Destiny Games

di TheLastPhoenix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** ...e tutto finisce. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1 - Peeta

Bisogna accettare il destino soprattutto quando non lo si capisce e saper stare al gioco.
Paolo Zagari

Cerco insistentemente il sonno, ma come ogni anno è difficile addormentarsi la notte prima della mietitura. Osservo il legno marcio del soffitto immaginando il destino dei ragazzi che verranno nominati oggi come tributi, strappati dalle proprie vite e gettati nell’arena degli Hunger Games per uccidersi a vicenda. E mentre gli eccentrici abitanti di Capitol City si divertono davanti a tutto questo, noi dei distretti continuiamo a soffrire in silenzio, impotenti. Ricordo ancora qualche anni fa quando venne nominato un ragazzo che conoscevo, non eravamo amici stretti, ma fu lo stesso straziante vederlo decapitato di netto da uno dei favoriti al bagno di sangue. Ho paura, non per me e nemmeno per Brad che è la sua ultima mietitura, ma per Katniss Everdeen. Riuscirei a sopportare di vederla soffrire nell'arena? Mi volto verso l'unica finestra della stanza e chiudo gli occhi. Ripenso alla sua dolce voce che da piccolo m'incantò, al suo volto scavato dalla fame quando perse il padre in un incedente in miniera e al suo sguardo spento. Occhi grigi privi emozioni per non mostrarsi debole davanti alla crudeltà della vita. Nella speranza di non dover perdere la ragazza che amo riesco a cedere a un sonno privo di sogni.
Mi sveglio a causa dei forti rumore provenienti dalla strada adiacente alla panetteria. Ancora un po' appisolato guardo dalla finestra e vedo gruppi di Pacificatori alle prese con i tecnici della tv intenti, come ogni anno, a trovare il posto giusto dove posizionare le loro apparecchiature. Ritorno con lo sguardo nella stanza. Vedo Brad, coperto fino agli occhi dalle lenzuola bianche, ancora nel suo letto, mentre quello di Chris è già vuoto. Normalmente ci alziamo tutti insieme molto presto, ma oggi a noi due è concesso di dormire qualche ora in più; come se questo potesse far pesare di meno la mietitura. Senza far troppo rumore indosso la maglietta e i pantaloni da lavoro, diventati con gli anni di un color giallo canarino, per poi uscire dalla stanza. Quando raggiungo la cucina saluto Chris e mio padre legandomi un torcione alla vita. Osservo quest'ultimo mentre butto senza difficoltà un sacco di farina sul mio tavolo da lavoro. Vedo nel suo viso, marcato dalle prime rughe dell'età, lo sguardo perso nel vuoto mentre le mani affondano le dita nell'impasto molle ripetendo in automatico sempre gli stessi gesti. Dopo qualche minuti ci raggiunge Brad, guardandolo in faccia capisco che non ha chiuso occhio stanotte.

    — Tutto apposto? — domando quando occupa la sua postazione vicina alla mia.
    — Non ho bisogno del tuo conforto. Lasciami in pace — risponde acido senza guardarmi. A differenza del resto della famiglia, Brad e mio padre non riescono a reggere la tensione in un giorno come la mietitura soprattutto mio fratello che in queste occasioni diventa molto scorbutico. Nessuno vuole parlare, lasciando la cucina nel silenzio fino a quando un fischio proveniente dal retro ci distoglie dal nostro lavoro. Ai piedi della porta di ferro del retro vedo un ragazzo alto, pelle olivastra, capelli lisci neri e occhi grigi. É del Giacimento e so anche il suo nome. Gale Hawthorne. Ha la stessa età di Brad, a scuola è l'argomento principale dei pettegolezzi delle ragazze. Vedo mio padre raggiungerlo quasi di corsa per poi chiudersi delicatamente la porta alle spalle. Qualche volta compriamo la sua selvaggina e quella di Katniss, infatti loro due sono tra quei pochi che hanno il coraggio di oltrepassare la recinzione che circonda il Distretto 12 per cercare cibo nei boschi. Sarebbe illegale, ma in diverse occasioni li ho visti vendere le loro prede ad alcuni Pacificatori. Sempre a scuola ho sentito dire che tra loro c'è una qualche relazione; al pensiero di loro due insieme mi torce lo stomaco. Se in questi anni non sono riuscito mai a rivolgere la parola a Katniss è anche per colpa sua. Ne sono proprio sicuro? Si o forse è solo una scusa per giustificare la mia paura di parlarle?
Ritorno al lavoro pensando alla sua situazione familiare, costretta da sola a sfamare sua madre e la piccola Primrose. A volte la vedo avvicinarsi alla vetrina del negozio per ammirare le torte in esposizione. A differenza della sorella maggiore, energica e schiva, lei è fragile e innocente. I suoi capelli biondi e occhi azzurri si distinguono fortemente da tratti tipici del Giacimento di Katniss.

Dopo qualche instante la porta si riapre. Vedo mio padre prendere una pagnotta dalla dispensa e barattarla con uno degli scoiattoli di Gale. Mia madre odia la selvaggina, per questo mio padre la spaccia come carne del macellaio che si trova a qualche isolato dalla panetteria. Sento quest'ultimo fargli gli auguri per poi ritornare al lavoro mentre Gale si dilegua silenziosamente nel cortile. Ora la tensione in cucina è meno tesa, infatti Chris incomincia a parlare.
    — Potrebbe essere un'ottima idea preparare una delle tue torte per sta sera, fratellino! — esclama sorridendomi. A differenza di Brad, Chris riesce a sorridere anche in momenti tristi e per questo che lo ammiro fin da quando sono piccolo.
    — Non ce ne sarà bisogno visto che sarò io a uscire come tributo oggi — interviene Brad, senza distogliere lo sguardo dal tavolo, prima che possa rispondere.
    — Non essere scemo. E' impossibile che esca proprio tu, hai solo sette nomine — replica Chris ridacchiando.
    — É facile dirlo per uno che non deve sopportare tutto questo e ride sempre come uno scemo — Vedo Chris avvicinarsi a pochi centimetri dal viso di Brad. Mi precipito tra loro due per dividerli. Non si sono mai picchiati, ma non vorrei che si arrivassero a tanto proprio oggi. Interviene pure mio padre allontanando Brad.
    — Anch'io ho rischiato come te di diventare un tributo, ma non per questo mi sono pianto addosso ogni volta — grida.
    — Piantatela di litigare — urlo sovrastando la voce di Chris.
    — Vai al diavolo — conclude Brad liberandosi da mio padre e andandosene di sopra. Il rumore della porta contro lo stipite fa uscire mia madre dalla tendina che divide la cucina dal negozio.
    — Smettetela di urlare farete scappare i clienti — ci urla a bassa voce. Mio padre cerca di spiegarle la situazione, ma Chris s'intromette.
    — Dovresti preoccuparti di più dei tuoi figli che dei clienti — dice infuriato. Non ha tutti i torti, mia madre ha sempre tenuto più conto le considerazioni dei clienti, invece che le nostre. Vedo il suo volto farsi paonazzo, ma al suono del campanello del negozio il colore del suo viso torna al solito rosa pallido e senza dire una parole scompare dietro la tendina. Guardo mio padre e leggo il suo rammarico in volto, a differenza di mia madre per lui noi tre siamo stati sempre il suo primo pensiero. Sento crescermi una rabbia che mi fa serrare i pugni, tutto questo sta successo per colpa degli Hunger Games e di Capitol City. Se solo esistesse un modo per far finire questi stupidi giochi, ma più ci penso e più mi rassegno all'idea di doverli sopporta per sempre.
Il resto della mattinata scorre velocemente finché arriva mezzogiorno.
Come ogni mietitura indosso una camicia bianca e dei pantaloni scuri. Vestiti che in origine erano di Chris, passati con gli anni a Brad e poi a me, come un po’ tutto in casa nostra. All'una esatta siamo tutti pronti per andare in piazza. Chris e Brad camminano entrambi a debita distanza l'uno dall'altro. Spero facciano pace il più presto possibile. Finalmente arriviamo in piazza già piena di una parte degli ottomila abitanti del Distretto 12. Chris ci augura buona fortuna sorridendo sia a me che a Brad, ma quest'ultimo si mette subito in coda ai tavoli di registrazione senza dire niente. Saluto con un cenno i miei genitori e Chris per poi guardarli sparire tra la folla. Raggiungo mio fratello in coda quando un urlo rompe il vociferare della piazza.
    — PEETA! — sobbalzo intuendo già di chi possa essere la voce. Mi volto e vedo Delly, la mia migliore amica, sbracciarsi cercando di attirare la mia attenzione come se non ci fosse già riuscita.
    — Delly non c’è bisogno di urlare — le rimprovero a bassa voce prendendole la mano destra e portandola in disparte. Con la coda dell’occhio vedo alcune persone fissarla.
    — Almeno per oggi evita di urlare in quel modo —
    — Lo so, ma potrebbero tuttavia sforzarsi di non sembrare così…morti — dice abbronciandosi.
    — Delly! — le dico con un tono di rimprovero. So che per lei che è sempre allegra è difficile sopportare tutto questo, ma anche se me l'ha promesso evidentemente non riesce proprio a stare tranquilla.
    — Ok, mettiamoci in coda — conclude facendo riapparire il suo solito sorriso. Ritornato ai tavoli vedo Brad già in mezzo ai ragazzi della sua età. Non passa neanche un minuto che Delly attacca a parlare.
    — Ho visto che non manca nessuno — dice sollevandosi sulle punte dei piedi e appoggiandosi alle mie spalle per non cadere. Non so come faccia, ma riesce a ricordarsi tutti i volti del distretto.
    — A parte Katniss — conclude. Sentendo quel nome mi blocco. Chi non si presenta alla mietitura senza un ottimo motivo rischia la prigione e lei lo sa bene. Che le sia successo qualcosa di grave?

    — Arriverà — dico a Delly cercando di sembrare il più tranquillo possibile. Ma più passano i minuti e più sale la mia preoccupazione. Il tempo è scaduto e ora siamo tutti in fila. Un silenzio domina la piazza. Per queste occasioni viene allestito un palco davanti all'entrata del Palazzo di Giustizia decorato da stendardi dai colori scintillanti per l'occasione. In questo esatto momento ad occupare due delle tre sedie sul palco ci sono il sindaco Undersee e la accompagnatrice del Distretto 12 arrivata direttamente dal Capitol City, Effie Trinket, con la sua strana capigliatura rosa e il suo vestito verde scarlatto. Mentre il sindaco incomincia il solito discorso su Panem e i Giorni Bui cerco con lo sguardo Katniss in mezzo alle ragazze. Essendo del mio stesso anno si dovrebbe trovare alla stessa altezza della fila. Scorgo tutti i volti, ma lei non c'è. Cerco ancora fino a quando intravedo in lontananza, con i suoi capelli biondi raccolti per l’occasione Primrose. Questo dev'essere il suo primo anno di mietitura, Katniss non l'avrebbe mai lasciata da sola in un momento del genere. Che sia scappata nei boschi? Subito raddrizzo lo sguardo. A pochi metri da Brad vedo Gale. Non sta guardando il palco, è rivolto verso la fila delle ragazze. Seguo il suo sguardo e capisco che anche lui sta osservando Primrose. Cosa sta succedendo? Urlo confuso nella mia testa. Il fischio del microfono sul palco mi distoglie dai miei pensieri.
    — Prima le signore — la voce squillante di Effie Trinket rimbomba nella piazza. La vedo avvicinarsi all’ampolla contenente i nomi di tutte le ragazze del distretto. Dietro di lei scorgo un altra persona oltre al sindaco. Sarà sicuramente salito sul palco durante il discorso iniziale. Per via dei suoi gesti goffi capisco che è ubriaco marcio. Haymitch Abernathy. Uno dei due vincitori del Distretto 12 in settantatré anni di Hunger Games e l’unico ancora in vita. Vedo Effie Trinket ritornare al microfono a piccoli passi. Rifletto sull'assenza di Katniss e penso che avrà avuto un ottimo motivo per non venire e lasciare da sola sua sorella. Tiro un respiro di sollievo al pensiero che sia salva, almeno per quest'anno, ma non faccio in tempo a rilassarmi completamente che il nome pronunciato da Effie Trinket mi sconvolge.

    — Primrose Everdeen —

Tutti gli occhi sono puntati su di lei mentre si avvia verso il palco con i pugni serrati ai fianchi. Quando mi passa vicino vedo il suo sguardo, spento, uguale a quello di Katniss. Tutti la fissano, tutti tranne Gale che ha la testa china a terra. Sento Effie Trinket presentarla al tutti i presenti per poi avvicinarsi all’ampolla dei ragazzi, estrarre il nome e annunciarlo alla piazza. Non ci faccio caso, ma penso a come si sente in questo momento Gale. Se Katniss è ancora al Distretto 12 con molta probabilità sarà lui a darle la brutta notizia. All’improvviso si volta verso di me guardandomi come se mi avesse letto nel pensiero, ma poi anche il resto dei ragazzi mi fissano

    — Peeta Mellark —

É il mio nome quello pronunciato da Effie Trinket. Dovrei raggiungere il palco, ma sento qualcosa che mi blocca. La paura? Mi muovo solo dopo qualche secondo, mentre mi dirigo sul palco cerco di realizzare ciò che è successo. Ci riesco solo quando mi ritrovo davanti a tutto il Distretto. Vedo ogni singolo sguardo puntato su di me, su di me e Primrose i tributi del Distretto 12 dei settantaquattresimi Hunger Games. Scorgo sotto di me Brad con lo sguardo a terra, mentre vedo tremargli la mano destra. Come una doccia fredda questo momento è arrivato lasciandomi confuso, non avevo preso in esame una mia nomina, ma ciò è avvenuto. Sento qualcosa dentro di me, forse il rammarico di non aver passato al meglio gli ultimi istanti con la mia famiglia. Inspiro a fondo e mi rassegno. Dico addio alla mia vita, alla mia famiglia e ai miei amici. Mi volto leggermente verso Primrose e penso a sua sorella, comunque vadano le cose dico addio a Katniss.
Per Sempre.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2 - Peeta

Guardo, dalla finestra, la piazza svuotarsi in pochi instanti. Dopo che la mietitura è finita ci hanno portato al primo piano del Palazzo di giustizia scortati dai Pacificatori e rinchiusi ognuno in stanza separate, sorvegliate dall'esterno. Mi guardo attorno esaminando i fronzoli che sommergono la piccola camera. Tutto è elaborato dai mobili alle siede, dalle pareti ai divani. Rifletto sui pochi giorni che mi rimangono da vivere, non avendo alcuna possibilità di sopravvivere nell'arena morirò sicuramente entro ventiquattro ore dall'inizio degli Hunger Games. Potrebbe essere un ottimo risultato visto la moltitudine di ragazzi deceduti dopo neanche cinque minuti dal fischio iniziale. E' strana la sensazione che sto provando adesso. Dopo aver sentito il mio nome pronunciato da Effie Trinket tutte i problemi e le paure che avevo fino a stamattina mi sembrano stupidaggini. Penso a Katniss e rido pensando alle volte che ho provato a parlarle, ma senza riuscirci per paura di essere respinto. A poco a poco sento il rimorso contorcermi le interiora e gli occhi gonfiarsi. Il rumore della porta che si spalanca mi trattiene dal piangere. Dietro al Pacificatore di guardia compare mio padre. Vedo il suo volto provato. Ecco che si è avverato il più brutto dei suoi incubi. Vorrei dirgli di non preoccuparsi per me, ma non ci riesco. Ci abbracciamo senza dire nulla, mentre guardo entrare mia madre e Chris con il suo solito sorriso. Vederlo mi risolleva un po' il morale.
    — Guarda il lato positivo mi dice dopo che mio padre si stacca da me.
    — Mangeremo la torta per festeggiare il tuo ritornoconclude. Riusciamo a ridere per qualche instante per poi capire a vicenda che non ci sarà mai un momento del genere.
    — Dov'è Brad? domando strofinandomi gli occhi arrossati. Nessuno fa in tempo a rispondere che lo vedo comparire dalla porta. Sta cercando di non piangere. Per qualche istante lo vedo esitare, ma poi si avvicina e mi stringe forte a sé. Sento le sue lacrime bagnarmi le spalle. Non riesco più a trattenermi e vedo che neanche Chris ci riesce.
    — Ho provato ad alzare la mano, ma non ci sono riuscito. Ho avuto troppa paura di morire, sono solo un vigliacco. Scusami fratellino confessa rotto dalle lacrime. Non dico niente, riesco solo a piangere. Certo non lo biasimo. Come mi sarei comportato io? Non so darmi una risposta, ma non m'interessa. Sento Chris abbracciarci con il volto rigato dalle lacrime. Può darsi che tra di noi ci sia sempre qualche battibecco, ma alla fine ci vogliamo bene e sono felice di avere due fratelli come Brad e Chris. Il tempo a nostra disposizione scade, ci stringiamo per un ultima volta tutti assieme, anche mia madre, e poi li vedo scomparire per sempre dietro la porta rimanendo da solo con le mie lacrime. Mi lascio cadere su uno dei divani e, con la testa tra le mani, continuo a piangere. Sento la porta riaprirsi. Sarà sicuramente Delly. Mi asciugo subito le lacrime e cerco di sorridere. Alzò lo sguardo e sento un tuffo al cuore quando vedo che non è lei. Mi alzo di scatto e guardo lo sguardo spento della ragazza che amo, guardo gli occhi grigi di Katniss Everdeen.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3 - Katniss

Qualche ora prima...

Urlo, con tutto il fiato che ho in corpo. Ogni dieci secondi sento il dolore salirmi dalla gamba fino a esploderai in testa. Tra una fitta e l’altra cerco di capire dove mi trovo. Tutto è sfocato ricoperto da un insolita nebbia, riesco solo a distinguere due puntini gialli che mi fissano. Aguzzo la vista per guardare meglio, ma un'altra fitta di dolore mi trapassa il corpo. Urlo, ma non riesco più a sentire la mia voce. Gli occhi incominciano a chiudersi da soli piombando in un sonno senza sogni ne incubi. Quanto tempo è passato? Minuti, ore o giorni? Adesso che il dolore si è attenuato riesco a ricordare. Stavo oltrepassando la recinzione del Distretto 12 dietro Gale quando ho sentito un forte dolore alla gamba destra. Prima di svenire mi pare di aver visto vibrare il filo spinato in modo innaturale. Apro delicatamente gli occhi e metto a fuoco il viso di mia madre sopra di me. Vedo le sue palpebre caderle pesanti sugli occhi e le goccioline di sudore rigarle il volto. Mi fa un leggero sorriso. Apro la bocca per parlare, ma esce solo un leggero sibilo.
    — E’ tutto a posto sono riuscita a curare l’ustione. Fortunatamente nessun tessuto si è carbonizzato — Ecco cos’era quel dolore. La pelle lacerata dall’ustione causata dalla corrente elettrica della recinzione. Distolgo lo sguardo per esaminare l’ambiente. Sono in cucina, sdraiata sul tavolo. Rivedo i due punti gialli negli occhi di Ranuncolo. Ha uno strano ghigno sul muso, starà godendo nel vedermi soffrire. Guardando il sole fuori dalla finestra capisco che sono passate alcune ore e ricordo all’istante che giorno è oggi. Il giorno della mietitura.
    — Prim — dico con un filo di voce cercando di alzarmi. Mia madre cerca di tenermi sdraiata, ma non ce ne bisogno perché i muscoli cedono e ricado con un colpo secco sul tavolo. Emetto un gemito di dolore.
    — Gale è riuscito a convincerla ad andare in piazza — dice ripulendomi il viso dal sudore freddo. Solo ora mi accorgo di essere completamente bagnata.
    — Voleva rimanere qui a curarti — prosegue. Penso a Gale e Prim. Lei ha solo una nomina, è impossibile che esca come tributo alla sua prima mietitura invece Gale ne ha quarantadue.
 Penso a me stessa. Cosa dirò ai Pacificatori quando stasera busseranno alla porta di casa? E’ a causa dell’improvviso allaccio della corrente elettrica che mi ritrovo in questo stato. Anche se la maggior parte degli agenti sa che vado a caccia non possono far finta di niente nel giorno della mietitura. E se anche non dovessi andare in prigione chi sfamerebbe la mia famiglia? In questo stato non potrei cacciare e Gale ha la sua famiglia a cui pensare. Sollevo lo sguardo per osservare quante è grave la ferita. I pantaloni sono stati tagliati all’altezza della coscia per facilitare le cure. Intravedo la carne violacea sporgere dalla gamba. Sento l’impulso di vomitare, ma riesco a trattenermi. Appoggio di nuovo la testa sul legno umido cercando di pensare a qualche soluzione per sopravvivere nei prossimi mesi. La crema tiepida che mia madre mi cosparge sulla ferita mi distoglie un attimo dai miei pensieri.
    — Per qualche ora dovresti stare meglio — dice incominciando ad avvolgermi alcune bende attorno alla gamba. Da quando mio padre è morto ho incominciato a considerare mia madre una persona debole incapace di reagire davanti alle difficoltà della vita, ma guardandola ora mi domando come faccia a sopporta la vista di certe ferite. Accetto la tazza contenente un miscuglio verdastro che mi ha preparato e dopo un po’ d'incertezza la bevo tutto d’un sorso. Non so cosa sia, ma recupero un po’ le forze e grazie all'aiuto di mia madre riesco a mettermi seduta sul tavolo. In lontananza sento alcuni passi farsi sempre più forti. La mietitura è finita. Cosa sarà successo? I minuti scorrono e io e mia madre stiamo in silenzio in attesa che Prim torni a casa. Piano piano il Giacimento ritorno alla normalità e quando decido di scendere dal tavolo per andare ad affacciarmi alla finestra la porta si apre. Ho un tuffo al cuore nel vedere Gale. E’ pallido in volto, ma sono felice di vederlo. Gli sorrido cercando il suo sguardo, ma i suoi occhi mi evitano. Dubbiosa allungo il collo per cercare Prim alle sue spalle, ma la porta si chiude all’istante. Sento mia madre soffocare un urlo.
    — Gale, Dov'è Prim? — gli domando fissandolo in cerca di una risposta, ma questa non arriva.
    — DOV'È'? — la mia voce si alza in un urlo. Il suo sguardo finalmente incrocia il mio.
    — Prim è stata… — Non riesce a finire la frase che mi trovo già in piedi diretta verso la porta.
    — Non può essere, lei aveva solo una nomina. Forse posso ancora prendere il suo posto — Nessuno parla. Capisco che a questo punto è tutto inutile, ma ci devo provare. A metà strada perdo l'equilibrio, ma riesco a non cadere a terra aggrappandomi a un mobile della cucina. Sento Gale avvicinarsi per aiutarmi.
    — LASCIAMI STARE —gli urlo rialzandomi. Sbatto la porta di casa è incominciò a correre il più velocemente possibile verso la piazza. La ferita ricomincia a farmi male, ma è niente a confronto a quello che starà provando Prim in questo momento. Sento gli occhi riempirsi di lacrime. Non piangere, non piangere, mi ripeto. Una forte fitta di dolore fa cedere la gamba destra facendomi ritrovare a terra. Non piangere, non piangere. Ma è tutto inutile. Prima mio padre e adesso lei. Tra le lacrime penso al suo dolce viso, candido come quello di un angelo, al suo sorriso innocente e mi rassegno alla cruda realtà di aver perso la mia sorellina, di aver perso Prim.
Per Sempre.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4 - Katniss

"Potremmo farlo sai? Lasciare il Distretto. Scappare. Vivere nei boschi ". Le parole di Gale mi risuonano nelle mente un po’ beffarde come se fossero state un avvertimento di ciò che sarebbe successo oggi. Da quando è morto papà ho cercato di proteggere Prim con tutte le mie forze. Le ho impedito persino di prendere tessere per me e mia madre, ma non è stato sufficiente per salvarla dalla mietitura. Non volevo che il suo nome venisse estratto. Non volevo che subisse la crudeltà degli Hunger Games. Non voglio vederla morire senza che possa far nulla per evitarlo.
Più mi avvicino alla piazza e meno gente affolla le strade finché non arrivo davanti al Palazzo di Giustizia, sola. Sento lo sguardo del Pacificatore in cima alla scalinata scrutare ogni mio movimento, come un aquila in attesa di catturare la sua preda. Sa già che non ho partecipato alla mietitura? Non mi stupirei se mi arrestasse da un momento all’altro. Stringo i denti e salgo fino in cima. Ogni gradino mi procura una fitta atroce. Mi costringo ad aggrapparmi al corrimano ardente mentre sento le dense gocce di sangue scivolarmi lungo tutta la gamba fino a bagnarmi il piede.
    — Che vuoi? — mi domanda raggiunto il pianerottolo. Cerco di stare la più dritta possibile per nascondere la mia sofferenza, anche se le fitte non mi danno tregua.
    — Voglio offrirmi volontaria come tributo — sento la mia voce distante, come se fosse un'altra a parlare.
    — Hai deciso di morire? — dice non trattenendosi da una risata. La sua voce arrogante m'irrita a tal punto da assomigliare al raschiare delle unghia contro una lavagna. Improvvisamente vedo il suo sguardo illuminarsi.
    — Non sarai per caso la ragazzina che non si è presente alla mietitura? —
    — Sono venuta qui per prendere il posto di mia sorella — ribadisco alzando il tono della voce. Sul suo volto vedo comparirgli una smorfia.
    — Quella mocciosetta sarebbe tua sorella? Per colpa sua ho perso un bel po’ di soldi — Sento ribollire la rabbia dentro di me, ma cerco di restare calma. Lo osservo estrarre il manganello e servirsene per alzarmi leggermente il mento.
    — La tua non è un ottima situazione, ma se vuoi posso sorvolare sulla questione in cambio di qualcosa — la sua risata maligna mi fa perdere il controllo. Allontano l’arma con il dorso della mano e in un attimo mi ritrovo a spingere l’avambraccio contro il suo collo. Vedo i suoi occhi spalancati fissarmi incredulo mentre il colore del suo volto diventa lentamente viola.
    —Fermati — una voce alle mia spalle mi riporta alla realtà. Mi stacco immediatamente dal Pacificatore che incomincia a boccheggiare cercando di catturare più aria possibile mentre si massaggia il collo. Stavo per ucciderlo? Sarei arrivato a tanto contro questa feccia? In pochi istanti lo vedo riprendersi completamente per poi dire qualcosa a bassa voce.
    — Brutta puttana — La sua voce arrogante si trasforma in uno stridulo acuto quando conficco il mio ginocchio sinistro in mezzo alle sue gambe. Forse si.
    — Basta Katniss — Sento le mani di qualcuno allontanarmi da lui. Dai capelli color rame del Pacificatore davanti a me capisco che si tratta di Darius.
    — Quella ragazzaccia mi ha aggredito senza che ne avesse motivo. E’ completamente pazza! — Incomincia a vaneggiare la guardia.
    — Cosa? — replico incredula, ma la voce di Darius sovrasta la mia.
    — Ho detto basta. Se stanno così le cose farò rapporto — Rimango sconvolta dalla sua reazione. Lui è uno dei pochi Pacificatori del Distretto che mi sta simpatico. Ho sempre pensato che fosse diverso dagli altri, ma forse mi sbagliavo.
    — Preciserò che l’agente Sirius Baker è stato aggredito e sopraffatto da una sedicenne disarmata e gravemente ferita — Il colore del suo viso cambia di nuovo. Ora invece di diventare viola si tinge di un forte rosso. Faccio spuntare un mezzo sorriso di scherno sul mio volto e vedo che la cosa lo fa imbestialire. Odio i tipi come lui che approfittano dei problemi della gente per ricattare e abusare le donne del Distretto. Io sono una delle poche che nella mia situazione riesce a trovare cibo nei boschi, ma se non fossi capace a cacciare sarei sicuramente finita tra le grinfie di questi animali.
    — Te ne pentirai — ringhia con un filo di voce superandoci per poi scomparire in un vicolo secondario. Ora lo sguardo di Darius è puntato su di me. Riesco a leggere il rammarico nei suoi occhi. E' dispiaciuto per me e Prim? E' per quello che è intervenuto?
    — So perché sei qui Katniss — Sono stupita che lo sappia, forse lui può far qualcosa per...
    — Mi dispiace, ma non puoi più prendere il suo posto — Sento una fitta al cuore. L’unica possibilità di salvare Prim è svanita per sempre.
    — Solo in caso di una sua morte prematura saresti costretta a prendere il suo posto — Sarebbe troppo sopportare la morte di Prim e partecipare agli Hunger Games. O forse no? Che importanza può avere ora che sono rimasta sola. Lo sento aprire la grossa porta d'ingresso del Palazzo di Giustizia per poi continuare a parlare.
    — Si dovrebbe trovare al primo piano, in fondo al corridoio. Vai pure da tua sorella e non preoccuparti per la tua assenza di oggi, metterò una buona parola per te — Sono riuscita a scampare alla prigione, ma che futuro posso avere senza Prim in quella casa dove tutto mi ricorda lei.
Vorrei ringraziarlo, ma non faccio in tempo che richiude la porta. Incomincio a percorrere l’atrio ripensando alla prima volta in cui entrai qua dentro. E’ stato dopo la morte di mio padre per ricevere la medaglia al valore in quanto figlia maggiore. Raggiungo il primo piano con lo stesso senso di disperazione che accomuna quei giorni ad oggi.
Davanti a me vedo finalmente la porta che mi separa da Prim, sorvegliata da un’agente. Ad ogni passo che faccio cresce la paura di non riuscire a dirle addio. Nel silenzio del corridoio riesco a sentire le lacrime di dolore provenienti dalla stanza del tributo maschile. Non ci faccio troppo caso visto che l’unico ragazzo a cui tengo nel Distretto e Gale. Il ricordo del suo sguardo pallido incapace di dirmi la brutta notizia aumenta il mio dolore. Lo so che non ha nessuna colpa, ma non riesco a non prendermela in parte con lui. Quando sono abbastanza vicina, senza preavviso, l’agente di guardia spalanca la porta. La paura mi percorre tutto il corpo come se non avessi mai voluto che la aprisse. Ma poi la vedo. Seduta, con indosso quel vestito troppo largo per lei, dondolare i suoi piccoli piedi mentre guarda dalla finestra. Quando si accorge di me si tuffa subita tra le mie braccia.
    — Ero preoccupata per la tua gamba — mi sussurra nell’orecchio.
    — É tutto apposto — Non è vero, ma non voglio che si preoccupi per me. Lei che pensa prima al bene degli altri che al suo, lei che vede del buono in tutti, lei così fragile per subire tutto questo. Restiamo in silenzio finché la porta si riapre. Sono venuti a portarmela via? Mi alzo di scatto nascondendola dietro me per proteggerla dai Pacificatori, ma compare mia madre. E’ evidente che ha pianto, ma ora sta cercando di trattenersi. La vedo andare verso a Prim mentre sento la guardia autorizzare Gale ad entrare per poi richiudere la porta. Per un attimo incrocio il suo sguardo, ma distolgo subito il mio. Ora sono io che non voglio vederlo. Forse non ci fa caso perché si rivolge subito a mia sorella.
    — Non sottovalutarti, piccola — dice con il suo solito tono di voce.
    — Non lo farò — replica sincera lei.
    — Conosci centinaia di piante e sei un ottima guaritrice, in questo sei più brava di me e Katniss messi insieme — le sue parole le fanno comparire un leggero sorriso. Sentire Gale che le da consigli su come sopravvivere mi fa sentire un verme. Ho dato per scontato la morta di Prim che mi sono dimenticata che è ancora viva. L’ho tradita. Ho tradito pure Gale eppure lui si sta prendendo cura di lei mentre io sono paralizzata dal dolore. Mi faccio coraggio e intervengo nella discussione.
    — Ti ricordi quando ti ho portato nei boschi — Vedo un suo cenno con la testa.
    — É molto probabile che nell'arena ci siano foreste simili. Dormendo sugli alberi sarai al sicuro dagli animali feroci e imparando a utilizzare un coltello potrai ...— Mi blocco subito. Stavo per dire "uccidere"? Ho potuto veramente pensare che una come Prim potesse farlo?    — ...sopravvivere — conclude Gale percependo la mia incertezza.
Il tempo passa troppo velocemente e rimane solo un attimo per un ultimo doloroso abbraccio.

    — Ti voglio bene sorellina — dico in urlo di disperazione strappata dalle suo abbraccia dalla guardia
    — Anch’io — Colgo un'ultima volta il suo volto, tra i raggi del sole, con il suo sorriso spensierato prima di essere scaraventata davanti alla porta nell'angusto e buio corridoio. Resto immobile incapace di lasciarla andare via.
    — Katniss — sento la voce di Gale, quella stessa voce di stamattina che mi stringe di più il cuore. Gli occhi incominciano a riempirsi di lacrime. Non rispondo subito.
    — Vorrei restare un attimo da sola — riesco a dire camuffando la mia voce. Fortunatamente non insiste e dopo pochi secondi rimango sola.
Quando mi costringo di andarmene una seconda porta si apre. Mi volto leggermente colta dalla curiosità di sapere chi è il ragazzo che tra qualche giorno cercherà di uccidere Prim. Con la sua robusta stazza riconosco subito il fornaio e immediatamente l'immagine del figlio più giovane mi campare nella testa. Perché penso a lui proprio adesso? Aspetto, in attesa di vederlo comparire dalla porta, ma questa si chiude di scatto e capisco che Peeta Mellark è il tributo maschile di quest'anno. Pur non conoscendolo provo un pizzico di rammarico per lui. Forse perché non lo mai ringraziato per avermi aiutata qualche anno fa? Rivivo l'attimo in cui ricevetti il suo aiuto che mi permise di sopravvivere e... Un'idea improvvisa mi balena nella mente. Non faccio in tempo a rifletterci su che irrompo nella sua stanza.
Lo vedo seduto con la testa tra le mani. Sta piangendo. Quando incrocio il suo sguardo, il suo sorriso forzato scompare. Leggo nei suoi occhi lo stupore della mia visita.

    — Ti prego, proteggila — dico con un filo di voce. Sento gli occhi gonfiarsi fino a che non riesco più a trattenermi. Mi vergogno. Sono talmente disperata che ho appena chiesto a un tributo di proteggere Prim, ma non voglio vederla morire. Non voglio. Mi volto per uscire dalla stanza, nascondendo il viso pieno di lacrime, quando sento la sua voce.
    — Aspetta — Tutto succede in pochi secondo. La sua mano sinistra afferra la mia e in un attimo mi ritrovo tra le sue braccia. É come ritornare a quel giorno d'inverno mentre correvo a casa con il pane appoggiato al corpo. Sento il suo calore bruciare a contatto con la mia pelle mentre il profumo dolce del pane si mischia al gusto amaro delle lacrime.
    — La proteggerò per te — mi sussurra nell'orecchio. Rimango sorpresa dalla sua risposta, ma poi sento un nodo stringermi la gola e la paura attanagliarmi il cuore. Sono stata una stupida a venire qui. So che alla prima occasione nell'arena la ucciderà, nessun protegge un altro tributo. Allora perché mi sta mentendo? Perché mi vuole far del male con false promesse? Cerco di staccarmi da lui, ma all'improvviso sento le sue labbra contro le mie. Il cuore incomincia a sussultare e un fuoco mi divampa dentro. Per un istante i miei dubbi scompaio e le mie incertezze sul ragazzo del pane si volatilizzano. Lo sento staccarsi da me troppo presto e come un Déjà vu il nostro tempo è finito. Prima di scomparire dietro la porta vedo le sue labbra sussurrarmi qualcosa, ma non faccio in tempo a capire che mi ritrovo nuovamente nel tetro corridoio davanti a quella maledetta porta. Ancora confusa mi dirigo vero le scale e cerco di riassaporare quel fuoco che a poco a poco si spegne lasciandomi qualcosa dentro che fino ad allora non avevo mai provato.
Speranza?

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5 - Katniss

Cammino tra le vie del Distretto 12 senza sapere dove sto andando. Nella testa rivivo gli ultimi istanti passati con Prim e il ragazzo del pane. I loro volti e le loro voci si susseguono in continuazione senza mai fermarsi. Cammino pensando solo a loro, isolandomi completamente da ciò che mi circonda. All’improvviso calpesto qualcosa di morbido che scompare subito da sotto i miei piedi facendomi cadere a terra. Mi guardo attorno confusa come se mi fossi risvegliata violentemente da un incubo. Vengo colta dal panico quando non capisco subito dove mi trovo, ma lentamente riconosco le rozze case del Giacimento ricoperte dalla loro solita patina di cenere. Senza volerlo sono arrivata fino a casa e scopro che la cosa che mi ha fatto inciampare è Ranuncolo. Lo vedo a pochi passi da me, con una smorfia di dolore sul suo muso, soffiarmi contro per poi scomparire in mezzo ad uno dei cespugli ai lati della strada. Decido che è arrivato il momento di sbarazzarmi definitivamente di quel gatto rognoso. Mi rialzo e mentre raggiungo il punto in cui è sparita quella bestiaccia vengo attirata da uno strano rumore provenire da dentro casa. Qualcuno sta piangendo. Sento il suo respiro farsi sempre più corto, rotto da piccoli singhiozzi ripetuti. Immediatamente ripenso alle notti in cui venivo svegliata da quel singhiozzare e capisco subito chi è che sta piangendo.
    — Prim — urlo correndo verso la porta. Forse mi sono svegliata veramente da un incubo? Forse mi sta aspettando! Afferro la maniglia, ma non faccio in tempo a girarla che la porta si apre da sola. Non è lei. Vedere mia madre comparire mi stringe il cuore. Prim è andata via per sempre. Accetta la realtà. Mi ripeto nella testa, ma senza effetto. Sento tutto il dolore accumulato fino ad ora uscire fuori senza che possa fare niente per fermarlo. Incomincio a correre via verso l’unico posto in cui posso essere me stessa, i boschi. Non voglio che qualcuno mi veda in questo stato. Sento la voce di mia madre chiamarmi, mi dice di tornare indietro. Come potrei vivere in quella casa piena di ricordi amari?
Immersa nel silenzio degli alberi verso le mie lacrime, urlando la mia sofferenza. Oltre a Prim penso a mio padre. É come ritornare indietro nel tempo. Riprovo lo stesso senso di solitudine, ma ora fa più male sapendo che tutto quello che ho fatto per proteggerla è stato inutile. Sapendo che forse era destino che rimanessi per sempre sola. Il mio sguardo si posa sulle bende tinte di rosso del sangue delle gamba destra. Sento nella mia testa risuonare la risata sgradevole del Pacificatore di guardia al Palazzo di Giustizia. Ride di me e di quella ferita che non mi ha permesso di salvare Prim. Colma di rabbia incomincio a colpirla con i pugni come se potesse far smettere quella voce arrogante, ma questa si fa sempre più forte fino a trasformarsi in una risata sibilante con lo stesso accento di Effie Trinket. Ora sento gli abitanti di Capitol City ridere del mio dolore fino a farmi male la testa.
    — BASTA — urlo disperata tappandomi le orecchie con le mani pieni di sangue. Il bosco prende improvvisamente vita, con conigli e scoiattoli che scappano via nelle tane spaventanti dal mio grido, per poi tornare il silenzio tra gli alberi e per sino nella mia testa.
Le ore passano lentamente e quando arriva il tramonto ho smesso da un bel po di versare lacrime. D’istinto mi alzo e incomincio a dirigermi verso casa, ma l’idea di vivere il resto della mia vita senza Prim mi stringe il cuore. Passerà, mi dico nella testa. So che la sofferenza passerà con il tempo, ma non voglio dimenticare. Non voglio che il suo viso scompaia come quello di mio padre. Cambio direzione e mi dirigo verso valle. A sole già inoltrato raggiungo uno dei posti preferiti da mio padre quand'era ancora vivo, un lago immerso nei boschi con un piccola costruzione in cemento, ancora in piedi da diverso tempo, vicino alla riva. Mi avvicino alle sponde sabbiose, tolgo lo stivale della gamba destra e la immergo per intero provando un leggero sollievo quando la ferita viene a contatto con l’acqua fresca. Sciacquo via dalle mani il sangue che nel frattempo si è seccato per poi lavarmi dal viso le lacrime piante. Con il calar della notte il dolore si attenua. Non curante degli animali feroci rimango sulla riva accovacciata, con le gambe strette al busto, a fissare il chiarore della luna sul lago senza pensare a nulla. Lentamente sento le palpebre farsi sempre più pesanti fino a quando cedo alla stanchezza e mi addormento con la testa appoggiata sulle ginocchia. Prima di lasciarmi andare completamente ripenso al ragazzo del pane e al suo bacio, arricciando le labbra in cerca di quel calore in questa fresca notte.
Una dolce calura sul viso mi sveglia delicatamente dal mio sonno. Apro debolmente gli occhi, ma li richiudo subito accecata da sole. 
É già mattina inoltrata. A fianco a me noto immediatamente un piccolo cestello, di quelli intrecciati con la paglia, con alcune foglie di quercia in cima a proteggere il suo contenuto. Al suo interno scopro una moltitudine di bacche bluastre accompagnate da un piccola e tiepida pagnotta. Sarà stato Gale a lasciarmelo. Lui è l’unico che conosce questo posto oltre me. Non tornando più a casa, mia madre gli avrà chiesto di cercarmi. Ripenso a come mi sono comportata ieri con lui. Siamo sempre stati una coppia affiatata, pronti ad aiutarci a vicenda e proprio nel momento del bisogno lo scacciato via senza permettergli di aiutarmi. Sono stata stupida a dare la colpa a lui per quello che è successo a Prim. Spero che delle semplici scuse bastino per non perdere il mio compagno di caccia. Ricordandomi solo ora di non aver toccato cibo per un giorno intero inghiotto in pochi istanti le bacche riempiendomi la bocca di polpa fresca. Anche se affamata esamino per qualche istante la pagnotta. Scorro le punta delle dita sulla la superficie rugosa e inspiro affondo il suo profumo.
    — 
É dalla panetteria! — esclamo a bassa voce ripensando a Peeta Mellark. Affondo i denti nel impasto morbido pensando al significato del suo gesto. Non ho mai avuto a che fare con lui dopo quel giorno d’inverno di quattro anno fa. Infatti ieri è stata la prima volta che gli ho rivolto la parola. Allora perché mi ha promesso di proteggere Prim? Perché mi a baciata? Cerco una risposta fino a quando giungo ad un unica spiegazione che mi lascia sorpresa. Forse prova qualcosa per me. Perché mai un ragazzo di città dovrebbe interessarsi ad una ragazza come me? E se anche fosse, perché non ha mai provato a parlarmi? Alla fine decido di non pensarci più visto che ora non ha più importanza. Tra meno di una settimana inizieranno i giochi e quando sarà nell’arena scoprirò veramente le sue intenzioni anche se sarà troppo tardi.
Dopo aver finito il mio pasto scarno slego le bende e controllo le condizioni della ferita. Come pensavo i pugni di ieri hanno peggiorato la situazione. Oltre alla carne non ancora rimarginata è comparso un enorme livido violaceo che mi compre metà gamba. Ripenso a mia madre e al suo sguardo affaticato dopo avermi curata. Sento un pizzico di rancore per essere scappata via all’improvviso. Ieri stava piangendo, sarà ripiombata nello stesso mondo buio di quando morì mio padre? C’è solo un modo per scoprirlo. Rifascio come meglio posso la gamba, raccolgo il fragile cestello e mi dirigo verso il Giacimento.
Raggiungo il Distretto molto lentamente, un po’ per la ferita e un po’ per i miei timori, ma quando arriva il momento mi faccio coraggio ed entro in casa. Nella penombra della cucina vedo mia madre scattare in piedi dalla sedia in cui stava e venirmi subito incontro. Non faccio in tempo a dire nulla che ricevo senza preavviso uno schiaffo sulla guancia destra. Non sono mai stata picchiata da lei e tanto meno da mio padre e per questo la guardo stupita del suo gesto, ma poi noto le borse sotto gli occhi e le rughe marcate sul suo volto. Non sarà riuscita a chiudere occhio stanotte per colpa mia?
    — Scusami. Pensavo di aver perso anche te — dice abbracciandomi forte a sé. Dev'essere stata dura per lei vedersi scomparire due figlie in un unico giorno. Solo ora mi rendo conto di essere solo un’egoista. Non ho creduto in Prim, ho rifiutato l’aiuto di Gale ed ho abbandonato mia madre. Ho deluso tutti quelli a cui tengo.
    — Mi dispiace — dico con un filo di voce sentendomi arrossare gli occhi dai sensi di colpa.
    — Ora è tutto apposto. Ti preparo un bagno e dopo ti controllo la ferita. Ok? — mi dice facendomi un leggero sorriso. Le faccio un cenno con la testa sollevata di vedere che questa volta non si è lasciata.
Nella vecchia tinozza di legno che usiamo come vasca, lavo via dal mio corpo il sudore mischiato al sangue della ferita. Quando vedo mia madre incominciare a lavarmi i capelli la lascio fare sentendo, ora più che mai, il suo bisogno. La gamba, pur essendo peggiorata, necessita solo di qualche giorno di riposo per guarire, mi rassicura mia madre rifasciandomela con delle nuove bende. Mi vieta di sforzarla più del dovuto e di stare a riposo. Sentendomi priva di forze per fare qualsiasi cosa seguo il suo consiglio e, soffocata dal caldo estivo, mi butto sul mio letto. Passo l’intero il pomeriggio creando degli otto sul tessuto rugoso del materasso cadendo in uno stato quasi vegetativo dove l’unica cosa che ti sprona è la voglia di girarmi dall’altra parte. Ci sono alcuni instanti in cui sento la disperazione attanagliarmi facendomi versare qualche lacrima per poi ritornare a fissare il nulla.
Quando arriva la sera vengo aiutata da mia madre a sedermi a tavola, anche se non ho tanta fame. Esamino il mio piatto. Contiene una brodaglia marrone dalla quale spunta qualche foglia di basilico. Non avendo cacciato, questo è il meglio che mia madre ha potuto fare. Dopo qualche cucchiaiata un rumore metallico rompe il silenzio della cucina. All’improvviso la tv si accende da sola come tutte quelle nel Distretto quando siamo costretti a guardarla. L’inno di Panem incomincia a risuonare e sento lo stesso avvenire nelle altre case del Giacimento.
    —
É la sera delle sfilate — mi ricorda mia madre. Me ne ero dimenticata. Oggi i venti quattro tributi di Panem sfileranno per l’intera Capitol City, trainati da cavalli e vestiti per l’occasione dai loro stilisti. Un’immagine di Prim nuda ricoperta di sola cenere mi balena in testa. Spero proprio che il suo stilista non sia amante del nudo, come accaduto qualche anno fa per il Distretto 12. Mi tiro un po’ su di morale e finisco in pochi istanti tutto la cena mentre lo stemma di Panem scopare per lasciare il posto al solito commentatore dei giochi, Cesar Flickerman un uomo sempre sorridente e dalla stravagante capigliatura tinta ogni anno di un diverso colore. La telecamera li passa in rassegna uno ad uno quando escono in strada. Osservo i loro volti pensando che uno di loro potrebbe uccidere tra qualche giorno mia sorella. Vengo attirata dalla ragazza del Distretto 11. Mi ricorda Prim nel suo aspetto minuta e fragile. Purtroppo è stata anche lei vittima degli Hunger Games come mia sorella. All’improvviso un forte boato costringe mia madre ad abbassare la tv e capisco solo dopo alcuni istanti il perché.
    —Quelle sono... fiamme? — esclamo stupita vedendo Prim vestita con un tuta attillata nera adornata da un manto e una corona in fiamme. Leggo sul volto di mia madre il mio stesso senso di sorpresa. Sembra un vestito creato apposta per lei con i suoi capelli biondi e occhi azzurri che risaltano con le sfumature del fuoco che indossa. Lo stesso vale anche per Peeta Mellark. In un primo momento si trova spaesato, ma poi prende confidenza e incomincia a salutare la gente sugli spalti. Vedo rivolgere la parola a Prim, notando solo ora che i due si stringo per mano. Questa non risponde, ma si limita a sorridere. Il suo sorriso fa riaccendere qualcosa dentro di me, qualcosa che pensavo di aver perso quando ho saputo della sua nomina. La voglia di non arrendermi. La trasmissione finisce con il discorso del Presidente Snow e dopo l’inno di Panem la cucina ripiomba nel silenzio. Ora si respira in diverso clima in casa. Aver visto di nuovo Prim ci ha rassicurato un po’ anche se non toglie il fatto che abbia i giorni contati, ma sta notte cerchiamo di dimenticarlo.

Come il resto del Distretto dopo qualche minuto ci ritroviamo ognuna nel proprio letto. Mi addormento ripenso a Prim e alla sua apparizione spettacolare. In mezzo a quella gente ci sarà sicuramente qualche sponsor che possa aiutarla nell'arena. Dato che chiunque può inviare un dono ai tributi nell'arena anche se mi trovo nel Distretto cercherò in tutti i modi aiutarla. Durante la notte mi sveglio e d'istinto cerco Prim alle mie spalle, ma ovviamente non la trovo. Cerco di riprendere sonno, ma senza riuscirci.
    —Non riesci a dormire? la voce di mia madre mi coglie quasi di sorpresa, mi volto verso di lei e le faccio cenno di si con il capo. Vedo farmi gesto di sdraiarmi a fianco a lei. Senza pensarci mi alzo e mi distendo al suo fianco. Ora va meglio. Sento la sua mano delicata sistemarmi i capelli nello stesso modo in cui faceva Prim. Colta dalla stanchezza mi addormento velocemente tra lei sue carezze, consapevole che, pur avendomi portato via mia sorella, oggi ho ritrovato mia madre.

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Capitolo 6
*** ...e tutto finisce. ***


Peccato...dopo sei anni mi ritrovo a rileggere per caso quanto scritto all'epoca e penso che sia veramente un peccato. Non tanto per i tanti errori grammaticali, delle descrizioni asettiche ed a volte frettolose (^^'), ma per le idee che c'erano dietro a questa fan fiction. Da sempre mi sono piaciuti i What if e qui c'era tanto di cui parlare. Questa fanfiction doveva essere parte di qualcosa di grosso che con molta probabilità avrebbe "cozzato" in parte con i racconti originali, ma mi piaceva molto il contrasto che si veniva a creare. E qui di seguito voglio condividere ciò che mi era frullato nella testa.. Katniss nel distretto 12 avrebbe instaurato un legame più intimo con Gale per qualche giorno, prima che iniziassero i giochi, avvenuto per caso come fuga da parte di Katniss dalla realtà rifugiandosi con lui nei boschi, ma con gli inizi dei giochi la cosa sarebbe scemata. Katniss avrebbe scelto di volersi aggrappare di più alla "speranza" di Peeta che alla "fuga" di Gale (Quanto zzo sono belli i contrasti anche sul piano tematico °0°). Prim avrebbe vinto i giochi grazie al "sacrificio "di Peeta. La particolarità è che durante i giochi Katniss incominciasse a "legarsi" a Peeta tramite ciò che vedeva tramite la tv, avrebbe vissuto un legame quasi “spirtuale” come se le loro anime fossero collegati. Infatti mi sarebbe piaciuto sviluppare l’idea che i due fossero collegati dal destino (:P) con l’intreccio tramite flash di ricordi o sentimenti provati nella storia letta nei libri. Nella seconda parte, legata al secondo libro, Katniss si offre volontaria per i giochi visto l’assenza di altri vincitori come guida, infatti avremmo avuto Katniss e Haymitch nell'arena e Prim a cercare sponsor. Qui sarebbe stato carino soffermarsi sul rapporto tra Haymitch e Prim e l'insicurezza di Katniss. Il tutto sarebbe sfociato della vittoria di Katniss in un modo che l’avrebbe messa in cattiva luce con il popolo, amplificandosi dopo i giochi con l’entrata nell’esercito sotto reclutamento diretto di Snow (leggasi minaccia di morte per i propri cari). Negli anni successivi si sarebbe guadagnata il nome di corvo nero, per via del fatto che dopo esser stata mandata da sola in missione per sedare qualche gruppo di persona l’esercito la recuperava nella desolazione del capo di battaglia, tra i corpi inermi della genta uccisa. Anche qui sarebbe stato bello approfondire il rapporto di Prim (che non sarebbe mutato dopo il suo incarico a differenza con Gale) e molti altri visto che nessuno sapeva che era sempre e costantemente sotto minaccia da Snow. L’assassina solitaria che porta un fardello così grande tutta sola per il bene della sua famiglia. E qui mi fermo, perché subentrerebbe un eroe del popolo, soldati venuti da fuori panem, paradossi temporali scaturiti da una figlia in cerca di assoluzione per i propri rimpianti [un'altra fan fiction post storia dopo i libri che vedeva la figlia di Katniss e Katniss stessa in conflitto dopo un evento successo anni prima che ha portato la morte di Peeta e del figlio] che in tutto questo avrebbero portato indietro nel tempo uno di questi soldati venuti fuori Panem [ aveva gli occhi verdi per inciso] che sarebbe stato la causa dell’accensione della recinzione che ha impedito a katniss di partecipare alla mietatura cambiando così il corso degli eventi [ e i flashback causati gli intrecci delle due linee temporali]. Peeta non sarebbe morto, salvato da questo soldato (il modo più veritiero me lo sarei inventato ^^’). Avrebbe vissuto come rifugiato nel distretto 8 in cerca di se stesso visto la perdita di memoria, diventare un eroe per il popolo grazie alla sua storia con il successivo scontro inevitabile con Katniss. Lei che al momento di questa scoperta riprova quello strano legame con lui, non più conosciuto da Peeta a causa della perdita di memoria. Ed qui sarebbe arrivato il punto di tutto, i ruoli che si scambiano ed un destino diverso. La storia sarebbe finita con Prim, dopo la caduta del regime, che contempla nel giardino vicino alla recinzione le lapidi dei due protagonisti uccisisi a vicenda. Due anime legate dal destino, tanto vicine quanto lontane. Fine

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