Disney High School

di MagikaMemy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1:

Jasmine restava a letto, sentendo le palpebre che, ancora sporche di trucco della sera prima, faticavano ad aprirsi.

Nonostante sapesse perfettamente di doversi alzare, le gambe tendevano a restare ancorate al materasso, e in fondo chi era lei per andare contro il volere dei suoi arti corporali?

“Jas, non te lo ripeto più: o ti sbrighi ad andare a scuola, oppure resti chiusa in casa per un mese e ti scordi quella specie di carneficina adolescenziale alla fine dell'anno.”

Finalmente riuscì ad aprire gli occhi e a guardarsi attorno, spaesata. Quel tappetto di suo padre la fissava da fuori la porta, battendo impaziente il minuscolo piedino sul pavimento, segno che stava ufficialmente perdendo le staffe.

Lei, incurante della minaccia del suo vecchio, alzò il busto e sbadigliò, guardandolo accigliata.

“Si chiama ballo scolastico, pà. E per tua informazione,” pausa, altro sbadiglio, “non credo di andarci comunque. E' roba da stupidi.”

Il padre sorrise, lasciando che la figlia si svegliasse per bene, e si limitò a tornare sul corridoio dicendo una cosa del tipo “Lo so che dici così solo perchè non hai un ragazzo con cui andarci”, convinto che la figlia non l'avesse sentito.

Questa gli lanciò dietro il cuscino, senza riuscire a colpirlo, e gli gridò dietro con fervore: “Papà, invece di interessarti alla mia (peraltro inesistente) vita amorosa, limitati a farmi la ramanzina per il ritardo di ieri notte!” e si mise a ridere, sentendo che lui faceva lo stesso.

Guardò distrattamente la sua stanza.

Cavolo, che casino. Forse avrebbe dovuto dare una sistemata, nel pomeriggio.

Ci riflettè un attimo, considerando la cosa.

… ok, forse poteva lasciarla così per un'altra settimana. O forse due.

Facciamo un mese.

Afferrò il cellulare e, noncurante dell'ora, andò direttamente sulla rubrica, dopodichè lo portò all'orecchio.

Dall'altra parte, il suono di uno squillo, e un sonoro: “Dove diavolo sei?!”

“Buongiorno anche a te, Ariel.” esclamò, alzandosi del tutto e prendendo la biancheria dal cassetto.

La ragazza dall'altra parte dell'apparecchio sembrava furiosa.

“Buongiorno un corno! Io qua ti sto aspettando! Abbiamo il compito in prima ora, e se non ti sbrighi per me e Rapy non c'è neanche la minima speranza di prendere una sufficienza!”

Da lontano, la voce di un'altra ragazza che si intrometteva con voce squillante: “Jassss, datti una mossa!”

Jasmine entrò nel bagno e si guardò allo specchio: cos'era, un brufolo quello?

“Sentite ragazze, mi sistemo al volo e arrivo. Non agitatevi. Il compito ve lo passo lo stesso.”

“Non ti azzardare a fare tar...”

“Sì ok ciao” disse lei, chiudendo la telefonata in faccia all'amica e pregustandosi la faccia che avrebbe fatto una volta arrivata a scuola.

Mamma mia, perchè Ariel era sempre così agitata?! In fondo era soltanto un fottuto compito di matematica, mica il giorno dell'Apocalisse. Se così fosse stato, probabilmente l'avrebbero passato tutte insieme sedute in piscina a bere cocktail. O, più probabilmente, in un bordello organizzato con tutta la scuola. E invece le toccava lavarsi, vestirsi e rinchiudersi in un'aula per otto ore, come tutti i giorni. Bella prospettiva del cazzo.

Impregnò lo spazzolino di dentifricio ed iniziò a sfregarselo sui denti, lasciando che i ricordi della sera prima si schiarissero.

...bene, probabilmente era stata una sbronza da far schifo.



“LA UCCIDO, LA UCCIDO, LA UCCIDO!”

“Ariel, tesoro, stai calma.” disse Belle secca, guardando l'amica che, vicino alla sua macchina parcheggiata davanti alla scuola, prendeva praticamente a calci tutto ciò che era là attorno, arruffando i lunghi capelli rossi e lasciando che le scarpe da ginnastica si sporcassero di terra.

Ariel si voltò verso di lei, innervosendosi ancora di più vedendo quanto Belle riuscisse a rimanere impassibile e a leggere uno dei suoi odiosissimi mattoni del '900.

“Come... come fa a non darti sui nervi?! E' assolutamente pessima! Lo sa bene che a matematica faccio schifo, e per una volta che le chiedo una mano fa ritardo di venti minuti!”

“Oh, andiamo Ariel, sai com'è fatta...” Rapunzel provava a sorriderle, come suo solito, ma in un momento del genere neanche un tacos gigante le avrebbe risollevato il morale.

Ok, forse un tacos gigante sì, ma solo se servito con un chilo di salsa guacamole.

Oh, quanto amava il messicano...

Belle e Rapunzel videro l'amica cambiare espressione in un attimo, osservandola mentre guardava in alto, distrattamente, con sguardo sognante e bava alla bocca (inutile dire che la gente la fissava come se fosse impazzita).

“Ari, tesoro, non serve a nulla agitarti così, credimi.” Rapunzel la riportò alla realtà con un leggero schiaffetto sulla guancia, che la fece trasalire un poco e tornare con i piedi per terra.

“Sai che non lo fa con cattiveria, Jasmine è... è fatta così.” disse la biondina, trattenendo un sospiro.

Ariel la guardò, arrendendosi.

“Sì, lo so questo. Ma le avevo chiesto un favore.” fece una pausa, guardando verso il basso: “Sai com'è fatto papà.”

“Ooooh, andiamo, il caro coach capirà che di tanto in tanto non c'è nulla di male, in un'insufficienza.” esordì Rapunzel, ottimista.

Belle, che aveva assistito alla scena in silenzio, più presa dal suo libro che dalla conversazione, si sentì una mano sulla spalla e voltandosi non potè fare a meno di sorridere.

“...ce l'hai fatta, finalmente.”

La mora davanti a lei aveva il fiatone e si appoggiò allo sportello della macchina di Ariel per non collassare al suolo.

“LASCIAMO PERDERE! Stamattina c'è stata una polemica con mia sorella...”

“Tanto per cambiare! Buongiorno Nani” disse Ariel, avvicinandosi e guardandola storta mentre si accasciava (letteralmente) sul suo cofano.

“Emh... vacci piano, è pulita.” disse acida, guadagnandosi un'occhiataccia dell'amica.

“TU non sai neanche cosa vuol dire discutere ogni sacrosanto minuto con una come Lilo. Credimi, non ne hai la minima idea!” disse Nani, leggermente isterica.

Rapunzel sorrise: “Beh, tra tutte e due non avete un carattere molto... come dire... facile, ecco.”

Nani le fece la linguaccia, senza avere la forza di risponderle per le rime.

“Dico io, poteva almeno dirmelo che aveva finito la benzina! MA NO! Ha preferito tacere, la signorina, e ce la siamo fatta tutta di corsa, da casa fin qua!”

“Hai studiato per il compito su Shakespeare?”

Nani guardò Belle come se avesse visto un maiale ballare il tip-tap in tutù, e scoppiò a ridere: “Sei sempre così simpatica, Belle!”

La ragazza cambiò espressione in un attimo: “Io non ti passo niente, sappilo.” disse secca, e si avviò verso l'ingresso con il libro tra le mani e la borsa pesante.

Nani iniziò a rincorrerla, ridendo, mentre Ariel e Rapunzel, rimaste indietro, aspettavano l'arrivo di Jasmine (la quale, a detta di Ariel, avrebbe fatto bene a godersi quella mattinata perchè sarebbe stata l'ultima della sua vita).


“Eccola! La vedi?”

“...ti prego, non dirmi che è quella.”

Due ragazze, entrambe bionde e abbastanza bassine, parlottavano tra loro, nascoste dietro una porta e studiando una tipetta castana e dallo sguardo vago che, davanti agli armadietti, chiacchierava animatamente con un giovane alto e dai folti capelli rossi.

“Ebbene sì. Rifatti gli occhi.”

“...Trilli, la Darling è un'oca. Peter la lascerà dopo cinque minuti di conversazione, fidati.”

“EHY! Ancora non stanno insieme, ok?!”

Alice la guardò torva: “Ok, ma stai tranquilla... resta il fatto che se avessi agito come ti avevo consigliato, ci staresti te adesso là a tubare con Peter, non quella... quella...”

“Troietta finta puritana con indosso una camicia da notte?” propose Trilli, senza staccare gli occhi dalla scena.

Alice scosse i capelli biondi e sorrise: “Sì, certo, io non l'avrei detta proprio così ma...”

Trilli sospirò e insieme si avviarono sul corridoio.

“Sai cosa ti ci vorrebbe?” disse Alice, dolcemente

Trilli continuava a fissarsi le scarpe.

“Il suicidio?”

“...no. Una cioccolata calda. Oggi pomeriggio andiamo al Banbow e ne prendiamo una tazza gigante.”

Trilli stava per accettare, dicendo che i brufoli in quel momento erano un problema secondario, quando una voce femminile urlò uno “spostati, cazzo!” che le fece trasalire.

“Ecco Lilo...” disse Alice senza neanche voltarsi.

Trilli non fece neanche in tempo a risponderle che qualcuno le diede una sonora ( e dolorosa) pacca dietro il sedere.

“Ehy, bionde, buondì!”

“Ciao, Lilo... come mai sorridi?”

Lilo, una ragazza dalla pelle scura e lunghi capelli neri, la guardò torva.

“Oggi mi gira bene! Contenta? Ah, ho appena visto il tuo amichetto parlare con quella tipa...Wendy. Bella figa. Si è rifatta le tette, che tu sappia?”

“Quella avrebbe bisogno di rifarsi il cervello!” esclamò Alice, facendo sorridere Trilli.

Lilo sbuffò: “Beh, l'anno scorso le aveva più piccole. Si stanno frequentando?”

“Sono..solo amici, credo” disse Trilli, a bassa voce.

Alice le lanciò un'occhiataccia: “Con le amiche non ci pomici dietro la palestra.”

Trilli arrossì d'un botto: “Non... stavano pomiciando!”

Lilo rise: “Oh, certo che no. Si guardavano intensamente negli occhi. Ma piantala!”

Trilli fece un'espressione offesa, guadagnandosi una sberla da parte delle migliori amiche.

“Lo diciamo per il tuo bene Tri... e poi io te lo avevo detto!” disse Alice, specchiandosi velocemente nella vetrata dei premi sportivi vinti dagli studenti degli anni passati “ Se tu avessi detto a Peter cosa provi, ora non se la farebbe con quella...”

“Zoccola” concluse Lilo semplicemente, guardandosi le unghie con aria distratta.

Trilli le squadrò entrambe.

“Che cosa avrei dovuto fare?! Andare là e dirgli: Peter ci conosciamo da una vita e sai che c'è? Sono innamorata di te!” sbuffò “Non potrei mai farlo, lo sapete.”

“Sì, e intanto quel cerebroleso se la fa con ...”

“Buongiorno ragazze!”

Tutte e tre si voltarono rapide: Wendy era lì, davanti a loro, il vestito azzurro che le lasciava scoperto il seno ('ha ragione Lilo', pensò Trilli, 'sono rifatte') e gli occhioni azzurri sbrilluccicanti.

Lilo sbottò a ridere: “Buongiorno, Darling. Come butta?”

“Oh, benissimo, grazie.” disse esitante, facendo un piccolo sospiro irritante e toccando nervosamente i boccoli che le ricadevano sulla spalla. Volse lo sguardo verso Trilli che, dal canto suo, cercava di zittire la vocina che aveva in testa e che le suggeriva mille e uno modi per uccidere quella...quella cretina.

“Trilli, volevo ringraziarti per avermi dato il numero di Peter.” esclamò, arrossendo e guardandola dritto negli occhi.

Lilo e Alice si voltarono immediatamente verso di lei, entrambe con un'espressione semplicemente sconvolta; Trilli pregò Dio che non commentassero. Ok, ok, era stata una mossa idiota, ma cosa avrebbe dovuto fare? Wendy glielo aveva chiesto, e in fondo lei sapeva perfettamente che non avrebbe comunque potuto dire di no.

...o meglio, non... non ne avrebbe avuto motivo. Peter era solo un amico, ed aveva sempre saputo che quel momento sarebbe arrivato.

Il momento in cui qualcuna glielo avrebbe portato via.

“Oh, di nulla” riuscì solo a dire, più che altro per non restare zitta del tutto.

Wendy le sorrise e rapida si allontanò, lasciando dietro di sé una scia di profumo.
“Che puzza di merda” osservò Lilo apatica, per poi riconcentrarsi su Trilli e guardarla, fulminea.

“Potrei cortesemente sapere cosa ti ha detto il cervello, quando hai dato il numero di Peter a quella specie di principessa del cazzo?”

“Lilo, dovresti seriamente riconsiderare il tuo spropositato uso di parolacce.” disse Alice, sospirando, ma Lilo la ignorò: “Sei la persona più stupida che conosca, dico sul serio.”

Trilli alzò lo sguardo al cielo, ormai abituata ai rimproveri dell'amica.

Lilo non era esattamente la persona più comprensiva del mondo, ecco.

“Lilo, tesoro, si può sapere perchè ogni sacro santa mattina ti sento urlare sin dall'ingresso come un'oca starnazzante?”

Una giovane dai lunghi capelli biondi e grandi occhi chiari si guadagnò un sonoro 'vaffanculo' da una Lilo particolarmente nervosa.

“Lasciala stare Ailyn, oggi non è giornata” disse Alice ridendo, e Trilly rincarò subito la dose con un appena udibile “scommetto che non lo sarebbe stata neanche domani, conoscendola.”

Ailyn sospirò divertita, aprendo il suo armadietto ed estraendone un grande quaderno ad anelli color lavanda.

“Ehy, Regina della Finezza, come va la tua ricerca sulle Hawaii?” chiese, richiudendo con tanto di combinazione.

Lilo si guardava le unghie mangiucchiate, annoiata.

“Uno schifo. Odio la professoressa e il suo vizio del cazzo di dare compiti a vanvera.” Cambiò il tono di voce e lo rese acuto e insopportabile, imitando chiaramente la voce della professoressa Giselle: “Oooh, Lilooo, visto che hai origini Hawaiiane perchè non basi la tua ricerca di geografia proprio sulle Hawaii? Sarebbe tremendamente deliziiiioso, non ti pare?”

Alice e le altre risero, profondamente colpite dall'inaspettato talento dell'amica, che subito tornò a parlare per sé, chiudendo il discorso con: “Deve sempre trovare il modo di rompere le palle, quella tipa. Sembra uscita da un cartone animato.”

Nessuna fece in tempo a commentare che la campanella suonò, interrompendo le conversazioni mattutine dei gruppetti di studenti.

“Trilli, vieni, abbiamo matematica.” sbuffò Alice, portandosi dietro l'amica che, apprendendo la notizia, sgranò gli occhi e portò una mano sulla fronte, gesticolaìndo in modo teatrale e avviandosi verso la classe urlando frasi come “Oooh, quale incommensurabile doloreee!” per il corridoio.

Lilo gettò un utimo sguardo al corridoio, sperando che Nani non si trovasse da quelle parti, poi, in totale indiscrezione, si avviò nella parte opposta alle aule, le mani nelle tasche dei jeans e un'espressione di sana sfrontatezza in viso.


Pausa pranzo.

Un gruppetto di ragazzi del secondo anno erano buttati sul prato che circondava l'istituto, lasciando che il sole del primo pomeriggio gli accarezzasse i volti stanchi e stressati dagli impegni scolastici degli ultimi giorni.

Prima finivano quegli stupidi test di metà trimestre, prima si sarebbero concentrati sul ballo imminente.

“Basta così, giuro che è stata l'ultima volta.” esclamò un giovane dai capelli vagamente rossicci, un filo d'erba in bocca e un libro di geometria aperto sul ventre.

“Taron, dici così tutte le sante volte, poi la settimana dopo è la stessa storia. Ti metti su quel pc e ci fai le quattro di mattina, in puro sitle nerd. Quei dannati videogiochi medioevali ti distrugerrano la poca materia grigia che ti è rimasta. ” rise un suo amico, giocando con la cerniera del giacchetto di pelle che aveva abbandonato accanto a sé, tale era il caldo.

Taron guardò Jim da capo a piedi, il sole negli occhi che lo infastidiva non poco: “Non osare parlare male dei miei amati giochi medioevali!” disse, alterato “In pochi ne capiscono il fascino!”

“Tu e chi altri? Peter? Ahah, che esercito di cervelloni!” rise Jim, indicando un terzo ragazzo che smise all'istante di fare quello che stava facendo (e cioè, giocare con la Psp).

“Perchè, dico io, perchè dovete sempre mettermi in mezzo alle vostre discussioni? Qui sto facendo una cosa importante!”

“Del tipo? Isolarti socialmente?” lo schernì Jim, e stavolta neanche Taron potè fare a meno di sogghignare con gli altri.

“No, battere il livello dodici! Questo gioco è allucinante!” rispose ingenuamente Peter, non senza aver colto un mezzo insulto nella battuta dell'amico (fattore che decise di ignorare bellamente, per evitare discussioni inutili).

“Ragazzi, state calmi piuttosto e cerchiamo di ripassare qualcosa” intervenne Mowgli, addentando un panino dall'aria poco invitante per poi afferrare il libro sul ventre di Taron (che ovviamente lo lasciò fare, fregandosene altamente del compito delle ore successive) e girando le pagine, agitato.

“Mowgli, dov'è Shantii? Non l'ho vista stamattina.” chiese Peter distrattamente, senza distogliere gli occhi dalla piccola consolle.

Mowgli arrossì visibilmente, restando in silenzio per un attimo, e gli altri scoppiarono in un'altra fragorosa risata collettiva.

Che idioti, dovevano sempre tirarla in ballo...

“Non lo so, forse era con la tua cara Darling!” lo canzonò Mowgli di rimando, e Peter sbuffò mentre il resto del gruppetto non riusciva più a frenare le risa di scherno affettivo.

Non mi sono ancora ridotta a certi livelli, in realtà”.

Tutti si azzittirono per un istante, voltandosi: davanti a loro, il gruppetto delle ragazze sorrideva ammiccante, ad eccezione di una Shantii apparentemente irritata e di una Trilly imbarazzata.

Mowgli si sentì morire mentre tutti, stavolta proprio tutti, ragazze comprese, ridevano della sua figura di merda.

Conosceva Shantii, sapeva perfettamente che sentirlo parlare di lei con quella noncuranza l'aveva infastidita, santo Dio, si frequentavano dall'asilo!

Ooooh, parli del diavolo...” disse Jim, togliendo il giacchetto di pelle e facendo spazio ad Alice, che gli si sedette accanto.

Tutto bene ragazze?” chiese Taron, senza scomporsi.

Shantii lanciò un'occhiataccia a Mowgli, che fece altamente finta di non vederla nemmeno.

Alla grande” disse sarcastica.

Jim si accese una sigaretta, rilassato: “Com'è andato il compito di arte?”

Possiamo per favore evitare l'argomento?” supplicò Ailyn, con il sorriso.

Taron sembrò svegliarsi tutto d'un tratto, sollevando il busto e guardando l'amica negli occhi.

Qualcuno ha di nuovo sbagliato gli argomenti da studiare?”

Ailyn arrossì, assumendo un'espressione offesa: “No, era semplicemente molto complicato, tutto qua. Ma so che per te la paura di un brutto voto è un concetto difficile da assimilare, datesi che non te ne frega niente.”

Eddài Ailyn, vivi un po'!” le disse Taron entusiasta: “Rilassati! La vita non è solo bei voti, esiste anche altro.”

Sì, le botte di culo.” s'intromise Trilly apatica, e Peter mollò il suo stupido videogioco per abbracciarla come al solito.

Cos'è, qualcuno oggi ha la luna storta?”

Trilly sentì il battito del cuore accellerare, ma rimase tranquilla (o almeno ci provò): “Diciamo che è un periodo abbastanza merdoso.”

Ahahah, cos'è, Lilo e il suo pessimismo ti hanno contagiata?” disse Alice, legando i capelli in una coda per combattere il caldo.

Trilly fece spallucce, evitando di dirle che, accidenti, sapeva benissimo cosa non andava!

Tutti, tutti sapevano cosa c'era che la infastidiva, e ovviamente l'unico idiota che non ci arrivava era il diretto interessato.

Cazzo, quando si sarebbe svegliato Peter?!

Era dall'epoca della materna che lei gli sbavava dietro, ma lui noooo, era ancora tutto preso dalla storia dei 'migliori amici'!

'Oh, Trilly, dormiamo insieme!' 'Ehy, Trilly, mi stanno bene questo paio di boxer?' 'Sai Try, adoro tenerti per mano.' 'Sei tutto per me Try, sei la migliore amica del mondo!'

...no, dico, ti ci vuole un cartellone?!

Cos'era, doveva farsi fare una scritta coi lampeggianti e cantargli i Beatles sotto la finestra per fargli capire quello che provava?!

Ok, era disperata. Doveva... doveva...non so, trovare una soluzione.

Doveva far capire a Peter quello che provava, doveva togliersi l'immagine di 'sorella acquisita' di dosso; ma soprattutto...soprattutto, doveva far sparire quella troietta della Darling dalla vita del suo Peter, prima che fosse troppo tardi.

E a voi com'è andata la mattinata? Ci sono novità?” chiese Alice, giocando con il budino della mensa e autoconvincendosi di doverlo almeno assaggiare.

Il proffessor Milo ha vomitato.” disse Jim “Di nuovo.” aggiunse, secco.

Ailyn, che schiaffeggiava le guance di Taron per dargli fastidio, alzò gli occhi al cielo. “Mi chiedo come faccia quel povero uomo a stare ancora qua. E' un tipo troppo emotivo.” osservò, con una punta di tenerezza.

Però è bravo, a me piace come insegna. Ci mette passione, almeno...”

Passione un cazzo, Ali. Quelli come lui non dovrebbero insegnare nei licei, li fanno neri”. Esclamò Lilo, arrivando in quel momento e sedendosi tra loro.

Sei riemersa dall'Oltretomba?” chiese Peter, accarezzando distrattamente i capelli di Trilly, con un sorriso.

Ailyn inarcò un sopracciglio: “Dove sei stata? La professoressa Yzma ha chiesto di te.”

Ahah, quella vecchiaccia non mi avrà mai. Il giorno in cui mi beccherà a fumare nel bagno, gli ornitorinchi voleranno e Stitch cagherà dagli occhi”.

Mi stupisce che il tuo cane ti ami così tanto, nonostante tu lo usi sempre per certi paragoni schifosi.” rise Jim, con l'approvazione degli altri.

Lilo sorrise: “Ad ogni modo, avevo di meglio da fare che stare seduta a un banco con quella megera incartapecorita che mi psicanalizza. Da quando è diventata dirigente scolastico, le ha dato di volta il cervello.”

E che cos'era quest'alternativa così meravigliosa? Non c'è molto da fare, questa scuola è abbandonata nel culo del mondo...” chiese Taron
Ailyn li guardò, sconvolta: “La vostra finezza mi delizia, dico davvero.”

Lilo la ignorò e fece l'occhiolino all'amico: “Mi spiace, è un segreto.”

Dobbiamo preoccuparci?” domandò Alice, ridendo.

Lilo mise le mani nello zaino di Jim, prese una sigaretta dal pacchetto e se l'accese.

Perchè, piccola Alice” disse, guardando le nuvole, un po' divertita, “c'è mai da preoccuparsi quando si tratta di me?”


Non fare quella faccia! NON FARE QUELLA FACCIA!”

Niente da fare, oggi le ha preso così, se non urla non è contenta.” disse Rapunzel, bevendo tranquillamente il suo succo di frutta tra il caos della mensa.

Belle continuava a leggere il suo romanzo tedesco, particolarmente presa dagli avvenimenti della vita della protagonista, quando qualcuno non le baciò la guancia, risvegliandola dal suo sonno letterario.

Ce l'hai fatta!” disse al ragazzo, sorridente.

Adam le sedette accanto, occupando la sedia riservatagli “Scusa, stavo parlando della biblioteca scolastica con il professor Milo e ho tardato.”

Nessun problema” lo tranquillizzò Belle, baciandogli le labbra.

Ehm-ehm! Scusate, la nostra Ariel sta mettendo in scena il melodramma del secolo, non la disturbate per favore!” li interrupe Jasmine, fingendosi offesa.

Gli altri risero, mentre Ariel se la amngiò con gli occhi.

Proprio tu parli! E togliti quel ghigno soddisfatto dalla facciaaaa! Ti odierò per tutta la vita!”

Eddài Ari, mica è colpa sua se i test erano divisi per file...” disse Tiana, che per fortuna quella mattina era arrivata appena in tempo per la verifica (come Jasmine, la puntualità ra il suo punto debole, senza alcun dubbio).

Te la caverai benissimo all'interrogazione, e vedrai che recupererai alla grande” esclamò Rapunzel, col solito entusiasmo, e Jasmine fece segno di approvazione, senza minimamente badare alle minacce dell'amica.

Ahahah ehy Ariel, le tue urla si sentono dal corridoio! Tutto bene?” chiese un ragazzo, arrivando con altri due in quel momento.

Ariel stava per rispondere, ma Jasmine scocciata l'anticipò.

Dice che è stata colpa mia se la prof ha assegnato i test divisi per banchi. Bella maglietta, coglioncello.” sorrise, mentre Aladdin, il suo migliore amico, vicino di casa, praticamente fratello le si sedeva vicino e la baciava sulla fronte.

Ciao, Rapunzel!” disse Flynn, uno dei nuovi arrivati, con fin troppo entusiasmo.

Rapunzel tirò fuori un sorriso esageratamente sentito, agitando la mano esuberante.

Ciao Flynn...emh...vuoi sederti?”

Ecco, io...”

No, spiacente tesoro, siamo impegnati.” si intromise Naveen, che si guadagnò all'istante un'occhiataccia di Tiana.

A far cosa? Cogliere asparagi?” disse, senza scomporsi.

Tutti risero, ad eccezione di Naveen, che ricambiò lo sguardo, cauto.

Non oggi carina, ma quando lo farò sarai la prima ad averli, va bene? Così ci farai una delle tue adorate tortine rustiche.”

Tiana si alzò di scatto, avvicinandoglisi pericolosamente, mentre il resto del gruppo (anzi, tutta la mensa) già li guardava, aspettandosi di tutto.

Gli scontri tra quei due erano puro spettacolo per i pettegolezzi del liceo, specie per Aurora e le altre cheerladers, che non perdevano occasione di rompere le palle a Jasmine e le altre.

Hai qualcosa contro le mie creazioni gastronomiche? No, basta dirlo, così magari ti faccio cambiare idea. Che so, ti preparò un muffin e ci ficco un po' di cianuro, che ne pensi?” chiese Tiana, un riccio ribelle che le ricadeva sulla fronte.

Naveen lo vide e, sogghignando, lo prese tra le dita, tirandolo dietro all'orecchio della ragazza, che trattenne il fiato.

Era una minaccia, piccola chef?”

Chiamala come ti pare, ma bada a come parli. Non devi prendermi in giro sulla cucina, e lo sai.” disse lei, stavolta con una nota particolare nella voce, come se il discorso fosse caduto nel personale Naveen cambiò espressione, guardandola dritta negli occhi.

Stavo scherzando, Tia. Ad ogni modo” e abbassò la voce, di modo che solo lei potesse sentirlo “io lo assaggerei, un tuo muffin. Basta che il cianuro non lo metti davvero.”

Sorrise e se ne andò, seguito da un Flynn imbarazzato (che fece in tempo a lanciare un ultimo sguardo a Rapunzel) e lasciando nella mensa un silenzio quasi sovrannaturale.

Jasmine si gurdò intorno.

...oh, bene, ancora una volta nessuno che si faceva i cazzi suoi, in quella scuola.

Si alzò e si guardò attorno, urlando: “Va bene gente, ora potete anche tornare a ingozzarvi e a farvi gli affarracci vostri, grazie.”

La mensa, come in un film, riprese la sua normale attività, mentre Jasmine tornò a discutere con Ariel, per grande divertimento di Aladdin, Belle e tutti gli altri.

Tiana, che ora era seduta, guardava la torta di mele senza neanche toccarla.

...ok, era carino.

Terribilmente carino.

Ma lo odiava.

Lo odiava, lo detestava, lui e quel suo sorriso così...così... beh, carino, non trovava un altro termine.

E poi cosa c'era di divertente nel punzecchiarla così?! Sapeva benissimo che a lei dava fastidio, e lui invece aveva sempre l'aria di divertirsi un mondo.

Dannato Naveen.



Note dell'autrice:

Buonasera a tutiii! E' moltissimo che non scrivo qua sul sito...diciamo che l'ispirazione era scemata da un po'. Ad ogni modo non ho mai scritto in questa sezione, quindi molti di voi neanche mi conosceranno xD beh, piacere!

La storia sarà, almeno spero, una long-fic. L'idea mi balenava in testa già da un po', perchè un giorno ho finito di vedere non-ricordo-quale-classico-Disney e ho pensato: Sarebbe figo leggere una storia in cui i vari protagonisti dei classici sono dei ragazzi normali che vanno al liceo.

Datesi che ho cercato una fanfiction di questo tipo ma non ne ho trovate, ho deciso che ne avrei scritta una io, ed eccomi qua.

TUTTI i personaggi inseriti (anche solo nominati) fanno parte di un cartone Disney, comprese le comparse e gli animali. I protagonisti sono parecchi, e cercherò di dare a tutti la stessa importanza, anche se dubito che riuscirò nell'intento... (-__-')

Per facilitarvi la cosa, vi dico subito che i personaggi principali si suddividono in due gruppi: quello dei più grandi (Jasmine, Belle e gli altri) che frequentano l'ultimo anno (il quarto) e la banda dei più giovani (Lilo e compagni). Ovviamente,i personaggi che nei classici sono bambini, come Lilo o Alice, qua vengono resi adolescenti.

Dico subito che porto un gran rispetto per i classici Disney, e non voglio rovinarli o mancare di rispetto all'operato di zio Walt. Vorrei semplicemente che vi divertiste leggendo, senza prenderla troppo sul personale. IN caso dovesse accadere, vi chiedo scusa sin da ora, non era mia intenzione :)

Detto, questo, non so con quanta frequenza aggiornerò. Il 3 Luglio parto e starò via fino a Settembre, e in quei due mesi non potrò sicuramente scrivere. Cercherò comunque di creare un nuovo capitolo prima della mia partenza.

Spero mi lasciate un commento, o anche una critica, quello che volete.

Grazie per aver letto <3

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2:


“Stitch, non guardarmi così. Hai mangiato metà del mio pranzo oggi, quind dovresti essere a posto, no?”

Stitch, il pelo così scuro da sembrare quasi blu alla luce, guardava Lilo con impazienza.

La ragazza, dal canto suo, si limitò a mostrargli la lingua e a mettersi un'altra patatina in bocca, agitando a ritmo di musica le dita dei piedi (bellamente poggiati sul tavolino, roba che se Nani fosse stata lì le avrebbe come minimo tirato qualcosa addosso, dicendole che era una cosa ineducata).

Diamine, quel cane non era mai sazio, Lilo giurava su Dio che a volte non le sembrava neanche un semplice animale.

Non so, magari era una specie di alieno venuto da un altro mondo... forse un esperimento genetico.

Lo guardò, il muso arricciato su sé stesso e le orecchie che sembravano due parabole.

..ok, magari un esperimento genetico malriuscito, datesi che non era neanche particolarmente carino.

Anzi, a voler essere buoni, era una specie di crocchetta pelosa, ma in fondo gli voleva bene anche per questo.

Era così splendidamente fuori dalla norma...

Persa nelle sue elocubrazioni mentali, non si era neanche accorta che il telefono squillava già da quasi un minuto.

Fortunatamente non dovette alzarsi, altrimenti l'interlocutore sarebbe rimasto anonimo e sconosciuto (Lilo non amava particolarmente qualsiasi tipo di attività fisica, tra le quali alzarsi una volta seduta, portare a spasso il cane e tirare lo sciacquone).

“Seee, pronto?”

“Immagino che tu stessi studiando, dal tono di voce affaticato e sofferente” rispose Ailyn, sarcastica, dall'altra parte della cornetta.

Lilo fece spallucce, afferrando una matita a caso e iniziando ad agitarla distrattamente.

“Certo, stavo giusto approfondendo le mie conoscenze sui rapporti sessuali degli ornitorinchi con il libro di scienze a pagina centoquaranta.” rispose apatica.

Ailyn sospirò e cambiò rapidamente discorso, tanto fare la morale a Lilo era del tutto inutile.

“Oggi pomeriggio i ragazzi giocano contro quelli del quarto anno e poi andiamo tutti al Bembow. Che fai, vieni?”

Lilo stava per rispondere che,una volta tanto, sarebbe venuta a fare il tifo per Jim e gli altri, quando un rumore proveniente da fuori catturò la sua attenzione.

Senza dire nulla, si alzò con il telefono in mano affacciandosi alla finestra: una jeep verde aveva appena parcheggiato nel giardino di terra battuta sotto casa.

Un ragazzo dai folti capelli neri e pelle abbronzata scese dall'autovettura e si avvicinò alla porta.

Lilo rimase a fissarlo, il cuore che le batteva nel petto come uno di quei tamburi africani che a Mowgli piacevano tanto.

“Lilo? Lilo, ci sei?!” chiese Ailyn, che, ancora in attesa di una risposta, credette che l'amica fosse caduta nel cesso o cose simili.

Lilo sembrò riprendersi tutto d'un tratto e portò il telefono all'orecchio.

“Scusa, stavo... stavo pensando... emh, a che ora ci vediamo?”

“Alle quattro e mezza al campo della scuola. E non fare tardi!”

“No, ci sarò. A dopo.”

Attaccò in fretta la cornetta e nello stesso istante suonarono alla porta.

Stitch si precipitò al piano di sotto, seguito da una Lilo improvvisamente agitata.

Raggiunse la porta e si diede un rapido sguardo allo specchio.

Forza, poteva farcela. Poteva affrontarlo... doveva almeno provarci.

Fece un bel respiro e aprì, assumendo un'espressione imperscrutabile.

“Ciao, Lilo.” il ragazzo alla porta sorrise, visibilmente agitato.

Lilo non si mosse, né si scostò per farlo entrare.

“Ciao David. Guarda che Nani non c'è, torna tra un paio d'ore. Le dico che sei passato.”

Disse tutto molto in fretta e già stava chiudendo la porta, ma David la fermò con un gesto rapido e calcolato.

“Lilo, non sono venuto per Nani.” disse, lentamente.

Lilo lo guardò accigliata e a stento trattenne un sospiro; gli lanciò lo sguardo più truce del repertorio, mentre Stitch osservava il tutto sul divano, senza apparentemente capire un granchè della vicenda.

“E allora cosa vuoi?”

David si scostò la frangia dalla fronte e la fissò dritto negli occhi, sostenendone lo sguardo.

“Sapevo che non c'era e sono venuto per parlare con te.” Fece una pausa. “...non credi che sia arrivato il momento di chiarire?”

Lilo si voltò, dandogli le spalle e avviandosi in cucina.

“Non c'è niente da chiarire, David. E' successo e basta. Va bene così.”
David la raggiunse e le afferrò un braccio, trattenendola. “Lilo, non possiamo fingere che non sia successo niente. Noi... non so, credo semplicemente che ci sia un significato, dietro tutto questo.”

Lilo strinse le labbra in una smorfia e con rabbia sciolse la mano dalla presa, per portarla accanto al petto.

“Non c'è nulla,” sussurrò, piena di ira, cercando di mantenere la calma “assolutamente nulla, dietro quello che è successo. Non ne voglio parlare. Hai avuto diverse occasioni per farlo, mi sembra... e dopo tutto questo tempo mi chiedi di chiarire. Ormai è tardi.”
David rimase in silenzio, a guardarla dall'alto.

La differenza di altezza era un dettaglio trascurabile, ma in quel momento pensò che sembrava meravigliosamente azzeccato per un paragone con la distanza che c'era tra loro.

Lui e Nani, invece, erano alti uguale.


“Sai Rapy, la crostata non ti verrebbe così dura se lavorassi un po' di più sull'impasto.”

Rapunzel lanciò a Tiana uno sguardo di fuoco dal letto, mentre l'amica, sul tappeto della stanza di Belle, le fece l'occhiolino in segno di pace.

“Non rinfacciarmi queste cose, Tia, se da un mese ti chiedo di aiutarmi a prepararla per mostrarmi come si fa! E poi non vale, tu sei troppo critica verso i miei esperimenti gastronomici.”

“Tiana è ipercritica verso qualsiasi cosa respiri o abbia una massa corporea” osservò Jasmine, ridendo e giocando come un'idiota con la sedia girevole della scrivania (ignorando totalmente il libro scolastico che aveva in grembo).

Belle richiamò l'attenzione generale con un fischio, ma ovviamente le amiche continuavano a fare del tutto i cavoli loro

“Ragazze, vi ho invitate per studiare per il test di Giovedì, non per darci al cazzeggio selvaggio collettivo.”

“ E' colpa di Rapy che ha portato la torta!” esclamò Tiana, additando senza ritegno la migliore amica.

“Ah, quando fa comodo vedo che le mie carenti creazioni ti stanno bene, eh?!”

“Era così, tanto per dire...”

“Non apprezzi mai niente di quello che faccio!” disse Rapunzel in tono esageratamente drammatico, fingendo poi di svenire sul letto per il dolore.

Tiana alzò lo sguardo al soffitto, chiedendosi perchè, tra tante amiche, doveva esserle capitata proprio la più deficiente.

Jasmine, che girava su quella sedia da più di cinque minuti ininterrotti, si fermò bruscamente e corse fuori dalla stanza, probabilmente per lasciare che la torta, dopo tutti quei giri, facesse il suo corso naturale nel verso opposto.

“Jas, possibile che tu debba sempre vomitare in casa mia?” urlò Belle, restando perfettamente immobile nel caos generale.

Jasmine la mandò a quel paese dal bagno, e Belle ringraziò il cielo che suo padre non fosse mai in casa durante le loro 'riunioni di studio'.

“Tia, Ariel che fine ha fatto?” chiese Nani, sdraiata anche lei sul tappeto e con la testa poggiata su una pila di libri della letteratura settecentesca inglese (la camera di Belle era un campo minato, c'erano volumi perfino sotto le lenzuola del letto, roba da brividi).

“Ha detto che ci avrebbe raggiunte dopo gli allenamenti insieme ad Aladdin e Flynn. Tornavano tutti assieme dalla palestra e venivano qui.”

Rapunzel si alzò dal letto in un secondo e con una specie di capriola, i lunghi capelli biondi spettinatissimi e la maglietta che le lasciava scoperta una spalla.

“FLYNN VIENE QUI?!” urlò, senza il minimo pudore.

Jasmine, che era appena rientrata nella stanza cercando di mantenere una certa dignità, le sorrise con scaltrezza

“Cos'è, Rapy, per caso la presenza di Rider ci agita un po'?”

Le ragazze si voltarono verso Rapunzel che ridacchiava nervosamente, intrecciando agitata i capelli

“No, assolutamente no... voglio dire, non ce n'è motivo, no?”

“Ahahahah beh, se non calcoliamo che è un gran figo e che ti sbava dietro sì, hai ragione, non ce n'è motivo.” osservò Nani candidamente, trovando cenni di assenso in tutte le compagne, ad eccezzione dell'interessata che arrossì in un istante.

“Flynn mi...mi sbava dietro?! Ma che dite...” disse, vagheggiando con lo sguardo fuori della finestra.

Tiana storse le labbra in una smorfia di scetticismo: “Rapy, tesoro, non sforzarti di far caso a queste cose, non ci arrivi con la testolina, lo sappiamo.”

“Non è vero!” disse subito, offesa “è che non faccio molto caso a questo tipo di cose, ecco tutto.”

“Ahahah, ci credo, hai la testa troppo in aria e i piedi poco saldi in terra” esclamò Belle sorridendole dolcemente, sperando che l'amica non la prendesse come un rimprovero.

Rapunzel ricambiò il sorriso, senza troppa convinzione.

Il fatto era che, quando si trattava di sentimenti, in particolar modo di quelli di Flynn, lei non sapeva dove sbattere la testa. Aveva paura di fraintendere, di farsi solo mille illusioni e poi, inevitabilmente, rimanerne scottata.

Sua zia Gothel le aveva sempre insegnato a non fidarsi particolarmente degli uomini, e lei aveva imparato la lezione fin troppo bene. Ad ogni modo, aveva altre cose per la testa.

Flynn le piaceva da pazzi, certo, ma tra poco ci sarebbe stato il concorso d'arte tra le scuole del paese, e lei era stata selezionata per gareggiare. Non poteva assolutamente distrarsi proprio adesso, specialmente per una cosa di cui non era neanche certa.

Non era convinta che ne valesse poi tanto la pena, anche se forse, in cuor suo, sperava di sbagliarsi e che le altre avessero ragione.

Perchè dipingere la emozionava, la rendeva felice, ma Flynn... un sorriso di Flynn valeva cento pennelli della miglior marca.


Una vasca.

Un'altra sola vasca e avrebbe finito.

Respira, Ariel.

E di nuovo giù, il volto in acqua, i capelli ben nascosti dalla cuffia, legati così stretti da farle male.

Respira ed espira, Ariel.

Terminò anche l'ultima vasca, esausta, e si affrettò ad uscire dalla piscina, tremante dal freddo e con gli occhialetti appesi al collo.

“Ho finito per oggi, papà”.

Il coach era un uomo alto e robusto, dai capelli bianchi legati in un codino e dei lunghi ed ordinati baffi grigi. I numerosi anni di agonismo gli avevano donato una buona prestanza fisica, ma lo sguardo e il volto erano quelli di un uomo ormai avanti con gli anni per una carriera sportiva.

Ora insegnava nella palestra del liceo, dove teneva dei corsi, e lavorava attivamente nella palestra di un quartiere là vicino.

Ariel nuotava da anni, e ormai aveva imparato a farsi amare gli allenamenti, le competizioni, i dolori e la fatica.

In fondo le piaceva, ma avere il proprio padre come insegnante spesso si rivelava piuttosto complicato.

Il coach la scrutò per un momento, vagamente pensieroso.

“Hai battuto il tuo record, oggi. Sei stata brava. Ora và, ma torna per l'ora di cena.” fece una pausa. “Sai quanto tua sorella ci tenga a mangiare tutti assieme.”
Ariel si tolse la cuffia e l'elastico che le annodava i capelli, che le ricaddero pesantemente sulla schiena, gocciolanti.

Schioccò un bacio sulla guancia del coach e rapida si incamminò verso gli spogliatoi, senza perdere un minuti di tempo.

Belle le aveva promesso che oggi sarebbero riuscite a studiare senza lasciarsi distrarre da Jas e le altre, e sperava proprio che fosse vero, perchè quel test era di un' importanza vitale e non poteva proprio sbagliarlo.

Si era data appuntamento con Flynn ed Aladdin tra mezz'ora davanti al campo da basket della scuola, e ci teneva a presentarsi in maniera decente perchè sapeva per certo che Eric avrebbe giocato lì contro Jim Howkins e gli altri ragazzi del secondo anno (informazione che le aveva dato Trilly in cambio di un aiuto con i compiti di storia).

Lo spogliatoio era deserto perchè era riuscita a dileguarsi con dieci minuti di anticipo, e si tolse il costume di dosso sentendo il freddo gelarle il sangue.

Doccia, capelli, vestiti asciutti (con l'aggiunta di un poco di mascara, tanto per dare un tocco di decenza al viso stanco) e via, verso il campo.

Erano due giorni che non incontrava Eric neanche a scuola, e aveva una voglia matta di vederlo anche solo di sfuggita.

E poi, pensò, quando giocava a basket aveva un certo fascino.


“Ariel dovrebbe essere qua a momenti” disse Aladdin, guardando l'orologio.

Flynn, appoggiato alla ringhiera, guardava Naveen e gli altri agitarsi nel campo.

Le ragazze del secondo anno, sugli spalti, invece di fare il tifo prendevano in giro Jim Howkins e gli altri (Pan era inaspettatamente bravo, anche se un paio di tiri non gli erano riusciti).

Si sentiva nervoso e avrebbe volentieri fatto due tiri anche lui, così, tanto per smorzare la tensione, ma il pensiero di vedere Rapunzel di lì a un'ora gli faceva rigirare lo stomaco.

Non era colpa sua, ma quando si ritrovava davanti quei due occhi verdi gli sembrava di non capirci più niente, di perdere totalmente il contatto con la realtà.

Una volta si erano perfino incontrati da soli... cioè, non da soli soli, ecco, diciamo che era stato un incontro casuale.

Lei era con la zia al supermercato, ed era bellissima nei suoi jeans corti e con i capelli raccolti in una coda. Lui stava cercando delle bottiglie di alcool con Aladdin in previsione della festa che avevano organizzato David e Nani, e quando i loro sguardi si erano incontrati e lei gli aveva sorriso lui era andato totalmente in tilt ( Aladdin, per quel poco che si ricordava, gli aveva sbattutto la faccia addosso al carrello, prendendolo in giro e dandogli del rincoglionito).

“A che cosa pensi, Rider?” chiese Aladdin, appoggiando anche lui le bracia alla ringhiera.

Flynn continuava a guardare Naveen e gli altri giocare, passarsi la palla con gesti rapidi e studiati, e per un attimo pensò di parlare con Aladdin.

In fondo era un bravo ragazzo, e poi Jasmine era la sua migliore amica, poteva essere un buon modo per avvicinarsi a Rapunzel e scoprire cosa provava senza sporcarsi troppo le mani e perdere dignità.

Ma aveva la sensazione che stavolta non poteva cavarsela con così poco, che stavolta doveva mettersi in gioco se voleva ottenere qualcosa.

“...nulla, lascia stare. Credi che Ariel arriverà puntuale?”

Aladdin stava per rispondere, quando la voce della ragazza gli giunse alle spalle e se la ritrovarono davanti, ancora col fiatone perla corsa fatta.

Si avviarono tutti e tre assieme, Aladdin e Ariel parlando tra di loro, Flynn a poca distanza dietro, solo, con la sigaretta in mano e mille pensieri che gli vagavano per la testa.

Ariel, nel contempo, chiacchierava con Aladdin, senza smettere di guardarsi continuamente dietro, man mano che si allontanavano dal campo.

...tutta quella fatica per arrivare puntuale, e non aveva neanche incontrato Eric che, chissà per quale motivo, non era neanche in campo.

Bella fregatura...




“Peter, sei stato grande!”

“Tsk,” esclamò il ragazzo, togliendo la canottiera verde con cui aveva appena giocato, “ormai dovreste saperlo, io sono sempre un grande.”

Jim gli lanciò addosso la maglietta sudata, ridendo e sbeffeggiandolo.

“Soprattutto per quanto riguarda la modestia, eh Pan? Magari potresti dare qualche lezione privata al povero Taron, invece di perdere tempo a farti figo davanti a noi, povera gente comune!”

Tutti risero, mentre il povero Taron, ancora in stato di rincoglionimento post-partita, gli lanciò uno sguardo truce, seduto sulla panca dello spogliatoio e con la testa poggiata al muro.

“Parlate bene, voi. A me lo sport fa schifo.”

“E allora perchè ti ostini a giocare?” chiese Peter mordace, e Taron si limitò a lanciargli un sonoro 'vaffanculo'.

“Oh, andiamo, lasciatelo stare” s'intromise Mowgli da sotto la doccia, “non tutti possiamo essere alla pari dei grandi Pan e Howkins!”

Jim e Peter risero, nonostante fosse evidente il tono di beffa dell'amico, e veloci continuarono a togliersi gli abiti di dosso per raggiungere anch'essi le doccie, un po' stanchi ma contenti della vittoria.

“Naveen è parecchio bravo” esordì poi Mowgli, cambiando discorso.

Jim, nel suo box doccia, litigava con il getto d' acqua per renderla calda (anche se ovviamente usciva gelida come ghiaccio, dannati fondi scolastici) “Sì, e si è anche offerto di pagare il campo.”

“E' fidanzato con Tiana, giusto? La ragazza di colore che sta sempre con la biondina...” chiese Taron, anche lui raggiungendo le doccie.

Peter si intromise nel discorso: “Quella sì che è una gran fica...” osservò, senza troppa malizia.

Mowgli aprì la porta del suo box e guardò quello chiuso di Peter, sorridendo incredulo: “Ehy, Pan, non ci bastano più la Darling e le sue enormi tette? Te ne serve anche un'altra, adesso?”

Gli altri risero, Peter compreso, quando un ragazzo dalla pelle mulatta e due grandi occhi scuri e profondi diede un pugno, ridendo, alla porta di Peter.

“Pan, stai attento a quel che fai” lo schernì, mostrando i denti bianchissimi, “Rider potrebbe ucciderti, se ti sentisse dire una cosa del genere.”
Peter si affacciò sorridendo, “Stavo scherzando, Naveen. E poi sono già impegnato.”

“Sì, con miss Boccolo d'Oro- Gambe Aperte” disse Taron, guadagnandosi un insulto di Peter che uscì, un asciugamano verde stretto in vita (in effetti, i tre quarti del guardaroba di Peter erano capi verdi. Quel colore era una specie di mania).

“Voi non la conoscete. E comunque, cambiando discorso.. gli altri dove sono finiti, Naveen?”

“Shang e Hercules sono andati via direttamente, hanno gli allenamenti in palestra... Eric me lo sono perso per strada, sarà a caccia di gabbiani, non so. E come se non bastasse, è pure arrivato in ritardo.” rispose vago, cominciando a svestirsi anche lui.

Gli altri uscirono quasi simultaneamente, tutti con i capelli bagnati e le parti intime comperte (Taron una volta aveva fatto il grave errore di dimenticarsi l'asciugamano nella borsa ed era uscito nudo dai box, causando grasse risate al resto del gruppo e procurandosi nomignoli poco piacevoli).

“E tu? Tu stai con Tiana, vero?” chiese Mowgli, tamponandosi i capelli scuri con un asciugamano.

“E' molto carina anche lei”.

“Non stiamo insieme.” si affrettò Naveen, sorseggiando una bibita in bottiglia, “Siamo...non so, forse neanche amici. Litighiamo e basta, in realtà. A volte è insopportabile.”

“Oh. Beh, sareste una bella coppia” esclamò Peter, ingenuamente, e Jim gli diede una gomitata “Pan, non credo sia un argomento che lo faccia impazzire, dall'espressione. Cambiamo discorso, vi va?”

Naveen sorrise e Jim strizzò un occhio con fare complice.

Howkins era furbo, sveglio e incredibilmente pazzo, ma sapeva anch capire le persone al volo.



Shang era sempre stato un ragazzo con la testa sulle spalle.

Allenamenti su allenamenti, sport, competizioni, poche distrazioni e tanta passione.

Anche lo studio passava in secondo piano, nonostante ci fosse sempre un po' di tempo per cazzeggiare con Herc, suo migliore amico dai tempi dell'asilo (ragazzo un po' troppo convinto, ma brava persona anche lui).

Frequentava il dojo del signor Fa da quando aveva cinque anni, e né lui né nessun altro erano mai riusciti a sconfiggere lei, Mulan, l'unica figlia del sempai.

Le arti marziali erano spesso considerata roba da uomini, ma Mulan... Mulan era qualcosa di meraviglioso, quando combatteva. Sembrava una guerriera del passato, con lo sguardo fiero, i capelli lunghi legati in alto da un elastico, sempre lo stesso, su cui era cucito un finto fiore di loto (donatole, si vociferava, dal padre stesso dopo la sua prima vittoria).

Durante gli allenamenti in coppia nessuno, neanche lui (Il migliore del corso) riusciva a batterla.

E anche stavolta, nonostante fosse stato lui a lanciarle la sfida, lei gli aveva letteralmente...come dire...fatto il culo.

Tra l'altro, a momenti si rompeva una costola per quello stupido calcio.

Quella ragazza era una furia, ma combatteva con una grazia da farfalla.

“Anche per oggi abbiamo finito.” disse in il signor Fa, una volta eseguito il saluto, “ci rivediamo Venerdì. Vi auguro una buona settimana.”

Shang si affrettò ad afferrare il borsone e a raggiungere gli spogliatoi (dopo la partita di basket con i ragazzi non aveva trovato il tempo di farsi una doccia, e ora non vedeva l'ora di buttarsi sotto l'acqua), quando una mano sottile gli si posò sulla spalla.

Si voltò di scatto: Mulan era lì, di fronte a lui, le gaunce arrossate e la coda spettinata.

“Li, spero tu non ti sia fatto troppo male.” disse, per schernirlo.

Shang sorrise, stando al gioco: “Oh, che carina, prima mi riempi di lividi e poi ti preoccupi per me. Adorabile.”

Mulan rise, inarcando un sopracciglio “Mi dispiace sempre quando colpisco l'avversario troppo forte” disse, marcando sulle ultime due parole.

Li la guardò, improvvisamente serio: “Esci con me?”

Mulan si sentiva dire quella frase almeno quattro volte a settimana. Rise di cuore: “Te l'ho già detto, Shang. Tu prima battimi” disse a bassa voce, avvicinando il viso al suo a pochi centimetri di distanza, “...e poi usciamo assieme. Fino a quel giorno, puoi scordartelo.” fece una pausa, Li sentiva il cuore battergli a mille. “...mi piacciono i ragazzi che mi tengono testa” disse dolcemente, per poi sciogliere i capelli, sorridere e andarsene, lasciandolo là come un'idiota.


“Ti rendi conto?! Sono anni che provo a vincere un incontro con lei, non ci sono mai riuscito e non ci riuscirò mai!” Li fece una pausa, la testa tra le mani. “...non ci uscirò mai.”
“Shang, se ti ha detto così è perchè ci sta, dammi retta”.

Li guardò l'amico, carico di sconforto. Hercules era un bel ragazzo, abituato ad avere tutte ai suoi piedi (anche se lui era fedelissimo a Meg, migliore amica di Mulan e bellissima, famosa per il suo carattere pessimo e il culo, che in molti consideravano il migliore di tutta la scuola).

“E poi, scusa se te lo dico, non mi sembra ci sia molto concorrenza, anche se devo ammettere che è carina.” Hercules continuava a premere i tasti del joistick, senza troppa convinzione di riuscire a battere Li, che quel pomeriggio sembrava in forma.

Nel frattempo, le macchine correvano sullo schermo della televiosione, cosa che fece riflettere Li, colto da un lampo di genio improvviso.

“HO TROVATO!” gridò, gettando all'aria il joistick e saltando sul letto.

Hercules sbuffò, irritato dalle continue interruzioni dell'amico, e lo guardò con scarso interesse.

“Dimmi tutto” disse, totalmente privo di entusiasmo.

Li ignorò la faccia scettica del ragazzo e assunse una posa vincente, con i pugni verso l'alto.

“Devo prendere la patente! Scommetto che Mulan adora i tipi con belle macchine, sai, a lei piacciono queste cose da maschi.”

“Se intendi dire che uscirebbe con te, dubito che anche una Ferrari sarebbe sufficiente. E' chiaro che vuole metterti alla prova, alle ragazze piacciono queste cose.” osservò Hercules, continuando a giocare e superando ovviamente la macchina di Li, che nel frattempo aveva preso in pieno un albero virtuale.

Li gli lanciò un'occhiataccia.

Ok, magari non era un'idea così meravigliosa, ma almeno poteva provarci...senza contare che una macchina gli avrebbe fatto comodo, non poteva continuare a scroccare passaggi a Naveen e Aladdin per tutta la vita.

Si ripromise che il giorno dopo si sarebbe informato su qualche scuola guida, mentre Hercules, ormai abbandonata la partita, premeva tasti a caso.

Sapeva che Li era nel bel pieno di una delle sue seghe mentali, ma forse poteva dargli una mano.

Megara era la migliore amica di Mulan, e si sa, questo agevolava la cosa.

Approfittò di quando Li, dieci minuti dopo, andò in bagno e afferrò il telefono, digitando frenetico un messaggio.


Meg, domani devo parlarti di una cosa urgente! Riguarda Li e Mulan, ho in mente un piano...ti spiego poi. Ti amo


Cinque minuti dopo, il telefono squillò energico.


Stavo dormendo! Grazie per avermi svegliata, spero per te che non sia una delle tue cazzate!


Sospirò, privo di speranze.

Lui sì che aveva una ragazza dolce e tenera...


“Su, ammettilo! AMMETTILO!”

“Io non ammetto un bel niente.”

“Trilli, tesoro, ti prego, dagli questa soddisfazione sennò non chiude bocca per tutto il resto della giornata.”

Trilli, sbuffando, decise di ascoltare le suppliche di Ailyn e sorrise, fingendo straripante ammirazione e utilizzando una vocetta stridula e caricaturale: “Ooooh, Pan, sei stato davvero bravissimo! Tu sì che sei un campione dello sport!” tutti risero, e lei tornò in un nanosecondo alla sua voce ed espressione naturale e priva di entusiasmo. “Andava bene, così?”

Peter mise il broncio e bisbigliò un 'ti odio' tra le risa generale, quando un Jim pimpante li raggiunse al tavolo, restando in piedi e con un taccuino in mano.

“Cosa posso portare a questo gruppo di figaccioni?” chiese, tenendo la penna ben stretta in mano e sorridendo.

Anche se non riusciva a dimostrarlo (si sa, non era un tipo...come dire... molto espansivo), adorava i ragazzi.

Peter, Alice e gli altri sapevano che il locale suo e di sua madre aveva bisogno di personale, ma, non potendo permetterselo, a lui toccava lavorare lì praticamente tutti i pomeriggi (da quando Amelia, cameriera dalle sembianze feline e grande amica di famiglia era incinta, al Banbow lavoravano solo lui, sua madre e Ben, oltre al cuoco).

Di conseguenza, i ragazzi accettavano di buon grado di passare quei pomeriggi con Jim lì, al locale, pur di tenergli compagnia ( e perchè no, schernirlo mentre lavorava, senza mai sfociare nell'umiliazione, il tutto in maniera totalmente affettiva).

Jim insisteva continuamente che loro uscissero e frequentassero altri posti, ma Mowgli, che di solito si faceva portavoce per questo genere di cose, bocciava ogni tipo di proposta dicendo che stavano bene lì.

Lui li ringraziava, in silenzio, della loro amicizia.

Come poteva non adorarli? I suoi stupendi, meravigliosamente deficienti amici.



Note dell'Autrice:

Ehy ehy ehy, ciao a tutti XD Perdonatemi il ritardo SCANDALOSO dell'aggiornamento. Sono cambiate molte cose nella mia vita in questi mesi, e sicneramente non ero in vena di scrivere. Ma ora sono tornata, muahahaha (tono malefico). Bene, vi aspetto al prossimo capitolo! Intanto, rispondo alle recensioni. Un bacio a tutti :D


La Mutaforma: Non temere, riuscirò a trovare una parte anche per Esmeralda. In realtà spero di riuscire a far fare almeno una piccola apparizione a più personaggi possibili, animali compresi. Felice di averti fatta ridere, la Darling ancora non sa cosa la aspetta... spero continuerai a seguirmi :)


MrsMalikLoves: Ciao :) Non preoccuparti per la tua Aurora, ora Jasmine la pensa così, ma nei prossimi capitoli ci saranno delle sorprese, anche se prima che la biondina entri definitivamente in scena ci vuole ancora un po'. Per risponderti: Giselle è la protagonista del film 'Come d'incanto', Milo di 'Atlantis, l'impero perduto'. Se hai altre domande nei prossimi capitoli, chiedi pure. Ciao ciao :)


Madama Pigna: felicissima che il mio 'esperimento' ti piaccia :). In realtà per il personaggio di Lilo ho sempre avuto ben chiara la psicologia. Nel cartone originale è una bimba particolare, cinica, un po' asociale, poi pian piano si scopre il suo lato tenero. Quindi ho sempre pensato che da grande avrebbe nascosto la sua dolcezza sotto uno strato di apparente forza. E, non lo nego, è il personaggio di cui mi piace più scrivere. Nel corso della storia si scoprirà molto, di lei...ora si sa poco, siamo ancora agli inizi. Per il linguaggio... beh, lo scopo era gettare i personaggi un'ambientazione realistica, quindi parlando di ragazzi di una certa età credo sia normale che usino un linguaggio simile XD (o almeno, io e i miei amici parliamo così...forse siamo noi ad essere schifosamente volgari?! Ahahhahah ^__^'')


BriciolaElisa: spero che anche questo capitolo ti abbia entusiasmata e che continuerai a seguirmi, nonostante il ritardo dell'aggiornamento. Alla prossima :D


CIAO A TUTTI! Yeah <3

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Alice non era mai stata una ragazza particolarmente interessante, o almeno cosi aveva sempre pensato.

Sin da quando era bambina le piaceva rinchiudersi, di tanto in tanto, nel suo piccolo mondo di fantasie e sogni; negli anni, quindi, aveva preso la comoda abitudine di estraniarsi a volte dal gruppo di amici, datesi che Peter, Lilo e gli altri erano decisamente chiassosi, e uscire da sola per qualche ora, magari passeggiando nel parco.

Certo, Ailyn non le risparmiava le battute intrise di ironia degne di una Lilo col peggiore degli umori, ma sapeva che era tutta una scena, uno spettacolino montato per il rimpianto di non riuscir a capirla.

Lei e Ailyn erano amiche dai tempi dell'asilo, assieme a Trilli. Shanti e Lilo erano arrivate dopo, rispettivamente in prima e in terza media.

In tutti quegli anni, Ailyn aveva tentato inutilmente di entrare nel suo mondo, molto più di quanto avesse mai provato Trilly, che di carattere tendeva ad assomigliarle di più e quindi capiva più facilmente il suo bisogno di solitudine.

Oh, si badi bene, non che le dispiacesse avere un gruppo simile, ma a volte a furia di divertirsi e cazzeggiare le sembrva di perdere il controllo su sé stessa, lei, che di per sé non riusciva già di suo a controllare nulla della sua vita.

Se solo fosse riuscita a mettersi un pochino più in mostra... ma forse le stava bene così, perchè sapeva che essere al centro dell'attenzione per più di cinque minuti le avrebbe causato rossori improvvisi in stile principessina, più altri venti minuti di vomito in pubblico (che di principesco, diciamocelo, avrebbe avuto ben poco ).

“Ehi, bionda!”

Alice ebbe un fremito, tornando con i piedi per terra in un attimo.

Ecco, di nuovo, era caduta in una sottospecie di trance... si voltò di scatto ma non ce ne fu bisogno, perchè Jim già le si era sdraiato accanto, rotolando sull'erba come un cucciolo.

“Ciao, Jim. Vedo che come al solito approfitti delle ore di assenza dei prof per metterti in pari con il programma.” gli disse sarcastica.

Jim la guardò sorridendo, poi si voltò verso il sole.

“Con una giornata del genere mi rifiuto di mettermi a studiare. E poi ho poco tempo, tra un'ora io e Mowgli abbiamo lezione con il prof Potter.”

“Oh, adoro quel tipo.” esclamò Alice, con disinteressato candore, “ mi sarebbe piaciuto frequentare i suoi corsi. Dicono che sua figlia Jane sia una ragazza deliziosa.”

Jim la lasciò parlare e si soffermò a guardarla per qualche istante.

Alice non era mai stata il suo tipo di ragazza, anche se erano sempre andati molto d'accordo, cosa che lo costringeva da anni a sopportare le battute di Peter e Taron, che ogni santa volta insistevano su quella storia.

Ma certo, lei aveva fama di essere una delle ragazze più carine del loro anno, e lui non negava di capire perfettamente il perchè.

Quel giorno, ad esempio, aveva i capelli biondissimi e soffici legati in una lunga treccia laterale, nella quale c'era l'evidente segno di Rapunzel, quella ragazza carinissima dell'ultimo anno con cui sapeva Alice era abbastanza in confidenza; i pantaloni stretti sulle caviglie e la semplice canottiera bianca con le spalline in pizzo bastavano a darle un'aria splendida e luminosa.

Quella ragazza sprizzava classe ed eleganza da tutti i pori, e anche dai modi di fare.

Ma, del resto, era di buona famiglia.

“Jim... Jim! Oh santo cielo, e poi sono io quella sempre tra le nuvole.”

Il ragazzo sbattè le palpebre, perplesso,per poi rendersi conto che si era incantato a guardarla senza neanche starla a sentire. Ecco, ci mancava la figura dell'idiota del giorno. Meraviglioso.

“Scusami, io stavo.. uh... stavo pensando. Ti sta bene, il bianco.”

Alice lo guardò per un istante senza rendersi conto di ciò che aveva sentito.

Ok, Jim le aveva... le aveva fatto un complimento, no?

Voglio dire, sì, aveva... aveva proprio l'aria di un complimento.

Non sapendo se ringraziare o meno si limitò ad arrossire vistosamente e a sorridere.

“Oh, beh... non... non lo metto spesso.”

“Beh, dovresti” disse Jim esuberante, capendo che la sua uscita da perfetto imbecille era miracolosamente passata come una cosa carina da dire ad una ragazza.

E Alice era una ragazza che di frasi carine se ne sarebbe meritate a iosa.

Alice cercò qualcosa di decente con cui rispondere che non sembrasse una specie di rantolo di un qualche animale in via di estinzione, quando qualcuno le piombò alle spalle facendola cadere di pancia sull'erba morbida.

“Indovina chi è?!” esclamò la simpaticona di turno, sedendole sulla schiena, e Alice con la faccia immersa tra i fili di prato riusciò a bisbigliare un patetico “Ailyn, alzati o svengo.”

L'amica obbedì, ridendo, aiutando poi Alice ad alzarsi e dandole dei colpetti sul petto per togliere del terriccio attacatosi.

“Come mai voi due stavate qua da soli a deprimervi? Guardate che gli altri stanno seduti davanti alla statua dell'ingresso. Li hoi visti mentre venivo.”

“E tu dove stavi andando? Qua si va per l'uscita.” le chiese Jim, tirando fuori dalla borsa a tracolla un sandwich ricoperto con della carta stagnola.

Ailyn cambiò espressione nell'arco di trenta secondi. “Quell'idiota di Taron mi ha chiesto di pranzare assieme, così lo aiuto con i compiti di fisica. In cambio mi faccio offrire un frappè.”

“Ottima idea, tu sì che sai come fare dei favori sinceri e disinteressati agli amici.” disse Alice alzandosi, poi si voltò verso Jim.

“Beh, uomo ribelle, che fai? Vieni con me? Devo dare un quaderno a Lilo.”

Jim annuì, il sandwich già tra i denti, e lasciò l'aiuola con Alice, salutando Ailyn e lasciando che i suoi anfibi segnassero l'erba con la sua orma dei piedi.

Ailyn li guardò alontanarsi assieme, scambiandosi qualche battuta imbarazzata.

“...oh, ma prima o poi vi faccio finire insieme. Caschi il mondo.”


“Bella quella. Ti farà sembrare la puttana più carina ed elegante che si sia mai vista in tutta la città.”

“Al, sei simpatico come un'indigestione di cioccolata.”

“A te non piace la cioccolata.”

“Così come non mi piaci te!”

Aladdin subì la linguaccia dell'amica senza ribellarsi, continuando a guardarla sdraiato sul letto dalle lenzuola azurre mentre lei, lì davanti, tirava fuori tutti i vestiti che aveva in quel dannato armadio.

“Ehy, guarda qua cosa c'è!” esclamò lei, metà busto ficcato in quella specie di caverna oscura.

Al sbadigliò e sorrise.

“Non mi dire, hai ritrovato il tuo primo reggiseno?! Fantastico, puoi usarlo ancora!”

“Fottiti.” ribattè Jasmine, senza neanche voltarsi, per poi uscire del tutto dall'armadio e mostrare l'oggetto all'amico.

“Ta-daan!”

Aladdin cambiò espressione; un sorriso dolce, pieno di affetto e interesse. Si alzò e le andò incontro, senza riuscire a smettere di sorridere.

“Ma dài... ce l'avevamo uguale, ti ricordi? Io poi l'ho persa durante il trasloco.”

“La maglietta con la nostra foto insieme... ce le aveva regalate lo zio Genio quando eravamo piccoli.”

La maglietta, ora in mano ad Aladdin, era incredibilmente piccola, ed entrambi tra sé e sé non riuscirono a non chiedersi se fossero appartenute davvero loro, se davvero il loro corpo era stato così minuscolo.

“...sono passati tanti anni.”

“Ahahah già, e questa foto è orribile! Guarda le tue sopracciglia!”

Jasmine gli diede un pugnetto affettuoso sulla spalla “Io almeno negli anni ho imparato il significato della parola 'estetista'. Le tue sono rimaste identiche, e nella foto abbiamo cinque anni! Non te le fai da allora, secondo me.”

Scoppiarono entrambi a ridere, e Jasmine diede un altro pugno sulla spalla dell'amico, poi si voltò e continuò a buttare vestiti per aria, non senza prima aver ripiegato accuratamente la magliettina e averla messa in un angolo a parte, sotto la foto di lei e Nani.

Aladdin le guardò le spalle, i capelli corivini e leggermente odnulati ricaderle sulle spalle che la canotta le lasciava scoperte, e non potè trattenere un impeto di silenzioso affetto.

Jasmine era la sua migliore amica, e nel corso degli anni non era mai cambiata.

Sin da piccola non le piacevano le regole, e questo era sempre stato uno dei pochi elementi che avessero avuto in comune; tuttavia, lei era sempre stata più impetuosa di lui, più schietta.

Per quanto lo riguardava, tendeva spesso ad avere ripensamenti sulle cose...m Jas no, lei... non so, era come se la gente si innamorasse di lei, per poi detestarla un minuto dopo.

Già, per sopportare i suoi sbalzi d'umore e alcune parti del suo caratteraccio ci voleva una grande energia... ma sapeva come prenderla ormai, avrebbe saputo gestirla anche circondati dalle fiamme.

“Hai finito di guardarmi il culo?”

Jasmine si era voltata, l'espressione contrariata. “Hai una faccia da rincoglionito. Da quant'è che non scopi?”

Aladdin rivolse gli occhi al cielo “Sei sempre così femminile, Jas.”

“Fa parte dei miei pregi.” disse lei, alzando le spalle.

Aladdin si avviò verso la porta “Non oso immaginare i difetti, allora. Lo vuoi un panino?”

“Sì, se non mi ci metti il cianuro.”

Aladdin le mandò un bacio e si avvià verso le scale, guardandosi attorno.

La casa di Jasmine e dell'ambasciatore era tra le più grandi della città, ma lui non si abituava mai a tutto quel lusso, nonstante ci andasse da anni.

Prima che lo zio Genio lo prendesse con sé aveva vissuto nell'orfanotrofio della quindicesima strada, assieme a Peter, l'amico di Howkins, e Trilli, la biondina che girava sempre con la sorella di Nani.

Ma per quanto ne sapeva, perfino loro due abitavano ancora lì; lui era stato l'unico ad aver trovato una casa, e si considerava già fortunato così.

Lui e Jasmine andavano all'asilo assieme, e si frequentavano da allora; il padre, l'ambasciatore indiano, era anche il proprietario del Neverland, l'orfanotrofio, e aveva aiutato lo zio a trovare una casa in zona che permettesse di adottarlo, all'età di undici anni.

Jasmine lo andava a trovare spesso, durante le visite del padre, e sin da allora lui non riusciva ad esserle indifferente.

E la cosa negli anni non era cambiata; non c'era volta in cui si guardassero negli occhi e non sentisse una leggera scossa al cuore, ma ormai era più che abituato ad ignorarla.

Jasmine era diventata una parte importantissima della sua vita, la persona che meglio lo conosceva al mondo, il ponte che lo aiutava a non tradire il sé stesso di una volta, quello cresciuto tra l'umiltà e la speranza di costruirsi, un giorno, una famiglia da amare.

Sospirò, arrivando in cucina e aprendo il frigo.

Sicuramente, la madre dei suoi fgli non sarebbe mai, per alcuna ragione al mondo, stata Jasmine.


Shanti guardava il display del telefono, notando che erano passati già dieci minuti dall'ultima volta che aveva controllato.

Un'ora e mezza.

Un'ora e mezza di ritardo.

Un'ora e mezza che stava seduta su quella stupida panchina, aspettando in silenzio che quello stupido sbucasse dal vialetto, correndole incontro, i capelli (finalmente) corti dopo che per anni lo aveva pregato di levarsi quell'orribile caschetto.

Sospirò, rassegnata; ormai non si stupiva più dei ritardi, delle frasi lasciate a mezz'aria, delle giornate passate a guardare la casella mail o il telefono, aspettando un suo cenno di vita.

Con Mowgli era così, l'aveva sempre saputo: un continuo sbalzo d'umore, un continuo sentirsi amate e rifiutate, un continuo 'ti voglio – non ti voglio'.

Forse avrebbe dovuto semplicemente seguire il consiglio di Lilo e rinunciare, perchè tanto no, lui non sarebbe certo cambiato per lei, e neanche lei voleva che lo facesse, in fondo.

Voleva bene a Mowgli per quella sua ingenuità, quel broncio che si portava sempre appresso nelle giornate no, quel suo lato selvaggio che spesso lo faceva diventare cocciuto, impulsivo e insofferente alle regole.

Da quel che ricordava, poi, erano sempre stati l'uno nella vita dell'altro; entrambi di origini indiane, vicini di casa, i loro genitori erano amici d'infanzia, tutti e quattro.

Un giorno il padre e la madre di Mowgli partirono per un viaggio, un safari nella giungla o qualcosa del genere, e lasciarono il piccolo allo zio Bagheera; nessuno seppe mai che fine fecero, ma non tornarono più.

Shantii ricordava di quando lesse, sul giornale del padre, delle carcasse di due esploratori trovate nella grotta dove vivevano dei lupi, più o meno nella zona dove la coppia si era recata.

Che fossero loro o meno, Shantii non l'aveva mai scoperto; ma da quel momento seppe per certo che Mowgli non li avrebbe visti mai più, e fu così.

Lo zio Bagheera, un uomo delizioso anche se taciturno con cui lei era sempre stata molto in confidenza, si trasferì nella casa del fratello, per accudire il nipotino.

Shantii ricorda ancora lei e Mowgli, a otto anni, gettare la palla da una finestra all'altra quando uno dei due era in punizione.

Tra di loro non c'era mai stata una promessa vera e propria; si piacevano senza ombra di dubbio, ma entrambi consideravano che la cosa fosse talmente scontata da non meritare neanche una vera e propria dichiarazione... tuttavia, doveva ammetterlo, a lei sarebbe piaciuto, se non proprio ufficializzare, almeno mettere in chiaro come stavano le cose.

Sospirò, rassegnata all'idea che lui non sarebbe arrivato, troppo preso a fare chissà quale idiozia.

Si alzò, infilando il telefono in borsa, e, sistemata la lunga gonna rosa da cui poteva vedere i sandali di cuoio sbucare, si portò la borsa a tracolla sulla spalla e si avviò fuori del parco, guardando i bambini che giocavano a pallone e i cani che mangiavano indisturbati i fili d'erba, lontani dagli sguardi severi dei padroni che leggevano il giornale lì vicino.

Da lontano scorse Ailyn e Taron che, su un muretto che si ergeva tra l'erba, discutevano vivacemente davanti a dei libri aperti.

Per un momento pensò di raggiungerli, ma poi, presa dalla timidezza e dalla paura di essere di troppo, proseguì nella direzione inversa.

Non se la sentiva proprio di sentire Ailyn che inveiva contro Mowgli...sapeva che quel ragazzo era irrecuperabile.

E allora, pensò... perchè avrebbe dovuto cambiare per lei?


“Eric, ti prego, piantala di suonare quel coso. Mi urta il sistema nervoso.”

Eric rise e ripose nello zaino il piccolo flauto, poi si voltò verso Flynn che, assieme a Naveen, camminava a passo sicuro.

La sala mensa era sempre affollata appena suonava l'ora di pausa, ma bastava aspettare dieci minuti per trovare i tavoli semivuoti; i ragazzi della Disney High preferivano mangiare di fretta e assopirsi al sole del cortile, o farsi un giro in skate fintanto che la temperatura lo permetteva.

“Flynn, siamo nervosetti o cosa ultimamente? Devi trovarti una ragazza, mi sa.”

Flynn finse di non sentirlo, e riprese a masticare il suo sandwich lentamente, senza troppa convinzione.

...ok, forse era un po' stressato, in effetti.

Ma non era colpa sua... voglio dire, guardare Rapunzel tutto il giorno senza riuscire mai a trovare il coraggio di dichiararsi era stressante!

Senza contare che non trovava mai la giusta occasione per farlo... se non si contavano le dieci volte nelle quali l'aveva beccata da sola negli ultimi tre giorni, certo...

Il fatto era che Rapunzel aveva un animo da artista (racchiuso in un corpo stupendo e un viso da creatura divina, ma questo era ovviamente solo un dettaglio altamente trascurabile...più o meno), e quindi lui doveva trovare il modo per colpirla nel profondo, fare breccia nel suo cuore, entrare nei suoi pensieri... sì, insomma, trovare un modo per far sì che lei lo cagasse almeno di striscio, ecco.

Dunque, dunque, innanzittutto bisognava stilare una lista dei suoi interessi.

Beh, le piaceva disegnare, e questo era risaputo.

Ricordava ancora quando aveva vinto il concorso di Natale dell'anno precedente, e il suo dipinto era rimasto affisso all'ingresso fino alla fine dell'anno scolastico.

Faceva anche parte del club di arte, un corso che secondo lui era stra-noioso e solo per gente strana...

Un momento...eccola, l'idea geniale!

“RAGAZZI! Mi è venuta in mente una grandissima trovata!”

“...radersi le basette?”

“Sì!NO! Volevo dire...certo che no! E poi, Eric,basta con le battute sulle mie basette!”

“Altrimenti?” chiese il ragazzo, mostrando un sorrisone a trentadue denti.

Flynn lo guardò, bieco.

“... meglio che non ti dica dove ti ficcherò quel maledetto flauto.”

Naveen fischiò, e Eric si limitò a un “Oh.” fin troppo evasivo.

Naveen, tra le risate, diede una pacca sulla schiena dell'amico: “Beh, allora? Questa 'grandissima trovata', quale sarebbe?”

Flynn sorrise raggiante: “Credo di aver trovato il modo perfetto per mostrare a Rapunzel tutto il mio charme” fece una breve pausa, guardando la sua immagine riflessa nella vetrina dove erano esposti i sandwich “...in fondo, è già risaputo che il mio è un fascino innegabile! Devo solo mostrarle che oltre ad avere una bellezza smisurata...” altra occhiata all'espositore, con tanto di occhiolino rivolto a sé stesso (e qua Eric e Naveen non seppero per un istante se fargli sbattere la testa su quella vetrata o limitarsi a sospirare) “...possiedo anche un talento innato per ciò che più le piace: l'arte!”

Concluse la frase con fare raggiante, portando su le braccia in segno di vittoria e facendo in modo ovviamente che tutti gli studenti si fermassero a guardarlo.

Eric e Naveen si scambiarono uno sguardo scettico, poi Naveen sorrise: “E, emh, Uomo Dei Sogni...perdona la mia ignoranza, ma... da quando tu avresti talento per l'arte?”

Flynn si limitò ad alzare le spalle e fare (di nuovo!) l'occhiolino, stavolta rivolto agli amici.

“Mio caro, io sono PERFETTO. E il mio piano è infallibile.”

Stavolta i due non fecero in tempo a ribattere che Flynn già raggiunto il secchio della spazzatura con il vassoio in mano; si scambiarono un'occhiata di preoccupata intesa.

C'era puzza di guai, decisamente...


Belle chiuse il libro, con un gran sospiro.

Ariel, lì accanto, la osservò spostare i capelli dalla fronte rosea e alzarsi di scatto, alla ricerca già di un altro volume.

“Belle, tesoro, io capisco la tua sete di conoscenza... ma sto morendo di fame! Non possiamo fare una pausa e riprendere dopo la scuola?”

Belle, dandole le spalle, si mise in punta di piedi per prendere un libro sullo scaffale, e ignorò i rumori che provenivano dal suo stomaco.

“Dài, aspetta due minuti. Oggi pomeriggio la biblioteca chiude, e voglio finire la ricerca entro oggi.”

Ariel, ormai rassegnata, cercava di tenere in equilibrio una matita tra il naso e il labbro superiore, che cadde rovinosamente dopo mezzo secondo, rovinandole ancora di più l'umore...per di più, Belle non si fece problemi a ricordarle che la sua, di ricerca, non aveva ancora neanche un titolo.

“E chi se ne frega?! Dobbiamo consegnarla Martedì prossimo, ho tutta la settimana davanti!”

Belle subito si voltò, scandalizzata.

“APPUNTO! Devo assolutamente finirla entro oggi, ho mille impegni questa settimana, e oltretutto se non prendo una A neanche questa volta giuro che uccido il professor Cornelius.”

“Tsk, Belle, dài, quello è un mezzo caprone... lui e le sue lezioni di storia medioevale mi fanno salire il voltastomaco.”

Belle ignorò le parole di Ariel, che dal canto suo decise che tanto valeva buttare la testa sul banco e mettersi a fare un pisolino, vista anche la totale assenza di un qualsiasi altro essere umano in quella biblioteca umida e puzzolente di naftalina.

La ragazza tornò a concentrarsi sul suo libro, sperando di riuscire a trovare quella stupida data da inserire nella ricerca, controvoglia.

Sapeva che Ariel e le altre la vedevano spesso come una persona perennemente attaccata ai libri, ma non era così.

Le piaceva semplicemente leggere, studiare, concentrarsi su ciò che la rendeva più felice di qualsiasi altra cosa: imparare, scoprire cose nuove, fantasticare su informazioni che, una volta conosciute, le riempivano lo stomaco di soddisfazione e la testa di nozioni fino ad allora sconosciute.

Adam spesso la rimproverava di avere la testa eccessivamente sulle nuvole e poco i piedi per terra, ma lei si limitava a sorridergli senza ribattere, perchè sapeva che era proprio questo uno dei motivi per cui si era innamorato di lei.

Stavano assieme da tre anni, e lui le aveva fatto la proposta in una biblioteca fuori città, citando uno dei suoi autori preferiti e conquistandola definitivamente.

Era uno dei suoi ricordi più belli, tuttavia anche adesso, dopo così tanto tempo assieme, si trovava sempre impreparata ai sentimenti.

Non che non riuscisse a esprimerli, ma a volte credeva che avesse detto le cose semplicemente nel modo sbagliato, senza riuscire a spiegarsi del tutto, lasciando le cose più importanti a vagare nella gola senza che potessero venir fuori.

Adam, neanche a dirlo, sapeva anche questo, e ormai lei sentiva che lui, in un modo o nell'altro, l'avrebbe sempre capita, senza neanche il bisogno che dicesse niente.

E questo, Belle lo sapeva, non era come l'amore che si trovava nei libri o nelle poesie...questo era amore reale, e anche se un po' più complicato... era decisamente migliore.


Megara camminava per i corridoi, lentamente, come se non fosse seriamente intenzionata ad entrare.

Quella mattina le cheerlader della scuola le avevano chiesto per l'ennesima volta di entrare nella loro squadra, in vista dei tornei nazionali che si sarebbero svolti quest'anno, ma lei si era nettamente rifiutata.

Mulan, accanto a lei, era tutta intenta a leggere uno di quei manga che le piacevano tanto, noncurante che stava vistosamente sprecando i pochi minuti di pausa tra una lezione e un'altra.

Aprì l'armadietto e ci infilò dentro il quadernone di matematica per prendere il libro di filosofia, l'unica vera materia di cui le interessasse effettivamente qualcosa, poi gettò un altro sguardo all'amica, che sentendosi osservata alzò lo sguardo dal volumetto.

“Beh? Ho qualcosa in faccia?”

“Sì, un'alienazione innegabile.” rispose Meg secca, alchè Mulan sbuffò e posò il manga nel suo armadietto, lì accanto, che aveva lasciato aperto.

“Non sai neanche di cosa parla.”

Meg le sorrise: “No, hai ragione, ma so che preferisco godermi quel poco che mi resta di tempo libero in mattinata piuttosto che chiudermi in un'apassionata lettura di fumetti. Oggi pomeriggio che programi hai?”

Mulan la guardò come se la risposta fosse ovvia, e Megara sospirò vistosamente, mentre due ragazzine bionde del secondo anno le passavano accanto guardandola ammirate.

“Arriverà mai un giorno in cui non passerai il pomeriggio ad allenarti?”

“Quest'anno ci sono le nazionali. E poi guarda, sei l'ultima che può farmi la predica, almeno io non passo il tempo libero rinchiusa in una sala pesi.”

Megara ammiccò, agitando la lunga chioma scura e arricciando le labbra marchiate di rossetto in un sorrisetto sarcastico.

“Ehy, ho il culo più bello della scuola, in un modo o nell'altro devo pur tenerlo in forma!”

L'amica inarcò un sopracciglio, il solito fiore tra i capelli illuminato dalla luce che filtrava nel corridoio della scuola.

“Ma se hai una media di quindi frozen yogurt a settimana. Mi chiedo dove tu le vada a ficcare, tutte le calorie che assumi! Te e i tuoi dannati aperivi!”

“Mi piacciono gli aperitivi, mica è un reato. Hercules si allena in orari troppo scomodi per andare a cena assieme, e non riusciamo mai a coordinare gli impegni.”

Mulan mostrò un sorriso sornione, mentre la campanella del cambio dell'ora trillava invano.

“Oooh, il campione di lancio del giavellotto della scuola, nonché nuovo membro della squadra di football... ci credo che Aurora ti vuole in squadra, deve seguire il perfetto stereotipo delle ragazze pompon fidanzate coi campioni delle squadre sportive della scuola!” e poi sbottò a ridere, immaginandosi la sua migliore amica sculettare in minognna e cantando uno stupido coro da stadio, flemmatica, mentre Hercules la guardava dal campo di gioco.

Megara, non volendolo, non riuscì a trattenersi dal ridere, e quando per entrambe le risa si furono placate ricordò una cosa importante di cui avrebbe dovuto parlarle.

“Beh, anche tu dovresti davvero trovarti un ragazzo...Shang, per esempio.”

Mulan smise all'istante di ridere e la guardò, palesemente scocciata.

“Qualcosa mi dice che hai fatto un nome a caso, eh.” osservò apatica, e neanche Megara poteva essere così sciocca da non intercettare il tono sarcastico.

Le sorrise e le diede uhn buffetto sulla guancia, mentre la preside Maleficient si avvicinava a loro a passo sicuro, dal fondo del corridoio ormai vuoto.

“Lo so, lo so, lo vuoi conquistare con la faccenda della sfida eccetera... ma credimi, poverino, è cotto di te da anni...”

“Lo dici solo perchè è il migliore amico di Herc” esclamò Mulan, sorridente.

Mergara intravide la preside, ormai sempre più vicina, e prese l'amica sottobraccio per andarsene in classe.

“Non ti dico di decidere subito... ma almeno prendi in considerazione la cosa, va bene? Ah, e oggi pomeriggio niente allenamento: frappè e chiacchiere tra donne. E non ribattere!”

Mulan, sostenendo il passo di Meg, la guardò e sbottò a ridere, senza il coraggio di ribellarsi; appoggiò anzi la testa sulla sua spalla e insieme si avvicinarono all'aula di filosofia.


Aurora non era solo il capo delle cheerlader, ma una vera e proria principessa, la regina di quella scuola, la ragazza di cui nessuno poteva fare a meno di parlare.

O almeno, questo era quello che pensava mentre si specchiava nel bagno delle ragazze, sistemando i capelli biondi che soffici le ricadevano lungo le spalle scoperte.

Le ciglia, messe in evidenza dal mascara, davano ai suoi occhi e quindi all'intero viso una luce splendida e avvolgente, che riusciva a conquistare chiunque incrociasse il suo sguardo, e questo era un dato di fatto.

Rapprensentate degli studenti, organizzatrice degli eventi studenteschi assieme a Cenere e Bianca, sue due migliori amiche da moltissimi anni e grandi confidenti (a loro volta cheerlader, naturalmente).

Cenere, lì accanto, si lavava le mani con fare isterico, passandosi ben bene il sapone portato da casa tra le dita e risciacquando con cura.

Aurora e Bianaceneve si guardarono dallo specchio, senza profrire parola, entrambe a conoscenza della segreta ossessione della ragazza per germi e batteri.

“Dicono che stasera ci sarà un falò sulla spiaggia. Credo lo abbia organizzato David Kawena.” esordì Biancaneve, timidamente, guardando nel frattempo in che stato era il suo rossetto rosso.

“Io credo che ci andrò, non serve l'invito e mezza scuola sarà lì.”

Aurora si voltò verso di lei e sorrise raggiante.

“Oh, brava Bianca! C'era qualcosa che dovevo dirvi ma proprio non me ne ricordavo... sono sicura che ci sarà anche Aladdin...”

Cenerentola, accanto a lei, osservò accigliata: “Sì, ok, ma... non ci sarà anche Filippo? Non sarebbe carino nei suoi confronti mettersi lì a pavoneggiarsi con Aladdin...”

Aurora le lanciò uno sguardo di fuoco.

“Non sono ancora così stronza da pomicare con Aladdin sotto i suoi occhi, se è questo che intendi.” fece una breve pausa, guardandosi allo specchio: “...anche se sarebbe il minimo, dopo avermi mollata per la quindicesima volta.”

“La colpa è tua, che ancora cedi al suo sorriso perfetto!” la schernì Bianca, cingendole le spalle con un braccio e facendola sorridere. “...in fondo, cosa c'è di più sexy di un uomo dal sorriso splendente e i bicipiti scolpiti?”

“Uno con il cervello, sicuramente.” rispose Aurora, su di morale, mentre Cenere si univa al'abbraccio collettivo e spettinava i capelli appena ravvivati della biondina, che sembrò non farci molto caso.

“In fondo, siamo le ragazze più carine e popolari della scuola...” Aurora le guardò, complice. “...non possiamo certo mancare, non credete?

Cenere sembrava sopra pensiero, per poi tirar fuori la voce: “...ci sarà anche Jasmine, però. Devi trovare un modo per separarla da Al, quei due sono incollati l'uno all'altra.”

Bianca le diede ragione con un energico cenno della testa, ma Aurora si limitò a esclamare con convinzione: “Questo è l'ultimo dei miei problemi”, prima di sparire oltre l'ingresso dei bagni e tuffarsi nella folla del corridoio.



“...posso sapere qual'è il motivo di questa riunione straordinaria?”

Lilo, sul letto, bottiglia di birra alla mano e pantaloncini talmente corti da mettere in bella vista l'inguine, si mise la mano tra i capelli e sorrise.

“Non c'è un motivo particolare, mia sorella sta aiutando per il falò di stasera e avevo la casa libera.”

Alice, seduta sulla sedia della scrivania, coccolava Stich che, in braccio a lei, ronfava felicemente, lasciandosi accarezzare come se non ci fosse un domani.

Ailyn e Shantii, entrambe sdraiate sul tappeto, guardavano il soffito, entrambe prese dal discorso del giorno: il falò di David.

In realtà la notizia era trapelata solo quella mattina: David aveva deciso di organizzare un falò intimo sulla spiaggia per festeggiare il nuovo anno scolastico...ma, come al solito, la notizia aveva fatto in pochissimo il giro della scuola e tutti si erano felicemente autoinvitati.

Non che la cosa lo avese ifastidito, comunque, dato che durante l'intervallo era salito su un tavolo della mensa e, con un megafono preso chissà dove, aveva detto a tutti l'ora dell'appuntamento.

Automaticamente, loro e i ragazzi si erano decisi ad andare, non solo perchè era Venerdì ma anche per passare una serata nella quale il programma non prevedesse sempre il Banbow.

Perfino Jim, infatti, per puro caso quella sera non doveva lavorare (Sarah, sua mamma, aveva trovato per il week-end una certa Amelia, una donna sulla trentina dalle sembianze vagamente feline che la aiutava in sala e cucina), quindi aveva dato totale disponibilità, notizia che Alice sembrava aver particolarmente apprezzato.

Mentre Lilo parlava di 'ubriacarsi fino allo sfinimento', evidentemente fregandosene che ci sarebbe stata anche Nani, la porta della stanza di spalancò e comprave una Trilli con il fiatone e i capelli che sembravano reduci da uno scontro con i cavi della corrente.

“Ti ha messo sotto un auto?” chiese Ailyn, mentre le altre la guardavano senza commentare.

Trilli sbuffò e si sedette sul tappeto, poggiando la borsa al suo fianco.

“Ho dovuto accompagnare Peter a comprare un costume da bagno per stasera, ma OVVIAMENTE si era dimenticato il portafogli, quindi siamo dovuti tornare al Neverland a recuperarlo, per poi passare DUE ORE davanti a due costumi assolutamente identici tra loro, ma lui no, non riusciva a decidere!” Sembrava avesse finito il monologo, e Shantii già stava per chiederle ulterioir spiegazioni, ma non ce ne fu bisogno perchè continuò imperterrita.

“Dopodichè siamo arrivati alla cassa, Peter apre il portafogli ma si accorge che era vuoto! VUOTO! E com'è finita ovviamente?!”

Alice tratteneva a stento le risate: “...che glieli hai dovuti prestare tu?”

“ESATTO!” sbottò la ragazza, esasperata, specificando inoltre che quei soldi le servivano per l'autobus per arrivare sin lì, e quindi dal centro era dovuta arrivare a piedi, con un caldo asfissiante e senza la benchè minima idea di cosa indossare per quella sera.

Dopo questa estenuante sintesi crollò a terra, riprendendo fiato sotto il movimento delle pale del ventilatore a soffitto, e ci sarebbero state molte cose da poter dire in quel momento.

Lilo, naturalmente, incarò la dose dicendo la peggiore.

“Tsk, perchè non si è fatto accompagnare da quella zoccoletta della Darling? Cos'è, lei era troppo impegnata a cucire un paracadute per coprirsi quelle enormi tette stasera?”

Probabilmente doveva essere un tentativo di tirarle su il morale, pensò Trilli, ma quando Lilo chiese alle altre se secondo loro esisteva un costume per coprire quelle due cose enormi si limitò a considerare quella come la perfetta giornata di merda, e accasciandosi ancoradi più al suolo, tra le risa delle altre, pensò a godersi il fresco del ventilatore mentre Stitch, svegliatosi, la raggiungeva sul tappeto e le leccava la faccia.



Angolino dell'autrice

Ciao a tutti! Finalmente sono riuscita ad aggiornare, anche se mi rendo conto del ritardo spaventoso. Purtroppo mi sono allontanata dalla scrittura per un periodo, tra gli esami di maturità e...altre faccendo che, diciamo, mi hanno distratta ahah XD. Da adesso in poi sicuramente aggiornerò più spesso, o comunque vi assicuro che ci proverò.


Purtroppo non ho tempo di rispondere alle recensioni, vi dico solo che la storia è appena entrata nel vivo e cercherò di restare fedele all'idea che mi sono fatta dei personaggi vari.

Vi ringrazio come sempre per la pazienza, per i complimenti e per avermi letta.

Al prossimo capitolo! Se vi va, lasciatemi una recensione. Ciao ciaoooo

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4


“...non la capisco.”

Fu dicendo queste parole che Mowgli si tuffò nella poltrona del salotto in penombra, lasciando che il caldo di fine settembre gli entrasse nelle vene, e in attesa che lo zio Baloo liberasse la doccia per potersi lavare prima della festa (che poi era assurdo lavarsi i capelli prima di una serata all'insegna dei bagni notturni, ma al contrario di ciò che pensavano i suoi amici lui era uno che ci teneva paecchio ad avere sempre un buon profumo addosso).

Bagheera, suo zio, alzò gli occhi dal giornale che stava leggendo con interesse sulla poltrona lì accanto e sorrise, gli occhi gialli ridenti.

“..devo supporre che il Cucciolo D'Uomo è scontento, oggi?”

Mowlgi sbuffò sentendo il solito nomignolo (lo zio glielo aveva affibbiato quando lui, da piccolo, gli faceva costantemente notare la sua somiglianza con il mondo felino), e abbassò lo sguardo, frastornato dal caldo.

Sotto lo sguardo inquisitore di zio Bagheera era più difficile ragionare a mente lucida, ma sapeva che non poteva rimandare a lungo e che prima o poi avrebbe dovuto affrontare il problema e cercare di capire per quale diavolo di motivo Shantii non gli rivolgeva la parola da giorni.

Eppure gli era sembrato di essere stato più carino del solito: le aveva proposto di portarle i libri fino all'aula di musica (la professoressa Pocaonthas li aveva costretti a comprare un macigno di 500 pagine... per una materia che, a suo parere, era totalmente inutile dal punto di vista didattico. Insomma, insegnava già scienze politiche, a che diavolo serviva spendere altre ore per uno stupidissimo corso di musica?!), le aveva comprato il dessert migliore che la mensa scolastica potesse offrire, e si era perfino lasciato scappare che, quella sera, sarebbe stata la ragazza in costume più carina di tutta la scuola.

Shantii, dal canto suo, si era limitata a trattarlo con poca velata diffidenza, ignorarlo o rispondergli male, per poi allontanarsi puntualmente a passo serrato lungo i corridoi.

...insomma, che cosa doveva fare?!

Non sapeva neanche di cosa dovesse farsi perdonare... non ricordava nulla che avesse potuto in qualche modo offenderla o ferirla.

Forse perchè ultimamente non si vedevano spesso? Sì, intendo, da soli.

… si fermò per un istante, mentre improvvisamente una vocina nel cervello si faceva prepotentemente largo tra i suoi pensieri.

...l'appuntamento di martedì.

OH.PORCA.TROIA.

L'appuntamento di martedì!

L'APPUNTAMENTO DI MARTEDI'!

No, no, no... non era possibile...come...come cazzo aveva fatto a dimenticarsene?!

COME?!

“Ti stai strozzando con la saliva, per caso?” chiese Bagheera, innaturalmente calmo, osservando il ragazzo che si era fatto paonazzo e annaspava come dopo una corsa di 10 km.

Mowgli lo guardò, disperato.

“Zio... sono un'idiota!”

Bagheera inarcò un sopracciglio: “Sapevo che Baloo ti avrebbe fatto quest'effetto, prima o poi.”

“Lo zio Baloo non centra!” esclamò il ragazzo, nel panico, saltando sulla poltrona e sporgendosi verso quella dello zio, il sedere all'infuori e le mani poggiate sul bracciolo.

“Ho...ho totalmente dimenticato un appuntamento con Shantii, e ora lei non mi parla!”

“Beh, cosa ti aspettavi? Un trofeo?”

Mowgli lo guardò, accigliato.

“Zio, ti sto chiedendo una mano, non un metodo per peggiorarmi l'umore.”

Bagheera alzò gli occhi al cielo e si rassegnò a mettere da parte il quotidiano per guardare il nipote.

“...quella ragazza farebbe qualsiasi cosa per te, ma te sembri appena uscito da un cartone animato per bambini. Non pensi...” lanciò uno sguardo arrabbiato a Mowgli, che sembrava non aver apprezzato la battuta “che lei potrebbe volere un segno di interesse da parte tua? Cioè, è pur sempre la tua ragazza.”

Mowgli lo osservò, onestamente sorpreso.

“Lei non è la mia ragazza.”

Stavolta fu Bagheera a restare contrariato: “Come no?!” disse, con il tono di voce che si usa quando si parla di qualcosa di ovvio.

Mowgli fece un cenno di dissenso con la testa, e Bagheera si risistemò sulla poltrona, guardando altrove.

“Beh, allora ci credo che è arrabbiata. Vi piacete, no?”

“Sì, certo. Voglio dire... usciamo, ci teniamo per mano e tutto il resto.”rispose Mowgli, a mezza bocca e arrossendo un poco.

Una terza voce si instromise nel discorso.

“Avete già fatto sesso, vero?”

Entrambi guardarono l'uomo altissimo e corpulento davanti a loro, con indosso un accappatoio verde che lo faceva sembrare un gigantesco baobab.

Bagheera gli lanciò uno sguardo di fuoco.

“Baloo, sei pregato di non fare certe domande volgari al ragazzo.”

“Cosa c'è di volgare in una scopata?” chiese quello, ingenuamente e prendendo posto sul divano accanto alla finestra.

Mowgli non parlava: si limitava ad arrossire in totale imbarazzo e a prendere nota di non fare mai, mai più il grosso errore di coinvolgere gli zii nei suoi problemi sentimentali.

“Intanto il termine 'scopare' non mi sembra positivo, dopo anni che diciamo a Mowgli che 'certe cose'” sottolineò la frase storcendo il naso “si fanno solo con qualcuno verso cui si provano dei forti, fortissimi”e qua guardò Mowgli con cipiglio, per poi rivolgersi di nuovo verso l'altro “sentimenti”.

Baloo si limitò a sbuffare, e sembrò più interessato a rivolgersi direttamente al nipote, ormai tutt'uno con la poltrona rosso cremisi.

“Allora, quanta esperienza hai fatto con Shantii?” chiese con il sorriso.

Mowgli lo guardò cauto: “Zio, per favore... il problema è un altro! Insomma, io e Shantii siamo sempre stati così... non credevo servisse una proposta ufficiale...”

“Mica dovete sposarvi!” sbottò Baloo, ridendo : “Santo cielo, queste nuove generazioni non sanno proprio farci. Ai nostri tempi era tutto così spontaneo e naturale, eh Baghi?”

“Se l'argomento si sposta sui tuoi ricordi di gioventù dimmelo subito che me ne vado.” disse quello, apatico.

Baloo rise ancora, i capelli ispidi ancora bagnati, e si sporse un po' verso Mowgli.

“Dice così perchè gli somigli.”

Mowgli sembrò illuminarsi di orgoglio: “Davvero?” chiese, sinceramente interessato.

Bagheera afferrò il suo giornale e, borbottando qualcosa simile ad un 'forse è meglio che me ne torni a leggere' se ne andò al piano di sopra, non senza che Mowgli avesse fatto in tempo a notare il suo improvviso arrossire.

Baloo lo guardò con interesse, poi tornò a concentrarsi sul nipote con aria sognante.

“Sai, anche noi ci siamo conosciuti quando eravamo molto giovani. Io ero un pazzo, beh, ti immagini, sempre in giro con Luigi a fare casino, con le moto e il resto... tuo zio invece era un pezzo di legno, timido e serio. Come te, non era molto esperto nelle, emh... questioni di cuore.”

Mowgli ascoltava coinvolto, contento di sapere qualcosa di più sul passato di suo zio... prima che lui arrivasse nella sua vita, cambiasse casa eccetera.

Baloo proseguì, ormai perso nei ricordi: “Ci siamo incontrati fuori a un cinema. Io gli sono andato addosso con tutti i popcorn e gli ho versato la birra sulla camicia.”

“Sul serio?!” chise Mowgli, divertito, ed entrambi risero sotto i baffi, Balloo divertito più che mai.

“Sul serio. Luigi e tuo padre sono scoppiati a ridere, ma lui mi guardava così in cagnesco che io non riuscivo proprio a parlare, neanche per scusarmi. Gli ho detto che mi dispiaceva, che se voleva potevo ridargli i soldi della camicia, e così ho fatto. Gli dissi che quella sera non aveva nulla in tasca, ma che se voleva potevamo rivederci lì il giorno dopo per ripagarlo del danno, e lui accettò.”

Il suo sguardò si fece limpido, visibilmente emozionato, ed abbassò la voce.

“..sai, in realtà avevo mentito. Avevo i soldi con me quella sera stessa. Me lo sono inventato per poterlo rivedere ancora. Mi sono innamorato di lui appena l'ho visto.”

Mowgli non riusciva a credere che anche una storia tra uomini potesse avere dei risvolti romantici, e restò a fissare incredulo lo zio.

“Uscimmo parecchie volte, ma io aveva sempre la sensazione di essere solo un amico per lui...tuttavia, sentivo che dovevo fare qualcosa per mettere in chiaro la situazione, e l'ho affrontata.”

“E come?” chiese il nipote, ormai quasi dimentico della sua, di storia.

Baloo sorrise, battendosi un pugno sul petto: “Gli ho chiesto di vederci e, una volta faccia a faccia, gli ho aperto il mio cuore, Gli ho confessato che mi ero innamorato, che volevo iniziare qualcosa con lui, non da amici, ma da amanti. E così è stato.”

Ci fu un attimo di silenzio, dopo il quale Baloo sembrò ridestarsi da un sogno ad occhi aperti.

Mowgli ora fissava il vuoto, in preda a una sorte di trance.

“... mi piace Shantii. Mi è sempre piaciuta.”
“Beh, questo mi sembra ovvio” esclamò Baloo, dolcemente. Gli sorrise con tenerezza: “Forse io sono di parte, sai quanto la adoro... ma ricordati sempre questo, Mowgli: per quanto sentirai raccontare di amore dagli altri, non sarà mai uguale a come lo vivrai tu. L'amore è diverso per ciascuno di noi... e, di conseguenza, nonostante ora pensi di sapere cosa aspettarti, ti renderai conto da te di quanto sia bello amare qualcuno, ed essere amato di conseguenza.”

Mowgli non riusciva a formulare una frase di senso compiuto neanche nella sua testa, figurarsi esprimersi a voce.

Era confuso ed stremamente preoccupoato: sapeva che voleva stare con Shantii... ma lui non era mai stato, come dire, un tipo da dichiarazione.

...ma era anche vero che il solo immaginare una vita senza di lei gli sembrava assurdo e impossibile.

Lei era rimasta al suo fianco, sempre.

Anche con tutti i suoi difetti, le sue stupide fisse, la sua sbadataggine, le battutine stupide quando era in compagnia di Taron.

Shantii c'era, con i suoi capelli scuri e il segno sulla fronte, con le sue critiche costruttive e gli sguardi pieni di rimprovero quando combinava qualcuno dei suoi disastri.

Quando le teneva la mano, lui non era più un orfanello imbranato nelle questioni amorose; si sentiva vivo, ma vivo davvero, perchè era come se la scuola, e il ricordo dei suoi genitori e la paura di non essere abbastanza (mai, mai abbastanza) svanivano come in una nuvola di fumo dentro gli occhi scuri di lei, che lo guardavano come se non esistesse nient'altro.

E capì in quel momento che queste erano cose che aveva sempre saputo, e allora perchè non ci aveva mai pensato?

Davvero voleva che restasse tutto così? Che qualcuno potesse comparire da un giorno all'altro (perchè l'aveva visto come il biondino del corso di scienze la guardava a lezione, e si scambiavano sorrisi che lo facevano arrossire mentre lui rischiava di lanciargli uno scarafaggio stecchito addosso) e portarsela via?

Dieci minuti dopo era già fuori casa, in sella alla sua bicicletta amabilmente denominata da lui stesso 'jungle', perchè quando pedalava si sentiva libero e selvaggio come una giungla e perchè sì, il nome in inglese faceva decisamente figo (o almeno, così pensava a dodici anni).

Era passato a casa di Shantii cinque minuti prima, a piedi ovviamente, ma la madre gli aveva detto che era andata a casa di Lilo che, naturalmente, era dalla parte opposta della città.

Quindi adesso si ritrovava a pedalare, cercando nel frattempo di prepararsi psicologicamente al discorso più importante che avesse mai dovuto affrontare.


“Sei stata grandiosa.”

Era raro che il coach facesse complimenti di qualsiasi genere, perchè in tutta la città era famoso per il suo carattere ai limiti del turbolento e irrascibile.

Quando i suoi ragazzi si impegnavano quotidianamente, tuttavia, egli era solito ammorbidirsi nei loro confronti ed arrivare addirittura a offrire generosamente pacche sulle spalle dei nuotatori, che sorridevano cercando di non mettersi a urlare per il colpo ricevuto da un uomo iper muscoloso dopo tre ore e mezza di allenamento.

Ma ancora più raro era che i complimenti fossero per Ariel, sua figlia decisamente affabile e devota allo sport, che in quel momento era in camera a cercare un costume normale per la festa di quella sera.

Era appena tornata dagli allenamenti, ed era stanca come non mai, per non parlare dello stato disastroso in cui si trovavano i suoi capelli.

Ma quella festa era un'occasione perfetta per avere finalmente l'occasione di far colpo su Eric, sua cotta da anni e motivo di innumerevoli sospiri.

Tritone, ancora appoggiato allo stipite della porta, guardava sua figlia raggiante, ma cambiò espressione all'improvviso.

“Cosa.. cosa stai facendo?”

Ariel lo guardò di sbieco, ancora davanti allo specchio: “Mi sto preparando papà. Ricordi la festa di cui ti ho parlato?”

Lo sguardo del padre si rabbuiò improvvisamente, facendosi severo.

“Non mi sembrava di averti dato il permesso di andarci.”

“E invece sì!” lo imbeccò la ragazza, agitando i lunghi capelli rossi “Mi avevi promesso che, se l'allenamento fosse andato bene, sarei potuta andare. E oggi ho battuto il mio record. Credo di meritare un po' di divertimento, non credi?”

“Non hai l'età per divertirti a un falò di gente mezza nuda e ubriaca” fu la pronta risposta del coach, visibilmente dimentico di aver mai promesso una cosa del genere.

Ariel stavolta si girò verso di lui, accigliata.

“Papà, non faccio altro che studiare ed allenarmi. Ho diritto ad andare ad una stupida festa, non pensi? E poi sarà una cosa intima, tranquilla, tra amici” mentì, sperando di essere il più convincente possibile.

Conoscendo Aladdin e gli altri, sapeva per certo che David si era lasciato convincere a comprare alcol a fiumi, ma in fondo suo padre non avrebbe mai potuto saperlo.

Tritone ora aveva la schiena ben dritta e gli occhi puntati sulla figlia.

“Tu non ci vai. Domattina hai gli allenamenti.”

“Non tornerò tardi.” esclamò Ariel, stavolta senza sorridere, ma con voce ferma.

Si scambiarono uno sguardo lungo ed intenso, carico di tensione.

“Non ci siamo capiti Ariel. Hai le gare tra un mese. Non ho intenzione di vederti sprecar tempo per sculettare con quello stupido moretto che ti piace tanto...”

Ariel si fece livida tutto un tratto, sbarrando gli occhi e arrossendo.

“Come... come ti permetti?! Non lo conosci neanche!!”sbottò, alzando il tono di voce di parecchio.

Suo padre reagì alzandola a sua volta, furioso.

“Non provare a rispondermi in questo modo! Tu stasera resti a casa e basta, e domani andrai agli allenamenti come sempre!”

Ariel rimase in silenzio, per un attimo, ma riprese presto a parlare.

“..no.”

Tritone, ora dentro la stanza, iniziò a tremare dalla rabbia.

“..che cosa hai detto?”

“Hai sentito benissimo, papà. Passo le mie giornate ad allenarmi, e sai quanto sia importante il nuoto per me... ma non posso rinunciare alla mia vita a soli diciotto anni.”

Tritone stava per rispondere, ma Ariel uscì dalla stanza senza neanche voltarsi a guardarlo, facendosi largo tra le sue sorelle che, nel sentire le grida, erano accorse davanti la sua stanza per intervenire in caso di bisogno (non sarebbe stata una novità, quei due erano famosi per le loro continue discussioni).

Tritone rimase basito mentre sentiva la porta del bagno chiudersi alle spalle di sua figlia.

Si massaggiò le tempie, con aria stanca, e preso dai suoi pensieri si recò anche lui nella sua stanza, mentre le sue altre figlie si scambiavano sguardi preoccupati.



La festa era cominciata da poco più di un'ora, precisamente attorno alle venti e trenta.

Inutile dirlo, Nani già si ritrovava sommersa da lattine di birra vuote e collane di fiori che lei aveva diligentemente confezionato per gli ospiti quello stesso pomeriggio, e che ora giacevano a terra, probabilmente balzate dal collo degli invitati scatenatesi durante i balli (che tutt'ora si susseguivano senza sosta, anche grazie a Naveen, autoelettesi dj della serata con sommo disaccordo di Tiana).

Ok, David le aveva detto di non stressarsi durante la festa con la faccenda della sapzzatura e godersela, con tanto di promessa di risistemare la spiaggia non appena la festa si fosse conclusa... ma Nani, nonostante fosse disordinatissima, non riusciva proprio ad accettare la visione della sua amata spiaggia in quelle pessime (per non dire catastrofiche) condizioni.

“Nani, invece di fracassarti le palle con l'ecologia potresti provare a rimandare la salvezza del nostro ambiente naturale al post- festa e limitarti a ballare con noi?” le chiese proprio inquel momento Jasmine, mentre tutto il resto del gruppo assisteva ad un'apassionante gara di bevute tra Rapunzel e Megara (Hercules la guardava senza avere più la forza di calmarla, mentre Flynn guardava la biondina come se fosse l'ultimo modello di xbox.)

Nani sospirò, ma non fece in tempo a ribattere che l'amica le aveva già afferrato un polso portandola dritta tra la folla di studenti alle prese con i balli.

Tiana, con Belle e Adam al suo fianco, la fece roteare su sé stessa, e Nani decise che forse poteva davvero concentrarsi solo sul divertirsi, una volta tanto.

Sua sorella chissà dov'era, quindi sarebbe stato anche inutile andare a cercarla... aveva visto aggirarsi accanto al buffet Trilli e Howkins, quindi probabilmente era da quelle parti.

Ma David...

“Jas, hai... hai visto David?”

“COSA?!” le gridò Jasmine nelle orecchie, visibilmente ubriaca e intontita dal volume della musica.

Nani alzò gli occhi al cielo.

Ok, Jasmine in momenti del genere era perfettamente inutile.

Per sua immensa fortuna Aladdin (che in quel momento stava porgendo una bottiglia di birra a Jasmine, come se ne avesse bisogno) le rispose dolcemente dicendole che lo aveva intravisto accanto alle fiaccole poco distanti.

Nani si fece largo tra la folla e lo vide, immerso in una chiacchierata con Eric. Accanto, una Ariel sognante e rossa come i suoi capelli, timidamente appoggiata ad un masso e totalmente a disagio.

Captando l'infallibile segnale di emergenza che, si sa, le vere amiche hanno nel dna, li raggiunse con eccessivo entusiasmo.

E, con il termine eccessivo, intendo dire che corse contro a David per abbracciarlo, prendendo ovviamente male le distanze e sfracellandosi al suolo, uscendone comunque piuttosto bene, tralasciando l'orgoglio ferito e il ginocchio sbucciato.

Bene, Nani, promemoria: la prossima volta che vuoi fare la disinvolta, cortesemente, RIPENSACI.

“Tutto bene Nani? Accidenti che botta...” Ariel la fece sedere sul masso dove lei stessa era appoggiata pochi secondi prima, spostandole amorevolmente una ciocca di capelli dietro le orecchie.

Nani sorrise, impacciata.

“Oh, certo, tutto a posto.. piuttosto, scusate se vi ho interrotti! Parlavate di qualcosa in particolare?”

Oh, tesoro, sei una grande... avrai anche fatto una figura di merda, ma hai recuperato stupendamente!

David la osservò spaesato: “Emh... no, solo della prossima stagione sportiva. Ariel ci stava dicendo che è stata selezionata per le gare regionali.”

Nani non capiva il senso di una conversazione così pallosa in un contesto come quello, tuttavia decise di ricambiare finalmente l'enorme numero di favori che aveva collezionato con Ariel nel corso degli anni (se non fosse stato per lei sarebbe stata già picchiata dal coach per le sue scarse doti sportive, per non parlare poi di quando il pesce rosso dell'amica era misteriosamente scomparso dopo che lei, con Stitch a seguito, le aveva fatto visita... il cane aveva vomitato per una settimana, Nani non aveva dormito per giorni sognando il povero Nemo che allegramente galleggiava nello stomaco di quel dinosauro in miniatura).

Si alzò e prese David per mano, portandolo via con la scusa di una passeggiatina romantica e lasciando soli Ariel ed Eric.

Il ragazzo sorseggiò la sua birra seguendo David e Nani con lo sguardo, poi si voltò verso Ariel, che dal canto suo stava palesemente rischiando un collasso emotivo.

“Ora che ci penso,ultimamente ti ho vista pochissimo in giro. E' per via degli allenamenti?” chiese il ragazzo, dolcemente.

Ariel arrossì ancor più visibilmente, ma capì all'istante che probabilmente l'occasione di avere una conversazione a due con Eric non si sarebbe ripresentata molto presto e colse la palla al balzo.

Sorrise calorosamente e cercò di darsi una calmata... in fondo, era solo un ragazzo.

Uno splendido, dolcissimo, meraviglioso ragazzo, nonché suo futuro marito.

...ok, questa era solo una fantasia, ma era famosa per essere una ragazza con la testa tra le nuvole.

“... esatto. Tra le lezioni e il nuoto non ho quasi tempo libero neanche per vedere le ragazze. E te invece? Continui a non voler fare parte di nessuna squadra sportiva?”
“I miei unici amori restano il mare e il surf.” esclamò lui, avvicinandosi e togliendole una ciocca di capelli cadutole davanti gi agli occhi.

Nonostante il rumore attorno a loro, Ariel non si era mai sentita così accerchiata dal silenzio in tutta la sua vita, come se si trovasse all'interno di una gigantesca bolla di sapone con Eric.

“...sai, è strano vedere Jasmine e le altre in giro senza di te. E' tanto che non ci facciamo una chiacchierata.”

Eric aveva detto quella frase con tutta l'innocenza del mondo, ma quando Ariel ricambiò il suo sguardo e i loro occhi si incontrarono sentì una fitta allo stomaco e per un attimo gli venne a mancare il respiro.

Certo, Ariel era sempre stata una delle ragazze con cui aveva più confidenza... forse per la loro passione in comune per il mare, restava il fatto che negli anni precedenti non erano mancate occasioni in cui si era ritrovato piacevolmente in sua compagnia, anche da soli, a ridere.

Era una ragazza molto intelligente e matura, piena di aspirazioni e con un talento straordinario per il nuoto, e questo lo aveva sempre saputo.

...ma da quando era anche così dannatamente carina?


Peter non era mai stato un barlume di intelligenza, e ne era totalmente consapevole.

Eppure, pensò, perfino lui riusciva a capire l'ovvio motivo che aveva spinto Wendy Darling a mettere un bikini di almeno due taglie più piccole.

Per carità, non che la cosa gli dispiacesse, solo che forse stavolta aveva davvero esagerato; non per nulla, tutti gli individui di sesso maschile della Disney High presenti in quel momento sembrava avessero fatto delle sue tette il fulcro centrale della serata.

E mentre Wendy sorseggiava una birra con eccessivo trasporto lì davanti a lui, e si appoggiava al suo petto fingendo di essere sbronza (o forse un po' lo era davvero, Peter non avrebbe saputo dirlo con precisione) , lui riusciva soltanto a sentirsi combattuto tra l'imbarazzo e le sue solite manie di grandezza.

Beh, Wendy era una delle più carine di tutta la scuola, famosa tra l'altro per essere anche una gran troia, ma lui aveva deciso tempo fa di passare sopra a questo piccolo dettaglio.

La ragazza si era fissata con lui quell'anno, era stato la sua 'vittima designata' come lo chiamavano scherzosamente Jim e gli altri.

Quella sera, sotto le stelle e la luce della luna e con la brezza del mare che gli solleticava la pelle nuda del petto e delle gambe, Peter non poteva fare a meno di sentirsi attratto ancora più del solito da lei.

Sapeva quel che gli altri pensavano di lui: che era un bambino in un corpo troppo cresciuto, uno sciocco farfallone privo di qualsivoglia talento, uno sbruffone e presuntuoso... tuttavia, con il tempo aveva capito che l'essere così com'era non lo faceva sentire inferiore agli altri.

Certo, si rendeva conto di quanto fosse incredibilmente tonto, alle volte... ma Trilli una volta scherzando gli aveva perfino detto, tra le risate, che quella caratteristica lo rendeva anche estremamente carino.

“...insomma, credi che dovrei?”

“Eh? Cosa?”

Wendy aveva parlato per una ventina di minuti senza interruzione alcuna (comprese quelle per la respirazione), e solo adesso Peter si era reso conto di non aver capito assolutamente nulla della conversazione, troppo preso dalle sue elocubrazioni mentali per darle retta.

Non che la visione delle sue tette gli rendesse poi facile la cosa, sia ben chiaro.

Wendy gli diede uno schiaffetto affettuoso sulla guancia e Trilli, poco distante, più tardi avrebbe giurato a Lilo che quella che era seguita, più che ad una risata, era stata simile al nitrito di un cavallo.

“Oooh, Peter... perchè non mi ascolti mai, quando parlo?”

Peter avrebbe voluto tanto risponderle che lo avrebbe anche fatto, se solo lei si fosse ricordata di comprare un costume della grandezza giusta, ma si limitò a sorriderle: “Scusami, hai ragione, io... mi ero distratto.”

Wendy si alzò sulla punta dei piedi e avvicinò il volto al suo, tanto da sfiorargli il naso, sbattendo le ciglia con una certa eloquenza.

“...cosa ti distraeva?” gli chiese con voce bassa e seducente, e Peter non riuscì più a controllarsi: la prese per il mento, baciandola senza il minimo pudore.

A poca distanza da loro, Lilo e il resto del gruppo li guardava privi di coinvolgimento emotivo, ad eccezione di una Trilli misteriosamente scomparsa verso il bagno (seguita a ruota da Shantii, già pronta con i fazzoletti in mano) e Lilo, che gli urlò sgraziatamente dietro: “Peter, tu e quel cesso ambulante trovatevi un parcheggio e pomiciate lì. Non ci tengo a vomitare.”

Peter la mandò a quel paese e si allontanò verso il campo di beach volley deserto, ben distante dal caos della festa.

Wendy, che camminava a braccetto con lui, di tanto in tanto pretendeva di fermarsi per un altro bacio, ma Peter voleva allontanarsi dagli sguardi indiscreti degli altri.

Sapeva – oh cielo, sapeva benissimo- che Jim e Taron lo avrebbero fatto a pezzi per quella storia, ma Wendy aveva su di lui lo stesso effetto di un pacchetto di caramelle su un bambino.

Era così attraente da essere invadente; invadente perchè ormai si ritrovava in balìa dei pensieri rivolti a lei, dei suoi messaggi, del suo essere incessantemente nella sua testa.

..sapeva di non essere innamorato, quello no.

L'amore, ne era certo, era ben altro.

Ma Wendy era carne: era il seno, il profumo della pelle, i gemiti quando la baciava. Non si era mai sentito così adulto come quando stava con lei.

Lo trattava come se tutta la vita fosse fatta per vivere quei momenti di intensità, di desiderio.

Arrivarono al campo, completamente deserto e avvolto dal buio; in lontananza si sentiva la musica pompare dalle casse, un misto tra melodie hawaiiane e disco, frutto del talento di Naveen.

Peter cercava di combattere l'ansia che lo stava invadendo tutto un tratto, perchè certe cose si sentono a pelle ancor prima che accadano.

E sapeva cosa stava per succedere, e forse non era pronto... o forse sì?

Avrebbe voluto prepararsi meglio, aspettare, rifletterci.

Ma poi Wendy lo baciò con passione, e un attimo dopo lui sembrò dimenticarsi di tutte le sue paure.

Quella ragazza era stupida come un tacchino, ma sapeva muovere la lingua come fosse sotto l'effetto di un incantesimo.

Peter ripensò in un istante a tutte le volte che Jim e gli altri lo avevano preso in giro dandogli del bambino, o che Lilo lo aveva definito immaturo.

Perfino Trilli, la sua Trilli, quando litigavano concludeva la discussione con un “cresci, Peter.”

Beh... Peter Pan, quella sera, sarebbe diventato un uomo. E sarebbe stato il primo.

Forte di questa convinzione, strinse Wendy a sé e approfondì il bacio, rendendolo ancora più intimo.

Lei si scostò un attimo, sciolse i boccoli dorati e gettò l'elastico da qualche parte tra la sabbia.

Poi sorrise e lo prese per le spalle, facendolo sdraiare sulla sabbia gelida e scura della notte.

“... ti voglio, Peter.”

Peter in tutta risposta la baciò con trasporto, lasciando che il freddo pungente della notte diventasse l'ultimo dei suoi pensieri.


Jasmine era ubriaca.

Non che fosse una novità in occasioni simili, ma questa volta si era ridotta proprio male.

Rapunzel cercava, assieme a Belle, Tiana e Adam di portarla verso la riva a prendere un po' d'aria fresca, ma quella si era incantata a guardare Jim e David che disputavano la finale della gara di surf notturno indetta da David stesso ( e fonte di grande entusiasmo da parte degli invitati), continuando a dire: “io ADOOOOORO il mare di notte... è... coooosì romantico!”

Aladdin si era recato al buffet per prenderle un bicchiere d'acqua una quindicina di minuti fa, ma quando Rapunzel e gli altri si voltarono verso le bevande videro il ragazzo completamente avvolto dalle braccia di Aurora, anch'ella visibilmente brilla e bellissima come non mai.

Biancaneve e Cenere avevano ben pensato di lasciare l'amica sola in quelle condizioni per ballare spassionatamente al centro esatto della folla, e Tiana notò con incredulità le occhiate e i baci che entrambe mandavano a Naveen da sotto il palco, mentre lui muoveva freneticamente le braccia a ritmo di musica e sorrideva ammiccando.

Aurora accarezzava languidamente gli addominali di Aladdin che, visibilmente imbarazzato, abbozzava un sorriso forzato.

Cosa... cosa fa quella troia?”

Rapunzel alzò gli occhi al cielo, chiedendosi perchè Jasmine dovesse usare un gergo così elegante anche da ubriaca, e Belle non fece in tempo a rimproverarla che Jasmine si liberò dalla stretta della sua mano e si avviciò al tavolo del buffet a passo di marcia.

Ok, tutti sapevano che Aurora e Jasmine non erano mai, mai andate d'accordo.

Diciamo che entrambe amavano rovinare la vita dell'altra... ma il fatto che adesso ci fosse di mezzo anche Aladdin (grande motivo di gelosia da sempre per Jasmine) non lasciava prevedere nulla di buono.

Consapevoli di ciò, Tiana e le altre erano già alle calcagna di Jasmine, che ora si ritrovava a pochissima distanza tra i due.

Al... muoio dalla voglia di baciarti, sai?”

Aurora avvicinava il proprio volto a quello di Aladdin con insistenza, ma lui la prese per i gomiti e le sorrise languido.

Ne abbiamo già parlato... sei bellissima, dico davvero. Ma non sono interessato.”

Aurora mise il broncio, le labbra lucide e profumate, così rosee da sembrare ricoperte di glassa alla fragola.

Mise una mano dietro il collo di Aladdin, facendo pressione per incontrare le sue labbra.

Il ragazzo, dal canto suo, sembrava stesse lentamente perdendo quel poco di lucidità rimastagli (non per nulla, era famoso per essere il compagno di sbronze per eccellenza di Jasmine) e socchiuse gli occhi.

...Aurora era dannatamente bella.

...non ti piaccio proprio?”

Aladdin distolse lo sguardo, ma non si allontanò, lasciando il viso a pochi centimetri da quello della ragazza: “... Filippo... è un mio compagno di squadra. Sarei una merda.”

Ma lui stasera non è qui... lo sai, vero, che ha la febbre alta?” chiese Aurora, sospirante. “Poverino. Si è perso la festa. Ma noi...siamo qui.” Guardò Aladdin dritto negli occhi.

Erano mesi che aspettava questo momento.

...la notte è nostra.”

Aladdin non fece in tempo a voltarsi e andarsene che Aurora lo baciò senza pensare; il ragazzo ricambò per un istante, ma il suo buon senso si fece largo nella mente e lo costrinse a distogliersi, lasciando la ragazza con le labbra ancora protese.

...no! Io... non provo niente per te..” biascicò qualcos'altro, poi si arrese alla certezza di essere molto più brillo di quanto non avesse voluto.

Ciò che accadde nei cinque minuti successivi al bacio fu un caleidoscopio di azioni dettate dal casino, dalla birra e dall'idiozia di quello stupido di Aladdin, che guardò inerme e sconvolto (con tanto di bocca aperta fino a terra e occhi fuori dalle orbite) Jasmine che tirava un destro dritto in faccia ad Aurora.

La cheerlader accusò il colpo, voltando la testa da un lato e reggendosi la guancia con una mano.

Le reazioni alla scena furono varie: Rapunzel aveva lanciato un gridolino isterico, saltando su sé stessa; Tiana mostrava un sorriso a denti stretti e sguardo vuoto, in pieno stile di una paralisi facciale tipica di chi ha un grave disturbo psicologico (in questo caso, la povera ragazza era semplicemente arrivata al suo massimo di sopportazione, datesi che spesso e volentieri si dimostrava l'unica sana di mente in quella gabbia di matti); Belle aveva stretto il braccio di Adam nervosamente, affondandoci le unghi senza pudore (e procurando al fidanzato un dolore non indifferente).

La folla di studenti attorno a loro si era di colpo bloccata alla vista della scena, così come la musica.

Per un istante si era sentito il chiaro rumore dei cd che si fermano e Naveen che gridava: “Oh cazzo” al microfono, dimenticandosi per un istante di essere ben udibile da tutti.

Finn aveva addirittura sputato il suo cocktail in faccia al povero Shang, mentre Hercule e Megara avevano interrotto la pomiciata serale per fare una scommessa di cinque dollari sulla reazione di Aurora.

Biancaneve e Cenere provavano a farsi largo tra la folla, ma prima che Aurora potesse avere un qualsiasi tipo di reazione Aladdin afferrò Jasmine per un polso e la condusse via.

Si affrettò a recuperarne la borsa e raggiunse il parcheggio, lasciandosi alle spalle la spiaggia, gli amici, la festa e Aurora con la sua guancia livida.


Lilo non era una grande sentimentalista, e le cose che riuscivano a trasmetterle una vera emozione si potevano contare sulle dita di una mano.

Era sempre stato così, sin da bambina: nonostante prima di raggiungere la pubertà fosse una ragazzina dolce, era spesso imbronciata e un po' apatica.

Non le piaceva granchè la compagnia, né le interessava risultare antipatica; era semplicemente fatta così, e non se ne vergognava.

Ma la vista dell'oceano, delle onde infrangersi contro gli scogli, riusciva sempre a rasserenarla.

Sin da piccola i suoi genitori la portavano con Nani a fare surf, e assieme alla danza era una delle poche passioni che la legavano all'infanzia.

A quando c'erano ancora mamma e papà.

... cosa ci fai qui?”

Aveva i piedi affondati nella sabbia, seduta con le ginocchia strette al petto, e non cambiò posizione,

Sapeva a chi apparteneva la voce alle sue spalle, e cercò di reprimere la sensazione del cuore che le saliva alla gola.

Ti prego, non farmi rispondere con una roba come 'potrei farti la stessa domanda'. Certe merdate possono dirle giusto nei telefilm, ma nella vita reale fanno cagare.”

David rise e le chiese se poteva sedersi accanto a lei; Lilo in tutta risposta sbuffò, ma lui fece comunque di testa sua, prendendo posto alla sua sinistra e sedendosi scompostamente.

...mi sembrava strano che ancora non ti fossi estraniata. Sei stata in mezzo alla gente per quasi tre ore, non hai avuto nessuna reazione allergica?” scherzò lui.

Lilo, suo malgrado, sorrise.

Effettivamente stavo architettando un piano di fuga, ma la scenetta che ha messo su Jasmine con quella troietta di Aurora ha dato una svolta alla mia serata.”

David la guardò sorridere e non resistette all'impulso di sfiorarle una spalla; Lilo cambiò immediatamente umore e si sottrasse al suo tocco, scostante.

Il ragazzo rimase con la mano nel vuoto e la osservò, incupendosi.

...sono arrivato al punto da farti paura?”

Lilo sospirò e si ricompose: “David... dov'è mia sorella?”

Sta ballando con le altre. Io... avevo voglia di stare con te.”

Lilo lo guardò tremante.

Una vita intera a cercare di combattere le sue emozioni, e ora ogni sua certezza si sgretolava come gesso quando guardava quello stupido negli occhi.

Magnifico, Lilo, bel lavoro.

Sedici anni di convinzioni buttati nel cesso dell'amarezza. Uao.

Si voltò dalla parte opposta, imponendosi di non guardarlo, anche se ogni particella del suo corpo avrebbe voluto stringerlo a sé, accarezzarlo, fare di nuovo l'amore, come quel pomeriggio di primavera.

Era successo così, nato dal nulla: una svolta inaspettata di quello che sembrava un percorso delineato sin dall'infanzia, quando lui e Nani si erano giurati amore eterno a quattro anni nella loro cucina e Lilo li aveva spiati dalla porticina per il cane, piangendo e scappando via.

Quel giorno si erano ritrovati a casa di David da soli; lei gli aveva chiesto di ospitarla dopoun litigio furioso con Nani, poco prima che arrivassero Rapunzel e le altre per una sessione di studio.

Nani l'aveva praticamente cacciata di casa per le quattordici ore successive, e lei si era ritrovata a piangere (ebbene sì, a piangere) sul divano di David, l'unico con cui poteva trovarsi d'accordo sul caratteraccio della sorella.

E David non aveva mai visto Lilo così umana, così adulta, ora che piangeva invece come una bambina

Gli sembrava di aver perso la condizione del tempo, e senza capire neanche lui cosa lo spingesse a farlo, l'aveva baciata.

Un bacio soffice, appena percettibile, ma che era bastato per risvegliare in Lilo i sentimenti di una vita.

Si tratta solo di questo, aveva detto lei, nuda sotto di lui.

E' solo sesso. Solo oggi. Non dovrà significare niente.

E David non aveva mai capito se lo stesse dicendo a lui o a sé stessa; successe quel che doveva succedere, e Lilo se ne andò così come era arrivata, portandosi dietro i suoi capelli scuri e il vento dell'irrequietezza che l'aveva sempre contraddistinta.

Adesso, a mesi e mesi di distanza, David si ritrovava ancora qui, al suo fianco, cercando di aprire la finestra per sentire di nuovo quel vento, che gli aveva cambiato la vita così improvvisamente.

Era ancora innamorato di Nani, sul serio.

Ma Lilo era il tassello di sé che aveva sempre cercato.

Era possibile amare due persone contemporaneamente? Era eticamente giusto pensare a due sorelle?

...non ripetermi che non provi niente per me, perchè so che non è vero. Lilo, guardami.”

David le sfiorò una guancia e lei si voltò, mostrando il viso in lacrime.

Non posso fare questo a Nani. E neanche tu. E' mia sorella, e la amo.”

David le accarezzò una guancia, e per un istante si godettero il suono delle onde del mare e della musica distante.

Lilo non riusciva a non pensare che Nani era l', da qualche parte, inconsapevole di quanto marcio ci fosse nella sua vita, ballando come era giusto che facesse.

David poi la guardò dritta egli occhi, lo sguardo velato da un tremore dettato dall'emozione: “La amo anche io. Ma...”fece una pausa, sospirò e si avvicinò al suo viso.

Perdonami, ma amo anche te. Non so se sia possibile amare due persone nello stesso momento... ma sento che è questo quello che provo. E ti amo, Lilo.”

Lilo avrebbe voluto avere la forza di alzarsi e andarsene, di mandarlo a quel paese, di lasciarsi alle spalle tutta quella storia una volta per tutte.

Ma quando David posò le labbra sulle sue, non riuscì a distoglierle, e si concesse almeno quello, almeno un bacio, uno solo.

Nella speranza che fosse l'ultimo.




Non ci credo... l'hai baciata.”

Come se sopportarla in macchina, sorreggerla mentre apriva la casa con la propria copia delle chiavi (l'ambasciatore era fuori per il fine settimana) e trascinarla sulle scale non fosse stato abbastanza, ora Aladdin doveva sorbire Jasmine perfino mentre lei continuava a riempirlo di insulti.

Senza farsi troppo problemi le tolse di dosso i vestiti, lasciandola in costume da bagno, e aprì l'acqua ghiacciata della doccia del bagno megagalattico al secondo piano.

Le sciolse i capelli mentre lei riprendeva fiato tra una polemica e l'altra, ancora in preda agli effetti dell'alcool (lui era tornato lucido dopo lo shock del pugno).

Ti senti bene?” le chiese dolcemente, mentre l'acqua scrosciante aumentava e comincava a farla avvicinare.

Lei gli lanciò uno sguardo pieno di cattiveria: “...hai baciato Aurora. Sei una merda!”

Jas, è stata lei a baciare me.” esclamò spazientito. Poi la guardò rapido: “E comunque, anche se fosse, non capisco dove sia il problema. Non è una cosa che ti riguarda.”

Jasmine sembrò non interessarsi minimamente all'ultima frase, e in un attimo cambiò espressione, rabbuiandosi.

...lei ti piace?”

Glielo chiese senza preamboli, guardandolo dritto negli occhi, appoggiata al pannello della doccia, il costume azzuro che le lasciava leggermente scoperto un seno.

L'atmosferà sembrava essere cambiata nell'arco di un istante, e Aladdin cercava di fare chiarezza.

Optò per una risposta sincera ma vaga.

Domani non si sarebbe ricordata un bel niente, ma al momento era importante non farla arrabbiare.

...non ho intenzione di farci nulla. Lei mi ha baciato, io l'ho baciata. E' stato solo un attimo.”

Quindi non ti piace?” chiese lei, insistendo.

Sospirò: “Non è il mio tipo, diciamo. E ora, sotto la doccia! Ti ci vuole.”

Le aprì l'anta e lei fece per entrare, poi si bloccò, mentre l'acqua le bagnava una parte della testa.

Cosa c'è?” le chiese Aladdin, stravolto.

Jasmine si avvicinò pericolosamente.

...se baci anche le ragazze che non ti piacciono, perchè non baci anche me?”

Aladdin sussultò, ed entrambi si guardarono in silenzio.

...no, lei era ubriaca.

Non... non doveva cascarci. Non poteva approfittarne. Le voleva bene, erano migliori amici.

...perchè ti voglio bene.”

Ma non ti piaccio, no?” chiese lei immediatamente.

Aladdin le guardò le labbra e, santo cielo, quanto avrebbe voluto poterla baciare, ma no, no, idiota, non poteva farlo, sarebbe stato un totale disastro.

Era l'alcool.

Lo pensava solo perchè era ancora sotto il flusso dell'alcool. Solo per questo.

Non provava più niente per Jasmine da anni, ormai.

Ora erano solo amici, quasi come fratello e sorella, cugino e cugina... sì insomma, roba tra parenti.

No, non mi piaci.” rispose lui, spingendola nella doccia con delicatezza e lasciandola sotto il fullo dell'acqua calda.

Jasmine, tuttavia, lo prese per il colletto della maglietta e ridendo lo mise sotto il getto, bagnandolo da capo a piedi.

Aladdin avrebbe voluto arrabbiarsi, e per un momento lo fece, ma poi vide Jasmine ridere e sembrò destarsi da un sogno, e non sentì più l'acqua scorrergli lungo il corpo e bagnargli i vestiti.

Jasmine smise di ridere quando vide che lui la osservava e ricambiò lo sguardo, seria.

...hai baciato Aurora, anche se lei non ti piace. Hai detto che non ti piaccio... quindi, bacia anche me Al.”

Aladdin pensò che Jasmine fosse sbronza a livelli veramente apocalittici, perchè mai erano arrivati a un punto simile.

La fissò per un istante, poi si chinò e i loro nasi si sfiorarono.

Immagimò che da un punto di vista esterno la scena fosse alquanto bizzarra, in due sotto una doccia enorme, lui ancora con le infradito ai piedi e i vestiti indosso, lei il trucco colato e il costume.

Ma era così bella.

E capì che lei non avrebbe ricordato comunque nulla.

Poteva farlo e tenerlo per sé, per vedere cosa succedeva, cosa avrebbe provato.

Magari, una volta tolto lo sfizio, sarebbe riuscito a dimenticarsi di lei come donna una volta per tutte.

Le voleva bene, era sua amica... oh mio dio, era così bella.

Promettimi che te ne dimenticherai.” disse lui, piano.

Lei non rispose, confusa e frastornata.

Sentiva solo il cuore esplodergli nel petto e la testa pulsare.

E poi le labbra di Aladdin sulle sue.



Nella tana dell'autrice.

Giuro, vi do il permesso di uccidermi. Sfortunatamente, con gli aggiornamenti sono un disastro, e con l'ispirazione ancora peggio... mi dispiace davvero. Questo capitolo è stato un PARTO. La parte di Mowgli era pronta da due mesi, e per settimane non ho fatto che scrivere del falò e cancellare, per poi ricominciare tutto da capo... e insomma, ho fatto un pasticcio, ma spero il risultato sia valso l'attesa. Per farmi perdonare, ho scritto un capitolo ancora più lungo del solito (12 pagine, perchè anche se non sembra vi voglio tanto bene).

In più, ho trovato un lavoro che mi tiene impegnata per circa 8 ore al giorno ad orari alterni, perciò ho dovuto incastrare un po' tutto. Mi auguro davvero che il capitolo non vi abbia delusi...la parte di Aladdin e Jasmine era programmata sin dall'inizio, un giorno mi stavo passando lo shampoo e ho pensato che sarebbe stata una figata una scena sotto la doccia, così eccola. Lo so, è totalmente idiota, ma in realtà lo è tutta la fanfiction, quindi non pensateci :3.

Peter perde la verginità! Ahahahahahah, è talmente poco credibile da essere adorabile. Wendy mi sta profondamente sul cazzo, non me ne vogliano le sue fan. Comunque anche lei avrà un suo spessore psicologico nei prossimi capitoli.

A tal proposito... mi sono fatta un'idea della storia nella sua interezza, e penso che conterà una ventina di capitoli, forse anche qualcosina in più. Non so, devo vedere come starò messa ad ispirazione, ma trattandosi di vita quotidiana (e di un numero SPROPOSITATO di personaggi) non sarà difficile, ho già mille idee. Non è facile gestire così tanti protagonisti, ma l'intento è quello di distrarvi dagli impegni quotidiani e farvi divertire, e spero di riuscirci. <3


Spero che lastoria di David e Lilo non vi scandalizzi troppo. Lo so, sono sadica. E pensare che nella vita reale ho conosciuto gente che tra sorelle si scambia i partner... e che volete farci, ognuno ha i suoi hobby. Voglio dire, io canto le canzoni di Glee al karaoke e getto patatine fritte addosso ai colleghi e mi diverto un mondo così. Magari la pazza sono io XD


Come sempre, grazie per il sostegno e l'amore che avete nel seguirmi,per le recensioni, i complimenti o anche solo la lettura della storia. Ogni singola attenzione mi fa piacere, pian piano risponderò a tutte le recensioni. IL prossimo capitolo arriverà prima, promesso.


Vi auguro, con la scusa, buone feste <3 E mi raccomando, a Capodanno UBRIACATEVI. Siamo giovani, è giusto che sia così. Ma con moderazione :) CIAO <3

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

Sapeva che sarebbe finita così.

Alice aprì gli occhi, lentamente, ritrovandosi davanti una Trilli ancora nel mondo dei sogni, gli occhi chiusi e gonfi e le guance arrossate.

La luce della mattina filtrava nella stanza di Lilo (chissà perchè si ritrovavano sempre a dormire lì dentro, per un motivo o un altro), e Stitch, nel letto, leccava svogliatamente la bambola d'infanzia di Lilo, che russava sonoramente.

Si alzò dal cumulo di lenzuola colorate dove si era rifugiata qualche ora prima, rischiando per un momento di inciampare su Ailyn, e attraversò la stanza per raggiungere il cellulare, abbandonato a se stesso sulla scrivania disordinata dell'amica.

Alice si concesse un istante per guardarsi attorno.

La stanza di Lilo era sempre stata grande e curiosa, con quella sua forma circolare e buffa; sua madre, tuttavia, sarebbe impallidita davanti a un disordine simile.

Ovunque c'erano oggetti abbandonati sul pavimento-fogli dei compiti, scarpe e calzini spagliati, animali di pezza, ma soprattutto fotografie, fotografie dappertutto: sul tappeto, appese a dei fili colorati che pendevano dal soffitto, sulla porta di ingresso, lungo i muri.

Lilo aveva questa specie di ossessione per le fotografie che la faceva uscire di testa, se la portava dietro (insieme a Stitch) sin da quando era piccola, con quella sua Polaroid vecchio modello che scattava istantanee ad ogni ora del giorno.

Non c'era nulla di meglio, per lei, che scattare foto su foto, che fossero fuori al cinema o al parco dietro la scuola.

Un pò come la pittura per lei, anche se non era proprio una passione, ecco.

Le piaceva semplicemente prendere il pennello e i colori e lasciarsi andare sulla tela come se fosse un'amica; certo la rilassava, ma in realtà a volte le sembrava che anche questo non fosse altro che un inutile hobby.

Lanciò un'occhiata assonnata a Shantii e le altre, ancora dormienti, e di nuovo la assalì quel senso di inadeguatezza cui ormai era quasi abituata.

... ognuna di loro aveva un interesse, una caratteristica, un qualcosa che le rendeva uniche e speciali.

Ma lei?

Cosa aveva, lei?

Oltre quel faccino tondo e i capelli biondi e i vestiti con i nastri e i fiori disegnati, cosa c'era a renderla speciale?

Se lo chiedeva davvero troppo spesso, e perennemente restava a fissare la sua immagine allo specchio per ore, così vuota, così insulsa, così... perennemente inadeguata.

A volte avrebbe voluto strapparsi quel corpo di dosso e lasciare che la sua anima se ne volasse in giro, indisturbata.

Entrare nel cuore delle persone e capirne i pensieri, le frustrazioni (anche se si rendeva conto che era più un discorso da psicologa del cazzo che da adolescente in crisi, ma si sa, lei era una tipa artistica, e gli artisti hanno il diritto di essere fuori come cocomeri).

La suoneria del suo cellulare la distolse dai pensieri e rapida lo acchiappò, per evitare che le altre si svegliassero – prima regola del gruppo: mai, per nessuna ragione al mondo, svegliare Trilli prima delle nove di mattina di sabato.

Stitch la seguì scodinzolante mentre lasciava la stanza di Lilo e si avventava sulle scale; si sedette sui gradini di legno e rispose, affannata, senza neanche leggere il nome sul display, dando per scontato che fosse quella gran rompiscatole della madre.

E chi altri sarebbe potuto essere?

"Mamma, ti avevo già detto ieri che sarei tornata per l'ora di pranzo." esclamò acida, senza dare all'interlocutore neanche il tempo di dire 'Pronto?'.

La voce dall'altra parte dell'apparecchio ridacchiò, un pò a disagio.

"Qualcosa mi dice che stavi dormendo."

...oh merda.

Quella non era decisamente la voce di sua madre.

Incredula allontanò il telefono dall'orecchio per leggere il nome sullo schermo.

Jim.

Jim Howkins.

... un attimo... JIM?!

"Oh Jim, ti prego sc...scusami!" quasi urlò, imbarazzata, le guance rossissime per la figuraccia.

La risata di Jim le arrivò sin dentro lo stomaco tanto era limpida e sinceramente divertita, e per un istante cercò di dimenticare quanto il cuore, la sera prima, aveva aumentato il suo ritmo quando lo aveva visto sulla tavola da surf – come diavolo faceva a essere sempre così carino?

"...volevo semplicemente chiedere a Trilli se aveva visto Pan da qualche parte, ma penso di essere stato un pò troppo mattiniero."
Alice restò ad ascoltarlo mentre farneticava sull'essersi alzato presto per non-aveva-capito-quale-impegno-per-il-locale, cercando qualcosa da dire che non la facesse sembrare una cogliona totale.

Optò per dei versi interessati, fino a quando Jim, con apparente disinvoltura, non le chiese allegro: "...quindi beh, ho aiutato Amelia con gli ordini per il Banbow e ho finito, così credo di essere libero oggi pomeriggio. Pensavo di andare tutti insieme al Luna Park vicino alla baia."

Alice sospirò: "Jim, io non so... ma ad ogni modo, non dovresti studiare per il compito di Lunedì?! O te ne sei dimenticato?"

E Jim rise di nuovo, scuotendo il capo: "Prima pensiamo alle cose importanti! Ma ti prometto che domani mi metto a studiare!"

Alice avrebbe voluto ribattere (Jim era famoso per essere un amante del rischio, ok, ma come diamine faceva tutti gli anni a non avere un filo di ansia nel trovarsi a rischio di bocciatura? Doveva seriamente avere qualcosa di strano nel cervello...non so, probabilmente segatura); Jim però le mando un bacio dicendole di 'mettersi carina' e avvisare le altre di farsi trovare a scuola per le quindici per poi andare assieme.

Arrossì di botto, rientrò nella stanza e posò il telefono sulla scrivania di Lilo (o meglio, sugli unici cinque centimetri liberi da cianfrusaglie) per poi voltarsi e osservare Trilli che dormiva, gli occhi chiusi ma visibilmente gonfi.

... sapeva cosa aveva fatto Peter la sera prima, o meglio, lo sapevano tutti.

Non che ci volesse un genio per capirlo, ci era arrivato perfino Taron (che non avrebbe scoperto cos'è la malizia neanche se lo avesse morso sul naso); Trilli era rimasta a piangere per buona parte della serata, mentre Shantii, che era sempre la più adatta a questo genere di cose, aveva rinunciato alla sua prima notte come Ragazza Ufficiale Di Mowgli (dopo quindici anni, beh, complimenti) per reggerle la testa mentre quella poveraccia, per il nervoso, sembrava si vomitasse perfino le orbite- detto alla maniera di Lilo.

Già, Lilo: lei si era messa a cercare Peter in mezzo agli invitati, rinunciando a ballare, ma fortunatamente non lo aveva trovavo.

Tuttavia, era sparita per delle ore, e Alice lì per lì non aveva voluto approfondire la questione, ma ora che ci pensava... che diamine stava combinando?

Voglio dire, Lilo non era mai stata la ragazza esemplare, ma ultimamente sembrava appena uscita da un romanzo sulla crisi adolescenziale: bestemmiava spassionatamente, bigiava le lezioni, picchiava i ragazzi che ci provavano e qualche giorno prima l'aveva perfino vista sgridare Stitch, salvo poi voltarsi dopo dieci secondi e abbracciarlo, stritolandolo come se non ci fosse un domani.

...che cosa stava succedendo?



Rapunzel adorava vedersi da sola con Tiana, sul serio.

Cioè, non che non volesse bene a Jasmine e le altre, ma... beh, Tiana era Tiana, era tipo la sua Sorella Perduta o qualcosa del genere, nonostante le loro differenze fossero piuttosto visibili -e non solo per il colore della pelle.

Tiana era così autoritaria e sagace, con i piedi ben saldi in terra e le idee chiare su ciò che voleva e cosa no. Sapeva sempre come risolvere ogni cosa, uscire dalle situazioni senza farsi prendere dal panico, pragmatica tanto da far paura.

Lei, invece, era tutto l'opposto; non che ci fosse qualcosa di male, nell'essere emotivamente instabili (talvolta Tia le aveva parlato di una cosa definita 'bipolarismo', ma a lei le etichette non piacevano... anche se forse non aveva tutti i torti).

Solo che a volte avrebbe voluto essere risoluta e non sempre con la testa fra le nuvole – ma in fondo era fatta così, un pò scema forse, ma era a conoscenza dei suoi pregi.

Uno di questi era sicuramente la sincerità.

Ora, questo sarebbe stato sicuramente un ottimo discorso da fare in un contesto come quello... peccato che, tra i suoi difetti, ci fosse anche il suo famoso pessimo tempismo.

E così, mentre Tiana parlava della festa della sera prima come se fosse appena uscita da un'orgia, e mentre giocherellavano entrambe con la colazione (il bar vicino la scuola era sempre vuoto a quell'ora di Sabato, probabilmente per l'interruzione delle lezioni) lei disse con molta delicatezza, sorridendo: "Tia, tesoro, smettila di rompere le scatole su quanto la festa ti abbia fatto cagare. Dillo che ti rodeva a vedere Bianca e Cenere sculettare davanti a Naveen."

Tiana sbarrò gli occhi, manco fosse un cartone animato, e si voltò verso la finestra accanto a loro, profondamente offesa: "... mi rifiuto anche solo di rispondere a una simile affermazione."

Rapunzel sorrise sgargiante, dando un morso al suo muffin al cioccolato: "E perchè mai?! Coscienza sporca?"

"ASSOLUTAMENTE NO." disse di rimando l'amica, secca. "E poi facessero ciò che vogliono, non è colpa loro se hanno il cervello delle dimensioni di un acaro della polvere. Anzi, guarda, le compatisco!" e fece un gesto teatrale per enfatizzare la sua noncuranza, addentando con foga una forchettata di macedonia.

Rapunzel inarcò un sopracciglio, scettica, gli occhioni verdi colti da un insolito cipiglio: "Tia, mi sembri tutto fuorchè colta da compassione, se posso essere sincera."

"Oooh, taci. Naveen è solo un povero coglione, può fare ciò che vuole, figurati. Non me ne frega proprio nulla! Ciò che mi infastidisce è che quanto tutti si ostinino a dire il contrario."

"Forse perchè tu gli dai modo di pensarlo, tesoro. Le tue reazioni non sono molto... come dire..." Tiana le lanciò uno sguardo di fuoco "...beh, diciamo che non sembri poi così poco interessata."

Sbattè la forchetta di plastica e la guardo con durezza: "Naveen è il tipo di ragazzo peggiore che esista! E' un egocentrico e vanesio esemepio della stupidità maschile, così accecato da se stesso da non far caso neanche al quoziente intellettivo delle tipe che si scopa!" Rapunzel provò timidamente ad interromperla, ma ormai Tiana era partita in quarta (e in questo caso sì che sarebbe stato pericoloso), così si limitò ad ascoltare quel discorso sentito altre mille volte, mentre gli altri clienti le guardavano con occhi discretamente interessati.

"... e poi voglio dire, le tipe che gli sbavavno dietro COSA CI VEDRANNO MAI? Ce ne sono a decine, a scuola, più carini di lui, e non pososno insistere ancora con quella faccenda del 'fascino', perchè NON NE HA. Con quelle sue moine, quei sorrisi, e poi...con quella... quella cazzo di chitarra! Santo Cielo, arriverà il giorno in cui gliela spaccherò in testa."

Rapunzel soffiò sul cappuccino e ne bevve qualche sorsata, mentre l'amica riprendeva fiato; poi si scambiarono uno sguardo di intesa e le sorrise.

"...sei libera di pensare ciò che vuoi. Ma ti dico una cosa, Tia: Naveen si farebbe castrare pur di passare una notte da solo con te."

Tiana arrossì di botto, ma poi si mise a ridere (in modo anche un pò malefico, a dirla tutta): "...Rapy, a forza di guardare il culo di Flynn sei totalmente uscita di testa."

Rapunzel sussultò e mise il broncio, profondamente offesa: "... e va bene, allora scommettiamo."

Lo sguardo di Tiana si accese di un inatesso e profondo interesse: "... Naveen non riuscirà mai a legarsi ad una sola ragazza, la monogamia non ce l'ha proprio nel DNA. E poi per quale motivo credi che io sia diversa da tutte le altre ragazze?"

"Perchè sei l'unica che non gli ronza attorno come un calabrone." spiegò l'amica semplicemente, e Tiana si mise a ridere di nuovo.

E fu in quel momento che successe una cosa assurda – o meglio, in realtà non era poi così assurda, ma per Rapunzel, che non era mai stata... come dire, la più sveglia del gruppo era una cosa da scrivere nel diario.

Le era balenata nella sua testolina bionda un'idea... moooolto interessante...

In fondo, cosa poteva succedere di male?

Aveva sempre pensato che Naveen provasse qualcosa per Tiana, bastava vedere gli sguardi che le lanciava, il modo in cui litigavano... era chiaro come il sole, ma Tiana era troppo orgogliosa per starla a sentire.

Perchè non portare questa cosa a suo vantaggio? Tiana non era tipa da tirarsi indietro, al contrario...

Sorrise mestamente e alzò le spalle, consapevole di avere tutti gli astri a favore per intraprendere un simile piano (ebbene sì, era fissata con l'oroscopo... no, non ne andava fiera).

"Beh, se non ti va di scommettere lo capisco, in fondo il ballo è tra breve e sappiamo entrambe che Naveen proverà ad invitarti, così come sappiamo che tu cederai e..."

"Aspetta un momento!" Tiana la interruppe, imbarazzata: "Io non... non ho la minima intenzione di cadere tra le braccia di quel playboy da strapazzo, sempre che mi inviti... ma è una stronzata Rapi, e tu lo sai."

"Io so che hai una fifa blu di perdere, perchè non vuoi ammettere che in realtà vi piacete da pazzi." disse con semplicità.

Tiana non ci vide più: si alzò e sbattè le mani sul tavolo, mentre l'amica, indifferente, la osservava divertita.

RimaseRo a fissarsi per qualche istante, poi Tiana le offrì la mano.

Rapunzel senza scomporsi, le gambe ancora accavvallate sotto il tavolo e la guancia poggiata su una mano, strinse la mano dell'amica senza mollarla.

"... quando vincerò ti farò tagliare tutti i capelli." disse Tiana, sperando di spaventarla, ma Rapunzel non fece una piega: al contrario, saldò ancora di più la presa.

"...quando vincerò, tesoro, dovrai tatuarti una padella sulla schiena."

Tiana esitò per un istante, poi sorrise: "... andata." ed entrambe lasciarono la presa.

Tiana si risedette, in silenzio, ed entrambe restarono a fissarsi per qualche minuto.

Poi Rapunzel sorrise di nuovo, raggiante.

"Oh, Tia, ti voglio taaaanto bene anche io."

Tiana sorrise, chiedendosi perchè, tra tante migliori amiche, doveva esserle capitata proprio la più matta.

"... prepara le forbici, Rapy."



"...sono una merda."

"Dài Al, in fondo non è successo niente di... ok, come non detto" esclamò Adam imbarazzato, cogliendo l'occhiata di Aladdin come una pericolosa minaccia.

Il moro, circondato dai suoi amici che lo stavano deliziosamente prendendo per il culo da una buona ventina di minuti, diede un tiro dalla sigaretta di Naveen e si sistemò il cappello sulla testa, gesto che come sempre tradiva il suo nervosismo.

Eric, il suo fedele skate appoggiato al muretto, cercava come sempre di smorzare la situazione (era di solito l'unico, insieme ad Adam, ad astenersi dalle prese per il culo collettive tipiche del gruppo) e sorrise ingenuo: "Al, Jas era ubriaca. Non verrà mai a saperlo, tu non glielo dirai e fine della storia. Non serve a niente arrovellarsi il cervello per una cosa del genere."

"Beh, sinceramente sei stato fin troppo bravo. Insomma, ti sei limitato a pomiciarci quando potevi andare fino in fondo. Amico, sei il mio eroe." ammise sincero Naveen, guadagnandosi un sonoro 'vaffanculo' di Aladdin.

Flynn sospirò e, dopo aver accennato vagamente alla somiglianza della sensibilità di Naveen con quella di un bidet diede una sonora pacca sulla spalla al povero Aladdin: "Al, Eric ha ragione. Non hai fatto niente di così irreparabile..."

"Sì invece, accidenti!" sbottò di rimando l'altro, alzandosi in piedi e sporcando di terra le sneakers. "Ragazzi, Jasmine è la mia migliore amica.. cioè, è tipo... tipo una sorella! E' un INCESTO!" gridò, facendo voltare verso di loro tutte le famigliole felici e i padroni dei cani che gironzolavano blandamente per il parco in quel Sabato pomeriggio terribilmente caldo e soleggiato.

Gli altri si scambiarono fugaci occhiate ironiche, alchè David vagheggiò: "Emh... sì Al, ok, ma devi capire che voi non siete davvero fratelli. Cioè, questa faccenda dell'amicizia è bellissima, davvero, ma..."

"E' un discorso che poteva funzionare fino a, non so, quando avevate dieci anni." si intromise Flynn.

Aladdin li guardò sconvolto, come se il suo povero cervello non cogliesse assolutamente il punto della situazione – il che era probabile, pensarono gli altri.

"Che... che vorresti dire?" chiese senza rabbia, come un bambino quando chiede alla mamma un aiuto per dei compiti che non riesce a svolgere.

I ragazzi alzarono gli occhi al cielo, ma a rispondere fu Adam che, da degno compare di Belle, sembrava essere l'unico in certe occasioni a dimostrare un minimo di maturità.

"...Al, stiamo solo dicendo che quando si inizia a crescere è ovvio che si perda molta dell'ingenuità tipica dei rapporti come il vostro. Voglio dire, subentrano altre cose... fattori che non puoi controllare. Mi segui?"

Ma dall'enorme punto interrogativo praticamente stampato sulla fronte del povero Aladdin capì che no, il concetto non gli era ancora del tutto chiaro.

"...Al, a un certo punto ti sarai pur fatto qualche sega su Jas, no?"

"... Naveen, cristo santo, sei un porco." Si voltò verso Flynn, esasperato: "Ti prego, dimmi che posso picchiarlo!" disse indicandolo, sconcertato.

Flynn scosse la testa: "Amico, credimi, avresti tutta la mia stima, ma sfortunatamente rischieresti di rovinargli quel bel faccino e... beh, essendo la sua unica compensazione per quell'unico neurone rimasto equivalrebbe al destinarlo ad una vita di solitudine."

I ragazzi risero di cuore, Naveen emise un ghigno di scherno: "Rider, non ti conviene fare il figo con certi paroloni. Tanto lo sappiamo che sei solo un povero coglione."

"Il povero coglione sei tu Naveen, che non riusciresti a dare consigli romantici neppure a una tartaruga nel periodo dell'accoppiamento."

"Ragazzi, ragazzi, qui stiamo cercando soluzioni per un problema serio!"disse ridendo Adam, sottolineando con foga l'ultima parola, ma Naveen lo guardò imbronciato: "E perchè, il pessimo senso dell'umorismo di Rider non lo è abbastanza?"

"Voi siete pazzi." disse Aladdin, letteralmente con le mani nei capelli guardandosi attorno alla disperata ricerca di un ramo cui impiccarsi ed elaborando un piano per quella stessa notte.

Sì, in fondo non aveva molte alternative... sarebbe bastata una corda e boom! Finita, addio a Genio, ai suoi 'amici' e soprattutto a Jasmine e alle sue labbra fantastiche...

COSA?!

No, no, no! Sei un coglione Al, uno stramaledetto coglione firendzonato!

Mentre il ragazzo, colto da una sorta di attacco isterico in stile scimmia ubriaca, si dimenava contro se stesso e i suoi impulsi sessuali (il fatto che fosse una cosa normalissima per un diciottenne sembrava non volergli proprio entrare in testa), David decise di proporre un hamburger per placare la fame e, soprattutto, le acque.

Gli altri, tra una battuta e l'altra, si alzarono e salirono in sella agli skate, chiamando Aladdin per il viale- il ragazzo non si era neanche praticamente accorto di essere rimasto lì da solo come un perfetto coglione

"Al, amico, invece di farti le seghe mentali vieni a mangiare!" lo chiamò Eric, e solo allora Aladdin, scoraggiato, si arrese a salire sul suo skate e a raggiungerli, conscio di avere dei migliori amici molto sensibili, più interessati alla carne di manzo che ai suoi problemi di cuore.


Trilli avrebbe giurato, se fosse riuscita a parlare, che il suo stomaco sembrava invaso da mille calabroni isterici.

Certo, per non parlare poi di quanto ultimamente il suo destino sembrasse orribilmente segnato dai bagni pubblici...

"Te lo avevo detto di non mangiare tutti quegli hot dog, Tri..."

"Peter, ti prego, dacci un taglio! Abbi pietà della mia povera anima" disse teatrale, fingendo uno svenimento.

Peter inarcò un sopracciglio, lasciandola rovinosamente cadere al suolo tra le risate generali.

"... se stai male non dovresti manco stare qui in fila per le montagne russe con tre giri della morte..."

Trilli si voltò verso di lui, con occhioni da cucciolo incompreso: "Ma... ma io AMO le montagne russe, Peter... sniff... non puoi levarmi questo diritto!"

Peter la guardò duramente, poi si sciolse letteralmente come un ghiacciolo al sole (tra lo shock generale del gruppo per così poca resistenza) e abbracciò l'amica con fare compassionevole.
"Oh, Tri, no, NON POTREI MAI! Dopo ti porto anche sulla Torre della Morte!"gridò praticamente tra lacrime di commozione, ed entrambi si abbracciarono urlando frasi come se fossero in un film sui pirati.

Tutte le persone in fila li guardavano basiti, ma Taron e gli altri parlottavano ormai tra loro, fingendo di non conoscerli.

Alice, terrorizzata, stringeva tra le mani la borsa in cuoio marrone come se dentro ci fosse un miliardo di dollari e guardava il vuoto, con tanto di occhio vitreo e fantasmino che le usciva dalla bocca in perfetto stile manga giapponese.

Ailyn, da brava amica qual'era, piuttosto che consolarla amorevolmente preferiva ovviamente ridere sguaiatamente e prenderla per il culo.

"Ali, tesoro, sei bianca come un cadavere! Ahahahahah ma perchè non sei rimasta ad aspettare fuori, invece di entrare?"

Alice sembrò uscire dal suo coma emotivo per guardarla in cagnesco.

"... perchè tu mi hai costretta." disse secca, e Lilo sbottò a ridere, agitando i lunghi capelli neri praticamente in faccia al povero Taron.

"Ailyn, accidenti, quanto sei cattiva!" disse cantilenante, ovviamente per sfottere Alice (nel frattempo, per ingannare l'attesa, Jim aveva afferrato una ciocca di capelli di Lilo e li aveva messi sotto il naso di Taron a mò di baffo, mentre un Mowgli esagitato si affrettava a scattare una fotografia al cellulare prima che Lilo se ne accorgesse e li sbranasse vivi.)

La povera Alice tremava come una foglia, cercando supporto morale in Trilli che alternava momenti di suprema idiozia assieme a Peter con attimi di lucidità mentale in cui si ricordava di stare per salire sulle montagne russe con la nausea.

... che razza di idioti frequentava?!

Purtroppo sapeva di essere troppo in ritardo per cambiare giro di amici, ed essendo visibilmente l'unica persona normale in quel gruppo di scemi potè giurare di vedere le persone in fila con loro lanciarle sguardi compassionevoli.

Mentre cercava di capire che cosa avesse fatto di male nella sua vita precedente per meritarsi una simile compagnia, la fila si spinse in avanti, facendo in modo che poco più di venti persone la dividessero dall'ingresso per l'attrazione.

"... mi viene da vomitare."

"Siamo in due" esclamò Trilli, che tuttavia non avrebbe rinunciato a un giro sulle montagne russe neanche per una A in matematica... ok, no, pensandoci bene forse per un A in matematica sì.

Sussultò quando Jim le si avvicinò (mentre Lilo picchiava Taron sulla testa e Ailyn stava praticamente sdraiata a terra per le risate).

"... ti consiglio vivamente di non chiudere gli occhi, altrimenti sarà peggio."

"Non... non avevo alcuna intenzione di farlo. Rischierei di vomitare addosso a chi mi sta accanto... "

Jim sorrise e le sussurrò in in un orecchio: "... se vuoi posso sedermi vicino a te."

Alice arrossì di botto e Jim, guardandola, rise di gusto: "Ahahahah, ma dài, ti faccio addirittura arrossire? Che carina!"

Alice rise, improvvisamente dimentica delle montagne russe: "Jim Howkins, sei un dannato playboy!" e gli diede un pugnetto sulla spalla abbronzata, dandosi della sciocca.

"Beh, modestamente non mi lamento delle mie doti seduttive... ma ero serio." La guardò penetrante e le sorrise pieno di dolcezza: "Oh, milady, potrei avere l'onore e il privilegio di sedervi accanto durante il viaggio verso il mondo del vomito?" e fece un leggero inchino, scatenando in Alice un raro attacco di risate.
"...e come potrei dire di no?"


"Guardali! GUARDALI! Oddio non sono un amore?!" Ailyn stringeva tanto forte il braccio di Taron da rischiare di bloccargli la circolazione, mentre con Shantii indicava Alice e Jim che, poco davanti a loro, ridevano complici.

Taron inarcò un sopracciglio, confuso: "... Aily, che cosa stai complottando?!" chiese, terrorizzato dagli attacchi da fangirl dell'amica, che gli fece l'occhiolino, entusiasta.

"Chi? IOOO?! Proprio niente, figurati!"

"... ho paura." disse solo Taron, che prese a parlare con Mowgli, ed Ailyn stava per rispondergli ma la vibrazione del suo cellulare la interruppe.

Senza staccarsi dal braccio di Taron, tirò fuori il telefono dalla atsca dei jeans e guardò lo schermo, poi arrossì moooolto lievemente e sorrise tra sè e sè.

Shantii, accanto a lei, sussultò sorpresa: "Eeeehy, biondina, come mai quel sorriso? Chi è?"

Ailyn fece un piccolo saltello su sè stessa, mentre Taron si voltò rapido verso di lei.

"Oh, non è nessuno... solo Artù." disse lei, vaga, con un'espressione da totale ebete.

Shantii e Trilli emisero un gridolino agitato, Taron avvampò: "Artù chi, il coglione del club di scherma?" e sorrise con Mowgli, mentre Peter guardava distrattamente la mappa del parco, totalmente disinteressato a simili discorsi.

Ailyn arrossì di botto e si staccò dal braccio dell'amico, imbarazzata: "Non è un coglione! E' il presidente del club, e per tua informazione ha vinto le gare nazionali dello scorso anno..."

"Uao, questo sì che ne accresce il fascino" la prese in giro Taron, ridendo nervosamente (Lilo era l'unica a guardare la scena in silenzio, con un sorrisetto divertito) e continuò imperterrito: "Quelli del club di scherma sono dei montati."

"Tsk, lo dici solo perchè tu volevi entrarci ma ti hanno bocciato alle selezioni."

"Questo... questo non è vero! La scherma è da sfigati!"

"Non la pensavi così quando hai preso a calci il muro della palestra per la rabbia davanti a me!"

Taron finalmente ammutolì, guardando Ailyn con un misto di rabbia ed imbarazzo.

"Beh, ad ogni modo col tempo ho capito che non faceva proprio per me..." biascicò, voltando lo sguardo altrove.

Shantii poso le mani sulla schiena di Ailyn abbracciandola da dietro, raggiante: "E così.. Mister Armatura Splendente da quando ti manda dei messaggi?"

"Da quando abbiamo scoperto di far parte dello stesso forum di gdr medioevale." disse Ailyn contenta.

Seguì un minuto di silenzio, nel quale tutti si guardarono tra di loro, ammutoliti.

Ailyn li guardò basita: "Beh? Che c'è?!"

"Aily, santo cielo, quanto sei nerd." sbottò Lilo, con tono scherzoso, e Shantii le scompigliò i capelli cantilenandola.

"Ma da quanto vi state sentendo?" chiese Mowgli, cercando di calmare Shantii con uno sguardo eloquente e ignorando Taron che, lì accanto, borbottava qualcosa di incomprensibile.

Ailyn alzò le spalle, soffiando per sollevare la frangetta bionda che le copriva gli occhi: "Non so esattamente, più o meno una settimana."

"Hai intenzione di uscirci?" chiese Lilo, guardando Taron negli occhi, cosa che Ailyn ignorò.

"Non so... non so neanche se gli piaccio" disse, timidamente e abbassando lo sguardo "...e non se se lui piace a me. Cioè, è carino, ma... boh, lo conosco ancora poco per essere obbiettiva."

"Mmmmh, in effetti non è male, anche se un pò troppo magro..." disse vagamente Shantii, ma un "EHY!" di Mowgli alle sue spalle la destò dal discorso per voltarsi verso di lui e bisbigliare uno "Scusa, Insetto Stecco", accompagnato da un leggero bacio sulle labbra.

"Ha parlato la ragazza del palestrato" disse Ailyn, facendo ridere il resto del gruppo e riuscendo a cambiare discorso.

Taron le diede un leggero colpetto sulla spalla e disse che erano i prossimi a salire sulla vettura, poi senza aggiungere una parola fu il primo con Alice e Jim ad avvicinarsi alla sbarra per l'ingresso ai vagoni.

Ailyn resto a fissare per un attimo la sua schiena magrolina nascosta sotto la camicia a quadri e i folti capelli rossicci, mentre il pensiero di Artù (che lei tuttavia preferiva chiamare con il suo soprannome, Semola) si allontanava dalla sua testa.

Prese posto accanto a Taron e, mentre Alice dal sedile della fila davanti cercava un supporto morale da un allegro Jim, fece appena in tempo a guardare l'espressione tesa di Taron.

Poi la vettura partì, e pensò che quel giro di montagne russe non se lo sarebbe goduto proprio per niente.


Aurora cercava sempre di non pensare.

Di non pensare alle conseguenze delle sue azioni, ai problemi, alla vergogna, ai sentimenti degli altri.

Aurora voleva solo vivere, divertirsi, respirare tutta l'aria e l'avventura possibile e ballare fino all'alba.

Voleva essere guardata perchè meritava di essere guardata, e voleva essere amata perchè diamine, era giusto che lo fosse.

Era invidiata, era desiderata, era il sogno pudico dei ragazzi e l'esempio dell'ossessione di bellezza delle ragazze.

Era tutto ciò che si poteva desiderare di essere e, al contempo, tutto ciò che non si dovrebbe mai ottenere; era fastidiosamente completa.

Perfino i suoi difetti risultavano così veri, così giusti da renderla anche tremendamente umana, e questo era un bene, perchè la gente la ammirava ancora di più.

Filippo, dalla foto nell'anta dell'armadio, la guardava sorridendo, un sorriso fermo nel tempo, incoerente con la realtà.

Chiuse l'armadio con forza e si buttò a capofitto sul letto, attendendo che anche quel pomeriggio passasse, esattamente come tutti gli altri, in attesa della sera – una nuova sera, in fondo, significava una nuova festa, ed era ancora stanca da quella appena trascorsa ma le stava bene così, non voleva vivere in altro modo.

...non avrebbe rivisto Aladdin fino al Lunedì, ma a chi importava?

Lo aveva baciato, aveva ottenuto ciò che voleva, e si sentiva già sazia di lui- se fosse stato un altro ragazzo, probabilmente avrebbe insistito fino al portarselo a letto, ma Aladdin non era di sua proprietà; perchè, e lo sapeva, Aladdin in fondo era roba di Jasmine, e Jasmine era la sua più grande nemica.

L'unica a metterle i bastoni tra le ruote, a non temerla, a non inviadrle neppure un'unghia- ed era proprio questo, per la mente contorta di Aurora, a renderla degna del suo rispetto.

Una rivale al suo stesso livello era ciò che le serviva per rendersi più competitiva, per vedere fino a che punto poteva spingere se stessa per ottenere quello che voleva ottenere.

Jasmine era il suo specchio, la sua parte riflessa, ciò che la metteva al corrente dei suoi limiti e che la spingeva a conoscerli e a lottare per superarli.

E sì, certo, Aladdin era carino da morire, e mio dio se era sexy... ma non si sarebbe mai abbassata a un livello simile solo per un dispetto, e pensandoci bene in fondo ce n'erano mille come lui, dolci e affettuosi ragazzi fissati con lo skate.

E non era neanche il suo tipo, se volevamo prorpio dirla tutta- cioè, non era un gran patito di sport, e neanche particolarmente apprezzato dalle altre studentesse, il che lo rendeva poco interessante dalla sua prospettiva.

Lei aveva bisogno di un altro tipo di ragazzo al suo fianco, un uomo, qualcuno che non fosse solo dolce e romantico e principesco, ma anche audace, e sprezzante, e un pò stronzo – mai più di lei ovviamente, un tipo che potesse tenerle testa senza farla incazzare.

...Filippo, di nuovo, si fece insistentemente largo tra i suoi pensieri, ma lo ricacciò via con decisione, abituata alle sue invasioni improvvise.

Erano passati più di sei mesi, che senso aveva stare ancora lì a frignare come una perfetta idiota?

Lui aveva fatto la sua scelta, la scelta definitiva, ed era stato perfettamente chiaro al riguardo.

"...io ti amo, ma non ce la faccio più. Finiamoli qui."

"...vaffanculo."

Lo disse ad alta voce, nonostante fosse sola in casa (le zie erano uscite per andare al negozio, lavoravano come party planners) e guardò fuori della finestra, mentre il telefono squillava.

Vide il nome di Bianca sul display e, scocciata, lo lasciò trillare.

Probabilmente voleva solo mettersi d'accordo per l'orario della festa di quella sera, ma non riusciva proprio ad interessarsene; si lasciò cullare dalla brezza del primo pomeriggio che entrava placidamente dalla finestra aperta, e lentamente si addormentò, mentre il ricordo di Filippo si affievoliva, lasciando dietro di sè una scia di lacrime e male al petto.



Belle sapeva sempre come mantenere un segreto, e su questo ci si poteva mettere la mano sul fuoco.

Era silenziosa come una lapide, affidabile e comprensiva, e se giurava di non dire a nessuno ciò che le era stato rilevato potevi star certo che mai, mai ti avrebbe tradito.

E di questo certo, andava piuttosto fiera... ma quel segreto era più che altro uno scoop grosso quanto l'ego di Naveen, e riguardava la sua migliore amica... ok, lei era muta come un pesce, ma saperlo non le avrebbe reso le cose più facili

Quando Adam, gliene aveva parlato aveva giurato ovviamente, ma ora che Jasmine era lì, davanti a lei, completamente imbradipita sul suo enorme letto sfatto, avrebbe solo voluto spifferare tutto ai quattro venti – non per niente, Jas sembrava totalmente rincoglionita.

"...la mia teeeeeestaaaaaa..."

"Sei davvero scema, Jas" disse pazientemente Nani, premendole un fazzoletto bagnato sulla fronte e sedendosi accanto a lei, di fronte ad Ariel "Ieri sera sembravi colta da una specie di crisi adolescenziale."

"Io non mi ricordo un cazzooooo" si lagnò, splmandosi una mano in faccia e sbuffando.

Arile sospirò e sorrise teneramente: "Te lo abbiamo già detto, tesoro. Ti sei bevuta metà tavolo degli alcolici da sola, hai mollato un cazzotto ad Aurora e Aladdin ha salvato quel poco di dignità che ti era rimasta riportandoti a casa."

Belle cercava di non entrare nella conversazione, continuando a vagheggiare guardando fuori della finestra e a infilare il dito nel vasetto della cioccolata (gli eventuali brufoli, in quel momento, erano per lei un problema secondario).

Jasmine si alzò di un poco, appoggiandosi allo schienale del letto e guardando il soffitto, gli occhi spenti.

"Non nominatemi Al! Sono troppo arrabbiata con lui... poteva almeno dirmelo che gli piaceva quella troiona ambulante..."

"Jas, ti prego, mi basta una Lilo nella mia vita... non metterti anche tu a usare certe parole poco da 'signorina'" la rimproverò Nani, che negli anni aveva coltivato una sottile allergia alle parolacce-probabilmente proprio a causa della sorella.

Jasmine la ignorò e guardò Belle, indispettita: "Adam era con lui e i ragazzi oggi pomeriggio?"

"Erano al parco, sì" ammie Belle fingendo noncuranza, " Non so cosa abbiano intenzione di fare nel pomeriggio, l'ho sentito un'ora fa ed erano a pranzo."

"David deve fare una lezione alle sei" si intromise Nani, "stasera dovremmo uscire, ma credo che non ci sia niente di particolarmente esaltante nel programma..."

"Il fatto è che in questa cazzo di città non c'è mai niente da fare" disse Jasmine "Ho una voglia di andarmene che non mi fa dormire la notte."

Belle le sorrise "Dopo il liceo potrai volare via come una colomba, Jas, ma per ora non puoi farlo e lo sai."
Jasmine stava per ribattere, ma il caos che creò Ariel quando si alzò in un secondo dal letto la fece desistere, ritrovandosi un lenzuolo in faccia.

"Ari, ma che diavolo..."

"SONO IN RITARDO! IN RITARDO, IN RITARDOOOOOOOOOOOOOO!" gridò la ragazza, raccogliendo le sue cose in giro per la stanza e infilandosi di corsa le scarpe abbandonate sul tappeto.

Le altre non fecero neanche in tempo a salutarla che la ragazza si era già fiondata in strada, il borsone della piscina in spalla e una fetta di pane con del burro d'arachidi in bocca, mentre si legava i lunghi capelli rossi distrattamente.

Si voltò per vedere se nel frattempo arrivasse un autobus che potesse portarla a scuola più in fretta quando, per un motivo sconosciuto, cadde rovinosamente a terra.

Rimase con il culo sul marciapiede deserto, dolorante, e si guardò intorno, per poi arrossire di botto.

Eric, davanti a lei, anch'egli spalmato sull'asfalto, la guardava sorpreso, lo skate di fianco a lui, con le ruote che ancora giravano vertiginosamente.

"Ariel! Che cosa ci fai qui? Cioè, ti... ti sei fatta male?" chiese impacciato, sollevandosi e porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi.

Ariel accettò l'aiuto e sentì una leggera scossa toccarle ogni singolo nervo del corpo quando le loro dita si incrociarono, ma si ritrovo presto in piedi e fu tutto talmente breve che non fece neanche in tempo a godersi quel contatto.

"Io.. sì, emh, sto bene. E' stata colpa mia, non ti ho proprio visto, ero girata e..."

"No no, colpa mia! Ero girato anche io, credevo di aver calpestato un escremento con lo skate e... beh, ho le ruote nuove, quindi..."

Ariel assunse un'espressione disorientata: "Oh. Capisco. Beh, sì, non deve essere carino."

"Già.. comunque no, voglio dire, ahahah è tutto a posto".

Si guardarono imbarazzati, entrambi visibilmente a disagio, poi Eric le sorrise timidamente: "...spero davvero che tu stia bene, non vorrei averti ferita."

"Oh, no, sto benissimo!" disse lei, raggiante.

Restarono in silenzio per qualche istante, poi Ariel prese coraggio e cercò di iniziare una sorta di... conversazione.

Cioè, non che non ne avessero avuta una, ma incontrare Eric come in un film romantico per poi parlare di cacche di cane e sederi a terra non rientrava proprio nelle sue fantasie, ecco.

"Allora, ti è... ti è piaciuta la festa, ieri sera?"

Eric sussultò, cacciando immediatamente via il pensiero di Aladdin e Jasmine

Stai zitto Eric... per una volta nella tua vita, non fare figure di merda, non tradire un amico e non sembrare il solito coglione...sii tranquillo...

Deglutì e guardò Ariel vago: "Sì sì, anche se c'era decisamente troppa gente per i miei gusti... non mi piacciono molto, le feste."

"Oh, no! Neanche a me, figurati." si affrettò a dire Ariel, che poi sbuffò: "Ok, no, cioè, mi piacciono ma... preferisco quelle più tranquille, chessò, qualcosa di più rilassante, magari non dove tre persone su quattro vomitano a fine serata e cerco il mio pareo per tutta la sera, per poi trovarlo intorno alla vita di un tipo a mò di mutanda..."

"Non è colpa di Ryder, credimi. Non lo sto giustificando, ma quando c'è Rapy non ci capisce più niente... e Naveen lo ha fatto bere come un cammello...." Eric smise di accampare scuse assurde per aria (per cercare di salvare la faccia a quei due coglioni) quando vide Ariel che rideva, la mano a nascondere le labbra, timidamente.

"Scherzavo, Eric! Devo dire che il verde acqua gli dona." disse, continuando a ridere, e Eric restò imbabolato a guardarla.

...uao.

Ariel smise improvvismanete di ridere e sgranò gli occhi, terrorizzata.

"Verde acqua... ACQUA! CAZZO, DEVO ANDARE!"

Eric la guardò correre via con foga mentre lei lo salutava distrattamente con un biscicato "Ci...ci vediamo".

...era davvero una tipa strana.

Sorrise a vuoto, lanciò uno sguardo trasognato al cielo azzurro e, guardandola un'ultima volta mentre lei correva lontano, si allontanò per il viale.




"Andiamo, Mulan... non ti sto chiedendo nulla di esagerato!"

Mulan ride e scansò gentilmente Hercules con un tocco delicato della mano, spostandolo quel tanto che bastava per farsi largo e passare, uscendo dal locale.

"Herc, Meg, vi ringrazio per il caffè... ma non ho intenzione di uscire proprio con nessuno, se prima Shang non mi batte."

"Ma..." provò a polemizzare Megara, ma Mulan le mise due dita sulle labbra, zittendola, camminando all'indietro come i gamberi per guardare la coppia negli occhi.

Il pomeriggio era caldo e l'aria leggermente umida, e Mulan si guardò attorno, incantata.

Poi si concentrò di nuovo sull'amica, dolcemente: " Shang sa le regole. Quindi, invece di passare il tempo a lamentarsi, dovrebbe concentrarsi ed allenarsi di più."

Hercules stava per ribattere, ma Mulan corse via con la scusa dell'ennesimo allenamento, lasciando gli amici come due amebi.

"...sei una stronza!" le gridò Megara ridendo, e Mulan di spalle, già lontana, fece un cenno annoiato con la mano per poi svoltare l'angolo.

Hercules sembrava contrariato: "Non sopporto più Shang e i suoi lamenti da bradipo in calore. Dovremmo intervenire."

"Tu non avevi ideato uno dei tuoi piani geniali?"

Hercules le cinse un fianco, addolcendosi: "Oh, quello...sì, diciamo che ci sto lavorando. In realtà speravo che bastasse una chiacchierata con te per farle cambiare idea."

"Mulan non è proprio il tipo che si fa raggirare con qualche chiacchierata, e dovresti saperlo."

Herc sospirò sovrappensiero: "... sì, ma non possiamo lasciare le cose così come stanno."

Megara non voleva impicciarsi, ma vedendo Hercules così in pensiero la rese eccessivamente sentimentale (troppo, per i suoi gusti) e decise di dargli il suo appoggio.

Gli bacio il collo e lo prese per mano.
"Ci faremo venire in mente qualcosa, promesso."

Hercules sembrò rasserenarsi, e per mano si avviarono verso il parco, mentre il sole cominciava lentamente a calare.


NELL'ANGOLINO DELL'AUTRICE

Ciao a tutti! Vi sono mancata?!

*evita a colpi di karate i pomodori che le stanno lanciando i lettori*

Sì, lo so, avrei dovuto aggiornare entro Pasqua (o almeno, questi erano i piani). Vi prego di perdonarmi, il fatto è che... questi sono stati mesi molto difficili per me, e la scrittura non era in cima alla lista delle mie priorità. Voglio essere sincera... purtroppo la malattia di una persona a me molto cara è vertiginosamente peggiorata fino a... beh, avete capito. Insomma, questa persona è venuta a mancare, di conseguenza non ho avuto davvero la testa per scrivere, Perdonatemi. Ad ogni modo, mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto!


Alice mi fa una gran pena, poverina (oddio, mica tanto, considerando la vicinanza di Jim...) circondata da Lilo e gli altri.

Taron e Ailyn... ooooh, Ailyn <3 Per quanto non sia un personaggio famoso, io LA ADORO. Mi piace molto scrivere di lei e Taron, di cui credo di essere stata innamorata da bambina.. non ricordo molto bene, avevo la cotta facile. E da qui parte un sondaggio: qual'era il vostro cartone Disney preferito, e quale quello attuale?

Inizio col rispondere io (Non ce ne frega niente! Nd Tutti) (Tsk, mi sento in vena di chiacchiere sul passato, va bene? Nd Memy): da piccola mi sembra che andassi PAZZA per la Carica dei 101 e La Sirenetta. Ad oggi, in cima alla mia lista c'è Bambi, seguito subito da Il Re Leone e...beh, dicimao che fissi ci sono loro, dalla terza posizione in poi vado a periodi XD. Ah, La Sirenetta mi piaceva per TUTTI i personaggi tranne Ariel, che tuttora non sopporto. Strano eh? Sto scrivendo una storia di principesse e sin da piccola mi facevano cagare... (sospiro). Ho sempre apprezzato di più i cartoni sugli animali (vedi anche Robin Hood, Gli Aristogatti). Ma in generale direi che i Disney mi piacciono tutti (tranne il sequel della Sirenetta, santo cielo Melody è quasi più scassapalle di Ariel ahahah).

So che probabilmente molti di voi avranno pensato che il mio preferito fosse Aladdin... la verità è che era il favorito di mia sorella, quindi alla fine credo sia diventato per forza di cose anche uno di quelli che apprezzo di più.

Aspetto quindi le vostre opinioni sul capitolo, sui personaggi e la trama e una risposta al primo sondaggio lanciato :D Ho deciso di fare una domandina per ogni capitolo, sarebbe bello conoscervi un pò meglio.

Ringrazio tantissimo tutti voi che recensite (ma anche i lettori in generale) per il vostro supporto, il vostro incoraggiamento ed entusiasmo. La paura di deludervi è sempre molto grande, ma spero di essere all'altezza delle vostre aspettative.

Spero che anche stavolta mi farete sapere la vostra opinione (ma alnche eventuali consigli o critiche, sono aperta a tutto) tramite recensione, sperando anche di conoscere qualche timidone che magari legge ma preferisce non recensire. Ehy, dico a te! Dài, voglio conoscerti, fatti sentire, siamo tutti un unico grande gruppo di pazzi/e ^__^ (Ok, non è incoraggiante).


Ancora grazie a tutti, e vista l'ora... beh, buonanotte XD Un abbraccio, Memy

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6

Flynn vide il sangue che, lentamente, sgorgava sul lavandino immacolato e si lasciò andare ad un'imprecazione.

Naveen si affacciò alla porta del bagno, ancora in mutande e con in mano la maglietta del giorno.

“Rider, preferirei che tu evitassi di bestemmiare di primo mattino quando sei ospite in casa di altri.”

“I tuoi genitori neanche ci sono, Maldon. Non rompere le palle!”

Naveen alzò gli occhi al cielo, spazientito: “Quando imparerai che l'abbreviazione 'Maldon' mi fa cagare?! Almeno chiamami con il cognome completo!”

Flynn abbandono il rasoio e gli sorrise dallo specchio, il taglietto sulla guancia sempre più rosso.

“Davvero? Ne sei sicuro, Naveen Maldonia?”

Naveen gli lanciò un'occhiata truculenta e sbuffò, abbandonandolo a sé stesso e gridandogli dietro un convinto “Fottiti, Rider.”

Flynn sorrise e si tolse la schiuma da barba restante, poi ammirò la sua immagine riflessa, cercando di mostrarsi sicuro di sé.

Oggi era il gran giorno.

Al pensiero del pomeriggio che lo aspettava (più una mattina costellata di interrogazioni, ma ciò si sarebbe risolto con estrema facilità fingendosi malato e rinchiudendosi ermeticamente in infermiera... e, ovviamente, con la scusa schiacciare un pisolino da record) sentiva il cuore martellargli nel petto e le viscere contorcersi, ma decise di provare a non badarci.

...doveva farlo.

Voglio dire, erano giorni che ripassava il piano e le battute da dire per far colpo su Rapunzel, che cosa mai sarebbe potuto andare storto?

...e poi, in fondo, era o non era il mitico Flynn Rider?

Si sistemò i capelli convinto, con la consapevolezza che, nonostante fosse terrorizzato, il suo fasicno lo avrebbe certamente aiutato.

Sentiva che poteva essere l'occasione per averla e farla sua- o, almeno, avere una conversazione che non terminasse con lei che sorride imbarazzata e lui che si sente un totale idiota come le ultime volte.

Strinse i pugni con fare vittorioso, mentre il sorriso da pubblicità di dentifricio che era solito sfoggiare gli illuminava il viso.

Niente poteva andare storto.



Tiana sbadigliò sonoramente, sbattendo la porta dell'armadietto con pigrizia e guadagnandosi un'occhiata truce di Rapunzel lì accanto.

“Hai lavorato fino a tardi anche ieri sera?”

“I soldi non crescono sugli alberi.” osservò di rimando, preparandosi alla ramanzina che difatti non tardò ad arrivare.

“Tia, dovresti davvero lasciare il lavoro al pub e trovare qualcosa di meno faticoso.”

Tiana stava per risponderle ma Nani si intromise, giungendo alle loro spalle: “Non per dire nulla, ma il lavoro deve esserlo, Rapi.”

“Visto?” disse Tiana eloquente, per poi avviarsi lungo i corridoi affollati verso l'aula di chimica.

Rapunzel sbottò, arrossendo: “Dico solo che quel posto è orribile! La trattano come una schiava e la paga fa schifo. Come diavolo fai a sopportarlo?!”

Tiana sapeva che Rapunzel era ormai partita in quarta e la zittì, portandosi rapidamente davanti a lei e mettendole un dito davanti le labbra, sorridendo.

“...sto bene, Rapi. Non durerà per sempre, e Belle mi aiuta con lo studio se rimango indietro. Non preoccuparti.”

Raunzel avrebbe voluto ribattere, ma Tiana si allontanò, le mani dietro la schiena e gli occhi che brillavano.

“Ancora sei mesi di lavoro e avrò abbastanza soldi. Avrò il mio ristorante!” gridò, entusiasta, per poi stringere il pugno in aria con fare vittorioso e disperdersi tra la folla.

Rapunzel sospirò, quando Belle spuntò praticamente dal nulla (come sempre, dannazione a lei e alla sua discrezione!) e le mise una mano sulla spalla, tranquilla.

“Sa quel che fa. Non andarle contro, fidati di lei e dalle il tuo appoggio. E' in gamba, e lo sai.”

Rapunzel sorrise, un po' rincuorata, poi si arrese a lasciar correre la questione per l'ennesima volta, mentre accanto a lei Nani e Belle discutevano animatamente dei progetti per quel pomeriggio.

Sapeva di poter sembrare esagerata, ma la faccenda del lavoro di Tiana l'aveva sempre lasciata un po' interdetta.

Voglio dire, sapeva quanto l'amica tenesse a comprare quel vecchio ristorante e l'aveva sempre sostenuta, ma... aveva solo diciotto anni, e sembrava che avesse completamente messo da parte il presente per concentrarsi unicamente sul futuro.

E per quanto questo fosse nobile e maturo temeva che, una volta ottenuto ciò che da sempre desiderava, si sarebbe guardata indietro e avrebbe pensato a quante esperienze aveva rinunciato.

Si meritava molto di più di qualche uscita con le amiche e un orario di lavoro pesante...meritava l'amore, e per quanto lei stessa fosse inesperta in materia era chiaro quanto il sole che Tiana aveva un disperato bisogno di qualcuno al suo fianco.

“Ehilà, ragazze! Che aria tira?”

“Ora che sei qui, Naveen, sicuramente migliore” scherzò Belle sarcastica, mentre Adam le cingeva la vita e le baciava amorevolmente una guancia.

Rapunzel si destò dai suoi pensieri che, ancora una volta, l'avevano completamente estraniata dalla realtà.

David, la mano che stringeva saldamente quella di Nani, diede a Naveen una sonora pacca sulla spalla e gli lanciò uno sguardo pieno di rammarico.

“Siamo arrivati tardi, mio caro. Mi sa che la tua principessa se n'è appena andata.”

“Non ho idea di cosa tu stia farneticando, Kawena, ma ti assicuro che di principesse ne ho a dozzine. Dovresti specificare il nome...”

Rapunzel lo squadrò, acida: “Naveen, non ce ne frega nulla di quelle squallide troiette che ti girano attorno...”

Nani si esibì in un perfetto facepalm, scambiando occhiate di intesa con David: “...sono io ad essere diventata particolarmente elegante o è il resto del mondo che ha assorbito il linguaggio di mia sorella?”

“Dev'essere una sorta di virus” rispose Adam facendole l'occhiolino, ma Rapunzel ribattè prontamento, diminuendo il passo.

Non è colpa mia se il vostro amico ha la maturità emotiva di un wafer.” esclamò concitata, mentre Naveen e gli altri scoppiavano a ridere.

Si può sapere cos'ha oggi la nostra biondina? Che c'è Rapi, non mi vuoi più bene?” e la strinse da dietro con affetto sincero, al che Rapunzel si sciolse un po' controvoglia.

... sme...smettila di fare il ruffiano, scemo!” gli disse imbarazzata, spingendolo via e ridendo.

La campanella interruppe la conversazione del gruppetto che si congedò, ognuno diretto alla propria tortura (citando testualmente David), ma prima che se ne andasse Rapunzel strinse la maglietta di Naveen, che si fermò all'istante.

Si può sapere cos'hai oggi? Non mi va giù vederti così.” disse lui, dolcemente, una volta rimasti soli.

Rapunzel sospirò, poi lo guardò con gli occhioni verdi spalancati (Naveen pensò che, se Rider fosse stato lì in quel momento, probabilmente lo avrebbe odiato).

... ho bisogno di parlare con te di una faccenda un po'...come dire...”

Audace?” chiese lui, con malizia.

Rapunzel cambiò immediatamente espressione, guardandolo in cagnesco.

...Nav, sei un idiota.” disse solo, sconvolta da tanta idiozia.

Naveen si arrese ad abbandonare la sua facciata (splendida, come sempre) per diventare improvvisamente molto serio: “Va bene, biondina, dimmi tutto.”

Mica intendevo adesso!” disse lei, imbarazzata “se qualcuno ci vedesse potrebbe fraintendere.”

Naveen stava per rispondere con una delle sue battutine al vetriolo, ma Rapunzel era ovviamente zona proibita essendo l'Unico Grande Amore di Flynn; inoltre, si sa, lui aveva un debole per le ragazze un po' più pepate.

Non che Rapunzel non fosse splendida, ma... era sua amica da anni, e le tipe dolci e ingenue non rientravano proprio nel suo tipo di donna, ecco.

Senza contare che è la migliore amica di Tiana.

La vocina nella testa che si faceva (mooooooolto) raramente viva sembrò rimbombargli nel cervello come un'eco, e prima che potesse chiedersi perchè il solo pensiero lo facesse star male tornò a concentrarsi su Rapunzel.

In fondo, cosa centrava Tiana?!

Dimmi dove e quando vederci.”


Taron cercava davvero di seguire quella stupida lezione di matematica.

Sul serio, ci stava provando da circa venti minuti- non come Peter che, lì accanto, sonnecchiava beatamente; né come Mowgli, che sembrava aver concentrato tutte le sue capacità logistiche nel disegnino di un orso che ballava quando sfogliava il libro, disegnando un movimento nell'angolo di ogni pagina.

La cosa peggiore di matematica (che era comunque la materia più inutile sulla faccia della terra, e ciò era risaputo) era che consisteva in uno dei pochissimi corsi obbligatori, motivo che spiegava il perchè i suoi amici fossero tutti rinchiusi in quell'aula a fare la muffa, costretti ad ascoltare il povero professor Milo e i suoi sproloqui sul teorema di Pitagora.

Nel primo banco davanti la cattedra, Alice era in visibile difficoltà (le materie scientifiche non erano assolutamente il suo forte), mentre Trilli scriveva istericamente sperando di non perdere neanche un passaggio.

Cercò di evitare che il suo sguardo cadesse nel banco accanto guardando Lilo che disegnava una ballerina di hula sul banco e Jim che, entrato appena cinque minuti prima, aveva già deposto la sua concentrazione sul finto tatuaggio che si stava facendo con la biro sul braccio (una specie di teschio, ennesima dimostrazione della sua ossessione per il mondo piratesco).

Alla fine cedette e guardò Ailyn che, accanto a lui, fissava la lavagna visibilmente concentrata.

Stava per chiamarla, ma qualcosa lo trattenne e lo costrinse a voltarsi dalla parte opposta, spostando lo sguardo verso la finestra.

Una sensazione completamente nuova, cui non era abituato e che lo lasciava confuso e stordito.

Da quando c'era tutto questo imbarazzo tra loro?

Insomma, è vero che Ailyn stava solo reagendo con ovvia freddezza a ciò che era successo al Luna Park ma... dài, come poteva prendersela sul serio?!

Non le aveva mica detto chissà cosa... ci era semplicemente rimasto un po' male, cioè, perchè non gli aveva raccontato di Artù?

Loro erano migliori amici, no?!

Questo gli dava...non so, una sorta di diritto a sapere quando si frequentava con qualcuno, giusto?!

Cioè, ok, non aveva mai firmato un contratto o qualcosa di simile, ma era sicurissimo che se ciò fosse avventuo ci sarebbe stata una clausola specifica secondo la quale lei doveva presentargli i tipi con cui usciva...

...un momento...

Sentì una terribile sensazione di puro panico, mentre potè chiaramente vedere l'omino della sua coscienza che sogghignava perfido dicendogli qualcosa del tipo 'stupido, davvero non ci avevi mai pensato?'.

...Artù era il primo ragazzo per cui Ailyn provava interesse? O ce n'erano stati altri?!

Ma soprattutto... COS'ERA QUESTO ORRIBILE SENSO DI NAUSEA?

Jim potè assistere alla scena da esterno, mantenendo perfettamente la calma e godendosi la meravigliosa visione di un Taron che, occhi vitrei e mani tra i capelli, si controceva sul banco come un serpente in evidente crisi emotiva e si alzava di scatto come un pupazzo a molla.

Prof, non mi sento bene! Devo uscire!” gridò, guadagnandosi ovviamente l'attenzione di tutti e correndo fuori dall'aula senza neanche aspettare la risposta, lasciando dietro di sé una nuvoletta di fumo.

Il professor Milo guardò allibito la porta e poi si voltò verso i suoi alunni, sistemandosi gli occhiali sul naso adunco.

...qualcuno sa dirmi cosa è successo? Me lo sono immaginato o Caer ha appena lasciato l'aula volando?!”

Ci fu un borbottio indistinto: Ailyn tentò di non incrociare lo sguardo di nessuno dei suoi amici, ma tutti le stavano laciando sguardi amareggiati che manco un cucciolo abbandonato sotto la pioggia.

Lilo agrottò la fronte e Ailyn si arrese, sospirando e alzandosi.

Vado a recuperarlo io prof” disse uscendo, senza il minimo entusiasmo, mentre il professore le gridava dietro di accompagnarlo, se necessario, in infermeria.

Ailyn, irritata, si chiuse la porta alle spalle e si avviò lungo il corridoio deserto, battendo i piedi sul pavimento con rabbia.

...fantastico, adesso era anche la cattiva della situazione!

Che diavolo gli era preso, a quell'idiota?!

Non... non avevano neanche litigato davvero! E poi non c'era motivo che facesse quelle stupide scenate, non era certo colpa sua se lui si era innervosito dopo aver scoperto la faccenda di Artù.

...che poi, in realtà, non c'era granchè da sapere- ed era proprio questo il motivo per il quale non gliene aveva ancora parlato.

...in fondo, non era il suo ragazzo né lo era mai stato.

Taron era... beh, era semplicemente Taron, presente nella sua vita sin da quando ne aveva memoria.

Erano diventati amici alle elementari e non si erano più lasciati.

Si erano trovati, si erano scelti – o forse erano solo destinati a incontrarsi.

Vivevano in simbiosi, un'anima divisa in due corpi diversi, un legame così stretto da non poter neanche essere definito con precisione; il tutto, però poteva essere riassunto in un unico, limpido concetto: lei non resisteva neanche tre giorni senza vedere Taron, parlargli, respirare l'aria che respirava lui.

E sarebbe stato da stupide e da bugiarde ignorare i sentimenti che si erano affacciati timidamente nel corso degli anni, perchè poteva mentire a chiunque ma non a sé stessa.

ma... cosa avrebbe dovuto fare?

Loro non erano come Shantii e Mowgli, i quali sentimenti erano stati chiari sin dall'infanzia, sin da quando si rincorrevano nel giardino di casa scambiandosi coroncine di fiori.

Lei e Taron erano tutta un'altra faccenda, due rami di un albero per cui sembrava non esistesse fioritura, ma solo un eterno e pigro autunno.

Si era rassegnata a questo molto tempo fa, a convivere con lui in quello stupido limbo che non era amicizia, era di più, troppo di più – ma che non era amore effettivo, non era desiderio.

Era un affetto indefinito che sembrava toglierle il fiato ogni giorno di più fino a solo poche settimane fa.

ma poi, era arrivato Artù.

Era stato così carino con lei, scrivendole in chat e chiedendole cosa ne pensasse delle nuove regole del gdr ai quali entrambi partecipavano, per poi rivelarle qualche sera dopo che gli capitava spesso di vederla a scuola e di volerla incontrare di persona.

Lei, ovviamente, aveva accettato; non solo perchè Artù era il campione del club di scherma del loro anno, ma anche per i loro mille interessi in comune.

Si erano timidamente scambiati il numero appena fuori della palestra, poi lui era tornato di corsa agli allenamenti e lei si era incantata a guardarlo.

Era rimasta affascinata dalla sua bravura, dai suoi movimenti fluidi e leggeri ma grazie ai quali incassava colpi precisi e calcolati senza il minimo sforzo apparente.

Ma, oltre a questo, c'era qualcosa che l'aveva colpita- qualcosa nei suoi messaggi, nel tono della voce quando si parlavano, nel modo in cui lui la guardava.

Artù voleva conoscerla, voleva stringere un legame con lei, voleva creare qualcosa.

Taron cosa voleva, oltre a un'amica da coccolare e con cui vedere le sue stupide serie tv in dvd?

Cosa pensava quando erano sdraiati sul divano e si guardavano? Aveva mai avuto la voglia di baciarla?

O meglio...lo avrebbe mai voluto?

Lo vide all'improvviso seduto a terra, accanto gli armadietti delle cheerladers, la testa a tra le braccia che stringevano le gambe.

Le venne in mente la sua immagine da bambino durante le notti di temporale, quando Dalbert era in negozio e loro restavano da soli, e si abbracciavano perchè entrambi avevano paura dei tuoni.

Sentì la rabbia sgonfiarsi come un palloncino e lo raggiunse, poi gli si sedette accanto, ma lui sembrò non essersi neanche accorto della sua presenza- ma Ailyn sapeva che lui la sentiva, così come lei sentiva lui.

Si sentivano sempre, e non solo quando si raggiungevano a vicenda; a volte le capitava di sentire uno strano cerchio alla testa e lo stomaco che le doleva, e capiva che Taron aveva bisogno di lei.

Ed aveva sempre ragione, senza che lui le avesse neanche mandato un messaggio.

...deduco che se stai così sia colpa mia?”

Avrebbe voluto dirglielo con durezza, ma la voce risultò dolce e Taron sollevò il capo.

Se fino a qualche minuto prima sembrava il personaggio di un fumetto comico, ora non era altro che un ragazzo triste.

Lui la guardò per un istante, poi si voltò verso il ferro degli armadietti, il silenzio che vibrava mentre le voci degli insegnanti si disperdevano nel corridoio.

...non... non dovevi uscire. Sto bene.” disse, testardo, ma non ebbe il coraggio di guardarla negli occhi.

Lei sospirò e gli diede un leggero colpetto sulla spalla con la testa, poi si mise a ridacchiare delicatamente, la mano che cercava la sua.

...sembri un folletto arrabbiato, con questa assurda camicia addosso.” gli disse, scherzando sul vestiario verde del giorno- e Taron, suo malgrado, sorrise senza mostrarsi.

Sentì le dita di Ailyn che intrecciavano le sue e provò ad ignorare il colpo al petto che sentì, poi si decise a voltarsi verso di lei, che aveva il mento poggiato sulla sua spalla.

Per quanto potesse sembrare una situazione alquanto strana, entrambi non sentivano il minimo disagio, né timidezza.

Erano...semplicemente loro.

Mi dispiace.” disse alla fine lei, rompendo il silenzio.

Taron sussultò e Ailyn rise alla sua espressione da scemo, con un enorme punto interrogativo stampato sulla fronte.

Tornò seria, abbassando lo sguardo, le mani ancora unite: “...non avrei dovuto tenerti all'oscuro di Artù, ma... la verità è che non c'è ancora nulla.”
“Io avrei voluto...non lo so, ci sono rimasto di merda.” concluse lui sbrigativamente, senza distogliere lo sguardo: “...perchè non me ne hai parlato?”

Perchè...” rispose, ma il resto della frase le morì in gola.

Perchè non volevo coinvolgerti. Perchè sapevo che avresti reagito così e io mi sarei chiesta il motivo, senza trovarlo. Perchè mi sarei illusa che ti importasse qualcosa delle persone che frequento all'infuori di te, per poi non sapere cosa dire. Perchè non capisco cosa siamo, e perchè devo smetterla di far ricondurre a te ogni singolo minuto della mia vita.

Lo pensò solo, ovviamente, ma poi lasciò che quelle parole gli morissero dentro.

Le venne l'istinto di piangere, ma si limitò a sorridere e alzò le spalle.

Ti ho sempre raccontato tutto, di me. Stavolta volevo... semplicemente parlartene con calma, in un momento più adatto.”

Non devi giustificarti, io... io lo capisco. Solo che...”

Si guardarono per un istante, mentre le mani continuavano a stringersi, ma sembrava che fosse l'unico punto di contatto.

... avrei voluto... non so, che ti confidassi. Che mi chiedessi un consiglio.”

Un consiglio in fatto di uomini?” chiese lei, ridendo, ed entrambi si rilassarono.

Taron poggiò le spalle contro il muro, ridendo: “...mi fa male sapere che tu voglia avere dei segreti con me.”
“Non ce ne saranno più.” disse lei, facendo una pausa. Cacciò indietro le lacrime e prese il respiro prima di dire quelle ultime parole, che le costarono più di quanto avesse pensato.

Te lo prometto.”

Taron la osservò attento, poi le sorrise e l'abbracciò, stringendola a sé con forza.

Ailyn si lasciò andare alla stretta, mentre una parte di sé la abbandonava.

Disse addio ai sospiri, alle speranze, ai sogni fatti su di loro.

Non c'era più posto per le illusioni, e la Ailyn sopìta dentro di lei sembrò lasciarla come si lascia andare un ricordo, con tanto dolore e una patetica rassegnazione.

Capiva come si sentiva Trilli, che era costretta a vedere Peter tutti i giorni con Wendy e poi dormire assieme quando lui glielo chiedeva.

Ma anche quello era un amore diverso, perchè non corrisposto; perchè Trilli aveva sempre saputo che Peter non provava nulla per lei, ed era stato una continua rassegnazione, un continuo calpestare speranze.

Però lei e Taron non avevano un amore a senso unico.

Perchè erano tutto- ma, allo stesso tempo, non erano assolutamente niente.




Jasmine camminava distratta, leccando avidamente il gelato e fregandosene dei patetici discorsi di Ariel sulla dieta- poverina, era comprensibile, gli allenamenti appena conclusi dovevano averla stremata.

Cercava di gustare semplicemente la merenda, tuttavia aveva addosso una strana sensazione da giorni e non riusciva proprio a levarsela di dosso, come fosse un enorme koala sulla schiena.

Ok, non era esattamente un modo poetico per descrivere il proprio stato d'animo, e forse era semplicemente nervosa.

Tuttavia, le sembrava chiaro che non potesse essere solo colpa della fase premestruale e si voltò brusca verso Ariel, che fu costretta a interrompere la sua discussione con Esmeralda per darle retta.

Mi sento strana da qualche giorno.”

Le amiche la guardarono scettiche, Esmeralda spalancò gli occhi chiari, la voce sensuale e profonda che la scherniva: “Jas, tesoro, hai il ciclo?”

Sono in premestruo, ma non è di questo che sto parlando.” ribattè secca, mentre le luci dei negozi del centro commerciale le risplendevano sul viso.

Ariel si morse il labbro inferiore, chiaro segno che si stava concentrando per trovare una plausibile soluzione.

Da quanto hai questa...emh...sensazione?” chiese, ma lei e Esmeralda risero.

Jasmine le guardò torva: “Sono seria! E' da questo weekend che mi sembra... non so, di non ricordare qualcosa. Non è che ho rubato una macchina o qualcosa del genere?”

Lo escluderei. Considerando le condizioni in cui eri, dubito saresti riuscito anche solo a guidare un triciclo.” disse Esmeralda, mentre della cioccolata fuorisciva dalla sua crepes e le colava sulla dita.

Ariel scoppiò a ridere e Jasmine spalancò la bocca, sconvolta.

Tu...tu come fai a saperlo?! Studi a tre ore di distanza da qui!”

Esmeralda si limitò a sogghignare: “Tesoro, le voci girano. La mia accademia non è fuori dal mondo.”

Ariel fischiettò guardando in aria, e Jasmine le sporcò il naso con il proprio gelato.

Nooooo, ti prego! Così mi fai venir voglia, e lo sai che sono a dieta!!” gridò, affrettandosi a pulirsi, ma Jasmine le mostrò la lingua.

Ti meriteresti anche di peggio! Sei una stronza” esclamò ridendo, e Ariel alzò le mani in segno di resa.
“Ehy, non sono stata io! Esme, diglielo anche tu!”

I miei informatori devono restare anonimi, altrimenti non potrei farmi i cazzi vostri e rimanere aggiornata sugli ultimi gossip.” abbassò lo sguardo, malinconica: “...per me è difficile sapervi tutte qui ed essere lontana. Mi mancate.”

Jasmine e Ariel smisero di camminare, si guardarono e la abbracciarono calorosamente, mentre i capelli folti e corvini dell'amica solleticavano loro il naso.

Ci manchi anche tu. Ma siamo fiere di te.” Jasmine sciolse l'abbraccio per sorriderle: “Non ci racconti mai nulla. Come sono i corsi?”

Siamo ancora alla fase iniziale, stiamo ricominciando dalle basi. Le ragazze che sono al primo anno con me non sono...beh, non sembrano interessate a stringere amicizia.”

Esme, sei stata ammessa all'Accademia di danza più prestigiosa del paese. Le amicizie verranno col tempo, per ora devi concentrarti solo sui tuoi obbiettivi.” disse Ariel dolcemente, Jasmine alzò giocosamente gli occhi al cielo.

Rieccola che parte in quarta! Miss Ambizione ha sfornato la sua perla di saggezza! Ari, sul serio, dovresti fare un convegno sul training autogeno. Andrebbe alla grande.”

Magari mi assicurerebbe un futuro migliore del nuoto. Voglio dire, almeno ci guadagnerei qualcosa.” rispose Ariel, sorridendo amareggiata.

Le cose in piscina non vanno bene?” chiese Esmeralda, aprendo la porta che dava alla terrazza e accendendosi una sigaretta con Jasmine dopo aver gettato l'involucro della crepe.

Ariel guardò distrattamente due bambini passare lì accanto con i propri genitori e sospirò: “Non lo so, ragazze. Mio padre è diventato impossibile da gestire, e una volta amavo il nuoto, ma ora... è come se fosse distante anni luce da ciò che voglio.”

Jasmine ed Esmeralda si guardarono preoccupate, poi Jasmine le diede una sonora (e molto poco femminile) pacca sulla spalla e le fece l'occhiolino.

Ari, tesoro, tu hai solo bisogno di scopare.”

Ci fu un attimo di silenzio, poi tutte e tre iniziarono a ridere talmente forte da sentire dolore alla pancia, mentre le persone sulla terrazza lanciavano loro sguardi confusi.

Il discorso si perse quindi tra le risate, e Jasmine non perse occasione di domandare ad Esmeralda della sue relazione con Febo, intavolando una nuova conversazione.

Ariel tese le orecchie, aspettando qualche incredibile sconvolgimento nella vitta di coppia dell'amica, mentre lo stomaco le suggeriva di mettere da parte quegli assurdi pensieri almeno per il momento.

Di pensarci, tuttavia, credeva suo malgrado avrebbe avuto tutto il tempo del mondo.



Rapunzel si muoveva tra i banchi, sovraeccitata come un lemure sotto effetto di caffeina – o almeno, questo era stato il paragone fatto da Jane, presidentessa del club di arte e con una vera e propria ossessione per la fauna selvatica e i ritratti naturalistici di uomini e animali.

Alcuni studenti erano già all'opera davanti alle tele, ma due o tre ragazze mancavano all'appello e le loro postazioni erano vuote.

Sedette su uno degli sgabelli sgombri e osservò la tela incompleta di Alice Liddle, l'amica di Lilo timida e che se ne stava quasi sempre zitta- o almeno durante il corso.

Osservò il disegno con attenzione, le linee di colore leggere ma vivaci come aquiloni di sfumature sgargianti; il soggetto del dipinto era una sorta di strano ometto con un gigantesco cilindro verde seduto su un'enorme tazzina da te; accanto a lui, un coniglio (o una lepre, difficile dirlo con certezza) con il frack che parlava con...cos'era, una carta da gioco umanizzata quella?!

Stropicciò gli occhi, basìta, ma Jane dietro di lei sorrise nel vedere la sua espressione confusa.

...Alice è molto prometttente, vero? Anche se devo ammettere che non è propriamente il mio stile preferito... ma il surrealismo mi affascina.”

Rapunzel non toglieva lo sguardo dal dipinto, insistendo nel soffermarsi sui dettagli delle curve e delle espressioni, nette e ben delineate.

... deve assolutamente vincere il concorso degli esordienti di quest anno. E' splendido.” disse, poi ebbe un'illuminazione e si voltò verso Jane, piagnucolante.

Jaaaaaneeee.... io non sono così brava!” disse, per poi farsi prendere da una specie di attacco di pianto isterico in pieno stile 'bimba di quattro anni cui hanno appena rubato il gelato'.

Jane, sorridendo imbarazzata, le carezzava la testa mentre la biondina la abbracciava disperata, farfugliando parole a caso e ignorando il fatto che tutti gli studenti del corso le stessero guardando.

... presidentessa, va tutto bene?” chiese una studentessa, e Jane si sbrigò a scollarsi di dosso Rapunzel che, con un tonfo, cadde rovinosamente a terra.

Fu proprio in quel momento che qualcuno bussò alla porta dell'aula, distogliendo l'attenzione da Rapunzel e dalla sua scenata melodrammatica.

...emh... si può?”

Jane abbozzò un sorriso, ma Rapunzel impiegò all'incirca venti secondi per:

1: capire di chi era quella voce – e questo, ovviamente, lo aveva capito. Benissimo. Purtroppo.

2: voltarsi sperando di mostrarsi affascinante e disinteressata, magari agitando ad arte i suoi splendidi capelli (forse aveva ragione la zia, quando le diceva che tagliarli non era una buona idea e nemmeno il tingerli, perchè le bionde fanno sempre un certo effetto).

3: provare a svolgere la sua manovra calcolata, immaginandosi già come un concentrato di charme, per poi inciampare su un pennello abbandonato a terra e cadere rovinosamente con la faccia in avanti, assumendo sicuramente un'espressione simile a quella di un babbuino durante un'attacco di vomito e centrando l'unica tavolozza sul tavolino davanti con il viso.

Ci fu un istante di silenzio, poi tutti i ragazzi scoppiarono fragorosamente a ridere.

Jane ebbe l'ottima idea di provare a salvare la dignità dell'amica -o meglio, quel briciolo che le era rimasto- raggiungendo Flynn sulla soglia, il quale nel frattempo guardava Rapunzel tra l'intenerito e il 'noncistocapendouncazzoperòèstatacomunqueunafiguradimerda'.

Rider, come mai da queste parti?” chiese Jane, a braccia conserte e sospettosa.

Flynn distolse lo sguardo da Rapunzel (che nel frattempo non aveva ancora trovato il coraggio per alzarsi e guardare Flynn in faccia, quindi era giustamente rimasta con la faccia sulla tavolozza e iniziava a sentire che i colori le pizzicavano le guance) e le sorrise, con fare ammaliatore.

Ciao, Potter. Bel rossetto. Hai cambiato tonalità? Giuro, hai fatto qualcosa di diverso, non so...tagliato i capelli? Hai usato una nuova marca di ombretto?... no, aspetta, ci sono: hai una taglia in più di reggiseno!” disse, raggiante, mentre Jane lo osservava imperturbabile, un sopracciglio inarcato.

Flynn, ti prego, dimmi solo cosa sei venuto a fare. Dubito che tu sia qui per caso, l'uscita è dalla parte opposta dell'edificio.”
“Ti sono venuto a trovare, Jane. E' molto che non ti vedo in giro...”

A-ah.” rispose lei monosillabe, si guardarono negli occhi per qualche secondo poi Flynn sbottò.

E VA BENE! Devo fare una ricerca per sociologia e ho pensato di venire a dare un'occhiata.”

Che tipo di ricerca è così importante da far avvicniare il grande Flynn Rider a una cosa noiosa come l'arte?” chiese Jane, sorridente, ma Flynn lanciò una breve occhiata alle sue spalle e si allarmò.

Emh.... pensi che stia bene? Non è che è svenuta?” e inidicò Rapunzel, che proprio allora si rialzò e sorrise, provando a sembrare raggiante sotto almeno sei strati di colore a tempera che le coprivano la faccia.

Scusate, ahahahah.... questi stupidi pennelli non sono mai dove dovrebbero essere...” e diede un calcio al pennello colpevole, anche se probabilmente se avesse potuto lo avrebbe raccolto da terra e spezzato in due.

Flynn lanciò uno sguardo d'intesa a Jane: “... voglio parlare di come l'arte influenzi la vita dei giovani e le loro idee, ma non so da che parte cominciare. Pensavo che venire qui e assistere a una delle vostre lezioni mi avrebbe...” guardò brevemente Rapunzel, poi di nuovo Jane “...ispirato.”

Jane rimase leggermente allibita, si voltò rapidamente a guardare Rapunzel e, con un sorrisetto divertito, si rivoltò verso l'amico.

...tutto, pur di vederti uscire da questa maledetta scuola con almeno il minimo indispensabile. Ma, ti prego, non disturbare i ragazzi. Stanno lavorando a dei dipinti per il concorso.”

Ricevuto! Non fiaterò” disse, levandosi la tracolla ed entrando in aula.

Gli altri ragazzi erano tornati già da un po' a concentrarsi sulle loro tele, e Jane andò alla cattedra, sfogliando distrattamente il giornale della scuola e sbirciando Rider che, intanto, si era avvicinato a Rapunzel.

La ragazza, dal canto suo, si augurò di non essere conciata tanto male-ma sentiva i colori bruciargli sulla pelle irritandola, e questo le fece aspettare il peggio.

Fynn posò la borsa accanto a lei, poi la guardò.

...posso...?” le bisbigliò piano, per poi tirarle indietro una ciocca di capelli.

Rapunzel sentì il cuore martellargli violentemente nel petto, tuttavia non era doloroso né sgradevole – al contrario, una strana euforia sembrava essersi impossessata di lei ed ebbe la netta sensazione che tutto il suo corpo fosse addormentato, ad eccezione dell'orecchio che Flynn le aveva sfiorato con le dita.

Sorrise, sperando di non sembrare patetica.

Lui ricambiò il sorriso e le si accostò ad un orecchio, sperando che lei non captasse l'emozione della sua voce: “Raramente mi pronuncio su certe cose, specie se si tratta di complimenti. Ma devo dire che l'arcobaleno ti dona.”

Non seppe con quale coraggio era riuscito a tirar fuori una frase del genere, ma ogni volta la visione di Rapunzel gli faceva perdere la concezione di 'giusto' e 'sbagliato' e finiva col fare delle cose che mai si sarebbe aspettato.

Era una delle cose che più gli piaceva di lei, scoprire lati di sé stesso che non conosceva prima di averla incontrata e sognata.

Alla ragazza si mozzò il fiato, ma poi Flynn si allontanò, arrossendo e tornando lucido, e girando per le postazioni a guardare i lavori degli altri studenti.

Lei guardò la schiena e le spalle larghe, e pensò solo a quanto tutto il resto del mondo sparisse quando lo vedeva.



Jim Howkins non era esattaemente quel che si definirebbe 'un bravo ragazzo'.

Non che fosse proprio cattivo – o almeno, non era così che lui si vedeva.

E poi preferiva di gran lunga mostrarsi come un duro figlio di puttana per evitare che qualcuno gli rompesse le palle (come successo quando era bambino).

Strinse un po' di più il grembiule attorno alla vita e sbucò in cucina, dove sua madre e Silver, il loro cuoco, si destreggiavano tra le padelle e i fumi.

Jim, dovevi essere qui quindici minuti fa!” disse Sarah, prendendo alla svelta alcuni piatti dal pass e avvicinandoglisi accigliata.

Jim osservò quel volto così familiare, così simile al suo da sembrare un riflesso, e provò a levarsi quell'espressione sfacciata che sapeva di avere involontariamente.

Calmati mà, ho fatto il prima possibile.” si voltò, fece una piroetta su sé stesso e in un unico gesto riuscì a vedere gli ordini dei tavoli e prendere alcuni piatti già pronti per la sala, ancora caldi; poi le scoccò un bacio sulla guancia: “Dimentichi che il tuo figliolo va ancora al liceo.”

Tsk, così lo chiamate quel buco di gioventù e ormoni impazziti?!” gridò Silver, ridendo sguaiatamente e agitando il corpo massiccio mentre Ben, il ventenne suo assistente magro come uno spillo, cercava di saltare alcune verdure in una padella.

John, ti prego non ricominciare! Sappiamo tutti quanto sia forte il tuo odio verso le istituzioni scolastiche.” esclamò imrpovvisamente Amelia, la nuova resopansibile di sala che lanciò uno sguardo gelido a Jim.

Invece di star qui a chiacchierare pensiamo a mandar avanti il servizio!”

Ha ragione” disse Sarah sbrigativa, uscendo in sala e iniziando a servire ai tavoli con un largo sorriso.

Jim fece per seguirla, ma Amelia lo bloccò con quei suoi stupidi occhi da gattaccio e lui sbuffò: “Qualcosa non va, micetta?”

Tieni questi appellativi per le tue amichette, Jim. Non servono con me. E la prossima volta che arrivi in ritardo sono guai!”

Sissignora” disse lui, imbronciandosi e mandandola mentalmente a quel paese, per poi iniziare ufficialmente il suo turno come cameriere-aiutocuoco-facchino-tuttofare.

Provò a sorridere ome sua madre quando servì ai tavoli, il che si rivelò facile quando consegno le insalate a due splendide ragazze che, vedendolo, arrossirono e ringraziarono ridacchianti.

Jim non ci fece comunque molto caso, e non perchè quel lavoro necessitasse di chissà quale coinvolgimento emotivo: semplicemente, per lui le ragazze non erano un chiodo fisso.

Cioè, intendiamoci... erano bellissime e fantastiche, ma fino ad allora si era sì e no scambiato qualche bacetto con una o due di loro, e aveva molta meno esperienza di quanta non pensassero i suoi amici che lo avevano eletto come “l'esperto”.

La verità era che non aveva poi molta fiducia nell'amore, anche se credeva nella sua esistenza e tutta quella roba sdolcinata che a Trilli piaceva tanto.

Ma lui non era proprio il tipo da avere una relazione, forse perchè il suo esempio di storia d'amore era riscontrabile in ciò che era successo ai suoi genitori.

Che si erano incontrati e innamorati, e sposati in chiesa con gli uccellini cinguettanti e sua madre già con il pancione gonfio come una mongolfiera.

Erano stati sicuramente molto felici, fino a quando suo padre una mattina aveva perso la testa e si era avviato lungo il pontile, imbarcandosi per chissà quale stupida e infantile avventura.

Jim, che all'epoca era solo un moccioso con i denti sporgenti e il pigiama intero con i bottoni, lo aveva rincorso per tutto il molo, sbatacchiando di qua e di là il peluche di un alieno che portava sempre con sé.

Sua madre aveva provato a fermarlo, tra le lacrime, e Jim ricordava soltanto di aver pensato che stesse piangendo per lui, spaventata all'idea che si potesse far male.

Solo parecchi anni più tardi aveva capito, da solo e senza che ci fosse il bisogno di spiegazioni esterne, che Sarah piangeva perchè suo padre li stava abbandonando.

E in quel momento si rese conto che erano davvero rimasti da soli – lui e lei, con una locanda da mandare avanti e un groppone in gola.

Erano passati gli anni, certo, e lui era cresciuta; ma mentre sua madre diventava più vecchia e bella, lui più cercava di aiutarla più si sentiva appartenente a un altro universo.

Si trattava forse di insicurezza o stupidità, ma stava di fatto che tra il lavoro, le uscite con gli amici e la scuola non aveva proprio la testa per una ragazza.

Ehilà, Howkins! Guarda che bravi, siamo passati a trovarti.” gridò qualcuno alle sue spalle, e fu felice di vedere che Lilo, Alice e Mowgli erano appena entrati al locale.

Jim sorrise e si sistemò i capelli tirandoli indietro, scoprendo la fronte lievemente sudata: “Bella la vita da disoccupato, eh?”

Jim, non fare la vittima. Tua amdre ti paga, no?” disse Lilo, sedendo malamente su un tavolo libero e guardando pigramente il menù

Jim sbattè le mani sul tavolo e sghignazzò, levandole il foglio da davanti e guadagnandosi la sua attenzione.

Mia madre mi dà una miseria, Lilo. Infatti, le mance sono ben gradite!” eslcamò entusiasta, ma Alice seduta davanti a Lilo, il viso poggiato ad una mano, guardò l'amica in cagnesco.

Parla con Lilo, tanto oggi offre lei.” disse acida, al che Mogli sbottò a ridere mentre Lilo la mandava a quel paese.

Cosa mi sono perso?” chiese Jim a Mowgli, che sembrava l'unico disposto a dare qualche spiegazioni, e infatti lo accontentò divertito: “Stamattina la prof Giselle ha messo in punizione Lilo, perchè questa scema non ha svolto la ricerca sulle Hawaii. Lilo si è incazzata e ha dato un calcio al banco di Alice, che stava disegnando qualcosadi nascosto. La prof se n'è accorta e le ha chiesto di vedere, Lilo è scoppiata a ridere dicendole che era una scema e Alice l'ha mandata a quel paese.”

O meglio, ' a fanculo'” precisò Lilo divertita, lasciando di stucco Jim che guardò Alice sorpreso.

Comecosacome?! Hai mandato qualcuno a fanculo? Le brave bambine non usano certe parole, lo sai?” la cantilenò, e Alice non ebbe neanche la forza di commentare, iniziando a dare delle botte sul tavolo con la testa.

...ho saltato la lezione del club per stare in punizione con questa... questa...”

Attenta a quel che dici, Ali. Le parolacce non ti donano.” la punzecchiò Lilo.

Alice si fermò un attimo per poi guardarla brevemente in cagnesco, poi tornò a colpire il tavolo con la fronte, e sbiascicò: “... comunque io voglio una fetta di torta alla cannella e del thè. Al limone.”

Ricevuto, principessa!”

Alice fu grata di avere il viso nascosto, altrimenti sarebbe stato facile accorgersi delle sue guance divenute paonazze.

Lilo ordinò sgraziatamente una porzione di cipolle fritte e una coca alla spina (Jim le fece i complimenti per i gusti sofisticati), Mowgli si limitò a chiedere una macedonia.

Dopo qualche minuto di attesa, tempo durante il quale Lilo e Alice si scambiarono battutine (l'una divertita, l'altra profondamente irritata), Jim portò loro le ordinazioni e guardò alcune sedie vuote lì accanto.

...ma come mai questa desolazione? Gli altri che fine hanno fatto?”

Shantii è andata a trovare una zia e Taron doveva aiutare Dalbert in negozio.” disse Mowgli avventandosi sulla macedonia.

Lilo mordicchiò la cannuccia della sua bibita (aveva questa strana abitudine di usare la cannuccia per qualsiasi cosa stesse bevendo) e guardò distrattamente il telefono: “Trilli non risponde alle chiamate, ma credo sia andata a pattinare al parco.”

E Pan?” chiese Jim, ma Lilo sorrise: “Probabilmente sta annegando nelle tette della Darling chiuso in qualche cesso pubblico.”

Lilo!” la richiamò Alice, ma Lilo mise il broncio: “E dài, che ho detto di male?! Peter si è bevuto il cervello da quando la frequenta. E' proprio vero, tira più un pelo di...”

OK, basta, abbiamo capito cosa intendi!” la interruppe Jim coprendole la bocca con una mano, per poi guardare l'orologio della sala.

...devo tornare in cucina, tra poco Ben stacca e gli do il cambio. Devo rimanere fino alle sette, ma poi sono libero. Per voi va bene?”

Io...io devo tornare a casa, per la cena.” disse Alice timidamente, evitando lo sguardo di Jim.

Perfetto, a casa per le otto come una bambina... ma sapeva che sua madre le avrebbe rotto le scatole a vita, se non avesse rispettato il coprifuoco – di solito riusciva a tergiversare sull'orario di rientro, ma quella sera sua sorella avrebbe mangiato da loro e la aspettava una serata all'insegna del taglio di vene.

Jim le carezzò una guancia, con tenerezza: “Tranquilla, possiamo organizzare per un'altra serata. Comunque se volete restare fino alle sette, quando finisco il turno ti dò uno strappo.”

Alice stava per rifiutare cortesemente, ma Lilo (che intanto si era gustata la scena) si mise una mano sulla fronte con fare teatrale.

Ooooooh, accidenti... stasera avevo promesso a Jumba di provare il suo monopattino a motore! Tra massimo un'ora devo scappare...” disse, platealmente bugiarda.

Alice alzò gli occhi al cielo quando perfino Mowgli disse che, in effetti, Shantii per quell'ora sarebbe stata a casa e voleva aprofittarne per proporle un cinema serale.

Ora, tralasciando quanto sospetto fosse questo improvviso romanticismo da parte di uno che prima ti dice che ti cucina qualcosa 'con le sue manine' e poi ti piazza davanti una vaschetta già pronta di gelato alla banana (...ebbene sì, è una storia vera. Shantii gli aveva tenuto il broncio per giorni) Alice pensò che ci fosse decisamente qualcosa di strano nel comportamento dei suoi cosiddetti 'amici'.

Tuttavia, una volta che Jim si fu allontanato con la promessa di riportarla a casa, non fece in tempo a chiedere chiarimenti sulla faccenda che entrambi stavano già affrontando il discorso 'Peter'.

Alice si tormentò le punte dei capelli con le dita, e al pensiero di restare sola con Jim le tremavano le gambe.

...ok, Jim era solo un amico.

Lo era sempre stato, perchè adesso sarebbe dovuto essere diverso?

Provò a immaginare il motivo per il quale tutti ultimamente si comportavano in maniera così strana, e l'ovvia risposta fu che gli altri si erano sicuramente messi qualche strana idea in testa.

Evidentemente il fatto che si fossero avvicinati aveva creato dei sospetti- ma erano solo chiacchiere inutili, perchè Jim non provava sicuramente il minimo interesse per lei, che era così banale e scialba e timida da sembrare quasi invisibile.

Con questa convinzione assaggiò il primo pezzetto della sua fetta di torta, sorridendo qandò notò che Jim le aveva sistemato sul piatto un ciuffo di panna montata per cui, lui sapeva, aveva un debole.

Arrossì un poco, sperando che Lilo e Mowgli non lo notassero, ma erano troppo presi dal loro discorso per ricordarsi della sua presenza e così si godette la torta in pace, nel suo angolino tranquillo di sogni.



Nani abbandonò la tavola accanto a sé, gettandosi sulla sabbia e lasciando che i granelli le si infilasser dappertutto: nonostante la maggior parte delle persone lo trovasse insopportabile, lei lo adorava.

David la raggiunse correndo, i capelli gocciolanti e il fisico atletico, e si sedette al suo fianco per poi baciarla appassionatamente.

Lei ricambiò, poi si guardò intorno per controllare che non ci fosse nessuno e approfondì il bacio, un po' incerta.

David, notandolo, si allontanò appena per guardarla negli occhi. “Va tutto bene?” chiese dolcemente, e Nani guardò lui, poi il mare e di nuovo David.

... non so cosa mi inventerò alla fine dell'anno, David. Non... non posso andarmene al college e abandonare questa città.”

David le tirò su il mento mentre lei tentava di tergiversare osservando la scogliera, e le baciò una guancia piano.

Non puoi mollare i tuoi progetti così. So che hai paura...” e Nani lo ascoltò, le lacrime che già sgorgavano rapide e sfacciate sulle guance.

David gliele baciò piano e la strinse a sé, e lei lo lasciò fare nonostante fosse di natura timida e un po' fredda – forse le uniche caratteristiche che condivideva con Lilo, in effetti.

Si rifugiò sul suo petto bagnato, sperando che almeno le sue parole riuscissero a lenire un po' del dolore che, al solo pensiero di ciò che sarebbe successo, le dava la sensazione di avere la pancia piena di spine.

... devi continuare a studiare, Nani. Lo sappiamo tu ed io, e lo sa anche Lilo.”

Quando sentì il nome di sua sorella, Nani si scostò dal suo corpo irrigidendosi.

Ma come faccio, David?! Come... come posso abbandonarla qui? Dopo tutto quello che abbiamo passato...”

E' proprio per questo che ti meriti un po' di felicità, così come la merita lei. Finirà gli studi e, come te, prenderà la decisione più giusta... ma sappiamo entrambi che, per il momento, l'unica a dover scegliere sei tu.”

Ci fu un attimo di silenzio, in cui entrambi si scambiarono un lungo sguardo carico di affetto e supporto: poi Nani poggiò la fronte a quella del ragazzo e sospirò.

... Lilo sa che voglio andare via, e mi ha detto più volte che lei se la caverà. Ma ho paura.”

David le diede un buffetto sulla guancia e sorrise, comprensivo: “Nani...hai paura che non ce la farà senza di te... o che tu non ce la farai, senza di lei?”

E fu allora che Nani iniziò a piangere, ma a piangere sul serio, con foga, sulla sua spalla.

David la abbracciò, cauto, il cuore spaccato in due da una profonda tristezza, un'ineguagliabile senso di impotenza e un vergognoso senso di colpa che lo lacerava da dentro.



Oh, adoro le stelle!”

Flynn guardò Rapunzel volteggiare per il cortile deserto della scuola, i capelli biondi al vento e lo sguardo verso il cielo stellato.

Restò incantato e si appoggiò con tutto sé stesso alla panchina su cui erano rimasti a chiacchierare fino a quell'ora.

In realtà non era nel piano passare tutto questo tempo assieme a Rapunzel il primo giorno, ma dopo le attività del club lui le aveva offerto una bibita al distributore e, senza pensarci, se ne erano andati in cortile sorseggiando aranciata in lattina e lasciandosi andare a chiacchiere stranamente (e splendidamente) disinvolte.

Aveva immaginato mille volte di parlare con lei del più e del meno, e diciamo che si aspettava qualcosa di grandioso.

Beh, parlare da solo con Rapunzel non era grandioso – era straordinario.

Le piaceva parlare di sé con auto ironia, e rideva quando descriveva i suoi stessi difetti: si era perfino cimentata in una perfetta auto imitazione di uno dei suoi momenti di bipolarismo e insicurezza, ad esempio quando lottava contro sé stessa per resistere alle torte di Tiana nonostante cercasse di mantenere un fisico per lo meno accettabile.

E Flynn, inutile negarlo, non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, ma anche volendo non avrebbe potuto perchè Rapunzel era così luminosa da sembrare una lucciola sfavillante.

Rapunzel smise di canticchiare per voltarsi e sorridergli.

Cosa c'è?” chiese, arrossendo.

Lei stessa era stupita della naturalezza con la quale era riuscita tutto il pomeriggio a tenere una conversazione (una VERA conversazione!) con Flynn, senza fare figuracce né agitarsi.

Flynn la agitava ma, allo stesso tempo, una volta rimasta sola con lui (per la prima volta da quando si conoscevano) si era sentita splendidamente a suo agio.

Aveva scoperto un sacco di cose di lui che non avrbebe mai immaginato – ok, sì, era un dongiovanni quasi (quasi) ai livelli di Naveen, e spesso e volentieri saltava le lezioni.

E sì, inutile negarlo, non era esattamente il tipo di ragazzo che sua zia avrebbe approvato.

Ma era, in realtà, anche un ragazzo insicuro e pieno di ricordi interessanti.

Rapunzel, ad esempio, non sapeva che vivesse con un padre adottivo, un tale di nome Maximus che faceva il poliziotto e aveva, a detta di Flynn, una strana fissa per i cavalli.

Lui le aveva raccontato parecchie cose della sua infanzia, vissuta tra un affidamento sbagliato e l'altro, e lei era rimasta ad ascoltarlo per ore, spostandosi continuamente tra la panchina e il prato, a seconda di dove battevano i raggi di sole.

Poi era stato il suo turno di raccontare qualcosa, perchè lui glielo aveva chiesto con un sorriso; la ragazza aveva quindi cominciato a parlare della sua stramba famiglia e di quanto a volte fosse eccessivamente protettiva.

Gli confidò perfino di un suo sogno ricorrente, durante il quale lei era rinchiusa in quella che sembrava essere un'enorme e altissima torre sperduta in una specie di radura, da sola, che gridava aiuto.

Era sempre stato un sogno che la inquietava, ma chissà perchè in quel frangente lo trovò un po' ridicolo e ne rise di gusto, per poi condividere le risate con Flynn.

Ovviamente tralasciò il dettaglio di lui che, ogni volta, appariva magicamente da un armadio (sì, esatto: un armadio. Forse aveva ragione Jas, quando le consigliava di rivolgersi a uno psichiatra) e la salvava, prendendola in braccio e calandosi dalla torre con un lenzuolo bianco come un principe delle favole.

Ora, specifichiamo: Rapunzel non aveva un'indole particolarmente romantica, anche se non poteva negare che su di lei i film sentimentali e i romanzi d'amore riscuotessero un certo fascino – tuttavia non aveva mai mostrato particolare interesse per baci, coccole o, peggio, abiti da sposa.

Ma non poteva negare che, quando Flynn aveva raccolto una margherita e gliel'aveva poggiata tra i capelli, appena sopra l'orecchio, le era sfuggito un sospiro languido da ragazzina pateticamente cotta come una patata.

Flynn si alzò e stirò un po' la schiena, contro voglia.

Beh, si è fatto tardi. Dài, ti do uno strappo con la macchina.” propose avviandosi verso il parcheggio, ma Rapunzel portò le mani in avanti, sorridendo imbarazzata.

Oh no, io... io ho la bici proprio qui. Non devi accompagnarmi, ci metto dieci minuti.”

Puoi sempre lascarla qui e farti dare un passaggio” ribattè il ragazzo, smaliziato.

Lei stava per rifiutare, ma quando Flynn le sfiorò il dorso della mano con le dita e le gettò uno dei suoi 'sguardi da conquista' scoppiò a ridere.

Flynn Rider, riasparmiami certe espressioni! Con me non attaccano” disse tra le risate, poi gli diede un pugnetto sulla spalla e raccolse lo zaino da terra.

...però il passaggio lo accetto. Anche se domani mattina mi toccherà venire a piedi!” esclamò, e lui si inchinò con una moina.

La signorina Light mi ha così reso onore nell'accettare il mio invito che si è appena assicurata un passaggio a scuola anche per domani mattina” disse solenne, per poi offrirle il braccio e dirigersi verso il parcheggio assieme.

E, giurò, mai aveva incontrato una ragazza che lo facesse ridere così.




Jim fermò il motorino e saltò giù dal sellino, la maglietta bianca svolazzante.

Ecco fatto! Libero dalla tua presa ferrea, finalmente!”

Non è colpa mia se corri come se dovessi gareggiare contro un giaguaro” notò Alice, senza torvare il coraggio né di togliersi il casco né di scendere.

Jim alzò gli occhi al cielo, divertito, e le porse una mano per poggiarsi che lei accettò, scendendo con quella grazia un po' impicciata che la contraddistingueva.

Jim le tolse il casco e le alzò un po' il mento, carezzandolo piano.

Fu un gesto breve, di un secondo, ma non potè fare a meno di avere l'istinto di buttarsi negli occhi azzurri della ragazza come se si gettasse da una scogliera.

Alice trattenne il respiro mentre Jim si avvicinava con il viso.

Lentamente.

Molto lentamente.

Troppo.

Chiuse gli occhi istintivamente quando i loro nasi si sfiorarono, senza sapere cosa aspettarsi; ma in tutta risposta sentì una risata, e quando aprì gli occhi Jim la guardava con estremo divertimento.

Leopardo.”

Alice sgranò gli occhi, confusa.

..eh?!”

Jim si avvicinò ancora e le sussurrò sulle labbra chiare: “L'animale più veloce. Non è il giaguaro, è il leopardo.”

E continuando a ridere si scostò, avviandosi verso il marciapiede.

Alice rimase immobile per qualche frazione di secondo, poi si rabbuiò tutto d'un tratto, irata.

Jim Howkins, sei... sei un idiota!”

Perchè?” gli chiese lui, fingendo indifferenza, ma entrambi sapevano quanto stesse visibilmente trovando divertente tutta questa faccenda.

Oh, certo, figurati se perdeva l'occasione per farla passare da ingenua...

Alzò il mento con fare altezzoso e gli passo davanti, stringendo la tracolla di cuoio e fermandosi davanti al cancello della villetta.

Jim osservò l'abitazione dell'amica, ammirandola come sempre: una perfetta villa in stile inglese, bianca e a tre piani, con le finestre colorate (e qualche luce accesa) e il giardino piccolo e ben curato.

Alice si guardò attorno, agitata, poi si voltò verso il suo accompagnatore, offesa.

Beh, grazie.”

Tutto qui?”

Alice stavolta perse davvero le staffe, ma il suo famoso pudore ebbe la meglio come sempre e tentò di trattenersi senza nascondere una certa insofferenza.

Che intendi? Sei tu che ti sei offerto di accompagnarmi, io potevo benissimo tornare da sola.”

Jim rise ancora, e Alice arrossì senza tuttavia togliere il broncio.

Era ovvio che trovava la situazione molto esilarante, per chissà quale assurdo motivo.

Jim si avvicinò, le mani in tasca, e si grattò il mento per poi guardarla negli occhi: “...non sia mai che una signorina di buona famiglia non ritrovi la strada di casa e si perda nel buio.”

Una pausa, ed era di nuovo vicino.

Alice aderì con la schiena lungo il cancelletto bianco, improvvisamente nervosa.

Jim era incomprensibile, e odiava quando la trattava come una bambina viziata.

Però...

Le cinse la vita con le braccia e i loro volti furono di nuovo pericolosamente a una distanza minima di sicurezza, il che la fece rabbrividire un poco.

Non che fosse propriamente spiacevole, ma...

Sentiva le voci dei suoi genitori da dentro casa, il chiarrieccio misto al rumore di posate, e capì che sua sorella doveva essere già arrivata e probabilmente Edgar, il maggiordomo, stava già apparecchiando per la cena.

Trovò curioso come, in una situazione del genere, l'unica immagine su cui riusciva a concentrarsi fosse il servizio buono di sua madre comprato a Londra, ma Jim che si toccava rapido le labbra la fece tornare alla realtà.

... un riconoscimento sarebbe gradito.”

Cominciava a sentire un certo freddo, eppure sentiva che il suo corpo si stava scaldando senza un'apparente ragione e questo la fece disorientare.

Sorrise, cercando di mostrarsi comprensiva.

E' soltanto Jim Alice. Che cosa ti prende?

In...infatti ti ho detto 'grazie'. Vuoi entrare per... non so, hai... hai fame?” chiese, ma con evidente poca convinzione.

Jim infatti lanciò uno sguardo alle spalle della ragazza e sospirò, senza perdere il sorriso (che tuttavia, notò Alice, divenne pian piano un segno di lampante imbarazzo): “... non penso che sarei un ospite gradito, ma apprezzo lo sforzo.”

Il tono di voce era abbattutto ma leggero, e la ragazza sperò che non avesse frainteso.

Le sarebbe piaciuto davvero poter portare Jim in casa, ma entrambi sapevano che i suoi genitori non avrebbero fatto i salti di gioia vedendo i suoi vestiti larghi e i capelli legati in un codino, così l'aria si fece improvvisamente molto imbarazzante.

Alice abbassò lo sguardo, dispiaciuta.

... non volevo offenderti. Comunque...” e stavolta sorrise riconoscente: “...grazie, Jim.”

Jim sghignazzò: “... speravo in una dimostrazione di gratitudine più fisica, sinceramente.”

Alice colse la palla al balzo per prenderlo in giro e fingere di non aver capito e lo abbracciò.

Jim, sorpreso, esitò per un attimo. Poi, titubante, ricambiò la stretta.

Non era un ragazzo molto affettuoso, e questo Alice lo sapeva, e questo non fece che renderle un gesto così semplice ancora più... speciale.

Sciolserò l'abbracciò e lei, timidamente, si voltò verso la porticina del cancelletto; Jim stava per avviarsi verso la moto, ma senza neanche accorgersene le scoccò un baciò sulla guancia mentre era di spalle.

Alice arrossì e, presa alla sprovvista, si girò per guardarlo – ma lui si stava già infilando il casco e, in un minuto, era salito in sella lasciandosi il viale alle spalle.



Lilo guardò la sua immagine riflessa, contando i secondi.

Sembrava che il tempo si fosse fermato, e studiava lo specchio, incerta, sperando di captare quali fossero le sue emozioni in quel momento- ma non riusciva a sentire nulla, se non una vaga eco di voci che le sussurravano di stare tranquilla, di mantenere la calma.

Stitch, placidamente seduto sul tappetino del bagno, la guardava cauto e Lilo sorrise, più per tranquillizzare sé stessa che lui.

Sapeva che stava perdendo il suo tempo... era una cazzata.

Non poteva essere vero.

Eppure i fatti parlavano chiaro...

Il timer che aveva impostato sul cellulare la allarmò, cogliendola di sorpresa, e si affrettò a spegnerlo.

...fece un respiro profondo, poi guardo quello stupido aggeggio.

Via il dente, via il dolore no?!

Chiuse gli occhi un istante, poi guardò il risultato.

Restò in silenzio, mentre il terreno sotto di lei sembrava mancare.

Sentì le lacrime che, piano, iniziavano a scorrere sulle guance arrossate per l'agitazione.

cazzo.

Fu stupita dalla calma con cui stava affrontando questa faccenda assurda, ma guardandosi di nuovo allo specchio non potè fare a meno di sentirsi una cretina.

Si mise una mano sulla pancia, continuando a piangere, mentre la mente si svuotava e Stitch le leccava una gamba, comprensivo.



Nell'angolino dell'autrice:

Buona sera, buona sera bella gente :3 Come procedono le vacanze? Dunque, lo so che ci ho messo (come sempre) un po' per sfornare il nuovo capitolo, ma sapete che mi piace farvi aspettare... ok no, in realtà sono alla disperata ricerca di un lavoro e non ho avuto molta testa per la scrittura. Solo che mi sono iscritta a due contest e devo consegnare i lavori entro il 27 di questo mese, così ho preferito dare la precedenza a questa storia per potermi concentrare sulle competizioni senza avere l'ansia di 'oddiomemydeviaggiornaredisneyhighschoolsantocielostaiperdendotuttiilettoripoitilamenticheperdirecensori'.

DETTO QUESTO.

E' stato un capitolo con dei nuovi arrivi *__* wiiiii, sono felice di aver inserito Esmeralda e Jane (la mia preferita XD) , anche se il loro ruolo sarà come comparse.

Che dire del capitolo? La parte di Ailyne e Taron è l'unica a soddisfarmi davvero, per il resto sono andata a istinto- diciamo che è stato un capitolo un po' verso il genere romantico, ma che volete farci, sono una sentimentale XD.

Tutti: ma non è vero!

Memy: suvvia, fate pensare ai lettori che lo sia, così nascondo il mio sadismo...

-brividi-

Ad ogni modo, ho dato un po' più di spazio ad acune ship che stavo un po' lasciando in disparte.

I poveri Rapunzel e Flynn mi stavano supplicando di dargli un po' di attenzioni, e pensare che sono anche la mia coppia preferita... che vergogna.

Ah, non so se l'avete notato, ma Edgar (il maggiordomo di Alice) è quello de 'Gli Aristogatti' XD.

Dunque, ci tenevo a fare una piccola parentesi sui cognomi che ho introdotto da questo capitolo e a cui non avevo mai neanche accennato: per la maggior parte dei personaggi ho dovuto ovviamente usare la fantasia.

Eccovi quindi la lista di TUTTI i cognomi dei protagonisti con motivo annesso (escludendo ovviamente Pan e coloro che ne hanno già uno nell'opera originale. Ah, per la cronaca: Pelekai è il vero cognome di Lilo e Nani. Non è adorabile?).

E' stato abbastanza complicato per alcuni di loro, e in alcuni casi ho fatto molte ricerche anche sulle storie da cui ha origine il personaggio (non solo quindi al cartone Disney). Spero davvero che vi piacciano.


-Naveen Maldonia: questo è abbastanza ovvio... comunque, è il nome del Regno di cui Naveen è principe nel cartone originale.

- Adam Beast: anche questo è scontato dài XD

-Aladdin Street: essendo Aladdin, nell'opera originale, cresciuto per strada. E' un omaggio all'Aladdin povero del lungometraggio, che quando canta la sua canzoncina e mette a letto Abù mi fa sempre piangere. Avrei voluto dargli un cognome arabo come quello di Jasmine, ma essendo cresciuto in un orfanotrofio (il Neverland) sin da quando era in fasce ho preferito che ne avesse uno americano, perchè effettivamente non si hanno certezze sulle sue origini. Il nome era scritto su un foglio quando è stato lasciato davanti la porta del Neverland.

- Taron Caer: nel libro da cui è stato tratto il film (il primo, se non vado errata, di una vera e propria saga fantasy) Taron vive per l'appunto nella fattoria di Dallben (che qui è il suo tutore), denonimata appunto Caer Dallben.

- Mowgli Kipling: è un omaggio all'autore dei libri su cui si basa Il Libro Della Giungla. Non potevo non metterlo in mezzo, suvvia, gli dona anche abbastanza XD



- Belle Andersen: Belle ama la lettura, di conseguenza il suo cognome è quello di uno dei più grandi autori di fiabe che siano mai esistiti.

- Jasmine Budur: è tratto dal nome della storia originale cui Aladdin si ispira, dove la principessa si chiamava appunto Badr al-budur (che significa Lunalba).

-Tiana Green: beh, sappiamo che Tia nel film rimane una rana per più di metà pellicola XD

-Rapunzel Light: non so che qualcuno è in fissa, come me, con i film in lingua originale. La splendida canzone che canta assieme a Flynn sulla barca si intitola in inglese 'I see the light', che vuol dire appunto luce. Rapunzel sembra illuminare sempre chi le sta attorno con il suo entusiasmo e la sua energia, per questo lo trovo molto azzeccato.

- Aurora Wood: 'wood' in inglese significa 'bosco'. E' quindi una citazione del titolo.

- Alice Liddle: è il nome originale dell'Alice di Carrol.

- Shantii Kaberi: Kaberi è un cognome indiano che significa 'piena di acqua'. L'ho scelto perchè, nel lungometraggio, Shantii e Mowgli si incontrano proprio quando lei va a raccogliere l'acqua per la sua famiglia, conducendo così Mowgli al villaggio e, quindi, tra i suoi simili.

-Tinkerbell Dust: ebbene sì, anche qui in realtà Trilli si chiama Tinkerbell, anche se ovviamente nessuno usa mai il suo nome completo. Dust in inglese significa 'polvere', e mi sono ispirata ovviamente alla polvere di fata di 'Peter Pan'.

-Ailyn Sheridan: è il cognome che doppia il personaggio in lingua originale. Mi piaceva semplicemente come le stava. E' un motivo futile ahahah


Ok, l'elenco (per ora) finisce qui.

Ah, non fatemi domande sull'ultima parte, io non spoilero un bel niente ahahah XD Sì, lo so, mi state odiando. O forse no e non ve ne frega niente (molto più probabile ndTutti) (Oh, mamma mia come siete acidi ndMemy) (Acidi? ACIDI? Dico, ti rendi conto di cosa mi stai facendo passare? Sei una vera mer... nd Lilo) (Sì sì, abbiamo capito ndMemy).

Beh, ok, la chiudo qui XD Ma prima, il sondaggio di questo capitolo: la vostra canzone Disney preferita? Sì, lo so, scegliere è una tortura, ma impegnatevi :3 Io non ho una vera e propria classifica, ma in linea di massima direi che è Son of Man di Tarzan. Mi ha fatto maturare davvero.

Come al solito, vi ringrazio per il vostro affetto e supporto! Se vi va, lasciatemi una recensione- non mordo, lo giuro! - lancia biscotti-

Al prossimo capitolo, e buone vacanze! Fate i bravi eh <3

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7



Peter, sei …. sei davvero sicuro che vada bene così?”

Peter fece un ghigno e si mise una mano tra i folti capelli rossi, scuotendoli con nonchalance e dando mostra di tutta la sua inesauribile vanità.

Tsk, tu mi sottovaluti! Sono un pasticcere formidabile, biondina.”

Trilli continuava a guardare la torta malridotta in cottura, chinata davanti al forno con il grembiule e i guantoni di stoffa che spuntavano dalla tasca dei jeans.

Cercava, più che altro, di ripassare a mente il tipo di comportamento da avere in caso l'intero edificio andasse a fuoco.

Peter le si avvicinò, imbronciato: “Smettila di fissarla con quella faccia!”

Io non sto facendo alcuna faccia!” si affrettò a spiegare, tranquilla, rialzandosi e iniziando a ripulire il tavolo dell'enorme cucina “è solo che credevo l'avremmo comprata, la torta.”

Ma... ma le cose fatte a mano e con amore sono le migliori!” esclamò Peter, incredulo che l'amica non si esaltasse come lui per una cosa del genere.

Trilli sorrise, arrendevole, e senza continuare il discorso afferrò lo zucchero a velo per riporlo al suo posto.

Mentre si avvicinava alla mensola, tuttavia, sentì qualcosa sotto il piede e fu un attimo: scivolando in avanti, si ritrovò tra le braccia di Peter (che era riuscito ad afferrarlo al volo).

Ovviamente, è inutile specificare che lo zucchero le era sfuggito dalle mani, volando in aria come per magia e ricoprendoli entrambi dalla testa in giù, fin sulla punta delle scarpe, per poi finire rovinosamente a terra, sparso ovunque.

Peter la teneva per i gomiti, e dopo un istante di sincera sorpresa sbottò in una fragorosa risata.

Trilli, dal canto suo, si affrettò a rialzarsi e a guardarsi attorno: la cucina era un disastro, lo zucchero ricopriva metà del pavimento, loro sembravano due pupazzi di neve e i Bimbi Sperduti sarebbero tornati a breve dalla passeggiata nel parco, compresi i gemelli – cui la torta era destinata.

Peter, smettila di ridere come una iena e diamoci una mossa! Bianca, Bernie e i Bimbi saranno qui tra poco.”

Peter smise lentamente di ridere, senza riuscire a tornare serio del tutto, e le si avvicinò piano; Trilli, ferma davanti al frigorifero, cercava di togliersi lo zucchero dai capelli ma si bloccò quando si ritrovò l'amico a pochissima distanza.

Le mancò il fiato per un istante, Peter le sfiorò la punta del naso col dito e se lo mise in bocca, poi le mostrò la lingua divertito: “io adoro lo zucchero a volo!”

Sentendosi come sempre una perfetta cretina, alzò lo sguardo al cielo e gli diede un buffetto sulla guancia, poi insieme iniziarono a mettere tutto in ordine.

Come previsto, i Bimbi tornarono alle sei e trenta – ma loro fecero miracolosamente in tempo a mettere tutto in ordine e a finire di sistemare la sala per la festa.

Quando gli orfani rientrarono, però, non solo si stupirono per i festoni e i palloncini.

Aprirono la porta e, dopo essersi guardati attorno, ancora con i jeans sporchi di fango e i capellini in testa, videro Trilli spuntare da un angolo e gridare: “Ecco qui i miei Bimbi Sperduti!”

Trilliiiiiiiiiiiiiiiiiiii!”

I Bimbi le corsero incontro con enfasi, tenendole una specie di affettuoso agguato e stendendola letteralmente a terra.

Peter, Bianca e Bernie osservavano la scena sorridenti, mentre Trilli e i piccoli ridevano con entusiasmo.

Pennino, che le si era avvinghiato, le lasciò un ultimo, umido bacio sulla guancia per poi lanciarle uno sguardo pieno di amore sincero.

Ci sei mancata tanto, Trilli.”

Oh, piccoli miei...” li guardò commossa, mentre si rimetteva seduta sul tappeto e loro continuavano ad abbracciarla e a farle le feste come una cucciolata “... mi dispiace di non essere riuscita a venire, negli ultimi mesi. Tra il lavoretto estivo e l'inizio della scuola non ne ho avuto il tempo...”

I gemelli la interruppero, e uno dei due le mise una mano tra i capelli: “sei venuta per la nostra festa?”

Ma certo!” disse Trilli con entusiasmo “non avete visto com'è bello il salone? Chi pensate ci abbia pensato, ad addobbarlo così?”

Di sicuro non Peter!” rispose l'altro gemello prontamente.

Ehi, tu!” protestò Peter, prendendolo in braccio tra le risate generali “Ma guarda cosa mi tocca sentire … cos'è, pensi che io non sia in grado di gonfiare due stupidi palloncini?” domandò, e senza attendere risposta lo portò sul divano dove iniziò a fargli il solletico.

Trilli, mentre i bambini si alzavano e iniziavano i festeggiamenti, osservò la scena restando seduta.

Peter, non accorgendosi di essere l'oggetto delle attenzioni di qualcuno, fu attaccato di spalle dall'altro gemello, e prontamente lo ribaltò su un cuscino fingendo di morderlo, per poi alzarsi di tanto in tanto e far finta di masticare, esclamando con enfasi: “mmmh... questo bambino ha davvero un buon sapore!”

I gemelli, ovviamente, ridevano con le lacrime agli occhi, e lei non potò ignorare la sensazione che le riempiva lo stomaco.

Tutti i loro amici giudicavano Peter uno sciocco infantile, e probabilmente avevano anche ragione.

Ma, pensò, se avessero potuto vederlo in quel momento … se solo qualcuno avesse visto come si prendeva cura di quei bambini, di come era pronto a difenderli, amarli … a morire per loro.

Nonostante fosse legalmente possibile, per lui, comprare un appartamento per conto suo, si era rifiutato mesi fa.

Bianca e Bernie hanno bisogno di me” aveva detto, sdraiati sul letto di lei, un tiepido pomeriggio del passato Aprile “... i bimbi hanno bisogno di me. Non posso abbandonarli.”

Trilli, però, sapeva la verità.

Non erano i Bimbi Sperduti ad aver bisogno di Peter … era lui a non poter immaginare la sua vita senza di loro.

Il Neverland era stata la loro casa, in fondo -e anche Trilli, se avesse potuto, sarebbe rimasta lì sin dall'infanzia.

Poi Turchina l'aveva adottata, e nonostante fosse stata felice di avere una madre il suo cuore non aveva mai abbandonato quel luogo.

Non aveva mai abbandonato i Bimbi Sperduti (arrivati qualche anno dopo, quando lei era ormai solo un'amata visitatrice e non più una Sperduta) e, soprattutto, non aveva mai, mai abbandonato Peter.

Erano cresciuti in letti vicini, tenendosi la mano prima di dormire e facendo il bagno assieme, nella piscina gonfiabile durante le estati afose della loro infanzia; Bianca aveva ricoperto i loro sederini di borotalco, aiutata da un piccolo Aladdin (il ragazzo che andava nel loro stesso liceo ma con cui, ironicamente, lo stesso Peter non aveva mai praticamente parlato).

Avevano imparato a condividere i giocattoli e i biscotti, rubandoli quando Bernie era distratto, e quei giorni non avrebbero mai abbandonato le loro memorie.

Poi, però, i compleanni erano aumentati.

Dopo dieci anni – dieci anni di simbiosi, di fratellanza, di carezze e coccole innocenti- Trilli aveva abbandonato il Neverland.

E mentre, in cortile, Bianca Bernie e gli altri orfani agitavano la mano, salutandola con gioia e invidia, Trilli stringeva al petto il coccodrillo di pezza che Peter le aveva regalato e lo aveva cercato con lo sguardo, prima di salire in macchina.

Lui era lontano, nascosto dietro un albero, ma Trilli lo aveva visto lo stesso.

E piangeva.

Piangeva piano, il viso per metà coperto dal tronco, senza riuscire a smettere di guardarla.

Lei avrebbe voluto andare là e stringerlo, ma a dieci anni si inizia ad avere una strana comprensione mista a saggezza, tramite la quale iniziamo a capire i sentimenti delle persone che amiamo.

E Trilli capì in quel momento di non poterlo raggiungere, perchè era giusto così: era giusto che finisse senza parole inutili, senza addii drammatici.

Capì questo e capì di amarlo.

Certo era solo una bambina, ma talvolta ancora si stupiva di quanto quel sentimento fosse sempre esistito.

Amava Peter da tutta la vita, di quell'amore nascosto e disperato che non tutti conoscono – ma, per ironia, era l'unico amore che lei potesse accettare di provare.

Sapeva di non poterlo avere.

Lo aveva sempre saputo, e in un qual senso questo la consolava, perchè le lasciava la strada libera per aprirsi a nuovi sentimenti.

Tuttavia, era in lei forte la consapevolezza che non avrebbe mai amato nessuno come amava lui.

Peter si voltò verso di lei all'improvviso, e le sorrise dolcemente.

E lei ricambiò, per poi alzarsi di scatto, in pieno panico, mentre Bianca gridava qualcosa a proposito di 'uno strano odore di bruciato'.


*

Un altro colpo, più forte del precedente.

Ed un calcio, ben assestato, con la gamba ben tesa.

Mulan sentiva le gocce di sudore scorrerle lungo la schiena, mentre il judoji aderiva alla pelle umida, limitandole quasi i movimenti.

Il silenzio del dojo la rilassava, permettendole di concentrarsi.

Il sacco davanti a lei oscillava, cigolando, sotto la pressione dei colpi- ed era da una decina di minuti che proseguiva così, a quel ritmo, ignorando la stanchezza.

Poi si fermò un istante, per riprendere fiato.

Si avvicinò al suo armadietto, togliendosi la cintura nera e la casacca bianca, e rimasta in canottiera strofinò l'asciugamano sulle spalle, i capelli neri e lisci raccolti quel giorno in una cipolla disordinata – ma, ovviamente, il fermaglio del signor Fa era sempre lì, come tutte le volte.

Ne approfittò per bere un sorso d'acqua e dare un'occhiata al suo cellulare.

Un messaggio di Meg su un'uscita serale improvvisata con Rapunzel e Belle, qualche mails di inutile e insopportabile spam, un 'like' di sua nonna sotto la foto fatta la sera della festa con Naveen, Nani e Herc.

Alzò gli occhi al cielo, ripromettendosi di non iniziare mai più la signora Fa ai social network, che da quando li aveva scoperti passava giornate intere a commentare le foto dei suoi amici (rigorosamente maschi) con cuoricini e frasi altamente censurabili.

Loro ci ridevano su, ma la cosa stava diventando decisamente imbarazzante e...

... Mulan?”

Si voltò di scatto, facendo cadere l'asciugamano sul tatami.

Rimase a fissare Shang e il suo sguardo incuriosito per qualche istante, poi si chinò per raccogliere il panno con un'espressione indecifrabile.

Shang.” disse soltanto, e lui sentì una morsa al cuore nel provare ad ignorare il tono di voce con cui gli si era rivolta.

Che... che cosa ci fai qui?” chiese, timidamente.

Inaspettatamente, Mulan rilasso i muscoli del viso e sorrise flebilmente: “...questo è il mio dojo, Shang.” rispose, rendendosi conto di doversi almeno sforzare di essere gentile.

Voglio dire, in fondo non c'era motivo plausibile per cui dovesse avercela con lui... sì beh, ok, si sentiva tremendamente a disagio quando lui le chiedeva di uscire con insistenza davanti a tutti gli altri atleti della palestra, e questo era appurato.

Ma, a parte quel suo lato da spaccone fissato con il ninjutsu, spesso si dimostrava un ragazzo molto tranquillo – un po' troppo permaloso, forse, e lievemente vittima di manie di protagonismo.

Però le era capitato spesso di incontrarlo anche fuori dai corridoio della scuola (destino crudele che aveva fatto innamorare i loro rispettivi migliori amici come cerbiatti in primavera!), più che altro nelle uscite di gruppo – e doveva ammettere che, quando non c'erano di mezzo le arti marziali e il suo spirito competitivo, diventava un ragazzo estremamente gentile, ed anche un po' impacciato.

Sembrava perdere completamente la sicurezza che aveva in palestra e diventava...

...insomma, a suo modo era... tenero.

Lui si grattò la nuca, visibilmente imbarazzato: “Sì, beh, io ho dimenticato i guantoni e...” guardò di sfuggita il sacco ancora ciondolante e le lanciò un'occhiata maliziosa.

Ah, ecco come fai ad essere così brava. Lo spacci per talento naturale, e invece ti rinchiudi qui dentro ad allenarti...”

Mulan inarcò un sopracciglio, divertita dalla sua idiozia: “Non bastano il talento e la passione, Li. Ci vuole il duro lavoro” e, sottolineando le ultime parole, torno al suo sacco, riprendendo con i pugni.

Stava per sganciare il sesto colpo, ma qualcosa le afferrò il gomito da dietro bloccandone il movimento, e si ritrovò un Li decisamente compiaciuto dalla buffa circostanza.

Mulan emise una sorta di ringhio, funesta: “Che diavolo fai?! Potevo colpirti!”

Li mollò la presa e, senza dire nulla, le cinse la vita con il braccio muscoloso.

Mulan, dopo un breve istante di sorpresa, non si mosse: si limitò a guardarlo dal basso della sua statura, con una calma che nascondeva visibile irrequietezza.

Sei scorretta, Fa. Scommetto che vieni qui tutte le sante sere, a prendere questo povero salsicciotto a pugni finchè non crolli dalla stanchezza.” disse lui, con un fil di voce, accorciando le distanze tra loro.

La ragazza soffiò come un felino, ma mostrò una smorfia di scherno: “Quel che faccio, Li, non è decisamente affar tuo.”

Li le si avvicinò ancora di più, chinato verso le sue labbra- e Mulan potè distintamente guardare le pagliuzze scure nei suoi occhi e le labbra carnose farsi tremendamente vicini.

... se continui ad allenarti così, non ho proprio speranze di batterti eh?”

...qual'è il problema, Shang? Non sopporti più di perdere coontro una donna?”

...no, se perdere contro di lei significa non avere chances nel prendermela.”

La risposta era stata inaspettata per entrambi- sì, anche per Shang, che si sarebbe chiesto probabilmente tutta la vita cosa diavolo gli era saltato in testa per dire una cosa simile con quel tono strafottente.

Probabilmente sarà il livello massimo di virilità che raggiungerai nella vita, amico. Goditi il momento. O, in alternativa, scappa.

Mulan sentiva il petto stringersi contro quello del ragazzo, ma potè giurare che non fu per quello che le mancò il fiato, e per la prima volta in vita sua si trovò seriamente in difficoltà davanti a un ragazzo.

Senza sapere assolutamente quale fosse la cosa giusta da dire-sempre che ce ne fosse una, distolse lo sguardo dagli occhi del ragazzo per abbassarli, seriamente in preda alla confusione.

Dopo qualche istante, finalmente riuscì a parlare, la voce appena percettibile.

... devo pensare a studiare, Li. E ad allenarmi. Non ho tempo per.. per una cosa come i ragazzi” ma improvvisamente, la convinzione che aveva sempre ostentato ora stava vacillando.

Tuttavia la cosa non la stupì, perchè sapeva che prima o poi sarebbe successo- sapeva che prima o poi Shang avrebbe seriamente provato a mettere in chiaro quella stupida faccenda, e che lei non avrebbe avuto altre scuse per scappare.

Lui sembrò capire l'antifona, e non faceva che guardarle il viso, ammirato.

Lei era là.

Mulan era... era proprio lì, tra le sue braccia, e... era così fottutamente bella.

Anzi, poteva giurare di non averla mai vista bella come quella sera – anche se era sudata, con i capelli spettinati e gli occhi stanchi.

Era troppo, troppo più bella di qualsiasi ragazza avesse mai anche solo guardato di sfuggita.

E la voleva, la voleva davvero, e per la prima volta sentiva che anche lei voleva lui.

Allora, improvvisamente, capì che per tutto quel tempo lei non aveva fatto altro che fuggire per la paura, sì, semplice, sciocca paura di mostrare debolezza, ed era così tipicamente da lei un simile ragionamento che si stupì di non esserci mai arrivato.

... baciami.” bisbigliò.

Lei sussultò, immobile, e sentì mancarle il fiato.

Shang, sei scemo? Non hai sentito quello...”

Ho sentito.” rispose lui, senza neanche lasciarle finire la frase “Ma so che sei ancora qui, quando avresti potuto benissimo liberarti dalla mia stretta e andartene, lasciandomi qui.”

Lei, profondamente spaventata, aveva un'espressione corrucciata, ma lievemente più rilassata di pochi secondi prima.

... sei più forte di quanto pensassi” ammise, arrossendo.

Shang pensò che, tanto, peggio di così non poteva andare- ma c'era da ammettere che anche il fatto che lei non fosse fuggita stamapndogli un ceffone era ben al di là di ogni sua prospettiva per il pomeriggio (che, nei piani originali di quella mattina, doveva semplicemente consistere in una corsa al parco con le cuffie nelle orecchie e un patetico tuffo nell'autocommiserazione).

E poi c'era ancora in ballo il piano geniale dell'auto super sportiva con cui farla rimanere a bocca aperta all'uscita di scuola (ebbene sì, non lo aveva dimenticato).

Conscio di essere ormai in una situazione estrema, provò ad avvicinarsi ancora, lentamente.

Le carezzò una guancia, e ad entrambi mancò il respiro.

... allora... devo ancora batterti per avere un appuntamento?”

Mulan non ebbe il coraggio di guardarlo: chiuse gli occhi e, con un rapido, piccolo salto, annullò la distanza tra loro, baciandolo con foga.

E Li, al contrario di ciò che aveva sempre pensato, non sentì stupide campane o musiche romantiche in sottofondo.

Al contrario, si concetrò sull'assoluto niente intorno a loro, e forse si addiceva di più ad entrambi.

Un silenzio tanto sconcertante quanto accogliente.

Dopo un sentimento così intenso, fu deludente tornare alla realtà quando Mulan si scostò e gli sorrise, distaccandosi anche con il corpo e carezzandogli un braccio muscoloso.

... sì, Shang.” disse solo, divertita.

Li, in piena confusione, troppo felice per ragionare in maniera razionale, la guardò allontanarsi verso la porta confuso più che mai.

Mulan, che... che diavolo vuol dire?”

Lei raccolse la borsa e sciolse i capelli; poi si fermò sull'uscio e lo guardò profondamente compiaciuta.

... che il patto è ancora valido, Shang. Tu battimi, ed io esco con te.”

Shang, ora, stava praticamente perdendo fumo dalle orecchie e la osservava, tra lo sconvolto e il disperato.

Ma.. ma io...tu...” balbettò, ma Mulan, senza cattiveria sorrise intenerita.

..diciamo che era un incentivo.”

E detto questo, gli fece un cenno con la mano e sparì nel corridoio, mentre Li, fermo come una statua di sale, fissò la porta per qualcosa come venti minuti, per poi arrendersi alla sfiga che lo perseguitava e andarsene, gridando epiteti poco gradevoli a una divinità cinese.

*


Jasmine masticava la penna, in preda a quello che sembrava un vero e proprio attacco isterico.

E, giurò, stavolta non era colpa del ciclo- bensì di quella cazzo di odiosa, irritante, perfettamente inutile invenzione quale la chimica.

Al, intento a scrivere qualcosa sul suo quaderno degli esercizi, una mano ferma sul libro della tavola degli elementi, sembrava essere meravigliosamente a suo agio nel mondo di provette e liquidi dagli strani colori, e questo non faceva che irritarla ancora di più.

Seduta all'altro capo del tavolo, sbuffò e gli dedicò un'occhiata gelida.

Ti odio, Street. Te e la nonchalance con cui svolgi questa … questa roba.”

Aladdin neanche sollevò lo sgaurdo dal quaderno, confrontando il risultato degli esercizi teorici con quelli del libro, e sorrise senza degnarla di un'occhiata: “Perchè non provi semplicemente a stare attenta durante la spiegazione?”

Jasmine avrebbe voluto mettere a tacere quel suo tono irritante colpendolo con il trinciapollo, ma si limitò a posizionare le braccia conserte come una bambina e a incenerirlo con gli occhi.

Non è colpa mia se la prof Yzma, durante le lezioni, ha l'enfasi di un bradipo investito da un furgone."

Aladdin alzò gli occhi al cielo, evitando di guardare quegli occhi scuri e perdercisi.

Jasmine aveva provato diverse volte a fare domande inerenti alla serata della festa, e negli ultimi giorni i era stupito di come riuscise ogni volta ad inventare una scusa fantasiosa con cui cambiare argomento.

A forza di frequentare Flynn, aveva imparato a dire un acco di frottole- cosa che Adam gli aveva fatto prontamente notare, ma lui aveva accuratamente evitato di starlo a sentire.

Ora, però, averla davanti a è era estremamente complicato; lui stesso, per natura, non era mai stato molto a suo agio a mentire, e nascondere una cosa tanto importante a Jasmine gli sembrava come ... non so, fingere di lanciare una palla ad un cane solo per vederlo annaspare.

Jasmine gli agitò una mano davanti agli occhi, seria: "Al! A cosa cavolo stai pensando?! Sembri sotto effetto di... beh, di roba strana."

"Non... non mi sono fatto alcuna canna, Jas!" ribattè lui, abbandonando la riflesione e concentrandoi su di lei.

Jasmine ridacchiò e si alzò, avviandosi verso la cucina e uscendone poco dopo con due lattine di birra.

Si sedette sul tavolo e gliene offrì una, poi stappò la sua.

Aladdin guardava i suoi gesti come si osserva una tigre in gabbia-perchè, sinteticamente, di questo si trattava.

Jasmine aveva una casa splendida, ma sembrava starle stretta da tutta la vita, il che dal suo punto di vista era inconcepibile.

Non che ad Aladdin non andasse bene il suo appartamento con Genio (era la prima vera 'casa' che avesse potuto considerare tale), ma spesso immaginava Jasmine nei suoi attacchi isterici in cui usciva, sbattendo la porta e lasciandosi quel lusso alle spalle, e davvero non comprendeva coa le passase per la testa in quei momenti.

"... sei preoccupato per Genio?" gli chiese lei, d'un tratto, con dolcezza.

Aladdin deglutì, colto di sorpresa, e decise di cogliere la palla al balzo: "Un pò." ammise, sorseggiando la birra fresca e sentendo mentre scorreva giù per la gola "...sembrava davvero molto scosso."

"I funerali non sono esattamente eventi che la gente definisce 'gradevoli'." disse lei, guardando il vuoto, sovrappensiero.

Poi si voltò nuovamente verso di lui e prese a giocare con la sua mano, distrattamente.

"...lui e questo...Robin... erano molto amici?"

Aladdin provò a ignorare i brividi lungo la schiena, ma non poteva negare che quelle dita sembravano comprimere tutta l'energia del suo corpo in quel contatto.

Scosse la testa, pensando a Genio che, in quel momento, stava assistendo a una cerimonia funebre, probabilmente all'ultima fila, per non farsi notare, e sorrise amaramente.

"... sembra che si fossero persi di vista negli anni, ma che per un periodo siano stati...aspetta...com'è che ha detto..." pensò un istante alle parole con cui Genio gli aveva parlato di quel suo amico e le ricordo all'improvviso: " ...l'uno la voce dell'altra."

Jasmine fece una smorfia che doveva essere un sorriso, ma non gli si avvicinava minimamente: "... un pò come noi."

Lo guardava intensamente, e Aladdin non resistette più e ricambiò lo sguardo, profondamente.

...avrebbe voluto smetterla di sentirla così tanto.

Sentirla nella carne, nelle vene che pulsavano, nel vuoto del silenzio prima di addormentarsi, quando attorno a lui c'era solo il buio e gli bastava pensare ai momenti insieme per essere acciecato dal desiderio.

E avrebbe voluto non averla mai baciata, così adesso le starebbe semplicemente stringendo la mano – e non ci sarebbe niente, dietro quel gesto, solo semplice e puro affetto.

Ma si rende conto, a malincuore, che vorrebbe solo tirarla verso di sè, farla sedere su di lui e baciarla, stringerla, respirare nella sua bocca, perdersi nel profumo dei suoi capelli e fare l'amore.

Fare l'amore sul tavolo, in cucina, sul pavimento – e sentirsi vivi, insieme, perchè ogni momento in cui non è con lei si sente vuoto e morto, un corpo privo di stimoli e aria.

Jasmine gli strinse la mano, e per un istante sentì qualcosa muoversi nel petto – non lo avrebbe necessariamente chiamato 'batticuore', anche perchè l'utilizzo di termini così romantici non era da lei.

E poi, non c'era motivo di essere romantiche- non con Al, comunque.

Che la stava guardando, ora, con un'espressione di taciuta ammirazione.

Le si gonfiava il petto di orgoglio al solo pensiero, perchè lui poteva davvero dire di conoscerla; e, nonostante questo, sembrava riuscire a non giudicarla mai, neanche quando commetteva uno dei suoi stupidi errori.

A volte avrebbe voluto concedersi pensieri diversi su loro due: stupide fantasie in cui non erano solo amici, ma qualcosa di più.

Tuttavia, non se l'era mai permesso, perchè Aladdin la amava come solo gli amici possono amarti, con le loro buffe considerazioni e il loro cieco appoggio, e Jasmine lo amava nello stesso modo.

Solo, c'erano giorni in cui perfino una ragazza come lei -tutta d'un pezzo, orgogliosa e decisamente poco femminile- sentiva uno strano calore nel petto quando lui le lanciava sguardi maliziosi e battute lievemente ambigue.

Era un gioco, ovviamente, e lei sapeva che ne erano a conoscenza entrambi, perchè entrambi erano bravi a giocare in quel modo.

Era divertente fingere davanti agli altri, mostrarsi complici per instaurare il dubbio nei loro amici riguardo le basi reali del loro rapporto, e con Aladdin ridevano dei loro sguardi incuriositi.

Ma poi, quandoe rano soli e giocavano a farsi il solletico o, semplicemente, stavano sul letto a parlare, lei a volte non riusciva a non farsi una semplice, stupidissima domanda.

... dove finiva il gioco e iniziava la verità?


*


Aurora premette il rossetto sulle labbra, guardando la ua immagine riflessa allo specchio, mentre Bianca e Cenere chiacchieravano animatamente del campionato di football che sarebbe iniziato a Novembre.

Sistemò una ciocca di capelli e, finalmente soddisfatta, chiuse l'armadietto, il libro di inglese stretto al petto.

"Si sa già quali college offrono le borse di studio quest anno?" chiese, unendosi alla conversazione delle amiche.

Cenere le levò un pelucchio dalla spalla, storcendo il naso, e sorrise entusiasta: "Non si sa ancora nulla, ma dobbiamo sbrigarci a proporci per il comitato se vogliamo organizzare la giornata di orientamento. Non voglio mandare le lettere all'ultimo minuto..."

Biancaneve le diede un pugnetto affettuoso sulla testa, divertita: "...te e le tue dannate ansie mi fate venire il mal di testa!"

"No, tesoro. Quello è perchè ti sta crescendo il dente del giudizio e non vuoi andare a farlo controllare." la rimbeccò Aurora, e tutte e tre si avviarono verso il cortile, perse tra le risate e il chiacchiericcio.

Cenere iniziò un noioso discorso sull'importanza dell'igiene, e mentre svoltavano verso il lato dell'aula del club di teatro Aurora colpì qualcuno in pieno.

Cadde rovinosamente a terra, il libro di inglese aperto sul pavimento.

Il ragazzo contro cui si era scontrata era ancora in piedi, ma dalla stazza era plausibile: Aurora, ancora a terra, stava per mandarlo a quel paese ma si era fermata non appena aveva visto le scarpe da ginnastica del tipo.

Cenere e Bianca erano ammutolite, avvampando, e Aurora si rialzò rapida, raccogliendo di fretta il libro e abbassando lo sguardo.

"Scusa, non ti avevo visto." disse, secca, per poi trascinare Bianca e Cenere per un braccio, superando il ragazzo.

Questi la bloccò però per un gomito, e lei fu costretta a voltarsi e a ritrovarcisi faccia a faccia.

Filippo le guardava il viso, in silenzio, poi allentò la presa.

"...ciao." riuscì solo a dire, mentre accanto a lui un fino ad allora nascosto Eric si guardava attorno, imbarazzato.

Aurora arrossì suo malgrado e, con un gesto rapido, allontanò il gomito: "Quanta eloquenza." disse, sogghignando, per poi fare per voltarsi, ma Filippo la prese per una spalla, la voce spezzata.

"...non... non sembri contenta di rivedermi."

Aurora rise con cattiveria: "Ma no Filippo, cosa dici?! Ho sognato per settimane questo momento. Anzi, probabilmente stanotte non dormirò per l'emozione, ripensando a ogni singolo istante di questa conversazione." esclamò, ironica.

Filippo stava per risponderle, ma Aurora non gliene diede il tempo: fece un cenno di saluto a Eric e, dopo averlo guardato con freddezza un'ultima volta, chiuse il dialogo e gli diede le spalle, avviandosi verso il cortile.

Bianca e Cenere lanciarono un'ultima occhiata a Filippo e poi la seguirono, mentre il rumore dei tacchi rimbombava per il corridoio.

Lì accanto, Tiana si era avvicinata e sorrise imbarazzata.

"Ciao, Fil! Sei tornato, finalmente."

"Almeno qualcuno è contento di rivedermi..." disse il ragazzo, lo sguardo perso nel vuoto, per poi andarsene verso i bagni e lasciare soli Tiana ed Eric a lanciarsi sguardi preoccupati.

Aurora aprì la porta del cortile sul retro e respirò forte l'aria, senza muovere un passo.

Si limitò a prendere una sigaretta dal pacchetto in tasca ed accenderla con fretta, quasi rabbia, per poi aspirare a pieni polmoni quella splendida merda e cacciare indietro la sensazione di... totale disagio che le inondava lo stomaco.

...andiamo, doveva smetterla di fare la stupida.

In fondo, cosa cazzo si aspettava?!

Un pò di febbre e un viaggio in California per la visita a un college non potevano trattenerlo via per sempre.

Diede un'altra boccata e fu tentata di sedersi sull'erba, sdraiarcisi fino a sprofondare tra i fili e con il sole sulla pelle.

Ma poi si diede della stupida, perchè lei non poteva farlo- lei era Aurora Wood e, santo cielo, non poteva macchiarsi d'erba la gonna.

Si ravvivò i capelli con un gesto sicuro e, ostentando tranquillità, prese posto sulla panchina sotto la statua del signor Mouse (primo preside del liceo pericolosamente somigliante a un topo, ma grande uomo) e si guardò attorno.

Cenere e Bianca non dissero una parola, e lei sorrise apertamente: "...cosa sono quelle facce?! Invece di pensare a queste stronzate, concentriamoci su cose importanti." fece una pausa, ma non per aspettare una risposta.

Le amiche continuavano a guardarla, silenziose, un'espressione indecifrabile.

Lei finì la sigaretta e accavvallò le gambe, arricciando le labbra: "...stavo proprio pensando di farmi Eric. Voglio dire... ok, è timido e tutto quello che vi pare, ma... dài, fa vela al club dove va anche mio padre. Dico, l'avete mai vito in costume?" chiese con enfasi, ma continuò di nuovo senza alsciarle parlare: "...ad ogni modo, oggi pomeriggio voglio andare a fare shopping. Fanculo gli allenamenti, giusto? Tanto le reclute di quest anno fanno schifo comunque, non saprebbero cosa sono dei pon pon neanche se gli uscissero dal buco del culo di ognuna..."

Bianca le prese la mano all'improvviso e lei si zittì.

Stava per continuare il discorso, ma l'amica le sorrise: si voltò verso Cenere, che le spostò la frangia da davanti gli occhi e le sorrise lieve a sua volta, incoraggiante.

Aurora allora abbassò la testa e, piano, in silenzio, ricambiò la stretta.

Le sue mani tremavano, e non ci fu bisogno di parlare di altre stupidaggini: rimasero così, all'ombra della statua, mentre il giardino era deserto e le sue guance si rigavano di lacrime.




*

Naveen entrò nell'aula vuota, guardandosi attorno spaesato.

Venire a scuola la sera era sempre stato uno dei suoi Sogni Da Adolescente, sì, ma certo se l'era sempre immaginata come un'esperienza diversa e divertente – o comunque più trasgressiva di quanto si fosse effettivamente rivelata.

Il laboratorio di cucina, poi, non era effettivamente dentro la scuola ma si trovava all'esterno, a pochi passi dalla palestra e dal campo di footbal; in più, era venuto sotto invito di un insegnante, e questo rendeva tutta la faccenda così tranquilla da sembrare quasi patetica.

"Maldonia, se hai finito di guardarti attorno con aria circospetta come fossi il protagonista di un film inglese di spionaggio puoi anche entrare. Non mordo."

Naveen trovò il professor Remì seduto su uno dei banconi, intento a smangiucchiare un piatto di uova calde e a lanciargli occhiate contrariate.

Il ragazzo sorrise timidamente e fece un breve cenno con la mano, poi si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò all'insegnante.

Il professor Remy era uno dei migliori insegnanti della scuola, nonostante fosse lì solo per insegnare Economia Domestica e per coordinare il club di cucina; di origini francesi, bassino e con un volto da roditore che stonava con le sue epressioni spesso dolci e pacate.

Amava i suoi studenti come fossero figli e passava per lo più il suo tempo a barcamenarsi tra le padelle e i fumi del laboratorio e i compiti in classe degli allievi.

Tuttavia, Naveen era a conoscenza di essere uno dei pochi alunni a non essersi mai guadagnato la sua simpatia: probabilmente perchè marinava sempre le sue lezioni come se non ci fosse un domani e una vota aveva dato fuoco a un mucchio di grembiuli, mettendoci in mezzo anche i guantoni da forno.

Beh, era stato un incidente ma non poteva negare di essersi divertito- e tutt'ora, quando ripensava a quella faccenda rideva con Flynn fino alle lacrime.

"Grazie per avermi permesso di incontrarci, professore."

"Dacci un taglio, ragazzo. Ho acconsentito solo perchè mi hai detto che era qualcosa di importante per una delle mie allieve."

Il viso si ammorbidì impercettibilmente, tuttavia Naveen se ne accorse e rimase di sasso quando l'uomo gli chiese: "...hai già cenato' Vuoi che ti prepari qualcosa?"

Naveen arrossì di botto e sorrise imbarazzato: "No prof, io ... la ringrazio, ma non ho molta fame." si schiarì la gola e prese coraggio: "Sono qui per parlarle di Tiana."

Il volto del professor Remì cambiò radicalmente espressioni, facendosi improvvisamente paonazzo.

"...cosa le è successo? E' in qualche pasticcio?" domandò, con un fil di voce.

Naveen si affrettò a tranquillizzarlo (Tiana era la sua pupilla, e l'insegnante aveva ammesso più volte che gli sarebbe piaciuto vederla nella cucina di un famoso ristorante francese, in futuro), avvicinandoglisi e agitando le mani.

"No no, assolutamente! Però... ecco, sono..." farneticò, per poi tossicchiare nervoso e ammettere: ".. sono preoccupato per lei. Il lavoro le porta via tempo ed energie, e..."

Il professor Remy lo guardava incuriosito, poi non potè fare a meno di sorridere: "... non sapevo ci fosse del tenero tra voi."

"NO!" si affrettò a gridare Naveen, impulsivo, per poi ridacchiare nervoso: "No no, mi ha frainteso! Io.. ho solo paura che trascuri la scuola, o le amicizie ... è troppo giovane per tutte quelle ore di lavoro."

Naveen si era preparato per giorni quel discorso, ma ora sembrava avesse le labbra di burro.

L'insegnante abbandonò il bancone e scattò in piedi, ergendosi in tutta la sua modesta altezza, e sospirò, avvicinando il piatto al lavabo ed azionando il getto dell'acqua.

" Il corpo docenti è al corrente della situazione, ma sono solo lavori part-time, il che rende la cosa legale. Non possiamo fare nulla per lei..."

Naveen strinse la tracola con forza e guardò il professore: "...io sì, però."

Remy lanciò un'occhita incuriosita a lui e la sua borsa, e il ragazzo si affretto a tirar fuori un portafogli rigonfio fino all'inverosimile.

Remy stava per chiedergli spiegazioni, ma Naveen tirò fuori un indicibile numero di banconote e le posò con foga sul bancone, poi guardò il suo insegnante dritto negli occhi.

"Questa è la cifra che serve a Tiana per terminare il pagamento e affittare il locale. La cifra esatta."

Remy sentiva il peso del silenzio, e continuava ad avere un enorme punto interrogativo stampato sulla fronte.

Naveen si affrettò a spiegare la sua idea, sperando che il professore accettase – cosa che comunque era altamente probabile, se significava risparmiare a Tiana ore di lavoro in luridi pub.

"Sappiamo che Tiana non li accetterebbe mai, men che meno da me."

"Non ho intenzione di farmi coinvolgere in queste stupidaggini da adolescenti orgogliosi, mio ragazzo." esclamò il professore, sereno e con voce ferma, e fece per voltarsi.

Naveen gli posò incerto una mano sulla spalla e lo pregò di ascoltarlo, nervoso.

"... lei non deve fare nulla, professore. Solo proporre a Tiana di farle da assistente ai corsi e di aiutarla nelle pulizie dell'aula per un compenso."

Remy si voltò di scatto e lo guardò fisso negli occhi con gelo; poi si raddolcì e si guardò attorno, vago, controllando che non ci fosse nessuno – ma dalle finestre si intraveva il buio, e a quell'ora nessuno studente si aggirava nè per la scuola nè per i campi sportivi.

Poi parlò, il tono curioso e docile ma autoritario.

"...Tiana è la mia studentessa preferita, e lo sai bene. Ma se gli altri inseganti..."

"Non lo saprà nessuno." lo interruppe Naveen, chiarendo la cosa. "Lei non la pagherà con i suoi soldi, ma con questi."

"...e dove li avresti presi?" chiese l'insegnante.

Nonostante sapesse che Naveen era di nobile famiglia (i suoi discendevano dalla famiglia reale di nonricordavaqualepaese), quei soldi erano troppi per stare tra le mani di un adolescente scapestrato come lui.

Ma il ragazzo rispose, la voce carica di agitazione: "Sono soldi puliti, professore. Glielo garantisco."

L'insegnante continuava a studiare Naveen, che dal canto suo sentiva il respiro farsi affannoso, in attesa di una risposta.

... quella era una parte dei fondi per il college che teneva da parte, ma non gli importava.

I suoi genitori glielo avrebbero pagato comunque, ignari delle sue scorte segrete, e lui avrebbe rinunciato volentieri alle serate di divertimento e svago pur di vedere Tiana felice.

Ma questo, lei non doveva saperlo – lei e nessun altro.

Nessuno era conoscenza del suo segreto, e ora il suo unico eventuale complice se ne stava lì, a guardarlo ansimare.

L'omino restò titubante ancora per qualche minuto, poi sospirò e gli porse la mano, abbastanza convinto.

"Non so perchè lo fai, ragazzo, ma ti fa onore."

"Professore... non dovrà saperlo nessuno, chiaro?! Se Tiana lo scoprisse..."

"Non succederà" rispose solo il professore, sereno, e Naveen sentì il peso che aveva percepito nello stomaco scioglieri come neve.

Immaginò Tiana che, entusiasta, correva dai venditori per pagare finalmente quel locale e ristrutturarlo; la immaginò pitturare le pareti e studiare la disposizione dei mobili.

Già la vedeva lì, in cucina, con la divisa immacolata e le padelle sul fuoco, e il suo staff che coordinava il lavoro e creava piatti splendidi e deliziosi.

...era quello, il suo segreto.

Sognare la vita di Tiana come se fosse la sua, sperare che tutto ciò per cui aveva lottato negli anni si sarebbe avverato – e sapeva di averlo nascosto bene, sin dal loro primo incontro.

Lei non gli aveva mai mostrato qualcosa che si allontanasse dall'odio profondo, comunque, e di conseguenza non si era mai neanche sognato di esporsi e ...non so, invitarla ad uscire.

Ma quando litigavano per il corridoio, o si lanciavano occhiate e frecciatine, sentiva i passi amplificarsi verso di lei e cadere in un baratro di silenziosa adorazione.

Lei rispondeva a tono, lo insultava velatamente, lo prendeva in giro – ma lo guardava, e lui questo lo aveva notato.

Faceva tutto parte del suo piano non programmato, della sua lotta per la conquista di quella ragazza straordinaria: e quello che stava facendo era il passo definitivo.

Certo lei non lo avrebbe mai saputo, ma cosa importava?

Se la sarebbe presa, perchè Tiana era sempre stata sua così come lui non era mai stato davvero di nessun'altra.



*


...le fischiavano le orecchie.

Sì, beh, se ci fosse stata sua madre adesso le avrebbe detto che 'qualcuno la stava pensando', per poi farle l'occhiolino e sorriderle sorniona.

Ma Tiana era molto, molto diversa dalla signora Green- il che non era necessariamente un male, per quanto la adorasse.

L'autobus arrivò e finalmente ci si potè fiondare sopra, abbandonando le forze sul primo sedile disponibile.

L'autista Taddeo (che Jasmine definiva sempre incredibilmente simile a un rospo e fissato con la velocità) ripartì a tutta birra verso casa, e Tiana guardò distrattamente fuori dal finestrino.

Quella città era decisamente troppo piccola, eppure non l'avrebbe lasciata per nulla al mondo- tutto, lì, sembrava ancorarla al passato e ai ricordi di suo padre, e non aveva alcun desiderio di viaggiare.

La luna, alta e piena, sembrava guardarla accigliata e sentì improvvisamente la pancia gorgogliare.

...fantastico, si era dimenticata di mettere qualcosa sotto i denti.

Di nuovo.

Frugò nella borsa alla ricerca di qualche snack perduto – ma tutto quel che trovò furono le chiavi di casa, il telefono, l'abbonamento dell'autobus e il libro di biologia che si era portata dietro.

Sbadigliò e pensò che tanto valeva mettersi a studiare per il compito che ci sarebbe stato tra un paio di giorni- l'unico che capiva qualcosa di questa roba era Aladdin, ma sinceramente non aveva davvero il tempo per una sessione di studio pomeridiana neanche di venti minuti.

Il movimento dell'autobus la cullava, e abbandonò dopo pochi minuti il suo pateticop tentativo di studio per socchiudere gli occhi e dedicarsi pochi minuti di riposo.

... cominciava ad essere stanca.

Sua madre e Rapi avevano ragione, quando la rimproveravano; i caffè non bastavano più a tenerla sveglia, e nonostante perdesse allo specchio dieci minuti ogni mattina quelle occhiaie erano sempre lì, in agguato, incuranti del trucco e altre tattiche di camuffamento.

A volte pensava sul serio di mollare, lasciare il lavoro e fare una vita .... beh, una vita normale.

Ma poi... nelle orecchie sentiva quella canzone.

Suo padre che fischiettava la Domenica mattina lo stesso motivetto – la canzone sua e di sua madre, che iniziava a cantare sottovoce mentre cucinavano il pranzo assieme e Tiana fingeva di essere in camera sua a giocare.

Le piaceva sgattaiolare giù per le scale e nascondersi dietro lo stipite della porta della cucina, restando a piedi nudi a guardarli; loro non la notavano, ma si guardavano a vicenda e pian piano continuavano a cantare piano, quasi sussurrando, affettando verdure e baciandosi le spalle e il collo con tenerezza.

Tiana li guardava e sorrideva, senza trovare mai il coraggio di andare lì tra loro e, come tutti gli altri giorni, cucinare assieme.

Mamma e papà, in quei momenti, erano così felici da irradiare la stanza di luce.

...ma poi, suo padre si era ammalato e se n'era andato.

Portandosi via il sogno di aprire quel ristorante e cucinare con amore assieme alla sua famiglia, fischiettando quel motivetto e guardando sua madre mentre cucinava i suoi meravigliosi dolci.

E lei non aveva mai voluto altro che realizzare quel sogno, rincorrerlo costruendo le radici con le sue stesse mani.

...spesso ricordava quei momenti e sentiva un estremo bisogno di avere anche lei, qualcuno con cui fischiettare in cucina la Domenica mattina.

Ma poi, ogni volta, tornava a concentrarsi su ciò che stava facendo – c'era il lavoro, la scuola, il tempo da organizzare ... era già un miracolo che riuscisse a frequentare il corso del professr Remy.

E poi, francamente, non aveva poi questa gran voglia di frequentare qualcuno.

Lei aveva bisogno di qualcuno con cui poter essere sè stessa, perdersi nelle risate e che cucinasse al suo fianco.

Da qualche parte, probabilmente, c'era davvero qualcuno fatto per lei: ma non era del tutto sicura di volersi far trovare.


*


Adam avrebbe fatto di tutto, per lei.

Gaurdò Belle che, lentamente, apriva gli occhi nella luce del primo mattino e sbadigliava tra le lenzuola di pizzo – e avrebbe voluto fotografare quel momento, quell'intera scena, per essere sicuro di non dimenticarla mai.

Belle, finalmente, si svegliò e pensò di stare ancora sognando.

Adam le sorrise e lei ricambiò, dolcemente, biascicando un 'buongiorno' confuso e nascondendo il volto tra le mani, imbarazzata.

Adam gliele scansò delicatamente e le fece la linguaccia, per poi soffermarsi sui suoi occhi.

Le scansò dolcemente una ciocca di capelli, sistemandola dietro l'orecchio, e le prese il volto tra le mani.

"Ma come ho fatto ad essere così fortunato?"

Belle arrossì lieve: "... ci siamo alzati con spirito romantico?"
Adam le carezzo una spalla e le sfiorò le labbra, godendosi per un istante il silenzio dell'alba.

Poi alzò le spalle e rise: "...ogni tanto ho il diritto di esserlo anche io, non credi?"

Fece una pausa e sospirò.

"...ti amo da impazzire, Belle. Io ... so che dovrei dirtelo più spesso, ma..."

Belle gli posò una mano sulle labbra, piano, e gli baciò la punta del naso.

"...non ho bisogno di sentirmelo dire. So che mi ami. Io... lo capisco da come mi guardi."

Levò la mano e nascose le dita tra i capelli lunghi di lui, soffici e fini come paglia.

Lui gliela afferrò e gliela baciò, facendogli sopra una pernacchia e condividendo una risata, poi sospirò.

..era arrivato il momento.

Non era previsto che fosse così presto, ma quando entrò un pò di vento dalla finestra aperta e la luce dietro Belle si fece più limpida sentì di non poter aspettare.

Le strinse la mano, le dita incrociate e solide tra loro come fossero parte di un solo arto, di un solo corpo.

"...non ci sono altre mani che voglio stringere, se non le tue."

Belle sorrise, una strana sensazione al petto.

Adam aveva una luce, negli occhi... qualcosa che non gli aveva mai visto, o che forse stava nascendo in quell'esatto momento.

Una luce che sembrava illuminarlo come stava facendo ora il sole.

"E non riesco a pensare di dividere la mia vita con qualcuno che non sia tu. Mi hai portato via da... da tutto il buio in cui ero caduto. Mi hai trascinato in superficie e mi hai salvato come fossi ferito, senza mai farmelo pesare."

Adam aspettò un istante prima di continuare, ma Belle lo studiava silenziosa e pensò di continuare, di seguire il cuore e aprirsi come uno scrigno.

"... mi hai portato alla luce come fossi un fiore. Ero solo un seme e sono nato con te, e... voglio continuare a crescere con te, e morire con te. Voglio svegliarmi accanto a te la mattina, e... non so, litigare per chi debba accompagnare i bambini a scuola e chiederti scusa la sera, tornando a casa e portandoti un mazzo di rose. Io..."

Belle sentiva mancarle il respiro, ma quando Adam si sedette e si voltò verso il cassetto rimase letteralmente senza fiato e temette di svenire, per un istante.

Il ragazzo si voltò di nuovo verso di lei, visibilmente emozionato e con gli occhi lucidi.

Lei anche si sedette, coprendo il corpo nudo con le lenzuola come se ci si volesse nascondere dentro.

"..allunga una mano." esclamò lui emozionato, e lei obbedì mentre il tempo sembrava essersi fermato.

Un uccellino fuori dalla finestra aveva iniziato a cantare, ma nessuno dei due sembrò farci caso.

Belle chiuse gli occhi, ma quando sentì qualcosa di freddo caderle sul palmo li riaprì, sorpresa.

Un mazzo di pesanti chiavi di ottone troneggiava sulla mano candida.

Guardò Adam interrogativa e lui le sorrise.

"...Adam, cosa..."

Lui le chiuse la mano e le sorrise dolcemente.

"...sono le chiavi della biblioteca al centro. Ho iniziato i lavori di ristrutturazione questa estate."

Belle spalancò gli occhi, totalmente confusa.

Prima che potesse fare domande, Adam si affrettò a spiegarsi: "... è per te. Se la desideri, dopo il diploma sarà tua. E anche tutti i libri al suo interno. Potrai... " la voce spezzata dall'emozione e la timidezza, "...potrai leggere tutto il giorno, tutto ciò che vorrai. "

Non capendo le emozioni della ragazza, si affrettò ad aggiungere: "...sempre se vuoi, ovviamente."

Belle restò in silenzio, incredula.

Boccheggiò per qualche minuto, pensando a cosa dire – ma erano... così tante le frasi che le roteavano nella mente.

Smise di guardarsi la mano e alzò il viso verso quello di Adam, che si torturava le mani, visibilmente agitatissimo.

"... beh, ho pensato che... tu non vuoi andare al college per non lasciare da solo tuo padre, no? Beh io... posso fare un corso per corrispondenza alla Animation University, e andare in sede solo per gli esami. Studierei a casa e resterei qui con te, e tu lavorerai giù alla biblioteca."

Belle continuava a non parlare, ed Adam era ormai ufficialmente nel panico.

Non che si aspettasse grida di gioia (non aveva avuto la forza di farsi speranze così rosee), ma almeno di assistere a una qualsiasi reazione.

"Belle, " disse alla fine, tutto d'un fiato, "... queste chiavi... ecco, dopo i lavori alla libreria non mi erano rimasti abbastanza soldi per..." fece una pausa, prese fiato e la guardò dritta negli occhi, paonazzo: "...per un anello."

Belle sussultò impercettibilmente.

...un momento...

"A-Adam... mi stai chiedendo di..."

Adam le prese le mani, le sorrise ancora e...pregò con tutto sè stesso che lei rispondesse ciò che sperava.

"Belle, vuoi sposarmi?"

La ragazza sentì venir meno il respiro, e la sua espressione tradiva uno smarrimento mai provato.

Doveva rispondere, ma... non... santo cielo, non ci stava capendo nulla.

Adam al vide guardare il vuoto per un istante, e abbassò lo sguardo.

Ma quando lo rialzò, vide gli occhi castani di Belle lucidi e colmi di lacrime.

Preoccupato le prese il volto tra le mani, ma quando la vide sorridere sentì il cuore battere come un tamburo.

Belle stava piangendo di gioia.

Sorrideva, e piangeva, e... e si sentiva una perfetta idiota, ma al diavolo!

Era un sogno?

Probabilmente stava ancora dormendo, non era possibile... gli accarezzò una guancia e quando sentì la pelle di Adam sotto le dita scoppiò a ridere e a piangere contemporaneamente.

Lo abbracciò, ed iniziò a gridare "Lo voglio! Lo voglio!" al culmine della gioia.

Restarono lì, abbracciati e a ridere e a baciarsi e piangere come due bambini, guardandosi negli occhi e sperando che quello fosse solo il primo momento perfetto di una lunga serie.



Nella tana dell'autrice:

Lo so, questo capitolo contiene una dose di romanticismo tale da far invidia a un film con Julia Roberts – ma ehi, ho pensato che ogni tanto devo conderveli capitoli del genere.

Questa volta non c'è stata molta azione, lo so, ma ho preferito concentrarmi di più sulle emozioni dei vari personaggi.

Stavolta non ci sono state scene del gruppo dei 'piccoli', ad eccezione della prima dedicata a Trilli e Peter (e a una aprte del loro passato).

Aggiungo inoltre che questo capitolo non mi convince AFFATTO, ma ci stavo lavorando da un sacco e ho semplicemente capito che tra il caldo, la disoccupazione e le uscite con gli amici (più il mio nuovo kindle <3 ) non ho avuto testa per la scrittura – comunque, ci tenevo a pubblicarlo i primi di Settembre, e comunquetrovo sia scritto in maniera sufficentemente dignitosa.

Almeno spero.

COMUNQUE. Com'è andata la vostra estate? Avete fatto i bravi? Io sono rimasta a Roma ad ammuffire, quindi deduco l'abbiate comunque passata meglio di me.

Parliamo un pò di alcuni passaggi del capitolo: la scena finale era presente sin dal progetto iniziale, ed è una delle poche cose che ho lasciato. Adam e Belle sono una coppia solida, e anche se non è specificato nella storia stanno insieme da cinque anni (ebbene sì, Belle è stata la prima tra le sue amiche a... beh, avete capito. Furba, eh?). La cosa della biblioteca mi piaceva molto e alla fine l'ho inserita, anche se solo ora mi accorgo di quanto sia sfacciatamente simile a ciò che accade a Belle di Once Upon A Time (serie tv che mi auguro voi conosciate. In caso contrario, RIMEDIATE).

Naveen e Tiana sono due personaggi un pò contorti, secondo me; tuttavia, lei tra le principesse è quella che mi rispecchia di più, decisamente.

Il ritorno di Filippo è appena accennato, ma non pensate che la reazione di Aurora sia esagerata: rivedere la persona che ci ha feriti, ritrovarsela faccia a faccia, è sempre qualcosa di estremamente doloroso.

Mi spiace tanto di non aver potuto inserire Jim e gli altri, e so che la loro assenza come personaggi si sente tantissimo.

Probabilmente è per questo che il capitolo non mi ha convinta, ma dovevo dare spazio anche ai 'grandi', che ultimamente avevo un pò trascurato (voglio dire, ci ho messo SETTE capitoli a dedicare una scena a Belle ed Adam...).

Il problema delle fanfiction crossover è questo: personalmente, non mi pento di avere tutti questi protagonisti, solo che ovviamente gestirli in egual misura non è facile e alcuni prendono inevitabilmente un pò di rilievo in confronto agli altri.

Ma io li amo tutti, eh!

Allora, concludo dicendovi che... HO UNA MIA PAGINA SU FACEBOOK! YEEEEEE!

Ovviamente è una fanpage, ma sarei felicissima se voleste mettere un mi piace. L'ho aperta appositamente per interagire con voi lettori, aggiornarvi sui tempi di aggiornamento, chiacchierare, conoscervi e rispondere a tutti le vostre curiosità sulle storie e i personaggi!

Potete chiedermi a che punto sono con il nuovo capitolo o anche semplicemente cose del tipo "A quali personaggi della tua ff piace Harry Potter?" "Rapunzel è allergica a qualcosa?" "A che club sono iscritti Jim e gli altri?" e cose del genere XD Ma anche su di me... insomma, l'indirizzo è questo:

https://www.facebook.com/magikamemyfanwriter

Spero davvero di conoscervi! Non vedo l'ora. Invito quindi tutti a mipiacciare, se vi va! :3

Il sondaggio di questa volta è: cosa ne pensate dei famosi Big Four? (Merida, Hiccup,Jake Frost e Rapunzel)? Vi piacciono o, come, li trovate carini ma vi sono abbastanza indifferenti? E pensate che Disney sia l'unica casa di produzione valida, riguardo i lungometragi animati? Io, per esempio, non ho mai apprezzato molto i Dreamworks ma alcuni loro lavori sono SPLENDIDI (Dragon Trainer 1 e 2 sono sensazionali). Ovviamente, amo i Ghibli! E voi?

Ringrazio moltissimi tutti coloro che seguono la storia, la recensiscono, la aggiungono tra i preferiti o, in generale, apprezzano ciò che scrivo e mi seguono! Le vostre parole mi rendono sempre indescrivibilmente felice, e spero di riuscire a non deludervi nè ora nè nei prossimi capitoli/storie.

Spero di conoscervi su facebook, e grazie per aver letto! Buon rientro a scuola/lavoro a tutti <3


Un abbraccio, alla prossima, Memy.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Angolino:

Vorrei dedicare questo capitolo alla mia Beta Frozen, che ha compiuto gli anni ieri e a cui ho già spoilerato la fine della storia. Sappiate, lettori, che lei si ribella pesantemente al mio sadismo con i personaggi- ma lo so che mi ami, Frozen. Mi incoraggi, mi convinci a non mollare e credi in me più di quanto faccia io, e questo per me significa TANTO. Quindi questo capitolo, soprattutto la prima parte, è tutta per te. Fangirla pure, e fallo come si deve. Shippali come se non ci fosse un domani...insomma, goditi il momento. Potrebbe non durare (risata malefica). E ricorda: Tebaldo e Mercuzio sono SHIPPABILISSIMI. (Sì, lettori, avete capito bene. Shippo random nelle opere Shakespeariane. AIUTATEMI.) E amami! Auguri ancora <3.



Capitolo 8


Eric l'aveva sentita.

L'aveva sentita distintamente, come i marinai delle storie che gli raccontava sempre suo padre da bambino- quelle storie in cui le sirene cantavano, attirando i poveracci nelle loro grinfie.

Il fatto che le sirene in questione fossero cannibali nell'ottanta per cento dei racconti era ovviamente irrilevante: come tutto ciò che riguardava storie e leggende, Eric ne era affascinato, quasi assefuatto.

Aladdin gli lanciò un'occhiata contrariata vedendolo lì, mollemente abbandonato contro l'armadietto e lo sguardo perso nel vuoto, e ci mancò poco che gli desse il libro di filosofia in testa per risvegliarlo dal suo sonno ad occhi aperti.

"Qualcuno ha fatto le ore piccole, ieri sera" osservò ammiccante, armeggiando con i quaderni.

Eric si voltò verso di lui, gli occhi azzurri che brillavano alla luce del primo pomeriggio.

"...ieri sera ho incontrato un angelo, Al."

L'amico ammutolì, cercando di capire quanto fosse serio (e considerando per un attimo che avesse subìto un trauma cranico); tuttavia ignorò l'istinto di chiedergli quando avesse sbattuto la testa e sorrise con poca convinzione.

"Sembra interessante. Io ho incontrato il professor Facilier dal fruttivendolo sabato. Sapevi che è allergico alle banane?"

"Sono serio." riuscì solo a rispondere Eric, prima di tornare a fissare il vuoto.

Aladdin sospirò e, chiuso l'armadietto, gli diede un'affettuosa pacca sulla spalla chiedendogli dolcemente se volesse parlarne.

Eric prese fiato e sorrise al niente: " Ieri sera sono rimasto da solo a finire di allenarmi. Insomma.. sai quanto mi piace avere la piscina interna tutta per me" ammise, arrossendo, e Aladdin annuì intenerito.

La pallanuoto era sempre stato un interesse di Eric – uno dei pochi, in effetti, che si trascinava dietro sin dalla tenera età.

Suo padre, sergente della marina, gli aveva innescato qualcosa nel cervello (simile ad una vera e propria ossesione) per il mare, l'oceano, l'acqua e... beh, le vongole e i fritti misti.

Ad ogni modo, Aladdin volle rimanere serio mentre l'amico, mostrando la solita timidezza, raccontava che, mentre ordinava le tavolette prima di andare nello spogliatoio, aveva sentito qualcuno cantare dal giardino interno.

"Al, io... non ho mai sentito nulla del genere. Era..." guardò il soffitto, agitando le mani come se ciò potesse aiutarlo a trovare il giusto paragone "... era una voce fatata. Sembrava un sogno."

"E' la stessa cosa che hai detto al compleanno di Hercules lo scorso Luglio, quando Naveen ha cantato al karaoke e ti eri appena fumato una canna." scherzò Aladdin, per poi passargli una mano tra i capelli e sorridergli.

Eric sbuffò, amareggiato e con un apparente voglia di scherzare pari a zero (non che andasse comunque fiero delle sue figure di merda quelle due volte che aveva fumato in tutta la sua vita, ma evidentemente il karma non esisteva se aveva deciso di punirlo così nonostante fosse sempre stato un bravo ragazzo).

"Dico sul serio, Al. Se solo avessi sentito, mi capiresti..."

Aladdin tornò serio e studiò il suo sguardo rapito, il tono di voce ridotto a un sussurro e l'espressione tra il meravigliato e il disperato.

"Sai chi è?" chiese, ma Eric rispose che no, non ne aveva la minima idea, perchè la ragazza che cantava era scappata non appena lui si era avvicinato alla porta a vetri.

"Con il buio non sono riuscito neanche a vederne l'ombra" ammise, visibilmente rammaricato.

Aladdin riflettè ad alta voce: "Se è rimasta fino a trada ora, sarà qualcuna del club di nuoto. O comunque, fa parte di un club sportivo. La palestra e la piscina hanno il cortile interno in comune."

Eric sembrò pensarci su un istante, poi emise un sospiro e abbassò lo sguardo, le guance arrossate e l'espressione apparentemente dura.

"Ad ogni modo, è una cazzata" disse, osservandosi le scarpe e grattandosi il collo nervosamente " quindi... beh, lasciamo stare."
Aladdin colse il segnale che l'amico gli stava lanciando e gli circondò le spalle con un braccio, entusiasta.

"Troveremo il tuo angioletto, Moby Dick " gli disse, arruffandogli i capelli corvini "ci puoi giurare".

Eric non potè trattenere un sorriso e frenò l'istinto di abbracciarlo.

Rimasero sul virile scambiandosi mascoline (e poco credibili) pacchettine sulle spalle, poi gli lanciò un'occhiata mentre chiudevano gli armadietti.

...Aladdin non era tipo da confidenze, ma in fondo sembrava il momento adatto per chiederglielo.

"Al, come procede con Jas?"

Aladdin sbattè lo sportello dell'armadietto così forte, gli occhi larghi come cocomeri, che fece trasalire la professoressa Magò-che ovviamente, pazza com'era, non si fece problemi a mandarlo in un posto in cui solitamente gli insegnanti non dovrebbero mandare gli studenti.

Si affrettò a recuperare il libro caduto a terra e sorrise senza la minima convinzione.

"Alla grande."

"Lo dici come se avessi appena scoperto la tua data di morte." non potè fare a meno di osservare l'amico.

Aladin sbuffò: "Lei non ha la minima idea di cosa è successo dopo la festa, e fortunatamente sembra che nessuna delle ragazze abbia ancora scucito la bocca..."

"Beh, l'unica a saperlo è Belle, voglio dire, è la più affidabile. Dubito che glielo direbbe." osservò Eric, e Aladdin si mostrò sollevato mentre passavano davanti al distributore automatico e Ariel li salutava con un timido cenno della mano.

"Ciao ragazzi. Volete...umh...volete un caffè?" chiese, mentre Nani si chinava per prendere la sua cioccolata e li salutava calorosamente.

"No ragazze, spiacente, io sono in ritardo per filosofia" disse Al, ma prima che Eric potesse parlare gli diede un colpettino dietro la schiena e sorrise languido.

"Ma tu sei libero, no? Mica devi scortarmi fino in aula."

"No, ho due ore buche ma volevo andare in biblioteca."

Ariel guardò Nani (che le lanciò un'occhiata di minaccia abbastanza eloquente, se non si fosse decisa a fare qualcosa di sensato) e disse con insolito entusiasmo: "Oh, tranquillo, anche io devo andare ad allenarmi. Tempo di un caffè e corro in piscina."

Ci fu un istante di silenzio in cui Aladdin e Nani si scambiarono occhiate complici e Ariel si guardava le punte delle scarpe.

Eric sembrò pensarci un istante, poi assunse un'espressione rilassata: "...effettivamente, mi sa che di caffè non me ne basterebbero due con il sonno che ho. Se non mi metto a studiare per letteratura francese..."

"Non me ne parlare! Quello stupido libro è ostrogoto puro, per me." rispose Ariel senza pensarci, e Eric rise di gusto mentre prendeva il portafogli dalla tasca.

Nani e Aladdin erano in visibilio, e si sarebbero abbracciati e dati il cinque sventolando bandierine con la faccia di Ariel se avessero potuto, ma entrambi si limitarono a dileguarsi con nonchalance e l'espressione da 'finalmente ti stai dando una mossa!'

Eric infilò le monetine e la guardò dolcemente.

"Come lo vuoi, il caffè?"

Non arrossire.

NON ARROSSIRE.

NON.

ARROSSIRE.

"Macchiato caldo, doppio zucchero." disse, e sbuffò sollevando la frangetta mentre lui cercava i tasti giusti.

Se solo avesse saputo che sarebbe finita così si sarebbe risparmiata di girare senza neanche un filo di trucco, con i capelli disastrati che manco dopo un atterraggio col paracadute e la maglietta macchiata di penna da un lato.

Eric però sembrava non averci fatto caso- oh, ma insomma, non era stupido...

Probabilmente fingeva di non aver notato le sue condizioni indecenti per pura cortesia.

Le porse il bicchiere di carta e lei arrossì -ovviamente.

"Emh... grazie. Ma la prossima volta offro io".

Eric le sorrise e selezionò un caffè amaro: "Naaaah, sei o non sei una fanciulla? E' il cavaliere a dover offrire!" disse con convinzione.

Ariel si tirò indietro i capelli e pensò che quella era l'occasione giusta per dire qualcosa che non la facesse sembrare una perfetta cretina.

E fu a questo che pensò anche dopo che lui le chiese di andare in giardino e si furono seduti su una delle panchine in pietra.

Poco lontane, Aurora e Bianca discutevano animatamente di qualcosa – i ponpon poggiati a terra, tra la polvere, status simbol di un'immagine che in quel momento non dovevano dare a nessuno perchè tutti a lezione o in aula studio.

"Hai già pensato a quale college fare domanda?" le chiese lui, sorseggiando il caffè bollente.

Ariel strinse la tracolla della borsa e sospirò.

"Veramente sto aspettando per le borse di studio, ma mi piacerebbe frequentarne una che mi permetta di studiare anche per il restauro dei beni culturali."

Lo disse senza pensare, ma un istante dopo se ne era già pentita.

Tuttavia Eric la guardò con ammirazione: "Vuoi fare la restauratrice?!"

"Non dirlo a mio padre! Anzi, ti prego, non... non dirlo a nessuno."

"E perchè? E' una cosa fantastica" esclamò lui, ed era sincero.

Ariel arrossì di nuovo e guardò il bicchiere, sovrappensiero.

"...sin da quando sono bambina mi piace collezionare oggetti di tutti i tipi, custodirli come tesori e...aggiustarli, riparlarli, dargli una vita tutta nuova. Mi piace l'idea di poter creare qualcosa di diverso senza cambiare la natura di nulla, una... mutazione sufficiente a ridare dignità a un quadro, o a uno scrigno. Una seconda possibilità, con la consapevolezza di ciò che sono stati in passato."

Eric accolse quel piccolo discorso in silenzio, capendone in qualche modo l'importanza e vedendolo come un qualcosa di... non so, prezioso.

Ariel si affrettò a smorzare la tensione e si diede della stupida.

Da quando riusciva ad esporsi così?

"Lo so, è una stupidaggine vero? Ahahah" rise senza la minima convinzione.

Eric si affrettò a dirle di no, e nonostante volesse aggiungere altro al momento non gli sembrava di riuscire a cavar fuori niente di abbastanza intelligente da quella stupida bocca.

"E tu? Non hai progetti?"chiese Ariel, che ormai sperava di riuscire a distogliere il discorso da lei.

Eric alzò le spalle con leggerezza: "Vorrei, sai, arruolarmi in marina. Come mio padre. Ma diciamo che, se proprio non dovessi riuscirci, potrei sempre vivere da eremita sulla spiaggia e vendere collane di conchiglie ai passanti!"

Ariel rise di cuore: "Sì, beh, sarebbe un'attivita interessante. Potrebbe attirare i turisti..."lo schernì, e Eric mise un finto broncio.

"Tsk, tu sottovaluti il mio talento negli affari, sirenetta!"

Ariel inarcò un sopracciglio, divertita: "...sirenetta?! Ahahah, ma dài, e questa da dove l'hai presa? Fa tanto telefilm anni ottanta..."

Eric si fece un pò più serio e le si avvicinò, togliendole il respiro: le diede una bussatina sul naso lasciandola confusa, poi si alzò in silenzio.

Ariel lo guardava interrogativa, sentiva le guance in fiamme.

Eric gettò il bicchiere vuoto nel cestino e, ormai in piedi, le mostrò un altro sorriso.

"Sirenetta, perchè prima di oggi non ti avevo mai vista a tuo agio fuori dall'acqua. Come se ti mancasse il respiro sulla terraferma."

Si voltò e fece per andarsene, poi la guardò un'ultima volta.

"Ah, avevi del caffè sul naso, comunque."

Ariel potè giurare di vederlo arrossire un istante, ma prima che potesse riattivare il cervello lui era già rientrato dalla porta a vetri, lasciandola lì con il suo imbarazzo e le sue stupide guance arrossate.


**


Chiuse il libro di matematica, tentando invano di ignorare il caos che proveniva dal salone affollato – sentiva distintamente le grida spazientite di Bianca contro Bernie e chissàqualesperduto che avevano, citando testualmente, imbrattato la moquette di gelato alla vaniglia.

Sorrise a vuoto al pensiero di aver finalmente finito i compiti e si concesse dieci minuti sul letto, concentrato sul dolce far nulla, prima di scendere al piano terra e dare una mano per la cena.

La sua stanza era ovviamente piccina – nonostante fosse l'unico a godere del lusso di una camera singola; quando aveva annunciato, anni prima, a Bianca il desiderio di restare lei aveva subito esclamato: "Non vorrai mica restare con i piccoli! Devi avere una stanza tutta tua. Sai, per quando comincerai ad, emh, uscire con le ragazze..."

Sì, certo.

La cosa divertente era che, all'epoca, Peter si era tutto inorgoglito immaginandosi chiuso a chiave in stanza, con musica rock in sottofondo e una ragazza sul letto.

Inutile specificare quanto tale aspettativa si fosse rivelata con il tempo non solo infondata, ma quasi ridicola.

Sì perchè ad eccezione di Trilli – che ovviamente non era da considerarsi una Ragazza, se non in termini prettamente tecnici- e Lilo – che di femminile aveva solo gli organi riproduttivi- nessuna fanciulla si era mai avventurata in quella casa di pazzi.

Sia chiaro, lui non si vergognava della sua situazione; sì, sapeva che da un punto di vista esterno poteva risultare alquanto bizzarra, con nove fratellini e due genitori acquisiti (anche se, ufficialmente, Bianca e Bernie erano dei semplici tutori, ma questo era solo un dettaglio)... ma c'era da dire che per lui quello era un ambiente del tutto naturale.

Sbuffò, sollevando la frangetta rossa che gli ricadeva sugli occhi, e senza un motivo preciso l'immagine di Wendy gli lampeggiò nel cervello.

Dopo quello che era successo alla festa sulla spiaggia, il loro rapporto era diventato – cosa che riteneva impossibile- ancora più strano.

Sì, beh, era successo altre volte.

E sì, il sesso non era solo la cosa più fantastica che esistesse, ma era molto molto di più.

Pensò a quanto fosse bello sentirsi parte di un mondo adulto, altro, completamente diverso da come se lo era aspettato.

C'era qualcosa, in quella ragazza; qualcosa che gli aveva innescato nel cervello il desiderio di abbandonare tutto ciò che fino a pochi mesi prima gli sembrava di massima importanza.

Fumetti, cinema, videogiochi ... perfino cose come lo studio e gli amici avevano perso lentamente colore nella sua testa, diventando di un grigio insipido e informe.

Non che si fosse allontanato, ma gli sembrava che ormai tra di lui e gli altri ci fosse una sottilissima linea che li rendeva, in qualche modo, diversi.

Ma Wendy non era altro che semplice, puro, magnifico sesso.

Un sesso di cui non conosceva altro che il ritmo basilare, con gesti e movimenti impacciati, freddi, un pò meccanici.

Non era uno stupido, sapeva che l'amore era ben diverso da quello.

Per di più, intendiamoci, sapeva che Wendy non era esattamente la pallina più luminosa dell'albero: era una ragazza bella quanto tremendamente banale.

Discorsi di ore intere basati sul puro nulla, risatine sciocche, ogni tanto qualche sguardo ammiccante, capricci sui luoghi dell'appuntamento, i regalini, le telefonate frammentate da insulsi baci in lontananza.

E il tutto non era dettato da un vero e proprio interesse, Peter sapeva quanto Wendy fosse semplicemente ancorata all'unico idiota che era riuscita ad accalappiare.

Ma gli piaceva.

Gli piaceva come lo toccava, come sapeva farlo andare in estasi con un singolo gesto (non che fosse difficile mandar in estasi un diciassettenne in piena tempesta ormonale, ma lei sapeva farlo ottimamente), come renderlo succube di quello che non sarebbe mai stato fare l'amore.

Lo faceva sentire un uomo, dopo essersi sentito un bambino per tutta la vita; gli dava importanza e lo guardava con passione, come fosse tutto ciò che aveva sempre voluto.

Forse si trattava semplicemente di coccolare il proprio ego, ma Peter pensò che non aveva mai negato di essere un irrimediabile vanitoso.

In fondo, lui era il meglio che c'è – o almeno, questa era l'immagine di sè che gli piaceva dare.

Wendy lo aiutava in questo, non solo gli porgeva la maschera della sicurezza e della strafottenza, ma con un semplice gesto sembrava fargliela indossare e cacciare tutti i suoi fantasmi (quelle paure, quelle insicurezze, quei vuoti).

Non potè trattenersi dal sorridere pensando a quanto Trilli si sarebbe arrabbiata, se avesse ascoltato un ragionamento simile: lei, che lo aveva sempre incoraggiato a mostrarsi per come era davvero.

Che aveva sempre insistito (e, ne era convinto, sempre lo avrebbe fatto) su quanto lui fosse perfetto senza fingere presunzione, spacconeria, forza.

Le debolezze sono ciò che ci rendono amabili, gli aveva detto una volta.

Lui l'aveva abbracciata, ma ovviamente non poteva dare effettivamente peso a ciò che Trilli gli suggeriva; non perchè non desse buoni consigli, ma era ovviamente poco obiettiva.

Insomma, era la sua migliore amica e gli voleva un gran bene da tutta la vita – avrebbe potuto presentarsi da lei con una buccia di banane in testa e un vestito da tartaruga ballando la conga ubriaco e lei lo avrebbe trovato comunque fantastico.

La suoneria del telefono lo distrasse dia suoi pensieri, e vide sul display il nome di Taron.

"Ssssssì?"rispose con enfasi, e Taron si affrettò a rispondere seccamente: "Dì, non ti avrò mica disturbato mentre chiavavi allegramente?"

Alzò gli occhi al cielo, divertito: "Per tua fortuna no, ero sdraiato sul letto."

La voce di Jim, sbucata dal nulla, si intromise (dai suoni riuscì a capire che aveva tolto il telefono dalla mano del proprietario): "Spiacente interrompere la tua sega pomeridiana, Pan, ma stasera andiamo a giocare a bowling. Ci vediamo lì davanti per le nove. Chiama Trilli."

"Ma... non ho soldi per fare telefonate!" provò a lamentarsi, ma Jim aveva già attaccato.

Perfetto, gli ultimi dieci centesimi di credito sprecati!

Ora non avrebbe potuto chiamare Wendy...

...si fermò un istante, quando lo sguardo gli cadde su una foto di lui e Trilli in spiaggia, da bambini.

La vide lì, piccola, bionda e spettinata, mentre lo abbracciava contenta, un secchiello rosa accanto.

...beh, in realtà non gli sembrava poi chissà quale spreco.

Meglio chiamare Trilli che Wendy, no?


**


Ailyn tese una mano fuori della finestra, il vento freddo che le carezzò le dita per un istante.

Ritirò il braccio immediatamente e pensò che, , era il caso di portare un giacchetto.

Incredibile, che stesse finalmente arrivando l'inverno?

Insomma, erano ormai a metà ottobre e sembrava fino a poche ore prima di essere in Maggio... non che fosse una fan dei mesi invernali, ma la cosa stava iniziando ad essere irritante.

Chiuse la finestra e lanciò un rapido sguardo allo specchio accanto l'armadio.

...fantastico, sembrava un incrocio tra un folletto drogato e una principessina medievale.

Il fisico era decisamente troppo magro, gli occhi troppo scuri, la pelle troppo chiara e i capelli... dio, i capelli.

Paglia che le incorniciava il volto senza un minimo di grazia, o eleganza... sì, beh, c'era anche chi stava messo peggio di lei – insomma, bastava vedere la chioma di Rapunzel per considerare il suo come un taglio corto, ma lei era decisamente più bella di lei.

Con quel sorriso, gli occhi verdi guizzanti di gioia ed entusiasmo, i pennelli tra i capelli e le guance rosee... era esattamente così, che le sarebbe piaciuto essere.

E invece cosa c'era allo specchio? Un gremlins con la parrucca bionda ed evidenti problemi di gestione emotiva.

Meraviglioso.

"Aily, posso entrare?"

La ragazza sorrise ad una Trilli esitante dietro la porta semiaperta, invitandola.

"Sono quasi pronta, lo giuro. Sei venuta in bici?" chiese all'amica, senza togliere lo sguardo dallo specchio (ora tentava invano di lottare contro la frangetta che insisteva a caderle sugli occhi).

"No, ho usato la polvere fatata che fa volare" disse Trilli ironica, gettandosi sul letto di Ailyn e giocando con il famoso maialino di peluche regalatole da Taron.

Guardò Ailyn e non potè fare a meno di sorridere: "...Ailyn, è una serata al bowling. Non il ballo delle debuttanti".

"Con questa faccia potrei andare al massimo ad un concorso canino" ribattè, mandando mentalmente lo specchio a quel paese e gettandosi sul letto, accanto a Trilli.

L'amica la abbracciò e le diede un buffetto sulla guancia, delicatamente: "Tu sei bellissima, Ay. E questo è un dato di fatto. So che ora non ci credi, ma sei una ragazza splendida, e non solo esteriormente."

Ailyn avrebbe voluto dirle di smetterla, che non era certo una bambina, e che non aveva bisogno delle sue parole gentili- ma Trilli aveva questo suo modo adorabile di farti i complimenti che non potè non abbracciarla.

"...e comunque, per chi ti stai facendo bella? Non avrai invitato Artù, per caso?" la schernì l'amica, e Ailyn arrossì alzandosi di scatto e avvicinandosi al beauty case.

"Assolutamente no" rispose, senza guardarla e cercando il mascara con un pò troppo vigore, mentre Trilli ridacchiò e si sciolse i capelli, levandosi la maglietta e lottando contro i ganci del reggiseno.

"Questo dannato coso..." farfugliò, per poi vedere Ailyn che fissava lo specchio senza guardarlo davvero.

Sospirò (con una bretella del reggiseno abbandonata sulla spalla e un seno praticamente di fuori, ma del resto Trilli non era una tipa pudica) e le lanciò un bottone trovato sul letto, che Ailyn ricevette subito dietro la testa e la fece voltare verso l'amica.

"A cosa stavi pensando? Lo specchio si stava sciogliendo sotto il peso della tua autocommiserazione"

"Quanto sei sagace!" le rispose di rimando Ailyn, ironica, per poi lanciare un'occhiata al cellulare abbandonato sul cuscino.

"...sai, pensavo di... non so, chiedergli di uscire. Ad Artù, intendo."

Trilli non si mostrò sorpresa, ma volse la testa da un lato come fanno i cagnolini quando non capiscono qualcosa.

"E perchè non lo fai? So che sarebbe la fine del mondo per te, ma non viviamo nel Medioevo. Anche le ragazze possono invitare i maschietti ad uscire, qualche volta."

"Non so che scusa usare! Non posso chiederglielo in maniera troppo diretta... magari, con la carta delle ripetizioni..."

"Sì, è una buona idea" disse Trilli alla svelta, tornando a concentrarsi sul suo reggiseno, lieta che in fondo Ailyn non avesse un problema particolarmente serio "E poi, cos'hai da perdere? Voglio dire, non stai rinunciando all'uomo della tua vita per uno qualsiasi. Se con Artù dovesse andar male, puoi sempre puntare ad altro." si interruppe un istante, lanciandole uno strano sguardo.

"...sei libera come l'aria, no?" le chiese, sperando che Ailyn cogliesse il tono di sfida.

Ma l'amica era troppo presa dai suoi stupidi pensieri per capire il messaggio di Trilli, e quando eslcamò con entusiasmo "Sì, gli scriverò domani!" lei si limitò a scuotere le spalle, mentre fuori cominciava a farsi sera e riusciva finalmente ad allacciare quel dannato reggiseno.


**


"... spero tu stia scherzando."

Jim rise mentre saliva sul motorino, il casco ben chiuso, e porgeva il secondo a Lilo che a braccia conserte lanciava occhiate a quel... quel inutile trabiccolo che sembrava sarebbe crollato al primo soffio di vento.

"Coraggio, Lilo. Gli altri ci stanno aspettando."

"Io su quel coso non ci salgo" fu la ferma risposta. "Piuttosto vengo coi pattini."

"Siamo dall'altra parte della città, ma se vuoi impiegarci due ore e mezza e correre sul marciapiede con il rischio di investire qualche povero disgraziato..."

"...preferirei mettere sotto una povera vecchina che torna dalla spesa serale e scontare gli anni di prigione previsti, piuttosto che stringerti come nei film romantici mentre corri come un pazzo su quella specie di triciclo evoluto."

Jim inarcò un sopracciglio, esasperato.

"Lilo, qual'è il cazzo di problema?! E' il mio motorino! Ci sei salita decine di volte!"

Lilo non rispose e abbassò lo sguardo.

"... non importa, non devo dare spiegazioni a nessuno. Non ci salgo, su quel coso. Punto."

Fece per voltarsi e rientrare in casa, dove Nani probabilmente era già davanti alla tv con Stitch, il take away del ristorante cinese e la nuova puntata della sua serie tv del giovedì; ma fu costretta a voltarsi quando Jim le trattenne un braccio.

Si guardarono negli occhi e lei si allontanò frettolosa, ma senza rientrare in casa.

Jim le tirò dietro le orecchie una ciocca di capelli e le lanciò uno sguardo paziente.

Lilo era la sua migliore amica.

E sapeva di non essere il prototipo di perfetto best friend, ma...al diavolo, era davvero importante?

Lilo non era esattamente il tipo di ragazza a cui serve un migliore amico che le metta lo smalto e le dica quanto le sta male il nuovo vestito, nè che sia disposto a farsi svegliare alle tre di notte da una ragazza in lacrime per colpa dello stronzo di turno, costringendolo a dirle frasi come ' non ti merita'.

No, Lilo non era decisamente quel genere di ragazza- ma con gli anni aveva imparato a riconoscere le sue debolezze, limarle senza che lei glielo chiedesse, nei limiti di quanto gli concedeva, fino a quando non diceva 'basta', fino a quando non piangeva e gli diceva di fottersi, che non aveva bisogno di essere compatita.

Perchè Lilo odiava sentirsi sguardi di comprensione addosso, e forse era per questo che andavano così d'accordo: Jim non chiedeva alle persone di lasciarlo in pace, glielo faceva capire a suon di pugni, il più delle volte.

Non erano cattivi ragazzi, ma erano anime profondamente sole, entrambi nuotatori nelle ombre del loro passato- così opprimenti, così reali da invadere ogni più rosea (quanto rara) visione di un futuro che era ancora troppo lontano.

Lilo, gli occhi neri come la pece nascosti dai capelli lunghi davanti il viso, gli lanciò uno sguardo vacuo e lo abbracciò senza dire una parola.

Jim ricambiò la stretta, perchè gli abbracci di Lilo erano così rari da sembrare quasi irreali quando arrivavano.

"...mi fa male la pancia." disse solo lei, scostandosi per guardarlo in viso (nonostante guardasse tutto fuorchè lui).

Jim tacque, perchè sapeva che lei non aveva ancora finito, e difatti prese fiato e continuò.

"Ho fatto un test di gravidanza. Due settimane fa."

Ecco.

Aveva lanciato la bomba.

Si morse le labbra, pentendosi all'istante di averlo detto a qualcuno (anche se quel qualcuno era Jim), e tremò quando Jim le rivolse la parola, un minuto dopo, interrompendo il silenzio e nascondendo in malo modo l'espressione di panico che gli regnava sul viso.

"Io... cioè, cosa..."

"E' risultato negativo." lo interruppe subito lei, stroncando quell'imbarazzo che le causava non poco disagio. Lui sembrò rilassarsi per un attimo – e per un istante, assurdamente, trovò la reazione di Jim estremamente buffa, come se il padre potesse essere lui.

"Per questo mi fa male la pancia" spiegò ancora, senza il coraggio di guardarlo "mi è arrivato in ritardo di due settimane. Sto uno schifo, e... insomma" tirò su con il naso, mentre gli occhi le si facevano improvvisament lucidi "...non ci salgo, su quel coso." ripetè, come se fosse una conclusione sensata.

Jim finse di non accorgersi che stava iniziando a piangere, e si appoggiò al motorino spento.

Cercò qualcosa di giusto da dire, ma gli anni di solitudine con sua madre gli avevano insegnato solo a rispettare gli spazi delle donne, quando esse vogliono il silenzio.

Lilo in quel momento, però, aveva bisogno di parlare.

Lo capiva da come tremava, dal movimento spasmodico dei pugni chiusi nelle tasche dei jeans, nel disagio con cui nascondeva il proprio viso sotto i capelli neri.

"...chi pensavi che..."

Non potè finire la frase che Lilo scoppiò in singhiozzi, cadendo a terra con un tonfo sordo. Jim fece per avvicinarsi, ma lei gridò "Non mi toccare!", il viso nascosto tra le mani, la voce tremante.

Jim rimase fermo dov'era, in piedi di fronte a lei, osservandola piangere come osservava sua madre dalla serratura da bambino, guardandola in lacrime nella sua camera, dopo che suo padre li aveva abbandonati.

"Lilo." disse poi, sottovoce ma con tono fermo; Lilo sollevò lo sguardo e lui le si mise davanti, poggiando un ginocchio a terra e tirandole su il mento.

Ora la vedeva bene: il trucco nero che le era colato dagli occhi lungo tutte le guance, il naso arrossato, i capelli attaccati alle gote a causa delle lacrime.

Non era Lilo, era il fantasma di quello che la torturava- e potè giurare di non averla mai vista in quello stato.

"Chiunque sia, mi sembra evidente che non sei felice con lui."

"Non chiedermi chi è." lo supplicò, tremando. "...ti prego."

Jim si limitò a togliersi il giaccone di pelle e poggiarglielo sulle spalle, poi la strinse di nuovo- ma stavolta Lilo non si sarebbe scostata.


**


"Professore, sta... sta scherzando?"

Tiana era lì davanti, allibita, i capelli raccolti in uno chignon disordinato.

Il giovedì era il giorno della settimana che preferiva – non solo perchè era il suo unico giorno di riposo, ma perchè questo significava poter rimanere quanto voleva nell'aula del club di economia domestica.

Non era raro che restasse per ultima con il prof Remì, e lui si divertiva a mostrarle tecniche nuove e troppo difficili per gli altri studenti- tecniche in cui lei riusciva senza problemi.

E anche oggi era successo lo stesso, con la differenza che il prof le era sembrato molto serio quando le aveva chiesto di restare dopo che gli altri se ne erano andati a casa.

E così le aveva proposto di aiutarlo nei corsi, per tutte e tre le lezioni settimanali più i corsi per gli esterni che teneva il Venerdì sera all'Accademia gastronomica in centro.

Tiana, la scopa ancora in mano e la divisa sporca indosso, non riusciva a non balbettare.

Remì, alto poco meno di lei, sorrideva incerto.

"Tiana, mia cara, te lo ripeto: solo se vuoi. Non è un obbligo. Ma..." e fece una pausa brevissima "...ho davvero bisogno di qualcuno che mi dia una mano per la gestione degli ordini, o che mi sostituisca quando devo assentarmi al corso per l'Accademia. E sinceramente, non lascerei il mio posto a nessun altro" beh, almeno l'ultima frase era vera.

Tiana deglutì e lasciò che la parte razionale del suo cervello frenasse l'entusiasmo.

"Professore, non sono in grado di insegnare a nessuno un bel niente!"

"E' un corso base, Tiana. Tagli e metodi di conservazione, molta teoria... e non è detto che dovrai fare lezione per forza. Per ora mi serve solo una persona fidata che mi aiuti a gestire gli impegni. La paga..."

"Professore, la paga... la paga è perfetta. Davvero, solo che..."

Era esitante, e Remì si sentì una persona orribile a mentirle così- ma sapeva che era per il suo bene, e preferiva che quei soldi venissero dalle tasche di quello spaccone di Maldonia piuttosto che da quelle del rozzo barista per cui era solita spaccarsi la schiena.

"Tiana... te lo chiedo come favore. Voglio che lavori per me e voglio vederti comprare quel ristorante. Te lo meriti, e ho davvero bisogno di te. Ti pagherò esattamente come vieni pagata ora, e per metà del lavoro. Sei la mia alunna preferita, e non voglio che rinunci allo studio, nè alle amicizie. Questo è quello che ti offro, e ti insegnerò tutto ciò che so. Ci stai?"

Tiana guardò la mano tesa del professore, titubante; poi, non senza un pizzico di timore, la strinse, e lo abbracciò con calore.

"...grazie." sussurrò, e Remì finse di non accorgersi che stava piangendo mentre lo abbracciava.


**

“...Semola, cos'è quella faccia?”

Artù rimase imbambolato a fissare lo schermo del cellulare per dieci secondi buoni, poi si decise a metterlo in tasca, senza tuttavia riuscire a levarsi quel sorriso da scoiattolo che ha appena trovato la più grossa ghianda del mondo.

“Nulla, davvero, solo... uh, bella giornata eh?”

Ok, sapeva di non poter nascondere nulla a Robin – non per niente, tutta la scuola conosceva la sua astuzia degna di una volpe.

Guardò prima il suo migliore amico, che senza guardarlo continuava a scoccare frecce mentre la presidentessa del club di tiro con l'arco, Merida, gli urlava da lontano: “Hood, smettila di sprecare le frecce degli atri e và a raccogliere le tue!”

Robin la ignorò e si concentrò di nuovo su Artù, facendogli l'occhiolino.

“...è raro vederti sorridere per qualcosa che non riguardi i giochi online, Camelot. Allora?”

Artù arrossì e balbettò qualcosa di confuso, per poi afferrare il proprio arco senza troppa convinzione e fingere di raccogliere qualche freccia dalla balestra che aveva sulla schiena da un quarto d'ora.

Non che il tiro con l'arco non gli piacesse, certo, ma diciamo che quel club non era esattamente il più adatto a lui- se non si contava quello di scherma, certo, ma ehy, sarebbe ricominciato non prima di Novembre. Doveva pur fare qualcosa per tenersi in allenamento, no?

“SEMOLA, vuoi smetterla di mostrarti interessato a quello stupido arco e rispondermi?” chiese Robin ridendo, mentre Merida gli lanciava da lontano sguardi truci.

Artù finalmente lo guardò negli occhi, imbarazzato.

“...era Ailyn. Credo che ci vedremo, sai, nel pomeriggio. Le serve una mano in biologia e...”

“E da quando sei un esperto in biologia?” chiese Robin, sogghignando.

Artù gli diede un colpetto sulla spalla, assumendo un'espressione crucciata: “Merlino mi ha insegnato un sacco di cose, quando ero piccolo! Per questo ora ho dei voti così alti... finalmente quelle ore passate a sentirlo sproloquiare su rane e pesci serviranno a qualcosa!” concluse, ottimista.

“...ficcarle la lingua in bocca è così difficile?” chiese qualcuno alle sue spalle, facendoli trasalire entrambi.

Robin scoppiò a ridere con il nuovo arrivato e Semola sospirò, noncurante.

Non siamo tutte bestie come te, Little John.”

John, che aveva la mole di un orso e la delicatezza di un t-rex, si sistemò nella postazione alla loro sinistra e afferrò l'arco a terra, poi sistemò la freccia e chiuse un occhio, senza concentrarsi troppo sulla mira e ridacchiando: “Sei proprio un coglione, Camelot.”

“Via, via, Little John! Semola, qui, conosce le buone maniere di cui tener conto quando c'è una signora” si intromise Robin, sorseggiando un po' della sua bevanda energetica: “Se usassimo tutti i tuoi parametri di romanticismo, a quest'ora ci saremmo beccati due o tre denunce per stalking e linguaggio volgare.”

“..non è colpa mia se Cocca mi lancia quelle occhiate, durante la lezione di scienze.” fece John, mettendosi una mano sul petto in segno di difesa.

Artù rise, lanciando gli occhi al cielo.

“Probabilmente sono espressioni di disgusto nel ritrovarsi tra te e la rana morta.”

Robin scoppiò in una fragorosa risata, abbandonando l'arco tra l'erba e rotolandosi sul prato del campo sportivo.

Artù lo seguì a ruota ed entrambi si ritrovarono sporchi di fango e a reggersi la pancia che gli doleva per il troppo ridere, mentre Merida li raggiungeva e cominciava a sgridarli sulla 'manutenzione degli articoli sportivi'.

“Se non vi rialzate immediatamente e non ricominciate ad allenarvi sul serio, giuro che vi strappo le palle e me le gioco ai dadi con i miei fratelli! Camelot, vale anche per te! Non pensare che il fatto che tu partecipi a tempo perso non significa...”

Robin si alzò e, fattosi improvvisamente serio, le prese una mano tra le sue, mostrandole il Sorriso Affasicnante migliore del suo repertorio.

Merida rimase a fissarlo allibita, mentre Robin la coinvolgeva in uan sorta di casquet che manco alle gare di tango.

“Oh, Merida...ti ho mai detto quanto io ami i tuoi splendidi capelli rossi?!”

Merida assunse un espressione di totale apatia, ancora piegata tra le sue braccia.

“Hood, anche i tuoi sono rossi. Il tuo narcisismo mi disgusta, e il fatto che tu abbia già una ragazza ti rende desiderabile ai miei occhi quanto l'haggis di mia madre.”

Artù e John non poterono non ridere di nuovo, e Robin lasciò andare la ragazza lanciandole un bacio che lei ignorò.

“Ordunque, mio fedele amico!” esclamò Robin dopo qualche minuto, proprio mentre tutti ricominciavano a riordinare le proprie postazioni “sei emozionato per questo intenso pomeriggio di studi con la tua dama?” e gettò un rapido sguardo a Merida mentre lei passava loro accanto, ignorandoli.

“Sono solo ripetizioni, Robin. Non è nulla di eclatante.” rispose, avvicinandosi ai bersagli per spostarli dal centro campo.

Robin alzò gli occhi al cielo, ma non gli disse nulla.

E tuttavia Artù si ritrovà di nuovo a sorridere come un ebete, sperando, pregando di riuscire ad avere il coraggio di dirle qualcosa che non fosse solo legato alla fauna delle paludi o cose simili.

...non era colpa sua, davvero.

Ok, era sempre stato abbastanza – cosa, abbastanza? Decisamente timido con le ragazze, ed Ailyn gli piaceva sul serio.

Anche se si erano visti una volta e incontrati spesso per i corridoi perfino un perdente come lui sapeva che non significava un bel niente, e non se la sarebbe presa se avesse scoperto che lei frequentava altri- non troppo, comunque.

Sta di fatto che c'era un pensiero fisso che lo torturava quando pensava a lei, ed era quel... quel Taron.

Premettendo che contro di lui non aveva nulla- sapeva che erano amici da parecchio tempo, cresciuti insieme e bla bla bla... ma quanto poteva essere disinteressato, un rapporto così?

A volte gli capitava di vederli, lui e Ailyn nei corridoi, ed entrambi irradiavano luce quando si trovavano assieme.

Non avrebbe saputo spiegare il perchè, ma quei due erano palesemente dipendenti l'uno dall'altra.

E sospettava che chiunque, lui compreso, sarebbe stato sempre un terzo indesiderato.


**


"Siete una massa di stronze!"

"Jas, tra due settimane c'è la festa di Halloween. Lasciaci studiare questi giorni, ti prego."

Jasmine tirò a Nani un libro in testa, mentre Jane e Rapunzel (appena tornate dal club di arte) mangiavano le loro patatine e lanciavano all'amica sguardi contrariati.

"Ormai sono circondata da false amiche, che non sono neanche disposte a concedermi una serata libera dagli impegni per starmi vicino, in questo tragico momento della mia adole..." cantilenò in tono e posa a dir poco tragiche, con tanto di mano sulla fronte e occhi chiusi, ma fu interrotta da Megara che sbiascicò un convinto: "Falla finita o ti prendo a mazzate sui denti."

Jasmine le lanciò un'occhiata glaciale.

"IO STO SOFFRENDO!

"Il mal di pancia da ciclo e la depressione conseguente al tuo stato di singletudine non possono essere considerate causa di chissà quale sofferenza, altrimenti Tia starebbe peggio di te." esclamò Nani, e Tiana le mostrò la lingua.

"Oggi neanche le tue frecciatine riescono a farmi venire il malumore!"

Rapunzel la strinse dalle spalle, seduta dietro di lei sull'erba del cortile: "La nostra piccola cuoca ha ufficialmente dato le dimissioni ieri sera, vero?" chiese entusiasta, e Tiana sorrise raggiante.

"Da domani sera sarò l'ombra del professor Remì, e avrò anche e il Sabato sera libero. E soprattutto potrò avere il mio ristorante!" gridò, estasiata, e le ragazze la abbracciarono, sinceramente felici per l'amica.

"Ehi ehi ehi, allora questo Sabato festeggiamo! Viene anche Esmeralda per il week-end!" propose subito Jasmine, ma Belle sbucò alle loro spalle e si intromise nel discorso dopo un caloroso saluto generale.

"Questo week-end non posso, lo zio di Adam viene in città e Sabato abbiamo un pranzo, ma non so quanto ci vorrà..." disse in tono vago, sedendosi sulla panchina accanto a Jasmine e abbandonando accanto a sè la borsa a tracolla.

Rapunzel si strinse nel maglioncino viola e sbuffò, i capelli biondi legati disordinatamente attorno a un pennello pieno di macchie di pittura: "E quanto dovrete mangiare?! La sera non puoi liberarti?"

Belle evitò le occhiate languide delle amiche, la mano sinistra ben nascosta in tasca.

"Dobbiamo...dobbiamo parlare di alcuni affari di famiglia, non faremo tardi..." ma quando le arrivò un messaggio e levò dalla tasca il cellulare mostrò la mano, completamente sovrappensiero.

Per sua sfortuna, a Jasmine non sfuggiva MAI NIENTE.

"Emh, Belle... quello è..."

L'espressione di Belle mutò in un istante, e arrossì senza poter fare a meno di sorridere.

"Giuro che ve lo avrei detto. Cioè..."

Ma non fece in tempo neanche a finire la frase che le grida generali del gruppo avevano invaso il cortile, e tutte le erano letteralmente saltate addosso (Rapunzel era completamente in lacrime per la felicità).

Belle riuscì a sciogliere l'abbraccio con un pò di dispiacere, ma il suo sorriso era raggiante.

Non si era mai sentita così bella in tutta la sua vita.


**


Erano sporche.

Erano ancora dannatamente sporche.

Sfregò con più rabbia, ma sentiva distintamente i germi muoversi tra le dita insaponate, appropriarsi della sua pelle come una nuova tana.

Cenere iniziò a tremare e continuò a lavarsi le mani, fino a quando l'acqua che scorreva sul lavandino dopo il risciacquo non fu completamente e perfettamente limpida come se sgorgasse da una sorgente.

Il respirò tornò regolare e le asciugò con il suo panno personale (azzurro, of course); poi infilò il guanto usa e getta in lattice che aveva già preparato e si avvicinò alla porta.

Ne osservò la maniglia lucida, le sagome delle orme digitali di perfette sconosciute visibili a occhio nudo – gente che veniva chissà da dove, che probabilmente non si era neanche pulita per bene le mani dopo essere andata al bagno.

Cercò di ignorare il tremore alla mano e il conato di vomito e la toccò con la mano coperta dal guanto, poi aprì e si ritrovò in corridoio.

Sospirò forte e immediatamente raggiunse la spazzatura, dove si affrettò a gettare il guanto ormai inutilizzabile.

La giornata di studio era finita, ma tutti erano ai rispettivi club e lei doveva sbrigarsi ad andare al campo di footbal per gli allenamenti delle cheerladers.

Passò davanti al proprio armadietto, la divisa corta e pulita già indosso, e camminò per i corridoi deserti fino ad arrivare davanti al proprio armadietto-dove ad aspettarla c'era Bianca.

"Pensavo fossi già agli allenamenti." disse, e Bianca sorrise.

"Uao, sei sopravvissuta anche oggi ai bagni scolastici? Sei proprio una principessina coraggiosa" e le si avvicinò, guardandosi attorno e in allerta.

"Piantala" le disse Cenere, e l'altra le sfiorò il dorso della mano, vicinissima.

"... è presto per gli allenamenti, non credi?"

"Mi piace essere puntuale, lo sai" rispose atona Cenere, i capelli biondi legati in una treccia e gli occhi fissi sulle labbra di Bianca, che le si avvicinò di più.

"Vieni con me. Non ti faccio fare tardi."
"E dove mi porti?" chiese in tono sarcastico, fingendo ingenuità.

Biancaneve sorrise e la prese per mano, dopo aver controllato che per il corridoio non ci fosse nessuno; camminarono per un breve pezzo di corridoio e in fretta aprì la porta dello sgabuzzino delle scope.

Entrò e la condusse dentro, chiudendosi la porta alle spalle.

Biancaneve si appoggiò alla porta e guardò l'amica con gli occhi lucidi- poi si baciarono in fretta, mentre le divise di entrambe cadevano silenziosamente a terra.


**


Naveen era profondamente contento per Adam, ma allo stesso tempo non riusciva davvero a credere come avesse trovato il coraggio di fare una proposta di matrimonio a diciannove anni.

Sul serio, era degno di stima e tutto ma... come cavolo poteva accettare di rinunciare al rimorchio selvaggio per una sola donna?!

Intendiamoci, non che Belle fosse una tipetta da niente- non solo era una gran gnocca (e, sul serio, lo diceva con tutto l'affetto possibile), ma era anche una delle ragazze più intelligenti che conoscesse, e anche inconfondibilmente matura.

Solo che...beh, diciamo che lui non avrebbe mai, mai rinunciato ad avere tutte le donne che voleva per scambiarle con una sola.

...anche se forse, per una lo farei.

"Naveen, perchè non mi dài uno strappo a casa invece di guardare il nulla? So che per te è sicuramente più interessante il prato di un esame di coscienza, ma oggi sono a piedi."

Naveen si ridestò dai suoi pensieri e lanciò a Flynn un'occhiata severa.

"Rider, ho di meglio da fare che improvvisarmi tassista per i cazzi tuoi."

"Le seghe in macchina non contano."

"Non ho bisogno di masturbarmi, io" rispose tranquillo, appoggiato allo sportello della sua macchina. "Di solito riesco a trovare qualcuna che faccia il lavoro per me".

Flynn rise: "E allora cosa ci fai tutto solo, alle otto di sera, con una faccia da lutto tipica di chi ha appena perso il criceto? Non fai neanche parte di un club, che diavolo..."

Naveen cambiò espressione diventando improvvisamente gelido.

"Io, uh... sto aspettando una persona, ok?"

Flynn rimase serio un istante, poi sogghignò poco convinto.

"Beh, deve essere una tipa importante se stai qui ad aspettarla. Chi è?"

Ma il silenzio che si creò subito fece sentire Flynn decisamente a disagio: "...non vuoi dirmelo? Andiamo, sono il tuo migliore amico!"

Naveen sorrise e gli scompigliò i capelli, dicendogli qualcosa su quanto fosse troppo lunga la sua barba, poi senza dare risposte concrete si avviò verso l'ingresso.

Flynn gli gridò dietro: "Va bene, fai lo stronzo! Ma questa me la paghi, Maldonia!" e se ne andò ridendo verso la fermata dell'autobus.

Naveen stava per varcare la soglia dell'ingresso dell'edificio principale quando qualcuno gli venne addosso ed entrambi caddero a terra.

Davanti a lui, Tiana – spettinatissima e con la borsa dei libri a terra- lo guardava irritata.

"Naveen. Meraviglioso, la giornata era stata troppo bella, doveva succedere qualcosa che la rendesse schifosa."

"Sempre questo tono seccato, Green" osservò lui, aiutandola ad alzarsi "so che sei contenta di vedermi."

"Tiana alzò gli occhi al cielo: "Come se fossi tu un'eruzione vulcanica e io un tizio con il gonnellino di paglia" esclamò, e gli passò davanti.

Naveen non fece in tempo a chiedersi cosa stesse facendo – non che non se lo fosse chiesto, nelle ultime tre ore- che la afferrò per un polso e lei fu costretta a voltarsi, il visino contrariato.

"Cosa vuoi?! Perdo il bus" disse scontrosa, ma Naveen sembrava imbarazzato e lei si pentì di aver usato un tono così... aspro?

Un momento... perchè Naveen faceva un'espressione imbarazzata?!

Fanculo, lui non poteva essere così carino! Era Naveen, accidenti!

"Beh, io..." sii tosto, Naveen. SII UOMO. "Sono rimasto in biblioteca fino a poco fa, e oggi Rapunzel mi ha raccontato del tuo nuovo lavoro con il prof. Così ho pensato che...beh, magari potevo aspettarti dieci minuti, insomma... comincia a farsi buio, e casa tua non è vicina."

Tiana sembrava studiarlo come fosse un animale raro – non ripugnante, o disgustoso... un animale che non aveva mai visto prima d'allora.

"...tu vuoi darmi un passaggio?" chiese lei titubante, il tono di voce leggermente alterato (positivamente o negativamente, difficile dirlo).

Naveen fece cenno di sì con la testa e lei lo guardò ancora un pò, reggendo la tensione.

"E perchè? Cosa vuoi in cambio? Scommetto che hai puntato una tipa di economia domestica e vuoi informazioni..." esclamò, divertita.

Naveen rimase a fissarla esterrefatto, mentre lei rideva e lo prendeva in giro su quanto fosse opportunista.

... sei un idiota, Naveen.

"...d'accordo, fai come cazzo ti pare Tia. Me ne vado a casa, allora." disse adirato, e Tiana smise di ridere all'istante mentre lui faceva qualche passo in avanti.

...ma che diavolo...?

"Naveen! Dài, non fare lo scemo... guarda che ti dò davvero una mano, se vuoi informazioni su qualcuna. Non devi ricorrere a queste tattiche per..."

"VOLEVO SOLO ESSERE GENTILE!" gridò, e Tiana arrestò il passo spaventata.

Rimasero a guardarsi per un istante, poi lei divenne furente: "Beh, non è colpa mia se questo è il primo gesto carino verso di me dopo tre anni..."

"O magari" ribattè lui, più calmo ma ancora arrabbiato "sei tu che hai un'idea completamente sbagliata di me, e non vedi quando cerco di fare qualcosa per te..."

"Come cosa, ad esempio?! Prendermi in giro per la mia fissazione per le rane?!" esclamò lei, gettando in un impeto di rabbia la borsa a terra.

Naveen sospirò: "Tiana, è stato due anni fa e...beh, non puoi biasimarmi, insomma, è ridicolo!"

Fece una pausa: "...ci sono molti lati che non conosci di me."

Si voltò e fece per andarsene, ma la voce di Tiana, bassa e triste, lo fece fermare.

"E allora mostrameli."

Si voltò e si guardarono, entrambi confusi.

Cominciava a far buio, e Tiana si strinse un pò nel cappotto autunnale.

"Ti prometto" disse, sforzandosi di restare calma "che proverò a non avere pregiudizi, su di te. Basta con l'idea che sei un insensibile, un fannullone, un cazzone e..."

"Ok, ho capito" la interruppe lui, avvicinandosi e sorridendole.

"...tregua?" le chiese semplicemente, porgendole la mano.

Tiana rimase indecisa un istante, poi sorrise lievemente e gliela strinse con la sua con convinzione.

"Tregua!" confermò, e le suonò il cellulare.

Lo prese, imbarazzata per un motivo che non colse neanche lei, e guardò lo schermo rabbuiandosi.

"Cavolo, è mia madre! Mi chiede di sbrigarmi ad andare a casa prima che sia troppo buio. Grandiso. Se scopre che sono ancora qui a scuola..."

Naveen non le fece finire la frase che Tiana si ritrovò tra le sue braccia, sollevata.

"Che...che diavolo fai?! Sei scemo?" ghiese, irritata, ma Naveen raccolse la sua borsa e si avvicinò alla macchina

"Direi che è un buon inizio per la tregua, no? Una bella passeggiata in auto fino a casa tua! Giuro che non ti faccio pagare la benzina". Esclamò, con tono cavalleresco, riposandola in terra e aprendole la portiera.

Tiana sorrise e scosse la testa, poi entrò.

...no, un momento.

Si era fatta prendere in braccio da Naveen?

SUL SERIO?!

"...devo essere impazzita" pensò, mentre il ragazzo metteva in moto e si avviava lungo la strada.


**



"La sera del trentuno ottobre, ragazzi! Iniziamo alle dieci!"

Aurora distribuiva i volantini con enfasi (e tre centimetri di gonna in meno di quanto permesso dal regolamento scolastico, per la gioia degli studenti), ma quando ne porse uno a Jasmine e Mulan fece un ghgino.
"Coraggio, Jasmine." esclamò "così possiamo prenderci a pugni un'altra volta."

"Oh, credimi, per quello possiamo trovare sempre un pò di tempo." rispose l'altra, apatica e leggendo il volantino con aria disinteressata.

"Ma davvero? Un falò? Originale per un liceo americano" osservò sarcastica, mentre Mulan osservava le tette di Bianca lì accanto e guardava le sue, amareggiata.

Aurora le mise un braccio attorno alle spalle in un gesto di finta amicizia e le pizzicò una guancia, ferendola con le unghie fresche di manicure.

"Andiamo Jas" le bisbigliò in un orecchio, "so quanto ti piacciono questo genere di cose. Magari stavolta riesci a portarti a letto Aladdin, che dici?"

Jasmine si allontanò dalla presa, furente.

"Non ti azzardare a mettere in mezzo Aladdin, Wood. Non riusciresti a vederne il pene neanche in cartolina, fattene una ragione."

"La cosa vale anche per te." esclamò Cenere, spalleggiando l'amica, e Aurora sorrise.

Jasmine fece una smorfia contrariata: "E questo cosa vorrebbe dire? Aladdin è..."

"Il tuo migliore amico, sì, lo sappiamo. Tutta la scuola lo sa" disse Aurora, girandole attorno con aria assorta "...peccato che in realtà non vedete l'ora di saltarvi addosso. Scommetto che vi toccate, quando siete da soli..."

Jasmine stava per assestarle un colpo, ma Mulan la prese per un gomito.

"No, Jas. Non ne vale la pena."

Jasmine la guardò arrabbiata, ma acconsentì con un cenno del capo senza rinunciare a guardarla furiosa.

Aurora ridacchiò: "Sì, Jas, da brava. Dà retta al tuo amichetto cinese."

Mulan si fermò un istante, gli occhi ridotti a due fessure.

"Ce l'hai con me, per caso?"

"Non vedo altri ragazzi coinvolti nella conversazione, Fa."

Mulan fece per voltarsi, ma Jasmine rimase dov'era.

"Non riusciresti ad avere la grazia di Mulan neanche se la otterresti in cambio di tutte le volte che hai aperto le gambe, sottospecie di principessa in calore."

Aurora rise di gusto e le si avvicinò pericolosamente, ma una voce alle loro spalle tuonò.

"COSA DIAMINE SUCCEDE QUI?!"

Il gruppetto di ragazze si voltò, ritrovandosi davanti la preside Malefica, in tutta la sua severa bellezza.

"Dovreste essere in classe! Le lezioni sono cominciate da cinque minuti!"

"Stavamo distribuendo i volantini, professoressa. Ma queste due sono venute a cercare la rissa." spiegò Aurora prontamente, continuando a guardare Jasmine negli occhi.

Jasmine si voltò verso la preside.

"Ha insultato Mulan! Lo fa sempre, questa lurida..."

"MI AVETE SCOCCIATO. Tutte e due. Sono stanca di questa eterna lotta tra voi due, ragazzine impertinenti." disse la donna, stringendo la valigetta a sè: "Vi voglio nel mio ufficio tra dieci minuti. Entrambe. E per cortesia" guardò la gonna di Aurora e inorridì, " abbia un pò di pudore, Wood, e si copra almeno le mutande."

Aurora non reagì, e la preside si avviò rapida verso il suo ufficio.

Si voltò verso Jasmine palesemente irritata.

"Spero che nel frattempo il tuo amichetto cinese diventi cannibale e ti mangi la testa" sentenziò, per poi stringere i volantini al petto ed andarsene.

Jasmine le gridò dietro parole irripetibili, mentre Mulan sospirava lì accanto.

"Non devi preoccuparti, Jas, ci sono abituata." disse convinta, ma Jasmine fece un gesto con la mano come se scacciasse una mosca molesta: "Non me ne frega un cazzo, non si deve azzardare. Ce l'ha con te e le altre solo a causa mia, quella ninfomane. Hai...hai visto come ha tirato in ballo Al?!" esplose, e Mulan sogghignò.

"Oooh, allora è questo il problema!" disse, mordendosi le labbra per non ridere, ma Jasmine la guardò in cagnesco e per un attimo sembro che i canini si allungassero come i vampiri dei cartoni animati.

"NON METTERTICI ANCHE TU!" sibillò come un serpente, e si avviò verso la presidenza offesa.

Mulan le corse dietro, divertita: "Jas, guarda che ad Aladdin non interessa quella..."

"Lo so, LO SO! Non fanno che dirlo tutti, come se ne me importasse qualcosa di Al e delle sue scopamicizie!" sbottò, e Mulan si fermò bruscamente a guardarla da dietro e godersi lo spettacolo del suo passo fermo e del suo borbottio.


**


Quegli occhi.

Aveva provato a disegnarli mille volte, eppure c'era una sfumatura che non riusciva a cogliere- qualcosa di troppo particolare per essere notato a una tale distanza, eppure lei la vedeva distintamente tutte le sante volte.

Il taccuino sulle gambe, provò ancora una volta a cogliere quel dettaglio-ma non sapeva neanche cosa fosse, e questo le faceva seriamente credere di avere qualche rotella fuori posto.

Aveva ragione Belle, quando le suggeriva di prendere coraggio e andare lì.

Insomma, da quando era così timida?

Niente di complicato, bastava limitarsi a raggiungerlo e presentarsi.

...sì, certo Jane. Come no.

Aladdin era l'unico che lo conoscesse- sapeva solo che si chiamava Tarzan, ma dal cognome in poi era puro mistero, eppure da come gliene aveva parlato sembrava si incontrassero spesso nella parte del parco per gli skaters e chiacchierassero, perfino; sempre discorsi futili, generali.

Quando Jane una volta li aveva visti scambiarsi un saluto, durante un picnic in agosto proprio al parco, appena Tarzan aveva ripreso a fare skate e si era allontanato era corsa (anzi, diciamo che aveva teso un agguato) ad Al, chiedendogli se davvero lo conoscesse.

Non che Al gli avesse fornito grandi informazioni, ma calcolando che era un anno che lo stalkerava cercando (inutilmente) di ritrarlo era riuscita a sapere più di quanto sperasse.

Era all'ultimo anno della Pictures Academy, il college della città, e studiava scienze ambientali-ergo, aveva almeno un paio di anni in più, ma questo era un inutile e trascurabilissimo dettaglio.

Tarzan si voltò di scatto verso di lei, ancora sdraiato sull'erba e con il libro tra le mani, e Jane fu costretta a buttare la testa e a fingere di disegnare.

Alzò lievemente lo sguardo, ma lui era già tornato al suo libro.

Impiegò dieci minuti per autoconvincersi ad alzare il culo e avvicinarglisi, ma proprio quando stava per alzarsi lui guardò l'orologio da polso e rimise il libro nello zaino, per poi risalire sullo skate e dirigersi verso l'uscita del parco.

Jane sbuffò, i capelli disordinatissimi e il sole che iniziava a calare.


Note dell'autrice:

Innanzitutto, voglio scusarmi con voi che avete recensito lo scorso capitolo e non avete ricevuto risposta. VI PREGO, PERDONATEMI.

Non entravo nell'account da un secolo, e solo IERI mi sono accorta di non avervi degnato di una risposta. SCUSATEMI, ERO CONVINTISSIMA DI AVERLO FATTO! Vi chiedo sinceramente perdono, sono le vostre recensioni a farmi sognare ad occhi aperti, ad invogliarmi, a non farmi mollare, e vi assicuro che non succederà più. Come sempre, vi ringrazio inifinitamente per i complimenti-e ringrazio tutti voi che mi leggete o anche solo seguite. Sento costantemente il vostro sostegno, quindi GRAZIE. Non smetterò mai di dirlo!


Vorrei anche scusami (come al solito) per il ritardo mostruoso. Vi ho fatto aspettare per mesi, e mi dispiace da morire- ma purtroppo conoscete i miei tempi di aggiornamento. L'impegno universitario mi ha tenuta occupata tra lezioni/Studio/preparazione esami ed esoneri vari, più alcune questioni personali che non sto ad elencarvi.


Detto questo... beh, ho inserito altri PoV perchè i personaggi non erano ancora abbastanza, lol. Lo so, sono una brutta persona.

Jane è una delle mie fanciulle Disney preferite (e Robin il mio Grande Amore tra i 5 e i 7 anni. Roba che guardavo il film e odiavo Marian. Poi beh, è arrivato OUAT e ho capito che il mio è un amore motivato), e la sua versione umana è shippabilissima con Merida.

A proposito di lei: avevo in mente di inserirla già da un pò perchè anche se avevo detto che mi sarei fermata a Rapunzel era troppo fAiga per non farle fare neanche una comparsata.


Ok, ora mettiamo in mezzo lo scoop del capitolo...so che non vedete l'ora di parlarne: sì, BIANCANEVE E CENERENTOLA. Sì, era programmato. No, non vi siete sbagliati: ufficialmente, sono etero. Diciamo che si divertono, ecco. NO, GIURO, NON MI SONO BASATA SU GLEE. Lo so che le cheerladers lesbiche vengono associate a Santana e Brittanny (i gleeks sanno di quale meravigliosa ship sto parlando), ma posso assicurarvi che la cosa non è pensata per quello. Penso che sia una faccenda nuova, e sinceramente morivo dalla voglia di inserire una coppia lesbo dopo quella di Baloo e Bagheera (ammettetelo, dopo aver letto la mia ff non siete più riusciti a vedere Il Libro Della Giungla con gli stessi occhi...o probabilmente sì, perchè non siete malati come voi). Loro mi sembrano PERFETTE assieme- e vedremo come procederà la cosa nei prossimi capitoli.


Volevo rassicurarvi sul raiting, che nonostante io scriva di pg che muoiono dalla voglia di saltarsi addosso a vicenda e tette in bella mostra (Trilli, tesoro, perdonami, ma un'immagine soft erotica ci va ogni tanto) rimarrà comunque arancione.

COME DICO SIN DAI MIEI ESORDI: io il porno lo leggo, non lo scrivo. Per pura incapacità, perchè ogni volta che ci provo inizio a ridere -ma questi sono dettagli.


Penso di aver detto tutto ciò che dovevo dire- ossia, una marea di cazzate.

Vi ricordo che se volete seguire i diversi aggiornamenti o farmi delle domande-o anche solo conoscermi- ho aperto una fanpage su fb a questo indirizzo.https://www.facebook.com/magikamemyfanwriter?fref=ts. Spero davvero che metterete un like, sono curiosa di conoscerviii *lancia biscotti Oreo*.

Anche questa volta ho un sondaggio per voi, ossia: qual'è, secondo voi, il principe Disney che potrebbe rendervi felice?

Per quanto mi riguarda la risposta è sicuramente Flynn- non si prende sul serio e ha la faccia da spaccone, ma poi quando guarda Rapy si scioglie. BELLO DE CASA.


Grazie nuovamente a tutti, e vi assicuro che stavolta risponderò alle recensioni e proverò ad aggiornare prima (fino al 18 febbraio son off per un esame, ma poi ho qualche mese di stacco). Intanto vi mando tanti bacini virtuali :3


Un abbraccio, Memy. AH, dimenticavo, buon anno nuovo! (...siamo a Febbraio...vabbè.)

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