sua mano scomparve da sopra la sua bocca e lei tirò un sospiro di sollievo.

Accese la luce, intontita dal sonno e dalla visione che aveva appena avuto. Riguardava l’uomo davanti a lei, ne era certa. Uomo? Non era poi tanto sicura fosse un semplice essere umano...

 

-Tu sei moglie di Astharoth?-

-Moglie? Ehm... Direi di no...-

-Tu hai suo anello.-

-E’ stato... Un regalo... Di fidanzamento.-

-Tu sei sposata con lui.-

 

-Ah... Bene... Tutto qui quello che volevi dirmi?- tagliò corto, a disagio. Quindi, quello davanti a lei era un demone? Ma non si erano estinti da millenni?

 

Ogni demone ha un sigillo che lo contraddistingue.

 

Notò che il suo tatuaggio era sulla mano sinistra. Rappresentava una bilancia, contornata da cinque sfere verdi. Neutrale. Ottimo. Re. Mica tanto ottimo.

 

 

-Mi piace questo tatuaggio!- esclamò, tracciandone i contorni con la punta delle dita. Le afferrò la mano, allontanandola brutalmente dal proprio corpo, con un ringhio sordo.

 

Lei sbuffò: - Non è certo colpa mia se hai un tatuaggio sullo stomaco! Lo sai che di solito sono le ragazze a farselo in quel punto?-

 

-Non ho scelto io il posto.- ribatté, freddo.

 

Non era proprio giornata...

 

-Che cosa rappresenta?- gli chiese comunque, non essendo nella sua natura di arrendersi alla prima difficoltà senza aver prima soddisfatto la propria naturale curiosità.

 

-E’ un sigillo. Il mio sigillo.-

 

-E perché dici che non hai scelto tu il pos..- iniziò, interrotta da uno sbuffo.

 

-L’ha deciso il Boss.-

 

-Il Boss?- ripeté, interdetta.

 

-Lucifero?-

 

-Aaah! Dev’essere troppo fico essere capo dei demoni!-

 

-Fammi capire, ti piacerebbe essere morta da tremila anni?- chiese, stupito.

 

-Quello è un dettaglio senza importanza!-

 

Riprese a fissare il tatuaggio, notando una sfera celeste.

 

-E’ celeste perché sei un maschio?-

 

Gli occhi del demone si spalancarono per la sorpresa, poi scoppiò a ridere, stringendola a sé.

 

-Perché ridi? Lo so, sono ignorante!!!-

 

-No, assolutamente... Sei così innocente e tenera... A’maelamin...-

 

-Allora, perché è azzurra?-

 

-Perché sono schierato dalla parte dei demoni. Il Verde rappresenta la neutralità. Il numero di sfere indica il grado.- spiegò, pazientemente.

 

-Uno! Su quanti?-

 

Lui si rabbuiò.

 

-Cinque. Sono un conte.-

 

-Come il conte Dracula...- concluse Yuffie, pensosa.

 

 

-Sei un Re.-

 

Probabilmente, visti gli infiniti poteri che aveva a disposizione, le aveva letto nel pensiero. E aveva letto: cazzo, se a questo gira male mi fa fuori senza sforzo.

 

-Ho poco tempo, contessa. Società che sta cercando lei si chiama Dusk Society. Ne fanno parte esseri umani dai grandi poteri. Deve fare molta attenzione.- le spiegò, così in fretta che, tra il suo accento e la velocità con cui pronunciava le parole, la povera ninja non capì quasi nulla.

 

-Eh? Alex, capiscimi, sono le tre del mattino... Puoi ripartire dall’inizio?-

 

-Ho poco tempo, contessa. Società che sta cercando lei si chiama Dusk Society. Ne fanno parte esseri umani dai grandi poteri. Deve fare molta attenzione. Loro scopo principale è rapire lei o uccidere lei. Lei eliminato solo un membro.- sussurrò, più lentamente. –Milaja, lasci che sia io a proteggere lei...- continuò, suadente, avvicinandosi pericolosamente alle sue labbra.

 

Milaja, per tutta risposta, per nulla intimorita, alzò violentemente il ginocchio e spinse via il demone rantolante. Poi scivolò rapidamente fuori dal letto, afferrò la propria esigua valigia e corse via.

 

 

 

Bussò, ansante e, quasi immediatamente, la porta di casa si aprì.

Osservò la padrona di casa, stupita. Era di Wutai, senza dubbio. Aveva il viso ovale, gli occhi grandi ed allungati, di un intenso color ghiaccio. Dopo averli fissati più a lungo, scoprì che erano fissi. La donna era cieca.

Yuffie impegnò qualche secondo a chiedersi come, nonostante ciò potesse essersi infilata il kimono e l’elaborato obi ed essersi fatta due chignon perfettamente simmetrici ai due lati della testa.

 

Concluse che, probabilmente, qualcuno doveva occuparsi di lei.

 

-Scusi... Credo di essermi persa... Ho visto un mostro enorme e sono corsa qui... La disturbo?- chiese, titubante.

 

-Affatto, cara, entra pure... Devi essere stanca, riposati pure sul divano...- sussurrò la donna, con voce vellutata. Non sapeva perché, ma eseguì l’ordine senza pensarci troppo...

 

Si osservò intorno: le sembrava di essere tornata a casa, dopo tanto tempo. L’abitazione era scarsamente arredata, come lo voleva la tradizione di Wutai. Nella sua estrema semplicità, era splendida.

 

Fissò una stampa che rappresentava una splendida donna in kimono che sembrava battersi con un uomo vestito di scuro, dalle grandi ali nere. Strano, di solito la sua gente non ammetteva l’esistenza di esseri del genere. Di demoni.

 

-Vuoi che ti racconti la storia di quella donna?- le chiese la padrona di casa, sorridendo con grazia. –So che la guardavi... Le persone rimangono incantate da quel disegno...-

 

La coprì con una coperta pesante e le accarezzò la testa.

 

-A Wutai c’erano due villaggi. Il Villaggio della Terra ed il Villaggio del Cielo. Il secondo esiste ancora oggi... ma è dal primo che proviene la ragazza. Si chiamava Hikaru, Luce, ed aveva occhi splendenti ed una voce soave. Era felice e la sua felicità allietava l’intero villaggio... Ma dalle viscere della terra, una sera, emerse un essere immondo, un demone. Estasiato dalla voce della ragazza, la rapì e la trascinò agli inferi, dove ne fece la sua triste sposa. Venne la Guerra dei Demoni e quel demone fu dato per disperso. Ormai, dopo millenni, la ragazza aveva finito con innamorarsene e, dopo la sua scomparsa, sprofondò nell’oblio. Ma ecco che egli ricompare... Ma ha perso la memoria e non si ricorda dell’amata, al contrario, le preferisce un’altra umana, originaria del Villaggio del Cielo...- raccontò, con voce suadente ed ipnotica.

 

Yuffie si addormentò, per la prima volta, scivolando in un sogno senza sogni. Le sembrava passata un’eternità, quando sentì il dolore alla spalla. Spalancò gli occhi e gridò. Istintivamente, tirò un calcio all’assalitore, che crollò all’indietro, attaccato quasi immediatamente da un’altra creatura.

 

Si sentiva bruciare la spalla e faticò a mettere a fuoco la scena. Possibile che Galian... Come poteva averla trovata?

 

Il demone blu era sicuramente Galian. E quell’enorme serpente? Dov’era finita la padrona di casa? Era ferita? O peggio?

La cercò con lo sguardo, ma riuscì a scorgere solo il kimono strappato in un angolo della stanza.

 

-Signora?- sussurrò, alzandosi lentamente.

 

-Yuffie, dannazione, vattene!- ruggì il “canide”. Il momento di distrazione gli costò caro, perché il serpente lo morse ad un braccio e lì rimase attaccato, finché lui non riuscì a liberarsi con uno strattone.

 

-E tu sta attento!- sbottò lei, concentrandosi e raccogliendo un pò della propria forza. Afferrò i Sai appesi alla parete accanto a sé e li lanciò sul mostro. –Bloodfest!-

 

Il serpente si abbatté al suolo e riprese forma umana. A terra rimaneva una donna dalle pelle candida, coperta unicamente da una massa lucida e ordinata di capelli neri.

 

-Signora?- la chiamò la ninja, sbigottita. Era una specie di serpente mannaro?

 

-Stammi lontana! Ho perso tutto a causa tua! Tutto! Ma ora morirai!- urlò l’altra, alzandosi a fatica. –Tu non sei bella! Non sei aggraziata! Non sai cantare! Non sai ballare! Cosa ti rende più desiderabile di me?!-

 

La principessa arretrò, spaventata e sorpresa. Quella di fronte a lei era Hikaru, la donna della storia. E il demone che l’aveva sposata e abbandonata era... Astharoth?

 

-Non lo so... Hikaru, ti prego... Perdonami... Non ho mai capito cosa gli piacesse di me... Mi sentivo così fortunata... Non credevo...- sussurrò Yuffie, sentendosi terribilmente colpevole.

 

-E’ vero. Lei non è bella, è splendida. Ed è dannatamente aggraziata. E, al contrario di te, è una brava combattente. Non ti consiglio di offendere le persone che non conosci... E tu, Yuffie, piantala di sminuirti, ho il monopolio della bassa autostima, ricordi?– sussurrò Galian Beast, con il fiato corto, appoggiandosi al muro.

 

La ninja sorrise debolmente, preoccupata. Se cominciava a farle complimenti, probabilmente quel demone era terribilmente velenoso...

 

Poi, in un attimo, i due demoni si scontrarono. Se ne accorse soltanto quando vide il corpo della donna a terra, riverso in una pozza di sangue.

 

Galian riprese forma umana e scivolò a terra, quasi senza rumore.

 

-Vincent? Vincent!-

 

Era solo svenuto. Ma era ridotto male e tremava a causa del veleno.

 

Fissò il corpo di Hikaru, disteso prono sul legno intriso del suo sangue. Aveva agito per amore. Aveva combattuto per amore. Era morta per amore. E sempre per amore voleva ucciderla.

 

-Non sarò mai come te, Yuffie Kisaragi, ma ci proverò e lui dovrà riconoscere che il mio amore è più forte del tuo!- esclamò, alzandosi con uno sforzo enorme per non scivolare sul sangue.

 

-Idiota. Se il tuo amore non è ricambiato non è certo perché è migliore o peggiore di quello di qualcun altro...- sussurrò una voce maschile. Yuffie si voltò verso quella e vide Reno. Un secondo prima che premesse il grilletto.

 

-No! Perché l’hai fatto?! Perché?-

 

-Yuffiechan, devi smetterla di essere così scrupolosa con le persone che vogliono ucciderti...- tagliò corto il rosso, caricandosi in spalla Vincent –E tu, Vincent, devi piantarla d’indossare così tanto metallo... Quanto diavolo pesi?!-

 

 

 

L’angolo degli amichetti di Chaos

 

Si capisce un pò di più la mia trama contorta? Qualcuno ha capito cosa vuole la Dusk Society (Società del Crepuscolo) da Yuffina? Ma, soprattutto, quanti membri ha? E ancora, riuscirò a non far morire Vincent nei prossimi capitoli?

 

Ho voluto assolutamente inserire i volpini di FF12 (i rabbit)! Sono troppo kawaii!

 

E mi sono divertita a scrivere il pezzo del flashback di Alex con la sua dolce metà... Mi piace il fatto che entrambi abbiano uno strano accento... Per la cronaca, quello di Alex è russo (ho anche azzardato una frase... scritta come si pronuncia!), quello di Amy (che, tra l’altro, nella lista dei demoni, è un marchese, indipercui uomo... ^_^) francese. Per il primo accento ringrazio Nina, Sasha, Masha, Elvira e, soprattutto, Dina Kotelnikova, per avermi incosciamente aiutata. (“dovi’è Rossiela?” rimarrà sempre negli annali della scuola. Povera Roxy...) Per il secondo, mi ringrazio da sola per non saper pronunciare le doppie e le gl... ^_^ E, ovviamente, tutta la comunità francese...

 

Mi sto ponendo un quesito, però... Tutti ‘sti demoni si capiranno, tra loro? No, perché ognuno parla una lingua diversa...

 

A’maelamin significa mia amata o mio amato... Milaja, invece, cara.

 

Hikaru è un personaggio molto più complesso di quello che sono riuscita a mostrare... E’ stato un peccato farla morire così presto... Ah! Certo, come dimenticarmelo... Non è la Pucca, nonostante l’acconciatura!

 

A proposito... Complimenti a Krizalid... Astharoth è un demone... E’ un conte, per la precisione... Mi pareva che fossero divisi in Marchesi, duchi, conti, presidenti e re... Mi sbaglio? @_@ Comunque, amo questo nome...

Già che ci sono, scusate, ma rispondo ai commenti...

Kay: esattamente come Sid! (si scioglie e comincia ad urlare isterica come una banale fangirl)

Dastrea: Astharoth è morto da tre mesi... Yuffie è incinta da appena cinque... la morte di Astharoth, per essere ben precisi, avviene durante DOC...

Geko93: Grazie a te... Mi commuovo sempre quando faccio un commento non troppo positivo e l’autore della fic mi ringrazia... ^_^

mizar89: io ho iniziato dall’8, per poi passare al dieci, a Kingdom Hearts, al 7, all’X-2, al 9 e al 6... Ti capisco...

Amantha: Come potrebbe essere Azul? Povera Yuffina! Comunque... Per un attimo ho creduto anche io fosse Nero, con tutte le similitudini che hai trovato con il mio Astharoth... Ma Nero ha gli occhi rossi, come Vinnie... Giocaci, a Doc... Ti aiuterà a capire un sacco di cose... ^_^

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** What am I leaving? - Astharoth ***


I dreamed I was missing

I dreamed I was missing

You were so scared

But no one would listen

‘cause no one else cared

After my dreaming

I woke with this fear:

What am I leaving

When I’m done here?

So if you’re asking me I want you to know

 

Ho sognato che ero disperso

Eri così spaventata

Ma nessuno voleva ascoltarti

Perché a nessuno importava

Dopo il mio sogno

Mi sono svegliato con questa paura:

Che cosa lascerò,

Quando avrò finito, qui?

Così, se me lo stai chiedendo, voglio che tu sappia

 

 

When my time comes

Forget the wrong that I’ve done

Help me leave behind some

Reasons to be missed

Don’t resent me

And when you’re feeling empty

Keep me in your memory

Leave out all the rest

Leave out all the rest

 

Quando arriva la mia ora

Dimentica gli sbagli che ho fatto

Aiutami a lasciare dietro qualche

Ragione perché io manchi

Non provare risentimento verso di me

E quando ti senti vuota

Tienimi nella tua mente

Lascia fuori tutto il resto

Lascia fuori tutto il resto

 

Leave out all the rest – Linkin Park

 

 

Assaporò ogni centimetro della pelle calda con cui era a contatto. Lei fu scossa dai brividi, ma non si scostò. Si era abituata alla sua pelle gelida.

 

-Quante donne hai avuto prima di me?- gli aveva chiesto, assonnata.

 

-Nessuna.- le aveva risposto, sinceramente.

 

Non aveva ricordi precedenti il giorno in cui si era svegliato, anni prima, confuso ed imprigionato. Il suo primo ricordo riguardava un paio di occhi nocciola che lo fissavano al di là della prigione. Era sicuro che la persona a cui appartenevano, una donna, fosse a conoscenza delle sue origini.

 

Certo, grazie a Yuffie aveva recuperato qualche frammento. Ma non aveva ricordi dell’amore. Per lo più aveva ricordato aspetti generali della sua vita precedente.

 

-Quante donne ci saranno dopo di me?-

 

-Quattro o cinque, non di più...- sussurrò, baciandola.

 

-Scemo...- mormorò lei, posandogli le mani sul petto ed addormentandosi.

 

Le sue piccole mani, delicate, eleganti, capaci di dare la morte. Ma anche di aprire le porte del Paradiso.

Se le sarebbe ricordate molto bene, le sue piccole mani. Erano calde, morbide. E lenivano le sue ferite con un solo tocco. Cancellavano il fatto che non aveva né un passato né un futuro.

 

Avevano raccolto le sue lacrime, le sue paure e le avevano trasformate in qualcosa di diverso. Qualcosa di positivo e meraviglioso. L’avevano tenuto stretto a lei quando aveva deciso che non poteva vivere senza.

 

Quante donne ci sarebbero state, dopo di lei? Nessuna. Non ci sarebbe stato nulla, dopo di lei. Neppure il Lifestream.

 

A quelle domande lei avrebbe risposto in modo diverso.

 

Prima di lui, qualcuno c’era stato. Qualcuno che aveva lasciato delle profonde cicatrici nel suo cuore. Non solo, probabilmente, però a lui importavano quelle. Erano quelle che la facevano piangere.

Qualcuno che si chiamava Jubei.

 

 

Quella ragazza, aveva una gioia di vivere contagiosa mista alla sagezza tipica delle persone anziane. Sapeva ciò che era giusto e quello che era sbagliato, ma non perdeva mai l’occasione di varcare la linea sottile che divideva i due concetti. Lo confondeva. E, allo stesso tempo, ne era rimasto affascinato.

 

Nelle ultime settimane era stato tormentato dal desiderio di baciarla. Non sapeva per quale motivo desiderasse tanto farlo, ma il punto era che lo desiderava più di ogni altra cosa al mondo. Quindi, aveva deciso di baciarla, nel sonno.

 

Fino a quel momento la situazione era perfetta. Lei dormiva un sonno agitato e lui era sulla soglia della stanza da circa tre ore, perfettamente immobile, incapace di muoversi o respirare. Un osservatore disattento l’avrebbe sicuramente confuso con l’arredamento del Ghost Hotel.

 

Si diede dello stupido. Era o non era un demone? Poteva baciare chi gli pareva!

 

-Ti prego... No... Ti prego...- la sentì sussurrare, debolmente. Era come il miagolìo di un gattino abbandonato. Senza speranza, pieno di paura.

Stava piangendo.

 

Le si avvicinò, indeciso sul da farsi. Non voleva che lo vedesse, che si accorgesse di lui. Si sentiva già abbastanza imbarazzato. Però l’espressione che aveva non gli piaceva per niente. La conosceva fin troppo bene.

 

-Jubei, ti prego... Non farlo...-

 

La abbracciò, titubante e prese ad accarezzarle i capelli. Non gli importava di farsi scoprire. Piuttosto che osservare senza fare nulla il suo dolore, avrebbe spiegato ogni cosa. Ma non voleva vederla soffrire.

 

-Poikaer, kaima... Uuma dela, amin sinome… Kaima... Uuma dela, amin sinome... Kaima.-

 

Si calmò e lo strinse a sé, lasciandolo confuso e spaventato. Le asciugò le ultime lacrime e la baciò sulla fronte. Tutt’altro bacio non sarebbe stato tanto significativo e bello, in quel momento. E, straordinariamente, sentì che gli bastava.

 

 

Dopo di lui sperava ci sarebbe stato qualcun altro, qualcuno da amare alla luce del giorno, qualcuno del quale non vergognarsi. Qualcuno che sapesse darle tutto l’amore che meritava.

 

Anche se il pensiero di lei tra le braccia di un altro era insopportabile, lo faceva sentire male; era nauseato e disgustato perché l’amava tanto da desiderare soltanto lei ma non abbastanza da riuscire a negare quel desiderio in modo da permetterle di essere felice con un altro, dopo la sua morte.

 

 

-Ho visto una coppia, oggi... Si tenevano per mano... Ho pensato che noi non potremo mai concederci questo lusso... Per noi non ci sarà mai nulla. Solo attimi. Attimi che fuggiranno via per sempre una volta trascorsi, che rimarranno nella nostra memoria per tormentarci per sempre...-

 

-Ma anche per farci sentire bene... Per accompagnarci nei momenti difficili e per ricordarci che esiste sempre una luce, anche nell’oscurità più profonda...-

 

-Sarebbe stato meglio se non avessi deciso di cambiare idea Yuffie...- mormorò, tormentandosi le mani.

 

-No... Probabilmente in questo momento sarei qui a piangermi addosso... Voglio sapere perché sei stato così ingiusto con me... Volevi che ti lasciassi, vero?- gli chiese, afferrandogli una mano e sorridendo, incoraggiante.

 

-Ingiusto?- ripeté Astharoth, divertito.

 

-Ok, ok... Maledettamente stronzo è l’espressione più giusta...-

 

-Io sto morendo.-

 

 

Era scoppiata a piangere e si era ritrovato disarmato, inutile, davanti al suo dolore. Tra le lacrime, gli aveva detto che tutti dovevano morire, che era nella natura delle cose. Che sarebbe stata con lui fino alla fine.

A quel punto, solo a quel punto, era riuscito a dirle che non voleva che stesse con lui fino alla fine. Voleva che ricominciasse a vivere come aveva sempre fatto.

 

Aveva rifiutato. Lo sapeva fin dall’inizio che non avrebbe acconsentito. Non era nel suo carattere. Com’era nel suo carattere pensare prima agli altri e poi a lei.

 

E allora le aveva confessato tutto. Tutto quello che provava per lei, quanto le fosse grato per avergli offerto un passato ed un futuro, fino a quel momento. Quanto l’amasse. E quanto le sarebbe mancata. Tutto quello che non le aveva mai detto perché aveva paura che si legasse indissolubilmente a lui.

 

Si sciolse dal suo abbraccio, rinunciando per sempre al suo calore ed osservò la sua stanza. In tre anni, non le aveva lasciato niente. Non c’era nessuna traccia del suo passaggio.

Sarebbe stato più semplice passare oltre, dimenticarlo e rifarsi una vita con un altro.

 

Con un ultima occhiata alla donna che amava, scivolò nella notte.

 

 

 

 

-Promettimi che ti prenderai cura della ragazzina.-

-Te lo prometto.-

 

 

 

 

L’angolo degli amichetti di Chaos

 

Chaos (piagnucola): Lui non è un mio amichetto!

Astharoth: Ne sei proprio sicuro? (sadico)

Yuffie: A proposito, dove scivoli nella notte, che sei nudo?

 

Non potevo mica scrivere che prendeva un bonsai ed usciva! Mi si rovinava tutto il momento poetico...

 

Questo capitolo è stato ispirato dal BELLISSIMO film “Tristano e Isotta”, che almeno ha qualche citazione interessante... Anche se tristemente melense... (“quante donne ci saranno prima di me? Nessuna. Dopo di me? Nessuna.” Che scemata... Meglio le uscite di Asty) Ma, più che altro, dal testo della canzone dei Linkin... Bellissimo cd, me piange...

 

Jubei Kakei (Get Backers): Io non ho fatto niente, perché dici che stavo con Yuffie? Non mi piacciono neppure, le donne...

Ero a corto di nomi giapponesi... Perdonatemi, eventuali fan della serie...

 

Poikaer, kaima... Uuma dela, amin sinome… Kaima.  Dovrebbe significare: Tu che sei pura (pure one), dormi... Non preoccuparti, sono qui. Dormi.

 

Bè, ecco, ora sapete chi è Astharoth, insomma, chi era... Cosa ne pensate? Volete uccidere anche lui? Aspettate di conoscere Jubei, prima...

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Confrontation ***


-Non và un pò meglio ora che ti sei sfogata

-E’ la vostra ultima possibilità.-

 

-Vi ringraziamo di cuore, nostro signore. La vostra bontà supera ogni nostra speranza.-

 

-Non sono sicura che riusciranno a terminare la loro missione... Non ora che sta iniziando a comprendere i propri poteri...- sussurrò la dottoressa.

 

-Ci riusciranno, abbi fede.-

 

-La fede è ciò che più ci manca...- s’intromise la ragazza alla sinistra del capo, osservando la superfice di uno specchio.

 

-Marie, che cosa vedi?-

 

-Nulla di buono, mio signore. Morte. Solo morte.- mormorò.

 

-Se le gemelle dovessero fallire, sarà il vostro turno.- disse il Capo, rivolto a Kaminà e il suo compagno di squadra. –Colpiremo i suoi punti deboli, così da farla cedere.-

 

 

 

 

 

-Non và un pò meglio ora che ti sei sfogata?- chiese Tifa, con un mezzo sorriso.

L’altra annuì, sorseggiando la tisana che le era stata preparata.

 

-Perdonami, Tifa, pensavo fossi solo una pettegola rompiscatole e, invece... Invece sei così gentile... Grazie...-

 

-Quando ho telefonato ero molto arrabbiata... Credevo non ti fidassi abbastanza di me da potermi dire che stavi con Vincy... Mi sono sentita... Delusa... Per me è importante avere la fiducia delle altre persone, sai? Mi fa sentire meno inutile... Quando ho visto che non accendevate più i cellulari, la rabbia è aumentata...- raccontò la barista, con un sorriso. –Poi però mi sono ricordata che anche testa di Chocobo lo lascia acceso, nonostante non ami ricevere chiamate ed ho cominciato a preoccuparmi...-

 

-Ti ho sentita!- urlò Cloud, dalla stanza accanto.

 

Le due donne scoppiarono a ridere.

 

-A proposito, Yuffie... Gliel’hai detto?-

-Che cosa?-

-Che non è lui il padre della bambina...-

 

La fissò, confusa. Lui chi?

 

-Guarda che con il punk non ho fatto proprio nulla...-

 

-Ti ho sentita!!!- ripeté il punk in questione.

 

-Parlavo di Vincent!-

 

-E chi ha fatto qualcosa con Vincent! Ha più di 50 anni!!!-

 

-Allora non state insieme?-

-No!-

-Peccato, sareste così carini!!!-

-Tifa, non farti strane idee!-

-Lo ying e lo yang!!!-

-Tifa!!!-

-Gli opposti che si attraggono!-

-Tifaaaaaa!!!-

-Ma, scusa, è così romantico!-

-TIFA!-

 

La maggiore tacque e rimase qualche secondo con la testa tra le nuvole, sospirando.

 

-Ammetti che ti piacerebbe, però...- insistette.

 

-Eh? Litighiamo dal mattino alla sera! Non fa altro che pensare alla sua ex mor...!- esclamò la principessa, interrompendosi immediatamente.

 

-Anche tu.-

 

-E’ diverso! Io sono incinta!-

 

-Oh bè, congratulazioni, allora, non si era ancora notato...- mormorò Cloud, sarcastico, alludendo con un cenno della testa al grembo della minore.

Non fece in tempo a schivare i due grossi cuscini che gli lanciò in faccia.

 

Tifa scoppiò nuovamente a ridere, rotolandosi maleducatamente sul divano.

 

-Il tuo Principe delle Tenebre deve solo riposare... L’antidoto ha fatto effetto e il suo corpo sta reagendo perfettamente.- le annunciò il biondo, rimettendo a posto i cuscini, curandosi che la propria coinquilina rimanesse sotto. –Ovviamente non vuoi dirmi chi è il padre del bambino, vero?-

 

-E’ una bambina.- rettificò Tifa, ancora distesa sotto i cuscini.

 

-Sei comoda?-

-Sto da Dio.-

-Mi posso sedere o devo comprarmi un altro divano?-

 

-Non posso, mi dispiace... Non subito... Prima devo scoprire che cosa vuole la Dusk Society da me... Il motivo potrebbe essere legato a lui... Non voglio coinvolgervi...- rispose Yuffie, con un sorriso tirato.

 

-Ci hai già coinvolti. Vincent ha rischiato la vita per te... Lui almeno sa qualcosa?- chiese Cloud, serio, sedendosi sul tavolino di fronte al divano.

 

-No. Anche io so veramente poco... Mi dispiace...- sussurrò, alzandosi.

 

-Yuffie?- la chiamò Cloud, serio.

 

Si voltò verso di lui, rimanendo in attesa che continuasse la frase.

 

-Cos’hai intenzione di fare, dopo che la bambina sarà nata?- domandò.

 

-Tornerò a Wutai, ovviamente, con lei.- sussurrò.

 

-Certamente, ma, hai già pensato al fatto che ti serve un padre?-

 

-Ci penserò a tempo debito.- concluse la ninja.

 

 

 

Era ricoperto da bende zuppe di sangue e respirava a fatica. Gli accarezzò i capelli, sedendosi sul letto, accanto a lui, cercando di non pensare che era tutta colpa sua.

 

Lui gemette debolmente ed aprì gli occhi:-Stai bene?-

 

-Scemo! Sei tu che stai male!- esclamò la donna, tirandogli una ditata sulla guancia e strappandogli un ulteriore gemito soffocato.

 

-L’importante è che tu stia bene.- sussurrò, alzando lentamente la mano e sfiorandole il ventre. –Anche lui deve stare bene...-

 

-E’ una bambina...- lo corresse Yuffie, con un debole sorriso.

 

-Speriamo non sia come te...- ricambiò il sorriso, ma presto quello si trasformò in una smorfia di dolore.

 

-Non sforzarti troppo...- lo rimproverò, provando una dolorosa fitta al petto osservandolo.

 

-Io non mi sforzo, Yuffie, con te mi viene tutto molto naturale... Anche farmi pestare da un demone serpente è normale, con te...- mormorò l’ex-Turk, soffocando una risata ed il conseguente gemito di dolore.

 

-Come mi hai trovata?- gli chiese.

 

-Ho seguito la scia del tuo profumo.-

 

-Ah... E che profumo ho?- domandò, arrossendo violentemente.

 

-Direi profumo di Yuffie.-

 

-Tenterò di commercializzarlo, allora...-

 

-Desolato di interrompere il vostro momento romantico... Volevo solo chiedere a Vincent se poteva gentilmente smetterla di farti cacciare nei guai... Dopotutto, sei incinta...- disse Reno, appoggiandosi allo stipite.

 

-E’ colpa mia, Reno... Sono io che lo sto cacciando in tutti i casini possibili ed immaginabili...- sussurrò la ninja, abbassando la testa.

 

-Devo farla anche a te, la ramanzina, ma mettiti in coda.- la interruppe il rosso, un pò più dolce.

 

-E’ sfuggita dalla mia protezione, mi dispiace.- si scusò l’ex-Turk, tentando di alzarsi a sedere.

 

-Yuffie, perché sei scappata?- chiese il rosso, ignorandolo.

 

-Non volevo che si facesse male... Mi dispiace...- si scusò la donna, abbassando la testa.

 

-Non intendevo ora...- ribatté lui.

 

-Ah... Ecco, non volevo dare fastidio ad Elena...– gli spiegò, abbassando la testa ed arrossendo.

 

-Ti ha detto lei di andare via?- le chiese, stupito.

 

-No, ho deciso da sola...- confessò lei.

 

-Scusa la domanda, ma tu, che di solito non ti arrendi mai, hai lasciato che una donna imbottita di ormoni, con una crisi isterica ti cacciasse di casa? Non ti capisco...- le domandò il Turk, alzando un sopracciglio.

 

-Io la facevo soffrire! Nel mio stato non potevo... Lei cercava di avere un bambino e quindi...-

 

Reno scoppiò a ridere, come se avesse fatto la battuta più divertente del mondo.

 

-Quindi, ora che è incinta potresti tornare?- le chiese.

 

-E’ incinta?! Davvero? Credevo che...-

 

-Torneresti?- ripeté il Turk, serio.

 

-No, non credo... Non voglio mettere in pericolo nessuno... Andrò via...-

 

Percepì il freddo del braccio meccanico di Vincent stretto attorno al polso.

 

 

-Lucrecia, lascia che ti aiuti...-

 

-Non voglio più vederti. Cosa non hai capito di questa frase?!-

 

 

Scosse la testa per scacciare quella visione e si sforzò di guardarlo negli occhi. –Nessuno.-

 

-Yuffie. Continuerò a seguirti anche se non vorrai. Anche se finirai con l’odiarmi. Anche se mi ripeterai all’infinito tutto ciò che mi disse Lucrecia.- sussurrò, risoluto.

 

Quindi sapeva delle sue visioni. Da chi l’aveva saputo? Possibile che avesse chiamato...

 

-Volete che levi il disturbo?- chiese titubante Reno.

 

-No, Reno, non preoccuparti... Riposati, Vincy...- mormorò la ragazza, scossa, tentando di liberarsi dalla presa del moro, senza risultato.

 

-Yuffie. Non te ne andrai.- non era una domanda.

 

-No, non me ne andrò.- mentì lei, cercando di allontanarsi.

 

-Valentine, non fare l’eroe... Hai bisogno di dormire o non recupererai mai...- le venne in soccorso il Turk. L’altro, controvoglia, le lasciò il polso e lei s’incamminò fuori dalla stanza.

 

-Che dire, ancora, se non un banalissimo se la fai soffrire, ti ammazzo?- lo sentì aggiugere.

 

Si bloccò, appena fuori la soglia, gelata sul posto.

 

Se il tuo amore non è ricambiato non è certo perché è migliore o peggiore di quello di qualcun altro...

 

In un modo o nell’altro, le persone che le stavano accanto finivano tutte col soffrire per causa sua.

 

 

-Quando scomparirò, non attaccarti alla mia memoria.-

 

-No.-

 

-Avevo detto...-

-Avevi detto “senza se e senza ma”. Io ho detto no.-

 

 

Scosse nuovamente la testa ed alzò lo sguardo, con un respiro.

Sobbalzò. Tifa la fissava in modo strano, come addolorata. Poi, senza preavviso, iniziò a piangere.

 

-Tifa, che hai?-

 

-Pensavo... Pensavo che sei bellissima! Aeris sarebbe stata così felice di vederti finalmente innamorata di qualcuno che non fosse Cloud!- singhiozzò la barista, gettandosi tra le braccia della minore.

 

-E..ehy... Parliamone... Non sono mai stata innamorata di Cloud...-

 

-Ma tu sei riuscita a ottenere un appuntamento con lui!- protestò la mora, allontanandosi lentamente, sempre scossa dai singhiozzi –Ti ricordi, al Gold Saucer?-

 

-Quello? Aspetta, fammi capire, stai piangendo perché sono riuscita ad uscire con Cloud al Gold Saucer?-

 

-No, sto piangendo perché stavo pensando ad Aeris... A quanto sarebbe felice per te...-

 

-Oltrettutto, non abbiamo fatto niente, a quell’appuntamento...- sussurrò la ninja, interdetta.

 

A malapena se lo ricordava... Quella sera stessa aveva conosciuto Astharoth, però... E quello se lo ricordava fin troppo bene...

 

-Io di sicuro non ho fatto niente, ma tu mi sei saltata addosso per baciarmi...- rettificò Cloud, con un sorriso.

 

-Cloud! Come hai potuto!- sbraitò Tifa, avvicinandoglisi con una gran voglia di ucciderlo.

 

Avvertì una fitta al ventre, meno forte di quelle che preannunciavano una serie di visioni ed osservò Aeris materializzarsi davanti a loro. Tifa cacciò un urlo ed arretrò pericolosamente verso le scale, afferrata prontamente da Cloud, altrettanto scosso.

 

Aeris, ignorando tutti, entrò nella stanza degli ospiti, che fu illuminata di luce verde. I tre la seguirono, solo per scoprire che era scomparsa.

 

-Mi sento meglio... Ma credo di delirare...- annunciò Vincent, confuso. –Ho appena visto Aeris eseguire un Great Gospel...-

 

-Stai bene?!- esclamò Yuffie, osservando l’ex-Turk alzarsi a sedere e togliersi le bende dal viso.

 

–Vado ad informare Rufus dei tuoi progressi!- esclamò Reno, ormai sulle scale.

 

-Reno! Come fai a sapere...?- chiese la principessa, seguendolo di corsa.

 

-Principessa, non c’è nulla che la Shinra non sappia su di lei... – rispose suadente, posandole un dito sulle labbra. –Dimentica la guerra, forse?-

 

La lasciò inebetita sulle scale a pensare come potesse aver dimenticato che quella Shinra era la stessa che aveva attaccato Wutai ed aveva tentato di appropriarsi di tutti i segreti della famiglia reale...

Probabilmente era tutta colpa dell’amicizia che li legava.

 

-Reno!- urlò a pieni polmoni. –La Shinra non conosce i miei sentimenti!-

 

Il rosso si voltò, la fissò e sorrise: -Ci stiamo organizzando, principessa demoniaca, ci stiamo organizzando...-

 

-Contessa!- ribatté, con un largo sorriso.

 

 

 

 

-Il primo era un androide, accompagnato da una donna bionda e un uomo.- iniziò a raccontare Vincent, appoggiandosi alla parete con la schiena.

 

-L’uomo aveva un occhio di vetro, giallo. La pupilla aveva una forma strana, ma ero troppo lontana per vedere di che cosa si trattasse...- precisò Yuffie, seduta sul divano.

 

-Una croce?- chiese Marlene, spuntando da dietro una porta.

 

-Può darsi, non ne sono certa... L’altro occhio era azzurro. Che ci fai qui?- le chiese la donna.

 

Era cresciuta così tanto, dall’ultima volta in cui l’aveva vista... Dopotutto, aveva dieci anni... Il suo viso aveva perso un pò dei suoi tratti infantili, allungandosi leggermente ed era molto più alta. Teneva i capelli sciolti e le ricadevano lungo la schiena in piccole onde castane.

 

-Scusami, zia, se voglio vedere come stai!- sbuffò, avanzando verso il centro della stanza. –Allora tu e Vinnie avrete un bambino?-

 

Vincent si voltò verso Tifa, lanciandole un’occhiataccia: -A quale percentuale della popolazione mondiale hai raccontato questo? 75 %?-

 

-Ero così felice per voi che... – iniziò la barista, interrotta immediatamente da un’altra occhiataccia. –L’ho detto ad Avalanche e basta!- sbottò, incrociando le braccia al petto e sbuffando.

 

-E i vicini, i clienti del bar, il postino, la parrucchiera...- elencò Cloud, ricevendo l’ennesimo cuscino in faccia della giornata.

 

La principessa annuì: -Sì, io e Vinnie avremo un bambino.- confermò.

 

“Vinnie” si voltò di scatto verso la donna incinta, inebetito: -Yuffie, ma che diavolo...?!-

 

-Che bello! Pensavo che Vinnie non si sarebbe mai trovato una ragazza!- esclamò Denzel, entrando nel salone. –Eheh... Vecchio marpione!-

 

-Denzel, io e Yuffie...!- iniziò l’altro, imbarazzato.

 

-A proposito, Marl, cosa dicevi a proposito del tenente Colombo?- lo interruppe la ninja.

 

-Ho visto una sua foto in un libro che mi ha prestato Re’...- annunciò la bambina.

 

-Ecco che la personalità di Hermione prende di nuovo il sopravvento...- sbuffò Denzel, alzando gli occhi al cielo.

 

Lei gli tirò un pugno nella spalla ed andò a rovistare nella libreria, ricomparendo cinque minuti dopo con un grosso tomo. –Storia della Shinra! Emil Metzengerstein, assistente del dottor...- lesse.

 

-Grimoire Valentine.- sussurrò Vincent. –Era un pazzo. Faceva esperimenti su persone che presentavano caratteristiche uniche, l’ultima volta che lo vidi stava sperimentando i poteri leggendari della famiglia reale di Wutai.-

 

-Valentine? Un tuo parente?- chiese Tifa.

 

-Mio padre.-

 

-Ma è impossibile, insomma, si parla di più di trent’anni fa...! Auch! Cloud, mi spieghi perché mi hai tirato una gomitata?- sbottò la donna, fissando Cloud. Lui le indicò con un cenno del capo il più anziano del gruppo, che aveva abbassato la testa e tentava di confondersi con la parete. –Ah... Scusa, Vincy, dimentico sempre che... Insomma...-

 

-Sei fortunata...-

 

-E’ il predecessore di Lu, quindi!- chiese Yuffie, osservando la foto dell’uomo e cambiando discorso. Afferrò il moro per un braccio e lo obbligò a sedersi accanto a lei. –Carino, però... Potevi innamorarti di lui, invece che della Crescent...–

 

-Un giorno la cavia n° 2384 fuggì dalla propria cella e gli strappò l’occhio destro. Fu sostituito abilmente dal suo assistente, il Dottor Nicholas Hojo, con un occhio capace di vedere le capacità nascoste delle persone che erano state contaminate dal Mako... Il Dottor Metzengerstein si ritirò dalla Shinra due anni dopo. –lesse Marlene.

 

-Bisognerebbe riuscire a scoprire chi fosse la cavia... Sono sicura che, se Alex ha detto la verità, Emil ha radunato le sue cavie per fondare la Dusk Society... Qui abbiamo la cavia 2384... E’ un buon punto di partenza.- sussurrò la ninja.

 

-Shelke...- sussurrò Vincent.

 

-Che c’entra quella nana, ora?- sbottò la principessa, acida.

 

-E’ una hacker, Yuffie...- ribatté, alzando un sopracciglio. –Ed è poco più bassa di te.-

 

Sbuffò e guardò altrove. Ma perché gli piaceva così tanto?

 

-Intanto, non riesco a capire come abbia potuto Emil dare ordini ad un Re demoniaco... Insomma, ok che Alex è neutrale... Ma è sotto Giuramento del Silenzio... E poi, le due bambine... Hanno detto di chiamarsi Alyah e Fraye... Sono illusioniste molto potenti, ma tendono ad usare i loro poteri come capita loro, senza pensarci troppo... E’ pericoloso, perché potrebbero subire il Sakanagi...- s’interruppe, deglutendo.

 

-Intendi il ritorno di fiamma della magia di Wutai? Ma non sono illusioniste di Wutai...- sussurrò Tifa. –Il ritorno di fiamma non colpisce solo gli abitanti di Wutai?-

 

-Il Sakanagi è gestito da un essere umano. E, sì, di solito è riservato agli abitanti di Wutai. Ma essendo una forma di giustizia gestita da un umano, è ovvio che è lui a decidere a chi infliggerla.- ribatté Yuffie, annuendo.

 

-Che cos’è il Sakanagi?- chiese Vincent.

 

-Quando si compie un azione, sia buona che malvagia, quella ritorna indietro. Una persona buona riceve solo bontà, una persona malvagia solo malvagità. Questo tipo di ritorno di fiamma è gestito dal Lifestream stesso. Ovviamente non esistono persone completamente buone o cattive e quindi, in alcuni casi, la persona a cui è affidato il compito di facilitare il compito del Lifestream può dosare la bontà e la malvagità che una persona riceve. Per esempio, se tu salvassi un gattino da una macchina, un Sakanagi con una passione particolare per i gatti ti restituirebbe il bene centuplicato. Saresti euforico e ricorderesti solo ciò che di buono c’è stato durante la tua vita per un bel pò di tempo...- spiegò la ninja, seria.

 

-Bello! Mi piacerebbe conoscerne uno!- esclamò Denzel.

 

Yuffie scosse la testa: - Una volta tornato alla realtà, tutto ti sembrerebbe molto triste. Anche troppo triste per essere sopportato.- sussurrò, abbassando la testa. –Per questo motivo i Sakanagi intervengono solo raramente.-

 

-E il contrario, invece? Restituire tutto il male di una vita ad una persona infelice, per due o tre giorni...- chiese Tifa, andando con lo sguardo da Vincent a Cloud.

 

-Potrebbe essere una soluzione... Ma se lo meriterebbe veramente?- ribatté la minore.

 

-No, penso proprio di no...- sussurrò la barista, distribuendo tazze di té a tutti e cacciando Denzel e Marlene con la scusa che erano troppo giovani.

 

-Tifa, ti ho detto mille volte che non sono affatto infelice.- sbottò Cloud, bevendo un sorso del té.

 

-Hai la faccia che sembra il culo di un gatto, Cloud.- sibilò la donna, acida.

 

Il biondo soffocò con la bevanda ed iniziò a tossire violentemente. Yuffie scoppiò a ridere e Vincent, straordinariamente, sogghignò.

 

-Non ridere, te, perchè la tua è peggiore! Hai una bellissima donna al tuo fianco e, a parte essertela fatta rubare da uno sconosciuto apparentemente tanto orribile da non poter essere nominato, probabilmente Lord Voldemort, non la consideri! Basta pensare a Lucrecia, capito?! E’ morta! She’s dead! Elle est morte! Sie ist gestorben!- sbottò Tifa, sottolineando le ultime quattro esclamazioni con un colpo di vassoio in testa al moro, che si limitò a fissarla negli occhi con un’espressione indecifrabile.

 

Per poi alzarsi ed uscire dalla stanza. -Vado a chiamare Shelke...- annunciò.

 

-Teef, quando fai così fai paura...- mormorò Cloud, finalmente in condizione di parlare.

 

 

 

 

-Perché devo accompagnarti dalla tua fidanzata?- sbottò Yuffie, per la quindicesima volta.

 

-Piantala di abbaiare, Yuffie. O ti compro una museruola.- ribatté il moro, bussando alla porta della Shinra Mansion. Ma tra tutti i posti disponibili sul pianeta, proprio in quello doveva trasferirsi? Aveva i ricordi di Lucrecia, certo... Ma appunto per questo motivo non avrebbe dovuto stare alla larga da quel posto maledetto?

 

-Puoi rimanere fuori, se vuoi. Vuoi un guinzaglio?- ribatté Vincent, atono, notando il suo disgusto.

 

-Ti piacerebbe, Valentine...- sibilò la principessa, tirando un calcio alla porta ed aprendola. –Prego, prima le signore...-

 

-Spero vivamente che la bambina prenda dal padre... ops, è vero, il padre sei tu.- sussurrò mellifluo l’uomo, entrando nel posto in cui erano iniziati tutti gli incubi.

 

Questa volta, gli tirò una ginocchiata sul retro del ginocchio, rischiando di farlo cadere e lo precedette sulle scale della casa. –Che c’è, Vinnie, artrosi?-

 

 

-Allora, Signor Guardia del Corpo! Cosa ti succede? Sei troppo vecchio per correre?!- urlò Lucrecia, in cima alle scale, col fiato corto.

 

-Signora Lucrecia! Lei è incinta! Non può rischiare di mettere a repentaglio la salute del suo bambino!- esclamò Vincent, sul primo scalino.

 

-Ah! Sembri mio padre quando fai così! Cosa vuoi che mi succeda? Ci sei tu a proteggermi, no?- ribatté la donna, con un largo sorriso. –Allora, non riesci proprio a raggiungermi, vero? Vedi, che succede, quando si fuma?-

 

Vincent arrossì violentemente. Aveva ragione. Lui era lì per proteggerla. Ma non si aspettava che riponesse così tanta fiducia in lui.

 

-Posso chiamarti Vinnie?- sussurrò, a due centimetri dal suo viso. L’uomo sobbalzò. Non aveva notato che era scesa fino al suo livello. Sentiva il suo respiro sulle labbra. I suoi occhi nocciola lo fissavano intensamente, sorridendo.

 

-Sì...- sussurrò, a malapena udibile.

 

 

Le emozioni la travolsero come un fiume in piena. Non solo le proprie, ma quelle di tutti gli occupanti della casa. C’era rancore, odio, speranza e amore. Ma anche frustrazione, disperazione e rabbia. La sensazione di essere stati traditi dalla persona alla quale si tiene di più.

 

 

-Come morirai?-

 

-Mi dissolverò nel nulla, esploderò... Non lo so... Qualcosa di molto doloroso, immagino... Dopotutto, io non meritavo di vivere, secondo i Cetra. Non possedevo sentimenti.-

 

-Ma possiamo dimostrare che non è vero!-

 

-L’importante è che tu lo sappia. Che tu sappia chi sono realmente. Il resto non ha importanza.-

 

 

Il mio corpo non resisterà ulteriormente alle manipolazioni a cui l’abbiamo sottoposto io e Nicholas... Mi dispiace così tanto... Alla fine, diventare dati e rimanere... I miei pensieri, questo mio amore... Registrazioni, copie dei miei ricordi... Per il bene di quella persona... Può essere fatto?

 

 

Si sentì scivolare in avanti, senza riuscire più a comandare il proprio corpo, cedendo sotto il suo peso.

L’afferrò saldamente e la prese in braccio.

 

-E che caspita, Lucrecia, fatti i fatti tuoi!- sbraitò, appendendosi al moro. E, molto probabilmente, facendolo diventare sordo.

 

-Yuffie, non ho ancora cambiato nome in Lucrecia...- le fece notare.

 

-Scusami...- sussurrò, mortificata, scendendo dalle sue braccia. –Grazie, sto meglio, ora...-

 

 

-Volevo che vivessi, dopo che mi sono accorta dei miei sentimenti... Ho fallito. Mi dispiace... E’ stato molto doloroso, vero?-

 

 

Si prese la testa tra le mani e fece alcuni respiri profondi. Non poteva cedere. –LUCRECIA, TACI!-

 

-Secondo te dov’è Shelke?- domandò a Vincent, accorgendosi che era lui a tenerla in piedi.

 

-E’ nella stanza di Lucrecia.- ribatté l’uomo, prendendola di nuovo in braccio. –Non protestare. Non voglio che cada dalle scale. E smettila di urlare.-

 

Arrossendo, si nascose nell’incavo della sua spalla. Che figure... Meno male che era la più grande ninja del Pianeta... Ma poi... Da quando l’ex Turk era così gentile?

 

-Ce la fai a stare in piedi, ora?- le domandò.

 

Lei annuì debolmente e ridiscese. Si sentiva meglio, nonostante avvertisse ancora il leggero ronzio provocato da diverse voci.

 

Per provargli che stava bene e che non aveva bisogno del suo aiuto, aprì la pesante porta della stanza e fu immediatamente investita da una musica assordante.

 

-Relax! Taakee it eeeeeaaaasyyyyyy!!!-

 

-Shelke, vuoi farci morire?!- sbottò Yuffie.

 

La ragazza si voltò verso di lei, interropendo il balletto che stava eseguendo e lasciando Mika rigirarsi allegramente nella tomba. Sembrava molto cresciuta dall’ultima volta in cui si erano incontrate. Certo, era sempre l’apoteosi dell’androginia, ma era almeno cinque centimetri più alta.

Reeve l’appendeva per i piedi prima che andasse a dormire? La concimava? Mistero.

 

-Yuffie Kisaragi!- esclamò, saltandole in braccio. –Quanto sei ingrassata!-

 

-Si chiama “essere incinta”, koala.- sibilò la ninja, facendola scendere.

 

-Alla fine i grandi Yuffie Kisaragi e Vincent Valentine hanno dovuto chiedere aiuto alla piccola Shelke, eh?- chiese l’ex Zviet, con un largo sorriso.

 

-Frequentare Yuffie ti ha fatto molto male...- commentò Vincent, sarcastico.

 

-Vincent Igniatius Valentine!- esclamò Yuffie, afferrando una tastiera con la ferma intenzione di lanciarla all’ex Turk. Shelke la fermò, afferrando l’accessorio ed accarezzandolo. –Povera Jenova...-

 

-Jenova?!- sbottò la principessa. –Hai dato un nome alla tua tastiera ed è Jenova?!-

 

-Tu hai chiamato Hojo il tuo shuriken...- le fece notare la rossa.

 

-E’ indubbiamente vero che aveva un certo fascino... Ma possiamo passare ad argomenti che possano affrontare anche persone con un quoziente intelletivo superiore a zero?- sibilò Vincent, con un sopracciglio alzato.

 

-Vero, caro il mio ranocchietto! La Società del Crepuscolo!- esclamò Shelke, sedendosi sull’unica poltrona della stanza ed infilando il proprio casco.

 

Ranocchietto? Da quando erano tanto intimi da darsi nomignoli ridicoli? Osservò Vincent, che fissava la Hacker con un certo astio, ma che non aveva ancora aperto bocca per protestare.

Allora erano proprio love-love...

 

-Io e il tuo ranocchietto cerchiamo informazioni su Emil Metzengerstein e, più in generale, le sue ricerche principali ed un elenco delle sue cavie. Inoltre, vorremmo sapere qualcosa della numero 2384.- spiegò Yuffie, appoggiandosi al muro.

 

-Perché le devi dare corda?- chiese il moro, a denti stretti.

 

-Emil Metzengerstein, nato il 2 Settembre 1940, come il ranocchietto, incredibile! Andavate a scuola insieme?- domandò la ragazza.

 

-Eh già... – sussurrò Vincent, sbattendo il palmo aperto sulla fronte e scuotendo la testa.

 

-Vi conservano nella formalina o vi mummificano?- chiese Yuffie, fingendosi incuriosita.

 

-Yuffie!- ringhiò il moro.

 

-Helen McCarty, catturata all’età di otto anni. I suoi genitori erano fuggiti dal laboratorio in cui erano stati rinchiusi undici anni prima. La madre dominava il fuoco mentre il padre era un discreto telecineta. Ma era lei ad incuriosire maggiormente il dottore. Qualsiasi cosa vedesse eseguire, riusciva a riprodurlo nei minimi dettagli e dimostrava una capacità di apprendimento superiore alla media. Tutte le cavie del dottore risultano scomparse o morte. E sono circa un migliaio.-

 

-Prova ad inserire 651920 come password.- la interruppe Vincent, avvicinandolesi.

 

-Com’è che sai la password per entrare nell’account di Lucrecia?- chiese Shelke.

 

-Perché era la stessa di quello di mio padre. Lui usava quel numero ovunque. E’ la data di nascita di mia madre.- rispose, lasciando la stanza.

 

-Ce l’ha con il padre, per caso?-

 

-No, è solo un’impressione... Non ha fatto mai nulla di male a parte che far catturare la sua prima ragazza, che è morta dopo dieci giorni di trattamento speciale da parte dei Turks, lasciar sola sua madre che stava attraversando un momento delicato della gravidanza, così che quando ha partorito, è morta e flirtare con Lucrecia...- sibilò la rossa, sarcastica.

 

L’immagine di un Vincent vecchio e bavoso che ci provava con Lucrecia le fece passare l’appetito. Prima il padre di Vincent, che doveva avere 50 anni e poi Hojo, dall’età indefinita ma non di certo maggiormente affascinante...

 

-Bleah.-

 

-Grimoire non era affatto male...- sussurrò la minore, come se le leggesse nel pensiero.

 

-E la sua prima ragazza? Cosa le è successo?-

 

-Uscivano da parecchio... Stavano persino per sposarsi... Era una delle tante figlie illeggittime di Shinra, che però il buonuomo aveva riconosciuto... Immagina il tipo... Rufus al femminile... A quanto pare, un giorno lei gli confessa che è il primo capo di Avalanche, il gruppo ecoterrorista che, come è suo mestiere, terrorizza da qualche mese la Shinra. Lui, diviso tra l’amore per lei e la dedizione che ha per il proprio lavoro, racconta tutto a Grimoire... Molto casualmente poco tempo dopo i Turks la rapiscono e la tengono rinchiusa una decina di giorni. Poi viene uccisa. Sul permesso di esecuzione c’è la firma di Vincent...- raccontò Shelke, a bassa voce. –Non credo sia mai riuscito a perdonarglielo...-

 

Certo che riusciva ad immaginarsela... Era uno degli spiriti che seguiva Vincent... L’unica con la quale non riusciva a parlare. C’era un alone di disperazione, intorno a lei, che rendeva ovattata la sua voce.

 

-Come mai sai tutti i dettagli?- chiese la ninja, sentendosi pervadere da un’intensa e profonda tristezza.

 

-Grimoire e Vincent si somigliano molto. Anche se Grimoire era più disposto a parlare di ciò che lo tormentava. Ha detto tutto a Lucrecia... Non è sorprendente che poi lei ci sia andata cauta, con Vincy...-le spiegò. –Ne ho ancora per un pò, Yuffie, raggiungilo...-

 

 

 

-Ehy, ranocchietto!- lo salutò, sedendosi accanto a lui sul divano mezzo sfondato della Sala.

 

Guardava il pianoforte senza vederlo realmente, perso nei suoi ricordi. Chissà cos’era successo in quella stanza...

 

-Non chiamarmi ranocchietto.-

 

-Shelke sì e io no? Cosa sono queste preferenze?- si lamentò lei, facendo i musi ed incrociando le braccia al petto.

 

-E’ una lunga storia...-

 

-Mi piacciono le lunghe storie di ranocchi!- esclamò la donna, con un largo sorriso.

 

-Mi ha chiesto di uscire con lei, tempo fa, ma ho rifiutato, sostenendo che non fossi sotto alcun aspetto il tipico principe azzurro... Allora lei mi ha chiesto se fossi ancora un ranocchio in attesa del bacio della principessa... E’ ancora peggio di te, quando si mette in testa qualcosa non cede. Ha detto che continuerà a chiamarmi in questo modo finché non accetterò di andare a cena con lei...- spiegò l’ex Turk. –Ma finché lei conserverà dentro di sé l’immagine di Lucrecia... Non posso...-

 

-Ti piace nessuno in questo periodo? Uomo, donna, animale, conifera?- domandò la principessa.

 

-No, nessuno in particolare...-

 

Gli accarezzò energicamente la schiena: -Lo so, lo so, l’astinenza è brutta...-

 

-Sei incinta, Yuffie...-

 

-Ehy, non è che lo ripeti per convincerti a non saltarmi addosso?- pensò ad alta voce la donna.

 

Si voltò verso di lei e la guardò negli occhi, con l’espressione più seria del mondo. –Come hai indovinato?-

 

-Sono telepatica, sai?-

 

-Con tutto quello che sta succedendo, stento a non crederci...- sussurrò l’uomo, esasperato.

 

-Uhm... Più che altro sono gli altri ad entrare nella mia... Tu ci credi al fatto che vedo gli spiriti?- domandò.

 

-Dimmi a cosa non posso più credere, a questo punto... Ho visto l’ultima Ancient, le Armi del Pianeta, ho quasi causato la fine del mondo e ho persino visto un uomo di una certa età e fama chiamare “mamma” un alieno dal sesso indefinito e senza testa... Potresti dirmi di essere originaria del Pianeta Papalla e ti crederei...- mormorò Vincent, prendendosi la testa tra le mani e massaggiandosi le tempie.

 

Gli scompigliò i capelli, che cominciavano ad essere un pò più lunghi. Poveretto...

 

-Hai perdonato Eden?-

 

Sollevò la testa di scatto, tornando a fissarla. –In fondo, ero io dalla parte sbagliata.-

 

-Sì, ma, in ogni caso, lei ha fatto una scelta e tu...-

 

-Sì, ha fatto una scelta. E non includeva me. Ma almeno è riuscita a fare una scelta giusta.- sussurrò l’ex Turk. –L’ho perdonata... E io spero abbia perdonato me.-

 

-Si possono perdonare i peccati?- chiese, accarezzandosi distrattamente il ventre.

 

-Da quando citi parola per parola Cloud?- domandò, con un sorriso sghembo. –Penso che il tempo cambi molte cose...-

 

-Hai perdonato tuo padre?-

 

-Cerco di non pensarci. Il più delle volte funziona. E’ morto da molto tempo... Non ha senso portare rancore.- sussurrò l’uomo. –Cosa ti ha fatto di tanto orribile il padre della bambina?-

 

-Nulla... Lui assolutamente nulla... Ma il...-

 

Fu interrotta dall’aumentare del volume del ronzio.

 

-Vincent, porta via Shelke. In fretta. Ci sono di nuovo le due illusioniste!- esclamò la principessa, chiudendo gli occhi.

 

-Yuffie...-

-Vincent, vattene o ti picchio.-

-Yu...-

-Dannazione, Vincy, me la posso cavare anche da sola! Fidati.- sussurrò, con un largo sorriso.

 

La fissò, indeciso, per poi uscire dalla stanza in fretta.

 

La principessa di Wutai tremava. Erano anni che non lo faceva e l’ultima volta aveva rischiato la morte. Ma, soprattutto, nonostante sapesse di essere immune alla Punizione Divina, aveva paura che il male che stava per fare le ritornasse indietro.

 

-E’ solo legittima difesa...- mormorò, spalancando gli occhi.

 

Le due illusioniste erano sedute sul pianoforte, di fronte a lei e sembravano occupare il loro tempo giocando con una bambola di porcellana.

 

-Non abbiamo ancora capito i tuoi poteri, signorina...- esordì una delle due. –Come hai fatto a respingere le nostre illusioni, l’altro giorno? Tu non entri nelle menti altrui...-

 

-No, in realtà sono gli altri ad entrare nella sua mente... – spiegò una ragazza stretta in un kimono cerimoniale celeste, sedendosi sul bordo della finestra.

 

Yuffie sorrise e lei restituì il sorriso.

 

-Il vostro problema è che non siete allenate quanto lei. Avete interrotto i vostri allenamenti a sei anni, quando siete diventate immortali, perché vi credevate speciali. Pensavate che nessuno potesse avere dei poteri come i vostri...- continuò una bambina dai lunghissimi capelli neri. Anche lei indossava un kimono molto elaborato. Sembrava una bambola di porcellana.

 

-Enkouko, Kasumi, benvenute...- mormorò la principessa.

 

-Chi sono?- chiese la gemella più silenziosa, cercando di nascondere la sorpresa ed il terrore.

 

-Enkouko e Kasumi Kisaragi, siamo le sue sorelline...- rispose la più piccola, trotterellando fino alla sorella maggiore ed afferrandole la mano. Yuffie trattennne le lacrime, mantenedo la concentrazione.

 

-Qual’è il tuo potere?- domandò Alyah. Il ronzio aumentò.

 

-Il mio potere, mie giovani sessantenni? E’ molto semplice... Una volta entrate nella mia mente, voi non potete uscirne e io posso manipolarvi come preferisco.- ribatté la donna. –Ma il potere che deve spaventarvi, mie care, non è il mio. E’ il loro!-

 

Enkouko generò una sfera di fuoco, che Kasumi avvilluppò in una piccola tromba d’aria. Il colpo colpì in pieno i ninja che le due illusioniste avevano creato.

 

In un’attimo, la stanza si riempì di guerrieri. Ma non durarono molto, perché le due principesse di Wutai li distrussero in un attimo. Alyah e Fraye erano in difficoltà. Probabilmente non avevano mai controllato così tante illusioni in una volta sola. Ed erano stanche.

 

-Non ucciderci! Ti prego! Abbiamo solo sei anni!- esclamò Alyah, buttandosi ai piedi di Yuffie.

 

-Non mi sembra che vi siate tirate indietro quando si è trattato di attaccare una donna incinta...- sussurrò la donna, fissandola con astio.

 

-Nostro fratello ti ucciderà. Nostro fratello ti strapperà dal corpo quel bambino immeritato e ti lascerà agonizzare.- sibilò Fraye, afferrandola per il collo.

 

Chiuse gli occhi, ma sentì distintamente le urla, il calore del fuoco e l’odore della carne bruciata. Quando li riaprì, la stanza era in perfetto ordine. Le due bambine giacevano a terra, una accanto all’altra. Sembravano semplicemente addormentate.

 

-Ho sentito delle urla... Stai...? Cos’è successo?-

 

Osservò le due illusioniste diventare parte del Lifestream, ignorando la voce lontana di Vincent.

 

-Yuffie!-

 

Lo fissò: -Le ho uccise. Hanno avuto un infarto. Le ho uccise.-

 

 

 

 

 

 

L’angolo degli amichetti di Chaos

 

Aeris, ignorando tutti, entrò nella stanza degli ospiti, che fu illuminata di luce verde.

Vi assicuro che al posto di Aeris avevo scritto “Voldemort”... Harry Potter mi ossessiona sempre di più... Anche ora che è finito...

E ancora di più mi ossessiona Angel Sanctuary, da cui ho preso l’idea di usare il vento per amplificare il potere del fuoco. (Michelino e Raphy! ^_^) Dunque, se non avete capito niente di Kasumi, Enkouko (che significa fiamma), visioni e fuoco, non preoccupatevi, tutti (ma proprio tutti) i nodi verranno al pettine nel prossimo capitolo, persino l’identità di Astharoth sarà svelata! Se ancora non avete chiaro qualcosa, commentate e chiedetemi tutto... Cercherò d’inserire le risposte nel prossimo capitolo...

Reno in questo capitolo ha abbandonato le vesti di Rikku, per quelle (più comode) di Balthier (e un pò Belial di Angel Sanctuary)... Yuffie, ma come fai a resistere a tutti questi uomini che ti girano intorno?

 

Metzengerstein è il titolo di un racconto di Poe, lo uso spesso come cognome, mi piace molto! ^__^

 

Il Sakanagi è il risultato di miei personali studi sulla filosofia orientale (il karma) e le religioni new age (wicca, in particolare, la legge del tre).

 

“Hai la faccia che sembra il culo di un gatto” probabilmente qualcuno l’ha già sentita, visto che è un quote del film “Priscilla la regina del deserto”. Mi è sembrata molto adatta ad una persona calma e pacata come Tifa... ^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Snow White Princess ***


Wake up in a dream

Wake up in a dream

Frozen fear

All your hands on me

I can’t scream

I can’t escape th twisted way you think of me

I feel you in my dreams and I don’t sleep

 

 

You belong to me

My snow white queen

There’s nowhere to run, so lets just get it over

Soon I know you’ll see

You’re just like me

Don’t scream anymore, my love

‘cause all I want is you

 

-snow white queen- Evanescence

 

 

-E’ il mio compito!-

 

-Questa missione è stata affidata a Kaminà, Dirae. Tali sono le regole della Società del Crepuscolo.-

 

-Non m’interessa! Erano le mie sorelle, Emil! Te ne prego... Lascia che sia io ad ucciderlo!-

 

-Voi manipolatori della mente siete così ingenui...-

 

-Marie! Come ti permetti di...?!-

 

-Mi permetto, caro Emil, mi permetto... Dimentichi forse che, per me, le regole della Società del Crepuscolo non sono valide? Conosco i vostri più reconditi desideri... Conosco il vostro futuro... Dirae ucciderebbe anche Lei. E lei ci serve viva.-

 

-No, non la ucciderei! So che è importante per...-

 

-Dirae! Qualcuno ci osserva.-

 

-Che acutezza... Di cosa parlava voi che Alexander non può udire? Complotti?-

 

-Accusi noi di complottare, Alexander?! Proprio tu che hai più contatti con il nemico?!-

 

-Io, piccola dottora, sono re di Inferi. Mio livello è superiore a tutti voi. Se tu non vuole trasformare in pecora, te chiudere tua bocca.-

 

-Tu sarai anche un Re tra i Demoni, ma ti ricordo che il tuo cucciolo non lo è... Dicono che le lacrime dei cherubini siano una cura contro la morte... Che dire delle loro piume?-

 

-Tu tocca mia figlia e io insegno te significato di parola dolore.-

 

-Allora, siete ancora qui? Cosa guardate?! Non avete una missione da compiere?!-

 

-Alexander?-

 

-Sì, Marie?-

 

-Attento alla dottoressa, fa sul serio.-

 

 

 

 

 

 

-Mia principessa, non farmi mai più uno scherzo del genere...-

 

-Jubei... Io non...-

 

-Quel ragazzo ti vuole tutta per sé...-

 

-Io e Gackt siamo solo amici!-

 

-Sta zitta!-

 

 

Aprì gli occhi di scatto e trattenne un urlo.

 

Da quanto tempo non sognava Jubei?

 

Scese dal letto e osservò la stanza d’albergo in cui si trovava. Era spoglia come tutte quelle in cui avevano soggiornato fino a quel momento, priva di qualsiasi personalità. Cominciava a pensare che ad arredare tutte le stanze d’albergo del Pianeta fosse stato la stessa persona.

Probabilmente, in quel momento, si stava godendo la villa con piscina che si era guadagnato, alla faccia di tutti i poveri ospiti degli alberghi che aveva arredato.

 

Fissò il quadro appeso alla parete di colore blu slavato: probabilmente rappresentava un’aragosta bollita in un momento di profonda disperazione. A scelta, il momento di disperazione poteva essere dell’aragosta o del pittore, che poteva averla dipinta o bollita in un momento di disperazione.

 

(La magia della punteggiatura...)

 

L’aveva già visto. Era lo stesso dell’albergo di Kalm e Junon.

 

Le opzioni erano due:

 

1)      Il pittore era diventato ricco e famoso dopo aver dipinto tutti quei quadri e in quello stesso momento abitava nella villa accanto a quella dell’arredatore.

2)      Il pittore e l’arredatore erano la stessa persona.

 

-Chi è Jubei?-

 

-Non volevo svegliarti...- mormorò la donna, continuando a fissare il quadro, incuriosita dal mistero che racchiudeva. Chissà cosa rappresentava quell’aragosta, per il pittore... Magari un’ex amante o un amico perduto...

 

-Hai avuto un incubo. Urlavi.-

 

-Secondo te l’aragosta era un’amante o un amico?- gli chiese, ipnotizzata dal crostaceo.

 

Si sentì posare una mano, gelida, sulla fronte. –Yuffie, c’è il titolo, sotto... Quella è una mela.-

 

“Natura morta con mela e rosa rossa. Ovvero, la lontananza dal lontano lido della valle della felicità è come un treno a vapore che non fuma: non fuma.

 

-Nani?- s’interrogò la ninja, confusa.

 

-Invece di cambiare discorso...- iniziò Vincent, sedendosi di fronte a lei.

 

-Ma che vuol dire?! Non è un’aragosta?! Non è possibile! Guarda, Vinnie, ha le chele!- esclamò lei, interrompendolo ed andando di corsa a frugare dentro la propria valigia.

 

-Hai la foto di un’aragosta?-

 

-Ma no, ma no!- sbottò, guardandolo di sbieco. Corse nuovamente verso il letto, ondeggiando pericolosamente, con in mano un uni-posca rosso. Si mise in piedi sul letto e tracciò i contorni del crostaceo, aggiungendo, poi, un paio di antenne.

Per concludere, tracciò un paio di ideogrammi intorno all’animale.

 

-Che cos’hai scritto?-

 

-Ma Vinnie, un ex Turk come te che non sa leggere il Wutai! Mi meraviglio di te!- esclamò la donna, fingendosi sorpresa. –Ovviamente, c’è scritto: questa non è un’aragosta.-

 

L’ex Turk le strappò di mano il pennarello e la spinse leggermente a lato. Tracciò le stesse parole in basic.

 

-Che hai scritto?- gli chiese. Si tappò la bocca con entrambe le mani, trasalendo.

 

L’uomo la guardò come se fosse stata uno degli alieni del pianeta Papalla.

 

-Che vuoi?! Tu non sai leggere gli ideogrammi, no?!- sbottò Yuffie, sedendosi sul letto.

 

-Ecco perché al supermercato non trovi mai un reparto...- sussurrò il moro, momentaneamente illuminato dalla luce di Ramuh, signore delle idee geniali.

 

-Non è per questo! É solo che... Sono indicati male, ecco!- bofonchiò lei, incrociando le braccia al petto.

 

-Yuffie... Chi è Jubei?-

 

Lo fissò lungamente negli occhi, seria, per poi emettere un lungo e sonoro sbadiglio. –Oleviathaaaahhn, che sonno mostruoso! Buonanotte Winnie Winnie!- esclamò, rannicchiandosi sotto le coperte.

 

-Yu...-

-Ronf Ronf...-

-Lo so che non stai dormendo... Gli esseri umani non si addormentano così rapidamente...-

-Tu lo fai... La piccola ha appena deciso di dormire, ne approffitto...-

-Chi è Jubei?-

 

Si rannicchiò ulteriormente su sé stessa, per quanto le fosse permesso dal volume della pancia. La bambina si agitò nuovamente.

 

-Jubei... E’ la mia Lucrecia. Per cui, ti prego di non fare domande.-

 

 

 

 

-Yuffie, non correre...- sprecò fiato Vincent.

 

Wutai! Era tornata, finalmente! Quanto le era mancata!

 

I suoi colori, i suoi odori...

 

-Sono a casa!!! Piccolina, siamo a casa!- urlò a squarciagola, correndo in tondo, a zig zag, per la piazza principale.

 

-Sono le cinque del mattino...-

 

-Chissà come stanno tutti! Ah! Devo andare al Turtle Paradise! E salutare i miei gatti! Vinnie, quanto restiamo?!- esclamò la ninja, saltellando intorno al moro.

 

-Rimaniamo solo per oggi.-

 

-Ma come, Winnie Winnie!!! Devo andare a trovare tutti!!!- protestò la donna, inciampando e salvandosi solo grazie al provvidenziale aiuto di “winnie winnie”. –E poi ti devo anche presentare Yuriko, Yuki, Yoru, Yu...- iniziò ad elencare.

 

-Conosci solo ragazze il cui nome inizia per Y?- notò lui, alzando un sopracciglio.

 

-No! Solo quelle carine iniziano per Y!-

 

-Perché dovresti presentarmele?-

 

-Per fartene sposare una, che domande!- rispose la ragazza, con naturalezza.

 

-Non ho nessuna intenzione di sposarmi, Yuffie. I mostri non si sposano.-

 

Yuffie sbuffò e lo fissò negli occhi, risoluta.

 

-Anche io ho avuto una brutta esperienza con un ragazzo... Talmente brutta che, per anni, ho creduto fermamente che non avrei mai amato nessuno... Ma poi è arrivato Astharoth ed è cambiato tutto... Vedrai che anche tu, un giorno, troverai la persona perfetta per te.- gli assicurò, incoraggiante.

 

-E per fare cosa, poi? Non potrei mai avere una famiglia. E’ sbagliato... Io sono sbagliato.-

 

-Sei ancora peggio di Asty...-

 

 

-Che c’è? Prima mi dici che mi ami e poi non vuoi stare insieme a me?-

 

-Non è questo... Io... Io non sarò mai capace di darti un figlio. Io sono un demone, tu un’umana. Non potrò mai stare con te perché sono un parassita... Ci sono... Ci sono troppe variabili... Ovviamente tu non puoi capire.-

 

-Sei scemo? Di che diavolo parli?! Variabili? Matematica?! Questa non è matematica, è la vita vera!-

 

 

-Entro stasera sarai sposato con qualcuno, Vinnie! Che sia uomo, donna, animale o conifera!-

 

 

 

 

-Cosa vuoi?-

 

Gelò sul posto. Cosa ci faceva Sakura a palazzo? Di solito rimaneva nella sua villa immersa nella natura con i suoi diciotto amanti...

 

-Cosa vuoi tu? E’ casa mia...- rispose prontamente.

 

-Sei incinta! Dovevo sospettarlo! Sei venuta a spillare qualche soldo al tuo paparino? Come quella sgualdrina di tua sorella?!- sbottò la donna, appoggiandosi allo shoji con fare lascivo. Portava il kimono in modo spaventoso, come le donne orientali quando era scoppiata la mania del Wutai. Prima di tutto, indossava un unico furisode dalle maniche lunghe, nonostante fosse sposata; e l’obi era legato talmente male che l’abito sembrava un accappatoio e lasciava scoperte gran parte delle sue gambe snelle e lunghe e la spalla destra.

 

-In realtà volevo solo salutarlo, quindi torna pure al tuo amante, Mantide Religiosa.- sibilò la minore.

 

L’altra le afferrò il mento con una mano, sovrastandola dall’alto del suo metro e settantacinque. –Ricorda con chi stai parlando, Sakanagi.-

 

Sentì il rumore tipico delle sicure del Cerberus.

 

-Sei molto irritante, ragazzina.- sussurrò a denti stretti Vincent. –Siamo qui per parlare con Lord Godo, per cui, per favore, lasciaci passare.-

 

-Uhm... Che uomo brusco ed affascinante... Proprio il mio tipo...- mormorò Sakura, lasciando la ninja ed eclissandosi.

 

Tirò un calcio ad un paravento, che, cadendo, andò in frantumi e lanciò una serie di epiteti poco carini in Wutai, rivolta alla donna.

 

-Ho capito che non scorre buon sangue tra di voi...-

 

-Vincent, sei proprio geniale quando si tratta di sottilineare un’evidenza!- esclamò Yuffie. –Andiamo, la stanza del vecchio è di qua...-

 

-Chi era quella donna?- le chiese, seguendola.

 

-Oh, la Mantide Religiosa? Nessuno... La mia matrigna.- rispose lei, sbuffando. –Se te lo stai chiedendo, la chiamiamo così perché fa giustiziare i suoi amanti per alto tradimento, di tanto in tanto... E, sì, farsi la moglie dell’Imperatore è considerato alto tradimento.-

 

-In realtà mi stavo chiedendo quanti anni avesse...-

-27.-

 

-E’ molto giovane... Ha quasi la tua età... Immagino che sposarsi con qualcuno che ha il doppio dei tuoi anni non sia piacevole...- sussurrò Vincent.

 

-A me non sarebbe dispiaciuto affatto sposare Sephiroth quando gli davamo la caccia e ti posso assicurare che il matrimonio tra quei due è stato un matrimonio d’amore... Almeno da parte di Godo... Lei era una turista, tornata nella città dei suoi padri per vedere se riusciva a trovare qualche bel souvenir ed ha incontrato lui... Amore a prima vista. A prima vista del portafoglio di lui, ovviamente... Lei è una mezzosangue.- raccontò la ninja.

 

-Non sei un pò razzista?-

 

-Razzista? Io? Ti ricordo che faccio parte di una minoranza etnica...-

 

-Giusto, giusto... Sei solo invidiosa dei quindici centimetri che vi separano... Un abisso.-

 

-Ecco perché non volevi che ti presentassi le mie compagne di corso... Non ti piacciono le ragazze basse! Sei un feticista delle gambe, per caso? Non rispondere, lo so... Eccoci.-

 

Fece un profondo respiro e si voltò verso Vincent, scompigliandogli i capelli.

 

-Che fai?!-

 

-Sembri Rodolfo Valentino, così... Tanto è inutile! Non hai proprio il senso dello stile!- si disperò lei, appoggiando la testa al suo petto. –Senti, probabilmente mi ucciderai dopo quello che succederà oggi. E’ stato bello averti al mio fianco.-

 

Si allontanò ed aprì la porta di scatto. Non era cambiato nulla. La stanza era sempre arredata al contrario di quello che esigeva il buon gusto di Wutai. In poche parole, sembrava la bottega di un rigattiere. C’era tutto quello che l’uomo aveva raccolto durante le proprie peregrinazioni.

 

Al centro della stanza troneggiava un enorme uovo di vetro. Quando era piccola si ricordava che quell’uovo la metteva in soggezione. Tutto ciò che era più alto di lei la metteva in soggezione. Sua sorella Kasumi le aveva caldamente suggerito di non giocare in quella stanza, per non romperlo. Ovviamente non l’aveva ascoltata.

 

L’uovo si era rotto, ma la colpa era stata di Kasumi, con la sua straordinaria goffaggine.

 

 E quella era stata la prima volta che s’era rotto.

 

-Non ti preoccupare per l’uovo, Vincent...- sussurrò l’uomo, stiracchiandosi ed alzandosi dal kotatsu.

 

-L’uovo?- ripeté l’altro, confuso.

 

-Hai guardato di nuovo la scena di Matrix in cui compare l’Oracolo, vecchio?!-

 

Ci fu un tonfo sonoro ed un rumore di vetri rotti.

 

-L’uovo che hai appena rotto, Vincent. Come stai?- chiese alla figlia.

 

-Bene, sono incinta.- rispose lei con naturalezza.

 

-E il padre chi è?-  le domandò.

 

Fissò Vincent, che cercava invano di ricostruire l’uovo e sorrise. Quella era una replica dell’uovo che Shinra conservava nel suo palazzo. Per essere precisi, era la quindicesima replica. Bastava sfiorarlo leggermente per incrinarlo e poi mandarlo in mille pezzi. Ogni volta che qualche nobile si era presentato in quella casa per chiedere in moglie una delle figlie, stranamente la scultura era andata in mille pezzi e loro, costernati, erano scappati. Erano caduti in disgrazia da generazioni e risarcire l’uovo era troppo costoso.

 

-Si chiamava Astharoth ed è morto nella battaglia di Midgar di tre mesi fa.- mormorò, dopo un lungo silenzio.

 

-Astharoth, eh? Come il demone di quella vecchia leggenda! Che coincidenza! A proposito, Yuffie, anche io morirò.- annunciò l’Imperatore, atono.

 

Fu come se qualcuno le avesse tirato del ghiaccio secco in testa. Si sentiva gelare ed era stordita.

 

-Stai scherzando, vero, vecchio?-

 

-Affatto. Sono mesi che sogno di morire... Ormai non faccio altro... Non è affatto piacevole, in effetti... Non mi aspettavo nemmeno la tua venuta.-

 

Si accarezzò il ventre, in cerca di conforto. Perché gliel’aveva annunciato in modo così freddo?

 

-Padre...-

 

-Ho bisogno che tu faccia qualcosa per me. Voglio vedere Kasumi, prima di morire. Probabilmente non vorrà vedermi e, in quel caso, dille che l’ho perdonata. E che ha ancora un posto a Palazzo. Come te, del resto, futura Imperatrice di Wutai...-

 

-Ma sei scemo?! Primo, non sarò mai Imperatrice, perchè non mi sposerò mai! Secondo, non mi puoi annunciare una cosa del genere e poi chiedermi dei favori!- sbottò la donna, adirata.

 

-Signor Valentine? Lei è innamorato o legato ad una donna o un uomo, in questo momento?- chiese Godo, con tono autorevole.

 

-No, signore.-

 

-Bene, bene! Una persona ragionevole! Mi dia la sua mano sinistra, per favore!-

 

Gli porse il braccio meccanico, che l’uomo guardò impressionato. –E’ oro?-

 

-No, ottone.-

 

-Peccato! Sì, proprio un peccato! Yuffie, potevi farci un pò di soldi...-

 

-Ci ho già provato...- confessò lei.

 

-C’è la possibilità di avere un dito in cui entri questo?- chiese Godo, mostrando loro un anello semplice.

 

-Che cos’è?- chiesero i due in coro, sospettosi.

 

-Un anello con cui ti si apreranno molte porte, Vincent!- assicurò l’Imperatore, con un largo sorriso.

 

Si sfilò il guanto, pezzo dopo pezzo e l’altro gli infilò l’anello all’anulare.

 

-Sai nuotare, Vincent?-

-Sì.-

-Sai cucinare?-

-Un pò.-

-Sai rendere felice una donna? Ovvero, sei ricco?-

-Ho un discreto conto in banca, sì.-

 

-Perfetto! Yuffie, hai sposato un uomo dalle qualità encomiabili!- annunciò l’uomo.

 

-E quando l’avrei sposato?!- sbottò la ninja, esterefatta.

 

-Un quarto d’ora fa, quando ti ho infilato la fede al dito!- ribatté suo padre, indicandole la mano sinistra.

 

Fissò l’anulare, sotto shock. Non s’era accorta di niente...

 

La fede nunziale brillava con una forza che le dava fastidio. Si sentiva come svuotata.

 

-Finché sarò vivo, non permetterò a nessuno di sposarti.-

 

Allora era vero. Stava per morire. Ma perché? Sembrava in ottima forma ed era troppo giovane per una morte naturale.

 

-Non ho nessuna intenzione di sposarmi, vecchio.- sibilò, sfilando l’anello e lasciandolo cadere a terra. Non voleva quell’anello. Non voleva sposarsi con qualcuno che non fosse Astharoth. Non quando era incinta di sua figlia. Era immorale.

 

Non voleva che suo padre morisse.

 

-Non è forse la stessa cosa essere sposati con lui o con l’altro?- chiese Godo. –Non sono forse la stessa persona, Yuffie?-

 

-No che non sono la stessa persona! E non insistere! Non voglio sposarmi! Io non amo Vincent, capito?! E non lo amerò mai, perché è un mortorio stare con lui!- esclamò la donna. –Non posso fare a meno di vedere il suo passato e ti assicuro che non esiste un uomo più idiota di lui! Ha lasciato che la donna che amava si sposasse con una specie di carciofo bollito dalla risata satanica e le ha persino lasciato fare un figlio con quell’essere, quando invece quello che doveva fare era avere le palle di dirle che l’amava! Ti pare che potrei mai stare insieme a quel cretino?!-

 

-Tu non riesci ad amarlo perché in realtà sei innamorata di lui, Yuffie.-

 

-Ma sei scemo?! Ti ho appena detto che non posso vederlo!-

 

-Hai ragione. Ma sei innamorata di lui comunque. Sei innamorata di Astharoth.- ribatté l’Imperatore, infilandole nuovamente l’anello al dito. –A proposito, penso che si senta un pò usato, ora come ora.-

 

Yuffie si ricordò improvvisamente che l’ex turk si trovava nella stanza. –Oh no...-

 

Si voltò verso di lui, ma, come si aspettava, se ne era andato.

Che stupida. Perché l’aveva insultato in quel modo?

 Non era colpa sua se Astharoth era morto e se suo padre stava per morire.

 Fin da quando si erano conosciuti era stato il suo capro espiatorio. Era semplice fargli notare i suoi errori, perché era l’unico di Avalanche a riconoscerli.

Invece lui l’aveva sempre difesa dalle parole velenose delle persone che la giudicavano senza conoscerla. Era un amico. Forse il suo unico vero amico.

 

-Yuffie, ricorda di portarmi Kasumi.-

 

 

 

 

-Ehilà…- sussurrò, sedendosi accanto a lui nell’erba umida, con qualche difficoltà.

 

Aveva impiegato più due ore per trovarlo. Aveva cercato in tutti i posti in cui un simil vampiro profondamente offeso potesse rifugiarsi, poi aveva pensato a dove Vincent Valentine potesse andare a cercare un pò di conforto... Sotto un albero, lontano dalla città.

 

E l’aveva trovato alla prima.

 

-Scusami. Non pensavo quello che ho detto. In realtà, penso veramente poco, ultimamente...-

 

Lui rimase assorto nei propri pensieri, senza degnarla di uno sguardo.

 

-Sono io il Sakanagi di questa generazione...-

 

-Lo so.- mormorò lui. –Per questo posso vedere i tuoi ricordi con Astharoth.-

 

Si sentì morire. Poteva vederli?

 

-Non è per questo... Probabilmente sei molto ricettivo.- rispose, cercando di fermare il tremore delle mani.

 

-O probabilmente perché sono anche i miei.-

 

Le fu impossibile fermare le lacrime. Lacrime di dolore e vergogna per sé stessa, per il proprio comportamento.

 

-Credevo di essere impazzito del tutto. Fortunatamente ho trovato una risposta alle mie domande. Tre anni di menzogne, Yuffie. Tre anni. Mi dirai, sono abituato, dopotutto.-

 

-Vincent...- iniziò la donna, sedendosi sui talloni.

 

-Mi disgusti profondamente, Yuffie Kisaragi.-

 

Avrebbe preferito essere schiaffeggiata. L’avrebbe preferito a quel suo essere gelido e apatico. L’avrebbe preferito alle sue parole sincere.

 

-Lo so. Hai ragione. Non è stato semplice... No... E’ stata la soluzione più facile, in realtà. Ma ne sono sinceramente dispiaciuta, Vincent...-

 

-Dillo.-

 

Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. – Chaos è Astharoth.-

 

Quando li riaprì, non vi era più alcuna traccia di Vincent Valentine.

 

-Non volevo perdere entrambi...-

 

 

 

 

Odiava quel luogo. Era il preferito di Jubei.

Nei corridoi vi era un violento odore di donna, che invano tentava di nascondere quello del sesso. L’arredamento era tipicamente orientale, con una sovrabbondanza di velluti rossi, specchi e tutto ciò che potesse esserci di cattivo gusto.

 

-Buongiorno, signora.-

 

Si voltò verso la padrona di casa, una donna sulla cinquantina, elegantemente fasciata in un tubino rosso. I suoi capelli decolorati e sapientemente arriciati, mentre quella muoveva la testa, non si spostavano di un millimetro. Era stata operata alle palpebre ed esposta al Mako, ma era chiaramente di Wutai.

 

Era pronta a risponderle che suo marito non si trovava lì.

 

-Buongiorno. Sto cercando Kasumi Kisaragi, sono sua sorella.- la sorprese.

 

Nessuno, nel giro, conosceva Kasumi con quel nome. Lei era semplicemente la Dama della Nebbia.

 

-Aspetta, cara, guardo se è occupata... No, è in pausa. E’ nella stanza della Nebbia.- le indicò la bionda, con un sorriso.

 

Percorse il corridoio rosso con lo stesso timore con cui l’aveva percorso anni prima, per la prima volta. Ogni stanza ospitava una Dama, una prostituta. Ce n’erano venti.

La stanza della Nebbia era l’ultima a destra. A sinistra vi era la stanza di Orlando, la più famosa e la più richiesta. Il suo punto di forza stava nel fatto che avesse un aspetto androgino.

 

Bussò alla porta azzurra di destra.

 

-Sono in pausa! Lasciatemi in pace!-

 

Spalancò la porta e s’immerse nella nebbia artificiale della stanza. Al centro troneggiava un letto a baldacchino con tende pesanti, azzurre ed altri veli e decorazioni.

 

-Kasumi...-

 

Era sdraiata sul letto ed il suo modo d’indossare il kimono le ricordò quello di Sakura. Si voltò verso di lei e spalancò gli occhi celesti.

 

-Yuffie! Come sei cresciuta!- esclamò, con un sorriso. –Sei sposata?! Ma sei giovanissima! Hai 18 anni, ora, no?-

 

-Ne ho venti, Kasumi...-

 

Era così triste, vederla ridotta in quello stato... Il trucco era sbavato ed i capelli completamente scompigliati. E i suoi occhi... Quand’erano piccole, quando giocavano ad essere gemelle, si ripetevano che solo gemelle potessero avere occhi così identici. Occhi come ghiaccio, come l’acciaio degli shuriken.

 

I suoi occhi spenti, azzurri, erano come lame appuntite conficcate nel cuore.

 

-Scusami! E’ un sacco che non esco di qui, sai?-

 

Lo sapeva. Erano anni che non usciva. Da quando aveva scoperto dov’era scappata. Sei anni prima.

 

-Papà sta morendo. Vuole vederti.-

 

-Come sta Jubei?-

 

-Jubei è morto, Kasumi. Abbiamo fatto un incidente d’auto, quella ha preso fuoco ed io mi sono salvata per poco.- sussurrò Yuffie, gelida.

 

-Mi dispiace... Lo amavi tanto vero?- sussurrò l’altra, con voce quasi infantile.

 

-Kasumi. Jubei mi picchiava.-

 

-Ma tu l’amavi tanto...-

 

-Sì.-

 

-Anche io l’amavo tanto... -

 

-Vai da papà, Kasumi, ti sta aspettando.- sussurrò Yuffie, uscendo dalla stanza e quasi correndo fuori dall’edificio. Aspirò una boccata d’aria fresca e scoppiò a piangere.

 

Lo sapeva, fin dal principio, che Jubei era la causa di tutto. Lui aveva messo incinta sua sorella, facendola scappare di casa. Lui l’aveva obbligata ad abortire, abbandonandola subito dopo.

 

Eppure, nonostante tutto questo, si era innamorata di lui.

 

 

 

 

-Jubei...-

 

Pensava che tornare in quel luogo le avrebbe fatto solo male. Invece, non provava nulla. O meglio, si sentiva completamente vuota. Lì era morto. Bruciato vivo.

Non provava neppure compiacimento per quello che gli era successo.

 

Aveva pianto troppo per lui.

 

Ecco, era quella la sensazione che provava. Si era svuotata per lui.

Aveva compiuto una serie di azioni senza senso per emularlo, perché lo amava. Non le aveva mai chiesto nulla. Lei aveva fatto tutto da sola. Ovviamente, lui non aveva fatto nulla per impedirle di agire in modo così sconsiderato. Però neppure l’aveva incoraggiata.

 

L’ammirava. L’ammirava e voleva emularlo. Era bello, sulla sua moto, con i suoi occhi spenti e l’aria di uno che non ha nulla da perdere. Avrebbe voluto essere come lui. Avrebbe voluto che qualcuno la considereasse bella in sella ad una moto.

 

Sarebbe potuta scappare, la prima volta che l’aveva picchiata. Sapeva di non avere colpa e, che, in nessun caso, il suo comportamento era giustificabile con una propria azione.

 

Ma l’amava.

E lui era l’unico ad averle mai detto che era carina.

 

La colpa non era da una parte sola.

La colpa era di entrambi.

 

Chiuse gli occhi.

 

-Avrei voluto salvarti. Ero piccola, ingenua... Ma avrei voluto salvarti veramente. Perdonami se non ce l’ho fatta.-

 

Il poltergheist scomparve. Il rimorso ed il rancore erano completamente scomparsi.

 

-Yuffie. -

 

-Pensavo di farti schifo.- sussurrò, voltandosi verso Vincent.

 

-Non c’è tempo. Stanno attaccando. Dobbiamo scappare.-

 

-Non scapperò, Vincent. Non più. Lasciami stare, ora.- gli ordinò, avviandosi verso il proprio scooter.

 

Galian Beast le sbarrò la strada, ben intenzionato a farla ragionare.

 

Serrò i pugni. L’importante, in quel momento, non era di sicuro il suo orgoglio. Doveva dare una mano alla sua città. Sbuffò e si arrampicò sul dorso del demone blu, che grugnì, sorpreso, per poi correre verso la città.

 

 

 

 

-Gli esseri umani sono così prevedibili!- esclamò Kaminà.

 

Era in piedi, al centro della piazza principale di Wutai. Al suo fianco vi era Emil, ferito ad un fianco.

Al centro, in ginocchio, vi era suo padre, ferito gravemente. Respirava a fatica, ma tentava in tutti i modi di alzarsi in piedi e tenere la testa alta.

 

-Lascialo.- sibilò Yuffie, avvicinandolesi, subito fermata da Galian.

 

-Minacciata da una donna incinta! Tremo di paura!- esclamò la bionda, sfilando un coltello dalla cintura e piantandolo nel fianco di Godo.

 

-No!-

 

La ninja corse incontro alla donna e prese letteralmente fuoco. Si avventò su di lei e la colpì ripetutamente con il suo stesso pugnale, divenuto ormai incandescente. Una falce le sbarrò la strada.

 

Si voltò verso Emil, che indietreggiò leggermente, stupito dalla sua ferocia.

 

Afferrò la falce e gliela rigirò contro, procurandogli un taglio perpendicolare a quello che suo padre gli aveva fatto, per tutta la lunghezza dell’addome.

 

Emil cadde a terra.

 

Yuffie si voltò per affrontare Kaminà, ma non fece in tempo ad accorgersi che la sua avversaria era fuggita, poiché fu risucchiata dall’oscurità.

 

 

 

 

L’angolo degli amichetti di Chaos

 

Lo so, è estremamente deprimente, come capitolo...

 

Chaos: Ma... Ma... O_o

Astharoth: Ebbene sì, siamo la stessa persona!

Yuffie: In qualsiasi modo la giri, questa mi sembra una Yuffentine...

Chaos, abbracciando Yuffie: Tu sei la mia amichetta speciale!

 

Ve l’aspettavate? Avevate già indovinato?

Se sì, bravi!

 

Gackt (il cantante): Come fai a resistermi?

Yuffie (mezza soffocata da Chaos): Non lo so... Davvero... non lo so... @ ç @

 

La natura morta dell’aragosta mi è venuta in mente per caso... Visto il mio profondo amore per l’arte astratta e/o moderna... Certi quadri che mettono negli alberghi sono veramente spaventosi... E l’arte astratta proprio non la capisco...

 

Per chi non lo sapesse, il basic è la lingua veicolare di Star Wars, quella che tutti sono obbligati a parlare per farsi capire un minimo...

 

Le scene di lotta non mi vengono proprio... E avrei voluto rendere la morte di Godo un pò più... Gloriosa? Però non ci sono riuscita e mi dispiace... Per la sua caratterizzazione, mi sono data alla pazza gioia, rifiutandomi categoricamente di farlo IC... Il mio Godo è completamente fulminato, molto forte in battaglia (come l’originale) e dorme in continuazione... Ma è anche molto positivo... Sa che deve morire ma si comporta tranquillamente...

 

Sakura è la gemella cattiva di Kisaki... E sottolineo cattiva... ^_^ (Just before the sunset... Ve lo ricordate? Io sì, purtroppo...)

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Interlude ***


I thought I saw you late last night

I thought I saw you late last night
But it was just a flash of light
An angel passing
But I remember yesterday
Life before you went away
And we were laughing
We had hope and now it's broken

Credevo di averti visto l'altra notte sul tardi
ma è stato solo un flash,
un angelo che stava passando
ma ricordo il passato, la vita prima che
te ne andassi via, e noi stavamo ridendo
avevamo sperato e adesso tutto è finito

 And I could see it clearly once
When you were here with me
And now somehow all that's left are
Pieces of a dream


ed io riesco a vedere tutto chiaramente
per la prima volta, da quando eri qui con me
e adesso in qualche modo tutto ciò che è rimasto
sono solo pezzi di un sogno



Pieces of a dream - Anastacia

 

 

 

Oro.

Oro?

Oro!

Doveva raggiungerlo!

Ma sentiva un tale peso sullo stomaco!

Non riusciva a muoversi, si sentiva come schiacciata verso il basso.

Ma quell’oro, luccicante, pronto ad essere coccolato...

Doveva afferrarlo!

 

 

-Yuffie!-

 

Si svegliò di soprassalto, ritrovando la stessa sensazione del sogno. Qualcuno era seduto sul suo stomaco.

Afferrò un kunai da sotto il cuscino, istintivamente.

Incontrò per una frazione di secondo, mentre si apprestava a colpire l’intruso, un paio di occhi color dell’oro. La straordinaria bellezza di quegli occhi, mista alla malinconia che ne traspariva, la fece esitare l’attimo che bastò a farle mancare il bersaglio.

 

Sbuffò, stizzita, rifiutandosi di darsi per vinta. Si liberò dalla morsa dell’avversario e scappò dalla finestra.

Doveva trovare Cloud e Tifa. Erano in giro per il Gold Saucer a fare chissà cosa. Cid e Barret? Non sarebbe mai riuscita a trovare il bar in cui si erano infilati. Non aveva idea di dove fossero Red e Cait. Vincent?

Dove diavolo era Vincent, quando serviva un’entrata ad effetto?

 

E dove diavolo erano i tubi di collegamento tra le attrazioni? Perché la foresta intorno al Ghost Hotel era così fitta e spettrale? E perché perdeva tempo a pensare, quando l’unica cosa che doveva fare era correre?

 

-Aspetta Yuffie! Non voglio farti del male!-

 

Lui, poiché si trattava di un uomo, le afferrò il braccio. La sua mano era così fredda che lei si arrestò di botto, come se quel freddo intenso si fosse propagato in tutto il corpo.

 

-Ciao Yuffie.- sussurrò lui, entrando nel suo campo visivo.

 

Era alto e minaccioso, pallido come un morto. Aveva ali enormi. Lo sapeva anche se quelle non erano spiegate, in quel momento.

Lo sapeva perché aveva di fronte il demone Chaos.

Ecco spiegato il motivo per il quale Vincent non aveva fatto entrate ad effetto.

 

L’essere mostrava i denti e soffiava.

 

-Chaos...- balbettò la ragazza, spaventata a morte. Lui o, meglio, esso, non sembrava amichevole.

 

Le lasciò il braccio e le fece la domanda più assurda del mondo. –Come stai?-

 

Arretrò lentamente, cercando di calcolare quante probabilità ci fossero di uscire viva da un eventuale scontro. Decisamente poche.

 

Percepì il tronco di un albero nella schiena. Era in trappola. Maledetta foresta.

 

Chaos smise di soffiare e chiuse gli occhi.

 

-Scusami, non sono abituato a parlare...- sussurrò.

 

La luce di Ramuh illuminò la ninja con un’idea geniale. Non le stava soffiando contro. Aveva il fiatone.

 

-Nemmeno a correre...- azzardò.

 

-Ah... Bé... Sai... Con le ali...- biascicò lui. Sembrava imbarazzato.

Smise di digrignare i denti.

 

Yuffie si rilassò, espirando dopo una lunga apnea. Stava veramente chiaccherando con uno dei quattro demoni di Vincent? Le sembrava assurdo...

 

-Mi dispiace, non era mia intenzione spaventarti...- sussurrò, abbassando la testa.

 

Yuffie non poteva credere ai propri neuroni, quando si accorse che l’unico aggettivo che le veniva in mente per descrivere il demone era: kawaii.

Però era kawaii.

 

-Io spaventata? Stai scherzando?! Stai parlando con Yuffie Kisaragi, la ninja straordinaria!- sbottò, mettendosi le mani sui fianchi. –Nulla mi spaventa!-

 

Chaos digrignò nuovamente i denti e lei non poté fare a meno di fare un balzo all’indietro.

 

-Che bei denti, signor Chaos!- esclamò lei, arretrando ulteriormente e perdendo del tutto la propria aria sfacciata.

 

A sua grande sorpresa, il demone si sedette a terra, con la schiena appoggiata ad un tronco bruciacchiato, abbracciandosi le gambe e dondolandosi avanti ed indietro.

 

-Ti spavento... Mi dispiace, non era mia intenzione. Volevo solo parlare con te...- le spiegò.

 

La sua mente razionale le consigliò caldamente di scappare.

 

Avanzò con un pò di timore, per poi sedersi sui talloni, accanto a lui.

 

Non era razionale.

 Aveva sedici anni, che diamine! Ed una mente che considerava terribilmente kawaii un demone depresso!

 

-Ho freddo... Mi presti il tuo mantello?- gli chiese, implorante.

 

-Scusami! Io non percepisco la sensazione di freddo!- esclamò lui, slacciando il mantello rosso e avvolgendovi la ragazza. La sua pelle era gelida.

 

-Grazie. Ehm... Chaos, che fai nella vita?- gli domandò, imbarazzato. Non aveva mai parlato con un demone. Non aveva idea di che cosa dirgli.

 

-Penso.-

-Quindi esisti.-

-Esatto. Come essere pensante.-

 

Era incredibile la sua sua somiglianza con Vincent. Era inquietante. E perfetto.

Arrossì al pensiero.

 

Kawaii andava bene, ma addirittura figo...

 

-Tu sorridi spesso. Potresti insegnarmelo?- le chiese, fissandola con i suoi occhi d’oro. La facevano sentire a disagio. Erano sinceri. Qualsiasi cosa avesse detto, gli avrebbe creduto.

 

La domanda le arrivò al cervello, momentaneamente spento a causa di quello sguardo.

 

Sgranò gli occhi. Non poteva farle una domanda del genere.

 

-Scemo! E’ impossibile che tu non sappia sorridere! Prova!- esclamò la ninja.

 

-Ci ho provato, ma ti sei spaventata...- le fece notare, deprimendosi.

 

Quindi quando mostrava i denti, in realtà, sorrideva...

 

-Devi pensare a qualcosa di allegro. Come un desiderio che si avvera! Cosa desideri in questo momento?-

 

Lui appoggiò la testa al tronco, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Un lieve colore rosato comparve sulle sue guance.

 

-Vorrei assaggiare una pigna.-

-Cosa?!-

-Secondo te è buona?-

-No, scemo, non si mangiano mica, le pigne! Un desiderio! Chessò, la pace nel mondo!-

-Si mangia?-

 

Si bloccò. Voleva mangiare. Non aveva mai mangiato in vita sua.

Mangiare era il suo desiderio.

 

S’intenerì e si calmò.

 

-Visto che prima o poi mangerai, non vuoi pensare a qualcosa di meno raggiungibile? Qualcosa per la quale valga la pena di sorridere.- gli spiegò, fissandogli i capelli con estremo interesse, per non incrociare i suoi occhi.

 

-Parlarti. Ma so che non durerà...-

 

-Prometto che la prossima volta non scapperò!- esclamò la ragazza, con un largo sorriso.

 

-Posso toccarti le labbra?- le chiese, guardando verso la fine del bosco.

 

Arrossì come se le avesse appena fatto la proposta più indecente del mondo.

Ma annuì, incapace di pronunciare una sola parola e si lasciò sfiorare dai suoi polpastrelli gelidi.

 

-Sono calde.- notò, piacevolmente stupito.

 

-Le tue sono fredde?- gli chiese, scandendo piano le parole, in modo che le sue dita rimanessero dov’erano.

 

-Incredibilmente.-

 

Gli afferrò la mano, spostandola dalle proprie labbra e posò quelle sulle sue.

Aveva ragione, le labbra erano fredde. Il suo bacio era tutto il contrario. Istintivo e passionale.

Il bacio di un demone.

 

Allontanandosi da lui, paonazza per il bacio e l’imbarazzo, si accorse che le sue labbra avevano assunto un colorito più sano.

 

-Stai avverando ogni mio desiderio, Yuffie...- sussurrò lui, arrossendo lievemente.

 

Con lentezza, le sue labbra si distesero in un sorriso particolare, un pò sghembo, elegante e dolce.

Il suo primo sorriso. Ed era per lei.

 

La ninja si alzò in piedi e sorrise.

 

-La prossima volta assaggeremo una pigna!- gli promise.

 

 

 

 

 

 

Fino alla fine, non ha smesso di sorridere nel suo modo particolare, elegante e dolce.

 

 

 

 

 

L’angolo degli amichetti di Chaos

 

Un altro capitolo di flashbacks! Questa volta, riguardanti il primo incontro tra Yuffie ed Astharoth...

Mi sorprende che nessuno si sia accorto della sua vera identità... Eppure gli indizi c’erano tutti: gli occhi dorati, le cicatrici sul viso pallido...

L’altra cosa che mi stupisce è che nessuno abbia commentato: ehu, che schifo! Chaos e Yuffie?!

Ma dico, avete visto Chaos in DoC?!

In realtà ho letto molte ChaosXYuffie, su siti stranieri... E’ una coppia che mi ha sempre incuriosito!

 

Divagazioni a parte, ecco le mie risposte ai vostri commenti, che, ripeto, mi fanno sempre un immenso piacere!

 

Ladyhellsing: stupendo è una parola grossa... d’ora in poi dovrei aggiornare più spesso, anche se Kage non la scrivo di getto e la riaggiusto cinquanta volte prima di pubblicarla...

 

Dastrea: La bambina ha la pellaccia dura, come la madre! Ho cercato di rendere Shelke un pò più umana e sopportabile... Non ci sono riuscita, mi dispiace...

 

Kay: Grazie, la morte di Godo è stata una scena orribile da scrivere... Avevo il magone...

 

Yuffie18: Non hai idea di quanto mi dispiaccia far morire un personaggio, soprattutto se l’ho inventato io... Anche se le gemelle, personalmente, mi stanno antipatiche e preferisco di gran lunga Hikaru, un pò Madame Butterfly...

 

Grazie a tutti coloro che hanno letto e commentato! E grazie anche a MM., le cui canzoni mi sono sempre d’ispirazione!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** The Chaotic Orchid ***


Lately I’ve been having the same nightmares over and over

Lately I’ve been having the same nightmares over and over...
On my way on the long long road, the moon illuminates my destination
Riding with you, I hide my breath and eat up the nightmares

 

Saikin sou unasarete wa onaji yume kurikaesu...
Nagai nagai michi no tochuu tsuki dake ga yuku saki terashi
Anata ni nori iki wo hisome akumu wo tabetsukusu no

 

I bury my face in your lap when I’m scared at night
so when morning comes, I’ll be sure to make a wish for you

 

Hiza ni kao wo uzumenagara yoru ni obiete iru naraba
Makuramoto ni negai wo kome kanarazu kuru asa he to

 

Desert Rose – Nakashima Mika

 

 

-La perdita di Emil non è stata irrilevante, Kaminà.-

 

La donna bionda si prostrò ai piedi del Capo. –Vi supplico, perdonatemi!- eclamò.

 

-Inoltre, la morte di Lord Godo non era prevista. Ricorda che se dovesse subire shock troppo intensi, potrebbe perdere il bambino. Se questo dovesse accadere, i nostri piani fallirebbero.- sibilò la dottoressa, poggiando il tacco dei propri stivali sulle dita della guerriera.

 

Quella chiuse gli occhi e soffoccò un gemito.

 

-Dobbiamo approfittare della sua momentanea debolezza per catturarla.- sussurrò. –Marie?-

 

-Sì, mia Signora?- mormorò la “bambina”, aprendo gli occhi e stiracchiandosi. –Agli ordini, Signora.-

 

Si alzò ed uscì dalla stanza, dopo un leggero inchino.

 

-Marie?-

 

-Buongiorno, Semiramis. Tra non molto verrà richiesto il tuo aiuto...- le disse la giovane, con un debole sorriso.

 

-Lo so, Marie... Ma... Mi preoccupavo per te... Insomma... Ultimamente le tue visioni sono confuse...-

 

La veggente osservò la guerriera ed il suo sorriso si allargò. –Ti ringrazio, Semiramis. Sto bene.- sussurrò, infilandosi nella propria stanza.

 

-La prossima carta a bruciare sarà quella degli amanti.-

 

 

 

 

-Perché hai fatto una cosa così orribile?!- urlò la donna.

 

Non aveva più lacrime. Aveva già pianto abbastanza.

Non era più triste. L’unico sentimento che provava in quel momento era l’ira. Un’ira che cresceva sempre di più. Sentiva il sangue ribollirle nelle vene.

 

L’aveva portata via da Wutai. Erano al Gold Saucer.

 

-Rispondimi! Dannazione, Valentine, rispondimi! RISPONDIMI!-

 

Si accasciò sul letto, priva di forze. Lui non rispose. Rimase a fissare il cielo artificiale, fuori dalla finestra.

 

-Lo so che ti disgusto... Ma perché fare una cosa del genere?- sussurrò, rannicchiandosi su sé stessa. –Per vendetta?-

 

Tentò di calmarsi, di pensare in modo razionale. Non ci riuscì.

Premette le mani sulle orecchie e serrò gli occhi, investita da voci sconosciute.

Non riuscì neppure a calmare i battiti del suo cuore.

Per cui urlò.

 

C’erano troppi ricordi legati a quel luogo. Ricordi con Astharoth. Ricordi della propria famiglia. Ricordi dolorosi, in quanto felici. Ricordi di quando erano tutti vivi, quando nessuna ferita era letale. Schegge di normalità, di quotidianeità.

 

E poi Aeris, Tifa, Cid, Cloud, Red, Barret, Cait... Si erano divertiti, in quel luogo. Per l’ultima volta tutti insieme. Dov’erano finiti tutti? Perché era riuscita ad allontanarli, con il suo atteggiamento? Perché non riusciva a legare con nessuno? Fin da piccola, non era mai riuscita a mantenere un’amicizia. Era complicato; Era faticoso. Ma, soprattutto, il più delle volte le sue amicizie erano a senso unico.

 

-Yuffie! Yuffie, basta, smettila! Mi dispiace, mi senti? Mi dispiace! Ma ti prego, smettila!-

 

Tornò alla realtà, accorgendosi che il gelo che provava fino a pochi secondi prima era scomparso, sostituito da un dolce tepore. Il grido le morì in gola.

 

Spalancò gli occhi, accorgendosi finalmente che la stava abbracciando.

 

-Calmati... Calmati... Ti prego... Calmati...- mormorò, accarezzandole i capelli.

 

Ricambiò l’abbraccio, aggrappandoglisi con tutte le proprie forze. –Io non volevo perdere tutti! Non volevo! Potevo impedirlo, ma non ce l’ho fatta! Ero troppo debole... Sono troppo debole... Ho paura.-

 

Lui non rispose. Non c’era nulla da rispondere, dopotutto.

 

 

 

Si risvegliò qualche ora dopo. Si sentiva leggermente meglio, non molto, ma era comunque un passo avanti rispetto alla precedente crisi isterica.

 

-Sta un pò meglio, ora... Non credo che sia saggio... Lo so che le farebbe bene, però penso anche che i nostri nemici la troverebbero immediatamente, seguendo voi... Me la cavo... Tifa... Tifa, per favore... Tifa sei incinta... Non è una... Che c’entra mia sorella, ora, scusa? Non ho sorelle... Tifa... Tifa, non fare come Yuffie!-

 

Si alzò a sedere, sotto shock. Tifa? Incinta? E di chi? Di Cloud? Possibile?

 

-D’accordo, ci sentiamo domani.-

 

-No! Tiffy!!- esclamò la ninja, balzando in piedi e correndo verso la stanza attigua, da dove proveniva la voce di Vincent. O, almeno, tentando di correre. –Voglio parlare con Tifa!- sbottò, spalancando la porta ed inciampando.

 

Vincent la prese appena in tempo. –Ho riattaccato. Non dovresti correre, lo sai che non hai senso dell’equilibrio... La chiamerai domani, ad un orario più consono. Sono le due di notte.- le spiegò, rimettendola in piedi.

 

-Davvero è incinta?! Di quanto?! Chi è il padre?!- lo bersagliò di domande.

 

-Di qualche settimana, lo sa da oggi. Come chi è il padre, Yuffie?! Ovviamente è Cloud. Chi altri è sempre in casa sua?- chiese l’ex Turk, alzando un sopracciglio, interdetto.

 

-Wow, sono impressionata, credevo che fosse rimasto all’impollinazione dei cavoli... E poi, Vinnie, non vorrei dire... Ma anche tu sei sempre con me... Eppure non sei il padre della bambina...-

 

Le lanciò un’occhiata omicida.

Deglutì.

 

-Bè, tecnicamente...- iniziò lei, arrossendo.

 

Tecnicamente lo era o non lo era? Se il corpo era suo, allora...

 

-Ran.-

-Caos?-

 

-In quanto tuo marito ti impongo di usare il nome Ran per la bambina.- sussurrò l’uomo.

 

-Non ci penso nemmeno! Non chiamerò mia figlia Caos! E’ orrendo!- protestò lei.

 

-Io lo trovo molto bello, Ran...- mormorò Vincent. –E poi non è Caos, è Ran.-

 

Svuotato del proprio significato, il nome Ran era bello... Ma, anche se non fosse stato collegato ad Astharoth, non avrebbe mai chiamato sua figlia caos. Non era proprio di buon augurio...

 

-Con un cognome lungo un nome corto sta bene...- argomentò l’uomo. –Ran Kisaragi...-

 

-Non ci sta bene. Non insistere, Valentine. Non chiamo mia figlia Caos, è orrendo. So esattamente che cosa vuol dire avere un nome orrendo.- sibilò Yuffie, incrociando le braccia al petto.

 

-Se dovessimo stare a guardare il significato di ogni nome, dovrei essere il primo a lamentarmi...-

 

-Almeno Vincent è di buon augurio...- ribatté lei.

 

-Posso assicurarti che non porta nessuna fortuna.-

 

S’infilò sotto alle coperte, sdraiandosi sulla schiena. Ran Kisaragi. Ran...

Dannato Valentine, cominciava a piacerle!

 

-E poi, significa anche orchidea...-

 

Si voltò verso di lui, fingendosi seccata. –Valentine... – sibilò.

 

La fissava con uno sguardo indecifrabile, a metà tra la disperazione e la confusione.

 

-Yuffie, ascoltami... Vorrei sapere una cosa... Poi considererò questa discussione chiusa.- mormorò, socchiudendo gli occhi. –Perché hai accettato il mio aiuto?-

 

Strinse i pugni, con una gran voglia di picchiarlo. Davvero pensava che la loro amicizia fosse dovuta al fatto che lui e Astharoth condividevano lo stesso corpo?! Cosa voleva? Delle prove?!

 

-Perdonami, Yuffie.-

 

Sdraiata su un lato, faceva finta di dormire. Aveva bisogno di prove, eh?

Come se la capacità di riconoscere l’affetto che qualcuno prova nei tuoi confronti non fosse soggettiva!

 

-Perdonami. Ti prego.-

 

-Non pregarmi, non sono la divina Lucrecia.- sibilò lei, stizzita.

 

-Hai ragione. Non sei lei. Vorrà dire che ti supplicherò...- mormorò l’uomo, scompigliandole i capelli e sdraiandolesi accanto, abbracciandola. –Vi supplico, divina Yuffie, perdonatemi.-

 

Lo sentì chiaramente sorridere e, sul momento, si arrabbiò ulteriormente, ma capì che la discussione era conclusa. Amici come prima. Appoggiò le proprie mani sulle sue e la bambina, che prima era agitata, si calmò.

 

-Ti voglio bene, Vincy...- mormorò, sorridendo.

 

-Questo significa che la chiamerai Ran?-

 

Sbuffò, esasperata. –Odio i nomi di fiore!- esclamò.

 

-E’ un sì?-

-Buonanotte, Valentine...-

 

 

 

-Uffi, non si sveglia! Principessaaaa!!! Himeeee!!! Tywysogeees!!! Princeeess!!-

 

Si alzò di scatto a sedere, spaventata. Incontrò un paio di occhi indaco, leggermente coperti da una frangetta viola. Era la ragazzina che accompagnava Alexander. Quella volta indossava un body nero, abbinato ad un tutu rosa shocking e vari accessori di perle colorate.

 

Più la osservava, più si convinceva di stare di fronte ad una specie di Shelke. Una bambina che non sarebbe mai cresciuta.

 

Cercò Vincent. Era accanto a lei, seduto a gambe incrociate sul letto e sembrava tranquillo...

 

-Perdona noi per disturbo, contessa.- tuonò l’uomo, in piedi accanto alla finestra.

 

-Figurati, sono solo le quattro del mattino... Chi diavolo dorme alle quattro del mattino?- ironizzò la ninja, appoggiandosi alla parete, con la schiena ed attendendo che i due le dicessero cosa volevano.

 

-Ora, principessa, dirò lei cosa è Società di Crepuscolo...-

 

 

L’angolo degli amichetti di Chaos

 

Buongiorno, animaletti! Volevo assolutamente aggiornare oggi... Per cui ho troncato il capitolo, tanto per aumentare la suspence! E aumentare le maledizioni che mi lanciate regolarmente... ^_^

 

Darkrin: bentornata! ^_^ In che senso era pesante, prima? A me sembra pesante ora! Sono contenta che la coppia ti piaccia! Io la adoro, anche se spesso Chaos è visto come un maniaco sessuale, solo perché è un demone! Invece secondo me è tenerissimo! (prende tra le braccia il demone e lo soffoca)

 

KaYcHaN: Anche io adoro la frase finale!!! Hai presente il Conte Cain, di Kaori Yuki? Ecco, quel sorriso un pò sghembo ma elegante ce l’ha anche Asthy! (Amy si esalta e stritola Caos)

 

Yuffie: Domo Arigatou Gozaimasu!

 

Terrabrake: Come non sai chi è Chaos? E’ quella creatura orrenda, viola e assessuata nella quale Vincent si trasforma di tanto in tanto! ^_^ La differenza tra ff7 e doc è abissale... Il perché Chaos si faccia chiamare Astharoth è già stato spiegato... Semplicemente, Astharoth è il suo vero nome e Chaos è il nome che Luku (Lucrecia) gli ha dato... Ovviamente il fatto che il suo vero nome non sia Chaos me lo sono inventato... Mi hai appena dato l’ispirazione per un flashback... ^_^

 

Dastrea: Le parti di Vinnie? Non compare proprio, Vinnie... Immagino che ti riferissi a Chaos! ^_^

 

Dunque, intanto vi avverto che questa fic mi piace sempre di meno, anche se gli ultimi tre capitoli mi piacciono da morire (sì, ho già scritto la fine!). Semplicemente, non sono fatta per le storie avventurose. Amo le storie introspettive. Probabilmente è per questo motivo che gli ultimi tre capitoli mi piacciono...

Ma se a voi piace, mi sforzerò di finirla...

 

Chaos: Fallo per me!!! (occhi kawaii)

Ok, ok!!!

 

Ho introdotto un nuovo personaggio, tra i malati di mente della Dusk Society, Semiramis. Visto che amo quella donna, cercherò di rappresentarla al meglio...

Quasi dimenticavo! Tiffy è incinta! Di Cloud! Poverina!!! Ciocca come un poggiolo anche lei... Motivo per il quale Vincent ha una crisi di nervi...

 

A proposito! Mi aiutate a trovare un riassunto decente? Quello attuale fa schifo! Thank You!

Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** The Cerulean Rose ***


Why don’t you take another little piece of my heart

Why don’t you take another little piece of my heart?

Why don’t you take it and break it and tear it all apart?

All I do is give and all you do is take

Baby why don’t you give me a brand new start?

Perché non prendi un altro pezzetto del mio cuore?

Perché non lo prendi e non lo rompi e non lo fai completamente a pezzi?

Tutto ciò che faccio è dare e tutto ciò che fai è prendere

Perché non mi dai un nuovo punto di partenza?

 

So let me live

Perciò lasciami vivere

 

Why don’t you take another little piece of my soul?

Why don’t you shape it and shake it ‘til you’re really in control?

All I do is give and all you do is take

All that I’m askin’ is a chance to live

 

Perché non prendi un altro pezzetto della mia anima?

Perché non gli dai una forma e lo scuoti finché non lo controlli veramente?

Tutto ciò che faccio è dare e tutto ciò che fai è prendere

Tutto quello che ti sto chiedendo è un’opportunità per vivere

 

So let me live

Perciò lasciami vivere

 

 

Let me live - Queen

 

 

-Secondo me sbaglia a pensare sempre a quella Lucrecia! Insomma... E’ morta e sepolta e di sicuro non l’amava! Guarda come l’ha trattato!- sbottò Yuffie, crollando pesantemente sul letto.

 

-Amava il proprio lavoro sopra ogni cosa. E’ il motivo per il quale sposò Hojo, probabilmente. Se proprio bisogna sposarsi, tanto vale farlo con qualcuno che condivide il proprio amore per qualcosa. Inoltre, nessun altro marito le avrebbe mai permesso di sperimentare sul loro stesso figlio...- iniziò Astharoth, sedendosi accanto a lei, abbracciandosi le gambe e poggiando il mento sulle ginocchia. –Ha utilizzato persino Vincent come cavia. E’ stata lei ad inserirmi nel corpo di Vincent. Per salvarlo. Ma anche per provare le proprie teorie. Vincent era già morto, per cui... Non aveva nulla da perdere.-

 

Gli afferrò delicatamente una mano, voltandosi verso di lui. Non glielo aveva mai chiesto, ma probabilmente condivideva la stessa sofferenza di Vincent. E gli stessi ricordi.

 

-Non sembri amarla particolarmente...-

 

-Umpf... Forse... Ma non posso odiarla... E’ la mia mamma...- sussurrò il demone, nascondendo il viso dietro le braccia.

 

 

 

 

Di nuovo Mideel. Di nuovo quella calma irreale, che sapeva non sarebbe durata.

In una settimana, nessuno li aveva attaccati.

 

 

-Ma tu non ne fai parte? Non rischi di...- Yuffie s’interruppe. Rischiava di morire.

 

-Principessa, vostra preoccupazione lusinga Alexander. Lei dimentica che io Re?- ribatté Alexander.

 

-Già! E, comunque, anche noi abbiamo i nostri alleati, all’interno della Dusk Society! Ovvio, c’è un Capo, ma è cieco senza Marie!- esclamò la ragazzina in rosa, scendendo dal letto. –Marie è una veggente. Grazie a lei conosciamo ogni vostro spostamento in anticipo.-

 

-Ottimo, quindi, in poche parole, non c’è modo di sfuggirvi! Questa notizia mi riempe di gioia!- sbottò la ninja, esasperata.

 

-Dusk Society ha tredici membri. Zapotec, Alyah, Fraye, Hikaru ed Emil sono caduti per mano di voi.-

 

-Poi ci sono te, Kaminà, quella Marie e la presenza che ho percepito quando ho incontrato per la prima volta le gemelle. E sono nove. Gli altri?- chiese la donna.

 

-Scusa, io chi sono, l’ultima ruota del carro?- sbottò la ragazzina in rosa.

-Rose...-

 

-Ok, con te sono dieci. Con il capo undici.- contò Yuffie, esasperata.

 

-Poi ci sono Semiramis e Joanna la regina del sadomaso...- concluse Rose.

-Rose!-

-Ma è vero! Non ha un nome! E’ solo un clone! E si veste come Joanna la regina del sadomaso! Come la devo chiamare, Carla?-

 

-Sono pericolose?- domandò Vincent, alzandosi ed accostandosi alla seconda finestra della stanza.

 

-Sì.-

 

 

Marie stava facendo un buon lavoro, doveva ammetterlo.

 

-Guarda!!! Kawaii!!!- esclamò, mostrando a Vincent un paio di scarpine bianche racchiuse in una scatola di plastica trasparente.

 

-Non hai comprato abbastanza abiti bianchi?- chiese lui, esasperato e carico di sacchetti.

 

-Non preoccuparti, Vinnie, passeremo anche dal sexy shop, per il nastro da bondage!- ribatté la donna, tirandogli una pacca sulle spalle. La commessa, che aveva sentito tutto, strabuzzò gli occhi e lasciò cadere tutto ciò che aveva in mano.

 

-Yuffie, sei impazzita?! Cosa...-

 

-Prendiamo anche queste!- lo interruppe la ninja, posando le scarpe sul banco. Tese il palmo aperto verso di lui, con un largo sorriso. –Carta di credito!-

 

-Perché non compri nulla di rosa?- le chiese.

 

-Vincent Valentine! Il rosa mi disgusta, mi fa ribrezzo e mi fa anche venire la pelle d’oca.- ribatté Yuffie, con fare minaccioso. Puntandogli contro la carta di credito. –E i conigli rosa uccidono, ricorda!-

 

La cassiera fece cadere tre volte la carta, ma alla fine, riuscì ad effettuare il pagamento.

 

-Arrivederci.- pigolò. –E... Au... Au... Auguri!-

 

Dopodiché, scappò in magazzino.

 

-Che strana ragazza...- commentò la ninja, confusa, uscendo dal negozio.

 

-L’hai spaventata a morte, Yuffie.- le fece notare Vincent.

 

-Vincent!-

 

Un fulmine celeste investì l’ex Turk, sbilanciandolo.

 

-Credevo che Hojo ti avesse ucciso! Ero così preoccupata!- esclamò la donna lampo, appesa saldamente al collo del moro.

 

A Yuffie non ci volle molto per riconoscerla. Arretrò, stupefatta. Non poteva essere lei. Era morta.

La ninja serrò gli occhi, disturbata da un fischio che si faceva man mano più fastidioso. Per quanto si sforzasse, le era impossibile vedere gli spiriti dell’uomo. Scosse la testa più volte, cercando di scacciare l’interferenza. Si appoggiò ad un muro, lottando contro il proprio corpo per non svenire.

 

-Lucrecia?-

 

 

 

-Restano voi pochi membri da sconfiggere.-

 

-Chiamali pochi... Sono otto, per tua informazione.-

 

-Uffi, sei una lagna, principessa! Come diavolo fai per sopportarla?- chiese Rose, rivolta a Vincent, che rispose facendo spallucce: -Solo Shiva lo sa...-

 

Gli lanciò il cuscino, che l’uomo afferrrò senza problemi, molto prima che quello lo colpisse.

 

-Vedi che non ascolti? Io, Marie e Xaxa non vi daremo nessun problema... Siamo del tutto neutrali!- esclamò la ragazza. –Siamo i più potenti, noi!!-

 

“Xaxa” le lanciò un’occhiataccia.

 

 

 

Si risvegliò nella loro camera d’albergo. Sentiva due voci in sottofondo e quel fischio, nonostante fosse più debole di prima. Lo ridusse ulteriormente, con notevole sforzo. Guardò Vincent. Intorno a lui vi erano due piccoli esseri luminosi. Due.

 

-E’ solo una ragazzina che tenta di attirare l’attenzione.-

-Non è una ragazzina e di sicuro non vuole attirare l’attenzione su di sé. Ne ha fin troppa, ultimamente.-

-Avanti, per quale altro motivo avrebbe dovuto rimanere incinta alla sua età, allora?-

-Perché aveva una relazione stabile con un uomo che amava. E non penso proprio che sapesse che sarebbe morto.-

 

Era indecisa tra fargli una statua ed ammazzarla.

Decise di rimandare la carneficina e mettersi a sedere.

 

Fino a quella mattina, Lucrecia era stata uno spirito. Quella seduta di fronte a lei era viva.

Eppure gli spiriti che vegliavano su Vincent erano due.

 

-Per iniziare bene il nostro rapporto, Lucrecia... Che vuoi?- le chiese, acida.

 

-Vincent mi ha raccontato tutto di te! Mi dispiace molto... Se hai bisogno di consigli...- sussurrò la dottoressa, sorridendo in modo incoraggiante.

 

Di sicuro non avrebbe chiesto consiglio ad una donna che aveva sperimentato ogni sorta di sostanza sul proprio figlio, per poi pentirsene ma non avere abbastanza fegato per tirare un calcio nelle palle al marito e scappare con il bambino. Recuperando eventualmente Vincent dalla sua bara.

 

Il fischio aumentò di volume. Tentò di individuarne la fonte, ma poi decise di rimandarlo alla persona che si meritava più di tutti un bel mal di testa.

Notò con piacere che la donna strinse gli occhi per il dolore per qualche secondo.

 

-Desidero ricominciare.- rispose Lucrecia.

 

-Tanti auguri. Se però rimani di nuovo incinta, evita i bagni nel Mako, rendono i figli terribilmente sexy, ma un pò suonati...- sibilò la principessa, fissandola con astio ed uscendo dalla stanza.

 

 

 

-Shelke.-

 

-Perché non riesco mai a prenderti di sorpresa?- si lamentò la rossa, in SND. Si sedette sul letto della stanza che Yuffie aveva preso per sé.

 

-Forse perché ho una decina di anni di esperienza più di te, alle spalle. Che vuoi? Non è giornata.-

-Lo sai che Tifa è incinta?-

-Bene. Spero che sia l’ultima a rimanere incinta. Se anche la mia vicina lo rimane, siamo fottuti.-

 

-Yuffie, guardi nel vuoto e stai distruggendo le lenzuola... Che succede?- domandò l’ex Zviet, preoccupata.

 

-C’è che Lucrecia è resuscitata e che lei e Vincent stanno facendo di tutto per ricordare i vecchi tempi... E quando dico di tutto significa che probabilmente tra trent’anni avremo un secondo Sephiroth intenzionato a distruggere il pianeta...-

 

La rossa la fissò senza capire, poi ebbe un’illuminazione. -Ma... E’ morta...-

 

-Lo so... Lo so! Non è possibile! So che non è la vera Lucrecia, perché lei è ancora lì, da qualche parte! Ma quella donna... Chiunque lei sia, si sta comportando come l’originale! Io non ho nessuna intenzione di raccogliere i pezzi della mente di Vincent, dopo!- urlò la donna.

 

-Allora piantala di comportarti come lei e torna ad essere Yuffie Kisaragi.- sibilò Shelke, scomparendo.

 

 

 

 

-Come, non lo sai?-

 

-Certo che non lo so! Non c’ero mica, trent’anni fa!- sbottò la ragazza, imbronciata.

 

Le accarezzò il viso dolcemente e sorrise. Lei rispose a quel sorriso e si accoccolò sul suo petto. Era freddo, come sempre. Ma ormai non le dava più fastidio. Anzi, d’estate era anche comodo.

 

-Quando gli ha confessato di amarlo, lei ha tirato fuori la scusa che non poteva ricambiarlo perché aveva gli occhi di suo padre, Grimoire Valentine.-

 

-E dove ce li aveva, gli occhi di suo padre? In bocca?-

 

 

Bussò violentemente alla porta della stanza, non ottenendo nessuna risposta. Trattenendo l’istinto che le suggeriva di buttarla giù con un calcio, bussò nuovamente.

 

Le aprì Vincent, su di giri, spettinato e con uno sguardo che non gli aveva mai visto.

Strabuzzò gli occhi, sotto shock. Non avevano perso tempo...

 

-Ho bisogno della mia valigia.-

 

Le chiuse la porta in faccia.

 

-Ma guarda te che stronzo...- commentò Yuffie, sbuffando ed apprestandosi a bussare di nuovo.

 

La porta si riaprì e l’uomo posò ai suoi piedi la piccola valigia che la ragazza si portava dietro da mesi.

 

-Scusami, caro, pensi forse che la porterò in camera da sola?- gli chiese, sarcastica.

 

Lui alzò gli occhi al cielo, gesto che la fece andare su tutte le furie e l’accompagnò fino in camera, che, tra l’altro, era quella accanto.

 

Lei chiuse la porta dietro di loro, a doppia mandata.

 

-Cos’hai intenzione di fare, Yuffie?- le domandò, posando la valigia ed avanzando verso di lei.

 

-Che domande, ma adescarti, ovviamente! E tu? Quella non è Lucrecia! E so che te ne sei accorto anche tu! Lucrecia è diversa! Ricordi la sua domanda nella caverna? “Dov’è mio figlio”? Perché non ti ha chiesto nulla?- sbottò.

 

Il suo sguardo, così diverso da quello a cui era abituata, la spaventava. Non era Vincent, quello. Non era il Vincent Turk e non era il suo Vincent. Si placcò contro la porta, poggiando le mani sul ventre. Anche Ran era agitata. E questo contribuì ad accrescere l’ansia della madre.

 

-Ha percorso molti chilometri, dal suo risveglio. Ha chiesto informazioni sui trent’anni in cui... In cui non c’è stata. Soddisfatta? Ora spostati.-

 

-Ma veramente la prima cosa che farete dopo tutto questo tempo sarà del sesso? Non riesco a crederci... Pensavo fosse diverso, tra voi... Evidentemente, mi sbagliavo...- sussurrò la donna, rilassandosi, ma non cambiando posizione. –Vinnie?- pigolò.

 

I loro sguardi s’incrociarono. Era tornato quello di sempre. Lei distolse il suo. Si tormentò l’anulare sinistro ed ingoiò le lacrime.

 

Pregò che lei e Shelke si sbagliassero. Forse Lucrecia era rinata. Frose non l’avrebbe ferito di nuovo. O, almeno, non come trent’anni prima.

 

-Prima di farlo, togliti la fede. Fanne quello che vuoi, buttala, vendila. Non m’importa. Poi non rifarti vivo.- sibilò, aprendo la porta e spingendolo fuori.

 

Mentre scivolava lungo la porta, fino a sedersi a terra, non pianse, anche se avrebbe voluto. Non aveva senso piangere. Non ce n’era motivo.

 

Se lui era felice, valeva la pena di soffrire in quel modo.

 

 

 

 

-Buongiorno, principessa...- sussurrò Shelke, sedendosi sul letto. –Hai una bruttissima cera e, Ifrit, quanto sei ingrassata!-

 

Aprì gli occhi, ancora assonnata. Guardò l’ora, per poi ricordarsi le parole della rossa.

 

-Shelke? Vai a cagare.- biascicò, stiracchiandosi.

 

Erano le sette del mattino. Probabilmente avevano finito, nella stanza accanto.

 

Scacciò dalla mente quel pensiero e si concentrò sull’intrusa. Era reale. Non era in SND.

 

-Quando io rimarrò incinta, probabilmente mi deformerò a tal punto che mi scambieranno per una pera.- si lamentò l’ex Zviet, azzannando un croissant. –Guardati, Yuffie Kisaragi, fai schifo. Hai preso due taglie di sopra e sei rimasta uguale di sotto. Ti odio!-

 

Mentre parlava, agitava le mani in continuazione. E così notò l’anello.

Le bloccò la mano sinistra. All’anulare brillava quello che aveva tutta l’aria di essere un solitario con un diamante molto grande.

 

-Se ti pesi con questo al dito, di sicuro superi i 50 chili, Shelke.- commentò, con gli occhi tondi. –E’ un regalo del Presidente della Società per la Rimozione dei Rifiuti Urbani?-

 

-Me l’ha regalato ieri! Era il nostro primo anniversario!- gongolò l’altra.

-Per il primo anniversario di matrimonio cosa ti regala, la Spider?!-

 

La odiò per avere un fidanzato ricco, innamorato e, soprattutto, vivo.

 

-Shelke?-

-Sì?-

-Sono felice per te.-

 

Bussarono alla porta. Probabilmente il proprietario dell’albergo che le avvertiva che i loro schiamazzi non erano graditi.

 

Con un pò di timore, aprì la porta.

 

-Stai bene?-

 

Fece un passo indietro. Non era il proprietario. Era molto peggio.

 

Annuì e fece per chiudere la porta, prontamente bloccata da Vincent.

 

-Non hai portato la tua ragazza? Lucrecia?- chiese seccata Shelke. Non amava particolarmente la donna.

 

-Lucrecia dorme... Per favore, Yuffie, fammi entrare...-

 

Si spostò dal vano della porta e la richiuse dietro di lui. Si andò a sedere sul letto, mentre Shelke prendeva posto sulla scrivania.

 

-Se stiamo a lungo in un luogo solo rischiamo di essere raggiunti dai membri della Dusk Society. Dobbiamo partire domani.- spiegò loro l’uomo.

 

-E Lucrecia?-

 

-Resterà qui, so di poterla trovare qui. Se dovessi essere catturata, neppure lei saprebbe consolarmi. Neppure lei potrebbe alleviare la mia colpa.- sussurrò l’ex Turk.

 

Annuì semplicemente. Era una frase strana, surreale. Ma era sincera.

 

-Ti riangrazio. Buonanotte.- sussurrò Vincent, uscendo dalla stanza.

 

-Posso darti un mio modesto parere, Yuffie?- chiese Shelke, con un piccolo sorriso.

 

L’altra annuì nuovamente.

 

-Vincent ti ama.-

 

 

 

 

-Non ho nessuna intenzione di restare qui ad aspettare!- sbottò Lucrecia, su tutte le furie.

 

Anche lei, se Astharoth avesse deciso di scortare una ragazza bellissima in una missione suicida, piuttosto che rimanere con lei, avrebbe avuto più o meno la stessa crisi semi-isterica.

 

Era una fortuna che non conoscesse nessuno al di fuori di lei...

 

-Ma Lucrecia, è pericoloso...- iniziò Vincent, per l’ennesima volta.

 

-Non m’interessa! Ti ho perso una volta, non voglio perderti di nuovo!- esclamò la donna.

 

La tipica frase da romanzetto rosa.

Bleah.

 

-Luku. Stai qui e basta.- le ordinò, con un tono che non ammetteva replica alcuna.

 

 

-Secondo te, se si reincontrassero ora, potrebbero avere la loro seconda chance?- gli domandò, incuriosita.

 

-Oggi è decisamente la giornata di Vincent e Lucrecia!- esclamò Astharoth, sorridendole. La ninja si sciolse, in estasi. Amava il suo sorriso sopra ad ogni altra cosa. –Non lo so... Probabilmente il suo amore per lei rimarrebbe immutato. Ma Vincent è cambiato molto, in questi anni... Prima era uno sfigato... Insomma, era un colletto bianco qualsiasi, sottomesso al capo e con gravi problemi nelle relazioni interpersonali... –

 

-Ehy, stai parlando del proprietario del tuo corpo!-

 

-Lo so... E so anche che ora è diverso. Profondamente diverso. Sa imporsi. Non so se Lucrecia accetterebbe un Vincent del genere...-

 

 

Lucrecia tacque, basita. Non se l’aspettava di certo.

Mentre si allontanavano, lui non si voltò neppure una volta.

 

 

 

 

-Oh, eccovi tutti! Anche il nostro Re è venuto a trovarci? Che onore, davvero!-

 

-La nostra dottoressa ha delle novità per noi tutti!- annunciò Kaminà, beffarda.

 

-Sanno tutto. Come siamo organizzati, quanti siamo, quali sono i nostri poteri. E tutto perché qualcuno che doveva rimanere neutrale li ha informati.- sibilò la dottoressa, fissando con astio Alexander.

 

Il Capo si alzò dal suo trono, avanzò verso il demone e lo afferrò per il collo. –Tu! Avevi giurato sul tuo onore di Re demoniaco di mantenere il segreto!-

 

-Smettila! Smettila! Sono stata io! Lascia stare mio padre!- urlò Rose, frapponendosi tra i due.

 

Per tutta risposta, il primo le tirò uno schiaffo, mandandola a sbattere per terra e lasciò andare il re demoniaco. Fece qualche passo verso la ragazzina e l’afferrò per i capelli, sollevandola.

 

-E’ così?- le chiese.

 

-Sì! Lui non poteva dire niente, era sotto giuramento, così sono andata a raccontare tutto a Yuffie!- gridò, scalciando. –Sei un essere ignobile! Te lo meriti! Nessuno ti rimarrà mai fedele!-

 

La lanciò lungo la sala e il suo corpo strisciò a terra per qualche metro. La raggiunse e sguainò una delle spade di Kaminà, puntandola alla gola del cherubino. –Sei irritante, bambina. Hai l’onore di far parte della Società del...-

 

-Non me ne frega niente! Sei un pezzo d’idiota!- ribatté lei, afferrando la spada e gettandola lontano. –Non sai neppure combattere, cretino!-

 

-Rose!-

 

Vide chiaramente gli aghi. Erano diretti verso di lei. Poi quelli scomparvero, sostituiti da una sensazione dolce ed angosciante allo stesso tempo. Suo padre la stava abbracciando, schermandola dall’attacco.

 

Si risvegliò in una città sconosciuta, in un letto sconosciuto. Occhi azzurri, sconosciuti anch’essi, la fissavano.

Era ricoperta di sangue. Ma non una sola goccia era sua.

 

 

 

 

Avevano trovato una piccola abitazione Ancient, appena all’entrata di un bosco ed avevano deciso di fermersi in quel luogo per la notte. Risaliva ad un periodo in cui Mideel era un continente, che comprendeva anche l’isola del Tempio. All’interno tutto era perfettamente funzionante, in ordine e pulito.

 

Si distese sul letto, esausta. Aveva un mal di schiena bestiale e Ran non la smetteva di agitarsi, probabilmente intenta ad imparare i primi passi di breakdance...

 

Niente treno, l’avevano già usato. Avrebbero preso un traghetto fino a Junon.

E avrebbe vomitato l’anima, come al solito. Un giorno, qualcuno si sarebbe deciso ad inventare il teletrasporto, ne era certa.

 

Sospirò, affranta. Ran espresse il proprio appoggio con l’ennesimo calcio.

 

-Sta ferma! Vincent? Che fai, ti trucchi per andare a letto?!-

 

L’uomo si appoggiò allo stipite della porta che separava la camera dal corridoio. In venti minuti, si era tolto la cravatta ed aveva la camicia mezzo sbottonata. Perché insisteva nel volersi vestire come un impiegato di banca? Non ne aveva avuto abbastanza, quando era un Turk? Oltrettutto, i suoi capelli, non si sa come, erano cresciuti parecchio e gli arrivavano fino al mento.

Esattamente come quando era un Turk.

 

-No, mi stavo contemplando allo specchio...- ribatté, sarcastico. –Ho trasportato la tua valigia, controllato la mappa, acceso il riscaldamento e cacciato un topo di due metri fuori dalla cucina.-

 

-Bah, ti lamenti sempre... Dobbiamo proprio prendere la nave?- gli domandò, con occhi supplicanti.

 

-Preferisci che ti porti in spalla Hellmasker?- chiese l’uomo.

 

La ninja rabbrividì. Non solo Hellmasker era un sadico, amante dei massacri e del sangue. Era anche un maniaco... Ed aveva un debole per lei.

 

-Ti darò dei calmanti. Ti faranno dormire durante il viaggio. Ho chiesto al medico, non faranno del male a Ran.- leassicurò, avanzando verso di lei.

 

Quando avevano deciso di chiamarla Ran? Non ricordava di essere giunta ad un accordo, riguardo al nome da dare alla bambina. Avevano cominciato a riferirsi a lei con quel nome. Era stato molto naturale...

 

Lo notò subito. Per quello gli tirò un cuscino in faccia. –Pervertito di un porco delle steppe!- urlò, arrabbiata.

 

-Ma non ho fatto nulla!- si difese lui, spostando il cuscino giusto in tempo per ricevere “I fratelli Karamazov” (con copertina cartonata) in pieno viso.

 

-Come non hai fatto niente? Certo che non hai fatto niente! Hai un succhiotto di mezzo metro sul collo! Come si chiama la tua fidanzata, Lestat?! E non dire che è stato un polpo, perché non ci credo!- urlò la donna, tenedolo a debita distanza con una conchiglia gigante.

Si riabbottonò in fretta e furia, visibilmente imbarazzato.

 

-Tradita con Lestat! Almeno potevi preventarmelo, prima!- esclamò lei, rannicchiandosi sotto le coperte, con fare tragico.

 

-Yuffie... Perdonami.-

 

Interruppe la farsa. Perché le chiedeva di perdonarlo? In fondo, erano sposati solo perché altrimenti Ran non avrebbe avuto un padre...

 

Le accarezzò i capelli e si allontanò verso la propria stanza.

 

-Scemo! Non m’importa!- sbottò la donna, sforzandosi di sorridere.

 

Lui s’immobilizzò, senza però voltarsi.

 

-Sei felice?-

-Sì, Yuffie, sono felice...-

 

Al buio, in un letto troppo freddo e vuoto, si rannicchiò su sé stessa, alla ricerca di un pò di conforto.

 

-Che madre stupida che hai, Ran...-

 

Cosa le importava, se avevano fatto l’amore? Era normale, si amavano, dopotutto...

Eppure... Eppure un dolore sordo, in una parte recondita del suo cuore, le fece capire che, a lei, importava.

 

-Yuffie?-

 

Sobbalzò. Non l’aveva sentito arrivare.

 

-Stai tremando... Hai freddo?- le chiese, sedendosi sul letto.

 

-No, sto bene... Grazie, Vinnie.-

 

Anche al buio, quella macchia scura sul suo collo era come una firma. Era di Lucrecia.

Vincent apparteneva a Lucrecia.

 

L’aveva perso.

 

 

 

 

Non avevano parlato per tutta la mattina.

Probabilmente non se n’era neppure accorto. Era abituato al silenzio.

E, Yuffie, per una volta, non aveva idea di che cosa dire.

 

Aveva continuato a conversare con Ran, nella propria mente. Era confortante, anche se, ovviamente, non avrebbe mai ricevuto risposta. Avrebbe perso anche lei, un giorno. Ma a lei sarebbe rimasta legata per sempre.

Le mancava terribilmente la vecchia Yuffie.

 

-E tu, sei felice?-

-Perché non dovrei esserlo?-

-Vuoi che ti faccia l’elenco dei motivi per i quali non dovresti esserlo?-

 

Abbassò la testa.

 

Era viva. E presto sarebbe diventata madre. Ed aveva degli amici. E loro erano felici.

 

-Yuffie?-

 

Alzò lo sguardo nell’istante stesso in cui qualcosa di estremamente appuntito gli trapassava la spalla. Serrò gli occhi per un attimo. Poi si voltò nella direzione da cui il pugnale proveniva.

 

-Ero stufa del vostro irritante tète-à-tète!- dichiarò l’aggressore. Era una donna.

 

Uscì dall’ombra.

Non fu difficile riconoscerla, nonostante il trucco pesante e la tuta di pelle nera. La sua espressione sprezzante era rimasta la stessa.

 

-Lucrecia?-

 

-Poi ci sono Semiramis e Joanna la regina del sadomaso...- concluse Rose.

-Rose!-

-Ma è vero! Non ha un nome! E’ solo un clone! E si veste come Joanna la regina del sadomaso! Come la devo chiamare, Carla?-

 

-Non è Lucrecia, è un clone, Vincent. E nemmeno ben riuscito.- sussurrò Yuffie, socchiudendo gli occhi mentre il fischio che accompagnava le apparizioni della donna si faceva sempre più assordante. –Come ci riesci?-

 

-Non è difficile, ho costruito un chip che ho inserito nel mio braccio sinistro, che disturba i tuoi poteri. Ma non penso che serva più, ora che sono uscita allo scoperto.- spiegò la dottoressa, incidendosi la pelle del braccio con un pugnale da lancio ed estraendo il componente elettronico. Il fischio si interruppe, a grande sollievo della principessa.

 

E Lucrecia ricomparve.

 

-Vincent, te lo chiederò una sola volta, seguimi e passa dalla mia parte. Alla mocciosa non sarà torto neppure un capello.- declamò il clone, teatralmente.

 

La ninja guardò l’uomo. Era immobile, accanto a lei. Sembrava terrorizzato.

 

-Se non deciderai entro cinque secondi, la rapirò e la farò diventare molto simile a quello che sei ora... A proposito, Lucrecia non è della stessa opinione, ma ti preferisco così. Stai zitta!-

 

La moglie di Hojo si comportava in modo strano... Stava letteralmente cercando di abbracciare il proprio clone.

 

-Luku, che diavolo fai? Ti sembra il momento degli slanci di affetto?!- esclamò Yuffie, confusa ed innervosita dal comportamento di coloro che la circondavano.

 

Sentì tre click, per cui si voltò verso l’ex Turk. Aveva estratto Cerberus e la stava puntando verso Joanna.

 

-Non ne avrai mai... Smettila! Il coraggio, Vincent Valentine! Troppi ricordi sono legati a questo corpo!- urlò la donna, suadente, avanzando verso di lui, finché le tre canne del fucile non toccarono la sua fronte.

 

Lucrecia continuava la sua strana danza, tentando di cingere con le braccia la copia. Ma che...?

Certo! Stava cercando di prendere possesso del suo corpo! Due anime non possono vivere nello stesso corpo. E quello del clone era geneticamente identico a quello della ricercatrice, per cui, lo spirito poteva prenderne possesso.

 

E lei era un Sakanagi. Probabilmente la donna che le stava di fronte aveva avuto una vita miserevole, essendo, tra l’altro, frutto di un esperimento. Strinse i pugni e scatenò i propri poteri. Lo spirito riuscì quasi immediatamente ad acquisire il corpo.

 

-Vincent... Uccidimi.-

-Lucrecia, no... Non posso farlo... Non puoi chiedermi una cosa del genere...-

-Vincent, dannazione, sono trascorsi trent’anni!-

-Non posso dimenticare.-

-Nessuno ti ha chiesto di dimenticare... Passa oltre, tutto qui... E ora spara!-

 

Lucrecia fu sostituita dal clone, che sorrise, beffardo. –Stupida...-

 

Vincent afferrò la ninja per le spalle e la strinse a sé, badando a che non vedesse nulla, rintanata sul suo petto. Poi sparò.

 

 

 

 

-Di nuovo il tuo sangue sulle mie mani, Lucrecia...-

 

Sospirò e spinse la porta della sua camera, aprendola.

 

Era seduto davanti allo specchio e si guardava le mani. Erano immacolate. Quando l’aveva uccisa, indossava dei guanti.

 

Per la prima volta, lo vide come un essere umano segnato dal tempo, terribilmente vecchio. Stufo della vita.

 

Si sedette accanto a lui e posò una piccola bacinella di acqua tiepida su un mobile vicino. Poi, iniziò a togliergli il sangue di Lucrecia dal viso.

 

-Il sangue rimmarra lì anche se lo lavi via... Ormai ne sono completamente ricoperto.-

 

Abbassò la testa e si mise a giocherellare con il pezzo di stoffa macchiato di sangue.

 

-Immagino che quello ti rimarrà per un pò... – notò Yuffie, indicandogli il collo. Si osservò allo specchio, sfiorandosi il livido scuro con la punta delle dita.

 

-Se devi dirmi qualcosa, dilla subito. Puoi insultarmi, se vuoi, dirmi che mi avevi avvertito.- sussurrò l’uomo, evitando di guardarla negli occhi.

 

Lasciò scivolare lo straccio in acqua. A cosa sarebbe servito?

 

Lo abbracciò, trattenendo le lacrime. –Ti voglio bene, Vinnie.-

 

 

 

 

 

L’angolo degli amichetti di Chaos

 

Hello! Come state? Spero bene! Immagino noterete una certa differenza tra questo capitolo e il precedente... O almeno spero. Questo capitolo mi piace di più, anche perché compare Luku... Sorpresi? Joanna la regina del sadomaso è proprio lei! L’idea di vestirla in questo modo mi è venuta mentre la disegnavo... ^_^

 

La prima scena mi piace tantissimo, con gli sposini che scelgono gli abiti per la bimba! Amy si rotola felice, mentre Vincent e Ron la fissano senza capire (i miei gatti)...

 

I conigli rosa uccidono, ricorda! Non so quanti fan di Dylan Dog ci siano tra voi, ma io amo quell’uomo... “I conigli rosa uccidono” è il primo volume delle sue avventure che abbia mai comprato ed apprezzato.

 

Oltrettutto, il capitolo è molto più introspettivo del solito... Penso di aver trovato un buon equilibrio, finalmente...

 

Il Sensitive Net Dive è la tecnica che Shelke usa per... Per... Ehm... Penso che sia per analizzare i frammenti di memoria sparsi qua e là... Non l’ho ancora capito...

 

Quello che dice Shelke sul fatto che Yuffie non sia ingrassata riflette il mio pensiero. La mia prof di Giapponese non è ingrassata per niente, durante la gravidanza e fino alla settimana scorsa credevo che fosse ancora al 5° mese... Invece partorirà il mese prossimo... °_° Me invidiosa...

 

La parte “cosa combinano nel frattempo quelli della Dusk?”, è molto triste. Se non l’avete capito, Alexander è morto, per proteggere Rose e l’ha teletrasportata lontano... Dove? Se mi ricordo (succedono troppe cose, perdo il filo), ve lo dirò...

 

Recensori, VI AMO, sappiatelo!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Ode to families ***


Understand what I've become
It wasn't my design
And people everywhere think
something better than I am
But I miss you, I miss
'Cause I liked it, I liked it
When I was out there
d'you know this, d'you know
You did not find me, you did not find
does anyone care?

Capisco ciò che sono diventata
Non era ciò che pensavo
E le persone, ovunque, credono
Qualcosa di migliore di ciò che sono
Ma mi mancate, mi manca
Perché mi piaceva, mi piaceva
Quando ero lì
Lo sapete, questo? Lo sapete?
Non mi avete trovata, non avete trovato
Interessa qualcuno?

Unhappiness was when I was young
and we didn’t give a damn
’Cause we were raised
To see life as fun and take it if we can
My mother, my mother she hold me
did she hold me, when I was out there?
My father, my father, he liked me
OL he liked me, does anyone care?

L’infelicità era quando ero giovane
E non c’importava
Perché eravamo stati cresciuti
Per vedere la vita come divertente e prenderla, se potevamo
Mia madre, mia madre mi stringeva
Mi stringeva, quando ero lì?
Mio padre, mio padre, gli piacevo?
Oh dio, gli piacevo? Importa a qualcuno?

Ode To My Family – The Cranberries


-Mio Signore, abbiamo perso due dei nostri membri più potenti... Inoltre, siamo solo cinque...-sussurrò Kaminà, inquieta.

-So contare, Kaminà. Non v’è bisogno alcuno che tu lo faccia per me.-ribatté freddamente il Capo, seduto sul proprio trono di pietra. –Semiramis, sarai la prossima. Marie, invece di giocare con quelle stupide carte, aggiornaci sulla loro posizione.-

La veggente respirò profondamente un paio di volte, per poi aprire gli occhi ed estrarre una carta. –Junon Town.- sussurrò, turbata.

-Li colpirai lì.- ordinò lui.

La guerriera annuì e fece per lasciare la sala. Marie la raggiunse di corsa e le porse la carta estratta. –Sii prudente.-

Semiramis la fissò con un mezzo sorriso: -Non è di sicuro la mia carta...- ribatté, dolcemente, scompigliandole i capelli e lasciando la sala.

Fissò “la torre”. Significava che la situazione sarebbe degenerata; indicava pericolo e sfortuna. La strinse al petto, inquieta per la sorte della guerriera ed estrasse un’altra carta.




-So a cosa stai pensando...- iniziò Yuffie, alzando il viso verso di lui e fermandosi.

Le aveva a malapena rivolto la parola, durante il viaggio verso Junon... Nonostante fosse mezza intontita dai calmanti, se n’era accorta perfettamente. Sulle prime aveva pensato non volesse disturbarla... Poi aveva pensato fosse arrabbiato con lei, che la ritenesse in qualche modo responsabile della morte di Lei...

In seguito, chissà come, probabilmente perché era troppo infelice per bloccare i propri pensieri, quelli si erano infiltrati tra quelli della donna e non l’avevano più abbandonata. La sua disperazione, il vuoto che sentiva, erano diventati i propri. E la ninja stava male. Decisamente male. Non era di certo abituata a convivere con tutto quel dolore, lei.

Vincent si fermò, in attesa e rimase a fissarla mentre cercava le parole giuste per esprimersi.
Non era certo facile. Non voleva essere offensiva o poco delicata.

Da parte sua, Lucrecia era stata in disparte, fissando altrove. Per la prima volta, Yuffie aveva provato una grande pena per la donna. Probabilmente si sentiva in colpa per quello che era successo... Ma chi se lo sarebbe aspettato che un gruppo di pazzi l’avrebbe clonata in versione regina del sadomaso solo per usarla come esca?

-Soffri terribilmente per la sua scomparsa e ti chiedi che senso abbia continuare a vivere con il peso della sua morte sulle spalle... Ma non devi pensare... Non devi pensare a... quello.- sussurrò la ninja, accarezzandosi il ventre per farsi coraggio. Il proprio stato era evidente da tempo. E le persone intorno a lei se ne accorgevano. E la indicavano. E mormoravano.
Era insopportabile. Era come se l’accusassero di un crimine orrendo.

-Non preoccuparti, Yuffie, porterò a termine la mia missione.- le assicurò, seriamente.

-Allora non capisci proprio? Che ne sarà di me e Ran, se tu muori? Sei mio marito, fino a prova contraria. Sarai suo padre di fronte a tutti. E diamine, in parte lo sei veramente! Non pensi a lei? Perché non capisci? Non devi morire!-

-Non m’importa della mia vita, Yuffie. Per me può anche finire oggi stesso.-

I successivi 5 secondi, la principessa li visse come in un sogno. La mano destra si alzò da sola e si abbatté con violenza sulla guancia dell’uomo, dotata di volontà propria.

-Perché pensate tutti di fare gli eroi romantici suicidandovi? Non vi sopporto! Non sopporto che vi lasciate portare dalla disperazione al punto di uccidervi! Dannazione, Vincent pensa a coloro che restano!- sbottò, tremante di rabbia.

Vincent rialzò la testa e la fissò, per poi pronunciare in tono atono: -Torniamo in albergo.- sussurrò.

Sempre tremando, sentendosi completamente impotente, la ninja si diresse verso l’albergo.
Dopo alcuni passi, però, si voltò indietro.
Diamine, era la rosa bianca di Wutai, non prendeva ordini da nessuno!
Scoprendo così di essere rimasta da sola.

Cercò l’ex Turk tra la folla, senza risultato, per parecchi minuti. Poi andò nel panico.

Non riusciva a capire l’origine della paura di averlo perso per sempre.

Iniziò a chiamarlo, correndo tra la folla e rischiando di perdere l’equilibrio più volte.

Lo vide fermarsi sotto un porticato e lo raggiunse, rischiando più volte di finire sotto ad una macchina.

Lo afferrò per un braccio.

-Perdonami.-

Per un attimo, credette di aver espresso a parole ciò che pensava. Ma era stato lui a scusarsi.

-Non sono abituato a tutto questo... Non sono abituato a che qualcuno sia in ansia per la mia sorte.- le spiegò.

-Scusa.- sussurrò semplicemente lei, in risposta.

Le era difficile scusarsi. Non era abituata. E poi, nei propri pensieri, non aveva mai bisogno di scusarsi, era sempre colpa degli altri.
Ma ne sentiva il bisogno, in quel momento. Per cui, ripeté la parola.

-Scusa.-




-Ti sei svegliata, finalmente... Ti senti meglio?-

Aprì gli occhi ed incontrò nuovamente lo sguardo azzurro. Apparteneva ad una ragazza minuta dai capelli rossi che le scendevano fino alle spalle.

I suoi tratti non le ricordavano nessun luogo in particolare dal quale potesse provenire; erano ancora decisamente infantili, nonostante l’altezza e il suo modo di vestire, tipico delle giovani donne, abbastanza sobrio.

Doveva a malapena avere 20 anni.

Non si sentiva affatto meglio, pensò, alzandosi a sedere ed osservando la stanza.
Era semplice, ma non impersonale e spoglia. Era più che evidente che ci viveva qualcuno, anche se non da molto tempo.

Tornò ad osservare la propria interlocutrice. Aspettava una risposta.

-Sì, la ringrazio molto.- sussurrò, annuendo debolmente.

Era una stupida. Se solo non fosse stata così impulsiva, avrebbe potuto salvare Alexander, avrebbe potuto salvare suo padre.

E invece... Non avrebbe neppure più aiutato Yuffie.

Che stupida.

La padrona di casa la fissò severamente: -Non hai ascoltato NULLA di quello che ti ho detto, vero?- chiese.

Rose arrossì violentemente e negò con un cenno rapido del capo, imbarazzata.

L’altra alzò gli occhi azzurri al cielo: -D’accordo, te lo ripeto. Non darmi del lei, ho 19 anni. Siamo quasi coetanee, no?-

Come aveva previsto.

-Ho 17 anni.-

-Come ti chiami?-
-Rose Alexandrova.-

-Sai come sei capitata qui, Rose?-

La ragazza scosse i capelli biondi, ripensando all’ultima volta in cui aveva visto suo padre.
Ricordava gli aghi e il gusto metallico del sangue. Quando si era risvegliata, non ve n’era rimasta una sola goccia. Indossava una camicia da notte rosa stampata ad orsetti, che profumava di detersivo.

-Il mio nome è Shelke, puoi restare qui quanto vuoi... Hai fame?-

Scosse nuovamente la testa, ma il proprio stomaco la smentì prontamente.

La rossa sorrise e le tese la mano per aiutarla a scendere dal letto. L’altra l’afferò e seguì la ragazza in cucina, deve sedeva un uomo sulla trentina, con i capelli scompigliati e il pizzetto, ma in giacca e cravatta.
Leggeva il giornale, davanti ad una tazza di caffé bollente. Sentendo le due arrivare, alzò lo sguardo per osservarle.

-Ecco la nostra ospite... Come stai? Ci hai fatto prendere un bello spavento, quando sei arrivata qui... Sono Reeve, piacere di conoscerti.-

La biondina abbassò il capo, arrossendo. Doveva averli disturbati molto... Comparire così in casa d’altri... Ma a cosa pensava Alexander?!

Il nome Reeve le ricordava qualcosa...

Si sedette al tavolo, a testa bassa. Sentendo la sedia muoversi sotto di lei, si alzò di scatto.

-Ma non controlli mai dove ti siedi, Shelke? Oh! Non sei Shelke! Che carina! Chi sei?- chiese un gatto di peluche, stiracchiandosi e saltando giù dalla sedia.

-Cait Sith!- esclamò –E tu sei Reeve Tuetsi! Ma certo! E tu sei l’ex Zviet...!- capendo di aver detto troppo, si tappò la bocca con le mani.

-Sì, l’ex Zviet Shelke Rui.- sussurrò Shelke, facendo finta di lavare un cucchiaino pulito solo per darle le spalle.

Ecco allora svelato l’arcano... L’aveva mandata in quella casa perché lì abitavano amici di Yuffie. Per proseguire nel suo compito.

-Sono un membro della Società del Crepuscolo.-



Per quanto ancora aveva intenzione di agitarsi? Non riusciva più a ricordare di aver dormito una sola notte per più di tre ore di fila. Era stufa e stanca. Le facevano male le gambe e stava diventando una piaga di donna incinta.

Fissò Lucrecia, che fece spallucce. Lei non aveva bisogno di dormire... Era morta.

Dopo l’episodio con la clone, tutti gli altri spiriti di Vincent erano scomparsi, disturbati a tal punto dall’interferenza da essere stati trascinati nel Lifestream. Era rimasta solo lei a vegliare sull’ex Turk. Probabilmente perché, in maniera paradossale, era la più forte.

S’infilò le cuffie dell’mp3 nelle orecchie e sospirò. Aveva provato ad ascoltare musica rilassante, ma Ran sembrava agitarsi ancora di più. L’unico modo per dormire era sfinirsi, in modo da non sentire più la bambina muoversi...

Seduta sul letto, al caldo sotto le coperte, premette play ed iniziò a tirare pugni all’aria.

-The eeeeeeeeye! Of the tiger!-

-Scusa l’interruzione, Rocky, ti pare l’ora di cantare?- l’interruppe Vincent, togliendole una cuffia.

Yuffie spense l’mp3, imbarazzata: -Ti ho svegliato?-

-No, Rocky, che dici? Dopo la tua scarica di pugni?- le chiese, sarcastico, massaggiandosi il fianco.

-Ecco cos’era quel mucchietto informe di coperte...- s’illuminò d’immenso Yuffie, grattandosi la nuca.

L’ex Turk borbottò qualcosa e si riappallottolò in posizione fetale.

-Non riesco ad addormentarmi, Ran si agita troppo...- gli spiegò.

Si voltò verso di lei, osservandola dal basso. –Prova a rilassarti per prima. E magari ascolta una canzone più calma.- le suggerì.

-Ci ho già provato, appena mi sdraio ricomincia a ballare la breakdance...-

-Strano, eppure non dovrebbe avere più molto spazio... Vedrai che tra un mesetto sarà troppo grande per agitarsi...- la rassicurò, sorregendosi la testa con una mano ed utilizzando l’altra per sfiorarle il ventre.

-Come sai tutte queste cose?- gli chiese, incuriosita, accorgendosi della gaffe tre secondi dopo.

Lucrecia.

-Sono stato incinta anche io, che domande...-

La ninja lo fissò con gli occhi a palla, sentendo Lucrecia ridere a crepapelle.

-Ho letto molto sull’argomento... Preferiresti forse vedermi correre qua e là in preda al panico ad ogni minimo problema?- le chiese, con un mezzo sorriso.

L’immagine di un Vinnie-chibi che correva qua e là agitando le braccina la fece scoppiare a ridere. –Bé, per una volta, mi piacerebbe trovarti impreparato su qualche cosa...-

-Ci sono molti aspetti della vita per i quali sono decisamente ignorante. I più importanti...- ribatté lui.

-Ad esempio?-

-Come gestire una donna incinta che non dorme mai ed impedire contemporaneamente che un gruppo di fanatici la uccida...-

-Oh... Hai detto donna?-

-Vista Ran, suppondo che tu lo sia.-

Lo fissò, divorata dalla curiosità, arrossendo violentemente al pensiero di porgli una domanda personale. Molto personale.

-A proposito, Vinnie, ricordi per caso qualcosa...- iniziò lei con naturalezza, subito interrotta da un “no” secco. -Oh Levy, Vincent... Ricordi tutto, altro che…-

Ricordava ogni dettaglio di quei tre anni. A causa della loro vicinanza, probabilmente, i suoi ricordi erano riemersi, andando a colmare ogni suo vuoto di memoria. Era successo con Lucrecia. Così era con Yuffie.

-Mi dispiace.-
-Per cosa?-
-Per averti usato e mentito.-



Si stiracchiò pigramente. Sarebbero partiti l’indomani. In che direzione? Non aveva importanza... L’Indovina li avrebbe scoperti in ogni caso.

Ci mancava solo lei!

-Ne mancano solo cinque, Yuffie. E poi sarai libera di stabilirti dove più ti aggraderà.-

Wutai. Le sembrava di non averla vista da secoli... I suoi abitanti se la sarebbero cavata anche senza di lei... C’erano Chekov, Kasumi... Si erano separate così bruscamente...

Una volta sconfitta la Dusk, avrebbe chiesto un ultimo favore a Vincent. Gli avrebbe chiesto di aiutarla a tirarla fuori da quel bordello per sempre. E l’avrebbe chiuso.

-Sakura!-
-Come?-
-E’ da sola ed è diventata reggente in mia assenza! Nulla le impedisce di fare un colpo di stato, depormi e...- esclamò la ninja, in preda al panico.

-Non credo ne sia in grado, al momento.-

-Ma non la conosci! È crudele, è orribile, è...-
-Incinta.- la interruppe l’ex Turk –Ho chiesto a Reeve di tenere d’occhio Wutai e mi ha riferito la lieta notizia. Apparentemente, dove passi te fioriscono donne incinte...-

La sua matrigna... Incinta? E chi diavolo era in padre? Di sicuro ogni dei mille amanti/poeti che riceveva a palazzo... Non poteva essere... Non poteva essere Godo il padre.

-Avrai presto tre bambini di cui occuparti, non sei felice?-

-Non vedi come sprizzo gioia da ogni poro? Figurati se mi occupo anche del suo... E poi... Aspetta... Tre?-

-Aspetta due maschi.-

Maschi. Eredi. Di sicuro sarebbero stati la gioia di Godo. Se fosse stato vivo.

-Yuffie, siamo arrivati.- annunciò l’uomo, posandole una mano sulla spalla.

Fissò l’insegna luminosa, piena di dubbi.

-Perché vuoi comprare un’auto?- chiese, fissando la vetrina della concessionaria, dove brillavano le carozzerie di una decina di macchine sportive.

-La noleggiamo.- la corresse.

-Andiamo via?- gli domandò –Così all’improvviso?-

-Sì, l’ho deciso ora passando di qui. Probabilmente, se non seguiamo un programma preciso, individuarci sarà più difficile. Ho eliminato il problema dei bagagli per questo motivo.- le spiegò.

Aveva spedito tutto a Cloud e Tifa, a Edge. Compravano secondo le esigienze del momento, in modo da non averne bisogno.

-Dove andiamo?-
-Edge.-
-Dai bagagli?-
-Da Shelke.-




La vita della rossa era piena di musica. Non faceva nulla senza un sottofondo musicale. Segno che era spesso sola.

Reeve partiva per chissà quali missioni segrete e tornava, a volte, per poco più di un’ora. Non dormiva quasi mai a casa. Doveva essere molto triste vivere così. Soprattutto per una persona che aveva bisogno di reinserirsi nel mondo.

Era sola. Completamente sola. E riempiva le proprie giornate di musica. Qualsiasi tipo andava bene, purché abbattesse quel silenzio opprimente.

-Shelke, i vicini non si lamentano?-

-Uhm? No... In ogni caso, i vecchi si lamenterebbero di me a prescindere... Sono sempre a dire che il loro caro figlio è il loro gioiello, che mai e poi mai mi permetteranno di portarglielo via...- spiegò l’ex Zviet, rovistando nel frigo, alla ricerca di cibo.

-I vicini sono i genitori di Reeve?-

-Sì. Lui è fin troppo affezionato a loro. E viceversa. Non pensano sia adatta a lui. A loro dire, non lo merito...- sbuffò la rossa, guardando sconsolata una bottiglia di latte quasi finita e posandola sul tavolo. –Devo fare la spesa.-

-E perché?-

-Perché dentro al frigo c’è l’eco...-

Il cherubino si sedette sul tavolo di legno e prese a fissare l’altra mentre si versava il latte. –Anche i miei hanno avuto alcuni problemi... Non potevano stare insieme... Poi però se ne sono fregati e si sono sposati...- le raccontò, con un largo sorriso.

-Avevano problemi di suoceri?- chiese Shelke, bevendo qualche sorso di latte.

-No, mia madre era un cherubino e mio padre un re demoniaco...- ribatté con naturalezza la ragazzina bionda.

Per poco Shelke non morì soffocata dal latte, ma, eroicamente, riuscì a guaire un: -Cosa?!-

Rose coppiò a ridere: -Dimentico sempre che voi umani siete strani...-

-Io credevo di essere strana... Ma tu mi batti ampiamente...- rispose la rossa, con il volto dello stesso colore dei propri capelli a causa del mancato soffocamento.

-Bè, è un buon argomento da presentare di fronte ai tuoi suoceri...-

L’ex Zviet sorrise: -lo farò.-




Già a prima vista, non sembrava un bel posto. Anzi, ad essere sinceri, era veramente squallido.

Si aspettava che, da un momento all’altro, un topo gigante scendesse le scale per chiedere in drink al bar...

Gli unici altri ospiti erano un uomo pieno di cicatrici, dall’aria arcigna; un altro dalla faccia da topo e una donna sulla quarantina, truccata pesantemente.

-Vinnie... Mi sa che siamo capitati in un ritrovo della Yakuza...- sussurrò Yuffie, avvicinandosi al banco della reception.

-Per te non c’è posto.- sibilò seccamente il proprietario, un vecchio abbronzato, carico di collane d’oro.

-Qualche problema con mia moglie?- chiese minaccioso l’ex Turk, posandole una mano sulla spalla.

-No, nessuno, non ti preoccupare, ha detto che ha una camera per noi.-



-Me la cavo anche da sola, Vin...- sussurrò la ragazza, quando furono installati nella loro camera.

-Sì, ma mi irrita che qualcuno dia fastidio a mia moglie. E’ una questione di principio.-

-Bé, non siamo proprio sposati... Sei più la mia guardia del corpo... E un amico... Capito signor guardia del corpo?-

-Ti prego, non chiamarmi in questo modo.- mormorò Vincent, appoggiandosi al vetro della finestra con la fronte.

-Che palle! C’è una cosa che lei non ti abbia detto?- si lamentò la ninja, incrociando le braccia al petto e sbuffando.-

-C’è, ma non mi aspetto che tu me lo dica.-

Vincent la Sfinge back in action...

-Siamo sposati, Yuffie. Almeno per quanto mi riguarda.-

In quel momento, chissà perché, Yuffie arrossì e prese a giocherellare con la fede. –Grazie Vince, sei gentile.-



Era troppo bello per essere vero. Ran si era addormentata subito... E Yuffie era stata svegliata dal rumore di uno sparo. Si era alzata di scatto, cercando a tentoni l’interruttore dell’abat-jour.
Intorno a lei sentiva chiaramente i rumori della battaglia.

Improvvisamente, agli angoli della stanza comparvero delle fiammelle, illuminando la scena. Vincent e l’intruso smisero per un attimo di combattere, mentre la ninja trovava finalmente l’interruttore e lo premeva.
All’istante le fiammelle scomparvero, facendo posto ad un’accecante luce artificiale.

-Chi sei? Cosa vuoi? Vattene! Torna in un altro momento, ho sonno!- sbottò la principessa, profondamente irritata. Tutto quel trambusto aveva svegliato Ran, che aveva iniziato a ballare il tango.

La donna, poiché si trattava di una donna, era decisamente strana. Non per gli standard della Società del Crepuscolo, ma per lei sì.
Inanzitutto, indossava due pezzi di stoffa leggera. Non aveva nulla contro gli abiti ridotti, aveva scorrazzato per anni in pantaloncini e maglietta per il mondo... Ma almeno i suoi erano abiti. Quelli dell’intrusa erano pezzi di stoffa trattenuti da corde incrociate sul petto. La “gonna” era formata da quello che sembrava un lenzuolo tagliato a metà, che copriva ben poco. Stava su grazie a due nodi, uno per ogni lato.
Però aveva il senso del risparmio.
Aveva un tatuaggio a forma di scarabeo sul ventre e la carnagione scura. I capelli erano neri, tagliati a caschetto e gli occhi, pesantemente truccati, erano rossi.

-Il mio nome non ha importanza, poiché tra poco morirete...- sibilò, avventandosi su Vincent e cercando di colpirlo con quelli che sembravano sai.

Erano quasi alla pari, per ciò che riguardava la velocità... Ma la forza? Vincent sembrava voler semplicemente evitarla... Esitava prima di colpirla.

Perché esitava? Ah, se solo non le avesse confiscato lo shuriken... Però magari poteva aiutarlo lo stesso.
Approfittando della loro distrazione, afferrò la prima cosa che le capitò a tiro: i famosi Karamazov con copertina cartonata che aveva lanciato all’uomo poche settimane prima...

Mentre i due combattevano o, meglio, eseguivano uno strano balletto per schivare l’una i colpi dell’altro, prese la mira e lanciò l’arma impropria sulla nuca della guerriera, che svenne all’istante.

-Bè?- chiese all’ex Turk. –L’ho sempre saputo che Dostoevskij era utile...-



L’ANGOLO DEGLI AMICHETTI DI CHAOS

9 miserrime pagine in 3 mesi! Amy, fai schifo come scrittrice!
Non so come abbia fatto a partorire questo capitolo... Probabilmente perché ho ascoltato a palla “eye of the tiger” mentre scrivevo... Sì, la canzone di Rocky... Quella che ascolta Yuffie prendendo a pugni Vincent... Ho quasi rotto la tastiera perché pigiavo i tasti troppo violentemente... Durante la scrittura delle ultime due pagine, sono passata a “I will survive”... Sì, non sto bene... ^_^’’’

Comunque... Quando si dice “le ultime parole famose”! Avevo detto che avrei aggiornato più spesso, vero? Purtroppo ci sono stati degli imprevisti, tipo la gita scolastica a Malta ed un blocco dello scrittore tremendo... E anche alcuni costumi che hanno rubato un sacco di tempo alla scrittura... Non fate mai il cosplay di Vincent, potrebbe portarvi alla follia... (soprattutto se la persona che ve lo commissiona, alla fine di una giornata pesante, afferma di voler fare quello di Chaos, la prossima volta)
Poi, credevo di riuscire a pubblicare prima della mia operazione, ma nisba... E vabbè... Chissà quanti lettori avrò, dopo tutto questo tempo...

Sì, lo so, semino donne incinte ovunque... Prima Yuffie, poi Tifa ed ora anche Sakura! Che vi devo dire, sarà la primavera...

Amo alla follia Shelke, ultimamente... E’ una continua fonte di ispirazione e mi piace metterla a confronto con Rose (che non riesco più a chiamare Rose... Ormai è l’Alexandrova...)... E odio i suoi suoceri... Odio i suoceri in generale (a parte i miei)... Se fossi in loro mi preoccuperei più del fatto che mio figlio mi regala dei soggiorni in un bordello che di una povera ex Zviet che non nuoce a nessuno... Vi ricordate l’inizio di FF7, al Wall Mart, nel Bee non ricordo... Se si spia da una serratura si vedono i genitori di Reeve... Porcelli!

Rose ha i capelli biondi, all’origine... Poi li cambia come le piacciono di più...

Cos’è che Lucrecia non ha mai detto e che Vinnie non si aspetta che Yuffie gli dica? Hihi... Mistero...


Terrabrake : Ebbene sì, amo le citazioni… Lestat non mi piace particolarmente, come personaggio letterario, ma il Lestat di Tom Cruise rimarrà sempre nel moi cuore… W le primedonne ! ^_^ La morte di Alexander è affrettata ? Probabilmente perché è un colpo di scena anche per me… E perché sono molto affezionata al personaggio… (Yuffie : Caso strano è russo, biondo e si chiama Alexander… Amy : ehm… sono semplici coincidenze… ^#_#^)

Ladyhellsing : Apparentemente nessuno si aspettava il ritorno di Luku in versione sadomaso… ma cercavo un tredicesimo personaggio e Luku è perfetta nelle vesti di cattiva…

KaYcHaN : Sì, sono flashback, quelli tra Yu e Astychan… A proposito… Nessuno lo chiama Chaos ! Allora ho proprio raggiunto il moi scopo ! La parte della morte di Luku piace molto anche a me, con un Vincent in versione paterna… Awww !

Dastrea : Yuffie isterica è un amore ed è ispirata alla sottoscritta, sempre isterica, dal mattino alla sera, nonostante non sia incinta… (figurarsi quando lo sarò… ) Sto andando molto ooc, lo so…


Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Vincent Side ***


-Buongiorno

And I'd give up forever to touch you
'Cause I know that you feel me somehow
You're the closest to heaven that I'll ever be
And I don't want to go home right now


And all I can taste is this moment
And all I can breathe is your life
'Cause sooner or later it's over
I just don't want to miss you tonight


And I don't want the world to see me
'Cause I don't think that they'd understand
When everything's made to be broken
I just want you to know who I am

Goo Goo Dolls - Iris

-Buongiorno...-

La visione di lei che preparava la colazione con unicamente una delle sue camicie addosso lo svegliò completamente.

-‘iorno.-

O quasi.

Si sedette su una sedia, fissandola occuparsi di tre fornelli alla volta.

Sembrava non avesse fatto altro tutta la vita.

Trattandosi di Yuffie, la cosa lo sorprese non poco. Da quando cucinava? E da quando una donna spettinata poteva essere così bella? Scosse mentalmente la testa. Si stava di nuovo facendo influenzare dai sentimenti di Chaos. Non doveva assolutamente, se voleva mantenere sé stesso integro.

Aveva già apparecchiato e, apparentemente, era uscita in giardino per raccogliere dei fiori da mettere in un vaso, sul tavolo. Erano fiori di campo, alcuni veramente inquietanti, dalle forme e i colori più disparati. Tutti insieme non stavano affatto bene.

Nonostante tutto, non poté evitare di provare uno strano calore all’interno di sé, guardandoli. Quell’imperfezione gli dava una sensazione di perfezione, invece. Gli ricordava l’infanzia, sua madre. I suoi genitori prima che Grimoire si lanciasse a capofitto nel proprio lavoro, prima che lasciasse morire sua madre.

Se non avesse guardato oltre la finestra, avrebbe creduto che fosse una giornata normale. Invece, erano le tre del mattino. Quando si allontanavano dal gruppo, per fingere di essere una coppia normale, modificavano il loro ciclo del sonno, in modo che lui, Vincent, non si svegliasse con Yuffie accanto.

Chissà se Chaos sapeva che era lo spettatore muto ed immobile del loro amore proibito? E, chissà, sopratutto, se non si stava sognando tutto. Che quello fosse solo un sogno, che rappresentasse la materializzazione dei suoi desideri e le sue speranze?

No. Era la realtà. Se fosse stato un sogno, la donna intenta a preparare la colazione sarebbe stata un’altra. Di sicuro non Yuffie.

Si alzò e la raggiunse cingendole la vita con le braccia. Come poteva sopportare il contatto gelido del demone? Come poteva sopportare la pressione delle sue labbra morte sulla pelle calda?

Lei non rabbrividì, non si scansò disgustata. Sorrise.

-Asty! La colazione non sarà mai pronta, se mi distrai!- protestò la ninja, allegra.

Avrebbe voluto urlare. Si rendeva conto di quello che faceva?! Stava baciando un demone! Stava baciando un essere che non era normale! Come poteva sopportarlo senza battere ciglio?! Come poteva... Come poteva amarlo?

Odiò Chaos. Odiò Chaos perché invidiava quel calore, quella pelle morbida, il solletico che gli procurava la massa scompigliata dei capelli di quella donna. Invidiava l’amore che lei provava per il mostro.

Per anni si era convinto che i mostri non meritassero affetto o considerazione da parte degli esseri umani. Dovevano essere cacciati, perseguitati ed uccisi, i mostri.

Per anni si era definito mostro. Non aveva bisogno di amore o amicizia, perché era un mostro. Si allontanava dal mondo, si isolava, perché era un orribile mostro.

Per anni il suo desiderio più grande, l’unico, quello che graffiava con le sue lunghe unghie dentro il suo petto, era stato quello di amare ed essere ricambiato, nonostante la sua volontà di privarsi di tutto ciò che voleva.

Ed ecco che un mostro più pericoloso ed orribile di lui, un mostro come quello delle favole che gli raccontava suo padre, causa di morte e sofferenza per gli esseri umani... Ecco che trovava la bella. La bella a cui non importava affatto che la persona che amava avesse occhi gialli, zanne ed artigli. La bella che offriva il suo amore incondizionatamente.

Ed ecco che capiva, finalmente, che, quella scenetta quasi patetica, di una colazione alle tre del mattino, con i pancake caldi, la marmellata e il caffélatte, con i fiori mostruosi e la luna alta fuori dalla finestra, era ciò che aveva desiderato per anni. Uno stralcio di normalità. Un finto mattino in cui sentirsi normali, liberi dalle privazioni di cui si è i soli responsabili. Un finto mattino in cui baciare una donna senza sentirsi colpevoli.

Sentì le lacrime solcare il viso di Chaos. Sapeva che era stato lui stesso a provocarle.

-Ehy, che hai?- chiese Yuffie, posando il pancake che stava mangiando su un piattino, preoccupata.

-Ah... Queste? Non preoccuparti, melamin... Queste sono lacrime di felicità.- le rispose il demone, dolcemente.

Ovviamente sapeva. Sapeva che Vincent era lì ed assisteva impotente alla scena. Sapeva anche che le lacrime erano causate quasi unicamente dai suoi sentimenti, dalla sua felicità.

Sorrise, soddisfatto.

–E’ la più bella colazione della mia vita, Yuffie.-

L’ANGOLO DEGLI AMICHETTI DI CHAOS

Ciao, cari amichetti!

Chaos: Ciao, amichetti!

Visto che non ho ancora finito il capitolo 13 (me lenta a copiare), vi regalo questo capitoletto carino, sulla lovestory tra i nostri amorucci dal punto di vista del terzo incomodo, ovvero WinnieWinnie... Capitolo scritto in due ore circa, brevissimo, ma di cui vado molto fiera! Comincio a credere che il punto di vista di Vincent sia quello che mi viene meglio... Sarà perché ne condivido i casini mentali...

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Promises ***


Why can’t you stay here awhile

Why can’t you stay here awhile

Stay here awhile

Stay with me

 

Oh, all the promises we made

All the meaningless and empty words

I prayed, prayed, prayed

Oh, all the promises we broke

All the meaningless and empty words

I spoke, spoke, spoke

 

Promises – The Cranberries

 

 

Marie voltò una carta alla volta, in preda all’ansia. Davanti a lei si svolgeva una crudele battaglia, che coinvolgeva Semiramis. Soffriva, tentennava e veniva ferita quasi mortalmente.

 

E lei non c’era. Nessuna carta indicava la sua presenza. Perché?

 

Voltò l’ultima carta. La Morte. Nessuna carta era più ambigua. Poteva significare la fine, ma anche l’inizio di qualcosa di nuovo. Significava che Semiramis avrebbe terminato la propria missione, ma non ne precisava l’esito. Significava che, forse, come i loro compagni prima di lei, sarebbe morta.

 

Marie si alzò in un fruscìo di seta ed uscì dalla propria stanza. Proprio per le sue abilità sapeva che nulla è scritto e che era ancora in tempo per salvarla.

 

 

 

-Ehy, ciao!- esclamò Yuffie, con un largo sorriso.

 

Era seduta sul ramo di un albero, appoggiata al tronco e fissava il paesaggio. Non riusciva a dormire. C’era qualcosa di triste e sublime in quel paesaggio luminoso e monocromatico. E c’era qualcosa d’inquietante nel modo in cui la Citta degli Antichi li respingeva, qualcosa che la spaventava.

 

L’aveva osservato mentre usciva da una delle case e si avviava verso la foresta e l’aveva chiamato proprio mentre passava sotto il suo albero.

 

Chaos alzò la testa e la fissò, sorpreso. –Non dormi, Yuffie?-

 

-No... Non ci riesco... C’è qualcosa di affascinante e spaventoso, qui.- gli confessò, saltando giù dall’albero con agilità felina. Era alto. Molto alto. Ma erano i capelli a renderlo così immenso? Le persone alte la mettevano in soggezione, oltre a causarle il torcicollo.

 

-Hai ragione. Anche noi la pensiamo così... Solo che Vincent ha deciso di non preoccuparsene più di tanto... Non è molto affezionato a voi, sai... O almeno, così vuol farvi credere...- le spiegò, sedendosi sotto l’albero. Aveva assunto un’aria più matura, rispetto alla volta precedente. Non si erano visti per tre mesi, dopotutto, era più che normale. Ma le dispiaceva che avesse perso quall’aria ingenua.

 

-Allora, che cos’hai fatto in tutti questi mesi?- gli chiese, incuriosita, sedendoglisi accanto. Fissò il cielo attraverso i rami luminosi dell’albero. Tutte quelle luci non le impedivano di vedere le stelle.

 

-Ho fatto degli esperimenti.- rispose lui, brevemente. Aveva imparato la diffidenza, apparentemente. –Ho imparato cos’è l’amore e cos’è il tradimento.-

 

Lo fissò, sbalordita: aveva avuto una relazione? Ma non doveva essere finita bene, a quanto diceva. –Vuoi parlarne?-

 

-Non è nulla di che... Una donna mi ha fermato per strada e mi ha proposto di conoscere cosa fosse l’amore. Ho accettato. Poi lei ha cominciato a... Sedurmi. Avevo l’apparenza di Vincent, per cui non ero abbastanza forte. E lui ha preso il sopravvento ed è scappato. In seguito ho incontrato molte volte la donna ed abbiamo parlato molto. Ma lei non era quello che credevo fosse. Centinaia di altri uomini l’avevano “conosciuta” e lei non amava nessuno. Ed eccomi qui. Puoi anche ridere di me perché mi sono innamorato di una prostituta, ora.- concluse il demone, abbassando la testa.

 

Durante tutto il racconto, Yuffie aveva sentito crescere in lei due sentimenti contrastanti: una profonda pietà e la rabbia. Perché provava rabbia? In fondo, era solo un demone che tentava di capire qualcosa del mondo in cui era capitato. Ma anche lei si sentita tradita.

 

Si sentiva tradita perché ricordava quel bacio.

Si sentiva tradita al punto che iniziò a piangere senza riuscire a capirne il motivo, senza potersi fermare.

 

Chaos l’abbracciò, senza dire una parola. La strinse a sè avvolgendole intorno le sue ali, come se tentasse di proteggerla, accarezzandole la testa. Forse aveva imparato anche questo dalla sua prostituta.

Il pensiero cancellò le lacrime e fece riemergere la rabbia.

 

-Perché ti comporti in questo modo orribile? Perché mi racconti questo?- chiese, cercando di allontanarsi.

 

-Perché durante tutto questo tempo, non ho mai smesso di pensare al nostro bacio.-

 

 

 

 

-Vincent?-

 

C’era decisamente qualcosa che non andava. E lui esitava a rivelarle di che cosa si trattasse.

Gli sfiorò una spalla e si sedette accanto a lui. Fissava un punto imprecisato della parete di fronte a sé.

 

-Ho paura di stare impazzendo.- sussurrò l’uomo, in modo che la prigioniera non sentisse.

 

Yuffie spalancò gli occhi, sorpresa: -Eh?-

 

Sembrava terribilmente angosciato. Perché credeva di essere impazzito? Doveva essere successo qualcosa di grave, per sconvolgerlo in quel modo! Eppure, era rimasta con lui tutto il tempo e non era successo assolutamente nulla.

 

-Tu vedi quella ragazza?- le chiese, indicandole la parete vuota.

 

Ok, era impazzito. A forza di sentirle parlare di spiriti, si era messo in testa di poterli vedere anche lui.

La osservò attentamente, avvicinandosi. C’erano delle crepe, la carta da parati era disgustosa e piena di muffa. Ma a parte quello, nulla. A parte Lucrecia che fissava Vincent come se fosse impazzito completamente.

 

-Non vedo nessuno.- ribatté, voltandosi verso di lui. Per tutta risposta, Vincent impallidì ed iniziò a sudare freddo. Probabilmente pensava a quale sarebbe stata la prossima mossa. Probabilmente avrebbe iniziato a collezionare gatti di ceramica, riordinare meticolosamente la stanza o cose del genere.

 

-Eppure è lì... Ne sei certa? Durante il combattimento si frapponeva tra me e l’avversaria, era impossibile colpire una senza ferire l’altra...- le spiegò, incapace di distogliere lo sguardo dal muro vuoto.

 

-Bè, sai, magari non stai impazzendo... Magari è semplicemente una delle abilità che HojieWoojie ti ha lasciato... E la ragazza che vedi è in SND. Sai, ci sono volte in cui Shelke cambia frequenza per essere invisibile ai più ed andare a spiare la squadra di rugby di Edge negli spogliatoi...- tentò di spiegargli. Gli si sedette accanto e gli afferrò un polso. –Tenta di leggermi nel pensiero.-

 

La fissò, stupito: -Non credo che Hojo mi abbia dato questo potere...-

 

Lei sbuffò. Odiava dover spiegare in continuazione il suo potere, ma non aveva scelta. Anche a lei erano serviti anni per capirci qualcosa.

 

-Dunque, come spiegare... Esistono persone che leggono i sentimenti e i pensieri delle persone semplicemente guardandoli. Te l’avranno detto un sacco di volte, che il viso e gli occhi sono lo specchio dell’anima, che alcuni movimenti o posizioni che il corpo assume involontariamente rimandano a determinati sentimenti, no? Essendo un Turk sei stato allenato per “leggere” le persone.- gli spiegò, pazientemente.

 

-Non mi pare di leggere nel pensiero...- ribatté lui, confuso.

 

-Infatti il pensiero non si legge, si ascolta. E si vede. Insomma, Vincy, che te frega? Tutto quello che devi fare è tentare di capire cosa penso. Al resto ci penso io.- tagliò corto la ragazza, esasperata. Non era una buona insegnante.

 

Lei chiuse gli occhi e, dopo qualche secondo, si vide come in uno specchio, attraverso il suo sguardo. Non sapeva esattamente come funzionasse, ma era così. Se qualcuno entrava dentro la sua mente, lei riusciva ad intrappolarlo e “vedere” attraveso i suoi occhi, oltre che a sentire. Sentire era la cosa peggiore, quando si trattava di Vincent. Vincent era confuso, addolorato e, sopratutto, frustrato.

 

Lasciandolo entrare nella sua mente, quella volta, si sorprese nel sentire qualcosa di diverso. Non c’era angoscia, dentro di lui. Solo desideri. E i desideri erano piacevoli, da sentire, come una melodia.

 

-Ora, Vincent, guarda la ragazza.- sussurrò.

 

La propria voce era strana, ascoltata attraverso le sue orecchie. Ogni volta si stupiva di quanto i sentimenti contassero in quel tipo di esperienza. I sensi erano indubbiamente influenzati da essi.

 

Lui eseguì, incapace di capire cosa lei stesse facendo, ma fiducioso.

 

La misteriosa ragazza esisteva.

Aveva i capelli rossi, divisi in boccoli ordinati. I suoi occhi erano di un celeste intenso, quasi irreale; le ricordarono immediatamente quelli dei Soldier. Il suo pallore era nobile e, probabilmente a causa dell’SND, le dava l’aria di uno spirito. Era vestita di rosso, con abiti del secolo precedente, eleganti e di buon gusto. In mano reggeva un mazzo di tarocchi.

 

Il suo sguardo era fisso sulla loro prigioniera e sembrava incapace di sentire una sola parola di quello che dicevano. Forse era troppo concentrata. O forse il suo potere non era completo.

 

Di sicuro era potente e la sua energia le ricordò quella della persona che aveva soccorso le due gemelle. Ma non era lei. La sua potenza era agli stessi livelli delle bambine, mentre quella della persona che le aveva portate via era, molto probabilmente, tre o quattro volte più forte. E allenata.

 

-Yuffie, che cosa stai facendo, di preciso?- le chiese. Anche la voce di Vincent era terribilmente diversa. Le ricordava il verso di un gatto arrabbiato. La sua gola vibrava in modo inquietante.

 

-Sto guardando attraverso i tuoi occhi.- spiegò lei, sorridendo. Si lasciò scivolare ancora un pò nella sua mente. Era curiosa, quando si trattava di desideri. Soprattutto quando si trattava di desideri genuini. Le ossessioni “suonavano” in modo inquietante. I desideri, in modo cristallino. Ne era irresistibilmente attratta.

 

-E l’hai vista?- le domandò, inquieto.

 

Perse di vista i desideri, offuscati dall’orribile rumore della paura. Tornò in sé e sbuffò.

 

-Non puoi startene un pò tranquillo?- chiese, seccata. Si alzò ed andò a frugare nella valigia, alla ricerca di due tranquilizer. Somministrò il primo alla guerriera, che intanto era stata spostata sul suo letto. Dopodiché, si voltò verso Vincent, che era in preda, come aveva previsto, ad una terribile emicrania.

 

-Colpa mia! Comunque, sì, l’ho vista. Non sei pazzo, la ragazza esiste...- lo rassicurò, con un sorriso. Si sedette sul letto e gli somministrò il calmante. Era l’unico modo per fargli passare l’emicrania.

 

-Da quando è iniziato questo viaggio con te mi sembra di essere capitato in un mondo parallelo guidato da un Destino sadico. Abbiamo combattutto fianco a fianco per tre anni e neppure una volta hai mostrato uno solo di questi strani poteri... Ora ne hai certi che viene naturale chiedersi se chi li ha inventati sia sotto effetto di qualche sostanza stupefacente... Sono mesi che giriamo il mondo senza una meta, inseguiti da un branco di pagliacci vestiti a festa, che ancora non ci hanno comunicato una ragione valida per agire in quel modo...- iniziò Vincent, socchiudendo gli occhi. –Quindi, Yuffie, devo chiederti una cosa molto importante.-

 

-Se vuoi chiedermi di sposarti guarda che sei in ritardo...- ironizzò la donna, divertita. I Tranquilizer rendevano le persone più simpatiche...

 

-No, Yuffie, qualcosa di più importante... Credi che i danni al cervello saranno permanenti?-

 

Scoppiò a ridere, andando a buttare i flaconi di medicinali nella spazzatura del bagno.

 

-Vince, non ti devi preoccupare, tu non ce l’hai il cervello.- lo rassicurò, rimboccandogli le coperte. Fissò il proprio letto, occupato dalla misteriosa ragazza e sospirò. –Un’altra notte in bianco...-

 

L’uomo l’afferrò per un braccio e la costrinse a sdraiarsi accanto a lui, posandole caritatevolmente la coperta addosso. –Sei tu la donna incinta...- bofonchiò l’ex Turk, imprigionandola tra le proprie braccia.

 

 

 

Il tranquilizer aveva impiegato circa mezz’ora ad agire, ma, alla fine, era riuscita a liberarsi dal suo abbraccio. Era comunque rimasta sdraiata accanto a lui a fissare il soffitto. Con la ragazza in SND nella stanza, non sarebbe mai riuscita a prendere sonno. Peccato, visto che Ran aveva deciso di dormire.

 

-Spero che tu nasca quando tutto questo sarà finito.- sussurrò, emettendo un lungo sospiro.

 

Si alzò all’alba, per socchiudere la persiana. Non voleva che Vincent si svegliasse. Aveva bisogno di riposo, anche lui. Le ferite inferte dalla donna erano scomparse in poche ore, ma doveva essere stanco.

Quella storia doveva finire in fretta, anche per il suo bene.

 

Non ricordava neppure quando avesse iniziato a proteggerla. Probabilmente da dopo la sconfitta di Kadaj. Aveva iniziato a trattarla diversamente dagli altri membri del gruppo, aiutandola quando era in difficoltà ed andandola spesso a trovare. La ragione stava di sicuro nel fatto che era stata lei a cercarlo per prima, tempestandolo di telefonate.

 

Soffocò una risata. Sapeva di essere insopportabile, a volte.

 

Perché, poi, lo cercava? Se l’era chiesto spesso, rispondendosi che il motivo era, semplicemente, che Vincent era il simulacro di Astharoth. Ma sapeva di non essere così egoista.

 

Comunque, il fatto era che lui era cambiato più rapidamente di qualsiasi altro membro del gruppo. Era sempre paranoico ed innamorato perso di una donna morta. Ma era cambiato. Cercava di sopportare la presenza di altre persone nel proprio territorio e certe volte quella presenza sembrava fosse anche gradita al principino.

 

Ed eccolo lì, a farsi pestare in continuazione da un gruppo di psicopatici, solo per proteggere quella che, un tempo, era una delle più forti del gruppo. Se quelli non erano progressi, allora, cos’erano? A parte la dimostrazione che Vincent fosse un masochista nato...

 

Una delle più forti del gruppo. Era vero, anche messo da parte il proprio profondo egocentrismo.

Allora perché doveva accompagnarsi ad una guardia del corpo?

 

-Già sveglia?-

 

Si voltò verso il letto, quasi spaventata da quel suono improvviso.

 

Annuì, con un sorriso. –Buongiorno, Mr Hyde!-

 

Vincent si alzò, si stiracchiò e la guardò di sbieco. –Non usi questo soprannome da anni, Yuffie...- le fece notare.

 

-Sono di ottimo umore!- ribatté lei, allegra. –Tu come stai? Dormito bene?-

 

Lui si accontentò di annuire, vagamente confuso. –Pronta a partire?-

 

-Si và ad Edge.-

 

 

 

 

-Semiramis!- esclamò Rose, nonappena i tre fecero il loro ingresso nel Seventh.

 

-Rose?- chiese sorpresa Yuffie. –Che cosa ci fai qui?-

 

 

Rose raccontò tutto dall’inizio, senza tradire alcuna emozione, come se fosse stata una spettatrice passiva della morte di Alexander e della propria vita in casa Tuesti.

Poi li informò che quella che avevano catturato era Semiramis, una delle migliori della Dusk e che, probabilmente, la ragazza rossa che avevano entrambi visto era Marie, la veggente.

 

Sembrava che la prima fosse iperprotettiva nei confronti della seconda. E viceversa, anche se la protezione che offriva Marie non era visibile.

 

 

Tifa e Cloud arrivarono esattamente alla fine del racconto. Il biondo era carico di pacchi e borse, mentre lei portava un sacchetto con dentro la spesa.

 

-Cose essenziali, 100 gil, con mastercard.- sentenziò, indicando il sacchettino. –Cose inutili poiché mancano mesi alla nascita del bambino, 20000 gil, con mastercard. Sapere che il proprio fidanzato è impazzito per la terza volta e si crede una lontra che fa provviste per l’inverno... Non ha prezzo.-

 

La barista posò il sacchettino sul bancone ed abbracciò Yuffie. –Mi sei mancata! Non ti sei più fatta sentire! Eravamo tutti preoccupati! Sai che Vincent risponde al telefono più spesso di te? Anzi, un muto risponde al telefono più di te!-

 

La minore abbassò la testa, imbarazzata.

 

-Voglio sapere tutto! Vincent! Sei iscritto al forum...?- iniziò a sparare a raffica Cloud, una volta liberatosi dai pacchi, lanciandosi sull’ex Turk, che arretrò, inquieto.

 

-Da quando è così isterico, Tifa?- chiese sottovoce Yuffie, seguendo la maggiore in cucina.

 

-Da sempre... Non ti ricordi? “Io grande Soldier prima classe, Io ucciso Sephi, Io grande figo, Io Nibelheim fatto boom”...- rispose la mora, alzando un sopracciglio e mettendo a posto le provviste.

 

-Mi hai comprato la Nutella?- chiese Rose, comparendo magicamente da dietro la barista.

 

-Tieni, è il barattolo da cinque chili.- rispose lei, porgendoglielo. La ragazzina dai capelli biondi afferrò un cucchiaio e si sedette su una sedia a mangiare la sua Nutella. –Pene d’amore...- sussurrò Tifa.

 

-Ah, mi era sembrato...- disse Yuffie, sedendosi davanti alla minore. –Vuoi parlarne?-

 

-Yu, non è una buona idea... L’ultima volta che hai provato a consolare qualcuno, non è servito a molto. Anche perché il qualcuno in questione ero io e la tua soluzione è stata battere sul tempo me e Aeris ed uscire con lui al Gold Saucer.- le fece notare la maggiore, spaventata.

 

-Certo, ma quello era per il tuo bene! Pensa un pò, ora sei incinta di un chocobo! Non sei contenta?- chiese la ninja. –E tutto grazie a me! Dai, Rose, confidati con la zia...-

 

-Non uscirai con lui, vero?- domandò il cherubino, incerta.

 

L’altra scosse la testa in senso di diniego. –Sono una brava ragazza, ora! Sono persino sposata!-

 

-Peccato che il matrimonio sia stato celebrato a sua insaputa...- commentò Tifa, sempre intenta a mettere a posto.

 

-Ok... – disse la ragazzina, sospirando. –Lo amo!!!! E’ così figo!- urlò.

 

Persino Ran protestò per l’inquinamento acustico, il che è tutto dire.

 

-Ah, Reno! Quanto sei intelligente! E figo! E sexy! Con la tua aria da teppista! E hai detto che sono una creatura affascinante, con i miei capelli strani e le mie ali!!!- continuò sullo stesso tono.

 

-Sei sicura che non sia stato Hojo a dirtelo? “Che creatura affascinante” è la sua frase preferita...- ribatté Yuffie, inquieta.

 

-Era, Yuffie! Era!!! Lo vuoi far resuscitare?!- s’inalberò Tifa, nel panico. –Con mezza Avalanche incinta?!-

 

-Ma lo sai che Hojo per me è una presenza costante! E’ il sole che mi sveglia al mattino, il profumo dei fiori di campo...- scherzò l’altra, fingendosi profondamente innamorata.

 

-I gusti sono gusti...- commentò Vincent, entrando nella stanza. –Hai del caffé, Tifa?-

 

-Vincent! Rose, hai trovato il tuo consigliere del cuore personale!- esclamò la ragazza, facendolo sedere accanto a sé.

 

Tifa sghignazzò e porse una tazza di caffé al più anziano del gruppo. Poi lasciò la cucina.

 

-Ma perché io?- protestò lui.

 

-Vincentino, mi devi aiutare! Mi sono innamorata di Reno...- lo pregò la biondina, attaccandosi al suo braccio. –Sei lo specialista dell’amore romantico, no?-

 

-Chi diavolo sei, te? Vai via, prima che ti disconnetta a modo mio!- sbottò una voce familiare, proveniente dalla stanza attigua.

 

-Shelke!- esclamò Rose, fiondandosi sulla rossa e trascinandola in cucina.

 

-Bè, ecco i due più saggi nelle questioni amorose...- commentò Yuffie. –I’msosorry ti avrà insegnato qualcosa, no?-

 

-I’msosorry?- chiese la biondina, confusa. –E’ un vostro amico?-

 

-Mio non di sicuro... Suo.- sibilarono Yuffie e Shelke, indicando il povero ex Turk.

 

 

 

-Bene, ho chiamato Reeve, si occuperà lui di Semiramis... La porterà nelle prigioni della Wro... Nel frattempo...- iniziò Shelke, interrotta da una risata surreale.

 

-Nel frattempo, cara la mia Zviet, prenderò la qui presente principessa vi eliminerò tutti.-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’angolo degli amichetti di Chaos

 

Ma che fatica... Per fortuna siamo quasi alla fine!!! Anche se mi sono inventata tante situazioni crudeli per i miei tesori, credo che entro l’anno questo parto sarà finito! Evviva!

 

Stavo guardando, l’altro giorno, da quanto tempo questa tortura andasse avanti... Veramente troppo! Devo continuare anche le mie due altre fic!

 

Beatrix: Ti ringrazio per i complimenti e anche per leggere questa fiction senza aver giocato a doc (se ti capita, giocaci, arrivare alla fine è di una facilità impressionante), in effetti, ti manca il personaggio principale, Astharoth, ovvero Chaos, la quarta (e figa) trasformazione di Vincent. Non ti preoccupare se ti perdi, mi perdo anch’io, a volte i personaggi vanno per conto loro... ^_^’’’ Felice di sapere che qualcuno ha finalmente capito le mie citazioni! Soprattutto perché riguardano tre miti personali (Dylan ha ritirato fuori i conigli, il mese scorso, ma non sono rosa)!

 

Kay: Quella di Eye of the tiger è anche uno dei miei pezzi preferiti, con Yuffie che mena Vinnuccio... Mentre la scrivevo ridevo così forte che i miei si sono chiesti se stessi bene...

 

Terrabrake: Bè, sinceramente trovo che Yuffie ancora più esagitata sia divertente, anche perché altrimenti la mia alternativa è farla deprimere e rimuginare... Ci sono già un sacco di personaggi che si deprimono in questa fic... In effetti l’unico che non si deprime mai è Astuccio (che soprannome...), anche se è l’unico che dovrebbe... Anyway, la mia Yuffie è comunque abbastanza ooc rispetto al personaggio originale, probabilmente perché ne so qualcosa di ragazze che ridono tutto il tempo e tengono nascosti i propri sentimenti, uno squilibrio ormonale e hop, diventano isteriche... ^_^

Rose ha 17 anni!! Ebbene sì!!! Almeno, li dimostra, perché in realtà ne ha qualche centinaio in più, essendo un demone... angelo... qualcosa! Voglio la sua abilità speciale anche io... sigh...

 

Dastrea: Un’altra delle mie fedeli lettrici!!! Una gattina fan dei Metallica? Che carinaaa!!! Intanto, posso anticiparti che Yuffie non partorirà in treno e Vincent non combatterà contro il Capo... Ho deciso da tempo il capitolo che riguarda i due argomenti e, probabilmente, sorprenderò un paio di lettori... hihi... Reeve è l’uomo che controlla Cait Sith, uno che somiglia molto a George Michael e che di solito metto in coppia con Shalua... ^_^ Anche io mi sono posta il problema degli eredi di Godo, ma credo che, avendo Yuffie lavorato tutta la vita per migliorare Wutai, sia meno sadico che assuma lei il suo posto... Anyway, grazie per la comprensione... Purtroppo non è che mi sia svagata da morire in questi mesi... (Chaos: il cibo dell’ospedale era buono, dai... Amy: Se solo avessi potuto deglutire!!!)

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Addio... ***


-Vado via, Yuffie

How can you just walk away from me, when all I can do is watch you leave?

Because we’ve shared the laughter and the pain and even shared the tears… You’re the only one who really knew me at all.

So take a look at me now, there’s just an empty space and there’s nothing left here to remind me, just the memory of your face. Take a look at me now, well, there’s just an empty space and you coming back to me is against all odds. And what I’ve got to face.

 

Come puoi andartene da me, quando tutto ciò che posso fare è guardarti mentre te ne vai?

Perché noi abbiamo condiviso le risa e il dolore e persino le lacrime... Sei l’unica persona ad avermi conosciuto realmente.

Così, guardami un attimo, c’è solo uno spazio vuoto e non c’è nulla qui che può farmi ricordare, solo il ricordo del tuo viso. Guardami un attimo, bè, c’è solo uno spazio vuoto e che torni da me è contro ogni probabilità. Ed è questo che devo affrontare.

 

Against all Odds - Phil Collins

 

 

Gli intrusi erano due. La prima era la bionda che li aveva attaccati per la prima volta. L’assassina di Godo. Vedendola, Yuffie si sentì pervadere dall’urgenza di uccidere, di usare le tecniche che il padre le aveva insegnato per compiere la propria vendetta.

 

Una mano si posò sulla propria spalla. Trasalì, accorgendosi di essersi inconsciamente avvicinata ai due nemici.

 

-Non fare follie.- sussurrò Tifa, trattenendola. Aveva lo sguardo deciso e determinato che assumeva prima di una battaglia importante. Uno sguardo che era specchio del proprio.

 

Si voltò nuovamente verso gli avversari. La bionda non indossava il solito mantello e, al di sotto di quello, sembrava non aver mai indossato granché. Un bikini rosa ed una minigonna nera non penso possano essere considerati “vestiti”. Aveva le avambraccia ricoperte di bracciali rigidi, d’argento. Per compensare, forse?

 

Al fianco portava tre katana. Capiva due, ma tre come faceva ad utilizzarle? Inoltre, il semplice fatto che lei utilizzasse armi tipiche di Wutai, la mandava su tutte le furie.

 

L’uomo che aveva parlato aveva i capelli argentati, mossi, tagliati corti, eccezion fatta per un lunghissimo ciuffo sul davanti, che gli copriva uno degli occhi color ghiaccio. Era alto, vestito di pelle nera. La sua arma era una spada massiccia. Il suo sguardo era carico d’ira. Determinato a raggiungere il proprio scopo. Fisso sulla ninja.

 

In un attimo, si avventò su Yuffie, che scansò l’affondo all’ultimo momento. Il secondo colpo fu intercettato da uno spadino. L’uomo alzò la testa per guardare l’avversario e la ninja fu sorpresa nel vedere Shelke impugnare quell’insolita arma, due spadini collegati da una catena. Fu ancor più sorpresa nel constatare che i capelli dell’uomo non si erano affatto mossi nell’azione. Quell’essere sfidava ogni legge fisica. E vinceva.

 

Shelke sorrise: -I tuoi trucchetti mentali non funzionano con me, Cavaliere Jedi. –sibilò, compiaciuta dalla sorpresa dell’avversario. Lo spinse ad allontanarsi dalla ninja con una serie di attacchi rapidi.

 

–Yuffie, questi squilibrati mentali sono quelli che ti stanno dando così tanti problemi?- chiese Tifa, spuntando da oltre la spalla destra di Cloud, ben intenzionato a non far partecipare la fidanzata alla battaglia.

 

-Non volevo foste coinvolti...- sussurrò la ninja, mordendosi nervosamente il labbro inferiore e cercando intorno a sé una qualsiasi arma.

 

-E perché dovrebbe divertirsi solo Vincent, scusa? Ehi, Cloud, non è giusto! Voglio picchiarli anche io!- protestò la donna. Cloud stava tentando di comprendere la tecnica di Kaminà, mentre quella sembrava impegnata in un numero mortale di giocoleria. Utilizzava tre spade alla volta, lanciandone una ed attaccando normalmente con le altre due, recuperando poi la prima con le altre lame. Il biondo sembrava confuso da quel “gioco”.

 

Nello stesso momento, Vincent attraversò il bar con un balzo all’indietro. Guardando dalla direzione da cui era partito, si scoprì che anche Semiramis si era ripresa. E sembrava veramente di ottimo umore. Come se due pazzi furiosi già non bastassero.

 

-Eccoti finalmente sveglia, inutile donna... Credo che inizierò da te.- sibilò l’intruso, lanciandosi sulla compagna di squadra sorpresa. Dopo il primo attimo di smarrimento, però, si difese egregiamente, mettendo immediatamente l’uomo in difficoltà.

 

La mente di Yuffie fu attraversata dal pensiero che quella non fosse l’arma prediletta dell’uomo. Lui era l’illusionista. Quel pensiero la spaventava più della battaglia che si stava svolgendo sotto i propri occhi.

 

Fece un passo in avanti per avvertire Shelke, che le era più vicina e combatteva contro Kaminà, quando la terza spada della bionda passò vicinissima ai suoi occhi, per cui ci rinunciò e fece l’unica cosa possibile: usò il Sakanagi, che fu bloccato da qualcosa di invisibile.

 

L’emo che combatteva contro Semiramis era Dirae, il fratello delle due gemelle e, in qualche modo, era più potente di lei. Il che, riflettendoci, era impossibile. Non faceva altro che mandare al mittente gli stessi poteri con cui egli attaccava. Ed essi dovevano per forza essere della stessa intensità con cui partivano.

 

Una spada colpì Semiramis alla spalla, di striscio, per poi bloccarsi a mezz’aria, come se il tempo si fosse fermato. Nessuno di loro controllava il tempo. Almeno, a quanto ne sapeva. Ma era lei la ragazza dai poteri impossibili.

 

-Yuffie, prendi!- esclamò Tifa. La ragazza si voltò giusto in tempo per afferrare due materia. Gli occhi le si illuminarono. All e Toad. Il sorriso le si spense immediatamente. Che schifo!

 

-Che razza di materie sono?!- protestò, equipaggiandole comunque.

 

-Sono quelle di Denzel!-

 

La spada “vagante” volò dritta verso Shelke, ma tra di esse si frappose Rose, che eseguì un movimento che a Yuffie sembrò di aver già visto, che congelò la spada e le gambe di Kaminà. Per tutta risposta, la bionda la imitò. Il ghiaccio non toccò la minore, che aveva usato una tecnica diversa, di elemento fuoco, annullando l’attacco del nemico.

 

-Rose Alexandrova, l’unica ed originale, diffidate delle imitazioni!- esclamò la ragazza dai capelli rosa, con un ghigno di soddisfazione sul volto.

 

-Imitano i movimenti delle summon!- esclamarono contemporaneamente Tifa e Yuffie, illuminate dalla sacra luce di Ramuh. Si guardarono, basite. –Che razza di potere!-

 

Shelke disarmò completamente l’avversaria e le puntò lo spadino alla gola. Lo stesso fece Cloud con Dirae.

 

-Tutto qui?- li canzonò Rose, melliflua.

 

I due sorrisero all’unisono. No, apparentemente non sembrava loro abbastanza.

 

-Voi, miserabili umani, non sarete mai al nostro livello.- sibilò la bionda.

 

Dirae fece qualche passo indietro ed osservò con soddisfazione la sua compagna di squadra cambiare forma, fino ad assumerne una nuova, che a pochi, in quella stanza, non era familiare. Galian Beast.

 

-Vi presento il potere della mia cara compagna Kaminà. Ella imita qualsiasi tecnica veda eseguita.-

 

La bestia urlò e con un colpo di zampa distrusse il bancone. Tifa urlò e tentò invano di andarla a prendere a calci, trattenuta fermamente da Cloud. Questo non l’impedì di proferire alcuni epiteti particolari, davanti ai quali anche Cid sarebbe impallidito. Vincent osservò la bestia con sguardo indecifrabile. Probabilmente rifletteva su quanto fosse ridicolo il gonnellino rosa e nero del demone.

 

Poi iniziò il fischio. Era più forte delle altre volte. E più fastidioso. Questo, assieme alla non gradita presenza di una copia, bastò a risvegliare il vero Galian Beast, che si avventò su di essa.

 

Yuffie fece qualcosa che le si addiceva molto. Corse e si frappose tra le due bestie. Poi pronunciò la formula. Toad era un incantesimo che non funzionava MAI. Nessuno era così idiota da farsi trasformare in rana. Strinse gli occhi, accorgendosi di essere tornata in character solo per commettere l’idiozia che l’avrebbe uccisa. Sentì chiaramente quello che poté facilmente identificare con un grugnito di disapprovazione provenire la Galian.

 

-CRA?-

 

Aprì un occhio. Poi l’altro. Vide davanti a sé, mettendosi in punta di piedi per superare Galian, due ranocchi arrabbiati, che saltavano e tentavano di ucciderla. Scoppiò a ridere e ringraziò Denzel e le sue materie inutili.

 

Il fischio terminò nell’esatto momento in cui una carta andò a piantarsi sui resti del bancone. Era la carta dell’Eremita. La proprietaria avanzò nel locale con fare solenne e si diresse verso Semiramis. Nel frattempo, Tifa ne approfittò per inseguire le due rane e prenderle a calci, almeno finché quelle non svanirono grazie alla solita illusione.

 

-E io che volevo offrire un aperitivo francese ai miei clienti...- sibilò, con un ghigno malefico sul volto.

 

-Su quale bancone, amore?- osò farle notare innocentemente Cloud, ricevendo immediatamente una scarica di pugni dalla fidanzata.

 

-Buongiorno, avrei bisogno di una camera. Glielo chiedo come favore, non ho denaro con me, solo questo.- sussurrò con voce cristallina quella che Yuffie identificò come Marie, porgendo a Tifa un rubino grosso come una palla da ping pong. Tifa mise fine al massacro e tornò professionale.

 

-Le devo dare il resto, secondo te?- domandò la barista a Cloud, sottovoce.

-Nono, incassa, incassa...- ribatté lui, rapidamente.

 

Le due s’incamminarono su per le scale, accompagnate dalla padrona di casa.

 

-Rose?- domandò spiegazioni Shelke, confusa.

 

-Sono a posto, garantisco per loro!- esclamò Rose, con un largo sorriso.

 

 

 

Di nuovo Vincent era stato ferito per colpa sua. Anche se non ne rimaneva più alcuna traccia e lui sembrava dormire serenamente, il senso di colpa sembrava volerla soffocare.

 

Osservò la pioggia fuori dalla finestra. Rendeva il paesaggio surreale, cancellando i contorni e sfuocando tutto. Edge era quasi bella, così. Ran approvò con un leggero movimento.

 

Appannò il vetro soffiandoci sopra e disegnò un omino stilizzato, con tre peli dritti in testa.

 

Doveva allontanarsi, ma sentiva di non potercela fare. Non poteva stargli lontano, anche se non capiva perché, anche se era per il suo stesso bene.

 

Si sentiva bruciare gli occhi. Non era triste, era infuriata. Principalmente con sé stessa, per la propria incapacità di allontanarlo. Eppure era sempre stato semplice. La sua volontà lottava per vincere sul senso di colpa e il disgusto per la propria persona. Avrebbe volentieri pianto, ma era troppo orgogliosa per farlo.

 

-Vincent, sei sveglio?- sussurrò.

 

-Sì.- lo sentì rispondere. Sembrava molto vicino. Dietro di lei, per la precisione. Le si era avvicinato senza rumore, come sempre, ma, in qualche modo, si era accorta della sua presenza.

 

-Stai bene?- chiese, preoccupato.

 

-Tu, piuttosto?-

 

-Mai stato meglio...- sussurrò lui, appoggiando un braccio sull’intelaiatura della finestra.

 

Avrebbe voluto voltarsi ed abbracciarlo. Ma non era abituata agli abbracci spontanei. Ricordava ancora come, a 14 anni, fosse andata in giro per Mideel con un cartello “Abraci Gratis” (sì, proprio Abraci. Dopotutto, non sapeva né leggere né scrivere ed il cartello se lo era fatto scrivere da un bambino che passeggiava). Le era costato molto. Era stato imbarazzante. Il fatto che fosse riuscita ad iniziare in quel modo la propria collezione di portafogli e carte di credito ne era il motivo principale, in realtà, ma tendeva a rimuovere quel ricordo.

 

Insomma, abbracciare le era estremamente difficile e, quando lo faceva, era così innaturale da essere sospettabile. Non era solo una sua paranoia. Le persone controllavano sempre nelle proprie tasche, dopo un suo abbraccio.

 

-Che paesaggio melodrammatico... A volte mi chiedo se non siamo noi ad influenzare la natura, in momenti come questi...-

 

-E chi è melodrammatico, qui?-

 

-Io sicuramente. E tu sei... Piovosa.-

 

-Che vuol dire? E poi, non è tutta Edge ad essere triste, solo io.-

 

-Vedi? Ti sei risposta da sola... Perché sei triste?-

 

Perché era triste, di preciso? Perché lui era stato ferito un’altra volta e lei era troppo incinta per aiutarlo. Perché lui era triste e non capiva come aiutarlo. Perché sapeva che Ran sarebbe stata presto qualcosa di più che una cosa lontana ed indistinta. E i veri problemi sarebbero cominciati allora e sarebbero stati più complessi di quelli provocati da una setta di fanatici.

Era tutto questo ed altro. Ed era altro in particolare che la preoccupava. Qualcosa di incomprensibile. Un vuoto inquietante che non sapeva come riempire.

 

-Non lo so.-

 

La fece voltare verso di sé e la guardò dritta negli occhi. –Yuffie, non ti farò promesse che non so se potrò mantenere, ma sappi che, se un giorno vorrai abbandonare questo atteggiamento orgoglioso da donna di Wutai, io sarò qui e ti ascolterò, qualcunque cosa avrai da dire.- disse, convinto. Poi la sua convinzione sembrò vacillare. –Almeno credo. Spero.- sussurrò, alzando lo sguardo verso il vuoto.

 

Sospirò e tornò a guardarla negli occhi. Le pose due dita sotto il mento e le sollevò il volto.

 

La mente della donna si svuotò da qualsiasi pensiero non fosse “Oh Leviathan”. Una vocina le ripeteva qualcosa sul senso di colpa, ma gli “oh Leviathan” sovrastavano ogni cosa.

 

Lui fece un mezzo sorriso tirato e nervoso, più per farsi coraggio che per altro, e si chinò per baciarla. A metà strada sembrò cambiare idea e la baciò sulla fronte. In un tempo rapidissimo, di 13 secondi circa, Vincent lasciò la stanza. La ninja rimase inebetita, ferma ed irrigidita accanto alla finestra.

 

Gli si avvicinò di soppiatto. Anche lui non era andato lontano... Forse era andato da qualche parte ed era già tornato. Ma, in ogni caso, era lì e fissava il cielo. Le stelle iniziavano a scomparire. Solo la Meteora, rossa e minacciosa, rimaneva, stagliandosi sul nero del cielo.

 

Lei non aveva pensato neppure mezzo secondo a tornare a Wutai. Se la missione fosse fallita, avrebbe ritrovato tutte le persone a cui teneva di lì a poco, nel Lifestream. In caso contrario, li avrebbe rivisti dopo la battaglia. E, poi, la Wutai che voleva rivedere non era in nessun luogo. Era nei suoi ricordi. E ai ricordi si può avere accesso in qualsiasi luogo.

 

Forse era quello che stava facendo lui, in quel momento. Ricordava.

 

Diede involontariamente un calcio a qualcosa, per cui abbassò lo sguardo.

Purché non fosse un fortunato ricordino di Molboro...

-Se è questo, giuro che vado a pulirmi le scarpe sui capelli di Sephiroth-

Non lo era. Aveva dato un calcio ad un cumulo di pigne secche. Sorrise e ne raccolse due.

 

-Ehy, Chaos! Colazione insieme?-

 

Fuori, sotto l’acquazzone, Galian sfogava qualsiasi cosa stesse provando in quel momento correndo come un pazzo tra le case. L’osservò per qualche minuto, con i pugni stretti.

 

Le che cosa faceva? Ricordava Astharoth. Perchè nei momenti peggiori le tornavano in mente, prepotenti e dolorosi, i ricordi più felici? Un motivo doveva pur esserci. Non si sentiva così masochista da farlo volontariamente.

 

Chiuse gli occhi e si lasciò pervadere dal ricordo, trovandolo molto meno doloroso di quanto ricordasse. C’era sempre una punta di agrodolce nel ricordarsi felice, ma molto meno di alcuni mesi prima.

 

Osservò la bestia scrollare il pelo bagnato e tornare a correre. Era rabbia, la sua? Frustrazione? Ricordava ancora distintamente il suono dei suoi desideri, semplice e cristallino. Avrebbe voluto avere il potere di leggere nel pensiero, in quel momento, per capire cosa lei stessa stava distruggendo e quali desideri avrebbe potuto aiutarlo a realizzare.

 

La bestia imboccò la strada principale e corse verso la periferia. Per qualche strano motivo, Yuffie capì che, l’unico modo per capire ciò che lui desiderava era seguirlo. E così fece.

Scese le scale con un’agilità e una rapidità sorprendenti per una persona che non si vede i piedi, afferrò il primo cappotto che le capitava a tiro ed uscì di corsa dal bar, abbottonandoselo.

 

La pioggia era ghiacciata e faceva un rumore assordante, ma non si fermò. Le case erano avvolte da una strana nebbia e, improvvisamente, Yuffie fu certa di essersi persa.

Ma non rallentò e raggiunse la porta della città. Di Galian nessuna traccia, probabilmente era uscito o era dalla parte opposta di Edge. Si fermò, indecisa sul da farsi e riprese fiato. Non correva in quel modo da mesi, pensando che non ci sarebbe mai riuscita. Invece non era messa male come aveva pensato. Stava sputando i polmoni, ma almeno non era inciampata.

 

Fece qualche passo nel deserto e fu sollevata nell’individuare il bestione viola.

Si era riparato sotto il patio di una casetta bianca che sembrava disabitata. Lo raggiunse di corsa e scoppiò a ridere. Fradicio com’era, aveva tentato di scrollarsi di dosso la pioggia, ottenendo un pelo dritto e gonfio.

 

-Scusami, Galian, ma sei ridicolo.- precisò la donna, cercando di soffocare la risata.

 

-E tu sei fradicia. Cosa ti è saltato in mente?!- esclamò Vincent, tornando umano, asciutto e con una stupenda cotonatura ai capelli.

 

Spinse la ninja dentro la casa, fingendo d’ignorare la sua risata sguaiata. All’interno, l’abitazione sembrava lo chalet di un film porno, con tanto di finta pelliccia stesa a terra, stereo con giradischi, divani di pelle, letto tondo con coperta di velluto rosso ricoperto di cuscini e, ciliegina sulla torta, caminetto. Quest’ultimo si accese automaticamente nonappena Yuffie vi si avvicinò.

Stette a fissare il fuoco, inebetita. Chi era il piromane, tra i due?

 

-Ran...- sussurrò, sorridendo. La bambina fece un leggero movimento di approvazione.

 

Si tolse il cappotto e lo gettò accanto al camino, in modo che si asciugasse. Cercò un bagno e vi trovò un asciugamano, con il quale si asciugò i capelli. Sembrava tutto molto ben tenuto. Forse i proprietari tornavano ogni tanto per fare le pulizie.

 

Tornò nella stanza principale e cercò un posto per sedersi. Optò per il letto e vi sprofondò.

 

-Ma è ad acqua! - esclamò, stupita. –Ah, che bello, ho sempre desiderato un materasso ad acqua, ma non me lo potevo permettere a causa dei gatti! Che invidia, voglio anche io un posto come questo per portarci... i miei numerosi fidanzati morti!-

 

Si voltò versò Vincent, che tentava invano di non sembrare un Glam in giacca e cravatta. –Fondiamo un gruppo su Facebook? Quelli che amano persone morte! Dai Vincy, sarà fantastico! Potremmo fare dei raduni nei cimiteri! Oppure andare per tema! Quelli morti di overdose, quelli morti per salvare il mondo, quelli morti non si capisce bene come e sono diventati virus del computer... Sono un genio, vero?-

 

-No, Yuffie, stai cercando solo di non piangere.- le rispose brevemente, avvicinandolesi con cautela. Era evidentente che non aveva la più pallida idea di come comportarsi.

 

-Ma no, che cavolo dici, Vinnie? Sono così felice! Devo assolutamente chiedere a Shelke di scrivermi il testo introduttivo... E poi, dobbiamo anche trovare delle regole! Chessò, prima regola: il tuo/la tua fidanzato/a dev’essere morto/a; seconda regola: non solo, deve essere anche morto/a in modo orribile, tipo sfracellata contro una parete, con il cervello che si disintegra per la legge di Eulero-Venn, per grave malattia che rende liquido il solido e solido il liquido...- continuò la ninja, estremamente entusiasta. –Com’è morto suo marito? Ictus. Ma no, signora, che morte banale, noi se non hanno creato un nuovo monumento nel cielo non li vogliamo, questi morti! Se le rotule non...-

 

Vincent le impedì di finire la frase, sollevandola dal letto e baciandola brevemente. –Smettila.- sussurrò, deciso. Lei iniziò a piangere in silenzio e lei si accontentò di abbracciarla, facendola sedere su uno dei cuscini di cui il pavimento era disseminato.

 

Non parlarono per mezz’ora, mezz’ora durante la quale Yuffie cercò inutilmente di calmarsi, finché l’ex Turk non si decise a spezzare il silenzio.

 

-Io ero... Invidioso del vostro rapporto.- iniziò l’uomo, dopo un profondo sospiro. –Lo sono tutt’ora. Non mi capacito di come una donna perfettamente sana di mente possa essersi innamorata di un essere che di umano ha veramente poco. Era un demone infernale, creato per portare la fine del mondo, Yuffie...-

 

-Oh, cazzo, davvero?!- esclamò lei, fingendosi sotto shock. Si asciugò le lacrime e sorrise. –Astharoth era carino, Vinnie. Era un gran figo, ad essere sinceri. E m’incuriosiva, perché era diverso da tutte le persone che avessi mai incontrato. Con il tempo ho imparato ad apprezzarlo e penso che tu sappia perfettamente il motivo del suo fascino. Lo conoscevi molto meglio di me.-

 

Vincent non poté fare a meno di annuire controvoglia. Si alzò e si sedette sul letto, con le mani incrociate e lo sguardo perso nei propri pensieri.

 

-A proposito, signor Valentine, perché mi ha baciata, prima?- chiese la donna, incuriosita, con un sorriso. –Non è stato granché...-

 

-Nemmeno per me, ma l’ho dovuto fare per farti stare zitta, quindi prego Shiva non capiti più una simile occasione.- sibilò lui, stranamente piccato.

 

Lei si alzò e gli si avvicinò, preoccupata. –Non volevo offenderti, Vincy. Avrei bisogno di qualcosa di più consistente per giudicare, quindi è ovvio che stavo scherzando!- esclamò lei, con un sorriso di incoraggiamento.

 

-Io non ne ho bisogno per affermare che è stato come baciare una scopa.- ribatté lui, sempre più irritato.

 

-Ma che ego smisurato che hai, Vincy... Bè, fuori è notte, quindi, se non ti spiace, io dormirei. Notte signore dall’ego smisurato e che bacia decisamente male.- sussurrò Yuffie, maligna, infilandosi sotto la coperta. –Chissà di chi è questa casa...-

 

-Dei genitori di Reeve. Per il loro anniversario fa sempre dei regali di questo tipo. Non si accorge neppure di quanto siano fuori luogo.- rispose freddamente l’ex Turk.

 

La ninja ridacchiò e si mise a sedere dietro di lui. L’abbracciò e gli scoccò un bacio sulla guancia. –Non essere arrabbiato... Regalerò anche a te una villetta così per il nostro anniversario.-

 

Si sdraiò e spense la luce. Sentì le vertebre urlare di gioia per la comodità del materasso e sospirò.

 

-Non voglio far parte di quel gruppo, Yuffie. Voglio lasciare il passato al suo posto ed innamorarmi di una persona viva, una persona che mi ricambi... Voglio essere felice, per una volta. Credi che sia possibile?- sussurrò Vincent, al buio.

 

-Non lo so, ma lo spero per te, Vinnie.-

 

 

 

L’alba era diventata un messaggero, il segno che il tempo a loro disposizione era quasi finito. In qualche modo cercavano di allungare il tempo che avrebbero trascorso insieme, prendendo più rischi, forse. Ma ne valeva la pena. Valeva la pena di soffrire le pense dell’inferno per vedersi. Valeva la pena non dormire, rischiare di farsi ammazzare in battaglia perché ci si addormentava, farsi sgridare ed ammalarsi.

Erano innamorati e nient’altro aveva senso. Ogni notte era un sogno, ma la realtà prendeva sempre il sopravvento, in qualche modo.

Ogni mattina, quando Tifa la andava a svegliare dalle sue due ore di sonno, Yuffie trovava un biglietto sul proprio comodino.

 

A’maelamin, elen sila lumenn omentilmo; cormamin niuve tenna’ ta elea lle au’. Amin mela lle. A.

Mia amata, possa una stella illuminare il momento in cui ci incontreremo nuovamente; il mio cuore piangerà fino a che non ti vedrò di nuovo. Ti amo. A.

 

 

Si sedette sui gradini della casa e guardò, oltre l’orizzonte, il sole che nasceva. Sorrise.

 

-Namaarie, Astharoth, namaarie.-

 

Addio.

 

 

L’angolo degli amichetti di Chaos

 

Meno male che dovevo finire presto... Non ho più voglia di trascrivere a computer!!! Oltretutto, quando scrivo di Kaminà hò là strànà tèndènzà à scrìvèrè tùttò còn glì àccèntì... Mi sento come Fleur Delacour...

Tre combattimenti in contemporanea mi hanno uccisa... Non ci capivo più niente... E Tifa e Yuffie ferme come pere cotte... Mah... spero vi piaccia... La scena del combattimento è la ragione principale per la quale ho impiegato così tanto tempo a pubblicare... é stata un parto... Mai più fanfiction d’azione, solo fic melense e dolciose.

Quando Rose prende in giro Dirae, mi viene in mente la pecora di Sheep in the Island, quando prende in braccio la rana e, scuotendola, dice: gnaaaignaaaigna! Ma, più che altro, mi ricorda molto il carattere originale di Yuffie. Ultimamente la mia Yuffie è più OOC del solito... E’ un sacco che non gioco con FF7, ora sono passata al 9, che non ho ancora finito... Spero di non confondere i personaggi... Immagino già Vincent vestito da Kuja che fa la sua entrata trionfale dicendo: vi amo tutti!

I materassi ad acqua sono COMODI!!! Li amo, anche se ho avuto l’opportunità di provarli una volta sola... Ah, la mia schiena se lo ricorda ancora... Che dormita!

Bene, per oggi i commenti personali finiscono qui, alla prossima! E se non aggiornassi prima, a Maggio sarò alla fumettopoli, quindi se volete chiarimenti sulla storia, spoiler, autografi e strette di mano, mi troverete lì. Mi riconoscerete dal suggestivo palco di corna in testa e le ali nere... XD

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** The Loss ***


I really feel I'm losing my best friend. I can't believe This could be the end.

Sento veramente che sto perdendo il mio migliore amico. Non posso credere che questa possa essere la fine

Don't speak, I know just what you're saying. So please stop explaining. Don't tell me 'cause it hurts. Don't speak, I know what you're thinking, I don't need your reasons. Don't tell me 'cause it hurts .

Non parlare. So cosa stai dicendo, Perciò' smettila di spiegare, Non dirmelo perché fa male. Non parlare. So quel che stai pensando. Non ho bisogno di spiegazioni. Non dirmelo perché fa male

Our memories, they can be inviting, but some are altogether, Mighty frightening. As we die, both you and I, with my head in my hands I sit and cry.

I nostri ricordi, posso essere belli, ma alcuni sono a dir poco spaventosi. Mentre moriamo, entrambi, con la testa tra le mani mi siedo e piango.

It's all ending, I gotta stop pretending who we are... You and me. I can see us dying ... are we?

Sta finendo tutto, devo smetterla di fingere ciò che siamo... Tu ed io, posso vedere che stiamo morendo... non e' vero?

Don’t Speak – No Doubt

Marie era il radar della Società del Crepuscolo e, in quanto tale, individuava le sue prede. Infallibile e amorale, era la loro arma principale. Non solo prevedeva le mosse e i movimenti dell’avversario, ma riusciva, analizzando quelle stesse mosse, a trovare i punti deboli da usare a proprio favore.

Marie era la perfetta macchina da guerra, anche se in modo diverso dagli altri Crepuscolari. Era una stratega, nata nel sangue e per la battaglia, cresciuta per essere fredda, razionale e ridere in faccia alla morte. Se solo ne fosse stata capace.

Per molti versi, la sua storia personale le ricordava quella di Shelke. L’ex Zviet si era ripresa perché circondata da persone che l’avevano aiutata e, nonostante le apparenze, anche grazie a Reeve. Cosa sarebbe successo a Marie?

Semiramis e la veggente, cresciute insieme, sembrava non avessero la minima idea di come funzionassero gli scambi interpersonali. Shelke si era imposta di dar loro una mano a reinserirsi nel mondo reale, ma sembrava non aver sortito nessun effetto. Le due, inoltre, continuavano ad essere una coppia che non sa di essere una coppia.

In ogni caso, dopo l’abbandono della Dusk da parte di Marie, essa si era ritrovata senza uno strumento prezioso ed aveva smesso di disturbare Avalanche. Il bancone di Tifa era stato ricostruito e tutto sembrava fin troppo normale...

Shelke e Rose, le uniche due donne sul Pianeta ad amare le pulizie, ormai sfruttate da Tifa, spazzavano il bar al ritmo di “Don't let me be misunderstood”, sollevando più polvere di quella che togliessero, perché, impossibilitate a causa della scopa a battere le mani a ritmo, battevano con i piedi il pavimento di legno del locale.

Yuffie si annoiava a morte. Sì, si annoiava a morte perché non era più inseguita da un gruppo di fanatici dallo scopo imprecisato. Trascorreva le giornate dormendo, mangiando biscotti e guardando la televisione. Marlene, per qualche strano motivo fan di fantascienza, le aveva prestato le trenta serie complete di Doctor Who e la ninja, dopo aver guardato le ultime tre stagioni con estremo interesse, si era magicamente convertita. Dopo aver trascorso due settimane vagando per il bar e ripetendo “sterminare, sterminare” agli sfortunati avventori, aveva accettato di accompagnare la ragazzina al cinema, per vedere l’undicesimo film di Star Trek. Grave errore!

Lo “sterminare” era stato sostituito dall’augurio di “lunga vita e prosperità”, il che era un grande passo avanti, visto che, diciamocelo, Zachary Quinto è un po' meglio di un Dalek.

La conversione di Yuffie a Whoviana e, contemporaneamente, ad Adoratrice di Spock e della Sua Stirpe ebbe come conseguenza che tutti coloro che passavano per il bar, da Cloud al Pervertito del Villaggio, ebbero un soprannome ispirato. Cloud era alternativamente un Klingon e un Paradigma di Skasa, il che non era proprio un complimento. Povero Klingon.

Il signor Valentine, che improvvisamente si era messo ad evitarla si era guadagnato il soprannome di “Distruttore di Mondi”, anche se, in verità, era più Yuffie a volerlo distruggere che altro. Aveva tentato di parlargli più volte, ma chissà perché, chissà percome, lui si era sempre limitato a rispondere per monosillabi.

Probabilmente era troppo concentrato a far girare il criceto sulla ruota. Due cose alla volta non riusciva a farle. In fondo, era un uomo, certe cose proprio non gli riuscivano.

Sospirò, svaccata sul divanetto.



Le mancava inseguire come una cretina Sephi in giro per il mondo. Incredibile. Doveva avere qualche problema psicologico. Un trauma infantile.

Eppure, la sua vita nomade insieme ad Avalanche le mancava. Era come se avesse perduto qualcosa di realmente importante. Irrimediabilmente. In fondo, erano come una famiglia. Cloud era un padre un po' dispotico e rompiballe, Tifa consolava e rassicurava gli altri membri del gruppo, proprio come una madre. Con la sola eccezione che spesso i membri maschi ricevevano pugni e calci se avevano fatto qualcosa di sbagliato.

E gli altri erano come fratelli.

Leviathan, le mancavano persino i commenti maligni di Cid

Le mancava, tutto questo. Non che non volesse bene alla poca famiglia che le era rimasta. Semplicemente, non era proprio normalissima.

Sospirò, affranta. E tintinnò. Il sospiro divenne uno sbuffo. Perché doveva girare per Wutai vestita da albero di Natale? Soprattutto se a Wutai non si festeggiava? Giocherellò con i due anelli-armatura d’oro che indossava, al mignolo ed all’anulare. Erano estremamente appuntiti. Ci avrebbe volentieri infilzato Chekov. Non poteva togliersi tutta quella roba di dosso da sola. Avrebbe di sicuro rovinato qualcosa. E poi, chi l'avrebbe sentito suo padre?

Ma dov’era quell’essere?!

-Yuffie?-

Si voltò, sorpresa, ritrovandosi faccia a faccia con Vincent Valentine. Lui non era vestito da albero di Natale, ma era evidentemente sorpreso. Chi non lo sarebbe stato, davanti ad una trasformazione del genere?

-Ehy...- sussurrò, arrossendo. -E' passato quasi un anno... Come mai qui?-

Lo vide esitare. Non riusciva, era abbastanza evidente, a distogliere lo sguardo da lei, dal vestito che indossava e dalla decorazione natalizia che stava miracolosamente in piedi sulla sua testa. -Ehm... Ho sentito delle voci su di te... Dicono... Bé, stai andando alla grande!- balbettò lui, ipnotizzato dalla cometa dei Re Magi.

stai andando alla grande”? Non era esattamente nel frasario di Vincent o, almeno, non da sobrio. E lui non era mai ubriaco.

-Chaos!-

Il demone riprese la propria forma originaria e sorrise: -Sei realmente splendida, Yuffie. Sarò breve e cercherò di non fare troppi giri di parole. Sono qui per chiederti un appuntamento.-



Stupidi ricordi! Si alzò a fatica e salì in camera. Non che disdegnasse la presenza di altre persone, ma aveva un mal di schiena terribile e voleva dormire. Ma la camera, come scoprì immediatamente, era occupata proprio dall'essere bipede che non voleva assolutamente vedere. Ma con cui doveva riuscire a parlare.

Era sdraiato sul proprio letto e fissava il soffitto, ma, non appena la vide entrare, si ricordò magicamente che aveva da fare e si alzò, scusandosi. Gli sbarrò la strada, risoluta.

-Mi spieghi che ti succede?- gli chiese, affranta. In realtà aveva assunto un'espressione con cui non avrebbe mai voluto affrontarlo. E questo, lo vide, lo mise a disagio.

-Nulla, assolutamente nulla, sono solo molto in ritardo.- rispose lui, con un sorriso tirato. Non era neppure più capace di mentire, apparentemente, perché non ci credette neppure un attimo. Era diventato il Bianconiglio e lei si era magicamente trasformata in Alice? Perché non se n'era accorta?

-Per cosa?-

-Che moglie gelosa...-

-Se tu mi rispondessi forse mi metterei il cuore in pace, Vinnie... Non mi sembra di aver fatto nulla che potesse irritarti, almeno, spero... Sei il mio migliore amico... E non voglio che ti allontani così, senza dirmi cosa ti tormenta.- sussurrò, tormentandosi le mani.

La strinse a sé, per un tempo che a Yuffie sembrò troppo breve e poi, uscendo dalla stanza, finalmente, rispose: -E' proprio questo il problema.-



Quella notte l'aveva sentito alzarsi e fare le valige. Non aveva poi molto da portare via. Non riusciva a credere che se ne stesse andando, forse era solo un incubo.

Sentendo i passi allontanarsi verso l'uscita, si irrigidì, ancora indecisa sul da farsi. Poi lo sentì tornare e sedersi sul letto. Ed accarezzarle i capelli per svegliarla. Fece finta di dormire e lo sentì esitare. Ma poi la chiamò e lei si alzò di scatto.

-Vinnie?-

-Vado via, Yuffie. Non hai più bisogno di me, qui sei ben protetta.- le sussurrò come scusa.

Se ne stava veramente andando via. Stava scappando dal gruppo, come aveva sempre fatto. Non sarebbe mai riuscito ad integrarsi, non sopportava che qualcuno fosse in pena per lui.

Ma l’aveva svegliata, la stava avvertendo, al contrario di quello che aveva sempre fatto. Capì di essere importante, ai suoi occhi.

Avvertì la sua intrusione, ma si lasciò scivolare dentro di lui, dentro le sue tenebre. E si vide piangere. Si vide piangere in modo ordinato, senza urli o singhiozzi, solo lacrime. Una ragazzina incinta seduta sul letto, incapace di muoversi. Patetico.

Marie non avrebbe mai più comunicato alla Dusk dove si trovavano, erano al sicuro o, almeno, lo sarebbero stati per un po'. La Società era quasi sconfitta. Era quasi finita.

E lui andava via.

E lei non riusciva a trattenerlo. Si accontentava di cadere nel suo baratro, di assimilare il suo dolore. Non aveva parole per trattenerlo.



-Bé, non siamo proprio sposati... Sei più la mia guardia del corpo... E un amico... Capito signor guardia del corpo?-

-Ti prego, non chiamarmi in questo modo.- mormorò Vincent, appoggiandosi al vetro della finestra con la fronte.

-Che palle! C’è una cosa che lei non ti abbia detto?- si lamentò la ninja, incrociando le braccia al petto e sbuffando.-

-C’è, ma non mi aspetto che tu me lo dica.-



Qualcosa che l’avrebbe trattenuto, probabilmente. Ma cosa? Cosa non gli aveva mai detto?

-Vincent... Vinnie... Ti prego... Non andare via.- pigolò, stringendo la stoffa della camicia da notte e tornando in sé. Si asciugò le lacrime. –Che razza di padre e marito saresti?-

-Yuffie... Sappiamo entrambi chi è il vero padre della bambina. E non sono io.- le rispose, con un sorriso tirato. –E’ stato bello finché è durata l’illusione, Yuffie, davvero. Ma non posso restare.-

Le accarezzò la testa, dolcemente e l’attirò a sé, abbracciandola. –Non piangere... Tornerò a trovarvi...- promise.

La fissò qualche istante negli occhi, quasi indeciso su ciò che voleva fare. Poi si allontanò, fermandosi nuovamente, con la mano sul pomello della porta.

Scese rapidamente dal letto e gli corse incontro, afferrandogli un braccio per trattenerlo. Si voltò verso di lei, sorpreso solo a metà.

-E ora? Cosa vuoi dirmi, Yuffie? Cosa vuoi fare? Tutto il nostro viaggio è stato un continuo tripudio di segreti e parole non dette, non potrai trattenermi con il silenzio. Io ho deciso. Sta a te decidere, ora.- mormorò, con la maniglia stretta nel pugno.



Se dovessi essere catturata, neppure lei saprebbe consolarmi. Neppure lei potrebbe alleviare la mia colpa.



-Resta ancora un’ora.- lo pregò, per non restare in silenzio.

-Il mio treno parte tra un’ora, Yuffie.- ribatté Vincent, apatico.

-Allora dieci minuti, un minuto... Ma dammi la possibilità di trattenerti.-

Un sorriso amaro si formò sulle labbra del moro: -Sembri Desdemona nell’Otello, Yuffie. Me ne sto solo andando, non ti sto uccidendo.- le fece notare, girando di poco la maniglia.



-Perché insisti nel volermi proteggere?-

-L’ho promesso.-



-Hai ragione, che stupida... La tua missione è finita. Da bravo Turk, te ne vai. Ah, accidenti! Io che quasi ci credevo! Scusami, scusami!- esclamò, ridendo. –Ho dimenticato completamente che il grande Vincent Valentine non prova sentimenti per le proprie missioni! Sono proprio stupida! Vai pure, non sarò io a trattenerti, soprattutto che, visto che siamo in vena di confessioni, io proprio non ti sopporto, Vincent! Non hai idea di quanto sia stato difficile usarti per tutto questo tempo! Leviathan, immagina la mia faccia quando ho scoperto che non potevo più proteggermi da sola! Ovviamente, ho subito pensato a te! Chi altri può essere manipolato come te? Proprio per questo motivo proprio mi fai schifo. Un individuo senza spina dorsale come te, a Wutai, sarebbe stato buttato da Da Chao alla nascita!-

Non sapeva perché stava dicendo quelle cose orribili e false. Sapeva solo che più il viso di lui si faceva triste, più lei si sentiva soddisfatta, più il proprio dolore si allontanava. Voleva ucciderlo.

Si spaventò da sola per quello che aveva pensato. Voleva annientarlo, perché lui stava annientando lei.

-Sei ancora qui? Te ne vuoi andare? Nessuno ti vuole, in questa casa, soprattutto la sottoscritta.- sibilò, aprendo lei stessa la porta.

Vincent la fissò. Stringeva i denti, sospeso tra rabbia e dolore. Poi uscì, chiudendo la porta dietro di sé. Non sarebbe tornato.

Ascoltò i suoi passi nel corridoio, nelle scale e, poi, finalmente, il rumore della porta che si apriva e chiudeva.

Rimase a fissare la porta chiusa, incredula. Cercò di convincersi che non era colpa sua se andava via. Ma era colpa sua. Era colpa dei suoi silenzi e delle sue mezze verità. Non era stata sincera. Ma non lo era mai stata, con nessuno. Aveva paura di mostrare i propri sentimenti. Preferiva ferire chi amava, cacciarlo.

Così era stato con suo padre.

Scoppiò finalmente a piangere, afferrò un vaso da una mensola e lo buttò sulla porta, urlando. Crollò sulle ginocchia, lasciando che la crisi isterica continuasse, finché non avvertì una fitta intensa al ventre. Smise di urlare, ma quella non diminuì affatto d’intensità. Al contrario.

Sentì qualcosa scivolarle tra le gambe, qualcosa di caldo e denso. Sangue.

E comprese.

Non aveva perso la bambina quando suo padre era morto.

L’avrebbe persa perché Vincent se ne andava.





L’angolo degli amichetti di Chaos

Chaos: (Piangendo) Mi hai abbandonatooooo!!! Non sei più la mia amichetta, non vuoi più far soffrire Vincent e Yuffie! Sei cattiva!!! Però, dai, la fine del capitolo è abbastanza cattiva! (con un grande sorriso) Sei la mia amichetta preferita!

Yuffie e Vincent: Ma guarda 'sto stron...

Scusateeee!!!! Dall'ultima volta in cui ho aggiornato ho fatto la maturità e mi sono trasferita all'estero!!! Troppe cose da fare, da studiare da... argh! Non ne posso più! Ho dovuto persino rileggere tutto perché non ricordavo un'acca! Ho riscritto la fine, in modo che tutti i nodi vengano veramente al pettine e non vedo l'ora di pubblicarla... Anche perché Yuffie sta sperimentando la gravidanza più lunga della storia dell'umanità... Più di due anni!

Scusate anche l’abbondanza di citazioni non sempre comprensibili... Ma mi sono buttata per disperazione nella fantascienza (come se ne fossi mai uscita...) ed ultimamente è un ossessione... Chissà perché... XD Sarà per il signor ZQ? O per il signor LN? Diciamo che è più per il signor Spock... Tutti e tre... XD

Spiegazione dei termini:

Klingon: alieno presente in Star Trek, con un'espressione eternamente e teneramente corrucciata, con tanta voglia di uccidere tutto ciò che incontra. Se su Google cercate Klingon vi innamorerete immediatamente di loro. Che sexy!

Paradigma di Skasa: chiave dietro a cui vi è il modo in cui funziona l'universo. Riuscendo a capire il paradigma, una persona potrebbe ritrovarsi a giocare a Dio.

Spock: no, dai, ragazzi, non posso spiegarvi cos'è Spock... E' come tentare di spiegare Dio... XD Su Wikipedia sono meno fanatici di me, vi spiegheranno meglio.

Riuscirò ad avere una connessione internet? Riuscirò a terminare questa benedetta storia e passare ad altro? Riuscirò a non uccidere la mia vicina che fa casino notte e giorno? XD

ps: notare quanto sono lunghi i paragrafi adesso, rispetto al primo capitolo... Me ne sono accorta rileggendo tutto!



Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Love You Inside Out ***


I'll be there for you, these five words I swear to you

When you breathe, I wanna be the air for you

I'll be there for you

I'll live and I'll die for you, I'll steal the sun from the sky for you

Words can't say what love can do, I'll be there for you


Ci sarò per te”, queste quattro parole ti prometto

Quando respiri, voglio essere l'aria per te

Ci sarò per te

Vivrò e morirò per te, ruberò il sole dal cielo per te

Le parole non sanno descrivere quello che può fare l'amore, ci sarò per te

I'll be there for you – Bon Jovi

Non era riuscita a trattenerlo perché nessuno le aveva insegnato ad esprimere ad alta voce i propri sentimenti. Non era Aeris, che andava fiera di ciò che provava. Non ne era fiera. Al contrario, spesso si sentiva a disagio con quei sentimenti. Se ne vergognava, erano una debolezza.

Invece, avrebbero potuto fermarlo. Se solo avesse potuto dare un nome a ciò che si agitava dentro di sé, pronto a divorarla.

Si accarezzò il ventre, sospirando. Era un movimento automatico, che avrebbe fatto fatica a perdere. La bambina era salva. Era tutto ciò che importava. Che stesse bene, che fosse nata in salute. Anche se per questo fosse stata costretta a letto. Era nata in anticipo di un mese. Era stato inaspettato e, in un certo senso, non si sentiva ancora pronta. L’aveva vista, era riuscita a dare un volto a Ran, ciò che le rimaneva di più caro.

Aveva occhi incredibilmente belli, la carnagione olivastra e capelli d’ebano, già abbastanza lunghi, quando era nata. Stavano dritti sulla testa, che a Yuffie sembrò fin troppo piccola e Cid commentò subito che era tutta suo padre.

Aveva cinque giorni, ormai. La madre si era un po' ripresa dal parto e trascorreva il proprio tempo a guardarla dormire nel lettino accanto al proprio. C’è da aggiungere che non c’era molto da fare, in ospedale e che la ragazza era sorpresa e meravigliata da quella cosetta piccolissima. Aveva il terrore di romperla.

-E’ bellissima...- ripeté per la quattordicesima volta in un’ora.

Come da tradizione a Wutai, la primogenita avrebbe avuto due nomi. Aveva deciso il primo da tempo. Il secondo doveva essere dato in onore di un caro defunto. Il primo ovviamente, sarebbe stato usato tutti i giorni ed era il più importante. Ma il secondo serviva proprio ad onorare chi ormai non c’era più. Non se la sentiva di chiamarla Enkouko o Lijuan, come sua sorella o sua madre. Astharoth era parte della sua famiglia e tecnicamente, Ran ricordava lui.

Stupidamente, voleva dare a Ran il nome della madre di lui, anche se era impossibile, visto che non si ricordava affatto i suoi genitori.


-E’ la mia mamma...-

-Lucrecia?-

-Sì. Chiamalo imprinting, ma l’ho sempre considerata come la mia mamma...-


-Ran Lucrecia Kisaragi Valentine.- affermò, con un sorriso.

Tifa la fissò, confusa. –Come hai detto?- chiese, mezza addormentata.

Fissò il soffitto della camera d’ospedale, poi l’amica. –Ran Lucrecia Kisaragi Valentine. E’ il nome che voglio dare alla bambina. Ricordatelo, in caso morissi... – sussurrò, sorridendo.

Ovviamente sapeva che non sarebbe morta. Non se lo sarebbe permesso.

-La vuoi veramente chiamare Lucrecia? E Valentine, soprattutto. Non risponde alle telefonate, quell’essere. Ed ha pure staccato la segreteria telefonica.- sibilò, profondamente incazzata. Tifa non era mai arrabbiata, passava dalla calma assoluta allo scazzo totale senza passare da fasi chiamate in modo più fine. Yuffie sapeva che, se Vincent fosse tornato, come minimo la barista l’avrebbe castrato, sbudellato, fatto a pezzi e, non contenta, l’avrebbe cotto al forno per servirlo nel bar come stuzzichino delle sei.

-Lucrecia è la madre di Astharoth. Almeno, lui la considerava in questo modo.- le spiegò, sorprendendosi di quanto le fosse facile parlare di lui. Non c’era più dolore e rimpianto. Solo dolcezza.

Faceva quasi bene pensare a lui. Era morto, certo, ma sarebbero rimasti i ricordi felici. E Ran. Le aveva salvato la vita, aveva salvato il Pianeta intero. E gli era grata per questo. Avrebbe parlato a più persone possibili di lui, in modo che la sua esistenza si trasformasse in vita attraverso i ricordi condivisi.

A costo di sembrare pazza o malata o perversa.

-Chiamalo con il mio cellulare.- suggerì a Tifa, cercando la posizione giusta per evitare il mal di schiena e fissare nello stesso tempo la bambina.

-Yuffie, sei un genio!- esclamò la donna, finalmente contenta di poter sfogare la rabbia repressa su chi la causava. Si alzò ed afferrò il telefono, uscendo dalla stanza.

-E te ne accorgi solo ora?! Quando io ve lo dicevo, non mi credevate mai!-

-Buongiorno, mocciosetta... Come stai oggi?- chiese una voce che conosceva fin troppo bene.

-Cid! Vecchio Bonobo rachitico!- rispose Yuffie, fissando con un sorriso l’aviatore mentre entrava nella stanza e posava dei fiori sul comodino. La ninja rimase a bocca aperta. Che Cid avesse fatto dei corsi speciali di gentilezza?

-Chiudi quella bocca, principessa, non voglio vedere il tuo intestino! Per la cronaca, questi fiori sono da parte di Shera!- esclamò lui, infrangendo l’illusione e sedendosi sul letto. –Cazzo, si vede che hai appena partorito... E’ impressionante... Soprattutto perché di solito sembri un fottuto manico di scopa!-

Lei sorrise. Era bello ritrovarsi a parlare con Cid. Ed era bello sapere che non era affatto cambiato.

Barret, che aveva dormito fino a quel momento, aprì gli occhi in tempo per sentire quell’affermazione. Colpì l’altro con un pattone nella schiena. –Non si importunano le puerpere con proposte indecenti.-

-Ma era un cazzo di complimento! Barret, ammettilo, Yuffie rischia di battere il primato di Tifa...-

-Si potrebbe evitare di parlare delle mie tette mentre sono presente? Grazie!- esclamò la ninja, arrossendo. No, non pensava avrebbe battuto il primato di Tifa. Era alquanto improbabile.

-NO, SONO TIFA, CARO IL MIO LESTAT! ASCOLTAMI ATTENTAMENTE E NON PROVARE A RIATTACCARE, ALTRIMENTI GIURO SU BAHAMUTH CHE TI TROVO E T’INFILO UN CANDELOTTO DI DINAMITE SU PER IL...- urlò Tifa, dal corridoio.

Yuffie scoppiò a ridere, divertita, fissando la faccia scioccata di Cid, non abituato a quella Tifa.

-E’ da incinte che le donne si rivelano per quello che sono...- gli spiegò, con le lacrime agli occhi.

-... dei vampiri assatanati e desiderosi di sbudellare gli uomini.- terminò la frase lui. –A chi sta telefonando? A Sephiroth? Ad Aerith?-

-A Cloud?- aggiunse Barret, divertito.

-A Vincent. Che in questo momento le starà elencando calmamente le ragioni per cui è partito... Invano.- rispose la ninja, con un ghigno.

-NON M’INTERESSA, DEVI TORNARE INDIETRO, SUBITO. DOVE SEI? A MIDEEL?! CHE CI FAI A MIDEEL? URLO QUANTO MI PARE! Yuffie? Ah, ok, te la passo.- concluse sussurrando la guerriera. –Un attimo, sono nel corridoio dell’ospedale...-

Aveva scelto un modo subdolo e crudele per comunicargli la notizia... La mente di Yuffie era divisa tra due pensieri. Il primo era: “ben gli sta”. Il secondo, invece: “Non è un buon modo per annunciare ad un vecchietto certe notizie”.

La donna entrò nella stanza. –No, niente di che... -

-Tifa!- protestò la ninja. Non si meritava tutto questo, era in parte anche colpa sua, perché non aveva saputo trattenerlo. Allungò la mano per afferrare il telefono, che fu prontamente intercettato da Cid.

-Pronto? Sono Cid. Vincent, hai fatto una gran stronzata. Due gran stronzate. L’hai messa incinta e l’hai abbandonata ad un mese dal parto... Non dire che non sei il padre, brutto coglione acefalo! Siamo una fottuta famiglia, noi di Avalanche, no? Anche se non te la sei fatta, per te dovrebbe essere una stronzissima sorella, dico bene? – disse l’aviatore, evidentemente seccato anche lui.

Siamo una famiglia.

Erano una famiglia? Sì, ma certo, lo erano. Solo che non aveva mai voluto accettarlo. Era l’unica a non considerare Avalanche come la sua famiglia. Anzi, no. Anche Vincent la pensava così. Ed era per questo che erano scappati da essa. Lei quando aveva scoperto il proprio stato. E lui...

Strappò il cellulare dalle mani di Cid, in tempo per ascoltare, in parte, la risposta dell’ex Turk.

-Dannazione, certo che la considero una sorella, una figlia, tutto quello che vuoi, Cid! Ma non posso restare e pensare che in me vede un’altra persona! E ora dimmi come sta, ti prego...-

Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. –Sto bene. E anche Ran. E’ bellissima, dovresti vederla.- rispose.

In realtà avrebbe voluto ordinargli di tornare subito. Le mancava terribilmente. E voleva vedesse Ran. Voleva vedesse che non era più solo, che aveva qualcuno di simile a lui. Ma ancora non riusciva ad essere completamente sincera con lui, qualcosa la bloccava.

-Non dovevo andarmene.-

Sorrise, sperando che lo sentisse. –Tu stai bene?- gli chiese. Aveva l’impressione di essere tornata bambina, mentre formulava timidamente ogni frase.

Da bambina era sincera.

-Mi dispiace.-

Sentì chiaramente che piangeva. Il pianto è un suono terribile, sentito tramite un telefono. Si è consapevoli di non poter consolare la persona che piange, se non con le sole parole. E Yuffie non era brava con le parole.

-Non scusarti al telefono, Vinnie... Devi scusarti di persona, se vuoi che le scuse siano accettate... E poi, anche io ti devo delle scuse. Per cui non appena ci rivedremo, ce le porgeremo reciprocamente e tutto tornerà come prima! Perché... Perché tornerà tutto come prima, vero?- chiese, improvvisamente spaventata.

-Sì, Yuffie, tornerà tutto come prima.- sussurrò lui, calmandosi. –Ora devo andare e tu devi riposare.-

-Aspetta, Vincy, devo dirti assolutamente due cose!- si ricordò la ninja, nervosa. La prima non era sicura gli sarebbe piaciuta molto.

-Dimmi, Yuffie...-

-La prima è che ho deciso quale secondo nome dare a Ran. Te lo dico per sapere se sei d’accordo. Visto che Ran ricorda già in un certo senso un membro della mia famiglia che non c’è più, mi chiedevo se ti piacerebbe chiamare la bambina Lucrecia.- sussurrò, rimanendo in attesa di una risposta. Si mordicchiò nervosamente un’unghia, ricevendo puntualmente uno schiaffo sulla mano da parte di Tifa.

-E’ morto?- chiese Cid.

-Cid chiede se sei morto, Vincent...- riportò la ragazza, terribilmente nervosa.

-Certo che sono morto, Yuffie... Credevo lo sapesse da tempo...- fu il commento dell’ex Turk. Poi di nuovo il silenzio.

-Non sta molto bene con Kisaragi...- rispose, dopo cinque minuti di profonda riflessione.

-Bé, il secondo nome è usato solamente durante le cerimonie... Si tratta solo di una formalità...- ribatté lei. –Io trovo che stia bene con il secondo cognome... Ok, forse con il primo non molto, però a me piace il nome Lucrecia, dà un che di nobile. Lucrecia Kisaragi. No, dai, è carino, ci sta bene...-

-Immagino la gente per scrivere una cazzo di lettera... Alla Signorina Ran Lucrecia Kisaragi... Alla faccia del nome indirizzo...- commentò Cid, giocherellando con il pacchetto di Chesterfield pronto ad essere aperto.

-Ran Lucrecia Kisaragi Valentine...- lo corressero in coro Tifa e Yuffie.

-Ran Lucrecia Kisaragi Valentine?! Povera bambina!!!- esclamò l’aviatore, scioccato.

-Dì a Cid di smettere immediatamente di fare commenti inopportuni sul nome di mia figlia, quando chiudi la telefonata, per favore...- chiese Vincent.

Ebbe un brivido. Aveva definito Ran come sua figlia. In quel momento, le venne una gran voglia di piangere. E non riusciva a capire perché.

La seconda?-

Certo, la seconda. –Volevo solo dirti che ti voglio bene, tutto qui...- sussurrò la ragazza, con un sorriso.

-E, dimmi, l’hai detto davanti a Cid e Tifa, questo?- chiese l’ex Turk. Alla sua risposta affermativa, sospirò. –Grazie, Yuffie, la mia vita è rovinata...-

-La tua vita si è rovinata nel momento in cui mi hai incontrata, Vin...- disse Yuffie, sorridendo.

-Oh Santa Shivaaaa!!! Valentine, dille che la ami follemente, che sei felice che la tua astinenza cesserà fra poco, chiudi sta cazzo di telefonata e muovi il tuo culo anoressico per raggiungerla!- si esasperò Cid, immediatamente colpito da un calcio ed un pugno in testa.

Lo sentì sorridere, finalmente. –Anche io.-

-Anche tu cosa?- chiese la ragazza, innocentemente.

-Yuffie, non ci provare... Non voglio ripetere quello che ho detto.-

-Ok... Mi chiedevo solo perché volessi anche tu essere picchiato da me e Tifa...- continuò lei, sullo stesso tono da angioletto benedetto.

-Sei esasperante.-

-E’ per questo che mi vuoi così bene, Vinnie...-

-Esatto. Ora cerca di riposarti, d’accordo?-

-Sì caro marito...-

-Caro marito?-

-Sì... A proposito, Vincent...-

Lo sentì sospirare.

-Quando ti guardo, vedo solo te.-

-Ah. Hai sentito...-

Ci fu un altro momento di silenzio.

-A parte quando sono ubriaca! Allora vedo due te, anche tre, quattro, cinque, dipende da quanto bevo! Ma non credo che conti!!!- esclamò la ninja, allegramente. –Ciao ciao caro marito, a presto! Si ricordi di passare in edicola per comprarmi Dylan Dog!-

-Ma certo, cara moglie...-


Non era soddisfatta dalla conversazione avuta con Vincent, anche se aveva chiarito alcuni punti. Con profondo sollievo aveva accolto quell’affermazione su Ran, ma ancora, il fatto che non le avesse detto se e quando sarebbe tornato per vederla la gettò in uno stato di profonda agitazione e, conseguentemente, non chiuse occhio quella notte.

La giornata iniziò alle sei e mezza, quando il primario irruppe nella stanza con la sua particolare risata “Oh-oh-oh” e la frase inquietante del giorno: -Su, belle signore, l'acqua è poca, la papera non galleggia!-

Yuffie, ormai abituata alle bizzarrie del medico, era pronta con il proprio blocnotes in mano e scrisse la frase, chiedendosi cosa mai potesse significare. Prima le chele delle aragoste da arricciare e poi le papere che non galleggiavano... Che fosse un codice?

Ran sembrò borbottare e si girò dalla parte opposta, evidentemente assonnata, ma il dottore la prese in braccio e la mise a sedere accanto alla madre. Le posò un indice sulla punta del naso, lo allontanò e le fece seguire i movimenti del dito, cosa che irritò ulteriormente la piccola.

-Signora Kisaragi, sua figlia non solo è in piena salute, vede anche perfettamente! Oh oh oh. E' un caso straordinario. Lei come sta?- chiese, con un largo sorriso.

-Quando potrò riavere le mie interiora?- rispose, ripetendo l'esperimento con la piccola, ma più lentamente. Per tutta risposta, Ran si addormentò.

-Oh.Oh.Oh! Mi dia il polso! Non si preoccupi, molto presto si sentirà meglio!- esclamò lui, apparentemente divertito. -Un affascinante giovane dallo sguardo cremisi mi ha trattenuto mezz'ora per farmi un terzo grado sulle sue condizioni di salute! Oh.Oh.Oh! Il suo polso mi dice che si tratta del papà di questa bimbetta adorabile!-

-E' Vincent.- Arrossì e tentò di calmarsi, proprio mentre la bimbetta adorabile si svegliava di nuovo per reclamare cibo, gridando come una disperata. -Che hai da gridare? Guarda che ti capisco anche se non fai l'indemoniata...-

La piccola si calmò improvvisamente e sembrò fissarla. Il modo in cui fissava le persone era quasi inquietante, da quanto sembrava seria. Ma era tenera, con quei suoi occhioni e la madre sorrise.

Il medico si fece serio. -Signora Kisaragi, non ho nulla da commentare sulle sue scelte, perché suo marito sembra un uomo per bene, ma... Insomma, sembra che qualcuno ci sia andato pesante con gli esperimenti su di lui.- sussurrò, in modo che nessuno sentisse. Yuffie si sentì morire e strinse a sé la piccola. -Non è nulla di grave o di spaventoso, non si preoccupi. Sono stato medico nella Shinra. Volevo solo avvertirla che... Può darsi che la piccola si dimostri sempre in anticipo sui suoi coetanei, ma non deve assolutamente allarmarsi, è una bambina forse un po' speciale, ma...-

Quello che probabilmente l'uomo stava tentando di dirle era che, se avesse notato qualcosa di strano in Ran, era suo dovere volerle bene in ogni caso. Non doveva spaventarsi e non doveva abbandonarla. Ma lo sapeva. Sapeva che sarebbe stata diversa dalla maggior parte dei propri coetanei. Ma era sua figlia!

-Non mi chiamo Lucrecia Crescent, io, non si preoccupi!- rispose, con un largo sorriso. -Sposando Vincent sapevo esattamente cosa aspettarmi.-

La bambina riprese a gridare come un'indemoniata.

-Cosa c'è? Ti ho dato da mangiare, sei asciutta e pulita e piangi?- chiese la neo mamma, confusa.

Il medico si avvicinò alla piccola, di nuovo calma e sussurrò: -Vincent.- Ran riprese ad urlare.

Cos'aveva contro il nome Vincent? Non aveva un suono strano e non aveva urlato pronunciandolo.

-Lo so, è stato scemino, ma è fatto così e ce lo dobbiamo tenere.- mormorò. Era stato stronzo, altro che scemino!! L'avrebbe massacrato di botte, ma prima, voleva vederlo. Voleva che vedesse la piccola.

-Credo che potrei far finta di nulla e lasciarla uscire in corridoio, girandomi casualmente verso la finestra. - sussurrò il medico, con aria cospiratoria. -Se mi promette di non stare troppo in piedi.-

E chi voleva stare in piedi? Scese a fatica dal letto, si sciolse i capelli che aveva raccolto malamente con una pinza, li pettinò rapidamente con le dita ed attese che il medico guardasse casualmente altrove. Poi prese la bambina ed uscì furtivamente dalla stanza. Ricordandosi del pigiama bianco con i Chocobo che indossava, fece per tornare indietro per cambiarsi, ma era in un ospedale ed aveva visto pigiami peggiori.

Si diresse verso la sala d'aspetto ed incrociò Vincent o, almeno, ciò che ne rimaneva, a metà strada. Sembrava estremamente concentrato sulla macchina del caffè, che impiegò un quarto di secolo ad erogare un espresso.

Aveva la stessa espressione di uno degli zombi dell'Alba dei Morti Viventi e lo stesso aspetto fresco e riposato. Più del solito. Afferrò il bicchiere e lo mescolò per un altro quarto di secolo. Poi, quando ormai tutto lo zucchero era definitivamente scomparso, si avviò verso la sala d'aspetto.

Lo seguì pazientemente, cercando di ricordarsi se fosse o meno sonnambulo. Lui si sedette in un angolo della sala d'aspetto e si concentrò sul caffè, continuando a mescolare. Gli si avvicinò cautamente e gli si sedette accanto.

Lui bevve finalmente il suo stupido caffè, ma non diede altri segni di vita. Al contrario, continuò a mescolare, nonostante non ci fosse molto da mescolare. Poi la caffeina gli entrò in circolo ed andò a buttare il bicchiere. Al ritorno si accorse finalmente dei due esseri che gli erano seduti accanto.

Impallidì e boccheggiò, per poi sedersi accanto a loro e fissarle.

-E' lei?- chiese, timidamente.

-No, ho preso quella della vicina! Ma certo che è lei! E' bellissima, come potrebbe essere di qualcun altro?- ribatté, sorridendo. -Mentre aspettavamo ti svegliassi e smettessi di mescolare quel caffè, si è addormentata!-

-Ho viaggiato tutta la notte...- le spiegò, tenendo la mano di Ran tra le dita. -E' così piccola... Oh, Leviathan, è bellissima.-

Aveva appena detto “Oh Leviathan”? Sorrise, divertita dalle reazioni dell'uomo. Dopotutto, era la “primogenita” di Avalanche ed aveva suscitato in tutti reazioni incredibili. Gli uomini veri del gruppo, ovvero Cid e Barret, si erano commossi fino alle lacrime. Tifa e Cloud non avevano smesso un attimo di commentare ogni minima azione della bambina, con voce estremamente acuta, cosa che si sarebbe potuta aspettare da Cloud, ma non da Tifa. Reeve, o, meglio, il naso di Reeve, era diventato il giocattolo preferito della piccola. Nanaki era un caso a parte. Era entrato in ospedale dopo una lunga discussione con il portinaio ed era arrivato in ritardo. Appena Ran l'aveva visto, aveva cominciato a spegnergli ed accendergli la coda. Rose e Shelke, che non avevano mai visto una bambola in vita loro o, almeno, non se lo ricordavano, avevano litigato furiosamente su chi dovesse tenere di più la bambina. Alla fine, Shelke aveva finito per chiedere insistentemente a Reeve una cosa simile e Reeve era arrossito. Cait, offeso, era rimasto in ospedale, nella culla della piccola.

In quanto a Vincent Valentine... Era quasi sicura che stesse pensando di fondare una nuova religione con Ran come unica e sola divinità. E aprire un sito internet. E un fan club su facebook. E offrire sacrifici umani alla nuova divinità. Nello sguardo aveva una luce completamente nuova. Era felice.

Ran si agitò ed aprì gli occhi, sbadigliando rumorosamente. Vincent arretrò di qualche sedia, spaventato. O, ancora meglio, terrorizzato. -No.-

Fece un respiro profondo, chiedendosi perché mai dovesse essere così scemo. Osservò la figlia e seppe immediatamente il motivo di quel terrore. I suoi occhi erano bellissimi. Ma evidentemente lo spaventavano. Uno era rosso e l'altro dorato. Si avvicinò cautamente e per un attimo ebbe paura che Ran lo incenerisse. -Vincent...-

Fu interrotta da un grido disperato, che s'interruppe quasi immediatamente.

-Che cos'ha? Sta male? Ha qualche problema?- s'inquietò l'ex Turk, tormentandosi il labbro inferiore.

-Ha un problema con il nome Vincent.- Grido disperato. -Vincent.- Grido disperato. -Vedi?-

-Mi odia?- le chiese, dopo un lungo sospiro. -Non mi sorprende. Ho parlato con il primario, so che hai rischiato...-

Una lingua di fuoco lo interruppe.

-Penso che sia un modo per attirare la tua attenzione. Non la stai considerando...- gli spiegò Yuffie, sbuffando. -Non vuoi prendere in braccio tua figlia, Vincent?- Grido disperato. -Vinnie.- si corresse.

-Non ho mai preso in braccio un neonato... E mi tremano le mani...- protestò, quando le porse la bambina. -Non sono il tipo da prender... No, Yuffie... Aspetta. Yu...!- alla fine, però, si ritrovò con la bambina in braccio. -Oh.-


Alle 11, quando i Turks varcarono la soglia della camera, Vincent Valentine aveva appena terminato di fare un giro turistico del reparto, con la bambina in braccio, allo scopo di presentarla al mondo intero. Questo aveva permesso a Yuffie di darsi una sistemata, vestirsi e fare la valigia.

E sì, Vincent Valentine non aveva smesso di sorridere un secondo, quella mattina. Cosa che spaventò parecchio Reno, che tentò di nascondersi dietro a Elena. Difficile, data la differenza di altezza.

-Valentine sta sorridendo.- mormorò, sull'orlo della crisi di panico.

-Non solo, sta parlando da cinque ore e non credo si fermerà presto.- rispose la ninja, con un sorriso. -E' quasi inquietante.-

L'uomo inquietante si avvicinò ai Turks e li presentò ad uno ad uno alla bambina. Poi, con tono solenne, aggiunse: -Lei è Ran. E' mia figlia.-

Elena fissò alternativamente il professionale Tseng, la propria pancia e Vincent, inquieta. Probabilmente chiedendosi che razza di droga si fosse calato l'ex Turk. Sperando che Tseng non fosse così. -Se lui è così, non oso immaginare come potrebbe essere Reno.-

-Vuoi provare l'esperienza, bellissima?- chiese il rosso, con un sorriso killer. Ricevendo immediatamente un colpo di teser in testa da parte del suo capo.

Rude si avvicinò alla piccola, per osservarla meglio. Le stava guardando gli occhi. Lei ne approfittò per rubargli gli occhiali da sole e masticarli. -Ha preso dalla madre.- commentò brevemente.

-Ehy!- protestò la donna, offesa. Se non fosse stata costretta a letto dal medico E da suo marito, gli avrebbe tirato volentieri qualcosa in testa.

Ran sembrò perdere interesse negli occhiali e li buttò in un angolo della stanza, provocando l'ilarità di Reno. Poi si concentrò sulla pelata dell'uomo, stranamente interessata, passandoci la mano sopra. Reno, ormai sull'orlo delle lacrime, ricevette un secondo colpo di teser in testa.

Elena si avvicinò a propria volta: -Somiglia moltissimo a suo padre... Sarà un Turk eccezionale!- esclamò, commossa. Elena era una fan di Vincent. L'aveva scoperto vivendo con loro. Aveva un altarino con una serie di foto che risalivano al periodo Turk. Periodo in cui Vincent era terribilmente sexy, tra parentesi. Apparentemente per i Turk era una specie di guida spirituale, anche se credeva che l'abitudine di rivolgersi a lui chiamandolo “Principe” fosse solo tipica della bionda.

-Rude, glielo devo ricordare che siamo gli ultimi?- chiese sottovoce Reno, preoccupato. Il collega scosse la testa.

-Aaah! Guarda quell'occhietto rosso! E' bellissima!- continuò Elena, ormai probabilmente decisa a seguire la religione che Vincent stava per fondare.

Non si era accorta che l'unica persona ad essersi avvicinata a lei era Reno, che la stava osservando intensamente, come se cercasse di capire qualcosa. Poi sobbalzò e comprese: -Yuffie! Hai le tette!-

Cercò di sprofondare tra i cuscini, imbarazzata. Perché tutti dovevano farglielo notare?! Come se prima fosse stata piatta! Non si chiamava mica Shelke!

-Wow, ora non solo sei figa, hai un corpo fantastico, sai combattere e hai più di due neuroni! Mi sposi?- chiese il rosso, sfoderando di nuovo il sorriso killer.

-E' già sposata.- sibilò una presenza demoniaca alle sue spalle, con voce lugubre.

-Reno, non ti preoccupare, esiste il divorzio...- sussurrò lei, in tono confidenziale.

Per tutta risposta, Reno cacciò un grido e fu trascinato per i capelli fuori dalla stanza da Rude, che la salutò con un gesto della mano.

-Principessa, hai il mio numero!- urlò, dal corridoio.




L'angolo degli amichetti di Chaos

Chaos: Che figoooo!!! Ho una figlia! Posso mangiarla?

Yuffie: Vai via, tu! (spostandolo con un calcio)

Ran (Incenerendolo): Aggà!

Vi piace la canzone che ho messo all'inizio?! Come fa a non piacere (si scioglie)?!

Yuffie: Sei finalmente fidanzata con un uomo che non somiglia a Vincent, ovvero che non ha problemi mentali tali da confessarti di avere sette personalità e fare sogni strani?

Vincent: Non ho sette personalità... Taci tu! No, tu!

Ran (incenerendo anche lui): Aggà!

Nono, sono solo felice!!! Ho quasi finito Kage no Moroboshiiii!!! Non ci credo!!! Finite le notti insonni china sui libri pre-maman e le fan fiction di azione!!! Ho finito anche il vestito di Quetzaaal in teeempooo!!! La mia vita è completaaaa!

Ran: Gnà?

Yuffie: Quetzal?

Sìsì, è come Ramuh...

Yuffie: Un trans?

Ma no, ma... Un attimo... In effetti è un po' strano... (leggere “Sunshine in Winter” fa male!)

ANYWAY! Fanciulle e fanciulli, vestita da uccello del tuono con problemi d'identità sessuale, ovvero Quetzal, ho coronato il mio sogno! Sono emozionata! Il gruppo di cui facevo parte al Lucca Comics ha vinto!!! ^_^ Un yatta! È doveroso.

Vincent: Smettila di farti pubblicità!

Ran: Gna? (traduzione: “Ehy, ma tu non eri morto?”)

Vincent stramazza a terra in stile opossum, fingendosi morto.

Sul capitolo non c'è molto da dire, in realtà, a parte che la canzone iniziale è una bella canzone d'amore, sì, ma che l'ho messa lì per illustrare i sentimenti di Vinnie per la bambina... Come sono tenera! (Devi innamorarti dei tuoi vestiti più spesso... nd Yuffie.)

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Il filo rosso ***


Aprì gli occhi, lentamente

Gli anelli del giuramento

il filo rosso che ci unisce

adesso non si vedono più

fra noi, nemmeno promesse

Non lasciarmi la mano

se questa è la realtà, è semplicemente triste

così

Fidati di me

Anche se il nostro legame si allentasse

i ricordi non possono cancellarlo

Ti fiderai di me?

La stella che segui col dito, la vedi?

Shadow of Love – Olivia Lufkin


Aprì gli occhi, lentamente. E non vide nulla. Nulla di reale. Intorno a lei tutto era confuso; voci, suoni e colori sembravano girarle intorno in un vortice psichedelico. Tentò di alzarsi, cercando di riordinare i propri pensieri. Non riusciva a ricordare dove fosse. Non ricordava nulla della giornata. In più, i suoi sensi erano confusi.

Prima di tutto, sentiva delle voci. A meno che non fosse diventata schizofrenica durante la notte, non le sembrava normale. Inoltre, tentando di alzarsi, aveva prodotto dei suoni. Suoni che si erano tradotti in immagini. Si chiese se non fosse stata drogata. La sinestesia era un sintomo abbastanza bizzarro.

Yuffie Kisaragi. Era il suo nome. Bene, stava facendo progressi. Aveva un gusto metallico in bocca, probabilmente sangue. Ma le era impossibile comprendere come si fosse ferita. Si ricordò a fatica dove fosse nata e quando ed attese ancora, rannicchiata a terra, di acquisire altre informazioni.

I sentimenti arrivarono tutti insieme. Dolcezza, felicità, paura, disperazione, furia.

La bambina. La bambina. C'era la bambina con lei. Sua figlia! La cercò accanto a sé a tentoni, per quanto il gesto fosse irrazionale. Produsse altro rumore. Ed altre immagini. Le avevano portato via la bambina. Era lei che volevano, fin dall’inizio. Chi? Non importava! La bambina. Ran! Il suo nome era Ran! Quella stessa bambina che aveva pensato più volte di strappare via dal proprio corpo, che aveva percepito come un peso e che l’aveva fatta sprofondare nella disperazione. La figlia di Astharoth. Astharoth, Astharoth. Chi era Astharoth?! La bambina. Scomparsa.

Urlò. Non le importava se la sentivano tutti. Dovevano sentirla. Dovevano sapere che stava per ucciderli tutti. Non importava chi, non ricordava e non le importava. Uccidere. Uccidere! Chiunque! Nessuno! Immagini, immagini, ancora immagini, confuse, colorate, violente. E il grido. Il grido che diventava immagine.

-Yuffie...- un immagine dolce. Ma non abbastanza forte, subito avvolta ed inghiottita dai colori.

Sentì due braccia circondarla. Altro rumore. Un sentimento diverso. Se le scrollò di dosso, violentemente, continuando ad urlare.

-Yuffie... Calmati, Yuffie... Ti prego...- Calore, odore di sangue ed altre immagini dolci. Di nuovo, ma più debolmente, quelle braccia tornarono a circondarla. Il grido le morì in gola. E, nuovamente, la voce, bassa e roca, parlò. La persona che le parlava respirava a fatica e le sue parole sembravano sibili. Sangue, sangue, sangue ovunque. Non vedeva nulla oltre quelle immagini così dolci da spezzare il cuore. E il sangue scivolava su di sé.

-Andrà tutto bene... Te lo prometto.-

Vincent Valentine. Vincent che l'aiutava. Vincent che la salvava. Troppe immagini, troppe, troppe, troppe immagini dolci e dai colori tenui. Si rifugiò dentro di lui, ma era peggio. C'era dolore. Dolore e sangue. Ma niente immagini, solo una donna con lo sguardo fisso. Ricordava i suoi pensieri. C'era la musica dei desideri, ancora. C'era sempre, sotto la musica del dolore, sotto la musica della paura. Pianse, ma fu la donna a versare lacrime. Non voleva tornare lì, non con le immagini, ma quel dolore, quel dolore era insopportabile.

Chiuse gli occhi, riordinando le idee. Le immagini dolci non erano cessate. Erano il battito del suo cuore preoccupato. Il suo ritmo strano, ma rassicurante. Erano il suo respiro anche se sibilante.

Era tornato, per lei, perché teneva a lei e alla bambina. Era tornato nonostante tutto il male che gli aveva fatto. Lui era tornato e poi... Poi Dirae, l’illusionista... Un attacco mentale. Non su di lei. Su Vincent. Vincent che era... Morto?

-No... Non morto...- riuscì ad articolare, posandogli le mani sul volto. Lo sentì serrare la mascella quando passò le mani su qualcosa di sottile ed umido. Un taglio. Un altro. Non era stato Dirae a ferirlo. No, Dirae l'aveva... -Non sei...-

-Ringrazia Hojo...- le immagini scomparirono, ma non ritrovò la vista. Vincent era crollato a terra e lei... Aveva usato il Sakanagi. Dirae era morto, ma lei non... Cos'aveva fatto alla sua mente? -Cos'hanno i tuoi occhi?-

Si mise a sedere e tentò di vedere, senza troppi risultati. Cercò a tentoni Vincent e trovò qualcosa di umido e leggermente appiccicoso. Sangue. Sentì un gemito quando gli toccò il braccio e riconobbe una frattura. L'osso era esposto. Perché non vedeva? -Yuffie?-

-Buio...- Non era neppure diventata più loquace. Almeno aveva ammazzato quello stronzo. -Ran?-

Lo sentì mettersi seduto e gemere di nuovo mentre si appoggiava alla parete. Il respiro si fermò per un attimo e fu seguito da un rumore di ossa rotte. Un grido. Poi solo il respiro. Lo cercò di nuovo a tentoni e trovò la sua mano. Tremava. Gli si avvicinò e ripeté la sua domanda.

-Siamo nel Quartier Generale della Società del Crepuscolo e Ran è con loro...-

Si appoggiò al muro e chiuse gli occhi. Non cambiò poi tanto. Doveva vedere. Doveva vedere. Non poteva permettersi di non vedere in quella situazione. Dirae non poteva averle danneggiato a quel punto il cervello.

Riaprì gli occhi e vide. Si trovava in una cella buia, dalle pareti metalliche. I muri si estendevano fino a confondersi con l’oscurità. Sembrava non vi fosse via d’uscita.

Vincent era ricoperto di tagli e lividi ovunque. Soprattutto in faccia. Il Jenova che era in lui aveva evitato che morisse. Ma non era sicura che fosse realmente un bene. Stava guarendo, ma soffriva.

Come aveva fatto a ferirsi in quel modo? Non riusciva a ricordarselo. Sembrava che qualcuno di molto forte l’avesse preso a calci e pugni. Lo abbracciò, tentando invano di non fargli male e scoppiò a piangere.

Era solo colpa sua se era in quelle condizioni, rinchiuso dentro una prigione... Aveva pensato soltanto a sé stessa; si era rifugiata sempre da lui, senza interessarsi minimamente ai suoi sentimenti. Era solo un’egoista. Lo era sempre stata. E lui era uno stupido altruista che non riusciva ad abbandonarla al suo destino.

-Perdonami.-

-Ti amo.-

Non se lo sarebbe mai aspettato, da parte sua. Insomma... Era ancora innamorato di Lucrecia e... E invece quel ti amo era per lei. Lo shock fermò le lacrime. La sensazione piacevole che aveva provato quando era nella sua mente era quella. Amore. La amava.

-Ecco, ora posso anche morire in pace...-


-Vinnie, tu sei sopravvissuto alla morte... Perché?- chiese, distogliendo per un attimo lo sguardo dal paesaggio che sfrecciava veloce oltre il finestrino. Non avrebbe mai creduto di avere il coraggio per porgli quella domanda. Ma quello era stato prima di rimanere incinta. Prima di essere costretta ad una fuga continua. Prima che lui decidesse di proteggerla.

-Forse perché avevo un conto in sospeso...- rispose lui, dopo qualche secondo di silenzio. Il suo era stato un mormorio confuso, quasi incomprensibile. Probabilmente aveva risposto a sé stesso.

Abbassò la testa e si appoggiò meglio al sedile del treno, accarezzandosi distrattamente il ventre. Certo, lui doveva vendicarsi. Doveva smetterla di pensare all’improbabile possibilità che Astharoth potesse essere sopravvissuto. Lui non aveva nulla di cui vendicarsi, a parte forse il destino che gli era stato riservato. E non era poco. Ma non aveva conti in sospeso sul Pianeta. Aveva dei conti in sospeso con gli dei.

-La vendetta...- sussurrò la ragazza, quasi inconsciamente.

Lui scosse la testa, concedendosi un sorriso tirato.

-No... Volevo dire a Lucrecia che l’amavo... Direttamente, senza pensare alle conseguenze... E’ stato questo a farmi sopravvivere... E’ ridicolo, vero? E’ ridicolo come qualcosa di fragile come l’amore possa rendere forti le persone.-


Si appoggiò a lei, con tutto il suo peso e, per un attimo, pensò con orrore fosse morto. Non poteva morire. Non doveva. Non dopo quella confessione. Doveva sentire la sua risposta.

Ma il suo respiro sibilante vicino all’orecchio la rassicurò. Stava solo dormendo... Poggiò le dita sulla sua tempia e pensò a tutto quello che aveva fatto per lei, i suoi sacrifici e quel dolore terribile che aveva percepito. E al suo amore. Il Sakanagi fece il resto e sentì che il dolore scompariva a poco a poco.

-No, non puoi... Non potrei sopportarlo, Vinnie.-


-Vattene, Valentine.-

Non l’aveva lasciata un attimo, neppure durante il sonno.

Anche in quel momento la stava abbracciando. Ed era perfettamente sveglio. Constatò, sollevata, che le ferite erano quasi guarite. Si stava riprendendo. Che stupida, era stata, a pensare che potesse morire. Lui era Vincent Valentine, dopotutto.

Alzò la testa e si ritrovò a fissare gli occhi celesti e crudeli di Kaminà. Il desiderio di farle una rinoplastica con un machete la assalì. Ma non c'era nulla di appuntito nei paraggi e Vincent aveva smesso definitivamente di indossare il suo guanto metallico alla nascita di Ran. Si pentì di non essere una malata di shopping e non avere sotto mano una Louboutin tacco 20 da tirarle in un occhio.

-Lasciala andare e vattene. Il capo ti ha già torturato abbastanza, non credi?-

Osservò l’ex Turk. Le ferite erano scomparse, ma aveva ancora il respiro affrettato e sibilante. Non sembrava avere nessuna intenzione di lasciarla andare. Si odiò perché ne era felice. Aveva detto che l’amava. Non l’avrebbe mai lasciata andare volontariamente. Era allo stesso tempo confusa, felice e spaventata da quella confessione.

Era stato il famoso Capo della Dusk Society a fargli del male. Lo stesso che, in quello stesso momento, aveva in ostaggio Ran. E lei doveva andare a recuperarla. E recuperare qualcosa per la famosa rinoplastica.

-Valentine, non fare l’idiota.- sibilò Kaminà. –Oh, per i fulmini di Ramuh, quanta pazienza ci vuole con te!-

Posò un pacchetto fasciato da carta bianca a terra ed uscì dalla cella. Poco prima di chiudere la porta, aggiunse: -Tu cambiati. Hai dieci minuti, il mio Signore desidera vederti.-


-Vai, Vincent...- sussurrò, quando finì d’indossare l’abito. Era semplice ed elegante, bianco. Le donava, ma non le piaceva affatto. Lei non indossava abiti. Non le piacevano proprio, perché le intralciavano i movimenti e la facevano sentire prigioniera. E poi, il bianco era il colore del lutto, non era proprio di buon augurio.

La fissò, confuso. Ovviamente non se l’aspettava. Aveva trascorso sette mesi a proteggerla, probabilmente si era dimenticato di quanto Yuffie Kisaragi avesse veramente poco bisogno di una guardia del corpo.

O forse era sempre più sorpreso nel constatare quanto fosse testarda e simile a lui. La sua era una questione personale e come tale voleva risolverla.

-Vai, non preoccuparti per me...-

Scosse la testa, deciso. –Non posso acconsentire.-

-Dannazione, Vincent! Tanto sei inutile! Anche se te ne vai non cambia molto! Ti salvi soltanto la vita!-

Gli diede le spalle. Non voleva guardarlo andare via. Non di nuovo. Voleva ferirlo un’ultima volta per salvarlo. Se non se la fosse cavata l’avrebbe ricordata come una perfetta stronza, ma, almeno l’avrebbe salvato. E se se la fosse cavata... Scosse la testa con determinazione. No. Non aveva tempo per pensare, doveva solo andare dal capo, ucciderlo e riprendersi Ran. Sperava solo di potercela fare. Se non per sé stessa, almeno per la bambina.

Lo sentì soffocare dolorosamente una risata –Dovresti cambiare metodo, dopo la prima volta non funziona più, Yuffie.-

Si voltò verso di lui, confusa ed irritata. Non era uno scherzo, doveva andarsene. –Non è perché hai detto che, ora come ora, potresti anche morire che saresti in pace, che, per forza, devi provare l’ebrezza di morire.- sibilò.

-Perché non vuoi che muoia, Yuffie? In fondo, cosa sono per te, oltre ad una guardia del corpo?- sussurrò l’ex Turk, con un mezzo sorriso.

-Sei un amico.- rispose lei, convinta. –Un amico molto caro. Quindi, per favore, ora vattene.-

Si avvicinò a lui, quasi inconsciamente e l’abbracciò. –Ti prego, vattene.-

-Mi stai trattenendo.- mormorò l’uomo, approfittando dell’occasione per abbracciarla a sua volta. –Come ogni volta, c’è qualcosa di razionale in te che mi allontana, ma qualcosa di più forte ed irrazionale che prova questo insoffocabile istinto di abbracciarmi. Non è vero, Yuffie?-

Si allontanò come se si fosse scottata, stupita da come le sue parole riflettessero bene i propri pensieri.

-Non vuoi dirmi nulla, prima che me ne vada?-

Si riavvicinò, perfettamente cosciente di quello che stava facendo e si fermò ad un passo dall’uomo. –Sì, Vincent Valentine... Sono felice che tu sia mio marito e il padre di mia figlia.-

-Tecnicamente...- iniziò lui, alzando l’indice per sottolineare l’appunto irritante.

-Tecnicamente sei un rompicoglioni, Vincent Valentine. Sempre a rovinare i momenti romantici...- sbuffò la donna, irritata, per poi scoppiare a ridere. Capendo cosa avesse appena detto, ammutolì ed arrossì.

-Grazie, sei un tesoro.- sussurrò l’uomo, chinandosi per baciarla. Non cambiò idea all’ultimo momento, per una volta, ma fu un bacio fugace. Un bacio dolce. Quando si accorse che avrebbe ucciso pur di averne un altro, fece l'unica cosa possibile: lo obbligò ad abbassarsi e restituì il bacio. Si accorse che era quello che avrebbe dovuto fare mesi prima. La cosa più semplice. La cosa più difficile. E la frase che l'avrebbe trattenuto era così semplice che si stupì di non averci pensato prima. Ma non riusciva a pronunciarla. L'aveva dimenticata, chiusa nel proprio lutto.

Si fermò quando si accorse di averlo fatto sbattere contro la parete, abbastanza violentemente. -Ti amo. Scusami. Non volevo...-

-...rompermi la spina dorsale?- terminò lui, con un gemito di dolore, chiudendo gli occhi.

-Sanguini di nuovo... Oh Leviathan, mi dispiace!- si scusò la ninja, avvicinandoglisi di nuovo.

-Hai appena detto...? Davvero?!- le chiese, stupito. Ma non le diede il tempo di rispondere e la strinse a sé. -E' stato il bacio più doloroso della mia vita, ma credo ne sia valsa la pena...-

Gli sfiorò di nuovo la tempia e non le servì neppure concentrarsi per usare il Sakanagi. -Ne vale sempre la pena...- Sorrise e posò nuovamente le proprie labbra sulle sue per un breve istante. -Meglio?-

-Per la schiena indubbiamente...- mormorò Vincent, restituendo il sorriso. Risalì con le labbra fino all’orecchio della ninja e continuò: -Odio lasciare a te il lavoro pesante, Yuffie, ma penso anche che tu abbia un conto in sospeso con quest’essere... Quindi, che ne dici di occuparti di lui, mentre io recupero nostra figlia?-

Non sapeva cosa rispondere. Accettare significava metterlo in pericolo, ma anche dare una possibilità di fuga alternativa a Ran. Rifiutare significava fare di testa propria e buttarsi a capofitto nella battaglia, con basse possibilità di vittoria ma alte probabilità di massacrare per bene lo stronzo che l’aveva seguita per mesi.

Poteva avere entrambe.

Poteva avere entrambe le cose, pensò, finalmente, ma non a proposito della battaglia. Poteva essere felice con Ran ed innamorarsi di nuovo. Poteva passare oltre il lutto. Odiava quegli abiti bianchi, ma non aveva fatto altro che rifugiarsi in essi. Aveva ricevuto il diritto di farsi una vera vita e l’aveva buttato.

-OK, Vinnie, tu recupera nostra figlia, io prendo a calci il supercattivo di turno.- sussurrò, con un ghigno. Sorprendentemente, l’uomo la cinse in un abbraccio stritolante, facendole quasi male. -Coraggio.-

Poi bussò alla porta della cella, assumendo l’aria più truce che potesse fingere in quel momento e, quando Kaminà aprì, se ne andò senza una parola. Yuffie sospirò e controllò per l’ultima volta di avere l’unica arma avesse portato durante quei mesi. Sorrise.

-Bevi questo.- le ordinò la bionda, porgendole un bicchiere pieno di un liquido che non avrebbe saputo identificare.

Lo afferrò e fece finta di bere, senza però ingoiare. Era dolce... Cosa poteva essere trasparente e dolce? Limonata industriale? E cosa volevano farle, con la limonata industriale? Non si fidava tanto, per cui, non appena la donna si fu girata, lo sputò.

-Dov’è mia figlia?- chiese. In qualche modo, sperava fosse abbandonata a sé stessa in un luogo lontano a quello in cui stava per andare. Un luogo in cui Vincent la potesse trovare e portare via. Perché le aveva detto di aver coraggio?

-Che ti frega? Era solo una noia, dopotutto...- ribatté rapidamente l’altra, con un’alzata di spalle. –A cosa servono i figli? A continuare la specie e basta. Il capo dice di essere deluso dall’assenza di ali. In effetti, è una delle mutazioni più interessanti in assoluto. Quegli occhi disgustosi, invece...-

Era? Perché usava il passato?

Possibile che... Che l’avessero uccisa? No, in fondo era necessaria ai loro scopi, apparentemente. Quindi doveva essere viva. Sperava solo che non fosse qualche clone di Hojo ad esaminarla. O almeno, che Vincent lo prendesse per bene a calci nel culo tanto per sfogarsi.

-Io li trovo magnifici...- ribatté, con un piccolo sorriso. Non poté impedirlo. Non riusciva a non intenerirsi, ripensando all’aspetto della bambina. I suoi occhi erano belli. Anche se, in un certo senso, rappresentavano il dubbio che aveva attanagliato lo spirito della madre negli ultimi mesi. –Quindi volevate solo un discendente di Astharoth?-

La bionda si bloccò. Per un attimo, Yuffie credette fosse perché si era accorta di aver detto troppo. Invece quella la prese per il collo e la sollevò, con uno sguardo folle.

-Non pronunciare quel nome! Non ne hai alcun diritto!- sbraitò. Gli occhi le divennero dorati, segno che, probabilmente, imitare Galian Beast una volta l’aveva condannata allo stesso destino di Vincent.

-Strano, mi sembrava che Astharoth me l’avesse permesso. Ovviamente tu non puoi saperlo, visto che non l’hai mai incontrato.- sibilò la ninja, acida. Con un movimento rapido, ruppe il polso della bionda ed atterrò elegantemente al suolo. –Ricorda che parli di mia figlia, primo. Ricordati che sono stata l’unica a conoscere Astharoth, secondo.-

-Oh, si, certo... Fin’ora sei stata veramente una madre modello... Non hai fatto altro che sballottarla qua e là, mettendo a repentaglio la sua vita e ne hai persino tradito il padre con un deficiente qualunque!- sbottò Kaminà, melliflua. -Sei ricoperta del suo lurido sangue, guardati! E tu dovresti essere la Promessa? Sei disgustosa!-

Era vero, era coperta da macchie scure, irregolari, del sangue raggrumato di Vincent. Ma quella frase non l’aveva ferita, si stupì, al contrario, l’aveva lasciata indifferente.

Lasciò che la insultasse, senza battere ciglio. Non doveva cedere alle sue provocazioni. Non quando era così debole. Rischiava di farsi picchiare da quella pazza. E sapeva quanto poteva essere forte. Doveva risparmiare le energie per colui che meritava di farsi massacrare dalla Rosa Bianca di Wutai.

Kaminà si rialzò e prese l’altra donna per un braccio, usando più forza del dovuto. Insieme oltrepassarono l’ennesima porta, sbucando in un’ampia sala.

E la minore, per poco, non perse i sensi.

La sala era a cupola, con un lucernario di vetro scurito dal tempo, ma, grazie alla presenza di una luce irreale ed inquietante, era possibile vederne il contenuto. Colonne che non sostenevano nulla troneggiavano ai lati della stanza e, proprio di fronte a lei, seduto su un trono, vi era il Capo.

-Astharoth!-

Fece alcuni rapidi passi verso di lui, incredula. Era divisa tra la voglia di abbracciarlo e quella di picchiarlo.

Perché non le aveva mai detto di essere a capo di quell’organizzazione? No, la vera domanda era un’altra. Perché le aveva fatto tutto questo? Perché le aveva mandato quei pazzi furiosi contro, aveva fatto uccidere Godo ed aveva torturato il suo migliore amico?

E perché le aveva portato via, a poco a poco, ciò che era più importante per lei?

-Dov’è la bambina?- chiese, risoluta. Non fece più un solo passo verso di lui, né arretrò quando lui avanzò fino quasi a sfiorarla.

-Avevo detto che doveva dimenticarsi tutto, Kaminà.-

Lui era vivo. Era davanti a lei. Ma nulla nell’essere che le stava davanti le ricordava la persona che aveva amato. Era diverso. Nei suoi occhi non c’era più nulla di umano, nessun sentimento buono, solo desiderio di vendetta e morte. La vendetta contro un destino ingiusto.

Non riusciva a riconoscerlo. Non riusciva a credere che fosse lui l’uomo che aveva sperato incontrare nuovamente, con cui aveva sperato passare il resto della sua vita. Non era lui. Non poteva essere lui.

-Dov’è mia figlia?-

Sua figlia, come se non avesse un padre... Come se suo padre non fosse davanti a lei, in quel momento.

Ma non lo era, dopotutto. Non era il padre della bambina. Non quello.

Il demone la fissò, stupito ed irritato. Astharoth non mostrava mai la propria irritazione, si ritrovò a pensare. E, poi, improvvisamente, si sentì sollevata. Certo, lui non era Astharoth e, in ogni caso, non era stato su di lui che aveva potuto fare affidamento fino a quel momento. No, il padre di Ran, la persona che l'aveva amata e protetta fino a quel momento non era di sicuro lui. Neppure la persona che aveva amato a lungo era lui. Non era Vincent. E non era il suo Astharoth. Fece un mezzo sorriso. Poteva farcela.

-Vorrà dire che sarò obbligato a fare da solo... Mia cara... Hai fatto un ottimo lavoro...-

Scosse la testa ed arretrò di un passo, giusto in tempo per allontanarsi dal braccio teso di Astharoth. Il sorriso non lasciò le sue labbra.

-Cosa c’è? Non volevi che ti abbracciassi e ti baciassi di nuovo, come un tempo? Ebbene, eccomi, che cos’aspetti?- chiese il demone, confuso.

-Perché dici che ho fatto un ottimo lavoro?- ribatté lei, decisa a capire il motivo per il quale avesse vissuto l’inferno.

-Hai portato in te nostra figlia, in modo che potessi usare le sue cellule per creare un corpo mio, ovviamente... E’ un peccato che quest’utilissima setta si sia rivelata tanto debole. Erano persone speciali, come te e me. Avevano un passato tormentato e desideravano solo una lieta novità, la pace nella loro mente. Solo io posso giustiziarli e purificare la loro anima.- spiegò, con un sorriso vuoto e falso. Si chiese per un lungo istante se provasse un qualsiasi sentimento.

I suoi occhi color ambra... Quanto aveva sognato di poterli rivedere?

Ma quelli che aveva davanti a sé non corrispondevano a quelli che ricordava. Quel lume di follia pura lo conosceva. L’aveva visto negli occhi di Sephiroth. Negli occhi di Hojo. Negli occhi di chi aveva perso tutto e a cui non importava più né della propria sopravvivenza, né di quella del resto del Pianeta.

L’attirò a sé e la baciò, senza troppi problemi. Non percepì neppure una lacrima d’amore in quel bacio. Solo passione e, forse, neppure quella. Solo il desiderio di sentirsi vivo e utile. Ma ricambiò il bacio, cercando, per la seconda volta in una giornata, di pensare ad un piano. Ritrovandosi invece a pensare a Vincent, di nuovo. Era andato a salvare Ran. Ce l’avrebbe fatta.

E grazie a lui sarebbe riuscita anche ad eliminare Chaos, perché non indossava più l'abito bianco del lutto. Ma un abito che si stava tingendo di cremisi.

Si staccò da lei e fissò Kaminà, con uno sguardo indecifrabile, tra il soddisfatto e il furioso.

-Il siero ha funzionato, mio Signore.- pigolò la bionda, spaventata.

Siero? Probabilmente quello che la guerriera aveva insistito affinché bevesse. Quello che il suo istinto le aveva consigliato di sputare.

-Ha comunque agito in ritardo.- sibilò il demone, mellifluo. Probabilmente aveva semplicemente trovato il pretesto giusto per eliminarla. Aveva previsto da tempo come fare. Si avvicinò al Giocoliere del Diavolo, che arretrò, spaventata. Yuffie si ritrovò incapace di muoversi, spettatrice immobile e passiva di un’esecuzione.

-Astharoth... Astharoth... Ti prego... Io...-

-E’ stato un errore che avrebbe potuto costarci caro, Helen.-

-No!!! Non dire il mio nome!!! Non dire il mio nome!!!-

-E’ il tuo secondo errore, mia cara... Credevi forse che avrei gioito sapendo che avevi ucciso Emil, Helen?-

-Smettila!!! Smettila!!!-

Astharoth afferrò la donna per il collo e, con un movimento rapido, glielo spezzò. Poi, come se si trattasse di un oggetto di poco conto, gettò il suo corpo in un angolo. Yuffie osservò impietosita quella che un tempo era la sua peggior nemica. I capelli biondi le coprivano il volto, quasi a volerlo schermare dallo sguardo altrui. In fondo, era solo... Innamorata della persona sbagliata.

-Astharoth?-

-Sì?-

-Mi ami?-


-Mi sembra strano che un demone possa aver affermato di amarti...-

Lo fissò, arrabbiata, sbattendo il pugno chiuso sul letto.

-Certo che l’ha detto! Lui mi amava! E, oltre a dimostrarmelo ogni giorno, me l’ha confessato, anche!-

-Allora era uno strano demone, perché i demoni non riescono a mentire fino a questo punto... Un demone non pronuncerà mai la frase “ti amo”.-


-Yuffie?-

-Vuol dire... Che non mi ami più? Lo sapevo!-

Forse stava recitando un po' troppo la parte della ragazzina viziata, ma non aveva idea di che cosa fosse quel siero. Probabilmente era una specie di pozione d’amore o cose del genere... Che idiozia... Non esistevano pozioni d’amore.

-Amore mio... Non dire questo... Io... Io sì...-

-Sì che cosa?-

La falsità che trapelava dalla sua voce e dal suo sguardo era rivoltante. Il demone le afferrò le mani e gliele accarezzò. Non sapeva perché, ma quel gesto, invece, le sembrava sincero. Ma, allo stesso tempo, era diverso dai gesti a cui l’uomo che amava l’aveva abituata.

Era esagerato. Come se stesse imitando senza troppo successo qualcuno.


-Asty, sei sicuro di amarmi?-

-Eh? C...Certo che... Che ti amo!-

-Ecco, vedi, hai esitato!-

Incrociò le braccia al petto e gli diede la schiena.

-Sei sicura che invece non sei tu a non essere certa dei tuoi sentimenti per me?-

-Oh, dannazione, Asty, quando fai così sembri Vincent!-


Vincent... Ma certo... Vincent! Perché non ci aveva pensato prima?!

Quello che aveva di fronte era Astharoth fuori dal corpo di Vincent! Sarebbe quindi bastato farlo tornare nel corpo di Vincent e tutto sarebbe tornato come prima. Come prima? Prima di quando? Prima di vivere l'anno infernale che aveva appena vissuto? Prima di scoprire di essere incinta? Prima che Astharoth morisse?


-Perdonami, Yuffie.-

Sdraiata su un lato, faceva finta di dormire. Aveva bisogno di prove, eh?

Come se la capacità di riconoscere l’affetto che qualcuno prova nei tuoi confronti non fosse soggettiva!

-Perdonami. Ti prego.-

-Non pregarmi, non sono la divina Lucrecia.- sibilò lei, stizzita.

-Hai ragione. Non sei lei. Vorrà dire che ti supplicherò...- mormorò l’uomo, scompigliandole i capelli e sdraiandolesi accanto, abbracciandola. –Vi supplico, divina Yuffie, perdonatemi.-

Lo sentì chiaramente sorridere e, sul momento, si arrabbiò ulteriormente, ma capì che la discussione era conclusa. Amici come prima.

-Ti voglio bene, Vincy...-


Non aveva nessun diritto di annientare un’esistenza solo per il proprio interesse; Dopotutto, lui aveva sacrificato mesi della propria esistenza per la principessina egoista... Era stato torturato. Aveva ucciso la donna che amava, o, almeno, la sua ombra. No. Non aveva nessun diritto su di lui. E poi, dannazione, lo amava. Nessun demone poteva sostituirlo. Nessun demone, per quanto potesse averla amata in passato, poteva sostituire e cancellare tutto quello che Vincent rappresentava. Nessun Astharoth poteva sostituire il calore del suo abbraccio, il suo sorriso o l'amore che provava per lei e per la loro bambina.

-Io...-

Il suo sguardo. Disperatamente in cerca di qualcosa. Ma che cosa? Forse era perso, senza i sentimenti che aveva appreso da Vincent. Forse cercava soltanto il passato. Cercava ciò che era stato.

-Tu non hai mai avuto un cuore, vero?- gli chiese, calmamente.

La fissò, sbigottito e confuso, indeciso se ucciderla o rispondere. Un secondo dopo, la ninja sentì un intenso bruciore al petto. Aveva deciso di ucciderla.

Tentò di non guardare l’artiglio che il demone le aveva conficcato al livello del cuore. Ancora non sanguinava.

Bene.

E non era neppure morta.

Ancora meglio.

-Che cosa vuoi da me?-

-Voglio... Voglio che resti con me... Per sempre... Me l’avevi promesso...-

Gli accarezzò il viso e sorrise. Un bambino. Era un bambino crudele ed inesperto. Un bambino che ricordava di aver avuto dei sentimenti e non riusciva più a trovarli nel proprio cuore. Un bambino alla ricerca di ciò che era stato, dei sentimenti di allora, delle parole di allora. Ma tutto era scomparso.

Ed aveva paura.

Di niente.

Di tutto quanto.

-Non posso. Non posso amare che una persona.-


-Ma... Winniewinnie! Non so usarla!-

La ragazza si rigirò tra le mani la piccola pistola, confusa. Non riusciva a capire. Lui era lì per proteggerla, no? Aveva magicamente deciso di farle da guardia del corpo, quindi non aveva bisogno di una pistola.

-E’ una semi-automatica, non è difficile.-

-Ho paura di ferire qualcuno!-

-E’ fatta apposta, Yuffie. E comunque, la dovrai usare solo in caso d'emergenza. Ha un solo proiettile.-

-Lo so, ma...-

-Prendila e basta. E smettila di fare la bambina.-


Sì. Doveva smetterla di fare la bambina, anche lei. Dove va crescere, una volta per tutte.


Lo sparo risuonò in tutta la stanza.




Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Il cerchio si chiude ***


I'll know your eyes in the morning sun
I feel you touch me in the pouring rain
And the moment that you wander far from me
I wanna feel you in my arms again

And you come to me on a summer breeze
Keep me warm in your love and then softly leave

I believe in you
You know the door to my very soul
You're the light in my deepest darkest hour
You're my savior when I fall

And you may not think
I care for you
When you know down inside
That I really do
How deep is your Love – The Bee Gees


-Devi solo promettermi una cosa. Una sola. Te la senti? Senza ma e senza se.-

Annuì, poco convinta. Non le erano mai piaciuti gli addii. Si asciugò le lacrime e provò a calmare i singhiozzi.

La abbracciò, accarezzandole la schiena per farla smettere.

-Quando scomparirò, non attaccarti alla mia memoria.-

-No.-

-Avevo detto...-

-Avevi detto “senza se e senza ma”. Io ho detto no.-

-Non sto dicendo che domani dovrai sposarti con un altro. Sto solo dicendo che, dopo un po' di tempo, dovrai pensare a farti una vita tua, senza pensare ossessivamente a me. Ti sto solo chiedendo di non diventare una copia di Vincent.-

-Amin delotha lle.- sibilò la ragazza. Ti odio.

Il demone scoppiò a ridere: -lle delotha mel amin!- Tu odi amarmi.

Yuffie sorrise debolmente ma continuò a fissarlo con astio: -Prometto. Ma quando scomparirai m’infilerò in un monastero e non ne uscirò più.-


-Sono stufa di te, Vincent Valentine!- sbraitò Yuffie Kisaragi, lanciando un piatto verso il marito, che lo afferrò prontamente, intento a sorseggiare un caffè.

-Non eri neppure lontanamente credibile, Yuffie.- sussurrò, senza distogliere lo sguardo dal giornale.

La donna sbuffò ed asciugò l'ultimo piatto. Perché non ci riusciva? Dove sbagliava? Eppure aveva seguito i consigli del maestro alla lettera. Aveva pensato all'ultima volta che era stata realmente arrabbiata e ci aveva provato.

-Forse dovrei provare a pensare a qualcosa di diverso. Non so, forse quando i Wutai Bulls hanno perso il campionato di MahJong all'ultimo minuto...- azzardò, pensosa.

-Forse dovresti abbandonare l'idea dei corsi di teatro, non sei esattamente portata.- ribatté l'ex Turk, terminando il caffè e ripiegando il giornale in modo ordinato. -Tanabe-san afferma che ci sono probabilità che mi sia affidato il ruolo di Amleto al prossimo saggio.- affermò, con un sorriso trionfante.

Perso nel proprio narcisismo, non vide arrivare il giornale che atterrò violentemente sulla sua gamba. -Ed ora puoi anche fare l'Imperatore Claudio! Non sei contento?!- sbottò la ninja, irata.

-Un punto per Kaasan.- sentenziò Kazuki, dall'alto dei suoi sei anni. Era un bambino dai penetranti occhi di ghiaccio e i capelli corti, neri, leggermente scompigliati. In quel momento il suo visetto tondo era decorato da un'intera collezione di chicchi di riso. Fece un sorriso alla madre, per poi sussultare. -Kaasan! Ran mi picchia!- singhiozzò, con il mento tremante.

-Ran, non picchiare tuo fratello.- sentenziò la madre, con una mano sul fianco.

Per tutta risposta, la bambina, nove anni, i capelli lunghi e neri stretti in una coda sulla cima della testa, eseguita con maestria dal padre, suo maestro ed unica luce nelle giornate buie, assunse l'espressione più innocente del mondo: -Era un calcio sotto il tavolo, non ci sono testimoni!- esclamò, accorgendosi immediatamente di essersi fregata con le proprie mani.

-Non eri credibile neppure ora.- proclamò il futuro Amleto.

-La prossima volta mirerò più al centro, così potrai fare direttamente Cleopatra, amore.- sibilò Yuffie, melliflua, con un largo sorriso.

Ci fu un lungo silenzio da parte dell'ex Turk, in cui probabilmente contemplò la possibilità di evitare di innervosire ulteriormente la moglie, per assicurarsi di riuscire ad avere una discendenza.

-Ma Cleopatra era una donna...- s'intromise Ran, dubbiosa.

La madre le accarezzò amorevolmente la testa e sorrise: -Quando sarai più grande ti racconterò la gloriosa storia di Lorena Bobbit, tesoro, la più grande eroina che la storia umana ricordi...- le assicurò. -Ma prima la mamma deve riuscire ad ottenere quella parte, perché la mamma è un'attrice nata, capito?-

Kazuki scese dalla sedia in quello che nella sua immaginazione era un balzo elegante e si aggrappò alla gamba della madre, evidentemente geloso. La sorella lo spinse via con un piede.

-Ran, non picchiare tuo fratello.- sentenziò Vincent, osservando calmamente mentre i due bambini si attaccavano alle gambe della madre.

-Pa'? Potrò picchiare il fratellino?- chiese innocentemente Ran, con un sorriso.

Yuffie sussultò. Ran era una bambina... un po' impulsiva. Era molto gelosa di suo fratello e, anche se dimostrava la tendenza a schierarsi dalla parte del padre, si dimostrava possessiva con la madre, a cui, almeno caratterialmente, somigliava molto.

-Ehm... No, Ran, meglio di no... Ma te ne potrai occupare, se vuoi.- rispose la madre, visto che il padre ne era impossibilitato dalla perdita temporanea della mascella inferiore.

-Ah sì? Non lo vendiamo?- chiese la piccola, subito colpita da uno schiaffo sul braccio dal fratello, a cui rispose con un calcio. Per tutta risposta, lui si mise a piangere e corse dal padre, che lo afferrò prontamente.

-Ran!- tuonò Vincent, alzandosi in piedi, con Kazuki aggrappato al collo come un piccolo polpo. -E' ora che tu vada a scuola.-

-Ma già questo fratello è stupido, non ne voglio un altro! E poi all'inizio era rotto! Vomitava e faceva solo... ecco! E poi è debole! E frigna sempre! E vuole i miei giochi!- protestò la bambina.

-Ran. Non lo ripeterò una seconda volta.- ribatté Yuffie, gelida. -E chiedi scusa a tuo fratello.-

La bambina arretrò, intimorita. Vedeva la madre come un fuscello, fragile e minuta. Ma era Imperatrice e non lo era per caso. Annuì e prese la propria cartella. Quando il padre fece scendere il fratello dal proprio collo, lo prese per mano e lo trascinò via. Odiava il rientro del pomeriggio. Sbuffò vedendo in che stato era la faccia di suo fratello e lo pulì con un fazzoletto. Odiava quell'idiota. Odiava il suo sorriso idiota. Odiava quando tornava da lei anche se l'aveva picchiato cinque minuti prima.

Non voleva un altro fratello tra i piedi. Stava tanto bene da sola! E poi ricordava quanto era stata male la mamma l'ultima volta. Ed era tutta colpa di Kazuki!

Si voltò per dirgli almeno qualcosa di cattivo, ma incontrò il suo sorriso disarmante. E il bambino fece qualcosa di inaspettato: la baciò sulla guancia.

-Ti voglio bene, sorellina.-

-Scemo.-

-Anche se mi dici scemo.-

-Ti picchio.-

-Anche se mi picchi.-

Sbuffò. Ma perché era così scemo?

-Tu non picchi nessuno.-

-Mi picchi solo tu. Gli altri mi vogliono bene.-

Quell'affermazione le fece male, per due motivi. Primo, Kazuki in quel modo diceva che lei non gli voleva bene. Secondo, lui non aveva avuto problemi a farsi degli amici, mentre lei...

Fin dal primo giorno di scuola, era stata presa in giro per i suoi occhi. Lei non ci aveva mai visto nulla di male, anzi, la mamma le diceva sempre che erano i più belli del mondo. E papà aveva gli occhi rossi, un po' come lei. Ma quell'occhio dorato...

I bambini della scuola erano stati cattivi con lei. E lei aveva imparato a rispondere come poteva. Volendo avrebbe potuto fare loro male sul serio, visto che era decisa a seguire le orme della sua mamma ed aveva iniziato l'allenamento per diventare Kunoici.

Invece Kazuki era tenero ed aveva gli occhi come la mamma... Occhi normali... E poi, lei...


Era tornata a casa in lacrime, anche se si era chiusa nella stanza per nasconderle, dopo l'ennesima frase cattiva dei suoi compagni di classe. Fino a quel momento era riuscita a non piangere, ma quello era troppo!

-Tesoro, che succede?- le aveva chiesto la sua mamma, preoccupata, entrando nella camera.

Non era riuscita a resistere ed aveva urlato tutto quello che era successo, dagli scherzi alle spinte. Le aveva detto che era sbagliata, che non era come gli altri bambini, che era un oni, un demone. In quel momento aveva visto la sua mamma crollare a terra, come completamente svuotata, in ginocchio, davanti a lei. L'aveva abbracciata a lungo, in silenzio, ma aveva sentito che tremava.

Kazuki e papà erano entrati e lui si era inginocchiato accanto a lei, preoccupato. Poi l'aveva guardata e aveva visto che piangeva, per cui non aveva esitato un attimo ad abbracciarla anche lui. Kazuki, che aveva tre anni, imitò i genitori. Era una strana sensazione, essere abbracciata da tutti e tre. Si sentiva meglio, era calma, ma voleva delle risposte.

-Perché sono diversa dagli altri bambini?-

Il suo papà aveva portato Kazuki in un altra stanza, in cui si era forse addormentato ed era tornato da solo. La mamma tremava ancora e papà l'aveva aiutata a sedersi sul suo letto.

Ran si sorprese nel vedere che la mamma non piangeva, ma stringeva i pugni e sussurrava qualcosa. Qualcosa di simile a “li ammazzo”.

-Dovete dirmi qualcosa di brutto? Non sono... Non...- iniziò Ran, interrotta da un singhiozzo.

-Sei nostra figlia, tesoro e noi siamo fieri di te, sappilo.- iniziò Vincent, dopo un lungo sospiro. -Yuffie, calmati... Dobbiamo spiegarle...-

-Cosa c'è da spiegare?! E' una bambina normale e buona, non è normale ciò che loro stanno facendo! Non è giusto, dannazione!- sibilò la sua mamma, tirando un pugno al muro.

-Mamma...-

-Non ti preoccupare, non è colpa tua...- tentò di tranquillizzarla il papà, accarezzandole la testa. -Conosci già tutta la storia di Avalanche... Te l'abbiamo raccontata molte volte...-

-Tu e la mamma avete salvato il mondo!- esclamò la bambina, fieramente. -Tre volte!-

-Sì, ma... Insomma... Ti ricordi che ho tanti segni sulle braccia, no? Tesoro, io non sono... Non sono del tutto... Non sono del tutto umano.-

Lungo silenzio, durante il quale Ran trattenne il fiato.

-Capisci cosa significa, tesoro?- vedendola annuire, continuò. -Non sono nato con questi occhi e quest'aria lugubre... Sono stato modificato geneticamente dalla donna che amavo e da suo marito. Non ero sveglio quando mi hanno fatto questo.-

-Ti hanno fatto del male?- chiese la bambina, con gli occhi pieni di lacrime. -Ma lei... Hai detto che... L'amavi... Come la mamma? E lei ti ha fatto i segni?-

C'erano tante nuove parole in quella spiegazione, come “geneticamente”, che non capiva tanto, ma capiva che a suo papà era stato fatto del male... e si sentiva meno sola.

Lui annuì, poi aggiunse: -Geneticamente significa che mi hanno cambiato... dentro.-

-L'anima?-

-E' difficile da spiegare, tesoro... In un certo senso, anche quella... Ma quello che mi fa funzionare, la mia pelle... Tutto in me è diverso da quello che dovrebbe essere... E questo che è cambiato, è genetico, quindi posso passarlo ai miei bambini... Come i capelli neri di Kazu... Capisci?-

Annuì. Il papà sapeva spiegarsi bene, anche se non capiva come quella signora avesse potuto fargli del male. Aveva anche lei un segno, sulla gamba, che si era fatta cadendo, ma lui era pieno. Anche sulla schiena. Le vennero di nuovo le lacrime agli occhi pensando al male che si era fatta cadendo e pensando a quante volte il papà aveva provato il male.

Lui le scompigliò i capelli e sorrise: -Non ho più male, stà tranquilla.-

-Tesoro... Devi sapere che a papà furono anche aggiunte delle creature. Non so come spiegartelo, perché neppure io so come è stato fatto. Ma papà può trasformarsi in queste creature.- sussurrò la mamma, seria.

-Come gli Oni?- chiese la bambina. Vide lui sobbalzare e stringere i denti, segno che non era contento. -Solo che non è cattivo? Non è cattivo, vero? Quando si trasforma.- si affrettò ad aggiungere.

Tese la mano verso il papà, che sembrava lontanissimo. Lui la afferrò e la strinse a sé: -Non lo sono, tesoro, non lo sono...-

-Fammi vedere.- chiese la piccola, incuriosita.

Lui la allontanò leggermente e scosse la testa: -Non è necessario... Non voglio... Non voglio che tu mi veda... come un mostro.-

-Non sei un mostro.- lo rassicurò la bambina, annuendo per sottolineare l'affermazione.

-Galian.- sussurrò la mamma, accarezzando la schiena del papà, che si allontanò fino al centro della stanza ed iniziò a cambiare. In poco tempo era una bestia enorme, che sembrava un cane gigante. Ma aveva gli occhi gialli e tristi. Gli si avvicinò e lui guaì, arretrando.

Sentì che la mamma era dietro di lei, pronta a correre in caso di problemi. La bestia smise di arretrare e lei tese la mano verso la sua testa. Contrariamente a quello che pensava, il cane grande e blu si lasciò accarezzare, per poi ritornare ad essere il papà.

-Sei morbido quando sei un cane, papà...- osservò, con un sorriso. -Anche lui ha gli occhi gialli!-

Lui scosse la testa. -Ho tre creature in me. Due di loro sono spaventose ed hanno una personalità. Come se dentro la mia testa fossimo in tre. Adesso mi succede meno, ma prima sentivo spesso i loro pensieri. Quella che hai visto è la mia trasformazione preferita. Rimango me stesso quando mi trasformo. Ma esisteva una creatura forte quanto me, con le sue idee e i suoi sentimenti, poco prima che tu nascessi. Si chiamava Astharoth.-

-E com'era?- chiese lei, sedendosi di nuovo sul letto.

Il papà fece uno strano sorriso, come un sorriso non felice e mormorò: -Così.-

Questa volta la creatura era davvero gigante. Aveva le ali e i capelli erano strani, dritti. Somigliava molto al papà, solo che era più appuntito. Vide che la mamma arretrava fino a toccare il muro, con una mano sulla bocca. Si avvicinò, un po' meno spaventata di prima, forse perché somigliava più al papà. -Hai detto che non c'era più.-

-Non c'è più. Lui non c'è più, non pensa più. Ma il suo corpo c'è, non può essere strappato dal mio.- rispose, avvicinandosi a lei e chinandosi per mostrarle il viso. Era pieno di segni. Aveva i denti lunghi e gli occhi... Gli occhi dorati. -Sono come il mio!-

-Esatto tesoro...- sussurrò lui, cambiando di nuovo e cadendo in ginocchio. Aveva il fiatone. Si sedette a terra e lei l'imitò. -Non sono sempre stato... così bene. Prima di conoscere la mamma ero molto diverso. Perché quella persona mi aveva fatto tutto questo. Pensavo di non essere all'altezza della mamma, lei che era sempre così felice e così... bella.- abbassò la testa. -La verità è che non volevo amarla ed Astharoth sì. Perché era la parte di me che era meno... triste. Ho iniziato a capire che amavo la mamma prima che nascessi, ma prima... Per tre anni lei e la creatura si sono amati e sei nata tu... Quindi... E' difficile forse da capire, ma è un po' come se...-

-Come se avessi preso un po' da lui?- chiese Ran.

-Esatto. Io... In realtà non mi ero accorto di nulla... Ero troppo scemo. Quando l'ho saputo mi sono arrabbiato con la mamma, perché... Perché mi sentivo come quando quella signora mi aveva fatto del male. Ma poi sei nata tu ed è cambiato tutto.- terminò il papà, con un sorriso.

-Quindi non sei il mio papà?-

-Il corpo è mio, ma sarebbe più giusto dire che è lui.-

-Quindi tutti e due.-

-Se vuoi...-

-Ma lui non è il mio papà papà. Insomma... Lui non mi vuole bene.-

-Non puoi saperlo, sono sicuro sarebbe stato un buon papà, ma sono felice di essere al suo posto. Tu mi rendi felice, Ran. Non so se puoi capire, sei piccola, ma tu mi rendi felice ogni giorno.-

Questa volta sentì le lacrime bagnarle le guance. Anche lei era felice. Si ricordò che la mamma sembrava spaventata, per cui la cercò con lo sguardo. Niente. Sparita. -La mamma?-

Il papà si era alzato ed si era affacciato alla finestra. Fuori pioveva. Sentì il papà mormorare “dannazione”. Si voltò verso di lei e le scoccò un bacio sulla fronte, per poi correre a cercare la nonna.


Quella notte erano rimasti svegli, anche se la nonna e gli zii erano addormentati, ad aspettare. Avevano avuto paura che il papà e la mamma non tornassero, che si perdessero. Ma il giorno dopo erano tornati e la mamma si era ammalata subito dopo. Papà aveva detto che aveva qualcosa ai polmoni ed era rimasto sveglio molte volte la notte. Per un po' nemmeno noi piccoli eravamo usciti di casa.

Poi la mamma si era ripresa, poco a poco. Ma non aveva più sentito parlare di Astharoth.

-Non sono tua sorella.-

-Non è vero.-

-Invece sì! Ho un altro papà.-

-Lo so.-

-E allora?-

-E allora niente. Sei la mia sorellina e ti voglio bene, tutto qui.-

-Come vuoi... Non allontanarti quando esci da scuola.-

-Ok.-


Non ne discussero subito. Yuffie aveva una riunione e lui, in quanto primo ministro, la accompagnò. Non riuscì a capire nulla dell'ordine del giorno, ovviamente, tanto era assorbito nei propri pensieri. E lei ovviamente glielo fece notare tre ore dopo, alla fine della riunione.

-Signor Primo Ministro, si concentri... Per fortuna che la giornata è finita, vero?- disse, con un largo sorriso, una volta tornati a casa.

-Già.-

-Non stai bene, Vinnie?-

-No, penso che mi andrò a riposare per un po', in effetti.-

Gli si avvicinò e gli posò le labbra sulla fronte. -In effetti sei stanco, ma non mi sembra tu abbia la febbre.-

-Non posso.-si accontentò di risponderle, sdraiandosi sul letto. -Non posso avere la febbre. Ogni tanto mi farebbe comodo, non credi? Un raffreddore, un'influenza... Qualcosa che mi faccia sentire normale...-

Gli si sedette accanto: -Vince, volevo dirtelo non appena fossi stata sicura... Insomma... Sono stata male, mentre eri via, ma credevo... Sia Ran che Kazu hanno avuto l'influenza e pensavo di averla anche io...-

-Non mi sono lamentato di questo, Yuffie.- sussurrò lui, raggomitolandosi. -Mi sento semplicemente male, forse sono stanco, forse starò meglio domani... Non lo so...-

Gli accarezzò i capelli, ma invece di tranquillizzarlo, questo contribuì a farlo sentire in colpa. -Non so perché, ma non lo voglio, Yuffie. Non voglio il bambino.-

La vide cambiare rapidamente espressione ed impallidire. -Intendi... Ora?-

-Non posso rischiare di nuovo che... Insomma, sai che cosa sono...- tentò di spiegarle.

-Un bugiardo?-

Deglutì rumorosamente. Non ne parlavano da anni. Astharoth. Chiuse gli occhi.

-Scusami... Uno stronzo bugiardo!-

-Ti ho già spiegato... Yuffie, non rivangare il passato... Non sono fiero di quello che ho fatto ma...-

-Ma cosa?! Voglio sentire un'altra scusa! Avanti!- gridò, alzandosi.

-Sono un idiota! Cosa ti devo dire, ancora, Yuffie?! Mi sono inventato tutto, perché mi sono innamorato di te dal primo momento in cui ti ho vista, perché Astharoth era un modo per gettare tutte le mie maschere? Che avrei forse dovuto rimanere Astharoth? Che avrei dovuto far morire Vincent? Sai quante volte ci ho pensato? Sai quante volte ho creduto di morire, pensando quanto amavi lui e quanto disprezzavi me? Sai cos'è significato parlarti di tutto quello che mi distruggeva, sperando, pregando che tu fossi quella giusta? Amavi un mostro, Yuffie! Ma non mi vedevi neppure! L'ho dovuto uccidere perché finalmente capissi che esistevo anche io, che se ti aiutavo, se cercavo di salvarti, se rischiavo la mia vita per te non era per espiare i miei peccati o altro, era soltanto perché ti amavo! Ma tu non vedevi nulla di tutto questo, perché era lui ad ascoltarti, lui ad abbracciarti, lui a...- non riuscì a continuare oltre e, per la prima volta da anni, pianse.

-Eri tu. Sei sempre stato tu... Non hai mai tentato di parlarmi... Non hai... Oh Leviathan... Quando è morta Aeris... Sei stato tu ad abbracciarmi ed a parlarmi di tua madre... Sembravi così diverso... Così simile a... Ad Astharoth. Oh Leviathan!- Non la vide, ma sentì il suo calore accanto a sé. -Ran è tua figlia! Brutto bastardo! Ran è tua figlia e tu le hai mentito!-

-Cosa dovevo fare?! Tu non ne sapevi nulla! E comunque, il vero Astharoth non faceva altro che parlare di donne! Sempre e comunque! Aveva perso parte della memoria, ma ricordava quella lingua incomprensibile, un po' della sua storia ed avevo il suo anello... E' stato così semplice inventare la persona che amavi... Così difficile ucciderlo dopo che Chaos era sparito. Così difficile salutarti prima di morire, Yuffie.-

-Sono rimasta incinta perché credevo che il mio ragazzo fosse un demone, Vincent. E credevo che le gravidanze interspecie non fossero possibili. Asth... Tu stesso mi avevi detto che...-

-Perché era quello che mi aveva assicurato Hojo, Yuffie. Che non avrei mai tentato di fare a qualcun'altra quello che ho fatto con sua moglie... Per cui credevo... Credevo che Ran fosse qualcosa di estremamente raro e prezioso, era mia figlia. Era l'unica prova vivente che... Mi avevi amato, anche sotto un aspetto diverso dal mio. Era un piccolo miracolo.- tentò di spiegare, con il cuore in gola.

-Ma la Società del Crepuscolo? E... Chi diavolo ti ha conciato in quel modo?- chiese lei, confusa.

-Astharoth. Una piccola vendetta per aver usurpato il suo nome. Era una creatura instabile, un bambino crudele, in un certo senso. E penso volesse Ran per lo stesso motivo che ti aveva confessato: voleva un corpo.- si voltò verso la moglie, che mantenne lo sguardo fisso nel vuoto.

-Sei stato a letto con Lucrecia?-

-E' un grosso problema per te? Non ero nulla per te. Un amico, tutto qui...-

-Perché? Perché dici questo? Non ho dormito quella notte, ho pianto e mi sono data della stupida per non averti fermato. Ed avevi quello sguardo...-

-Non me l'hai mai detto, Yuffie.-

-Sei stato a letto con Lucrecia?-

-No. Le ho dato un tranquilizer senza che se ne accorgesse. Ci hai interrotti in tempo.-

Fece un sorriso, ripensando a quella sera, a Yuffie che lo trascinava fuori dalla camera. Per salvarlo, in un certo senso. Come sempre.

-Avrei voluto baciarti, quella sera, avrei voluto dirti che ti amavo, che eri il mio angelo custode e che senza te mi sarei pentito di quella notte tutta la vita. Ma credo che, nello stato in cui ero, non sarei riuscito a parlare dopo il bacio. E tu eri incinta. E mi avresti respinto, vero?-

-Non lo so. Davvero... Non so che cosa avrei fatto. Di sicuro mi sarebbe sembrato strano che tu rinunci così alla donna della tua vita... Forse allora avrei capito tutto di te ed Astharoth... O forse no... Baciate diversamente... E' normale?- gli chiese, senza guardarlo.

-Può darsi... Preferisci qualcuno in particolare?-

-Cloud.-

-Come?-

-Cloud bacia abbastanza bene, Reno è un piccolo dio del bacio e Cid è... qualcosa di indescrivibile... Indescrivibile soprattutto se i ricordi sono offuscati dall'alcool.-

-Hai baciato Cid? Ma è... Potrebbe essere tuo padre... Insomma... Si comporta esattamente come se fosse tuo padre!-

-Non mi sorprende che abbiano avuto tutti quei figli, con Shera...-

Ci fu un momento di silenzio, in cui Vincent si chiese come mai non fosse stato incluso nella classifica. Poi si ricordò l'ultima ed unica volta in cui era stato proposto il gioco della bottiglia e lui non aveva partecipato, forse perché sobrio. Lei l'aveva seguito e l'aveva baciato, in modo timido, quasi tremando. Si conoscevano da un anno e Sephiroth era morto da poco. Il mondo era salvo e Vincent era solo. Come sempre. Ma lei, nonostante fosse ubriaca, l'aveva baciato con gentilezza, senza lussuria.

Quella sera aveva ricambiato il suo bacio, a Cosmo Canyon, perché si sentiva terribilmente solo e l'unico suo desiderio era di sentirsi vivo. E lei lo faceva sentire vivo, da qualche mese.

-Mi sono innamorato di te a Cosmo Canyon, quella sera in cui eravate tutti troppo ubriachi per ricordare alcunché. Ho capito quella sera che forse tu potevi salvarmi.-

-Ma non ce l'ho fatta, apparentemente. Non vuoi... Non vuoi il bambino. Perché?! Se mi ami, perché?!-


I due bambini si stavano incamminando verso l'ingresso, attraverso il viale, quando sentirono le voci.

-Stanno litigando...- sussurrò Ran, trattenendo il fratello per il colletto. -Aspettiamo qui in giardino, dai...-


-Se prendesse da me? Kazuki è stato fortunato, ma quanto potrà durare la nostra fortuna?-

-Intendi... Se fosse elegante e sofisticato e dannatamente bravo a recitare?-

-Sto parlando... delle mie modifiche.-

-Non sei tu il primo a rassicurare Ran sui suoi occhi?-

-Yuffie...-

-E vogliamo parlare dei miei difetti? Ran è una bambina testarda per colpa mia... Ma non credo per questo di vagare piangendo!- sbottò la donna.

-Io non vago piangendo, ma vorrei che capissi...- cercò di interromperla Vincent, convinto fosse una causa persa in partenza.

-Piantala, Vincent.-

-Non dirmi di piantarla! Non posso permettere che nasca un bambino come Ran! Non voglio che soffra come ha sofferto lei solo perché è diversa dal resto del mondo! Non per colpa del mio fottuto codice genetico!- urlò, alzandosi in piedi e cambiando stanza. Doveva stare solo, calmarsi e forse sarebbe riuscito a spiegarle le sue paure.

-Leviathan, Vincent, la prossima volta ricordami di andare dal vicino, quando avrò voglia di fare un figlio! Lui è alcolizzato e picchia la moglie, ma almeno non ha gli occhi rossi!-

-Cosa c'entra?! Sto parlando di codice genetico! L'alcolismo non è genetico!-

-No, ma è ereditario se si passa la giornata ad evitare le bottiglie che tuo padre ti lancia! Vincent, che cazzo, sei una persona equilibrata, un padre eccezionale e i tuoi figli ti amano, nonostante i tuoi occhi, i tuoi tre muscoli cardiaci, la tua quasi assenza di stomaco e il fatto che cominci ad avere i primi capelli bianchi a quasi settant'anni!-


-Cos'è un muscolo pardiaco, sorellina?-

-Il cuore, scemo!-

-E papà ne ha tre?-

Silenzio.

Sorriso di Kazuki.

-E' per questo che è così gentile!-


Vincent si accasciò su una sedia. Appena aveva iniziato ad abituarsi a Ran, all'idea di essere, in parte, padre, era nato Kazuki. Aveva dovuto abituarsi al fatto che era padre per intero e non era un'idea facile da accettare, soprattutto perché non aveva mai completamente abbandonato l'idea di essere sbagliato. Interamente sbagliato. Ed irreparabile. E troppo vecchio per cambiare.

Non l'aveva mai confessato a Yuffie, ma da quando era nata Ran non aveva smesso di porsi domande. Scosse la testa. Ricordava quanto lui fosse perfetto e non riusciva a smettere di immaginare che cos'avrebbe fatto al suo posto in tutte le situazioni che si era ritrovato ad affrontare durante la crescita della piccola. Anche se lui non esisteva. Sentiva di scivolare verso la pazzia, a poco a poco.

Aveva tentato di essere perfetto, ma aveva ceduto ad un sorriso, ad un abbraccio e, forse, l'aveva viziata un po' troppo.

-So a cosa stai pensando. Stai pensando di essere sbagliato, di essere troppo imperfetto come genitore...- sussurrò Yuffie, sedendoglisi di fronte e poggiando i gomiti sul tavolo. Si nascose il viso tra le mani. -Anche io mi sento così e spesso... Dico che avrei potuto fare questo, rinunciare a quello... Divorziare e sposare qualcuno che non fosse complessato come il mio attuale marito, qualcuno che non avesse paura di un confronto con una persona morta. Io non posso sapere che cosa avrebbe fatto Lucrecia al mio posto...- sussurrò la donna, con un sospiro. Rialzò la testa e sorrise. -Probabilmente avrebbe trasformato entrambi in due Soldier dai capelli argentati con tanta voglia di conquistare il mondo...-

-O, più realisticamente, sarebbe scappata dopo aver saputo di aver concepito un figlio con il suo amante...- ribatté l'ex Turk, amareggiato. -Per poi trasformarlo in un Soldier dai capelli argentati e tanta voglia di distruggere il mondo.-


Nel viale d'ingresso, i due bambini aspettavano pazientemente, annoiandosi a morte.

-Ran, devo fare pipì...-

-Falla in un cespuglio.-

-Ma Ran...-

-La figlia dell'Oni!- esclamò un ragazzo, inoltrandosi nel vialetto ed, automaticamente, Ran si pose davanti al fratello. Guardandosi intorno, si accorse che altri studenti delle medie si stavano avvicinando. Probabilmente amici dei bambini che la mamma aveva fatto punire a scuola.

-Paura, piccola?-

Lei sorrise e si accontentò di rispondere: -Ti piacerebbe...-


-Lo sapevo che non poteva essere di Hojo!- esclamò Yuffie, trionfante. -Era troppo figo per essere di Hojo!-

Alzò lo sguardo, sorpreso. Era tutto lì l'effetto che le faceva la notizia? I suoi geni avevano generato il più terribile mostro dell'ultimo millennio e tutto quello che aveva da dire era che “Era troppo figo per essere di Hojo?”

-Ascolta, Vinnie. Non è colpa tua se è diventato un pazzo furioso. Tu eri... Impossibilitato a vivere. E lei aveva scelto tempo prima cosa fare di suo figlio. Sono sicura che... Bè, Ran e Kazu non sono l'esempio più chiaro di come non sia colpa tua? Stanno bene, sono felici ed anche grazie a te. Sono sicura che anche questa volta andrà bene. Non possiamo essere i genitori perfetti, ma almeno possiamo provare ad essere meglio dei nostri genitori... E magari evitare di morire nel tentativo... Ma non mi farai rinunciare solo perché hai paura che nasca un sociopatico...- sussurrò Yuffie al marito, abbracciandolo.

-Ran e Kazu!- esclamò lui, saltando in piedi ed uscendo di casa.


Ran si stava divertendo. Anche troppo. Sentiva che avrebbe usato il fuoco,presto o tardi, per mettere fine a quella storia. Se doveva essere un demone, che almeno avessero paura di lei!

Parò un bastone che stava per colpirla alla tempia, ma non vide il calcio diretto al suo stomaco e cadde a terra, sulla schiena. Il suo aggressore sorrise e si apprestò ad infierire, quando qualcosa di blu lo investì in pieno. Qualcosa di blu che sembrava un lupo.

-Papà?-

Ma non poteva essere il suo papà, era molto più piccolo. Si guardò intorno, mentre la bestia metteva in fuga i ragazzi. Kazu era sparito e, in compenso, papà e mamma guardavano la creatura con occhi sbarrati.

Quella trotterellò verso di loro ed alla bambina sembrò sorridere.

-Kazu?-


Vincent Valentine osservò suo figlio, trasformato in un essere simile a Galian Beast, tornare umano e fare un ampio sorriso.

-Oh Shiva.-

Sua moglie, al contrario, scoppiò a ridere, apparentemente divertita dalla mutazione di Kazuki.

-Guarda Kazu.- gli suggerì.

-Lo sto facendo, Yuffie.-

-Ma non lo stai vedendo, Vinnie. Guardalo. Ti sembra infelice?-

No, Kazuki sorrideva, mentre sua sorella, impressionata, lo riempiva di complimenti. Kazuki si trasformava in una creatura mostruosa, ma era felice.

Sorrise. Doveva avere fiducia nel futuro.


Qualche mese dopo, Vincent Valentine entrò nel reparto maternità dell'ospedale di Wutai, accompagnato da due bambini preoccupati ed un mazzo di fiori.

-E' la stanza 133, pa'... E' dall'altra parte...- sbuffò Ran, ormai decenne, non troppo entusiasta all'idea di avere un altro fratello, ma ormai in ottimi rapporti con Fuffi, la trasformazione del primo fratello.

Un grido femminile lacerò la calma dell'ospedale. Vincent afferrò i due figli e corse in quella direzione, dove trovò Tifa intenta a trascinare in corridoio il marito, apparentemente esanime. Le gemelle lo fissavano, dall'alto dei loro nove anni, inquiete. Indossavano entrambe un abito viola e i capelli biondi erano stretti in due trecce perfettamente simmetriche. A Vincent ricordarono una vecchia foto scattata da Tifa dopo la fuga dal Covo di Don Corneo, in cui il padre delle gemelle era “decorato” esattamente nello stesso modo.

-Perché è svenuto?- chiese, spaventato, posando i figli a terra.

-Bambini, tappatevi le orecchie.- avvertì la “zia”. I quattro eseguirono controvoglia. -Perché è un ex Soldier rincoglionito!-

-Ha... Qualcosa di strano?- chiese esitante l'uomo.

-Cloud? Gli manca il cervello! A volte mi chiedo se non sia evaporato attraverso le punte! Vedrai adesso come lo sveglio!- sbraitò Tifa, infilando i vecchi guanti da battaglia che portava sempre nella borsetta e preparandosi a colpire. Le gemelle tolsero le mani dalle orecchie e si prepararono ad incoraggiare la madre.

-No, Tifa! Il bambino!!!!- sbottò l'ex Turk, in preda al panico.

-E' verdastro, ha le orecchie a punta e le sopracciglia all'insù. Yuffie l'ha chiamato Spock e lui si è affrettato a precisare “Signor Spock, madre”.- rispose la donna, con un sopracciglio alzato, esasperata.

Con un grido inumano, Vincent si affrettò ad entrare nella stanza della moglie, riempita da Avalanche, gran parte della Shinra e tutti i discendenti al completo, compresi gli otto figli di Cid (tre erano stati adottati, non vi preoccupate per la povera Shera). Cercò la culla tra la folla e svenne.

Risvegliandosi, vide che tutt'intorno a lui si era formato un cerchio di bambini curiosi, compreso il bambino grande di Cid, dark di diciassette anni, che si affrettò ad allontanarsi borbottando: -Che palle, non muore più nessuno in questa fan fiction...- Il che sembrò una strana frase a Vincent. Ma forse aveva capito male.

Ai bambini si aggiunse Tifa, che gli tese la mano per aiutarlo ad alzarsi. Sembrava piuttosto contrariata. Accettò l'aiuto, ma quando la donna fu abbastanza vicina, gli sibilò: -Prova a fare lo stronzo e ti privo della possibilità di procreare, Valentine.-

-Si è svegliato?-

Vincent riconobbe la voce di Yuffie e si affrettò a raggiungerla. Era pallida ed aveva delle tremende occhiaie. Sentì Tifa dirigere i visitatori fuori dalla stanza e sentì il loro mormorio di disapprovazione. In poco tempo la stanza si svuotò, ad eccezione delle due donne incinte che la dividevano con Yuffie.

-Svenire in quel modo...-

-Però è affascinante!-

-Sì, ma siamo sicure non sia gay?-

-Ed avrebbe tutti quei figli?-

-Hai visto com'è giovane, lei? Io ho messo sette anni a convincere Sano ad avere il primo figlio...-

-Sei sicura che non sia tuo marito ad essere gay?-

-Che c'entra mio marito? Sano è il giardiniere...-

Le due donne ammutolirono, una perché sotto shock, l'altra perché si accorse di aver parlato troppo.

E Vincent poté finalmente sentire le prime parole della moglie. -Se provi di nuovo a toccarmi giuro che ti privo della possibilità di procreare, Valentine.- sibilò, tentando di mettersi a sedere, senza troppi risultati.

-Sei piena di tubi...- notò l'uomo, spaventato dalla minaccia.

-Forse due sono un po' tanti per il mio fisico...- ribatté lei, con un mezzo sorriso.

Si, erano due, l'aveva visto, ma non riusciva a voltarsi nuovamente verso la culla. Si concentrò su Yuffie e le accarezzò i capelli. Era un vigliacco, lo sapeva, ma non riusciva a guardarli, anche se avrebbe voluto. Non aveva niente contro quelle povere creature. Era arrabbiato con sé stesso, contro le proprie debolezze.

-Ma che fanno?-

-Non so, lui non ha ancora guardato i bimbi... Che strano...-

Desiderò intensamente avere sotto mano Cerberus e mettere fine ai commenti delle due donne. Come si permettevano di giudicare? Era un momento difficile e... Si voltò verso l'uscita. Dall'oblò della porta, Tifa gli fece un chiaro gesto d'affetto, indicandosi il collo e facendo segno di tagliarlo con l'indice.

-Eppure sono così belli! E sani! Se solo anche il mio fosse così...-

-Kozuko, non fare così, vedrai che troveranno presto una cura... E poi, con le medicine, potrà avere una vita normale...-

-Sì, ma... Che cosa gli dirò quando mi chiederà perché non può giocare con gli altri bambini?-

Vincent abbassò la testa. Ecco, Cerberus poteva sempre servire, ma si sarebbe sparato per la propria stupidità. Afferrò la mano di sua moglie e sorrise.

-Ho fatto una bella figura, prima...- balbettò, grattandosi la nuca, imbarazzato. -Ma... Devi scusarmi, sono un fascio di nervi...-

-Vincent... Ti prego...-

-Dammi solo due minuti, poi mi alzo e vado da loro, ma ti prego, lasciami due minuti per calmarmi. Non voglio che mi vedano così...- sussurrò, arrossendo.

-I neonati non vedono.- precisò lei.

-Ma io sì, amore...-

Rimasero in silenzio e Yuffie finì per addormentarsi, anche grazie all'azione degli antidolorifici. Passarono ben più di due minuti, ma non riuscì ad alzarsi. Era debole, era vigliacco. Lo sapeva.

Poi uno dei due si svegliò ed iniziò a piangere. Fu automatico. Vincent si alzò e lo prese in braccio. Era piccolo e magro e non pesava nulla. Ebbe l'impressione di tenere tra le braccia qualcosa di stranamente fragile e prezioso. D'altronde, aveva avuto quest'impressione con Ran e Kazuki, anche se non erano mai stati così piccoli. Si sedette nuovamente, perché era consapevole di tremare e cullò il piccolo, che si calmò e lo fissò incuriosito.

-Per fortuna somigli alla mamma, piccolo... Anche questa volta abbiamo evitato la catastrofe, eh?- mormorò, con un largo sorriso.

-Intendi dire che somiglia a Madre? E poi, è una femmina... Il maschio dorme in continuazione... Mi ricorda qualcuno...- commentò Yuffie, perfettamente sveglia.

-Somiglia a te! Cosa c'entra Jenova, ora? Ma cosa dice la mamma! E' stanca e dice delle stupidate, vero piccola? Le dice anche quando è perfettamente riposata, ma tu non dirglielo, capito?-

-Smettila di istigarla contro di me già alla nascita!- protestò sottovoce la donna, falsamente offesa. Anche il gemello cominciò a piangere. -Passamela e vai a prendere l'altra bestia!-

L'uomo eseguì, ma esitò vedendo la targhetta con il nome. -Hai deciso senza di me?-

-Tu hai deciso per Ran! Ti lascio scegliere il nome della bimba, così siamo pari...- rispose lei, con un mezzo sorriso.

-Perché proprio questo nome, Yuffie?- sussurrò a disagio l'ex Turk, tendendo un dito al bambino, che l'afferrò prontamente e tirò. Sembrò stizzito quando scoprì che non si sarebbe staccato tanto facilmente. -Yuffie? Chi ti ha detto che i neonati non vedono? Questo potrebbe giocare a freccette e vincere...-

-Anche Ran e Kazuki vedevano bene alla nascita, Vincent... E' una caratteristica dei tuoi geni, direi...- rispose Yuffie, con un'alzata di spalle, constatando che la bambina seguiva perfettamente i movimenti del suo indice. -E poi, mi sembrava un bel nome, tutto qui...-

-Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistite è puramente casuale?-

-Assolutamente sì, vero Lucrecia?-

-No, ti prego, Lucrecia è un nome terribile! Sembra uno starnuto!-

Yuffie scoppiò a ridere. L'ex Turk riuscì a riappropriarsi del proprio dito, ma per breve tempo, perché il neonato lo afferrò prontamente e ne mordicchiò la punta con le gengive. -Yuffie!-

-Che c'è? Sta evocando oggetti stellari? Provoca singolarità nello spazio tempo? Ha tirato fuori una katana di sette metri?- chiese lei, esasperata.

-No... Almeno... Mi sembra... Ma si comporta esattamente come lui... Yuffie...-

-Ti sta minacciando?-

-No, tenta di mordermi. Ma non ha i denti.-

-E' terribile, Vincent, al tuo posto sarei terrorizzata... Prova a scacciarlo con l'aglio!-

-E'... Tenero...-

Ci fu un breve silenzio, interrotto dalla donna:- Lo stai mangiando?-

Vincent s'inginocchiò davanti alla culla e fissò il piccolo addormentarsi, sempre mordicchiando il suo dito. Fece per toglierglielo, ma gli occhi gli si riempirono di lacrime, per cui di affrettò a restituirgli il giocattolo, approfittandone per prenderlo in braccio.

-Perché pesano così poco?-

-Sono neonati e sono gemelli, Vincent...-

-Ma... Possono stare qui? Intendo... Non dovrebbero stare... Nelle scatolette trasparenti?-

-Perché dovrebbero stare nei Tupperware, scusa? Per metterli nel microonde?-

-Perché nel microonde?-

Si sedette accanto al letto della donna e le posò il piccolo accanto.

-Non è bellissimo?- chiese lei, sorridendo. -Voglio dire... Guardalo! Sta provando a mangiarti! E' dolcissimo! E anche lei, sai? Sono belli e teneri...-

-Senza dubbio, ma... Il nome... Non so... Non sta bene né con Kisaragi né con Valentine...- azzardò l'uomo, subito interrotto da un'occhiata assassina. -Era solo una proposta, scusascusa!-

-Accontentati di dare un nome a lei, uomo!-

-Momoka?-

-Cosa c'entra la mia tartaruga, ora?-

-Hai una tartaruga?-

-Ehm... Sì... Da qualche parte... Forse. Ma che c'entra?-

-E' un bel nome.-

-E' il nome della mia tartaruga, Vinnie... E se poi le confondo?-

-Ma come fai a confonderle?!-

-Non so... Mi sembrerebbe strano... Pensa, chiamo una ed arriva l'altra...-

-Ma le tartarughe non fanno così! E poi, non sai neppure se ce l'hai ancora!-

-Dev'essere rimasta nel cemento quando hanno inaugurato il nuovo ponte... Che strano, l'avevo lasciata lì perché era stata cattiva e poi non l'ho più trovata... Può darsi che si sia solidificato...-

-Dammi la bambina, degenerata!!!-

-Cretino! E' nello stagno! Ti pare che lascio una tartaruga nel cemento fresco?-

Sentì un cigolìo alle proprie spalle e si voltò. Kazuki e Ran erano entrati nella stanza e si stavano avvicinando con timore.

-Kazu era più ingombrante...- notò la bambina, indicando il neonato. -E' malato?-

Kazuki si aggrappò alla gamba del padre e spiò con timore il fratello. -Ha i capelli di un colore strano...-

-Non è malato, è solo piccolo... E non è da solo... C'è anche lei...- precisò il padre, indicando Momoko. -E anche lei ha i capelli di un colore strano, come dici tu...-

-Una bambina! Che carina! Come la chiamiamo? Posso scegliere un nome? Ha la faccia tonda tonda! La chiamiamo Luna? La chiamiamo Palla? La chiamiamo Sole? La chiamiamo Mela?- chiese Ran, esaltata.

-La chiamiamo Momoko.- annunciò Vincent, con un ampio sorriso. Kazuki tese una mano verso il minuscolo fratello, che lo fissò con curiosità. -Ha gli occhi come Koneko...- notò.

-Sì, ma sono più belli! Sono verdi! Mamma! Anche io volevo gli occhi così!- protestò Ran.

-Hai gli occhi di tuo padre, non sei contenta?-

-Sì, però... Anche io volevo gli occhi come un gatto...-

-Quando sarai maggiorenne ti comprerò delle lenti a contatto uguali.-

-Wow! Grazie mamma!-

-Kaasan sembra il televisore, pa'...- mormorò Kazu, tornando presto ad occuparsi del fratello.

-E' piena di tubi, effettivamente...-

-E lui? E' carino anche lui! E' tondo! Lo chiamiamo Luna? Lo chiamiamo Palla? Lo chiamiamo Sole? Lo chiamiamo Mela?- propose Ran, saltellando.

-Lui...- iniziò Vincent, esitando. -Il nome...-

-Vincent, se preferisci...-

L'ex Turk sorrise e scosse la testa. -Lui si chiama Sephiroth.-



L'angolo degli amichetti di Chaos

Chaos: Cari amichetti, un'altra avventura termina, a lieto fine! Ma perché nessuno si ricorda di me?

Sephiroth: Ragazzi, quanto sono figo, sono riuscito a resuscitare anche qui!

Chaos: Non sei un mio amichetto, tu! Io qui invito solo i miei amichetti, sciò! Vieni amore della mia vita, scrivi... che ne hai bisogno... dopo ti faccio una cioccolata calda ed un massaggio...

Scritto la notte prima del mio colloquio per l'università, emozionalmente devastata, in overdose da caffè e con tanto bisogno di affetto, quindi capitemi, è già il quarto finale che scrivo, spero sia il definitivo e volevo fosse tenero. La nascita dei due marmocchi dai capelli strani mi sembrava interessante, ma mi sono dilungata troppo, forse... Non lo so!!! Help me!!! 16 pagine!!!

(sono stata presaaaa!!!) (ho dovuto abbandonare perché mi sono di nuovo ammalataaaa!!! XD)

Forse è meglio usare questo angolo in modo intelligente, và... Vediamo... Partiamo dalle caratteristiche genetiche dei pargoli (quattro!) Yuffentine (un po' come i Brangelina, wow! NdYuffie). I primi due, l'avrete capito, hanno un carattere ereditato da entrambi i genitori, formato in seguito dagli eventi. Geneticamente, visto che Vincent è un OGM, mi sono sbizzarita.

Ran ha un occhio diverso dall'altro, a testimoniare dei suoi due “padri”, oltre, se vi ricordate, il potere della sorella di Yuffie. In poche parole, è la piromane della situazione, anche se qui lo accenno soltanto.

Kazuki è apparentemente il bambino più normale (e timido e scemo) del mondo: le prende dalla sorella (ovviamente parlo delle botte che ci si dà da fratelli, non lo picchia a sangue, povero piccolo) ed è amato da tutti per il suo carattere mite. Ma quando si arrabbia... Diventa una bestia! XD Nella fattispecie, diventa Galian Beast. In chibi e kawaii.

E Luna e Palla, ovvero Momoko e Sephi... Bè, lascio che sia la vostra immaginazione a trovare dei poteri strani, ma per la mutazione... Sapete ovviamente che sulla pannocchia OGM dark (Vincent) è stato testato tutto tranne la pillola -e quando dico la pillola intendo “la pillola”- e il Viagra e con questo tutto intendo anche Jenova... Ho solo pensato che potesse esserci in lui anche quella mutazione e che ci sia in lui un gene recessivo degli occhi da gatto e dei capelli argentati... Ehy, è Final Fantasy, in questo gioco le persone si salvano anche saltando dalle rupi tentando il suicidio e non si trova una corda in una stupida accademia volante! Non stiamo a spaccare il capello in diciotto!

Sono abbastanza contenta della caratterizzazione dei personaggi, anche se mi sono appena accorta che Ran mi ricorda un po' troppo Sephiroth... Insomma... Come sarebbe stato Sephiroth se non fosse stato allevato da uno scienziato pazzo ed un'ape cristallizzata evidentemente miope...

Dopo questo capitolo ce ne sarà uno speciale, temporalmente situato subito prima la partenza di Vincent e la nascita di Ran. Leggetelo, please!

Ed ora, le considerazioni personali... Questa fanfiction è stata da una parte molto più difficile da scrivere rispetto alle precedenti. Just Before the Sunset era stata un parto cesareo con una roncolata, poiché ero molto coinvolta in quello che scrivevo. Non solo Kage è stata impegnativa dal punto di vista dello stile e del genere, che non sono molto adatti a me, ma molte situazioni descritte qui derivano direttamente dai miei ricordi. Ne è un esempio un passaggio del capitolo 12, quello dei portici...

Sono stata una tra le prime a scrivere Yuffentine in italiano, dopo averne lette più di cinquecento su internet e le storie con cui ho debuttato non erano esattamente il massimo (sto pensando di riscriverle, ma non ne ho la forza). Ho notato che c'è stato un periodo in cui la coppia era diventata di moda e volevo solo dire... Vi prego, so che sono la regina dell'OOC e dovrei essere l'ultima a parlare, ma... Non trasformate le Yuffentine in Mary Sue! So che l'idea di avere una relazione con un OGM di sessant'anni può essere esaltante (anche se sono la prima a dire che una relazione con una persona come Vincent è semplicemente impossibile, per esperienza personale), ma non lasciate che le vostre Yuffentine diventino qualcosa di melenso ed inutile, senza una trama o un fine!

Detto ciò, mi aspetto tantissimi commenti e ricordatevi del capitolo speciale! E per il mio compleanno voglio il vestito che indossa Ciel Phantomhive al ballo, quindi, se voleste farmi una donazione con Paypal...

Astharoth: smettila di provarci, sanguisuga!

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Vincent ***


Cupid, draw back your bow and let your arrow flow,

straight to my lover's heart, for me.

Cupid, please, hear my cry and let your arrow fly,

straight to my lover's heart, for me.


Now listen, I don't want to bother you, but I'm in distress

There's the danger of me losing all of my happiness

For I love a girl who doesn't know I exist

and this, you can fix


Cupid – Blackpool OST (Johnny Nash)


-Ehilà, vampiro! Sei più depresso del Kyaktus con manie suicide che Shelke ha investito al terzo tentativo di prendere la patente!- esclamò Cid, intercettando Vincent nel corridoio. Lo afferrò per il braccio e lo trascinò in camera sua, mettendogli una bottiglia di Vodka tra le mani.

-Dì tutto al tuo caro Cid, Vincy!-

L'ex Turk osservò la bottiglia, sospettoso. Non aveva mai bevuto alcolici, da quando si era risvegliato, ma quando era un Turk era conosciuto per la propria assoluta non resistenza all'alcool. Si ubriacava con la birra analcolica, a momenti.

Bé, in fondo aveva un corpo geneticamente modificato, forte, resistente... L'alcol doveva essere poca cosa in confronto. Bevve un sorso della bevanda, che gli bruciò nella gola e si sentì subito più triste del solito.

Ma con un altro sorso si sarebbe sentito molto meglio. O forse no.

Dopo quasi mezzo litro di Vodka aveva l'espressione dell'urlo di Munch, per cui si alzò in piedi di scatto e proclamò solennemente: -Io sono depresso!-

-E ubriaco.- constatò Shelke, entrando nella stanza e richiudendo la porta dietro di sé. Afferrò la bottiglia e la finì senza esitazioni. -Ma cos'è? Acqua?-

Vincent si accasciò a terra e Cid controllò non fosse morto una seconda volta. -Sono innamorato di lei, non riesco a smettere di pensare a lei, alla sua pelle, ai suoi capelli, al suo profumo... Non faccio altro che pensare a quello che potrei dirle, che non posso dirle e quello che diciressi...-

-Che lingua è diciressi? Ancient?- protestò la rossa, facendo la candela.

-Ancora quella rincoglionita di Lucrecia?!- sbottò l'aviatore su cui Vincent si stava arrampicando per raggiungere il letto.

-Ma Cid! Cosa disciii?! Lucr... Lucura... Insomma, quella lì è morta da trent'anni e poi mi ha trattato male.- sussurrò il moro, con la voce più piagnucolosa del mondo. Riuscì finalmente a salire sul letto, spingendo Shelke ed avvicinandosi a Cid, fissandolo negli occhi: -Lei è il Male!-

Shelke smise di fare aerobica e lasciò le gambe cadere, sotto shock. -Vincent, ubriacati più spesso, ti prego!-

-Io amo Yuffie.- annunciò, solennemente.

Cid lasciò cadere la mascella a terra e Shelke prese a festeggiare, urlando: -Ho vinto 20 mila gil!!! Mwahahah! Reeve, aspettami!-

Il biondo afferrò il “vampiro” per il colletto e lo spinse contro un muro: -Allora sei stato tu a metterla incinta! Altro che Astharoth del cazzo!-

-Astharoth non esiste. Me lo sono inventato.- rispose l'altro. -Sono sempre stato io, sempre... Ed ora non so più cosa fare...-

Shelke smise di festeggiare, perché, apparentemente, non aveva fatto lo stesso ragionamento di Cid. Abbracciò il moro e sussurrò: -Non lo sapevo! Il mio rospettino...-

Rimasero qualche lungo minuto in quella posizione, persi nei propri pensieri.

Cid era sollevato che la sua futura figlioccia avesse un padre e che quello non fosse un demone. Ma non capiva ciò che trattenesse Vincent. Fosse stato Yuffie, sarebbe stato felice di sapere che l'uomo era il vero ed unico padre della piccola.

Shelke capiva perfettamente, invece, le paure di Vincent, ma sapeva anche che Yuffie non avrebbe tardato ad accorgersi che era innamorata anche di quel Vincent. E anche da tempo.

Vincent si stava riprendendo dalla sbronza e si stava conseguentemente maledicendo per essersi lasciato andare.

Fu l'aviatore ad interrompere il silenzio, tirandogli una sonora pacca sulla spalla: -Bé, sei ancora qui, brutto idiota?! Vai a confessarglielo, altrimenti continuerà ad essere triste e io finirò con il chiuderti in una stanza con un Lesmathor nella stagione degli amori!- sbottò, spingendolo fuori in dalla stanza malo modo.

-Cos'è un Lesmathor?- gli chiese Shelke, confusa.

-E che ne so?-


-Che cosa ne pensi di questo? Mancano due mesi, lo so, ma a me sembra perfetto!- esclamò la ninja, sfiorando il legno pallido di un lettino dalla foggia antica, a dondolo.

Fissò il letto ed impallidì. Non era quasi mai svenuto in vita sua, tanto meno da quando era “cambiato”, ma avrebbe potuto riconoscere quella sensazione tra mille.

-E'... Carino...- riuscì a balbettare, prima di scappare dal negozio. La sensazione sgradevole sembrava scomparsa, sostituita da qualcosa di più forte e di conosciuto. Non poteva più ignorare il fatto che stava per diventare padre, ma che lei non lo sapeva, perché, in buona fede, credeva di aver amato qualcun altro.

Si sedette sugli scalini della piazza, respirando profondamente, ma non riuscì a calmarsi, perché lo stava seguendo.

-Tutto ok?-

Scosse la testa e strinse i pugni. Non riusciva più a tenere per sé i propri dubbi, per cui, dopo un breve sospiro, glieli espose: -Io non sono suo padre.- Sì, lo era, ma lei non lo sapeva. -E' davvero il caso che ti accompagni? Voglio dire... E' tua figlia. Non la mia. E tu non mi ami, per cui... Non ha senso che ti accompagni.-

La donna alzò un sopracciglio e sbatté le palpebre, inebetita. Poi si sedette, a fatica, accanto a lui. -Lucrecia?-

Anche. Sì, anche per quello non amava quella situazione. Aveva già aiutato una donna a comprare l'occorrente per la nascita di un figlio. Una donna che non sarebbe mai stata sua ed un figlio che non avrebbe mai conosciuto. E trent'anni dopo, era nella stessa situazione. No, la situazione era ancora più stupida. Era il rivale di se stesso.

-Ascolta, Vinnie, tu sei mio marito, almeno finché non deciderai di chiedere il divorzio per sposare un'avvenente modella. E per Ran puoi essere quello che più desideri. Io... Io vorrei che tu le facessi da padre, ma la scelta rimane tua. So che saresti perfetto.- sussurrò lei, appoggiando la testa sulla sua spalla.

Aveva una scelta. Un lusso che non doveva sprecare. Le posò la mano sul ventre. Forse ce l'avrebbe fatta, quella volta. Sarebbe stato padre.

-Sono terrorizzata, Vinnie, ma so che tu ci sarai e questo mi tranquillizza, almeno un po'.-


La camera era piccola e spoglia ed ovunque vi era un odore di chiuso e di un profumo da quattro soldi, tipico degli hotel a ore.

Si erano incontrati in quella stanza per più di tre mesi, dal giorno in cui le aveva chiesto un appuntamento. E per più di tre mesi non avevano fatto altro che parlare. Essere un demone senza ricordi del passato non era un male. Le aveva parlato un po' di lui, del vero lui e lei, era strano, ma era molto interessata. E poi ovviamente lei aveva parlato molto più di lui, di tutto e niente. Delle sue paure, dei suoi progetti... E anche di cose che non si sarebbe mai sognata di dire a Vincent.

E poi, non sapeva bene come, forse perché il suo profumo e la sua pelle lo facevano impazzire, si erano ritrovati ad usare il letto. Non ancora del tutto, ma ci sarebbero arrivati presto.

Almeno finché lei non scattò a sedere e sospirò: -Non posso.-

-Eh?- si stupì, tentando di riprendersi dalla doccia fredda improvvisa, incapace di formulare un pensiero coerente.

-E' il corpo di Vincent. Dannazione, Asth! E' come baciare lui! E non credo sarebbe consenziente!-

Si sentì morire, ma assunse l'espressione meno addolorata possibile per guardarla e sorridere: -Tu non hai idea dei pensieri che fa su di te, Yuffie Kisaragi.- Non voleva dire questo! Oh Shiva, perché era così rincoglionito?! Però era vero. Soprattutto in quel momento, la desiderava.

-Questo è il suo corpo. Quando un giorno si ricorderà di quello che ho fatto, come credi che si sentirà?-

Da dio?

-A lui non importa nulla di te.-

-Non dire stronzate. E' mio amico! Ed è stato lui a consolarmi quando Aeris è morta!- sbottò lei, con le mani sui fianchi.

Che carina... E lui che aveva sempre pensato che fosse totalmente insensibile ai suoi tentativi di essere meno stronzo con il mondo...

-Ma io non potevo, io...!-

-Il corpo non è tuo, torna quando avrai una delega scritta.-


-Perché mi fissi?-

La donna aprì gli occhi e lui non poté fare a meno di sobbalzare. Come si era accorta che la guardava? Esitò un attimo, poi sospirò e decise, per una volta, di confidarsi con lei. -Io e mia sorella dormivamo spesso insieme... Chissà perché me l'hai ricordata...-

Lei si girò su un fianco, imitando specularmente la sua posizione, con una mano sotto il mento. -Non mi hai mai parlato di lei. Era bella?-

-Molto. Eravamo gemelli. Prima che me lo chiedi, sì, ci somigliavamo molto. Solo che lei aveva gli occhi verdi.-

-E i tuoi com'erano?-

-Nocciola.-

-E' un bel colore.-

Fece un breve sorriso, poi riprese il racconto: - Quando ero bambino avevo paura di tutto e io mi rifugiavo sempre da lei per piangere.-

-Cosa ti fa venire voglia di piangere?-

Prese a fissare il soffitto, pentendosi della propria confessione. Per molte cose avrebbe volentieri pianto ed una di quelle era lei. Lei, che si era appena infilata nel suo letto e l'aveva stretto a sé. Ricordare che poco tempo prima quella principessa era sua, che conosceva ogni centimetro di quel corpo caldo, le cicatrici e la morbidezza della sua pelle, era terribile.

Allora aveva pianto, perché si era illuso di poterle confessare tutto, una volta morto Chaos. Si era illuso che Vincent poteva bastarle. Ma si rendeva conto, finalmente, che l'unica persona che avrebbe dovuto morire, quella notte in cui aveva combattuto contro Omega, era lui.

Era stanco di vivere.


Doveva andarsene.



L'angolo degli amichetti di Chaos

Chaos: Waaah! (piange) Tornerò ad essere un personaggio che non caga nessunoooo!

Yuffie: (piange) Tornerò ad essere una brutta copia di Selphieeee!!!

Vincent: Tornerò IC! (eseguendo il balletto di Thriller dalla felicità)

Ho avuto dei problemi ad identificare la canzone che ho messo all'inizio... Ve la saprei cantare e la so a memoria, ma non sapevo né il titolo né il cantante... Ma in Blackpool (una mini serie inglese troppo troppo bella) la cantano un po' tutti, compreso... DAVID TENNANT!

Yuffie: ecco che si scioglie e va a pregare al suo altarino...

Insomma, quando l'ho sentita ho subito pensato a Vinnie, anche se sinceramente non avrei mai pensato che lui e Asthy fossero la stessa persona...

Yuffie: Ma sei l'autrice!!!

Bé, a volte le cose mi sfuggono un po' di mano e per la fine non sapevo più dove sbattere la testa per spiegare Astharoth.

Yuffie: Un po'?! Non ti sei accorta che due personaggi erano la stessa persona!!!

Bé, se ha sorpreso me, pensa i lettori... Tre anni a scervellarsi sui sentimenti di Vincent e poi scoprono che ce li avevano sotto il naso tutto il tempo... Come avrò fatto a non accorgermene?

Yuffie: Oh, Leviathan, salvaci tu... E te non dici nulla, cretino?!

Vincent: Ah, io lo sapevo che ero Astharoth, so tutto quello che succede nella mente dell'autrice, persino con chi ti farà avere un'avventura romantica nella prossima fic... Mi fai quasi tenerezza, Yuffie...

Yuffie: Oh Leviathan, ovviamente non vuoi dirmelo, vero?

Vincent: Non sarebbe divertente! Fwahahahaha!

Shelke: Mi dissocio da quello che dice Cid all'inizio del capitolo, ho preso la patente alla prima! E quel Kyaktus aveva veramente manie suicide!

Cid: Sì e le altre sette? E il Tomberry? E l'Omega weapon? E Rinoa?

Shelke: Glom...


E' fatta, posso finalmente mettere la parola fine a questa storia. Devo ringraziare tutti quelli che hanno recensito e tutte quelle persone che, in generale, mi sostengono tutti i giorni. Grazie mille, spero di potervi sempre divertire con le mie storie. ^_^


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=111009