Innocente

di Il Professor What
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In fuga ***
Capitolo 2: *** Incontro ***
Capitolo 3: *** Accordi ***
Capitolo 4: *** Fletus Chattongue ***
Capitolo 5: *** Maschere ***
Capitolo 6: *** Non c'è due senza tre ***
Capitolo 7: *** L'incubo ***
Capitolo 8: *** Un gioco divertente ***
Capitolo 9: *** Sorpresa ***
Capitolo 10: *** Tempo di decidere ***
Capitolo 11: *** La stirpe dei Malfoy ***
Capitolo 12: *** Preparativi ***
Capitolo 13: *** Il Mangiamorte ***
Capitolo 14: *** Cosa mi sta succedendo? ***
Capitolo 15: *** Eredità ***
Capitolo 16: *** Un amico ritrovato ***
Capitolo 17: *** La Chimera ***
Capitolo 18: *** Legami ***
Capitolo 19: *** Inizia la resa dei conti ***
Capitolo 20: *** Il volto della verità ***
Capitolo 21: *** Colpevole ***
Capitolo 22: *** IMAGINEM FACE ***
Capitolo 23: *** L'amaro calice ***
Capitolo 24: *** In attesa del miracolo ***
Capitolo 25: *** Ritorno alla vita ***
Capitolo 26: *** Scommessa per il futuro ***



Capitolo 1
*** In fuga ***


Buongiorno a tutti. Eccovi qui il primo capitolo della mia prima ff, attualmente pubblicata anche su Acciofanfiction. Pubblicherò un capitolo a settimana, circa. Spero di avere il vostro apprezzamento. Buona lettura.
 
Capitolo 1: IN FUGA

 
Freddo. Buio. Non una luce a illuminare la sua strada. Com’era finito lì?
- Paura?
Conosceva quella voce, quel viso pelato da rettile, con le narici appiattite e i denti scoperti in un orrendo sorriso di scherno.
- Perché piangi? Non sei contento che ti ho ritrovato?
Gli urlò di andare via, di lasciarlo in pace. Lui rise.
- E perché dovrei? I bambini non vanno lasciati soli, se non sono capaci di badare a se stessi...
- Io non sono un bambino!
- Allora non piangere! Alzati! Sii uomo!
- Un uomo come te?
- Sarebbe sempre meglio del marmocchio tremante che sei… un lattante che vorrebbe ancora attaccarsi al petto di mamma.
- Non voglio essere come te!
- Tu sei già come me! In cosa credi di essere migliore? Hai partecipato alle mie azioni, hai gioito dei miei trionfi... e sei caduto con me!
- Vattene, demonio! Lasciami!
Lui si ritrasse, continuando a fissarlo derisorio. Alle sue spalle, ne apparvero altri: volti noti e un tempo amati, che ora gli ispiravano solo dolore e vergogna, rabbia e umiliazione. Lo fissavano ridacchiando, se lo indicavano a dito: il vigliacco... il coniglio... il fuggitivo. E per quanto si tappasse le orecchie, quelle risate gliele oltrepassavano crudeli, e lo torturavano lentamente.
Poi, d’un tratto, Lui estrasse la bacchetta e gliela puntò addosso. Rideva nel farlo, pregustando il suo dolore.

Con un urlo, Draco Malfoy si risvegliò, andando a sbattere la testa contro il soffitto. Il dolore lo riportò alla realtà. Borbottò stizzito sulla bassezza del tetto sopra il suo giaciglio, anche se dovette ammettere che era utile per calmare la paura che l’aveva invaso. Tanto, tra poche ore non sarebbe più stato un problema.
La campana risuonò nel silenzio, annunciando l’ora del pasto serale. Bene, sorrise lui. Si alzò e raggiunse il centro della cella, dove riusciva a stare in piedi. Si tolse il rozzo pigiama da carcerato, lanciandolo con fastidio sulle lenzuola sporche. Voleva avere indosso i suoi vestiti, nel momento in cui avrebbe dovuto agire.
Indossò la nera maglia a girocollo, poi i pantaloni e la giacca dello stesso colore. Il tessuto raffinato con cui erano stati fabbricati adesso era polveroso e insozzato dalla breve permanenza in quel porcile. Anche se i Dissennatori non c’erano più, Azkaban non era molto migliorata in quanto a pulizia e ordine. E anche la disciplina lasciava a desiderare, se ai condannati era permesso riavere indietro i vestiti con cui erano entrati nella prigione.
Si sedette sul letto, nella posa in cui il guardiano era solito trovarlo. Sistemò le gambe in modo che fossero perfettamente unite l’una contro l’altra, e si chinò in avanti: sarebbe stato seccante andare a sbattere contro il soffitto proprio allora.
Cominciò a sentirsi agitato per ciò che sarebbe avvenuto di lì a poco. Male. Non doveva permettere al suo nervosismo di prendere il sopravvento. Chiuse gli occhi, e ricordò che cosa l’aveva portato qui.

Ricordò gli occhi duri, freddi, dei giudici del Wizengamot, le loro tuniche violacee, il loro atteggiamento inquisitorio. Maledetti politicanti, che si ergevano a difensori della legge e dietro ne combinavano di tutti i colori.
Ricordò l’accusa di duplice omicidio. Dean Thomas e Seamus Finnigan: ex compagni di scuola, ex Grifondoro, trovati morti nei loro appartamenti, dissanguati, con evidenti segni di colluttazione.
Ricordò le due testimonianze, perfettamente concordi: un uomo biondo, della sua corporatura, era entrato nelle loro case, vestito di nero, ed era uscito poco dopo, modificando la memoria a chi incontrava. Incantesimi che gli Auror avevano saputo rimuovere senza troppa difficoltà.
Ricordò il padrone del Paiolo Magico che raccontava la lite avvenuta nel suo locale pochi giorni prima tra le due vittime e l’accusato, in cui li aveva chiaramente minacciati, se avessero osato mai più ridere alle sue spalle.
Ricordò gli sguardi degli altri ex Grifondoro presenti, sguardi di odio e disprezzo. I Weasley al gran completo, Paciock con la Lovegood, Potter, la Granger... quei maledetti eroi, che aveva tormentato per anni, venuti a prendersi la loro vendetta.
Ricordò infine la sentenza: l’ergastolo. La fine della sua casata, il colpo finale alla sua stirpe. L’aveva sopportato in silenzio, ricacciando le lacrime di dolore e umiliazione, e mentre lo portavano via era rimasto a testa alta, ignorando l’odio attorno e dentro di sé.
Alla fine, ci sono finito davvero ad Azkaban, aveva pensato una volta che era stato rinchiuso dentro la sua cella. Omicidio, indagine, soluzione, punizione del colpevole... meglio di così.
C’era solo un piccolo particolare: era innocente.

E’ vero, aveva litigato con quei due al Paiolo Magico, ma loro l’avevano insultato. Avevano riso delle sue disgrazie, dello squallore in cui era caduto. Esasperato da quattro anni di dolorosa sopportazione, aveva semplicemente reagito: nulla di più. Nemmeno per un momento, aveva pensato di ucciderli.
Non meritava questo. Non meritava di essere disprezzato, rinchiuso, segnato a dito come fosse un appestato. Non aveva fatto niente per essere punito così... non era giusto...
No, maledizione! si disse. Non cominciare a frignare adesso, stupido! Concentrati!
Aveva pianto anche troppo negli ultimi anni, e il gusto salato delle lacrime gli era ormai divenuto fastidioso. Aveva pianto per sua madre morta da un anno per un improvviso malore; per suo padre, ultimo fra i maghi a ricevere il Bacio dei Dissennatori; per la sua casa che andava a pezzi senza che fosse possibile intervenire; per il suo denaro che il Ministero gli aveva sottratto come risarcimento della guerra. Non era rimasto più niente della gloriosa casata dei Malfoy, tranne il nome... e lui.
E a quanto pare, nessuno dei due aveva più molto valore.

Respirò a fondo, cercando di scacciare la rabbia, che non l’avrebbe certo aiutato più delle lacrime. Drizzò la testa, accorgendosi di averla chinata, e cercò di ridarsi un’aria composta. Aveva la barba lunga di tre giorni, i capelli sporchi, e puzzava. Era ridotto a un mendicante, un povero accattone tormentato dagli incubi.
Gli incubi... rabbrividì al pensarci. Erano anni, ormai, che li faceva, ma non avevano perduto nulla della paura che gli ispiravano. Anzi, dopo la morte della madre non avevano fatto che peggiorare.

Sognava Lui. E zia Bella, Greyback, Tiger, Dolochov... suo padre. Lo deridevano, invitandolo a venire con loro. Per quanto si rifiutasse, ogni volta tornavano a insistere. Lo facevano sentire piccolo, debole, vulnerabile, mentre gli rinfacciavano la sua vigliaccheria, la sua pusillanimità, la sua incapacità di accettare che continuava ad essere quello che era stato.

Scacciò questi pensieri quando la porta della cella si aprì. La guardia entrò, facendo scivolare il suo ampio mantello grigio con cappuccio, e depose sul tavolo la ciotola di cibo. Draco aspettò che si dirigesse verso l’uscita, con i suoi stivali tintinnanti per le fibbie d’oro.

Poi, scattò.

La guardia ebbe solo il tempo di sentirsi afferrare alla nuca e tirare indietro, prima che la sua testa andasse a sbattere contro il muro, facendogli perdere i sensi.
In fretta, Draco tolse alla guardia svenuta la bacchetta, il mantello e gli stivali. Nel farlo, si accertò che respirasse: non era bene lasciarsi dietro un morto. Si infilò la bacchetta nei pantaloni, rabbrividendo leggermente al contatto della pelle con il legno. Si tolse le scarpe da prigioniero e indossò gli stivali, facendo più in fretta che poteva; si allacciò il mantello intorno alle spalle e tirò su il cappuccio, nascondendo completamente la testa. Si concesse un attimo di sollievo: la prima parte del piano era andata alla perfezione.

Scese le scale, a malapena illuminate dalla luce tremula delle torce, cercando di non scivolare. Rallentò il respiro, lo rese impercettibile, e cercò di restare nell’ombra. Sapeva che presto avrebbe incontrato altre guardie, e meno si faceva notare, meglio era. Non ci avrebbero messo molto a scoprire che la cella era vuota, anche perché i prigionieri avrebbero cominciato a lamentarsi della cena che tardava ad arrivare.
Arrivato a un bivio, girò a destra senza esitazione. Aveva studiato bene la pianta dell’edificio: la scala che aveva imboccato conduceva dritta nei settori inferiori della prigione, e poi agli alloggi delle guardie. Lì c’era la sua destinazione.
Sbucò in uno dei corridoi: una lunga fila di celle chiuse, con una piccola finestrella per permettere al detenuto di vedere fuori. Lo attraversò sicuro, ignorando le offese scurrili e le minacce dei prigionieri. Feccia, non poté fare a meno di pensare. Le guardie che li sorvegliavano lo salutarono: rispose con impercettibili cenni del capo, evitando di fermarsi.
Uscito da lì, si trovò di fronte a un trivio: il punto centrale delle strade di Azkaban. Le tre scalinate conducevano ai settori principali della prigione, a loro volta divisi in settori più piccoli. Adesso, doveva solo scendere la rampa principale, fino all’ingresso.

Fu in quel momento che il cielo si illuminò di rosso. La sua fuga era stata scoperta.

Correndo come un pazzo, Draco scese per i gradini e arrivò nell’atrio. Alla sua destra, c’erano gli alloggi delle guardie e l’ufficio del direttore. Alla sua sinistra, invece, la cosiddetta “lavanderia”, in realtà una stanza dove i vestiti dei carcerati e delle guardie venivano raccolti una volta alla settimana, per essere poi mandati a una vera lavanderia Babbana sul continente, dove erano lavati e rispediti al mittente. Prima e dopo l’invio, i sacchi erano aperti e controllati.
Senza esitare, Draco entrò nella lavanderia. Si tolse il mantello, gli puntò contro la bacchetta e sussurrò: “Duro”.
Il mantello divenne di pietra, e Draco dovette posarlo a terra per il peso. Sventolando di nuovo la bacchetta, sussurrò di nuovo: “Wingardium Leviosa.” Il mantello subito si sollevò a mezz’aria. Allora Draco, agitando la bacchetta in unico, ampio gesto, lo scagliò attraverso la finestra. Il mantello cadde in acqua con un sonoro tonfo.
Non restò a guardare se il suo diversivo avesse avuto effetto. Aprì uno dei sacchi pieni di vestiti sporchi e, trattenendo il fiato per il fetore, vi entrò. Sapeva che i sacchi erano già stati controllati, ma nonostante questo si augurò che a nessuno venisse l’idea di aprirlo di nuovo.

***

Gli inservienti Babbani della lavanderia rimasero stupiti, quando lo videro uscire. Prima che potessero reagire in qualche modo, Draco ne schiantò due e ne pietrificò un terzo. Si guardò attorno e, vista una finestra a pochi passi, vi si arrampicò e uscì all’aria aperta, allontanandosi dall’ampio caseggiato.

Fu solo quando mise il piede su una strada Babbana, lontano dalla lavanderia, che finalmente sorrise: un sorriso di legittimo orgoglio per ciò che aveva appena fatto. Era libero. Quegli idioti del servizio di sicurezza ad Azkaban avevano pensato a ogni tipo di fuga, tranne a quella più facile in assoluto. Sono un genio, si disse, complimentandosi con se stesso.

Ma non era finita. Doveva trovare al più presto un albergo dove farsi una doccia, e vestiti nuovi. Babbani, ovviamente: non poteva rischiare andando in un albergo o un negozio magici. E avrebbe dovuto usare l’Incantesimo di Memoria e la Maledizione Imperius per evitare di pagare il conto, dato che non aveva un soldo. Poi, a Londra, a rimediare a un errore giudiziario.
Alzò la testa, e guardò il cielo stellato sopra di lui. E mentre le fredde luci delle stelle si riflettevano nei suoi occhi argentei, giurò sulla tomba di sua madre che avrebbe trovato chi aveva ucciso Thomas e Finnigan facendo ricadere la colpa su di lui, e gli avrebbe reso il favore: un biglietto di sola andata per Azkaban.

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Capitolo 2
*** Incontro ***


HERM (finendo di truccarsi per andare in scena): wow, abbiamo pubblicato due giorni fa e abbiamo già 13 persone che ci seguono!
DRACO: di che ti meravigli, Herm? Ormai dovresti saperlo che il mio fascino non fallisce mai.
HERM (guardandolo male): il NOSTRO fascino, vorrai dire.
DRACO (con uno sbuffo): sì, sì, certo, il nostro fascino... (alza gli occhi al cielo, e sussurra all'Autore) Ma mi spieghi chi è che ha avuto l'idea di mettermi in coppia con lei?
AUTORE: Se dico "io", mi Schianti? (Draco fa finta di pensarci un attimo, poi scuote la testa dicendo di sì) Bene, allora non lo dirò.
HERM: Se avete finito, signori, io sarei pronta.
AUTORE: Bene, allora pronti... (solleva un ciak da regista cinematografico) Si va in scena!

 
CAP. 2: Incontro

Fare la spesa era decisamente una delle cose che più la rilassavano: per una mezz’ora, non doveva pensare ad altro che a rispettare la lista delle cose che le servivano. Meglio ancora se la faceva in un supermercato Babbano, così da evitare incontri indesiderati. Nell’ultima settimana era stata così tanto assediata da reporter, giornalisti e semplici curiosi, che ormai un po’ di quiete era l’unica cosa che veramente desiderasse. Mentre l’altoparlante del negozio ricordava le offerte più vantaggiose ai suoi affezionati clienti, Hermione Jane Granger, in coda alla cassa, tentò di fare ordine nella sua vita.

Il primo problema aveva i capelli rossi e una faccia da idiota. Si chiese per l’ennesima volta cosa ci avesse trovato in lui, a suo tempo, che l’aveva spinta a mettercisi assieme. Era la guerra, concluse: lo spavento, la paura che il giorno dopo avrebbero potuto essere tutti morti, l’avevano portata a equivocare i suoi sentimenti. Aveva scambiato una semplice amicizia, anche se molto forte, per qualcosa di più, e non si era resa conto dei numerosi difetti di quell’uomo, inconciliabili con il suo carattere. Se n’era accorta, amaramente, solo quando era troppo tardi, a quattro anni di distanza, quando il suo ragazzo, anzi il suo fidanzato, non le aveva dato l’aiuto che sperava nelle sue iniziative. Il fatto era che, per quanto non fosse di mente chiusa, Ron restava un Purosangue, e perciò certe idee, certe abitudini del mondo magico per lui erano intoccabili. Inevitabile, perciò, che le iniziative di Hermione a favore delle creature magiche lo lasciassero dubbioso, perplesso, per non dire decisamente contrario. Per lei, invece, quelle iniziative erano fondamentali: il mondo magico doveva cambiare le sue vedute, adottare un modo di vedere le cose meno legato agli schemi del passato. E questo non significava solo una maggiore apertura verso Mezzosangue e Babbani, la qual cosa era ormai più o meno accettata, ma anche verso le creature non umane.

Ed era questo il secondo problema. Aveva scoperto molto in fretta che avere l’amicizia e l’appoggio del Ministro della Magia non era sufficiente. Shacklebolt, infatti, non poteva andare da solo contro l’opinione pubblica, che iniziava a chiedersi per quanto avrebbe dovuto essere ancora grato a quei tre ragazzini. Per Ron, amante della vita tranquilla e poco incline a mettersi in mostra, non aveva in realtà molta importanza; per Harry, nel suo lavoro di Auror, gli riusciva anche opportuno e gradevole essere dimenticato, così da poter lavorare come tutti gli altri; ma per lei, che si era lanciata in politica, la situazione era divenuta intollerabile. Al Ministero, la gente aveva incominciato a guardarla con sospetto, a rivangare vecchi pregiudizi sul suo conto, a deridere le sue idee progressiste dietro le spalle. I pochi appoggi che era riuscita ad avere non erano sufficienti.

Strinse le mani sul carrello, cercando di non farsi sommergere dallo sconforto. Aveva contribuito a sconfiggere la più grande minaccia del mondo magico, ed era incapace di confrontarsi con semplici umani! Con degli stupidi, patetici, politici pieni di pregiudizi! La scuola e la guerra erano stati periodi di scontro bianco-nero, Bene e Male assoluto, e non l’avevano preparata al grigio della lotta quotidiana con avversari contro cui non basta agitare la bacchetta. Non era abituata a lottare in questo modo, a mediare con gli avversari, a cercare con pazienza di raggiungere un accordo. E’ una cosa che non riesci più a fare, se per anni hai dovuto confrontarti unicamente da un lato con i tuoi amici, ai quali puoi dire tutto, e con nemici al di là di ogni patteggiamento dall’altro. E ora, le sue idee, le sue riforme, tutto il suo lavoro si era arenato, nelle secche della burocrazia del Ministero, per cui quelle erano le trovate infantili di una ragazzina in cerca di considerazione.

Era stato triste scoprire che gli amici non potevano aiutarla. Luna aveva convinto il padre a usare Il Cavillo per diffondere le sue idee, ma il giornale della famiglia Lovegood non godeva ancora di una fama sufficientemente buona. Neville aveva scelto mestieri più modesti, che non potevano fornire nessun aiuto. Ginny era entrata alla Gazzetta, come anche il povero Seamus, ma era ancora una reporter in prova: non era pensabile che potesse influenzare l’andamento del giornale. Harry... be’, Harry era un Auror che da poco aveva ottenuto il suo studio personale, e il permesso di indagare per suo conto. Aveva scelto di svolgere un mestiere indipendente da ogni politica, e per quanto potesse essere pur sempre un confidente e una spalla su cui piangere, non poteva essere di più.

E infine, Ron. La rabbia minacciò di tornare a sommergerla, perché lui l’aveva tradita. Messo alle strette da una giornalista abbastanza carina della Gazzetta, si era lasciato sfuggire che non condivideva le sue idee, non del tutto, almeno.

La lite che ne era seguita era stata furibonda, e l’intervento di Harry per placare gli animi assolutamente inutile. Ricordava di avere urlato e pianto nella stanza che condividevano alla Tana. Aveva perso ogni autocontrollo, e l’aveva insultato. Lui aveva risposto. Quella sera stessa aveva fatto le valigie e aveva chiesto a Harry se aveva un posto letto a Grimmauld Place. Era rimasta lì finché non aveva trovato quella piccola casetta alla periferia di Londra dove viveva adesso, il più possibile lontana dal mondo magico. Più evitava quel nido di serpi, meglio era. Aveva perfino detto ad Harry di non cercarla, dicendo che si sarebbe fatta viva, una volta si fosse sentita meglio.

Ma era molto lontana dal sentirsi meglio. La lite con Ron, scoprire cosa veramente fosse, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso di quattro anni passati a ingoiare in silenzio il disprezzo e la derisione dei suoi colleghi al Ministero. Sapeva come la chiamavano, dietro le spalle, come dicevano che unico merito del suo successo fosse stato “aiutare Potter”. E così affogavano le sue idee nel mare dei loro pregiudizi e dei loro interessi, nell’oceano della sua solitudine. Perché era sola. La guerra le aveva fatto dimenticare cosa volesse dire non avere nessuno ad assicurarti che, qualsiasi cosa succeda, ti resta accanto solo perché ti vuole bene. Ironico che fosse stato la pace a ricordarglielo.

Era così assorta nei suoi pensieri che, all’inizio, neanche lo notò. Il suo occhio registrò senza attenzione i capelli biondi e gli occhi grigi dell’uomo in fila all’uscita senza acquisti. Le ci volle qualche minuto per capire perché le risultasse familiare, e quando lo fece si voltò svelta nella sua direzione. Era lui, senza possibilità di dubbio. Certo, era vestito nell’ultima maniera in cui si sarebbe mai aspettata di vederlo: una polo a maniche lunghe abbastanza sportiva, con colletto e bottoni, e dei jeans neri tenuti stretti alla vita da una cintura. Si era tagliato i capelli, e sul mento aveva lasciato crescere un po’ di pizzetto. Ma non c’erano possibilità di equivoci, perché quell’aria arrogante, quel profilo deciso, quello sguardo al tempo stesso prepotente e insicuro erano rimasti identici.

 
***
 
“Ciao, Malfoy.”
La punta della bacchetta era appoggiata contro la sua schiena. Alla minima mossa, era pronta a Schiantarlo. L’aveva atteso fuori dal supermercato, nel vicolo lì vicino: un posto abbastanza tranquillo per scambiare quattro chiacchiere senza dare nell’occhio.

“Granger...” La vecchia, familiare voce strascicata era pervasa da una nota di collera. “Che cosa vuoi?”
“Seguimi e non fiatare.”
“Non sono tornato per te, Potter o Weasley. Non ho interesse a...”
“Ti ho detto di stare zitto.”

Tensione... Sentiva l’adrenalina scorrere per tutto il corpo. Da molto tempo non si sentiva così bene. Era come essere tornata ai vecchi tempi della guerra, quando l’unica occasione di dubbio era costituita dalla paura.

Lo schiaffo la raggiunse prima che avesse dominato questa sensazione. Indietreggiò di qualche passo, mentre lui, voltatosi, estraeva la bacchetta dalla cintura.
“Granger, ascoltami. Non ho intenzione di lottare. Voglio solo...”

Non lo lasciò finire. “Petrificus Totalus!”
Protego.” L’incantesimo andò a sbattere contro lo scudo di energia creato dalla sua bacchetta. La sua prontezza di riflessi era stata incredibile.
Expelliarmus!” Questa volta la bacchetta gli volò via dalle mani, rotolando sotto un bidone della spazzatura.
“Adesso...”

Il suo assalto a mani nude la sorprese. Malfoy avanzò di due passi, e la colpì allo stomaco con un pugno. La sorpresa e il dolore la fecero piegare in due, e lui ne approfittò per assestarle un manrovescio sulla nuca. Hermione crollò a terra. Non si aspettava che Malfoy decidesse di combattere senza magia.
I colpi, comunque, non erano stati molto forti, e si rialzò subito, sperando di essere più veloce di lui.

Incarceramus!”

Le corde le si attorcigliarono attorno a gambe e braccia, bloccandola, prima ancora che potesse fare un passo. Cadde di nuovo, scalciando per liberarsi. Si sentì prendere per una spalla e voltare di lato. Il viso e la bacchetta dell’evaso erano vicinissimi al suo, e sul volto di Draco Malfoy era ricomparso quel suo ghigno tanto familiare.

“Sei ancora più testarda di quello che ricordavo, Mezzosangue. Ti ho detto che non volevo lottare, no? E adesso, cosa devo fare con te? Potrei ucciderti...” La bacchetta le scese giù per una guancia, accarezzandole le labbra. “No, non mi conviene. Un bell’Incantesimo di Memoria, forse...” La bacchetta le percorse il mento, lenta e languida. “Poco divertente. Dopotutto... credo che ti lascerò semplicemente qui.” Si alzò, si rimise la bacchetta nei pantaloni e se li sistemò. Poi, fece per andarsene.

Malfoy ignorava che, in quegli anni, Hermione aveva studiato il modo di eseguire incantesimi anche senza pronunciare le parole. E anche se ancora non padroneggiava perfettamente la tecnica, era già abbastanza brava per compiere quel che aveva in mente. Aspettò che la sua attenzione si fosse completamente distratta. Poi, mentalmente, pronunciò il controincantesimo. Le corde si slacciarono all'istante, e la sua mano corse rapida alla bacchetta.

Stupeficium!”

L’urto dell’incantesimo lo scaraventò contro il bidone della spazzatura e lo fece accasciare a terra come una bambola rotta. Hermione si avvicinò, mentre l’orgoglio le riempiva il cuore. Era da tempo che non provava la sensazione dello scontro aperto, dove non hai dubbi su cosa ti aspetta se vinci o perdi. E lei adorava vincere, specie se l’avversario era uno come Malfoy.
Gli tolse la bacchetta dai pantaloni e lo voltò con malagrazia. Malfoy aveva sbattuto la testa e una lunga scia di sangue gli usciva dal naso. Aveva gli occhi chiusi e i lineamenti contratti; la posizione in cui giaceva a terra lo faceva sembrare un pesce senza lisca.
Reinnerva” sussurrò.

Gli occhi di Malfoy si aprirono e la guardarono. Lei gli torreggiava sopra, un sorriso soddisfatto sul volto, il sole che le illuminava la faccia, le due bacchette entrambe puntate contro di lui.

“Granger...” Malfoy alzò le mani in atteggiamento di resa. “Ti prego...”

Quelle due parole sussurrate fra i denti la colpirono come una frustata. Non c’era più arroganza sul volto dell’uomo, solamente umiliazione e sconforto. Le sembrò persino di notare nei suoi occhi un luccichio... come se fossero umidi.  Il sangue gli era arrivato alle labbra, e continuava a scorrere fuori dalla ferita.

E d’un tratto, si vergognò di se stessa. L’aveva attaccato, dopo che per due volte aveva detto di non voler lottare, e l’aveva colpito quando le aveva voltato le spalle. Si era comportata come lui. Certo, Malfoy era un evaso, un ex Mangiamorte, un Purosangue stronzo e superficiale... ma gli aveva riversato contro la rabbia per cose che non lo riguardavano. Aveva cercato compensazione per le sue croci accanendosi su di un reietto dalla società magica, proprio come le creature che voleva aiutare.

“Granger...” La voce la richiamò dai suoi pensieri. “Non sono tornato per vendicarmi, o per far del male a qualcuno. Voglio solo trovare chi mi ha fatto andare in galera. Non sono un assassino, non ho ucciso io quei due. Voglio giustizia.”

Giustizia... La stessa cosa che chiedeva lei. Quello per cui lottava. E a chiederla, non era un figlio di papà arrogante, sicuro della sua famiglia e del suo denaro, ma una persona che dalla guerra aveva perso tutto. Famiglia, soldi, rispetto, casa. Un disperato.

Respirò a fondo, maledicendosi per quello che sentiva. Tanto, sapeva che la decisione era già presa, e che non poteva farci assolutamente nulla.

“Alzati e vieni con me".

Un ringraziamento da parte delle 13 persone che hanno messo questa storia tra le Seguite. Per le recensioni future, però, mi preme di chiarire una cosa fondamentale: SONO UN UOMO, quindi per favore, non mi cambiate sesso.
(Draco ed Herm sghignazzano alle mie spalle, mentre lei gli cura il taglio sulla fronte) Altrimenti questi due mi prenderanno in giro vita natural durante...

 

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Capitolo 3
*** Accordi ***


DRACO (con indosso una maschera da Fantasma dell'Opera): "Let your mind start a journey through a strange, new world, leave all thoughts of the life you knew before... Let your soul take you where you long to be!"
HERM (bussandogli sulla spalla): A-ehm!
DRACO: Che c'è?
HERM: Dobbiamo andare in scena, ne hai ancora per molto?
DRACO (togliendosi la maschera): Mai che si possa cantare in pace...

CAPITOLO 3: Accordi


Gli ultimi giorni di fuga, da quando era arrivato a Londra, erano stati decisamente i peggiori. Fare magie era troppo pericoloso, e aveva dovuto fare salti mortali per nascondersi. Da tre giorni non si cambiava d’abito, e  la barba aveva cominciato a ricrescere. Adesso stava decisamente meglio. Aveva fatto una doccia ristoratrice, indossato vestiti nuovi, e si era fatto la barba. Vedendo il risultato allo specchio, ne fu soddisfatto: Draco Malfoy aveva di nuovo l’aspetto di un mago civile… grazie a Hermione Granger. 

Pensando a lei, gli tornò in mente la domanda che lo stava tormentando da un’ora: Cosa diavolo ci faccio qui?

Quando l’aveva vista puntargli contro le due bacchette, era stato sicuro che era finita. Entro due giorni, sarebbe tornato nella sua scomoda cella di Azkaban, guardato a vista. Umiliazione e rabbia l’avevano invaso: non poteva finire così! Due settimane di fuga, e poi di nuovo in quell’inferno!

E l’aveva supplicata. Aveva agito d’istinto, prima ancora di pensare a cosa dirle, mettendo in fila le prime parole che era riuscito a trovare. Sentiva ancora il sapore disgustoso delle parole che aveva pronunciato, il loro gusto amaro mentre gli uscivano dai denti. Tanto, non aveva più niente da perdere… tanto, sarebbe stato inutile. Figurarsi se la Granger poteva avere pietà di lui.

E invece era lì, in una piccola villetta alla periferia di Londra, dove gli era stato concesso di servirsi del bagno e gli erano stati dati vestiti nuovi.

Non era logico. Ci doveva essere sotto qualcosa. Non poteva averlo accolto per pura carità, nemmeno il più stupido dei Grifondoro raggiunge tali vertici di bontà.

“Allora, sei annegato nella doccia? Vuoi uscire o no?”

Il tono poco gentile della voce e i colpi alla porta lo riportarono alla realtà e misero fine ai suoi pensieri. Trattenendo l’irritazione nel sentirsi trattare così, rispose che sarebbe uscito subito. Sospirò, rivolto allo specchio. Aveva la sensazione che presto la sua domanda avrebbe trovato una risposta.

Uscì dal bagno, situato al piano di sopra della villetta, dalla parte opposta del corridoio rispetto alla camera da letto. Cercò di capire dove potesse essere.

E fu allora che il suo cuore si arrestò. Un tenore dal timbro chiaro iniziò a cantare una specie di nenia, accompagnato da un tremolio di archi e da un’arpa in sottofondo. Cantava in tono piano, sottovoce, come se stesse addormentando qualcuno.
 

Night-time sharpens, heightens each sensation,
darkness stirs and wakes imagination,
silently the senses abandon their defecens...

Si interruppe un attimo, permettendo agli archi di abbozzare una melodia e all’arpa di eseguire qualche arpeggio.Un sottile formicolio iniziò a percorrergli il nervo spinale, si sparse su tutta la pelle provocandogli brividi di piacere, e il cuore prese a battere furiosamente nel petto. Musica… Non ne aveva più sentita, da quando l’avevano rinchiuso ad Azkaban. Musica… la sua vecchia amica, la confidente capace di sollevargli la mente e scacciargli i pensieri. E per Merlino, quella musica era celestiale.

Scese le scale, muovendosi nella sua direzione. Il cantante, che aveva davvero una bella voce, forte ed espressiva, aveva ricominciato a cantare quella che effettivamente sembrava una ninna-nanna, mentre gli archi e l’arpa intrecciavano delicati arabeschi accompagnando il suo canto. C’era qualcosa di magico in quelle parole, qualcosa che sembrava volargli attorno, circondandolo come la carezza di un’amante.


  Slowly, gently night unfurls its splendour,
grasp it, sense it, tremulous and tender,
turn your face away
from the garish light of day,
turn your thoughts away from cold, unfeeling light
and listen to the music of the night...

Il ritmo aumentò, ma la voce non accennò ad alzarsi di potenza, mantenendo un tono di voce basso, invitante, pieno di promesse. A un certo punto, il cantante emise un lieve acuto sottovoce, una nota tenuta bassa, carezzevole, a cui seguì una breve pausa.

Close your eyes and surrender to your darkest dreams,
purge all thoughts of the world you knew before,
close your eyes, let your spirit start to soar...


Draco era arrivato alla porta della piccola cucina al piano terreno. La musica veniva da uno di quegli strani macchinari Babbani, una specie di scatola grigia con delle reti metalliche ai lati, poggiato all’estremità di un ripiano. Sulla tavola, c’erano già un piatto con del roastbeef e patate dentro, un bicchiere e delle posate. La Granger ne stava aggiungendo un altro.

“Ah, eccoti” disse, abbastanza rudemente. Andò alla misteriosa macchina Babbana e la toccò con un dito. Subito, la musica smise. Draco l’avrebbe uccisa all’istante: non sopportava che la gente lo interrompesse quando ascoltava musica, specie quando gli serviva a calmare i nervi.

“Che hai?” gli chiese di nuovo. “Non hai fame?”

Le lanciò un’occhiataccia, ma preferì non risponderle. Si sedette a tavola, e solo allora si rese conto di essere affamato.

La Mezzosangue lo osservò mangiare con avidità la carne e le patate, senza preoccuparsi più di tanto delle buone maniere. Erano tre giorni che non mangiava un pasto decente. In breve, finì la sua porzione.
“Ne vuoi ancora?”
Valutò per un attimo l’offerta. Il tono della voce non era precisamente gentile, però non sembrava schernirlo. Annuì. Gli mise altre patate nel piatto, poi gli porse del pane e qualche affettato. Il tutto senza dirgli una parola.
Quando ebbe finito, si abbandonò contro lo schienale della sedia. Da quant’è che non si sentiva così sazio? Non lo sapeva neanche lui.
“Un po’ di caffè?” gli chiese, prendendo da una credenza una di quelle strane diavolerie Babbane, grigia e con un piccolo beccuccio.

La sua voce lo fece decidere. Ne aveva abbastanza: voleva risposte. Le avrebbe pretese, se necessario. Non sapeva esattamente come, visto che le bacchette ce le aveva lei, ma l’avrebbe fatto.

“A che gioco stai giocando, Granger?”

Non gli rispose. Continuò a darsi da fare con quella cosa che aveva messo sul fuoco.

“Perché sono qui? Cosa hai in mente? Non mi dirai che ti sono mancato!”

“No, tranquillo, non sono impazzita.” Sarcasmo… per la prima volta nella serata, la sua voce aveva perso quel tono di fredda cortesia che aveva mantenuto finora. Draco sorrise, ricordando altri tempi.

La Mezzosangue tornò a sedersi, dall’altra parte del piccolo tavolo. Erano uno di fronte all’altra, occhi negli occhi. Draco percepì un po’ di tensione nella stanza. Le cose si fanno interessanti.

“Voglio che  adesso mi lasci parlare, Malfoy, senza interrompermi. Ogni commento tu possa fare rimandalo alla fine.”

E’ nervosa. La cosa lo incuriosì. Cosa poteva rendere nervosa Hermione Granger, Miss Perfezione, la Regina dei Puntini sulle I? Rispolverò il suo vecchio ghigno “made in Malfoy” e la invitò a proseguire con un cenno del capo.

“Per caso, mentre eri rinchiuso in quel sito archeologico che chiami casa, hai dato qualche occhiata a quello che succedeva là fuori?”

“Oh sì” rispose. “Andavo sempre a leggere le pagine che ti riguardavano. Dovresti fare l’attrice comica, Granger, hai talento.”

La vide stringere le mani a pugno. Probabilmente stava trattenendo l’impulso di spaccargli la faccia.

“Bene, allora credo che capirai perché mi trovo qui, da sola, senza che il mondo magico sappia dove sono, nemmeno Harry e Ron.”

“Ma non mi dire! Hai finalmente capito con che razza di idioti hai a che fare?”

“Ti ho detto… di stare… zitto.” Fece una pausa per qualche minuto, in cui recuperò il controllo dei nervi.

“Comunque, sono qui ormai da una settimana. E ti dirò di più, non sento la mancanza del mondo magico. Stavo bene… prima di vedere te.”

“E allora che ci faccio qui? Soffri di solitudine?”

“Non precisamente. Tu sei qui perché riconsegnarti agli Auror e farti riportare ad Azkaban sarebbe l’azione perfetta di una brava strega, obbediente e giudiziosa… esattamente ciò che mi sono stancata di essere.”

Per un attimo, Draco pensò di aver capito male, ma gli bastò guardarla in faccia per capire che era assolutamente seria. In altri tempi, la cosa l’avrebbe fatto ridere.

“Ne ho piene le tasche” continuò “di essere considerata una piccola Mezzosangue dalle idee bizzarre che per caso ha contribuito a fermare il più grande Mago Oscuro mai conosciuto. E tu sei capitato proprio al momento giusto. Chiariamoci, tu sei uno dei Purosangue più supponenti, arroganti e superficiali che io abbia mai conosciuto. Questo, però, non è una prova per dimostrare che sei un assassino, al contrario di quello che pensa la maggioranza dei maghi… che, per inciso, è la stessa che mi ride alle spalle.”

In quel momento, la strana diavoleria Babbana fischiò. La Granger si alzò per prenderla e versò il caffè in due tazzine.
“Quindi, se ho capito bene” si arrischiò a dire “sono qui perché la brava bambina si è finalmente decisa a crescere?”
“Non c’è nessuna brava bambina” lo rimbeccò, mettendogli davanti una tazzina fumante. “C’è una donna adulta e vaccinata che vuole fare un patto. Io ti aiuto a ripulire la fedina, e tu dirai che è tutto merito mio, una volta che questa storia sarà finita.”

Ma da dove è uscita questa? pensò Draco. E’ cresciuta, la Mezzosangue… decisamente cresciuta. Si concesse che un tale carattere meritava ammirazione. Non ci mise molto a concludere che la scelta era degna di essere accettata: se davvero poteva avere l’aiuto della strega più intelligente di Hogwarts, be’, non sarebbe stato così stupido da lasciarselo scappare.

“Affare fatto, Granger.”

“Bene” fece, bevendo un sorso di caffè. “Starai qui, finché non avremo abbastanza elementi per scagionarti. Le bacchette le terrò io, e non sperare che ti dica dove sono, perché non lo farò. Dormirai sul divano in salotto, ti ho già procurato le coperte. Provvederò io a procurarti il necessario: conosco abbastanza negozi Babbani per evitare di dover andare a comprare qualcosa nel mondo magico.”

Draco accettò tutto questo senza dire niente, preferendo nascondere la smorfia di disgusto nel caffè. Speriamo di non restare troppo, potrei essere contagiato.

“E adesso” disse, posando la tazzina, “tocca a te. Allora, se non hai ucciso tu Dean e Seamus, dov’eri quella sera?”

Sapeva che quel momento sarebbe arrivato, ma non riuscì comunque a reprimere la stretta allo stomaco. Quando al processo gli avevano fatto quella domanda, la vergogna gli aveva chiuso la bocca. Non poteva dirlo. Tutto, ma non quella confessione.

“E’ proprio necessario?”
“Se vuoi il mio aiuto, sì. Non posso aiutare un assassino che non sappia darmi almeno un motivo per non sospettarlo. E poi, io mi sono fidata di te nel dirti perché ti voglio aiutare, no? Mi aspetto la stessa fiducia in cambio, altrimenti il nostro patto non funziona.”
Inspirò a fondo. Purtroppo, aveva ragione. Coraggio, Draco, si disse. E’ solo un attimo. Apri la bocca e dille ciò che devi.

“Hai mai sentito parlare di Hades LeSerp?”

La vide sbuffare, mentre un sorrisetto di finta intolleranza le spuntava sul viso.

“Il nuovo fenomeno del goth rock magico, che si esibisce tre volte a settimana al Paiolo Magico? Non hai idea di quanto Luna mi abbia rotto la testa con le sue canzoni di qua, il suo fare misterioso di là…”
“Ce l’hai davanti.”

Ora era lei ad essere sorpresa, e a fare del suo meglio per non scoppiare a ridergli in faccia. “Tu sapresti cantare?”
“Io so cantare, Granger” replicò, colpito nell’orgoglio. Era sempre andato fiero delle sue capacità di cantante e ballerino, per la maggior parte sviluppate da autodidatta.
“Ah, sì? E allora come mai in sette anni a Hogwarts non ci hai deliziato di questa tua capacità?”
Calmati, Draco, calmati. E’ solo una piccola Mezzosangue ambiziosa. Calmati.

“Affari miei. Comunque, il mio contratto con il Paiolo Magico include uno spettacolo che va dalle undici di sera alle due del mattino. Se non ricordo male, Thomas e Finnigan sono stati uccisi verso mezzanotte. Non credo ti sarà difficile verificarlo, basta che vai al Paiolo Magico e chiedi.”

Passò qualche minuto di silenzio, in cui gli occhi della Mezzosangue continuarono a fissarlo curiosi e divertiti. Draco fece del suo meglio per sostenere quello sguardo, tentando di non abbassare il suo per nascondere l’imbarazzo e la vergogna. Draco Malfoy odiava Hades LeSerp, odiava quel lavoro che aveva accettato per non morire di fame, odiava le serate passate a saltare su quel palco per il divertimento di quattro idioti. E confessare che l’aveva fatto era la cosa più umiliante della sua vita.

“E si può sapere” chiese, dopo un po’ “perché il più nobile Purosangue di Hogwarts si è abbassato a un simile mestiere?”

Sentì le orecchie ferite dall’ironia e dal sarcasmo presenti nella sua voce. Era troppo. Scoppiò.

“Perché non ho soldi, va bene? Il mio patrimonio è stato confiscato, e i nostri cosiddetti amici si sono volatilizzati! Sono quattro anni che sto pagando per gli errori di mio padre!” Urlava, il viso stravolto dall’esasperazione, le parole che scorrevano libere dopo uno sfogo trattenuto oltre ogni umana sopportazione. “Mi hanno sbattuto ad Azkaban perché sono un ex Mangiamorte, dopo avermi tolto tutto… La mia casa cade a pezzi, i miei elfi domestici non sanno più a che santo votarsi per farci mangiare, la mia famiglia non esiste più! Io non sono più niente da quattro anni! E’ troppo chiedere un po’ di rispetto?
La voce gli mancò. Si accasciò sulla sua sedia nascondendosi il volto tra le mani. Merlino, quanto si sentiva stupido. Perdere il controllo così di fronte a una Mezzosangue… a quella Mezzosangue! Com’era caduto in basso…

Un attimo. Era reale quella sensazione alla spalla che sentiva? C’era davvero una mano lì sopra? Tolse le mani dal viso e guardò: sì, la mano della Mezzosangue era sulla sua spalla, forte e delicata al tempo stesso. “Scusa, forse ho esagerato” la sentì dire. Negli occhi color nocciola c’era solo comprensione: nessuna traccia di ironia.

Draco non seppe cosa ribattere a quel gesto inaspettato. Tentò di riprendere il suo solito modo di fare, ma non ci riuscì. Il sarcasmo, l’ironia, il disprezzo, erano cose che era preparato ad affrontare, ma quella comprensione nuova che vedeva negli occhi della ragazza lo confondeva. Mosse la bocca per un paio di minuti, prima di riuscire a formulare una frase di senso compiuto.

“Dov’è quel divano su cui hai detto che devo dormire?”



DRACO: Ma che frase idiota! Non potevi farmi uscire di scena con una battuta ad effetto?
AUTORE: Sì, ma sarebbe stato poco realistico. E poi, l'Autore chi è, qui?
DRACO: Va be', se permettete vado a finire di cantare The Music of the Night,  dovrò purtroppo ricominciare da capo...
HERM (mentre Draco fa ripartire la musica): Ma perché una volta o l'altra non facciamo il Fantasma dell'Opera?
AUTORE: Guarda, l'idea non è male, ma glielo dici tu a Draco che, se lo facessi, preferirei farlo con Piton e Lily piuttosto che con voi due?

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Capitolo 4
*** Fletus Chattongue ***


DRACO (con indosso un cappello da regista e in mano il ciak dell'Autore): Allora, siamo pronti? Si gira!!
AUTORE (guardandolo basito): Ma come ti sei conciato? E che ci fai con il mio ciak?
DRACO: Be', visto che oggi entri a far parte della tua storia, caro il mio Autore, mi sono concesso il privilegio di fare il regista per un giorno. Non ti dispiace, vero?
AUTORE (in tono fintissimo): Nooo, fai pure, prego... vuoi anche che ti porti il caffé?
DRACO: Sì, con poco zucchero, grazie.
AUTORE (mentre beve una Pozione Invecchiante): Un giorno o l'altro lo strozzo...

CAP. 4:
Fletus Chattongue

Hades LeSerp aveva i capelli divisi in due da una riga a metà della fronte, tinti di blu scuro, quasi nero, a destra, e di un bianco sporco a sinistra. Gli occhi erano blu mare, in un modo talmente vivido che suscitò la sua curiosità: come ci era riuscito? Attorno agli occhi, del trucco era sparso per creare l’illusione di due occhiaie profonde. Le labbra erano molto rosse, per fare contrasto con i denti bianchissimi. Indossava una camicia verde scuro i cui bottoni superiori erano aperti quel tanto che bastava per lasciare intravedere i muscoli del petto, mentre i pantaloni neri erano strettissimi, in modo da far risaltare la forma snella delle gambe. Aveva uno sguardo indecifrabile, non si capiva se imbronciato o semplicemente stufo.

Se non avesse saputo che era lui, avrebbe fatto fatica a riconoscerlo. E anche sapendolo, le riusciva difficile mettere in collegamento il Purosangue altezzoso ed elegante che aveva conosciuto con questo artista esplosivo, che sembrava uscito da un concerto rock.

No, qualcosa c’era. Erano gli occhi, lo sguardo che emanavano. Lo conosceva benissimo: era l’espressione tipica del vecchio Malfoy quando voleva far sentire qualcuno inferiore. Scosse la testa, mentre superava la porta del locale, accanto alla quale era appeso il poster, che si muoveva accennando piccoli passi di danza. Ma chi me lo fa fare…

Era ancora presto, al Paiolo Magico, e l’ampia sala a pianterreno dove si trovavano il bancone e l’osteria era ancora mezza vuota. Ciò nonostante, ferveva di attività: gli inservienti, infatti, stavano pulendo.

Vedere quell’agitazione le fece provare un sottile brivido di nostalgia. Ricordò tempi più felici, quando loro tre erano stati uniti da un’amicizia che nulla sembrava poter intaccare. Sembrava ieri quando Harry, al terzo anno, era scappato da casa Dursley e loro l’avevano raggiunto lì, mentre Ron era ancora eccitato per la loro vacanza in Egitto…

“Chiedo scusa, ma lei è Hermione Granger?”

Harry?

Indietreggiò di qualche passo, sorpresa. Stava per chiedergli cosa ci facesse lì, quando si accorse dei baffi e del pizzetto dell’uomo. Harry si era fatto crescere un po’ di barba, ma non era niente di comparabile alla lunga e folta peluria che si vedeva davanti. E a parte questo, la somiglianza non era poi così impressionante. I capelli dello sconosciuto erano castano chiari, non neri come quelli del suo amico; gli occhi non erano verdi, bensì castani anch’essi sotto le folte sopracciglia e dietro gli occhiali tondi, senza montatura; l’espressione complessiva del volto era, poi, decisamente molto più rilassata, si poteva dire forse più infantile, nonostante lo sconosciuto avesse almeno dieci anni in più di lei. Completavano il quadro una camicia bianca circondata da una cravatta, dei pantaloni e un mantello blu chiaro. Dalla spalla sinistra, pendeva una piccola saccoccia.

“S-sì” ammise, a denti stretti. Aveva sperato che il suo breve ritorno al mondo magico passasse inosservato, ma evidentemente era chiedere troppo. “Con chi ho il piacere… ?”

“Fletus Chattongue, enchanté” fece l'uomo, eseguendo un goffo baciamano. “Forse ha sentito parlare di me.”

Oh Merlino... Conosceva fin troppo bene quel nome.

Fletus Chattongue era il giornalista più temuto dal mondo magico assieme a Rita Skeeter, ma per motivi diametralmente opposti. Tanto per cominciare, era un free lance che vendeva i suoi articoli al miglior offerente. In secondo luogo, aveva la brutta abitudine di andare sempre controcorrente: qualunque fosse l’opinione pubblica del mondo magico, Chattongue era dell’opinione opposta. E nel farlo, andava fino in fondo, scrivendo con assoluta fedeltà tutto quello che le sue ricerche gli rivelavano, indifferente a ogni censura. Cosa che, comprensibilmente, gli aveva procurato non pochi grattacapi. Iniziative come La Seconda Guerra vista dagli sconfitti, nella quale Chattongue si era messo a intervistare ex Mangiamorte scrivendo fedelmente le loro opinioni, non erano state certo viste di buon occhio dal Ministero.

“Posso sapere, se non sono indiscreto, cosa ci fa qui?” chiese Chattongue. “Mi è stato detto che aveva lasciato il mondo magico.” 

Forza, Hermione, non agitarti. Poteva andare peggio. Sii cortese e non ti importunerà troppo.

“Vado a fare un po’ di compere a Diagon Alley” mentì. “Sa, alcune cose non si trovano nei negozi Babbani.”

“Ti avevo avvisato!” urlò in quel momento una voce alle loro spalle. Tom, il vecchio proprietario del locale, si muoveva verso di loro brandendo una scopa. "Questa è la volta buona che ti do una lezione!”

Prima che Hermione potesse muoversi, il giornalista si era già nascosto dietro di lei. Tipo coraggioso, questo Chattongueanche se, effettivamente, la prospettiva di essere picchiato con una scopa non è piacevole.

“Faccio solo il mio lavoro!” squittì. “L’ho promesso ai suoi fan, ho una reputazione da difendere!”
“Te lo dico per l’ultima volta: se sapessi dov’è, l’avrei già detto!”
“Ma non è possibile che sia sparito! Voi siete il suo datore di lavoro, dovete avere un’idea…”
“Come te lo devo dire che tra me e lui c’era solo un rapporto professionale? Arrivava, cantava, incassava la paga e se ne andava!”

Presa in mezzo fra il giornalista che tentava di nascondere la faccia dietro le sue spalle, e la voce del barista che la investiva in pieno viso, Hermione decise che era il momento di intervenire, anche solo per salvare i suoi capelli.

“C’è un equivoco, Tom… Il signor Chattongue non è qui per il suo cantante. Ci siamo incontrati per strada, e mi ha chiesto se poteva intervistarmi. Stavamo definendo i dettagli dell’appuntamento.”

Tom sembrò calmarsi e fissò Hermione con curiosità. La ragazza sostenne il suo sguardo con decisione. Dietro di lei, intanto, Chattongue si affrettò a confermare la sua versione, con vigorosi cenni del capo. Dopo qualche attimo, Tom abbassò la scopa.
“Mi scusi, signorina Granger. Le posso servire qualcosa?”
“No, grazie, Tom. Sto andando a Diagon Alley, ho bisogno di fare alcune compere.”
Con un inchino, Tom si ritirò verso il bancone, non senza lanciare a Chattongue un’occhiata di avvertimento, in seguito alla quale il giornalista cercò di abbozzare un sorriso nervoso.

“Grazie” disse, quando il barista fu fuori portata. “Mi ha salvato la vita.”
“Chiariamo una cosa, signor Chattongue. Non ho intenzione di farmi intervistare, l’ho detto solo per aiutarla. Perciò, non me lo chieda.”

L’espressione delusa di Chattongue aggiunse al viso del giornalista un candore ancora più infantile. Sembra un bambino a cui hanno tolto le caramelle. “Posso farle solo una domanda?” chiese, dopo un attimo di silenzio.

Hermione alzò gli occhi al cielo. Evidentemente Chattongue non era un tipo abituato a mollare la presa. Se gli avesse risposto, avrebbe potuto essere l’inizio di una conversazione indesiderata. D’altro canto, se lo mandava via così, la sua stessa testardaggine avrebbe potuto incuriosirlo ulteriormente. Era meglio rispondere.

“Per quale motivo è veramente qui?”

Ci volle qualche minuto perché capisse l’entità della domanda. “I-in che senso?”

“Signorina Granger, anche se non sono un Legilimens, in dieci anni di carriera ho imparato a distinguere quando mi si dice la verità, e mi perdoni se glielo dico, ma lei come bugiarda non mi sembra un granché. Ho capito che mentiva non appena mi ha detto che andava a Diagon Alley.” Chattongue adesso la stava guardando con un sorriso furbo, compiaciuto di sé. Hermione si sentì improvvisamente in trappola: le sembrava di essere tornata a lezione, e di essere stata colta in fallo dal professore. Una sensazione che odiava.

“Però le posso assicurare” continuò il giornalista, addolcendo il suo sorriso, “che se non desidera si sappia che lei è stata qui, io non dirò una parola. Articolo numero uno del mio codice di lavoro: chi intervisto si deve fidare della mia discrezione.”

Si concesse di riflettere qualche secondo sulla proposta. Da un lato, da politico sapeva che fidarsi di un giornalista non era mai una buona idea, a meno che quest’ultimo non fosse comprato. D’altra parte, però, Chattongue sembrava sincero… e se sapeva davvero qualcosa su LeSerp, questo le avrebbe evitato di andare a fare di persona delle domande. Per tutta la mattinata, mentre si dirigeva al Paiolo Magico usando i mezzi di trasporto Babbani, aveva riflettuto su come verificare l’alibi di Malfoy senza che sembrasse strano il suo interesse improvviso per il cantante. L’ultima cosa che desiderava era che si diffondesse la voce di un suo possibile interesse per una goth rockstar: di pettegolezzi ne aveva decisamente abbastanza. Decise di correre il rischio. Mal che vada, me ne starò rintanata in casa qualche giorno in più.

“Volevo sapere cosa è successo ad Hades LeSerp.”

Gli occhi di Chattongue brillarono per la curiosità. “E’ anche lei una sua fan?”
“Ha detto che mi avrebbe fatto solo una domanda, signor Chattongue.”
Il giornalista alzò le mani in segno di resa. “D’accordo, non insisto. Comunque il signor LeSerp è semplicemente sparito da un mese esatto.”

Questo corrisponde. Malfoy è stato messo in prigione un mese fa.

“Ha fatto il suo spettacolo come da contratto l’ultimo mercoledì del mese, rimanendo qui dalle undici alle due. Poi si è ritirato in compagnia di una fan, con cui ha trascorso la notte, in una camera da lui prenotata qua nel locale. Se ne è andato prima dell’alba, pagando la colazione per la sua compagna.”

Per essere trovato a Malfoy Manor dagli Auror, concluse mentalmente lei. Ogni dubbio, adesso, era impossibile: Malfoy non poteva avere ucciso Dean e Seamus. Era davvero innocente.

“Da allora, non è stato più ritrovato, e nessuno sa dove cercarlo. Il suo conto alla Gringott è ancora pieno di tutti i suoi soldi, e non ha mai avuto un manager che potesse fregarglieli. Non ha mai dato indirizzo, né niente, nemmeno al suo datore di lavoro.”

Ciò significa che, a parte me, nessuno sa che Malfoy e LeSerp sono la stessa persona. La consapevolezza di questo fatto la riempì del suo vecchio orgoglio, quello che provava sempre quando sapeva qualcosa che gli altri ignoravano.

“Grazie, signor Chattongue. La pregherei di non parlare a nessuno di questo incontro.”
“Sarò muto come un Troll. E se dovesse cambiare idea sull’intervista…” tolse dalla sacca un bigliettino scritto a penna “…questo è il mio indirizzo. Può contattarmi anche con mezzi Babbani, so come si usano. Arrivederci e grazie ancora.”
In fondo, è un tipo simpatico, pensò ammirando il bigliettino, mentre Chattongue sgusciava fuori dal locale. Era uno strano misto di candore e di astuzia, in cui il primo imbrigliava l’uso della seconda, e questa a sua volta evitava che il primo scadesse nell’ingenuità. Tutto questo le ispirava fiducia, non sapeva nemmeno lei bene come.

Stava per andarsene anche lei, quando notò la bancarella. Era a destra della porta, addossata al muro, ed era piena di piccole palle di vetro. Sapeva perfettamente cos’erano: Musisfere, il corrispettivo magico dell’i-pod. Bastava pronunciare Sona perché dalla piccola sfera emanassero due invisibili fili che si collegavano alle orecchie. In alcune, c’era anche la possibilità di conservare piccoli video. Prevedibilmente, le Musisfere erano tutte dedicate a LeSerp. Ognuna di esse, diceva il poster pubblicitario dove il cantante strizzava l’occhio ammiccante, conteneva dieci canzoni.

Hermione guardò le sfere risplendere nella scarsa luce del locale. Non poteva negare una certa curiosità. L’idea di Malfoy conciato in quella maniera e ridotto a saltare su un palco era così paradossale che la divertiva. Adesso capiva perché si era vergognato di ammettere la sua doppia identità, anche se continuava a pensare fosse un atteggiamento stupido: meglio la vergogna di un soggiorno ad Azkaban e di un’accusa per omicidio, no?
Vergogna, poi… che avrà da vergognarsi? Se canta bene…
La curiosità si era fatta incontenibile. Le sfere sotto di lei la invitavano col loro luccichio a prenderle. Non le aveva mai usate, anche se sapeva come funzionavano. Fissò il poster con Hades LeSerp che ammiccava invitante. E si decise.

Prese una piccola sfera dalla bancarella e infilò i soldi nella buchetta a fianco. Tenendola davanti a sé, ammirò per un attimo la piccola palla di vetro, perfetta, senza smagliature. Sembrava piena di fumo, all’interno, un fumo che cambiava colore a seconda della luce. Estrasse la bacchetta e, rapida, sussurrò “Sona”. Sentì le sue orecchie avvolte da un ciuffo invisibile e sottile, che le isolava dal mondo esterno. Si infilò la pallina in tasca e si diresse verso l’uscita del locale, mentre alcuni accordi di chitarra e batteria annunciavano l’inizio dello show.

Molto bene, Malfoy, pensò tra sé, aspettando di sentire la sua voce. Vediamo come te la cavi.

HERM: Draco Lucius Malfoy!!!
DRACO (sorriso innocente): Sìììì?
HERM: Che cosa c'era nella Pozione Invecchiante che hai dato a Fletus, oltre i soliti ingredienti?
DRACO: Oh, nulla, perché?
HERM: Perché allora potresti spiegarmi per quale motivo adesso ha dei capelli lunghi e bianchi da fare invidia a Silente?
DRACO: Ah, quelli? Ho solamente messo una dose un po' più grande della lozione del nostro professore...
HERM (occhi al cielo): Signore, spiegami per quale motivo continuo a lavorare con questo furetto senza Schiantarlo...
DRACO (aria da marpione): Be', se vuoi possiamo sempre fare un ripasso... 


 

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Capitolo 5
*** Maschere ***


HERM (con indosso un pigiama): Ma si può sapere perché dobbiamo postare questo capitolo all'1.40 di notte?
DRACO (sveglio, scattante, pronto): Le ore notturne favoriscono l'ispirazione, non lo sai, Herm?
HERM (sbadiglio): Sarà, a me la notte fa venire solo sonno...
AUTORE: Tanto tu non entri in scena subito, avrai tempo per svegliarti! Pronti... ciak!

Capitolo 5
MASCHERE


Dunque, vediamo un po’. Disteso sul divano su cui aveva dormito, dopo aver mangiato la colazione che gli aveva lasciato la Mezzosangue, Draco Malfoy provò a pensare seriamente a chi poteva averlo incastrato. L’aveva già fatto più di una volta, ma era sempre approdato alle stesse conclusioni. Forse, stavolta, sarebbe riuscito a notare qualcosa che gli era sfuggito: era sazio, riposato, e in un luogo sicuro, dove non doveva preoccuparsi di essere trovato.

Una cosa gli sembrava chiara: chi l’aveva incastrato, sapeva della sua doppia identità. Non era certo un caso che l’omicida avesse colpito proprio durante una delle sue serate al Paiolo Magico: verosimilmente sapeva che mai e poi mai Draco avrebbe confessato di essere LeSerp. Certo, poteva anche essere semplicemente una coincidenza, ma non lo riteneva probabile. Per incastrarlo, dovevano averlo sorvegliato, e quindi dovevano sapere che, in ogni altra circostanza, non avrebbe avuto problemi a fornire un alibi.

Ora, chi sapeva di Hades LeSerp? Solo tre persone. La Mezzosangue era chiaramente da escludere. Quel giornalista che era venuto a intervistarlo sulla guerra? Forse, però gli aveva promesso di non dirlo, ed era stato di parola.

E poi, be’… c’era lei. Avrebbe anche avuto un ottimo motivo per farlo, solo che… non ce la vedeva proprio a concepire una vendetta così esagerata. Sì, si aspettava qualcosa di più da lei che semplicemente rivelarlo a un giornalista noto per la sua discrezione, ma farlo accusare di omicidio… No, non era nel suo stile. Ammesso che ne avesse mai avuto uno.

Però uno dei due, o magari entrambi, potevano averlo detto a qualcun altro… lei più facilmente del giornalista. Ma chi? Qualche ex Mangiamorte in cerca di vendetta? E di cosa avrebbero dovuto vendicarsi quei fanatici? Ovviamente da escludere Potter e la sua cricca: nobili com’erano, non sarebbero mai ricorsi a una simile scusa. Non gli veniva in mente nessun altro. Da quando era tornato a Malfoy Manor, dopo tre anni passati con la madre nella loro seconda proprietà in Scozia, non aveva praticamente avuto contatti sociali.

Scosse la testa, rialzandosi dal divano. Inutile, per uscire da quel vicolo cieco avrebbe dovuto parlare con quei due. E per fare questo, concluse con riluttanza, aveva bisogno della Mezzosangue.

Ma quanto ci mette? pensò guardando l’orologio a muro. Cominciava ad avere fame, e non aveva nessun mezzo per ammazzare il tempo nell’attesa. Non sapeva come avviare quella macchina Babbana per la musica, e anche se l’avesse saputo… era musica Babbana. Molto bella, d’accordo, ma Babbana, come i libri che aveva alle spalle, tutta roba Bab…

Non è possibile. Si stropicciò gli occhi, incredulo. Ma quelle quattro lettere, le prime del suo nome, erano ancora lì. Non è possibile. Allungò una mano per prendere il libro, lo tirò fuori con delicatezza, ne sfogliò le prime pagine con un sorriso. L’unico libro Babbano che dopo il Seicento fosse mai stato ammesso nella biblioteca dei Malfoy… l’unico libro non magico che avesse mai letto. Ricordava ancora quando, nelle notti di Hogwarts, lo sfogliava alla luce della luna, dopo averlo rubato da casa per sfuggire al divieto di suo padre, che gli aveva tassativamente proibito di leggere ciò che era contenuto nella (poco popolata) sezione Babbana della loro biblioteca domestica.

Ma non poteva leggerlo. Era della Mezzosangue. Non doveva toccare nulla in quella casa, poteva restarne contaminato. Però… erano quattro anni che… E poi, chi l’avrebbe saputo mai? Solo qualche pagina…

Stava per cominciare il diciassettesimo capitolo di Dracula, quando un’antipatica voce squillante ruppe l’incantesimo. “Questa è davvero una vista inaspettata! Il grande Purosangue che legge letteratura Babbana!”
“Per tua informazione” soffiò a denti stretti, “questa è storia di famiglia.”

Quando realizzò cosa aveva detto, se ne pentì immediatamente. Sopportò stoicamente la risata, che gli rimbombava attorno. 

“Cos’è, vorresti farmi credere che Dracula è un tuo antenato? E poi? Il dottor Jekyll era tuo zio?”
“Piantala” sibilò, facendo del suo meglio per contenere la rabbia. Già si vergognava di essersi fatto cogliere a leggere un libro Babbano, ma se c’era una cosa su cui non scherzava, erano le storie di famiglia.
Lei rise ancora un po’, prima di smetterla. “Si chiama contrappasso, Malfoy. In cambio di una cattiva azione, si viene puniti con qualcosa che la ricordi per somiglianza o per opposizione. E tu, devi scontare sette anni di battute e insulti.”
E’ pure permalosa, la stronza! Ma perché non mi sono imbattuto in Potter? Almeno lui non era così irritante!

“Comunque, ho due buone notizie per te, grand’uomo” disse Hermione, sedendosi sulla poltrona di fronte al divano su cui aveva dormito. “La prima è che adesso sono sicura della tua innocenza: sono passata al Paiolo Magico e ho verificato il tuo alibi.”
Draco annuì, facendole cenno di non continuare. Ma lei, invece, si limitò a mettersi comoda, stendendo la schiena e accavallando le gambe. Facciamolo bollire un po’ dalla curiosità.
"E la seconda?” chiese alla fine, dopo qualche minuto di silenzio.
Hermione preparò il suo miglior sorriso, per la grande notizia. Voleva godersi ogni singola espressione della sorpresa che gli avrebbe causato.

“La seconda è che Hades LeSerp è un cantante davvero bravo, con una gran voce e un dono naturale per il ritmo.”

Il libro cadde a terra con un tonfo. L’espressione attonita che si dipinse sul volto del ragazzo era così comica che per un momento Hermione fu sul punto di ridere di nuovo. Era rimasto letteralmente impietrito, con la bocca spalancata che si muoveva a fatica per replicare in qualche modo.
“C-c-cosa?”

Hermione gli tirò in grembo la Musisfera comprata al Paiolo Magico. “Non ho resistito alla curiosità. E vorrei che mi spiegassi come mai ti vergogni di essere così mostruosamente bravo.”

Mi sta prendendo in giro. Non può pensarlo sul serio. Mi sta di sicuro prendendo in giro. Non è ragionevolmente possibile che le piacciano le mie canzoni!

“Intanto che ci pensi, che ne dici se faccio da mangiare? Sto morendo di fame.”

Hermione aveva appena finito di apparecchiare quando Draco la raggiunse in cucina: entrò nella stanza con passo incerto, come se il cervello stesse combattendo con le gambe, e si sedette al tavolo.

“Per i filtri di Circe, Malfoy, ti ho solo fatto un complimento! Se ti insultavo che facevi, andavi a suicidarti nel bagno?”
“Granger, io posso capire quella cosa del contrappeso…”
“Contrappasso.”
“Quello che è… però potresti evitarmi di prendermi in giro così pesante, eh?”
“Io non ti prendevo in giro. Sei bravo davvero. Forse avresti bisogno di raffinare un po’ la tecnica, ma io non me ne intendo.”

Vuoi vedere che è seria? La sola idea lo metteva in grande imbarazzo. Certo, aveva sempre desiderato che qualcuno ammirasse le sue canzoni, ma… insomma… lei era Hermione Granger! Avrebbe dovuto disprezzare ogni cosa che usciva dalla sua bocca... no?

Hermione sbuffò: l’espressione di lui valeva più di mille parole. “Ti vuoi rendere conto che è adesso che sei ridicolo? Si può sapere cosa c’è di vergognoso nell’ammettere che ti piace cantare, visto che sei pure bravo a farlo? Oppure a un Malfoy non è concesso divertirsi?”

Un moto di rabbia scosse il cuore di Draco. Ma come si permetteva, la Mezzosangue? Non aveva la minima idea di quello di cui stava parlando! Lei… lei si stava… divertendo con lui!
Però le piacciono le mie canzoni. Si diverte, ma le piacciono le mie canzoni. Ed è la prima persona a dirmelo dopo mia madre. Decise di cambiare discorso. Meglio non farsi vedere dalla Mezzosangue così.

“Mentre eri fuori, ho riflettuto un po’.”

Hermione lo lasciò parlare e ascoltò il suo ragionamento senza obiettare: le sue riflessioni avevano senso. Sapeva perfettamente perché Malfoy aveva cambiato discorso, ma era sicura che avrebbe avuto più di un’occasione per affrontare di nuovo l’argomento.

“Ora, a parte te, ci sono altre due persone che conoscono il mio segreto. Uno è un giornalista, un certo… Chattang, o qualcosa di simile…”
“Chattongue?” esclamò. “Fletus Chattongue?”
“Lo conosci?”

Hermione gli riferì l’incontro che aveva avuto al Paiolo Magico. A quel racconto, qualcosa scattò nella mente di Draco. “Toglimi una curiosità: come mai non hai accettato di farti intervistare?”
“Avrei dovuto?”

Lentamente, sulla faccia di lui iniziò ad aprirsi il familiare sorrisetto di scherno. Questo non è un buon segno, pensò Hermione.

“Dunque, vediamo… stiamo parlando di un giornalista che ha costruito la sua fortuna sul fatto che ascolta e sostiene anche le opinioni più malviste dall’opinione pubblica magica. Per di più, ho personalmente verificato che questo tizio mantiene le sue promesse di discrezione, e accetta di non pubblicare qualcosa che possa mettere in imbarazzo l’intervistato.”
“E come l’avresti verificato?”
“Come credi che mi abbia trovato quell’uomo per la sua iniziativa su come i Mangiamorte hanno vissuto la guerra? Ha saputo che ero Hades LeSerp dall’altra persona che lo sa, e si è presentato prima al Paiolo e poi a Malfoy Manor. Io ho accettato l’intervista in cambio del suo silenzio… che ha mantenuto.”
“E da chi avrebbe saputo Chattongue che tu sei LeSerp?”
Draco tornò a sogghignare, mentre si sporgeva verso di lei appoggiando i gomiti sul tavolo. “Non c’è fretta, Granger. Prima rispondi alla mia domanda.”

Perché diavolo insiste così tanto? Quegli occhi così curiosi la mettevano a disagio: sembravano quelli di un lupo affamato. Si sistemò meglio sulla sedia, rizzando la schiena, pronta a rispondergli a tono. “Non mi sembrava il caso. Insomma, a che mi sarebbe servito?”

“A ricordare al Ministero la tua esistenza, Granger. Oppure credi davvero che nasconderti qui e fingere di non esistere sia la maniera migliore di affermare le tue idee?”

Colpita e affondata: Hermione rimase senza parole di fronte alla sua franchezza. Il sorriso di Draco, invece, si allargò ancora di più: aveva trovato il modo giusto per farle pagare il suo imbarazzo di pochi istanti prima.

“Fammi indovinare: tu hai provato a far partire le tue idee per le vie ordinarie, vero? Parlarne con i tuoi colleghi, scrivere la proposta, tentare di raccogliere firme, e tutte quelle cose che fa un bravo politico onesto e responsabile. Però in tal modo sei rimasta bloccata nella burocrazia e nei ritardi, frutto anche di un’opinione pubblica che ti è stata contro fin dall’inizio.”
Le parole di Draco stavano facendo visibilmente effetto. Hermione, sulla sedia, si agitava per la precisione spietata con cui faceva l’analisi della sua situazione. Immagino non ti sia mai passato per la testa che questo tipo di battaglie si vince soprattutto fuori dalle aule: parlando con i giornali, facendosi pubblicità, attaccando i propri avversari...”

“Ma non è corretto!” sbottò. Non ce la faceva più ad ascoltare senza ribattere. “Non posso farlo!”
“Perché?”
“Perché… be’, perché non è corretto, punto!”
Questa volta toccò a Draco scoppiare a ridere di gusto, e la sua risata allegra, divertita, sembrò riempire la cucina, facendola sentire ancora più a disagio.

“Sei proprio rimasta la brava bambina che fa ancora i compiti! Quella che rispetta le regole, la giudiziosa, l’onesta, la ragazza modello… Molto encomiabile, Granger, ma… non è esattamente il modo migliore per farsi strada in politica.”

La tavola sobbalzò mentre Hermione, sbattendoci le mani sopra, si alzava furiosa. Draco non sembrò intimidito: l’unica cosa che fece fu smettere di sorridere.

“Non accetto rimproveri da uno come te!” lo aggredì, desiderando con tutto il cuore farlo star male, fargli sentire che non era degno nemmeno di pulirle le scarpe. “Un vigliacco che ha paura persino della sua ombra, che si vergogna di una cosa che gli riesce benissimo solo perché deve mantenere un cosiddetto stile!”
“Perché, tu cosa credi di essere?” Anche Draco si alzò, fronteggiandola a muso duro. “Mi sembra che anche tu abbia uno stile da rispettare!”
“Io non mi sono vergognata di uno dei miei talenti solo perché non rispondeva a quello che doveva essere!”
“Ah, no? E allora che ci fai qui? Sei in vacanza, forse? Ti stai nascondendo dal mondo perché quest’ultimo non ti ha riconosciuto il rispetto che volevi per i tuoi sforzi!”
“Non è vero! Sto solo prendendo un periodo di pausa per…”
“Ma non prendermi in giro! Lo sai benissimo che stare rinchiusa qui non risolverà i tuoi problemi! E sai anche molto bene che, o ti comporti come ti ho appena suggerito, oppure tutti i tuoi grandiosi progetti verranno dimenticati…” Fece una pausa, per mettere tutto il veleno possibile nell’ultima frase. “… e tu rimarrai per sempre l’amica di Potter!”

Lo schiaffo, violento, lo prese in piena guancia, facendogli male. Draco, la testa voltata dall’altra parte, si sentì invadere da una gioia malvagia: quel gesto significava che aveva vinto. Stia in imbarazzo lei, adesso! Provi lei come ci si sente! Si voltò per godere del suo trionfo… ma ciò che vide gli cancellò il sorriso.
Hermione era tornata a sedersi, e si teneva la testa fra le mani. Non piangeva, ma dal suo atteggiamento era scomparsa ogni traccia di fierezza e di orgoglio. Restava solo rabbia, quella rabbia che era l’unica cosa che sentisse sempre da quando si era ritirata in quella casa.

E la cosa peggiore non erano tanto le sue parole, quanto la consapevolezza che aveva ragione. Quante volte, di fronte alle offese e alle derisioni che aveva letto sulla Gazzetta o si era sentita sussurrare alle spalle, aveva provato il desiderio di ribattere, di difendersi… E ogni volta si era trattenuta: lei era Hermione Granger, non poteva abbassarsi al livello di quei politicanti, e mettersi a calunniarli e a diffamarli come una volgare pettegola, come loro facevano con lei. E così aveva lasciato loro campo libero per screditarla, e i suoi progetti si erano arenati nella derisione generale.

Una mano le bussò leggermente sulla spalla, con una strana delicatezza. Scelse di non rispondere. La mano tornò a bussare, più insistente.
“Lasciami in pace.”
“Posso almeno farti notare che non è il caso di disperarsi così?”

Il tono della sua voce la indusse ad alzare nuovamente gli occhi verso di lui. Draco l’aveva raggiunta dall’altra parte del tavolo, e la guardava con un imbarazzo ostile ma evidente. Non sorrideva più come prima, anzi si passava di continuo la mano nei capelli, nervosamente.

“E’ tutto facilmente risolvibile… sì, magari non in tempi brevissimi, però… farti intervistare da Chattongue sarebbe un buon inizio.”
“E a te che importa? Non sono problemi tuoi.”

Ma tu guarda che mi tocca fare... pensò Draco tra sé. Vedere Hermione in quello stato gli aveva fatto realizzare improvvisamente due cose: la prima, che la Mezzosangue poteva sbatterlo fuori da un momento all'altro; la seconda, che forse era meglio non spingerla a farlo e tenersela buona. Su, avanti, facciamo questa sceneggiata.

“Senti, mi dispiace, va bene?" Il suono di quelle due parole a lui ignote sulla lingua era disgustoso. "E’ solo che mi hai messo in imbarazzo prima, e io non amo sentirmi in imbarazzo, specie quando si parla delle mie canzoni.”

Ok, adesso basta. E' anche troppo.

“Be’, effettivamente ho un po’ esagerato anch’io. Ma sai… sei il primo mago da quattro anni che posso trattare male senza temerne le conseguenze.”

Vederlo così le aveva tolto la voglia di approfittare del suo momento di debolezza. L’aveva trovato quasi tenero, nel modo in cui passava il peso da una gamba all’altra e teneva la testa bassa, rosso per l'imbarazzo e la rabbia di doverle parlare in questo modo.

Come se si fossero improvvisamente resi conto di avere fame, i due si dedicarono al pranzo. Mangiarono in silenzio, fissando il piatto, come se avessero paura di quello che poteva capitare se l'avessero fatto di nuovo. Sentivano che c’era qualcosa di strano nell’atmosfera della stanza, qualcosa che non avrebbero saputo ben dire cosa fosse, ma che era palpabile nell’aria. Finirono di mangiare, e rimasero lì, continuando a non guardarsi, per minuti che parvero delle ore.

“Comunque”, disse alla fine Draco, rompendo il silenzio, “l’altra persona che sa della mia identità è Pansy. Mi aveva sentito cantare una sera e… be’, per più di un anno ha usato il mio segreto per ricattarmi.”
“Davvero?”
“Non crederai che mi fossi messo con una come lei di mia volontà! E quando mi ha sentito come Hades, be’… ha riconosciuto la voce.”
“E non ha ricominciato col ricatto?”
“Oh, sì che l’ha fatto, ma io l’ho mandata al diavolo. Non ne potevo veramente più.”

Hermione lo capiva benissimo. Una come Pansy non era certo la scelta migliore come ragazza, perfino per uno come lui. Anche Draco stava sorridendo: il ricordo della sera in cui aveva scaricato definitivamente Pansy era uno dei migliori di quell’ultimo anno. Entrambi smisero quando videro l’altro sorridere, e si affrettarono a distogliere lo sguardo. Il silenzio ricadde nella stanza, ancora più pesante.

Fu Draco a romperlo ancora una volta. “Cosa stavi ascoltando ieri sera?”
“Musica Babbana” disse lei, alzando le spalle con finta noncuranza. La curiosità dell’altra sera di Malfoy non le era sfuggita. “Se ti interessa, posso insegnarti come si usa un lettore cd… sempre che tu non abbia paura di venire infettato da qualche germe Babbano.”
Anche Draco alzò le spalle. “Tanto mi sa che li contrarrò comunque, stando qua: cerco solo di non farlo accadere troppo dolorosamente. Ma solo se tu ti fai intervistare da Chattongue.”

Hermione si appoggiò allo schienale della sedia, e con le braccia incrociate studiò il volto di Draco. Il sorrisetto era ricomparso sulle sue labbra, ma sembrava meno sarcastico di prima. La sua mano tamburellava le dita sul tavolo, e la tranquillità dei suoi occhi grigi aveva una punta d’ansia.

Muore dalla voglia di ascoltare i miei dischi, ma non vuole dare l’impressione di arrendersi. La sua testa dura non è cambiata in tutti questi anni. Del resto… chissà… forse quell’intervista non è una cattiva idea.

HERM: Adesso posso tornare a letto?
DRACO: Da sola?
HERM: Non mi dirai che con tutte le scene di sesso che abbiamo fatto assieme ne hai ancora voglia!
DRACO: Se vuoi, non te lo dico, ma la pratica non è mai troppa.
HERM: Qualcuno mi aiuti...

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Capitolo 6
*** Non c'è due senza tre ***


HERM: 61 che ci seguono, 29 recensioni positive e 7 tra le preferite... Mica male come debutto, eh, Fletus?
FLETUS: Sì, ma... dov'è Draco?
HERM: Abbiocco post-prandiale. Imprenscindibile abitudine del signor Malfoy dormire sempre un po' dopo pranzo.

FLETUS (sogghigno perfido): Bene, una volta finita questa scena, mi aiuti a svegliarlo?


CAP. 6:

NON C'E DUE SENZA TRE

 

“Bene, direi che possiamo chiudere qui.” Chattongue agitò la bacchetta, fermando la penna che ancora scorreva sul taccuino. Hermione si appoggiò alla poltrona. Erano due ore che parlava, più o meno senza interruzione, e si sentiva un po’ stanca.
“Vado a prendere qualcosa da bere. Che le porto?”
“Un caffè, grazie. Con zucchero.”

Il giornalista si allontanò verso il bancone del bar, con passo affrettato e un po’ goffo. Sembrava davvero una macchietta, con il suo modo perennemente agitato di parlare, la sua gestualità esagerata, e soprattutto quell’aria infantile che sembrava non andarsene mai, qualsiasi cosa dicesse.
L’aveva chiamato subito dopo il litigio con Malfoy, dopo aver trovato nell’elenco telefonico l’indirizzo che le aveva dato. Chattongue aveva accolto con gioia la notizia del suo ripensamento e le aveva dato appuntamento per il pomeriggio del giorno dopo, in un bar Babbano in Charing Cross Road.

All’inizio, era un po’ imbarazzata. Nella poca carriera che aveva fatto fino a quel momento, aveva avuto poche occasioni di incontro con i giornalisti, e in quei casi aveva per lo più cercato di cavarsela con risposte brevi e formali. Non sopportava l’idea di stare lì a calcolare ogni frase, temendo che il suo interlocutore le rigirasse a suo piacimento. Un’intervista vera era qualcosa che non aveva mai affrontato.
Una volta iniziato, però, la lingua le si era sciolta come d’incanto, e ben presto aveva ritrovato la sua solita sicurezza e decisione. Chattongue, d’altra parte, l’aveva ascoltata attentamente, interrompendo poco e solo con domande brevi e mirate. Anche lui, come Rita Skeeter, aveva una penna che scriveva da sola su un taccuino prendendo appunti, ma mentre la Skeeter teneva di solito il taccuino alzato, così da nascondere cosa stava scrivendo, lui l’aveva messo sul tavolo, in bella vista.
Dopo un po’, il giornalista aveva cominciato a citare anche opinioni contrarie alla sua, delicatamente ma con franchezza, facendo anche nomi che le erano purtroppo ben noti. Presa un po’ in contropiede, all’inizio aveva cercato di mantenersi educata, ma infine si era lasciata andare in un vero e proprio sfogo liberatorio: aveva parlato malissimo dei suoi avversari senza risparmiare nulla di cosa pensasse, con Chattongue che annuiva e spesso si dichiarava apertamente d’accordo.
Adesso che aveva finito, si sentiva meravigliosamente leggera. Allora è così che ci si sente quando hai detto tutto quel che devi dire. Non è per niente male. Osservò il proprio volto nella vetrina del bar, e si sorrise con aria soddisfatta.

“Ecco qua il suo caffè, Hermione” fece Chattongue, appoggiandole davanti la tazzina fumante. Si erano accordati di chiamarsi con i nomi di battesimo, pur continuando a darsi del “lei”. Hermione lo ringraziò, mentre Chattongue tornava a sedersi con in mano il suo succo di frutta alla pesca ghiacciato. “La mia bevanda preferita” disse, come per giustificarsi.

E’ il momento, pensò mentre sorseggiava il caffè. L’idea le era venuta in mente nell’ultima mezz’ora di intervista. Ci aveva riflettuto, valutandone pro e contro, ma più ci pensava, più se ne convinceva. Malfoy non ne sarebbe stato molto contento… pazienza. Valeva la pena tentare.

“Fletus, se le dicessi che posso procurarle uno scoop da prima pagina, cosa mi risponderebbe?”

La parola magica, “scoop”, funzionò. Mentre il giornalista appoggiava il suo bicchiere sul tavolo, la curiosità sembrò propagarsi dalla faccia su ogni nervo e muscolo del suo corpo. “Mi lasci indovinare: questo scoop ha qualcosa a che fare con il nostro incontro di ieri mattina?”
“Esatto. Ha a che fare con Hades LeSerp, o meglio… con Draco Malfoy.”
Questa volta fu il turno di Fletus di restare sorpreso. “E lei come sa che…”
“Tenga a freno la sua curiosità.” Non aveva certo intenzione di dirgli tutto subito: nonostante la simpatia che provava per lui, la prudenza non era mai troppa. “Lo so, e basta. Piuttosto, lei che idea si è fatto dell’accusa di omicidio in cui è coinvolto?”
“L’hanno incastrato.” La frase del giornalista fu secca, sicura. “Ho intervistato personalmente la fan con cui ha passato l’ultima notte in cui lo si è visto al Paiolo Magico, e non ho alcun dubbio sulla sua innocenza. Solo che non ho prove per dimostrare che sono la stessa persona: quell’uomo è stato abilissimo a non lasciare tracce che potessero collegare le sue due personalità.”
“Bene, io sono d’accordo con lei. E sono determinata a provare la sua innocenza.”
Lei?” Hermione non riuscì a non ridere un po’ della sua espressione: con gli occhi castani ingranditi dalle lenti e la bocca spalancata per lo stupore, Fletus sembrava proprio una caricatura.
“Sì, io. Ma non mi chieda perché, sarebbe troppo lungo da spiegare.”
Fletus annuì. L’entusiasmo per il nuovo lavoro stava prendendo rapidamente il sopravvento.
“Però, se io andassi in giro a fare delle domande, susciterei dei sospetti. Draco Malfoy è ancora un ricercato, e gli Auror mi sarebbero addosso se sapessero di questo mio interesse, anche considerati i nostri... rapporti.”
“Invece io, sia come giornalista, sia con la fama che ho, passerei più inosservato.” Ormai, il volto di Fletus Chattongue era tutto irradiato da un meraviglioso sorriso a trentadue denti. “Ha scelto l’uomo giusto! Si serva di me come vuole, sono al suo servizio!”.
Mi piace questo tizio. Strinse forte la mano che l’altro le offriva: la stretta del giornalista era delicata e cortese, come tutta la sua persona.Credo che lavoreremo bene assieme.

“Le devo confessare, Hermione, che anche prima di verificare il suo alibi avevo dei dubbi sulla sua colpevolezza. L'ho intervistato per la mia iniziativa sulla Seconda Guerra vista dai Mangiamorte, dopo aver saputo della sua identità.”
“E chi l'ha informata?”
“Mrs. Pansy Parkinson. Mi ha mandato una lettera via gufo, con tutte le informazioni per trovarlo e obbligarlo a parlare… insieme ad altre notizie non richieste, e non molto simpatiche, sulla loro... ehm... relazione. Credo volesse che lo diffamassi in qualche modo.”

Che vipera! Adesso capiva per quale motivo Malfoy, quando stava con lei, non sembrava mai contento della cosa. Poveraccio chi se la sposerà.

“Evidentemente, ignorava che ho un’etica professionale. Ho usato solo la parte delle informazioni utile ad avere l’intervista che mi interessava, nulla di più.”
“E come è stata l’intervista?”

“E’ proprio in seguito a quella che ho avuto fin da subito dei dubbi sulla colpevolezza di Malfoy. Quando ci ho parlato, ho avuto l'impressione che fosse esattamente come la sua casa: desolato, vuoto, in rovina... E al tempo stesso, cercava di mantenere una dignità, un modo di fare appropriato alla sua famiglia, che però non era convincente, non con quello squallore attorno... Ecco, un disco rotto che gira a vuoto: credo sia l’espressione giusta per definirlo.”
Hermione aveva avuto la stessa impressione fin dal loro primo scontro, due sere prima: in quell’occasione, Malfoy era sembrato andare avanti per inerzia, come se la sfottesse solo perché non sapeva fare altro. Se avesse avuto ancora la sicurezza di sé che lei ricordava, non avrebbe mai perso il proprio autocontrollo.

Lo scorso pomeriggio (lo steso del litigio), poi, gli aveva insegnato a usare un lettore cd e degli auricolari e l’aveva lasciato ad ascoltare, da solo, The Phantom of the Opera. Dopo una quarantina di minuti, stupita dal silenzio nella sala (si aspettava come minimo qualche cinico commento "made in Malfoy" sull'inferiorità e la rozzezza della musica Babbana), era andata a controllare, ed era rimasta sorpresa nel vederlo disteso sul divano, gli occhi chiusi, la mano sinistra che si muoveva a ritmo di musica come fosse un direttore d’orchestra.
Aveva capito allora che c’era veramente qualcosa che non andava in Draco Malfoy. La pace che si era diffusa sui lineamenti del suo viso non era, infatti, una pace tranquilla. In quel volto pallido, inumidito da alcune lacrime che sembravano farsi strada fra le palpebre serrate, c’era solo un completo spossamento, la resa a una profonda stanchezza, probabilmente non solo fisica, insieme a un'avidità famelica, quella di chi finalmente gusta qualcosa che gli è stato negato da troppo tempo.
E lei non poteva negare di sentirsi dispiaciuta per lui… in fondo, l’unica vera colpa che aveva era di essere un Malfoy. E non c’era bisogno di essere Mezzosangue per sapere che era sbagliato.

“Inoltre”, continuò Chattongue, “a un certo punto dell’intervista è avvenuta una cosa strana. Mi è capitato di accennare al modo in cui è morto suo padre… ha presente, no?”

Annuì. Un mese dopo la seconda battaglia di Hogwarts, due settimane prima di essere processato, Lucius Malfoy era stato trovato morto nel giardino di casa sua. I colpevoli non erano mai stati trovati. La moglie e il figlio erano praticamente scomparsi, e solo l’articolo di Chattongue aveva annunciato al mondo magico che, dopo quattro anni, c’era ancora un Malfoy in giro.

“Be’, quando io gli ho chiesto quale opinione avesse sull’assassinio di suo padre, lui è rimasto… sorpreso.”
“Sorpreso?”
“Sì, sorpreso. Gliene ho chiesto ragione, ovviamente, e lui mi ha raccontato che suo padre sarebbe stato condannato a morte dal Ministero, mediante Bacio dei Dissennatori.”
“Ma questo è assurdo!” esclamò lei. A parte il fatto che i Dissennatori erano stati banditi dal Ministero subito dopo la battaglia, Shacklebolt non aveva usato questa severità verso i Mangiamorte. Tutti loro erano certo stati condannati, ma con un processo regolare, e dov’era possibile era stata concessa clemenza.

“E’ quello che gli ho detto anch’io. Gli ho chiesto che basi avesse la sua teoria, ed è allora che è successo qualcosa di strano. Ha provato a spiegarsi, ma si è come... fermato. Non riusciva più a parlare, balbettava, come ubriaco... e il suo viso... sembrava perso, confuso, come se qualcosa non lo convincesse. L’unica cosa che riusciva a dire era Io me lo ricordo. L’ha ripetuto per tre o quattro volte.”
“E come ve la siete cavata?”
“Sono passato a un’altra domanda e nell’intervista non ho scritto quella parte. Ho fatto anche qualche ricerca per conto mio, ma non ho trovato prove per dubitare della versione ufficiale sulla morte di Lucius Malfoy.”
Effettivamente era curioso. Hermione non aveva mai avuto l’occasione di sentirlo mentire, ma non aveva dubbi sul fatto che Malfoy sapesse costruire una bugia convincente. E non le sarebbe sembrato strano che volesse dare una versione diversa della morte del padre, anche solo per cattiveria verso il Ministero. Ma il comportamento che il giornalista le aveva appena descritto non sembrava quello di un bugiardo. Un'altra cosa su cui fare chiarezza.

"E perché questa intervista le ha fatto dubitare della sua colpevolezza?"
"Be', vede, io ho interrogato parecchi assassini nella mia carriera, e ritengo di poter dire che un uomo uccida perché crede, col suo delitto, di avere una speranza di migliorare la propria condizione con esso, in qualunque modo. Ma è proprio la speranza che ho visto e sentito mancare in Draco Malfoy."
"E non ha pensato che possa aver ucciso per mancanza di speranza, per disperazione?"
"Sì, ci ho pensato, ma non credo che in tal caso si sarebbe fatto scoprire in quel modo. Immagino sarà d'accordo con me, che Malfoy fosse una persona estremamente orgogliosa di sé."
"Decisamente sì."
"Ora, le persone molto orgogliose, quando decidono di suicidarsi per disperazione, evitano di essere umiliate. E quell'uomo può anche essere un disperato, ma non mi sembra il tipo da scegliere un soggiorno ad Azkaban come forma di suicidio."

E' un uomo decisamente acuto, pensò lei ammirata. L'analisi che ha fatto di Malfoy è praticamente perfetta. E se è anche così discreto come promette di essere, è davvero l'uomo giusto per noi.

“Comunque, tornando a noi: come intende procedere per dimostrare la sua innocenza?”
“Prima mi dica una cosa. Lei ha detto a qualcuno di Hades LeSerp?”
“No.”
“E mrs. Parkinson?”
“Non ne ho idea. Però glielo posso chiedere, un pretesto per incontrarla lo troverò di sicuro.”
“Bene, è proprio quello che le chiederei di fare.”
“E quando l’ho fatto, come glielo dico? Non so dove stia, non ho il suo numero... come faccio a contattarla?”
Hermione tolse dalla tasca il cellulare e gli diede il numero. Pensò di dargli anche quello di casa, ma decise di no. Fletus Chattongue sembrava il tipo d’uomo capace di arrivare senza avvertire, e con Malfoy come convivente non era proprio il caso.
“Adesso la saluto, mi faccia sapere.”
“Senz’altro. Arrivederci.”

Hermione pagò il suo caffè e se ne andò dal locale, preparandosi mentalmente a un compito che sapeva difficile: spiegare la sua mossa a qualcuno che di sicuro non l’avrebbe bene accolta.

Chattongue aspettò per qualche minuto dopo che se ne fu andata, il tempo sufficiente per assicurarsi che non tornasse indietro. Poi, tirò fuori il telefono, e cercò nella rubrica quel numero. Mentre aspettava che l’altro rispondesse, sorrise tra sé.
Spero che il suo ufficio abbia il soffitto alto, perché se no, col salto che sta per fare sulla sedia, una bella testata non gliela toglie nemmeno Merlino.

DRACO (improvvisamente svegliato dal suo sonnellino con una secchiata d'acqua gelida): Ehi! Ma che modi sono? Lo sapete che ne va del mio equilibrio psico-fisico!
AUTORE: Consideralo la controparte di quella Pozione Invecchante di due capitoli fa.
DRACO: Mi sembra sinceramente un po' povera... (inizia a sentirsi pizzicare) Ma... ehi! Cosa c'era in quell'acqua?
HERM: Un'innocua pozione per far prudere la pelle... durerà un'oretta.
DRACO: UN'ORETTA?! IO VI AMMAZZO...

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Capitolo 7
*** L'incubo ***


DRACO: Con questo capitolo cominciano le romanticherie, giusto?
AUTORE: Sì, esatto, comincia il vostro avvicinamento. Qualche problema?
DRACO: Figurati! Con tutte le scene che mi hanno fatto recitare, ci ho fatto il callo! Almeno tu dai una giustificazione solida...
HERM: Draco, per favore! Un po' di educazione!

 

CAP. 7:

L'incubo

"Ma ti sei bevuta il cervello, Mezzosangue?" Draco, alzatosi dalla tavola dove cenavano, la guardava con occhi assassini, le mani che si muovevano spasmodicamente, la voce piena di collera. Si stava evidentemente trattenendo dall'impulso di urlarle in faccia.

"Non è che potresti lasciarmi spiegare, invece di arrabbiarti subito?"
"Oh, certo. Voglio proprio sapere com'è che hai avuto questa geniale idea di spifferare tutto al più famoso giornalista del mondo magico!"
"Però tu stai calmo, eh? Ti siedi e mi ascolti..." Lo spinse con fermezza sulla sedia, lottando contro il suo corpo irrigidito dalla rabbia. Draco non distolse gli occhi per un solo istante.

"Dunque, intanto non gli ho spifferato tutto. Non gli ho detto che sei qui, né gli ho dato il numero e l'indirizzo di questa casa. Tutto quello che ha è il mio cellulare, ma per tua informazione non hanno ancora inventato il loro elenco."
"E non ti è per caso venuto in mente che quell'uomo, che sa usare le tecniche Babbane, possa anche aggirarle?"
"Ma perché vuoi fasciarti la testa prima di cadere? Se ne sarà capace, vedremo cosa fare... e comunque, mettiamo che scopra qualcosa: come avrebbe fatto a contattarmi? Ti ricordo che per farlo via gufo o Polvere Volante bisogna avere l'indirizzo."
"E usare il metodo dei falsi galeoni come avete fatto per il vostro Esercito no, eh?"

Hermione restò sorpresa: effettivamente non le era venuto in mente di usare il sistema dei galeoni. Draco lo capì, e stese le labbra nel suo sorrisetto ironico. Ah no, eh! Un'altra volta ridotta al silenzio da lui no!

"Ok, non ci ho pensato. Ma comunque, se fossi andata in giro io a fare domande sulla tua condizione, cosa credi avrebbero pensato gli Auror?" Non ci fu risposta, ma le sembrò che la sua espressione cominciasse ad addolcirsi. Le mani, almeno, smisero lentamente di agitarsi.  "Gli sarebbe sembrato strano che Hermione Granger si interessasse così all'improvviso di Draco Malfoy, no? Invece, se le domande le fa un giornalista noto per il suo interesse a casi e opinioni poco convenzionali, la cosa sembra meno strana. E poi, non hai detto tu stesso di aver verificato la sua discrezione?"

Draco rimase in silenzio. Doveva ammettere che aveva un senso... parecchio senso. Anzi, a dirla tutta, era stata un'ottima mossa: effettivamente, Fletus Chattongue con lui si era dimostrato di parola. Stavolta ha ragione. Ma non glielo dirò. E si limitò ad annuire.
Hermione si rilassò: era stato più facile di quanto pensava. Allora c'è un cervello che lavora dietro quei capelli platinati.

"Comunque, devo ringraziarti. L'intervista mi ha fatto bene: non mi sentivo così leggera da parecchio tempo."
"Aspetta a ringraziarmi, Granger. Credi davvero che le persone che hai insultato se ne staranno buone buone a leggere i tuoi insulti? Stai sicura che i giornali saranno pieni di articoli di risposta, e nessuno sarà gentile con te."

Bravo, Draco. Preparala al gran colpo. La voglio vedere con la bocca spalancata.

"Ma per tua fortuna, il più affascinante Purosangue del mondo magico ha deciso di impazzire... e di darti una mano a risalire la china."

L'annuncio fece il suo effetto. La forchetta di lei rimase sospesa a mezz'aria, mentre i suoi occhi scattavano a incontrare il volto di Draco, per l'immenso piacere di lui. "E... e perché dovresti... ?"
"Perché sei uno dei politici migliori in circolazione, Granger: con la testa che ti ritrovi, puoi andare molto lontano. Però ti sei impantanata qui, a causa di un malinteso senso delle regole, tipicamente Grifondoro. Ora, dal momento che a quanto pare sono l'unica persona al mondo in grado di stimolarti a superare questi tuoi limiti... perché non farlo? Certo, prendendomi parte del merito."
"Ma tu non condividi le mie idee."
"Vero, però io non sono così coglione da ammetterlo in pubblico, come Weasel. Sì, ho letto qualche giornale durante la fuga" rispose alla domanda che vide formarsi sulle labbra di lei. "Allora, che ne dici, Mezzosangue? Accetti l'offerta?"

Una parte di lei esitò: insomma, non era un assassino, va bene, ma restava un Serpeverde, un ex Mangiamorte, il ragazzo che l'aveva insultata per sette anni... Però, diceva la sua altra metà, è il primo uomo che si dichiara disposto ad aiutarti non solo a parole. E poi, l'altro giorno, si è scusato con te, ricordi? Forse è meno stronzo di quanto sembra. In ogni caso, che hai da perdere?

"Va bene. Voglio concederti fiducia."
"Non te ne pentirai." L'enorme sorriso che sorse sul volto di Malfoy non sembrava il solito sorrisetto di sufficiente ironia.

Avevano ormai finito di mangiare, ed Hermione lo obbligò anche quella sera ad aiutarla a sparecchiare. Questa volta Draco protestò meno del solito: aveva capito che disobbedire non era la mossa più intelligente, considerato il carattere della ragazza.

"A proposito", gli chiese, mentre sistemava i piatti nel secchiaio, "come mai hai detto a Chattongue che tuo padre è stato giustiziato?"

Sentì il bicchiere cadere a terra e andare in mille pezzi, e si voltò. Draco era fermo come un palo vicino al tavolo sembrava gli avessero fatto un Incantesimo Paralizzante.
"Perché me lo chiedi?"
"Perché mi interessa saperlo. E sono anche disposta a crederti, come ho fatto finora. Però vorrei capire perché secondo te tuo padre è stato giustiziato."
"Perché è così!" La nota di insicurezza nella voce era troppo evidente.
"Malfoy, il Ministero non ha condannato a morte nessun ex seguace di Voldemort. Anzi, dov'era possibile sono stati perdonati. Perché avrebbe dovuto far uccidere Lucius Malfoy?"
"Ma io..." Draco si fermò, e la sua frase rimase senza conclusione. Nei suoi occhi, si dipinse lo smarrimento, mentre il suo respiro iniziò a farsi difficile, pesante. "Io me lo ricordo..." riuscì infine a dire, a voce molto bassa, quasi un sussurro.

Stupefatta da questa reazione, Hermione restò a guardarlo, e dopo qualche minuto iniziò a preoccuparsi seriamente. Draco aveva iniziato a muovere la testa di qua e di là, come un ubriaco. Le sue gambe sembravano sul punto di cedere da un momento all'altro. La bocca continuava a muoversi senza emettere alcun suono, e lo sguardo era fisso nel vuoto. Sudava copiosamente.
Dopo aver aspettato ancora un momento, Hermione provò a scuoterlo leggermente. "Non mi toccare!" urlò Draco, improvvisamente ripresosi, prima di scappare dalla cucina.

Non sta mentendo. Nessun bugiardo si comporta così. Ci dev'essere qualcosa che non va... qualcosa che c'entra con la memoria. Come ci pensò, la soluzione le parve ovvia. Gli è stato fatto un Incantesimo di Memoria! E non un Incantesimo di Memoria qualsiasi, evidentemente, altrimenti non gli avrebbe provocato una reazione così violenta. Ripensò a tutto quello che aveva studiato in proposito, ma così su due piedi non le venne in mente nulla. Eppure le sembrava di aver letto da qualche parte qualcosa di utile...
Aveva bisogno di un po' di ripasso, concluse. Il che significava, però, tornare al mondo magico... a Hogwarts. Perché no? Tanto, se Chattongue pubblica la sua intervista, il mio isolamento è finito comunque. Del resto, la biblioteca della scuola autorizzava prestiti a ex allievi, e la McGranitt, il nuovo Preside, non le avrebbe certo fatto difficoltà: poteva andare e venire senza rivelare dove stava. Le avrebbe fatto anche piacere, in fondo, rivedere il castello.
Decise che in mattinata avrebbe mandato un gufo dalla voliera pubblica più vicina. Doveva sapere qual era il problema di Draco, il prima possibile. Qualcosa le diceva che la sua memoria modificata e l'accusa di omicidio potevano essere collegate, e anche se non lo fossero state, be'... non lo avrebbe certo lasciato in quelle condizioni, non dopo la sua offerta.

Ma che incorreggibile altruista che sono. Guarda te se mi devo iniziare a preoccupare così per lui...

***

Erano le due di notte, quando un rumore la svegliò. All'inizio, non riuscì a capire cosa fosse stato. Poi lo sentì di nuovo: era un gemito di dolore, alto, stridente, freddo come una pugnalata. Riconobbe subito la voce, e si precipitò di sotto.

Draco si stava agitando sul divano, voltando la testa da una parte all'altra, il viso stravolto dal dolore e bagnato di lacrime sotto gli occhi chiusi. Poteva vedere il corpo tremare violentemente sotto le coperte. In mezzo ai gemiti e ai singhiozzi, si distinguevano alcune parole: "No... Papà... No..."
La sorpresa la bloccò sull'entrata. Non aveva mai visto qualcosa di simile, nemmeno gli incubi di Harry ai tempi della guerra avevano un effetto così forte. Merlino, cosa sta sognando da soffrire così? Un altro gemito la riscosse: si sarebbe fatta raccontare dopo, adesso era meglio svegliarlo.

Si accostò al divano e iniziò a scuoterlo energicamente, chiamandolo: "Malfoy! Malfoy!" Inutile: Draco continuava a piangere e a tremare, voltando freneticamente la testa. Alla fine, Hermione decise di cambiare tattica. Smise di scuoterlo e, avvicinata la bocca al suo orecchio, cominciò a sussurrare: "Draco..."

Il corpo di Malfoy si bloccò all'istante, smettendo di tremare. Hermione provò di nuovo, e stavolta tornò a scuoterlo leggermente. Lui si voltò, come se l'avesse sentita. Anche i singhiozzi erano cessati. Lo chiamò una terza volta.

Ed improvvisamente Draco Malfoy, con uno scatto felino, la afferrò per le spalle e la strinse forte, svegliandosi di botto. Il suo corpo riprese a tremare, ma adesso erano i brividi normali che seguono un momento di grande paura.

Il suo primo impulso fu di spingerlo via, ma non ci riuscì. Il modo in cui la stringeva aveva la forza della disperazione, il ritmo affannato del suo respiro era quello di una fuga, e sulla guancia poteva sentire l'umidità delle lacrime. No, non era quello il momento di rivangare la loro vecchia ostilità. Sollevò una mano e gliela appoggiò sulla spalla, senza stringere troppo, quel tanto che bastava. Lo sentì affondare la testa nei suoi capelli, mentre ricominciava a singhiozzare, in un pianto silenzioso.

Passarono dieci minuti buoni, prima che la lasciasse andare. Si ritirò con lentezza, saggiando le sue forze, lasciando che il suo corpo si calmasse. Gli occhi chinati a terra, continuava a respirare pesantemente.
"Va meglio?" gli chiese, alzandogli il volto con la mano, così che potesse vederla.
Si aspettava che rispondesse di sì e si voltasse dall'altra parte. Da un momento all'altro, pensava di vederlo riprendere la sua solita aria autosufficiente e acida, acuita dalla vergogna della debolezza dimostrata.

E invece, dopo averla guardata per qualche minuto, Draco Malfoy parlò. Iniziò a raccontarle dei suoi incubi: di come lo perseguitassero da quattro anni, di come avesse accettato turni così lunghi al Paiolo Magico come Hades LeSerp così che la stanchezza gli impedisse di sognare, di come poi ad Azkaban avesse sognato praticamente ogni notte, e infine di come quella fosse la prima notte dalla fuga in cui gli incubi erano tornati a tormentarlo.

Aveva sognato di ritrovarsi in un luogo stranamente familiare, malgrado non l'avesse mai visto: una grande sala immersa nel buio, anch'essa vecchia, polverosa e decadente. Sapeva, però, che non era casa sua. Suo padre era lì, al centro, ritto in piedi, attorniato da altri Mangiamorte. Sulla sua gola, era aperto un largo squarcio da cui fuoriusciva sangue a fiotti. Nondimeno, suo padre era rimasto in piedi, a parlargli... ad accusarlo di averlo ucciso. Gli era perfino sembrato di vederlo piangere.
Poi, d'improvviso, una corda aveva sollevato suo padre, lasciandolo a penzolare a testa in giù, col sangue che colava in basso. Dalle pareti, dal pavimento, erano usciti tanti sottili fili di fumo, che si erano uniti in una sola figura al centro della sala: Lui, non più essere umano di carne e sangue, ma tremendo fantasma. Si era chinato sulla ferita di suo padre e aveva cominciato a bere il rosso fluido che ne sgorgava. A quel punto Draco aveva gridato, mentre attorno a lui gli altri Mangiamorte ripetevano il suo cognome come in una tremenda litania, e la casa sembrava tremare.
Improvvisamente, aveva sentito chiamarsi per nome: dietro di lui, era comparsa una figura piccola e luminosa, forse sua madre, forse qualcun altro. La litania dei Mangiamorte si era interrotta, e lui si era mosso piano verso la luce, cercando di capire se non fosse un'allucinazione. Ma sentendosi chiamare per tre volte, si era convinto che non lo fosse... ed era corso a stringerla, svegliandosi.

Si era accorto di chi stringeva quasi subito, ma si era sentito troppo debole per lasciarla andare. E quando lei aveva messo la mano sulla sua spalla, finalmente aveva dato sfogo al suo disperato bisogno di affetto, di conforto. Si era staccato pensando di averne avuto abbastanza, preparandosi a riprendere la sua maschera di autocontrollo. Ma quando gli aveva chiesto "Va meglio?", e aveva potuto vederla in faccia, china su di lui con espressione preoccupata, compassionevole, l'urgenza di parlare, di sfogarsi, era stata più forte di lui. Non ne poteva più di svegliarsi da solo, nella notte, sudato e tremante, e di non trovare nessuno accanto a sé, a parte i ritratti della Sala degli Antenati. Non ne poteva più di essere solo.

Perché da un anno, Draco Malfoy era stato tremendamente, assolutamente solo, nel suo maniero decadente, ombra della passata grandezza della sua famiglia. Reietto, scacciato, privato di tutto, anche della sua famiglia... e troppo orgoglioso per andare a chiedere un aiuto. In fondo, il suo orgoglio era tutto ciò che gli rimaneva, no?
Ma l'orgoglio non poteva scacciare gli incubi. L'orgoglio non gli avrebbe ridato la sua famiglia. Non avrebbe cancellato quel dolore sordo che sentiva ogni mattina, quando si svegliava e capiva di essere ancora lì, a sostenere da solo il peso di qualcosa che non esisteva neanche più. Un dolore che ogni giorno si faceva più insopportabile... e per tollerare il quale aveva accettato di diventare Hades LeSerp, odiando questa sua altra identità libera, sorridente, ben accettata e amata da decine di fan.
Ma adesso, c'era qualcuno che stava aiutando Draco. Non Hades LeSerp, non Malfoy: Draco. Aveva sentito le sue canzoni, e le aveva apprezzate. Aveva creduto che fosse innocente e lo aiutava a provarlo. Si era fidata di lui ascoltando un suo consiglio. Gli aveva permesso di ascoltare i suoi dischi. Non gli piaceva del tutto ammetterlo, ma ritrovarla, tornare a litigare con lei, parlare con qualcuno di familiare dopo un anno di silenzio, gli aveva fatto bene. E lui era stanco di soffrire.

Hermione lo lasciò parlare, senza interromperlo. Solo di tanto in tanto, gli accarezzava lievemente i capelli, cercando di rassicurarlo. Si sorprese a pensare con nostalgia al Draco Malfoy che aveva conosciuto: le faceva pena vedere ridotto così il Principe delle Serpi. Fu in quel momento che capì che l'avrebbe aiutato non per ripicca contro il Ministero, né perché lui poteva aiutarla con la sua carriera, ma perché era giusto. Nessuno meritava di soffrire in quel modo, specie chi, come lui, era stato trascinato in qualcosa che forse non aveva mai capito.

Dopo un'ora e mezza, Draco si calmò. O meglio, la paura lasciò il posto all'incredulità di quello che aveva appena fatto... un'incredulità mischiata a una strana leggerezza. E nessuna vergogna, cosa che più lo stupiva. Assolutamente nessuna.

"Credi di riuscire a riaddormentarti?" gli chiese. Draco annuì: non riusciva più a parlare. Si distese sul divano, mentre lei lo aiutava con le coperte.

Per un attimo, i loro volti furono vicini, e Draco si ritrovò a notare quanto fosse bella, con i capelli in disordine, gli occhi nocciola dall'espressione quasi materna, e le labbra dischiuse in un piccolo sorriso. Forse, dopotutto, valeva la pena di avere un incubo per essere svegliato così. E nemmeno di questo pensiero, assolutamente folle, riuscì a vergognarsi.

AUTORE (tentando di staccare Draco che sta baciando Herm a tradimento); Ehi! Non siamo ancora arrivati a quel punto!
DRACO (staccando le labbra i cinque secondi sufficienti): Mi prendo un anticipo!
Herm, dal canto suo, manda all'Autore un'occhiata che significa: "Sarà una cosa lunga..." Ma non sembra nemmeno troppo dispiaciuta.
AUTORE: Va be', ho capito, mi faccio un giro...

 

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Capitolo 8
*** Un gioco divertente ***


DRACO (arrivando vestito da Babbano): Ehi, Fletus! Cos'è questa fretta di pubblicare?
FLETUS: Sabato prossimo, il 17, parto per Cipro... voglio arrivare al cap. 11 qui, e al 17 su Accio! Herm, fai tu la dedica?
HERM: Subito! (si mette in posa con tono professionale) Dedichiamo questo capitolo a Nikyblack e alla sua storia "Il coraggio di una giovane madre", che ha per protagonisti i sottoscritti con una bellissima bambina.
DRACO: Ecco, brava, non farmelo ricordare che ogni volta mi commuovo... Giriamo, che è meglio...

CAP. 8:

UN GIOCO DIVERTENTE

"Mi sento un idiota" disse Draco imbronciato, uscendo dal camerino. Non c'era niente da fare, doversi vestire a quel modo non gli andava proprio giù.
"Che ne dici di andare a dirlo a quelle là? Potrebbero avere qualcosa in contrario..."
Draco seguì la direzione dello sguardo di lei, in tempo per vedere due ragazze Babbane, di quindici-sedici anni, arrossire alla sua occhiata e voltarsi. Sorpreso e lusingato, tornò a guardarsi allo specchio del camerino.

Effettivamente, era difficile dare loro torto. Era stata dura convincerlo a non guardare solo gli abiti neri, ma ne era valsa la pena: Draco stava proprio bene. La camicia a righe bianche e azzurre, i pantaloni blu scuro trattenuti da una cintura e il gilet azzurro scuro erano in accostamento perfetto con gli occhi grigi e i capelli biondo pallido; gli davano un'aria più rilassata, meno snob, più umana, e mettevano in evidenza i muscoli da atleta. E' un bel ragazzo... 

"Sai, Granger, in fondo non sto così male." La voce di Draco la richiamò dai suoi pensieri, e solo in quel momento si accorse di aver pensato a lui come a un bel ragazzo. "Sei brava a scegliere i vestiti."
Quanto mi piace imbarazzarla, pensò godendosi il suo lieve rossore. Dopo essere stato il più noto playboy di Hogwarts, non gli ci era voluto molto a
capire cosa le passasse per la testa.
"Va bene, dai, rimettiti i tuoi vestiti e andiamo" disse lei, sbrigativa.

Uscirono dal negozio con due sacchetti pieni di vestiti per Draco, che ne aveva disperato bisogno: la sua permanenza prometteva di essere lunga, e non poteva andare avanti a portare gli abiti che indossava quando si erano "incontrati" una settimana prima.
Il giro, comunque, non si fermava lì. Fecero tappa anche al supermercato, per rifornire il frigorifero pericolosamente vuoto, e per comprare cose indispensabili a un uomo, come i rasoi e la schiuma da barba. Per Hermione, fu un vero divertimento guardare il nervosismo del suo accompagnatore, che si muoveva tra i Babbani come se fosse stato in una gabbia di tigri affamate.
"E rilassati un po'! Guarda che non ti mordono!"

Erano passati due giorni dalla sera dell'incubo, e quando la mattina dopo si era svegliato, Draco Malfoy aveva subito sentito il bisogno di rimettere le cose a posto. Lui non si confidava con Hermione Granger, la persona che meno poteva soffrire sulla faccia della terra, e di cui doveva sopportare la compagnia per pura necessità. Ciò che era successo quella sera, gli aveva fatto bene, ma era finito: chiusa la parentesi paradossale, si tornava alla solida, rassicurante realtà della vita.
Hermione non aveva battuto ciglio, anzi in un certo senso ne era addirittura stata sollevata: cominciare a trattare amichevolmente Draco Malfoy continuava a sembrarle assolutamente ridicolo. Volendo evitare di discutere dell'incubo, Draco aveva fatto notare i problemi pratici della loro convivenza, come appunto il suo scarso vestiarioEd era lì che a Hermione era venuta l'idea.

Le condizioni per attuarla non potevano essere più favorevoli di così. La fuga l'aveva già costretto a vestirsi da Babbano. Aveva ascoltato musica Babbana, di sua volontà, in conseguenza di un digiuno evidentemente lungo. Aveva addirittura letto un libro Babbano affermando che era "storia di famiglia", espressione che Hermione non capiva, ma che poteva poi essere solo una scusa. Si trattava solo di spingere in modo un po' più deciso sui tasti giusti, e Draco Malfoy sarebbe divenuto un Babbano perfetto. Quale contrappasso migliore?

E così, dopo essere tornata dalla voliera pubblica di Diagon Alley, dove aveva inviato alla McGranitt il gufo con la richiesta del permesso per visitare la biblioteca, Hermione si era messa ad ascoltare The Phantom of the Opera facendo finta che fosse un caso. Malfoy, che stava scarabocchiando qualcosa su un quaderno cercando di usare una biro Babbana, aveva cercato di ignorarla, ma inutilmente. Stesa sul divano, Hermione aveva cominciato a raccontargli del musical, della sua storia, del suo autore, senza guardarlo mai dritto in faccia.

Alla fine, Malfoy aveva fermato la musica e, in tono abbastanza indispettito, le aveva detto: "Cosa pensi me ne freghi di tutto questo?"
"Ma come? Non mi hai detto tu che, se devi essere infettato da qualche germe Babbano, tanto vale che lo fai divertendoti?"
"Sì, però vorrei essere io a scegliere quando, se non ti spiace!"
"Giusto. Metto gli auricolari." E l'aveva fatto... continuando però a canticchiare a bassa voce i temi della musica. Era andata avanti per un quarto d'ora, finché lui non glieli aveva strappati dalle orecchie.
"Ma la vuoi piantare? Starei cercando di... di..." Si era interrotto un attimo. "Cose mie, insomma!"
"Oh, scusa se ho interrotto i tuoi pensieri, ma sai, questa sarebbe casa mia. Avrò il diritto di rilassarmi un po' anch'io con la mia roba, no?"
"E non puoi farlo dopo?"
"Eh, però a me va adesso." L'aria innocente che aveva messo su a queste parole doveva essere stata un capolavoro di finzione, a giudicare dalla sorpresa che aveva visto sul volto di Draco.
"Però puoi farmi compagnia" aveva continuato. "In fondo, finché non ti scagioniamo, cosa pensi di fare, rinchiuso qua dentro tutto il giorno con solamente libri e cd Babbani? E poi, non ho mai avuto veramente qualcuno con cui parlare di musica, né Harry né Ron sono mai stati particolarmente interessati..."
Andare a toccare quel tasto era rischioso, ma Hermione riteneva verosimile che nulla avrebbe attratto il Purosangue più del sapere che c'era qualcosa che lui poteva apprezzare e quei due no. E aveva funzionato: sentendo quell'ultima frase, il vecchio sorriso sornione era tornato ad allargarsi sul volto del Serpeverde, che subito aveva rimesso in funzione la radio.

La vibrazione del cellulare risvegliò Hermione dai suoi ricordi. Qualcuno le aveva mandato un sms. Tirò fuori l'apparecchio dalla tasca e guardò: Chattongue. Con un lieve brivido, aprì il messaggio.

Articolo pubblicato nell'edizione mattiniera del Cavillo. Promette di fare molto furore. Ottenuto appuntamento con mrs. Parkinson. A presto.

"Il nostro giornalista non perde tempo." Il suono della voce la fece sobbalzare: approfittando del suo attimo di distrazione, Draco le si era avvicinato fino a sfiorarle la guancia.
"Ti dispiace spostarti?"
"Scusa, non sapevo che starti vicino ti mette in soggezione" rispose, allontanandosi di un passo. Cosa credi, Mezzosangue? Di essere l'unica che vuole divertirsi?

Draco aveva capito benissimo cosa stava cercando di fare la Mezzosangue. Prima la musica, poi quella specie di... di... qualsiasi cosa fosse la sera, infine i vestiti: tutta roba Babbana che lei gli aveva più o meno imposto. Convincendomi, per di più! Perché era stato lui ad attivare quel "radio" dopo che lei si era infilata quegli strani fili nelle orecchie, lui ad accettare di vedere quella roba, lui a decidere che i vestiti scelti da lei andavano bene. La sola idea che Hermione Granger potesse averlo convinto a sentire, guardare, vestire roba Babbana lo mandava in bestia... anche perché voleva dire che una parte di lui era innegabilmente interessata.
Ma il punto non era il suo presunto interesse, il punto era che lei non poteva manipolarlo in quel modo. Lui, Draco Lucius Malfoy, non era disposto a diventare la fenice ammaestrata di nessuno, tantomeno di una come lei. Hermione Granger voleva imporgli i suoi gusti Babbani? Molto bene, sarebbe dovuta passare sul suo corpo... possibilmente nel senso letterale del termine, ancor meglio se nuda.

Sul mio corpo... questo pensiero gli riportò alla mente quel che aveva provato quando Hermione l'aveva aiutato a riaddormentarsi. Aveva pensato che fosse bella, e ciò lo stupiva per due motivi. Il primo, ovvio motivo era la persona di cui l'aveva pensato, però, in fondo, questo gli causava pochi problemi: al di là di tutti i suoi pregiudizi, non gli sembrava di aver mai negato che Hermione Granger fosse una bella ragazza.
Ed era questo a stupirlo in secondo luogo. Non ricordava nemmeno più quand'era stata l'ultima volta che aveva pensato a quanto fosse bella una donna. Quelle poche volte che come Hades LeSerp si concedeva una notte di sesso con una fan, l'ultima cosa a cui pensava era la bellezza della sua partner: quelle notti erano un altro modo per scaricare il suo malessere, quindi si accontentava di qualcosa di carino e non troppo giovane (per evitare disastrose conseguenze legali).
Invece, stavolta doveva ammettere di essere rimasto colpito dalla sua bellezza. Anche perché era totalmente genuina: la ragazza si limitava a pochi trucchi, quelli necessari per non sfigurare in pubblico, e per il resto lasciava che i capelli, per quanto pettinati, restassero un cespuglio in disordine, e che i denti davanti continuassero ad emergere di poco quando sorrideva. Anche nei vestiti, sembrava sempre scegliere abiti della giusta misura, evitando gli opposti eccessi del rivelare e  del nascondere troppo.
Certo, per i suoi gusti avrebbe potuto scoprirsi un po' di più... non tanto, quel che bastava per poter dare un'occhiata più attenta al seno...

"Pronto? Terra chiama Malfoy! C'è nessuno?"

Era talmente assorto da non accorgersi che erano arrivati alla cassa, e la spesa era finita. Hermione gli ordinò di aiutarla con i sacchi, e con un sospiro il Purosangue si rassegnò a farsi caricare le braccia, neanche fosse stato un elfo domestico. Tanto, sapeva che era inutile discutere.

E sapeva anche che, con l'intervista di Chattongue pubblicata, adesso la Mezzosangue avrebbe avuto disperato bisogno di lui.

***

"Ci sei andata giù pesante, Granger!" fischiò mentre leggeva il Cavillo, seduto in poltrona. Dopo pranzo, Hermione era tornata a Diagon Alley a prendere una copia del giornale e a vedere se c'era risposta al messaggio del gufo. Aveva trovato sia l'una sia l'altra.
"Non mi avevi detto di sfogarmi?" replicò, con una punta di nervosismo. Quando aveva letto l'articolo, si era accorta che Chattongue non aveva mitigato affatto i toni con cui avevano parlato dei suoi avversari: aveva solo tolto gli insulti troppo pesanti. Anche senza quelli, però, il pezzo era una denuncia bella forte, forse un po' troppo ardita.

"Preparati a una bella tempesta: non ci andranno teneri con te, neanche un po', visto come li hai trattati."
"Quindi cosa dovrei fare? Ritrattare?"
"No, mandare un tuo recapito al giornaledove sia possibile lasciarti dei messaggi."
Hermione spalancò gli occhi di fronte all'abnorme proposta. "Ma sei scemo? Così sapranno dove trovarmi! E troveranno anche te!"

Draco prese un profondo sospiro. Ma perché questa ragazza mette in pausa il cervello quando si tratta di lei?
"Non ti ho detto di mandare il tuo indirizzo. Se però vuoi sfruttare questa situazione, cosa che secondo il mio modesto parere ti converrebbe, devi essere contattabile per ribattere alle accuse, o accettare confronti e interviste. Scegli un posto abbastanza frequentato, dove recarti solo Materializzandoti, e dove la gente che lo tiene non faccia troppe domande."

"L'idea è buona..." replicò Hermione dopo un attimo di silenzio, che impiegò per considerare l'idea "ma c'è un piccolo particolare." Vedendolo sollevare un sopracciglio con aria interrogativa,si affrettò a spiegarsi. "In tal modo, saprebbero dove trovarmi anche... loro."

Draco non dovette compiere un grande sforzo d'immaginazione per capire chi fossero, loro. "E allora? Non sei contenta di rivedere i tuoi amici?"

Sotto lo sguardo indagatore di lui, Hermione cercò di trovare le parole giuste. No, non voleva rivederli. Non si sentiva ancora pronta per rivedere quello che era ancora il suo fidanzato e il suo migliore amico, non dopo che il primo aveva dimostrato di non apprezzare le sue decisioni in politica. E anche se Chattongue aveva evitato l'argomento, dietro sua richiesta, non credeva proprio che parlare di quell'intervista fosse il mezzo migliore per ricucire una ferita ancora fresca.

"Io penso che tu debba chiarirti le idee." Sobbalzò sentendo la sua voce così vicina: non si era accorta che si era alzato dalla poltrona. Adesso le stava davanti, e come Hermione alzò la testa i loro occhi si incontrarono.
"Sei entrata in un gioco molto difficile, Granger, dove le possibilità di sbaglio sono poche, e spesso fatali. Se non sei sicura nel muoverti su questa strada, non andrai da nessuna parte."
"Io non voglio sacrificare i miei amici alla mia carriera..."
"E cosa hanno fatto questi amici in merito? Ti hanno appoggiata? Ti hanno sostenuta?"
"Direi che tu sei l'ultima persona autorizzata a parlare in materia."
"Va bene, allora formulo la domanda in altro modo: se questi tuoi amici non capiscono che la cosa per te è importante, che amici sono?"

Stavolta Hermione non seppe cosa rispondere: Draco aveva centrato il punto. Si limitò a fissare negli occhi il Serpeverde, cercando di sostenere quello sguardo così... intenso...

"La questione è molto semplice. Vuoi farlo? E' importante per te? Fallo, e basta. Tanto, nulla di quello che farai andrà mai bene a tutti."

Quegli occhi grigi la stavano mettendo a disagio. Non aveva mai notato quanto fossero belli, ora che non contenevano disprezzo. E la voce con cui aveva parlato... calma, pacata, senza affettazione, senza ironia: solo la nuda schiettezza della verità, quella verità che si era detta più volte senza avere il coraggio di attuarla. Neanche lui, però.
Il pensiero ruppe l'incantesimo: effettivamente, Draco Malfoy non era certo il miglior maestro nell'arte del coraggio delle proprie scelte. Pensò di dirglielo, ma lasciò perdere: questa volta, sarebbe stata una cattiveria gratuita, perché lui non l'aveva attaccata.

"D'accordo" disse invece. "Penserò a un qualche luogo e a una persona che possa farmi da recapito. Adesso ti va un film?"

Con sua grande gioia, lo vide alzare gli occhi al cielo. Il gioco di ritrasformarlo in Babbano era ricominciato, ed era proprio quello che le serviva per calmarsi e abituarsi all'idea che sarebbe tornata a essere rintracciabile.

"Che c'è, non ti è piaciuto quello di ieri sera?" Gli aveva fatto vedere The Phantom of the Opera, ovviamente, e non le era parso che il Purosangue ne fosse stato dispiaciuto.
"E se io volessi dormire e basta?" replicò. In realtà, non era davvero stanco, ma di roba Babbana ne aveva avuto decisamente abbastanza.

"Peccato... pensavo proprio di vedermi Bram Stoker's Dracula..."

Il titolo fece il suo effetto. "Perché, esiste un... come cavolo si chiama... su quel libro?"

"Ne esistono centinaia. Qui sopra ho il mio preferito." Estrasse il dvd dallo scaffale e glielo lanciò in mano, poi aspettò con calma che la curiosità facesse il suo effetto.

DRACO: Che dite, ce lo guardiamo davvero?
AUTORE/HERM: Solo se tu prepari i popcorn!
DRACO: Ah no, mi sono ricordato che devo andare...
AUTORE/HERM (spingendolo in cucina): Prepara i popcorn!!! (lo chiudono dentro con un incantesimo, togliendogli la bacchetta)

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Capitolo 9
*** Sorpresa ***


AUTORE (accogliendo con un sorriso le guest star): Professoressa McGranitt.. professor Silente... professor Piton...
SILENTE (con un mezzo inchino): Piacere di conoscerla, Fletus. I nostri ragazzi ci hanno parlato molto bene di lei.
AUTORE (un po' imbarazzato): Faccio solo del mio meglio, professore. Ehm, Piton, quella pozione...
PITON (mellifluo come sempre): Eccola qui. Stia tranquillo, farà il suo dovere.
AUTORE: Non lo metto in dubbio. Herm, sei pronta?
HERM: Prontissima!
AUTORE: Allora... ciak! Si gira!

 

CAP. 9:

Sorpresa


"Signorina Granger, è un piacere rivederla." Minerva McGranitt, la nuova Preside di Hogwarts, accolse con un sorriso la sua ex allieva preferita. "Prego, prego, si accomodi."

Hermione accolse l'invito, guardandosi attorno con curiosità. Quando c'era Silente, quella stanza era piena di strani piccoli marchingegni. Adesso, invece, era quasi vuota, come volevano i gusti più sobri della nuova Preside. Alcune cose, però, erano immutate: Fanny, sempre sul suo trespolo, la salutò con un piccolo schiocco del becco; il Cappello Parlante era appoggiato sulla mensola dietro la scrivania; i ritratti viventi dei presidi di Hogwarts appesi alle pareti.

"Hermione" la salutò una gentile voce familiare. La ragazza alzò la testa per rispondere al ritratto di Albus Silente. Nel farlo, incrociò la smorfia sul volto del ritratto di Severus Piton, che sembrava assai meno contento di vederla.

"Ho letto l'intervista che ha rilasciato al Cavillo" fece la McGranitt mentre, con un gesto della mano, faceva arrivare sulla scrivania una teiera e due tazzine. "E dal momento che non sono più la sua professoressa e quindi non devo più stare attenta al suo comportamento e al suo linguaggio, posso dire che ha tutta la mia approvazione. Brava, ci vuole qualcuno che dica finalmente la verità."

"Concordo, Minerva. Concordo" le fece eco Silente. Hermione arrossì di modestia: le sembrò di essere tornata adolescente, con i suoi due professori preferiti a elogiarla per un compito andato bene.

"E per il resto, come va? Ho sentito che ha dei problemi col signor Potter e col signor Weasley..."

"Con Ron, per la verità. Con Harry non ho veramente litigato, però non ero dell'umore giusto per subire i suoi tentativi di farmi far pace."

"Effettivamente devo dire che il signor Weasley non ha fatto una gran figura, con quella sua affermazione." Severus Piton aveva finalmente deciso di unirsi al dialogo: e anche se era morto, la sua voce non aveva perso il vecchio tono mellifluo.

"Severus, per favore. Pensavo che almeno da morto ti saresti addolcito" lo rimproverò Silente.

"Be', pensavi male, Albus. E poi, per una volta, credo che io e la signorina Granger ci troviamo d'accordo."

Hermione chinò la testa di fianco. Non voleva rispondere di sì, perché temeva che Piton riprendesse le sue sgradevoli abitudini a danno dei Grifondoro, ma non poteva negare che avesse ragione. Ma tutti i Serpeverde hanno questa capacità d'osservazione?

"Non ci faccia troppo caso, cara" la rassicurò la McGranitt. "Non passa giorno senza che questi due non battibecchino per qualcosa. Se vuoi, possiamo parlarne mentre andiamo verso la biblioteca."

Hermione acconsentì. Non aveva molta voglia di assistere a un battibecco fra i due ex Presidi... non con il suo piccolo segreto.

***

Quella mattina, Draco Malfoy si alzò decisamente di buon umore, dopo una bella notte riposante, passata senza incubi... o meglio, con incubi molto più piacevoli. Il... film (giusto?) sul suo romanzo Babbano preferito gli era piaciuto, ben più di quanto fosse disposto ad ammettere di fronte alla Mezzosangue. Aveva sognato tutta notte quel vampiro dai lunghi capelli castani e dagli occhi scuri, proprio come se l'era immaginato tante volte leggendo il libro.

E quando la Mezzosangue fu uscita di casa, la tentazione di rivederselo si fece sempre più irresistibile. Del resto, lei era andata a Hogwarts, no? Conoscendola, sarebbe rimasta là tutta la mattinata come il bravo topo di biblioteca che era. Aveva tutto il tempo per capire come usare quella specie di scatola nera dentro la quale la Granger metteva quei... cosi, senza darle la soddisfazione di sapere che qualcosa di Babbano gli era davvero piaciuto.

Almeno, così credeva lui.

 ***

Il castello era stato completamente riparato dai danni subiti nella seconda battaglia: sembrava anzi che nulla fosse avvenuto. E forse era giusto così. Gli uomini muoiono, ma le pietre devono rimanere a testimoniare che sono esistiti, specie le pietre di un castello come Hogwarts, simbolo di libertà e coraggio da secoli.

Era mattina non troppo inoltrata, gli studenti erano quasi tutti a lezione. Meglio per lei, non ci teneva ad essere fermata da qualche ammiratore. E poi, così poteva abbandonarsi ai piacevoli sensi di nostalgia che sentiva riattraversarle la spina dorsale. Cominciò a sorridere, ricordando episodio su episodio di quei sette anni meravigliosi... a parte l'ultimo.

"Sì, lo so, fa questo effetto." La McGranitt sembrava comprendere i suoi pensieri. "Una volta che entri a Hogwarts, non te ne vai mai del tutto: una parte di te rimane qui, e se ti capita di tornarci non puoi fare a meno di sentirti a casa. Sarà per questo che il signor Potter viene qui spesso."

Sentì lo stomaco contrarsi a quelle parole. "Harry è qui?"

"Non oggi, cara. Ha sempre il buon gusto di avvertire, quando viene... anche perché così posso fare in modo che entri di nascosto. Non gli piace l'idea di vedersi circondato da fan veri o presunti."

Tipico di Harry, sorrise lei. La parte dell'eroe non gli era mai andata a genio, anzi stava facendo di tutto per togliersela di dosso.

"Tornando a noi, che libri intende prendere dalla biblioteca? Forse qualcosa sulle creature magiche... o sulla legislazione in materia?"

"No, in realtà cercavo qualcosa sugli Incantesimi di Memoria, e sul modo di riconoscerli attraverso i sogni."

"Le è successo qualcosa, di recente?" chiese la McGranitt, sollevando un sopracciglio. Hermione sapeva che adesso veniva il difficile: convincere la vecchia professoressa a non indagare sulla persona per cui Hermione chiedeva quei libri.

 ***

Draco stava per uscire dal bagno, dove suo malgrado era dovuto andare con urgenza interrompendo i suoi tentativi di venire a capo di quella maledetta scatola, quando il suo sesto senso Serpeverde, raffinato da anni e anni di allenamento, lo avvertì che c'era qualcosa che non andava.

Altre persone avrebbero scacciato quella sensazione come sciocca, ridendoci sopra. Lui no. Era la prima cosa che suo padre gli aveva insegnato: fidarsi sempre delle proprie sensazioni, specie di quelle negative. E la sua esperienza come Mangiamorte prima, come prigioniero ad Azkaban poi, gli aveva confermato l'esattezza di quell'insegnamento.

La mano sulla maniglia, immobile, il battito del cuore rallentato, il respiro abbassato, ascoltò senza fretta il silenzio della casa, facendo attenzione a qualsiasi cosa riuscisse a captare.

E lo sentì: un suono di passi molto, molto attutiti, quasi inudibili. Non sembravano neanche passi umani, era più uno zampettare insistente e svelto, come di un topo. Sentendo che venivano verso il bagno, con cautela aprì di poco la porta, quel tanto che bastava per consentirgli di dare un'occhiata.

Lo vide subito: una specie di ratto troppo cresciuto, dal manto completamente bianco, snello e affusolato. Un ermellino, si corresse. Dal modo in cui fiutava l'aria, Draco capì che quell'ermellino non era normale: ci metteva troppa attenzione. Passarono alcuni minuti, in cui il Serpeverde fu ben attento a non muovere un muscolo, aspettando pazientemente di vedere cosa avrebbe fatto l'intruso.

D'improvviso, l'ermellino cominciò a diventare più grande, mentre il pelo assumeva le più diverse sfumature di colore, dal castano chiaro al blu. Ogni traccia di pelliccia scomparve dalle zampe, che diventarono più grosse e carnose, e la stessa cosa avvenne sul muso, tranne che sopra la bocca, adesso divenuta più rossa e più visibile, e sulle orecchie.

E a Draco Malfoy non ci volle molto per capire a cosa aveva assistito quando vide Fletus Chattongue, in carne, ossa, baffi, occhiali e mantello azzurro, allungare le braccia e girare la schiena.

E così il nostro giornalista è un Animagus...

***

"No, a me no, ma a un mio... conoscente... che non è né Harry né Ron... penso ne sia stato fatto uno, anche abbastanza potente. Solo che... ehm... non ricordo molto in materia..."

"Non è un problema, cara. In fondo, non è tenuta a sapere tutto. Chi è questa persona?"

"Ecco... preferirei rimanesse un segreto... vede..." Cercò affannosamente qualcosa da dire... e quando la trovò, la disse subito, prima di rifletterci troppo. "Si tratta di una... persona che mi sta aiutando a risollevare la mia carriera, e che... be'... non credo che Ron sarebbe felice di conoscere."

Un'insolita espressione maliziosa si dipinse sul volto della McGranitt. "Ah, sta meditando di lasciare il signor Weasley?" 

O miseriaccia, e adesso cosa rispondo? Come al solito, la mancanza di tempo per riflettere adeguatamente le aveva giocato un brutto scherzo, riportando a galla un problema che finora aveva preferito non considerare.  

Sì, ci aveva seriamente pensato di lasciare Ron, dopo quel tradimento così palese. Tuttavia, era riluttante a farlo: qualcosa le diceva che il rosso era tizio da chiudere del tutto i contatti con lei e rinnegare un'amicizia decennale, se lei ci avesse provato. E lei non era intenzionata a perdere un amico.

"Detto tra noi" continuò la McGranitt "avevo dei dubbi sul vostro legame, e non perché il signor Weasley non sia una brava persona. E' solo che... credo che per una persona come lei sia meglio qualcuno di più, come dire... combattivo, meno tranquillo."

Hermione cercò velocemente una maniera di cambiare la piega della conversazione, che si stava facendo fin troppo personale. Per sua fortuna, in quel momento raggiunsero l'entrata della biblioteca, e questo le fornì una scusa perfetta: chiese infatti alla McGranitt di lasciarla da sola a compiere la sua ricerca.

"Comprendo benissimo, e stia tranquilla: né il signor Weasley né il signor Potter sapranno nulla da me. Solo, non ci pensi troppo: non fa bene a nessuno."

Hermione annuì, sollevata. Solidarietà femminile... pensò tra sé, scuotendo la testa.

***

Fletus Chattongue stava ancora stirandosi i muscoli indolenziti, quando sentì una mano sfilargli svelta la bacchetta dalla cintura e puntargliela alla nuca.

"Lei adesso ha cinque minuti, e non un secondo di più, per dirmi cosa ci fa qui". L'espressione di Draco Malfoy non prometteva nulla di buono, e ci volle un po' prima che la persona minacciata recuperasse il controllo della propria lingua, vincendo la sorpresa e il timore.

"Signor Malfoy..." Fletus Chattongue cercò di sfoderare il più smagliante dei sorrisi. "Che piacere rivederla... credevo che la casa fosse vuota."

"Spiacente di deluderla. Adesso risponda alla mia domanda." Draco premette leggermente con la bacchetta il naso dell'altro, spingendolo verso l'alto. Il giornalista deglutì sonoramente.

"Le assicuro che... non ho cattive intenzioni, anzi... le posso dare delle notizie. Ho parlato con mrs. Parkinson."

"Delle sue intenzioni e delle sue notizie parleremo dopo." In realtà, avrebbe voluto sentirle subito, ma il nervosismo del giornalista cominciava a divertirlo, ed era da troppo tempo che non si divertiva alle spalle di qualcuno che non fosse nelle condizioni di rispondergli.

"Ora, devo vedere se questa bacchetta funziona anche contro il suo padrone?"

"Ma ho risposto! Vengo a portare..."

"No, lei ha risposto a una parte della domanda. Io sto aspettando l'altra parte: come è arrivato qui."

"Curiosità" rispose il giornalista, allargando le braccia con aria di scusa.

Draco sollevò un sopracciglio, sfoderando la sua vecchia espressione di sufficienza "made in Malfoy".  "Si spieghi."

"Be', signor Malfoy, come lei ben sa, io non pubblico ciò che i miei intervistati non vogliono si sappia, ma questo non vuol dire che non faccia ricerche per conto mio. Dopo il primo incontro che ho avuto con la Granger, l'ho seguita... da ermellino, si intende. Ero curioso di sapere dove stava. E oggi, avendo un po' di tempo libero, ho deciso di vedere com'era questa casa, prima di contattarla per darle le informazioni."

"E come è entrato?"

"Tecnica Babbana: ho inciso il vetro di una finestra, poi ho rimosso la parte tagliata e ci sono scivolato dentro come ermellino."

Draco ammise che Fletus Chattongue era decisamente un uomo pieno di risorse... forse un po' troppo, per i suoi gusti. Si concesse ancora qualche minuto per pensare a cosa fare di lui, e quando lo decise non poté evitare un sorrisetto. Vedi che bello scherzetto ti preparo...

***

"Ha trovato quello che cercava?" si informò la McGranitt, quando Hermione riapparve nel suo ufficio, con la borsa piena di sei libri, tutti di dimensione abbastanza considerevole. Era l'ora di pranzo, ed Hermione aveva deciso di andarsene prima dalla biblioteca per non incrociare gli studenti.

"Sì, grazie. Ho già concordato con Madama Pince la durata del prestito."

"Noto che non ha perso l'abitudine di scegliersi i libri più lunghi e pesanti sull'argomento." La voce di Piton la raggiunse alle spalle, sgradevole e untuosa. Per tutta risposta, la McGranitt lanciò al suo predecessore un'occhiata di fuoco.

"Minerva ci ha riferito il motivo della sua visita." Silente intervenne nel dialogo, con tono molto più affabile. "E così, lei sta pensando di lasciare Ron?"

Hermione sospirò. Meglio rimettere le cose a posto. L'ultimo argomento che voleva affrontare con i suoi vecchi professori era la sua vita sentimentale.

"No, ancora no. Certo, non voglio rivederlo ancora per un po', ma non ho ancora deciso di lasciarlo. Però c'è un'altra persona, che mi sta aiutando, e che ha bisogno a sua volta del mio aiuto... perché non ha nessun altro."

"Ci deve tenere molto" notò Piton, squadrandola con quegli occhi neri e penetranti che sembravano frugarle nell'anima. "Oppure è solamente il tipico senso d'altruismo Grifondoro?"

"Severus!" lo minacciò la McGranitt. "Un'altra parola e ti stacco da lì!"

"Calma, Minerva, calma." Silente non aveva perso la capacità di mettere pace fra i suoi due più fidati collaboratori. "E' chiaro che la signorina Granger non è intenzionata a parlare con noi del suo segreto. Mi permetta, quindi, di cambiare discorso... e di congratularmi: mi fa piacere vedere che il mondo della politica non l'ha rovinata, come è purtroppo capitato a molti di mia conoscenza."

Hermione arrossì ancora una volta ai complimenti del suo vecchio Preside. "Faccio quel che posso, professore. Dopo quel che ho vissuto durante la guerra, niente mi spaventa più, e questo mondo ha bisogno di cambiare, se non si vuole che Voldemort è stato sconfitto per niente."

"Questa è la mia ragazza" esclamò la McGranitt, mentre anche Silente annuiva soddisfatto. Piton si astenne dal fare commenti, ma Hermione sarebbe stata pronta a giurare di avere visto l'ombra di un sorrisetto sul suo volto severo.

"Tuttavia" disse Silente, richiamando la sua attenzione "mi permetta di darle un piccolo consiglio: si abitui a usare anche mezzi che di per sé non sceglierebbe. Lo so che non le viene naturale, perché lei è una di quelle persone che vorrebbe fare tutto alla luce del sole, in modo onesto e senza ombre. Purtroppo, però, l'esperienza mi ha insegnato che anche la persona più nobile, sincera e onesta viene talvolta costretta a mentire e a fingere, per il bene suo o altrui."

"Stai zitto, Albus." La nota d'amarezza nella voce di Piton era evidente. "Sai bene che queste parole mi evocano ricordi poco piacevoli."

"Scusa, Severus. Quello che volevo dirle, signorina Granger, è che l'importante è trovare un equilibrio fra il fine e i mezzi, fra ciò che si vuole fare e i suoi costi. Mai credere che il fine giustifichi i mezzi, ma anche mai esitare a usare mezzi poco convenzionali, se si pensa ne valga la pena."

Hermione rimase completamente sbalordita da come Silente fosse capace di colpire nel segno: sembrava che avesse assistito alle discussioni che erano avvenute fra lei e Malfoy, e che avesse preso le parti di quest'ultimo. Certo, Draco aveva parlato in modo molto più egoistico... ma le somiglianze restavano forti. Ho di che riflettere, pensò.

"Be', credo sia ora di congedare la nostra ospite." La McGranitt le tese la mano, che Hermione strinse. "Le auguro di cuore buona fortuna, signorina, per lei e per il suo... amico. Torni a trovarmi, mi raccomando."

"Le auguriamo anche noi buona fortuna, Severus?" Silente guardò Piton con aria sottilmente provocatoria.

"Se proprio insisti..." sospirò Piton, che evidentemente avrebbe preferito ingoiare un Basilisco.

 ***

In seguito, Draco Malfoy ricordò il momento del ritorno a casa di Hermione come uno dei più belli di tutta la sua vita. L'espressione della Mezzosangue nel vedere il giornalista nel proprio salotto, Chattongue che tentava di spiegarsi senza farla arrabbiare, lei che lo prendeva a schiaffi con violenza dopo la sua confessione... ricordava ancora com'era scoppiato a ridere di gusto, applaudendo come un bambino.

Non che volesse veramente che Chattongue si facesse del male, ma un po' di paura era il minimo che si meritasse: anche se aveva promesso di aiutarlo, questo non lo autorizzava a entrare nelle case altrui come un ladro, specie in case di cui in teoria non avrebbe dovuto conoscere l'indirizzo.

Convincerlo a restare abbastanza a lungo era stato ridicolmente facile: Draco si era limitato a confidargli il proprio imbarazzo nell'azionare quella scatola (tv, giusto?) per rivedere Dracula, facendogli capire che preferiva non si sapesse in giro che lui... be'... era interessato a certa roba Babbana. E Chattongue, da bravo giornalista, non aveva ovviamente saputo resistere al profumo del segreto. Da lì a convincerlo a restare per vedere... quella roba, il passo era stato breve.

Solo in seguito, Draco si sarebbe accorto che, in tal modo, la Mezzosangue avrebbe capito di essere riuscita nel suo intento di farlo interessare alla roba Babbana. Ma il pensiero gli sarebbe venuto molto tempo dopo quella giornata, che aveva in serbo per lui altri, ben più impegnativi, avvenimenti.

AUTORE (nascosto dietro il divano): Posso uscire, adesso?
HERM: Sì, tranquillo. Ti ho fatto male, Fletus?
FLETUS: Figurati, per qualche schiaffo... Professor Silente, la dedica di questo capitolo la fa lei?
SILENTE (sorridendo): A Barbarak, che recensisce puntualmente ogni nuova uscita. Grazie per l'attenzione.

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Capitolo 10
*** Tempo di decidere ***


Fletus apre la porta del set. Si guarda attorno con circospezione, poi fa un cenno con la mano.
AUTORE: Via libera! Presto!

PERSONAGGIO: Ma per quanto devo ancora presentarmi così? Mi è fastidioso, sai, fingere di non esistere!
AUTORE: Aaah... ma te l'ha detto nessuno che sei 'na lagna? Almeno con Draco ci si diverte...
PERSONAGGIO: Va be', dai, giriamo...

CAP. 10:

TEMPO DI DECIDERE


"Chattongue! Per la miseria, ma non può annunciarsi come ogni persona normale?"

"L'ho trovato" ansimò il giornalista, interrompendo le rimostranze dell'Auror (peraltro giustificate, dal momento che si era appena Materializzato nel suo ufficio senza avvertire).

Silenzio. "Draco Malfoy? Dov'è?"

"A casa di Hermione Granger."

Cinque minuti di silenzio stupefatto da parte dell'uomo con cui Fletus lavorava ormai da un mese.

"Ok, adesso lei si siede e mi racconta tutto."

E Chattongue obbedì, raccontando tutto quel che gli era successo durante la giornata: come si era introdotto in casa di Hermione, come Malfoy l'avesse prima minacciato e poi fatto scoprire, come a stento si era salvato dalla furia della Granger, che sembrava intenzionata, se non ad ammazzarlo, almeno a menomarlo gravemente.

E poi, si mise a raccontare il dialogo a cui aveva assistito quando Hermione, finalmente placata, gli aveva dato il permesso di raccontare l'incontro che aveva avuto con Pansy Parkinson.

 ***

 "Vuol dire che neanche lei ricorda nulla?"

"Niente di niente. Ho provato a farle delle domande su cosa pensava sia della scomparsa di LeSerp sia delle sua evasione, signor Malfoy, ma mrs. Parkinson ha parlato di lei come se non mi avesse mai inviato la lettera con cui mi ha informato della sua identità. E, come lei, mrs. Granger, ben sa, io so riconoscere una bugia."

Draco Malfoy, a sentire quelle notizie, aveva sbuffato d'insoddisfazione. "Bene, a questo punto tanto vale che mi ripresenti ad Azkaban!"

"Chiudi quella bocca, se sai dire solo sciocchezze" lo rimbeccò Hermione Granger, che sentendo le notizie di Chattongue sembrava aver iniziato invece a riflettere. "E questa amnesia della Parkinson lei come se la spiega, Fletus?"

"Be', non è che abbia verificato" rispose Chattongue, dopo averci pensato un attimo. "Però certo non è un'amnesia naturale, contando di chi cosa stiamo parlando, quindi..."

"...è probabile che qualcuno abbia fatto un Incantesimo di Memoria... anche a lei."

"Come, anche a lei?" chiese Chattongue. Ma Hermione non diede segno di aver sentito la domanda curiosa del giornalista, e rimase assorta nei suoi pensieri. Quanto a Draco, se ne stava in piedi, appoggiato alla parete, lo sguardo deluso perso nel vuoto. Passarono così alcuni secondi.

"Dunque, ricapitoliamo quello che sappiamo" fece Hermione dopo un attimo.

"Cioè niente" fece notare Draco dalla parete. Hermione lo ignorò.

"Sappiamo che chiunque sia stato a incastrarti, Malfoy, non solo sa che sei Hades LeSerp, ma non vuole che si sappia. Il che significa che, se tu confessassi la tua doppia identità, potresti risolvere il problema in un lampo."

"Scordatelo, Mezzosangue."

Hermione sbuffò: la sua pazienza era evidentemente messa a dura prova dall'atteggiamento di lui. "Però, se lo facessi, perderemmo ogni possibilità di capire chi ti ha incastrato."

"Infatti" annuì Chattongue. "Chiunque ci sia dietro, non ha lasciato tracce. L'unico modo che abbiamo per farlo venire allo scoperto è la sua latitanza."

"Inoltre, Malfoy, sappiamo che c'è un collegamento fra i ricordi che ti hanno cancellato e la tua accusa. Non credo sia un caso che sia a te sia a Pansy sia stato fatto un Incantesimo di Memoria."

"Cosa?" esclamò Chattongue. "Un momento, di che Incantesimo di Memoria state parlando?"

"Di niente che la riguardi" ringhiò Draco, con un'espressione acida in volto. E quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: Chattongue vide Hermione alzarsi, afferrare il Purosangue per un braccio e trascinarlo nell'altra stanza, scusandosi col giornalista per l'interruzione.

Fletus aspettò qualche minuto, poi la sua curiosità ebbe il sopravvento: si trasformò di nuovo in ermellino e, zampettando veloce, andò ad origliare.

"Adesso ascoltami bene, Draco Lucius Malfoy. Devi piantarla con le tue paranoie da nobiluomo, chiaro? Non possiamo scagionarti se non collabori."

"Io non voglio che i miei segreti si sappiano in tutto il mondo magico."

"Ma almeno Chattongue li deve sapere, se ci deve aiutare!"

"Sei stata tu a volere il suo aiuto, non io!"

"Ok, sono stata io. E allora? Non ti è sufficiente per fidarti?"

"Fidarmi?"

"Sì, fidarti. Come io mi fido di te per la mia carriera, e non dire che non è la stessa cosa, perché io penso proprio che lo sia." Pausa. "Ti vuoi rendere conto che questa volta non puoi condurre tu? Sei al capolinea, Malfoy. O ti fidi, o sei finito."

"Io non ho intenzione di supplicare l'aiuto di nessuno, chiaro?"

"Oh certo, il vecchio orgoglio Malfoy, vero? Quello con cui ti sei fatto sbattere ad Azkaban piuttosto che dire che sei un cantante anche abbastanza bravo? Quello che ti ha portato ad accettare un lavoro che non ami per non morire di fame? Bei risultati ha dato quell'orgoglio, complimenti!"

"Non parlare di cose che non capisci."

"Oh, scusa tanto! La prossima volta non ti sveglio, quando hai un incubo! Perché continuerai ad averne, se non ti fidi di me!"

Nel silenzio che seguì, Chattongue poteva percepire la tensione che passava nella stanza dove i due si fronteggiavano. Passarono alcuni secondi prima che Hermione parlasse di nuovo.

"Tu sei orgoglioso di quello che sei, e questo non è un problema. Ma quanto pensi di poter andare avanti, negando che il tuo orgoglio ti fa star male?"

"E' tutto quello che mi è rimasto!" urlò Malfoy, e la sua voce aveva il tono della disperazione. "Non ho nient'altro!"

Passò un altro istante di silenzio, nel quale il giornalista sentì Malfoy respirare pesantemente. Poi, Hermione parlò di nuovo.

"La questione è molto semplice. Vuoi farlo? E' importante per te? Fallo, e basta. Tanto, nulla di quello che farai andrà mai bene a tutti. Sono parole tue, no?"

Non ci fu risposta, così lei continuò. "Quando l'altro giorno me le hai dette, mi è venuto da pensare che tu eri l'ultima persona che poteva dirle. Da quanto ti conosco, ti sei sempre fatto guidare: da tuo padre, da Voldemort, da Piton... Non hai mai fatto una scelta tua."

"Non ne ho mai avuto la possibilità."

"Questo non è del tutto vero, e lo sai benissimo, perché non sei stupido. E non è vero che ti è rimasto solo il tuo orgoglio. Hai le tue capacità di cantante, no? Sfruttate a dovere, potrebbero renderti un bel po'. E devo ricordarti che se ho qualche possibilità adesso di rimettere in piedi la mia carriera, è merito dei tuoi consigli?"

"Niente di tutto questo mi è stato utile finora."

"Hai mai provato a utilizzarlo? Non credo. Finora hai sempre provato a essere Malfoy: hai mai provato a essere Draco?"

Per la terza volta, nella stanza ci fu silenzio, ma di un tipo diverso dai precedenti, più disteso, meno rabbioso. Questa volta fu Draco a romperlo, e nella sua voce l'aggressività aveva una punta di incertezza.

"Ma che importa a te come sto? Mi stai aiutando solo per ripicca contro il Ministero..."

"Questo non è esatto. E' vero che, dopo la tua offerta, ho dei motivi personali per aiutarti, ma è anche vero che io non ce la faccio a vedere qualcuno che sta male e non aiutarlo. Stupido altruismo Grifondoro, lo definiresti tu."

"Quindi... mi aiuteresti... senza chiedere niente?"

"Mi hai già offerto il tuo aiuto per rimettere in piedi la mia carriera. Io non ho bisogno d'altro."

Anche da ermellino, Chattongue non riuscì a non sorridere, immaginandosi quella che doveva essere l'espressione confusa e indecisa di Malfoy. Dal suo comportamento, era evidente che il Purosangue non aveva mai incontrato, nella sua vita, esempi di generosità gratuita.

"D'accordo. Mi fido."

"Non te ne pentirai. Adesso torniamo di là e diciamo a Chattongue della tua amnesia."

"Sei sicura che possiamo fidarci di lui?"

"Non gli conviene farti trovare, se vuole lo scoop."

Chattongue sentì Hermione muoversi verso la porta, e si affrettò a tornare indietro sulle sue zampette da ermellino. Riuscì però a sentire le due parole sussurrate da Draco in tono molto basso, quasi inudibile.

"Grazie, Granger."

***

"L'ha ringraziata? Fletus, è sicuro di aver sentito bene?"

"Sicurissimo."

"Va bene, facciamo che ci credo. E poi, che è successo?"

"In breve, sembra che anche a Malfoy sia stato fatto un Incantesimo di Memoria, che gli ha cancellato tutti i ricordi relativi alla morte di suo padre, sostituendoli con altri ricordi. E la Granger ritiene che gli incubi, da cui Malfoy è afflitto, siano i suoi ricordi che cercano di emergere."

"Capisco. E quindi?"

***

"Hades LeSerp deve tornare sulle scene." Hermione lo disse come se fosse un dato di fatto, ma dall'occhiata che lanciò a Draco era chiaro che si aspettava una reazione. Questa volta, però, il biondo si limitò a guardarla, apparentemente calmo.

"In tal modo" proseguì allora lei "chiunque ci sia dietro tutto questo sarà costretto a fare qualche mossa."

"Cioè, dovrò fare da esca per eventuali aggressori?" La domanda venne posta da Draco senza animosità, anche se era chiaro che l'idea non gli piaceva molto.

"Non credo proprio ti aggrediranno" ribatté Hermione. "Il nostro avversario si è dimostrato finora molto attento a non lasciare tracce delle sue azioni: aggredirti sarebbe troppo rischioso. No, credo faranno altre mosse."

Draco sembrò rifletterci un attimo, poi si rivolse a Chattongue. "Lei crede di poter pubblicizzare adeguatamente il mio ritorno?"

"Basterà che lei mi rilasci un'intervista e si inventi qualcosa per giustificare la sua assenza, credo che qualsiasi giornale pagherebbe" sogghignò il giornalista. "Però al Paiolo Magico ci va lei, sia ben chiaro."

Draco sospirò rumorosamente, guardando gli altri due, prima di dichiararsi d'accordo col loro piano. Il dialogo di pochi minuti prima stava avendo effetto, anche se ogni muscolo della faccia del Purosangue esprimeva disagio.

"Intanto che aspettiamo il rientro di LeSerp, dobbiamo fare un'altra cosa" disse Hermione, riprendendo le fila del discorso e guardando insistentemente Draco. "Dobbiamo scoprire quali ricordi ti sono stati cancellati, Malfoy... e per farlo ci servono i tuoi incubi."

"I miei incubi?"

"Sì. Quegli incubi sono i tuoi veri ricordi che cercano di emergere, perciò è fondamentale che tu ci dica cosa sogni, ricordando il più possibile."

L'occhio allenato di Chattongue vide la paura farsi strada negli occhi e nei lineamenti di Malfoy, malgrado l'autocontrollo che il Purosangue riuscì a mantenere.

"E' proprio necessario?" lo sentì chiedere, con la voce che tremava. Quando Hermione annuì, Draco si staccò dalla parete e andò a sedersi sul divano, stendendo la schiena. Alcuni brividi gli percorsero le gambe.

In un attimo, Hermione fu seduta accanto a lui, e gli voltò delicatamente la testa con una mano.

"Lo so che hai paura, e non credere che ti biasimi. Ma se c'è una cosa che la guerra mi ha insegnato, è che fuggire le proprie paure è il modo migliore per farle vincere."

"Granger, tu non hai... la più pallida idea di come mi senta quando ho quegli incubi. Meno male che ad Azkaban i Dissennatori non ci sono più, altrimenti..."

"Ma qui non sei ad Azkaban. E' vero, io non so cosa provi quando hai quegli incubi, e non so per cosa sei passato. Ma so che voglio aiutarti, e che non lascerò niente di intentato per farlo."

"Io nemmeno" fece Chattongue, alzandosi dalla poltrona e sorridendo a sua volta a Malfoy. Hermione gli elargì un sorriso di gratitudine per il suo aiuto.

Ci volle qualche minuto prima che Draco Malfoy, dopo aver guardato i volti delle due persone che avevano promesso di aiutarlo, annuisse lentamente, con un mezzo gemito. Hermione strinse più forte la presa sulla sua spalla, cercando di passargli un po' del suo coraggio.

"Devo andare a casa" disse allora il Purosangue.

***

"A casa? Vuol dire a Malfoy Manor?"

"A quanto pare, il trucco e i vestiti di Hades LeSerp stanno tutti là. Sia io che la Granger ci siamo offerto di andare a prenderli al suo posto, ma Malfoy è stato irremovibile. Andranno oggi pomeriggio stesso."

L'Auror si prese qualche minuto per riflettere sulle notizie. Con pazienza, Fletus Chattongue attese: sapeva che non erano certo cose facili da digerire per la persona che gli stava davanti, e credeva di indovinare qual era la domanda che lo tormentava.

"Voglio il suo consiglio, Fletus, e parli sinceramente. Devo lasciarli fare, oppure è meglio che intervenga?"

"Be', so che non è facile dirglielo, contando... tutto quanto, ma... sì, io credo che il signor Malfoy e la signorina Granger debbano essere lasciati fare. Lei è... quello che è, oltre a essere un Auror, quindi se intervenisse ben presto il Ministero rintraccerebbe Malfoy, e lui tornerebbe ad Azkaban dritto filato. Inoltre, quei due stanno cominciando a sviluppare una sorta di... intesa, che potrebbe fare molto bene a entrambi, e non credo che un suo intervento la aiuterebbe."

L'Auror annuì, anche se la sua riluttanza era chiara. "D'accordo, Chattongue. Ma non li perda di vista, e mi avverta non appena ci sono novità."

Il Personaggio scivola via silenziosamente com'era venuto. L'Autore fa per rilassarsi...
DRACO (gli salta addosso): Yu-uuuh!!! Si va a casa!!! Si va a conoscere la mia famiglia!!! Evviva!!!
HERM: Guardalo qua, eccitato come un bambino a Natale... sei commovente in questi casi, lo sai, Draco? (gli scompiglia affettuosamente i capelli)

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Capitolo 11
*** La stirpe dei Malfoy ***


DRACO (eccitatissimo): Ci siamo! Ci siamo! Ci siamo! (si accorge di non essere solo, e si ricompone) Molto bene, gente, dopo questo capitolo la pubblicazione della fanfiction verrà interrotta fino a sabato 24, causa partenza dell'Autore per la Grecia. Vi avvertiamo che, siccome compariranno dei personaggi particolari in questo capitolo, alla loro apparizione troverete allegate delle foto che ve li mostreranno. E ora, signori e signore (soprattutto signore), è con grandissimo piacere che io, Draco Lucius Malfoy, sono fiero di presentarvi...

CAP. 11:

LA STIRPE DEI MALFOY


La prima volta che aveva varcato la soglia di quella casa, era una prigioniera, e le sale e i corridoi erano scuri, bui, affollati di Mangiamorte pronti ad ucciderla senza pensarci due volte. I brividi le avevano percorso tutto il corpo, bagnandola di un sudore gelido, mentre cercava di nascondere la paura della morte con un atteggiamento spavaldo.

Erano passati quattro anni da allora, ma sembrava fosse passato molto più tempo. Adesso il sole del tardo del pomeriggio illuminava le larghe sale, le immense scalinate, i muri decorati con raffinatezza, e l'aria era pervasa di sensazioni differenti. Non era più paura quella che sentiva, ma silenzioso stupore.

Perché Malfoy Manor era grande e imponente, su questo non c'erano dubbi. Ogni singola pietra di quella costruzione era intrisa dell'orgoglio degli uomini che vi erano nati, vissuti e morti.

Ma era anche immensamente vuota e desolata. Non c'era muro che non fosse infestato da ragnatele, e ogni passo che facevano sul pavimento sollevava nuvole di polvere, mentre il silenzio stendeva su tutto l'insieme una patina di irrealtà. Era come se nessuno ci avesse mai abitato.

E nonostante questo, gli occhi grigi del suo accompagnatore luccicavano per l'emozione, mentre passava la mano sui muri, incurante della polvere e delle ragnatele. L'ultimo dei Malfoy era tornato a casa, e niente e nessuno poteva togliergli la commozione di camminare ancora nei luoghi della sua infanzia, che aveva creduto di non rivedere mai più quando l'avevano portato ad Azkaban.

Hermione lo capiva benissimo. Era la stessa sensazione che aveva provato quando aveva ridato la memoria ai suoi genitori, la stessa che Ron doveva aver provato varcando di nuovo la porta della Tana a guerra conclusa. Solo che per loro la guerra era finita; per Draco Malfoy, invece, era appena cominciata.

Draco fece strada fino all'ultimo piano della villa, attraverso enormi scaloni e grandi corridoi, fino a un grande atrio centrale su cui si aprivano diverse porte.
"Le stanze da letto" spiegò. "Ce ne sono molte per gli ospiti." Senza esitare, Draco si diresse verso una di esse e la aprì.

Non poteva essere che la sua stanza, notò con un sorrisetto Hermione vedendone l'arredamento. Sulla parete di fronte a loro, una gigantografia del Malfoy dodicenne in divisa da Quidditch Serpeverde, che salutava orgoglioso; da una parte accanto al letto, una piccola libreria con qualche libro; dall'altra, una panca e dei pesi con cui fare palestra. Il tutto disegnato in verde chiaro, argento e nero: i colori dei Malfoy, combinati però in modo da dare all'insieme un tono allegro.


"Carina" commentò, ridacchiando. Draco la ignorò, e andò invece a spostare la piccola libreria di qualche centimetro. Si chinò poi a terra, infilò le dita in una fessura tra le mattonelle e ne tirò via una.
"Il mio piccolo nascondiglio segreto" sorrise. "Non l'ho sigillato con la magia, perché mio padre ne avrebbe avvertito la presenza."

Incuriosita, Hermione guardò dentro. Rimase sbalordita: sotto di lei, c'era un vero e proprio camerino, completo di specchio, armadio, tavolo per il trucco.

"Hai compiuto un Incantesimo di Estensione, noto. Nascondevi così tanta roba a tuo padre?"

"No, l'Incantesimo l'ho fatto un anno fa. Non potevo correre il rischio di cambiarmi al Paiolo Magico" fece Draco, calandosi dentro l'apertura. Hermione lo seguì.

Passarono una mezz'ora a raccogliere dall'armadio i vestiti di Hades LeSerp, che misero in una borsa, assieme a una scatoletta che conteneva i trucchi di scena e a un quaderno rosso rilegato.

Erano risaliti nella stanza, e stavano per uscire, quando alle loro spalle rimbombò una voce:

"Che modi sono, Draco? Torni a casa e non saluti?"

Entrando nella stanza, Hermione si era chiesta per quale motivo, sul muro a sinistra del letto, fosse appesa una cornice vuota. Adesso, però, nella cornice c'era qualcuno: un tizio che sembrava uscito da un romanzo di Oscar Wilde, a giudicare dal suo frac e dal suo cilindro, e con i capelli e i baffi biondo oro, praticamente identici per colore a quelli di Draco.

"E sei pure in buona compagnia, noto" sogghignò l'uomo del ritratto. "Non vorrai tenere nascosta alla tua famiglia questa deliziosa signorina, vero?"

"Stavo appunto per venirvi a trovare, Arcturus" ribatté Draco, una sottile punta d'irritazione nella voce. Hermione notò che era arrossito tutto d'un colpo. "Mi hai trovato per caso, oppure Asterius ti ha inviato apposta?"

"Per la verità mi sono proposto io" rise l'altro. "Sbrigati, siamo ansiosi di vederti." E detto questo, scomparve dal ritratto, non senza essersi levato per un momento il cilindro per salutare Hermione.

"E quello chi era?" chiese Hermione, divertita dalla scenetta. Non aveva mai immaginato che Draco Malfoy potesse essere così imbarazzato.

"Un mio antenato" spiegò Draco, cercando di fare del suo meglio per riprendere la sua sicurezza. "Abbiamo anche noi il nostro albero genealogico a muro... e la nostra sala dei ritratti."

"E stiamo andando lì adesso?"

"No, Granger, io sto andando lì. E' una cosa che voglio fare da solo." Ma ci voleva ben altro che un "no" per scoraggiare Hermione Granger, quando la sua curiosità era stata suscitata.

Fu così che dieci minuti dopo, per la (poca) gioia di Draco Malfoy, Hermione Granger varcò la soglia della sala dei ritratti di Malfoy Manor: una lunga sala rettangolare, alle cui pareti erano appesi dieci ritratti a grandezza naturale di sette uomini e tre donne, abbigliati con i vestiti di diverse epoche storiche, tutti con i capelli biondi.

Quando Draco entrò, l'uomo ritratto sul primo quadro a destra della porta, vestito con l'armatura scintillante di un cavaliere medioevale, lo salutò: "Bentornato, Draco. Siamo contenti di rivederti."


Uno a uno, tutti gli altri ritratti si unirono al saluto, elargendo al loro discendente sorrisi di aperto affetto. "Ci sei mancato" lo salutò la dama nel quinto ritratto a partire dalla porta, vestita riccamente con abiti rinascimentali.

Draco rispose a ogni saluto con un cenno del capo, e anche se era ancora molto imbarazzato, Hermione poté percepire la gioia che provava nel rivedere la sua famiglia.

"Madamigella," la salutò il cavaliere con un profondo inchino, "le diamo il benvenuto a Malfoy Manor. Mi permetta di presentarmi..."

"Scusa, Asterius" intervenne Arcturus, che occupava uno dei quadri sulla parete a sinistra, "ma credo tocchi a Draco fare le presentazioni. Dopotutto, è lui il padrone di casa." Gli altri ritratti annuirono, guardando Draco che, dopo un profondo sospiro, iniziò le presentazioni, partendo dal cavaliere, che si rivelò essere Asterius, Cavaliere de La Mal Foi, fondatore della casata.

Proseguì poi in senso orario, introducendo ognuno dei ritratti con un paio di frasi: c'era un Malfoy per ogni epoca storica, più o meno, dal Medioevo fino alla seconda guerra mondiale. La dama vestita con abiti rinascimentali, di nome Proserpina, vissuta nell'epoca Tudor, quando fu nominata, elargì a Hermione un sorriso dolcissimo; Arcturus Malfoy, del XIX secolo, si tolse di nuovo il cilindro.

Terminato il giro, Draco condusse Hermione al centro della sala, e con la voce più salda possibile, disse: "Signori, vi presento Hermione Granger."

Ci fu un lungo, interminabile momento di silenzio, in cui tutti e dieci i Malfoy del passato diressero su di lei i loro occhi (che, al contrario dei capelli, non erano dello stesso colore), ed Hermione provò la sensazione di essere osservata più spiacevole della sua vita.

"Quella Hermione Granger?" chiese infine Citerea Malfoy, la dama del XVIII secolo, sobria ed elegante nel suo vestito azzurro stinto, un lampo di curiosità negli occhi neri come la notte.

"Temo di sì" rispose lei, sulla difensiva. I dieci ritratti si lanciarono occhiate di reciproca comprensione, e poi tutti insieme guardarono Asterius. Hermione si preparò mentalmente alla valanga di insulti che temeva di stare per affrontare.

Infine, Asterius parlò. "Se in questo momento vi fosse Lucius Malfoy Junior, credo che lei sarebbe più o meno gentilmente accompagnata alla porta. Ma si dà il caso che nessuno, in questa sala, sia Lucius Malfoy Junior, perciò..." si inchinò di nuovo profondamente "... mi permetta di ridarle il benvenuto a Malfoy Manor da parte di tutti noi."

Tutto si era aspettata Hermione, meno che quello: la sua bocca si aprì per lo stupore, mentre i personaggi dei ritratti tornavano ad inchinarsi. Draco, al contrario, non ne sembrava affatto sorpreso.

"Immagino che non comprenda il nostro comportamento" continuò Asterius, "e stia tranquilla che le forniremo una spiegazione esauriente. Ma adesso vorremmo sapere dal nostro ragazzo" Draco arrossì sentendosi chiamare in quel modo "il motivo della sua assenza. Ci hai fatto preoccupare, sai?"

Draco iniziò subito a raccontare, e non nascose nulla di quello che gli era successo. I ritratti non lo interruppero mai, solo si limitarono a lanciare qualche occhiata sorpresa a Hermione mentre Draco riferiva quello che aveva fatto per lui. Quest'ultima, dal canto suo, non sapeva se essere più stupita del fatto che i Malfoy non l'avessero ancora insultata, o della sincerità con cui Draco ammetteva di essersi fatto aiutare da una Mezzosangue. C'era decisamente qualcosa che le sfuggiva.

"A quanto pare, dobbiamo esserle grati, mrs. Granger" commentò Arcturus, quando Draco ebbe finito. "Non ci saremmo davvero aspettati che una... come lei..."

"Arcturus!" scattarono all'unisono Proserpina e Citerea. "Ma ti sembra il modo di parlare?"

"Preferite che la chiami direttamente Mezzosangue?" rispose lui, offeso.

"Basta così!" La voce di Asterius, alta e imperiosa, richiamò tutti all'ordine: come fondatore della casata, il Cavaliere de La Mal Foi aveva su tutti gli altri un'autorità indiscussa.

"Arcturus ha ragione, mrs. Granger. Le dobbiamo indubbiamente i nostri ringraziamenti per aver soccorso il nostro ultimo discendente, nonostante i rapporti che ci sono stati fra voi. Chissà, forse forse lei riuscirà a fargli capire un po' di cose più di quanto abbiamo mai fatto noi."

"Asterius!" esclamò Draco, preso alla sprovvista. Alle pareti, gli altri quadri ridacchiarono, osservando la sua reazione. Hermione era sempre più incuriosita.

"Che c'è, ti vergogni di noi di fronte a lei?" sogghignò Asterius. "La servitù di tuo padre nei confronti di quel pazzo, quella sì, era una cosa vergognosa, non i nostri rapporti con i Babbani!"

Che cosa? Hermione urlò mentalmente quella parola per la sorpresa dell'affermazione.

"Vede, mrs. Granger" continuò Asterius "immagino lei sappia che la frattura fra mondo magico e mondo Babbano è avvenuta solo nel XVII secolo, dopo che per innumerevoli secoli le due razze erano vissute per lo più in pace, o quasi." Hermione annuì: chi non lo sapeva?

"Be', prima che avvenisse, noi Malfoy eravamo una delle casate magiche più rispettate non solo fra i maghi, ma anche fra i Babbani. Siamo stati amici e consiglieri dei re d'Inghilterra per generazioni, e Lord Protettori del Mondo Magico dal regno di Giovanni il Senza-terra fino a quello di Riccardo III York."

"E anche dopo abbiamo continuato ad avere rapporti" intervenne Proserpina, orgogliosa. "Non vorrai dimenticare la mia amicizia con Anna Bolena e con sua figlia, vero?"

"Oppure il fatto che io, Citerea e Lucius Senior siamo appesi qui perché abbiamo collaborato con uno di loro?" rimarcò Arcturus. Hermione era senza parole: come poteva Draco avere avuto antenati simili?

"Con questo, non voglio dire che siamo mai stati... Babbanofili" riprese a parlare Asterius. "Abbiamo onorato della nostra amicizia solo i Babbani davvero meritevoli di essa, re e regine all'inizio, poi anche altri dopo che il mondo magico e quello Babbano si sono separati. Inoltre, abbiamo sempre fatto in modo che la linea principale della nostra famiglia restasse Purosangue."

Ah, ecco, pensò Hermione. Stiamo tornando alla normalità.

"Ma noi dieci, e in generale più o meno tutti i Malfoy fino al Seicento, abbiamo avuto almeno l'intelligenza di capire che l'orgoglio di essere quello che siamo non significa dover disprezzare il mondo, perché si viene ricambiati con altrettanto disprezzo e condannati all'odio e all'isolamento.

Vede, in questa sala non sono appesi tutti i Malfoy del passato, ma solo quelli che si sono particolarmente distinti. Ora, tutti noi abbiamo meritato di essere appesi qui perché non ci siamo attenuti in modo rigido alle nostre credenze nella purezza del sangue.

Ed è da quattro secoli che tentiamo di far entrare in testa alle nuove generazioni di Malfoy che rinchiudersi nel proprio maniero, sedersi sui propri milioni e trattare gli altri come pezze da piedi non è una politica intelligente. Vero, Draco?"

L'ultimo dei Malfoy in quel momento stava probabilmente rimpiangendo che Voldemort non l'avesse ucciso, a giudicare dalle guance in fiamme e dagli occhi inchiodati al suolo. Hermione avrebbe quasi potuto compatirlo... se la bellissima sensazione di avere la stessa famiglia di lui che le dava ragione non fosse stata così piacevole.

"Andiamo, Asterius!" Proserpina Malfoy intervenne in difesa di Draco. "Non puoi aspettarti da un ragazzo neanche ventenne che di punto in bianco rinneghi ciò che suo padre gli ha insegnato fin da bambino!"

"Del resto, anche noi abbiamo fatto la nostra parte, riempiendogli la testa dell'orgoglio di essere un Malfoy." Citerea era venuta in appoggio all'antenata. "E non potendo scendere dai quadri, la nostra influenza poco poteva fare per contrastare quella di Lucius Junior."

"Il cuore delle nostre donne si conferma compassionevole e materno" sorrise Arcturus. "Ma hanno ragione. L'importante è che adesso Draco non si ostini a continuare nel suo atteggiamento."

"Non c'è pericolo." Per la prima volta da quando aveva finito il suo racconto, Draco parlò. "Non ho scelta, stavolta. Se voglio uscire da questa situazione, temo di dover lasciar perdere un po' di cose."

"Sinceramente" si intromise di nuovo Arcturus "se per un po' di cose intendi tutto quello che ti ha insegnato Lucius Junior sui rapporti personali, non mi sembra una gran perdita."

"Sai come la pensiamo" continuò Asterius. "Tuo padre ti ha passato anche buoni insegnamenti, oltre alle sciocchezze, e tu hai dimostrato per tuo conto capacità d'osservazione, astuzia, buon gusto, senso del tempo. Non lasciare che tutto questo vada sprecato solo per mantenere un certo onore Purosangue... che ha già dato questi bei risultati" concluse indicando col dito la desolazione della casa.

"Lo so, lo so" rispose Draco, un po' infastidito. Deglutì prima di continuare a parlare. "In realtà... lo sapevo anche prima, ma... non volevo ammetterlo. E anche adesso... non è... facile per me. Però... forse avevate ragione: se avessi lasciato perdere il mio orgoglio, adesso... be'... ecco, probabilmente starei meglio." Le ultime parole, Draco le disse in un unico soffio, quasi le buttò fuori dalla bocca.

"Non ci pensare, Draco." Fu Proserpina, adesso, a intervenire, un dolce sorriso sul volto pallido. "Non hai niente da farti perdonare da noi. Hai un futuro davanti a te, ed è pieno di ottime possibilità. E collaborare con una vecchia nemica mi sembra un buon inizio."

"E fregatene della purezza del suo sangue!" esclamò Citerea. "Se sei convinto della bontà di una cosa, falla e basta! Meglio mille rimorsi per aver sbagliato che un solo rimpianto per non aver fatto la cosa giusta."

Il silenzio che scese dopo queste parole nella stanza era carico di sentimenti inespressi e di parole non dette, ma anche di un affetto profondo fino a essere inesprimibile. Hermione guardò Draco, e vide che il ragazzo aveva la schiena raddrizzata e la testa alta, come se un peso gli fosse stato tolto dalle spalle, mentre nei suoi occhi brillava una luce che non gli aveva mai visto. Pensava di sapere quale fosse: quello della solitudine e dell'orgoglio.

Hermione non voleva nemmeno pensare a cosa avesse voluto dire, per uno come lui, rampollo di una famiglia così nobile, pieno di grandi sogni sul suo futuro, ritrovarsi a vivere, da solo, fra i fantasmi della propria famiglia e dei propri errori, con due terribili consapevolezze: che ciò gli era stato insegnato, e che aveva sempre costituito la sua identità, era sbagliato, e che non aveva nient'altro. Non avere più nulla cui aggrapparsi se non quello che ti fa soffrire... una situazione che non avrebbe augurato a nessuno.

Ma ogni capacità di sopportazione ha un limite, e Draco aveva raggiunto il suo. E magari il merito è pure mio, si lusingò Hermione, a cui la prospettiva di redimere il suo ex-bullo cominciava a non dispiacere per niente. In fondo, era bastato fargli sentire che non era più solo, che c'era qualcosa per cui valeva la pena spezzare quella corazza.

Draco Malfoy era venuto a dire ai suoi antenati che aveva deciso finalmente di provare a dare loro ascolto, e a trovare il coraggio necessario per fidarsi di una Mezzosangue, anche se voleva dire tornare a conciarsi come Hades LeSerp, e rivedere le sue idee sulla vita e sulla fiducia. Niente di più logico, in fondo. Niente è come la famiglia in simili momenti.

"Be'..." La voce di Draco, incerta, insicura, spezzò il silenzio e le riflessioni di Hermione. "Direi che... possiamo andare."

"Vai pure, Draco" lo salutò Asterius, dall'alto del suo ritratto. "Vai con la nostra benedizione. E ricordati: qualsiasi cosa fai, noi ti vogliamo bene."

"Torna presto" aggiunse Proserpina. "Ci manchi."

Draco non si mosse subito. Prima, mosse lentamente lo sguardo da una parete all'altra della stanza, fissando ogni ritratto, come se se li volesse marchiare a fuoco nella memoria. Quando finalmente si mosse per uscire, Hermione vide che aveva gli occhi lucidi.

Nessuno dei due parlò mentre uscivano dalla casa. Hermione compì l'Incantesimo di Smaterializzazione, e subito entrambi si ritrovarono di fronte alla sua casa. Non appena entrarono, Draco, ancora in preda all'emozione, andò a sedersi sul divano su cui dormiva.

Hermione pensò fosse meglio lasciarlo da solo e, per quella sera, sospendere ogni scaramuccia o trucchetto. La giornata era stata già troppo piena per il povero Purosangue.

DRACO (ancora eccitatissimo): L'abbiamo fatto, Fletus! L'abbiamo fatto!
AUTORE: Ebbene sì, Purosangue, l'abbiamo fatto! Che dici, piacerà alle lettrici di EFP la tua famiglia?
HERM: Ma che domande fai? Dico, hai visto solo quant'è figo Asterius? Quasi quasi ti chiedo una macchina del tempo...
DRACO (afferrandola): Ah no, eh! Tu devi restare con me...
FLETUS (mentre i due si azzuffano allegramente): Be', gente, io vi saluto fino al 24, come ha già detto Draco. Vi lascio solo un quesito a cui rispondere... Qualcuno vuole per caso che io e Draco gli raccontiamo le storie della famiglia Malfoy, da Asterius a oggi?

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Capitolo 12
*** Preparativi ***


HERM (correndo ad abbracciare l'Autore abbronzato): FLETUS!!!
DRACO (con mooolta più calma): Alleluia! Ci siamo annoiati senza di te, sai?
AUTORE: Qualche volta annoiarsi fa bene, non te l'hanno detto? Comunque, pronto per ricominciare, biondino?
DRACO: E me lo chiedi pure, Quattrocchi?

CAP. 12:

PREPARATIVI

Nelle due settimane che seguirono, non ci fu dialogo, serio o meno, in cui non saltassero fuori, sia nel bene sia nel male, i nomi di Hermione Granger e Hades Le Serp: tutti gli occhi e le orecchie dei maghi si concentrarono nello sforzo di sapere sempre di più dei due personaggi del momento, la Mezzosangue ribelle e il cantante prodigiosamente riapparso.

La mattina dopo la visita a Malfoy Manor, Hermione si era infatti presentata nella redazione del Cavillo e, seguendo il consiglio di Draco, aveva chiesto a Luna se il giornale potesse farle da indirizzo e da recapito. Né Luna né il padre avevano sollevato problemi, anzi si erano rivelati contenti di essere al centro di una simile fruttuosa polemica. Una sola condizione fu loro imposta: mantenere il segreto sul suo indirizzo, soprattutto con due persone.

La voce che la redazione del Cavillo era, adesso, il recapito di Hermione Granger si sparse con la velocità del vento: quando alla sera Hermione, accompagnata da Fletus Chattongue, si presentò in redazione chiamata da Luna, rimase di sasso vedendo l'enorme quantità di posta arrivata per lei.

Alcune erano lettere di sostegno e appoggio, che si complimentavano con il suo coraggio e la sua decisione, ma la maggioranza erano invece lettere niente affatto cordiali, che la insultavano con più o meno eleganza (o sarcasmo) a seconda dei mittenti, minacciando ritorsioni.

In altri tempi, Hermione le avrebbe accantonate, ma non fu quello che Draco le consigliò: il Purosangue, invece, insistette perché lei conservasse gelosamente le lettere denigratorie, e intanto chiedesse a Chattongue di darsi ai pettegolezzi.

"I tuoi avversari sanno che è impossibile corromperti, e si accorgeranno che è altrettanto impossibile minacciarti. Perciò, cercheranno di ridicolizzarti e isolarti. Devi essere pronta a fare lo stesso."

I fatti gli diedero ragione: tempo quattro giorni, la Gazzetta fu piena di articoli sulla pericolosità delle creature magiche, e di lacrimevoli storie con al centro esseri umani fatti a pezzi e mangiati da mostri vari nelle maniere più atroci. Intanto, i giornali scandalistici setacciarono il passato della ragazza, bollando le sue storie con Viktor Krum e Ron, e anche la sua amicizia (da alcuni notata come troppo affettuosa) con Harry, come sintomi di una "maniacale ricerca di fama".

Hermione, fidandosi di Draco, non rispose a questa campagna e si lanciò alla ricerca dei pettegolezzi per rispondere a tono (anche se non trascurò ricerche più serie sulla realtà delle storie raccontate e sull'effettiva pericolosità delle creature magiche). Suo aiutante in questo campo fu Fletus Chattongue, che sembrava avere un informatore più o meno in ogni redazione di giornale, e si rivelò essere un topo di biblioteca quasi ai livelli della vecchia Hermione Granger.

C'erano però quelle volte in cui la sua natura si ribellava a questo stato di inazione e attesa per lei innaturale. Poteva essere per colpa di un articolo troppo malizioso sui suoi rapporti con Harry e Ron, di un insulto particolarmente pesante, oppure semplicemente della sua impazienza, e della sensazione di non stare facendo nessun passo avanti.

Era in quei momenti, che Draco Malfoy si rivelava fondamentale. Stava ad ascoltare i suoi sfoghi, finché non era sicuro che avesse detto tutto quel che aveva da dire; poi, iniziava a replicare punto per punto. Non faceva dei gran discorsi, il suo intervento era più un insieme di domande a cui lei rispondeva, e da cui poi lui traeva tutta una serie di conseguenze.

A poco a poco, Hermione imparò a fidarsi di quella voce suadente che la invitava a riflettere, e di quegli occhi grigi dall'espressione ironica ma mai irritante. Qualche volta, le veniva il dubbio che Draco usasse degli incantesimi verbali per avere un simile effetto sui suoi nervi, perché nessuno era mai riuscito a calmarla così totalmente. Le parole di Draco, il suo atteggiamento tranquillo, la sua aria sempre un po' ironica le davano una strana impressione di sicurezza e di fiducia in sé stessa e in quel che faceva. Non era esattamente lo stesso effetto dell'amicizia di Harry e Ron, ma era altrettanto efficace.

D'altro canto, anche per Draco quelle due settimane furono impegnative. La sera dello stesso giorno in cui Hermione si era recata al Cavillo, infatti, Fletus Chattongue si era presentato nella stessa redazione con in mano l'articolo in cui Hades LeSerp annunciava il suo ritorno. Il giorno dopo lo stesso Hades, in carne, ossa e trucco, aveva fatto il suo ingresso al Paiolo Magico per parlare con Tom.

Anche quest'annuncio corse per tutto il mondo magico come un fulmine, a tutto sfavore del povero Fletus Chattongue, che Draco aveva deciso di nominare suo portavoce ufficiale. Dopo un solo giorno di assedio da parte delle fan del cantante e dei colleghi giornalisti affamati di notizie, Chattongue iniziò a domandarsi se il Purosangue non avesse voluto punirlo ulteriormente.

Come motivazione per la sua scomparsa, Draco scelse la più banale, ma anche la più efficace: una fuga romantica con una donna misteriosa conosciuta il giorno dopo il concerto. Quando Hermione lo seppe, per un attimo un orribile sospetto le attraversò la mente, ma fu immediatamente rassicurata da Fletus, sul fatto che fosse solo una trovata pubblicitaria.

Quello che invece la lasciò sconvolta fu trovarsi nel salotto Hades LeSerp che provava le sue canzoni. Era appena tornata dall'archivio, dove lei e Fletus avevano passato l'intero pomeriggio a cercare notizie sulle creature magiche, e stava progettando di farsi una doccia, quando lo vide. La sorpresa le bloccò le gambe e le spalancò la bocca, mentre esterrefatta guardava lo spettacolo.

Era qualcosa di impressionante: tutto l'autocontrollo di Draco Malfoy era svanito, lasciando al suo posto un essere saltellante che si muoveva al ritmo della musica come se l'avesse morso una tarantola, molleggiando le gambe che sembravano dotate di vita propria, bilanciando il girovita con rapide piroette, mentre continuava a cantare impeterrito. Anche se, a guardare bene, si notava che quei movimenti non erano affatto spontanei, al contrario erano stati provati e riprovati decine di volte, raffinati, perfezionati, finché non avevano acquisito una sorta di eleganza.

Attorno a lui, volteggiava nell'aria il quaderno rosso che avevano preso a Malfoy Manor, un regalo di sua madre: Draco ci scriveva sopra gli spartiti delle canzoni, e annotava gli strumenti che avrebbero suonato. In tal modo, Hades LeSerp non aveva bisogno di una banda, gli bastava pronunciare l'incantesimo e il quaderno produceva da sé la musica su cui cantava.

A un certo punto, Draco si accorse di essere osservato, e si bloccò. Ci fu qualche istante di pausa, poi riprese a ballare come se niente fosse successo, e finì la canzone tra gli applausi e le risate di Hermione.

Andò avanti così per due settimane: Draco aveva ottenuto, infatti, quel lasso di tempo da Tom per preparare bene il suo ritorno al Paiolo Magico, cioè per riprendere confidenza con le vecchie canzoni e comporne di nuove. Ogni pomeriggio, dalle quattro alle otto, Draco diventava Hades, e dopo avere insonorizzato la stanza con un Muffliato (Hermione ormai si fidava abbastanza da ridargli la bacchetta), si scatenava.

Qualche volta capitava che Hermione si impuntasse abbastanza da imporre la sua presenza in quanto pubblico. Non era però la regola, perché Draco preferiva esercitarsi da solo. Quando lei lo guardava, provava una strana ansia di fare del suo meglio, e non era una sensazione che gli facesse piacere.

Fu invece con la scrittura delle canzoni nuove che Hermione si dimostrò una presenza importante. I testi di Draco, infatti, erano certo ben scritti, ma tendevano un po' tutti alla monotonia e alla ripetizione: perfino Draco si accorse che aveva bisogno di qualcosa di nuovo come fonte d'ispirazione. E così Hermione trovò l'ultima scusa, la scusa perfetta, per spingerlo a leggere letteratura Babbana.

Draco si oppose decisamente. Nonostante avesse deciso di fare del suo meglio per superare ciò che gli era stato insegnato da sempre, non era certo dell'idea di compiere subito un passo così gigantesco. Per il momento, poteva solo onestamente riconoscere che, forse, i Babbani avevano scritto roba interessante.

Non aveva fatto i conti con l'astuzia di Hermione. Una sera, si ritrovò sul divano un libro con sopra un biglietto che diceva: Credo che i tuoi antenati abbiano conosciuto questa gente. Cercando di capire cosa volesse dire il biglietto, Draco lo aprì: in meno di dieci minuti, era già immerso nella lettura dei drammi storici di William Shakespeare.

E fu solamente l'inizio: a Shakespeare fecero seguito Tolkien, Byron, Wilde, Milton, le Brönte, Dickens... in poco tempo, Draco Malfoy dovette rinunciare a dissimulare l'interesse e il piacere che provava, per il gran divertimento di Hermione.

Ma sapeva perfettamente come vendicarsi. Già da prima, gli era sembrato di notare che la Granger lo guardasse in modo... interessante. Dopo qualche giorno di attenta osservazione, concluse che poteva anche non essere un semplice frutto della propria egocentrica fantasia. E questo gli diede l'idea.

Iniziò così a tenere sbottonati i primi bottoni della camicia, a sfiorarle leggermente le guance con la mano mentre le parlava, a muoversi in modo più sinuoso del solito quando le permetteva di assistere alle sue prove, a toccarle talvolta la mano mentre erano a tavola per brevi istanti. Ogni volta, immancabilmente, Hermione diventava il ritratto vivente dell'imbarazzo, per la gioia lusingata del Purosangue.

La sera, disteso sul suo divano, dopo che lei se ne era andata a dormire, Draco rifletteva su quello che stava succedendo. Tutto continuava ad apparirgli illogico e assurdo, ma ciò non era più, ormai, un pensiero disturbante. Anzi, dovette ammettere che stava veramente bene, come ormai non gli capitava più da tempo.

Poteva finalmente svegliarsi alla mattina con la fiducia nel cuore e il sorriso sulle labbra, senza avere più attorno il vuoto desolante di casa sua. Poteva cantare e ballare liberamente, e le sue nuove canzoni, nate da quelle letture Babbane, erano qualcosa che lui per primo avvertiva nuovo. E poi, non c'era più quel peso sul cuore che provava nel pensare a come era ridotto.

Non voleva nemmeno pensare a cosa avrebbe fatto se lei non l'avesse accolto. Probabilmente si sarebbe trascinato da un angolo all'altro di Londra, come un animale braccato, cercando affannosamente risposte al perché qualcuno l'aveva mandato ad Azkaban.

Non avrebbe dimenticato, una volta che fosse finita, lo sapeva. Un Malfoy non dimentica le offese subite, e a maggior ragione i benefici ricevuti. Anche se la prospettiva di qualcosa di più di quella convivenza forzata, un'amicizia vera e propria... lo metteva a disagio.

Non che la prospettiva gli risultasse spiacevole, però... era un pensiero strano, irrazionale, senza capo né coda... era pur sempre Hermione Granger, in fondo, no? Però... chissà... magari un invito a cena a Malfoy Manor...

E arrivato a quel pensiero, Draco Malfoy decideva che stava cominciando a esagerare e si addormentava.

Ci furono, nondimeno, dei momenti di cui Draco avrebbe volentieri fatto a meno in quelle due settimane: quelli in cui Hermione lo spingeva a ricordare i suoi incubi. Sapeva che era necessario, e non negava che avrebbe voluto recuperare la propria memoria, ma questo non era sufficiente a fargli passare l'angoscia che invadeva ogni suo nervo quando cercava di ricordare ciò che aveva sognato.

All'inizio, non riusciva nemmeno a concentrarsi: subito montava in lui irresistibile una violenta reazione di rifiuto, anche fisica, che rendeva impossibile ogni indagine. Paziente ma ferma, Hermione tornava a insistere, incoraggiandolo a spingersi fino al limite, e a fermarsi solo quando veramente sentiva di non farcela più, senza mai forzarlo. E in capo a dieci giorni, Draco riuscì a superare l'angoscia e a mettere in fila i suoi ricordi.

Hermione allora lo invitò a ricordare l'elemento dei suoi incubi che meno di tutti gli causava angoscia: il luogo in cui avvenivano. Lo spinse a ignorare tutto il resto, le persone che vi comparivano, le parole dette, le altre immagini, e a richiamare alla memoria solo quella stanza dove tutto aveva luogo.

"E' una stanza grande... sì, un salone, come quelli di casa mia..."

"Ed è casa tua?"

"No, non è casa mia... è più desolata. C'è più polvere, più incuria... sembra abbandonata da molto più tempo. E sono sicuro che sia malvagio... lo sento dalle pareti, è come se fossero impregnate."

"Come sono queste pareti? Ci sono quadri, arazzi..."

"No... non mi pare. Un tempo dovevano essere stati affrescate, ma ora la vernice è stinta... almeno credo, nel mio sogno è sempre notte. E c'è... c'è..." Si interruppe, ma non per paura: a Hermione parve che fosse invece indeciso.

"Cosa c'è?"

"Un quadro c'è... Un ritratto. E' di un uomo... vestito alla maniera Babbana... della prima metà del XX secolo, credo. Ha i capelli... castani, e l'espressione... del viso... mi sembra familiare, ma non... lo conosco."

"Forse ne hai conosciuto un parente... che ne so, un figlio..."

La mano di Draco si serrò attorno al suo polso a questa parola. "Figlio... sì, suo figlio è... è..." Con spavento, Hermione vide i lineamenti del ragazzo tendersi per la paura, e i suoi occhi riempirsi di terrore, mentre iniziava di nuovo a sudare. Sciolse immediatamente la sua mano dalla presa di Draco e lo strinse a sé.

"Basta, basta così... sei stato bravo. Adesso calmati, è tutto finito..."

Ci vollero dieci minuti perché si calmasse, ma Hermione non aveva fretta. Del resto, ormai non le servivano altri ricordi: pensava di sapere chi fosse il figlio dell'uomo del ritratto, l'unico uomo che potesse spaventare Draco a tal punto. E se Lui era il figlio dell'uomo del ritratto, evidentemente la stanza che Draco ricordava poteva trovarsi solo in un posto.

Quando Draco si fu calmato, Hermione glielo chiese direttamente. E quando lui rispose di sì, chiamò subito Chattongue e gli chiese di procurarle tutte le informazioni che riusciva a trovare su Riddle Manor.

DRACO: Si entra nel vivo del mistero... wow, le cose iniziano a farsi serie...
HERM: Paura?
DRACO: Conoscendo quello che Fletus ha preparato per me? Sì!!!
HERM (bacio sulla guancia): Tranquillo, Draco... ci sono sempre io qui per te...

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Capitolo 13
*** Il Mangiamorte ***


DRACO (baciamano a Luna Lovegood appena entrata): Lovegood... Piacere di rivederti. Più passa il tempo più sei carina, sai?
LUNA: Grazie per la gentilezza. Draco. Peccato non lavoriamo assieme un po' più spesso.
FLETUS (arrivando): Io una storia per voi due la scriverei anche volentieri, ma sai, Luna, tu non sei un personaggio con cui è facile avere a che fare.
LUNA: Lo so, lo so. Modestamente, lo so.
HERM (un po' scocciata): Avete finito con i convenevoli?

 

CAP. 13:

IL MANGIAMORTE

 

Sinuoso come un cobra, il sussurro eccitato percorse la folla facendosi sempre più forte, e si tramutò con la lentezza di una marea in una cacofonia di urla e di applausi. Nello splendore delle luci di scena viola, nere e rosse, Hades LeSerp, con la camicia azzurra aperta per metà, i pantaloni neri lucidissimi, i capelli tinti e gli occhi blu mare sembrava uscito da chissà quale perversa fantasia femminile.

Non iniziò subito a cantare: si godette, invece, i quattro minuti di applausi che il pubblico gli tributò, chiudendo gli occhi per assaporare meglio l'accoglienza dei suoi fan. Poi, dopo aver mandato qualche bacio con le mani, sistemò il quaderno rosso fiammante sul piccolo leggio alla sua destra, e iniziò a sfogliarlo.

Quando ebbe trovato la canzone che cercava, mulinò la bacchetta in modo teatrale e fece partire la musica. Pochi minuti dopo, la sua voce prese ad accompagnare la sarabanda indiavolata degli strumenti.

Ecco, questa è la volta buona che divento sorda, pensò Hermione quando l'ennesimo strillo  di Luna, unito a quello di mille altre ragazze, le trapanò i timpani.

In teoria, non avrebbe dovuto essere lì: Draco aveva insistito perché non si facesse assolutamente vedere, minacciando di maledirla in ogni maniera conoscesse. Ma anche se quelle minacce fossero state serie (cosa di cui Hermione dubitava vivamente), non aveva nessuna intenzione di perdersi l'occasione di vedere Hades in azione.

E poi, era il posto ideale per parlare con Fletus passando inosservati. Il giornalista l'aveva chiamata due ore prima dello spettacolo, avvisandola che aveva scoperto alcune cose interessanti su Riddle Manor.

Sfortunatamente, non aveva calcolato Luna Lovegood, che appena l'aveva vista era venuta a sedersi accanto a lei. Non poteva certo spiegarle che avrebbe preferito si trovasse un altro tavolo perché doveva parlare della ragione per cui il suo cantante preferito fosse finito in galera, così aveva dovuto fare buon viso a cattivo gioco. Aveva fatto capire all'amica che per caso, aveva sentito alcune canzoni di LeSerp e le erano piaciute, così... (il che non era neanche una bugia, solo una parte della verità).

Peccato che, in risposta, Luna avesse cominciato una lunga conversazione riguardo al cantante, ed Hermione aveva dovuto sorbirsela tutta quanta, vista l'impossibilità di alzarsi e andarsene senza spiegazione. Nemmeno l'arrivo di Fletus aveva interrotto Luna, anzi era stato trascinato nella discussione anche lui. Però ci aveva messo un entusiasmo tale da distrarre l'attenzione di Luna da un'Hermione che rispondeva sempre più faticosamente. Comunque, di parlare con lui prima dell'inizio dello spettacolo non c'era proprio stata la possibilità concreta. E quando poi era cominciato, be'... gli occhi di Hermione avevano seguito tutt'altra direzione, prima per curiosità e poi... per ammirazione.

Quello che le era sembrato a tratti ridicolo nel suo salotto, lì sembrava essere perfettamente naturale. Avvolto dalle ombre più che dalle luci di quel suo piccolo regno, Hades LeSerp vi si muoveva piano, con mosse lente, studiate, mentre fra le mani a coppa teneva il microfono quasi con la tenerezza di una madre. La sua voce, per lo più tenuta bassa e solo qualche volta alzata, lasciava scivolare i versi delle sue canzoni senza sforzo, come se fossero un fenomeno atmosferico, un elemento dell'aria. Dava l'impressione di non dover nemmeno muovere le labbra.

Ok, è affascinante, si arrese Hermione. Non l'avrebbe mai ripetuto ad alta voce, ovviamente, ma con se stessa era inutile negare: Hades LeSerp era uno degli uomini più carismatici che avesse mai conosciuto. E Draco Malfoy, allora? le chiese una vocina seccante a cui preferì non rispondere. Non voleva passare quella serata a chiedersi per quale motivo, da qualche tempo in qua, certi sguardi e atteggiamenti del suo ospite la facevano arrossire come una scolaretta.

Draco aveva oculatamente organizzato il suo concerto di rientro, mischiando i brani vecchi e quelli nuovi, scritti sotto l'effetto delle letture Babbane e delle chiacchierate con Hermione. Il pubblico veniva così gratificato con i suoi vecchi successi, prima che Hades gli sottoponesse una sua nuova composizione. Queste ultime lasciarono tutti di stucco per l'inaspettata gioia di vivere che esprimevano sotto una patina ancora gotica, oltre per la loro particolare raffinatezza ed espressività.

"Si vede che è innamorato" commentò Luna quando una di queste nuove composizioni, All The World is a Stage, si guadagnò un applauso entusiasta del pubblico. "Non l'ho mai sentito così ispirato, così... contento. Questa ragazza dev'essere davvero eccezionale se è riuscita a dargli questa forza."

"Già" commentò Hermione con una smorfia che cercava vanamente di non essere un sorriso.

"Ed è giunta solo il giorno dopo di me! Potevo essere io, maledizione!"

Ci vollero cinque minuti buoni, per Hermione, fra il sentire la frase di Luna e iniziare a intuirne il significato. "C-come, scusa?"

La Corvonero la guardò con i suoi grandi occhi un po' folli, un sorriso orgoglioso a trentadue denti stampato in faccia. "Che potevo essere io. Sai, i Nargilli possono far avverare i desideri invece di rovinarti il cervello, se li tratti bene. E io quella sera avevo espresso un bel desiderio..."

Non poteva essere vero. Il cervello di Hermione si stava rifiutando di credere alla sola possibilità che la fan con cui Hades LeSerp... anzi, Draco Malfoy... aveva passato la sua ultima notte prima di Azkaban fosse Luna Lovegood. Doveva aver capito male, di sicuro aveva capito male!

Qualcuno tossicchiò alla sua destra. Era Fletus. "Io vado un attimo a prendere qualcosa da bere, viene con me, Hermione?"

La ragazza lo ringraziò mentalmente: se restava seduta accanto a Luna per cinque minuti ancora, rischiava di esplodere. "Mi dica che non è Luna" disse non appena furono fuori portata d'orecchio.

"Guardi, io glielo posso anche dire, ma preferisce una pietosa bugia o la semplice verità?" rispose imbarazzato Fletus.

Ok, evidentemente è la verità, pensò Hermione, mentre ogni singolo nervo del suo corpo sembrava andare a fuoco. Arrivata al bancone, ordinò a Tom un Firewhiskey: aveva bisogno di bere qualcosa di forte. Fletus, invece, estrasse da una tasca del mantello una bottiglietta di succo di frutta alla pesca.

Non c'era il minimo motivo logico per cui Hermione dovesse sentirsi così maledettamente arrabbiata con Luna, né con Draco. Ma lo era, e non sapeva nemmeno il perché. La sola idea che una sua amica potesse essere andata a letto con lui la faceva sentire strana, come... derubata. Il che non aveva per niente senso.

Era meglio parlare d'altro. "Cosa ha scoperto di Riddle Manor?" chiese a Fletus, più bruscamente di come avrebbe voluto.

Fletus Chattongue aveva visto benissimo i sentimenti che cambiavano sul viso di Hermione: rabbia, irritazione, malinconia... in una parola, gelosia. Sapeva per esperienza che era meglio non gettare legna sul fuoco, quindi pensò che fosse il caso di cambiare argomento.

"Niente di buono, ma molto di interessante" esordì. "Quella casa è al centro di un'indagine degli Auror da ormai quattro anni."

"Un'indagine degli Auror?" Hermione era sorpresa. "Ma non se ne è saputo nulla!"

"Infatti è stata tenuta segreta. Ma ho un amico al dipartimento Auror, che mi ha saputo dare molti dettagli, anche se non l'intera storia." Il che è anche vero, pensò Fletus, ricordando come l'Auror gli avesse praticamente consegnato in blocco l'intero dossier del caso, quando gli aveva detto che fra Riddle Manor e Draco Malfoy poteva esserci un collegamento.

Neanche a farlo apposta, in quel momento Draco/Hades attaccò una canzone il cui titolo era proprio Curse, Blessing, il cui tema cupo, sottolineato dai tremolii degli archi di un'invisibile orchestra, sembrò circondare di un'aura inquietante il racconto del giornalista.

Qualche mese dopo la caduta di Voldemort, una denuncia anonima aveva avvertito gli Auror che alcuni ex Mangiamorte si sarebbero radunati a Riddle Manor. Non faceva nomi, ma indicava con precisione luogo, data e ora. Così, il Ministero aveva inviato una pattuglia sul posto, ma quello che quest'ultima aveva trovato non era mai stato rivelato, era anzi top secret per tutti, persino per gli Auror non coinvolti nel caso. L'unica cosa in parte trapelata era che quel gruppo di ex Mangiamorte aveva tentato di compiere qualcosa, che non era andato bene, e aveva finito per riversarsi su loro stessi.

"E c'era anche Lucius Malfoy fra quegli uomini?"

"Questo non lo so, ma ho controllato le date, e ho scoperto che Lucius Malfoy è stato trovato morto tre giorni dopo questi fatti. Non so se le due cose possano essere collegate, ma..."

"Lo sono." Hermione non aveva dubbi su questo. I due fatti erano troppo vicini, e poi, per quale altro motivo Riddle Manor avrebbe popolato gli incubi di Draco, se non perché lui quella notte era lì?

Fletus non aveva però ancora detto tutto quel che sapeva. Il Ministero non era riuscito a cavare un ragno dal buco dai pochi sopravvissuti a quella notte, i quali o erano impazziti, o tenevano la bocca sigilliata, o erano stati uccisi in circostanze non chiare. L'unica cosa certa è che qualsiasi cosa fosse accaduta, era probabilmente collegata con la guerra appena conclusa, e con la caduta di Lord Voldemort.

Fletus raccontò anche di essersi recato a Little Handington e di aver raccolto informazioni nella zona: in tal modo, aveva appreso l'esistenza di alcune voci, che collegavano a quella casa la misteriosa scomparsa di due o tre persone, che erano semplicemente sparite nel nulla e non erano mai state più viste da nessuno.

"Quindi, ora cosa facciamo?"

Hermione non gli rispose. I suoi occhi si mossero a cercare la figura sul palco, Ma al posto del cantante sorridente e adorato dai fan, in questo momento lei vedeva solo il ragazzo che si era svegliato sudato e tremante alle due di notte, e l'aveva abbracciata in cerca di conforto. Sentì il brivido della paura salirle lungo la spina dorsale, ma stavolta non era per se stessa, bensì per lui.

L'aveva visto tremare, balbettare, quasi piangere quando l'aveva incoraggiato a ricordare i propri incubi, e anche lei era stata spaventata dalla violenza con cui la sua memoria si difendeva dai ricordi rimossi. Nonostante tutto, però, aveva però pensato (o sperato) che dietro i suoi incubi ci fossero traumi tutto sommato abbastanza normali, come la perdita dei genitori o la solitudine improvvisa. Adesso, quest'ipotesi doveva essere scartata: era ormai chiaro ci fosse un trauma ancora più profondo, direttamente collegato a qualcosa di oscuro. Era questo che le ispirava paura; paura di cosa Draco avrebbe potuto ricordare e soprattutto di come avrebbe reagito di fronte ai veri ricordi, quando solo le loro pallide immagini lo facevano stare così male.

Per un attimo, pensò perfino di chiedergli di rinunciare a scoprire la verità e di tenersi la sua amnesia. Ma fu solo un attimo, prima che la sua razionalità riprendesse il sopravvento. Nascondersi in quel modo non gli sarebbe servito a nulla: solo affrontando i propri demoni, Draco Malfoy avrebbe potuto tornare libero. Anche se sapeva che ciò avrebbe significato, per lui, passare le pene dell'inferno.

Desiderò avere Harry accanto a sé. Era sempre stato lui quello che si buttava a capofitto nel pericolo, senza riflettere più di tanto, solo perché era la cosa giusta da fare. Ma adesso Harry non c'era, e toccava a lei, che per anni era stata quella che fermava e faceva ragionare il suo eroico amico, convincere, quasi forzare, un ragazzo spaventato a lottare fino alla fine una guerra che per loro era già terminata. Un ruolo che non le piaceva per niente.

In quel momento, Draco per un attimo la notò e, di sfuggita, le fece un occhiolino. Incredibilmente, prima ancora di pensarci, si ritrovò a sorridergli nonostante tutto, mentre notava il brillare divertito dei suoi occhi blu e la sua furbesca smorfia ironica. Fu solo un attimo, ma bastò.

Valeva la pena di farlo soffrire un po', se alla fine avrebbe potuto tornare a sorriderle così.

***

"Ciao, Draco." La fredda voce rimbombò nella stanza, facendolo voltare di scatto. Lo spettacolo era appena finito, e lui si era ritirato un attimo per aggiustarsi il trucco e asciugarsi il sudore, prima di andare a godersi il meritato bagno di folla.

Pietrificato dalla sorpresa, guardò la cupa figura in piedi di fronte a lui. Un lungo mantello nero con cappuccio la copriva dalla testa ai piedi, sulla faccia era calata una maschera argentea raffigurante un teschio, e sull'avambraccio sinistro, unico pezzo del corpo scoperto, si stagliava nitido un segno che Draco rabbrividì nel riconoscere, nonostante fosse evidentemente finto.

Il Marchio Nero!

Per un attimo, il mondo si fermò e Draco ebbe una visione, un flash brevissimo di numerose figure incappucciate riunite nella sala del suo sogno.

Ancora una votla, il suo addestramento gli tornò utile:  impiegando tutte le forze della propria volontà, dominò il turbine di sensazioni che l'avevano colto, e alzò gli occhi per fissare il Mangiamorte. Aveva la strana sensazione di averlo già visto, perché quella voce che gli aveva parlato, per quanto contraffatta, non gli era giunta completamente nuova all'orecchio. Anche l'altezza e la postura sembravano familiari.

Alla fine, glielo chiese, rompendo il silenzio: "Chi sei?". Forse, facendolo parlare, avrebbe potuto capire chi aveva davanti.

"Un amico" rispose semplicemente l'altro, facendo un passo avanti. Anche quel gesto era familiare.

"Gli amici di solito non si intrufolano di nascosto nelle camere altrui."

"Non ero sicuro che avresti apprezzato la mia visita."

"E allora come puoi dire di essere mio amico?"

Il Mangiamorte rise, producendo un suono che lo fece raggelare, tanto era cinico  il divertimento che vi era contenuto. L'ho già sentita, ne sono sicuro, ma dove?

"Vedo che hai conservato il tuo spirito acuto. I Malfoy hanno davvero una fibra molto forte, se nemmeno Azkaban riesce a piegarli."

Calmati, Draco, calmati. La rabbia era montata in lui al sentire quell'apparizione nominare in quel modo il nome della sua famiglia e la sua residenza nella prigione.

"Che cosa vuoi?" sibilò, quando fu sicuro che i nervi non l'avrebbero tradito. Quella conversazione stava durando troppo per i suoi gusti.

"Vuoi già mandarmi via?" sogghignò la figura mascherata, come se avesse compreso i suoi pensieri. "Non vuoi sapere cos'è che non ricordi?"

Il suo istinto l'aveva avvertito che prima o poi sarebbero arrivati a quello, perciò non ne fu sorpreso, tant'è che replicò subito: "Certo che lo voglio sapere, ma dubito che me lo diresti, vero?"

Man mano passava il tempo, riusciva a controllare meglio l'inquietudine che, sottile, gli percorreva ogni centimetro di pelle, facendo rizzare ogni singolo pelo. Non avrebbe dato a quel maledetto la soddisfazione di vederlo spaventato.

"Leggi ancora la Gazzetta del Profeta?"

Questa domanda lo sorprese, e si prese qualche secondo per decidere se  fosse seria. "Certo," rispose alla fine un po' incerto.

"Tra tre giorni, nella pagina delle persone scomparse, ci sarà un annuncio che potrebbe interessarti. Nel caso, presentati il giorno dopo, alle undici di sera, da Magie Sinister, Il proprietario avrà qualcosa da darti."

Qualcosa in quel momento scattò nel cervello di Draco, probabilmente un'inflessione della voce, e improvvisamente seppe dove l'aveva già sentita: a Hogwarts. Ebbe un'altra fulminea visione, questa volta dei corridoi del castello nella notte, e di una persona al suo fianco, vestita di nero.

Quando si riprese, il Mangiamorte era scomparso. Ancora scosso, si guardò attorno, come ad accertarsi di essere solo. Gli venne il dubbio che fosse stata tutta un'allucinazione provocata dalla stanchezza, ma ricacciò subito quell'idea; non solo non era così stanco, ma gli sembrava completamente assurdo iniziare ad avere allucinazioni proprio adesso, dopo tre settimane vissute nella pace e una serata stupenda, quando aveva avuto un anno di solitudine e un mese ad Azkaban per impazzire.

E se non era una visione, allora quel Mangiamorte era collegato con la sua condanna e con i suoi ricordi smarriti. Era l'uomo dietro tutto quanto... oppue un suo emissario. Tornare come Hades aveva funzionato, quanto pare.

Bussarono alla porta, interrompendo i suoi pensieri. "Signor LeSerp? Si sente bene?" Anche questa voce gli era familiare, ma stavolta non ebbe difficoltà a riconoscerla.

"Un momento" replicò subito. In fretta, si sistemò i capelli e si lisciò la camicia, mentre  cercava di scacciare l'inquetudine pensando al lato positivo di quell'apparizione. E' uscito allo scoperto, il bastardo, o quasi: siamo sulla pista buona.

Con questo pensiero in mente, aprì la porta cercando di sfoderare il suo miglior sorriso, che aumentò quando vide Luna Lovegood in piedi di fronte alla porta. Non aveva certo dimenticato chi era stata la sua ultima compagnia di letto prima di Azkaban... anche perché gli sembrava di ricordare con una certa precisione che era stata decisamente in gamba.

In capo a pochi minuti, era riuscito a riprendere la sua maschera, In fondo, aveva ancora tre giorni di sicurezza, prima che quell'uomo si rifacesse vivo, e in tre giorni, poteva coordinare con la Granger e il giornalista un piano di riserva. Nel frattempo, be',.. si sarebbe almeno divertito un po', a fare la rockstar.

E quando notò che Hermione, che aveva seguito l'amica al piano di sopra, lo stava fissando con una strana intensità, si sentì ancora più euforico.

HERM (andando da Fletus): Scusa, hai per caso visto Draco?
FLETUS: Ehm... no.
HERM: "Ehm... no"? Fletus Chattongue, stai per caso cercando di coprirlo? Dov'è Draco?
FLETUS: Ti giuro che io... (bacchetta di lei puntata al naso) Ha insistito per riaccompagnare Luna a casa.
HERM (correndo via, urlando): Io lo ammazzo!!!

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Capitolo 14
*** Cosa mi sta succedendo? ***


DRACO: Scusa, potresti ripetermi che festa Babbana è domani?
HERM: E' Pasqua, Draco! P-A-S-Q-U-A!
DRACO: E cosa si festeggia? Perché noi non lo facciamo?
AUTORE (interrompendo): Te lo spiego io più tardi, biondo! Adesso... si gira!


CAP. 14:

COSA MI STA SUCCEDENDO?


E' legge nota a tutti: non importa quanto si sia capaci di esercitare autocontrollo sulle proprie emozioni, esiste sempre un punto di rottura.

La mattina dopo il concerto, Hermione si era svegliata decisamente male. Se si era irritata pensando a Draco e Luna assieme, la cosa era peggiorata quando lui si era unito alle altre fan. Non importava che si fosse comportato da autentico signore, e che avesse giusto gettato qualche occhiatina o gesto malizioso qua e là, senza tentare nulla di più esplicito: il semplice fatto che si fosse divertito, che avesse riso con altre ragazze (senza nemmeno degnarla di uno sguardo o una battuta, per di più), era abbastanza. Ripetersi che tutto ciò era senza senso non migliorava le cose.

Così, non gli aveva detto nulla delle notizie di Fletus, e aveva bocciato ogni tentativo di conversazione con lui a colazione, preferendo concentrarsi sull'intervista in programma per quella giornata. Erano giorni che lei e Draco la preparavano, cercando di dosare bene informazioni reali sulla pericolosità delle creature magiche, difesa delle proprie posizioni e una leggera punta di gossip a danno dei suoi avversari.

Fletus le aveva procurato un appuntamento al Tappeto Volante, un locale magico nel centro di Londra, con il suo informatore e collega numero uno alla Gazzetta del Profeta: in tal modo, la risposta di Hermione sarebbe stata pubblicata direttamente sul giornale utilizzato dagli avversari. L'intervista andò benissimo, e la mattina avrebbe potuto concludersi tutto sommato bene per Hermione.

Peccato che i suoi nervi, ancora a fior di pelle, scattassero subito quando una voce purtroppo a lei nota si fece sentire: quella del suo avversario politico numero uno, il Purosangue più in vista di Londra, praticamente colui che aveva preso nella sua vita il posto occupato da Draco a Hogwarts.

Theodore Nott, magro, secco, i capelli castano chiari tenuti uniti in una specie di turbante sopra la fronte ampia, vestito all'ultima moda magica, aveva sentito buona parte dell'intervista, e notato ogni singola risposta. Non gli era perciò sfuggito che la Granger era tutto tranne che calma e tranquilla. Gli era bastato un quarto di secondo per decidere di approfittarne, e soltanto mezzo per stabilire in che modo.

"Devo dire che non mi aspettato finissi per usare mezzi da Serpe... Pettegolezzi, sarcasmo, attacco così frontale... Vergognati, non è così che si comporta una Grifondoro!"

Solo in condizioni normali, Hermione avrebbe fatto di per sé molta fatica a controllarsi, perché quando la si stuzzicava su certi argomenti, era impossibile non farla arrabbiare. La sua attuale situazione peggiorò le cose.

"Quello che penso di te, Nott, te lo posso ripetere ogni volta che vuoi, in faccia, di fronte a chiunque!"

"Oh, davvero?" ghignò quest'ultimo. "Anche all'Oracolo, quindi?"

"Sì, certo!"

"Perciò non avresti niente in contrario a venire al programma la settimana prossima a confrontarti con me?"

Hermione era fuori controllo. In ogni mossa della bocca di Nott, in ogni sillaba che usciva dalle sue labbra, lei rivedeva Draco, il Draco di Hogwarts, il Purosangue stronzo che l'aveva umiliata per anni, e che solo la sera prima l'aveva di nuovo fatta sentire malissimo. Da qualche parte del suo cervello, qualche neurone tentò di attivarsi per fermare la catastrofe, ma giunse troppo tardi, perché la bocca si era già mossa.

"No."

"Allora ci vediamo là" ghignò Nott per un'ultima volta prima di Smaterializzarsi.

In un attimo, Hermione si rese conto di cosa aveva combinato. Aveva appena accettato di intervenire all'Oracolo, il più famoso programma di dibattito televisivo del mondo magico. Si chiamava così perché ad assegnare la vittoria a uno dei due contendenti, dopo una lunga intervista doppia, era appunto un piccolo Oracolo, che valutava le risposte date ed eleggeva la "posizione più persuasiva". Non la più giusta, ma la più convincente.

Il che significava che avrebbe dovuto, lei, affrontare da sola un maestro della parola come Theodore Nott e batterlo al suo stesso gioco, altrimenti lui l'avrebbe umiliata di fronte a centinaia di telespettatori. Non volle nemmeno pensare alle implicazioni di un simile avvenimento.

Hermione strinse i pugni sotto al loro tavolo e cominciò a maledirsi non una, ma dieci, cento, mille volte. Come aveva potuto compiere un gesto tanto sciocco? Come aveva potuto lasciare che la sua rabbia insensata la trascinasse a tal punto? Stupida, stupida, stupida, STUPIDA!

Sapeva benissimo che a questo punto c'era per lei un'unica soluzione possibile.

Draco non rispose subito. Tentando di trattenere la risata che gli stava salendo lenta ma costante per la gola, si godette lo spettacolo di lei rossa come un pomodoro, gli occhi bassi e l'aria vergognosa di chi ne ha combinata una grossa.

"E cosa vuoi che ti dica, Granger? Vai a quel programma."

Ci volle un po' perché il cervello di Hermione riuscisse a unire in una frase di senso compiuto le quattro parole uscite dalla sua bocca sorridente.

"Non se ne parla neanche! Io non ho intenzione di andare a farmi prendere in giro da tutto il mondo magico! Credevo volessi aiutarmi!"

"Se ti ritiri, il caro Theo sfrutterà questo tuo rifiuto come prova che hai paura a sostenere le tue idee, e questo sarà molto peggio di un tuo eventuale fallimento nel dibattito."

Aveva ragione, lo capì immediatamente. Ritirarsi significava confermare la catastrofe, e questa volta senza possibilità di tornare indietro. Crollò sul divano, le mani nei capelli. Complimenti, Hermione. Hai distrutto la tua carriera in un colpo. Le sembrava già di sentire le risate e le battutine del pubblico e di vedere i titoloni sulla Gazzetta inneggianti alla sua sconfitta, mentre lei, la più intelligente e dotata strega di Hogwarts, veniva fatta a pezzi per il gusto di mediocri. Perché a me? Perché a me? Cosa ho fatto di male per...?

I suoi pensieri vennero interrotti da una mano che le prese il mento e le sollevò la testa. Due occhi grigi ormai familiari la fissavano, con una divertita ironia, e sotto c'era quel ghigno così ben noto.

"Salve, piccola. Sei nuova di qui? Non ti ho mai visto..."

"Cosa?"

"Che c'è? Sto solo provando a fare conoscenza con una bella ragazza."

"Conoscenza? Ma che hai bevuto stamattina? Sono Hermione!"

"A me, in questo momento, sembri solo una ragazzina spaventata. Mi sembra di ricordare che Hermione Granger avesse più coraggio, in fondo era la migliore dei Grifondoro del suo anno."

Hermione non riuscì a rispondere: i suoi occhi vedevano il volto di Draco Malfoy nell'espressione che più ricordava di lui, cioè quella con cui scherzava pesante ai suoi danni, ma le sue orecchie avevano percepito qualcosa che vagamente somigliava a un complimento.

"Mi stai prendendo in giro, per caso, furetto?"

"Può essere. La cosa ti disturba?" E rise piano, sottovoce.

"Piantala" fece, indurendosi all'istante. Lui però non diede cenno di voler smettere, anzi alzò leggermente la voce. A quel punto, non ci vide più. La mano stretta a pugno le partì dritta verso il suo naso, facendolo cadere all'indietro per l'urto.

"Non ridere! Sono stufa che mi si rida dietro! Fin da quando ho appreso di essere una strega, mi ridono alle spalle, per un motivo o per l'altro! Perché sono Mezzosangue, perché mi piacciono i libri, perché sono amica di Harry, perché ho delle idee che a loro sembrano strane... Adesso basta! E tu, furetto vigliacco e bastardo, sei l'ultimo che si può permettere di farlo, perché senza di me saresti in mezzo a una strada!"

"Ah, io non posso e Theo sì?"

Evidentemente, quel giorno il cervello di Hermione era a mezzo servizio, perché per la terza volta nella giornata fece fatica a capire cosa le era stato detto. Lo sguardo improvvisamente vacuo, la strega più brillante di Hogwarts guardò il Purosangue che si rimetteva in piedi, adesso serissimo.

"N-no che non può..." cominciò esitante, ma si interruppe subito. Aveva capito dove voleva andare a parare.

Draco aspettò, guardando passare negli occhi della Mezzosangue prima la confusione, poi la comprensione e infine la vergogna. Adesso era lui ad essere arrabbiato. Quelle quattro parole, furetto bastardo e vigliacco, gli avevano fatto male, perché erano immeritate. Sì, d'accordo, forse aveva esagerato nel prenderla in giro, ma diamine, un po' se lo meritava!

Quando l'aveva vista sedersi sul divano, stava per prenderla a schiaffi: com'era possibile che Hermione Granger avesse paura di Theodore Nott? Lei era la strega più intelligente del secolo, un'eroina della Seconda Guerra, per la miseria! Non poteva farsi mettere al tappeto così! Non dopo che a Hogwarts aveva affrontato mari e monti per essere la migliore! Possibile che fosse bravissima quando c'erano di mezzo gli altri, e una frana ad aiutare se stessa?

Un momento... mi sto preoccupando per lei?

La comprensione di questo fatto lo colpì. Si stava preoccupando per Hermione Granger, e non perché dal suo successo nella politica dipendeva il suo destino, ma perché... non voleva che fallisse. Perché ci teneva al suo successo, perché era lei era la strega più intelligente che avesse mai conosciuto, e perché... perché...

I suoi pensieri furono interrotti da una improvvisa sensazione di soffocamento: qualcosa gli era venuto addosso, stringendogli i polmoni. Fu solo quando una voce dolce e addolorata sussurrò: "Scusa, Draco... e grazie" che si rese pienamente conto che lei l'aveva abbracciato, e aveva appena pronunciato il suo nome.

"P-prego" balbettò, incapace ormai di capire che gli stava succedendo. Da quando era così altruista? Da quando era così... buono? E soprattutto, perché in quel momento, nell'abbraccio di una Mezzosangue, si sentiva così bene?

Il crack di una Materializzazione e il suono del campanello interruppero quel momento bizzarro. Hermione si staccò da lui e andò ad aprire. Era Fletus.

"Hermione, ho appena saputo!" esclamò il giornalista entrando con foga. "Come sta? Tutto bene? Le serve qualcosa?"

"Tutto a posto, Fletus, grazie. Ci ha già pensato Draco."

Le pupille castane del giornalista scattarono immediatamente nella direzione del Purosangue, brillando di curiosità. Per Draco, fu troppo: sopportare anche Fletus Chattongue andava oltre le sue possibilità. Meglio parlare d'altro.

"Stavo giusto per raccontarti, Granger, di un incontro che ho avuto ieri sera."

Quando ebbe finito, Fletus ed Hermione si scambiarono uno sguardo di reciproca comprensione: la comparsa del Mangiamorte confermava in pieno la loro teoria. L'amnesia di Draco e Riddle Manor erano davvero collegati, anche con la morte di Lucius Malfoy. Toccò poi a Fletus ripetere a Draco quello che aveva detto la sera precedente a Hermione sul conto di Riddle Manor.

Con paura, Hermione vide Draco cominciare a tremare, al solo sentire il nome della casa maledetta, mentre i suoi occhi si riempivano di nervosismo. Per fortuna, ci riuscì, almeno fino alla fine del racconto del giornalista.

"Credo che abbiate ragione" disse alla fine. "E' come se... sapessi già questa storia. Non è una sensazione piacevole, ma..."

Per cinque secondi, il suo sguardo divenne vitreo, privo di espressione. Sia Hermione sia Fletus si avvicinarono preoccupati, ma prima che potessero fare qualcosa, Draco si era già ripreso.

"Stai bene? Che è successo?" chiese lei.

"Ho avuto... una visione, come quelle dell'altra sera. Ma stavolta riguardava mio padre... l'ho visto piangere. E non poche lacrime, proprio... piangere. E non so perché, ma... mi sento... vuoto." Si mise la mano sul cuore, quasi temendo di non sentire più il battito.

Hermione gli accarezzò i capelli dorati, con affettuosa tenerezza. Draco la inteneriva in quei momenti. Sembrava così debole, così smarrito... un cucciolo spaventato che aveva perso la sua mamma.

"Non ci pensi adesso, signor Malfoy." Alzatosi dalla poltrona, Fletus mise una mano su una spalla di Draco, con un grande sorriso in volto. "E' tra amici. Scopriremo tutto, e vedrà, sistemeremo ogni cosa."

Gli occhi grigi del Purosangue fissarono quelli castani del giornalista, dietro gli occhiali di quest'ultimo, e così fecero anche quelli di Hermione. In quel momento, Fletus Chattongue non era per niente ridicolo o goffo: anzi, l'aria infantile che non lo abbandonava mai sembrava solo aumentare la sua determinazione, aggiungendo uno strano candore a quell'impegno così serio.

Fletus si fermò per tutto il pomeriggio, e finì per restare anche a cena. Fu un pomeriggio meraviglioso: Draco fece sentire loro alcuni brani di nuove canzoni, parlarono di letteratura e cinema Babbani (campo in cui Fletus dimostrò una competenza insospettata), ricordarono con qualche imbarazzo gli anni di Hogwarts, guardarono assieme il concerto per il decimo anniversario di Les Miserables, che ancora Draco non aveva visto e che sembrò colpirlo. Hermione poi preparò la cena, e i tre mangiarono in allegria, ridendo e scherzando amabilmente, dimenticando sia i ricordi di Draco sia i problemi di Hermione.

A un certo punto, Draco si alzò da tavola per andare in bagno, e in cucina rimasero solo Hermione e Fletus. Hermione si sentiva benissimo, cosa che non le succedeva da parecchio tempo... da quando era scappata dalla Tana. Quel pensiero la fece accorgere che, per la prima volta da allora, Harry e Ron non le mancavano affatto.

"Allora, è passata la gelosia?" chiese Fletus con un'espressione maliziosa in viso.

Hermione, riportata alla realtà dalla domanda, lo guardò stranita: "Gelosia?"

"Non mi dica che ieri sera non era gelosa!"

Rossa come un Weasley colto in fallo, Hermione annuì, sentendosi sciocca. "Io... non so cosa mi è successo ieri sera."

"E' successo che si è affezionata al suo ospite, e le dava fastidio che lui si dedicasse ad altre. Tutto qui. Non è una cosa così terribile, anch'io sono geloso dei miei migliori amici."

"Sì, ma... non ha nessun senso! Voglio dire... io l'ho accolto qui solo per ripicca, per fare quasi un dispetto al Ministero. Non mi importava davvero di lui, anzi ho dovuto lottare con me stessa per decidermi ad aiutarlo! Mentre adesso... non è più così, io... " Prese un grosso respiro, prima di ammettere quella verità, che finora non aveva confessato nemmeno a se stessa. "Io mi sento bene con lui... con Draco Malfoy!"

"E la cosa le dispiace?" chiese Fletus. Dopo un attimo, scosse la testa rispondendo di no. Fletus, allora, si sporse verso di lei, sorridente.

"Allora non se ne vergogni. E glielo dica, una volta o l'altra. Continuare a trattarvi come due persone legate da un patto, costrette a vivere assieme, quando è evidente, almeno ai miei occhi, che state cominciando ad affezionarvi... non credo faccia bene a nessuno dei due."

E questa volta, il cervello di Hermione funzionò alla perfezione, e capì al volo le parole del giornalista.

AUTORE: Ed eccoci qua al nostro appuntamento, gente! Anche se oberato da impegni di studio/lavoro, non vi lascio da soli... continua la storia, e ci avviciniamo alla parte più romantica. Preparate fazzoletti e sospiri, e intanto... BUONA PASQUA!
DRACO: Però adesso mi spieghi cos'è che si festeggia, vero?
AUTORE (occhi al cielo): Va bene...

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Capitolo 15
*** Eredità ***


DRACO: Adesso comincia la parte dove devo essere gentile e coccoloso, vero?
HERM: Non dirmi che la cosa ti dà ancora fastidio!
DRACO: Da morire! Io non sono gentile e coccoloso! (occhiata ironica da parte di Herm) Ok, qualche volta sì, ma...
FLETUS: Tranquillo, biondo, con me non corri il rischio di diventare un Gary Stu. La mia immaginazione non va decisamente da quella parte. E ora, AZIONE!!!

CAP. 15:

EREDITA'


Più si addentravano in quel dedalo oscuro e intricato di viuzze che si chiamava Nocturn Alley, su cui inquietanti si stagliavano i muri delle case e dei negozi, più sembrava che il calore del loro sangue diminuisse. I pochi lampioni che si vedevano per la strada emanavano una luce pallida ed esangue, nella tenebra che si ostinava a restare impenetrabile. Anche con la sua pelliccia da ermellino, Fletus Chattongue tremava, tentando di scacciare quell’aria sempre più gelida che gli penetrava nelle ossa.

Anthony Goldstein, ex Corvonero, ex membro dell’ES, era scomparso il giorno prima, e nessuno aveva idea di dove fosse finito. Dopo il lavoro, era andato come al solito a bersi una Burrobirra al Paiolo Magico con gli amici, poi li aveva salutati dicendo loro che doveva andare dalla fidanzata, Padma Patil. Non era mai arrivato a quell’appuntamento.

Non appena l’aveva letto sulla Gazzetta, Draco aveva riconosciuto che quella era la notizia a cui il Mangiamorte gli aveva detto di stare attento: un altro membro dell’ES, un altro amico di Potter, colpito da una disgrazia dopo Thomas e Finnigan.

Sia Hermione sia Fletus erano stati d’accordo sul fatto che Draco non si sarebbe recato all’appuntamento da solo. Non credevano che il Mangiamorte volesse attaccarlo in qualche modo, ma per un futuro processo di revisione della condanna era utile fornire alla corte i ricordi di qualcuno che fosse insospettabile. Hermione era stata assai riluttante ad acconsentire che fosse Fletus ad accompagnarlo, ma aveva dovuto riconoscere che era la scelta migliore: trasformato in ermellino, il giornalista avrebbe potuto passare tranquillamente inosservato.

Le riflessioni di Fletus furono bruscamente interrotte dalla mano di Draco, che tolse l’ermellino dalla spalla e lo ficcò nella tasca del mantello. “Senza offesa, ma se trema mi dà fastidio al collo.”

Avrebbe anche potuto crederci, Fletus Chattongue, se non si fosse subito accorto che dentro la tasca poteva starsene bello bello al calduccio, protetto dalla soffice lana nera dell’indumento. Alzò gli occhi al cielo (per quanto glielo consentiva il suo muso) pensando a quanto ancora il Purosangue si vergognasse di questi semplici gesti di altruismo.

Un campanile in lontananza suonò le undici di sera. Erano in perfetto orario, di fronte a Magie Sinister. Gli oggetti esposti nella vetrina, tutti prodotti avanzati per le Arti Oscure, sembravano aspettare un cliente come tanti predatori in agguato, mentre l’insegna a caratteri gotici torreggiava sui due, un’inquietante promessa. Fletus sentì Draco prendere un profondo respiro, prima di aprire la porta.

Come uno spettro, Sinister uscì fuori da dietro il bancone, con il suo sorriso a trentadue denti di un bianco innaturale, e gli unti capelli grigiastri che gli ricadevano sulla faccia. “Signor Malfoy… è un piacere rivederla.”

“Vorrei poter dire lo stesso, signor Sinister. Se non sbaglio, lei ha qualcosa da darmi…”

“Ma certo.” Come uscita dal nulla, nella mano sinistra del negoziante comparve una fiala. La tenue luce dei lampioni ne rischiarò il contenuto, che sembrava avere la consistenza di un gas ma la capacità di muoversi di un liquido, ed emanava un pallido e malato bagliore biancastro. Draco e Fletus lo riconobbero subito per quello che era: un ricordo.

Sinister lo appoggiò sul bancone, poi trafficò un po’ dietro il mobile e ne tirò fuori un oggetto. Fletus sentì Draco trattenere il fiato quando lo vide. Era un Pensatoio, ornato ai bordi di raffinate sculture incise nella pietra, colorate di verde e d’argento. Al centro di esso, si stagliava uno stemma in cui un serpente avvolgeva un leone ruggente.

“Il suo Pensatoio di famiglia, signor Malfoy. Mi hanno detto che le potrebbe essere utile, fra poco.” Il volto di Sinister in quel momento era disgustoso, deformato da una smorfia di malvagia ironia, e Fletus desiderò con tutto il cuore di poterlo Schiantare, se non altro per calmare Draco: il Purosangue tremava come una foglia, e forse non solo per il freddo.

Pure, Draco Malfoy si fece forza, con un gesto brusco, prese la fiala e se la infilò in tasca (la stessa dove stava Fletus, che si ritrovò così improvvisamente schiacciato); poi, con più reverenza, prese il bacile sorreggendolo con entrambe le mani. In fretta, uscì dal negozio e si Smaterializzò, cercando di non dare l’impressione di stare fuggendo.

***

Turbati, i tre videro il ricordo confondersi con il liquido del Pensatoio, lasciando un sottile striscia grigiastra alla superficie. Nel momento in cui si confuse completamente, il liquido nel bacile si illuminò di una sinistra luce verdognola, che illuminò i loro volti.

Fletus fu il primo a recuperare il coraggio necessario. Allungò la mano e con un gesto deciso la immerse nel liquido.

Immediatamente la cucina della casa di Hermione si allungò, diventando un grande salone rovinato dal tempo e dall’incuria, immerso nella più tenebrosa oscurità. Doveva essere stato, un tempo, un grande salone delle feste, ma era ormai abbandonato da anni. Non era questo però che gli aveva dato quella subitanea sensazione di paura: quella stanza era intrisa diqualcosa, una presenza ostile che gravava sui suoi nervi, facendogli venire voglia di scappare con tutta la velocità delle proprie gambe.

“E’… è la stanza del mio sogno” balbettò Draco, comparso accanto a lui. Il Purosangue era scosso dai brividi, e un freddo sudore gli imperlava la fronte. Fletus vide Hermione prendergli la mano, cercando di confortarlo.

Fu lei a vederlo. Anthony Goldstein era disteso nel bel mezzo della sala, apparentemente illeso. Fecero per avvicinarsi, ma si bloccarono quando lo videro riprendere conoscenza, rialzarsi e guardarsi intorno, spaesato. Lo sentirono urlare chiedendo spiegazioni, mentre nei suoi occhi la preoccupazione faceva posto alla paura.

Ma nulla di tutto questo li preparò a ciò che sarebbe venuto dopo. Fra le mattonelle comparvero degli strani fumi verdastri, che iniziarono a strisciare  lungo le gambe dell’ex Corvonero, che cercò freneticamente di scrollarseli di dosso. Tutto inutile: i fumi avvolsero ogni centimetro del suo corpo, stringendolo, avviluppandolo in una morsa impossibile da sciogliere. E quando l’ebbero avvolto del tutto, il pavimento d’un tratto sembrò animarsi e iniziare a inghiottirlo, risucchiandolo all’interno. Goldstein urlava per il dolore e la disperazione, tentando vanamente di liberarsi: ma più si sforzava, più i fumi lo stringevano. Attorno a lui, tutta la sala sembrò ridere della risata affamata e compiaciuta di un predatore.

Le urla di Goldstein stavano ormai finendo quando un unico, possente, disperato grido di dolore proruppe dal petto e dalla bocca di Draco, che scattò all’indietro uscendo dal ricordo e cadde lungo disteso sul pavimento della cucina. Risvegliati dalla trance quasi ipnotica del ricordo, Hermione e Fletus si affrettarono anche loro a tornare nel mondo reale. Che però non era molto meglio.

Draco Malfoy, disteso supino, si stava contorcendo per terra, urlando con tutta la forza che aveva nei polmoni, le lacrime che gli bagnavano le guance, le mani che stringevano spasmodicamente i capelli biondi. Fletus tentò di afferrarlo, ma si beccò un calcio allo stomaco che lo fece piegare in due; Hermione non ebbe maggior fortuna, e per poco non fece cadere a terra il Pensatoio andando a sbattere contro il tavolo.

Ma non si arrese: con tutte le sue forze, tornò ad avventarsi su Draco che continuava a divincolarsi e, lottando strenuamente, riuscì infine ad togliergli le mani dalla testa e a prenderla tra le sue. “Draco!” lo chiamò poi. “Calmati, è finita! Sono qui! Mi senti? Sono io, sono Hermione! Calmati!”

Le sue parole sembrarono avere effetto… perlomeno, smise di contorcersi. Ma nei suoi occhi, restavano un dolore e una paura di fronte alla quale Hermione istintivamente si ritrasse. “Uno sguardo così pieno di pena, che sembrava un uomo uscito dall’inferno per raccontarne gli orrori”: quella battuta dell’Amleto le venne subito alla mente.

Fu quasi sollevata quando vide quello sguardo appannarsi e poi spegnersi del tutto.

***

Aprì gli occhi alla luce del sole che entrava dalla finestra, e ne fu quasi abbagliato, dopo l’oscurità da cui usciva. Doveva essere mattina, ormai. Evidentemente era rimasto in quello stato, perso nel buio, tutta la notte, dopo che il ricordo aveva infranto in un solo colpo la barriera fra ciò che ricordava e ciò che gli era stato fatto dimenticare.

Cercando di scacciare simili pensieri, per non farsi riprendere dalla paura, voltò la testa… e per poco non andò a sbattere contro il suo viso. Aveva sentito fin da subito, dopo aver ripreso i sensi, che qualcosa era appoggiato sul suo petto e che il posto dove stava sdraiato era molto più comodo del suo divano, ma solo ora si rese pienamente conto di essere nel suo letto, e che lei in persona gli era sdraiata accanto. Gli teneva il braccio sinistro appoggiato sul petto e il destro dietro la testa, così da tenerla appoggiata contro la sua spalla. I loro visi erano vicinissimi. Lei dormiva pacificamente, un mezzo sorriso che le illuminava il volto circondato dai capelli ramati.

Mi ha portato qui e mi ha dormito accanto… mi ha tenuto stretto.

Draco Malfoy non riusciva a credere a quello che stava vedendo o pensando. Ricordò che la sera prima aveva tentato di calmarlo, e che era sua la voce che l’aveva incitato ad andare avanti. Lei, sempre lei…

E d’un tratto, tutti i dubbi e le esitazioni che avevano popolato le riflessioni notturne di Draco scomparvero, e un’ondata di calore gli percorse il petto, mentre realizzava che le voleva bene. Non le era semplicemente grato (cosa che gli era costata fatica da ammettere), no: era proprio affetto quello che sentiva nei suoi confronti, un affetto derivante dal puro fatto che lei era lì, lì per lui e nessun altro.

Come scottato, recuperò l’uso di gambe e braccia e saltò giù dal letto, il cuore che batteva a mille e il cervello che ci faceva a pugni.

Draco, ma sei impazzito? Passi che è una Mezzosangue, questo lo possiamo anche superare, ma è la Granger! La Granger, ricordi? “L’hai tormentata per sette anni, l’hai invidiata, l’hai odiata… è l’amica di Potter, una delle persone colpevoli del tuo inferno… le hai augurato di morire al secondo anno, ricordi? No, non è possibile che tu le voglia bene… adesso ti calmi, riprendi la concentrazione e…”

“Buongiorno anche a te.”

No. Merlino, no. Dimmi che non ho parlato da solo ad alta voce. Ma a giudicare dallo sguardo di Hermione, era evidente che le brutte abitudini non si perdono mai del tutto. Non c'era rabbia, solo una tranquilla, quieta delusione, il riconoscimento di un dato di fatto innegabile. Le parole che disse confermarono questa impressione.

“Vado a svegliare Fletus. Ha dormito lui sul divano stanotte, in caso di bisogno.” Erano parole dette con una cortesia raggelante, senza espressione, senza colore. Come una perfetta estranea. Era ufficiale: l'aveva offesa.

Il cervello di Draco spense ogni altra funzione che non fosse quella di rimettere a posto le cose. Con uno scatto felino, corse alla porta della stanza, la chiuse e prima che Hermione cominciasse a protestare aprì la bocca e diede fiato alla voce, cercando di sommergerla con le parole.

“Sei una Mezzosangue seccante, petulante, indecisa di te a torto perché sei una bomba, una precisina e una testarda, ma per Salazar, ti voglio bene! Voglio bene a quel cervello che c'è dietro a quei capelli, che potrebbe conquistare il mondo, anche se evidentemente non funziona, visto che hai avuto bisogno di me per tornare in pista! Sto bene con te, non sto così bene da tanto, e mi piacciono i film che mi fai guardare anche se non li capisco, le canzoni che mi fai ascoltare, i libri che mi fai leggere... e mi piace il caffè che prepari la mattina, e... e per la miseria, non voglio perderti proprio adesso! Non ce la faccio da solo ad affrontare quello che mi sta succedendo, e tu sei l'unica persona che è andata oltre il mio nome, senza di te io ora sarei in mezzo a una strada o peggio, perciò... ti voglio bene, ecco! Come non ne ho mai voluto in vita mia, forse solo a mia madre! Ok?” sbottò alla fine, rimanendo senza fiato. I dieci secondi di silenzio che seguirono furono i peggiori della vita di Draco.

Poi, lei rise, e con quella risata qualcosa sembrò scattare in Draco, che si ritrovò a ridere anche lui fino alle lacrime, mentre d'improvviso pensava a quanto era stato ridicolo... ma anche a come adesso si sentiva sollevato, libero da numerosi vincoli che avevano pesato su di lui per anni.

“Ridimmelo” disse poi, calmatasi. “Dimmi: Ti voglio bene, Hermione.

E lui, come se fosse la cosa più naturale del mondo, lo disse... anche se incespicò un po' sul nome, perché non l'aveva mai pronunciato prima d'ora.

“Ti voglio bene anch'io, Draco. E mi dispiace se ho reagito così male, visto che anch'io non ci credo, e anch'io mi sono andata ripetendo tutte le cose che hai detto tu.”

“Che cosa?” esplose lui. “Ma brutta...”

“Sì, sì, lo so, brutta Mezzosangue indegna, bla bla bla... che ne dici se saltiamo questa parte e scendiamo per la colazione? Avremo tutta la giornata per riprendere il discorso, anche perché ha bisogno di correzioni.”

“Ah, no!” esclamò lui bloccandola. “Non sperare di svignartela così, sai! Adesso voglio sentire cos'hai da dire tu.” Lo fissò per qualche minuto prima di rispondere, poi sfoderò il suo miglior sorriso.

“Ti voglio bene perché sei molto meglio di come appari, anche se ti vergogni ad ammetterlo, e anche perché in tal modo posso scoprirlo da me e la cosa mi piace. Ti voglio bene perché adesso, grazie ai tuoi modi da serpe, sono di nuovo sicura di me, e non ho più paura di proseguire per la mia strada. Ti voglio bene perché fai uscire la mia parte oscura senza farmi star male, anzi facendomi sentire leggera quand'è uscita fuori. E per finire, ti voglio bene perché mi fai sentire importante e speciale, come non mi sentivo da molto tempo.”

A quel punto, Draco non riuscì a trattenere l'urgenza che avvertì improvvisamente di abbracciarla. Aveva un disperato bisogno di sentire che la persona che gli aveva appena parlato così non era frutto della sua immaginazione.

***

Svegliarono Fletus e fecero colazione assieme. Solo quando ebbero finito, Hermione gli chiese se se la sentiva di raccontare cosa gli era accaduto. Draco fece un grosso respiro, prima di iniziare.

“Ho riconosciuto quella sala appena l'ho vista. Ma è stata la maniera in cui è morto Goldstein a provocarmi quella crisi. Ho già visto degli uomini morire in quel modo... e adesso so anche quando.

Ero lì quattro anni fa. E non ero solo, c'erano altre persone con me... Mangiamorte. Volevano compiere... non lo so, non ricordo di preciso, una specie di rito per... far tornare Voi-Sapete-Chi, credo. Ricordo che... qualcuno ha versato del sangue per terra, dovevano avere ucciso un paio di Babbani per procurarselo...”

“Sangue, hai detto?” esclamò Hermione. “Fletus, come sono morti Seamus e Dean?”

Il giornalista richiamò alla mente tutto quello che sapeva su quell'omicidio... e capì. “Dissanguati.” Nessuno dei tre ebbe il coraggio di fare congetture su questo nuovo fatto. Hermione, anzi, invitò Draco a proseguire.

“Ricordo che il rito è fallito, anche se mi pare non del tutto, e... non saprei dirvi perché, ma ogni volta che ci penso ho la sensazione di avere un po' di responsabilità in questo. Ricordo la paura... il terrore... loro che scappavano di qua e di là... Goyle... il padre di Gregory... inghiottito dal muro, e... Nott Senior... dal pavimento, di fronte a me... e c'era Dolochov che scappava urlando, e... e Greyback, e...”

Hermione protettiva gli mise una mano sulla spalla, fermando il flusso dei ricordi, e lo sgomento e la paura sui lineamenti del suo viso. “Dicci solo se anche tuo padre è morto in quella maniera. Non è necessario che ricordi altro.”

Draco scosse la testa facendo segno di no. “No, sono sicuro di no, anche se non so perché. Però sento... che la sua morte è collegata a questo, perché... me lo ricordo che piange, dicendo di volermi bene, e nel farlo io... io mi sento... in colpa.”

“Ssshtt... va bene, basta così” disse Hermione sedendoglisi in grembo e facendogli chinare la testa sul proprio petto, come aveva fatto nel suo letto. “Non ti chiederò altro per oggi, hai già fatto abbastanza. Domani vado a Hogwarts a consultare la Sezione Proibita, e poi vedremo cosa fare. Fletus” chiese poi rivolgendosi al giornalista “il tuo amico al dipartimento Auror può procurarci le informazioni su ex Mangiamorte e simili?”

Fletus prese un grosso sospiro prima di rispondere di sì. Era preoccupato, ma non solo per Draco ed Hermione. Doveva assolutamente fare due chiacchiere con l'Auror, perché la situazione stava diventando ormai troppo grossa per essere gestita in segreto.

DRACO (a Fletus): Mi hai fatto quasi morire di paura! Ma si può sapere cos'hai in quella testa?
FLETUS: Ma possibile che non ti vada mai bene niente? Spero almeno che apprezzerai la new entry del prossimo capitolo!
DRACO (dopo un attimo di silenzio): Dimmi che non è Zabini.
FLETUS: Non è Zabini.
HERM (mentre Draco, dopo un'occhiata dubbiosa a Fletus, si allontana): Ma veramente non è Zabini?
FLETUS: Sì, ma non dirglielo. Voglio che si maceri un po' nell'incertezza...

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Capitolo 16
*** Un amico ritrovato ***


DRACO (entrando nel set, vede il nuovo arrivato e resta basito): F-F-F-Fletus...
AUTORE (con un sorriso malandrino): Sìììì?
DRACO: Ho le allucinazioni o quello è...
AUTORE: Sì, sì, è lui, è lui. Ehi, ma hai gli occhi lucidi?
DRACO: No, no, mi è solo andato un bruscolino nell'occhio... Giriamo che è meglio...


CAP. 16:

UN AMICO RITROVATO


Aveva trovato quello che cercava, e ne era spaventata. Non riusciva a credere che le Arti Oscure potessero arrivare a un simile livello, e nemmeno che ci potesse essere qualcuno così desideroso di potere da compiere quel rito. La sola idea che i Mangiamorte avessero potuto anche solo pensare di fare una simile operazione la riempiva d’orrore. Non aveva la certezza che fosse proprio quello il rito che, nell’oscurità della sua memoria perduta, Draco confusamente ricordava, ma i dettagli coincidevano troppo. Il sangue, la stanza dove la persona doveva aver vissuto, l’offerta di un corpo, tutto somigliava ai ricordi del Purosangue.

In fretta, cominciò a scrivere sul proprio block notes appunti quanto più precisi possibile delle sue scoperte. Non aveva intenzione di chiedere in prestito quel libro. La McGranitt si era già dimostrata fin troppo disponibile con lei, credendo che stesse collaborando con Harry a un caso importante.

Era immersa nella stesura degli appunti, quando un colpetto di tosse la interruppe. Sollevò gli occhi: era Fletus.

“Fletus! Come mai qui?”

“Ecco, devo… farle una confessione.”

Quella parola, e il tono della voce del giornalista, risvegliarono in un istante il suo senso di allerta. I suoi occhi si assottigliarono pericolosamente, fissando il sempre più imbarazzato giornalista, che si era seduto e cercava di non ricambiare lo sguardo.

“Quale confessione, Fletus?” La voce era tagliente, e Fletus deglutì sonoramente prima di parlare.

“Quando ci siamo incontrati, io… ecco… stavo già indagando sul caso di Malfoy.”

“E allora?” chiese lei, confusa. “Me l’aveva detto che si occupava di LeSerp…”

“No, non ha capito. Io stavo già cercando Draco Malfoy… per conto di un Auror.”

La parola Auror la risvegliò di colpo. “Mi sta dicendo che ha collaborato con un Auror tutto questo tempo? E non ce l’ha detto?” Non fosse stata in biblioteca, gli avrebbe urlato in faccia. Fletus si fece piccolo piccolo, cercando di farsi travolgere il meno possibile dalla sua rabbia.

“Ci collaboravo già prima di incontrare voi! Quando ho saputo che Malfoy era stato condannato, mi sono presentato all’ufficio Auror portando le prove che era innocente, e un Auror mi ha creduto. Insieme, abbiamo deciso di scagionarlo, in segreto perché era già stato condannato, e lo stiamo ancora facendo! Sì, gli ho detto tutto quello che abbiamo scoperto assieme, ma…”

“Quindi lei sapeva già che la Parkinson non ricordava nulla quando ci siamo incontrati? E sapeva anche di Riddle Manor?”

“Sì e no. Avevo già parlato con la Parkinson, ma non sapevo di Riddle Manor.”

Fletus Chattongue avrebbe dovuto ringraziare tutti i Santi del Paradiso, perché se avesse potuto Hermione avrebbe cominciato a prenderlo a pugni. Invece, dal momento che non poteva fare una simile scenata in quel luogo, la ragazza si costrinse a calmarsi, e si risedette. La rabbia però rimase nei fiammeggianti occhi color nocciola, che non persero di vista neanche per un attimo il povero giornalista.

“E perché me lo sta dicendo?”

“Perché questo pomeriggio lui verrà a farvi visita. Il caso di Riddle Manor è top secret, attireremmo l’attenzione se io e lei cominciassimo ad andare in giro a farci sopra delle domande. Un Auror potrebbe muoversi meglio.”

Hermione prese un grosso respiro, si portò le mani alle tempie e rifletté. Fletus non aveva torto, anzi il suo era un ragionamento sensato. Ma proprio non le andava giù che il giornalista le avesse mentito… per quanto, a pensarci bene, Fletus non aveva lavorato contro di loro, altrimenti Draco sarebbe già stato ad Azkaban. Aveva avuto ragione, il Purosangue, a non fidarsi completamente, anche se per i motivi sbagliati, e lei non avrebbe voluto essere nei panni di Fletus quando l’avrebbe saputo. E poi, con un terzo uomo a conoscenza del suo indirizzo, il suo isolamento era sempre più compromesso. Ma ormai, che alternative aveva?

“Mi dica solo una cosa, Fletus. Mi assicuri che quell’Auror non è Harry.”

“No, non è il signor Potter.” Un problema in meno, pensò Hermione sollevata.

“D’accordo, Fletus. Dica a quell’Auror che lo attendo. Ma mi faccia un favore…” e qui assottigliò la voce fino a renderla un tenue e minaccioso sussurro. “Se ne vada. Adesso.”

***

Fletus Chattongue era un uomo morto. Doveva solo decidere come ammazzarlo, se con una pietosa e veloce Avada Kedavra o con una più elaborata Cruciatus. In ogni caso, non l’avrebbe scampata, non dopo aver lavorato alle loro spalle per tutto quel tempo, parola di Draco Lucius Malfoy.

Erano quasi arrivate le quattro, l’ora in cui, a sentire Fletus, lui e l’Auror avrebbero dovuto venire a far loro visita. Aspettava quell'ora scarabocchiando le note di una nuova canzone sul suo quaderno rosso, apparentemente calmo. I suoi occhi mortalmente gelidi, però, non si staccavano dalle lancette dell’orologio che batteva gli ultimi secondi di vita del giornalista.

Alle quattro in punto, udirono il crack di una Materializzazione, seguito da una seconda. Pochi secondi dopo, il campanello suonò.

Draco non ritenne opportuno alzarsi. L’Auror poteva tranquillamente venirlo a cercare, non c’era bisogno che si scomodasse lui. Se ne stette sulla poltrona ad ascoltare il rumore della porta che veniva aperta.

“Ciao, Granger. E’ bello rivederti.”

La penna con cui stava scrivendo tracciò un lungo tratto sulla pagina bianca, quando la mano, fino a quel momento calma, fece un brusco movimento di sorpresa. Conosceva quella voce, anche se era divenuta meno impastata, più chiara e sciolta. Depose il quaderno, si alzò dalla poltrona e si affacciò cautamente per vedere chi era arrivato.

“Guarda che ti ho visto, sai, capo?” fece l’Auror rivolgendogli la parola. “Su, vieni fuori. Non è dignitoso che un Malfoy si nasconda.” Draco obbedì all’invito, con il cuore che batteva furiosamente e la testa che sembrava incapace di articolare un pensiero compiuto. Ci vollero parecchi secondi perché la lingua riuscisse a pronunciare una parola.

“G… G… Gr-Gr-Gre… Gregory?”

E non ebbe il tempo di dire altro, prima che un metro e novanta di muscoli lo stringesse a sé in un poderoso abbraccio che per poco non gli spezzò la schiena.

“Scusa, capo, non ho ancora imparato a padroneggiare la mia forza” fece Gregory Goyle, lasciandolo andare. “Adesso, però, sono veramente muscoli. Un tempo era per lo più del lardo, ti ricordi?”

Non avrebbe potuto rispondere alla domanda neanche volendo, perché il suo cervello sembrava improvvisamente incapace di connettere.

“Credo fareste meglio ad accomodarvi.” La voce della Mezzosangue interruppe il filo dei suoi pensieri, mentre faceva strada all’Auror nel salotto.

Fu su richiesta di lei (Draco, infatti, non riusciva ancora a spiccicare parola, e Fletus se ne guardava bene) che Gregory Goyle, apprendista Auror senza incarichi speciali da un anno e mezzo, raccontò come era riuscito a ottenere quel posto.

“Tutti noi Serpeverde dell’ultimo anno eravamo convinti, alla fine della guerra, che saremmo finiti ad Azkaban, visto come ci eravamo comportati sotto i Carrow. Ma Shacklebolt deve aver evidenemente pensato che alcuni di noi avessero agito più per paura che per vera malvagità, e così, dopo un attento esame delle nostre azioni, invece di sbatterci in galera, ci ha spediti quasi tutti, in massa, in un centro di rieducazione. A parte Nott e Zabini, ovviamente, che immagino avranno speso l’ira di Salazar per evitarlo…
I primi tempi non sono stati una passeggiata per me. Mi sentivo veramente male. A nessuno fa piacere vedere quanto si possa essere cattivi, e con i Carrow io ero stato una vera carogna. Per paura, sì, ma questo non mi giustificava. E peggio di tutto, ero solo. Vincent era morto in quella maniera orribile, tu eri sparito. Con gli altri non avevo mai avuto grandi rapporti, perché tutti mi consideravano solo il tuo gorilla.
Non oso pensare cosa sarei potuto diventare se non avessi incontrato Rodrick Breakmount, uno degli Auror che gestivano il centro di rieducazione. Mi ha preso sotto la sua protezione, perché anche lui, da ragazzo, veniva considerato un bruto senza cervello. Grazie a lui, sono riuscito a venire a patti con quello che avevo fatto… un po’ di più, se non altro.
Sempre a lui ho confidato che ho sempre desiderato essere un Auror, ma che non mi ero mai sentito all’altezza. Lui, invece, mi ha spronato a tentare comunque. Neanche lui eccelleva a scuola, ma ha voluto dimostrare che si poteva fare una buona carriera anche senza essere dei geni, e ce l'aveva fatta. Non c’era quindi nessun motivo per cui non dovessi farcela anch’io. Così, ci ho provato, e… eccomi qui.”

“E… e come… mai ti sei interessato a me?” Draco finalmente ritrovò la parola, e il coraggio per porre la domanda che gli prudeva sulla lingua già da un po’. Dopotutto, anche lui l'aveva considerato un bestione senza cervello, e l'aveva maltrattato spesso e volentieri. Gli sembrava perciò assurdo averlo lì, seduto sul divano della casa della Granger, che gli parlava della sua carriera da Auror dopo averlo abbracciato.

Gregory lo guardò per un momento prima di rispondere. “Credo tu possa capirmi, capo, se ti dico che sto provando a chiudere i conti con il passato. Non ho dimenticato nulla della guerra, né dei Carrow. Però ho imparato da Breakmount che la mia vita non è finita lì, e che dovevo provare ad andare avanti.
Tu e Vincent siete stati quanto di più vicino a un amico ho avuto. Per sette anni, abbiamo condiviso ogni giornata, dal nostro primo incontro sul treno, quando io e Vincent abbiamo provato a fare i gradassi solo per imitare te, a quel maledetto sesto anno, quando sei venuto a chiederci aiuto. Di’ la verità, ti sei rivolto a noi perché sapevi di poterti fidare, vero?” Draco arrossì al ricordo: era proprio così.
"Quando ho saputo che eri tornato, volevo incontrati, sul serio, ma me ne è mancato il coraggio. Insomma… io stavo bene, ero ben sistemato, avevo una vita, mentre tu stavi male, lo si vedeva da come avevi risposto a Fletus nell’intervista. Quando sei stato arrestato, poi, ho avuto veramente paura... paura di te. Non avevo prove per non giudicarti un assassino, e il pensiero che tu, la persona che più di tutti ho sempre ammirato, ti fossi ridotto così mi faceva stare male. Poi, è arrivato Fletus, con le prove che sei innocente, e l’hanno mandato via. Nessuno gli ha voluto credere: sei stato troppo bravo a dividere le tue due personalità. Però era comunque riuscito a mettermi la pulce nell’orecchio, così ho provato a verificare. E quando ho capito che aveva ragione, be’… non ho avuto dubbi su cosa fare.”

Lacrime traditrici scorsero giù dagli occhi di Draco, prima che le potesse fermare, mentre Gregory, alzatosi dal divano, gli andava incontro e gli si inginocchiava davanti, per guardarlo negli occhi.

“Lascia che ti aiuti, capo. E non dire che non te lo meriti, perché non è questo il punto. Abbiamo sempre fatto i cattivi, senza renderci conto di cosa comportava, e questo ci ha quasi distrutto. Ma io ne sono uscito, e… voglio che tu condivida quest’esperienza con me, come ai vecchi tempi.”

Fletus sentì Hermione soffiarsi il naso. La comprendeva benissimo, perché anche lui aveva gli occhi lucidi. Però Draco li batteva tutti, perché in quel momento le sue guance erano il letto di un fiume in piena. Il cuore continuava a battere a mille, mentre un ignoto senso di calore, partito dal petto, gli invadeva via via tutto il corpo. Non era lo stesso tipo di calore che sentiva in compagnia di Hermione, era qualcosa di sensibilmente diverso, ma che lo faceva stare ugualmente bene.

Il suo primo impulso fu di schermirsi, di dire che non aveva bisogno del suo aiuto, di tirare fuori la sua autosufficienza. Ma quello che infine, dopo cinque minuti di silenzio e lacrime, uscì dalle sue labbra, furono tre parole sensibilmente diverse:

“Grazie, amico mio.”

***

I due amici parlarono a lungo, ma per lo più fu Gregory a raccontare: del corso, di Breakmount, dei nuovi amici che si era fatto, della sua ragazza (e non perse occasione di chiedere a Draco qualche consiglio in merito), del suo lavoro. Draco ascoltava, un sorriso solare stampato in faccia, e rideva spesso, imitato da Hermione, che ben presto trovò simpaticissimo questo nuovo Goyle. Gregory colse anche l’occasione di scusarsi per gli insulti che le aveva rivolto a scuola, che lei liquidò in fretta.

Fu solo una buona mezz’ora dopo cena che Hermione ritenne opportuno parlare a Draco, Gregory e Fletus di quello che aveva scoperto.

“Si tratta di un antico rito medievale, per riportare in vita l’anima di uno morto da poco. Bisogna uccidere due persone, versarne il sangue a terra e, tracciando con essa una specie di cerchio, evocare Ramiel, l’Angelo che sigilla le tombe. Una volta che lo si sia evocato, bisogna che qualcuno gli offra il proprio corpo come ricettacolo per l’anima che lascerà andare. Lo spirito uscirà dal mondo dei morti ed entrerà nel corpo dell’uomo che si è offerto. Però ci vogliono tre giorni perché il rito si compia, e in quei tre giorni il proprietario del corpo può, se lo vuole, espellere l’anima ospite.”

Qualsiasi dubbio avesse potuto avere sulla sua scoperta, svanì come neve al sole quando Draco si alzò in piedi di scatto, per poi restare rigido come un palo, ansimando pesantemente, gli occhi fuori dalle orbite. Gregory ed Hermione si alzarono all’unisono, e assieme riuscirono a calmarlo.

“Credo… sia questo il rito. Mentre… mentre lo descrivevi io ho… rivisto dei dettagli di… di quella sera, e dei miei sogni. Volevano riportare in vita Lui.

“Ma non ce l’hanno fatta” disse Gregory. “Qualcosa deve essere andato storto.”

“Però un qualche effetto il rito deve averlo avuto” notò Fletus. “Altrimenti Riddle Manor non sarebbe maledetta.”

“E’ tempo di scoprirlo, allora” fece Hermione combattiva. “Gregory, gli Auror sono riusciti a sapere chi c’era quella notte?”

“Sì, vi posso fornire la lista e controllare cosa sappiamo di quegli uomini. E c’è un’altra cosa che è possibile fare. I testimoni degli omicidi di Thomas e Finnigan hanno visto Draco entrare e uscire dalle case delle vittime. Ora, noi sappiamo che c’è un modo per diventare un’altra persona…”

“La Polisucco!” esclamarono Draco, Fletus ed Hermione all’unisono. Gregory annuì e continuò.

“Esatto, la Polisucco. Che può essere o comprata o preparata in casa, ma anche in questo caso gli ingredienti devono essere comprati. Si potrebbe andare in giro a chiedere.”

“Perfetto!” approvò Hermione. “E’ un’ottima idea, Gregory!”

“Lusingato della tua approvazione, Granger” le sorrise il gigante. “Mi metterò subito all’opera.”

Era ormai tardi, quindi Gregory e Fletus si mossero per andarsene. Hermione fece per accompagnarli alla porta, ma Draco li trascinò entrambi verso l’uscita prima che potesse muoversi. Doveva assolutamente sistemare una questione con quei due.

“Fletus.” Il giornalista abbozzò un sorriso nervoso quando lo interpellò. “Se lei non mi avesse fatto ritrovare un amico, io l’avrei ammazzata. Ma visto come sono andate le cose, credo che potrà farsi perdonare in altra maniera.”

“Come?”

“Questo sabato c’è la puntata dell’Oracolo dove Hermione è ospite, e io ho un certo progetto per cui ho bisogno di aiuto…”

*** 

Quando Gregory finì il suo rapporto, l’Auror annuì soddisfatto. “Perfetto, Greg. Adesso vai pure, ci aspettano giorni di lavoro. Ah, un’ultima cosa: come ti sono sembrati i rapporti fra… quei due?”

Gregory sorrise, di fronte alla preoccupazione del suo superiore e amico. “Direi molto ben sviluppati.”

L’Auror sbuffò, desiderando non per la prima volta che la faccenda non prendesse la piega che purtroppo sembrava prendere.

“Non mi sembra così tragica la questione” si intromise Gregory. “Pensavo di aver dimostrato che siamo recuperabili.”

“Ti spiace se ne parliamo un’altra volta?”

“Ok. Comunque, grazie per avermi coinvolto.”

“Di nulla, Greg. Di nulla.”

AUTORE (notando Herm sola): Quei due ti hanno lasciato sola per una rimpatriata tra maschi?
HERM: Già... Draco è felice come un bambino a Natale, non ha mai sopportato Zabini e Nott. Io devo ancora capire come hanno fatto quei due a diventare personaggi preferiti delle Dramioniste.
AUTORE: Me lo sono sempre chiesto anch'io. Va be', seratina solamente noi due?
HERM: Pizza e cinema? Perché no? Mi devo ancora vendicare con Draco per Luna...

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Capitolo 17
*** La Chimera ***


HERM (si presenta vestita benissimo, è davvero sexy): Come sto?
AUTORE (dopo una lunga occhiata): Aspetta che recupero il labbro inferiore, mi è caduto sul pavimento, poi ti rispondo...
HERM: Uno dei tanti regali di Draco in questi lunghi anni di collaborazione. Mi è sembrato indicato per l'occasione.
AUTORE: Senti, giriamo, eh, prima che mi prenda un infarto...

CAP. 17:

LA CHIMERA

Brividi su tutta la pelle. Nervosismo nell’aria, così fitto da potersi tagliare col coltello. Il panico che minacciava di sommergerla. Fra cinque minuti, quando quella porta si sarebbe aperta, avrebbe dovuto affrontare la prova più difficile della sua vita. Respirò a fondo, cercando di calmarsi, e il pensiero le corse spontaneamente a quei due occhi grigi sempre così tranquilli. Si concentrò su di essi, lasciando fuori tutto il resto, permettendo al ricordo di agire sul suo cervello ansioso. Per un attimo, riuscì persino a risentire la sua voce, fredda e accogliente.

Mi raccomando, Mezzosangue: grinta da leonessa e modi da serpe. Non deludermi.

In quel momento, la luce verde si accese sopra di lei. Hermione Granger prese un grosso respiro e attraversò decisa la porta che conduceva allo studio dell’Oracolo. 

Fu accolta da uno scrosciante applauso, più caloroso di quanto si aspettasse, e anche da qualche fischio di ammirazione che la fece arrossire. Era in effetti molto bella, con la camicia e la giacchetta rossa leggermente aperta sul collo, la corta gonna rossa che lasciava scoperte le gambe e le calze, sul viso una leggera ombra di trucco. Un altro insegnamento della Serpe: Più sarai bella, più gli altri avranno soggezione di te, e più tu avrai fiducia.
Sorrise al pubblico, alzando la mano per fare qualche saluto. Fletus Chattongue, in prima fila accanto a Luna Lovegood, le elargì un sorriso d’incoraggiamento; Gregory Goyle, qualche fila più indietro, levò in alto i pollici.

“Benvenuta, Hermione. Siamo contenti di rivederla finalmente tra noi.” Il presentatore dello show, Roger Davies, un ex Corvonero che fin dai tempi della scuola si era segnalato per la sua capacità di essere viscido peggio di un Serpeverde, la accolse con un finto sorriso untuoso, che puzzava di falso lontano un miglio. “Credevamo fosse morta senza dirci niente, sarebbe stata una vera mancanza di stile.”
“Sai com’è, Roger” replicò lei, fintamente educata. “Non avrei sopportato di morire senza rivedere la tua faccia. Volevo vedere se la tua testa era migliorata.” Il sorriso di Davies vacillò, mentre tra il pubblico si sentivano delle risatine. Sapevano un po’ tutti che Cho Chang Davies non era esattamente un modello di fedeltà coniugale.

Davies preferì troncare il momento imbarazzante e farla accomodare su una sedia a un lato dell’Oracolo, un tripode di bronzo da cui emanava un inebriante profumo di incenso. Dall’altra parte, era seduto Theodore Nott, elegantissimo come al solito, una smorfia di superiorità in viso. Non le rivolse alcun saluto, semplicemente chinò la testa. Lei, invece, gli elargì un sorriso a denti stretti.

Grinta da leonessa e modi da serpe.

Davies iniziò la sfida facendo parlare Nott. Nel farlo, si inchinò profondamente di fronte all’ex Serpeverde, che tutti sapevano essere uno dei proprietari di quel programma. Nott si alzò e fece un lungo e complesso discorso di cui Hermione non si perse una sillaba. Iniziò ricordando la guerra, come Voldemort avesse ottenuto, nelle sue armate, l’appoggio di numerose creature magiche come i Giganti, e poi si addentrò ancora più indietro, ricordando numerosi fatti di sangue accaduti anche in tempi remoti. Rivangò vecchi pregiudizi contro ogni sorta di creature, dagli elfi domestici ai Threstal, presentandoli in modo che sembrassero dati di fatto incontrovertibili. Parlava sempre con tono tranquillo, pacato, talvolta aggiustandosi la cravatta, come se avesse tutto il tempo del mondo. E qua e là, accennò a lei. Erano frasi brevi, indiscrezioni, che però pesavano, Hermione se ne accorgeva dai sussurri. Lei era una Mezzosangue, e per di più una Nata Babbana, quindi un’estranea che, poverina, non poteva capire come queste cose fossero naturali; in fondo, non lo dimostrava il suo stesso impegno scolastico, e le sue amicizie, quanto lei si sentisse inferiore e fuori posto?

Hermione lo lasciò parlare, cercando di fare come le aveva insegnato Draco: concentrare le orecchie e trattenere il cuore. Quando la interpellava, lei rispondeva educatamente, senza dargli la soddisfazione di apparire arrabbiata o turbata dalle sue insinuazioni. Non che non lo fosse, chiaramente, ma non era quello il momento giusto per lasciarsi andare. E poi, sogghignò tra sé, quanto più in alto Nott avrebbe creduto di andare, tanto più piacevole sarebbe stato tirarlo giù, quel pallone gonfiato.
Nott finì il suo intervento fra gli applausi del pubblico. Davies gli fece i complimenti e Nott si risedette, scoccando ad Hermione un’occhiata di sfida.

Ora toccava a lei. L’adrenalina le scorreva impazzita nelle vene, rendendola viva, facendole pizzicare i nervi di un’esaltazione sconosciuta. Era la sua grande occasione, sua e solo sua. Non era l’aiutante di nessuno, questa volta: combatteva per sé e per nessun altro. Cercò di non sentire la paura di non farcela, l’angoscia del fallimento che attanagliava una parte di lei. Aprì la bocca e iniziò a parlare.

Grinta da leonessa e modi da serpe.

Iniziò con l’umiltà, riconoscendo che sì, era vero, lei capiva poco di un mondo che conosceva da meno tempo del suo avversario. Chiese pertanto scusa del suo ardire, e solo il permesso di porgli qualche domanda. E lì iniziò il divertimento. E’ vero, alcune creature magiche erano pericolose, ma cattive? Nessuno è cattivo se non lo si rende tale, e lo stesso Nott, figlio di un Mangiamorte, avrebbe dovuto saperlo bene. D’altra parte, non era forse vero che Silente si era fidato di un Mezzogigante e di un Lupo Mannaro nella guerra appena conclusa? Certo, Hagrid e Lupin potevano essere, anzi erano stati, eccezioni alla regola. Potevano, però, non essere le uniche.

Grinta da leonessa e modi da serpe.

E poi, Nott non era forse noto per la sua abitudine a scommettere con i folletti? Quegli stessi folletti cui negava poi diritti per non doverli pagare? Per non parlare del suo migliore amico, Blaise Zabini, che a quanto pare si era fatto incantare e derubare da una Veela, e ora viveva a spese di Nott stesso.

Grinta da leonessa e modi da serpe.

Davies a un certo punto la interruppe, in preda all’imbarazzo, mentre Nott, pallido di rabbia, si muoveva a disagio sulla sedia, scoccandole occhiate di fuoco. Ma questa volta fu il pubblico a ribellarsi, a volere che continuasse, guidato da un Fletus Chattongue che si alzò sulla sedia e iniziò a ritmare il suo nome come allo stadio. E lei continuò, concludendo il suo discorso fra gli applausi entusiasti dell’intera platea. Non restavano dubbi, ormai, su chi fosse il vincitore di quell’edizione dell’Oracolo.

Grinta da leonessa e modi da serpe… grazie, furetto! Pensò un’Hermione commossa e orgogliosa, finalmente tornata a essere se stessa.

Per sua fortuna, era ancora euforica quando, sulla strada per uscire dallo studio, si trovò davanti due teste rosse terribilmente familiari.

“Herm!” esclamò Ginny Weasley correndole incontro e saltandole al collo. “Sei stata stupenda!”
Dopo un attimo di imbarazzo, Hermione si ritrovò a sorridere, mentre ricambiava l’abbraccio della sua migliore amica. In fondo, se lo sarebbe dovuta attendere: figurarsi se i suoi vecchi amici avrebbero perso l’occasione di rivederla.

“C-complimenti, Herm. Sei stata fantastica.” Ronald Weasley si era a sua volta fatto avanti, l’imbarazzo stampato su ogni lineamento del suo viso. “Ti… trovo bene.”
“Grazie, Ron.” Nel rivolgersi al suo fidanzato, la voce si fece immediatamente più fredda. Non l’aveva ancora perdonato. “Harry non c’è?” chiese, meravigliata dalla mancanza.
“Purtroppo doveva lavorare” disse Ginny. “Ci ha detto di portarti anche i suoi complimenti. Ma parlaci di te, Herm! Ci manchi, sai?”
“Potremmo andare a bere qualcosa al bar qui vicino” propose Ron, timidamente. “Se non sei stanca.”

Hermione prese in considerazione l’ipotesi. Non poteva negare, che, in fondo, aveva davvero bisogno di parlare con i suoi amici: dal momento che non aveva mai pensato di escluderli dalla sua vita, era inevitabile prima o poi riprendere i contatti. Più di tutto, sentiva il bisogno di chiarirsi con Ron. Tra loro due, non c’era ancora stata, infatti, una vera e ufficiale rottura, e il loro rapporto restava sospeso in un limbo che lei per prima sapeva non poter durare a lungo. Anche perché era l’unico vero scoglio alla ripresa dei rapporti, dal momento che con gli altri non c’erano stati litigi.
Ma in quel momento, non se la sentì di accettare. Andare a parlare con loro avrebbe significato, per lei, raccontare cosa aveva fatto in quel mese di assenza, e quindi inevitabilmente spiegare loro come la sua vita era cambiata, come avesse trovato la forza di andare avanti per una strada in cui loro sarebbero dovuti per forza di cose restare un po’ ai margini. Non era un discorso da affrontare alla leggera, specie con due persone che comunque non voleva perdere.
Pensò quindi a un’altra soluzione.
 

***

"Cioè, fammi capire, avresti invitato la Piattola e la Donnola a uno dei miei show?”
“Ho pensato fosse la cosa migliore da fare. Spero non ti dispiaccia…”
Draco alzò le spalle alla notizia, cercando di sembrare noncurante. “No, no… in fondo è giusto, sono i tuoi amici, no?” Hermione, però, percepì benissimo la nota stonata nella voce del Purosangue.
“Che cosa c’è? Sapevamo tutti e due che prima o poi avrei dovuto parlare con loro, no? Insomma… sono miei amici, non posso semplicemente far finta che non ci sia stato nulla!”
“Non mi sembra di aver detto niente in contrario” puntualizzò lui. “In fondo, qui la scelta è davvero tua. Non posso aiutarti in questo.”
E detto questo, si mosse per andarsene dalla stanza dove stavano parlando. Ma prima che potesse uscire, la mano di lei lo prese per il braccio, costringendolo a voltarsi.
“Ehi, ma che ti succede?”
“Niente, cosa vuoi che mi succeda? Sono contentissimo che tu torni a parlare con gente che mi considera nient’altro che uno sporco Mangiamorte, un assassino che dovrebbe tornare ad Azkaban!”
Fu allora che Hermione capì qual era il problema. “Hai paura di perdermi?”

Draco fu come folgorato da questa domanda. In un lampo, tutta la sua rabbia era sparita, lasciando sul viso solo una grande confusione e anche un po’ di vergogna, mentre si accorgeva dell’enormità del suo pensiero… e anche della sua improbabilità.
“Sì…” disse dopo un attimo. “Sì, ho paura di questo. Insomma… lo so che è stupido da parte mia, ma… ecco… loro… tu…” Chinò la testa, balbettando qualche parola inconcludente, ma subito Hermione gliela rialzò.

“Draco Lucius Malfoy, come hai anche potuto solo pensare una cosa simile? No, ma dico, tu hai praticamente sollevato la mia carriera, mi hai ridato fiducia in me stessa, mi hai fatto sentire di nuovo a posto, e dopo tutto questo hai paura che io ti molli per strada come un cane?”
“Lo so, lo so” provò a interromperla lui. “Ma i tuoi amici…”
“I miei amici dovranno accettare te, se vorranno rimanere tali! Non ho nessuna intenzione di escludere nessuno dalla mia vita! Hai capito? Nessuno! Né te né loro! E’ chiaro questo?”

Si concesse cinque minuti per vedere l’effetto di quelle parole. Un po’ di vergogna non gli farà male. Era anche lievemente offesa: possibile che non avesse ancora capito, che ancora potesse pensare che lei non gli volesse bene sul serio?

“Mi dispiace” disse lui dopo un attimo. “E’ che sono stato solo troppo a lungo, io… io non voglio tornare ad esserlo.”
“Non ci tornerai” fece, sorridendo immediatamente. “Questo te lo posso garantire. Io non ti lascerò solo, mai.”

In quel momento, si udì il crack di una Materializzazione, seguito dal suono del campanello. E nel sentirlo, Draco corse ad aprire, esclamando: “E’ arrivata la festa!”
Festa? Quale festa? Riuscì a pensare Hermione, prima di vedere entrare dalla porta un euforico Fletus Chattongue con una bottiglia di champagne e due voluminosi pacchi.
“Che sta succedendo?” chiese sorpresa, mentre Draco si avviava in cucina a mettere in frigo lo champagne portato da Chattongue.
“Succede che festeggiamo, Hermione!” esclamò Chattongue.
“C-come festeggiamo? Ma… ma io non ho organizzato niente!”
“Infatti ci abbiamo pensato noi!” Il viso di Fletus era tutto un sorriso, mentre un altro crack annunciava l’arrivo di Gregory con due grandi sacchetti della spesa. “Adesso vada di sopra e ci lasci fare, qua c’è tutto il necessario.”
“Ma cosa…”
“Non discutere e vai, Mezzosangue” la interruppe Draco, facendola avviare su per le scale. “E non scendere finché non te lo diciamo noi.”

***

Hermione avrebbe ricordato in seguito quella serata come una delle più belle della sua vita. Quando dopo qualche ora i tre la richiamarono, la tavola della cucina era stata apparecchiata con una tovaglia bianchissima, e al centro troneggiava un mazzo di fiori imponente per bellezza e composizione. Gregory le cucinò i suoi piatti preferiti, rivelandosi un ottimo cuoco, mentre toccò a Fletus tirare fuori dal frigo un’enorme torta-gelato cioccolato e crema, il suo dolce preferito, su cui era stata disegnato con la glassa BRAVISSIMA.
Il tutto accompagnato, ovviamente, dalla compagnia più squisita a sua memoria, composta da un Fletus euforico, da un Gregory indaffarato ma allegro e da un Draco sorridente e premuroso come mai le era capitato di vedere.
E non era finita, perché alla fine della cena la portarono nel salotto, e lì Draco, solo per lei, improvvisò un piccolo concerto delle sue migliori canzoni, ed Hermione non riuscì a fare a meno di essere trascinata nel ballo da ben tre cavalieri, uno più scatenato dell’altro.

A fine serata, quando Fletus e Gregory se ne andarono, un po’ brilli ma ancora lucidi, Hermione era assolutamente a pezzi, ma anche terribilmente felice. Era da tanto che non si sentiva così accolta, così coccolata, così protetta. E da Draco Malfoy, per di più! Perché non aveva dubbi che era stato lui a mettere in scena tutto quel teatrino, lo sapeva da quel sorrisetto compiaciuto che non l’aveva mai abbandonato per tutta la serata, da quelle occhiate divertite che le aveva rivolto mentre lei arrossiva per l’imbarazzo di fronte alle loro dimostrazioni d’affetto.

“Potevi avvisarmi, almeno!”
“Perché? Vederti imbarazzata è uno dei miei passatempi preferiti.”
“Ma piantala, per favore!” esclamò, dandogli una gomitata nelle costole. “Mi hai resa felice, brutto stronzo, e lo sai benissimo!”
“E non è ancora finita” disse Draco prendendole la mano e riportandola in cucina. La fece sedere su una sedia e le disse di chiudere gli occhi. Lei, dopo averlo fissato un attimo con finta diffidenza, obbedì.

Sentì le mani di Draco sulla nuca, mentre le scostava i capelli, e poi percepì il tocco di qualcosa di freddo e piccolo attorno al collo, che le veniva fissato dietro la testa. “Ora apri” le sussurrò lui all’orecchio.

Era una collana, un sottile nastro dorato, che sul davanti, all’altezza del seno, terminava con una piccola statuina: un animale dal corpo di leone, con una testa di capra che spuntava dietro la criniera e un serpente al posto della coda. “Una chimera…”

“Credo che raffiguri alla perfezione quello che sei diventata adesso” sorrise lui. “L’avevo notata qualche tempo fa, mentre giravo per Diagon Alley. Ho mandato Fletus a vedere se c’era ancora, e l’ho autorizzato a prendere i soldi per comprarla dal conto di Hades LeSerp.”
“E’ bellissima… Grazie.” Poteva sentire i suoi occhi luccicare per le lacrime di felicità. “Se adesso provi anche solo a pensare che io possa escluderti dalla mia vita, giuro che ti ammazzo!” aggiunse levando il dito in un gesto di minaccia.
“Non si è mai troppo prudenti” ghignò lui in risposta. E questo la fece uscire completamente di testa.

“Dai, Draco, non credi sia ora di piantarla con i punzecchiamenti e le battutine? Non riesci, per una sera, a parlarmi senza prendermi in giro? Come ulteriore regalo.”

Draco ci pensò un attimo. Anche dopo aver riconosciuto che le voleva bene, tuttavia cominciare a parlare cordialmente con lei, senza una frecciatina ogni due secondi, gli riusciva difficile. La forza di attrazione di quei meravigliosi occhi castani, però, vinse ogni resistenza.

“Sei stata fantastica. Adesso sei finalmente la donna che meriti di essere, una bomba di intelligenza e bellezza capace di far impazzire il mondo dei maghi. E mentre ti guardavo, alla televisione, io mi sono sentito per la prima volta realizzato, perché pensavo che tutto ciò era anche merito mio. Anche per questo, non mi piace che tu torni a parlare con i tuoi amici, perché loro non hanno contribuito a far nascere questo gioiello. Sono geloso, lo ammetto, ma sei la prima cosa buona che ho fatto in vita mia, e condividerti con altri mi risulta penoso.”

“Sei uno sciocco.” Hermione lo interruppe, tirandosi su fino alla sua altezza, avvicinando il proprio viso a quello del biondo. “Senza di te, io adesso avrei dovuto rinunciare a tutta la mia carriera, rassegnarmi ad essere per sempre, come hai detto tu, l’amica di Harry. Io sono affezionata agli altri, ma questa…” e sollevò la piccola chimera “… questa è opera solo tua. E resterà tua.”

Cadde il silenzio nella stanza. Senza che neanche se ne accorgessero, i loro occhi si persero nello sguardo dell’altro, il calore dolce di lei nell’argento splendente di lui. E il tempo sembrò fermarsi, per minuti che sembrarono lunghi una vita intera, mentre i loro visi, quasi dotati di vita propria, si avvicinavano sempre di più, e le loro labbra si schiudevano...

Si risvegliarono appena in tempo da quella strana trance, quando le loro labbra erano ormai fin troppo vicine, e si allontanarono, scossi dall'improvvisa realizzazione che stavano per baciarsi. Si augurarono la buonanotte un po' imbarazzati e si precipitarono, fuggendo l'uno dall'altro, nei propri letti.

DRACO/HERM: Si può sapere perché ci hai interrotto?
FLETUS: Lo sapete benissimo il perché, ragazzi. Non è ancora il momento per il vostro bacio rituale... Ci sono ancora un po' di capitoli. (e si allontana)
HERM (dopo un attimo): Oh, al diavolo! (afferra Draco e lo bacia appassionatamente) 

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Capitolo 18
*** Legami ***


AUTORE (accogliendo Ron con una stretta di mano): Signor Weasley... (Ron replica con un cenno del capo)
DRACO: Ehilà, Lenticchia! Pronto a prendere la tua solita dose di maltrattamenti?
RON: Furetto, o stai zitto o questa è la volta buona che...
HERM (mettendosi in mezzo): Ah no, eh! Non è possibile che ogni, singola volta finiate per litigare! Ma la volete piantare? Giriamo, che è meglio!

CAP. 18:

LEGAMI


“Ma come fa a piacerti?” sbottò un Ronald Weasley dall’aria esasperata, riferendosi al cantante che, da due ore a questa parte, conduceva un vero e proprio attacco ai suoi timpani. 
“Ci sono i suoi motivi, Ron” gli rispose Hermione, scambiando con Ginny un’occhiata d’intesa. Anche l’amica aveva infatti concordato con lei e Luna sull’indiscutibile fascino di Hades LeSerp. 
“A me sembra solo un gran spocchioso” borbottò lui. Hermione non poté evitare un sorriso indulgente. Evidentemente ha sviluppato un certo fiuto per le persone, come i cani.

La serata stava andando decisamente meglio di quello che aveva temuto. I due Weasley erano stati puntuali all’appuntamento, e con l’aiuto di Fletus non era stato troppo difficile trovare un posto. Il giornalista era poi rimasto in loro compagnia, sia per curiosità personale, sia per dare un sostegno a Hermione se la chiacchierata si fosse fatta troppo privata. Ma spesso le nostre più grandi paure si rivelano infondate, quando si tratta di amici, specie se uno di questi amici si chiama Ginny Weasley. Era stata lei, infatti, a condurre la conversazione, evitando tutti gli argomenti spinosi.
Ron la seguiva, anche se parlava molto meno. In realtà, non aveva quasi spiccicato parola, e quelle poche volte l’aveva fatto in tono esitante, quasi temesse di dire la cosa sbagliata. Per il resto, se ne stava con la testa bassa, scoccando di tanto in tanto ad Hermione un’occhiata preoccupata. A nulla era servito l’atteggiamento di Hermione, che vedendolo così aveva provato a risollevargli un attimo il morale: non era così arrabbiata con lui, in fondo.

Anche stavolta, Harry non c’era, e la scusa del lavoro non bastava: così Ginny aveva dovuto spiegare che il suo ragazzo attraversava un periodo non facile.
“Ti ricordi che dopo la guerra Harry non voleva più sentire parlare di tutto quel che era successo? Be’, da un po’ di tempo sembra aver cambiato idea. Si interessa a tutti i processi contro gli ex seguaci di Voldemort, e di alcuni ha chiesto la revisione.”
“Sembra diventato il loro avvocato” commentò Ron, senza nascondere una smorfia. “E non è facile parlargli. Una volta ci ho provato e mi ha risposto male.”
“Per forza”, sbottò Ginny, “gli hai detto che si sta prendendo cura di assassini e feccia!”
Hermione rise, immaginandosi la scena, ma una parte del suo cervello stava riflettendo sull’importanza di questa scoperta. Un’occhiata con Fletus le fece capire che anche il giornalista aveva avuto la stessa idea: forse si poteva cercare di contattare Harry. Per il momento, però, Hermione sviò il discorso altrove, perché era chiaro che per Ginny quello non era un discorso facile. Sia lei che Ron parlavano di Harry come di una persona che facevano molta fatica a capire, negli ultimi tempi.

La chiacchierata proseguì su toni più divertenti e divertiti, sullo sfondo delle canzoni di Draco/Hades. Alla fine, Hermione era contenta di aver ritrovato Ginny. Le erano mancati questi dialoghi fra il serio e il faceto di cui solo la rossa era capace, questo rapporto complice che si aveva solo fra donne, la sensazione di poter parlare di tutto senza nascondere nulla, che nemmeno Harry e Ron potevano darle. Adesso, per la prima volta, provò a pensare di tornare a casa. Ma prima doveva fare una cosa indispensabile.
Fu così che, quando Draco/Hades intonò la canzone The Last Waltzer, una delle sue canzoni preferite, Hermione diede a Fletus un’occhiata. Il giornalista capì, e con un inchino invitò Ginny a ballare. Quest'ultima accettò, ma non mancò di far cenno a Hermione di aver capito.

Al tavolo, Ron ed Hermione rimasero soli. E per dieci minuti buoni nessuno dei due parlò. Ron aprì la bocca un paio di volte, cercando di cominciare. Hermione, dal canto suo, provava a ricordare il discorso che si era preparata, ma nessuna delle parole che aveva pensato di pronunciare le tornava alla mente. Alla fine, fu lui a rompere il silenzio.

“A quanto pare, non hai bisogno di me nella tua vita.”

Un’altra donna sarebbe saltata sulla sedia arrabbiata e offesa, ma non Hermione Granger. Lei era abituata a guardare la gente mentre parlava, e a interpretare altri linguaggi oltre a quello verbale. E tutta la faccia e il corpo di Ron Weasley non avevano l’espressione di chi intendeva offendere.

“Dipende da che punto di vista, Ron” gli rispose lei. “Tu che ruolo vuoi avere nella mia vita?”

Ci volle qualche secondo di riflessione, prima che la sua risposta arrivasse.

“Vorrei che tu tornassi con me. Però… ecco… non so se funzionerebbe.”
 “Che intendi dire?”
 “L’altro giorno, al programma, tu… tu eri fantastica, e… be’… non lo eri quando stavi con me. Eri stanca, irritabile, permalosa, te la prendevi per un nonnulla…”
 “Mi dispiace, Ron” lo interruppe. “Le cose al lavoro non andavano bene, e tu non sembravi capire, così...”
“E’ questo il punto” sospirò il rosso. “Ci ho ripensato molto dopo che te ne sei andata. Mi dispiace di averti tradito in quella maniera, ma non posso dire che non pensavo quelle cose. Faccio fatica a seguirti, Herm, su questa strada, e da quello che ho visto al programma forse è meglio che non lo faccia.”

Lo sforzo era visibile su ogni lineamento del suo viso, ed Hermione si sentì in pena per lui. Non era mai stato facile, per Ron, ammettere una sconfitta.
“Ron, io…” iniziò, cercando un modo per consolarlo.
“No, non dire niente, Herm. Lascia parlare me, per una volta. Tu sei la donna più fantastica che abbia mai conosciuto. Sei bella, intelligente, determinata, fedele. Ma parliamoci chiaro, è evidente che adesso stai molto meglio di quando stavi con me. E io… io non voglio rovinare tutto.”
Lacrime comparvero nei suoi occhi, lacrime di dolore che lui non si diede nessuna pena di trattenere. Anche Hermione sentì un groppo alla gola, mentre tutto il suo risentimento svaniva come neve al sole.
“Se ti avessi trovata prima, ti avrei chiesto di tornare con me. Ma per come si sono messe le cose, ti prego solo di perdonarmi, e se puoi, di tornare a considerarmi un amico.”

Ma perché in questo periodo tutti pensano che io li voglia escludere dalla mia vita? pensò Hermione, mentre ricordava la paura simile di Draco della sera prima. E come aveva fatto con Draco, così adesso allungò una mano afferrando il braccio di Ron, e lo tirò, in modo che anche lui la guardasse negli occhi.

“Ma certo che sei mio amico, Ron! Pensi davvero che io voglia dimenticare tutto quello che abbiamo passato assieme in dodici anni?”
“Però non tornerai con me, vero?”

Avrebbe tanto voluto rispondergli di sì, ma non poteva farlo, dopo quello che le era successo, dopo che era riuscita a rimettersi in pista senza di lui, dopo che aveva visto che poteva farcela da sola. Non dopo aver quasi baciato Draco, le ricordò un neurone impertinente del suo cervello, iniziando un pensiero che Hermione tentò di fermare prima che diventasse imbarazzante.

“No, hai ragione. Non tornerò con te. Io… vedi, ho bisogno di qualcuno che mi sappia calmare, che sia capace di sopportarmi senza sbuffare, oppure senza rispondermi subito male. Ho bisogno di uno diplomatico, Ron, e tu non lo sei. E non posso chiederti di esserlo, perché ti impegneresti fino all’ossessività, e finiresti con l’odiarmi. Preferisco avere un ragazzo in meno, che una persona che mi odia in più.”

Ron chinò la testa sotto il peso di quella verità. Fino all’ultimo aveva sperato in un miracolo. Ma Hermione aveva ragione, era inutile ribattere.

“Allora… è finita.”
“Come fidanzati, sì, Ron. Ma come amici possiamo ricominciare, se vuoi… per esempio da un ballo assieme adesso?”
A quella proposta, Ron rialzò la testa, d’un tratto rianimato. Non l’aveva persa, dopotutto. Non era più la sua ragazza, ma questo in fondo già lo sapeva. Forse era meglio così, pensava, mentre accettava l’invito e si lasciava condurre verso la pista.

 ***


"Allora, mi sembra che col signor Weasley abbiate risolto al meglio” le sorrise Fletus, guardando Ginny e Ron andare via.
“Sì, ci siamo ufficialmente lasciati” gli confermò Hermione. “Però non sto male… anzi, mi sento più leggera. Lui è stato più ragionevole di quanto mi aspettassi.”
“Si vede che dopotutto non è così cretino” si intromise Gregory Goyle, avvicinandosi con aria parecchio seccata. Non era stato piacevole, per lui, dover far finta di non esistere per l’intera serata, per evitare di complicare la situazione: gli era sembrato di tornare ai tempi in cui per tutti era un bestione senza cervello.
Hermione preferì cambiare discorso. “Allora, hai notizie riguardanti la Polisucco?”
Gregory annuì. “Ho terminato oggi il giro, e ho notizie davvero interessanti. Ma aspettiamo Draco per parlarne?”
“Non credo ce ne sia bisogno” fece Fletus. “Penso che possiamo andare a fargli una visita in camerino. Io sono il suo portavoce, e colleghi in giro non ne ho visti, perciò non ci dobbiamo preoccupare di eventuali pettegolezzi.”
“Buona idea, così lo tranquillizzi, Granger” fece Gregory con un’occhiata maliziosa ad Hermione. “Tu non li hai visti gli occhi che faceva mentre ballavi con Lenticchia…”
Hermione arrossì di fronte all’insinuazione di Greg, mentre seguiva i due uomini nell’ala del locale dedicato agli artisti. Però l’idea che Draco fosse geloso la faceva sentire allo stesso tempo davvero compiaciuta.

Fletus stava per bussare quando la voce li bloccò sul posto.

“Pensavo avessi apprezzato l’omaggio, Draco… L’ho fatto col cuore.”
“Già, con quello di Goldstein, bastardo.”

Se la voce li aveva inquietati, la risata bassa e gutturale che ne seguì li fece rabbrividire. Non c’era nessun calore in quel suono, nulla che sembrasse una confortante espressione d’allegria. Quella risata era un’arma da taglio, pungente e affilata.

“Un Malfoy che si occupa degli altri? Cos’è, Azkaban ti ha reso improvvisamente caritatevole? E’ un po’ tardi, temo… se ci avessi pensato prima, tuo padre sarebbe ancora vivo.”

Nessuno dei tre seppe mai per quale motivo non erano entrati subito nella stanza, fermando quel dialogo. Curiosità, timore, una strana fascinazione li tenevano lì, come incantati, la mano di Fletus tesa a mezz’aria verso la maniglia, la bacchetta prontamente tirata fuori da Gregory, ed Hermione che tentava di capire perché anche a lei quella voce risultasse familiare.

“Cosa c’entra mio padre? Cosa sai di lui?”
“So che tu l’hai ucciso, Draco. Lui e molti altri, morti per colpa tua.”
“M-mia? Ma che stai dicendo?”
“Non volevi perdere il tuo paparino bastardo e vigliacco, e invece l’hai condannato a morte. Sei stato molto cattivo.”

Un tonfo. Qualcosa era caduto a terra. Quel rumore li riscosse improvvisamente. Gregory subito si avvicinò alla porta, facendo cenno a Fletus di spostarsi. Intanto, la voce continuava a parlare.

“Ti senti male? Oh, poverino, vado a chiamare la mammina? Oh no, già, aspetta… ha raggiunto quel bastardo. Complimenti, hai battuto tutti i record di tradimento della tua famiglia, sporco egoista spocchioso che non sei altro.”
“Non è vero… io non sono così…” La voce di Draco era un gemito di dolore trattenuto, sommesso, e per questo ancora più straziante.
“Vero, dimenticavo che sei un codardo, uno schifoso vigliacco, un vero artista della fuga… ma sappi che puoi scappare ovunque, rintanarti anche in una tana di coniglio, per quel che mi riguarda, però non puoi scappare dalla tua colpa.”

Hermione non ebbe la forza d’animo di ascoltare un minuto di più. In meno di cinque secondi, la sua mano era sulla porta, questa era aperta e l’ex Grifondoro era entrata nella stanza, puntando la bacchetta per colpire la nera figura ammantata che vedeva china, vicinissima, su Draco, ancora truccato e vestito come Hades, piegato in due con le mani sulle orecchie.
Ma il Mangiamorte l’aveva sentita, quindi fu rapidissimo a spostarsi, evitando il suo Schiantesimo. “Tu!” esclamò riconoscendola. “Sanguesporco!”

Fuori dal camerino, Gregory Goyle sentì quella parola e improvvisamente seppe chi era quel Mangiamorte. Ognuno di loro Serpeverde, ai tempi di Hogwarts, aveva sviluppato la propria, personale maniera di insultare i Mezzosangue, una variazione della voce, un’inflessione della pronuncia tanto tipica quanto insensibile a chi non ci fosse abituato. E lui ci era abituato, e le ricordava tutte.

“ZABINI!” ruggì, precipitandosi all’interno del camerino, scavalcando Hermione, le braccia tese ad afferrare l’ex compagno di casa, la rabbia che gli sfigurava il volto bonario. Questa volta, il Mangiamorte non riuscì a scansarsi in tempo, e in breve si ritrovò sul pavimento, privato della bacchetta, immobilizzato dall’Auror, che gli tolse la maschera. La luce del camerino inondò in pieno il volto scuro dell’ex Serpeverde, mentre Hermione correva da Draco, che aiutò a rialzarsi.  

“Ce n’è un altro!” La voce di Fletus li riscosse, facendoli voltare verso la finestra. Dietro di essa, un altro Mangiamorte, stessa maschera e stesso cappuccio, era in piedi, il mantello ondeggiante nel vento della notte. Ma prima che uno solo di loro potesse muoversi, si Smaterializzò e scomparve nella notte.

 ***

Mezz’ora dopo, Blaise Zabini era rinchiuso in una stanza da interrogatorio, all’interno del Ministero, ben sorvegliato.
“Da lì non scapperà” promise Gregory. “Già solo il fatto di essersi vestito da Mangiamorte gli procurerà un mucchio di grane. Se poi non era sotto Imperius, la cosa è ancora più grave, quindi qualche mese di galera non glielo toglie nessuno, anche se non ad Azkaban.”
“E come facciamo con la nostra segretezza?” lo interruppe un ansioso Draco. “Come giustificherai il suo arresto?”
“Dirò che l’ho visto aggirarsi nei pressi del Paiolo vestito così. Mi crederanno, anche perché al caro Blaise non conviene smentirmi.”
“Bene. Adesso dobbiamo solo andare a prendere quell’altro figlio di puttana di Nott, perché non so voi, ma io non ho il minimo dubbio che fosse lui quello là fuori!”

“Temo dovremo attendere” replicò Fletus. “Non abbiamo in mano nulla di concreto. Certo, Greg ha scoperto un invio di ingredienti per la Polisucco alla Casa delle Sirene, ma questo non basta a provare che l’ha ordinata Nott.”
“Era il posto dove ci trovavamo noi Serpeverde per qualche festa fuori Hogwarts!” Il nervosismo era evidente nella voce di Draco. “E Greg ha anche…”
“Sì, ho appurato che quel giorno Nott e Zabini erano lì, ma ragiona: quello è solo un locale che affitta delle camere e al massimo procura una ragazza! I dipendenti, lì, seguono la regola di farsi i fatti propri, e io non ho un incarico ufficiale né abbastanza soldi per corromperli. La loro testimonianza, non suffragata da altre prove, non è sufficiente.”

“Per voi è facile parlare!” urlò a quel punto il biondo Purosangue, afferrando l’Auror per la collottola. “Cosa ne sai, tu, Greg, di che significa vivere col peso di un passato che non ricordi, ma che ti ha procurato un simile odio? Avete una pallida idea di cosa provo quando tento di ricostruire cos’è successo quattro anni fa?”
“Draco, calmati!” Hermione, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, si intromise nella discussione. “Sappiamo che stai male, ma…”
“Io non sto male, sto peggio! E’ come se qualcuno mi avesse strappato il cuore e me lo sbranasse di fronte agli occhi pezzo per pezzo! Devo aver fatto qualcosa di orribile, so di aver fatto qualcosa di orribile, e di fronte agli occhi ho l’immagine di mio padre che piange, e so che piange per colpa mia, e… io… io non…”

Sopraffatto dalle lacrime, Draco cadde in ginocchio, sul pavimento del salotto della casa di Hermione, lasciando Gregory. Immediatamente, Hermione provvide a farlo alzare, e lo condusse verso il divano dove Fletus gli fece posto. Era esausto, Draco: il peso di tutto quello che gli era successo da quando era evaso da Azkaban si faceva sentire, fiaccando la sua forza e la sua volontà.

“Coraggio, furetto, coraggio.” Hermione stavolta non lo abbracciò, ma gli afferrò forte le mani, perché lui sentisse che era lì. “Sfogati, ne hai tutto il diritto. Sappiamo che hai paura, sappiamo che è doloroso. Ma sappiamo anche che sei forte, Draco. Hai intelligenza, hai coraggio, hai spirito. Puoi sopravvivere a questo.”
“Non importa che è successo a Riddle Manor, Draco” sbottò Fletus, chiamandolo per la prima volta per nome. “Qualsiasi cosa sia accaduta, lei ora ne sta piangendo. Significa che ne è sinceramente pentito, e questo ci basta. Adesso l’importante è reagire, vedere cos’è successo e, se possibile, rimediare.”
“Sì!” Anche Gregory intervenne. “Non vorrai darla vinta a Theodore Nott, quel viscido verme schifoso e venduto! Tu sei Draco Malfoy, per la miseria!”
“Esatto!” La parola tornò a Hermione, adesso più convinta. “Ti ricordi cosa mi hai detto, quando io ero in queste condizioni? Che Nott non poteva permettersi di prendersi gioco di me! Bene, non permetterglielo neanche tu! Sei o non sei il Principe delle Serpi?”
Man mano che parlavano, Hermione  poté sentire i brividi che cessavano, i singhiozzi che diminuivano di intensità e di forza, la stretta delle mani di lui farsi più salda attorno alle sue. Finalmente, Draco rialzò la testa, gli occhi ancora lucidi ma con una nuova luce battagliera.

“Scusatemi, non intendevo offendere. So che fate del vostro meglio… e vi ringrazio per questo.” Nessuno dei tre replicò, si limitarono a sorridergli. “Però almeno, Greg, torchia Blaise come si deve.”
“Senza dubbio!” rispose l’Auror. “Lo costringerò a sputare fuori quello che sa, dovessi usare delle tenaglie!”

***

Era ormai tardi, e Greg e Fletus si congedarono. Hermione si preparò per la notte, usando per prima il bagno, come sempre. Quando ebbe finito, si avviò in soggiorno per augurare la buonanotte a Draco, che aveva appena finito di sistemare le sue coperte. Però stavolta fu lui a parlare, senza lasciarle nemmeno il tempo di aprire bocca.
“Non mi hai ancora detto com’è andata con Lenticchia.” Hermione rimase sulla soglia della stanza, del tutto impreparata a una simile discussione.
“Ci siamo lasciati” disse sbrigativamente.

“Allora posso invitarti a cena, una volta che tutto questo sarà finito?” 

Non poteva vedersi la faccia, ma non aveva dubbi sul fatto che la sua bocca fosse spalancata e gli occhi aperti per la sorpresa. Lo sguardo malandrino di lui, ornato col vecchio ghigno serpentesco, fu un’ulteriore conferma.
“Tranquilla, non ho secondi fini. E’ solo che in qualche maniera devo ripagare quello che fai per me, anche se so che non farò mai abbastanza. E poi, dopo che ti ho visto ballare con lui, stasera… mi è venuta voglia di farlo anch’io. Spero sarà possibile.”

“Accetto solo a un patto” disse infine Hermione, dopo aver recuperato il sorriso. “Che pensi a un modo per ringraziare anche Fletus e Greg. Se lo meritano anche loro.”
“Certo, ma tu sei stata la prima ad aiutarmi, e senza di te quei due non mi avrebbero mai trovato. Comunque, tranquilla, non mi dimenticherò di loro.”
“E allora sarò contentissima di accettare l’invito” fece lei, prima di avvicinarsi e di dargli sulla guancia il bacio della buonanotte, mentre dentro di sé pensava che Draco era davvero l’uomo più sorprendente e contraddittorio che avesse mai conosciuto.

E a me piace proprio così.

RON (a Fletus): Grazie per non avermi fatto fare la figura dello stronzo, come al solito.
FLETUS: Si figuri, Ron, si figuri. Non mi è simpatico, ma come stronzo proprio non ce l'ho mai vista. E non se la prenda troppo... sappiamo com'è fatto Draco.
RON: Già... (Ron se ne va, ma un'altra figura esce dalla parete: è l'Auror)
AUROR: Ormai ci siamo, vero?
FLETUS: Sì, con il prossimo capitolo inizierà lo scontro finale. Ma non so se riuscirò ad aggiornare con questa frequenza, perché adesso su Accio ed EFP c'è lo stesso numero di capitoli, e i nuovi non verranno pubblicati qui finché non sono approvati là... Non è che puoi metterci una buona parola?
AUROR: Ci proverò...

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Capitolo 19
*** Inizia la resa dei conti ***


HERM: Fletus, perché così nervoso?
FLETUS: Perché questo è il primo capitolo che pubblico qui senza aver prima ricevuto la sua approvazione su Accio... Insomma, potrebbero esserci errori.
DRACO (pacca sulla spalla): Ma che ti frega degli errori?! Al massimo quando te l'approvano su Accio vieni qui e li correggi, giusto, Herm?
HERM: Assolutamente sì, furetto! E adesso, forza, che...

CAP. 19:

INIZIA LA RESA DEI CONTI

Troppo facile, pensava mentre lo guardava accasciarsi al suolo, i capelli castani che si spargevano sul prezioso tappeto, la bocca semiaperta, gli occhi vuoti. Era caduto nella sua trappola come un idiota, povero, ingenuo Chattongue, che aveva osato ficcare il naso dove non avrebbe dovuto. Ora, ne avrebbe pagato il prezzo.

Con uno schiocco di dita, chiamò gli elfi domestici e ordinò loro di trascinare l’esanime giornalista nelle cantine della casa, e di legarlo per bene con le corde speciali. Le precauzioni non bastavano mai, anche con una casa magica che poteva essere sigillata per impedire ai suoi occupanti di uscire.

Adesso, doveva andare: ogni secondo era prezioso. Non sapeva quanto tempo ancora gli restasse, e non aveva nessuna intenzione di rendere vano tutto quello che aveva fatto e sofferto, solo perché Blaise si era fatto catturare.

La rabbia minacciò di sommergerlo, mentre pensava a come quell’idiota si era fatto sorprendere. Settimane e settimane di duro e raffinato lavoro rovinate in cinque secondi! Non avrebbe dovuto mandarlo avanti, sarebbe dovuto andare lui stesso, come aveva fatto la prima volta! Perché, perché, perché aveva accettato di farlo andare avanti?

Strinse con forza i cordoni del mantello nero attorno al collo, cercando di scacciare simili pensieri. Non l’avrebbero aiutato, lo sapeva bene. Doveva essere concentrato, lucido, pronto a qualsiasi evento. Era la sua grande qualità, in fondo, fin dai tempi di Hogwarts. Più freddo di Blaise, meno orgoglioso di Draco, lui era sempre stato quello che si muoveva di nascosto, il maestro assoluto nell’arte di manipolare la gente senza che se ne accorgesse.

Ma anche il più abile nell’accorgersi di quando le cose iniziavano ad andare male, come in quel momento. Sapeva benissimo che Blaise, adeguatamente interrogato dagli Auror, sarebbe crollato: la sua resistenza non era mai stata molto elevata. Il che voleva dire che prima si muoveva, meglio era.

Fosse stato per lui, avrebbe continuato a usare i sotterfugi di cui era maestro, minando poco a poco la mente di Draco, somministrandogli la verità lentamente, e poi perseguitandolo una volta che l’avesse saputa. Era andata altrimenti, purtroppo. Adesso doveva colpire apertamente.

Strinse la bacchetta con forza, quella bacchetta che era stata la sua ministra di morte e di vendetta. Ne sentì la forza scorrere nella sua mano, e un sorriso di trionfo si disegnò sul suo volto. Dopotutto, chissà… forse poteva andare bene anche così. 

***

“Mi scusi, signor artista, posso disturbare oppure le serve concentrazione?” chiese Hermione entrando nel salotto.

“In teoria, mi servirebbe concentrazione” replicò Draco, che andava avanti e indietro col suo quaderno rosso in mano. “Ma sono disposto a interrompermi per cinque minuti. Hai così urgente bisogno di me?”

“Oh, niente affatto. Però mi è parso di riconoscere la canzone che canticchiavi. Non è tua, vero?”

E figurarsi se non la riconosceva… pensò il Purosangue, con un sorriso di finta rassegnazione.

“Dieci punti a Grifondoro. Ok, lo confesso, a furia di ascoltare i tuoi musical Babbani mi è venuta voglia di cantarle nel mio show. E’ possibile, no?”

“Non proprio” rispose Hermione, sedendosi al tavolo di fronte a lui. “Hai sicuramente tutto il diritto di reintepretare una canzone che ti piace, ma se vuoi usarla in un concerto oppure inciderla, dovresti prima farti cedere i diritti d’autore.”

“I cosa?”

“Dovresti pagare all’autore, o ai suoi eredi, una certa somma di denaro perché ti lascino modificare la canzone e fare dei soldi con la tua versione. In fondo, parti dal lavoro di altri.”

Draco non sembrava molto felice della cosa. “Devo proprio?”

“Be’, non adesso, visto che Hades LeSerp è noto solo al mondo magico, ma se decidi di sfruttare la tua carriera di cantante, temo siano cose di cui tu dovrai preoccupare. Insomma, non vorrai che l’unico pubblico che viene ad ascoltare Hades sia quello del Paiolo Magico, vero?”

Si aspettava che concordasse con lei, rispondendo al suo sorriso complice, e invece lo vide restare in silenzio, un’espressione di sorpresa negli occhi grigi. “Che c’è?”

“E’ che non so cosa dirti” rispose dopo qualche minuto. “Non ho… mai pensato a costruirmi una vera carriera come Hades. Ho cominciato con quel lavoro solo per avere un po’ di soldi in tasca, e poi… ho avuto altro a cui pensare.”

“E cosa vorresti fare, allora, quando questa storia sarà finita?”

“Be’, io…” cominciò Draco, per poi interrompersi subito dopo. Non ne aveva la minima idea. Ciò che gli era successo a partire dalla fuga da Azkaban era stato così totalizzante da avergli fatto dimenticare ogni altro pensiero. Solo adesso, per la prima volta, il pensiero che poteva esistere un dopo gli si presentò alla mente. E lui non aveva la più pallida idea di cosa avrebbe fatto.

“Non lo so” disse infatti. “Per la verità, ho smesso di preoccuparmi della cosa da quando sono rimasto solo. Non mi sembrava avesse più importanza.”

“Allora direi che è arrivato il momento di riprendere in mano la questione. Adesso non sei più solo, no?”

Ogni volta, Draco si chiedeva se capisse fino in fondo il bene che gli facevano queste parole, il calore che gli procurava al cuore quando gli sorrideva così. Le devo dedicare una canzone, prima o poi.

“Quindi, tu mi consigli di diventare un cantante?”

“Il talento ce l’hai, e con la tua abilità serpentina e il tuo carisma, non ho dubbi ti sapresti destreggiare a meraviglia in quel mondo. E poi, non dirmi che non ti piace la sensazione del palcoscenico!”

“Ciò però vorrebbe dire rivelare che sono Hades. E chi pensi verrebbe mai ad ascoltare un Mangiamorte?”

Hermione rimase spiazzata: non aveva preso in considerazione questo aspetto della questione. Però non si perse d’animo.

“Questo non è un ostacolo insormontabile. Basta solo manipolare un po’ i mezzi di comunicazione perché la gente non si fermi al tuo passato. Fletus è un giornalista, ci saprà aiutare in questo.”

“Wow, sei già lanciata!” rise Draco, divertito e commosso dal suo entusiasmo.

“Grinta da leonessa e modi da serpe… me l’hai insegnato tu, no?” gli replicò lei.

“D’accordo, vedremo se come cantante riesco meglio che come Mangiamorte. Però, allora sarà il caso che mi lasci qui a comporre, no?”

Hermione sollevò le mani in segno di resa e si alzò per andarsene, ma si fermò sulla porta per guardarlo ancora. Era andato ad appoggiarsi al tavolo dove aveva deposto la sua boccetta d’inchiostro, e adesso scriveva sopra il quaderno. Restò lì ancora un po’, combattuta, poi la curiosità ebbe il sopravvento.

“Senti, potresti spiegarmi come funziona quel quaderno? E’ da un po’ che me lo chiedo.”

“Siamo curiose, oggi…” sogghignò lui, ironico, risollevando la testa. Me lo sentivo che la conversazione non era finita.

“E’ molto semplice. Questo quaderno è stato stampato con una carta speciale, incantata, non mi chiedere come perché non lo so. Quando mi viene in mente una canzone, io la scrivo qui sopra con questo inchiostro speciale, anch’esso incantato, come se scrivessi su un semplice foglio di carta…”

“E il quaderno fa la musica da sé?”

“No, non funziona così. Sul quaderno io scrivo sia le parole, sia le note, sia gli strumenti che le suonano, come fosse un normale spartito. In tal modo, tra quaderno e inchiostro si crea già una specie di intesa magica, ma ciò non basta a far scattare l’incantesimo. Alla fine della scrittura, io devo prendere la bacchetta e pronunciare la formula: in tal modo, attivo il duplice potere della carta e dell’inchiostro, che crea la musica a partire dallo spartito.”

“Tutto qui? E’ semplice!”

“Be’, in realtà, è solo il meccanismo di base. Esistono numerosi modi di pronunciare l’incantesimo, a seconda dell’effetto che voglio ottenere. Io posso accontentarmi solo della musica per cantarci sopra, come ai miei show, ma posso decidere che invece voglio anche la voce che la canta.”

“La voce? Vuoi dire che il quaderno può anche riprodurre la tua voce?”

“La mia e quella di chiunque altro, basta pronunciare il nome nel dire l’incantesimo. Se non si pronuncia nessun nome, è automatico che la voce sia quella del proprietario del quaderno. Un altro potere del quaderno è quello di creare illusioni.”

“Illusioni?”

“Esatto. Io posso realizzare delle vere e proprie visioni, basta pronunciare l’incantesimo nella giusta maniera e poi, quando lo attivi, attivare mediante la bacchetta una connessione mentale magica. Il quaderno altro non farà che registrare i tuoi pensieri e fissarli.”

“Mi stai prendendo in giro!”

“Niente affatto. E’ solo che non ne realizzo molte, di queste visioni, perché è un processo lungo. Spesso il risultato non è subito soddisfacente, e allora lo devi ripetere.”

Hermione era sbalordita: nessuno le aveva mai detto che esisteva un oggetto magico così potente.

“E… e sono necessari entrambi? Il quaderno e l’inchiostro?”

“Effettivamente qualche volta mi sono chiesto anch’io se l’incantesimo non possa essere pronunciato solo su uno dei due, e poi successivamente aggiunto l’effetto dell’altro, però non l'ho mai verificato.”

“Una volta o l’altra me lo fai provare?” chiese lei d’impeto, negli occhi lo scintillio di una bambina di fronte a un giocattolo nuovo. Draco restò sbalordito e al tempo stesso divertito da questo inaspettato slancio di infantilità, e fece per risponderle di sì, ma il suono del campanello lo interruppe. Hermione andò ad aprire, e Draco riprese a camminare col quaderno in mano.

Tutto accadde in un attimo. Draco fece appena in tempo a sentire il rumore della porta che si apriva e il gemito di sorpresa di Hermione, prima che la voce urlasse: “Stupeficium!”

Spaventato e sorpreso, Draco scattò verso la porta, afferrando la bacchetta che teneva sul divano e infilandosi il quaderno in tasca. Ma più veloce di lui fu la figura nera con la maschera d’argento, che si stagliò nel vano del salotto, e che con un altro Schiantesimo lo mandò a sbattere contro il divano, facendogli perdere i sensi.

***

Dolore. Un lancinante dolore alla testa. Questa fu la prima cosa che Fletus Chattongue sentì, riprendendo i sensi. Poi, qualcosa di duro sotto la sua guancia, duro e levigato. Un pavimento, come constatarono i suoi occhi. Gemendo, il giornalista tentò di muoversi per alleviare il dolore, ma le sue braccia e le sue gambe non riuscirono a compiere il minimo movimento.

Cercò almeno allora di muovere la testa, capire dove si trovava. Riuscì a fare molto di più, perché diede troppa forza allo slancio con cui si mosse e finì per ritrovarsi disteso supino. In quella posizione, poteva muovere il collo più liberamente.

La stanza era buia, umida, e molto vasta. Una piccola scala conduceva all’uscita, rialzata rispetto al pavimento, e da cui veniva l’unica, tenue fonte di luce. Un sotterraneo, su questo non c’erano dubbi. Ma di quale edificio?

Fletus cercò di riordinare quello che ricordava gli fosse successo, provando a far chiarezza. Non fu facile, perché il dolore alla testa si fece subito straziante non appena ci provò, ma non si arrese e alla fine riuscì a ricordare che era successo.

Theodore Nott gli aveva inviato un gufo quella mattina, dicendo che voleva parlargli per rispondere a ciò che era successo all’Oracolo, e dandogli appuntamento a casa sua, a Nott ManorFletus aveva fiutato la trappola, ma aveva deciso di andarci comunque. Poteva essere un’occasione per sapere qualcosa, e gli sarebbe bastato tenere gli occhi aperti e i nervi pronti per evitare sorprese. Idiota! esclamò mentalmente, rivolto a se stesso. Come aveva potuto essere così stupido?

Avevano parlato per un po’, poi, del tutto inaspettatamente, Nott aveva estratto la bacchetta e aveva urlato: “Legilimens!” Fletus, che non era un Occlumante, non era riuscito a fare nulla per impedire che gli frugasse nella mente. Ricordava ancora l’orribile sensazione dello sguardo di Nott nei suoi pensieri, avido e scrutatore, uno sciacallo in cerca della sua preda. E ricordò che cosa vi aveva trovato: l’indirizzo di Hermione.

Nott gli aveva preso dalla mente l’indirizzo di Hermione! La consapevolezza di questo fatto lo colpì come una mazzata allo stomaco. Aveva praticamente consegnato Draco al suo peggior nemico! Doveva andarsene, e subito!

Svanito il dolore alla testa, conseguenza dello Schiantesimo potentissimo con cui Nott l’aveva messo fuori gioco, Fletus sollevò il collo in avanti per vedere com’era messo. Una corda robusta e argentata era stretta attorno al suo torace, e gli immobilizzava le braccia dietro la schiena; un’altra corda della stessa natura era avvolta attorno ai suoi piedi. L’unica cosa che poteva fare era flettere le gambe, ma questo non serviva a granché per scioglierle. Fortunatamente, non ne aveva bisogno. Era o non era un Animagus?

Richiamando alla mente tutta la sua magia, Fletus iniziò a trasformarsi in ermellino, ma con terrore scoprì che non serviva a niente. Le corde, infatti, si rimpicciolirono con lui, e il risultato fu che, anche da ermellino, queste continuavano a stringerlo, impedendogli ogni movimento. Avrebbe dovuto pensarci, del resto: lui, al contrario di Rita Skeeter, era un Animagus iscritto al registro, perciò non era difficile conoscere il suo segreto… a patto di avere i soldi e le capacità di arrivare a leggere la lista, cosa che Nott molto facilmente aveva.

Depresso, Fletus appoggiò a terra la sua piccola testa bianca e pelosa. Nott l’aveva incastrato proprio per bene. Senza bacchetta, legato in una cantina in casa di Nott, e con delle corde magiche che gli impedivano ogni movimento.

Un momento! Corde magiche? Quindi, resistenti a ogni incantesimo… ma non a qualcosa di non magico, forse. Guardò attentamente quegli strumenti di tortura. Erano sicuramente robuste, ma con la dovuta pazienza, forse… e poi, che alternative aveva?

Con uno sforzo, Fletus piegò in avanti il più possibile il suo lungo collo da ermellino, che cominciò a fargli un male cane per l’innaturale tensione. Ma funzionò: i suoi denti arrivarono proprio sopra le corde che lo stringevano al torace, e iniziarono a rosicchiare. Le corde non reagirono. Nessuna scarica, nessun incantesimo protettivo. La cosa era più che fattibile.

Pregò solo di non metterci troppo tempo.

HERM (in occhiali da sole e costume da bagno): Be', io vado! Ci si vede tra tre settimane!!
DRACO: Come "tra tre settimane"? Fletus, che succede?
FLETUS: Be', visto che per due capitoli saremo solo tu, io e Nott, ho concesso a Hermione un po' di riposo al mare, visto il caldo di questi giorni...
DRACO: Al mare? Da sola? FLETUS, VATTENE PRIMA CHE TI SCHIANTI! (e corre dietro a Herm) 

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Capitolo 20
*** Il volto della verità ***


HERM (con Draco a fianco): Fletus...
FLETUS (distratto, mentre scrive qualcos'altro): Sì?
HERM: E' vero che hai cominciato a scrivere un'altra fanfiction che con noi non c'entra nulla?
FLETUS (sbuffa): Ragazzi, quante volte ve lo devo ripetere? Vi avevo detto che NON siete la mia unica fonte d'ispirazione, sì o no?
DRACO: Sì, ma siamo gelosi.
FLETUS (sorride, abbracciandoli entrambi): Tranquilli, amici miei. Non ho nessuna intenzione di buttarvi via. Proprio nessuna. Fidatevi di me, eh?

 

CAP. 20:

IL VOLTO DELLA VERITA'

 

Si risvegliò dallo svenimento con una sensazione estremamente dolorosa al cranio. Aveva la testa che sembrava andargli letteralmente a fuoco, mentre cercava di capire cosa fosse successo e, soprattutto, dove si trovava in quel momento. Era sdraiato su un divano, in quello che sembrava una specie di salotto dallo stile abbastanza antiquato, ammobiliato con un’eleganza talmente estrema da risultare falsa, con le pareti bianche e le decorazioni gialle, poco illuminata. Se il suo gusto estetico fosse stato un organo vitale, probabilmente sarebbe morto sul colpo.

Cercò di tirarsi su dal divano su cui stava sdraiato, mentre man mano il dolore alla testa se ne andava, lasciandolo libero di ragionare. Quando fu in piedi, fece per stiracchiarsi, e per sbaglio, invece di appoggiare le mani sulla schiena, le mise un po’ più in basso. In tal modo, poté sentire, nella tasca posteriore destra dei suoi pantaloni, la presenza di qualcosa di duro e quadrato. Lo tirò fuori: era il suo quaderno.

Alla vista di quell’oggetto, gli tornò tutto alla mente: la conversazione che aveva avuto con Hermione, il suono del campanello… il Mangiamorte. Nott!

“Ben svegliato, Draco. Dormito bene?”

Neanche l’avesse evocato, Theodore Nott era lì di fronte a lui, in carne, ossa, capelli castani e sorriso sarcastico. Draco Malfoy trattenne l’impulso di saltargli addosso e cominciare a massacrarlo di pugni. Per quanto gli riuscisse molto difficile, sapeva che non sarebbe stata la mossa più utile in quel momento.

“Theo” si limitò a replicare con un cenno del capo, cortese quanto bastava. “Vorrei dire che è un piacere rivederti, ma non mi piace dire bugie.”

“Oh, tranquillo, apprezzo la sincerità” replicò Nott. “In fondo, ci conosciamo da così tanto tempo che possiamo anche smettere di fingere.”

“Già, e credimi, ogni giorno rimpiango il primo in cui ti ho incontrato.”

Rise, Theodore Nott, di un riso divertito. “Bravo, Draco, è così che bisogna affrontare le situazioni difficili, con spavalderia. Ma siediti, ti prego: che non si dica che sono un cattivo ospite.”

“Che ne hai fatto di Hermione?”

A questa uscita di Draco, che non aveva minimamente accennato a sedersi, Nott rimase per un attimo in silenzio, sorpreso.

Hermione? Hermione? Ho sentito bene? Hai chiamato la Sanguesporco per nome? Wow, questa sì che è una notizia! Che ti è successo, Draco? Dov’è finito il Purosangue stronzo che conoscevo e odiavo? Non mi sarai diventato un Babbanofilo, spero, perché mi staresti ancora più antipatico…”

“Theo, in questo momento mi risulta difficile non desiderare di spaccarti la faccia più di quanto sto già facendo, ma se non rispondi subito, potrei anche cominciare a farlo.”

“Tranquillo, tranquillo, la tua amichetta Mezzosangue è ancora dove l’ho lasciata. Si dovrebbe risvegliare adesso, con un gran mal di testa.”

Più rilassato, Draco Malfoy si sedette sul divano, mentre rifletteva su quello che aveva appena appreso da queste parole. Hermione non gli interessava, allora: Theodore voleva solo lui. Molto bene, l’avrebbe avuto… per il momento.

“Che cosa vuoi, Theo?”

“Vuoi la risposta breve o quella lunga?”

“Decidi tu.”

“Permettimi di partire con un’altra domanda: come va la tua memoria?”

Sapeva che prima o poi ci sarebbero arrivati, ma non si aspettava così presto. Da quel che si ricordava, Nott preferiva girare intorno agli argomenti, confondendo l’interlocutore, circuendolo, come un autentico serpente. Meglio così, si disse poi.

“Abbastanza bene, anche grazie all’aiuto che mi avete dato tu e quell’altro stronzo di Blaise. I miei ricordi hanno cominciato a tornare.”

“Ah, quindi ti ricordi già che hai provocato la morte di tuo padre?”

La fitta di dolore allo stomaco e al petto costrinse Draco a piegarsi in due, le gambe divenute improvvisamente molli. Di nuovo, la visione di suo padre piangente tornò a comparirgli di fronte agli occhi. Cercò di riprendersi in fretta: non avrebbe dato a Nott la soddisfazione di vederlo soffrire. Raccogliendo tutte le sue forze, riuscì a tornare dritto sul divano, e a scoccare al suo avversario un’occhiata di fuoco.

“Evidentemente ancora no” constatò quest’ultimo, impassibile. “C’è ancora un po’ di strada da fare.”

“Ma a te cosa importa?” gli sibilò contro Draco. “Perché vuoi che io ricordi?”

Nott, che si era appena acceso una sigaretta, non rispose subito alla domanda. Prima tirò due boccate di fumo, lasciando che il vapore della nicotina gli circondasse la testa. Non ha perso il gusto per la teatralità, pensò Draco guardandolo.

“Mi importa, amico mio” e sputò fuori quelle parole quasi fossero qualcosa di velenoso “perché se tu non ricordi e non mi segui di tua spontanea iniziativa… come sono sicuro farai… tutto quello che ho fatto in questi quattro anni si rivelerà assolutamente inutile.”

“Ma davvero?” replicò il biondo. “Be’, sono lusingato dall’avere una simile importanza, ma mi potresti spiegare per quale motivo dovrei seguirti a Riddle Manor? Perché è lì che vuoi portarmi, giusto?”

“Non lo negherò. Quella casa è la mia maledizione da quattro anni. Quattro dannati anni, da quando tu hai rovinato tutto.” La rabbia si dipinse sui lineamenti dell’uomo, cancellando per un momento la maschera di sarcasmo. “Tu e il tuo… paparino vigliacco. Ancora mi chiedo come ha fatto l’Oscuro a fidarsi di gente come voi.”

“Invidioso, Theo?” Adesso era il turno di Draco di essere sarcastico. “Allora è proprio vero che certe cose non cambiano mai. Anche a Hogwarts tentavi sempre di superarmi, in un modo o in un altro…”

“Oh no, stavolta ti sbagli, Draco. Non vedo per quale motivo dovrei invidiare il figlio di un traditore suicida.”

Il dolore tornò a colpirgli il petto e lo stomaco, stavolta con molta più forza. Draco cadde a terra, boccheggiante, mentre l’ultima parola di Theo, suicida, continuava a rimbombargli nel cervello. No, non è vero… no, non è vero…

“E’ difficile da accettare, vero?” La voce del suo aguzzino, adesso vicinissima, gli entrò nell’orecchio, come una lama gelida. “Soprattutto a causa delle circostanze in cui è avvenuto, e che sono sicuro in qualche parte del tuo cervelletto tu ricordi benissimo. Come ricordi benissimo quello che è successo prima… il rito, il suo fallimento, gli uomini risucchiati dal muro e dal pavimento… per colpa tua!”

A ogni parola di Nott, il dolore si faceva più forte, e la ridda dei ricordi sempre più veloce. Greyback divorato dal muro, Nott senior dal pavimento, una nuvola verde nell’aria di Riddle Manor, suo padre che urlava… frammenti di ricordi che gli ondeggiavano senza tregua di fronte agli occhi. Questa volta, riprendersi fu molto più difficile per lui, ma con uno sforzo immane ci riuscì.

“E’… per questo… che mi hai spedito ad Azkaban?” sputò infine fuori, anche se a fatica.

“Azkaban doveva solo essere il primo passo, Draco. Ti avrei fatto evadere io stesso, dopo qualche mese, e credo mi sarei divertito a vederti scappare per le vie di Londra, inseguito dagli Auror, braccato come un animale, prima di contattarti.”

Il dolore si era attenuato, rendendo possibile a Draco iniziare a riflettere sull’ironia della situazione: Nott l’aveva mandato in galera col progetto di farlo evadere… e lui era evaso lo stesso da solo! Avrebbe potuto anche riderci sopra, se la situazione non fosse stata maledettamente seria.

“Volevo farti assaggiare il morso della disperazione, volevo che sentissi cosa significa non avere nessuno, dover contare solo sulle proprie forze quando tutti gli altri ti voltano le spalle. Quando ho saputo che eri tornato come Hades, io e Blaise abbiamo pensato di ricominciare il gioco… e avrebbe funzionato, Draco, te l’assicuro. Prima o poi, saresti strisciato ai nostri piedi, pregando che ti lasciassimo in pace.”

“Certo, come no…” trovò la forza di sogghignare Draco, mentre gli diventavano evidenti, all’improvviso, due fatti.

Il primo, che con tutta la sua astuzia a Nott non era venuto in mente che Fletus potesse essere coinvolto: insomma, il coinvolgimento di Hermione poteva essere totalmente inaspettato e imprevedibile, vista l’attenzione che ci avevano messo a nasconderlo, ma il giornalista era divenuto il manager di Hades LeSerp dopo il suo ritorno, lui al posto di Nott si sarebbe fatto venire qualche dubbio!

Il secondo, che Theo aveva paura. E non ci voleva molto a capire perché: con Blaise Zabini in mano a un Auror, aveva i minuti contati, perché il moro non era mai stato un campione di resistenza agli interrogatori. Theo l’aveva rapito perché voleva concludere tutto prima che gli Auror arrivassero a lui.

“So cosa stai pensando.” La voce di Nott interruppe il corso del suo ragionamento. “Non dirmi niente, so di essere stato un idiota e di avere poco tempo. Ma è più che abbastanza per farti fare quel che ho in mente.”

Per tutta risposta, Draco si limitò a ghignare. Cosa credeva, quel verme, di mettergli paura?

“Ridi, ridi” gli rispose Nott. “Ti assicuro che tra poco avrai finito di farlo, forse per sempre.”

“Cos’è, Theo, vuoi uccidermi? Devo essere il prossimo pasto di Riddle Manor?”

“Non proprio, Draco, non proprio. Hai detto che ti ricordi il rito, no? Quindi ti ricordi anche cosa doveva fare tuo padre?”

Questa volta, Draco non si lasciò cogliere impreparato dal dolore. Stringendo i denti, lo affrontò, e riuscì a non essere sopraffatto. Fu così che la visione gli risultò immediatamente più chiara: suo padre che stringeva la mano… di Lui, mentre sua madre teneva alzata la bacchetta. Due parole gli si stamparono nella mente, chiare come incise a fuoco: Voto Infrangibile.

“Esatto, Draco. Voto Infrangibile.” Theodore Nott era tornato a ghignare, vedendo la comprensione farsi strada negli occhi del suo ex compagno di scuola. “E voglio essere buono, ti dirò quali erano i suoi termini: tuo padre avrebbe dovuto offrire il proprio corpo al Signore Oscuro, nella remota possibilità che Potter dovesse vincere.”

Come un lampo durante una tempesta squarcia la notte, le parole di Theo squarciarono il velo che separava Draco dai suoi ricordi smarriti.

Ricordò Piton che lo svegliava dicendogli che Lui voleva vederlo, i Mangiamorte radunati nel salone della sua villa, suo padre che si dichiarava disposto a fare di tutto per rimediare agli errori suoi e di suo figlio, Lui che proponeva il patto scegliendo sua madre come Suggello. Ricordò il sudore freddo sulla schiena mentre ancora tentava di negare che quello che aveva visto fosse realtà, e poi…

Poi Lui si era avvicinato, mentre i suoi già erano usciti, e chinatosi aveva sussurrato al suo indirizzo una diabolica esortazione a fare del proprio meglio. In quel momento, Draco aveva compreso che Lui aveva voluto farlo assistere senza che suo padre sapesse niente, così da legare a sé tutti quanti loro. Ondate di puro odio lo invasero, mentre lottava per impedire ai suoi occhi di piangere, chiamando a raccolta tutto il proprio orgoglio.

“Calmati, Draco, calmati.” Suadente e melliflua, la voce di Theo lo raggiunse da quello che sembrava un posto molto lontano. “Capisco i tuoi sentimenti, credimi, ma non è il momento di lasciarsene travolgere. Non hai ancora finito di ricordare.”

“Dimmi tutto e falla finita!” esclamò Draco, il dolore sparito, la rabbia rivolta contro l’ex compagno, che afferrò per la collottola e tirò a sé.

“Farò di meglio, Draco. Ti lascerò vedere i miei ricordi.”

Draco non credette subito alle proprie orecchie. Aveva sentito bene? Theodore Nott l’avrebbe lasciato…

“Guardare nei miei ricordi, sì. Certe cose preferisco che tu le veda con i tuoi occhi. Ecco, prendi la mia bacchetta.”

L’impugnatura lignea di quest’ultima si alzò tra di loro, tenue linea scura a separarli. Con qualche esitazione, la mano di Draco si mosse per prenderla.

“Tranquillo, Draco. Non c’è trucco e non c’è inganno. Tu sei un Legilimens, io un Occlumante. E le porte di casa mia sono tutte bloccate da un incantesimo che permette solo a me di uscire. Anche se volessi scappare, non potresti farlo. Forza, guarda pure.”

Le dita di Draco si strinsero attorno al legno della bacchetta di Nott, mentre tra i due Serpeverde continuava a intrecciarsi una silenziosa battaglia di sguardi, la fredda determinazione degli occhi castani di Nott contro la dubbiosa rabbia di Malfoy.

Draco indietreggiò di fronte alla possibilità, che finalmente gli si presentava, di ricordare, mentre un oscuro timore lo faceva tremare. Tutto il suo corpo sembrava ribellarsi all’idea, come sentisse che qualcosa di terribile sarebbe sorto dalle oscurità di quella mente piena d’odio.

Ma poi, una voce soave gli sussurrò all’orecchio della memoria di non avere paura. Draco si aggrappò ad essa, a quegli occhi color cioccolato che l’avevano sostenuto, incitato a non temere il proprio passato. La presa sulla bacchetta si fece più forte, mentre Draco si decideva. Non sarebbe fuggito, non dopo tutto quello che Hermione aveva fatto per lui.

Draco e Nott erano così impegnati nella discussione, che nessuno dei due si accorse del piccolo muso bianco, che cautamente si sporgeva dalla porta. Due occhi castani, circondati da una striscia di pelo più scura, guardavano il loro confronto pieni di paura ed apprensione.

Dopo essersi liberato dalle corde, Fletus aveva girato tutto il maniero dei Nott da ermellino, cercando una porta, una finestra, qualsiasi apertura verso l’esterno che gli permettesse di uscire. Li aveva trovati, ma dopo numerosi tentativi aveva capito che era impossibile andarsene: le finestre non si muovevano di un millimetro, le maniglie delle porte e delle finestre sembravano pietrificate. Frustrato e stanco, anche di essere un ermellino, Fletus aveva cercato di farsi venire in mente un’idea.

Alla fine, tutto quello che era riuscito a pensare è che doveva trovare Nott e tampinarlo, finché quest’ultimo non fosse uscito. Evidentemente, la villa aveva un incantesimo di protezione, che solo il suo proprietario poteva sciogliere. Il punto debole di questa idea erano i comodi di Nott, ma che alternative aveva? Minacciarlo senza l’uso di una bacchetta sarebbe stato perfettamente inutile.

Così si era rimesso all’opera, perlustrando di nuovo l’intero maniero, finché non aveva sentito la voce di Draco che urlava: “Perché vuoi che io ricordi?”

Un brivido freddo gli era corso lungo la spina dorsale, e aveva corso, con tutta la velocità consentitagli dalle sue zampette, pregando ogni Dio, esistente o meno, di arrivare in tempo, anche se non sapeva precisamente per cosa. Aveva raggiunto lo studio, ed era rimasto a origliare.

Due buone ragioni non l’avevano fatto intervenire: non avrebbe migliorato di molto la situazione, visto che lui e Draco erano entrambi prigionieri, e finalmente si sarebbe chiarita una volta per tutte la situazione. Inoltre, si disse dopo un po’, in un futuro processo simili ricordi potrebbero risultare utili.

Ma queste considerazioni non impedirono al suo cuore di balzargli dritto in gola, quando vide Draco che, afferrata la bacchetta e puntatala contro la tempia di Nott, sussurrava: “Legilimens”.

 

***

Il vortice di suoni e di colori suscitato dall’incantesimo si fermò, facendogli apparire davanti la sala di Riddle Manor in tutta la sua spaventosa ampiezza. Deglutì, tentando di controllare la paura che montava dentro di lui come una marea. Percepì invece l’eccitazione del ricordo, il senso di trepida attesa che doveva aver provato Theo quella notte.

E lo vide, l’ex compagno, al braccio del padre, avvolto nella tunica nera, in mezzo ai Mangiamorte che affollavano la sala. C’erano i Carrow, c’era Dolochov, c’era Greyback, tutti su di giri, tutti pronti a veder risorgere il loro Signore dalla morte.

Le chiacchiere si trasformarono in un sussurro eccitato quando un sonoro crack annunciò l’arrivo dei suoi genitori. Gli occhi di Draco si fecero umidi nel rivederli lì, vivi, stretti l’uno all’altra. Gli sembrò persino che la sua bocca si muovesse e sussurrasse: “Mamma… papà…”

“Ben arrivato, Malfoy.” Nott senior si fece largo tra i Mangiamorte e si inchinò di fronte a suo padre. “Sei pronto a rispettare il tuo voto?”

“Sì” proferì suo padre, apparentemente senza battere ciglio. Ma Draco poteva capire dalla forza con cui sua madre lo teneva stretto che solo l’esercitato autocontrollo impediva a suo padre di mostrare la paura.

I Mangiamorte allora si disposero a cerchio attorno a una sedia posta al centro della stanza. Greyback si avvicinò ad essa, tirando fuori da una tasca del mantello una boccetta contenente sangue. Aveva uno sguardo famelico, mentre versava il rosso liquido sulla sedia, tracciando su di essa oscuri segni.

Allora Dolochov si fece avanti, intonando un’incomprensibile cantilena, con le mani alzate a intrecciare segni sul sangue appena sparso. Una pallida luminescenza verde si propagò dal pavimento sulla sedia, lungo la via che il sangue aveva tracciato scorrendo a terra. Alla luminescenza, seguì un fumo che si fece via via più denso, mentre si elevava da terra in una lunga e stretta colonna.

E poi, il fumo assunse un volto: il Suo volto, ghignante e orribile come in vita.

“Lucius…” sibilò, vedendo suo padre ritto di fronte a lui. “Sei pronto, mio fedele Malfoy? Pronto all’estremo sacrificio per il tuo Signore?”

NO! No, papà, non farlo! No!

“Sì, mio signore. Sono pronto”. La voce di suo padre era completamente atona.

La Sua anima allora si rizzò all’indietro come un serpente, come se prendesse la rincorsa per fiondarsi meglio all’interno del corpo di suo padre.

E fu in quel momento che una voce terribilmente familiare urlò: “PAPA’!! NOOOOO!!!”

DRACO (ricomponendosi): Comunque, quand'è che dovrebbe uscire questa fanfiction nuova?
FLETUS: Nelle Storie Originali, sezione Soprannaturale. Spero di pubblicare il primo capitolo la settimana prossima. Perché?
DRACO: Mah, così... Può darsi che dia un'occhiata...
HERM: "Solo" un'occhiata? Io penso proprio che la leggerò per intero! (è di nuovo in costume) Torno al mare, scusatemi! Ci si vede! (Draco la afferra un attimo prima che si Smaterializzi, così scompaiono assieme)

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Capitolo 21
*** Colpevole ***


Fletus sta armeggiando su un tavolo vestito alla Frankenstein, attorno al corpo seminudo di una ragazza dai lunghi capelli rossi e dal viso da bambola.
HERM (entrando assieme a Draco): E questa chi è?
FLETUS (senza scomporsi più di tanto): Alyx Slaydrake. Personaggio originale, la conoscerete presto. Entrerà a far parte delle mie storie a breve.
DRACO (fischiando d'ammirazione): Hai buoni gusti, Fletus... (Herm lo guarda malissimo)

CAP. 21:

COLPEVOLE

Fu con autentico terrore che Draco Malfoy vide se stesso, il se stesso di quattro anni fa, lanciarsi a testa bassa verso suo padre, facendosi largo attraverso il gruppo dei Mangiamorte troppo stupiti per reagire. Nello stesso istante, il serpente di fumo verde che costituiva l'anima dell'Oscuro si mosse verso il petto di suo padre, in un movimento deciso e scattante.
La visione rallentò, permettendo a Draco di vedere con chiarezza il momento culminante del ricordo, sospeso in un'atmosfera irreale di stupita attesa. Vide se stesso arrivare da suo padre, urtarlo e spingerlo a terra; vide l'ombra verde arrivare un attimo più tardi e mancare di un soffio suo padre; e sentì l'urlo di smacco e delusione che uscì da quel cono di fumo verdastro.

Privata del suo obiettivo primario, l'anima dell'Oscuro continuò la sua carica, infrangendosi in mille rivoli che si sparsero per la sala. Riddle Manor tremò, causando paura nell'animo dei Mangiamorte, che si domandavano cosa sarebbe successo, ora che il rito era stato spezzato. La poltrona insanguinata da cui l'anima di Voldemort era sorta risplendeva di un bagliore verdastro sempre più acceso.

Dopo qualche secondo, tutto cessò, e un silenzio innaturale si sparse sul luogo. I Mangiamorte si guardarono l'un l'altro, indecisi, mentre suo padre si rimetteva in piedi, fissandolo con una domanda muta negli occhi.

Figlio mio, che cosa hai fatto?

E poi, il pavimento si spalancò sotto i piedi di Nott senior, proprio davanti a Draco. Del fumo verde ne venne fuori, afferrando il Mangiamorte e trascinandolo urlante nella cavità. Anche i muri si spalancarono, e simili fumi verdi si slanciarono ad afferrare i Mangiamorte più vicini, come il padre di Gregory e quello di Nott. Ben presto, nella sala fu tutto un fuggi fuggi degli uomini spaventati, che ceravano disperatamente di evitare i letali fumi verdi, mentre da lontano si sentivano arrivare gli Auror.

E Draco capì cos'era successo: lui aveva impedito che il rito riuscisse, ma l’inferno non si era ripreso l'anima dell'Oscuro, che si era fusa con le pietre, i mattoni, i muri di Riddle Manor, padrona di un'esistenza larvale, che per sopravvivere doveva nutrirsi di esseri umani.

Ed era tutta colpa sua.
 

***

Urlando di disperazione, Draco Malfoy smise di guardare i ricordi di Nott e ritornò nel mondo reale, nel salotto della casa del suo ex compagno di scuola. La testa gli faceva male, molto più male di quanto gli avesse mai fatto, ma non era quella la cosa peggiore. No, era molto peggio sentire, essere sicuro che ciò che aveva visto nei ricordi di Nott fosse l'assoluta, completa, piena verità; era molto peggio dover accorgersi che aveva appena ricordato tutto ciò che gli era successo.

Ricordava che suo padre, sapendo che i Mangiamorte sarebbero venuti a cercarlo, aveva mandato via lui e la madre, praticando un Incanto Fidelius sul loro nascondiglio in Scozia ed autoeleggendosi Custode Segreto... prima di suicidarsi.
 

***

“Perdonami, figliolo...” Suo padre piangeva, abbracciandolo. “Mi dispiace per tutto... se avessi immaginato che sapevi, io... io te l'avrei detto che avevo un piano... che avevo chiamato gli Auror…”

L'aveva convocato nel suo studio, per dirgli addio. Gli aveva raccontato dell'Incanto che aveva operato e della decisione che aveva preso. Draco era esploso a quella notizia. L'aveva pregato di non farlo, di scappare assieme a loro, di non lasciarlo così. Ma sapeva che era inutile: quando suo padre si metteva in testa una cosa, niente al mondo l'avrebbe mai dissuaso.

“Non sentirti in colpa per me” gli aveva sussurrato. “Sono io l'unico colpevole, io quello che ha disonorato il proprio nome seguendo un pazzo assassino. Tu non hai colpe, figlio mio, tu... tu sei una mia vittima, e non mi perdonerò mai per questo.”

Gli aveva chiesto scusa per non essere stato affettuoso con lui, per aver avuto paura di essere debole facendolo, per non averlo mai incoraggiato.

“Ti voglio bene, figlio mio. Ti amo, e non potrei desiderare un figlio diverso da te.”
 

***

E come quattro anni prima, Draco esplose in lacrime, mentre rimorsi e ricordi risorgevano in lui, e la sua memoria completava il quadro. Era stata sua madre a praticare l'Incantesimo di Memoria, a chiudere lontano da lui quei sensi di colpa che gli avvelenavano l'esistenza, e gli toglievano ogni gioia. Sua madre, che soffriva al vederlo apatico, indifferente, spezzato da ciò di cui si incolpava continuamente, incapace di scrivere una sola nota, di pensare un solo pensiero felice. E pianse, Draco Malfoy, pianse tutte le lacrime per il dolore che lo attanagliava da quattro anni, senza via di scampo.

Non seppe mai quanto tempo passò prima che si ricordasse che era in casa di Theodore Nott, e stava piangendo di fronte a lui.

“Tranquillo, se vuoi piangere ancora sei libero di farlo” lo rimbeccò questi. “Ti odio, ma non oserei mai vietarti di piangere. In fondo, è naturale, nella tua posizione.”

Il dolore fu immediatamente sostituito dalla rabbia, e l’ultimo dei Malfoy recuperò in un attimo tutta la sua presenza di spirito e il suo orgoglio. Si alzò in piedi, gli occhi adesso fiammeggianti, le mani che tremavano convulsamente.

“Tu vuoi rifarlo, vero? Vuoi ripetere il rito con me al posto di mio padre! Tu… tu hai tenuto in vita quel mostro per…”

“Io sono stato fedele a quello che ho giurato tempo fa, Draco, e a quello per cui mio padre è morto! Credi forse che mi rassegni a vedere questo mondo andare in rovina per colpa di barbari Mezzosangue e mezzi mostri, che non sanno nulla di cosa voglia dire essere un mago?”

“E sei disposto a imporre una tirannia per questo? A strisciare ai piedi di un pazzo ogni giorno della tua vita, servo di un padrone pronto a ucciderti senza pensarci due volte per gioco?”

“Una cosa per volta, Draco, una cosa per volta. In fondo, non è detto che il pazzo in questione sarà sempre utile…” Il ghigno di Nott aveva qualcosa di inumano mentre pronunciava queste parole, qualcosa di fronte a cui Draco arretrò impaurito. Io sono stato così? si chiese, rendendosi conto che, solo cinque anni prima, quelle parole avrebbe potuto benissimo pronunciarle lui.

“Comunque, questi sono discorsi superflui.” Nott agitò una mano nell’aria noncurante, come se non avesse detto niente di strano. “Domani notte, noi due andremo a Riddle Manor, io ripeterò il rito e tu offrirai il tuo corpo.”

Questa volta fu il turno di Draco di ghignare. “Ah, sì? E mi potresti spiegare perché dovrei farlo, di grazia, mandando a puttane il sacrificio di mio padre… ed estinguendo la mia famiglia?”

“Non è colpa mia se il rito può funzionare solo se l’offerta del corpo è libera. Fosse per me, ti costringerei volentieri. Ma credimi, Draco, ti darò dei buoni motivi per farlo.”

Nott si sedette sulla poltrona del salotto, accavallò le gambe e intrecciò le dita, assumendo la stessa aria molto seria che usava nel suo studio da politico per parlare con i suoi collaboratori.

“Se ti conosco, Draco, in questo momento una parte di te si sta vergognando profondamente di quello che ha fatto. Ti senti in colpa, una colpa che ti dilania, che non ti farà dormire la notte, per quanto tu possa cercare di ignorarla. E tu faresti qualsiasi cosa per rimediare, giusto?”

Draco non gli diede la soddisfazione di riconoscere che non sbagliava. C’era per davvero quel senso di colpa, quel peso sul cuore, che lo faceva sentire piccolo, debole, impotente… colpevole.

“Io ti offro la possibilità di farlo. Se tu cedi il tuo corpo… se tu accetti l’Oscuro dentro di te… e lo vinci, annullando il rito… allora non dovrai più vergognarti di fronte a tuo padre e alla tua famiglia, né di fronte al mondo magico. E non dirmi che non desideri poter tornare a procedere a testa alta come sei stato abituato a fare, poter dire al mondo che non sei il codardo figlio di papà che tutti credono tu sia!”

Solo la dignità impedì a Draco di mettersi le mani sulle orecchie per smettere di ascoltare. Le parole di Nott gli facevano male, penetravano all’interno della sua coscienza, risvegliavano il suo desiderio più profondo.

“Oh, chiariamoci: io non credo minimamente che tu possa vincere. Sei un debole, Draco, sei sempre stato un debole. Con tutte le tue arie da nobile e i tuoi modi da rampollo dell’alta società, sei un ragazzino immaturo che sa solo frignare.”

Adesso era il suo orgoglio ad essere stato stuzzicato. Lui non era un debole! No, che non lo era! Era scappato da Azkaban, per Merlino! E quando Hermione l’aveva incitato, non aveva avuto paura ad affrontare ciò che si nascondeva dietro la sua amnesia!

Hermione… il ricordo di lei penetrò attraverso la sua disperazione, come un raggio di sole. Mai, come in quel momento, avrebbe avuto bisogno di lei, che l’aveva accolto, protetto, perdonato, che gli aveva promesso di non abbandonarlo mai.

“Pensa…” La voce di Nott, vicinissima, lo fece sobbalzare. Non si era accorto che l’altro si era alzato, portandosi davanti a lui. “Pensa a come ti ripresenterai al mondo magico e alla tua Mezzosangue. Un Mangiamorte redento… colui che ha impedito il ritorno dell’Oscuro… dimenticherebbero tutti subito chi sei stato, e la tua amichetta farebbe davvero un bel colpo per la sua carriera.”

Come mi conosce poco, fu tutto quello che pensò Draco. Nott pensava davvero che gli importasse il successo che avrebbe avuto? La prima cosa che veniva insegnata a un Malfoy era che né la propria vita né la propria famiglia andavano mai sacrificate, per nessuna ragione così poco nobile. Ma per il resto ha ragioneHermione, dove sei?

“Lasciami solo. Per favore, lasciami solo.” Era quasi una preghiera quella che gli uscì dalle labbra.

“Come preferisci” acconsentì Nott. “Ti ricordo solo che non puoi scappare, la casa è sotto incantesimo. Solo io posso inviare gufi o comunicare con l’esterno. Volente o nolente, tu domani andrai a Riddle Manor con me. E ora, buona riflessione.” E se ne andò, facendo strisciare per terra il lungo mantello nero.

Draco si accasciò sulla poltrona rimasta libera. Era di nuovo solo… di nuovo, dopo tre settimane in cui era stato circondato da affetto e amicizia. Davanti a sé, una scelta terribile; dentro e dietro di sé, il peso di una morte provocata per errore. Sì, era vero, avrebbe fatto di tutto per rimediare, ma la sola idea di ripetere il rito lo faceva tremare. Si rannicchiò sulla poltrona, un cucciolo smarrito abbandonato dal destino alla sua sorte, privato dell’unica presenza che poteva confortarlo in quel momento.

“Hermione, dove sei?” sussurrò.

“Io vado bene lo stesso?”chiese un’altra voce, meno dolce di quella di Hermione ma dotata dello stesso calore. Incredulo, Draco levò lo sguardo a incontrare il sorriso amichevole di Fletus Chattongue, tornato in forma umana, e per un attimo pensò fosse un’allucinazione.

“Fletus? Che… c-come…”

“Temo di essere io la causa di tutto questo” spiegò Fletus, narrando poi come Nott l’avesse fatto cadere in trappola. “Ho visto tutta la conversazione, anche se non i ricordi. Mi dispiace di non essere Hermione, ma se si accontenta…”

Draco proprio non riuscì a non sorridere di gratitudine all’offerta del giornalista. Non era più solo, adesso. Gli disse tutto, tutto quello che aveva visto nella mente di Nott, e infine la proposta che gli era stata fatta.

“N-non starà pensando di accettare, vero?” chiese Fletus alla fine del racconto, esitante. “Lei… non vuole farlo, sì?”

Draco non rispose alla domanda. Raccontare tutto, confidarsi, gli aveva fatto uno strano effetto. Era più calmo, adesso, più lucido… e più capace di vedere che una parte di lui era innegabilmente attratta dalla prospettiva che Nott gli aveva sbandierato davanti.

“Non ci pensi nemmeno!” Fletus sembrava avere intuito quello che passava nella testa di Draco, e scattò. “La ammazzo io, piuttosto! Lei non ci va, chiaro?”

“Perché no?” chiese Draco. “Theo ha ragione. Se ripeto il rito e lo supero, ho risolto tutti i miei problemi, di coscienza e con la legge.”

“Ma non dica cazzate! Ci sono altre maniere di risolvere quei problemi, che non coinvolgono il rischio della propria vita nel prezzo!”

“E sarebbero?”

“Lei va a Riddle Manor, visto che comunque non può rifiutarsi, ma si rifiuta di ospitare quel fantasma, e così facendo fa fallire il rito. Troviamo prima una maniera di avvertire Gregory ed Hermione, in modo da cogliere Nott con le mani nel sacco, al di là di ogni teoria difensiva anche del Legimago più scaltro. Dopodiché, risolto questo, lei si consegna e noi, lentamente e con fatica, intraprendiamo l’opera di ricostruzione della sua buona fama. Semplice, no?”

“Sì, è molto semplice” assentì Draco, ma con poca convinzione. Fletus aveva ragione, quello era il piano che qualsiasi persona dotata di buonsenso avrebbe seguito, la via senza dubbio più sicura, anche se non priva di difficoltà. Ma proprio per questo era quella che lo convinceva meno.

“Per favore, Draco, mi ascolti” tornò a dire Fletus. “Io non posso tollerare di vederla morire. E neanche Hermione. Lei ha una vaga idea di quanto sia importante per la sua vita? E a nessuno di noi tre, comprendo anche Gregory, importa niente delle sue colpe, vere o presunte. Per la miseria, quel pazzo aveva fatto apposta a fare in modo che lei e suo padre ignoraste a vicenda il Voto! E lei non poteva sapere cosa sarebbe successo se il rito fosse fallito! Lei non ha nessuna colpa, Draco, lo vuole capire questo?”
Fletus continuò a parlare, cercando nel volto dell’altro una scossa, un segno che Draco gli stesse dando ascolto. Ma quel volto pallido restava immobile, freddo come il marmo.

“Draco, per favore, pensi a Hermione. Si immagina cosa significherebbe per lei perderla? Non ha ancora ricostruito un rapporto con i suoi ex migliori amici, ha appena rimesso in sesto una carriera che però può ancora crollare, e ha solo lei per aiutarla! Io non la voglio vedere soffrire, Draco… lei la ama…

Aveva appena detto quelle parole, che Draco Malfoy saltò su di botto dalla poltrona. Fletus indietreggiò spaventato, temendo di aver detto qualcosa che non doveva, ma Draco si limitò a restare lì, gli occhi sospesi nel vuoto e un sorriso che si allargava sulle labbra. Si guardò le mani e mosse le dita, come per accertarsi di averle ancora, e poi annuì silenziosamente.

“Tutto bene?” chiese Fletus, preoccupato. Draco lo guardò per un secondo e poi fece l’ultima cosa che il giornalista si sarebbe mai aspettato facesse: lo abbracciò, stringendolo forte.

“Sì, tutto bene, Fletus. Tutto bene, amico mio. Da questo momento,” disse lasciandolo andare, “sei libero di darmi del tu.”

“Le… cioè, ti è venuto in mente qualcosa?” Fletus non riusciva a capire lo scatto del biondo.

“Sì, Fletus, sì. E devo dire che in parte hai ragione: è da stupidi buttare via la propria vita così, specie quando hai degli amici che ti vogliono bene, come te. E d’altra parte, io ho fatto un giuramento, la notte che sono scappato da Azkaban: sulla tomba di mia madre, ho promesso che avrei procurato a chi mi aveva fatto incarcerare un biglietto di sola andata per quella prigione e, per Salazar, lo farò!”

“Bravo, questo è lo spirito giusto!” esclamò Fletus, annuendo vigorosamente, anche se non lo convinceva per niente questa nuova esaltazione del Purosangue. Draco non gli aveva detto cosa gli era venuto in mente, e le sue parole sapevano di febbrile, di posseduto quasi. Ma per il momento, l’importante è che si fosse ripreso dalla sua depressione.

Draco batté le mani tre volte, e un elfo domestico si materializzò davanti a lui. “Vai dal tuo padrone, digli che accetto la sua proposta ma che gli devo chiedere un favore.” L’elfo scomparve
dopo aver fatto un cenno affermativo del capo. Allora Draco tirò fuori dalla tasca il suo quaderno rosso, facendone scorrere le pagine.

“Cos’hai in mente?” chiese Fletus avvicinandosi a lui. Draco si volse verso di lui, un sorriso smagliante sulla faccia. Un sorriso che avrebbe voluto essere rassicurante, ma che invece inquietò il giornalista.

“Be’, Draco Malfoy può sparire e basta, ma Hades LeSerp deve lasciare un’ultima canzone ai suoi fan, no?”

HERM: Nel prossimo capitolo torno in scena io, giusto?
FLETUS: Esatto, il prossimo è tutto per te, mia cara. E tranquilla: non ho progettato Alyx per farti da rivale.
HERM: Davvero? (Fletus annuisce) Benissimo, allora porto via il furetto, prima che si metta in testa strane idee...

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Capitolo 22
*** IMAGINEM FACE ***


Draco ed Herm restano basiti vedendo chi si è presentato sul set, e sta parlando amichevolmente con Fletus.
DRACO/HERM: TU??!!
PERSONAGGIO: Ciao, ragazzi. Tutto bene, Herm? Furetto?
DRACO: Sempre benissimo, quando ci sei tu in giro, sfr...
FLETUS: Ok, ok, i convenevoli a dopo, eh, Draco? Adesso tu vai a girare il tuo bel clip musicale e ci lasci in pace...
 

CAP. 22:

IMAGINEM FACE

Ancora niente. Questo le aveva appena detto Gregory, al telefono. E con quelle due semplici parole aveva seppellito tutte le sue speranze. Affranta, si sedette di nuovo sul divano. Il suo divano. Se si concentrava, poteva ancora sentire il suo odore. Strinse a sé un cuscino, cercando di non sentire il silenzio della casa vuota che minacciava di inghiottirla, il peso di quelle mura divenute ora stranamente inquietanti, di quelle luci che non davano più calore.

Non era passato neanche un giorno da quando Draco era stato rapito, ma quel tanto era bastato perché ne sentisse la mancanza. Quando, ore dopo essere stata Schiantata, si era ripresa, non ci aveva messo molto a ricordare cos'era successo. Aveva immediatamente chiamato Fletus, ma il cellulare del giornalista era irraggiungibile; aveva perciò provato con Gregory. L'Auror era accorso subito, interrompendo l'interrogatorio di Zabini, e si era fatto raccontare tutto quel che era accaduto. Si era accertato che stesse bene, prima di andare a iniziare le ricerche.

“Tranquilla”, aveva sorriso, “te lo riporterò entro poche ore, promesso.” Non aveva mantenuto la promessa.

Nott era sparito da Londra, e in casa di quest'ultimo non si era trovato un solo indizio che potesse essere utile per capire dove fosse andato. Gregory si era allora recato a cercare, all'ufficio anagrafe magico, l'elenco di tutte le proprietà di quest'ultimo, ma la procedura era lunga, e c'era poi da contare che Gregory doveva controllarle tutte senza, ovviamente, un'autorizzazione ufficiale. Un'impresa disperata.

Depressa, Hermione tentava di convincersi che non c'era nulla da temere realmente. Nott non voleva Draco morto, altrimenti non l’avrebbe mandato ad Azkaban, né avrebbe progettato con Zabini quella tortura psicologica. No, era più probabile che gli servisse vivo, e lei aveva il tremendo sospetto di sapere il perché: Riddle Manor. Aveva pensato di recarsi lì e aspettarli, ma il pensiero che Nott facesse sorvegliare la casa (e quindi il timore di cadere anche lei in una trappola) l'aveva trattenuta.

Non sapeva cosa fare. Sforzava la sua mente geniale, quella che tanti apprezzavano, cercando con tutte le sue forze una soluzione, ma non riusciva a trovarla. E intanto, la paura cresceva. A ogni squillo del telefono, al momento di rispondere, temeva che la voce di Gregory le dicesse che era tutto finito, che non c'era più niente da fare. Nemmeno ai tempi della guerra si era sentita così piccola, così impotente, come una canna scossa da una tempesta troppo forte. Adesso le sarebbe servito Harry, la sua testardaggine, la sua incrollabile volontà di andare avanti, senza pensare troppo.

In quel momento, il campanello suonò, risvegliandola dal suo dolore. Improvvisamente allarmata, Hermione non si mosse, e trattenne il respiro. Il campanello suonò di nuovo. Lentamente, si alzò dal divano e si diresse verso la porta, il cuore che sembrava scoppiarle in petto. La sua mano afferrò la bacchetta che teneva alla cintura e si posizionò per usarla. Dopo aver aspettato qualche secondo, Hermione aprì di scatto la porta e puntò la bacchetta verso il volto del nuovo arrivato.

Silenzio e sorpresa regnarono nei due minuti successivi, mentre lo riconosceva. All’inizio, pensò fosse un’allucinazione, giocatale dalla stanchezza e dal dolore. Ma più guardava quei capelli neri come l’ala di un corvo, quegli occhi verdi dietro la montatura degli occhiali tondi, quell’espressione imbarazzata così familiare, più lui sembrava diventare reale. E quando una voce – la sua voce, quella del suo migliore amico – la salutò esitante, non ebbe più dubbi.

“Harry? C-cosa ci fai qui?”

“E’ una lunga storia” sospirò Harry Potter. “Mi fai entrare, così te la spiego almeno stando comodo?”

Con un’occhiata sospettosa, Hermione si fece da parte, mentre il suo cervello, tornato in attività, cominciava a ribollire di domande, soprattutto una: come mai ricompare proprio adesso?

“Lo so quello che ti stai domandando” le fece eco lui. “Ma abbiamo poco tempo, quindi ti pregherei di ascoltare una spiegazione breve e di rimandare a dopo l’arrabbiatura, ok?” Lei annuì, ma non gli rispose. Quando Harry cominciava a parlare così, voleva dire che metteva le mani avanti, e in tal caso, doveva aver combinato qualcosa di molto, molto grosso nei suoi confronti.

“Allora, so tutto di te e di Malfoy. Fletus ha lavorato per me fin dall’inizio, e anche Gregory, che mi ha fatto da copertura con te. Non mi sono rivelato prima perché volevo evitare che la stampa, che ancora mi sta incollata come una sanguisuga, si interessasse al caso, anche perché con la fama che ha Malfoy avrebbero dato addosso sia a lui sia a me, se l’avessi difeso. Per lo stesso motivo, non ho detto ai miei capi al dipartimento Auror che mi interessavo del caso, l'ho confidato solo a Kingsley. E sempre per lo stesso motivo ho… lasciato… che fossi tu a indagare, ti ho usato, insomma, e mi dispiace.”

 

Harry fece una pausa, e guardò di sottecchi Hermione, temendo ci fosse un’esplosione di rabbia in arrivo. Ma Hermione non mosse un muscolo e non proferì parola, si limitò a fargli un cenno del capo perché proseguisse.

“Sono qui adesso perché, quando Gregory mi ha detto le ultime novità, ho mandato un gufo a Tom, al Paiolo Magico, dicendogli che Hades LeSerp era in grave pericolo e che qualsiasi cosa venisse a sapere di lui la riferisse subito a me. E pochi minuti fa, è arrivato un gufo con una lettera d’addio di LeSerp, il suo quaderno e una canzone nuova. Sono convinto che sia un messaggio di Malfoy, e voglio che tu lo legga insieme a me.”

In quel momento, la mente e il cuore di Hermione Granger erano un calderone di pensieri, l’uno più agitato dell’altro. Sorpresa per la comparsa improvvisa di Harry e le sue rivelazioni, rabbia per essere stata usata, felicità al capire che Draco era ancora vivo, visto che era riuscito a mandare un messaggio, timore che fosse un’illusione, un inganno di Nott… Fu con molta difficoltà che calmò quel turbine di sensazioni.

“Fammi vedere quella lettera” disse, tremando.

“Prima devo farti le mie scuse” rispose Harry, chinando la testa, con aria colpevole. “Non avrei dovuto usarti in questo modo, sarei dovuto venire da te subito, appena Fletus mi ha detto che ospitavi Malfoy e volevi impegnarti a scagionarlo. Però ho pensato che forse lui non avrebbe voluto collaborare con me, e che tu non volessi rivedermi. Insomma… non sono stato un buon amico, in questi quattro anni…”

“Ma piantala con le sciocchezze, Harry!” Hermione quasi urlò dall’impazienza. “Parleremo dopo di queste cose” disse, più calma. “Adesso, vediamo di fare in modo che almeno siano servite a qualcosa. Dammi quella lettera.”

“Posso almeno abbracciarti e dirti che mi sei mancata, prima?” insistette il moro, abbozzando un timido sorriso. Hermione esitò ancora un attimo, poi fu lei a buttarsi fra le sue braccia. Solo pochi istanti prima, aveva desiderato la sua presenza, e adesso il suo migliore amico era lì, sapeva tutto e l’avrebbe aiutata. Quanto alle sue azioni, ne avrebbero discusso più tardi: per il momento, la cosa importante era essere di nuovo insieme.

La lettera in sé non conteneva niente di interessante. Dopo averla esaminata per quattro-cinque volte, giunsero alla conclusione che era esattamente ciò che sembrava, una lettera d’addio di Hades LeSerp ai suoi fan. Più che logico, si disse Hermione: Draco doveva essere comunque prigioniero e sorvegliato a vista, e il suo carceriere, a meno di non essere un completo idiota, avrebbe letto il suo messaggio prima di spedirlo. Hermione aprì quindi il quaderno, sfogliandolo febbrilmente finché non giunse all’ultima pagina, dove c’era la canzone. La riconobbe subito.

“Ma questa è Confrontation!!!” esclamò. Poi aggiunse, spiegando a un Harry che non aveva colto: “Viene dal musical su Jekyll e Hyde. E’ la canzone dove Jekyll e Hyde si confrontano, in cui Hyde dice che non lascerà mai andare Jekyll e sarà la sua maledizione… che vivrà dentro di lui!”

“Come Malfoy e Voldemort!” gridò Harry, comprendendo. “Quindi, il messaggio è nella canzone” continuò, riflettendo. “Però non può essere nel testo, perché come ha letto la lettera, Nott, ammesso che sia lui a tenere Malfoy prigioniero, avrà sicuramente letto anche la canzone, giusto?”

“Giusto” annuì Hermione. “Ma dubito molto che l’abbia anche ascoltata. Da quello che mi ha spiegato Draco, perché l’incantesimo del quaderno funzioni, le canzoni devono essere scritte con quell’inchiostro” e indicò la boccetta che era ancora sul tavolo.

“Allora, dobbiamo riscriverla” fece Harry, estraendo la bacchetta. Puntandola verso la penna d’oca che usciva dalla boccetta, pronunciò un Incantesimo di Copiatura: immediatamente la penna prese a muoversi sulle pagine del quaderno, riscrivendo la canzone nota per nota, parola per parola, ricalcando ciò che la mano di Draco aveva già scritto con precisione millimetrica. Le lettere così ricopiate brillarono per un attimo di una luce dorata, prima di tornare a tingersi del nero dell’inchiostro.

“Bene”, disse Harry quando la penna ebbe finito. “Adesso dobbiamo solo attivare l'incantesimo del quaderno. Tu conosci la formula, vero?”

Hermione fece per rispondere di sì, ma si bloccò immediatamente quando si accorse che non la sapeva. L’unica volta in cui lei e Draco avevano parlato del quaderno, il ragazzo le aveva sì detto di come funzionava il quaderno, ma non le aveva spiegato quali formule usava per attivare l’incantesimo.

Dall’espressione dolorosamente stupefatta che le apparve in viso, Harry capì la situazione. Sconfortato, si sedette sul divano. Erano di nuovo a un punto morto: l’unico messaggio che potevano avere in mano, a giudicare dalla canzone, era che chi aveva rapito Draco voleva costringerlo a ripetere il rito di Riddle Manor. Peccato che questa conclusione l’avessero già raggiunta sulla base di un semplice ragionamento.

In quel momento, Harry rimpianse di aver tenuta la faccenda talmente segreta, anche con i suoi superiori, che far sorvegliare Riddle Manor era ora praticamente impossibile. Avrebbe dovuto dare tante di quelle spiegazioni e giustificazioni, che ci sarebbero voluti almeno due giorni per sperare in una loro collaborazione pacifica. Anche con l’aiuto di Kingsley, i tempi non sarebbero diminuiti di molto.

Hermione gli sedette accanto, abbattuta. Ogni speranza di rivedere la serpe bionda era di nuovo svanita, a meno di un miracolo. Si abbandonò sulla spalla del suo migliore amico, cercando di trattenere le lacrime che, sempre più insistentemente, cercavano di sgorgare. Non aveva immaginato che il furetto fosse entrato così tanto a far parte della sua vita. Pensava di stare conducendo il gioco, e invece adesso si accorgeva che in realtà avevano sempre giocato alla pari, e che era proprio in quello la bellezza delle loro schermaglie, della loro collaborazione imprevedibile e fortunata. L'aveva saputa aiutare più lui in tre settimane che Harry o Ron in quattro anni, e adesso... adesso lei non riusciva a pensare di averlo perso. Non si stupì neanche più di tanto, quando sentì in bocca il gusto salato di una lacrima. Fu quasi meccanico, per lei, riprendere in mano la sua ultima lettera, e accarezzare con gli occhi quelle parole che erano l’unica cosa che le restava di lui.

Fu così che, all’inizio, le sembrò uno scherzo della sua mente, che le quattro lettere iniziali delle varie righe dello scritto sembrassero formare delle parole di senso compiuto. Ma quando, dapprima solo incuriosita e poi sempre più presa, riuscì a ricomporre una parola latina, IMAGINEM, un campanello d’allarme le risuonò in testa.

Si alzò dal divano, continuando a leggere freneticamente le lettere iniziali di ogni singola riga, con Harry che la guardava sorpreso, non riuscendo a capire che stesse succedendo. Dovette rileggere due o tre volte, prima di essere sicura di aver avuto l’intuizione giusta, ma quando lo fu, non perse tempo.

Afferrò la bacchetta, la puntò contro il quaderno, e quasi urlò le due parole dell’incantesimo: “IMAGINEM FACE!”

Aveva appena detto la formula, che le parole e le note della canzone iniziarono a risplendere, in successione, di una luce rossa, come di fiamma, che si sparse a macchia d’olio su tutte le parole e le note della canzone, una per una. Una volta che tutta la canzone fu coinvolta nell’incantesimo, una specie di colonna di luce, anch’essa rossa, si alzò nell’aria, e iniziò a ingrossarsi assumendo la forma di una specie di palla, il cui centro era nero.

Harry si alzò dal divano, raggiungendo Hermione. Avevano entrambi il fiato sospeso e il cuore in gola, mentre aspettavano di vedere cosa sarebbe successo. Dopo qualche attimo, la colonna di luce rossa scomparve, lasciando solo visibile il centro. In quel momento, iniziò la musica della canzone, e nel centro nero cominciarono a scorrere delle immagini.

In una sala grande, polverosa e lasciata da molto tempo all'incuria Draco Malfoy si fece avanti, camminando a lenti passi, la testa bassa e gli occhi lucidi. Da un qualche punto non precisato della sala, dei fogli da calendario volarono attorno a lui. Uno di questi si posò a terra, evidenziando la data: quella del giorno stesso in cui erano.

In quel momento, una voce fredda risuonò nella stanza, una voce che Harry riconobbe immediatamente. Spaventato, Draco si voltò: alle sue spalle, era comparsa una poltrona, vecchia e logora. Theodore Nott, mantello nero e maschera da Mangiamorte sollevata sulla testa, si avvicinò alla poltrona, alzando in alto due fiale piene di un liquido rosso, con sopra appesi due cartelli che recavano scritti i nomi THOMAS e FINNIGAN. Li aprì con uno scatto, e lasciò che i due liquidi rossi scorressero sulla poltrona.

Draco indietreggiò, mentre dalla poltrona iniziava a levarsi un fumo verde, che man mano prese forma umana, torreggiando sopra lo spaventato Purosangue. Alle spalle di Nott, comparve Fletus Chattongue, che corse verso il Mangiamorte cercando di colpirlo alle spalle; ma quest’ultimo fu più veloce e con la bacchetta lo Schiantò.

L'anima di Voldemort, finalmente riformata, iniziò a girare attorno a Draco, deridendolo, schernendolo, mentre Draco disperato si premeva le orecchie per non ascoltare la voce crudele. In brevi flash, comparvero le immagini di Lucius Malfoy che stringeva la mano all'Oscuro, poi di Draco che lo spingeva da parte, infine dello stesso Lucius che si puntava la bacchetta al mento, sussurrando “Avada Kedavra”.

Draco tentò di scappare, ma da qualunque parte della sala corresse l'anima di Voldemort lo rintracciava, chiudendogli ogni via di fuga. In un angolo della sala, fu per un attimo inquadrato un orologio, che indicava la mezzanotte.

E d'un tratto, il petto di Draco esplose, e dallo squarcio sanguinante uscì la mano di Voldemort, che lo afferrò al collo. Alla mano, seguì man mano tutto il corpo, che più usciva più sembrava cambiare, finché di fronte a Draco non si erse un altro Draco Malfoy, che aveva però gli occhi di Voldemort.

L'originale Draco, ancora vivo, colpì con un pugno lo stomaco dell'avversario, gettandolo a terra. I due iniziarono a lottare, cercando di strozzarsi a vicenda, mentre Nott ghignava, aspettando di vedere chi sarebbe stato il vincitore.

L'originale Draco dopo un po' sembrò soccombere alla lotta, ma un attimo prima di perdere voltò la testa verso un'estremità della sala, dov'era apparsa una figura illuminata da una pallida luce bianca: Hermione. Sulle ultime note della canzone, il Draco originale tese la mano verso di lei.

Quando la visione finì, Harry ed Hermione erano senza fiato, stupiti dal potere del quaderno e semplicemente scioccati da ciò che avevano visto, mentre brividi gelidi percorrevano loro la schiena.

Ci volle un po' prima che riuscissero a mettere in fila tutte le informazioni che, con quella visione, Draco aveva loro passato: oltre ad aver confermato che Nott aveva ucciso Dean e Seamus, e aveva rapito anche Fletus, aveva loro dato le indicazioni precise di quando aveva intenzione di andare a compiere il rito. Non c'era più bisogno di sorvegliare Riddle Manor, o di cercare Nott in tutte le sue proprietà: bastava andare a mezzanotte di quella sera stessa a prenderlo con le mani nel sacco.

Sobbalzarono entrambi quando il telefono di Harry squillò, risvegliandoli dalle rispettive meditazioni.

“Pronto, Gregory? Ha confessato? No, no, aspetta, ascoltami! Porta immediatamente Zabini da Kingsley e fagli ripetere tutta la confessione, poi chiedi al Ministro di ordinare a Sharpmind un intervento degli Auror a Riddle Manor, urgentemente, per questa sera a mezzanotte! Sì, hai capito bene, è stasera a mezzanotte che Nott vuole ripetere il rito! Sì, lo so che significa uscire allo scoperto, ma al diavolo, Greg, adesso o mai più! Fai come ti ho detto, e raggiungici a Riddle Manor con gli altri, ok?”

“Raggiungici?” chiese Hermione sorpresa quando Harry ebbe messo giù. L'ex Bambino Sopravvissuto si voltò verso l'amica con un sorriso complice sulle labbra.

“Sinceramente, Herm, dopo dodici anni che ti conosco, pensi che abbia ancora voglia di sprecare tempo tentando di convincerti a non venire?”

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Capitolo 23
*** L'amaro calice ***


FLETUS (nota Draco che sta prendendo delle misure con un metro): Che stai facendo?
DRACO: Misuro la tua tomba.
FLETUS: La mia cosa?
DRACO: Cosa credi che faranno le lettrici di EFP quando avranno letto questo capitolo? Ti consiglio di cominciare a pensare a una via di fuga, quando avremo finito...

CAP. 23:

L'AMARO CALICE

Nei ricordi del Mangiamorte che avevano visto, Riddle Manor era inquietante; dal vivo, era semplice spaventosa. Non era tanto la situazione delle mura, degli affreschi, dei quadri, da lungo tempo abbandonati, a incutere paura, anche se vederli così rovinati, sfregiati, devastati dal tempo certo non contribuisse ad alzare il morale. No, in quei mattoni, in quelle tende, in quelle vestigia di una grandezza morta e sepolta da tempo, c’era qualcosa, una specie di volontà ostile che gravava sulle membra e sui nervi di coloro che vi entravano, una determinazione tremenda ad annientare chi osava mettere piede in quel luogo maledetto.

Fletus Chattongue la sentiva bene, mentre procedeva lungo i corridoi della villa, un Mangiamorte dietro le spalle a tenergli la bacchetta puntata addosso. Davanti a lui, camminava Draco Malfoy, a sua volta sorvegliato da due di loro, e in testa al gruppo Theodore Nott, che andava avanti solenne, sacerdote di un rito spaventoso. Aveva le gambe che gli tremavano, e sudori freddi su tutto il corpo, in cuore una paura quale non ne aveva mai provata prima.

Erano ormai ore che il quaderno con la canzone e il messaggio di Draco erano stati inviati al Paiolo Magico. Finita la canzone, avevano passato il resto del tempo a chiacchierare del più e del meno, cercando di evitare ogni allusione a ciò che sarebbe successo quella notte. Draco aveva bisogno di non pensarci, e Fletus gli aveva dato una mano per quanto poteva. Nott non si era unito a loro, si era limitato a mandar loro una piccola cena verso le otto. L’avevano rivisto solo quando era venuto a dirgli che era giunta l’ora. Si erano Materializzati a Riddle Manor, dove altri otto Mangiamorte li stavano aspettando. Draco aveva riconosciuto i Carrow e Millicent Bulstrode, ma non aveva saputo dire chi fossero gli altri.

Fletus non aveva avuto più occasione di parlare con Draco del rito. Non lo convinceva affatto la strana sicurezza di sé del biondo, la facile parlantina che aveva dimostrato, il suo sorriso un po’ troppo spavaldo. Aveva in mente qualcosa, Fletus ne era sicuro, e non gliel’aveva detta… Bruttissimo segno.

Nott si fermò all’entrata di una sala, un enorme salone che doveva essere stato, un tempo, quello delle feste. Si voltò verso Draco e con un ghigno gli disse: “Eccoci qui, Draco. Te lo ricordi questo posto, no?” L’interpellato non rispose, e Nott si rivolse agli altri membri del gruppo: “Voi due, state di guardia al piano di sotto. Amycus, Alecto, voi invece rimanete qui alla porta col nostro Chattongue. Voi altri tre, pattugliate la villa. Millicent, tu e io scorteremo Malfoy.”

“Fletus viene con me” disse Draco bruscamente. “E farai bene a non contraddirmi, Nott: potrei decidere di non accogliere il tuo Oscuro Signore.” Nott gli lanciò un’occhiata di fuoco, ma finì per acconsentire. Fletus ne fu sollevato, perché le smorfie che i Carrow gli rivolgevano non gli piacevano per niente.

Nott avanzò nel salone, seguito da Draco, Millicent e Fletus. Mentre avanzava, Fletus cominciò a sentirsi soffocare, la sensazione di una volontà ostile intenta a schiacciarlo era insopportabile, sembrava intorbidare l’aria attorno a sé. Accanto a lui, Draco vacillò e rischiò di inciampare, ma Millicent lo afferrò per la collottola e con poca gentilezza lo tenne su. Il giornalista poté vedere la sofferenza sui lineamenti dell’amico, al posto della spavalderia finora dimostrata.

Al centro della sala, c’era una poltrona logora e sbrindellata, polverosissima. Nel vederla, Draco ebbe un sussulto, e Fletus intuì che l’aveva riconosciuta. Nott si fermò dietro di essa, e tirò fuori dalla tasca del mantello due boccette piene di liquido rosso. Il sangue di Thomas e Finnigan, pensò Fletus con un brivido. E quasi vomitò quando Nott, stappate le boccette, cominciò a versarlo sulla poltrona.
 

***

“Ma dove sono?” Hermione quasi urlò questa frase. “Siete sempre così lenti voi Auror?”

Harry non rispose. Aveva preventivato che gli altri ci avrebbero messo almeno un’ora per arrivare, ma non credeva che l’attesa sarebbe stata così lunga. Anche lui, come Hermione, più i minuti passavano più diventava impaziente. Ma non era niente in confronto alla vera e propria crisi isterica in cui, a momenti, rischiava di veder cadere l’amica.

“Non possiamo tardare così tanto… non possiamo, Harry! Dobbiamo andare, adesso!”

L’aveva già detto due ore prima, ma Harry l’aveva calmata, dicendo che non potevano farlo da soli. C’erano sei Mangiamorte, li avevano visti radunarsi e contati, e loro erano solo in due. Dovevano attendere. E c’era voluta tutta la forza di carattere di Harry per trattenere Hermione dall’attaccare a testa bassa, quando avevano visto Materializzarsi Draco e Fletus.

Harry guardò l’orologio che portava al polso. Mancavano quindici minuti a mezzanotte. E si decise. In fondo, sei Mangiamorte non erano un problema. Tirò fuori la bacchetta e fece cenno a Hermione di seguirlo.

***

La nube verde sorse dal pavimento e dai muri, coagulandosi attorno al sangue versato sulla poltrona, elevandosi in una colonna di fumo stretta e imponente. Fletus venne sopraffatto dal terrore, e cadde a terra, piegandosi in avanti, la testa nascosta fra le mani; anche Millicent indietreggiò, spaventata. Draco fu l’unico a rimanere immobile, anche se dovette chiamare a raccolta tutta la propria forza di volontà.

Era lì, ancora. E stavolta non era neanche più un uomo, era un immondo spettro che voleva divorare la sua anima. Strinse le mani, cercando di respingere la paura che invadeva ogni suo nervo, tentando disperatamente di calmare il cuore che batteva impazzito, i peli che si rizzavano, le gambe che gli cedevano. Fu molto vicino a lasciarsi andare quando la nube prese la forma del Suo volto. Le narici appiattite, la testa pelata, il sorriso orribile, che nulla aveva più di umano, si sporsero verso di lui.

“Draco…” La Sua voce, già fredda in vita, adesso era un suono che faceva gelare il sangue nelle vene. “E’ un piacere rivederti.”

***

Erano appena riusciti a sopraffare i due Mangiamorte all’ingresso della villa, quando udirono dietro di loro i crack di quattro Materializzazioni. Harry ed Hermione si voltarono: dietro di loro erano comparsi Gregory e altri tre Auror, di cui uno, un uomo alto e dall’aspetto duro, fissava Harry con aria visibilmente contrariata.
“Sharpmind” lo salutò Harry un po’ imbarazzato.
“Spero per te, Potter, che quest’azione si rivelerà utile a salvare una vita e impedire il Suo ritorno” rispose quest’ultimo, “altrimenti ti garantisco che non sarò tenero.”
Hermione stava appunto per ribattere a Sharpmind che non era il momento giusto per perdersi a dibattere il comportamento di Harry, quando si udì una voce stridula gridare dall’alto: “INTRUSI!” I fratelli Carrow li avevano scoperti. Gli Auror estrassero le bacchette, pronti a lottare, e anche Hermione prese in mano la sua.
“Stai vicina a me” le sussurrò Harry, mettendosi al suo fianco, mentre entravano nella villa.
 

***

“Non giocare con me, fantasma” ribatté Draco, sprezzante. “Il motivo per cui sono qui non è affare tuo.”


“Ma come siamo diventati coraggiosi!” rise Voldemort, facendo riecheggiare la sala del rumore. “E’ inutile che tenti di negare la tua paura, la vedo. E vedo anche… oh oh, ma guarda… tu vuoi… sconfiggermi?”

Draco non rispose. Fletus, da terra, guardava con il terrore negli occhi la nube verde che girava attorno a Draco, come un serpente attorno a un bianco topolino, destinato a diventare la sua cena.

“Sì, è così! Tu… pensi di poter vincere contro di me? Tu? Un piccolo, meschino, miserabile codardo, una biscia travestita da cobra? L’erede degenere di una casata di eroi, figlio di miserabili leccapiedi? Cosa cerchi, eh? Redenzione, forse?”

“Stai zitto!”

“Altrimenti cosa mi fai, eh? Credi davvero di poter cambiare quello che sei? Tu non sei altro che un bamboccio, un marmocchio viziato capace solo di frignare!”

“Allora non mi prendere. Non vorrai abitare dentro il corpo di un moccioso?”

In quel momento, la porta della sala si spalancò, e tutti gli occhi, anche quelli di Voldemort, si volsero verso il Mangiamorte che era appena entrato.

“Gli Auror! Theo… mio signore… c’è Potter con loro!”

Nott fulminò Draco con un’occhiata, ma il Purosangue restò insensibile. Fletus, a terra, riprese coraggio. Erano arrivati, finalmente! Draco avrebbe dovuto resistere solo qualche minuto, e poi…

“E bravo Draco!” Voldemort non sembrava affatto scontento dell’arrivo degli Auror. “Come al solito, sei riuscito a giocare le carte a tuo favore. Adesso, gli Auror arriveranno e tu passerai da eroe… chissà, forse riuscirai a rivenderti in questo nuovo mondo… come tutta la tua lurida famiglia, vi vendete al migliore offerente…”

 

“Ti conviene prendermi, prima che sia troppo tardi. Gli Auror arriveranno prima di quanto non pensi a interrompere questo rito. Quindi, spettro dei miei stivali, se vuoi veramente riavere un corpo, prendimi adesso e falla finita! Avanti, prendimi!”

E fu nei tre minuti di pausa che seguirono questa frase, mentre Voldemort sembrava soppesare la proposta, che Fletus improvvisamente capì cos’era venuto a fare Draco. L’orrore lo travolse, bloccandogli la lingua e il cervello, mentre comprendeva che il Purosangue intendeva davvero compiere il rito e accogliere l’anima dell’Oscuro dentro di sé. Con terrore, ricordò che il rito richiedeva tre giorni per essere completato, e che in quei tre giorni l’anima della persona poteva scacciare l’anima ospite e riprendersi il suo corpo, se aveva abbastanza forza. No… oh no, no, no, no, no…

“Con piacere!” sibilò Voldemort, un attimo prima di slanciarsi verso il petto di Draco.

“NOOOOOOOOO!!!!!”

***

“Mamma, papà ha detto che aveva un piano per impedirGli di tornare. Qual era?”
“Tuo padre aveva stretto un Voto Infrangibile che lo vincolava a cedere il suo corpo all’Oscuro. Se si fosse rifiutato, sarebbe morto. Ma niente, in quel Voto, lo obbligava poi, una volta compiuto il rito, a non tentare di scacciarlo dal proprio corpo.”
“Quindi papà voleva compiere il rito, ma…”
“…approfittare dei tre giorni per riprendersi la sua vita. Intanto, gli Auror da lui avvertiti avrebbero incarcerato i Mangiamorte, impedendo loro di nuocerci ancora.”
“E come… come avrebbe fatto a scacciare l’Oscuro?”
“Tuo padre aveva scoperto che la persona che si sottopone al rito può scacciare l’anima ospite se si rivela più forte di lui, dal punto di vista spirituale. Mi aveva detto che… si sarebbe aggrappato a me, ai ricordi del nostro matrimonio, ai ricordi di noi tre insieme. Perché ci amava, Draco, e questo ricordarlo sempre.”
 

***

I Mangiamorte non resistettero molto contro gli Auror, per quanto combattessero con tutte le loro forze. Alcuni, come i Carrow, furono più duri da abbattere, ma in venti minuti i cinque Auror furono padroni del campo. Fu in quel momento che in tutta la villa si udì l’urlo orripilato di Fletus.

Hermione si sentì morire dentro, mentre voltando lo sguardo verso la direzione dell’urlo percepì il bagliore verde in lontananza. Le sue gambe si mossero immediatamente, prima ancora della sua volontà, e la fecero correre a rotta di collo verso la luce verdastra che si faceva sempre più intensa. Non si accorse nemmeno che Harry e Gregory erano subito scattati dietro di lei, tante e troppe erano le immagini terribili che in quel momento le vorticavano in testa.

La realtà che si trovò davanti era però infinitamente peggio: quando fu arrivata nella sala, infatti, la prima cosa che vide fu Draco in piedi al centro di essa, di fronte a una poltrona, circondato da una nube verde che si stringeva attorno al suo corpo, e più si stringeva più gli si appiccava addosso, come una seconda pelle, scomparendo nella sua carne e nel suo vestito. In un angolo, Fletus, i polmoni svuotati dall’urlo, singhiozzava, riverso a terra, mentre Millicent, dall’altra parte della stanza, era ugualmente terrorizzata.
Non si accorse nemmeno che Nott, nel vederla, si era fatto avanti stringendo la bacchetta, in viso un’espressione glaciale. Ma prima che potesse fare qualsiasi cosa, Nott venne fermato da Gregory, che gli piombò addosso con tutta la forza che gli dava la rabbia, e iniziò a massacrarlo di pugni, urlandogli contro: “Bastardo! Assassino! Io ti ammazzo! Ti ammazzo!”
Harry si fermò alle sue spalle, anche lui scioccato dalla scena, e la bacchetta gli cadde di mano. Erano arrivati tardi. Un senso di impotenza e frustrazione lo invase, mentre vedeva le lacrime farsi strada negli occhi increduli della sua migliore amica, mentre sentiva le urla di Gregory che picchiava Nott e i singhiozzi di Fletus.

Poi, il rito cessò. La nube era entrata tutta nel corpo di Draco, che non aveva emesso un gemito. Il Purosangue, facendo forza sulle gambe che sembravano non riuscire più a reggerlo, si voltò verso i nuovi arrivati. I suoi occhi grigi si soffermarono su Fletus, su Harry e infine su Hermione. Con uno sforzo, Draco tese la mano verso Hermione e le sorrise debolmente.

“Mi… mi dispiace…”
Le gambe gli cedettero, e Draco cadde in ginocchio. Hermione, improvvisamente riscossasi, corse da lui e lo sostenne, abbracciandolo, con le lacrime che le invadevano le guance, e il cuore che ancora non voleva credere a ciò che aveva visto.

“Ho… tre giorni…” tornò a balbettare Draco. “Tenterò… di batterlo… io non potevo… vivere con questo peso… aiutami… a batterlo…”
Hermione non riuscì a rispondere, se lo strinse ancora più forte, come se così facendo avesse potuto annullare il rito. Alle sue spalle, Harry si avvicinò, titubante, e vide gli occhi di Draco alzarsi a incontrare i suoi.

“Potter… se non ce la faccio… uccidilo…”
E furono le ultime parole che disse Draco Malfoy, prima di perdere ogni contatto con il proprio corpo, cadendo nel nero limbo dove Voldemort lo attendeva, a lottare per la propria vita.

Le lettrici di EFP arrivano armate di forcone.
LETTRICI: Dov'è?
DRACO/HERM: Di là! (e intanto Fletus se la svigna dall'altra parte)
HERM: Dici che ce la fa?
DRACO: Oh, sì! Contando che ha chiesto asilo a quegli altri due mattacchioni di The Dragon e ToSaphira, direi di sì...
HERM: Mi sembra giusto! Piuttosto, (mooolto maliziosa) sai che sapendoti quasi morto mi sta venendo un attacco di necrofilia?
DRACO (baciandola con tanto di rifrullo): Allora sei fortunata, perché sono un cadavere molto vivace...

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Capitolo 24
*** In attesa del miracolo ***


(in un angolo del set, Harry ed Hermione chiacchierano amabilmente)
HARRY: Ma hai visto l'idea che Fletus vuol mettere in cantiere subito dopo aver finito questa fan fiction?
HERM: Per carità, non me ne parlare! Draco ne è letteralmente innamorato!
HARRY: Ti dirò la verità, non dispiace nemmeno a me. Insomma, è ambiziosa ma... wow, se gli riesce!
HERM: Sì, Fletus ha una fantasia niente male.
FLETUS (compare all'improvviso): Ragazzi, che ne dite, giriamo?

CAP. 24:

IN ATTESA DEL MIRACOLO


Malfoy Manor lo guardava male. Questo fu il suo primo pensiero, totalmente irrazionale ma giustificato dalla cupa aria grigia che si era stesa sull’immenso maniero. Le finestre della villa, innumerevoli occhi di quell’entità fatta di pietra, sembravano tanti sguardi di disapprovazione per la sua presenza, come se lui non meritasse di stare lì. E forse era davvero così, pensò Harry entrando, perché lui aveva permesso tutto questo.

Percorse i corridoi della casa sapendo precisamente dove andare, le indicazioni di Fletus erano state accurate. La rossa luce del sole che tramontava rendeva quel luogo incredibilmente desolato, mentre luccicava sulle ragnatele e sulla polvere. Raggiunse infine il salone dei ritratti, dove si fermò per un attimo a guardare lo spettacolo che gli si presentava, un peso enorme per il suo cuore.

Il divano su cui Draco aveva dormito in casa di Hermione troneggiava al centro della sala, facendo un singolare contrasto con la raffinatezza di tutto il resto. Draco Malfoy era steso sopra di esso, avvolto dalle spalle ai piedi in una coperta, gli occhi chiusi, rigido come una statua, pallido come non era mai stato in vita sua. Hermione gli era seduta accanto, su una sedia anch’essa prelevata da casa sua, e gli stava leggendo un capitolo del Signore degli Anelli. Sembrava che Draco avesse cominciato ad amare molto quel libro, gli aveva detto l’amica. Alle pareti, i ritratti dei Malfoy passati ascoltavano attenti la sua lettura, e di tanto in tanto qualcuno di loro, sotto forma di fantasma, scendeva ad accarezzare con la sua mano immateriale la guancia del loro amato discendente.

Era stata tutta un’idea sua. Quando avevano saputo, in seguito alle indicazioni di Zabini, quali erano le condizioni perché il rito non avesse effetto, Hermione aveva subito preteso che Draco non fosse portato al San Mungo. Aveva bisogno di essere circondato da un ambiente, da persone, luoghi, oggetti che avesse amato. Sharpmind era scettico, ma non aveva posto grandi obiezioni.
Era lì da tre giorni, ormai. Sia Fletus sia Gregory, che erano passati negli scorsi due giorni, gli avevano detto che Hermione non si era mossa da quella sala. Aveva dormito sul suo stesso divano, abbracciando quel corpo immobile, come aveva quando lui aveva avuto l’incubo, con la sollecitudine e la tenerezza di una mamma. Era lì a sperare in un miracolo.

Si schiarì la voce, rendendo nota la sua presenza. I ritratti lo fissarono per un attimo, scocciati dall’arrivo di un intruso, ma poi tornarono a ignorarlo. Hermione gli fece cenno di accomodarsi sul divano, poi tornò a leggere il capitolo. Questo diede tempo a Harry di guardarsi attorno, e di notare una lettera scritta con un’elegante scrittura nera, depositata sul petto di Draco: 

Guarisci presto. Non ci importa qual è il tuo nome: Draco Malfoy o Hades LeSerp, rimani sempre il nostro idolo.

Questo era il testo della lettera, a cui seguiva la firma svolazzante di Luna Lovegood, seguita da altre che non riconobbe. Harry non poté trattenere una smorfia di tenerezza.

Finalmente, Hermione smise di leggere, e con la testa gli fece cenno di parlare. Harry si scharì la gola.

“Theodore Nott è stato ufficialmente incriminato degli omicidi di Dean, Seamus e Goldstein, nonché di aver cospirato ai danni di Malfoy. Zabini e gli altri sono tutti sotto chiave per accuse di complicità, e hanno ben poche possibilità di cavarsela. Quanto a me, Sharpmind ha detto che aspetterà di vedere cosa succederà… con lui” gli costò non poca forza di volontà pronunciare queste parole “prima di decidere cosa fare riguardo a me. Sono riuscito a ottenere che Greg non passi dei guai.”
Seguì un attimo di silenzio, che sembrò durare un’eternità. Nessuno dei due riusciva a parlare, volevano farlo ma non trovavano le parole, come se l’attesa e l’ansia li avessero prosciugati.

“Andromeda è stata qui, sai?” disse infine Hermione. “E’ venuta ieri verso mezzogiorno. Si è seduta qui, e anche lei gli ha fatto forza: ha detto che doveva vivere, per Narcissa. Per un attimo, mi è sembrato che Draco reagisse.”

Aveva gli occhi lucidi, e Harry fu tentato di abbracciarla, di stringerla a sé sussurrandole che sarebbe andato tutto bene. E invece, sentiva solo una grande pena dentro di sé, un vuoto e un’angoscia che non aveva mai provato.

“Non voglio veder morire anche lui” sussurrò. “Non ha fatto niente per meritarsi questo.”

“Non morirà.” La voce di Hermione era ferma, decisa. “Non mi ha delusa finora, non lo farà adesso. Ce la farà, Harry, lo sento, e smetterò di crederci solo quando avrò la prova del suo fallimento.”

“Vorrei avere la tua stessa fiducia, Herm, perché non so se avrò il coraggio di ucciderlo… anche se sarà solo Voldemort nel suo corpo, io non posso farlo.”

“E’ buffo, vero?” rise piano Hermione. “Se ci avessero detto che io e te saremmo stati qui, un giorno, a fare da balie al furetto, a salvargli la vita, gli avremmo riso in faccia. E invece, adesso, tutto quello che vogliamo è che torni fra noi.”

“Posso chiederti come ha fatto?” Harry aveva finalmente trovato il coraggio di porre la domanda che da più giorni lo tormentava. “Come ha fatto a farsi voler bene così da te? Ti ha insultato per sette anni, ti ha maltrattata, ti ha considerato feccia... come ha fatto a…?”

Sperava capisse che la domanda non conteneva nessun giudizio di valore, e che la sua era semplice curiosità. Non intendeva certo fare la predica a lei, dirle di stargli lontana o roba simile. Non aveva mai considerato Hermione una sprovveduta quand’erano a Hogwarts, non si sarebbe certo messo a farlo adesso; inoltre, aver conosciuto uno come Severus Piton gli aveva fatto imparare che l’apparenza spesso e volentieri inganna.

Hermione lo capì, e si prese del tempo per rispondere alla domanda. Una domanda che si era posta più volte nelle ultime ventiquattr’ore, e a cui solo adesso stava cominciando a dare una risposta soddisfacente.

“Il fatto è, Harry” iniziò alla fine “che Hogwarts e la guerra ci hanno trattati fin troppo bene. Ci hanno insegnato, volontariamente o meno, che il mondo è diviso in buoni e cattivi, ma che i cattivi sono deboli, stupidi e violenti, e il Male, che sembra così terribile, si può vincere con un piccolo sforzo. Nessuno ci ha mai detto che in realtà la cattiveria, il Male, ha forme più sottili con cui realizzarsi, forme che non passano attraverso un Oscuro Signore teso alla dominazione dell’universo.”

“Credo di capire cosa vuoi dire” la interruppe Harry. “E’ più facile sconfiggere Voldemort che far cambiare idea alla gente; o peggio, convincerla a non cadere in un rimedio peggiore del male.”

“E’ questo che mi ha fregata, che ci ha fregato tutti” ammise Hermione. “Avevamo vinto, Harry. Eravamo gli eroi, i buoni, i cavalieri che avevano sconfitto il drago. E ci siamo illusi che, con la morte di Voldemort, avessimo risolto tutti i problemi del mondo magico.” Uno sbuffo di ironico disincato accompagnò quest’ultima frase. “Avremmo dovuto ricordarci che saper sfruttare una vittoria è più importante che ottenerla.”

Harry ascoltava il discorso dell’amica quasi religiosamente. Quelle parole riguardavano soprattutto lui, che finita la guerra aveva fatto di tutto per sfuggire alle enormi responsabilità contenute nel suo nome, proprio quando, invece, la sua presenza, le sue parole, le sue azioni erano più importanti che mai.

“Io sono stata quella che più di tutti si è illusa. Per me era la fine di sette anni di discriminazione, di insulti, di battutine. Ero convinta che adesso nessuno avrebbe osato opporsi a me… e invece ho trovato solo un muro di piccole meschinità, pregiudizi, trucchetti da quattro soldi, roba che non sapevo come affrontare. Per di più, da sola, Harry, perché tu facevi di tutto per starne fuori e Ron… be’… conosci Ron, o Ginny, o Neville.”

Una fitta dolorosa al cuore ricordò a Harry che da ormai una settimana evitava il suo migliore amico e la sua ragazza. Non sapeva come spiegare loro quello che sentiva, a loro che erano anime semplici, per cui la fine della guerra era stato solo un ritorno alla normalità, alla quotidianità di una vita di casa. Qualcosa che Hermione non aveva voluto e che a lui non era concessa.

“E Malfoy come è entrato in tutto questo?”

“Draco mi ha aperto gli occhi” rispose lei, accarezzando la guancia del biondo. “Non abbiamo eliminato il Male, abbiamo solo sconfitto una sua manifestazione particolarmente dichiarata. Il vero nemico è un altro. E’ la meschinità di ogni giorno, la difficoltà a parlare tra noi, la convinzione di essere nel giusto che finisce per assolverti sempre, la pigrizia mentale che accoglie i pregiudizi, l’indifferenza a ciò che avviene di fronte al tuo naso. Tutte queste cose per noi sono state scoperte amare, per lui, invece, hanno sempre costituito la normalità.”

Non poteva darle torto. Se lo ricordava bene, il Draco Malfoy di Hogwarts. Il bullo convinto assertore degli ideali Purosangue, lo stronzetto che non aveva mai una colpa al mondo, l’opportunista che si faceva scivolare tutto di dosso nel suo egoismo. Quanti ne conosceva come lui all’interno del Ministero, degli stessi Auror?

“Mi hai chiesto cosa ha fatto per farsi voler bene da me?” Hermione levò lo sguardo verso Harry, negli occhi la sua quieta dolcezza di una volta. “Mi ha detto la verità. Ha preso la mia delusione, e me l’ha letteralmente sbattuta in faccia. E così facendo, me l’ha fatta affrontare, mi ha costretto a scenderci a patti. Adesso non ho più paura di affrontare questa nuova lotta. Solo, non mi illudo più che basti ciò che ci ha insegnato Hogwarts.”

“E lui, cosa ha avuto da te?” chiese a questo punto Harry. Qualcosa gli diceva che non era finita qui, che c’era un aspetto del discorso ancora mancante. Hermione sembrò capirlo.

“Ti ricordi come ci disprezzavamo a Hogwarts, vero? Per noi, i Serpeverde erano gli opportunisti viscidi e vigliacchi; per loro, eravamo gli eroi stupidi che andavano in cerca di guai senza che nessuno gliel’avesse chiesto. Non riuscivamo a vedere che siamo indispensabili l’uno all’altro, che il nostro coraggio avrebbe dovuto compensare la loro astuzia, correggerla, indirizzarla. Noi ci siamo illusi, loro hanno aperto troppo gli occhi e non sono più stati capaci di chiuderli.”

Hermione si prese una pausa, per ricordare i primi tempi di convivenza con Draco: la difficoltà a parlare, la vergogna reciproca nello svelarsi, l’antipatia mai sopita, pregiudizi e comportamenti ormai dati per scontati.

“Quando l’ho incontrato, ho visto che andava alla deriva. Non credeva più in nulla, non sperava più nulla, e non aveva più sogni, ma solo incubi. Io sono semplicemente rimasta lì a dirgli che non doveva abbattersi, che esiste sempre una via d’uscita, se si sa cercarla con tenacia.”

Sentì gli occhi farsi umidi al ricordo di come erano cambiati poi i rapporti tra loro in seguito: le piccole scenate di gelosia per le sue fan, la complicità nella scrittura delle canzoni, e il momento in cui le aveva detto di volerle bene, di aver bisogno di lei.

“Dopo la puntata dell’Oracolo, lui… mi ha detto che ero la prima cosa buona che aveva fatto in vita sua, e che era geloso di me per questo. Credo di poter dire lo stesso, comunque vada a finire questa storia… anche se, certo, preferirei averlo qui.”

“In poche parole” sorrise a sua volta Harry “vi siete trovati: lui ha avuto da te gli ideali e l’amore che gli mancavano, tu la sua… consapevolezza di serpe.”

Hermione annuì, gli occhi lucidi e un sorriso in volto. Harry aveva capito alla perfezione il loro rapporto, lo strano rapporto che miracolosamente si era sviluppato tra lei e quel biondo bellissimo che in quel momento lottava per la sua vita.

Era ormai scesa la notte, e fuori dalla finestra le stelle iniziavano a brillare. Le finestre della villa stendevano l’ombra dei loro telai nella stanza, ma non erano inquietanti, sembravano anzi le braccia di una madre che proteggeva il suo bambino. Attorno a loro, i ritratti dei vecchi Malfoy parlavano tra loro, confortandosi a vicenda, incitando Draco a reagire.

Harry tirò fuori dal suo mantello due panini e una bottiglia d’acqua, e mangiò assieme a Hermione. Parlarono del più e del meno, facendo una chiacchierata che avrebbero dovuto fare da fin troppo tempo. Harry si scusò con lei per non essere stato capace di capire in tempo le crepe tra lei e Ron, e a sua volta le confessò i suoi problemi con i due rossi.

“Nemmeno io, Herm, avevo capito che la guerra non è finita, e che adesso cominciava davvero la lotta. Volevo solo scappare, dimenticare di essere Harry Potter. Per questo, ho evitato di occuparmi dei processi ai Mangiamorte, ho rifiutato di rilasciare interviste, non sono intervenuto a nessun dibattito. Poi, però, ho conosciuto Greg, e posso dire che lui ha avuto per me la stessa importanza che per te ha avuto Malfoy. Mi sono accorto che così facendo autorizzavo la gente a sfruttare il mio nome per promuovere se stessa, le proprie visioni. E poi, tu sei scappata. La sera in cui l’hai fatto, è stato come ricevere una doccia fredda. Io sono d’accordo con te, Herm, ma non avevo fatto nulla per aiutarti, e avrei potuto. Stavo lasciando che il mondo magico affondasse nei suoi pregiudizi, vecchi e nuovi, quegli stessi pregiudizi che avevano consentito a Voldemort di prosperare. Ho deciso che ne avevo abbastanza.”

Hermione si immaginò facilmente il resto ancora prima che Harry ne parlasse. Capiva perché Ron e Ginny non riuscissero a capire Harry: in fondo, loro erano sempre stati le spalle, gli aiutanti dell’eroe, e non avevano mai chiesto altro che tornare alla propria tranquillità. Non avevano né la sua ambizione politica, la sua sete di grandi cose, né la pesante eredità eroica di Harry.

“Hai provato a spiegarti con loro?” chiese a sua volta. Harry fu costretto ad ammettere che no, non l’aveva fatto. Non si fidava delle loro reazioni. “Dovresti farlo” insistette allora lei. “Con gli amici, le cose vanno messe in chiaro. E se loro non riescono a capire o ad accettare qualcosa che per te è importante, allora bisogna andare per la propria strada.”

“Un altro insegnamento del furetto?” chiese Harry. Il sorriso divertito di Hermione fu la risposta affermativa che si attendeva.

Continuarono a parlare a lungo, di come Hermione aveva intenzione di continuare adesso la sua carriera, dell’apprendistato di Harry come Auror, di Fletus, Gregory, Andromeda, qualsiasi cosa venisse loro in mente.

Era quasi l’una quando esaurirono gli argomenti, tornando alla dura realtà. Quella era la notte del secondo giorno dal compimento del rito, e ancora non c’era stato, da parte di Draco, nessun segno di ripresa. La prospettiva che fallisse era ormai sempre meno remota, e li faceva tremare tutti e due. Harry iniziò a tormentare nervosamente l’impugnatura della bacchetta.

Hermione, invece, tornò a fissare quel volto pallido come il marmo, quelle labbra socchiuse, quello sguardo vitreo. La speranza in lei lottava contro la disperazione crescente, rifiutandosi di cedere. Non l’avrebbe abbandonata ora, no, non poteva farle questo. Non era giusto che morisse così, proprio adesso che aveva iniziato ad amare.

Come in un flash, ricordò quel bacio che si erano quasi scambiati la sera dopo l’Oracolo. Non ci aveva più pensato da allora, aveva anzi tentato di dimenticarlo. La spaventava la prospettiva che tra loro ci fosse qualcosa di più di un affetto reciproco, di un’amicizia nata dalla comune solitudine. Non in quel momento, però, quando tutto sembrava sul punto di essere perduto.

In un impeto di sincerità, riconobbe che sì, era attratta da lui. Le piaceva come uomo, oltre che come persona. Anche adesso, era bellissimo. E se la cosa fosse stata reciproca – e non le sembrava nemmeno poi così assurdo - una parte di lei sarebbe stata spaventata, ma un’altra felice, felice perché desiderava che le cose andassero così.

Fu così che, senza nemmeno rifletterci, si ritrovò ad appoggiare le labbra sulle sue. Un atto del tutto spontaneo e irrazionale, frutto più della disperazione che di altro, forse, ma da cui non si ritirò. La sua lingua si schiuse la strada attraverso la bocca gelida di lui, tentando di rintracciarvi un po’ di calore, mentre le sue mani passavano sulle guance di lui, sui suoi capelli biondi e ispidi. Ondate di eccitazione la percorsero da capo a piedi, mentre il bacio si faceva sempre più passionale.

Harry vide tutto, senza sorprendersi. In un certo senso, se l’era aspettato. Continuava a sembrargli strano, ma aveva accettato tante cose incomprensibili in vita sua che una in più o in meno non faceva differenza.

Con riluttanza, Hermione si staccò da Draco per guardarlo. Nessuna reazione. Era sempre lì, immobile. Qualcosa le morì dentro, mentre lottava per non piangere. Harry la raggiunse e la abbracciò, e lei si nascose nell’incavo delle sue braccia, lasciandosi andare.

E non vide il bagliore bianco che iniziò piano a risplendere dal petto di Draco, e poi si sparse per tutto il corpo, finché non esplose in una luce accecante che costrinse entrambi a chiudere gli occhi, illuminando a giorno tutto il Manor.

DRACO (si presenta in scena con uno smoking): Allora, come sto?
HARRY (vedendolo): Cos'è, fai già le prove per la nostra prossima serie?
DRACO: Dovresti farle anche tu, Sfregiato! Con il ruolo che hai, non puoi girare vestito da straccione, saresti un'offesa al buon gusto!
HARRY: Ah, per me va bene! Qui lo dico e qui lo nego, ho sempre negato la tua eleganza.
DRACO (sorriso ambiguo): Bene, vediamo di rimediare...

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Capitolo 25
*** Ritorno alla vita ***


DRACO: Fletus, che c'è?
FLETUS: E' finita, Draco. Te ne rendi conto? Questo è il penultimo capitolo...
DRACO: Sì, ma in teoria è un capitolo gioioso, ti dispiace non girarlo con quella faccia da funerale?
HERM: Allora, vogliamo girare questo capitolo o no?

CAP. 25:

RITORNO ALLA VITA


Non seppe mai dire per quanto tempo cadde nel buio. Non era nemmeno sicuro di stare davvero cadendo, era una sensazione strana. In teoria, essendo lui privo di un corpo, non avrebbe dovuto sentire nulla, ma per qualche strana ragione continuava ad avere quelli che potevano essere definiti dei sensi. Aveva ancora delle mani, dei piedi e una bocca, anche se questi non avevano il sapore della carne viva, sembravano incorporei. Ma il dolore, quello potevano sentirlo.

Improvvisamente, la caduta finì. Subito, cercò di capire dove fosse, ma l’oscurità attorno a lui era totale. La paura l’attanagliò, il senso di essere di fronte a qualcosa di orribilmente oscuro, un nemico talmente potente che poteva annientarlo con il solo sguardo. Cercò di raccogliere tutto il suo coraggio, per prepararsi all’assalto che, lo sapeva, non avrebbe tardato.

Ma Voldemort non attaccò come si aspettava. Non sbucò fuori dalle tenebre, caricando a testa bassa con violenza. Al contrario, Draco sentì qualcosa crescere dentro di lui, qualcosa che sembrava sorgere dalle profondità più cupe della sua stessa personalità. Non riuscì a capire cosa fosse, ma lo sentiva rafforzarsi e invaderlo, inarrestabile.

D’un tratto, la tenebra si squarciò, ma non fu la luce ad apparire. Fu il buio di un’altra notte, l’oscura massa di pietra di una torre contro un cielo illuminato da una luce verdognola, il risplendere di capelli d’argento al vento… il suono di una voce anziana, saggia e sorridente.

Tu non sei un assassino, Draco.

Con un brivido, Draco riconobbe Silente, riconobbe il suo ricordo. Ricordò la paura di quella notte, la sua disperazione, la lotta interiore fra la necessità di uccidere quell’uomo e la volontà di risparmiarlo… e la vergogna, poi, di non essere stato capace di decidere. Si era lasciato usare, come un codardo, una marionetta, un essere meschino che aveva pensato solo a sé.

La vergogna portò con sé la disperazione, ed essa cominciò a invaderlo, nera massa di cupi pensieri che giravano continuamente attorno alla parola maledetta.
Vigliacco! Vigliacco! Vigliacco!

Per tutta la vita, si era comportato come tale. A Hogwarts, si era nascosto dietro Tiger, Goyle e la sua famiglia, e aveva disprezzato tutti quanti, aveva guardato gli altri dall’alto in basso andando fiero… di che cosa? Della sua famiglia? Lui ne era indegno. Era la vergogna dei suoi eroici antenati, il figlio che nessun padre si augurerebbe mai.

Si rivide bambino arrogante, bullo viziato, piccolo, meschino, egoista, incapace di fare qualsiasi azione che meritasse davvero questo nome. Aveva deluso suo padre, perfino quando aveva deciso di salvarlo, perché l’aveva condannato a morte. Non era stato capace di schierarsi, né con Potter né con l’Oscuro, aveva abbandonato tutti quanti.

Vigliacco! Vigliacco! Vigliacco!

Non meritava nulla. Chi avrebbe mai dovuto, o potuto, amarlo? Si era solo fatto odiare, l’odio e il disprezzo erano quello che meritava. Perché qualcuno avrebbe dovuto volergli bene? Anzi, perché avrebbe dovuto vivere? Non era degno di respirare nemmeno un atomo della stessa aria che altri, più degni, avevano respirato con lui e prima di lui.

Vigliacco! Vigliacco! Vigliacco!

Attorno a lui, la tenebra si era fatta più fitta, lo accerchiava e lo stringeva da vicino. Si sentiva soffocare da una potente mano invisibile, stritolare senza via di scampo, e al tempo stesso questo soffocamento era anche piacevole. Era la pace, la via di fuga naturale per far cessare tutta la vergogna e la disperazione che lo opprimevano. In fondo, perché no?

Lasciati andare, ragazzo… Non sei stato capace di vivere o di amare, è solo giusto che tu scompaia… almeno, così facendo, per una volta sceglierai…

NO!!! IO VOGLIO VIVERE!!!

Dalle stesse profondità da cui era uscita la disperazione, anzi da ancora più in basso, sorse in lui l’istintivo orrore per la morte proprio di ogni essere umano, la volontà potente di vivere, che andava al di là della disperazione, al di là della vergogna, al di là delle sue azioni. Draco vi si aggrappò con tutte le sue forze, a quella sua volontà di vivere, non importava come, ma vivere! Vivere!

Sentì la disperazione farsi più tenace, tornare ad assalirlo più forte, più decisa, ma non cedette. Chiamò a raccolta tutto il suo orgoglio, quell’orgoglio che l’aveva condannato, e lo usò come arma contro la tenebra.

No, per Salazar, non sarebbe morto così!!! Scalzato dal suo corpo da un fantasma!!! Era un Malfoy, se voleva il suo corpo sarebbe dovuto venire a prenderselo!!!
 
“Combatti, Draco. Combatti per tua madre, ragazzo, per mia sorella. Non è giusto che paghi tu per gli errori di tuo padre, tu hai diritto a una vita tua… e io sono pronta ad accoglierti, nipote. Ti voglio bene.”
 
Fu una visione rapida e sconvolgente di capelli biondi come quelli di sua madre e di occhi scuri come quelli di zia Bellatrix, fu l’ascolto improvviso di parole di speranza, e fu la consapevolezza che c’era qualcun altro accanto a quella misteriosa donna che lo incoraggiava… una presenza tutt’altro che nuova.

La tenebra calò di nuovo, ma non abbastanza velocemente per impedirgli di capire che ce l’aveva fatta. Per lo spazio di cinque secondi, era riuscito a tornare nel suo corpo, a vedere e sentire Andromeda Tonks (non ci mise molto a riconoscerla) che lo incoraggiava. Non era più solo, e quando la tenebra della disperazione tornò ad assalirlo, Draco si aggrappò con ancora più forza alla sua volontà di vivere e al suo orgoglio. Una luce, tenue ma pur sempre una luce, si accese allora nel suo petto incorporeo.

Ma non era finita. La tenebra, adesso, non attaccava più in forze, ma lentamente corrodeva la sua piccola fortezza.

Tu non sei degno del suo amore, e se credi di esserlo, sei solo un piccolo presuntuoso.

Impaurito, Draco vide che lentamente, ma con costanza, l’oscurità tornava a salire, e la luce si affievoliva. Evidentemente, orgoglio e volontà di vivere non bastavano, prima o poi avrebbero ceduto o peggio, l’orgoglio stesso lo avrebbe spinto a suicidarsi. C’era solo una soluzione: affrontare l’oscurità.

Strinse i denti per quanto poté, si fece coraggio e, abbandonando la sua fortezza, lasciò che la disperazione lo invadesse, che l’oscurità fluisse attorno alla luce, ed esercitando le sue abilità di Occlumante affrontò i suoi demoni.

Non fu cosa né facile né lunga. Molte volte vacillò sotto il peso dei suoi difetti, che gli venivano sbattuti in faccia l’uno dopo l’altro, rinfacciati in mille maniere, qualche volta persino esagerati. Ma non cadde mai, si riprese sempre, e cominciò a rispondere colpo su colpo.

Era solo un ragazzo quando la guerra era scoppiata, e aveva paura. E’ forse un crimine avere paura? Per la miseria, non era il solo a non essersi schierato! E per quello che era accaduto prima, era un bambino! Un bambino che obbediva a un padre che a torto idolatrava! Ma poi, a Hogwarts, cos’aveva combinato di così tremendo? Va bene, d’accordo, aveva desiderato lo sterminio dei Mezzosangue al secondo anno, ma da quando in qua i desideri sono una cattiva azione?
E per quanto riguardava l’Ippogrifo, o la Squadra d’Inquisizione…

D’accordo, ho sbagliato! sbottò a un certo punto esasperato. Sì, era vero, si era comportato da essere meschino, miserabile, egoista e stronzo. Tutto questo, non poteva essere negato. Ma non era sufficiente per farlo morire, insomma… era un ragazzo, per la miseria!

E non aveva veramente ucciso suo padre! Se solo gli avesse parlato… se gli avesse detto cosa voleva fare… era stato un incidente! Lui non era colpevole!
 
Ti voglio bene, figlio mio. Ti amo, e non potrei desiderare un figlio diverso da te.
 
La frase rimbombò nella tenebra, lampo che per un attimo la squarciò. E non da sola: altri due lampi la seguirono, altre due voci, voci amiche, voci portatrici di affetto.
 
Vai con la nostra benedizione. E ricordati: qualsiasi cosa fai, noi ti vogliamo bene.
 
Lascia che ti aiuti, capo. E non dire che non te lo meriti, perché non è questo il punto. Abbiamo sempre fatto i cattivi, senza renderci conto di cosa comportava, e questo ci ha quasi distrutto. Ma io ne sono uscito, e… voglio che tu condivida quest’esperienza con me, come ai vecchi tempi.
 
Papà… Asterius… Greg… mormorò, riconoscendole, e rendendosi improvvisamente conto che c’era una sola persona, in tutto il mondo magico, che lo considerava colpevole di qualcosa: lui stesso. Ma perché avrebbe dovuto ritenersi colpevole da solo, quando non lo era per gli altri?

La luce si fece più forte e iniziò a risplendere, alimentata dai ricordi diametralmente opposti a quelli che ingrossavano la tenebra. Si rivide bambino abbracciato e coccolato dalla madre e, con più ritegno, da suo padre, si rivide nella sala dei ritratti ascoltare le imprese di Asterius e degli altri, sul campo da Quidditch con i suoi compagni, e poi con Fletus, il giornalista che si era rivelato un amico inaspettato, e Greg, il compagno ritrovato, che era uscito dall’inferno ed era tornato per tirare fuori anche lui.

E che cosa importava quello che aveva o non aveva fatto, quando tutta questa gente gli voleva bene lo stesso? Avrebbe rimediato ai suoi difetti, si sarebbe corretto e sarebbe stato una persona migliore, per loro e per… Hermione.

Sapeva che prima o poi sarebbe arrivato a lei, che la lotta per il possesso della sua anima avrebbe coinvolto anche i ricordi con lei. Lei, la Mezzosangue odiata e disprezzata, lei che aveva tutti i motivi per buttarlo in mezzo a una strada, l’aveva accolto in casa, gli aveva dato fiducia e al tempo stesso aveva saputo dargli il coraggio di essere qui in questo momento.

Ma fu proprio su lei che Draco dovette combattere l’ultima battaglia, quella che per poco non mandò a monte tutto. Perché lei faceva nascere nella sua mente pensieri ben precisi, pensieri che ancora non aveva affrontato e che si riassumevano così: la voglio.

La desiderava, la voleva accanto, sua, solo sua. Lei era un tesoro, era una gemma, il suo tesoro! Lui le aveva ridato fiducia, lui aveva risollevato la sua carriera, lui e solo lui, non quei coglioni dei suoi amici che non erano stati capaci di capirla! Lei era sua! Sua!

L’aveva appena detto, che sentì la tenebra farsi più fitta, e vide la luce vacillare. Spaventato, si ritrasse da ciò che aveva appena pensato. Non poteva fallire adesso! Non poteva! Ma al tempo stesso, sentiva che ciò che aveva pensato era la verità. Lui veramente provava quel sentimento nei suoi confronti, e doveva farci i conti. Si rituffò nella tenebra, per affrontarlo.

Vide che ciò nasceva dalla paura di perderla. Perché i suoi genitori e gli antenati erano la sua famiglia, Fletus non lo conosceva, Greg un vecchio amico… ma lei non era niente di tutto ciò, lei non aveva nessun motivo per amarlo, tranne quello che avevano passato assieme. E non era abbastanza per amarlo come lui avrebbe voluto, non era abbastanza per cancellare sette anni di odio.

Ma sapeva anche, lo sentì, che non l’avrebbe amato nemmeno se si fosse comportato con lei come aveva appena espresso di voler fare. Aveva detto di non voler escludere nessuno dalla sua vita, e ciò significava che lei non era sua, non nel senso che era un suo giocattolo. Ed era giusto così, perché solo così poteva volergli bene. Però, questo significava, da parte di lui, accettare di poter essere messo da parte, accettare che lei potesse… amare… qualcun altro.

Non era una scelta piacevole, questo era un vero e proprio sacrificio, e Draco ebbe paura di farlo, paura del dolore che avrebbe provato. Ma non poteva fuggire, e anche avesse potuto, non l’avrebbe fatto. E in fondo, tra il dolore della rinuncia (fra l’altro non certa) e quello della morte, be’… non c’era molta scelta. Strinse i denti e acconsentì.

E proprio in quel momento, sentì qualcosa di caldo e morbido posarsi sulle sue labbra. Incredulo, scioccato, restò immobile mentre sentiva il contatto farsi più intimo e ricercato, riempirsi di passione e slancio, generare ondate di calore che lo percorsero da capo a piedi.

Mi sta baciando… mi sta baciando!!!

Il suo petto incorporeo sembrò d’un tratto esplodere per la felicità, mentre la luce prese a splendere fortissima, inondandolo, inghiottendolo al suo interno, circondandolo in un caldo abbraccio materno. Avrebbe pianto, se i suoi occhi fossero stati di carne, pianto per la felicità che il suo sacrificio, forse, non era necessario, che forse lei poteva amarlo.

Il bacio cessò, e la tenebra tornò all’assalto. Ma adesso, la tenebra era una piccola figura magra e scarna, con il volto dell’Oscuro bene in evidenza, non più la terrificante potenza che l’aveva oppresso. Sulle labbra di Draco, tornò ad aleggiare il suo ghigno sarcastico ad Hogwarts, mentre guardava con disprezzo e una punta di compassione quel povero fantasma.

Via dal mio corpo, Sanguesporco!!!
 

***

La luce invase tutto il Manor splendendo accecante per dieci minuti buoni, durante i quali Harry ed Hermione si preoccuparono di tenere gli occhi chiusi, non riuscendo a guardare nella luminosità di fronte a loro. Sentivano solo, al suo interno, i rumori di una lotta, i rantoli di qualche essere disperato, condannato a una morte atroce, e le urla di vittoria di qualcuno che sembrava aver appena conquistato l’universo. Gioia e dolore, vita e morte, riecheggiavano attorno a loro, riempiendo il Manor della loro lotta titanica.

Poi, com’era cominciata, la luce sparì. Harry ed Hermione riaprirono gli occhi udendo il tonfo di qualcosa che era caduto a terra. Draco Malfoy era caduto giù dal divano, e ora se ne stava supino sul pavimento, respirando pesantemente.

Lo videro tirarsi su piano, con delicatezza, come un bambino alle prese con un oggetto sconosciuto. Quando fu del tutto in piedi, Hermione fece un timido passo avanti. Draco la sentì e si voltò. I loro occhi si incrociarono, e sulle labbra del Purosangue comparve, dapprima timido, poi sempre più aperto, un meraviglioso sorriso: il suo.

Hermione sentì d’un tratto le ginocchia sciogliersi. Tentando di controllare la sempre più forte tentazione di piangere di gioia, levò la mano ad accarezzare la guancia del biondo, su cui scorrevano già alcune lacrime. Rimasero così, in silenzio, per alcuni istanti.

Poi, Draco la afferrò e la strinse a sé, affondando la testa nei suoi capelli castani, tutto il corpo scosso dai singhiozzi e dalle lacrime della vita ritrovata, ed Hermione ricambiò con trasporto, tenendolo stretto, unendo lacrima a lacrima, affetto ad affetto, cuore a cuore.

“Grazie” le sussurrò lui all’orecchio.
“Non farlo mai più” replicò lei.

Attorno a loro, i ritratti applaudirono tutti insieme, unendosi alla gioia dei due. Asterius aveva le lacrime agli occhi, Arcturus urlava saltellando nel suo riquadro, Prosperpina e Citerea si erano abbracciate. Draco, ancora stretto nell’abbraccio di Hermione, alzò lo sguardo per incontrare gli occhi commossi e orgogliosi dei suoi antenati.

Quanto a Harry, se ne stava in disparte, a guardare. Avrebbe avuto tempo di parlare con Draco più tardi, adesso era giusto che si godesse il momento del trionfo. Tirò fuori il cellulare e mandò un messaggio a Fletus e a Gregory informandoli di quanto era successo, prevedendo che in pochi minuti si sarebbero precipitati lì. Poi tornò a guardare Draco ed Hermione che sembravano incollati l’uno all’altra, tanto era forte la loro necessità di abbracciarsi.

“Ron mi ammazzerà” mormorò, prima di tirare su rumorosamente col naso, perché anche lui era commosso.

Harry si asciuga gli occhiali.
FLETUS: Ma ti sei commosso davvero?
HARRY: Che ci vuoi fare, Fletus... sono un inguaribile sentimentale.
FLETUS (pacca sulla spalla): Pure io, Potter. Pure io. Adesso che dici, lasciamo soli i due piccioncini?

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Capitolo 26
*** Scommessa per il futuro ***


HERM: Ma quant'è lungo questo capitolo, Fletus?
FLETUS: Sì, lo so, ma è anche l'ultimo, perciò mi sono concesso il lusso di scrivere finché ne avessi voglia.
HARRY: E con la nuova storia, anzi con la nuova serie, quand'è che cominciamo? Ammetto di non vederne l'ora...
DRACO: Ehi, piano, piano, Sfregiato! Non so il nostro Autore, ma io di una settimana di pausa ne ho bisogno!
FLETUS: Oh, anch'io ne ho bisogno, Draco. Ma domenica dovrei mettere un'anticipazione. E adesso, andiamo!

CAP. 26:

SCOMMESSA SUL FUTURO


Evidentemente stava diventando un’abitudine: ogni volta che vedeva Malfoy Manor, ne ricavava un’impressione diversa. Con i riflettori del palco puntati addosso, la villa adesso sembrava un castello da cartone Disney. La folla sciamava intorno alle porte chiuse della casa rimessa a nuovo, aspettando con curiosità di vedere il suo proprietario, Mangiamorte redento e cantante famoso.

Hermione aveva un sorriso che andava da un orecchio all’altro, mentre attendeva assieme agli altri. Non riusciva a credere che fossero già passati due anni da quella sera in cui Draco si era risvegliato a nuova vita.

Nella sua mente risuonò di nuovo la voce del presidente del Wizengamot, che solennemente dichiarava l’innocenza di Draco grazie all’assistenza di Harry, che si era occupato in prima persona di scagionare l’ex rivale. Anche lei aveva testimoniato, ovviamente, raccontando tutto quello che era successo tra loro (be’, quasi: né lei né Draco né Harry avevano raccontato del bacio a Malfoy Manor).

Subito dopo l’assoluzione, Draco si era trasferito da Andromeda Tonks, che l’aveva accolto molto volentieri. Da allora, si vedevano ogni volta che Hermione andava a far visita a Teddy. Sorprendentemente, fra il piccolo e Draco si era instaurato un ottimo rapporto, al punto che il biondo passava con lui gran parte del suo tempo libero. Adorava ripetere che faceva allenamento per quando si sarebbe ritrovato un piccolo mostro saltellante per il Manor.

Una serie di ottime ragioni aveva spinto lui a trasferirsi ed entrambi a vedersi meno frequentemente di quanto avrebbero voluto. E’ molto facile affermare di fregarsene dell’opinione altrui; la realtà, però, è ben diversa, specie se devi ricostruirti una vita. Ed era meglio per tutti e due non alimentare i pettegolezzi che già occupavano tutte le riviste di gossip magiche. Nott era stato condannato all’ergastolo, e con lui tutti i suoi complici, ma altri erano venuti dopo di lui, altri avversari che potevano indebolire la posizione riconquistata di Hermione proprio facendo leva sul legame tra lei e Draco (e ci avevano provato). Era pertanto opportuno che Hermione dimostrasse a tutti che a capo della sua linea politica c’era lei e solo lei, e che l’aiuto di Draco era una variabile importante ma non necessaria. Quasi la stessa logica valeva per Draco, che aveva rivelato al mondo magico la sua doppia identità, e adesso doveva imparare a gestire la sua carriera di cantante da solo, oltre che dimostrare al mondo magico di essere davvero cambiato.

Questi erano i sordidi motivi di convenienza, cui si aggiungeva un motivo più personale ma non meno importante. Quel bacio dato a Malfoy Manor era stato scambiato in circostanze così anomale, tutto quanto il loro legame era nato in un modo così strano, che né lui né lei se ne fidavano, all’inizio. Erano attratti l’uno dall’altra, sì, ma rimaneva comunque il fatto che la normalità delle loro vite, dei loro mondi, non era quella delle tre settimane passate insieme. Avevano entrambi bisogno di capire bene qual era la loro posizione nei riguardi dell’altro, prima di discutere di un loro futuro.

Tuttavia, dopo due anni, le cose potevano dirsi abbastanza sistemate. L’amicizia, l’affetto, la complicità fra i due era cresciuta ogni giorno di più, la loro alchimia stranissima funzionava sempre: lui sapeva calmarla e farla ragionare, lei lo spronava a superare i suoi dubbi, entrambi si davano a vicenda una fiducia reciproca che non sapevano trovare da nessun’altra parte. A questo risultato, aveva contribuito non poco una nutrita schiera di amici: Fletus ovviamente, poi Gregory, Luna, Harry, Andromeda, e sorprendentemente le sorelle Greengrass.
Era venuto fuori, infatti, che la ragazza di Gregory altri non era che Astoria Greengrass, la quale, se ai tempi di Hogwarts ronzava attorno a Draco, adesso non era più interessata a lui. Lei e la sorella maggiore Daphne, ex fidanzata di Nott (del tutto senza rimpianti), erano state le prime persone ad accettare di contribuire finanziariamente alla ricostruzione di Malfoy Manor. Rimettere in sesto casa sua era stata, infatti, la prima cosa che Draco aveva voluto fare dopo aver unificato i conti di Hades LeSerp e il suo, ma il denaro purtroppo non bastava, contando che del patrimonio di famiglia non era rimasto granché. Le sorelle avevano ovviato al problema, ed erano diventate praticamente le principali sostenitrici finanziarie della carriera del cantante. Uguale sostegno avevano dato al partito di Hermione, dimostrandosi infaticabili organizzatrici di serate mondane e pubbliciste di prima categoria, oltre che un aiuto fondamentale nel tenere a bada i pettegolezzi.

In questo, lavoravano a stretto contatto con Fletus e Luna. Il giornalista, riconfermato in pieno manager e agente pubblicitario di Draco, aveva al tempo stesso usato tutti i suoi contatti e le sue arti del mestiere per sostenere la linea politica di Hermione. Adesso, i suoi articoli comparivano anche sulla Gazzetta, data la fama che aveva guadagnato, ed erano più letti di prima, con risultati positivi per tutti quanti. Luna, poi, aveva messo a disposizione di entrambi un’intera sezione del Cavillo, che aveva rapidamente aumentato le vendite.
Nel pensare a lei, sentì una fitta di gelosia allo stomaco, ma la ignorò: si era ormai rassegnata al fatto che tra Draco e Luna si fosse sviluppata una strana affinità, un legame particolare, una capacità reciproca di intendersi al volo simile a quella che c’era con lei. Fletus, però, l’aveva rassicurata più volte che nessuno dei due aveva strane intenzioni… e Fletus doveva saperlo, visto il suo sempre più evidente debole per la piccola Lovegood.

L’aiuto di Gregory e di Harry (nessuno dei quali era incorso in particolari punizioni) era stato più morale, ma non meno importante. Che Harry Potter, infatti, non mancasse mai a un concerto dell’ex nemesi, e sostenesse in pubblico la linea politica di Hermione ogni volta che veniva intervistato al riguardo, aveva avuto un certo effetto sull’opinione pubblica, anche contando la rapida carriera che Harry stava facendo tra gli Auror al fianco di Adrian Sharpmind. La carriera di Gregory andava di pari passo con quello di Harry, al punto che l’accoppiata cominciò a diventare celebre tra gli Auror e fuori.

Hermione fu risvegliata dai ricordi dagli applausi che annunciarono l’entrata sul palco di Draco, che esibiva un bellissimo mantello azzurro con decorazioni d’argento. Sembra il principe di Biancaneve, le venne spontaneo pensare.

“Benvenuti, benvenuti” salutò Draco dal palco. “Ma quanto siete numerosi… eppure non sta piovendo” scherzò poi.

“Dunque, stasera siamo qui per un evento molto speciale, che volevo festeggiare come si deve. Quella che vedete alle mie spalle è casa mia, o almeno lo sarà di nuovo da stanotte. L’ultima volta che sono uscito da qui, mi stavo domandando se ci sarei mai tornato: ero un fuggitivo, un indiziato d’omicidio, un Mangiamorte ancora segnato dal Marchio. Un relitto umano, insomma, su cui nessuno avrebbe scommesso uno zellino. Sapete tutti com’è continuato dopo, per quale miracolo assolutamente immeritato io abbia riavuto indietro il centuplo di quanto avevo prima. E adesso, prima di entrare in questa casa, voglio pubblicamente ringraziare le persone a cui devo tutto questo.”

Mentre la platea applaudiva, Hermione, da inguaribile sentimentale, si era già commossa. Non poteva farci niente, ogni volta che lo vedeva felice sul palco le tornava alla mente il ragazzo spaventato e insicuro che aveva accolto in casa sua, e questo le faceva venire gli occhi lucidi. Uguale commozione, al suo fianco, dimostrava Andromeda, mentre il piccolo Teddy, in braccio alla nonna, tentava goffamente di applaudire con le manine.

“Il primo ringraziamento è per l’amico inaspettato, un uomo buffo e un po’ infantile, che ha aiutato un uomo che non conosceva, senza averne nessuna ragione. Fletus, mi raggiungi qua sopra?”

Fletus Chattongue, rosso per l’imbarazzo, non si fece pregare, e salì sul palco.

“Fletus” gli disse Draco “il mio ringraziamento per te è conferirti un onore speciale. Inginocchiati.” Preso alla sprovvista, il giornalista obbedì, e Draco estrasse la bacchetta puntandola contro di lui. La folla osservava sorpresa quella strana cerimonia, con una punta d’ansia. La stessa Hermione non riusciva a capire cosa volesse fare.

“Da questo momento” disse solennemente Draco agitando la bacchetta in aria “sei ufficialmente il benvenuto a Malfoy Manor, le cui porte saranno sempre aperte per te. I tuoi amici saranno i miei amici, i tuoi nemici i miei nemici. Disonore colga colui che rompe questo patto!” Ci fu un lampo di luce bianca, che avvolse il giornalista, poi tutto tornò normale. Sorridendo, Draco tornò a parlare.

“Questo è l’incantesimo antico con cui i Malfoy designano i loro amici più stretti. Sei la prima persona a cui viene concesso quest’onore, e sarai la prima a entrare con me in questa casa.”

Applausi ed urla di gioia attraversarono la folla mentre un commosso Fletus si rialzava, cercando di non piangere. Hermione era tra quelli che applaudivano più forte di tutti. Ci volle un po’ prima che tornasse la calma.

“Il secondo ringraziamento va, invece, all’amico ritrovato, a una persona che per troppo tempo è stato mal giudicato da tutti, perfino da me. Chi avrebbe mai potuto credere, ai tempi di Hogwarts, che dietro quella massa di muscoli si nascondesse un cuore tanto grande, una bontà così profonda, una lealtà così forte? Greg, vieni qui a prenderti la tua rivincita!”

Al contrario di Fletus, Gregory non riuscì a trattenere le lacrime mentre saliva sul palco, accompagnato da Astoria, e abbracciava Draco sollevandolo letteralmente da terra, fra le risate del pubblico.

“Greg” ricominciò Draco cercando di riprendere fiato “io ho… esitato molto su come ringraziarti, perché veramente non sapevo cosa fare. Ti ho trattato male per anni, e sei tornato lo stesso per aiutarmi. Non ti ripagherò mai abbastanza, ma spero questo sia un buon modo per cominciare.”

E gli porse un pacchetto, era una scatoletta piena di Gobbiglie, di ogni forma e dimensione. Sembrava in verità abbastanza vecchiotta.

“La riconosci, vero? Era la tua scatola di Gobbiglie. Da piccolo, te la invidiavo, e siccome ero un piccolo stronzetto bastardo, te l’ho rubata. So che sei cresciuto, ma… ecco… mi dispiace. Sei libero di picchiarmi, se vuoi, ma prima fammi dire che mi dispiace, per questo e per… tutto il resto. Ecco, il mio ringraziamento per te sono le mie pubbliche scuse.”

Ci fu un attimo di silenzio mentre Gregory prendeva in mano la scatola, soppesandola con attenzione. Poi, con uno scatto improvviso, il gigante fece per tirare un pugno dritto in faccia al biondo, ma deviò la traiettoria un attimo prima di andare a segno e tornò invece a stringere l’amico in un abbraccio ancora più forte, tra gli applausi e le risate del pubblico. Hermione e Andromeda non riuscirono a non trattenere un sorrisetto divertito, vedendo Draco massaggiarsi la schiena.

“Il terzo ringraziamento” annunciò quando ebbe ripreso fiato “è per lei.

Il cuore di Hermione ebbe un tonfo a queste parole. Sapeva sarebbe arrivato il suo turno, ma così presto? Sentì le gambe farsi improvvisamente molli, la salivazione azzerarsi, e i brividi su tutta la spina dorsale, non sapeva dire se di paura o di felicità.

“Ma tu non salirai sul palco” disse immediatamente Draco. Hermione spalancò la bocca, sorpresa. Che voleva dire che non sarebbe salita sul palco?

“Mi hai capito bene, Grifona, non ti inviterò qui, perché nonostante sia un inguaribile bastardo, non ti voglio mettere in imbarazzo di fronte a tutta questa gente. Il mio ringraziamento per te è un’offerta: quella di diventare ufficialmente la mia ragazza.”

Ci mancò poco che Hermione svenisse lì sul posto. Il tempo sembrò fermarsi, gli attimi innaturalmente dilatati, il silenzio della folla stupefatta più assordante di qualsiasi urlo, il battito accelerato del cuore un rimbombo incredibilmente forte. Le aveva… veramente… chiesto di…?

“Sapete, ci siamo presi questi due anni di riflessione perché avevamo cose importanti da fare, ma anche perché, diciamocelo, che noi due stiamo insieme è un po’ uno scherzo di natura, contando chi siamo. Ma io credo di poter dire che, per quanto mi riguarda, la cosa può funzionare, o al massimo penso valga la pena di provarci. Non ti chiedo di sposarmi, sarebbe troppo presto, ma di scommettere con me, quello sì, come hai scommesso accogliendomi in casa tua, dandomi ascolto, standomi accanto dopo tutto quel che ti avevo fatto. Senza di te, io adesso non sarei qui, e anche se rifiuterai, questo non cambierà. Certo, se accetterai mi renderai l’uomo più felice della terra, ma questo è un dettaglio.” Piccola risata da parte del pubblico. “Prenditi tempo, quindi. Riflettici, e dimmelo quando vuoi, stasera, domani, tra una settimana, un mese… ecco, magari entro i prossimi dieci anni. Ti aspetto” concluse con una strizzatina d’occhio.

Risate e applausi seguirono la dichiarazione di Draco, che si ritirò cercando di non arrossire. Hermione, tra il pubblico, non applaudì: era più impegnata a cercare di capire quello che era successo, il cervello e il cuore divisi tra incredulità, sorpresa, shock e felicità improvvisa. Non si accorse che, al suo fianco, Andromeda le stava sorridendo di un sorriso assai eloquente.    

“Bene!” Draco era finalmente riuscito a riprendersi. “Ho tenuto per ultimo il ringraziamento più difficile da fare. Sfregiato, sono sicuro che ci sei. Ti dispiace salire?”

Oh mio Dio… pensò Hermione mentre Harry saliva sul palco con l’espressione di un condannato a morte. Tra Draco e Harry, in quei due anni, si era sviluppata quella che poteva essere definita un’amicizia litigiosa: ogni volta che si incontravano, tra i due era un infuriare di battutine, scherzi, piccole ripicche a volte molto infantili. Evidentemente, trovavano entrambi molto difficile dimenticare la loro rivalità a Hogwarts.

“Eccomi, furetto. Cosa vuoi?”

“Be’, ho sentito dire che avermi dato una mano ti ha provocato un paio di problemi, vogliamo dire… familiari?”

“Un paio di problemi”è un eufemismo, venne spontaneo pensare ad Hermione. Sia Ron che Ginny avevano tolto loro il saluto, Ron perché si sentiva tradito e Ginny per solidarietà, ma anche perché aveva preso il silenzio di Harry (non del tutto a torto) come una mancanza di fiducia nei suoi confronti. Ancora adesso, a distanza di due anni, era difficile parlare con loro.

“Malfoy, mi hai chiamato sul palco per sputtanarmi?”

“No, ti ho chiamato sul palco per dirti che in questo momento Ginny Weasley ci sta probabilmente ascoltando. Hai qualcosa da dirle?”

“Senti, furetto, non è divert…”

“Non è uno scherzo, Harry.” La voce di Ginny Weasley, magicamente amplificata, risuonò nell’aria. “Dimmi.”

Seguì qualche momento di attesa e di stupore generale. Harry, sul palco, sembrava pietrificato, e continuava ad aggiustarsi il nodo alla cravatta come se stesse per soffocare. Tra il pubblico, Hermione attendeva con il fiato sospeso di vedere la fine di tutto questo. Cos’ha in mente quella serpe?

“Ginny, io…” cominciò infine Harry, esitante. “Mi dispiace di averti tenuto fuori dai miei piani. Non ho avuto fiducia in te, so che è grave e non ho scusanti. Lo sai che ho il complesso dell’eroe, no? Ginny… tesoro… mi manchi. Non vado da nessuna parte senza di te… oh insomma, mi dispiace, ecco!” sbottò alla fine, esasperato. Non era bravo con le parole in circostanze normali, figuriamoci in quelle circostanze.

Crack!

Ginny Weasley, in carne, vestiti e ossa, comparve sul palco, di fronte a un Harry completamente basito, che si ritrovò a essere baciato e abbracciato prima ancora di capire cosa stava succedendo. Ridendo come un matto, Draco indicò la coppia ricostituita al pubblico, che scoppiò in un applauso caloroso.

Hermione stava ridendo anche lei a crepapelle, mentre ancora non riusciva a credere ai suoi occhi. Che Draco Malfoy avesse finito per far rimettere insieme i suoi due migliori amici, era troppo anche per lei.
 

***

La serata fu meravigliosa. Malfoy Manor ricostruita era semplicemente bellissima: ogni affresco era stato restaurato con cura, ogni infisso riparato, ogni granello di polvere scrupolosamente eliminato. La villa era illuminata a giorno, e gli elfi domestici, che Draco aveva regolarmente assunto, erano svelti e precisi nel servire gli invitati.

Hermione passò tutta la serata ad ammirare la villa rimessa a nuovo, bevendo moderatamente e chiacchierando con amici e semplici conoscenti. Riuscì a far pace con Ginny, la quale le raccontò come Draco la avesse convinta a tornare con Harry, con un discorso a sentir lei molto convincente. Sorprese Gregory che stava chiedendo ad Astoria di sposarlo, e si complimentò con loro, e si divertì un mondo quando, al momento delle danze, Fletus e Luna si impegnarono a ballare un lento con risultati disastrosi.

Fu solo dopo un po’ che si decise ad andare a cercare Draco, il quale sembrava sparito dalla stessa festa che aveva organizzato. Aveva una risposta da dargli, e pensava di sapere dove trovarlo. Non fu delusa: arrivata alla porta della sala dei ritratti, sentì venire fuori la voce inconfondibile di Asterius.

“Un Malfoy Mezzosangue? Per Merlino, ma sono più di trecento anni che non se ne vede uno!”

“La cosa ti dispiace, forse?” chiese un’altra voce, quella di Arcturus.

“Oh, niente affatto! La ragazza è assolutamente perfetta per il nostro Draco. Certo, con questo anche la nostra linea di sangue principale non è più pura… ma basterà che il pargoletto del nostro ragazzo sposi una Purosangue.”

“Piano, piano, Asterius!” Adesso era Draco a parlare. “Ti ringrazio della comprensione, ma non le ho chiesto di sposarmi… non ancora. Credo sia un po’ presto.”

“Oh, tranquillo, staremo attente noi che non diventi tardi” replicò la voce squillante di Proserpina.

“E per quanto riguarda l’anello, Draco?” Era di nuovo Asterius a parlare. “Il patto di sangue è stato infranto, cosa vogliamo fare al riguardo?”

“Temo proprio nulla al momento. La maledizione può essere spezzata solo se il Malfoy che reclama l’anello è uno studente, e io ho passato l’età. Vedremo per mio figlio, Asterius.”

A queste parole, il cervello di Hermione partì di scatto sulle orme della curiosità pungolata. Di cosa diavolo stanno parlando? Quale anello, quale maledizione e soprattutto quale scuola?

“Se vieni dentro, magari ne parliamo, Grifona” la chiamò in quel momento Draco. Non aveva rinunciato all’innocente piacere di metterla in imbarazzo qualche volta, anche se solo in privato, e si era accorto da un bel po’ che la ragazza era lì dietro.

Hermione sospirando entrò nella sala, e lo raggiunse. I ritratti si inchinarono e le sorrisero, mentre Draco se ne stava immobile, apparentemente tranquillo. Ma ormai lei sapeva che, quando la sua mano destra iniziava a contrarsi come volesse chiuderla a pugno, significava che era agitato.

“E così, vorresti generare con me un piccolo Malfoy, eh?” lo punzecchiò lei, rovesciando immediatamente l’imbarazzo su di lui. Draco chinò la testa, cercando di nascondere la smorfia da bambino beccato con le mani nella marmellata.

“Be’, l’idea mi piace” continuò lei, spiazzandolo. “Ma hai ragione, è troppo presto per pensare a queste cose. Io e te che stiamo insieme è già abbastanza bizzarro.”

“Però è possibile.” Non era una domanda, quella uscita dalla bocca di Draco.

“Ci sarebbero un milione di ragioni per cui non dovrebbe esserlo” lo spiazzò Hermione. Paura e delusione cominciarono ad apparire sul volto di lui a queste parole, e questo le tolse la voglia di giocare ulteriormente.

“Ma le cose migliori della mia vita le ho sempre fatte d’istinto: stare con Harry, aiutare te… Una più una in meno… E poi, che Grifona sarei se non avessi coraggio?”

Pura felicità si dipinse negli occhi grigi di Draco, improvvisamente sull’orlo delle lacrime; ma Hermione lo baciò prima che lui potesse iniziare a piangere. Un bacio tenero, pieno di promesse, fuggevole visione di un futuro possibile. Quando però provò a staccarsi, Draco la afferrò per la vita e tornò a baciarla, stavolta con baci che esigevano imperiosamente, affermazioni decise di una volontà.

“Ehi, ferma!” protestò quando finalmente riuscì a staccarsi. “Non ti sembra di correre un po’ troppo?”

“Fossi in te, io almeno una volta farei l’amore prima.” Proserpina Malfoy, dall’alto del suo ritratto, porse ad Hermione un’occhiata complice. “Si capiscono molte cose del proprio rapporto con il sesso, è un elemento essenziale. Il problema non è farlo, è eccedere.”

“Sì, ma non stasera” puntualizzò Hermione. “Stasera proprio non me la sento, ho bisogno di fare un passo per volta. Aspetterai, vero?”

“Aspetterò” acconsentì Draco, con un sospiro un po’ esagerato. “Spero di resistere abbastanza a lungo.” E scoppiò a ridere, una risata allegra a cui prima Hermione e poi gli antenati si unirono, facendo risuonare tutto il Manor della loro felicità.

Stavano tornando di sotto dagli ospiti, quando Hermione si ricordò di quello che aveva sentito.

“A proposito, di cosa stavate parlando prima tu e gli altri? Anello, maledizione, scuola…”

Draco sospirò, preparandosi mentalmente a quella che sentiva sarebbe stata una fatica. Non avrebbe dovuto permettere che Hermione sentisse quella parte della conversazione, adesso l’avrebbe tormentato finché non le avesse detto tutto.

“E’ una lunga storia, Herm. Ti spiace se te la racconto un’altra volta?”


FINE
 

E così termina la mia prima fanfiction. Ancora non ci credo che l'ho finita. Ma, come avete visto, sarà solo la prima di una lunga serie. Molto presto, comincerò a mettere mano a uno dei due grandi progetti riguardanti i nostri personaggi preferiti che ho in mente: progetti giganteschi, progetti epocali, uno dei quali (le già annunciate "Storie della famiglia Malfoy") riguarda principalmente Draco, mentre l'altro coinvolge anche altri personaggi (tra cui una larga parte di personaggi originali, alcuni dei quali sono apparsi come camei in questa storia: uno per tutti, Adrian Sharpmind). Spero mi vorrete seguire in queste nuove avventure.

Grazie a tutti, quindi, sia come lettori/recensori sia come autrici/fonti d'ispirazione: a Barbarak, di cui mi sono mancate molto le recensioni dal cap. 16 in poi, alla coppia TheDragon/ToSaphira, ad Angelique Bouchard, a Simi462, a BLUFLAME, a Kahlan5, a FlyLeaf, a Stella94, a Cherry Armstrong, a Egoica/Athanasia, e a tutti gli altri che non ho lo spazio per citare. Alla prossima!

(Fletus Chattongue si allontana con Draco ed Herm al fianco, sulle note di "Largo al factotum" del "Barbiere di Siviglia")


 

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