Certo che sta succedendo dentro la nostra testa. Ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è vero?

di _Atram_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 19 anni dopo. ***
Capitolo 2: *** Domande. ***
Capitolo 3: *** Frutto della fantasia. ***
Capitolo 4: *** I sette libri. ***
Capitolo 5: *** Ai nostri figli. ***
Capitolo 6: *** L'indiscreto sguardo dei babbani. ***
Capitolo 7: *** Gli otto film. ***
Capitolo 8: *** Ad memoriam. ***
Capitolo 9: *** Gufi. ***
Capitolo 10: *** Connessioni. ***
Capitolo 11: *** Incredula. ***
Capitolo 12: *** J. K. Rowling. ***
Capitolo 13: *** La storia di Kathleen. (Parte I) ***
Capitolo 14: *** La storia di Kathleen. (Parte II) ***
Capitolo 15: *** La storia di Kathleen. (Parte III) ***
Capitolo 16: *** Incancellabile. ***
Capitolo 17: *** Tutto è bene quel che non finisce. Mai. ***



Capitolo 1
*** 19 anni dopo. ***



Dedicato a J. K. Rowling e a tutti coloro che hanno amato le sue parole.
E che alle sue parole, almeno una volta, hanno creduto.
 
 


Certo che sta succedendo

dentro la nostra testa.

 
(Ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è vero?)
 
 
                               

                                                                                                                                   foto di Matilde Volpi ©


                                                                                



 
- 19 anni dopo. -
 

 
Spingendo un carrello ancora più pieno del solito, le valigie in bilico una sopra l’altra, Harry cercava di farsi strada tra la folla ammassata fuori dalla stazione di King’s Cross.
“Ja… Jaaaames! Per favore!”
Il maggiore dei suoi figli sembrava divertirsi particolarmente nell'affiancare le ruote del suo carrello a quelle del padre, cercando di rallentare la sua marcia per poi tagliargli la strada e superarlo.
“Eh dai, pa’…” gli rispose James ridendo.
Pa’ un ricciocorno, vedi di stare accanto a me! Con tutta questa gente rischiamo di perderci di vista in un attimo”.
Pieno zeppo di Babbani, già. Tutti gli anni la stessa storia.
Anche se Harry doveva ammettere che così tanta gente tutta insieme non l’aveva mai vista. La stazione era invasa da una quantità incredibile di persone e, come se non bastasse, quella mattina tutti sembravano prendersela con particolare calma. Formavano dei gruppetti e si fermavano a chiacchierare e a ridere tra loro, come se non avessero nulla di meglio da fare.
Strano, strano davvero. I londinesi a King’s Cross andavano sempre di fretta, parlavano al cellulare, consultavano l’agenda o quelle diavolerie elettroniche di ultima generazione di cui Harry non conosceva il nome esatto. Camminavano spediti e senza indugi verso il loro treno, la testa immersa nei problemi del lavoro, della scuola, della famiglia… Ma di certo non si fermavano a chiacchierare, non a King’s Cross. E questo era il puro e semplice motivo per cui nessuno si accorgeva delle civette e dei gufi che ogni 1 settembre invadevano la stazione, trasportati da una miriade di famigliole vestite in modo alquanto strampalato.

Eppure quel giorno sembravano tutti così allegri e sorridenti. Rilassati ed eccitati allo stesso tempo. Ecco, c’era un sentimento di eccitazione diffuso nell’aria quella mattina, Harry lo percepiva distintamente.
“Tesoro, di qua!”
Quei pensieri furono bruscamente interrotti dalla voce di sua moglie, che lo afferrò per il gomito constringendolo a virare bruscamente verso destra.
“Ah, sì.  Scusa amore… Mi ero distratto”.
Si voltò e gettò uno sguardo fugace alle due donne della sua vita. Lily aveva tenuto il broncio durante tutta la mattina, arrabbiata perché nemmeno quell’anno avrebbe potuto seguire i due fratelli maggiori a Hogwarts. In un gesto affettuoso, Harry le sistemò dietro l’orecchio un ciuffo di capelli che continuava a scivolarle in avanti, strizzandole l’occhio con l’intento di strapparle un sorriso. Poi sollevò lo sguardo verso la donna che teneva la piccola per mano: Ginny, l’espressione tesa e un po’ corrucciata, si guardava intorno sbattendo velocemente le palpebre.
“Ma… E tutta questa gente?”
“Sì, l’ho notato anch’io. Probabilmente ci sarà qualche evento importante, una manifestazione… Non ne ho idea”.
“Che disastro, proprio oggi dovevano concentrarsi qui? Beh, dovremo muoverci, altrimenti non riusciremo a raggiungere il binario!”
“Mamma! Ma come? N-noi dobbiamo assolutamente…”
Albus iniziava ad innervosirsi. Non aveva chiuso occhio tutta notte al solo pensiero di quello che l’aspettava l’indomani, e non vedeva l’ora di poter finalmente salire sull’Espresso.
“Certo che raggiungeremo il binario, tranquillo Al…” lo rassicurò il padre. “Siamo arrivati in stazione con un sacco di anticipo, non ti preoccupare”.
Eppure Harry non poté fare a meno di notare che più si addentravano nella stazione e più la folla si faceva densa. Non riusciva nemmeno a distinguere qualche volto conosciuto in mezzo a quel mare di gente. Babbani, Babbani da tutte le parti. Di ogni età, sesso e nazionalità, a giudicare dalla miriade di lingue sconosciute che sentiva intorno a sé.
“Mi scusi. Mi scusi, permesso…”
Ginny cercava di aprirsi un varco tra la gente, trascinando Lily dietro di sé.
Passò accanto ad un gruppo di ragazzi che ridevano rumorosamente.
“Scusate, posso pass…?”
La ragazza che le dava le spalle si voltò a guardarla un po’ stizzita, probabilmente infastidita perché il suo divertente racconto era stato interrotto. La carnagione chiara e il forte accento slavo svelarono le sue origini straniere.
“Ok, ok… Non c’è bisogno di spincere, però!”
Poi il suo sguardo cadde su Lily e Albus e un sorriso dolce le illuminò il viso, rendendolo subito più caldo.
“Oh, ciao piccoli! Se dite che avete dei bambini magari vi fanno passare avanti” consigliò.
Ginny sollevò un sopracciglio con sguardo interrogativo, senza capire.
“Come, scusa? No, guarda, noi dobbiamo soltanto andare verso il binario nove…”
“Ma davvero? Come tutti, direi!”
E con una risata cristallina la ragazza buttò indietro la lunga treccia bionda e si voltò verso i suoi amici, riprendendo la chiacchierata da dove l’aveva interrotta.
Harry, tenendo d’occhio Al e James che iniziavano a guardarsi intorno un po’ spaesati, approfittò del varco che si era aperto nella folla per seguire a ruota la moglie.
“Ma che cosa diamine ci faranno tutti qui a quest’ora?” gli sussurrò Ginny irritata. Iniziava a essere davvero infastidita, Harry lo poteva facilmente capire dall’intensità del colore dei suoi occhi e dalle labbra che stavano diventando man mano sempre più sottili. Quando si arrabbiava gli ricordava terribilmente la signora Weasley nei suoi momenti peggiori.
Riuscirono a superare di poco il binario otto, ma ben presto furono costretti a fermarsi perché proseguire era del tutto impossibile. C’era così tanta gente intorno a loro che anche solo fare un passo risultava difficile, figuriamoci con due carrelli strapieni, tre bambini e un gufo al seguito.
“In queste condizioni non ce la faremo mai”, sospirò Harry.
“Ok, tu resta qui con i ragazzi e i carrelli, ti va?” suggerì Ginny. “Io vado avanti ancora un po’ con Lily, magari riesco a vedere che cosa sta succedendo!”
Harry annuì e si appoggiò con i gomiti al manico del carrello, nascondendo il viso tra le mani per strofinarsi gli occhi. Era davvero stanco, quella mattina si era dovuto alzare quasi all’alba e il lavoro al Ministero nell’ultimo mese era stato pesante; le splendide settimane di vacanza passate insieme a Ron e Hermione in Cornovaglia, a casa di Bill e della sua famiglia, sembravano ormai tanto lontane.
A proposito di Ron e Hermione… Harry si guardò intorno alla ricerca dei volti dei suoi due migliori amici, ma gli bastò qualche secondo per capire che in mezzo a quel mare di gente sarebbe stata un’impresa assolutamente impossibile. Incrociò lo sguardo di una buffa ragazza sui vent’anni dai capelli corvini tagliati cortissimi; la giovane indossava una maglia lunga fin sotto il ginocchio, completamente nera ad eccezione di un piccolo fulmine giallo dipinto sul cuore. Mode babbane, bah. Iniziava a capire perché la stravaganza dell’abbigliamento dei maghi non veniva notata a Londra.
La ragazza indugiò un po’ più a lungo del solito sul suo volto e parve accennare un sorriso alla vista della cicatrice, poi il suo sguardo cadde sul carrello di fronte a Harry e su Phil, il piccolo gufo grigio di James, che osservò con interesse, inclinando la testa di lato. Harry strinse i pugni attorno al manico del carrello e distolse lo sguardo, inghiottendo saliva. La ragazza era senza dubbio una Babbana, a giudicare dal cellulare che aveva tra le mani e su cui stava scrivendo fino ad un attimo prima. Possibile che…
“Ehi, molto carino!” gridò lei. Lui la guardò di nuovo e vide che indicava il gufo con un sorriso raggiante.
“Splendido travestimento, hai curato davvero ogni dettaglio”.
Harry non aveva la più pallida idea di che cosa lei volesse dire, ma le sorrise di rimando facendo finta di nulla. Poi si voltò in fretta, fingendo di cercare qualcuno tra la folla.
Che diamine stava succedendo?
Il mago esaminò la moltitudine di gente attorno a lui con più attenzione e si rese conto che quella mattina a King’s Cross tutti sembravano conoscersi. O meglio, non conoscersi da sempre: si percepiva però un'aria di familiarità e di amicizia tra di loro, come se tutte quelle persone fossero accomunate da qualcosa, come se fosse una sorta di raduno, un ritrovo. Quella situazione gliene ricordava un’altra, vissuta molti anni prima: era assurdo, ma gli sembrava di essere ritornato alla Coppa del Mondo di Quidditch del ’94. Quell’aria di festa e di allegria, quella passione comune che faceva sì che tutti si sentissero uniti tra di loro,  anche se in realtà erano del perfetti sconosciuti. A Harry sembrava proprio che lo stesso valesse per quei Babbani, come se tutti fossero lì quella mattina per la stessa ragione.
Che poi, a pensarci bene, anche i Babbani avevano tutto il diritto di ritrovarsi dove e quando volevano per festeggiare qualsiasi cosa stessero festeggiando… Ma dovevano proprio scegliere la stazione di King’s Cross la mattina dell’1 settembre 2017? Assurdo.

Harry si voltò per controllare i suoi due figli che se ne stavano stranamente tranquilli a confabulare tra loro. Gli sembrò di percepire le parole “Rose”, “scherzo” e “mappa”. Sorrise e li lasciò fare, d’altra parte non si poteva certo dire che lui fosse stato uno stinco di santo nei suoi anni trascorsi ad Hogwarts.
A un certo punto, senza preavviso, il volume del vocio diffuso nella stazione iniziò ad aumentare. Tutti incominciarono a parlare tra di loro, qualcuno urlava. La gente cercò di farsi avanti sgomitando e in molti si alzarono in punta di piedi per vedere meglio qualcosa che stava accadendo più avanti, vicino al binario 10. Sentì alzarsi dei cori, ma non comprendeva che cosa stessero cantando o gridando.
Riuscì a distinguere delle urla.
“Emma! Emmaaaaaaaaaaa!”
“Qui, venite qui!”
“Daniel!! Guarda, è Dan! Daniel!”
“È lei! Guarda, è lei… È proprio la Rowling! Wow!!”
Ma che cosa…?
Harry si guardò intorno sbalordito.
Finché ad un certo punto…
“Mamma, guarda! C’è Harry Potter!”
Harry si girò di scatto. Aveva sentito bene? Non che non fosse abituato ad essere riconosciuto, anzi. A volte faceva fatica a mantenere la sua privacy e ad assicurarsi che i suoi figli ad Hogwarts fossero trattati in modo assolutamente normale. Ma quella mattina a King’s Cross non aveva avuto l’impressione di avere intorno dei maghi, soltanto Babbani. E allora chi…
Guardò il bambino che aveva pronunciato il suo nome: era a qualche metro da lui, in braccio a un uomo alto, dalle spalle larghe e il mento squadrato, che sorrideva raggiante a quella che doveva essere sua moglie. Il bambino picchiettava eccitato la spalla della madre dall’alto, e continuava a ripeterlo.
“Guarda, è lui! È lui!”
La madre scoppiò a ridere di cuore.
“Sì tesoro, finalmente è arrivato Harry”.
“Però si chiama Daniel, Paul” si intromise l’uomo, dando un buffetto sulla guancia del figlio che lo guardò arricciando il naso.
“No, si chiama Harry Potter”.
Harry guardava la famigliola spiazzato, senza capire.
Gli davano le spalle, quindi non l’avevano visto. Il bambino teneva un braccio teso e indicava un punto in mezzo alla folla davanti a lui. Il mago non riusciva a vedere chi o che cosa ci fosse laggiù, ma l’unica conclusione logica che poteva trarre era che quel bimbo stesse parlando di un altro Harry Potter. Un Harry Potter babbano, un suo omonimo forse… Che poi proprio omonimo non doveva essere, visto che il padre aveva detto che si chiamava Daniel.
Harry - il vero Harry - era confuso. La curiosità ormai lo stava divorando, voleva soltanto riuscire ad avanzare un po' per capire cosa stessero guardando tutti.
“James, Al… Tenete un attimo d’occhio i carrelli, ok? Arrivo subito!”
Si intrufolò in mezzo a quel mare di gente e riuscì a portarsi qualche metro più avanti.
Un po’ più là, circa a metà tra i binari 9 e 10, si ergeva una specie di piccolo palco protetto sui quattro lati da una schiera di uomini vestiti in nero, probabilmente delle guardie del corpo, suppose Harry. Sul palco era appena salito un gruppetto di persone: riusciva a distinguere una donna bionda sui cinquant’anni circondata da un gruppo di ragazzi più giovani, che dovevano avere al massimo trent’anni. La donna bionda sembrava davvero emozionata, si stava asciugando gli occhi lucidi e abbracciava una bella ragazza dai corti capelli color miele.
La folla li acclamava a gran voce, gridando dei nomi che Harry non riusciva a distinguere. L’attenzione del pubblico era rivolta in particolare a tre giovani uomini, uno moro, uno rosso e uno biondo, che si sporgevano dal palco per salutare la gente. Sembravano delle stelle del cinema, dei personaggi famosi. Ecco perché tutti quei Babbani lì radunati. Certo che organizzare un evento del genere in una stazione, era una cosa da folli.
Harry si voltò a guardare il bambino che aveva gridato il suo nome e che stava ancora fissando incantato lo stesso punto. Seguì la linea del suo sguardo e vide che l’oggetto delle sue attenzioni era il ragazzo moro, che in quel momento muoveva il braccio per salutare la gente, con un sorriso raggiante dipinto sul volto.
E così quello era il Daniel/Harry. Beh, la cosa buffa era che un po’ gli assomigliava… Anche se – Harry dovette ammetterlo a malincuore – aveva un'aria decisamente più affascinante e più elegante di lui.
Per un momento un’idea folle gli balenò nella mente.
Hanno fatto un film su di me.
Durò mezzo secondo e poi lui stesso si sorprese di aver potuto pensare a una cosa così stupida. La lontananza dal mondo babbano negli ultimi anni doveva avergli fatto male, Harry scoppiò a ridere da solo.
Poi, mentre stava per girarsi e ritornare dai suoi figli, lo vide.
 
Un grande lenzuolo, appeso sul muro della stazione appena dietro il palco:
 
«After all this time? ALWAYS.

September 1st 2017 – Platform 9 ¾ at King’s Cross
Harry Potter fan meeting

Hogwarts will always be there to welcome you home
»
.
 

Harry rimase immobile, come pietrificato. Il sangue gli si gelò nelle vene e il mondo iniziò a girare intorno a lui.
Sul suo volto era dipinta un’espressione a metà tra l’incredulità e il terrore. Quando riuscì a riprendere fiato, ancora boccheggiante, iniziò a scrutare la folla nella disperata ricerca di una spiegazione logica; e, solo a quel punto, quei piccoli particolari che prima non aveva notato iniziarono a svelarsi. I simboli a forma di saetta e lo stemma di Hogwarts un po’ ovunque nell’abbigliamento di quelle persone; quei finti cappelli da mago indossati da grandi e bambini; una miriade di disegni e foto di oggetti magici, dalle scope, ai gufi, alle bacchette…
Non era possibile, non poteva star accadendo. Quello che vedeva era contro ogni logica, contro la Legge per la Protezione dei Babbani, contro lo Statuto Internazionale per la Segretezza Magica!
Gli girava la testa.
Improvvisamente qualcuno lo afferrò per un braccio. Era Ginny.
“Harry! Ma dove ti eri cacciato, non ti trovavo!”
“Ginny… I-io… Ma hai visto?”
“Sì, ho visto. Non c’è tempo ora, ne parliamo a casa. Dobbiamo andarcene, subito!”
“Come andarcene? Ma i ragazzi… Il treno…”
“Non c’è nessun treno, l’Espresso per Hogwarts è stato soppresso. Ho appena incontrato Hermione, era venuta a dircelo: Percy li ha avvisati stamattina e loro ci hanno mandato subito un gufo, ma erano quasi le dieci ed eravamo già usciti di casa”.
“Ma che cosa sta succedendo? Come fanno a sapere…?”
“Non c’è tempo ti ho detto, bisogna andare via subito! Per come stanno le cose potrebbero anche riconoscerci e sarebbe la fine. Herm mi ha detto di andare il prima possibile alla Tana, dobbiamo discuterne tutti insieme. È probabile che Kingsley nomini un consiglio straordinario a breve.”
“Mamma, ma che…”
“Non è il momento, Lily. Dopo”.
Harry notò l’espressione preoccupata che si era disegnata sul volto dei suoi figli.
“Ehi, cosa sono quelle facce?” sussurrò. “Vedrete che il Ministero troverà comunque il modo di farvi arrivare a Hogwarts il prima possibile, magari anche domani stesso. Non penserete di liberarvi dallo studio, eh!”
James sorrise debolemente, ma Albus continuava a mantenere gli angoli della bocca pericolosamente piegati all’ingiù.
“Il tempo di capire che cosa sta succedendo, e tutto si sistemerà”.

Harry cercava di sembrare ottimista, ma quando uscendo da King’s Cross si voltò ad osservare per l’ultima volta quella moltitudine babbana che per chissà quale motivo si era radunata – ora lo sapeva – per celebrare la sua storia, non poté fare a meno di pensare che nemmeno l’Incantesimo di Memoria più potente del mondo avrebbe mai potuto cancellare la passione che in quel momento accendeva i loro volti.


 

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Capitolo 2
*** Domande. ***


   
 
- Domande. -


Alla Tana regnava il caos. Harry e Ginny non fecero nemmeno in tempo a spazzare via i residui di fuliggine dai loro mantelli dopo essere usciti dal focolare dei Weasley, perchévennero aggrediti all’istante da un vociare confuso e assordante.
Ron e Hermione si trovavano già lì, il primo seduto in bilico su una sedia, la seconda che camminava avanti e indietro sul tappeto a quadri del salotto, con le guance arrossate e i capelli che sembravano non aver retto all’Incantesimo Lisciante della mattina. Accanto a loro, con sguardo altrettanto preoccupato, Arthur, Molly e Percy Weasley.
“Ragazzi, vi stavamo aspettando…”
“Assurdo, davvero assurdo!”
“Bisogna capire com’è stato possibile, Harry hai qualche idea?”
“Lo Statuto di Segretezza, mio Dio… Lo Statuto di Segretezza!”
Harry si guardò intorno senza sapere a chi dare retta. Sua moglie, che evidentemente aveva già avuto qualche anticipazione da Hermione, si rivolse subito a Percy.
“Novità dal Ministro?”
Suo fratello stava per prendere la parola quando Harry lo interruppe scocciato.
“Insomma, qualcuno può spiegarmi cosa sta succedendo?”
“Non lo sappiamo bene nemmeno noi, Harry…” rispose Arthur sospirando. “La situazione è un vero caos”.
“Al Ministero abbiamo iniziato a notare che qualcosa non andava quando le famiglie arrivate a King’s Cross di prima mattina ci hanno contattato per segnalarci che l’accesso al binario 9 ¾ era bloccato da un’enorme folla di Babbani che si era concentrata proprio in quel punto” si intromise Percy.
“Sulle prime non abbiamo dato troppo peso alla cosa, pensavamo che il problema fosse momentaneo. Se non ché, con il passare delle ore la situazione è peggiorata: la folla continuava ad aumentare e una quantità incredibile di persone arrivava in stazione. Abbiamo dedotto che tutti quei Babbani si fossero riuniti a King’s Cross per qualche manifestazione o protesta, per cui abbiamo mandato un paio di collaboratori per vedere che cosa stesse succedendo… E, se possibile, ehm, indirizzare la manifestazione da un’altra parte. Purtroppo, come avrai visto anche tu, non si trattava di una protesta:  molto peggio. Pare che quei Babbani stessero aspettando te”.
“Me?”
Harry si sentiva morire, quello che stava accadendo era decisamente surreale.
“Ma Percy, non è possibile. Lo sai bene. Erano Babbani!”
“Tesoro, calmati e respira, per favore”.
Ginny gli posò una mano sulla spalla, facendogli una lieve carezza.
“So bene che erano Babbani, ma tu sai bene – perché lo hai anche visto – che non sto mentendo: aspettavano te, avevano cartelloni che parlavano di  Harry Potter, di binario 9 ¾ , di Hogwarts!”
Hermione soffocò un singhiozzo, come se a quelle parole la tensione si fosse fatta di colpo troppo insopportabile.
“I-io lavoro nel Dipartimento di Regolazione della Legge Magica. Questo non dovrebbe accadere, no no, non dovrebbe…”
“Beh, Hermione, se è per questo io sono l’Assistente del Ministro! E secondo lo Statuto Internazionale per la Segretezza Magica del 1692…”
“Oh, insomma, non ci interessa dove lavorate! Ma non capite che questa cosa potrebbe essere del tutto fuori dalla nostra portata?!”
Ron, che fino ad allora era stato zitto, si alzò in piedi di scatto, torcendosi le mani.
“Sappiamo benissimo quali leggi dicono che ciò che sta succedendo non dovrebbe succedere1” esclamò. “Il punto è che sta succedendo, e dobbiamo capire non solo perché, ma soprattutto quanto è esteso il problema”.
“Il Ministro parlava di almeno venticinque o trentamila Babbani in più del solito questa mattina a King’s Cross” rispose prontamente Percy, rabbuiandosi in viso.
Trentamila? Harry guardò Ginny. Non c’era certo da sorprendersi se avevano trovato la stazione più affollata del solito.
Arthur si passò una mano sulla fronte, asciugandosi il sudore.
“Beh, sono tanti… Ma non è detto, si sono fatte cose incredibili durante la Coppa del Mondo, durante la guerra con Voi Sapete Chi. Gli Incantesimi di Memoria…”
“Questa volta gli Incantesimi di Memoria potrebbero non bastare”.
Era stato Harry a interromperlo, e tutti si voltarono verso di lui.
“Ma non capite? Io ho visto gente di tutte le età e di tutte le nazionalità stamattina, non esagero. Avete letto che cosa c’era scritto? Raduno dei fan di Harry Potter. Dei fan! Come se io fossi famoso, il personaggio di un libro, di un film”. L’idea folle che le era passata per la mente nemmeno un’ora prima si riformò nitida davanti ai suoi occhi.
“Ma capite, quando ci sono dei fan…” aveva paura di ciò che stava per dire, ma doveva farlo uscire. “Beh, non è detto che i non-fan non sappiano di cosa si sta parlando. Potrebbero essere molte di più le persone che conoscono il mio nome e che sanno dell’esistenza del nostro mondo. Potrebbe essere tutto il Regno Unito. O forse anche oltre…”
“Harry… Harry ha ragione”, lo sostenne Ginny. “ La prima cosa da fare è capire quanto sia diffuso il problema. Dobbiamo saperlo, altrimenti non potremo affrontarlo”.
“Beh, ma non sta soltanto a noi, no?” Ron interruppe sua sorella. “Voglio dire, il problema dei Babbani è una cosa che riguarda tutto il Mondo Magico: non ha senso stare a discuterne qui, nella cucina di papà, come se dovessimo essere noi a fare qualcosa. Andiamo…”
“Ti sbagli, Ron”.
 Harry si sedette sulla poltrona accanto al camino, e sembrò sprofondare tra i cuscini mentre si nascondeva il viso tra le mani.
“Sta soprattutto a noi, riguarda soprattutto noi. Di chi era il nome scritto a King’s Cross? Il mio. E se proprio vuoi saperlo, nel tornare indietro ho notato varie volte anche il tuo e quello di Hermione”.
“I nostri nomi? Ma cosa… Perché?”
“Non lo so, non lo so perché deve sempre, immancabilmente, riguardare noi. Credevo di aver chiuso con i problemi e con il protagonismo 19 anni fa, ma evidentemente mi sbagliavo”.
“Tesoro, su… Capiremo che cosa sta succedendo”.
Ginny cercò di consolarlo, ma l'espressione abbattuta sul viso di Harry rimase immutata.
“Harry, tu hai parlato di un film o di un libro”.
Hermione lo guardò socchiudendo gli occhi, concentrata. “Che cosa te l'ha fatto pensare, scusa?”
Harry alzò lo sguardo verso di lei.
“Lo so, è un’idea folle. Ma prima, in stazione, ho visto…”
“Continua”.
“Ho visto un bambino indicare uno dei ragazzi che stava sul palco, chiamandolo con il mio nome. La madre ha riso, ma il padre l’ha corretto, dicendogli che quel tizio si chiamava Daniel. Come se 'Harry Potter' fosse un personaggio, e quello l’attore. Capite?”
Tutti lo guardavano senza parlare, solo Hermione annuiva silenziosa.
“Boh, forse è un’idea folle. L’ho pensato perché quel ragazzo mi somigliava un po’, in fondo. Diciamo che era una mia versione decisamente più bella, con un po’ meno rughe e un po’ più di classe”. Sorrise mesto.
“Che dici, tu sei bellissimo così!” esclamò Ginny con uno sguardo serissimo.
“Grazie tesoro, ma non è questo il punto. E quell’altra ragazza, anche lei… Mi ha squadrato e mi ha detto che avevo un ottimo travestimento. Non è un’affermazione normale da fare ad uno sconosciuto, e non mi pare nemmeno di essere vestito in modo strano. Mi stavo chiedendo se…”
“Se non ti avesse preso per un uomo travestito da… te stesso”, concluse Hermione.
Harry annuì.
“Questo… questo è davvero folle”, asserì Percy. “Voglio dire,se fosse stato fatto un film su di te, come dici, l’avremmo saputo. No? Con tutti i controlli che ci sono per mettere in pratica alla lettera lo Statuto, il Ministero monitora ventiquattro ore su ventiquattro ogni attività magica per fare in modo che i Babbani non vengano in contatto…”
“…con la magia, Percy. Con la magia. Ma le attività babbane, quelle vengono monitorate? Andiamo, la maggior parte dei maghi non sa nemmeno cosa sia un film, una televisione, un cinema! Voi stessi non capireste di cosa sto parlando se Arthur non fosse un… un appassionato di aggeggi babbani”, disse indicando un piccolo televisore d’epoca in un angolo della sala. Era evidente che non aveva mai svolto la sua reale funzione, ma Molly lo utilizzava per tenere in piedi una fila di libri di cucina dai colori sgargianti.
“Un cine-cosa?” domandò Ron spalancando gli occhi.
“Ecco, lo vedi? I maghi non si interessano delle questioni babbane, non se ne sono mai interessati. A quello che loro guardano in televisione o al cinema, a quello che loro fanno nel tempo libero, a quello che leggono. Qualcuno controlla queste cose, qualcuno lo sa?”
“Beh, non lo so. Mi pare che in tempo di guerra qualche giornale babbano girasse al Ministero, giusto per controllare come stavano prendendo la situazione, tutte quelle morti improvvise… Ma di certo nessuno si è occupato di analizzare i loro passatempi. Non avrebbe senso!”
“E se lo avesse?”
Hermione interruppe Percy. “Harry non ha tutti i torti…”
“Ma andiamo, nessun comune Babbano conosce Harry Potter, né tanto meno sa cos’è Hogwarts! Chi potrebbe averlo raccontato agli altri, tanto da farne un fenomeno?”
“Onestamente, non ne ho idea. Ma potrebbe non trattarsi di un comune Babbano”.
“Continuo a sostenere che qualcuno al Ministero lo sarebbe venuto a sapere”.
“È evidente che al Ministero non hanno tutto sotto controllo, Percy”.
“La signorina Granger ha perfettamente ragione”.
Una voce alle loro spalle interruppe i loro discorsi. La testa del Ministro della Magia Kingsley Shacklebolt era apparsa nel focolare della famiglia Weasley.
“Signore, che piacere! Da quanto tempo è…?”
“Abbastanza a lungo da farmi un’idea della situazione. Ti ringrazio per la strenua difesa delle capacità di controllo del Ministero, Percy, ma preferirei che continuassimo questa conversazione nel mio ufficio. Se non vi dispiace, inviterei Harry, Ron, Hermione… e naturalmente gli altri membri della tua famiglia, se lo desiderano” aggiunse notando che la mano di Ginny Weasley si era spostata di scatto sopra la spalla di suo marito, “a raggiungermi immediatamente nel mio ufficio. Ho dato ordini perché la connessione della Metropolvere venga attivata”.
“Oh, certo signor Ministro. Subito”.

“È praticamente uno di famiglia, Pe’! Non ti deciderai mai a chiamarlo per nome, vero?” sbuffò Ron alzando gli occhi al cielo non appena la testa del Ministro sparì con un sonoro plof.
“Certo che no” rispose Percy senz'ombra di ironia, facendo un passo indietro. “Dopo di te, Harry”.
Harry prese una manciata di polvere volante dal recipiente appoggiato sulla mensola del camino, entrò con passo deciso in mezzo alle fiamme e la lasciò cadere aprendo il pugno. Il fuoco ai suoi piedi diventò subito verde.
“Ministero della Magia. Ufficio del Ministro della Magia”.

 

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Capitolo 3
*** Frutto della fantasia. ***


- Frutto della fantasia. -
 
 
“Accomodatevi”.
Non appena Harry, Ginny, Ron, Hermione e Percy uscirono dal focolare dell’ufficio di Kingsley, il Ministro della Magia fece apparire dal nulla cinque comode poltroncine imbottite e le dispose attorno all’elegante scrivania in legno di mogano.
“Aspettiamo ancora qualcuno?”
“No, signore” rispose prontamente il maggiore dei Weasley. “I miei hanno deciso di restare alla Tana, nel caso qualcuno dei miei fratelli o qualche collega pensasse di far loro visita, vista la situazione”.
“Benissimo, grazie Percy. In questo caso… mettetevi comodi. Potrebbe essere una lunga discussione, la nostra”.
“Kingsley, ci sono novità? Il Ministero ha saputo qualcosa?”
Hermione fu la prima a prendere la parola, mentre scostava nervosamente una sedia per prendere posto sul lato sinistro della scrivania.
“Naturalmente, stiamo facendo di tutto per raccogliere quante più informazioni nel minor tempo possibile. Ho già un quadro parziale della situazione ed è proprio per questo che vi ho voluti qui: il Ministero avrà bisogno anche – anzi, soprattutto – del vostro aiuto.
E no, non in qualità di Auror né niente del genere…” aggiunse, notando come lo sguardo di Hermione si faceva più preoccupato.
“Non posso ancora saperlo con certezza, ma ho l’impressione di non avere a che fare con la Magia Oscura, questa volta. Il Ministero avrà bisogno del vostro aiuto in qualità di… voi stessi”.
Ron sbatté le palpebre più volte, l’espressione di chi non è proprio sicuro di aver colto il succo del discorso.
“Lo so, tutto questo vi sembrerà molto vago” aggiunse Kingsley con un mezzo sorriso, “ma lasciate che vi spieghi”.

“Quando qualche ora fa ci siamo accorti di quello che stava succedendo a King’s Cross, abbiamo mandato alcuni vostri colleghi dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, accompagnati da un Obliviatore e da un paio di esperti del Comitato Scuse ai Babbani, per scoprire quale fosse la causa del problema. Come vi avrà spiegato Percy, la situazione, purtroppo, si è rivelata subito più critica del previsto: cercare in qualche modo di controllare quell’enorme massa di Babbani è risultato impossibile, per cui ho dato ordine ai vostri colleghi di restare nei pressi di King’s Cross per esaminare la situazione e inviarmi aggiornamenti costanti su ciò che scoprivano. Come avrete ormai compreso, le notizie che mi hanno riportato sono di una gravità disarmante.
Pare che tutti quei Babbani fossero a conoscenza dell’esistenza della Scuola di Magia e di Stregoneria di Hogwarts, del passaggio al binario 9¾, degli eventi della tua vita, Harry, e di quella dei tuoi amici. In sostanza, dell’esistenza del Mondo Magico. Nei minimi particolari, a quanto sembra. E parrebbe che questa mattina si siano radunati a King’s Cross per aspettare le vostre famiglie… Anche se, in realtà, non mi risulta che nessuno di quei Babbani vi abbia riconosciuto. Sbaglio? Harry? Ginny?”
“No, effettivamente no” confermò Harry. “Una ragazza ha notato la mia cicatrice, il gufo di James… Ma a quanto pare ha preso il tutto più come un travestimento, ecco”.
Kingsley annuì, lo sguardo concentrato.
“Esatto, esatto. Come sospettavo. A quanto pare i Babbani sanno della tua esistenza, ma ignorano il tuo reale aspetto fisico. Il ché comporta un grande vantaggio per noi, fortunatamente. Ecco, guardate…”
Il ministro appoggiò alcune fotografie e volantini sulla scrivania: tutte ritraevano maghi e streghe, ma il fatto che fossero perfettamente immobili tradiva la loro origine babbana. Lo sguardo di Harry fu subito attratto dal volto di un giovane mago, presente nella maggior parte delle immagini.
“Ehi, ma... Questo ragazzo io l’ho già visto! Era sul palco a King’s Cross, un bambino l’ha chiamato con il mio nome!”
Iniziava a capire.
“Sì, Harry. Pare che questo sia il volto a cui i Babbani associano il tuo nome”.
Ron, Hermione, Ginny e Percy si sporsero di più sulla scrivania, osservando le immagini con crescente interesse.
“Carino, Harry.” lo canzonò Ron “Porta ancora gli stessi occhiali rotondi che avevi durante i primi anni a Hogwarts, sei davvero all’ultima moda!”
Nonostante la gravità della situazione, anche il Ministro non riuscì a evitare di sorridere. Harry soffocò un gemito e a Ginny scappò una risatina.
"“Ehi, aspettate un attimo. Quindi questi saremmo…?”
Ron aveva afferrato uno dei volantini e, distolto lo sguardo dal finto-Harry, esaminava con più attenzione i volti dei personaggi accanto a lui.
“Direi che il rosso dovresti essere tu, Ron” confermò Ginny sorridendo. “Beh, ti hanno fatto decisamente più magro, lui la pancetta non ce l’ha. E più cappellone, anche”.
“Sì, ma il mio naso è più bello…” borbottò Ron un po’ stizzito “E anche gli occhi. Questo qui ha un’espressione da rimbambito!”
Hermione scoppiò a ridere.
“Beh, non mi dire che è un’espressione che non ti si addice, tesoro…”
“Zitta, tu. A proposito, dove sei? Non mi sembra che… Oh, no. Aspetta un attimo. Non mi dire che questa sei tu”.
Hermione si avvicinò al marito per osservare meglio l’immagine e Ginny fece lo stesso. Ron segnalava con espressione imbambolata una bellissima ragazza in piedi dietro ad Harry nella locandina.
“Ma no, Ron. Come posso essere…?”
“Io direi di sì, Herm”.
Harry e Ginny ridacchiarono alla vista di Ron che si voltava per osservare ripetutamente la strega che sedeva accanto a lui e poi quella della fotografia.
“Miseriaccia. Ma se io andassi da questa e le dicessi che sono il suo legittimo sposo?”
Harry rise di nuovo di gusto, ma la cosa parve non divertire troppo Hermione. Strappò il foglio dalle mani del marito.
“Dammi qua!”
In effetti, se le versioni di Harry e Ron erano in qualche modo più vicine all’originale, quella ragazza aveva ben poco di simile a lei. Hermione aveva i capelli bruni e arruffati, quasi ricci, mentre i capelli di quella ragazza ricadevano morbidi e leggermente mossi, del colore del miele; lei aveva un viso tondo e pieno, dai lineamenti dolci, mentre la ragazza dell’immagine aveva gli zigomi più marcati, i lineamenti fini e sensuali; gli occhi grandi e svegli della prima, abituati a scavare a fondo, ma senza mai perdere la loro umiltà, erano in strano contrasto con lo sguardo fiero e sicuro di sé della seconda. L’Hermione dell’immagine era bellissima, accuratamente truccata, con la pelle chiara e il naso leggermente spruzzato di lentiggini: tutto il contrario dell’originale, che provò un moto di istintiva antipatia verso quella – purtroppo – bella copia di se stessa.
“Insomma, non perdiamoci in stupidaggini! Siamo qui per ben altre ragioni, per capire che cosa significa tutto questo” disse riposando il volantino sulla scrivania del Ministro, le guance paonazze.
“Hermione ha ragione, come sempre”. Kingsley le sorrise dolce.
“Vi devo una spiegazione: immagino saprete cos’è un film, o per esperienza diretta, o per i vostri studi di Babbanologia…”
I cinque maghi attorno a lui annuirono in silenzio.
“Bene, questi che vedete sono gli attori che hanno recitato i vostri ruoli nei film babbani che raccontano la vostra vita. In realtà questa è quasi una fortuna per noi, perché i Babbani associano i vostri nomi a questi volti e non a quelli reali”.
Hermione sbuffò quasi impercettibilmente, ma il Ministro fece finta di niente e continuò con la sua spiegazione.
“A quanto abbiamo potuto scoprire durante questa mattinata, però, i film sono soltanto la punta dell’iceberg. Tutto quello che i Babbani sanno sul nostro mondo l’hanno letto in alcuni libri, sette romanzi a quanto pare, scritti da una donna che si firma con il nome di J. K. Rowling. E tu, Harry, sei il protagonista di questi libri”.
Harry sospirò e accusò il colpo silenziosamente, annuendo: dopo tutto quello che aveva sentito e visto quella mattina, non poteva certo dire di non aspettarselo.
“Per nostra fortuna questi libri erano in vendita stamattina durante la manifestazione a King’s Cross, per cui ho ordinato ai membri del Comitato Scuse ai Babbani che si trovavano là di comprarne alcune copie. È un bene che loro siano abili nell’utilizzare quelle infernali monete babbane, io non capisco come possano complicarsi la vita in quel modo, i galeoni sono così comodi… A ogni modo, ho qui alcune copie dei libri per voi.”
Kingsley si chinò e raccolse da terrà una pila di sette libri, che appoggiò rumorosamente sulla scrivania.
“Per noi?” Ron osservò preoccupato la mole di quei volumi. “E che cosa, ehm… Che cosa dovremmo farci, esattamente?”
“Che domande, Ronald!” sbottò Hermione, che evidentemente non aveva ancora perdonato il marito per i commenti di poco prima. “Leggerli, mi pare ovvio. Anche se non sono del tutto sicura che tu ricordi ancora come si faccia”.
Ron le lanciò uno sguardo torvo.
“Esatto, voglio che voi li leggiate. E quando avrete finito di leggerli, troveremo un modo per guardare anche questi film babbani. Dobbiamo indagare sull’autrice di questi libri, su quanto sappiano i Babbani, su quanto sia esteso il nostro problema… La segretezza del Mondo Magico potrebbe essere in pericolo. Ma lascerò che siano altri membri del Ministero a occuparsi di questo assunto, mentre il vostro compito principale sarà esaminare questo materiale e poi riferirmi quanto di vero c’è in esso”.
“Ma perché proprio noi, Kingsley?” si intromise Harry aggrottando la fronte.
“Voglio dire, tu stesso potresti leggerli e…”
“Sì, Harry, ho iniziato a farlo. E continuerò. Ma mi sono reso conto che solo voi tre – anzi, soprattutto tu – potete fare un quadro davvero chiaro della situazione. Perché voi tre – tu, Ron e Hermione – siete i protagonisti dei libri, e tutti i fatti sono raccontati dal tuo personale punto di vista”.
“Dal… dal mio punto di vista?”
Harry sgranò gli occhi. Ora sì che era davvero sconvolto.
“Sì, esatto. So che è una cosa incredibile, ma quando inizierai a leggere i libri capirai. Vorrei sapere quanto di ciò che c’è scritto è frutto di fantasia e quanto invece è reale. Se tutto si rivelasse vero, infatti, la situazione cambierebbe drasticamente: soltanto una potentissima magia può aver permesso a chi l’ha scritto tutto conoscere eventi e pensieri così nel dettaglio”.
Pensieri? Harry annuì. Non vedeva l’ora di capirci qualcosa di più.
“Va bene, lo farò. Ma quando dici che io sono il protagonista…”
Kingsley prese tra le mani la pila di libri che aveva appoggiato sulla scrivania e li dispose con calma uno accanto all’altro, di modo che le copertine fossero in bella vista.
Harry Potter e la Pietra Filosofale.
Harry Potter e la Camera dei Segreti.
Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban.
Harry Potter e il Calice di Fuoco.
Harry Potter e l’Ordine della Fenice.
Harry Potter e il Principe Mezzosangue.
Harry Potter e i Doni della Morte.
“Oh Merlino!” sussurrò Ginny prendendo in mano l’ultimo libro. “ Ma questo è del tutto…”
“…assurdo”.
“…terrificante”.
“…stupefacente”.
Le tre reazioni di Harry, Ron e Hermione arrivarono esattamente nello stesso istante, e poi calò il silenzio.

Percy prese un altro libro dalla scrivania, con lo sguardo annebbiato come se solo in quel momento si fosse reso conto della verità oggettiva di tutto ciò che aveva ascoltato fino a quel momento.
“Come… come diamine è potuto succedere, senza che nessuno al Ministero se ne rendesse conto?”
“Questa è un’altra delle cose che dobbiamo accertare, Percy” ripose Kingsely con calma. “Se vuoi, potrai occupartene tu, ti affido questa ricerca. Dovrai indagare su come sia stato possibile che nessun mago abbia mai sentito parlare di questi libri e di questi film. Inoltre, se te la senti, vorrei che tu iniziassi a elaborare per me la proposta di un nuovo Decreto Magico: vorrei affidare ad una squadra del Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici il compito di vegliare più da vicino sul comportamento dei Babbani, sulla loro cultura e sui loro saperi. È evidente che in questi anni abbiamo tralasciato degli aspetti fondamentali”.
Percy annuì concentrato, aveva già fatto apparire dal nulla una pergamena e una penna per prendere appunti su quanto il Ministro aveva appena detto.
“Certamente, signor Ministro, mi metterò subito al lavoro”.
Dire che era soddisfatto per il compito appena affidatogli era davvero dir poco.
Nel frattempo anche Harry aveva preso uno dei volumi che aveva di fronte e l’aveva aperto all’ultima pagina. Sul risvolto di copertina campeggiava la fotografia del volto di una bella donna bionda, dal sorriso enigmatico. Sotto la foto, la scritta in grassetto: «J. K. Rowling».
Aveva senza dubbio qualche anno e un po’ di rughe in meno, ma questo non gli impedì di riconoscerla.
“Questa donna!” esclamò.“Anche lei c’era stamattina. Era sul palco insieme agli attori, l’ho vista abbracciare… la finta Hermione”.
“Già, me l’hanno riferito”, confermò Kingsley.
“J. K. Rowling: pare sia la causa di tutti i nostri problemi. Ho già istituito una commissione speciale per indagare su di lei e vorrei che Hermione desse loro una mano quando avrà terminato con la lettura dei libri. Purtroppo questa donna non è iscritta nel Registro dei Maghi e delle Streghe, per cui la magia non serve a molto. Bisogna lavorare prima di tutto con mezzi babbani, e tu sei una delle streghe più esperte in Babbanologia. Oltre a essere una brillante investigatrice”.
“Va bene, darò una mano volentieri”.
Hermione sorrise, le sue origini babbane ogni tanto si rivelavano davvero utili.
Il Ministro si alzò in piedi come per congedarli, ma Harry lo interruppe.
“Kingsley… Un’ultima cosa. Anzi, due”.
“Dimmi, Harry”.
“Prima di tutto, quanto ne sa il Mondo Magico di questa storia? E poi, come la mettiamo con Hogwarts? I ragazzi devono tornare a scuola…”
“Giusto, giusto. Dimenticavo. Per quanto riguarda Hogwarts penso che già da domani il binario 9¾ potrebbe tornare a funzionare, pare che questo raduno dei Babbani fosse soltanto per il primo settembre. In ogni caso, per precauzione, ho posticipato l’inizio delle lezioni di una settimana: il Preside Goldstein ha già inviato un gufo a tutte le famiglie per avvisarle del cambiamento. Per quanto riguarda la fuga di notizie… Ho paura che con tutte le famiglie magiche che si sono recate questa mattina a King’s Cross, quelli della Gazzetta del Profeta saranno già stati informati di un raduno di Babbani che si dichiaravano fan di Harry Potter. Mi aspetto un’edizione straordinaria da un momento all’altro, purtroppo”.
Kingsley sospirò. Non aveva perso la sicurezza dei suoi anni giovani e la capacità di mantenere la calma in ogni situazione, ma Harry notò che un’ombra di stanchezza gli passava sul viso.
“In ogni caso, l’importante è non scatenare il panico. Farò in modo di diffondere un comunicato per far sapere che il Ministero sta indagando su quanto accaduto e che la situazione è sotto controllo. Abbiamo passato momenti ben peggiori, ritengo che il Mondo Magico non sia così in pericolo”.
Harry annuì e si alzò dalla sedia. In momenti come questi si sentiva davvero felice della scelta di Kingsley di mantenere la carica di Primo Ministro. Quell’uomo riusciva sempre ad essere dannatamente rassicurante.
Anche Hermione annuì convinta, sfoggiando un sorriso sereno.
“Kingsley ha ragione. Dobbiamo darci da fare, ma anche io sono sicura che il pericolo non sia poi così grande”.
“Ma non eri tu che mezz’ora fa blateravi frasi senza senso sullo Statuto di Segretezza e sulla gravità della situazione?”
Ron non poteva credere alle sue orecchie.
“Certo che sì, ma pensandoci bene… Lo Statuto di Segretezza per ora è salvo”.
Il sorriso della strega si fece più ampio e nei suoi occhi passò un lampo di furbizia mentre spiegava ciò che fino a quel momento nessuno aveva considerato.
“Per tutti quei Babbani Harry Potter è solo il personaggio di un libro. Il Mondo Magico fa da contorno alla sua storia, ma è nato dalla pura fantasia di una scrittrice…”
Anche Harry sorrise, iniziava a capire.
Ancora una volta, Hermione aveva colto nel segno.
“Nessun Babbano immagina che quanto ha letto possa davvero essere… reale”.

 

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Capitolo 4
*** I sette libri. ***


- I sette libri. -
 
 
I giorni che seguirono furono tra i più strani che Harry avesse mai vissuto.
I suoi due migliori amici di sempre si trasferirono per qualche giorno da lui e Ginny a Godric’s Hollow; la villetta in cui erano andati ad abitare dopo il matrimonio era dotata di un paio di camere per gli ospiti e non era la prima volta che Ron ed Hermione si fermavano da loro, ma mai prima d’allora per motivi di lavoro. Se poi quello si poteva definire lavoro, non poteva fare a meno di pensare Harry, abituato a compiere ben altre missioni: avevano circa quattromila pagine da leggere con attenzione, ed essendo tutti e tre dipendenti del Ministero della Magia erano autorizzati a non recarsi in ufficio per concentrarsi soltanto sul compito che Kingsley aveva affidato loro. Ginny invece continuava a fare avanti e indietro dalla redazione della Gazzetta del Profeta, cosa che le scocciava non poco, visto che avrebbe di gran lunga preferito collaborare alle indagini insieme a suo marito.
Nonostante la presenza dei graditi ospiti, però, casa Potter non era mai stata così silenziosa: data l’insistenza dei signori Weasley, i quattro amici avevano acconsentito a lasciare i loro pargoli alla Tana, per poter lavorare con più tranquillità. Inutile dire che bambini erano stati entusiasti all’idea di poter trascorrere un’ulteriore settimana di vacanza tutti insieme dai nonni, e Molly non vedeva l’ora di poterli di nuovo riempire di attenzioni: la Tana le sembrava sempre troppo vuota e silenziosa da quando i suoi figli se n’erano andati di casa, per cui quella valanga di nipoti di cui occuparsi era per lei una manna scesa dal cielo.
Prima di congedarli, Kingsley aveva tirato fuori altre copie dei sette libri e aveva dato una serie ciascuno ad Harry, Ginny, Ron e Hermione.
“Sarà meglio che ognuno abbia i suoi libri”, aveva detto. “Sapete, per poterli leggere in tranquillità, prendere appunti e cose del genere”.
Solo Hermione sembrava aver preso alla lettera le parole del Ministro e Harry non riusciva a capire come potesse essere quella più avanti con la lettura se ogni due minuti si interrompeva per sottolineare frasi, cerchiare parole e prendere appunti sia a margine che su un quadernetto che teneva appositamente accanto a lei, appoggiato sul tavolo della sala da pranzo su cui stava leggendo. Ron si era subito accaparrato il divano più lungo e se ne stava sdraiato a pancia in giù, con un cuscino sotto il mento e il libro appoggiato al bracciolo del divano; evidentemente non era abituato a starsene fermo per troppo tempo, men che meno per leggere, perché cambiava posizione ogni cinque minuti, contorcendosi e sbuffando. Nonostante tutto, però, quello che stava leggendo sembrava piacergli, perché non staccava gli occhi dalle pagine: aveva assunto un’espressione completamente persa e la bocca gli si era dischiusa senza che se ne rendesse conto, dandogli un’aria da ebete che fece sorridere Harry.
Il mago si risistemò gli occhiali che gli erano scivolati sul naso, sollevò le ginocchia raggomitolandosi sulla poltrona accanto alla finestra e riprese la lettura da dove l’aveva interrotta. Qualche minuto prima aveva dovuto alzare forzatamente gli occhi dal libro e prendersi una pausa, perché si era reso conto che quel romanzo lo stregava. Letteralmente. Leggendo i primi capitoli si era mantenuto sul chi va là, interrompendo continuamente la lettura per chiedersi come diamine avesse fatto quella Rowling a scoprire così tante cose su di lui, sulla sua vita, persino sui suoi pensieri. Ma dopo un po’ aveva deciso di rimandare le domande a lettura terminata e si era rilassato completamente, abbandonandosi al potere di quelle pagine e sprofondando nel mare dei ricordi. Le parole che leggeva lo emozionavano, divertivano, spaventavano, commuovevano… Era incredibile. Nemmeno lui sarebbe stato in grado di scrivere un’autobiografia del genere, alcuni dei particolari che leggeva faceva persino fatica a ricordarli. Eppure, anche a distanza di più di vent’anni, ripercorrere ciò che aveva vissuto negli anni di Hogwarts gli metteva i brividi. Quei libri erano in grado di fargli rivivere esattamente le stesse sensazioni di allora.
Scoprì che cosa intendeva dire Kingsley quando gli aveva riferito che la storia era narrata dal suo punto di vista. Tra quelle pagine si nascondevano i suoi pensieri più intimi, ed era anche per quel motivo che Harry di tanto in tanto interrompeva la lettura per lanciare sguardi fugaci ai suoi due amici: sapere che anche loro stavano leggendo le stesse cose lo metteva quasi in imbarazzo, nonostante fossero le persone che lo conoscevano meglio in assoluto, nonostante non avesse segreti per loro. Ma non per questo era gradevole vedere i suoi sentimenti più intimi spiattellati in questo modo, ecco. Si sentiva come se per sette anni fosse stato sotto l’effetto di un costante Legilimens.
Improvvisamente il silenzio fu interrotto dalla risatina di Hermione. Harry e Ron sollevarono gli occhi dai rispettivi libri per rivolgerli a lei, lo sguardo interrogativo.
“Scusate ma…” le venne da ridere di nuovo. “Sono arrivata al Ballo del Ceppo. Il quarto anno, ricordate?”
I due annuirono.
Lei abbassò lo sguardo per leggere ad alta voce un passo del libro.
“Ma Ron stava fissando Hermione come se all’improvviso la vedesse in una nuova luce. «Hermione, Neville ha ragione…tu sei una ragazza…»
Merlino, io ho davvero sposato un essere tanto insensibile?”
Scoppiarono a ridere tutti e tre.
“Ehi, avevo solo… Quanti anni? Quattordici?” si scusò Ron. “Sono molto maturato da allora”.
Hermione lo squadrò con sguardo dubbioso e un sorriso ironico dipinto sul viso, prima di riprendere nuovamente la lettura.

Passarono la serata a discutere di quanto avevano letto fino a quel momento. Ginny li ascoltava con interesse mentre serviva loro la cena: anche lei cercava di ritagliarsi qualche spazio durante la giornata per proseguire con la lettura, ma non riusciva di certo a stare dietro ai ritmi degli altri tre.
“La parte dei ragni… Merlino, mi viene ancora la pelle d’oca al solo pensiero. Certo che eravamo dei folli, due bambini di 12 anni, addentrarci così nella Foresta Proibita…”
Harry annuì alle parole dell’amico, ma non riuscì a nascondere un sorriso mentre si portava alla bocca una cucchiaiata di zuppa calda.
“Sembri più sconvolto ora di allora, Ron”.
“Beh, certo che lo sono. Allora ero un incosciente! E quel capitolo è tremendo, tremendo…”
Ginny ed Hermione risero.
“Però Ron ha ragione…” si intromise Hermione. “Leggendo quei libri viene da chiedersi come facciamo ad essere ancora vivi e qui a discuterne!”
“Ma insomma, qualcuno ha trovato incongruenze fin’ora?” chiese Ginny.
Tutti e tre negarono con la testa.
“No, direi di no” disse Harry. “È tutto molto romanzato e ci sono dei salti temporali… Non è una cronaca e non racconta ogni singolo evento, naturalmente. Ma quello che ho letto fin’ora è vero, nei minimi particolari. Persino gli episodi della mia infanzia dai Dursley”.
“Incredibile, davvero incredibile” borbottò Ron con la bocca ancora piena.
“Voglio dire, viene da chiedersi come diamine abbia fatto questa donna a scoprire così tante cose sul nostro conto…”
“È la stessa domanda che mi faccio da quando ho iniziato a leggere…” confermò Harry. “Ma è inutile continuare a chiederselo, dobbiamo concludere la lettura al più presto e poi aiutare il Ministero nelle indagini. Dobbiamo scoprire come sia potuto accadere. E soprattutto perché… Perché ha voluto raccontare la nostra storia a tutti quei Babbani?”
Tutti annuirono silenziosi.
“Ah… tesoro. A proposito di Babbani.”
Harry si voltò verso Ginny.
“Sì?”
“Ho, ehm… Ho parlato con Percy stamattina”.
“Quindi?”
“Pare ci siano novità. Il Ministero ha indagato, il fenomeno è molto più diffuso di quanto si pensava”.
“Quanto più diffuso?”
“Sembrerebbe che… che siano state vendute circa quattrocentocinquanta milioni di copie del libro nel mondo. È stato tradotto in sessantasette diverse lingue”.
Ginny buttò fuori l’ultima frase tutta d’un fiato, per poi osservare preoccupata la reazione del marito, mordendosi un labbro.
La prima a parlare fu Hermione, anche se dalla sua bocca uscì poco più che un gemito.
“Quattrocentocinquanta… milioni?”
La voce le si strozzò in gola.
Ginny annuì.
“…e sessantasette lingue. Sono tantissime. Percy dice che Kingsley è molto preoccupato, questo significa che il mondo intero ci conosce. Senza contare la portata dei film, su quelli stanno ancora indagando…”
“Harry? Ti senti bene?”
Hermione schioccò le dita davanti agli occhi dell’amico, che non aveva ancora reagito.
“Sì… sì, certo” rispose lui scuotendo la testa. “Certo…”
“Vedrai che Kingsley riuscirà a sistemare tutto”.
“Io… non credo di essere preoccupato. Non così tanto”.
“Come dici?”
“Beh, sto leggendo quei libri… sono quelli che hanno letto milioni di Babbani, no? E sono stupendi, riesco a capire come mai hanno attratto così tanta gente. Sono magici per me, che quelle cose le ho vissute, immagino quanto possano far sognare chi non sa dell’esistenza della magia”.
“Sì, questo è vero, ma…”
“Non lo so, Herm. È una sensazione. Qualcosa mi dice che chiunque sia questa J. K. Rowling, lei non volesse farci del male… Che non volese farmi del male. Mi ha dipinto come un eroe! E, anche se io non credo di esserlo, penso che quei Babbani, quelli che l’altro giorno erano a King’s Cross, in fondo mi vogliano bene. Se amano così tanto la nostra storia non possono volere nessun male per il Mondo Magico”.
“Già, ma è comunque pericoloso, Harry” prese la parola Ginny.
“Ci sono dei motivi validissimi per cui abbiamo nascosto la nostra esistenza per tutto questo tempo… Se questi romanzi sconvolgessero tutto, non oso pensare a che cosa potrebbe succedere”.
“Sì, forse hai ragione. Avete ragione…
Sentite, per stasera prendiamoci una pausa, ok? Domani riprenderemo la lettura”.
 

 
***
 

“Ahi! Ahi ahi ahi”.
Harry si sporse dalla poltrona per osservare Ron. Non capiva se i suoi gemiti di dolore fossero dovuti a qualcosa di scritto nel romanzo o piuttosto alla posizione assurda in cui stava leggendo, a pancia in su e con le braccia tese per tenere il libro sopra la testa.
“Ron, ti farai venire un terribile torcicollo” commentò Hermione.
“No, non è quello”.
“E allora che cos’è?”
“Il tuo Oppugno. Quando stavo con Lavanda”.
Ron rabbrividì e Harry ridacchiò sotto i baffi.
“Ah, ecco. Gran bel momento quello… L’ho riletto qualche ora fa”.
“E sentiamo RonRon…” riprese Hermione beffarda. “Quei brividi sono sempre per l’efficacia del mio incantesimo o piuttosto per i ricordi dei tuoi dolci trascorsi con LavLav?”
Ron sbuffò, cercando di ignorarla.
“Suvvia, non ti sarai offeso? Che poi penso di aver capito come hai fatto a farla cadere ai tuoi piedi… Consultavi già allora i Dodici Passi Infallibili per Sedurre una Strega?”
“Co… cosa? Come fai a sapere dei Dodici Passi?”
Ron si mise a sedere di scatto, lasciando cadere il libro.
Hermione lo guardò con un sorriso a trentadue denti.
“Ne parli con Harry, settimo libro”.
“M-ma non è giusto! Questo è sleale!”
Ron si voltò verso l’amico guardandolo in cagnesco, come se fosse stato lui a tradirlo.
“Quello è un libro per soli uomini, un’arma segreta, le streghe non dovrebbero… Insomma, sono informazioni riservate!”
“Mi dispiace Ron, non è colpa mia” si scusò Harry alzando le spalle. “Consolati, ora lo sanno soltanto tua moglie… e circa quattrocentocinquanta milioni di Babbani”.
 
Naturalmente Hermione fu la prima a finire di leggere tutti i libri, e l’unica ad aver preso accuratamente appunti.
Quando ebbe chiuso anche il settimo volume, avendo cura di riporlo accanto agli altri sul tavolo, rimase per qualche minuto a fissare il vuoto davanti a lei, lo sguardo perso.
“Quindi?” le chiese Harry, che aveva notato l’espressione concentrata dell’amica.
“Nulla, finite di leggere… Non voglio rovinarvi la sorpresa”.
“Oh, grazie. Molto gentile da parte tua mantenere la suspense. Io spero che vinca il cattivo, non sopporto i libri dal finale scontato”.
Hermione gli sorrise.
“Beh, ti assicuro che il settimo libro ha tutto di scontato tranne il finale. L’ultimo capitolo è il più interessante, ho bisogno di discuterne con voi… Quindi vedete di finire in fretta”.
La strega si alzò dalla sedia stiracchiandosi e si avvicinò allo specchio appeso all'ingresso per osservare la sua immagine riflessa mentre sistemava il fermaglio che le raccoglieva i folti capelli bruni. Poi prese il cappotto appeso lì accanto e se lo infilò.
“Tesoro? Che fai?”
Ron si era alzato dal divano e la osservava interrogativo.
“Esco”.
“Esci? Ma si sta facendo sera!”
“Sì, lo so… Non preoccuparti, è che mi è venuta in mente una cosa e devo controllarla. Faccio in un attimo, voi finite la lettura nel frattempo.
A dopo! Ciao Harry!”
E senza aggiungere nient’altro uscì di casa, chiudendo piano la porta dietro di sé.
“Mah, valla a capire!” borbottò Ron andandosi a sedere sulla poltrona accanto ad Harry.
“Ah, a proposito” aggiunse, rivolto all’amico.
“Che c’è?” domandò Harry.
“Non te l’ho mai detto – e meno male, se no a questo punto lo saprebbe il mondo intero – ma quel libro non è poi così infallibile come pensavo”.
“Quale libro, Ron?”
“I Dodici Passi Infallibili per Sedurre una Strega. Non ce n’è uno che mi sia servito, con Hermione”.
I due amici si guardarono e sorrisero in silenzio.
Poi ripresero a leggere.

 

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Capitolo 5
*** Ai nostri figli. ***


- Ai nostri figli. -

 


“Quindi quella donna sapeva tutto”.
“Esatto”.
Harry appoggiò la schiena al tavolo della cucina e fece leva sulle braccia per sedersi, le gambe a penzoloni. Scivolò leggermente a destra per evitare che la sua mano venisse affettata da un coltello che volava a mezz’aria, tagliando a rondelle sottili le carote sull’asse di legno accanto a lui.
“Incredibile, davvero. Io ieri sono arrivata circa a metà del secondo libro, sai… Il mio primo anno a Hogwarts, l’erede di Serpeverde e la Camera dei Segreti, quel periodo da incubo… Tu…”
Harry la ascoltava in silenzio, capiva come si sentiva Ginny. Non poté fare a meno di notare che la mano di sua moglie tremava un po’ mentre mescolava lo stufato che bolliva in pentola.
“Mi capita di ripensarci ogni tanto. Ma leggerlo in quel libro, rivivere tutto quello che è successo… I ricordi sono così vividi da fare ancora paura, da fare quasi male. Come ho potuto essere così stupida? Rischiare la mia vita… La tua! E col senno di poi, sapendo che cos’avevo tra le mani… Quel diario, un Horcrux…”
Ginny sospirò.
Harry gli tese una mano.
“Ehi. Lo so, lo so. So come ti senti, amore. Quei libri hanno la capacità di farci rivivere tutto…
Ma tu non devi più aver paura, ora è tutto sistemato. Noi siamo felici, saremo felici, insieme. James, Albus e Lily staranno bene”.
Ginny gli prese la mano e Harry la tirò verso di lui, stringendola tra le gambe, il viso di lei appoggiato sul suo petto. Le fece una lieve carezza, passando la mano tra quei capelli morbidissimi, per poi appoggiare dolcemente le labbra su quelle di lei, regalandole un bacio pieno di tenerezza.
Rimasero così per un po’, abbracciati, lui seduto sul tavolo della cucina e lei completamente abbandonata tra le sue braccia. Finalmente Ginny sorrideva.
“Hai ragione amore, grazie. Per un attimo mi sono sentita persa come quando avevo 11 anni. Pensavo ai ragazzi, sai…”
“Non ti preoccupare, penso che il massimo pericolo in cui possano incappare a Hogwarts James e Albus sia Pix in vena di scherzi o una pasticca vomitosa nascosta nella colazione. Per fortuna è tutto finito”.
Ginny annuì e si sollevò in punta di piedi per avvicinare di nuovo le labbra alle sue.
“Ho finito! Ho finitoooooooo!”
La porta scorrevole della cucina si aprì di scatto, sbattendo rumorosamente, e Ron entrò sventolando vittorioso l’ultimo libro in aria.
Si fermò di colpo non appena si rese conto di aver interrotto le romantiche effusioni tra sua sorella e il suo migliore amico.
“Oh. Ops. Scusate”.
“Lascia stare, Ron…” disse Ginny sbuffando, a metà tra lo scocciato e il divertito. “Sono ventun anni che ci interrompi, ormai non ci facciamo più caso… Potremmo quasi pensare a una relaizone a tre!”
Harry scoppiò a ridere: in fondo era vero, passavano gli anni ma Ron rimaneva sempre lo stesso, strano che non si fosse fiondato in casa loro nel bel mezzo della prima notte di nozze.
Anche il suo amico sorrise.
“No grazie, non saprei che farmene a letto di un uomo e di mia sorella. Magari proponetelo a Hermione!”
Ginny ridacchiò mentre versava le carote nella pentola.
“Mi sa che anche lei non sarebbe molto d’accordo… Anche se mai dire mai, quella ragazza è sempre una sorpresa. A proposito, dov’è? La cena è quasi pronta!”
“È uscita almeno un’ora e mezza fa, ha detto che doveva controllare una cosa… Valla a capire! Non dovrebbe metterci molto, ormai si è fatto buio da un po’!” rispose Ron. “Di che parlavate voi due? Prima di perdervi in sbaciucchiamenti vari…”
“Ricordavamo i tempi passati” spiegò Harry. “Ginny sta leggendo il secondo libro…”
Harry Potter e la Camera dei Segreti. Davvero forte quello!” commentò Ron.
“Sì, un po’ meno forte per chi nella Camera dei Segreti ci è stato…” rispose Ginny alzando un sopracciglio. “Meno male che c’era Harry… Meno male che c’era sempre Harry. Metà della famiglia Weasley non ci sarebbe più se non fosse per lui!”
Harry sorrise.
“E io non sarei quello che sono, senza di voi…”
Ginny gli posò una rapida carezza sulla mano e Ron alzò gli occhi al cielo.
“Ecco, Ron, eravamo arrivati più o meno qui prima che tu ci interrompessi. Stavo ringraziando il mio eroe…”
Suo fratello sbuffò.
Eroe. Beh, anche io ho fatto la mia parte quell’anno…”
“Non ne dubito, fratellone. Anzi, continua a fare la tua parte e apparecchia, per favore”.
Ron aprì la bocca come per ribattere, ma poi cambiò idea, rendendosi conto che avrebbe combattuto una battaglia persa. Tirò fuori la bacchetta e iniziò ad aprire i cassetti, facendo levitare la tovaglia verso la tavola.
Proprio in quel momento un piccolo campanellino appeso in corridoio tra la porta d’ingresso e quella della cucina iniziò a svolazzare tintinnando.
“Qualcuno ha aperto il cancello del giardino, dev’essere Hermione. Tesoro, vai tu?”
“Subito!”
Harry schivò una forchetta volante e si fiondò fuori dalla cucina.
Quando aprì il portoncino di casa trovò Hermione già fuori, stretta nel suo cappotto grigio.
“Brrr. Mamma mia, che freddo fa stasera! C’è un vento…”
“Idea tua, uscire a quest’ora. Entra, dai”.
Hermione appese il cappotto ed entrò in cucina strofinando le mani l'una contro l'altra.
“Eccomi! Ciao Ginny, ciao tesoro” disse sorridendo e lasciando un fugace bacio a stampo sulle labbra di suo marito.
“Mmm che profumino, c’è già pronta la cena? Domani cucino io Ginny, non è possibile che io e Ron stiamo qui come se fossimo in un hotel!”
“Ma va, Herm… figurati! Lo sai che mi piace cucinare!”
“Ecco, continua a farlo tu che è meglio, sorellina… La bravura ai fornelli devi averla presa dalla mamma” disse Ron leccandosi i baffi.
“Che c’è, Ronald… Stai per caso criticando la mia cucina?”
Hermione gli lanciò un’occhiata torva.
“Certo che no tesoro, ci mancherebbe altro! Solo che Ginny è particolarmente brava, non trovi anche tu?”
“Bravissima, sì” rispose lei, non del tutto convinta dalla risposta di Ron.
“Su, su… Sedetevi. La cena è pronta!” annunciò Ginny.
 

Per qualche minuto mangiarono chiacchierando allegramente del più e del meno, ma non ci volle molto per ritornare all’argomento centrale delle ultime giornate.
“Allora, avete finito i libri?”
Harry annuì.
“Ron ci ha messo qualche ora in più di me, ma alla fine ce l’abbiamo fatta tutti e due”.
“Perfetto”.
Hermione sorrise.
“Ora puoi dirci dove sei andata a finire?”
“Certamente. Leggendo l’ultimo capitolo – ora ne parliamo – mi sono posta alcune domande. Direi che quelle poche pagine sono cruciali per capire tutto su questa J. K. Rowling. Mi è venuto un dubbio e quindi… sono andata a controllare”.
“Dove?” chiese Ron mentre si allungava sul tavolo per afferrare un pezzo di pane.
“Aspetta, io ho una vaga idea di ciò che accade quando Hermione ha un dubbio su qualcosa…” disse Harry sorridendo.
“Merlino, Herm. Non mi dire che sei andata in…”
“…in biblioteca, sì”.
Ron scoppiò a ridere.
“Stupendo, era un po’ che non te lo sentivo dire! In effetti è molto da te…”
“Ma quali libri sei andata a pescare questa volta? Non ne avevate abbastanza con questi sette?” chiese Ginny.
“No, in effetti non ho consultato nessun libro oggi”.
“Come nessun libro?” Ron la guardò aggrottando la fronte. “E allora cosa ci sei andata a fare in biblio…”
“Sono andata in una biblioteca speciale”.
Hermione sorrise, particolarmente soddisfatta di se stessa.
“In una biblioteca babbana”.
“E…?” chiese Harry.
“E ho usato internet”.
“Hai usato cosa?” Ron iniziò a tossire, l’acqua che stava bevendo gli era andata di traverso.
“Ecco, lo sapevo… Ho sempre sostenuto che Babbanologia dovrebbe diventare una materia obbligatoria ad Hogwarts!” Hermione alzò gli occhi al cielo.
“Sarebbe troppo complicato da spiegare, è roba che si fa al settimo anno, tecnologia avanzata. Comunque si tratta di un sistema sofisticatissimo di comunicazione e passaggio di informazioni, un’invenzione babbana che ha cambiato il mondo! Basta accendere un computer, una specie di televisione con una tastiera per scrivere, e si può accedere a qualsiasi informazione caricata sulla rete da qualsiasi angolo del mondo, oltre a poter entrare in contatto virtuale con tutti”.
Ron la guardava con tanto d’occhi e anche Ginny aveva tutta l’aria di non averci capito molto.
Harry ridacchiò. Non era un esperto in tecnologie babbane, ormai non aveva contatti con quel mondo da anni, ma ne sapeva abbastanza per capire che sarebbe stato davvero troppo complicato da spiegare.
“Vabbè, lasciamo perdere Herm. E cosa cercavi su internet?”
“Merlino, ragazzi! Ma davvero non avete notato niente di strano nell’ultimo libro?”
“Ehm…”
“L’epilogo! Quel dannatissimo epilogo! Diciannove anni dopo…”
Finalmente Harry sembrò capire.
“Ah, certo! L’epilogo! Beh, è l’unico capitolo totalmente inventato… Ma verosimile, direi.”
“Certo che è verosimile! Ed è proprio questo il punto…”
Hermione spostò lo sguardo alternativamente da Harry a Ron, le sopracciglia alzate, aspettando un cenno di comprensione da uno dei due. Dopo qualche secondo di silenzio sembrò arrendersi ed iniziò la sua spiegazione, non prima di aver esalato un lungo sospiro.
“Allora… Le vicende del settimo libro si sono svolte nel 1998, giusto?”
“Ehm… giusto” rispose Harry, con espressione concentrata.
“Quindi, facendo un rapido calcolo, l’epilogo è ambientato nel 2017. Vale a dire ora. Vale a dire che abbiamo scoperto perché tutti quei Babbani hanno scelto proprio il primo settembre 2017 per radunarsi a King’s Cross”.
Suo marito e i suoi due amici annuivano, sembrava iniziassero a capire.
“La scena dell’epilogo è totalmente inventata, perché naturalmente la Rowling non poteva prevedere cosa sarebbe avvenuto in futuro… Anche se devo dire che è stata abbastanza brava, probabilmente se non si fossero messi di mezzo tutti i suoi fan le cose sarebbero andate più o meno così. Bisogna scoprire come poteva quella donna sapere tante cose su di noi, certo. Ma vi dirò che mi ha sorpreso di più l’unico evento lei ha inventato di tutti quelli che invece ha solo riportato. Avete dato un’occhiata alle date di stampa sui libri?”
“No…” ammise Harry.
“Ecco, io sì. E dato che nell’ultimo capitolo lei parla dei nostri figli, qualche domanda me la sono posta. Sapete che non ho mai creduto alla divinazione…”
Ron sorrise.
“Povera Sibilla…”
“…è una pratica priva di fondamento. Quindi dubito che questa Rowling sia una veggente… Anche se un piccolo dubbio quel capitolo me l’ha messo”.
“Ma scommetto che l’hai già risolto” la anticipò Ginny.
“Esatto. A tutto c’è una spiegazione logica! Il primo libro della Rowling fu pubblicato nel 1997 e l’ultimo nel luglio del 2007… Ho preso appunti” specificò, tirando fuori un foglio dalla tasca dei pantaloni e lisciandolo sul tavolo.
“Quindi non c’è niente di strano, i libri raccontano fatti che erano già avvenuti. Ccome sia venuta a conoscenza di tutti i dettagli è un’altra storia” aggiunse. “Ma se ha pubblicato l’ultimo libro ben dieci anni fa, ci sono cose che non poteva sapere!”
“Merlino Hermione, hai ragione! I ragazzi, come poteva sapere… Tu sei un genio, ho sposato un genio!”
“Non sono un genio, Ron. Semplicemente penso. Comunque la spiegazione è molto semplice: quando ha pubblicato l’ultimo libro James, Rose e Albus erano già nati; Lily è nata il 25 novembre e Hugo il 3 gennaio, per cui sia io che Ginny eravamo incinte all’epoca… E se non sbaglio proprio in quel periodo c’era stata quella fuga di notizie sul Settimanale delle Streghe, no? D’estate, quando erano a corto di scoop, bastava rimettere Harry sotto i riflettori… Ho un vago ricordo di qualche articolo sul fatto che la moglie del Prescelto aspettava il suo terzogenito, questa volta una bambina, e che per non essere da meno anche la famiglia Weasley si sarebbe presto allargata con un maschietto…”
“Ma certo, ricordo benissimo! Vi chiamavano l'inseparabile trio, inseparabile in tutto… Che cosa di poco gusto!” si intromise Ginny.
“Esatto. Beh, diciamo che non era proprio difficile venire a sapere i fatti nostri in quegli anni”.
“Quindi la Rowling sapeva già tutto quando l’ha scritto?” chiese Ron.
“Non proprio tutto, ma molte cose sì. Sapeva dei nostri figli, e parla di Teddy, Victoire e Scorpius perché erano già nati… Anche se devo dire che qualcosa ha anche inventato di sana pianta.”
“Ah, sì! Teddy che bacia Victoire!” commentò Harry scoppiando a ridere. “Mi dispiace per la Rowling, ma mi risulta che il mio figlioccio abbia ben altri gusti…”
“... diciamo che potrebbe preferire Luis”, aggiunse Ron ridacchiando.
Ginny gli lanciò un’occhiataccia.
“Eddai… Non si può nemmeno fare una battuta!”
“Tra l’altro nell’epilogo è stata molto vaga anche con le descrizioni…” riprese il discorso Hermione. “Dopo aver pubblicato il libro ha fatto altre dichiarazioni in merito, ma non tutte sono corrette ovviamente. Rose da piccola aveva i capelli color rame, ma ora è bruna come me… E non mi risulta che Lily abbia gli occhi scuri!”
“Certo che no, sono azzurri come quelli del nonno!” commentò Ginny.
“Beh, non poteva indovinare tutto… Tra l’altro, nel dicembre del 2007 la Rowling ha anche pubblicato un albero genealogico della nostra famiglia, se vi può interessare”.
“Cosa?” disse Harry incredulo.
“Proprio così. Ed è stata furba, per quella data aveva già anche il secondo nome di Lily, sapeva chi era la sua madrina… Insomma, ha fatto bene a prendere tempo” osservò Hermione. Poi sorrise, con l’aria di chi nasconde qualcosa, e aggiunse: “Ma in ogni caso non è completo”.
“In che senso?”
Tutti la guardavano incuriositi.
“Non ho fatto in tempo a dirvelo con questa storia dei libri, e volevo che ci foste tutti e tre…” disse Hermione raggiante, “Ma ho una novità! Poco fa mi è arrivato un gufo da Neville… Hannah è incinta!”
“Ma dai, davvero?”
“Che splendida notizia! Sono felicissima per loro, lo desideravano tanto!” Ginny sorrideva entusiasta.
“Bisogna festeggiare, uno di questi giorni li invitiamo da noi, che ne dite?”
“Assolutamente sì! Al più presto!”
“Hermione, in ogni caso sei stata bravissima… Come sempre” si complimentò Harry. “Dovremo mandare al più presto un gufo a Kingsley per riferirgli le ultime novità e per chiedergli come vuole procedere”.
“Certo, gli manderò anche i miei appunti sui libri, nel caso dovessero servire”.
“Sentite, io avrei preparato una torta di mele… Che ne dite di lasciare da parte tutta questa storia almeno per un attimo e di mangiarcene una fetta in tranquillità?”
Naturalmente Ron fu il primo a rispondere.
“A me sembra un’ottima idea, Ginny”.
“E già che ci siamo, direi di accompagnare il dolce con il bicchiere della staffa”, aggiunse Harry, alzandosi per prendere una bottiglia di Ogden Stravecchio e versandone un bicchiere a ciascuno.
“A che cosa brindiamo?” chiese Ron.
“Beh, al piccolo o alla piccola Paciock, mi sembra doveroso!” propose Hermione.
“E ai nostri figli”, aggiunse Ginny.
“Ai nostri figli e ai loro anni felici ad Hogwarts”, disse Harry sollevando il bicchiere. “Che siano anni sereni, indimenticabili… e un po’ più tranquilli di quelli dei loro genitori”.

 
 

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Capitolo 6
*** L'indiscreto sguardo dei babbani. ***


- L'indiscreto sguardo dei Babbani. -



La risposta di Kingsley al loro gufo non tardò ad arrivare. Il Ministro li ringraziava per le accurate osservazioni sui libri, che avrebbe al più presto visionato insieme ad una squadra scelta di membri del Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici esperti in Babbanologia, e invitava Hermione a recarsi la mattina seguente alle nove al Ministero, per entrare a far parte della squadra.
“Ma non hanno intenzione di iniziare a indagare su chi sia questa Rowling?” commentò Ron indispettito.
“Penso di sì, ma a quanto pare Kingsley vuole essere prudente… E fa bene”, rispose Hermione occhieggiando la lettera del Ministro. “Ha già avviato delle investigazioni su di lei tramite un gruppo di suoi stretti collaboratori, ma pare che sia una Babbana a tutti gli effetti.  Per cui prima di spingersi più a fondo con le indagini vogliono analizzare per bene tutto il suo materiale. D’altra parte non c’è fretta, la situazione è così da anni e nessun Babbano ha mai scoperto che il Mondo Magico esiste davvero.… Kingsley correrebbe un rischio ben maggiore forzando le indagini sulla Rowling: se è davvero una Babbana, usare la magia su di lei sarebbe illegale, e se qualcuno se ne accorgesse potrebbe scatenare una crisi internazionale”.
Harry annuì: lui per primo moriva dalla voglia di scoprire chi fosse questa misteriosa scrittrice, ma suo malgrado doveva ammettere che Hermione aveva ragione. Kingsley stava facendo la cosa giusta.
“In ogni caso…” Hermione esitò.
“Sì?”
“Io, ecco… Ho già iniziato qualche ricerca per conto mio. Prima, in biblioteca, ho trovato un po’ di materiale sulla vita della Rowling e l’ho stampato” spiegò, facendo un cenno con la testa verso la sua borsa, appoggiata su una sedia. “Giusto per portarmi avanti con il lavoro e non arrivare impreparata domani…”.
Harry sorrise scuotendo la testa, Hermione e la sua assurda paura di poter essere impreparata su qualcosa.
“Anzi, se non vi dispiace io andrei in camera. Sono un po’ stanca e voglio andare a letto presto, ma così ne approfitto per dare prima una lettura veloce a quei documenti”.
“Certo, fai pure, Herm. Ginny dovrebbe essere andata a farsi una doccia, ma puoi usare il bagno qui di sotto se vuoi”.
“Ok, grazie mille Harry! Buona notte!”
“ ‘notte Herm. A domani!”
“Buona notte tesoro!” Ron mandò un bacio volante a sua moglie. “Tra poco ti raggiungo…”
“Va bene amore, ‘notte!”
Hermione afferrò la borsa e uscì dal salotto.
“Ora mi puoi spiegare” chiese Ron voltandosi verso Harry non appena vide sua moglie allontanarsi lungo il corridoio “com’è che adesso non prende più i libri in prestito ma se li stampa da sola da quel cavolo di intermet?”
Harry sorrise.
“Lascia stare, Ron. Diavolerie babbane”.


La mattina dopo, mentre Hermione si riuniva con Kingsley e i suoi colleghi al Ministero, Harry e Ron ne approfittarono per fare un salto alla Tana. L’indomani James, Albus e Rose sarebbero finalmente partiti per Hogwarts –  a meno che qualche altra folla di Babbani impazziti non l’avesse impedito – per cui volevano assicurarsi che fosse tutto a posto.
Trovarono Lily e Hugo sdraiati per terra lungo il corridoio, intenti a giocare a gobbiglie sotto l’occhio vigile della nonna. Molly, seduta su una sedia a dondolo, stava lavorando ai ferri quella che sembrava una lunga sciarpa rossa e verde, canticchiando l’ultima canzone di Celestina Warbeck.
“Ron! Harry! Ciao ragazzi!”
Li salutò con un sorriso e si alzò per andar loro incontro.
“Ti avevo visto arrivare dall’orologio” disse a suo figlio, stritolandolo in un abbraccio.
“Tutto bene mamma?”
“Tutto bene, tutto bene caro”.
“Papà!”
Lily e Hugo corsero loro incontro gridando la stessa parola.
“Ehi! Ciao piccolo!” disse Ron sorridendo mentre scompigliava i capelli di suo figlio, dello stesso rosso vivo dei suoi.
Harry si chinò per stampare un bacio sulla fronte di Lily.
“Vi siete comportati bene?”
Lily annuì, l’espressione seria.
“Certo! Anche se James ieri non voleva più andare a letto, stava giocando con gli scacchi magici insieme a Rose e la nonna li ha dovuti far evanescere…” ammise, ripensandoci.
Molly sorrise e alzò le spalle, togliendo peso alla cosa.
“In realtà gli è andata bene” aggiunse Hugo. “Rose lo stava stracciando!”
“Quella ragazza è un vero talento con gli scacchi, naturalmente ha preso dal padre…” commentò Ron, gonfiando orgoglioso il petto.
“Poi mi sente, James…” assicurò Harry. “In ogni caso, non c’è un po’ troppo silenzio qui? Dove sono gli altri?” chiese a Molly.
“Ah, sono andati nel boschetto qui dietro a giocare a Quidditch! Qualche ora fa è arrivato anche Fred – Angelina doveva andare ad Hogsmeade a ritirare la nuova divisa di Roxanne – e visto che erano in quattro hanno detto che avrebbero fatto una partita a coppie”.
Harry annuì.
“Va bene, lasciamoli divertire, è l’ultimo giorno prima del rientro a scuola. Ma più tardi devono ricontrollare i bauli, domattina verremo a prenderli presto!”
“Sicuro che non volete che li portiamo Arthur e io, mio caro? Per noi davvero non c’è problema!”
“Ti ringrazio Molly, ma con tutti i ragazzi più i bagagli sarebbe una faticaccia… Dovremmo farcela ad andare noi a King’s Cross, se poi ci chiamassero dal Ministero o ci fosse qualche problema vi faremo sapere”.
Harry le poggiò una mano sulla spalla: le era davvero grato, quella donna straordinaria le aveva fatto praticamente da madre e ora era una nonna perfetta. La sua vita senza Molly Weasley sarebbe stata molto ma molto più dura.
“Quando avremo finito a King’s Cross passeremo di qui a riprenderci Lily, e… Ron, se tu e Hermione volete restare da noi con Hugo, i letti ci sono!”
“Queste cose dille a Herm, non a me…” rispose il suo amico accompagnando al sorriso un’alzata di spalle. “Sai che per me va bene tutto, ma è lei che ha l’ultima parola. Dice che io faccio presto ad accettare, ma non tengo in conto che potremmo disturbare…”
Harry alzò gli occhi al cielo.
“Le donne, sempre a farsi mille problemi. Dopo glielo dico io, vedrai che la convinco” disse strizzando un occhio.
“Se volete restare tranquilli a Godric’s Hollow potete anche lasciare i due piccoli qui” propose subito Molly. “Non mi disturbano affatto, anzi… È sempre un piacere!”
Harry stava già per declinare l’invito ma fu interrotto dal “Sìììì!” dei due bambini. Incrociò gli occhioni di Lily che lo guardavano imploranti dal basso e scosse la testa: non riusciva mai a dirle di no. Quindi alzò le mani sopra le spalle, declinando ogni responsabilità.
“Va bene, ne parlerò con Ginny più tardi e poi decideremo che cosa fare. Grazie Molly, sei sempre un tesoro”.
“Ma figurati caro, figurati. Dai, venite di là… Volete bere qualcosa?”
“Per me niente, grazie. Non disturbarti!”
“Su, su. Non farai ancora i complimenti dopo più di venticinque anni che ci conosciamo, vero? Ho un po’ di zenzerotti appena sfornati, prendetene qualcuno. E poi sta arrivando Arthur” aggiunse dando un’occhiata all’orologio appeso al muro e notando che la lancetta con il nome di suo marito stava ancora vibrando per lo spostamento. “Gli farà piacere salutarvi!”
In effetti qualche secondo dopo si sentì la porta di casa aprirsi e con uno squillante “Sono a casa!” Arthur annunciò la sua presenza.
“Ragazzi, che piacere vedervi!” li salutò sorridendo, prima di dare un rapido bacio sulla guancia a Molly.
“Come mai sei rientrato così presto, caro?”
“Sono passato soltanto a prendere qualcosa di veloce da mangiare e alcuni documenti che ho lasciato qui. Starò fuori a pranzo e anche nel pomeriggio, Macmillan ha intercettato uno strano giro di spioscopi contraffatti a Dublino e dobbiamo fare un salto a controllare. In ogni caso, meglio così: preferisco andare in trasferta piuttosto che passare altre ore al Ministero, negli ultimi giorni è un vero inferno!”
“Come mai, papà?” chiese Ron sorpreso. “Che succede?”
“Da quando il Profeta ha iniziato a pubblicare tutti quegli articoli sui Babbani, sul raduno di King’s Cross e sul rinvio dell’inizio delle lezioni ad Hogwarts, al Ministero è il caos. Continuano ad arrivare lettere a Kingsley e al Comitato Scuse ai Babbani. Dicono che è evidente che non hanno lavorato abbastanza, che lo Statuto di Segretezza è in pericolo, che vogliono sapere cosa sta facendo il Ministero al riguardo… Sempre la stessa storia”.
“Ma è ridicolo, i Babbani stanno leggendo quei libri dal 1997 e non è mai successo nulla di grave, è inutile scatenare il panico ora!”
Harry era sconcertato, la gente si attaccava a qualsiasi cosa pur di protestare.
“Certo, Harry, certo… Hai perfettamente ragione. Ma devi tenere in conto che noi sappiamo di che cosa si sta parlando, voi avete anche letto quei libri. Ma la maggior parte della comunità magica no! Sanno soltanto quello che la Gazzetta del Profeta ha pubblicato, vale a dire che il primo settembre decine di migliaia di Babbani a conoscenza dell’esistenza della magia e delle vicende della tua vita hanno bloccato il passaggio al binario 9¾. Da questo punto di vista è una cosa gravissima, non era mai successo nulla del genere prima d’ora”.
Harry annuì in silenzio, detta così la cosa sembrava molto più grave.
“Ecco, guarda. Questo è il giornale di oggi…”
Arthur gli tese una copia spiegazzata della Gazzetta del Profeta.
Harry diede un’occhiata ai titoli degli articoli in prima pagina:
 
 
Domani rientro a Hogwarts con una settimana di ritardo. I nostri figli finalmente al sicuro dall'indiscreto sguardo dei Babbani?


Il Mondo Magico si interroga su quanto sappiano i Babbani, ma il Ministero tace.


Shacklebolt rifiuta di rilasciare ulteriori dichiarazioni sulla presunta violazione dello Statuto di Segretezza Internazionale.


Harry Potter famoso tra i Babbani: il Prescelto destinato al trono o al rogo?



Harry gemette, la situazione era ben peggiore di quanto immaginasse.
“Perché sospetto che dietro molti di questi articoli ci sia la penna prendiappunti della Skeeter?” commentò irritato.
“Beh, purtroppo è probabile. Voci ufficiose dicono che l’abbiano messa a capo del Reparto Polemiche. È la migliore a scatenarle”, sospirò Arthur, passandosi una mano tra i capelli che stavano diventando ormai sempre più radi, mentre il rosso aveva lasciato spazio a un grigio spento.
“Non leggevo il Profeta da qualche giorno, stando chiuso in casa”, commentò Harry, “e forse abbiamo sottovalutato il problema. Spero che Kingsley prenda delle decisioni in fretta: la situazione non dovrebbe essere pericolosa, ma non possiamo nemmeno permettere che il Mondo Magico sprofondi nel panico”.
“Harry, forse sarà meglio andare a casa” suggerì Ron. “Hermione dovrebbe tornare per l’ora di pranzo e sicuramente ci saprà dare qualche indicazione in più”.
Molly annuì mentre porgeva ad Arthur un contenitore con del cibo che aveva preparato al momento.
“Ron ha ragione, tornate a casa. Penserò io ai bauli dei ragazzi”.
 

Quando arrivarono a Godric’s Hollow trovarono Hermione che li aspettava in cucina, intenta a prendere appunti a margine di alcuni fogli che stava leggendo.
“Ah, eccovi finalmente!” esclamò. “Voi non avete idea… Non ce ne siamo accorti stando qui, ma là fuori è un caos! La Gazzetta…”
“Sì, lo sappiamo, tesoro” la anticipò Ron. “Siamo appena stati alla Tana, papà ci ha detto tutto”.
“Tu hai novità da Kingsley?” le chiese Harry.
“Non molte… Ha letto i nostri appunti sui libri, gli ho spiegato che tutto coincide perfettamente. Ha trovato interessante il mio ragionamento sulle date di pubblicazione, ora stiamo facendo alcune indagini sulla famiglia e sugli amici della Rowling: lei pare sia una Babbana, ha sempre avuto una vita normalissima. Ma non è possibile, perché se fosse così non avrebbe potuto sapere tutte quelle cose.  Quindi stiamo indagando sulla gente intorno a lei, magari qualcun altro si è servito della sua identità per pubblicare quei romanzi! Un paio di auror la stanno seguendo e controllano i suoi movimenti, ma per ora pare non ci sia niente di sospetto in lei…”
“A parte il fatto di aver pubblicato sette libri sulla nostra vita, con tanto di dettagli” commentò Ron.
“Esatto, a parte quello”.
“Hermione, ma noi? Kingsley vuole che facciamo qualcosa per lui?”
“Sì, ecco… Bravo Harry. Naturalmente vuole anche voi due nella squadra di investigazione, ma nei prossimi giorni. Per ora vorrebbe che si finisse al più presto di visualizzare tutto il materiale sul Mondo Magico arrivato agli occhi dei Babbani. Un gruppo di dipendenti del Ministero sta già leggendo gli altri tre libri scritti dalla Rowling: Gli animali fantastici dove trovarli, Il Quidditch attraverso i secoli e Le fiabe di Beda il Bardo...”
“Stai scherzando. Herm, lei ha…”
“Sì, lei ha scritto pubblicato anche questi tre libri nel mondo babbano, ma non sappiamo ancora se corrispondano esattamente ai nostri”.
“Assurdo”.
Harry e Ron erano senza parole.
“È stata la mia stessa reazione, ma non c’è tempo da perdere ora. Altri maghi stanno analizzando quei tre libri perché non parlano di noi, ma Kingsley vorrebbe che ci occupassimo personalmente e al più presto dei film. A quanto pare i libri sono il materiale più importante e più pericoloso per il Mondo Magico, mentre i film sono un po’ meno veritieri… Ma sono stati visti in tutto il mondo, anche da chi non ha letto i libri, per cui è importante che noi li guardiamo”.
“Ok, va bene. Ma come facciamo?”
“Kingsley ha ottenuto dall’Ufficio per l’Uso Improprio dei Manufatti Babbani un televisore, ha detto che ce lo consegneranno al più presto, non appena riusciranno a farlo funzionare… Ehm,  normalmente”.
“Perché, che ci hanno fatto?”
“Pare che uno svitato ci stesse facendo degli esperimenti, voleva usarlo come sfera di cristallo”.
“Oh mamma”, Ron soffocò una risata.
“Per quanto riguarda i film, Kingsely vorrebbe che andaste voi a comprarli in qualche negozio babbano”.
“Come noi? Ma…”
“Ron, ti prego. Sono sicura che Harry saprà come fare con i soldi babbani e tutto il resto… Il problema è che ci sono continue fughe di notizie su questa storia. La Gazzetta del Profeta è già venuta a conoscenza dell’esistenza di uno o più libri, anche se per fortuna nessuno di loro li ha tra le mani, ma sarebbe meglio evitare che scoprano che esistono anche dei film”.
“Va bene, non c’è problema, andremo subito dopo pranzo. Ma dove?”
“In un qualsiasi negozio di elettronica a Londra. Pare che ora si trovino anche in altri formati da inserire direttamente nei computer, ma per fortuna il buon vecchio DVD è ancora in vendita”.
Harry sorrise.
“Meno male, non riesco a star dietro a tutta la magia, figuriamoci alla tecnologia babbana…”
“Il buon vecchio cosa è ancora in vendita?”
“DVD, Ron. È come un piccolo disco, non so di cosa sia fatto… Tu lo inserisci in un televisore o in un computer e vedi delle cose” cercò di spiegare Hermione alla buona.
“Wow. Incredibile. I Babbani sogneranno pure la magia, ma non sanno che sono decisamente più avanti di noi…”
Harry sorrise, non aveva tutti i torti.
“Su, sbrighiamoci. Sarà meglio andare il prima possibile”.
 
 
***
 

“Ron, potresti smetterla? Ron, per favore”.
Erano entrati soltanto da due minuti e Harry non ne poteva già più di chiedere al suo amico di finirla di fissare tutto a bocca aperta, come se non avesse mai visto niente del genere. Anche se, a dire il vero, nemmeno lui aveva mai visto una tecnologia simile.
Computer piccolissimi, televisori enormi e una quantità infinita di altri aggeggi di varie dimensioni e forme erano sparsi più o meno per tutto il negozio; ogni schermo riproduceva immagini dai colori sgargianti, tanto che ai due maghi girava quasi la testa.
“Harry, ma tu… tu hai visto…”
“Sì, ho visto. Ma si suppone che per un Babbano tutto questo sia normale, quindi ti prego… Comportati da Babbano” gli sussurrò severo.
Notò una signora leggermente sovrappeso, completamente vestita di blu e con un cartellino appuntato sul petto che li stava osservando interdetta da lontano da quando erano entrati, e decise di rivolgersi a lei.
“Buona sera, mi scusi…”
“Mi dica, posso esserle utile?”
“Ehm, sì… direi di sì. Sto cercando il reparto dei DVD, mi può dire dove trovarlo?”
“In fondo a destra, subito dopo smartphone e iPad. Se ha bisogno di qualcosa in particolare troverà una mia collega pronta ad aiutarla”.
“Oh, grazie mille” rispose Harry sorridendo e tirando Ron per un braccio per obbligarlo a seguirlo, dato che l’amico stava ancora fissando la commessa come se l’avesse appena sentita parlare in arabo.
“Ron! Merlino!”
“Ok, ok. Cercherò di comportarmi in modo normale, scusa”.
Pur non avendo la più pallida idea di cosa fosse uno smartphone o, peggio, un iPad, Harry riuscì ad orientarsi in quel mare di merce e a trovare un angolo in cui erano disposti in bella vista i cofanetti dei DVD.
Centinaia di DVD, per essere precisi.
“Oh. Ok, dividiamoci e cerchiamo i nostri… Che ne dici?”
“Mmm”.
Ron non sembrava tanto contento all’idea di separarsi da lui, come se avesse paura che qualcuno di quegli aggeggi infernali potesse mangiarlo.
“Se proprio dobb…”
“Buona sera! Serve aiuto?”
Una ragazzina dalla voce squillante si avvicino a loro. Era vestita nello stesso blu intenso della commessa a cui si erano rivolti prima, per cui Harry dedusse che fosse un'altra dipendente del negozio.
“Sì, grazie, molto gentile” le sorrise. “Stiamo cercando i DVD di Harry Potter”.
“Oh! Harry Potter!”
Alla ragazza si illuminarono gli occhi.
“Certo, con piacere! Io adoro Harry Potter, lo amo alla follia!”
Ron ridacchiò e Harry si sentì arrossire, pur sapendo che non ce n’'era motivo.
“Oh, gra... Ehm, voglio dire, davvero?”
“Assolutamente sì! Libri e film… Sono geniali! Geniali! È bello vedere gente che viene ancora a comprarli, dopo tutto questo tempo: appassionati che magari hanno iniziato a leggere i libri da bambini e a distanza di anni ancora non si stancano” commentò con voce sognante. Ad Harry ricordò per un attimo la sua amica Luna.
“È per un regalo?”
“Ehm… Sì, per i nostri figli” improvvisò Harry.
Il sorriso della ragazza si fece ancora più ampio.
“Per i vostri figli! Ma che bellezza… Trasmettere la passione di padre in figlio, di generazione in generazione. L’ho sempre sostenuto io: quella di Harry Potter non è una generazione, è un’era! Non finirà mai!”
Harry e Ron non potevano credere alle loro orecchie: o quella commessa era particolarmente svitata, o i Babbani erano molto più esaltati e folli di quanto pensassero.
“Quindi”, riprese lei, “quale film cercate?”
“Tutti e sette” rispose Harry.
“Vorrà dire tutti e otto” lo corresse lei gentilmente.
“Non… non sono sette?”
“Certo che no, sono otto. I Doni della Morte è diviso in due! Ma voi non siete fan di Harry Potter?” chiese sorpresa.
“Sì, sì… Certo che sì”, balbettò Harry.
“Siamo i fan più fan del mondo!” si intromise Ron beffardo. “Sappiamo assolutamente tutto di lui, puoi farci qualsiasi domanda, se vuoi”.
Harry lo zittì con una gomitata.
“Scusalo, al mio amico piace scherzare”.
La ragazza ridacchiò, annuendo.
“A ogni modo,  se volete tutta la serie dei DVD, abbiamo il cofanetto promozione: tutti i film in HD, backstage, interviste e scene inedite incluse! Un affare!”
Harry annuì, desideroso di uscire da quel negozio quanto prima.
“Perfetto, allora prendiamo quello. Grazie!”
La commessa si sollevò sulle punte per prendere una scatola di cartone di colore verde brillante contenente le otto custodie dei DVD.
“Ecco qui, per i suoi figli. È un bene che questa storia continui ad essere letta  e vista… La Rowling ha scritto la saga del secolo, non trovate?”
Idue annuirono convinti, ma la ragazza non dava segno di voler concludere la conversazione.
“È scritta in modo davvero perfetto: la trama, l’ambientazione, i personaggi… C’è solo una cosa che forse le posso rimproverare, è stata un po’ scontata nelle coppie. Io sono molto più Dramione”.
“Co… cosa?” questa volta sia Harry che Ron la guardarono con tanto d’occhi.
“Sei che cosa?”
La ragazza rise.
“Beh certo, non tutti sanno… Il mondo delle fan fiction… Parlavo di Dramione, Draco e Hermione. Sono la mia coppia preferita, secondo me sarebbero dovuti finire insieme”.
Per Ron fu decisamente troppo.
“Draco… quel Draco? Draco Malfoy? Malfoy con Hermione? Ma sei impazzita??”
Harry lo tirò per un braccio.
“Ro-ehm… Robert, dai. Dobbiamo andare!”
Si corresse all’ultimo per evitare di chiamare l’amico per nome.
La ragazza evidentemente non si aspettava una reazione del genere.
“Beh, sì. Questione di gusti, secondo me lei e Ron sono…”
Fortunatamente non riuscì a finire la frase.
“Ma come puoi pensare che una come Hermione possa stare con uno come Malfoy? Sono gli opposti! Lui è un viscido! Lei non potrebbe mai amare una persona del genere!”
Con grande stupore di Harry, la ragazza sembrò capire di colpo il punto di vista di Ron.
“Ahh, ho capito. Tu sei di quelli fissati con l’IC e con il fatto che una cosa del genere non tiene fede ai personaggi della Rowling. Beh, secondo me non è così…” disse strizzando l’occhio. “Ma non c’è bisogno di scaldarsi tanto!”
Fortunatamente per loro, notò una nuova coppia di clienti che si aggirava tra i televisori e decise di terminare la chiacchierata.
"Bene, arrivederci allora, e buona giornata!” li salutò sorridendo.
Harry corse alla cassa per pagare il più in fretta possibile e poi trascinò Ron fuori dal negozio.
Il suo amico era furente, Harry non si sarebbe sorpreso se avesse visto del fumo rosso uscirgli dalle orecchie.
DramioneDramione!” borbottava. “Il Profeta ha ragione, dobbiamo stare attenti. Questi Babbani sono dei pazzi, dei pazzi furiosi!”

 

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Capitolo 7
*** Gli otto film. ***


 

- Gli otto film. -



Rose chiuse la porta dello scompartimento dietro di lei e prese posto di fronte ad Albus.
“Beh, pare che ce l’abbiamo fatta, finalmente”.
“Sembrerebbe di sì”.
Albus sorrise raggiante. Era felice, immensamente felice di essere su quel treno, ma il suo sguardo tradiva anche un filo di preoccupazione.
“Tu come ti senti?” chiese alla cugina.
“Ho le farfalle nello stomaco da stamattina. Anzi, forse da ieri notte… O da qualche giorno fa” ammise lei.
Lui annuì, capiva perfettamente che cosa provava la ragazza. Forse era troppo timido per esprimerlo a parole, ma a Rose bastò incrociare il suo sguardo per capire che suo cugino si sentiva esattamente come lei: eccitato, speranzoso, insicuro, curioso, elettrizzato.
“Mamma dice che il soffitto di Hogwarts è stupendo, è trasparente e si vede il cielo…” spiegò lei, con voce sognante. “Anche se papà ha commentato che il banchetto della prima sera è così spettacolare che quello che avremo sopra la testa non sarà niente in confronto a quello che avremo in pancia!”
Albus scoppiò ridere di gusto, zio Ron era sempre il solito.
D’improvviso la porta dello scompartimento si aprì e una ragazzina si affacciò timidamente. Era bassa e molto carina, i capelli corvini liscissimi tagliati a caschetto le arrivavano appena sopra le spalle e aveva dei bellissimi occhi neri leggermente a mandorla, che conferivano al suo viso un vago sapore orientale.
“Ehm… scusate, posso sedermi qui? Gli scompartimenti vicini sono tutti occupati…” 
“Certo, vieni pure!” rispose Rose entusiasta, felice di poter fare la sua prima conoscenza.
Anche Albus le sorrise gentile.
Sua cugina, decisamente più spigliata di lui, iniziò subito con le presentazioni.
“Io sono Rose Weasley e lui e mio cugino Albus. Tu come ti chiami?”
“Sono Liu Thomson. Siete al primo anno anche voi?”
I due ragazzi annuirono.
Non fecero in tempo a riprendere la chiacchierata perché la porta dello scompartimento si aprì di nuovo, questa volta mostrando un viso conosciuto. James entrò accompagnato da uno dei suoi migliori amici a Hogwarts, Matew Baston, e da un ragazzo nero che Rose  e Albus non conoscevano.
“Ah, siete qui! Vi cercavo da un po’, non sapevo dove vi foste cacciati voi due”.
Matew li salutò con un cenno, conosceva già la famiglia di James perché durante l’estate era stato ospite per qualche giorno dai Potter.
“Allora, pronti per il vostro primo anno?” chiese sorridendo. “E soprattutto, per lo smistamento?”
Albus e Rose si rabbuiarono, avevano accuratamente evitato l’argomento per tutta la mattinata e non erano entusiasti di affrontarlo.
I tre ragazzi più grandi scoppiarono a ridere.
“Chissà perché sono sempre tutti nervosi all’idea di essere smistati” commentò il ragazzo che i due cugini non conoscevano. “State tranquilli, quella è la prova più facile di tutte” consigliò sorridendo,  “gli esami sono molto peggio!”
“Ma questa cosa delle Case… Dipende anche dalla famiglia, vero?” chiese Albus, ponendo senza saperlo la stessa domanda che suo padre aveva fatto anni prima. “Voglio dire, il papà e tutti gli zii erano Grifondoro, tu sei Grifondoro…” disse rivolto a suo fratello. “Dovrei esserlo anche io, no?”
“Ci stavo pensando pure io, Al” commentò Rose, “ma non penso che sia proprio così...”
“No, infatti non lo è!” commentò di nuovo il terzo ragazzo. “Mio papà era Serpeverde e anche mia sorella Amanda lo è. Ma io sono Corvonero!”
Rose sorrise.
“Corvonero non mi dispiacerebbe, mamma mi ha detto che il Cappello Parlante è stato molto indeciso con lei… Non sapeva se metterla a Grifondoro o a Corvonero.”
“Ehi, anche mia mamma era Corvonero!” commentò con una vocina esile Liu, contenta di poter finalmente partecipare alla conversazione.
“Vabbè, ad ogni modo scopriremo tutto tra qualche ora”, disse James. “Io spero di vedervi a Grifondoro, anche se papà continua a dire che va bene tutto… Persino Serpeverde”.
Il ragazzo di colore gli tirò una gomitata leggera, sbuffando.
“E piantala di dirlo con quel tono schifato, non c'’è niente di male nell’essere Serpeverde”.
“Lo dici solo per tuo padre e tua sorella, Zab” commentò James, “ma devi ammettere anche tu che sono i più insopportabili a Hogwarts! Ah, a proposito…” disse rivolto a suo fratello e a sua cugina, “lui è Tailor Zabini. Vi ho parlato di lui, è il ragazzo che mi ha portato in infermeria l’anno scorso quando uno degli schiopodi di Hagrid mi ha aggredito. È un tipo a posto, anche se ha il brutto vizio di difendere i Sepeverde”.
Tailor scoppiò a ridere.
“Ehi Tailor! Tu che sei sempre il primo della classe, potresti passarmi gli ultimi compiti di Trasfigurazione?” si intromise Matew. “Io non ce l’ho fatta a finirli tutti, e dire che abbiamo avuto anche una settimana in più di vacanza!”
“Mmm, vedremo…” rispose lui. “A proposito, sapete se è tutto risolto ora con la faccenda dei Babbani? I vostri genitori sono in mezzo, vero? Mamma l’ha letto sulla Gazzetta del Profeta…”
“Noi non sappiamo nulla” rispose James alzando le spalle, “siamo stati dai miei nonni mentre papà lavorava per il Ministero…”
“Mio padre dice che dovrebbero aumentare la sicurezza, il Mondo Magico dovrebbe essere più protetto… Secondo lui i Babbani  finiranno per scoprire tutto e mischiarsi con noi, perché diventano sempre più impiccioni”.
“Ehi!” protestò Liu arrossendo “Mio padre è un Babbano, e non è un impiccione! Non sapeva nulla della magia finché mamma non l’ha spiegato, e non l’ha mai raccontato a nessuno!”
“Sì, sì…” Tailor mise le mani avanti. “Io non ho nulla contro i Babbani… Però non so, hanno addirittura posticipato l’inizio delle lezioni ad Hogwarts… Dite che potrebbe essere una cosa seria?”
“Secondo me non c’è da preoccuparsi” rispose Albus. “Papà dice che il Ministero risolverà tutto al più presto”.


Nel frattempo a Godric’s Hollow papà era alle prese con un problema ben più grave. Il televisore babbano era finalmente arrivato, ma la casa non era di certo attrezzata per fare funzionare un aggeggio del genere, e Harry non sapeva come fare.
Fortunatamente, come sempre, Hermione accorse in suo aiuto.
“Harry lascia stare, ti prego. Ho appena mandato un gufo ad Arthur, sarà qui a minuti. Lui saprà come fare, per fortuna è abituato a far funzionare questi cosi”.
Harry annuì sospirando e si lasciò cadere sul divano, sconfitto. Era in grado di annientare il più grande mago oscuro di tutti i tempi, ma si faceva battere da un televisore. Non era colpa sua, comunque: quel coso non aveva niente a che vedere con quello dei Dursley, evidentemente in quei vent’anni la tecnologia aveva fatto passi da gigante, riuscendo a complicare ancora di più le cose.
“Hermione…”
“Sì?”
“Mentre aspettiamo che Ron e Ginny tornino da King’s Cross e che Arthur arrivi, perché non mi dici un po’ cos’avete scoperto a proposito della Rowling? So che avete – o che hai – scoperto qualcosa in più…” aggiunse notando il suo sguardo. “È tutta mattina che guardi e riguardi quei fogli di appunti”.
Hermione sospirò.
“Ok, va bene. Ma…”
“…sono solo ipotesi, lo so.”
“Non volevo dirti nulla perché non c’è…”
“…niente di certo, sì. Io adoro fare ipotesi, Herm. E poi se sono le tue ipotesi, abbiamo un buon 90% di probabilità che corrispondano alla realtà”, aggiunse sorridendo.
Hermione si arrese e iniziò a parlare, rigirandosi nervosamente una ciocca di capelli intorno al dito.
“Io… ho pensato molto a quello che hai detto l’altro giorno, Harry. Sul fatto che secondo te Joanne Rowling non ha scritto quei libri in mala fede o per causare problemi, che i Babbani provano affetto verso il tuo personaggio e in generale verso il Mondo Magico. Kigsley dice che gli auror che hanno controllato la Rowling nell’ultima settimana non hanno notato niente di strano intorno a lei. E anche secondo me è praticamente impossibile che ci sia qualcuno che la controlli o che si sia servito di lei. È così entusiasta del suo lavoro, una scrittrice così brava… Anche dopo la pubblicazione dell’ultimo libro non ha mai abbandonato i suoi fan e il mondo di Harry Potter. Lei ama questi libri, ha dichiarato che sei quasi come un figlio per lei! È quasi impossibile che qualcuno l’abbia obbligata a scriverli, che agisca sotto l’effetto di una maledizione Imperio o qualcosa di simile… Mi sembra troppo strano che abbia finto, non per tutti anni e non così bene”.
“E quindi, tu che cosa pensi? Se è una Babbana, come ha potuto venire a conoscenza di tutte quelle cose? Qualcuno deve avergliele riferite… E qualcuno di molto potente, aggiungerei”.
“Infatti, infatti. È proprio questo il punto. Una strega non può essere, altrimenti avrebbe ricevuto la lettera da Hogwarts, e poi il Ministero lo saprebbe. Kigsley punta sul fatto che sia stata aiutata da qualcuno, ma a me questa ipotesi non convince, non so perché… Sto prendendo in considerazione l’idea che sia una magonò ben mascherata e mai registrata dal Ministero per qualche motivo. Ho iniziato anche qualche ricerca sulla sua famiglia, se riuscissi a trovare qualche traccia magica…”
“Non ci sei riuscita?”
“Non ancora, ma non è che si sappia molto sulla sua vita privata e sulla sua famiglia. Voglio continuare a cercare, magari qualche lontano discendente… Chissà. Dovrò controllare sia gli archivi magici che quelli babbani, potrebbe essere una cosa lunga”.
“Ehi, se hai bisogno di una mano, finché Kingsley non mi darà nulla di meglio da fare…”
“Certo Harry. Grazie”.
“È un po’ come ai vecchi tempi, no? Una delle nostre tante ricerche… Come quando dovevamo scoprire chi fosse Nicholas Flamel, o cosa ci fosse nella Camera dei Segreti, o come respirare sott’acqua nel Lago Nero…”
“…o che cosa significasse quel simbolo disegnato ne Le fiabe di Beda il Bardo, o dove fossero nascosti gli ultimi Horcrux…”
I due amici si guardarono negli occhi e non riuscirono a evitare di sorridere.
Era bello godersi una vita serena e senza colpi di scena. Ma a chi era stato abituato alle imprese più scapestrate, la tranquillità poteva sembrare un po’ monotona: un briciolo di avventura – che non implicasse il rischiare la vita – ogni tanto non guastava.


Iniziarono a guardare i film quella sera stessa e Ginny decise subito che si sarebbe presa il venerdì libero per poter continuare la visione insieme a loro. In fondo si poteva considerare una missione speciale per il Ministero, no?
Sin dal primo minuto i film suscitarono in loro sensazioni contrastanti.
Distacco, perché quei volti e quelle voci non erano i loro, e li sentivano estranei.
Paura, perché quelle immagini erano molto più concrete delle parole di un libro, e i Babbani avevano davvero rappresentato il Mondo Magico.
Malinconia, perché a ogni scena tornava vivido il ricordo dei tempi passati.
Fastidio, perché troppi eventi erano stati tagliati o modificati.
Inquietudine, perché quei Babbani erano dannatamente bravi con gli effetti speciali… E alcune scene mettevano davvero i brividi.
Divertimento, perché era buffo rivedere le loro imprese sullo schermo.
Imbarazzo, perché era toccante rivedere le loro emozioni sullo schermo.
Quella sera guardarono i primi due film, tutti e quattro accoccolati sul divano, le luci spente e gli occhi puntati al televisore davanti a loro. Harry amò sin dal primo istante la colonna sonora, Hermione le ambientazioni  così verosimili, Ginny gli incredibili effetti speciali e Ron amò la piccola Emma Watson… Forse perché con quei capelli arruffati e la voce da so-tutto-io ricordava sul serio la vera Hermione a undici anni, o forse soltanto perché sapeva come sarebbe diventata una volta cresciuta.
Quando anche i titoli di coda di Harry Potter e la Camera dei Segreti furono svaniti dallo schermo, Hermione spense la TV e riaccese le luci della sala con un colpo di bacchetta.
“Allora, che cosa ne pensate?”
“Beh, è… strano” commentò Harry.
“Già, proprio strano. Ora capisco cosa devono provare i personaggi famosi o i politici quando fanno dei film su di loro. Riguardare quei finti-te è davvero terribile!” rispose Hermione.
Ron aveva ancora lo sguardo perso nello schermo, ormai tutto nero.
“Io sono sbalordito. Non… non avevo mai visto niente del genere. Come fanno?”
“Come fanno a fare che cosa, Ron?”
“Queste cose, questo… film. Non è reale, vero?”
“No, certo che non lo è. Si chiamano effetti speciali, li ottengono al computer. Poi ricreano in vari modi le scenografie, truccano gli attori… e cose così.”
A giudicare dalla sua espressione, la spiegazione di sua moglie non aveva convinto del tutto Ron.
“Vabbè, al di la di queste cose, che cosa ne pensate?” ripeté Hermione.
“Che è molto realistico, fin troppo direi”, rispose Harry.
“Concordo” si aggiunse Ginny “Ci sono delle omissioni e dei particolari scorretti per quanto riguarda le vicende della nostra vita… Ma il punto fondamentale è che queste immagini ricreano un Mondo Magico verosimile. E che tutto il mondo babbano le ha viste”.
Gli altri tre annuirono.
“È sempre la stessa storia, come per i libri” commentò Hermione. “Saremo al sicuro finché nessuno si renderà conto che tutto questo è reale. Ora più che mai è importante scoprire chi sia J. K. Rowling, e perché ha deciso di svelare l’esistenza della magia, anche se solo sotto forma di romanzo. Se un giorno decidesse di dichiarare che quanto ha descritto nei suoi libri esiste realmente, sarebbe terribile…”
“Purtroppo hai ragione” ammise Harry, con tono grave. “Lei non è una qualsiasi, non lo è più. Vent’anni fa se un Babbano avesse iniziato a raccontare in giro dell’esistenza dei maghi, di Hogwarts o del Quidditch, l’avrebbero preso per pazzo. Ora non più, ora potrebbe essere preso sul serio. I Babbani conoscono così tanti particolari, sono così affascinati dal Mondo Magico, che non farebbero fatica a crederci… Anzi, forse è proprio quello che vogliono. Forse sono lì in attesa, forse non aspettano altro che arrivi qualcuno e dica loro che è tutto vero”.


 
***

Ginny scoppiò a ridere, incredula.
“Non ci posso credere. Io mi sono mai piegata ad allacciarti le scarpe, tesoro?”
“No, direi di no” ammise Harry.
Lei scosse la testa.
“Non mi piace questa Ginny. So che è un film e posso accettare che lei non sia me. Tra l’altro e molto carina, mi fa piacere che i Babbani mi immaginino così… Ma non ha carattere, per nulla! Mi fanno sembrare una bambolina che pende dalle tue labbra.”
Era un po’ scocciata da questa cosa.
"Ah, perché? Tu non pendi dalle mie labbra?" la prese in giro Harry.
Hermione invece la sostenne. “Concordo, hai perfettamente ragione, Ginny! Però non ti preoccupare, nel libro non sei affatto così… La Rowling ti ritrae in modo molto più veritiero” la consolò.

Erano già al sesto film e nonostante fossero un po’ stanchi e si fossero interrotti soltanto per mangiare e andare in bagno ogni tanto, avevano deciso di continuare fino alla fine. La curiosità vinceva sulla stanchezza.
Ron aveva adorato il terzo film perché finalmente aveva avuto la possibilità di vedere che cosa avevano combinato Harry e Hermione con la giratempo mente lui era in infermeria, ma si era sentito morire quando nel film seguente aveva rivisto se stesso voltare le spalle ad Harry, geloso della sua partecipazione al Torneo Tremaghi.
Harry era arrossito rivedendo il suo primo bacio con Cho e aveva avuto la pelle d’oca quando nello schermo era comparsa quella versione così ben riuscita di Dolores Umbridge.
Hermione era scoppiata a ridere alla vista del pugno dato in faccia a Malfoy e si era indignata perché nel film non si menzionava mai il C.R.E.P.A.
Ginny aveva guardato tutto in silenzio e con interesse, anche perché era l’unica dei quattro a non aver vissuto in prima persona la maggior parte delle avventure, ma non riusciva proprio a farsi andar giù il suo scialbo personaggio. Non vedeva l’ora di iniziare il settimo film, perché lei durante quell’anno era stata rinchiusa ad Hogwarts, e poter vedere con i suoi occhi che cosa era accaduto durante la ricerca degli Horcrux, anche se in questa pallida imitazione della realtà, era un piccolo sogno che si avverava.
Finito il sesto film Harry ebbe un’idea.
“Ehi! Che ne dite se vi preparo dei pop corn?”
 “Oh sì, dai! È una vita che non li mangio!”
Hermione annuì sorridendo, ma i due Weasley lo guardarono interrogativi.
“Che cosa vuoi preparare, amore?”
“È un cibo babbano, si fa con i chicchi di mais… I Babbani adorano mangiarli, soprattutto al cinema, quando guardano un film”.
“Ok, li voglio provare” rispose Ron, che non avrebbe mai detto di no ad un invito contenente la parola 'cibo'.
Nel giro di qualche minuto Harry li mise a scaldare in padella e si sedette di nuovo con loro per guardare il settimo – ma non ultimo, come aveva scoperto da poco – film.
Anche questo film, così come il sesto, si rivelò un po’ deludente dal punto di vista dei contenuti: molti dettagli sugli Horcrux e sulla vita di Voldemort erano stati omessi, probabilmente per motivi di tempo, e questo ad Harry nonostante tutto un po’ dispiaceva: se proprio bisognava far conoscere ai Babbani la sua storia, almeno che fosse una cosa fatta per bene.
Uno dei momenti peggiori da ricordare fu il litigio nella tenda e l’abbandono di Ron, geloso del rapporto tra lui ed Hermione. Ginny, che non sapeva esattamente che cosa fosse successo, guardò suo fratello con la coda dell’occhio, ma vedendo che si era rabbuiato in viso decise di non commentare. Harry pensò che fosse il momento di alleggerire un po’ la tensione.
“Vado un attimo di là a prendere altri pop corn, vedo che sono andati a ruba!” disse sorridendo.
Prese la teglia rotonda dal tavolo e si spostò con passo svelto in cucina, ma mentre li stava versando dalla padella al contenitore fu interrotto da un grido proveniente dalla sala.
“Aaaaaaaaaaaaaargh!”
La padella gli cadde quasi dalle mani e qualche pop corn si versò a terra.
“Ma che cosa…?”
Corse di nuovo in sala e trovò Ron che fissava la televisione con gli occhi sgranati e la bocca aperta.
Sullo schermo il finto Harry e la finta Hermione ballavano abbracciati.
“Tu non mi hai mai raccontato questa cosa!” disse il rosso rivolto ad Hermione, il tono accusatorio. Si voltò e notò Harry dietro di lui. “E nemmeno tu!”
“Ma noi…” Harry guardò Hermione, per trovare conferma al suo pensiero. “Noi non abbiamo mai ballato! Non in quell’occasione, di sicuro… Almeno, io non me lo ricordo. Herm?”
“No, nemmeno io. Decisamente no. E infatti questa scena nel libro non c'è, se non sbaglio.”
“Uhm. Sicuri?”
“Certo che sono sicuro, Ron. E poi ti sembra il caso di fare una scenata di gelosia? Ti ricordo che te la sei sposata!”
L’esclamazione di Harry fu interrotta dalla sonora risata di Ginny.
Harry diresse lo sguardo verso di lei e notò che stava ancora fissando lo schermo e aveva le lacrime agli occhi dalle risate. Non gli ci volle molto a capire perché.
“Merlino! Io non ballo così male!”
Anche Hermione scoppiò a ridere e Ron la seguì a ruota, dimenticando all'istante l’arrabbiatura.
“Sei sicuro, Harry?” commentò.
“Beh, sì. Direi di sì! E non capisco il senso di questa scena, era proprio necessario far ballare quel povero ragazzo in questo modo?”
“Certo, quando ti fanno sembrare un eroe va bene, ma per una volta che Harry Potter fa la figura dell’idiota ti devi lamentare. Ben ti sta!” lo beffeggiò il suo amico.
Harry sbuffò, ma Ginny scoppiò a ridere di nuovo e ne ebbe per cinque minuti buoni.

Quando finalmente finirono anche l’ultimo film si era fatta notte fonda.
“L’epilogo è carino. Ecco come sarebbero andate le cose se la Rowling non l’avesse raccontato al mondo”, commentò Hermione.
“A me non piace, mi hanno invecchiato troppo! La tua attrice invece” disse rivolto a sua moglie “è rimasta uguale. Non vale!”
“Io l’ho trovato dolcissimo!” commentò Ginny “È commovente!”
“Già…” Harry annuì. “Carino. E poi quella musichetta finale che era la stessa del primo film, vero?”
“Oh mamma, ti sei proprio fissato con la musica Harry!” disse Ron alzando gli occhi al cielo.
“Che ci posso fare, mi piace! È perfetta come colonna sonora…”
“Colonna cosa?”
“Colonna sonora, Ron. È la musica che accompagna un film e ne diventa anche un segno distintivo, perché spesso si ripete nelle saghe come questa…”
“Ah, quindi dici che i Babbani si immaginano la nostra vita con questa musichetta di sottofondo?” commentò Ron ridacchiando.
“Ce li vedi tutto il giorno a canticchiarla?
Tata tarata tataaaaaaata ta tarata tataaaaaaaaa… tata tarata tataaaaaaaaaaaaaatata…
Hermione alzò le mani per zittirlo, gli occhi al cielo.
“Ma figurati, Ron, non essere ridicolo. Tu hai proprio una visione distorta dei Babbani. Sono sicurissima che nessuno di loro sta tutto il giorno a canticchiarla.”


Era da sempre la strega più brillante della sua età. Ma anche i migliori sbagliano, ogni tanto.

 

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Capitolo 8
*** Ad memoriam. ***


 

- Ad memoriam. -




Harry se ne stava sdraiato nel letto, le spalle leggermente sollevate sopra un paio di cuscini, e un braccio intorno alle spalle di Ginny. La testa di sua moglie era appoggiata sul suo petto e lui le passava dolcemente le dita tra i capelli rossi, che profumavano di camomilla.
Erano fermi così da qualche minuto, nella penombra, in silenzio; Ginny aveva gli occhi chiusi e si godeva quella carezza lenta e regolare di suo marito, Harry invece fissava un punto indefinito nel vuoto, di fronte a lui. Entrambi pensavano.
Dopo qualche minuto Ginny si scostò lievemente e sollevò il viso per incrociare lo sguardo di Harry.
“Ci stai pensando anche tu, vero?”
Non c’era bisogno di aggiungere altro, sarebbe stato un inutile spreco di parole. Loro due si capivano da sempre, bastava uno sguardo. O a volte nemmeno quello.
Harry annuì, gli occhi leggermente lucidi.
“Fa male”.
Ginny lo strinse in un abbraccio e si accoccolò ancora più vicina a lui.
“Amore…”
“Ci penso spesso, sempre. Ma rileggere quegli eventi, vedere quelle immagini… Non è la stessa cosa”.
“Lo so”.
Ginny si allungò su suo marito e catturò con un bacio la piccola lacrima che gli scivolava lungo lo zigomo.
“Dobbiamo continuare a essere forti” disse. “Forti come loro”.
Dopo qualche secondo di silenzio, Harry riprese a parlare. Non riusciva a tenersi tutto dentro, non quella sera.
“Come loro. Silente, Sirius, Severus, Lupin, Tonks, Malocchio… tuo fratello. Quante persone sono morte durante quella guerra, Ginny? In quanti sono morti per noi?”
Lei restò in silenzio, il ricordo di Fred era come una pugnalata al cuore.
“E sai qual è la cosa peggiore?” continuò lui. “Che il mondo non si ricorda di loro, si ricorda di me. Harry Potter, il ragazzo che ha salvato il Mondo Magico dalla minaccia di Lord Voldemort. Eppure io sono qui, loro no… Loro sono stati mille volte più coraggiosi di me, loro hanno dato la vita.”
“Anche tu hai dato la vita, amore. Eri disposto a farlo, ti sei consegnato… E in quel modo hai salvato le nostre vite. Non devi dimenticarlo”.
“Non è la stessa cosa. Non è la stessa cosa! Io… io vorrei solo che la gente si ricordasse di loro. Che i nostri figli sapessero tutto di loro, che potessero imparare dal loro esempio. Anche quei libri… Quei dannatissimi libri. Perché io? Perché la storia di Harry Potter? Quella donna avrebbe dovuto raccontare la storia della vita di Silente, o la storia del sacrificio di Severus, o… o qualunque altra storia. Avrebbero insegnato molto di più. Non c’è nulla di nobile nella mia vita”.
Ginny restò per qualche secondo in silenzio, scuotendo la testa. Harry era di una modestia quasi irritante… E cocciuto, terribilmente cocciuto.
Poi un’idea le balenò nella mente.
“Sai, tesoro, forse… forse quei libri invece sono proprio quello che ci voleva”.
“Come dici?”
“Beh, è quello che hai detto tu… no? Che vorresti che il loro sacrificio venisse ricordato. Non riesco ad immaginare omaggio migliore”, Ginny sorrise flebilmente. “Tutte le persone che hanno letto qui libri o visto quei film… Non importa che siano Babbani. Ora tutto il mondo conosce la loro storia, miliardi di persone possono  trarne insegnamento. Ci hai mai pensato? Finché verranno ricordati, loro non moriranno mai”.

 
***


“Hermione?”
“Mmm…”
“Ieri io e Ginny stav… Hermione!”
“Che c’è?”
“Non mi stai ascoltando”.
“Ah, sì. Scusa. È che sto controllando una cosa e… Vabbè, non importa. Dicevi?”
Appoggiò da un lato il fascicolo di fogli che aveva in mano e sollevò lo sguardo verso Harry.
“Dicevo, che ieri Ginny ha detto una cosa che…  mi ha fatto pensare”.
“Wow, davvero notevole”.
“Dai, non sto scherzando!”
“Lo so, lo so… Era una battuta” Hermione alzò gli occhi al cielo. “Dimmi tutto”.
“Beh, ecco… Noi stavamo riflettendo sull’ultimo film, su tutte le vittime della II Guerra Magica…”
Hermione annuì. Anche lei aveva avuto una nottataccia, con tutti quei pensieri per la testa.
“E Ginny ha insinuato che i libri della Rowling potrebbero essere visti anche come un omaggio. Un omaggio a tutti loro e anche a noi, alle nostre vite. Un modo per far sì che la storia possa essere conosciuta anche dai Babbani, un modo per dare un insegnamento e per non dimenticare.
Tu che ne pensi?”
Hermione si mordicchiò un labro, l’espressione concentrata.
“Sì, io ci avevo un po’ pensato. Però…”
“È stata anche una delle mie prime impressioni, no?” aggiunse Harry. “Quando dicevo che secondo me la Rowling non voleva il nostro male, e che quei Babbani si erano in qualche modo affezionati a noi…”
“Questo è vero, anche io sono più propensa a pensare che abbia scritto quei libri per il bene del Mondo Magico, che non per il male. Però… Tu e Ginny dimenticate che non può essere un omaggio ai caduti, né niente del genere”.
“Perché?”
“Sempre per una questione di date, Harry. Il primo libro è stato pubblicato nel 1997, quando la guerra vera e propria non era ancora iniziata. Severus non era ancora morto e nessuno conosceva la sua storia… E così per Fred, Lupin e tutti gli altri”.
“Giusto, non ci avevo pensato…”
“Già si prospettavano tempi duri, ma la Rowling non avrebbe potuto sapere cosa sarebbe successo di lì a un anno. Quindi deve aver iniziato a scrivere i libri per un altro motivo. Anche se…”
“Anche se?”
Harry odiava quando Hermione si interrompeva proprio nel bel mezzo di un ragionamento.
“Anche se nel ’97 già si sapeva con certezza del ritorno di Voldemort, il Ministero l’aveva dovuto ammettere, e del fatto che stesse reclutando un esercito. Era solo questione di tempo e poi il peggio sarebbe accaduto… Una guerra era praticamente inevitabile”.
“Quindi?”
“Quindi non trovi un po’ strano che proprio in quel periodo una scrittrice decida di far conoscere al mondo babbano tutti i particolari sulla tua vita e sul nostro mondo?”
“Beh, trovo già decisamente strano il fatto che abbia scritto quei libri. Il quando l’ha fatto…”
“Il quando è importantissimo, Harry. Direi fondamentale, per capire i suoi motivi.”
“Uhm. Se lo dici tu”.
“Sì, lo dico io. E ora scusami ma devo finire di leggere tutte queste cose… Mi mancano alcune informazioni.”
“Dove l’hai presa quella roba, Herm?”
“Internet, archivi babbani, archivi magici su maghi e magonò. Kingsley mi ha dato il permesso di fare alcune copie”.
“Ok, ti lascio al tuo lavoro allora”.
“Ehi, sai a che ora torna Ron? Tra un po’ dovrò preparare il pranzo… Oggi Ginny resta in redazione tutto il giorno”.
“Non ne ho idea… In teoria tra non molto, non abbiamo granché da fare in ufficio in questi giorni. Si è trattenuto un po’ di più perché doveva dare una mano a Macmillan e a suo padre…”
Proprio in quel momento si sentì la porta di casa aprirsi.
“Ehilà! Sono io! E sono in compagnia!”
La voce allegra di Ron risuonò per il corridoio.
Harry andò subito incontro al suo amico. Dietro di lui un uomo alto e nero si stava pulendo le scarpe sullo zerbino dell’ingresso.
“Kingsley? Ma che piacere!”
Harry corse a salutarlo.
“Una visita dal Primo Ministro in persona” disse sorridendo, “a cosa dobbiamo questo onore?”
“Ciao Harry, scusa se mi presento senza preavviso. Ho incontrato Ron al Ministero e gli ho detto che mi avrebbe fatto piacere discutere di alcune questioni con voi, e lui mi ha gentilmente invitato a venire qui con lui.”
“E ha fatto benissimo, direi. Accomodati pure!”
Harry gli fece strada fino al salotto, dove Hermione stava ancora nella stessa identica posizione in cui l’aveva lasciata, intenta a sfogliare freneticamente il fascicolo che aveva in mano, alla ricerca di chissà quale informazione.
“Kingsley, che bello vederti”, lo salutò sorridendo.
“Hermione! Ciao, cara. Ti vedo concentrata, non starai lavorando troppo?”
“Probabile, Kingsley, probabile” rispose lei sospirando. “Il fatto è che ci sono delle cose che non mi tornano, nella famiglia della Rowling”.
“Oh bene, è comprensibile... Non tornano nemmeno a noi!”
“Davvero?”
Stranamente, invece di mostrarsi preoccupata per il fatto che qualcosa sfuggisse anche al controllo del Ministero, l’espressione di Hermione parve sollevata. Probabilmente la rincuorava il fatto di non essere la sola a cui le cose non tornavano.
“Sì, davvero. Tu che problemi hai?”
“Beh, lei parrebbe una Babbana a tutti gli effetti, nata da genitori babbani, con una sorella babbana… Tutti i parenti che la circondano sembrerebbero Babbani”.
“Però…?” si intromise Harry. Sapeva che dopo una frase del genere pronunciata da Hermione arrivava sempre un però a complicare le cose.
“Però ho dei problemi con la sua discendenza paterna. Per quanto riguarda i nonni e bisnonni materni è tutto a posto, non si trovano molte informazioni ma quanto basta. I nonni paterni, invece… C’è qualcosa che non mi convince. Ho trovato il certificato di matrimonio del signor Rowling con la signora Bulgen, così come quello di nascita dei loro due figli e del signor Rowling. Tutti rigorosamente Babbani, naturalmente. Ma non riesco a trovare nulla su sua moglie, Kathleen Ada Bulgen. O meglio, informazioni su di lei sì… Ma nessun certificato ufficiale”.
“In che anno è nata?” chiese Ron.
“Parrebbe nel ’23…”
“Beh…” si intromise Harry “Nel ’23, non puoi pretendere chissà cosa! Dubito che i Babbani registrassero già tutto, sai…”
“Sì, questo è vero. Ma sono giorni che cerco, qualcosa avrei dovuto trovare. E invece la sua vita prima del matrimonio sembra assolutamente impossibile da ricostruire. Non si sa chi siano i suoi genitori, o i suoi nonni, per dire”.
“I suoi nonni? Herm… Mi stai parlando dei trisnonni della Rowling?”
“Esattamente”.
“Ma…” Harry si voltò verso Kingsley, “La magia può essere trasmessa a distanza di tante generazioni?”
“Certo che sì, ci mancherebbe. Purtroppo non siamo mai riusciti a stabilirlo con certezza, ma sembrerebbe che la maggior parte dei Nati Babbani abbiano in realtà almeno un discendente mago, magari molte generazioni indietro. La signora Rowling, però, non è una strega e non ha ereditato poteri magici… Di questo siamo certi”.
“E quindi…?”
“E quindi Hermione fa comunque bene a concentrarsi sui discendenti della Rowling. Prima di tutto perché purtroppo non abbiamo altre piste da seguire. E poi… Immagino che ci sia anche un altro motivo. Vero, Hermione?”
Hermione guardò per qualche secondo Kingsley negli occhi, come cercando la conferma del fatto che entrambi stessero pensando la stessa cosa. Poi fece un mezzo sorriso e annuì.
“Sì, c’è un motivo per cui sua nonna mi interessa particolarmente”.
Ron corrugò la fronte, non capiva.
Cercò lo sguardo di Harry, alla ricerca di una spiegazione, ma nemmeno il suo amico sembrava aver colto a che cosa stessero alludendo Hermione e il Ministro.
Lei si avvicinò al tavolo della sala, dove erano appoggiati i sette libri, e ne prese uno a caso per porgerlo ad Harry.
“Guarda”.
“Cosa devo guardare, Herm? Li ho letti tutti…”
“Guarda bene”.
Harry guardò di nuovo il libro che aveva tra le mani ma scosse la testa, non capiva.
“Il nome dell’autore”.
“Beh, l’abbiamo ripetuto mille volte, no? J. K. Rowling. Cos’ha di strano?”
“Non ha niente di strano. Però – ed è solo una supposizione – potrebbe nascondere qualcosa di più. Il nome dell’autrice è semplicemente Joanne Rowling”.
Harry rilesse le iniziali sulla copertina, iniziava a capire.
“E quindi, quella K?” chiese Ron.
“Sta per Kathleen, il nome di sua nonna. A quanto la Rowling ha dichiarato, si tratta di uno pseudonimo richiestole dalla casa editrice, che riteneva che leggere il nome di una scrittrice donna avrebbe potuto scoraggiare i lettori. Che stupidaggine, tra l’altro”.
“Quindi tu credi che potrebbe non essere andata così?” chiese Harry.
“Non lo so, non voglio credere nulla. Solo supporre. È quanto meno sospetto che abbia scelto come secondo nome per il suo pseudonimo proprio quello della nonna di cui abbiamo meno notizie in assoluto, no? Come è strano che abbia deciso di pubblicare il primo libro alla vigilia della II Guerra Magica. Io non credo molto alle coincidenze, come ben sai”.
“Nemmeno io, Hermione”, approvò Kinglsey, posandole una mano sulla spalla. “E cos’è questa storia della Guerra?” chiese poi.
“Beh, poco fa discutevo con Harry di una cosa…” rispose lei, lanciando uno sguardo incerto all’amico, che la incitò con un cenno del capo a continuare.
“Da quando ha letto i libri lui è convinto che la Rowling non volesse niente di male per il Mondo Magico quando li ha scritti. E dopo aver visto i film, dopo aver rivisto tutte quelle terribili scene, tutti i caduti nella Guerra… Lui e Ginny hanno pensato che il fatto di voler raccontare la storia ai Babbani potesse essere visto anche come un omaggio alle loro vite. Un modo per raccontare la loro – e la nostra – storia e invitare i lettori a trarne insegnamento e a non dimenticare”.
Kingsley annuì, pensieroso.
“Beh, potrebbe anche essere. Questo non risolve il problema alla base – cioè come abbia fatto a venire a conoscenza di tutto – ma è un bel modo di vedere le cose”.
“Non corretto, però” continuò la spiegazione Hermione. “Perché la Rowling ha scritto e pubblicato il primo libro un anno prima della Guerra, quindi le sue intenzioni iniziali non potevano essere quelle… Che poi più avanti abbia deciso di sfruttare i suoi libri per fare anche questo, è un’altra storia”.
“E tu cosa proponi, Hermione?”
“Stavo riflettendo sul perché abbia deciso di pubblicare il libro nel ’97. Con Voldemort al culmine dei suoi poteri, Silente morto, una Guerra Magica alle porte. Sono certa che lo sapeva, non poteva non saperlo se era informata di ogni minimo dettaglio della nostra vita”.
“Beh, non hai tutti i torti. È stata una scelta rischiosa” commentò Kingsley.
“Rischiosa, coraggiosa, difficile da capire… Ma sicuramente non casuale” confermò Hermione, “ne sono convinta”.
“Tutto molto bello e molto giusto” si inserì Ron. “Ma non ho ancora capito perché stiamo qui a fare tante congetture invece di andare da questa Rowling e dirle: 'Senta, come diamine ha fatto a scoprire tutte quelle cose?'. Non penso sia tanto difficile!”
Kingsley sorrise comprensivo.
“Hai ragione, Ron, e sei senza dubbio il più pratico tra tutti noi. Ma non possiamo, non ancora.”
“Perché?”
Ron non se ne capacitava.
“Perché quella donna al momento ha un potere immenso su di noi. Se è davvero una Babbana – e credimi, dovrebbe esserlo – non possiamo torcerle un capello. Non possiamo rinchiuderla ad Azkaban per una cosa del genere. Se per qualche stranissimo motivo lei non sapesse che quello che ha descritto è vero, ad esempio nel caso in cui lo avesse fatto sottomessa a un incantesimo, potremmo portarla alla follia apparendo all’improvviso. E, cosa più importante, se pensasse di essere minacciata da noi potrebbe benissimo svelare l’esistenza del Mondo Magico ai Babbani… Sono sicuro che, se volesse, potrebbe apportare prove concrete. E basterebbe un suo discorso in televisione o a un giornale per seminare il caos. Moltissimi Babbani sarebbero disposti a crederle subito”.
Ron sbuffò.
“Merlino, che situazione”.
“Vabbè, direi che è il caso di rimandare la discussione a più tardi” disse Hermione scostando i fogli da un lato.
“Si è fatta ora di pranzo, vado a preparare qualcosa. Ti fermi da noi, Kinglsey?” propose sorridendo. “Possiamo continuare a parlarne davanti ad una bella zuppa di piselli”.
“Grazie di cuore per l’invito, Hermione, ma ho l’agenda piena di impegni per oggi pomeriggio. Mi tocca rilasciare qualche dichiarazione al Profeta, altrimenti dubito che mi lasceranno mai in pace… Sarà per un’altra volta”.
“Come preferisci, ma non fare complimenti!” rispose lei, incamminandosi verso il corridoio.
“Ottima decisione, Kingsley… Specialmente trattandosi di zuppa di piselli”, sussurrò Ron non appena sua moglie fu abbastanza lontana da non sentire. “Ti consiglio di tornare quando ci sarà Ginny ai fornelli. I geni Weasley non deludono in cucina!”
Kingsley sorrise, rimettendosi sulle spalle il mantello che aveva appoggiato sulla poltrona.
“Vi darò notizie al più presto” promise.
“E non preoccupatevi, scopriremo chi è, come ha fatto e perché l’ha fatto” aggiunse, posando una mano sulla spalla di Harry, che annuì.
Il Ministro alzò una mano in segno di saluto e si smaterializzò sonoramente.
 
“Ragazzi! Mi date una mano con la tavola?”
La voce di Hermione arrivò dalla cucina.
“Arriviamo, arriviamo…” borbottò Ron. “Comunque, Harry…”
“Sì?”
“Forse tu e Ginny avete ragione. Quei libri, quei ricordi… hanno anche qualcosa di buono”.
Harry lo guardò per cercare di capire cosa volesse dire, il tono serio dell'amico l'aveva colto di sorpresa.
“Io…” Ron sorrise amaramente. “Io ho riso di nuovo alle battute di Fred, leggendo i romanzi e guardando i film. E non so da quanto tempo non ridevo, pensando a lui”.
Harry sentì una stretta allo stomaco, ma si sforzò di sorridere e annuì. Capiva che cosa voleva dire.
“Spero che abbia fatto ridere tanto anche i Babbani. È così che avrebbe voluto essere ricordato”.

 

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Capitolo 9
*** Gufi. ***


 

- Gufi. -




Harry, Ron, Hermione e Ginny erano seduti intorno al tavolo della cucina, intenti a fare colazione. Era una bella giornata, e i raggi del sole che splendeva all'esterno attraversavano le tende color crema, illuminando la scena con una luce calda.
“Tesoro, mi passi i pancakes?” chiese Ron a Hermione.
Lei appoggiò la caraffa da cui si stava versando del succo di zucca e allungò il piatto a suo marito.
“Ne hai già mangiati almeno due, Ron. Non ti sembra di esagerare?”
“L’ultimo, promesso. Sono buonissimi, Ginny!”
Sua sorella gli sorrise di rimando.
Dopo qualche secondo di silenzio assonnato, interrotto soltanto dal rumore delle forchette sui piatti, sentirono un ticchettio deciso proveniente dalla finestra. Echo, il barbagianni che Ron e Hermione avevano regalato ai signori Weasley dopo la morte di Errol, stava battendo insistentemente il becco sul vetro.
Harry si alzò e aprì la finestra per farlo entrare.
“Ehi! Echo!”
Il barbagianni volò subito sul tavolo e tese la zampa a Ron, offrendogli un piccolo foglio di pergamena e un pacco leggermente più voluminoso. Ron srotolò la pergamena, scritta nella minuta calligrafia di Arthur Weasley, e la lesse velocemente.
“È papà, dice che ci manda alcuni articoli che ha trovato curiosando tra vecchi giornali babbani… Potrebbero esserci utili. Ah, aggiunge che Lily e Hugo stanno benone e possono rimanere da loro per tutto il weekend”.
Si voltò verso Hermione, che stava già slegando lo spago che teneva chiuso il pacchetto. Quando lo aprì, un discreto numero di fogli in bianco e nero, molti già un po’ sgualciti, si riversò sulla tavola. I quattro amici ne presero alcuni in mano, sfogliandoli velocemente: per la maggior parte parlavano dell’uscita del libri o dei film; le fotografie, rigorosamente immobili, ritraevano file lunghissime di Babbani in attesa fuori dalle librerie, negozi assaltati, interviste agli attori o alla scrittrice, immagini delle première dei vari film.
“Ehi, guardate qui!”
Ginny aveva trovato qualcosa di interessante e lo mostrò agli altri.
“È di un bel po’ di anni fa, parla di due ragazzini di 15 anni che hanno rischiato di farsi molto male perché si sono lanciati di corsa contro il muro del binario 9 a King’s Cross. Al personale che li ha soccorsi hanno detto di voler raggiungere il binario 9 ¾”.
Ron scoppiò a ridere.
“Merlino, non ci posso credere. Fammi vedere!”
Prese l’articolo dalle mani della sorella e lo rilesse attentamente.
“Ma che razza di idioti!”
Anche Harry ridacchiò.
“Io non ci trovo niente da ridere!” li riprese Hermione. “Poco fa ne ho visto uno simile: una bimba irlandese di 11 anni cha ha avuto una crisi isterica e si è rifiutata per settimane di andare a scuola, convinta di dover aspettare la lettera da Hogwarts. Ecco, guardate”.
Stese il foglio sul tavolo.
Anche Ginny aveva lo sguardo preoccupato.
“Poveretta… Chissà che delusione”.
“Ma scusate, sono Babbani. Che cosa si aspettavano?” commentò Ron.
“Infatti, Ron, sono Babbani! Non dovrebbero rimanere delusi dal fatto di non essere maghi, semplicemente perché non dovrebbero sapere che la magia esiste… Ma evidentemente queste persone hanno iniziato a crederci davvero!”
“Ma stiamo parlando di bambini, è abbastanza normale... No?” le rispose Harry un po’ incerto.
“Beh, sì, è naturale che dei ragazzini si lascino influenzare di più da quello che leggono o dai film che vedono. Ma arrivare a crederci fino a questo punto… Non so, la cosa mi preoccupa”.
Ginny annuì.
“Hermione ha ragione. Non che questo voglia dire che il Mondo Magico sia in pericolo, intendiamoci… Loro non sanno che la magia esiste. Però ci credono. C’è chi ci ha creduto, da piccolo, o magari ancora ci crede: è già un passo in più rispetto a quanto dicevamo qualche giorno fa, convinti che tutti pensassero a quei libri come a pura fantasia”.
“Questo senza dubbio…” concesse Harry. “Ma non penso che sia il caso di farsi prendere dal panico: si tratta sicuramente di casi isolati”.
Ron annuì.
“Esatto. E potete dire quello che volete, ma se penso a quei due Babbani che si sono schiantati contro il binario, io continuo a trovarlo buffo”, aggiunse ridacchiando.
Hermione alzò gli occhi al cielo.
“Non avevo dubbi. E ora scusatemi ma vorrei tornare a cercare informazioni sul passato della Rowling… Adesso più che mai mi sembra necessario riuscire a fare chiarezza”.
 
Quel giorno il traffico aereo nei dintorni di casa Potter fu decisamente più intenso del solito. Nel corso della giornata arrivarono altri due gufi, con due nuove lettere.
La prima la portò Phil, il piccolo gufo grigio di James. Era per Harry e Ginny, e conteneva un resoconto dettagliato delle prime giornate a Hogwarts di Albus: il loro secondogenito descriveva nei minimi particolari tutto ciò che aveva imparato a lezione, con tono entusiasta ed eccitato; nell’ultima parte della seconda pergamena fittamente riempita dal fratello minore, James aveva aggiunto tre righe per informare i genitori che anche a lui andava tutto bene e che non c’era bisogno che gli scrivessero ogni due giorni.
La seconda lettera invece arrivò legata alla zampa di Hermes, che si rifiutò categoricamente di darla a Ron e volò direttamente da Hermione, intenta a leggere con le mani nei capelli una lunga lista di nomi di maghinò registrati dal Ministero.
“Per me?” disse lei interrogativa vedendo che la civetta le tendeva la zampa.
“Pare di sì. Volevo prenderla io, ma sembra che sia indirizzata proprio a te. Sono curioso di sapere cos’ha da dirti di tanto importante il mio fratellino!” commentò Ron.
Hermione prese la lettera, diede un buffetto a Hermes e spiegò la pergamena. L
e sue guance iniziarono ad arrossire livemente mano a mano che procedeva con la lettura, mentre un sorriso di soddisfazione le si allargò sul viso.
“Embè?” le chiese Ron curioso.
“È di Percy”, rispose lei.
“Questo l’avevo dedotto”.
“Mi annuncia che per volere del Ministro è stata creato un nuovo ufficio ministeriale, l’Ufficio per il Controllo e le Relazioni con il Mondo Babbano: il Comitato Scuse ai Babbani verrà spostato dal Dipartimento delle Catastrofi e gli Incidenti Magici a questo nuovo ufficio; inoltre ci sarà un Comitato di Ricerca sulla Cultura e la Vita Babbana e una Squadra di Controllo per le Relazioni tra Maghi e Babbani”, spiegò lei con gli occhi ancora sulla lettera.
“E con ciò? Perché Percy vuole farlo sapere a te?”
Il sorriso di Hermione si fece più ampio, gli occhi che brillavano.
“Kingsley vorebbe che lasciassi il mio incarico all’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia. Dice che visto che si tratta di un Ufficio di neo formazione non c’è bisogno di aver fatto carriera all’interno dello stesso… E che io sono una delle streghe più esperte sul mondo babbano e più adatta a mantenere relazioni con loro. Mi ha messa a capo del nuovo Ufficio!”
Ron la guardò per qualche secondo sbalordito, sbattendo le palpebre.
“M-ma… ma è fantastico!”
Corse ad abbracciarla e la sollevò da terra, girando su se stesso.
“Che bellissima notizia! Miseriaccia, te lo meriti!”
Le stampò un sonoro bacio e le sorrise raggiante.
“Dici… Tu dici che sarò in grado?”
“Hermione, ma smettila…”
“No, sul serio… Io non sono mai stata a capo di nulla fino ad ora, non so se sarò capace di coordinare tutto…”
“Insomma, sei o non sei da sempre la strega più brillante della tua età, come diceva il buon vecchio Hagrid? Sei sempre stata la migliore in tutto, al terzo anno hai seguito più corsi di qualsiasi altro studente ad Hogwarts, hai avuto l’idea dell’Esercito di Silente… Davvero pensi di non riuscire gestire un paio di problemucci con i Babbani?”
Lei gli sorrise riconoscente.
“Ok, va bene. Ce la posso fare. Direi che dovrei scrivere a Kingsley per dirgli che accetto l’incarico… no?”
“Sì, direi proprio di sì. E io direi che dovremmo dire a Harry di aprire quella vecchia bottiglia di Whisky Incendiario che tiene in cantina per le occasioni speciali” aggiunse Ron.
“Ho sentito il mio nome?” disse l’interessato, entrando in sala con una teiera in mano. “Vi ho portato un po’ di tè, l’ho appena fatto… Vi va?”
“Macché tè, vogliamo qualcosa di più forte!” rispose Ron.
Harry lo guardò interrogativo.
“Ci sono novità…” spiegò Hermione, sorridendo all’amico.
Buone novità, spero”.
“Buonissime!” esclamò Ron, raggiante “Hermione è appena stata nominata da Kingsley Capo dell’Ufficio… com’era? L’Ufficio per Tenere sotto Controllo i Babbani?”
Hermione scoppiò a ridere.
“L’Ufficio per il Controllo e le Relazioni con il Mondo Babbano. Sciocco!”
Anche Harry sorrise.
“Ma è meraviglioso! Congratulazioni Hermione! Direi che dovremmo approfittare di una delle ultime serate senza i pargoletti e festeggiare: preparatevi, non appena torna Ginny ce ne andiamo tutti e quattro fuori a cena a Diagon Alley”.
“Perfetto. Offri tu?” chiese Ron ridendo.
“Naturalmente. La signora fa carriera in fretta, quindi mi aspetto che ricambi e mi offra lei la cena non appena diventerà Ministro della Magia!”
Hermione non poté fare a meno di scoppiare a ridere di nuovo e accettò l’invito di Harry sorridendo. Quella notizia l’aveva messa di splendido umore, per preoccuparsi delle vicende degli antenati della Rowling ci sarebbe stato tempo l’indomani.
 
Il giorno dopo, in realtà, il tempo fu molto più ridotto di quanto avevesse programmato.
Dopo una deliziosa cena e una passeggiata nei dintorni di Diagon Alley, si erano trattenuti qualche ora in più del dovuto al Paiolo Magico, felici di potersi godere quella serata un po’ diversa dal solito. Nessuno dei quattro avrebbe saputo dire se fosse colpa del grado alcolico del Whisky Incendiario, della bella notizia di qualche ora prima o semplicemente dell'essere di nuovo usciti a bere qualcosa insieme come ai vecchi tempi, ma Harry, Ginny, Ron ed Hermione si sentivano stranamente ringiovaniti e pieni di energie. Di fatto si trattennero al Paiolo fino a notte fonda, per la gioia di Tom, e la mattina dopo erano tutti troppo stanchi per alzarsi presto, persino Hermione.
La strega si sveglio di colpo poco prima di mezzogiorno, spalancando gli occhi e tirandosi a sedere di scatto non appena notò che la stanza da letto era illuminata a giorno.
“Merlino… Che ore sono? Ron… Ron!”
“Mmm…”
“Ron! Svegliati!”
“Che c’è?”
“È tardi! Guarda, è quasi mezzogiorno!”
“Uhm… Tranquilla, ‘rmione. È domenica”.
“Sì, lo so che è domenica! Ma abbiamo un sacco di cose da fare!”
“Ok… Inizia a farle tu, da brava, io ti raggiungo tra un attimo” disse lui abbracciando il cuscino e sprofondando di nuovo sotto le coperte.
Hermione si alzò stiracchiandosi, indossò una vestaglia celeste sopra il pigiama e tirò le tende, facendo entrare ancora più luce nella stanza e provocando altri brontolii
sommessi  da parte di Ron. Per sottolineare meglio il concetto, nell’uscire dalla stanza gli appioppò una bella pacca sul sedere.
“Su, su! Chi dorme non piglia pesci!”
“Zenz’tti”, borbottò suo marito.
“Cosa?”
“Zenzerotti. Vorrei degli zenzerotti per colazione, niente pesce”.
“Piantala di fare lo spiritoso, mio caro”.
“Sei tu che dici cose senza senso, di prima mattina poi!”
“È un modo di dire babbano. Non so se te lo ricordi ancora dopo tutto quel Whisky, ma sono il Capo dell’Ufficio per il Controllo e le Relazioni con il Mondo Babbano”.
“Mmm… Sì, ho un vago ricordo”, rispose Ron, prima di sbuffare e nascondere la testa sotto il cuscino per ripararsi dai raggi di sole che entravano dalla finestra.
 
Naturalmente, né zenzerotti né pesce per Hermione. Prese al volo un bicchiere di succo di zucca, si vestì, e si rimise subito a fare le sue ricerche.
Dopo circa un quarto d’ora la raggiunsero Harry e Ginny.
“ ‘giorno!”
“Buon giorno ragazzi! Dormito bene?”
“Benissimo, una delle migliori dormite da mesi” rispose Ginny sorridendo e sedendosi accanto all’amica. “Che fai di bello? Non mi dire che sei ancora al lavoro!”
“Ehm… Sì. Devo, assolutamente”.
“Ma è domenica Hermione, è già il terzo giorno di fila che non fai altro che sfogliare quei documenti…”
“Beh, è quello che devo fare, no? Kingsley ha chiesto ad Harry e Ron di tornare in ufficio, ma a me no… Quindi deduco che è questo che vuole che faccia”.
“E non ti è passato per la testa che magari non ti ha chiesto di tornare per due giorni perché già aveva programmato il tuo cambiamento di ruolo al Ministero?”
“Beh, sì… Può essere. Ma ciò non toglie che nel frattempo non mi manterrò con le mani in mano”.
“Credevo che Kingsley avesse istituito una Squadra speciale per indagare su questo caso…”
“Ed è così, ma non stanno concludendo molto. Visto che la cosa ci riguarda abbastanza da vicino, mi sembra giusto contribuire!”
“Concordo…” disse Harry prendendo posto di fronte alle due donne. “Anche a me piacerebbe rendermi più utile. Il fatto è che non so cosa fare. Tu sei arrivata a qualche conclusione, Herm?”
“Chiederò a Kingsley di poter dare un’occhiata al registro delle famiglie magiche e al registro delle nascite nel Mondo Magico degli anni ’20… Questa Kathleen Bulgen, la nonna della Rowling, non mi convince. Bulgen non è un cognome così comune tra i Babbani inglesi, e nessuna delle famiglie che ho rintracciato sembra avere alcuna relazione con lei. Ho l’impressione che potrebbe essere un cognome falso”.
“E come pensi di trovarla?” chiese Ginny.
“Beh, inizierò cercando le Kathleen nate da famiglie magiche in quegli anni”.
“Ehm, scusami, Hermione…” la interruppe Harry. “Ma se hai appena detto che pensi che il suo cognome sia inventato, che cosa ti fa supporre che il nome invece sia vero? Voglio dire, se avesse voluto celare la sua identità avrebbe potuto benissimo cambiare anche il nome”.
“Sì, non lo escludo. Ma secondo me non è così”.
“E perché secondo te non è così?” domandò lui, sorpreso.
“Perché quel nome è riportato sui libri, insieme al nome della Rowling. E se, come io suppongo, sua nonna c’entra qualcosa in tutto ciò, non avrebbe voluto comparire in copertina con  un nome falso… Avrebbe potuto farlo, sì, ma sarebbe stato piuttosto insulso, non trovate? Avrebbe avuto meno valore”.
“Beh, sì”, annuì Ginny, “può essere. Ma non sarebbe stata una mossa un po’ rischiosa da parte sua, lasciarci il suo nome? Sarebbe un grosso indizio, forse è troppo scontato”.
“O forse invece era proprio quello che voleva, lasciare una traccia. Per fare in modo che, nel caso il suo segreto fosse stato scoperto anni dopo, si risalisse alla vera mente di tutto ciò. Magari non voleva restare del tutto anonima”.
“Per orgoglio?” le domandò l’amica.
“Può essere, oppure per mille altri motivi. Voldemort avrebbe potuto trasformare in Horcrux oggetti del tutto comuni e noi non l’avremmo mai sconfitto, eppure non l’ha fatto. Ha scelto degli oggetti che avevano un valore speciale per lui, pur sapendo quanto fosse rischioso. Questo mi ha insegnato molto sul valore simbolico delle cose” spiegò Hermione. “Potrebbe valere lo stesso criterio in questo caso. Lei avrebbe potuto utilizzare un nome falso e sarebbe stata del tutto irrintracciabile… Ma se non avesse voluto annullarsi in questo modo? Se quell’iniziale sulla copertina fosse importante, fosse quella vera? Non ho altre tracce da seguire, quindi seguo questa”, concluse.
“Ok…” rispose Harry pensieroso, “ammettiamo che sia così. Se lo fosse, questa Kathleen dovrebbe essere stata qualcuno di speciale. Una strega potentissima. Non tralasciare il fatto che quella donna – o chi per lei – conosceva ogni mio pensiero, ogni dettaglio delle nostre vite”.
“È proprio per questo che voglio controllare tutte le famiglie magiche da cui potrebbe provenire. Per capire anche che tipo di legame potrebbe avere con noi… Con te”.
Harry annuì.
“A ogni modo, ho parlato con Kingsley l’altro ieri al Ministero” aggiunse, “e mi ha detto che aspetterà ancora qualche giorno, ma se le indagini dovessero protrarsi troppo andremo a parlare con la Rowling e punto. Ora le acque si sono un po’ calmate e fortunatamente non si parla più solo di questo, ma il Profeta sfrutta ogni occasione per lanciare frecciatine contro il Ministero, nonostante nell’ultima intervista lui abbia spiegato che ci stiamo tutti dando da fare. Kingsley ha paura che questo episodio possa risvegliare l’odio contro i Babbani , i Mezzosangue o i Nati Babbani… Dopo la sconfitta di Voldemort non se n’è più parlato molto, ma non è detto che questi sentimenti razzisti siano stati del tutto accantonati”.
Hermione e Ginny annuirono.
“Beh, mi sembra giusto”, disse Ginny. “Si sta indagando molto per evitare di prendere decisioni impulsive, ma non possiamo andare troppo per le lunghe! A un certo punto l’unica soluzione è andare a parlare con lei. E poi, se le cose dovessero andare male, abbiamo sempre un’ottima Squadra di Obliviatori che sanno fare il loro lavoro alla perfezione!”
Anche Hermione non poté fare a meno di annuire. Stava diventando pazza a furia di cercare connessioni tra la Rowling e il Mondo Magico.
Improvvisamente, per la quarta volta nell’arco di poche ore, sentirono un familiare picchiettio alla finestra. Harry si voltò e vide un bel gufo reale dal piumaggio nero che svolazzava a pochi centimetri dal vetro.
“Ma chi…?”
Aprì la finestra e il gufo planò elegantemente sulla tavola, porgendo con delicatezza la zampa ad Hermione.
“Penso sia uno dei gufi del Ministero” disse Hermione. “Ieri pomeriggio ho mandato una lettera a Kingsley per ringraziarlo e dirgli che accettavo l’incarico… E già che c’ero gli ho accennato la mia intenzione di proseguire le indagini su Kathleen Bulgen e di cercare tra tutte le Kathleen nate da famiglie magiche in quegli anni”.
Mentre proseguiva con la spiegazione, Hermione srotolò la pergamena e ne lesse il contenuto con attenzione. Il suo sguardo si fece man mano più preoccupato.
“Che succede?” le chiese Ginny.
“È Kingsley. Dice che essendo domenica oggi gli Archivi del Ministero sono chiusi al pubblico, per cui non posso andarci. Per questo motivo ha deciso di recarcisi lui stesso per prelevare i volumi che mi interessano e farmeli avere. Dice di aver trovato qualcosa e di volerne parlare con noi, ma di persona: dev’essere importante!” rispose Hermione appoggiando la pergamena sul tavolo.
Harry si allungò verso di lei curioso, ma riuscì a leggere soltanto le ultime righe della lettera di Kinsgley.
 
Ho trovato una Kathleen, potrebbe essere la nostra.
Venite.

K. S.


 

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Capitolo 10
*** Connessioni. ***


- Connessioni. -


 
Harry si alzò di scatto dalla sedia, afferrando la lettera di Kingsley.
“Andiamo, subito”.
Hermione annuì.
“Ok, vado a chiamare Ron e…”
“Dov’è?”
“Penso sia ancora a letto”.
Harry sbuffò.
“Potrebbe metterci mezza vita a staccarsi dal cuscino”.
“Dai, non penso… Se gli diciamo che ci ha scritto Kingsley in dieci minuti sarà pronto”.
“Va bene, ma digli di fare in fretta per favore…” disse Harry nervoso, spostando il peso da un piede all’altro. “Dobbiamo andare subito da Kingsley. Sto morendo dalla curiosità, devo sapere cosa ha scoperto!”
Hermione capiva perfettamente come si sentiva l’amico, condivideva la sua stessa emozione. Erano davvero a un punto di svolta? Doveva saperlo, al più presto.
“Ok, io vado subito a chiamare Ron”.
Lanciò un’occhiata a Harry e Ginny.
“Beh, se volete voi potete iniziare ad andare da Kingsley, penso ci aspetti in ufficio…” propose titubante, mordicchiandosi un labbro.
Ginny negò decisa con la testa. Hermione era una delle sue migliori amiche da tutta la vita, oltre a essere diventata sua cognata, per cui sapeva esattamente quello che le passava per la testa. E la verità era che Hermione moriva dalla voglia di andare da Kingsley: anche se si era sentita in dovere di proporlo, non avrebbe sopportato che qualcuno venisse a sapere cosa aveva scoperto il Ministro prima di lei, dopo essere stata per giorni china su quei documenti.
“Tranquilla, Herm. Vai pure tu con Harry, io sveglio Ron e poi vi raggiungiamo… Così nel frattempo mando un gufo a mamma per dirle che passeremo a prendere i bambini stasera, se non ci sono imprevisti.”
“Ma figurati, non è il caso…”
Hermione era combattuta.
“Sì, sì che lo è”.
“Sei sicura?”
“Sicurissima. Sono certa che a Kingsley non dispiacerà parlare prima con voi due e in particolare con te, che hai lavorato tanto in questi giorni per scoprire qualcosa. Tranquilla, noi vi raggiungiamo tra qualche minuto, il tempo di svegliare Ron”.
Ginny ammiccò e Hermione ricambiò con un sorriso ampio e sincero.
“Va bene, allora. Grazie mille Ginny!”
“Non c’è di che, Herm… Vado a svegliare mio fratello, dai. Non so proprio come possa dormire sempre così tanto…”
Ginny uscì dalla stanza scuotendo la testa.
Hermione si voltò verso Harry.
“Allora, che dici? Andiamo?”
“Beh, sì… Io direi di sì”.
“Sono un po’ nervosa, sai Harry? Fino a qualche settimana fa non avremmo potuto immaginare che una cosa del genere potesse accadere. E ora sono così curiosa, terribilmente curiosa di sapere chi ha potuto dare inizio a tutto quanto. E come avrà fatto, poi!”
“Già, me lo chiedo anch’io. Sapeva così tante cose su di noi, praticamente tutto… Peggio della Skeeter, oserei dire!”
Hermione scoppiò a ridere.
“Ti sembrerà buffo, ma sono arrivata anche a ipotizzare che potesse aver utilizzato lo stesso metodo. Sai, che fosse un animagus capace di trasformarsi in qualcosa di molto piccolo e di seguirci costantemente. Ma mi è sembrata un’ipotesi alquanto improbabile, che dici?”
“Sì, direi di sì” assentì Harry sorridendo. Per un attimo considerò la possibilità di aver avuto un piccolo scarafaggio appoggiato sulla spalla per ben sette anni, e l’idea gli parve decisamente stupida, oltre che inquietante.
“Beh, forse è il caso di andare da Kinglsey e di toglierci il dubbio una volta per tutte, no?”
“Certo, andiamo. Anche se, Harry… Può anche darsi che lui abbia trovato una falsa pista, o che la mia ipotesi sia sbagliata. Lo sai, vero?”
“Sì, lo so” rispose lui alzando gli occhi al cielo. L’insicurezza di Hermione delle volte era davvero esasperante. “Ma dal tono della sua lettera mi sembrava abbastanza convinto. Sono certo che l’intuito di Kingsley è buono quasi quanto il tuo. E che le vostre due menti messe insieme facciano di un’ipotesi una quasi-certezza”.
“Ok, ok. Basta parlare, andiamo… Non sto più nella pelle!” lo interruppe lei, e si allungò per prendere una manciata di polvere volante, seguita a ruota da Harry.
Fu un attimo, e dal focolare di casa Potter si materializzarono in quello dell’Ufficio del Ministro.
Evidentemente Kingsley li stava aspettando, perché non si immutò più di tanto. Rimase seduto alla scrivania e sollevò lo sguardo dal grosso volume che stava leggendo per fare loro un segno di saluto.
“Ah, benissimo. Eccovi!”
“Buon giorno Kinglsey!” lo salutò Harry prendendo posto di fronte a lui, e lo stesso fece Hermione.
“Tutto bene ragazzi?”
“Benissimo, sì. Abbiamo ricevuto il tuo gufo e siamo venuti subito. Ah, Kingsley… Ancora grazie per la promozione, io non so davvero che cosa dire…”
Kingsley fece un gesto con la mano come per togliere peso alla cosa e sorrise gentile a Hermione.
“Figurati, figurati. Come ti ho scritto, non devi affatto ringraziarmi, Hermione. Non ti ho assegnato quel posto in nome della nostra amicizia e non ho fatto preferenze di nessun tipo. Ti meriti quell’incarico e sei senz’ombra di dubbio la più adatta al ruolo di Capo Ufficio. Non avrei svolto bene il mio lavoro se non avessi nominato te”.
Hermione annuì silenziosa e arrossì lievemente.
“Bene” continuò Kingsley, “veniamo a noi”.
“Cos’hai scoperto?” domandò subito Harry, impaziente.
“Arrivo, arrivo!” rispose sorridendo il Ministro. “Come ben sapete, dopo aver ricevuto il gufo di Hermione ieri sera, ho deciso che sarei andato al più presto a consultare l’Archivio Magico. Per accedervi c’è bisogno di particolari autorizzazioni, ed essendo domenica Hermione avrebbe dovuto aspettare almeno fino a domani, quindi ho pensato di andarci personalmente per evitare tutti questi tramiti. Ho prelevato i volumi delle nascite nelle famiglie magiche dal 1920 al 1925 e... naturalmente la curiosità ha avuto la meglio sui miei programmi per una tranquillissima domenica mattina” sorrise. “Per cui mi sono messo ad indagare un po’”.
“Hai cercato tutte le Kathleen nate in quegli anni?” chiese Harry incredulo.
“Esattamente.”
“Ma saranno un’infinità!”
“Non credere, nemmeno tante quante temessi. In realtà per ora mi sono limitato al registro della Gran Bretagna, in effetti. Se non avessi trovato nulla sarei andato oltre, ma visto che qualcosa di interessante c’è…”
“Merlino, Kingsley, mi farai venire un infarto” lo interruppe Harry. “Hai intenzione di dirci cos’hai scoperto su questa Kathleen, oppure no?”
Hermione gli tirò con nonchalance una leggera gomitata. La verità era che stava pensando esattamente la stessa cosa, ma non si poteva interrompere in questo modo il discorso del Ministro. Nemmeno se quel Ministro era Kingsley.
Lui però non parve prendersela e sorrise bonariamente, gli occhi scuri contornati da una miriade di piccole rughe.
“Ci sto arrivando, Harry… Ci sto arrivando”.
Si sistemò meglio sulla sedia.
“Dunque, come stavo dicendo, qualcosa di interessante c’è. Naturalmente ci sono varie donne con quel nome nate negli stessi anni, ma ho sfogliato il registro velocemente, alla ricerca di qualcosa di non ordinario che catturasse la mia attenzione. Ho passato in rassegna varie Kathleen provenienti da famiglie magiche più o meno note, e mi stavo giusto concentrando su una certa Kathleen Malfoy, nata nel 1921, quando…”
“Aspetta, aspetta. Hai detto Malfoy?”
“Sì, Harry, Malfoy. E…”
“Hai scoperto qualcosa su di lei?” chiese subito Hermione, seguita a ruota da Harry.
“Chi è? Non mi sorprenderebbe se c'entrasse qualcosa, visto che a questo nome non sono legati proprio i miei ricordi migliori…”
“Tranquilli, ragazzi. È la sorella maggiore di Abraxas Malfoy… Il padre di Lucius, sì. Ma non è di lei che…”
“E c’è qualche indizio che potrebbe riportarla a…”
“No, no. Fatemi finire, per favore. A quanto pare Kathleen Malfoy morì giovane, all’età di 24 anni, morsa da una Tentacula Velenosa”.
“Ma ci sono prove?” domandò Harry. “Voglio dire…”
Kingsley sospirò.
“Sì, ci sono prove, Harry. Ma se mi lasci andare avanti posso arrivare al punto. Ho trovato qualcosa di molto più interessante della defunta Malfoy”.
“Ah. Ok, susami… Dicci tutto”.
“Bene. Come vi stavo dicendo, mentre indagavo sulla possibilità che questa donna c’entrasse qualcosa, ho trovato un altro nome interessante: quello di una Kathleen nata un paio d’anni dopo rispetto alla Malfoy. Kathleen Peverell. Vi dice nulla?”
“Pe-Peverell?” disse Hermione, sgranando gli occhi.
Harry si sporse sulla sedia, avvicinandosi alla scrivania.
“Ne sei sicuro, Kingsley?”
“Se gli archivi non mentono…”
“Beh, ma da solo non significa niente…” commentò Hermione. “Voglio dire, è un nome importante e sappiamo che è probabile che sia lontanamente legato ad Harry, ma non per questo…”
“Come sempre hai ragione, Hermione…” rispose il Ministro. “Ma non c’è solo questo”.
“C'è qualcos'altro di sospetto?”
“Sì, eccome. Non mi sarei mai soffermato su di lei altrimenti, non per un cognome. Sarebbe stato stupido, considerata quanto è lontana la parentela. Ma questa Kathleen in particolare ha qualcosa di strano: sembra sparita nel nulla. Guardate”.
Girò verso di loro il grosso volume che fino a quel momento aveva tenuto aperto sulla scrivania e indicò con un dito un punto preciso della pagina a destra.
In una grafia piccola ed elegante era riportato il nome di Kathleen Ida Peverell e la data di nascita, il 12 gennaio 1923. In effetti, oltre a qualche dato di base, tra cui il nome dei genitori e il luogo di nascita, non c’erano altre informazioni di rilievo nello spazio dedicato a lei… Il quale, tra l'altro, Harry non poté fare a meno di notarlo, era molto più ridotto rispetto a quello degli altri maghi e le altre streghe nella pagina.
“E perché non ci sono altre informazioni su di lei?” chiese Harry.
“Purtroppo non te lo so dire con certezza. Questi sono archivi vecchi, e non venivano compilati e aggiornati con il rigore dei nostri giorni. È chiaro, però, che questa ragazza non ha frequentato Hogwarts, altrimenti sarebbe nel registro degli allievi… e non compare. Non è nemmeno segnalato un eventuale matrimonio, oltre a non esserci una data di morte, per cui queste informazioni non sono mai giunte al Ministero”.
“Quindi? Cosa ne pensi?” domandò Hermione inquieta.
“Penso che ci siano varie ipotesi. Come ho già detto, i registri un tempo non erano così ben tenuti, per cui potrebbe trattarsi di una semplice mancanza, un errore… Ma sinceramente ne dubito, se tutto si fosse svolto normalmente almeno la data del decesso di questa persona dovrebbe esserci”.
“Potrebbe essere ancora in vita?”
La voce di Harry suonava impaziente.
“Beh, ne dubito, ma non è da escludere. Dovrebbe avere 94 anni”.
“Sempre ipotizzando che si tratti della nonna della Rowling, stando a quanto si trova su internet dovrebbe essere morta nel ’72” si intromise Hermione.
“Sì, e stando a quanto si trova su internet si chiama Kathleen Bulgen e non discende dai Peverell...”
“Giusto, giusto. Scusate, volevo solo precisarlo!” Hermione sbuffò. “Comunque, Kingsley, non ci hai ancora detto quali sono le altre ipotesi. L’idea che si tratti di un semplice errore non ti convince, mi pare…”
“No, non mi convince. Beh, se non ci sono informazioni su di lei negli archivi, potrebbe aver condotto per qualche motivo un'esistenza clandestina e segreta. Oppure, terza ipotesi, potrebbe aver vissuto per scelta nel mondo babbano, isolata dalla comunità magica, per cui non avrebbe dovuto rendere conto di nulla al Ministero… Ma in ogni caso non ha ricevuto la lettera da Hogwarts e nemmeno ha frequentato nessun altra Scuola di Magia, questo è sicuro. Chi riceve la lettera non può rifiutare l’educazione magica, è un suo diritto e dovere, e il Preside di allora non gliel’avrebbe permesso. Per cui i casi sono due: o i suoi genitori hanno dichiarato che avrebbe frequentato un'altra Scuola e poi per qualche motivo lei non ci è andata, cosa abbastanza improbabile, oppure si trattava di una magonò”.
“Ma se fosse stata una magonò…”
“…sarebbe dovuta essere registrata in quanto tale, sì” disse Kingsley terminando la frase di Hermione.
“E naturalmente non lo è” sospirò Harry, sentendosi sconfitto. Era incredibile quanto le cose riuscissero a complicarsi ogni volta che si cercava di fare chiarezza. Più si andava a fondo, peggio era.
Proprio in quel momento si udì uno scoppiettio alle loro spalle e due teste di un rosso vivace comparvero nel caminetto in pietra dell’ufficio.
“Eccoci! Salve a tutti!” esclamò Ron, scrollandosi di dosso la cenere.
“Scusate il ritardo…” disse Ginny sorridendo, “Qualcuno non voleva alzarsi dal letto”.
“Figurati, è che non avevo capito che fosse stato Kingsley a chiamarci! Altrimenti sarei venuto subito!”
Ginny scosse la testa e lanciò uno sguardo esasperato a Hermione.
“Non so proprio come fai, proprio no…”
“Nessun problema ragazzi, accomodatevi pure” disse Kingsley facendo apparire dal nulla altre due sedie.
“Ci siamo persi qualcosa di importante?” chiese Ron, prendendo posto accanto ad Harry.
“Beh sì, direi proprio di sì…” gli rispose sua moglie.
Hermione fece un resoconto veloce di quanto aveva detto Kingsley fino a quel momento e Harry fu felice che avesse preso lei per prima la parola. Aveva l’impressione che altrimenti il Ministro ci avrebbe messo un’altra mezz’ora buona a raccontare tutto, incapace di rinunciare a mantenere la suspense fino alla fine. Perché diamine ci aveva messo tanto a dire quello che Hermione aveva riassunto in tre minuti?
Alla fine della spiegazione, le espressioni di Ron e di Ginny erano stralunate tanto quanto quelle di Harry e Hermione qualche minuto prima.
“Peverell…” Ron continuava a borbottare questo nome tra sé, “Quindi in pratica la Rowling è una tua parente, giusto?”
“Aspetta a trarre conclusioni affrettate, Ron!” gli rispose Hermione, “Prima di tutto non sappiamo se questa Kathleen è davvero la Kathleen della Rowling. Secondo, non sappiamo da quale fratello discenda Kathleen Peverell… E non abbiamo nemmeno la certezza che discenda da uno dei tre. È probabile, visto il cognome, ma sono passati secoli e informazioni tanto antiche non sono registrate negli archivi. In ogni caso sarebbe una parentela così lontana che dubito possa contare qualcosa”.
“Beh, però devi ammettere che si tratta di una coincidenza interessante, Herm” commentò Ginny, “e non eri proprio tu quella che diceva che difficilmente una coincidenza è solo una coincidenza?”
“Sì, questo è vero…” ammise Hermione, “Però non sappiamo praticamente nulla su di lei! Nemmeno se si trattava di una strega, o di una magonò, o… Chissà.”
“E se ci fosse qualche suo parente in vita che potesse dirci qualcosa?” chiese Harry, illuminato da un’idea improvvisa.
“Abbiamo zero certezze sul fatto che esista davvero una connessione tra lei e la Rowling”, spiegò, “ma in ogni caso si tratta di una persona sospetta, nessuno sa dov’è andata a finire. Non è un nostro dovere indagare? Se avesse dei fratelli, dei nipoti…”
Kingsley diede di nuovo un’occhiata al registro che aveva sotto gli occhi.
“Sì, ci avevo pensato, ma purtroppo pare non sia più possibile. Aveva due fratelli, entrambi maschi e più grandi di lei: Pancras Peverell è morto nel 1969, a 59 anni, e pare non si sia mai sposato;  Harmon invece ha avuto una figlia, ma lei e suo marito non hanno avuto prole. Quindi parrebbe che nel 1998, con la morte della figlia di Harmon, la casata dei Peverell si sia estinta… A meno che questa Kathleen non sia viva, o a meno che non abbia avuto discendenza”.
“Quindi se la Rowling fosse davvero la nipote di Kathleen, lei e i suoi figli sarebbero tra gli ultimi discendenti dei Peverell?”
“Esatto”, rispose Kingsley annuendo.
“Come te, Harry!” commentò Ginny.
“E come qualcun altro…” aggiunse Ron sottovoce.
Hermione alzò un sopracciglio.
“Beh, voglio dire… Lo so che è morto, ma anche Voldemort lo era. No?”
“Sì, in effetti sì…” rispose Harry pensieroso.
“Oh, andiamo!” esclamò Hermione stizzita, “Va bene fare ipotesi, ma queste sono vere e proprie elucubrazioni! Non mi venite a dire che pensate ci sia un nesso tra le tre cose… Basta aver studiato un po’ di Storia della Magia per rendersi conto che le famiglie dei maghi sono poche e per questo spesso imparentate tra loro. Inoltre è un caso che noi conosciamo tre discendenti dei Peverell, ma questo non significa che non ce ne siano altri sparsi per il mondo, magari nati da fratelli, cugini o nipoti…”
“Va bene, va bene… Era solo un’ipotesi!” rispose Ron, “Stiamo parlando di qualcosa di straordinario in ogni caso, no? Questa tizia conosceva tutti i pensieri di Harry!”
“In effetti Ron non ha tutti i torti…” si intromise Ginny, “Mi pare curioso che risulti che potrebbe essere imparentata con Harry. Anzi, che potrebbe essere una dei suoi ultimi e soli parenti certi, insieme a Voldemort. Non pare assurdo anche a te?”
“A me pare solo un ragionamento contorto. Non siamo in un romanzo, questa è la vita reale… Voi state costruendo una storia, a parer mio. A ogni modo, chi siano i parenti maghi di questa donna o dei Peverell non è poi così importante, a noi interessa sapere se ha o non ha qualcosa a che fare con la Rowling. Come pensi di procedere, Kingsley?”
“Io a questo punto non saprei. Tutto quello di cui stiamo parlando è molto interessante, ma la verità è che sono solo pure e semplici congetture… Non abbiamo prove del legame tra queste due donne. Indagare su Kathleen Peverell è impossibile, per come stanno le cose al momento: è sparita nel nulla da troppi anni per cercare di ricostruire il suo passato. Potremmo cercare all’infinito altre Kathleen e sicuramente le troveremmo, ma la verità è che anche questo nome è frutto di congetture…”
Le guance di Hermione arrossirono un poco, in fondo era vero.
“…ed è evidente che non possiamo continuare all’infinito. Io direi che a questo punto, Peverell o non Peverell, l’unica soluzione è andare a parlare con Joanne Rowling. Abbiamo fatto il possibile per indagare in modo non invasivo e non possiamo raccogliere più materiale di quello che abbiamo al momento. Andremo a parlare con lei, svelando la nostra identità, e staremo a vedere quale sarà la sua reazione”.
“Wow, davvero? Finalmente!”
Ron fece un sorriso entusiasta, battendo le mani. “Era proprio ora, grande Kingsley!”
“Dovremo portare con noi degli Obliviatori e organizzare tutto alla perfezione. Non possiamo prevedere come reagirà: potrebbe sapere della nostra esistenza, potrebbe mentire, oppure potrebbe non sapere proprio nulla. Le causeremmo uno shock. E soprattutto, ogni cosa dev’essere fatta con grande discrezione, o rischiamo di scatenare il caos. Se tutto andrà bene, a operazione conclusa, potremo rivelare ciò che sarà opportuno rivelare”.
Harry annuì.
“È la cosa giusta da fare, Kingsley. In fondo quella donna ha messo in gravissimo pericolo la Segretezza Magica, ci deve una spiegazione”.
“Sì, siamo con te” confermò Hermione, “spero solo che le cose non si complichino ulteriormente, la situazione è già abbastanza intricata di suo!”
“Quando vuoi andare da lei, Kingsley?” chiese Ginny, scostando i capelli dietro le orecchie. Lo faceva sempre quando si sentiva pronta all'azione.
“Fosse per me mi alzerei e andrei subito” rispose lui seriamente, “ma visto che decisioni di questo tipo vanno ponderate a lungo e pianificate nel dettaglio, direi… Domani?”
Sorrise.
Harry sentì un brivido corrergli lungo la schiena.
“Domani”.
Era arrivato il momento di scoprire la verità.

 

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Capitolo 11
*** Incredula. ***


- Incredula. -



Harry si rigirava tra le lenzuola, nervoso.
Si sollevò puntando un gomito e guardò l’ora sulla sveglia appoggiata sul comodino accanto a lui.
02.03
Erano da poco passate le due di notte, eppure ancora non riusciva a prendere sonno. Ogni tanto si assopiva lievemente, ma nel giro di qualche minuto si risvegliava, agitato e impaziente.
I discorsi fatti negli ultimi giorni, e in particolare quello di qualche ora prima nell’ufficio di Kingsley, continuavano a girargli per la testa e non volevano saperne di lasciarlo in pace. Si trovò a desiderare ardentemente che la luce del giorno arrivasse il prima possibile: di lì a qualche ora Kingsley si sarebbe presentato nel loro salotto, accompagnato da alcuni membri della Squadra Speciale, per riferire ad Harry e ai suoi amici ciò che aveva deciso riguardo all’incontro con Joanne Rowling.
Dal canto suo, Harry non vedeva l’ora di potersi trovare di fronte a quella donna bionda che aveva soltanto intravisto l’1 settembre a King's Cross. Non era il desiderio di affrontare faccia a faccia un nemico, come non era quello di poter conoscere qualcuno che gli stava a cuore: era curiosità, una pura e semplice curiosità che lo divorava da giorni. C'erano stati momenti in cui aveva odiato Joanne Rowling, altri in cui l’aveva ammirata… Ma la verità era che non aveva ancora ben capito che cosa provava nei confronti di quella donna. Non era una sensazione né positiva né negativa, almeno non ancora. Semplicemente voleva sapere. Era così incredibile che una Babbana qualunque avesse svelato l’esistenza del Mondo Magico agli altri Babbani e che fosse riuscita a conoscere ogni sua più insignificante azione, ogni suo pensiero più nascosto. Doveva scoprire come era stato possibile. Nemmeno gli importava quello che Ginny e Ron avevano insinuato, la possibilità che la Rowling fosse una sua lontanissima parente. Ormai aveva trovato la sua famiglia: Ginny e i bambini erano la sua famiglia, i Weasley erano la sua famiglia, aveva smesso da un pezzo di cercare lontani parenti in giro per il mondo. E poi, a dirla tutta, era più propenso a pensarla come Hermione: difficilmente si sarebbe potuto dimostrare una vera parentela tra lui e i Peverell, figuriamoci tra lui e questa Kathleen. Impossibile, e in fondo del tutto inutile. L’unica cosa che veramente importava era scoprire qualcosa di più su quegli incredibili libri.

Alle 02.03 di notte, nel buio della sua stanza a Godric’s Hollow, Harry Potter pensava a tutto questo.
Dopo essersi rigirato tra le lenzuola per un’altra mezzora buona, la stanchezza ebbe la meglio sui pensieri che gli affollavano la mente e finì per addormentarsi. Ma quella notte il suo fu un sonno agitato, ricco di supposizioni, ipotesi, anticipazioni di quanto sarebbe potuto avvenire il giorno dopo e di una grande, intensa e divorante curiosità.
 
***

“Quindi, a che ora dovrebbe arrivare?” chiese Ginny, voltandosi per lanciare ad Harry uno sguardo carico d’impazienza.
I due sedevano accoccolati sul divano, mentre Ron e Hermione stavano sulle poltrone di fronte a loro. Quella mattina si erano alzati tutti e quattro di buon’ora, avevano fatto colazione insieme e ora sedevano in salotto, in trepidante attesa dell’arrivo del Ministro.
“Non saprei, tesoro. Aveva detto che sarebbe arrivato verso le nove, ma sono già quasi e un quarto…”
“Starà organizzando le ultime cose, su, non siate così impazienti!” si intromise Hermione, che in realtà non la smetteva da un pezzo di tormentarsi un labbro con i denti, tradendo una trepidazione che era almeno pari a quella degli altri.
“Come pensate che vorrà agire, Kingsley?” chiese Ron. “Voglio dire, andremo tutti insieme dalla Rowling o vorrà andarci da solo e poi la porterà al Ministero?”
“Non ne ho idea, ma la cosa importante è riuscire a parlare con lei. Spero solo che si sbrighi…”
Harry fece giusto in tempo a finire la frase e nel caminetto apparvero delle scoppiettanti fiamme verdi smeraldo. Normalmente era buona educazione tra maghi non materializzarsi direttamente all’interno delle case ma, viste le circostanze eccezionali e la necessità di mantenere segreta l’operazione, Kingsley aveva preferito collegare tramite la Metropolvere il suo ufficio a casa Potter.
E in effetti nel giro di qualche secondo il Primo Ministro apparve tra le fiamme, seguito a ruota da due maghi dal lungo mantello color blu notte, che Harry riconobbe come parte della divisa degli Obliviatori. Il più alto aveva un paio di folti baffi castani e gli occhi chiari, mentre il più basso era un uomo moro e ben piazzato, dalle spalle larghe. Anche il Ministro portava un mantello nero, ma al di sotto tutti e tre indossavano un’impeccabile tenuta babbana, imprescindibile vista la spedizione che avrebbero compiuto di lì a poco.
“Buongiorno ragazzi!” li salutò Kingsley sorridendo.
Tutti e quattro fecero un gesto di rimando con la testa.
“Kingsley!”
“Harry, ciao. Scusa l’invadenza e grazie per aver di nuovo offerto casa tua come punto di ritrovo, rende le cose molto più semplici.”
“Figurati, nessun disturbo”.
“Bene, lasciate che vi presenti i miei due accompagnatori: il signor Cox e il signor Smythe, due tra i migliori Obliviatori della nostra squadra. Sono al corrente di tutti i dettagli dell’Operazione J.K.R. e ci daranno una mano oggi nel caso in cui le cose dovessero andare storte”.
I due maghi li salutarono con un sorriso e un cenno del capo.
“Non hai portato nessun altro della Squadra, Kingsley?” chiese Hermione.
“No, ho preferito evitare. Ho lasciato Percy a fare le mie veci al Ministero per oggi e non mi è sembrato il caso di portare nessun altro. Meno diamo nell’occhio e meglio è, sia nel mondo babbano che in quello magico. Vorrei che il minor numero possibile di persone venisse a sapere di quanto avverrà oggi, almeno finché non scopriremo come andrà a finire. In fondo abbiamo già due ottimi Auror, e il Capo dell’Ufficio per il Controllo e le Relazioni con il Mondo Babbano: che cosa vogliamo di più?” rispose lui sorridendo.
“Ehm ehm…”
Ginny richiamò l’attenzione su di sé tossicchiando, fingendosi offesa perché il Ministro non l’aveva presa in considerazione.
“Giusto, giusto… Abbiamo anche un’ottima giornalista tra noi. Anche se per questioni di riservatezza sarà meglio che oggi tu metta da parte le tue doti da reporter, Ginny” commentò ammiccando.
Lei gli sorrise di rimando.
“Farò il possibile, Kingsley”.
“Quindi?” sbottò Ron, senza riuscire a contenere l’impazienza. “Qual è il piano? Quando ci andiamo dalla scrittrice?”
“Tranquillo, Ron, ora vi spiego tutto” rispose Kingsley slacciandosi il mantello. “Prima di tutto, ho pensato che la cosa migliore sia non andarci tutti insieme. E… no, aspetta Ron, fammi spiegare…” disse notando che lui aveva già aperto la bocca per protestare, lo sguardo indispettito.
“Fammi spiegare. Prima di tutto, si tratta davvero di un’operazione molto delicata e segreta: nulla del genere è mai accaduto prima d’ora, e non dovete dimenticare che noi stiamo per andare da una donna che fino a prova contraria è una normalissima Babbana per svelarle la nostra identità e l’esistenza del Mondo Magico. Dobbiamo cercare di non dare nell’occhio. E anche se i Babbani non conoscono il vostro reale aspetto fisico, ritengo poco prudente che voi quattro giriate tranquillamente tutti insieme: non sappiamo quanto ne sappia realmente la Rowling e quanto abbia svelato alle persone intorno a lei, potreste comunque essere riconosciuti dalle vostre caratteristiche fisiche. Potrebbe essere pericoloso”.
“Ma… Appunto per questo!” esclamò Ron, “Più siamo e meglio è, l’hai detto anche tu che conti sulla presenza di due Auror, e tutto il resto. Io ci voglio parlare, con la Rowling!”
“Ti prego, Ron, tranquillo. Potrai parlare con lei, te lo assicuro”.
“Ah sì?”
“Sì…” confermò Kinglsey annuendo. “Non ho intenzione di interrogare quella donna in casa sua, con la possibilità che arrivino altri Babbani e che le cose si complichino. La cosa migliore è andare da lei, spiegarle rapidamente la situazione e poi portarla al Ministero, per parlarle con più calma. Insieme a tutti voi”.
Ron sembrò rivalutare la questione.
“Uhm… Ok, forse così può andare”.
“Quindi vuoi andarci da solo, Kingsley?” chiese Hermione, un po' scettica.
“In realtà avevo pensato di portare Harry con me, oltre agli Obliviatori”, spiegò lui. “Vorrei trattenermi in casa della Rowling il minor tempo possibile, e forse la sua presenza potrebbe essere per lei una prova del fatto che non sono un pazzo, nel caso realmente non sapesse nulla del nostro mondo. Avere un Auror con me sarà senz’altro utile in caso di imprevisti, e poi ho l’impressione che Harry per lei sia particolarmente importante… Insomma, è il protagonista dei suoi libri!”
Hermione annuì, era una buona decisione.
“D’accordo”, disse Harry, “io ci sto, non c’è problema”.
“Sì, però…” Hermione era pensierosa.
“Che c’è, Herm?”
“Non penso sia una buona idea portare Joanne Rowling al Ministero. Prima di tutto, potremmo spaventarla e metterla in soggezione, con un interrogatorio vero e proprio: se si tratta di una Babbana a tutti gli effetti, in teoria non ci è permesso utilizzare la magia per farla parlare. E poi mi sembra rischioso… Le sveleremmo molte cose, e ancora non sappiamo chi è. Senza contare che qualcuno potrebbe vederla al Ministero e farsi qualche domanda, le voci girano…”
“Hermione ha ragione” disse Ginny, “non è il caso di portarla là. Potete ritornare con lei qui, Kingsley, per noi non c’è alcun problema. Restando in casa saremo al riparo da sguardi indiscreti!”
Kingsley annuì.
“Forse avete ragione, ragazze. Al Ministero sarebbe rischioso, è meglio portarla qui. Sicuri che non sia troppo disturbo?”
“Ma va, figurati! È sempre un piacere poter dare una mano” rispose Harry poggiando una mano sulla spalla di Kingsley. “Finalmente siamo vicini alla soluzione, ne sono certo: presto scopriremo la verità”.
“Allora è deciso: io, Harry, Cox e Smythe andremo dalla Rowling e, se tutto va bene, la riporteremo qui il prima possibile. Se dovesse esserci qualche problema vi faremo sapere come procedere. Cox, Smythe, sapete cosa fare: date nell’occhio il meno possibile, ma tenetevi pronti a cancellarle la memoria ad un mio cenno, se qualcosa dovesse andare storto. Meglio lasciarla là ignara di quanto è accaduto e tornare da lei in un secondo momento, avendo avuto il tempo di riflettere sulla situazione”.
“Certo, signor Ministro”, rispose il mago baffuto.
“Come stabilito”, gli fece eco il secondo.
Harry prese la bacchetta che aveva appoggiato sul tavolino e la ripose in tasca, poi si avvicinò a Kinglsey.
“Beh, in bocca al lupo allora!” esclamò Hermione.
“Vi aspettiamo, e non fate scherzi. Anche noi vogliamo conoscerla!” aggiunse Ron sorridendo.
Harry annuì silenzioso, era un po’ nervoso. Il momento che stava aspettando da giorni era finalmente arrivato.
“Cox e Smythe conoscono già l’indirizzo” disse Kingsley. “Harry, se non ti dispiace afferrarmi il braccio…”
“Oh sì, certo. A proposito, Kingsley, dove stiamo andando?”
“Edimburgo.”
 
Lo stomaco di Harry ebbe un sussulto quando si materializzò di colpo di fronte al cancello di una splendida villa bianca in stile vittoriano, immersa nel verde. Nel giro di qualche secondo anche i due Obliviatori apparvero accanto a loro.
“Wow, che posto stupendo. Lei abita qui?” chiese a Kingsley.
“Sì, ha varie abitazioni, ma al momento si trova qui”, rispose il Ministro.
“Beh, si tratta bene, direi!”
“Può permetterselo. È diventata molto ricca con i sette libri”.
“Potrei chiederle i diritti!” commentò Harry sorridendo e cercando di scaricare un po’ la tensione. “Quindi… Come ci entriamo?”
“Harry, siamo maghi. Non so se ricordi questo piccolo particolare”, rispose Kingsley alzando gli occhi al cielo e tirando fuori la bacchetta.
Harry si guardò intorno prudente, ma notò subito che la villa era abbastanza isolata da permettere loro di non essere visti da nessun Babbano.
“Alohomora”.
“Ehm… Quindi abbiamo intenzione di piombarle in casa così, senza preavviso? Che cosa carina per metterla a suo agio!” commentò ironico.
“No, no. Non ho intenzione di essere così aggressivo”, lo rassicurò Kingsley. “Solo che forse è meglio evitare di farle fare la nostra conoscenza qui per strada, potrebbe anche passare qualcuno e non sappiamo come reagirà. Preferisco attraversare il giardino e suonare poi il campanello della villa”.
Il Ministro fece un cenno ad Harry, e i quattro maghi varcarono la soglia del cancello che nel frattempo si era aperto davanti a loro. La villa era circondata da un enorme giardino pieno di alberi e un sentiero di ghiaia bianca conduceva all’ingresso; superarono un grazioso pergolato di glicine con un tavolino e delle sedie in vimini, e salirono i tre gradini che li separavano dal grande portone in legno scuro.
“Kingsley…”
“Sì, Harry?”
“Come ci annunceremo? Voglio dire, non è detto che venga ad aprirci lei in persona…”
“Oh, non ti preoccupare, stamattina Joanne è sola in casa. Il marito è al lavoro, e ho fatto in modo che i figli e il personale di servizio avessero tutti degli impegni... imprevisti”.
Harry annuì.
“Ok, ottimo. Quindi ci presenteremo…”
“…per quelli che siamo, esatto”.
“Forse avremmo dovuto portare con noi anche un Guaritore, Kingsley…”
Il Ministro lo guardò interrogativo.
“Sai, potrebbe anche prenderle un colpo”.
“Uhm, non l’avevo considerato. Vabbè, in qualche modo ci arrangeremo. Bene, sei pronto?”
Erano ormai fermi davanti al portone da un po’ e Harry sentiva la tensione aumentare.
“Certo, fai pure”.
Kingsley premette il lungo indice color cioccolato su un piccolo campanello dorato posto sul muro in pietra bianca accanto alla porta. Lo fece suonare due volte, due scampanellii brevi, e poi attese.
Passarono una ventina di secondi – anche se a Harry parvero secoli – e si udirono dei passi veloci dall’altro lato del portone.
“Arrivo, arrivo! Chi è?” chiese una voce femminile sempre più vicina.
Altri passi.
“Neil? Sei tu?”
Harry pensò che non si sarebbe fidata ad aprire la porta senza sapere chi c’era dall’altro lato, ma evidentemente Joanne si sentiva abbastanza protetta dal pensiero che nessuno avrebbe potuto superare il cancello della villa senza essere in possesso della chiave d’accesso, perché qualche secondo dopo il grosso portone in legno si aprì e i quattro maghi riuscirono finalmente a vedere il viso della donna che stava dall’altro lato.
Joanne Rowling aveva un corpo minuto e un bel viso ovale dalla pelle chiara e gli zigomi marcati, incorniciato da un caschetto di capelli biondi e liscissimi. La porta si aprì quel tanto che bastava per farle intravedere chi c’era all’esterno, poi la donna si fermò di colpo e indietreggiò lievemente con il busto, evidentemente sorpresa da quei visi per nulla familiari.  Li scrutò intensamente con due occhi limpidi color azzurro cielo, mentre le rughe che già le segnavano il viso si accentuarono sulla fronte.
“Chi siete?”
La sua voce voleva sembrare sicura, ma ad Harry parve di notare un lampo di preoccupazione e paura passare per i suoi occhi. Evidentemente si stava maledicendo per non essere stata più prudente nell'aprire la porta a dei perfetti sconosciuti. Quattro uomini grandi e grossi, per di più.
Kingsley doveva aver avuto la stessa sensazione, perché tirò fuori il tono di voce più calmo e più gentile possibile nel rispondere: “Buongiorno signora Rowling, sono Kingsley Shacklebolt. Piacere di conoscerla”.
Joanne Rowling sgranò gli occhi e sbatté un paio di volte le palpebre, incredula. Harry notò che cercava di socchiudere un po’ la porta con nonchalance, timorosa.
“Mi scusi? Lei è…?”
“Kingsley Shacklebolt, Ministro della Magia. Mi scusi per il disturbo, non è mia abitudine far visita alle persone senza mandare almeno un gufo per avvisare, mi creda, ma come lei potrà ben comprendere si tratta di una circostanza eccezionale”.
Kingsley sfoggiò il suo sorriso più amabile, ma ciò parve non bastare per convincere la Rowling, che indietreggiò ulteriormente.
“Io… Io non capisco. È uno scherzo? Come avete fatto ad entrare?”
“No, signora, nessuno scherzo. Mi creda, non vogliamo farle del male, solo parlare un attimo con lei”.
“No, no. Io non so chi siete. Aspettate, vado a chiamare mio marito… È di là in sala…”
La donna cercò di chiudere la porta, ma Kingsley fu più veloce di lei e la fermò, appoggiando una mano sulla maniglia.
“Signora Rowling, sappiamo che suo marito non è in casa. La prego, non si spaventi e non faccia mosse azzardate, vogliamo soltanto fare quattro chiacchiere tra persone civili. Lei ci deve delle spiegazioni, mi pare”.
Harry notò che lo sguardo di lei si faceva sempre più spaventato. Provò un improvviso moto di empatia nei confronti di quella donna dall’aspetto così fragile e delicato, che si era trovata di colpo con quattro uomini sulla soglia, evidentemente intenzionati a entrare con le buone o con le cattive, mentre lei si trovava completamente sola in casa. In fondo era ricca e famosa: chissà quanti fanatici aveva incontrato nella sua vita, magari aveva anche subito delle aggressioni e dei furti… era naturale che fosse terrorizzata.
“Kingsley, la stai spaventando. Sul serio, così non...”
“Harry, ti prego, lascia fare”.
“Ma non vedi che è terrorizzata? È naturale che non si fidi di noi, siamo dei perfetti sconosciuti!”
“Eppure sembra conoscerti abbastanza bene, a giudicare da quello che ha scritto…”
La donna ora spostava lo sguardo da uno all’altro, sconcertata.
“Ehm… Mi scusi. Mi potrebbe ripetere il suo nome?”
“Kingsley Shacklebolt” ribadì il Ministro per la terza volta.
“No...” rispose lei.
“Come sarebbe a dire, no?”
“No, Kingsley Shacklebolt è un personaggio dei miei libri”.
Io sono un personaggio dei suoi libri, signora”.
Lei scuoteva la testa.
“Che follia, sono senza parole… Non che sia il primo che mi capita in questi anni, ma almeno non a casa mia! Le sembra il caso di presentarsi così, in questo modo?”
“Signora Rowling, forse Lei non ha capito. Io non sono un suo fan che si finge un personaggio della saga, io sono il vero Ministro della Magia. Abbiamo da poco scoperto dell’esistenza dei suoi libri e naturalmente esigiamo delle spiegazioni. La sua è una gravissima violazione dello Statuto Internazionale per la Segretezza Magica!”
“Mio Dio, Lei è veramente un pazzo… Per favore se ne vada subito, altrimenti sarò costretta a chiamare la polizia!”
“Senta, credo che non abbia capito…”
Kingsley mise una mano in tasca pronto a tirare fuori la bacchetta e Joanne soffocò un grido, cercando senza riuscirci di chiudere la porta. Probabilmente immaginava che quell’uomo stesse per tirare fuori una pistola, perché il suo sguardo era terrorizzato.
“No, no!” esclamò Harry, fermando Kingsley con una mano. “Che cosa fai? Lascia parlare me, per favore…”
Il Ministro scosse la testa ma alzò le spalle, invitando Harry a fare ciò che voleva.
“Non so cosa pensi di ottenere, ma vedi tu…”
Harry si spostò un  po’ a destra, per essere più visibile dalla fessura della porta, e guardò Joanne Rowling dritto negli occhi.
“Salve, signora Rowling, sono Harry Potter. E… No, la prego, mi lasci parlare” aggiunse vedendo che lei lo fissava sempre più convinta di avere a che fare con dei pazzi.
“Mi lasci parlare e cercherò di spiegarle tutto, glielo prometto. So che sembra una follia, lo sembrava anche a me qualche giorno fa… Anche io non potevo credere che esistesse un Harry Potter protagonista di un libro, capisce? Così come lei ora non può credere che esista un Harry Potter reale. Che poi sarei io”.
La donna lo squadrò dalla testa ai piedi, soffermandosi con particolare attenzione sul suo viso.
“Beh, non ho più quegli orribili occhiali di un tempo...” disse lui indicando la fronte, “ma la cicatrice naturalmente è rimasta. E i capelli scompigliati, gli occhi di Lily… Tutto quello che Lei ha descritto”.
Joanne non era per nulla convinta ma continuava a guardarlo impassibile, evidentemente spaventata da ciò che sarebbe potuto succedere se avesse di nuovo rifiutato di starli a sentire.
“So che le sembra assurdo – a chi non lo sembrerebbe? – ma il Mondo Magico esiste realmente. I personaggi che ha descritto esistono realmente, così come i fatti che ha raccontato. Noi tutti abbiamo scoperto dell’esistenza dei suoi libri lo scorso 1 settembre, quando ci siamo recati a King’s Cross come ogni anno… E ci siamo ritrovati con quell’incredibile manifestazione di Babbani. C’era anche Lei, ricorda?”
Joanne annuì, senza aprire bocca.
“Ecco, da lì è partito tutto. Nel Mondo Magico si è scatenato il caos, immagini cosa significhi scoprire di colpo che i Babbani sapevano della nostra esistenza: un vero cataclisma. Abbiamo fatto delle ricerche, abbiamo scoperto che tutto è partito dai suoi sette libri e noi… io, Ron, Hermione e Ginny… li abbiamo letti attentamente”.
A queste parole la donna spalancò la bocca e si passò una mano tra i capelli biondi, sbattendo gli occhi. Era decisamente troppo anche per lei, abituata alle fantasie più sfrenate.
“Senti... Senti, Harry. Adesso basta, per favore”.
“No, no… Mi faccia finire!”
“Harry, è inutile…” si intromise Kingsley. “Non vuole sent…”
“Fatemi finire!” sbottò lui, impaziente. “Tanto tutte queste cose bisogna pur spiegargliele, no?”
“Cosa ti dice che non le sappia già? Magari sta fingendo!”
“Secondo me non ha l’aria di una che finge, Kingsley. Anche io sarei sbigottito al posto suo!”
“E quindi come avrebbe fatto a scoprire tutte quelle cose? È assolutamente impossibile, dai! Chiediglielo!”
Joanne continuava a fissarli con tanto d’occhi.
“Ma voi…” sussurrò, con la voce strozzata, “Voi fate sul serio?”
“Sì, certo che facciamo sul serio” sbuffò Harry, “e ora mi faccia finire, per favore. Come le stavo dicendo, abbiamo letto i suoi libri… Ed è tutto vero, dalla prima all’ultima parola. Epilogo a parte, naturalmente, ma non ci si poteva aspettare che prevedesse anche il futuro. Abbiamo fatto delle ricerche su di Lei, sui suoi antenati…”
“Sui miei… Antenati?”
“Sì, sui suoi antenati. E non ci risulta che Lei sia una strega, né una Magonò, anche se abbiamo il dubbio che qualche suo parente possa esserlo stato… A ogni modo, Lei è una Babbana a tutti gli effetti. Per cui siamo venuti qui semplicemente per parlarle e per capire com’è possibile che tutto ciò sia accaduto. Come ha fatto a scoprire tante cose su di noi? Diamine, da quello che ha scritto in quei libri sembra che mi abbia letto nella mente!”
Harry la fissò dritto negli occhi, in attesa di una risposta.
Con sua grande sorpresa, lei sorrise, poi scosse la testa.
“È uno scherzo, vero? Dove sono le telecamere?”
Harry sospirò.
“Non. È. Uno. Scherzo.”
“Ma come potete pensare che io creda a…”
“Merlino, è proprio testarda! Sinceramente la credevo un po’ più flessibile, signora Rowling. Dopo tutto quello che ha scritto, dopo il mondo che ha creato nella testa di milioni di persone, dopo essere diventata la regina indiscussa di quella che per i Babbani è fantasia… non è disposta a crederci? Nemmeno a fare un piccolo sforzo per provare a immaginare che tutto ciò sia reale?”
Harry Potter stava davvero perdendo la pazienza e Joanne iniziò a dubitare un po’ della sua razionalità.
“Mi dica, signora Rowling, è proprio sicura di averle inventate tutte quelle cose? È proprio sicura che sia frutto soltanto della sua immaginazione, che sia tutto stato creato nella sua testa? Non ha mai avuto la sensazione che tutto fosse così ovvio, così reale, che non avesse bisogno di alcuno sforzo per inventarlo? Non ha mai avuto nessuno strano presentimento legato a questa storia, come se tutto fosse già stato scritto da qualche parte, e a Lei toccasse soltanto… raccontarlo?”
Harry ebbe l’impressione di aver colto nel segno, perché qualcosa si mosse nello sguardo di Joanne Rowling, e lei sembro vacillare. Fu un attimo, un guizzo nei suoi occhi azzurri, ma bastò a dare a Harry la sicurezza necessaria per andare oltre.
Con un gesto rapidissimo tirò fuori la bacchetta dalla tasca dei pantaloni  e la puntò contro il tavolino in vimini sotto il pergolato.
“Harry…” lo ammonì Kingsley.
“Non è disposta a credere nemmeno a… questo?”
Harry fece un rapido gesto con la bacchetta, sussurrando qualcosa, e il tavolino prese fuoco. Lo lasciò ardere per qualche secondo, lasciò che Joanne vedesse le fiamme azzurre danzare davanti a lei, e poi lo spense.
“Eppure questa scena dovrebbe ricordarle qualcosa, no? Non è stata Lei a descriverla, nei minimi dettagli? Devo dire che il piccolo Tom Riddle ci mise molto di meno a credere all’esistenza della magia, eppure non conosceva nemmeno la metà delle cose che lei ha descritto. Com’è possibile?”
“Non lo so”.
Fu solo un sussurro, ma Harry fu felice di essere riuscito a scatenare una qualche reazione in lei.
“Come dice?”
“Non lo so, non so com’è possibile. Non so che cosa sta succedendo”.
Sembrava sbalordita, ma almeno dava segni di vita.
“Sei davvero Harry Potter?”
Il mago annuì.
“E lui…” fece un gesto con la testa verso Kingsley, che non doveva starle troppo simpatico “è davvero il Ministro della Magia? Esiste un Ministero della Magia?”
“Sì.”
La donna emise un gemito.
“Io… io non ci credo, sia chiaro. Probabilmente ho le allucinazioni, dev’essere qualche terribile malattia mentale che colpisce gli scrittori, immaginare che i loro personaggi siano reali. Dovrò andare in terapia, lo so. Ma se siete solo il frutto della mia mente, tanto vale che vi lasci entrare… Tanto un gran male non potrete farmi. E se invece siete maghi davvero, opporre resistenza sarebbe inutile, vero?”
“Oh, grazie al cielo l’ha capito!” esclamò Kingsley.
“Quindi” chiese Harry, cercando di sorriderle in modo gentile, “possiamo entrare? Mi creda, è strano per me quanto lo è per Lei. Ma insieme cercheremo di fare chiarezza”.
Joanne Rowling lo guardò con aria sconfitta e sospirò. Poi aprì un po’ di più la porta di casa.
“Venite”.



 

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Capitolo 12
*** J. K. Rowling. ***


- J. K. Rowling. -
 
 


Harry fu il primo a varcare la soglia della casa di Joanne Rowling.
Lei lo aspettava qualche passo più in là, appoggiata al corrimano delle scale che portavano al piano superiore, come se sentisse la necessità di aggrapparsi a qualcosa di solido per non cadere. Harry la guardò meglio: era vestita con un leggero abito estivo di lino, che le arrivava appena sotto il ginocchio; il tessuto era di un bel celeste acceso, che si intonava al colore dei suoi occhi e faceva risaltare ancora di più il candore della sua pelle. Ora che le era più vicino poteva notare qualche ciuffo bianco che quasi si confondeva in mezzo al biondo chiarissimo dei suoi capelli: era sicuramente invecchiata rispetto alle foto che Harry aveva visto negli articoli di giornale o sulle copertine dei libri ma, anche se diverse rughe le contornavano gli occhi, il suo sguardo era vigile e attento, ancora vivace.
Harry la vide inumidirsi le labbra sottili con la punta della lingua, come se fossero diventate di colpo troppo secche, mentre il suoi occhi si muovevano di scatto da una persona all’altra. Li stava esaminando attentamente, probabilmente ancora preoccupata per ciò che le sarebbe potuto accadere.
Dietro a Harry entrarono Cox, Smythe e poi Kingsley, che ebbe cura di chiudere il portone dietro di sé.
“Loro chi sono?”
La prima a rompere il silenzio fu Joanne, che stranamente sembrava aver riacquistato un po’ di sicurezza ora che tutti si trovavano in casa. Probabilmente aveva realizzato che peggio di così non poteva andare, per cui tanto valeva cercare di riprendere in mano la situazione.
“Chi?” chiese Harry gentilmente.
“Loro due” ripeté lei, indicando i due Obliviatori accanto a Kingsley. “Non si sono presentati, avrò almeno il diritto di sapere chi faccio entrare in casa mia, no?”
“Ah, loro. Certamente, le presento il signor Cox e il signor Smythe. Loro sono due... dipendenti del Ministero, accompagnano il Primo Ministro per ragioni di sicurezza”.
Harry decise di mantenersi sul vago e di non specificare altro, non gli sembrava molto carino dire alla Rowling che quei due avevano il compito di controllare i suoi movimenti e l’autorizzazione per cancellare totalmente la sua memoria in qualsiasi momento.
“Uhm, ok” rispose lei non del tutto convinta, squadrando da capo a piedi i due sconosciuti. Per Harry e Kingsley poteva in qualche modo fare un’eccezione, in fondo un po’ li conosceva… Ma far entrare in casa due uomini che non erano passati dalla sua penna non le garbava del tutto.
Fu Kingsley a rompere di nuovo il silenzio, qualche secondo dopo.
“Beh, non ha intenzione di fare nessun commento su tutto ciò che le abbiamo appena riferito, signora Rowling?”
Lei lo guardò alzando le sopracciglia, senza capire.
“Che tipo di commento si aspetta che faccia? Al di là del fatto che se non è uno scherzo credo sia una follia… e che non ho ben capito che cosa ci facciate qui, se davvero siete dei maghi”.
Si fermò un attimo, come se stesse rielaborando tra sé e sé ciò che aveva appena detto, perché poco dopo borbottò: “Dei maghi, mio Dio, che cosa assurda…”
Kigsley la fissò senza parlare per qualche secondo, sospettava che stesse fingendo e non aveva ancora deciso se crederle o meno.
“Quindi Lei mi sta dicendo che non sapeva nulla? Non sapeva che il Mondo Magico che ha descritto esiste davvero? Che i suoi personaggi esistono?”
“No, certo che no. È ovvio! Come avrei potuto immaginare una cosa del genere?” rispose lei senza esitare.
Harry, al contrario di Kingsley, le credeva. Le aveva creduto subito, sin dal primo momento: quella donna davvero non sapeva nulla, non li aveva minimamente riconosciuti. E allora come aveva potuto scrivere tutte quelle cose? La faccenda si faceva sempre più intrigante.
“Signora, si metta nei nostri panni” continuò Kingsley, “Lei conosce il nostro mondo e le nostre leggi, sa quanto sia importante per noi maghi mantenere segreto il nostro status e non far sapere niente ai Babbani. Venire a conoscenza dei sui sette libri ci ha sconvolto! E dovrebbe anche capire quanto sia sospetta la sua condizione: sostiene di non sapere nulla, ma ha descritto ogni cosa nei minimi dettagli. Come se lo spiega?”
“Non me lo spiego” rispose semplicemente Joanne Rowling, alzando le spalle.
“Signora Rowling, senta…” intervenne Harry.
“Oh, Harry, non chiamarmi Signora Rowling, per favore. Tutte queste formalità mi fanno sentire vecchia, e poi se sei davvero tu è come se ci conoscessimo da una vita…”
Harry rimase un po’ sorpreso dalla richiesta, ma fu felice che Joanne Rowling si sentisse vicina a lui.
“Quindi… Joanne?” disse esitante.
“Jo, chiamami Jo. Nessuno mi chiama Joanne. E dammi pure del tu”.
“Ok, Jo. Volevo chiederti, sei proprio sicura di non avere mai avuto contatti con la magia? Pensaci, può darsi che tu non te ne sia accorta vivendo nel mondo babbano… Ma magari qualche parente o qualche amico, comportamenti strani che non ti sapevi spiegare, qualche ricordo d’infanzia…”
Lei scosse la testa.
“No, niente di niente. Io ho soltanto scritto dei libri, come fanno e hanno fatto milioni di scrittori: quello che voi mi state dicendo per me è completamente assurdo. Aprire la porta di casa e trovarmi di fronte Harry Potter… Non ci sono parole. Per me tu sei solo un personaggio che io ho creato, la tua storia è stata inventata da me, prima non esisteva!”
“Eppure, al di là del comprensibile spavento iniziale, mi pare che tu non stia facendo troppa fatica ad accettarlo” commentò lui di rimando.
Joanne annuì e le si lasciò sfuggire un accenno di sorriso.
“È vero, in fondo hai ragione. Se non ci credessi avrei già chiamato la polizia, invece sto qui a discutere con voi… Non so, forse sono diventata pazza. Ma la verità è che una parte di me non fa fatica ad accettare la cosa: è come se l’avessi sempre saputo, come se non ci fosse nulla di straordinario. Forse succede a tutti gli scrittori, tutti noi ci sentiamo un po’ onnipotenti. Scrivere significa avere il potere di creare un mondo che prima non c’era, di dar vita a personaggi che prima non esistevano. Che poi questi personaggi suonino al campanello di casa tua non capita tutti i giorni… Ma perché non dovrebbe poter accadere?”
“Ma Lei capirà, signora Rowling, che noi abbiamo bisogno di risposte” commentò il Ministro. “Il Mondo Magico ha bisogno di risposte, le richiede da settimane! Se Lei davvero non ne sapeva nulla, dobbiamo assolutamente capire com’è stato possibile! Abbiamo già svolto delle indagini sul suo passato e su quello della sua famiglia e forse abbiamo trovato un anello di congiunzione tra lei e il Mondo Magico, anche se non ne siamo del tutto sicuri. Per saperlo con certezza dovremo approfondire le ricerche e avremo bisogno della sua collaborazione”.
“Della mia collaborazione? E che cosa potrei fare io per voi, signor… signor Ministro?”
“Rispondere ad alcune domande, raccontarci la sua infanzia, ripensare all’esatto momento in cui ha avuto l’idea per scrivere questo libro… Qualsiasi informazione in più ci sarebbe utile”.
“Va bene, io… Non saprei, che cosa volete sapere?” rispose lei titubante. “Posso provare a darvi una mano, anche se non sono sicura di potervi dire qualcosa di utile. Volete accomodarvi in salotto? Vi preparo un tè e ne parliamo con calma, potete farmi le vostre domande e risponderò”.
Kingsley indugiò qualche secondo. Non potevano restare in quella casa, sarebbe stato troppo pericoloso, e inoltre aveva bisogno anche della collaborazione degli altri, di Hermione in particolare. Ma non era sicuro che Joanne Rowling avrebbe preso bene l’idea.
“In realtà, signora Rowling, avrei bisogno che Lei parlasse anche con altri miei collaboratori. Penso che lei conosca bene Hermione Granger…”
Joanne annuì. Adorava Hermione, era uno dei suoi personaggi più riusciti in assoluto.
“…ha fatto molte ricerche sul suo conto e non vede l’ora di poterle parlare per confrontarsi con Lei”.
“Beh, e perché non è venuta?” domandò la scrittrice. “A questo punto tanto valeva far venire tutti qui, ormai penso che potrei reggere lo shock”.
“Non si tratta di questo, signora. Rimanere qui è rischioso, non potremo tenere lontani suo marito e i suoi figli troppo a lungo…”
Joanne fece un’espressione a metà tra il sorpreso e l’indignato e aprì la bocca come per protestare, ma parve ripensarci perché borbottò soltanto un “Dovevo immaginarlo…” e fece cenno a Kingsley di continuare.
“…senza contare che non possiamo assolutamente correre il rischio che i Babbani vengano a sapere della reale esistenza del Mondo Magico, lei dovrà giurare di mantenere il segreto… Per cui la cosa migliore è spostarci per parlarne con calma in un luogo più adatto”.
“Come sarebbe?”
Harry sorrise, Kingsley ce l’aveva messa tutta per presentare la situazione con tatto, ma Joanne Rowling non era di certo una sprovveduta.
“Pensavamo… Godric’s Hollow, che ne dice? A casa mia ci sono Ginny, Ron ed Hermione che ci aspettano” le rispose, visto che cercare di raggirare una domanda così diretta era praticamente impossibile.
Joanne sgranò gli occhi, una cosa del genere proprio non se l’aspettava.
“Godr-Godric’s Hollow? State scherzando?”
“No, certo che no. Possiamo andarci subito, e così…” cercò di spiegare Kingsley, ma lei lo interruppe di nuovo.
“E come ci arriviamo a Godric’s Ho… oh. Ho capito. No, no, assolutamente no!” esclamò lei facendo un balzo indietro e allontanandosi dai quattro uomini.
Kingsley cercò di avvicinarsi a lei, ma Joanne indietreggiò ulteriormente, scuotendo la testa ripetutamente.
“Non mi toccate, non azzardatevi a toccarmi! Io lo so che cosa volete fare!”
Harry cercò di rassicurarla.
“Ma Joanne... Jo. Non c’è da preoccuparsi, ti riporteremo indietro…”
“Voi volete che io mi smaterializzi con voi! So come funziona, se mi toccate… No, no. Assolutamente no, non potete costringermi! E se qualcosa andasse storto?”
“Signora, non vorrei urtare la sua sensibilità, ma le ricordo che sta parlando con quattro maghi adulti, esperti e armati di bacchetta. Non credo che abbia qualche possibilità di rifiutarsi, per cui eviti di continuare a indietreggiare e cerchi di collaborare, per favore”.
“Sentite, io… Posso anche accettare il fatto che voi esistiate e che non siate una proiezione della mia mente, forse. Ma non sono una strega, non ho mai visto una magia in vita mia – eccetto quel tavolino incendiato da Harry – quindi non avete il diritto di catapultarmi così nel vostro mondo, per me è già uno shock quello che mi avete raccontato! E poi in fondo nemmeno vi conosco, non è che avete intenzione di portarmi ad Azkaban o qualcosa del genere, vero? Il fatto di aver scritto quei libri può essere considerato illegale?”
Harry sorrise e scosse la testa, ora capiva di che cosa aveva paura Joanne. Si avvicinò a lei lentamente, tenendo le mani in alto per farle capire che non aveva intenzione di toccarla per obbligarla a smaterializzarsi con lui.
“Jo, per favore, ascoltami. Non devi temere nulla, hai frainteso il nostro discorso: non siamo qui per punirti perché hai violato lo Statuto di Segretezza. Ti crediamo… Io credo davvero che tu non sapessi nulla. Non abbiamo nessuna intenzione di portarti ad Azkaban né nulla del genere, che sciocchezza! Non potremmo nemmeno se volessimo, perché fino a prova contraria tu non sei una strega, ma una Babbana. Vogliamo solo cercare di capire che cosa è successo. Rifletti, in fondo non lo vuoi anche tu? Non sei curiosa di sapere come hai potuto scrivere quei sette libri raccontando nei minimi dettagli una storia realmente accaduta, senza saperlo? Devi avere per forza qualche legame con il Mondo Magico, non vuoi scoprirlo? Sono sicuro che in fondo sarai curiosa di poter vedere con i tuoi occhi com’è la vera magia: la maggior parte dei Babbani pagherebbe per poter avere questa occasione, ma solo a te è concesso: vuoi davvero rinunciarci per paura?”
Ancora una volta aveva fatto colpo, perché gli occhi di Joanne Rowling brillarono. Era una meravigliosa scrittrice, una mente geniale, ma anche un’eterna bambina… E la verità era che la curiosità la divorava. La sua paura era dovuta alla sensazione di non avere tutto sotto controllo, al timore di essere diventata di colpo folle. Ma in fondo, come probabilmente ogni singolo Babbano sulla faccia della Terra, anche Joanne non vedeva l’ora di poter vedere con i suoi occhi il mondo che aveva raccontato, di poter conoscere Ron, Hermione, Ginny e tutti gli altri. Fosse stato per lei, avrebbe strappato la bacchetta di mano ad Harry e si sarebbe messa a provare incantesimi di ogni genere in giro per la casa: quello era il sogno di una vita che diventava realtà, anche se poteva far paura ammetterlo.
“Sì, forse… forse hai ragione, Harry”.
Lui le sorrise raggiante.
“E poi scusami, dici di non conoscerci… Ma ne sei sicura? Se non ci conoscessi non saremmo qui, il punto è proprio questo: tu ci conosci, mi conosci. Sono l’Harry che hai descritto nel tuo libro, quello che hai reso un eroe agli occhi del mondo, quello che hai detto di sentire come… un figlio”, gli faceva uno strano effetto pronunciare queste parole. “Sono io, non sono cambiato. E non vorrei mai il tuo male.”
Harry realizzò che quello che stava dicendo era profondamente vero nell’istante esatto in cui lo disse. Voleva bene a quella donna: non sapeva perché, non sapeva se fosse una semplice sensazione o qualcosa di più profondo, ma sentiva di essere fortemente legato a lei. C’era una forza che li univa e anche Joanne doveva averla percepita, perché annuì.
“Sì, lo sei. Sei sempre stato come un figlio per me, forse perché mi illudevo di essere stata io a darti la vita… Ora so che non è stato così, ma in fondo non c’è una grande differenza. Scrivere quei libri per me è stata una benedizione, e se mi hai già cambiato la vita una volta non vedo perché non possa farlo di nuovo. Va bene, vengo con voi”.
Kingsley era stato ad osservare la scena con le braccia incrociate e il suo lato pragmatico era un po’ scocciato dalla piega sentimentale che stava prendendo la situazione, ma decise di non commentare. L’importante era che Harry fosse riuscito nel suo intento, fortunatamente l’aveva convinta. Se non ci fosse riuscito l’avrebbero portata a Godric’s Hollow comunque, ma con lei consenziente le cose sarebbero state più semplici.
Harry tese una mano a Joanne.
“Se vuoi prendermi per mano, possiamo andare. Sarà questione di un attimo, vedrai”.
Joanne l’afferrò sicura, ormai era decisa ad andare fino in fondo.
“Quindi si va a casa tua? Godric’s Hollow?”
“Esatto!”
“Wow. Ti confesso che sono un po’ emozionata. È incredibile, non posso credere che stia succedendo davvero… Mi sembra di stare in un romanzo”.
Harry sorrise.
“Questo è molto meglio di un romanzo, Jo. È la realtà”.
Le strinse la mano un po’ più forte e si smaterializzò.
 
Riapparvero insieme di fronte alla porta della sua villetta a Godric’s Hollow. Aveva preferito materializzarsi fuori e non dentro casa per avere il tempo di suonare il campanello e fare in modo che gli altri si preparassero. Aveva l’impressione che altrimenti Ginny, Ron e soprattutto Hermione si sarebbero fiondati direttamente sulla Rowling, tempestandola di domande.
Harry lasciò la mano di Joanne e si voltò per controllare come stava.
“Ehi, tutto bene?”
Lei era più pallida del solito, aveva la bocca semiaperta e stava ancora sbattendo le palpebre fissando un punto indefinito nel vuoto. Ma quando si girò per rispondere alla domanda di Harry i suoi occhi brillavano.
“Oh mio Dio. Funziona, funziona davvero! Io sono senza parole. Quindi questo non è un sogno, è… magia! Magia vera! Oh, Harry!” e si fiondò ad abbracciarlo, eccitata ed euforica come una bambina.
Harry si staccò dall’abbraccio un po’ imbarazzato e le sorrise.
“Sì, è magia vera… Era quello che stavamo cercando di farti capire. Ti va di conoscere gli altri?”
Lei annuì, con un enorme sorriso ancora stampato in faccia, e Harry aprì la porta di casa.
“Ragazzi, siamo tornati!”
Trovò Kingsley ad aspettarlo in corridoio.
“Stavo venendo a cercarti, dove eravate finiti?”
“Scusami Kingsley, ci siamo materializzati fuori casa e mi sono preso un minuto per farle realizzare la cosa. Pare che l’abbia presa bene”, aggiunse indicando Joanne che si stava guardando in giro entusiasta, con le guance sempre più rosse per l’euforia.
“Bene, andiamo in sala. Ho appena congedato Cox e Smythe, non dovremmo aver più bisogno di loro ora, ma gli altri ci aspettano di là”.
Harry fece strada a Joanne fino al salotto. Trovò Ginny e Ron che chiacchieravano seduti sul divano, mentre Hermione faceva avanti e indietro camminando, evidentemente con l’intento di scaricare la tensione.
Non appena entrarono nella stanza calò il silenzio. Joanne Rowling calamitò all'istante gli sguardi di tutti e arrossì ancora di più per l’imbarazzo.
“Salve” disse, spostando gli occhi ripetutamente da Hermione, a Ron, a Ginny.
“Ciao ragazzi”, li salutò Harry, “vi presento Joanne Rowling”.
Ron scattò in piedi e corse da lei con la mano tesa.
“Piacere, molto piacere signora Rowling, sono Ron Weasley! Mi lasci dire che i suoi libri sono incredibili... Merlino, lei è un genio! Ma come ha fatto? È una strega o gliel’ha raccontato qualcuno? Ce lo stiamo chiedendo da giorni, io l’ho sempre sostenuto che la soluzione migliore sarebbe stata venire direttamente a parlare con lei!”
Joanne sorrise e lo guardò estasiata.
“Mio Dio, tu sei Ron. Sei proprio Ron!”
“Sì, sono io” confermò lui sorridendo.
“Piacere mio, carissimo! Mi dispiace deluderti ma venire a parlare con me non è stata una grande soluzione… Non sono una strega e nessuno mi ha raccontato la vostra storia, non sapevo nulla della vostra esistenza finché Harry e il Ministro non si sono presentati in casa mia. Ne so meno di voi” concluse, scrollando le spalle.
“Dice sul serio?”
Hermione aveva seguito tutta la scena in silenzio e ora fissava la Rowling sbalordita.
“Sì, dico sul serio. Tu devi essere Hermione, vero? Santo cielo, sei esattamente come ti avevo immaginato quando scrissi il primo libro… Un po’ cresciutella, certo, ma sei tu”.
Hermione le sorrise, rilassandosi per un attimo.
“Piacere mio, signora Rowling. Concordo con mio marito, i suoi libri sono davvero geniali… Li ho divorati.”
“Non avevo dubbi” le rispose Joanne, “immagino che la tua passione per la lettura non sarà cambiata rispetto ai tempi della scuola”.
“No” confermò lei, “non è cambiata affatto. Mi fa piacere sapere di essere proprio come lei mi aveva immaginata, la mia corrispettiva nel film non è che mi rappresenti molto…”
Ancora una volta Hermione non perse l’occasione per esprimere il suo disappunto e Joanne rise.
“Sì, in un certo senso hai ragione… Emma è bellissima ed è una ragazza d’oro, io stessa con il tempo mi sono abituata a sovrapporre la sua immagine alla tua. Ma devo dire che l’Hermione che immaginavo prima dell’uscita dei film era molto più simile a te”, la rassicurò.
Joanne continuava a spostare lo sguardo tra i quattro ragazzi.
“È davvero incredibile conoscervi di persona, sul serio. Tu… tu devi essere Ginny, vero?” chiese notando la rossa che ancora stava in piedi accanto al divano, osservandola in silenzio.
“In persona!” esclamò lei sorridendole, “Sono davvero felice di conoscerla!”
“Ragazzi, l’ho già detto ad Harry… Chiamatemi Jo e datemi del tu, ok? Per me è come se vi conoscessi da una vita” disse Joanne. “Prima o poi avremo un po’ di tempo per farci una chiacchierata, vero? Non vedo l’ora di sapere tutto di voi e delle vostre vite… Tutto ciò che io non ho scritto, intendo”.
Dire che Joanne era entusiasta era dir poco.
“Sì, sì, ci sarà tempo per tutto quello che volete…” li interruppe Kingsley “Ma ora che abbiamo finito con le presentazioni direi che è arrivato il momento di parlare seriamente del motivo per cui ci siamo riuniti, no?”
“Sì, Kingsley ha ragione”, intervenne subito Hermione, “dobbiamo cercare di risolvere la questione al più presto”.
Hermione fece cenno a Joanne di prendere posto sul divano e si sedette sulla poltrona di fronte a lei, mentre gli altri quattro si accomodarono vicino a loro.
“Bene, da dove cominciamo?” domandò Ron.
“Sono sicuro che Hermione avrà già un sacco di domande utili pronte per la nostra scrittrice. Sfogati pure, Herm…” commentò Harry “È il tuo momento!”
Hermione sorrise e annuì.
“Certamente, ho molte cose da chiedere... Come tutti, immagino. Prima di tutto, sei proprio sicura di non aver mai avuto rapporti con la magia? Qualche strano evento capitato quando eri piccola, qualche tuo parente che aveva un atteggiamento che non sapevi spiegarti…?”
Joanne scosse la testa.
“Nulla di tutto ciò, Hermione. Niente di niente”.
“È stata la prima cosa che le abbiamo chiesto poco fa a Edimburgo” commentò Kingsley, “non appena si è decisa a darci retta…”
Joanne sorrise imbarazzata.
“…e ci ha dato la stessa risposta. Non ha ricordi relazionati alla magia e ci ha confermato di non provenire da una famiglia magica. Almeno che lei sappia” concluse il Ministro.
“Questo complica le cose, perché allora è evidente che non avremo delle risposte da te” commentò Hermione, “ma possiamo continuare insieme le ricerche che abbiamo già iniziato. Sono certa che potrai darci una mano”.
“Con piacere!” concordò Joanne “A questo punto vorrei sapere anch’io come sia potuta succedere una cosa del genere!”
“Dimmi… Come ti è venuta l’idea per la saga? E come hai proceduto poi nell’organizzare le idee, la trama, delineare i personaggi e tutto il resto?” continuò Hermione.
“Beh, l’idea mi venne durante un viaggio in treno, nel 1990, come ho raccontato già molte volte… Forse lo saprete se vi siete informati sul mio conto”.
Tutti annuirono.
“Fu come un’illuminazione, un momento prima ero immersa nei miei pensieri e un momento dopo… puff! Ecco la storia. Un’ispirazione improvvisa che mi invase totalmente la mente, capita a molti scrittori. Poi iniziai a organizzare le idee, a lavorare alla trama; non fu un lavoro facile, certo, ma se dovessi descriverlo in una parola direi che fu… naturale. C’erano giornate in cui semplicemente mi sedevo, mi mettevo a scrivere o a buttar giù degli appunti e… la storia era lì, semplicemente. Come se fosse sempre stata nella mia testa. Altre volte dovevo concentrarmi e faticare un po’ di più, ma prima o poi l’illuminazione arrivava, chiara e limpida: bastava chiedermi che cosa doveva accadere in quel momento, o che cosa fosse successo in passato, o il perché di una determinata cosa… e, dopo aver scavato un po’, trovavo la risposta. Lo stesso per i personaggi: li ho sempre visualizzati, sin dall’inizio. Non appena mi mettevo a scrivere loro erano lì: voi eravate lì. Con il vostro aspetto, il vostro carattere, le vostre manie. C’eravate e punto.
Badate bene, non è una cosa straordinaria, non pensate a chissà quale incantesimo. A molti scrittori succede: iniziano a scrivere con una vaga idea, o con un progetto a grandi linee, e man mano che si scrive le idee vengono. Le parole sgorgano in modo naturale, come se in fondo le fossero state da sempre dentro di noi, in attesa del momento buono per saltar fuori. Poi c’è il lavoro di levigatura dello stile, come c’è quello di ricerca per la trama, ma non ho compiuto sforzi immani. In un certo senso era già tutto dentro di me”.
Tutti nella sala la ascoltavano incantati: sentir parlare Joanne Rowling del suo lavoro con tanta passione e sentimento era davvero magico.
“È stato questo a farti cambiare idea, vero? Quando prima a casa tua ti ho chiesto se non avessi mai avuto la sensazione di aver solo raccontato una storia e di non averla mai davvero inventata…” commentò Harry.
Joanne annuì.
“Sì, in un certo senso sì. Voglio dire, mi sono confrontata con altri scrittori e so di non essere l'unica, molti hanno questa sensazione nello scrivere un libro. Ma mi è sempre sembrata una cosa così straordinaria... Non sono mai stata convinta che per tutti gli altri fosse stato esattamente come per me, capite? Ci sono cose che nemmeno ho scritto nei libri, sapete… Dettagli delle vostre vite o di quelle di altri personaggi minori, dei vostri amici, che non sono riuscita a far rientrare in quelle pagine. Eppure spesso mi è capitato che i lettori mi ponessero delle domande sul Mondo Magico o sulle vite dei personaggi, perché sono sempre stati curiosi di approfondire ciò che nei libri era stato omesso. E io avevo le risposte, capite? Non sempre è stato così, ovviamente... Ma spesso sì, ho potuto rispondere con naturalezza perché sapevo quelle cose, le sapevo con certezza, anche se non le avevo mai scritte”.
Hermione annuì, l’espressione concentrata.
“Questo è… interessante. Molto”.
“Sì, lo è. Ma non so come potrebbe aiutarvi, Hermione”.
“Ok, ci penseremo più tardi. Ho un’altra domanda per te: perché quella K. nel tuo pseudonimo? Perché Joanne Kathleen Rowling?”
Tutti si fecero ancora più attenti: Hermione era stata furba a non svelare le loro ipotesi, sarebbe stato interessante sentire la versione della Rowling.
“Ah… Il mio pseudonimo, sì. Guarda, in realtà anche questa è stata una scelta più istintiva che altro: sono sempre stata molto legata alla mia nonna paterna, Kathleen appunto. Ho degli splendidi ricordi d’infanzia in sua compagnia e tra l’altro lei fu tra le prime lettrici dei brevi racconti che scrivevo allora, sempre pronta a incoraggiarmi a spingermi  a continuare a coltivare questa passione. Purtroppo morì molto giovane, sarei stata tanto orgogliosa di poterle mostrare il mio lavoro…” un’ombra di amarezza le scurì il viso per un attimo, ma si riprese subito. “Così, quando la casa editrice mi chiese uno pseudonimo, non ebbi nessuna esitazione nel firmarmi J. K. Rowling: in fondo l’avevo sempre desiderato, quest’idea era nata dentro di me ancor prima che mi venisse richiesta. Mi sembrava un modo giusto per rendere onore a una delle persone più importanti della mia vita, a una donna che mi aveva sempre sostenuta e che avrebbe tanto voluto fare di me una scrittrice. Alla fine ce l’ho fatta, e sento di doverlo un po’ anche a lei”.
“Che bella storia e che bel pensiero da parte tua”, commentò Ginny posandole una mano sulla spalla.
“Passavate molto tempo insieme quando eri piccola?”
“Abbastanza, sì. Eravamo davvero molto legate, il bene che le volevo era immenso. Era come se ci fosse qualcosa tra noi, una forte empatia: ci capivamo subito, bastava uno sguardo. Mia madre sosteneva sempre che mi viziava troppo, perché mi riempiva di attenzioni e di regali. E devo ammettere che un po’ era così, mia nonna fu sempre molto più legata a me rispetto che a mia sorella… Soffrii molto quando morì, avevo solo 9 anni e per me fu come perdere una parte di me. Era la mia preferita in famiglia e fu il primo grande lutto della mia vita, ricordo che fu un anno durissimo quello.  Ma, al di là della mia infanzia... Come mai vi interessa tanto lo pseudonimo? Credetemi, non è davvero nulla di speciale, solo sentimentalismo e ricordi duri a morire” concluse con un sorriso un po’ amaro.
“Beh” ammise Hermione, “diciamo che abbiamo trovato interessante che comparisse compare in qualche modo come autrice del libro e ci siamo concentrati su di lei come tuo possibile legame con il Mondo Magico”.
“Nonna Kathleen?” domandò Joanne sorpresa. “No, impossibile… Non era una strega e non mi ha mai parlato di magia, almeno non che io ricordi”.
“Capisco… Forse è una falsa pista, può darsi. Mi ha incuriosita anche perché ho fatto delle ricerche su di lei e non sono riuscita a trovare nessuna informazione antecedente al suo matrimonio. Kathleen Bulgen sembra apparsa dal nulla all’improvviso, non è registrata all'anagrafe e non compare in nessun archivio babbano. Quindi abbiamo cercato altre Kathleen nate nello stesso anno da famiglie magiche, e abbiamo trovato delle coincidenze interessanti…” spiegò Hermione.
“Sarebbe a dire?” domandò Joanne curiosa.
“Mah, niente di ché” continuò la strega, sminuendo la cosa. “Un’altra Kathleen altrettanto misteriosa, nata da una famiglia magica ma mai iscritta ad Hogwarts… e scomparsa nel nulla. Ma avremo tempo di affrontare questo argomento, se ne varrà la pena. Può essere anche che io sia andata completamente fuori strada”.
“Guarda, non saprei. Per me lei è sempre sembrata una normalissima nonna. Anzi, normalissima no” si corresse Joanne, “una nonna straordinaria… Ma babbanamente straordinaria”.
Hermione sorrise. “Capisco”.
“Merlino, è impossibile… Non ne verremo mai fuori!” commentò Ron passandosi una mano tra i capelli “Sei proprio sicura al cento per cento di non essere una strega, Jo? Sai, se lo fossi semplificheresti di molto le cose…”
Joanne rise e scosse la testa.
“Non sai quanto vorrei poterti dire di sì, Ron, ma purtroppo è no. Non sono mai riuscita a fare nessuna magia, nemmeno piccolissima”.
“Senti” commentò Harry, “perché non cerchi invece di ricordare con più precisione il momento esatto in cui hai avuto l’idea per la storia? Non so, stavi facendo qualcosa in particolare? C’era qualcuno nello scompartimento, magari seduto vicino a te? So che sono passati moltissimi anni, ma potrebbe essere importante: dev’essere accaduto qualcosa in quel momento se qualcosa è scattato dentro di te!”
“Harry ha ragione” lo appoggiò Kingsley, “l’unico indizio che abbiamo è quello, se tu potessi ricordare qualcosa in più…”
Joanne socchiuse gli occhi e si concentrò.
“Sinceramente non ricordo se ci fosse qualcuno quel giorno sul vagone con me… Posso anche sforzarmi ma è impossibile, è passato troppo tempo e allora non ci feci caso. Se provo a visualizzare la scena ricordo soltanto che stavo sfogliando quel meraviglioso diario che mia nonna mi aveva regalato e in cui sin da piccola avevo raccolto i miei scritti e i miei racconti: lo portavo sempre con me, per appuntare un’idea, un pensiero, o semplicemente come porta fortuna. E all’improvviso, forse anche presa dalla voglia di scrivervi qualcosa di nuovo che mi tormentava da settimane, ebbi quell’ispirazione”.
“Aspetta, aspetta…” la interruppe Hermione interessata. “Quale diario? Non ne hai mai parlato in nessuna intervista. Anzi, ricordo di aver letto una tua dichiarazione in cui raccontavi che putroppo in quel momento non avevi a disposizione carta e penna per prendere appunti!”
Joanne arrossì e poi annuì piano.
“Sì, hai ragione. Mi è stato chiesto molte volte di raccontare quell'episodio e ho sempre omesso questo dettaglio: ho mentito ai giornalisti. Tengo molto a quel diario, è un ricordo d’infanzia molto intimo e personale, e temevo che se avessi detto che lì avevo appuntato le primissime idee per i libri di Harry Potter prima o poi qualcuno l’avrebbe voluto per forza vedere, fotografare, esporre… magari addirittura comprare. Per me ha un grande valore sentimentale, per cui ho preferito evitare che si venisse a sapere e piuttosto diffondere altri bozzetti che feci su fogli volanti”.
“Beh, è un dettaglio curioso. Potrebbe essere insignificante, ma secondo me non è da tralasciare!” commentò Ginny “In fondo è di nuovo la prova di un legame molto stretto tra tua nonna e l’idea per la stesura dei libri”.
“Ginny ha ragione, Jo. Quando ti regalò quel diario tua nonna? E che com’era esattamente?” domandò Harry.
“Mamma mia, quante attenzioni verso mia nonna, davvero credete che possa essere importante? In ogni caso, me lo regalò verso gli otto o i nove anni, ora non ricordo esattamente:  so che fu non molti mesi prima che morisse. È un semplice diario rilegato in pelle, con dei ricami floreali sulla copertina… Molto carino.  Ha tantissime pagine, bianche e sottilissime, tant’è che ancora non l’ho riempito tutto. Mia nonna me lo diede facendomi promettere che lo avrei portato sempre con me e che lì avrei trascritto i miei pensieri, le mie storie, le mie poesie… Tutto quello che mi fosse venuto in mente. Diceva che scrivere era l’unico modo per intrappolare le emozioni e poterle rivivere per sempre”.
“E ci hai scritto molte cose?” chiese Hermione.
“Abbastanza, sì. Da piccola trascrivevo lì tutte le mie storielle e racconti. Crescendo l’ho usato a volte come diario personale, ma più che altro ci appuntavo di tanto in tanto pensieri, frasi, citazioni. Qualsiasi cosa volessi portare con me anche in futuro. Ogni tanto lo sfoglio ancora ed è bello rileggerlo, è un po’ il racconto della mia vita. Naturalmente non ho trascritto lì i sette romanzi, su quelli ho lavorato a parte… Anche se i primi appunti li presi su quelle pagine, e durante la stesura dei libri continuai a trascrivere lì alcune citazioni che ritenevo particolarmente importanti”.
“Joanne…”
“Jo.”
“Sì, scusami… Jo” riprese Hermione con molta delicatezza, “so che si tratta di un oggetto molto personale per te, ma forse – e sottolineo, forse – potrebbe essere importante. Ti andrebbe di mostrarci questo diario, giusto per toglierci ogni dubbio?”
Joanne soppesò la sua richiesta per qualche secondo, poi alzò le mani in segno di resa e annuì.
“Potrei forse dirvi di no? Immagino che se anche mi negassi a farlo potreste recuperarlo con un semplice Incantesimo di Appello, quindi va bene”.
“Dove si trova?” domandò Harry, impaziente.
“Beh, in camera mia, naturalmente”, rispose lei.
I cinque maghi si guardarono, indecisi sul da farsi.
“Che ore sono?” chiese Kingsley.
“Le undici e mezza passate da un pezzo, quasi mezzogiorno”, gli rispose Ginny.
“Beh, se per Joanne va bene potremmo anche tornare tutti insieme a casa sua, ora che la situazione è un po’ più chiara per tutti…” propose il Ministro “In fondo con un paio di incantesimi dovremmo riuscire a tenere lontano qualsiasi Babbano dalla casa ancora per un po’”.
Joanne annuì.
“Per me nessun problema, onorata di avervi a casa mia, se per voi quel diario è tanto importante...”
“Possiamo materializzarci direttamente dentro casa, Jo?” chiese Harry.
Lei alzò gli occhi al cielo e ridacchiò.
“I maghi e il loro bon ton…” commentò “Questa vostra mania non la conoscevo proprio. Permettetemi di farvi notare che è un po’ assurda, state praticamente invadendo casa mia e potete costringermi a fare quello che volete, per il semplice fatto che voi siete dei maghi e io no, però vi preoccupate che io consideri maleducazione materializzarvi direttamente dentro casa e non fuori dal portone. Certo che potete farlo!”
Harry sorrise.
“Che ci vuoi fare, sono un mago ben educato io!”
Tutti e sei si alzarono e Harry prese per mano Joanne, come aveva fatto poco prima per portarla a Godric’s Hollow.
“Siete pronti?”
Gli altri annuirono.
“Bene, andiamo!”

Fu questione di qualche secondo e si ritrovarono tutti all’ingresso della meravigliosa villa di Edimburgo.
“Merlino, che meraviglia Jo!” commentò Ginny guardandosi intorno “Complimenti per l’arredamento!”
“Grazie, cara!” rispose lei sorridendo “Prego, seguitemi pure… La mia camera è al primo piano”.
Salirono la grande scalinata che portava dall’ingresso ai piani superiori e Joanne li guidò lungo un corridoio dalle pareti bianche, prima di aprire la seconda porta sulla destra. La sua stanza era ampia e luminosa, arredata in modo semplice ma con molta classe, e con un grande letto matrimoniale al centro. L'enorme porta-finestra dall'altro lato della camera offriva una spettacolare vista sui boschi scozzesi.
“Merlino…” borbottò Ron.
“È meraviglioso, quanto vorrei svegliarmi ogni giorno in mezzo a questo paradiso!” esclamò Hermione “Che ne dici se ci trasferiamo da queste parti, tesoro?”
Joanne rise e poi si diresse verso il bellissimo comò in legno sul lato sinistro del grande letto.
“Volete il diario, dunque?”
“Sì, direi di sì” confermò Kingsley.
Lei aprì il secondo cassetto e ne tirò fuori con delicatezza un diario dalla forma quasi quadrata: era di piccole dimensioni ma aveva uno spessore notevole dato il consistente numero di pagine e, proprio come Joanne aveva detto loro, era rilegato in pelle marrone e aveva degli splendidi ricami sulla copertina.
I cinque maghi si avvicinarono per vederlo meglio. Joanne lo sfogliò e mostrò loro molte pagine scritte da lei: doveva aver iniziato a scriverci davvero molti anni prima, perché anche solo a colpo d’occhio si poteva notare il cambiamento netto della grafia dalle prime alle ultime pagine.
“Vedete, non ha davvero niente di speciale” confermò lei alzando le spalle.
“Scusami, Jo… Posso?” chiese Hermione tendendo una mano.
“Certo, guardalo pure”.
Joanne porse il diario a Hermione, che lo studiò con attenzione per qualche secondo, accarezzandone le pagine ingiallite dagli anni e la copertina. Poi tirò fuori la bacchetta e la puntò contro la prima pagina.
“Scusatemi, forse sarà del tutto inutile… Ma vista la situazione mi sembra necessario fare un tentativo.”
Kingsley assentì.
“Silente diceva che la magia lascia sempre tracce” commentò Harry. “Prova”.
“Ok, vediamo, quale incantesimo potrebbe…?” rifletté Hermione concentrata. “Oh, forse ci sono. Rivela il tuo segreto!” sussurrò, sfiorando la pagina con un colpo di bacchetta.
Forse in fondo nessuno se lo aspettava, perché rimasero tutti sorpresi quando qualcosa accadde davvero.
All’improvviso le scritte nella grafia infantile di Joanne Rowling sparirono e la prima pagina ritornò candida come se nessuno vi avesse mai posato la penna.
Hermione lasciò cadere il libro sul letto, come se scottasse, e Joanne trattenne il fiato.
Poi in cima alla pagina, lettera per lettera, comparve una scritta. Il foglio intero si riempì lentamente di una grafia stretta ed elegante, in inchiostro nero. Il testo continuava ad allargarsi e tutti fissavano il diario sbalorditi.
“Ma che cosa…?” biasciò Ron, senza fiato.
Ginny si avvicinò ad Harry e gli strinse forte la mano.
“Questa cosa non mi piace… Abbiamo già avuto esperienze con diari che avevano voce propria e vi ricordo che non è andata a finire bene. Potrebbe contenere magia oscura” commentò spaventata.
Harry le passò una mano sulle spalle per tranquillizzarla. Ginny era stata la più colpita dal diario di Riddle ed era naturale che quell’oggetto così simile all'Horcrux di Voldemort la terrorizzasse… Ma dentro di sé lui sentiva che non si trattava di niente di pericoloso, non questa volta.
Fece qualche passo verso il letto su cui il diario era rimasto appoggiato e avvicinò il viso per leggere ciò che c’era scritto, senza toccarlo.
“Sembrerebbe diretto a te, Jo” commentò dopo qualche secondo.
“A me?”
Joanne, il volto bianco come un lenzuolo, prese il diario tra le mani. Posò lo sguardo rapidamente su ciò che c’era scritto e i suoi occhi si riempirono di sorpresa e di incredulità.
Degglutì e respirò a fondo. Poi, lentamente, iniziò a leggere ad alta voce:
 
 
«Mia amatissima Joanne…»
 

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Capitolo 13
*** La storia di Kathleen. (Parte I) ***


- La storia di Kathleen. -

Parte I  






Mia amatissima Joanne,
se stai leggendo queste parole significa che anche a te è capitato di incontrare, lungo il cammino della vita, quella strana e meravigliosa cosa chiamata magia.
Spero che tu abbia sempre avuto cura di tenere questo diario accanto a te, come ti avevo raccomandato, e che quindi sia davvero tu la prima a leggere le parole che ora sto scrivendo. Per riuscire a leggerle è necessario adoperare la magia, dunque mi auguro con tutto il cuore che quando arriverà il momento tu sia pronta per affrontare questa realtà, e che i maghi accanto a te siano quelli giusti: non sopporterei che le mie confessioni finissero nelle mani sbagliate.
So bene che potrebbe anche accadere che tu non conosca mai la magia. Sarebbe meglio così, e in realtà una parte di me se lo augura, si augura che tu non abbia mai modo di rimpiangere la tua normalità e di soffrire per la consapevolezza di essere stata privata di qualcosa di tanto straordinario. Mi sento tuttavia in dovere di scriverti, in dovere di lasciarti un segno. Perché, se qualcosa dovesse accadere, se davvero tu dovessi scoprire l’esistenza del Mondo Magico, non voglio lasciarti con un dubbio incolmabile sulla mia identità, e forse anche sulla tua. No, non posso permettere che ciò accada.
Ti prego di perdonarmi per non averti raccontato prima queste cose: se avrai la pazienza di arrivare fino in fondo alla mia lettera, a questo racconto di una povera vecchia che trova solo ora il coraggio di guardarsi indietro e di ripercorrere la sua vita per te, capirai che ho avuto i miei motivi. Prometto di non nasconderti nulla, non questa volta… Lascerò che la penna scivoli e che l’inchiostro si faccia portavoce di tutta la verità. Ogni gioia, ogni dolore, ogni rimpianto e rimorso della mia vita verrà svelato.
Non giudicarmi per quello che leggerai, te ne prego. Il mio amore per te è stato immenso e sincero, e lo sarà per sempre.
 
 
Il mio nome è Kathleen Ida Peverell e sono tua nonna. Non dubitarne nemmeno per un secondo, nipote mia amatissima, perché niente potrà mai spezzare il legame che unisce il tuo sangue al mio.
Nacqui nell’ormai lontano 1923 a Castletown, un villaggio all’estremo nord della Scozia che si affaccia sull’Oceano Atlantico. Ero la terza di tre fratelli, e l’unica donna; la mia non era una famiglia particolarmente abbiente né prestigiosa, tutto il contrario, ma, come molti maghi a quel tempo, anche i miei genitori si sentivano fieri di poter proclamare la purezza del loro sangue. Sì, era una famiglia di Purosangue la mia, e arrivata a questo punto potrai ben comprendere quanto importante possa essere stato nella mia vita questo dettaglio che io ho sempre ritenuto insignificante, in quanto considero tutti gli esseri umani – magici o non magici – pari in dignità sotto ogni aspetto.
I miei erano inoltre particolarmente fieri del cognome che portavano e, inutile dirlo, la storia che più veniva raccontata a me e ai miei fratelli Pancras e Harmon era proprio quella dei Tre Fratelli, un classico della nostra infanzia… È uno dei ricordi più belli che ho, forse uno dei pochi bei ricordi che ho, l’immagine di noi tre seduti accanto al focolare della sala, con una copia delle Fiabe di Beda il Bardo in mano, intenti a fantasticare su quel passato misterioso.
Non so se i miei genitori fossero davvero convinti di discendere da uno dei fratelli della leggenda - secondo molti, proprio i fratelli Peverell - ma, in ogni caso, si servivano di quel nome per ritenersi portatori di una gloria che in realtà da soli non erano stati in grado di costruire. E ricordalo sempre, mia cara Joanne, noi non siamo il cognome che portiamo: è ciò che custodiamo nel profondo dentro di noi, accanto alle esperienze che viviamo e alle persone che incontriamo, a determinare ciò che diventeremo. Siamo chiamati a costruire la nostra identità mattone dopo mattone, come fosse una splendida casa, lavorando duramente nel corso di tutta la nostra esistenza.
Seppur fieri di essere discendenti di quei Peverell, come era stato raccontato loro dai miei nonni, a cui l’avevano raccontato i miei bisnonni, e così via, i miei genitori non erano mai stati particolarmente curiosi di indagare davvero le loro origini: erano dei bravi maghi, ma conducevano una vita del tutto ordinaria e piuttosto priva di emozioni. Mio padre era erbologista e lavorava nella farmacia di una cittadina vicina, mentre mia madre si occupava di noi tre e della casa. Erano genitori rigidi e piuttosto severi, ma non cattivi, e i primi anni della mia infanzia trascorsero in modo tranquillo.

I problemi iniziarono durante l’estate dei miei otto anni, se non ricordo male. I miei fratelli erano molto più grandi di me, Pancras aveva già terminato Hogwarts e Harmon la stava frequentando – entrambi studenti applicati e brillanti – e durante quelle settimane di vacanza fecero notare ai miei genitori ciò che loro non avevano mai visto o voluto vedere: la loro piccola Kathleen non aveva ancora dato prova di possedere delle capacità magiche. Io ero una bambina tranquilla e sognatrice, mi arrabbiavo di rado e non avevo mai dato problemi, per cui i miei non si preoccupavano troppo di me: giocavo, amavo passeggiare per le verdi pianure della mia terra o lungo la spiaggia, scrivevo, aiutavo mia madre con le faccende domestiche, come una bambina normale. Ma non avevo mai compiuto nessuna magia, in effetti… Mai nulla, nemmeno involontariamente, nemmeno una piccola, piccolissima magia.
Sebbene non ci avessero mai fatto caso prima, dopo l’osservazione dei miei fratelli questa mia mancanza diventò l’ossessione dei miei genitori, di mio padre in particolare. Mia madre al principio non ci diede peso, disse che in alcuni casi la magia si manifestava più in là con l’età, ma con il passare dei mesi iniziai a notare che anche lei mi osservava di nascosto e mi lanciava dei tranelli sperando che reagissi con qualche incantesimo involontario. Invece nulla.
Io non mi rendevo realmente conto della situazione, nessuno mi aveva mai spiegato che cosa fosse un magonò. Convinta di essere una normalissima strega andavo avanti senza problemi, sicura che dopo le lezioni a Hogwarts tutto si sarebbe risolto. Arrivai all’età di 10 anni senza aver fatto nessun progresso e un giorno mio padre mi mise in mano la sua bacchetta, cosa proibitissima non avendo io ricevuto educazione magica alcuna, e mi disse di provare a farci qualcosa: ma di nuovo non accadde nulla, assolutamente nulla, e io iniziai a sentirmi sconfortata. Alcuni ragazzini delle famiglie magiche dei dintorni incominciarono a chiamarmi bungle, pasticcio, o Kate the bungler, la pasticciona: quando giocavamo insieme io ero sempre quella che faceva cadere la palla, perché non ero in grado di farla levitare per qualche secondo in più; ero quella che non sapeva mimetizzarsi per nascondersi tra i cespugli, e quella i cui giocattoli rimanevano perfettamente immobili per tutto il tempo. I miei genitori iniziarono quindi a chiedermi di restare in casa sempre più spesso, si vergognavano di me. Io stessa in alcuni momenti fui felice di quell’isolamento forzato, perché non sopportavo di sentirmi diversa dagli altri, non capivo il motivo di ciò che mi stava accadendo.
Anche i miei fratelli erano inquieti: Pancras iniziò a informarsi sui metodi per far uscire la mia magia, ma Harmon, egoista e preoccupato soltanto di poter diventare lo zimbello dei Corvonero se la cosa si fosse venuta a sapere a Hogwarts, iniziò a trattarmi sempre peggio, continuando a chiamarmi con quegli odiosi nomignoli e a ignorarmi il più possibile. Non so dire se furono peggio quei mesi oppure i seguenti, quando si avvicinò l’estate del mio undicesimo anno e fu chiaro che della lettera di ammissione ad Hogwarts non c’era traccia.
Io non capivo: per anni avevo ascoltato i racconti su quella meravigliosa scuola, avevo visto i miei fratelli e i miei amici acquistare il loro materiale magico, raggiungere il binario 9¾, imparare a padroneggiare gli incantesimi più disparati… Perché io non potevo farlo?
Mia madre non se ne capacitava, voleva scrivere una lettera al Preside per chiedere spiegazioni, per essere certa che fosse vero. Ma mio padre si rifiutò.
“Vuoi forse supplicare perché tua figlia venga ammessa? Non capisci che servirebbe soltanto a richiamare di più l’attenzione su di lei? Non te lo permetterò, Rose, nessuno lo deve sapere: lei porta il mio cognome, è una Peverell! E tu hai messo al mondo una schifosa ed inutile Maganò!”
Non avevo mai visto mio padre così furibondo e mia madre così spaventata. Decisero di rinchiudermi in casa e di non dire niente a nessuno al di fuori della mia famiglia, poiché il loro onore era più importante della mia libertà. Erano sempre state delle persone molto schive e con pochi amici, per cui alle domande – poche, per la verità – delle famiglie magiche dei dintorni reagirono con risposte vaghe o con il silenzio. Furono anni terribili: mio padre mi disprezzava apertamente e mi rivolgeva la parola di rado; mia madre, che riusciva,  nonostante il disdegno, a provare un po’ di compassione per me, cercava di farmi fare una vita quasi normale, portandomi dei libri e dei passatempi e chiedendomi per lo più di aiutarla in casa. Ma l’isolamento forzato mi aveva costretta a troncare tutte le relazioni, per cui con il passare del tempo diventai una persona sempre più silenziosa e frustrata. Mio fratello Pancras fu l’unico a darmi una spiegazione sulla mia condizione e a spiegarmi cosa fossero i Maghinò: ci misi un bel po’ a realizzare la verità e a capire che, nonostante lo desiderassi con tutte le mie forze e fossi disposta a qualsiasi cosa pur di riuscirci, non sarei mai diventata una strega. Ma alla fine mi arresi all’evidenza.
Devi inoltre considerare, Jo, che a quel tempo un Magonò era davvero considerato un incapace, un disonore per la famiglia e una piaga per la società: non c’erano programmi di inserimento per noi nelle scuole babbane – guai a proporre una cosa del genere! – e non c’erano possibilità di trovare un’occupazione lavorativa alternativa. Non veniva affatto considerato il fatto che, pur non essendo dotato di abilità magiche, un Magonò potesse comunque essere una persona intelligente e capace di sfruttare risorse differenti. Anche se alcuni maghi ignoranti continuano anche oggi a considerarli inferiori, così come considerano inferiori i Nati Babbani, per fortuna da questo punto di vista si sono fatti passi da gigante: oggi molti Maghinò decidono di frequentare scuole babbane e di fare una vita normale, oppure vengono scelti per posti di lavoro in cui la magia non sia una dote imprescindibile, come è successo nel caso del caro Argus, custode di Hogwarts. Se solo io avessi avuto quella possibilità, ahimè, le cose sarebbero andate in modo totalmente diverso!
Non andò così, però, e io iniziai a sentirmi sempre più in prigione: avrei preferito mille volte poter uscire, poter conoscere altre persone con il mio stesso problema, persino poter affrontare le discriminazioni e le beffe degli altri… Tutto, pur di non rimanere per sempre tra quelle quattro mura, circondata da una famiglia che da un pezzo aveva smesso di amarmi. Il giorno del mio sedicesimo compleanno presi una decisione: prima del raggiungimento della maggiore età sarei fuggita da quella casa, a qualsiasi costo. Sapevo che se ne avessi parlato con miei non me l’avrebbero consentito, ma non potevo immaginare una vita da adulta ancora sottomessa a loro. Per cui mi diedi qualche mese di tempo per elaborare un piano.
Negli ultimi anni ero uscita raramente di casa e non ero mai andata oltre i confini di Castletown, per cui l’idea di fuggire sembrava un’impresa titanica ai miei occhi, ma nei mesi seguenti cercai di sfruttare ogni minima occasione per capire come procedere. Nelle rare volte in cui mia madre mi lasciava da sola per fare qualche commissione, iniziai a fare ai negozianti babbani qualche domanda sulle città vicine e su come arrivarci; con il permesso dei miei genitori – che non ne intuirono il pericolo – iniziai a frequentare la biblioteca e a leggere libri babbani che parlassero del Regno Unito, dei viaggi, della vita quotidiana dei Babbani. I miei non diedero peso ai romanzi che leggevo, per loro era soltanto un modo per mantenermi occupata e, anzi, erano felici che non chiedessi più così spesso il permesso per uscire; ma in realtà io divoravo quelle pagine alla ricerca di informazioni, pensando a che cosa avrei dovuto fare per non destare sospetti tra i Babbani, programmando il viaggio e costruendo nella mia mente la mia nuova identità.
Mi sarebbe servito un nuovo nome da Babbana e decisi subito che non avrei mai voluto cambiare quel Kathleen, una delle poche cose di me che mi era sempre piaciuta; del mio secondo nome avrei cambiato l’iniziale, da Ida ad Ada, per tagliare quel legame con una bisnonna Purosangue che non mi rappresentava di certo. Il cognome invece sarebbe stato da cambiare radicalmente, non potevo rischiare di essere rintracciata. Ci pensai a lungo e alla fine, prendendo ispirazione dal romanzo che stavo leggendo in quei giorni, ebbi un’idea: avrei utilizzato l’anagramma del nomignolo con cui ero stata chiamata per anni, bungle. Fu così che il mio cognome divenne Bulgen, e sono sempre stata particolarmente fiera di portarlo, al contrario di quanto mi è accaduto con Peverell: il mio nuovo cognome era il frutto di ciò che io stessa avevo creato e allo stesso tempo mi legava indissolubilmente al mio passato, ricordandomi sempre l’importanza del rispetto verso gli altri, del non giudicare le persone dalle apparenze e dell’essere capaci di apprezzare le diversità di ognuno.
Di nuovo grazie alla guida delle mie letture, la meta prescelta fu Londra: avendo sempre vissuto in una piccola cittadina mi attirava l’idea della capitale e poi ero sicura che, una volta là, sarebbe stato facile confondermi in quel mare di gente e rendermi irrintracciabile per la mia famiglia.
Programmai tutto nei minimi dettagli e una notte di metà ottobre, quando mancavano poco più di due mesi al mio diciassettesimo compleanno, sparii. Mio fratello Harmon si trovava fuori casa per lavoro, mentre Pancras già da qualche anno non abitava con noi, per cui fuggire senza essere notata dai miei, che non sospettavano nulla, non fu poi così difficile. Con il passare degli anni mi sono pentita di non aver lasciato loro nemmeno un biglietto d’addio: dopo quel giorno non li rividi più, e quel poco che so di quel che è stato di loro l’ho scoperto soltanto di recente. Fui più volte sul punto di scrivere loro una lettera, ma alla fine decisi di non farlo, perché fornendo delle informazioni avrei facilitato loro il compito di trovarmi. E poi quelle persone mi avevano tenuta prigioniera, si erano vergognate di me, mi avevano fatto soffrire per anni: si meritavano solo il mio odio e la mia repulsione, non di certo un segno d’affetto.
Forse è la vecchiaia a renderci più sentimentali e più inclini al perdono, ma devo ammettere che con il tempo mi sono pentita di quella decisione così impulsiva. Erano pur sempre la mia famiglia e forse un saluto o una spiegazione l’avrebbero meritato; per lo meno mia madre e mio fratello Pancras che, sebbene non avessero fatto nulla per ribellarsi alla mia prigionia, avevano quanto meno cercato di renderla un po’ più sopportabile e meno dura. Ma è inutile tormentarsi con i rimorsi, quel che è fatto è fatto e non si può più tornare indietro.
 
Non starò a raccontarti tutto il mio viaggio, ma le settimane che seguirono furono tremende. Sperimentavo per la prima volta un meraviglioso senso di libertà, ma allo stesso tempo avevo sempre paura di essere trovata e punita: sussultavo a ogni rumore imprevisto, mi nascondevo da ogni persona, mi sentivo terribilmente ingenua, inesperta e fragile. Senza contare che non ero abituata a viaggiare, il mondo là fuori per me era un grande mistero… E scoprirlo fu una vera avventura.
Riuscii in qualche modo ad arrivare a Londra, ma a quel punto i pochi risparmi che avevo tenuto da parte per il viaggio si erano esauriti, per cui passai le prime settimane a elemosinare un po' di cibo e a dormire per strada. Fu il momento peggiore, l’unico in cui fui sul punto di arrendermi e tornare indietro. Ma per fortuna qualcosa mi spinse a non cedere. Non ero entrata a Diagon Alley e non avevo scelto la Londra magica ma la Londra babbana, naturalmente, e provai una meravigliosa sensazione liberatoria nel vivere in assenza di magia. Soffrivo, pativo la fame e il freddo, ero senza un soldo… Ma finalmente mi sentivo normale. Amavo i Babbani e loro modo di essere, così simile al mio, così splendidamente naturale. Li osservavo con curiosità e ammirazione, decisa ad imparare da loro e a diventare esattamente la loro copia.
Dopo qualche settimana di vagabondaggio per quella città magica ed enorme, la fortuna decise di girare dalla mia parte: passai per caso davanti alla vetrina di una piccola libreria e rimasi per tanto tempo incantata a guardare quei  libri che il proprietario del negozio, un vecchietto canuto che ricordo ancora con immensa simpatia, uscì per chiedermi se avevo bisogno di qualcosa.
“Ehi, giovincella! Si gela là fuori, venga dentro e legga qualcosa se vuole!”
Ho ancora in mente le sue parole. Gli dissi arrossendo che purtroppo non avevo i soldi per acquistare nessuno dei suoi libri, ma lui mi invitò a entrare lo stesso; e nel giro di dieci minuti, dopo una piacevole chiacchierata davanti a una tazza di tè, mi propose di lavorare per lui, perché aveva giusto bisogno di qualcuno che gli desse una mano nel negozio. Non so se fosse vero, o se semplicemente gli facessi pena, ma adorai lavorare per lui in quel meraviglioso antro pieno di libri. Inoltre guadagnavo abbastanza da potermi permettere una stanza in una piccola pensione a un paio di vie di distanza, per cui potei finalmente iniziare una nuova vita.
Negli anni a seguire rimasi a Londra, inizialmente lavorando per lui e poi facendo tanti altri lavoretti qua e là. Era così bello sentirmi utile e capace di fare qualcosa senza bisogno di usare la magia che accettavo qualsiasi incarico, ero entusiasta di occupare l’intera giornata con moltissime attività diverse, tutte meravigliosamente babbane. Furono anni stupendi e imparai davvero molto, in primis a credere in me stessa.
E poi, in una bella giornata autunnale del ’42, all’età di quasi vent’anni, conobbi tuo nonno Ernest. Mi innamorai perdutamente di lui e iniziai una nuova vita, ancora più bella della precedente. Da questo punto in poi sai bene come sono andate le cose: nell’ottobre del ’43 nacque tuo zio Jefrey, io ed Ern ci sposammo alla fine di quello stesso anno e ben presto arrivò anche tuo padre.
I miei figli furono la gioia della mia vita, la mia più grande impresa: per i primi anni temetti che le capacità magiche che io non avevo potessero invece nascere in loro, per qualche strano scherzo ereditario, ma fortunatamente non fu così. Non svelai mai a Ernest la mia vera identità e la mia storia, ma ne costruii un’altra apposta per lui, quella che anche tu conosci. Sono stata costretta a mentire alle persone che più ho amato, e a presentarmi a mio marito con un’identità falsa: è stata sempre una grande sofferenza, ma temevo che lui non avrebbe mai potuto capire e che raccontandogli la verità gli avrei causato inutilmente un enorme shock. Mi fa soffrire sapere di avergli mentito, ma continuo ad essere convinta di aver fatto la scelta giusta. I miei anni senza magia furono quelli in cui riuscii ad essere più felice, e questa è la prova del fatto che la felicità risiede in ben altre cose, e che l’amore può dare molto di più del senso di onnipotenza racchiuso in una bacchetta.
 
Gli anni trascorsero tranquillamente, finché Peter si sposò con Anne e, in quel meraviglioso 31 luglio del 1965, nascesti tu. La tua nascita cambiò tutto, Joanne, ed è importante che tu lo sappia e che capisca che ciò che ti è accaduto non è dovuto ad un delirio del momento, che non mi sono in alcun modo servita di te per realizzare un mio progetto… Tu eri destinata a questo sindall’inizio, tu sei sempre stata speciale. E nemmeno io so bene perché.
Joanne Rowling, la mia prima nipote. Ti amai dal primo momento: eri bionda e paffutella, sempre allegra, adorabile. Ma c’era qualcosa di più, c’era qualcosa di profondo che ci legava, ci fu dal primo momento. Non posso dire che ti leggessi nella mente, sarebbe un’esagerazione, ma era come se riuscissi sempre a intuire, istintivamente, quello che provavi e pensavi: quando piangevi sapevo che cosa ti faceva star male, riuscivo a percepire perché eri arrabbiata o gelosa, mi bastava uno sguardo per comprendere il motivo della tua felicità o a che cosa stessi pensando. E quando passò qualche anno e fosti in grado di parlare, iniziai a capire che anche tu provavi la stessa cosa: ne eri meno consapevole di me, questo è certo, ma sapevi sempre dirmi la cosa giusta al momento giusto e riuscivi a cogliere i miei stati d’animo prima di nessun altro.
Non capivo che cosa stesse accadendo e, se da un lato tutto questo mi rendeva felice, perché ti amavo immensamente, dall’altro mi spaventava. Percepivo che dietro al nostro rapporto così stretto c’era una sottile forma di magia: e se tu fossi stata una strega? Come avrei potuto proteggerti e giustificarlo agli occhi della tua famiglia?
Passammo moltissimo tempo insieme ed ebbi modo di tenere d’occhio ogni tuo movimento durante i primi anni della tua infanzia. Fortunatamente, come era successo per i miei figli, anche in te non trovai nessuna traccia magica. Iniziai a pensare di essere io quella ossessionata con la magia, visto che non potevo fare a meno di chiedermi se il prossimo nato nella famiglia sarebbe stato un mago o una strega… Ma la verità era che questo strano legame tra noi due alimentava il mio dubbio. Tu, però, eri una bambina così straordinaria, così piena di fantasia  e così sensibile sin da piccola, che non feci fatica a convincermi che l’empatia che ci legava fosse una cosa del tutto naturale.
 
Passò il tempo e arrivarono gli anni ’70 che, purtroppo, si portarono appresso nuove inquietudini. Ormai vivevo da anni come una Babbana e avevo perso i contatti con il Mondo Magico, è certo, ma non bisogna dimenticare che io non ero una Babbana, bensì una Maganò. E in quanto tale ero comunque in grado di comprendere e conoscere il Mondo Magico, e di vedere ciò che i Babbani non potevano vedere.
Strane cose iniziarono ad accadere nel loro mondo, in quegli anni: morti e sparizioni improvvise, stragi, eventi inspiegabili… Qualcosa mi diceva che c’era della magia oscura dietro tutto ciò. Mi era già capitato, dopo il mio arrivo a Londra, di incontrare ogni tanto per strada gruppi di maghi o streghe che non faticavo a riconoscere, pur dovendomi fingere Babbana per non destare sospetti; ma da qualche mese avevo iniziato a notare che questi camminavano guardandosi intorno più guardinghi del solito, si passavano informazioni bisbigliando e le loro discussioni erano spesso accompagnate da un graduale rabbuiarsi dei loro volti. Non me ne sarei preoccupata più di tanto se ciò non avesse coinvolto anche il mondo babbano, ma purtroppo pareva fosse così.
Cercai di informarmi ascoltando qua e là le sporadiche conversazioni tra maghi a cui mi capitava di assistere finché un giorno, vinta dalla curiosità, non decisi di recarmi al Paiolo Magico: ero sempre passata davanti all'ingresso di quel locale consapevole – a differenza dei Babbani – di ciò che si celava dietro la sua porta, ma non vi avevo più messo piede dall’ultima volta in cui c'ero stata insieme ai miei fratelli, moltissimi anni prima. Giunta all’ingresso mi feci scivolare un mantello grigio sopra le spalle, per dare meno nell’occhio, poi entrai.
Inutile dire che ritrovarmi di colpo nuovamente immersa nel Mondo Magico fu quasi uno shock, visto che ormai vivevo tra i Babbani da circa trent’anni. Provai una sensazione stranissima e venni travolta da una valanga di ricordi, al punto che iniziai a chiedermi se avessi fatto bene o meno ad abbandonare quel mondo. Ma poi mi ricordai di voi, della mia famiglia, e mi resi conto che non avrei potuto scegliere una strada migliore.
Quel pomeriggio al Paiolo Magico sentii nominare per la prima volta Lord Voldemort – o meglio, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato – e appresi con sgomento che sia il Mondo Magico che quello babbano erano davvero in pericolo. Ascoltai diverse conversazioni, mi appropriai di alcune copie nuove e vecchie del Profeta abbandonate qua e là sui tavoli, e nel giro di qualche ora riuscii a farmi un quadro abbastanza chiaro della situazione… Un quadro che mi fece sprofondare nel panico più totale.
Avevo sentito i maghi e le streghe presenti al Paiolo parlare dell’odio profondo di Tu-sai-chi nei confronti dei Babbani o dei Mezzosangue, e del fatto che stava reclutando seguaci tra le famiglie Purosangue, arrivando a torturare o uccidere chi si rifiutava di seguirlo o si interponeva nel suo cammino. Questo mi fece temere per la vita delle persone a me più care al mondo, le mie due famiglie: la vostra, quella dei Rowling, e la mia vecchia famiglia, i Peverell. Tornai a casa con mille pensieri per la testa e le giornate che seguirono furono inquiete e piene di preoccupazioni. Dopo anni di lontananza dalla mia famiglia, iniziai a pensare a loro costantemente: mi chiedevo se stessero bene, se Tu-sai-chi li avesse raggiunti, se fossero stati colpiti come altre famiglie Purosangue… Non pensavo da tanto tempo a loro, ma divennero di colpo la mia ossessione. È strano come la guerra e il pericolo riescano a farci sentire vicini alle persone che amiamo, facendoci dimenticare ogni rancore e perdonare ogni errore, come se di colpo risultassero insignificanti rispetto alla prospettiva della morte.
Come se ciò non bastasse, temevo anche per voi. Avevo paura che poteste essere colpiti, in quanto Babbani, e cominciai ad essere ossessionata dall’idea assurda che la mia presenza rendesse più probabile un attacco dei Mangiamorte. Mi sentivo in colpa, perché sapevo ma non potevo parlarvene, e in questo modo mi sembrava di tradirvi. Non volevo che veniste in contatto con la magia in un modo così orribile. Di colpo mi sentii sciocca: come avevo potuto pensare di poter vivere la mia vita da Babbana come se niente fosse? Prima o poi qualcosa sarebbe successo e voi l’avreste scoperto. Pensavo soprattutto a te, la mia nipote adorata, ancora una bambina, e pensavo a che cosa sarebbe accaduto se un giorno fossi stata costretta a svelarti la verità.
Tu, così piena di fantasia, avresti adorato l’idea di un Mondo Magico, ne ero sicura. Ma questo ti avrebbe portato a soffrire, proprio come era accaduto a me da piccola: ti avrei dovuto raccontare dei maghi, degli incantesimi, di Hogwarts, e tu avresti iniziato a sognare quella vita… Per poi ritrovarti d’un tratto disillusa, come me, di fronte alla consapevolezza di essere solo una Babbana. Non sopportavo l’idea che un’altra bambina potesse sentirsi diversa, incapace, esclusa da un mondo meraviglioso, come era successo a me.
Così decisi di lasciarvi.
Fui una codarda, lo so. E non odiarmi per questo, te ne prego. Ci pensai a lungo, stremata dal dolore, tanto che la mia salute peggiorò nel giro di qualche mese e mi permise di rendere ancora più credibile la mia morte. Sì, avevo deciso che avrei finto la mia morte, perché sapevo che – anche se ci sarebbe voluto del tempo per calmare il dolore – l’avreste accettata con più serenità rispetto a un mio improvviso abbandono. D’altra parte ero una Maganò, ma potevo sempre servirmi di qualche pozione per fingere un decesso. Allora mi sembrò la soluzione migliore: i miei figli ormai erano grandi, Ern poteva benissimo cavarsela da solo con il vostro aiuto e io avrei potuto tornare in Scozia in cerca della mia famiglia e poi vigilare su di voi da lontano, senza essere d’intralcio, e senza che voi scopriste il grande fardello che vi avevo tenuto nascosto per tutti quegli anni.
Forse ti sembrerà strano, ma la persona che facevo più fatica a lasciare eri proprio tu. Eri ancora una bambina, sapevo che avresti sofferto moltissimo per questo abbandono e poi, come ti ho già detto, mi sentivo legata a te più che ad ogni altro in quella famiglia, nemmeno con tua sorella Dianne ero riuscita a creare un legame così stretto. Odiavo l’idea di non vederti crescere, non poter più ascoltare i tuoi discorsi intelligenti, non poter più leggere quelle meravigliose storie che ogni volta mi mostravi piena di orgoglio e che io ti spingevo a trascrivere, sicura che saresti diventata una grande scrittrice.
Ma ancora una volta, miracolosamente, fu un libro a venirmi in aiuto. Credo davvero che i libri abbiano segnato tutta la nostra vita, Jo.
Stavo camminando per Notturn Alley – un posto veramente orribile, specialmente in quel periodo – alla ricerca di una pozione che potesse proporzionarmi una finta morte, quando notai una piccola e buia libreria che faceva angolo nel vicolo con Diagon Alley. Nonostante l’aspetto non fosse dei migliori, non seppi resistere alla tentazione e mi fermai a guardare la vetrina. Sai bene quale fascino esercitino su di me i libri. A un certo punto, esattamente come mi era accaduto anni prima nel centro di Londra, il proprietario aprì la porta cigolante e mi invitò ad entrare. Inizialmente esitai, il luogo non mi ispirava una grande fiducia e anche l’uomo che mi aveva aperto la porta aveva un aspetto decisamente losco, ma poi mi lasciai convincere ed entrai, ripromettendomi di dare soltanto un’occhiata. Dopo aver girovagato un po’ tra quelle pile di libri polverosi e dall’aspetto inquietante – potrei giurare che da alcuni uscissero dei sussurri e altri respirassero! – qualcosa catturò la mia attenzione: si trattava di una coppia di volumi rilegati in pelle, che davano all’occhio perché erano particolarmente graziosi e normali in mezzo a tutti quei tomi cupi. Su un piccolo cartellino accanto a loro lessi “Diari strappa-segreti”.
Subito il proprietario della libreria, che mi osservava da un po’, mi venne incontro sfregandosi le mani.
“Ah, signora, vedo che ha scoperto uno dei nostri articoli più preziosi… Sono gli  unici che abbiamo, ce li ha venduti qualche giorno fa un importante libraio oscuro dell’est Europa. Oggetti rarissimi e di inestimabile valore, i Diari!”
Un po’ scettica gli chiesi come funzionassero, e me lo spiegò con gli occhi che brillavano.
“Possono essere usati come mezzo di comunicazione a distanza, per mandare messaggi riservati che non possono correre il rischio di essere intercettati durante il volo del gufo. Oppure…” e si fermò un attimo, come per mantenere la suspense prima della vera chicca “… ci si può servire di loro per carpire informazioni segrete dai nostri nemici!”
Rise, una risata decisamente inquietante, e continuò con la sua spiegazione.
“Hanno un aspetto così innocente proprio per questo motivo, ma nascondono un grande segreto: quando qualcuno posa la penna sulle pagine di uno dei due Diari, questo con i ricami a margine”, e mi indicò quello più a destra, “tutto ciò che viene scritto, ogni singola parola, compare automaticamente nelle pagine dell’altro diario, senza che il proprietario possa rendersene conto. Immagini quanti segreti, quanti progetti, quante fantasie sono state svelate grazie ai due potentissimi Diari Gemelli!”
Io inizialmente lo guardai un po’ schifata, mi ripugnava l’idea di rubare i pensieri più intimi di una persona servendosi della sua scrittura. Ma d'altro lato, affascinata e incuriosita da quegli oggetti così insoliti, continuai a fargli delle domande…
“E che cosa succede se uno scrive nel secondo diario, quello che deve soltanto ricevere le informazioni?”
“Beh, è un po’ rischioso, perché sebbene d’immediato nel primo diario non compaia nulla, il mago o la strega che lo possiede potrebbe vedere quello che è stato scritto nel secondo diario servendosi di un semplice Incantesimo Rivela Segreti. Ma anche questo in fondo è utile, perché se entrambe le persone che possiedono i Diari conoscono il loro segreto, è possibile servirsi di questa strategia per comunicare a distanza e senza intermediari…”
Immagino che a questo punto avrai già capito che cosa successe e che cosa hai tra le mani. Guardando quei Diari pensai subito a te, alla possibilità di riuscire a vederti crescere almeno attraverso la tua meravigliosa scrittura, sperando che tu non la abbandonassi con il passare degli anni. Li comprai e ti regalai questo che hai tra le mani, chiedendoti di non separartene mai e di trascriverci tutti i tuoi racconti, le tue poesie, i tuoi pensieri: non con l’intenzione di rubare i tuoi segreti, credimi, ma con quella di poterti stare accanto, almeno un po’, e di poter essere certa che tu stessi bene. Spero che mi perdonerai anche questo, e che non lo considererai un mero furto delle tue più intime riflessioni.
Quei Diari mi diedero un po’ di speranza, la speranza che non ti avrei perduta del tutto, e se tu oggi stai leggendo queste parole significa che anche tu non mi hai mai realmente persa, che hai mantenuto la promessa. E che qualcuno ha lanciato l’unico incantesimo capace di svelare il segreto che si nascondeva tra queste pagine.
 
Ma andiamo avanti, sono ben altre le spiegazioni che ti devo.

 

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Capitolo 14
*** La storia di Kathleen. (Parte II) ***


 

- La storia di Kathleen. -

Parte II
 




Nelle settimane seguenti, con la scusa di dovermi recare da vari medici o di avere degli impegni fuori casa, ricominciai a frequentare un po’ il Mondo Magico e in particolare le zone come Notturn Alley, in cui trovavo le pozioni che facevano al caso mio e anche chi era disposto ad aiutarmi al prezzo di qualche galeone – fortunatamente alla Gringott potevo cambiare il mio denaro babbano in denaro magico – e senza fare troppe domande. Imparai che i tipi più loschi erano sempre quelli meno curiosi e più discreti e quindi, presa dalla necessità di realizzare il mio piano, mi misi più volte nelle mani di perfetti sconosciuti.
Non ti dirò a quale prezzo e con che dolore dovetti fingere la mia malattia e persino la mia morte, con la consapevolezza che avreste assistito a un funerale che non era il mio. Ti voglio risparmiare quei dettagli macabri che oggi ancora mi tormentano durante il sonno. Non potrò mai perdonarmi per aver fatto una cosa del genere: me ne vergogno e mi addolora tutt’ora pensarci, ma allora mi sembrò la cosa più giusta da fare… Dovevo allontanare da voi ogni possibile legame con la magia, per proteggervi, e inoltre mi sentivo in dovere di sapere che fine avesse fatto la mia famiglia.
Mi comprai anche un mantello dell’invisibilità, di pessima qualità, ma per fortuna non troppo costoso, pensando di indossarlo per i primi giorni nel caso mi fossi trattenuta nei dintorni. Ma alla fine la codardia mi vinse, e ancor prima che voi iniziaste a celebrare quel finto funerale fuggii da Londra, perché non avrei sopportato di assistere al vostro dolore.
La mia prima meta, naturalmente, fu Castletown. Dopo qualche settimana di viaggio riuscii a raggiungere la mia cittadina natale che, nonostante il passare degli anni, non trovai più di tanto cambiata. Ad essere cambiata ero io, tanto che nonostante avessi con me il mantello dell’invisibilità da indossare nel caso in cui  avessi incontrato vecchie conoscenze, non dovetti servirmene: nessuno per strada diede segno di riconoscermi. Non potevo di certo presentarmi in casa mia dopo tanto tempo, per cui mi finsi una curiosa ex abitante della zona che si trovava a Castletown soltanto di passaggio, e chiesi informazioni sui miei vecchi vicini di casa all’anziana proprietaria dell’osteria, avendo cura di nominare soltanto alla fine, e con finto disinteresse, i Peverell.
“Ah, quella strana famiglia… Sono sempre stati riservati i Peverell, non si è mai saputo molto di loro...” mi rispose con un briciolo di disappunto, “Poveretti però, non devono aver avuto una vita facile.”
Ricordo che le risposi con un “Perché?” strozzato, non osando immaginare che cosa fosse successo ai miei. Fortunatamente lei non se ne accorse.
“Mah, prima quella figlioletta che avevano… Un po’ strana, sempre in disparte. D’un tratto non si è quasi più vista in giro, mia figlia dice che alla scuola del paese non ha mai messo piede. Io ho sempre pensato che avesse qualche strana malattia, ecco, e che l’avessero mandata in qualche centro speciale. Ogni tanto si vedeva in giro con la sua povera madre, ma raramente… E poi d’un tratto, puff! È sparita, mai più vista. Ed era ancora giovane, la poverina, avrà avuto sedici anni. Penso sia morta, i suoi non ne hanno mai parlato. Non si ricorda di lei?”
Annuii lievemente, rispondendole che avevo qualche vago ricordo, e la incitai a continuare.
“E poi sua madre … Una così bella donna, morta troppo giovane. Cinque o sei anni dopo la figlia: il suo cuore non avrà retto”.
Per poco non ce la face nemmeno il mio. Inspirai profondamente e dovetti appoggiarmi al bancone, cercando di trattenere le lacrime.
“La conosceva? Una cosa inaspettata, sì, non era poi tanto anziana. Ci ha lasciati troppo presto”.
Le chiesi tremante se gli altri erano ancora vivi, desiderosa di uscire quanto prima dal locale. Ma lei purtroppo negò con la testa.
“Anche il fratello maggiore, quel… Pancras, può essere? Che nome strano. Lui è morto circa tre anni fa, se non sbaglio. Una malattia, o qualche incidente sul lavoro. Non l’abbiamo mai capito, le ho detto che sono sempre stati molto riservati i Peverell”.
Deglutii, poi le domandai se aveva famiglia.
“No, fortunatamente no… Mi pare non si sia mai sposato. L’altro fratello sì, però: vive con sua moglie, la figlioletta e il padre di lui, il signor Peverell: sono sempre rimasti nella loro vecchia casa”.
Ringraziai la signora, per cui evidentemente era stato un vero piacere poter spettegolare un po’, e uscii dal locale con le gambe che tremavano. Temevo che le ginocchia non avrebbero retto, per cui mi sedetti sulla prima panchina isolata che trovai e scoppiai in lacrime.
Le uniche due persone della mia famiglia che mi avevano dimostrato di volermi almeno un po’ di bene, mia madre e mio fratello maggiore, erano morte. Che senso aveva avuto allora il mio ritorno? Non avevo trovato la guerra a Castletown, non avevo trovato i Mangiamorte, non avevo trovato la magia oscura, certo. Ma avevo comunque trovato la malattia, la morte, la solitudine.
Forse me lo meritavo: avevo privato i miei figli della loro madre, e così io ero stata privata della mia. Un prezzo equo da pagare, no?
Passai di fronte alla mia vecchia dimora, ma non entrai. Rimasi a lungo, coperta dal mantello, a osservare le figure scure che si muovevano dietro i vetri della cucina e del salotto, finché non fui sicura di aver individuato il mio vecchio padre, che ormai si muoveva lentamente e ricurvo, e mio fratello Harmon con la moglie e la figlia. Sapere che erano vivi mi bastava, non avevo intenzione di presentarmi in quella casa in cui ora abitavano soltanto coloro che più mi avevano disprezzata e che avevano causato la mia fuga. Non avrebbe avuto senso.
Mi recai invece al cimitero di Castletown e vagai tra quelle lapidi immacolate finché non trovai ciò che cercavo. Mi sedetti accanto a loro e lì finalmente mi sentii libera di versare le mie lacrime più sincere, di chiedere perdono per ciò che avevo fatto e di perdonare – questa volta con la più profonda sincerità – ciò che loro avevano fatto a me.
 
Gli anni seguenti li passai viaggiando e studiando il Mondo Magico. Ero assetata di sapere, volevo conoscere tutto ciò che riguardava la magia. La mia condizione di Maganò mi aveva precluso la conoscenza non solo degli incantesimi e della magia pratica, ma anche della storia della magia, perché la mia famiglia non aveva ritenuto necessario insegnarmela. E inutile dire che una volta conquistata la libertà ero così schifata dal comportamento dei maghi nei miei confronti da non volerne più sapere assolutamente nulla di loro, concentrandomi totalmente sulla realtà babbana.
A quasi cinquant’anni però mi ritrovavo di nuovo sola al mondo, curiosa e desiderosa di compensare tutto ciò di cui la mia natura non-magica mi aveva privato… Volevo scoprire la magia anche per poter proteggere voi, convinta di non potervi difendere da qualcosa che io stessa non conoscevo. Così, viaggiando, iniziai a indagare anche sulla magia oscura: mi informai su chi fossero Lord Voldemort e i suoi Mangiamorte, cercai di seguire i loro passi attraverso i giornali, terrorizzata dalla loro rapidissima ascesa al potere, e rimasi affascinata dalla reazione di chi coraggiosamente si univa all’Ordine della Fenice per combatterli. La magia, che in passato mi aveva procurato tanti dolori, iniziò ad affascinarmi sempre di più, e fui felice di scoprire che esistevano anche tanti maghi buoni, disposti persino a lottare per i diritti dei Maghinò e dei Babbani.
Sentivo di dover fare qualcosa per le persone come me e per i Babbani, che in fondo costituivano la mia vera comunità e famiglia, per cui iniziai a pensare a come si sarebbe potuta realizzare un’integrazione pacifica e fruttuosa tra la comunità magica e quella babbana. Studiai moltissimo in quegli anni e arrivai ad elaborare le teorie più disparate. Il periodo, però, non era dei più facili: i Mangiamorte proclamavano a gran voce la necessità di mantenere intatta la purezza del sangue magico e quindi non trovavo spesso persone disposte ad aiutarmi nelle mie ricerche. Tutti erano diffidenti, tutti avevano paura.
Un giorno arrivò alle mie orecchie il nome di Albus Percival Silente, fondatore dell’Ordine della Fenice e noto babbanofilo. Il fatto che anche un mago del suo livello potesse sostenere la causa dei Babbani mi riempì di orgoglio e di nuove energie: fu così che mi ripromisi che un giorno, non appena fosse stato possibile, avrei trovato un modo per condividere con lui le mie idee.
Studiando e viaggiando, cercai in quegli anni di dare un senso alla mia esistenza isolata e solitaria, senza smettere allo stesso tempo di seguire i vostri spostamenti per assicurarmi che steste bene e che la profonda crisi che stava colpendo il Mondo Magico non avesse delle ripercussioni sulle famiglie babbane come la vostra. L’idea dei Diari si rivelò geniale: mi riempì di orgoglio e felicità sapere che non solo avevi seguito il mio consiglio e che continuavi a scrivere, ma lo facevi proprio nelle pagine del volume che ti avevo affidato. Quale gioia, Joanne, ogni volta che vedevo comparire delle nuove scritte nelle pagine bianche del mio diario! Quale gioia poter vedere la tua grafia cambiare insieme al maturare delle tue riflessioni, sapere che stavi bene e che il tuo talento e la tua creatività non ti avevano abbandonato… Al contrario, diventavi sempre più brava.
Purtroppo nel Mondo Magico le cose non andavano così bene: Lord Voldemort e i suoi seguaci stavano acquistando sempre più potere, numerose famiglie Mezzosangue erano state attaccate, e così anche i Purosangue che si rifiutavano di seguirlo o che cercavano di proteggere i suoi nemici. Mi convinsi sempre di più, quindi, di aver fatto bene a lasciarvi: ora che nulla vi legava più alla magia, potevo ritenervi al riparo dal pericolo.
 
La mia situazione sembrava essersi stabilizzata, ma avrei dovuto supporre che la tranquillità non sarebbe potuta durare per troppi anni.
Tutto cambiò nella mia vita il giorno – o meglio, la notte – in cui tutto cambiò anche per l’intero Mondo Magico.
Era la notte del 31 ottobre 1981, una data che immagino ti sarà ben nota. Stavo tranquillamente dormendo nella mia ultima casa – cambiavo spesso dimora di quei tempi – quando ebbi una terribile visione. E la chiamo visione e non incubo perché fu più di un incubo, fu il sogno più vivido che avessi mai fatto: terribilmente realistico, in un modo inquietante. Ti chiederai che cosa vidi, ma la verità è che l’unico ricordo visivo che ho di quel momento è un lampo di luce verde, un’esplosione accecante e terribilmente potente. Ricordo poi una sensazione sulla pelle, come una forte folata di vento, o piuttosto come un’ondata di energia che mi colpì. E soprattutto ricordo i suoni: due urli, contemporanei, opposti e allo stesso tempo struggenti. Il pianto acutissimo e quasi senza fiato di un bambino. E poi l’urlo devastante e orripilante di un uomo. Un urlo selvaggio, espressione massima di terrore e di incredulità.
Se chiudo gli occhi quel suono ancora mi rimbomba nella testa, non lo dimenticherò mai.
Mi svegliai di colpo, con la sensazione che quelle due persone fossero nella mia stanza: non mi spiegavo, altrimenti, come fosse possibile avere ancora il riverbero di quel suono nelle orecchie. E mi svegliai anche con la sensazione che qualcosa si fosse rotto dentro di me: nulla mi sembrava più come prima, anche se non ne capivo il motivo.
Non ebbi più visioni quella notte, ma nemmeno riuscii a riprendere sonno.
Il mattino seguente comprai come al solito la Gazzetta del Profeta, e quale sorpresa nel trovarmi tra le mani quell’Edizione Straordinaria che tutto il Mondo Magico ricorda, e nel leggere le parole che da anni ogni mago sognava di leggere: Colui-che-non-deve-essere-nominato era stato sconfitto. Sconfitto da Harry Potter, il bambino sopravvissuto.
Nessuno sapeva ancora bene che cosa fosse accaduto, ma i giornali raccontavano che l’Anatema che Uccide, lanciato al piccolo figlio dei Potter nel tentativo di assassinarlo, era inspiegabilmente rimbalzato contro il mago più oscuro di tutti i tempi, determinando la sua morte.
La notizia mi rallegrò e mi terrorizzò allo stesso tempo. C’era una connessione tra ciò che era successo quella notte a Lord Voldemort e il mio sogno, ne ero sicura. Quel lampo verde, quelle urla… Le loro? Probabilmente sì. Ma perché?
Non capivo.
Non ero dotata di poteri magici, questo lo sapevo da anni, eppure quella visione era la cosa più vicina alla magia a cui avevo mai assistito… E doveva essere stata una magia potente, continuavo a pensare. Quella notte avevo forse previsto quello che sarebbe accaduto? O ero riuscita a vederlo a distanza, contemporaneamente? Che cosa  era successo?
Mi atterriva l’idea che la mia prima e unica manifestazione magica fosse così strettamente legata alla magia oscura. Non sapendo che cosa fare o a chi rivolgermi, decisi di tacere. Non l’avrei raccontato a nessuno  – e a chi, d’altra parte? Non avevo amici da anni! –, in fondo la visione non sembrava aver avuto ripercussioni sulla mia vita né sulla mia persona (provai a lanciare qualche piccolo incantesimo il giorno dopo, ma ben presto mi rassegnai: ero la solita Maganò, niente di più e niente di meno), per cui perché curarmene?
 
Non mi capitarono più episodi di questo genere, almeno per alcuni anni.
Ripresi la mia vita in tutta tranquillità. Anzi, con una tranquillità decisamente maggiore ora che sapevo che Voldemort era stato sconfitto. Alcuni dei suoi seguaci rimanevano comunque in circolazione, anche se la storia del loro pentimento non convinceva tutti, ma il Ministero riuscì a catturare e a rinchiudere un buon numero di Mangiamorte. Non tutti i maghi erano convinti della reale morte di Lord Voldemort, alcuni credevano che fosse ancora vivo ma profondamente debilitato da quell’incantesimo rimbalzatogli contro. Io, però, non me ne preoccupavo più di tanto: la verità era che la vita nel Mondo Magico non era mai stata così serena e senza problemi.
Non saprei dire con esattezza quando ricominciai ad avere quelle visioni, so solo che passò molto tempo, dai cinque ai dieci anni,  direi. Inizialmente erano molto diradate nel tempo e poco intense, tanto che non ci feci caso; capitava un paio di volte all’anno, o magari a distanza di molti mesi. Non avevano niente a che fare con la potenza e l’impatto della prima, semplicemente mi sembrava di provare le sensazioni e le emozioni di qualcun altro, di vedere degli stralci della sua vita. Poteva capitare in sogno, mentre dormivo, ma con più frequenza mi capitava da sveglia: erano delle fantasticherie, la mia mente vagava e non so come mi ritrovavo a immaginare dei particolari della vita di un ragazzino occhialuto, moro e dagli occhi verdi. Era una storia opposta alla mia, la sua: mago ma allevato da una famiglia di Babbani, parenti dei suoi genitori morti, che conoscevano la sua condizione e lo odiavano proprio per questo, rendendogli la vita impossibile.
Inizialmente non mi resi conto che si trattava di visioni, pensai semplicemente che fosse tutto frutto della mia immaginazione. Esattamente come accade a uno scrittore che, in un lampo d’ispirazione, riesce a delineare perfettamente i tratti di un nuovo personaggio. Tant’è che – ironia della sorte – pensai che per passare il tempo avrei potuto provare a scrivere qualcosa su quel buffo ragazzino che non si sa bene come mi era entrato in testa.
Non scrivevo da anni, anche se da piccola mi era sempre piaciuto (pur non avendo un grande talento, lo ammetto), e mi piacque l’idea di appuntare quei pensieri sparsi sullo stesso diario da cui leggevo i tuoi pensieri e le tue storie. In fondo, pensai, non correvo alcun pericolo: per poter leggere ciò che scrivevo, avresti dovuto usare la magia. E una cosa era certa: tu dalla magia eri ben lontana. Decisi quindi di usare il mio diario al contrario, lo girai e iniziai ad appuntare di tanto in tanto qualche piccola idea: in questo modo, aprendolo sulla prima pagina potevo leggere i tuoi scritti e, aprendolo sull’ultima, i miei.
Erano pensieri sparsi e non una vera e propria storia, perché purtroppo pareva non potessi controllare questi slanci di immaginazione. Da un lato erano sempre incredibilmente efficaci perché, anche quando mi apparivano in sogno, riuscivo a ricordarne ogni singolo dettaglio persino a distanza di molto tempo; dall’altro, però, erano fugaci e indomabili, perché non era possibile sedermi alla scrivania e provare a immaginare come proseguisse la storia. Non ero in grado di ideare qualcosa razionalmente e con la mia testa, sembrava dovessi per forza aspettare queste ispirazioni improvvise per poter sapere qualcosa di più sul mio personaggio. Rinunciai quindi a scrivere una storia a tavolino, ma decisi comunque di continuare ad appuntare i vari dettagli man mano che mi venivano in mente, nel caso in futuro mi fossero serviti.
Devo anche dire che la qualità di queste, che allora non avevo ancora riconosciuto come visioni, ma che consideravo semplici fantasticherie, migliorò notevolmente con il passare degli anni: inizialmente si trattava di brevi intuizioni, e dovevo scavare a fondo per scoprire qualcosa di più, ma con il tempo iniziarono a formarsi nella mia mente immagini così nitide da potermici perdere per minuti, e poi per ore, come se stessi guardando un film. Il tutto dal punto di vista del mio protagonista, a cui non riuscivo ancora a dare un nome. E nemmeno mi sforzavo più di tanto a dirla tutta, inventarlo sembrava impossibile: sapevo che un giorno mi sarebbe venuto in mente di colpo, così come era accaduto con il resto.
Per anni continuai a pensare che fosse tutto frutto di una fantasia un po’ troppo sviluppata e della mia vita solitaria, che mi costringeva a continui dialoghi con me stessa, finché una sera d’estate, mentre me ne stavo tranquillamente seduta a leggere un libro, la visione sulla continuazione della storia fu così nitida e dettagliata da farmi cadere in trance per quelle che mi sembrarono ore. Quella sera il mio protagonista scoprì di essere un mago, fu un gigante di nome Hagrid in missione per la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts a dirglielo. E quella sera finalmente mi fu dato sapere il suo nome: Harry Potter.
Di colpo ripercorsi tutte le visioni passate e seppi che i Babbani con cui viveva l’avevano sempre chiamato con quel nome, anche se io non ero mai riuscita a sentirlo. Di colpo vidi il nome stampato su quelle lettere che aveva continuato per giorni a ricevere, e che erano sempre state indirizzate a lui,  anche se fino ad allora non avevo potuto leggerne il destinatario. Di colpo capii che non erano semplici fantasticherie, ma che quello era davvero Harry Potter. Lo stesso che aveva pianto la notte del 31 ottobre 1981. Lo stesso di cui non si era saputo più nulla dal 1981. Mentre io, inspiegabilmente, sapevo.
Non so dire se fu per colpa di questa mia nuova consapevolezza, per il fatto che Harry avesse scoperto di essere un mago o semplicemente perché le cose dovevano andare così: so soltanto che da quel giorno iniziai a vedere sempre più cose. A volte andavo in trance, come quella sera, altre volte sognavo, altre ancora semplicemente le informazioni mi venivano in mente senza che io me ne rendessi conto… E così iniziai a scoprire un numero sempre maggiore di dettagli su di lui e sulla sua vita, seguendolo quasi passo passo in tutto ciò che faceva e pensava. Non sapevo perché, ma non potevo evitarlo.
Rapita da ciò che mi stava accadendo, continuai ad appuntare sul mio diario tutto quello che vedevo, iniziando allo stesso tempo ad informarmi sul motivo di ciò che mi stava accadendo: leggevo tomi su tomi riguardanti le visioni, le premonizioni e il collegamento telepatico tra maghi, ma senza riuscire a trovare nessuna descrizione che mi ricordasse anche solo lontanamente la mia situazione.
Era evidente che qualcosa era scattato la notte in cui Voldemort aveva attaccato il piccolo Harry, e quel qualcosa aveva collegato la sua mente alla mia. Ma come? E perché?

Non avendo nemmeno modo di verificare se ciò che vedevo nella mia mente corrispondesse o meno alla realtà, decisi di non prendere decisioni drastiche ma di continuare la mia vita tranquillamente, seguitando però ad appuntare tutti i dettagli, nel caso quelle informazioni mi fossero servite in futuro. Ero sola al mondo e non avevo nessuno a cui rivolgermi per chiedere aiuto, temevo che se avessi cercato di spiegare a qualcuno la mia situazione mi avrebbero presa per pazza… E inoltre, quelle visioni non sembravano avere nessuna ripercussione sulla mia vita né su quella di Harry Potter (se poi era realmente la sua vita quella che vedevo), per cui cercai di non pensarci troppo e di non dare un eccessivo peso alla cosa.
Più o meno nello stesso periodo mi resi conto che il Diario sembrava non funzionare più molto bene. Da molto tempo ormai non comparivano più tuoi nuovi racconti, ma di questo non mi ero preoccupata più di tanto, trovando una giustificazione nei numerosi impegni che sicuramente avevi alla tua età. Mi resi però conto in quel momento che spesso le mie scritte sbiadivano inspiegabilmente per poi ricomparire qualche foglio più in là, a volte sovrapposte alle tue. Mi sarebbe però dispiaciuto smettere di scrivere su quelle pagine che erano ormai diventate il mio unico conforto, per cui continuai a farlo, pensando che sicuramente il potere magico dei Diari si stesse rovinando con il passare degli anni: in fondo non dovevano essere così miracolosi come mi erano stati dipinti dal libraio di Notturn Alley.
 
Dalla visione della notte del 31 luglio in poi, però, iniziai a vedere sempre più cose. Mi capitava di avere dei periodi di “pausa”, ma più spesso le informazioni che mi venivano alla mente erano così lunghe e dettagliate da farmi passare intere giornate o nottate a prendere appunti su ciò che vedevo, interrompendomi soltanto per mangiare e dormire. Il primo anno di Harry ad Hogwarts fu un anno agitato e, come potrai immaginare, lo fu anche per me. Non sapevo per certo se ciò che stavo vedendo fosse vero, ma quando nel giugno del ’92 ebbi una visione particolarmente intensa dell’incontro tra Harry e Voldemort – nascosto fino ad allora nel corpo del professor Raptor – la sola idea che potesse esserlo mi atterrì. Lord Voldemort era davvero ancora in circolazione? Ciò che avevo visto era vero?
Dovetti aspettare fino all’anno seguente, ma purtroppo la conferma arrivò: quando ad Hogwarts iniziarono a verificarsi strani eventi relazionati con la presunta riapertura della Camera dei Segreti, la voce circolò ben presto nel Mondo Magico. La notizia era su tutti i giornali, si parlava persino di una possibile chiusura della scuola, per cui seppi con certezza che ciò che vedevo nella mia testa corrispondeva alla realtà dei fatti. Se poi anche ciò che sentivo sulla vita e le sensazioni di Harry fosse vero, non potevo saperlo… Ma era evidente che almeno un fondo di verità nelle mie visioni doveva esserci.
Le cose andarono avanti così per molto tempo e io non riuscivo a trovare una risposta alle mie domande. Se all’inizio la situazione mi aveva in un certo modo entusiasmato, più passava il tempo e più comprendevo quanto fosse scomoda e sbagliata: senza volerlo io conoscevo tutti i pensieri e i dettagli della vita di un’altra persona, che cosa sarebbe successo se lui l’avesse scoperto? Si sarebbe sentito spiato, sarei stata accusata di averlo fatto apposta, ne ero sicura. Così, ancora una volta, tacqui, convinta che fosse l’unico modo per non fare danni.
Passarono così altri due anni, anni in cui continuai senza sapere perché a vivere un’esistenza parallela a quella di Harry Potter, ormai quasi costantemente collegata ai suoi pensieri. Soltanto nell’estate del ’95 accadde qualcosa che mi convinse definitivamente ad agire: anche io, insieme ad Harry, vidi il ritorno di Lord Voldemort in sembianze umane. Ancora una volta, la visione del loro incontro fu più intensa di tutte le precedenti, mi sembrò quasi di essere lì con loro, e la sola idea mi terrorizzò. Ma ancor di più mi terrorizzò nelle settimane seguenti scoprire che molti maghi non credevano al racconto di Harry e che – forse più per paura che per reale convinzione – non accettavano che Voldemort potesse davvero essere tornato. Arrivai a sfiorare la follia, mi sentivo persa nella disperazione come mai lo ero stata prima, e probabilmente riuscii a mantenermi lucida soltanto perché la volontà di fare qualcosa era più forte di ogni altro sentimento. Io avevo visto con i miei occhi, io sapevo. Sapevo che Harry non mentiva, sapevo cosa provava nel non essere creduto: non potevo starmene con le mani in mano mentre il Mondo Magico chiudeva gli occhi di fronte ad una simile verità.
 
Presi allora una decisione che probabilmente, ripensandoci ora, mi salvò la vita. Memore degli scritti che avevo letto su di lui e della sua bontà verso i Babbani, e confortata dal senso di fiducia che i pensieri di Harry su di lui mi trasmettevano, decisi di andare a parlare con Albus Silente. Era una scelta importante e allo stesso tempo azzardata, perché avrebbe significato dover svelare per la prima volta tutta la mia storia a un mago, ma sapevo che le cose non potevano continuare così. Inoltre Silente mi sembrava un uomo molto saggio e assennato, per cui nutrivo la speranza che avrebbe potuto risolvere il mistero del mio collegamento con la mente di Harry.
Presi il coraggio tra le mani e mandai un gufo al Preside, includendo nella lettera ben pochi dettagli: gli dissi soltanto che ero una Maganò e che avevo urgente bisogno di parlargli in privato per alcune questioni riguardanti la vita di Harry Potter. La sua risposta non tardò ad arrivare: era interessato e curioso e mi chiese il permesso per venire a farmi visita una delle sere seguenti, dal momento che farmi entrare nel Castello senza usare la magia e senza scatenare dei sospetti – soprattutto nella professoressa Umbridge, che di quei tempi già girava per la Scuola controllando tutto e tutti – sarebbe stato abbastanza difficile.
Non avevo più avuto contatti né con maghi né con Babbani da tempo, e inoltre da anni coltivavo il desiderio di poter conoscere quel grande mago, per cui attesi la sua visita con impazienza. Silente si presentò alla soglia di casa mia una sera di fine settembre, avvolto in un leggero mantello grigio come la nebbia, e non appena incrociai il suo sguardo seppi che avevo fatto bene a decidere di raccontare tutto a lui: i suoi occhi limpidi e dolci mi trasmisero sin da subito una grande sicurezza, e mi diedero quasi l’impressione che lui sapesse esattamente come mi sentivo. Fu incredibilmente gentile con me, come non lo era mai stato nessun mago, e mi rivelò subito di essere molto curioso riguardo a ciò che avevo da dirgli. Mi disse che con lui avrei potuto parlare liberamente senza temere giudizi, e che mi avrebbe ascoltata senza interrompermi sino alla fine.
Effettivamente andò così, e fu estremamente liberatorio poter finalmente raccontare tutto a qualcuno. Proprio come sto facendo ora con te, gli raccontai tutto: la scoperta di essere una Maganò, la mia prima e poi la mia seconda fuga, fino ad arrivare alle visioni. Evitai soltanto di raccontargli del Diario, perché temevo potesse pensare che mi stavo appuntando tutto ciò che vedevo per utilizzarlo con qualche secondo fine, cosa assolutamente non vera. Mi ripromisi che gliel’avrei raccontato più avanti, se per caso si fosse rivelato importante.
Quando arrivai a parlargli delle visioni, lo sguardo di Silente si incupì. Aggrottò la fronte e per un attimo sembrò volermi interrompere per chiedere qualcosa, ma poi richiuse la bocca e con un cenno della mano mi fece segno di continuare il mio racconto. Parlò soltanto quando lo ebbi terminato.
“Beh, ammetto di aver sentito e visto molte cose nella mia lunga vita, ma quello che Lei mi ha riferito ha davvero dell’incredibile signora Bulgen… O forse preferisce Peverell?”
Gli dissi che preferivo continuare ad essere chiamata con il mio nome babbano e annuì, sorridendo lievemente.
“Lo sospettavo, come dissi a suo tempo a Harry, sono le scelte che facciamo che dimostrano quello che siamo veramente… E Lei ha scelto di essere una Bulgen, e non una Peverell. Ad ogni modo, mi dica” mi domandò, alzandosi e iniziando a camminare per la stanza, accarezzandosi la barba con l'espressione concentrata, “è proprio sicura che ciò che ha visto sulla vita di Harry Potter corrisponda davvero alla realtà? Ha avuto modo di verificarlo?”
Gli dissi che naturalmente non potevo sapere con certezza se tutto fosse vero o meno, soprattutto per quanto riguardava la vita privata del ragazzo, ma che ciò che sentivo raccontare nel Mondo Magico corrispondeva a ciò che io stessa avevo visto. Gli raccontai del primo anno e della pietra filosofale, di come Harry aveva salvato Sirius Black, del ritorno di Voldemort: dettagli che nessun altro avrebbe potuto conoscere, al di fuori di Harry, Silente e… io.
Parve convincersi, perché annuì, ma rimase poi per alcuni minuti in sovrappensiero, continuando a ripetere tra sé e sé quando tutto ciò fosse straordinario.
“Signore…” lo interruppi, “Signor Preside, io l’ho contattata perché mi sento in dovere di fare qualcosa, capisce? Il Ministero continua a smentire il racconto di Harry, il Profeta gli va contro, molte famiglie magiche si rifiutano di credergli! Io però posso testimoniare in suo favore, perché ho visto Lord Voldemort tornare. Potrei raccontarlo al Mondo Magico, magari servirebbe a qualcosa…”
“Oh, capisco”.
Parve sinceramente sorpreso. 
“Molto nobile da parte sua, signora Bulgen, non avevo capito che mi avesse contattato per questo motivo: pensavo piuttosto che l’avesse fatto alla ricerca di risposte”.
“Beh, sì, anche di quelle, ma…”
“Le troveremo, le troveremo” mi promise. “In ogni caso, nonostante la sua proposta sia sensata e, come le ho detto, molto nobile, ho paura che non sia possibile realizzarla. Anzi, temo proprio che dovrò ordinarle di non raccontare assolutamente a nessuno quello che le sta accadendo, signora… Potrebbe mettere a repentaglio la sua vita, e quella di molte altre persone. Harry incluso”.
Lo guardai senza capire. Io volevo soltanto aiutare, perché mai avrei potuto costituire un pericolo per Harry?
“Signora Bulgen, Lei ha in mano un’arma potentissima. A quanto mi ha raccontato, può vedere tutto ciò che Harry fa o pensa, può sapere dove si trova, che cosa prova, che cosa desidera… Si rende conto di che cosa potrebbe succederle se Voldemort lo venisse a sapere? Darebbe la caccia a Lei per estorcerle queste informazioni, e poi poterla facilmente dare a lui!”
Soltanto in quel momento capii la gravità della situazione. Silente aveva ragione, come avevo fatto a non pensarci prima? Ero in pericolo, ero un pericolo. Quello che la mia mente vedeva era un pericolo, e metteva in pericolo Harry.
Gli chiesi terrorizzata che cosa dovessi fare.
“Quello che ha fatto fin’ora, né più né meno”, mi rispose. “Temo che sarà terribilmente noioso, ma non deve raccontare niente a nessuno e deve continuare a vivere nell’anonimato. Non penso che qualcuno potrebbe mai sospettare una cosa del genere, ma non si sa mai. Potrei darle una mano, farò in modo che le informazioni successive alla sua nascita vengano cancellate dagli archivi magici, lei sarà irrintracciabile”.
Mi si avvicinò e mi prese le mani tra le sue, chinandosi per guardarmi negli occhi.
“Quello che mi ha raccontato deve rimanere tra me e lei, mi capisce? È di vitale importanza”.
Annuii in silenzio, senza staccare gli occhi dai suoi.
Dopo qualche secondo riuscii a riprendere la parola.
“Ma… signor Silente? Lei sa perché mi sta accadendo tutto questo? Perché riesco a vedere queste cose? Io…”
“Ah!” esclamò soddisfatto, recuperando sorprendentemente il sorriso, “Ora arriviamo alla parte divertente”.
Dovette notare la mia espressione incredula.
“Oh, sì… Vede, la magia è una forza così potente che è umanamente impossibile arrivare a dominarla del tutto, anche dopo anni e anni di studio e di pratica. Per questo è tanto affascinante scoprire forme di magia mai incontrate prima, o su cui nessuno ha mai riflettuto. Alla mia veneranda età, mi diverte avere ancora la possibilità di indagare e scoprire nuove cose. Oggi Lei mi sta dando un’ottima opportunità per farlo, e per questo la ringrazio!”
“Ma ha qualche idea in proposito?” ero impaziente. “Tutto sembra essere iniziato la notte in cui Voldemort ha attaccato Harry, ma non capisco quale relazione possa avere tutto questo con me, che non ho un briciolo di magia…”
“Oh, no, non dica così! Forse Lei purtroppo non è dotata di poteri magici, ma non credo proprio che non abbia un briciolo di magia. C’è della magia dentro ognuno di noi, sempre. Anzi, è evidente che in Lei ce n’è decisamente di più rispetto alla maggior parte dei Maghinò e dei Babbani… Non le pare?”
Ammisi che forse aveva ragione, ma continuavo a non capire.
“Mi tolga una curiosità, signora Bulgen… Lei, al contrario di praticamente tutti i maghi che ho conosciuto sin’ora, pronuncia il nome di Lord Voldemort senza timore. Come mai?”
Rimasi di stucco, perché era l’ultima domanda che mi sarei aspettata. E anche perché in realtà non ci avevo mai fatto caso.
“Beh, non saprei. Forse perché… lo fa Harry? Ho sempre conosciuto Voldemort tramite la sua testa e i suoi pensieri, quindi può essere che sia per questo motivo…”
Lui annuì.
“Sì, lo sospettavo. C’è una speciale connessione tra di voi. Al di là del fatto che Lei possa vedere alcuni episodi della sua vita, intendo. Ho l’impressione che ci siano momenti in cui Lei prova esattamente le sue stesse sensazioni, e ha i suoi stessi impulsi e desideri. Come il bisogno straziante di far conoscere al Mondo Magico la verità, ad esempio”.
Quello che Silente diceva era vero, ma non mi chiariva affatto le idee. Decisi di lasciarlo parlare, sicura che prima o poi sarebbe arrivato al punto.
“Non posso dirle con certezza il perché di questa cosa straordinaria che le sta accadendo, Kathleen… Ma ascoltando il suo racconto mi sono fatto alcune idee in merito”.
Sorrisi nel sentirgli pronunciare per la prima volta il mio nome di battesimo, segno di una nuova intimità tra di noi, e annuii, incitandolo a continuare.
“Lei sa, ad esempio, che anche i Potter discendono dai Peverell?”
Sgranai gli occhi.
“Davvero?”
Silente mi raccontò brevemente la storia dei tre fratelli che tante volte avevo ascoltato da piccola e mi disse che da anni sospettava che il Mantello dell’Invisibilità che Harry aveva ereditato per via paterna fosse quello di Ignotus Peverell, e che aveva quindi fatto alcune ricerche che dimostravano come il minore dei tre fratelli fosse quasi certamente un antenato dei Potter.
“Beh, ma questo non significa nulla… Voglio dire, siamo soltanto lontanissimi parenti!”
Mi disse che avevo ragione, ma che secondo lui c’era dell’altro.
“C’è un mago sulla cui vita e sul cui passato ho indagato ancora di più rispetto a quello di Harry Potter… Indovina chi è?”
“Voldemort?” risposi esitante.
“Esatto. E non lo posso ancora dire con certezza, ma pare che anche la famiglia materna di Voldemort – la famiglia Gaunt – discenda dai Peverell. Probabilmente dal secondo fratello, Cadmus. Della Pietra della Resurrezione fin’ora si sono perse le tracce, per cui non ci sono prove… Ma ne sono abbastanza convinto, ecco”.
“Continuo a non capire, professore. Se anche discendessimo tutti e tre dai tre fratelli della leggenda, perché mi sta accadendo questo?” gli chiesi.
“A parer mio per vari motivi, la cui coincidenza ha fatto sì che si scatenasse un’incredibile reazione magica in Lei, che di magia ne aveva sempre vista ben poca. Prima di tutto, Kathleen, ho ragione di credere che Lei sia dotata di una singolare forma di empatia, con Harry in particolare… Ma non solo”.
“Empatia?”. Non capivo.
“Oh, sì. Le ho già detto che c’è della magia in tutti noi, e c’è della magia anche in capacità che i Babbani spesso sottovalutano e trovano insignificanti, come l’intuito, la sensibilità o l’empatia. Ho percepito questa sua facoltà non appena ho incrociato il suo sguardo, Kathleen… Ma immagino che debba essere particolarmente forte soltanto con alcune persone, persone che per Lei saranno diventate speciali. Come Harry”.
In realtà il mio primo pensiero in quel momento non andò ad Harry, mia cara Joanne, ma a te. Forse quello che Silente mi stava dicendo spiegava la mia capacità di capire all’istante quello che provavi, quella straordinaria vicinanza che c’era stata tra noi due?
La sua voce interruppe i miei pensieri.
“Ha mai sentito parlare dei nuclei gemelli, Kathleen?”
Annuii.
“Sì, ne ha parlato Lei a Harry a proposito di quanto accaduto al cimitero… O sbaglio?”
Lui sorrise.
“Accidenti, che memoria! Non sbaglia. Ecco, giusto per farle capire… Ho come l’impressione che sia accaduta una cosa del genere con Lei. Il sangue magico, più di quello babbano, ha in sé un enorme potere, non serve soltanto a mantenerci in vita: una goccia di sangue versato, un sacrificio, un legame tra due persone… Tutto lascia tracce, tutto può avere conseguenze. La notte in cui Voldemort attaccò Harry, molte cose accaddero contemporaneamente: Harry venne protetto dal sacrificio di sua madre, Voldemort fu sconfitto ma non morì del tutto e anche tra di loro si stabilì un inspiegabile collegamento. A quanto mi risulta, infatti, anche Harry da quest’estate sta avendo delle strane visioni collegate alla mente di Voldemort… Lei non è una strega, Kathleen, ma potrebbe aver avuto da sempre questa potente capacità empatica, in grado di metterla in intima connessione con altre persone, tra cui Harry, sembrerebbe. Non l’avrebbe mai scoperto senza incontrarlo di persona, ma a quanto pare quella notte ha cambiato le cose: due nuclei gemelli, e questa volta mi riferisco a quelli del loro sangue e non a quelli delle loro bacchette, si sono scontrati… E in Lei, forse la sola e unica discendente comune a entrambi, si è aperto un varco che va ben oltre la mera empatia. Che anzi sfiora la Legilimanzia, direi, anche se incontrollata. Non male, per una Maganò!”
Si alzò dalla sedia sorridendo.
“Se sta per chiedermi se sono certo di quello che le ho appena detto… No, non lo sono. Ma da come mi ha descritto le sue visioni è l’ipotesi più probabile: la discendenza comune dai Peverell spiegherebbe molte cose. A ogni modo, cercherò di studiare meglio la situazione, glielo prometto. Ci manterremo in contatto. Ma lei ricordi, Kathleen: non ne faccia parola con nessuno”.
Compresi che stava per andarsene e mi alzai per aprirgli la porta.
“Grazie di cuore, signor Preside”.
“Oh, grazie a Lei” mi rispose. “Come vede, non è mai troppo tardi per scoprire un po’ di magia dentro di noi”.




 

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Capitolo 15
*** La storia di Kathleen. (Parte III) ***


 

- La storia di Kathleen. -

Parte III




Le spiegazioni di Silente ebbero un doppio effetto su di me. Da un lato mi tranquillizzarono, perché finalmente conoscevo il motivo delle mie visioni e potevo escludere che si trattasse di magia oscura, ma d’altra parte vivevo con il terrore che qualcuno scoprisse il mio segreto: il Preside aveva ragione, ciò che io vedevo poteva facilmente essere usato come arma per trovare e uccidere Harry, per cui era fondamentale che nessuno lo venisse a sapere. Ne andava della mia stessa vita, e di quella di molti altri.
Continuammo a mantenere una corrispondenza piuttosto stretta e seppi che, dopo quello che gli avevo raccontato, Silente aveva iniziato ad approfondire ancor di più le sue ricerche sul passato di Lord Voldemort. Mi confessò inoltre quanto fosse difficile per lui – ma strettamente necessario –  mantenere il più possibile le distanze da Harry: pareva che, dopo il suo ritorno, il collegamento tra la mente di Voldemort e quella del ragazzo si stesse rafforzando sempre di più, tanto da rischiare che lui stesso se ne rendesse conto e decidesse di servirsene. Silente non poteva quindi rischiare che Harry venisse sfruttato per scoprire i suoi piani, a maggior ragione ora che era venuto a conoscenza della mia storia…
 
La mia vita non subì ulteriori scombussolamenti finché all’avvicinarsi delle festività natalizie, quando quel burrascoso ’95 volgeva finalmente al termine, un’inaspettata novità mi diede molto a cui pensare.
Da tempo non avevo più avuto occasione di dilettarmi con la lettura dei tuoi scritti sul Diario ma, come ti ho già detto, avevo dato la colpa agli impegni della vita adulta, che, immaginavo, ti lasciavano ben poco tempo libero. Inoltre, i miei stessi appunti ogni tanto sparivano e ricomparivano, per cui sospettavo che i due Diari non funzionassero più bene come una volta. Un giorno, però, mi accorsi con sorpresa e con piacere che delle nuove scritte erano finalmente comparse in una delle pagine ancora bianche.
Mi fiondai a leggerle e mi resi subito conto che questa volta non si trattava né di un racconto né delle annotazioni personali sulla tua vita che avevi iniziato a scrivere durante gli anni del college. Sembravano piuttosto aforismi, frasi tratte da un altro libro e annotate su quelle pagine per non dimenticarle. Anche a me era sempre piaciuto raccogliere le migliori citazioni dai romanzi che stavo leggendo, per cui la cosa non mi sorprese; rimasi però un po’ interdetta quando mi accorsi che le parole che avevi scritto mi risultavano familiari, quasi come se anche io le avessi già lette da qualche parte…
«Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere».
«Essere stati amati tanto profondamente ci protegge per sempre, anche quando la persona che ci ha amato non c'è più. È una cosa che ti resta dentro, nella pelle».
Scorsi l’elenco con piacere finché non arrivai all’affermazione che più di tutte mi fece sorridere… e rabbrividire.
«Avete corso il rischio di essere uccisi...o peggio ancora, espulsi».
Ero certa di aver già letto o sentito quelle parole, non poteva essere una mera coincidenza. Ma dove?
Alcune potevo benissimo averle lette io stessa in un libro, ma quell’ultima frase no, decisamente no. Eppure la ricordavo distintamente.
All’improvviso ebbi un flash.
Hermione Granger. Non ricordavo esattamente se fosse stato durante il primo o il secondo anno, ma ero sicura che quelle parole erano uscite dalla sua bocca. O, almeno, così mi era stato raccontato dalla mente di Harry.
Ma come potevi tu, Joanne, saperlo?
 
Rilessi con più attenzione tutte le annotazioni precedenti e mi resi conto che alcune di quelle erano certamente uscite dalla bocca di Silente, o di Harry, o di altri maghi che avevo conosciuto grazie alle mie visioni… Ne ero sicura, perché io stessa le avevo appuntate nel mio lato del Diario. Altre, però, sembravano piuttosto parte di una narrazione, e di certo non erano uscite dalla mia penna visto che io avevo soltanto preso degli appunti sparsi su ciò che vedevo, ma non li avevo mai cuciti tra di loro.
C’era qualcosa che non mi tornava.
Tu non avresti mai potuto leggere ciò che io avevo scritto, non essendo dotata di poteri magici. E, anche se l’avessi fatto, che senso avrebbe avuto la tua decisione di trascrivere di nuovo quelle frasi oggi, a distanza di anni?
Dopo alcuni giorni di riflessione decisi di fare l’unica cosa sensata da fare: avvertire Silente. Temevo che si sarebbe arrabbiato perché non gli avevo raccontato prima dei due Diari, ma d’altra parte era l’unica persona che conosceva il mio segreto e, forse, anche l’unico mago in grado di dirmi che cosa stava succedendo. Di certo non potevo rischiare che tu venissi a conoscenza della storia di Harry Potter per un mio errore così stupido.
Gli scrissi una lettera raccontandogli per sommi capi che cosa era successo e, come già era accaduto la prima volta, uno scarno racconto inviatogli via gufo non gli bastò: mi scrisse che sarebbe dovuto venire a vedere con i suoi occhi il diario di cui gli avevo parlato, perché la situazione poteva essere seria. Gli risposi che per me non c’era nessun problema e, due sere dopo, si presentò di nuovo a casa mia.
Volle subito vedere la copia in mio possesso dei due Diari Gemelli: lo sfogliò in silenzio, osservò le pagine da vicino, lesse ciò che io vi avevo scritto e poi ciò che era comparso nella tua grafia, Joanne. Ne accarezzò la copertina con la mano aperta e, infine, lo sfiorò lievemente con la bacchetta. Poi sospirò.
Quando parlò la sua voce era calma e ferma come sempre, ma i suoi occhi erano diventati di colpo più severi. Incrociai il suo sguardo serio e sentii subito un nodo alla gola.
“Purtroppo devo dirle, Kathleen, che lei mi ha molto deluso”.
Mi sedetti di fronte a lui e lo guardai interrogativa, scuotendo la testa. Non capivo, ma non osavo nemmeno articolare un semplice 'Perché?'.
“Pensavo di averle fatto capire quanto fosse importante mantenere segreto ciò che lei vede riguardo alla vita di Harry.”
“Sì, certo, ma che cosa…” balbettai.
“Perché non mi ha parlato prima di questi due diari? E delle sue annotazioni?”
“Io… io non lo ritenevo importante”.
Silente mi guardò al di sopra degli occhiali, inarcando le sopracciglia in segno di incredulità. Restò zitto, in evidente attesa di una risposta più soddisfacente.
“Temevo che potesse pensare che io avessi dei secondi fini” ammisi alla fine, sospirando. “Da quando ho abbandonato la mia famiglia vivo in costante solitudine: può sembrare assurdo, ma Harry è diventato la mia unica compagnia. Un tempo non le sopportavo, ma ormai aspetto le visioni con ansia, in attesa di poter sapere qualcosa di più su di lui, Ron, Hermione… In attesa di poter sapere se stanno bene. La scrittura è la mia unica consolazione, un vero sollievo per la mente. È soltanto un passatempo, un modo per non dimenticare, ma temevo che se gliel’avessi detto Lei me l’avrebbe proibito, pensando che mi appuntassi tutti i dettagli della vita di Harry con qualche secondo fine, o per riferirli a una terza persona…”
Silente si alzò e si avvicinò a me, poggiandomi entrambe le mani sulle spalle e chinandosi per incollare i suoi occhi ai miei.
“Kathleen. Kathleen, io mi fido di Lei. Pensa che le avrei permesso di restarsene qui da sola, pensa che le avrei permesso di continuare a convivere con queste visioni, se avessi pensato che Lei costituisse un pericolo per Harry? Ho preso le mie precauzioni per controllare i suoi movimenti, per controllare che non incrociasse altri maghi, certo… Sarei stato un folle se non l’avessi fatto. Ma come potevo immaginare che Lei stesse nascondendo un tale pericolo proprio dentro le mura di casa sua?”
“Un pericolo? Ma io ho soltanto…”
“Lei non ha soltanto trascritto tutto ciò che ha visto in un diario, scelta che già di per sé sarebbe stata azzardata. Lei l’ha trascritto all’interno di un oggetto magico, consapevole del suo potere! Come ha potuto essere così sciocca!”
Stizzito, iniziò a camminare avanti e indietro per la sala mentre io, come immobilizzata, ero incapace di reagire.
“Non ne ha tutte le colpe, certo” continuò, “Lei è una Maganò, ha vissuto per tanto tempo lontana dal Mondo Magico… Capisco che abbia potuto sottovalutare il potere – e il pericolo – della magia. Ma ritengo che quanto meno avrebbe dovuto dirmelo, Kathleen, pensavo che mi ritenesse degno della sua fiducia”.
“Ha ragione, professor Silente. Sono stata una sciocca, avrei dovuto dirle tutto dall’inizio. Ma mi può spiegare che cos’è successo?”
“Sì, sì, certo. La questione è molto semplice in realtà: c’è stata una fuga di informazioni, immagino dovuta ad un varco che a un certo punto si è aperto tra i due Diari”.
“Una… fuga di informazioni? In che senso? Joanne ha letto…?”
“No, sua nipote non ha letto niente. Ed è stata una fortuna, non oso immaginare che cosa sarebbe successo se quella povera ragazza avesse visto comparire di colpo delle scritte sulle pagine del suo diario personale… No, niente di tutto ciò. Semplicemente, a quanto queste pagine mi trasmettono, un giorno Joanne ha aperto il Diario e – non posso ancora dirle se per di un mal funzionamento dei Diari, oppure proprio a causa della forte empatia che vi lega – tutte le informazioni che Lei aveva trascritto si sono riversate nella sua mente. Come…”
“…come in un lampo di immaginazione”.
“Vedo che capisce, bene. Ciò che non comprendo, però, è perché abbia deciso di trascrivere proprio quelle frasi, come se fossero delle citazioni. Molte sono delle mie affermazioni… In effetti delle piccole perle, se me lo concede. Anche se devo ammettere che la citazione della signorina Granger le batte tutte, che incredibile ragazza! Devo ricordarmi di assegnare qualche punto extra a Grifondoro non appena tornerò al castello, per questa sua dimostrazione di profondo senso del dovere”.
Ammiccò, e compresi che voleva farmi capire che la sua arrabbiatura si era placata.
“Preside, io invece penso di capire che cosa è successo” dissi, mordendomi un labbro.
“Mi illumini, Kathleen”.
“Se conosco bene mia nipote – e mi creda, nonostante le sia lontana da molti anni, penso di conoscerla – dopo quel lampo di immaginazione avrà fatto esattamente la stessa cosa che io stessa feci quando iniziai ad avere le visioni. Si sarà messa a scrivere. Avrà buttato giù su un foglio tutto quello che le veniva in mente, tutto ciò che io ho trascritto sotto forma di semplici appunti… E poi, con calma e dedizione, li avrà riordinati, sistemati, corretti, legati tra di loro. E ne avrà fatto una storia. Una splendida storia”.
Silente si passò una mano sulla lunga barba.
“Quindi Lei pensa che siano delle frasi tratte da un suo stesso racconto, quelle che ha riportato? Questa è una pessima notizia…”
“Temo… temo che potrebbe esserci dell’altro, professore” continuai, presa dallo sconforto.
“Mi dica”.
“È solo una supposizione… Ma è stato lei a dire che molto spesso le supposizioni si rivelano essere la pura verità, quindi glielo dico. Ho controllato i miei appunti, e tutte le frasi che Joanne ha riportato si collegano a fatti avvenuti durante il primo anno a Hogwarts di Harry, per questo ho faticato tanto a ricordarmele e ad accorgermene. È strano che di colpo, da un giorno all’altro, abbia deciso di riportare delle citazioni che risalgono allo stesso periodo, mentre io ho trascritto fatti che arrivano fino ad oggi, no? Stavo pensando che forse potrebbe aver programmato di scrivere più di un libro. È sempre stato il suo sogno diventare una scrittrice. E il fatto che abbia trascritto ora quelle frasi, su quello che per lei è un diario personale, forse significa che il primo romanzo è concluso. Quelle potrebbero essere le frasi migliori, quelle che vuole portare sempre con sé”.
Silente pareva sinceramente sorpreso.
“Sì… Sì, può essere. Ottima intuizione Kathleen, come le è venuto in mente?”
Io arrossii.
“Non saprei. Credo… credo perché anch’io avrei desiderato poter fare delle mie visioni un romanzo, prima di sapere che si trattava della vera vita di Harry, naturalmente. O forse può essere che sia stata Joanne a pensarlo e che per quella forte empatia che abbiamo, come Lei dice, sia venuto in mente anche a me?”
“Oh, non lo escluderei, Kathleen. In ogni caso, se ciò che lei dice è vero, pensa che sua nipote potrebbe voler pubblicare questo libro?”
Ci pensai un attimo e poi annuii, abbastanza certa.
“Sì, credo di sì”.
“Beh, mi sembra chiaro che dobbiamo impedirlo”.
Aprii la bocca. Volevo ribattere, lamentarmi, protestare. Avrei voluto urlare che non poteva farlo, che era sleale, che tu ti meritavi di veder realizzato il tuo sogno… Ma poi la richiusi e annuii, vergognandomi di me stessa. Silente aveva ragione, quei libri erano un pericolo per la stessa vita di Harry e per tutto il Mondo Magico. Non potevo essere così egoista. Però…
“Professor Silente? Posso chiederle un favore?”
“Kathleen, se sta per chiedermi di non farlo, sa che non posso…”
“No, non è questo. Capisco che non può rendere pubblico il libro – o i libri – ma la prego… Non li distrugga, non distrugga la memoria di Joanne. La sua fantasia, la sua scrittura, sono le cose più belle che ha. Può fare in modo che nessuno voglia pubblicare il libro, ma mi promette che non rovinerà il suo lavoro? Sono sicura che dev’essere un’opera splendida, vorrei tanto riuscire a leggerla, un giorno. E poi non può sapere come andranno le cose, magari in futuro potrebbe tornare utile…”
“Non vedo come, Kathleen. Ma, se proprio insiste, ci penserò”.
“La prego…”
Alzò gli occhi al cielo.
“Con Lei è proprio impossibile discutere, vero? Beh, si può trovare una soluzione, forse... Per prima cosa rintraccerò tutti gli editori a cui l’ha mandato e farò in modo che perdano all’istante l’interesse verso la sua opera, di modo che a nessuno venga in mente di pubblicarlo. Potrei anche, però, fare il possibile perché il libro diventi invisibile quanto meno ai maghi… È d’accordo?”
Rimasi estasiata.
“È possibile una cosa del genere?”
“Oh, non letteralmente, questo no. E sarebbero tutti incantesimi spezzabili da un mago potente… Ma, se il libro non andrà distrutto, per precauzione lo potrei fare. Sa, un po’ come accade per i luoghi resi Indisegnabili o protetti da un Incantesimo Respingi Babbano: non sono invisibili, ma non si possono segnalare sulle mappe, oppure si fa in modo che i Babbani si ricordino di colpo di doversi recare in un altro luogo quando vi si avvicinano troppo. Beh, potremmo sperimentare la stessa cosa con questo libro: fare in modo che nessun mago lo noti, che non ci si faccia caso. E che nessun Babbano che sia in contatto con il Mondo Magico senta la necessità di parlarne per rivelarlo ad un mago… Che ne dice?”
Mi sembrò un ottimo compromesso, sicuramente migliore dell’idea di distruggere il tuo lavoro.
“Badi bene, Kathleen, non sono incantesimi di massima sicurezza e di certo non funzionano come quando vengono fatti contro i Babbani, perché se un mago dovesse trovarsi tra le mani quel libro potrebbe leggerlo. L’unica cosa che possiamo fare è cercare di tenerlo lontano dal luogo in cui il libro si trova, sia esso la casa di sua nipote o la vetrina di una libreria”.
Dovette notare il mio sorriso, perché aggiunse: “Ma è solo una precauzione, perché non finirà nella vetrina di una libreria, parola mia. Oh no, quel libro non verrà pubblicato, non finché io sarò in vita”.
 

Di certo né io né Silente avremmo potuto immaginare come sarebbero andate le cose.
Per alcuni mesi tutto trascorse tranquillamente: il mio segreto era al sicuro, perché nessuno degli editori che avevi contattato ti avrebbe pubblicato il libro, e io continuai a vivere in isolamento, trascrivendo le mie visioni su un nuovo e normalissimo quaderno che lo stesso Silente mi aveva donato dopo averlo accuratamente esaminato. Speravo con tutto il cuore che, presa dalla scrittura degli episodi successivi a quelli del primo anno, non ti saresti accorta dell’improvvisa interruzione dei tuoi lampi di ispirazione. E che al momento opportuno la tua immaginazione ti sarebbe venuta in aiuto per consentirti di concludere l’opera senza di me.
Purtroppo nel Mondo Magico fu questione di qualche mese e gli eventi precipitarono. Il Ministero ancora si rifiutava di credere al ritorno di Lord Voldemort e Dolores Umbridge interferiva pesantemente nelle questioni di Hogwarts; ad aprile Silente fu costretto a lasciare la scuola e da quel momento si scatenò il caos, tanto che le visioni in collegamento con Harry mi trasmettevano sempre più angoscia e preoccupazione.
Come ben sai, dopo lo scontro tra Voldemort e Silente sotto gli occhi del Ministro in persona, finalmente il Ministero fu costretto a riconoscere il ritorno del principale nemico del Mondo Magico. Fu un vero sollievo sapere che la verità era finalmente venuta a galla ma, come mi scrisse preoccupato Silente, questo significava anche che Voldemort era ora più deciso che mai a dare la caccia ad Harry e che non avrebbe esitato a scatenare una Seconda Guerra Magica, con l’aiuto dell’esercito che ormai da tempo stava reclutando.
 
Ricevetti una nuova visita del Preside poco dopo l’inizio dell’anno scolastico. Trovai Silente incredibilmente debilitato e stanco, tanto che mi preoccupai enormemente per le sue condizioni fisiche.
Non so se fosse venuto già con l’intenzione di raccontarmi tutto o se fu sconfitto dalle mie assillanti domande – ritengo più probabile la prima opzione, a dirla tutta – ma dopo un po’ cedette e iniziò a parlare.
“Kathleen, mia cara. Sa che mi fido enormemente di Lei, vero?”
“Nonostante i miei errori, signor Preside?”
“Oh, soprattutto per i suoi errori. Non potrei fidarmi di qualcuno che non non ne commette mai, nasconderebbe di certo qualcosa di oscuro”, rispose sorridendo.
Parve riflettere per qualche secondo, poi continuò.
“Mi sono fidato di Lei sin dal primo momento, forse attratto da quest’incredibile connessione che ha con alcune persone, forse affascinato dal suo essere l’anello di congiunzione tra l’uomo che più mi fa orrore e quello che invece considero quasi come un figlio per me. Avrei potuto essere spaventato da tutto ciò che Lei sa su Harry, avrei potuto considerarla un pericolo… Ma non l’ho fatto, perché sento che in Lei risiede una grande bontà. Come sa, io non credo alle coincidenze: il tipo di magia che si è scatenato in Lei, Kathleen, è tanto raro quanto potente, e sono certo che il suo essere qui oggi deve avere un senso profondo, dev’esserci un compito che Lei deve svolgere. E a tempo debito lo capirà. La vita non è stata clemente con Lei, non le ha risparmiato nessun dolore, ma le chiedo ancora una volta di essere forte e di fidarsi di me”.
“Io mi fido di Lei, ciecamente”.
“Bene, allora ascolti ciò che le sto per dire, ma ascolti soltanto e non lo racconti a nessuno… E nemmeno lo scriva, questa volta. È molto importante che, per quanto sappia, Lei non faccia nulla. Qualsiasi cosa succeda, non deve interferire nella vita di Harry Potter. Non so che cosa potrebbe accadere, altrimenti. Abbiamo già avuto dimostrazioni di quanto possa essere potente e imprevedibile la magia.”
“Non interferirò, glielo prometto”.
“Bene. Come ben sa, Kathleen, ormai siamo in piena Guerra Magica: che sia questione di mesi, di un anno o di due non posso saperlo, dipenderà dall’evolversi della situazione, ma uno scontro diretto è inevitabile”.
Annuii. Per quanto l’idea mi terrorizzasse, Silente aveva ragione.
“Ho intenzione di sfruttare quest’anno per istruire Harry su come poter affrontare Voldemort al meglio, e su come avere la possibilità di sconfiggerlo. Ho indagato molto su di lui e sul suo passato, e ritengo di essermi fatto un’idea abbastanza chiara”.
“Quindi Harry dovrà affrontarlo… Davvero”.
“Sì, lo sa anche lei, Kathleen. Nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive, è la profezia. Ora, quando arriverà il momento, Harry sarà pronto. Lo potrà vedere nelle sue visioni durante i prossimi mesi, mi creda. Devo avvisarla, però, che è probabile che io non sia lì”.
Calò il silenzio, ci misi qualche secondo a capire.
“Che Lei non sia lì, quando? Al momento dello scontro? Che cosa intende?”
“Esattamente quel che ho detto”.
“Cioè… Ha intenzione di abbandonare Harry? Durante lo scontro con Voldemort?”
Non potevo credere alle mie orecchie.
“In un certo senso, diciamo che sarà… inevitabile. Questione di mesi”.
Mi sorrise, e di nuovo non potei fare a meno di notare il grigiore della sua pelle, diversa rispetto a qualche mese prima. Di colpo capii.
“Lei… Lei sta morendo, signore?”
“Oh, ero certo che l’avrebbe capito, dal primo sguardo che mi ha lanciato quando mi ha visto sulla soglia. Ho l’impressione che lei stia iniziando ad avere una connessione sempre più stretta anche con me, Kathleen… Affascinante”.
“Non cambi discorso! È vero, quindi? Ma… ma com’è possibile che non possa fare qualcosa? Insomma, Lei è Albus Silente!”
Mi veniva da piangere. Quell’uomo era l’unica certezza che avevo: la mia unica compagnia, l’unico che conosceva la mia storia, l’unico che avrebbe sempre trovato la risposta giusta alle mie domande. Non poteva lasciarci… Non poteva lasciarmi.
“Temo che sia inevitabile” mi rispose alzando le spalle, come per togliere peso alla cosa. “Non posso spiegarle i dettagli Kathleen, sarebbe fin troppo rischioso per entrambi. Ma arriverà un momento in cui vi lascerò, sì. E c’è un motivo per cui le sto dicendo questa cosa, un motivo molto importante: temo – e mi corregga se sbaglio – che Lei sia incline ad atti impulsivi e non sempre convenienti, Kathleen. Per questo non posso rischiare che si faccia prendere dal panico una volta saputa la notizia attraverso una delle sue adorabili visioni. O che decida, ad esempio, di andare a parlare con Harry, di allearsi con lui, o qualcosa del genere”.
“Quindi, mi faccia capire. Lei mi sta anticipando che tra non molto morirà, di modo che io sia preparata e non reagisca nel modo sbagliato?”
“Sì, in un certo senso direi di sì”.
“Io… io sono senza parole. E Harry?”
“Oh, Harry ce la farà. Solo lui può salvarci, ed è forte abbastanza per farlo, anche senza di me. È la nostra speranza, dobbiamo avere completa fiducia in lui!”
Appoggiai la testa al muro e cercai di respirare profondamente, ma i miei occhi iniziarono a inumidirsi.
“Oh, non pianga, Kathleen. In fin dei conti, come dissi già una volta ad Harry e come la sua splendida nipote ebbe cura di appuntare tra le sue citazioni preferite, per una mente ben organizzata la morte non è che una nuova, grande avventura”.
Mi posò una lieve carezza sulla guancia con la mano sinistra – la destra l’aveva tenuta tutto il tempo nascosta sotto il mantello – e poi si avviò verso la porta.
“Temo che non tornerò a farle visita, Kathleen, sarebbe rischioso e oltre tutto sarò molto occupato nei prossimi mesi. Ma non si preoccupi, potrà sempre vedermi attraverso gli occhi di Harry… E così io vedrò Lei. Si ricordi quello che le ho detto, e sia forte. Buona fortuna”.
 
Ci misi alcune settimane a realizzare ciò che Silente mi aveva detto, e altrettante per convincermi che non dovevo fare nulla al riguardo. Avevo promesso che non avrei interferito.
Ma come sempre, quando stavo per accettare la situazione, una novità la sconvolse di nuovo.
Una sera, una nuova scritta comparve sul Diario:
 
Ottobre 1996 - La Bloomsbury è interessata alla pubblicazione del mio libro, ce l’ho quasi fatta!
 
La grafia era inconfondibile, eri di nuovo tu.
La tua soddisfazione divenne in un attimo la mia felicità, anche se mi chiedevo come fosse stato possibile. Silente mi aveva detto chiaramente che avrebbe rintracciato ogni editore a cui fosse stato inviato il libro e che gli avrebbe impedito di pubblicarlo. Che cosa era successo? Forse negli ultimi mesi era stato troppo impegnato a seguire le tracce di Voldemort per rendersene conto, o la sua magia si stava affievolendo con l’avvicinarsi della sua morte? O forse invece la sua era stata una negligenza voluta?
Me lo sono sempre chiesta, ma non ho mai avuto una risposta a questa domanda. Il tempo delle risposte era terminato nel momento in cui Silente era uscito dalla porta di casa mia, quel giorno di settembre.
Certo è che sarebbe toccato a me fare qualcosa. Avrei dovuto avvisarlo, e una parte di me avrebbe tanto voluto farlo: non volevo rischiare di tradire di nuovo la sua fiducia, non avrei sopportato i suoi rimproveri.
Un’altra parte, però – una grossissima parte di me – si chiedeva se fosse giusto farlo.
In fondo Silente stesso mi aveva detto di non interferire… E se fosse stato un riferimento voluto? E se fosse stato tutto calcolato?
 
Andai avanti per lungo tempo a farmi quella domanda, indecisa sul da farsi. Continuavo a pensare al povero Harry che sarebbe rimasto solo, a come avrebbe potuto affrontare Voldemort senza l’aiuto di Silente, alla Guerra in corso e ai tempi bui che si prospettavano per il Mondo Magico… e non.
Fu in un momento di riflessione su queste grandi preoccupazioni che ebbi un’idea.
Ma certo, come avevo fatto a non pensarci prima? Silente non aveva forse detto che doveva esserci una ragione profonda nelle mie visioni, che sicuramente avevo anche io un compito e che a tempo debito lo avrei capito? E se proprio quel libro, quei libri, fossero stati il mio compito? Tutte le cose straordinarie che mi erano accadute avrebbero finalmente avuto un senso.
Quei romanzi… Ero certa che tu, Joanne, avessi fatto un ottimo lavoro. Ed ero certa che i Babbani li avrebbero amati, a tal punto da desiderare che il mondo che avevi descritto fosse reale. In fondo sapevo bene come ci si sentiva nell’essere a conoscenza dell’esistenza della magia pur non essendo dotati di poteri magici: chi meglio di me poteva sapere che cosa si provava?
Quei libri, con quella verità svelata, avrebbero fatto il giro del mondo. E avrebbero scaldato i cuori di milioni di persone. Lo sapevo, con certezza assoluta.
Silente aveva detto che non sapeva quanto sarebbe durata la Guerra: mesi, forse anni. E, se Voldemort avesse vinto, il mondo babbano sarebbe stato distrutto, così come quello magico. Il solo pensiero mi angosciava: vi avevo abbandonati per salvarvi, ma ora eravate di nuovo in pericolo.
Mi ricordai dei primi tempi, durante la Prima Guerra Magica, di come avessi sognato un’integrazione tra Babbani e maghi e di come avessi pensato che, se soltanto voi foste stati consapevoli dell’esistenza della magia, non sareste stati così vulnerabili di fronte ad essa.
Il tuo libro era la soluzione, perché avrebbe svelato tutto senza che nessuno se ne accorgesse. I Babbani l’avrebbero preso come un semplice romanzo, avrebbero affermato di non crederci. Ma una piccola parte di loro sarebbe stata disposta a farlo, una piccola parte di loro avrebbe iniziato a renderli non più semplici Babbani, ma quasi dei Maghinò… Una piccola parte di loro avrebbe saputo riconoscere la magia se l’avesse incontrata.
E in quanto ad Harry… Harry sarebbe stato più forte. Molto più forte.
 
Ma egli avrà un potere a lui sconosciuto.
Essere stati amati tanto profondamente ci protegge per sempre.
 
Silente aveva ragione, quando mi aveva parlato dell’empatia: ci sono forze che i Babbani sottovalutano, senza sapere quanto magiche possano essere. Una di queste è l’amore.
Harry sarebbe stato amato, amato da milioni di persone. L’amore di sua madre gli aveva salvato la vita una volta, l’amore dei suoi amici l’avrebbe spinto ad andare avanti e a non arrendersi… E forse, seppur inconsapevolmente, l’amore di tutti i Babbani che avrebbero creduto e sperato in lui l’avrebbe reso ancora più forte.
 
Me ne convinsi, me ne convinsi così fortemente da iniziare a sperare di nuovo nella possibilità di salvezza del Mondo Magico.
Forse Silente mi aveva davvero affidato quella missione, o forse mi stavo immaginando tutto. Ma, anche se sapevo di star giocando sporco, mi sentivo in pace con me stessa: in fondo stavo soltanto tenendo fede alla sua ultima richiesta e non mi stavo intromettendo. Lui, d’altra parte, non mi aveva più contattata, per cui non potevo sapere che cosa volesse da me.
Ripresi in quei giorni a ricopiare gli appunti riguardanti le mie visioni sul Diario, convinta che ora che avevi trovato un editore avresti ripreso a lavorare sui libri. Non potevo certo permettere alla tua saga di restare senza un finale e, in cuor mio, speravo fosse a lieto fine.
Nel frattempo i mesi passavano, Harry era sempre più preoccupato per il comportamento di Piton e Malfoy, Silente gli aveva ormai svelato l’esistenza degli Horcrux… Ma della pubblicazione del libro non c’era traccia. Non erano più comparse tue scritte dopo l’annotazione di ottobre quindi non sapevo se la Bloomsbury avesse davvero tenuto fede alla promessa di pubblicare il tuo romanzo, ma iniziavo a preoccuparmi. Avrei forse dovuto fare qualcos’altro per aiutarti?
 
Poi, senza alcun preavviso, una sera di giugno arrivò il momento che temevo da mesi, ma che non avrei mai voluto arrivasse. Iniziai a preoccuparmi per l’incolumità di Silente, già molto debilitato, quando lui ed Harry si misero in viaggio verso la caverna in cui si sarebbe dovuto trovare il medaglione di Serpeverde. Ma non avrei mai potuto immaginare la piega che avrebbero preso gli eventi quella notte…
La mia connessione con Harry doveva farsi più stretta nel momento del dolore, perché la visione fu di un’intensità tale da ricordarmi quella del ritorno dello stesso Voldemort.
Quella notte, in cima alla Torre di Astronomia, Severus Piton uccise Silente, e il mondo si fermò.
Mi sentii spaccata in due dal dolore, esattamente come si sentiva Harry. Sapevo che sarebbe successo, ma non quella notte, non in quel modo. Non ero pronta, e non capivo. Silente sapeva che sarebbe morto, ma non poteva di certo prevedere un assassinio… O forse sì?
Non ebbi nemmeno il tempo di farmi altre domande, perché la sofferenza per una perdita così straziante non lasciò spazio ad altro nei miei pensieri. Ci fu soltanto la paura: paura di aver sbagliato, paura di averlo deluso, paura di non farcela. Paura di essere rimasta sola al mondo.
 
Fu soltanto quando riuscii ad asciugarmi le lacrime che mi annebbiavano la vista che notai una scritta recente, da poco comparsa sul Diario.
 
30 giugno 1997 – Pubblicato il mio primo romanzo, “Harry Potter e la pietra filosofale”.
 
Fissai la pagina incredula per qualche secondo. Poi presi una penna e sotto alla tua scritta aggiunsi:

30 giugno 1997 – Morte di Albus Silente
 
Le mie lacrime bagnarono l’inchiostro, raggrinzendo la pergamena e lasciando una macchia umida e nera accanto a quella data che mi aveva segnata per sempre.
 
«Oh no, quel libro non verrà pubblicato, non finché io sarò in vita».
 
 
Da quel momento in poi, sai bene come andarono le cose, Jo.
Sono molte, invece, le cose che io non so.

Non so se Silente volesse davvero che quel libro venisse pubblicato. Non so se sarebbe stato deluso dalla mia scelta di non parlargliene. Non so se facesse parte di un suo piano, o se sia stato tutto frutto delle mie fantasie.
Non so se conoscere il Mondo Magico avrebbe salvato i Babbani dalla minaccia della Magia Oscura. Ma di certo, visto il successo dei tuoi romanzi, so che ha regalato loro grandi emozioni e un pizzico di fantasia in più, salvandoli dalla noia e dalla banalità.
Non so se l’amore che tutti loro hanno provato per Harry l’abbia davvero reso più forte nella sua ultima battaglia contro Voldemort, ma so per certo che ha reso più forti coloro che ci hanno creduto e che dal sacrificio di Harry per salvare i suoi amici hanno imparato tanto.
Non so se qualche mago scoprirà mai dell’esistenza dei tuoi sette libri ma, nel caso in cui ciò dovesse accadere, spero sia clemente con te e con me e che lasci ai Babbani la possibilità di sognare ancora grazie alle tue parole.
Non so, infine, se il Diario che ti regalai quando avevi soltanto nove anni – e tutto ciò che quel regalo ha portato con sé – sia stato per te più una condanna o una benedizione. Ma spero tanto nella seconda opzione, e spero che mi perdonerai per non averti raccontato prima questa storia. La mia storia.

Avresti potuto, immagino, scriverci un libro altrettanto bello.
 
Ho ormai 85 anni, mia amata nipote, e le forze mi stanno abbandonando. Ho resistito fino all’ultimo perché non potevo andarmene senza aver terminato di leggere la tua opera, che un po’ – se me lo permetti – è anche la mia.
Sono già morta due volte nella mia vita: la prima quando abbandonai i miei genitori e la mia casa, e la seconda quando abbandonai voi. Affronto questa terza morte con più serenità rispetto alle prime due, finalmente certa che non causerà sofferenza a nessuno.
 
Ti lascio queste memorie senza sapere se arriveranno mai ai tuoi occhi, ma con la speranza che, se così sarà, potranno aiutarti a perdonarmi per i torti subiti e a ricordare con un sorriso la tua prima accanita lettrice, e fedele ammiratrice.
Sono orgogliosa di te e di quello che sei riuscita a realizzare, Joanne, hai davvero dimostrato che c’è un po’ di magia dentro ognuno di noi.
 
 
Con immenso amore,

tua Kathleen

 

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Capitolo 16
*** Incancellabile. ***


- Incancellabile. -
 


Joanne terminò di leggere le ultime parole con la voce rotta, poi chiuse il diario e passò il dorso della mano destra sulla guancia, spazzando via una lacrima che i suoi begli occhi azzurri non erano riusciti a trattenere.
Sollevò lo sguardo e lo posò lentamente su tutti i maghi presenti nella sua camera da letto, che la osservavano a loro volta in silenzio. Hermione era seduta sul letto accanto a lei, Ron e Kingsley su una lunga poltrona vittoriana in un angolo della stanza, mentre Harry e Ginny se ne stavano accoccolati per terra, vicini, con la schiena poggiata alla sua vecchia cassettiera in legno.
Il racconto di Kathleen era stato piuttosto lungo, ma tutti l’avevano ascoltato in silenzio e senza interromperla, seguendo la storia con il fiato sospeso, curiosi di scoprirne ogni minimo particolare. Il tempo era volato, e ora tutti sembravano incapaci di reagire, spiazzati come un lettore davanti alla parola Fine del suo libro preferito. Catapultati violentemente nella realtà.
Hermione fu la prima a rompere il silenzio, ma il suo fu soltanto un sussurro.
“Jo…”
Incrociò il suo sguardo umido e le posò una mano sulla spalla, facendole una lieve carezza.
“È stata una donna incredibilmente forte, ti ha amato così tanto… L’hai resa orgogliosa di te, questo è quello che conta”.
Joanne annuì, distogliendo lo sguardo.
Le memorie di sua nonna erano state una vera scoperta, nemmeno la sua fervida fantasia avrebbe mai potuto immaginare una cosa del genere. Non riusciva a descrivere come si sentiva. Credeva di aver superato quel lutto da tempo, ma ora, a decenni di distanza da quella che credeva essere stata la sua morte,  leggere le quelle parole aveva risvegliato in lei il profondo affetto che le aveva sempre legate in quel modo così speciale. Mentre proseguiva nella lettura, all’incredulità si era sostituita una nuova sensazione, la speranza: sì, aveva sperato fino all’ultimo di scoprire che Kathleen fosse ancora viva. Forse avrebbe potuto riabbracciarla, dirle che sapeva tutto, dirle che la perdonava. Purtroppo il diario le aveva svelato il contrario, e quella terza morte – definitiva, questa volta – aveva risvegliato il suo dolore.
“È morta sola al mondo, Hermione. È morta pensando che se ne sarebbe andata senza far soffrire nessuno… Ma non è stato così”.
“È morta più serena di quanto non fosse mai stata in vita, Jo” disse Harry, alzandosi da terra per avvicinarsi a lei. “Sicura della salvezza del Mondo Magico e di quello babbano, sicura della tua salvezza, orgogliosa di quello che sei riuscita a costruire. Sono certo che sarebbe stata felice di vederti qui oggi, di sapere che sei finalmente venuta a conoscenza della sua storia. E che l’hai fatto proprio insieme a noi, che in fondo abbiamo accompagnato anche lei durante tutta la sua vita. È stata una donna forte, devi esserlo anche tu. Lo sei anche tu, Jo”.
Lei annuì e gli sorrise, trattenendo a stento le lacrime.
“Hai ragione, Harry. Grazie. Sai, io stavo pensando… Forse sarà stupido, ma credoche quell’empatia di cui parlava Silente, quella che collegava così fortemente Kathleen sia a me che a te, ce l’abbia un po’ trasmessa. Tu sai sempre dirmi la cosa giusta, sai sempre che cosa provo. Non è così?”
Gli prese una mano tra le sue e la strinse forte.
Harry le sorrise di rimando.
“Sì, penso di sì. Ti ho creduto immediatamente quando stamattina hai detto a me e a Kingsley di non aver mai saputo dell’esistenza del Mondo Magico, e sono anche stato discretamente bravo nel convincerti che dovevi fidarti di noi, no? Sapevo che ti sentivi spaventata, sapevo che cosa dirti. Anche se di certo non avrei mai potuto immaginare il motivo della nostra vicinanza”.
Quell’ultima affermazione sembrò divertire Joanne.
“Sai qual è la cosa buffa, Harry? Che prima di leggere la storia di mia nonna pensavo che il nostro legame fosse dovuto al fatto di aver scritto i libri sulla tua vita… Pensavo che tu fossi una mia creatura, un personaggio nato da me, per cui mi sembrava naturale sentirti così vicino. E invece è esattamente l’opposto: è stata la storia della tua vita a creare J. K. Rowling, e non il contrario”.
“Jo” si intromise Hermione, “non devi dimenticare che quello che sei riuscita a creare, l’intero mondo dei libri di Harry Potter che i Babbani sognano, è soltanto merito tuo. Kathleen ti ha lasciato degli appunti sulle sue visioni, certo, ma sei stata tu a selezionarli, a trascriverli, a trasformare un semplice elenco di avvenimenti in uno – anzi, sette – splendidi romanzi”.
“È vero” confermò Harry, “nessuno ti ha chiesto di farlo, anzi… In teoria non avresti dovuto farlo. Avresti potuto semplicemente lasciare che quel lampo di immaginazione rimanesse tale, una breve fantasticheria della durata di un viaggio in treno. Forse tu non hai creato l’Harry Potter reale: ma quello dei romanzi, quello dei film, quello che ha emozionato l’intero mondo babbano… quello è solo merito tuo”.
Joanne sospirò, ma poi sorrise.
“Grazie, ragazzi. Siete così carini a preoccuparvi per me, davvero. Certo, non è facile per uno scrittore che credeva di aver creato da solo un intero mondo scoprire che in realtà è stato aiutato dall’esterno…” alzò le mani al cielo, in segno di resa, “ma me ne farò una ragione. E poi, posso sempre consolarmi pensando che quanto meno sono riuscita a pubblicare il libro che mia nonna aveva soltanto progettato all’inizio delle sue visioni, senza però riuscire a scriverlo portarlo a termine”.
“Certo che sì: sei una scrittrice meravigliosa, Jo, non dubitarne nemmeno per un attimo” la rassicurò Hermione.
“E se lo dice Hermione Granger, che non se n’è andata da Hogwarts prima di aver terminato tutti i libri della biblioteca…” aggiunse Harry ammiccando.
“Esatto, concordo!” disse Ron avvicinandosi. “Ma per quanto riguarda la vostra meravigliosa vicinanza, mi sento di ricordarvi che voi due state dimenticando una cosa…” aggiunse.
“Che cosa, Ron?” chiese Hermione.
“Beh, Kathleen era l’ultima discendente dei Peverell, parente comune sia ad Harry che a Voldemort, no? Anche Joanne continua ad esserlo, quindi siete parenti! Alla lontana, ma non è comunque grandioso? Lei ha sempre sostenuto di considerare Harry come un figlio… Beh, forse non sarà sua madre, ma può sempre considerarsi una lontana zia!”
Il sorriso di Joanne si face più ampio.
“Beh, sì… Suppongo di sì. E così la famosa Joanne Rowling è una parente di Harry Potter: la notizia farebbe un successone sui giornali. Potrei quasi scriverci un libro!” esclamò.
Tutti risero, l’atmosfera si stava di nuovo distendendo.
Dopo qualche secondo, fu Kingsley a prendere la parola.
“Tornando alla storia che Joanne ci ha appena letto, suppongo che tutto ciò spieghi anche perché il Ministero ci abbia messo tanto a rintracciare i suoi libri, e perché nessuno nel Mondo Magico se ne sia mai accorto”.
“Esatto, è proprio quello a cui stavo pensando, Kingsley…” rispose Hermione. “Da un po’ di giorni riflettevo su questo fatto, ma per fortuna ora è tutto chiaro. Insomma, è vero che i maghi non si sono mai interessati molto alle questioni babbane, ma con tutte le famiglie miste che ci sono ai nostri giorni, tutti i Nati Babbani, il fatto che nessuno se ne fosse mai accorto aveva davvero dell’incredibile. Certo è che quando c’è di mezzo lo zampino di Silente, anche l’impossibile diventa possibile!”
“Ma certo, l’incantesimo di protezione del libro!” esclamò Harry.
“Esatto” confermò Hermione.
“Ma scusate, ragazzi” si intromise Ginny, “non sappiamo se Silente abbia abbia lasciato che il primo libro venisse pubblicato in modo consapevole – anche se io personalmente suppongo di sì – ma, se le cose fossero davvero andate così, che senso avrebbe avuto mantenere attiva quella protezione? Pensavo che anche quell’incantesimo si sarebbe annullato con la pubblicazione del libro…”
“Oh no, ti sbagli Ginny” rispose Kingsley, “Silente è stato senza dubbio il più grande mago che io abbia mai conosciuto, e il più saggio. Non avrebbe mai potuto permettere che, in tempi come quelli che il Mondo Magico si preparava ad affrontare dopo la sua morte, lo Statuto di Segretezza venisse violato e si scatenasse il caos. Sarebbe stato troppo rischioso. Se è stato davvero lui ad ideare quel piano e non è tutto frutto della fantasia di Kathleen… Beh, sono certo che prima di permettere la pubblicazione del libro si sarà accertato che tutto ciò rimanesse un segreto per l’intero Mondo Magico”.
“Quindi l’incantesimo è ancora funzionante?” chiese Joanne.
“Sì, anche io suppongo di sì, e penso che nel tempo si sia esteso per proteggere non solo tutti i libri della saga, ma anche tutto ciò che è collegato a loro” rispose Hermione. “Se ci pensate, ne abbiamo delle prove concrete! Prima di tutto, per anni nessun mago ha mai scoperto l’esistenza dei libri o dei film, e nessun Babbano parente di maghi ha mai pensato di parlarne. Nessuno di noi l’ha scoperto direttamente, ma ce ne siamo accorti soltanto quando ormai era impossibile non farlo, perché ci siamo trovati in mezzo a migliaia di Babbani che ne parlavano tra di loro… E anche in quel caso, ci abbiamo messo tutti un po’ a capire che cosa stesse succedendo a King’s Cross, o sbaglio?”
“Ehi, Herm ha ragione! Io mi sono accorto delle magliette con il mio nome, dei cappelli da strega e di tutti quei finti oggetti magici soltanto dopo aver letto il lenzuolo a King’s Cross…” commentò Harry.
Hermione annuì.
“Inoltre, ricordate che cosa aveva detto Silente a Kathleen? 'Se un mago dovesse trovarsi tra le mani quel libro potrebbe leggerlo, l’unica cosa che possiamo fare è cercare di tenerlo lontano dal luogo in cui il libro si trova…' Beh, noi sapevamo tutto e abbiamo potuto leggere i libri. Ma non vi sembra strano che dopo la fuga di notizie sull’esistenza di un libro babbano sulla vita di Harry, dopo tutto il caos scatenato dalla Gazzetta del Profeta, nessuno – nemmeno la Skeeter, che quando si tratta di ficcare il naso negli affari degli altri è un vero genio – sia riuscito a mettere le mani su quel libro? In fondo sarebbe bastato entrare in una qualsiasi libreria babbana! A meno che qualcosa non li abbia tenuti lontani…”
“Miseriaccia, è vero… Assolutamente vero!” esclamò Ron, battendosi una mano sulla fronte. “Ne parlavo giusto ieri con Percy, stavamo commentando quanto fossimo stati fortunati. Silente è un vero genio! Oh, e anche tu sei un genio, tesoro”.
Hermione sorrise compiaciuta.
“Silente è un genio, io faccio semplicemente delle deduzioni logiche”.
“Quindi pensate che i libri siano ancora al sicuro? Al sicuro dagli occhi del Mondo Magico, intendo”.
La preoccupata domanda di Joanne ne conteneva un’altra, ben più complessa. Quella che tutti avevano evitato fino a quel momento, quella a cui sarebbe stato più difficile rispondere.
“Sì” ripose convinto Harry, “ne sono sicuro, Silente avrà fatto le cose per bene. Certo, dopo gli avvenimenti dell’1 settembre i maghi esigono delle risposte, e bisognerà darle… Ma penso che in ogni caso – a meno che uno dei maghi che ha una copia dei libri la metta in mani di altri – nessun altro potrà riuscire a trovarli. E siamo soltanto noi cinque ad aver letto personalmente i romanzi, o mi sbaglio?”
“Non ti sbagli, Harry” rispose Kingsley. “Ne ho parlato con gli altri membri della Squadra Speciale del Ministero che ho dovuto nominare in via eccezionale, naturalmente… Ma ho preferito che il materiale originale – libri e film – restasse soltanto nelle nostre mani, almeno finché la situazione non fosse stata un po’ più chiara. Non ci si può mai fidare completamente di nessuno e, purtroppo, in molti sarebbero stati pronti a spiattellare tutto al primo giornalista del Profeta in cambio di qualche galeone, o del loro nome in prima pagina. Tuttavia…”
Joanne alzò di scatto la testa e lo guardò preoccupata.
“…tuttavia mi chiedo quanto sia sicuro mantenere ancora quei libri in circolazione”.
“Che cosa?”
Fu Ron il primo ad intervenire, alzandosi in piedi fuori di sé.
“Non avrai intenzione di distruggere i libri, Kingsley! Non si può, non possiamo… Non sarebbe giusto! Sono meravigliosi, i Babbani li adorano…”
“Dopo tutti i sacrifici che ha fatto Kathleen…” aggiunse Ginny.
“…e in fondo forse mi hanno anche salvato la vita!” esclamò Harry.
Joanne restò zitta, ma li guardò commossa. L’affermazione del Primo Ministro era logica, sarebbe stata la cosa più corretta per salvaguardare la segretezza del Mondo Magico. Ma nonostante le mille difficoltà che ciò avrebbe comportato, erano tutti disposti ad andare contro ogni logica e buonsenso pur di salvare i suoi libri… I libri che raccontavano la loro storia.
Anche Hermione parlò.
“Non possiamo, Kingsley. Sai bene che non potremmo nemmeno se volessimo. La fama dei libri e dei film in tutto il mondo ha raggiunto proporzioni tali da essere assolutamente al di fuori della nostra portata. Dovremmo obliviare l’intera popolazione mondiale babbana, e ciò è impossibile”.
“Questo lo so, Hermione, ma potremmo pensare a delle soluzioni alternative per far sì che non se ne parli più, oppure che in futuro non vengano più letti… Non saprei. Non sto dicendo che sia la cosa giusta da fare, non lo so nemmeno io, ragazzi” aggiunse, notando gli sguardi torvi degli altri. “Ma non potete negare che il Mondo Magico si aspetta delle risposte da noi…”
“Ma ora che sappiamo tutto…” borbottò Ron.
“Ora che sappiamo tutto le cose non cambiano, Ron! Abbiamo risolto il mistero dei libri, sappiamo com’è stato possibile che venissero scritti, conosciamo la storia di Kathleen e di Joanne… Ma questo non cambia la loro pericolosità, se non facessimo nulla al riguardo andremmo contro lo Statuto Internazionale per la Segretezza Magica, lo sapete bene anche voi”.
“Ti sbagli, Kingsley” rispose Harry serio, prendendo il diario di Joanne tra le mani.
“Le memorie di Kathleen Peverell racchiuse in questo diario non ci hanno raccontato soltanto la storia della sua vita. Ci hanno detto molto di più: ci hanno detto che Silente sapeva. So che non siamo sicuri che i libri siano stati pubblicati per una sua precisa volontà, ma quel che è certo è che lui sapeva delle visioni di Kathleen, sapeva che Joanne stava scrivendo quei libri… Sapeva che alla sua morte avrebbe lasciato quegli scritti in circolazione nel mondo babbano, sebbene protetti da qualche incantesimo. Sapeva che dopo la sua morte le cose non sarebbero più state sotto il suo controllo, per cui se avesse davvero considerato quei libri un pericolo li avrebbe distrutti subito, senza esitare. Invece non l’ha fatto. E se per lui quei libri non rappresentavano un pericolo, non lo rappresentano nemmeno per me. Non sei stato tu poco fa a dire che è il più grande mago che tu abbia mai conosciuto?”
Kingsley sospirò.
“È vero, Harry… Ma ti prego, capiscimi. Comprendo le vostre ragioni e la penso come voi. Ma sono il Ministro della Magia, ho delle grosse responsabilità: la gente si aspetta che io faccia qualcosa. Forse nel 1997 era necessario pubblicarli per la salvezza del Mondo Magico, ma che cosa vi fa pensare che nel 2017 quegli stessi libri non potrebbero distruggerlo? Non posso sapere che cosa passava nella mente di Silente a quel tempo, sono passati vent’anni, capisci? Può darsi che nemmeno lui immaginasse la portata di quei libri...”
“Silente era un noto babbanofilo”.
L’intervento di Joanne, che da minuti se ne stava in silenzio ascoltando la loro discussione, spiazzò un po’ tutti.
“Come?” domandò Harry.
“Lo ha riportato mia nonna, e poi è risaputo. Silente adorava i Babbani, ha sempre lottato per i loro diritti. E Kathleen – ricordate? – sin dall’inizio dei suoi viaggi sognava di poter concretizzare il progetto di un’integrazione pacifica tra le due comunità, quella magica e quella babbana. Sognava di poter chiedere un giorno aiuto a Silente per realizzare il suo piano. Al di là dei mille motivi – reali o inventati da mia nonna – per cui è stato importante che questi libri si pubblicassero, immagino che ci fosse anche questa ragione. Per entrambi, per Kathleen e per Silente, rappresentavano un compromesso. Un modo per aprire i cuori e le menti dei Babbani alla magia, per renderli più vicini a voi, senza però compromettere la segretezza del Mondo Magico, perché per loro sarebbe stato soltanto un romanzo. Sospetto che Silente sapesse benissimo quale portata avrebbero avuto i miei libri, ma non ha fatto nulla per impedirlo perché… gli sembrava giusto così. Giusto nei confronti dei Babbani che avessero avuto una mente abbastanza aperta da credere – anche solo per un attimo – all’esistenza della magia”.
La riflessione di Joanne aprì di colpo una nuova prospettiva sulla questione.
“Io sono d’accordo con Jo” la sostenne Ginny. “Grazie a tutte le cianfrusaglie di papà, e grazie anche a Hermione, ho avuto modo di conoscere meglio il mondo babbano… Ci sono sempre più famiglie miste, è inevitabile: se i maghi rincorressero ancora il mito del sangue puro, finirebbero ben presto per estinguersi. Forse è troppo presto per sognare una totale integrazione, ma molti maghi stanno hanno una mentalità sempre più aperta al riguardo, e un primo incontro tra i nostri due mondi sta già avvenendo, Kingsley. I Babbani non sono così male, non penso che potrebbero recarci grossi danni: secondo me è importante che quei libri continuino a circolare, per far sì che anche loro si aprano ad altre possibilità. Non possiamo saperlo, magari da qui a cinquant’anni una reale convivenza pacifica sarà davvero possibile!”
Harry annuì e Ginny gli si avvicinò, prendendolo per mano.
“E poi” aggiunse, “non possiamo permettere che la storia di Harry e di tutti coloro che hanno sacrificato la loro vita per la nostra venga dimenticata. Deve servire da insegnamento alle generazioni future, siano magiche o babbane, non importa…”
“Ok, ok… Ho capito” borbottò Kigsley.
“Possiamo sempre fare a votazione!” propose Ron con enfasi. “Chi vuole che i libri continuino a circolare tra i Babbani?”
Fu il primo a sollevare di scatto il braccio, seguito a ruota da Harry, e poi da Ginny ed Hermione. Joanne era raggiante.
“Sì, anche senza votazioni avevo intuito quale fosse vostra opinione in merito…” disse Kingsley, scuotendo la testa. “Ma se abbiamo intenzione di lasciare le cose come stanno, che cosa diremo al Mondo Magico?”
“Qualcosa ci inventeremo, Kingsley” assicurò Harry, “ne abbiamo passate di peggiori…”
“Ci sono centinaia di libri magici che parlano di Harry, no?” commentò Hermione. “Possiamo sempre dire che uno di questi libri è finito nelle mani di alcuni Babbani, che ha avuto un grande successo e che la voce è circolata… Ma che tutti i Babbani l’anno preso come un semplice romanzo di fantasia. Poi qualcos’altro inventeremo, vedrai che pian piano le acque si calmeranno e, se non ci saranno ripercussioni dirette sulle loro vite, tutti passeranno a discutere del prossimo scandalo. L’importante è che non venga mai a galla il nome di Joanne, lei deve restarne fuori.”
“Sì, sì, su questo sono d’accordo” disse il Ministro annuendo.
Stettero in silenzio per alcuni secondi, senza sapere che cos’altro aggiungere.
Poi fu Joanne a parlare.
“Grazie. Grazie davvero di cuore, a tutti quanti voi. Anche a Lei, Kingsley, so che sta cercando di fare la cosa giusta per i cittadini di cui è responsabile. Sono davvero commossa dal vostro affetto, dal vostro rispetto per i Babbani, dalla vicinanza che mi state dimostrando… Non avrei mai potuto incontrare delle persone più stupende di voi, siete molto migliori in carne e ossa rispetto alle mie descrizioni. Siete speciali. E non vi dimenticherò mai, ragazzi”.
“Oh, grazie a te, Jo. Ma questo sta a te deciderlo” le rispose Harry, cercando il suo sguardo.
Hermione corrugò la fronte, e anche gli altri sembravano non capire.
“Che cosa intendi dire?” gli chiese Joanne.
“Ci stavo pensando prima, mentre leggevi il racconto di Kathleen… Mentre lei descriveva quanto fosse stato difficile convivere con la consapevolezza dell’esistenza della magia, con la consapevolezza di essere stata privata di questo dono. Noi ci stiamo preoccupando soltanto dei libri e della reazione dei maghi, ma non ci stiamo preoccupando di te. Tu ora dovrai convivere con questa stessa consapevolezza e con un segreto enorme, più grande di te, che non potrai svelare a nessuno: nemmeno alle persone che ami di più. Dovrai essere terribilmente forte, dovrai soffrire come ha sofferto tua nonna. Forse nessuno di noi se n’è accorto, ma ti stiamo chiedendo un grosso sacrificio. Sei davvero sicura di volerlo fare?”
“Io… non penso di avere scelta, Harry” rispose lei dolcemente.
“Oh, sì che ce l’hai, lo sai anche tu. Noi siamo qui per te, te lo dobbiamo: basterebbe un colpo di bacchetta, di uno qualsiasi di noi, e tu potresti dimenticare questa giornata. Potresti continuare a vivere tranquillamente, senza dover nascondere nulla alla tua famiglia e ai tuoi amici, godendoti il meritato successo dei tuoi libri. Potresti essere libera. Non devi rimanere per forza incatenata alla magia”.
Joanne lo fissò in silenzio, mentre un brivido le percorreva la schiena.
Non ci aveva pensato. Presa dalla foga degli ultimi eventi, non aveva pensato a come sarebbe stata la sua vita negli anni a venire. Apparentemente tutto sarebbe stato come prima, ma in realtà no… E lei l’avrebbe saputo. Avrebbe saputo dell’esistenza della magia, avrebbe saputo di essere soltanto una banale Babbana, avrebbe incrociato delle persone per strada e le sarebbero sembrati dei maghi – dei veri maghi. La notte avrebbe sognato Kathleen, avrebbe iniziato a chiedersi costantemente come andavano le cose nel Mondo Magico, avrebbe avuto il terrore che qualche altro mago scoprisse la sua storia e la venisse a cercare. E, soprattutto, non avrebbe potuto raccontarlo a nessuno. Non una parola a Neil, non una parola a Jessica, a David o a Mackenzie.
Sospirò.
“Non ci avevo pensato”.
“Lo sospettavo” le rispose Harry con dolcezza. “Prenditi tutto il tempo che vuoi, Jo… Hai il diritto di scegliere. Non sentirti in dovere di prendere una o l’altra decisione, avrai comunque il nostro rispetto e sostegno. So che non è una cosa facile, ma devi pensare anche a te stessa, al tuo futuro”.
Kigsley annuì.
“Sì, nemmeno io ci avevo pensato. Ma sono d’accordo con Harry, ti stiamo chiedendo di portare un grosso fardello. La decisione spetta a te, pensaci”.
Joanne sospirò, poi alzò la testa e posò lo sguardo su ognuno loro, lentamente.
“No”.
La mano le tremava un po’ quando la sollevò per scostare una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio, ma non c’era esitazione nella sua risposta.
“No. Non ho intenzione di farlo, anche se sarebbe la cosa più facile da fare per le persone che mi vogliono bene… e per me. Ma non posso. Non posso dimenticarmi di voi, non posso dimenticare ciò di cui ormai faccio parte, non posso dimenticare la storia di mia nonna. Non dopo che lei si è sacrificata per me, non dopo tutta la forza che ha dimostrato di avere. Sarei una codarda”.
“Jo, tu non devi…”
Hermione provò a parlare, ma la scrittrice la interruppe alzando una mano.
“Lo so, so che non devo dimostrare niente a nessuno. È una mia decisione e vi ringrazio per avermelo proposto, ma non mi serve del tempo per pensarci: è un no, ed è irremovibile. Non lo faccio soltanto per mia nonna, lo faccio per me stessa. Oggi voi avete reso la mia vita speciale, unica: mi avete aiutata a scoprire di essere parte di un progetto grandioso, dello stesso Albus Silente; mi avete svelato – mio Dio! – l’esistenza del Mondo Magico; mi avete aperto gli occhi… Mi avete insegnato che tutto, assolutamente tutto, è possibile. Rinunciare a questa consapevolezza vorrebbe dire scegliere volontariamente di chiudere la mia mente. Sarei una folle se decidessi di farlo”.
Harry annuì.
“Speravo che questa sarebbe stata la tua decisione, ma mi sembrava giusto lasciare a te la scelta”.
“Bene, Joanne, lo rispetteremo” affermò Kingsley, alzandosi in piedi. “A questo punto però direi che è ora di lasciare la signora Rowling alla sua normalità e di tornare ai nostri compiti, ragazzi. Abbiamo ancora tante cose da fare, se vogliamo che la situazione si risolva nel migliore dei modi”.
Anche gli altri si misero in piedi annuendo, ma Joanne fu l’ultima ad alzarsi dal letto, lisciandosi il vestito azzurro con le mani.
“Bene, quindi… Vi accompagno alla porta” disse cercando di schiarirsi la voce, che le uscì comunque un po’ incrinata.
Scesero le scale in silenzio, finché non furono tutti e sei all’ingresso.
Joanne stava per aprire il portone, quando Hermione la interruppe.
“Ehm, Jo… So che un saluto convenzionale prevedrebbe la nostra uscita dalla porta, ma forse è meglio se ci smaterializziamo qui dentro. Sai, potrebbe passare qualcuno e vederci…”
“Oh, certo, che stupida. Avevo quasi dimenticato…”
Aveva quasi dimenticato che loro, al contrario di lei, erano dei maghi. Lasciò la frase in sospeso e si morse un labbro.
“Ragazzi, prima che ve ne andiate…” sussurrò, prendendo il coraggio tra le mani. “Noi… ci rivedremo? Avrei così tante cose da chiedervi, così tanto da raccontare… E sarete gli unici con cui potrò farlo, capite?”
Kingsley stava per rispondere, ma Harry fu più veloce di lui.
“Immagino che il buonsenso del Ministro stesse per suggerirci di non farlo, per evitare il rischio di essere scoperti. Ma, nonostante tutto, io direi che ogni tanto andare contro il buonsenso non fa del male a nessuno… Quindi può essere che qualcuno di noi ti faccia qualche visita, sì. Molto sporadica, naturalmente, e dopo esserci accertati che non ci siano Babbani nei paraggi” aggiunse poi, notando l’espressione torva del Ministro.
Anche Ron le sorrise.
“Oh, non ti preoccupare, Jo. Avrai pure concluso i sette libri, ma non ti libererai così facilmente di noi! Contaci” disse, dandole una pacca sulla spalla.
“Bene, mi fa piacere. La porta di casa mia sarà sempre aperta per voi… Anche se non penso che ne abbiate bisogno per entrare!”
Tutti risero alla battuta e Joanne ne fu felice. Molto meglio salutarsi con una risata che con le lacrime di poco prima.
“Allora arrivederci, ragazzi”.
“Arrivederci, Jo… E grazie”.
“Grazie a voi! Alla prossima!”
Si sentirono quattro scoppiettii quasi contemporanei e i quattro maghi di fronte a lei si smaterializzarono.
Quattro. Se non aveva fatto male i conti, all’appello ne mancava ancora uno.
Joanne si voltò e incrociò lo sguardo di Harry, ancora in piedi accanto a lei.
“Hai deciso di rimanere per pranzo?” gli chiese sorridendo.
“Purtroppo penso non sia possibile” rispose lui piano, sorridendole di rimando. “Volevo ringraziarti, Jo. Per quello che ci lega, per aver deciso di raccontare la mia storia, per la forza con cui l’hai portata avanti. Ma, soprattutto, per aver deciso di non dimenticarmi”.
“Oh, non l’ho deciso, Harry. Semplicemente so che qualsiasi Incantesimo di Memoria sarebbe stato inutile su di me, come lo sarebbe sui Babbani che hanno letto la tua storia. Perché tu non sei entrato soltanto nella nostra mente, Harry, sei entrato nei nostri cuori. Sei incancellabile. Non potrei mai dimenticarmi di te”.
Il giovane mago si avvicinò a lei e l’abbracciò.
Restò per qualche secondo legato a quel corpo che poteva sembrare tanto piccolo e fragile circondato dalle sue braccia, ma che in realtà nascondeva una forza che ben pochi maghi avevano.
Poi, lentamente, sciolse l’abbraccio.
“Allora arrivederci, Joanne”.
“Arrivederci, Harry. Ti aspetterò”.
Erano ancora occhi negli occhi quando, con un cenno quasi impercettibile del capo, Harry di colpo svanì.
Dove prima c’era il suo corpo, ora soltanto aria.

Come per magia.

 

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Capitolo 17
*** Tutto è bene quel che non finisce. Mai. ***


EPILOGO
 
- Tutto è bene quel che non finisce. Mai. -

 
 
 

“Una tazza di tè, Harry?”
“Oh sì, grazie Herm. Se l’hai già preparato la prendo volentieri, con questo freddo è proprio quello che ci vuole…”
“Già, temperature tremende quest’anno. Dicono che tra qualche giorno potrebbe nevicare, mi sa tanto che ci aspettano delle bianche vacanze di Natale!”
Si avvicinò al tavolo della cucina con una teiera blu notte tra le mani e iniziò a versare il liquido fumante nella tazza del suo migliore amico.
“Merlino, hai ragione!” rispose Harry “Ormai mancano soltanto poche settimane… Come vola il tempo, vero?”
“Puoi dirlo forte! In realtà non vedo l’ora che arrivino le feste e che Rose torni a casa, avrà così tante cose da raccontare. Le sue lettere da Hogwarts sono sempre piene di entusiasmo! E poi finalmente potremo goderci tutti un po’ di meritato riposo, ormai passiamo la vita al Ministero!”
Harry annuì, prendendo un sorso di tè. Il liquido bollente gli bruciò la gola, e lui iniziò a tossicchiare.
“Attento, penso  hd scotti ancora!” lo avvertì Hermione.
“Sì, in effetti un po’. Ma è davvero buonissimo!”
“Tè aromatizzato ai frutti di bosco, un pensiero di Fleur. Ce l’ha portato l’ultima volta che lei e Bill sono venuti a trovarci” spiegò sorridendo.
“E a proposito di Ministero, Herm… Come vanno le cose al nuovo Ufficio?” chiese Harry, posando la tazza sul tavolo.
“Oh bene, benissimo. Sono felice che Kingsley abbia deciso di mantenerlo, è impegnativo ma mi sta dando grosse soddisfazioni. Mi sto concentrando molto su Hogwarts, sai, penso che le basi per una buona convivenza stiano tutte nell’educazione dei giovani: dobbiamo riuscire a far capire a tutti loro – anche a chi proviene da una famiglia Purosangue – che i Babbani sono persone come noi, non esseri inferiori”.
“Eh sì, sono d’accordo con te. E il Preside che ne pensa?”
“Oh, Goldstein è una persona molto aperta per fortuna, quindi è d’accordo con me… in teoria. Solo che preferisce procedere con i piedi di piombo, non è un grande rivoluzionario” spiegò lei, scrollando le spalle. “Ma sono riuscita comunque a strappargli la promessa che dall’anno prossimo Babbanologia non sarà più soltanto un corso opzionale per gli studenti più grandi: ci saranno due ore di Babbanologia a settimana obbligatorie durante i primi due anni. Giusto un corso introduttivo, ma servirà a gettare le basi”.
“Beh, complimenti! È già una grande vittoria!”
Hermione sorrise soddisfatta.
“Sì, lo è. Ne sono molto felice, anche se ho in mente qualcosa di più”.
Harry la guardò interrogativo.
“Sai, stavo riflettendo sul fatto che per insegnare ad Hogwarts si sono sempre scelti gli insegnanti migliori, i più esperti nelle loro materie, come è giusto che sia. Ma non è un po’ assurdo che, con tutti i Babbani che ci sono nel Regno Unito, il corso di Babbanologia venga tenuto da un mago o da una strega?”
Hermione iniziò a mordicchiare un biscotto, aspettando la reazione di Harry.
“Cioè... Vorresti che un Babbano diventasse insegnante ad Hogwarts? Va bene il rispetto e la parità di diritti, ma non ti pare che sia un po’ eccessivo, Herm? Dubito che Goldstein lo permetterà. Anche perché sai, ci sarebbe il piccolo impiccio dello Statuto di Segretezza…”
“Oh, ma io non voglio essere così drastica! Però ci sono molti Babbani che si sono sposati con maghi e che vivono nel nostro mondo, quindi il problema della Segretezza per loro non si pone. Stavo pensando di proporre che gli studenti più grandi – quelli che sceglieranno di seguire Babbanologia anche dopo i primi due anni – abbiano la possibilità di svolgere almeno una lezione a settimana con un docente Babbano. In questo modo, prima di tutto potranno avvalersi di un insegnante più esperto in materia, e poi dovranno portargli rispetto come ad un qualsiasi docente, a prescindere dal suo essere non-magico. È assurdo che ci siano maghi che non hanno mai avuto contatti con un vero Babbano!”
“Uhm, in effetti se la metti su questo piano hai ragione. Beh, spero che riuscirai a convincere anche il Preside allora! Buona fortuna!”
“Grazie!” gli rispose lei sorridendo, con lo sguardo di chi anche di fronte ad un no non si sarebbe arreso tanto facilmente.
Bevvero il loro tè in silenzio per qualche secondo, poi Harry si guardò intorno come notando per la prima volta l’assenza di qualcuno.
“Ehi, ma… e Ron? Non mi dire che è andato in ufficio anche oggi, è sabato! Non starà esagerando con gli straordinari?”
Hermione scosse la testa.
“No, no, è in camera. Penso che tra poco scenderà, gli ho detto che stavi arrivando per riportare a casa Hugo. Tra l’altro, grazie di nuovo per averlo tenuto tutto il pomeriggio, la prossima volta fate venire voi qui Lily!”
“Ma va, figurati. Si è comportato benissimo, hanno aiutato tutti e due Ginny a preparare delle decorazioni natalizie e poi sono stati in giardino a giocare”.
“Mi fa piacere, ma in ogni caso la prossima volta tocca a noi. Comunque ora lo chiamo…” disse alzandosi dalla sedia per avvicinarsi alla porta della cucina.
“Roooon! Amore scendi, è arrivato Harry!” urlò rivolta verso le scale.
Poi si sedette di nuovo scuotendo la testa.
“Che poi chissà che sta facendo… Se è di nuovo con quel computer non so che gli faccio” borbottò.
Harry rischiò di soffocarsi con il tè e iniziò a tossire di nuovo.
“Con il… Con che cosa, scusa?” domandò incredulo.
“Oh, non sai la novità?” commentò Hermione, alzando gli occhi al cielo. “Kingsley è riuscito a procurarmi un computer portatile e a farmi avere la connessione internet anche qui, perché mi sono accorta che è impossibile mantenermi aggiornata sulle questioni babbane senza avere accesso ai loro mezzi di informazione. È davvero utilissimo, solo che da qualche tempo anche Ron l’ha scoperto e… si diverte molto, diciamo”.
Harry scoppiò a ridere.
“Posso immaginare! Se ha preso da suo padre stai attenta però, prima o poi ti potrebbe farti esplodere la casa… Ma che ci fa con il computer? Guarda dei film?” chiese ricordandosi dell’entusiasmo di Ron per i DVD.
“Oh, anche. Ma l’ultima moda è un’altra…”
“Sarebbe?”
“Ricordi quando siete andati insieme a comprare i DVD degli otto film in quel negozio babbano?”
Harry annuì, curiosissimo.
“Beh, la commessa vi aveva parlato di una cosa chiamata... drahermione, può essere?”
Dramione, se non ricordo male” rispose Harry annuendo.
“Ecco, quello. Al di là del fatto ogni volta che ci ripensa mi fa una scenata…”
Harry rise.
“… un giorno ha deciso di cercarlo su Google per capire esattamente che cosa fosse”.
“Ron sa usare Google?!” la interruppe Harry, che non poteva credere alle sue orecchie.
“Beh, usare è una parola grossa. Gli ho detto che si tratta di una specie di biblioteca in cui per ottenere quello che vuole deve scriverlo, e subito gli compaiono le pagine che contengono quell’informazione… Come se dovesse richiamare il libro giusto con un Incantesimo di Appello, ecco. Oh, è ridicolo, lo so” ammise ridacchiando non appena notò l’espressione incredula di Harry.
Harry scosse la testa.
“Beh, e che cosa ha trovato su Google?”
“Ha scoperto i siti di fan fiction” rispose lei con tono rassegnato.
Fan cosa? Temo che questa volta dovrai spiegarlo a me…”
“Oh, si tratta di storie scritte da fan Babbani che prendono spunto dai loro libri o film preferiti… E naturalmente ce ne sono moltissime anche su di noi. Ron si diverte un sacco a leggere tutti quegli episodi inventati, li considera quasi delle vite parallele, penso”.
Harry scoppiò a ridere di nuovo.
“Merlino, non ci posso credere! È grandioso! Sarei curioso di vederle anche io, dev’essere davvero divertente…”
“Oh, non farlo. Alcune sono molto belle ma altre sono un po’ troppo… fuori dai canoni, diciamo. Potrebbe non farti piacere trovare Ginny accoppiata a Zabini, o storie in cui il tuo personaggio è innamorato di… Malfoy, per farti un esempio”.
Harry rimase a bocca aperta.
“Stai scherzando? Dimmi di sì, ti prego!”
Questa volta toccò a Hermione ridere.
“No, non scherzo. Il fatto è che ogni tanto Ron le prende un po’ troppo sul personale. Soprattutto perché io sono spesso innamorata di Malfoy. Quasi sempre, a dirla tutta. Anzi, in realtà i Babbani tendono ad accoppiarmi con qualsiasi individuo di sesso maschile io abbia incrociato durante i miei sette anni ad Hogwarts… Non so perché, temo sia colpa di quell’attrice. È troppo carina, ovvio che poi i fan si lascino trasportare!”
“Lei non ti va proprio giù, eh?” ridacchiò Harry.
“Uhm…”
“Certo che Ron non dovrebbe prendersela tanto, in fondo si tratta soltanto di storie inventat…”
“AAAAAAAAAAAAARGH!”
Un urlo proveniente dal piano superiore interruppe la loro chiacchierata.
Hermione sollevò la testa.
“Ma che cos…”
“Per le mutande di Merlino!! Haaaaaaarry! Amore! DOVETE VENIRE A VEDERE!”
Prima che uno dei due avesse il tempo di reagire si sentì un rumore di passi frenetici giù per le scale e la porta della cucina si spalancò.
Ron entrò trafelato, con una vestaglia marrone, un paio di ciabatte pelose ai piedi e il computer portatile stretto tra le mani.
Harry lo osservò per qualche secondo, poi scoppiò a ridere di nuovo.
“Scusa Ron, ma la visione di te con un computer in mano è decisamente esilarante!”
“Quindi?” gli chiese Hermione sbattendo gli occhi. “Che è successo di così grave?”
Ron, le guance rosso porpora e lo sguardo allucinato di chi ha appena visto un fantasma, poggiò il computer sul tavolo.
“No-non ci posso credere! Ci risiamo, CI RISIAMO! Ma come avranno fatto, non capisco…”
“Ron, vuoi spiegarti?” chiese di nuovo Hermione, un po’ scocciata da quella scenata.
“Sì sì, ora vi spiego. Ero in quel sito di fan fiction, stavo leggendo qualche storiella qua e là…”
“Merlino, Ron! Ti avverto, se stai facendo tutto questo chiasso perché hai letto qualche altra scena erotica su di me e qualcun altro…”
“No, no!” la interruppe suo marito. “Per la cronaca, ne ho vista una in cui Harry se la faceva con Lucius – brrr – ma non è questo!”
Harry ebbe un attimo di ribrezzo, ma decise che la cosa migliore fosse fingere di non aver sentito.
“Quindi? Vai avanti!”
“Io sul serio non ci posso credere! Comunque dicevo, su questo sito hanno pubblicato una raccolta di storie – non ho capito bene se è un concorso o cosa, boh – che vari autori hanno scritto per celebrare l’1 settembre 2017. Tutte le storie dovevano iniziare con la scena di noi al binario 9¾, quella dell’epilogo, e immaginare una continuazione”.
Harry e Hermione annuirono e Ron, nervosissimo, prese fiato prima di continuare.
“Ecco, ce n’è una tra queste – mi è parso di capire che sia una storia scritta anni fa e poi tradotta in inglese – che sta avendo un discreto successo. E non so chi l'abbia scritta e come diamine abbia fatto a scopire tutto, ma… No, è inutile che ve lo spieghi, dovete vedere con i vostri occhi!”
Aprì il computer e lo spostò per rivolgere lo schermo verso di loro.
“Ron”, disse Hermione, “non capisco che cosa ci sia di tanto terribile in questa storia, ma spero tu non stia scherzando…”
“Non sto scherzando! Ma perché non mi prendete mai sul serio?” esclamò lui.
“Ecco!” disse non appena la pagina ricomparve sullo schermo. “Ecco, leggete e poi ditemi!”
Hermione lanciò uno sguardo esasperato a Harry e fece scorrere la schermata fino a risalire all’inizio della storia. Fissò per qualche secondo il titolo a grandi lettere in grassetto, poi si inumidì le labbra e iniziò a leggere:
  
 

« Certo che sta succedendo dentro la nostra testa.
(Ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è vero?) »




 
 
 
 


 
- FINE -











 
Ringraziamenti
 
Sono passati quasi 5 mesi dalla pubblicazione del primo capitolo di questa storia – che poi è stato anche il mio primo capitolo su EFP, e il mio primo capitolo di una fan fiction in assoluto – e devo dire che il tempo è davvero volato.
Mi sono iscritta a questo sito perché volevo scrivere esattamente questa storia, volevo a tutti i costi rispondere a quel Ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è vero? Eppure devo ammettere che a gennaio sapevo soltanto come sarebbe iniziata la mia storia, ma di certo non avevo la più pallida idea di come sarebbe continuata, o finita. E soprattutto non sapevo se sarei riuscita a finirla. Alla fine ce l’ho fatta e, credetemi, è stato un sogno per me per prima.
Io stessa non ho potuto fare a meno di convincermi, almeno un pochino, che questa sia la vera versione dei fatti… E quindi oggi scrivere la parola FINE è stata una grande soddisfazione, ma anche un gran dispiacere.
Riuscire a portare a termine questo progetto è stato bellissimo, ma soprattutto è stato bellissimo condividerlo passo passo con voi. E oltre che bellissimo direi che è stato fondamentale, perché questa era la mia prima esperienza da autrice e, onestamente, senza di voi e il vostro supporto non ce l’avrei mai fatta.
 
Il primo e più che dovuto ringraziamento, quindi, va a tutti i miei recensori e recensitrici.
Fedeli sin dagli esordi o ultimi arrivati, meticolosi o sintetici, costanti o sporadici… Non importa. Ogni singolo commento mi ha strappato un sorriso e mi ha dato la carica per continuare a scrivere con impegno. Avete davvero rallegrato le mie giornate, quindi grazie di cuore a tutti voi. Se potessi vi abbraccerei, ma visto che non posso accontentatevi di questo piccolo ringraziamento qui.
In rigoroso ordine di apparizione, GRAZIE a:
_SHERlocked_
Harry Potterish

nan96
PriiscillaBlack
Bijou90
cg92
ElyTheStrange
avalonne
Roxanne Potter

Vattelapesca
Nearly Headless

FloxWeasley
Unbreakable_Vow
MichiLestrange
Pro Ignis

sama90
Cress93
CatherineC
duedicoppe
lumos29
LaMiss
RoseTyler
Marilu_90
Cyborg18
Aven90
Nikilu
Thiliol
chiara53
_Charlie
Pro and Pad_production

e a tutti i lettori silenziosi che lasceranno il loro commento ora che la storia è conclusa (Lauren_, Ma_AiLing, Charme, dubhe01, Flux, Cathy Black, potter123harry, Gatterina, Angel_Mary, Lyla McClellan e dobby lover).   

Se me lo permettete, senza nulla togliere agli altri, tra questi un grazie in particolare va a ElyTheStrange, lumos29 e Gatterina che mi hanno segnalata per le Storie Scelte (addirittura?!) e a annaritalapiccola, BridgetV, chiara53, Cress93, Leviosa_Galeone, Nearly Headless, Silenzio_Assordante e Soulreader che dopo una sola storia hanno avuto il coraggio di inserirmi tra gli autori preferiti. :)
 
Dopo i recensori, allargo il grazie generale a tutti coloro che non si sono espressi, ma che hanno inserito la mia storia tra le Preferite, le Ricordate o le Seguite. Nominerei uno per uno anche voi, ma siete davvero tanti (grazie!) e non voglio costringervi  a sfogliare un elenco lunghissimo di nomi. Sappiate però che ve ne sono davvero grata e che per me non siete soltanto un numero che si alza o si abbassa: sono estremamente curiosa di sapere chi legge la mia storia, quindi ogni tanto sfoglio l’elenco per sbirciare i vostri profili e ricambierò il favore e le letture non appena ne avrò il tempo!
Grazie quindi a tutti voi e in generale a tutti coloro che – anche se zitti zitti e senza farsi notare – hanno dedicato parte del loro tempo a leggere ciò che ho scritto, perché è stato bello condividere per la prima volta la mia passione con dei veri lettori. Spero di essere riuscita a trasmettervi qualcosa e di avervi emozionati almeno un po’.
Se ora che la storia è conclusa vorrete farmi avere una vostra opinione in merito, positiva o negativa che sia, sappiate che non vedo davvero l’ora di confrontarmi con tutti voi!
 
Un ringraziamento specialissimo, perché speciale non basta, va poi alle tre amiche che hanno letto questa fan fiction e che mi hanno sostenuta nei momenti di dubbio.
A Giulia (Cress93), per essere stata una fan sfegatata della mia storia, recensitrice più che entusiasta e meravigliosa correttrice di bozze quando pensavo di aver scritto qualcosa di orribile.
A Samantha (sama90), per aver letto qualcosa di così lungo scritto da me – nonostante in precedenza mi avesse sempre dato della logorroica, ehm – e per essersi prestata ai miei esperimenti di “Indovina come va a finire?” (no, mi dispiace ma Kathleen non è la signora Figg). Ah, grazie anche per avermi spiegato per la prima volta che cos’erano le fan fiction, in tempi non sospetti.
E a Laura, per aver smontato i miei progetti sulla storia di Kathleen con una sola occhiata, facendomi sprofondare nel panico (ma viva la sincerità!); per avermi spinta a renderla ancora più credibile pur di convincerla della mia versione dei fatti; e infine per avermi aiutata a mettere insieme tutti i pezzi del puzzle una sera, sul marciapiede, alla luce di un lampione.
Grazie!
 
Mi sento poi di ringraziare Erika, anche se non la conosco personalmente, per aver creato questo spazio meraviglioso in cui è possibile condividere la nostra passione e allo stesso tempo metterci in gioco personalmente attraverso la scrittura. Questa mia prima (e, spero, non ultima) esperienza da autrice mi ha insegnato molto su come si scrive e si costruisce una storia, per cui un ringraziamento doveroso va a lei e a chi si occupa di siti come questo.
 
Infine, ultimo ma non ultimo, un grande grazie va a colei a cui questa storia è dedicata. Senza di lei di certo non l’avrei mai scritta, ma senza di lei forse non avrei nemmeno mai scoperto il meraviglioso mondo racchiuso dentro ad ogni libro, e non avrei mai imparato ad amare la scrittura.
Un immenso grazie a J. K. Rowling, per aver davvero tirato fuori la magia che è in ognuno di noi.

Grazie di cuore a tutti,
 
Marta
 

 
 

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