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“No Hermione! In fondo, chi l’ha detto? Nessuno sa cosa
succede a chi cade dietro quel velo, quindi… quindi perché dobbiamo dire che
Harry è morto? Forse sono solo finiti in un qualche luogo sperduto e… e poi…”
La voce di Ronald Weasley sfumò, assieme alle sue ultime
parole. Abbassò gli occhi iniziando a fissare il pavimento bianco e si rese
conto che la verità, raccontata in una maniera o nell’altra, era sempre
terribile.
Hermione, stesa sul suo letto, tra le lenzuola bianche del
San Mungo e ancora con gli occhi chiusi, sospirò.
“E poi, se è così… torneranno. O tornerà solo uno… il più
forte.”
“E se questo fosse stato tutto un tranello di Tu-Sai-Chi? E
se Lui avesse organizzato tutto, in modo da scontrarsi da solo con Harry ed
essere in vantaggio?”
Ron stringeva le mani attorno alla spalliera della sedia
accanto al letto, e si mordeva il labbro inferiore nervosamente. Guardava la
sua amica, che sembrava vivere una calma surreale per quella che era la
situazione, la sua situazione.
Una voce pacata e stanca rispose alla sua domanda.
“Non credo signor Weasley. La signorina Granger non era
cosciente e non ha potuto vedere, ma io c’ero… e anche se non ho fatto in tempo
ad intervenire, ho visto l’espressione quanto mai meravigliata di Tom, quando
Harry è riuscito a farlo barcollare nei pressi del velo. Forse lui era l’unico
a sapere cosa lo aspettasse, una volta oltrepassato quel confine, e ha voluto
portare con sé anche il suo rivale. Comunque, noi ora non possiamo far altro se
non indagare su quel oggetto e aspettare un possibile… ritorno.”
Albus Silente era entrato nella stanza immacolata del
ospedale e, parlando, si era avvicinato ai due giovani che lo ascoltavano
attentamente. Hermione annuì alle parole dell’anziano saggio e poi sospirò
ancora.
“Come si sente signorina Granger, tutto bene?”
Le labbra della ragazza si incurvarono in un sorriso triste.
“Sì… tutto bene” aprì gli occhi e volse il viso verso
la finestra, verso quella fonte di luce che era l’unica cosa che poteva distinguere.
I suoi occhi color nocciola erano arrossati, segno delle
molte lacrime piante e di quelle ancora trattenute, e stranamente più opachi.
Come un velo bianco, una patina opaca era calata sul suo sguardo
e rendeva più spenti e assenti i suoi occhi.
Non brillavano più come una volta. Sempre belli, per niente
deformati o cambiati nella fisionomia, ma molto, molto più tristi e… scolorati.
Non vi era termine migliore per definirli, privati del loro colore e dello loro
vitalità.
Erano passati due giorni, le avevano detto, dalla battaglia
nell’Ufficio Misteri. Harry e Voldemort erano caduti entrambi dietro a quel
velo misterioso, che si trovava lì, nel luogo in cui la battaglia infuriava, e
nessuno aveva più avuto loro notizie.
La maggior parte dei Mangiamorte lì presenti erano stati
arrestati. Invece Luna, Neville e Ron, per fortuna, se non si teneva conto di qualche
graffio o di qualche fattura innocua, stavano bene. Lo stesso si poteva dire
per l’Ordine della Fenice, ma non per lei.
Forse non si doveva lamentare tanto come faceva, solo con sé
stessa però, davanti agli altri mai!
In fondo era viva.
Dopo essere stata colpita da un potente quanto sconosciuto
incantesimo scagliato da Lucius Malfoy, per impedirle di andare ad aiutare
Harry, in netto svantaggio contro Lord Voldemort, Hermione era svenuta. Si era
poi ritrovata, due giorno dopo, in un letto del San Mungo e… cieca.
Sì, non riusciva più a vedere.
Il prezzo per essere ancora viva, si potrebbe dire.
Sentì i passi di Silente che si allontanavano verso la porta,
dopo aver detto sottovoce qualcosa a Ron. Non dovette neanche domandarsi cosa,
perché subito il mistero fu svelato.
Il suo amico parlò con voce allegra e sentì che un
grande sorriso, tutto per lei, era spuntato sul suo viso.
“Hermione, ci sono visite!”
La famiglia Weasley al completo entrò nella stanza che
d’improvviso si riempì di voci, di passi e di allegria. Hermione sorrise e lo
fece ancora di più quando riconobbe, tra quel vorticare di voci, quella di sua
madre.
***
King’s Cross pullulava di studenti, come al solito. Come
ogni primo settembre.
Hermione era ferma accanto ad una delle possenti colonne
della stazione, la più vicina al passaggio dalla Londra Babbana a quella
magica.
Quell’anno non era andata alla Tana per trascorrere gli
ultimi giorni delle vacanze. Dopo quello che era successo, i suoi genitori la
volevano con loro il più possibile e gli addii non erano stati facili. Ma era
felice di tornare ad Hogwarts, almeno quella sarebbe stata una costante. Qualcosa
che quell’anno non sarebbe cambiata, quando tutto il resto, invece, era
diverso.
Il carrello pieno delle sue valige era davanti a lei e,
stringendo le mani attorno al manico di questo, si concentrò sulle voci
assottigliando lo sguardo.
La situazione, da quella mattina quando si era svegliata al
San Mungo, non era gran ché cambiata. Tutte le cure magiche e Babbane non erano
servite a nulla. C’era stato solo un piccolo miglioramento, ad opera della
magia naturalmente, e ora riusciva a distinguere le ombre.
Finalmente, in quel miscuglio confuso di suoni, riuscì a
riconoscere una voce famigliare.
“Hermione da questa parte, siamo qui!”
Si rese conto che Ron era arrivato da lei, solo quando sentì
una mano posarsi sulla sua spalla e il respiro del ragazzo, affannato per la
corsa, vicino al suo orecchio. Subito si voltò verso il suo amico e lo salutò
con un sorriso.
“Ciao Ron...”
“Hermione! Come stai, cara?”
Un abbraccio soffocante la colse alla sprovvista, ma sorrise
comunque cercando di divincolarsi.
“Bene, grazie, Signora Weasley.”
Finalmente riuscì a fare un passo indietro e a respirare.
“Hermione siamo felici di vederti, hai passato un’estate
serena?”
“Certo… grazie, Signor Weasley.”
Erano frasi di circostanza e tutti lo sapevano, ma andava
bene così… Per ora, andava bene così.
Un improvviso peso sulle spalle e il formicolio di un
leggero respiro sul collo, la travolsero. Ricevette quindi un altro abbraccio,
sempre molto caloroso ma meno soffocante.
“Ginny!”
“Hermione, che bello vederti!”
La piccola di casa Weasley lasciò l’amica e con qualche
passo le si posizionò davanti.
“Già… anch’io vorrei vederti…” le sue parole furono un
sussurro, ma tutti sembrarono sentirle o per lo meno capirle, perché subito
scese tra loro un silenzio imbarazzante.
Poteva sentire il senso di colpa di Ginny che stava cercando
di trovare le parole giuste da dire, per scusarsi. Ma non voleva creare disagio
e si maledisse subito per quello che aveva detto, perciò sorrise alzando la
testa.
“Ron, che ne dici di aiutarmi con Grattasinchi? Il mio
carrello è pieno e la sua gabbia è troppo grande…”
“Ma perché proprio quel gatto abominevole? Prendo volentieri
a bordo sul mio carrello una delle tue valige, ma quella palla di pelo proprio
no!”
“Non ti preoccupare per le valige, cara. Ci penseremo io e
Arthur a portare sul treno i tuoi bagagli e quelli di Ron, così lui potrà
accompagnarti nel vagone senza impedimenti.”
“Oh beh, grazie…”
“Forza Ron, fate strada. Noi vi seguiamo con i carrelli.”
“Emh… sì…”
Sentì Ron avvicinarsi di nuovo a lei e prenderla per mano,
iniziando a trascinarla via.
“Andiamo, Hermione.”
Poteva immaginarsi Ron, tutto rosso come un peperone, che la
guidava tra le centinaia di studenti, imbarazzatissimo. Sorrise divertita e si
lasciò trasportare.
Di tanto in tanto si scontrava con qualcuno, ma Ron poteva
essere reputata una buona guida.
“Ci siamo quasi…”
Ron parlò alzando la voce, per sovrastare le altre, e lei
annuì.
Sentì lo sbuffare del treno e poi Ron fermarsi di scatto,
strattonandole così il braccio mentre continuava a camminare.
“Cosa c’è?”
“Li abbiamo persi! Mia madre e mio padre non sono dietro di
noi!”
Il ragazzo parlò spazientito.
“Li andiamo a cercare?”
Era sicura che il suo amico fosse ancora accanto a lei,
perché gli stringeva la mano… ma allora perché non rispondeva?
“Ron?!”
“Malfoy.”
“Eh? E che c'entra ora…?”
“Weasley, sempre tra i piedi.”
A sentire quella voce fredda e strascicata Hermione irrigidì
le spalle e guardò nella direzione da cui, probabilmente, parlava il loro
interlocutore.
Draco Malfoy, con alle spalle Tiger e Goyle e accompagnato
da Blaise Zabini, guardava con astio le due figure che gli erano di fronte. Lo
sguardo del ragazzo cadde poi sulle due mani unite, sollevò un sopracciglio e
un sorrisetto beffardo accompagnò la sua voce.
“Però non è giusto, povero Potter… si sentirà tradito. Non
avete proprio perso tempo, vedo. Ma sì, d’altronde, in questo momento sarà
bello che morto… quindi…”
Contemporaneamente i due Grifondoro strinsero l’uno la mano
dell’altro e odio puro traboccava dai loro occhi. Ron stava per rispondere, ma
la voce del Serpeverde lo interruppe.
“Forza, andiamo.”
Hermione li sentì passare accanto a lei, e subito dopo
arrivarono i signori Weasley.
“Tra la folla vi avevamo persi… tutto bene? Ho visto
allontanarsi da voi quei ragazzi…”
“Sì tutto bene, papà.”
Sentì nella voce del suo amico una nota di rabbia, e la
poteva capire. Anche lei covava rabbia. Rabbia verso quel ragazzino viziato il
cui padre l’aveva ridotta in quello stato e rabbia verso sé stessa, per non
essere stata capace di rispondere, di reagire a quelle parole ingiuste e
infide. Tutto solo per la paura di puntare i riflettori su di sé, e svelare al
mondo la sua nuova condizione.
Il viaggio verso Hogwarts fu stranamente tranquillo e
silenzioso. Durante l’estate, durante tutto il tempo che era rimasta a casa
sua, lontana dalla magia, era stato facile ignorare ciò che era successo. Era
stato facile non notare l’assenza di Harry. Ma ora che tutti erano tornati ad
Hogwarts, era impossibile non rendersi conto di quanto le cose fossero
cambiate.
Le mancava Harry, e sapeva che anche a Ron mancava. La cosa
più brutta, era però non sapere dove il loro amico fosse, se stava bene o se…
non c’era più.
Era inutile prendersi in giro, ed Hermione lo sapeva, niente
sarebbe stato più come prima.
La sua vita si sarebbe complicata e se non si fosse trovato
un rimedio alla sua cecità, avrebbe avuto sempre bisogno di qualcuno al suo
fianco.
Erano cambiati addirittura i suoi adorati libri, la grafia
elegante era diventata ruvida e in rilievo. Aveva passato l’intera estate a
studiare l’alfabeto braille. Era stato semplice per lei, e con un veloce incantesimo
tutti i libri si erano adattati alla nuova Hermione Granger. Per
scrivere, invece, le sarebbe stato permesso di usare una Penna Prendi Appunti.
Dovette inoltre rinunciare ai compiti di Prefetto, di certo
non era più in condizioni di fare la guardia vigile tra i corridoi della scuola
o quant’altro. Si sentiva inutile e non riusciva a sopportarlo.
Nessuno aveva capito di quale incantesimo si fosse servito
il suo avversario, e nessuno ne conosceva la cura. I Medimaghi, in un primo
momento, avevano parlato anche di un incantesimo di Invalidazione Momentanea,
sarebbe scomparso da solo se fosse stato così. Ma erano passati mesi… e ancora
niente.
La Sala Grande era come al solito rumorosa, ed Hermione
aveva appena finito di mangiare il suo pranzo. Quasi tutta la Casa Grifondoro
era venuta a conoscenza della suo “problema”, altrettanto non poteva dire delle
altre Case. In fondo, quello era solo il secondo giorno di scuola.
“Ron, per favore, quando finisci di mangiare, potresti
accompagnarmi in biblioteca?”
“Certo Hermione, non ti preoccupare.”
Caro Ron, come avrebbe fatto senza di lui? Era sempre
disponibile e cercava di non farla sentire a disagio.
Per la verità, tutti Grifondoro si stavano comportando molto
gentilmente con lei e le portavano sempre lo stesso rispetto di una volta. Era
felice di questo… ma non poteva nascondere di temere un po’ il momento in cui tutti
avrebbero saputo.
Ma lei doveva essere superiore, come al solito, e non doveva
curarsi delle stupide battutine maligne. Avrebbe fatto così e ci sarebbe
riuscita.
“Hermione la biblioteca è deserta a quest’ora, sei sicura
che vuoi che ti lasci qui?”
“Certo, Ron. Non ti preoccupare, non è di certo la prima
volta che resto sola in biblioteca. E poi, anche se non vedo, non sono un
impedita…! Vai pure da Seamus, ti stava aspettando vero?”
“Sì… è il nuovo Prefetto e vuole sapere un po’ di cosa da
me.”
“Cose tipo… i 1000 modi per infrangere le regole con il
potere da Prefetto?” corrugò la fronte e sentì Ron ridacchiare.
“Sì, più o meno. Io vado, Ciao ‘Mione.”
“Ciao” si piegò sui suoi libri e decise di concentrarsi solo
sullo studio.
Con Ron non aveva voluto ammetterlo, ma ora che la sua vista
non era più quella di una volta, aveva un po’di timore a restare da sola.
Comunque non aveva nulla da temere, era nella biblioteca della scuola… era
protetta.
Dopo qualche minuto sentì dei passi veloci e arrabbiati
entrare nella biblioteca e a seguire un tonfo, il rumore di un libro che veniva
sbattuto su di un tavolo dall’altro lato della stanza. Una sedia strisciò a
terra senza molte cerimonie e uno sbuffo esasperato le indicò che il suo
occupante non era molto felice di essere lì, in quel momento. Hermione sorrise
distrattamente e poi tornò ai suoi compiti.
Draco Malfoy era anche lui chino sui libri, o meglio, sul suo
libro di Trasfigurazione, e ogni trenta secondi dedicava qualche bel pensiero
alla professoressa McGranitt che, già al secondo giorno di scuola, aveva
pensato bene di assegnargli una ricerca speciale sulla trasfigurazione
uomo-animale magico.
Infatti, secondo lei, durante la prima lezione di introduzione
a tale trasfigurazione, lui non aveva prestato la minima attenzione a ciò che
si stava dicendo in classe.
Sbuffò un’altra volta e ruotò gli occhi all’aria. Non c’era
nessuno a quell'ora in biblioteca, naturalmente, e quindi si sarebbe
annoiato il doppio. Stava per tornare alla noiosissima lettura quando un rumore
lo distrasse, proveniva dal fondo della stanza e quando si voltò vide che si
era sbagliato, non era solo.
Seduta su di un tavolo e circondata dai libri, c’era
Hermione Granger. Solo lei si poteva incontrare a quel ora, in quel posto.
Sollevò le sopracciglia e decise di lasciar perdere l’idea
di attaccare discorso, o meglio, battaglia. Voleva solo finire presto il
compito ed uscire fuori, come tutti gli altri, a godersi un po’dell’aria autunnale.
Il rumore che aveva sentito era stato provocato dalla
boccetta d’inchiostro, chiusa, che era caduta sul pavimento dal tavolo della
Granger.
La vide mordersi il labbro inferiore e guardarsi intorno. I
suoi occhi si posarono velocemente anche su di lui, ma non fece una piega. Strano.
Sembrava spaesata e indecisa sul da farsi, alzarsi o meno?
Aveva un comportamento decisamente bizzarro e si concesse la possibilità di
continuare a guardarla, tanto, non aveva niente di meglio da fare … O meglio,
qualcosa c’era, ma avrebbe potuto aspettare…
Lentamente la Granger allungò il piede da sotto il tavolo e
iniziò a muoverlo segnando un semicerchio. Sondando così ogni centimetro di
pavimento che potesse raggiungere da quella posizione.
Cercava di prendere l’inchiostro ma, purtroppo per lei, la
boccetta era di poco più distante e così, era chiaro non ce l’avrebbe mai
fatta.
Draco inclinò leggermente la testa quando la vide ritornare
seduta compostamente sulla sedia e prendere un grosso respiro.
“Madama Pince?”
Aveva una voce ansiosa e leggermente… stridula.
“Madama Pince, la prego, avrei bisogno di una mano.”
Non parlava ad alta voce, ma negli ambienti della biblioteca
le parole rimbalzarono sui muri e furono amplificate.
Il Serpeverde guardò velocemente la scrivania dove di solito
sedeva la bibliotecaria, ma non ce ne era traccia. La Granger nel frattempo
aveva sospirato pesantemente e di nuovo si preparava a parlare, forse a voce
più alta questa volta.
“Non c’è, non lo vedi?”
La vide sussultare, ma non si voltò a guardarlo. Continuava
a fissare il vuoto davanti a sé.
“A-Ah… scusa, potresti per favore… Mi è caduta la boccetta
d’inchiostro e non posso… prenderla.”
Sembrava in difficoltà mentre parlava e quando Draco sentì
ciò che la ragazza gli stava chiedendo, sgranò gli occhi e non nascose la sua
sorpresa.
Ma era impazzita? Forse non si era accorta con chi stava
parlando, beh certo, se non lo guardava neanche in faccia! Però prima l’aveva
visto, ne era sicuro… aveva incontrato i suoi occhi.
Stava per risponderle che mai avrebbe raccolto qualcosa per
una Sangue Sporco come lei, ma qualcosa lo fermò. La vide passarsi velocemente
una mano sugli occhi e poi, una volta alzatasi dalla sedia, scendere a terra
titubante, rimanendo appoggiata con una mano alla scrivania. Appena poggiato il
palmo della mano a terra portò anche l’altro, e subito si mise a cercare a
tentoni, come se fosse immersa nel buio, l’inchiostro perso.
Le sarebbero bastati non più di cinque passi verso destra per
raggiungere quella boccetta, ma la Granger si voltò a cercare verso la sua
sinistra. Silenziosamente le si avvicinò e continuò ad osservare la sua ricerca
disperata, in silenzio. Draco era distante circa tre passi dalla ragazza, ma
lei sembrava non accorgersi di nulla.
Vedeva che i suoi gesti erano sempre più stizziti ed
impazienti. Ora era ancora più vicina all’inchiostro, ma niente. Si chinò per
raccogliere la boccetta e poi parlò.
“E’ qui, possibile che tu non l’abbia vista?”
Quando Hermione sentì quelle parole alle sua spalle, ma
soprattutto, quando si accorse di conoscere il proprietario di quella voce,
restò immobile e spiazzata, a terra e a carponi.
Cercò con la mano il tavolo e per sua fortuna lo trovò. Vi
si appoggiò e velocemente si rialzò, voltandosi verso quello che doveva essere
Draco Malfoy.
“Eri tu, prima?”
“Già.”
La ragazza si schiarì la voce nervosamente.
“Non ti avevo riconosciuto.”
“Non mi hai visto, eppure mi hai guardato.”
“Ma che dici Malfoy, piantala. Ora dammi il mio inchiostro
per favore!”
Detto questo allungò la mano decisa verso il ragazzo,
sperando di riavere presto ciò che le apparteneva e, soprattutto, sperando di
essere stata abbastanza convincente.
“Mi sono spostato…”
Sentì la voce provenire da dietro di lei e il salire di un
rossore incontrollabile alle guance. Dopo che si fu calmata e che ebbe ripreso
in parte il suo colore naturale, si voltò un’altra volta.
“Sei qui?”parlò con tono stizzito.
“Sono qui.”
Hermione annuì e poi parlò ancora.
“Allora? Mi vuoi ridare il mio inchiostro?”
Draco si rigirava la boccetta tra le mani mentre guardava
attentamente gli occhi della Grifondoro, che vide opachi e spenti.
Ora capiva perché, alla stazione, aveva avuto la sensazione
che la ragazza non lo stesse in realtà guardando. C’era odio nei suoi occhi,
dopo aver sentito le sue parole, ma in effetti sembrava stesse guardando
qualcosa dietro di lui.
Non lo vedeva.
Appoggiò la boccetta d’inchiostro sul tavolo, provocando un
piccolo ma chiaro rumore, e poi le voltò le spalle.
“Prendilo, è sulla scrivania.”
Sarebbe andato in Sala Comune a studiare, magari si sarebbe
anche divertito di più.
Quando Hermione ebbe la certezza che Malfoy se ne fu andato,
chinò il capo e poi, non abbandonando mai il contatto con il tavolo, tornò a
sedersi.
Draco Malfoy lo sapeva, presto l’avrebbero saputo tutti i
Serpeverde e poi l’intera scuola. Hermione Granger era cieca. Hermione Granger
non era neanche più capace di raccogliere da terra una stupida boccetta
d’inchiostro da sola.
Si portò una mano sugli occhi e si lasciò sfuggire un
singhiozzo, poi respirò profondamente e rialzò il viso.
No, doveva essere forte. Lei era forte e non avrebbe
pianto.
Non più, non ancora.
Iniziò a cercare sulla scrivania la dannata boccetta.
Ovviamente, sarebbe stato troppo generoso da parte di Malfoy evitarle il disturbo
di cercarla ulteriormente. Lui, inoltre, non toccava le Sangue Sporco e mai
avrebbe favorito un qualsiasi tipo di contatto con lei. Doveva per forza,
sempre, renderle le cose più difficili
Forte dei vostri commenti più che positivi , eccomi qua con il secondo
capitolo (anche prima di quanto avevo previsto)
Forte dei vostri commenti più che positivi , eccomi qua con
il secondo capitolo (anche prima di quanto avevo previsto).
Il secondo è un capitolo piuttosto corposo che delinea
meglio l’aspetto generale della storia ma, davvero, questo non è ancora nulla. J
Ringrazio tutti quelli che hanno commentato e quelli che lo
faranno (spero)… Buona Lettura ^^
Cap. 2
.
Quando, dopo qualche ora, Ron la venne a prendere dalla
biblioteca, Hermione si mostrò piuttosto silenziosa e le domande che il suo
amico taceva alla fine vennero fatte.
Erano seduti su delle poltroncine, il fuoco era acceso e la
stanza era quasi vuota. Nonostante l’aria autunnale fosse piacevole la mattina
o comunque nelle ore di sole, la sera il freddo si faceva sentire, ma Hogwarts
era ben attrezzata e subito tutti i camini erano stati attivati.
Hermione guardava assorta il fuoco. Guardava quella fonte di
luce, quel colore rossastro che spezzava il nero a cui, in qui mesi, si era
abituata.
“Come è andato lo studio, Hermione?”
“Bene.”
“Voglio dire, hai… hai avuto qualche problema? non so,
magari con la nuova…”
“No, va tutto bene Ron. Davvero, grazie.”
“E allora… cosa c’è che non va Hermione?”
Sentendo quel tono serio e preoccupato subito la ragazza si
voltò verso di lui. Aveva ancora quei riflessi naturali che la portavano a
voltarsi quando una persona le parlava, per guardarla negli occhi,
possibilmente… Ed anche se ora non poteva più farlo, voleva che le persone
capissero che lei stava ascoltando, che avevano tutta la sua attenzione, che
non era una bambola persa nei propri pensieri, come poteva sembrare
guardandola.
Lei aveva perso la vista era vero, ma non voleva chiudere i
suoi occhi. Non voleva isolarsi dal mondo.
Voleva farne parte al massimo delle sue possibilità.
“Credo che… No, Malfoy lo sa.”
“Lo sa?!”
“Sì, sa che non vedo. Era in biblioteca oggi, io non sapevo che
fosse lui e quando mi è caduto l’inchiostro… insomma, quando mi ha parlato l’ho
riconosciuto.”
“Non capisco cosa c’entri l’inchiostro, comunque… che ti ha
detto? Giuro che se si è azzardato a prenderti in giro o a ferirti in qualche
modo io…”
“No… non mi ha detto niente. Mi ha solo fatto capire che se
ne era accorto e poi se ne andato. Credo fosse rimasto sorpreso.”
“Meglio per lui…”
Ron aveva incrociato le braccia sul petto e poi si era
appoggiato, poco elegantemente, con le spalle contro il dorso della poltrona.
“Ora io andrei a letto. Notte, Ron.”
Hermione si alzò stiracchiandosi e sbadigliando.
“Vuoi che ti dia una mano?”
“Magari solo fino alle scale, da lì in poi farò da sola. E
poi, anche volendo, non potresti fare altro…”
“Quelle maledette scale! Ieri mi sono scordato
dell’incantesimo e ho provato a salirle di nuovo…”
“Quindi era tuo quell'urlo, ieri notte? Scusa se te lo
chiedo, ma che ci venivi a fare nei dormitori delle ragazze.. di notte?”
Ron arrossì mentre si avvicinavano sempre di più alle scale
dei dormitori.
“Non era proprio notte… e comunque volevo vedere se
per caso avevi avuto qualche problema e se mia sorella aveva fatto il suo
dovere…”
“Sì, sì. Tutto bene… di balie ce ne sono tante.”
Hermione si allontanò da Ron e iniziò a salire i primi
gradini.
“Oh Hermione…”
“Notte, Ron.”
La prima settimana di scuola era passata e tutti gli
studenti, chi meglio chi peggio, avevano ripreso il ritmo scolastico. La voce
che Hermione Granger fosse diventata cieca si era diffusa velocemente, e
d’altronde, non era una cosa che poteva passare inosservata.
Si narravano diverse storie su come questo fosse accaduto e
le più accreditate, erano proprio quelle che parlavano di un incidente nella
battaglia a cui la ragazza aveva partecipato, intrufolandosi nell’Ufficio
Misteri. La stessa battaglia in cui Harry Potter, il Preselto, era scomparso
assieme al temibile Signore Oscuro.
Hogwarts era diventata, in quel periodo, come un enorme
salotto in cui i pettegolezzi e le chiacchiere altrui erano all’ordine del
giorno.
Diversamente non poteva essere però, quello era un periodo
di festa per il Mondo Magico…
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato era scomparso e le storie
delle imprese encomiabili di Harry Potter, eroe e martire, erano affiancate
dalle diffamazioni dei Mangiamorte catturati e di quelli sospetti, ma sfuggiti
alla cattura.
Erano in pochi a credere che Voldemort sarebbe tornato,
ancora. E così, pur conservando un animo perverso, anche i cattivi per
eccellenza volevano salvarsi la pelle da possibili accuse.
I capri espiatori di tutto erano quindi diventati pertutti, coloro che già erano sotto i riflettori. I più facili da
incolpare, quindi.
La famiglia Malfoy, ad esempio, si era legata a quella Black
dando origine ad un’unione tra le più acclamate e rispettate da secoli. Lucius
Malfoy era però stato fatto prigioniero ad Azkaban, con pesanti accuse di
attività Mangiamorte, e i precedenti della evasa Bellatrix Balck Lestrange,
avevano fatto sì che la reputazione di uomini ricchi, integri e generosi fosse
sostituita a quella di infidi, criminali e oscuri.
I giornali come La Gazzetta del Profeta erano pieni di
articoli riguardanti tutto questo e agli studenti di Hogwarts piaceva leggere
gli articoli, discutere, esporre le proprie opinioni su quello che succedeva
nel mondo…
La Sala d’Ingresso del castello era occupata da gruppetti di
studenti che, qua e là, dopo essere tornati dalla gita ad Hogsmeade,
discutevano e facevano comunella.
Draco Malfoy attraversava, in quel momento, l’ampia sala a
passo sicuro e sostenuto ed era strano capire come i ruoli, nella vita,
potessero essere invertiti così facilmente.
Stava ancora pensando all’ora precedente, Difesa Contro Le
Arti Oscure, e si convinceva sempre di più che quella nuova professoressa lo
odiasse.
Non che la cosa lo toccasse più di tanto, in fondo. Anche
lui non nutriva nei suoi confronti tutta questa simpatia, ma c’era qualcosa nel
modo in cui lo guardava che… lo infastidiva, lo metteva in soggezione.
Ad un tratto qualcosa urtò la sua caviglia e lo fece fermare
all’incirca al centro della stanza.
Portò gli occhi verso il basso e vide una pagina di giornale
appallottolata che giaceva a qualche centimetro da lui.
La sala si riempì di bisbigli che man mano scemarono, per
lasciar spazio solo al silenzio. Draco alzò lo sguardo ed esaminò tutti gli
studenti che erano lì, quasi tutti Grifondoro… manco a dirlo.
Lo guardavano, ed evidentemente volevano che leggesse quel
giornale.
Quella non era una scena nuova per la verità e sapeva di
doversi abituare alla cosa.
“Andiamo Draco, lascia perdere.”
Zabini, che era dietro di lui, ricominciò a camminare non
curante e voleva che lo seguisse, ma qualcosa lo spinse a fare il contrario.
Probabilmente, quella del suo compagno, sarebbe stata la scelta
migliore da fare e invece Draco restò lì, fermo, finché l’altro Serpeverde non
si voltò a guardarlo lanciandogli uno sguardo esasperato.
Si piegò a raccogliere quel foglio spiegazzato con un
sorrisino ironico. Mai si sarebbe mostrato debole, o anche solo minimamente
toccato, da quelle accuse indirette che gli venivano fatte.
Apri con cura la carta, che si accorse appartenere alla
Gazzetta del Profeta, e iniziò a leggere.
L’ articolo non era molto grande, dato che, la maggior parte
della pagina, era occupata da un paio di foto in bianco e nero di suo padre.
Una lo ritraeva alla cena che era stata organizzata, circa
un anno prima, in onore delle donazioni pervenute per l’ampliamento
dell’Ospedale Per Ferite Magiche, il San Mungo. L’altra, invece, era più
recente.
Lucius Malfoy indossava una tunica nera, una maschera
argentata a forma di teschio giaceva ai suoi piedi, e incatenato per i polsi era
affiancato da due minacciosi Auror.
Draco non si soffermò molto sulla seconda foto, ma bensì
sulla prima.
Mille flash illuminavano la stanza, la targhetta che gli era
stata consegnata (in quanto donatore più generoso e sensibile ai
bisogni dei malati), e il suo volto.
Suo padre sorrideva discretamente e con gran classe. Restava
sotto le macchine fotografiche con una naturalezza incredibile e tutto,
dall’abbigliamento al portamento, alla maniera in cui teneva in mano il suo
riconoscimento in argento, diceva chiaramente che Lucius Malfoy era un uomo
dalla nobiltà più pura e antica e dalla potenza incomparabile.
Sorrise guardando quella immagine e l’espressione dell’uomo
ritratto.
Sapeva recitare benissimo la sua parte, era uno tra i più
astuti e bravi giocatori che prendevano parte a quel gioco che è la vita.
Suo padre stesso l’aveva definita così… Ora che ci pensava, faceva persino
filosofia. E che filosofia…
“Sei felice, Malfoy?”
Dio… quegli idioti. Quasi se ne era scordato.
Cambiò subito espressione e guardò chi aveva parlato.
“Finnigan” usò il suo solito tono strascicato e parecchio
scocciato questa volta.
“Sorridi… Non credevo fosse questo l’atteggiamento di un
figlio che vede suo padre portato in prigione. Oh ma certo, che stupido! Sto
parlando con un Malfoy, il cambiamento di bandiera è una pratica molto usata e
ben conosciuta nella vostra famiglia… Non è vero?”
Calma. La calma è la virtù dei più forti.
“Finnigan, ti conviene tacere.”
“Perché, altrimenti? Nessuno ha paura di te, Malfoy. In più,
ora tuo padre e ad Azkaban…”
Mezze parole di approvazione salirono dalla folla che si era
riunita nella sala.
“Già…”
“Infatti…”
“Ora che farà… suo padre non c’è’?”
In effetti, in tutti quegli anni, si era sempre appoggiato
alla figura di suo padre, per qualunque vendetta, per qualunque minaccia.
Ora sarebbe bastato lui solo. Sarebbe dovuto bastare.
Diede un altro sguardo al gruppo di studenti e quando i suoi
occhi si posavano su qualcuno, subito questi taceva o smetteva di fissarlo.
E loro non avevano paura?Andiamo, lui era un Serpeverde
subdolo e spietato, il rappresentate migliore della sua Casa… e non avevano
timore?
La sua vendetta poteva essere terribile, ed è questo che la
gente teme di più.
Una persona può fare la spaccona e la coraggiosa quanto
vuole, ma poi deve fare i conti con le sue azioni. E si sa, la vendetta di un
Serpeverde promettente Mangiamorte, a quanto si diceva in giro, è temibile e
tremenda.
Draco Malfoy scoppio in una risata priva d’allegria e gettò
di lato l’articolo, che era stato riappallottolato.
“E voi, voi sareste quelli che non hanno paura? Ma fatemi il
favore…”
Detto questo, ancora con il sorriso di scherno sulle labbra,
si girò, lasciando rotare attorno a sé il mantello nero, e si avviò verso
l’uscita della scuola.
“Aspetta Malfoy, non hai letto cosa dice l’articolo… la cosa
più interessante…”
Si voltò ancora e questa volta era stato un Corvonero a
parlare, Michael Corner.
“… Lucius Malfoy ha dimostrato d’essere l’ipocrisia fatta
persona, il Ministero è rimasto sconvolto da ciò che è accaduto e ha detto,
d’ora in poi, di voler assicurarsi sulle persone con cui collaborerà e a cui
darà la propria fiducia. In realtà accuse contro questa “ illustre” persona
furono già state avanzate, tempo fa, molto chiaramente, da Harry Potter ma
nessuno sembra aver preso anche solo in considerazione le parole detto da un
ragazzino, dal ragazzino che ci ha salvato e…”
“NO, no, per favore. L’encomio a Potter vorrei
risparmiarmelo.”
“Certo, ma aspetta ancora un po’. Qui parlano anche di te e
di tua madre, senti… Narcissa Malfoy si dichiara estranea a quanto accaduto,
tuttavia, secondo testimonianze e voci attendibili, sembra non aver
assolutamente avuto alcuno scontro in questione con il marito. Né tanto meno si
risparmia le visite ad Azkaban che anzi, sono molto, molto assidue. A questo
punto, anche credere alla buona fede di una madre di famiglia, nonché donna
nobile, sembra essere difficile. Ricordiamo che la famiglia Balck ha, anche
lei, avuto le sue pecche. Bellatrix Balck Lestrange, Mangiamorte dichiarata e
per nulla pentita, è tutt’ora un’evasa…”
“Corner, mi sapresti dire chi ha scritto questo articolo?!
Mi sembra che più di un testo d’opinione, qui si facciano accuse e
diffamazioni. Sono cose perseguibili e norma di legge…”
“Ma no aspetta. Avete sempre desiderato finire sui giornali
ed essere al centro dell’attenzione, voi Malfoy, e ora che finalmente vi
dedicano tutto un articolo ti lamenti? Comunque senti… parlano anche di te.”
Draco si iniziava ad alterare, ma non fece in tempo a
bloccarlo che già il ragazzo aveva ripreso a leggere.
“… ciò che può risultare strano è che, in corrispondenza
delle continue visite della moglie, non una volta il loro figlio si è fatto
vedere nei pressi dell’isola d’Azkaban. Il ragazzo sedicenne frequenta
Hogwarts, rinomata scuola di magia e stregoneria, e pare che siano stati non
pochi gli episodi che l’hanno visto coinvolto in vicende poco chiare…”
“Piantala Corner! Mi dici che cosa vuoi, ora?”
Michael Corner lo guardò serio, ripiegò in due il giornale e
iniziò a parlare.
“Ci tenevamo a farti sapere il nostro parere. Dato che voi
vi permettere sempre di criticare gli altri e non vi risparmiate, mai, di
renderci partecipi dei vostri ideali e delle vostre opinioni sul nostro conto,
ora tocca a noi parlare.
Siete dei doppio giochisti, dei falsi e degli spregevoli
snob con la puzza sotto il naso…”
La voce del Corvonero fu interrotta da quella di una
ragazza, Grifondoro se non sbagliava.
“Se c’è qualcuno che in questa scuola dovrebbe essere
cacciato via a calci, quelli siete proprio voi e tutti quelli come la tua
famiglia...”
Altre voci sopraggiunsero e le frasi si mischiarono, si
confusero, ma il significato era comunque ben chiaro.
Una rivolta di massa.
Alzò la voce per farsi sentire e mano a mano l’attenzione di
tutti tornò su di lui.
“Sappiamo benissimo che qui i Serpeverde non sono i ben
accetti, ma sappiate che questa scuola è nostra quanto vostra e neanche voi
siete accolti a braccia aperte… e mai lo sarete. Per quanto lo vorreste non
riuscirete mai a cacciarci di qui, siamo in questa scuola da secoli e ci
resteremo. In oltre non vi conviene parlare tanto, mi ricorderò di voi… di ognuno
di voi.”
“Ci stai minacciando, Malfoy?”
“Fai un po’ te, Weasley.”
Ronald Weasley, aveva finalmente preso parola e stranamente
la mezzosangue non era con lui. Draco non ci badò comunque più di tanto, e si
voltò un’altra volta per andar via.
Non fu seguito da Zabini, per fortuna, ma mentre si
allontanava, sentiva di lasciarsi alle spalle un mare di insulti non molto
moderati o leggeri.
Appena fu abbastanza lontano dal castello abbassò le spalle
ed ammorbidì i muscoli, sospirando. Quello era stato uno tra gli scontri più
feroci e diretti che aveva avuto sin ora e se, comunque, agli altri faceva
capire che la cosa non lo interessava più di tanto, in realtà, tutte quelle
parole lasciavano un segno anche dentro di lui.
A volte desiderava solo di chiudere gli occhi, e fare finta
che tutto quello che lo circondava non esistesse. Le voce, le persone, i
giornali…
Solo il buio e la tranquillità dell’essere soli, con i
propri pensieri. O neanche loro, forse.
Draco stava passeggiando distrattamente tra il manto di
foglie autunnali che ricoprivano il terreno, e ogni tanto lanciava qualche
sguardo verso il castello, come per decidere se era il caso di rientrare o
meno.
Era l’imbrunire e tra poco sarebbe stata pronta la cena, tra
poco si sarebbe fatto buio. Decise di fare ancora qualche passo, pochi minuti e
poi sarebbe rientrato. Di certo, in ogni caso, non avrebbero sentito la sua
mancanza....
Passeggiando serenamente si era reso conto di essersi
allontanato parecchio da Hogwarts, ma la cosa non lo spaventava. Sapeva come
tornare indietro e, in oltre, il lago là vicino era una garanzia di ritorno.
Appoggiò il piede su di un'altra distesa di foglie verdi e
gialle, ancora non erano del tutto secche, e non poteva sentire lo scricchiolio
che tanto gli piaceva ogni volta che calpestava, tuttavia successe una cosa che
non aveva previsto. La terra mancò sotto i suoi piedi…
Ma cosa le era venuto in mente? Avventurarsi da sola, per il
parco! Era una stupida, stupida, stupida! Avrebbe dovuto chiedere a Ron di
accompagnarla a fare una passeggiata, ma non voleva disturbarlo.
No, la verità è che voleva fare da sola.
Era stanca d’essere guidata manina manina dappertutto,
sempre. Voleva dimostrare a sé stessa e agli altri che ce la poteva fare. Ora
però, aggrappata ad un albero, non riusciva più a capire dove si trovava e non
sapeva neanche come ci era arrivata lì!
Be’, a dir la verità, sì. Lo sapeva.
Era piuttosto umiliante e non l’avrebbe raccontato ad anima
viva ma… con tre cadute, cinque brutali scontri contro alberi dalla corteccia
di ferro, e con un po’ di imitazione fantasma, assieme alla ricerca a gattoni
dell’albero... era arrivata lì.
Sospirò e cercò di tornare indietro, tra poco si sarebbe
fatto buio e non voleva che nessuno scoprisse della sua…emh … avventura
solitaria e sconsiderata.
Iniziò di nuovo a camminare a tentoni, andava a naso. Aveva
un fiuto infallibile per l’inganni e per le risoluzioni dei problemi, allora perché
non doveva avercelo anche per il senso dell’orientamento? Fece qualche passo
con le mani tese in avanti e la positività la invase. Ma durò poco, perché
tutto ad un tratto iniziò a scivolare verso il basso.
Ringrazio tutte le persone che mi hanno recensito, sono sorpresa e
felicissima di tutte le vostre recensioni :D
Ringrazio tutte le persone che mi hanno recensito, sono
sorpresa e felicissima di tutte le vostre recensioni :D
Buona lettura J
(Ora che la storia si farà più
interessante inizierò anche a rispondere ad ognuna di voi singolarmente, se
questo vi farà paciere…)
Cap
Cap.3
Dopo aver rotolato fra la terra, essersi graffiata le
ginocchia, e aver avuto l’impressione di morire, Hermione a quattro zampe e a
terra prese un grosso respiro.
Si sedette sul terreno e palpò con le mani ciò che la
circondava: solo terra e foglie.
“Ma cosa…?”
“Granger?”
Sussultò vistosamente, impaurita e meravigliata.
“Chi sei?”
“Draco Malfoy.”
“Che cosa ci fai tu, qui?!”
“Datti una calmata… Secondo te cosa ci faccio in un buco
sotto terra?!”
“Sei caduto anche tu?”
“Le “E” sono proprio meritate, vedo…” disse ironicamente.
La stava prendendo in giro e questo la innervosiva parecchio,
ma ora non era quella la cosa a cui doveva badare.
“Vuoi dire che siamo bloccati qui?”
“Per quanto si vende la McGranitt?”
“Piantala di fare dello spirito, Malfoy! Che cos’è questo
postaccio?!”
“Un buco schifoso e sporco, ecco cos’è. Comunque sappi, che
neanche io mi sto divertendo! No, non puoi far nulla con la bacchetta… in
questo posto non funziona.”
Hermione depose la bacchetta, che aveva preso pochi secondo
prima, per terra.
“Come non funziona?”
“Ho già provato ad usarla per chiamare la mia scopa, ma
niente… C’è una sorta di barriera, o comunque un incantesimo che annulla
qualunque tipo di magia. Se non ci credi prova.”
“No, no… ci credo. Questa… potrebbe essere una trappola!”
“Una trappola? E perché mai qualcuno vorrebbe catturarci?”
“Non per noi! Per gli animali… magici.”
Sentì un basso grugnito e capì che forse avrebbe fatto
meglio a tacere.
“Quel bestione, era ovvio c’entrasse lui! Dannato
Mezzogigante!”
“Non te la prendere con Hagrid, Malfoy!”
“A no? E con chi me la dovrei prendere?”
“Magari con la tua sbadataggine per non aver visto una buca
tanto grande!”
“Era nascosta, coperta da un manto di foglie… Sì, sono stato
proprio un incosciente distratto!”
Rimasero in silenzio per alcuni minuti, nei quali Hermione
avrebbe avuto tanto bisogno scoppiare in un pianto isterico, ma si astenne.
“Quanto ci metterà Weasley a mettere a soqquadro la scuola,
per cercarti, e a capire che non ci sei?”
“Perché ti interessa?”
“Perché così mobiliterà tutto il corpo insegnanti per le
ricerche, e magari ci troveranno!”
“Tu sei qui da più tempo, no? Chi ti dice che già non ti
stiano cercando… Non possiamo contare sui tuoi compagni?”
“Non credo proprio…”
Hermione non proseguì oltre, e ritornò il silenzio. Sperava
con tutto il cuore che Ron si sbrigasse a capire che era nei guai.
Era passata ormai una mezz’ora buona e fuori le prime stelle
si facevano vedere. Hermione sentì uno sbuffare pesante e poi il rumore di
passi.
“Ma quanto ci mette quell’idiota!”
“Ti riferisci a Ron?”
“Maledetto Weasley, è un ritardato anche su queste cose!”
“Non permetterti mai più…”
“Inizia a fare freddo… Maledizione!”
Sentì il rumore di un sassolino scagliato a gran velocità
contro la parete, e si ritirò di scatto quando avvertì la collisione tra i due
corpi non molto distante da lei.
“Calmati Malfoy.”
Lo sentì sedersi pesantemente a terra e restare in silenzio.
Poi sorrise ironicamente.
“Ti rendi conto che aspetti di essere salvato da Ronald
Weasley?”
Draco si voltò a guardarla e assunse un’espressione
imbronciata, molto buffa a dir la verità. Peccato che Hermione non potesse
vederla.
“No, tu sarai salvata dalla donnola. Io sarò
salvato da chi accompagnerà il tuo fidanzato, quindi da qualche insegnante…”
“No. Puoi rigirarla come vuoi ma nessun insegnante
passerebbe di qui se non fosse Ron a chiamarlo, mi dispiace Malfoy. E comunque,
Ron non è il mio fidanzato!”
“Ti dico di no, invece. Lui vuole trovare te. Non sa che io
sono qui, quindi non mi vuole aiutare e non lo farà.”
“Certo… Gli dovrai un favore.”
Se qualche ora fa avrebbe detto che l’inverno era ancora
lontano, adesso Hermione non poteva negare di sentirlo più vicino che mai.
Strofinò le mani e abbracciò le ginocchia avvicinandole di più al petto. Era
passato un quarto d’ora, e ancora niente…
“E’ bello avere amici deficienti, vero Granger? A quest’ora
Wealsey si starà rimpinzando in Sala Grande.”
“E’ bello non avere nessun amico, vero Malfoy? A quest’ora
staranno facendo festa perché non ti hanno visto tornare.”
Ci fu qualche secondo di silenzio, non sapeva se il
Serpeverde avrebbe risposto e non l’avrebbe mai saputo, perché una voce
interruppe il silenzio della notte.
“Draco? Draco, sei qui?! Dai, non te la puoi prendere così
tanto per quello che la gente dice! Non te ne mai fregato niente… e poi, oh ti
prego salta fuori! La tua fidanzata va in giro per Hogwarts a minacciare
chiunque incontri, per chiedere di te, con uno Schiantesimo sulle labbra! Ha
iniziato anche con i Serpeverde! E mi tortura perché sono stato l’ultimo a
vederti… Ti prego!”
Benché non avesse capito a pieno il significato delle parole
del ragazzo che stava urlando nel parco, Hermione si tratteneva a stento dal
ridere. Sembrava davvero disperato.
“… Se hai deciso di mollare tutto, okay. Te ne vuoi andare?
Bene! Ma almeno lasciale un biglietto…”
“BLAISE!”
“Draco?!”
“Sì…” disse con fare strascicato e stanco.
“Dove sei?”
“Prova… prova a guardarti in torno, sono in una buca.”
“Una buca?” rispose l’altro ragazzo con ilarità mista a
stupore.
“Sì, ci sono caduto dentro” rispose in tono scocciato.
Dopo alcuni secondo Hermione sentì la voce di Zabini molto
vicina. Era arrivato sopra di loro.
“Eccoti! Ah ma non sei solo…” nelle ultime parole la sua
voce assunse un tono malizioso e molto lascivo, tanto che Hermione si sentì
arrossire leggermente.
“Come vedi, ci è caduta anche la Granger. Vai a chiamare
qualcuno. La magia, almeno la nostra, non ci può aiutare in questo caso.”
“Ma certo, ho capito!”
Zabini parlò come se avesse appena trovato la soluzione ad
un mistero inspiegabile, e l’altro Serpeverde storse il naso.
“Che c’è da capire?”
“Non hai sentito cosa ha detto l’altro giorno a lezione
Hagrid?”
Draco non rispose, ma gli lanciò un occhiata molto
eloquente.
“Già… neanche io di solito lo ascolto ma questo l’ho
sentito. Siete in una trappola per non so quale assurdo animale, i confini del
parco ne sono pieni. Ci aveva avvertito di non avvicinarsi…”
“Be’ no, non ho sentito. Avrebbe dovuto essere più chiaro, o
comunque…”
“Non è colpa di Hagrid, se tu non segui la sua lezione!”
“Io dico di sì, Granger. Se sapesse parlare, io non sarei
costretto a fare di tutto per non ascoltarlo e non farmi venire mal di testa.”
“Ma smettila! Ogni scusa è buona per scrollarti le
responsabilità di dosso…”
“Emh… scusate? Io allora che faccio?”
“Che fai ancora lì, Zabini! Vai a chiamare la professoressa
McGranitt ed Hagrid!”
“No, Balise! Chiama Piton, così troverà il modo di togliere
qualche bel punto a Grifondoro.”
Hermione strinse i punti e balzò in piedi posizionandosi di
fronte a Malfoy, se non sbagliava.
“No! La McGranitt, così potrà tranquillizzare Ron e far
venire Hagrid, che probabilmente è l’unico in grado di liberarci da qui!”
“Io direi che resto qui, ma non vi preoccupate. Stanno
arrivando tutti.”
Blaise si era voltato a guardare alla sua destra.
“Tutti chi?”
“Allora… Arriva Piton, come volevi tu Draco, poi c’è anche
la McGranitt, Hagrid e a capo gruppo, che corre come un forsennato, c’è
Weasley.”
Hermione sorrise a sentire dell’arrivo di Ron e degli altri
insegnanti.
“Hai visto, Malfoy? Ron mi stava cercando.”
“Ma io non gli dovrò niente, è arrivato prima Blaise. Mi
sarei salvato comunque.”
Era passata circa una settimana da quella disastrosa
avventura a lieto fine. Ron le aveva chiesto per cinque giorni di fila,
incessantemente, se là sotto fosse successo qualcosa. Se Malfoy le avesse fatto
qualcosa e ogni volta, sempre con più pazienza, Hermione gli rispondeva
che no, non era successo nulla e che Malfoy, se non per qualche insulto rivolto
a lui (ma questo non glielo aveva detto) era troppo impegnato a pensare a come
uscire da lì che a farle del male.
In quei giorni Hermione si rese conto di quanto il suo amico
potesse essere soffocante e comprese, come mai aveva fatto prima, che non era
un caso se Ron era figlio di Molly Weasley.
La ragazza era seduta in Sala Grande, al suo solito posto
nella lunga tavolata rosso e oro, e stava consumando tranquillamente la sua
colazione già pensando e programmando la sua giornata di studio.
Come prima ora avrebbero avuto Difesa Contro le Arti Oscure
con i Serpeverde, a parte la compagnia, le andava di iniziare la giornata
proprio con quella materia.
La nuova professoressa, Linda Waag, era molto brava e
capace, una donna dalla voce calma ma profonda. Ron l’aveva descritta con una
persona con non più di trentacinque anni, dai capelli lunghi, lisci e neri. Dagli
occhi altrettanto scuri, ma dal sorriso facile. Rigorosa e seria nel suo lavoro
ma affidabile e socievole nella personalità. Anche Harry sarebbe stato felice
di avere finalmente un insegnante come lei, con cui studiavano la pratica e
facevano esercizio.
Quell'anno sarebbe stato molto interessante, avrebbero
studiato le tre Maledizioni Senza Perdono.
Sì, Harry ne sarebbe stato felice.
Una tristezza che sapeva di malinconia scese sui suoi occhi,
e un po’ della vitalità di quella mattina di sole sfumò con il suo arrivo.
Hermione stava giocando con delle briciole di pane, le
spezzava e le riassemblava ogni volta che poteva, quando fu distratta dalla
voce di Ron che parlava con Seamus.
“Guarda, Seamus.”
“Brutte notizie tra le Serpi...”
“Di che parlate?”
Hermione chiese informazioni al suo amico, ma il ragazzo la
ignorò.
“Sembra proprio di sì, se ne và. Cavoli che occhiata.”
“Ti ha visto?”
“Già. E’ proprio un brutto tipo quel Malfoy… Chissà dove
finirà, anzi no… lo sappiamo tutti dove finirà.”
“Mi spieghi che succede, Ron?”
“Niente. A quanto pare al Furetto sono arrivate brutte
notizie con la posta del mattino, si è alzato bruscamente e se ne è andato!”
Ron le parlò con tono scocciato, forse tentò di nasconderlo
ma non ci riuscì.
“Capisco, be’ scusa. Continua pure a parlare con Seamus, la
prossima volta chiederò a qualcun altro di rendermi partecipe a quello che
succede nel mondo.”
“Dai Hermione, era una cavolata!”
“Anche se era una cavolata, sai che se avessi potuto
vedere l’avrei visto!”
Si girò nervosamente e continuò a sbriciolare il suo pane.
Ron era… era… era uno scriteriato! Un giorno era soffocante e premuroso fino al
volta stomaco, e l’altro era superficiale e strafottente.
Sapeva però che ce la stava mettendo tutta per aiutarla, e
lo ringraziava infinitamente, solo che non le piaceva essere trattata come una
palla al piede.
Probabilmente sbagliava a reagire così male ma proprio non
riusciva a trattenersi.
Sospirò. Gli avrebbe chiesto scusa.
Hermione era ferma davanti alla porta dell’aula della
professoressa Waag, mancava mezz’ora all’inizio della lezione ma si era fatta
“lasciare” lì da Ron.
La porta era ancora chiusa e, in tutta sincerità, si stava
annoiando.
Là vicino doveva esserci la Sala Riunioni dei Prefetti. Ora,
fosse stato un anno normale, si sarebbe recata in quella saletta, si sarebbe
seduta in una delle comode poltroncine, quella rossa da brava Grifondoro, e
avrebbe atteso lì l’inizio della lezione.
La mattina, a quell’ora, non si incontrava mai nessuno.
Tutti erano in Sala Grande e non c’era motivo, per un Prefetto, di recarsi in
quella stanza se non quello di essere stato convocato. Peccato, perché lei la
riteneva una tra le stanze più comode e belle di tutta Hogwarts.
Immersa in tali pensieri non si accorse nemmeno di aver
mosso dei passi e di essere arrivata proprio davanti a quella bassa porticina
in legno.
Capì di esser lì solo quando toccò con le mani la stoffa
morbida dell’arazzo appeso sulla porta e, spostando di poco le dita, la porta
ruvida e vergata dai nodi del legno. Ma la cosa che le fece capire con certezza
che quella era la Sala Riunioni dei Prefetti, era l’aver sentito quel odore
particolare ed unico del fuoco che ardeva nella stanza.
Una leggera fragranza di vaniglia le invase le narici e fu
come vedere quel legno, comune ad una prima occhiata, scoppiettare tra le
fiamme e spargere quel odore.
Stava per allontanarsi e tornare su i suoi passi quando la
porta davanti a sé si aprì di scatto.
Di certo Draco non si sarebbe aspettato di trovare qualcuno
fuori la porta, né tanto meno qualcuno che non fosse un Prefetto.
La Granger era lì, davanti a lui, in piedi ed immobile con
un espressione che non le portava proprio onore. Imbarazzata e spiazzata erano
gli aggettivi che meglio le si addicevano in quel momento.
Si schiarì la gola e poi parlò.
“Dovrei passare.”
La vide arrossire e spostarsi immediatamente di lato.
“Certo.”
Stava oltrepassando la soglia della porta con il suo fare
altezzoso, guardando sempre avanti, quando qualcosa, o meglio, qualcuno
pestò il suo piede. Andò quindi a sbattere contro un massa cespugliosa e…
profumata di riccioli castani.
Lo scontro inaspettato, fece cadere dalla tasca della sua
divisa la lettera che aveva ricevuto quella mattina, e alla ragazza scivolò la
pesante borsa dei libri dalla spalla.
Si allontanarono subito e Draco cercò di ignorare il non
indifferente dolore al piede.
“Granger, non ero ancora passato!”
“Se sei lento, Malfoy, non è colpa mia!” era arrossita
ancora e lo sentiva.
“Non sono io ad essere lento, sei tu che evidentemente hai
fretta.”
Si piegò a raccogliere la busta e la conservò velocemente.
Ci mancava solo che la perdesse…
“Che ci facevi davanti alla Sala Riunioni dei Prefetti? Tu
non lo sei più.”
“Lo so. Io cercavo Ron.”
Hermione si piegò per raccogliere la borsa e si accorse che
i libri erano finiti a terra.
“Certo, come no. A quest’ ora la stanza è sempre vuota, non
c’è speranza di incontrare qualche Prefetto…”
“Tu eri dentro, e poi non potevo sapere che la stanza era
vuota!”
Contando i libri Hermione si accorse che ne mancava uno
all’appello e, nascondendo la sua disperazione, lo iniziò a cercare sul
pavimento. Era la seconda volta che si trovava in quella situazione. Piegata a
terra e di fronte a lei Draco Malfoy! Chissà come ci godeva quella Serpe!
“Credo invece di sì, è per questo che sei venuta.”
“Ma zitto Malfoy, cosa ne vuoi sapere!”
“Niente. Non ne voglio sapere niente delle tue nostalgie,
Granger.”
Hermione rimase piuttosto sorpresa da quella risposta, lui
aveva capito? Gli era bastato vederla sulla porta di una stanza che non aveva
più il permesso di frequentare, e già parlava di nostalgie…
Ma dovette concordare che era proprio questo ciò che stava
vivendo, nostalgia.
Non seppe che rispondere, e infatti non lo fece.
“Hai visto, Mezzosangue, cosa succede ai ficcanaso? Guarda
cosa ti è successo per esserti intrufolata in posti e affari che non ti
riguardano… Ah! E di’ al tuo amico Weasley di farsi i fatti suoi d’ora in poi.
Portagli il tuo esempio, dovrebbe capire…”
Hermione si alzò sulle ginocchia e smise di cercare il suo
libro.
“E già, tu sai bene come mi è successo questo” si
indicò gli occhi con un dito e poi proseguì.
“Ma sappi che aiutare un mio amico e far imprigionare dei
bastardi come tuo padre, sono eccome affari miei! E poi se te ne esci dalla
Sala Grande, dove ci sono una miriade di studenti, come un pazzo, non puoi
pretendere che nessuno ti noti o ti rivolga un’occhiata dubbiosa!”
“Sinceramente non so di cosa tu stia parlando. In giro si
dice che la vostra baldanza, il vostro coraggio, che io chiamerei più stupidità,
ti ha procurato la cecità e la morte a Potter… Per quanto riguarda Weasley, è
un avvertimento per il futuro.”
Hermione scoppiò a ridere, una risata che tante volte aveva
sentito fare al ragazzo che le era di fronte. Una risata non allegra e che si fatica
a chiamarla tale.
“Non lo sai, eh? Di’ piuttosto quanto ti sei pavoneggiato
con i tuoi compagni Serpi o di quanto sei stato perversamente felice!”
“Ora davvero non ti seguo, Granger. Forse i danni non sono
stati limitati esclusivamente alla vista, di cosa esattamente mi sarei
dovuto “pavoneggiare”?”
Hermione si alzò in piedi furiosa, mentre Draco assumeva una
espressione di sincera confusione e incertezza sulla salute mentale della
ragazza.
La stava osservando attentamente, ora che non poteva vedere,
era più facile osservarla senza dover dare spiegazioni. Aveva i pungi chiusi e
abbandonati lungo i fianchi, gli occhi stretti e le guance arrossate. I
capelli, come al solito voluminosi e ricci, erano leggermente disordinati e Draco
si concentrò ad osservarle le lebbra. Erano… morbide, si capiva, e rosate. Le
aveva arricciate in una posa che, faceva chiaramente intendere, quanto in quel
momento fosse adirata.
I suoi occhi scesero man mano più verso il basso, esaminando
per intero il corpo della ragazza. La Mezzosangue Zannuta era piuttosto
aggraziata, non le mancava niente. Peccato fosse una sangue sporco e questi,
erano pensieri che avrebbe tenuto per sé.
Non poteva evitare di farli, era pur sempre un ragazzo, lui.
Ma mai sarebbe andato oltre.
Si concentrò, quindi, su quello che stava dicendo.
“… Be’ non so se gli atti di umiltà rientrano nei tuoi
canoni, ma non credo. Visto che si parla di tuo padre…”
“Che c’entra ora mio padre?!”
Hermione iniziava a non capire. Rimase colpita dal tono
agitato con cui il ragazzo pronunciò quelle parole e anche dalla ostinazione
nel voler far finta di non capire. E se davvero lui non sapesse? Possibile?
“Ma… vuoi dire che non lo sai?”
“Cosa, Granger?! Mi stai innervosendo! Di-cosa-stai-parlando?!”
sentì il ragazzo avvicinarsi.
“E’ stato lui, è stato Lucius Malfoy. La sua ultima magia
prima di venire catturato.”
Ottenne come risposta il silenzio. Poi lo sentì ridere
sommessamente.
“Ti diverte? Ne sono felice!” si ripiegò a terra e ricominciò
a cercare il libro perduto.
Draco si era appoggiato al muro, questa era una rivelazione
che gli mancava. Rideva perché non sapeva cosa altro fare, suo padre non si
smentiva mai. Ecco perché la Granger non era guarita, e poverina, non sapeva che
non avrebbe rivisto mai più la luce del sole.
Si iniziò ad allontanare, ma prima di andarsene
definitivamente le lanciò un ultimo sguardo.
“A tre passi… alla tua sinistra.”
Non sapeva bene perché l’aveva aiutata in quella maniera,
forse solo per vederla in soggezione...
Ho visto che i vostri dubbi e le vostre domande sono un po’ tutte
uguali, quindi vi risponderò globalmente, ma partiamo con ordine
Ho visto che i vostri dubbi e le vostre domande sono un po’ tutte
uguali, quindi vi risponderò globalmente, ma partiamo con ordine.
Sì, è una Draco/Hermione (mi dispiace Killer… gioite voi
altri!)
Se Hermione resterà cieca ed Harry è davvero morto?... Non
posso parlare… (Continuate a leggere e tutto sarà svelato, in particolare il
primo quesito tra breve)
Vi ringrazio ancora per tutte le stupende recensioni e spero
di continuare ad appassionarvi così… Buona lettura :)
Cap. 4
L’aula di Difesa era aperta. In classe non c’era ancora nessuno,
neanche la professoressa, ma entrò lo stesso. Aveva bisogno di riflettere un
po’, come aveva cercato di fare nella Sala Riunioni.
Strinse inconsapevolmente la lettera che aveva nella tasca e
sospirò.
Era finita.
Quella lettera così formale e fredda diceva una cosa così
enormemente importante e orrenda, che non gli sembrava vero stesse accadendo.
Pensò di nuovo all’incontro di prima, la Granger ne sarebbe
stata felice. Tutti in quella scuola ne sarebbero stati felici, ed era per
questo che avrebbe nascosto tutto il più possibile. Pensò anche a sua madre,
probabilmente aveva pianto. Sicuramente l’aveva fatto, di nascosto…
assicurandosi di non esser vista nemmeno dagli Elfi Domestici.
Man mano la classe si riempì ed arrivò anche Hermione
Granger, abbastanza contrariata per la verità, con accanto un Ronald Weasley
altrettanto alterato.
La professoressa Waag entrò in classe, salutò i suoi
studenti ed ecco l’occhiata che ad ogni inizio lezione gli lanciava. Lo faceva
di sfuggita, di nascosto, era brava ma lui lo era di più. Riusciva a cogliere
tutte quelle piccole cose che gli avevano fatto chiaramente capire di non
essere ben visto da quella donna. Non riusciva a capire il perchè, all’inizio,
ma poi comprese che la professoressa si comportava semplicemente come tutte le
altre persone.
Tutta quella storia era iniziata, precisamente, da quando
aveva letto per la prima volta l’appello. La voce della donna era cambiata impercettibilmente
quando lesse il suo nome e il primo sguardo che gli lanciò, fu il primo di una
lunga serie. Una lunga serie che ancora stava scontando.
Lui era Draco Lucius Malfoy, non c’era altro da dire.
La lezione iniziò normalmente, la professoressa introdusse
l’argomento Maledizioni e poi distribuì ad ognuno di loro delle pergamene
sull’argomento. Sosteneva che il libro era poco esauriente su tale discorso.
“Signor Malfoy, le dispiace leggere?”
Avrebbe risposto di sì, che gli dispiaceva molto dover leggere
e che aveva altro a cui pensare. Ma non gli sembrava il caso di peggiorare
ulteriormente la sua situazione, in più, era oltremodo chiaro che quella fosse
una domanda retorica.
Blaise, l’unico a cui aveva parlato dei suoi sospetti, gli
lanciò un’occhiata ma lui non la ricambiò e si piegò sul libro.
Appena letto in silenzio le prime righe della pagina, Draco
fu più che sicuro che non era una caso il fatto che la Waag gli avesse chiesto
di leggere.
Iniziò la lettura con tono neutro e nella normalità più
assoluta.
“Le tre Maledizioni Senza Perdono sono state chiamate
tali in quanto bandite dalla Costituzione Magica, queste tre Maledizioni sono,
come sappiamo, la Cruciatus, l’Imperius e infine, l’Anatema che uccide: l’Avada
Kedavra.
L’uso di una di queste Maledizioni ha come pena la
prigionia a vita ad Azkaban.
E’, come si può facilmente capire, reputata Magia Oscura
l’utilizzo di tali poteri e questi sono, purtroppo, di gran uso nelle schiere
dei Mangiamorte* . Le tre Maledizioni Senza Perdono furono reputate illegali al
tempo di…”
“No, no. Aspetti, giù a pie pagina c’è un approfondimento
sulla parola “Mangiamorte”. Leggiamolo.”
Assottigliò leggermente gli occhi, mentre guardava il falso
sorriso sulle labbra della professoressa e sentiva i bisbigli dei suoi compagni.
Anche loro avevano capito che cosa stesse facendo la Waag.
“Certo… I Mangiamorte sono i fedelissimi sostenitori di
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Chiamato da questi con l’epiteto di Signore
Oscuro, egli è il fautore della Prima Guerra Magica e della Seconda Guerra
Magica ancora, terribilmente, in corso. I Mangiamorte vestono una tunica nera e
coprono il loro viso con una maschera argentata che riporta le fattezze di un
teschio…”
“Sì, sì… ma saltiamo. Credo che queste cose le sappiate
bene, alcuni più di altri…” e qui lo guardò apertamente con il risultato che
tutti gli occhi gli furono puntati addosso.
“… Andiamo alle cose più interessanti. Più giù di cinque
righi, grazie.”
“… Vanno seminando terrore tra i maghi Mezzosangue e i
così detti Babbanofili. Seguendo gli ideali portati avanti dal loro Signore, i
Mangiamorte compiono stragi di Babbani, in quanto ritenuti da essi creature
inferiori. Sono questi i criminali più ricercati da tutti gli Auror del Mondo
Magico, tuttavia, l’astuzia che alcuni di loro dimostrano nel crearsi una
perfetta maschera sociale, rende difficile questo compito ai Collaboratori
della Giustizia Magica.
Molti Mangiamorte sono stati catturati e rinchiusi ad
Azkaban, prigione sorvegliata dai Dissennatori*… Professoressa, c’è l’asterisco.
Leggo l’approfondimento anche su questo?”
Interruppe la lettura e parlò in maniera dolciastra e molto
educata, inclinando leggermente il capo.
“Oh no, no. Non credo ce ne sia bisogno, voi avete visto da
vicino dei Dissenatori. Non è vero?”
La classe annuì.
“Credo li conosciate più che bene. Proceda pure con la
lettura, signor Malfoy.”
“Come vuole… I Mangiamorte rinchiusi ad Azkaban sono
condannati a sottostare all’effetto dei Dissennatori…Posso farle una
domanda? Non stavamo parlando delle Maledizioni Senza Perdono?”
Sentiva che nella classe vi era agitazione mista ad
eccitazione. Blaise, accanto a lui, era nervoso e tentò di richiamarlo alla
calma.
“Draco...”
“Non le avevo dato il permesso di fare la sua domanda,
signor Malfoy.”
“Oh mi scusi.”
“Comunque, qui siamo a Difesa Contro Le Arti Oscure e se
questa non lo è! Ogni approfondimento è buono, voglio prepararvi al massimo. Lo
faccio per voi. Ora continui la lettura, grazie.”
“Ho mal di testa, non posso continuare.”
Spostò il libro allentandolo da sé e vide Blaise socchiudere
gli occhi, mentre la professoressa si girava verso si lui non molto felice
della sua risposta.
“Draco… ti prego, almeno cerca di essere più convincente.
Non la sfidare, non ti conviene.”
Non ascoltò per niente il suo compagno e guardava dritto
negli occhi la professoressa, attendendo una risposta.
“Davvero? Fino ad adesso hai letto senza problemi, però. Ma
non voglio insistere, non vorrei avere responsabilità nel caso si sentisse
male. Le conviene passare da Madama Chips, a fine lezione. Signor Thomas,
continui lei.”
Il Grifondoro Dean Thomas iniziò a leggere e Draco si
rilasso sulla sedia, incrociando le braccia e continuando a guardare le
professoressa Waag concentrata sulle righe della pergamena.
“Grazie signor Thomas. Come avete potuto sentire da quello
che abbiamo appena letto, i Mangiamorte sono tre le creature più orribili e
pericolose in cui potreste imbattervi. Forse usare il termine “creature” sembra
non essere adatto, sono sempre esseri umani, è vero, ma se voi sapeste cosa
sono in grado di fare, allora forse capireste perché io uso questo termine e
non arriccereste il naso. I Mangiamorte usano le Maledizioni Senza Perdono, lo
fanno con piacere e la loro preferita è la Cruciatus…”
“Che ne dici Blaise, ha fatto un sondaggio?”parlò sottovoce
e si avvicinò di più al suo compagno, che scosse la testa sogghignando.
“Ora voglio aprire un dialogo con voi, voglio che mi dite
quale è il vostro parere su tutto quello di cui abbiamo trattato oggi. Abbiamo
un quarto d’ora, e dobbiamo farcelo bastare. Coraggio, non siate timidi. So per
certo che ognuno di voi ha una idea ben precisa a riguardo.”
La classe si riempì di bisbigli mentre la professoressa
aspettava e Draco la fissava sempre più torvamente.
“Allora faremo così, inizierò io. Vi dirò cosa ne penso dopo
aver vissuto una vita a contatto con certe cose. Certe cose che mi hanno
convinta a diventare insegnante di Difesa, qui ad Hogwarts.
Ragazzi, prima di tutto sappiate che l’apparenza inganna. Le
persone che dovete tenere più di tutte non sono quelle con una bacchetta in
mano, ma quelle che tramano dietro. Quelle dalle “buone azioni” e dai sorrisi
che sono più falsi e menzogneri dell’oro dei Lepricani.”
Draco sorrise. Oh quanto aveva ragione. Aveva appreso bene
la professoressa.
“Non vendetevi mai al migliore offerente, a chi dice di
darvi qualcosa come il potere in cambio. Non credete in sciocchezze come la diversità
tra i maghi, e riponete attentamente la vostra fiducia…. Altrimenti, potreste
capitare come il nostro Ministero. Ministero che si ripromette di non far
capitare più cose del genere, ma che non si è accorto di niente per anni e che
non si deicide a prendere delle soluzioni drastiche ma giuste. Credo che
Azkaban sia fin troppo piena, i Dissenatori potrebbero anche non essere più
numericamente all’altezza…”
Draco sentì qualcosa crescergli dentro e soffocargli il
petto, rabbia e dolore per quelle parole. Sbattè lentamente le palpebre, per
essere sicuro di aver sentito bene ciò che quella donna stava dicendo e si
mosse sulla sedia.
“Ha qualcosa da dire, signor Malfoy?”
Rimase zitto per qualche secondo con le labbra socchiuse e
poi si decise a parlare.
“Se ho qualcosa da dire? Forse lei ha qualcosa da
dire, in più… perché ormai ha detto quasi tutto. Qui nessuno è stupido e l’abbiamo
capito tutti, persino i Grifondoro, che fin dall’inizio lei voleva insinuare qualcosa
con le sue parole, come anche la lettura… Io sono stato zitto fino ad
adesso perché, anche se probabilmente non ci crede, la buona educazione non mi
manca ma ora, mi scusi, credo che abbia davvero esagerato. Non credevo
che un insegnante potesse arrivare a tanto. Perché non so se si rende conto che
lei sta portando avanti un’opera generale di convincimento verso taluni
principi, e ne sta insultando deliberatamente degli altri che, per quanto qui
dentro molti possano ritenere sbagliati, sono comunque degli insegnamenti che le
nostre famiglie ci tramandano. Lo sa benissimo che in questa classe, metà crede
in quelle “certe cose”. E se ho capito bene, lei sta inoltre dicendo:
“ammazziamoli tutti, sono troppi!”. Mi dica lei, ora, non vuole forse fare la stessa
identica cosa che i sostenitori di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato cercano
di fare da anni?”
Mentre la classe restava in silenzio, come anche
l’insegnante, Draco si alzò.
“Ora, mi scusi, ma mi sono sentito insultato personalmente e
credo che questa sai una cosa non permessa nel codice di comportamento di un
insegnante, come è nei diritti dell’alunno di essere rispettato. Che ne dice,
sono un bravo scolaro?
Con permesso me ne andrei, perché non ho intenzione di
sentire altro e i miei compagni dovrebbero fare lo stesso, ma non dico niente.”
Si avvicinò a grandi falcate verso l’uscita.
“E non critichi così duramente il Ministero, sono certo che
diverrà un suo grande amico! Buongiorno.”
Sbattè la porta dietro di sé e se ne andò per il corridoio,
contento della su opera e sorprendentemente più… leggero.
Nella classe ci fu qualche secondo di silenzio, in cui tutti
restarono immobili. Poi, i primi Serpeverde ad alzarsi e ad imitare Malfoy,
furono Zabini e la Parkinson. Seguiti a ruota da Tiger e Goyle, che non
sapevano se seguire o meno il loro “capo”.
Man mano tutti gli appartenenti alla Casa verde-argento
abbandonarono l’aula e restarono solo i Grifondoro e i loro sussurri.
“Wow… però…”
Questo fu il commento di Ron, mentre Hermione continuava a
guardare dritta davanti a sé, ripensando alla scena incredibile a cui aveva
appena assistito.
Era certa che tutti i suoi compagni stessero pensando la stessa
cosa, anche se di mala voglia. Il ragionamento di Malfoy non faceva una piega.
La Waag aveva in effetti esagerato, mai lasciarsi andare a
commenti così liberi in una classe.
Non era permesso fare quel tipo di “costrizione” né tanto
meno insultare così personalmente un alunno. Be’ Piton lo faceva, anche più
direttamente a volte, ma sempre per qualcosa che riguardava lo studio, la sua
lezione. Mai aveva detto, in classe per lo meno, che i Puro Sangue erano
migliori di altri o cose del genere, glene doveva dare atto.
Linda Waag restava in silenzio, con le mani strette al
bordo della cattedra e le labbra sottili. Questo le era stato detto da Ron ma Hermione
ancora ripensava al comportamento di Malfoy e si chiedeva se lei, al suo posto,
avrebbe reagito alla stessa maniera.
Aveva capito che il ragazzo era molto suscettibile
all’argomento “padre”, se ne rese conto ricordando il tono che aveva usato poco
prima, durante il loro incontro. O anche ragionando su quello che le era stato
raccontato a sommi capi da Ron.
Il pomeriggio in cui cadde in una delle trappole di Hagrid,
incontrando il Serpeverde nella stessa situazione, vi era stato uno scontro
verbale tra Malfoy e un folto gruppo di studenti. L’argomento era ciò che i
giornali trattavano, precisamente, un articolo dedicato completamente alla
famiglia Black-Malfoy. E sia chiaro, non ne parlava un gran ché bene.
Ricordò quindi le parole di Zabini, “…non te la puoi
prendere così tanto per quello che la gente dice…”, ed ora iniziava a comprendere
il loro significato.
A quanto pare, Malfoy ne soffriva più di quello che voleva
dare a vedere. La situazione non era delle migliori per lui.
“Bene ragazzi, la lezione per oggi è finita… Il rettore
della Casa Serpeverde è Severus Piton , vero?”
La Waag ostentava una calma che non c’era e sentendo il tono
della professoressa, gli studenti si limitarono ad annuire e restare in
silenzio.
C’era però una insana soddisfazione, o contentezza, nel
sapere che la loro Casa da sempre nemica avrebbe probabilmente avuto delle
grane. Era bello avere, ogni tanto, una figura importante come un professore
dalla “loro parte”.
Il loro Piton? Forse…
“Bene, perché ho intenzione di parlare di questa storia con
lui e anche con il preside…”
Dicendo questo, la donna gettò pesantemente un libro sulla
scrivania.
“E’ inammissibile che metà classe abbandoni l’aula senza il
consenso del insegnante!”
I Grifondoro restarono in silenzio ad ascoltare l’evidente sfogo
nervoso della donna, tuttavia Hermione aveva la tentazione di alzare la mano e
di dire la sua. Non per difendere Malfoy o i Serpeverde, no. Però questa volta
non erano in torto… non completamente, diciamo. E sinceramente, la
professoressa doveva rendersi conto anche di questo, a suo parere.
Gli studenti si alzarono, raccogliendo le proprie cose, e
andarono via.
Ron la prese per mano, ormai era diventata un’abitudine per
facilitare gli spostamenti, e la condusse verso l’uscita.
“Questa volta i Serpeverde avranno un bel da fare per uscirne
indenni, e io spero proprio che non ci riescano… Magari li svuotassero la
clessidra! Ah che cosa meravigliosa sarebbe! Adorerei quella donna per il resto
della mia vita…”
Hermione stava per aprire bocca, ma Ron la interruppe
subito.
“Sì lo so, lo so Hermione. La Waag ha sbagliato, cioè, non
ha dire quelle cose… che sono giuste, ma a dirle in classe. Ora vedrai Malfoy
come se ne approfitterà, per cercare di farla mandare via o non so che altro. Anche
se ora che suo padre è ad Azkaban… Be’ comunque, per una volta i ruoli si sono
invertiti. Per una volta non era Piton ad attaccare ingiustamente noi
Grifondoro, ma una professoressa ad andare contro i Serpeverde. Non è
fantastico?! Su Hermione, fai uno sforzo! Metti da parte il tuo senso di
giustizia e goditi questo momento, potrebbe essere l’unico…”
La ragazza rimase zitta, pensando che in fondo Ron poteva
aver ragione.
“Che ne dici facciamo un salto alle clessidre? No, forse è
ancora presto.”
Rise per l’allegria del suo amico e si lasciò trasportare
via.
C’erano ancora tante lezioni in programma per quella
giornata e tante altre cose da fare.
Draco Malfoy era seduto in Sala Comune e fu contento di
vedere arrivare, mano a mano, tutti i suoi compagni del sesto anno.
La Parkinson gli si sedette accanto, gettandosi sul divano.
“Piton non ne sarà felice, proprio no. Vedrai che
toglieranno dei punti a Serpeverde…”
“Saprà come recuperargli, o meglio, come farci pareggiare
con i Grifoni. Sai come funziona. Se noi perdiamo dei punti, il giorno dopo,
durante le sue lezioni, ne fa perdere altrettanti ai Grifondoro… E’ geniale il
vecchio Piton.”
Sentì Pansy sospirare ancora poco convinta, mentre gli altri
studenti si accomodavano sulle poltrone o sui divani.
“E’ proprio odiosa quella Waag…”
Il commento di Blaise diede il via ad una lunga serie di
apprezzamenti sulla professoressa, nessun Serpeverde mancava di dire la sua.
“Una Grifondoro, sicuramente. Mi gioco tutto che apparteneva
a quella Casa della malora! Sempre se anche lei ha frequentato Hogwarts…”
“Ma ti pare!”
“E’ una zitella acida! Quasi quasi toglie il primato alla
McGranitt…”
“L’avete vista la sua faccia, quando abbiamo preso e ce ne
siamo andati?!”
“L’avete vista, quando è stato Malfoy ad andarsene?!”
“E’ insopportabile, con quei sorrisini poi!”
“C’è l’ha proprio con tuo padre, eh Malfoy? Cosa gli avrà
mai fatto?”
Draco si fermò a riflettere su quella osservazione, forse
Nott non sbagliava. Magari suo padre aveva davvero arrecato qualche danno a
quella donna, ed ora se la scontava su di lui… Ma erano solo ipotesi, infondo.
Perciò che aveva visto e sentito, il suo “senso della
giustizia” bastava e avanzava perché lui, figlio di Mangiamorte sfuggito alla
legge per anni, fosse trattato così.
Salve miei amate lettrici! J
Questa volta ci ho impiegato meno tempo a sistemare il capitolo e quindi eccolo
qua.
Non è tra i più lunghi capitoli della storia e in diversi
punti troverete qualcosa che vi farà sorridere (spero), ogni tanto vi vuole…
Buona lettura^^
Cap. 5
A Hogwarts era arrivato Novembre e i primi freddi, quelli
più pericolosi e severi, si iniziavano a sentire.
La voce di quello successo nella classe di Difesa girò per
settimane e settimane nella scuola e, in quei giorni, ancora se ne parlava.
Un incontro tra il preside, gli alunni Serpeverde, il loro
Capocasa, e la professoressa oggetto dello scandalo aveva però calmato le
acque.
Le lezioni erano state riprese regolarmente, la Waag non si
permise mai più di dire niente che non fosse concerne alla sua materia e i
Serpeverde si comportavano… da Serpeverde.
Tuttavia Draco sentiva ancora quegli occhi indesiderati su
di lui, più carichi d’ira di quanto non lo fossero mai stati.
Stava attraversando il corridoio a passo svelto, per
raggiungere l’aula della Cooman. Divinazione era una palla, ma ne avrebbe
approfittato per copiare i compiti di Trasfigurazione.
Sapeva di essere in ritardo. Tutte le lezioni della quarta
ora erano già iniziate, e non si stupiva di essere il solo a camminare per i
corridoi.
Mancava poco e sarebbe arrivato a quella botola polverosa,
ma una insolita scena lo fermò.
La Granger, tra le braccia tre grossi libri, era ferma nel
centro del corridoio e si mordeva nervosamente il labbro inferiore.
Si avvicinò silenziosamente, in modo da non farsi sentire, e
osservò la Grifondoro.
La ragazza si voltò risoluta verso sinistra, mosse qualche
passo e poi si bloccò. Si girò verso destra e ricominciò a camminare, ma si
fermò di nuovo. Un piccolo gemito esasperato lo convinse che, Hermione Granger,
si era “persa”.
Si trattenne dallo scoppiare a ridere e si dimenticò
completamente dell’ora a cui, in quel momento, avrebbe dovuto presenziare.
“Maledizione!” era stato un sussurro il suo, tuttavia molto
chiaro a causa del silenzio che la circondava.
Non c’erano scuse da inventare questa volta, si era persa!
Aveva perso il senso del orientamento quando si era dovuta
allontanare dal muro, sentendo il vociare di studenti avvicinarsi. Non voleva
fare la figura del topo spaurito e così, a testa alta, aveva preso a camminare.
Lentamente però.
Ed ora… non capiva più dove era!
Sperava che arrivasse qualcuno per aiutarla, da un parte.
Dall’altra, pregava di no.
Sarebbe stato molto imbarazzate spiegare in quale situazione
si trovasse per chiedere aiuto. E se poi a passare di lì fosse stato un
Serpeverde? No, no… meglio sola.
Tornò ancora una volta sui suoi passi e sospirò.
Erano tutti a lezione, e anche lei sarebbe dovuta essere ad
Antiche Rune.
Non c’era speranza che Ron la venisse a cercare, lui non
frequentava quel corso e non sapeva che non era mai arrivata in classe. Se
fosse stata meno testarda ed orgogliosa. Se si fosse lasciata accompagnare sino
alla porta dell’aula. Se…
Allora, perché no?... Se non fosse mai andata all’Ufficio
Misteri!
Sbatté un piede a terra, non sapeva più cosa fare. Da che
parte andare?
Magari avrebbe incontrato le scale e si sarebbe precipitata.
Oppure sarebbe inciampata in qualcosa, finendo miseramente a terra. Poteva
tornare al muro, certo. Ma non sapeva, minimamente, in quale direzione
muoversi.
Era completamente smarrita.
Quella che provava era una sensazione bruttissima, si
sentiva vulnerabile e stupida. Esposta a tutto e a tutti. Così fece
letteralmente un salto quando sentì qualcuno schiarirsi la voce, non molto
lontano da lei.
“Chi c’è?”
Tese le orecchie e subito si mise in posizione difensiva,
poteva essere chiunque. L’importante era che non fosse…
“Granger, non dovresti essere a lezione?”
Strinse di più la presa attorno ai suoi libri.
Non poteva essere diversamente, la fortuna non era proprio
dalla sua in quel periodo.
“Anche tu, Malfoy, dovresti essere a lezione.”
“Chi te lo dice? Magari ho un’ora di buca…”
“Dubito che avendo un’ora libera, qualcuno deciderebbe di
passarla da queste parti. E comunque io sto andando a lezione in questo
momento.”
“Allora devi fare presto, perché sei in ritardo.”
Hermione incurvò le labbra in un sorriso falsamente gentile.
“Lo so, grazie. Infatti sto andando.”
Bene, ora non poteva più indugiare. Destra o sinistra.
“Be’non ti affretti? E’ gia passato un quarto d’ora dall’inizio
delle lezioni…”
“Non dovresti andare anche tu?”
“Mh… No.”
Aveva scelto: destra. Si voltò e iniziò quindi ad
incamminare dignitosamente.
Non aveva fatto nemmeno cinque passi, quando la voce
divertita del Furetto la raggiunse.
“Granger… non dovevi andare a lezione? No, sai, perché le
aule son dall’altra parte.”
Malfoy scoppiò a ridere, mentre lei si tingeva di rosso
scarlatto.
Hermione, molto confusa e con la sola intenzione di
allontanarsi al più presto da quel individuo, si voltò e iniziò a camminare
nella direzione opposta. Ma Malfoy parlò un’altra volta, non più ridendo.
“Scherzavo... Avevi indovinato, è da lì che si va alle
aule.”
Si fermò di scatto e si girò arrabbiata verso il ragazzo, o
almeno dove credeva che era.
“Ora basta! Ti stai divertendo? Be’ io no!”
“In effetti sì. Sei un divertente passatempo
Granger.”
Riuscì a vederla diventare ancora più rossa, ma per la
rabbia questa volta.
“Ma come ti permetti? Con quale diritto giochi con le
persone, eh Malfoy? Sai che ti dico, sei insopportabile e non ti lamentare se
poi tutti, dagli insegnanti a noi…”
“Non mi interessa sapere quello che pensate di me, Granger.
Anche perché ho la sensazione di conoscere già il vostro parere, e
non-mi-importa.”
“Davvero? Credevo di sì… invece.”
“Ti sbagliavi.”
“Io dico di no. Dai abbastanza peso a quello che la gente
dice, in classe non ti sei risparmiato…”
“Certe cose non si possono ignorare…”
La discussione con quella Grifondoro iniziava a prendere una
piega che non gli piaceva.
“Credo che Azkaban sia fin troppo piena…”
“…In quanto legato al prigioniero da stretti vincoli di
sangue, la avvisiamo che Lucius Malfoy, rinchiuso nella prigione di Azkaban con
accuse di attività da Mangiamorte,…”
“Come i pareri scomodi…? Minaccerai anche lei? In fondo la
Waag, anche se si è sbottonata un po’ troppo, ha detto solo ciò che pensava …”
“…i Dissenatori potrebbero anche non essere più
numericamente all’altezza…”
“…sarà giustiziato con il bacio del Dissenatore, come
previsto dalla condanna. Il giorno del esecuzione verrà scelto più avanti e
comunicatole di conseguenza…”
Le scritte fredde di quella pergamena gli ritornarono alla
mente e si mischiarono poi alle parole taglienti, che lasciavano poco spazio a
qualsiasi dubbio d’interpretazione. Si perse così, per qualche secondo, nel suo
mondo di preoccupazioni, paure e ansie.
“Malfoy? Ci sei ancora…?”
“Certo.”
“Bene. Credevo fossi andato via, dato che hai scelto di fare
il gioco del silenzio.”
“Stavo pensando…”
“Oh davvero, e a cosa?”
“Ognuno ha i suoi segreti, Granger.”
Pronunciò quelle parole con una lentezza e una enigmaticità
così naturale e sincera, che si meravigliò lui stesso di aver parlato così ad
un Mezzosangue.
Calò il silenzio e con un leggero movimento, si staccò dal
muro a cui si era appoggiato.
“Mi togli una curiosità? Quanti punti sono stati tolti a
Serpeverde, per la vostra dimostrazione di “integrità morale”? Nessuno è
riuscito a vedere scendere la clessidra.”
“No, questo non te lo dirò mai. Di’a Weasley che può
smettere di festeggiare, abbiamo recuperato molto. Ma visto che ancora non lo
abbiamo fatto del tutto… tolgo cinque punti a Grifondoro.”
“Cosa?! E perchè?”
“Dunque vediamo: tu, alunna Grifondoro, sei fuori
dall’aula durante una lezione. Hai saltato senza motivo un’ora. Ormai è tardi
per entrare in classe… e quindi, come vedi, sono costretto a toglierti dei
punti. Sai, quando si vedono certe infrazioni delle regole…”
“Tu non puoi…”
“O si che posso, io sono un Prefetto e tu no.
Mi sarebbe piaciuto fare questa conversazione guardandoti in faccia, ma è
andata così.”
“Che vuoi dire?”
Lo sentì passare accanto a sé, talmente vicino che i loro
mantelli si sfiorarono.
“Ero alle tue spalle, cinque passi più lontano e tre più a
destra. Appoggiato al muro….Ciao Granger.”
Anche se non lo poteva vedere, era sicura che avesse
ghignato.
Hermione restò immobile dove era, nel tentativo immane di
non arrossire. Era successo sin troppe volte in sua presenza.
Quando sentì i passi del Serpeverde ormai lontani,
furtivamente e velocemente, si precipitò verso la parete. Le indicazioni di
Malfoy erano giuste.
Tirò un sospiro di sollievo e appoggiò i libri a terra. Ora
iniziava la parte più difficile: tornare a Casa.
“Allora Hermione, come è andata la lezione? Tutto bene…? Ti
vedo un po’ stanca. Hai fatto tardi, eh?”
“E sì, sì…”
Sospirò e si abbandonò sul divano, accanto a Ginny.
Il posto in cui si muoveva meglio e senza problemi era la
Sala Comune di Grifondoro, sapeva esattamente dove si trovasse ogni singola
poltrona ed ogni puff… Be’ quelli erano mobili ma camminando lentamente, come
faceva sempre del resto, poteva facilmente individuare gli ostacoli.
“Tu che fai Gin?”
“O niente, leggo un po’.”
“Hai visto Ron?”
“Sì è di sopra, ma credo che tra poco scenderà per
assicurarsi del tuo ritorno. Glielo ho detto che è troppo apprensivo, pensa che
voleva venire a cercarti! Cioè, per la verità è venuto. Ma a fine lezione non
ti ha visto fuori dall’aula di Antiche Rune e quando è tornato qui, per vedere
se eri già arrivata, gli ho detto di tranquillizzarsi. Sicuramente eri già
uscita per fatti tuoi. Non sei di certo un’ impedita! E’ questo che gli uomini
non capiscono, noi donne siamo piene di risorse! Allora, cos’è che hai fatto in
tutto questo tempo?”
La sua cara amica Ginny… voleva saltarle al collo!
Per una volta che Ron ne stava facendo una giusta! Si
sarebbe risparmiata tutta quella strada, quel chiedere imbarazzante di
indicazioni…
“O niente, sono passata in biblioteca.”
Sì perché in biblioteca c’era arrivata davvero. Il problema
è che lei era diretta da tutt’altra parte…
“Ah, capisco. Sono felice che riesci ad essere l’Hermione di
sempre anche ora che.. be’ che…”
“Sì Gin, anche ora che non vedo più.”
Sorrise in direzione dell’amica. Ginny era sempre molto
accorta a non dire cose che avrebbero potuto ferirla, in particolar modo dopo
l’episodio alla stazione.
“Hermione sei qui!” la voce allegra e tranquillizzata di Ron
irruppe nella stanza.
“Già.”
La conversazione non durò oltre perché nella Sala Comune
entrò Seamus, che interruppe ogni risposta del rosso.
“Ragazzi, bisogna fare qualcosa!”
“Di che parli, Seamus?” chiese distrattamente Ginny.
“La clessidra! Piton in questo periodo ci sta andando giù
pesante e ci ha fatto perdere un sacco di punti, ora non possiamo permetterci
di perderne degli altri per demerito o infrazione delle regole. Diamoci una
regolata o la coppa ce la sogniamo!”
“E’ giusto, ma perché ne parli proprio ora?”
Fu Ron a parlare.
“Perché sono passato dalle clessidre, e sono stati tolti
altri cinque punti! Stiamo scendendo vertiginosamente. Secondo me sono stati i
maledetti marmocchi del primo…”
“Sì, sono stati sicuramente loro. Maledetti mocciosi, li
odio!”
“Anche tu lo sei stato Ron, e ti ricordo che insieme ad
Harry abbiamo fatto perdere a Grifondoro molti più di cinque punti!”
“Ma noi l’abbiamo fatto per cose importanti! E poi… Harry
saldava sempre il suo debito prendendo il boccino durante la partita e facendo
vincere la squadra.”
Un velo di tristezza aveva invaso le parole del suo amico e
si sentì in colpa per aver sollevato quel argomento.
“Da Prefetti parleremo ai primini… e anche agli altri! Non è
possibile…”
“Ma scusa Seamus, cinque punti non sono poi questo gran
danno.”
Maledetto Malfoy! Guarda in che situazione l’aveva messa!
Non si accorse di aver iniziato a stringere un cuscino con
la mano e, naturalmente, che Ginny la stava guardando.
“Hermione?”
“Sì…?”
“Tutto bene?”
“Certo. Perché?” chiese senza prestarle troppa attenzione.
“Perché stritoli un cuscino che non ti ha fatto niente e non
hai salutato Ron e Seamus che andavano via.”
Mollò subito la presa sul cuscino.
“No e che, non ho capito… dove vanno quei due?”
“A parlare a quelli del primo anno, ora vedrai che
strigliata li danno.”
“No!”
“Dai Hermione non puoi farci niente, anche a me dispiace un
po’ per quei bambini. Sono così teneri a volte…”
I dormitori maschili dei Serpeverde erano deserti. La
maggior parte degli studenti si preparava già per la cena o era in Sala Comune.
Solo Draco si trovava nella sua stanza, steso sul suo letto.
Non sopportava il fatto di starsene lì, con le mani in mano,
ad aspettare che il Ministero liberasse la sua agenda per fissare, poi, il giorno
della morte di suo padre.
Sapeva che sua madre stava provando di tutto per farlo
uscire di prigione. Ancora non aveva ottenuto risultati concreti, ma si fidava
di sua madre, delle sue capacità. Era una donna in gamba e questo anche Lucius lo
sapeva.
Avrebbe quindi lasciato fare a lei, anche perché, pur
volendolo davvero molto, lui non poteva aiutare in nessun modo i suoi genitori.
Ora, nel suo piccolo, Draco avrebbe dovuto impegnarsi a
risolvere un altro problema. Meno importante, ma molto fastidioso.
Non aveva perdonato alla Waag quello che era successo, quel
attacco gratuito che aveva ricevuto. Draco non era certo il tipo che poteva
lamentarsi, era vero. Da Serpeverde, per primo lui faceva cose del genere. Ma
quelle donna continuava a guardarlo in una maniera che non sapeva descrivere…
Gli era sembrato, una volta, di scorgere puro odio in quegli
occhi scuri che lo fissavano di nascosto, durante la lezione.
In più, quando poteva, la professoressa faceva di tutto per
metterlo in difficoltà.
Quell’anno Difesa Contro Le Arti Oscure, era la materia che
gli stava portando via più tempo e pazienza.
Voleva scoprire il motivo di tanta ostilità. In fondo non
era l’unico figlio di Mangiamorte a scuola, ma era il solo a cui veniva
riservato quel trattamento (con il conseguente divertimento sfrenato dei
Grifondoro).
In quei mesi aveva indagato un po’ ed era riuscito a
scoprire che Linda Waag era imparentata ad un alunno della scuola.
A quale Casa apparteneva il suddetto? Grifondoro,
ovviamente.
Era uno del quarto anno, Matt Vertigo.
Poi, sempre cimentandosi a fare l’investigatore, aveva
saputo che il ragazzo era un Mezzosangue. Non che la cosa l’avesse stupito più
di tanto. Il padre era uno di sangue puro, invece la madre era figlia di Babbani.
Non conosceva tuttavia quale parentela ci fosse con la Waag,
ma voleva sapere chi fosse quella donna e cosa volesse da lui.
Intanto le parole di Theodore Nott gli ritornavano alla
mente…“C’è l’ha proprio con tuo padre, eh Malfoy? Cosa gli avrà mai fatto?”
Con le sue possibilità, aveva poche speranze di saperne di
più a tal proposito. Chiedere informazioni alla diretta interessata era da
escludere, quindi, l’unico mezzo da poter utilizzare era quel Matt.
Fosse stato un Serpeverde, erano pochi il problemi, ma un
Grifondoro! Un Grifondoro maledizione! Ci sarebbe voluto un collaboratore
interno, una spia, un…
Sorrise diabolicamente. Aveva una mezza idea, ma non sapeva
come realizzarla. Da solo non ce la poteva fare, gli sarebbe servito “l’aiuto”
da persone con cui non voleva avere niente a che fare. Gli sarebbe servito l’aiuto
di un Grifondoro, e aveva anche una vaga idea di quale.
Ma non poteva fare nemmeno i conti senza l’oste, quella
Mezzosangue non avrebbe mai partecipato di sua spontanea volontà. L’avrebbe potuta
ricattare, ma con cosa? Non aveva niente di compromettente in mano, la sua
cecità non era nemmeno più questo gran segreto…
Poi all’improvviso, un’altra idea si fece strada nella sua
mente. Veloce e inaspettata come un fulmine.
Si alzò di scatto a sedere sul letto e ghignò soddisfatto.
La sua cecità. Non un ricatto, ma un patto.
Si alzò velocemente. Prese calamaio e pergamena, poi,
appoggiandosi sulla scrivania, iniziò a scrivere una lettera.
Qualcosa di molto telegrafico, ma efficace. Sperava che sua madre
non facesse troppe domande e che gli mandasse ciò che aveva chiesto, senza
storie.
Grazie, grazie, grazie a Gemellina (sempre fedele ;), Miss
Malfoy (eheheheh vorrei saperlo anch’io cara… XD), Erin, Marty 91, Chiaras e Carillon
per le loro stupende recensioni. :D
Ecco il sesto capitolo!! J
Grazie a tutti ;) e nient altro…. Buona Lettura^^
Cap
Cap. 6
Oramai il prato di Hogwarts, i suoi camini, i suoi terrazzi,
la Foresta Proibita, tutto era stato imbiancato dalla neve. Hermione era fuori
nel parco e respirava lentamente per assaporare quell'aria e creare, nella sua
mente, l’immagine del paesaggio invernale.
Le mancava non vedere la neve.
Aveva avvertito una sensazione soffocante al petto quando,
passeggiando per il corridoio con Ron, una ragazzina aveva urlato ad un suo
compagno quella frase già tanto sentita e risentita.
“Guarda, sta nevicando!”
Sentiva la voce di Ron, non molto distante da lei, discutere
con gli altri ragazzi della squadra di Quidditch.
Ridevano, scherzavano, e di tanto in tanto si beccavano
perché non erano d’accordo sugli orari dell’allenamento. Ma l’ultima parola
spettava sempre e solo al capitano. Chi era? Ginevra Weasley!
Ron l’aveva presa male quando alla Tana era arrivata
la lettera che comunicava la notizia. Stava morendo dall’invidia, detto a
parole della sorella. Ma doveva capire che lui era già Prefetto, non si poteva
avere un tale carico di responsabilità! A nessuno era permesso.
Sentì un fiocco freddo posarsi delicatamente sul suo naso,
sorrise.
Alzò la testa verso l’alto e fece qualche passo in avanti.
Aveva la tentazione di aprire le braccia al cielo e imitare
alla perfezione quelle scene da film, dove la protagonista si mette a ridere
felice. Felice perché l’amore della sua vita le aveva appena chiesto di
sposarla. O di andare ad un ballo studentesco, dipende.
Oppure quelle in cui arriva lui e l’abbraccia da
dietro. Lei ricambia l’abbraccio sorridendo e poi, quando la neve inizia a
cadere più fitta, proprio come stava succedendo in quel istante, poi…
Si sentì strattonare per un braccio e venir trascinata via
frettolosamente.
Non era Ron, non poteva. Sentiva ancora la sua voce in
lontananza.
Probabilmente stava per mettersi ad urlare o reagire in
qualche modo, ma fu sbattuta in malo modo contro qualcosa di duro. Qualcosa che
era certa fosse il tronco di un albero.
“Salve Granger.”
“Malfoy?!”
“Aspettavi qualcun altro che ti trascinasse via così?”
La sua risposta fu un basso grugnito.
“Ora smettila di sognare ad occhi aperti e ascoltami.”
Tentò di andare via ma la mano del ragazzo premette
prepotentemente sulla sua palla, inchiodandola nuovamente all’albero.
“E’ perché dovrei farlo?”
Erano davvero molto vicini. Lei non si preoccupava di
parlare a bassa voce, lui invece sembrava tenerci particolarmente.
“Perché è una cosa che ti interesserà, credimi.”
Stava per rispondere, ma il ragazzo fu più veloce e le fece una
domanda che la lasciò letteralmente spiazzata.
“Faresti di tutto per riacquistare la vista, vero?”
“Che vuoi dire…?”
“Rispondimi. Ci tieni? Vorresti tornare a vedere…”
“Che domande, certo che voglio tornare a vedere!”
“Non gridare!”
Malfoy abbandonò la presa sulla sua spalla e parlò un
tantino più ad alta voce, con tono meno circospetto.
“Be’ io posso aiutarti, so come farti riacquistare la vita.
E credimi, è l’unico modo.”
Hermione aggrottò la fronte.
“Scusa se mi viene da ridere, ma non credo proprio che sia tu
quello che mi può aiutare. Soprattutto quando non c’è riuscita un ekip intera
di Medimaghi e medici! Né tanto meno capisco perchè dovresti fare una
cosa del genere.”
“O non ti preoccupare, Granger. Niente si fa per niente…”
“Vuoi qualcosa da me, e in cambio dici di potermi ridare la
vista… No, mi spiace ma non ti credo.”
“Mi sembrerebbe strano il contrario. Infatti, sono qui per
convincerti.
Chi ha lanciato l’incantesimo che non ti fa più vedere?
Esatto, mio padre. Sappi che questi sono incantesimi particolari, è magia
antica e occulta. Un incantesimo come il tuo può essere tolto solo da colui che
l’ha scagliato…”
La ragazza sussultò.
“Ma sappiamo entrambi bene che non potrei mai portarti
ad Azkaban, né questo basterebbe a scarcerarlo… Comunque, c’è un altro modo. Un
unico altro modo, che si dia il caso io sappia.
Nessun Medimago, o non so chi altro, ha saputo come
guarirti. Niente di più normale, nessuno può sapere certe cose… se non è di
famiglia.”
“Tu mi stai dicendo, che quello che mi ha colpito è un
incantesimo che nessuno sa come scagliare o guarire se non è della tua
famiglia?”
“Esattamente, ogni famiglia ha una sua storia e le sue…
risorse.”
“Questo è assurdo, cosa vuoi Malfoy?!”
“Be’ Granger, se nessuno è riuscito a guarirti un
motivo ci deve essere, e io te ne sto offrendo uno. Nemmeno tanto assurdo se ci
pensi. Le tradizioni esistono perché si tramandano e, come loro, si lasciano ai
posteri tante altre cose… Questa è la mia proposta: io ti aiuto a riacquistare
la vista, e tu aiuti me. Ti dirò poi cosa mi serve.
Pensaci, ma non troppo. E non una parola con la Donnola!
Altrimenti non se ne fa più niente. Non tentare di ingannarmi, non ci
riusciresti.
Ti do tre giorni, non avremmo abbastanza tempo altrimenti.
Mi farò vivo io.”
Così lo sentì allontanarsi.
Quella sì che era una scena da film…
Sotto la neve non con il suo “amore” ama con… con… Ah! Era
assurdo!
Restò ferma, appoggiata a quell'albero. Dopo qualche minuto
arrivò Ron.
“Eccoti, come mai sei venuta qui? Credevo fossi rientrata a
scuola… Forse ti annoiavi? Scusa ma con quei cretini che vogliono fissare
l’allenamento di…”
“Non ti preoccupare, Ron. Mi ero solo allontanata un attimo,
torniamo dentro?”
“Certo.”
La prese per mano e si avviarono. Ancora nevicava e tra i
suoi capelli si erano annidati centinaia di candidi fiocchi.
“Lo sai che ho incontrato il Furetto venendo qui? Sempre con
quell'espressione schifata di tutto e di tutti stampata sulla faccia! Questa
volta però i due bestioni non erano con lui…”
Hermione non rispose e lasciò cadere lì la conversazione,
era troppo impegnata a pensare.
Il Furetto...
Potevano fare un circo. Il Furetto, la Donnola, i Bestioni,
la Zannuta!
Sospirò stancamente ma, dalle sue labbra, dovette uscire un
qualcosa che assomigliava più ad un verso d’esasperazione.
“Che c’è? Cosa ho fatto questa volta?”
“Niente, Ron. Niente…”
***
Intorno a lei era tutto buio. Vedeva solo nero, un’unica
tinta, niente ombre, niente movimenti.
Dei passi risuonarono nel silenzio più assoluto, e poi
quella voce.
“Granger.”
“Malfoy.”
“Allora?”
“Accetto.”
Il ragazzo ghignò e poi una luce accecante la invase. Chiuse
gli occhi istintivamente e quando li riaprì, sola all’ombra di un albero,
Hogwarts si ergeva davanti a lei in tutta la sua grandezza.
La vedeva, vedeva la sua scuola. Vedeva il cielo, gli
alberi, gli studenti passeggiare. Era una sensazione bellissima, era felice. Si
sentiva libera…
Una folata di vento freddo le sparpagliò i capelli sul viso
e sulle spalle, accanto a lei apparve Draco Malfoy.
“Bene Mezzosangue, ora tocca a te mantenere la tua
promessa…”
“Cosa vuoi?”
Il ghignò sul viso del ragazzo si allargò ancora di più. Si
voltò a guardarla negli occhi e mosse le labbra, piano, ma lei non sentiva.
Quelle parole non avevano suono e, all’improvviso, tutto
quello intorno a lei si dissolse. Lasciando ancora una volta il nero, il vuoto…
Hermione aprì di scatto gli occhi e, dopo qualche secondo,
prese a rigirarsi nel letto.
Domani avrebbe dovuto dare la sua risposta, e non sapeva
cosa fare. Quel pensiero oramai non la lasciava un secondo, persino di notte
era arrivato a perseguitarla!
Non ne aveva parlato a Ron e nemmeno a Ginny. Era rimasto un
segreto, come voleva lui…
Quel sogno però, non preannunciava niente di buono.
Lei, in verità, non aveva mai creduto in quel genere di
cose. Le riteneva tutte una farsa, come Divinazione, ma quel sogno racchiudeva
le sue paure.
Se anche quello che le prometteva Malfoy fosse stato vero, a
che prezzo avrebbe pagato la sua vista?
Nel sogno aveva visto, ma poi era ricaduta nel buio…
Si girò un’altra volta tra le coperte e le lenzuola presero
ad attorcigliarsi attorno alle sue gambe. Infastidita, si divincolò da quella
stretta con dei movimenti abbastanza bruschi e poi, appoggiando seccamente un
mano sul cuscino, si alzò sulle ginocchia. Oramai era completamente sveglia e,
conoscendosi, non avrebbe più dormito.
Fuori era ancora buio, svogliatamente tirò le tende del suo
baldacchino e andò a premere il grosso pulsante in alto sulla sua vecchia e
malconcia sveglia, una voce la informò che erano le tre del mattino.
Era ormai questione di ore, quando si sarebbe fatto vivo
Malfoy? Magari a colazione! Ma era troppo presto. No, no e no!
Doveva rifletterci e fare la scelta giusta.
Tornare a vedere… Mettersi nelle mani di un Serpeverde…
Si alzò dal suo letto e iniziò a girare per la stanza, poi
decise di andare in Sala Comune. Era il luogo più adatto per pensare, e a
quell’ora di sicuro non avrebbe incontrato nessuno.
Draco entrò in Sala Grande e lanciò uno sguardo al tavolo
dei Grifondoro. La Granger era seduta come al solito accanto a Weasley e,
mentre il ragazzo le parlava, sembrava non ascoltarlo affatto.
Si sedette al suo tavolo e iniziò a fare colazione.
Nell’arco della giornata avrebbe dovuto trovare il momento giusto per paralare
alla Grifondoro e, dal canto suo, sperava non facesse la stupida e che
accettasse.
A pensarci bene, era poco quello che le avrebbe chiesto in
cambio di ciò che lui avrebbe fatto per lei. Ma ormai era andata…
Si spalmò un po’ di Marmellata Tutti Gusti su di una fetta
biscottata.
“A che pensi?”
Era Blaise.
“A niente.”
Per fortuna sua madre non aveva fatto troppe domande.
Si era insospettita quando aveva chiesto di inviargli
“il sapere di famiglia”, ma aveva creduto anche a ciò che le aveva
raccontato. Studiare certe cose serviva in quel momento come non mai, e prima
si apprendevano meglio era.
In realtà, quelle pergamene incantate le aveva divorate
tutte in una notte, quando gli era stato concesso di leggerle, tanta era la
voglia di sapere. Ma tutto non ricordava, quindi era necessario il supporto
cartaceo.
Non gli andava di raccontare a sua madre quello che aveva in
mente e, per la verità, non le aveva detto niente nemmeno della Waag.
Narcissa aveva già tante preoccupazioni di cui occuparsi…
“Dai sbrigati con la colazione, Draco. A prima ora abbiamo
Difesa.”
Blaise era in piedi e mentre si occupava di raccogliere la
sua borsa piena di libri, Draco alzò gli occhi al cielo sospirando. Iniziava
bene la giornata.
Era notte, a quell’ora lei sarebbe dovuta essere nel suo
dormitorio e non in giro per il castello!
Non poteva scegliere un orario peggiore quel Serpeverde!
“…fatti trovare alle undici e mezza vicino alla biblioteca.
Lì ci dovresti saper arrivare, no?”
La cosa la convinceva sempre meno, perché Malfoy le aveva
chiesto di incontrarsi di nascosto?
Lei aveva accettato il patto, a pomeriggio, quando lui
l’aveva chiamata dopo la lezione di Erbologia e avevano parlato dietro ad una
serra.
Voleva tentare, ma aveva paura. Se ne era quasi pentita e
aveva avuto la tentazione di raccontare tutto a Ron, ma quel pomeriggio Malfoy
aveva ribadito la clausola della segretezza. E così…
Hermione aveva studiato il modo migliore per arrivare alla
biblioteca. Era il posto che frequentava di più, ed aveva imparato a
riconoscere alcuni punti di riferimento che la guidavano nel tragitto a partire
dalla Torre dei Grifondoro.
Malfoy aveva scelto bene, fosse stato un altro posto non ci
sarebbe mai arrivata. Appoggiò la mano alla pesante porta chiusa e subito sentì
la sua voce.
“Finalmente.”
“Perché mi hai fatta venire?”
“Devo tener fede alla mia promessa, devo farti riacquistare
la vista. Non credere che sarà una cosa breve, però. Tutt’ altro. E tu dovrai
collaborare…”
“Non capisco.”
“Non devi, non ora… Seguimi.”
Sentì il suono dei suoi passi.
“Aspetta! Come faccio?”
“Se ti aspetti che ti prenda manina manina come fa Weasley,
ti sbagli di grosso. Ti darò le indicazioni da seguire.”
“Va bene.”
“Per ora continua a camminare dritto.”
Malfoy si mosse e lei fece come le era stato indicato.
“Ora gira a sinistra.”
Non che le piacesse molto il tono in cui lui le parlava,
sembrava stesse impartendo ordini… e ineffetti così era. Se ne stava approfittando
troppo quel Serpeverde, e lei iniziava a pentirsi seriamente di aver accettato.
“Okay, fermati. Ora ci sono le scale per i sotterranei.”
“Perché stiamo andando nei sotterranei?!” chiese allarmata.
“Quando saremo arrivati ti spiegherò”rispose con un po’
d’esasperazione nella voce.
Lei restò ferma sulla soglia delle scale.
“Allora Granger? Non abbiamo tutta la notte, sai? E poi
Gazza potrebbe spuntare da un momento all’altro… Ho capito…. Ad un passo da te
c’è il primo scalino.”
Però, aveva davvero capito!
Non sapeva tra quanto aspettarsi uno scalino e Malfoy, se
pur di contro voglia e adottando quel tono zuccheroso nella voce, tornò accanto
a lei per indicarglielo.
“Grazie.”
Scese il primo scalino.
“Uno.”
Scese il secondo.
“Due.”
“Non ce ne è bisogno, ora!”
“Tre. Quattro. Cinque…”
“Malfoy smettila!”
Hermione continuava a scendere le scale senza difficoltà,
accompagnata dalla fastidiosissima conta.
“Otto. Nove…”
Batté violentemente un piede a terra per il nervosismo, ma
sbagliò a scendere l’altro gradino. Si sentì mancare il terreno sotto i piedi e
precipitare ma per fortuna una mano salda l’afferrò per il braccio.
“Ho detto nove, non dieci. Mi servi intera per lavorare alla
pozione.”
Si liberò della presa del ragazzo e si rimise in piedi,
spazzolandosi i vestiti ed aggiustandosi la gonna.
“E’colpa tua se se sono caduta. E poi, quale pozione?”
“Quella che ti farà riacquistare la vista.”
“Dobbiamo preparare una pozione?!”
“Esattamente Granger. Quindi, sbrighiamoci.”
Riprese a scendere le scale e Malfoy riprese a contare.
Quella cantilena l’accompagnò sino all’ultimo scalino, dove
ci fu un piccolo battito di mani che la fece innervosire ancora di più.
Accompagnata dalle indicazioni del Serpeverde Hermione
arrivò, assieme al ragazzo, in una stanza vuota.
“E’ qui che dobbiamo preparare la pozione?”
“Già. Questa è la vecchia aula di Pozioni, in disuso da
anni. Non c’è pericolo che entri nessuno, comunque l’ho protetta con un
incantesimo. Ho già provveduto a portare qui tutto quello che ci occorre. Ho
preso gli ingredienti giusti qui ad Hogwarts e ne ho fatto arrivare degli altri
che mancavano. Ora, dato che te la cavi tanto bene in Pozioni, dovrai lavorare
anche tu alla tua pozione.”
Hermione rimase ferma, pensierosa. Allora era vero, non
l’aveva ingannata?
“Cosa vuoi da me Malfoy? Questo ti deve aver arrecato un bel
disturbo. L’incantesimo, gli ingredienti… Cosa vorrai in cambio?”
“Devo dire di essermi reso conto che questo, forse non ha lo
stesso prezzo di quello che ti chiederò. Ma a me serve… e quindi va bene così.”
Non rispose.
“Avvicinati al banco da lavoro. Fai una decina di passi.”
Hermione si avvicinò al tavolo e potè sentire il leggero
fruscio del fuoco acceso sotto il calderone e un rumore di boccette che si
urtavano e che venivano appoggiate sul tavolo.
Draco prese in mano le pergamene stregate e, pronunciando
una formula a bassa voce, quelle, da bianche si riempirono di scritte.
“Iniziamo, se tutto va bene questa pozione sarà pronta tra
cinque mesi.”
“Cinque mesi?!”
“Né più né meno. Il tredici Marzo, Granger, è un giorno che
devi segnare sul calendario.”
“Allora, da cosa iniziamo?”
“Sangue di Drago, due cucchiai. Da mischiare alle schegge di
Ametista, dieci grammi. ”
La ragazza annuì.
“Quando versi il primo sangue nel calderone fallo piano e in
senso circolare, in modo che vada a ricoprire tutta la base. Poi aggiungi
l’altro, non importa se non si distribuisce egualmente. Aggiungi le scaglie e
inizia a mescolare… quante volte dice? Le hai le indicazioni, vero?”
Draco la guardò con un sorrisino, era partita subito con la
dispensa di consigli utili.
Era proprio questo ciò che voleva.
“Certo. Dice che bisogna girare tre volte verso destra,
prima di aggiungere le radici dell’erba Panacea.”
“Bene. Gira tre volte a destra e una a sinistra, dopo
aggiungi le radici.”
“Ne sei sicura?”
“Certo, e poi se sbaglio sarò io a pagarne le conseguenze.”
“Infatti.”
“Hai fatto?”
“Sì… Ehi Mezzosangue, una cosa: cambia tono. Non accetto
ordini da nessuno, men che meno da te.”
Hermione non rispose, era inutile farlo. Alzò l’angolo della
bocca in un sorriso di soddisfazione.
Si prendeva la sua rivincita.
Restarono circa un’ora e mezza a lavorare su quella pozione,
tra battibecchi e frasi taglienti. Hermione era stanca, ma l’euforia batteva la
stanchezza. Ancora non le sembrava vero di aver trovato un modo per riavere la
vista. Non sapeva come l’avrebbe spiegato a Ron e agli altri, ma in quel
momento non le importava. Un moto d’affetto diretto a Malfoy , che venne subito
cancellato, la invase.
Draco regolò la fiamma del calderone e si appoggiò di
schiena al tavolo, con le braccia conserte.
“Per oggi abbiamo finito, la pozione deve restare a bollire,
e gli altri ingredienti vanno aggiunti piano a piano. Ad intervalli e in tempi
precisi.”
“Immagino sia inutile chiederti, ancora, quale sarà la mia
parte in questo accordo…”
“Immagini bene. Sappi solo che avendo la vista, potrai fare
il tuo lavoro cento volte meglio. Quindi
sarai informata quando arriverà il momento.”
“Sappi solo, che non mi stancherò mai di chiedertelo.”
“Fa come credi.”
Le passò accanto e andò ad aprire la porta per spiare il
corridoio.
“Andiamo.”
Una volta fuori dalla stanza, il ragazzo pronunciò un
incantesimo di isolamento sulla stanza e poi si incamminarono.
Arrivarono quindi davanti alla biblioteca.
“Domani, ci rincontriamo qui alla stessa ora. E cerca di
essere puntuale, non mi piace aspettare…”
“Le cose per me sono più complicate e di conseguenza più
lente…”
“Non mi riguarda. L’importante e che ti fai trovare.”
Lo sentì andare via e, dandogli un’ultima volta dello
stronzo, Hermione si avviò per tornare ai dormitori.
Capitolo interessante direi, forse molto più di altri, spero di riuscire
a trasmettervi quello che ho provato scrivendolo ;)
Capitolo interessante direi, forse molto più di altri, spero
di riuscire a trasmettervi quello che ho provato scrivendolo ;).
Per vale: Hai ragione ;P sono piuttosto imbarazzata, quella
è stata una modifica dell’ultimo minuto e, manco a dirlo, sarebbe stato meglio
se mi fossi stata ferma… Comunque dopo la tua osservazione (per cui ti
ringrazio molto) ho corretto, anticipando anche qualcosa che sarebbe dovuta
venire dopo.
Per ElizabethLovelace: Questa volta ho cercato di
stare ancora più attenta, la storia è tutta già scritta e si tratta solo di
rivedere e perfezionare i vari, appunto, errori. Ma quando posto sono quasi
sempre di fretta e purtroppo….
Ti ringrazio molto per i complimenti ;).
Grazie mille a tutti i recensori, ma anche ai lettori.
Buona lettura^^
Cap. 7
“Ti ho detto, mi sembra, che non puoi aggiungere il polline
del fiore di Bach assieme al minerale!”
Strinse i pugni e puntò i piedi per terra.
“Infatti, sono separati!”
Le lanciò uno sguardo infuocato, anche se lei non poteva
vederlo.
“Certo come no! Li hai mischiati! Ti sei tradito prima, da
solo. Se non vuoi che la pozione si rovini irreparabilmente… prendi e ripesa
nuovi ingredienti.”
“Mi hai stufato Mezzosangue! Se devi fare tutte queste
storie per ogni cosa che faccio, vieni. Lavoraci tu sopra il calderone!”
“Ah! Sai benissimo che non posso!”
“Sei certo che la Malva vada aggiunta ora?”
“Certissimo” sibilò.
“Se sbagli…”
“No, tu sbagli. Guarda… o giusto non puoi… la pozione
sta diventando rossa. Proprio come dicono le istruzioni.”
La ragazza scoppiò a ridere sguainatamene.
“E tu saresti quello che non ha problemi in Pozioni?”
“Taci!” si portò una mano alla fronte e iniziò a liberarsi
di quella melma appiccicaticcia di cui si era riempito.
“Non sai nemmeno amalgamare due ingredienti come la…”
“Erano altamente pericolosi. L’Erba Incendiaria non è uno
scherzo!”
“E già… Dallo scoppio che ho sentito…”
“Smettila subito di ridere!”
Era così arrivato Dicembre.
Per fortuna la preparazione della pozione non era
stata intaccata dai loro litigi, ma le vacanze si avvicinavano.
Hermione e Draco si trovavano nella vecchia aula in disuso.
La ragazza era appoggiata con le spalle al muro, mentre il Serpeverde finiva di
girare lentamente la pozione.
“Malfoy…”
“Che c’è?!”
Sempre molto gentile e disponibile.
“Tra qualche giorno prenderemo le vacanze natalizie,
chi penserà alla pozione?”
“Noi, naturalmente.”
“Ma come faremo? Non ci saremo.”
“Granger…”
Si voltò a guardarla.
“Noi ci saremo. Resteremo qui per le vacanze.”
“Cosa?!”
“Mi sembrava chiaro.”
“Non lo è affatto! No, no… io non posso. I miei…”
“Senti, la pozione non serve a me. Inventati una scusa
qualunque, tu da qua non ti muovi! Altrimenti spengo tutto. E lo faccio.”
“Non ho dubbi.”
“Bene. E’ tutto risolto.”
Draco tornò a lavorare alla pozione, soddisfatto.
Quel Natale era il primo che avrebbe passato ad Hogwarts. In
genere tornava a casa e trascorreva delle belle vacanze. Lui e i suoi genitori
partivano anche, alcuni anni.
Quell’anno, però, sarebbe stato tutto diverso con suo padre
ad Azkaban, e sua madre avrebbe trascorso un Natale completamente sola.
Le aveva chiesto se voleva che lui tornasse a casa, ma
Narcissa non aveva opinioni al riguardo.
Molto probabilmente sua madre non avrebbe “festeggiato”. Non
dopo le ultime novità.
Per lui, quindi, non era tutto questo gran sacrifico restare
ad Hogwarts e occuparsi della pozione, come voleva invece lasciare ad
intendere.
Hermione, nel frattempo, restava appoggiata al muro,
rattristata.
Restare ad Hogwarts, da sola…
Sbuffò pesantemente, d’altronde Malfoy non aveva torto. La
pozione era per lei, si sarebbe dovuta aspettare di dover fare dei sacrifici.
Di certo non poteva pretendere che restasse solo lui a svolgere
il lavoro. Primo, perché non era sicura che al suo ritorno avrebbe trovato
qualcosa simile ad una pozione. E secondo, semplicemente perché non era giusto.
Anche Malfoy stava rinunciando alle vacanze a casa, per lei… per lei? Ma che le
veniva in mente?
Rise di sé stessa per aver pensato una cosa del genere. A
volte si scordava che c’era un patto tra di loro.
“Finito.”
La voce, come di consueto strascicata, le arrivò alle
orecchie distogliendola dai propri pensieri.
“Bene. Senti Malfoy, dobbiamo parlare un attimo.”
“Ancora? Ti ho già detto che non saprai niente prima del
tempo previsto.”
“No, non era del patto che ti volevo parlare…” disse
scostandosi dalla parete.
“Ah e di cosa? Sbrigati, io non ho-”
“Gli orari. Non si potrebbero cambiare? Ogni notte, per
entrare e uscire dai dormitori, è un problema. Per fortuna le mie compagne
hanno il sonno pesante, ma ieri ho rischiato di ritrovarmi faccia a faccia con
Ginny, credo, mentre rientrava anche lei…
La settimana scorsa, in Sala Comune, ho incontrato Dean e ho
dovuto inventarmi una scusa. Assurda tra l’altro. In più di sera non
riesco a distinguere nemmeno le ombre, e prima di entrare nella Torre devo
restare un quarto d’ora fuori per distinguere gli eventuali rumori
all’interno.”
“Hai finito?” le chiese con tono indifferente.
“Per me non c’è problema. Anche se la Sala Comune è piena, è
normale uscire di notte… a certi orari. Nessuno chiede niente. La gente, a
Serpeverde, si fa i fatti propri. La discrezione sarebbe una buona
abitudine che dovreste imparare anche voi Grifondoro. E comunque, mi sembra di
averti già detto chiaramente che i tuoi problemi non sono affar mio…”
“…è normale uscire di notte… a certi orari…”
Tsk! E lui è un Prefetto! In quella Casa deve regnare
un’anarchia totale.
“Ma se scoprono me, scoprono anche te… Ah e naturalmente non
ci scordiamo di Gazza, è un miracolo che ancora non mi abbia scoperto!”
continuò inviperita Hermione.
“Non sono io che decido gli orari per lavorare alla pozione.
Ci sono dei tempi precisi, a volte può capitare che verremo anche di giorno. Te
lo dirò in caso, per ora non mi scocciare.”
Uscirono dalla vecchia aula di Pozioni e, dopo averla
sigillata, tornarono verso la biblioteca.
“La scala a tre passi da te” la avvisò in maniera molto
scocciata e stanca di ripetere sempre le stesse cose.
Hermione iniziò a salire la scale, non badando minimente al
tono del Serpeverde. Oramai, si può dire ci fosse abituata.
Stavano quindi percorrendo la sala che li avrebbe condotti
alla biblioteca, quando Draco sentì in lontananza dei passi, e poi vide
la luce di una lanterna farsi sempre più vicina.
Era Gazza, e veniva proprio dalla biblioteca.
Senza pensarci troppo, afferrò la ragazza per mano e
si mise a correre nella direzione contraria. Era quasi certo che il Custode gli
avesse scorti, nella semi oscurità.
“Ehi! Ma che fai?”
Il miagolio di Miss Purr, che si lanciava all’inseguimento,
gli confermò che aveva ragione.
“Zitta! Gazza ci ha visto!”
Hermione tacque, sbiancando in pochi secondi e assecondando
la corsa.
I loro passi creavano nel silenzio notturno un notevole
rumore e i miagolii sempre più insistenti della gatta, furono coperti dalla
voce di Gazza.
“Chi è là?” aveva gridato correndo e zoppicando.
“Maledetti studentelli… Questa volta, questa volta non avrò pietà.
Silente sbaglia, sbaglia!”
Sentirono il Custode farfugliare queste parole tra sé e sé,
con un tono poco raccomandabile.
Per nascondersi si erano appiattiti contro un muro, non appena svoltato
l’angolo di uno dei tanti corridoi di Hogwarts.
Hermione sentiva il respiro un tantino più affannato del
ragazzo, mentre anche lei riprendeva fiato. Intanto Draco sbirciava il
corridoio buio e, alla sua sinistra, vide la Grifondoro che si era appena
portata una mano sul viso.
“L’abbiamo seminato?”
“Credo di sì…”
Si voltò a guardarla e grazie alla luce della luna, che
filtrava dalle alte finestre, riuscì a scorgere un sorriso su quelle labbra
morbide.
“Perché sorridi?” chiese scettico.
“E’ che… è che questo è davvero strano…”
“Sì, lo è.”
Draco sentì un fastidioso miagolio molto vicino, troppo.
Abbassò lo sguardo e vide che Miss Purr era ai suoi piedi.
Riafferrò per mano la Grifondoro e strattonandola ricominciò
a correre. L’unica via di salvezza erano le scale.
La Granger non fece domande questa volta, aveva capito la
situazione.
Fecero appena in tempo ad allontanarsi, perché, pochi
istanti dopo, dove c’era la gatta c’era anche Gazza.
Salirono di corsa le scale ma, sfortunatamente, queste
decisero di “cambiare”.
Hermione, a causa del movimento inaspettato, tirò un piccolo
urlo. Si stava appunto portando una mano alla bocca quando Malfoy , avendo
risentito dello spostamento, le cadde addosso. La ragazza andò a sbattere
contro il passa mano delle scale, al quale si aggrappò, mentre il Serpeverde
finì brutalmente a terra.
“Ahi!”
“Malfoy, non puoi stare più attento!”
“Ho battuto la testa, porca-”
“Si sono fermate, andiamo.”
Il ragazzo si rialzò, toccandosi la fronte dolorante e da
dove iniziava a colare del sangue.
Hermione sentì Malfoy prenderle di nuovo la mano, e insieme
finirono di percorrere le scale.
Era preoccupata, l’ultima volta che le scale l’avevano
portata in qualche luogo aveva incontrato un mostro a tre teste.
“Dove siamo finiti?” chiese ansiosa.
“Non ne ho idea…”
“Cerca di fartela venire, allora, e di riportarmi indietro!”
“Sta calma” le disse con il tono di chi fa un minaccia,
piuttosto che una rassicurazione.
Stavano ancora camminando quando, d’improvviso, Malfoy si
bloccò.
“Che c’è?”
“Niente, credevo di aver sentito ancora quella stupida
gatta.”
Realizzando di tenere ancora per mano la ragazza, con un
gesto veloce e quasi schifato, Draco ruppe quel contatto. Restarono quindi
fermi nello strano posto in cui erano arrivati.
“Credevo che non toccassi le Mezzosangue, Malfoy” gli disse con
uno strano sorriso.
“Infatti, ma dubito che sarei riuscito a dirti dove correre,
o che tu saresti stata capace di seguire le mie indicazioni, nella foga di
scappare…”
“Mi avresti sempre potuto lasciare là…”
“Giusto, ma se scoprono te scoprono anche me. E non è
prudente lasciare anche una sola traccia di quello che stiamo facendo.”
Hermione non rispose, e in tanto Draco stava pensando ciò
che aveva fatto.
Gli era venuto spontaneo di prenderla e portarla via.
Senza dubbio quello che aveva detto era tutto vero, ma lui
l’aveva fatto perché… in realtà non sapeva perché, in quell’istante, avesse
deciso di portarla con sé.
Forse il fatto di starle dando delle indicazione su dove
andare, l’aveva talmente convinto che dovessero fare quel tragitto insieme, che
non aveva pensato neanche un attimo ad abbandonarla.
Qualunque cosa fosse stata, avrebbe fatto in modo che non
interferisse mai più con il suo “essere Serpeverde”.
Erano quelli gli effetti collaterali del passare troppo
tempo assieme ai Grifondoro?
Decise in ogni caso di abbandonare quei pensieri e di
concentrarsi sul posto in cui erano incappati.
Era di nuovo un corridoio. Delle torce affisse ai muri
illuminavano fiocamente l’ambiente e mostravano numerosi quadri, arazzi e
porte. All’improvviso capì dove erano…
“Il Corridoi Proibito…”
“Come, scusa?”
Si schiarì la voce.
“Siamo nel corridoio proibito.”
“Ah! Bene. ”
Hermione distinse una luce che all’improvviso si accese
davanti ai suoi occhi e capì che il ragazzo aveva usato l’incantesimo Lumos,
solo quando anche i quadri si iniziarono a lamentare.
“Ehi Tu! Spegni subito!”
“Ma vi sembra ora?”
“Ah non si può stare mai tranquilli!”
“O mio dio, questa luce è accecante!”
“Ma questo corridoio, non è proibito?”
“E va bene!” sbottò il Serpeverde.
Di colpo la luce cessò.
“Stupidi quadri tarlati…”
“Andiamo via.”
“Paura, Granger?”
“Affatto. E solo che non sono in cerca di guai e ho fretta
di tornare alla Torre, è tardi.”
Non le piaceva quella situazione. Il Corridoio Proibito era
sempre un covo di guai.
“Devi aspettare un po’, Gazza ora ci starà cercando come un
matto. Lascia calmare un po’ la situazione.”
Purtroppo Malfoy aveva ragione.
Draco iniziò a muovere qualche passo in avanti. Non voleva
addentrarsi nel corridoio, non ci teneva proprio, ma era incuriosito da quel
luogo. Sapeva, in oltre, che non ci sarebbe tornato più. Quindi…
“Non ti allontanare Malfoy, il corridoio è pieno di
pericoli. Se ti perdi là dentro, puoi stare certo che non verrò a cercarti.”
“Certo, Granger.”
Sentì la sua voce di nuovo vicina, e questo le assicurò che
il ragazzo aveva usato il buon senso ed era tornato indietro.
Draco si sedette a terra, appoggiando le spalle al muro. La
ferita sulla fronte iniziava a bruciare e il sangue non accennava a voler
cessare.
Sentiva un dolore che circoscriveva tutta la zona sinistra
della fronte, nonché l’occhio corrispondente. Con la manica si asciugò
nuovamente il sangue che, caldo, gli procurava un fastidioso formicolio sulla
pelle.
Socchiuse gli occhi e sospirò.
Anche la Granger si era appoggiata al muro, però rimaneva in
piedi, con la testa leggermente reclinata verso l’alto. Restarono in silenzio
per alcuni minuti, in tanto, un forte mal di testa aveva iniziato a
tormentarlo.
“Allora?!”
“Non gridare!” aveva parlato a bassa voce, iniziando a
massaggiarsi le tempie con le dita.
“Non sto gridando e poi non credo passi nessuno di qui!”
“Allora non parlare proprio! Ho mal di testa e non sopporto
di sentirti parlare.”
La ragazza sbuffò.
“Senti…”
“Ma allora non capisci?” aveva alzato la voce, sollevando la
testa di scatto. Ma si pentì amaramente del suo gesto, quando una fortissima
fitta lo costrinse a riabbassare il capo prendendolo tra le mani.
Hermione, nel frattempo, era più che convinta che quella del
Serpeverde fosse solo scena. Draco Malfoy era un attore eccezionale quando
doveva fare il malato, e questo l’aveva capito dopo il terzo anno.
“A quanto pare…”
“Shhh!”
“Smettila Malfoy! Andiamo via, ormai Gazza si sarà perso
d’animo.”
Draco strinse gli occhi e aumentò la pressione che esercitava,
con i palmi delle mani, sulle tempie. Quella voce era insopportabile. Ogni
rumore lo era.
“Malfoy?”
Fece due grossi respiri prima di rispondere.
“Non sai tornare da sola?! la Torre dei Grifondoro non deve
essere molto distante, o sei proprio un’impedita?”
Cercò di sembrare sgarbato e scostante come al solito, e ci
riuscì anche bene, ma la sua voce era più bassa del solito.
Hermione non rispose subito, poi corrugò la fronte.
“Certo che lo posso fare. Vado, Buonanotte.”
Si voltò e si incamminò decisa verso le scale. Quel ragazzo
era sempre irritante, sempre offensivo. Aveva ragione Ron, Malfoy era davvero
un brutto tipo.
Aveva appena finito di percorrere le scale che la separavano
da quel corridoio, e da quel Serpeverde, quando un grosso sbadiglio premeva per
uscire dalle sue labbra.
Si portò una mano davanti alla bocca, spostandola dal
passamano, per accogliere con la buona educazione quella richiesta di riposo,
ma sentì che qualcosa non andava.
Uno strano odore, che aveva già sentito altre volte, le
invase le narici. Un odore forte, che però non sapeva di niente. Un odore i
ferro, di…
Avvicinò maggiormente la mano al suo viso. Annusò ancora e
poi, per avere la prova del nove, “assaggiò” i polpastrelli della sua mano
sinistra.
Non c’erano dubbi: era sangue.
Esaminò bene la sua mano, passando le dita su ogni
centimetro di pelle, ma non vi trovò nessun graffio. Né tanto meno sentiva di
essere ferita da nessun altra parte. Poi si ricordò di un particolare che le
fece voltare il viso verso l’alto della rampa di scale.
“Ho battuto la testa, porca-”
Non era lei quella ad essere ferita, la sua mano era sporca
di sangue non suo.
Sangue Puro, pensò per un attimo, trasalendo
scioccamente. Malfoy l’aveva presa per mano dopo aver battuto la testa.
Salì di nuovo le scale. Il suo senso del dovere, la sua
umanità, la spingeva ad aiutare anche chi non lo meriterebbe a pieno.
Arrivò all’ingresso del corridoio.
“Malfoy?”
Draco, ora in piedi ma sempre addossato la muro, si voltò
verso quella voce.
“Sei proprio un’impedita, allora.”
Non subito Hermione capì cosa volesse dire con quelle parole
seccate, ma poi ci arrivò.
“So come tornare alla Torre! Non è per questo che sono qui.”
“Allora cosa? Ti manco, Granger?”
Notò che il tono della sua voce era molto più basso del
normale. E ascoltandolo bene, potè scorgere sofferenza nelle sue parole.
Sbuffò esasperata.
“No. Ma sono tornata perché sei ferito.”
“Cosa vai dicendo? E abbassa la voce…”
Questa volta la ragazza parlò piano.
“Hai battuto la testa, prima, sulle scale. Ho la mano sporca
di sangue, e non è mio.”
Malfoy emise uno sbuffo di resa.
“Dovresti essere onorata…”
“Sì, sì, certo. Non poteva mancare questa osservazione,
vero?”
“Non-gri-da-re!”
“Scusa…”
Sentì molto, molto dolore nelle sue parole e così le venne
naturale di sussurrare quelle scuse.
“Devi andare da Madama Chpis…” disse facendo qualche passo
avanti nella direzione del ragazzo.
“Domani.”
“Domani è tardi!” si avvicinò ancora di più e tese una mano.
“A quest’ora non credo sia disponibile, in più non so cosa
raccontarle se… Ehi, ehi ma che fai!”
Hermione aveva posato una mano sul petto del ragazzo e ora
risaliva verso la fronte.
“Voglio solo controllare se la ferita è grave, non ti
preoccupare… e poi così so per certo dove sei!” disse arrossendo leggermente.
“Non ce ne è bisogno!”
Malfoy tentò di allontanarsi di lato, ma lei lo trattenne.
“Non fare lo stupido! Per una volta, cerca di non essere
fissato con quelle… con quelle “certe cose”. Dove è che hai battuto?”
Draco non le rispose, e lei poteva sentire la battaglia
interiore che c’era dentro di lui. Scansarsi da lei, o farsi aiutare?
Intanto le sue mani viaggiavano sul suo viso, e lui
veniva attraversato da brividi che non sapeva spiegare.
Hermione sentì l’estremità delle sue dita sporcarsi di
sangue, toccare alcune ciocche di capelli, passare sulla pelle liscia e, piano
a piano, risalire alla ferita.
Era un taglio non molto lungo ma, dal sangue che
fuoriusciva, sicuramente profondo. Situato a pochi millimetri più su della
sopracciglia sinistra, poteva davvero essere pericoloso.
Premette leggermente due dita sulla ferita e subito
sentì il ragazzo irrigidirsi.
“Mi fai male!”
“Resisti un po’, è per fermare il sangue.”
Draco le lanciò uno sguardo bieco e la vide estrarre la
bacchetta.
“Che vuoi fare?!”
“Conosco un incantesimo che può far rimarginare
superficialmente il taglio, così domani potrai andare in infermeria e
farti curare come si deve.”
Hermione puntò la bacchetta contro la ferita, stando bene
attenta a prendere le giuste misure, e pronunciò l’incantesimo di
Automedicazione.
Quando abbassò la mano dalla fronte del ragazzo, sfiorò le
sue labbra e fece uno strano pensiero. Un pensiero che non avrebbe mai
creduto di poter fare su Draco Malfoy, un pensiero che non avrebbe mai
confidato a nessuno, un pensiero assurdo (come tante cose da un po’ di tempo a
quella parte):come sarebbe stato baciarlo?
“Fatto.”
Indietreggiò di un passo.
Draco si portò la mano alla fronte e vide, con suo grande
sollievo, che non sanguinava più.
Guardò verso la Grifondoro, guardò la sua mano sporca di
sangue. Si ricordò delle sensazioni provate quando quelle dita avevano
accarezzato la sua pelle, ma subito si riscosse.
Avrebbe dovuto ringraziarla, quindi? Che assurdità! Un
Malfoy non ringrazia un Mezzosangue!
“Non mi devi ringraziare, anche se lo so che non lo stavi
facendo” disse arricciando il naso.
“Diciamo che così siamo pari” continuò semplicemente.
“Pari per cosa?”
“Per tutte le volte che mi prendi e mi riaccompagni in
biblioteca… Questo non era incluso nel patto.”
“Sì, va bene. Mi sembra la soluzione migliore.”
“Ora, andiamo?”
“Non sai tornare da sola” disse in tono piatto.
Era una constatazione che la infastidiva parecchio, quella
del ragazzo. Non aveva provato ad arrivare sino alla Torre, ma era convinta di
potercela fare!
In questo capitolo c’è un breve salto temporale, spero che
la cosa non vi disturbi ;)
Perdonatemi, e evidenziatemi, gli eventuali errori e… Buona
Lettura J
Cap. 8
Quello fu il primo incontro ravvicinato che ebbero. Be’,
ovviamente parlando di incontro nel vero senso della parola, e non di scontro,
altrimenti…
Ma di certo né Hermione né Draco si sarebbero mai aspettati
che la situazione avrebbe preso quella piega, proprio no...
Fuori il freddo rigido di fine Febbraio gelava anche la
punta del naso e, nella vecchia aula in disuso, una piccola fiamma scoppiettava
sotto un calderone ricolmo di una pozione verdognola.
Il freddo era penetrante ma l’essere umano è famoso per aver
sempre trovato il modo di sopravvivere, anche nelle situazioni più disperate. E
così, ognuno sfruttando i mezzi a propria disposizione, si riscaldava
combattendo il gelo invernale.
Hermione si era appena svegliata e pigramente si alzò a
sedere. Una mano teneva la vecchia coperta di lana a coprirle il seno, e
l’altra stropicciava stancamente le palpebre.
Sapeva di non poter pretendere sempre un letto comodo, ma il
pavimento era davvero un giaciglio atroce per una persona che voleva riposarsi.
Allungò una mano al suo fianco e sorrise quando toccò il
braccio del suo ragazzo. Non aveva mai pronunciato quelle parole, non
aveva mai detto a nessuno “lui è il mio ragazzo”, ma solo il pensarlo le
faceva ancora effetto.
Non che non ne fosse felice, ma possibile fosse davvero la
realtà? Nessuno ci avrebbe creduto, nemmeno lei se non lo stesse vivendo
esattamente in quel momento.
Dal respiro profondo e regolare capì che Draco stava ancora
dormendo.
Come avrebbe voluto vederlo…
Guardarlo negli occhi quando le parlava, guardarlo lavorare
su quella pozione che era stata il loro Galeotto d’amore, guardarlo dormire
tranquillamente al suo fianco.
Da quando la loro relazione era iniziata, Hermione non
desiderava altro che Marzo arrivasse il più presto possibile.
Erano passati tre mesi dall’loro primo bacio, inaspettato e
sconvolgente per entrambi. Era successo durante le vacanze di Natale, in
pochissimi erano rimasti ad Hogwarts ed incontrarsi era diventato più facile.
Quel pomeriggio, la pozione avrebbe dovuto essere girata dieci volte di seguito
verso sinistra alle 15:15 precise. E così fu.
Era stato programmato tutto con enorme precisione, fu quello
che successe dopo che non era previsto.
Avevano appena finito di litigare sulla maniera migliore per
prendersi cura della pozione, lei stava appunto per correggerlo ancora. Aveva
sentito il rumore di erbe che venivano tritate, ma prima doveva aggiungere la
Polvere Peperita e poi tagliare. Ed era stato in quel attimo che lui posò le
proprie labbra sulle sue, semi aperte.
Per non sentire la sua predica, fu quasi certa lei.
Rimase impietrita quando si rese conto di quello che
stava succedendo, di cosa Draco Malfoy stava facendo.
La pressione sulle sue labbra si fece sempre più prepotente
ed Hermione fu fatta indietreggiare di qualche passo, sino a ritrovarsi con le
spalle al muro.
Non vi era altro contatto, tra loro, se non quello delle
labbra unite. Quel contatto che lui solo stava contribuendo a creare,
esplorando la sua bocca senza pausa.
Iniziò a rispondere a quel bacio, non seppe nemmeno lei bene il perché, ma non
osò andare oltre. Forse le sarebbe piaciuto posare le braccia sulle sue spalle.
Toccare con l’estremità delle dita il suo volto, un’altra volta. Ma non lo
fece.
Quando Draco si accorse della sua timida risposta, fu
come si fosse risvegliato. Indugiò un po’ di più sul suo labbro inferiore, e
quel bacio perse tutta la foga da cui era stato caratterizzato prima. Divenne
più dolce e significativo.
Le loro labbra si allontanavano e si riunivano dopo un
quarto di secondo. I respiri erano vicini, caldi. Le bocche si cercavano,
giocavano e si allontanavano.
Quando quel gioco di intimità, che aveva lasciato
spiazzato entrambi, finì, restarono per qualche secondo immobili. Nelle stesse
posizioni, vicini tanto da poter sentire uno il respiro dell’altro. Poi fu
Draco il primo ad allontanarsi e, incredibilmente, a tornare alla pozione come
se niente fosse successo.
Hermione rimase appoggiata al muro ancora un po’ e, per
la prima volta dopo la battaglia nell’Ufficio Misteri, era felice di essere
cieca. Così, aveva una buona ragione per non guardarlo negli occhi, per non
leggere cose che non avrebbe capito, o che non avrebbe voluto capire…
Si schiarì leggermente la voce e tornò anche lei al
tavolo.
“Hai aggiunto la Polvere Peperita prima di tritare?”
Non successe nulla per i cinque giorni successivi, ma poi di
nuovo un bacio. Voluto da entrambi questa volta.
Erano piegati sul calderone, quando successe. Dovevano
verificare se l’odore dell’intruglio che iniziava a bollire e a cambiare
colore, era simile a quello della Polvere Peperita mista all’Alga Oculis.
Un rumore l’allontanò dai suoi pensieri, anche Draco si
stava svegliando.
Tornò a stendersi accanto a lui, posando la testa sulla sua
spalla e creandosi un posticino tra le sue braccia.
Draco sentì Hermione di nuovo vicina e socchiuse gli occhi,
era sicuramente tardi ed era anche ora di andare.
Purtroppo si sarebbe dovuto separare da quel corpo caldo, da
quella massa di capelli che in quel momento gli solleticavano il collo e,
quindi, da quella che da qualche mese era divenuta la sua ragazza,
Si sollevò a sedere, scostando il capo riccioluto dalla sua
spalla, e si riavviò i capelli che, disordinati, gli oscuravano la vista.
“Dobbiamo andare? Dobbiamo proprio?”
La voce impastata dal sonno della ragazza non nascondeva la
malizia di quelle parole. Si inumidì le labbra secche prima di rispondere con
un sorriso furbo.
“Un po’ di decoro, Granger. E’ora di tornare ai piani alti,
non sei contenta?”
“Dipende...”
“Da cosa?”
“Da cosa si intende per piani alti…”
“Dobbiamo ricominciare con il discorso sulle scelte da fare
nella vita. Mangiamorte, Ordine della Fenice, guerra, pace ed anche Elfi
domestici… che non so come sei riuscita ad inserire nella conversazione?”
La ragazza si alzò sbuffando e iniziò a cercare i suoi
vestiti.
“No, no…”
“Bene, perché non ce la faccio più parlare di queste cose!
Anche con te, ora…”
Iniziò anche lui a rivestirsi ed Hermione gli si avvicinò,
ancora non aveva trovato parte degli indumenti come la camicetta o le calze.
“Sono discorsi che prima o poi si fanno, è normale che tra
due persone…”
“Poi. E’ meglio… Tieni” disse porgendole la camicia.
“Grazie.”
Quei discorsi erano come una bomba ad orologeria per loro. Ognuno
fortemente convinto delle proprie idee, entrambi testardi sino all’invero
simile, entrambi troppo orgogliosi per concedere all’altro una piccola vincita,
un piccolo assenso.
La guardò mentre si rivestiva. Non aveva sbagliato pensando
che sotto quella divisa grigia si nascondesse qualcosa di molto piacevole alla
vista.
Era strano quello che era successo fra loro, o forse era strano come era successo.
Fu lui a fare la prima mossa.
Da un po’di tempo strani pensieri gli ronzavano per la
testa, da un po’ di tempo, troppe volte si fermava a guardarla.
Lei era una Mezzosangue, era l’amica di Potter e Weasley,
era la Mezzosangue… eppure, aveva trovato qualcosa in lei.
Che stesse andando contro tutti i principi della sua
famiglia, lo sapeva benissimo, e non li avrebbe mai rinnegati… ma Hermione era
diversa.
Diversa, sì. Solo questo poteva dire se qualcuno gli avesse
chiesto perché.
Tutto, in piccola parte, lo aveva attratto di lei.
Non poteva nascondere che, con tutto quello che stava
succedendo alla sua famiglia, quello fosse un brutto periodo per lui. Con
Hermione aveva trovato dei momenti di tranquillità, dove non doveva combattere
contro sguardi biechi, accusatori, contro mezze parole, contro accuse vere e
proprie.
Lei non aveva mai detto una parola al riguardo, anche se
Draco sapeva benissimo cosa ne pensasse dei Mangiamorte e di suo padre. Ma non
aveva mai accusato lui, ed era per questo che non voleva trattare certi
argomenti anche con lei.
Tuttavia, prima o poi…
Si era alzato, aveva dato un ultimo sguardo alla pozione e
poi l’aveva aspettata vicino alla porta.
Quando si fu rivestita la vide sbadigliare e voltare il capo
prima a destra e poi a sinistra.
“Dove sei?”
Ghignò e lasciò che il silenzio fosse la sua risposta.
“Oh insomma, Draco! Ma non ti stanchi mai di giocare?”
Restò fermo senza fare il minimo rumore, guardandola mentre
con aria scocciata si apprestava a muoversi.
Sbuffò infastidita e poi iniziò a camminare con una mano
tesa in avanti verso il muro, era piuttosto sicura di dove stesse andando.
Ormai aveva imparato bene a conoscere quella stanza, difatti, ecco sotto il suo
palmo la fredda pietra della parete.
“Sei uno stupido.”
Hermione si avvicinava sempre di più a lui, ma Draco non
aveva intenzione di finirla così. Quindi, molto lentamente, si allontanò.
Sapeva che quel gioco l’avrebbe fatta arrabbiare, ma a lui
piaceva anche quando era arrabbiata.
“Draco! Mi sono stancata, dimmi dove sei.”
Le fece fare il giro della stanza forse due volte, e il suo
grazioso viso iniziava ad assumere lineamenti sempre più scuri.
Ora Hermione era a pochi passi da lui che, in piedi al suo
fianco, la guardava imbronciarsi ogni secondo di più.
“Basta, ti odio quando fai così! Comunque, ti volevo dire
che Ronald ieri mi ha baciato…”
“Cosa ha fatto?!”
Subito la ragazza si voltò verso di lui, con un sorriso
vittorioso in volto.
“Trovato.”
“Mh.”
Distolse lo sguardo infastidito. L’aveva giocato.
“Non mi piace quando fai così. Non fai altro che ricordarmi
che sono cieca!”
Le si avvicinò e, prendendola per i fianchi, elimino la
distanza che c’era tra loro.
“Ancora per poco…”
“Non importa, ora lo sono e sai che mi da fastidio.”
“Va bene, allora non lo farò più…” le sussurrò all’orecchio.
Le scostò i capelli dal collo e iniziò a darle dei piccoli e
delicati baci. La sentì sospirare e poco dopo, delle braccia sottili
circondavano il suo collo.
“Dobbiamo andare.”
Si allontanò da lui, sussurrando quelle parole.
“Sì, andiamo… La porta è qui.”
Hermione sentì il rumore della porta che veniva aperta e, seguita
da Draco, uscì dalla stanza.
Era estremamente facile seguire le indicazioni che lui le
dava e, ad essere sinceri, questa era una tra le cose che aveva apprezzato maggiormente
di lui. Nonostante quello che gli aveva detto poco prima, Draco non l’aveva mai
tratta come fosse cieca.
Lui non la prendeva per mano e la scorazzava per Hogwarts,
con questo non voleva insultare Ron o screditare tutto ciò che faceva per lei,
assolutamente. Ma ogni tanto, questa situazione le pesava.
Draco, sin dal primo giorno in cui aveva scoperto della sua
cecità , rendendole le cose doppiamente difficili l’aveva spronata a fare da
sola. A non abbandonarsi alla comodità dell’essere servita e aiutata per ogni
minima cosa.
“Allora? Mi vuoi ridare il mio inchiostro?”
“Prendilo, è sulla scrivania.”
Ogni volta che l’aveva incontrato, stranamente, l’aveva
sempre aiutata capendo ciò di cui aveva bisogno.
L’aveva fatta vedere. Lui, era diventato i suoi occhi…
“HERMIONE?”
“Signorina Weasley, non gridi! Gli altri studenti dormono e,
per carità, che nessuno li svegli!”
Hermione sussultò.
Ginny, la professoressa McGranitt? Che ci facevano in giro
di notte? Perché la chiamavano?
Tutto quello che le era sembrato confuso, in un attimo fu
chiaro. L’avevano scoperta.
Avevano scoperto che Hermione Granger, alle tre di notte,
non era nel suo letto.
“Resta ferma e zitta.”
Draco le aveva sussurrato queste parole a pochi centimetri
dal suo orecchio.
“Professoressa McGranitt, di là non c’è. E se fosse nel
parco? Magari è andata fuori e non è riuscita a tornare. Ce ne saremmo dovuti
accorgere prima!”
“Non si preoccupi Signor Weasley, ha fatto bene a venirmi
subito a chiamare. Ecco Gazza, vediamo se ha trovato qualcosa.”
“Ron…” quasi si commosse a sentire tutta la disperazione che
c’era nella sua voce.
“Maledetto Weasley! E’ sempre di intralcio.”
“Si preoccupa per me!”
“Shhh!”
Piano la fece indietreggiare e si ripararono dietro ad un
altro muro, più distanti da quelle voci.
“Ora devi trovare il modo di tornare ai dormitori senza che
nessuno ti veda. Arrivata lì ti inventerai una scusa e dirai che probabilmente
vi siete scontrati, perché tu non gli hai sentiti mentre ti cercavano…”
“Ma cosa mi invento?”
“Non lo so, magari di’che avevi fame e sei scesa nelle
cucine!”
“Così toglieranno dei punti a Grifondoro, è vietato girare
di notte per il castello.”
“E allora?”
Portò le mani sui fianchi e assottigliò gli occhi.
“E va bene, inventati un’altra scusa… ma che sia
convincente!”
“Non sono una stupida.”
“Lo spero.”
Non ebbe il tempo di replicare perché, prendendola per mano,
la condusse via.
“Dobbiamo fare in fretta, quindi ti porterò io sino alla
Torre… o comunque là vicino.”
***
“E ora? Dove si va?”
“Mi puoi lasciare qui. So come tornare dalle scale in poi.”
“Va bene…”
Le lasciò la mano.
“Ci vediamo domani, e cerca di essere puntuale!”
Hermione ridacchiò, pensando che a volte lo faceva di
proposito ad arrivare con qualche minuto di ritardo. Proprio per fargli scontare
quei fastidiosi giochetti che a lui piaceva tanto fare.
“Certo. Buonanotte.”
Gli si avvicinò e lentamente lo baciò. Era molto rischioso e
lo sapevano bene entrambi, ma quel brivido del pericolo, dell’incoscienza,
aumentava ancora di più la passione e la voglia di quei baci rubati.
“Sbrigati, Granger. Anch’io sono a rischio e devo tornare
presto nei sotterranei. Con i Weasley in giro c’è sempre qualcosa che va
storto… Ti assicurò però, che se ho avrò l’occasione, da un angolino buio
qualche fattura gliela scaglio alla Donnola” disse sghignazzando.
“Non ti permettere!”
Lo sentì scendere le scale velocemente ancora ridacchiando
e, scuotendo con disappunto la testa, Hermione si voltò per tornare ai
dormitori.
Era arrivata davanti al ritratto della Signora Grassa, si
spettinò i capelli e mise in disordine la divisa. Non che avesse dovuto fare
poi tanto lavoro.
Ron le aveva dato davvero un’ottima idea…
“Centinodia.”
Il buco nel ritratto si aprì e la Sala Comune, si fece
sentire in tutto il suo caos.
“Hermione!”
Lavanda Brown, la sua voce simil-oca era inconfondibile, le
venne in contro abbracciandola.
“Ma dove sei stata? Ron ti sta cercando assieme a Ginny e
alla McGranitt!”
“E… io…”
“Non sai che spavento quando Ginny è venuta in camera nostra, di nascosto, per
parlarti, e ha tirato un urlo trovando un cuscino al tuo posto!”
Disse a seguito Calì Patil.
“E già, è che…”
Il brusio dei Grifondoro presenti, probabilmente tirati giù
dal letto dall’urlo di Ginny, coprì la sua voce.
“Dobbiamo subito avvertire che sei rientrata!”
“Sì. Lavanda potresti fare tu, per favore? Sono molto stanca
e vorrei andare su…”
“Certo! Non preoccuparti, Hermione.”
Le sorrise con gratitudine, anche Lavanda poteva essere
utile quando non passava l’intera giornata ad impupacchiarsi davanti allo
specchio.
Stava forse diventando un po’ troppo cinica ed
utilitaristica? Quello era un pensiero che apparteneva a Draco Malfoy, non a
lei. Per lo meno non con quel tono.
Era stanca, davvero molto stanca. Non c’era altra
spiegazione.
Salendo le scale sentì Lavanda invitare tutti a tornare a
letto e, poco dopo, la Torre dei Grifondoro era di nuovo immersa nel silenzio.
Dopo essersi stiracchiata Hermione si stese sul letto,
ancora vestita.
Restò ad ascoltare il silenzio, con gli occhi socchiusi, ma
quel momento di pace durò poco. La porta si spalancò e Ginny entrò ansiosa
nella stanza.
“Hermione! Ma dov’eri? Ci siamo preoccupati tantissimo
quando non ti abbiamo trovato!”
“Sto bene Ginny, grazie” si alzò a sedere.
“Mi ero solo… smarrita. Ho fatto tardi in biblioteca e poi
ho avuto qualche problema a tornare.”
La sentì sedersi accanto a lei e posare la testa sulla sua
spalla, sospirando.
“Per fortuna. Sai, per un momento ho temuto il peggio.
Sapevo probabilmente di stare esagerando, ma dopo Harry... Davvero mi sono
fatta prendere dal panico.”
Rimase in silenzio, sorridendo dolcemente per quelle parole.
Certe volte non era necessario parlare.
“Forza, scendi giù. Ron ti sta aspettando in Sala Comune.
Sapessi che spavento si è preso, anche lui. Ha provato di nuovo a salire le
scale dei dormitori, è finito a terra come tutte le volte ma si è messo
d’impegno per non urlare.”
Le disse divertita la sua amica.
Si alzò ridendo e mentre Ginny tornava nella sua camera,
scese le scale.
Non appena entrò in Sala Comune un abbracciò protettivo
l’avvolse.
“Hermione!”
Arrossì leggermente.
“Ron… mi dispiace di avervi fatto preoccupare, io…”
Il suo amico si allontanò leggermente da lei, mettendole le
mani sulle spalle.
“Cosa è successo?”
“L’ho appena detto a Ginny, ho fatto tardi in biblioteca e
poi ho avuto qualche difficoltà a tornare-”
“Lo sapevo! Perché non me l’hai detto che andavi in
biblioteca? Sarei passato quando avresti finito!”
“E' che certe cose non si sanno…”
“Come non si sanno? Non sapevi che saresti andata in
biblioteca?” corrugò la fronte.
“Sì, ma non avevo idea di che ora avrei finito, quindi…”
“Non importa, passerò anche cento volte e quando avrai
finito ce ne andremo insieme!”
Incurvò le labbra in un sorriso, poco convinto per la
verità.
“Va bene… Ti chiamerò se avrò bisogno.”
Ron annuì e lasciò la presa sulle spalle della ragazza.
“Andiamo a dormire, sarai stanca…”
“In effetti…”
“Passi troppo tempo in biblioteca, guarda a che ora ti
ritiri!”
“Non cercare di dare la colpa alla biblioteca, Ron” disse
sorridente.
Quella notte si sarebbe fatta una dormita come poche prima, che
nessuno la disturbasse più! Nemmeno Draco! Be’… fosse stato lui a venire nella
sua camera, di notte, magari…
Come sempre ringrazio tutti i recensori e, visto che mi sono
accorta che le letture sono parecchie, chiedo a voi altri… una piccola
recensione?
Non sapete quanto sia incoraggiante per un autore (be’ chi
scrive lo sa) la singola recensione, il singolo parere, anche il semplice segno
di vita da parte del lettore…
Scusate il ritardo ^^ forse questo è un capitolo un po’ più corto degli
altri ma so che alla fine mi vorreste uccidere per averlo tagliato così…
Scusate il ritardo ^^ forse questo è un capitolo un po’ più
corto degli altri ma so che alla fine mi vorreste uccidere per averlo tagliato
così…
Buona Lettura .)
Cap. 9
La mattina dopo, alzarsi per affrontare le fatiche di una
giornata di studio, fu più difficile e doloroso del solito. Le calde coperte
del suo letto erano invitanti e persuasive, ma il suo senso del dovere era più
forte.
Scese in Sala Grande accompagnata da Ron, che le teneva la
mano. Non poteva vederlo, ma era certa che a Draco questo non facesse troppo piacere.
Già una volta erano arrivati quasi a litigare per questo.
Così, non potendo dargli completamente torto, cercava di farlo ragionare.
Ron non sapeva di loro, non sapeva nemmeno che lei era
fidanzata e non poteva, da un giorno all’altro, allontanarlo bruscamente da sé
senza dargli delle spiegazioni plausibili. Quando poteva, comunque, evitava
quel contatto. Specialmente se c’era il pericolo che Draco fosse nei paraggi.
Aveva detto tutto questo (o quasi) al suo ragazzo, ma lui
non voleva proprio capire…
Ron ed Hermione erano tranquillamente seduti al tavolo dei
Grifondoro e, accompagnati dalle solite chicchere su di un loro presunto
fidanzamento, facevano colazione.
“Allora, che lezioni hai oggi, Hermione?” le chiese in tono
vago Ron.
“Sono come le tue. Solo ho Antiche Rune, quando tu hai buca,
dopo pranzo.”
“Ti accompagno io!” rispose allegro e risoluto il suo amico.
“No, no. Non ce ne bisogno, credimi. Ma grazie Ron.”
“Non se ne parla nemmeno! A me non costa niente, ho un’ora
di buca, come hai detto tu.”
“Ma, Ron, davvero non c’è biso-”
“Niente storie. Ti accompagno e ti vengo anche a prendere,
così poi andiamo insieme a Difesa Contro Le Arti Oscure.”
“Ah, okay. Grazie...”
Sorrise forzatamente, mentre un senso di disagio cresceva
forte dentro di lei.
Si sarebbe dovuta vedere con Draco nella mezz’ora prima che
iniziasse la lezione di Antiche Rune. Come glielo avrebbe detto ora?
Per tutto il resto della mattinata Ron non la lasciò mai un
secondo da sola, mostrandosi più premuroso e gentile che mai.
Spesso avevano parlato della sera prima, Ron le aveva chiesto
come aveva fatto a ritrovare la strada per la Torre, o a che ora aveva finito
in biblioteca, e ogni volta che gli mentiva, Hermione si sentiva sempre più
sporca e sempre più male.
Non voleva mentirgli, non le piaceva. Doveva sempre glissare
su tutti i discordi che comprendevano le parole “Serpeverde e Malfoy” e fare
sorrisi finiti, o inventarsi le storie più assurde su due piedi.
Stavano dirigendosi verso la Sala Grande, per il pranzo. Venivano
dal giardino, ricoperto ormai dalla neve, dove Ron l’aveva portata per “rilassarsi
un po’ prima di riprendere le lezioni”.
“Oh, ancora i Serpeverde! Ce li ritroviamo sempre tra i
piedi, ultimamente.”
Di colpo si irrigidì, ma cercò di non farlo notare a Ron e
parlò con tono indifferente.
“Quali Serpeverde?”
“Malfoy e la sua cricca, chi se no?!” rispose con tono
derisorio e scocciato.
“Dove sono?”
“All’entrata principale della scuola. Tutti là, seduti o alcuni
in piedi.”
Il suo cuore mancò di un battito.
“Ron!”
Si fermò, e lo fece fermare. C’era speranza che Draco non
l’avesse ancora vista?
“Che c’è che non va, Hermione?”
“Possiamo cambiare strada? Magari entriamo dal retro-”
“No! E’ perché mai? Per quelli? Lasciali perdere, tu
continua a comportarti come hai sempre fatto. Sei sicuramente meglio di tutti
loro messi assieme! E se si permettono a dire qualcosa se la vedranno con me!”
Iniziò così a trascinarla verso la scuola. Hermione era
arretrata rispetto a lui di qualche passo e aveva stretto gli occhi, come a
proteggersi da quello che sarebbe successo.
Avanzavano a gran passo.
“Ron, ti prego no… Ti prego, ti prego... Cambia strada,
Ron…”
Inutile dire che le sue preghiere silenziose non furono né
ascoltate, né esaudite.
“Andatevene, andatevene… E’ora di pranzo che ci fate qua
fuori?Draco, va via…”
“Scalino” le disse a bassa voce Ron.
Iniziò a salire i gradini cercando di mantenere un aspetto
calmo e intoccabile, ma non si rese conto di aver iniziato a stringere la mano
di Ron ancora più forte. Cosa che, invece, qualcun altro notò.
“Oh, la coppia dell’anno. Quale onore… Weasley, almeno del
tuo matrimonio ti metterai qualcosa di più decente di quella pezza che hai
indossato al Ballo del Ceppo? O forse è il massimo che puoi permetterti?”
Risate roche e maligne seguirono la voce pungente della
Parkinson, e questa volta fu Ron a stringere la mano della ragazza.
“Pensa agli affari tuoi Parkinson, e al tuo di
matrimonio…” disse occhieggiando verso Malfoy che era seduto sugli scalini
dietro di loro e che, da poco, avevano superato.
Avevano fatto qualche altro passo in avanti, poi si
fermarono.
“Spostatevi, dobbiamo passare.”
Zabini, Tiger e Goyle erano fermi davanti alla porta d’ingresso con un ghigno
ironico.
Le parole del Grifondoro furono vane e mentre il ragazzo
lanciava sguardi poco amichevoli, dietro di loro, si era alzato Draco Malfoy.
“Sì, lasciateli andare…”
Hermione lo sentì passare accanto a lei e si trattene a
stento dal sussultare. La sua voce aveva una sfumatura dolciastra che non
prometteva niente di buono.
“Avranno da fare i piccioncini, e noi di certo non
vogliamo assistere…”
Respirò profondamente sentendo quelle parole, come a voler trattenersi
dal dire qualcosa.
“Oh mio Dio, no! Non vogliamo vomitare!” proseguì la
Parkinson con voce allarmata.
I Serpeverde risero. Non sentì la voce di Draco unirsi a
quelle dei suoi compagni, ma avvertiva il suo sguardo fisso su di lei.
Ron vide, con grande sollievo, che i Serpeverde stavano
liberando il passaggio. Avanzò deciso verso la porta ma Zabini, che stava in
quel momento voltandosi per andar via, sembrò ripensarci e gli bloccò
nuovamente la strada.
Ron sospirò esasperato e cercò di andar via passando accanto
al Serpeverde, sulla destra, ma questi si spostò di lato. Allora andò a
sinistra, ma di nuovo Zabini si spostò, con il solito ghigno sulla faccia, e
non lo lasciò passare.
Hermione nel frattempo sentiva il suo braccio venir
spostato, senza considerazione alcuna, da una parte e dall’altra.
Alla fine Ron attraversò la tanto desiderata porta e,
andando via, diede anche una leggera spallata al Serpeverde.
“Idioti” disse a mezza voce, andandosene.
“Attento a quello che fai, Weasley.”
La voce di Draco questa volta era davvero minacciosa, ed
Hermione fu attraversata da un brivido. Di sicuro, anche se Ron non poteva
saperlo, Draco Malfoy non alludeva solo a quel insulto pronunciato
impudentemente a mezza voce.
“Non mi stancherò mai di ripeterlo, Malfoy. La tua minacce,
sono solo parole vane!”
Ron si voltò verso Malfoy.
“Sbagliando si impara…. Imparerai anche tu.”
Gli lanciò un ultimo sguardo detestabile e poi andò via,
portando con sé Hermione in Sala Grande.
La ragazza non parlò per il resto della cena, ripensava a
quello che era successo, alle parole di Draco.
Era in quei momenti, quando il “vecchio” Draco Malfoy veniva
fuori, che la sua sicurezza su quello che stava facendo vacillava, facendola
riflettere.
Draco, dopo un pranzo molto veloce, era tornato nel parco.
Quel Weasley era davvero una presenza scomoda che volentieri
avrebbe fatto sparire, proprio come era successo a Potter.
Era appoggiato ad un albero, e ogni tanto sfregava le mani
per il freddo.
Non era riuscito a parlare neanche una volta con Hermione,
in tutta quella mattina, e questo perché la Donnola le era sempre appiccicata.
Sempre con quelle mani unite!
Ora, aveva il brutto presentimento che non si sarebbe
presentata al loro appuntamento. Sarebbe dovuta venire là fuori, proprio sul
portone dove erano prima. Poi in qualche modo, senza farsi vedere da nessuno,
si sarebbero appartati.
Non era la prima volta che lo facevano.
Immerso nei suoi pensieri aspettò fuori per diverso tempo, e
vide i suoi sospetti diventare realtà. Guardò distrattamente verso il cielo,
sospirando impazientemente, e fermò lo sguardo sul grande orologio di Hogwarts.
Sgranò gli occhi e si mise a correre vero l’aula di Difesa, era in netto
ritardo e non se lo poteva permettere.
Arrivato davanti alla porta chiusa, riprese fiato e poi
bussò. E’strano come le cose accadono, ma solo in quel momento pensò che
avrebbe potuto saltare la lezione ed evitare così quello che sarebbe successo.
Ma ormai, era troppo tardi.
“Avanti.”
Andare via? No, non poteva.
Aprì la porta ed entrò nella classe, sempre molto
indifferente a tutto quello che accadeva in torno a lui e per nulla mortificato
per il suo ritardo.
Vide lo sguardo della Waag, appena posatosi su di lui,
cambiare.
“Buongiorno, professoressa. Scusate il ritardo.”
Restò davanti alla porta, aspettando il permesso di potersi
sedere.
La Waag lo scrutava dall’alto al basso e nel frattempo la
classe taceva.
Quella “sottile” ostilità che c’era tra i due, non era
passata inosservata a nessuno.
Gli fece cenno con il viso di andare al suo posto e così
fece. L’unico posto libero era quello accanto a Nott, dietro Pansy e Blaise.
La professoressa era in piedi davanti alla cattedra, con il
libro aperto tra le mani. Con la coda dell’occhio, mentre trafficava nella sua
borsa, Draco la vide guardarlo.
Perché era quasi certo che la cosa non fosse finita lì?
“Signor Malfoy…”
Perché aveva ragione, evidentemente.
Sollevò il capo dai suoi libri, appena posati sul banco, e
la guardò.
“La prossima volta, la pregerei di arrivare in tempo per le
lezioni. Questo vale per tutti, ovviamente.”
E guardò verso qualche Grifondoro, probabilmente arrivato
poco prima di lui.
“Dieci minuti di ritardo non possono essere tollerati…”
Erano sette. Amava la precisione, ma si astenne dal
correggerla.
Ed ecco che i Grifondoro sorridevano sotto i baffi.
Stava per succedere.
“Quindi, dieci punti in meno a Serpeverde.”
Draco restava immobile, senza accennare ad alcuna
espressione rammaricata o pentita. Intanto occhiate di puro odio partivano dai
banchi Serpeverde, diretti alla professoressa. Mentre, sotto i banchi
Grifondoro, si chiudevano pugni di vittoria.
“Ho già ritirato a tutti le pergamene che avevo chiesto di
fare, hai fatto la tua?”
“Certo.”
“Bene, a fine lezione me la lascerai sulla scrivania. Ora,
continuiamo la lezione. Stavamo appunto parlando di tutti quelli incantesimi
che, per essere eseguiti, necessitano della conoscenza base della Magia
Oscura…”
Draco smise di ascoltare la lezione quasi subito e lanciò
uno sguardo vero i banchi dei Grifondoro.
Individuò subito quello che cercava. Hermione Granger, una
Penna Prendi Appunti che scriveva frenetica davanti a lei, e Ronald Weasley, seduti
assieme.
Si voltò dall’altra parte con un movimento appena stizzito e
prese a guardare le pagine del libro, distrattamente.
Hermione si sforzava di stare attenta alla lezione, anche se
la Penna Prendi Appunti stava già facendo il suo dovere, ma non ci riusciva. Si
muoveva in continuazione sulla sedia e, di tanto in tanto, sbuffava.
Quella situazione stava diventando pesante.
Solo la sera avrebbe rivisto Draco, per via della pozione, ma,
sinceramente, aveva paura di non riuscire neanche ad allontanarsi dai
dormitori, con Ron che si era messo in testa di farle da balia permanente!
In oltre, il suo amico iniziava a comportarsi in maniera
strana.
Durante la mattinata, più volte, Ron le aveva parlato a
proposito di quella sera, della Sala Comune. Ma non aveva capito niente delle
sue parole farfugliate, in realtà.
“Che c’è, Hermione?”
Ron si avvicinò al suo viso sussurrandole quelle parole, ma
lo fece pericolosamente troppo.
La ragazza si ritrasse appena, sorridendo in tensione. Forse
era stato solo un caso, intanto, sperava che Draco stesse seguendo attentamente
la lezione e non li stesse guardando.
“No, niente Ron. E che non mi sono ancora abituata a stare
ferma e a non prendere appunti, personalmente…”
Il ragazzo si allontanò, tornando dritto sulla schiena e
sorridendo.
“Capisco.”
Il resto della lezione e della giornata proseguì
regolarmente, se non per gli sbalzi di umore di Ron che a momenti balbettava e,
a momenti, la prendeva per mano e le si avvicinava in maniera molto
confidenziale.
Qualcosa non quadrava. Decisamente no.
Ron non stava male fisicamente, e questo lo aveva chiesto
anche a Ginny (che, tra l’altro, se ne era andata intonando una risata
cristallina), né poteva esserci un’altra spiegazione plausibile al suo
comportamento bizzarro.
Davvero non capiva.
Tuttavia, Hermione aveva già un altro problema da risolvere
e un’altra discussione, con un altro testardo, da affrontare. A Ron, e al suo
strano comportamento, ci avrebbe pensato l’indomani.
Era seduta in Sala Comune, aveva già finito tutti i compiti,
e di tanto in tanto indagava sull’orario.
L’appuntamento con Draco era alle undici e mezza e, benché
sapesse che mancava ancora molto, prese dalla tasca della divisa il suo mini
orologio da taschino. Lo aprì con disinvoltura e una voce femminile, professionale
e fredda, le disse che in quel preciso istante la lancetta delle ore segnava le
ventuno, la lancetta dei minuti le diciannove, e la lancetta dei secondi le
quindici.
Sospirò e, richiudendo l’orologio, si lasciò sprofondare tra
i cuscini del divanetto della Sala Comune.
“Perché guardi l’orario in continuazione?” le chiese una
voce in maniera molto disinvolta e superficiale, anche un tantino divertita.
Si rizzò subito a sedere. Era sicura di essere sola!
“Ron?! Che ci fai qui?”
“Finisco i compiti di Erbologia.
Ma secondo la Sprite, davvero a noi può interessare la
profondità delle radici del Coccoallegro?!”
“Da quant’è che sei qui? Non ti ho sentito arrivare.”
“Da un po’, sono stato abbastanza silenzioso. Herm… tu hai
finito vero…?”
“No, niente da fare Ron. Finisci i tuoi compiti perché non
ti farò copiare nulla.”
Si appoggiò nuovamente ai cuscini, sentendo lo sbuffo di Ron
e immaginando il suo viso sicuramente imbronciato.
Passarono pochi secondi, quando sentì il tonfo del libro che
veniva chiuso e un cuscino abbassarsi accanto a lei.
Alzò un sopracciglio.
“Hai già finito?”
“No.”
“E allora perché hai chiuso il libro?”
“L-lascia perdere il libro, ora…”
Lo sentì schiarirsi la gola. Ecco che ricominciava…
Stava per replicare ma le mani di Ron, che improvvisamente
si posarono sulle sue le sue, la bloccarono.
“Ron…?”
“Senti Hermione… io devo… devo… dirti una cosa!”
Si sedette in maniera rigida e composta e si voltò verso di
lui. Le sue mani sudavano e incespicava nelle parole, stargli accanto era come stare
accanto ad una stufa.
“Che c’è che non va, Ron? Oggi ti sei comportato in maniera
strana e…”
“Sì, infatti! E’… è proprio di questo che ti devo parlare!”
“Okay, e cosa…”
“Io, Hermione, insomma… dopo quello che è successo ieri,
quando ti credevamo sparita… Io, be’, io ho davvero avuto paura…”
“Ron, davvero, non-”
“No, aspetta. Lasciami finire!”
Era incredibile la sicurezza che aveva dimostrato in quelle
parole. Sbattè più volte le palpebre e restò ad ascoltarlo.
“Voglio dirti che, dopo tutto quello successo con Harry, se…
se dovessi perdere anche te io non…”
“Lo so. Anch’io Ron, se succedesse qualcosa a te e dovessi
restare sola, non resisterei…”
“Già… e quindi, io…”
Stava annuendo senza neanche accorgersene, ora aveva capito
cosa avesse il suo amico. Le veniva da sorridere.
Ron, per quanto facesse lo spaccone con i più piccoli, e
non, era un concentrato di tenerezza e affetto.
“Io Hermione… volevo dirti che credo di essermi innamorato…”
Ron sorrise e si avvicinò alla ragazza, intanto Hermione
cercava di dare un senso alle sue ultime parole. Non credeva di aver sentito
bene, ma si accorse di sbagliare quando sentì le labbra del ragazzo sulle sue.
E rivisse, così, una sensazione non nuova…
Dunque… avevo ragione? (vedi nota iniziale XD)
Noto con piacere che i solleciti per le recensioni sono
serviti, grazie grazie grazie!!!!! Continuate così, mi avete resa felicissima J
Vi devo rassicurare sul fatto che non diventerà una
Ron/Hermione, sempre e per sempre D/H! J
Mi rendo conto che questo capitolo potrebbe aver fatto
aumentare i vostri dubbi ma rasserenatevi…
Sentì la porta che veniva aperta e i passi di Draco
addentrarsi nella stanza. Da quando si erano incontrati, di fronte alla
biblioteca come al solito, non si erano rivolti parola.
Draco si limitava a dirle dove andare molto freddamente e
lei seguiva semplicemente le sue indicazioni.
Hermione era ancora frastornata, ancora troppo persa nei
suoi problemi.
Sentì il ragazzo iniziare a mescolare la pozione e si
avvicinò anche al tavolo. Chiuse gli occhi, abbassando leggermente il capo, ma
poi alzò il mento risoluta.
“Draco, per oggi…”
“Shhh! Mi distrai, sto lavorando.”
Continuò imperterrita.
“Non puoi comportarti in questa maniera! Nessuno sa di noi e
non puoi pretendere che io mandi al diavolo Ron così!”
“E devi starci per forza appiccicata tutto il tempo?!”
“E’ lui che oggi mi ha seguita ovunque!”
“Ho visto. Ma, ovviamente, tu non sei dotata di parola per
chiedergli di andarsene. In realtà, non mi sembrava ti stesse dando tanto
fastidio.”
“E cosa avrei dovuto dirgli, secondo te?” anche lei iniziava
ad inalberarsi, non poteva credere di aver sempre e solo ragione lui!
“Non mi sembra che le parole ti manchino, quando ne hai
bisogno…”
“O neanche a te, quella battutina oggi te la potevi proprio
risparmiare.”
“E perché? In fondo chi mi dice che non sia così? Chi mi
dice che quello che è sulle bocche di tutti, a scuola, non sia vero?”
Per un attimo rimase spiazzata, che Draco sapesse?
Una paura angosciosa la invase, ma subito si tranquillizzò,
ripetendosi che era impossibile. Nessuno aveva visto e, anche se così non
fosse, la voce di certo non sarebbe arrivata sino ai Serpeverde… Non così
velocemente.
“Ma che stai dicendo!” rispose con fervore.
“Lo stesso discorso vale per te, allora. A scuola
tutti dicono che tu e la Parkinson state insieme, chi mi dice che non sia
vero?”
“E’ diverso” sbottò Draco, continuando a girare la pozione.
“Io e Pansy siamo davvero stati insieme, ecco perché la
gente parla.”
Si rabbuiò molto a quelle parole “io e Pansy”? Loro,
insieme?
“Io non lo sapevo…” disse senza colore.
“Be’ ora lo sai.”
“E questo è anche peggio!” strillò ad un tratto.
“Cosa?!” rispose infastidito.
“Che siete stati insieme, come cosa!” incrociò le braccia e
voltò il viso in tutt’altra direzione.
“E’ storia vecchia ormai. Quindi, se permetti, è molto
peggio Weasley che ti sbava dietro che una ex!”
“Mai sentito parlare del ritorno di fiamma?”
Alzò gli occhi al cielo esasperato.
“Non è possibile, perchéio l’ho lasciata. Io,
chiaro?! E comunque stavamo parlando di te!”
“Tu non ti fidi!”
Draco guardò la pozione. Proprio come dicevano le
istruzioni, ecco che il liquido trasparente iniziava a salire in superficie.
“E faccio male?”
Era ora. Prese un’ampollina di vetro e si apprestò a
raccogliere la sostanza incolore dal calderone.
“Certo! La fiducia è una parte essenziale per il rapporto
tra due persone… come anche la sincerità! Che fai?” corrugò la fronte
sentendo il rumore di boccette e non avvertendo più, invece, il rumore della
pozione che veniva mescolata.
“Niente… Erano cadute delle boccette” rispose con tono
impaziente, infilando in tasca l’ampolla piena.
“Io sono stato sincero.”
“Come il fatto di avermi nascosto della Parkinson?”
“Io non ti ho nascosto proprio un bel niente! Come vedi
quando c’è stata l’occasione te ne ho parlato, non è importante e poi… Si può
sapere perché svii sempre il discorso su di me?!”
La ragazza cosse le spalle altezzosamente.
“Capita.”
“Oggi Weasley mi ha dato parecchio fastidio, più del solito.”
“Ti devo dire infatti, che…”
Prese tempo schiarendosi la gola.
“Che Ron oggi si è comportato in maniera strana e…”
Draco la vide iniziare a contorcersi le mani, inoltre le sue
guance stavano prendendo un insolito color rosso. Si fermò quindi a guardarla,
con un sopracciglio alzato.
“Sta sera… lui si è… si è dichiarato” disse terminando la
frase diplomaticamente e smettendo subito di giocare con le proprie mani.
Prese un lungo respiro aspettando la reazione del suo
ragazzo, che però non arrivò.
“Allora? Non dici niente…?”
“No. Non ci casco un’altra volta.”
Hermione si ricordò dell’altra sera e sbiancò. Era già
difficile dirlo una volta, ma addirittura ripeterlo per cercare di convincerlo!
“No, Draco…”
“Certo che potevi inventarti qualcosa di meglio, no? Weasley
che si dichiara! Vorrei esserci in quel momento, per scattargli una foto e
fargli vedere quanto è patetico…”
Draco ridacchiava malignamente, mentre lei sentiva la rabbia
crescerle dentro.
“Già lo vedo, un tutt’uno con i suoi capelli!”
Ora rideva di gran gusto e lei sbattè una mano sul tavolo.
“Almeno lui ha il coraggio di farlo, pur diventando rosso.
Non come qualcun altro…”
Draco smise subito di ridere. L’allusione al suo modo di
fare era più che chiara, ma la ignorò.
Ora, nella sua voce, non vi era più traccia del divertimento
per il quale prima aveva riso.
“Vuoi dire che l’ha fatto davvero? Quel pezzente della
peggior specie, quel…”
“Non ti permettere di parlare così di Ron!”
“Oh certo, certo… sono addolorato. Pensavo bene, quindi,
all’inizio dell’anno. Da quando Potter si è tolto dai piedi, finalmente
aggiungerei…”
“Lascia stare Harry! Non hai il diritto di parlarne,
specialmente per dire la stupidaggine che hai in mente! Non sai nemmeno quanto
ha sofferto Ron per la sua scomparsa…” la sua voce divenne più debole,
schiacciata dal dolore. Ma se si aspettava comprensione, davvero si sbagliava.
“Avrebbero potuto schiattare tutti e due. Avrebbero solo
fatto un favore al resto del mond- Ehi! Ferma Hermione!”
In preda all’ira si era lanciata su di lui. Non sapeva bene
cosa volesse fare, ma quelle parole, quella malignità, erano cose che non
poteva sopportare.
Draco le stringeva un polso, cercando di allontanarla.
Mentre lei teneva chiusa l’altra mano sulla sua divisa, all’altezza del collo e
cercava di spingerlo, o di buttarlo a terra. Tutto pur di scaricare la sua
rabbia e di procurargli del male, in qualche modo.
In quelle azioni veloci e maldestre, urtò con il fianco
qualcosa di pesante e caldo.
Il fragrante rumore del metallo che urtava il suolo, e
quello inconfondibile di un liquido che veniva versato, invasero la stanza.
Draco allentò la presa, gridando un “no” che sapeva di
disperazione, e caddero a terra.
“Stupida! Guarda cosa hai fatto?! La pozione…”
Il Serpeverde si alzò, scostandola, e lei rimase a terra
come pietrificata.
Lo sentì imprecare a bassa voce e armeggiare tra la pozione
versata e il calderone ormai, sicuramente, ammaccato.
Si alzò velocemente e si precipitò verso la porta. Per sua
fortuna ci arrivò senza problemi, Draco non la provò a fermare ed era meglio
così. Sentiva prepotenti la crime di amarezza, confusione e nervosismo, premere
per uscire dai suoi occhi.
Era rimasto per oltre mezz’ora a cercare di riparare al
danno combinato da Hermione, ma poteva almeno dire che i suoi sforzi non erano
stati vani. Per fortuna una parte della pozione era rimasta nel calderone e,
sebbene non fosse tutta, forse sarebbe bastata.
Il preparato però, in quei pochi secondi, aveva perso il
calore del fuoco e questo non sarebbe dovuto accadere…
Niente traumi, o cambiamenti di alcun genere, quando si
preparavano composti come quello. Era una fortuna che non fosse saltato tutto
in aria.
Il calderone malridotto era di nuovo sul fuoco e, grazie a
qualche aiuto fornito dai consigli di Piton, che rare volte ascoltava,per la
verità, era riuscito a non far perdere al liquido denso la tonalità perlacea
così faticosamente ottenuta.
Sospirò. Era tutto sporco e neanche l’odore era dei
migliori.
Tutto per la sua pozione, e lei aveva pensato bene di
andarsene!
Draco era arrabbiato, ma il suo sguardo cambiò per qualche
secondo.
Forse aveva esagerato, sapeva quanto quei tre fossero
legati… quasi come un cordone ombelicale. E non poteva negare che la cosa, più
volte, l’aveva infastidito.
Però, a pensarci bene, Weasley si era dichiarato alla sua
ragazza, no? Quindi aveva le sue buone ragioni per arrabbiarsi.
Uscì dalla stanza e si diresse, con passi furenti, verso la
Sala Comune dei Serpeverde.
Passando per le scale guardò in alto. Chissà se era riuscita
a tornare alla Torre senza problemi …
Be’, in fondo, se l’avessero presa e le avessero tolto
qualche punto, non poteva che essere una buona notizia per i Serpeverde… e
quindi anche per lui! Certo!
Era uscita dai sotterranei, ma aveva ormai perso il senso
dell’orientamento. Hermione Granger si era rannicchiata al suolo e, in
silenzio, aveva pianto.
Non seppe quanto tempo passò ma, proprio quando il suo copro
veniva scosso da un altro singhiozzo, una tocco delicato sulla sua spalla la
sorprese e le fece alzare di scatto la testa.
“Chi è?” chiese con voce stridula.
“Herm…”
“Ginny? Cosa ci fai tu qui?”
Si asciugò velocemente gli occhi e si rimise in ginocchio.
“Piuttosto dovresti dirmi che ci fai tu qui e,
soprattutto, cosa ci facevi nei sotterranei…”
Hermione deglutì.
“Da quanto… sei qui?”
“Da un po’… Ti stavo cercando.”
“Hai… hai detto anche agli altri?” chiese in tono
preoccupato.
Ginevra Weasley scosse la testa.
“No. Sono venuta nella tua camera e, come mi aspettavo, non
c’eri… Ma non ti preoccupare, tutti dormono.”
“Aspetta, come come mi aspettavo?”
La rossa annuì lentamente e rilassò le spalle contro la
parete, sedendosi completamente a terra.
“Sai, è da un po’ di tempo che ti osservo. E’ notevole come
tu sia riuscita a ingannarci tutti e a organizzare i tuoi impegni con tanta
destrezza, di nascosto da noi, anche se sei cieca.”
“Tu mi hai spiata?”
“No. Ti ho solo osservata, osservata mentre facevi
colazione, mentre stavi con Ron, mentre facevi i compiti, mentre eri in Sala
Comune e controllavi frequentemente l’orologio, mentre scambiavi messaggi con
Malfoy…”
Hermione sentì un brivido salirle lungo la schiena.
“Non sono riuscita a capire cosa stia succedendo, ma tu sei
strana. In qualche modo, diversa. Cosa vuole Malfoy da te, Hermione? Ti
sta ricattando o… non so! Ti insulta, ti…”
“No Ginny! Non è niente di tutto questo.”
“E allora cosa? Cosa vuole da te? Io giuro che se lo prendo
una fattura Orcovolante è la prima cosa che gli faccio, ma sai è un Prefetto!
Ed è sempre in giro con quegli altri idioti Serpeverde!”
“Ginny… Non avrai detto nulla a Ron, vero?” chiese
allarmata.
“No, sta tranquilla. Conoscendo mio fratello sarebbe partito
subito all’attacco combinando un disastro.”
“Mi raccomando, non devi assolutamente far parola a nessuno
di quello che hai visto… ma tu, cosa hai visto precisamente?”
“Mhhh… sono riuscita ad intercettare, in questi mesi, un
solo vostro scambio di bigliettini. E se ne stava per accorgere anche Piton!”
“Cosa?!”
“Già ma Malfoy è stato bravo a distrarlo, per permetterti di
fare l’incantesimo per la scrittura Braille e di leggere il biglietto. Poi,
vediamo… ho notato che ti informi più del solito su cosa succede al tavolo dei
Serpeverde, e che non insulti più Malfoy come un tempo. Inoltre ignori sempre
gli argomenti che in qualche modo lo coinvolgono. Già e poi, anche lui, non ti
insulta più! Be’ non che non lo faccia proprio ma, per esempio, sono secoli che
non ti chiama sporca mezzosangue…Ah! E poi… dopo aver letto il
biglietto… hai sorriso.”
Rimase zitta per alcuni secondi, deglutì e poi parlò
timidamente.
“E quindi… cosa pensi…?”
“Cosa penso che stia accadendo? Non lo so! Cioè, c’è solo
una spiegazione che potrebbe chiarire i vostri comportamenti, ma… Davvero, non
riesco a capacitarmi di certe cose che ho visto. Eppure, qualcosa mi dice che
non ho visto ancora niente, o mi sbaglio?”
Sorrise abbassando gli occhi, sperava che Ginny capisse.
“No, non sbagli…”
“Tu e Malfoy, eh? Assurdo, davvero assurdo…” quasi rise
pronunciando quelle parole, reclinando la testa all’in su.
La notte precedente era stata una tra le più lunghe della
sua vita. Dopo il litigio con Draco, aveva parlato per oltre due ore assieme
Ginny.
Hermione si sentiva più leggera, dividere quel segreto con
qualcuno era stato ciò che aveva desiderato di più.
Inconsciamente, si capisce.
La sua amica era rimasta a dir poco sbalordita quando aveva
avuto conferma alla sua assurda teoria e, come aveva previsto, non l’aveva
presa tanto bene ma le aveva promesso di tacere, e questa era la cosa più
importante.
Le aveva parlato anche di Ron, aveva bisogno di qualcuno con
cui confidarsi. Le aveva detto del bacio, della dichiarazione, e della reazione
del ragazzo al suo rifiuto.
“… Scusa. Hai ragione… io, io ci tenevo solo a farti
sapere… ma… no. Lo so, questo non è il momento. Per te tutto è già complicato,
e poi la scomparsa di Harry… no! Non possiamo, scusa Herm… Buonanotte.”
Dicendo queste parole come una macchinetta inarrestabile, e
scocchiandole un bacio sulla fronte, Ron se ne era salito di corsa su per i
dormitori maschili.
Ginny alla fine del racconto si era messa a ridere e l’aveva
fatto ancora di più quando le aveva detto che Draco si era ingelosito. La sua
risata era diventata però nervosa, in quel momento, tanto che aveva temuto in
una sua reazione inconsulta.
Parlando di tutto quello, non aveva potuto escludere il
racconto del suo primo bacio con Ron. Quello avvenuto durante l’estate, quando
lei era ancora in ospedale.
Anche quella volta, molto imbarazzati, avevano concordato di
lasciare le cose così come erano, più o meno per le stesse ragioni. Ma quella
volta, ad Hermione era piaciuto, l’aveva voluto…
Il bacio di quella sera, invece, l’aveva solamente fatta
sentire in colpa. In colpa nei confronti di Draco e in colpa nei confronti di
Ron, che sapeva di star solo illudendo.
Aveva quindi rivissuto quella litigata terribile, e pensò
che se Draco aveva reagito così per una dichiarazione, cosa avrebbe fatto se
avesse saputo del bacio, dei baci?!
Così, parlando e sfogandosi, confidando all’amica di aver
rovesciato la pozione della sua salvezza e di essere uscita correndo dalla
stanza, aveva chiuso gli occhi solo alle cinque e mezza del mattino. E i
risultati si vedevano…
Hermione Granger, con due vistosissime e scure borse sotto
gli occhi, aveva fatto il suo ingresso in Sala Grande con qualche minuto di
ritardo più del solito.
Portarsi dietro i libri di Pozioni, Difesa ed Antiche Rune,
non era mai stato tanto faticoso. Fece colazione molto lentamente, con un
occhio chiuso ed uno aperto.
Delle centinaia di parole che le venivano dette, solo poche
e senza senso arrivavano al suo cervello.
Prima ora: Antiche Rune.
Si concentrava solo su queste quattro parole, di più proprio
non riusciva a fare.
Nelle ore che seguirono, Hermione, gradatamente, si svegliò
del tutto. Scambiò qualche parola con Ginny, anche lei insonnolita, che faceva
però finta di non saperne nulla di tutta la storia “Malfoy è il mio
ragazzo”.
Tornò in Sala Grande per il pranzo, ma mangiò poco. Non
aveva fame.
Il suo pranzo era stato caratterizzato da lunghi e pesanti
sospiri. Tra meno di mezz’ora si sarebbe dovuta appostare vicino ai bagni femminili
in disuso del secondo piano, lì lui l’avrebbe raggiunta e sarebbero andati a
curare la pozione. Pozione che non c’era più, per colpa sua…
Che ne sarebbe stato di loro, adesso? Come si sarebbe
comportato Draco? L’avrebbe più cercata? E quello che lei doveva fare per lui?
Tante domande l’assalivano ma, purtroppo, non ad una di loro
sapeva dar risposta.
Per Carillon: Dunque, dunque… non ricordo esattamente
in quale capitolo (ma comunque in uno dei primissimi… forse anche proprio il
primo) spiego appunto come Hermione prenderà appunti e leggerà questi durante
il suo anno scolastico ad Hogwarts. Comunque avrai già trovato la risposta
leggendo questo cap. (mano a farlo apposta) ;)
Per il resto, ringrazio come sempre chi mi recensisce… e
quindi: un grazie grande quanto il mondo a white_tifa, ashara, potterina 7,
carillon, samy, chiaras e little lady butterfly ;D
Come al solito… grazie e buona lettura! AH! Oggi
c’è qualcosa di più… BUON NATALE!!!!!!!!!!! ;) ^_^
Cap. 11
“Dai Hermione, altrimenti facciamo tardi alla partita!”
“Arrivo, Lavanda.”
Si avvolse la sciarpa rosso e oro attorno al collo e uscì
dalla camera. Quel giorno si giocava la partita decisiva: Grifondoro contro
Serpeverde.
Anche Draco gliene aveva parlato. Sempre più convinto a
battere la sua Casa, ovviamente.
Quella era la prima, ed anche unica, partita dell’anno a cui
avrebbe assistito. Non poteva vedere, quindi di sarebbe affidata completamente
alle parole del cronista .
I suoi compagni erano tutti in fermento, la squadra era in
subbuglio e Ginny, come Ron, era tesissima ma carica. Ovviamente la sua amica
non aveva fatto a meno di sottolineare il fatto che avrebbe battuto il suo
ragazzo (strano ma vero aveva pronunciato proprio quelle parole), le aveva
detto che sarebbe dovuta andare a leccargli le ferite… Ma Ginny non sapeva che
era da due giorni che non si parlavano…
Non si era presentata all’appuntamento fissato per la
manutenzione della pozione e, d’altronde, cosa doveva andare a fare? La pozione
era andata persa e poi, di certo non aveva scordato le parole di Draco.
Se solo ci pensava veniva assalita dalla rabbia, e quando la
sua assenza diventava soffocante, le bastava ricordare per scacciare
l’indomabile desiderio di averlo in quel momento al suo fianco.
La Sala Comune era un miscuglio di voci, rumori e
musica. E già, perché per la grande felicità della sua Casa, Grifondoro aveva vinto.
Hermione si era complimentata con la squadra, ma un pensiero
più che speciale era stato riservato ad un avversario. Al Cercatore avversario.
Chissà cosa stava facendo in quel momento, come stava…
Pensò che sicuramente era incollerito e furente. Magari ci
stava pensando Pansy Parkinson a rilassarlo…
Scosse subito la testa a quel pensiero e serrò la mano
attorno alla Burrobirra che stava bevendo. Quella era una tre le sue più grandi
paure.
In fondo, quale momento migliore? La loro Casa aveva perso,
Draco era solo e la Parkinson era la sua ex.
“L’ho lasciata io”.
Si morse il labbro inferiore muovendosi nervosamente sul
divano e, qualche secondo più tardi, un peso alla sua destra fece abbassare il
cuscino rosso.
“Ehilà! Allora, che c’è che non va? Forza Hermione, abbiamo
vinto! Sembra che tu stia ad un funerale piuttosto che ad una festa!”
“Oh Ginny…”
“Vediamo, è per chi so io?!” disse rassegnata e spazientita.
“Dovevi vedere la sua faccia quando ho afferrato il Boccino”
continuò Ginny con eccitazione mista ad una grande e palpabile soddisfazione
“per un soffio, devo ammetterlo, ma ce l’ho fatta! Devi dire a Malfoy che mi
dispiace davvero tanto e-”
“Ginny…” la interruppe l’amica con tono disperato.
“Cos’hai che non va? non ti senti bene?”
Hermione scosse la testa e appoggiò la Burrobirra sul
tavolino davanti a loro.
“No. Io ho paura che… Insomma, non ci parliamo più da quando
abbiamo litigato, poi c’è la Parkinson e adesso hanno perso e-”
“Aspetta, aspetta. Non sto capendo niente, che c’entra la
Parkinson con il fatto che hanno perso e con voi che non vi parlate più?”
Sospirò pesantemente.
“Be’ noi abbiamo litigato, loro hanno perso e… e lei è la
sua ex.”
“Ah… ho capito, hai paura che ti tradisca” disse senza
ironia, in maniera comprensiva.
Hermione annuì piano.
“Non hai tutti i torti, i ragazzi sono inaffidabili! Ma in
genere si parla di fiducia di coppia.”
Detto questo Ginny se ne andò. Era evidente che alla sua
amica non piaceva quel discorso, però le sue parole l’avevano fatto riflettere.
Lei non aveva fiducia in lui. Aveva subito pensato che la
stesse tradendo, era arrivata quasi a crederci come se l’avesse visto con i
propri occhi.
Ammonì sé stessa mentalmente, lei doveva avere
fiducia in lui.
Era una prova tutto quello che stava succedendo ed Hermione
doveva superarla.
Stanca ma ferma in questa convinzione decise di andare a
letto, ne aveva abbastanza di festeggiamenti per quella giornata.
Si alzò dal divano, cercò il muro e si avviò verso le scale
dei dormitori femminili. In genere non aveva problemi a camminare per la Sala
Comune, ma quando c’è una festa la gente tende a diventare sbadata e sconsiderata.
Ben tre ragazzi, di cui non conosceva l’identità, le erano
finiti addosso, scusandosi e dicendo di non averla vista. Era poi inciampata in
una poltroncina fuori posto, e aveva anche pestato la coda ad un gatto che,
graffiandola alla caviglia, era saettato via… presumibilmente.
Ron le venne in contro e, quasi ridendo, l’accompagnò sana e salva alle scale.
“Grazie Ron.”
Salì le scale e richiuse la porta dei dormitori alle sua
spalle. Si stese sul letto a pancia in giù, la testa nascosta tra le braccia.
Oltre alla sofferenza per la situazione con Draco, il sapere
di non poter più riacquistare la vista la tormentava e l’avviliva. Non poteva
nasconderlo, aveva pianto anche per questo.
Certo, la pozione sarebbe potuta essere preparata un’altra
volta, ma non c’era più tempo.
Si addormentò così, tra le ciglia perle argentate e sulle
labbra una piega amara.
“Perché non sei venuta? Troppo impegnata con Weasley?” parlò
a mezza voce, mentre le teneva puntata la bacchetta contro.
Hermione sospirò spazientita, cercava con tutte le sue forze
di concentrarsi, stringendo la bacchetta tra le mani all’altezza del petto.
“Via!”
“Expelliarmus!”
Draco lanciò l’incantesimo di disarmo contro la Grifondoro
che prontamente innalzò lo scudo protettivo. Fece qualche passo all’indietro,
barcollando per il potente controincantesimo, ma rimase in piedi.
“Bene, ora invertiamo i ruoli.”
La Waag passeggiava tra le file di studenti posizionati uno
di fronte all’altro nell’aula di Difesa che, per l’occasione, era stata
svuotata dai suoi banchi.
Al via della professoressa Hermione gli lanciò contro l’Expelliarmus,
e Draco riuscì a proteggersi con uno scudo innalzato tramite l’incantesimo
non verbale.
“Bene, vedo che per quanto riguarda il sortilegio Protego
(non verbale) è tutto a posto… Oggi studieremo altri incantesimi non
verbali, ma più potenti. Spostatevi dal centro dell’aula, per favore,
così potremmo far riapparire i vostri banchi” proseguì la professoressa.
Draco non smise di fissare Hermione neppure per un secondo,
e lei poteva sentire il suo sguardo. Era stata muta, e solo mentre si avviavano
verso i lati della stanza si decise a rispondere.
“Non dire scemenze. Io non son venuta, ma tu non mi hai
cercata.”
“Noi avevamo un appuntamento che non hai rispettato, non
dare la colpa a me. Se non vuoi più vedermi almeno rispetta il patto, la
pozione ha bisogno di essere curata con la massima precisione, e lo sai. Dopo
pranzo, ai bagni del secondo piano. Se hai cambiato idea fammelo sapere, però”
parlò velocemente, a bassa voce, guardando sempre avanti. Poi si allontanò da
lei, dirigendosi verso i suoi compagni Serpeverde.
Hermione rimase spiazzata, la pozione? Esisteva ancora una
pozione?
Lo cercò istintivamente con la mano, ma già non era più
accanto a lei, e fu meglio così. Un gesto del genere avrebbe attirato troppo
l’attenzione.
Il resto della lezione di Difesa proseguì come al solito e,
ad ogni minuto che passava, Hermione si sentiva sempre meglio, sempre più
leggera.
Iniziava a realizzare che, forse, non era tutto perduto.
Suonata la campanella gli studenti si alzarono e, raccolte
le proprie cose, si apprestarono ad uscire dall’aula. Ron ed Hermione rimasero
indietro, sotto consiglio del ragazzo, per evitare gli “ingorghi”, ma non erano
gli unici…
Ron la prese per mano e si diressero verso la porta, qui una
voce squillante li accolse sgradevolmente.
“Prima noi. La plebaglia va per ultima… sempre”
sentenziò la Parkinson malignamente.
Dai mormorii e dalle risatine, poteva immaginare che a non
più di due metri da lei ci fosse l’intero gruppo odiato Serpeverde, e quindi,
anche Draco.
Ron rimase immobile al suo posto, sicuramente scuro in viso.
Hermione sentì il rumore di numerosi passi allontanarsi, respirava quell’aria
di arroganza infinita e assottigliò gli occhi.
Come faceva ad esistere gente del genere? E soprattutto,
come era possibile che il suo ragazzo fosse un di loro?
Eppure, quando erano solo loro due, era diverso.
Più “normale” si direbbe. Più umano. Più squisitamente
ingenuo quando li poneva quelle domande che la facevano sorridere..
“Così l’hai salvata…” sussurrò, appoggiando le mani sul
tavolo in legno.
“Grazie” concluse Hermione, schiarendo poi la voce e
riportandosi un ricciolo castano dietro l’orecchio.
“Fosse stato per te, sarebbe finita tutta nelle fognature.
Non ne è rimasta molta, ma dovrebbe bastare.”
Annuì piano e sospirò.
“Però non c’è bisogno che me lo ricordi così premurosamente,
io… io ero sconvolta. Erano successe tante cose e poi, se proprio
dobbiamo dirla tutta, dì la verità… che sei riuscito a non perderla grazie ai consigli
che ti ho dato io in tutti questi giorni!”
Draco alzò un sopracciglio e si voltò verso di lei.
“E’ tutto merito di Piton, non montarti la testa. Quando
parli nemmeno ti ascolto.”
Hermione assottigliò le labbra e non rispose, decise di
usare il silenzio come arma.
Quando Draco finì di aggiungere l’ultimo ingrediente si mise
a fissare la Grifondoro, non volendole annunciare che ora poteva andare.
Si avvicinò di qualche passo a lei, voleva sapere… ma non
riusciva a chiederglielo.
Si passò una mano tra i capelli e si inumidì le labbra.
“Weasley ha… cioè, cos’è che ha fatto?” disse in tono
schifato e scettico.
Hermione, abbraccia conserte, corrugò la fronte.
“Che vuoi dire? Parla bene.”
“E tu cambia tono.”
Alzò gli occhi al cielo esasperata, nascondendo però la sua
felicità, unita al senso di vittoria, che aveva scaturito in lei il
comportamento di Draco.
“Voglio dire…” continuò pazientemente lui “che ha fatto
quando finalmente è riuscito a capire quale è la differenza tra una scopa e una
ragazza, e ti ha detto che gli piaci…?” pronunciò le ultime parole con
una nota derisoria nella voce.
Hermione si rabbuiò a quell’espressione ma decise che,
comunque, neanche questo avrebbe rovinato il suo momento.
“Mi ha baciata” disse con sicurezza e disinvoltura.
Draco sgranò gli occhi e subito dopo li assottigliò. Non
dubitava della sua serietà, questa volta. Dopo qualche minuto di silenzio,
Hermione lo sentì ridacchiare malignamente.
“Quel Weasley… E’ proprio un idiota.”
“E perché, scusa? Perché si comporta come tutti i ragazzi
normali e quando gli interessa una persona gliene parla civilmente?”
“Perché non sa in che guaio si è cacciato.”
Lo bloccò per un braccio sentendolo passare accanto a sé.
“No. Draco. Non provare a fare niente a Ron.”
“Non ci provo, lo faccio. E’ diverso.”
“Lascialo fuori da questa storia, di cui non ne sa
assolutamente nulla, oltrettutto. E’ una cosa che riguarda me e te, e basta.”
“Davvero? Io non credo. E’ stato lui a baciarti, o no?”
“Certo che sì! Ma è durato solo qualche secondo ed è stata
anche una cosa molto casta.”
“Be’ parliamo di Weasley dopo tutto.”
“Non per quello!”
“Ma si può sapere a che gioco stai giocando?” disse poi
irritato liberandosi dalla sua presa e cambiando del tutto atteggiamento.
“Stai con me, o almeno credo, fai la gelosa se si parla di
Pansy, ti baci Weasley, e poi pretendi anche che io me ne stia qui, come se
nulla fosse, a ignorare che quell’idiota si bacia la mia ragazza?!”
“Oh Draco, ma perché non capisci?! Ron mi ha dato un bacio,
ma io l’ho respinto. Se volessi stare con lui, non sarei qui ora. Ti pare?”
“Non ne sono tanto sicuro…” lo sentì borbottare.
“Che vuoi dire?” chiese con tono indagatore.
“Che un motivo per stare qui ce l’hai, e anche buono. Non si
trova tutti i giorni la possibilità di riacquistare la vista, dopo un incidente
come il tuo.”
Capendo all’istante quello che il ragazzo stava dicendo, e
non potendo sopportare che lui pensasse a lei come una approfittatrice
bugiarda, gli si avvicinò a gran passi e lo baciò con trasporto.
Dapprima lo avvertì rigido e spiazzato, ma ci mise poco, e
rispose al bacio con passione.
Quando, diversi minuti dopo, riemersero dal loro gioco fatto
di carezze e lingue , lei appoggiò la testa sul suo petto e rimasero in
silenzio.
Piano a piano il respiro tornò regolare ed Hermione immerse
il suo volto nella divisa del ragazzo.
“Perché devi essere così testardo…”
Sentì la sua voce giungere attraverso la stoffa della divisa
e sorrise.
“Prendere o lasciare Granger, è così.”
Draco la sentì ridere e quella sensazione di serenità, di
appagatezza, che viveva solo quando era con lei, si impossessò nuovamente di
lui.
I giorni passarono in fretta, le lezioni proseguivano, i
battibecchi erano sempre presenti, le carezze e i momenti d’intimità erano
sempre più ricercati ma, alla fine, Marzo era arrivato.
Anzi meglio, il grande giorno era arrivato.
Il tredici Marzo si presentava come una tranquilla e tiepida
giornata, dove ancora il freddo si faceva sentire ma i raggi del sole erano
sempre più forti e caldi.
Era notte. Si trovavano nella consueta stanzetta in disuso e
davanti ai suoi occhi, nella sua mano, Hermione stringeva un’ampollina dal
contenuto grigio perlato che tremava appena.
“Avanti, bevila” la sua voce era sicura e bramante.
“Siamo sicuri che i procedimenti sono stati giusti e che-”
“Tranquilla…” le spostò i capelli dall’orecchio e le parlò
con voce roca.
“Ho ricontrollato tutto, il colore infine è perfetto. Forza”
le diede un leggero bacio e poi si allontanò.
Hermione respirò profondamente poi aprì l’ampolla in fretta,
ma con decisione, e trangugiò il contenuto perlato.
Si portò subito e istintivamente una mano alla gola,
piegandosi in avanti, e lasciò cadere a terra la boccetta che si frantumò.
Subito Draco le fu accanto, rassicurandola tra le sue
braccia mentre il liquido denso scendeva per la sua gola e lasciva nella sua
bocca un sapore acido e aspro.
“Va tutto bene, c’era scritto che il sapore non era dei
migliori…”
“E di quale pozione lo è mai…” disse a fatica, cercando di riprendere
controllo di sé. Stava per parlare ancora quando si udirono dei passi per il
corridoio.
Sentì Draco scattare in piedi e con qualche colpo di
bacchetta pronunciare alcuni “Evanesco” poi, prendendola per mano, la portò
via.
Uscirono dalla stanza di corsa, spalancando con poca cura la
porta, mentre i passi si facevano sempre più vicini e frettolosi.
La porta alle loro spalle si chiuse sbattendo.
“Chi c’è?”
La voce del professor Piton giunse alle loro orecchie forte
e chiara, sentì Draco imprecare e mettersi a correre. Lo seguì senza indugio,
ma una domanda la tormentava e la spaventava: perché non vedeva?
Si nascosero più in fondo, in un’altra stanza. Draco chiuse
la porta, premendo contro il legno l’orecchio per sentire gli eventuali rumori.
Hermione invece era pressata contro il muro, aveva il
fiatone e gli occhi chiusi.
“Allora?”
“Credo che l’abbiamo seminato. Gli ho fatto credere che
siamo saliti su, ora Piton sarà già all’ingresso” disse ghignando divertito.
Lo sgabuzzino non era un granché, ma dovevano accontentarsi.
Si stava un po’ strettini, ma la cosa non gli dispiaceva poi tanto...
Si posizionò davanti a lei, che ancora riprendeva fiato, e
le bloccò ogni via di fuga appoggiando le mani contro la parete. I loro visi
erano a pochi millimetri l’uno dall’altro.
Sentendo la sua presenza molto vicina Hermione aprì gli
occhi e subito dopo dovette sgranargli, perché vide. E quello che vide fu
particolarmente… stupendo.
I suoi occhi erano magnetici, grigi, profondi, belli.
Furono quindi i suoi occhi la prima cosa che vide quando
riacquistò la vista, e non avrebbe chiesto niente di meglio.
Draco la stava scrutando attentamente, scrutava il suo viso
e poi scese in maniera “indecente” su tutto il suo corpo. Quante altre volte
l’aveva guardata così, a sua insaputa?!
Si guardò intorno e si accorse di essere in un vecchio e
polveroso sgabuzzino. C’era una crepa sulla porta in legno, ed era da lì che la
luce della luna penetrava.
“Non ti preoccupare, l’effetto può non essere istantaneo.”
Detto questo Draco la soffocò in un bacio mozza fiato, e non
le permise di replicare.
Hermione poteva sentire il respiro di lui e i loro nasi si
sfioravano.
“Allora, riesci a vedere qualcosa?”
“… No” decise di approfittare di quella situazione per
quanto poteva, voleva vederlo quando lui credeva di non essere visto. Voleva
osservarlo, ogni secondo, in ogni movimento, senza dover dare spiegazioni.
Draco si raddrizzò abbandonando le mani lungo i fianchi.
Qualcosa non andava. La pozione a avrebbe dovuto già fare effetto e se
non era così, allora forse avevano sbagliato...
Forse era stato lui a non saperla curare in quei giorni
durante l’ assenza di Hermione, forse l’incidente aveva alterato alcuni
ingredienti…
La guardò in viso, indeciso se metterla al corrente dei suoi
pensieri, ma poi nel buio riuscì a notare qualcosa di strano, che lo fece
riflettere.
Hermione si guardava in torno, non poteva credere di aver
riacquistato la vista. Si voltò verso Draco quando prese a parlare.
“Andiamo.”
Aprì la porta e si incamminò mentre Hermione lo seguiva a
passo spedito.
Avevano fatto circa due metri, dalle ampie finestre la luce
notturna illuminava il pavimento, e giochi di ombre e luci si riflettevano sui
muri. Era bello non dover più ricevere istruzioni anche per muoversi…
Tutt ad un tratto Draco si voltò con un ghigno, si fermò
anche lei di botto e ci mise pochi secondi a capire che si era morsa la coda da
sola.
“Tu ci vedi… Bugiarda” disse divertito e intrigato dal suo
comportamento.
Hermione, imbarazzata dall’essere stata scoperta e dal fatto
che lui si stesse avvicinando piano a lei, abbozzò un sorrisetto soddisfatto
della sua opera.
“Da quanto?”
Ora erano di nuovo uno di fronte all’altro, ma questa volta
era diverso. Questa volta si stavano guardando. Lui guardava negli occhi lei e
lei poteva vederlo, lei guardava negli occhi lui e lui lo sapeva.
Non capiva perché ma quella situazione la faceva sentire
strana, come una ragazzina al suo primo bacio, alla sua prima cotta. Eppure con
Draco aveva fatto molto più che un bacio, allora perchè ora stava arrossendo?
“Perché arrossisci?”
Già…
“Io non sto arrossendo!”
Alzò un sopracciglio in risposta.
“Okay, forse un po’… Non lo so. Non so perché” prese ad
attorcigliarsi una ciocca di capelli attorno all’indice. Abbassò lo sguardo e
poi lo riportò su di lui.
“Ho cominciato a vedere dopo poco che siamo entrati nello
stanzino.”
Draco annuì.
“Mi hai fatto preoccupare, dovevi dirmelo subito.”
“Perché? Ho voluto prendermi una piccola rivincita per tutte
le volte che mi hai guardata in un certo modo, senza che io ne
sapessi nulla…”
“Perché era preoccupante il fatto che non vedessi, ancora.
Credevo di aver sbagliato qualcosa nella pozione.”
Hermione sorrise cogliendo la preoccupazione sincera nelle
sue parole e gli si avvicinò.
“No, non hai sbagliato nulla…”
Si alzò sulle mezze punte e lo baciò. Fu un bacio dolce ma
significativo.
Dopo il miglior “buonanotte” di tutta la sua vita Hermione
era tornata a malincuore alla Torre dei Grifondoro, da sola, senza bisogno
d’aiuto.
Draco aveva detto che l’indomani le avrebbe spiegato in cosa
consisteva la sua parte del patto. Non poteva nascondere che una certa
agitazione l’aveva scossa, ma lui le era apparso piuttosto tranquillo e,
inoltre, non riusciva più a pensare che in qualche modo Draco potesse
ingannarla o farle del male.
I dubbi che un tempo, all’inizio di tutta quella storia,
l’avevano assalita, adesso erano scomparsi e anzi riusciva a provare persino
una certa dose di curiosità.
Volevo solo aggiungere che questo capitolo (soprattutto
verso la fine) è uno tra quelli che preferisco e che mi sono divertita un mondo
a scrivere… Spero sia piaciuto anche a voi ;) Alla prossima :D
Come al solito ringrazio tutti e per rispondere alle vostre domane
Come al solito ringrazio tutti per rispondere alle vostre
domane.. be’ leggete questo capitolo, abbastanza sostanzioso… ;)
12 cap
12 cap.
Nella Sala Comune, davanti ad un camino ormai quasi spento,
una persona giocherellava con qualche tappo di Burrobirra, probabilmente
corretta, entrata ad Hogwarst illegalmente.
Hermione entrò silenziosa, o almeno tentò, perché non appena
il buco nel ritratto si chiuse alle sue palle, un preoccupato ed arrabbiato Ron
si voltò a guardarla.
Ron, da quanto tempo non lo vedeva.
La loro Sala Comune, i colori rosso e oro, il fuoco, i
divani, tutto era meraviglioso per lei in quel momento, anche la faccia scura
del suo amico.
“Dove sei stata? Ma dico sei impazzita?! Ginny mi ha detto
di non venirti a cercare, e io non so per quale assurda ragione le ho dato
retta!”
La prese per una mano e la trascinò senza tanti complimenti
su di un divano. Ron si sedette davanti a lei e aspettava una sua riposta, che
fu molto diversa da quella che si aspettava, perché Hermione scoppio a ridere.
“Ron, ti prego, non fare quella faccia” disse tra le risate.
Rideva di cuore, felice, ma non rideva di lui. Corrugò la
fronte e la guardò preoccupato.
“Hermione, stai bene?”
“Sto.. sto benissimo, Ron” si raddrizzò sul divano e,
asciugandosi dagli occhi le lacrime, prese un profondo respiro.
“Ron… io vedo.”
Non sapeva come altro dirglielo, erano inutili i giri di
parole e così andò dritta al punto. Lo vide sgranare gli occhi e poi guardarla
allucinato, ma non fece in tempo a dire altro perché un pesante rumore di passi
la distrasse.
Ginny stava scendendo, senza riguardo per nessuno dei
dormienti, le scale del dormitorio femminile. Era in pigiama, con i capelli
scarmigliati e col fiato corto.
Quando Hermione la vide non c’era bisogno che dicesse
niente, i suoi occhi le ponevano una sola domanda.
“Che bel pigiama turchese, Ginny. E’nuovo?” le chiese
sorridente.
La rossa aprì la bocca senza trovare niente da dire, la
felicita traspirava da ogni suo respiro e sguardo. I suoi occhi si fecero
lucidi e poi correndo l’abbracciò forte. Hermione ricambiò con calore
l’abbraccio e rise.
“O mio dio Hermione! Tu.. tu… davvero! Era vero, non era un
inganno! Io… giuro che non lo insulterò per una settimana, lo giuro!”
“Una settimana? Non ti sembra un po’ pochino?” rispose
fintamente perplessa e offesa.
“Va bene, dieci giorni. M se fa l’idiota come al solito non
so se mi tratterrò.”
Hermione scoppiò a ridere nuovamente e fu seguita a ruota da
una felicissima Ginny, che si era da poco allontanata da lei.
Intanto, tra risate e promesse senza senso, un povero Ronald
Weasley non ci stava capendo nulla. Si alzò di scatto e afferrò Hermione per un
braccio che subito smise di ridere e si voltò a guardarlo, ancora con il
sorriso sulle labbra.
“Hermione tu… vedi? Ma come è possibile? I Medimaghi hanno
detto che…”
“Siediti Ron, ho una storia da raccontarti.”
Il ragazzo, stralunato e corrucciato, si fece guidare fino
alla poltroncina più vicina e si concentrò sulle parole della ragazza.
Diceva cose assurde.
Hermione-diceva-cosa-assurde. Parlava felice e raccontava di
pozioni, di incontri, di patti, di Malfoy!
No, tutto questo non l’avrebbe retto…
“Ron?! Ron dai non fare così, non ho finito!”
Il ragazzo si era abbandonato contro lo schienale della
poltrona con gli occhi sbarrati. Forse non era il caso di dirgli anche della
sua relazione con Draco…
Si allontanò dai bagni femminili, dove era stato trascinato
dentro, inaspettatamente, da una più che allegra Hermione, diretto alla Sala
Grande. Una sostanziosa coazione era proprio quello che gli serviva, in
quel momento.
Aveva consigliato alla sua ragazza di essere paziente e, a
fine colazione, di non perderlo d’occhio. Voltò l’angolo che lo inseriva direttamente
nel corridoio principale ma fu fermato da una voce.
“E’ da un po’ che ti vedo strano, ma questo proprio…”
Si voltò e vide Blaise che scuoteva la testa, fintamente
sconsolato.
“Ah ah ah… divertente. Tu invece, Zabini, cosa ci fai da
queste parti?”
Il Serpeverde alzò le spalle e si accostò a lui, quindi
ripresero a camminare.
“Sto uscendo, in questo momento, dall’aula di Difesa…”
lasciò volontariamente la frase in sospeso.
“E perché?”
“La Waag voleva chiacchierare un po’…”
“Chiacchierare? Zabini spiegati meglio.”
“Mi ha chiamato perché voleva chiarire alcuni punti poco
chiari del mio ultimo compito, in realtà dal compito abbiamo parlato poco. Era
più interessata a sapere come ti comporti con me, con gli altri Serpeverde…”
“Cosa?” si era fermato alzando un sopracciglio.
“Già. Credo si aspettasse un qualcosa come una confessione
disperata di un povero, debole, sottomesso al cattivo tiranno.”
“Il tiranno sarei io?” si puntò l’indice contro il petto e
ghignò.
Zabini continuò a camminare e lui lo raggiunse. Il ragazzo
sorrideva ironicamente.
“Quella è matta” considerò il moro.
“Te lo dico da un sacco di tempo, io. Tu cosa le hai detto?”
“Be’ le ho detto che sicuramente sei un ragazzo vivace, un
po’egoista, arrogante, spaccone, viziato…”
Blaise sembrava star riflettendo su cosa altro aggiungere,
ma non lo fece continuare.
“Grazie, Blaise. Sicuramente questo mi aiuterà a
risultarle più simpatico.”
“Ma aspetta, le ho fatto anche capire che si poteva togliere
dalla testa l’idea di te come tiranno di Serpeverde… esclusi Tiger e Goyle.”
“Ti ha creduto?”
“Non lo so, ma le ho spiegato un po’ come funzionano le cose
nella nostra Casa. L’amicizia di massa che regna a Grifondoro non appartiene al
nostro mondo. Tra noi ci sono scambi di favori, interessi comuni. Vedessi che
faccia quando le ho parlato della Squadra d’Inquisizione.”
“Come sei arrivato a parlare della squadra d’Inquisizione?!”
“Be’ non mi ricordo, ma sai parlando parlando…”
“Le hai anche detto che io ne facevo parte?”
“Certo! E’stata la prima cosa che ha voluto sapere.”
Draco sospirò.
“Io vado, ci vediamo” Zabini sia allontanò a passo svelto.
“Ciao.”
Non fece nemmeno mezzo metro che ancora una volta i suoi
pensieri furono interrotti.
“Malfoy, aspetta!”
Draco continuò a camminare, le mani nelle tasche e un
espressione d’indifferenza stampata in volto.
“Che c’è?”
Un ragazzo moro, più basso di lui e con lo stemma di
Serpeverde lo affiancò. Il Prefetto del quinto anno.
“Ci sono i ragazzini del primo che fanno storie, ogni ora
esce una cosa nuova. Prima la Sala Comune sempre occupata, ora i dormitori.
Bisogna parlarci.”
“E non lo puoi fare tu?”
“Sì… ci ho provato, ma non ascoltano. Sono indisciplinati! E
Piton ha detto di non volerne sapere niente di queste futili ciance.
Sono sicuro invece che a te daranno retta.”
“Non potrebbero fare diversamente, d’altronde.”
“Appunto. Sai come prenderli.”
Le minacce a bacchetta spianta erano sempre le più efficaci.
“Sì però io ora non posso e-”
“Non ho finito. C’è anche il problema con i Grifondoro, con
la parola d’ordine per la Sala Comune, e poi tra il primo e il secondo anno le
cose stanno precipitando. Litigano in continuazione, rivendicano cose, e quindi
bisognerà chiarire anche questa situazione perché potrebbe essere nociva alla
Cas-”
Draco arrestò il passo, vicino a loro qualche altro studente
camminava indisturbato.
“Fermati. Non dire un’altra parola. Perché di tutte queste
cose me ne dovrei occupare solo io? Vai dagli altri Prefetti o dal nostro
Caposcuola, che fa questa gente tutto il giorno?!”
“Io sono andato, ma sono loro a dirmi divenire da te. Dicono
che tu sai.”
“Io so? Bene… Da oggi non so più niente.”
“Cosa? Che vuoi dire? Come facciamo con i primini?!”
“Non lo so.”
“Ma…”
“Niente ma. Addio Higgs.”
Lo salutò con la mano e aspettò che il ragazzo se ne andasse.
Dopo pochi secondi, con una smorfia contrariata, David Higgs sparì su per la
scale del terzo piano.
Stava per andare via, ma incontrò due occhi neri che lo
fissavano intensamente, probabilmente già da parecchio tempo.
“Professoressa Waag.”
Linda Waag, a pochi metri dalla sua aula di Difesa, le
braccia incrociate e un’ espressione vagamente insoddisfatta, gli rispose con
un cenno del capo.
“E’ dura essere un Prefetto, vero signor Malfoy?”
“Ha la sua dose di responsabilità.”
“Me l’ha detto, il suo amico Blaise, che lei è una sorta di
punto di riferimento per la sua Casa” disse misurando bene le parole, con una
certa riluttanza.
Draco alzò le spalle.
“Sono del sesto anno. Per i più piccoli, assieme a quelli
del settimo, tutti noi lo siamo. Sarà questo…”
La finta modestia era un’arma che doveva essere usata bene e
in maniera strategica.
“Zabini ritiene il contrario. Mi ha detto che anche negli
anni precedenti la situazione non era diversa.”
“Come mai le interessa tanto, professoressa, sapere questo
genere di cose? Potrei pensare che lei stia… indagando su di me?”
“Oh no. E’ solo che ci tengo a conoscere bene i miei alunni.
Trovo sia importante sapere in quale ambiente trascorrono le loro giornate e
come si organizzano tra di loro. La scuola è una piccola comunità,
semplicemente il riflesso ovattato di quello che c’è fuori.
“E’ qui che un bambino impara a comportarsi, a interagire
con gli altri, a decidere cosa fare della propria vita. La maggior parte delle
volte, il ruolo rivestito nell’ ambientazione scolastica, è quello che poi una
persona occuperà per il resto dei suoi anni…”
“D’accordissimo con lei. Anche mio padre lo dice spesso.”
La vide trasalire e irrigidirsi.
“Ora devo andare, il dovere chiama. Buon proseguimento di
giornata, professoressa.”
La oltrepassò senza aspettare altro.
Le parole possono essere carezze, come anche lame. Sono armi
inesauribili al nostro arco che bisogna solo saper usare, al momento giusto e
nel modo giusto.
Il soffitto della Sala Grande rispecchiava un perfetto cielo,
che variava dalle sfumature del celeste all’azzurrino. Gli studenti della
scuola di Hogwarst erano impegnati su piatti e vassoi e, quella mattina, una
studentessa Grifondoro era particolarmente felice.
“E così Hermione, ora ci vedi?” chiese sbalordito Seamus
Finningan.
“Già” rispose felice e imbarazzata per tutta l’attenzione
che si era concentrata su di lei.
“Hai seguito una cura dei Medimaghi del San Mungo?” chiese
Dean Thomas a ruota.
“Emh… più o meno.”
Si voltò verso Ron che era piuttosto contrariato per la
storia del patto con Malfoy, e gli sorrise. Ron le sorrise di risposta e poi
continuò la sua colazione. Lui non si fidava di Draco, era nervoso per quello
che lei avrebbe dovuto fare e aveva detto di voler sapere tutto, ma lei gli
aveva chiaramente spiegato che non avrebbe potuto dirgli niente. Era nel patto
da rispettare.
Vide, dalla tavola dei Serpeverde, Draco alzarsi e andare
via.
Si alzò anche lei.
“Io vado Ron, ci vediamo a lezione.”
“Aspetta, ti devi vedere con Malfoy per quella cosa?” parlò sommessamente
e con circospezione, lei annuì.
“Voglio venire anch’io!” si alzò in piedi deciso. Hermione
gli pose le mani sulle spalle e fece pressione per farlo risedere.
“Ron te l’ho già detto, non ti preoccupare. So badare a me
stessa, e poi sono al sicuro…”
“Con Malfoy? Certo!”
“Shhhh! Ma sei impazzito?! Non gridare! Ora vado, e non
tentare di seguirmi!”
Uscì dalla Sala Grande a gran passi e scorse la figura del
suo ragazzo all’angolo delle scale per i sotterranei, lui scomparì velocemente
di sotto e lei lo seguì.
I sotterranei di Hogwarst erano sempre più bui e più freddi
del resto del castello, sembrava che lì il tempo si fosse fermato a gennaio.
In giro non c’era nessuno. Hermione aveva fatto qualche
passo in direzione del corridoio che l’avrebbe portata alla vecchia aula di
Pozioni, quando una voce famigliare giunse alle sue orecchie.
“Salve Granger.”
Si voltò. Draco era di fronte a lei, il solito ghigno come
suo personale saluto, le braccia incrociate e il mento all’ in su.
“Malfoy.”
“Di qua” si voltò e iniziò a camminare nella direzione
opposta a quella presa da lei prima, lo seguì incuriosita e con qualche passo
lo affiancò.
“Dove è che andiamo?”
“Dove possiamo parlare in pace e comodamente.”
“Non mi hai salutato…”
“Un po’ di pazienza” le disse ridacchiando.
Dopo poco si fermarono, non sapeva dove si trovassero dato
che quei luoghi bui e tetri sembravano tutti gli stessi, ma notò che davanti a
loro una lastra di marmo bianca si distingueva da resto della parete.
“Copriti le orecchie.”
“Cosa…? Stiamo entrando nella Sala Comune dei Serpeverde?”
“Sì. E ora, per favore…” fece un gesto eloquente indicando
le sue orecchie.
“Ma… ma non è pericoloso? E se mi vede qualcuno?”
“A quest’ora sono tutti in Sala Grande, e poi non ti
preoccupare, non sono uno stupido” rispose non nascondendo un po’ d’impazienza.
“Okay.”
Si mise le mani sulle orecchie, sentì la voce di Draco
pronunciare veloce la parola d’ordine ma non riuscì a capire cosa fosse. La
lastra di marmo si spostò e lasciò loro libero il passaggio.
Proprio sepolti vivi…
Le sfuggì questo pensiero prima di poterlo fermare. Be’ il
gusto di Serpeverde però era indubbiamente discutibile…
La Sala Comune era deserta, come si aspettavano. Mentre
continuavano a camminare Hermione si guardava intorno attentamente. La sala era
molto spaziosa, i divani erano in pelle nera, un grande camino troneggiava
davanti ad essi, i tavolini erano sparsi un po’ ovunque e vi erano insoliti
riflessi verdi.
“Il lago! Questa è la luce che filtra dal lago, vero?”
“Sì” rispose senza emozione alcuna lui.
“L’avevo letto su “Storia di Hogwarts” che la vostra Sala
Comune è costruita sotto al lago!”
Ora Hermione si guardava intorno ancora più entusiasta,
benché quella stanza fosse tenebrosa per un certo verso, possedeva anche una
bellezza affascinante.
“Che stupidi, Ron ed Harry non l’avevano neppure notato!”
Ops…
Si morse il labbro e si cucì la bocca all’istante.
“Come scusa? Che c’entrano Potter e Weasley, ora?” le chiese
voltandosi a guardarla.
“Ehm… no. Dicevo che Ron ed Harry non hanno mai letto la
storia di Hogwarts… e quindi non lo sapevano.”
Draco alzò le sopracciglia, trasmettendo così tutto il suo
interesse per quella conversazione.
“ Andiamo nei dormitori, qui siamo troppo a rischio.”
La camera di Draco era molto semplice, molto simile alle
loro in realtà, solo con colori diversi. Vi erano quattro baldacchini con
coperte e tende verde smeraldo, un tappeto tondo al centro della stanza e
scarpe, camice e calzini erano sparsi un po’ ovunque.
Entrando, Draco dovette spostare con il piede un gruppo di
vestiti ammucchiati davanti alla porta.
“Quegli stupidi Elfi non sono ancora passati!”
“Gli Elfi non sono stupidi, e vanno rispettati in quanto
creature proprio come noi!”
Il Serpeverde inorridì al sol pensiero di essere come un
Elfo, o comunque di essere paragonato ad una di quella sciocche bestiacce, tuttavia
non replicò, sapeva che era una battaglia persa in partenza.
Hermione intanto si guardava in giro scetticamente, tutto
quel disordine proprio non andava.
“Con chi dividi la stanza?”
“Vincent, Gregory e Blaise.”
“E’ un porcile.”
“Esagerata…” disse con superficialità sedendosi sul suo
letto.
“E’ quello il tuo letto?” disse Hermione raggiungendolo.
Il letto di Draco era il secondo sul lato destro e, come
tutti gli altri, sfatto.
“Sì.”
Le fece segno di avvicinarsi e di sedersi accanto a lui. Hermione
seguì il suo consiglio.
La osservò, era un po’ tesa forse? Sogghignò e poi avvicinò
il viso al collo della ragazza. Le diede un delicato bacio sulla pelle bianca e
tenera, poi salendo la baciò ancora sulla mascella e infine all’angolo della
bocca.
Sentiva la sua pelle rabbrividire di piacere al suo
passaggio e alla fine fu lei a fare l’ultima mossa, congiungendo le proprie
labbra, carnose e rosate, alle sue.
Si concessero un lungo bacio prima di allontanarsi e tornare
a guardarsi negli occhi.
“Ti è piaciuto come saluto?”
Hermione alzò l’angolo della bocca in un sorriso.
“Sei preoccupata?”
“Un po’…”
“Non dovresti.”
“Allora, Draco, cos’è? Cosa devo fare per te?”
“O una cosa molto semplice. Devi indagare.”
“Indagare?”
“Sì. Vedi, più tempo passa e più la Waag diventa sospetta.
Nella tua Casa c’è un ragazzino del quarto anno, Matt Vertigo, che pare sia
imparentato proprio con la nostra cara professoressa. Voglio che parli
un po’ con lui, senza destare sospetti, in modo da carpire informazioni su
questa donna. Ma non le solite banalità come da dove viene o che sangue ha,
che ci metto la mano sul fuoco è sporco, voglio che mi porti informazioni
più importanti e dettagliate. Tutto quello che può aver a che fare con me e la
mia famiglia… Voglio capire perché ha questo atteggiamento rancoroso nei miei
confronti. Non è una cosa normale, ne sono certo.”
Parlando, Draco non si era minimamente accorto del
cambiamento di umore della sua ragazza, che ora fissava il pavimento scura in
viso.
La guardò, restando qualche secondo in silenzio, ma
interpretò male il suo comportamento.
“Non è una cosa difficile. Capisci che per me sarebbe
difficile avvicinare un Grifondoro, se non impossibile, senza una bacchetta in
mano, ma per te sarà semplice. Parlaci, fattelo amico e dimmi cosa vuole la
Waag da me.”
“Parlaci, fattelo amico, è un sangue sporco…”
Si alzò facendo il verso alle sue parole.
“Comunque va bene, se è tutto… Vedrò cosa posso fare. Ora
puoi portarmi fuori di qui, per favore?” parlò con distacco.
“Cos’hai? Non mi sembra di starti chiedendo qualcosa di
impossibile o di particolarmente terribile.”
“No, no. Infatti. Ma non ti è mai passato per la testa che,
magari, le potresti semplicemente stare antipatico? Il fatto che tu appartenga
ad una antica famiglia magica, purosangue, non significa che tutti ti debbano
venerare.”
“Se sono giunto a certe conclusioni non è certo per fantasie
mie. Sono più che convinto che ci sia qualcosa sotto. E dato che mi ha dato una
S ad un compito di Difesa con solo due errori di distrazione e che non perde
occasioni per mettermi in difficoltà, o per lanciarmi battutine non gradite,
credo di avere il diritto di indagare su questa persona. Tu, invece, che
problemi hai, Hermione?”
Si era alzato anche lui in piedi e la guardava aspettando
una risposta.
“E’ che ci sono delle cose tra noi che, mi rendo conto, non
potranno mai cambiare. Sono differenze troppo profonde…”
“E’ perché ho fatto commenti sul sangue di quel ragazzo? Se
ti riferisci a quello, sì. Certe cose non potranno mai cambiare.”
Hermione iniziò a camminare verso la porta, si sentiva ferita
e non aveva più voglia di restare in quella stanza. Quel discorso era bollente,
troppo rischioso per loro.
“Bene” si limitò a dire.
“Devi cercare di capire.”
A qualche centimetro dalla porta la sua voce la bloccò.
“Davvero, cosa?” chiese con
sarcasmo.
Draco si risedette sul letto
sospirando.
“Per me è così, io sono stato cresciuto
con questa visione della vita e non credo ci sia niente che mi possa far
cambiare idea.”
“Non è vero, si può cambiare!” si
voltò a guardarlo negli occhi.
“Ho i miei dubbi, non dopo
diciassette anni. E comunque… io non voglio. Perché dovrei? Per me è giusto
così” nelle sue parole tornò l’aria di superiorità e sfrontatezza.
“E’ questa la verità, tu non
vuoi.”
Si guardarono in silenzio e poi
Hermione parlò di nuovo, inquieta.
“Allora anch’io sono una Sangue
Sporco, Draco?”
“Sì, lo sei.”
Sentì gli occhi bruciare e un
forte dolore all’altezza del petto, come una lama che la trafiggeva con sempre
più ferocia. Si girò, stava per spalancare la porta e andare via ma una mano si
posò sulla sua, bloccandola sul metallo freddo della maniglia.
“Lo sei ma non mi importa, anche
se questo vale sol per te.”
Lui era dietro di lei, sentiva la
sua voce bassa a pochi centimetri dal suo orecchio.
“Dobbiamo per forza affrontare
questi discorsi?”
“Non possiamo non farlo. Come
vedi, anche se proviamo ad ignorarli, alla fine saltano fuori.”
Lo sentì sospirare stancamente.
“Non ti fa schifo toccare una
Sporca Mezzosangue?”
“Direi di no.”
“Quello che dici non ha logica.”
Si era voltata.
“Forse.”
La baciò, ponendo così fine a
quel discorso. Andava sempre a finire così…
Piano la trascinò vero il suo
letto, Hermione si fece guidare ancora sotto l’effetto dei suoi baci delle sue
mani.
“Allora, credi di essere capace
di fare quello che ti ho chiesto?” le disse stendendola sul materasso e
posizionandosi sopra di lei, dedicandosi al suo colletto perfettamente chiuso dalla
cravatta rosso e oro.
Hermione sorrise furbescamente
pensando a tutte le volte che in quegli anni, insieme a Ron ed Harry, si erano
imbarcati in indagini e supposizioni da far invidia al F.B.I.
Peccato che se lo avesse detto a
Draco non avrebbe capito di cosa stesse parlando…
“Certo.”
Era giusto riuscito ad allentare la cravatta della ragazza,
e ad intrufolarsi con la labbra tra la pelle calda, quando sentirono il rumore
della maniglia che si abbassava e si alzava più volte.
Si bloccarono all’istante guardando con terrore in quella
direzione. Una calcio dall’esterno venne sferrato alla porta, seguito da una
imprecazione.
Si alzarono velocemente.
Draco provò ad acconciarsi i capelli, spettinati
impudentemente e con grande piacere dalla ragazza che ora lo guardava spiazzata
e impaurita.
Le fece segno di nascondersi sotto il letto e, benché
Hermione non ne sembrò molto felice, seguì il suo consiglio.
Si avviò verso la porta, passandosi una mano tra capelli
ancora una volta, e girò con uno scatto veloce la chiave. Subito la porta si
aprì, mostrando un Blaise piuttosto infuriato con la bacchetta in mano, pronto
a scagliare un Alohamora.
“Si può sapere perché ti chiudi in camera?! La stanza è
anche mia, ti vorrei ricordare.”
Balise entrò spavaldamente nella camera e, dopo aver
guardato fuori per controllare che non ci fosse nessun altro, Draco richiuse la
porta, girando di nuovo la serratura.
L’altro Serpeverde si voltò a guardarlo interrogativamente.
“Che stai combinando?!”
Il biondo sembrò non dargli ascolto e, dirigendosi verso il
suo letto, parlò all’aria.
“Puoi uscire.”
“Non devo uscire” rispose insicuro.
“Non a te.”
Si sedette sul letto e, allungando una mano verso il basso,
alzò le coperte smeraldine che arrivavano a sfiorare terra.
“Non c’è pericolo.”
Hermione, ancora titubante e per niente felice di essere
stata nascosta sotto un letto, dato che in genere quella era la parte del
ragazzo della situazione, strisciò fuori facendo forza sui gomiti.
Guardò Draco pensierosa e poi si voltò verso Zabini, che
aveva iniziato a ridere come un ossesso steso sul suo letto.
Si alzò e si spazzolò i vestiti contrariata, intanto Draco
aspettava offeso che il suo compagno la smettesse di ridere.
“Basta Zabini, hai riso anche troppo. Che sei venuto a fare,
piuttosto?”
Balise Zabini, ancora con il fiatone per le troppe risate,
si mise a sedere sul letto, guardando maliziosamente tutti e due. La Granger
aveva una cipiglio di disappunto mai visto prima, in piedi vicino al letto con
le braccia conserte. Draco era seduto non molto elegantemente sul baldacchino
sfatto e lo guardava, come al suo solito, con fredda indifferenza.
“Devo prendere i libri, capisco che voi siete troppo
indaffarati per pensare anche alla scuola… ma c’è lezione” abbandonò il
materasso e si apprestò riempire la sua borsa con i libri depositati ai piedi
del letto.
“Granger, ho visto Weasly piuttosto ansioso…”
Draco la guardò di sbieco e lei sospirò.
“Sarà preoccupato perché sa che ti dovevo vedere.”
“Come?”
“Be’ ho dovuto spiegargli come ho fatto a riavere la vista,
non potevo ingannarlo.”
“Già, se lo incontrò allora dovrò rassicurarlo…” continuò
Zabini con voce maliziosa.
“Non aprire bocca, Zabini” gli rispose minacciosamente.
“Lo sa, fa così solo per stuzzicarti” le rispose Draco.
“Perché, invece, lui sa?!”
Il ragazzo aprì la bocca per rispondere, ma non fece in
tempo a dire una parola che già Blaise aveva preso a parlare.
“Ho notato che si comportava in maniera strana, e mi sono
iniziato a preoccupare seriamente quando ho visto che rifiutava tutte le
attenzioni di Pansy …”
Hermione sorrise di compiacimento.
“Una notte l’ho seguito durante le sue consuete escursioni
notturne, e mi sono fatto raccontare tutto…”
“Mai a farsi i fatti propri” lo interruppe Draco.
“E tu gliel’hai detto?” chiese alquanto stupita dalla facilità
con cui Draco aveva messo al corrente altri del loro segreto.
Zabini sembrò leggerle nei pensieri infatti rispose con uno
strano sorrisetto.
“O no, non è stato così semplice farlo confessare. Ma, in
quanto suo fidato compagno, ero al corrente di interessanti episodi…”
Hermione alzò un sopracciglio e Draco, molto spicciolamente
e riservando uno sguardo truce tutto per Zabini, la illuminò.
“Mi ha minacciato.”
Hermione fece segno di aver compreso con il capo e nel
frattempo Draco si era alzato.
La spinse delicatamente per un fianco verso la porta,
camminandole affianco.
“Come è la situazione di là?”
“Ancora tranquilla. Prima venendo ho incontrato solo un
gruppo di primini, ma niente di ché. Però dovete sbrigarvi se volete uscire
senza essere visti.”
Draco aprì la porta e fece passare avanti la ragazza, che
salutò Zabini con un segno della mano.
“Perfetto. Ci vediamo dopo” disse lui prima di andare via.
La mattina dopo Hermione era seduta al tavolo dei Grifondoro
e, avendo accanto un euforico Ron, a causa della vincita a Quidditch contro
Corvonero, spiava di soppiatto quello che doveva essere Matt Vertigo.
Era un ragazzino magrolino, ma non malsano. Dai capelli e
dagli occhi castani chiari, vestiva in maniera molto ordinata, a quanto poteva
vedere. Il nodo della cravatta era stretto e la divisa stirata.
In quel momento parlava sorridente con una sua compagna e
ogni tanto mordeva un biscotto. Hermione piegò le labbra in una espressione di
concentrazione, come avvicinarlo?
Guardò la borsa del ragazzo posata a terra, da dove
fuoriuscivano pergamene, piume e libri. Forse aveva un’idea.
Sfilò piano la bacchetta dalla tasca della divisa e,
nascondendo le sue manovre dietro la brocca del latte, pronunciò un
silenziosissimo “Wingardium Leviosa”.
Piano fece lievitare fuori dalla borsa del ragazzo un rotolo
di pergamena e lo abbandonò per terra, proprio mentre Matt si alzava e metteva
la borsa in spalla.
Hermione si alzò frettolosamente e, lanciando un’occhiata di
rassicurazione a Ron, il quale aveva smesso di raccontare delle sue parate per
assistere corrucciato e preoccupato all’impresa dell’ amica, si avvicinò alla
“zona quarto anno” del tavolo dei Grifondoro e, con fare casuale, quando la
vide, si abbassò per prendere la pergamena.
Seguì quindi Matt Vertigo a passo sostenuto sino
all’ingresso, e lì lo chiamò.
“Scusa?”
Lontano qualche metro di distanza, il ragazzo si girò.
“Sì?”
Hermione si avvicinò per non essere costretta ad urlare e
gli porse la pergamena.
“Deve esserti caduta questa.”
Il ragazzo la prese tra le mani e, dopo averla srotolata e
letto le prime righe, sorrise annuendo.
“Grazie. Non me ne ero accorto.”
“Di niente, stavo uscendo e così…” Hermione sorrise gentile
di rimando.
Stava già entrando nel panico per non saper più come portare
avanti la conversazione, sapendo benissimo di non poter sprecare quella
occasione per instaurare un minimo di rapporto, quando il Grifondoro la liberò
da quel peso.
“Tu sei Hermione Granger, vero?” chiese con entusiasmo.
“Sì” rispose titubante.
“Fantastico! Non si fa altro che parlare di voi!”
“Ah… l’Ufficio Misteri” disse abbassando gli occhi per
qualche secondo .
“Preferirei non parlarne” continuò poi.
Lo vide annuire comprensivo.
“E tu sei?”
“Matt Vertigo.”
Le porse la mano e lei l’accettò con piacere.
Bingo.
“Piacere di conoscerti, Matt.”
Era meglio non esagerare, si disse Hermione, mai sembrare
impaziente e passare subito alle domande.
“…Senza destare sospetti.”
Draco sarebbe stato orgoglioso di lei.
“Ora devo andare. Ci vediamo.”
“Certo!”
Si allontanò verso la Torre dei Grifondoro, sentendo gli
occhi del ragazzo puntati addosso. Poteva essere soddisfatta della sua opera.
Ora avrebbe voluto solo incontrare una certa persona…
Guardò istintivamente verso le scale che conducevano ai
sotterranei, fermandosi, e arricciando le labbra in un’espressione dubbiosa.
“E’ancora in Sala grande” si voltò sorpresa da quella voce
un po’scocciata.
“Ginny!”
E così, Draco era ancora in Sala Grande.
“Come è andata?” le chiese la ragazza con indifferenza.
“Piuttosto bene direi. Ci siamo presentati.”
Camminarono per un po’, tornando verso la Sala Grande e
fermandosi sulla porta.
Il brusio delle voci, i rumori dei piatti e delle posate,
facevano da sfondo alla loro conversazione.
“Ma non stavi tornando alla Torre?” le chiese con fare
retorico Ginny.
Lei alzò le spalle.
“Sì, ma…”
Lasciò in sospeso la frase e fece vagare lo sguardo sui
tavoli, su un tavolo per la verità.
Gli stemmi verde-argento arredavano quella sezione della
Sala Grande e, tra quelle centinaia di teste e volti, ben presto individuò chi
stava cercando.
Lui e i sui compagni, seduti quasi all’estremità del tavolo,
erano più vicini a lei di quanto pensasse.
Draco stava ancora facendo colazione. Accanto a lui vi erano
Goyle da un lato e, con suo enorme disappunto, la Parkinson dall’altro. Di
fronte erano invece seduti Zabini e Tiger che si guardavano in cagnesco,
probabilmente per quella tazza di caffè versata proprio dinnanzi a loro.
Si concentrò sul suo ragazzo, che in quel momento sembrava
aver perso tutta la fredda autorità che sempre lo caratterizzava per
concentrarsi, corrugando la fronte, sulla marmellata che aveva osato
insozzargli le mani e, probabilmente a sua insaputa, anche l’angolo sinistro
della bocca.
Un Draco Malfoy teneramente buffo come in quel momento non
se lo sarebbe mai aspettato, prima. E forse qualcuno, anche in quel momento,
guardandolo, non avrebbe visto quello che stava vedendo lei. Semplicemente
perché avrebbe pensato che quello era Malfoy, il Serpeverde bastardo e crudele,
e avrebbe trasformato la sua espressione genuinamente contrariata, in puzza
sotto il naso e in disgusto tutt’altro che tenero.
Era strano dirlo, ma solo ora vedeva veramente. Perché
vedeva cose che gli altri non vedevano. Perché gli altri non volevano
vedere, ma lei sì.
Hermione non avrebbe mai più voluto chiudere i suoi occhi.
Il sorriso dolce che era nato spontaneo sulle sue labbra, e
quel calore che le si era acceso in petto, si trasformarono all’istante, quando
videro una esasperata Pansy Parkinson alzare gli occhi al cielo e mettere tra
le mani del suo ragazzo un tovagliolo.
Draco si voltò verso la mora, la quale avvicinò l’indice
sottile alla bocca del ragazzo e, dopo averlo sporcato di marmellata, lo portò
alle labbra.
Il Serpeverde rimase a fissarla per alcuni secondi, poi la
Parkinson disse qualcosa ridendo ed Hermione vide Draco sorridere. Sorrise
nella sua particolare maniera, che non poteva definirsi un vero e proprio
sorriso, e poi si pulì col tovagliolo immacolato.
“Ehi… stai andando in fiamme. Hermione calmati, se è così
che volete mantenere il vostro segreto…”
Si voltò verso Ginny ritornando alla realtà, si era
completamente scordata della sua presenza. Si era scordata di tutto il resto,
per la verità.
Vedeva solo lui, Draco… e poi la Parkinson.
Strinse i pugni, ma aveva ragione Ginny. Non poteva
comportarsi così e buttare tutto all’aria.
Intanto l’altra Grifondoro la guardava quasi incredula.
No, ancora non poteva credere che quei due stessero davvero
insieme. Ma la reazione di Hermione l’aveva fatta scontrare con la realtà.
Eppure lei non si fidava di Draco Malfoy, nonostante tutto
quello che la sua amica potesse dire...
“Sta arrivando Ron” disse scrutando suo fratello che
avanzava verso di loro.
“Ed ha una faccia!” aggiunse divertita.
Ron arrivò qualche secondo dopo e senza tanti convenevoli si
rivolse ad Hermione.
“Allora?”
“Cosa Ronald?!”
Hermione rispose più bruscamente di quanto avesse voluto
farlo, ma per fortuna il ragazzo decise di sorvolare sul suo comportamento.
“Hai parlato con questo Vertigo?”
“Sì. Ma ci vuole tempo per certe cose.”
“Be’ cerca di sbrigarti. Meno ci hai a che fare con quello e
meglio è” disse occhieggiando verso la tavola dei Serpeverde. Poi andò via
superandole.
Hermione lo guardò allontanarsi apprensiva per quello che
sarebbe successo se Ron avesse scoperto la verità, e Ginny sembrava star
pensando la stessa cosa.
Dalla Sala Grande intanto iniziavano ad uscire sempre più
studenti, così, per non essere d’intralcio, le due Grifondoro si spostarono un
po’ più in là nella Sala d’Ingresso.
Dopo poco Hermione vide Draco, Zabini, Tiger, Goyle, e
l’immancabile Pansy Parkinson, dirigersi verso i sotterranei. Guardò con odio
la Serpeverde, che però non si accorse di lei.
Fortunatamente, dichiarò poi Ginny a bassa voce.
“Quella Parkinson è proprio insopportabile! Gli sta sempre
addosso!” disse Hermione con fare sapiente e con una voce squillante.
“Ne sei sicura?”
“Come?”
“Dico, ne sei sicura che sia insopportabile? Te l’ha detto
lui?”
Hermione rimase zitta a guardare truce l’altra.
“Che vorresti dire?”
“Ah… niente” Ginny sospirò e fece per andarsene, non voleva
complicare le cose ad Hermione o prendere il ruolo della portatrice di
zizzania. Ma la tentazione di insultare Malfoy, a volte era troppo forte.
“No, aspetta. Che cosa vuoi dire, Ginny?”
Hermione la bloccò e la guardò negli occhi.
“Sei proprio sicura di volerlo sapere?”
“Certo!” vi era preoccupazione nascosta nella sua voce.
Ginny restò in silenzio, cercando di capire se quello che
stava per fare era la cosa giusta. Ma poi pensò che Draco Malfoy era il male,
non ci voleva un indovino per capirlo, e quindi sì, lei stava facendo la cosa
giusta.
“Lo faccio per te, Hermione.”
Prese coraggio e parlò.
“Quando tu ancora non vedevi, lui non ha smesso di
frequentarsi con la Parkinson.”
“Che vuoi dire…?”
Hermione era visibilmente disorientata e spaventata da
quello che stava per sentire e Ginny sospirò sommessamente.
“Be’… io li ho visti che si baciavano. Più volte… spesso!”
aggiunse tutt’ad un fiato.
Hermione fece un passo all’indietro e improvvisamente i suoi
occhi si fecero spenti.
“Hermione…”
La riccia si voltò e senza dire una parola andò via.
“Hermione…?” la chiamò un’ultima volta, ma la sua voce era
troppo bassa, troppo insicura.
E in quel momento, Ginevra Weasley si rese conto che, forse,
aveva sbagliato…
La trovò nei bagni femminili del terzo piano, circa un
quarto d’ora dopo. Quando Hermione la vide tramite lo specchio le sorrise
tristemente.
“Sono stata una stupida, Ginny. Avevi ragione tu a non
fidarti.”
Hermione si voltò e Ginny stava per aprire bocca, mentre i
sensi di colpa le attanagliavano il cuore, ma l’altra, con lo sguardo fisso nel
vuoto, continuò a parlare.
“Non so perché l’abbia fatto… in fondo ha ottenuto quello
che voleva. Credo che sapesse sin dal principio che avrei rispettato i patti, e
comunque era cosciente che quello che mi chiedeva non era la luna… Quindi non
so perché, forse voleva solo giocare. Ma ha sbagliato. Io sono stata ingenua e
ceca, molto più di quando non riuscivo a vedere i colori, ma lui ha davvero
commesso un grosso errore. Io non voglio piangere per lui, e non lo farò!”
Più decisa che mai a fargliela pagare Hermione si allontanò
dal lavandino a cui era appoggiata, diretta verso la porta.
“Aspetta! Magari… magari non ho visto bene e-”
“No, Ginny. Ti ringrazio, ma so che hai visto benissimo.”
Hermione uscì dal bagno e questa volta fu Ginny ad aver
voglia di piangere. Voleva sistemare le cose, doveva farlo, ma aveva
paura che raccontare la verità ad Hermione sarebbe stato catastrofico per la
loro amicizia.
Rimase in bagno a fissarsi allo specchio, a fissare il
riflesso di una persona che aveva ingannato la sua migliore amica.
Si lo so, lo so… non è tra i capitoli più lunghi. Chiedo
perdono, ma mi serviva dividere così i capitoli in modo da dare un senso ad
ognuno di essi.
Questo capitolo per chi già non aveva Ginny in simpatia deve
essere stato cruciale, io personalmente non ho niente contro il suo
personaggio, direi che mi è indifferente, e forse è anche paggio, ma per chi
adora Ginny… be’ non me ne abbiate ^^ ;)
Ringrazio moltissimo e con enorme affetto anfimissi,
lunachan62, white_tifa, nightyrock, chiaras e little lady butterfly!!!
Spero di non aver scordato nessuno ^^… E voi altri, una
piccola recensione? ** Guardate che io mi demoralizzo…- -
Leggendo le vostre recensioni, che come al solito mi
riempiono di gioia, mi sono accorta che abbiamo tra noi molte “anti-Ginny”
(permettetemi questo termine obsoleto)… meglio così forse, non ci avranno
sofferto molte persone per questa Ginny così maligna. Tuttavia non vi ci
abituate…
Ginny in fondo credeva di fare il meglio per la sua amica,
era in buona fede e la sua non è stata una scelta facile.
Molte di voi mi hanno chiesto come mai Hermione si è fidata
così ciecamente, vi rispondo dicendo, come ha già rilevato anfimissi, che Ginny
è la sua migliore amica. Provate a mettervi nei panni di Hermione e forse la
capirete di più.
Perché la nostra Hermione ha creduto eccome a Ginny e ha
agito di conseguenza…
Leggere per credere ;)
Cap. 14
Hermione camminava spedita verso i sotterranei. Doveva
trovarlo quel bastardo Serpeverde!
Per un attimo ripensò ai momenti passati insieme, ad alcune
cose che sembravano troppo vere e innocenti in lui per essere premeditate, ma
non si lasciò intenerire. Era Draco Malfoy, ci si poteva aspettare di tutto, e
lei questo se l’era scordato, mettendo così in pericolo persino i suoi amici.
Ma che razza di persona era?
Non riuscì a dare una risposta alla sua domanda perché in
quel momento vide Malfoy uscire dai sotterranei, da solo.
Probabilmente stava venendo a cercarla.
Si girò e la vide, Hermione stava venendo verso di lui. Si
scambiarono un lungo sguardo e poi Draco iniziò a procedere normalmente tra la
folla di studenti. Era diretto al lago, dove lei l’avrebbe seguito.
Attraversò il grande salone d’ingresso, sorpasso la pesante
e mastodontica porta d’entrata e si ritrovò fuori dalle mura di Hogwarts. C’era
ancora troppa gente.
Ignorò un paio di richiami da un trafelato, impegnato,
quanto scocciante, Higgs e quando fu abbastanza lontano dalla scuola e da occhi
indiscreti, all’ombra di un albero secolare, si voltò.
Come si aspettava, Hermione stava arrivando.
Aveva le spalle rigide ed una espressione seria, anche
troppo. Che fosse successo qualcosa?
Quando arrivò davanti a lui, stava per chiederle se c’era
qualcosa che non andava, stava per avvicinarsi e baciarla, ma non potè fare più
di un passo perché la ragazza gli puntò contro la bacchetta.
Draco sussultò e indietreggiò. Hermione aveva uno sguardo
agguerrito e pieno di risentimento, mentre teneva la bacchetta ben salda in
pugno.
Lui la scrutò per qualche secondo, insicuro.
“Che fai?”
“Faccio quello che è giusto, Malfoy.”
“Malfoy? Hai mangiato qualcosa che ti ha fatto male?”
“No. A meno che non ce l’abbia messa tu, o qualcuno dei tuoi
amichetti, nel mio piatto.”
“Ma che stai dicendo? Abbassa quella bacchetta, per favore”
rispose in tono scocciato.
“Certo, come no. Hai finito di prendermi in giro, Malfoy!”
Tese la bacchetta osservano l’espressione corrucciata del
ragazzo e pronunciò l’incantesimo.
“Incarcero.”
Draco venne sbattuto contro un albero e delle funi apparsero
attorno ai suoi polsi, strisciando sulla sua pelle e poi legandolo al robusto
tronco.
Si voltò sbalordito e arrabbiato verso la ragazza che non
aveva mutato minimamente la sua posizione.
“Adesso basta! Non so cosa ti sia preso ma finiscila con
questi giochetti e liberami! Subito!” disse strattonando le mani nel tentativo
di liberarsi dalla presa ferrea della corde.
“E’ inutile, solo un incantesimo può liberarti. Ma visto che
non puoi utilizzare la bacchetta, e che qui in giro non c’è nessuno… credo che
tu non abbia alcuna possibilità.”
Si avvicinò a lui e iniziò a cercare nelle varie tasche la
sua bacchetta. Quella sarebbe stata l’ultima volta che gli si sarebbe
avvicinata così tanto.
Sentiva il calore del suo corpo, ma cercò di non pensarci.
Quando finalmente trovò la bacchetta la mise nella tasca della sua divisa e,
allontanatasi di qualche passo, si voltò a guardare Draco che, con sguardo infuriato
e offeso, la osservava.
Iniziava a capire, allora, che con Hermione Granger non si
scherza?
“Allora… mi vuoi gentilmente spiegare perché tutt’ad
un tratto sei andata fuori di testa? Mi sto iniziando ad arrabbiare seriamente
Hermione!”
“Puoi anche tornare a chiamarmi Granger, è finita la
scenetta. E’ incredibile quanto una persona può essere falsa.”
“Ma di cosa stai parlando?!”
Gli puntò nuovamente la bacchetta contro e velocemente
terminò la sua opera.
“Avis Oppugno!”
Un gruppo di canarini iniziò a picchiare Malfoy sul viso e
sul capo, lo sentì imprecare e gemere di dolore.
Hermione si voltò e ripose la bacchetta. Con Ron
quell’incantesimo aveva dato i suoi buoni effetti, e per ora era sufficiente.
Quando l’avrebbe saputo il suo amico… be’, Malfoy avrebbe avuto parecchio da
fare.
“Hermione!” lo sentì urlare allontanandosi.
Era sera, ed Hermione si sentiva soddisfatta ma anche
infelice.
Non le sembrava vero, Draco aveva finto tutto, tutto…
persino la sua gelosia. Avrebbe sicuramente vinto un Oscar come migliore
attore, fosse stato in un film. Peccato che la sua vita non fosse un film, e
che Draco probabilmente non sapeva nemmeno cosa significasse quella strana
parola.
Sicuramente al sol sentirla avrebbe fatto una faccia
schifata e, dopo aver sentenziato qualche apprezzamento non molto carino sui
Babbani, avrebbe cambiato discorso…
Era sempre il solito Draco Malfoy, e lei era l’unica a non
essersene accorta.
Guardò, sospirando, i libri e i compiti davanti a sé. Se
continuava così non avrebbe finito nemmeno per il giorno dopo!
Dopo poco Ginny le fu accanto e apprensiva le parlò.
“Allora Hermione, hai parlato con Malfoy?”
“Certo che sì!” rispose piegandosi sulla sua pergamena in
maniera naturale.
“E come è andata?”
“Bene, molto bene. Ti ringrazio infinitivamente Ginny.”
“P-perché?”
“Per avermi aperto gli occhi. Non credo si permetterà più di
avvicinarsi a me, e gli conviene!”
Ginny sentendo quelle parole deglutì.
“Cosa hai fatto?”
“Mh… be’, credo che se domani lo guarderai in faccia qualche
segno dovrebbe essere rimasto.”
Restò in silenzio mentre Hermione raccoglieva le sue cose.
“Notte Gin” la salutò velocemente e salì di sopra, le
sorrise ma Ginny sapeva che in realtà era triste. L’aveva vista, prima, quando
si stava avvicinando a lei.
Sospirò affranta.
In fondo aveva ottenuto quello che voleva, aveva fatto
allontanare Malfoy da Hermione. Era un bene, sicuramente per lei lo era, ma per
la sua amica? Si ritrovò a pensare.
Sospirò un’altra volta e si abbandonò contro la poltrona
rossa. Sapeva che non sarebbe finita lì, ma non voleva pensare a quello che
sarebbe potuto succedere.
Il giorno dopo Ginny mangiò poco a colazione, mentre
Hermione la saltò del tutto. Cercò di guardare furtivamente al tavolo dei
Serpeverde e, per quei pochi secondi che esaminò i componenti della Casa
verde-argento, si accorse che Draco Malfoy mancava all’appello.
“Magari è in infermeria…”
Pensò con una pizzico di rammarico.
Non che le dispiacesse la notizia di Malfoy in infermeria,
per tutto quello che aveva fatto a lei, a Harry e ai suoi amici, se lo meritava
eccome! Ma era stata Hermione a mandarcelo, per colpa sua, per una cosa che non
esisteva, per un’accusa infondata…
Nel frattempo Draco era rimasto nel suo dormitorio. Per
fortuna era stato Blaise a trovarlo… Per fortuna, perché sarebbe stato troppo
imbarazzante con qualcun altro, più di quanto non lo era già stato.
Si guardò allo specchio che rimandò indietro il suo riflesso
ingiustamente ed evidentemente cambiato, in peggio.
Il suo viso era ricoperto da taglietti e graffi e così buona
parte del collo, per non parlare del dolore che avvertiva alla nuca.
Ripensò un’ultima volta ad Hermione, cercando di analizzare
con calma il suo comportamento ma, per quanto si sforzasse, davvero non
riusciva a trovare neanche una cosa che avrebbe potuto scatenare in lei una
simile reazione.
Che c’entrasse in qualche modo Weasley? Probabile, ma non
riusciva comunque a capire…
“Dannata Grifondoro!”
Con un gesto stizzito si allontanò dallo specchio e prese la
borsa con i libri. Sarebbe volentieri rimasto chiuso in camera fino a quando
quei segni non fossero scomparsi, ma non poteva.
A tutti gli altri avrebbe semplicemente parlato di un
problema con un incantesimo, e in parte era vero, ma sapeva già di doversi
sorbire occhiate divertite e risatine trattenute, se gli andava bene…
Uscì dai sotterranei deciso a parlare con Hermione, in oltre
voleva riavere indietro la sua bacchetta. A prima ora avevano Incantesimi.
Si affacciò alla Sala Grande, ma lei non c’era. Così provò
nel giardino della scuola, ma non era nemmeno lì.
Era quindi fermo all’ingresso e si guardava in torno
irritato, non aveva più molto tempo.
“Ehi Malfoy che ti è successo?” gli disse divertito un
Grifondoro, Lee Jordan, passandogli davanti per salire le scale che lo avrebbero
portato alla Torre.
“Fatti gli affari tuoi!”
Decidendo che non poteva aspettare oltre Draco si avviò
verso l’infermeria, prima della lezione doveva chiedere a Madama Chips se aveva
qualcosa per far guarire più velocemente quelle ferite.
Entrato in infermeria chiamò Madama Chips, che uscì dalla
stanzetta dove erano tenuti tutti i medicinali assieme ad un ragazza, assieme
ad Hermione Granger.
Si fissarono per qualche secondo, intanto l’infermiera lo
stava guardando indignata.
“Aspetta qui, vado prendere qualcosa per quei graffi. E tu,
cara, mi raccomando non eccedere con quella pozione, altrimenti il mal di testa
invece di passare potrebbe degenerare.”
Madama Chips tornò nella stanza da cui era venuta e Draco ed
Hermione rimasero soli.
Hermione stringeva tra le mani una ampollina e guardava il
ragazzo di fronte a lei, che aveva un’espressione molto arrabbiata.
Osservò il suo viso, e forse avrebbe dovuto ridere, ma non
ci riuscì.
“Credo che tu abbia qualcosa di mio” disse con calma.
“Davvero? Non mi risulta.”
“Piantala Granger. Mi serve la mia bacchetta.”
“Oh quella. No, non la ho io.”
“E allora dove è?!”
Hermione alzò le spalle.
“Credo di averla lasciata da qualche parte in giro per il
castello. Hogwarts è grande, non mi ricordo.”
Draco assottigliò gli occhi e cercò di controllarsi, intanto
Hermione era arrivata all’uscita.
“Se deciderai di darmi delle spiegazioni, un giorno, sarò
ben felice di ascoltarti… Ma se aspetti troppo, potresti anche non trovarmi” le
disse ad alta voce in modo che lo potesse sentire.
Gli sembrò di vederla indugiare davanti alla porta, ma
probabilmente si sbagliò perché la ragazza andò via senza voltarsi.
Stava ancora guardando nel punto in cui Hermione era
sparita, confuso in un mare di emozioni, la rabbia, la tristezza e soprattutto
l’incredulità, quando si sentì trascinare per un braccio.
“Forza, vieni. Non riuscirò comunque a guarirti del tutto,
per quello devi solo aspettare. Ma si può sapere, piuttosto, come hai fatto?”
Madama Chips lo portò a sedere su di un lettino, continuando a borbottare
qualcosa sulla capacità degli studenti di farsi del male nelle maniere più
assurde, ma i pensieri di Draco erano rivolti altrove.
Hermione entrò nella serra di Erbologia, dove avrebbe
affrontato la prima lezione della giornata e dove ancora non c’era nessuno.
Lasciò i libri su di un tavolo e si appoggiò ad esso stancamente.
Era convinta di aver fatto la cosa giusta, Malfoy l’aveva
ingannata. Ma allora perché non glielo spiattellava in faccia, ghignando e
prendendola in giro? Perché si ostinava invece a chiedere spiegazioni?
Era più che chiaro a cosa Hermione si riferisse, altrimenti
perché chiamarlo “falso”, o parlare di “scenette”?
Raddrizzò velocemente la schiena e ricacciò in dietro le
lacrime, se l’era ripromesso. Non avrebbe pianto.
Solo che Hermione mentiva a sé stessa, perché qualche
lacrima era già andata a bagnare il suo cuscino in quelle notti.
La serra pian piano iniziò a popolarsi e tra gli studenti in
arrivo c’era Ron. Gli sorrise, vedendolo avvicinarsi, ma per una frazione di
secondi la sua vista si oscurò.
Come se qualcuno avesse spento e riacceso le luci, aveva
visto il nero avvolgere tutto e tutti e poi scomparire.
Sbattè le ciglia e pensò che aveva fatto male quella mattina
a non fare colazione, un calo di zuccheri non era quello che le serviva.
La sera aveva portato con sé un venticello fresco,
abbastanza forte da far salire qualche brivido lungo la schiena alle persone
che avevano deciso di fare una passeggiatina notturna, al di fuori delle mura
del castello.
Draco era seduto sulle scalinate che portavano alla scuola.
Era passata un’intera giornata e ancora non aveva trovato la sua bacchetta.
Cos’è un mago senza la bacchetta?!
Avrebbe potuto chiedere a qualcuno di praticare un
Incantesimo di Apello, ma dopo quello che gli era successo, e che tutti avevano
in pochi minuti saputo, non gli andava di rovinare ulteriormente la sua
immagine dichiarando di aver persino smarrito la bacchetta. Era una questione
di orgoglio, nemmeno Blaise ne era al corrente. Quindi se la sarebbe cavato da
solo.
Cercare la bacchetta per tutta Hogwarts sarebbe stato da
folli, magari Hermione l’aveva anche nascosta, oltre che abbandonata.
Guardò l’ora sul grande orologio del cortile e si disse che
era ora di andare, tra poco Gazza avrebbe iniziato a fare i giri di guardia.
Si alzò in piedi velocemente. Ma certo, Gazza!
Doveva solo recarsi nel suo ufficio, lì il Custode
conservava tutti gli oggetti smarriti.
Hermione Granger, nel frattempo, era nella sua Sala Comune a
chiacchierare con un socievole Matt Vertigo. Draco aveva comunque fatto la sua
parte, e ora toccava a lei. Non si sarebbe tirata indietro e, inoltre, non
voleva avere debiti o conti in sospeso con nessuno, men che meno con lui.
“E così sei imparentato con la nostra professoressa!”
“Già, è una mia zia. Però non mi chiedere di che grado
perché non ti saprei proprio rispondere. So solo che lei è la figlia… della
sorella… di mio nonno paterno. Bel casino eh?” disse corrugando la fronte nel
tentativo di ricordare e completando la frase con un sorriso alzando gli occhi
al cielo.
Hermione aveva subito cercato di memorizzare l’informazione.
“Già… Ecco quindi perché non portate lo stesso cognome. La
Waag ha preso il cognome dal padre e non dalla madre che è tua parente di
sangue!”
“Sì…” rispose incerto, vedendo l’entusiasmo di Hermione.
“Ehm… scusa. E che mi affascinando gli intrighi famigliari e
le parentele” rispose imbarazzata lei vedendo la faccia del ragazzo.
“Nessun problema” rispose sorridente il ragazzo.
Hermione rimase in silenzio per qualche secondo, ora veniva
la parte più bella…e più difficile.
“Sai Matt ho scoperto, per caso, che anche tua zia era una
Grifondoro. Dicono siano cose ereditarie.”
“Sì, tutta la mia famiglia lo è stata! Ne andiamo orgogliosi
ovviamente! Tempo fa, mi ha raccontato mia madre, possedevamo persino un
cimelio che aveva a che fare con Godric Grifondoro, ma non ricordo bene cosa.
Era comunque un oggetto di grande valore.”
“Un cimelio di Godric Grifondoro?! Certo che era di grande
valore! Però… E non lo avete più?
“No, la mia famiglia l’ha dovuto vendere” rispose affranto.
“Peccato… Forse un brutto periodo economico?” Hermione fece
quella riflessione a cuor leggero, e si morse la lingua quando vide il disagio
del ragazzo.
“Proprio così. E’ stata colpa di alcune famiglie dell’ alta
nobiltà. Io non ero ancora nato quando successe ma ci furono delle storie
per un investimento agricolo che la mia famiglia aveva fatto, e per il quale
aveva esaurito gran parte del patrimonio. Questo ad alcuni signori non andava
bene, se non ho capito male per la posizione del terreno o non so chè, e
finirono in tribunale. Naturalmente la causa la vinsero i Malfoy e gli altri”
terminò con asprezza.
“I Malfoy?!”
“Sì. So per certo che loro c’entrano qualcosa”
“Quindi sono stati i Malfoy gli artefici del vostro crollo
finanziario!”
Il ragazzo la guardò con la fronte corrugata, quelle non
erano certo notizie da gridare a destra e a manca.
“E’ brutta gente quella, tutta quanta” terminò con fare
sapiente per cercare di rimediare.
“Senti Hermione, io… io credo di aver parlato un po’ troppo.
Ho questo vizio, me lo dicono tutti. Però ti pregherei, insomma…”
“Certo, non ti preoccupare Matt. Non dirò una parola, non
avrei alcuno interesse a farlo.”
“Grazie” disse imbarazzato.
Era stata una fortuna che il ragazzo fosse piuttosto
loquace, se l’era sbrigata prima di quanto pensasse.
Per un attimo aveva avuto la voglia di correre da Draco a
raccontargli tutto, abbracciandolo e baciandolo, ma poi era tornata alla
realtà, ricordandosi quale fosse.
Strinse la sua bacchetta tra le mani e sospirò di sollievo.
Dopo averlo guardato in cagnesco, Gazza gliela aveva resa
senza neanche una parola.
Draco entrò nella sua camera, allentandosi la cravatta e
appoggiando la bacchetta sul comodino. Si stese sul letto, le braccia
incrociate dietro la testa, e prese a guardarsi in giro.
Guardò il soffitto e poi sbuffando abbassò di nuovo lo
sguardo, ed ecco che vide qualcosa luccicare tra i libri e le cravatte sul suo
comodino.
Si alzò e, scavando tra le varie cianfrusaglie, riuscì a
prendere l’oggetto che aveva catturato il suo interesse, e che riconobbe essere
la fialetta contente l’ultima parte della pozione per Hermione.
La passò da una mano all’altra, giocandoci con disinvoltura
e osservandola.
Il liquido trasparente, facilmente confondibile con l’acqua
ma che in realtà era tutt’altro, si riversò da un lato all’altro del
contenitore e ogni tanto liberava qualche bollicina. Chiuse la mano destra
attorno ad essa e poi sospirando la rimise apposto, l’indomani l’avrebbe
consegnata alla sua proprietaria.
Se non l’avesse bevuta entro una settimana, Hermione avrebbe
rischiato di perdere nuovamente la vista. Per sempre.
Lei non sapeva nulla di tutto ciò, non gliene aveva mai
parlato dato che per lui, sin dall’inizio, quella doveva essere una garanzia
che la ragazza rispettasse i patti. Ora però, aveva deciso di ultimare il suo
lavoro in qualunque caso.
Storse il naso, pensando che prima una cose del genere non
l’avrebbe mai fatta.
La porta della camera si aprì e Tiger e Goyle entrarono
piuttosto stanchi, la punizione con Piton doveva essere stata pesante.
“Tieni, è per te.”
Goyle gli porse una lettera e poi si diresse vero il suo
letto.
“L’ha portata un allocco, qua giù non arrivano e così l’ha
lasciata a noi.”
La guardò scetticamente, ne aveva già vista una simile. La
girò sul retro e trattenne il fiato.
Una lettera del Ministero.
Si sedette sul letto, in un angolo, il più lontano possibile
da tutti e aprì la busta.
Era arrivato quindi il momento di giustiziare Lucius
Malfoy? Il Ministero aveva finalmente liberato la sua agenda?
Aprì la lettera piegata in due, velocemente, ma con meno
ferocia abbassò lo sguardo su quelle righe.
Alla fine però lesse, lesse quello che purtroppo aveva
immaginato ma che ancora sperava non si fosse avverato.
Tre giorni, solo tre.
Richiuse la lettera, con calma, come se nulla fosse
successo. Osservandolo bene però, qualcuno si sarebbe accorto che Draco Malfoy
aveva gli occhi fissi e persi nel vuoto.
Hermione quella mattina si svegliò frastornata, aveva avuto
una notte piena di sogni e di questi ne ricordava solo alcuni frammenti.
Sapeva bene però, che in ogni singolo sogno, Draco Malfoy era presente.
Fece mente locale su quello che aveva scoperto riguardo la
Waag, si alzò quindi dal letto dirigendosi verso il bagno per cambiarsi e
lavarsi.
Oggi avrebbe chiuso i conti.
Trovò Draco nel corridoio del settimo piano, alla seconda
ora. Gli fece segno di seguirla e si appartarono nell’aula di Divinazione
vuota.
Hermione, chiusa la botola, si voltò verso di lui e iniziò a
parlare senza pause.
“Ho comunque tenuto fede al nostro patto, quindi ho indagato
sulla Waag. A quanto pare la tua famiglia è stata la responsabile del crollo
economico della sua, ci furono alcune storie per delle terre.
“E così… avevi ragione, qualcosa sotto c’era.”
Guardava Draco, che sembrava ascoltare tutto quello che gli
diceva passivamente. Non aveva proferito parola, né si era dimostrato in
qualche modo entusiasta.
“Io ho fatto quello che dovevo, quindi credo che non abbiamo più niente da
dirci.”
Lui la continuava a guardare, scrutava i suoi occhi ma non
parlava.
Non aveva più nient’altro da fare lì in quella stanza, ma
qualcosa la tratteneva.
Non sapeva perchè, ma appena l’aveva visto, quella mattina,
Hermione aveva subito pensato che Draco fosse strano.
Gli lanciò un ultimo sguardo e poi si abbassò per aprire la
botola.
“Mi vuoi dire che è successo? Te lo chiedo un’ultima volta,
Hermione” la sua voce era stanca.
Hermione si bloccò.
“Lo sai. Mi sono lasciata ingannare, sono stata ingenua.
Eppure Ginny me l’aveva detto. Non so che cosa volessi ottenere, Malfoy, ma sta
sicuro che ora ho capito bene chi sei. E’ comunque, lasciatelo dire, hai dei
gusti orrendi. Pansy Parkinson è quanto di peggio potessi trovare.”
“Ma che c’entra ora? Che stai dicendo?”
Hermione però era già scivolata di sotto, richiudendo la
botola.
Con un verso esasperato, Draco si sedette su di un puff
giallo ocra con dei decori dorati. Aveva altri problemi, ora, piuttosto che
pensare alla gelosia infondata di quella ragazza.
Pansy! Sempre Pansy! Non avevano rapporti ravvicinati da
mesi!
Si prese la testa tra le mani e decise di mettere da parte i
problemi con Hermione. Se si comportava così era davvero una stupida, e di
certo lui non avrebbe più perso tempo per lei...
Purtroppo da sua madre nessuna notizia, ma oggi le avrebbe
scritto. L’attesa era un’agonia, e quando si è tenuti all’oscuro di tutto è
anche peggio.
Magari era stato organizzato qualche piano. Qualcosa bolliva
in pentola, per forza!
Perché non era possibile, davvero no, che suo padre… morisse
baciato dai Dissennatori.
I Dissennatori… quelle spregevoli creature erano passate di
nuovo dalla parte del Ministero, una volta scomparso il Signore Oscuro.
Passarono altri due giorni, sua madre gli aveva fatto capire
che di speranze ce ne erano poche, nonostante stesse provando di tutto. Lui era
sempre più ansioso, irritante e spaventato.
Con Hermione non aveva più parlato da quando era venuta a comunicargli
di aver svolto la sua parte del patto, ma l’aveva scorta più di una volta a
guardarlo con un’espressione dubbiosa. Nel frattempo durante le sue lezioni la
Waag si era mostrata sempre più giovale e felice, si poteva dire che gli stesse
dando tregua. Nessuna ingiustizia eclatante, niente battutine, e finalmente
Draco potè tirare un respiro di sollievo.
In quel momento era nel suo letto, tutti i suoi compagni
dormivano e il loro russare ne era la prova. Si girava e rigirava tra le
lenzuola, erano passate forse ore da quando si era messo a letto ma, ostaggio
dei suoi pensieri, non era ancora riuscito a chiudere occhio.
L’indomani sera, come in quel momento, forse sarebbe stato
orfano di padre. Non era una cosa che capitava tutti i giorni…
Draco aveva chiesto di tornare a casa, ma sua madre aveva
detto che non dovevano puntare i riflettori su di loro. Quindi, fin quando non
sarebbe successo l’irreparabile, doveva comportarsi come nulla fosse.
Perché non è mai detta l’ultima parola… Gli aveva
scritto. E lui confidava in quelle parole, trovando un appiglio, un barlume di
speranza che forse non c’era.
La Sala Grande pullulava come al solito di studenti
affamati, ed Hermione Granger era seduta al tavolo dei Grifondoro, con il viso
sul palmo della mano, girando distrattamente il suo latte e caffè.
In quei giorni non aveva più parlato con Draco, ma l’aveva
osservato molto, non riusciva a farne a meno, e si convinceva sempre più che
qualcosa non andava in lui.
Non sorrideva (e questo in effetti era chiedere troppo), non
ghignava e non sghignazzava come di consueto con i suoi amici. Non aveva
attaccato briga con nessuno, aveva sempre ignorato lei e Ron, e neanche per
sbaglio lo si vedeva nel parco durante le ore di buca.
Ma in fondo a lei che importava? Insomma, l’aveva ingannata,
era stata il suo gioco e lei stava ancora a preoccuparsi per lui?!
Portò la grande tazza colorata alle labbra e sorseggiò un
po’ di bevanda calda. Vide Ginny che la guardava preoccupata e dispiaciuta, le
sorrise non sapendo che altro fare e poi tornò alla sua colazione.
Anche Ginny in quei giorni era strana. Le era sembrato più
volte che volesse dirle qualcosa, ma si tratteneva, e aveva anche avuto
l’impressione che volesse che lei si chiarisse con Malfoy. Ma chiarire
cosa?
Al contrario, Ron era allegro e pimpante da quando gli aveva
detto di non avere più alcun genere di rapporto con il Serpeverde.
Si ritrovò a pensare che era stata una fortuna il fatto di
non aver detto nulla al suo amico, riguardo a lei e Draco. A guardare come era
finita, l’avrebbe solo fatto agitare e preoccupare per niente. Inoltre avrebbe
perso un po’ della stima e della fiducia che Ron riponeva in lei, ne era certa.
Centinaia di gufi planarono sopra i tavoli della Case,
portando con sé pacchetti, giornali e lettere.
Un gufo marrone consegnò ad Hermione la consueta Gazzetta
del Profeta che, con molta eleganza, aprì.
In prima pagina un titolo risaltava:
“Fuga da Azkaban durante la notte!”
Sgranò gli occhi e guardò la foto, che ritraeva un’intera
fila di celle dai cancelli scardinati e dalle grate ridotte in piccoli pezzi di
ferro. Iniziò quindi a leggere frettolosamente il fitto articolo, mentre per
tutta la sala iniziavano a diffondersi squittii impauriti, sussurri ed
esclamazioni di vario genere.
“Un’altra volta le porte di Azkaban sono state raggirate
e la sicurezza della Prigione Inespugnabile, usurpata. Cinque Mangiamorte sono
scappati nella notte non lasciando traccia di sé…
Tra i ricercati sono presenti nomi importanti come
Lucius Malfoy, riuscito a scappare la notte prima dell’ esecuzione della sua
condanna, il Bacio,…”
Non finì di leggere e, a bocca parta, abbassò il giornale e
si volò a guadare Draco. Poteva vedere bene la felicità inaspettata che c’era
sul suo volto mentre teneva fra le mani il giornale e faceva scorrere i suoi
occhi, sempre e sempre più volte, su quell’articolo.
Ora capiva, capiva il perché del suo strano comportamento.
Draco doveva sapere già da prima della condanna del padre, ma evidentemente non
sapeva del piano di fuga…
I Mangiamorte fuggiti da Azkaban. Lucius Malfoy fuggito da
Azkaban… Harry sarebbe diventato furioso.
Si voltò verso Ron che teneva stretta tra le mani una copia
della Gazzetta, tremava dalla rabbia.
Si voltò di nuovo verso Draco, era felice…
Hermione restò in silenzio per tutto il resto della
colazione, non dava una sua opinione su quanto era successo, e non rispondeva a
nessuna delle domande che le venivano poste.
Guardò poi istintivamente verso il tavolo dei professori e,
dove prima sedeva una allegra professoressa Waag, ora c’era solo un posto
vuoto. Non sapeva perché ma questo le trasmetteva un senso di inquietudine,
soprattutto quando si accorse che anche Draco era andato via.
Si alzò da tavola e senza dire una parola uscì dalla Sala
Grande, presto però la voce di Ginny la raggiunse.
“Hermione aspetta!”
La raggiunse correndo.
“Ti devo parlare.”
“Non ora Ginny.”
“No. Adesso, Hermione.”
Ginny la condusse in giardino, in un angolo isolato e,
mentre Hermione era sempre più inquieta ed agitata, iniziò a parlare.
“Io… io Hermione ieri ti ho visto piangere, in biblioteca. E
so anche il perché.”
Hermione sussultò ricordandosi il cedimento che la sera
prima aveva avuto, quando credeva non ci fosse nessuno, se non la bibliotecaria
barricata dietro la sua scrivania. Ginny sembrava far fatica a parlare, giocava
con le sue stesse mani, poi prese un respiro e continuò.
“E’ per Malfoy. Io sinceramente non so perché, Hermione.
Devi essere sicuramente impazzita se ti sei innamorata di quello lì, però…”
“Sì Ginny, hai ragione. Sono impazzita… e mi sono
innamorata” sussurrò guardando per terra.
“Già… Hermione io te lo dico perché non ce la faccio più,
perché vederti così mi fa stare male e perché mi sento un mostro per quello che
ho fatto.”
“Di che parli Gin…?”
La sua amica stava entrando nel panico, aveva la voce
incrinata e gli occhi le erano diventati lucidi.
“Io… oddio! Hermione ti ho mentito.”
La ragazza la guardò interrogativamente e lei continuò.
“Non è vero. Non è vero che ho visto Malfoy baciarsi con la
Parkinson… Neanche una volta.”
Ginny abbassò lo sguardo, mentre un Hermione più che
sbalordita sgranava gli occhi e tentava di dire qualsiasi cosa.
“Mi dispiace…”
“Mi… mi dispiace?! Ginny ma ti rendi conto di cosa… di… di
cosa mi hai fatto fare?!”
“Io…”
“Perché? Come ti è venuto in mente di fare una cosa del
genere?!” ora stava urlando.
“Non mi piace Malfoy, ero preoccupata per te e…”
“OH!”
Si voltò e andò via senza neppure darle ascolto. Entrò nella
scuola affannata nella ricerca di Draco, ma all’ingresso si scontrò con un
affranto Matt Vertigo.
“Hermione…”
“Scusa Matt, vado di fretta.”
“Sì, certo. Solo una cosa, hai visto la professoressa
Waag?”
“No… In effetti la stavo cercando, come mai è sparita?”
“Be’ credo sia normale!”
“Perché?” chiese avvicinandosi di più al ragazzo e
abbassando la voce.
“Forse non dovrei dirtelo ma…”
“Ti prego Matt è importante.”
“E’ appena scappato dalla prigione l’assassino dei suoi
genitori, proprio quando stava per esser fatta giustizia.”
“Chi?”
“Lucius Malfoy. L’assassinio è stato elencato tra i suoi
crimini da Mangiamorte” rispose a bassissima voce.
“C-come, Lucius Malfoy? Ma… ma lei non ce l’aveva con i
Malfoy perché sono stati i responsabili del vostro crollo economico?!”
Il ragazzo la guardò accigliato e preoccupato, al contempo,
da suo comportamento.
“No, non capisco… Cioè, i problemi economici non c’entrano
con Linda, lei è parente dalla parte di mio padre e il crollo è stato della la
famiglia di mia madre. Ed è comunque successo diverse generazioni fa.”
Hermione rimase spiazzata da quelle scoperte dell’ultimo
minuto.
Aveva sbagliato tutto, lei aveva dato a Draco delle
informazioni sbagliate. Linda Waag si accaniva contro il figlio dell’assassino
dei suoi genitori, questa era la verità.
Ora era decisamente preoccupata.
Guardò l’orologio e si rese conto che era già ora di
lezione. Prima ora: Difesa Contro Le Arti Oscure, con i Serpeverde.
Si affrettò per i corridoi, doveva avvertire Draco.
Non mancava molto per raggiungere l’aula, quando
d’improvviso ebbe un violento giramento di testa e nuovamente la sua vista si
oscurò. Si appoggiò al muro, e questa volta c’era voluto più di qualche secondo
affinché recuperasse la vista.
Respirò piano, mentre un gruppo di studenti le si avvicinava
chiedendole come stava.
Si raddrizzò e, ignorando tutti, riprese a correre verso
l’aula di Difesa.
Quando arrivò, come temeva, la porta era chiusa e la lezione
già iniziata. Entrata in classe, dopo aver educatamente chiesto scusa per il
ritardo, cercò di attirare l’attenzione di Draco, ma era troppo distante.
Si sedette all’unico banco rimasto libero, in seconda fila e
al centro. Solo per qualche secondo incontrò lo sguardo di Draco, troppo poco
persino per scambiare una parola, e vide che i suoi occhi erano freddi mentre
la guardavano.
“…se aspetti troppo, potresti anche non trovarmi…”
Linda Waag nel frattempo non aveva detto una parola, non la
riprese neppure per il suo ritardo.
Era china sul suo registro e scriveva velocemente, calcando
la piuma su ogni lettera.
Dopo cinque minuti buoni, in cui la classe rimase in
silenzio, resasi cono dell’umore dell’insegnante, la Waag si alzò dalla sua
sedia.
“Bene. Oggi faremo prova pratica.”
Scrutò la classe con un’espressione seria e impescrutabile.
“Malfoy, vieni.”
Hermione trattenne il fiato, stava per urlare a Draco di non
andare. Cosa aveva in mente la Waag?
Draco intanto si era scambiato uno sguardo con Zabini,
alzandosi dalla sedia, e iniziò ad avvicinarsi alla cattedra come gli era
stato detto di fare.
La Waag era molto nervosa, ma niente avrebbe rovinato il suo
umore ottimo quella mattina, nemmeno quella isterica zitella.
La guardò negli occhi spavaldamente e questo provocò nella
donna un moto di ira, che fu però ben nascosto dal suo viso di cera.
Linda Waag si schiarì la gola, si avvicinò alla cattedra
prendendo la bacchetta e poi si rivolse nuovamente alla classe.
“Le Maledizioni Senza Perdono” disse con voce chiara e
ferma.
Draco si accigliò, non senza un pizzico di preoccupazione
che aumentò vedendo Hermione muoversi agitata sulla sedia.
“Mi scusi, vuole fare esercizio pratico con le Maledizioni?”
gli venne naturale di chiedere.
“Una volta Moody ce lo fece fare, con l’Imperius!” arrivò
una voce dal fondo dell’aula.
La Waag si voltò verso di lui sorridendo.
“E’ quello che ho detto, no?”
Quella cosa chiamata istinto naturale di sopravvivenza, o
sesto senso, si fece strada in Draco, che immediatamente mosse la mano verso la
bacchetta.
“Crucio.”
Successe tutto in pochi secondi, e non ebbe nemmeno il tempo
di stupirsi per ciò che sentì, che già si ritrovo schiacciato a terra a causa
del dolore lancinante.
Dalla classe intanto si alzavano esclamazioni e grida
spaventate, sentì il rumore delle sedie che strisciavano e parole confuse.
Stringeva pugni nel tentativo di non urlare, come invece non
aveva potuto evitare di fare all’inizio, e di impugnare decentemente la
bacchetta per reagire. Ma non ci riusciva, non riusciva a fare altro se non
contorcersi, stringere gli occhi ed essere succube di quel dolore.
Hermione si era alzata dalla sedia e guardava quello che
stava succedendo ad occhi sbarrati. Non poteva averlo fatto, non poteva aver
davvero usato una Maledizione contro un allievo.
Erano passati pochissimi secondi, il tempo per riprendersi
dallo shock, che vide un gruppo di Serpeverde, tra cui Tiger, Goyle e Zabini
prendere le bacchette e farsi avanti.
Impugnò anche lei la sua bacchetta e avanzò.
“Lo lasci!”
Un Expelliarmus venne lanciato da Zabini ma la Waag
sospendendo la Cruciatus riuscì a proteggersi.
“State indietro se non volete fare la stessa fine, questa è
una cosa che non vi riguarda!”
Aveva gli occhi infuocati e parlava tra i denti.
Irriconoscibile. Linda Waag in quel momento era irriconoscibile.
Draco intanto aveva ripreso a respirare regolarmente e,
ancora traumatizzato, si era alzato in piedi posizionando la bacchetta in sua
difesa.
“Lei è pazza” aveva detto tutto d’un fiato.
“Forse, ma proprio non ho saputo resistere, sai? Gli
assomigli così tanto, è stato come averlo davanti agli occhi ancora una volta.”
La Waag fece dei passi nella sua direzione e lui
indietreggiò, aveva la follia negli occhi.
La donna approfittò di un suo momento di distrazione, che
aveva usato per guardarsi in torno e sperare nei ragazzi che urlavano aiuto,
cercando di farsi sentire da qualcuno, per usare un Incantesimo di Disarmo non
verbale e far volare lontana la sua bacchetta.
“Di chi sta parlando?”
“Lucius Malfoy” disse piano.
“Che c’entra? Cosa vuole da me?”
Altri ragazzi intanto si erano accalcati verso la porta che
però trovarono chiusa, e iniziarono a lanciare Alohamora o a tirare calci.
“Be’ tu sei suo figlio… E non è giusto. Non è giusto che un
assassino come lui, quando finalmente stava per fare la fine che si merita, se
la sia cavata. Ancora una volta.”
“Lei lo fa per questo…? Lei usa una Cruciatus contro tutti i
figli di Mangiamorte?” la sua voce era più sottile e trasmetteva paura e
insicurezza.
“No… Io la faccio perché tu sei figlio di Lucius Malfoy, di
colui che ha ucciso i miei genitori.
E’ venuto a casa mia, distruggendola insieme ai suoi
compagni, di cui purtroppo non conosco l’entità, e se si fosse accorto di me io
avrei avuto la stessa sorte della mia famiglia. Ma invece ho continuato a
vivere, l’ho fatto solo in previsione di questo momento ed ora.... ora invece!”
concluse con isterismo nella voce tendendo ancor di più la bacchetta.
Draco sussultò. Era un insegnante di Difesa, quante
possibilità aveva contro di lei?
“Si fermi! Professoressa Waag è un crimine, non lo può
fare!”
Si voltò verso Hermione, che aveva urlato e si era avvicinata
di più a loro.
“Stai indietro! Non voglio fare del male anche a te. Tu sei
una cara ragazza Hermione…” terminò la frase addolcendo le parole e
rivolgendole uno sguardo dolce, che doveva essere affettuoso ma che la fece
solo rabbrividire.
Per una volta Draco si trovò d’accordo con l’insegnate.
“Sì, Hermione. Sta indietro.”
Si scambiarono uno sguardo intenso, carico di emozioni,
volendosi dire tante cose ma non potendo esprimere neanche una.
Lo sguardo di Draco si spostò velocemente verso la Waag, di
nuovo lo stava facendo. Stava pronunciando quelle parole.
Cercò di scappare da destra ma lei fu più veloce e, la già
vissuta sensazione di essere trapassato da aghi ardenti, si impossessò del suo
corpo.
Questa volta fu peggio, il dolore era ancora più forte, ma
durò poco.
All’improvviso si sentì libero, smise ti tremare e due mani
gli si posarono delicatamente sulle spalle, in un mezzo braccio, facendolo
alzare.
Linda Waag era appoggiata contro un muro, il capo chino, e
una mensola di boccette completamente andata in pezzi dietro di lei.
Severus Piton le puntava una bacchetta contro e i ragazzi
iniziarono ad uscire velocemente dall’aula, ancora sconvolti.
Prima di vederla scomparire oltre la porta, si guardò
un’ultima volta con Hermione, che veniva trascinata via da Weasley.
Il suo sguardo era colpevole e disperato.
Chiuse un attimo gli occhi e respirò profondamente.
“Tutto bene, signor Malfoy?”
Minerva McGranitt lo guardò con sguardo indagatore ma
preoccupato.
“Sì.”
Draco fece un passo all’indietro, avrebbe preferito essere
abbracciato da qualcun altro. Diciamolo, la McGranitt non era il massimo…
“E’stata una fortuna che Gazza, passando di qua, abbia
sentito le vostre urla. Ci ha avvertito subito.”
Annuì, capendo come erano andate le cose.
Era intanto arrivato il preside, venuto a conoscenza di
quello che era successo e che, insieme a Piton, si stava assicurando di portare
via Linda Waag, che non sembrava fare più alcun tipo di resistenza con la mani
legate da un incantesimo.
“Lo so…” diceva.
“Lo so, è stata una cosa stupida. Se proprio volevo, avrei
dovuto farlo in un posto isolato, lontano da tutti, vero, Piton? Ma all’inizio
non era mia intenzione, volevo solo fargli un po’ di paura. Poi, quando me lo
sono visto davanti… Quegli occhi, quella sfacciataggine. Non è giusto! Lucius
Malfoy deve morire!”
Draco la guardava torvo mentre, passandogli accanto tenuta
saldamente per un braccio da un ripugnate Piton, aveva iniziato a gridare e ad
agitarsi.
Era pazza, Linda Waag era pazza. Non c’era altro da dire.
Purtroppo sono difrettissima e non ho tempo di rispondere ad
ognuna di voi, ma vi ringrazio tantissimo per le recensioni, per i complimenti
e per star seguendo questa storia. Vi incito ancora, recensite recensite
recensite ragazzi!!!! Vi voglio bene
Mavi ;)
Perdonatemi gli eventuali errori... ma non ho avuto molto tempo per rileggerla... ^^
Perdonate il ritardo, lo so, avrei dovuto aggiornare circa una settimana
fa
Perdonate il ritardo, lo so, avrei dovuto aggiornare circa
una settimana fa. Il capitolo era già pronto ma la mia linea ha deciso di
guastarsi proprio nel momento meno opportuno!! Mi dispiace avervi fatto
aspettare tanto per il capitolo finale (sigh) e sì… siamo arrivati proprio alla
fine, nemmeno io me ne ero resa conto.
Credo sia scontato ripetere a tutti voi che vi ringrazio
immensamente, ma voglio farlo comunque. Grazie, grazie, grazie a tutte le
persone che hanno letto questa fanfiction, a tutte quella a cui è piaciuta, a
tutte quelle che mi hanno recensita e che mi hanno incitato ed entusiasmato a
continuare.
Vorrei ringraziare personalmente ognuna di voi ma purtroppo
non ho tempo, non mi connetto dal mio pc dato che non è ancora utilizzabile e
non so tra quanto potrò tornare a vedere le recensioni. Ho fatto comunque di
tutto per poter pubblicare questo capitolo perché so che non è coretto far
aspettare, ancor di più quando si tratta dell’ultimo. Purtroppo comunque non
potrò aggiornare la fanafiction in tutti i siti in cui è pubblicata L -__-… ripeto, questione di tempo e di
scorrevolezza nel pubblicare… Ma questo so che non vi interessa.
Buona lettura ;)
Ormai sera, Hermione era in Sala Comune, pronta ad
approfittare della prima opportunità per uscire senza dover dare spiegazioni.
Secondo voci di corridoio, Draco era stato subito portato in
infermeria e lì era stato lasciato a riposare.
Doveva andare, doveva andare da lui. Spiegarsi e chiedere
perdono.
Finalmente anche Lavanda e Calì decisero che era ora di
chiudere i libri, lasciando in sospeso almeno la metà dei compiti, e salire a
“prepararsi” per la notte. D’altronde, per togliere tutto quel trucco, smalto e
cose varie, poteva capire che ci volesse un bel po’ di tempo.
Erano con lei, seduti su di un divano, Ron e Ginny. Entrambi
stranamente silenziosi.
Il comportamento di Ginny era più che comprensibile, si
sentiva in colpa, e in ogni suo sguardo chiedeva scusa.
Non aveva più parlato con lei, ma in fondo l’aveva già
perdonata, soprattutto perché sapeva bene cosa significasse cercare
disperatamente il perdono di una persona a cui si vuole bene.
Decise di andare. Era già tardi, e non poteva aspettare che
anche Ron se ne andasse, anche perché sembrava non avere alcuna intenzione di
muoversi da lì. Si sarebbe quindi inventata una scusa.
Si alzò dal divano e, sistemandosi la gonna con causalità,
avvicinandosi al tavolo per chiudere i libri rimasti aperti, si avvicinò piano
a piano all’uscita.
“Dove vai?” le chiese Ron con voce dura.
“In biblioteca, devo prendere un libro che ho deciso di
leggere stanotte…Non ho molto sonno.”
“In biblioteca. E resti lì, stanotte, a leggere il
libro?”
“Che vuoi dire Ron?” chiese alzando un sopracciglio.
Il ragazzo si voltò verso di lei.
“Non mi prendere in giro, Hermione. Perché se ti seguissi,
sono convinto che non ti vedrei andare in biblioteca.”
Hermione deglutì.
“A no…?”
“No.”
La guardava scuro in viso.
“Perché tanta agitazione, oggi, per quello che è successo in
classe?”
“Come sarebbe a dire?! La Waag lanciava Cruciatus e tu mi
chiedi come mai era così agitata?”
“La Waag lanciava Cruciatus a Malfoy, e tu sei subito
scattata in piedi urlando “no”. Non se ne è accorto quasi nessuno,
credo, ma io ti ho visto e mi sei sembrata un po’ troppo presa. Allora,
Hermione, stai andando in biblioteca?”
“Ron, ti prego… Non ti immischiare e non diffidare, io lo
fatto e…”
Ginny parlando si era girata a guardarla, Hermione le sorrise e bastò
quello per far tornare la serenità negli occhi della sua amica.
“Ti spiegherò tutto, Ron. Te lo prometto.”
Abbozzando un sorriso uscì dal buco nel ritratto, lasciando
Ron e Ginny da soli. L’uno innervosito e lugubre, e l’altra felice e
sollevata.
I corridoi illuminati dalle torce appese alle pareti erano
ancora popolati dagli studenti più grandi, ed Hermione procedeva a passo
spedito per l’infermeria. Passando accanto ai quadri, non potè fare a meno di
sentire che tutti parlavano e discutevano dell’evento della giornata. Le voci
ad Hogwarts giravano in fretta, si sa’.
Era quasi arrivata a destinazione, quando il suo riflesso
venne catturato per qualche secondo da uno specchio dalla pesante e ornata
cornice dorata. Si fermò e tornò indietro di qualche passo per specchiarcisi.
I cappelli ricci e voluminosi erano come al solito sciolti,
mentre ricadevano naturalmente sulle spalle, e sotto gli occhi facevano bella
vista delle occhiaie.
Poche erano le volte in cui Hermione si metteva davanti ad
uno specchio con l’intenzione di rendersi “bella” per qualcosa, o per qualcuno.
Si guardò con aria critica e mise la mano in tasca,
facendola vagare tra i meandri della stoffa nera. Quando finalmente riuscì
trovare la pinza che si era portata dietro portò alcune ciocche di capelli
all’indietro, liberando così il viso. Si curò poi di far scendere un’altra
ciocca di capelli, abbastanza consistente, sulla spalla destra, in modo
casuale.
Per le occhiaie non poteva fare niente, non senza i mezzi
giusti, quindi rassegnata prese il lucidalabbra.
Lo guardò indecisa, non voleva diventare come le sue
compagne di stanza, ma in fondo che stava facendo di male? L’importante era non
esagerare e non sfiorare il fanatismo.
Decisa, passò un leggero strato di lucido trasparente sulle
labbra rosate e, guardatasi un’ultima volta, si avviò per l’infermeria.
Draco era disteso sul letto dell’infermeria ma, per quanto
quella giornata fosse stata carica di eventi ed emozioni, per non parlare del
fatto che aveva subito una Maledizione Senza Perdono, non riusciva a dormire.
Non che non fosse stanco, lo sentiva che il suo corpo chiedeva di riposare, ma
la sua mente non voleva cessare di lavorare frenetica tra pensieri,
preoccupazioni e fantasia.
Narcissa era stata avvisata dell’accaduto ed era venuta da
lui solo per qualche minuto, per accertarsi di persona che stesse bene. Aveva
il viso stanco e qualcosa gli fece capire che quella notte non aveva dormito…
Aveva provato a chiedere qualcosa su suo padre, ma la
presenza troppo vicina di Madama Chips aveva impedito a sua madre di dire
qualsiasi cosa, così aveva solo ricevuto uno sguardo rassicurante.
“Draco?”
Sussultò spaventato, era sicuro che non ci fosse nessuno, e
invece…
Si voltò, e vide che ai piedi del letto vi era una sagoma
conosciuta.
“Responsabili del crollo economico della sua famiglia,
eh?” disse acidamente mettendosi a sedere.
Hermione abbassò il capo.
“Scusa…”
La guardò incerto.
“Be’ in ogni caso non sarebbe cambiato nulla. Per un motivo
o per l’altro, non avremmo potuto prevdere quello che è successo.”
Stava impazzendo.
Invece di arrabbiarsi come un matto la scagionava così?!
Avrebbe potuto approfittarne e fargliela pagare per gli ultimi giorni infernali
che gli aveva fatto passare… ma quando l’aveva vista, aveva capito quanto già
si sentiva in colpa.
Hermione sentendo quelle parole sollevo il capo, sorpresa e
sollevata. Si avvicinò di più a lui, lasciandosi illuminare dalla calda luce
della candela, appoggiata sul comodino accanto al letto.
“Come stai?”
“Dolorante… e non riesco a dormire.”
Prese la sedia e la trascinò vicino al letto, sedendosi.
Draco la guardò torvo.
“C’è bisogno di una sedia? Ho detto che sono dolorante, non
che ho la peste…”
Hermione sorrise e, senza farselo ripetere, si sedette sul
letto.
“Ti devo delle spiegazioni” disse la Grifondoro rompendo il
silenzio che si era creato.
“Già.”
Hermione sospirò.
“Ginny mi aveva detto che tu mi ingannavi, che, quando
ancora non vedevo, in realtà continuavi a stare con la Parkinson…”
Draco stava per rispondere in sua difesa, ma lei continuò a
parlare non permettendoglielo.
“Io ho creduto a lei, insomma… era Ginny, la mia migliore
amica, e tu ancora un punto interrogativo per molti versi. Ero molto, molto
arrabbiata con te. Anzi no, ero più che arrabbiata e soprattutto… ferita.”
Lo guardò. Draco l’ascoltava in silenzio e, alle sue ultime
parole, Hermione aveva interpretato benissimo il suo pensiero. Spostò lo
sguardo dai suoi occhi limpidi, ad alcuni taglietti e graffi che ancora erano
visibili sulla sua pelle chiara.
“Anch’io ero arrabbiato, e ferito.”
Sorrise imbarazzata, rossa dalla vergogna e, abbassando gli
occhi, continuò.
“Credevo mi avessi ingannato, ma non capivo comunque il
perché. Stavo male, e oggi Ginny mi ha detto la verità…”
“Ci avrei scommesso che in qualche maniera c’entravano i
Weasley. Quella famiglia porta sfiga più di Potter” gli occhi assottigliati e
centinaia di insulti non pronunciati contro quella famiglia di inutilità dai
capelli ridicolamente rossi.
Hermione gli lanciò uno sguardo fulminante e Draco non toccò
più quell’argomento, anche se non si astenne dal sfoggiare il suo ghigno
beffardo.
“Se me ne avessi parlato prima, però, ti avrei spiegato…
Anche se dubito che mi avresti creduto, a questo punto.”
Non gli rispose, ma continuava a fissare il fuco della
candela.
“Scusa. Non ho avuto fiducia in te, e non ho nemmeno saputo
svolgere la mia parte del patto. Avrei dovuto capire che c’era qualcosa di più…
e scavare più affondo. Quando stamattina ho scoperto la vera ragione dell’odio
della Waag per te, era troppo tardi per avvisarti.”
“Lo sapevi già, a lezione?”
Hermione annuì e Draco si spiegò il motivo della sua
agitazione in classe.
“Ti ho già detto come la penso sulla faccenda della Waag,
non voglio ripetermi e non voglio nemmeno più toccare questo argomento.”
Parlò altezzoso ma Hermione sapeva che era solo una maschera
d’imbarazzo. Aveva già dichiarato che non le dava la colpa per quello che era
successo, e lui non era il tipo da dire certe cose, figurarsi dal ripeterle.
Il sorriso che incurvava le sue labbra tutt’ad un tratto si
spense. La vista le si oscurò di nuovo, la testa le girava e una strana
sensazione di spossatezza, insieme a panico, la invase. Si aggrappò al letto e
cercò di recuperare il controllo del suo corpo.
Draco le si avvicinò all’istante e ci mise pochi attimi per
collegare tutto.
“Aspetta un attimo.”
Si alzò velocemente e andò alla sedia dove erano ammucchiati
i suoi vestiti, prendendo a cercare freneticamente nelle tasche della divisa
la fialetta trasparente.
L’aveva portata con sé quella mattina, con l’intenzione di
darla ad Hermione ma, pensando alla Cruciatus subita, la paura che si fosse
rotta era più viva che mai. Però la fortuna non l’aveva ancora abbandonato del
tutto e, poco dopo, toccò il vetro liscio e freddo.
“Draco… Non vedo. Non vedo più!” era entrata nel panico e
cercò il ragazzo con la mano, accanto a sé.
“Bevila.”
Le chiuse nel pugno la fialetta.
“Cos’e?”
“Fa come ti dico, ma presto!”
Hermione esitò, toccò con le dita il tappo di sughero, e
sentì il rumore di un liquido che si muoveva all’interno del piccolo
contenitore.
“Fidati” disse semplicemente.
Sì. Si sarebbe fidata. Questa era la sua occasione per
rifarsi, giusto?
Stappò la fialetta e bevve il liquido.
In un primo momento fu come bere un liquore molto potente,
perché la gola le bruciò terribilmente, ma poi fu anche peggio.
Non riuscì a distinguere un sapore ben definito, perché non
c’era. Era solo aspro e caldo, molto caldo. La sua bocca era calda, la sua gola
era calda e anche il suo stomaco lo era. Pensò, ad un certo punto, di star
bruciando dall’interno. Tutto quel calore si concentrò poi sugli occhi, che
teneva chiusi e stretti.
Si era piegata su sé stessa e sentiva Draco, dietro di lei,
che le diceva di non preoccuparsi.
D’un tratto, però, tutto il calore come era iniziato finì.
Riaprì gli occhi, e riuscì a vedere il pavimento di pietra.
Si rialzò e si voltò verso di lui.
“Cos’era?” chiese con voce roca.
Draco si rilassò e tornò seduto.
“La seconda parte della pozione.”
Hermione corrugò la fronte e lo guardò.
“Cosa?” chiese con un filo di voce.
“Deve essere presa non oltre una settimana da quando si beve
la prima parte, altrimenti… si perde nuovamente la vista. Per sempre” lo disse
in maniera naturale, come se non fosse nulla, tornando al suo capo del letto.
“Ah…” Hermione annuiva, avvicinandosi a gattoni sul letto
verso di lui, che era seduto a gambe incrociate e con la schiena appoggiata ai
cuscini.
“E perché io non ne sapevo niente? perché non me l’hai data
subito?”
“Diciamo che mi serviva come garanzia, all’inizio…”
“Diciamo che facendo il bastardo non me l’avresti mai data…”
Draco non ribattè, pensando a quel momento in cui, steso sul
suo letto, aveva sghignazzato pensando a quella possibilità.
“E non te l’ho data prima perché... me ne sono scordato, in
un primo momento…” aggiunse vendendo la rabbia salire negli occhi della
ragazza.
“E poi, con tutto quello che è successo non ne ho avuto la
possibilità. Comunque oggi l’avevo con me perché volevo dartela!”
Vide Hermione guardarlo con rimprovero, ma un po’ della sua
rabbia era stata calmata con le sue ultima parole.
Ora erano davvero molto vicini, i loro nasi si sfioravano.
Hermione avvicinò le proprie labbra alle sue, ma lui la bloccò alzando un mano.
“Prima togliti quella roba.”
Hermione alzò un sopracciglio.
“Non voglio riempirmi la faccia di quella cosa” stava per
fare qualche commento sulle esperienze avute, ma ebbe il buon senso di frenare
la lingua prima di rovinare definitivamente quella serata.
Hermione capì a cosa si stesse riferendo e, arrossendo
leggermente, prese il lembo di lenzuolo che lui le stava offrendo, pulendosi le
labbra.
Quando tornò a guardare Draco si corse che stava ghignando.
“Che c’è?” chiese leggermente infastidita, forse perché già
conoscendo quello che stava per risponderle.
“Da quand’è che tu usi lucidalabbra e quant’altro?”
“Che c’è di strano, scusa?” ripose arrossendo.
“Niente, e che non lo fai quasi mai. Potrei pensare che lo
fai per me” disse avvicinandosi di più a lei.
“Come sei presuntuoso.”
La baciò, approfondendo gradualmente quel bacio subito
risposto con desiderio.
Hermione si godette quel bacio sino all’ultimo, pensando che
le era davvero mancato tutto quello. Tutta via c’era qualcosa di strano, quel
bacio aveva il sapore di… cioccolato!
Interruppe il bacio e lo guardò, poi si accorse di una cosa
che non aveva notato prima.
Sull’angolo della bocca del ragazzo, una macchiolina marrone
le diede ragione. Sorrise e, sotto lo sguardo perplesso di Draco, tolse il
cioccolato dal suo viso col dito indice, portandoselo poi alla bocca.
“Ah! Madama Chips!” disse lui.
“Dì alla Parkinson di tenere le mani a posto…”
“Mi spii, Granger?”
“No. Ti osservo.”
Facendo pressione sulle sue spalle lo fece stendere, e gli
si sistemò sopra.
“Come hai fatto ad entrare?”
“Madama Chips sonnecchiava su una sedia” rispose, mentre lui
la faceva stendere al suo fianco.
“Sarei voluta venire a pomeriggio, ma qualcuno mi poteva
vedere, e avrei dovuto dare spiegazioni…
“In realtà non ti vorrei solo osservare, ma parlare, Draco.
E vorrei dirlo io, alla Parkinson, di tenere le mani a posto!”
Sentì Draco sospirare.
“Anch’io vorrei spaccare la faccia a Weasley senza dover
inventare qualche scusa, non che ce ne sia bisogno in realtà.”
Hermione sbuffò esasperata. Era un caso perso…
“Mi pesa questa situazione. E non scherzare, parlo sul
serio.”
“Anch’io” disse serio.
“Sarebbe bello, sì…” aggiunse poi.
“Potrebbe essere bello” disse Hermione, sottintendendo
parole e lanciandogli un messaggio molto chiaro.
Di pendeva da lui.
“Non è una cosa semplice. Non posso dire ai miei, dal oggi
al domani, che mi frequento con te.”
“Neanche per me è facile!”
Restarono in silenzio, sempre abbracciati, ma ognuno perso
nelle proprie preoccupazioni e ragioni.
“Ed è anche un brutto momento questo, un pessimo momento.”
Draco si stava riferendo alla situazione della sua famiglia,
ed Hermione non potè che concordare con lui.
Pensò poi ad Harry, a quello che stavano passando tutti i
suoi amici più cari, e si rese conto che anche per lei la situazione non era
diversa.
“Anche per me, per noi, è un brutto momento. Ma quando si
risolverà tutto?” chiese speranzosa.
“Quando tutto sarà finito… allora… sì.”
Girò il viso per guardarlo negli occhi.
“Te lo prometto” disse lui, come avendo letto i suoi
pensieri.
La settima che seguì fu probabilmente la migliore per loro,
e la pessima per Ron. Non riusciva ad accettarlo, ma Hermione aveva deciso di
dargli tutto il tempo necessario affinché capisse e, magari, affinché tornasse
a rivolgerle parola.
A fine Marzo, giornate soleggiate e piovose si alternavano.
Ma quella mattina il sole splendeva.
Hermione era seduta in Sala Grande, e notò che stranamente
Ginny non era scesa a colazione.
Dopo sarebbe passata a vedere come mai, forse non stava
bene.
Aprì la Gazzetta del Profeta come ogni mattina e,
letto l’articolo di prima pagina, fece un sorrisino storto voltandosi a guardare
Draco.
Con grande soddisfazione, il Serpeverde si stava alzando dal
suo tavolo. Ripiegò il giornale in due e lo portò via con sé, uscendo dalla
Sala Grande con passo sicuro, spavaldo, e a testa alta.
Sarebbe stato un bel giorno per Draco, eh sì!
Sperava quindi di poterne ricavare dei frutti anche lei.
Sorrise maliziosa, ma subito cambiò espressione quando si accorse che una
ragazzina del terzo la stava fissando.
Poggiò il giornale aperto sul tavolo:
“Lucius Malfoy scagionato.”
Si sentì strattonare per una spalla e si trovò di fronte un
affannato e sorridente Ron. Il ragazzo riprendeva fiato appoggiato a lei con
una mano, e al tavolo con l’altra.
“Ron, che è successo?” chiese sorpresa e felice che il suo
amico le parlasse.
“Ho… ho fatto una corsa dalla Guferia a qui. Stavo inviando
una lettera a casa e… e un gufo mi ha portato una lettere di Remus…”
Hermione ascoltò incuriosita, e le mancò un battito quando
Ron iniziò a parlare più a bassa voce, pensando che si trattasse di quello che
sperava.
“Ci sono buone notizie Hermione! Harry! Harry è… è vivo! La
lettera non diceva molto, ma a pomeriggio Remus verrà e ci spigherà tutto!”
Aprì la bocca ma non riuscì a dire niente.
“E’… è magnifico Ron!”
Senza pensarci due volte gli saltò al collo e l’abbracciò forte.
Ron, dopo un attimo di esitazione, ricambiò l’abbraccio con altrettanto
entusiasmo.
Perchè non ci potevano credere, ma quello per cui avevano
pregato tutto l’anno si stava avverando.
Quando si allontanarono osservò Ron, nei cui occhi non c’era
più alcun rancore di riserbo per lei, e sorrideva felice.
Il Grifondoro guardò verso il tavolo, ignorando gli sguardi
e le domande di tutti.
“Dov’è Ginny?”
“Non lo so, non è scesa a colazione. Forse è alla Torre.”
Subito Ron saettò via.
“Deve sapere anche lei!” gli disse correndo via.
Hermione annuì e, ancora con il sorriso sulle labbra, si
incamminò verso l’uscita.
Trovò Draco in riva al lago, giocava con qualche sassolino
lanciandolo nell’acqua, e ghignava per la bella notizia ricevuta.
Non si era accorto della sua presenza, così prese un
sassolino da terra e lo lanciò quando lo fece lui. I due sassolini si
scontrarono e, spinti uno da un lato l’altro dall’altro, affondarono nelle
acque della Piovra Gigante, che sembrava muoversi infastidita da tutto quel trambusto.
Draco si voltò e la vide.
“Se si arrabbia che fai?” disse lei avvicinandosi e
alludendo alla piovra.
“Oggi posso anche permettermi di fare il Grifondoro…” disse
tornando a guardare il lago.
“Vuoi fare il coraggioso?” lo stuzzicò.
“No. Il cerca guai” rispose sghignazzando sotto lo sguardo
torvo di lei.
“Be’… “il cerca guai” per eccellenza sta tornando. Non avrai
vita facile, Malfoy” disse con un sorrisino divertito e furbo guardando anche
lei il lago.
Sentì il suo sguardo sorpreso su di lei.
“Potter?”
Hermione annuì, non potendo nascondere la gioia sul suo
viso.
“No...” disse in tono lamentoso.
“Non ci posso credere!”
“Neanch’io” disse lei in tutt’altro tono.
“E quando?” borbottò tirando un altro sassolino nel lago.
Questa volta la piovra gigante alzò un tentacolo, in segno
d’avvertimento.
“Spero presto.”
“Fammi sapere, così gli organizziamo una festa di
bentornato” disse con un lampo perfido negli occhi.
“Non vi sprecate” rispose Hermione comprendendo le sue
intenzioni.
Improvvisamente la prese per mano, iniziando ad avviarsi
verso la scuola a passo sostenuto.
“Be’ Granger, è un giorno speciale per me, lo è anche per
te, i nostri problemi si sono risolti… Andiamo.”
“Davvero?” chiese lei, insicura sino all’ultimo secondo che
l’avrebbe fatto. Anche se era principalmente per quella ragione che era andata
da lui.
“Io mantengo le promesse.”
Intanto due ragazzini che stavano passeggiando sgranarono
gli occhi al loro passaggio e il suo cuore batteva sempre più forte vedendo
Hogwarts avvicinarsi, e alcuni studenti fuori le mura.
“Però qualcosa di veloce, perché devo andare a dare la
brutta notizia agli altri Serpeverde…”
Hermione sorrise e aumentò il passo per stargli accanto,
dato che sino a quel momento l’aveva quasi trascinata.
“Mi sa che dovrai dargliene due… “ disse riferita a loro.
Ecco che già alcuni ragazzi li guardavano, da lontano, non
riuscendo ancora a riconoscere chi fossero.
“Draco, come pensi la prederanno i tuoi?”
Quasi scoppiò a ridere.
“Non penso, lo so.”
Quella risposta non preannunciava nulla di buono. Forse era
stata troppo ottimista a pensare che avrebbero tentato di uccidere solo lei?
“Sei pronta?”
La scuola era sempre più vicina.
“Sì.”
Ogni studente, dal primo all’ultimo anno, li guardava con
gli occhi sgranati, boccheggiava come un pesce e inorridiva (questo soprattutto
se si trattava di Serpeverde).
Hermione era leggermente rossa, ma ancora il bello doveva
arrivare, dato che erano solo in cortile.
Intanto delle voci confuse, provenienti dalla scuola,
gridavano qualcosa.
C’era agitazione, ma non riusciva a capire perché. Poi un
ragazzo si affacciò per qualche secondo nel cortile, e gridò che Ginny Weasley
era stata ritrovata, dormendo, assieme il materasso sulla Torre di Astronomia.
Hermione rimase sconvolta e al suo fianco Draco rideva di
gusto.
“Ben ti sta Weasley. La prossima volta ci penserai due
volte!”
Si voltò verso di lui, ancora con la bocca aperta.
“Tu… tu hai?”
“Un incantesimo molto utile la Lievitazione. ”
“Devo andare!”
“E noi?”
“No, hai ragione. Andiamo!”
Lo iniziò a trascinare con sé verso la Torre.
“Certamente, non mi voglio perdere la faccia della Weasley
per nulla al mondo.”
“Ne parliamo dopo, noi…”
Ogni metro in più, sempre più persone venivano a conoscenza
del loro segreto, sempre di più Hermione si sentiva felice e, sempre di più,
Draco capiva quale fosse il significato della parola “Libertà”.
E con questo Happy Ending ho davvero superato me stessa.
Tuttavia non me la sentivo proprio di concludere con un finale amaro, dopo
tutto quello che Draco ed Hermione hanno passato… credo basti così.
Spero che non vi abbia deluso proprio al finale, se avete
trovato qualche errore perdonatemi :P e ditemi quindi le vostre impressioni.
Sarebbe un regalo bellissimo per me trovare, quando potrò riaccedere alla rete,
un sacco di recensioni per Don’t wanna close my eyes. Me lo fate questo regalo?
Tirando le somme di questa esperienza che ho vissuto, si fa
sempre così quando una cosa volge al termine, direi che è stata bellissima.
Sono felice di aver concluso al meglio la mia prima long fanfiction e ora
voglio dirvi una cosa: sempre, nelle recensioni di ogni sito, ho trovato tanti
complimenti e tanto entusiasmo da parte vostra, ma quello che mi ha gratificato
di più è stato sapere che questa fanfiction non è stata ritenuta da voi banale.
Mi sono impegnata tantissimo a affinché non risultasse tale, ho letto e riletto
mille volte le stesse scene per evitare battute già sentite o scene già viste,
tante volte temendo anche di cadere nel plagio involontario. Spesso è la mente
a rielaborare bene o male storie già lette e renderle in qualche modo sue.
Bene, ho finito.
Concludo sperando di poter dire “alla prossima!” ;)