The Pink Demon

di Lightning00
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Beginning in the Hell ***
Capitolo 2: *** Apples and Scars ***
Capitolo 3: *** Wild Beasts ***
Capitolo 4: *** The Rise of The Demon ***



Capitolo 1
*** Beginning in the Hell ***


Premessa dell’autrice

Buongiorno, lettori e lettrici, o buonasera, o buon pomeriggio. In questa fanfiction ce la metterò tutta per mettere in risalto lo spirito gentile del più violento shinigami di tutta la Soul Society, senza però fargli mancare la sua natura, sia chiaro. Magari verrà un po’ corta, e sinceramente avrei voluto parlarne di più, di questo delicato argomento, ma non avevo abbastanza idee per fare più capitoli, e, anzi, fare una storia di tre capitolo mi sembra tristissimo. Ma questo è il massimo che posso fare. Perciò godetevi, e spero lo apprezziate, il periodo che diede inizio a tutta la vita spericolata del grandissimo e fichissimo Kenpachi Zaraki! Buona lettura!
 
 
Avendo vissuto tutta la vita in un posto dove tutti, non appena ti vedevano, volevano ucciderti, era abbastanza strano ritrovarsi per giorni senza incontrare anima viva. Le persone dell’ 80° distretto di Rukongai non erano abbastanza intelligenti da costruirsi dei grandi centri, perciò praticamente tutto il distretto, con qualche eccezione, era un’immensa foresta. Il vantaggio di quel luogo era che il minimo rumore causava fruscii e scricchiolii, e nessuno quindi poteva sfuggire alle mie orecchie ben allenate.
Ormai erano diversi giorni che arrancavo in cerca di qualcuno da combattere, e sinceramente cominciavo ad annoiarmi a morte, e più guardavo la mia spada a penzoloni dai miei calzoni, più mi innervosivo. Dopo un intero giorno passato a camminare sotto un sole cocente, mi fermai al tramonto nei pressi di un lago, per assetarmi e per riposarmi. Mi specchiai nell’acqua. Quasi mi mancava l’abitudine di dover risistemarmi i capelli e le ferite, anche se fino a quel momento non avevo avuto nessuna cicatrice permanente sul viso, che mi sarebbe tanto piaciuto avere, perché dava un’aria potente a chi le possedeva, non che avessi avuto bisogno di cicatrici. Mi addormentai, tenendo sempre un occhio aperto, non si sa mai, qualcuno avrebbe potuto imbattersi in me con cattive intenzioni.
Ad un certo punto, nella notte, un lieve rumore mi svegliò, e io misi mano subito alla spada, aspettandomi di sentire il familiare sibilo di lame sconosciute nelle orecchie. Invece mi apparve davanti uno spettacolo diverso.
Dall’altra parte del fiume, una figura esile si stava abbeverando sulla sponda del lago. Delle lucciole nei paraggi, e la luna piena davano all’ambiente un’aria misteriosa. Non vidi bene il viso, ma le lievi luci delle lucciole e della luna misero in risalto dei lineamenti femminili, ma soprattutto qualcos’altro.
La donna aveva degli indescrivibili capelli rosa.
Erano un rosa che non avevo mai visto, troppo chiari per essere viola, troppo scuri per essere un semplice rosa, e così, a prima vista, non sembravano nemmeno fucsia.
La donna lentamente si alzò e se ne andò per la sua strada. Sul suo fianco avevo scorto un luccichio.
Mentre spariva dalla mia vista, io ero rimasto semplicemente a bocca aperta: ero stupito e confuso, senza nessuna spiegazione. Avrei voluto semplicemente continuare a guardarla. Ancora oggi non so spiegarmi il perché, ma mi alzai subito, e, afferrata la mia fedele spada, oltrepassai il lago a nuoto per seguirla. All’inizio ero un po’ spaesato perché non riuscivo più a vederla, ma poi, eccoli lì. I suoi capelli, al buio, sembravano blu, e vidi che erano legati in un’elegante e lunga treccia. La seguii per ore a debita distanza, finché, dopo essersi guardata intorno per un po’, non si distese e si addormentò. Avrei voluto guardarla tutta la notte, ma quel poco tempo in cui avevo dormito non mi aveva giovato, e mi accorsi in quel momento che ero ancora esausto dalla camminata sotto il sole. Mi accovacciai lontano da lei, e chiusi gli occhi.
Il mattino dopo un nuovo scricchiolio mi svegliò. Alzai leggermente la testa, e vidi in lontananza la donna che si alzava, si stiracchiava, e si lisciava i vestiti, per poi rimettersi in marcia. Ero troppo lontano per vederla meglio, ma alla luce del giorno fui sicuro che avesse l’aspetto di una giovane ragazza. Aspettai che si allontanasse e tornai all’inseguimento.
Alla luce del giorno aveva un aspetto decisamente diverso: i capelli non sembravano più viola o blu, ma avevano sempre un rosa abbastanza scuro, forse vicino al lilla, insomma, erano di un colore unico e indefinibile! Ero incredibilmente attratto dai suoi capelli, e non avrei saputo dire perché. Approfittai della luce per vederle anche gli indumenti. Era vestita abbastanza strana. Sembrava che un tempo avesse indossato un kimono rosa con motivi floreali, ma era strappato a metà, e al posto della parte inferiore del kimono indossava dei pantaloni corti da uomo abbastanza comuni, e degli zoccoli, inoltre mi sembrò anche che avesse un seno notevole. Mi stupii nel vedere che il luccichio della sera prima proveniva da una lunga spada con il fodero argentato. Avanzava con passo sicuro e calmo, davanti a me.
Ad un certo punto fece una cosa che non mi sarei mai aspettato: afferrò la spada e la lanciò dietro, verso di me. Io, preso alla sprovvista, mi spostai prima che la spada mi trapassasse il cranio, e mi nascosi dietro a un albero quando questa andò a conficcarsi nella corteccia di un albero.
-Cazzo, l’ho mancato.- Sputò tra i denti. Quella ragazza non aveva niente a che fare con le femmine normali: probabilmente era una macchina assetata di sangue. Come me. Iniziai a sorridere. La ragazza, andando a recuperare la spada, mormorò tra sé: -Almeno avevo visto giusto…- Si fermò davanti alla spada, e con uno strattone la liberò dalla corteccia. Vidi con stupore che aveva scavato l’albero in profondità.
-Avanti, ormai ti ho scoperto, esci fuori e combatti!- Urlò a gran voce.
Io uscii fuori dal mio nascondiglio, e risposi: -Chi ti ha detto che voglio combattere?-
lei scattò subito, ma questa volta ero preparato: lo scontro tra le nostre spade liberò centinaia di scintille. –Io voglio combattere, checca.- mi disse con un sorriso pazzo stampato in volto. Per la prima volta le vidi gli occhi da vicino: erano di un intenso color cioccolato. Le restituii il sorriso, a mo’ di invito. A dire la verità anch’io morivo dalla voglia di combattere, ero stato in astinenza troppo a lungo. Lei si rilassò un momento, per studiarmi.
-Dici di non volermi combattere, ma la tua espressione non è quella di qualcuno che non vuole combattere, e perché mi stavi seguendo?-
Mi prese alla sprovvista. Non me lo sarei potuto spiegare da solo, figuriamoci spiegarlo ad una femmina.
-Ero abbastanza incazzato perché non trovavo più nessuno da combattere. Ne sai qualcosa?-
replicai lanciandole uno sguardo di sottecchi. Lei serrò gli occhi, senza abbandonare quel sorrisetto di sfida. –A quanto pare hai avuto la sfortuna di seguire il mio cammino…sì, ho sterminato tutti quelli che mi hanno sbarrato la strada, e mi sono divertita un sacco.- Allargò il sorriso fino a mostrare trentadue denti, mostrando anche un canino affilato.
-Non sembri come le femmine che ho incontrato finora…come ti chiami?-
-Ma come siamo curiosi!- fece una pausa di qualche secondo, poi assunse un’espressione che mostrava subito che aveva avuto un’idea.
-Facciamo così: se vinci tu mi potrai fare tutte le domande che vuoi, se vinco io ti ammazzo. Ci stai?-
Dio, già adoravo quella ragazza. Le restituii il sorriso di sfida, e non persi tempo. Mi lanciai in un primo fendente, ma quella schivò facilmente e me la ritrovai dietro. Mi girai velocemente e parai il colpo. Dava dei potenti colpi di spada, quella ragazza. Ma non demorsi e l’attaccai ripetutamente con dei colpi veloci. Lei non indietreggiava, e parava tutto con facilità. Ad un certo punto lei fu più veloce di me a muovere la spada, e mi tagliò lungo il braccio, lasciando una lunga riga di sangue. Il dolore era forte, ma mai come il divertimento che stavo provando in quel momento. Erano giorni che non combattevo, e poi era arrivata una ragazza meravigliosa che mi aveva ferito senza problemi, e si era divertita nel farlo. Mi girai verso di lei. Sembrò disorientata dal fatto che non avevo cambiato espressione nel momento in cui mi aveva ferito, e io ne approfittai per restituirle il colpo. la mia spada la colpì nello stomaco, ma non riuscii a farla andare in profondità, perché lei si ritrasse subito, tenendosi la ferita. Aveva abbandonato la sua espressione divertita per sostituirla con una smorfia di dolore. Peccato. Continuammo per molto tempo a scambiarci dei colpi potenti e precisi, finendo per essere ricoperti di lievi graffi e di lunghi tagli. Nessuno dei due indietreggiava, ma vedevo che lei si stava stancando. In fondo non era molto corretto, io ero pur sempre un uomo, e gli uomini hanno una struttura migliore delle donne. Non l’avessi mai pensato! All’improvviso la ragazza sembrò provare una furia cieca e con mia grande sorpresa fece un lungo balzo. Scese come un bolide verso di me, e io non potei fare altro che aspettare il colpo con la spada alzata. Le nostre Zampakuto si scontrarono in un mare di scintille, e la sua potenza fu tale che trascinò la mia spada verso il basso. Quell’azione le diede un’ultima spinta verso l’alto, e fu troppo tardi quando vidi la lama dirigersi verso di me.
Sentii un dolore acuto in faccia, ma per mia fortuna fu lieve. Perché non mirava al viso, bensì al petto, dove aprì un lungo squarcio. All’epoca non ero ancora in grado di resistere a dei tagli troppo profondi, mica come oggi! Persi un sacco di sangue e sentii che stavo per svenire, ma prima di ciò radunai le ultime energie e abbassai la spada verso di lei, in un posto che non vidi. Dopo fu tutto buio.
 

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Capitolo 2
*** Apples and Scars ***


Non ci avevo più sperato, ma mi risvegliai ai piedi di un albero, ben fasciato e un po’ dolorante. Mi guardai intorno, ma non c’era traccia della ragazza.
-Sono quassù…-
chiamò una voce familiare. Alzai la testa e la vidi distesa su un ramo, intenta a finire una mela. Anche lei era fasciata un po’ dovunque. Finita la mela, saltò giù dall’albero con agilità, e mi porse un’altra mela. –Su, tieni, devi finire di recuperare le energie.- Sembrava abbastanza seccata di quel gesto. Non mi stava nemmeno guardando. Presi il frutto senza dire niente e cominciai a mangiarlo, mentre lei si appoggiava al ramo. Avevo visto giusto, il suo era un seno notevole.
-Dove le hai trovate le bende? Non ce l’avevi con te quando ti ho incontrata.- osservai.
Lei sbuffò e rispose: -Avevo sentito la tua presenza molto tempo prima, poi mi sono fermata nelle vicinanze di un villaggio e ti ho attaccato. E così ho potuto rubare delle bende e un po’ di cibo.-
Poi notai che arrossì, probabilmente involontariamente. –E dei vestiti.-
Interruppi il mio pasto e la guardai malizioso. –E perché? Mi hai tagliato i vestiti lasciandomi nudo?- Si girò velocemente verso di me, più rossa che mai.
-No! Tu li avevi tagliati a me!-
ma si coprì la bocca, come pentita di averla aperta. A quel punto credo di essere diventato rosso anch’io. Si raddrizzò e notai che in effetti i pantaloni erano diversi da quelli di prima. Sbuffò fortemente e cominciò lentamente ad abbassarli, e mi penetrarono nella mente dei pensieri sconci.
-Ehi, ma che cazzo fai?- Le gridai, più imbarazzato che mai. Sarò stato anche una macchina di sangue, ma qualunque ragazzo si sarebbe imbarazzato almeno un pochino a quella vista. Invece di quello che stavo pensando io, ad un certo punto si fermò, e scostò il lembo di una benda.
Sul fianco aveva una cicatrice che si allungava per la coscia, fino a scomparire sotto il tessuto. Mentre con una mano teneva i pantaloni, con l’altra indicava la ferita. Era ancora rossa in viso.
-Prima di svenire mi hai colpita sul fianco mentre mi stavo rialzando, e anche se non era molto forte è bastato per…tagliarmi i calzoni.-
Se li ritirò su velocemente e riassunse un’espressione mista di divertimento e serietà.
-Ho dovuto legarli in qualche modo e trascinarmi nel villaggio come una cretina. Secondo me, me li hai tagliati apposta, stronzo.-
-Se lo avessi fatto apposta avrei tagliato la maglietta, non credi?- replicai con un sorriso malizioso. Mi arrivò un calcio dritto in mezzo alla ferita, facendomi quasi andare di traverso l’ultimo pezzo di mela.
-Dovresti ringraziarmi che ti abbia lasciato vivere, piuttosto. Se tu avessi visto anche solo qualcosa a quest’ora non saresti qui, merdaccia.-
A quel punto mi ricordai di quello che mi disse prima dello scontro.
-A proposito, ma tu non dovevi uccidermi, se avessi perso?-
Anche la ragazza sembrò essersene resa conto in quel momento. Ma poi voltò la testa con indifferenza e disse: -Il fatto è che sei stato l’unico, nel giro di quattro distretti, con cui ho avuto una conversazione decente.-
-Ah.-
Mi fece piacere sentirglielo dire. Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, poi continuò.
-In ogni caso, dal momento che ho visto che sei in grado di tenere una conversazione, puoi chiedermi quello che vuoi.-
-Come vuoi…allora…non mi pare di averti mai vista qui: da dove vieni?-
Lei intanto era ritornata a distendersi sul tronco.
-Vengo dal 1° distretto.-
-Cosa?!? E che diavolo sei venuta a fare in un posto di merda come questo?-
Mi venne in mente il sorriso divertito che aveva durante la nostra battaglia, e pensai che era venuta laggiù per trovare dei combattenti. Ma mi sbagliavo.
-Voglio diventare Shinigami.-
Aveva abbandonato la sua espressione indifferente. In quel momento era la persona più seria del mondo. Anche se io non riuscivo a credere alle sue parole.
-Guarda, mi sa proprio che hai sbagliato strada.-
-Non sto scherzando.- disse senza nemmeno guardarmi.
-Odio la vita nel primo distretto. Non riesco a viverci per natura. Ero sempre stata una ragazzina pestifera e ribelle, laggiù. Infatti nessuno mi voleva in una famiglia. La notte restavo sveglia per allenarmi con la spada e guardare segretamente la Seireitei. Un giorno poi, ritenni di essere finalmente abbastanza cresciuta e sicura per diventare Shinigami, e così partii.-
-Ma perché sei qui e non nell’accademia di Shinigami?-
-Vedi, io non voglio diventare una Shinigami qualunque: voglio diventare il primo capitano donna dell’11° Compagnia, quella più forte del Gotei 13!-
Questa frase mi sembrava ancora più assurda dell’altra. Ma lei non era una ragazza come le altre, questo ormai era chiaro. Intanto lei continuò:
-E per diventare capitano devo essere fortissima, ancora prima di iscrivermi all’accademia. Perciò mi sono posta un obiettivo.-
Il suo discorso si faceva sempre più interessante.
-Quale?-
-Avrei dovuto attraversare tutto il Rukongai per quattro volte, percorrendo ogni distretto e sconfiggendo tutti quelli che avrei sfidato.-
-Quattro giri del Rukongai? Saranno anni che sei in viaggio, allora.
-Già. Per ogni giro ci vogliono minimo due anni. Però ormai mi manca poco. Con questo ho finito il terzo giro, e tra due anni, se tutto va bene, sarò nell’accademia degli Shinigami.-
-E’ così importante per te?-
-Sì, è il mio sogno. Non saprei immaginare niente di meglio che essere acclamata da tutti, ed essere soprannominata “Kenpachi”, come tutti gli uomini più forti della Soul Society.
All’improvviso scese giù dall’albero e si erse sopra di me.
-Il mio nome è Yachiru, futura “Kenpachi”. Piacere!-
E, serissima, mi tese la mano. Io, titubante, gliela strinsi. Che strano nome, perfetto per una ragazza stranissima e meravigliosa come lei.
-Piacere.-
Ma Yachiru non sembrò gradire questa risposta.
-Come sarebbe a dire “piacere”? Bisogna sempre presentarsi quando hai combattuto con qualcuno!-
Ecco. Quello era l’unico punto su cui volevo sorvolare.
-Guarda che mi presenterei volentieri, se avessi un nome.-
Lei capì tutto. Era pentita di essersi comportata così, sicuro. Poi si abbandonò a sedere accanto a me e disse:
-Allora te ne dobbiamo trovare uno.-
In vita mia non avrei mai pensato di sentire una cosa del genere, soprattutto da parte (praticamente) di una sconosciuta!
-Ma se non mi conosci neanche!-
-Troppo tardi. Me lo sono messa come nuovo obiettivo.-
Si voltò verso di me, di nuovo serissima.
-Vedi, tu hai del buonissimo potenziale. Infatti prima per poco non mi ammazzavi. Però sei sempre limitato. Credimi, ho già combattuto con molti, quaggiù, e posso dire che sono tutti allo stesso livello. Non diventeranno mai più forti. Ma tu no, tu puoi diventare diecimila volte più forte! Perciò ti aiuterò io a superare le tue paure e a farti uscire di qua, cominciando dal nome!-
Poi mi mostrò un caldo sorriso. –Chissà, magari alla fine potresti venire con me e diventare il futuro luogotenente dell’11° Compagnia…-
-Perché tutta questa solidarietà per un pazzo omicida come me?-
Fui sicuro, sicurissimo anzi, di vedere per un momento un lieve rossore sulle sue guance.
-Mi stai simpatico, amico. Sarebbe un peccato che marcissi in un posto di merda come questo.-
Yachiru si rilassò ai piedi dell’albero, portandosi le mani dietro alla testa.
-Be’, preparati, socio, non ci vado così leggera, io.-
-Se ti provi ad ammazzarmi, quando sarò un fantasma mi vendicherò e ti taglierò quella tua ingombrante maglietta.- e seguì una mia grassa risata. Quella volta schivai il suo calcio per un pelo. Improvvisamente, però, sembrò essersi ricordata qualcosa.
-Ah, già. Ti piacciono le cicatrici?-
-Ovviamente.-
-Be’, allora sono felice per te.- Mi disse con un sorrisetto, mentre mi passava il suo lucidissimo fodero d’argento. Era così lucido che riuscivo a specchiarmi senza problemi, e lì vidi qualcosa che mi avrebbe fatto felice per tutta la vita. Anche a distanza di poche ore, la ferita sul viso si era completamente cicatrizzata, e vedevo il riflesso del mio viso attraversato da una bellissima cicatrice giallognola che partiva dalla fronte, fino ad arrivare al mento. Sorrisi, e conclusi che quella era la miglior ragazza che avessi mai incontrato.

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Capitolo 3
*** Wild Beasts ***


 Non è vero che iniziammo dal nome. Sinceramente, non mi sentivo per niente pronto. Non volevo cambiare, anche se sentivo che nel momento in cui avevo visto Yachiru per la prima volta tutta la mia vita sarebbe cambiata. In meglio ovviamente. Lei invece sembrava essersene dimenticata di quello che mi aveva detto. Ogni mattina si svegliava prima di me e partiva alla ricerca di guerrieri, e io l’aspettavo, facendo la stessa cosa. Quando tornavo lei era esattamente nello stesso posto in cui avevamo sostato il giorno prima, e ogni volta puliva meticolosamente la sua spada, e delle volte era anche fasciata qua e là. Facevamo una breve pausa, poi cominciavamo a camminare nella foresta. Verso sera, poi, mi costringeva a prendere la spada e ad allenarci insieme. Ci prendevamo a legnate a vicenda, ma poi finiva sempre che si congratulava con me per i mei miglioramenti. Infine concludevamo la nostra giornata mangiando qualcosa e mettendoci a dormire. Prima si metteva ben lontano da me, ma ogni volta notavo che a poco a poco si avvicinava verso di me, ed ero molto soddisfatto di questo. Quella ragazza mi attraeva, ormai l’avranno capito tutti. Una sera avevamo finito di mangiare e stavamo guardando il cielo, sdraiati, quando mi accorsi che Yachiru era giù di morale.
-Che hai? Ti ho visto moscia, mentre combattevi. Tra un po’ ti tagliavo via qualcosa.-
Lei non rispose subito. Continuò a guardare il cielo intensamente.
-Devo ripartire.-
Mi alzai scatto e la guardai dritta negli occhi, anche se lei continuava a guardare le stelle.
-Come sarebbe a dire?-
-Non dovresti stupirti così tanto, te l’avevo detto che ogni volta percorro un giro all’interno di ogni distretto. Quando ci siamo incontrati la prima volta ero già in viaggio da molto, ed era questione di giorni, prima che finissi. E poi sarà una settimana che camminiamo insieme.-
La sua voce tremava dalla tristezza, ma cercò comunque di tranquillizzarmi mostrandomi un sorriso.
-Oh, andiamo, non devi fare quella faccia disperata! Ci siamo divertiti, ma a tutto c’è un limite.-
Tornò a guardare il cielo, ma con un’espressione triste, questa volta, e io non ero da meno. Ero stato così stupido da pensare che lei sarebbe rimasta lì per sempre, a farmi compagnia durante le battaglie: era ovvio che poi ci sarei rimasto male. Poi mi venne un’idea. Deglutii, e parlai.
-Guarda, Yachiru, che mi avevi promesso di aiutarmi a trovare un nome.-
Quella smemorata di Yachiru tornò a guardarmi tutta speranzosa, come se anche lei avesse voluto avere lo stesso pensiero. Ma durò un attimo. Dopo tornò ad essere la stessa ragazza dura di sempre.
-E va bene…giusto perché te lo avevo promesso…Però dopo averti trovato un nome me ne vado, chiaro?-
Finalmente mi rilassai e tornai a sdraiarmi.
-Sai, ultimamente trovo che i combattimenti siano un po’ troppo veloci. Ora sono così veloce che il nemico non riesce nemmeno a sentirmi, e così lo uccido dopo pochi secondi.-
 Yachiru mi diede una leggera (si fa per dire) gomitata nelle costole.
-Ah, ma quante arie ti dai! Io riesco a sentirti benissimo, anzi, secondo me fai un sacco di rumore!-
-Ore sei tu a darti delle arie. Anche se però è questo il punto: tu riesci a sentirmi perché sei forte, ma gli altri no perché non lo sono. Ecco, dovrei trovare un modo per trovare combattenti forti, così mi risparmierei un sacco di tempo!-
Yachiru sbuffò.
-Be’, sarebbe difficile. L’unico tuo piccolo fallo però è che sei rumoroso. Se è come dici tu solo i più forti riuscirebbero a sentire ogni tuo piccolo rumore, perciò se ti facessi un’acconciatura ridicola per poi metterti dei piccoli campanelli nei capelli il problema sarebbe risolto.-
Mi tirò un’altra gomitata nelle costole.
-Coglione, tu chiedi troppo!-
Questa volta ero riuscito un po’ ad evitarlo, ma visto che ero sdraiato non ci riuscii completamente.
-E smettila! Però forse hai ragione, chiedo troppo.-
Era un bugia bell’e buona. Non solo l’avevo ascoltata attentamente, ma la sua idea mi sembrava geniale. Dovevo assolutamente lavorarci su, prima o poi. Restammo a guardare il cielo stellato per qualche minuto, poi mi feci coraggio e le dissi:
-Ehi, Yachiru…-
-Sì?-
-Perché non ce ne andiamo insieme da questo schifo?-
Non disse nulla, ma sperai che stesse sorridendo.
-E perché no?-
Mi bastò. Ero il ragazzo più felice del mondo.
-In fondo, dopo tutto questo tempo, non mi sei sembrato poi così pazzo maniaco…-
Va bene che era felice, ma se diceva così poi mi rovinava l’immagine! Con un movimento fulmineo fui subito sopra di lei, con la mia faccia a un millimetro dalla sua (anche se sarò stato incredibilmente più alto di lei), e con le mie braccia e gambe immobilizzai i suoi arti.
-Ne sei sicura?-
Yachiru cominciò a lanciare gridolini e a divincolarsi.
-Ritiro! Ritiro tutto! Sei un pazzo, un maniaco, e pure un pervertito!-
Non ne potevo più di sentirla agitarsi in quel modo, così, senza quasi pensarci, la zittii con un bacio. Yachiru iniziò lentamente a calmarsi, a mia grande sorpresa. Pensavo ne avrebbe approfittato per prendermi a calci, e invece si stava proprio godendo quel bacio. Non mi importava più nulla di preoccuparmi se a lei andasse bene o no, mi rifiutavo categoricamente di staccarmi da lei. La liberai dalla presa, e lei cominciò ad accarezzarmi il volto, prima dolcemente, poi sentii che si stava agitando. Anche dal modo in cui aveva cominciato a baciarmi: molto più…passionale, quasi violento, e capii dove voleva andare a parare. Quella donna era davvero strana. In qualunque cosa facesse all’inizio sembrava dolce e gentile, ma poi, quando si abituava alla situazione, liberava la sua vera natura, e diventava una bestia selvaggia senza controllo. L’adoravo per questo. Così decisi di andare fino in fondo e feci scivolare la mia mano dal suo collo, fino alla schiena, e in quel momento pensai che quella specie di kimono era diventato troppo ingombrante per quella situazione.
E da qui mi fermo. Sé, ma che pensavate? Che io vi avrei rivelato le mie sporche esperienze? Sono fattacci miei e di Yachiru, porci! Comunque posso dire che quella notte io e  Yachiru fummo davvero delle belve selvagge senza controllo, e lei riuscì a rendere quei momenti i migliori della mia vita.

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Capitolo 4
*** The Rise of The Demon ***


Premessa: in quest’ultimo capitolo volevo ringraziare May Rin e Cinanzon per aver seguito la mia storia e per avermi sempre incoraggiata. Grazie di tutto e spero che anche questo capitolo vi piaccia.
La mattina dopo mi spaventai quando non sentii il corpo di Yachiru sotto le mie mani, ma poi pensai che in fondo, se doveva rimanere lì, doveva pur combattere contro qualcuno. Mi rilassai felice, ma poi un venticello, che mi procurò dei brividi in tutto il corpo, mi fece tornare in mente che ero ancora nudo come un verme, e la situazione non andò migliorando quando, con l’aiuto di acute fitte di dolore, mi ricordai che Yachiru mi aveva lasciato degli evidenti graffi sul fondoschiena. Mi rimisi i vestiti del giorno prima senza fare tanto lo schizzinoso, e una vola pronto, mi apprestai ad andare anch’io in cerca di guerrieri, come facevo tutti i giorni.
Ma quel giorno non sarei andato a caccia di guerrieri.
Un lieve fruscio attirò l’attenzione delle mie orecchie, e partii come una molla. Senza nemmeno averlo visto, ero riuscito a infilzare un disgraziato, che però aveva una resistenza incredibile, e nonostante la gravità della ferita, respirava ancora bene.
-Respiri ancora! Di solito le fecce come te crepano dopo manco due secondi! Ti faccio i miei complimenti!-
Stavo per recuperare le spada per sferrare un altro attacco, quando sentii che l’uomo stava mormorando qualcosa:
-Tu…stai dalla parte…di quella donna?-
Quell’uomo cominciava a insospettirmi.
-Continui a stupirmi…sai parlare, e sei persino ben informato…- Ma quello andò avanti, come se non avessi detto niente.
-Quella puttana…ha osato venire qui come se niente fosse, e ha cominciato a ucciderci tutti! Credeva davvero…che non ci sarebbero state conseguenze?-
Un terribile dubbio mi assalì la mente.
-Cosa?-
-Tutti la odiano qui…alcuni sono riusciti a mettersi d’accordo e a formare dei gruppi.-
L’uomo capì che era giunta la sua ora, e come ultimo gesto mi guardò con occhi colmi di follia e mi disse:
-Presto di lei, e di te che sei suo alleato, non rimarrà più niente, e con i cadaveri ci faremo la festa!-
Mi assalì una furia cieca, e con la spada gli trapassai il cranio, per il gusto di non lasciarlo morire senza soffrire. Come potevo essere stato così idiota? Ogni giorno Yachiru tornava con un numero sempre maggiore di ferite, e io non ne avevo dato importanza!
Ma non potevo continuare a perdere tempo, lei era in grave pericolo!
Mi lanciai al suo inseguimento inseguendo il suo odore. Nonostante non ne perdessi mai la traccia, di Yachiru nemmeno l’ombra.
Cazzo, Yachiru!” pensai. Finalmente, dopo un tempo infinito, sentii davanti a me i rumori di una battaglia.
Non fartela sotto! Yachiru è la più forte di tutti, qui!” pensai con convinzione. Dopo aver distrutto dei fastidiosi cespugli, davanti a me mi ritrovai un vero macello.
Almeno dieci corpi di uomini erano fermi a terra, in un mare di sangue. L’intero spazio ormai ne sembrava completamente tinto, e molti alberi erano stati tagliati irregolarmente. Ma, sebbene ci fossero così tanti uomini a terra, ce n’erano molti di più in vita, che attaccavano con accanimento Yachiru, che era ricoperta di graffi e di tagli, ma non indietreggiava, e stringendo i denti rispondeva ad ogni attacco, a volte facendo cadere esanime l’avversario che l’aveva attaccata. Con maggiore attenzione, più o meno, vidi che gli uomini in piedi saranno stati una ventina. Yachiru subì un altro colpo, e io persi la testa. Con un grido mi avventai sul gruppo che le stava addosso, e li aprii tutti con la spada fino a che non gli saltarono fuori le budella. Guardai Yachiru preoccupato, e mentre respingevamo insieme i colpi degli avversari le chiesi:
-Stai bene?-
-Sì. Mi chiedo solo perché ce l’abbiano tutti con me.-
-Sono incazzati perché da quando sei arrivata hai ucciso a destra e a manca, così hanno vinto l’istino animale verso di loro e si sono uniti per ucciderci.-
Mentre con due colpi uccideva due uomini corrugò lo sguardo.
-Adesso sono ancora più confusa. Come fai a sapere tutte queste…-
Ma l’attacco di  altri due avversari le fecero perdere il discorso.
-Ma vedo che siamo impegnati, perciò direi di rimandare le spiegazioni a dopo.-
-Concordo.-
Così ci separammo, e fui davvero sollevato di vedere che, anche se era in difficoltà, Yachiru stava bene, e sprizzava energia da tutti i pori. In poco tempo riuscimmo così ad uccidere tutti quegli uomini incazzati, senza ricevere troppi danni.
 
Dopo aver finito eravamo entrambi esausti, e io mi voltai verso di lei con un sorriso soddisfatto.
Ma con orrore vidi che due uomini, spuntati da chissà dove, si erano lanciati verso Yachiru, che era voltata. E lei non se n’era accorta.
-Yachiru, attenta dietro!- le gridai mentre correvo verso di lei.
Yachiru si girò.
Con la mia spada tagliai la testa ad entrambi gli uomini. I resti dei loro corpi caddero con un tonfo. Mi voltai verso di lei.
Yachiru aveva due spade conficcate nel petto, e le guardava, più che con dolore, con estremo stupore. Provò a toglierne una, ma al minimo tocco Yachiru cominciò a tossire sangue, e cadde.
La presi al volo, e le strappai immediatamente via quelle spade, e Yachiru gridò dal dolore. Perché, perché era successo tutto quello? Perché ero uno stupido, debole e vigliacco, ecco perché!
Yachiru mormorò qualcosa.
-Cosa? Che hai detto?-
-Ho detto smettila di guardarmi in quel modo disperato, oppure negli ultimi attimi di vita che mi restano ti prendo a pugni!-
-Non dire cazzate! Queste sono ferite da nulla! Sono in grado di curarti!-
Yachiru alzò gli occhi al cielo, e mi afferrò il polso.
-Senti, risparmiami queste banali puttanate e ascoltami.-
Stavo per liberarmi dalla presa, ma rinunciai e obbedii. Non volevo accettarlo, non volevo nemmeno più guardare, ma la sua ferita io non ero in grado di curarla.
-Vedi…-
-Prima…- la interruppi. –Ti devo confessare una cosa…-
Questa volta fu lei che si fermò ad ascoltare.
-Io…ti mentii quando ti dissi perché ti stavo seguendo…in realtà io…-
Yachiru mi ascoltava ancora più attentamente.
-Io ero attratto dai tuoi capelli e mi sono sempre vergognato di dirtelo. Anche…anche ora li trovo la cosa più bella che abbia mai visto in vita mia!-
Mi liberai dalla sua debole presa e le accarezzai dolcemente la testa. Yachiru sorrise.
-Be’, non poteva certo essere solo quello il motivo…grazie, tu sì che sai far felice una ragazza…-
Il suo respiro si fece sempre più irregolare.
-Adesso però ascoltami. Vedi, in tutto questo tempo che ci siamo allenati insieme finivi sempre per rischiare di uccidermi, e solo ora ho capito che ci stavi andando piano apposta. E già allora pensavo che eri più forte di me…-
-Non sprecare fiato, Yachiru, arriva al punto!-
-Ecco…vorrei…che diventassi tu Shinigami…-
-Cosa..?-
-Non fraintendere, stupido. Non ti voglio costringere. Se non vuoi essere Shinigami pazienza, ma…non voglio che tu continui a vivere così, in questo mondo selvaggio e fermo. Tu meriti di più. Pensa almeno che se sarai l’uomo più forte della Soul Society potrai combattere delle battaglie incredibili…-
Mi accorsi solo in quel momento che delle lacrime stavano cercando di uscire dai miei occhi. Ma non potevo piangere, non davanti a lei. Non volevo sembrare ancora più debole di quello che ero.
-Come posso essere forte, se non riesco nemmeno a proteggerti? Tu sei forte Yachiru…vorrei almeno assomigliare a te…-
-Vorresti avere delle tette incredibili?-
Mi chiese con una mezza risata.
-Non in quel senso, stupida. Tu sei così determinata, intelligente, forte…Io non mi ricordo nemmeno perché non ho mai cercato di andarmene da qui…dovresti essere tu la donna più forte della Soul Society…-
A quel punto le guance di Yachiru si rigarono di piccole lacrime. Probabilmente anche lei aveva tentato di trattenerle, senza riuscirci. Il suo sorriso si allargò, e con una mano mi accarezzò debolmente la guancia, e io gliela strinsi forte.
-No. Tu meriti di più. Tu meriti di essere l’uomo più forte del mondo, di essere l’uomo più stimato dai guerrieri,  di essere la persona più temuta da tutti…-
Prese un ultimo respiro, e guardandomi intensamente negli occhi e stringendomi più forte che poté disse:
-Tu saresti il migliore Kenpachi di tutti…-
Lentamente, e senza mai abbandonare quel suo sorriso speranzoso e bellissimo, chiuse gli occhi, e non si mosse più.
Le stringevo ancora la mano, ormai floscia. Vista così, Yachiru sembrava in tutto e per tutto una innocente fanciulla addormentata. Sembrava si fosse portata con sé la sua natura che avevo sempre tanto ammirato.
Restai immobile, osservando attentamente Yachiru, sperando di vedere anche il suo più piccolo muscolo muoversi, o di vederla sfuggire dalle mie braccia con un salto per poi darmi un pugno in faccia, rimproverandomi di essere cascato troppo facilmente nel suo scherzo. Ma non successe niente.
A quel punto il mondo mi crollò addosso.
All’inizio le lacrime finalmente sgorgarono giù dagli occhi senza che io emettessi un lamento, ma poi fui preso dall’ira, e con tutta la voce che avevo in corpo, urlai. Sembrava un urlo disumano. Ero arrabbiato, no, incazzato nero, con gli uomini dell’80° distretto che erano solo degli stupidi animali, con quelli del 1° che per colpa della loro mancanza di affetto avevano costretto Yachiru a diventare violenta, con il mondo intero, e soprattutto con me, che ero stato così debole e impotente da essermi abbandonato all’amore di una ragazza senza nemmeno essere in grado proteggerla. Urlai al cielo finché nella mia gola non ci fu più voce, e con quell’urlo dissi al mondo che io non sarei più stato così. Che da quel momento, dentro di me, era nato un demone che non avrebbe più accettato emozioni di quel tipo, e che si sarebbe nutrito di battaglie finché gli sarebbe rimasto un alito di vita.
Quella fu l’ultima volta che piansi, e lei fu l’unica donna di cui mi innamorai. Perché come fai a innamorarti di nuovo, se l’unica donna che tu abbia mai amato ti muore tra le braccia?
Arrancai un po’ con lei fra le braccia, finché non trovammo il confine con il 79° distretto (nessuno veniva mai lì), e ai piedi di un albero scavai una buca non troppo profonda. Prima di appoggiarci delicatamente Yachiru, con ancora il sorriso sulle labbra, le baciai la fronte, anche se sapevo che lei non lo avrebbe mai sentito. Dopo averla messo lì dentro le posizionai le mani in modo che stringessero al petto la spada, e dopo averla guardata un’ultima volta, rimisi tutta la terra nella buca. Tagliai poi un albero e lo lavorai finché non venne fuori una croce, che piantai dietro la tomba, e dopo aver chiamato a raccolta tutte le mie conoscenze prese nell’80° distretto, incisi in modo evidente, nel legno, con la spada, le scritte:
“Qui giace Yachiru, il demone dai capelli rosa”
Restai a guardare quel lavoro per un sacco di tempo. Sì, io sarei diventato Shinigami. Avrei finito il lavoro che Yachiru aveva iniziato e avrei inseguito i miei, di sogni: sarei diventato l’uomo più forte del mondo. Mi sentivo in dovere di dire qualcosa, dal momento che forse quella era l’ultima volta che ci vedevamo, e così, visto che le avevo detto tutto laggiù, dissi con amarezza:
-Tu lo saresti diventata senza problemi…-
E oltrepassai il confine senza guardarmi più indietro.
 
Dopo non c’è più molto da dire. Arrivai nel 79° distretto, e non appena vidi delle persone, la rabbia che avevo provato quel giorno, che non si era ancora esaurita, la scaricai su di loro, e su tutti gli altri uomini che avevano osato oltrepassarmi la strada. Dopo poco tempo ci fu un giorno, molto soleggiato e con qualche nuvola in cielo, in cui mi imbattei in un grosso gruppo di uomini minacciosi e bavosi. Li uccisi tutti. Quando me ne stavo per andare avanti mi accorsi che c’era qualcun altro insieme a loro: una piccola, minuscola figura che gattonava felice verso di me. Aveva un kimono viola e un visino allegro ma la cosa che sembrava risplendere in lei, erano i suoi capelli rosa.

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