the Forbidden Love

di PeaceS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo Capitolo ***
Capitolo 3: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 4: *** Terzo Capitolo ***
Capitolo 5: *** Quarto Capitolo ***
Capitolo 6: *** Quinto Capitolo ***
Capitolo 7: *** -Sesto Capitolo- ***
Capitolo 8: *** Settimo capitolo ***
Capitolo 9: *** Ottavo capitolo ***
Capitolo 10: *** Nono capitolo ***
Capitolo 11: *** Ultimo capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


The Forbidden love

 

 

 

Prologo

 

 

 

Molte persone vivevano con il pensiero del buon puritano inculcato nel cervello, dove ogni cosa sembra essere perennamente sbagliata e ingiusta, come se fare sesso prima del matrimonio fosse un crimine spaventoso.

Lily Luna Potter odiava chi la pensava in quel modo: un ragazzino di sedici anni poteva immolarsi in una guerra - contro il mago oscuro di tutti i tempi - ma una ragazza non poteva fare sesso perché era contro morale. Idioti.

Non si era mai posta quel problema, aveva sempre evitato i bigotti di quella proprozione cosmica, ma delle volte si chiedeva se era giusto farlo con lui. Non che lo avesse fatto con chiunque altro. L'uomo che la guardava da fondo della stanza, osservandola come se fosse l'unica in quel momento, era stato il primo per lei.

Era sempre stata una ragazza tranquilla e posata, per quanto potesse esserlo una Potter, ma con lui perdeva ogni percezione di sé stessa; nonostante sapesse che alla sua età era abbastanza normale fare sesso, Lily sapeva che con lui l'aggettivo normale perdeva ogni significato.

Tutto, in loro, era ingiusto e anormale. Anche i propri nomi accostati l'uno di fianco all'altro, oppure sussurrati in una notte rovente, suonavano come qualcosa di proibito.

"Mi stai ascoltando?" la voce di suo fratello James le ingiuse quasi ovattata all'orecchio, e di malavoglia distolse lo sguardo dal tavolo dei professori per posarlo su quello arrabbiato di Jamie.

"No, naturalmente" rispose di malavoglia, giocando con il cibo nel piatto; ultimamente non faceva altro, e sapeva che se sua madre avesse scoperto quanti pasti saltava  al giorno l'avrebbe prima annoiata con i suoi rimproveri, poi l'avrebbe costretta ad ingozzarsi fino a star male.

Lily represse a stento un brivido.

"Come sempre. Dove hai la testa ultimamente, Lils?" sbuffò suo fratello maggiore. Lily non lo ascoltò nuovamente, guardando con la coda dell'occhio la sua figura alzarsi, salutare i colleghi presenti - compresi il preside che sorrise bonario - e uscire dalla Sala, volgendole un occhiata di sfuggita.

"Al Quidditch" mentì spudoratamente, mentre allontanava con una smorfia il piatto che aveva davanti. Alzò gli occhi al cielo, e vide che il sole era già al tramonto, tingendo la sala di un tenue colore aranciastro alquanto piacevole.

"Mi ritiro, devo ancora finire i compiti di pozioni." sbuffò, e si sorprese di come oramai, le sue parole, non suonassero più come una bugia fatta e finita.

Quasi si vergognava di quanto fosse diventata brava a mentire, non era di certo una caratteristica dei Grifondoro, quella, si addiceva molto di più ai Serpeverde.

"Forse è lo studio che ti sta rimbambendo, sorella" la salutò cordialmente James con il suo solito modo rude, mentre lei gli rispondeva con una semplice linguaccia. Se avesse saputo il vero motivo del suo rimbambimento, sicuramente l'avrebbe uccisa.

Jamie non era un tipo da parole, o un tipo particolarmente diplomatico, preferiva semplicemente fare a botte se qualcosa non gli andava a genio. L'ennesimo sospiro uscì dalle sue labbra: il primo a rimanere deluso del suo comportamento, sarebbe stato di sicuro lui. Con suo padre a seguito.

Le sue scarpine di vernice nero producevano un sinistro ticchettio sulla pietra rude dei corridoi di Hogwarts, quasi come se il pendolo della morte rintoccasse ad ogni suo passo. Notò che ogni cunicolo, corridoio e passaggio segreto era vuoto, erano ancora tutti a cena; il suo amante sceglieva quell'orario apposta per vederla: dove nessuno si sarebbe accorto di loro.

E Lily se ne vergogna tremendamente. Oramai conosceva ogni quadro, anfratto e crepa che precedeva quel tratto: lo percorreva tutti i giorni, e non cambiava mai nulla. Nemmeno il senso di colpa che l'attenagliava. Superò le cucine, da dove proveniva un leggero brusio - gli elfi probabilmente si stavano dando ancora da fare - e percorse il corridoio adiacente a quello che conduceva ai dormitori di Tassorosso.

Si ritrovò in un cuinicolo stretto, e salì delle scale prima di ritrovarsi davanti a una grossa porta di mogano. Era come salire in una soffitta, e trovarsi davanti ad una porta nascosta, che non avevi mai notato.

Il professore di Difesa Contro le Arti Oscure, nonché Capocasa del dormitorio Tassorosso, aveva i suoi appartamenti privati lì, in disparte da tutto e tutti. Lily nemmeno bussò quando entrò, guardando l'uomo che le dava di spalle con una fredda indifferenza.

La stanza era calda grazie alle fiamme che scoppiettavano allegre nel camino, mentre i colori giallo\neri predominavano sul tutto. Un letto a baldacchino al centro, un baule ai piedi del letto, una grossa finestra dal panorama finto, e un divanetto di fianco la piccola libreria. Uno scrittoio di mogano faceva bella mostra di sé, lucido, sotto la larga finestra.

La stanza era piccola, ma ordinata e arredata con tutta la semplicità del mondo. Tipico di lui. Si era trovato una bella sistemazione, Ted Lupin, con un lavoro rispettabile e di successo, arrivando dove un ragazzo della sua età non ci era mai riuscito.

Lo vide girarsi, con gli occhi castani appena opachi per la stanchezza e i capelli di un tenue azzurro ritti sul capo, ribelli come sempre. Aveva ereditato il potere di Metamorfogus da sua madre, e la predisposizione alla carne al sangue - gli occhi marroni, caldi e profondi - di Remus.

Lui le sorrise appena, togliendosi la maglia e rimanendo a torso nudo.

 

 

"Credevo non arrivassi più" sussurrò concitato, avvicinandosi verso Lily - ancora ferma sulla soglia della porta - a piedi scalzi. Tese la mano, accarezzandole con la punta delle dita le guance fredde. Lei continuò a rimanere immobile.

Ted si sorprendeva spesso della sua pelle, calda in alcuni punti e fredda in altri, liscia e morbida. Ma soprattutto profumata. Adorava accarezzarla, baciarla, sentirla fremere sotto di lui... era quasi una piacevole tortura.

"Sapevi che sarei arrivata comunque" disse Lily con le labbra strette in una linea sottile che denotava il suo disappunto. Ted sapeva che lei odiava mostrarsi debole, e ancor di più parlare delle sue debolezze; lui era una di quelle.

Lily si mosse appena sotto il suo tocco, mentre Ted sospirava appena sulla sua bocca.

"Guardami" sussurrò roco, e la vide alzare smarrita i suoi bellissimi occhi marroni. Erano caldi, come quelli di sua madre Ginny, con qualche pagliuzza verde ad illuminare i contorni delle iridi. Spesso riusciva a perdersi nella profondità di quello sguardo, e anche spesso si rammaricava di quanto poco gli appartenessero.

Afferrò il suo viso tra le mani, incavando appena le sue guance con le dita, e la baciò con forza; se la strinse al petto fino a sentire le sue costole coincidere con le proprie, e rilasciò un sospirò quasi deliziato. Lei gli circondò il collo con le braccia esili, quasi arrampicandosi su di lui per circondare le gambe attorno la sua vita.

Era piccola e agile, la sua Lily, una cercatrice degna di nota; esile quasi quanto una bambina.

Ted non trattenne un brivido quando la lingua bollente della ragazza esplorò la sua bocca, un bacio sensuale, passionale, ma che sotto sotto aveva un che di tenero che lo faceva impazzire. Indietreggiò fino a cozzare con la piegatura delle gambe sulla sponda del letto, e si lascio cadere senza sentire il peso di Lily su di sé. Non si staccarono nemmeno per prendere aria, respiravano uno sulle labbra dell'altro, spogliandosi ad occhi chiusi.

Gemevano di tanto in tanto, accarezzandosi a vicenda, arrivando quasi al culmine con dei piccoli movimenti dei bacini, che si toccavano quasi come si conoscessero da sempre. Ted ribaltò le posizioni, osservando incantato i riverbi del fuoco giocare con i capelli rosso carmonio di Lily, aperti a ventaglio sulle lenzuola bianche, a netto contrasto.

La liberò dall'intimo con una velocità quasi inumana, mentre il desiderio che gli cresceva dentro si faceva sempre più intenso: aveva bisogno di sentirla sua, in quel preciso momento.

"Toccami" le ordinò prerentorio, e lei lo fece, ma con una leggerezza quasi snervante. Sentiva appena i suoi polpastrelli sulle pelle, anche se lasciava una scia infuocata al suo tocco. Sembrava inesperta, e in effetti lo era - visto che lui era stato il suo primo in tutto - e questo lo eccitava terribilmente.

Non provò nemmeno a sfiorare la sua intimità, troppo smanioso, penetrò direttamente in lei, rilassandosi impercettibilmente e poi arcuando nuovamente la schiena. Sentì distrattamente le unghia di Lily nelle sue spalle, e cominciò a muoversi sempre più velocemente, alternando spinte lente e regolate a quelle frenetiche e impazienti.

Era sua in quelle notti, e nessuno poteva negarlo.

Era sua quando si muoveva dolcemente e lentamente, sospirando e alzando il capo verso di lui, socchiudendo appena gli occhi marroni e mordendosi il labbro per non gemere troppo forte.

Era sua quando inclinava il capo, trattenendo il fiato bruscamente e stringendo le gambe attorno la sua vita, per trattenerlo più a lungo. Ogni bacio era suo, come ogni respiro che catturava con le labbra, trattenendolo dentro sé come fosse oro.

Ma tutto finiva stesso la notte in cui si donavano corpo e anima, lasciandolo solo la mattina dopo, con la mente piena di pensieri e il cuore che pregava per poterla rivedere.

Quella ragazzina di sedici anni gli aveva rubato ogni cosa, compreso l'orgoglio e la voglia di amare qualsiasi altra persona.

Voleva lei e basta.

 

***

 

Dall'altra parte del castello, invece, James si chiedeva chi cazzo avesse inventato Serpeverde; poi ricordava il caro e vecchio Salazar... e lo malediva in tutte le lingue che conosceva, sibilando alcune imprecazioni verso l'antenato che avrebbero fatto impallidire persino Sirius Black. Ed era tutto dire.

C'era una cosa da sapere su James Sirius Potter: oltre ad essere un terribile narcisista egocentrico, tendeva ad essere isterico su alcune cose, odiandole con così tanta intensità da spaventare la maggior parte dei cugini e compagni Grifondoro.

Alcuni di questi erano: Serpeverde, trasfigurazione, serpeverde, Derek Zabini, serpeverde, i maglioni orribili che gli mandava sua nonna ogni natale, e serpeverde.

Soprattutto serpeverde.

Non c'era un motivo preciso, in realtà; semplicemente, a pelle, quella casa gli stava altamente sulle palle - come avrebbe detto zio George su uno dei tanti fidanzati che Roxanne si azzardava a fargli conoscere -. Naturalmente nessuno era tornato a casa. Almeno non sano di mente.

Odiava la loro aria snob, quei colori così freddi e cupi, quella convinzione subdola che faceva credere tutti loro di essere superiori.

E Dominique. Sì, sua cugina era uno dei tanti motivi, oltre Zabini e Malfoy, a fargli odiare quella casa più di sé stesso. Lei lì aveva imparato le giuste maniere, il come comportarsi decorosamente, a come portare le gonne inguinali con un eleganza quasi strafottente, e ad essere stronza fino al midollo.

Dominique Weasley, con un quarto di sangue veela. E il resto tutto Weasley. Anche se si notava poco e niente. Forse, di quella famiglia inglese dai capelli rossi, aveva ereditato solamente una spruzzata di efelidi sul naso e la propensione ad essere brava a Quidditch. E l'altezza, James ancora si chiedeva come riuscisse ad arrivargli sotto al mento, visto che lui era un metro e novanta e faceva davvero paura, come gentilmente gli faceva notare la sua cara e dolce sorellina.

La odiava perché era una Weasley e si comportava come una Malfoy. E James odiava i Malfoy tanto quanto suo zio Ron.

La odiava perché scuoteva i suoi capelli biondo\ramati con troppa enfasi, e riusciva a farlo rabbrividire con i suoi occhi azzurri.

La odiava perché era brava a Quidditch, e qualche volta era riuscito anche a batterlo, facendogli perdere una partita importante di campionato.

La odiava perché... beh, perché era lei e basta!

"Stronza" butto lì con noncuranza e la sua solita finezza, mentre suo cugino Fred, seduto a rigirarsi i pollici di fianco a lui, si chiedeva se veramente non avesse perso il senno.

Ora parlava anche da solo.

"Perché mi preoccupi sempre di più?" domandò Fred, sbuffando e riavviandosi i capelli rosso carota con un gesto secco. James nemmeno rispose, come sempre, grattandosi appena il mento coperto da una leggerissima barba incolta.

Per attirare le ragazze, aveva detto.

Sembri un barbone, aveva risposto Dom in uno dei suoi tanti saluti simpaticissimi. Un altro motivo per cui la odiava: rispondeva sempre in modo ironico, come se lui fosse un idiota e lei chissà chi.

"Stronza due volte" ri-borbottò James, assottigliando pericolosamente lo sguardo.

"Sì, sei proprio fuso" ridacchiò Freddie, spaparanzandosi ancor di più sul divanetto.

Ecco l'altro motivo per cui la odiava: era fuso di lei.

  E lei... beh, era sua cugina.

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Capitolo 2
*** Primo Capitolo ***


Primo capitolo

 

 

 

 

 

 

 

Rose Weasley entrò nella Sala Grande con il suo passo anonimo, riuscendo ad attirare poca attenzione su di sé, come sempre. 

 Accennò qualche saluto distratto verso il tavolo delle Serpi, dove sua cugina, la bella Dominique Weasley, si sbracciò nella sua direzione, sfoderando uno dei suoi sorrisi più belli, quelli che riuscivano a spiazzare chiunque e che regalava a pochi.

Sorrise in direzione dei Tassorosso, dove il piccolo Hugo mostrava i suoi modi galanti alla dolce ragazzina che era riuscita a conquistare il suo giovane cuore. Un altro buon giorno distratto al gruppo dei Corvonero che avrebbe raggiunto più tardi, per poi scivolare accanto ai Grifoni, che quella mattina, come molte simili a quelle, l'accolsero come una di loro.

Nonostante Rose Weasley appartenesse alla casa dei Corvonero da ben sei anni, lei preferiva pranzare lì, tra i Grifoni, dove quasi tutta la sua famiglia era stata smistata; tra i coraggiosi, i puri e fieri di cuore. Erano lì, tutti riuniti a quel tavolo, mettendo in evidenza le caratteristiche che accumunavano il Club Potter –Weasley che ormai aveva assediato il castello.

Ognuno con una propria qualità, ognuno capace di far parlare di sé in un modo o nell'altro. E lei, oltre a richiamare perfettamente le caratteristiche dei Weasley con i suoi capelli rossi e i suoi occhi incredibilmente azzurri, era riuscita a farsi conoscere non solo per ciò.

Rose Weasley era una degna Corvonero, e degna figlia delle streghe più brillanti della sua generazione; figlia di Hermione Jane Granger, Rose era ammirevole, e l'unica a poter portare e meritare lo stemma di Priscilla Corvonero stampato sulla toga. Sveglia e pronta di mente, più testa che cuore, Rosie, era una sedicenne fin troppo responsabile.

In sei anni della sua carriera scolastica non un comportamento che potesse rompere gli schemi perfetti creati da lei avevano intaccato la rinomata di alunno perfetto; non aveva mai osato, e soprattutto non aveva mai rischiato.

Ogni cosa era condotta con perfezione maniacale, snervante, patologica. Eppure sembrava che lei gestisse senza problemi quella perfezione, sembrava sentirsi a suo agio nelle vesti di Prefetto Perfetto, nelle vesti di Corvonero eccezionale, nelle vesti di Rose Wesley, la ragazza più brillante del suo corso o dell’intera scuola, a detta di molti professori.

Ma, dietro a quegli occhi profondi e azzurri, dietro a quel sorriso tanto dolce, Rose cercava di nascondere quella parte della sua anima, quella parte che tradiva l’apparenza e l'idea che tutti avevano di lei. Quella parte che osava, anche se solo con il pensiero, anche solo aprioristico.

Rose Weasley nascondeva la voglia di gettarsi a capofitto nella vita, nascondeva l’invidia che provava nei confronti di sua cugina Lily, che ormai conduceva una doppia vita, che cercava di nascondere, rendendo i suoi giorni frenetici, palpitanti e privi di schemi perfetti e colmi di regole da infrangere.

Invidiava la spiensieratezza di sua cugina Dominique, che metteva in mostra la sua bellezza, senza preoccuparsi delle opinioni poco gentili su di lei, invidiava la sfacciataggine e il coraggio di James, che lo rendevano libero, ribelle e non incatenato al modello della famiglia, che aspiravano per lui un futuro perfetto.

Invidiava Fred Jr, deciso a rimanere l’eterno bambino, proprio come il padre; invidiava la piccola Rox, che ogni giorno si innamorava, ogni giorno viveva amori diversi. Invidiava il piccolo Hugo, che era uscito allo scoperto, mettendo in tavola le carte e rivelando l'amore che provava per quella ragazzina che ormai lo aveva rapito del tutto.

Invidiava il suo adorato Albus, che, come lei, nascondeva una realtà scomoda da rivelare, ma che non avrebbe mai rinnegato del tutto.

Rose Weasley nel suo profondo non era tanto perfetta, ma quella impeccabilità era una maschera, per nascondere la voglia di emergere e osare, quella voglia che ogni giorno scaturiva nell'osservare i comportamenti altrui, che scaturiva ogni volta che i suoi occhi si incrociavano con un viso strafottente, che dal fondo della sala non faceva altro che mettere in evidenza quanto poco poteva interessargli una tipa come lei, facendole pesare quei suoi modi fin troppo rigidi, fin troppo schematici.

"Rose, non lo mangi?" il volto di Al entrò nella sua visuale, facendole notare che teneva un Muffin stretto tra le mani, a qualche centimetro dalle sue labbra rimaste socchiuse.

"Oh, no, prendilo tu..." rispose semplicemente, porgendo quel gustoso dolce al suo migliore amico, se non cugino, Albus Severus Potter.

 

Al la scrutò con attenzione: ormai conosceva quella ragazza come le sue tasche, e anche quello sguardo che l'accompagnava da fin troppo tempo. Le si avvicinò piano, tanto da sfiorarle le guance con il naso e sospirò sulla sua guancia.

"Ehi, Weasley, cosa ti prende?" sussurrò piano, cercando di non attirare l'attenzione dal resto della famiglia, che consumava la colazione tra sorrisi e battibecchi, che come ogni mattina caratterizzavano la colazione.

"Potter nulla." rispose lei, accennando ad un sorriso che avrebbe potuto ingannare chiunque, ma non lui. Tra loro c'era quel legame che non poteva essere spiegato con semplici parole. Era un amore che andava oltre qualsiasi cosa, oltre le differenze, oltre il tempo, oltre il semplice legame di sangue.

Erano uniti, erano l'uno l'essenza dell’altro, e Albus conosceva bene quella parte di se,  tanto da capire che quel sorriso era finto, privo di una reale felicità. "Weasley , dimentichi che sono un Legilimens...".

Rose sorrise, questa volta davvero, questa volta anche con gli occhi. "Non è vero, stupido, non sai nemmeno trasfigurare un calice, come faresti a leggere nella mente?" ridacchiò, facendogli la linguaccia.

"Ma con te è diverso, sai che riuscirei a leggerti nella mente anche avendo gli occhi chiusi. Dai Rosie, dimmi perché il tuo faccino è cosi triste!" lo sguardo affettuoso e cinereo si scontrò con quello cristallino di Rose. Per quanto potesse essere rigidi i suoi modi, per quanto potessero essere schematici e perfetti, di fronte ad uno sguardo del genere Rose riusciva a sdradicare quell'armatura che molte volte avrebbe voluto eliminare del tutto, ma che tornava ad indossare ogni volta che apriva gli occhi per augurare il buon giorno.

"Al, mi vedi troppo...bacchettona?" domandò, mordendosi appena il labbro inferiore. Albus strabbuzzò gli occhi e non riuscì a trattenere una risata sguaiata, attirando l'attenzione degli altri componenti della famiglia, che rimasero a fissare incuriositi i due, accoccolati in disparte a chiacchierare.

Fred Jr si arrampicò sul tavolo, e senza dar ascolto alle proteste degli altri Grifondoro, scivolò accanto a Rose, e le circondò le spalle con un braccio, sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori.

"Voglio ridere anche io!" protestò lui con veemenza, non amando essere tenuto in disparte, soprattutto quando sentiva nell'aria odore di divertimento.

"Si ride per sciocchezze, e non per qualcosa che speri tu” esclamò Rose, rivolgendosi al caro cugino, che continuava a sorridere ai due, nonostante non capisse il vero motivo.

"Freddi, come la vedi alla nostra Rose?" la domanda di Al giunse prima che Rose potesse frenarlo, e Fred la fissò, ispezionando il suo viso per bene, cogliendone i semplici particolari e soffermandosi su quelli che anche lui riportava sul suo viso.

"E' da dire che è una vera Weasley, ma la testa è tutta sua madre. È un vero topo da biblioteca. Non bella come Dominique - ma teniamo conto che è un quarto di vela, quindi non vale tanto - e nemmeno divertente come Lils, ma comunque è adorabile" disse cinguettante.

Cruda e crudele sincerità, altra caratteristica che caratterizzava il giovane Fred Weasley Jr, che aveva ereditato non solo il carattere irruente e spensierato del padre, ma anche la lingua fin troppo lunga e innocentemente velenosa.

"Ti ringrazio Fred, sei un tesoro" sbuffò Rose, cercando attenzione altrove e trovandola nel suo tomo di Pozioni, che sbattè sul tavolo con violenza.

"Ma che avete oggi? Siete pazzi. La mia famiglia è una famiglia di matti!” disse Fred scansandosi da lei, temendo di ricevere lo stesso trattamento del tavolo e preoccupandosi della sua incolumità. Guardò Al che rispose con una semplice alzata di spalle, per poi rivolgersi nuovamente a Rose, che intanto aveva piantonato il suo sguardo sull'enorme libro polveroso.

"Sono solo sincero cara mia, forse dovresti accettare i consigli delle tue cugine e..." continuò lui, ricevendo da Albus una scappellata e bloccandosi di botto. Le sue parole avrebbero solo peggiorato l'umore di Rose, che sembrava ormai gettato sotto i piedi.

Qualcosa era accaduto prima di quella mattina, qualcosa che l'aveva gettata in quel malumore, e la presenza di Fred non lo avrebbe aiutato ad estorcerle informazioni.

"Credo che qualcosa abbia colpito la famiglia Weasley –Potter, anche James è furioso, e da un bel po'! " il tentativo di riportare sul viso di Rose un flebile e sottile sorriso non ebbe successo, e non riuscì nemmeno a farle distogliere l'attenzione da quel libro, che aveva perso fascino ancora prima che lui informasse ad entrambi che qualcosa stava gettando la loro famiglia in una crisi nera, e a perdere facilmente la pazienza. Ma  Rose continuò a tener rapito il suo sguardo, senza mostrare il minimo interessamento per il malumore di James.

"James è sempre arrabbiato! Non mi stupisce che mio fratello ha sempre qualcosa che gli fa girare le palle" sussurrò Al, scostando lo sguardo e concentrandosi sul muffin che Rose gli aveva porto poco prima. Il rapporto tra i due era sempre stato di continui scontri.

Erano troppo diversi. James era fin troppo duro, rigido e sbruffone, mentre lui fin troppo chiuso e scostante, sensibile e troppo poco Grifondoro, a detta di Jamie, che vedeva nei grifoni adoni scontrosi sempre pronti a gettarsi in risse.

"Secondo me, gli piace qualcuna..." disse Fred pensieroso, e Al sorrise a quell’osservazione tanto acuta quanto ovvia. A James piacevano tutte; tutte erano degne della sua attenzione, tutte erano degne di almeno cinque minuti in sua compagnia.

"Chi sarà la fortunata questa settimana?" esclamò Al, alzando lo sguardo verso il cugino che ghignava, felice di aver attirato almeno la sua attenzione. Per quanto riguardava quella di Rose, ormai aveva gettato la spugna. Il tomo di Pozioni sembrava avere argomenti più interessanti.

"E' una serpeverde, lo sento! Non fa altro che sbraitare contro di loro... E non fa altro che scontrarsi con Malfoy, Zabini e Dolov." disse sogghignando appena. Albus percepì un sottile movimento di Rose, che sembrò irrigidirsi sulla panca, ma riuscì a non tradirsi.

"Fred, noi andiamo!" la voce di James lo richiamò e mise fine a quella conversazione poco interessante per entrambi. Fred scoccò un dolce bacio a Rose, bacio di scuse per quella sincerità troppo spiazzante, e salutò Al con una leggera pacca sulla spalla per poi raggiungere il gruppo dei Grifondoro del settimo anno, che si diresse via, abbandonando la Sala Grande.

Al rimase a fissare il volto di Rose, che non era mutato di un centimetro, ma nonostante ciò, percepì il minimo cambiamento provocato da quel nome.

"Rose..." sussurrò, venendo fermato prima di poter dire qualsiasi qualcosa da una semplice alzata di mano. "Non dire una sola parola..." ringhiò lei, prima di alzarsi, richiudere il libro, e uscire di scena, lasciando Albus solo, seduto al tavolo e trovare consolazione in quel muffin che poco prima gli era stato offerto con tanto amore.

Tra loro c’era quel legame indissolubile, che non mancava ad essere spezzato da situazioni come quelle. Albus l'avrebbe raggiunta più tardi, sapeva che aveva bisogno di sbollire quella rabbia svegliatasi con lei, e sapeva che il motivo di quella rabbia era seduta a pochi tavoli distanti dal suo, che proprio in quel momento si era alzato, e si era indirizzato verso l’uscita con scagnozzi al seguito e un sorriso malefico dipinto sul volto.

Addentò con un sospirò il dolce, appoggiando il viso sulla mano sinistra aperta; certo che una colazione normale era impossibile da fare.

 

 

Le giornate ad Hogwarts erano noiose e monotone. Lo studio occupavano la maggior parte del tempo, e molti preferivano concedersi quella tortura fuori dalle mura della magica scuola invece della biblioteca così polverosa e silenziosa.

Sdraiarsi sul morbido e umido prato, perfetto per concedersi qualche minuto di puro relax, era utile per riuscire ad affrontare i compiti che i professori sadici non si erano risparmiati di consegnare ai propri alunni. Il sole di settembre rendeva lo studio più difficile, la concentrazione si perdeva del tutto con quei raggi caldi che radiavano il prato e il viso degli studenti, che dopo essersi rinchiusi per troppe ore all’interno di aule polverose e umide, si riavvivavano con quel calore non asfissiante.

Albus fu sorpreso quando vide Rose seduta ai piedi di un albero, circondata da tomi enormi, che non le permettevano il minimo movimento. Sorrise nel constatare che la sua presenza lì era dovuta sicuramente a qualche commentino poco gradito rivolto qualche giorno prima, commentino che le aveva causato il malumore per tutto il giorno.

Si indirizzò verso di lei, e senza attendere di essere invitato ad accomodarsi accanto a lei, lo fece. Rose era del tutto persa nello studio, grattava sulla pergamena con fare nervoso, e più volte rischiò di bucarla.

"Ancora arrabbiata?" Rose alzò lo sguardo verso di lui, e Al notò che la tristezza della mattina era sparita. Rose era ritornata la sua adorabile cugina, dagli occhi limpidi e dal sorriso contagioso.

"Non con te..." rispose lei, scoccandogli un bacio.

"Vogliamo parlare?" Albus tentò un nuovo approccio, tentò nuovamente di voler conoscere il motivo per cui quella mattina i suoi occhi erano stati cupi, nascondendo quella brillantezza che li rendevano stupendi. E voleva che lei si confidasse perché non considerava Rose meno bella di Dom, e meno divertente di Lily; lui, che la conosceva bene, la considerava perfetta per ciò che era.

"Al, sempre la solita storia... Indifferenza totale, oppure prese in giro a raffica. Mi sento una sciocca. Provo qualcosa per qualcuno che non mi ricambierà mai!" disse mogia, posando la piuma d'oca con un sospiro.

"Siamo in due, allora...” sbuffò Albus, appoggiando il capo sulla sua spalla.

Entrambi si lasciarono coccolare dal vento fresco che quel pomeriggio stava concedendo ai giovani studenti impegnati nello studio, persi in quelli che sembravano pensieri troppo contorti per due ragazzi della loro età.

"Ancora nulla?" chiese lei, interrompendo quel silenzio portato dal sottile zefiro.

"Non riesce ad ammettere ciò che prova per me...Nonostante tra noi, bhe, ci sia stato qualcosa." mormorò, grattandosi appena il capo rosso in viso. Albus, in effetti, si sentiva imbarazzato nello svelare quelle cose, nonostante fosse con Rose, la sua fedele e unica confidente.

Essere omossessuale appariva strano anche nel mondo dei maghi; anche loro lo ritenevano strano, un qualcosa da evitare e da tener nascosto. Albus aveva scoperto la sua natura solo qualche anno prima, quando aveva incontrato lui, che aveva cambiato del tutto la sua visione dell’amore.

Prima di allora Al aveva vissuto storie prive di sentimento, prive di reale coinvolgimento. Solo con lui era stato capace di aprirsi e di svelarsi, ma quest'ultimo continuava a non voler ammettere ciò che provava, e continuava a mentire, frequentando ragazze e illudendole.

"Al, forse è giusto lasciar perdere. Lo so che ne sei innamorato, ma perché star male per qualcuno che non ti merita?" sussurrò Rose, accarezzandogli i folti capelli corvini con un tocco gentile, sperando di infondergli la minima sicurezza.

Albus alzò lo sguardo verso di lei, sorridendo sghembo. "Potrei farti la stessa domanda..." esclamò, ricevendo come risposta un semplice bacio.

Entrambi erano distesi lì al sole, concedendosi quel calore, concedendosi il piacere di estraniarsi per un momento dal mondo, dimenticando ciò che rendeva i loro giorni meno noiosi, perdendosi nei loro silenzi, con la consapevolezza che ci sarebbero stati sempre, lui per lei, e lei per lui, sempre pronti a sostenersi e cercare di sistemare quelle crepe nei loro giovani cuori di adolescenti innamorati.

 

***

 

"Dom, Dom!" i ragazzi presenti nella Sala Grande, chi per concedersi uno studio più approfondito o chi giusto per chiacchierare con qualcuno che non appartenesse alla sua casa, si girarono all'unisono quando Derek Zabini quasi urlò il nome della sua compagna di casa.

Dominique lo ignorò, trattenendosi dallo sputare veleno davanti a tutte quelle persone, e uscì con un fruscio dalla Sala: molti erano sicuri che se il portone non fosse stato così alto e massiccio se lo sarebbe sbattuto alle spalle. Tanto per fare scena.

Che gli uomini fossero stronzi da fare schifo lo aveva sempre saputo, ma aveva dimenticato che la stupidità era arpionata nei loro cromosomi. Con un sospiro si sedette sotto le arcate dell'entrata principale, che davano un ampia vista sia sul parco che sul lago.

"Avrei dovuto cruciarlo.." sbuffò sotto voce Dominique Weasley, legandosi con un gesto secco i capelli in una coda alta; le prudevano le mani dalla voglia di picchiare qualcuno, e sapeva che quello non era affatto un bene. Non era consono per una ragazza alzare le mani.

L'ennesimo sbuffo, e si affrettò ad afferrare il pacchetto di sigarette che le era caduto dalla borsa a tracolla. Se sua madre avesse saputo che la sua adorata pargola si rovinava pelle, denti e polmoni con quelle cose babbane l'avrebbe sicuramente uccisa. E lei, proprio per dispetto, se ne accese una quasi con goduria.

Aspirò dal filtro della sigaretta, e con gli occhi individuò Rose e Al sdraiati sotto un grosso salice; guardavano il cielo, e di tanto in tanto ridevano, punzecchiandosi. Riusciva ad invidiare anche il rapporto che li univa, ridicolo. Lei che poteva avere tutto quel che voleva, invidiava il rapporto tra due cugini. Tra uomo e donna. 

"Ti piace proprio attirare l'attenzione su di te, vero?" la voce fredda e strascicata di Scorpius le arrivò all'orecchio, e Dominique sogghignò appena. Ce l'aveva un amico maschio, anche se Malfoy preferiva ascoltare... poiché se consigliava cominciavano a volare insulti e maledizioni verso l'oggetto del discorso.

"Di tanto in tanto" ridacchiò Dom, ciccando sulle scalinate. Scorpius si sedette al suo fianco, guardando nello stesso punto che stava guardando lei. Rose. Scorps aveva sempre nutrito una... strana ossessione per lei, nascondendola con insulti e frecciatine velenose. 

"E' proprio vero il detto - chi disprezza vuol comprare-" cantilenò Dominique, venendo zittita dalla spinta poco gentile del ragazzo, che le intimò di stare zitta con un occhiata raggelante. Non amava parlarne, eppure lei sapeva che a lui piaceva, quindi non capiva perché non si facesse avanti.

"Non impicciarti, Weasley" sibilò, mettendo il broncio come un bambino. 

"Non sia mai, Malfoy" ridacchiò, appoggiandosi appena contro di lui. Fu un attimo, e vide James Potter, poco più distante, urlare come un psicopatico verso un suo amico Grifondoro. Con la coda dell'occhio vide Al e Rose raggiungerlo, così decise di segurli, trascinandosi un Malfoy recalcitante alle calcagna.

"Che succede, James? Ti si sente urlare da lì in fondo!" disse Rose con tono severo, facendo brillare la spilla che portava appuntata al petto. Jhonathan Finnigan si girò, ringraziandola con lo sguardo, e indietreggiando di alcuni passi.

"Questo... 'sto porco mi ha chiesto se poteva uscire con mia sorella!" e calcò così tanto la voce su sorella da far venire i brividi. Scorpius ridacchiò, beccandosi un occhiataccia da Rose, che con un gesto secco della mano gli intimò silenzio.

"Non mi interessa cosa ha fatto, James Sirius Potter!" e anche lei calcò il suo nome con rabbia, tanto da farlo deglutire a vuoto. Aveva alzato l'indice su di lui, e la sua espressione mandava lampi e fulmini, pronta ad uccidere.

"Hai disturbato così tante persone per un inutile sciocchezza, dovrei toglierti dei punti! Tua sorella sa' badare benissimo a sé stessa, non ha bisogno di una balia, ci siamo intesi?" e detto questo lo zittì completamente, guardandolo altezzoso per poi alzare i tacchi e andarsene.

"Bella merda" sbuffò Dominique, seguendo la cugina con un alzata di spalle, mentre Scorpius ancora guardava ammirato la schiena di Rose. 

"Stronza" gli urlò dietro James, venendo liquidato con un gesto annoiato della mano. 

Dom sorrise: ecco perché adorava la sua famiglia; erano un branco di psicopatici spostati, e la facevano troppo ridere quei teatrini. Così adorabili.

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Capitolo 3
*** Secondo Capitolo ***


Secondo capitolo

 

 

 

 

 

 

Aveva le gambe accavallate, si accorse Ted deglutendo a vuoto e cercando di distogliere lo sguardo da lei; i capelli rosso carminio erano legati distrattamente con una matita, probabilmente per colpa del caldo o forse perché non sopportava quei ciuffi ribelli che le ricadevano fastidiosamente sulla fronte piana.

Dondolava appena il piede destro, e Ted cercò di non fissare insistentemente le sue caviglie sottili: quelle che ogni notte si allacciavano dietro la sua schiena, permettendogli di donarle e donarsi piacere. Era quasi una tortura guardarla e non poterla toccare, e mordendosi appena le labbra guardò il sole alto nel cielo a spezzare ogni sua speranza; era troppo presto, e la giornata era ancora lunga.

"Altri dieci minuti" annunciò con voce annoiata, ringraziando il suo autocontrollo; se non avesse avuto anni di trascorsi alle spalle passati a cercare di non mostrare le proprie emozioni al nemico, e una licenza d'Auror che affermava ogni parola, sicuramente la sua voce sarebbe stata rotta dall'emozione. 

Lei aveva quel potere di mandarlo fuori di testa; sentì qualche sospiro ansioso levarsi per la classe e sorrise. Un compito a sorpresa per i ragazzi del sesto aveva avuto il potere di mandarli in crisi esistenziale; gli unici appena più calmi - apparentemente, almeno - sembravano Al e la sua Lily.

La vide alzare gli occhi verso di lui e tendere le labbra in un sorriso subdolo. Quella strega era un diavolo travestito da angelo, e lo mandava perennemente in tilt; aveva perso la testa per quella che aveva cresciuto, che aveva considerato una sorella e ora... un amante. 

Con un gesto secco si allentò il colletto della camicia, cominciando a sentire veramente caldo. Lei si mordicchiò appena il labbro inferiore, affondando i denti bianchi nella carne sensibile e continuando a guardarlo nel tentativo di farlo impazzire.

Ted distolse lo sguardo, ma senza riuscirci lo posò su di lei: aveva abbassato le gambe e ora le strofinava l'una contro l'altra; mentre tutti gli altri erano impegnati a finire il compito non si accorgevano dei capelli del professore cambiare repentinamente colore, in base ai sentimenti che si agitavano dentro lui in quel momento.

"Ci vediamo dopo" mimò Lily con le labbra, e il suo corpo fremette di aspettativa. Quel tornado chiamato Potter gli stava sconvolgendo la vita, e temeva ad un certo punto di non riuscire a staccarsene più; di affezionarsi fino ad innamorarsi e finire per ferire entrambi.

E lui non voleva ferirla. La fine della lezione arrivò prima del previsto, e senza nemmeno rendersene conto - troppo perso nei suoi pensieri - si ritrovò un cumulo di fogli dinnanzi al naso. I ragazzi avevano consegnato i compiti e velocemente si stavano dileguando.

Alzò lo sguardo appena per vedere Lily fermarsi sull'uscio della porta della classe con un ragazzo. Tese le orecchie assottigliando appena gli occhi. Che voleva Finnigann dalla sua Lily? "Mi ha minacciato di morte cruenta!" lo sentì dire sconsolato e lei scoppiò in una risata flagorosa, e una brutta sensazione gli bloccò il respiro.

 

"Ma Jamie è irruento, sei il suo migliore amico, dovresti saperlo!" sbuffò Lils, accarezzandogli con dolcezza una guancia. Lo vide sorridere mogio, consolandosi appena con quella carezza. 

"Potresti premiarmi almeno per averci provato" ridacchiò Jhon, avvicinandosi appena e afferrandola per i fianchi attirandola a sé. Lily alzò un sopracciglio, sentendo due occhi di ghiaccio perforarle la schiena e facendola rabbrividire, ma non si scostò di un millimetro.

"Non credo, Jhon, anche perché non te l'ho chiesto. Forse... un giorno." sussurrò al suo orecchio, lasciando che le mani del ragazzo si stringessero appena un po' più forte sui suoi fianchi per poi lasciarla andare. 

"Voglio un appuntamento Lily, e non accetto un no come risposta!" urlò prima di sparire nel corridoio con gli altri studenti. Sorrise divertita, scuotendo il capo, e stava per uscire dall'aula quando la porta si chiuse di scatto; lei non aveva toccato la maniglia, né tantomeno qualcuno da fuori aveva osato farlo sapendo il professore ancora presente in classe.

Il professore.

 "Ora prometti anche gli appuntamenti ai mocciosi, Lily?" la sua voce gelida le giunse alle orecchie come una sferzata di vento freddo, frustandola sulla pelle ancora accaldata dal gioco di sguardi di poco prima.

"Prometto appuntamenti a chi voglio, professore." rispose con lo stesso tono, ricordandogli il tacito accordo che escludeva qualsiasi coinvolgimento emotivo. Lo sentì sbattere qualcosa sulla cattedra con forza, e poi alcuni passi dietro di lei le suggerirono che era alle sue spalle.

Si beò del suo profumo, che poteva sentire anche a quella distanza, e non si mosse quando lui strinse con forza la sua spalla costringendola a girarsi. I suoi occhi - in quel momento neri come l'inferno - mandavano lampi; sembrava arrabbiato, tanto arrabbiato.

Ed era tremendamente eccitante.

"Non mi piace dividere le mie cose" sibilò al suo orecchio, sfilando la matita che le teneva legata i capelli e lasciando che quella cascata rossastra le ricadesse sulle spalle piccole e fragili. 

"Con nessuno" finì, strofinando il proprio naso contro la sua guancia; Lily lo afferrò per i capelli, e presa da una strana euforia, lo baciò. Non fu né casto né dolce, tutt'altro: le loro lingue lottavano, volevano avere la meglio sull'altra, e i denti affondavano nelle labbra dell'altro senza pietà. 

Traspariva rabbia dai loro gesti, ma nessuno dei due cedeva. Ted la sbattè al muro, e lei gli circondò le gambe alla vita stretta; lui le tirò una ciocca di capelli, attirandola a sé e baciandola ancora, senza voler riprendere fiato. Con la lingua le accarezzò il mento, scendendo lungo il collo e bloccandosi tra la valle dei seni.

 

Sbottonò la camicia della divisa con una violenza inaudita, rischiando di far saltare qualche bottone dall'asola, ma poco ci badò. La voleva e basta. Non gli importava come, bastava sentire la sua pelle sotto le dita. Perché era sua, e lo dimostrava in quel modo lussurioso.

Le sfilò velocemente l'intimo mentre lei gli sbottonava con frenesia i pantaloni; c'era urgenza nei loro gesti, quasi come se sentirsi dentro l'un l'altro avrebbe calmato quella rabbia che li aveva bruciati in un attimo.

"Andremo all'inferno.." gemette lei sulla sua bocca, facendolo impazzire ancor di più.

"Se ci sei tu come diavolo personale, e queste sono le fiamme che mi avvolgeranno, ci vado volentieri." rispose, penetrando secco in lei. La sentì sussultare, e la strinse ancor di più tra le braccia che le bloccavano qualsiasi via d'uscita.

Entrò e uscì in lei, si perse nel suo profumo, nei suoi brividi, in quei sospiri che sapevano di tutto. Ted non represse un sorriso: al diavolo Finnegann, lei era sua ogni notte. Lei gli aveva donato tutto, e sapeva che questo non sarebbe mai cambiato.

 

***

 

Era arrabbiato, e Lily se ne accorse quando si scostò da lei così velocemente da darle l'illusione di afferrare il vento; aveva perso la lezione di Trasfigurazione, e avrebbe dovuto trovare una giustificazione valida o avrebbero avvisato i suoi genitori.

In quel momento, però, riuscì a concentrarsi solo sul sordo dolore che sentiva proprio al centro del petto. Strano, di solito il cuore le doleva di giorno, quando sapeva che era impossibile potergli parlare come facevano in intimità, e non poterlo sfiorare.

Abbassò gli occhi, ferita, abbottonandosi con dita tremanti la camicia che quasi le aveva strappato di dosso. Si era illusa che lui fosse veramente geloso, ma l'aveva fatto solo per marchiare il territorio, e farle capire che lei sarebbe stata comunque ai suoi piedi.

"Puoi scrivermi un permesso? Ho saltato una lezione e non vorrei che mandassero una missiva a casa" disse con voce dura, facendolo sobbalzare. Lo vide annuire, e sospirare: continuava a non guardarla e a lei veniva sempre più voglia di scappare da quell'aula che era diventata soffocante.

Una prigione per lei e per il suo cuore. "Scusa" disse Ted improvvisamente, interrompendo il silenzio che li aveva avvolti, interrotti solo dal fruscio dei vestiti. Fortunatamente aveva finito le lezioni, o ritrovarsi un intera classe fuori dalla porta - chiusa con un incantesimo, oltretutto - sarebbe stato imbarazzante.

"Non devi scusarti, dopotutto faccio sempre quel che vuoi" rispose freddamente, rilegando i capelli disordinatamente e dimenticandosi completamente della collanina che portava al collo e che Ted le aveva strappato per avere più spazio tra i suoi seni; non se ne separava mai, da quando lui gliela regalò al suo quinto compleanno.

Era un ciondolo a forma di cuore, completamente d'argento, e lui non sapeva che c'era una loro foto lì, piccola e in movimento; sorridevano abbracciati, come due amici, fratelli, come se non avessero nessun pensiero al mondo. L'avevano scattata al quattordicesimo compleanno di Lily, e lei era già rossa in viso tra le sue braccia.

"Faccio io" mormorò Ted, togliendo l'incantesimo dalla porta e facendole riposare la bacchetta nella borsa a tracolla. Non lo degnò di un saluto e uscì fuori dall'aula, respirando aria fresca; stare lontana dal suo profumo la faceva ragionare meglio, molto meglio.

Si strinse in un abbraccio immaginario, e camminò per i corridoi isolati di Hogwarts; quasi senza accorgersene, con gli occhi rivolti verso il cielo terso di azzurri, si ritrovò ai piedi del campo di Quidditch. Era immenso, e si respirava aria pulita.

Le era sempre piaciuto quel posto: così grande da perdersi, e volare... volare e dimenticarsi di ogni cosa, di ogni dolore, di ogni ricordo spiacevole. Toccare le nuvole, e sentire di poter fare ogni cosa, anche cadere e non sentire l'impatto.

"Ciao" Lily sobbalzò quando una voce la scosse dai suoi pensieri. Dominique Weasley se ne stava rannicchiata sotto uno dei tanti aspalti, con una sigaretta tra le labbra e un sorriso tenue; la raggiunse e si sedette al suo fianco, portandosi le ginocchia al petto.

Dom era sempre stata una persona alquanto... silenziosa; non invogliava gli altri a parlare, aspettava semplicemente che lo facessero. Dom non consolava con parole superflue, con rabbia o lacrime, lei si faceva carico del dolore di chi la circondava con un abbraccio, cullando come una madre, e lenendo appena le ferite.

"Vuoi?" le porse il pacchetto di sigaretta alle rose che stava fumando, e Lily ne afferrò una, ringraziando con uno sguardo. Era sempre stato così con loro: gli sguardi, i gesti, bastavano... non avevano bisogno d'altro per capirsi.

L'accese e se la portò alle labbra, aspirando il sapore amaro dolciastro della sigaretta. 

"Dom?" la richiamò con voce appena incrinata, mordicchiandosi appena le labbra; la bionda inclinò il capo, guardandola curiosamente.

"Sì?" sussurrò, spegnendo la sigaretta oramai finita e facendola evanescere con la bacchetta.

"Ti senti mai... stanca dentro?" era una domanda strana, ma Dom rise appena a mezze labbra, facendole capire che aveva capito cosa intendeva.

"Oh, sì, tante volte cherìe. E' come se un masso, certe volte, si posasse sulla mia testa e sul cuore; è così pesante da portare da portarmi allo sfinimento. Dipende dal problema che porti dentro... ma ricordati che tutto può essere superato se lo si vuole veramente." disse con tono dolce, accarezzandole appena la spalla.

"E se... sei innamorata e non ricambiata?" mormorò Lily, guardandola imbarazzata. Probabilmente Dom non si era mai trovata in una situazione del genere vista la sua bellezza, ma la vide storcere la bocca in un modo strambo.

"Significa che non ti merita. Nessun uomo o problema è degno delle lacrime di una donna, ricordatelo. Quelle sono un dono prezioso, più di qualsiasi gioiello, tesoro. Se sa che tu lo ami, e non ricambia, significa che non apprezza quel che hai quì" disse, posandole una mano sul cuore.

"E non esiste uomo più stupido. Ogni cuore è speciale a modo suo" finì, sorridendole appena.

Una lacrima sfuggì al controllo di Lily, che nemmeno se ne accorse; Dom l'asciugò con il pollice, baciandole una tempia con così tanta leggerezza da farle sembrare di essere accarezzata dall'ala di una piccola farfalla. 

Stettero abbracciate per un po' di tempo, e Lily si perse in quell'abbraccio che sapeva di mamma, in quel profumo che sapeva di casa, e ritrovò per un ora il suo sorriso e la sua tranquillità.

Grazie a lei.

 

***

 

Quando finirono le lezioni Dom era ancora sotto gli aspalti al campo di Quidditch; Lily era andata via, ma lei era rimasta ad osservare il cielo sempre più meraviglioso. Si sentiva a casa sua, lì, ed era davvero meraviglioso sentirsi avvolgere da quel profumo.

Spostò lo sguardo da quella meraviglia solo quando un ombra le coprì la visuale; alzò lentamente gli occhi verso chi aveva osato disturbarla, incontrando, turbata, gli occhi nocciola di James. La fissava silenzioso, con la sua Firebolt duemila tra le mani e i capelli più scompigliati del solito.

"Sei venuto a fare allenamento?" domandò, ma lui rimase silenzioso. Aveva la divisa da Quidditch, e Dominique si chiese quante lezioni avesse saltato in quel lasso di tempo, e se il pranzo era già passato da un pezzo.

Solo in quel momento, però, si accorse delle pagliuzze smeraldine che brillavano negli occhi di Jamie; brillavano in un modo quasi subdolo alla luce del sole, donandogli un aspetto diverso. Continuava a non parlare e a fissarla come se stesse analizzando la situazione.

"Per caso il gatto ti ha mangiato la lingua?" sbuffò, alzandosi stizzita e spazzolandosi l'erba dalla gonna. 

"Come vuoi, io vado" disse, dandogli le spalle, ma lui l'afferrò per un polso. La girò verso di lui, con le labbra serrate in una linea sottile, e solo in quel momento, Dom, si accorse delle piccole efelidi che gli sporcavano la pelle pallida.

"Guardami" sussurrò lui, facendole sgranare gli occhi. Guardami, l'aveva detto quasi come fosse una preghiera, con una voce così bassa e roca da metterle i brividi. Con uno strattone l'avvicinò a lui.

"Ti guardo" rispose, non capendo dove volesse arrivare. James scosse il capo, accostando la propria fronte alla sua, continuando a non distogliere lo sguardo dal suo.

"Guardami" ripetè quasi come una nenia, e Dominique sentì il respiro venirle meno: quegli occhi brillavano, ed era impossibile distogliere lo sguardo. Non se n'era mai accorta, non aveva mai visto quella bellezza che racchiudevano.

"James..." sussurrò a mezze labbra, non capendo dove volesse arrivare, e lui sorrise appena. Era uno dei suoi soliti ghigni strafottenti, ma c'era una dolcezza palpabile dietro tutto quello. E Dom si rese conto che infondo le voci non erano infondate... era bello quando sorrideva.

"Non dimenticarlo... guardami" disse, dandole un bacio tra i capelli e aspirando il suo profumo. La lasciò lì, con quel dubbio fastidioso che la faceva ingoiare a vuoto: perché doveva ricordarsi di guardarlo?

C'era un doppio senso in quella frase? Probabilmente, ma Dom non se ne sarebbe dimenticata: lo avrebbe guardato, e forse avrebbe capito.

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Capitolo 4
*** Terzo Capitolo ***


Terzo capitolo

 

 

 

 

 

 

 

Rose riuscì a trattenere a stento un urlo di rabbia, di fronte all’orda di ragazzini, che dopo cena, si accalcarono in modo disordinato fuori la Sala Grande. Con l’aiuto di qualche altro prefetto, riuscì con difficoltà ad indirizzare alcuni primini verso le rispettive Sale Comuni.

Si scambiò un occhiata di intesa con Al che proprio in quel momento si indirizzò verso la Torre Grifondoro, per poi posare nuovamente l’attenzione sui piccoli studenti, che con la pancia piena si trascinarono alle rispettive sale Comuni.

 "Forse riusciremo ad evitare la ronda..." un timido Stewarth Ackerley cercò di attaccare bottone e sperare di strappare una qualsiasi e semplice parola dalla taciturna compagna, che annuì distrattamente.

La sua attenzione, però, in quel momento era del tutto dedicata a Scorpius Malfoy, che proprio in quel momento le passò accanto, non accennandole il minimo sguardo, ma rivolgendo il suo solito sorriso alla solita ragazzetta di turno, che quella sera aveva suscitato il suo interesse.

Distolse immediatamente lo sguardo, e sorrise a Stewarth che con fare nervoso le si avvicinò. Ormai gran parte degli studenti del primo anno si erano dileguati, e pian piano, l’enorme ingresso di Hogwarts cadde in un debole silenzio, rotto da qualche tossicchio di qualche quadro, o da qualche studente, che di corsa si diresse verso i piani superiori.

Erano rimasti soli.

"Ehm...Rose, io inizio ad andare" Stewarth si grattò il capo con fare nervoso, e nonostante Rose annuì nuovamente, sembrò incerto nel da farsi.

Non sapeva se lasciarla sola, o rimanere ancora con lei; sarebbe stato più che felice di farlo, Rose era carina, e nonostante avesse sempre sul viso un’aria dura e rigida, era simpatica. Molte volte, durante i turni di ronda, avevano scambiato qualche parola in più, e lui aveva costatato con piacere che la sua intelligenza era piacevole e non spiazzante. Non ti metteva in difficoltà o in imbarazzo. Era arguta e un’ottima osservatrice e a lui questo piaceva molto.

Guardò ancora Rose, che in quel momento sembrò aver trovato interesse verso il cielo bluastro, che si intravedeva dalle enormi finestre che consentivano un’ottima visuale dello splendido paesaggio che circondava la scuola, e decise di ritornare alla torre di Corvonero, forse Rose aveva voglia di stare da sola, e non le andava di perdersi in chiacchiericci notturni.

Voltò le spalle, per indirizzarsi verso le scale e nel farlo inciampò nei suoi passi, strappando a Rose un sorriso divertito, che fu apprezzato dal timido Ackerley, e ricambiato. Un altro debole cenno con la mano, e Stewarth sparì del tutto.

Rose era rimasta completamente sola, e quel silenzio ovattato caduto intorno a lei era piacevole; era un tipo solitario, amava il silenzio e amava i pensieri che nascevano con esso. Adorava Hogwarts immersa in quel silenzio, amava la tranquillità della notte, tranquillità che sarebbe stata interrotta con il sorgere del sole.

Adorava passeggiare nel buio, adorava rimanere ancora per un po’ tra quelle mura, solitarie come lei, che nascondevano un anima magica, proprio come lei. Salì piano le scale per dirigersi ai piani superiori. Forse era troppo anche per Rose, ma era giusto controllare anche i piani alti: se qualche studente si aggirava ancora per i corridoi, era dovere suo riprenderlo.

Un comportamento del genere avrebbe fatto rizzare i capelli ad Albus, che non faceva altro che rimproverarla per la sua troppa precisione, per la sua troppa diligenza e nel vestire. Rose era maniacale anche in quello e manifestava quella sua anima troppo da Prefetto Perfetto, come Fred adorava chiamarla ogni volta che la incrociava nei corridoi, con a la gonna alla giusta lunghezza, la camicia abbottonata con precisione e cura, i capelli sempre ben pettinata e tenuti fermi da un sottile cerchietto, le scarpe nere lucide sempre impeccabili e la spilla sempre lucente.

Rose Weasely era una maniaca della precisione, ma ogni volta che incrociava il suo aspetto in qualche superfice riflettente, desiderava tanto avere la gonna strappata in alcuni punti, la camicia un po’ più aperta e magari i capelli arruffati.

Desiderava ardentemente uscire da quegli stupidi schemi che l’avevano resa schiava. Schiava di se stessa. I suoi passi sembravano frastuono in quel silenzio. Nemmeno Pix sembrava aggirarsi per il castello, forse impegnato altrove, o semplicemente, stanco, almeno per una sera, di fare sciocchezze.

Camminò allungo, fino ad arrivare al terzo piano, dove non c’era nessuno, cosa alquanto strana. Nemmeno i Serpeverde sembravano voler infrangere qualche regola, e tutta quella tranquillità la rese sospetta, ma forse era tutto tranquillo come doveva essere, e forse, come detto da Stewarth, quella sera la ronda sarebbe stata superflua.

Voltò le spalle per andare via, e dirigersi verso la torre di Corvonero, ma dei sussurri la fermarono. Erano sussurri leggeri, quasi impercettibili, eppure, anche in quel momento, il silenzio del castello era diventato suo alleato.

Ridevano divertiti, e tra una pausa e l’altra si poteva capire che tra i due c’era uno scambio di effusioni romantiche. Rose arrossì involontariamente a quel pensiero, e si sentì una sciocca; forse doveva lasciar stare, forse erano solo semplici amanti in cerca di pace, trovata nel silenzio e nell’oscurità che la notte aveva da offrire.

Eppure, la sua testa, il capo delle sue azioni, le suggerì di non fermarsi e continuare a proseguire e accertarsi sulle identità dei due amanti. Giunse a breve distanza dalla fonte dei sussurri, e una vecchia e consumata colonna le fu amica, nascondendola dalle due figure, abbracciate.

Si sporse ancora un po’, e riconobbe la chioma scura di sua cugina Roxanne, che gettando il capo all’indietro sfoderò il suo raggiante e dolce sorriso.

Tipico di Roxanne violare il coprifuoco per dedicarsi al suo nuovo amore, forse il terzo di quel mese. Forse uscire allo scoperto avrebbe rovinato quell’uscita clandestina, e avrebbe rovinato l’atmosfera, ma lei era un Prefetto, e quindi, la guastafeste di turno.

Si sistemò per bene la spilla al petto e tossicchiando con forza, fece sobbalzare entrambi, e non appena incrociò lo sguardo di un Lysander completamente imbarazzato, le parole di rimprovero le morirono in gola.

Guardò entrambi, e prima di apparire sciocca e impacciata, riprese in mano la situazione, utilizzando un tono altero.  "Roxi, non dovresti essere fuori per i corridoi a quest’ora. Il coprifuoco è scattata da un pezzo, soprattutto per quelli dei quinto anno..." disse inflessibile.

Roxanne si morse le labbra con fare colpevole, e si divincolò dalla presa di Lysander, che trovò interessante guardarsi i mocassini.

"Dovrò togliere dieci punti a Tassorosso, e anche a Corvonero, Lysander." Rose odiava apparire austera, molto più della Mcgranitt stessa, ma la spilla da Prefetto parlava per lei.

"Oh su Rosie, potresti fare un’eccezione almeno per me?" Roxanne giocò la carta dello sguardo languido e dolce, carta che non funzionò con Rose, che scosse il capo, e con il solo movimento della mano, invitò la cugina ad indirizzarsi verso le cucine e non dire altro.

"James ha ragione, sei davvero stronza" sibilò con cattiveria, sbattendo i piedi per terra come una bambina capricciosa. 

"Altri dieci punti..." disse Rose soave, senza far notare gli occhi appena feriti dall'offesa e fecendosi comunque sentire grazie alla spilla.Roxanne strabuzzò gli occhi.

"Ma..."

"Altri dieci...Siamo a trenta, mia cara"

Roxanne arricciò le labbra, e senza dire altro si affrettò a raggiungere i dormitori dei Tassorosso, gettando a Rose altre imprecazioni, che furono sentite e accantonate in un angolo della mente; Lysander intanto fissava ancora le sue scarpe, e Rose non aveva la minima intenzione di rimandarlo a dormire.

Si avvicinò a lui, e con forza lo costrinse a guardarla dritta negli occhi. "Adesso spiegami cosa credi di fare." sibilò Rose, mantenendo uno sguardo rigido e duro, che Lysander non riuscì a trattenere.

Era consapevole di ogni cosa, forse l’unica ad esserlo, e sperò la sola. Rose non avrebbe parlato, certo, ma lei era capace di gettarlo in ripensamenti che sfociavano in sensi di colpa, e in quel momento era ciò che stava accadendo.

"Faccio ciò che fa qualunque ragazzo della mia età.." sussurrò lui, non convinto delle sue stesse parole.

Stava mentendo, a se stesso, a lei e soprattutto a lui. Mentire a se stessi, era un qualcosa di tipico tra gli adolescenti di Hogwarts. Ogni giorno cadevano in menzogne create da loro stessi per nascondersi, ma mentire alla persona di cui si era innamorati, lì era un vero e proprio tormento. Tormento con la quale Lysander doveva convivere ogni giorno; troppo codardo per ammettere la realtà, troppo codardo per ammettere a se stesso che aveva trovato l’amore, in modo sbagliato, con la persona sbagliata, ma comunque era riuscito a trovarlo.

Guardò Rose che continuava a fissarlo con rimprovero.

"Smettila di guardarmi cosi, non voglio prediche di prego" Lysander non riusciva a sostenere quello sguardo, e scostandosi con violenza, cercò di strapparsi dalla presa di Rose, che non lo mollò un solo secondo.

"Io invece la predica te la faccio, Lysander! Non puoi negare di essere...” iniziò Rose, ma Lysander si voltò di scatto e le coprì la bocca con le mani, bloccandola contro il muro e fissandola dritto nelle iridi cristalline.

"NON-DIRE-UNA-SOLA-PAROLA" le sbraitò contro, e Rose corrugò la fronte, liberandosi con la forza da quella presa scaturita dalla rabbia, dallo sconforto dalla paura di essere diverso, di non essere accettato per ciò che era, per il suo amore diverso e ritenuto malsano.

"Lysander Scamdandro! Farai soffrire molte persone, e non posso permettere una cosa simile! Devi parlare con Roxi e dirle la verità! O lo farò io..." lo minaccio Rose, puntando un dito minaccioso contro di lui.

Lys si portò le mani al viso cercando di riprendere il controllo e far ragionare Rose intenta a pensare ad un tentativo di smascherare ogni cosa. "Aspetta Rose, calmiamoci! Non puoi fare una cosa del genere. È una confusione momentanea...voglio solo capire alcune cose" disse, mettendo le mani davanti e scuotendole nel tentativo di mimetizzare la cosa.

"Usando Roxi come copertura? Lys tu ed Al vi amate! Cavolo, perché dovete rendervi tutto cosi difficile? Cosa c’è che non va? Cosa c’è che vi impedisce di essere felici?" disse con rabbia.

Rose invidiava entrambi. Li invidiava perché avevano avuto la fortuna di trovarsi, tra mille persone e si amavano, non c’era attimo in cui c’era dubbio di questo. Non potevano permettere che la paura, l’ignoranza e la cattiveria potesse strappare via quel sentimento.

Non potevano lasciare spazio al timore di essere giudicati male, dovevano seguire solo i loro cuori, solo questo.

Lysander sorrise amaramente. "Pensa un po’ a come potrebbe prenderla il caro e vecchio Harry Potter nel sapere che il suo figlio è gay! Pensa a James, è ancora convinto che essere gay è una malattia, o forse crede solo che siano leggende metropolitane per mettere paura ai bambini" sussurrò Lys appoggiandosi al muro e scivolando piano sul pavimento freddo e rigido.

Quelle parole lo avevano gettato in un nuovo sconforto. Rose lo fissò, preoccupata, e sentì di poterlo capire. Sentì che quello sguardo rivolto al soffitto di pietra era uno sguardo che chiedeva risposte, aiuto, o magari semplicemente un segno che lo aiutasse a capire cosa fosse meglio per lui.

Scivolò al suo fianco, e poggiò, con imbarazzo una mano sulla sua spalla, sperando che quel semplice gesto potesse essere sufficiente per fargli capire che lei non era lì per giudicarlo, ma forse era quella risposta che stava cercando.

"Io, se fossi zio Harry, mi assicurerei solo che mio figlio sia amato nel modo giusto. Non mi importerebbe chi fosse è ad amarlo... L’amore non ha schemi, non ha ragione e soprattutto non deve essere giudicato! Quindi io... se fossi zio Harry, sarei felice di conoscerti, perché saprei che mio figlio si trova tra le braccia giuste" Rose sperò di aver esposto il suo pensiero nel giusto modo, e di essere giunta al centro del suo cuore e aver sollecitato, anche di un po’, la coscienza di Lysander, che a quelle parole si voltò sorridendo appena.

"Albus ha ragione…Sei davvero una persona speciale che si nasconde dietro una spilla troppo ingombrante.." Le dita sottili fecero tintinnare la spilla da prefetto, e Rose arrossì lievemente.

"I dieci punti non posso ridarli, ma... se la finiamo qui, non mi vedo costretta a togliertene altri dieci dato che il coprifuoco è scattato anche per te, e da un bel po’" Quell’atmosfera sdolcinata e sentimentale fu spezzata da Rose, e dal suo spirito perfezionista.

Lysander sbuffò, contrariato da quel comportamento categorico ed esigente, ma si vide costretto ad alzarsi e incamminarsi verso il dormitorio per non beccarsi una seria punizione.

"Rose Weasley, questi suggerimenti... adottali anche per te" Le urlò dal fondo del corridoio, e prima che gli fossero tolti altri dieci punti sparì, lasciando Rose nuovamente sola.

E lasciò che i suoi pensieri fossero rivolti ad Albus, inconsapevole di tutto; inconsapevole di quell’atteggiamento egoistico da parte di Lysander.

Forse avrebbe dovuto attendere prima di informarlo, forse avrebbe dovuto lasciare spazio a Lysander di trovare quel coraggio che gli mancava, ma per farlo avrebbe dovuto far soffrire molte persone.

Poteva permetterlo? Poteva permettere di far soffrire le persone a lei care solo perché Lysander era in piena crisi esistenziale? Poteva permettere che il suo caro Al fosse gettato in un turbine di menzogne, che una volta smascherate, le avrebbero fatto perdere la fiducia che Al riponeva in lei, quella fiducia che aveva riposto solo in lei.

Si portò le ginocchia al petto, e sperò che il rovo di rose che fece comparire potessero distrarla per qualche minuto, almeno per un po’ non voleva pensare, almeno per un po’, voleva stare seduta li in silenzio, e lasciare ogni cosa fuori.

 

Guardò le splendide rose apparse ai suoi piedi, rosse scarlatte, dai morbidi e delicati petali, e riportò alla mente quelle che fiorivano nel giardino di casa sua che sua madre con tanto amore aveva coltivato e curato.

Quelle rose che le ricordavano le estati trascorse con Albus, quelle estati trascorse lontano da Scorpius. Cercò di scacciare il suo viso dalla mente, ma fu inutile. Ritornava sempre, ogni momento, ogni attimo.

Ritornava quel sorriso che non le aveva mai rivolto e maledì quelle “puttanelle” che ricevevano attenzione da lui, e ricevevano quel sorriso.

Le rose appassirono e divennero cenere. Scorpius era capace di rendere ogni cosa di lei peggiore, persino quelle magnifiche rose era divenute cenere al suo pensiero, come cenere diventava il suo cuore ogni volta che il suo sguardo era sfuggevole.

Sarebbe ritornata al dormitorio, e avrebbe salutato quella giornata appena terminata, coprendosi con le calde coperte del suo soffice letto a baldacchino, attendendo un nuovo giorno, e indossando nuovamente la sua maschera.

Ma dei nuovi passi cambiarono del tutto i suoi piani.

Dei passi frettolosi che rivelarono appartenere a Lily e Dominique, che non appena la videro, sorrisero raggianti.

"Ecco la nostra Prefetta" Dominique la raggiunse e si sporse verso di lei, con il suo splendido sorriso in netto contrasto con l’espressione stanca e spossata di Rose, che notò che entrambe indossavano abbigliamenti poco accademici.

Si accigliò, sospettando che qualcosa non andava, che quella tranquillità era solo una copertura per nascondere qualcosa che stava accadendo e che lei non era ancora riuscita a intercettare.

"Sei corruttibile stasera?" domandò Dom, baciandole delicatamente una guancia e continuando a sorridere sorniona.

Rose spostò lo sguardo da Dominique a Lily, per poi ritornare nuovamente a Dominique, che continuava a mantenere uno sguardo divertito, segnale che aveva qualcosa in mente che avrebbe mandato su tutte le furie Rose.

"No, certo che no! Cosa avete in mente?" Lily sbuffò, contrariata da quel solito atteggiamento da guastafeste, e Dominique, mantenendo il suo sorriso ammiccò, porgendole una mano.

"Se vieni con noi, lo saprai" disse semplicemente.

Lily si aggiustò la gonna a balze nera, guardando impaziente l'orologio da polso d'oro che suonava le undici di sera.

Rose le guardò nuovamente, le scrutò, e percepì che quello era un invito all’osare. Loro erano lì per condurla verso l’imprevedibile e l’ignoto. Fu tentata nel rifiutare, nell’alzarsi e non stringere la mano affusolata e curata che Dominique le tendeva, fu tentata nell’andar via e non scoprire mai dove volessero portarla.

La mente le diceva di agire come aveva sempre fatto, di tenersi fuori da tutto ciò che accadeva ad Hogwarts quando scendeva la notte .Fu tentata di girare le spalle e continuare sulla sua strada, ma poi, qualcosa, fermò quel rifiuto.

Qualcosa le disse di stringere quella mano, di seguire Lily e Dominique, e di osare per una volta. Di gettarsi nell’ignoto, e di non pensare.

Si, era quello che frenava ogni suo desiderio, il pensare. Il suo cervello, la sua mente troppo brillante frenavano ogni cosa. Sospirò e, sotto lo sguardo incredulo di Lily e quello soddisfatto di Dominique, strinse quella mano, e seppe che quella stretta avrebbe segnato il primo passo di Rose ad uscire da quegli schemi.

Dominique si scambiò un occhiata di intesa con Lily che annuì soddisfatta.

"Però, questa non serve! Per questa notte, Rose Weasley non sarà il prefetto perfetto, ma solo Rose..." Lily le staccò con delicatezza la spilla e la fece sparire con un colpo di bacchetta, continuando a sorridere soddisfatta e orgogliosa della cugina.

Dominique ghignò e insieme la trascinarono via da quel luogo buio e umido, per condurla in un luogo diverso, luogo che non le sarebbe piaciuto affatto, soprattutto per gli incontri che avrebbe fatto una volta lì.

 

 

 

Scorpius lasciò Ariana Burrow accanto all’enorme tavolo in cristallo posto nella sala colmo di alcolici entrati clandestinamente all’interno della scuola; poteva farlo anche senza di lui, che era già stanco di quella ragazzina con la voce stridula che si era incollato saldamente ai fianchi, non lasciandogli il minimo spazio per godersi quella festa organizzata su due piedi da Dominique, che aveva definito quella giornata stressante.

Gran parte degli studenti era lì, e Scorpius, di malavoglia scorse anche alcuni grifondoro, tra cui James Potter ridere in compagnia di alcune serpeverdi che non sembrarono affatto infastidite alla presenza di quegli ospiti insoliti.

La rivalità tre la case c’era sempre stata e ci sarebbe stata in eterno, ma Dominique aveva insistito tanto, e Scorpius, per il forte legame che lo legava a lei, aveva accettato; anche se n'era pentito non appena la sua sala nei sotterranei era stata occupata da esseri inutili come i Grifondoro, alcuni Tassorosso e Corvonero, dall’aria seria e poco divertita.

La musica Babbana rimbombava nella sala Insonorizzata, e la parola d’ordine, per quella sera, era divenuta di dominio pubblico. L’indomani sarebbe cambiata, ma fino ad allora, chiunque avrebbe preso alla festa.

Scorpius scorse in lontananza Zabini e Dolov, che consumavano tranquillamente il loro Wiski Incendiario e con un sospiro decise di raggiungerli, svaccandosi sui divanetti con un espressione annoiata.

"Avvistato qualcuno di interessante?” Scorpius sbadigliò, venendo accolto con un terzo bicchiere di Wiski che ingurgitò tutto di un fiato. Quella bevanda mandava la gola in fiamme, e rendeva la testa leggera, priva di pensieri.

"Sempre le solite..." sospirò Zabini con tono capriccioso, sorridendo in direzione di una Grifondoro, che rispose ammiccando.

"Sono le stesse ragazze ogni anno. Non crescono mica sugli alber" sbuffò Dolovm, che fece un osservazione giusta. Scorpius annuì, accendendo una di quelle porcherie babbana consigliate da Dominique.

Aspirò dal filtro di quella cigacosa, per poi gettare fuori il fumo che gli infiammò i polmoni. Non c’era rimedio più efficace per stendere i nervi, e, i babbani, per una volta ci avevano visto giusto.

Suo nonno lo avrebbe ammazzato solo per il fatto che apprezzava qualcosa proveniente dal mondo di quegli stupidi, verso la quale provava risentimento, nonostante gran parte dei maghi, anche purosangue, avevano accettato le condizioni di vivere in pace con tutti loro.

Guardò la sala che ad ogni passare dei minuti ospitava un numero sempre maggiore di studenti. L’incantesimo di espansione non sarebbe bastato e Scorpius lo fece notare a Zabini che, annuendo, sfoderò la bacchetta e diede alla sala un volume più ampio.

Quella festa organizzata senza un reale motivo stava mettendo noia a Scorpius, e l’assenza di Dominique peggiorava la situazione. Sorseggiò altro Wiski e cercò di dileguarsi per sfuggire alle moine di Ariana, che, avanzando a fatica tra gli invitati, cercava di raggiungerlo.

"Ragazzi, io vado via. Quella ragazzina mi sta stancando” Esclamò lui, gettando la cicca sul pavimento e indicando la ragazza che avanzava verso di loro.

Rigel diede una leggera pacca sulla spalla all’amico, accarezzandosi i denti con la lingua. "Ci penso io a tenerla lontano da te..." E senza attendere risposta si diresse verso la bella ragazza, pronto a eseguire il suo ruolo di spalla. Rigel avanzò verso di lei, e riuscì a deviare il percorso di Ariana e indirizzarla nuovamente verso il tavolo della “perdizione”.

"Derek credo che mi ritirerò nelle mie stanze. Questa festa è inutile come inutili sono gli invitati" sbuffò; Scorpius non aveva mai rinunciato a feste come quelle, soprattutto quando c’erano in giro belle ragazze e fiumi di alcol, ma quella sera anche quei particolari, apparentemente invitanti, apparivano inutili e poco stimolanti.

Forse era cresciuto, o forse era gia troppo ubriaco, e quel fracasso batteva nelle tempie che sembravano sul punto di esplodere.

"Non aspetti Dom?" chiese Derek mantenendo lo sguardo fisso verso l’ingresso della sala grande, come in attesa dell’arrivo di qualcuno che avrebbe potuto donare anima a quel frastuono e confusione.

"Non so nemmeno dove sia finita. Prima organizza la festa del secolo, e poi sparisce del tutto, lasciando a noi questa banda di perdenti" Scorpius storse le belle labbra in un espressione arrabbiata e disgustata.

“Credo che sia andata alla ricerca di qualcosa che possa rendere il tuo malumore peggiore…” ghignò l’amico, nascondendo un sorriso soddisfatto dietro al quarto bicchiere di Wisky.

Scorpius corrugò la fronte, non capendo a cosa potesse riferirsi, ma non appena il suo sguardo si posò all’ingress, il cuore divenne pesante, e il Wisky di poco prima sembrò acido nelle sue budella.

Dominique fece il suo ingresso con al seguito la piccola Potter e Rose, che come sempre, era in netto contrasto con l’intera sala, compresi gli invitati, che per quella occasione, avevano indossato abiti casual, abbandonando la divisa grigia e anonima che ogni giorno indossavano.

Cosa non fatta da lei, che sempre nella sua perfezione maniacale, fece il suo ingresso, attirando su di se molti sguardi contrari e anche di scherno. Ma Rose sembrò non farci caso, anzi, sembrò sentirsi a suo agio. Era padrona di quella situazione, e di se stessa e per un attimo sembrò che lei, unica e senza alleati, potesse mettere in difficoltà gli altri, facendoli sentire a disagio.

Perché nonostante indossasse la gonna troppo lunga, la camicia troppo abbottonata, Scorpius non potè negare che anche in quel modo Rose Weasley era perfetta. Una perfezione snervante, dato che Scorpius, ogni volta che aveva il “piacere” di scontrarsi con lei, non poteva evitare di andare su tutte le furie.

Sentimento che nei primi tempi aveva confuso con l’odio, ma poi, con il crescere e prendere coscienza di se, aveva tradotto quel sentimento in attrazione; un’attrazione alquanto strana, dato che non riusciva mai a scambiare un discorso civile con lei.

Riusciva solo a negarle parola oppure prenderla in giro sui suoi modi troppo perfetti e pianificati. Ma lei sembrava non farci caso, continuava ad essere se stessa e forse era questo che più piaceva a Scorpius, nonostante i suoi innumerevoli tentativi di abbatterla, di gettare giù le sue armi e difese, Rose sembrava non subire il minimo attacco, era impenetrabile, intoccabile. Nulla sembrava scalfire la sua armatura.

Rose non sarebbe cambiata per nessuno, e questo la rendeva forte e libera.

"Bene, Weasley Prefetto...siamo caduti troppo in basso. Vado a letto…” esclamò lui, posando con un tintinnio il bicchierino che stava bevendo, ma desiderando di essere visto e di trovare una scusante che potesse tenerlo li, in quella sala, ed ammirare Rose.

Derek sembrò leggerlo nel suo sguardo, nei suoi occhi tempestosi, che sembravano incollati su di lei e con un ghignetto disse "Rimani Scorp.. Può darsi che Rose Weasley è quel qualcosa che renderà viva questa festa" e intanto lo scrutava di sottecchi, in attesa di una sua reazione, ma la freddezza tipica dei Malfoy permise a Scorpius di nascondere ciò che sentì in quel momento, e nascose soprattutto il fastidio che provò quando vide Rose prendere in mano un cicchetto e gettare giù tutto di un fiato il suo contenuto.

 

“Alla salute” Rose imitò il gesto di Dominique e Lily, e per la prima volta permise che il forte liquore scivolasse lungo la laringe ed incendiarla completamente. Non aveva mai bevuto in vita sua e farlo non le dispiacque, tanto da prendere altri tre di quei piccoli bicchieri, e sorseggiarli tutto in un fiato.

Dominique e Lily incoraggiavano quei gesti avventati marcando a tempo di mani ogni sorso di Rose, e in un attimo intorno a lei si accalcarono altre persone, altri visi sconosciuti, per assistere a quella bevuta veloce e senza freni.

Rose aveva messo piede all’interno della sala dei Serpeverde e aveva deciso di lasciare fuori la vecchia Rose e fare entrare una nuova, forse la vera, quella tenuta incatenata per troppo tempo. Aveva sedici anni, e non aveva mai assaporato una cosa tanto disgustosa come quel liquido, non aveva mai sentito tanto frastuono in vita sua e non aveva mai visto tanta gente pronunciare il suo nome con tanta foga.

Rose, Rose, Rose” altre urla, e altro liquore fu buttato giù.

Era disgustoso, eppure ne richiese altro, e altro ancora. Fino a sentire le gambe muoversi da sole, e la mente viaggiare altrove. In quel momento la testa non parlava ed era meraviglioso. Per la prima volta a parlare era la sua anima da sedicenne, la voglia di scatenarsi a tempo di musica e divertirsi.

Non seppe come ci arrivò, non seppe se fosse stata portata lì  o fosse giunta di sua spontanea volontà, ma ballare, a piedi scalzi, su un enorme tavolo posto al centro della sala, fu per Rose un’esperienza senza eguali.

La musica sembrava decidere per lei. Si muoveva, seguiva il ritmo, e respirava sospiri pesanti e rochi che le graffiavano la gola, ma che non la ferivano ulteriormente. Sentiva il fuoco scorrerrle nelle vene e sorrise appena, muovendo delicatamente i fianchi.

Le voci di Dominique e Lily la incitarono a smettere e seguirle lontano, ma lei non voleva. Voleva ballare, perdersi, voleva che quel silenzio nella sua testa continuasse.

Sentì calore, sentì la voglia di fresco, sentì la voglia di gettare tutto via. Intorno a lei solo visi offuscati, sorrisi mai visti, voci sconosciuti. Intorno a sé nulla che potesse riportare la coscienziosa Rose a prendere le redini e cessare quel frenetico e negligente ballo.

Volse lo sguardo verso i volti preoccupati di Dominique e Lily, che tentavano inutilmente di farla scendere da quel tavolo, altri risate la fecero voltare, e una figura estranea l’affiancò, cingendole la mani intorno alla vita.

Rose si divincolò, rifiutandosi categoricamente di essere stretta in quel modo. Non voleva che la stringesse con tanta forza. Stava ricominciando nuovamente a pensare e ciò non le piacque.

Sentì di nuovo quelle mani, e decise che forse cedervi sarebbe stata la cosa migliore. Era... piacevole starsene tra quelle braccia che la conducevano, che la stringevano, che le permettevano di perdersi ancor di più.

Si girò appena e ritrovò due occhi blu a ricambiare il suo sguardo. Dolov le tirò una ciocca di capelli rossi, e sorrise a pochi centimetri dal suo viso; aveva una mano appoggiata sul suo fianco le permetteva di muoversi nel modo giusto. 

Le loro gambe erano intrecciate, e Rose sentì indistintamente il suo profumo maschile. Stava sorridendo appena, mentre Dolov stava avvicinando le proprie labbra alle sue quando altre mani la presero e la costrinsero ad abbandonare la superfice.

Senza rendersene conto Rose si ritrovò a fissare gli occhi plumbei e adirati di Scorpius Hyperion Malfoy. Sentì che il cuore fece un balzo, e sentì la voglia di parlare liberamente con lui, e senza nascondere nulla più.

Era stanca di essere ignorata, era stanca di vederlo con altre. Desiderava che i suoi occhi si posassero solo su di lei, desiderava lui, e lo desiderava in quel momento. Non pensò nuovamente, agì e basta.

"Scorpius Hyperion Malfoy! Quale onore” La voce alterata e alticcia riecchegiò nella sala. La musica era alta, ma chiunque fosse stato abbastanza vicino avrebbe potuto ascoltare ogni singola parola con facilità.

Scorpius si guardò intorno con fare incerto e nervoso. Sentiva il suo profumo, ed era una tortura. Il suo corpo caldo e smanioso era appiccicato al proprio, e ingoiò a vuoto. 

"Ti accompagno fuori, quì c'è troppa gente." disse con voce inflessibile, ma Rose si divincolò dalla sua presa. 

"No, io non mi muovo da quì, e nemmeno tu" sibilò, prendendolo per la collottola della camicia e riportandoselo sotto il naso. La cosa stava degenerando, e non andava bene per la reputazione di Scorpius, che strinse i denti e la guardò fisso negli occhi.

"Cominci a darmi noia, Weasley" sussurrò con voce spettrale, ma il sorriso di Rose smontò del tutto le sue parole.

"Non è una novità, ma devo proprio dirti due cose" ridacchiò, e Scorpius l'afferrò prima che cadesse. Cercò con lo sguardo Dominique e la maledì: perché l'aveva fatta bere così tanto se non reggeva evidentemente l'alcool?

"Non possiamo farlo da un altra parte?" disse duro, ma Rose scosse il capo, alitandogli in faccia. Storse il naso, ma non la scacciò o probabilmente avrebbe peggiorato la situazione.

"Sono venuta quì contro ogni buon senso, anche se continuavo a dirmi che sarebbe stato inutile. Ma sapevo che eri quì, e sapevo anche che se non sarei venuta me ne sarei pentita. Dovevo venire quì e dirti quanto mi sta sulle palle il tuo sguardo superiore.

Non sei mica superiore, Scorpius. E io non potevo mica ritornarmene in stanza sapendo che tu saresti stato chissà dove con chissà chi. Dovevo intervenire, infondo tu sei affar mio" disse, ondeggiando appena. 

Scorpius si irrigidì, e si morse l'interno guancia con forza. "Sono venuta quì con la convinzione che forse avresti cambiato idea su di me, con l'intenzione di farti cambiare idea su di me. Cazzo, non sono una santarellina né tanto meno una bacchettona ventiquattro ore su ventiquattro.

Mi disprezzano tutti perché faccio il mio lavoro, quello per cui mi hanno scelto accuratamente. Io adoro leggere, adoro starmene per conto proprio. Mentre tu mi eviti proprio perché sono così. Proprio perché non indosso gonne indecenti e non parlo di cose frivole come il profumo appena uscito in vendita in tutti i negozi magici.

E allora sono venuta quì, ho fatto come loro. Ho bevuto, mi sono lasciata andare, non ho parlato di studio e né mi sono isolata. Ora sono come tu mi vuoi, Scorpius, ti vado davvero bene così?" sussurrò, alzando le braccia 

Scorpius rimase pietrificato lì, e la guardò. Rose scosse il capo e indietreggiò, in un attimo quasi volò fuori dalla Sala comune dei Serpeverde, bloccandosi e vomitando tutto quello che aveva mangiato a cena. 

Sentiva il cuore in cenere, come quelle rose. Era solo una poltiglia fastidiosa, di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Una lacrima le rigò la guancia, e due mani le tirarono indietro i capelli dolcemente. In cuor suo sperava che fosse Scorpius, ma l'altra parte sperava che fosse chiunque altro.

"Ehi Tesoro, adesso ci sono io…" Il sussurro dolce di Albus la fece rabbrividire. Lui l'abbracciò e la calmò, cullandola con tenerezza. La prese tra le braccia con pochi sforzi e cominciò a camminare lontano da lì, mentre Scorpius, appoggiato al ritratto dell'ingresso dei Serpeverde, abbassò lo sguardo.

"Portami lontano da quì" mormorò Rose, ingoiando a vuoto e chiudendo gli occhi. 

 

***

 

"Ciao" quel sussurro fu un balsamo per il cuore di Ted, che alzò appena lo sguardo sulla figura che era appena entrata nella sua stanza. 

Tese la mano verso di lei, che gli regalò il sorriso più bello che avesse mai visto su quelle labbra dolci e soffici; si sentì morire quando vide quegli occhi illuminarsi dolcemente e la solita fossetta apparire sulla sua guancia destra.

"Ehi.." sussurrò in risposta Ted, mentre lei avanzava lentamente verso di lui. Si abbassò per donargli un delicato bacio sulle labbra, e il suo profumo lo travolse. I capelli rosso carminio gli corprirono il viso come una tendina di seta, e tremò inconsapevolmente.

Era... diverso, e se ne accorse quando lei accostò la fronte alla sua, socchiudendo gli occhi. I riverbi del fuoco la illuminavano appena, e il suo cuore fece una capriola; era impalpabile, così delicata da dargli l'impressione di essere sfuggibile come il vento.

Lei si stese sul letto, trascinandoselo sopra. Era diverso perché non c'era urgenza nei loro gesti, ma solo dolcezza, e il bisogno di assaporarsi a fondo, di esplorarsi e guardarsi negli occhi senza mai distogliere lo sguardo.

"Mi sei mancata" e quello gli sfuggì dalle labbra, ma non se ne pentì; lei lo baciò ancora, e quella notte non fecero sesso. Si accarezzarono, si baciarono, si guardarono e si strinsero come non avevano mai fatto.

E bastò ad entrambi, che si addormentarono l'una nelle braccia dell'altro. 

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Capitolo 5
*** Quarto Capitolo ***


 

Quarto capitolo

 

 

 

 

 

 

James gettò il capo all’indietro con fare stanco, e per poco non rischiò di cascare giu dalla scopa come un idiota.

Quel pomeriggio la squadra rosso oro stava dando il peggio di sé negli allenamenti, e il motivo erano le continue distrazioni provenienti dagli spalti: Dominique e Lily erano sedute comodamente tra le tribune e assistevano divertite agli innumerevoli fiaschi della squadra, sorridendo soddisfatte di loro stesse per essere la causa di quell’insuccesso.

Fred Jr gli volò accanto, e battendosi st­ancamente la mazza da Battitore sulla spalla, guardò in direzione delle due ragazza con sguardo perplesso.

"Credo che dovresti mandarle via.." suggerì, notando come lo sguardo di Johonatan Finnagan fosse stato rapito dell’indifferenza di Lily, persa in un discorso apparentemente serio con la bella cugina serpeverde, che aveva attirato su di sé gli sguardi degli altri componenti, compreso quello adirato di James, che si allungò sulla scopa, poggiando il mento sui pugni.

"Non posso… mi crucerebbero entrambe" sospirò James, del tutto perso nel fissare quel sorriso radioso che si era appena allargato su quel viso perfetto.

Non poteva continuare in quel modo, non poteva avere una cotta per la sua cugina Dominique, era “eticamente” sbagliato, e sapeva, inoltre , che una cosa del genere non sarebbe mai stata accettata in famiglia. Eppure non riusciva a non pensare a lei. Ogni volta che la intravedeva nei corridoi non poteva non desiderare di parlarle e di trascorrere qualche minuto, anche secondi, in sua compagnia; ormai era divenuta una malattia quel sentimento sbagliato.

Una malattia che lo rendeva perennemente arrabbiato con il mondo e soprattutto con lei, per essere sbagliata, per essere, appunto, lei.

Rimase ancora a fissarla, ammirando il modo con cui si ravvivò i lucenti capelli, e quello in cui accarezzò il viso di Lily, in un modo cosi delicato che per un attimo, James, chiudendo gli occhi, immaginò di essere al suo posto.

Fregandosene di chi gli stava intorno rimase cosi, con gli occhi serrati, ad immergersi in una fantasia propria, in compagnia di lei, che accarezzava lui in quel modo, che gli sussurrava parole dolci e rassicuranti, perdendosi entrambi nello sbaglio di amarsi, nonostante tutti fossero contrari alla loro unione. Immaginò cose poco gentili in quel momento, e se non fosse stato per Fred, che lo richiamò alla realtà, avrebbe rischiato nuovamente di cadere dalla scopa e di continuare quei pensieri nel letto dell’infermeria.

"James non dirmi che sei stanco…" ipotizzò lui, notando quel comportamento alquanto strano.

"No certo che no…continuiamo l’allenamento, e dì a questi quattro porci che la smettessero di fissare Dom e Lily!" James ritornò quello di sempre. Il James furioso con il mondo, e con sé stesso per aver dato sfogo a quei pensieri irreali, ed essersi perso per un secondo in un mondo impossibile.

Dominique era sua cugina, erano cresciuti insieme, e lui non poteva essere invaghito di lei. Non poteva, era sbagliato, malsano e soprattutto impossibile. Avrebbe dovuto rassegnarsi e magari cercare nuove distrazioni, anche se, fino ad allora, le distrazioni trovate erano state d’aiuto solo a riportarla alla mente con maggior frequenza.

Ormai si era insinuata fin sotto la pelle, toccando le corde del cuore, e James avrebbe dovuto rassegnarsi a tutto ciò.

Con un sospiro si passò una mano tra i capelli, sperando di gettar via alcuni di quei pensieri che stavano portando la sua testa a scoppiare. Si grattò nervosamente il viso, e sorrise quando i suoi polpastrelli entrarono in contatto con il ruvido strato di peluria, che sotto consiglio di Dominique si era fatto crescere.

Si sentì uno sciocco ripensando a come aveva ceduto a quel consiglio, sperando di piacerle di più, sperando di attirare su di sé la sua attenzione. Sembrava uno stupido adolescente alle prese con la prima cotta, e si sentì uno sciocco, perché anche se quella barba avesse attirato su di sé l’attenzione di Dominique, le cose non sarebbero cambiate.

Lei rimaneva comunque sua cugina, la figlia di Zio Bill, che lo avrebbe sbranato volentieri se solo avesse scoperto ciò che provava per lei.

Si aggrappò saldamente alla scopa e voltando le spalle si diresse verso i componenti della squadra, pronto a far sentire la sua autorità, e pronto a mettere in riga i “porci” che sicuramente stavano rivolgendo alla sua Dominique gli stessi pensieri che lui, segretamente, le rivolgeva ormai da ben tre anni.

 

 

Dominique sorrise divertita quando sentì le urla di James rivolte alla squadra. Il suo James era una vera forza della natura: bello, intrigante e perennemente incazzato con il mondo; adorava quel cugino cosi ombroso, e dal portamento da vero maschio che faceva cascare ai suoi piedi innumerevoli donzelle.

Adorava guardare quel viso sottile, ricoperto da uno strato sottile di barba, che sotto suo consiglio James aveva deciso di farsi crescere. Adorava quegli occhi color nocciola che racchiudevano mille segreti mai svelati.

Voltò appena la testa per ammirare James saettare per il campo, mettendo in mostra il suo talento ereditato da Zio Harry, e per un attimo i loro sguardi si incrociarono, facendole sentire, inaspettatamente , una piccola fitta allo stomaco la fece sobbalzare.

Strinse le mani e ritornò a concentrarsi su Lily, che quella mattina era più radiosa del solito. Le parole della cugina, però, sembravano non aver alcun significato, perché al sua attenzione era rivolta ad altro, allo strano comportamento di qualche giorno prima di James.

Il modo in cui l’aveva guardata e le aveva ricordato di “guardarlo”, e lei lo aveva fatto, lo stava facendo, e non potè evitare di sentire nuovamente quella fitta allo stomaco, che la portò a pensare; cosa alquanto insolita, dato che lei non era un tipo che pensava, ma agiva e basta. Il ruolo di “pensatrice” era di Rose, lei era quella che meditava su tutto, eppure, in quel momento, ripensando alle parole di James, non potè evitare di farlo.

Guardava ogni giorno James, e ogni giorno cercava di distogliere l’attenzione e di dare poca importanza a ciò che provava nel farlo. James era stato il suo primo amore, un amore sciocco e infantile.

Aveva amato quel cugino quando era ancora una bambina, per il suo modo di trattarla, per il suo modo di fare, ma crescendo aveva realizzato che quell’amore era solo un profondo affetto che provava per lui, affetto che chiunque poteva provare nei confronti di un cugino che era cresciuto come un fratello.

Ricordava di quando da piccola aveva confidato a Rose e Lily che il suo sogno era quello di sposare James, un sogno irrealizzabile di una bambina di soli sette anni; eppure, crescendo, aveva sempre cercato un po’ di James in qualunque ragazzo che si era presentato alla sua porta, in cerca di un misero appuntamento che lei aveva dato a pochi. E quei pochi avevano un pizzico di “James” che non abbastanza per trattenerli al loro fianco.

Forse quella ricerca sciocca era dovuta solo al fatto che James era stato importante in ambito affettivo, come lo era ancora. Ma allora perché si sentiva cosi male quando pensava a lui? Sentiva che quei pensieri erano sbagliati, ingiusti,come se potessero danneggiare qualcuno.

Sentì nuovamente una fitta, forte, perché in quel momento James le era volta vicina, e aveva, violentemente, incrociato il suo sguardo con quello di lei. Era duro, rabbioso, e le comunicava ancora di non distogliere gli occhi dai suoi, come se quel guardarsi avrebbe potuto svelare un qualcosa, un qualcosa che lei si ostinava a nascondere a sé stessa.

"Buongiorno cugine…" la voce di Rose la fece voltare e rompere quel contatto di sguardi, che per un attimo l’aveva sottratta dal mondo reale, per catapultarla in un mondo impossibile, dove i protagonisti erano solo loro due e nessun altro.

"Come ti senti?" Lily le fece spazio per farla accomodare tra lei e Dominique, e notando il viso ancora pallido, si preoccupò di assicurarsi che la sbronza era passata del tutto, e che Rose era ritornata quella di sempre.

"Non so come facciate voi due, ma ho la testa pesante come un bolide e non ho mangiato nulla. Qualsiasi odore mi scaraventa in bagno per vomitare" sbuffò, senza fiatare quando Dominique le scompigliò affettuosamente i capelli, senza badare alle sue parole e accendendosi una sigaretta, gettandole poi del fumo sul volto.

"Sei tremenda Domi" esclamò Lily, divertita al modo in cui Rose guardò la cugina.

"Potrei toglierti dei punti sai…" minacciò lei, sventolando il libro di Pozioni con la speranza di allontanare quel fumo nauseabondo.

"Ti preferivo ieri notte… soprattutto perché ti sei rivelata a Sc" iniziò Dom venendo interrotta da Rose, che quasi ringhiò.

"Non pronunciare quel nome…. È peggio degli odori , mi manda in bagno a vomitare" disse, nascondendosi dietro alle pagine di quel libro polveroso che non intimorì affatto le due cugine sadiche, che senza badare alla richiesta di Rose le sfilarono il libro dalle mani, intenzionate ad aprire quel discorso che ormai rimandavano da fin troppo tempo.

Rose parlava solo con Albus: solo a lui confidava i suoi segreti, i suoi timori, e soprattutto ciò che provava per il Serpeverde, ma Dominique e Lily non si arrendevano dietro ad un semplice rifiuto e, inoltre, volevano aiutare la cugina a svegliarsi da quel sonno nel quale dormiva da troppo tempo.

"Scorpius Hyperion Malfoy" Dominique scandì bene quel nome, calcando ogni lettera, alla quale Rose sentiva una fitta al cuore ad ogni piccola parola pronunciata, eppure il suo viso si aprì in un sorriso radioso, anche se quel nome era solo fonte di tormento e sofferenza.

"Scorpius Hyperion Malfoy" anche Lily imitò Dominique, avvicinandosi a Rose e sussurrando quel nome piano, dolcemente, tanto da far diventare Rose rossa come i suoi capelli.

"Scorpius Hyperion Malfoy" continuarono all’unisono le due, fino a quando, Rose, scuotendo il capo, si arrese e la diede vinta alle due.

"Ok ragazze. Basta che la finiate con questa tortura" esclamò lei, riprendendosi il libro dalle mani di Lily e gettandolo in borsa. Sospirò e guardò entrambe: Dominique, tenendo ben stretta la sigaretta tra le labbra, sorrideva trionfante e in attesa, mentre Lily la fissava con la sua solita aria annoiata, ma i suoi occhi mostravano lo stesso interesse.

Rose sospirò rassegnata e mosse appena le labbra, pronta a porre il problema che affliggeva i suoi giorni, ma dei passi alle loro spalle le fece voltare, e il viso di Rose, dipinto da un sorriso radioso, divenne serio e teso alla vista di Scorpius, in compagnia di Rigel Dolov e Derek Zabini.

"Scorp, non dirmi che mi cercavi..." Dominique accolse gli amici con un sorriso radioso in netto contrasto con lo sguardo serioso di Rose e quello indifferente di Lily, che ritornò a fissare il campo.

"Si, non ti abbiamo visto in sala comune, e quindi abbiamo pensato di venirti a cercare" disse Scorpius, che non staccò il suo sguardo da quello di Rose nonostante si stesse riferendo a Dominique, che notando quel particolare non potè evitare di sorridere.

"Buon pomeriggio Weasley" Rigel sorrise maliziosamente, per poi mordersi appena le labbra in direzione di Rose, ricordando ciò che era accaduto solo la notte precedente.

Rose si irrigidì assottigliando appena lo sguardo; non ricordava molto oltre il forte sapore di vomito e il viso offuscato di Scorpius, ma sicuramente quell’atteggiamento da parte di Dolov aveva a che fare con qualcosa accaduta quella sera, qualcosa che la mente di Rose aveva preferito dimenticare de tutto.

"Vi raggiungo più tardi, ho un po’ da fare con le mie adorabili cugine" disse Dom, accennando ad entrambe con il capo, e comunicando a Derek di portar via sia Scorpius che Rigel.

"Perché non rimanere? È un bel pomeriggio, e oltretutto c’è bella compagnia" e prima che Derek potesse fermarlo, Rigel scivolò accanto a Rose e le circondò la vita con il braccio, attirandola a sé.

"Rigel, togliti dalle palle" Dominique parlò per Scorpius, che a quel gesto si irrigidì e strinse appena le labbra, desideroso di accanirsi a Rigel.

Sentì la medesima rabbia impadronirsi di lui, la stessa che la notte precedente lo aveva condotto a sottrarla dalla sua presa, e desiderare di portarla via, lontano dai mille occhi che la scrutavano con malignità. Quella sera lo aveva fatto, consapevole che quel gesto non sarebbe stato ricordato da Rose, troppo sbronza e confusa, ma farlo in quel momento le avrebbe solo dato false idee su di lui e su ciò che provava, o che avrebbe sperato che provasse.

La confusione faceva parte di lui, quindi non sapeva ancora come definire ciò che provava per Rose Weasley, o se era il caso definirlo. Non sapeva se lasciare che Rigel la stringesse ancora di più, nonostante lei cercasse di divincolarsi, oppure intervenire nuovamente, e portarla via, come fatto l’ultima volta.

Dominique aveva parlato per lui, e Lily in quel momento stava agendo per lui. "Dolov togli quelle manacce da Rose o ti gettò giu dagli spalti" la bacchetta di Lily fu puntata al viso del bel serpeverde che sorridendo, alzò le mani in segno di resa.

"D'accordo gattina, d'accordo, ritira gli artigli, la lascio stare e non la sfioro nemmeno con un fiore" disse sarcasticamente, sfiorandole appena l’angolo delle labbra, gesto che fece sobbalzare Dominique e Lily, che per poco non prese Rigel per il colletto della camicia per scaraventarlo giu.

"Ok, adesso basta. Andiamo" il tono basso e roco tradì Scorpius, che sorprese tutti; anche Derek si voltò confuso verso di lui. Gli occhi freddi si scontrarono con lo sguardo malizioso di Rigel, che assumendo un’aria seria si allontanò da Rose, ma prima di farlo, le sussurrò piano all’orecchio parole che non furono percepite dai presenti.

Solo loro furono testimoni di quelle parole che resero le guance di Rose paonazze, e soddisfatto il viso di Rigel, che seguì di malavoglia Scorpius e Derek, che salutando appena Dominique si allontanarono da quel luogo.

"Che stronzo" sputò Dominique, gettando la cicca di sigaretta ai suoi piedi.

"Idiota" Intervenne Lily, riponendo la bacchetta nella cintura.

Rose non intervenne con quei commenti, ma riprese il tomo di Pozioni per nascondere l’imbarazzo .

"Che volevano quegli idioti?" James era volato nuovamente verso di loro, rivolgendosi esclusivamente a Dominique.

"Il cavaliere con la corazza scintillante che arriva all’ultimo momento. Se davvero ti interessava potevi intervenire prima" Il buon umore di Lily sembrò svanito, e puntò il tono sarcastico sul fratello, che la guardò torva.

"Nulla, James...Erano venuti per me" spiegò Dominique sorridendo appena verso di lui e ritornando a fissare Rose, completamente assente. James annuì e senza aggiungere altro ritornò ad allenarsi, permettendo alle ragazze di perdersi nuovamente nei loro stupidi discorsi da “donne”.

"Quando mi domando chi è il gemello cattivo tra te e Al, la risposta arriva da sé..." Lily sorrise al commento sarcastico di Rose, e Dominique si accese un’altra sigaretta, sorridendo tra le nuvole di fumo.

Quel maledetto sguardo che James non faceva altro che rivolgerle era un tormento. Le comunicava qualcosa, le mandava dei segnali, che ancora era incapace di leggere o che nel suo subconscio conosceva, ma non riusciva ad accettare.

 

*

 

Rigel fece pochi passi prima di venire strattonato malamente e ritrovarsi con le spalle contro le travi che tenevano in piedi gli spalti; lo sguardo adirato di Scorpius era a pochi centimetri da lui, e la stretta intorno al colletto della camicia era forte, tanto da rendergli le nocche biancastre.

"Che cazzo ti prende, Scorp?" Rigel era confuso, e Derek lo era quanto lui. Nonostante fossero cugini, Derek conosceva quel poco che Scorpius amava mettere in mostra, era un tipo fin troppo introverso, tanto da essere un mistero per tutti.

"I tuoi comportamenti possono farci giocare i punti, e quest’anno non ho intenzione di perdere la coppa delle case" sibilò Scorpius, ma quella scusa così banale suonò stonata e poco convincente anche per lui, che non riuscendo a controllare quella rabbia si era scatenato contro l’amico, e non avendo trovato una giusta motivazione aveva gettato giù quelle parole poco convincenti.

"Ehi, non ho fatto nulla. Volevo solo divertirmi con Rose Weasley. L’hai vista come si è scatenata ieri notte, quella se presa al verso giusto..." ammiccò Rigel, accarezzandosi i denti con la lingua in un gesto malizioso; Scorpius lo strattonò violentemente, facendo battere appena il capo con il legno duro delle travi e cancellando il sorriso beato apparso al pensiero di vedere Rose in comportamenti non adatti a lei, o almeno apparentemente non adatti a lei.

Scorpius sentì la rabbia farsi padrone delle sue azioni, e cercò di non immaginarla nel modo in cui Rigel aveva osato farlo.

"Non voglio rogne con un prefetto e per di più cugina di Dominique, è nostra amica e sai quanto lei ci tenga a Rose, quindi..."

"D'accordo, va bene. Però se fosse lei a cercarmi? Non vale questo discorso, vero?" Rigel sembrava non voler capire, e Scorpius di fronte a quella domanda lasciò la presa, rendendo il suo sguardo ancora più cupo.

"In quel caso sono affari vostri" rispose, ritornando calmo.

Rigel si sistemò la camicia, non distogliendo lo sguardo torvo e confuso, lo stesso dipinto sul volto di Derek che non riusciva a comprendere il perché Scorpius avesse reagito in quel modo.

Entrambi lo seguirono verso il castello. Il passo frettoloso fu tenuto solo da Derek, mentre Rigel si tenne pochi metri lontano temendo di essere nuovamente attaccato ingiustamente.

"Sai, se provi qualcosa per la Weasley non ci vedo nulla di male…" Derek sfoderò il suo lato comprensivo, facendo sorridere amaramente Scorpius.

"Cosa posso provare per una come Weasley? È una noia! Voglio solo che Rigel non faccia cazzate che possano far infuriare Dom. E' nostra amica, e sai che le cugine sono intoccabili, a meno che non abbiamo la sua benedizione…"

"Quindi, se Dom ti desse la benedizione…" Derek si morse la lingua notando lo sguardo torvo di Scorpius che gli rivolse.

"Come non detto." sospirò, terminando quel discorso e continuando a camminare al suo fianco silenziosamente.

Derek non capiva Scorpius, e forse non lo avrebbe mai capito. Il suo umore era mutevole e contrastante. E lui poteva solo accettarlo e non far nulla che potesse influire sulle sue decisioni.

 

*

 

Albus teneva il naso piantato nel tomo di Erbologia, sperando, con uno sbuffo, di trovare qualcosa che potesse aiutarlo a completare la ricerca che il professor Paciock aveva assegnato agli studenti del sesto anno; ricerca che solo lui e Rose avrebbero consegnato in tempo.

Rilesse più volte la medesima riga, pensieroso, prima di soffocare un urlo quando due braccia lo trascinarono, contro la sua volontà, all’interno di un’aula vuota e polverosa.

Lasciò cadere il pesante libro che teneva tra le braccia esili, e si perse in quel sapore che avrebbe riconosciuto tra tanti. In quell’odore, in quel calore che solo lui aveva.

Quando le loro labbra furono lontane, Albus potè guardare negli occhi il suo sequestratore, e nel farlo sentì il cuore battere contro la cassa toracica tanto violentemente che temette che potesse romperla.

Lysander sorrideva.

Un sorriso che coinvolse i profondi occhi cristallini che resero il suo viso vivace e sognante, quel viso che lo aveva attirato e condotto in un amore impossibile.

"Dove stavi andando?" chiese, mostrando vero interesse. Non riusciva a staccarsi da lui, per troppo tempo erano stati lontani e adesso voleva che ogni secondo profumasse di loro, che ogni secondo i loro sguardi fossero uniti in quel modo, prima di dover ritornare alla realtà e dividersi, per ignorarsi del tutto.

"Ehm- in Biblioteca per la ricerca di Paciok… erbologia…." balbettò Al, tremando con la voce. L’emozione di rivederlo lì, accanto a lui, gli offuscò la mente, e ogni cosa, anche la più semplice, come il pronunciare le parole, apparve difficile e impossibile.

"Puoi rimandare per qualche minuto questa ricerca?" domandò Lysander, soffiando a pochi centimetri dalle sue labbra. La voglia di fiondarsi nuovamente su di loro era forte, e non attese assenso per farlo.

Si persero nuovamente nel proibito, assaporando ogni angolo di loro, perdendosi nel loro profumo e amandosi clandestinamente, in un’aula vuota, che non avrebbe mai giudicato quel loro amore apparentemente turpe, ma comunque amore.

 

*

 

Dominique fece il suo ingresso in sala comune con il viso teso, mentre tra le mani stringeva fin troppi libri, cosa che insospettì molto Scorpius, che sdraiato sul divano alzò appena lo sguardo in sua direzione.

Era appena terminata la cena, e la pancia piena lo aveva indotto alla sonnolenza, ma era ancora presto per andare a dormire e per di più l’indomani non c’erano lezioni, quindi il concedersi qualche oretta fuori dai morbidi ed eleganti letti a baldacchino era più che meritato.

Non fiatò e non chiese il motivo di tanta agitazione, tradotta dal modo con cui per poco non strappò una pagina nel girarla freneticamente. La vide borbottare qualcosa a sé stessa e sorridere come un’ebete, e allora vide la necessità di intervenire.

Qualcosa la stava gettando alla pazzia, tanto da prendere dei tomi incredibilmente grandi e borbottare in solitudine. Si mise seduto su quel divano, divenuto improvvisamente comodo e invitante, e guardando appena l’amica fece risuonare il tono noioso nella sala umida .

"Cosa ti prende Weasley?" il solito tono annoiato e poco interessato fece voltare Dominique, che sembrò solo allora accorgersi di lui.

Boccheggiò prima di chiudere con un tonfo il libro e gettarsi al suo fianco.

"Scorpius, una volta mi raccontasti delle storie riguardanti alcune famiglie Purosangue..." Dominique fu vaga, e Scorpius la guardò confuso, non ricordando il quando e il dove lui avesse aperto quel discorso.

Si grattò il viso, segno che innervosì Dominique, cogliendo la confusione negli occhi cristallini dell’amico.

"Oh Malfoy, hai seriamente problemi di memoria! Parlasti dell’unione tra cugini… per non sporcare il sangue…" Dominique si morse il labbro, sentendosi tremendamente in colpa, e quando quello sguardo mutò, comprese che Scorpius aveva colto il senno di tutto e sorridendo appena si gettà all’indietro, sedendosi scompostamente su quella poltrona che ormai aveva del tutto preso la sagoma del suo corpo.

"Arriva al punto, Dom…" sussurrò, ghignando e riuscendo a colorare lievemente quella pelle chiara simile a porcellana. Dominique si stese al suo fianco e poggiò la testa al petto dell’amico.

"Solo curiosità" mentì, sapendo che Scorpius non avrebbe abboccato a quella scusa poco convincente.

"Curiosità che ti ha portata in biblioteca per consultare la Genealogia dei Black" notò atono lui, indicando il libro polveroso che riportava i legami tra maghi che aveva generato discendenze profonde e creatrici di grandi famiglie, che ancora dominavano sul panorama Magico.

"Sì, e indovina cosa ho scoperto? La nostra famiglia, Quella dei Weasley e dei Malfoy, è in un certo senso legata, guarda…" si sporse verso il tavolo prendendo tra le mani quel libro che aprì e gettò sotto il naso di Scorpius, che tossicchiò appena essendo stato investito da un sottile strato di polvere.

Il dito di Dominique percorse le linee che collegavano i vari nomi dei componenti di quella Geneologia mista e confusa.

"Mio Nonno Arthur è figlio di uno dei figli del vecchio Phineas Nigellus Black…Quindi a grosse linee noi siamo cugini e quindi anche tu e Rose siete cugini" Il discorso di Dominique non aveva giuste argomentazioni che potessero portare Scorpius dalla sua parte, ma riuscì a ricevere solo uno sguardo torvo come risposta, causato anche dal nome “Rose” che nuovamente riportò alla mente i pensieri confusi che lo tormentavano.

"Ok, capisco che è stupido come discorso, però è capitato a molti cugini di sposarsi e non ha mai causato scandalo! Tu cosa potresti pensare se magari, improvvisamente, una mattina ti svegliassi e, che so, scopri di provare una forte attrazione per una tua cugina, la stessa con la quale sei cresciuto, la stessa che ti ha sempre difesa … " Dominique si sentì sprofondare quando capì che stava ammettendo ciò che provava per James, e lo stava facendo ad alta voce.

Guardò il volto di Scorpius sorridere maliziosamente.

"Io lo troverei eccitante" Esclamò ridacchiando, perdendosi in pensieri poco casti e decisamente immorali.

"Scorpius! Dimmi la cruda e vera verità…Se io provassi una forte attrazione per un mio parente, la stessa che tu provi per…." lo sguardo di Scorpius le fece ingoiare quel nome prima che potesse fuoriuscire dalle sue labbra.

"Tu cosa penseresti di me…" continuò, sperando di non ricevere una maledizione in pieno volto. Ma la reazione dell’amico la sorprese. Scorpius si era alzato, e mantenendo quello sguardo annoiato si era diretto verso le sue stanze.

"Stai pensando troppo Dominique Weasley, e non è da te." sussurrò prima di sparire dietro la porta di legno antico. Dominique sorrise, ringraziando Merlino per averla fatta capitare in quella casa apparentemente meschina, ma che nascondeva amici pronti ad affiancare e sostenerti in qualunque momento, anche se ciò che stavi per compiere era del tutto sbagliato, e Scorpius Hyperion Malfoy incarnava perfettamente quel tipo di amico.

 

*


James strinse forte la presa intorno alla sua Firebolt; la stessa appartenuta al padre, la stessa che aveva portato i Grifondoro ad innumerevoli vittorie.

Il cuore era perso in un battito frenetico, e lo stomaco era del tutto sottosopra: anche quella mattina non aveva cenato, e nonostante fosse un'altra delle innumerevoli partite che avrebbe giocato, e che gia aveva giocato negli anni precedenti, l’emozione era sempre la stessa.

Un emozione forte, che gli solleticava la parte bassa del ventre, le labbra secche e serrate, e la paura di sbagliare e non essere all’altezza.

Scrutò Fred Jr che alla sua destra sorrideva entusiasta con la mazza da Battitore che batteva sulla spalla e respirò forte.

"Pronto?" chiese suo cugino senza rivolgergli lo sguardo.

"No, ma dobbiamo esserlo." rispose il capitano, sorridendo appena.

Le porte si spalancarono, e il sole iradiò i volti di sette ragazzi, pronti ad affrontare quella partita, quello scontro contro i diligenti e buoni Tassorosso, che quella mattina erano più agguerriti che mai.

Quattordici giocatori colorarono il cielo, con i colori contrastanti, e attesero il fischio di inizio di Madama Bumb, che tardava ad arrivare. James scrutava il campo, e il suo volto fu attirato dall’unica luce che riuscì a vedere, nonostante il sole quella mattina era caldo e lucente.

Il sorriso di Dominique lo raggiunse e lo travolse, rendendo quell’ansia maggiore, quel tremore al cuore più forte e quella paura di non essere all’altezza fu quasi come una batosta. Stava considerando di abbandonare il campo, anche se quel sorriso era un chiaro comunicare che aveva fiducia in lui.

"Come mai Madama Bumb tarda a venire?" Lily appoggiò il viso sulla barriera di legno e guizzò con lo sguardo verso gli spalti dei professori, notando il suo Ted chiacchierare animatamente con Neville Paciock, professore di Erbologia, e caro amico della famiglia Potter e Weasley.

Quella mattina i capelli di Ted erano di un blu cobalto. Aveva sempre adorato quella sua particolarità che lo aveva sempre differenziato e reso unico.

Era speciale.

Si mordicchiò appena il labbro, pensando che dopo quella partita avrebbe avuto tutto il pomeriggio per dedicare a lui, a loro, e a quel rapporto cambiato di punto e bianco.

Quel caldo gioco di sguardi mutato in calde notti trascorse ad assaporarsi, a perdersi nelle loro labbra, e trovare piacere solo in quei gesti nascosti e proibiti, per poi mutare nuovamente e divenire qualcosa di più intenso, violento. Il sesso non bastava più, o semplicente non era mai bastato.

Quel che completava le loro notti era perdersi nei loro sguardi e sorrisi, e soffermarsi a guardare ogni parte di loro, amandosi con gli occhi, con le parole, con i brividi che suscitavano ogni più ridicolo gesto.

Lily chiuse gli occhi al pensiero di quella parola cosi forte.

“Amare”, lei era in grado di farlo? Aveva temuto per un po’ di essere solo presa da quel gioco clandestino, perché il suo carattere lo voleva. La sua voglia di trasgredire le regole era stata forte, eppure adesso pensava a Ted in un modo diverso, e non più come il pretesto per apparire più ribelle, più diversa.

Sentì le mani di Dominique accarezzarle il capo, e si voltò per sorriderle. Anche i suoi occhi limpidi nascondevano qualcosa, e quel forte legame che le univa glielo comunicò in quel momento.

 

Madama Bumb arrivò di tutta fretta al campo e guardando i giocatori si scusò con loro. Aprì la cassa scarlatta, e i bolidi guizzarono in aria, pronti a schiantare chiunque fosse entrato nella loro traiettoria. Anche il boccino fu liberato, e la pluffa fu l’ultimo componente che diede inizio alla partita.

Madama Bumb fischiò e i colori delle divise invaso il campo verde.

"Ehi Lily..." la voce di Jonhatan fece alzare lo sguardo di Lily verso il cielo limpido e privo di nuvole. Il bel Grifondoro sorrideva, ignorando del tutto la partita in corso.

"Jonhatan, non dovresti giocare?" gli fece notare lei, indicando i giocatori che si passavano la palla e imprecavano contro di lui.

"Sì, ma prima devo farti una proposta" in quel momento pochi guardavano la partita, tutti gli altri erano concentrati sul cacciatore Grifondoro, librato a pochi metri dagli spalti.

Lily arrossì lievemente, ma non lasciò che l’imbarazzo la rendesse ridicola, e per un attimo giurò di vedere i capelli di Ted divenire pallidi come il viso, che si dipinse di preoccupazione.

"Credo che dovresti muoverti con questa proposta...La partita è iniziata da un pezzo, e i Tassorosso sembrano in netto vantaggio" Rose comparve improvvisamente al loro fianco, seguita da Albus, ed entrambi si accomodarono accanto alle due, in netto ritardo con la partita.

Lily sorrise e dedicò nuovamente attenzione al Grifondoro, che inconsapevolmente aveva attirato su di sé uno sguardo omicida.

"Se riesco a segnare i primi dieci punti...Tu diventi la mia ragazza" quella proposta spiazzò tutti. Albus si trattenne nel ridere, Rose lanciò un gridolino divertito, Dominique si portò una mano all’altezza del cuore, e Lily sbiancò, deglutendo con forza.

"Questa è una sfida, non una proposta…è risaputo che James è il migliore e che i primi punti sono sempre opera sua" Dominique parlò per lei, travisando il rifiuto di Lily, che non riuscì a pronunciare. Jonhatan si rivolse ancora a lei, unicamente a lei, e sorridendo trionfante volò via.

"Accetta questa sfida, Lily Potter, e diventa la mia ragazza" quelle urla attirarono non solo l’attenzione di Ted, che divenne paonazzo di rabbia, ma anche di James, che cruciò con lo sguardo quell’impertinente che ignorando del tutto il gioco di squadra prese dalle mani di un Tassorosso la pluffa, e facendosi largo tra i giocatori segnò i primi dieci punti per i Grifondoro.

"La sfida è stata vinta, Lily, merito un bacio" ciò che avvenne dopo fu solo frastuono e urla. James strappò la mazza da battitore tra le mani di Fred, e prima che chiunque potesse bloccarli aveva afferrato Jhon per la collottola della divisa sportiva, colpendolo con violenza allo stomaco.

Caddero entrambi dalla scopa, ma fortunatamente non si fecero male. Quello che si vedeva dall'alto erano solo una confusione di urla e colori, di colpi e gemiti.

"Siete impazziti? Via, immediatamente" urlò la preside, correndo dalla loro direzione e dividendoli con la magia.

"Finnegann, i tuoi teatrini tieniteli per il privato e vai immediatamente in infermieria! Sei in punizione per un mese!" strillò furiosa, con gli occhi fuori dalle orbite.

"Tu... Potter, questo comportamento indecoroso! Sei fuori dalla squadra! Ma non credere che per colpa della tuo comportamento infantile io interrompa la partita! Vai negli spogliatoi, ti sostituirà qualcun'altro sicuramente degno del nome di capitano della squadra Grifondoro. In giornata i tuoi saranno informati, e ci decideremo sul da farsi!" sibilò furiosa, e mentre James si incamminò incazzoso negli spogliatoi, il suo posto fu preso da Anthony Thomas, che si scusò con lo sguardo.

 

Dominique si alzò e prima di poter essere fermata e si diresse verso l’uscita degli spalti.

James scalciò il terreno, facendo saltare qualche zolla di erba e si diresse a passo pesante verso gli spoiatoi. Quel maledetto Johonathan gliel’avrebbe pagata, ma per adesso doveva solo accettare l’espulsione e l’umiliazione appena ricevuta, seguita dalle risa di scherno proveniente dagli spalti verde-argento.

Entrò negli spogliatoi e la scopa fu gettata sul pavimento, e un pugno ammaccò appena un armadietto capitato per caso nella sua traiettoria. Poi si accanì sul muro; colpì con le nocche chiuse a pugno, senza fermarsi, senzaa emettere suono con le labbra serrate.

Appoggiò la testa dolorante al metallo freddo e rimase in quella posizione fino a quando dei passi non lo fecero voltare. Sentì la fitta al cuore, e seppe che qualunque cosa fosse accaduta in quel momento la colpa sarebbe stata solo di Dominique, che piano avanzò verso di lui, con lo sguardo fisso sul suo viso.

I capelli erano lucenti, morbidi, e si muovevano lentamente con lei. Qualche ciuffo biondo le ricopriva quel viso perfetto, perso in un’espressione seriosa che ne delineava i lineamenti delicati, morbidi, invitanti come quelle labbra serrate, incapaci di muoversi e proferire parola.

Rimase a fissarla incantato, fino a quando non furono pericolosamente vicini. Le urla provenienti dal campo sembrarono spegnersi, e ciò che James riuscì ad ascoltare era solo il frastuono doloroso del suo cuore, che aumentava ad ogni passo di Dominique che faceva verso di lui.

Gli occhi cristallini fissarono le nocche scoriate della mano, dovuto ai pugni furiosi che aveva dato, ed instintivamente, senza pensare, senza dar conto alla vocina che le tormentava la testa e che la incitava ad andar via, prese quella mano e se la portò alle labbra, poggiando delicatamente quelle labbra sulla sua pelle calda, ruvida, e che profumava di lui.

Le baciò sempre più lentamente, ogni centimetro, non staccando quello sguardo dal suo, e James si sentì perso, sentì la terra mancare improvvisamente sotto i suoi piedi, sentì lo stomaco formicolare, e sentì il desiderio di dar vita a quei pensieri immorali.

Allungò con forza la mano libera e prendendole il capo l’avvicinò con violenza alle sue labbra, e finalmente assaporò quelle tentatrici, ne assaporò ogni angolo, ogni parte, mordicchiandole, e succhiandole con avidità.

Le braccia esili di Dom gli circondarono il collo, attirandolo ancora più a sé. Il sapore di tabacco, del vento che aveva sconvolto i capelli già scompigliati di James, e la loro pelle sempre più arrossata dai sfregamenti quasi li fecero impazzire. James le afferrò con facilità le gambe, e tenendola in equilibrio fece in modo che circondassero la sua vita.

I loro bacini coincidevano, sfregavano l'uno contro l'altro, e in un attimo la schiena di Dominique venne sbattuta senza risentimento contro le mattonelle della doccia negli spogliatoi. Aprì il getto della doccia calda che li bagnò, che li travolse, ma che non ebbe il potere di staccarli.

L'acqua rimaneva imperlata tra le lunga ciglia di lei, e il maglione della divisa scivolò lentamente sul pavimento; la camicia aderì al seno della ragazza, al reggiseno bianco e semplice, ai fianchi stretti e alla pancia piatta.

Dominique strinse i suoi capelli tra le mani, passandogli la lingua sulle labbra piene, e accogliendo il suo respiro affannato nella propria bocca. Si spogliarono con urgenza, toccandosi come assetati nel deserto, come se quello fosse un bisogno primordiale e non semplice sesso.

Dominique appoggiò il capo contro le mattonelle, socchiudendo appena lo sguardo. Quante volte lo aveva sognato? Quante volte aveva desiderato sentire quelle mani arderle ogni lembo di carne scoperta? Non riusciva a distogliere lo sguardo dai movimenti di lui, e tremò tra le sue braccia.

"Cont...continua a guardarmi" sussurrò James, ingoiando a vuoto.

"Non ho mai smesso di farlo" disse, e il sorriso che si aprì sul volto di lui fu il regalo più bello. Fu la luce nell'oscurita, la linfa vitale che le scorreva incessantemente nelle vene e il respiro che la teneva in vita costantemente.

Quel sorriso fu la cosa più bella che aveva mai visto in vita sua.

 

*

 

La partita era finita, e Lily, camminando verso il castello con il mantello stretto sul corpo esile e scosso dai brividi, si chiese come stesse James; quello della Mcgranitt era stato un colpo basso, eppure necessario.

Doveva punire i suoi studenti per tenere ordine, e anche se Jhon aveva esagerato... la reazione di James era stata fin troppo persino per i suoi gusti.

Arrivata sotto le arcate che davano sul giardino che precedeva l'entrata principale di Hogwarts e dava spazio alla sua sinistra al Lago Nero e la Foresta proibita, si sedette sugli scalini di fronte alla piccola fontana al centro dello spazziato.

Si accese una sigaretta con dita tremanti, sperando di non essere vista da Al che avrebbe detto tutto ai suoi genitori, e si grattò con esasperazione il capo. Erano tornati tutti nei propri dormitori senza nemmeno avvicinarsi agli spogliatoi dove James ancora aveva messo piede fuori, e con una flemma davvero bassa: senza suo fratello i Grifondoro avevano perso per poco. Il cielo si stava annuvolando lentamente, e Lily aggrottò le sopracciglia quando un ombra le coprì la visuale.

"Ti ho trovata, finalmente" la voce di Jhon era calma e inflessibile, ma il volto serio di Lily lo era ancora di più.

"Jhon, ora basta. Stai esagerando" disse con voce acre, guardandolo dal basso e sentendosi abbastanza piccola in suo confronto.

"Io starei esagerando? Non solo mi sono beccato una mazzata dritta allo stomaco, ma ora starei anche esagerando?" sibilò Jhon, afferrandola per il polso e alzandola con la forza dai gradini. La sigaretta le cadde dalle dita, bruciandola appena e venendo calpestata dal ragazzo, che rude l'avvicinò a sé.

"Smettila!" urlò Lily, cercando di allontanarlo, ma qualcun'altro fu più veloce. Jhon fu preso di peso e sbattuto di lato, e la piccola Potter si ritrovò dietro le larghe spalle di... Ted.

I capelli erano neri come i suoi occhi, e sembrava parecchio arrabbiato.

"Professore..." balbettò Jhon, ma non gli fu dato tempo di parlare perché Ted aveva già caricato un pugno sul naso e l'aveva mandato steso giù.

"Tieni le tue manacce a posto, Finnigann" sibilò con tono basso che spaventò persino Lily alle sue spalle. L'ultimo calcio alle costole e afferrò Lily per le braccia, che si impuntò.

"Sei un idiota sconsiderato" mormorò la ragazza, indicando Jhon a terra dolorante, che sicuramente dopo essersi ripreso avrebbe sbandierato al vento che era stato attaccato che nientedimeno da un professore.

"Oblivius" sussurrò Ted, e con questo sembrò chiudere il discorso.

 

Arrivarono al terzo piano quasi con il fiatone, evitando qualche fantasma e studente ancora in giro, e lì Ted diede sfogo alla sua rabbia.

"A che gioco stai giocando, Potter?" sibilò a pochi centimetri dal suo viso, mentre i capelli assumevano sfumature rossastre.

"Nessun gioco, Lupin" rispose Lily, alzando il mento in segno di sfida.

"Sono stanco di questo tira e molla" sussurrò al suo orecchio, stringendo tra le dita le pieghe del suo mantello.

"Non so di cosa stai parlando" disse, ma ogni sua parola venne interrotta dalle sue labbra.

Erano morbide, rabbiose, e sembravano volerla pulire.

"Di questo, sto parlando" mormorò poi, infilando le sue mani sotto la gonna della ragazza, che sgranò improvvisamente gli occhi.

"E il dover prendere a pugni un idiota" urlò quasi, staccandosi disgustato.

"Questo è il prezzo da pagare per averti?" domandò ancora, e Lily crollò seduta lungo il pavimento.

"Ne vale davvero la pena?" disse infine, e gli occhi di Lily si aprirono fino all'inverosimile.

Erano grandi, sconvolti, marroni e... feriti. Stava per sguainare la bacchetta quando qualcosa glielo impedì. Un dolore forte, sordo, dritto al petto. E la rabbia cieca, violenta, che la travolse ma che non le diede la forza di fare nient'altro che alzarsi a tentoni.

"Affatto" rispose, e con questo gli diede le spalle. Aveva la bacchetta stretta a pugno e la vendetta che martellava nelle sue tempie, nel suo cuore.

Lily, in quel momento, era sicura che lo avrebbe distrutto.

Psicologicamente e fisicamente.

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Capitolo 6
*** Quinto Capitolo ***


Quinto capitolo

 

 

 

 

Non riuscivano a staccarsi, e quella non era affatto una metafora: erano passati due giorni da quando la partita era finita, e non c'era ora o persino minuto in cui James Sirius Potter non la sbattesse ad un muro.

Era come se, in un modo o nell'altro, se si staccavano veniva ad entrambi a mancare l'ossigeno; le loro bocche incollate restituivano il proprio respiro all'altro con gusto, e i loro corpi si riscaldavano, donandosi piacere e incastrandosi alla perfezione come se si conoscessero da anni e non pochi giorni.

A Dominique Weasley di certo non dispiacevano quelle attenzioni, ma aveva bisogno di respirare e, soprattutto, mantenere la facciata: il loro era un nascondersi continuo per non farsi scoprire, e di certo acchiapparla tra i corridoio e trascinarla con una scusa banale come "ho perso le ciabatte" insospettendo tutti, non era il massimo della discrezione.

E dopo l'ennesima ora passata a baciarsi e gemere nel bagno di Mirtilla Malcontenta che - fortunatamente - era scomparsa chissà dove, Dom crollò sfinita contro uno dei lavandini, e si accese una sigaretta alla rosa, aromatizzando il cerchietto in cui si era spaparanzata.

I capelli erano stati raccolti sul capo, giusto per non dar fastidio il compagno che aveva lo strano vizio di succhiare il collo e morderlo durante l'amplesso. La gonna era alzata sulle gambe lasciate nude, e la camicia appena sbottonata per lasciare libero il reggiseno verde smeraldo e il seno piccolo ma sodo.

"James, questa è l'ultima volta che ti seguo! Se continui a prendermi e sbalottarmi a destra e manca con questa frequenza, qualcuno si accorgerà di... beh, di noi" sbuffò Dominique, mentre Jamie appoggiava la testa sul suo grembo e si abbandonava sul pavimento dalle piastrelle gelide.

"Sai quanto me ne importa..." mormorò James, arricciando il naso alla puzza della sigaretta, che fulminò con un occhiata nonostante fosse un oggetto inanimato e non potesse essere nè picchiato e tantomeno avrebbe ricambiato.

"Non fare lo strafottente" sibilò Dominique, ciccando ai suoi piedi e stiracchiandosi; aveva le ossa così indolenzite che si sarebbe sorpresa di saper ancora camminare.

"Mi hanno espulso dalla squadra, mia madre per poco non mi staccava un orecchio nell'ufficio della preside e secondo te me ne sto bello tranquillo? Tu stai male" rise sarcastico, scuotendo il capo.

"Come minimo la mia vendetta sarà cruenta e molto dolorosa per i nostri cari prof. e Jhon è ancora sulla mia lista" disse, strofinandosi soddisfatto le mani con gli occhi accesi dall'aspettativa che gli pompava orgogliosamente il cuore.

"Come minimo ti farai espellere" ma all'ennesimo sbuffo del compagno, Dom, decise di lasciarlo perdere: era del tutto un caso perso, e sicuramente non avrebbe cambiato idea perché lei glielo suggeriva.

Si erano gettati in quella "cosa" che c'era tra loro come forsennati, senza preoccuparsi delle conseguenze e di quello che sarebbe successo dopo. Dominique aveva paura. Oltre a quella di essere scoperti ed essere additati come mostri, persone anormali che provavano un amore malato, Dom aveva paura che lui considerasse tutto quello una cosa di poco conto, e frequentasse altre ragazze.

Aveva paura che lui, dopo essersi stancato, l'avrebbe lasciata.

"Un galeone per i tuoi pensieri" sussurrò James, accarezzandole una guancia e facendo volteggiare nell'aria una grossa moneta.

"Sono solo stanca" mentì freddamente, aspirando l'ultimo tiro di sigaretta e facendola evanescere con un tocco di bacchetta.

"Bugiarda..." disse James, e un sorrisetto si dipinse sulle sue labbra, rapendola in un istante.

"Mai quanto te" sussurrò, e lui le tirò una ciocca di capelli che era sfuggita alla presa, attirandola a sé e baciandola. Non fu particolarmente rude - anche se Jamie era tutto così - ma era come se lui cercasse di essere più delicato possibile. Aveva paura di romperla, e anche lei, in quel momento, si sentì fragile come un vaso di cristallo.

"N..-nemmeno tu, non dimenticarti di non smettere di guardarmi" mormorò con il fiato corto Dominique appena si staccarono. James alzò il viso verso il cielo, accennando ad una risata divertita.

"E' come se quì attorno ci fosse una luce" sussurrò James, disegnando un cerchio immaginario sulla sua testa e guardandola con un aria saccente.

"E' accecante, e non riuscirei mai a distogliere lo sguardo" Dom non rise, continuò a guardarlo seriamente. Era ridicolo quando se ne usciva con quelle frasi ad effetto, ma l'aveva mormorato con un aria così tenera da farle andare il cuore in gola.

Era un maledetto bugiardo, ma non riusciva a non credergli. Oramai pendeva dalle sue labbra, dai continui sospiri che esalava, dal tocco rude delle sue mani e quello morbido della bocca sulla sua pelle. Era diventata sua e nemmeno se n'era resa conto.

"Dobbiamo andare via" mormorò Dom, socchiudendo gli occhi. James le baciò l'angolo della bocca, lentamente il collo e poi dietro l'orecchio, facendola rabbrividire.

"Altri dieci minuti" mugugnò lui, e infondo anche lei ci sperava. Voleva che quei minuti diventassero ore, le ore in giorni e i giorni in mesi e anni. Staccarsi era una tortura, e questo valeva per entrambi: ogni respiro era prezioso come un sussurro e un gemito appena accennato.

"Non rimanermi segni" sbuffò Dom, muovendosi appena sotto di lui, che oramai con il proprio corpo l'aveva sovrastata.

"E' proprio quello che sto facendo" sghignazzò James, stuzzicandole la carne sensibile del collo e facendole torcere le viscere.

"Così ogni mattina che guarderai quel segno ricorderai chi te l'ha lasciato, e anche gli altri" E lì, afferrarlo per i capelli e baciarlo con violenza inaudita - imprimendoselo fin nelle ossa - fu d'obbligo.

 

*

 

Voleva la guerra? Era questo che frullava nella testolina di Lily, che incazzata nera quasi si strappò la sciarpa rosso-oro dal collo, buttandola malamente sul letto.

Vanessa Hight, sua compagna di stanza, le rivolse appena uno sguardo stizzito, tornando alla sua attività giornaliera preferita: guardarsi allo specchio e correggere anche le più piccole imperfezioni. Cosa che secondo Lily non avrebbe mai funzionato: quella era così scema e oca che la sua bellezza passava in secondo piano, diventando persino sgradevole.

"Il professor Lupin mi ha fermato dopo la lezione di Difesa" stava dicendo a Britney Finnigann, la sorella minore di Jhon, che si stava limando le unghia. Era carina quanto il fratello, con i suoi capelli biondo spento e gli occhi neri vivaci e vispi, e fortunatamente anche simpatica.

Naturalmente veniva tolto qualche punto a suo favore essendo la migliore amica di "Vanessa la cessa" come l'aveva soprannominata Fred Jr al loro terzo anno, la prima cotta di Vanessa, che dopo quel nomignolo aveva cominciato a spargere calunnie sul ragazzo, venendo, oltretutto, ignorata bellamente.

"Gli ho chiesto lezioni private, poiché sono molto - ma molto - indietro con lo studio, e ha accettato! Dici che ci scappa qualcosina? Infondo non mi dispiace affatto Lupin." rise, ammiccando all'ultima frase allo specchio.

I suoi ricci castani erano sgradevoli, ed emanavano un profumo intenso di spezie. Il suo naso all'insù era sgradevole, come le labbra sottili e gli occhi azzurri.

Lily sentì le nocche scricchiolare: aveva stretto con così tanta forza l'aggancio della borsa a tracolla da imprimerselo al centro del palmo della mano; lentamente lo lasciò andare, sperando che quello fosse il collo dell'avversaria, e respirò lentamente.

Decisamente Ted Lupin voleva guerra. Sapeva fin dai suoi miseri undici anni quanto odiasse Vanessa e la sua aria supponente, dei continui disguidi e litigi tra le due, e l'aveva fatto sapendo che probabilmente avrebbe afferrato quell'oca e le avrebbe storto il collo.

Ma sicuramente Lily Potter non era un tipo da dispensare soddisfazioni a destra e manca, così, con un sorrisetto che non prometteva niente di buono, si tolse la divisa scolastica.

Ted Lupin voleva la guerra, e, Lily, avrebbe risposto con il fuoco, con o senza il suo consenso. Si infilò velocemente un pantalone nero, attillato, che a malapena si abbottonava, una maglia verde smeraldo dallo scollo a V che sottolineava la linea prosperosa del seno e delle ballerine di vernice verde, legando poi i capelli in alto, dove gli zigomi sporsero e gli occhi brillarono di una luce perversa.

Sempre con quel sogghigno "Made in Malfoy" uscì fuori dai dormitori, dove gli studenti erano quasi scappati per farsi una sana doccia dopo ore interminabili di lezioni.

Quel settembre era caldo e afoso, ma fortunatamente erano alla fine, e sicuramente ottobre avrebbe portato con sé aria fresca. Si incamminò fuori dalla Sala Comune, prendendo le scale e scendendo verso i sotterranei, dove sapeva avrebbe trovato quel che voleva. Una distrazione alquanto piacevole.

"Ehi, bambolina" la richiamò una voce, e un sorriso si dipinse sul suo volto.

 

Dieci minuti dopo si ritrovò sotto le arcate di Hogwarts con niente poco di meno che Rigel Dolov, impeccabile nei suoi pantaloni neri classici e nel maglione fine del medesimo colore.

"Che ci facevi tutta sola nei sotterranei?" domandò indifferente, strappando qualche ciuffo d'erba con fare annoiato. Lily si appoggiò contro una colonna di marmo che si innalzava e tuffava alla propria destra, formando un grande arco, e si accese una sigaretta con gesti studiati.

Aveva gli occhi verdi e contratti posati su di lei, Rigel, e solo in quel momento Lily si rese conto delle sfumature azzurrine che contornavano la pupilla dilatata.

"Cercavo qualche distrazione..." mormorò vaga, ispirando il fumo e stringendo i pugni quando i capelli azzurri di Ted si distinsero da lontano e le saltarono agli occhi come una fiamma.

"Interessante" disse divertito Rigel, ignorando il pericolo che era arrivato a pochi passi da loro.

"Davvero interessante" finì, guardando la scollatura di Lily, che alzò gli angoli della bocca in direzione di Ted, che strinse i pugni per il tono lascivo che il ragazzo aveva usato nei confronti della ragazza.

"Oh, professor Lupin" disse sorpreso Rigel, incontrando gli occhi plumbei e inspiegabilmente arrabbiati dell'uomo, che sorrise forzatamente nella loro direzione.

"Buon pomeriggio, ragazzi, vi godete il sole pomeridiano?" domandò a denti stretti, mentre Lily spegneva di nascosto la sigaretta - giusto per non dargli tempo e gusto di toglierle dei punti -.

"Buon pomeriggio a lei" rispose educatamente Rigel, senza nascondere però quella vena di strafottenza tipica della sua famiglia. Lily, invece, rispiarmiò fiato: tenne la bocca chiusa e lo sguardo di chi si stava annoiando.

"Sì, ci godiamo il posto e la compagnia" rise divertito il serpeverde, senza sapere di aver acceso la miccia. Ted era sicuro di avere la bocca secca e il cuore così arido da non sentirlo battere nel petto.

"Lei, signorina Potter?" l'aveva chiamata apposta con il suo cognome. Tutti sapevano il legame che li univa con i Potter\Weasley, e poi preferiva chiamare i suoi studenti per nome, come facevano loro con lui, quindi il "lei" era quasi una richiesta di attenzioni e distacco.

"Anche io, professore" disse blanda, alzando un sopracciglio e sogghignando appena. Strinse ancor di più i pugni, e Lily si fece forza per non scoppiargli a ridere in faccia; la debolezza di Ted era più che chiara: gelosia, gelosia e gelosia. Era geloso marcio di ciò che gli apparteneva.

"Ora vorrà scusarci, professore, ma noi... abbiamo dei compiti da finire" disse beffarda Lily, afferrando Rigel per un braccio e trascinandolo lontano da lì, dove Ted rimase pietrificato al centro dello spiazzato con un diavolo per capello e la voglia di afferrare quella stronzetta per il collo.

 

Appena voltato l'angolo, Rigel afferrò Lily per un braccio, rallentando la sua andatura e guardandola con sguardo lascivo.

"Allora... studiamo da te o da me?" domandò, alludendo al fatto che lei aveva chiaramente dichiarato al professore che stava andando a fare del bel sesso. Lily prima guardò la mano con cui lui gli stringeva il braccio, e poi la faccia di Rigel piena d'aspettativa.

"Io non studio" disse secca, sorridendo angelicamente nella sua direzione e districandosi dalla sua presa ferrea.

Con questo gli diede le spalle se n'è andò, lasciandolo lì con la bocca socchiusa.

Stronza.

 

*

 

Albus, in barba a tutti quegli idioti, non aveva mica quei problemi; certo, la sua storia era complicata e triste, ma lui non se ne lamentava: sapeva come ci si sentiva nell'essere diversi, e se Lysander non si sentiva ancora pronto a dichiararlo al mondo... lui avrebbe rispettato la sua scelta.

L'importante era sapere che lui l'amava e che tra loro c'era quel rapporto speciale che li rendeva unici.

Con uno sbuffo per tutti quei pensieri che gli invadevano la mente si sistemò i libri tra le braccia, chiedendosi, proprio in quel momento, cosa stesse facendo Lys.

No, di certo non immaginava quello che avrebbe visto una volta svoltato l'angolo del secondo piano. Ringraziò mentalmente Godric di non avere la bacchetta a portata di mano... o avrebbe commesso un omicidio e avrebbe buttato la sua giovane vita ad Azkaban.

Sapeva quanto Lysander fosse soggetto al pensiero altrui: aveva paura di scoprire cosa pensavano gli altri di lui se avesse detto a tutti cos'era, e non aveva il coraggio di ignorare le critiche. Ma quello... quello no. Avrebbe accettato tutto, ogni cosa, ma quello no.

"Dai, Lys" e quel sussurro divertito fu la goccia che fece traboccare il vaso. I libri gli caddero dalle braccia e amaramente ringraziò le botte di suo fratello James che gli avevano insegnato ad essere più forte e non piangere facilmente davanti agli altri.

Strinse i pugni fino a sentire le nocche scricchiolare, e si chiese se quella rabbia, quel dolore che gli pompava dentro, sarebbe un giorno passato.

"Ma è una congiuria? Siete dappertutto!" Roxenne sbuffò quando lo vide, aggiustandosi appena la divisa sgualcita, Lysander si limitò a far cadere le braccia che aveva appoggiato al muro per incatenarla, guardandolo con gli occhi spalancati, dispiaciuti... tremanti.

"Prima Rose e ora tu, mi chiedo se in un angolo di Hogwarts ci sia un posto dove non si venga beccati da qualche cugino o prefetto" disse Rox con una smorfia, mentre un ringhio basso vibrava nel petto di Albus.

Rose! Rosie lo sapeva e non gli aveva detto niente! Quella stronza... sapeva quanto ci teneva, e non gli aveva detto niente di sua cugina e il proprio ragazzo!

"Al, sei diventato pallido... stai bene?" domandò poi Rox, accorgendosi del pallore del cugino e del suo mutismo. Tutte le lacrime che aveva versato sulla sua spalla, le grida trattenute, il dolore e parola spesa con lei... fottuta, stronza, bastarda, bugiarda traditrice che non era altro.

"Meno dieci punti a Tassorosso e Corvonero" sussurrò solamente con tono spettrale, raccogliendo con movimenti frenetici i libri e allontanandosi a passo svelto da quel posto che gli stava mettendo la nausea.

Forse era stato il destino a portare quei due lì, quel giorno, e far sì che anche lui si trovasse sulla loro strada... e metterci anche il bagno di Mirtilla Malcontenta, su cui si fiondò, sbattendosi la porta alle spalle e vomitando anche l'anima.

"Ti odio!" urlò con quanto fiato avesse in gola, accasciandosi contro le piastrelle e scompigliandosi furiosamente i capelli neri. Un singhiozzo gli sfuggì dalle labbra, e quasi senza accorgersene una lacrima sfuggì dagli occhi rivolti al soffitto.

"Ti odio" ripetè in un sussurro, abbassando lo sguardo sconfitto... e ammettendo, con un sorriso amaro, di aver perso la battaglia più grande della sua vita: l'amore di Lys e la fiducia che aveva posto in Rose.

 

 

Se un ora prima le avrebbero detto che suo cugino Albus sarebbe arrivato come una furia nel giardino principale della scuola, schiaffeggiandola duramente... sicuramente gli avrebbe riso in faccia e gli avrebbe detto - anche ironicamente - di farsi curare da un buon medimago.

Ma in quel momento, con il volto girato con violenza, si chiese perché diavolo Al le avesse mollato un ceffone capace di farle sentire il sapore ferroso del sangue in bocca.

"Sei impazzito?" sibilò, toccandosi la guancia e muovendo la mascella indolenzita, mentre gli occhi di Albus sembravano così inferociti da poterla fulminare con un solo sguardo.

"Mi fidavo di te... eri l'unica persona che consideravo degna di portare quella spilla, degna della mia fiducia... degna di custodire il mio cuore e proteggerlo da attacchi esterni. Mi fidavo di te, Rose, ciecamente.

Eri la luce nel buio, la mia ancora di salvezza che mi salvava dal mare in cui cadevo costantemente quando Lys mi faceva male... ma scoprire che proprio tu... proprio tu, che eri la persona più importante della mia vita, mi hai tradito...Santo Godric, mi hai spezzato il cuore" le prime frasi le aveva urlate con quanto fiato avesse in gola, ignorando chi era presente in quel giardino, ma le ultime parole le aveva sussurrate con uno sguardo che le straziò veramente il cuore.

Tese la mano verso di lui, cercando di afferrarlo, ma Al già le aveva dato le spalle, correndo verso il castello e rimanendola lì, immobile e gelida dentro. Con le mani chiuse a coppa quasi cadde su sé stessa, per accattorciarsi e ricomporre i cocci dentro lei, e qualcuno l'afferrò appena prima che cadesse.

Albus era l'unico che la considerava Rose e basta, non Rose Weasley, non la Corvonero, non la più brava del suo corso... Ma Rose.

E l'aveva perso.

Il profumo di Dolov le colpì le narici, mentre le sue braccia la strinsero forte. Sentiva il suo petto combaciare con la propria schiena, ma non si girò; con il capo basso e i capelli rossi a ricoprirle il volto rimase in quella posizione, mentre lui la stringeva a sé, quasi come a voler ricomporre i pezzi che erano caduti.

 

Scorpius, ancora con la divisa da Quidditch, si bloccò quando vide quella scena. Bruciò. Quella scena era così intima che sembrò bruciargli dentro. Distolse lo sguardo e lo abbassò, storcendo le labbra.

La odiava. La odiava così forte da sentirla prepotentemente dentro sé, da volerla strappare da quelle braccia e gridarle che la odiava, che per lui non era nient'altro che una stupida. Che non era nient'altro che una stronza petulante, che nessuno l'ammirava o voleva bene; voleva urlarle contro che gli faceva schifo.

Voleva strapparla da quelle braccia e urlarle contro che solo lui l'avrebbe guardata in un modo speciale, che solo lui avrebbe apprezzato le sue occhiaie date dallo studio. Solo lui avrebbe apprezzato i capelli crespi, indomabili e liberi come lei.

Voleva strapparla da quelle braccia e basta, ma si girò e andò via, con passo strascicante e lo sguardo basso.

 

*

 

Le riunioni Potter\Weasley era un fenomeno continuo: ogni mese la grande famiglia prendeva possesso della stanza delle necessità, e con una flemma invidiabile si raccontavano tutto quello che era successo in quelle settimane.

La cosa anormale, però, era che quel mese solo tre di loro erano presenti: James si era dato alla fuga - portando con sé Albus e Fred Jr- dicendo di avere alcune faccende da risolvere: in poche parole si era accorto della depressione di suo fratello e voleva, in qualche modo, tirargli su il morale.

Hugo aveva mandato una missiva dicendo che quello era il nono mesiversario con Jhoenne, e che doveva festeggiare in modo giusto poiché si avvicinava il passo decisivo verso "l'anno" pieno passato insieme.

Roxanne si era tirata fuori con la scusa "Lysander", nessun prefetto in giro, e qualcosa che suonava sul sesso. - A quelle parole Rose si era trattenuta dal prenderla a pugni in faccia - e Molly e Lucy erano sparite nel nulla, trascinando con sé il piccolo Louise. Così - anche con gioia - si erano ritrovate solo Dom, Lily e Rose.

Se la prima tratteneva a stento le stelline negli occhi, la seconda e la terza sembravano essere usciti da un funerale abbastanza doloroso. Dominique le guardava, temendo di chiedere ad entrambe cosa fosse successo o addirittura chi fosse morto e il gufo non l'avesse afferrata in tempo prima di uscire dal dormitorio per avvisarla che un suo familiare era deceduto tristemente...

"Ehm... tutto bene ragazze?" domandò appena un pochino impaurita, e le due sospirarono all'unisono, scuotendo il capo come a voler dire che lei non avrebbe capito quel che stavano passando.

"Oh, insomma! Cosa diavolo è successo?" sbraitò, trattenendosi dal fare una strage e finire sulla Gazzetta del Profeta per un omicidio e non per le sue gesta.

"Albus mi odia, Scorpius ancora peggio, Dolov ha perso la testa e io voglio morire in questo momento per mano di un Ippogrifo. Velocemente e indolore" piagnucolò Rose, scompigliandosi furiosamente i capelli - un modo che solo i Potter avevano, e che lei aveva adottato frequentandoli così spesso da considerarsi una sorella e non una cugina. -

"Qualsiasi cosa tu abbia fatto ad Al... andiamo, Rosie! Lui ti adora, gli passerà presto e farete pace" la consolò Dom, accarezzandole con dolcezza il capo.

Però, cogliendola di sorpresa, le due cugine guardarono Lily, che ingoiò a vuoto sotto il loro sguardo attento e indagatore.

"Che c'è?" domandò con la gola secca, muovendosi a disagio sulla poltroncina rosso\oro su cui era seduta.

"A te perché sembra che ti sia morto il gatto?" disse Rose, e Lily distolse lo sguardo, stringendo le labbra e facendo capire che non avrebbe aperto bocca quella volta.

"Dai..." Dom si fiondò su di lei, facendola cadere dalla poltrona; entrambe si spalmarono sul pavimento, e a quell'aggroviglio di membra si aggiunse anche Rose.

"Parla" minacciarono all'unisono con gli occhi assottigliati.

Lily sospirò, poggiando il capo sul pavimento coperto da una moquette rossa.

"Ted" disse a bassa voce, ed entrambe le sue cuginette aggrottarono le sopracciglia.

"Ted?" domandarono senza capire.

"Abbiamo litigato" mormorò Lily, distogliendo lo sguardo dai loro visi.

"E allora?" si spazientì Dominique, assottigliando gli occhi e alzando un sopracciglio.

"Beh, nonostante ci scopi da un anno a questa parte direi che ci tenga abbastanza da essere triste quando ci litigo" sibilò, stanca della stupidità di entrambe.

Rose tossì fino ad arrossire come i suoi capelli, Dominique cadde nuovamente all'indietro ed entrambe la guardarono con tanto d'occhi.

"TU COSA?" ecco, forse avrebbe dovuto dirlo in modo più gentile.

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Capitolo 7
*** -Sesto Capitolo- ***


Sesto capitolo


 

Anche il dolore ha una proprietà
 Nessuno può impossessarsi dei dolori degli altri con giudizi che nulla sanno
. Nessuno può pretendere di prendersi l'anima di chi non è disposto a cederla
. Nessuno potra mai essere qualcuno finché penserà di realizzare la sua esistenza a discapito di altri.
 





Rose balzò in piedi, non riuscendo a realizzare ciò che Lily aveva appena comunicato in quella stanza, e spostando lo sguardo da Lily a Dominique si rese conto, che in quel momento solo lei era rimasta del tutto scandalizzata da quella notizia arrivata come un fulmine a ciel sereno. Non che Rose potesse scandalizzarsi di fronte alla notizia che sua cugina Lily potesse “scoparsi “ qualcuno, ma non poteva evitarlo se quel “qualcuno” era Ted Lupin, figlioccio di Harry Potter, padre di Lily, che era cresciuto con loro, e per di più professore di Difese Contro le Arti Oscure. Se la perversione poteva essere indicata con un nome, in quel momento Rose, l’avrebbe indicata con il nome di sua cugina Lily.
“Lily Luna Potter ,tu cosa?” Rose ritrovò parola, marcando quella domanda, retorica , dato che la risposta era chiara , con tutta l’indignazione che in quel momento stava provando . Lily sbuffò, non capendo perché dovesse fare tanta scena. Dominique a sua differenza era curiosa più che scandalizzata. Curiosa di sapere come era accaduto tutto, come si era ritrovata tra le braccia del bellissimo professore di Difesa contro Le Arti oscure. 
“Rose, scopo con Ted da un anno, e adesso abbiamo litigato” Lily ripetè annoiata ciò che aveva  detto poco prima, e l’indignazione di Rose arrivò alle stelle. Non riusciva a credere alle proprie orecchie. In quel castello stavano impazzendo tutti, e adesso si era aggiunta anche Lily al quadretto. 
“Era una domanda retorica ! Ho sentito abbastanza bene… Lily sei pazza! Tu e Ted siete cresciuti insieme! È una cosa da…da…DEPRAVATI” Le parole di Rose non scalfirono minimamente Lily che continuò a fissare la cugina con sguardo stanco, mentre Dominique non potè evitare di abbassare il capo, sentendosi chiamata in causa , nonostante quelle parole non fossero riferite a lei. Se solo avessero saputo cosa rendeva il suo sorriso luminoso e presente ogni giorno, se solo avessero saputo chi fosse stato l’artefice di quel piccolo segno sul collo, coperto con fatica da trucco e magia. Rose avrebbe sbraitato ancora di più, e Lily…Lily forse avrebbe capito, ma Rose no. Si morse la lingua,e rimase in silenzio ad assistere a quel litigio furioso . 
“ Non credi di esagerare adesso? Non posso farci nulla se io e Ted ci siamo ritrovati in questa situazione. Dopo tutto siamo due semplici ragazzi che si sono piaciuti. Sei rigida e ingiusta” Rose non poteva sopportare quella sfacciataggine di Lily, quella non curanza di ciò che stava facendo, quella strafottenza tipica dei Potter. Non poteva credere di essere stata appena indicata come “ingiusta “ e “rigida”. Lei voleva farle capire che ciò che stava facendo era moralmente e NATURALMENTE sbagliato, ma Lily continuava a sostenere le sue azioni, considerandole “normali”.
“Rigida? Ingiusta? Lily tuo padre lo ha accolto in casa sua come un figlio, mio padre lo ha accolto come un figlio! È come se fosse fratelli! Sei …sei….” Rose non riuscì a identificare cosa fosse per lei: Immorale? Ingiusta ? Egoista? Si tutti quegli aggettivi descrivevano perfettamente Lily Luna Potter. Immorale per aver trascorso notti intere nel letto e tra le braccia di un Professore, Ingiusta per aver mentito tanto allungo la sua famiglia e le sue due fidate confidenti, ed egoista perché in quel momento non voleva ammettere il suo sbaglio, criticando Rose che cercava a tutti i costi di farla aprire gli occhi e mostrarle gli sbagli, nonostante le urla non servivano un gran che. Quella titubanza di Rose , però, fu fraintesa, e Lily si sentì ferita. In quel momento sua cugina, membro della sua famiglia, amica di infanzia, amica di una vita, la stava giudicando male. Proprio lei, che più di tutti, con Dominique, avrebbe dovuto capire, ed accettare quella decisione, nonostante fosse ingiusta. Avrebbe dovuto dispensare semplicemente consigli e non sputarle addosso quelle accuse, senza attendere una giusta spiegazione.
“PUTTANA? Dillo Rose! O la tua boccuccia troppo casta e delicata non può pronunciare queste parole? Preferisco cedere a ciò che desidero piuttosto che starmene in un angolo a piagnucolare che un Serpeverde platinato non mi considera e se la fa con altre” Lily era balzata in piedi e non aveva resistito a scaraventarle quelle parole che la colpirono in pieno,  schiaffeggiandola dolorosamente. Rose sentì il medesimo dolore provato qualche ora prima, quando Albus l’aveva colpita violentemente. Anche Lily lo stava facendo, ma con le parole, e sapeva che quel dolore non sarebbe passato subito. Ma sarebbe rimasto impresso su di lei, e avrebbe bruciato, come quella verità che ardeva , trionfante, facendole capire ancora di più che quel suo carattere troppo rigido e perfezionista non l’avrebbe condotta da nessuna parte. Irrigidì il volto e cercò di trovare giuste parole per schiaffeggiarla in egual modo. Ma Rose non era mai stata brava con le parole. Non era mai stata brava in niente, oltre che nel studiare e far rispettare le regole, e in quel momento, costatò che anche  farsi odiare dalla sua famiglia ,era una  dote , sviluppata involontariamente. 
“ Io non piagnucolo in un angolo , solo  che non penso a farmi notare dai ragazzi che non sono la mia priorità maggiore ! “ . Le urla continuarono ad invadere la stanza, e Dominique non potè fare altro che rimanere in silenzio e a gambe incrociate sul pavimento ad assistere a quello sbraitare e urlare . Non poteva intervenire, non poteva prendere le parti di nessuna delle due, entrambe con le giuste motivazioni per difendersi e per urlarsi contro. Rose era troppo ingiusta con Lily, ma Lily lo era con Rose, e quindi lei non poteva fare altro che starsene li , divisa tra quei due fuochi che si battevano e si gettavano accuse velenose. Rose fu la prima a gettare le armi, e irrigidendo il viso, e trattenendo a stento le lacrime , uscì da quella stanza divenuta troppo piccola per poter ospitare tutte. Lily si accasciò nuovamente accanto a Dominique .
“stronza” Sussurrò debolmente . Quel aggettivo ormai l’accompagnava da fin troppo tempo, aggettivo che voleva sottolineare la sua precisione maniacale e il suo essere troppo mente che cuore, o in questo caso, stomaco.
Hogwarts non aveva mai visto tanta rabbia racchiusa in un solo corpo e persona. Eppure Rose Weasley, in quel momento, stava mostrando che ciò poteva accadere eccome. A passo frettoloso attraversò il lungo corridoio del terzo piano. Ogni passo era pesante e il fiato era corto, affaticato e rabbioso. Non né poteva più, di tutto e di tutti. Dell’indifferenza di Scorpius che non faceva altro che perseguitarla ogni maledetto anno, dalle considerazioni poco simpatiche e gentili che l’accompagnavano, dal broncio che Al aveva deciso di metterle , solo perché aveva pensato di proteggerlo dalla decisione di Lysander di mostrarsi per ciò che non era davvero, da Lily, che aveva deciso di gettarsi in una storia clandestina e immorale con il professore nonché amico di famiglia. Da Rigel Dolov che improvvisamente, senza un perché , senza una spiegazione ovvia , aveva deciso di dedicarle maggior attenzione, attenzioni che sarebbero state apprezzate da chiunque “essere” di sesso femminile che frequentava quella scuola, che a lei non poteva non suscitare sospetti. Quell’anno aveva dei prognostici alquanto deludenti, e lei era stanca di tutto ciò. Non diede peso a dove i suoi piedi in quel momento la stessero conducendo, non si accorse dei passanti che spintonò con forza a cui non chiese scusa. Non dava peso al percorso, fino a quando non si ritrovò a scontrarsi con una figura alta e sottile, che alzando gli occhi, constatò appartenere al Professore Ted Lupin, colui che aveva dato inizio, inconsapevolmente , allo scontro accaduto poco prima nella stanza delle Necessità. 
“Va piano Rose, non vorrai rischiare di schiacciare qualcuno “ Ted le sorrise dolcemente, mostrando l’affetto , fraterno, che nutriva verso quella ragazza, appartenente alla numerosa famiglia che lo aveva cresciuto e considerato come un figlio. Rose non riuscì a sorridere di rimando, e abbassando gli occhi verso il pavimento sussurrò piano:
“Mi scusi Professor Lupin, farò più attenzione”. Ted notò il modo e il tono distaccato con il quale si rivolse, trovandolo sospetto. Per quanto Rose fosse Ligia alle regole, verso di lui aveva sempre utilizzato un comportamento meno formale . 
“Rose , quante volte ti ho detto di chiamarmi semplicemente Ted, mi fa sentire vecchio ,  professor Lupin” Esclamò lui , sperando di strappare un sorriso dal viso paonazzo di Rose , che non si mosse di un solo centimetro, ma rimase basso. 
“Mi scusi professor Lupin….” Ripetè, sempre a bassa voce, e ciò lo insospettì ancora di più. I capelli arruffati, il viso paonazzo, e gli occhi lucidi erano il chiaro segno che era appena scoppiata una furiosa lite tra lei e un presunto soggetto ancora indefinito. Ted era un professore e il suo compito non era solo far rispettare la scadenza dei compiti assegnati o rimproverare chi si addormentava sul banco. Il suo compito era anche quello di stare accanto ai suoi alunni e demolire le incertezze e le preoccupazioni che li tormentavano. Anche se in questo non era tanto bravo. Ma per Rose poteva fare un eccezione, o almeno ci avrebbe provato. 
“Rose, è accaduto qualcosa? Ne vogliamo parlare magari nel mio ufficio, d’avanti ad una tazza di thè?” Rose arrossì a quell’invito, immaginando Lily al suo posto, che accettava più che volentieri quella tazza di Thè per poi finire tra le lenzuola del Professore che in quel momento le sorrideva affettuosamente. Ted non era certo quel tipo, Rose non poteva pensare certo ad una cosa del genere. Ted non era il tipo che approfittava del muso lungo di una studentessa per portarsela al letto, e Ted non avrebbe commesso lo stesso sbaglio due volte: Non si sarebbe portata a letto un componente della sua famigla, Di Nuovo. No Ted se aveva approfittato di Lily la ragione era giustificabile. Non era per un desiderio perverso di dominare su ragazzine indifese e incerte, che per di più si fidavano di lui. No, Ted aveva persuaso Lily per una ragione ovvia, ragione che Rose avrebbe voluto conoscere, anche se l’imbarazzante richiesta perse tempo a trovare via d’uscita. 
“ Prof…scusa…Ted…In questo periodo mi stanno capitando cose che mi stanno distruggendo … cioè, la mia vita è un vero schifo”La mente di Rose aveva formulato la domanda relativa a Lily, ma la voglia di sfogarsi , la voglia di parlare con qualcuno di ciò che stava travolgendo la sua vita ebbe la meglio, e per un momento la rabbia provata per Lily, la rabbia provata per Scorpius, Al, Roxanne e Lysander sparì quando incrociò gli occhi di Ted che quel pomeriggio erano di un verde cristallino. Occhi che la fecero sentire al sicuro e a casa. 
“Perché dici questo?” Ted era davvero interessato ad ascoltare i problemi che affliggevano la piatta e monotona vita di Rose Weasley, e Rose non potè sbraitargli contro, accusandolo di essere un uomo perverso, ingiusto ed egoista, proprio come Lily. Si appoggiò al muro, e nascondendo il viso con i lunghi capelli rossi, iniziò a raccontare ogni cosa, aprendo il suo cuore, ammettendo le sue colpe, ammettendo quanta debolezza nascondeva sotto quella finta armatura, e quanto desiderio provasse nel  voler cambiare. Si fermò , mordendosi la lingua, a ciò che era capitato poco prima. Avrebbe riservato quel particolare a dopo, adesso aveva bisogno di parole amiche che potessero consolarla e dirle che andava tutto bene. Quel compito era sempre stato di Al, ma Al , in quel momento le avrebbe riservato solo parole velenose e cattive, oppure, semplicemente l’avrebbe ignorata. Ted le si affiancò, e scostandole appena qualche ciocca vide invisibile e delicate lacrime che le rigavano il viso lentigginoso. Poteva considerare Rose una sorella, sempre stata troppo grande per la sua età, sempre troppo diversa dalle altre bambine, che a sei anni invece di gettarsi in giochi frenetici, dondolarsi su altalene e sbucciarsi le ginocchia o mangiare gelato fino a sentire scoppiare la pancia, preferiva star seduta sulla poltrona di Zio Harry a leggere enormi volumi di magia , appartenuti alla madre, verso la quale provava una profonda stima. Rose Weasey aveva sempre dimostrato quella diversità, quella diversità che in quel momento le stava facendo odiare il suo stesso essere.
 “ Al è un ragazzo intelligente e siete troppo legati per poter mettere fine a tutto. Non è certo il primo litigio che affrontate ! Ne uscirete forti più di prima…” Ted ripetè le stesse parole di Dominique. Tutti vedevano in loro quel rapporto inscindibile che avrebbe superato anche quel colpo basso , sferrato da Rose. Ted non sapeva il reale motivo per cui avevano litigato, e Rose era più sicura che se lo avesse saputo il suo commento e consiglio sarebbe stato alquanto diverso. Rose lo aveva tradito. E questo non avrebbe superato la tempesta. 
“Per quanto riguarda Malfoy…è troppo stupido per poter apprezzare una come te! Sei troppo per lui! Malfoy apprezza solo ragazzine frivole e senza cervello. Nessun beota vorrebbe al suo fianco una ragazza che lo mette in un angolo costantemente. Lui ti teme… “ Quelle parole non le diedero il giusto incoraggiamento, ma le fecero odiare ancora di più quell’intelligenza, quella spigliatezza, che lei non aveva chiesto. Avrebbe tanto desiderato essere stupida, frivola e superficiale come tutte le ragazze che giravano intorno a Malfoy. Voleva far parte di quel mondo, solo per far parte del suo di mondo. 
“ Dolov è meglio stargli alla larga. Quel ragazzo non mi piace , è viscido ed ogni sua azione ha un perché di altrettanto viscido..stagli lontano” Ted avrebbe voluto rivolgere quelle parole anche a Lily che solo giorni prima aveva visto allontanarsi con lui. Chi sa cosa l’aveva spinta a fare quel viscido serpeverde. Era un suo studente, eppure non poteva evitare di provare odio verso di lui, odio per aver solo sfiorato con lo sguardo il corpo della sua Lily. Sua…Non lo era più, a causa di quelle parole sprezzanti, false, dettate dalla rabbia. SI sentiva male ogni volta che pensava a quell’inutile sfuriata, che aveva portato alla rottura finale, quella rottura che era stata risentita anche dal suo cuore. Il cuore era stato intaccato violentemente. Scacciò quei pensieri, scacciò quel dolore, e continuò a dedicarsi a Rose, che sembrò essersi resa conto di quei pensieri che lo avevano frenato per qualche istante. Aveva sempre sospettato che Rose fosse capace di leggere nella mente, in fondo la sua era molto sviluppata, ed entrare in quelle altrui le sarebbe parso facile. 
“ Ted….so cosa c’è tra te e Lily” Rose finalmente trovò il coraggio di parlare e di mettere in chiaro che lei era a conoscenza. Forse per non ascoltare più quei consigli che a parole apparivano facili, o semplicemente perché quelle parole le ronzavano in testa e desideravano uscire fuori. Ted sbiancò, e staccandosi dal muro deglutì. Sapeva, lei sapeva. Lily aveva parlato con lei di loro. Perché? Avevano deciso di comune accordo di tener segreta quella relazione, aveva deciso di proseguire in modo cauto senza coinvolgere altri. Eppure lei, aveva reso pubblica quella relazione, finita. Si , finita. Non riusciva a non provare dolore nel ripeterlo nella sua testa. 
“Di cosa parli Rose? “ Cercò di fingere indifferenza, cercò di apparire confuso da quella confessione. Rose questa volta sorrise divertita. Si scostò anche lei dal muro, soffermandosi di fronte a Ted tenendo le mani dietro la schiena. Gesto decisamente infantile, ma che non aveva lasciato con il raggiungimento dell’adolescenza. 
“ Ted non fare il finto tonto. Lily mi ha spiegato tutto. Anche Dom lo sa… E ho litigato con lei. Sono stata troppo ingiusta però” Ted si sentì lo stomaco ribaltarsi. Aveva parlato di loro con Dominique e Rose, giusto poco prima. Questo significava che forse…
“Cosa vi ha detto?” I capelli di Ted divennero di un blu polveroso, per poi colorarsi di verde e nuovamente neri. Segno di nervosismo, che non sfuggì a Rose, che ridacchiò divertita. 
“ Che scopate da un anno” Rispose semplicemente lei, causando in Ted una gran quantità di cambiamenti di colore di capelli , che per un attimo fece svanire la collera di Rose . Rideva a crepapelle, come quando era bambina, e lei , Dominique, Lily e Al chiedevano a Teddy di farlo ancora, e ancora., fino a quando non riuscendo  più a controllare i suoi poteri e si  ritrovava con un arcobaleno di colori che troneggiava sul capo. 
“ Ha detto esattamente cosi?” Si allentò la cravatta , che in quel momento sembrava tanto stretta da fargli mancare il fiato. Si passò una mano tra i capelli, cercando di ritrovare la calma che non arrivò. Scopare…Che parola volgare , anche se lui l’aveva utilizzata per fin troppe volte. Guardò nuovamente gli occhi vispi e curiosi di Rose, e capì ciò che aveva in mente. Lesse quella domanda nei suoi occhi e si vide costretto a colmare quella curiosità …
Era agosto, un agosto caldo e afoso, tanto da rendere l’aria opprimente e gli abiti fastidiosi , tanto da farli aderire al corpo e sentire il bisogno di strapparli via, e gettarli. Ted era disteso sul letto, la finestra spalancata , e la speranza che una lieve folata di vento potesse rendere la sua permanenza piacevole, speranza vana, in quanto fuori la villetta di casa Potter non si vedeva volare una sola foglia. Era tutto immobile, immobile e afoso. La rilegatura in pelle del libro era fastidioso, e più volte Ted dovette poggiarlo sul letto, e interrompere la sua lettura. L’estate era appena iniziata, e come d’abitudine Ted Lupin aveva deciso di trascorrere quelle vacanze con la sua seconda famiglia, lasciando la rustica e semplice casetta nello Yorkschire , che occupava con la sua adorata nonna Andromeda, abituata a rimanere sola per le vacanze estive. Quella sera aveva cenato abbondantemente, con l’intera famiglia Potter. Ginny aveva preparato un sostanzioso banchetto, James aveva abbandonato Fred Jr e gli allenamenti di Quidditch per recarsi a casa e dargli il ben venuto, Al lo aveva tartassato con domande riguardanti il suo nuovo ruolo, che per settembre avrebbe occupato ad Hogwarts,  e Lily era rimasta semplicemente a fissarlo e ad ascoltare ogni parola. Lily, la sua piccola Lily. Piccola non  più, era cresciuta tanto velocemente. Diventando ogni giorno sempre più bella. I lunghi capelli rossi, i grandi e profondi occhi  castani  , e quelle labbra, che non mancavano mai ad aprirsi in un sorriso caloroso ogni volta che i loro sguardi si incrociavano. Era stupenda, ma Ted dovette ritornare a concentrarsi su quella pesante e noiosa lettura per scacciare l’immagine di Lily. Ma quel caldo opprimente, la posizione scomoda, e la lettura noiosa non lo aiutarono. Gettò il libro sul pavimento, e si sfilò la maglietta , che affiancò il libro. Nonostante fosse rimasto solo con i Boxer, Ted sentiva ancora caldo. Avrebbe potuto raffreddare la stanza con un semplice colpo di bacchetta, ma la sua intenzione fu interrotta da un battere di nocche sopra il legno della porta. Ted si voltò e , ipotizzando fosse Harry, o James o Al , , diede il permesso di poter aprire la porta ed entrare in quella stanza, immersa nel buio e silenzio.
Ted si mise a sedere, e i capelli, che in quel momento erano di un biondo splendente, si colorarono di un azzurro polveroso. Lily era in piedi di fronte a lui, con indosso una leggera e sottile camicia da Notte, fin troppo corta per i suoi gusti. I capelli erano stati raccolti in una treccia morbida, che le accarezzava la spalla ossuta e delicata. Tre le mani reggeva due coppe di gelato, e il solito sorriso era dipinto su quel volto splendido.
“Ho pensato che con questo caldo, un gelato sarebbe stato l’ideale” Esclamò, non notando l’imbarazzo di Ted nel ritrovarsi a petto nudo di fronte a lei. Riuscì solo ad annuire, e a prendere la coppa di gelato che lei gli porse , per poi accomodarsi accanto .
“ Cosa stavi facendo?”  chiese lei con la bocca piena di crema al cioccolato.
“Leggevo…” Rispose, imitandola. Assaporò quella crema che al contatto con le labbra gli provocò un attimo di gelido piacere, che svani non appena ebbe ingurgitato quella dolcezza.
“Cosa?” . Lily sembrava una bambina curiosa, gli occhi luccicavano alla penombra,e lui accennando al libro poggiato sul pavimento, le diede la risposta. Che le fece alzare gli occhi al cielo, e assaporare un ennesima cucchiaiata di gelato.
“ Spero che la proposta della Preside Mcgranitt non ti faccia diventare noioso…”Continuò Lily strappandogli un sorriso. La proposta della Preside, giunta solo qualche mese prima, gli avrebbe permesso di occupare il posto gia occupato da un altro Lupin prima di lui, e Ted era deciso a rendere quella materia interessante e amabile, proprio come suo padre aveva fatto molti anni prima.
“E spero che avrai un occhio di riguardo…soprattutto per me” Aggiunse, trattenendo con le labbra il cucchiaio, ammiccando in sua direzione. I capelli di Ted mutarono nuovamente, diventando di un Bordeaux lucente.
“ Non sperare Potter! Sarò esigente, soprattutto con te” Esclamò, colpendole il nasino con il cucchiaio, e imbrattandolo di crema al cacao. Lily si finse indignata e imitò il suo gesto, non limitandosi solo al naso, ma impiastricciandogli il viso. Rise divertita , accorgendosi di aver esagerato, ma ormai il danno era fatto, e la battaglia aperta. Ricoprirsi di crema al cioccolato e pistacchio, rotolarsi sul letto, ritrovarsi  a fissarsi negli occhi. Soffermarsi a guardarsi, sorridendo appena , notare che la spallina della vestaglia di Lily le era scivolata di lato, scoprendola appena. Ted avrebbe potuto chiudere un occhio se tutto quello fosse capitato quando Lily era appena undicenne, e meno bella. Ma in quel momento, sotto di lui, con le guance arrossate , le labbra socchiuse e un rivolo di cacao che le ricopriva quel naso piccolo e perfetto non era la sua piccola Lily, ma era Lily sedicenne, la bella Lily cresciuta, divenuta donna. Per un attimo ebbe la coscienziosa idea di alzarsi da li e uscire fuori da quella stanza, che forse per il caldo o per altro, era diventata calda, molto calda. Ma quando Lily accarezzò delicatamente il torace nudo, per poi affondare le sue mani in quei capelli divenuti neri come la pece, Ted non riuscì a resistere. Si fiondò su quelle labbra morbide, calde, amabile. La baciò prima con voracità per poi rallentare, piano, e accarezzarle semplicemente. Lily non fece resistenza, ma lo lasciò fare. Lasciò che quelle mani esperte scivolassero sotto la vestaglia, lasciò che si chiudessero intorno ai suoi seni. Lasciò che piano, senza violenza, senza avidità, le sfilasse via ogni cosa, spogliandola, rendendola nuda. Mostrando quel corpo sottile e perfetto. Le sciolse i capelli, e incuranti di essere scoperti, incuranti di chi ci fosse di sotto, del pericolo che stavano per correre, Ted e Lily si unirono, insieme, diventando un tutt’uno. Piano Ted decise di farla sua, renderla sua. Non aveva mai immaginato quella scena, perché non aveva mai sperato in quello. Aveva sempre cercato di scacciar via l’idea di poter stare con lei. Harry non l’avrebbe mai accettato, e forse quella proibizione, stabilita silenziosamente, ma evidentemente, aveva dato a Ted la convinzione di non poter stare con lei. Eppure, muovendosi lentamente sopra di lei, accarezzarle il  viso, perdersi in quel profumo di lavanda, perdersi su quelle labbra, sentire la sua pelle a contatto con la sua, e donarle brividi di piacere, spensero il pensiero di Harry , di Ginny. Gli spensero la mente, e la coscienza, non riuscendo a vedere quella cosa tanto sbagliata.
 
Rose continuò a fissarsi le scarpe, e sorrise appena quando Ted smise di raccontare. Era nato tutto cosi, improvvisamente, senza che loro potessero impedirlo. Raccontato in quel modo Rose non potè considerarlo una cosa cattiva, sbagliata,ma solo uno scherzo del destino che aveva unito due persone che non potevano manifestare quel sentimento apertamente. Si sentì un mostro. Aveva giudicato Lily senza saperlo, aveva sbraitato contro di lei, e le aveva dato della “depravata, egoista” , senza conoscere ogni cosa.
“Quindi…. Voi vi…” Rose non riuscì a concludere la frase perché Ted la zittì con un sorriso amaro.
“ Non posso definire ciò che c’è tra di noi, ma adesso ho gettato tutto all’aria…. Ho detto cose che non avrei dovuto dire, e adesso…Lily non vuole saperne più di me” Rose abbassò appena il capo di lato, osservando il colore dei capelli di Ted. Non era bravo a nascondere i suoi sentimenti. Era una maledizione e una qualità. Non poteva mentire, non poteva offuscare ciò che provava e in quel momento, quei grigio opaco fece capire a Rose che soffriva, soffriva per ciò che era accaduto tra lui e Lily, e Rose dovette ammettere che nessun approfittatore di studentesse soffriva se una di loro gli voltava il viso.
“Perché non le parli! Lily è come James… troppo istinto e poca testa… Forse se ne parlate…” Ted scosse il capo, mettendo a tacere quelle congetture di Rose.
“Lily è una ragazza fantastica , ma forse è meglio che tutto questo abbia visto una fine. Prima o poi si sarebbe stancata. È giovane, e ha bisogno di spensieratezza. Ed io posso solo darle grattacapi, con te, con James, se solo lo venisse a sapere…e Harry. Non oso immaginare” Ted era rassegnato a lasciare che quel qualcosa nato tra lui e Lily fosse lasciato al passato. Passato di soli pochi giorni prima, passato rovinato dal suo orgoglio , dalla sua gelosia. Aveva perso Lily, la sua Lily. Avrebbe dovuto sopportare di vederla camminare per i corridoio, con la sua indifferenza, con il suo sorriso non rivolto a lui ma ad altri. Avrebbe dovuto accettare, senza ribattere, di vederla accanto a qualcun altro. Magari Dolov o quel pivellino di Finnigan. Mocciosi che non avrebbero mai apprezzato davvero il suo carattere irruente, il suo corpo perfetto, e non avrebbero mai conosciuto le sue paure, quelle paure che non avrebbe mai mostrato a nessuno. Solo lui ne era a conoscenza, perché lui era stato molto di più di un semplice amante. Lui le era stato accanto sempre, in ogni momento e attimo della sua vita. L’aveva vista piangere, sorridere. Si era addormentata tra le sue braccia, l’aveva accompagnata la prima volta di fronte al binario 9  ¾  ,insieme avevano attraversato quella barriere che l’aveva intimorita, bloccata. Lui era stato presente in ogni attimo della sua vita. Era stato lui ad aprirla al mondo, in tutto e per tutto, e adesso avrebbe dovuto accettare di vederla proseguire per quella strada , iniziata accanto a lui, da sola. Senza la sua presenza, senza i suoi consigli, senza il suo amore che l’avrebbe protetta.
“ Adesso Rose, io vado. Devo tenere un corso di ripetizioni…. Spero che tutto si risolva al meglio…tra te, Al, e Lily. E mi raccomando sta lontano da Rigel e da Malfoy. Non sono ragazzi per te” Ted sembrò riprendersi. I capelli erano ritornati castani, gli occhi limpidi e azzurri, e un sorriso che coinvolse anche lo sguardo fu rivolto a Rose, che dopo aver parlato con lui si sentì più sollevata. Anche se quell’ultimo avvertimento non fu preso proprio alla lettera. Stare lontano da Malfoy sarebbe stato semplice, anche perché Scorpius non aveva la minima intenzione ad avvicinarsi a lei. Mentre per quanto riguardava Rigel Dolov…
 Nel momento in cui Ted scomparve dietro l’angolo e Rose imboccò le scale per i piani inferiori , se lo ritrovò d’avanti a sbarrarle la strada. Aveva sul viso un espressione soddisfatta e i grandi occhi verdi sembravano ipnotici. Era li di fronte a lei, ad ostruire il passaggio ad altri studenti. Era li, a padroneggiare su quelle scale, incurante degli altri. Sembrava volesse solo osservarla e metterla in imbarazzo. Rose non abbassò lo sguardo, e tenendo il mento alto cercò di far sentire la sua autorità, che brillava fieramente sulla toga della divisa. Ma non appena aprì bocca , per farsi sentire , Rigel le fu maledettamente vicino, incastrandola con il corpo contro lo scorri mano delle scale. Le soffiò sul viso, e Rose sentì le viscere fare le capriole, e le gambe divenire improvvisamente molli.
 
                                                                                      *
Ormai le dita di James erano ridotte al macello, mangiucchiate in molti punti. Nervosamente si alzò dal pavimento umido del bagno di Mirtilla Malcontenta, che anche quella sera aveva deciso di gettarsi in chi sa quale bagno, lasciando il suo cubicolo, sporco e maleodorante ,solitario. Stava attendendo da fin troppo tempo, e l’attesa era snervante e non l’aiutava a rilassarsi e a dimenticare la conversazione avuta poche ore prima con suo fratello Albus. Camminava freneticamente per quel luogo opaco e umido, e i suoi passi, riechegiavano per il luogo. Non riusciva a togliersi dalla mente ciò che aveva dovuto ascoltare. Non riusciva a non dimenticare le dure parole di Al, e quelle maledette lacrime. Perché aveva pianto, perché proprio d’avanti a lui. Non lo aveva mai fatto, anche quando da piccoli lui era stato violento e ingiusto nei suoi confronti. Aveva deciso di mostrare tutta la sua fragilità proprio in quel momento. Perché? Perché?
Perché non aveva avuto il coraggio di menarlo , come aveva sempre fatto? Perché si era paralizzato di fronte a quelle parole e lacrime? Perché Dominique tardava? Perché quel bagno puzzava in quel modo? Aveva un gran mal di testa. Sentiva le tempie scoppiare, sentì il cuore accelerare. Sarebbe morto anche lui in quel bagno, avrebbe fatto compagnia a Mirtilla, avrebbe visto le ragazze nude, e sentito le loro lamentele.Non era una fine tanto orribile. Ma perché poi doveva morire?Il curoe stava bene, e anche la sua testa, anche se entrambi sembravano sul punto di volerlo abbandonare. Sentì la porta sbattere e sentì i passi delicati che appartenevano solo a lei. Si fermò e rimase ad ammirare Dominique, che si fermò a pochi metri da lui. Aveva lo sguardo cupo, e non gli corse incontro ad abbracciarlo e baciarlo appassionatamente come ormai faceva da molte settimane. Sembrava adirata, in collera e il motivo era ancora oscuro.
“Dobbiamo parlare” Disse in un soffio, e James percepì che di qualunque cosa avrebbero discusso non sarebbe stata piacevole. Lei si accomodò sul pavimento, con braccia a e gambe incrociate, e James fece lo stesso. Sembravano due bambini intenti a giocare, magari sulla spiaggia  o con le costruzioni. Ma quello non era un gioco, ma forse il primo discorso serio che i due affrontavano dopo aver scoperto quella loro passione travolgente.
James continuava a mordicchiarsi nervosamente le mani, e solo quando uno schiaffo di Dominique fece in modo che la sua bocca e le sue mani fossero lontani, James la fissò dritta nelle iride limpide e azzurrine.
“Sono tutt’orecchie…” Disse , mantenendo uno sguardo accigliato e confuso. Perché non lo baciava, perché non gli chiedeva di prenderla e farla sua? Perché non voleva stringersi a lui? Perché quella barriera invisibile  quella freddezza, quella distanza?
“ Dobbiamo uscire allo scoperto” Tagliò corto lei, riportando la sua mente al brutto litigio di quel pomeriggio accaduto tra Rose e Lily . Ripensando alle parole, vere e dolorose di Rose. Ripensando a ciò che lei provava per James, e al suo desiderio di camminare per i corridoi di Hogwarts con lui che le stringeva la mano non vergognandosi di quell’amore, perverso, sbagliato. Non vergognandosi di lei. James sgranò gli occhi, e sorrise sghembo.
“C.cosa?” La voce tremava, un lieve velo di sudore iniziò a ricoprirgli la fronte, e il cuore nuovamente ritornò a battere forte.
“James voglio amarti alla luce del sole” Quelle parole sembrarono risuonare violentemente tra quelle mura. Sembrò che Dominique le avesse urlate, sembrò che un enorme megafono le avesse ripetute mille e mille volte. In quell’istante, Dominique aveva esposto ad alta voce i suoi sentimenti. Lei lo amava, e non avrebbe rinunciato a lui, a loro. Non avrebbe rinunciato a ciò che aveva cercato affannosamente , quando cercare era stato inutile, perché lui era sempre stato li, al suo fianco. Gattonò verso di lui, e strinse il suo viso tra le mani.Accarezzò quel sottile strato di barba crespa , accarezzò quelle labbra tanto belle.  Ormai lo aveva detto, ormai il danno era fatto e lei non si sarebbe tirata indietro. Fiera serpeverde, astuta serpeverde. Innamorata e stupida serpeverde.
James sentì il cuore scattare a mille, e questa volta non per la rabbia, non per ciò che aveva scoperto poco prima su suo fratello Al, ma perché Dominique era li , di fronte a lui, a guardarlo , a sentirlo, a scrutarlo e a rivelargli ciò che lui non aveva mai avuto il coraggio di dirle, ma che aveva sempre sognato. Lui era pronto. Era pronto ad affrontare tutti. Il coraggio dei Grifondoro ardeva in lui, il cuore batteva e l’amore riempiva ogni fibra del suo essere, come lei. Lei che lo faceva sentire completo , che lo calmava, e rendeva i suoi giorni migliori. Non ci fu bisogno di parole. La baciò come mai prima di allora. La strinse al petto, la fissò negli occhi e accettò quel rischio. Insieme lo avrebbero fatto. Insieme avrebbero affrontato il mondo, insieme avrebbero affrontato i pregiudizi. Insieme….
 
                                                                  *
 
Lysander sentì lo stomaco torcersi, sentì le budella stringersi, e un senso di nausea invaderlo. Roxanne dormiva beatamente accanto a lui, coperta appena da sottili coperte . I lunghi ricci bruni le ricoprivano il viso beatamente assopito, e il lungo e stancante sonno, le  impedì di guardare le grosse e amare lacrime che solcarono il volto di Lysander, che in quel momento avrebbe preferito essere morto, piuttosto che ritrovarsi li, in quel letto. Aveva mentito, ancora. E questa volta lo aveva fatto anche con il corpo, spezzandosi il cuore. Perché era un tale masochista? Perché era un tale codardo? Si gettò il viso tra le mani, e soffocò il pianto di dolore. Non poteva lasciare che le cose andassero in quel modo. Roxanne era una brava ragazza, ma Al era la sua vita. Al era il suo amore, era la sua parte migliore. Era quella parte che mancava a chiunque, difficile da individuare, difficile da trovare, ma una volta trovata rimaneva impressa , attaccata alla pelle, al cuore, all’anima. Si alzò di tutta fretta. E vestendosi senza accortenza lasciò le camere dei Prefetti. Non lasciò nulla che potesse giustificare la sua assenza, né un biglietto, né un gingillo. Nulla. In quel momento la sua mente elaborava frenetica parole giuste che avrebbero spiegato ad Al ciò che provava per lui, parole che avrebbero cercato di attirare Al nuovamente da lui, per farsi perdonare, per farsi amare di nuovo. Aveva saltato la cena, e non sapeva dove Al fosse in quel momento. Forse si era rinchiuso in sala Grande, o in sala Comune, o se la fortuna era dalla sua parte li avrebbe fatti scontrare per i corridoi. Invocò Merlino, Morgana e i fondatori di Hogwarts , sperando che ciò accadesse, e quando accadde li ringraziò in silenzio. Al era diretto verso la torre dei Grifondoro, da solo. Sguardo basso, capelli portati al solito modo, e gli occhi lucenti e brillanti, che lo fissarono pietrificati .
“Albus….” Sussurrò lui, non sapendo da dove iniziare. Avrebbe voluto baciarlo semplicemente. Aveva funzionato, sempre, per ogni suo sbaglio. Ma sapeva che adesso lo sbaglio era imperdonabile. Le bugie dette , le promesse mancate. Le avrebbe pagate tutte Lysander. Fece un passo verso di lui, ma Al lo bloccò alzando semplicemente una mano.
“Non sprecare fiato Lysander. Non ho voglia di parlare. VA a spassartela con mia cugina Rox” Disse amaramente, mostrando tutto l’odio che in quel momento provava nei suoi confronti. Lysander sentì il cuore andare in pezzi, sentì che ormai Al era perduto. Nulla lo avrebbe fatto ritornare da lui, ma provarci, almeno per l’ultima volta . Avrebbe tentato.
“Al, ti prego…Perdonami. Non so cosa mi è preso….Ho- avuto paura. Ma , se tu… mi stessi accanto…”Quelle parole non ebbero l’effetto desiderato. Non sollecitarono le corde de suo cuore, non lo emozionarono, e non gli fecero ripensare la sua posizione.
“ Non parlarmi di paura ti prego. Ormai è un anno che vivi nella paura…Ed io sono stanco! Ho deciso di aspettarti, ho rispettato la tua decisione di rimanere nell’ombra. Ho accettato addirittura l’idea di fingere di non conoscerti, ma non posso accettare la tua folle intenzione di maciullarmi il cuore. Di mentire non solo a me… ma anche a Roxanne…. “ la voce tremava, come le gambe, come lo stomaco e il cuore. Ogni parte di lui tremava di paura. Tremava di dolore. Ma non poteva continuare in quel modo. Non poteva permettergli di prendere il suo cuore e calpestarlo con tale violenza.
“ Ho appena rivelato tutto a mio fratello James…. Perché io ti amo davvero! Io ti ho donato il mio cuore , io so chi sono e non me ne vergogno! Il tuo invece è solo un capriccio….sono solo un gioco per te…un maledetto gioco…ma adesso il gioco si è stancato, e sono deciso a rivelare a tutti, anche ai miei il mio vero essere! Non voglio rinnegare chi sono…. e non intendo aspettare te…. Lysander, noi finiamo qui. In questo corridoio…Da domani saremo due sconosciuti…odiarti sarebbe come amarti…e non posso permettermi di amare qualcuno che non mi ricambia. Che mi fa solo soffrire e odiare me stesso…Non voglio distruggermi per te. Non più” Lysander rimase paralizzato, di fronte a quelle parole. In quel momento non sapeva cosa dire. Non trovava giuste argomentazioni che potessero confutare quelle parole dure, dette con troppa indifferenza. Non lo avrebbe odiato e né amato ma solo ignorato, e non c’era cosa peggiore. Non lo avrebbe più cercato, non lo avrebbe più attirato in aule vuote, per concedersi minuti di amore illegale e proibito. Non ci sarebbero stati più gufi notturni, fughe clandestine e sorrisi colpevoli. Non ci sarebbe stato più lui, ad ascoltare le sue lagne, i suoi disastri scolastici, i suoi sentimenti di odio amore verso il gemello Lorcan. Non ci sarebbe stato lui…Lui non ci sarebbe stato più.
“NO, Al….ti prego, sono pronto a ….” Ma si fermò, perché anche questa volta stava mentendo. Non era pronto a rivelare tutto a tutti. Non era coraggioso come lui. Non sarebbe stato mai come lui. Al era migliore, in tutto, e anche in quel momento glielo stava gettando violentemente in faccia.
“Lysander smettila… basta…. Sono stanco…” Al aveva capito quella titubanza, aveva capito ogni cosa, e zittendolo semplicemente con un sorriso stanco, amaro e doloroso gli passò accanto, sorpassandolo e continuando verso la sua strada. Lontano da lui e dalle sue menzogne. Per un attimo sperò di sentire le sue mani stringersi intorno al suo braccio, sperò di essere fermato, ma quando raggiunse le scale, dovette rassegnarsi alla realtà. Lysander non avrebbe fatto parte della sua vita. MAI Più . 




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Capitolo 8
*** Settimo capitolo ***


  • La cover è stata creata da Hakigo che ringraziamo infinitamente per il lavoro svolto, e l'impegno con cui ha creato questa meraviglia. - Fatele visita, fa miracoli questa ragazza! -
  • I personaggi rappresentati nella cover sono: 
  • Lily Potter\Cintia Dicker - Ted Lupin\Bradley James - Derek Zabini\Jesse Williams
  • Rose Weasley\Ana Lutosky - Scorpius Malfoy\Alex Pettyfer - Riger Dolohov\Ian Somerlader
  • Albus Potter\Gaspar Ulliel - Lysander Scamandro\Jensens Ackless
  • Dominique Weasley\Veronica Oliver - James Potter\Matt Gordon

Vi ringraziamo per l'attenzione e speriamo di ricevere, almeno in questo capitolo, qualche commento. 

Buona lettura! 

 

 

 

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Settimo capitolo

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

Camminava spedita tra quei corridoi solitari, con i pugni chiusi e i capelli rossi che danzavano, come fiamme animate, sulle sottili spalle coperte dal maglione grigio della divisa; svoltò l'angolo della cucina, bloccandosi su quei scalini che l'avrebbero portata alla "sua" stanza.

Non sapeva nemmeno perché era andata fin lì, con quale coraggio avrebbe iniziato una conversazione... dopo la discussione con Rose sapeva solo di volerlo vedere, toccare, e capire perché tutto quello era considerato sbagliato.

Come poteva considerarsi una cosa così meravigliosa sbagliata? Quando lui la toccava, baciava, stringeva, a lei non mancava niente, se non il respiro per le troppe emozioni che sembravano volerle strappare il cuore dal petto.

Lui, in quelle notti, le regalava il paradiso, promettendole le ali, e lei riusciva persino ad aprire i cancelli di quel mondo perfetto.

Certo, dopo, quasi senza risentimento, la ricacciava all'inferno, ridendo del suo dolore e alimentando le fiamme capaci di straziarle la carne... ma riusciva ad equilibrare il tutto, mostrandole bene e male in una sola fiamma fatale.

Salì uno scalino per volta, prendendo un lungo respiro prima di afferrare la maniglia di ottone e aprire appena la porta.

Lily, in un certo senso, aveva sempre sperato che lui provasse qualcosa di più del semplice sesso; dentro sé aveva alimentato quella speranza, lasciando che crescesse come un edera velenosa.

Lily era quasi sicura che lui provasse qualcosa di più del sesso, ma si era sbagliata.

Il cuore si dilaniò completamente quando riconobbe i capelli biondi di Victorie Weasley aperti a ventagli su quel letto dalle lenzuola rosse. Quella pelle di porcellana, senza imperfezioni, l'avrebbe riconosciuta tra mille: il suo odore di rose saturava la stanza, e quegli occhi azzurri - limpidi e dolci - fissavano inteneriti il volto di Ted.

Il suo Teddy.

Quello che in quel momento aveva i capelli rosa, più vivaci che mai.

Lily aveva davvero sperato, in un secondo momento, che lui fosse suo, e che solo con lei facesse l'amore in quel modo, stringendola fino a farle mancare il fiato.

Il suo cuore prima produsse uno strano scricchiolio e poi si spezzò completamente, accattorciandole i polmoni e rendendola quasi inutile.

Lentamente chiuse la porta alle sue spalle, senza produrre rumore e inciampando sugli scalini quando mosse i primi passi; non sentiva più il cuore, e il cervello sembrava non voler collaborare.

Si massaggiò lo sterno senza badare ai graffi sulle mani che si era procurata per aggrapparsi a qualcosa, imbattendosi solamente in un muro di mattoni... lo stesso muro che le stava gelando il cuore.

Cadde in ginocchio, senza nemmeno sentirlo sbucciarsi sugli scalini; neanche l'idea di essere a pochi metri da quei due riusciva a smuoverla. Le sembrava di cadere, e aveva la sensazione che quella volta non si sarebbe rialzata.

Gemette, e una lacrima le accarezzò il viso. Doveva alzarsi di lì, o sentire un gemito o un sussurro mal trattenuto le avrebbe di sicuro straziato l'anima.

"Devo... devo andare via." mormorò a voce alta, alzandosi traballante sulle proprie gambe e ri-aggrappandosi al muro con forza. Un singhiozzo le squassò il petto, rischiando di mozzarle il respiro.

Camminò a tentoni, inciampando di tanto in tanto ma rialzandosi sempre; in fondo era sempre stato così, no? Tutti avevano il permesso di ferirla, dilaniarla, ma lei era sempre pronta a rialzarsi. Perché doveva essere una sicurezza, quella? Era stanca di alzasi, cazzo, stanca!

 

Arrancò fino ai sotterranei, ringraziando, ancora una volta, che tutti fossero a cena; si accasciò contro il ritratto del Barone Sanguinario, cominciando a dondolare su sé stessa e maledirsi. Maledirsi per essere stata così stupida e aver creduto troppo in fretta alle sue bugie. Maledirsi perché nonostante tutto lo amava ancora, anche con il cuore a pezzi.

Maledirsi per volerlo indietro, tra le sue braccia, al sicuro nel suo cuore.

"Lily?" la voce stranita di Rose la raggiunse, e quando alzò gli occhi intrisi di lacrime l'altra sgranò gli occhi, correndo da lei.

"Cos'è successo?" domandò Rose, accarezzandole dolcemente i capelli e guardandola preoccupata.

"Sono stata così stupida, Rosie... così stupida!" gemette, abbracciandola di slancio e supplicandola di portarla via.

"Ora va tutto bene, te lo prometto, mi prenderò io cura di te" sussurrò Rose, aiutandola ad alzarsi e trascinandola - letteralmente - nei dormitori di Serpeverde.

Aveva un appuntamento con Dominique, che le aveva detto la parola d'ordine, nella Sala Comune: appena la vide entrare con Lily in quello stato le raggiunse.

 

"Cos'è successo?" domandò, sgranando gli occhioni azzurri e guardando la cugina più piccola trattenere i singhiozzi, evitandola di guardarla in viso.

"Non lo so, portiamola nella tua stanza" mormorò Rose, ed insieme la portarono nella stanza che Dom condivideva con le sue compagne di dormitorio.

Ordinata, con quattro letti messi in fila ordinatamente, solo uno scrittore pieno zeppo di fogli faceva intuire a chi entrava che lì ci abitava qualcuno, se non addirittura quattro adolescenti. L'adagiarono sul letto a baldacchino di Dominique, che la coprì con le lenzuola verde-argento.

"Non ne voglio parlare, davvero... non ne voglio parlare" gemette infine, accettando solamente gli abbracci delle due ragazze, che la cullarono dolcemente, senza lasciarla andare.

 

**

 

"E' una ragazzina... ed è molto bella, Ted, è normale che la corteggino!" sbuffò Victorie, sbadigliando vistosamente e stiracchiandosi sul letto del ragazzo, che arricciò il naso.

"Ma io non posso di certo stare a prendere a botte tutti i suoi pretendenti" sibilò Ted, che al pensiero di Jhon ancora gli prudevano le mani.

"Per le consunte mutande di merlino, Lupin! Lei può rifiutare le loro avance senza che tu intervenga come un macho" disse Vic, alzando gli occhi al cielo.

Era spuntata dal camino un ora prima, buttandogli le braccia al collo e cinguettando che gli era mancato; non si vedevano spesso grazie al lavoro di Vic, che faceva un via vieni dall'Inghilterra alla Francia, e la sua ragazza, Selena, non migliorava certo la situazione. Vic preferiva passare il tempo che non lavorava con la propria fidanzata, e anche se Ted, ai tempi di Hogwarts, era stato la loro copertura questo non gli dava il diritto di rubare del tempo ad entrambe.

"Quelli sono molesti" rispose semplicemente, muovendosi a disagio. Aveva ragione... maledettamente ragione, ma non era così propenso a dirglielo.

"Lei è stata sempre l'unica per te, Ted. Anche quando era piccola... quando aveva bisogno del tuo supporto eri capace di andare in capo al mondo per lei. Perché lasciarla andare senza combattere? Perché lasciarla andare e basta?" sussurrò, accarezzandogli con dolcezza una guancia e sorridendo teneramente.

"Amala con tutto te stesso, fregandotene del resto del mondo" finì.

Accoccolandosi al suo fianco, come un bambino e, socchiudendo lo sguardo, si ripromise di farlo. Amarla con tutto sé stesso, si intende.

 

***

 

Abbandonarla sul letto fu angosciante, ma era in buone mani.

Dominique si sarebbe presa cura di lei, e Rose lo sapeva molto bene, ma nonostante questo provò una fitta al cuore quando vide la più piccola delle sue cugine rannicchiata sotto le coperte, come a volersi proteggere da qualcosa.

Aveva pianto, Lily, fino allo sfinimento; aveva urlato, stretto il cuscino tra i denti per soffocare la voglia di spaccare tutto e aveva maledetto il nome di Ted, accompagnandolo con parole forti e sboccate, senza preoccuparsi di apparire pazza.

Lei e Dominique erano rimaste in silenzio ad ascoltare solo il rumore straziante del dolore che in quel momento Lily aveva provato. Erano state in silenzio, guardandola straziarsi con le proprie mani, rifiutando di venire curata.

Adesso tutto sembrava essere passato, Lily dormiva abbracciata al cuscino che poco prima aveva martoriato con i denti e Dominique le accarezzava i capelli dolcemente. Il viso era arrossato e altre lacrime sfuggivano accarezzando quel viso apparentemente rilassato e calmo, ma Rose capì, con un sospiro, che i suoi sogni erano tormentati, esattamente come la realtà.

"Domi, io vado. Ho la ronda...cerco di ritornare più tardi" sospirò, guardando preoccupata sua cugina, che forse non avrebbe mai soffocato quel dolore che le aveva impedito di parlare e di pronunciare persino una sola sillaba.

Non avevano chiesto, avevano solo ascoltato il suo pianto sperando che con il silenzio Lily potesse sentirsi al sicuro, a casa, e potesse sentirsi amata. Rose aveva gettato via il ricordo del litigio avvenuto pochi giorni prima, aveva dimenticato le urla, le offese, gli sguardi torvi e duri; aveva lasciato correre nel momento in cui l’aveva vista accasciata contro il muro a martoriarsi le mani e ferirsi per un motivo sconosciuto, che non aveva avuto il coraggio di rivelare.

"Va bene...ci vediamo dopo" Dominique si porse verso di lei, baciandole delicatamente la guancia per poi ritornare a coccolare Lily, che non avrebbe mai sentito quel tocco leggero e amorevole, ma che Dominique non le avrebbe mai negato.

Rose gettò un’ultima occhiata alle due e per un attimo fu tentata di saltare la ronda e rimanere li, anche in silenzio, solo per assicurarsi che Lily stesse bene... ma Dominique si sarebbe presa cura di lei, quindi preferì uscire dalla stanza e chiudersi la porta alle spalle.

Percorse con passo frettoloso il corridoio buio e stretto che la portò alla sala Comune occupata da qualche serpeverde che, vedendola, storse appena lo sguardo, per poi ritornare ad ignorarla nuovamente.

Questa volta il passo fu più affrettato, desideroso di lasciare quella sala cupa, immersa nelle profondità del Lago Nero.

Ci sarebbe ritornata più tardi, quando sarebbe stata vuota e, forse, quando Lily avrebbe avuto la forza di spiegare ogni cosa. Si indirizzò verso l’uscita, ma sentì le gambe divenire pesanti e temette di sentire il cuore saltare fuori dal petto.

Il sorriso di Scorpius entrò nella sua traiettoria, colpendola forte, con prepotenza; era raro vedere quelle labbra curvarsi in quel modo, disegnando delle fossette sulle guance. Era raro vedere gli occhi socchiudersi in quel modo, rendendolo dolce. Ed era raro sentire quella risata roca che graffiava la gola ma che era maledettamente bella.

Fu doloroso, però, notare come tutto ciò scomparve quando la vide: quella luce, quella bellezza, sparì, trasformando lo sguardo di Scorpius nel solito sguardo cupo e serioso.

"Rosie" il suo nome non fu pronunciato da quelle labbra incurvate verso il basso.

Un'altra voce l’accolse, un altro sorriso le diede il benvenuto, altri occhi la guardarono, scrutandola e ammirandola.

Rigel le si avvicinò e, senza chiedere il permesso, le cinse i fianchi e le baciò delicatamente l’angolo della bocca, inondandola con il suo profumo e assaporando il suo.

"Sei sempre splendida..." sussurrò piano, a pochi centimetri da lei, mordendosi appena le labbra e non dando peso a Scorpius, che attraversò la sala per gettarsi sul solito divano, dando le spalle ai due.

Rose seguì con lo sguardo la figura di Scorpius e sentì la voglia di urlargli contro di smetterla di mostrarsi disgustato e infastidito ogni volta che aveva la sfortuna di incontrarla.

Avrebbe voluto urlargli contro di aprire gli occhi e guardarla come lei lo aveva sempe guardato e provare a conoscerla, ma quell’urlo fu soffocato dalle mani di Rigel che, prendendole il mento tra le mani, la costrinse a ritornare a perdersi in quegli occhi attraversati dalla solita luce maliziosa.

"Hai pensato a quello che ti ho detto...?" domandò, e Rose arrossì violentemente, ripensando alla proposta avvenuta pochi giorni prima e al modo con cui l’aveva bloccata al muro, sussurrando piano le parole.

"No, non ricordo..." Rose deglutì, mentendo. Forse fingere di non averle mai sentite le avrebbe rese meno reali.

Non era abituata a ricevere attenzioni di quel genere, era vissuta per troppo tempo in un involucro di innocenza e non si sentiva a suo agio nel pensare quelle cose con fare libertino, come facevano tutte le sue amiche.

Eppure, forse, era ora di aprire quella gabbia dorata in cui era rinchiusa e dare il benvenuto a quei battiti frenetici, ai brividi che travolgevano ogni fibra del corpo e al tremore di gambe che la facevano sentire viva in un modo che non aveva mai sperimentato.

"Posso rinfrescarti la memoria, se vuoi" quel sorriso serafico e quello sguardo malizioso e colmo di desiderio, misero Rose in agitazione.

Non riusciva a non sentirsi in colpa, a disagio e soprattutto non riusciva a non voltare la testa, sperando di vedere Scorpius indirizzarsi verso di loro, scaraventare Rigel via da lei e prendere il suo posto per accarezzarle la schiena esattamente come stava facendo l'altro in quel momento, avvicinarsi tanto da far aderire i loro corpi, senza preoccuparsi di chi li circondava, come non si preoccupava Rigel.

Desiderava che fosse lui a sfiorarle con le labbra il collo, scostando appena i lunghi capelli scarlatti e in disordine. Ma, con un sorriso amaro a quella triste realtà, ciò non avvenne: le mani non erano sue, ma di Rigel, che conoscendo bene i punti deboli, li tastò bene, provocando il risultato desiderato.

Rose sentì brividi sconosciuti, provocati da mani che non aveva mai sentito sul suo corpo, e per un attimo non si sentì a disagio; forse lasciarsi andare non sarebbe stato grave, non l’avrebbe certo condotta dritta ai cancelli dell’inferno.

Era una adolescente con la voglia di essere apprezzata e se l’apprezzamento di Rigel era manifestato con quelle carezze e con quello sguardo che le avrebbe gettato il cuore all’aria, allora lei lo avrebbe accettato più che volentieri.

"C-come?" cercò di apparire complice a quell’invito, ma l’incertezza nella sua voce fu evidente e fece ridere di gusto Rigel, che si allontanò appena, rimanendo sempre abbastanza vicino da pote assaporare quel profumo di lavanda.

Si divertiva ad osservare lo sguardo imbarazzato e incerto di Rose Weasley. Non aveva mai avuto interessa ad avvicinarla, ma dopo ciò che era capitato alla festa, vederla danzare con tanta libertà senza la solita rigidità che dipingeva quel volto, aveva suscitato un nuovo interesse.

 

Scorpius si mosse sulla poltrona, ma cercò di apparire indifferente alla scena che stava accadendo alle sue spalle. Cercò con foga il pacchetto di sigarette, che Dominique non gli avrebbe mai fatto mancare, e se ne accese una, sperando che quei rivoli di fumo potessero nascondere la scena.

Ma ciò non avvenne, ad ogni sussurro e ogni fruscio di toghe che si scontravano, Scorpius sentiva il desiderio di prendere il bastardo per il colletto e gettarlo fuori dall’enormi finestre per lasciare che l’acqua e la piovra gigante svolgessero il lavoro sporco per lui.

Eppure ad ogni respiro malsano che gli bruciava i polmoni, Scorpius, cercò di cacciare dalla mente quei desideri omicidi, restandosene, come sempre, in disparte.

"Rimani a dormire qui, con me..." quelle parole attorcigliarono le budella a Scorpius, che non ascoltando la risposta, realizzò che la sigaretta, il fumo, e il gettare la mente altrove non lo avrebbe aiutato.

Uscì di scena inconsapevole di essere seguito con lo sguardo, non volendo ascoltare altro... non potendo ascoltare altro.

Rigel spostò nuovamente lo sguardo di Rose da Scorpius a sé. Sapeva della cotta tremenda che Rose Weasley provava per il suo amico biondastro e strafottente, forse tutto il castello conosceva della cotta e solo lui era incapace di vederla.

Rigel non avrebbe mai colpito alle spalle Scorpius, erano buoni amici, ma se Scorpius si ostinava a voler chiudere gli occhi, non sarebbe stato certo lui ad aprirli e mostrargli ciò che aveva ignorato per anni.

"Rose..." quel nome sussurrato appena, il tono caldo, il tentativo di sfiorarle le labbra fece rinvenire Rose che si ricordò della ronda, di Lily e del fatto che Rigel Dolohov era conosciuto soprattutto per gli innumerevoli slip che aveva conservato negli ultimi anni.

Parò le mani dinnanzi a sé, permettendo di creare una barriera tra i due corpi e allontanarsi da lui. "Devo andare" disse frettolosa e Rigel non fermò la sua fuga, non tentò di convincerla a ritornare indietro e rimanere con lui.

La vide sparire con la convinzione che sarebbe ritornata di sua spontanea volontà: tutte tornavano, sempre. E lei non avrebbe fatto eccezione.

 

***

 

Dominique si era addormentata al suo fianco e Rose non c'era, probabilmente quella notte era di ronda, così decise di spostare con delicatezza il corpo della cugina dal suo, e si alzò a piedi nudi, accorgendosi distrattamente che le compagne di Dom stavano già dormendo.

Si chiese che ore fossero e quanto tempo avesse dormito, ma non le interessava veramente; il dolore al petto era ancora prepotente e, perfido, le straziava il petto.

Voleva solo fuggire.

Fuggire da quel dolore, da sé stessa e ogni cosa che la circondava; voleva dimenticare ogni ricordo, ogni pezzo di vita strappato via con prepotenza.

Voleva bloccare il tempo, urlare e farsi male fino a lacrimare e sputare sangue, fino a non sentire nient'altro le lacrime sfregiarle il viso.

Lily voleva strapparsi il cuore dal petto e, indifferente, guardarlo smettere di battere.

Guardò alla sua destra e il riflesso di una grande specchiera le rimandò la sua immagine: i capelli erano scompigliati, aggrovigliati ed erano un ammasso di nodi rossi; gli occhi erano gonfi e le occhiaie violacee, in netto contrasto con la pelle pallida.

Aveva le guance graffiate, probabilmente lo aveva fatto senza nemmeno accorgersene, e le mani ferite in più punti; il maglione della divisa le ricadeva flaccido sul corpo, come la gonna a pieghe nere.

Distolse addolorata lo sguardo, sorridendo amara: forse Ted aveva scelto Vic proprio per quel motivo... lei non poteva mai eguagliare quella bellezza genuina, dolce e tenera.

Non poteva mai eguagliare gli occhi azzurri di Vic e i suoi capelli biondi, come il sorriso vivace.

Lei non poteva eguagliare la felicità che Vic regalava a Ted con un solo sguardo.

A piedi scalzi uscì fuori dalla stanza, lasciandosi dietro quel cuore infranto e quei sogni spezzati da una sola immagine. Si lasciò indietro ogni cosa, anche quell'immagine che sembrava urlarle "non sei abbastanza".

Lily non era mai stata abbastanza per Ted, e avrebbe dovuto saperlo.

Ted e Vic stavano insieme dai tempi di Hogwarts e lei era solo una... una scopata passeggera, ecco cos'era. Niente, lei non era niente.

Non era abbastanza, e non lo sarebbe mai stata.

Era superflua nella sua vita, era un ammasso informe di carne, con un cuore che a malapena batteva. Con un cuore che avrebbe amato una persona che non avrebbe mai ricambiato, ma che impertinente andava avanti a testa alta.

Lily lo amava e non avrebbe mai smesso... ma avrebbe smesso di ferirsi brutalmente, spezzandosi da sola giorno dopo giorno.

La sala comune dei Serpeverde era deserta e fredda, austera e silenziosa, come coloro che portavano i colori verde-argento.

"Una nuova retata contro i Serpeverde, Potter?" una voce la sorprese sul vivo, e girandosi di scatto incontrò gli occhi azzurri di Derek Zabini, che inclinò dolcemente il capo, sorridendo appena nella sua direzione.

"No, oggi non sono in vena" rispose sincera, e Derek guardò in modo strambo i suoi piedi scalzi, chiedendosi che ci facesse a quell'ora di notte in un dormitorio che non fosse suo senza scarpe.

"Mi sono addormentata nella stanza di Dominique senza nemmeno accorgermene" si giustificò Lily, senza nemmeno sapere perché lo stava facendo. Derek annuì e arricciò appena il naso.

Lily non aveva mai visto un ragazzo di colore con gli occhi azzurri, ma conoscendo la provenienza non si sorprese: aveva visto Daphne Greengrass e Blaise Zabini poche volte in vita sua e tutto aveva preso senso e forma.

Gli occhi di sua madre e il viso spigoloso di suo padre; zigomi alti, labbra carnose e un sorriso che molte ragazze avevano considerato da "svenimento"... e lo era, Merlino se lo era!

Derek era alto un metro e ottanta almeno, ed era magro. Un portamento regale dato dalla sua provenienza e modi impeccabili; un purosangue perfetto e il fidanzato che tutte vorrebbero.

"Vuoi bere qualcosa?" domandò improvvisamente Derek, interrompendo quel silenzio affatto fastidioso e fissandola in attesa di una risposta. Lily prima guardò i suoi grandi occhi azzurri e poi le bustine di thé poggiate sul tavolino basso dinnanzi al ragazzo.

Si morse le labbra, titubante, e per un attimo accantonò il pensiero di Ted: se lui l'aveva dimenticata con così tanta facilità... perché non poteva farlo anche lei?

"Sì, se non disturbo" mormorò, sedendosi sul divano di pelle nera su cui Derek era seduto compostamente.

Il sorriso che le rivolse fu una risposta più che sufficiente.

"Sei carina, da vicino" ridacchiò, offrendole una grossa tazza fumante.

"E' un complimento?" sbuffò Lily, fulminandolo con un occhiata raggelante.

"Certo, sono un gentiluomo, io! Non offenderei mai una donna" disse, facendole l'occhiolino e scoppiando a ridere un secondo dopo, insieme a lei.

Era... piacevole, non fastidioso come aveva pensato fossero tutti i Serpeverde tranne Dom. Era gentile, Derek, e per un attimo l'aveva distratta dal dolore pungente del ricordo di Ted con un altra... certo, quel pizzico fastidioso che sentiva al livello dello sterno c'era ancora, ma almeno aveva smesso di piangere e aveva - quasi miracolosamente - riso insieme a lui.

"Grazie" mormorò Lily, guardandolo di striscio e soffiando sulla tazza.

Derek non chiese perché lo stesse ringraziando, semplicemente inclinò il capo nella sua direzione e si godette il thé, facendola ridere di tanto in tanto con qualche battuta.

Sì, le piaceva quel sorriso e sperò di vederlo ancora su quelle labbra... rivolto solo a lei.

 

***

 

Quei riccioli bruni erano sparsi sul cuscino dalla federa bianca mollemente, aggrovigliati come tanti piccoli serpenti incantatori.

Due grandi occhi a cerbiatta ricambiavano il suo sguardo, gioiosi, eccitati, pieni di un aspettativa che lui... non provava. Roxanne Weasley sorrise a piene labbra, attirandolo verso di sé con uno strattone.

Lysander odiava quando lo afferrava con forza; preferiva la dolcezza, quel tocco tenero che solo una persona aveva.

Quelle mani accarezzavano, ma non bruciavano, non erano quelle che desiderava.

Quelle labbra lo stavano baciando, ma non sortivano l'effetto desiderato, non erano quelle labbra che lui amava tanto, sottili e gentili, quasi timide.

Aveva la nausea, Lysander. Un traverso di bile che gli stava bruciando l'esofago, scendendo lungo il petto e infiammandogli lo sterno.

Roxanne gli sbottonò i pantaloni e lui chiuse con forza gli occhi, trattenendo con forza le lacrime. Non ce la faceva più e quel tocco lo disgustava più del normale.

Voleva urlarle di andare via e di lasciarlo in pace, ma lei avrebbe sospettato qualcosa... avrebbe detto a tutti che lui si era rifiutato di andarci a letto e le voci avrebbero cominciato a circolare.

Tutti... tutti avrebbero scoperto il suo segreto, lo avrebbero addidato, giudicato, maltrattato e ucciso dentro.

Tutti... tutti l'avrebbero chiamato anormale, disgustosamente anormale, quando lui non provava altro che amore come loro.

Perché, per loro, era così anormale amare un altra persona dello stesso sesso? Cosa aveva di sbagliato?

Non era amore anche quello? Sussurrarsi all'orecchio di amarsi... era disgustoso?

Ridere di battute stupide nei momenti peggiori... era disgustoso?

Fare l'amore, come facevano tutti loro, era così disgustoso?

Odiava quel viso dai lineamenti troppo marcati, quelle labbra troppo appiccicose, quel corpo formoso e quel cuore che batteva furiosamente in quel petto e che andava quasi a ritmo con il suo.

Odiava il pensiero di aver perso qualcuno indispensabile come l'aria per... una stupida e insensata paura; odiava aver perso qualcuno importante solo perché non aveva il coraggio di guardarsi allo specchio.

"Rox... scusa!" balbettò, scostandola di scatto e vomitando sulla moquet blu.

"Lys! Ma hai l'influenza?" scattò Rox e Lysander si chiese come facesse ad essere così stupida.

Stava vomitando l'anima e il dolore che l'attenagliava, e lei pensava che aveva l'influenza?

No, merda, non aveva l'influenza... gli faceva solo schifo fare sesso con una donna.

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Capitolo 9
*** Ottavo capitolo ***


Ottavo capitolo

 

 

 

 

 

 

Ottobre arrivò con prepotente fretta, come per dar dimostrazione della sua forza autunnale, che avrebbe costretto i giovani studenti a restare rinchiusi nelle aule vuote e polverose, con i visi sepolti in libri vecchi, di cui pagine provocavano fastidiosi starnuti, dovuti alla troppa polvere.

Ottobre aveva sostituito Settembre fieramente, ma non aveva cancellato gli avvenimenti che avevano caratterizzato il mese d’inizio.

Le notizie correvano ancora velocemente, e ancora, venivano sussurrate tra risatine eccitate o sguardi invidiosi e disgustati. Notizie, che furono divulgate, il mese prima, con la tipica velocità che manifestava la noia di cui erano afflitti i giovani maghi, stanchi di limitare la loro vita a quelle quattro mura, cupe , vecchie e consumate.

Manifestazione ovvia della ricerca di qualcosa che potesse donare a quelle giornate argomenti di cui parlare, sparlare e commentare in modo benevole o non.

Settembre era stato il mese d’inizio e anche di fine.

Con lui molte cose erano accadute, si erano plasmate o distrutte disintegrandosi dolorosamente. Settembre il mese dei cambiamenti, che avevano portato novità , impensabili, quasi inverosimili, nella vita noiosa di piccoli e ignari protagonisti, divenuti involontariamente tali.

Rose fin da sempre, fin da quando aveva messo piede ad Hogwarts aveva ripromesso a se stessa di essere notata non per il suo cognome, che ricordava uno dei salvatori del mondo magico, non per la sua bellezza, gettata da parte, dal poco prendersi cura di se, ma solo per le sue capacità che l’avrebbero resa una ragazza diversa, atipica, un prototipo che non avrebbe seguito il resto del gregge.

Non aveva mai desiderato trovare un ragazzo, farsi bella per lui, pettinare i lunghi e quasi indomabili capelli rossi, colorare appena le sue guance, e armarsi del suo sorriso, che di rado amava mettere in mostra, come la sua figura sottile.

Non aveva mai desiderato essere una frivola ragazzina alle prese con una cotta, anche perché la sua unica e vera cotta non le degnava nemmeno di un solo sguardo, e quindi mettersi al meglio sarebbe apparso inutile. Eppure ogni sua idea sembrò essere stata ribaltata con un soffio di vento.

Sul viso di Rose erano tracciati i segni di un cambiamento avvenuti solo il mese precedente. Un cambiamento che non aveva organizzato, pianificato o analizzato con cura. Era accaduto tutto improvvisamente, lasciando a bocca aperta un intera scolaresca alle prese con la colazione : Era un semplice giorno.

O almeno cosi poteva essere definito.

I gufi erano planati sui tavoli con la solita puntualità, il tintinnio delle posate si mischiava con il vociferare degli studenti. I tavoli , erano imbanditi con ogni forma di pietanza utile a donare forza e grinta, che avrebbe aiutato i ragazzi ad affrontare un ennesima e comune giornata di studio.

Rose sedeva al suo tavolo.

Per la prima volta in sei anni, consumava la sua colazione al tavolo della sua Casa. Il litigio con Al l’aveva costretta a star lontano dai Grifondoro, come l’ennesima assenza di Lily, scappata chi sa dove, e il rifiuto di Dominique di lasciare i suoi cari e amati amici, soli , a consumare la colazione.

Il suo Porridge era poco invitante, e i pensieri di Rose erano spinti altrove.

Era annoiata e stanca. Aveva dormito poco, anche perché, per la prima volta nella sua vita da Prefetto Perfetto, aveva trascorso una notte fuori, a passeggiare , semplicemente e senza secondi fini, con Rigel Dolov, che ormai tentava ogni approccio possibile.

Aveva scoperto di Rigel molte cose. Oltre ad essere dannatamente bello, Rigel aspirava ad una carriera come Magiavvocato, in difesa dei diritti delle creature magiche. Avevano discusso del C.R.E.P.A fondazione creata dalla madre quando ancora frequentava Hogwarts, e Rose aveva scorto nei suoi occhi, verdi cristallini, una luce di interesse, luce che l’aveva insospettita.

Troppe cose in comune, troppo interesse per qualcosa che le stava a cuore.

Troppa gentilezza, poca azione, pochi i tentativi di approfittarsi di lei.

Rose era completamente spaesata. Forse Rigel era solo interessato a lei come amico, e nulla più.

Sperare in altro era inutile, anche perché lei voleva che non ci fosse altro. Quindi aveva preso in esame quella spiegazione, l’unica plausibile e accettabile, l’unica desiderata da lei.

Non aveva bisogno di distrazioni, quando di distrazioni gia provenivano da un altro serpeverde, che proprio in quel momento, fece risuonare le sue risa, divertite e ammalianti in sala.

Risa che costrinsero Rose ad alzare il capo dal suo Porridge per assistere all’ennesima scena, che gettò su di se l’ennesimo secchio di acqua gelata. Perché Scorpius doveva manifestare cosi apertamente quel suo modo di fare con le ragazze? Perché doveva accarezzare in quel modo, i lunghi capelli castani, di quella Tassorosso, che senza preoccuparsi della presenza dei professori, sedeva sulle sua gambe, e mostrava tutta la spensieratezza che non poteva essere scorta sul suo di viso?

Perché Scorpius le faceva quel male?

Lo sapeva, certo che lo sapeva, quanto dolore le provocava, eppure non mancava mai a metterlo in mostra, evidenziarlo con arroganza, giocare a chi soffriva di più, vincendo sempre e solo lui.

Non poteva sopportare di assistere ad altro, anche perché la scena era cambiata, non solo le mani le accarezzavano i capelli. Il viso si era perso del tutto in quella folta capigliatura. Lei ridacchiava, mentre lui le sussurrava qualcosa. Qualcosa che Rose avrebbe desiderato essere sussurrato a lei.

Non avrebbe resistito ulteriormente, il suo cuore era stato preso a pugni, e lei non poteva rimanere li.

Dominique fulminò con lo sguardo i due, poi trascinò il suo sguardo su di lei, scusandosi per qualcosa di cui non aveva colpa. Gli occhi azzurri di Dominique furono come un pugnale. Si sentiva sciocca , e lei provava pietà. L’umiliazione non le andava, e senza permettere al suo corpo e organismo di poter assumere carboidrati e forza, si alzò di tutta fretta dalla panca, e trascinandosi la borsa, dal quale traboccavano libri e pergamene, decise di lasciare la sala, e abbandonando l’umiliazione al tavolo.

I passi frettolosi rimbombarono aggressivamente nella sala, come per comunicare a tutti, soprattutto a lui, stupido, incurante degli effetti che ogni sua azione le avrebbe potuto provocare, quanto dolore stesse provando.

Non avrebbe pianto, perché farlo avrebbe reso la pietà degli occhi di Dominique, reale. Inghiottì il dolore, le lacrime e le urla, e vide sempre più vicina l’uscita da quell’immensa sala, divenuta opprimente.

Ma sentì un freno ai suoi passi. Sentì la borsa cadere pesantemente sul pavimento di pietra, e vide la visuale cambiare. Il portone fu sostituito da due grandi occhi verde, che brillavano arrogantemente.

Un sorriso che le fece mancare un battito si dipinse sul viso perfetto di Rigel, e la sua voce sembrò un sussurrò, ma sapeva che tutta la sala stava assistendo a quella scena.

“Ehi, bimba, dove scappi?” Rose non ebbe il tempo di rispondere, non ebbe il tempo di pensare, di agire, di sorridere o respirare, che sentì quelle labbra, premere sulle sue.

Sentì le sue mani scivolarle dietro il capo, premendo con una forza non violenta, ma intensa, per permettere non solo alle labbra di aderire ancora di più, ma anche i loro corpi. Rigel aveva dovuto calarsi per raggiungere le morbide labbra di Rose, e lei, riprendendosi dalla confusione, non si perse quel suo primo bacio.

Con incertezza si alzò sulle punte, e le sue braccia non rimasero a penzolare scioccamente, ma si poggiarono con dolcezza sul petto di Rigel. Inaspettatamente, Rose, puntò al cuore, e sentì che come il suo batteva forte, frenetico. Improvvisamente, Rose , senza programmarlo, aveva gettato al vento tutte le sue idee riguardante l’essere diversa, trasformandosi in una semplice ragazza , alle prese con il primo bacio.

Tante emozioni si presentarono in lei. Il cuore che batteva, tanto forte da rischiare di essere ascoltato da tutti. Imbarazzo , per la sua incertezza per il suo non saper come fare,o cosa fare.

La felicità, di stare tra le braccia di qualcuno, che aveva mostrato interesse per lei, che aveva provato a farsi piacere in ogni modo, tra quelle braccia che stringevano, come timorose di vederla scivolare via.

Fastidio, per tutti quegli sguardi, puntati su di lei, su di loro. Il silenzio era calato, non si sentiva alcun suono, e non solo perché Rose aveva gettato ogni cosa via, godendosi a pieno quel momento.

Il silenzio di stupore era calato in Sala Grande, e quella notizia sarebbe circolata velocemente e sarebbe rimasta sulla bocca di tutti.

Rose Weasley, prefetto perfetto, Corvonero di tutto punto, verginella frigida, beccata tra le braccia di Rigel Dolov, migliore amico della sua prima e forse vera cotta, e ragazzo più arrapato che la storia di Hogwarts avrebbe potuto ricordare.

 

 

“Bimba mi aspettavi?” Rose sobbalzò , cacciando via quei ricordi, ricordi di un qualcosa accaduto solo un mese prima.

Rigel era sbucato alle spalle, cingendole i sottili fianchi, e aderendo con il suo corpo al suo, assaporando quel buon profumo, e sapendo di provocare quel debole rossore sul viso. Adorava farla arrossire. Quel viso si dipingeva di dolce innocenza e i suoi occhi cristallini erano ammaliatrici, nonostante fossero privi di malizia.

Rose si voltò verso di lui, accogliendolo con un bacio dolce.

“Forse” esclamò, strappandogli un sorriso.

Rigel con lei riusciva a sorridere realmente, senza sforzi, senza finzione. In quel mese aveva scoperto di trovare quella ragazza interessante.

Era determinata, grintosa, e quel suo troppo studio, la rendeva terribilmente sexy, soprattutto quando, involontariamente, correggeva i suoi piccoli errori, che molte volte , lui compiva apposta, solo per il piacere di vederla concentrarsi. Era uno splendore soprattutto quando sorrideva, e quando, con la sua solita innocenza, gli chiedeva di rimanere con lei, sdraiati a letto, a contemplare e elogiare una qualsiasi cosa , che potesse renderla felice.

E lui , che rimaneva li, disteso, ad accarezzarle i capelli, non desiderando altro che stare in sua compagnia, non desiderando altro che sentire quella voce, debole e sottile, riempire la stanza.

La baciò ancora, ma questa volta a modo suo, con più passione, assaporando quelle labbra e quel profumo.

Rose lo lasciò fare.

Si sentiva finalmente bene, e finalmente il dolore provocato da Scorpius , era stato in parte alleviato. La notizia di loro due aveva destato sospetti in molti, soprattutto in Dominique e Lily, che l’avevano avvertita di stare attenta e non lasciarsi trasportare e ammaliare dal bell’aspetto del Serpeverde, eppure lei, riusciva a vedere solo la parte migliore di lui.

Non riusciva a percepire nessun’azione secondaria, malvagia.

Non riusciva a leggere nel suo sguardo finzione, o inganno.

Rigel si era dimostrato esattamente una persona differente da quella che Rose aveva pensato che fosse.

Rigel si staccò nuovamente da lei, e la scrutò con sguardo interrogativo, notando piccoli , ma importanti particolari, che lo fecero ridere a crepapelle.

“Sbaglio o ti sei truccata?” . Rose si toccò il viso, arrossendo ancora di più, e maledicendo per un attimo Dominique e Lily, che quella mattina l’avevano trascinata in bagno, costringendola a dipingere il suo viso con cosmetici che lei non aveva mai considerato.

Si sentì una sciocca e divincolandosi dalla presa di Rigel si allontanò infastidita e infuriata, con entrambi le parti.

“Bimba, dai… non prendertela” Rigel la raggiunse con facilità, e fermandola in tempo, la baciò ancora. Non poteva fare a meno di farlo, ogni volta che poteva si fiondava sulle sue labbra.

Rose sbuffò, abbassando lo sguardo, offesa e umiliata, eppure il tocco di Rigel, la dolcezza acquisita improvvisamente, la capacità di metterle il buon’umore, ritornò a farsi sentire, e, Rose, lasciò che i loro sguardi si scontrassero di nuovo, ammirando la dolcezza dipingersi nei suoi occhi smeraldini.

“Ti preferisco senza…ma sei bellissima comunque” sussurrò, prima di baciarla nuovamente.

Un movimento distratto della bacchetta, e tutto quel trucco, gettato a forza sul suo viso, sparì, permettendo alle lentigini di apparire nuovamente, alle labbra divenire del loro rosa naturale, e gli occhi di brillare di luce propria.

Rigel la preferiva semplice, perché la sua bellezza era rara e preziosa.

Rose sorrise ancora, felice più che mai di aver trovato lui, che amava ogni suo piccolo difetto, trasformandoli in pregi rari.

 

***

 

Sul viso di Lily brillava una nuova luce, era felice finalmente.

Le lacrime versate, le urla strazianti, il tremore di paura e insicurezza, era stata cancellata del tutto, dimenticata , per lasciare posto alla consapevolezza di poter essere amata intensamente senza l’aiuto del buio di qualche stanza polverosa e dimenticata nei meandri dei castelli .

Lily aveva scoperto di poter essere amata senza nascondersi, senza sentirsi in colpa ogni volta che voltandosi, guardava la sagoma addormentata di qualcuno che con l’arrivo del giorno, avrebbe ignorato , fingendo di non essere stata tra le sue braccia, di non averlo baciato, amato , di non essersi inebriata del suo profumo.

Ma adesso era tutto cambiato.

Amava alla luce del sole, amava qualcuno che non si vergognava di averla accanto, di baciarla di fronte a tutti, di ridere con lei, senza vergognarsi, e di affrontare chiunque avesse provato ad intralciarli.

Derek era apparso improvvisamente nella sua vita, ma con il giusto tempismo. Giusto per farle capire di aver sbagliato fin dall’inizio, di aver desiderato di essere amata da qualcuno che l’avrebbe vista solo come una ragazzina approfittandosi della sua debolezza.

Le mura di Hogwarts sembravano lucenti, nonostante fuori ci fosse un violento temporale. I visi delle persone erano sorridenti e privi di dolore .

Tutto le sorrideva, ogni cosa aveva assunto una nuova luce, e lei brillava finalmente di quella luce, che Teddy le aveva strappato via con violenza e prepotenza.

Il passo divenne più frettolosa,e il sorriso più radioso e non appena raggiunse la sua meta, le si gettò addosso, lasciando che quelle braccia forti la reggessero impedendole di cadere e farsi del male.

Allacciò le sue gambe intorno alla vita di Derek, e lasciando che i libri di sparpagliassero sul pavimento, si fiondò sulle sue labbra morbide e calde, che accolsero quel bacio, ignorando i risolini dei passanti, e lo sguardo torvo dei due Potter, che in quel momento si ritrovarono a passare da li.

Lily era passionale, era forte, e Derek amava tutto ciò.

Amava quella sua spensieratezza, quel suo non nascondere nulla, ma mostrarlo fieramente.

Amava i suoi capelli, e amava lei, tanto da non volerci rinunciare nemmeno un attimo.

“Che lezione hai adesso?” chiese, staccandosi di poco dalle sue labbra, ancora arrossate.

“Trasfiguarazione” soffiò stancamente lei, fiondandosi nuovamente sulle sue labbra, sperando di rendere la prefazione alla lezioni più interessante.

Derek la lasciò fare, per poi continuare.

“Ti accompagno io, e stasera non prendere impegni…” Lily alzò un sopracciglio, incuriosita da quell’alone di mistero, che improvvisamente ricoprì la figura e le parole di Derek.

Non amava molto le sorprese, anche perché era capace di rovinarle con la sua insistenza.

“Cosa hai in mente?” chiese, ritornando con i piedi per terra, e alzando i pochi libri , che con grande privilegio avrebbe scortato per la scuola. Derek, sorrise maliziosamente. Un sorriso che mandò il cuore di Lily all’aria, un sorriso che rese quel viso, incredibilmente perfetto, stupendo, che avrebbe guardato ore e ore senza mai stancarsi.

“Qualcosa di speciale, per la mia ragazza speciale” Lily non aveva mai amato la dolcezza, le frasi smielate,eppure con lui stava iniziando ad apprezzarle. Ogni parole pronunciata da lui, la mandava in estasi.

“Se non mi dici cosa ha in mente la tua testolina, non aspettarti la mia presenza” Derek gettò il capo all’indietro , rassegnato gia al primo colpo, da quella testardaggine, altro elemento che lo faceva impazzire.

“Potter sei perfida! “ assottigliò lo sguardo, non mancando di sorridere.

Lily alzò le spalle, e iniziò ad incamminarsi, con passo sinuoso verso l’aula di Trasfigurazione, lasciando Derek, e gli altri alle sue spalle.

Derek la raggiunse, cingendole i fianchi, come per marcare il proprio territorio, come per comunicare a chiunque non avesse capito bene , che lei era sua, e nessuno sguardo doveva posarsi sulla sua ragazza speciale. Le mordicchiò l’orecchio sinistro, continuando ad ignorare lo sguardo di James che da lontano assisteva ad ogni cosa, che fu tirato via da Dominique, che non fu vista da Lily.

“Vieni e non te ne pentirai..” sussurrò, baciandole piano il collo.

Lily si scostò divertita da lui. Quel gioco le piaceva, le faceva capire quanto lui avesse bisogno di lei.

Sfuggirgli tra le mani per poi essere riacciuffata con desiderio di tenerla a se.

“No! Dimmi cosa mi aspetta e forse verrò” l’indice si mosse a pendolo, comunicando le parole a gesti.

Lo sguardo divertito di Lily, la sua voce, quei capelli dannatamente belli che danzavano con lei.

Era completamente perso di lei, era completamente ammaliato e incantato.

La riprese tra le braccia, facendola volteggiare,sospirando il suo profumo, godendosi le sue risa, concedendosi il privilegio di tastare quel corpo perfetto, di ammirare le perfezioni del suo viso.

“Vieni e non fare storie” furono le ultime parole, prima di assaporarla nuovamente.

Lily lo lasciò fare e senza dare conferma, si incamminò, dispettosamente verso l’aula di Trasfigurazione, lasciando Derek incantato li, dov’era , a godersi ogni movimento del suo corpo, dei suoi capelli. Quel movimento che improvvisamente rese ogni cosa perfetta.

 

***

 

Gli innumerevoli libri traboccavano dalla borsa, e Rose dovette faticare per infilarli per bene al suo interno.

Litigava con quell’oggetto immobile e privo di vita, che involontariamente, le impediva il passo. I capelli le ricadevano d’avanti agli occhi, e la bretella della borsa le scivolò giù, schiantando ogni cosa sul pavimento di pietra gelido.

“Maledizione” Imprecò Rose tra i denti, abbassandosi per raccogliere ciò che le era scivolato, ignorato dai passanti, che non si fermavano ad aiutarla. La solidarietà tra i giovani scarseggiava, e Rose dovette trovare il modo di caricarsi di tutto, senza rischiare di ricadere con tonfo pesante .

Ma qualcuno le venne in salvo; sottraendole dalle braccia il peso, e aiutandola a rimettersi in piedi. Rose fu stupita nel fissare il volto di Albus sorridere, divertendosi del suo stato. Aveva i capelli arruffati e il viso arrossato, il muso imbronciato e lo sguardo corrugato.

Era buffa, come solo lei era capace di essere.

“Vuoi un aiuto?” la domanda di Albus apparve retorica, in quanto , senza il consenso, gliela porse.

Rose non disse nulla, non rispose,  ma sistemandosi al meglio, continuò per la sua strada, con Albus ai calcagni.

“Non hai risposto” Ripetè, tenendo il passo, e sorridendo divertita a quell’indifferenza.

“Da quando ti va di parlarmi? Non ti facevo schifo io?” Rose era ancora sofferente per ciò che era accaduto il mese precedente. Quello schiaffo che ancora bruciava sulla pelle. Quelle accuse, che ancora risuonavano nella sua testa. L’indifferenza che aveva accompagnato il suo passaggio per troppo tempo.

“Da quando tu e Dolov non fate altro che sbaciucchiarvi nei corridoi” le parole suonarono divertite, e nonostante non potesse vederlo, Rose percepì un sorriso dipingersi sul suo volto. Si divertiva di lei, si burlava.

Rose si voltò di scatto, lasciando cadere nuovamente i libri sul pavimento, scavalcandoli e avvicinandosi a lui.

“Non credo che siano affari tuoi, non lo sono da quando hai deciso di voltarmi le spalle” Albus rise gettando a sua volta i libri sul pavimento.

Li scavalcò e le si avvicinò ancora.

“Quella che mi ha voltato le spalle sei stata tu, sapevi di Roxanne e Lysander e non ti sei degnata di avvertirmi che era sbagliato provare amore per lui, un codardo che ancora non accetta la sua natura! “ Albus era giunto li per rimproverarla? Per spegnere il suo sole? Per gettarla nuovamente nel baratro dei sensi di colpa e tristezza? .

Aveva ancora rabbia da riservarle, ma Rose non aveva voglia di ritornare ad essere triste. Non aveva voglia di ritornare cupa.

“ Devi prendertela con Lysander e non con me! Io gli ho chiesto chiaramente di dirti ogni cosa! E se non lo avesse fatto, lo avrei fatto io! Dovresti arrabbiarti con il tuo codardo e non con me, forse l’unica persona sincera che non potrebbe mai farti del male . Hai creduto che avrei potuto tradirti, hai creduto che avrei anteposto la felicità di Lysander alla tua, non capendo che sei sempre stato il mio migliore amico, la mia anima gemella…e hai creduto che ti abbia potuto tradire cosi “ sussurrò quelle parole con altro dolore, offesa dalle accuse che aveva dovuto accettare senza parlare, senza difendersi.

Prese i libri dal pavimento, e si voltò per incamminarsi nuovamente, ma le parole di Albus la fermarono.

“ Ammetti che mi hai tradito, ed io ti perdono” Rose si voltò stizzita, gli si avvicinò rabbiosa e scandì bene le sue intenzioni: “Mai, perché non l’ho fatto”

“ Stare con Dolohv ti ha resa una vipera bugiarda” quegli insulti furono pronunciati con sorriso. Si stava divertendo a tormentarla. Rideva come un bambino in pieno gioco, come un idiota, come rideva lei quando c’era Rigel a strappargli sorrisi sinceri.

Rideva e non c’era traccia di rancore.

“E anche velenosa, quindi lasciami stare…” Rose era stanca di quella discussione che non avrebbe portato a nulla di buono. Stavano litigando come due stupidi, rovinando tutto ciò che si era creato tra loro. Bruciando quell’affetto che li aveva resi indivisibili per anni.

Si voltò nuovamente, raccolse ogni cosa, e si incamminò nuovamente verso la sua meta. Anche se improvvisamente l’unica cosa che desiderò raggiungere fu la torre di Corvonero, e l’unica cosa che desiderò fare, fu gettarsi sotto il calore delle coperte, nascondersi , immergersi nel nulla, e dimenticare quello stupido che continuava a ferirla violentemente.

"Non ti lascio stare. Per la prima volta hai bisogno di una testa che ti aiuti a ragionare. Il sorriso del bel Dolov ti ha offuscato la mente! E mi sentirei in colpa se dovesse capitarti qualcosa!” Albus la raggiunse, le camminava accanto tenendole il passo, e continuando a sorridere.

Rose lo scrutò con la coda dell’occhio. Quelle parole volevano comunicarle qualcosa? Non si fermò per chiedere, continuò per la sua strada, con Al che le stava accanto.

“Capisco che sia un bel ragazzo. Ma tutti sappiamo le vere intenzioni del bel serpeverde, e tutto esclude le promesse eterne e i baci dolci”

Continuava a tenere il suo passo, e parlare divertendosi del suo sguardo corrugato e adirato. Non si zittiva, non si cuciva quella bocca per donare solo silenzio.

“Ho gia sentito questa canzone. Mi è stata ripetuta tante di quelle volte che ho imparato ogni parola” Lily e Dominique erano state chiare su molti punti. Le avevano ripetuto più volte delle innumerevoli prede, delle innumerevoli ragazze che avevano dormito nel suo letto, che avevano assaporato quelle labbra e goduto dei suoi sguardi.

Ma lei era stanca, voleva vivere quella storia giorno per giorno , senza pensare al domani, senza pensare alle conseguenze. Per la prima volta Rose aveva chiuso la sua mente, aveva chiuso la voce della coscienza, e dar adito alla voce dell’istinto e del cuore. Scorpius ormai era solo un doloroso ricordo.

La sua indifferenza era dolorosa, inaccettabile, ma ogni azione di Rigel appagava quel senso di vuoto che Scorpius le aveva dedicato per anni, e lei voleva che quel senso di vuoto sparisse del tutto.

“Ma non ti è stato detto che qualunque cosa accadrà avrai sempre la spalla di uno stupido Grifondoro su cui piangere. Avrai sempre uno stupido che ti asciugherà le stesse lacrime e che proverà a farti sorridere. Non ti è stato detto che la tua mancanza è stata dolorosa. Non ti è stato detto di voler condividere questa gioia che ti ha travolto improvvisamente, e non ti è stato detto che sei splendida quando sorridi” Albus non aveva mai mostrato tanta dolcezza, e Rose ne rimase spiazzata.

Fermò il passo, sorridendo, questa volta. Lo guardò interamente, senza nascondere lo sguardo stupito e felice.

“Se questo è un modo per dirmi di voler far pace con me, sei stato dolcissimo” esclamò tra il sorriso.

Albus alzò gli occhi al cielo, sorridendo di rimando, aprì le braccia e accolse la sua Rose, stringendola forte .

“Non abbandonarmi mai più” sospirò Rose, immergendo il viso nel suo petto.

“Non l’ho mai fatto , sciocca” Rispose lui, cullandola dolcemente.

 

***

 

Il fischiettare di Rigel insospettì Derek e Sorpius, entrambi persi nei propri affari, ma distratti per un momento da quell’aria allegra, che aleggiava su l’amico di stanza, che accennando qualche passo di danza , si posizionò di fronte all’enorme specchio , fatto mettere apposta per lui.

Si guardò, ignorando gli sguardi turbati e curiosi di entrambi. Si lisciò per bene i calzoni neri, si passò una mano tra i capelli, arruffandoli, allentò appena la cravatta e ammirò il suo riflesso che gli ricambiò un sorriso ammaliatore. Si sentiva di buon’umore, cosa che ormai accadeva molto spesso. E non aveva paura di mostrarlo. Intravide gli sguardi turbati di Derek e Scorpius, che abbandonando il loro da fare, dondolavano lo sguardo da lui, a loro, non capendo cosa fosse il motivo che potesse rendere l’amico cosi pimpante.

“Cos’è quegli sguardi?” Rigel piroettò su se stesso, fermandosi a guardare i due amici. Scorpius alzò un sopracciglio, scrutandolo disgustato, per poi ritornare a fissare la Gazzetta del Profeta, che aveva catturato, apparentemente la sua attenzione. In realtà aveva smesso da un pezzo di leggerlo, ma non aveva voglia di ritrovarsi a fissare quello sguardo soddisfatto, che gli ricordava la succulenta vittoria che Rigel aveva ottenuto un mese prima, mese che aveva spazzato via gli anni in cui Scorpius aveva cercato un approccio, sbagliato, con Rose.

Ignorarla del tutto non poteva essere considerato un reale approccio, ma molte volte, aveva accennato verso di lei qualche sguardo, che forse, non era mai stato percepito. Anni di menzogne, per essere poi bruciata da un attimo, in cui le intenzioni, sognate, erano state manifestate apertamente , ma non da lui.

Rigel aveva fatto ciò che lui non avrebbe mai fatto, per orgoglio, o semplicemente per stupidità, che frenava ogni sua azione. Baciare Rose Weasley aveva tormentato la mente per anni, e ancora adesso quel tormento era vivo in lui, ma adesso era tardi, il suo tempo era scaduto, adesso c’era Rigel, più veloce, più intelligente, più sicuro di se e dei suoi sentimenti.

“ Rose Weasley ti ha spappolato il cervello” Scorpius alzò di scatto il capo alle parole di Derek, che pronunciò sorridendo, divertito, schernendo i sentimenti di Rigel, che stava manifestando con quel fischiettare, con quell’ammirarsi nello specchio, congratulandosi con se stesso per la vittoria conseguita.

“Parlò quello che sta preparando una serata speciale per la sua ragazza speciale” Rigel lo scarnì a sua volta, imitando una voce stridula. Derek sorrise, e ritornò ad occuparsi dei suoi affari.

“Adesso si dice cosi per una scopata?” L’intervento di Scorpius rovinò l’allegria di Rigel e la concentrazione di Derek. Doveva difendersi in qualche modo. Non poteva sopportare di vedere gli amici ridotti in tale stato, stupiditi da qualche bacio o carezza di quelle due ragazzette, che erano sempre state d’avanti ai loro nasi, e che solo allora avevano acquisito interesse.

“Credi che stia facendo tutto questo solo per scoparmi Lily?” Derek sentì una rabbia invadergli il corpo.

Quelle parole poco gradite non poteva riferirsi alla sua Lily. Voleva onorarla, apprezzare la sua bellezza, renderle omaggio, con una serata dedicata solo a loro due. Tutto quel romanticismo lo aveva scoperto con lei, e non glielo avrebbe negato.

Quella sera sarebbe stata la miglior sera, e avrebbe donato a Lily un nuovo sorriso, che ci fosse stata o meno la cosi detta scopata , appena pronunciata da Scorpius.

“ Vuoi negare che non sia cosi?” Scorpius abbandonò del tutto il finto interesse riservato al giornale, per rivolgersi ai due amici, che piano stavano cambiando sotto i propri occhi. Derek intenzionato a dar vita ad una serata che avrebbe reso una ragazza felice, senza chiedere in cambio nulla, e Rigel che danzava e fischiettava per la stanza.

Non poteva guardare e non agire. Avrebbe fatto aprire gli occhi ad entrambi, e li avrebbe fatti ritornare quelli di un tempo, quelli di un mese prima.

“ Non ascoltare le parole di quest’idiota dal cuore arido” Rigel intervenne, scacciando via quelle accuse insensibili con un movimento distratto della mano. Si indirizzò verso il camino, e si versò un buon bicchiere di wiski incendiario, lasciato sul marmo del camino, che buttò giù in un solo sorso. Strizzò gli occhi, per la gola infiammata, e si accese una malsana sigaretta, che aveva iniziato ad amare e dipendere grazie a Dominique e allo stesso Scorpius.

“ Dal cuore arido? Ma che cazzo dici? Lo ascolti? Sembra una checca schifosa! “ Scorpius cercò appoggio da Derek, ma ebbe come risposta la completa e totale indifferenza .

“Checca schifosa un cazzo! Scorpius parli come se nella vita potessimo solo cercare scopate di una notte! “aspirò un’altra manciata di fumo, che fu gettata in direzione di Scorpius,incredulo di quelle parole.

Stava parlando la stessa persona che non faceva altro da quando aveva scoperto il sesso? Stava parlando con quell’amico, che gli aveva sempre procurato incontri che avevano fine nel momento in cui ogni interesse di tipo sessuale svaniva, per poi dimenticare viso e nome?

Era lo stesso Rigel Dolov che si stava riferendo a lui? Non riusciva a riconoscere l’amico dietro a quelle ramanzine idiote e da ragazzo cotto a puntino.

“Non abbiamo fatto altro per una vita intera! Vi state rammollendo per due ragazzine . Da quando Rose Weasley ha iniziato ad interessarti?” quella domanda sorse spontanea e una nota di rabbia potè essere percepita, e non solo da Rigel. Derek alzò appena lo sguardo, in attesa di assistere ad un litigio epico, con risuoni di insulti e forse anche qualche pugno soddisfacente, che avrebbe messo in chiaro molte cose.

“Da quando ho capito che il suo tentativo di farsi notare da te è andato in fumo” Rigel gettò fuori una nuova manciata di fumo. Sapeva che quelle parole si sarebbero presentata a suo discapito, ma Scorpius continuava a tenere gli occhi serrati su ciò che era sempre stato chiaro a tutti, tranne che a lui.

“Derek quando può essere datata l’epica cotta di Rose per questo idiota?” Rigel intercettò lo sguardo di Derek che rimase per un attimo sbigottito .

Perché rischiare in quel modo? Se Scorpius avesse preso coscienza del fatto che Rose era sempre stata innamorata di lui avrebbe potuto agire in modo meschino, avrebbe potuto approfittarne per soggiogarla e quindi per sottrarla dalle braccia dell’amico, che ormai l’adorava quasi fosse una dea, e quindi farlo soffrire e vincere schifosamente, ma comunque vincere all’eterna lotta che incorreva tra i giovani maschi da tempo immemorabile.

“Ehm… sei anni credo” rispose incerto, per poi ritornare al suo programma.

Scorpius spostò lo sguardo nuovamente su Rigel, che sorrideva appena.

“Credo che tutto sia iniziato al primo anno, quando sul treno le offristi …cos’era?”

“Succo di zucca” ricordò quel gesto cosi stupido, fatto solo per apparire in buona luce d’avanti a Dominique, l’unica del gruppo dei Potter/Weasley ad aver attirato la sua attenzione. Non l’aveva nemmeno sfiorata con lo sguardo, lo aveva fatto con tale distrazione che lo aveva indotto a dimenticare quell’accaduto di poco peso.

Eppure adesso Rigel gli stava rivelando che quel gesto era stato l’inizio di qualcosa che non aveva trovato fine, di qualcosa che con il tempo era stato corrisposto, ma in segreto, entrambi ignari di ciò che provavano.

“ Si, ma adesso, hai perso la tua occasione! Le ho fatto dimenticare completamente Scorpius Hyperion Malfoy” Rigel non era molto convinto delle sue parole, eppure la speranza che fossero reali si annidò dentro di lui.

Spense la sigaretta ancora intatta ,sul marmo che ricopriva l’elegante camino, e sistemandosi al meglio si diresse alla porta.

“Ci vediamo più tardi “ sussurrò appena, lasciando che le sue parole potessero provocare l’effetto indesiderato.

Aveva fatto uno sbaglio, lo sapeva, come sapeva che adesso Scorpius non avrebbe lasciato correre , ma avrebbe agito. Rigel lo aveva fatto per sfidare la sorte, per dimostrare a se stesso, che forse , sarebbe riuscito ad appagare quell’assenza, di sostituire quella figura, che per molto tempo aveva tormentato i pensieri di Rose.

Sperò di aver cancellato del tutto Scorpius dal suo cuore, o se un tempo tanto breve , come un mese non era stato in grado, ci sarebbe riuscito il tempo.

Rose meritava di essere felice, era straordinaria e quel sorriso non poteva essere nascosto.

Scorpius forse poteva essere il suo primo amore, ma lui sarebbe stato colui che l’avrebbe fatta sorridere. Si sentiva uno sciocco mentre pensava a ciò. Aveva sempre considerato l’amore inesistente, o poco importante, soprattutto per un ragazzo di successo come lui, eppure adesso, per un bacio dato per puro istinto, per qualche ora trascorsa a parlare, sentiva che ormai non né poteva fare più a meno di quel sentimento provato una sola volta, con lei. Rose.

Non si accorse di essere uscito fuori la sala comune e di aver imboccato il corridoio che lo avrebbe portato alla torre di Corvonero. Rose era divenuta come una calamita. Lo trascinava nella sua direzione, prendendolo per il cuore, e costringendola, con delicatezza e grazia a farsi seguire senza ribattere.

 

 

Scorpius fissava ancora il punto in cui, poco prima c’era stato Rigel , riportando alla mente quella rivelazione che lo aveva spiazzato. Derek era silenzioso, stava armeggiando con qualcosa, e non si accorse dello sguardo spaesato dell’amico, che si perse nei suoi pensieri.

Per anni aveva ignorato Rose, temendo di non essere all’altezza, temendo di farla soffrire, per la sua incoscienza e immaturità, per la sua natura malefica, che non avrebbe mai evitato. Credendo che rivelarle ciò che provava lo avrebbe fatto apparire sciocco.

Eppure adesso sapeva che quel tentativo doveva essere fatto, quel rischio doveva essere colto. Il gesto di Rigel lo avrebbe dovuto fare lui, senza pensare troppo, lasciando all’istinto la forza di parlare per lui, al cuore la possibilità di urlare, e di dare a Rose ciò che lei aveva sempre cercato e che lui aveva sempre desiderato donarle. Aveva lasciato che le scivolasse dalle mani, e aveva porto il posto al suo migliore amico.

Non poteva agire, sapendo di ferirlo, sapendo di compiere un colpo basso. Eppure una nuova consapevolezza sorse in lui. L’avrebbe lasciata scegliere. Avrebbe lasciato a lei il compito di decidere con chi stare a chi donare il suo cuore, che per anni aveva donato l’esclusività solo a lui.

Avrebbe deciso Rose, avrebbe seguito il suo cuore.

Per anni era rimasto cieco, aveva riposato, si era perso nella convinzione, ma adesso aveva ritrovato la strada e la consapevolezza, e una seconda possibilità, che non avrebbe sprecato.

 

***

 

 

Dominique Weasley aveva scoperto una parte di se, che non avrebbe mai pensato di possedere. La sua bellezza, la sua arroganza, il suo modo sicuro di affrontare ogni cosa, l’aveva sempre condotta a ritenersi una ragazza dal cuore freddo , incapace di battere e amare.

Perché lei non aveva mai amato, e aveva ripromesso a se stessa, e alle sue fedeli confidenti, che ciò non sarebbe mai accaduto. Non si sarebbe mai resa schiava del suo cuore, perché non gli avrebbe mai dato adito a parlare per lei. Ma ritrovarsi in un bagno , freddo, umido, puzzolente, ad accarezzare dolcemente il viso del ragazzo di cui si era invaghita, aveva calpestato ogni suo credo, ogni sua convinzione, aveva calpestato anche la sicurezza che ciò non sarebbe mai accaduto.

Dominique Weasley aveva scoperto di poter amare, e amava magnificamente. Donava tutta se stessa, distruggendosi, annullandosi, mentendo e pronta ad affrontare la propria famiglia.

Dominique aveva scoperto di amare James Sirius Potter, di non poter far a meno dei suoi occhi, di quel viso sottile e incavato, di quei capelli, sempre in disordine, che gli donava un aspetto ribelle, indomabile, in netto contrasto con il viso, che poggiato sulle sue gambe, si donava alla tranquillità e alla dolcezza che quelle mani gli donavano.

Erano rinchiusi in quel bagno da diverse ore ormai, ma con chiudere quella porta, avevano gettato ogni cosa fuori. Il mondo, i pregiudizi, la rabbia, la frustrazione, la consapevolezza di non poter stare insieme, ma la convinzione di non desiderare altro che quei momenti, silenziosi ma colmi di quell’amore, che Dominique Weasley non aveva mai minimamente pensato potesse provare.

“Ti sei calmato adesso?” La voce sottile di Dominique rimbombò di una dolcezza infinita. James aprì debolmente gli occhi, per ammirare il suo viso. Era perfetto, limpido, semplice e unico. Adorava i suoi grandi occhi azzurri, vivi, che lo facevano star bene in ogni momento, quegli occhi, che sembravano essere stati ritagliati dal cielo, erano due pezzi di paradiso.

Erano il suo paradiso.

“Non proprio…devo ancora abituarmi a vederli. E forse, non ci riuscirò mai” ammise lui, non interrompendo quello spettacolo, che divenne ancora più interessante, quando sul viso, si dipinse un sorriso dolce e amorevole.

“James , esageri. Sono carinissimi insieme. Sono perfetti. Inoltre Lily se lo merita…soprattutto dopo ….” Dominique si morse la lingua in tempo. Fermò il lungo e dolce sfiorargli il capo, e chiuse gli occhi, maledicendo quell’amore che le faceva dimenticare di passare al vaglio della testa e della coscienza le parole, prima di pronunciarle apertamente. James corrugò la fronte, in attesa che quella frase giungesse a termine.

Ma quel termine non arrivò.

“Dopo cosa?” James alzò il capo , e si posizionò di fronte a lei, curioso di conoscere il continuo di quella frase. Dominique riaprì gli occhi, pregando allo spirito di Salazar di venirle in aiuto e aiutarla a trovare una scusa che potesse salvarla da quell’errore che avrebbe potuto mettere in pericolo la vita di molti, soprattutto la sua, quella di Lily e quella del giovane professore.

“Dopo tutto lo stress che questo luogo ci riversa” abbozzò un sorriso, che non apparì convincente nemmeno a lei stessa. James la scrutò, come in cerca di un qualcosa che potesse tradirla, senza contare di aver a che fare con una degna Serpeverde, ingannatrice e furba. Il sorriso falso, plastificato, fu sostituito piano dal suo solito.

Sincero, gioioso , brillante, che provocò a James la stessa e piacevole sensazione di gioia inspiegabile.

“James, non sono certo venuta qui per parlare di Lily. Abbiamcosi poco tempo per noi. Siamo sempre in fuga, e non voglio sprecare minuti preziosi con stupide parole” aggiunse lei, sperando di riportare l’attenzione del ragazzo ad altro, e non a quelle parole , dette senza pensare.

Le sottili braccia furono gettate al collo del Grifondoro, che parve dimenticare i sospetti nutriti fino a pochi attimi prima. La forza della seduzione era imbattibile. I baci dolci, morbidi. Le carezze raffinate e delicate, affievolirono , nella mente di Potter , ogni ricordo, pensiero o notizia rivolto alla sua sorellina.

Sentì quelle labbra divenire sempre più fameliche, sentì le carezze divenire bramose e desiderose. Il profumo lo investì con violenza seducente, e la ragione e la mente si oscurarono del tutto. Erano rimasti solo loro due, che piano, con sempre più desiderio, divenirono una cosa sola.

Aggrappandosi, mordendosi, graffiandosi e amandosi con passione. Divenne tutto superfluo, tutto sparì. L’unica cosa che rimase , furono i loro occhi, che si guardavano con dolcezza e amore, dimenticando cosa fosse giusto o sbagliato. Dimenticando tutto il resto, ricordandosi solo di loro due. Il luogo si riempì dei loro sospiri, delle loro risa divertite, delle loro promesse, sussurrate a fior di labbra.

Si riempì del loro odore, che si mischiò , esattamente come le loro anime, come le loro ossa, esattamente come le loro essenze.

“Voglio amarti alla luce del sole” ormai ripeteva quelle parole ogni volta , come per convincerla , come se temesse che le sue intenzioni fossero solo dolci bugie.

Dominique annuì con il capo, incapace di parlare.

“Te lo prometto Domi, ti amerò alla luce del sole” ripetè ancora quella promessa, e Dominque volle crederci, si sforzò di farlo, combattè con la sua coscienza, con il suo spirito forte, che le comunicava che quell’amore non avrebbe mai visto la luce, perché non sarebbe stato mai accettato.

La sua coscienza lo ammetteva, lo urlava, ma quell’amore scoperto, in un giorno a caso di settembre, urlò più forte, facendole credere a quella bugia, sussurrata con passione.

 

***

 

Sentiva dei passi alle sue spalle; calibrati, lenti e sicuri: riconosceva, anche solo dal ticchettio delle scarpe, la camminata di Ted.

Ted, Ted, Ted.

Era un'ossessione, una ferita e un fantasma del passato che ritornava costantemente, nonostante lei guardasse avanti, pronta al futuro.

"Mi dici cosa diavolo vuoi?" lo aveva sbottato con voce stridula, girandosi di scatto e arrestando il passo. I capelli di Ted erano flosci e ricadevano sulla fronte, coprendo gli occhi marroni; era pallido e l'aspetto trasandato: non c'era ombra del suo sorriso. Non c'era ombra di quel sole che le illuminava le giornate.

"E' tardi, Lily, dove stai andando?" sussurrò con voce roca, guardandola tristemente negli occhi. Per lui era stata una stilettata scoprire che, pochi giorni dopo il loro litigio, lo aveva già rimpiazzato; certo, avevano stabilito il loro un rapporto di "letto", ma vedere il suo disinteresse lo aveva ferito così in profondità da fargli perdere il sorriso.

E la voglia di vivere.

"Questi non sono affari tuoi" velenosa, stronza, quel tono non le si addiceva. Ted la raggiunse, sbattendo ripetutamente le palpebre nel vederla evitare il suo sguardo.

"Sono un tuo professore... certo che sono affari miei" ribatté, aggrottando le sopracciglia. Lily sogghignò amara, alzando gli occhi verso il soffitto di pietra; erano al terzo piano e in quel momento l'unica cosa che sentiva accarezzarle la pelle fu la delusione.

Lui non era geloso; Ted non era preoccupato oppure arrabbiato che stesse andando con un altro, era lì solo in veste di un suo professore.

"Beh, quando scopavamo non mi sembravi tanto professionale" sputò, con odio, Lily; sentirono dei passi in lontananza che si arrestarono subito dopo, probabilmente qualche studente in fuga che, sentendo le voci, aveva cambiato direzione per non incappare in qualche guaio.

"Questi termini non si addicono a quello che condividevamo, Lily" la riprese Ted, scurtandola con rabbia.

"Oh, mi scusi Lord, non volevo di certo offendere la sua sensibilità. Riformulo la frase: non mi sembravi così professionale quando condividevamo il letto e grugnivi come un maiale" rise, anche se non era assolutamente vero. Quelli di Ted erano sempre e solo stati dolci sussurri e sospiri, che, in un modo che lui nemmeno immaginava, erano capaci di infiammarle la pelle.

"Va tutto bene?" la voce di Derek li raggiunse e Ted si allontanò da lei. I due ragazzi si squadrarono con rabbia, sfidandosi con lo sguardo come due galli nel pollaio.

Uno era di troppo.

"Sì, tesoro" Lily si riprese in tempo e afferrò Derek per un braccio, mentre Ted piegava la bocca in un sorriso lascivo.

"Farò finta di non avervi visto... infondo, Lily, ti devo parecchi favori. Buonanotte" disse prima di fare dietro-front e rimanere imbambolati i due ragazzi al terzo piano.

 

"Derek..." iniziò Lily, ma lui la interruppe con un verso disgustato. La superò, avviandosi alla parte opposta di Ted, e Lily decise di farlo sbollire, seguendolo silenziosamente.

I suoi passi pesanti erano quasi un avvertimento che, in un modo o nell'altro, per amor suo e amor proprio, Lily non aveva voluto ascoltare.

Non era la fiducia che nutriva nei suoi confronti a non intimidirla ed assicurarla che tutto sarebbe andato bene, ma il modo in cui gli uomini della sua vita l'avevano sempre trattata; James, nonostante fosse così rude, fin da piccola l'aveva presa tra le sue braccia e difesa da qualsiasi male.

Albus, così fragile di statura e sensibile di cuore, aveva saputo difenderla a spada tratta quando ce n'era stato bisogno, come suo padre, che l'aveva trattata come una principessa, come l'unica donna della sua vita, da difendere a costo della vita. Ed infine Ted.

Il cuore le si bloccò per un millesimo di secondo quando il suo pensiero corse a lui, che era sempre stato presente, che in un modo o nell'altro era sempre stato lì. Da bambina, a cullarla quando gli incubi l'assalivano. L'aveva difesa come un fratello, un padre, ed era sempre stato lì a rassicurarla, a dirgli che sarebbe andato sempre tutto bene.

Ted l'aveva sempre stretta in un abbraccio che sapeva di casa e amore, e nonostante le sue parole, da anni, la ferissero sempre di più, poco dopo l'aveva ri-stretta in quell'abbraccio. Le mancava, come l'aria.

Con un sospirò guardò la schiena di Derek, che rigido camminava tra i corridoi di Hogwarts senza nemmeno guardarsi indietro; l'aveva seguito silenziosamente, credendo così di riuscire a far sbollire la sua rabbia, senza nemmeno riuscire ad immaginare che lui fosse capace di farle del male; con le sue mani, in quel mese, era solo stato capace di accarezzarla e farla sentire bene.

Non era riuscito a cancellare definitivamente Ted, quello mai, ma era stato un ottimo sostituto. Eppure Lily sapeva che niente dura per sempre, che le persone nascondono sempre un lato "nascosto", celato agli occhi di tutti, capace di venire a galla quando meno lo si aspetta.

Capace di ferire letalmente.

"Vattene via" Derek aveva sibilato quelle parole con così tanta rabbia e con una voce così sottile che, appena il loro significato penetrò fin sotto la sua pelle, Lily sobbalzò. Derek si era girato di scatto e la fissava con i pugni serrati e gli occhi socchiusi.

"Derek?" mormorò Lily, guardandolo con gli occhi sgranati. Non la ascoltò e tantomeno risposte; furiosamente si scompigliò i capelli, guardando con rabbia il soffitto di pietra grezza.

"Derek!" urlò Lily quando vide il pugno del ragazzo colpire con una violenza inaudita il muro alla sua destra. Indietreggiò, toccandosi il petto con la mano tremante; sentiva il cuore battere così velocemente che per un attimo temette di vederlo romperle lo sterno e balzarle fuori dal petto.

"Ci sei stata insieme?" quelle parole gli avevano graffiato la gola, ed erano rimbalzate tra quelle mura come un antico eco.

"Dere..." cominciò Lily, ma lui la interruppe con l'ennesimo pugno al muro.

"Ci sei stata insieme?" sillabò nuovamente, scadendo sillaba dopo sillaba con una lentezza esasperante.

"Sì" Lo sguardo di Derek divenne cupo, scuro, e in un attimo, con quegli occhi, cancellò quello che avevano passato insieme.

"Che ci hai fatto?" domandò, duro. Lily alzò il mento, stringendo i pugni e guardandolo con astio.

"Questi non sono affari tuoi, Derek, nemmeno mi calcolavi quando stavo con Teddy!" sibilò Lily, e in un attimo si ritrovò il viso di Derek a pochi centimetri dal proprio.

"Che ci hai fatto?" e questa volta lo sussurrò piano, stringendo lentamente le dita attorno la sua gola.

"Derek..." mormorò con voce strozzata, mentre lui continuava a strigere la presa e farle mancare il fiato.

"Che diavolo ci hai fatto?" sembrava una stupida nenia che si ripeteva all'infinito. Le stava facendo male, ma scalciare era del tutto inutile con lui; era troppo grande, e se prima la sua statura le dava sicurezza, ora le incuteva timore.

"E' stato il mio primo... ragazzo" disse, distogliendo lo sguardo.

La mano di Derek salì lentamente, accarezzando il mento e arrivando sulla guancia.

"'Fanculo, Lily" sussurrò, allontanandola con uno strattone.

"Sei impazzito?" urlò Lily, afferrandolo per un polso mentre lui le dava le spalle per andarsene.

"Non toccarmi!" strillò Derek, colpendola dritto sulla guancia. Lo sguardo di Lily si abbagliò per un millesimo di secondo, e mentre il dolore alla gota diventava sempre più intenso, quello alla testa divenne un intenso martellare.

"Derek..." gemette, accasciandosi su sé stessa e sbattendo velocemente le palpebre. Quando la luce non le ferì più lo sguardo, spostò gli occhi su Derek, che si era inginocchiata ai suoi piedi.

Lo vide mordersi con prepotenza le labbra e appoggiare il capo sulla sua spalla, per poi scoppiare miseramente a piangere.

"Lily, Lily... mi dispiace" lo sentì sussurrare, stringendosela al petto.

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Capitolo 10
*** Nono capitolo ***


Nono capitolo

 

 

 

 

 

 

 

Svegliarsi quella mattina non fu facile, come non era stato negli ultimi tempi. Le varie consapevolezze erano vive e dolorose nella sua mente, ma il dovere lo chiamava a gran voce.

Guardava il soffitto con aria spaesata e stanca, mentre i colori della stanza risultavano opachi per la poca luce proveniente dalla finestra, coperta da sottili tende.

Aveva la gola dolorante, come la testa che sembrava scoppiasse di quel dolore che rendeva i muscoli rigidi, immobili.

Quella notte era trascorso troppo velocemente, sottraendolo dai suoi sogni, quelli che gli regalavano ancora deboli sorrisi, che cancellavano dalla sua mente ciò che era accaduto negli ultimi tempi. Per Teddy non era facile spiegare al suo cuore che ormai Lily era lontana e non era facile nemmeno spiegare a se stesso che il suo sorriso, la sua allegria e lei stessa non gli appartenevano più.

E la colpa non poteva che essere sua. Maledette colpe che gli facevano odiare se stesso e quel suo essere stato troppo impulsivo.

Lui, un ex Tassorosso pacato, calmo e disponibile, aveva cacciato fuori quel suo maledetto temperamento nel peggior momento, quando lei aveva avuto bisogno di dimostrazioni, chiare, vere. Ted era scoppiato come un vulcano, cacciando via parole che non aveva mai realmente pensato.

Se solo avesse avuto occasione di parlarle ogni cosa, forse, sarebbe ritornata come prima; ma lei oramai era distante, scostante e sempre accanto al giovane Zabini, che sembrava avere su di lei un potere ipnotizzante. Lily sembrava del tutto stregata da quel ragazzo, e mai, una sola volta, lei aveva rialzato nuovamente lo sguardo verso di lui, per illuderlo.

Magari fosse stato illuso, avrebbe vissuto in quella dolce illusione di rivederla nuovamente accanto a lui, di riaverla nuovamente sua.

Si alzò dal letto e con fatica si diresse al bagno. Lasciò scivolare gli abiti sul pavimento e si gettò sotto il getto d’acqua calda che liberò; appoggiò la fronte alle piastrelle umide della cabina e lasciò che l’acqua scivolasse piano su di lui, sperando che quel tocco caldo potesse dargli sollievo a quel dolore insopportabile.

Rivedeva Lily ovunque, sentiva il suo profumo su di lui, sentiva le sue risa riecchiegiare nella mente; non aveva mai sofferto tanto, non aveva mai sentito tanto dolore squarciargli il petto, prendere a pugni il cuore.

Sentiva il tremore alle mani, sentiva il bisogno di urlare e di permettere a quelle lacrime salate di mischiarsi all’acqua che scorreva dal viso, ma riuscì solo a interrompere il getto d’acqua e indossare quegli abiti che improvvisamente gli sembravano stretti, scomodi.

Non aveva senso rimanere lì; lui adorava insegnare, rivivere il sogno di quel padre mai conosciuto e risentirlo vicino come mai, come se lo guidasse in quella strada tortuosa, ma soddisfacente.

Adorava Hogwarts e adorava stare accanto a Lily e sentiva che adesso tutto ciò non aveva nessun senso; forse perché lei era andata via da lui, gli era scivolata tra le mani, lasciandolo solo, forse perché ora quasi niente lo emozionava, facendolo sentire vivo e nuovo.

 Guardò il suo riflesso che ricambiò lo sguardo spento e cupo. Guardò i capelli neri afflosciarsi sul viso e il viso fermo, immobile, privo di espressione.

Arrotolò le maniche della camicia,e lasciò che la cravatta non stringesse troppo, Agguantò la valigetta e, preparando il suo cuore, si incamminò verso l’aula che avrebbe condiviso con Lily.

Ogni passo era lento, forzato, non riusciva a notare chi fosse a passargli accanto o a distinguere le voci. Non riusciva a valutare che strada stesse prendendo o se fosse quella giusta. Camminava come un automa, lasciando la libertà ai piedi di guidarlo.

La sua mente era altrove, lontano da quel luogo, distaccata completamente da sé. Si ritrovò a guardare la porta in legno, e con mani tremanti la spinse, rivelando al suo sguardo la stanza occupata da giovani in attesa.

“Buon giorno ragazzi” il tono era atono e piatto e nemmeno ascoltò la risposta dei suoi studenti.

Forse i loro sguardi non notarono come i capelli erano mutati, come lo sguardo fosse cambiato. Forse loro non lo avrebbero mai notato, troppo occupati a pensare alla loro vita di semplici studenti, la lor vita al di fuori di quell’aula, ma lei doveva notarlo, perché prima di allora la sua vita era stata con lui.

Non era mai stata divisa, separata, lui era stata la sua vita, come lo era lei; la differenza era che adesso Lily ne parlava al passato, mentre Teddy continuava a rivolgersi a quel ricordo come se non fosse tale, come se ancora adesso i loro sguardi si sarebbero incrociati e resi complici, come se ancora adesso quel suo sorriso sarebbe apparso improvvisamente, facendogli perdere il filo del discorso, facendogli dimenticare ogni cosa.

Si voltò forzatamente verso la classe e gli occhi, automaticamente, si spostarono su di lei, che sedeva a gambe accavallate al solito posto. I capelli le ricadevano flosci sul viso, nascondendolo alla sua vista. Quanto desiderio c'era di scostarglieli e fissarla intensamente, godendosi quello spettacolo che per molto era stato riservato solo a lui? Troppo, ma il viso di Lily era fermo e immobile sul libro aperto.

Poteva intravedere la matita tenuta tra le morbide labbra e gli occhi spostarsi velocemente su ogni parola, scorrendo con interesse. Rimase a fissarla troppo a lungo, rischiando di rovinare quel suo segreto.

“Professore, c’è qualcosa che non va?” quella domanda sembrò riportare ogni suono al posto giusto; sembrò ridonargli l’udito, la vista e la coscienza.

Quella voce sembrò strapparlo da un involucro isolato e così Teddy si ritrovò a scuotere il capo per rivolgersi a Margareth Robinson, Serpeverde, sorridendole timidamente.

“Oh, no Maragareth. Ero sovrappensiero” si voltò di scatto verso la scrivania e sospirando pesantemente tirò fuori il pesante tomo di Difese Contro le Arti Oscure, mentre impacciatamente cercò di ricordare la lezione preparata la sera prima.

Aveva avuto difficoltà anche nel farlo, non completandola del tutto.

“Ragazzi, girate a pagina 789…” la pagina fu scelta a caso e nuovamente la mano di Margareth Robinson scattò in alto.

“Si, Margareth” Teddy le diede parola e la studentessa, un po’ intimidita e incerta, parlò. “Professore, la settimana scorsa ci ha spiegato la differenza tra uno spettro e un infero… mentre adesso parliamo gia di Patronus. Cred-credo che sia presto…” Teddy abbassò lo sguardo, e di malavoglia dovette ammettere che la giovane studentessa aveva ragione.

Aveva saltato una serie di argomenti. Chiuse gli occhi con rassegnazione e gettando la spugna, chiuse con un tonfo il grosso libro.

Non poteva continuare così; stava mettendo a rischio non solo la sua carriera di docente, ma la conoscenza che avrebbe dovuto impartire ai suoi studenti, alle loro menti ancora spoglie.

“Ragazzi, oggi la lezione è terminata. Scusatemi.” non sapeva come giustificare tutto ciò.

Le parole erano ferme in gola, incapaci di uscire, mentre la sua attenzione era gettata solo su di lei, che più di tutti, in quel luogo, rimase sorpresa nel ricevere quella notizia.

Lily lo vide prendere la sua roba e fuggire, letteralmente, dalla classe, senza lasciare ai suoi studenti il beneficio di sapere perché non ci fosse lezione quella mattina. Lo vide catapultarsi fuori la stanza e chiudere con un tonfo la porta.

Un gran vociferare si alzò nell’aula, mischiandosi alle risa di gioia degli studenti. Quelle risa e quelle voci che sembrarono coprire del tutto lo strisciare di sedia e i passi affrettati di Lily, che, come Teddy, si catapultò fuori l’aula.

Lily spostò lo sguardo da una parte all’altra del corridoio, incontrando solo visi sconosciuti. Non vide il suo, non vide Teddy, e sentì una morsa stringergli lo stomaco. Seguirlo cosa avrebbe cambiato? Chiedergli cosa avesse, chiedergli perché fosse triste, perché non emanasse più la sua grinta, la sua gioia, a cosa l’avrebbe condotta? A nulla, se non, forse, ad altra sofferenza e altro dolore.

Si portò una ciocca dietro l’orecchio e strinse più volte gli occhi, privando alle lacrime di scivolare giù; stesse lacrime che venivano versate fin troppo spesso negli ultimi tempi e lei era stanca. Sentiva il corpo stanco, il cuore e la sua stessa anima arrancare.

Quel fuoco che ardeva dentro sembrava esserle stato spento e in lei mancava anche la semplice voglia di respirare. Soffiò stancamente e con passo frettoloso si diresse verso il terzo piano, aveva bisogno di silenzio.

Forse quel silenzio avrebbe permesso a l’urlo dei pensieri e dei propri rimpianti di rimbombare nella sua mente; camminava in modo sconclusionato, come se non ce la facesse, come se quei gesti semplici e automatici le richiedessero un certo sforzo; saliva le scale ad un passetto alla volta e si guardava attorno come se avesse paura che qualcuno la vedesse, come se avesse paura che qualcuno la seguisse.

Arrivata dinnanzi al bagno di Mirtilla Malcontenta si chiuse la porta alle spalle con un tonfo, appoggiandosi stancamente ad essa. Il bagno del terzo piano era completamente vuoto e silenzioso. Il gocciolio dei rubinetti rimasti aperti davano un atmosfera cupa a quel luogo e Lily rabbrividì.

Erano assenti anche i pianti e i lamenti di Mirtilla, il fantasma che lo infestava e che rendeva quel posto ancora più lugrube e da tenere alla larga. Rimase incollata alla porta ancora per un po’, tremante.

Aveva il cuore in fibrillazione, cosa che le capitava ogni volta che Teddy era nei paraggi. Le gambe erano tremanti, e la nausea si mischiava ai sensi di colpa. Amava ancora Teddy, sentiva ancora lui nel suo cuore, portava ancora il suo nome stampato sulla pelle, nell’anima, ovunque.

Il suo corpo richiamava il suo passaggi e il suo cuore lo reclamava. Stare con Derek aveva solo anestetizzato il dolore che l’assenza di Teddy aveva portato. Derek era una distrazione, un modo per gettare via i ricordi che richiamavo Teddy, ma non era servito a nulla.

Fingere e negare l’evidenza aveva solo portato altro dolore. Si diresse verso il lavandino e appoggiò tutto il peso su di esso, scaricò tutta la rabbia stringendo la porcellana fredda e umida, cercando di trattenere le lacrime. Alzò appena lo sguardo e ciò che incontrò fu la prova che i suoi sbagli erano chiari e vivi sulla sua pelle.

Lily Luna Potter era sparita sotto quella maschera pallida e dolorosa che indossava senza volere. La sua bellezza, che molti avevano paragonato a quella della dolce e tenace Lily Evans, sembrava essere sfiorita, sparita, sottratta. Gli occhi non erano più lucenti e vivi, esattamente come lei, che non era più forte come una volta.

Non sentiva quella forza, non più.

Lily, oramai, sentiva solo un gran peso gravare su di se e tanto dolore accompagnare la sua misera esistenza. Le labbra piene erano tremanti e leggermente spaccate, come se qualcuno le avesse morse con troppa forza o colpite, e profonde occhiaie le falciavano il viso, rendendo il suo incarnato pallido malaticcio.

Tutta la sua beltà le era stata strappata con violenza, rabbia.

Lily si scostò piano i lunghi capelli scarlatti, scoprendo il collo sottile e ricoperto di violacei lividi. Anche l’orecchio sinistro aveva cambiato del tutto colore. Sembrava essere passata sotto un tritacarne che non aveva lasciato scampo al suo corpicino da adolescente.

La gelosia, l’aggressiva e malsana gelosia di Derek era viva su di lei, come marchi indelebili che probabilmente non sarebbero andati più via.

Quei segni erano la prova di quanto lui la ritenesse proprietà privata e di quanto non riuscisse a trattenersi quando la rabbia prendeva il sopravvento; erano la prova di quanto fosse debole e stupida da sottomettersi a qualcuno che la faceva male, costantemente, e che non riusciva a lasciare.

Paura o amore, questo non lo sapeva.

Accarezzò quei segni che ormai faceva difficoltà a tener segreti e sentì un dolore fastidioso che le ricordò che quella favola non era altro che un incubo, incubo al quale lei non poteva scampare. Fece scivolare le mani giù, fino a prendere i lembi della gonna e mostrare le gambe candide, anche esse colorate da lividi bluastri e violacei, testimonianza che i grandi occhi azzurri di Derek, il suo viso e le sue parole, non erano altro che una maschera indossata dal mostro che era in realtà.

La camicetta copriva l'addome colpito dai suoi calci e dalla sua furia; copriva il suo seno piccolo e il segno dei suoi morsi. Le maniche coprivano le sue braccia e quelle impronte vivide, come se lui la tenesse con troppa forza. Lily si alzava la mattina e riusciva a malapena a respirare.

Derek mostrava solo finzione alla luce del sole. Era un uomo diverso quando, per fatale caso, scorgeva in Lily una piccola distrazione che, sapeva, fosse causa solo del pensiero di Teddy che ancora governava la sua mente. Lily non riusciva a parlare quando le sue urla le si scaraventavano addosso.

Sembrava non aver forza quando quelle mani le si posavano sul corpo con troppa violenza. Quando i calci, i pugni che le riservava le facevano mancare il respiro. Questa era la conseguenza di aver mentito a se stessa e a lui. Questa era ciò che meritava per le sue bugie.

Alzò nuovamente il volto e si paralizzò all’istante quando gli occhi cristallini di Rose si scontrarono con quelli di Lily, riflessi nello specchio. Era entrata senza provocare il minimo rumore. Silenziosa come un gatto si era introdotta nel bagno, scoprendo quella realtà che Lily aveva cercato di tener nascosta a tutti i costi. Aveva ancora la mano poggiata alla porta, e muovendo, in modo sconnesso e privo di suono, le labbra, la chiuse con un tonfo.

Lily si voltò di scatto verso di lei, coprendo e offuscando le prove.

“Lily cosa…cosa è successo?” la voce forzatamente uscì dalle labbra di Rose, che con gli occhi sbarrati in un’espressione spaesata e incredula la fissava in cerca di risposte.

Lily abbassò il capo colpevole, senza proferir parola.

“Lily, maledizione, cosa hai combinato” Rose non le aveva mai urlato contro, non aveva mai perso la sua dolce pazienza, ma adesso ogni cosa sembrava diversa.

Perché ciò che era sempre stato non poteva rimanere tale? Perché  tutto doveva cambiare, rivoluzionando le loro vite? Rimpiangeva le estati spensierate trascorse a Villa Conchiglia ad immaginare il loro futuro, ma non preoccupandosene realmente.

I passi di Rose rimbombarono tra i muri del bagno e Lily, quando rialzò lo sguardo, si ritrovò faccia e faccia con lei e con la realtà.

Rose la prese per le spalle e senza che lei potesse impedirlo le scostò i capelli, dando prova a se stessa che ciò che aveva intravisto nello specchio non era stato un miraggio o uno scherzo della sua mente

“Lily… “ sussurrò delusa Rose.

Lily si scostò con rabbia, coprendo nuovamente quello scempio che le aveva rovinato il bel collo; quel collo che, sicuramente, Teddy non avrebbe mai reso tale. Quel collo che era stato baciato, accarezzato amorevolmente.

“Rose…sono caduta.” scusa banale, che non avrebbe mai ingannato l’arguzia di Rose.

“Si! Quando dormivi? O magari sei caduta e inciampata sul baule!...Lily cosa diamine è successo e soprattutto CHI è stato!” Rose tremava di rabbia, mentre le orecchie erano divenute paonazze.

Stava trattenendo a fatica la rabbia.

Lily martoriava le labbra con insistenza e stringeva con forza il ripiano del lavabo. Lasciò che le lacrime le scivolassero sul viso e sentì il bisogno di parlare con qualcuno. Sentì il bisogno di parlare con la sua Rose, di sfogare quel malessere che la uccideva, che le impediva di dormire e pensare lucidamente.

“Derek... ma mi ha promesso che non lo fa più, è davvero pentito” sussurrò Lily, e dirlo ad alta voce le provocò altro tormento.

Ammettere che il suo ragazzo, colui che mostrava di pendere dalle sue labbra, di vivere solo per renderla felice, in realtà nascondeva quell’anima aggressiva, brutale, senza scrupoli. Quell’anima che spariva nel momento in cui Lily era china su se stessa, mostrando la sua fragilità e lasciando la sua dignità altrove.

Rose si portò una mano alle labbra e non trattenne quelle lacrime, che si mischiarono con il dolore di vedere Lily ridotta in quel modo. La vedeva piccola e indifesa come non lo era mai stata. La vedeva sola e bisognosa di aiuto. La strinse in un profondo abbraccio e le accarezzò dolcemente i capelli, sperando di calmarla e non bevendosi una sola parola appena pronunciata.

“Lily devi lasciarlo...” Rose sussurrò appena, ma sembrò che il suo fosse stato un urlo, perché Lily sobbalzò e l’allontanò da lei.

La guardava con sguardo sbarratoe incredulo, come se le avesse appena chiesto di raggiungere la Luna in sella ad una scopa.

“Ha detto che non lo farà mai più... è capitato, è successo, ma non si ripeterà più. Sono stata io a farlo arrabbiare e lui si è difeso.” Lily non credeva alle sue parole, proprio come Rose, ma doveva dirlo. Doveva trovare una scusa che giustificasse quel comportamento.

“Lily, ma ti senti? Stai delirando! Cosa hai fatto per renderlo tanto furioso? Hai rubato qualche caramella dalla sua borsa? Gli hai ammazzato il gufo? Lily, Derek è violento e non posso e voglio accettare di vederti in questo stato. Non posso fingere di non sapere che è successo” Rose non poteva credere a ciò che stava vedendo: lei le stava offrendo una soluzione ovvia e lei la stava rifiutando, cercando di convincerla che un episodio, ripetutosi forse troppe volte, non si sarebbe ripetuto.

“Rose NO! Non è così! E ti prometto che non accadrà più. Però tu promettimi che non né farai parola con nessuno. Ti prego” Lily strinse le sue mani, implorandola, chiedendole clemenza e silenzio. Ma Rose non poteva, non poteva chiudere gli occhi di fronte a ciò.

Lily aveva bisogno di lei. Le aveva esplicitamente chiesto aiuto, le aveva chiesto di salvarla, altrimenti quella verità non sarebbe mai stata svelata.

“Lily non dirò nulla, ma tu promettimi che lo lascerai...” Rose era disposta a scendere a tale compromesso, solo in questo caso.

Se avesse avuto la conferma che il suo silenzio avesse permesso a Lily di lasciare quella strada tortuosa e sbagliata, lei avrebbe taciuto.

“Non posso, Derek ha bisogno di me” Le lacrime strozzarono le sue parole.

Si accasciò su se stessa e coprì il viso con le mani. Era combattuta, confusa. Voleva andar via da li, ma non voleva lasciare Derek, perché lui aveva bisogno di lei. Glielo ripeteva sempre, ogni volta che sapeva di aver sbagliato e rischiare di perderla.

Rose battè pesantemente un piede sul pavimento di pietra fredda e si gettò le mani nei capelli, incredula di tutto ciò. Non sapeva cosa fare, come agire. Guardò Lily e sentì un odio invaderle ogni fibra del corpo. Odiava Derek come non aveva mai odiato nessuno. Sentiva il bisogno di scaraventarsi su quel bastardo e fargli pentire di aver allungato le mani su Lily, di aver strappato da lei ogni traccia della ragazza che conosceva.

“Mi costringi a dirlo a James! Lo dirò a James e anche a Teddy” Indossare gli abiti della ricattatrice non era da lei, ma in quel momento era costretta a farlo.

Si sentiva in colpa, si sentiva un verme, ma doveva terrorizzarla e indurla, con la forza, a tagliare ogni rapporto con Derek. Lily balzò in piedi al nome di Teddy e tremava, balbettando terrorizzata. “No, Rose, te ne prego! Nessuno deve sapere niente! Ti prometto che lascerò Derek oggi stesso, ma tu non dire nulla…te ne prego”

Il cuore di Rose si sciolse di tenerezza: Lily era davvero disperata e fragile, come cristallo. Non poteva abbandonarla, doveva credere alle sue parole, doveva darle una possibilità. Le accarezzò il capo con fare amorevole, provando il suo stesso dolore, dolore visibile sul suo viso.

“Non parlerò, ma tu prometti che entro stasera questa storia sia conclusa. Derek non ti merita! Prometti” Lily annuì con il capo, raccogliendo le ultime lacrime.

Rose sorrise, sperando che quella questione si sarebbe concluse entro quella sera, sperando che quell’episodio sarebbe stato gettato via e dimenticato. Uscirono dal bagno, lasciando ogni cosa rinchiusa lì, in quel luogo freddo e gelido.

 

***

 

Albus guardò confuso il pacchetto di cioccorane che fu scaraventato sul tomo di Pozioni, aperto al tavolo dei Grifondoro. La Sala Grande era semivuota, occupata a chiazze da qualche studente ancora alle prese con i compiti di quella giornata.

Prese il pacchetto tra le mani e lo rigirò con fare pensieroso, fingendo di non aver notato la figura di Lysander accomodarsi al suo fianco. Rimase in silenzio a fissare il pacchetto bluastro, rigirandoselo più volte tra le mani e non trovando il coraggio di aprirlo e accettare quel semplice dono, che in quel momento stava assumendo un grande e profondo significato.

“Vengo in pace…” la sua voce era divertita, ma non si prendeva beffa di lui.

Aveva il solito tono sfacciato, il solito modo per dirgli di non scoppiare e parlare con tranquillità. Era passato quasi un mese da quando Al aveva deciso di chiudere con Lysander, da quando lui stesso aveva deciso di fingere e di nascondersi dietro la solita maschera.

“Una ciccorana non è un simbolo di pace…” rispose, rigettandola verso di lui.

Il ricordo di ciò che aveva visto, delle bugie che gli erano state riservate, era troppo amaro e un semplice dolciume non sarebbe servito a molto.

“Avevo pensato di mandarti uno stormo di Gufi, tutti con legati ad una zampa una cioccorana. Ma so che odi stare al centro dell’attenzione e quindi ho evitato” il tono di Lysander chiariva il suo dispiacere in ciò che aveva fatto e in ciò che non aveva osato fare. Chiariva il suo pentimento, nel essersi lasciato sfuggire la persona al quale teneva di più.

“Hai pensato bene e adesso per favore lasciami studiare” il tono di Al, invece, chiariva altro. Chiariva la sua voglia di rimanere solo e smettere di soffrire.

Si voltò con rabbia verso di lui, con sguardo rigido e vacuo; aveva le labbra serrate. La rabbia le teneva chiuse, ferme. Lysander non distolse lo sguardo da Al, ma rimase a fissarlo intensamente. Era deciso a non sbagliare più, e quella volta era quella giusta.

“ Ho parlato con Roxy, le ho spiegato tutto, e lei…ha accettato senza dire nulla, mi sono scusato con lei per averle mentito, ma mi ha perdonato. E adesso sono deciso a stare con te! Avevi ragione su tutto, sul fatto che sono stato nascosto e che se voglio stare con te devo mostrarmi senza vergogna. E lo voglio fare, adesso…ORA” Albus lo lasciò parlare senza interrompere, lasciò che il fiume di parole scorresse interrottamente.

Diede speranza a Lysander, che sorrise radioso, per aver ammesso ciò che aveva fatto, per aver ammesso che non si pentiva di una sola parola, di una sola azione. Gli diede una speranza, che decadde subito. Albus chiuse con un tonfo il libro e ricoprendo il suo cuore di una corazza infrangibile, spegnendo quell’amore che ardeva profondamente, zittendo la voce della coscienza che lo indirizzava verso ciò che lui desiderava, mentì a se stesso e a lui, che lo guardava ancora con sguardo speranzoso.

“Credo che sia tardi… Ho aspettato fin troppo” Albus pronunciò quelle parole, combattendo con se stesso, combattendo con il suo cuore che urlava altre parole. Si schiarì la gola, divenuta secca e arida, e senza rivolgere altre parole o altre attenzioni, si incamminò verso l’uscita.

Le parole a Lysander gli si gelarono in gola. Guardò con sguardo vacuo la scatola cioccorane che ancora giaceva sul tavolo di legno; avrebbe pagato le sue bugie e forse le meritava, meritava l’indifferenza di Albus, ma non era deciso ad accettarle senza combattere. Fece ciò che avrebbe dovuto fare mesi prima, ciò che avrebbe dovuto fare quando aveva ammesso a se stesso ciò che realmente provava per un amico che improvvisamente non poté considerare più tale.

Si alzò  e prima che Albus potesse lasciare la Sala Grande lo raggiunse. “Ti tormenterò fino a quando non ti deciderai che non è tardi…soprattutto per noi” Albus si lasciò sfuggire un sorriso che coprì subito con una finta espressione seria e adirata.

“Allora Buona Fortuna…” sospirò.

Lysander sorrise trionfante e sfiorandogli la guancia con un leggero bacio gli sussurrò divertito: “Non né avrò bisogno”, lasciò che Albus si allontanasse e fingesse che quel bacio non era servito a nulla, consapevole di aver gia la vittoria in pugno.

 

***

 

Il destino ha sempre la sua puntualità, ti mette di fronte ad eventi che rivoluzionano la vita, che la cambiano nonostante non si chiede che avvenga quel cambiamento imprevisto.

Il destino può essere nefasto, facendoti mancare per pochi secondi un evento, facendolo sfuggire e scivolare via, senza che tu possa impedirlo, oppure è favorevole, facendoti trovare nel posto giusto nel momento giusto.

E quel pomeriggio il destino aveva dato a Rose una possibilità. Una possibilità favorevole. La possibilità di cambiare il destino nefasto che aveva travolto Lily.

Era pomeriggio tardo e gli studenti si incamminavano, stanchi e stremati, nelle rispettive sale Comuni o altrove, dove la mente avrebbe avuto la possibilità di rilassarsi e scaricare la tensione provocata dalle innumerevoli informazioni e nozioni che l’avevano bombardata.

Rose aveva la solita borsa traboccante di libri e la sua meta era lontana dalla Biblioteca. Rigel l’attendeva nei pressi del Lago Nero, nonostante il cielo era oscuro e uggioso, preannunciando tempesta; ma Rigel adorava il vento freddo sul voltoe Rose non glie avrebbe negato quella passeggiata pomeridiana.

Camminava distrattamente, non rivolgendo la mente alla sua meta. Pensava a ciò che era accaduto quella mattina nel bagno del terzo piano e alla promessa di Lily, come al suo essere stata troppo severa. Si era vista costretta a reagire in quel modo: il dovere di far aprire gli occhi di Lily, che sembravano offuscati, si era fatto largo in lei, nonostante Lily non riuscisse ad ammettere che Derek non era la persona che molti avevano pensato per anni.

Ripensare a ciò che aveva visto ammontava in lei altra rabbia. Ripensare alla fragilità letta nei suoi occhi, le fece odiare ancora di più quel Serpeverde che aveva strappato quella forza che Rose aveva amato sopra ogni cosa.

Camminava con passo lento e sguardo distante, Rose, mentre i suoi occhi non notavano chi c’era intorno a lei, non le mostrava i volti delle persone. Eppure, stranamente, non si lasciò sfuggire ciò che avrebbe cambiato tutto. Non si lasciò sfuggire quel episodio che le fu gettato avanti gli occhi con violenza e che le diede la possibilità di fare ciò che Lily, forse, non avrebbe mai fatto.

Sentì lo stomaco in subbuglio e le mani sembrarono desiderose di essere poggiate, con violenza, sul volto del Serpeverde che proprio in quel momento stringeva con troppa forza le sottili spalle di Lily, scuotendola con forzae con rabbia, facendo nascere sul viso un’espressione di terrore.

Derek stava scaricando ancora la sua furia sull’esile figura di Lily, che veniva strapazzata come una bambola di pezza priva di anima. Rose non riuscì a controllarsi.

Riuscì solo a raggiungere i due, e con la poca forza che teneva in se, lo scaraventò lontano. Gli diede una spinta e la coppia si divise.

Togli le tue manacce da lei, brutto verme schifoso! “ Le sue urla ecchegiarono con violenza nel corridoio. Rose non sentiva nulla, oltre quella rabbia che lasciava che la sua furia, scoperta causalmente in quell’attimo, uscisse fuori .

Non si accorse degli sguardi curiosi che si accalcavano intorno e nemmeno delle preghiere di Lily di lasciar perdere. Dava solo retta a quella rabbia che comandava le sue azioni.

“Prenditela con qualcuno della tua taglia, codardo! “ le mani battevano sul capo, sul collo, ovunque la sua piccola figura potesse arrivare. Derek si copriva più che poteva, ma quell’aggressività era irrefrenabile. Derek indietreggiava e Rose scaricava tutto su di lui.

SEI UN CODARDO SCHIFOSO! “ gli insulti erano pronunciati con aggressività, velenosi e diretti.

Intorno si accalcarono altri visi curiosi, divertiti nel vedere quella scena. Nel vedere la pacata, silenziosa , anonima Rose Weasley avventarsi in quel modo su il giovane Zabini, che non mimava la minima azione. Le urla di Lily erano inutili, non fermavano la furia di Rose. Poi qualcuno decise di mettere fine a tutto.

Rose si sentì bloccare da dietro, sentì un freno su di se, si sentì sollevare da terra, ma continuava a calciare con aggressività e a sputare insulti e minacce.

Nonostante ci fossero due braccia a tenerla stretta, continuava a perdere il controllo di se. Sentiva il viso in fiamme, i capelli erano arruffati, e la divisa non era in ordine, ma a lei tutto ciò non importava: le importava era solo farla pagare a Derek Zabini, che la guardava con un patetico sguardo incredulo. Quello sguardo che la mandava ulteriormente su tutte le furie.

“Idiota, non guardarmi con quegli occhi, sai benissimo cosa hai fatto!” la voce di Rose era graffiante, rabbiosa, e quel qualcuno, di cui Rose non conosceva l’identità, la teneva ancora stretta a se.

“Rose, basta… “ quella voce.

Quante volte aveva desiderato sentire quella voce sussurrarle parole semplici, con quel tono. Cosi vicino, cosi dolce. La stretta di Scorpius era forte, ma non faceva male. La teneva tanto stretta a se, tanto da far sentire il suo profumo, ma senza farle pesare quelle braccia che non lasciavano.

Rose sentì il cuore solleticare e le gambe divenire molli, ma la rabbia non l’abbandonò. Derek fece qualche passo verso Lily e Rose sembrò dimenticare che a tenerla in quel modo era Scorpius. Cercò di divincolarsi, di scostarlo da se e scaraventarsi ancora su di lui... ma non ci riuscì, quindi lo raggiunse con le parole.

STAI LONTANO DA LEI” quell’ultimo urlo sembrò zittire ogni cosa e attirò l’attenzione di un componente indesiderato. La folla si aprì e apparve la preside Mcgranitt che sembrò scioccata nell’assistere a quella scena. Guardò Derek, con il viso tracciato dai graffi di Rose, e la stessa Rose, con i capelli arruffati, gli occhi sgranati, le labbra tremanti e il viso livido di rabbia.

E infine Scorpius, che non c'entrava una pippa ma che la stringeva a se, con uno sguardo spaesato e poco colpevole. Gli studenti tutti intorno attesero con il fiato sospeso le parole della Preside, che dallo sguardo, si potè comprendere che non sarebbero state dolci o clementi.

Lily era rimasta nascosta tra la folla, con Dominique e James attirati dalle urla. Erano accorsi, deviando il loro percorso, rischiando di smascherare ogni cosa. Avevano scorto Lily tra la folla e Rose al centro del corridoio che batteva e graffiava violentemente Derek. Lily non aveva spiegato nulla, ma James e Dominique l’avevano tenuta fuori da tutto, inconsapevoli che la colpa ricadeva su di lei.

Dominique accarezzava la schiena di Lily, cercando di scorgere parole comprensibili in quel pianto nervoso  e James guardava la sorella di sottecchi, sospettando qualcosa.

“Zabini, Weasley, Malfoy…Nel mio ufficio” il tono rigido della Mcgranitt ridiede a quel luogo voce.

Pian piano la folla si dissipò, gli studenti ritornarono sui propri passi, lasciando la scena solo a quei protagonisti. Scorpius lasciò la presa, facendo poggiare i piedi di Rose sul pavimento, che al meglio cercò di sistemarsi divisa e capelli. Aveva ancora l’affanno e il viso era paonazzo.

Derek si stirò per bene il maglioncino e senza dire altro seguì il preside, che scoccò a Lily, Dominique e James uno sguardo torvo, che li spiazzò. “Voi, non rimanete imbambolati li… Ritornate nelle vostre sale Comuni” Lily cercò di parlare, cercò di difendere il comportamento inconsiderato di Rose, ma quest’ultima la zittì scuotendo il capo e sorridendo dolcemente.

La punizione la meritava e non avrebbe coinvolto anche Lily, nonostante tutto quel pandemonio fosse stato scatenato da lei. Dominique tirò con forza Lily per un braccio, e, insieme, seguirono James, che una voltato l’angolo chiese i particolari. Rose camminava accanto a Scorpius e Derek. La Mcgranitt dava le spalle ai tre studenti, ma si potè notare un distratto movimento di bacchetta, dal quale scaturì uno sbuffo argenteo che sparì subito dopo.

Camminarono a lungo, silenziosamente gli uni accanto agli altri. Rose aveva il viso basso, trovando interessante il pavimento in pietra. Sentiva lo sguardo di Scorpius su di se e la confusione farsi strada in lei. Perché proprio adesso doveva trovarsi cosi pericolosamente vicino a lui? Perché proprio quando aveva mostrato il peggio di sé, Scorpius l’aveva notata, e perché le si era rivolto in quel modo?

Il destino in quel momento si stava prendendo beffa di lei.

Il destino stava ridendo a crepapelle.

Dopo sei anni di indifferenza assoluta, Scorpius Hyperion Malfoy, la stava guardando nel modo in cui lei aveva sempre sognato, le aveva parlato nel modo in cui lei aveva sempre immaginato che facesse. Sentì il volto divenire rovente, stava arrossendo nel modo meno opportuno.

Si fermarono di botto, e la Mcgranitt fece cenno ai tre di fermarsi alle spalle. Si rivolse al Gargoyl in pietra, che guardò la Preside:

Adoro la Burrobirra” il Gargoyle fece un salto di lato a quelle parole, lasciando libero il varco che conduceva all’ufficio. La Mcgranitt si voltò verso i tre e, mostrando uno sguardo imbarazzato, giustificò la banalità della parola d’ordine. “ Il Professor Silente diceva sempre che una parola d’Ordine semplice non rischia di essere svelata perché noi esseri umani crediamo che qualcosa di prezioso, debba essere protetto da qualcosa di impensabile… “ I tre annuirono, non sapendo cosa rispondere.

Quell’informazione sembrò superflua anche per la Mcgranitt che, schiarendosi la voce, si indirizzò nuovamente verso il suo ufficio con i tre che la seguivano a ruota. Salirono le scale che li condusse all’ufficio e quando la Mcgranitt prese posto dietro la scrivania lucida, assumendo un’espressione ancora più minacciosa, Rose comprese che la sua carriera scolastica aveva trovato il capolinea.

Guardò i tre, squadrandoli con aria severa e adirata, per poi prendere parola.

“Prendete posto….” ordinò e loro, senza ribattere , si accomodarono sulle tre sedie apparse alla semplice parola della Professoressa. Si accomodarono e ognuno di essi fissò un punto impreciso di quel luogo. Ma la Mcgranitt aveva gli occhi puntati su loro, cercando di leggere dalle loro espressioni, distanti e disinteressate, e cercando di captare il motivo per cui li aveva spinti a reagire in quel modo.

Rimasero ancora in silenzio, prima che la Mcgranitt riprendesse parola. “Ora vorrei capire perché una studentessa, con una carriera scolastica eccellente, con un comportamento ligio e con una vita dedita solo allo studio e alla tranquillità, abbia causato un trambusto del genere. Signorina Weasley, non me lo sarei aspettato da lei” Rose alzò lo sguardo imbronciato e colpevole.

Non aveva mai sbagliato, non aveva mai pensato di farlo. Ma, in quel momento, oltre la vergogna di trovarsi nell’ufficio del preside con Scorpius, non riusciva a provare altro. Non era pentita, lo aveva fatto per Lily, che era una persona importante per lei e la sua famiglia.

Le sue labbra non si mossero, rimasero serrate e immobili. Non avrebbe risposto perché farlo avrebbe condannato Derek, e anche se nel suo profondo sentiva che ne aveva bisogno, non poteva agire con tale meschinità. Riabbassò lo sguardo.

Derek. al suo fianco, si mosse nervosamente sulla sedia e sentì Scorpius voltarsi verso di lei. “Signor Zabini, lei sa perché la signorina Weasley abbia reagito in questo modo?” La Mcgranitt si rivolse alla vittima di tale trambusto. Ancora silenzio. Derek non rispose. Rimase in silenzio.

La preside soffiò stancamente e di malavoglia si rivolse a Scorpius, forse l’unico a non meritare di trovarsi li. “Signor Malfoy, lei sa il motivo?” Scorpius si mosse sulla sedia, e volgendo lo sguardo ai due, non seppe rispondere . Non sapeva cosa avesse fatto scaturire quella rabbia, non sapeva nulla del perché Derek si trovasse con i graffi sul viso o perché Rose avesse i capelli arruffati. Non sapeva nulla. Scosse lentamente il capo. La Mcgranitt abbassò il capo rassegnata.

Non avrebbero parlato e lei non poteva costringerli a farlo. Cadde nuovamente il silenzio, solo sguardi torvi e confusi, ma nessuno accennava la minima parola. Rose si martoriava le mani, Derek sentiva il viso in fiamme e Scorpius guardava Rose come se fosse attirato da una forza maggiore,che non potesse controllare.

La guardava, notando quante cose si fosse perso nel non farlo per tutto quel tempo. Aveva i ricci che si aprivano scompostamente; gli occhi bassi e le labbra incurvate. Le lentiggine spruzzate sul naso come se fossero state messe lì da un pittore fin troppo creativo, per donare a quel viso sottile e semplice qualche goccia di colore.

Aveva un naso piccolo e leggermente all’insù, due grandi occhi azzurri limpidi e magnifici, Scorpius non aveva mai visto quel colore, era meraviglioso e unico.

Una ciocca si distaccò dalle altre, scivolando sul quel viso, coprendolo e nascondendolo alla sua vista, e Scorpius sentì come il bisogno di scostargliela, di donare alla sua vista ancora lo spettacolo che lo stava attirando, interessando e rapendo. Azzardò e le si avvicinò, allungando di poco la mano. Stava quasi per sfiorare quei capelli ribelli, stava quasi per creare quel contatto mai nato, ma prima ancora che potesse tastare quei capelli, ancora prima che potesse trasmettere a lei quell’interesse che per fin troppo tempo aveva tenuto segregato dentro se, quando una serie di forti rumori riempirono la stanza, facendo sobbalzare i tre studenti e interrompendo quel gesto che avrebbe potuto cambiare molto.

Sei figure erano in piedi al centro della stanza. Sei figure, che un tempo avevano vissuto in quel castello, avevano studiato in quel luogo. Sei figure che si conoscevano da anni, troppi anni, anni che non erano bastati ad affievolire vecchi rancori. Blaise Zabini e Daphne Greengrass salutarono appena Hermione Granger e Ron Weasley, mentre Astoria Greengrass e Draco Malfoy finsero di non aver notate quelle due figure, che ritennero superflue in quel luogo.

La Mcgranitt si alzò dalla sua postazione, salutando i sei in egual modo, nonostante due di essi fossero i Salvatori del Mondo Magico, ed ex studenti della sua casa.

“Signori, mi dispiace avervi disturbato, ma è giusto che siate informati della questione” la Mcgranitt spostò lo sguardo sul gruppo che avanzò verso di lei, posizionandosi alle spalle dei rispettivi figli.

Hermione posò con dolcezza una mano sulla spalla di Rose, rassicurandola. Blaise era fermo immobile alla sinistra del figlio, con sguardo serio.Draco era alle spalle di Scorpius, con la solita aria boriosa e annoiata. Gli anni erano trascorsi sui loro visi, ma non era cambiato molto.

La Mcgranitt si schiarì ancora una volta la voce, e spiegò ai presenti ciò che era stata costretta ad assistere. Parlò maggiormente ai coniugi Weasley, confessando la delusione provata nei confronti di Rose. La sua carriera scolastica avrebbe potuto risentirne per quella unica e stupida bravata.

Ron ascoltava con attenzione esattamente come Hermione, mentre gli altri quattro si gongolavano per il rimprovero che tardò scaraventarsi sui propri “ragazzi”, ma che non mancò.

“Signor Zabini, Derek non manca d’intelligenza, certo, ma è troppo pigro; non si impegna quando potrebbe farlo e migliorare di molti i suoi voti” lo sguardo bruno di Blaise si spostò su Derek, rimproverandolo silenziosamente. Ron trattenne un sorriso di trionfo.

“Signor Malfoy, Scorpius è troppo disinteressato. Sbruffone e inoltre il suo scopo è solo quello stare in sella ad una scopa! Ha preso molto da lei…sotto molti punti di vista” Lo sguardo freddo di Draco si spostò sul figlio, che coprendosi con una mano, rise divertito nel vedere come , la vecchia preside, rimproverasse ancora i suoi ex studenti.

“Preside Mcgranitt, spero che questo non metta in rischio la carriera di Rose. È una studentessa brillante, è una ragazza diligente, ma a tutti capita di essere un po’ …Impulsivi alle volte” Hermione prese parola, giustificando il comportamento, “umano” della sua Rose.

Daphne si voltò infastidita verso la ex compagna e assottiglio gli occhi cristallini. “ Ha aggredito mio figlio senza un valido motivo, e tu, Granger, credi che questo possa passare inosservato solo perché è una so-tutto-io, esattamente come lo sei stata tu? Non credo che sia giusto! Deve essere considerata come qualsiasi altro studente! “ La voce era gracchiante e accusatoria.

Rose alzò appena lo sguardo sulla donna, notando la bellezza trasmessa con efficacia al figlio. Se solo avesse saputo quella donna, forse non avrebbe mai difeso in quel modo suo figlio. Hermione sorrise in modo sarcastico, trovandosi spiazzata di fronte a quelle accuse cosi velenose.

“ Mia figlia Rose non aggredisce persone senza un valido motivo. Rose, cara, dì al Preside perché hai reagito in quel modo” Ron intervenne per la moglie. Si abbassò verso Rose, invitandola a rendere noto il motivo che l’aveva indotta a comportarsi cosi. Rose guardò il padre, poi si rivolse a Derek. Si guardarono a lungo , e comunicarono con quello sguardo.

Rose non avrebbe parlato, non avrebbe svelato a tutti il mostro annidato in lui. Ma Derek avrebbe pagato per quei gesti, per aver azzardato tanto. Derek sembrò capire e abbassò il capo, sconfitto.

“Perché Derek l’ha offesa, dicendole che non è degna …di stare con me” le parole di Scorpius spiazzarono tutti. Ron Weasley divenne rosso, paonazzo, sbuffò e voltò lo sguardo da Rose a Scorpius, da Scorpius a Rose, non riuscendo ad accettare quelle parole e sperando che avesse sentito male.

Sperando di non dover accettare ciò che piano piano si stava insediando nella sua mente.

Rose si voltò di scatto verso Scorpius, con gli occhi sgranati e il cuore che ormai batteva con ferocia contro la cassa toracica. Ogni battito era pesante e faceva mancare il respiro. Derek si sporse in avanti, cercando lo sguardo di Scorpius che potesse spiegarli la sua presenza lì, e il perché stesse mettendo in scena quello spettacolo.

Draco Malfoy guardò Astoria, che boccheggiò, incapace di produrre un suono coerente e Blaise e Daphne si guardarono increduli. Solo Hermione e la Mcgranitt rimasero neutre di fronte a quella notizia, che se fosse stata comunicata a persone differenti non avrebbero causato quelle innumerevoli reazioni.

“Scorpius non puoi…non puoi stare con Rose Weasley” la voce di Astoria era strozzata, incapace di uscire liberamente e senza intoppi. Si abbassò verso suo figlio, sorridendo nervosamente. “Scorpius, ragazzo mio, non è possibile” ripetè, come se a quella scena non ci fossero i Weasley che avrebbero potuto trovare quelle considerazioni poco piacevoli.

“Perdonami, Astoria, cosa c’è di strano se i due ragazzi provassero una simpatica gli uni per gli altri? Non vedo che possa dispiacere ai due, come non dovrebbe dispiacere a noi” Hermione mostrò il suo sostegno per la coesione e la pace tra le case, e i vari maghi di “sangue” diverso.

Rose fulminò Scorpius, non capendo a che gioco stesse giocando. Scorpius le fece cenno di stare zitta e non commentare finchè non fossero stati fuori di li.

“Hermione NO! La mia Rose non può stare con un…MALFOY” Ron si schierò contro la moglie, scuotendo il capo per scacciare via quella realtà. Guardò sua figlia e il giovane Malfoy, che la guardava con troppa insistenza. Sentiva le labbra secche e il cuore che accelerava sempre più. Sentì la testa divenire pesante. Doveva sedersi. La sua bimba nelle mani di un Malfoy.

Non lo avrebbe mai accettato.

Non avrebbe mai accettato quell’unione.

“Weasley, credo che sia comodo per tua figlia sposarsi con l’unico erede della famiglia Malfoy! Ne gioverebbe molto, non mi stupirei sapere che lo ha fatto solo per uscire dalla situazione di degrado nel quale vivete ancora, nonostante tutto…”la voce di Malfoy era tagliente e lo sgaurdo severo era porto al figlio, che sentiva la pressione dietro la nuca.

Vide Rose arrossire, e abbassare lo sguardo come se fosse stata appena colpita violentemente. Si sentì in colpa, la stava gettando in una situazione difficile. Fece scivolare la mano verso di lei e, con sorpresa, strinse la piccola mano, intrattendendo il primo contatto con lei, quel primo contatto, che gli fece tremare il cuore e che mise sicurezza a quelle convinzioni nate con ritardo.

Rose alzò lo sguardo e si ritrovò a fissare gli occhi di Scorpius, non riuscendo a credere che tutto ciò stava accadendo in quel momento. Nello studio del preside, di fronte ai suoi genitori.

Il destino si stava beffando di lei, stava gongolando del suo disagio. T

utto ciò che aveva sempre desidearato per anni stava accadendo adesso, in quel momento .

“Ehi, Baby Malfarett tieni le mani giu da mia figlia” Ron si avventò sulla mano di Scorpius, allontanandola da quella di Rose, Draco sfoderò la bacchetta, puntandola alla gola di Ron e tutto prese una brutta piega. Quel colloquio indetto per discutere di ciò che era accaduto si stava trasformando in uno scontro lasciato in sospeso per anni.

“Togli quelle sudice manacce da mio figlio” sibilò perfidamente Draco Malfoy. La Mcgranitt maledì quei rancori che ancora vivevano in loro, che l’età adulta non aveva sostituito.

“Basta, signori! Vi ho convocato solo per discutere della punizione da impartire ai tre” L’attenzione ricadde nuovamente sul preside, che quasi urlò. Rose congiunse le mani, per non rischiare di dover stringere ancora una volta le sue mani, e provare ancora quell’illusione, che le piaceva.

“L’espulsione sarebbe l’ideale” Daphne intervenne, fulminando lo sguardo l’artefice dei graffi che aveva deturpato la bellezza del suo “ragazzo”. Hermione si voltò indignata.

“Espulsione!? Non lo ha ammazzato! Preside Mcgranitt credo che l’espulsione sia troppo” la Preside annuì, invitando Hermione di non preoccuparsi ulteriormente. Non avrebbe mai ascoltato il consiglio di incompetenti. Avrebbe agito secondo il suo volere.

“Verranno sottratti 50 punti a testa e per una settimana i tre daranno una mano a Mastro Gazza nel pulire i sotterranei e la serra di Erbologia. Senza magia ovviamente” Blaise e Draco protestarono vivamente, per la sottrazione dei punti. Gesto ingiusto in quanto i due ragazzi appartenevano alla medesima casa e quindi i punti sottratti sarebbero stati raddoppiati.

Protestarono per il lavoro indegno e proposero una donazione alla scuola per far chiudere un occhio alla Preside, che fu irremovibile. Nulla avrebbe persuaso la donna nel cambiare idea e quindi congedò gli ex studenti, non avendo più nulla da dire.

“Ragazzi, non ascoltate le parole di noi stupidi. Troppi rancori circondano la nostra generazione, ma se sentite quel legame, che si prova di rado, non lasciatevelo sfuggire” prima di lasciare l’ufficio, Hermione si abbassò verso i due ragazzi, lasciando che quel consiglio potesse insediarsi nella loro mente e quindi permettere ad entrambi di non lasciare che le considerazioni altrui potessero influire su ciò che provavano.

Rose annuì e si lasciò baciare da sua madre, che salutando la Mcgranitt  lasciò l’ufficio, esattamente come tutti gli altri. La Mcgranitt mosse ancora una volta la bacchetta e un altro sbuffo fuoriuscì dalla bacchetta, poi ritornò a fissare i tre studenti.

“Potete andare. La punizione inizierà domani, dopo l’ora di cena” quelle parole furono conclusive e congedarono i tre, che si avviarono verso l’uscita. Una volta giu le scale, Rose non ebbe occasione di parlare con Derek che sembrò smaterializzarsi, ma Scorpius rimase al suo fianco.

Percorsero il corridoio insieme, in silenzio, indifferenti, come se ciò che era stato appena detto non era importante. Camminarono ancora un po, poi Scorpius dette prova che ciò che era successo nell’ufficio del preside non era altro che il suo tentativo di comunicare con lei, di dirle qualcosa.

Rose si vide scaraventare contro il muro. Scorpius la fece aderire con la pietra gelida, che le provocò brividi lungo il corpo. Aveva le mani poggiate accanto al viso e il suo corpo le impediva del tutto la fuga. La sovrastava, e lo sguardo era chino su di lei. Il loro respiro si mischiava, e i loro corpi potevano quasi unirsi. Gli occhi di Scorpius erano incatenati a quelli di Rose, mentre la sua espressione le comunicava ciò che a poco le parole avrebbero fatto.

Rose sentiva il cuore in gola, il respiro irregolare, le mani, nonostante aderissero alla fredda pietra, sembravano roventi. La gola era secca come le labbra. Le sembrò che la voce le fosse stata strappata via. Si guardarono a lungo senza dire nulla, silenziosamente, poi lui parlò, e le sue parole suonarono esattamente come Rose le aveva sempre sognate.

Suonarono come lei aveva sempre architettato nella sua mente, come se qualcuno avesse letto nei suoi pensieri, come se qualcuno avesse vagato nei suoi sogni e per premiarla, li aveva resi reali. La sua voce era dolce, calda, e ad ogni parola, un debole sorriso si dipinse su quel volto che mai aveva sostituito e forse mai lo avrebbe fatto.

“Rose… Per troppo tempo siamo rimasti distanti. Ignorandoci. Ma adesso non voglio che accada, adesso voglio te" il cuore di Rose perse un battito, quando piano si abbassò verso il suo collo, poggiando con delicatezza le labbra.

“Ho sentito profumi che hanno portato solo nausea, ho cercato calore, in persone sbagliate. Ho cercato sorrisi ,trovando solo smorfie false e prive di coinvolgimento. Ho cercato qualcosa che potesse rendere i miei giorni diversi, trovando persone sempre uguali, trovando cose gia viste... non capendo che il meglio è sempre stato a qualche passo da me… non capendo che questa ricerca poteva terminare molto tempo prima. Forse ho dovuto cercare affannosamente, ma adesso posso fermarmi…” fece scivolare le sue labbra su per le guance, fermandosi a pochi centimetri dalle sue labbra, soffiando su di esse, provocando il Rose brividi, sospiri, e battiti accellarati.

Quegli occhi la guardavano con bramosia, come se di fronte a lui ci fosse un tesoro prezioso, cercato per anni. La guardava come se quelle parole fossero vere. Rose voleva crederci, anche se avrebbe dovuto ammettere che ogni cosa era solo una dolce bugia.

Non disse nulla, lasciò che lo sguardo si spostasse sulle labbra, comunicando chiaramente ciò che LUI in quel momento voleva, e ciò che LEI aveva voluto per anni. Non si mosse, si paralizzò contro il muro, respirando affannosamente.

Scorpius svuotò la mente, scacciò via la consapevolezza che Rose in quel momento era fragile e lui stava solo approfittando di quella fragilità. Scacciò via il pensiero di Rigel e a come avrebbe reagito di fronte a ciò che stava accadendo.

Scacciò via ogni pensiero che avrebbe potuto bloccare i suoi desideri, e senza preavviso si avventò su quelle labbra. Morbide al tocco, dolci. Le baciò con dolcezza, poi sempre più le prese con forza, con bramosia. Affondò le sue mani in quei capelli, creando quel contatto immaginato nell’ufficio del preside. Toccò quel viso, scivolò giu al collo, sentendo il battito della carotide che accellerava esattamente come quel bacio. Passò le mani alle spalle, e poi, osò scendere giu ai fianchi. Prendendoli con forza, facendo aderire i loro corpi, desiderando che quel contatto non smettesse, non si limitasse a quello.

Rose era totalmente coinvolta. Non accennava la minima ostilità. Anche lei aveva desiderato quel momento. Lo aveva desiderato come non aveva mai desiderato nulla. Aveva desiderato quelle mani sul suo corpo, quei baci che dalla bocca scivolavano al mento, al collo,per poi risalire nuovamente alle labbra.

Desiderava quel corpo che si attaccasse a lei in quel modo, come per comunicarle il bisogno di lei. Non lo fermò quando osò scivolare sulle gambe, accarezzarle, Non lo fermò quando le accarezzò il seno. Non lo frenò quando con il corpo, aderì del tutto a lei. Poi il sussurrò giunse, come uno squarcio in quei sospiri bramosi.

Quel sussurrò che sembrò catapultare Rose in un nuovo mondo. Che sembrò catapultare Rose in uno dei suoi sogni. La voce di Scorpius era rauca, colma di desiderio.

Affannosa.

“Fai l’amore con me” le fu sussurrato con dolcezza. Non era un ordine. Non comunicò a Rose arroganza o costrizione. Sembrò una preghiera, sembrò implorasse nell’unire i loro respiri, nel mischiare la loro pelle, le loro ossa le loro anime.

Rose non ebbe il bisogno di pensarci, non ebbe il bisogno di passare in rassegna i pro e i contro. Lasciò per la prima volta voce al suo cuore e perdendo del tutto le parole, annuì con il capo. Uno splendido sorriso si dipinse sul volto di Scorpius. Un sorriso dolce, e non trionfante. Un sorriso che la coinvolse. Lasciò che la mani si stringesse alla sua, e lasciando la ragione accantonata per bene nei meandri della mente, si lasciò trasportare via, credendo di sognare.

 

****

 

James tremava.

Non aveva mai tremato in quel modo. Non aveva mai provato tante emozioni . Non aveva mai sentito il cuore lacerarsi con tale violenza. Fissava ad occhi sgranati la sorella, che piangeva, alle spalle di Dominique, che si era frapposta tra lui e Lily.

Gli occhi che amava, che erano stati sempre dolci, in quel momento erano rabbiosi. Erano severi. Guardava Dominique, incredulo che proprio lei, la sua Dominique, potesse mettersi contro di lui.

“Non puoi prendertela con lei… “ la voce di Dominique suonò ferma, atona.

James non poteva ignorare ciò che Lily gli aveva appena confessato. Non poteva ignorare che sua sorella, oltre ad essere stata in silenzio su ciò che lo schifoso serpverde le aveva fatto, intratteneva una relazione con un professore, nonché un membro della sua famiglia.

Quel fratello acquisito che suo padre aveva accolto in casa, senza mai dubitare di lui, sostenendolo in tutto, incoraggiandolo. Tremava dalla rabbia, e aveva voglia di spaccare tutto. Voleva accartocciare tra le mani Derek Zabini, prendere a pugni Teddy Lupin.

Dominique gli stava chiedendo di non reagire? Gli stava chiedendo di ignorare tutto? LUI no che non poteva.

“Dominique non dirmi cosa devo fare. Adesso Lily viene con me, andiamo dritti da Teddy e ….” non terminò la frase, la rabbia era troppa. Scaraventò un pugno contro il muro, ringhiando rabbiosamente.

“Dominique, adesso spostati” cercò di controllarsi, ma il solo pensiero che sua sorella e Teddy avevano agito alle sue spalle lo metteva rabbia. Una rabbia che non riusciva a controllare. Un altro pugno fu scaraventato contro il muro, graffiando la pelle.

Dominique scosse la testa e si avvicinò a lui.

“Non puoi punirla perché ama. Ama qualcuno di sbagliato, ma ti senti in dovere di giudicarla?” James guardò gli occhi di Dominique, quegli occhi che amava. Che appartenevano a lei, che amava. Quella persona sbagliata che il suo cuore aveva considerato giusta. Ma era diverso.

Loro si amavano realmente, mentre Lily era solo una marionetta nelle mani di Teddy Lupin, che con la sua esperienza, con il suo fascino, aveva soggiogato la sua cara sorellina. Non avrebbe tralasciato nulla. Si scostò con lei, di malavoglia, ma si sentì in dovere di farlo.

Guardò entrambe. Sorrise forzatamente. Gli occhi erano cupi, esattamente come lui. Quel sorriso era falso, privo di felicità. Alzò le mani in segno di resa.

“Andrò a cercare entrambi…Sperate che non li trovi…” Lily fece qualche passo in avanti per fermarlo, ma Dominique la fermò e lasciò che James si allontanasse. La prese per le spalle.

“Va a cercare Derek… Io cerco di far ragionare James” Lily annuì e fidandosi di lei, lasciò che lo raggiungesse, mentre lei prese una direzione diversa. James sentì i passi di Dominique alle spalle, si voltò, e la fermò ancora prima che potesse parlare.

“Nemmeno tu puoi farmi ricredere sulle mie convinzioni. Quindi sta zitta” James era furioso e Dominique finse di non ascoltare quelle parole, pronunciate con arroganza. Non si arrese, non demorse, nonostante James le diede nuovamente le spalle e si incamminò.

Era una caccia all’uomo e chiunque avesse avuto la sfortuna di ritrovarsi sul cammino di James, avrebbe assaggiato le conseguenze dei propri comportamenti. Dominique gli era alle spalle, lo tirava per la camicia. Lo pregava di fermarsi, di ragionare, di smetterla di agire impulsivamente. Con quell’impulso sbagliato, aggressivo.

“James, smettila. Finirai nei guai! In entrambi i casi rischi l’espulsione! Lily ha chiuso con entrambi, sono cose che possono capitare a chiunque… Ti prego ragiona” le parole di Dominique rimbalzavano su James, non lo scalfivano. Lui si divincolò dalla sua presa con forza bruta.

“Va via Dominique. Non voglio parlare con te! “ la voce era rigida e lo sguardo oscurato. Non voleva litigare con lei. Non se la sentiva di farlo. Non voleva scaraventare la sua rabbia su Dominique. Avrebbe preferito allontanarla in quel momento. Sapeva che tutta quella rabbia sarebbe stata scaraventata ingiustamente su di lei, e non lo meritava. Ma la caparbietà di Dominique era più forte. Gli camminava accanto, prendendolo per un braccio e fermando la sua corsa verso la vendetta.

“James, pensa che fosse Louise a fare ciò che stai facendo tu! Anche il nostro è un amore sbagliato, eppure sono sicura che sarebbero contanti di sapere che entrambi siamo felici” James si voltò brutalmente verso di lei. Il viso era del tutto diverso. Era contorto in un’espressione di rabbia incontrollabile. Aveva gli occhi sgranati, quasi folli.

Tremava.

“IO TI AMO DOMINIQUE. Non puoi paragonare ciò che io provo per te, con ciò che Teddy o Zabini provano per Lily. Non incidere sul fatto che noi due forse non potremmo mai uscire allo scoperto. IO TI AMO… Ed è completamente diverso…” era ad un palmo dal suo naso. Pronunciò quella dichiarazione con rabbia.

Rabbia dovuta non solo a quelle notizie che lo avevano travolto con violenza. Rabbia anche per la consapevolezza che forse loro due non si sarebbero mai amati alla luce del sole, come lui le aveva promesso più volte. Rabbia per la consapevolezza che non sarebbero stati mai accettati, perché proprio in quel momento stava sentendo la delusione insidiarsi in lui, quella delusione che avrebbe coinvolto anche i suoi genitori.

Zio Bill, sua madre, suo padre.

Nessuno avrebbe accettato quell’amore, esattamente come lui non accettava la relazione di Teddy e Lily, quella relazione stroncata dal professore, ormai stanco di quella storiella di poco conto. Aveva ingannato la sua Lily, gettandola tra le braccia di un mostro, scaraventandola tra le braccia di quel bastardo senza scrupoli.

“Anche loro si amano…Anche Lily e Teddy si aman” Dominique ammise ciò che era ovvio, ammise a James ciò che Lily aveva cercato di cancellare dal suo cuore. Quell’amore che forse non sarebbe mai bocciato. Confessò quella verità che aveva tenuto nascosto, quella verità che sarebbe stata pagata cara. James si allontanò, incredulo.

Si allontanò, non distogliendo lo sguardo da lei. Uno sguardo che mutò, corrugandosi, divenendo ancora più rabbioso. La indicò, l’accusò.

“TU! Tu lo sapevi! Sapevi cosa accadeva tra mia sorella e Teddy e hai aiutato i due a giocare alle mie spalle. Io mi fidavo! Cazzo! Dominique io ti ho aperto il mio cuore, e tu?Tu mi hai mentito” James si sentì schiacciare da un macigno, sentì la rabbia salire fino alla testa, sentì quella rabbia pulsare in ogni fibra del corpo.

Guardò Dominique, guardò quegli occhi, che avevano finto per quei mesi. Guardò le lacrime da coccodrillo che le rigarono il volto. E non riuscì a provare oltre all’odio nulla. Dominique tentò di avvicianarsi, ma lui si scostò.

“ Sei una stronza, cazzo! Vaffanculo, Dom, sei una grande stronza e hai giocato alle mie spalle! Tu mi hai mentito, mentre io non... va via, non toccarmi mai più!" scoppiò come una bomba. Sputò quelle accuse con violenza, fregandosene degli studenti che passavano di la, fregandosene delle preghiere di scusa di Dominique, fregandosene di tutto.

La spinse via, con odio, la scaraventò lontano da lui. Lo aveva tradito, lei l’unica del suo cuore, aveva giocato con lui. Avevano riso alle sue spalle, mentre sua sorella si faceva sbattere da un prpfessore, quello stesso professore che per anni era stato un esempio che aveva seguito con vigore, con grinta.

Lo avevano pugnalato alle spalle con violenza, fregandosene del dolore che gli avrebbero procurato. Le urlò ancora contro, prima di correre via, dritto da Teddy Lupin, che avrebbe assaggiato la sua rabbia. Dominique si accasciò sul pavimento, piangendo interrottamente.

Chiamandolo ancora a gran voce, sperando di vederlo ritornare, ma rimanendo a fissare un punto vuoto e impreciso del corridoio.

 

 

Lily correva con tutta la sua forza. Correva affannosamente , scontrandosi con chiunque si trovasse sul suo passaggio. Correva con quanta forza avesse nelle sue gambe, con l’affanno che faceva male al petto. Correva  e sperava di trovare Derek, prima che James si scaraventasse su di lui. Lo vide, camminava lentamente a capo basso. Si confondeva tra la folla di studenti.

Corse in sua direzione, gettando per aria chiunque potesse impedirle il passaggio. Lo raggiunse, e senza che potesse ribellarsi, lo scaraventò in un ‘aula vuota.

“Non è saggio farti vedere tra i corridoi” Lily respirava a fatica e aveva le mani che tremavano. Aveva paura di quel ragazzo, che in quel momento sembrava indifeso, pentito. Aveva gli occhi bassi e imploranti. Sembrava cosi patetico con quell’espressione dipinta sul viso.

Eppure Lily temeva in una sua reazione. Temeva dei suoi attacchi d’ira, delle sue urla. Lo temeva nonostante in quel momento sembrava indifeso.

Derek, non chiese spiegazioni per quelle parole, voleva solo la sua Lily con se. Voleva dimenticare ogni cosa. Le si avvicinò e la strinse forte a se. “Lily , perdonami! Ti amo, piccola… Non voglio farti del male… “ Quelle parole le erano state rivolte troppo spesso, sempre con quel medesimo tono. Pentito e implorante. Quelle parole che sarebbero state cancellata dalle prossime azioni violente che Derek le avrebbe riservato.

Lily era rimasta troppo tempo in gabbia. Per troppo tempo aveva negato la sua natura. Aveva negato la sua forza. Per troppo tempo aveva permesso ad un “essere” come lui di padroneggiarla, di soggiogarla. Aveva visto in pochi minuti la sua vita crollare.

Aveva visto Rose rischiare la carriera scolastica solo per difendere la sua dignità, aveva visto suo fratello James scoppiare di rabbia, solo per fermare quella furia violenta. Aveva rinunciato ad un amore che MAI le avrebbe fatto del male. Aveva visto cancellare il suo vero essere; gli era stato strappato via. Quelle parole non scalfirono quella corazza, ritornata a scintillare fieramente.

Quelle parole non avrebbero fatto decadere quella forza riacquistata . Ebbe la forza di scostarsi da lui, di allontanarlo.

“Derek tra noi è finita. Per sempre. Sono stanca di te e della tua violenza e sono stanca di temerti. Io non ho mai temuto nessuno, e non sono disposta a farlo adesso, Questo non è amore, è ossessione; l'amore non fa male, almeno non fisicamente, e io porto addosso ancora i segni di quello che tu chiami amore” gli occhi di Derek si inumidirono e codardamente le si inginocchiò a lei. Le cinse il ventre.

“Lily ho bisogno di te! Lily, perdonami…Non lo farò più” continuava con la stessa e noiosa canzone, che ormai Lily conosceva fin troppo bene. Si scostò, allontanandosi da lui.

“Basta Derek! Ho sopportato troppo “ Aveva riassunto la sua forza. Aveva preso nuovamente coscienza di se, e di ciò che realmente meritava. Derek era chino su se stesso, singhiozzava pentito. Lily avrebbe lasciato quell’aula e con essa anche Derek .

Ma prima di farlo, gli avrebbe concesso clemenza.

“Ti consiglio di rimanere nei sotterranei per un po’… datti malato e ritorna a casa. Soprattutto...cerca di cambiare” non si voltò indietro. Uscì.

Uscì, assaporando la luce che nuovamente entrò a far parte della sua vita, lasciando dietro quel piccolo eppure doloroso periodo in cui aveva rischiato di scivolare giù.

 

***

Teddy sentì bussare violentemente alla sua porta. Era quasi ora di cena, ma lui non aveva voglia di scendere. Era rimasto tutto il giorno chiuso in camera, fingendo di essere malato. Gravemente. In fondo c’era qualcosa che non andava in lui. Si sentiva male, sentiva dolori che attraversavano ogni parte del suo corpo, soprattutto uno. Il cuore che doleva come se migliaia di pugnali lo trafiggessero ogni secondo.

Ma quel male, era solo il male di un amore sbagliato. Sentì ancora il battere frenetico sulla porta e si insospettì, non riuscendo ad accostare l’identità di chi si trovasse dall’altra parte della porta. Indossò la camicia, poggiata distrattamente sul letto, e con passo lento si diresse verso la porta. Poggiò la mano sul pomello, e senza che potesse impedirlo, si ritrovò James Sirius agganciato al collo, che con un tonfo, chiuse la porta, e lo scaraventò al muro.

“Sei un bastardo schifoso senza scrupoli! ” alle parole fu seguito un pugno dritto allo stomaco, che lo fece accasciare su se stesso.

“Come hai potuto approfittare di Lily, della nostra Lils, come hai potuto?” un altro pugno fu scaraventato su una guancia.

Teddy sentì la bile mischiarsi con il sangue e si accasciò a terra, sputando sul pavimento. James respirava affannosamente e sembrava fuori di se. Si sentì sollevare e si ritrovò a fissare il viso adirato di James, un altro pugno stava per essere sferrato, ma questa volta Teddy fu più scaltro e prima che potesse colpirlo, gli sfoderò una testa sul naso e lo fece indietreggiare di qualche passo.

Era venuto a conoscenza della relazione tra lui e Lily, ma era giusto che sapesse che mai lui aveva pensato di poterne approfittarne. Sputò altro sangue e si rivolse a James che teneva il naso, che sanguinava abbondantemente.

“James, ascoltami e calmati! Io non ho mai pensato di approfittarne di Lily... non potevo” James sentì altra rabbia ammontare.

Lasciò perdere il naso e si scaraventò nuovamente su di lui: lo braccò per i fianchi, scaraventandolo sul pavimento. Tentò di colpirlo ancora con un pugno, venendo fermato da Teddy che gli bloccò il braccio, ma troppo occupato a spingere via il corpo di James che non schivò l’altro pugno, che lo colpì violentemente sotto lo zigomo.

“ Sei cresciuto a casa nostra e tu ci hai tradito in questo modo? Facendo soffrire Lily e dandola in pasto ad un mostro!” James sputacchiava e urlava, privando Teddy della facoltà di parlare, di difendersi e spiegare. Venne strattonato ancora per il colletto della camicia.

Teddy non reagiva, non voleva farlo, anche perché ancora non capiva quelle ultime parole. James lo fece alzare dal pavimento e lo scaraventò contro la parete. Teddy guardava l’ira attraversare il suo sguardo e capì che una spiegazione la meritava. Quella reazione era più che ovvia, aveva travisato ogni cosa. Gli prese i polsi e cercò di allontanarlo da lui. Ma la presa di James era salda e forte.

“James ascoltami… Ho sbagliato a tenertelo nascosto, a costringere Lily a mentire, ma credimi mai avrei voluti approfittarmi di lei. IO LA AMO! James è una cosa che non ho potuto controllare, è successo! La amo… e mai avrei voluto farla soffrire. Se l’ho lasciata è stata solo per il suo bene, ma anche io sto male! Non riesco a fare lezione, non riesco nemmeno a mangiare. Sembro uno stupido adolescente” dirlo ad alta voce, confermarlo anche a se stesso sembrò teraupetico.

Scaricò in parte quel dolore albergate dentro di lui. James continuava a stringere forte, nonostante quelle parole gli sembravano vere, sincere. La fiducia che aveva in Teddy era ancora viva. Quel ragazzo era cresciuto con lui, era stato il fratello maggiore suo e di Al, li aveva aiutato molto, era stato sempre al loro fianco, quando suo padre era via per lavoro.

Era stata una figura importante nella sua vita e quel legame incideva molto sul suo giudizio. Stava dicendo la verità, lo leggeva negli occhi divenuti limpidi, quasi cristallini, lo si poteva notare dai capelli, che piano si colorarono di un biondo cenere. Teddy non sapeva mentire, anche perché si sarebbe tradito da solo. Allentò appena la presa ma non demordeva.

“Se la ami, come hai potuto che Derek Zabini le facesse del male?” Teddy corrugò lo sguardo e James comprese che come tutti, anche lui era all’oscuro di ciò che era accaduto a Lily in quei mesi. Lo lasciò, facendolo respirare, ma tremava ancora.

Era ancora adirato.

Guardò Teddy con sul viso i segni della sua rabbia. Non meritava quei pugni. Non meritava quella rabbia. Derek Zabini doveva trovarsi in quelle condizioni e forse anche peggio e non lui. Si accasciò sulla sedia coprendosi il volto con le mani.

Aveva lasciato che la rabbia prendesse padronanza del suo corpo. Aveva dato adito alla follia e non aveva pensato di parlare. Come aveva potuto accusare Teddy? Lo stesso Teddy che aveva sempre protetto Lily, che l’aveva sempre trattata come giusto meritava. L’unico a pagare era Derek e sapeva che Teddy non si sarebbe tirato indietro.

“Cosa ha fatto Zabini?” Teddy provava una forte avversione per quel ragazzo.

Era il suo rivale in amore, gli aveva portato via la sua Lily. Non riusciva a guardarlo come uno studente, a trattarlo come tale. Lo teneva puntat , aveva posto su di lui un mirino. L’istinto aveva preso il sopravvento alla ragione e tutto ciò lo aveva indotto a pensare di lasciare la scuola.

Farlo avrebbe giovato a molti, soprattutto a Lily.

James abbassò le mani, e lo guardò torvo. Se glielo avesse detto, lo avrebbe gettato in guai, guai molto seri, ma quel serpeverde meritava di pagarla.

“La picchiava! Rose ha scoperto tutto per caso, e lo ha aggredito… ma la Mcgranitt è intervenuta ancora prima che io potessi sapere e prima che potessi dargli la giusta lezione “ Teddy sentì una scarica dargli movimento.

Sentì le mani prudere fastidiosamente e una rabbia piano salire fino alla testa. Assimilò quelle informazioni, assaporò il gusto amaro della realtà.

Il controllo di se lo perse, perse ogni ragione, ogni azione coerente.

Derek Zabini avrebbe avuto ciò che meritava, prima che lui avesse lasciato quel luogo. Prima di attraversare i cancelli di Hogwarts e sparire per sempre, Derek Zabini avrebbe assaggiato il sapore del suo sangue, e avrebbe rimpianto quelle azioni.

Ancora prima che James potesse fermarlo, Teddy uscì dalla sua stanza, con il sangue che pulsava violentemente nelle vene e una voglia di spaccare il naso a quel Serpverde schifoso.

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Capitolo 11
*** Ultimo capitolo ***


Angolo autrici: Siamo arrivate alla fine di questa storia, anche se fine non può considerarsi, visto che io e sfiammella abbiamo in mente già il sequel; ogni tassello è andato al suo posto, ogni storia ha avuto una fine, anche se non tutte ne hanno avuto uno lieto. Non dimentichiamoci della realtà, nostra eterna nemica.

Ringraziamo chi ci ha inserito nelle preferite, seguite e ricordate e i piccoli angeli che ci hanno spronato, recensendo questa nostra piccola pazzia; speriamo di incontrarvi anche nel sequel, presto sui grandi schermi.

Grazie, di tutto.

 

Ultimo capitolo

 

 

 

 

"A sfiammella, che con me ha scritto questa storia.

Sei la mia musa ispiratrice, colei che mi consola e mi guida, colei che ha condiviso i miei dolori e le mie gioie.

Ti amo, piccola"

 

 

 

 

L'ultimo giorno di scuola è come un ammenda di ogni peccato: chiunque, in un modo o nell'altro, cercava di chiedere scusa per uno sbaglio fatto durante l'anno, e si trovava lì, seduto a quell'unico e grande tavolo imbandito, alzando i calici in onore di un'altro anno passato.

Alcuni studenti chiedevano perdono ai professori per i guai di troppo, le lezioni mancate e le marachelle fatte di nascosto, sorridendo a mo' di scuse; i fidanzatini si tenevano per mano, accarezzandosi di nascosto e ringraziando per quell'altro anno passato insieme. I primini potevano sospirare in pace, avevano superato l'anno, e probabilmente non vedevano l'ora di approdare nuovamente tra quelle mura, incantati anche loro dalla magia che Hogwarts emanava.

Incantati dall'odore di casa.

Per quelli che avevano affrontato l'ultimo anno, invece, la questione era diversa: c'era chi si guardava con una certa malinconia attorno, chiedendosi cosa avrebbe fatto senza lo sguardo dei professori alle spalle, quelle mura a proteggerli e le risate, l'inverno, la propria Sala Comune, la gioia che solo gli amici sapevano portare; c'erano tante emozioni in quel tavolo, tutte così sentite, tutte così vissute.

Lily le sentiva, si guardava attorno e le sentiva sue; le bastava guardare negli occhi tutti quei ragazzi per capire cosa provassero. Eppure c'era anche rancore, disprezzo, odio, e poteva ferire, distruggere. I suoi occhi marroni scivolarono al tavolo dei professori, e lì si sentì morire: Ted Lupin ricambiava il suo sguardo fieramente, un'occhio gonfio e un sorriso biricchino dipinto sulle labbra piene, non voleva negarle l'ultimo saluto, quell'addio che a Lily bruciava.

Stava andando via.

I capelli erano azzurri, le guance rosee, l'abbigliamento impeccabile; Ted era tornato allo splendore iniziale, faceva mancare il fiato tanto era bello, avvolto nel suo alone di tranquillità e serenità.

Le stava dicendo addio.

Lo vide sfiorarsi il petto con i polpastrelli e si ritrovò a sorridere, abbassando timidamente lo sguardo; non aveva dimenticato quel gesto, quello che le aveva insegnato lei da piccola, per dirgli che non lo avrebbe mai tradito, per dirgli che lo avrebbe sempre amato, anche quando la lasciava da sola per stare con Victorie.

Lui le stava promettendo amore eterno, non quello delle favole, ma quello reale, palpabile, che faceva male da sanguinare; loro portavano i segni, le cicatrici e i sfregi, e li portavano con orgoglio, li mostravano con fierezza.

« Addio » l'aveva mimato con le labbra, con un espressione triste che la ferì.

Lily scosse il capo, sfiorandosi anche lei il petto.

« Ciao, solo ciao » e lo era.

Non era un addio, ma semplicemente un saluto.

Chi si ama non si lascia, ma si ricorda, ci si ritrova, sempre.

« Mia » aveva perso il lavoro per marcare il territorio, aveva quasi ucciso uno studente per dirgli che lei era sua e di nessun'altro. Era stato così rude e violento, non l'aveva mai visto così arrabbiato in vita sua, tranne quella volta con Jamie, che senza volerlo aveva rotto la foto incorniciata dei suoi genitori.

I suoi occhi mandavano lampi tant'erano furiosi, i capelli neri, l'espressione di chi è capace di compiere un omicidio; era così arrabbiato che qualcuno avesse osato ferirla, solo lui aveva quella prerogativa, lo sapeva Lily, lo sapeva lui.

Camminava con i pugni chiusi tra quei corridoi, la cravatta allentata, la camicia stropicciata, le labbra gonfie, l'occhio rossastro colpito da mani forti: Lily aveva visto la scena a rallentatore, come in uno di quei film babbani.

Derek camminava a testa bassa, con la borsa a tracolla e lo sguardo interessato alle scarpe di ottima fattura: lei lo aveva avvertito, anche se non si aspettava quella furia: come un tornado l'aveva travolto, afferrandolo per la collottola della divisa e sbattendolo al muro, facendogli battere la testa contro le mattonelle di pietra fredda;

« Questo è per avermela portata via » un pugno caricato con troppa enfasi e un grido, Derek cercava di proteggersi, ma Ted lo superava di parecchie spanne.

« Questo è solo per aver pensato di poterle fare del male » non esisteva la magia, solo l'esigenza della carne, del corpo al corpo, di sfogare la rabbia che racchiudeva in quegli occhi; Ted nemmeno aveva preso la bacchetta tra le dita, si era fiondato su Derek e aveva cominciato a colpire.

Occhi, zigomi, labbra, naso. Lily sentiva lo scricchiolio delle ossa, i gemiti del suo ex fidanzato, ma non riusciva a muoversi. Gli studenti avevano circondato quello spettacolino, James se ne stava fermo, con il mento ritto e le braccia incrociate, Dom aveva abbassato lo sguardo, girando il viso e andando via.

« Questo è per averle fatto male » Derek era caduto in ginocchio e Ted l'aveva colpito con un calcio nello stomaco. Stava diventando carne da macello, non reagiva, era lì e gemeva, pregandolo di smetterla; Lily socchiuse gli occhi, ripensando a tutte le volte che lei lo aveva pregato di smetterla, facendolo accanire solo di più.

Le gambe erano di cemento, come le sue lacrime; non riusciva a provare pietà per Derek, lui non ne aveva mai provata per lei, mai.

« Cosa sta succedendo quì? Merlino... professore! » aveva urlato la Mcgranitt, facendosi spazio tra gli studenti e fissando Ted, che l'aveva guardata con il mento ritto e gli occhi meno cupi, sfogati da quella rabbia che aveva tenuto in corpo, come acido.

« Succede che do' le dimissioni, professoressa » aveva detto Ted, colpendo Derek con un ultimo calcio e dando le spalle alla preside, che aveva le labbra coperte dalle mani chiuse a coppa. Si era bloccato quando l'aveva vista e poi aveva sorriso, poggiando un dito sulle labbra in segno di silenzio; era passato vicino a lei, sfiorandole la guancia con i polpastrelli, toccandole appena i capelli e andando via.

Le stava urlando "ti amo" in silenzio, con le mani e con gli occhi, con quel tocco e quel sorriso; lo stava facendo anche in quel momento, seduto al tavolo dei professori un po' ferito, ma orgoglioso. Molto probabilmente non si sarebbero visti più, lui sarebbe andato via, e lei sarebbe stata male.

 

Lily scosse il capo, distogliendo lo sguardo da Ted e posandolo al tavolo dei Serpeverde, dove Dominique giocava con il cibo, stringendo le posate tra le mani pallide; si sentiva così in colpa nei suoi confronti: da quel giorno lei e James non avevano più fatto pace, tenendosi a debita distanza; James era ritornato il solito, idiota giocatore di Quidditch, fiero di essere Grifondoro e delle conquiste giornaliere.

Un fiero Grifondoro dagli occhi tristi, che guardava sempre verso la casa nemica, che si perdeva sempre in ricordi che non erano affatto lontani; lei, invece, in passato così conservatrice, era diventata l'ombra di sé stessa, un fantasma pallido, irriconoscibile.

Aveva tagliato i suoi meravigliosi capelli biondi, che ora a malapena le sfioravano l'orecchio, lasciando libero il suo viso; sembrava dimagrita, gli occhi azzurri erano sbiaditi, vuoti, le labbra perennamente tese in una linea sottile, come se non fosse più capace di sorridere.

Rigel le accarezzava il capo di tanto in tanto, sfiorandole con le labbra il collo, e Lily poteva vedere James stringere i denti fino a sentirli scricchiolare.

Stupidi, stupidi, stupidi.

Erano così stupidi, avevano lasciato andare qualcosa di stupendo come l'amore, i brividi che ne comporta, la passione, i baci, le risate trattenute. Avevano lasciato andare loro stessi e la propria felicità.

« James sta per compiere un omicidio, lo fermi tu o lo fermo io? » sospirò Rose al suo fianco, giocava anche lei con il cibo, sbuffando di tanto in tanto e colpendo James con delle patate al forno.

« Finiscila di colpirlo con le patate, lo farai arrabbiare solo di più signora "ho perso la mia verginità con uno che non era il mio ragazzo" » sibilò sarcastica, sogghignando nel vederla sbiancare.

La vide sbirciare verso Rigel, che prestava attenzione a tutti tranne che a lei; Lily sorrise, accarezzandole con dolcezza la spalla. La piccola Rosie, così ligia alle regole, così ansiosa di ferire gli altri, per una volta aveva seguito il suo cuore e non la ragione.

Non gliene faceva una colpa, se non avesse accettato - molto probabilmente - lo avrebbe rimpianto per sempre.

E cos'è una vita fatta di rimpianto?

Una vita che non valeva la pena essere vissuta.

« Stavo scherzando, Rosie, rilassati » mormorò Lily, mentre la sentiva sbuffare.

Rose aveva perso un ancora, un porto sicuro, una spalla sempre presente e un braccio perennamente teso, ma aveva scoperto il significato della parola amore; Rose aveva fatto l'amore, ne aveva sentito i brividi, e li aveva fatti suoi, senza aver paura di tremare tra quelle braccia. Rose aveva conosciuto anche il dolore, quello che ti fa urlare, piangere, disperare, ma che ti fa' sentire viva; aveva afferrato l'occasione al volo, però, senza aver paura delle conseguenze.

Lily era orgogliosa di lei, di come avesse affrontato l'amore a testa alta, prendendolo per le corna e domandolo, come aveva fatto con il dolore che lui le aveva procurato.

« Rigel nemmeno mi guarda » la sentì dire, mogia.

« Reazione perfettamente normale, direi » disse Lily, sorridendole appena.

Con la coda dell'occhio vide Scorpius fissare insistentemente nella loro direzione, come attratto da una calamita: stronzo, ecco cos'era, ma conoscendo suo padre e suo nonno, Lily, non poteva aspettarsi un comportamento diverso; l'aveva avuta, e ne andava fiero.

Aveva posseduto Rose Weasley, accarezzato i suoi capelli rossicci, goduto delle sue gambe pallide intrecciate al suo busto, della sua espressione appena dolorata, ma inondata di piacere. Scorpius Malfoy era fiero di aver accarezzato quel corpo, di averlo baciato fino a sentirsi male, di aver spinto in lei fino a farle gridare il suo nome.

Rigel non ne era stato così contento quando l'aveva saputo, ma non aveva reagito come Ted; mai dirsi che una serpe reagisce come un Grifone o alla Babbana! Lui era un pitone, avvolgeva la sua preda con finezza, l'avvelenava lentamente, non si sporcava le mani. Questo lo sapeva Rosie, lo sapeva Scorpius e lo sapeva anche lei, che quel giorno aveva visto la morte negli occhi neri di quel Serpeverde ferito.

Scorpius aveva tenuto troppo la bocca aperta, e questo non era piaciuto all'amico; Lily era sicura che oltre a colpire Scorpius per averlo tradito, l'avesse fatto anche per Rose. In un modo o nell'altro l'aveva perdonata con quel gesto, facendole capire che non era arrabbiato con lei, per aver ceduto all'amore di sempre, ma con lui, che non era innamorato, ma gliel'aveva portata via, senza preoccuparsi di lui, che era come un fratello, che le voleva bene come non aveva voluto bene a nessun'altro.

Non aveva detto nulla a Rosie quando lei gli aveva detto tutto, con gli occhi alti e il mento ritto; era stata coraggiosa e orgogliosa, come una Grifondoro. Semplicemente le aveva dato le spalle, ciondolando per Hogwarts come uno zombie, come se un dissennatore gli avesse risucchiato via l'anima, poi il resto era stato una sequenza confusa di immagini: Lily ricordava solo di aver visto, con terrore della Mcgranitt e divertimento di Rigel, Scorpius Malfoy appeso per le mutande al cornicione della Torre D'Astronomia.

Aveva rischiato di spezzarsi l'osso del collo se fosse caduto, e la preside non si era risparmiata con le punizioni. Rigel poi li aveva ignorati entrambi.

Aveva ignorato Scorpius, che aveva detto a Rosie di non essere pronto a frequentarla, di dimenticare quello che era successo tra di loro. Aveva ignorato Rosie, che aveva schiantato Scorps con espressione disgustata, sputando ai suoi piedi e dandogli le spalle, fiera come una regina che non lascia cadere tanto facilmente la sua corona.

Si era rinchiuso nella sua corazza di ferro, si era nascosto dietro quella maschera che l'aveva nascosto da secoli, celando il suo dolore e la sua delusione. Ritrovando sfogo nella sua solitudine.

 

« Domani a cena ci sono anche i Scamandro » li scosse Lorcan, parlando della sua famiglia in terza persona.

« Davvero? » si intromise con finto fare indifferente Albus, mangiucchiando del rosbeef.

« Sì, e indovina? Ci sarà anche quel pezzo di figone che ti piace tanto! » ridacchiò perfidamente Lorcan, mentre Albus si strozzava con la carne, fucilandolo con gli occhi verdi.

Lysander, al fianco del fratello, rise, dando alcune pacche sulle spalle del ragazzo, che si scostò come si fosse bruciato; Albus Severus Potter si ricompose perfettamente, lisciandosi la divisa con fare professionale.

« Siete due idioti » sbuffò infatti, mentre Lily ridacchiava, coprendosi la bocca con una mano.

« Ma che hai capito? Parlavo di me! » disse infatti Lorcan, facendogli l'occhiolino.

« Rimani sulla tua sponda, fratello, è un consiglio » sibilò Lysander, dandogli uno scappellotto sulla nuca e facendo arrossire Albus per quel "marchiamento" del territorio per niente velato. Lily vide la smorfia di suo fratello James e sorrise, accarezzando i capelli neri di Albus con dolcezza; nessuno più di lui meritava di stare bene, e sperava, in cuor suo, che quella volta Lys non avesse paura di mostrarsi per quel che era.

Al era fragile quando si parlava del suo orientamento sessuale, solo perché gli altri lo consideravano diverso, quando amava come e più degli altri.

« Ti voglio bene » sussurrò a bassa voce Albus, poggiando il capo sulla sua spalla e stringendosela contro, socchiudendo gli occhi. No, non c'era niente di diverso, nel suo caro e dolce fratellino; non contava chi si amava, ma come lo si amava. Al poteva amare una donna, un uomo, una dottoressa, un pirata, a lei non interessava: rimaneva sempre il suo Al, quello piccolo e indifeso, timido e aggressivo.

« Anche io » rispose Lily, baciandogli la guancia con affetto. E sapeva che anche a Jamie e suo padre non interessava, affatto; l'importante era che nessuno lo ferisse, perché allora avrebbero saggiato l'ira dei Potter.

Perché nessuna donna o uomo che sia aveva il diritto di fargli del male.

Quell'anno scolastico era stato così intenso, probabilmente Lily - come tutti gli altri - non lo avrebbe dimenticato facilmente.

Avevano conosciuto tutti l'amore, quello che fa mancare il fiato, quello che entra sotto pelle e non lascia più, rimanendo lividi indelebili; avevano conosciuto il dolore, mera conseguenza del cuore che pompa senza volersi fermare.

Avevano conosciuto l'amicizia, quella che resta, quella immortale. Hogwarts quell'anno aveva assistito a risate, lacrime, esaurimenti nervosi dati dallo studio, marachelle, il solito Quidditch e le solite dispute tra i dormitori. Hogwarts, ancora una volta, era stata partecipe di quella vita fatta di emozioni, sentimenti, dubbi e brividi.

Hogwarts li stava salutando, ma non stava dicendo addio, perché - come sempre - per chiunque avrebbe voluto tornare, casa loro sarebbe sempre stata lì a dare il "benvenuto".

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