Assassin

di Swaggg
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Chapter one ***
Capitolo 3: *** Chapter two ***
Capitolo 4: *** Chapter four ***
Capitolo 5: *** Chapter five ***
Capitolo 6: *** Chapter six ***
Capitolo 7: *** Chapter seven ***
Capitolo 8: *** Chapter eight ***
Capitolo 9: *** Chapter nine ***
Capitolo 10: *** Chapter ten ***
Capitolo 11: *** Chapter eleven ***
Capitolo 12: *** Chapter twelve. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***







                                        Prologo



Paura, terrore, solitudine. Emozioni che si provavano stando fermi in una stanza circondata da corpi senza vita.
Da corpi che una volta vivevano, parlavano e passeggiavano,
e che adesso giacevano su un gelido pavimento della casa di Rose Street.
Hanna Lars, era seduta al centro di quella stanza, illuminata dalla luce del sole che proveniva dalla finestra.
Era seduta e con le braccia si teneva unite le gambe al petto. Si dondolava sui glutei avanti e indietro disperata.
Piangeva ormai da ore per quello che era riuscita a fare.
Piangeva perché non aveva più una famiglia. Ma la tentazione era troppo forte,
svegliando in lei un sentimento inspiegabile e una reazione da parte del suo cervello che non aveva motivazioni.
Non aveva risentimento oppure sensi di colpa quando si fanno delle cose che non si vogliono fare,
ma lei si sentiva felice e spensierata.
In quel momento si guardò intorno: i corpi erano ancora stesi per terra circondati e immersi in delle pozze di sangue.
Sangue rosso che in quel momento stava espandendo un odore di rame in una tutta la stanza.
Si guardò le mani e si accorse di essere ricoperte anch’esse da sangue.
Si guardò attentamente quelle mani macchiate,
macchiate ormai da un marchio che non sarebbe scomparso facilmente.
Un marchio che non tutti ne andavano fieri, ma lei…lei era più che fiera di quello che era successo.
Quel marchio riconosceva il nome come…ASSASSINO.
Adesso le lacrime si erano fermate e facevano spazio ad un sorriso compiaciuto.
Compiaciuto del fatto di aver ucciso entrambi i suoi genitori e un fratellino, Josh il più piccolo della famiglia,
aveva solo due anni quando è stato ucciso dalla propria sorella,
che solo all’età di cinque anni, aveva ormai scoperto il suo destino.
Tutti i suoi pensieri scomparvero come polvere al vento,
a causa dell’interruzione delle sirene dell’ambulanza che occorrevano all’accaduto.
Sono tutti morti, pensò la ragazza guardandosi intorno.
Poi si alzò e si avvicinò alla finestra, osservando tutti i vicini fuori dalle loro case,
che probabilmente avevano visto terrorizzati tutta la scena che era avvenuta in quella casa.
Avrebbe ucciso tutti, pensò la ragazza osservando con uno sguardo di fuoco tutte le persone,
che giacevano impaurite fuori nei loro giardini ben curati.
Il rumore della porta d’ingresso sbattere, stava a significare che erano venuti a prenderla,
erano venuti a rinchiuderla in  un manicomio criminale,
dove sarebbe stata lontana dalle persone e chiusa in chissà quale stanza bianca dandole del cibo scadente.
Hanna era ancora appoggiata alla finestra,
godendosi gli ultimi minuti di libertà dove poteva ancora osservare la luce del sole splendere sulla sua candida pelle.
Ma soprattutto si godeva ancora per un po’ la libertà per osservare ancora una volta il sangue pulsare nelle vene delle persone.
Le voci degli uomini venuta a prenderla si facevano sempre più vicine.
E come un miracolo, in lei c’era ancora un senso di umanità che compariva e scompariva lasciando spazio a quella che era la sua parte malvagia. Come se avesse due personalità, ma lei era così,
le piaceva uccidere e sentire quell’odore così sgradevole che alcune persone sarebbero svenute alla sola vista di quella sostanza rossa. Lei invece, ci stava bene alla vista e all’odore.
Aveva scoperto tutto questo in una calda estate, mentre lei tagliava le verdure con un coltello tagliente,
quando il cane della vicina aveva incominciato ad abbagliare insistentemente e lei odiava così tanto quel cane.
Uccise anche lui, ma quel giorno si era pentita era rimasta chiusa in casa per giorni senza mangiare cercando una qualsiasi spiegazione all’accaduto. Aveva solo cinque anni, ma più piccoli si è, e più facile si capisce la propria vera natura.
Prima di essere trasportata via, lasciò un bacio sulla guancia fredda della madre e in breve tempo la portarono via da quella casa. La chiusero in una barriera bianca circondandola intorno al suo piccolo e fragile corpo e la fecero salire in un furgoncino bianco.
E da lì, le sirene incominciarono a suonare.
Dal finestrino del furgoncino riuscì a intravedere i corpi dei loro genitori essere portati via su delle barelle,
il loro volto era coperto e lasciando loro, la ragazzina da sorriso smagliante e una risatina nervosa,
lasciò anche la casa…quella casa doveva aveva trascorso di quello che doveva essere la sua breve infanzia.
E poi tutto il mondo sparì. Hanna si lasciò avvolgere da un sonno profondo... le avevano iniettato del tranquillante.
Quella ragazzina era diventata un pericolo e per anni è stata chiusa in una stanza bianca ad osservare il muro bianco.
Lontana dal mondo, lontana dalla luce del sole, lontana dai fiori,
ma soprattutto lontana da delle persone a cui avrebbe potuto fare del male.










My Space *___*

Una nuova storia, nuove avventure 
ed io non sono pazza XD
è solo una nuova storia in cui lei
è un assassina e riuscirà col tempo
a far passare quella voglia matta di uccidere le persone?
Se volete saperlo, seguite la mia storia :)

Alla prossima

Giuls <3

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Capitolo 2
*** Chapter one ***





Dual Personality.






Fifteen years after.
Di tempo ne era passato da quando Hanna era stata rinchiusa in manicomio.
E adesso il giorno della libertà era arrivato.
I medici avevano deciso di lasciarla libera e affidarle un uomo con cui lei parlava più di tutti, Francesco DeLaurentis.
Un uomo sulla trentina, brizzolato e ben messo di corporatura.
Conosceva quella ragazza più di tutte le persone presenti in quel manicomio, ed era l’unico che era riuscito ad avere un contatto con lei dopo che ella era stata rinchiusa.
Durante il suo “alloggio” era stata sottoposta alla sedia elettrica per far si che il suo lato malvagio,
da assassina scomparisse del tutto. Le avevano anche fatto il lavaggio del cervello,
imponendo a quell’organo di essere, secondo delle determinate caratteristiche, eliminandole del tutto anche la memoria,
tutto quello che aveva fatto alla sua famiglia e di essere stata portata via da casa sua per essere portata in un manicomio.
Tutti erano convinti che fosse cambiata e, che i metodi usati per farle dimenticare quanto successo nella sua vita,
avessero funzionato. Ma Hanna non aveva dimenticato niente,
era sempre vivo in lei il tentativo di uccidere e vedere soffrire la persona che aveva colpito.

Purtroppo doveva tenere a freno quel sentimento che tanto bruciava dentro di lei per uscire allo scoperto.
Se solo avesse provato ad uccidere qualcuno, avrebbero ucciso lei con qualche farmaco,
o solo con un colpo secco alla testa con la pistola.
Aveva evitato per tutta la sua permanenza in quel manicomio di lasciar libero quel sentimento che avevano cercato di cacciar via attraverso delle torture che non erano servite a nulla,
se non a far soffrire il corpo della giovane Hanna, che adesso aveva diciotto anni.
“Pronta per tornare a casa?” chiese Francesco distaccandola per un attimo dai suoi pensieri.
Lei annuì e si guardò intorno un ultima volta.
Osservando ogni minimo particolare quelle pareti bianche che aveva osservato tutta la sua adolescenza.
Aveva anche notato che in alcune parti del muro c’erano dei buchi e delle volte entravano e uscivano delle formiche.
Forse è l’unica cosa che le sarebbe mancato di quel posto,
perché ormai aveva passato le sue giornate a giocarci con quelle formiche.
Francesco si avviò all’uscita di quel palazzo e Hanna lo seguì a ruota stando a una leggera distanza dall’uomo.
Uscita da quella porta il sole le accecò la vista, e la sua pelle bianca come una busta di latte,
sembrò cuocersi, bruciare e andare in fiamme.
Si guardò un attimo le braccia per assicurarsi di non star veramente andando a fuoco ed, era pulita.
Aveva davvero perso la testa lì dentro, pensò.
Salirono in auto e Hanna continuava a mantenere il silenzio, osservando il paesaggio e tutti i suoi cambiamenti,
attraverso il finestrino dell’auto. Era cambiato molto da quando non viveva più fuori, alla luce del sole.
Le sembrava tutto irreale, come se l’ipocrisia avesse dominato il mondo senza lasciare alcuna traccia
di quella che veniva chiamata sincerità.

“Andrai a scuola, ed io verrò con te” disse l’uomo,
rompendo quegli attimi inquietanti di silenzio che si erano sparsi nell’aria sovrastandola del tutto.
Lei si ostinava a tenere il silenzio. Non pensava che quell’uomo fosse tanto stupido quanto bello.
Metteva a rischio un intera scuola, o anche solo qualche ragazzo,
lasciandola frequentare una scuola piena di ragazzi…piena di VITTIME.

“Potresti almeno parlarmi…dirmi qualcosa” disse l’uomo, ormai scocciato dal comportamento che aveva assunto la ragazza.
“Cosa vuoi che ti dica? Sono felice di continuare a vivere” mentì spudoratamente la ragazza,
concludendo il tutto con un finto sorriso sulle labbra.
“Senti Hanna…ti conosco più di quanto conosca le mie tasche dei pantaloni, quindi questo mi basta a capire che stai mentendo” disse l’uomo, alternando di tanto in tanto lo sguardo dalla strada alla ragazza che gli sostava a fianco.
Hanna sbuffò sonoramente e incominciò a giocare con i suoi capelli biondi.
Prese una ciocca e l’attorcigliò attorno al dito. Non era poi tanto diversa dalle ragazze.
Anche lei quando era nervosa, aveva questa mania di attorcigliarsi i capelli attorno alle dita.
“Dove stiamo andando?” chiese lei, cercando di introdurre un argomento che non avrebbe causato problemi a nessuno.
“Verrai a vivere con me a Los Angeles, frequenterai la scuola di là e vivrai una vita come tutte le persone normali”
“Io non sono normale…e tu lo sai benissimo”
L’uomo sapeva benissimo che tutte quelle torture non avevano fatto altro che aumentargli il dolore e il disprezzo verso la figura umana. Ma lui era convinto che ci fosse un sentimento oppure solo una persona che avrebbe ucciso ogni barriera di quel disprezzo,e l’avrebbe aiutata ad essere, davvero, una ragazza normale, con una vita piena d’amore.
“Tu sei normalissima, devi solo trovare una persona che ti faccia sentire di nuovo quella bambina che non c’è mai stata in te”
Hanna si zittì all’istante, mentre quelle parole le giravano per la testa, ancora e ancora.
Finché lei non ne fu stufa e decise di spegnere tutti i sentimenti e diventare di nuovo acida e una ragazza senza cuore.
Ma dentro lei, sapeva che esisteva quella persona e l’avrebbe trovata sconfiggendo quella parte di lei,
che odiava nonostante fossero la stessa persona.
 
                                                                           *      *       *
 
“Bella casa!” disse la ragazza, essendo davanti ad una villetta non tanto spaziosa ma,
grande abbastanza per accogliere due persone.
Francesco non era sposato, non aveva figli e non aveva intenzione di iniziare una relazione.
Pensava che Hanna gli occupasse già la maggior parte del tempo e non voleva escluderla se solo una donna fosse entrata a far parte delle loro vite. Per il momento, o solo finché non arrivasse quella persona per Hanna, lui sarebbe rimasto single ad occuparsi di Hanna, che ormai considerava una figlia.
“Non è un gran che, ma io ci vivo da quando sono bambino ed è molto accogliente” disse l’uomo prendendo le valigie e facendo segno alla ragazza di raggiungere la porta e aprirla.
All’interno era semplice.
Aveva un unico colore per tutte le pareti e c’erano solo le cose essenziali: per dormire, mangiare, lavarsi,
e per avere un po’ di svago c’era la televisione.
“Avrò una stanza tutta mia?” chiese la ragazza volgendo lo sguardo,
che prima era a guardare la casa, all’uomo che sostava davanti la porta.
“Mi dispiace, ma questa opportunità dovremmo scartarla” disse Francesco portando le valigie al piano di sopra.
Hanna strabuzzò gli occhi. Lei voleva una camera tutta sua, ma infondo non poteva dar torto a nessuno.
Non sapeva, ancora di cosa ne era capace dopo la morte dei suoi genitori e rimanere sola era meno consigliato.
Seguì poi, Francesco al piano di sopra ed entrò in una stanza che se era più affidabile, sarebbe stata la sua.
“Questa è la stanza per quando dovrai fare i compiti…per te non ci saranno momenti intimi oppure momenti di privacy, sai non...” l’uomo lasciò la frase in sospeso sapendo che la ragazza avrebbe capito al volo.
Tutta questa non fiducia le faceva male,
ma era consapevole del fatto di avere una doppia personalità e non saperla controllare,
appunto perché più malvagia e potente di quanto lei pensasse.

Annuì debolmente e si diresse a vagare per le altre stanze della casa.
Quella matrimoniale con un lettino, il bagno che non aveva la porta e in quella casa oltre al bagno,
tutte le stanze non avevano la porta.
“Perché le stanze non hanno la porta?” chiese la ragazza entrando nella stanza,
dove Francesco stava sistemando le valigie di lei.
Lui la guardò come per intendere la sua risposta e infatti capì.
Hanna si sentiva una bambina, la bambina che non era mai stata,
ma sapeva che quella voglia matta di avere il corpo di una persona morta tra le sue braccia,
sarebbe ritornato e poi scomparso come di routine.
La serata la trascorsero bene. Tra chiacchiere e battute, Hanna pensò quanto volesse bene a quell’uomo.
Era l’unico che non era scappato sapendo la sua vera natura, la sua vera esistenza. Era l’unico che era riuscita a comprenderla davvero. Gli altri medici si tenevano alla larga da lei dicendo che avevano dei bambini e di aver pietà di loro. Francesco era solo una guardia che sostava davanti alla sua cella.
E ogni giorno, quando le formiche si rintanavano, lui le teneva compagnia,
stando sempre attento a non farsi scoprire nel parlare con lei.
Ma aveva paura…paura di fargli del male e perdere una persona a lei cara.
La parte cattiva di lei non aveva pietà di nessuno, e faceva in modo che la vera Hanna Lars fosse sola al mondo,
senza nessuno intorno.
Andò a dormire con questo pensiero nella mente, osservando Francesco dormire beatamente nel suo letto matrimoniale poco distante dal suo lettino singolo.
Ebbe ancora paura, qualcosa in lei si stava svegliando. Si alzò dal letto e andò in cucina…qualcosa stava per succedere.



My space *__*
I'M Backkk
La storia è Horror e appunto
è diversa dalle altre perchè non so nemmeno
come andrà a finire anche se qualche idea cel'avrei.
Allora cosa potrà mai succedere? Perchè è andata in cucina?
Vi aspetto al prossima capitolo e grazie per le recensioni :)

Alla prossima

Giuls <3

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Capitolo 3
*** Chapter two ***







School







La cucina era buia, come tutto il resto della casa d’altronde.
Ma il buio non fermò la ragazza nel suo intento.
Si potevano vedere gli occhi di lei diventare rossi e spietati allo stesso tempo.
Mettevano paura, se solo qualcuno l’avesse vista, sarebbe scappato senza darle il tempo di agire.
Aprì un cassetto e ne tirò fuori un coltello ben affilato, assomigliava a quello che usano i salumieri per tagliare la coscia del maiale.
Lo prese tra le mani e lo guardò attentamente e poi sorrise.
Mise le mani dietro la schiena, come per nascondere ciò che aveva tra le mani e salì lentamente le scale che conducevano in camera, dove c’era Francesco. Aveva ancora quello sguardo da pazza, lo stesso sguardo che aveva quando ha ucciso i suoi genitori quella mattina, lo stesso sguardo, che probabilmente, avrebbe avuto per tutta la vita.
Era davanti la stanza da letto, troppo fragile nell’impedire all’Hanna assassina di non entrare.
Nella stanza non c’era nessuno. Era vuota e i letti erano disfatti. Hanna si guardò intorno nella stanza, ma non c’era anima viva.
All’improvviso…un dolore lancinante al collo: qualcosa l’aveva punta e non riusciva a tenersi in piedi, le gambe avevano ceduto e cadde, ma qualcosa la trattenne e prima di chiudere definitivamente gli occhi per cadere in un sonno profondo, vide la figura di Francesco che la teneva stretta tra le braccia e sussurrarle un : “ Mi dispiace Hanna” per poi chiudere gli occhi e risvegliarsi la mattina seguente.
Francesco, dopo averla sistemata nel letto, sotto le coperte, rimase sveglio tutta la notte ad osservarla e cercare di capire cosa non andasse in lei, ripercorrendo ciò che lei gli aveva raccontato nella sua vita, cercando una spiegazione a ciò che la spingeva ad…UCCIDERE. Un peccato enorme, togliere la vita a delle persone che secondo lui non si meritavano tanto male. Ormai della famiglia Lars non era rimasto più nessuno, eccetto lei.
Forse doveva cambiare nome per riprendere una nuova vita? Non sarebbe cambiato nulla,
pensò l’uomo tenendosi la testa fra le mani.
Non c’era spiegazione a ciò che la spingeva a fare ciò che di più brutto c’era al mondo, e se c’era solo lei poteva scoprirlo o saperlo.
La mattina seguente, Hanna si svegliò disorientata e qualcosa le pungeva ancora.
Si toccò il collo e non trovò niente. Si alzò e si strofinò gli occhi come per cercar di ricordare qualcosa della sera precedente,
ma alla testa le susseguivano solo delle immagini sfocate e per niente chiare per capire cosa fosse successo realmente.
Si legò i lunghi capelli con un elastico che aveva al polso e scese al piano di sotto per fare colazione.
“Buongiorno” disse la ragazza sedendosi su una sedia lì vicino.
“Ciao…dormito bene?” chiese l’uomo che era seduto di fronte a lei, intento nel leggere il suo giornale mattutino.
“Ho dormito…tranquilla, non mi ricordo nemmeno cosa ho sognato” sorrise leggermente Hanna, alzandosi per prendere una ciotola per riempirla, poi, di succosi cereali.
Nel frattempo, Francesco faceva finta di leggere il suo giornale, e la osservava.
Era così diversa e aperta con le persone quando non ne era circondata da tante e soprattutto sconosciute.
Riusciva anche ad essere simpatica e di notte cambiava. Con lui si sentiva a proprio agio, ma Francesco pensava che non era possibile tenerla in vita se solo la cosa dell’assassino sarebbe andata oltre.
“Perché mi guardi?” chiese lei, smettendo di mangiare.
“Sto leggendo il giornale…è più interessante della tua faccia”
Hanna rise, per poi fargli una linguaccia. Tornò ai suoi cereali, cercando di trovare un qualcosa che la riconducesse a quella notte. Spostò lo sguardo per trovare un qualcosa e fu lì che capì cosa realmente era successo.
Il suo sguardo era fisso su quello che era un coltello affilato, e quando Francesco si accorse che Hanna non dava più segni di vita, seguì il suo sguardo e nascose quella che doveva essere stata l’arma del delitto di quella sera.
“Scusa…per qualsiasi cosa io abbia fatto” Hanna era sull’orlo di piangere, si alzò e andò in bagno.
Stava per sbattere la porta ma poi si ricordò di non averne in casa e quindi si spogliò ed entrò sotto la doccia, ripensando a quanto, negli ultimi anni, era cambiata. Adesso delle gocce salate riuscivano a solcare il suo viso, allora non provava sentimenti, provava disprezzo verso tutti, mentre adesso di giorno era una persona e di notte ne era un’altra. Prima amava quell’essere così cattiva adesso quasi si odiava. La sedia elettrica le aveva fatto riscoprire il significato della parola, SOFFRIRE. E lei soffriva nel vedere quell’uomo fare tanti sforzi per una ragazza che da anni combatteva contro se stessa e che ormai era stata ritenuta un caso perso. Ma forse c’era ancora un possibilità e quella l’avrebbe incontrata quel giorno stesso a scuola.
 
                                                                                       *    *    *        


“Io starò qui nei dintorni, tu non avvicinarti a nessuno” disse l’uomo incoraggiando la ragazza a camminare in quella scuola.
Hanna era sull’obbiettivo di non avvicinarsi a nessuno, si era promessa di non fare del male a nessuno e soprattutto di non affezionarsi a nessuno.
Era andata in segreteria a prendere il foglio dell’orario delle lezioni e ovunque andasse era accompagnata da Francesco,
che per non dare nell’occhio aveva indossato un paio di occhiali da sole scuri, un finto auricolare e aveva indossato giacca e cravatta facendo finta di essere la sua guardia del corpo.
Un ragazzo però si era avvicinata a lei, porgendole la mano.
“Piacere io sono Justin, Justin Bieber” disse il ragazzo, sorridendole dolcemente.
Hanna si ritrasse, ed ebbe paura. Francesco la spinse,
come a dirle di farsi avanti e di stringere la mano di quel ragazzo che sembrava tanto carino.
In effetti, carino era carino. Aveva i capelli di un biondo grano, alto con un fisico non scolpito, 
e i suoi occhi furono una fonte di illuminazione per Hanna. Erano di un color caramello stupendo.
“Hanna Lars, Piacere” disse la ragazza stringendo la mano e correndo in direzione della sua classe seguita a ruota da Francesco.
Justin doveva ammettere di esserci rimasto male. Non era il solito ragazzo popolare che girava per la scuola ed era consapevole di non essere il più bello del mondo ma era stato cortese con quella ragazza che ai suoi occhi le era sembrata così fragile e perfetta in ogni suo movimento. Scosse la testa e si diresse verso i suoi amici.
“Avete visto la ragazza nuova?” chiese il biondo indicando dietro di sé.
“Si…ma molti di loro dicono di starle alla larga” disse il moro del gruppo. Chaz Somers.
“Perché?” chiese confuso il biondo.
“Dicono che è impossessata e uccide le persone, secondo te perché ha il bodyguard con lei? perché è pericolosa e tu devi starle alla larga Justin” disse un altro degli amici di Justin, Ryan Butler.
Justin annuì, e se quelle cose fossero vere? Le avrebbe scoperte da solo eppure…c’era un qualcosa in quella ragazza che aveva visto solo lui: la fragilità nei suoi occhi.
Si diresse nella stessa classe della ragazza e lei sembrò notarlo per poi spostare lo sguardo e prendere un lungo respiro.
Justin le si sedette accanto, non sapendo che si stava imbattendo in una cosa più grande lui, una cosa davvero pericolosa.
“Perché sei scappata prima?” la professoressa non era ancora entrata in classe per fare lezione,
quindi Justin aveva approfittato per conoscere di più quella ragazza.
“Devi starmi alla larga, Biondo!” affermò la ragazza con tono di disprezzo nella sua voce.
Non avrebbe mai fatto del male a quel ragazzo IN PUBBLICO, ma lui sembrava non capire,
nonostante lei l’avesse snobbato per poi scappare in classe.
“Io non credo alle storie che ci sono su di te”
Hanna sussultò. Ovviamente non voleva che qualcuno sapesse che cosa avesse passato nella sua vita,
ma a quanto pare in quella scuola i nuovi arrivati erano come una caccia al tesoro per le ragazze più popolari,
che dovevano mettere a figura di merda quelli nuovi.
“Che cosa ti hanno detto?” chiese la ragazza assumendo un tono di voce preoccupato, lanciando questo sguardo anche a Francesco, che sostava in piedi qualche metro più lontano da lei.
“Dicono che sei un’assassina, ma io non credo a delle determinate cose se non le vedo con i miei occhi” spiegò il biondo facendo spallucce ogni tanto.
“Dovresti credergli” disse la ragazza, alzandosi e uscendo dalla classe.
Per il momento avrebbe saltato quella lezione, non le andava di sentire altre cose sul suo conto, tanto meno da quel ragazzo che non credeva a nulla. Doveva prendere sul serio ciò che gli dicevano, pensò Hanna pensando a quel ragazzo.
“Hanna ma dove vai? Torna dentro!” disse Francesco, fermandola per un braccio.
“No…quel ragazzo sa troppe cose, dovrebbe m…” Hanna stava provando un odio profondo per Justin,
senza neanche una motivazione valida.
“NO! non dire quella parola” disse Francesco, alzando il tono di voce come per volerla rimproverare.
Nel frattempo Justin, ascoltava di nascosto tutta la loro conversazione anche se all’orecchio gli erano giunte solo poche informazioni. Delle informazioni inutili e non utili che lo permettevano di stare lontano da lei.
Un qualcosa di potente riusciva ad attirare Justin a lei, dal momento che l’aveva vista e toccato la sua mano.
Qualcuno avrebbe dovuto fermarlo, qualcuno doveva avvertirlo dello sbaglio che stava per commettere provandoci con quella bionda. Doveva ammettere che le parole della bionda lo delusero ancora e non poco e Justin era un tipo testardo quindi finché non si sarebbe fatto uccidere, ci avrebbe provato e avrebbe conquistato la sua fiducia e forse il suo AMORE.




My Space *___*
Salveeeee, premetto che il
capitolo fa schifo e non ha niente
di sconvolgente al suo interno ma dovevo fa entrare Ciasten in scena XD
Amooooo tutte quelle che hanno recensito al capitolo
precedente e amerò ancora di più quelle 
che recensiranno questo uahuahha
Avete sentito la notizia di Avalanna? Mi dispiace per quella
bimba...la vita è così ingiusta che toglie dalla terra le persone migliori :'(
Grazie ancora per le recensioni 

Alla prossima

Giuls <3

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Capitolo 4
*** Chapter four ***






    Death



I giorni passavano e Hanna continuava ad andare a scuola senza problemi, Justin non perdeva l’occasione di riavvicinarsi ad Hanna e tentare di parlarle e come tutte le mattine, Hanna si ostinava ad ignorarlo,
senza sconvolgere il suo sistema nervoso che l’avrebbe portata ad uccidere quel ragazzo innocente.
Lei indossava sempre delle felpe nere con cappucci, così da poter essere sempre coperta e non spiccare al centro dell’attenzione. Rimaneva in disparte e nessuno le rivolgeva la parola. Ma anche quella mattina,
Justin volle riprovare a parlarle.

Ciao…” disse il biondino avvicinandosi alla figura in movimento della ragazza.
Lei teneva il capo abbassato, come per isolarsi dal mondo intero, e senza dare alcuna importanza alla bellissima voce che l’aveva appena salutata, camminava per uno dei tanti lunghi corridoi di quella scuola,
diretta alla sua aula di biologia.
Justin rimase spiazzato, ancora una volta, solo che , a differenza delle altre, che la seguiva per cercare di parlarle ancora, rimase in disparte saltando anche l’ora di biologia. Si rintanò in uno degli sgabuzzini bui e puzzosi di quel piano, sedendosi su una sedia e riflettere su quello che, ormai, accadeva tutte le mattine.
Si strofinò una mano sul mento come per darsi un’idea, anche la più misera, su come poteva attaccare conversazione con quella ragazza.
Un piano gli balenò per la testa, ma lo faceva sembrare uno psicopatico perverso in cerca di una preda da conquistare. Cercò più a fondo in quella che doveva essere la sua testolina, ma quel piano così contorto girava nella sua testa come un ladro a piede libero. La campanella era suonata facendo prendere un colpo al ragazzo che si faceva paura da solo per i pensieri che gli balenavano nella testa su quella ragazza. Prese il suo borsone poggiato di fianco ad uno dei due piedi e uscì da quello sgabuzzino. Aprendo la porta, però, colpì qualcuno. E come un illuminazione gli comparve davanti la bellezza di quella ragazza che voleva conoscere più affondo, nonostante tutti le stiano alla larga a causa delle brutte e spaventose voci che giravano su di lei.
Hanna era per terra col culo spiaccicato al pavimento e Bieber l’aiutò ad alzarsi prendendola per un braccio.
“Scusa non ti avevo visto e …” il ragazzo era davvero dispiaciuto, l’aiutò anche ad alzarsi ma lei con un movimento brusco del braccio, uscì dalla presa di Justin e senza dire niente si avviò verso la mensa.
Hanna inspirava e espirava profondamente per non perdere la calma e ucciderlo a colpo secco.
Decise di raggiungere Francesco al bagno degli uomini e senza nessuno scrupolo di essere una donna, ci entrò e di conseguenza, tutti i ragazzi che erano all’interno di quel bagno uscirono spaventati dalla presenza di quella ragazza che in quella scuola era il centro dei gossip.
“Sai che questo è il bagno degli uomini vero?” chiese Francesco uscendo da uno dei bagni.
“Ma dai? Ci sono entrata perché ho visto un gatto per sbaglio” ironizzò la ragazza sorridendo a malapena.
“Ah-Ah-Ah simpatica la ragazza” Francesco fece una finta risatina per poi rivolgerle lo sguardo pienamente sapendo che quella non era la vera giustificazione del perché fosse in quel bagno.
“Bieber mi è venuto contro, mi ha fatto cadere a terra e per poco non gli staccavo la testa dal collo. Ma ho mantenuto la calma” disse lei facendo un sospiro come se le dispiaceva che avesse mantenuto la calma in quel momento.
“Sai che non potrai evitarlo a vita…per me dovresti invitarlo a casa” disse con nonchalance Francesco,
facendo spallucce.
Ma questo è scemo? Pensò Hanna al solo pronunciare quelle parole. Tanto che sul suo viso comparve un espressione stupita, sconvolta e interrogativa, come a chiedergli con lo sguardo che cosa caspita gli passava per quella zucca che teneva sopra il collo.
Hanna decise, quindi, di dare voce ai suoi pensieri e con tono non molto educato, rispose all’affermazione di Francesco.
“Ma ci sei o ci fai? Sono un pericolo pubblico, per poco non uccidevo te figurati rimanere con quel tizio!” disse indicando una parte imprecisa sulla porta di quel bagno.
“Smettila di urlare!” affermò con tono alto e deciso l’uomo che le sostava davanti “siamo in un posto pubblico e non vogliamo far sapere tutti i cazzi nostri a tutta la scuola” aggiunse poi con tono calmo e silenzioso.
Hanna prese un grande respiro, come per prendere un controllo della sua gamba che per poco non prendeva di mira le parti intime di Francesco.
“Okay…in parole povere, non voglio quel ragazzo in casa mia”
“Punto primo: è casa mia quella e posso farci entrare chi voglio” Hanna sbuffò “ Punto secondo: ho già invitato Justin a vedere un film con TE oggi pomeriggio alle quattro” concluse l’uomo, per poi girarsi verso il lavandino per sciacquarsi le mani.
Hanna quasi non si strozzò con la sua stessa saliva per l’affermazione poco gradita che, Francesco, aveva fatto uscire da quella sua boccaccia. Adesso lo uccido, pensò la ragazza.
Francesco si girò per rivolgere uno sguardo del tutto indifferente verso la ragazza “tigre” dietro di lui.
Ma il suo stato indifferente cambiò immediatamente quando il suo sguardo incrociò lo sguardo di fuoco di Hanna.
I suoi occhi sembravano andare a fuoco e poco a poco stavano assumendo un colore rossastro, come se il diavolo in persona in quel momento fosse entrato in possesso di quel corpo e che in quel momento stesse scatenando la sua ira attraverso la ragazza.
Il sangue gli si gelò nelle vene, forse per paura ma sapeva gestire Hanna meglio di chiunque altra persona al mondo. Prese un grosso respiro e a passo deciso si avvicinò alla ragazza, poggiando lentamente, per paura di essere preso a morsi, una mano sulla spalla di lei, come per trasmettergli tutta la calma e spensieratezza che in quel momento scorreva nel sangue di Francesco. E come per magia, tutti i nervi tesi di Hanna si sciolsero.
“Vedrai che ti farà bene passare un po’ di tempo con una persona che non sia io” e detto ciò,
uscì dal bagno lasciando Hanna con lo sguardo perso nel vuoto.
Probabilmente se non voleva bene a quell’uomo, gli sarebbe saltata addosso in un istante, squarciandogli la gola con le unghie che una volta a settimana si curava di tagliare, pensò Hanna nel pieno della sua riflessione in solitudine.
Forse non sarebbe male passare del tempo con lui, è anche un modo per fare amicizia, e calmare questa voglia matta di uccidere che uccideva lei da giorni oramai, pensò Hanna accennando delle smorfie di approvazione ogni qual volta pensava a ciò che doveva fare.
Scosse ripetutamente la testa e maledicendosi di aver pensato che il pomeriggio sarebbe andato bene,
uscì da quel bagno e fuori tutti gli occhi delle persone presenti, erano puntate su di lei.
Hanna al primo impatto pensò a cosa avessero da guardare, poi capì di star uscendo da un bagno solo maschile e per la prima volta nella sua vita, si sentì avvampare dalla vergogna. Ci diede poco peso e a passo veloce, tenendosi sempre all’ombra di tutti, si diresse verso la sua prossima ora di lezione.
 
 
Andava avanti e indietro per il piccolo corridoio che congiungeva la sua stanza al bagno.
Era ansiosa, e aveva paura che qualcosa sarebbe sicuramente successa se solo non controllava la sua voglia di sentire sangue fresco sotto le sue narici. Aveva incominciato a mordicchiarsi anche le unghie dallo stress che in quel momento aveva preso possesso del suo corpo. Francesco la osservava da sopra il giornale, e quasi la sentiva anche lui la tensione che fluttuava nell’aria come farfalle libere.
La paura si stava facendo spazio anche all’interno della pancia di Francesco.
Aveva, per caso, sbagliato ad invitare il ragazzo a casa loro? E se fosse successo qualcosa? Non se lo sarebbe mai perdonato, in fondo era colpa sua.
Tutta l’attenzione fu catturata dal campanello che emise un solo trillo.
Il cuore di entrambi aveva cominciato a battere all’impazzata, Hanna teneva la mano destra sul petto sinistro, come per bloccare una qualsiasi azione del suo cuore che a stento usciva dal petto.
Il campanello emise un altro trillo, risvegliando Hanna dal suo trans.
Si diresse verso la porta dell’ingresso e ponendo una mano sulla maniglia, la girò molto lentamente prima di aprire, completamente la porta, e ritrovarsi la figura sorridente di un biondo persistente.
“Ciao…” esordì lui prima di alzare la mano e fare un piccolo cenno come saluto “Intendi farmi entrare?” aggiunse sorridendo percettibilmente.
“NO!” sbottò la ragazza, chiudendogli, con un colpo secco, la porta in faccia.
Francesco fu subito pronto ad alzarsi e andare ad aprire di nuovo la porta, e come previsto,
Justin era ancora sotto la soglia di quella porta, la differenza è che era arrivato con un sorriso e adesso aveva un’espressione delusa stampata sul suo bel viso perfetto.
“Scusala, è un po’ asociale” disse Francesco indicando la ragazza dietro di sé “Accomodati pure” aggiunse, facendo spazio per permettere così al ragazzo di passare.
Hanna, scocciata, si andò a sedere sul divano con lo sguardo fisso sulla televisione spenta.
Justin sorrise a Francesco e raggiunse la ragazza sul divano.
“Sai che la televisione è spenta?”
Hanna rivolse lo sguardo su di lui, per capire se realmente la stesse prendendo in giro oppure se stesse facendo sul serio.
“Ma sei serio oppure sei scemo?” chiese schietta, mantenendo sempre le braccia incrociate.
Justin a quel punto ci pensò un attimo, se rispondere seriamente oppure continuando la sua battuta e mantenerla su ridere.
“Se ci pensi pure sei proprio un cretino” disse Hanna rivolgendo, di nuovo,  lo sguardo sulla televisione spenta.
Justin sorrise divertito.
“Minchia ridi?” chiese in modo acido Hanna facendo immediatamente smettere di ridere il signorino che le sostava al fianco.
Justin si alzò e prese uno dei film che, poco prima di entrare, aveva intravisto sul tavolino posto poco più dietro del divano su cui erano seduti.
Era indeciso se scegliere uno romantico, in cui Hanna sarebbe sicuramente scoppiata a piangere,
e uno Horror, in cui Hanna si sarebbe accoccolata tra le braccia di Justin per la paura. Scelse quello Horror. Evidentemente il ragazzo non conosceva affatto Hanna.
“Che fai?” chiese in sorpresa la ragazza, osservando ogni minimo movimento del biondo.
“Non vedi? Faccio partire un film…è per quello che sono venuto” le fece notare Justin sorridendole di poco.
Hanna si limitò ad un alzata di spalle e ad uno sbuffo un po’ troppo rumoroso.
Dopo aver premuto play per il film, Justin si sedette appiccicato ad Hanna, toccandole leggermente la mano.
Una scossa di adrenalina le arrivò dietro la schiena, e questa volta non era tanto la sensazione di uccidere, ma era un misto con una nuova sensazione mai provata. Non sapeva nemmeno gli umani normali, come chiamava quella sensazione. Lasciò perdere, sperando fosse solo il frutto della sua immaginazione a creare quelle particolarità.
Dopo qualche minuto interminabile, il film doveva ancora finire, ma qualcosa, come una voce, diceva ad Hanna di alzarsi e inventandosi una scusa banale si alzò e andò in cucina. Aveva lo sguardo perso nel vuoto come se fosse una sonnambula e non stesse controllando i suoi movimenti. Aprì il primo cassettone, dove erano poste tutte le posate e ne estrasse una forchetta gigante, come quelle che si usano per girare una pentola di spaghetti. Si guardò in giro, come per accettarsi che non ci fosse nessuno che la osservasse, e a passo felpato si diresse in soggiorno, dove il ragazzo dalla carne fresca stava seduto tranquillo, inconsapevole di star per affrontare la morte.





 

My Space ^__^
Mi scuso tanto per il ritardo
ma non avevo idee e ho sono stata rimandata
quindi ho dovuto recuperare gli studi.
Ma adesso sono qui e sono in vacanza.
Sono ad Ischia e non ho nessuno con cui uscire
quindi come una sfigata sono chiusa a casa a
pubblicare questo capitolo.
Ringrazio chi mi sopporta con qualche recensione
e ringrazio anche chi legge solo.
Sarei molto grata se mi faceste sapere cosa mi pensate di questo
capitolo :)

Alla prossima

Giuls <3

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Capitolo 5
*** Chapter five ***





Mistery Girl






Ormai la sua morte è sicura, lenta e dolorosa, pensò Hanna.
Justin era seduto tranquillo sul divano ad osservare quello che doveva essere un film pauroso,
inconsapevole del fatto che qualcosa dietro di lui si stava muovendo.
Hanna era pronta per l’azione successiva, ossia squarciare la gola del ragazzo biondo.
Osservava il ragazzo dall’alto, scrutando per bene ogni suo minimo particolare, senza tralasciare alcun minimo dettaglio. I nervi tesi si riposarono per un attimo, come se Hanna si fosse addolcita e lo avesse osservato con occhi diversi, occhi con cui non aveva osservato nessuno. Il suo viso era perfetto, non aveva imperfezioni,
eccetto per qualche brufolo sparso sulla fronte. Le sue labbra avevano un qualcosa di spettacolare,
erano rosee ed erano grandi, come se avessero appena subito un intervento per ingrandirle.
Hanna però, adorava il suo naso, aveva un qualcosa di particolare che in quel momento,
se solo avesse avuto una macchina fotografica, lo avrebbe fotografato centinaia di volte,
finché la memoria non fosse finita. Quell’Hanna stava osservando quel ragazzo senza mai staccarsi,
e troppo presa dai suoi pensieri per accorgersi che le sue mani e tutte le altre parti del suo corpo,
stavano svolgendo azioni senza che lei gli avesse ordinato qualcosa.
Le braccia si alzavano, le mani tenevano ben salde il coltello e si alzavano in direzione del biondo,
in quel momento, per la prima e assolutissima volta, negli occhi della ragazza comparve il terrore,
la preoccupazione e la fragilità. Proprio per combinazione, come caso del destino,
Francesco entrò dalla porta sul retro cogliendola sul fatto.
“HANNA!” e a quel punto, la ragazza fece cadere quello che aveva in mano sul pavimento, provocando così un tonfo secco.
Justin si girò spaventato, come se quell’urlo fosse programmato nella scena più paurosa del film.
Hanna alternava lo sguardo da quello di Francesco, arrabbiato, deluso a quello di Justin, spaventato e curioso.

E quando si era, poi , resa conto di aver commesso un grande errore, scappò al piano di sopra.
Cosa le è successo?” chiese Justin, alzandosi per andare a rincorrerla, ma fu subito fermato da Francesco,
che con sguardo basso aveva ordinato al biondo di andarsene, e lui, aveva annuito senza obbiezioni.
Quando casa fu libera, Francesco si sedette sul divano, aspettano che Hanna facesse la prima mossa.
Lui era intontito, aveva fatto una mossa sbagliata ad invitare quel ragazzo a casa loro,
ma lui supponeva fosse un test per vedere se in questi anni si era calmata.
A quanto pareva, non era cambiata e in lei non era cambiato niente.
Francesco si autoconvinceva sul fatto che c’era ancora una possibilità per Hanna, anche se ormai era più che evidente che non c’era più niente da fare se non sopprimerla. A quel pensiero gli vennero le lacrime agli occhi.
“Cazzo, io ho donato una mia vita a te e tu che fai cerchi di ammazzare l’unico ragazzo che ha voluto conoscerti?” Francesco urlava, imprecava mentre le lacrime scendevano violentemente sul suo volto rigandolo del tutto.
Hanna era al piano di sopra che ascoltava impassibile, tutto ciò che Francesco urlava.
Non l’ho mai sentito così arrabbiato, frustrato, si disse Hanna.
Era sempre stato un uomo pacato, affrontava le difficoltà con calma e per crollare così avrà raggiunto proprio il limite. Per un po’, però la situazione di sotto sembrò calmarsi. Hanna emise un grande sospiro che fu soppresso immediatamente a causa di un'altra sfuriata di Francesco.
“Io me ne esco…tu ucciditi, fai quello che vuoi io ho perso le speranze!” le urla furono seguite da uno sbattere della porta di ingresso e poi…il silenzio.
Hanna si distese a pancia all’aria sul letto matrimoniale, e osservava il soffitto bianco.
Non trovava alcuna imperfezione, non aveva visto nessun muro così perfetto, stupefatta anche per una simile sciocchezza. Il silenzio dominava l’aria circostante e le uniche cose ad interrompere, di tanto in tanto, quel silenzio, erano il ticchettio dell’orologio, i vecchi mobili che scricchiolavano, le persone al di fuori della casa e qualche uccellino che cinguettava tranquillo. Hanna era rimasta praticamente sola,
e in quel momento, le passarono per la testa, le scene dell’uccisione dei suoi genitori e del suo piccolo fratellino.
Aveva amato tutti immensamente, ma non aveva rimpianti come, invece, incominciava ad averne.
Dopo essere uscita dal manicomio ed essersi trasferita in città, aveva ucciso solo un gatto nero che l’aveva sfidata con la sorte. Era passato davanti a lei più di una volta e lei aveva accettato la sfida lanciandolo sotto un’auto in corsa,
lì ci aveva trovato gusto ad ucciderlo. Sorrise maleficamente, al ricordo di quella scena.
Scrollò la testa più volte, come per ammonirsi di un pensiero così cattivo e si alzò di scatto, posizionando il suo sguardo sulla finestra. Francesco era in giardino, disteso sull’erba fresca con gli occhi chiusi.
Il sole stava tramontando per dare spazio alla notte di occupare le strade e le persone stavano rincasando probabilmente dal loro lavoro.
C’era chi, ad aspettarlo fuori dalla porta, aveva i suoi bambini, sua moglie o suo marito che li accoglievano con un grande abbraccio. Ecco cosa mi ha spinto ad uccidere i miei genitori,
ci pensò Hanna con occhi sbarrati come se avesse appena trovato la luce dopo anni di buio,
loro hanno sempre preferito Josh a me ed io venivo trascurata, è stata colpa loro, non mia, si spiegò Hanna con un velo di rabbia negli occhi. E ripensando a quella mattina dell’omicidio le scese anche una lacrima che si prosciugò  appena raggiunse la guancia. Scese le scale per raggiungere il soggiorno,
sedersi sul divano e osservare il nulla finché Francesco non avrebbe rincasato.
Passarono ore, fuori era buio, non completamente grazie ad alcuni lampioni accessi che permettevano di vedere. Poi la porta d’ingresso si aprì, per mostrare una figura di un uomo stanco, triste e ucciso nell’anima.
“Hanna?” la chiamò Francesco.
“Sono qui” rispose flebilmente la ragazza, come per paura che l’avrebbe uccisa a un solo movimento sbagliato.
Francesco spostò il suo sguardo in soggiorno, sul divano e sorrise percettibilmente ad Hanna che lo scrutava attenta.
L’uomo rimase sulla porta in silenzio, ancora con quel sorriso triste sul volto, nel frattempo, Hanna lo osservava curiosa e dispiaciuta per quello che era successo quel pomeriggio.
“Vuoi rimanere in piedi come i cavalli, oppure ti vieni a sedere vicino a me?” chiese, Hanna divertita, come se volesse alleggerire l’aria piena di tensione che si era creata.
“Non fare la spiritosa, perché quello che hai fatto oggi non è stato divertente” Francesco, aveva un espressione da duro.
Le sopracciglia accigliate, la mascella contratta e le labbra serrate, a vederlo faceva quasi paura.
Si sedette sulla poltroncina di fronte al divano dov’era seduta Hanna, e la guardava con ribrezzo,
come per farle intendere che aveva sbagliato e che una cosa come quella, non  doveva più accadere.
“Se continui così, sarò costretto a puntarti una pistola alla testa e ucciderti con un colpo secco!” disse, mantenendo lo sguardo fisso sui suoi occhi.
Hanna deglutì rumorosamente “Come sei stato schietto” disse, accennando ad una risatina nervosa.
“Domani, ci sarà un test…” Francesco prese una pausa e poi aggiunse “ Justin passerà l’intera giornata con noi e tu dovrai controllarti, se non ci riuscirai, avrò una pistola e te la punterò alla testa”
Ci furono attimi di silenzio tra i due, Hanna era sconcertata e nonostante volesse ancora una volta,
quel ragazzino tra i piedi, non sapeva se sarebbe riuscita a controllarsi.
Francesco, era certo della sua decisione, e se mai non sarebbe riuscita a controllarsi, sarebbe stato difficile ucciderla, ma era suo dovere eliminare dalla terra una minaccia per la popolazione.
Vedendo che Hanna non aveva alcuna intenzione di dire qualcosa, Francesco si alzò di peso da sopra alla poltroncina, si avvicinò alla ragazza per lasciarle un grosso bacio sulla fronte e andò a dormire lasciando la ragazza con i suoi pensieri.
Farò yoga tutta la notte se sarà necessario, pur di non farmi uccidere e mantenere il controllo, si disse Hanna con sguardo sicuro su un punto preciso del pavimento.
E si mise in posizione, pronta per svolgere lo yoga più tranquillo di tutti i tempi, pronta per un giorno che annuncerà la sua nuova vita, oppure la sua morte.
 
 




My Space
Scusate il mio enorme ritardo
ma avevo i compiti delle vacanze, il 
mare mi chiamava e la voglia di pubblicare non c'era
anche se avevo il capitolo già pronto.
Anche il prossimo è pronto ma avrò bisogno di
recensioni per poterlo pubblicare :)
Siete pronteeee per l'inizio della scuolaaaa?
Oddio ho proprio bestemmiato...io non sono psicologicamente
pronta per tornare a studiare nonostante lo stia già facendo per il
debito, ma mi scoccio proprio.
Vabbè sto sclerando, me en vado XD
Recensiteeeeeeeeeee e ringrazio chi recensisce sempre, vi amo <3

Alla prossima

Giuls <3

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Capitolo 6
*** Chapter six ***







The Test Failed




Purtroppo lo yoga non andò per il verso giusto, infatti Hanna si era addormentata al primo “Ohm” della serata,
sistemandosi un cuscino di stoffa dietro la nuca e distendendosi sul tappeto,
uno di quei tappeti antichi che si trovano nelle sale della chiesa e che avevano lo stesso odore di incenso,
tutti decorati strani con dei colori precisi. Ma quello che più catturò l’attenzione di Francesco appena sveglio,
non fu tanto il tappeto che ormai ci aveva fatto l’abitudine a vederlo per terra, ma la ragazza che dormiva tranquilla,
spensierata su di esso.
Osservandola sembrava una ragazza come le altre, a cui piace lo shopping, a cui piacciono i ragazzi,
le uscite con le amiche, a cui piace truccarsi ed avere le unghie sempre ben in ordine e tutto questo solo guardandola.
Parlandole, invece, tendi a conoscerla e a immagazzinare nella testa solo gli aspetti negativi della sua vita e del suo carattere,
andando a tralasciare tutto ciò che la rende una ragazza normale. Il suo viso sembrava aver un non so che di regale,
sarà per quel suo nasino all’insù oppure quelle labbra così sottili,
quasi invisibili a renderla all’apparenza la ragazza perfetta in una vita a tutti sconosciuta.

E mentre Francesco osservava tutti questi particolari, accennando di tanto in tanto un sorriso tenero e sincero,
Hanna arricciava il naso, e conoscendola, l’uomo comprese che la ragazza stava sognando qualcosa di romantico.
Gli aveva raccontato tutti i suoi sogni romantici con quella smorfia e lui aveva riso, ogni volta, guardandola.
Hanna diceva che le cose sdolcinate non le piacevano, era arrivata al punto di dire che
“anche i cartoni sono diventati disgustosi con il loro romanticismo del cavolo” e mentre lo diceva,
lanciava un cuscino contro il televisore e si arrabbiava a tal punto da spegnerlo e guardarsi intorno.
Alla fine, è una ragazza come le altre con un passato da dimenticare.
Francesco distolse lo sguardo perché ormai Hanna si stava per svegliare, e andò in cucina a preparare la colazione per entrambi.
Nel frattempo Hanna aveva appena aperto gli occhi, scorgendo la prima luce del mattino e coprendosi gli occhi,
per il brusco impatto che aveva avuto con essa.
Riprendendosi e facendo mente locale di quello che era successo la sera prima,
si sbatté una mano sulla fronte imprecando su se stessa per non essere riuscita a rimanere sveglia a completare il suo momento di yoga, comprendendo di essersi addormentata al primo tentativo e per di più sul tappeto.
Dovevo essere proprio rincoglionita ieri sera per non essere riuscita a raggiungere il letto,
si disse la ragazza sistemando le cose in disordine intorno a lei,
per raggiungere poi la cucina dove Francesco la stava aspettando con uova e pancetta già pronti sul tavolo.
“Buongiorno” disse pigramente lei, dopo aver passato la soglia della porta.
“Ciao…dormito bene sul tappeto?” chiese ironicamente Francesco, addentando la sua pancetta.
“Hai visto anche tu? Mi sono proprio dimenticata di avere un letto” disse prendendo posto davanti alla sua colazione.
“Oppure…eri troppo stanca per salire le scale”
Hanna sembrò pensarci su “Si questa è una giustificazione più saggia”
Seguirono poi attimi di silenzio, nessuno dei due voleva toccare l’argomento,
forse per paura o per imbarazzo ma fu Francesco a fare il primo passo.
“Allora…ehm…sei pronta per oggi?” chiese esitando.
Hanna si aspettava quella domanda, ingoiò rumorosamente ciò che aveva in bocca e parlò “In un certo senso si, sono pronta” disse guardando il piatto quasi vuoto davanti a lei “posso solo sapere cosa faremo?” la curiosità aveva preso possesso di lei.
“Certo…allora ho organizzato una gita nei boschi, saremo tipo Tarzan nella foresta” disse alzandosi e posando il piatto nella lavastoviglie, ripulendolo prima dai residui dell’uovo.
“Sai che odio gli insetti!” sbottò irritata prima di aggiungere anche il suo di piatto nella lavastoviglie.
Francesco si limitò a sorridere maligno, per poi salutarla con un cenno della mano e sparire al piano di sopra.
Hanna stizzita dal suo comportamento, diede un calcio a un mobiletto poco distante da lei, facendo cadere ciò che c’era su quel mobiletto, ossia una bolla di vetro contenente un pesciolino rosso.
“E tu da dove salti fuori? Francesco ha dimenticato di presentarci” eppure non si mosse per raccoglierlo e salvarlo.
Lo trovava divertente guardare quell’innocente pesciolino che cercava acqua per sopravvivere.
Stava morendo e lo si poteva osservare dal suo respiro che si faceva mano a mano sempre più irregolare.
Un sorriso compiaciuto comparve sul suo volto e si sentì ancora più realizzata quando si decise a prendere il pesciolino da terra e poggiarlo sul bancone della cucina. Il pesciolino parve rasserenarsi, ma quando Hanna prese un coltello, il pesciolino parve assumere un espressione spaventata e di morte quando fu infilzato da quella lama tagliente. Hanna gli strappo le budella e tutto ciò che c’era all’interno del pesciolino e tutto a mani nude, per poi buttarlo nella spazzatura e lavarsi le mani.
Francesco la raggiunse in ritardo, comparendo in cucina con un asciugamano attorcigliato al bacino e con un espressione di sgomento sul viso.
“Cosa è successo?” chiese guardando prima lei e poi tutto il macello che c’era sul pavimento.
“Sapevi di avere un pesciolino rosso?” parve assumere l’espressione docile e tenera di sempre.
“Si…si chiama Osvaldo”
Hanna scoppiò in una fragorosa risata “Perché ridi?” chiese Francesco irato dal fatto di non trovare il suo pesciolino al suo solito posto, ossia nella bolla di vetro.
“Sul serio gli avevi dato quel nome?” continuò tra una risata e l’altra.
“Ma perché parli come se fosse morto?” poi, come se si fosse accesa una lampadina nel suo cervello, 
aggiunse “Hai ucciso Osvaldo? Ma...perché, come…che ti aveva fatto?” chiese in modo dispiaciuto Francesco.
“Keep Calm…non mi aveva fatto niente è solo che, quando mi hai detto che avrei avuto un pomeriggio con gli insetti mi sono arrabbiata e ho tirato un calcio a quel mobiletto” disse, indicando il mobiletto al suo fianco,
e poi aggiunse “ e lui non ha resistito ed è caduto… evidentemente non gli è piaciuta la battuta di Tarzan” disse incrociando le braccia al petto, pronta per aspettare una battuta di poco gusto da parte di Francesco,
il quale questa volta sembrava essere davvero serio.
“E perché non l’hai aiutato quando è caduto?”
Hanna lo guardava con aria sbalordita, come per chiedergli se stesse facendo sul serio oppure stesse recitando,
perché se era così poteva fare l’attore.
“era un pesciolino” disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo che un povero pesciolino fosse morto.
“Tu sei in prova…e dovresti provare a salvare tutte le cose in difficoltà, partendo dalle persone fino agli animali e tu invece di metterlo nell’acqua, l’hai ucciso” nell’ultima parte del discorso aveva alzato la voce,
tanto che Hanna dovette fare qualche passo indietro.
Non disse niente, non aveva scusanti ma era da tanto che non vedeva soffrire qualcuno, era da tanto che non vedeva qualcuno avere il terrore negli occhi, proprio come ne avevano i suoi genitori.
I suoi genitori: erano delle persone fantastiche, invidiate da tutto il vicinato perché sempre con il sorriso sulle labbra.
E poi arrivò quel giorno, che nessuno si aspettava che arrivasse, lei era impossessata da un qualcosa di cattivo che ormai aveva fatto tutt’uno con la sua parte buona.
Incontrollabile, è l’aggettivo giusto da attribuire alla forza maligna che si era impossessata del corpo e dell’anima della, allora,
piccola Hanna Lars.
Francesco salì, muto, al piano di sopra probabilmente per vestirsi, lasciando ancora una volta Hanna da sola con i suoi pensieri.
Ma cosa mi è successo? Perché non ho aiutato Osvaldo? Perché? Perché?
Troppi perché vagavano nella sua mente senza attribuirne ad essi delle risposte.
Non le veniva da piangere, non le veniva di uccidersi ma voleva solo uccidere una persona in quel momento.
Una qualsiasi forma di vita, che avesse un cuore battente e il sangue pulsare nelle vene.
Prese il coltello che aveva usato per uccidere il pesciolino e uscì fuori in giardino, diretta alla casa dell’anziana vicina.
Camminava con passo felpato, attenta a non farsi vedere , e far insospettire qualcuno che avrebbe sicuramente chiamato la polizia.
Il suo passo era così veloce tanto che l’aria veniva tagliata dalla sua figura, provocando un suono sordo.
L’erba che calpestava rimaneva spiaccicata al terreno il quale si attaccava ai piedi nudi di Hanna,
la quale non teneva conto di tutto ciò che le era attorno.
Bussò alla porta, assunse un’espressione angelica in volto, quell’espressione da traditrice e assatanata di sangue, nemmeno fosse un vampiro che non mangia da anni, nascose il coltello dietro la schiena e pochi secondi dopo la donna aprì la porta con un sorriso raggiante sul volto riconoscendo la figura di Hanna. Ella sorrise a sua volta prima di entrare e chiudersi cupamente, violentemente la porta alle spalle. L’anziana signora parlava, ignara di quello che le sarebbe successo di lì a poco.
Quando si girò per regalare alla ragazza uno dei suoi dolci sorrisi, si ritrovò pugnalata al petto.
La signora guardò prima se stessa e il punto in cui era stata colpita e poi guardò la ragazza, aveva gli occhi rosso fuoco, uno sguardo maligno e un sorriso compiaciuto sul volto. Hanna prese il manico del coltello così violentemente da far cadere la signora sul pavimento... ci un un'altra accoltellata, un'altra ancora e la signora stava perdendo i sensi e il sangue che spruzzava dappertutto.
Quello che più stupì Hanna è che, la signora non urlava e né chiedeva aiuto, ma supportava in silenzio.
Ci fu un'altra accoltellata, forse l’ultima, e questa decise la morte della signora che prima di morire disse le sue ultime parole “Ti perdono, Hanna”
Hanna scosse la testa ripetute volte, come per svegliarsi da un incubo e rendendosi conto di quello che aveva fatto e uscì da quella casa. Fuori non c’era nessuno, le strade erano deserte a vantaggio di Hanna che sul suo volto si poteva leggere la sua espressione colpevole. Entrò in casa di Francesco con l’affanno, nonostante avesse corso solo un vialetto e si rifugiò sotto la doccia, facendo il tutto molto velocemente per poter andare alla gita ancor prima che avrebbero scoperto l’anziana morta e avrebbero scoperto il colpevole.
“Sono pronta, andiamo?” chiese la ragazza infilandosi un giacchettino di cotone leggero.
“Come mai tutta questa voglia di andare in gita?” chiese Francesco raggiungendola al piano di sopra.
“Perché ho valutato la parte positiva della gita e non vedo l’ora”  spiegò in modo veloce,
per poi prendere a braccetto l’uomo e condurlo all’auto.
“Aspetta, dobbiamo aspettare Justin” Francesco si fermò con forza, costringendo anche Hanna a fermarsi.
“Lo andiamo a prendere noi, sotto casa sua” sorrise per poi aggiungere “ l’avverto io” e salirono entrambi in auto.
Nessuno sarebbe venuto a sapere di quello che era successo, nessuno avrebbe sospettato di lei perché non conoscevano il suo futuro, ma un fatto era certo…il test l’aveva fallito.




 

My space
Ciaooo belle ragazze :)
nell'ultimo capitolo non ho avuto
molte recensioni come quelli precedenti
ma mi accontento perchè scivere mi piace
e adoro questa storia (spero piaccia anche a voi)
Comunque Justin comparirà ancora nel prossimo
capitolo e da lì ci sarà per sempre nella vita di Hanna,
insomma, trascorreranno molto tempo insieme fino ad innamorarsi
l'uno dell'altra XD
Aspetto una vostra recensione :)
Facebook: Giuliana Laperuta
Twitter: @SwagGirl1394

Alla prossima

Giuls :)

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Capitolo 7
*** Chapter seven ***





Love And...Kill Again


Può scoprirlo ed io sono finita, pensava Hanna mentre osservava, fuori dall’autovettura,
il paesaggio che scorreva velocemente, senza lasciare il tempo di mettere a fuoco l’immagine dell’oggetto che si vuole osservare.
Erano passati per casa di Justin, e adesso lui stava parlando animatamente con Francesco, gesticolando e ridendo alle proprie battute. Una risa melodica, gioiosa e tranquillante come una camomilla, presa quando ti senti nervoso o solo per scacciare le tensioni.
Era quello l’effetto che le provocava Justin in quel momento.
No, non va bene, si ripeteva Hanna in continuazione e si ammoniva sul fatto di non potersi innamorare di lui,
sarebbe in pericolo per tutta la vita, ci ragionò su la ragazza.
E in effetti aveva ragione, dopo quello che era successo quella mattina,
doveva cercare di mantenere il controllo per tutto il pomeriggio…Per Justin, si diceva con un sorriso amabile sul volto.
In effetti, Hanna con tutte le persone che aveva avuto a che fare, a parte Francesco, aveva sempre provato un senso di odio,
rabbia e di incontrollabile voglia di vederli sul pavimento a soffrire con tutto il sangue che gli scorreva dal punto colpito.
Con Justin era diverso, con lui riusciva a controllarsi, l’istinto le dava campo libero,
nel senso di essere se stessa e di non preoccuparsi per niente, ma nel suo caso, si doveva rimanere sempre con gli occhi ben aperti oppure una minima cosa avrebbe causato il disastro e la morte di Justin.
Al solo pensiero, ad Hanna, le si formava un groppo alla bocca della pancia, le si fermava il cuore e a stento riusciva a respirare.
Saranno quegli occhi così ammalianti, quelle labbra così sexy oppure quei capelli da farti venir la voglia di passarci la mano e giocarci per ore, a renderlo così affascinante e irresistibile persino a lei. Spero solo di non fargli del male, perché ne farei anche a me, si disse contorcendo le labbra appena arrivati nel deserto più assoluto, erano circondati solo da piante, animale fastidiosi e tanto verde da vomitarci sopra.
“Eccoci arrivati, ragazzi” disse l’uomo al suo fianco, girando la chiave e spegnere i motori “ ci divertiremo un sacco”
aggiunse esaltato.
Uscirono tutti, Hanna fu l’ultima, senza la buona volontà di intrufolarsi nella natura ed esplorarla. A parere suo, le sarebbe bastato andare a mangiare una pizza come i comuni mortali, e non trasformarsi in scimmie in una sola giornata solo per esplorare la natura.
“Hanna, su con il morale” si avvicinò a lei posandole una mano sulla spalla “potresti davvero incontrare Tarzan e Jane, la fidanzata” aggiunse, ridendo e coinvolgendo Justin, il quale manteneva sulle spalle un piccolo zainetto di colore verde, uguale a quello che portava anche Francesco.
“Sai di essere diventato squallido con queste battute da dementi, vero?” ironizzò, Hanna facendosi spazio,
essendo così la prima ad “entrare” nella natura.
Prima finiamo di esplorarla e prima ce ne andiamo,  si disse con un sorriso malizioso sulle labbra.
 
 
                                                                                                    *               *                 *
 

“Sono da ore che camminiamo, ci possiamo fermare?” chiese Hanna esausta, appoggiandosi ad un tronco di un albero.
Cattiva idea, quel tronco era pieno di formiche, alcune delle quali camminavano sulla mano di Hanna, che dovette scuoterla per levarsele di dosso.
“Ci fermiamo quando lo decido io” disse Francesco, scostandosi dalla visuale un ramo, il quale colpì in pieno volto Hanna,
che si trovava subito dopo Francesco, seguita poi da Justin che aveva la visuale del suo lato B che si muoveva a destra e sinistra.

“La smetti di guardarmi il sedere?” disse spazientita e guardandolo dritto negli occhi.
Justin, rimase un attimo a guardarla, più che altro a mangiarsela con gli occhi.
Penso di non aver mai visto ragazza più bella di te, avrebbe voluto dirle e poi si sarebbero baciati,
ma tutto questo nella grossa fantasia di Justin.

“Hanna…” la riprese Francesco.
“Che c’è?”
“Potresti almeno chiedere per favore!” spiazzata da quella risposta, riprese di nuovo al suo cammino finché non cadde per terra per essere sbattuta contro le possenti spalle di Francesco, che si era fermato.
“Merda…perché ti sei fermato?” disse, accettando una mano da Justin per alzarsi.
“Perché questo è il posto giusto per fermarsi”
Entrambi i ragazzi non capirono al volo il senso di quella frase, finché non puntarono lo sguardo nella stessa direzione in cui stava guardando Francesco, e lì capirono.
Erano su una montagna altissima, dal quale si vedeva il mare, qualche stormo di uccelli che volava,
una distesa di verde immensa e un sole fantastico…caldo…ma davvero spettacolare,
sembrava di essere in un film dove tutto era stato progettato.

“Sei ammaliata vero?” chiese l’uomo rivolgendosi alla ragazza, la quale aveva gli occhi sgranati e la bocca spalancata per quello che aveva davanti.
Lei annuì violentemente, come i cavalli che scuotono violentemente il capo per scostarsi le mosche dal muso.
E cosa più spettacolare, Hanna poté sedersi sul telo, che Francesco aveva accuratamente portato da casa, e mangiare il suo panino con prosciutto, salame, ananas e formaggio. Sembro una regina nel suo regno, pensò Hanna addentando il suo panino.
Justin le era seduto a fianco e tutto era perfetto, soprattutto se c’è lui, pensò Hanna guardandolo con la coda dell’occhio.

 
                                                                                           *                 *            * 

Il sole stava calando, e l’atmosfera si era fatta più rossa, a causa del tramonto, l’aria era diventata più fresca e tutti gli insetti inutili se ne stavano andando per dar spazio alle zanzare. Hanna era seduta sulla punta della montagna ad osservare il tutto più da vicino, aveva l’erba che le solleticava la gamba nuda, a causa degli shorts che si era messa quella mattina, qualche coccinella rossa con i pois neri le si posavano sulle gambe, tenendola compagnia.
“Hanna?” la chiamò Justin, dolcemente “Non hai paura di cadere?” aggiunse, guardandola preoccupato.
“Avanti fifone, vieniti a sedere vicino a me” disse lei, invitandolo con la mano a sedersi al suo fianco.
Justin esitò un attimo, poi la raggiunse cercando di essere il più prudente possibile.
“Certo che sei strana, tra tanti posti proprio il più pauroso” disse dopo essersi sistemato e dopo esserci accertato di essere in una buona posizione per non cadere di sotto.
“Dovresti conoscermi…io sono strana” disse, ridendo.
“Già, una strana davvero perfetta” Justin diede voce ai suoi pensieri, senza rendersi conto di averli detti ad alta voce,
come se fosse in un sogno e molto difficile da riuscire a svegliarlo.

“Cosa hai detto?” chiese Hanna, girandosi divertita verso Justin, il quale scosse la testa ripetutamente,
come per svegliarsi e rispose “ Cioè, io non volevo dire perfetta, volevo dire bellissima” si corresse lui, e accorgendosi di aver detto ancora una volta una cazzata si riprese “ Cioè sei bella”.

Ecco sono proprio cretino…ma dove è andato a finire Justin Drew Bieber? Il ragazzo che non cade ai piedi delle ragazze ma viceversa? Justin si batté una mano sulla fronte come per cancellare quanto detto e riprendersi dall’ammaliamento totale.
Hanna rideva come non aveva mai fatto, procurandosi, così, degli sguardi agghiaccianti da parte di Justin “Oh mio caro…non devi innamorarti di me!” Hanna si fece seria, non nascondendo il suo divertimento.
“Oh mia cara…è troppo tardi, credimi” erano vicinissimi, e ad un solo movimento sarebbero caduti dalla montagna,
i loro respiri si fondevano in uno solo, i loro cuori battevano all’impazzata ma si confondevano tra i rumori del bosco,
quindi quasi impossibile sentirli...una cosa magia, mai provata da entrambi,ma Hanna doveva impedire quel bacio e mettere in salvo Justin, e l’unico modo per farlo era stare lontana da lui.

“No, Justin…Fermati, tu non mi conosci io non sono quella che ti è davanti” per poco scoppiava a piangere,
affranta dal fatto che di lì a poco gli avrebbe detto tutta la verità.

“Hanna io non capisco…mi piaci ok?” sbottò Justin, guardando davanti a sé.
“Justin mi piaci anche tu, ma è meglio per te se rimaniamo amici” disse lei, poggiandogli una mano sulla gamba, lui la scostò velocemente per poi controbattere “Spiegami perché? perché non potremmo essere una coppia normale come tutti?”
“Perché io uccido le persone” era indecisa sul continuare e non ma lo fece comunque, appena Justin le rivolse tutta la sua attenzione, con sguardo spaventato con un minimo di comprensione “ si Justin…sono un assassina, ho ucciso i miei genitori e il mio fratellino all’età di cinque anni e questo ha segnato il mio destino, sono stata rinchiusa in un manicomio dove ho scoperto la sofferenza e non ho più ucciso da allora” si fermò per riprendere fiato “da quando sei entrato nella mia vita, ho incominciato a riavere quella voglia matta di vedere morire le persone, con te sto bene, mi piaci e non vorrei ucciderti, ma appena mi stai lontano un qualcosa mi scatta…stamattina ho ucciso un pesciolino e la mia vicina. Con te non succede e non so perché, non mi era mai capitato con nessuno quello che mi succede, ogni volta che ti sto vicina…” guardava Justin come per capire la sua  reazione oppure avere un segno che aveva capito, ma non arrivò niente, perché Justin guardava fisso, con la mascella contratta e lo sguardo serio, un punto indefinito al di sotto della montagna.
Hanna decise di non parlare e di lasciarlo qualche minuto solo, fece per alzarsi ma fu fermata dalla mano di Justin  che manteneva saldo il polso di lei, un tocco leggero, che le fece capire di restare.
Justin si alzò e puntò il suo sguardo in quello di lei, fondendosi insieme, tra i due c’era una forte armonia “Possiamo risolvere questo problema insieme” propose Justin, prendendole le mani e incrociandole con le sue.
“è quello il problema, Justin…non si può risolvere”
“Ma se stiamo costantemente insieme non dovrai uccidere nessuno”
“Ho paura di farti del male, non saprei perdonarmi se solo ti accadesse qualcosa per causa mia”
“Pensiamo al bene delle altre persone, poi penseremo al resto…” e prima che Hanna potesse parlare,
Justin fece la sua uscita di scena baciando Hanna.

Un bacio dolce, senza lingua, solo un morbido incastro tra due labbra, durato poco, ma che per Hanna durò un eternità,
capitela era pur sempre il suo primo e unico bacio, e non pensava che mille e più emozioni si scatenarono all’interno di quel corpo tanto malvagio quanto fragile.

Justin si staccò dalle sue labbra, le sorrise e stava per allontanarsi ma la voce di Hanna lo fece bloccare.
“Ehm…Justin?” lo chiamò Hanna, ancora tremante per quello che era successo.
“Si?” si girò verso di lei con un sorriso compiaciuto sul viso.
“Potresti rimanere segreto l’assassinio della mia vicina?”
“Tutto per te, principessa” e con questo, Hanna si sentì davvero morire, prima odiava le cose romantiche, ma adesso si sarebbe mangiata Justin per quanto era stato dolce a comprenderla e a mettersi a disposizione per aiutarla.
Ma adesso, oltre l’amore qualcosa stava salendo a galla, voleva: uccidere ancora.




 

My space
Sono tornata con un nuovo capitolo
e devo avvisarvi che pubblicherò solo il sabato per
via della scuola e del poco tempo discponibile :(
Oddio che tortura la scuola...VOGLIO MORIRE.
Per quanto riguarda il capitolo ringrazio tutte quelle
che recensiscono e ringrazio anche quelle che leggono
solo anche se vorrei almeno una piccola recensioncina
da parte loro XD Non vi mangio mica :)
Vi voglio bene e ringrazio soprattutto la mia amica

Neverlethimgo...Giuliaaaa la mia Giuliaaaa XD Le voglio troppo bene XD

Alla prossima

Giuls <3

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Capitolo 8
*** Chapter eight ***




Total Silence






Nei giorni successivi alla gita nella foresta, Justin provò un impulso di terrore nel stare con  Hanna e la ignorava,
in qualsiasi cosa lei facesse, dicesse, in tutto. Ci aveva pensato tanto, gli piaceva e tanto anche, ma la paura era più forte,
paura di essere ucciso e di essere buttato in un burrone ancora con il cuore palpitante in petto.
Si rendeva conto di quello che aveva fatto, quel giorno alla foresta, ma la ragione, in quel momento, non era in lui,
si era andata a fare un giro per staccare da tutto lo stress che Justin le aveva accumulato e l’aveva abbandonato nel momento del bisogno. Ignorandola faceva un torto ad entrambi, perché lei soffriva vedendolo distante e lui soffriva non poterla abbracciare o aiutarla. Ma la ragione si era fatta viva, e gli aveva fatto capire che per delle ragazze del genere non c’era alcuna speranza di salvezza.
Lui, ripensando all’omicidio della vecchia signora, si era fatto abbindolare dalla ragione e manteneva le distanze senza farsi del male. Era egoista...Ma andiamo!...Tutti avrebbero reagito nel modo in cui stava reagendo lui. Scoprire che la ragazza che ti piace è un’assassina, è un duro colpo, ma se colei che ha commesso omicidi ti apre il cuore dicendoti che le piaci anche tu, dimentichi tutto il resto e mandi tutto a puttante. Solo che Justin, aveva avuto il momento per pensarci e pensava fosse cosa giusta mantenere le cose come stavano andando, ossia starle lontano ad ogni costo.
Per quanto riguarda Hanna, quel giorno a scuola aveva deciso di parlargli, perché doveva spiegargli che senza di lui la voglia di uccidere, uccideva lei che si tratteneva nel non tradire il ragazzo che le piaceva. E in quel momento, pensò alla vecchia signora,
tornati dalla gita, avevano trovato un ambulanza, auto della polizia e tante persone curiose, piangenti e dispiaciute per l’accaduto. Hanna, davanti casa, aveva abbassato lo sguardo senza dare segni di colpevole per quello che era successo.
Avevano dichiarato che la signora si era suicidata, e tutti, come degli allocchi, ci avevano creduto senza approfondire l’argomento. Francesco, invece, andò in fondo alla cosa, aveva chiesto ad Hanna qualcosa ma lei rispondeva di non aver mai conosciuto quell’anziana signora. Deve essere stata molto brava, perché Francesco ci era cascato con tutte le scarpe, almeno così le aveva fatto credere.
Nei giorni successivi, non aveva ucciso nessuno, ma la tentazione era fortissima, e l’unica cosa a calmarla di poco era vedere Justin per i corridoi della scuola, guardarlo di sottecchi e sparire a passo veloce.
Avevano qualche ore di lezione insieme, ma ad ogni contatto che ella volesse avere con lui,
egli si spostava di posizione o diceva di voler andare in bagno saltando così l’intera lezione.
Era frustrata, arrabbiata, irritata e la sua voglia di uccidere era così grande che la sua parte peggiore era uscita in lei proprio durante l’ora di ricreazione, quando il corridoio era libero e tutti erano nella sala mensa, non tutti per lo meno, un ragazzo, alto almeno quanto lei, con occhi scuri, capelli rossi, lentiggini su tutto il viso e un gran sorriso, stava passando proprio di lì in quel momento, ed Hanna sorrise.
“Ehi ,ciao…” lo salutò, fingendosi il più carina e sexy possibile.
Il ragazzo la guardò malizioso, doveva essere uno di quelli che si fanno una ragazza a sera “ Ciao bella fanciulla, sei sola?” chiese, avvicinandosi pericolosamente a lei.
Casualmente, dietro di lei c’era proprio uno sgabuzzino, dove i bidelli ci mettevano all’interno tutte le cianfrusaglie per pulire la scuola.
“Vuoi entrare con me? voglio farti vedere una cosuccia” disse, abbassando di poco la chiusura lampo della sua felpa nera.
Il ragazzo si leccò le labbra con maliziosità, e senza farselo ripetere due volte, aprì la porta di quello sgabuzzino e ci sbatté dentro la ragazza. Stava succedendo tutto con estrema velocità, era buio e si riusciva a vedere poco e niente, ma Hanna ci era abituata al buio, e riuscì a vedere una mazza da scopa. Non molto utile, pensò Hanna in quel momento, mentre il ragazzo cercava di spogliarsi.
Ma servirà a farlo avere un trauma al cervello, si disse, sorridendo malefica.
Con velocità afferrò la mazza da scopa e gliela spaccò in testa, lui cadde senza sensi sul pavimento.
Hanna si ritrovò la mazza con un solo pezzo, essa si era spezzata in due, facendo illuminare gli occhi della ragazza, la quale, senza pensarci due volte lo infilò nel petto del ragazzo, il quale, con occhi sbarrati, si teneva quella cosa, cercando invano di cacciarla fuori, ma nel momento in cui ci stava riuscendo, il suo corpo si spense e le braccia del ragazzo caddero lungo il corpo piegato di lui.
Hanna aveva un sorriso davvero compiaciuto del suo lavoro, il ragazzo era morto lentamente, davanti ai suoi occhi, e adesso vedeva ancora la sua espressione spaventata sul viso. Aveva ancora gli occhi sbarrati e non si mosse per chiuderli, ma le sembrava divertente vederlo in quello stato. Ma risvegliandosi si rese conto che la campanella era suonata e che un ragazzo era entrato all’interno di quello sgabuzzino. Le ci volle poco a capire chi fosse, perché era  l’odore inconfondibile del profumo di Justin.
“Justin?” domandò lei, in tono dolce, delicato. Justin aveva sentito un qualcuno gemere, ed era entrato a vedere.
“Hanna…cosa hai combinato?” chiese, accendendo la piccola luce sulla sua testa e osservandosi intorno,
disgustato non soltanto dall’odore, che da lì a poco sarebbe diventato rivoltante, ma anche dalla vista di quel ragazzo che era morto senza commettere niente di buono nella sua vita.
Justin lo conosceva, si chiamava Jhoan ed era il bulletto della scuola, amato dalle ragazze e invidiato dai ragazzi.
“è stata colpa tua, Justin” esordì lei, puntandogli un dito contro. Lui indietreggiò di colpo, con aria stupita, delusa e impaurito.
“Come scusa? io non ho fatto niente” si tenne pronto a rispondere, con tono di chi non ammetteva scuse, e le prese le mani
“ sei stata tu, con queste stesse mani” poi poggiò le sue mani sul suo cuore “ e con questo cuore, ammettendo che tu ne abbia uno” concluse guardandola, non più con amarezza, ma con dispiacere, comprensione.
“Io riesco a non uccidere solo se ci sei tu al mio fianco” gli prese le mani e lo guardò negli occhi “ quando mi sei vicino, è come se una forza positiva sia con me e mi impedisce di fare del male alla gente” lasciò le sue mani, ma mantenne lo sguardo fisso nel suo “ so che hai paura, l’ho capito dai tuoi atteggiamenti ma io con te potrei cambiare, so che suona strano ma potrebbe essere vero” e lì fu lui ad interromperla “ come potrebbe essere vero che riuscirai a cambiare” e da lì, seguirono attimi di silenzio strazianti, in cui i due si persero nei propri pensieri.
La puzza di sangue continuava a farsi più pesante e ormai avevano saltato l’ora di quella lezione.
“Che ne dici se oggi ci vediamo e ne parliamo?” chiese Justin, che di lì a poco avrebbe vomitato sulle scarpe di Hanna.
Lei si limitò ad annuire. Prima di uscire, coprirono qualsiasi traccia riconducibile a lei e poi, accertandosi che gli studenti fossero ancora tutti in classe, uscirono alla luce del sole, dove non c’era nessun morto e la puzza di sangue non inebriava le narici di Justin.
Suonata la campanella, si sorrisero prima di entrare ognuno nelle rispettivi classi.
 
                                                                                                                *                        *                            *

Quel pomeriggio, Hanna si era vestita ,come suo solito, con una felpa nera, un jeans e le sue amate convers , considerate troppo comode per essere vere.
Justin aveva una T-shirt, un cappello di lana sulla testa, un jeans e le sue supra.
Quando, egli arrivò al luogo dell’incontro e trovandola lì, sorrise pensando a quanto fosse bella nella sua semplicità e naturalezza.
E poi gli comparse la scena del ragazzo morto disteso per terra con una mazza di legno conficcata nel petto, e lì si fermò di scatto.
Ci stava ripensando? Forse. è la cosa migliore che tu stia facendo, torna indietro e dimentica quella ragazza, gli disse una vocina nella sua testa.
Ma Justin, coraggioso, decise di continuare il suo tragitto diretto da lei, che si guardava intorno nella speranza di scorgere una testolina bionda che andava verso di lei. E quando lo vide, i suoi occhi si illuminarono come se un angelo in persona, il suo angelo custode, stesse scendendo le scale del paradiso, per salvare lei. Era raggiante anche nella sua camminata sbandata da pinguino.
Ho visto che stavi tornando indietro, puoi farlo se vuoi” disse, guardando le sue scarpe.
“Non voglio, voglio, invece, rimanere ed aiutarti e scoprire cosa ti spinge a fare ciò che fai” la guardava in modo dolce.
L’amo, o almeno credo, ma è un assassina, pensava mentre lei continuava a guardarlo sbalordita.
Come posso essermi innamorato di un’assassina? Corro un grande rischio, cioè e se mi uccide? Le domande gli uscivano spontanee, come una macchina da cucire che cuce senza fermarsi finché non ha il comando.
“Non pensavo…cioè sei l’unico che decide di restare” afferma Hanna ancora immersa nei suoi pensieri.
Justin sembra risvegliarsi al suono della sua voce, e si affretta a rispondere “ ma io sono unico al mondo” disse con aria da superbo.
Mancava solo un bacio e tutto era perfetto. Hanna si avvinava al viso di lui, ed egli guardava le labbra di lei con l’intenzione di baciarle.
Ma con un colpo di tosse, fermò tutto quello che stava per succedere. E senza dire una parola si capirono entrambi,
ed entrambi dispiaciuti, si guardarono e si sorrisero appena.
“Sai resistere fino a domani?” Justin ruppe il silenzio, si era ormai fatta l’ora di andarsene.
“Cercherò di mantenere la calma, come ho fatto in questi anni” si autoconvinse, annuendo tra se e se.
Era un momento intimo, solo loro e nessun altro c’era in quel momento. Ma una figura di grande importanza nella vita di Hanna,
comparve alla vista di Justin, che con sguardo terrorizzato, l’osservava avvicinarsi velocemente e a passi pesanti, verso di loro.
Hanna notando l’espressione in viso di Justin, stava per girarsi verso quella direzione, ma Francesco la precedette e stringendole un braccio intorno alla gola, per immobilizzarla, le puntò la pistola alla testa. Hanna aveva il fiatone, per essere stata colta di sorpresa e per l’oggetto freddo che aveva alla testa.
Justin era imbambolato, come pietrificato alla scena davanti ai suoi occhi, non riusciva a muovere un muscolo. Se muore lei, muoio anche io, pensò Justin. Ovviamente vi domanderete, come potevano passare inosservati se erano in un parco? Giustamente Justin e Hanna, avevano scelto un parco abbandonato, nel senso che se passava una persona o un’auto era un miracolo. Le coincidenze della vita.
“F-F-Francesco, cosa stai facendo?” chiese Hanna, con voce tremolante.
“Sei stata tu ad uccidere la donna, VERO?” chiese in modo arrogante Francesco, che alzò la voce tanto che rimbombò negli isolati deserti di quella zona.
Hanna si sentì colta nel fatto, e gli attimi che vi seguirono furono nel più totale silenzio, mentre Justin stentava a mantenersi eretto e non svenire. 



My Space *.*
Salveeee Fanciullotteeee.
So che a molte non interessa che io sia mancata,
ma voglio comunque scusarmi. Mica mi ammazzate vero?
Io vi amo così tanto, okkay sto facendo la ruffiana XD
Vado col dirvi che questo capitolo fa schifo.
Ci ho messo un mese e mezzo per scriverlo perchè non avevo ispirazione,
e non è di certo tornata? Noooo si è andata a fare un giro XD
Comunque...Avete comprato Just Getting Started? Io si 
ed è stupendo uahiasbikbia *.*
Comunque ringrazio chi segue la storia, chi la recensisce
e a chi legge se volesse lasciare una recensione non mi farebbe male,
anzi farei loro una statua uahuauah
Lasciatemi qualche recensione e aggiorno più presto.
Promise :*

Alla prossima

Much love,
Giuls <3


https://twitter.com/SwagGirl1394

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Capitolo 9
*** Chapter nine ***




Illusion




Era un momento di vera tensione. Nessuno si aspettava che Francesco spuntasse da un momento all’altro e si mettesse ad uccidere chiunque,
ma non era un chiunque quella persona che stava per premere il grilletto alla tempia di Hanna.
Il silenzio colmava il momento attorno a loro, avvolgendoli in un cerchio,
estraniandoli dal mondo esterno, nonostante intorno a loro non ci fosse nessuno.
Avevano tutti i respiri affannati, la paura era viva tra di loro e saltava da persona a persona come se avesse dei trampoli,
e malefica saltava al primo che incominciava ad abituarsi alla situazione.
Hanna, per esempio, stava incominciando ad abituarsi. Aveva cambiato atteggiamento da un momento all’altro,
e per un qualche scherzo della natura, la sua paura di essere uccisa era minima a quando sai che il tuo cane fedele potrebbe morderti.
Lo sguardo di Justin balzava da Francesco ad Hanna, da Hanna a Francesco.
Poi si soffermò su Hanna, e notando la sua espressione tranquilla si preoccupò ancora di più: stava per succedere qualcosa.
“Non essere così sicura che non ti uccida, Hanna” disse l’uomo con aria di disprezzo.
Francesco, più la guardava e più provava un grande senso di nausea e ribrezzo nei suoi confronti.
Se non fosse stato per il fatto che la considerava una figlia, l’avrebbe uccisa senza farsi degli scrupoli, così con un colpo secco alla testa e sarebbe morta.
“Sono sicura, perché non ho fatto niente” parlò la ragazza che aveva una pistola puntata alla testa e più di due omicidi commessi.
“Sei una bastarda e bugiarda, e tiè ti ho fatto anche la rima” disse Francesco con sogghigno simpatico, infatti Hanna rise,
ma lui si ricompose e le strinse ancora di più il braccio attorno al collo, quasi per strozzarla.
“Hey bello, rallenta la presa, così mi uccidi per davvero!” disse lei, mantenendo il braccio di lui per allentare la presa.
“Secondo te non ne sono capace?” Francesco aveva assunto, di nuovo, quello sguardo serio di quando era arrivato,
e senza farselo ripetere due volte sparò ad Hanna e lei cadde per terra.
No, non è andata così, ma una cosa simile. Per dimostrare ad Hanna che Francesco avrebbe sparato sul serio,
lui staccò la pistola dalla tempia di lei e la puntò in alto, premendo il grilletto e sparando un colpo all’aria.
Si sentì un tonfo, tanto che Justin dovette coprirsi le orecchie per il rumore. Alcuni uccelli salirono in volo, allontanandosi da quella zona.
Il cuore di Hanna, allora riprese a battere velocemente, ma cercò comunque di rimanere tranquilla e di non apparire debole.
“Francesco non arriviamo a conclusione affrettate, forse ha qualcosa da dire” spiegò Justin, muovendo le sue mani su e giù, come per emanare tranquillità all’uomo.
“Si certo, così se la lascio uccide me e te e scappa” disse, mantenendo salda la presa sul collo di lei.
Hanna respirava a fatica e cercava, almeno con le mani e la propria forza, di allentare il braccio possente di Francesco che non aveva assolutamente intenzione di lasciarla andare. Ma Hanna aveva, comunque, un piano.
“Invece ho da dire delle cose, ma se mi trattieni così non potrò mai spiegare la situazione” aveva assunto di nuovo quell’aria di chi non aveva paura di niente, almeno lo dimostrava, ma dentro di sé, c’era una guerra di emozioni mescolate insieme, come un composto in chimica.
“Non mi fai fesso…non ti lascio nemmeno se un gabbiamo mi cagasse in testa” affermò con tono deciso.
Hanna stava perdendo la pazienza, si era scocciata di quella situazione e i suoi occhi assunsero un qualcosa di maligno, assumendo un colore diverso.
Justin la guardò preoccupato, cercando di mantenere lo sguardo in quello di lei, per trasmetterle la tranquillità, la spensieratezza. Ma Hanna era proiettata in un mondo tutto suo, dove l’unico argomento era: UCCIDERE E NON ESSERE UCCISI.
Justin mangiava le sue unghie dal nervosismo, si mosse e prese Hanna per le spalle, scuotendola per farla uscire da quel mondo,
dal quale doveva uscirci per sempre.
“Hanna…Hanna…ritorna con noi” continuava a scuoterla, finchè lei non strizzò le palpebre e diede segno di vita.
Assunse allora la stessa espressione maligna e compiaciuta che aveva all’assassinio del ragazzo e, senza pensarci due volte, fece un verso con la bocca e si appesantì sulle gambe, fingendo di star svenendo. Francesco si trovò in difficoltà, così la resse con le braccia lasciando la pistola per terra, INCUSTODITA.  Justin si accasciò, poggiando le ginocchia per terra  dando leggere sberle sulle guance della ragazza.
Riuscì a resistere ancora un altro po’ , ma le mani di Justin, quanto leggiadre siano, facevano ancor più male e quindi prese velocemente l’arma e, con un estrema velocità, in quel momento era Francesco ad essere la vittima.
“Hanna posa quella cosa” Justin si stava avvicinando, ma Hanna fu più veloce e la puntò contro di lui ,con l’indice che sfiorava di poco il grilletto.
“Un altro passo e muori sul colpo” disse acida, Hanna.
Justin arretrò immediatamente, ormai deluso, amareggiato, e senza speranza per quella che doveva essere la ragazza che gli piaceva.
Hanna era un'altra persona, e Justin, quanto si sforzasse, non riusciva a guardarla negli occhi. Aveva assunto un colore di occhi diverso,
era come se si fosse trasformata e non erano nemmeno in Twilight. Non posso essere così codardo, pensò Justin,
e infatti avanzò di qualche passo con la mascella contratta e uno sguardo sicuro di sé, sicuro che lei non l’avrebbe sparato.
Credeva male perché Hanna gli sparò al petto, centrando il punto in cui si trovava il cuore, lato sinistro.
Justin  cadde a terra dolorante, poggiò una mano sul punto colpito, come per alleviare il dolore atroce.
“Nooo!!” urlò Francesco, cercando di liberarsi dalla presa della ragazza, la quale sparò anche lui, ma questa volta senza far soffrire nessuno,
un colpo alla testa proprio al centro. Francesco cadde al suolo con occhi spalancati e una lacrima che all’ultimo gli aveva rigato una guancia, finendo direttamente per terra.
“Sei un mostro…un orribile mostro” Justin piangeva e urlava allo stesso tempo, contro quella persona orribile che aveva davanti
che lo guardava con espressione impassibile, senza nessuna emozione in essa. Sparò anche lui, senza altre sofferenze. Era rimasta sola.
 

                                                                                          *           *         *



“Hanna, rimani con noi ti prego” Justin continuava a pregare Hanna di svegliarsi da quel suo coma.
E in effetti si era risvegliata, ed era lei. In quell’attimo di pausa, aveva cercato di combattere con la sua parte negativa e ci era riuscita mantenendo la calma.
“Sai che facciamo domani? Saltiamo la scuola e ne andiamo sulla spiaggia…Che ne dici?” Justin le accarezzava il braccio come per rassicurarla che sarebbe andato tutto bene, e le parlava in modo dolce, come per farla sentire a proprio agio e anche per farla dimenticare che era ancora sotto il braccio possente di Francesco.
Hanna annuì leggermente, indicando, con un gesto leggero del capo, l’uomo dietro di lei.
Justin capì al volo e disse “Francesco, diamole un ultima possibilità, se succede di nuovo…” ingoiò rumorosamente prima di aggiungere
“ la…potrai…uccidere” disse a stento Justin.
Francesco parve pensarci, considerando la cosa visto che nemmeno lui avrebbe trovato il coraggio per ucciderla quel giorno stesso.
“Ci sto…ma dovrete essere sinceri su tutto quello che succederà ed è ok per domani” disse lasciando andare Hanna, la quale ritornò a respirare di nuovo.
Francesco si allontanò senza dire una parola, lasciando i due ragazzi di nuovo soli.
“Grazie…” disse abbracciandolo, lui ebbe un po’ di esitazione ma si sciolse e si lasciò andare abbracciandola a sua volta.
“Non potrò coprirti per sempre” disse, ancora con un tono dolce accarezzandole la schiena, portando la mano su e giù.
“Lo so…ma ci riuscirò…lo prometto. Solo per te” disse sorridendo, avvicinandosi alle labbra di lui.
Anche se aveva dei precedenti, sapeva come essere dolce e in quel momento esistevano solo loro e nessun altro.
Le loro labbra si unirono, provocando una scossa per tutta la spina dorsale di Hanna, e Justin rise sulle labbra di lei.
Le loro lingue ballavano la samba e nessuno poteva dividerli.
Ma qualcuno, o meglio qualcosa, c’era a dividerli e quella cosa era L’ASSASSINA CHE ERA IN HANNA.





My Space

Mi scuso per l'enorme ritardo
ma ho terminato le ore di ispirazione che avevo.
Avete visto che effetto di illusione? vi siete cagate sotto?
uahauha non muore nessuno, acciderbolina XD
Nel prossimo capitolo andranno in spiaggia e Hanna
capirà qualcosa e dal prossimo capitolo posso dirvi
che sarà una storia normale, o quasi :P
Basta non vi dico niente ahah
Allora ringrazio le fanciullotte che recensiscono e leggono.
E a chi legge solo vi chiedo una piccola recensioncina e
aggiornerò più presto perchè l'ho promesso ad una certa Capra *-*


Alla prossima
Much love
Giuls <3

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Capitolo 10
*** Chapter ten ***


Myself.
 




                                                                                                          Hanna.



Eravamo arrivati in vicoletto, tutto contornato da piccole villette, forse disabitate per l’intero inverno.
Fermò l’auto e scesi avvicinandomi a lui dall’altra parte. Mi spinse verso la spiaggia, come per incitarmi ed io seguii il suo consiglio.
Aveva deciso di lasciarmi del tempo per riflettere, dicendomi che se avessi ucciso tutti, sarei rimasta da sola, senza nessuno con cui parlare.
Forse era quello il mio intento, ma pensandoci bene, nessuno vorrebbe rimanere da solo per tutta una vita.
Decisi di osservare il tranquillo paesaggio che mi sostava davanti per staccare per un attimo dalla vita da assassino che  mi si presentava ogni volta che rimanevo sola con qualcuno in particolare, tranne Justin. Tolsi le scarpe per poi lasciarle sulla parte di cemento che precedeva la spiaggia. Mi girai e lo vedi con una gamba appoggiata all’auto che mi sorrideva.
“Devo andarci per forza?” urlai per farmi sentire.
“Vedrai che ti piacerà, per qualsiasi cosa sono qui” urlò a sua volta con tono leggero.
All’improvviso si aprì una finestra della villetta sulla sua destra e ne spuntò fuori una signora anziana, viso di chi aveva passato tanto nella sua vita,
aveva degli occhi celesti e leggeri ricciolini bianchi che le scendevano sulle spalle.
Ci guardò e si rivolse a noi “Ragazzini, io sono anziana e ho bisogno di dormire. Suvvia, evitate di urlare” aveva un accento italiano di quello dei borghi, tipo cafone, non so se ho reso l’idea.
L’anziana signora rientrò in casa, chiudendo la finestra e Justin ed io ci guardammo e scoppiammo subito in una fragorosa risata, poi decisi di proseguire il mio percorso. Lentamente appoggiai il mio piede nudo sulla sabbia, la quale con un tocco leggero mi accarezzava il piede solleticandomelo di poco.
Sorrisi, una bella sensazione di libertà pervase il mio corpo come se per un attimo mi fossi liberata della ragazza costretta a crescere troppo in fretta. 
Infatti danzai, saltai sulla sabbia fresca. Feci giravolte e cadsi per terra, ad un primo impatto mi arrabbiai e quasi stetti per mettermi a piangere,
ma poi risi…risi come non avevo mai fatto.
Mi alzai e pulendomi con le mani le parti in cui la sabbia si era attaccata mi avvicino alla riva lentamente,
come per paura che qualcosa uscisse dall’acqua e si avvicinasse a me come per uccidermi. Poi mi bloccai, lasciando che l’acqua bagnasse i miei piedi e che la sabbia si intrufolasse tra le mie dita e che poi l’acqua, ad ogni onda, portasse  via ogni briciolo di sabbia per poi fare spazio ad altra sabbia.
Poi alzai lo sguardo e rimasi incantata da così tanta bellezza. Alla mia sinistra avevo il sole che incominciava a tramontare e che molto probabilmente,
alla fine del tramonto andrà a scomparire dietro la grande foresta che c’era. Spostai lo sguardo alla mia destra e c’erano  degli scogli,
posizionati come per formare una passerella dove le modelle sfilano ad una sfilata. Dietro c’era l’intera baia contornata da case illuminate.
Ma la cosa che mi  aveva colpito di più di questo panorama era ciò che avevo davanti, dove c’era un’enorme distesa d’acqua.
Davanti a me c’era l’infinito ed oltre, una cosa meravigliosa che non sai mai quando finirà se solo non arrivi a quell’altra sponda, che sembrava inesistente. Sorrisi e con uno scatto veloce, mi lanciai  in acqua nonostante io avessi ancora i vestiti. Sotto l’acqua era così tranquillo, non c’era nessuno ad infastidirti e non si sentiva niente, si era nel silenzio più totale. Salii  per riprendere fiato e mi rituffai per osservare qualche pesciolino che scappava da me.
Sotto l’acqua capii che non volevo rimanere sola per tutta la vita, volevo crearmi una famiglia, essere una ragazza normale come tutte e vivere la mia favola con il principe azzurro. Salii fuori e guardai Justin osservarmi da lontano, ancora non si era annoiato.
Lo salutai con la mano e sorridendo lo invitai ad aggiungersi a me. Lui scosse la testa e mosse la mano come per farmi andare da lui, e obbedii.
Ero zuppa e la sabbia si era attaccata su tutti i miei piedi, mi stavo trasformando nell’uomo sabbia di Spiderman.
“Dimmi…” dissi, arrivando proprio davanti a lui e riprendendo fiato.
“Che ne dici se questa sera ci fermiamo qui?” gli saltai addosso, regalandogli un caloroso abbraccio…BAGNATO.
Lo strinsi forte a me, non solo per fargli un dispetto ma anche perché avrei voluto che non se ne andasse mai.
Forse lo amavo, ma era ancora troppo presto per chiamarlo amore quel sentimento a me sconosciuto, mai provato prima.
“Bastarda…lo prenderò per un sì!” disse e poi fece una cosa inaspettata, mi baciò delicatamente sulle labbra.
Un bacio di pochi secondi, ma con un significato incredibile. Un tocco di labbra, come uno scontro di due piume, uno scontro di due petali di rosa,
un qualcosa di dolce.
“E-E dove dormiremo?” chiesi, ancora frastornata da quel bacio. Il cuore mi batteva, e casi non distruggeva la gabbia toracica.
Avevo capito, di avere anche io dei sentimenti.
“Sulla spiaggia…ho portato la tenda” disse Justin, eccitato all’idea di dormire con me , e forse c’era anche un po’ di paura ma non lo dava a vedere per non mettermi a disagio.
                                                                                             

                                                                                          *                                           *                            *





Eravamo distesi uno vicino all’altro, le nostre spalle si sfioravano.Stavamo guardando il cielo, la nostra tenda aveva una specie di buco che potevamo richiudere. C’erano tantissime stelle, che ovviamente in città erano difficili da osservare con tutti gli edifici e lo smog che c’era.
“Hai paura vero?” avevo questa domanda da quando aveva proposto di dormire in spiaggia, CON ME.
Anche se avevo ritrovato la mia “quasi” pace interiore, non sapevo di cosa ero capace. Justin si soffermò a pensare sulla risposta da darmi, poi si girò e diede libero sfogo ai suoi pensieri “ ho un po’ di paura, ma mi fido di te e so che non mi farai del male” dopo di che, si avvicinò a me e appoggiò la sua calda mano sulla mia guancia e mi avvicinò a lui per eliminare del tutto quella distanza che ci separava.
Un altro incontro di labbra, un bacio passionale, credevo che lo stavamo per fare ma quella ad avere paura ero io.
Era la mia prima volta, la prima volta che toccavo il corpo di qualcuno se non per ucciderlo, la prima volta che provavo sentimenti veri per qualcuno.
Si distese su di me e riprese a baciarmi.
Mi tolse la maglietta, ancora un po’ umida per il bagno del pomeriggio, e rimasi in reggiseno.
La stessa cosa feci con la sua maglietta, decisi di seguire tutto ciò che faceva lui, almeno non sarei andata fuori strada col fare cose sbagliate.
Rimase a torso nudo e l’osservai, non era tanto scolpito e non era neanche flaccido, aveva degli addominali che andavano ad accentuarsi e aveva le venature delle braccia sporgenti perché appoggiate al suolo e mantenevano tutto il suo peso, quelle erano le cose che mi facevano letteralmente impazzire.
Finimmo per levarci anche gli indumenti intimi, per rimanere completamente nudi nel buio della notte. Tirava un leggero venticello e avevo i brividi,
per fortuna Justin non se ne accorse altrimenti avremmo interrotto quel momento più unico che raro.
Non smettevamo di baciarci, la nostra saliva faceva da colla ed eravamo attaccati come un foglio contro un altro foglio.
E poi ci fu il magico momento: mi fece sua entrando in me, senza nemmeno chiedere il permesso, credo l’avesse capito che lo desideravo più di qualsiasi altra cosa. I nostri movimenti, i nostri respiri, erano in sintonia e man mano che aumentavano i movimenti, i respiri si facevano sempre più affannosi,
unendosi in un solo respiro. Quella notte avevo scoperto l’amore…quella notte avevo scoperto me stessa.



My Space
Salveeeeee.
Sono tornata presto xkè è
tornata anche la mia ispirazione LoL
Hanna scopato...essì il momento magico è arrivato
anche per loro. Sono scontenta delle recensioni :(
Mi odiate proprio, nonostante io non vi abbia fatto niente di male.
*piangoooooooxkèmifateinfelice*
Anywayyyyy avete visto che in questo capitolo parla Hanna?
Si ho voluto mettere anche le sue considerazioni in questa giornata speciale...
spero vi sia piaciuto.
chissà nel prossimo capitolo cosa succede, avranno una storia rosa e fiori o c'è ancora
la cattiva Hanna nel corpo della buona Hanna? Lo scopriremo nell prossima 
puntata. Ringrazio tutte quelle che mi seguono e recensiscono, vi amo da morire XD
XOXO Gossip Girl <3

Alla prossima
Much Love
Giuls <3


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Capitolo 11
*** Chapter eleven ***





Truth and Fear






Era passato un anno da quella splendida giornata, dove Hanna aveva scoperto il suo “IO” interiore.
Aveva passato quell’anno nel cercare di essere il più normale possibile, adattandosi alle persone che la circondavano,
ad essere una fidanzata perfetta e nessuno l’avrebbe mai detto, ma era diventata anche un ottima migliore amica, si chiamava Rebbhecca.
La prospettiva e le dicerie nella scuola erano cambiate col cambiar dell’anno, e le persone la vedevano sotto un altro aspetto.
Era diventata solare, vestiva come una sola donna sa fare, non coprendo più i suoi splendidi capelli biondi con quei cappucci neri e bui.
Laccava di smalto le sue unghie, e scuoteva  i capelli, imbarazzata, ogni qual volta il suo lui la guardava passare per i corridoi, per poi raggiungerla e stringerle un braccio intorno al collo provocando il sorriso più angelico di lei.
Forse non aveva detto tutto  a Justin, forse gli teneva ancora delle cose nascoste, ma  era meglio continuare a tenergliele nascoste.
Mentre Justin, ancora una volta le poggiò il braccio intorno al collo, Hanna continuava a pensare se non fosse stato meglio se Justin fosse venuto a conoscenza di tutto. Si erano dichiarati fiducia, soltanto che Hanna aveva paura del segreto che portava ancora, come un masso, sul cuore.
Decise di stare zitta e viversi la vita.
Justin le diede un bacio a stampo sulle sue labbra prima di dividersi ed entrare entrambi in classi diverse.
Lui avrebbe dovuto affrontare l’ora di storia e lei quella di biologia. Aveva cercato di seguire la lezione, ma era più forte di lei,
la biologia era una materia ambigua. Al primo suono della campanella, Hanna si recò fuori, ringraziando il signore che quella lezione sia finita in fretta.
Notò che Justin non c’era fuori ad aspettarla, che strano si aspettavano sempre.
Decise quindi di rimanere lì qualche minuto per vedere se si facesse vivo, e la sua testa bionda non si vedeva, anche perché il corridoio era diventato vuoto a causa della seconda campanella che avvisava il cambio lezione. Si avviò verso la sua aula di matematica, pensando che Justin fosse lì, visto che avevano la lezione in comune. Si sedette al solito banco, ma di Justin nessuna traccia.
“Professoressa, posso gentilmente andare al bagno?” e con un cenno di mano acconsentì alla domanda della ragazza.
Hanna la ringraziò e uscì dall’aula. Camminò per il corridoio deserto e passò davanti allo stanzino che non veniva usato mai.
Era stato scoperto il ragazzo al suo interno, da allora lo avevano chiuso a chiave, e il ragazzo fu proclamato come suicidato.
Da allora in quella scuola furono fatte montare delle telecamere in ogni angolo della scuola, tranne nei bagni, ovvio.
Passò davanti al bagno dei ragazzi e lo superò, finché non sentì delle voci, un ragazzo urlava ma non riusciva a comprenderne le parole perfettamente. Avanzò verso la porta, aprendo piano la porta per non farsi sentire ed entrare di soppiatto.
C’era l’ultimo muro da superare, quello che separava i bagni dall’entrata, e non l’avesse mai fatto a superarlo.
Justin era lì, jeans sbottonati, e la sua presunta migliore amica che cercava di tranquillizzarlo poiché non riusciva a stare fermo.
“H-Hanna non è come pensi!” fu subito pronto Justin, il quale riuscì finalmente a liberarsi di Rebbhecca,
che era rimasta paralizzata alla vista dell’amica.
Hanna non riusciva a muovere nessun muscolo, le era rimasta la scena in testa proprio come una scena di un film preferito che non si riesce a dimenticare, solo che quello era un incubo.
Justin si riabbottonò i pantaloni e andò verso Hanna cercando di rassicurarla “Te lo giuro, che non ho fatto niente, non potrei mai farlo. Ti amo più della mia vita e non ti farei mai una cosa del genere, è stata lei” disse puntando con l’indice la ragazza dietro di loro “è stata lei a trascinarmi qui dentro e mi stava molestando” la guardava negli occhi, e lei era concentrata a cogliere tutta la verità che le raccontavano i SUOI occhi. Quegli occhi che tanto l’avevano fatta innamorare, non l’erano mai sembrati così sinceri e dispiaciuti.
“Va bene Justin, ti credo” disse abbozzando un sorriso, che le risultò più una smorfia.
Stava trattenendo la rabbia, la voglia di uccidere quella ragazza a mani nude senza nessun arma.
Strapparle gli occhi con solo due dita, e vederla morente cadere per terra.
Scosse la testa, come per cacciare quei pensieri che per tutto quell’anno aveva cercato di nascondere. Prese un grande respiro e rivolgendo lo sguardo all’amica disse “Non ti preoccupare, forse è stato solo un momento di debolezza, è tutto risolto adesso” poi abbozzò un sorriso un attimo prima di uscire dal bagno dei ragazzi e ritornare in classe e un secondo dopo era suonata anche quell’altra campanella.
 
 
“Davvero Hanna non sei arrabbiata per quello che è successo oggi?” stavano tornando a casa mano nella mano,
come ogni giorno come se quella mattina niente fosse successo.
“Te lo ripeto ancora Justin…Non sono arrabbiata” disse, scandendo le ultime parole come a far capire che le aveva ripetute all’infinito ed era stanca di ripeterle, ancora.
“Come vuoi…Sappi che ti amo e che l’avrei respinta comunque” disse lui stringendo di più la sua mano a quella di lei,
come a non volerla più lasciare.
“Ti amo anche io Justin” e sorrise, dedicandogli uno sguardo, per poi riportarlo davanti a sé.
Arrivati davanti casa di lei, si salutarono e Justin non la finiva di baciarla.
“Oddio, Justin smettila” le sue parole erano soffocate da risatine, e anche se diceva di smettere,
quei bacetti li avrebbe voluti all’infinito, erano graziosi e belli.
“Ok, la smetto” disse dandole un ultimo bacio, prendendola per i fianchi e avvicinandosela a se, intensificando il bacio poi  si staccò e aggiunse “ ci vediamo oggi pomeriggio”
“Ah…oggi pomeriggio non posso devo fare una cosa con Rebbhecca” Justin annuì poco convinto e si incamminò verso casa.
Hanna entrò in casa, Francesco era ai fornelli e non l’aveva sentita arrivare. Si diresse in camera sua e prese il suo diario, quello che aveva cominciato a scrivere dopo quella giornata sulla spiaggia, dopo che aveva promesso a Justin che non avrebbe ucciso più nessuno. Lo considerava un modo per sfogare la rabbia, per tenere tutto segreto. Da quel giorno Francesco, con esitazione, aveva accettato il nuovo metodo di Justin nel colmare la rabbia di lei stando con lui, e così Hanna rimase in vita. Ma la verità era un'altra, e in quel momento, mentre scriveva sul suo diario, immaginava il sangue di Rebbhecca colarle dal petto, dopo che lei stessa le avesse estratto il cuore. Scriveva tutto sul diario, come se progettasse un piano che non sarebbe mai stato portato a termine, o forse. Poggiò il diario sotto il cuscino del letto e scese per il pranzo.
Francesco aveva, anche se non del tutto, allontanato l’idea che Hanna potesse ancora uccidere e viveva più tranquillo e felice adesso che la vedeva felice e spensierata tra le braccia di Justin.
 
 
Nel pomeriggio Hanna era uscita di casa, per presentarsi inaspettatamente a casa dell’amica e mentre raggiungeva casa sua, Francesco sistemava casa.
Si era lamentato della camera di Hanna che era sempre in disordine, il letto sempre disfatto e gli toccava anche farlo.
Spostando il cuscino ci ritrovò sotto un quaderno e leggendo sulla copertina “Diario di Hanna” stava a significare di starne alla larga.
Ma la curiosità era più forte di lui e dopo aver combattuto con se stesso decise di leggerne pochissimo.
Si appoggiò al letto, come per non cadere per quello che stava leggendo.
Passava di data in data e da allora non era cambiato niente: Hanna aveva ancora quella voglia irrefrenabile di uccidere.
Aveva mentito a lui, a Justin e perfino a sé stessa, convincendosi per un periodo di riuscire a colmare quella rabbia trasformandola in qualcosa di dolce. Lesse l’ultima pagina, lesse la data senza darci troppo peso, poi lesse il nome della sua migliore amica e Hanna stava andando da Justin, quindi era solo un pensiero sfogato su un quaderno quello di Hanna. Sistemò il diario dov’era e ancora sconvolto, arrabbiato, si diresse in cucina a sistemare le ultime cose. Accese il display del suo Iphone e distrattamente lesse la data, poggiò il telefono sul tavolo e poi prese l’ultimo piatto da lavare. Gli cadde dalle mani, frantumandosi in mille pezzi, quando uscì di casa per dirigersi a casa di Justin: aveva capito che i pensieri di Hanna erano stati scritti quel giorno, quella mattina, quando era sicuramente tornata a casa da scuola.
Justin nel frattempo, stava comodamente steso sul divano, con la testa appoggiata al bracciolo di esso a guardare Spongebob,
quando il suono del campanello lo aveva interrotto. Spense la televisione e il campanello continuava a suonare interrottamente,
come se quelli dall’altra parte avessero fretta di essere aperti.
“Francesco, che ci fai qui?” chiese Justin, curioso dal fatto che Francesco non era mai venuto a trovarlo se non per un motivo preciso.
“Dov’è Hanna? Hanna? Hanna?” continuava a chiamarla a voce alta, salendo i piani superiori e Justin lo guardava continuando a non capirci niente.
“Francesco, Hanna non è qui, perché è successo qualcosa?” chiese il più rilassato e normale possibile.
Francesco ebbe un battito di cuore perso, temeva il peggio e, per la prima volta nella sua vita, aveva paura.
Justin, notando l’espressione di paura sul suo viso disse “Cosa è successo?” chiese ingoiando rumorosamente la sua saliva,
avanzando di poco verso l’uomo che, irrequieto, si torturava le mani.
“Justin non dirmi che Hanna è con Rebbhecca” chiese tremolante, l’uomo che si era seduto per via della sua instabilità nelle gambe.
“Si è con lei…abbiamo disdetto l’appuntamento di oggi perché doveva fare una certa ‘cosa’ con lei” disse mimando con le virgolette e si azzardò a chiedergli di nuovo cosa fosse successo.
“Sai la strada di casa sua vero?”
“Si” disse quasi in un sussurro, quasi avesse timore di dirlo.
“Allora muoviamoci, ti spiegherò tutto strada facendo” e così uscirono di casa, diretti verso una verità, o un orribile scena di sangue.
Justin era rimasto allibito da tutto ciò che Francesco gli aveva raccontato e se la cosa non si fosse svolta in negativo, loro non dovevano svelare che adesso sapevano che lei aveva un diario e che soprattutto la voglia di uccidere non era scomparsa.
 

Hanna era  stata accolta in casa dall’amica e non c’era nessuno oltre a loro.
“Allora…ehm…qual buon vento ti porta qui?” chiese Rebhecca titubante, dopo l’accaduto non si erano più parlare e adesso era sorpresa che l’amica fosse lì in quel momento.
“Passare del tempo con la mia migliore amica, ovvio!” Hanna manteneva la calma, o almeno cercava per non saltarle addosso e ucciderla lentamente.
“Oh…” disse l’altra con fare ancora più sorpreso “ti va di guardare qualcosa in televisione?” aggiunse poi, con un sorriso sulle labbra.
Hanna si limitò a sorridere e sedendosi sul divano, scelsero il film da vedere; un Thriller, i film preferiti di Hanna.
 
 
Francesco e Justin arrivarono con il fiatone davanti alla porta della ragazza, non esitarono un momento di più per bussare incessantemente a quella porta e una volta aperta si aspettavano  di tutto.




My Space
OH PENE 
Ciaooooooo allora è da tanto che non aggiorno
ma mi hanno abbandonato tutti e ho deciso che il prossimo capitolo
sarà quello definitivo nonchè più lungo di tutti YEAHHHHH
Ok non importa a nessuno, ma mi è piaciuta scrivere
questa storia, mi sono divertita ahahah
Mhmmm...in questo capitolo si capiscono un pò di cose
e forse anche il finale di questa storia.
Non vi anticipo niente, la mia amichetta Giulia deve rimanerci male
quanto io ci rimango male alle sue storie XD I LOVE MY CAPRA <3
BABBENEEEEE SPERO CI SIA QUALCUNO A RECENSIRE,
MI FAREBBE PIACERE ^__^

Alla prossima
Much Love
Giuls <3

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Capitolo 12
*** Chapter twelve. ***





Epilogo.



 

Continuavano a bussare con colpi sempre più pesanti alla porta, ma in casa sembrava non esserci nessuno. I due cominciarono a preoccuparsi e a guardarsi intorno con occhi smarriti alla ricerca di un qualsiasi vocio proveniente dalla casa, e rassicurare i due che Hanna fosse davvero cambiata, ma all'interno regnava il silenzio, almeno non in una delle camere.

Mentre Justin e Francesco cercavano un qualsiasi modo per entrare, Rebhecca e Hanna erano in bagno, intente a perfezionare il loro make-up che sarebbe servito quella sera visto che avevano in programma di uscire a divertisi, almeno questo pensava Rebhecca.
Dopo minuti interminabili di silenzio, Rebhecca, che era intenta a modificare il suo contorno delle labbra, decise di parlare “Hanna, mi dispiace un sacco per quello che è successo oggi. Davvero, non era mia intenzione..” ma Hanna interruppe quelle scuse sul nascere, perchè avrebbero causato solo l'aumento della sua rabbia portandola ad uccidire con dolore proprio quello che aveva provato lei mentre aveva scoperto la sua migliore amica intenta a scoparsi il suo ragazzo.
Oh, Justin, non sarebbe proprio contento di quello che stava per fare, ma era come un'evocazione come se le spettasse far provare dolore alle persone che lo provocavano a lei.

“Non ti preoccupare, ho gia detto che non fa niente. E' tutto dimenticato” accennò ad un sorriso e si affacciò alla finestra del bagno, giusto in tempo per scogere due figure a lei molto familiari. Cosa ci facevano lì? Doveva fare in fretta o avrebbero provato a fermarla e lei portava sempre a compimento i suoi omicidi. Ma non aveva niente a portata di mano, per uccidere l'amica.
Poteva optare per un'asciugamano e soffocarla, ma voleva vedere il sangue di lei scorrerle da tutte le parti.
Solo in quel modo avrebbe trovato la pace interiore. I suoi pensieri furono interrotti dalla voce dolce di Rebhecca “Hanna, ho qualcosa nell'occhio, puoi vedere cos'è?” Hanna, senza rispondere, si avvicinò all'amica per cercare per davvero cosa ci fosse in quell'occhio,
e poi come un'illuminazione, un'idea le balena alla testa e senza pensarci due volte, le ficca i pollici negli occhi e incomincia a pigiare finchè non sente le urla dell'amica e quasi sente il sangue che le arriva a toccare i pollici.

“Hanna, mi fai male. Hai detto che era tutto dimenticato. Ti prego” l'amica supplicava e si dimenava, ma la stretta di Hanna sulla sua testa era talmente forte da non lasciarle via di scampo.
Il sangue ormai scorreva dalle concavità in cui prima c'erano gli occhi, una visione orribile ma allo stesso tanto gratificante.

“Sono cieca, non vedo più. Sei un mostro” le urlava contro e Hanna stava incominciando a stufarsi di quella ragazza e della suo continuo essere dolce anche quando era arrabbiata ed era nel panico. Rebhecca era frastornata, non vedeva più niente e le bruciava particolarmente la parte colpita.
Piangeva sangue e si disperava per quello che era successo. Solo in quel momento si rese conto di voler andare indietro nel tempo e non voler mai mettersi contro una persona come Hanna.

“Sai Rebhecca, mi ero fidata di te e tu mi tradisci. Nessuno si mette contro di te e anche se eri la mia migliore amica, non ho avuto pietà di te.” Hanna le toccava i capelli e le accarezzava la guancia. Rebhecca era disgustata, impaurita e da un momento all'altro sapeva che la sua morte sarebbe arrivata. Non era pronta, non aveva nemmeno mai fatto veramente sesso, voleva avere dei bambini ma supplicare Hanna aumentava solo di più la sua rabbia.

E all'improvviso, si sentì pizzicare il petto come una grossa lama che l'attraversava.

“Ho trovato queste piccole forbicine appuntite, le usavate per tagliare le unghia dei piedi? Perchè puzza leggermente” e ficcò le forbicine ancora più in profondità nel piccolo petto della ragazza, la quale si sentiva morire ad ogni piccolo movimento di quel corpo estraneo all'interno del suo corpo. Soffocava le lacrime, non aveva nemmeno pensato di urlare convinta che nessuno sarebbe riuscita a sentirla in quel bagno, in quella casa vuota.
E poi si ritrovò a pensare alla sua famiglia che di li a poco avrebbe lasciato, quanto li amava.

“Hai delle ultime parole prima che ti tolga il cuore dal petto?” Hanna, sorrideva compiaciuta.
Osservava quella scena con tanta eccitazione che le scorreva in corpo e stava per commettere l'omicidio più orribile del mondo,
ed era felice di essere stata lei a portare questo omicidio che si sarebbe sparso velocemente per il mondo.

Rebhecca cercò le parole che le erano rimaste dentro, cercando le forze per riuscire a parlare nonostante il dolore la soffocasse.

“Sì...puoi dire ai miei genitori che li amo? È tutto quello che chiedo”

“Perfetto” e con un movimento, Hanna tolse le forbicine. che erano poco prima nel petto della ragazza che urlò dal dolore, e con agilità infilzò la sua mano nel buco fatto nel petto, dal quale scorreva una cascata di sangue rosso chiaro, e appena toccò il cuore una scarica di adrenalina le percorse tutto il corpo.

“Addio mia cara amica” e con un gesto fulmineo, strappò il cuore e se lo ritrovò in mano in un fiume di sangue. Che bella sensazione, si disse Hanna, sorridendo fra se. Il corpo di Rebhecca era caduto inerme sul pavimento sporcandolo tutto di sangue.

E guardando quella visione e uscendo dal suo trans di assassina, Hanna di rese conto di quello che aveva fatto. Incominciò a piangere, accovacciandosi al lato della migliore amica e baciandole le guance sporcandosi le labbra del sangue di lei. Avvolta da un alone di sensi di colpa, la ragazza andò nella camera da letto di Rebhecca, prese dei fogli e una penna e corse in cucina.
Si sedette su uno sgamello e incominciò a scrivere una lettera; a Justin, a Francesco e ai genitori di Rebhecca. Sentì la porta aprirsi con un tonfo e la voce di Justin che chiamava a squarcia gola il suo nome.
La sua voce, la tenne a mente per non dimenticarla mai. Si affrettò a prendere un coltello appuntito dal primo cassetto della cucina e senza persarci due volte, si accoltellò più e più volte allo stomaco e al petto centrando proprio il cuore. Si era sentita così libera solo tra le braccia di Justin. Ma questa era una liberà diversa, si sentiva libera da tutti i demoni che l'avevano accompagnata durante la sua vita. Stava morendo, o forse era gia morta e osservava la scena dall'alto, ma una cosa era certa: i sensi di colpa se ne erano andati e lei era felice.

Nel frattempo Justin e Francesco erano saliti al piano di sopra, e avvolti dalla nausea avevano sentito la puzza di sangue dalle scale ed erano subito accorsi, trovandoo il cadavere della piccola Rebhecca steso sul tappeto del bagno. Girarono lentamente il suo corpo, per vedere questa volta,
come Hanna avesse ucciso la sua vittima. Rimasero disgustati da quello che avevano davanti, questa volta Hanna aveva superato il limite e non sarebbe rimasta viva a lungo appena Francesco l'avesse trovata. Inconsapevole di quello che al piano di sotto era successo.
Scesero al piano di sotto, avvolti da un alone di tristezza per quella ragazza che da tempo aveva occupato i loro cuori e si diressero in cucina,
dove le traccie di sangue, probabilmente della vittima, erano ben visibili sul pavimento di quella casa. Si guardarono intorno, per paura che sarebbe ricomparsa da un momento all'altro, il cuore di Justin batteva all'impazzata per la paura ma anche per la speranza che non le fosse successo niente. E la sua speranza cadde, quando sul pavimento trovò un altro cadavere, questa volta, quello della sua Hanna.

“Hanna? Hanna?” si era accasciato di fianco al suo corpo e la chiamava preoccupato, mentre Francesco guardava la scena dall'alto con gli occhi lucidi e una mano davanti alla bocca per la disperazione. Aveva perso l'unica figlia che aveva e che aveva imparato ad amare col tempo nonostante avesse cercato di ucciderlo. Ma l'amava con tutti i suoi demoni.

“Justin...” Francesco provò a chiamarlo ma Justin aveva preso la testa di Hanna e se l'era poggiata sulle gambe e la cullava, come a credere che non fosse successo davvero.

“Justin, adesso è libera dai demoni” Francesco cerò di farlo ragionare, ma Justin non voleva sentire ragione. L'amava...l'amava più di qualsiasi altra cosa, e sembrava essere cambiata e ricambiare il suo amore e allora perchè si era uccisa? Questo nessuno dei due se l'era riuscito a spiegare.

Justin piangeva e guardava inerme la figura minuta della sua Hanna, che ad occhi chiusi e le labbra schiuse giaceva nel mondo degli inferi.

Francesco percorse mentalmente la sua vita con la presenza di Hanna, e le lacrime avevano raggiunto anche le sue gote, scendendo giu ininterrottamente. Si asciugò le lacrime con il dorso della mano, e notò un piccolo foglio bianco, macchiato di sangue, poggiato sul davanzale della cucina.
Lo prese e incominciò a leggerne il contenuto. Se le sue lacrime si erano fermate, incominciarono a riscendere impetuose senza mai smettere, e per quanto fosse felice che Hanna non avrebbe mai più fatto male né a lui né a nessun altro, si sentiva completamente disperato per la perdita di una figlia che non aveva mai avuto.

“Justin?” Francesco attirò l'attenzione del ragazzo, che incrociò i suoi occhi rossi con quelli bagnati di lui.
L'uomo porse la lettera a Justin che tirò su con il naso e incominciò a leggere, riconoscendo subito di chi fosse la scrittura:


 

“Dedico questa lettera scritta disordinatamente a Francesco, a Justin e ai genitori di Rebhecca. Francesco, volevo chiederti scusa per tutti i guai che ti ho fatto passare, per tutte le volte che ci andavi tu di mezzo quando la mia rabbia superava il limite. Di tutti gli omicidi che hai dovuto vedere, di quelli che hai vietato che accadessero, delle persone morte che hai visto ai miei piedi. Mi dispiace tantissimo, solo adesso percepisco quanto tu abbia sofferto per davvero. Dovrei ucciderti perchè hai letto il mio diario proibito, ma quando leggerai questa letterà non sarò più in vita. Volevo inoltre ringraziarti per essermi stato accanto durante la mia vita, sostituendo la figura di mio padre e ti voglio bene, non ti dimenticherò mai e porterò il ricordo di te mentre pulisci casa.

Justin. Oh Justin, ci sarebbero tante cose che vorrei dirti ma ho poco tempo perchè siete qua fuori ed io devo morire. Perchè devo morire? Perchè grazie a te ho conosciuto i sensi di colpa che mi hanno ucciso dentro dopo che ho tolto la vita a Rebhecca. Sapevo che i demoni sarebbero tornati ma il senso di colpa di avervi fatto vivere una vita di inferno è molto più forte, per questo mi sono uccisa. Per non darvi più dolore. Ma, mio caro Justin, devo ringraziare anche te, che nonostante tu abbia scoperto la mia natura odiosa tu non sia scappato e nonostante abbia cercato di ucciderti tu mi hai amato e mi hai insegnato cosa significasse amare una persona che ama solo uccidere. Ti amo Justin, più di quanto credi e di te porterò il ricordo di quei tanti mini baci che mi hai dato quando ci siamo salutati dopo la scuola. Non ti dimenticherò mai amore mio. Adesso dovete fare una cosa per me. Prima di morire Rebhecca mi ha chiesto il favore di dire ai genitori che lei li amava, potreste farlo per me? Vi amo tanto, e grazie davvero per i bellissimi momenti che abbiamo trascorso lontani dai miei demoni


 

Vostra Hanna”


 

Justin ormai non vedeva quasi più niente a causa delle lacrime che scorrevano irrefrenabili sulle sue guancie andando a finire sul viso di Hanna. Era disperato, disperato di aver perso l'amore della sua vita nonostante i suoi difetti fossero orribili.

“Justin, dovremmo andare se non vogliamo finire in prigione per due omicidi” Francesco si era tranquillizzato, anche se tutto il dolore della perdita lo uccideva dentro. Justin annuì concordo e lasciando un piccolo bacio casto sulle labbra fredde e sporche di Hanna, si alzò e seguì a grande velocità Francesco fuori da quella casa. Avrebbero dovuto lasciare la città e qualsiasi cosa si trovasse di importante, perchè ricordare per i due era davvero doloroso. Volevano allontanarsi dalla realtà e conservare un bel ricordo di Hanna, non quello di lei assassina o distesa inerme su un pavimento gelido.
No, volevano conservare i ricordi di lei dove in quei momenti era normale ed era felice, in quei momenti dove i demoni non erano sempre pronti ad attaccare per lei.

 
My Space
La mia assenza è stata imperdonabile. Non volevo finire questa storia
perchè mi ci ero affezionata particolarmente, ma non ho più trovato una continuazione e così
ho deciso di finirla qui. mi dispiace se molte di voi sono rimaste male della fine
ma qualcuno doveva morire. Molte di voi sa che odio i finali felici e contenti e questa storia non era proprio
destinata ad un felice e contenti. Quindi spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo.
Una piccola recensione? Ringrazio tutte quelle che mi hanno seguito e continueranno a seguirimi :)

Alla prossima
Much love
Giuls <3

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