Il mio migliore amico

di Miss Loki_Riddle Gold
(/viewuser.php?uid=115214)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Il terremoto ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Un nuovo amico ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Amiche di tutti i tipi ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 – Piccoli gesti per grandi cambiamenti ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 – Pomeriggio in amicizia ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Amicizie inattese e musiche shoccanti ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7- Risvolti inaspettati ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 – Inviti sospetti ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Risvegli rumorosi ed errori fatali ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Nuovo membro fra le ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Pomeriggio a sorpresa ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Una serata ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Speranze e regali ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 - Un compleanno un po' movimentato ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 - Litigi e Tranelli ***
Capitolo 16: *** capitolo 16 - Natale (parte 1) ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 - Natale (parte 2) ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 - Alla ricerca di attenzioni ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 - Pomate ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 - Due di picche ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 - Ora della partenza ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 - Il Capitano e la Principessa ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 - La sfida ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 - Aspettando che tutto si risolva ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 - Un compleanno (im)perfetto ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 – Problemi di cuore ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 – Perdono ***
Capitolo 28: *** capitolo 27 - Un'uscita a quattro ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 - Al cinema ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 - Il momento della verità ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Il terremoto ***


Capitolo 1 - Il terremoto

Ogni cosa deve avere un inizio, una fine e uno svolgimento. E’ questo che spiega ogni volta un insegnante di italiano.
Ma non vi spiega che anche le cose più piccole, quelle più insignificanti possono far iniziare una nuova pagina della vostra vita.
Non vi spiega quanto vi potreste sentire piccoli davanti a una lettera, non vi spiega quale sensazione si prova quando la tua vita va in mille pezzi.
L’unica cosa che le persone vi sanno dire è “speriamo non ti succeda mai.” Ma poi, nel momento del bisogno spariscono o non sanno che fare, lasciandovi soli.
Fu così, proprio in quelle condizioni che mi trovai quella sera. Non sapevo spiegarmi perché Lui, il mio migliore amico, si dovesse nuovamente fidanzare.
Mi sentivo una stronza, una grandissima stronza a non esserne felice.
Ma non ero ancora in grado di controllare il mio battito cardiaco.
Non ne ero stata in grado da quando lo avevo conosciuto.
All’inizio avevo creduto che si trattasse semplicemente di paura, dato che non ci eravamo mai visti dal vivo.
Lui era italiano ed io Inglese.
Poi avevo capito.
La realtà è che fin dalla prima volta che ne avevo sentito la voce, mi ero accorta che era troppo tardi per non innamorarmene.
Ero stata io a chiedergli di essermi amico. Io mi ero imprigionata con le mie stesse mani.
Luimi aveva fatto soffrire, ma ne avrei avuto la forza per lui, soltanto per lui.
Mi ero decisa a dimenticarlo, ma nemmeno in quello ero stata vincitrice.
Ora mi sentivo strozzata.
- Meredith, andiamo, se no faremo tardi!- Mi chiamò in quel momento mia madre.
Non avevo la forza di risponderle.
Ero sdraiata sul letto con il cellulare ancora acceso. Mi stavo sentendo morire. Continuavo a fissare quelle parole chiedendomi per quale motivo non avessi chiarito tutto con lui quando potevo.
Avevo avuto paura di perderlo ed ora non avrei più potuto stargli accanto.
-No, sono stanca… non verrò!- biascicai, temendo che mia madre non avesse capito.
- Come non verrai? Hai sempre desiderato andare a sentirlo ed ora non verrai, che stai dicendo?- Mi chiese mia madre, affacciandosi dalla porta. Non mi voltai, non potendo, così, vedere il vestito nero da sera che mia madre indossava, se no ci avrei fatto due risate. Mia madre non era proprio in grado di non vestirsi elegantemente, neanche quando, come in questo caso, andava ad un concerto.
Negai con la testa.
-No, non verrò!- ripetei, con un  minimo di fermezza maggiore di prima.
Si affacciò anche Lucy, la mia migliore amica. – Neanche per me? Che ti succede, tesoro?- Si avvicinò al mio letto.
- Niente. -cercai di non far capire nulla a nessuna delle due, ma, ovviamente, fu inutile, dato lo sguardo che mi lanciò Lucy - Divertitevi anche per me.- Non volevo che perdessero lo spettacolo per colpa mia.
Mi voltai ad osservarla, quando mi posò una mano sulla spalla.
Indossava una maglietta con le loro facce. Le facce dei Beatles. Io mi soffermai su quello di colui che avrebbe suonato quel giorno.
- Eh, ne sei innamorata, ammettilo!- Scherzò la mia amica, notando dove andava a parare il mio sguardo.
Feci una smorfia a quelle parole, ripensando a Lui.
- No… non lo sono.- Sussurrai, mentre, però il mio viso si apriva in un sorriso ebete. Ogni volta che guardavo da quella parte lei mi prendeva in giro. Era una cosa che continuava da anni.
- Sì, che lo sei! Signora Gale*, mi dica: sua figlia non le pare innamorata persa di Ringo Starr?- Ecco che ricominciava. Mugugnai qualcosa di incomprensibile anche alle mie  stesse orecchie.
- Sì, lo è proprio, cara! Ma d’altro canto con due genitori che si sono baciati per la prima volta ballando sotto le note di “She loves You” non poteva che nascere una ragazza così!- Fece l’occhiolino a Lucy, la quale ridacchiò.
- Oh, adoro tua madre, è giovane e poi guarda come si comporta: è una di noi! Ma perché la mia non è come lei, Signora Gale?- Sorrise, guardandomi.
- Oh, andate, prima di fare tardi!- Le sgridai, addolcita.
- Perché non vieni con noi?- Insistette Lucy.
- Guarda.- Le mostrai l’sms che lei lesse, prima di annuire.
- Andiamo. Signora Gale, prima lei.- Lucy spinse fuori mia madre.
Solo quando furono lontane scoppiai in lacrime.
Andai a farmi una doccia, per quanto non facesse caldo mi ero abituata così, ormai.
Mescolando le lacrime all’acqua, gettavo via il mio dolore da dosso. Sapevo anche che non sarebbe servito a molto, ma almeno nessuno mi sentiva.
Stavo finendo di lavarmi quando sentii una scossa di terremoto. Non era tanto potente, ma abbastanza da preoccuparmi. Cercai subito un luogo dove mettermi.
Ma in un bagno chiuso non ci sarebbe stato nulla.
Mi osservai attorno: ero in casa da sola quando, a qualche miglia di distanza, c’era Richard Starkey, il mio Beatles preferito, a suonare e cantare. Che ci facevo ancora lì?
Chiusi gli occhi e respirai profondamente.
Finii di vestirmi ed uscii. Dovevo raggiungere mia madre e Lucy, che andasse al diavoloLui!
Non mi sarei persa un’ occasione del genere.
Solo quando uscii compresi che c’era qualcosa che non andava.
C’erano persone abbigliate in modo strano, sembravano provenire dalle riviste degli anni ’50.
Quando mi voltai per rientrare, notai che persino la casa era cambiata. C’era una radio molto piccola e un televisore della stessa grandezza quando prima avevamo tre tv piatte e ai cristalli. Non c’era più il computer come tutte le cose dei miei cantanti preferiti, che erano stati tutti rigorosamente degli anni successivi a quelli dei Beatles. Per un attimo mi sentii dispersa, quando scoprii che non avevo più nemmeno il cellulare e che ora ne avevo solo uno fisso.
Mi diedi un pizzicotto, ma non potei trattenermi dal sentire il dolore. Ero sveglia.
Ma che cosa era successo?
 


* Per chi non lo sapesse Gale è il cognome di Dorothy, la protagonista del Mago di Oz.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Un nuovo amico ***


Capitolo 2- Un nuovo amico

Un foglio attrasse la mia attenzione. Indicava una scuola che probabilmente avrei dovuto frequentare. Guardai il calendario che si trovava ancora appeso nel salotto. La data indicava il 9 Ottobre 1959.
Per poco non mi venne un colpo, ma mi ripresi in fretta pensando che avrei potuto incontrare un John, un Paul, un Richard e un George giovani. Mi sarebbe piaciuto.

***

Era il primo giorno di scuola per me. Le persone mi guardavano come se mi conoscessero da sempre, però.
C’era anche qualche d’uno che mi salutava.
Una ragazza mora e dagli occhi chiari mi chiamò:- Meredith! Vieni, andiamo in classe!- Poi, quando la raggiunsi mi chiese, ridacchiando:- Non mi dire che hai perso la classe!- Mi fermai a guardarla.
- Che hai, ora? Non sarai ancora triste per quello stronzo di Tom!-
Tom?? E chi era Tom??
La guardai sperduta. Lei parve notarlo perché ridacchiò:- L’hai preso proprio alla lettera, il mio consiglio di dimenticarlo, eh?- Le sorrisi.
- Sì, credo di sì! Anzi, credo di avere un’ amnesia temporanea, perché non mi ricordo proprio…- Lei mi guardò interrogativa, poi sorrise.
- Meglio! Beh, io mi chiamo Georgia, sono tua amica da quando avevamo dieci anni. Siamo migliori amiche e molte volte vieni a dormire a casa mia. Direi che sia tutto quello che devi sapere su di me.-
- E Tom, chi è Tom?- Chiesi.
- Thomas è un nostro compagno di classe di cui hai una cotta da quando avevi tredici anni, ma che ti ha sempre trattato male. E’ uno stronzo, anche se devo ammettere che è proprio un bel ragazzo. E’ il più bello della scuola.-
Anniiì, lo avrei riconosciuto, allora.
Proprio in quel momento entrammo in classe.
Georgia mi indicò con la testa un ragazzo che aveva occhi e capelli neri. Era davvero bello, i suoi lineamenti erano dolci. Mi ricordava Lui. Sorrisi, mentre lei mi dava la conferma che quello era il misterioso Thomas.
Solo in quel momento il mio sguardo cadde su un'altra persona. Non era bello e mi guardava triste. I suoi occhi erano azzurro cielo e i suoi capelli erano castani. Ma le cose che attraevano maggiormente l’attenzione erano un naso un po’ troppo grande e il numero esagerato di anelli che portava.
Sorrisi. Quello era Richard Starkey, senza ombra di dubbio, prima che entrasse a far parte dei Beatles.
- Lui chi è?- Chiesi, in un sussurro, indicando con la testa il ragazzo.
- Chi, quel nano?? E’ Starkey! Quello che ci prova sempre con te!- Mi disse, con un tono quasi di disgusto lei.
Eh?? Ci prova sempre con me??
Annuii. –Grazie.- Vidi che c’era un posto a sedere vicino a lui.
Altro che concerto… Avevo la speranza di sedermi, vicino a lui ed infatti, presi la palla al balzo.
Il ragazzo mi guardò sorpreso, prima di sorridermi. “Come sono belli i suoi sorrisi” mi ritrovai a pensare.
- Ciao, non ci siamo mai parlati veramente, noi due.- gli dissi.
- Sì, tu mi parli solo quando vuoi qualcosa da me… Ora cosa vuoi?- Mi chiese lui, tornando triste.
“Te.” Gli avrei voluto rispondere, invece dissi, tranquillamente:- Conoscerti meglio. Credo che dovremo ricominciare tutto da capo, noi due.-
- Meredith! - Mi chiamò qualcuno da dietro.
Mi voltai, per sapere che c’era. Un ragazzetto biondo mi stava guardando.
- Oggi ti senti in vena di compassione che parli con quello??- Lo avrei voluto fulminare con gli occhi, soprattutto quando sentii tutti i miei compagni scoppiare a ridere e capii che Richard si era offeso.
- Ah, smettila! Sì, oggi mi sento compassionevole tanto da parlare con un essere come te,…- Guardai Georgia in cerca del nome del ragazzo, ma la vidi fremere. Era stupita ed arrabbiata nello stesso momento, mentre tutti gli altri mi guardavano sorpresi.
- Ma, Meredith, io stavo scherzando…- provò a dire il biondino.
Non gli diedi ascolto e tornai a guardare Richard.
- Perché mi hai protetto?- Mi chiese lui.
- Perché non avrei dovuto? Loro non sono nessuno per prendere in giro gli altri. “Un giorno lo capirai.”- Quest’ultima parte non la dissi, gli sorrisi semplicemente.
- Tu sei diversa da come sei sempre stata. – Mi sorrise. – Non sei quella ragazza altezzosa che ero abituato a vedere.-
- Perché mi hai corteggiata, fino ad ora, se ero altezzosa?- Gli chiesi.
- Non lo so, forse perché non lo vedevo. Comunque io sono Richard Starkey, ma per gli amici solo Ringo.- Mi allungò la mano.
- Spero di poterti chiamare Ringo, allora. Io sono la nuova versione di Meredith Gate.- Ci sorridemmo stringendoci le mani.
Solo allora ci accorgemmo della presenza del docente. Mi ero fatta un nuovo amico.

***

Era arrivata la sera e questa si era portata dietro le mie prime preoccupazioni.
I miei occhi erano fissi sul soffitto chiaro della mia camera, mentre me ne stavo adagiata comodamente sul letto.
C'erano immagini che parevano inseguirmi. La prima cosa che mi chiesi fu: "com'è possibile che loro mi conoscano?" Era una cosa che mi stavo chiedendo dall'intero arco della giornata, seppur non sapessi darmi una risposta decente, era come se fossi io quella strana. Non mi capacitavo, poi, di come fossi finita lì.
Forse era stato quella strana scossa di terremoto a far iniziare tutto quello, o più semplicemente, il suo fidanzamento mi aveva  fatto perdere la testa al punto da avere allucinazioni ed al posto di Richard c'era un ragazzo tutto brufoloso che io non sopportavo. Ma nella mia classe non esistevano di quel tipo di persone, quindi anche quella opzione era da eliminare... Davvero iniziavo a non capirci più nulla.
Sospirai, mancava alla mia lista che pensassi a Ringo che ormai mi ritrovavo costretta a chiamare Richard. Sarei stata lì per sempre? Gli sarei divenuta un'amica intima? Oppure il giorno dopo mi sarei risvegliata nel mio letto?
Ma c'era qualcos'altro che mi preoccupava. Mi chiedevo come stavano i miei e quando sarei tornata a casa. Non sapevo nemmeno come ero arrivata lì, chissà come sarei tornata a casa.
Mi rigirai per l'ennesima volta nel letto.
Pareva che in quell'esistenza non avessi nessuno. Nessun genitore, solo degli amici a cui avevo appena voltato le spalle. Georgia era l'unica che non mi aveva lasciata sola.
Uno sguardo mi passò davanti agli occhi ormai chiusi. Me lo aveva lanciato Tom appena ero uscita dalla classe.
Era irritato, per qualcosa, ma c'era anche una sfumatura sorpresa.
Sembrava così simile a Lui che per poco non ne rimasi incantata a guardarlo.
Poi era arrivata Georgia che mi aveva portata via con la forza. Non avevamo chiacchierato molto, perchè era giunto il biondino che avevo sgridato quella mattina stessa e con cui mi ero ritrovata costretta a fare amicizia. Doveva già aver saputo tutto da Georgia.
Non sapevo ancora se avevo altre amiche e chi fossero.
Fu con quelle idee contraddittorie in testa che alla fine riuscì ad addormentarmi.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Amiche di tutti i tipi ***


Scusate la lunghezza del capitolo. Ringrazio tutti quelli che hanno messo questo storia nelle seguite,   


malandrini _xs:Sono contenta che ti piaccia questa storia... ammetto di tenerci molto. Comunque sì, anche secondo me ci sono troppe poche storie su Richard Starkey... Ops, ormai non lo riesco più a chiamare Ringo xD. Grazie ancora dei complimenti, spero ti piacerà anche questo capitolo.


Capitolo 3 - Amiche di tutti i generi
 

 
Non riuscivo ad aprire gli occhi, speravo con tutta me stessa di avere ancora tempo.
Di poter vedere un altra volta Georgia, di poter far cambiare idea su di me a Richard.
Una giornata era troppo poco, lo sapevo bene. Ne volevo di più.
Volevo dimenticarlo, voltare pagina.
Ne avevo avuto la possibilità il giorno prima, perchè ero stata tanto stupida da non accorgermene? Semplicemente perchè ero romantica.
Ma questa mia caratteristica mi aveva portato a credere in una persona come Lui.
Mi aveva portato a confidargli tutto, tranne il mio amore nei suoi confronti.
Sorrisi fra me e me.
Era stata strana la nostra amicizia fin dall'inizio.
Eravamo troppo diversi, l'avrei dovuto capire fin da subito.
Scossi la testa, dovevo lascarlo perdere. Era fidanzato. Ed io non tradivo.
Mi morsi le labbra prima che qualche lacrima riuscisse a rompere le mie difese.
Mi alzai e barcollando un po' mi diressi in cucina. La colazione non era pronta, primo indizio che la mia giornata sarebbe risultata magica.
Ciò che attrasse la mia attenzione fu, però, qualcosa che pendeva dal muro. Il calendario, che segnava ancora il 9 Ottobre 1959.
Mi venne da piangere dalla felicità.
Mi dovevo essere scordata di voltare pagina, il giorno prima perchè quello doveva essere il 10 Ottobre, non il 9.
Iniziai a prepararmi, lasciando perdere la colazione che avrei fatto ad un bar. Pareva, infatti, che avessi sufficienti soldi per potermela permettere.
Una decina di minuti dopo qualcuno suonò al campanello.
Andai a vedere chi fosse. Georgia mi guardava dall’altra parte con un espressione strana ed affianco a lei c’era un'altra ragazza mora, era pallida come uno spettro. C’erano anche altre persone, ma non riuscii a riconoscerle.
Aprii la porta perplessa.
-Ciao, Georgia! Ciao, ragazze! Perché non venite dentro?- chiesi.
- Ah, non fare finta di ricordarti di noi! – fece una bionda fanciulla sorridente. Non notai il colore dei suoi occhi, perché ero rimasta perplessa da quel sorriso indulgente che aveva sul volto.
Mi morsi le labbra.
-Noi siamo Clelia e Michelle, siamo gemelle e siamo tue amiche dal secondo anno di scuola. Da allora andiamo sempre a fare shopping tutte insieme. Amiamo fare lo shopping! – Fece un'altra, anche lei bionda e molto rassomigliante alla prima, era vestita in modo esuberante. Michelle continuò a sorridere, prima di aggiungere un: “parla per te!”
Amiamo fare shopping, ma se io lo detesto??
Annuii. – Io sono.. beh, sai chi sono! Davvero, entrate, ragazze!- lo spronai.
-No, non sappiamo chi sei: ti sei messa a fare la dolce con Starkey, quando lo detesti dalla prima volta che lo hai visto!- fece Clelia, osservandomi stranita, ma entrando come le altre.
Una di loro si sdraiò sul divano facendo ridere le altre.
- Sì, raccontaci… che ti è successo?- Fece quella sdraiata, prima di presentarsi per “Noemi” vestita con dei jeans attillati.
- Non mi è successo nulla. Comunque mi sta simpatico Starkey. Magari se fossi stata più attenta mi sarei accorta che è un bravo ragazzo ammodo e che ha tutte le carte in regola per diventare un ottima persona ”e molto famosa”.- Dissi, senza aggiungere l’ultima parte ed accorgendomi troppo tardi del calore che avevo sulle guance: dovevo essere arrossita perché tutte le ragazze iniziarono a fare versi strani e risatine varie.
- Non mi dire che ti sei presa una cotta per quel nano!- Disse, disgustata Georgia. Cercai di dire qualcosa per proteggermi, quando intervenne una ragazza rossa e dagli occhi verdi. Mi ricordava tanto Lily Evans, la madre di Harry Potter.
- Lo sapete che Richard Starkey è un batterista? Ieri l’ho visto uscire con un amico… il ragazzo non è male! Credo che se lo rincontrerò, lo corteggerò!- Disse, come quella che non se ne lascia sfuggire uno solo.
- Oh, Rosy, tu li corteggi tutti!- ridacchiò la mora pallida come uno spettro che avevo visto dalla porta.
- Sì, è vero, Giuly… ma tu non stavi corteggiando quel John lì?- chiese Rosy, ridacchiando a sua volta.
- Quale John? Insomma qual è il suo cognome?- mi intromisi, io.
- John Lennon. Quello stronzo! Oh, scusa Giuly!- Disse Georgia, irritandosi.
- No, tranquilla.. è davvero uno stronzo! Si è messo con quella Chynthia… bleah! Che essere!- Blaterò Giuly ed io rimasi perplessa. Non credevo alle mie orecchie. John Lennon… Starkey. Due dei Beatles che non si conoscevano ancora.
Pensai a come sarebbe stato tutto pochi anni dopo. Probabilmente quelle che erano ora le mie “amiche” sarebbero divenute delle Beatles-maniache ei ragazzi non si sarebbero più ricordati di nessuno di loro.
Sorrisi all’immagine. Facevano le grandi, ma erano così deboli. Le mie riflessioni furono fermate dalla voce dolce e gentile, forse un po’ stridula di qualcuno. Mi ricordava la sua voce, quando lo sentivo al telefono.
-Ragazze, è ora di andare, se no faremo tardi!- Disse lei.
- Ah, Loira! Tu e il tuo studio! – ridacchiarono le altre mentre si alzavano come stavo facendo anch’io.
Una nuova giornata scolastica stava per incominciare. 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 – Piccoli gesti per grandi cambiamenti ***


Capitolo 4 – Piccoli gesti per grandi cambiamenti


Appena fummo entrati in classe scoprii, con mio grande fastidio che qualcuno si era impossessato di quello che iniziavo già a considerare come il mio posto. Quello vicino a Richard.
Una ragazzetta con volto ricoperto di brufoli e i denti più grandi del normale mi guardava...
no, ammetto ho falsificato la sua descrizione...
la realtà è che era una bella giovane con capelli color ebano e la carnagione pallida. In poche parole era una gran bella ragazza.
Richard mi guardava con espressione dispiaciuta e colpevole, mentre la ragazza stava ghignando.
Se i miei occhi potessero fulminare lo avrei fatto in quel momento, ma dato che ciò mi è sempre stato proibito - chissà, poi, perché – mi ritrovai solo a chiuderli a fare un bel respiro profondo.
-Meredith- mi chiamò piano la voce di Georgia.- Che ne dici di sederti qui, per una volta?-
Mi voltai verso di lei, notando che anche gli altri miei compagni mi stavano guardando e stavano tutti ghignando.
Georgia, dal luccichio che aveva negli occhi pareva aver compreso tutto.
-Certo!- Mi sedetti affianco a lei, prima di sussurrarle un:-Grazie.-
- Non c’è di che. Comunque quella- indicò con la testa la ragazza che mi aveva fregato il posto- E’ Elizabeth… Tutto quello che devi sapere di lei è che i tuoi genitori e i suoi sono da sempre amici, per quel che ne so. Ma tu e lei non vi siete mai sopportate. E’ come se non poteste essere amiche perché lei cerca sempre di farti ridicolizzare davanti agli altri. Mentre lei,- indicò un'altra ragazza, questa volta una bruna- è Violet. Eravate migliori amiche, un tempo… poi non so cosa sia successo ma il vostro rapporto si è spezzato in mille pezzi. Credo ti abbia tradito.-
Annuii, sì, era vero quando mi sento tradita ho il grandissimo difetto di rompere le amicizie, anche quelle più importanti. Ripensai ad un’ amicizia che era morta in quel modo dopo anni di amicizia, i nostri genitori si conoscevano pure ma era giusto che lo avessi fatto.
Guardai la bruna, era bella.
-Capisco… direi che è un particolare del mio carattere che non cambierà mai.- Le sorrisi.
- Ti vogliamo bene anche per questo!- ridacchiò lei.
- Sì, anche o soprattutto per quello?- ridacchiai a mia volta.
- Beh, direi… anche!-
In quel momento entrò l’insegnante così dovemmo smettere di chiacchierare.
Solo due ore dopo, mentre gli altri studenti erano andati a prendersi qualcosa in quanto era ricreazione,  riuscii ad avvicinarmi a Richard. Gli volevo far capire che non me l’ero presa e che mi stava simpatico.
Aprì la bocca per parlare, ma lui mi precedette.
- Meredith, scusa, volevo che fossi tu a sederti al mio fianco. Ho capito dal tuo sguardo che lo volevi anche tu… mi potresti perdonare? Ma sai, lei voleva a tutti i costi sedersi lì… non potevo dirle di no…- Aveva iniziato a parlare a raffica. Sorrisi, vedendo quell’atto d’imbarazzo.
- Vah, vieni a prenderti qualcosa. Così chiacchieriamo un po’.- Gli proposi, senza malizia nel mio tono.
Le guance di Richard si imporporarono, prima di annuire.
Ci incamminammo, le parole iniziarono a scorrere fra noi. Parlavamo di tutto, ma piuttosto superficialmente.
Questo durò fino a quando non mi venne da chiedergli: - Richard, ho saputo che suoni in una banda…. Penseresti mai di divenire un musicista?- Mi voltai per guardarlo negli occhi, notando, poi, che lui si era fermato guardandomi imbarazzato.
- I… io sì, suono in una banda... ma non credo di essere così bravo per diventare un musicista…-  Mi fece uno dei suoi fantastici sorrisi, prima di continuare, tutto ad un tratto allegro:- Sai, nessuno me lo aveva mai chiesto prima! Vorrei fare un po’ di soldi suonando per poi poter aprire una parrucchiere per signore!- Lo guardai, se non smetteva subito di sorridere mi sarei tuffata su di lui, per baciarlo. Sorrisi di tale idea dopo essermi figurata la scena. Sapevo bene che non lo avrei mai fatto. Il suo sorriso era così bello, però…
Poi mi concentri sulle ultime parole che aveva detto.
Era impazzito? Serviva un medico a Ringo?? Insomma diventare un parrucchiere? Forse non avevo capito bene… colui che sarebbe divenuto il batterista dei Beatles voleva fare il parrucchiere! Sorrisi all’idea di Ringo - parrucchiere e delle signore che entravano non per farsi fare la piega ma per poter buttarsi sul parrucchiere. Mi dovetti trattenere dal ridere.
- No, non ti ci vedo proprio!- sussurrai e per fortuna lui non mi sentì.
Tornammo a camminare, questa  volta in silenzio.
- Che fai oggi pomeriggio?- Mi chiese lui ad un tratto.
- Io? Niente, perché?- Questa volta ad essere imbarazzata ero io.
- Beh, pensavo… dato che io non faccio niente oggi pomeriggio e tu altrettanto… Beh, che ne pensi di vederci? Ovviamente come amici… tu, di sicuro, mi consideri un conoscente… non ci siamo mai parlati oltre a ieri… insomma in modo così… amichevole…- No, ad essere imbarazzati eravamo in due. Bene, ottima situazione, pensai. Poi mi venne in mente quello che mi aveva chiesto.
Mi stava dando un… appuntamento??? Cioè Ringo Starr che dava un appuntamento a me??
Per un attimo pensai di dire che non ci potevo essere, per poi inventarmi una scusa, pensando che se avessi detto di sì avrei “tradito” Lui. Ma poi mi tornarono in mente le sue parole nell’ultimo sms.
No, Lui avrebbe magari voluto che io accettassi… così poi poteva dire che in realtà non lo amavo o cose simili.
Decisi di mandare a quel paese Lui e tutto il mio “presente” e di passare un pomeriggio con il mio musicista preferito.
Mi riscossi appena in tempo per sentire Richard dire:- Oh, scusami… lo dovevo immaginare… Avrai voglia di passare il pomeriggio o da sola o con le tue amiche… che stupido, che sono stato… mi potrai perdonare?- Ed andare avanti così.
Lo guardai disorientata. Mi stava guardando con un’ espressione da cane bastonato.
Mi venne naturale chiedergli: - Ma stai parlando con me?-
Lui si fermò, prima di annuire lentamente:- Certo… oh, no, mi avrai preso di certo per uno che parla da solo… io… a me dispiace averti dato un’impressione simile…-
Sbuffai, prima di parlare di nuovo:- Calmati e smettila di parlare alla rinfusa. Io accetto tutto… comunque per oggi pomeriggio a me va bene. Però adesso calmati, ok?-
Quando arrivammo al bar gli passai il bicchierino con la bibita, dato che ero stata la più vicina. Le nostre mani si toccarono, l’uno per prendere quella bibita, io per cederla.
Il mio cuore iniziò a battere all’impazzata a causa di quel semplice gesto. Non credevo che sarebbe stato così toccare la propria star. Mi accorsi che lui per un attimo tremò. Fu un attimo, che ci parve durare un tempo indefinito. Lui mi guardò, mentre io facevo altrettanto. I nostri sguardi si incrociarono. I suoi occhi azzurri che io avevo varie volte paragonato nella mia testa alla “più bella finestra esistente che lascia la visione a un limpido cielo senza nuvole” mi parve leggermi nelle viscere. Volevo scappare via, ma nello stesso momento avrei voluto rifugiarmi in quel meraviglioso azzurro che iniziava a circondarmi totalmente. Non riuscivo a vedere altro che i suoi occhi. Ogni gesto, anche piccolo, avrebbe potuto distogliermi da una tale visione. 
Poi, tutto ad un tratto qualcuno ci urtò.
Sbattei le palpebre e mi voltai.
Un ragazzo alto e moro ci guardò male, allontanandosi. Non riuscì a notare granchè di lui, tranne il ciuffo alla Elvis, la giacca nera di pelle e quell’atteggiamento da bullo.
Quello era il primo Teddy-boy che avessi mai incontrato.
Sorrisi, imbarazzata, guardando Richard, il quale per una volta non parlò, concentrato com’era a bere quella bevanda cercado di non fissarmi troppo a lungo. Era iniziata una nuova fase della mia vita.
Eppure, una piccola parte di me, continuava a dirmi di non affrettare troppo le cose. Mi ripromisi di diventargli amica, per conoscerlo meglio… ma avevo già vissuto qualcosa del genere, non volevo ripetere l’esperienza.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 – Pomeriggio in amicizia ***


Capitolo 5 – Pomeriggio in amicizia

 
Alla fine era arrivata l’ora i uscire dalla scuola. Loira mi venne incontro assieme alle altre.
Io ero voltata a cercare con lo sguardo Richard.
- Meredith? Cosa stai guardando?- Mi chiese Loira facendomi sussultare.
Possibile che avesse la sua stessa voce?
- Niente, Loira! Ma tu… che ci fai qui?- Chiesi, senza nemmeno voltarmi.
- Ti stiamo aspettando per andare a fare shopping. Ti ricordi che oggi è il giorno dello shopping?- Mi chiese lei.
Mi voltai con una mano sulla bocca ed un espressione spaventata.
- Oh, cavolo…- sussurrai, quando riuscì a ritrovare la parola.
- Meredith, che c’è? Che succede?- Rosy, che doveva aver ascoltato tutta la conversazione mi guardava preoccupata.
- Ehm, niente...- Che cavolo di pomeriggio mi si stava proiettando davanti?
- Meredith, si vede da lontano un miglio che c’è qualcosa che non va…- Iniziò Loira, con voce da maestrina.
- C’è… c’è che ho preso un altro impegno per oggi pomeriggio ….- Guardai Clelia, che era a pochi passi da me.
- Sì? Beh, ti disimpegni!- Fece la ragazza, tutta convinta come se fare shopping fosse una cosa vitale.
Adesso dovevo decidere se le amiche erano più importanti di un ragazzo … di quel ragazzo. Scossi la testa, le amiche non ti lasciano se hai un appuntamento, sono felici per te. Solo che gli e lo dovevo spiegare.
- No, non credo che lo farò.- Decretai, prima di dire:- Ho un appuntamento..- Guardai l’orologio, erano le quattro e ci saremmo visti per le cinque- Fra un ora, precisi.- Mi voltai a guardare le altre.
Vidi sui loro volti prima la sorpresa, poi la curiosità ed infine la gioia e l’eccitazione.
- Perché non l’hai detto prima?- iniziarono a chiedermi.
-Chi è il fortunato? – chiese Rosy, incuriosita.
- Vieni, andiamo a casa mia, che è la più vicina, così ti prepari!- Concluse Noemi, trascinandomi per il braccio verso una casa.
In un ora riuscirono a vestirmi con tacchi chilometrici, pantaloni attillati e non tanto lunghi, maglietta scollata, mi cotonarono i capelli, mi truccarono e, finalmente potei andare all’appuntamento con quello che mi pareva un abito totalmente insensato.
Ovviamente non dissi che l’appuntamento era con Richard, se no sarebbero semplicemente scoppiate a  ridere.
Quando finalmente giunsi al luogo dell’appuntamento mi resi conto che tutti mi stavano guardando.
Sorrisi, consapevole che le mie amiche mi avevano vestito in un modo tutt’altro che normale.
All’epoca, mi ricordo che avevo letto da qualche parte, si diceva che chi indossava i pantaloni fossero delle ragazze di malaffare.  “Com’erano cambiati i tempi, ai miei tempi i pantaloni sono gli abiti più comuni per chiunque.” Pensai.
Mentre mi avvicinavo al luogo d’incontro notai che anche Richard si era vestito al meglio, poi notai che stava parlando con una ragazza, era mora, con gli occhi scuri. Mi ricordava vagamente l’immagine che mi aveva inviato lui, se non fosse stato che era più piccola e che era una ragazza. Doveva essere più piccola di me di almeno un annetto, ma la loro conversazione sembrava attrarli tanto che pensai immediatamente che quella fosse la ragazza di Richard. Che stupida ad essermi illusa di potergli interessare in modo diverso da quello di una semplice amicizia. Avevo già vissuto qualcosa del genere e quello mi fece nascere nuove lacrime. Mi voltai, per andarmene via quando la voce dolce di qualcuno mi chiamò.
- Meredith!- Chiusi gli occhi, asciugandomi gli occhi già umidi.
- Meredith… - ripetè quel qualcuno, avvicinandosi a me. Solo quando mi voltai per vedere chi mi avesse parlato mi accorsi che si trattava di Ringo.
- Ciao.- Gli risposi, fredda.
- Ciao… ce l’hai con me?- La sua espressione era triste. Non riuscivo a vederlo così, il mio cuore si stringeva sempre, quando notavo quella sua espressione.
- No.- Distolsi lo sguardo, notando solo a quel punto la giovane. Iniziavo a detestarla a causa della gelosia.
La giovane, invece, mi stava sorridendo.
Chiusi gli occhi, indecisa se cercare di capire chi fosse o meno.
Fu lui a prendere la situazione in mano. – Ti vorrei presentare mia sorella!- Mi disse.
- T… tua?- Guardai la giovane, avevo capito bene? Era davvero la sorella di Richard?
- Sì, sono sua sorella. Marylin Starkey, piacere!- Mi sorrise, la ragazza.
Sorrisi. Era solo la sorella! Tirai un sospiro di sollievo.
 - Meredith Gale, il piacere è tutto mio! Spero diventeremo buone amiche.- Le strinsi la mano.
Ora, che la gelosia non faceva più breccia nel mio cuore innamorato, sapevo che saremmo diventate coe sorelle.
- Oh, sì, lo spero anch’io. Ho accompagnato Richard perché mi dovevo vedere con Tom, il mio ragazzo.-
- Quel Tom?- Chiesi, perplessa.
Ringo ridacchiò un po’, prima di negare.
- No, non è il nostro compagno spaccone. E’ un bravo ragazzo è pure simpatico.-
- Beh, che ne dici di passare una giornata in quattro, già che ci siamo?- Chiesi, volevo conoscere meglio Marylin.
- Sì, bella idea… - Rispose Marylin, sorridente.
Mi accorsi solo dopo un po’ che Richard non doveva essere d’accordo con la mia proposta in quanto sembrava dispiaciuto per qualcosa.
- Che c’è Richard?- Gli chiesi.
- Niente… Meredith, che ne dici di venire al negozio di musica? Marylin non ci vuole mai venire!- Mi sussurrò lui.
- Guarda, che vengo anch’io.- Disse, irritata Marylin, prima di vedere un bel ragazzo alto, muscoloso dai corti capelli mori e gli occhi castani che ci sorrise, felice di vederci.
Marylin si gettò fra le sue braccia in pochi secondi, senza neanche dargli il tempo di avvicinarsi.
- Lui è Tom, il mio ragazzo! Lei è Meredith, un amica di Richard!- Ci presentò.
- Ciao, Richard non sapevo avesti tanto buon gusto!- scherzò il giovane. Marylin gli diede uno scappellotto.
- E’ mio fratello… è ovvio che abbia buon gusto!- Scherzò, poi.
Richard mi guardò, in cerca di scuse, ma io ero presa da ben altre cose.
- Come vi siete conosciuti? – domandai, dopo un po’.
- Eravamo in giro io e mio fratello quando Tom ci è venuto vicino per chiederci delle informazioni.- la ragazza ridacchiò, prima di continuare: - Era la prima volta che si trovava a Liverpool, ricordi? Beh, il fatto fu così sciocco, non ricordava più la via per tornare a casa, che abbiamo iniziato a chiacchierare. Alla fine ci siamo affezionati ed eccoci qua!-
Tom annuiva, scotendo la testa.
Mi voltai a guardare Richard che mi stava guardando a sua volta.
- Andiamo al negozio di musica… venite?- Chiesi, ricordandomi di ciò che mi aveva chiesto Richard poco prima.
- No, Meredith, mi dispiace, ma dobbiamo proprio andare ora. Mi ha fatto piacere conoscerti. Magari prima o poi facciamo un uscita a quattro!- Mi salutò Tom, prima di portare via la fidanzata, probabilmente dopo aver notato lo sguardo di Richard.
Rimanemmo un po’ in silenzio mentre passeggiavamo.
- Mi spieghi perché ti sei vestita così?- Mi chiese, ad un certo punto, con una nota di imbarazzo nella voce.
Mi fermai a guardarlo.
- Cosa c’è che non va nei miei vestiti?- chiesi.
- Niente è solo che non mi piace come ti guardano gli altri...- Abbassò il capo, iniziando ad osservare com’era bello il cemento. Mi accorsi che lui era ingelosito dagli sguardi degli altri. Gli sorrisi.
- Scusa, non volevo fare questa scenata. In effetti sono state le mie amiche a farmi vestire così.-
Dato che lui non intendeva alzare lo sguardo mi avvicinai e gli e lo alzai io, trattenendomi dal restare in quella posizione troppo a lungo.
Per un attimo pensai che era questa la mia espressione varie volte, quando parlavo con lui. Poi scossi la testa, cercando di levarmelo dalla mente.
- Ehy, non fare così. Se non ti piace questo mio modo di abbigliarmi non mi vestirò più così.- Lui mi sorrise.
Arrivammo poco dopo al negozio di musica ed io mi fermai ad osservare una batteria.
Infatti una cosa che abbiamo in comune io e lui è proprio il nostro amore innato per la batteria, anche se io, al contrario di lui non avevo mai potuto suonarla.
Quando mi voltai per cercare Ringo me lo ritrovai dietro di me. Era abbastanza vicino per sentire il mio odore.
- Ti piacciono le batterie?- Mi chiese. Annuì, senza dire nulla, troppo incantata dalla nostra vicinanza, che lui non si doveva essere accorto che ci fosse, in quanto non mi stava guardando, per riuscire a parlare.
- Anche a me…- Mi guardò e fece un passo indietro.
- Oh, no! Scusa, non mi volevo avvicinare così tanto… non me n’ero accorto…- Iniziò a dire. Gli sorrisi, un giorno o l’altro l’avrei baciato per farlo star zitto, mi dissi.
- Che cosa hai comprato, di bello?- Cambiai argomento, vedendo che aveva un sacchettino con delle cose.
- Non un gran che…. Soltanto delle nuove bacchette.- Mi disse, prima di mostrarmele.
Erano di legno scuro. – Sai, quelle che avevo rima sono troppo consumate.-
Sorrisi, prima di lasciarmi sfuggire: - Mi piacerebbe saper suonare la batteria.-
Lui mi guardò – Saprai suonare qualche altro strumento..- cercò di consolarmi.
Sorrisi, senza avere il coraggio di rispondergli:- Un giorno me lo farai sentire?-
Per un attimo rimase immobile.
 - Vuoi uscire di nuovo con me? Anche se sono stato cattivo con te, poco fa?- Mi chiese, con gli occhi che gli brillavano di speranza.
- Sì. Mi è piaciuto questo pomeriggio!- Mi dispiaceva che fossero già arrivate le sette. Com’era volato il tempo…

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Amicizie inattese e musiche shoccanti ***


Capitolo 6 – Amicizie inattese e musiche shoccanti

 
Ormai era passata una settimana. Una meravigliosa settimana dove avevo potuto conoscere Marylin meglio e dove avevo potuto stringere una buona amicizia, se così si poteva definire con Ringo.
Quella mattina mi ero ritrovata alla fermata dell’autobus in ritardo, a causa della sveglia che non era scattata.
Assieme a me c’erano solo Giuly e Georgia, le quali stavano sbuffando come locomotive, attendendo che prendessi le decisioni per tutte e tre.
Io, nel frattempo, stavo leggendo un libro che mi aveva prestato Marylin. Sorrisi, consapevole che quella sera stessa sarei andata dagli Starkey a sentire per la prima volta Richard suonare. Chissà, magari sarei riuscita anche a convincerlo a darmi delle lezioni… mi dissi, ma ero ben consapevole che fra la mia e la sua timidezza non se ne usciva più fuori.
Avevamo scoperto un metodo più facile, per comunicarci: usare Mrylin come “postina”.
Sollevai lo sguardo solo quando il forte vento di un qualche mezzo su ruote ci passò vicino.
- Alla buon ora!- borbottarono le mie due amiche, osservando l’orologio.
Cos’avrei fatto, senza di loro?
Salimmo sul autobus, prendendo i posti dietro, o almeno loro presero i posti dietro, mentre una canzone si diffondeva all’interno dell’abitacolo.
 

*In spite of all the danger
In spite of all that may be
I'll do anything for you
Anything you want me to
If you'll be true to me

 
C’era solo un posto rimasto libero, accanto a un giovane ragazzo dal volto piuttosto smunto, le guance incavate, le labbra sottili, gli occhi neri e i capelli del medesimo colore.
 

*In spite of all the heartache
That you may cause me
I'll do anything for you
Anything you want me to
If you'll be true to me

 
Mi sedetti, probabilmente anche perché non mi ero resa conto di chi fosse quel giovane, incantata com’ero a guardare la sua chitarra.
Cosa ci faceva una chitarra lì? Soprattutto dato che non era inserita in alcuna custodia.
 

*I'll look after you
Like I've never done before
I'll keep all the others
From knocking at your door

 
Il ragazzo continuò a cantare per poi voltarsi verso di me e sorridermi.
 

*In spite of all the danger
In spite of all that may be
I'll do anything for you
Anything you want me to
If you'll be true to me

 
Sembrava quasi un: “Piacere, sono George.” Sussurrato con la musica e con quel sorriso che nessuno avrebbe potuto confondere.
Sorrisi a mia volta lasciandomi andare a quelle note. Quel suono pareva magico.
 

*In spite of all the heartache
That you may cause me
I'll do anything for you
Anything you want me to
If you'll be true to me
I'll do anything for you
Anything you want me to
If you'll be true to me

Solo alla fine della canzone parlò: - Ciao, io sono George, George Harrison!- 
Aprì la bocca come per parlare, ma lui mi precedette.
- … sì, sono il figlio dell’autista.- Sembrava scocciato, come se fosse routine fargli quella domanda e lui, ormai, se l’aspettasse.
- Io sono Meredith Gale. Ma davvero?  Tutti ti chiedono se sei il figlio dell’autista?- Chiesi, sorpresa.
Per un attimo rimase in silenzio stupito della domanda che gli avevo posto, poi parve rattristirsi - Sì, tutti.-
- Sai che sei proprio bravo con quella?- Continuai, indicando la chitarra.
- Grazie, se avessimo più fermate ti suonerei qualcosa … a proposito: tu dove devi scendere?-
Guardai fuori dal finestrino, mancava qualche fermata, all’incirca due o tre.
- Fra due/tre fermate.- Dissi, prima di cambiare argomento: - Hai mai provato a suonare in un gruppo?-
Mi diedi della stupida: eravamo nel 1959! George era già entrato fra i Quarrymen!
- Sì, i miei compagni ed io stiamo suonando da qualche tempo al Cavern, anzi, che ne dici se in questi giorni ci vieni a sentire?- Sorrisi, quella sarebbe stata una bella serata. Già m’immaginavo io e Ringo ballare con il sottofondo la musica dei Quarrymen.
Sorrisi al solo pensiero, certo che avevo una gran bella immaginazione.
Mi voltai a cercare con lo sguardo le altre.
Le due stavano chiacchierando, però sentendosi osservate sollevarono lo sguardo e mi sorrisero.
- Bella quella ragazza.- Disse George indicando Giuly.
Sgranai gli occhi.
- Stai parlando di quella più… piccola?- Chiesi
- Sì, è davvero bella. Mai quanto te, però.- Se prima avevo sgranato gli occhi adesso ero paralizzata dallo stupore.
- Coosa??- Chiesi e per poco non urlai.
- Che ho detto di strano?- Chiese, vedendo la mia reazione un filino esagerata, ma io lo continuavo a guardare come se fosse un alieno.
Georgia si alzò e si avvicinò a noi due assieme a Giuly, che io fissai allo stesso modo di come avevo fatto con George.
- Che  c’è, Meredith? Sono sporca in viso?- Mi chiese lei, facendomi risvegliare.
- N-no! Fra quanto dobbiamo scendere?- Chiesi, agitandomi sul posto.
“Meglio sloggiare prima che Harrison mi chieda la mano!” Pensavo, nel frattempo.
- Mi ero avvicinata proprio per dirti che noi scendiamo a questa fermata. La prossima è quella che arriva diretta davanti alla scuola. Decidi tu cosa fare!- Mi comunicò Georgia.
- Scendo con voi!- Dissi subito.
Feci per muovermi, ma George fu più veloce e mi prese per un braccio.
Cosa sta facendo George?? Cos’è questo pezzo di carta, perché la sta dando a me??
- Tieni, questo è il mio numero. Se vuoi, se mai avrai bisogno di un passaggio... e ti attendo al Cavern, in questi giorni!- Mi fece, prima che potessi dire o fare qualcosa.
Presi il foglietto che George mi stava passando, non lo guardai nemmeno. Anche Lui era stato il primo fra i due a dare il proprio numero di telefono perché mi voleva “sentire” aveva detto.
George mi ha dato il suo numero di telefono?? Quel ragazzo mi vuole morta o cosa??
Mi alzai, barcollante ed il futuro Beatles mi prese per la vita, accorgendosi che stavo per cadere.
Ottimo, ora potevo morire in pace, mi dissi.
Per un attimo l’immagine di Lui che si metteva nella stessa posizione di George mi passò in mente e mi ritrovai a sgranare gli occhi.
Mi stavo per raddrizzare quando notai che le porte si erano appena richiuse e che George mi teneva ancora in quel modo particolarmente imbarazzante.
- Ok, magari una volta. George, che stai facendo?- Chiesi, cercando di prendere un minimo di tono.
- Sto cercando di non farti cadere.- Mi sgridò lui, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
No, forse non ci siamo capiti, mio caro Harrison! Se continui a tenermi così ti svengo in braccio, quindi ti prego mollami!!
Cercai di voltarmi.
- George, lasciami!!- Lo sgridai.
- Ok, ma se poi cadi non è colpa mia!- Mi rispose lui.
- Puoi stare tranquillo che non cado e che stiamo dando spettacolo.- Sbuffai.
George mi mollò all’istante, rimettendosi a suonare.
Mi sedetti anch’io, mandandogli uno sguardo di fuoco, mentre le note della canzone lambivano le mie orecchie.
Mi voltai a cercare le altre, notando che erano scese, come avevano avvertito.
- Ottimo, fra poco dovrò scendere. Mi ha fatto piacere chiacchierare con te. Grazie della giornata!-

**That'll be the day, when you say good-bye, yes,
that'll be the day, when you make me cry.
Oh you say you're gonna leave,
when I die!...

Cominciò a cantare guardandomi negli occhi. Sorrisi e feci per scendere. Mentre scendevo sentì di nuovo il ritornello. Che quella canzone avesse ragione?

**... That'll be the day, when you make me cry, yes,
that'll be the day, when you say good-bye.
Oh you say you're gonna leave,
you know it's a lie ' cause that'll be the day
when I die!...

 
Quando entrai in classe mi resi conto che mancava qualcuno. Non sapevo chi, ma iniziai a guardare tutti i volti, poi compresi: Richard era assente.




*Questa è la versione dei Quarrymen di In Spite of All The Danger, eccovi il link: http://www.youtube.com/watch?v=RuuOAA9ekbg
Questa è la traduzione:
Nonostante tutto il pericolo
Nonostante tutto ciò che può accadere
Farò qualsiasi cosa per te
Tutto ciò che vuoi che faccia
Se sarai sincera con me
Nonostante tutte le pene
che potresti causarmi
Farò ogni cosa per te
Tutto ciò che vuoi che faccia
Se sarai sincera con me
Baderò a te
Come non ho mai fatto prima
Impedirò a tutti gli altri
di bussare alla tua porta
Nonostante tutti i pericoli
Nonostante tutto ciò che può accadere
Farò ogni cosa per te
Tutto ciò che vuoi da me
Se sarai sincera con me
Nonostante tutte le pene
Farò ogni cosa per te
Tutto ciò che vuoi che io faccia
Se sarai sincera con me
Farò ogni cosa per te
Tutto ciò che vuoi che io faccia
Se sarai sincera con me


**Questa canzone è la versione del That'll be the day dei Quarrymen, eccovi il link: http://www.youtube.com/watch?v=R4_LMMKq8Hw
Questa è la traduzione della prima strofa:
Quello sarà il giorno
in cui dirai addio
Sì, quello sarà il giorno
in cui mi farai piangere
Dici che te ne stai per andare
Sai che è una bugia
Perchè quello sarà il giorno
in cui morirò
Questa è la traduzione della terza strofa (che ho chiamato ritornello per sbaglio):
Quello sarà il giorno
in cui mi dirai addio
Quello sarà il giorno
in cui mi farai piangere
Dici che te ne stai per andare
sai che è una bugia
perchè quello sarà il giorno
in cui morirò.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7- Risvolti inaspettati ***


Capitolo 7 – Risvolti indesiderati

Avevo passato tutta la mattinata ad immaginarmi tutti i possibili motivi che avesse portato Richard a mancare, quel giorno.
Che avesse visto la situazione altamente imbarazzante in cui ci trovavamo io e George e si fosse ingelosito? Speravo sinceramente di no, non avrei voluto rovinare la futura band dei Beatles.
Forse Richard stava male? Era altamente probabile e doloroso.
Però poteva anche essere che fosse in ansia per la serata… possibile? Accantonai quella possibilità che non mi parse nemmeno un minimo pensabile.
L’unico vero modo per scoprirne qualcosa, mi dissi alla fine, era chiamare a casa sua con il numero che mi aveva dato pochi giorni prima Marylin per, a suo dire, poter riuscire a chiamarci liberamente.
Non mi accorsi che le ore scolastiche erano finite, fino a quando qualcuno non richiamò la mia attenzione.
- Meredith?- Doveva essere Georgia che mi stava aiutando a mettere via i libri nella borsa, seppur io fossi ancora intenta a disegnare.
- Sì?- Chiesi io, voltandomi verso di lei.
- Cos’hai sta mattina? Sei stata distratta tutto il tempo!- Mi sgridò con un sorriso sulle labbra, prima di chiedermi: - Non è che stai pensando ancora a quel bel giovane che hai conosciuto oggi?-
Mi voltai a guardarla, notando il suo sguardo malizioso. Si stava riferendo a George. Le diedi una spintarella negando di starci pensando per vederla scoppiare a ridere.
Sorrisi, ma ero rattristata dalla cosa che non ci fosse stato il mio compagno di banco per tutto il giorno.
Mi mancava. Come farai a tornare a casa se non riesci a stargli lontano due soli secondi? Mi chiesi, senza riuscir a trovar risposta.
- Hai notato che c’era qualcuno che, per tua enorme gioia,mancava sta mattina?-
- No, chi?- Sgranai gli occhi, era così poco importante che nessuno se ne interessava di lui?
- Richard, ecco chi!- Sbuffai. Lei mi guardò e per un attimo parve domandarsi di chi stessi parlando.
- Ma ti piace davvero, allora?- Ridacchiò quando capì chi fosse la persona a cui mi riferivo.
Le feci una linguaccia, poi ridendo la spinsi fuori dalla stanza. 
Il biondo, che avevo conosciuto il primo giorno e che si chiamava Manuel, ci stava attendendo fuori dalla porta.
Georgia gli sorrise, felice di vederlo.
- Dove sei stato in questi giorni da non degnarci nemmeno due secondi della tua preziosa presenza?- Scherzai, avvicinandomi a lui.
- Sono stato con certi miei amici. Dovevamo fare varie esperienze in ambito artistico.- Mi rispose, sorridendo. Anche Lui passava molto tempo con i suoi amici. Feci una smorfia al pensiero.
- Mi piace quell’ambito…- Dichiarai, sovrapensiero.
Rosy e le altre ci attendevano fuori dall’edificio. Infatti, quando uscimmo, ci si avvicinarono.
- Meredith, perché quella faccia?- Chiese Rosy, vedendo la mia espressione rattristita.
Georgia ridacchiò, prima di rispondere per me: - Non ci credereste, ragazze, la nostra Meredith è triste per la mancanza del suo “bel”, si fa per dire, compagno di banco … che chiamerei meglio “Principe Azzurro”!-
Anche le altre scoppiarono a ridere, io non ci trovavo nulla di divertente in tutto ciò.
Feci una smorfia, lasciando che il mio sguardo vagasse per la strada.
- Meredith … Meredith … Dai, non prendertela stavamo soltanto scherzando. Comunque è vero che ti vedi con lui … - Fece Rosy, osservandomi.
La guardai. Aprì la bocca per parlare, ma qualcuno mi chiamò.
- Meredith, Meredith! – Mi voltai a vedere chi fosse e notai il bel volto di Marylin. Le sorrisi, prima di notare che mi stava facendo segno di avvicinarmi.
Quando giunsi vicino a lei notai lo sguardo dispiaciuto che mi mandava.
- Meredith, mio fratello mi ha chiesto che tu venissi a casa nostra. Non sarei uscita se non mi avesse pregato in quel modo.
- Che cosa è successo a Richard, Marylin?- Domandai, preoccupata.
- Ha la febbre. Ti voleva chiedere scusa personalmente per non poter suonare sta sera.- Mi rispose lei.
Sorrisi, - Posso aiutarlo in un qualche modo?-
Lei annuì, prima di farmi segno di seguirla. Andammo a prendere l’autobus per giungere a casa sua.
Mi stavo stressando domandandomi come si sentisse, quando Marylin interruppe i miei pensieri.
- Beh, anche se mia madre e mio padre non credo gradiranno la tua presenza credo che Richard ne sarà più che lieto.-
- Spero solo di poterlo aiutare in un qualche modo.- Abbassai lo sguardo, iniziando a fissare le mie scarpe.
Passammo il resto del viaggio senza dire nulla, solo a casa Starkey Marylin mi rivolse di nuovo la parola.
- Qualsiasi cosa i miei genitori dicano, ti prego di scusarmi. Anch’io all’inizio non ti volevo conoscere … Sai mio fratello ci ha sempre raccontato come in un modo o nell’altro gli sei sempre andata contro, che gli davi buche e cose di questo genere. Così non abbiamo pensato che tu potessi essere cambiata tanto. Mio fratello … -  Si bloccò, indecisa se parlare o meno. Doveva aver deciso di tacere perché suonò alla porta senza dire più una sola parola.
Una signora ancora piuttosto giovane, all’incirca di quarant’anni aprì la porta.
- Oh, sei tu, tesoro...- sorrise a Marylin, prima di vedermi. – Lei chi è?- Sgranai gli occhi.
Fu la ragazza a rispondere:  - Lei è Meredith Gale, mamma!- Sorrisi, cercando di mostrarmi gentile.
- Piac…- Iniziai ma fui interrotta dalla signora stessa che sussurrò: - Quella Meredith?-
Marylin annuì.
- COSA CI FA QUESTA IN CASA MIA??- Iniziò a strepitare.
- Sign… - Non mi diede neanche il tempo di finire la parola che spinse la figlia in casa e mi chiuse la porta in faccia. Rimasi ferma a guardare quel portone con aria inebetita.
Solo dopo due minuti circa, che sentì urla per tutto l’edificio, finalmente calò il silenzio.
Trassi un po’ di coraggio e suonai nuovamente. Dovevo spiegarmi ai signori Starkey.
Venne ad aprirmi un uomo, aveva un fisico muscoloso, i lineamenti di un lavoratore. Per poco non persi tutto il coraggio acquisito.
- Cosa volete?- Lo guardai, senza rispondere.
- Sono qui per… vedere come sta Richard. – Sussurrai. L’uomo mi guardò da capo a piedi poi mi chiese: - Chi ti da il diritto di chiamare il mio figlioccio “Richard”?- La sua voce era scura e sembrava un rombo di cannoni.
- Lui … - Dovetti respirare profondamente. Stavo morendo di paura. - Lui ed io abbiamo fatto “pace”. Vorrei chiedere scusa anche alla sua famiglia per ogni cosa che ho detto e fatto per far soffrire vostro figlio. Non sono stata corretta, con lui.- Sussurrai, per poi abbassare il capo.
Per un attimo il silenzio fu sostituito di sussurri incomprensibili. Io stavo attendendo, tremando da capo a piedi, ma cercando di non farlo capire.
Poi, finalmente qualcosa parve cambiare. L’uomo si spostò da davanti la porta.
Rimasi immobile, prima che la voce di una donna parlasse.
- Che ci fai, lì? Perché non entri? Sono certa che Richard sarà contento di vederti.
Alzai lo sguardo. La signora Starkey mi stava sorridendo.
Annuì, grata.
- Spero di poter aiutare in un qualche modo Richard.-
- Lo farai.- Mi disse la signora, prima di presentarsi e condurmi alla camera del figlio.
- Bussa ed entra.- Mi disse. Eseguii, Richard stava dormendo.
Mi sedetti su una sedia poco distante, osservando quel volto che tanto amavo.
Stava sorridendo, sulla fronte teneva una pezza bagnata, una goccia scendeva ritmicamente da essa, percorrendo come una carezza tutto il volto. La seguii con lo sguardo, notando quanto fosse bello quel volto, per me, tanto rilassato. La sua carnagione di un rosato pallido a causa della malattia faceva un gioco di colori con i suoi capelli scuri e con la pezza gialla. Avrei voluto seguire quel profilo con un dito, ma non osavo toccarlo, quasi spaventata di fargli del male, così mi limitavo ad osservarlo. Appena sotto la fronte si trovavano  i suoi occhi chiusi circondati da quelle sopraciglia e quelle ciglia perfette nere come il carbone, mi soffermai ad osservarli. Quei occhi che tanto amavo e a cui bastava un solo sguardo per farti battere velocemente il cuore, facendo sì che ci si sciogliesse. Ora, chiusi erano inattivi, non ci restavi incantato. Ora sì che li potevo studiare. Aveva le ciglia corte e sottili, le sopracciglia erano grandi ma rade. Anch’esse attraevano una loro particolare attenzione, forse per il semplice motivo che sarebbe stato piuttosto difficile vederle negli anni seguenti.
Osservai il naso. Forse era la parte che attraeva maggior attenzione, a causa della grandezza e della strana curva che si spostava prima a sinistra e poi a destra, come se fosse stato rotto da qualcuno, ma di sicuro era anche quella che gli dava una strana aria da bambino.
Il mio sguardo finì per l’accarezzargli le gote. Erano incavate, al momento,  anche se messe a confronto con quelle di Harrison erano persino pienotte. Sorrisi, prima di passare involontariamente su quelle labbra che tanto desideravo sfiorare con le mie. Il rosso vermiglio che le colorava le rendeva particolarmente vigore. Se quelle labbra avessero in quel momento sussurrato qualcosa sarei arrossita per essere stata beccata in flagrante. Per fortuna non lo fecero. Le osservai, in tutta la loro bellezza.
Una sua mano era poggiata sopra il candido lenzuolo, lasciando intravedere quelle dita dove teneva alcuni anelli, erano tre. Davano una colorazione maggiore a quelle dita, già così belle grandi.
Sussultai a sentire la porta aprirsi e per poco non arrossì.
- Meredith … Richy, non è sveglio! – Fece la voce di Marylin che si avvicinò sorpresa.
Mi voltai verso la mia amica.
- No, non si è ancora svegliato … - Sussurrai, con un filo di voce. - Comunque volevi dirmi qualcosa? – Chiesi, alzandola un po’.
- Sì … Ti sei offerta per aiutarci, prima. Ti andrebbe di bagnargli tu la pezza tutte le volte che la senti calda?- Si avvicinò al letto, prima di toccare la pezza, continuando: - Come adesso, per esempio.-
Annuì. Certo che lo volevo fare, avrei anche potuto accarezzargli la testa, in quel modo.
- Ottimo, lì c’è il secchio. – Mi indicò un secchio d’acqua, che si trovava a pochi metri di distanza dal letto.
La ringraziai per poi vederla uscire.
Presi la pezza. Era umida, non tanto calda ma di sicuro non più fresca, andai verso il secchio, ci infilai dentro la pazza attendendo che si raffreddasse un po’. Infine, stando ben attenta a non bagnare per terra mi avvicinai al letto, appoggiando delicatamente la pezza sulla fronte dell’ammalato. Gli accarezzai delicatamente la fronte, prima di lasciarmi andare alla tentazione di baciargliela.
Lo sentii fremere sotto di me. Abbassai lo sguardo, incontrando due meravigliosi occhi azzurri.
 
Richard Starkey Pov
 
La prima cosa che sentii fu una delicata e tiepida mano sulla mia fronte, pensai che potesse essere mia madre oppure mia sorella. Continuai a non aprire gli occhi per quanto desiderassi sapere chi fosse, era più importante ricevere altre coccole da quella mano.
Inspirai profondamente, senza riuscire a riconoscerne l’odore. Eppure l’avevo già sentito da qualche parte. Vuoto assoluto.
Quella mano smise di toccarmi la fronte, stavo per aprire gli occhi. Ne aprì solo uno. C’era qualcuno, vicino a me. Non ne vedevo il volto, però, in quanto si era appena… posato sulla mia fronte, almeno le sue labbra.
Mi mossi, nella speranza di scoprire chi fosse, doveva essere per forza una lei: aveva le tette.
Abbassò gli occhi, fissandomi con quei due meravigliosi occhi marroni. Rimasi incantato a fissarla. Non ci potevo credere, era venuta da me.
Lei parve particolarmente imbarazzata, gli e lo leggevo nello sguardo. Infatti, smise di guardarmi. Sentii il mio cuore mancare un battito. Volevo che continuasse a guardarmi. Abbassai lo sguardo, triste. Lei si doveva essere rimessa a sedere dopo avermi posato la pezza.
- Richard … - Sussurrò. Mi voltai a guardarla, quasi a chiederle cosa ci fosse. – Tua sorella mi ha detto che stavi male. – Si fermò ed io mi chiesi perché le avesse detto ciò. Adesso avrebbe pensato male di me, mi dissi. Distolsi lo sguardo, prima di cercare di mettermi a sedere. Non ci riuscii, le mie articolazioni parevano non volermi rispondere.
Feci maggiormente forza sulle mani. Il mio corpo mi parve pesantissimo. Mi lasciai ricadere dopo poco, ero riuscito solo ad alzarmi di due millimetri, facendo così la figura dello sciocco davanti ai suoi occhi.
- Richard! - Mi richiamò di nuovo. La guardai ed un nuovo pensiero mi passò per la testa. Chissà da quanto tempo era lì.
- Meredith - Sussurrai, a mia volta, cercando il coraggio per chiederglielo. Lei mi sorrise, attendendo che continuassi. - Da quan…- sussultai, mi sentivo davvero male. Però parve comprendermi, perché disse: - Non da tanto. Cerca di non muoverti. –
La guardai. Che cosa ci faceva un angelo in una casa come la mia? Mi chiesi, ma non cercai nemmeno di ripeterlo ad alta voce, ben consapevole che lei non avrebbe compreso. Rimasi lì ad osservarla. Era magra, dai capelli castani, gli occhi dello stesso colore. La cosa che mi aveva sempre colpito di lei era la perfetta linea che aveva sia nella parte superiore del corpo che in quello inferiore. In lei tutto era bilanciato.
Osservai i suoi occhi, notando che mi osservava a sua volta. Era come se mi volesse dire molte cose, ma non ci riuscisse. Era delicata, anche nelle movenze. L’espressione del suo volto non era uno dei più felici. Quanto avrei dato per ricevere un suo sorriso, ma sembrava che lei non me lo avrebbe donato così facilmente. Pensai che avrei voluto poterle suonare e cantare qualcosa. Magari avrebbe riso di me, ma almeno l’avrei potuta vedere e senza che ci fossero le sue amiche. Sussultai a quel pensiero, perché le avevo promesso di suonare quella sera stessa. Forse avrebbe accettato di posticiparla... o forse mi avrebbe abbandonato. Mi venne un groppo alla gola.
- Scusa, mi dispiace … io, non volevo, lo prometto! – Iniziai a dire e la vidi avvicinarsi, quasi a chiedermi cosa ci fosse che non andava.
- Io … avrei voluto … scusami se non posso. Avrei voluto suonarti sta sera. – La vidi sorridere, sorrisi a mia volta. Rimasi incantato a guardare i suoi occhi illuminarsi, le sue gote prendere colore. Le sue labbra pienotte stirate in un sorriso. Poi il tutto sparì, velocemente, così com’era arrivato.
- Richard, non voglio che tu suoni in queste condizioni. - Mi prese la mano, ed io tremai. Sentivo il sangue salirmi alla testa, il cuore battermi fin troppo velocemente. – Richard, desidero che tu ti rimetta in salute. Di tempo per suonare ne avrai. Anche per farmi sentire quanto sei magnifico con la batteria. - Rimasi lì, a guardarla. Significava che mi voleva ascoltare … ed anche che voleva vedermi ancora. Ero felice, per il tocco tiepido della sua mano e per le sue parole.
Rimasi a guardarla in quei due meravigliosi occhi marroni così emotivi e sensibili come la sua padrona, me ne sommersi, lasciandomi andare. Erano così belli, sembravano due pietre preziose, per quanto scintillassero. Avrei voluto guardarli per sempre. Ci separammo solo quando sentimmo dei ripetuti “Click!”
Ero sorpreso di essere stato beccato in quel momento.
Anche Meredith doveva essere altrettanto sbalordita perché mi lasciò la mano.
Una risata scoppiò nell’aria. Mi morsi il labro, consapevole di chi si trattasse. Una risata del genere, così gaia ed allegra ce la poteva avere solo mia sorella. Non che non l’avessimo guardata, ma era stato per due soli secondi e non avevo compreso seriamente di chi si trattasse.
Se avessi voluto, però, l’avrei fulminata con lo sguardo, ma non potevo davanti a Meredith.
- Non sapete quanto siete belli, insieme, ragazzi!- Ridacchiò, facendomi sprofondare. Peccato che sono ammalato, pensai. Vidi Meredith arrossire e distogliere lo sguardo. La guardai dispiaciuto, certe uscite di mia sorella erano proprio pessime.
All’ennesimo scatto la Gale alzò lo sguardo e si buttò su mia sorella, così iniziarono una lotta. Alla fine vinse la mia compagna di banco, la quale alzò la fotocamera.
- Perché hai preso la mia Comet??- Strillò mia sorella, guardando l’altra. Era una fortuna che le due fossero diventate amiche in così poco tempo, sospirai.
- Beh, vedi? Io e Richard non siamo dei modelli, per cui non ci devi fare un album di fotografie.- Distolsi lo sguardo. Magari lei avrebbe potuto assomigliare ad una modella, ma io? Io no, di sicuro. Come potevo anche solo sperare che una bellezza del genere con tanti ragazzi che la desideravano e tutti migliori di me, potesse scegliere proprio il sottoscritto? Ero un illuso.
- … Che poi che ci fai di tante foto? Ci decori la casa?- Fu questa la parte del discorso che mi persi, mentre, invece,  sentii le due scoppiare a ridere. Alzai il capo, per vederle.
Erano due bellezze totalmente differenti. In quel momento Meredith stava ridendo con la testa piegata in avanti, quasi nel gesto di controllarsi, mia sorella, invece rideva con una mano davanti alla faccia. Io non potevo fare parte di quel quadretto. Fu allora che lo capii, guardandole. Un nodo mi salì alla gola, ma io rimasi ad osservarle, cercando di sorridere.
Qualche minuto dopo tornò il silenzio. Meredith si era voltata verso di me, mentre io ero voltato di lato. Si avvicinò a me. Chiusi gli occhi, sperando di non vederla.
- Richard! – Mi chiamò lei, posando la bocca sulla stoffa, facendomi sentire anche a me il leggero tocco.
Non risposi. Lei mi si avvicinò, per guardarmi negli occhi. Li tenni irremovibilmente chiusi.
- Guardami, Richard.- Aprii gli occhi, ritrovandomela a pochi centimetri di distanza. Trattenni il fiato.
- Richard, cosa c’è?- Mi chiese lei. Marylin ci avrebbe già fatto un foto, se fosse riuscita a riprendere la macchina fotografica.
- Ni … Niente.- Balbettai, spaventato della vicinanza e fissandole le labbra. Desideravo baciarla da così tanto tempo … ma se poi mi avesse abbandonato? Scossi il capo, cercando di scacciare quel desiderio.
- Non voglio che tu sia triste, ok?- Mi chiese, quando riuscii a fissarla di nuovo negli occhi. Annuii, vedevo la sincerità in essi. Come avrei fatto a non essere triste se non potevo avere la donna che amavo? Mi chiesi.
Meredith si rialzò, prese la pezza ed andò a farla bagnare.
Dopo che me l’ebbe appoggiata di nuovo sulla fronte si sedette dov’era prima, come se nulla fosse successo.
Allungai una mano, sperando che lei l’accettasse. Sentii la sua piccola mano posarsi nella mia. Mi voltai a guardarla, lasciandomi andare in quei due luminosi pezzi di quarzo. Sorrisi, osservandola. Non avrei permesso a nessuno di portarmela via.
Click!
 
 
Angolo autrice:
Spero di non aver distrutto l’immagine di Ringo, in questo capitolo e di non averlo reso OOC. Spero proprio di no, perché me lo sono sempre raffigurato così. Vi auguro una buona giornata pubblicandovi i primi tre personaggi principali del capitolo:
 
Meredith Gale (Interpretato dalla sottoscritta... Miss_Riddle Starkey): Image and video hosting by TinyPic
 
Marylin Starkey (interpretato da Dark_Riddle):Image and video hosting by TinyPic
 
Richard Starkey: Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 – Inviti sospetti ***


 Capitolo 8 – Inviti sospetti

 
Ormai erano passati una quindicina di giorni da quando Ringo si era ammalato. Tutti i giorni passavo le ore che non occupavo con la scuola da lui, semplicemente per stargli vicina in quel periodo. Non mi dava fastidio la cosa che avesse la febbre.
Tornavo a casa tardi, solo per potermi riposare un po’. Speravo vivamente che tutto ciò giovasse a Ringo. Per quanto riguardava lo studio riuscivo a tenerci testa sia quando ero in autobus, sia durante le lezioni e le ricreazioni che quando Ringo dormiva. Però, oramai la situazione stava divenendo pesante e faticosa anche per me.
Ero in autobus e come tutti i giorni tenevo il libro della prima lezione davanti a me, cercando disperatamente di studiare senza addormentarmi e senza distrarmi troppo.
Era da un po’ che mi sentivo osservata, ma non intendevo voltarmi per riuscire a capire chi fosse. Avevo ben altre idee per la testa.
La musica di Harryson che si diffondeva nell’autobus ad un tratto si fermò. Avevo, infatti, iniziato a prendere quell’autobus tutte le mattine da quando avevo scoperto chi fosse il figlio dell’autista. Avevo tutta l’intenzione di divenirne amica, in più mi portava perfettamente davanti alla scuola in orario.
Qualcuno s’incamminò. Pensai che George avesse finito una canzone e ne stesse scegliendo un'altra. Non ne potevo avere la certezza in quanto non stavo ascoltando.
Qualcuno mi sfilò il libro di mano, lo chiuse con uno schiocco per poi sedersi al mio fianco.
Rimasi immobile, senza riuscire a credere a ciò che era successo.
- Allora, Meredith, hai tutta l’intenzione di ignorarmi per tutto l’anno?- Mi chiese la voce familiare di George.
Mi voltai a guardarlo.
- No... ma devo fare i compiti, George!- Risposi, cercando di riprendermi il libro, che lui mi allontanò fulmineamente facendomi ritrovare in disequilibrio sul sedile. Infatti caddi in avanti, finendo a ochi centimetri dalle sue gambe.
- Sì, l’ho notato … - Disse sorridendo alla mia incapacità di stare dritta. Mi cercai di rialzare.
- Ah, dammi quel libro!- Sbuffai, prima di continuare con un:- Non ho avuto tempo, in questi giorni di studiare a casa. – Lui mi guardò, senza, però, allungarmi il libro.
- Che hai fatto di tanto importante? Ti facevo una ragazza assennata.-
- Sì, ma ci sono cose più importanti della scuola, signor Harryson. Per esempio l’amicizia.- Ribattei, mi divertivo a chiacchierare con lui.
- Certo, l’amicizia è importante. Ma a che punto giungeresti per un amico? – Mi chiese, con fare filosofico.
- Giungerei a qualsiasi punto per uno vero. Gli amici fanno così. – Lo guardai, sorridendo.
- Ma non mi hai detto con precisione cosa c’entra l’amicizia con la cosa che studi anche in questo autobus, seppur io stesso stia cercando di attirare la tua attenzione da quando sei salita.- Rispose al mio sorriso.
- Beh, un mio amico sta male, in questi giorni, così cerco di starci vicino.- Gli spiegai, avrei anche voluto dirgli di più, ma non potevo e non volevo cambiare il futuro. Si sarebbero dovuti conoscere ad Amburgo.
- Oh, allora la tua risposta sarà no. Speravo che tu accettassi … - Voltò lo sguardo altrove, per poi allungarmi il libro.
- Di cosa parli?- Chiesi, senza prendere il fatidico libro, sorpresa.
- Beh, speravo che tu volessi venire a sentire sta sera la band in cui suono. Sai siamo i Johnny and the Moondogs … suoniamo al Cashbah Coffee, non so se la conosci. – Mi guardò, in attesa di una plausibile risposta.
Cioè George Harryson mi stava invitando ad andarli a sentire al Cashbah?? Ma stavo vivendo un sogno!! Ok, ora mi dovevo calmare anche se il mio cervello mi comandava di saltare dal sedile e di mettermi a fare la danza della pioggia. Non era una buona idea.
Pensai bene a cosa dire: li volevo andare a sentire, certo. Ma non volevo lasciare da solo Ringo.
- George, ci posso provare ma non sono certa di poterci essere. A che ora suonerete, più o meno? Così vedo se riesco a venire o meno.- Cercai di spiegarmi.
- Beh, piuttosto presto, più o meno alle cinque-sei di pomeriggio. Sai, vogliono lasciare spazio alla serata Jazz. – Mi sorrise.
- Ottimo, provo ad esserci. – Risposi.
- Tutto al più ti dirò quando suoneremo nuovamente. – Annuì alla proposta.
- Mi farebbe molto piacere!- George pareva contento.
Mi osservai attorno, notando che non eravamo ancora arrivati.
- Ma tu la suoni sempre?- Chiesi, indicando la chitarra.
- Beh, mi ci devo abituare. Devo studiare, ancora un po’.- Mi spiegò.
Cercavo di parlare di qualcosa che non sapessi ma che non fosse neanche troppo intimo.
Fu lui a parlare nuovamente, questa volta.
-Spero, sinceramente, che ti piaceranno le nostre canzoni. John è fissato con Elvis, per cui sono per lo più sue canzoni.- Annuì. Avevo ascoltato anch’io Elvis e mi piaceva anche se non equiparava la bravura dei Beatles.
- E’ bravo a cantare, Elvis. Mi piacciono alcune sue canzoni. – Dichiarai.
- Solo alcune? – Mi guardò perplesso prima di indicare fuori dalla strada. – Guarda, vedi quell’edificio? E’ la scuola di John. –
Mi voltai ad osservarla. Era un edificio piuttosto semplice. Non ci trovavo nulla di particolare nei suoi grandi scalini e nella sua grande porta.
- La prossima è la tua.- Concluse George, osservandomi fissare quella scuola, con espressione sorpresa.
Annuì, alzandomi. Chiacchierare con un amico come George era sempre piacevole.
***
Sospirai, ringraziando il cielo che fosse Sabato. Non riuscivo ancora a spiegarmi bene come fossi riuscita a reggere una mattinata intera in quello stato di enorme sonnolenza.
Sarei riuscita a reggere il resto della giornata? Mi chiesi, uscendo assieme alle altre dalla scuola.
Salutai con la mano le mie amiche, cercando di svignarmela il più velocemente possibile. Ormai lo sapevano che passavo tutti i momenti liberi a casa del “Principe Azzurro”, come lo chiamavano loro.
Sorrisi, meno di un mese prima avrei attribuito nella mia testa tale parola a Lui, ma adesso avevo scoperto la mia cura.
Poi? Che sarebbe successo quando sarei tornata nel mio tempo? Mi chiesi. Era da molto tempo che non ci pensavo più. Storsi le labbra consapevole di non essere sicura su quanto sarebbe avvenuto, allora.
Sospirai, la cosa migliore era non pensarci, ancora.
Non sapevo il perché, ma sentivo il pericolo di perdere Ringo dietro l’angolo e questo non c’entrava nulla con la cosa che era ammalato. Il suo destino non parlava di una certa Meredith. Perché?
Strinsi le labbra, cercando di tornare al presente, cosa che feci solo quando mi ritrovai davanti a quel portone così massiccio quanto era la timidezza della persona che amavo.
Suonai al citofono. Poco dopo ero in camera di Ringo.
Lui stava riposandosi. Sembrava che stesse meglio, di aspetto.
Tirai fuori i libri, iniziando a studiare.
Le parole che si trovavano in quella pagina sembravano incrociarsi. Non riuscivo più a metterle a fuoco, ma non avevo voglia di alzarmi e di andarmene. Scossi la testa, cercando di risvegliarmi.
Almeno fino a quando Ringo non si fosse svegliato sarei rimasta lì.
Quella di restare svegli diventava un’operazione sempre più difficile ogni momento che passava.
Se avessi chiuso occhio solo per un momento? Cosa sarebbe mai potuto succedere? Mi chiesi, mentre inconsapevolmente mi ritrovavo seriamente a chiudere le palpebre.
Cercai di riaprirle. Niente, sembrava non volessero sentire ragione.
Parevano essere di piombo, per quanto erano pesanti. D’altro canto, però, non volevo addormentarmi lì… che figura ci avrei fatto?
Mentre mi chiedevo questo una nuova idea di quiete momentanea entrò nella mia mente.
Era finita, mi addormentai pochi secondi dopo.
 
Richard Pov
 
La prima cosa che sentii fu un peso sospetto al mio fianco. Mi voltai per scoprire cosa fosse.
Sorrisi, quando notai i capelli della “mia” Meredith, come avevo iniziato a chiamarla fra me e me, sparpagliati come se si fosse definitivamente addormentata lì.
Temevo che prima o poi accadesse. Avevo sentito offrire da mia madre un letto per farla riposare un po’.
Niente, non aveva mai accettato.
La osservai: era così bella anche così...
Forse avrei dovuto svegliarla, ma non intendevo infastidire un angelo di quel genere.
Era stata con me per tutta la mia influenza, perdendo persino ore preziose per riposarsi.
Quella posizione doveva risultare scomoda, mi dissi scostando le coperte ed alzandomi dal letto.
Quel giorno, infatti, mi sentivo meglio: ero entrato in convalescenza.
Stando attento a non svegliarla giunsi al suo fianco. Le cinsi con le braccia il corpo e la presi in braccio.
Era pesante, ma riuscii a sollevarla e ad inserirla nel letto.
Le accarezzai una gote, stando ben attento a non svegliarla. Era in una posa piuttosto strana, al momento.
Il suo corpo era sbilanciato verso un lato, una delle mani era posata sulla propria faccia mentre l’altra teneva stretto il libro di studi. I suoi capelli scuri e setosi si erano andati a posare disordinatamente sul suo volto.
Sorrisi, osservandola. Le tolsi il libro di mano, sfiorando appena le sue tiepidi dita, per poi infilarlo nella cartella che aveva posato in un angolo. Doveva essere venuta a casa mia subito dopo le ore scolastiche in quanto i libri che conteneva erano quelli del sabato.
Le misi i capelli dietro la testa, per poterla osservare meglio. Avevo intenzione di passare quella giornata a prendermi cura del mio angelo personale.
Alla fine mi restò semplicemente di spostare un minimo il suo corpo e di ricoprirlo con le coperte che fino a poco prima si trovavano su di me.
Le accarezzai il volto con una mano. Era posata esattamente dove ero io, avevo appena condiviso con lei una cosa come il proprio letto, in un qualche modo e questo mi rendeva felice.
Sorrisi, continuando ad osservarla.
Se fosse stato per me l’avrei tenuta stretta a me per tutta la vita.
Ero stato uno stupido a non dirle che ero in convalescenza. Ma se poi non fosse venuta? Non riuscivo nemmeno a pensare ad un opportunità del genere.
Mi voltai, avevo bisogno di uscire da quella stanza e, poi, così avrebbe potuto riposarsi meglio.
La osservai un ultima volta, prima di andare a suonare.


Angolo autrice:
Scusatemi per la mancata lunghezza del capitolo. Oggi mi è venuto questo... anche se ci sarebbe stato anche un'altra parte, ma ho preferito aggiungerlo successivamente. 
Il prossimo capitolo lo pubblicherò il 22 o il 23. Non lo so ancora, ma ne sono costretta in quanto in questi giorni non ci sarò.
Ora vi saluto lasciandovi alle mani sicure di un giovane George, della mia amica Georgia

George Harryson: http://www.rockol.it/img/foto/upload/George+Harrison+young.jpg

Georgia (interpretata da JKEdogawa) : http://videoclipsimage.agaclip.com/0fbIbhNcCMz-_-la-donna-degli-anni-60.jpg

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Risvegli rumorosi ed errori fatali ***


Capitolo 9 - Risvegli rumorosi ed errori fatali

 
Un rumore assordante mi giunse alle orecchie. Chi era a fare tanto casino? Sembrava quasi come se qualcuno bussasse ininterrottamente contro una qualche pelle tirata.
Sì, mi  pareva tanto un tamburo. Chiusi con maggiore forza gli occhi, sperando che quel rumore cessasse.
Uffa, proprio ora che avevo sognato di trovarmi al tempo di Ringo Starr e di averlo per compagno di banco!
Proprio ora mi dovevano svegliare? Mi voltai dall’altra parte, sperando di riuscire ad addormentarmi nuovamente. Il rumore cambiò. Per un momento aveva preso un intonazione più metallica. Poi ricominciò con il tamburo. Però era un suono ben diverso. Sembravano vari tamburi. Bah, mi misi il cuscino sulle orecchie sperando di non sentire nulla e di potermi addormentare di nuovo. Chissà, forse questa volta sarei potuta arrivare ad immaginarmi di baciarlo.
Il rumore non scomparve, si ovattò solo un po’.
“Adesso basta! Non ne posso più! Ma chi è il maleducato che non mi permette di sognare il mio bel Beatle?” Mi chiesi, irritata.
Aprii gli occhi cercando di mettere a fuoco la stanza. Non mi sembrava di averla vista prima. Strano, chissà dov’ero. Di certo non a casa mia. Mi voltai, cercando con lo sguardo tutte le immagini dei Beatles. Perché non le avevo con me? Mi chiesi. Il rumore si fece risentire ed io mi accorsi solo allora che non si trattava di altro ce del bel suono di una batteria. Poteva provenire dalla televisione o dalla radio, mi dissi.
Una voce maschile iniziò a cantare.

Beautiful dreamer wake unto me
Starlight and dewdrops are waiting for Thee
Sounds of the rude world heard in the day
Loved by the moonlight have all passed away

 
Assomigliava incredibilmente a quella di Ringo... strano.
“Deve di certo provenire da una qualche televisione!” Mi dissi, cercando di ragionare e di non svenire.
Inspirai profondamente, l’odore che le mie narici trasmisero al cervello non era di certo il mio. Sapeva di medicine misto a qualcosa che non seppi mai descrivere. Era un qualcosa di assolutamente buono, un qualcosa che mi trasmetteva calma e bontà. Mi accoccolai meglio fra le coperte, espirando - inspirando a pieni polmoni. Era come se due forti braccia calde mi stringessero in un dolce abbraccio. Mi lasciai cullare da quel tepore.
La voce dell’uomo s’interruppe.
- Marylin, credi che abbia svegliato Meredith? Oh,che stupido... mi volevo solo esercitare ed ora l’ho svegliata...- Continuava a borbottare quella voce che non riuscivo a riconoscere per altri che per Richard... ehm, Ringo.
- Perché non vai a controllare se è sveglia o meno?- Chiese un'altra voce, questa volta femminile. Sembrava essere la stessa della ragazza che avevo sognato... La sorella di Ringo.
- Sì, hai ragione.- Dei passi mi avvertirono che qualcuno stava entrando nella stanza.
Dovevo scegliere se fare finta di dormire o se farmi trovare i piedi, magari per chiedere scusa del disturbo.
L’odore che, però, percepivo in quel letto mi convinsero a richiudere gli occhi.
Qualcuno aprì la porta. Lo sentii entrare. Aprii una sola palpebra per comprendere chi fosse entrato. Era di schiena a chiudere piano la porta, ma anche così avrei potuto riconoscerlo fra mille.
Un sorriso mi nacque spontaneo sulle labbra.
Allora non era tutto un sogno! Lo stavo vivendo davvero! Mi dissi, felice.
Richard si avvicinò a me e con una mano mi accarezzò il volto. Trattenni un fremito.
- Per fortuna non ti sei svegliata... ti prometto che non suonerò più mentre tu dormi!- Sussurrò, continuando ad accarezzarmi il volto. Avevo intenzione di prendergli la mano e sorridergli, ma non lo feci.
Appoggiò la fronte sulla mia, come io stessa avevo fatto varie volte quando lui stava male.
Questa volta non parlò.
Feci  un movimento, come se stessi continuando a riposare. Agli addormentati è permesso tutto ed, infatti, io usai questa regola per stringerlo a me abbracciandolo.
Lo sentii sussultare, poi respirare profondamente.
- Mi farai impazzire, una di queste volte.- Sapevo che stava sorridendo. Lo strinsi più forte a me.
- Anche d’addormentata...- concluse, accarezzandomi i capelli. Il suo tono era dolce come non lo avevo mai sentito.
“Se continuo così mi dice i suoi sentimenti, credendo che sia davvero addormentata.” Mi dissi.
Sentivo che avrebbe detto qualcos’altro e non intendevo rovinare il momento.
Però, d’altro canto, non sarebbe stato giusto da parte mia sentire le sue parole se lui non intendeva ancora dirmele.
- Se non fossi addormentata avrei paura a dirtelo...- Iniziò, infatti, Ringo a dire.
Mi stiracchiai aprendo leggermente gli occhi.
Richard si bloccò, imbarazzato per aver iniziato un tale discorso.
Mi guardò, con lo sguardo cupo. Gli sorrisi prima di guardarmi attorno.
- Non mi dire che mi sono addormentata... Che stupida, sono venuta per stare un po’ con te e mi ritrovo con le parti ribaltate! – Dissi, levandolo così da quello stato.
- Già... ti sei addormentata...- Mi guardò colpevole.
- Come mai sei già in piedi? Non eri malato?- Gli chiesi, scherzosa.
Parve non comprendere che stavo scherzando.
- Io... sono in convalescenza... Ti ho lasciato solo il mio letto.- annuì, guardandolo bofonchiare qualche altra parola.
Mi alzai ed osservai l’orologio che era appeso in camera. Erano già le 17. Magari sarei potuta arrivare in tempo.
- Se sei in convalescenza puoi uscire... se ti vesti per bene, intendo.
Lui annuì:- Sì, hai intenzione di uscire con me? – Mi chiese, sorpreso.
- Certo. Mi hanno detto che oggi suonano i Johnny and the Moondogs al Casbah Coffee. Avevo intenzione di andarli ad ascoltare. Vieni con me?- Gli sorrisi, mi sarebbe piaciuto che fosse venuto.
Lui accettò di buon grado.
Grazie all’aiuto di Marylin nel coprire il fratello ed alla cosa che i genitori di Richard non fossero in casa,
dato che stavano lavorando ancora, riuscimmo ad essere al Casbah in una mezz’oretta.
L’ambiente non era uno dei migliori. Il fumo e l’aria malsana che puzzava di chiuso erano i due elementi principali, per lo meno, però, stavano suonando in modo divino.
 

That'll be the day, when you say good-bye, yes,
that'll be the day, when you make me cry.
Oh you say you're gonna leave,
when I die!

 
Ci sedemmo ad un tavolo dopo che Richard si era già levato le sciarpe, i foulard, i guanti e gran parte degli altri abiti che ne nascondevano il volto. Io voltai lo sguardo verso il palco, per non restare a fissare il mio accompagnatore con sguardo da ebete, come lo definiva spesso Lucy.
Uno dei chitarristi mi stava guardando con dolcezza ed ogni tanto lanciava occhiatacce a Richard. Pareva che ogni volta che ci dovevamo incontrare io e George lui dovesse sempre cantare questa canzone.

 Well, you give me all your lovin' and your turtle
dovin',
All your hugs and kisses and your money too, you
say you love me baby, until you tell me,
maybe,That some day, well, I'll be through,
cause...


George mi sorrise per un momento. Sembrava quasi intendere “Dopo ti presento i miei amici”, prima di avvicinarsi a Paul con cui condivideva il microfono. Probabilmentefacevala parte del coro.
 

That'll be the day, when you make me cry, yes,
that'll be the day, when you say good-bye.
Oh you say you're gonna leave,
you know it's a lie ' cause that'll be the day
when I die!

 
Mi voltai per guardare Richard e magari per invitarlo pure a ballare, ma lui non mi degnò di uno sguardo, preso com’era a fissare torvo George. Rimasi perplessa a guardarli.
Cosa stava succedendo? Loro che sarebbero divenuti migliori amici si guardavano in quel modo?
Anche George guardò male Ringo.
Dovevo fare qualcosa. Porsi la mano a Ringo, quasi a chiedergli di ballare. Non volevo rovinare la musica parlando. Ringo parve capire ed accettò alzandosi.

When Cupid shot his dart he shot it at your heart
So if we ever part and I leave you
You say you told me and you told me boldly
That someday well, I'll be through cause...


 
Ci eravamo messi a ballare. Nessuno dei due parlava. Io avevo appoggiato la testa sul petto di Ringo, lui continuava a guardare un po’ me e un po’ George, sembrava quasi chiedermi chi fosse. Gli sorrisi. George... chi era, per me? Un amico. Allora perché Richard sembrava non capire che per me c’era solo lui e nessun altro? Mah, forse era semplice gelosia. Un po’ di gelosia faceva bene. Era strano ballare con Ringo una musica dei futuri Beatles.
 

That'll be the day, when you say good-bye, yes,
that'll be the day, when you make me cry.

Oh you say you're gonna leave,
you know it's a lie ' cause that'll be the day
when I die!

 
Richard sembrò calmarsi. Mi guardò negli occhi, attendendo che la canzone finisse. Per me lui era il mio mondo. I suoi occhi erano il mio cielo, il suo sorriso era una divinità da adorare. Persino il suo naso aveva un tocco speciale. Sorrisi. Perché sembrava non accorgersene?
Appena la canzone finì George mi fece segno di avvicinarmi. Guardai Richard, ma lui non disse nulla.
- Mi allontano solo un momento...- Cercai di dire, ma lui mi precedette.
- Chi è?- Mi chiese, guardando George.
- E’ George...- Iniziai io, ma lui m’interruppe.
- No, quello lo so. Ma chi è... per te. Insomma, quanto siete intimi? - Mi fissò, in cerca di risposte. Era come se mi avesse chiesto se stavo con George.
- Richard... dai, non puoi fare quello geloso...- Non avevo risposto, ma era difficile. Insomma ci tenevo ad entrambi. Certo, a Richard di più, dato che lo amavo.
Il ragazzo mi guardò due secondi prima di allontanarsi. Lo guardai, dove stava andando?
Lo seguii a ruota. Lo vidi da lontano prendere la giacca e tutto il resto. Mi avvicinai.
- Dove vai?- Gli chiesi.
- Vado a casa. Su, raggiungi quel tuo... “amico”.- Mi disse in tono amaro. Avviandosi verso la porta.
- Richard... Richard...- Lo richiamai varie volte cercando di seguirlo. La gente si metteva sempre davanti e lui pareva non ascoltarmi.
Lo vidi uscire. Rimasi immobile ad osservare quella porta che aveva attraversato lasciandomi sola. Cos’era successo? Perché non gli avevo risposto quando ne avevo avuto la possibilità?
Mi accorsi solo in quel momento che delle gocce calde iniziavano a scendere dai miei occhi. Stavo piangendo.
Chiudendo gli occhi rividi quelli di Lui. Perché pure adesso che soffrivo per qualcun altro dovevo pensare a lui? Perché tutti sembrava che amassero rompermi il cuore? Le ferite ancora visibili a causa dell’ultima volta erano state riaperte da Richard. Dal mio Richard.
Qualcuno mi strinse a se lasciandomi sfogare. Sapevo che era George.
- Mi dispiace...- mi sussurrò. La serata non era andata come volevo.
Mi accompagnò in bagno.
- Ho visto cos’è successo... ti va di conoscere i miei amici? Così, poi, ti riaccompagniamo a casa? Lo farei io stesso, ma non ho nessun mezzo per farlo. John ce l’ha. E’ lui il più grande.-
Mi fece asciugare gli occhi. Che schifo d’incontro sarebbe stato quello con John Lennon!
Sorrisi forzatamente. Grazie al cielo che c’era George ad aiutarmi.
Quando conobbi John non ero in me. Lui mi offrì da bere per tirarmi su di morale. Accettai senza far storie.
La mia serata finì affogata nel dolore e nell’alcool.
 
Richard Pov
 
Ero sdraiato a letto e stavo ripensando a quanto successo poco prima.
Mi ero ingelosito. Non mi aveva risposto, quasi temesse di dire qualcosa che non voleva. Avevo temuto, anzi era come se avessi avuto la certezza, che quei due fossero fidanzati.
Sembrava un bambino quel chitarrista. Forse era proprio quello che era piaciuto a Meredith.
Cercai di trovare una posizione migliore, voltandomi dall’altra parte.
Avevo creduto che io valessi qualcosa per lei. Mi dovevo essere sbagliato.
Probabilmente lei non era realmente cambiata.
Mi aveva solo voluto fare uno scherzo, di pessimo gusto, per di più.
Perché non voleva capire che l’amavo? Era tanto strano che un ragazzo come me si potesse innamorare di una dea come lei? Perché davanti ai miei occhi innamorati lei doveva per forza assomigliare ad una Venere?
Quello stesso giorno le stavo per confidare i miei sentimenti.
Speravo seriamente che non stesse in realtà dormendo.
Il dubbio, però, mi dava la forza per concludere la frase.
Grazie al cielo che non lo avevo fatto se no chissà quante risate si sarebbe fatta alle mie spalle.
Inspirai alla ricerca del suo odore. Non lo trovai, dato che mia sorella aveva tenuto aperta la finestra per tutto il tempo che eravamo stati via per dare aria alla stanza.
Che illuso che ero stato. Se avessi potuto avere quel George lì fra le mani...
Storsi la coperta con entrambe.
No, era ingiusto fare del male a qualcuno anche se quel qualcuno possedeva il cuore della persona che amavi. Meredith... perché mi aveva fatto questo? Me n’ero andato, consapevole che a lei non sarebbe potuto interessare nulla di me.
L’avevo sentita chiamarmi varie volte, ma il mio cuore era già in pezzi. L’avevo pure sentito il crack.
Cosa avrei fatto per avere la certezza che lei provasse qualcosa per me. Anche semplice affetto come quello che si prova per un amico.
Non aveva nemmeno mai voluto chiamarmi Ringo, come facevano i miei amici. Il mio nome sulle sue labbra, però, mi faceva impazzire. Mi sentivo importante davanti ai suoi occhi.
Mi sforzai di non piangere. Ero un uomo, gli uomini non piangono. Silenziose, però, esse riuscirono a trovare un modo per rompere le mie difese e scivolare fra le coperte.
L’ultima cosa che riuscii a decidere prima di addormentarmi  fu che il giorno dopo non sarei andato a scuola.
Non la voleva rincontrare tanto velocemente, il mio cuore non avrebbe retto.



Come ormai faccio solitamente anche oggi vi invierò due o tre immagini. Primo fra tutti il creatore del gruppo dei Beatles.

Ecco a voi.... John Lennon del 1959:  http://3.bp.blogspot.com/_3NtvfFUqqLQ/TLDDMRX3ELI/AAAAAAAAGGs/qhjJfQiYs5I/s1600/En+1959.jpg

E, per ultima Noemi (interpretato da... una mia amica che non è su Efp): http://www.rilaxati.it/wp-content/uploads/2009/10/old_swimsuit_16.jpg



Questa è la traduzione della canzone cantata dai Johnny and the Moondogs (se volete saperne di più, potete andare a vedere il capitolo 6, dove ho inserito anche il link del video):

Quello sarà il giorno
in cui dirai addio
Sì, quello sarà il giorno
in cui mi farai piangere
Dici che te ne stai per andare
Sai che è una bugia
Perchè quello sarà il giorno
in cui morirò

Mi hai dato tutto il tuo amore
e tutte le tue coccole affettuose1
tutti i tuoi abbracci e i tuoi baci
e i tuoi soldi pure
Dici che mi ami, piccola
finchè non mi dici
che un giorno, beh, sarò finito.

Quello sarà il giorno
in cui mi dirai addio
Quello sarà il giorno
in cui mi farai piangere
Dici che te ne stai per andare
sai che è una bugia
perchè quello sarà il giorno
in cui morirò.

Quello sarà il giorno
in cui mi dirai addio
Quello sarà il giorno
in cui mi farai piangere
Dici che te ne stai per andare
sai che è una bugia
perchè quello sarà il giorno
in cui morirò.

Quando Cupido lanciò il suo dardo
lo lanciò nel tuo cuore
E allora se mai noi ci separeremo
e io ti lascerò
tu ti siederai
e mi dirai audacemente
che un giorno, beh, sarò finito

Quello sarà il giorno
in cui mi dirai addio
Quello sarà il giorno
in cui mi farai piangere
Dici che te ne stai per andare
sai che è una bugia
perchè quello sarà il giorno
in cui morirò.


Beh, quello sarà il giorno, hoo, hoo
Quello sarà il giorno, hoo hoo
Quello sarà il giorno, hoo hoo
Quello sarà il giorno

Quella di Ringo ho preferito non metterla in quanto non ho trovato traduzioni decenti in compenso questo è il link della canzone: http://www.youtube.com/watch?v=I_md_z_g8sk.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Nuovo membro fra le ***


 

Capitolo 10 –Nuovo membro fra le “amiche”

 
Erano, ormai, passate tre settimane. Nei primi due giorni Richard era rimasto a casa, per guarire definitivamente, avevano detto. Sapevo bene che era una scusa, ma cosa ci potevo fare?
 Poi, quando era tornato avevo cercato di parlargli, ma mi evitava. Volevo chiarire. Dovevo chiarire. Quando ne avevo parlato con John lui mi aveva risposto che si era ingelosito, che aveva creduto che con quella frase gli stessi dicendo gentilmente che io e George stessimo insieme. Io e John non ci vedevamo molto spesso, ma il nostro rapporto si era legato molto. Forse perché pensava che avessi bisogno di un amico. Non potevo dargli tutti i torti.
John era simpatico, oltre ad essere un bullo. Sì, mi dispiaceva pensarla in quel modo e consideravo santa Chynthia, anche per ciò che sarebbe successo in futuro.
In quel momento ero in giro per negozi con le mie amiche. Anche loro si erano rese conto del cambiamento. Non avevo più l’aria di una ragazza gioiosa, in cerca di amicizie. Avevo l’aria depressa di una tradita. Le seguivo senza dire nulla, cercando ogni tanto di sorridere. La cosa che non vedessi il mio sole personale anche chiamato Ringo Starr da tanti giorni se non da lontano e di sicuro non mi sorrideva, mi stava rendendo triste. Non riuscivo a vivere senza il suo volto.
Georgia era quella che cercava maggiormente di starmi vicina, non che le altre non facessero altrettanto, solo che con lei era diverso anche perché frequentavamo la stessa classe.
- Meredith, ti piace questo vestito?- Mi chiese Clelia, indicando un abito molto carino. Era rosso, lungo fino ai piedi, con una scollatura abbastanza larga. Se si fosse abbinato con esse delle belle scarpe con i tacchi alti magari anch’esse rosse sarebbe stato perfetto per una qualche serata importante.
Quando me le indicò, però, non le guardai neanche.
- No. – Mormorai. Michelle alzò gli occhi al cielo. Era da ore che continuavamo a girare alla ricerca di vestiti senza che mai dessi la soddisfazione di annuire.
Clelia sembrò stancarsi, perché mi fece entrare a forza nel negozio.
Mi condusse verso i camerini e poi mi ordinò:- Provalo!- Tenendo in mano lo stesso abito rosso che avevamo visto in vetrina e delle scarpe dello stesso colore.
Eseguii, per farla calmare. Quando uscii Clelia iniziò a battere le mani, tutta gioiosa.
- Ti sta divinamente! Mio fratello ti cadrebbe ai piedi se ti vedesse vestita così!- Disse qualcuno avvicinandosi. Era Marylin, possibile che non sapesse?
- T-t-tuo fra-fratello?- Chiesi cercando di non scoppiare in lacrime.
- Tuo fratello è quello stronzo che ha ridotto Meredith in questo stato?- Chiese alterata Clelia come se anche Marylin avesse una qualche parte di colpa.
- Beh, direi che sono riusciti a farsi male a vicenda. Anche mio fratello sta male, ma nessuno dei due sembra voler chiarirsi all’altro.- Rispose Marylin, prima di presentarsi. – Comunque io sono Marylin Starkey. Sorella del compagno di classe di alcune di voi: Richard Starkey.-
- Quel nano?? Com’è possibile che abbia una sorella come te e che abbia fatto innamorare Meredith?- Chiese comparendo da dietro una mensola Georgia. Sembrava sicura di se.
Alzai gli occhi al cielo, mentre Marylin mi guardava incuriosita.
- Ah, adesso capisco perché voleva parlare a tutti i costi con me. – Continuò dopo poco Georgia facendosi seria.
- Che cosa gli hai detto?- Chiesi, preoccupata.
Volevo bene a Georgia, ma sapevo anche che su certe cose non aveva molto tatto.
- Beh, mi ha chiesto se stavi con qualcuno. Gli ho solamente detto  la verità. Non credo di aver fatto qualcosa di male.- Concluse Georgia.
- Cioè? Cos’hai detto esattamente?- Chiesi.
- Che non sei impegnata, ma si vede lontano un miglio che sei innamorata di qualcuno. Non potevo di certo dire che è lui quel qualcuno!- Concluse stizzita Georgia.
- Davvero? Ti piace mio fratello?- Chiese, perplessa Marylin.
La guardai a mia volta. Se dicevo di no avrei mentito e ciò avrebbe fatto male a lui... sempre se provava lo stesso per me. Se, invece, avessi risposto di sì lo avrei ammesso di fronte alle mie amiche. Cosa dovevo fare?
- Certo che le piace, ma è troppo orgogliosa per ammetterlo!- Rispose Noemi, apparsa in quel momento, anche se aveva sentito tutta la conversazione da un corridoio vicino a quello dove ci trovavamo noi.
- Marylin, mi prometti che non dici nulla a tuo fratello?- Chiesi, ancora indecisa se parlare o meno.
- Te lo prometto, voglio solo sapere se vi posso aiutare o se è meglio per lui che sia successo questo.- Mi spiegò.
- Se ti dicessi che non provo nulla per Richard mentirei.- Iniziai. – Vedi, per George provo solo affetto. Lui è un amico, ma Richard è... hai presente quella sensazione che ti fa dire che lui è quello giusto? Che senza di lui non ci sarà nulla? Ecco, è questo ciò che provo per tuo fratello. Non avevo mai provato una cosa tanto forte per qualcuno.- Abbassai lo sguardo prima di concludere:- Sono troppo timida per aprirgli il mio cuore... o meglio, ho sofferto troppo per pensare che lui possa davvero ricambiare i miei sentimenti.-
Marylin non proferì verbo, continuando a fissarmi.
Le mie amiche si erano tutte quante fermate in un posto diverso e mi osservavano chi a bocca aperta, chi un espressione ebete, chi ancora come se fossi un alieno.
La prima a rompere il silenzio fu Georgia che disse:- Meredith... non pensavo... Non chiamerò più “nano” Richard. Se tu lo ami davvero chi sono io per mancargli di rispetto?- Disse, avvicinandosi a me.
Marylin sorrise, prima di dire:- Ho un idea... ma ho bisogno del vostro aiuto ragazze! Mi aiuterete?- Chiese, osservando tutti.
Giuly accettò subito, avvicinandosi a me.
- Hai detto che piaccio a George, una volta.- Annuii- Vediamo, allora, fino a che punto.-
Le ragazze ridacchiarono.
- Io ti aiuterò di certo... se bisogna corteggiare nuovamente Starkey, so ben io come fare... Sei in una botte di ferro!- Sorrise Rosy.
- Se tieni conto della mia parola, allora farai progressi!- Si auto-propose Noemi, facendomi sorridere.
- Grazie, ragazze! Accetterò i consigli di entrambe in quel caso.- Risposi, io.
Georgia non se lo fece ripetere nuovamente accettando senza riserve, anche Loira che sembrava presa totalmente dal libro che stava leggendo accettò come una vera amica.
Clelia e Michelle non dissero nulla, ma come si suol dire “chi tace acconsente”.
- Direi che la cosa migliore per iniziare è regalargli qualcosa che non può rifiutare per un qualche motivo ed aggiungerci una lettera di spiegazioni.- Ci consigliò Marylin che era rimasta tutto il tempo in silenzio ad osservarci.
- Tu mi stai simpatica!- Disse Georgia, sorridendo, prima di aggiungere:- Un anello, che ne dici?-
Pensai che fosse eccellente un anello, ma ne aveva così tanti...
- Non è una donna!- Si vergognò della proposta Noemi, prima di proporre a sua volta:- Dei vestiario? L’ho visto solo una volta ma mi pare che il suo guardaroba abbia proprio bisogno di una sistemata!-
Ottimo, Noemi aveva detto che non si sapeva vestire. Altro che regalo. Mi trattenni dal darmi una manata in fronte.
- No, ma che dici, Noemi? Un libro sarà eccellente!-
 C’è proprio bisogno di dire chi fu a parlare? Ovviamente fu la nostra carissima Loira. Trattenni una risata.
- Pensi sempre a leggere, tu, eh?- Chiese Clelia.- Io sono d’accordo con Noemi. Si dovrebbe comprare degli abiti nuovi. Che ne dici se lo portiamo a fare shopping?- Si rivolse a Marylin, la quale non riuscì a trattenere una risatina.
- Che follia che stai dicendo, Clelia!- La rimproverò la sorella. – Io sono d’accordo con Georgia. Gli anelli sono così belli... in più hanno tanti significati intrinseci...- Spiegò.
- Io penso, invece, che dato che è un batterista gradirà qualcosa per il suo strumento. Tu cosa proponi?- Chiese Rosy, che sembrava essere stata l’unica a ragionare prima di parlare, voltandosi verso Marylin.
- Sono d’accordo con te. Sì, avrebbe bisogno di un drum kit nuovo. Meredith, forse non ha abbastanza soldi per riuscire a comprarlo.- Disse, pensierosa.
Fu Giuly a rispondere, questa volta:- Non ti preoccupare per i soldi, Marylin. Meredith ne ha a vagonate. I suo padre è un commerciante, in più derivano da due famiglie nobili. Su questo punto ha le mani pulite.- Ridacchiò.
- Certo, lo acquisterò. Andiamo al negozio di musica, ok? Così mi mostri come le vorrebbe lui.- Proposi. Fu così che andammo tutte quante al negozio.
 
Richard Pov
 
Ero appena tornato a casa quel 20 Novembre 1959* quando trovai un drum kit assieme ad una lettera senza il nome del destinatario. Rimasi sorpreso, sembrava essere stato trasportato fino a lì dal negozio di musica. Doveva essere costoso, chi poteva avermelo inviato? Forse leggendo la lettera avrei scoperto chi fosse il destinatario. Aprii la lettera, restando prima a studiare se ci fosse una qualche firma, ma niente mancava pure quella. Poi osservai la calligrafia. Era sottile e molto curata. Si notava che si trattava di una calligrafia femminile.
“Caro Richard,
comprendo che l’ultima volta che ci siamo parlati tu possa aver pensato che io e George avessimo un qualche tipo di relazione. Ma come potrei avere una relazione con qualcuno se il mio cuore appartiene a qualcun altro? Quindi la risposta che ti avrei dovuto dare quel giorno era: “siamo semplici amici, non siamo per niente intimi”. Non provo nulla per lui se non una forte amicizia. Mi spiace se hai immaginato qualcosa di diverso.”
Questo era tutto ciò che diceva la lettera. Sapevo bene che era Meredith. Quindi mi stava anche indicando che amava qualcun altro. Chi era il fortunato? Che potessi essere io? C’erano ben poche possibilità in quel senso.
Poteva essere Tom? Era molto più probabile. Se era Tom perché voleva farmelo pesare in questo modo? Ed ancora, poteva essere qualcuno che non conoscevo nemmeno. Il mio cuore non aveva di certo smesso di piangere lacrime di sangue. Il solo problema era mio che tutti i giorni la osservavo di nascosto a scuola senza riuscire per un solo momento a distoglierne l’attenzione. Però perché spendere tanto per mandarmi una lettera dove mi spiegava tutto e niente nello stesso momento? Che volesse la mia amicizia? Storsi le labbra, ma non riuscivo a fare a meno di lei. Ormai mi era chiaro che cosa provassi per lei. Dovevo solo trovare la forza per dirglielo. Era questa la parte più difficile, ma prima o poi l’avrei dovuto fare. Anche se temevo che mi avrebbe abbandonato.
 
* ho scritto questa data, anche se in realtà gli sarebbe dovuto giungere il giorno di Natale. Ma questo avrebbe un po’ troppo modificato la storia. Chiedo venia a chiunque non gradisca tale cambiamento.
 
Eccovi le due immagini di oggi:
 
Giuly (interpretato da GiulyTheBat): Image and video hosting by TinyPic
 
Noemi (interpretato da una mia amica che non è registrata su Efp):  Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Pomeriggio a sorpresa ***


Capitolo 11- Pomeriggio a sorpresa

 
Con Richard non ero ancora riuscita a parlargli dopo la lettera che gli avevo inviato, per il semplice motivo che non avevamo trovato tempo per scambiarci la parola. In quel momento era sabato pomeriggio ed io stavo tornando a casa da scuola.
 Se avessi voluto sapere qualcosa avrei dovuto agire subito. Magari andare a casa Starkey sarebbe servito a qualcosa.
Forse, però, era meglio agire di domenica e mettersi avanti quel pomeriggio. Ero indecisa sul da farsi.
La difficoltà di scegliere mi fu evitata quando arrivata a casa vidi un ragazzo più o meno della mia età ad aspettarmi. Chissà chi era. Di sicuro non era Richard perché i suoi capelli erano di un castano più chiaro.
Il giovane si voltò. Sbatté le palpebre varie volte come se non riuscisse a mettermi a fuoco. Sorrisi, che stupido che era. Possibile che non si mettesse mai gli occhiali? Mi avviai verso di lui. I suoi occhi castani mi scrutavano mettendomi a fuoco lentamente.
“Sua zia lo avrebbe dovuto sgridare di più!” Mi dissi, continuando a camminare nella sua direzione senza parlare.
- Ciao, adorabile donzella!- Mi prese in giro lui, gridando il suo saluto.
- Ciao, adorabile giovane Lennon! Hai perso la via di casa che sei finito da me?- Gli risposi a tono con voce più moderata avvicinandomi a sufficienza.
 Lui sorrise, facendo finta di farmi il baciamano, prima di rispondere:- No, ho pensato che dato che sono un cavaliere potevo anche alleviare il pomeriggio ad una donzella povera ed indifesa!-
Scossi la testa, incredula:- Sì, è possibile, ma avevo in programma di chiamare la sorella di Richard per sapere come andava. Sai, ho inviato a Richard un regalo con le spiegazioni. Spero solo che funzioni.-
Lui fece una smorfia. - Mi abbandoni per uno stupido che non sa tenere legato a se una bella ragazza come te?- Domandò, sincero.
- Ah, sarò anche bella, ma il mio cuore appartiene a lui. Questo è il problema.-
Lui scosse la testa, prima di aggiungere:- Questo era ovvio per come ne parli. Dimmi una cosa, però: non puoi pensarci sta sera che dovrebbero suonare al Casbah? Anch’io ho intenzione di andarli a sentire. Sarà divertente!-
Sorrisi grata. Nessuno mi aveva detto che suonavano lì. Dovevo stare più attenta ai diversi concerti.
- Ottima idea, John! Dai, che ne dici di entrare? Ti prometto che non ti porto al livello di tradire Chynthia!-
Lui rise accettando l’offerta.
Dopo un po’ a John venne l’idea di ascoltare un po’ d musica, solo che io non avevo altro che musica classica, in quanto il resto era sparito perché era tutto teoricamente successivo al 1959.
- Non hai musica interessante, in casa! Ma come fai a non ascoltare la musica? Che ne dici di venire a fare compere di dischi? Certo, sarebbe molto meglio andare ad acquistarlo da qualcuno... però ho sentito parlare di un negozio che vende il tipo di musica che piace a me. Allora, che ne dici?-
Ecco, già mi veniva mal di testa. Perché avrei dovuto spendere soldi per quel tipo di musica? Ma accettai di buon grado. A me bastava che non mi portasse in qualche pub a bere.
Quando uscimmo John mi disse che non ci vedeva un gran che, c’era troppa luce.
- Perché non ti metti gli occhiali,allora?- Domandai, perplessa.
- Ti sembro uno sfigato occhialuto, io?- Sembrava offeso per l’espressione che aveva messo su.
- No, scusa. Però ti servirebbero...- Ma cosa stavo blaterando? John Winston Lennon con gli occhiali? Ma mi ero rincoglionita? Era come dire ad un elefante di non avere paura dei topi.
- Non mi piacciono.- Mi sorrise sbieco prima di prendermi per la vita e stringermi a se, in quanto mi ero avvicinata troppo. Sollevai gli occhi al cielo, quando lui mi mise un braccio attorno le spalle. Perché doveva fare l’idiota fino a quel punto??
 - John, per favore, mollami.- Dissi. Lui parve non avermi sentito perché si mise, anzi a stringere maggiormente la presa attorno alle mie spalle.
Gli diedi uno scappellotto e lui mi lasciò, finalmente.
- Ouch!- mugugnò massaggiandosi la parte colpita. -Sei una ragazza violenta!- Sorrisi, quello poteva essere considerato un complimento.
- Sì, John! So come prenderti!- Con Lennon non si riusciva proprio a stare seri più di due secondi e ti faceva dimenticare qualsiasi cosa.
- Ah, sei tremenda! Quando ti farò conoscere mia zia diventerai sua grande complice su come farmi uscire pazzo!- Mi fece scoppiare a ridere, prima di seguirmi a ruota.
Sì, mi aveva parlato di sua zia come di una bestia feroce, come se ciò che avevo letto di lei nel futuro non mi avesse messo in chiaro la personalità dell’anziana signora. Ma mi era sempre stata simpatica ed a volte l’avevo considerata una grande. Mi sarebbe davvero piaciuto conoscerla.
- Dai, non sono così tremenda!- Dissi, continuando a ridere, senza riuscirmi a calmare.
- Sì, che lo sei! Ma ora andiamo, prima che chiuda. Che poi alle 17 dobbiamo essere nel locale a sentire i Rory Storm! –
- Ci sarà anche Chynthia, vero?- Chiesi, ma lo vidi scuotere la testa in segno di negazione.
- No, al momento ha la febbre. Quindi questa è la mia giornata libera ed ho deciso di passarla con te e con il mio gruppo.- Lo guardai perplessa.
- Come? Oh, spero sinceramente che non vorrai tenermi abbracciata per tutto il tempo!- Esclamai, ci mancava solo che Richard fraintendesse la lettera e credesse che amavo John.
- No, ti prometto che ti farò anche qualche carezza!- Disse con un tono che sembrava totalmente serio. La mia faccia doveva aver espresso tutta la preoccupazione che una frase del genere mi aveva suscitato perché John scoppiò a ridere come un matto.
- Dai, scherzavo! Ti giuro che non ti toccherò! E poi lo sai che per me sei solo un’amica. Certo so riconoscere una bella ragazza da una un po’ più brutta, ma sinceramente, tu sei solo una mia amica.- Mi rispose, quando riuscì a riprendere fiato.
Sorrisi questa volta. Come negare che John ed io eravamo amici?
Mi venne un’illuminazione. Cazzo, quella sera avevo un appuntamento importante con le ragazze! Per fortuna che avevano deciso di andare anche loro al Casbah, però. Così Giuly... Giuly... Oh, Merda!
- C’è un problema, però.- Dissi, bloccandomi. Oramai eravamo quasi arrivati perché il negozio dove si stava dirigendo John non poteva essere troppo lontano.
- Cioè? Cammina mentre parli, però!- Mi rimbeccò lui.
- Beh, hai mai sentito parlare di una certa Giuly?- Chiesi, ricordandomi che un tempo la mia amica corteggiava John.
- Giuly? Quale Giuly?- Mi chiese, perplesso.
- Giuly Payton!- Risposi.
- Sì, certo, perché?- Mi chiese, osservandomi curioso e perplesso nello stesso tempo.
- Beh, perché sta sera ci dovrebbe essere anche lei. Almeno per quanto ne so. – Cercai di spiegarmi, ricominciando a seguirlo.
- Come fai a saperlo?- John pareva teso, adesso.
- Beh, è una mia amica!- Risposi, alzando le spalle.
- Se non la guardo nemmeno va bene lo stesso?- Chiese John.
Annuii, così Giuly avrebbe avuto più tempo per agire con George.
- Certo. George, ci sarà sta sera?- Dissi, diventando cupa.
John scosse le spalle:- Se parli così di George mi farai pensare che ti piacciono entrambi.-
Ridacchiai.- No, George non mi piace. Come a te non piace Giuly!-
Lui sorrise:- Hai capito cosa penso della tua amica senza che te lo abbia dovuto dire. Entriamo o vogliamo restare qui a vita?- Mi osservai attorno. Non mi sembrava che ci fossero negozi lì attorno. C’era solo un vecchio edificio rovinato. Mi voltai a guardare perplessa John.
Lui mi prese per un braccio e si mise ad entrare nell’edificio.
L’interno era lucente. Era pulito e messo a nuovo. Pareva uno di quei negozi chic dove mi portavano di solito le mie amiche a fare shopping. Storsi le labbra. Tutta quella eleganza portata all’eccesso diventava un po’ volgare.
- Mrs. Gale- mi sussurrò all’orecchio John facendomi sussultare, prima di indicarmi i dischi di vinile.
Mi ero accorta che a casa il mio lettore cd era diventato un giradischi. Ora avevo solo da scegliere la musica da acquistare.
John si era già avvicinato ad una pila e stava scegliendo molti dischi di vinile da farmi comprare. Lasciai che fosse l’esperto a sceglierli. Io avrei solo fatto delle figuracce.
Dopo qualche minuto lui si avvicinò a me e mi porse i dischi che voleva farmi acquistare. Erano una pila lunghissima. John tornò a sceglierne altri, ormai mi stava facendo una libreria intera di musica.
- Ecco, direi che questi sono i più importanti!- Mi disse, quando ormai aveva preso tutti i diversi tipi di dischi che c’erano nel negozio.
- Cosa? Ma sei impazzito? Quanto costeranno tutti questi dischi?- Chiesi, ormai erano più alti di me, se li si appoggiava a terra.
Lui ridacchiò:- Non so... ma ti serviranno per farti una cultura musicale... non potrai mai diventare la ragazza di un musicista se non conosci la musica.- Alzai gli occhi al cielo.
Dopo un po’ John continuò:- e come premio per aver comprato così tanti dischi ti regalo questo poster di Elvis. Ti do il permesso di sbavare!- Ridacchiai.
- Ah, the King!- Dissi, dopo un po’. Davvero strana la vita del King. Sarebbe stato battuto e sarebbe presto passato in secondo piano a causa della stessa persona che mi stava porgendo il poster.
- Allora, lo vuoi?- Mi chiese, con gli occhi che luccicavano John. Come dire di no? Certo che lo volevo, anche solo per ricordarmi sempre di quel viaggio nel passato e di quel pomeriggio con John.
- Grazie, John!- Sorrisi, prima di porgli un enigma:- Tu cosa faresti se fossi più amato di Elvis?- Chiesi, osservandolo.
Lui sorrise restando in silenzio, probabilmente perché si figurava la scena.
- Mi piacerebbe diventarlo... Ma il King è il King! Non so... già essere come lui sarebbe il massimo... davvero... come potrei chiedere di superarlo?- Chiese, ma si vedeva che il suo desiderio più nascosto era proprio quello di diventare il migliore.
Sorrisi a mia volta, andando verso la cassa.
- Tutti questi dischi... quant’è?- Chiesi alla commessa, senza accorgermi che quello sciocco di Lennon era già uscito con il poster nascosto sotto la giacca.
- Tutti quanti?- Mi chiese la commessa perplessa, continuando a fissarmi.
- Sì, esatto.- Dissi, decisa.
Si mise a fare i calcoli. Dopo qualche minuto rispose:- Cinque mila e ottocento sterline.-
Sgranai gli occhi, prima di allungarle i soldi. Fortuna che ne avevo a sufficienza.
John mi stava attendendo fuori.
Quando uscii mi chiese:- Cos’hai fatto in tutto questo tempo? Non potevi uscire subito?-
Lo guardai sorpresa. – Ho pagato le cose che ho comprato, magari?-
- Ah, bisognava anche pagare?- Tirò fuori da sotto la giacca il poster, appena fummo abbastanza distanti.
Lo presi e scoppiai a ridere, seguita a ruota da lui.
- Tu... sei... adorabilmente... pazzo!- Dissi, fra le risate.
Lui mi guardò, prima di aggiungere:- Spero sia un complimento!-
Annuii. - Certo che lo è!- Lo abbracciai in mezzo alla strada, facendolo arrossire. Prima di concludere:- Tu sei il mio migliore amico, John! Prima o poi voglio, però, conoscere Mimi. – Lui mi guardò dubbioso. Non mi aveva mai detto il nome della zia. Pensò, però, di non ricordarsi più un simile dettaglio.
Ci separammo ed andammo verso casa mia.
Da lì a poche ore avrei rivisto Richard.

Angolo autrice:
Questa volta non ho proprio idea di quale immagin inviarvi. Spero non vi dispiacerà, quindi, se non la metto proprio.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Una serata ***


Capitolo 12 – Una serata "speciale"

 
Fu John a scegliere il posto dove appendere il poster. Lo attaccò alla sponda del letto al momento libera, ma che nel mio presente era in realtà ricoperto di loro poster.
Sorrisi a John, quando mi osservò. Non sapevo proprio come facesse a farmi ridere anche quando ero triste o arrabbiata a causa del mio Richard.
Ecco un'altra cosa che temevo di perdere: la compagnia di John. In più lui l’avrei proprio perso se fossi tornata a casa.
Maledetto il suo assassino. Se avessi fatto in tempo avrei tanto desiderato fare in modo tale che lui si proteggesse.
- Allora, Meredith, cosa desideri ascoltare per primo?- Mi chiese John, distogliendomi dai miei tristi pensieri. Lo ringraziai mentalmente.
- I Rory Storm!- Risposi, di getto.
Lui ridacchiò:- ci vuole ancora un ora, prima che arrivino le 16 e 30, orario nel quale usciremo di casa. Non abbiamo poi fatto molto.- Mi rispose.
- Capisco, allora, vediamo... Che ne pensi di iniziare con Kip Rollin’On del King?- chiesi, leggendo il nome.
Lui accettò di buon grado mettendola su.
- Non è una delle mie preferite, ma non c’è che dire. E’ un gran bel disco.-
Annuii, non l’avevo mai sentita.
- Ascolta attentamente le parole. Non sono facili da ripetere. Io non me le ricorderei mai.-
Risi, ricordando quello che era successo nel 1957. Era storia, per me.
- Sì, ma quello si può sempre imparare.-
Sorrise. - Già... ma mi servirà una maggiore attenzione.-
Non gli risposi in quanto non avevo voglia di dirgli che sarebbe stato ricordato per sempre come il fondatore del gruppo più famoso di tutti i tempi.
Quell’ora passò in fretta anche grazie alla simpatia di John con il quale non si riusciva proprio a restare seri.
Mi ritrovai ben presto a dovermi alzare per andarmi a preparare per la serata.
La musica anni ’50 arrivava fino al piano di sopra mentre mi cambiavo. Cercai di fare il prima possibile, ma la preparazione di una ragazza è risaputo che sia più lunga di quella di un uomo.
In una mezz’oretta finalmente ero pronta di tutto punto, indossavo un vestito nero lungo fino ai piedi dov’erano cosparsi brillanti lucenti. Sopra il vestito portavo una giacchetta, anch’essa nera che mi arrivava a malapena alla vita. Serviva solo per bellezza e per tenere un minimo caldi. Le mie scarpe tacco dodici erano chiuse con un semplicissimo laccetto di qualche centimetro, ma che circondavano morbidamente la caviglia, dando al tutto un aspetto molto dolce. Il mio volto era semplicemente truccato con un tocco di rossetto e nient’altro. Per ultimo, ma non meno importante, portavo una piccola borsetta scura. Sorrisi, scendendo le scale.
John, appena mi vide si staccò dal muro, dal quale mi stava attendendo. Sorrise, allungandomi la mano.
- Hai intenzione di far venire un infarto al tuo bel Richard?- Mi sussurrò a pochi millimetri dal mio orecchio.
- No, spero non muoia, ho ancora bisogno di lui!- Risposi divertita, facendolo ridere.
- Ah, se non capisce che lo ami così tanto ci sono io, qui per consolarti! – Mi fece l’occhiolino ed io alzai gli occhi al cielo trascinandolo via.
Arrivare al Cashban non mi parve una strada molto lunga, anche se sarebbe stata decisamente migliore se John non mi avesse sempre tenuta abbracciata a se continuando a prendermi in giro. Le sue frasi erano un misto fra: “Oggi, sei una Venere, più del solito!” e un “Cavolo, ragazza sei davvero stramba tu, eh! Sei proprio difficile da capire! Preferire il batterista dei Rory Storm al chitarrista più piccolo del mio gruppo!!”
A volte mi faceva proprio ridere.
Finalmente, però, riuscimmo a giungere davanti al pub.
Lì davanti c’era qualcuno, per lo più persone che stavano attendendo altri ragazzi.
Fra di loro intravidi Georgia, Giuly – che mi lanciava occhiatacce per la posizione poco etica che stavo tenendo con John -, Noemi ed immaginai ci dovessero essere anche le altre.
Mi avvicinai a loro, accompagnata a John, che mi teneva da quando eravamo uscite di casa un braccio attorno alla vita.
- Ciao, ragazze! – Le salutai e prima di avere il tempo di dire altro Giuly intervenne.
- Lennon, qual cattivo vento ti ha fatto giungere qui da noi?- Chiese, irritata.
- La cosa che Meredith e tu siate amiche. Non credere che mi faccia piacere averti vicino.- Rispose a tono il mio “accompagnatore”.
Noemi alzò gli occhi al cielo. Non sarebbe funzionata così la serata. Per fortuna giunse Clelia, seguita a poca distanza dalla gemella.
La prima nominata lanciò uno sguardo al mio abito, prima di dire:- Sei sul classico, Meredith? Da quando ti vesti in questo modo? -
Sorrisi, prima di rispondere a tono: - Da quando devo conquistare il ragazzo che amo!- Ormai eravamo tutte, le uniche che mancavano erano Marylin, che di sicuro era già dentro, e Loira, che non si era voluta unire a noi, “doveva studiare” aveva detto.
Prese la parola Rose:- Ottima risposta, Meredith! Siamo davvero fiere di te!- Le altre annuirono convinte.
- Ciao, bellezze!- Ci salutò una voce dietro di me. Non la riconobbi, tanto che mi voltai.
George, Stu e Pete si erano uniti a noi.
- Non ci presenti le belle ragazze che ti stanno vicino, Lennon?- Chiese Stuart.
Era un bel ragazzo, dall’aspetto molto tirato. Mi ricordavo bene la sua storia. Non sarebbe stato bello vivere l’anno della sua dipartita. Sorrisi, forzatamente.
George sorrise, prima di prendere la parola:- Lei è Meredith Gale, una mia amica.- Mi prese la mano.
- Piacere di conoscerla, meravigliosa dea terrestre! George ci ha parlato così tanto di te! Io sono Stuart Sutcliffe, comunque! - Mi salutò Stuart, facendomi il baciamano.
Sorrisi, cercando di non scoppiare a ridere per quel gesto così cavalleresco.
- Credetemi, sono felice di conoscere un pittore come lei, Stuart!- Dissi, sorridendo.
George mi guardò strano.
- Come lo sai?- Mi chiese John, mettendosi sull’attento.
- Beh, le voci corrono, John! In più c’è qui Rose che è il gossip in persona!- Commentai, ridacchiando.
Anche le altre ragazze, dopo essersi lanciate uno sguardo d’intesa, iniziarono a presentarsi.
- Lui, invece, è Pete Best, il nostro batterista del momento. Oltre che figlio della proprietaria del Cavern!- Mi presentò il secondo ragazzo George, sorridendomi.
Era moro col ciuffo alla Elvis. I suoi occhi, anch’essi scuri mi guardavano curiosi. Mi sorrise.
Non avrei mai immaginato di conoscerlo. Stranamente, anche se amavo con tutta me stessa Ringo Starr mi rendevo conto che Pete aveva attirato la mia simpatia, cosa che, stranamente, non era successo con Stu.
Forse, la cosa che non mi piaceva di quest’ultimo era la cosa che si credesse in diritto di farsi tutte le ragazze che voleva. Per fortuna che poi era arrivata Astrid, il vero amore, come Yoko per John.
- Ragazzi, ora che ci siamo presentati tutti, che ne dite di entrare?- Chiese Rose, che aveva già braccato Stuart, il quale, di certo, non si era tirato indietro.
- A sentire quello schifo di gruppo?- Chiese involontariamente il pittore. John mi lanciò uno sguardo divertito, mentre io mi limitavo a fulminare con lo sguardo il ragazzo che aveva parlato.
“ Che cosa ci stanno a fare, qui se non piace loro il gruppo?” Mi chiesi, arrabbiata.
George cambiò repentinamente discorso:- Paul non è potuto venire, ha la febbre!- John annuì, facendo strada a noi altri dentro il locale, tenendomi, però, tutto il tempo stretta a se.
Mi andai a sedere con le altre ad un tavolino.
- Che succede tra te e Lennon?- Mi chiese Rose, a bassa voce.
- Niente, lui stesso ha detto di considerarmi solo un amica, ma so che si diverte molto a fare finta di essere il mio ragazzo.- risposi, sussurrando. Poi posai lo sguardo su Richard ed un sorriso mi nacque spontaneo sulle labbra. Era così bello ed in quel momento mi sembrava una divinità da adorare.
- Sì, Meredith! E’ proprio Richard Starkey!- Mi prese in giro John, parlando al mio orecchio, prima di sedersi al mio fianco. Mi aveva fatto prendere un colpo.
- Ecco, vedi di non parlarmi in quel modo, quando lo sto guardando.- Dissi, facendo una smorfia. Forse avevo alzato di qualche tonalità la voce, per fortuna che c’era la musica che copriva la mia voce.
- Ok, ok!- Mi rispose John, prima di alzarsi e continuare:- Allora, ragazze, andiamo a ballare?-
Qualcuno mi porse la mano e quando alzai gli occhi notai che era Pete, tutto sorridente.
Oh, no! Adesso Richard avrebbe pensato che era lui.
- No, ti ringrazio, ma...- Pete m’interruppe.
- Tranquilla, lo so che il tuo ragazzo ci sta guardando.- I suoi occhi indicarono il palco, dove Ringo mi osservava.- Ma giuro che non faremo altro che ballare, un solo ballo. Non ti devi preoccupare, non rubo le fidanzate agli altri batteristi!- Sorrisi, guardai Ringo, lanciandogli un bacio.
Richard sorrise, scuotendo con più forza la testa. Lo adoravo quando facevo così. Alzai le spalle, quando mi guardò di nuovo, prima di fare il segno di uno. Gli e lo stavo chiedendo.
Lui fece un segno in avanti con la testa che stava tanto per “d’accordo”.
Mi alzai, andando a ballare con Pete.
George mi guardava mentre ballava con Giuly, che era già all’opera.
John osservava Ringo, lo sapevo bene, perché i suoi occhi erano puntato verso il palco, seppur stesse ballando con Noemi.
Persino Georgia non restava ferma, stava ballando con Stuart.
Non ascoltai molto le parole della canzone. Ballare mi piaceva, ma i miei occhi cercavano il volto sorridente del batterista, cosa che non riuscivo a vedere bene.
Alla fine di quella canzone Pete mi riaccompagnò a sedere. Stavo per rilassarmi quando un'altra mano mi si parò davanti. Alzai lo sguardo vedendo subito il volto di John.
Mi alzai di controvoglia.
- Non avrai davvero creduto che io non avrei ballato con te, sta sera!- Mi sussurrò con voce roca all’orecchio, facendomi venire i brividi.
George si avvicinò a noi, mentre danzava con Michelle.
Gli sorrisi. Mi dispiaceva per George, insomma non mi andava mai a genio quando qualcuno soffriva, soprattutto se ero io la causa.
- Lo vuoi fare ingelosire?- Mi chiese John. Non c’era bisogno di chiarire di chi stesse parlando.
- No...- Guardai verso il palco, Richard mi continuava a sorridere.
I balli successivi non furono altrettanto interessanti. George cercò di farmi ridere, senza successo e Stuart ci provò, ma dopo quei due successivi balli fui rapita dalle mani esperte di John, che pareva avere avuto sempre l’idea di ballare con me per tutte quelle due ore.
Era stato lui ad insistere, ed io a cadere nella sua trappola, ma bisognava compatirmi, insomma non ero brava a restare fredda davanti agli sguardi da cucciolo indifeso lanciatami dal chitarrista o da frasi come: “Dai, solo per questa sera...  Sono tutto solo, soletto! Non c’è nemmeno Chynthia, a farmi compagnia!” e cose di questo genere. Insomma mi ero sentita in colpa per non ballare un ballo ancora con lui, anche se sapevo che non avrei dovuto esagerare come, invece, avevo fatto.
I miei sguardi verso Richard diminuirono d’intensità, consapevole che ormai non avrebbe creduto che John non era nulla di più che un amico per me.
John, nel frattempo, si divertiva a ridacchiare. Se fossimo stati insieme mi sarebbe piaciuto riempirlo di coppini.
 
Richard pov
 
Possibile che la persona che Meredith amava fosse proprio Lennon? Beh, era certo che io non potessi competere contro di lui. Lui era sempre stato più bello di me, era risaputo. Così, mentre li guardavo ballare sorridendo felici, mi dissi che se non l’avessi potuta avere per me le sarei i sicuro stato vicino come amico, per quanto questo mi avrebbe fatto soffrire.
Forse, un giorno, si sarebbe accorta di me. Forse, ma come pareggiare la scioltezza del chitarrista, quando ero persino più impacciato di Harrison? Storsi le labbra. Poi, cercando di pensare solo alla musica tornai a sorridere.
Cos’era successo all’inizio? Mi era sembrato che mi avesse chiesto di poter ballare con Pete, possibile?
Le avevo dato il mio permesso, sentendomi importante, poi aveva iniziato a fregarsene. Ormai non mi guardava neanche più. Da quando ballava con Lennon non vedeva che lui. Bisognava che ci facessi l’abitudine.
Quando finalmente mi riuscì a liberare dal mio gravoso e quanto mai antipatico - Era la prima volta che lo vedevo in questo modo - compito di suonare, riuscii finalmente ad avvicinarmi a lei.
Meredith era circondata dalle sue amiche e da quei quattro ragazzi. Stavano ridendo a chissà quale battuta.
Mi sforzai di sorridere. Dovevo iniziare a considerarla solo come un amica, per quanto questo potesse venirmi difficile.
Rory, Johnny e Charles erano al mio fianco mentre mi avvicinavo alla ragazza che amavo, ma che non sembrava corrispondermi. Avevo deciso di presentarle i miei compagni.
- Richard!- Mi chiamò lei, sorridendomi. Era da così tanto che non le rivolgevo la parola, mi era mancato il suono del mio nome detto dalle sue meravigliose labbra. Stavo per correrla ad abbracciarla, quando incontrai lo sguardo di Lennon. Mi immobilizzai per un attimo, mentre il sorriso che era spuntato spontaneo sulle mie labbra perdeva la sua lucentezza.
- Meredith, ti volevo presentare i miei amici, suonano con me. – Indicai il biondo da cui prendeva nome il nostro gruppo dicendo il suo nome, prima di fare la stessa cosa con gli altri.
Rory sorrise, facendo il baciamano a Meredith:- Piacere mio! Tu devi essere il bellissimo “angelo” di cui ci ha tanto parlato Ringo!- Potei ringraziare l’oscurità che nascose il rossore delle mie guance.
- “Angelo”? Ah, più che un angelo è una creatura bizzarra, la nostra Meredith!- Ridacchiò una ragazza che mi fu presentata per Rose, attraendo l’attenzione di tutti noi. Non potei mancare di notare lo sguardo che si erano scambiate le amiche di Meredith.
- Allora sei tu!- Disse Michelle, osservando attentamente il giovane.
- Io, cosa?- Chiese Rory.
- Il bel amico di quel na... - Pronunciarono tutte insieme, tranne Meredith, facendo uno sforzo immane per pronunciare l’ultimo nome, me ne accorsi subito - Ehm,  di Ringo!-
- Chi mi ha definito “il bel amico”?- Ridacchiò Rory, osservandole una ad una.
- Io! Certo, Ringo, che ce lo potevi dire, eh? Abbiamo dovuto scoprirlo da sole che sei circondato da certe bellezze!- Dichiarò con voce soave Rose, facendo un occhiolino al giovane.
- Smettetela! Spero sinceramente che diventeremo amici, Rory!- Parlò finalmente Meredith, che aveva continuato per tutto il tempo a guardarmi.
- Oh, sicuro!- Rispose, quello.
- Allora, festeggiamo?- Chiese Marylin, apparsa proprio in quel momento. Accanto a lei c’era Tom.
Georgia si slanciò ad abbracciarla, non credevo nemmeno che fossero amiche. Quante cose mi teneva nascoste mia sorella?
- Ehy, Georgia, ragazze!- Sorrise la mia sorellina, rispondendo alla stretta.
- Dov’eri finita?- Chiese Meredith, osservandola.
- Beh, sai com’è...- Alzò in aria la mano stretta a quella di Tom.
- Oh, il tuo ragazzo ha fatto rifornimento! - Rise Lennon, facendo un sorriso a Tom. Solo in quel momento mi accorsi che teneva ancorata a se Meredith, in un abbraccio all’altezza vita. Di sicuro stavano insieme, altrettanto sicuro Georgia l’aveva scoperto solo quel giorno. Cercai di non mostrare i miei sentimenti contrastanti.
- Devo andare a bere.- Dissi, allontanandomi, sentendomi improvvisamente la gola arida.
Se c’era una cosa strana in quella situazione era che non avevo visto per tutto il tempo Harrison.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 - Speranze e regali ***


Capitolo 13 - Speranze e Regali


 

Avevo visto Richard ubriacarsi e mi ero lanciata verso di lui. Dopo averlo richiamato varie volte, senza ricevere risposta , mi ero seduta al suo fianco. Non sembrava riconoscermi. Stetti al gioco, cercando di comprendere cosa gli prendesse.
- Richard, cos’hai? - Gli chiesi, a quel punto.
Lui mi osservò inespressivo, ma almeno aveva voltato la testa nella mia direzione e questo mi piaceva già abbastanza.
- Richard… cosa ti è successo? –
Finalmente mi rispose:- Sono un ubriacone. Sono un pazzo... - Non sembrava stesse molto bene, seppur non stesse singhiozzando i suoi occhi avevano perso lucentezza e continuava in ogni istante a leccarsi le labbra.
Mi parve istantaneamente indifeso, piccolo ed indifeso.
Era seduto lì, in una di quelle sedie lunghe e sottili che lo alzavano di ben una ventina di centimetri dalla sua altezza solita da seduto, per farlo giungere anche in quel modo al bancone. Se fosse arrivata una prostituta qualsiasi di sicuro gli avrebbe potuto tirare chissà quale brutto gioco, in quanto non era affatto lucido. Per un ladro sarebbe stato una facile preda.
Per un attimo mi fece pena. Non avevo mai pensato che avrebbe potuto farmene, ma in quel momento lo avrei voluto stringere forte per proteggerlo come una madre con il suo cucciolo, ma non lo feci. Volevo solo sapere che gli prendeva.
Il secondo pensiero che mi passò in mente fu che forse, quello sarebbe stato il momento giusto per baciarlo e, magari, rivelargli i miei sentimenti. Non feci neanche quello. Mi pareva che in quel modo glielo avrei rubato in più se fosse successo qualcos’altro e lui non se lo fosse ricordato mi sarei sentita uno schifo. Io che nel mio tempo non avevo mai baciato nessuno, non potevo rubare un bacio in quel momento all’uomo che amavo da così tanto tempo.
Lo osservai blaterare. Ordinò un altro whisky. Il cameriere lo guardò curioso, ma glielo dovette dare, dopo un po’.
Vidi un diverso sguardo impossessarsi del ragazzo che amavo, mentre avvicinava il bicchiere alle labbra.
- Loro - sorso - ci odiano tutti… - sorso - Oh, sì! Sigh! mi puoi credere… - sorso - se pensi che loro ci vogliano bene ti sbagli. - silenzio per creare l’atmosfera e per osservarsi attorno, con fare complice - Loro prima ci fanno cadere nella trappola… sigh! poi ti rubano la cosa che hai sempre considerato più importante…- Si bloccò, rivolgendo uno sguardo vacuo tutto intorno.
Rimasi un attimo perplessa, prima di chiedere:- Ma chi “loro”?-
- Loro: le donne. – Mi guardò con fare da intellettuale, avrei voluto baciarlo per fargli capire che non era così… ma chi mi diceva che stava parlando di me? - Bisognerebbe imparare a farne a meno, sai? - Continuò a guardarmi, socchiudendo gli occhi, per poi prendere un altro sorso dalla sua bevanda - Tu sei così giovane… Sigh! Non innamorarti, è la cosa migliore.- Annuì, serio.
Sgranai gli occhi. Era questo ciò che pensava delle donne?? Ma chi era la fortunata? Per un attimo avevo temuto che fossi io, ma poi avevo capito che non potevo esserlo. Doveva essere qualcun’altra. Qualcuno che era molto migliore di me. Io non mi meritavo Richard.
- Ma cosa ti hanno fatto, loro?- Chiesi, cauta.
- Loro? Chi sta parlando di loro? – Mi guardò confuso, alzando la voce, fin quasi a gridare - Lei! Lei è la causa di tutto! – Mi guardò convinto, abbassando lo sguardo, poi sorrise forzatamente e bevve di nuovo. - La amo da quando… - Si fermò a pensarci ed ordinò un nuovo boccale di alcolico al barista, il quale mi guardò confuso.
Feci un gesto brusco, come a dirgli di non tirare fuori nulla, stando attenta che Richard non mi vedesse.
Il barista annuì, andando a servire gli altri clienti. - Andavamo alle elementari insieme… -
Annuì, continuando a pensarci sopra
- Sì, è da allora… - Si morse un labbro, prima di portarsi una mano su di esso, in quanto si era ferito
- avrò anche perso tanto tempo con gli ospedali, ma lei era lì, così bella, sempre pronta ad aiutarmi…-
Si bloccò, toccandosi gli occhi, stava per piangere. Non potevo essere io quella donna che lo aveva ferito tanto, io non ero con lui all’elementari. Possibile che la vecchia versione…? Scossi la testa, come poteva essere divenuta tanto differente? A volte temevo che non mi avrebbe mai davvero amato. Facevo di tutto per non farlo vedere, ma la cosa che l’altra versione fosse vissuta lì mi riempiva di gelosia, perché per quanto potesse assomigliarmi di aspetto e di nome non ero io. A me non avrebbero mai dato i suoi ricordi e Richard prima o poi mi avrebbe fatto capire che amava innumerevolmente di più la vecchia versione che questa. Era di lei che si era innamorato, come potevo fare finta di nulla?
John giunse alle mie spalle, per poi posarmi una mano sulla schiena.
- Ecco, è lui! E’ LUI! – Richard si mise ad urlare e ad agitarsi, cercando di alzarsi in piedi. Non si reggeva, infatti dondolò un po’ avanti-indietro sullo stesso posto poi parve perdere definitivamente l’equilibrio e mi cadde addosso. Lo strinsi a me. Cosa c’entrava John? Lo guardai con il punto interrogativo negli occhi, mentre con una mano accarezzavo i capelli di Richard.
- Andiamo, non si regge in piedi… ti aiuto a levartelo di dosso! – Mi sussurrò John, ma io lo guardai male. Aveva fatto soffrire Ringo in un qualche modo. Non volevo neanche che lo toccasse.
- Vattene. Se vuoi proprio aiutarmi... chiamami Marylin.- Dissi, arrabbiata.
- Vado a chiamarla, ma dopo dobbiamo fare i conti, noi due! – Mi rispose lui, allontanandosi.
Continuai ad accarezzare i capelli del ragazzo che amavo. Stava dormendo tranquillamente, come un qualsiasi ubriaco. Teneva la sua testa fra le mie tette, ma non mi dava fastidio quella situazione, anzi. Non mi dispiaceva neanche sentire il suo respiro caldo fuoriuscire in piccoli sbuffi da lì. Le mani era lasciate ricadere sotto di se, mentre io tenevo entrambe le mie sulla sua schiena,per non farlo cadere. Mi alzai in piedi, cercando di tenerlo stretto, era pesante e soprattutto la situazione era pessima, ma ci riuscii. Appoggiai il suo corpo sulla sedia, attendendo Marylin che mi aiutasse.
Marylin si avvicinò a me, osservando il fratello che se la dormiva della grossa.
-Cosa…?- Mi chiese, senza concludere la frase. Ringo all’udire la voce della sorella aprì gli occhi mettendosi a sorridere inquietante. Sembrava un bambino, un po’ troppo grande.
- Ora ti riportiamo a casa, d’accordo, Richy?- Chiese Marylin e Ringo si mise a ridere sguaiatamente, buttando la testa all’indietro. Io e Marylin ci guardammo sconvolte.
- Vi accompagno.- Decise John, porgendoci le varie giacche. Non degnai il chitarrista di uno sguardo, nemmeno prendendo il giubbotto.
Presi Richard, facendogli posare un braccio attorno alle mie spalle, mentre sua sorella faceva lo stesso dall’altra parte.
- No, voglio Meredith! Non me ne vado senza salutarla!- Piagnucolò il batterista, cercandomi con lo sguardo ancora vacuo. Mi sentì stringere il cuore, aveva puntato i piedi per non farci muovere.
- Sono qui. Sono qui!- Gli dissi cercando di calmarlo accarezzandogli con la mano libera la guancia e lui si volse a me.
- Me Sigh! reduith?- Mi chiese, guardandomi attentamente.
Oh, cavolo, com’era ridotto. Tutta colpa di Lennon!
- Perché sigh! non me lo hai detto? – Cosa? Di cosa stava parlando, ora?
- Di cosa? – Chiesi, perplessa.
- Del tuo fidanzamento! Credevo fossimo amici, io…- Mi guardò triste.
- Richard io non sono fidanzata. – Lui negò con la testa, senza volermi credere, poi indicò una stella.
- Com’è luuuuminosa!- Mi guardò, cercando di avvicinarsi a me. - Come sei beeella!!- Mormorò, osservandomi. Sorrisi: - Anche tu lo sei, Richard!- Gli dichiarai.
Tom e Marylin si fermarono a guardarmi, sorridendo. Richard si avvicinò pericolosamente a me, gesto al quale risposi, prontamente. Per puro caso gli salì un conato di vomito proprio in quel momento. Si piegò e vomitò. Feci un salto indietro, ma fu inutile mi aveva inzaccherato il vestito di quello schifo. (Fu la prima volta che una parte di Richard non mi andò a genio.)
Mi allontanai velocemente, mentre Tom si prendeva cura di Ringo. Già che c’ero mi andai a sfogare su John, iniziando a prenderlo a coppini.
- Ouch! Che ho fatto di male?- Mi chiese, fra un coppino e l’altro. Infatti avevo iniziato a dargliene uno dopo l’altro, senza fermarmi.
- “Non ballerò con te!” “Non ti toccherò nemmeno”, eh, Lennon? – Gli chiesi imitando la sua voce in falsetto e continuando a sfogarmi sul suo collo.
- Beh, avresti potuto non accettare! – Replicò lui, cercando di proteggersi.
- Ah… mi fai salire una rabbia…- Blaterai, continuando. Fu questo il nostro ritorno a casa, in grande stile.

***

I giorni erano passati. Quel dì era il 20 Dicembre, per la precisione. Me lo ricordavo perché, non so bene per quale motivo, la mia “vecchia versione” aveva cerchiato il giorno successivo.
Le cose erano cambiate, ma non proprio in meglio.
A parte le sparizioni sempre più frequenti di Georgia, soprattutto durante le ricreazioni, e gli sguardi che mandava a Manuel. Il biondo scompariva quasi sempre pochi minuti dopo della mia amica. Sicuramente stava succedendo qualcosa fra quei due.
Con Richard la situazione era cambiata: ora mi rivolgeva la parola, ma solo quando non poteva fare diversamente. Sembrava quasi chiedermi se fossimo amici. Io avrei voluto uscire con lui e non restare sempre allo stesso punto.
L’unico che pareva volermi aiutare era John che, dopo la serata passata a ballare insieme, aveva iniziato a presentarsi con ogni possibile scusa -immaginabile e meno- davanti a casa mia ogni volta che non era con Chynthia. Di solito lo si poteva notare lì ad attendermi già all’inizio della via di ritorno.
Persino George ed io sembravamo essere più socievoli di me e Ringo.
Se fossi stata qualcun altro di sicuro avrei lasciato perdere il batterista per seguire i miei nuovi amici ed il loro gruppo, invece ero sempre rattristita se non quando a scuola potevo permettermi di scambiare quattro chiacchiere con lui.
Le mie amiche avevano stretto uno strano rapporto con i Rory Storm, tanto che ormai uscivano sempre tutti insieme, quasi fossero un unico gruppo.
Quel giorno stavo tornando dalla ricreazione ridacchiando fra me ricordando cosa fosse successo quando tornai a casa dalla fatidica serata passata a ballare con John, se così potevo chiamarlo.
Loira mi aveva raggiunta, ma non l’avevo vista - avevo scoperto che lei e Noemi frequentava la nostra stessa scuola a differenza delle altre -, infatti stavo per entrare in classe senza nemmeno salutarla. Mi sentii afferrare con una stretta ferrea da qualcuno, prima che la voce della mia amica mi raggiungesse.
- Ehy, Meredith! – Mi richiamò, facendomi venire un brivido freddo che percorse tutta la mia schiena. Maledetto Lui! - Ricordati che domani è il compleanno di Georgia. Volevo che tu lo sapessi, prima di fare brutta figura!- Mi fece l’occhiolino. Le sorrisi, annuendo. Perché le altre non me lo avevano detto? Ora avrei avuto solo un pomeriggio per pensare a cosa regalarle e per comprarlo.
In più volevo chiedere di uscire insieme a Richard, quel giorno. Ne avevo già parlato a John e tutto quello che mi aveva risposto era stato: “Finalmente ti sei decisa!” al che avevo ripreso a dargli dei coppini, ma John, ormai, arrivava sempre protetto da un mega cuscino nascosto sotto la maglia che iniziava a darmelo in testa quando lo picchiavo. Era incredibile. Non mi faceva male, ma era divertente vederlo tirare fuori il cuscino da sotto la maglia per iniziare a difendersi, così non smettevo mai di inventarmi scuse per “coppinarlo”. Se avesse scoperto che soffrivo il solletico, ah, allora sì che non ci sarebbe più stato nulla di buffo in John.
Comunque quel 20 Dicembre tornai in classe con tutte quelle idee in testa.
Richard era già seduto. Mi accomodai al mio solito posto, osservando di nascosto il profilo del mio compagno di banco che per quanto avesse cercato di spostarsi non ci era mai riuscito, in quanto ci eravamo tutti coalizzati contro di lui.
- Meredith, cosa vuoi? - Mi chiese, cercando di mettere su un’espressione fredda. Un sorriso, però, gli increspò per un istante le labbra.
- Ti volevo chiedere... - Si era voltato a guardarmi interessato. - ehm, lo so che posso sembrarti una stupida... però, ecco... - Mi guardò strano, mentre un sorriso apparve sulle sue labbra. - Ehm, ecco... ti capisco se non vuoi. Non vorrei insistere... però, ecco... - Oh, mamma! Mi stavo comportando nello stesso modo di Ringo! Infatti parve che anche lui se ne accorse, perché scoppiando a ridere mi fece: - Ehy, ci siamo scambiati i ruoli?- sorrisi, forzatamente. - allora, cosa c’è da essere tanto agitati? – Mi chiese, tornato serio.
Mi morsi un labbro, prima di fare un respiro profondo per chiederglielo.
- Oggipomeriggiopotrestiuscireconmeperfavore?- Lo avevo detto tutto di un fiato e ad una velocità tale che per poco non mi compresi neanch’io.
- Cosa? Scusa... non ho capito...- Abbassò il capo.
Ottimo, ed ora? Non avevo il coraggio di ripeterglielo. Forse sarebbe stato più semplice se avessi detto una parola alla volta.
- Oggi. Pomeriggio. Potresti uscire con me, per favore? Oggi pomeriggio, cioè... ma ti capisco, se non vuoi!-
Nell’ultima parte della prima frase mi ero resa conto che era più facile parlare normalmente.
Richard per un attimo mi guardò perplesso. – Parli sul serio? Vuoi davvero uscire con me? Non sei arrabbiata? Mia sorella mi ha raccontato cosa mi è successo quella volta che mi sono ubriacato. Ho sporcato un tuo vestito... non ti sei arrabbiata? Insomma, lo avrai buttato...- Sgranai gli occhi. Che cavolo di preoccupazioni erano, quelle? Che creatura era la “vecchia versione” (era così, ormai, che chiamavo fra me e me “l’altra Meredith”)? Un vestito non è mai più importante di un’amicizia qualsiasi, figurarsi di Ringo!
- Sì, voglio uscire con te... prendilo come vuoi. Io voglio solo stare con te. E’ tanto difficile da capirlo?- Lo guardai mi stava guardando sbigottito. Conclusi: - Allora, ci sarai?-
Lui mi sorrise contento: - Certo! Però cosa dirà John?- Mi guardò. Doveva essere fissato con John.
- Cosa dovrebbe dire? Te lo ripeto un’ultima volta non sono fidanzata. Non sono innamorata di un chitarrista! Così sei più felice?-
Lui negò con la testa. - Non me la racconti giusta! Ho visto come vi guardavate voi due mentre ballavate! Micca sono cieco! - A volte sembrava davvero cieco. Alzai gli occhi al cielo, cercando di concentrarmi sulla lezione che nel frattempo era iniziata.
- A che ci vediamo? – Mi chiese ad un tratto Richard. Avevo fatto trenta, per così dire, avrei potuto benissimo concludere.
- A nessuna ora: usciamo insieme da qui.- Non mi ero nemmeno voltata a guardarlo, ma per come pochi secondi dopo mi ritrovai le braccia forti e calde di Ringo attorno al mio corpo all’altezza spalle compresi che era contento.
Risposi all’abbraccio mentre il mio cuore galoppava. Di sicuro nei suoi occhi chiari avrei potuto vedere solo il mio sogno ed il mio incubo peggiore.
La nuova e la vecchia versione di Meredith, in altre parole me stessa e la donna che Richard amava da sempre, che erano due persone distinte.
Le ore che mi toccava ancora da trascorrere passarono lente come se fossi stata costretta a portarmi sulle spalle un macigno della grandezza di una casa. Non so perché, ma mi faceva venire in mente quella sensazione la lentezza e la pesantezza dell’ultima lezione che doveva ancora concludersi. Sapevo bene che Richard mi stava osservando o che dovessi stare bene attenta a nascondere i cuori che stavo disegnando sul quaderno prendi-appunti e le lettere che ci scrivevo dentro. La M di Meredith era prima seguito da un più matematico e poi dalla meravigliosa R di Richard. Mi sentivo una bambina con la sua prima cotta, eppure non avevo mai scritto sciocchezze simili, prima di allora. Di solito prendevo la vita nel senso contrario andandoci a sbattere contro. Con Richard, però, era tutto diverso.
A volte quando era alla lavagna mi prendevo il diritto di non ascoltare nemmeno la lezione e di studiare attentamente ogni centimetro del suo corpo e del suo viso. Mi incantavo, cercando di non mostrare la mia grande paura di perderlo definitivamente.
Ogni notte, quando andavo a letto, mi facevo il ripasso mentale di Richard, sperando di avere una buona memoria, nel caso tornassi nel mio tempo. Era quella la mia paura più grande. Temevo che Richard ed io non potessimo vederci mai più e che lui mi dimenticasse. Non avrei retto. In più tornando nel futuro avrei anche perso il mio migliore amico, John. Era questo il motivo che mi spingeva ogni giorno a ridere e a scherzare con lui, cercando di vivere al meglio ogni secondo delle mie giornate lì. Non scordavo nemmeno i compiti, però, facendoli anche con John che mi suonava nelle orecchie.
Quando la prof smise di parlare guardai Richard, il quale mi sorrise, iniziando ad aiutarmi a mettere via la borsa.
- Che hai scritto in quel diario, oggi? Che sono uno stupido?- Sorrisi, scuotendo la testa.
- No, che se John si presenta a casa mia lo sgozzo!- Risposi di botto. Lui mi sorrise forzatamente.
- Dovresti “sgozzare” me, non lui!- Mi disse, in un sussurro. Lo osservai, mentre mi aiutava a finire la cartella.
Quando fu tutta chiusa feci per prendermela in spalla, ma lui me la sfilò dalle mani e se la mise sulle sue assieme al proprio zaino.
- Ecco, ora siamo apposto!- Mi sorrise, facendomi passare.
Ero senza parole per la gentilezza di Ringo. Sì, lo ammetto, se lo avesse fatto qualcun altro probabilmente l’avrei preso in giro, ma Richard...
Uscendo da scuola sorrisi alle mie amiche che si erano incontrate come al solito là davanti.
- Ehy, guardateli!- Sbraitò Giuly indicandoci e facendo ridere tutti.
Ringo mi guardò, poi guardò Giuly e mi sussurrò:- Non capisco che le prende!-
Alzai gli occhi al cielo:- Lasciala stare, dai… andiamo, che casa mia è un po’ lontana.- Richard mi guardò preoccupato, ma io lo condussi alla fermata dell’autobus prima che potesse sentire qualsiasi altro tipo di battuta detta da una di quelle che per definizione si sarebbero dovute individuare come mie “amiche”.
Richard si sedette, dopo essersi liberato la schiena dei nostri zaini ed io feci altrettanto.
- Perché le tue amiche ci guardavano in quel modo? Faccio così brutta figura?- Mi chiese, dopo un po’ per rompere il silenzio.
Scossi la testa, prima di sorridergli:- Perché mi considerano una “cattiva ragazza” che lascio portare ben due zaini ad una persona, restandone io priva...- Lui sorrise, facendomi totalmente sciogliere.
- A me non da fastidio... anzi mi fa piacere, levarti del peso. – Me lo disse in un modo tale che per poco non mi gettai fra le sue braccia.
Quando finalmente giunse l’autobus sperai con tutta me stessa che non fosse quello degli Harrison. Mi sarei sentita male. Per fortuna non lo vidi e non sentii nessunissima musica mentre salivo.
Prendemmo due posti in fondo, seppur in quel tragitto si stesse distendendo tra noi un silenzio carico di aspettative cercai di risollevare l’atmosfera.
- Richard, allora... è proprio vero che vuoi divenire parrucchiere?- Lui annuì, ma almeno avevo attirato la sua attenzione.
- Non ti ho mai visto esercitarti con pettine e forbici!- Scherzai.
- Come non mi hai mai visto esercitarmi nella batteria, giusto?- Mi chiese, mentre un sorriso gli nasceva spontaneo sulle labbra.
- Giusto, ma ora che vi ho sentiti suonare sono certa che tu lì sia bravo. Invece ho i miei dubbi per quanto riguarda il mondo delle forbici. Credo che tu usi le mani per ben altro.- In quest’ultima parte della frase avevo assunto un tono malizioso, indesiderato. Sapevo bene quanto non gli piacesse.
Ringo, infatti, divenne bordò e si guardò le mani, stringendosele in grembo, manco fosse una donna.
Alzai gli occhi al cielo.
- Beh, se vuoi dopo ti dimostro che sono bravo anche con la spazzola, oltre che con le bacchette!- Mi rispose, quando comprese cosa intendessi dire con la mia frase.
- Ma siamo così sicuri che non me li rovinerai?- Ci stavo prendendo gusto a punzecchiarlo.
- N-no... cercherò di fare del mio meglio!- Mi rispose, abbassando lo sguardo.
Ridacchiai, alzandogli il volto con una mano posata, per l’occasione sotto il suo mento.
- S-speravo che... non mi avresti preso in giro...- Mi rivelò, quando riuscì a ritrovar la parola.
Gli presi le mani e gliele divisi, per non farlo sembrare una ragazza.
- Che c’è?- Mi chiese, guardando le nostre mani unite.
- C’è che... per favore, non tenere le mani in grembo... è una mossa tipicamente femminile!- Lui annuì prima di dire solo un ok appena udibile.
Nessuno dei due disse altro. Tutti e due ci chiedevamo cosa sarebbe successo in quel lasso di tempo che avremmo passato insieme.
- Richard!- interruppi dopo un po’ quel silenzio.
- Sì, Meredith? C’è qualcosa che non va?-
Negai con la testa, prima di continuare: - Volevo sapere se avresti voglia di venire con me a comprare il regalo di compleanno di Georgia. Facciamo il prima possibile, se mi aiuti... così poi possiamo ascoltare musica e fare qualsiasi altra cosa. – Stavo cercando di mostrarmi adatta alla situazione, seppur non mi sentissi tale.
Lui annuì, sorridendo:- Ok, prima, però, poggiamo gli zaini ed avverto casa... Poi, quando torniamo ti faccio vedere che sarei un bravo parrucchiere! -
Adoravo il suo modo di fare, il suo essere sempre buono e gentile con tutti.
Arrivando a casa non fui affatto sorpresa di notare che John non c’era. Tutto ciò - di sua probabile appartenenza - che faceva bella vista di se fu un biglietto attaccato con un pezzetto di scotch alla porta.
Lo staccai, per leggerlo. Che voleva quel matto??
“Dai un bacetto a quel tuo “Richard”... Io continuerò a preferire il minore dei chitarristi del mio gruppo, ma se hai scelto “quello”, per me va bene.
Però, dato che domani ti chiederò per filo e per segno di raccontarmi cosa avete fatto, fate qualcosa di sensazionale!
Non ti manco per niente, eh!
John Lennon”
Scossi la testa divertita, aprendo la porta di casa e buttando nel cestino dell’immondizia il foglietto, senza nemmeno dare ascolto alle parole di stupore e meraviglia del futuro Beatles.
- Ecco, poggia lì per terra gli zaini!- Dissi, tornando dal mio bel batterista ed indicando un punto indefinito dell’ingresso.
Ringo, che non si era ancora preso quella libertà, finalmente poggiò gli zaini uno a terra - il suo -, l’altro su una sedia - il mio -.
- Che fai?- Presi il mio e lo poggiai affianco all’altro.
- Ma così si sporcherà... il mio è sporco!- Blaterò lui.
Feci finta di nulla, prima di fare i favori di casa:- Avrai sete, immagino. Cosa vuoi da bere?-
- Hai della Coca-Cola?- Mi chiese lui, guardandomi sorpreso.
- Certo, ecco!- Tirai fuori due bottigliette di Coca e gliene posai una davanti, prima di farlo comodare comodamente sul divano. Volevo che fosse comodo.
Di nuovo mi misi al suo fianco. Lui mi guardò, sorridendo. Io stavo facendo lo stesso. I nostri sguardi si incrociarono e non si lasciarono per molto tempo ancora. I nostri visi si stavano avvicinando lentamente l’uno all’altro, poi lui distolse lo sguardo, come se gli fosse balzato in mente qualcosa e mi chiese:- Che dici, chiamo a casa?-
Mi morsi un labbro, se infatti non avesse parlato sicuramente lo avrei baciato. Forse, però, non era ciò che voleva. Annuii, senza guardarlo. Mi si era stretto il cuore per il dispiacere, in quel momento.
Mi alzai di malavoglia, facendogli strada verso il telefono che si trovava attaccato al muro in corridoio.
Lui mi guardò, mi sorrise poi compose il numero.
Anche in quel momento, mentre mi mandava occhiate di rammarico parlando al telefono con, a giudicare dalla conversazione, sua sorella. Teneva una mano sulla cornetta e l’altra sul mobile di fronte a lui.
Quando mise giù mi sorrise:- Tutto bene, hanno detto che posso restare fino a stasera!-
I miei occhi dovevano mandare cuoricini nella sua direzione, ma lui non li stava guardando, preso com’era ad osservare le strane forme disegnate sul pavimento. – Dai, andiamo!- Gli dissi, prendendolo per mano.
Lui mi guardò estasiato, poi mi seguì fuori.
Durante il tragitto non riuscii a far altro che parlare, osservando le vetrine. Mi era più semplice, così.
Mi pareva più semplice dimenticare di averlo preso per mano per condurlo fuori casa non guardarlo in viso.
- Non ho ancora deciso cosa regalarle.- Gli rivelai, dopo un po’.
Richard mi fissò perplesso, prima di propormi:- In questi giorni l’ho vista in una nuova luce...- mi voltai a guardarlo, mentre la gelosia mi mordeva all’interno. Poi pensai a Manuel e mi accorsi che la gelosia era sparita tutto ad un tratto, proprio come era apparsa.
- Allora?- Chiesi incuriosita, aggrottando la fronte.
- Beh, non mi pare come “Noe-qualcosa”, che ama i vestiti. Magari qualcosa da un gioielliere? Che ne pensi?- Sorrisi, quant’era intelligente il mio batterista!
- Sì,direi che potrebbe andare! No, non è come Noemi e nemmeno come Rosy o Clelia! Lei è molto più dolce e sensibile. Direi che lei e Marylin si assomiglino un po’. Comunque non so... ma sì, una collana non si rifiuta mai!- Gli sorrisi e lo condussi ad un gioielliere dove ero stata con le mie amiche una volta o due.
Richard stava continuando a borbottare il nome di Noemi, quasi speranzoso di fissarselo in mente.
- Che c’è? Ti sei bloccato sulla pronuncia di un nome?- Scherzai io.
- No, è solo che non mi piace dimenticarmi qualcosa come i nomi altrui.- Mi rispose.
- Perché non ti fissi sul mio di nome?-
“Non l’ho detto ad alta voce, veero??” Mi chiesi, ma dalla risposta di Ringo compresi che in realtà l’avevo detto e non solo pensato.
- Beh, perché il tuo nome lo ricordo dalla prima volta che ci siamo conosciuti, seppur mi piacciano sempre le novità.- Mi sorrise, guardandomi dubbioso, quasi a chiedermi dove avesse trovato il coraggio.
- Sì, oltre agli anelli!- Detto questo entrammo.
L’ambiente era fra i più lindi e lucenti che avessi mai visto. Non ero una frequentatrice assidua di quel luogo, ma il commesso ormai mi conosceva, probabilmente a causa della “vecchia versione”.
Richard si stava osservando attorno incantato, sorrisi sicuramente con tutti gli anelli esposti nel negozio avrebbe trovato pane per i suoi denti.
- Cosa posso fare per lei, Miss Gale?- Mi chiese un ometto basso, dai vestiti tutti tirati e i modi fin troppo gentili per un uomo superando persino quelli di Ringo.
- Beh, vorrei vedere una qualche collana di gusto di Miss Georgia Payton, grazie.- L’uomo annuì, la conosceva bene, dato che era anche amico di suo padre.
- Ho capito, è per il regalo di domani!- Mi sorrise, tirando fuori varie collane.
Ora toccava a me decidere. Ne guardai una era sottile e con un fiore di cristallo ne faceva il ciondolo. Storsi le labbra, si sarebbe potuta fare male con quel ciondolo lì.
Osservai un’altra collana, questa volta era d’oro bianco, il mio metallo prezioso preferito, il ciondolo era di piccole dimensioni e ritraeva anch’esso un fiore, ma questa volta era una bella rosa con i petali fatti con dell’argento e incastonato sopra c’era un zaffiro di piccole dimensioni.
Quello mi pareva congeniale, ma se la catenina fosse stata d’oro giallo mi sarebbe piaciuta ancora di più.
Guardai ancora avanti, fino a quando una collana, anch’essa d’oro bianco.
La forma del ciondolo era una goccia d’acqua ed incantonati tutto intorno c’erano dei diamanti naturali.
Appena lo vidi compresi che le sarebbe piaciuto, così mi voltai per chiederne il parere di Richard e vidi che si era incantato a guadare un anello, però sembrava desolato dal prezzo. Un’idea geniale mi balzò in testa.
Mi avvicinai a Richard per osservare che anello stesse guardando. Era uno di quelli grossi da maschio dorato ma con due sole linee d’oro bianco.
- Vorrei anche questo anello.- Dissi, senza guardare Ringo ed alzando il gioiello prescelto dal batterista. Glielo avrei dato il giorno che ci fossimo messi insieme, come anello di fidanzamento o per il suo compleanno.
Ringo mi guardò curioso e lessi nei suoi occhi anche un po’ di delusione.
- Buona scelta, Miss! Il suo ragazzo ne sarà felice!- Sorrise il commesso, prendendolo e mettendomelo in una scatolina, poi tornò a guardare le collane:- Allora, quale desidera?- Mi avvicinai, prima di richiamare l’attenzione del futuro Beatle.
- Ti piace?- dissi, prendendolo in mano, stando ben attenta a non romperlo.
Richard disse che sì, poteva andare, poi chiese il prezzo di un piccolo anello femminile. Era d'oro bianco con alcuni brillanti incantonati in esso.
- Quello? Non viene molto. Duecento sterline circa, ma facendolo lo sconto come nuovo cliente direi centocinquanta!- Richard annuì e tirò fuori i soldi prima di pagarlo. Quando lo guardai stupita lui mi rispose con uno sguardo di sfida.

Richard Pov

Meredith aveva comprato l’anello che mi piaceva per qualcuno, ma potevo essere certo che non fossi io. Chi avrebbe guardato me, d’altronde con Lennon, Sutcliffe, Harrison, Storm e Best nei paraggi?
Però era strano che avesse voluto uscire con me. Mentre ero lì a guardare quell’anello mi ero immaginato come sarei stato con quel gioiello al dito. Ormai tutti sapevano del mio amore per gli anelli.
Osservai la ragazza che mi stava camminando al fianco mentre la curiosità si faceva strada dentro di me.
- Per chi l’hai comprato, l’anello?- Mi uscii chiesto, prima di avere il tempo di fermarmi.
Lei mi guardò sorridendo:-Per il mio musicista preferito!-
Doveva per forza essere Lennon. Uscivano sempre insieme, quei due.
Ero rimasto sorpreso quando non l’avevo visto quel giorno, ma probabilmente avrei rivisto l’anello al suo di dito. Non volevo pensarci, probabilmente Lennon non sapeva neanche portarli gli anelli.
Ad interrompere i miei pensieri fu la voce soave di lei:- Tu, invece?-
Si stava riferendo alla follia che avevo fatto, ma dirle che non lo sapevo neanch’io il perché l’avessi comprato mi avrebbe mostrato come uno scemo. Peggio ancora se avessi aggiunto che lo avevo fatto per sfida nei suoi confronti.
Dovevo ammettere che avevo speso i soldi guadagnati in mesi di concerti in un'unica volta.
Scelsi di mentire, così dissi:- L’ho comprato per regalarlo alla persona che amo. -
Lei si fermò a guardarmi, come se l’avessi fulminata.
- Ti piace una?- Chiese mesta, quasi sull’orlo di piangere.
Annuii, studiando il suo comportamento.
Non mi piaceva averla fatta soffrire, non volevo averlo fatto.
Perché, poi, soffriva? Se io non le piacevo perché soffriva? O forse… c’era una minuscola possibilità che...?
Le porsi la mano che lei afferrò senza remora.
Le sorrisi, anche se lei non ricambiò subito. Sembrava triste e sofferente allo stesso modo anche in quel momento che studiava le nostre mani che si tenevano unite e le mie dita che avevano imprigionato la sua mano.
Forse c’era una piccola, minuscola possibilità che mi amasse.


Questa è la collana che Meredith compra per regalare a Georgia:
Image and video hosting by TinyPic


Questo è l'anello che Meredith compra e che Richard resta incantato ad osservare:
Image and video hosting by TinyPic


Questo, per finire, è l'anello che compra Richard:
Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 13 - Un compleanno un po' movimentato ***


Capitolo 14 – Una festa un po’ movimentata

 
Il 21 Dicembre alla fine giunse. Non per questo, però, si può dire che mi ricordai comunque dell’importanza effettiva di quel giorno.  Infatti mi svegliai solo quando suonarono ripetutamente alla porta.
All’inizio pensai che la sveglia si fosse scaricata durante la notte da non farmi rendere conto che mi dovevo iniziare a preparare, così la osservai attentamente.
 “10:20” indicava la sveglia ed io balzai a terra, appena me ne accorsi. Cavolo ero in un ritardo mostruoso. Iniziai a vestirmi. Preparai persino lo zaino, poi sentendo che continuavano a suonare decisi di scendere le scale, per quanto non mi reggessi bene in piedi dal gran sonno che avevo seppur la tarda ora che era.
Prima di aprire la porta guardai lo specchio. Il mio volto assonnato faceva la sua bella mostra incorniciato dai capelli tagliati a mezza altezza a caschetto e cotonati da Richard il giorno prima. Chiudendo gli occhi avrei potuto ricordarmi bene il suo gentile tocco nell’accarezzarmi la testa, nel lavarmela e tutto. Sembrava che aveva preso le parole per una sfida, ma sapevo che si divertiva anche lui. Chissà, magari quel giorno saremmo riusciti a capirci definitivamente. In classe avremmo potuto parlare, pensai, aprendo la porta.
Mi ritrovai così di fronte lo sguardo sorridente dei due Starkey. Li guardai perplessa.
- Entrate... – Dissi, titubante. Chissà come mai non erano a scuola! Mi venne normale chiederlo loro.
Richard sgranò gli occhi mentre, invece, Marylin scoppiò a ridere.
- Meredith, dimmi che stai scherzando! Oggi è domenica. Che scuola vuoi che ci sia?- Mi chiese dopo un po’.
- Oh, mamma! Come ho fatto a dimenticarmelo?? – Dicendo questo mi accucciai sul divano. Un attimo, ma se era domenica perché erano qui? E poi da quando i fratelli Starkey venivano a casa mia?
 - Ma...- Fui interrotta questa volta da Ringo, che sembrava aver capito cosa stavo pensando.
 - Oggi è il 21! Il giorno in cui mostrerai a tutti la tua nuova pettinatura!- Mi sorrise Richard.
 Mi illuminai in volto, ma quanto era stato carino Richard la sera prima prendendosi cura della mia pettinatura? Mi ricordavo bene quando, stranamente, si era avvicinato a me per chiedermi gentilmente: “Ti posso dimostrare, ora, che so cavarmela anche come parrucchiere?” Io gli avevo sorriso, proprio come stavo facendo ora. Poi, verso la fine mi aveva chiesto se mi andava di andarci con lui e sua sorella alla festa di compleanno di Georgia. Ovviamente avevo accettato subito.
- Eh, sono smemorata in questi giorni!- Stetti al gioco io, toccandomi la testa.
- No, non ti rovinare la pettinatura, ci tengo che tu la mostri a tutti quanti!- Mi sgridò Richard.
- Su, entrate! Non ho ancora fatto colazione!- Dissi, facendo loro segno di entrare.
Marylin annuì, Richard mi osservò.
- Cosa ti piace per colazione?- Mi chiese, infatti, quest’ultimo.
- Niente di che: una brioche alla crema e un succo di pera! Di solito lo faccio al bar, ma martedì scorso sono entrata in un super mercato!- Spiegai, alzando le spalle.
I due fratelli si guardarono con espressione stupita prima di venirsene fuori con frasi di stupore.
- Beh, poco… noi mangiamo sempre in casa!- Disse Marylin.
Li guardai, a volte dimenticavo che forse quelle nostre differenze potevano dare fastidio.
- Beh, vorrei che mia madre mi cucinasse qualcosa, ma... non ce l’ho. Vivo da sola e non è facile stare così. – Cercai di scusarmi, stringendomi fra le spalle. In quel momento i nostri occhi si incontrarono nuovamente ed io rimasi incantata a lasciarmi imprigionare da tutto quel meraviglioso azzurro, mentre Ringo si avvicinava a me.
 - Ragazzi, non per disturbarvi... ma stanno suonando alla porta!- Mi risvegliò da quello stato di choc Marylin che ci stava osservando.
 Entrambi noi due facemmo un balzo indietro, cercando di non far capire cosa stavamo pensando di fare.
 - Oh... chi sarà mai?- Chiesi, ad alta voce, prima di aggiungere un:- Marylin, accomodati pure!-
 Arrivai alla porta prima di aprirla un poco.
Le facce dei miei “migliori amici” apparvero. John mi sorrise, George, invece, osservava stranito i miei capelli.
 - John, George! – Mormorai, contenta di vederli, ma senza aprire totalmente la porta.
 - Sorpresa di vederci, pupa?- Mi domandò Lennon, ammiccandomi.
 - Beh, un po’, Mastro Lennon! Credevo che restassi a casa a fare una conoscenza più approfondita con il cuscino e la coperta. Mi devo essere sbagliata con qualcun altro, ti prego di scusarmi!- Gli risposi a tono.
 John ridacchiò stava per riaprire bocca, ma George lo interruppe:- Hanno invitato tutto il gruppo alla festa di Georgia. Comunque, chi ti ha fatto quella pettinatura?- Chiese George con tono suscettibile.
- Che c’è che non va?- Chiesi, guardandolo confusa.
- Niente, ti sta bene.-
- Chi c’è lì dentro?- Chiese John. Sollevai un sopracciglio, senza dire altro.
Marylin si fiondò alle mie spalle.
- Ah, la bella Starkey! – Disse John, facendole un occhiolino, poi continuò a voce più alta:- Certo che sei così diversa da tuo fratello, lui è davvero brutto!- Mi guardò, facendo un’espressione stupida.
Mi portai una mano alla bocca per non scoppiare a ridere.
- Su, entrate! – Dissi, prima di abbassare la voce al passaggio di John:- Sciagurato, poi facciamo i conti!-
Lui si portò una mano al collo, bloccandosi e sussurrandomi:- No, che mi fa ancora male!- Così facendo mi fece scoppiare definitivamente a ridere.
Mi voltai a guardare Richard, che mi stava guardando curioso.
- George, prima mi hai detto che mi stava bene questa pettinatura. Perché non ti complimenti con il diretto interessato per questo lavoro?- Chiesi, ad alta voce.
John e George mi osservarono divertiti.
- Chi sarebbe il tuo parrucchiere del momento?- Mi chiese George, scherzoso.
Mi avvicinai a Ringo, prima di dire:- Questo ragazzo qui, che oltre ad essere un eccezionale batterista è anche un meraviglioso parrucchiere.- George annuì, sorridendogli.
- Oh, ma non dovevi...- Iniziò a schernirsi Ringo.
- Meredith, perché prima ridevi?- Mi chiese dolcemente Marylin, guardandomi.
- John mi aveva fatto notare che l’ultima volta l’ho picchiato un po’ troppo!- Dissi come se nulla fosse io, sorridendo sincera.
John prese la palla al balzo per scherzare come sempre:- Chi si metterà con questa ragazza dovrà essere molto coraggioso: i suoi coppini sono terribili! E’ proprio una ragazza violenta, altro che!- Richard mi guardò, poi chiese:- Quando l’hai picchiato?-
- Il giorno in cui... sono venuta a sentire a Rory Storm, al ritorno. Comunque sono una ragazza violenta solo con chi se lo merita e tu te lo meritavi, John, non negarlo!- Richard sgranò gli occhi, osservandoci battibeccare.
 - Hai dei biscotti?- Mi chiese George, probabilmente sentendosi in imbarazzo sotto lo sguardo del batterista.
 Solo in quel momento mi accorsi di non aver mangiato nulla.
 - Certo, vieni. Mangiamo qualcosa insieme... non ho fatto colazione.-
 George mi seguì in cucina dove osservai nelle diverse scansie cercando qualcosa da mettere sotto i denti. Tirai fuori i biscotti, sembravano buoni.  Li passai a George e tornammo di là.
Richard ci stava ancora osservando mentre John scherzava con Marylin.
- Credo sia arrivata l’ora di andare.- Ci richiamò dopo un po’ Marylin, io presi il momento per rubare un biscotto dalle dita ormai giunte alla bocca di George, il quale, così si accorse di starsi mangiando il niente.
- Luce dei miei occhi, vieni con me?- Chiese John, avvicinandosi a Marylin e facendo per prenderle cavallerescamente la mano, mentre George osservava infastidito le proprie dita vuote ed io che mi mangiavo il suo biscotto.
- Se hai bisogno dimmelo che lo faccio finire subito!- Dissi io, guardando la mia amica.
- No, Meredith, grazie. No, Lennon, non ho bisogno di aiuto per camminare.- Disse a tono Marylin.
- Ma come? Sai che sei l’unica ragazza che conosco che sappia camminare con le sue gambe?- Fece John, ironicamente.
- Marylin, non abbiamo bisogno noi di un appiglio è lui che non sa camminare con le sue zampe!- Marylin mi sorrise, prendendo a braccetto sia John che George, il quale dopo un po’ riuscì a scivolarle via.
Appena George si fu allontanato John cinse la vita di Marylin, facendola sbuffare.
Mi avvicinai a lei, sussurrandole all’orecchio: “Tranquilla, lo fa con tutti!”, poi mi ritrovai cinta da una parte da George dall’altra da Richard, che si guardavano in cagnesco. Richard ogni tanto controllava le mosse di John con sua sorella, indispettito.
Il tragitto lo facemmo in autobus.
Per nostra fortuna giungere a casa di Georgia non fu un tragitto molto lungo. Si stava, nel frattempo, svolgendo una battaglia di sguardi soprattutto fra i ragazzi.
George mi guardava, Ringo a quel punto lo guardava stringendomi a se, John prendeva quel momento per avvicinarsi a Marylin, al che Ringo si voltava a guardarlo male.
Io e Marylin facevamo finta di nulla trattenendo le risate chiacchierando fra noi.
Quando Ringo si voltava George io rubavo un biscotto dalle dita di George, quando esso era ormai giunto alla sua bocca, facendomi guardare male da lui. A quel punto ricominciava tutto da capo.
Quando finalmente le portiere si aprirono per farci scendere vedemmo che lì c’era Giuly ad attenderci.
- Ciao, Giuly! Dov’è tua sorella?- Chiese Marylin, abbracciando la ragazza.
Tutti, ormai, sapevano che Georgia e Giuly erano sorelle come che Giuly aveva quattro anni in meno dell’altra.
Qualcuno uscì dall’ombra. Lo vidi solo con la coda dell’occhio e per un attimo mi chiesi se, per caso, poteva essere la festeggiata, poi vedendo come si baciavano Marylin ed il nuovo arrivato compresi che non poteva trattarsi di altri che non di Tom.
- Mia sorella è a casa, ad attendervi.- Mi rispose Giuly, sorridendomi prima di avvicinarsi a George con sguardo malizioso.
Li osservai per un po’, George si era immobilizzato sorridendo imbarazzato. Giuly gli prese la mano, iniziando a dirigersi verso la casa non prima di avermi, però, lanciato uno sguardo d’intesa.
Mi trovai così nuovamente da sola con due ragazzi vicino a me, uno dei quali era l’essere più geloso che avessi mai conosciuto, mentre l’altro aveva semplicemente voglia di fare lo scemo.
Non passarono nemmeno due secondi che John osservando Marylin e Tom baciarsi si riappropriò della mia vita, sussurrandomi all’orecchio un “seguiamo i due piccioncini... o preferisci baciarmi?”
Lo guardai male, ma non ci si poteva fare niente, era fatto così...
Ringo, invece, mi si avvicinò e cominciò a camminare al mio fianco, guardando male la posizione non proprio educata presa da John nei miei confronti.
- Richard!- Lo chiamò la sorella, avvicinandosi a noi.
Ringo le lanciò uno sguardo, prima di fermarsi per capire cosa volesse.
- Verresti qui, un attimo?- Chiese lei.
Richard si avvicinò ai due, i quali sussurrarono al ragazzo qualcosa che io non potei sentire.
John, nel frattempo, annoiato dal mio silenzio mi chiese:- Eppur si muove?-
Lo guardai stupita. Avevo capito cosa intendesse, ma non capivo cosa c’entrasse con Galileo. Probabilmente, non sapeva neanche chi fosse Galileo.
Lanciai uno sguardo a Richard, che continuava a chiacchierare con la sorella.
- Beh, ieri siamo usciti insieme... siamo andati a comprare il regalo...-
Lui mi guardò stupito:- Perché non me lo hai detto? Avrei potuto accompagnarti io a comprarlo, credevo fosse stupido chiedertelo... insomma è la tua migliore amica, credevo l’avessi già comprato.- Mi spiegò. 
Lo osservai per un po’ in silenzio prima di scrollare le spalle.
- Allora, bacia bene?- Interruppe i miei pensieri lui.
- Chi bacia bene??- Chiese qualcuno alle nostre spalle. Non mi serviva nemmeno voltarmi per capire che era stato Ringo.
Cavolo... in che situazione ci aveva beccato.
John ghignò, poi disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo:- Il suo ragazzo.-
Richard lo guardò, poi si voltò a guardare me con un espressione allo stesso tempo sorpresa e scioccata.
- Sei fidanzata?- Aveva quasi urlato, prima di abbassare la voce:- Perché non me lo hai detto prima?-
Fissai John, arrabbiata:- No, è John che fa lo scemo!- Risposi, di getto.
Richard mi guardò dubbioso, poi guardò il chitarrista:- Non ne sono sorpreso. Me lo immaginavo.- Mormorò, abbassando lo sguardo. Oh, no… non di nuovo!
- Cosa ti immaginavi?- Chiese John, facendo forza sulla sua presa per farmi camminare.
- Che voi due steste insieme!- Rispose Starr, con fare ovvio.
John ed io ci guardammo con gli occhi sgranati.
No, cioè... noi due?? Ma da dove la tirava fuori, questa? Primo John era fidanzato, ma anche se questo non fosse stato... non avevo mai pensato a John in quel modo.
Era un amico poteva ricordarmi mio fratello, che avevo lasciato nel futuro. Non il mio ragazzo, però. L’idea mi dava un po’ fastidio, soprattutto detta da Ringo.
- Beh...- sorrise provocatore, in quel suo modo che ti veniva voglia di prenderlo a sberle. - In effetti..! -
Stava cercando di farlo ingelosire. Strinsi i pugni. Aprii la bocca come per ribattere, ma ormai eravamo giunti a destinazione e Georgia mi era volata fra le braccia, per schioccarmi un bacio sulla guancia. All’inizio non risposi al gesto da quanto ero sorpresa, poi mi lasciai andare e la strinsi a me.
- Auguri, Geo!- La salutai.
- Non credevo che saresti venuta... smemorata come sei!- Mi prese in giro la mia amica.
- Ah, infatti, se non fosse stato per i fratelli Starkey non sarei qui!- Risposi, divertita mentre venivo trascinata dentro.
La villa di appartenenza dei Payton era stato decorato di tutto punto con ornamenti festivi. Tendoni enormi facevano la loro scena da un lato, persino la loro piscina (sì, avevano una piscina e poi dicevano di me...) era stata riempita con petali di rose.
Guardai il tutto stupita e non fui l’unica dato l’atteggiamento dei ragazzi Starkey.
Rory stava chiacchierando con Johnny “Guitar” Byrne mentre teneva stretta a se Noemi.
Avevo sentito dire che alla fine la mia amica era riuscita a fare breccia fra le braccia di Rory, seppur secondo me la loro non fosse proprio una storia d’amore.
Anche Johnny si dava da fare, abbracciato com’era con Rose.
Sembrava quasi che tutti quanti alla fine si fossero messi con qualcuno, seppur mancasse ancora il santo che si prendesse cura di Georgia e di Loira.
Poi, vidi lì infondo i biondi capelli di Manuel. Che ci faceva lì? Forse alla fine si erano decisi a...? Possibile?
Mi voltai verso Georgia, ma lei era già sparita.
- Tesoro! Come va?- Chiese Noemi, scivolando via dalle braccia di Rory per venirmi a salutare.
La nostra conversazione andò avanti per un po’.
Poi mi avvicinai al buffet dove trovai Loira che leggeva con fin troppa concentrazione un malloppo di fogli.
Glieli levai dalle mani.
- Ehy, ma che fai Meredith?- Mi chiese.
- Cerco di non far diventare miope un’amica! Sai, sarebbe proprio pessimo!- Scherzai.
- Se non te ne fossi accorta sono già miope.- Rispose acida lei.
- Dai, non puoi leggere tutto il tempo, vieni a divertirti un po’.- La richiamai, sorridendole.
- Se mi dici dov’è che c’è questo gran divertimento...- Mi rispose.
- Ora te lo trovo io!- Scherzai, prima di essere raggiunta da Clelia, che mi disse:- E’ da un po’ che sto cercando di farla smuovere da qui... se ci riesci fammi un fischio!- Guardò male Loira.
Solo allora anche Loira si alzò per salutarmi. Abbracciai, così, prima Clelia poi Loira.
- Grazie di avermi ricordato del compleanno, ieri!- sussurrai all’orecchio dell’ultima nominata.
- Non c’è di che...- mi rispose lei, sussurrando a sua volta.
Poco dopo mi accompagnarono in una stanza dove gli ospiti mettevano i loro doni man mano che arrivavano, per non rovinare la festa. C’era già Stuart, lì dentro che chiacchierava con Pete, il quale era a sua volta abbracciato con una moretta dagli occhi verde bosco.
Appena mi videro si bloccarono.
- Che bello rivederti, nostra dolce angelica ragazza!- Fece Stu, facendo il suo solito baciamano. Questa volta non riuscii a trattenermi dallo scoppiare a ridere.
- Ah, Stu, non farci morire Meredith!- Lo riprese qualcuno alle nostre spalle. Mi concentrai sulla voce accorgendomi che non poteva essere altri che George.
- Geo, tesoro! – Lo richiamò Giuly arrivando pochi istanti dopo.
- Giuly quante volte ti ho chiesto di non chiamarmi “tesoro”? Comunque dovrebbe essere pronto in tavola, a quest’ora.- Riprese George, guardandoci attentamente. Vidi che fulminava con lo sguardo Stuart.
Mi voltai a guardare la ragazza, era bella ed assomigliava incredibilmente a Paul:- Pete, scusa se te lo chiedo… ma lei è?- Feci, incuriosita.
- Lei è la mia ragazza! La sorella minore di Paul: Valerie McCartney... lei, invece, è Meredith Gale, un’amica del gruppo.- Ci presentò lui.
Probabilmente saremmo divenute amiche.
- Non ti ho mai sentito nominare da Paul!- Fece la giovane, perplessa.
- Questo perché, per un motivo o per un altro non ci siamo mai conosciuti. A proposito, oggi c’è - Le spiegai.
- Ah, ecco. Mi spiace, ma mi sa che anche oggi non potrai conoscerlo: è uscito con una ragazza!- Mi sorrise lei, facendomi l’occhiolino. Ridacchiai, me lo immaginavo già lì, seduto magari ad un tavolo di qualche pub già a quell’ora di mattina, a chiacchierare amorevolmente con una giovane rossa. Mi ricordavo bene che a lui piacevano le rosse.
- Andiamo a mangiare?- Si intromise nuovamente George, riportandomi alla realtà.
Io e Valery ci sorridemmo ricominciando a chiacchierare di ogni cosa e seguendo dagli altri.
Il pranzo si prospettava lungo e pieno di portate, quasi fossimo a un matrimonio.
C’era un mega dessert a buffet poi varie scelte di menù.
Io scelsi quello italiano, amo il cibo italiano, infatti. Mi sa di essere fissata con quello stato.
Una cosa che mi stupì mentre mi sedevo a tavola fu che Manuel si fosse seduto affianco a Georgia, mentre ai miei fianchi c’erano Richard e John.
Ad un certo punto Georgia si alzò in piedi per iniziare il suo discorso.
- Ragazzi!- Ci richiamò e noi ci fermammo tutti, chi con un pezzo di cibo in bocca come George, chi in mezzo ad un discorso di lavoro come Rory ed infine chi nel bel mezzo di una importantissima notizia gossip come Rosy.
- Vi volevo dire che sono felice di poter festeggiare questo giorno con voi tutti. In più ho una notizia un po’ delicata, ma qual è il momento migliore per dire certe cose se non quando si è con i propri amici e con i ragazzi di questi?- Ci lasciò in sospeso.
Che? Che notizia è? Ma siamo tutti suoi amici? Erano queste alcune delle domande che si posero alcuni di noi.
In mezzo a queste ne sentì una abbastanza distinta, forse anche dalla cosa che si domandava qualcosa di totalmente originale:- Considera anche me un amico?- Mi voltai a guardare male colui che aveva parlato, che come avrete compreso era nient’altro che Ringo.
Possibile che quel ragazzo non capisse le sue capacità?
- Sì, siete tutti miei amici, anche tu, Ringo.- Ci fece ridere la risposta di Georgia, che come me doveva averlo sentito.
- Allora, questa notizia?- Chiese Valery, dando voce ai pensieri di tutti noi. Guardai incuriosita la mia migliore amica, chiedendomi se fosse una notizia ce avrei voluto sentire.
- Beh, io e Manuel… ecco, non ve l’ho detto subito, però...- Fu interrotta da Manuel, che andò subito al dunque con una sola frase: “Io e Georgia stiamo insieme da due settimane, circa.”
Sgranai gli occhi, erano davvero carini insieme, ma non mi attendevo che ce lo avrebbero detto proprio quel giorno, seppur i sospetti ormai ce li avessi ed anche grandi.
- Sono così felice per te!- Prese subito la parola Marylin, abbracciando l’amica come se fossero state sorelle.
- Anche per me!- Mi intromisi, seguendo l’esempio della sorella di Richard.
- Oh, non sapete quante mi fate felice!- Disse, quando ormai tutte noi l’avemmo abbracciata.
- Manuel, stai bene attento a come ti comporti. E’ pur sempre una mia amica e se la fai soffrire...- Si intromise Johnny dei Rory Storm, guardando attentamente il ragazzo.
- tranquillo, non la farò soffrire!- Si difese immediatamente Manuel, stringendo a se la fidanzata.
- Adesso tocca a qualcun altro, vero Meredith?- Mi chiese, sorniona Noemi, osservandomi attentamente.
Per poco non divenni bordò dal tanto che mi vergognai, ma riuscii a trattenermi. Noemi e le altre scoppiarono a ridere comunque, però. Vidi che non stavano guardando me, ma i miei vicini.
Stavano guardando Richard e John. Il primo aveva sgranato gli occhi, fissando me e John, il secondo, invece stava osservando noi due.
- Ah, Meredith, Meredith!- Scherzò Michelle, ridacchiando a sua volta.
Oh, mamma! Avevo capito solo adesso che quei due dovevano pensare che stessi con l’altro, trovandosi così a fissarsi.
Mi tuffai sul piatto che avevo davanti per nascondere il viso, facendo così aumentare le risate, ma io continuai a mangiare incurante dei commenti degli altri.
Solo a metà pranzo fra una portata e l’altra mi ritrovai a rendermi conto che avevano iniziato a parlare di musica rock.
Sorrisi, cercando di concentrarmi, quando una frase mi balzò all’orecchio:- Ah, ci puoi scommettere che siamo noi i migliori!- Stava dicendo Pete, con arroganza.
Vidi Richard stringere con forza i pugni.- No, ti sbagli. Siamo noi i migliori.- Lo contraddisse Charles, difendendo il proprio gruppo.
- Ci scommetto che siamo noi i migliori. Anzi vi sfido.- Ripetè certo di se Pete. Beh, magari non sembrava, però ci teneva al gruppo.
- Ma anche se andasse in porto dove la vorresti fare?- Chiesi, osservandolo perplessa.
- Boh, non so... potrebbe essere carino il Cavern.
- Io ho un’idea migliore!- Si intromise Manuel, facendoci voltare tutti verso di lui. Ci stava osservando con un sorriso divertito dipinto in faccia.
- Quale idea?- Chiese Johnny, curioso.
- Beh, mio padre lavora in un programma televisivo, percui... Anzi, potrebbe interessare la vostra idea e farvi pubblicità, seppur non credo che sarà mai diffuso alla popolazione.- Ci spiegò da vero esperto.
Annuimmo tutti insieme, mentre Rory accettava la sfida musicale.
Il pomeriggio passò, comunque, abbastanza tranquillamente. John a volte cercava di parlarmi, ma io svicolavo sempre. Non avevo voglia di raccontargli cosa fosse successo il giorno prima, mi volevo solo godere la festa.
In più pensarono a mettere su della musica, così che mi trovai a ballare un po’ con tutti, anche con George e con John.
Ad un certo punto mi ritrovai, per mia gioia, la mano di Richard davanti al mio volto.
- Un ballo? Non me lo puoi rifiutare... hai ballato con tutti, meno che con me!- Mugugnò. Gli sorrisi contenta accettando ben volentieri.
Le mie amiche che ci avevano visto portarono sulla vista i loro fidanzati per poi far partire un lento.
Fu così che ci ritrovammo a stringerci ballando sorridendoci a vicenda. Era così bello averlo vicino a se... non mi sarebbe mai bastata quella vicinanza.
La mia testa era appoggiata alla sua spalla, mentre con le mani gli accarezzavo la schiena, sentendo che lui stava facendo la stessa identica cosa.
Quella musica era incredibilmente piacevole soprattutto in quel frangente, forse proprio perché non la stavo ascoltando, intenta com’ero ad ascoltare il suono del suo cuore che riuscivo a sentire anche in quel momento.
 Il profumo del suo corpo stava penetrando nella mia pelle, ma presto anche le cose più piacevoli finiscono.
- Ne facciamo un altro?- Mi chiese Richard, prendendo coraggio.
- Ci sto, mi è piaciuto questo ballo.- Risposi, sorridente.
La musica successiva fu un rock and roll puro. Richard mi sorrideva, osservando come ballassi. Fortuna che John mi aveva insegnato i passi base di quella musica se no avrei potuto fare male al mio tesoro, come varie volte era successo a John stesso.
- Meredith, sei meravigliosa a ballare. – Mi sorrise lui.
Non dissi nulla, se avessi aperto bocca, probabilmente sarebbe stato per baciarlo dopo essergli balzata addosso.
Senza nemmeno rendermene conto, però, era arrivata la sera.
Poco dopo Georgia avrebbe aperto i regali e solo dopo avremmo potuto mangiare la torta, per la gioia di George.
Sorrisi osservando i miei amici chiacchierare fra loro oppure ballare.
- Vado a prendere una boccata d’aria.- Dissi a nessuno in particolare.
Nessuno parve ascoltarmi, ma non me ne interessai. Avevo bisogno di uscire e fu quello che feci. Peccato che non sapessi che poco distante da lì si trovava un night club dove si era andato ad ubriacare una mia vecchia conoscenza.
- Ciao, bellezza! Vieni qui, tesoro e non ti farò nulla!- Mi sussurrò qualcuno da dietro all’orecchio facendomi rabbrividire. Mi voltai ed intravidi la sagoma di un ragazzo che si doveva trovare nell’ombra.
Per poco non lanciai un grido di paura, ma una mano mi bloccò la bocca.
- Ciaaaao! Sei sempre la più bella, Meredith!- Mi disse il giovane, voltandomi.
Un grido silenzioso lasciò le mie labbra. Tom, il mio compagno teneva da una parte una bottiglia vuota di J & B e con l’altra mi chiudeva la bocca.
I miei occhi si sgranarono e sperai di avere almeno la forza di difendermi. Non credevo che da ubriaco qualcuno potesse divenire violento.
In un attimo compresi le sue intenzioni quando avvicinò il suo volto, puzzolente d’alcool al mio viso.
Oh, no! Non volevo che il mio primo bacio fosse così. Me lo ero sempre immaginata come la cosa più dolce di questo mondo… ed eccomi ora a rimpiangere di essere uscita di casa.
Mi liberò la bocca dalla mano e riuscì appena a pronunciare un veloce: ”Hel…!” che lui mi aveva già chiuso le labbra con le proprie inserendo la propria lingua nella mia bocca.
Chiusi i denti facendogli spalancare gli occhi.
Si scostò da me, sussurrandomi:- Meredith, ma cosa ti succede? Da quand’è che non mi ami più? Chi ti ha fatto cambiare idea su di me?- Mi allontanai, cercando di scappare, ma non avevo fatto nemmeno un passo
indietro che mi accorsi di avere le spalle attaccate al muro.
- Mi piaci, mi piacciono le ragazze grasse*! – Disse, appoggiando un braccio dietro di me, contro il muro e curvandosi per ribaciarmi nuovamente. L’altra mano aveva ormai lasciato cadere la bottiglia per potersi appropriare meglio dei miei polsi, che piegò dietro alla schiena.
Con le labbra ad un millimetro dal mio orecchio mi sussurrò: - Anello l’odore della tua pelle!**- Iniziando a lasciare viscide scie di baci lungo il mio collo, mentre io cercavo di scostare il viso.
Con la coda dell’occhio finalmente vidi qualcun altro uscire dalla casa di Georgia.
Quel qualcuno ci doveva aver visto perchè s’immobilizzò. Gli lanciai uno sguardo triste. Lui rispose a quel gesto avvicinandosi. Solo quando vidi il suo viso illuminato dalla luce proveniente da una delle finestre compresi che non si trattava di altri che di John.
Mi si avvicinò lentamente, giungendo alle spalle dell’energumeno che non si sa bene per quale ragione era riuscito a far innamorare di se la vecchia versione.
Gli toccò una spalla,facendolo girare.
***- Che vuoi, mostriciattolo? Non vedi che ho da fare?? – Chiese Tom, facendo per rivoltarsi.
- Non toccare mai più Meredith, mi hai capito?- Fece John facendo il vocione.
Tom lo osservò, ghignando, forse fu proprio questo che non gli fece rendere conto che John aveva portato indietro il braccio e chiuso la mano a pugno.  Forse fu proprio quello che non gli fece rendere conto del pericolo in corso prima di ritrovarsi il setto nasale distrutto.
Addio bel faccino. Con quest’ultimo pensiero lo vidi voltarsi e scappare via.
Mi voltai a guardare John, che mi stava chiedendo come stessi.
- I... io!- Non riuscivo a finire la frase.
John mi sorrise, stringendomi forte a se, lasciandomi piangere sulla sua spalla.
 
Pov Richard
 
Stavano per iniziare a portare la torta. Lennon aveva detto che andava a cercare Meredith, ma era già passata una mezz’ora e loro due non erano ancora tornati. Mi stavo iniziando a preoccupare.
- Vado a cercare quei due!- Dissi, rivolto alla festeggiata che si era espressamente rifiutata di aprire la torta e i regali fino a quando la sua migliore amica non fosse rientrata.
- Certo, mi aspetto che li troverai!- Mi aveva risposto, sorridendomi.
Uscii all’aria aperta e voltai varie volte il capo non riuscendo a vederli.
Non potevano essere andati troppo lontani, anche se forse sarebbe servito l’aiuto di qualcuno per ritrovarli. Che stessero...? No, speravo proprio di no.
Prima di tutto avrei fatto il giro della casa, cercandoli, poi se non li avessi trovati avrei chiesto aiuto.
Vidi l’orma contro luce di due persone che si trovavano in una situazione che sarebbe sembrato si stessero baciando.
- Meredith?- Chiesi in un sussurro. Accorgendomi solo dopo che qualcuno stava piangendo. Che fosse lei?
Possibile che stesse piangendo di gioia felice per lei e John?
Nessuno si voltò, anche se vidi distintamente un movimento.
- Stiamo per mangiare la torta e per aprire i regali, venite?- Chiesi prima di voltarmi e rientrare. Se volevano un po’ di privacy non potevo che accontentarli, anche se qualcosa dentro di me si stava contorcendo. Avrei voluto essere io quello al posto di Lennon, sia nel caso la notizia fosse pessima sia in caso contrario.
 
 
 
* Questa frase l’ho ripresa da “Alice in Wonderland” di Tim Burton
** Questa frase l’ho ripresa dall’ultima Biancaneve che è uscito al cinema
*** La scena del bacio deriva dalla situazione venutasi a creare in “Ritorno al futuro 1”
Chi non avesse visto uno di questi tre film, glieli consiglio
 
Ora le immagini:
 
Tom, il bullo (interpretato... da nessuno in particolare): Image and video hosting by TinyPic
 
Valery McCartney (interpretata da Val_): Image and video hosting by TinyPic
 
e... *rombo di tamburi* Manuel, il fidanzato della bella Georgia (per l’immagine di lei guardare il capitolo 8): Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 - Litigi e Tranelli ***


Capitolo 15 – Litigi e tranelli

 
Vi avverto di già che questo capitolo sarà un “capitolo-cuscinetto”, tratterà di Georgia e Manuel, per lo più e si concluderà con Giuly. Spero di riuscire ad aggiornare il capitolo successivo a metà settimana, tipo il 4 sera, in caso contrario lo pubblicherò fra una settimana, come al solito.
 
 
 
Pov Manuel
 
Erano passati pochi giorni dal compleanno della mia ragazza. Eravamo stati tutti felici fino al momento della torta. In quel momento era rientrato Starkey che si era ripreso la giacca e senza dire nulla se n’era andato, lasciandoci tutti lì. Il bello era lo sguardo rattristato delle ragazze quando se n’era andato. Ma cosa stava succedendo? Poi erano rientrati Lemmon - o, almeno così mi pare si chiamasse - e Meredith, la migliore amica della mia ragazza. Doveva aver pianto, i suoi occhi erano lucidi.
La mia ragazza le si avvicinò, stringendola a se, subito dopo seguita dalle altre. Si erano messe a chiacchierare, ma non ho sentito una parola di ciò che si stessero dicendo.
Quando sono tornate Georgia mi aveva sorriso, mentre Meredith si era messa il cappotto e, assieme a Marylin, erano corse fuori. L’ho già detto: “Che cosa stava succedendo?”?
Non era successo altro per un po’ di tempo.
Qualche giorno dopo, però, mentre stavo uscendo da scuola mi ero trovato davanti Tom, il mio migliore amico.
- Lo sai cosa è successo il 21?- Mi aveva chiesto facendomi negare con la testa. Non lo sapevo e non comprendevo nemmeno la sua domanda.
- Sono venuto sotto casa di Georgia, come mi avevi detto di fare e l’ho aspettata. Sai cosa ha fatto quando mi ha visto?? Ha gridato!! Fortuna che le avevo tappato la bocca!- A quelle parole avevo sgranato gli occhi. Possibile che proprio ora che Tom si stava innamorando di Meredith la ragazza non lo volesse, dopo tutti quei giorni passati a desiderarlo?
Era successo dopo che l’8 Ottobre avevano passato la nottata insieme. Dopo quella notte era successo qualcosa in entrambi. Lui aveva iniziato a vederla in modo diverso, lei... era difficile da dire cosa le fosse successo: aveva iniziato a guardare in modo diverso Starkey.
Non ne capivo il motivo. Starkey la aveva sempre amata, ma era così piccolo! Così credulone... era stata Meredith la prima a prenderlo in giro, poi ci eravamo uniti un po’ tutti.
Avrei dovuto chiedere a Georgia che stava capitando.
Quando tre giorni dopo ebbi la possibilità di parlare con Georgia lei mi parve ad un primo acchito irritata, ma non ci diedi molto peso.
- Allora... mi potresti raccontare cosa sta succedendo alla tua migliore amica?-
- Che cosa sta succedendo? Che quando finalmente trova il modo di dimenticare Tom, sai lui che fa??-
La osservai, perché voleva dimenticare Tom? E come ci voleva riuscire? Era da quando lo aveva visto la prima volta che lo desiderava...
- Dimenticarlo e perché??- Chiesi, confuso.
- Come perché?? Perché la sta facendo soffrire da troppo tempo, perché è dannatamente stupido per capire cosa significa amare davvero. Ecco, perché. Mi potresti, ora, spiegare perché gli hai detto dove vivo??- Chiese, prendendola con fredda calma, ma potevo ben vedere che era incavolata nera. I suoi occhi mandavano scintille.
- Perché, forse, lui ama Meredith.- Risposi, cercando di stare calmo anch’io.
- Come può dire che la ama?? Cosa ha fatto per dimostrarglielo? Ha cercato di violentarla, VIOLENTARLA HAI CAPITO??- Mi strillò davanti agli occhi.
Sbattei le palpebre un paio di volte.
- Come? Violentarla? Ma… perché l’avrebbe fatto?- La mia domanda era di semplice curiosità, però non parve essere presa per tale.
- Perché, magari, era tanto ubriaco da non sapere che cosa stava facendo. Forse, però, è solo perché un certo suo amico gli ha detto dove abito! MA COME TI E’ VENUTO IN MENTE??- Continuò a strillare.
Per poco non rimasi a fissarla.
Ero stato davvero stupido e Georgia non mi avrebbe perdonato tanto facilmente, me lo sentivo.
- Beh, io credevo che lui la amasse, davvero... Ma come lo sta cercando di dimenticare?- Chiesi, stringendomi nelle spalle, cercando di farmi perdonare.
Lei mi guardò per un po’, poi continuò:- Lo sta cercando di dimenticare con Ringo. Pare che lo abbia sempre amato. Lo sanno tutti i suoi sentimenti per lei, ecco perché non capisco proprio come mai non si sono ancora messi insieme.-
- Ehy, un attimo! Non prendermi in giro... lei odia Starkey! L’ha sempre preso in giro!- Mi opposi.
- No, lei lo prendeva in giro per farsi notare, per quello che ho capito. Lei ama Starkey, ma ha un pessimo modo per farglielo capire!- Ridacchiò.
Mi avvicinai a lei:- Con Lemmon, allora nulla?-
Lei scosse la testa:- Lennon, non Lemmon comunque e no, nulla. Sai che anche lui è un artista? Oltre che musicista frequenta il college di Disegno.-
- Bene, allora prima o poi diventeremo amici! – Le risposi, facendole l’occhiolino, prima di baciarla.
Finalmente ero giunto a casa della mia ragazza, poco prima aveva parlato con mio padre riguardo alla “sfida musicale”, come la chiamavo io.
- Manuel, allora cosa ti ha detto tuo padre? Sai i Hurrycans ci stanno riempiendo la testa riguardo a questo argomento. - Mi richiamò alla realtà Giuly, dall’altra stanza.
- Niente di che, davvero. Mi ha detto che verso Febbraio potrebbe andare bene, ma deve controllare meglio. Ora, se non ti dispiace, raggiungo tua sorella. A proposito, dov’è?- 
- E’ in piscina, io devo andare, ho un appuntamento con Geo. -
Dopo averla vista uscire, andai verso la piscina nella quale vidi la mia meravigliosa ragazza che assomigliava tanto una sirena, appoggiata com’era con le braccia alla sponda.
- Tesoro, vieni a farti un bagno anche tu!- Mi richiamò con il suo canto adorabile.
- Non ho il costume, ma se mi giuri che non c’è nessun’altro vengo!- Dissi, iniziando a spogliarmi.
- Oh, sì! Le altre hanno detto che dovevano studiare, oggi! Vieni, bello mio!- Scherzò, facendo seguire le sue parole da un paio di schizzi.
Sorrisi, entrando in acqua mentre le mie mutande bianche mostravano all’unica creatura che ne aveva il diritto ciò che non potevo negarle.
 
Pov Giuly
 
Uscii di casa, consapevole che avevo lasciato i due piccioncini, come mi divertivo a chiamarli io, a casa da soli. Speravo che avessero,per lo meno il buon senso di non distruggere niente.
George mi stava aspettando ed ero già in ritardo, ma le ragazze vanno aspettate, lo sanno tutti.
Mentre camminavo sui tacchi che mi ero messa per attirare maggiormente la sua attenzione mi chiesi come mai avessi accettato quell’incarico.
George non mi piaceva. Mangiava troppo, era troppo piccolo ed esile. Insomma, sembrava un rametto secco che con un colpo di vento cade a terra.
Era stato un attimo di follia quando avevo dichiarato che lo avrei attirato a me.
Meredith, d’altro canto, era la nostra boss. Lo era sempre stato, fin da quando ci eravamo conosciute la prima volta, ma da qualche mese a quella parte era diventata troppo buona e mansueta.
Mi chiedevo anche che cosa ci trovasse in Starkey. Oltre ad essere basso era anche stupido, brutto e povero. Insomma il peggio del peggio, ma lei sembrava adorarlo così com’era.
Trovava qualcosa in lui che io proprio non riuscivo a vedere.
Intravidi George nel suo completo da Teddy Boy. Odiavo quei vestiti, odiavo le giacche di pelle. In più erano del colore che meno mi piaceva in assoluto: il nero.
Lui si voltò e mi puntò i suoi occhi neri addosso, sorridendomi solo con un angolo, come faceva sempre.
“Cosa c’è di bello in lui?” Mi chiesi, avvicinandomi a passi misurati e gettandogli le braccia al collo.
- Ciao, Giuly! Finalmente sei arrivata. Dai, andiamo che se no non arriviamo in tempo per le prove e John s’incavola con me. - Mi salutò lui. Sbattei un paio di volte le palpebre in modo gentile.
Avevo imparato bene come si faceva, Meredith era una brava insegnante.
- Allora, cosa hai fatto mentre mi aspettavi, Geo?- Chiesi, mettendo su l’espressione più dolce che conoscessi.
- Ti ho aspettato, mangiando delle caramelle.- Mi rispose lui.
- Oh, ne hai ancora?- Chiesi, cercando di tirare avanti l’argomento.
- No, mi spiace... Se vuoi, però, ne possiamo andare a comprare!- Sorrise nuovamente.
- Oh, non ce n’è bisogno. John si arrabbierà davvero se non ci facciamo vedere!- Gli risposi con la voce più mielosa che riuscissi ad usare. Non mi piacevano le caramelle e poi ero in dieta, io.
Ci avviammo.
- Come sta Meredith?- Mi chiese ad un tratto George. Possibile che parlasse sempre di lei? Così tutti i miei sforzi non riuscivano ad avere effetto.
- Perché non mi chiedi mai come sto io? Comunque lei sta bene.- Gli risposi osservandolo negli occhi e vedendolo abbassarli.
- Beh, perché immagino che tu stia bene, in più ci vediamo quasi ogni giorno e quando ti capita qualcosa lo dici a tutti. Lei, però, non la vedo da un po’. Non viene neanche più nell’autobus di mio padre.- Mi rispose, deglutendo un paio di volte.
Lo sapevo bene che non veniva più con quell’autobus. Ne avevamo parlato alcuni giorni prima, - quando ci aveva raccontato di ciò che era successo con Tom e avvertendoci che aveva litigato nuovamente con Starkey - ed io le avevo consigliato di stare lontana da tutti, anche da Harrison.
Lo osservai, per un attimo mi fece pena. Si era innamorato della persona sbagliata ed io lo stavo fregando facendogli credere che per me era qualcuno, ma poi lo avevo guardato nuovamente e la pena era sparita.
- Oh, mi spiace che lei non venga più.- Ma quando mai mi dispiaceva? Dentro di me stavo ghignando.
- Credi che provi qualcosa per John?- Mi chiese, continuando l’argomento “Meredith” e cercando risposte. Riuscivo a vedergli quanto gli stesse a cuore quella domanda nel solo osservarlo negli occhi.
Forse lasciarlo nel dubbio avrebbe fatto bene, così cambiai discorso:- Quando il vostro prossimo concerto?-
George mi guardò perplesso, poi sorrise:- La prossima settimana. Allora cosa ha detto il ragazzo di Georgia riguardo alla sfida?-
- Ha detto che forse verso Febbraio può andare bene.- Ripetei le parole che Manuel mi aveva detto poco prima.
- Allora bisognerà che ci iniziamo a preparare. Comunque eccoci arrivati!- George mi prese la mano e si avviò verso una casa bianca con un giardinetto attorno, insomma una come le altre case a schiera.
Non potei fare altro che seguirlo, osservandomi attorno. Non c’era nulla di interessante là attorno.
Entrammo là dentro, la casa era piccola e, per quello che vidi era pure sporca. Feci una smorfia, prima che George mi dicesse che era casa sua.
- Oh, che bella casa accogliente!- Feci, cercando di alleggerire la tensione storcendo nello stesso tempo il naso. George ridacchiò.
- Non è tutta la casa! Questo è solo il garage... non siamo così sporchi!- Sospirai di sollievo. Non mi piacciono le cose sporche.
- George... Ti pare questa l’ora di tornare?- Chiese John, uscendo da una saletta lì vicino.
- Beh, adesso abbiamo un’ospite in più!- George mi poggiò una mano sulla spalla, pronunciando quelle parole. Sorrisi nel vedere John osservarmi per un po’ in silenzio e poi urlare:- George ha portato con se Giuly, ragazzi!- preferivo mille volte di più John a George.
Era molto più carino, più grande e più simpatico.
- Sì, proprio io!- Risposi.
- Vieni che ti presento Paul, l’unico membro che non hai ancora avuto il piacere di conoscere!- Richiamò la mia attenzione George.
Mi condusse nell’altra stanza che era un po’ più grande e con già le chitarre, la batteria e il basso da una parte.
- Giuly! Che bello rivederti!- Mi salutò Valery. Era già strano che si ricordasse di me, dato che ci eravamo scambiate solo due parole, poi che fosse contenta di rivedermi...
- Sai, siamo le uniche qui... a volte mi annoio un po’, ma di solito non accettano le fidanzate dei componenti del gruppo. Infatti io sono graziata in quanto sorella di uno di loro.- Mi spiegò a bassa voce la giovane. Adesso capivo il motivo di tanta gioia.
Un giovane di bell’aspetto, con gli occhi verde bosco che sembravano sempre tristi a causa della loro strana forma, le guancie pienotte e il bel sorriso luminoso mi osservava. Fui contenta di vedere che fosse un minimo più elegante degli altri ragazzi che si trovavano lì.
- Lui è Paul, mio fratello! Lei è Giuly, una mia amica.- Ci presentò una Valery sorridente.
- Il piacere è tutto mio. Sapete di essere una gran bella ragazza?- Mi disse Paul, facendomi il baciamano.
Sorrisi, Paul era davvero un gran bel ragazzo educato.
- Piacere mio! Comunque anche tu sei bello!- Risposi, osservandolo per niente imbarazzata.
- Bene, prima che il nostro bel McCartney si impossessi totalmente di Giuly che ne dite di iniziare le prove?- Chiese Pete, dopo aver baciato la sua ragazza.
Mi sedetti accanto a Valery, la quale si era già messa in posa di ascolto.
Mi venne un idea: forse avrei potuto aiutare i Rory Storm a batterli nella sfida studiando per loro il modo di suonare.

let me tell you about a girl I know,
she's my baby and I love her so
every morning when the sun comes up,
she brings me coffee in my favorite cup
that's why I know, yes I know,
hallelujah I just love her so

Sorrisi, già da subito potevo notare che il bassista non era un gran che.
- Senti quanto sono bravi? Pete e mio fratello sono davvero eccezionali, eh?- Disse Valery, sorridendo.
- Già...- Ma cosa diceva quella ragazza? Ok, tutto però i Rory Storm erano migliori!

when I call her on the telephone,
she says baby, I'm all alone
by the time I count from one to four,
she'll be knocking on my door 

- Guarda bene come si muovono... sono speciali! Adoro il modo di fare di John! Se non fosse stato già fidanzato con Cynthia avrei voluto mettermi con lui!- Continuò la giovane, ma ormai ero troppo presa dalla musica.
Effettivamente Lennon si muoveva bene, cercando di imitare Elvis Presley. Non ne sarebbe mai stato all’altezza, però. 

in the evening when the sun goes down
and there aren't nobody else around,
she kisses me and she holds me tight
she says baby everything is alright
that's why I know, that's why I know
hallelujah I just love her so
hallelujah I just love her so,
hallelujah I just love that chick so

Finalmente la canzone era finita. Mi costrinsi a sorridere. Dovevo avvertire gli altri di ciò che avevo deciso. Prima, però, avrei dovuto accettare di stare lì per un altro po’.
George, però, non riusciva a non pensare a Meredith, cosa che mi dava non poco fastidio, dato che stavo cercando di levarlo di torno.
Lennon mi si avvicinò e mi chiese, con sguardo speranzoso:- Allora, come ti sembra che siamo andati?-
Rimasi un attimo in silenzio pensando a cosa rispondere:- Beh, mi... - avrei voluto dire “mi sembra una gran schifezza! Fate davvero schifo, ragazzi!”, ma così avrei perduto la speranza di poter tornare a sentirli nuovamente. Fu così che preferii un più semplice, ma anche un menzognere: - ...è piaciuto! Credi che lo metterete anche nella sfida? – Beh, se avesse detto di sì avrei avuto qualcosa in più da dire.
- Non so... non siamo stati il massimo, oggi! Credo che George e Paul fossero eccitati a provare con un pubblico più numeroso del solito!- Dicendo questo mi fece l’occhiolino. Beh, allora forse erano un po’ meglio di quanto credessi.
- Comunque che mi dici della sfida? Si sa già la giornata?- Riprese.
- No, ma avverrà in Febbraio, pare!- Risposi, sorridendo.
- Perfetto! Ci metteremo in moto per essere al meglio quel giorno! Io e i ragazzi riprendiamo, ora.- Mi informò ed io annuii.
Valery mi sorrise.
- Credo che vi lascerò provare da soli. Valery, ci facciamo una passeggiata?- Chiesi, alzandomi.

Eccovi qui il video della canzone: http://www.youtube.com/watch?v=LmVT7gdFXhs&list=PL93586BB2E32FEC56&index=14&feature=plpp_video
Queste, invece, sono le immagini di Pete Best: Image and video hosting by TinyPic


Paul McCartney: Image and video hosting by TinyPic


Stuart Sutcliffe: Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** capitolo 16 - Natale (parte 1) ***


Capitolo 16 - Natale (parte 1)

Scusatemi se aggiorno con una settimana di ritardo e, per di più, con solo metà capitolo, ma non ho avuto molto tempo per scrivere... sapete, con la scuola e tutto il resto...

Le giornate erano trascorse senza che io e Richard ci riparlassimo, anzi mi sembrava che cercasse in tutti i modi di non starmi vicino.
Fino a pochi giorni prima avevo sospettato di essere costretta a trascorrere il natale da sola.
Poi, però, avevo ricevuto una buona notizia da parte del mio migliore amico: John.Mi aveva,infatti, invitato a pranzare a casa sua con lui e sua zia.
Quando inizialmente avevo rifiutato mi aveva risposto che avrei di sicuro portato “una ventata di aria nuova” in casa sua.
Mi aveva, poi, rivelato che dalla morte di suo zio Natale aveva perso tutta la gioia dato che la zia era fredda come ghiaccio anche quel giorno.
Così era ovvio che non comprendessi se lo stesse facendo per non restare da solo con Mimi, se lo facesse per non farmi stare da sola in una giornata come quella o, infine, se lo facesse perché si ricordava che un giorno gli avevo chiesto di farmela conoscere.
Comunque quando me lo chiese non ci stetti tanto per pensare in quanto accettai subito.
Così quel giorno, quel famoso Natale, mi ritrovai a casa Lennon seduta composta sotto lo sguardo da detective di Mimi Smith. Speravo solo di starle simpatica, perché a me stava e sta tuttora simpatica lei.
Quando entrammo in casa sua, quel venerdì di Dicembre mi accorsi con mia grande gioia che anche loro avevano costruito l’albero. Mi ero immaginata di passare tutta la giornata accucciata sul divano con le gambe sotto il sedere con una coperta su di me, davanti al camino a bere la cioccolata calda e a leggere per tutto il giorno. Ora mi bastava un albero per sorridere felice.
Una donna di una certa età rigida da sembrare di essere fatta di legno era in cucina a finire gli ultimi preparativi. Immaginai subito che fosse Mrs. Smith.
Appena prima di entrare John inforcò gli occhiali, facendomi sorridere. In cambio lui mi fece un occhiolino.
- Sei bellissimo così, John!- Gli dissi continuando a sorridere.
- Sì? Allora vedrai che per tutto il tempo che resto a casa tengo il mio luck alla Buddy Holly!- Così dicendo mi fece un occhiolino. Tirai fuori una macchina fotografica che ero andata a comprare con Marylin e che di solito usavo di nascosto per inquadrare Ringo in qualsiasi situazione.
- Zia! Siamo tornati, ti presento la mia migliore amica, Meredith Gale!- Disse John a voce abbastanza bassa, avvicinandosi alla donna e abbracciandola da dietro.
- Oh, John!- Sbuffò la donna, liberandosi dalla presa scherzosa del nipote per poi voltarsi verso di me.
- Salve, Mrs.!- Dissi, cercando di essere il più formale possibile.
- Salve, Miss. Gale, è un piacere conoscerla. Mio nipote mi ha chiesto se la si poteva invitare, anche per farci conoscere!- Non mi aspettavo tante parole dalla zia di John, ma probabilmente voleva farmi comprendere come stavano le cose lì in casa sua.
Vidi lo sguardo della signora percorrere la mia persona da capo a piedi. Ringraziai il cielo di aver pensato bene di mettermi il mio migliore vestito. Era lungo fino alle caviglie, rosso fiammeggiante con la parte superiore da una parte con del pizzo e dall’altra con una semplice manica rigorosamente corta. Il rosso era da sempre il mio colore preferito e persino le scarpe erano estive. Indossavo, infatti, scarpe con la zeppa un po’ alta.
- Non è un po’ leggero il suo vestito?- Mi chiese la signora ed io sorrisi.
- Oh, non si preoccupi, signora. Ho sempre molto caldo...- Cercai di smussare la situazione con John che dietro la zia se la rideva della bella.
- Capisco.- Mi disse facendo scivolare un silenzio teso fra di noi.
Mi ritrovai così a cercare di trovare un diversivo: - Ha davvero una bella casa. – Dissi, guardandomi attorno, prima di aggiungere:- Molto accogliente!- Stavo osservando delle foto che ritraevano John da bambino.
Lei sembrò gradire questo mio commento, infatti sorrise. - Grazie! La mia abitazione è molto modesta.- La stavo conquistando come si fa con i bambini usando un tipo speciale di caramelle.
Mi avvicinai a John tutta sorridente.
Lennon fece finta di prendere un libro alle mie spalle, facendo sì che fosse abbastanza vicino per parlarmi all’orecchio
- Fai conquiste, eh?- Mi disse all’orecchio lui, ridacchiando prima di concludere:- Te lo avevo detto che saresti stata una ventata d’aria fresca in casa nostra!-
Sorrisi, mentre lui si raddrizzava.
- John, aiutami a portare gli antipasti in tavola!- Richiamò il nipote Mimi, che già era giunta in cucina.
- Mrs. Smith, ha bisogno di una mano?- Chiesi, gentilmente.
- No, cara!- Da quando la signora Smith da del “caro” a qualcuno?
John stava portando un piatto di antipasti, subito seguito dalla zia che ne portava un altro.
- Hai conquistato mia zia in due parole! Non è giusto: a me non ha mai mostrato tanto affetto!- Fece il finto offeso John ed io gli presi il piatto e lo posai in mezzo al tavolo.
- Come mai le hai detto che sono la tua migliore amica?- Gli chiesi, prendendogli un braccio, per non farlo scappare e scuotendoglielo.
- Perché è la verità. O, almeno, è quello che mi hai detto tu una volta tanti mesi fa... lo stesso giorno in cui andammo a comprarti della musica. Ah, bisognerà che lo rifacciamo un giretto come quello!-
Annuii convinta:- Siediti qui, ti voglio vicino a me!- Gli dissi,indicando il posto al mio fianco e sporgendo il labbro al di fuori con la mia migliore espressione da cucciolo bastonato.
John sorrise, sedendosi. Mimi si era già seduta di fronte a noi.
- Allora... da quando vi conoscete?- Ci chiese, indagatrice come sempre.
- Non saprei… più o meno da quando una volta ho avuto bisogno di un passaggio a casa...- Non avevo voglia di raccontare a Mimi ciò che era successo quel giorno con Ringo.
- Sì, me lo ricordo bene... eri in uno stato pietoso!- Scherzò John prendendo una ciocca dei miei capelli per l’occasione resi boccolosi. Lo guardai male e lui per tutta risposta me la tirò “dolcemente” per farmi un dispetto.
Trattenni un grido, per non farlo ridere di gusto, ma gli presi la mano con la mia e gliela feci aprire.
- John, non c si comporta così! Ma cosa dovrò mai fare per riuscire ad insegnartelo?- Chiese Mimi, notando la mia smorfia comparsa per l’istante in cui lui mi aveva tirato i capelli.
- Cosa, zia? Cosa ho fatto di male?- Chiese John facendo la sua migliore espressione innocente.
- Hai toccato i capelli quando eri a tavola! Non sai che è maleducazione?-
Ah, era questo a preoccuparla, allora!
John mi guardò di sottecchi, ghignando.
- Volevo solo avvertirti che sta sera esci con me e i miei amici.- Sussurrò, senza farsi sentire dalla zia.
Alzai gli occhi al cielo. Mi avrebbe fatto piacere unirmi a loro, ma d’altro canto se mi avesse visto Ringo ci sarei rimasta male.
- Ma...- iniziai, ma fu nuovamente interrotta da lui:- Tranquilla dobbiamo provare quindi nessuno non facente parte della famiglia Harrison ci vedrà.- Sorrisi, ora sì che ero più sollevata.
Zia Mimi incominciò prima con domande come: “qual è la tua materia scolastica preferita?”, Poi “Sei di Liverpool dalla nascita?” e così via per tutta la durata del pranzo, con John che, invece, cercava di mettere fretta a tutti quanti. Così mi ritrovavo chiusa fra due fuochi. Cercai di fare del mio meglio per far contenti entrambi, ma non era molto facile. Non mi potevo di certo soffocare di cibo o parlare con la bocca piena!
Poco alla volta lasciai che loro parlassero, perdendomi nei miei pensieri.
Il cibo era delizioso, per quanto ne dicesse John sua zia era una grande seppur mi stesse riempiendo di domande. Lo faceva solo per farmi capire che era presente anche lei e che le interessava ciò che facevo, ne ero certa.
Però c’era un grosso punto interrogativo che continuavo a pormi: Cosa stava facendo in quel momento Ringo? Si ricordava di me ogni tanto? Perché non si faceva più sentire? Perché non mi cercava?
Ero sempre io a doverlo cercare. In un qualche modo mi iniziavo a sentire come una stolker.
Insomma, ogni volta gli occupavo la sua privacy. Non sarebbe piaciuto neanche a me se avessero continuato a farlo, quindi avevo deciso di smetterla.
Quando si sarebbe sentito pronto avrebbe dovuto cercarmi. Io, in compenso sarei stata ben lieta di rivederlo.
- Meredith!- Mi stava chiamando qualcuno, sbattei le palpebre, prima di rendermi conto che John mi stava sventolando la mano davanti agli occhi.
- Ehy?- Chiesi, accorgendomi solo allora di cosa stesse succedendo.
- Ma a cosa stavi pensando che sei caduta in questo stato di trance?- Mi chiese il mio migliore amico, incuriosito.
- A… niente, non è importante!- Mentii, non volevo che Mimi sapesse. John mi osservò e mi chiese, a bassa voce:- A lui?- Mi bastò annuire.
 
Pov Richard
 
Ero in casa per il pranzo di natale. Quella mattina mi ero svegliato presto, pensando che a quel giorno mancava un tocco importante, un tocco unico. Solo che inizialmente non sapevo quale gesto fosse.
Ci pensai facendo colazione con mia sorella, quando lei mi disse qualcosa che colpì la mia attenzione:
- Da quant’è che fai finta che Meredith non esisti? Ieri l’ho vista e mi è sembrata triste e tesa. Prima o poi dovrete comprendervi, voi due.- Ecco cosa mancava: la presenza di Meredith.
Così, poco dopo l’avevo chiamata, ma il telefono dava libero e lei non rispose. L’avrei voluta vedere quel giorno, ma di sicuro era dal suo nuovo fidanzato: John Lennon.
Subito mi venne un malore allo stomaco, mi dovetti sedere sul letto di Marylin, massaggiandomi la pancia.
Marylin entrò e mi osservò. Di solito il dispiacere non mi prendeva allo stomaco, ma quel giorno era diverso e non riuscivo a comprenderne il motivo.
Mia sorella si avvicinò e si sedette al mio fianco.
- Che ti succede?- La guardai dolorante.
- L’ho chiamata...- Riuscii solo a biascicare.
- Immagino che non ti abbia risposto!- Ridacchiò, la fulminai con lo sguardo, cosa ridacchiava a fare?
- Non sai nemmeno chi ho chiamato!- Cercai di reagire.
- E’ ovvio chi hai chiamato! Meredith, ammettilo, fratellino che tu ne sei innamorato!- Sbuffai. Com’era riuscita a giungere subito alla conclusione giusta?
- Ma come... – Anche in quel caso sembrò leggermi nel pensiero.
- Beh, dato il modo in cui la guardi... e quello in cui ti guarda lei, mi pare ovvio!-
- Impossibile, lei è fidanzata! Lei non mi ama!- Dissi, abbassando lo sguardo, amareggiato, prima di specificare: - Con Lennon, ovviamente!-
Lei aprì bocca, come per dire qualcosa, ma proprio in quel momento nostra madre ci chiamò per aiutarla ad accogliere i nostri parenti a casa.
Marylin mi sorrise ed uscì, subito seguita da me.
Solo mezz’ora dopo, mentre pranzavamo, potei finalmente ripensare a Meredith.
Era così ovvio che mi piacesse? Se lo sapeva Marylin, allora Meredith ne era a conoscenza?
Se lo avesse compreso anche John cosa sarebbe successo?
Sarei mai riuscito a dimenticarla? No, mi sarebbe comunque mancata.
L’unica cosa importante era che l’amavo. Speravo solo che Lennon non lo scoprisse mai.
Magari avrei avuto la possibilità di averla al mio fianco o, più semplicemente, di guardarla da lontano.
- Ce l’hai una ragazza, Richard?- Mi chiese mia zia.
Strinsi gli occhi, per un attimo, prima di sorridere di nuovo.
- No, ma chi mai accetterebbe uno come me al suo fianco?-
- Almeno qualcuno che ti piace?- Fece, curiosa mia cugina.
Misi in bocca un pezzo di carne e feci segno di non poter rispondere, nella speranza che si cambiasse argomento, nel frattempo.
- Una ragazza è mezza-innamorata di mio fratello… peccato che lui non se ne accorga.- Disse mia sorella, facendo leva su quell’argomento. Il boccone per poco non mi andò di traverso a quella frase, così che iniziai a tossire e le signore dovettero smettere con quelle domande per venirmi a salvare. A chi che piacevo? Possibile che..? Era la stessa domanda che mi ero posto il giorno in cui eravamo usciti insieme, ma di sicuro era anche lo stesso al quale non sapevo più rispondere. Infilai una mano in tasca, risentendo con le dita il rigonfiamento dell’anello.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 16 - Natale (parte 2) ***


Capitolo 16 - Natale (parte 2)

 
Pov Meredith 
 
Al dolce iniziai ad essere contenta di uscire. Non avevo problemi con Mimi, ma dovevo assolutamente parlare con John dato che non gli avevo più raccontato nulla, se non che non ci eravamo messi insieme.
- Zia, noi andiamo!- La salutò John, conducendomi fuori.
Quando voltammo l’angolo John fece per rimettersi gli occhiali in tasca, ma io glieli rubai e li inforcai.
- Come sto?- Chiesi, osservandolo. Strano come dietro quello due lento le cose diventassero enormi.
- Una meraviglia! – Ridacchiò John.
- Oh, ma perché non fanno delle montature con le stelle?- Chiesi, voltandolo.
John scoppiò a ridere. “Con le stelle?” mormorava ogni tanto fra le risate, ormai aveva le lacrime agli occhi.
Lo osservai divertita, senza comprendere il motivo di tanta ilarità.
- Con le stelle, sì… perché? Io adoro le stelle*… sono le mie forme preferite!- Dichiarai e John annuì.
- Buono a sapersi che oltre alla persona di Ringo Starr ami anche le forme delle stelle!- Ridacchiò.
- Ah, John! Comunque ti volevo dire che dopo quella sera non l’ho più visto… pare che i suoi abbiano persino portato una giustifica al preside per fargli saltare gli ultimi giorni di scuola.-
John sgranò gli occhi:- Quindi non è strano solo quando cerco di parlargli, sai a volte l’ho visto al Cavern, (prima o poi dovrai venirci a sentire, a proposito) ma anche con te… il che mi fa supporre che possa pensare che io e te stiamo insieme!-
- Ma è impossibile!! Insomma, gliel’ho spiegato che noi due siamo solo amici! Cosa credi che debba fare?- Chiesi, mi sentivo una bimba piccola.
- Beh, spero basti solo che tu faccia finta di nulla. Se ti parla parlagli, ma non cercarlo.- Annuii, forse aveva ragione.
Non parlammo ulteriormente, ci guardavamo e ripensavamo alle diverse situazioni in cui ci poteva aver visto.
Possibile che mi aveva visto piangere sulla spalla di John e non aveva compreso, così si era ingelosito? Ma allora perché nessuno me l’aveva detto?
Finalmente giungemmo a destinazione e con mia sorpresa scoprii presto che si trattava di casa Harrison.
John mi prese per mano, dicendomi che mi doveva presentare il suo migliore amico: Paul McCartney.
Dentro di me sorrisi, seppur visto da fuori sembravo perplessa tanto da far aggiungere da John “Il terzo chitarrista, che non ama tanto Stuart perché desidera prenderne il posto”.
Chi non conosceva Paul almeno di fama? Il bello dal volto da bambino che attraeva a se tutte le ragazze che desiderava? Peccato che a me non stesse molto simpatico, ma non lo conoscevo quindi non avrei dato un giudizio affrettato su di lui.
Fu Pete ad aprirci la porta. Ci sorrise, prima di informare John che i fratelli McCartney non c’erano.
Il mio momentaneo accompagnatore sbuffò, dicendo che sarebbe andato a parlare con Paul quella sera stessa, insomma non poteva sempre mancare alle prove.
Cercai di farlo ragionare:- Ma John, forse è stato costretto dalla famiglia a restare a casa!-
John per tutta risposta mi guardò male e mi portò dentro.
A volte non lo riuscivo proprio a sopportare.
L’interno dell’edificio era molto confortante. George fece subito da perfetto padrone di casa, offrendoci dei biscotti e delle bibite fresche. Ovviamente John prese un paio di biscotti, io rifiutai molto diligentemente, per quanto, in realtà, ne avessi voglia.
Proprio in quel momento entrò la madre di George, sorridendo ai giovani.
- John, che bello averti qui!- John sorrise, facendomi vedere quanto in realtà ci tenesse a George e alla sua famiglia.
- Signora Harrison, le vorrei presentare l’amica mia e di suo figlio, Meredith Gale. Meredith, lei è la madre di George, Louise Harrison – Cercò di cambiare argomento John.
- John, gliela dovevo presentare io!- Sbuffò George, facendo finta di essere irritato.
- Oh, allora è lei la ragazza che hai conosciuto nell’autobus di Harry!- Disse la signora Harrison.
In quel momento entrò un uomo, inizialmente pensai che fosse il padre di George. Era corpulento, molto diverso da George per la corporatura. I suoi capelli e i suoi occhi, però, erano neri.
- Mamma, vieni che… - L’uomo mi fissò qualche istante, prima di dire, perplesso - Ma lei chi è, Georgy?-
- Lei è Meredith..- Iniziò George, ma sembrava che non fosse il suo giorno fortunato, perché infatti fu nuovamente preceduto.
- Ah, sei la futura ragazza di mio fratello!- Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva, mentre George arrossiva dall’imbarazzo. - Comunque ho sempre pensato che mio fratello dovesse aver preso qualcosa dai suoi familiari e a giudicare dal gusto in fatto di donne… direi proprio che è bravo, quasi quanto me! Io sono Harry!- Mi porse la mano, che feci per stringere.
- Ah, l’autista dell’autobus! Piacere, io adoro usare il suo mezzo…- Mi bloccai vedendo che tutti stavano trattenendosi dal ridere.
- No, io sono il fratello di George, non il padre! E’ nostro padre l’autista!- Ridacchiò l’uomo, cercando però di stare serio.
- Oh, ops! Scusami! Ho proprio preso un granchio!!- Ridacchiai, più per mascherare l’imbarazzo che per altro.
George mi sorrise, aggiungendo: - E’ successo a tutti… anche a causa della loro somiglianza!! Pensa che ho anche una sorella che si chiama come mia madre!-
- Ottimo... mi dovrai dare una piantina di famiglia con tutti i volti, prima che l’impari!!- Scherzai, cercando di far temperare la tensione che si stava venendo a creare.
- Ragazzi... vi vanno dei biscotti? Già che andiamo di là ve ne potremmo passare un po’!- Ci propose la signora Harrison, al che Stuart scherzò:- Sì, così George avrà qualcosa da mettere sotto i denti, prima che si metta a mangiare i muri!- Gli altri annuirono.
I ragazzi scoppiarono a ridere a spese del povero George, la madre uscì con Harry mentre una bambina di all’incirca cinque anni faceva capolino nella stanza. La piccola era molto carina, anche lei con gli occhi e i capelli scuri che ci guardò in modo timido, per poi scappare via.
Osservai di sottecchi John che aveva cercato di riprenderla dentro la stanza, per poterla far divertire. Era proprio un bambinone.
- Lei è mia nipote, Charlotte, figlia di mia sorella Louise!- Sorrise George, indicando il punto dove la piccola Harrison era uscita dalla stanza.
- Era bellissima... – Mormorai,incantata.
- Sì, ma un po’ troppo timida.- Affermò Stuart, cercando di nascondere un sorriso dolce dal proprio volto.
- Lo è solo con gli estranei.- Ci spiegò George.
- Ma ci volevo giocare!- Si lamentò John, continuando a guardare la porta dov’era sparita Charlotte.
I ragazzi si sorrisero fra loro, anche Pete sembrava in quel momento contento, seppur si rannuvolò praticamente subito. Mi avvicinai a lui.
- Pete, ciao. Non ci siamo parlati molto… mi stavo chiedendo se anche a te manca.-
Sapevo che se io stavo pensando a Richard, lui stava pensando a Valery. In un qualche modo ci trovavamo nella stessa barca quella sera.
- Già, mi manca Val!- Sussurrò, preoccupato più che qualcuno lo sentisse che per altro.
Annuii, subito dopo interrotta da John.
- Stiamo perdendo tempo prezioso. Andate pure in garage, io vi raggiungo.- Ci informò, prima di prendere la strada del bagno.
- Chi ci pensa ai biscotti?- Chiese una persona di nostra conoscenza che se non mangiava costantemente non stava tanto bene.
- Io!- Mi proposi.
- Aspetto con te, allora… così poi torniamo tutti e tre insieme!- Decise George, sorridendomi.
Nessuno seppe dire di no. Pete e Stuart ci guardarono e poco dopo uscirono.
Io e George ci sedemmo tranquillamente su due sedie abbastanza vicini da poterci sfiorare i fianchi, attorno a un tavolino ad angolo.
- Meredith, ho pensato che, insomma... ecco, non credere a tutto quello che dice mio fratello... cioè, non è che... è solo... beh, questo è il mio regalo di Natale.- Mi disse, allungandomi un regalino, che aprii con mani tremanti. Era un ciondolo a forma di biscotto al cioccolato. Sorrisi, prima di sporgermi in avanti e dargli un bacio sulla guancia.
- Ecco il mio… spero ti piaccia!- Gli passai il mio regalo, non era un granchè. Era un plettro con la superficie tanto lucida e liscia da sembrare uno specchio.
- Così tutte le volte che lo userai ti ricorderai che hai in mano la tua stessa vita!- Gli spiegai.
George sorrise, mentre Charlotte rientrava, ancora tremante e (camminando a punte di piedi, come a non farsi sentire) consegnava una vaschetta di terra cotta dipinta con dei fiori rossi strapieno di biscotti al cioccolato.
- Grazie, Charly! – Sorrise George, prendendole la vaschetta.
La bimba fece per allontanarsi.
- Aspetta!- La richiamai, alzandomi in piedi per poi piegarmi a novanta gradi di fronte a lei e sorridendole:- Io sono Meredith, tu come ti chiami?-
- Challotte!- Rispose la piccola, sorridendo.
La osservai:- Sei bellissima, sai?- Chiesi, senza riuscirmi a trattenere.
- Glazie! Tu lo sei di più!- Disse, con tutta l’innocenza che è normale avere a quell’età.
Mi voltai a guardare George, notando che ci stava fissando con sguardo perso, portandosi un biscotto verso la bocca.
Sorrisi alla piccola, facendole segno di tacere e dicendole all’orecchio:- Guarda, ora faccio uno scherzo al vecchio George!- La bambina ridacchiò.
Mi alzai e feci il giro del ragazzo, vedendo che George non si risvegliava dal suo stato di trance e che il suo biscotto era ormai in bocca, con un gesto felino glielo levai e sorrisi dispettosa, portandolo alla mia di bocca.
Che cosa stava guardando quello sciocco? Mi ero accorta che non ci stava guardando in faccia, stava guardando un punto imprecisato dietro di me.
Ridacchiai, pensando alla scomoda posizione in cui mi ero messa.
Fu solo quando Harrison che non si era accorto di niente si morse le dita e sussultò Charlotte scoppiò a ridere che tornai alla realtà.
- Ma che...- Guardò la nipote che alzò le mani in segno di non saperne niente, tenendomi il gioco.
George, a quel punto prese un altro biscotto portandosi anche questo alle labbra. Fui sufficientemente veloce da riuscire a levargli pure esso.
George, però, non essendo perso come prima nei suoi pensieri si voltò verso di me.
Gli sorrisi, mordendo il suo secondo biscotto.
- Ah, ecco la ladra di biscotti!!- Mi sgridò.
Charlotte guardò prima l’uno e poi l’altro.
- Charlotte, mi sa che ci conviene scappare!- Scherzai, ma la piccola non parve prenderla alla stessa maniera perché scappò davvero via dalla stanza ridendo, mentre George mi prendeva.
Osservai il ragazzo, sentendomi presa alla vita.
- Ora la pagherai...- Mi disse lui, iniziando a farmi il solletico. Maledetto!!
Non riuscii a trattenermi dallo scoppiare a ridere e nel tentativo di resistere dal morire dal ridere caddi a terra, lui mi seguii nel giro di pochi secondi, ridendo anche lui di riflesso.
In breve lasciammo perdere i biscotti ed iniziammo a rotolare per i continui scambi di posizione fra noi due.
Solo ad un tratto ci fermammo, dato che avevamo sbattuto il fianco contro il muro.
George si fermò ritrovandosi sopra di me.
Si alzò a sedere, osservandomi cercare di riprendermi dal troppo ridere.
- Ah, l’hai voluta tu, Meredith!- disse, osservandomi bene negli occhi.
I suoi erano così neri che mi sembrava mi stessero cercando di attrarre al loro interno.
- No, sei tu che...- Non riuscii a finire la frase perché George aveva preso una ciocca che dispettosa se n’era andata a farsi un giro per conto suo sulla mia fronte e me l’aveva spostata all’indietro.
- Così stai meglio... hai un volto così bello che è un peccato coprirlo con i capelli.- Mi sorrise, avvicinandosi a me.
- George...- Ormai quegli occhi neri mi avevano conquistato. Cercai di spostare lo sguardo, ma finì inevitabilmente sulle sue labbra e compresi che era stata una pessima idea.
Erano così belle... sembravano morbide. Che cosa mi stava succedendo? Cos’era quella voglia pazza di baciarlo che avevo?
George si avvicinava sempre di più, ormai era sdraiato su di me.
Gettai le braccia attorno al suo collo.
Mi sorrise dolcemente, lasciandomi perdere in lontani ricordi, mentre mi sollevavo abbastanza da avvicinarmi a lui per unirci in un bacio.
Era Natale, forse non c’era il vischio, ma c’era comunque tensione nell’aria.
George era stato il primo Beatle che mi fosse mai piaciuto. Era stato lui il mio desiderio per un lungo periodo e fino a quando ero partita, ero sempre stata convinta e accertavo a tutti che “no, il mio cuore appartiene a George… anche se Ringo è... Ringo.”
Adoravo i suoi occhi neri attraenti come due calamite, i suoi capelli, che nel futuro sarebbero stati a caschetto, ora erano mezzi spettinati e gli altri ancora di lato a formare quella specie di ciuffo che lo rendeva ancora più bello.
Ormai le nostre labbra erano troppo vicine per tornare indietro. Chiusi gli occhi attendendo timorosa che le nostre labbra si toccassero.
Proprio mentre si stavano avvicinando come calamite sentii un rumore, poi un grido:
- Che cazzo state facendo voi due????-
Chi cavolo era stato??
Ci voltammo sia io che George, facendo sfiorare le nostre guance, proprio mentre ci saremmo potuti finalmente baciare.
John ci guardava ad occhi sgranati, totalmente sconvolto in piedi davanti alla porta, che si trovava esattamente alla nostra destra (dall’altra parte della stanza).
Aveva persino inforcato gli occhiali con il chiaro intento di scoprire se era un gioco di luci o meno.
George mi osservò prima di biascicare un “John, non rompere e lasciaci un po’ da soli!”
Sorrisi, ma John negò:- Neanche per sogno! Tu mi servi ora che dobbiamo andare a provare. Quindi levati da sopra Meredith.- Ordinò a George, il quale di controvoglia eseguì.
John si avvicinò a me e mi aiutò ad alzarmi, prima di sussurrarmi:- Capisco che George è un bel ragazzo, ma ti devi decidere: George o il tuo caro “Richard”. Non voglio che il mio amico soffra solo a causa di una tua
distrazione.-
Abbassai la testa seguendolo in garage, chiedendomi cosa mi avesse preso. Era vero che a me era piaciuto George un tempo, ma ormai sapevo che se per lui avessi dovuto separarmi da Ringo non l’avrei accettato.
John aveva ragione, Ringo o George... Ringo, di sicuro.
 
Pov Richard
 
Eravamo da poco giunti ai dolci. Stavano per distribuire un pezzo di Christmas pudding quando qualcuno suonò alla porta. Fu mia sorella ad andare ad aprire, tornando poco dopo assieme a Violet, mia ex-vicina di casa e mia compagna di classe. Un tempo eravamo stati amici, era stata lei a presentarmi quella che all’epoca era la sua migliore amica, Meredith.
La osservai di sottecchi, tenendo la testa rivolta unicamente al piatto che mi stava di fronte. Un tempo eravamo amici, ma ora tutto era cambiato. Era stato per migliorare la nostra amicizia, ma poi...
Per un certo periodo avevo considerato la cosa come un avvenimento dovuto ad un’amicizia come la nostra, ma poi mi ero ricreduto.
Era lei che non sembrava volersi ricredere, aveva ricominciato da quando Meredith aveva dimostrato un certo interessamento verso di me.
I miei parenti la salutarono contenti di rivederla.
- Speravo mi raccontassi un po’ di te… ti sei fidanzata?- Chiese gioiosa mia cugina, facendola sedere al suo fianco ed osservando me.
- Sai… dopo Richard è stato tutto così difficile! Qualche giorno fa gli ho detto che mi manca incredibilmente... ma lui non vuole capire!- Fece, abbassando lo sguardo e facendo perfino comparire una lacrima.
- Sì, sono io quello che non ha capito, vero?-Chiesi, irritato.
- Sì… oh, io ti amo! Non puoi davvero credere che io ti abbia lasciato, è una sciocchezza! Se non fosse stato per lei... per quella strega che consideravo mia amica...- La guardai socchiudendo gli occhi. Non mi sarei arrabbiato se no avrebbe capito che tenevo davvero tanto a Meredith. Ma non le avrei permesso di levarmi da sotto il naso la mia possibilità.
- Perché non ne parlate un po’ da soli, così vi chiarite una volta per tutte?- Chiese mia madre.
Sapevo che era un errore, ma non potei farci niente. Conoscevo abbastanza bene mia madre da sapere che se si fissava su qualcosa non mi avrebbe mai fatto vivere fino a quando non avessi fatto ciò che voleva lei.
- Ok, Vieni.- Dissi, alzandomi piuttosto irritato.
- Certo!- Lei mi sorrise, mentre uscivamo dalla stanza.
- Allora... cosa c’è da dire? Tu mi hai tradito.- Dissi, senza levare gli occhi dal suo volto. La rabbia che iniziava a farsi strada in me.
- Richard... Io non volevo, te lo giuro! Non ti ho tradito apposta!- Abbassò lo sguardo, che fosse vero?
Eppure l’avevo vista bene mentre baciava Tom, l’uomo che per un motivo o per un altro era sempre il mio peggior nemico.
- No, tu lo stavi baciando! Non si bacia per sbaglio!!- L’accusai.
- Sì, invece: lui mi ha baciato, non io! E’ lui che è sempre stato un donnaiolo! Meredith...-
La interruppi, però:- Non parlare di lei! Qui non c’entra lei... c’entri tu ed io!-
- Meredith c’entra eccome: è lei che mi ha separato da te! Io vi ho fatto conoscere perché... era mia amica...!- Visto dal suo punto di vista Meredith era stata davvero una pessima persona.
Lei continuò dicendo:- Le avevo detto che tu mi piacevi... prima che ci mettessimo insieme e poi mi aveva giurato che lei non provava niente... ed ora... lei sta cercando anche...- Ormai era in lacrime.
- Violet... Ehy, guarda che c’è sempre un principe azzurro dietro l’angolo, come dicevi da piccola!- Cercai di farla ridere, ma tutto quello che ottenni su un sorriso abbozzato.
- Tu eri il mio principe azzurro!- Mormorò, osservandomi.
Non riuscivo più a vederla in quello stato. Dovevo riflettere chi delle due aveva ragione? Meredith era sempre stata una pessima ragazza che correva dietro a Tom e ch come tutte le sue amiche (tranne Georgia, forse) non riusciva a non corteggiare e, nelle giornate buone, portarsi a letto meno di due ragazzi a serata.
In classe credeva di poter comandare su tutto e tutti e se qualcuno non le dava qualcosa, come faceva Tom, lei si metteva a fargli gli occhi dolci. Quella era la sua arma migliore.
Nessuno, nemmeno io, era mai riuscito a resisterle.
Non bisognava neanche parlare di come trattassero Violet dopo che lei e Meredith avevano smesso di essere amiche perché a quella che era all’epoca la mia migliore amica aveva tradito in un qualche modo la donna che amavo.
Certo in quest’ultimo periodo era cambiata dalla notte al giorno, persino il suo sorriso, un tempo così altezzoso ora riusciva ad illuminare una stanza intera. Sembrava che un angelo avesse preso il corpo della ragazza. Ero riuscito a comprendere chi era davvero solo dopo che avevo visto la nuova Meredith.
Amavo profondamente quella nuova Meredith.
Anche Violet era cambiata, però. Forse non ero il migliore ad accorgersene dato che ero stato con lei per un annetto per poi scoprire che mi tradiva con Tom e con chi altro.
Ero stato un colpo piuttosto forte che mi aveva fatto barcollare ogni certezza. Avevo deciso di non darle più nessuna possibilità. L’avevo lasciata senza permetterle di spiegarsi.
Ma se fosse stato davvero lui a baciarla? Se...?

They asked me I know
My true love was true? ohhh-
I of course replied
Something here inside
Cannot be denied

I miei pensieri furono interrotti da una musica che conoscevo fin troppo bene, era Smoke Gets In Your Eyes, la canzone durante la quale l’avevo vista tradirmi.
Sgranai gli occhi, sapevo che mia cugina l’adorava, ma giungere a metterla su, no.
- Richard, capisco che tu ami Meredith... non voglio che tu la perda a causa mia, ma almeno concedimi quest’ultimo ballo.- Mi pregò. Non potei rifiutarmi per quanto l’idea di ballare sotto queste note mi facesse male al solo pensarlo.
Annuii, stringendola a me, com’era giusto che fosse.

They said some day you’ll find
All who love are blind? ohhh-
When your heart’s on fire
You must realize
Smoke gets in your eyes

 Aveva appoggiato la testa sulla mia spalla, nello stesso modo di Meredith. Riuscivo a pensare a lei in qualsiasi momento. Se avessi chiuso gli occhi ed immaginato di ballare con lei, magari avrei alleviato per qualche secondo la sua mancanza.
Chiusi gli occhi, ricreandomi con la mente il suo corpo perfetto, mi tornò in mente il momento in cui ci eravamo guardati negli occhi per la prima volta in classe, quando poi si era seduta al mio fianco e mi aveva difeso di fronte a Manuel.

So I chaffed
Them and I gayly laughed
To think they could doubt my love

Sorrisi, ripensando a come lei mi guardava tutte le volte, come se fossi l’uomo più bello del mondo, come se fossi un dio. Sentii Violet osservarmi, aprii gli occhi per pochi attimi, mi stava sorridendo e compresi che cosa stesse pensando.

Yet today
My love has flown away
I am without my love (without my love)

- Non trovi che questa canzone parli di noi due? Della nostra storia?- Mi chiese, infatti.
Annuii, soprapensiero. Ma io l’avevo mai amata davvero? Non lo ricordavo più. Forse avevo davvero creduto che noi due fossimo dovuti divenire fidanzati dopo tutti quegli anni di amicizia. Forse era per questo che non riuscivo a pensare che John o George fossero “solo amici” di Meredith.

Now laughing friends deride
Tears I cannot hide? ohhh-
So I smile and say:
When a lovely flame dies
Smoke gets in your eyes?

 Dovevo capire se l’avevo mai amata o se non provavo nulla per lei, prima di lasciarla andare.
- Se ci baciassimo per l’ultima volta… tu credi che sarebbe un brutto gesto? Sai, come bacio d’addio...- Le chiesi. Lei negò, avvicinando il suo corpo al mio.
- Per un ultima volta...- Sussurrò più a se stessa che a me, mentre le nostre labbra si avvicinavano.
Ormai eravamo a pochi millimetri l’uno dall’altro, quando lei si scostò.
La guardai perplesso, che stava facendo? Aveva cambiato idea, per caso?
- Non lì... qui!- Mi disse, tirandomi la maglietta. Feci un paio di passi.
Lei mi sorrise, osservando sopra di noi.
Alzai lo sguardo notando il rametto di vischio che avevano attaccato mia madre e mia sorella all’ingresso di casa.
“Che sia.” Pensai, tanto sarebbe stato l’ultimo e così dicendo, mentre le ultimissime note della canzone si facevano sentire noi unimmo le nostre labbra in un bacio piuttosto casto.

Smoke gets in your eyes

Solo qualche secondo dopo ci staccammo. Le nostre labbra si erano toccate per poi aprirsi automaticamente, come se conoscessero il procedimento da sole. Era stata Violet a far entrare la sua lingua nella mia bocca, seppur non amassi questa situazione.
Quando ci staccammo, lei mi sorrise, mi accarezzò la guancia poi, senza dirmi nulla scappò letteralmente da casa mia. Probabilmente ci saremmo rivisti a scuola, dato che lei e i suoi genitori si erano trasferiti da qualche mese in una casa più grande.
 
 
 
* Questa in inglese sarebbe un gioco di parole: la traduzione di stelle è star che fa venire in mente Starr. Quindi è ovvio quello che dice.

   ps

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 17 - Alla ricerca di attenzioni ***


Capitolo 17 - Alla ricerca di attenzioni

 
Ormai era arrivato Capodanno e con esso forse sarebbe finito un anno particolarmente strano. Speravo solo che quello non fosse il mio ultimo giorno nel passato perché dovevo ancora far capire a Richard che lo amavo, gli dovevo ancora regalare il mio anello e tanto ancora.
Già era una fortuna che fossi arrivata fino a lì, perché non riuscivo a giungere al momento in cui lo baciavo?
Sospirai, continuando a prepararmi. Mi ero decisa ad indossare il famoso abito rosso che avevo comprato con le ragazze.
Il rosso mi donava ed era anche il mio colore preferito. Sorrisi allo specchio, facendo un giro su me stessa.
- Ringo, ti prometto che questa sera riuscirò a farti perdere la testa per me!- Dichiarai davanti allo specchio, sorridendo e facendo per inginocchiarmi.
Quella doveva essere la giornata giusta perché probabilmente non ne avrei più avuto possibilità, altrimenti.
Mi morsi il labbro, prima di andare a dipingerlo col rossetto.
Qualcuno suonò alla porta, sapevo che George aveva a tutti i costi voluto accompagnarmi al cavern, ma avevo cercato di fargli cambiare idea fino all’ultimo. Pareva che non avesse compreso l’antifona, però.
Ancora scalza andai a rispondere.
- Geor...- avevo aperto la porta mentre parlavo per ritrovarmi di fronte sì a George, ma anche a John.
Cosa ci facevano entrambi lì? Poi, John non si sarebbe dovuto trovare con Chynthia?
- Ma non dovevi trovarti con...- Mi bloccai notando una giovane donna, molto bella che mi sorrise.- oh!- Mormorai soltanto.
- Ciao, io sono Chynthia, la ragazza di John!- Ottimo, come pensavo sembrava simpatica anche se un po’ stupida.
- Beh, piacere di conoscerti! Io sono Meredith... “bene, così potrà spiegare a Ringo che io non posso stare con John in quanto è già fidanzato”- Dissi, sorridendo tralasciando l’ultima parte della frase.
- Piacere mio! John mi ha parlato moltissimo di te e mi piace conoscere gli amici del mio ragazzo!- Sorrisi.
- Spero proprio che diventeremo grandi amiche!- John ci guardò chiacchierare, prima di interromperci con un:- Meredith, che ne dici di muoverci?- Indicai i miei piedi ancora nudi, sorridendo.
- Ok, ho capito...- Tornai dentro e mi presi le scarpe. Che strano che George non avesse detto nulla per tutto il tempo, speravo proprio che non mi stesse troppo attaccato.
- Meredith…- come non detto, eccolo che mi stava al fianco.- Sei bellissima!- Mi aiutò ad indossare le scarpe.
- George, lo sai che non dovremmo, insomma…- Non mi stette ad ascoltare.
Mi sorrise prima di alzarsi e darmi un bacio sulla guancia.
Se non avessi saputo che provava qualcosa verso di me, avrei sicuramente creduto che fosse il migliore amico che si potesse conoscere.
- Geo, andiamo?- Mi alzai a sua volta e dopo aver recuperato la borsa e le chiavi presi la mano di George ed uscimmo di casa, ritrovandoci di fronte a John e Chynthia che si stavano baciando.
Sorrisi, senza volerli disturbare iniziai a chiudere casa.
George mi osservava.
Ci dirigemmo io e George davanti mano nella mano e John e Chynthia dietro.
Il cavern non era molto distante, per fortuna. Sapevo bene che là all’interno ci sarebbero state le mie amiche e a sentire Marylin anche suo fratello.
Non vedevo l’ora di entrarci.
- Meredith... quando saremo dentro ballerai anche con me, vero?- Mi chiese, mentre entravamo.
Non risposi perché speravo che entrati avrei trovato la scusa adatta per rifiutarlo. Non gli volevo dare false speranze e non volevo far ingelosire Ringo.
Il mio sguardo passò in rassegna del luogo. Era piccolo, buio e pieno di fumo. L’odore non era di sicuro dei più piacevoli, soprattutto per una che come me non riusciva a sopportare l’odore di tabacco, sudore e di chiuso tutto insieme. Non si respirava, sperai di riuscire ad abituarmi.
Qualche minuto successiva alla nostra entrata iniziai a distinguere le forme delle persone e successivamente a riconoscerle.
In un angolo vidi Valery e Pete baciarsi, l’uno stretto contro il corpo dell’altro. Non riuscivo a vedere bene come fossero vestiti e sinceramente non era che m’interessasse tanto.
Suo fratello passò lì in quel momento, lo riconobbi grazie alle foto che avevo visto nel mio tempo. Teneva in mano due bicchieri e mentre passava disse qualcosa che fece distanziare ed arrossire i due. Lui ridacchiò, prima di consegnare uno dei bicchieri ad una ragazza mora.
Mi cercai di concentrare per scoprire se la conoscevo e con mia sorpresa scoprii che l’avevo vista un mucchio di volte. Infatti, per il mio grande stupore era niente di meno che la mia amica Loira, che ridacchiava ogni tanto.
 “Altro che studiare... Guardala lì come studia bene il volto del beatle considerato più bello!! Micca è scema la ragazza, eh?” Pensai, mentre un sorriso mi spuntava sulle labbra.
A qualche passo di distanza vidi due ragazzi chiacchierare animatamente, ma rimasi attratta da una coppia che ci passò davanti. Erano Marylin e Tom. Si tenevano con una delicatezza tale che mi faceva scoppiare il cuore al solo vederli, dato che sapevo che io così non avrei mai potuto stringere nessuno, dato che amavo qualcuno con una testa troppo dura.
Vicino a loro, passarono Georgia e Manuel, che stavano dedicandosi più attenzioni del dovuto. Non solo i loro sguardi non si staccavano mai dal volto dell’altro, facendo quasi ribaltare Georgia sul vestito della ragazza in piedi, ma stavano anche avvicinando il proprio volto, quasi nell’intento di baciarsi.
Sorrisi, quella coppia era meravigliosa, bisognava ammetterlo.
La mia attenzione tornò alla coppia che stava chiacchierando. Non li riconobbi.
Chi erano? Da quello che potevo vedere lui era piuttosto bassettino, con le basette marcate,  proprio come quelle di Ringo, il naso pronunciato, le labbra pienotte.
Lo osservavo attentamente, quando lui si voltò verso di me. Aveva gli occhi azzurro cielo, oscurate da una nuvola di tristezza.
“Ringo? Con chi sei, Ringo?” Pensai, perplessa. Sì, era proprio lui. Sorrisi, istintivamente quasi sperando che lui venisse verso di me.
- Meredith, me lo concedi questo ballo?- Mi chiese George, porgendomi la mano. Spostai un istante lo sguardo, per poi rivoltarmi a guardare verso il ragazzo dei miei sogni, ma lo vidi prendere la mano della giovane e condurla sulla pista da ballo. Non mi rimase altro che seguire il suo esempio ed accettare l’offerta di George.
 
Pov Violet
 
“Com’era cambiata Meredith!!” Pensai, mentre Richard mi conduceva verso la pista da ballo.
Avevo tentato per tutto quel tempo di spiegare a Ringo quanto fosse impossibile che lei lo amasse, ma lui non pareva capirmi e si rifiutava di ascoltarmi su quel proposito.
Mi accorsi solo allora che avevano iniziato a far suonare una musica diversa da quella solita dato che era un valzer.
(http://www.youtube.com/watch?v=B8YhYYg2P9E questo è il link per seguire la musica Nd Autrice)
Lui mi sorrise, non credo che nessuno dei due sapesse molto di quel ballo, tranne dove dovevamo mettere le mani. Stavano ballando per lo più adulti, ma non sembrava interessare al mio cavaliere e a me sarebbe interessato ancora meno, dato che da che mondo è mondo quella era una delle musiche romantiche per eccellenza.
Anche Meredith e George ci avevano seguiti. Meredith non spostava lo sguardo dalla nostra coppia e Richard faceva la stessa cosa con la loro.
Un tempo, quando mi misi con Richard lei ed io litigammo di brutto.
Ricordo ancora bene cosa successe.
Pochi giorni prima ci eravamo scambiati il nostro primo bacio ed io ero andata a casa sua per dirglielo.
Non mi aveva accolto come immaginavo avrebbe fatto. Non è chiedere troppo se si desidera che la propria migliore amica sia felice per te, no?
Boh, lei non stava male in quel periodo. Era fidanzata, anche se aspirava al cuore del bel Tom.
Il suo ragazzo di allora si chiamava Philippe e, seppur continuassi a chiedermi come fosse possibile che una ragazza intelligente come Meredith si fosse messa con un giovane del genere, ero felice per lei.
Philippe non solo era stupido, ma faceva anche il cascamorto con le altre amiche di Meredith in sua presenza. Con me non lo faceva più dopo che gli avevo detto di “smammare”. Era arrogante ed ignorante e di sicuro si poteva star certi di poterlo vedere bestemmiare, fumare e, a volte, persino bere nelle ore più disparate.
Mi faceva un po’ schifo, ma pareva che a Meredith il suo comportamento andasse a genio.
Quel giorno mi fece entrare, osservando fuori dalla strada, quasi per vedere che non ci fosse nessuno. Era così che si comportava quando, per un motivo o per un altro doveva sgridare qualcuno.
Quando chiuse la porta mi guardò male, prima di sbottare: - Ma che ti è preso?? Ho sentito che ti sei baciata con quel... bleah!! Mi fa schifo quell’essere! E’ viscido, stupido e senza gusto.-
Le sue parole erano per me come del veleno, come poteva pensare questo del ragazzo che mi piaceva da così tanto tempo?
- Non è vero...- Tentai di difenderlo.
- Era preferibile che mi fregassi il ragazzo, piuttosto! Philippe, sì che è di buon gusto!- Continuò a sparare.
Mi sentivo morire. Come poteva preferire quell’idiota a Ringo? A Ringo, il ragazzo che tutti i giorni a classe con noi cercava di attirare la nostra attenzione?
- Cos’è di tuo gusto?- Chiesi. Volevo davvero sapere la realtà su di lei.
- Di buon gusto è un ragazzo bello: alto, muscoloso, dai lineamenti chiari... insomma, qualcuno che tu possa considerare degno di starti affianco e di cui non ti debba vergognare quando esci.-
- Io non mi vergogno di Ringo! Io ne vado fiera!- Esclamai. Come si permetteva di dirmi certe cose?
- Beh, questo solo perché pensi che qualcuno prima o poi avrà pietà di te. E’ naturale! Lui ti porta mai a fare shopping? Ti fa mai i massaggi, quando sei stanca? Hai mai visto con lui un film romantico? Immagino di no. Io con Philippe riesco a fare tutto questo, in più fa sempre come gli dico io!- Sgranai gli occhi, era davvero questo ciò che pensava degli uomini??
- Ringo è un uomo, il mio uomo! Ricordatelo bene. Non provare a toccarmelo. Guarda che lui si merita qualcuno di molto meglio di te, qualcuno che lo ami e lo rispetti per quello che è, non perché è qualcuno da poter sfruttare!! Sei una mangia-uomini, li usi!- Le gridai contro, prima di uscire da casa sua, sbattendo la porta.
Dopo pochi secondi lei mi seguì:- Vattene, vattene pure! Scappa! Puoi stare certa che non avrai più possibilità né inviti per entrare in questa casa! Ricorda le mie parole: “non te lo toccherò mai il tuo Ringo, finché sarò sana di mente!” Io non lo sopporto! Anzi, vai pure a dirgli che se proverà a chiedermi di nuovo di uscire con lui io gliela farò pagare!!-
Ringo mi sorrise. – Cosa c’è, Violet? Cosa ti succede? Ti vedo spersa.- Scossi la testa, tornando al ballo. Lui mi fece fare una giravolta su me stessa, osservando George e Meredith che facevano lo stesso.
- Non succede niente, tranquillo!- Sussurrai, speravo davvero per tutti che Meredith fosse davvero cambiata.
Forse c’era stato un miracolo in lei. Avrebbe voluto saperlo, ma non sarebbero mai potute essere amiche loro due. Non più.
Mentre lei pensava ciò il ballo terminò e una voce fuoriuscì dalla radio
- 3... 2... 1... Buon anno!!-
L’anno nuovo era iniziato.
 
Pov Richard
 
Eravamo e appena andati a prendere i bicchieri di champagne gentilmente offertici dalla signora Best per festeggiare l’inizio dell’anno nuovo, quando qualcuno di particolarmente spiacevole entrò nella stanza.
Mi girai per vedere di chi si trattasse.
Un ragazzo ed una ragazza entrarono tenendosi a braccetto.
Quando riconobbi chi fosse il ragazzo iniziai ad agitarmi sul posto. Non dovevo far avvicinare il giovane a Meredith. L’avrei persa definitivamente, altrimenti, come mi era già successo varie volte.
Non ero l’unico in tensione, a qualche metro di distanza la schiena di Meredith si era stirata quasi fosse in pericolo mortale. Vicino a lei anche qualcun altro sembrava agitato. Lennon era accigliato in modo particolarmente pericoloso.
Gli occhi scuri del giovane si osservarono attorno, mentre inconsapevolmente digrignavo i denti.
- Tom, tesoro... guarda chi c’è un po’ lì!- Sentii dire dalla ragazza, che indicò Meredith sorridente.
Sollevai un sopracciglio riconoscendo dalla sua voce che non si trattava di altri che di Elizabeth.
Non volevo che ferissero Meredith, ma non potevo farci niente. Ero bloccato dalla paura di essere rifiutato e la presenza di Violet. Volevo solo farla sentire come me. Ero maledettamente geloso e avrei voluto picchiare sia Harrison che Tom che Lennon.
Fu quest’ultimo a fare la prima mossa, si avvicinò a Tom, facendo finta di portargli da bere per conoscerlo e gli verso tutto il contenuto sulla camicia nuova.
- Oh, scusa! Non ti avevo visto!- Disse, con il volto che esprimeva preoccupazione, allontanandosi.
Tom ringhiò. Si stava arrabbiando.
- Ah,- Lennon si voltò di nuovo a guardare il giovane:- Se osi toccare Meredith come la volta scorsa...!- Lasciò la frase a metà, come una vera minaccia.
- Che cosa mi fai? Sei solo un pivello... non sai fare altro che strimpellare tutto il giorno, sfigato!- Vdi lo sguardo di Lennon indurirsi, mentre si voltava lentamente.
Se avesse iniziato lui a menare l’altro sarebbe passato dalla parte del torto.
- Sì? Io, almeno, faccio che amo fare. Non mi ritrovo la sera ubriaco marcio a cercare di violentare una mia compagna di classe. Fai schifo, Howard! Soprattutto non Meredith. – Sputò come fosse veleno l’altro.
Cosa aveva osato fare?? Aveva provato a toccare Meredith e quando? Perché non ero lì? Perché non l’avevo protetta e non me n’ero nemmeno accorto?
Tom, nel frattempo si era avvicinato a Lennon.
- Non osare mai più parlarmi in quel modo, chiaro? Meredith è mia. Posso fare di lei quello che voglio. – Gli aveva detto, cercando di fare il forte.
Lo guardai male e notai lo sguardo schifato di Meredith che si sarebbe avvicinata se Georgia non l’avesse bloccata, spaventata per l’amica.
- Non fino a quando ci sarò io! Non pensarci nemmeno che lei sia tua!! – Rispose per le rime il chitarrista.
Ehy, un attimo... non è ne di John ne di Tom... lei non ha ancora dato il suo anello... a meno che non l’avessi solo ancora visto.
Ero certo che non l’avesse ancora dato a nessuno, però. Si sarebbe notato e Lennon non portava anelli.
- Non sarà difficile eliminarti, allora!- Gli disse dandogli un pugno nello stomaco facendo piegare il chitarrista in due dal dolore.
Subito dopo si svolse in maniera veloce: Harrison diede a sua volta un pugno a Tom per difendere l’amico, almeno credo.
Tom rispose al gesto, facendo iniziare una rissa.
Quella era la mia occasione perfetta per riuscire a vendicarmi di Tom, Lennon ed Harrison tutto in una volta.
Mi tuffai nella mischia.
 
Pov Marylin
 
Mio fratello si era appena tuffato nella mischia e ne era appena fuoriuscito. Chissà come stava...
Ero troppo lontana per vederlo. Notai che la rissa continuava indisturbata, però, e Meredith si dirigeva verso il punto dov’era caduto mio fratello. Anche qualcun altro stava facendo lo stesso, infatti Violet stava spingendo la gente pur di vedere come stesse il suo ex.
Si erano avvicinate l’un l’altra. Non riuscivo a sentire cosa si stessero dicendo, però vedevo che si stavano urlando qualcosa.
Mi avvicinai maggiormente, camminando fra la calca. Era difficile muoversi. Non riuscivo a comprendere come fossero riuscite le due ad avvicinarsi così velocemente, ma probabilmente era la reciproca vicinanza al punto dove si trovava mio fratello che aveva permesso ciò, o la cosa che la rissa si fosse spostata a qualche metro di distanza portandosi dietro una marea di spettatori.
La gente sembrò iniziarsi ad accalcarsi.
- Scusatemi, permesso!- Continuavo a dire, cercando di muovermi. Avevo proprio bisogno che qualcuno fermasse tutte quelle persone che sembravano cercarmi di tenermi lontana.
Cosa stava succedendo? Per un attimo vidi fuoriuscire dalla massa le teste stranamente spettinate delle due ragazze.
Perché erano messe in quel modo? Dovevo capire che stava succedendo.
Riuscii a farmi largo fra delle persone per poi allungare il collo.
La scena che mi si parò davanti mi stupii incredibilmente: Meredith teneva in mano i capelli di Violet e sembrava intenta a cercarli di strapparglieli e la ragazza sembrava intenta a cercare di mordere il braccio di Meredith. Un attimo dopo Meredith mollò la presa dai capelli di Violet per scrollarsi dal braccio l’altra, che la stava mordendo e per graffiarla in viso.
Violet a quel punto prese i capelli di Meredith e le diede uno schiaffo, che fece agire Meredith che le strappò il vestito, facendo gridare l’altra.
Non ci potevo credere, quelle due sembravano due bestie.
A qualche passo di distanza c’era invece Richard sdraiato a terra con la bocca che perdeva sangue.
- Ma che...? Fatemi passare! Il ragazzo è mio fratello e devo fermare quelle due pazze!!- Per poco non urlai.
Poi, vidi Georgia e Valery che cercavano di distanziare le due ragazze senza tanto successo.
Le persone, per lo meno, mi fecero passare ed io potei correre al capezzale di Richard.
Le due si voltarono un attimo a guardarmi, con l’espressione di una belva feroce quando gli si tocca il loro piccolo.
Se non avessi saputo che non mi avrebbero fatto niente avrei di sicuro tremato di paura. Per mia fortuna, infatti, dopo un attimo che mi guardarono tornarono a combattere fra loro.
Mio fratello era riverso di lato, con un occhio gonfio, dove di sicuro gli era arrivato un pugno e un labbro spaccato dal quale fuoriusciva del sangue.
- Che cazzo state facendo?? Qualcuno le fermi!! – Un paio dei ragazzi più grossi riuscirono finalmente a bloccarle.
- Ma siete impazzite?? Mio fratello è messo in modo pessimo e voi, invece di aiutarlo iniziate a combattere fra di voi? Si può, per lo meno, saperne il motivo?- Le sgridai. Erano più grandi di me, ma in quel momento sembravano davvero due pazze indemoniate.
Entrambe stavano riprendendo fiato, anche se gli sguardi che si lanciavano fra di loro non prometteva nulla di buono.
Violet fu la prima a riprendersi e a rispondermi:- Scusa, Marylin... ma lei...- indicò Meredith – voleva toccare il mio ragazzo!!!-
Un attimo… ma quei due non si erano lasciati da mesi, ormai?
Presi un respiro profondo prima di parlare. - Ok, comunque adesso uscite e vi calmate. Non vi voglio vedere vicino a mio fratello fino a quando non vi sarete date una controllata. Tutte e due.-
Le due si guardarono male, prima di essere portate fuori a peso.
Ora mi dovevo preoccupare di mio fratello. Cercai con lo sguardo qualcuno e vidi gli altri membri dei Rory Storm. Alan mi si avvicinò, dicendomi che ci avrebbero pensato loro ad aiutarmi a riportarlo a casa.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 18 - Pomate ***


Capitolo 18 –Pomate

Ho pensato che fosse giusto lasciare questo capitolo alle spiegazioni. Sia per quanto riguarda il comportamento di Meredith sia per l'unione particolare che si è venuta a creare fra John e la protagonista. Ecco perchè vi lascio alle loro mani.
 


Ero fuori da poco tempo, quando vidi Richard venir riportato a casa da Rory e da Johnny. Avrei voluto avvicinarmi, ma Marylin mi guardò in un modo tale da farmi passare la voglia.
Fu così che attesi John. Fu portato fuori aiutato da Chynthia e Pete.
Chynthia era sul punto di scoppiare a piangere a causa della serata rovinata, così mi feci avanti.
La ragazza mi guardò male, prima che John dicesse:- Lascia che mi aiuti lei. Vai a casa e riposati. Sei distrutta.-
Lo guardai sorpresa. Per un attimo mi chiesi cosa stesse pensando di me Chynthia, poi vidi le sue labbra muoversi e compresi che in realtà non avrei voluto saperlo, dato che ci potei leggere qualcosa di molto simile a “puttana”.
Non feci nulla per difendermi, come se non avessi compreso. Un giorno o l’altro avrebbero compreso tutti quanti che io non ero quella che credevano che fossi.
Il rapporto con John non era di quel tipo, neanche un po’. Era più profondo, tanto che la parola “amore” avrebbe ridotto tutto a un paio di coccole, invece era qualcosa di spirituale. Era come se… come il rapporto che avrei potuto avere... col mio angelo custode. Era persino più profondo di quello che avevo con mio fratello e mio padre.
Il ragazzo era proprio messo male, il suo volto era deformato a causa di tutte le botte che gli erano arrivate.
Era angosciante vederlo in quello stato. Gli occhi gonfi da far paura, le labbra mezze spaccate, il naso rotto.
Non riusciva nemmeno a tenersi bene in piedi.
Mi osservò appena giungemmo a casa mia.
- Grazie, forse è meglio se vai ad aiutare George!- Dissi a Pete, mentre cercavo le chiavi di casa.
- Ok, domani passo a trovarlo!- Ci salutò Pete.
John cercò di sorridermi, ma riuscì solo a fare una smorfia di dolore.
- Sei un pazzo... ti sei fatto ammazzare di botte per difendermi!- Dissi, stringendolo a me, prima di aprire la porta e condurlo all’interno. Lo feci sdraiare sul divano, dato che le camere da letto erano al secondo piano.
- Adesso ti porto qualcosa con cui curarti!- Lo rassicurai.
Corsi in bagno per prendere tutto l’occorrente. Per fortuna che mio padre era fissato con tutti gli strumenti del pronto soccorso, per cui avevo garza pulita e disinfettante a tutte le ore.
Le portai da John, iniziando a prendermi cura di lui.
Quando feci per allontanarmi lui mi prese una mano:- Meredith, resta qui!- Deglutii forzatamente, prima di aggiungere:- Perché hai scelto di restare al mio fianco e non a quello di Ringo o di George?-
Lo guardai attentamente:- Facile, Marylin non vuole che mi avvicini più a suo fratello… sai, dopo...- Mi alzai e feci un giro attorno a me, sotto i suoi occhi.
In effetti il mio vestito era a brandelli, nel vero senso della parola ed avevo raffi ovunque, quasi mi fossi andata ad infilare in mezzo a tanti gatti selvatici.
- Ma cosa...?- Mi chiese lui.
- Non so che sia preso a me ed a quella lì della sua ex... abbiamo iniziato a litigare appena è caduto a terra. Credo che nessuno di noi volesse che l’altra si avvicinasse a Ringo!!- Risposi, alzando le spalle.
- Mi stai dicendo che lo hai fatto per Ringo??- Mi chiese, arrabbiato.
- Ehm... Beh, sai è l’uomo più bello del mondo e l’unico che qui mi consideri di più di una bella ragazza!-
Parve che la mia serietà non fosse compresa da John, dato che iniziò a ridere.
- Che c’è? Sono divertente, io?- Chiesi, sulla difensiva.
- No, solo che a volte sei la persona più cieca che conosca! Ci vedo meglio io che porto gli occhiali di te!!- Mi spiegò, prima di spingermi a sedermi sulle sue gambe.
- Scusa, in ce modo sarei cieca?- Chiesi, osservandolo sollevare la garza ed il disinfettante.
- Per esempio nella cosa che c’è un ragazzo che ti ha cercato di baciare, per quanto gli piaci.- Mi osservò, iniziando a disinfettarmi i graffi.
- Chi, Tom?? Mi stai dicendo che dovrei provare qualcosa per lui??- Per poco non iniziai ad urlare.
John sgranò gli occhi:- Non mi dire che non hai davvero notato che piaci a George e tanto, anche! Non è uno che ci prova in quel modo con chiunque!- Mi sgridò lui.
- Ma io non gli posso piacere!- Negai con la testa. Era impossibile, io non ero una gran bellezza. Lui era molto bello e più gli stavo vicino più ricominciava a piacermi, il che non era mai un bene. Di sicuro sarebbe andata così, alla fine: avrei detto a Richard che mi piaceva e lui mi avrebbe dato un due di picche grande quanto una casa. Magari mesi dopo, dopo aver superato il primo no avrei detto la stessa cosa a George e avrei ricevuto un altro no.
Scossi la testa, era questo il motivo di perché non dicevo nulla a nessuno dei due. Non ero mai piaciuta, non era possibile che piacessi ora. Il problema era il solito, però: mi piacevano sempre due persone insieme.
Chiusi gli occhi, cercando di fare mente locale, mentre John mi faceva poggiare la testa sulla sua spalla.
George mi piaceva era vero ed anche troppo. Ringo, però, era ad un livello più alto: lo amavo. Lo amavo da morire, lo amavo tanto che se mi avesse detto di no mi sarei chiusa a riccio per tutto l’arco della mia vita.
Lo sapevo che tanto lo avrebbe detto.
Un’unica lacrima scivolò via dal mio controllo, andandosi a poggiare delicatamente sul collo di John.
- Ehy, ehy, ehy!- Mi canticchiò nell’orecchio, prima di abbracciarmi stretta.
- John, secondo te sono una bella ragazza… secondo te, se dicessi a Richard quello che penso di lui, lui direbbe che non ricambia?- Mi morsi un labbro.
- Non so cosa ti direbbe, ma sono certo che se continui a provarci sia con Ringo che con George, nessuno dei due avrà mai una chance.- Mi rivelò John.
Aprii gli occhi per guardarlo e lo vidi osservarmi.
- John, ti voglio bene.-  Dato che temevo che avesse frainteso, aggiunsi: -Non mi considerare male, è un voler bene, da amica...-
- Anch’io ti voglio bene!- Mi sorrise:- Da amico... Avrei troppi nemici, se no!- Ridacchiò.
Mi appisolai meglio su di lui. Era incredibile quanto fosse un buon parlatore anche messo in condizioni del genere.
- Meredith... dovrai parlare con George, prima o poi! Non è giusto che aspetti di capire cosa pensi di lui per tanto tempo.- Mi accarezzò i capelli.
Mi passò un idea in mente, così guardai il mio amico.
- John, Paul si vede sempre con la ragazza con la quale stava chiacchierando quando siamo entrati?-
Lui mi osservò attentamente:- Come fai a conoscere Paul e perché t’interessa tanto?-
- Beh, semplice: lui è l’unico membro della tua band che non ho mai conosciuto, ma che ho visto. In più il nome me l’ha detto prima George, poi me l’ha confermato Valery!-
Lui annuì, per cui potei continuare:- L’ho visto quando siamo entrati, stava parlando con Pete e con Valery.-
Sembrò credermi, anzi mi disse quello che avrei voluto sapere:- Non ho visto con chi stava parlando, ma credo che fosse lei. E’ alta, magra, mora dagli occhi dello stesso colore, dalla carnagione pallida, però non so come si chiami. Perché me lo chiedi?-
Doveva essere per forza Loira, era la sua descrizione esatta, così sorrisi e mi coprii il volto nella sua maglia:- Niente... era solo per sapere!-
Bene, ora avrei avuto qualcosa con cui prendere in giro la mia amica.
- Buonanotte, Meredith!- Sbadigliò lui, stringendomi in un abbraccio.
- ‘Notte, John!- Lo osservai chiudere gli occhi, rispondendo al gesto di abbracciarlo.
Era strano come ci fossimo riusciti a trovare una posizione comoda su quel divano. Eravamo stretti, ma non c’interessava in quel momento eravamo noi due. Non c’era nessun altro, solo noi due.
Ci addormentammo in breve io e il mio migliore amico.
 
Pov John
Mi svegliai, il primo Gennaio, sorpreso di ritrovarmi stretto in un abbraccio da qualcuno. Stranamente mi sentivo protetto. Ci vedevo già molto meglio della sera prima.
I miei occhi si dovevano essere sgonfiati durante la notte, mi voltai il più lentamente possibile.
Vicino a me, con la testa poggiata sul mio collo c’era la mia migliore amica.
Non avevo mai fatto veramente caso al suo aspetto fisico, per me era Meredith nient’altro.
Cercai di vederla con gli occhi di qualsiasi altro ragazzo. Io, infatti, provavo qualcosa che superava di molto il sentimento rivolto a Chynthia, era un sentimento particolare che mi spingeva a proteggerla. Semplicemente a proteggerla, quasi come se da lei dipendesse la mia stessa vita.
Sentivo che avrei potuto fare concorrenza ad un suo ipotetico fratello. Io volevo bene alle mie sorelline, ma verso Meredith provavo qualcosa di più profondo e spirituale.
Era come la sensazione di essere uniti attraverso l’anima. Come se la condividessimo fra di noi. Non avrei mai pensato a lei in quel senso, come invece facevo per tutte le altre ragazze che incontravo.
Non sapevo cosa fosse che ci unisse tanto, forse la consapevolezza di sentirci legati in un qualche modo che nessun altro avrebbe compreso.
Era lo stesso sentimento che ci spingeva a difenderci fra di noi. Quasi come se appartenessimo a una specie differente dagli altri.
Ero certo che mia zia l’avrebbe definita con il volgare nome di “angelo custode”, io non ci credevo.
Io pensavo che fosse la nostra amicizia speciale a spingerci a fare questo.
Però, ora che la osservavo meglio potevo vedere quanto fosse bella. Era una bellezza statuaria, magari un po’ troppo magra. Per il resto era meravigliosa, capivo perché sia a George che a Ringo piacesse tanto.
Probabilmente avrebbero pagato oro per ritrovarsi nelle mie stesse circostanze.
Io non la vedevo in questo modo. Per me era un tesoro da proteggere, una perla troppo preziosa per essere macchiata dall’infelicità e dalla tristezza, ma soprattutto da esseri come quel Tom.
Quello schifoso sarebbe dovuto sparire la sera prima. Ce l’avrei fatta se non si fosse introdotti gli altri.
Però, ora, avevo la certezza che ci avrebbe pensato un bel po’ prima di avvicinarsi alla mia migliore amica.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 19 - Due di picche ***


Capitolo 19 – Due di picche

 
Era ormai passata una settimana dall’ultimo dell’anno. Ero appena tornata dal primo giorno di scuola dopo le vacanze natalizie.
Ci avevano già riempiti di compiti, per quanto questo potesse essere possibile. Lo studio si sommava alle tante cose che volevo e dovevo fare.
Le mie amiche avevano deciso come al solito di passare il pomeriggio assieme anche per lo studio.
Con loro vicino, però, non riuscivo proprio a concentrarmi.
Loira sorrideva felice ripassando Storia. I suoi capelli le ricadevano davanti al libro quasi fossero una tenda.
Noemi, come suo solito, stava sdraiata a leggersi letteratura, la materia più facile.
Georgia non sembrava molto interessata al libro di Geografia che teneva davanti. Come me, infatti, attendeva che sua sorella rientrasse. Ci aveva, infatti, avvertite che aveva un appuntamento con George.
Osservai le altre ragazze: Rosy stava chiacchierando al telefono. Mi aveva pregato per mezz’ora di permetterle di fare una telefonata e così era lì da tre ore precise.
Marylin era intenta a studiare Chimica.
Clelia stava facendo degli esercizi di Tedesco, mentre sua sorella guardava le foto che avevo scattato in quel periodo.
Alcune di queste le avevo fatte di nascosto in classe, puntando sempre sul miosoggetto preferito: Ringo; una, invece, era il primo piano del suo futuro anello.
Era strano come seppure facessimo cose diverse ci tenessimo comunque compagnia.
Chiusi il libro di Matematica che avevo davanti dopo l’ennesimo esercizio che mi era riuscito in automatico.
- Loira, ti ho visto a Capodanno... chi era quel bel ragazzo con cui stavi chiacchierando? John mi ha detto che uscite insieme!- Dissi, per rompere quel momento di silenzio.
Rosy salutò subito l’amico e ci guardò stupita:- Loira esce con un ragazzo? Quanto tempo ti ci voleva per dircelo??- Le chiese.
Anche le altre si erano voltate a guardarla.
- N... non so di cosa state parlando!- Balbettò lei.
- Lo sappiamo che esci con uno!- Rispose Noemi, con il suo solito tono di alterigia.
- N… non è vero!- Lei ci guardò come un topo in trappola.
- Oh, sì che è vero!- Ribatté Clelia, ghignando.
- Ok… ma non ditelo a nessuno!- Ci chiese, osservandoci come credendo che noi non fossimo degne di fiducia. Ovviamente tutte dissero che non lo avrebbero detto, anche se sapevamo tutte che entro dieci minuti tutti quanti avrebbero saputo di lei.
- Beh, è il migliore amico di John, Meredith. Si chiama Paul ed è un bellissimo ragazzo, è intelligente, è un ottimo musicista. Lo dovresti vedere è un gentiluomo così perfetto! Sembra un angelo! Lo amo con tutta me stessa… - Iniziò davvero a dare di matto descrivendo il giovane bassista.
- Va beh, sarà come John… il ragazzo di Meredith!- Disse Clelia, alzando gli occhi al cielo.
- Cos’è questa storia??- Domandai alle mie amiche, perplessa.
- Stiamo parlando della cosa che tu e lui uscite sempre insieme… non credere che non ce ne siamo accorte!- Ribatté Rosy.
- Ma è fidanzato! In più io amo Richard, non John!- Risposi.
- Beh, facciamo finta di crederti! Comunque non avevo finito di parlare: Paul non  sa che io sono Loira.- Ci disse la giovane.
- In che senso non sa che sei tu, scusa?- Chiese Marylin, sgranando gli occhi.
- Beh, Paul crede che io mi chiami “Anna”! Sapete che è il nome che avrei tanto voluto avere, no? Beh, ciò mi ha portato a mentirgli!- Rispose Loira.
Sgranammo gli occhi tutte insieme mentre il citofono squillava.
Stava parlando dell’"Anna" della canzone? Era lei "Anna"? Questo significava che Paul ci teneva a lei, citeneva molto.
- Aspetta...- mi disse, quando iniziai a dirigermi per rispondere al citofono. – Mi giurate che quando parlieremo con uno dei Querryman mi chiamerete Anna?- Ci chiese.
Mi voltai e mi toccai il petto con la mano, poi ricominciai a camminare.
- Ok, ok! Te lo giuriamo!- Stavano dicendo le altre.
Aprii la porta lentamente, sorprendendomi quando mi trovai davanti Giuly e George, quest’ultimo teneva una rosa bianca in mano. Sgranai gli occhi.
-Meredith…- George mi porse il fiore, sorridendomi.
Giuly mi guardò senza dire nulla, poi sorrise incoraggiante al ragazzo.
Come faceva a sapere che adoravo le situazioni romantiche? Che anche la vecchia versione le amasse e fosse stata Giuly a dirglielo? Oppure era la semplice cosa che tutte le ragazze, in fondo, sono un po’ romantiche?
- Grazie…- Mormorai, accettandoli ed abbassando lo sguardo a terra.
Mi spostai, facendoli entrare.
- Anna!- George doveva aver notato Loira.
- Ma lei… - Iniziò Giuly. Alzai lo sguardo verso di lei cercando di farle capire che non avrebbe dovuto parlare, però non la trovai dato che era già stata trascinata nell’altra stanza da sua sorella.
- Non credevo fossi amica di Meredith e di Giuly, davvero!- Stava intanto dicendo George.
Mi voltai a guardarlo, possibile che mi avesse inserito fra le sue amicizie assieme a Giuly?
Sorrisi tesa quando lui si voltò a guardarmi. Era, infatti, da quando avevo parlato con John la notte di Capodanno che non riuscivo più a vederlo come prima.
Rimasi qualche attimo ad osservarlo, quasi a volermi fissare i suoi lineamenti in mente. Prima o poi avrebbe fatto quel passo e probabilmente non l’avrei più rivisto. Temevo di perderlo e di farlo soffrire, ma temevo ancora di più di mentirgli, di illuderlo. Sapevo, dentro di me, che non avrei retto la consapevolezza che lui soffrisse a causa del mio ritorno a casa. Avrei preferito farlo soffrire subito.
- Sì, ehm…  ci conosciamo...- Balbettai, continuando ad osservarlo.
Era bello, con i suoi lineamenti delicati. Ma era troppo importante per me. Non volevo farlo soffrire di più.
- Meredith, il fiore vuoi piantarlo nel tuo palmo?- Scherzò Marylin.
Storsi le labbra, prima di dire:- No, ma ha un profumo così buono che non lo voglio più lasciare...- lo avvicinai al naso, aspirando l’odore. Sapevo che era impossibile, ma l’odore mi ricordava George. - Sa di te, George!- Lo osservai, come a voler vedere una sua possibile reazione.
- Questo perché l’ho raccolto un po’ di tempo fa!- Sorrise, avvicinandosi.
Ebbi paura per un attimo che stesse di fare ciò che poi si sarebbe odiato per aver fatto:- Oh, bene! Allora, ci serve un vaso!- Dissi, velocemente allontanandomi da lui ed iniziando a cercarne uno.
Lo trovai sul tavolo dopo aver controllato per tutta la stanza, sempre cercando di non passare troppo vicino a George.
- Ottimo!- Ce lo misi dentro, prima di aggiungere dell’acqua.
George mi stava guardando e me ne accorsi solo quando mi voltai verso di lui.
- Meredith… ti potrei parlare?- Mi chiese.
- Certo... parla pure, ti ascolto.- No, non volevo parlargli, non da sola. Sapevo già cosa sarebbe successo una volta che fossimo stati soli.
Lo sapevo bene e lo temevo.
- Ehm… da soli, se non ti spiace.- Anuii, iniziando a maledirmi per aver acconsentito. Non lo volevo perdere, come avrei fatto a fare allungare il brodo?
Eppure lo stavo seguendo fuori dalla stanza.
- Ehm, vedi… ti volevo dire che…-
“George, non parlare… ti prego, non dire niente. Mi fa troppo male sapere di perderti. Odio i due di picche.” Pensai e sperai che avvenisse qualcosa che ci interrompesse.
- Meredith... io...-
“Vi prego, ragazze!” Pensai, ma nuovamente non dissi nulla. Era triste vederlo sforzarsi di dirmi cosa provava per me e sperare che qualcosa sarebbe successo. Dovevo dirgli qualcosa d’importante.
- George, non dirlo!- Fu un bisbiglio e per un attimo sperai che non mi avesse sentito.
Lui si bloccò, guardandomi negli occhi confuso, ma poi concluse:- Meredith, io credo di essermi innamorato di te. –
No, l’aveva fatto. Mi feci seria, prendendogli una mano.
- George...- Mi interruppe.
- No, devo finire... lo so che probabilmente mi dirai che non provi lo stesso. Lo so che preferisci John a me, ma te lo dovevo dire.-
Ma erano tutti fissati con John??
- John non c’entra.- Misi le mani avanti, prima di continuare:- George, sai da piccola immaginavo tante di quelle volte scene come queste e fino a pochi mesi fa avrei detto che se qualcuno me lo avesse chiesto avrei detto di sì, chiunque egli fosse. La situazione è cambiata, però. George... a me tu piaci. Piaci molto, forse persino troppo.- Mi sforzai di sorridere, era così tremendo dover dare una notizia del genere, adesso capivo come si dovevano sentire gli altri.
Sembrava quasi di cadere in un baratro al rallentatore, ogni tua parola ti feriva e cosa peggiore, sapevi che allontanava un’altra persona da te.
Lo sapevi, lo sentivi, ma dovevi continuare.
- Forse crederai che lo stia dicendo per trovare una scusa, ma ti giuro George, non è così. La verità è che ti farei soffrire. Fidati delle mie parole, non ti posso dire come. Ma non voglio che tu soffri, così, illogicamente, preferisco che tu soffra ora piuttosto che più tardi.- Lui abbassò lo sguardo, potevo vedere una lacrima oscurargli lo sguardo. Le stava trattenendo.
- Lo stai facendo per me, mi vorresti far credere?- Mi chiese, freddamente, allontanandosi quasi lo avessi scottato.
- No, so quello che stai vivendo, per cui so che mi odieresti ancora di più se dicessi che lo sto facendo per te. No, lo sto facendo per qualcosa che capirai in futuro. George...- Mi avvicinai, ma lui si ritrasse.
- … Non ho detto che non ti amo. Non l’ho detto perché mentirei.- Alzò lo sguardo.
- No, hai solo detto che non vuoi stare con me, ci scommetto che non mi consideri degno, mi consideri un amico o poco più.- Abbassai lo sguardo, mentre lo sentivo uscire dalla stanza e sbattersi la porta dietro le spalle.
Avevo fatto la cosa giusta, almeno non avrebbe sofferto in futuro o avrebbe sofferto di meno.
-Scusa, George, scusa.- Sussurrai, quando ormai fui certa che ero sola. Una lacrima solitaria scappò via dal controllo.
 
Pov George
 
E’ tremendo sentirsi rifiutare dalla persona che ami. Era questo ciò che pensavo mentre uscivo da quella casa. Ero scappato via, non potevo far vedere che stavo male. Volevo solo una cosa: urlare in faccia a John quanto mi avesse fatto male.
Lo credevo un mio amico... Ero certo che fosse lui la causa di tutto.
Arrivato sotto casa sua suonai al citofono. Fu sua zia ad aprirmi, lei mi odiava ed infatti mi guardò male. Si soffermò sul mio volto con un espressione indecifrabile, per un attimo mi sembrò quasi in pena per me.
- Dov’è suo nipote, signora?- Chiesi.
Era strano come invece della sofferenza provassi rabbia verso il mio compagno di gruppo.
- E’ in camera.- Mi disse, indicandomi le scale e facendomi passare, sicuramente si stava chiedendo cosa ci facessi lì.
Corsi per le scale, cercando di trattenermi dal gridare il suo nome.
Bussai alla sua porta, ma non ricevetti risposta così l’aprii senza permesso.
John stava dormendo.
Mi avvicinai a lui, iniziando a scuoterlo:- Svegliati, bastardo!!- Gli urlai nell'orecchio, rabbioso.
- Ma che cazz...?- Chiese lui, svegliandosi, prima di aggiungere:- George! Che ci fai in camera mia?-
- Sai di essere un grandissimo bastardo??- Gli chiesi, se avessi potuto lo avrei picchiato, ma sapevo che lui era più forte.
- Che cosa avrei fatto adesso? Stavo solo riposandomi!- Fece John, perplesso.
- Meredith mi ha rifiutato! Ci scommetto che è tutta colpa tua!- Sbottai.
- Coosa?? Io che c’entro se lei ti ha rifiutato?-
- Tu lo sapevi che ne ero cotto, ma hai preferito... uscire con lei!- Sibilai.
Si mise a ridere.
- Ti diverti alle mie spalle, eh? Bell’amico che sei! Se proprio la vuoi molla quella Chynthia lì!- Ero uscito di senno perché sapevo che John non avrebbe mai lasciato nessuno, però lui continuava a ridere, così lo guardai storto, allontanandomi.
- Ma cosa hai capito?- Domandò, quando si fu calmato un po’:- Io e Meredith non staremo mai insieme. Siamo solo amici. Ma so io chi ha la colpa... comunque, potresti provare a riconquistarla... Chynthia quando si mette a parlare non la smette più ed è così che ho scoperto che varie volte è successo che una donna si innamorasse di colui che l’aveva riconquistata, seppure l'avesse rifiutato in precedenza. Credo che la sfida musicale ci tornerà utile. Inizia a prepararti, perché ti giochi più della notorietà dei Querrymen.- Annuii, non aveva del tutto torto.
Mi sedetti vicino a lui e John iniziò a parlarmi delle canzoni che aveva pensato di suonare in quell’avvenimento. Non tutto era ancora perduto.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 20 - Ora della partenza ***


Capitolo 20 - Ora della partenza

 
Finalmente il giorno della sfida era alle porte. Si sarebbe svolta a Londra, davanti ad una giuria formata di alcuni dei migliori cantanti e musicisti inglesi di quegli anni. Immaginavo già una cosa tipo “Amici” dei giorni d’oggi. Sinceramente non mi sarebbe piaciuta l’idea.
In quel momento mi stavo finendo di preparare. Per fare prima avevamo deciso in comune accordo di viaggiare tutti e due i gruppi nello stesso pulmino, mentre i vari strumenti avrebbero viaggiato per conto loro su un vagone merci di un treno.
Su quest’ultimo dettaglio ne avevamo discusso un pomeriggio intero. Per fortuna ne avevamo avuto la meglio, però, così ora potevamo viaggiare comodamente senza preoccupazioni.
John mi sarebbe venuto a prendere dopo poco.
Mi guardai attorno in camera mia chiedendo cosa mi potessi mettere. Volevo qualcosa di elegante, ma non in modo appariscente. Ricordavo fin troppo bene le parole di Ringo alla nostra prima uscita.
Qualcuno bussò alla porta di casa.
Scesi per vedere chi fosse, ritrovandomi davanti un Lennon tutto scarmigliato ed assonnato.
Mi osservò qualche secondo con un sopraciglio alzato.
- Ma che… in che modo sei vestita??- Mi chiese, infine, sconvolto.
Aveva ragione, dato che ero mezza nuda, a parte l’asciugamano che mi pendeva malamente sulle spalle.
- Oh...- Mi coprì con le mani ciò che l’asciugamano lasciava scoperto.
- No! Era una così bella visione!!- Ridacchiò lui.
- Entra prima che decidi di lasciarti fuori ad attendermi!- Dissi, guardandolo male.
Lui entrò, scrollandosi dalle scarpe la neve che imbiancava ancora le strade.
- Ottimo ed ora come asciugo sto paciugo?- Gli chiesi, mettendomi a braccia conserte, dimenticandomi nuovamente che avevo un problema più grande da risolvere in quel momento.
- Meredith, che ne dici se prima ti vai a vestire? Asciugo io, qui!- Ribattè lui, facendomi pressione sulla schiena per farmi muovere.
- Ma tu non sei in grado!- Cercai di contraddirlo.
- Lo sai che sei una bella ragazza, no? Beh, se ti mostri nuda davanti ad un ragazzo neanche un santo riuscirà a resisterti, quindi nel mio e nel tuo interesse vai a vestirti, subito!- Il suo sguardo si fermò qualche secondo sul mio fondo schiena mezzo scoperto.
- Ok, però tu vieni con me!-
- Ma anche no!- Mi sgridò, prima di ripensarci con un: - Ma forse se avessimo quei dieci minuti che ci servono ti potrai far vedere quanto sono uomo!-
- Smettila, ho bisogno del tuo aiuto per scegliere come vestirmi! Insomma, voglio far colpo su Richard!- Ribattei, l’ultima parte a bassa voce.
- Beh, se ti mostri così il tuo bel Richard ti giurerà amore eterno in tutte le lingue del mondo, se lo desideri!- Sorrise.
Andai a mettermi qualche vestito addosso, prima che John non riuscisse più a rispondere delle proprie azioni.
- Così come sto?- Gli chiesi, quando ebbi indossato una maglietta bianca, una gonna a sirena e delle scarpe con pochi centimetri di tacco.
- Direi che sei apposto, anche se ti preferivo prima!- Gli diedi uno scappellotto.
- Ok, ok... la smetto!-
Lui prese le mie due valigie e li mise nel bagagliaio della sua macchina, prima di farmi entrare dal lato del passeggero.
Durante il tragitto lui mi osservava attentamente, come ripensando a com’ero quando aveva aperto la porta.
- Sai che all’inizio credevo che avessi visite?- Mi chiese.
- No, mi stavo preparando, ma non so mai come mi dovrei vestire per lui!- Dissi.
- Quando ti vesti in modo troppo sfarzoso succedono casini, quindi è meglio che tu ti vesti normalmente!- Mi spiegò, poco prima di arrivare.
- Grazie!- Dissi, facendolo semplicemente annuire.
Quando fummo davanti al pulmino osservai le facce sconvolte delle mie amiche, Noemi, come suo solito mi si avvicinò a mi truccò. Non amavo la cosa che fossimo tutte perfettamente uguali, ma non le dissi nulla.
Richard stava chiacchierando con sua sorella, lì vicino c’era Tom e a poca distanza Chynthia.
Quest’ultima si avvicinò al fidanzato e lo trascinò sul pullman parlandogli all’orecchio, era giusto che ciascuno portasse con se il proprio fidanzato.
Mi avvicinai ad un gruppetto di ragazze formato da Rosy, Noemi, Clelia e Michelle che stavano ridendo fra loro.
- Che sta succedendo?- Chiesi.
- Niente, è solo che... guardalo! Il Capitano ti sta guardando come se tu fossi un pezzo di manzo!- Ridacchiarono.
- Chi? L’autista?- Non riuscivo proprio a capire, così mi guardai attorno.
- No, ma che l’autista! Quel debosciato non saprebbe neanche capire cosa significa ragazza da ragazzo! No, noi parlavamo del Capitano, ovviamente!- Ribatté Clelia, il suo tono passò velocemente dallo scandalizzato a quello di quando si dice un ovvietà.
Ok, non ci eravamo capite… chi era il capitano??
- Sì... ma chi...?- Iniziai, ma fui interrotta da Noemi.
- Ragazze, devo andare... Alan non mi aspetterà in eterno!- Mi fece l’occhiolino, allontanandosi.
Ci capivo sempre meno, ma che succedeva? Erano impazzite, per caso?
- Ma che...- Iniziai, fui di nuovo interrotta, questa volta da Clelia.
- Anch’io devo andare! Johnny non mi aspetterà ancora per molto neanche lui!- Non passarono molti secondi che si era volatilizzata anche lei.
Ma si erano tutte fidanzate? Io ero rimasta l’unica single?
- Rosy, mi spieghi almeno tu chi è il “Capitano”?- Chiesi alla mia amica, guardandola implorante.
- Oh, non posso…  devo salire, se no perdo il posto!- Salì anche lei sul pullman seguita a ruota da Michelle e da me.
Mi sedetti in seconda fila, ringraziando il cielo che i posti fossero contati perché di solito mi ritrovavo sempre da sola. A me non piaceva stare da sola, ma me n’ero abituata.
In breve tutti salirono e si misero a sedere nei vari posti, vicino alle fidanzate o agli amici.
George fu trascinato da Giuly in fondo al pullman.
L’ultimo fu Ringo, che trovò solo il posto al mio fianco libero, così sbuffando fece: - Ma non mi posso mettere da qualche altra parte?-
Lo guardai a bocca aperta, scioccata dalle sue parole, poi mi voltai a guardare fuori dal finestrino.
Ricordavo ancora piuttosto bene quando tutti noi avevamo chiesto ai rispettivi presidi di darci una settimana libera per andare a fare questa sfida. Eravamo giustificati solo a patto che recuperassimo tutte le materie al nostro ritorno. Sapevo bene che John aveva mollato la scuola, infatti lui come me non se ne preoccupò. Quella a spaventarsi maggiormente fu Loira che se non aveva il suo solito nove in tutte le materie si sentiva male.
Ringo si doveva essere messo a sedere nel frattempo, infatti iniziò a battere ad un tempo sconosciuto ai comuni mortali le dite sulla mia spalla senza dire una parola.
- Se vuoi richiamare l’attenzione di qualcuno sarebbe più educato se tu usassi la parola, invece di cercare di suonarle la spalla!- Dissi, ancora irritata dalla sua uscita, senza voltarmi a guardarlo.
Sentii il suo volto avvicinarsi al mio e quando fu abbastanza vicino mi chiese:- Cosa guardi?- Con un espressione da bambino e facendo sfiorare il suo alito caldo al mio orecchio.
Mi vennero i brividi. Stavo per voltarmi e dirgli che andava tutto bene e, magari, anche per unire le mie labbra alle sue, quando ricordai che c’era George lì sopra e ripensai al suo comportamento poco educato di poco prima, così mi trattenni.
Cosa mi aveva chiesto? Avvolta nella sensazione di piacere com’ero stata non l’avevo ascoltato.
Di sicuro mi aveva chiesto a cosa guardassi, dato i movimenti delle sue iridi che cercavano qualcosa come potevo notare dal riflesso sullo specchio. Ci pensai un po’ su a cosa stessi guardando.
Un albero attrasse la mia attenzione. Era ricoperto di neve, ma da un ramo scendevano lente le gocce di tutta quella che si stava sciogliendo.
- Guardo la neve che si scioglie.- Osservai il suo riflesso per vederne la reazione.
I suoi occhi perplessi incrociarono i miei attraverso il riflesso sullo specchio, facendo sì che io lo distogliessi.
- Cosa ci trovi d’interessante nella neve che si scioglie? A me a sempre dato malinconia. Sai, mi ricorda che un inverno è finito!-
In quel momento Ringo si dovette allontanare a causa della brusca partenza del pullman, seppur non me ne accorsi subito, concentrata com’ero nella ricerca di una risposta decente alla sua domanda.
In effetti, cosa ci trovavo d’interessante? Forse era il colore della neve? No, perché se no come mai proprio quando questa iniziava a sciogliersi prendeva una certa sfumatura d’importanza davanti a me?
- Beh… a dir la verità non ci ho mai pensato! Però ora che ci rifletto sopra mi accorgo che il motivo è semplice. Certo, sta finendo una stagione, seppur non secondo il calendario, ma ne sta per iniziare una ancora più bella. Insomma, in primavera tutto riprende vita! Gli animali si risvegliano, i fiori fuoriescono dalla terra, gli uccelli ricominciano a cantare e cercano qualcuno con cui passare i periodi più bui della loro esperienza... E’ un po’ come se la stagione dei giochi si scambiasse di posto con quella della vita, dei colori e dell’amore. Quando la neve si scioglie indica, per me, la soglia fra queste due stagioni tanto importanti.-
Non mi ero accorta di essermi voltata verso di lui, se non quando i nostri sguardi s’incrociarono nuovamente.
Lo vidi sorridermi, poi sussurrare qualcosa di molto simile a: “sì, un po’ come la nostra... amicizia.”
- Anche tu desidereresti trovare un “partner”?- Quant’era dolce quel ragazzo?
Cosa gli avrei dovuto dire? Votai per la verità o, almeno, in parte.
- No, io cerco qualcuno che...- Mi bloccai, lasciando che la frase sfumasse nel nulla. Avrei tanto voluto continuare con “...mi accetti, così come sono.” Però, sarebbe sembrato da disperati. Non avrei mai voluto dargli un impressione simile.
Sentii Ringo prendermi una mano e stringerla con le proprie, quasi cercando di dirmi che lui ci sarebbe sempre stato.
Mi voltai ad osservarlo, poi notai George che era a pochi posti più indietro di noi e che se avesse voluto avrebbe potuto vederci in quel momento.
Mi si strinse il cuore, adesso che sapevo cosa provava per me pensavo che farlo soffrire maggiormente non ci avrebbe portato da nessuna parte.
Levai la mia mano da quella presa. Ringo non protestò, forse aveva capito.
Non dicemmo molto per un po’, prima che i ragazzi si mettessero a cantare.
C’è una cosa che mi vergogno di dire, io sono stonata. Beh, non semplicemente stonata, ma di quel tipo che anche dopo tutti gli anni che mia madre ha sfruttato per farmi imparare a cantare (usando le canzoni dei Beatles) non sono riuscite ad avere effetto su di me.
La cosa che mi trovassi circondata da cantanti e musicisti e che John si fosse deciso che dovevo cantare per forza non aiutava di certo.
John, infatti, vedendo che ero l’unica a non voler cantare mi disse:- Meredith, su immagino che la tua voce sia bella sia quando parli che quando canti, quindi che problema hai? Lasciati andare e canta.-
- Dai, tanto ci saremo noi!- Dissero gli altri.
Voltai lo sguardo verso Ringo, ma con mio rammarico mi accorsi che non mi stava guardando. Stava bensì fissando John con odio.
Già Ringo Starr stava guardando con odio John Lennon. Osservai prima l’uno poi l’altro. Possibile che Richard potesse odiare chiunque mi rivolgesse la parola?
- No, John, grazie! Non è proprio il caso...- Mi sarei tanto voluta sotterrare in quel momento.
- Dai, cosa vuoi che sia... siamo fra noi... non andrò a dire a nessuno che hai una voce fantastica!- Disse, facendomi l’occhiolino.
Per un attimo un brivido freddo attraversò la mia schiena mentre con uno sforzo enorme riuscivo ad abbassare ed alzare la testa.

One, Two, ThreeO'clock, Four O'clock rock,
Five, Six, Seven O'clock, Eight O'clock rock
Nine, Ten, Eleven O'clock, Twelve O'clock rock,
We're gonna rock around the clock tonight.

 
Iniziarono a canticchiare le loro voci si fondevano fra loro in maniera meravigliosa. Li osservai, Ringo mi sorrise, senza dire nulla. Era un po’ come se stessero scherzando fra loro. John mi guardò, facendomisegnodicantare.
 

Put your glad rags on and join me hon',
We'll have some fun when the clock strikes one

Negai, ma lui sorrise, guardò Richard poi me ed infine George, poi di nuovo Ringo.
Mi stava dicendo, per caso che se non cantavo avrebbe detto del semi bacio fra me e George?
 

We're gonna rock around the clock tonight,
We're gonna rock, rock, rock, 'till broad daylight,
We're gonna rock around the clock tonight

 
Questa volta cercai di cantare assieme a tutti gli altri, peccato che la mia voce fu subito riconoscibile. Praticamente tutti quanti si bloccarono a metà verso, facendomi ritrovare da sola a cantare.
Non tutto nella vita è come ci si aspetterebbe che sia ed in quel momento una delle giornate che avrei potuto considerare come la più bella della mia vita. La stessa giornata dove mi ritrovavo nello stesso pullman dei Beatles, seppur loro non sapessero di esserlo, era appena stato rovinato.
Per fortuna, però, non avevo messo in conto il fatto che per qualcuno questo non sarebbe sembrato un punto in mio sfavore.
John, infatti, guardandomi con occhi sgranati fece:- Oh, ok... Finalmente sono certo che sei una persona in carne ed ossa e non un angelo caduto dal cielo chissà per quale motivo. Hai un difetto!!-
George si alzò e concluse con un:- Facciamo un applauso a Meredith per farle capire che noi le vogliamo bene per quello che è... sia che sappia cantare che meno!-
Tutti, persino Paul che non mi conosceva, scoppiarono in un applauso d’incoraggiamento.
Fu la volta di Stuart:- Ti assicuro che ci sono troppi cantanti in questo pullman per darci fastidio che uno non lo sia!-
Richard mi stava semplicemente guardando negli occhi, come a voler studiarmi l’anima.
Non riuscivo a scostarmi da quello sguardo e avrei continuato a fissarlo per un altro po’ se non fosse stato altro che pensai lui stesse cercando la vecchia versione, persona che io non ero.
I ragazzi iniziarono a cantare altre canzoni mentre io tornavo a guardare fuori dal finestrino.
Dovevo, forse, dire a Ringo la verità? Ma se lui mi avesse rifiutato? Se sapendo che provenivo dal futuro avesse smesso di guardarmi in quel modo?
Appoggiai la fronte al finestrino. Forse era vero, avrei dovuto accettare la cosa che era solo un amico. Solo, non ci riuscivo. Ne ero innamorata.
 
Pov Richard
 
Guardarla dormire mi faceva sempre tenerezza. Avevamo smesso di cantare da qualche minuto ed io la stavo osservando d’allora. Ripensai a come di nascosto avevo sorriso quando aveva cercato di canticchiare. Era così fragile in quel momento che l’avrei voluta abbracciare per poi dirle che non era nulla, che non era importante. Non lo avevo fatto semplicemente perché lei non amava me, amava Lennon. Era lampante.
Il modo in cui si guardavano, in cui lui le chiedeva di fare certe cose, il modo in cui si lasciava proteggere ogni cosa di queste faceva sì che si potesse capire che quei due avevano un qualche tipo di relazione.
Ne avevo avuto la conferma quel giorno stesso quando la sua mano era nelle mie e lei si era scostata guardando dietro. Mi ero voltato a guardare cosa osservasse ed avevo notato Chynthia e John che chiacchieravano a qualche posto più in là, subito dietro a George e Giuly.
Non avevo detto niente,anche se avrei voluto chiederle perché stava con uno come Lennon che era già fidanzato.
Non mi avrebbe mai accettato, anche se gli avessi rivelato i miei sentimenti.
Forse dovevo comportarmi come un semplice amico, ma io non volevo esserlo per poi soffrirne. Volevo averla al mio fianco. Non avrei accettato di fare diversamente.
Dovevo chiudere i rapporti ora prima che fosse troppo tardi, prima che mi avesse etichettato nuovamente come l’amico mancato. Preferivo la sua indifferenza a quello.
Ci pensai un po’ su, quando rideva con le amiche e non mi guardava nemmeno. Quando pochi giorni prima non mi era venuto a trovare, per quanto io stessi male. Me l’ero presa, ma sapevo che avrei preferito almeno vederla piuttosto di essere bellamente ignorato. Forse l’avrei dovuta ignorare anch’io. A volte succedeva che le ragazze ti cercassero quando le voltavi le spalle.
Forse, se avessi avuto fortuna, sarebbe potuto succedere.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 21 - Il Capitano e la Principessa ***


Capitolo 21 – Il Capitano e la Principessa

 
Erano passati alcuni giorni, ma non era ancora cambiato niente fra me e Ringo. O meglio, era cambiato, ma in peggio.
Infatti con la scusa che doveva esercitarsi per la sfida non si faceva mai vedere, nemmeno a pranzo o a cena facendosi portare il pasto da sua sorella. Fu proprio lei che, il giorno prima della sfida, mi offrì di andare io al suo posto. Quel momento lo avrei potuto usare al meglio, magari sarei anche riuscita a portarlo fuori dalla stanza d’albergo, dove si era rintanato in quei giorni, per qualche ora.
Questo, per lo meno, era la speranza di Marylin che non vedeva di buon occhio la situazione in cui si era andato a ficcare suo fratello.
Mentre mi avviavo in quella stanza sentii distintamente le mie amiche dire qualcosa sul famoso “Capitano”. Non avevo ancora compreso chi fosse, ma sembrava quasi che fra di loro si capissero alla perfezione. In più era da un po’ che avevano aggiunto anche un altro personaggio questa volta femminile, di cui non comprendevo il significato: “la Principessa”.
Noemi mi fermò dicendo:- Meredith secondo te il Capitano e la Principessa si metteranno mai insieme?-
Le guardai scioccata:- Di solito la principessa non si mette con il suo principe azzurro??- Chiesi.
Loro scossero la testa con convinzione. Fu Rosy a prendere la parola: - Oh, no! Il principe ha perso la principessa da molto tempo!-
- Non saprei... che mi dite se dopo mi raccontate la storia per intero?- Chiesi, rafforzando con la voce quel “dopo” mentre osservavo prima il piatto che tenevo in mano, poi loro ed infine le mie dita che si stavano bruciando sempre di più.
Clelia sorrise prima di iniziare a raccontarmi la storia, senza far caso a quanto mi facessero male le dita:- Oh, ma è semplice! La principessa era innamorata del principe, all’inizio. Un giorno, però, decise di cambiare vita. Nessuno sapeva che questo l’avrebbe portata alla nave dove comandava il Capitano. Sai, portò con se anche le sue dame di compagnia. Grazie al Capitano lei scoprì che si poteva governare anche con la bontà e la gentilezza, ma, cosa più importante, scoprì cosa fosse l’amore. Si innamorò, infatti, di niente meno che del Capitano stesso. Il Capitano ricambiava il suo sentimento proprio come uno dei suoi nemici, un Pirata. La Principessa non ricambiava i sentimenti del secondo... stiamo ancora cercando di trovare il finale adatto, non che non ci siano stati guai nella storia... ma, sinceramente, vorremmo avere un tuo parere: secondo te la Principessa rivelerà mai il proprio sentimento al Capitano facendo sì che si riescano a mettere insieme, oppure no?*-
Le guardai perplessa, era come se avessero inserito doppi sensi ovunque dai sorrisi e dalle risatine delle altre ragazze, peccato che non riuscissi a capirli.
- Ragazze, se questa è la storia... allora la “principessa” dovrebbe dire la realtà al “capitano”. Insomma, in questo tipo di storie finisce sempre che i due protagonisti alla fine riescano a vivere “felici e contenti”, no? Ora, però, vado a portare questa minestra a Richard prima che mi bruci definitivamente le dita!!-
Loro si guardarono sorridendo, per poi annuire:- Certo, vai pure... ma ricorda cos’hai detto poco fa!-
Entrando in quella fatidica stanza trovai Ringo piegato in due che puliva la grancassa della batteria, quasi nell’intento di renderla più lucida di uno specchio.
Mi sedetti su un tavolo che si trovava lì vicino e dove sicuramente avrei dovuto appoggiarci il pranzo.
Appoggiai il piatto vicino a me, poi lo guardai, incrociando le gambe.
- Richard, vieni a pranzare?- Gli chiesi, ma lui non alzò nemmeno lo sguardo.
- Richard... ma mi spieghi che fai?-
Lui si voltò a guardarmi, prima di tornare al lavoro:- Perfeziono il suono della mia batteria e la pulisco!-
La osservai attentamente era perfettamente pulita, tanto che avrei potuto specchiarmi nella superficie di un piatto.
 - Mi tradisci con una batteria?- Sbottai, prima di mettermi una mano sulla bocca. Non l’avevo detto sul serio vero??
Fatto sta che Ringo si voltò completamente guardandomi con occhi sgranati.
- Cosa?- Mi domandò lui, con voce più acuta del normale.
- Volevo dire... perché non esci un po’? Che fai resti intanato qui a vita?- Lo guardai, cercando di fargli dimenticare cos’avessi detto.
- Credevo che... no, niente... beh, sì! Credo che restarci un altro po’ non faccia tanto male. Voglio vincere la sfida!-
Gli avrei voluto tanto dire che a me non importava se loro vincevano, volevo solo che mi guardasse. Solo quello. Avrei voluto che mi parlasse. Ma non dissi nulla di simile.
 
Pov Giuly
 
Dovevo uscire con Meredith, George e John. Sì, era un bel gruppo questo, ma piuttosto strano. All’inizio ci sarebbe dovuta essere Marylin al posto di Meredith, seppur non ne capissi il motivo. Insomma, lei e John litigavano sempre.
Perché, allora, il chitarrista volesse uscire con Meredith o con Marylin? Era un vero mistero per me.
Alla fine Marylin non poteva uscire in quanto voleva parlare col fratello che le stava dando un sacco di problemi così mi toccava accettare che venisse Meredith. Quando uscì dalla stanza dove si era rintanato il ragazzo che le piaceva, le andai incontro per dirle che sarebbe venuta con noi ad un’uscita a quattro.
- Coosa?? Con John e George??- Mi chiese con voce che pareva essere soffocata.
- Sì, esatto. Noi quattro.- Le spiegai, pazientemente.
- Non posso, se Richard mi vedesse uscire sia con George che con John mi sa che lo ritroverei arrabbiato nero.- Mi disse, ma aggiunsi, scherzosa:- O geloso marcio... cioè, proprio come ti piace a te!-
Storse le labbra, ma non disse nulla.
John e George ci stavano aspettando appena fuori dall’edificio.
George si bloccò guardando prima me poi Meredith piuttosto imbarazzato da trovarci insieme.
- Meredith…?- Chiese lentamente.
- ...Sono felice di rivederti!- John attirò a se l’amica abbracciandola forte. Vidi George voltare lo sguardo risentito.
- John, George sono così felice di rivedervi!- Sorrise, abbracciai George.
Non mi piaceva quando si comportava in quel modo. Tutti sapevamo che George provava qualcosa per lei, ma Meredith lo aveva lasciato a me. Non era giusto che tornasse indietro.
George era così dolce e gentile! Che diritto aveva di farlo soffrire in quel modo?
Dovevo rompere il ghiaccio, sperando di separarmi il prima possibile dagli altri due:- Allora, dove andiamo?- Chiesi, sforzandomi di sorridere.
- Direi di andare a sentire il concerto che inizia fra una mezz’oretta!- John l’attrasse a se.
Quanto avrei voluto che al posto di Meredith ci fossi io. Mi sarebbe andato bene anche se ci fosse stato John e non George.
- Io vorrei andare a comprare dolciumi! Chi viene con me?- Ci chiese George.
- Io, ne ho voglia... John poi andiamo al concerto... che ne dici?- Disse la mia falsa amica, decisa e John annuì.
- Allora va bene! Andiamo al negozio di dolciumi poi subito al concerto!- Confermai, seppur mi sembrò che John non fosse molto d’accordo.
Mentre ci avviavamo cercai di allontanarmi dagli altri allungando il passo, dato che eravamo davanti e dato che volevo stare un po’ da sola con il ragazzo che mi piaceva.
 
Pov Meredith
 
Avevo sinceramente voglia di dolci, in certi periodi erano l’unica cosa che mi tenesse l’umore abbastanza alto. Quello era uno di quei certi periodi, forse a causa della perdita di George, forse perché mi sentivo abbandonata da Ringo o semplicemente perché iniziavano a mancarmi i miei cari, le mie amiche del futuro, la tecnologia e tutto ciò che c’entrava con il mio tempo.
Forse mi sarei dovuta semplicemente confidare con John, ma ormai il dado era tratto.
Dirigendoci al negozio John ed io restammo  dietro di loro di alcuni metri volutamente in modo tale che gli potessi parlare.
- Allora, come mai i dolci?- Mi chiese.
- Beh, per vari motivi!- Sorrisi, prima di aggiungere:- Per fortuna ci sei tu!- Rispose al mio sorriso stringendomi a se nel suo solito abbraccio.
- Che tipo di concerto c’è?- Domandai.
- Uno molto importante... ma era anche per poter parlare da soli... insomma, senza George che ti sbavava dietro! Comunque come va con Starkey?- Mi spiegò.
- Va bene, se per bene consideri che non mi guarda nemmeno!- Abbassai lo sguardo.
- Certo che è proprio scemo se non sa nemmeno accorgersi di una ragazza innamorata persa.- Scosse la testa, irritato.
- Sei preoccupato per domani, vero?- Continuai io.
- No... insomma, abbiamo un ragazzo innamorato che non è ricambiato, due fidanzati che non fanno altro che pensare alle ragazze, un batterista muto e un bassista che non è poi così bravo come sembrerebbe... cosa vuoi che sia?- Ridacchiai, quella era la specialità del mio migliore amico.
- Dai, siete un gruppo magnifico, credo proprio che avete tante possibilità di vincere quante ne hanno i Rory Storm!- Sorrise, ringraziandomi con lo sguardo.
- Sai, le mie amiche mi hanno raccontato una storia piuttosto strana, che non ho compreso del tutto seppur credo che mi stessero cercando di dire che alla fine siamo noi a scegliere il nostro destino.-
Lo scambio di discorso lo aveva lasciato perplesso. Pochi secondi dopo, però, mi chiese:- Eh?-
-Ti ricordi quando ti chiesi cos’avresti fatto se fossi diventato più importante di Elvis? Beh, pensaci perché anche se domani non dovessi riuscire a batterli questo non cambierebbe la cosa che tu hai la possibilità di superare chi vuoi!- Non sarei mai riuscita a dimenticare lo sguardo che m’inviò. Era pieno di speranza a di consapevolezza di sé. La cosa che mi colpì maggiormente, però, fu che sembrasse davvero tanto simile a quello che avrebbe avuto pochi anni dopo al vertice del successo. Uno sguardo che gli illuminava il volto in modo nuovo.

* Vi propongo questo giochino: trovare il finale per questa storiella e cercare di scoprire come mai le ragazze ridacchiano tanto. Tranquille il motivo delle risatine ed il finale della storiella sarà scoperto fra qualche capitolo. Mi piacerebbe leggere le vostre teorie.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 22 - La sfida ***


Capitolo 22 – La sfida

Quel pomeriggio offrii  a George e a John le caramelle e la cioccolata che avevamo comprato in modo da suddividerle al meglio fra di noi. Le avrei anche offerte a Giuly se lei non avesse rifiutato “per la linea”.
Quando la sera, però, ero tornata a casa con il sacchetto non ancora finito di caramelle le mie amiche mi avevano guardate sconvolte prima di dirmi:
- Cosa ci fanno quelle schifezze qui con noi?- Come se mangiare caramelle fosse il peggiore degli errori possibili ed immaginabili.
Alla mia domanda di spiegazioni mi avevano risposto che mi facevano male, dato che sarei presto ingrassata.
A volte mi rendevo conto di quanto fossimo differenti io e loro. A me non importava quanto ingrassassi, tanto con un po’ di esercizio riuscivo sempre a smaltirlo. L’unico loro esercizio era provarci con i ragazzi e fare shopping.
Per fortuna di tutti quella serata era passata lasciando spazio alla più importante giornata di quella settimana: quella della sfida.
Chi sarebbe riuscito a vincere? I querryman, dimostrando così che i Beatles sono sempre i migliori o i Rory Storm?
Mi sentivo tanto una spettatrice ad uno di quei giochi televisivi. Era una specie di Amici anni ’50, con i più grandi musicisti che cercavano di aggiudicarsi il premio di miglior cantante.
Richard era finalmente uscito dalla sua stanza e si aggirava agitato per casa senza sapere bene cosa fare.
Alan cercava di portare ordine fra i ragazzi, ma neanche lui ci riusciva poi così bene dato che non si era ancora deciso a mettere un ordine alle loro canzoni. Johnny the guitar, invece, era ancora sotto le coperte e sembrava che non avesse la più minima idea ad alzarsi da lì, mentre Noemi e Rosy cercavano in tutti i modi di svegliarlo, inutilmente.
Charles sembrava essere l’unico abbastanza tranquillo, era intento ad ascoltare la radio mentre si ingozzava di cibo, quasi stesse cercando di soffocarsi.
Clelia, ogni tanto, alzava lo sguardo su di lui e gli diceva:- Non mangiare così in fretta… se no vomiterai!- Facendolo alzare gli occhi al cielo.
Walters, invece, continuava ad osservare gli altri senza toccare cibo. Il suo atteggiamento mi ricordava un po’ quello di Harry Potter prima di andare a fare una semplice partita di Quidditch.
Mi avvicinai a Richard, fermandolo con entrambe le mani:-Smettila di girare, dai!-
Lui mi fissò per qualche istante poi sbuffò.
In compenso, però, seguì il mio suggerimento mettendosi a sedere, senza però smettere di muoversi.
- Sei preoccupato per la sfida?- Sentii che gli stava chiedendo Michelle.
- Anche, ma per lo più sono preoccupato per mia sorella. Insomma, non è rientrata sta notte. Temo che le sia successo qualcosa.- Rispose lui.
In effetti, la sera prima un po’ tutti eravamo andati ad una festicciola con entrambi i gruppi, dove mi ero annoiata.
 Forse questo era successo anche perché John e George erano spariti dopo una decina di minuti e Ringo non mi rivolgeva praticamente più la parola se non ne era costretto.
Quando eravamo tornati a casa mi ero accorta che Loira, Marylin e Giuly non erano con noi. Avevo, però, pensato che forse erano assieme a Valery dato che avevano legato molto.
- Probabilmente è stata invitata da Valery a restare con loro per questa sera. Sai, non me ne preoccuperei dato quanto sono amiche.- Dissi, ricevendo un occhiata irritata da Ringo.
- Sì, probabilmente è come dice Meridith!- Mi diede man forte Clelia, sorridendo prima di aggiungere:- sono rimaste con loro anche Giuly e Loira, non me ne preoccuperei, fossi in te!-
Mi guardò vedendo che la fissavo, prima di voltare gli occhi verso un Tom assonnato che si stava dirigendo a fare colazione.
Era questo il bello di avere una casa a Londra: poter fare ciò che più ti piaceva e poterla usufruire quando c’erano i tuoi amici.
- ‘Gio- ahrm!-no!- Ci salutò con uno sbadiglio Tom.
- Ciao!- Lo salutammo noi, volgendo lo sguardo altrove.
Johnny finalmente si alzò e da lì in avanti fu un via vai di persone che si sbrigavano a prepararsi, in quanto eravamo già in ritardo.
Andai di corsa in bagno a lavarmi i denti e vestirmi per uscire.
Avevo deciso di mettermi una semplice maglietta ed una gonna beige. Mi piaceva il beige, forse perché come tutti gli altri colori chiari risaltavano le mie forme.
- Meredith, sbrigati! Dobbiamo andare!!- Mi richiamò Noemi, prima di entrare e rifinire il proprio trucco. La guardai con un sorriso sulle labbra.
Mi misi del rossetto rosa ed un tocco di colore anch’esso marrone sugli occhi, poi uscii per salire alle camere dove prendere le scarpe.
Quando scesi le scale Richard mi osservò stupito e mi porse la mano come un vero cavaliere.
Mancava solo che mi sussurrasse:- sei bellissima!- Per farmi arrossire.
 
***
 
All’interno del locale dove avrebbero suonato c’erano già tutti gli strumenti ed una giuria formata da una ventina di ragazzi e ragazze sconosciute.
Dietro alla giuria c’erano delle sedie per tutti i possibili spettatori dove sedevano Loira, Giuly, Georgia, Manuel e Marylin. Quest’ultima ci stava tenendo i posti vicino a sé.
I Quarryman erano già arrivati e stavano accordando i diversi strumenti.
Un ragazzo della giuria si alzò e disse:- Ragazzi, abbiamo deciso che canterete solo tre canzoni, come vi avevamo confermato tempo fa. Prima suonerete tutte e tre le canzoni voi, Quarryman, dato che siete pronti, per secondi i Rory Storm and the Harricans. Ah, per tutti coloro che vorranno ballare vi abbiamo lasciato una parte della pista in fondo. – Detto questo si risedette.
Mi sedetti al fianco di Marylin seguita dagli altri ed in poco le sedie furono tutte occupate da diversi giovani spettatori.
- Per scaldarci abbiamo deciso di cantare “Well… all right” di Buddy Holly in suo onore in quanto ci ha donato molto in questi anni sia con la sua capacità di mostrarsi per quello che è, ma anche come gruppo grazie alla sua musica.- Comunicò John al microfono, prima di voltarsi verso gli altri e dare il tempo.
Mentre così faceva si infilò gli occhiali, solo per fare scena.
 
Well, all right, so I'm being foolish
 Well, all right, let people know
 About the dreams and wishes you wish
 In the night when the lights are low
 
 Guardai John che mi sorrise impercettibilmente mentre cantava. Aveva una voce magnifica, per quanto non fosse identica a quella del vero cantante.
Alcune coppiette si erano alzate ed erano andate a ballare, io ero bloccata forse dal sorriso provocante di John, forse dallo sguardo di George che non si staccava da me.
Vidi con la coda dell’occhio Marylin alzarsi ed andare a ballare con il suo ragazzo.
La voce di John era troppo bella, così rimasi un po’ male quando la canzone finì.
- Per seconda canzone abbiamo deciso di dedicare “It’s Love, Baby” da parte mia e dell’altro nostro chitarrista George Harrison alla mia migliore amica Meredith!- Continuò John facendomi saltare un battito.
- Me lo immaginavo!- Sentii che diceva Ringo che di sicuro mi stava guardando male.
Mi morsi un labbro, poi lasciai la presa in quanto mi ero fatta male.
 
Baby, I don't know why I love you
I don't know why I feel this way
Baby ,I don't know why I love you
I don't know why I feel this way
I want to love, love, love you baby,
 
Stranamente era George a cantarla ed io rimasi stupita da questa novità. Di solito non avrebbero fatto cantare seppur la sua voce fosse tanto melodiosa.
La canzone riusciva a far vibrare non si sapeva quale corda dell’animo di una ragazza ed io ero proprio come qualsiasi altra.
- Balliamo?- Chiesi a Ringo.
Lui scosse la testa deciso, prima di aggiungere:- Una volta ho ballato con te mentre loro cantavano una canzone ed abbiamo litigato. Non facevi che guardare verso il palco, per cui no. -
Lo guardai smarrita, senza commentare altro. Mi aveva nuovamente rifiutato di starmi vicino. Ero rattristata.
La canzone successiva fu dedicata ad Anne da Paul “con amore”. Avrei facilmente storto le labbra se la canzone non fosse stata cantata da lui e non si fosse trattato di “Love me tonight” di Elvis Presley.
Avevo, infatti, iniziato ad adorare quel cantante e secondo me quella canzone era una delle migliori di quelle dell’epoca.
 
May this tenderness cling
When the fire of Spring
Is a memory May you still be my own
When a hundred years have flown
 But if it can't be
Give this moment to me
While our dream is bright
Put your sweet arms around me
And love me tonight
Love me tonight
 
Attendendo che la canzone finisse guardai il sorriso felice di Loira. Peccato che lei non sarebbe potuta essere la moglie di Paul perché stavano troppo bene insieme.
- Visto?- Mi chiese Giuly che si era appena seduta al mio fianco:- Non sei l’unica a cui pensano!!-
A volte mi chiedevo che cos’avesse quella ragazza e come fosse possibile che si comportasse sempre in quel modo.
La mia attenzione venne però riportata sul palcoscenico quando vidi i tecnici cambiare gli strumenti e i Rory Storm salire per cantare le loro canzoni.
Vedere Ringo sedersi dietro alla batteria mi fece sorridere. In un certo senso ero gelosa di quello strumento, insomma mi prestava meno attenzioni da quando aveva deciso che dovevano vincere.
Fu Alan a dedicare la prima canzone:- Ascoltando le dediche dei Quarrymen, mi sono deciso a fare altrettanto, così una canzone come “Great Balls of Fire” di Jerry Lee Lewis ho deciso che potesse essere dedicata alla mia amica... Giuly.-
Vidi la mia “amica” gioire prima di prendere la mano di George e portarlo in mezzo alla pista.
 
Whenever skies look gray to me and trouble begins to brew
Whenever the winter winds become too strong
I concentrate on you
 
Rimasi incantata a sentirli suonare. Dall’ultima volta che li avevo sentiti erano migliorati molto. Ringo suonava sempre nel momento giusto ed il suo suono era incredibilmente limpido.
Alan aveva una voce calda e solare allo stesso tempo ed il suo suono era incantevole.
Johnny faceva degli assoli che sembrava stesse suonando un altro strumento.
Pareva quasi di salire in paradiso con la loro voce in sottofondo.
La cosa mi colpì maggiormente fu l’insistenza sulla bravura del bassista e la sensazione di trovarsi di fronte ad un gruppo di alto calibro. Erano uniti.
- Ehy, ciao! Allora, che te ne pare? Siamo stati abbastanza bravi secondo te?- Mi chiese una voce che per poco confusi.
Mi voltai a guardare chi mi stesse parlando. Strano che fosse Pete.
- Sì, dai! Mi è piaciuta molto la dedica che mi avete fatto.- Cercai di sorridere.
- Ma a qualcuno non deve essere piaciuto, se no non saresti così tirata.- Guardai Ringo che osservava la scena, stringendo saldamente le bacchette.
- Eh, sì capisco! Sai, dato che di solito me ne sto in disparte riesco a vedere tutto da un'altra prospettiva ed ho capito che sia per John che per George tu sei molto importante, oltre che per... ma credo che quello sia ovvio. Ti vorrei dire una cosa, però: non fare soffrire George, ok?- Si fermò a guardarmi. Annuii, non mi piaceva far soffrire nessuno, men che meno George.
- Perché me lo dici?- Chiesi, perplessa.
- Perché lui è il più piccolo fra di noi ed il più fragile. Io ho qualcuno che mi sta sempre vicino, una ragazza perfetta, una madre che mi adora e farebbe qualsiasi cosa per me. Lui non ha tutto questo. Ci tengo al mio gruppo.- Sorrise, osservandomi. Sgranai gli occhi. Se lui mi stava dicendo tutto questo era solo perché voleva davvero bene a tutti loro, ma loro non provavano la stessa cosa per lui.
- Forse ti dovresti aprire con loro tutti.- Dissi, cercando di ragionare.
- No, non capirebbero. Invece capirebbero se tu accettassi di star loro vicina. Come amica o come fidanzata, sta a te la decisione!- Mi mandò un ultimo sguardo, prima di alzarsi ed andare a ballare con Valery.
Solo in quel momento mi accorsi che la canzone era cambiata.
 
Kiss me baby, woo feels good
Hold me baby, wellllll I want to love you like a lover should
Your fine, so kind
I want to tell the world that your mine mine mine mine
 
Chissà che canzone era. Mi guardai attorno per chiederlo a qualcuno, ma non c’era nessuno seduto. Tutte le varie coppiette, infatti, si erano messe a ballare.
Immaginai che ci potevamo essere anche io e Ringo, ma non sarebbe mai successo se nessuno dei due non avesse preso la palla al balzo e non avesse baciato l’altro.
Questo, però, mi fecero tornare in mente le parole di Pete e quelle di John. Non volevo far soffrire nessuno. Quindi avrei dovuto attendere che i Quarrymen andassero ad Amburgo.
Sorrisi a Ringo.
- Questa è l’ultima canzone in assoluto. La canterà Ringo Starr.- Disse Alan, prima di passare il microfono al ragazzo.
Le sue parole mi resero felici:- Ho deciso di dedicare “Love me” di Elvis Presley ad una persona per me di massima importanza… Meredith Gale!- Disse, agitato.
Lo guardai con un sorriso gigantesco sul volto.
 
Treat me like a fool,
Treat me mean and cruel,
But love me.
 
Perché mi sembrava che stesse parlando dei miei sentimenti? Era esattamente quello che avrei voluto dirgli io, ma non sapevo cantare.
 
Wring my faithful heart,
Tear it all apart,
But love me.
 
Rimasi scioccata dalle sue parole. Speravo sinceramente che non pensasse davvero che lo trattassi male, perché per me era l’esatto opposto. Io l’amavo incondizionatamente e questo amore mi rendeva cieca davanti a tutto il resto.
 
If you ever go,
Darling, I'll be oh so lonely
I'll be sad and blue,
Crying over you, dear only.
 
Avrei voluto alzarmi, correre da lui e gridargli di smetterla, di smetterla perché amarmi, starmi vicino lo avrebbe sicuramente fatto soffrire. Gli avrei voluto dire quanto lo amassi, ma non feci nulla.
Non mi alzai, non andai da lui né altro, lasciai che la canzone finisse.
- I giudici hanno deciso chi ha vinto. Allora, entrambi i gruppi salgano sul palco.- Disse una ragazza con voce autoritaria.
I Quarrymen raggiunsero i Rory Storm.
- Ottimo, ora passo la parola a Mike che vi spiegherà tutto.-
Guardai un biondino alzarsi per parlare e pensai che seppur avesse lo stesso nome di mio padre era totalmente diverso.
- Allora... Quarrymen, vi devo dire che avete suonato magnificamente ma si sentiva che c’era qualcosa che non andava. Non eravate uniti, una chitarra tardava ad arrivare ed il basso si sentiva a malapena. Rory Storm, anche voi non eravate magnifici, ma si sentiva che eravate i migliori! Quindi sì, avete vinto!!-
Sentii le mie amiche iniziare a gridare, così le seguii a ruota, ancora con gli occhi sgranati.
Ringo dallo stupore era caduto a sedere al proprio posto e non si azzardava ad alzarsi, preoccupato di perdere i sensi.
Non notai cosa stessero facendo gli altri, perché non passarono nemmeno due secondi che mi ritrovai seduta a cavalcioni su Ringo, mentre lo stringevo in un abbraccio totalmente ricambiato.
Mi avvicinai al suo orecchio, sentendolo trattenere il respiro, poi sussurrai:- Sei il migliore!!-
Dopo di che mi allontanai.
Lui ridacchiò, prima di sorridermi felice il che mi fece andare il cervello in pappa.
I nostri volti si avvicinarono nuovamente ed io sorrisi. Lo stavo per baciare e questa volta non ci sarebbe stato John a fermarmi.
Lui mi accarezzò il volto, avvicinandosi a me.
- Ooooh!!- Sentii le mie amiche dire.
Inserii le dita fra i suoi capelli e mi avvicinai.
Fu un attimo, perché i miei occhi, nel atto di chiudersi vedessero John e George guardarmi. Il primo guardava prima me, poi il secondo nominato. Harrison aveva gli occhi sgranati e non faceva altro che guardarci.
Fu un attimo perché l’immagine di una mia amica che baciava il ragazzo che mi piaceva mi attraversò la mente. Ci avevo sofferto per anni, non avrei permesso che succedesse la stessa cosa. Non a George, non al mio chitarrista preferito, non al ragazzo che per anni aveva occupato i miei sogni. Non a lui. Mi sarei sentita in colpa per sempre.
Però… se avessi spostato il volto quando mi sarebbe ricapitato? Avevo poco tempo per decidere se spezzare il cuore ad un amico ed essere felice con Ringo o non baciarlo e perderlo per sempre.
Se mi fossi ritratta, avrei dovuto dirgli qualcosa. Se avessi mandato tutto al diavolo avrei fatto soffrire qualcuno ed avrei sofferto anch’io.
- Richard...- Dissi, ad un soffio dalle sue labbra.
Lui si fermò e mi guardò stupito.
- Cosa? Non... insomma...- Mi stava guardando con i suoi occhi limpidi.
- Richard, non posso.- Sussurrai, non avevo finito la frase, perché avrei voluto aggiungere “Non voglio che qualcuno soffra quanto ho dovuto soffrire io. No, non lo voglio. Scusami.” Non dissi nulla di tutto questo.
- Capisco.- Era tornato triste. Si allontanò da me e mi guardò, come se fossi qualcosa di vietato. Qualcosa che aveva sperato di avere e che ora non avrebbe più potuto avere, mai più.
Cercai di sorridergli, ma non ce la feci. Se non fosse stato per George sarei riuscita a baciarlo. Lo avrei baciato. Ora chissà era tutto mandato o rotoli oppure no?


Ragazze, se iniziate a detestare la protagonista vi do ragione... ma era giusto che non succedesse davanti a George. Quindi continuate a pazientare. Coloro che riusciranno a leggere il prossimo capitolo avranno una sorpresa. Per quanto riguarda il bacio... chissà!! ;) Ho già spoilerato anche troppo, quindi alla prossima!!
Ecco le foto che vi avevo promesso...
Ecco i primi sfidanti... i Quarryman!!
Image and video hosting by TinyPic

Ecco i secondi sfidanti... i Rory Storm!
Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 23 - Aspettando che tutto si risolva ***


Capitolo 23 – Aspettando che tutto si risolva

 
Erano passati alcuni giorni, oramai eravamo sfociati a Marzo. Le cose, però, si erano bloccate in tutti i sensi. Non so cosa mi sarei aspettata, ma di sicuro non quello. Ringo non mi parlava più, ma lo riuscivo a capire. Avevo rotto definitivamente con Giuly, lei mi detestava ed io ricambiavo in tutta tranquillità. Non la detestavo veramente, ma le stavo il più lontano possibile, a meno che lei non volesse parlarmi cosa che succedeva davvero di rado. George non mi guardava e quando lo faceva mi rivolgeva sguardi come per dire: “Fra tutti dovevi scegliere proprio lui??”.
In realtà credo che fosse il mio senso di colpa ad averlo interpretato in quel modo, non ho mai saputo leggere frasi intere in un solo sguardo.
Persino John mi stava vicino di rado, perché ogni volta spariva... dove, nessuno lo sa.
Marylin non si faceva più vedere e, ciliegina sulla torta, le mie amiche si rifiutavano di rispondermi in modo decente, avevano incominciato ad ignorarmi.
Dopo un periodo tanto lungo in cui sei stato al centro dell’attenzione non riesci più a farne a meno.
L’ultima volta che mi ero sentita davvero bene era stato prima della sfida, quel mezzo bacio aveva aperto ferite che nemmeno mi sarei potuta immaginare.
George aveva finalmente capito tutto ed io avevo scoperto cosa significava aver perso tutto.
C’era una cosa a cui non riuscivo a smettere di pensare. Giuly mi aveva detto una frase, alla fine del concerto che mi aveva lasciato spiazzata ed ora non sapevo più come rimediare a tutti i disastri che avevo creato.
Possibile che in un attimo ti possano cadere addosso tutti i problemi di una vita intera?
Stavo camminando quando ricordai quel momento, ero appena tornata dietro le quinte quando mi sentii prendere per la manica da qualcuno che mi allontanò da tutti quanti. Avrei voluto ringraziarlo, ma quando mi voltai scoprii che era Giuly che mi guardava con un sorriso tirato sul volto.
- Cosa c’è?- Le chiesi.
- Beh, vedi... ti devo dire una cosa che non credo ti piacerà.-
- Ok...-
- Beh, hai presente che ho iniziato ad uscire con George per levarlo dai piedi a te e a Ringo, no?- La guardai, senza proferir parola. -Le cose si sono evolute un po’, nel senso che mi sono innamorata per lui. Il che ha portato a far sì che sabotassi la gara. Non mi piace la cosa, ma lui non fa che pensare a te. Credeva che se avessero vinto tu lo avresti guardato in modo diverso.- Si bloccò un attimo per riprendere fiato. – La cosa peggiore è che temo davvero che tu possa diventare la sua ragazza. Siamo amiche, ma se dovesse succedere io ti detesterei. Farei sì che tu diventi la persona meno sopportata al mondo. Però al momento hai fatto sì che fosse lui a detestarti. Per questo ti dovrei ringraziare, ma non lo farò perché ora lui soffre. Non potevate baciarvi senza che nessuno vi vedesse?-
Abbassai lo sguardo e quando lo rialzai mi accorsi che se n’era andata.
Mi aveva lasciata da sola a pensare a cosa avessi combinato.
Forse, in quel momento avrei dovuto capire tutto, ma questo non era successo. Mi ero avvicinata alle altre ragazze e loro mi avevano guardato male. Era stato Noemi a darmi il colpo finale dicendo, in nome di tutte:- Avete aspettato un anno e proprio davanti a George dovevi baciarlo?? Credevo fossi cambiata… lo credevamo tutti… ci hai deluso! Andiamo, ragazze!!- Si erano allontanate lasciandomi indietro.
Avevo cercato con lo sguardo George o Ringo, ma nessuno dei due mi stava guardando. Avevo perso e probabilmente non sarei più riuscita a guadagnare nulla.
John non c’era, così mi ero seduta al tavolino. Qualcuno mi aveva porto da bere.
Quando mi ero voltata una specie di sorriso mi era stato rivolto da Pete. Strano che fra tutti proprio lui che mi aveva detto di non far soffrire i suoi amici si era avvicinato.
- Lo ami davvero... sai, ormai il danno era fatto. Lo avresti dovuto baciare. Adesso, invece, ti detestano tutti. So che cosa significa, fidati di me. Li aiuto ogni santo giorno e loro non sanno nemmeno che non sono muto!- Fece una specie di sorriso tirato.
- Oh, meno male… se no avrei dovuto imparare i segni per chiacchierare con te!- Scherzai. Credo che fu da quel giorno che iniziammo a divenire amici sempre più intimi.
Pete non mi piaceva, ma non perché non fosse bello o interessante per il semplice motivo che non c’era spazio nel mio cuore per una terza persona.
Da quel momento in poi avevo sempre continuato a sentirmi sempre più sola. Quanto detestavo la solitudine. Me ne accorgevo solo ora.
Fui distratta dai miei pensieri da una voce forse un po’ troppo conosciuta. Era la voce di Marylin.
Cosa ci faceva lì? Mi nascosi all’ombra di una casa per non farmi notare e iniziai a spiarla.
Era vicino a John, ma da lì non riuscivo a distinguere bene le sue parole. Mi sembrava quasi che stesse parlando della notte appena trascorsa. Quale notte appena trascorsa? Era solo una mia impressione o i loro sguardi erano fin troppo sensuali? Che stava succedendo? John aveva avuto un incubo ed aveva chiamato Marylin, di sicuro. Allora perché non me? Come mai proprio la ragazza con la quale litigava maggiormente?
Mi fu tutto più chiaro sul significato di tutto quando Marylin, dopo aver fatto per andarsene, fu trascinata dalle forti braccia di John per far unire le loro labbra in un ultimo bacio.
- Mi mancherai...- mormorò Marylin, scostando i capelli di John.
- Mmm... lo spero proprio! Attenta se no prima o poi faccio come tuo fratello e mi ingelosisco della vicinanza di Tom!- Scherzò quello, come se Tom fosse l’amante di Marylin e non lui.
- Senti chi parla! Io cosa dovrei dire di Chynthia?- Borbottò lei.
- Nulla... perché io posso!!- Marylin lo guardò male, prima di fare per allontanarsi.
Mi accorsi solo in quel momento di una cosa, di cui non avevo fatto i conti fino ad allora: tutto doveva ancora essere fatto, il che significava che a causa della mia presenza loro avrebbero potuto prendere strade diverse, seppur li avessero portati tutti alla felicità.
Così decisi di andarmene e stavo per farlo, quando gli occhi di John si incrociarono con i miei.
Il suo viso prese una sfumatura di rabbia, poi si trasformò in una maschera.
- Abbiamo ospiti. Meredith, puoi uscire ora… sappiamo tutti e due che sei qui.-
Mandai giù la saliva mentre uscivo dall’ombra dell’edificio.
- Scusatemi... non volevo farmi i fatti vostri...- Iniziai.
- Eh, sì, certo... io ti ho salvato da un maniaco e ti ho protetta in più occasioni e guarda come mi ripaghi tu!- Mi aggredì John, ma si calmò praticamente subito dato che Marylin gli toccò il braccio.
- Meredith... come mai eri da queste parti?- Mi chiese lei.
- Volevo fare un salto da John... ma ho visto che c’eri anche tu, così volevo sapere cos’era successo...- Cercai di spiegarmi.
- Beh, ora lo sai.- John fece una smorfia.
- Scusalo, è solo che quando pensa di essere in torto si comporta in modo sgradevole. Ma ti vuole bene lo stesso.- Marylin mi sorrise.
- Non sono nella condizione adatta per dire alcunché. In più voi due state bene insieme, davvero, perché mai dovrei negarlo?- Dissi.
John annuì e mi fece segno di entrare.
- Non dirai nulla a nessuno di quello che hai scoperto oggi, vero?- Mi chiese solo quando fui dentro.
- No… ma mi devi promettere una cosa.-
- Perché dovrei?- Mi chiese lui.
- Perché se no lo dico solo ad una persona… ad una certa Rosy, non so se hai presente...-
Lui sgranò gli occhi prima di giurare che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non far divenire il tutto di domino pubblico e, stranamente, anche Marylin era d’accordo.
- Allora… devi semplicemente prenderti cura sia di Richard che di George nello stesso modo in cui lo hai fatto con me. So che prima o poi avranno seriamente bisogno di te. Quando lo capirai da solo.- Dissi, osservandolo negli occhi. Tirò un sospiro di sollievo.
- Se è solo per questo... lo avrei fatto in ogni caso!- Mi rispose, toccandosi il punto esatto dove ci sarebbe il cuore con la mano opposta.
- Ottimo... stavo pensando che, magari, c’è un modo per rendere felice anche te... quando compi la festa di compleanno?- Si intromise Marylin.
La osservai attentamente, prima che mi uscisse detto la data esatta:- 24 Maggio!-
- Ottimo, il 24 Maggio farai la festa più grande che esista, io ci porterò mio fratello e tu lo bacerai. Sia che ci sia George, sia che non ci sia.- Annuii, seppur fossi certa che alla fine non ci saremmo mai baciati.
 L’ultima idea di Marylin fu che fosse a tema italiano. Così sarei stata costretta a salutarlo con due baci sulle guance. Accettai con riluttanza
 
Pov Richard
 
Erano giorni che non parlavo con Meredith. Sinceramente non avrei più voluto rivolgerle la parola.
Cosa significava quel “non posso” se non che all’ultimo mi stava nuovamente rifiutando?
Non lo sopportavo più.
Erano anni che la osservavo e per ben due volte mi ero ritrovato a dichiararle il mio amore.
Questa volta sembrava che la fortuna fosse dalla mia parte prima che mi accorgessi quanto mi stessi sbagliando.
Lei non provava nulla per me.
Perché doveva sempre prendermi in giro?
Cosa le avevo fatto io, perché lei mi detestasse così tanto?
Fu mia sorella la prima che dopo quella fatidica giornata riprese ritirò fuori il discorso “Meredith” senza interessarsi se lo volessi affrontare o meno.
All’inizio la guardai male, ma poi con un:- Richy, è importante che tu sappia che lei vuole festeggiare il suo compleanno solo se ci sarai anche tu.-
Ci pensai un po’ su. La prima cosa che mi venne in mente fu un evviva grande quanto una casa: lei voleva me al suo compleanno!! Poi mi accorsi che il suo compleanno era un mese e mezzo dopo, quindi non era un po’ presto per pensarci?
Infine ci riflettei e decisi che comunque non m’interessava niente perché non ci sarei andato per nessun motivo.
Le comunicai:-Non penso proprio che verrò!- Lei parve semplicemente annuire.




Scusatemi per l'immenso ritardo. Per tutti quanti quelli che hanno letto il capitolo passato in queste due settimane: tornate indietro se volete vedere le foto. Le ho appena messe, percui non le avrete ancora viste.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 24 - Un compleanno (im)perfetto ***


Vi avverto che la storia non è ancora finita... ma credo che si possa prendere una pausa. Chiedo, inoltre, scusa per l'enorme ritardo che ci ho messo a pubblicare. Solo che non mi voleva venire fuori.





Capitolo 24 – Un compleanno (im)perfetto

 
Le cose non erano cambiate fra me e Richard. Ringo, in effetti restava sempre freddo. Però, stranamente, mi lanciava qualche occhiata, quasi mi cercasse con gli occhi.
Ah, quanto sarebbe stato tutto diverso se avesse pensato quello che pensavano tutti gli altri!
Non succedeva ciò, in ogni caso. Da un'altra parte le mie amiche avevano smesso di parlarmi, tutte tranne Georgia. Non ero più nessuno.
Questo era uno dei motivi per i quali avevo scelto di scrivere una lettera a Richard nel caso me ne fossi andata prima di riuscire a trovare il coraggio di dirgli tutta la verità sul mio passato ed il suo futuro.
Non gli avevo scritto molte cose, ma tutto quanto aveva qualche punto di vantaggio.
Infine era arrivato il mio ventunesimo compleanno. Erano appena scoccate le sedici, orario in cui solitamente tornavo a casa. Fin dall’inizio non compresi perché il mio insegnante di disegno si era improvvisamente interessato del mio credito scolastico. Che gli interessava, a quel brutto ceffo che non era altro, proprio quel giorno a quanto prendessi durante l’anno scolastico? Insomma io studiavo, perché mai mi avrebbe dovuto voler fare una predica?
Mi avvicinai a lui, sbuffando. Era tipico mio non voler essere disturbata per niente al mondo da un qualcosa che mi piaceva.
Volevo andare a casa e riposarmi, magari pensare a come sarebbe potuta essere la mia festa se fosse venuto qualcuno, ma ero piuttosto convinta che l’idea di Marylin non avesse funzionato.
- Signorina Gale, credo che lei sia la migliore alunna della nostra scuola.-
Eh??
- Credo che sia per questo che abbiamo deciso di parlarle del suo compagno di banco, il signor Starkey.-
Che c’entrava Ringo??
- Come lei sicuramente saprà, infatti, il suo compagno sta andando sempre più peggiorando. Non capiamo perché, ma sembra con la testa fra le nuvole. In più in questa materia come nella maggior parte è passato dalla sufficienza all’insufficienza grave. Quindi le vorremmo chiedere di stargli vicino e di aiutarlo a studiare.-
Mi venne da porre una sola domanda:- Ma da quando ha preso questa brutta piega con la scuola?-
- Da quando siete tornati da quella gita lei, il signor Starkey e la signorina Payton.
Non volevo credere alla risposta.
Com’era possibile che per colpa mia avesse iniziato ad andare male a scuola??
- L’aiuterò, promesso!- Risposi all’insegnante. Dato che non c’era altro feci per congedarmi, ma lui mi richiamò per farmi gli auguri di compleanno. Che gentile che era stato.
Finalmente potevo tornare a casa. Avevo davvero poco tempo.
Appena uscita dall’istituto qualcuno mi chiamò. Era John che mi attendeva fuori in macchina assieme a Marylin.
- Su, sali!- Mi disse la Starkey, ridendosela per chissà quale battuta di John.
Eseguii l’ordine, prima che John iniziasse a dire:- Sai, stavamo pensando che dovrai smetterla di darmi dei coppini, ora che ti sto facendo un favore!-
Gli sorrisi:- Non credo… il favore lo sto facendo io a voi, dato che oltre a non dire nulla a nessuno vi permetto di stare in macchina assieme senza che nessuno possa pensare maliziosamente.- Risposi, John sbuffò.
- Comunque, Meredith, una brutta notizia in arrivo. Richy ha rifiutato di venire alla tua festa.-
- No, cavolo! Perché lo ha fatto? Non mi vuole ancora vedere? –
Quando arrivammo a casa iniziai a preparare tutto al meglio.
Raccontando a Marylin cosa mi aveva detto l’insegnante e scherzando con un John deciso a scegliere il disco più brutto della storia, finimmo presto di mettere a posto quel poco che mancava.
Era difficile stare sempre attenta a tutto quello che ti succedeva attorno. Non ero molto abituata a dire dove fossero i diversi utensili.
Le prime ad arrivare furono le ragazze che fecero la loro entrata in scena con un “Buon Compleanno” urlato ai quattro venti.
- Non credevo che sareste arrivate!- Dissi, sorridendo.
- Ma, vah! Non ci perdiamo la festa di una delle nostre migliori amiche. Scusa per come ci siamo comportate, piuttosto!- Mi rispose Loira.
Successivamente arrivarono il resto dei Querryman assieme a Chynthia.
John corse incontro a quest’ultima, mentre io iniziavo la mia farsa.
Non avevo invitato Paul in quanto non lo conoscevo, ma c’erano tutti gli altri.
Pete fece per allontanarsi.
- E’ una tradizione italiana, Pete!- Lui sorrise, accettando di buon grado.
Con George le cose si complicavano un pochino, ma volevo sentire il suo corpo contro il mio.
“Ricorda che ti voglio un mondo di bene, qualsiasi cosa dovessi vedere!” Avrei voluto sussurrargli, ma non lo feci. Sapevo che ci sarebbe rimasto male, che avrebbe sofferto, ma in qualche modo sapevo di non poterci fare nulla. Lui mi strinse maggiormente a se, quasi si volesse imprimere nella mente il mio volto ed il mio corpo. Lo lasciai fare.
Stuart mi guardò malizioso, ma dopo un veloce doppio bacio sulla guancia ci lasciammo subito andare, quasi ci fossimo scottati.
Avevo invitato i Rory Storm al gran completo, così non potevo far altro che aspettarli.
Feci accomodare i ragazzi, George mi sorrise in quel modo tutto particolare che adoravo incredibilmente.
- Meredith, grazie per averci invitato!- Disse, dopo un po’.
- Non c’è di che...fate parte della mia famiglia, ormai!- Gli sorrisi sedendomi vicino a lui e a John, il quale non levava lo sguardo dal fondoschiena di Marylin.
La Starkey stava, infatti, chiacchierando con Georgia, la quale era abbracciata a Manuel. Erano tutte e tre in piedi. Marylin ci dava le spalle.
Giuly era, invece, concentrata ad osservarsi attorno, quasi stesse cercando un particolare che le indicasse che amavo Ringo e non il suo tanto caro George.
Per fortuna che tenevo sempre l’anello in borsa, ma che al momento fosse nella mia tasca. Lo toccai con due dita, accarezzandolo appena.
Rosy non capivo bene cosa stesse facendo o perché non era in dolce compagnia. Non la vedevo granchè circondata com’era dalle altre ragazze.
Noemi stava ridendo per qualcosa che probabilmente aveva detto Rosy stessa.
George non si lasciò sfuggire l’occasione per posare un braccio attorno alle mie spalle. Osservai prima lui, poi la sua mano, poi di nuovo lui.
Ero indecisa se levargliela o lasciarmi andare.
Ringo sarebbe arrivato?
Non feci in tempo a pensare questo che il campanello squillò facendomi capire che mi sarei dovuta alzare.
John levò lo sguardo da Marylin, la quale s’incamminò dopo aver lanciato uno sguardo a John per abbracciare Tom da dietro.
Possibile che non me ne fossi mai accorta?
Probabilmente fra un po’ si sarebbero avvicinati e avrebbero fatto finta di litigare, era proprio nel loro stile!
Mi alzai, mentre George mi osservava e guardava male la porta, quasi fosse una nemica.
Per un attimo mi venne in mente un dragone verde sottoforma di porta.
Sorrisi, aprendola.
Johnny, Alan, Charles e Lu erano l’uno affiancati agli altri, quasi nell’intento di coprirmi qualcosa o qualcuno.
- Ragazzi… cosa nascondete là dietro?- Chiesi, incuriosita.
- Auguri, Meredith! Comunque qui c’è il nostro regalo, speriamo ti piaccia.- Disse Alan, mentre tutti e quattro si facevano da parte, prima che Charles continuasse con un:- Scusaci se non l’abbiamo impachettato...- Finalmente potei vedere cosa si trovava alle loro spalle.
 C’era Richard con la faccia rosso pomodoro dalla vergogna, che si guardava i piedi.
Ridacchiai, avvicinandomi a lui:- Grazie, ragazzi! E’ il miglior regalo che potessi mai ricevere!-
Probabilmente qualcuno rise dietro alle mie spalle, ma non lo sentii dato che Richard aveva alzato gli occhi e mi stava fissando senza però muoversi.
Mi avvicinai a Richard, il quale indietreggiò.
Mi fermai e gli cercai di spiegare:- E’ un modo di fare italiano baciare ed abbracciare gli ospiti, non ti preoccupare!-
Questa volta si avvicinò.
Il primo bacio fu dato sulla guancia, com’era normale che fosse.
Poi toccò all’altra guancia.
Entrambi spostammo la testa nella direzione opposta, peccato che ci fermammo per puro caso a metà strada e le nostre labbra si sfiorarono fra di loro.
Non fu nulla di più che uno sfiorarsi di labbra. Non ebbi nemmeno il tempo di comprendere cosa stessimo facendo che Richard si era già staccato.
Un paragone con quel bacio? Avete mai visto una farfalla volare semiterra? Quando non si posa sulla superficie, ma in ogni caso la sfiora? Ecco, proprio così era stato il nostro bacio. Non sapevo nemmeno se era successo oppure me lo ero solo immaginata.
Le parole di Ringo, però, mi distrassero da quei strani pensieri:- S-scusa… io… non volevo, cioè… lo volevo… insomma...- Sorrisi, prima di gettargli le mie braccia al collo e di chiudergli la bocca con la mia.
Una volta avevo sentito in un film che è proprio mentre l’altro parla che scatta normalmente il bacio, il primo bacio.
Le sue labbra erano tiepide e morbide, sapevano di buono ed in quel momento mi venne spontaneo cercare di assaporarle al meglio.
Passai la lingua su di esse, tracciandone i confini mentre passavo le mani fra i suoi capelli. Avevo sempre desiderato percepire la loro morbidezza sotto le mie dita.
Lo percepii iniziare ad accarezzarmi la schiena con una mano tracciando cerchi immaginari, mentre con l’altra mano mi accarezzava anche lui i capelli.
Mi sentii per la primissima volta da quando ero tornata indietro nel tempo davvero a casa mia. Non mi sarei mai voluta staccare da lì.
Richard aprii lievemente le labbra permettendomi di infilarci la lingua, che fu velocemente in grado di percepire il suo sapore.
Presto fu lui a fare la stessa cosa con me.
Il tutto si ruppe qualche minuto dopo con uno strano rumore, come se qualcosa fosse caduto a terra. Poi percepimmo una spinta.
Mi distanziai da Ringo perplessa chiedendomi cosa fosse stato a fare un boato simile.
Un regalo era caduto a terra. John mi guardava sconvolto, voltandosi poi a guardare per strada.
Lo osservai, cos’era successo? Possibile che non mi fossi accorta di nulla?
Continuai a guardarmi attorno, pensando a chi si potesse essere fatto male dato che mi parve l’unica spiegazione plausibile.
Pete c’era, infatti stava bevendo della Coca-Cola. C’era pure Stuart, che ci guardava malizioso. Manuel e Georgia si stavano baciando. C’erano anche tutti gli altri Rory Storm e le ragazze.
Oh, cazzo! Mancava…
- George!- Dissi, voltandomi a guardare per strada.
Richard mi guardò perplesso. Come cavolo avevo fatto a dimenticarmi di lui??
- Scusa, Richy! Devo andare a parlare con un amico.- Lo guardai, ma lui mi stava sorridendo. Bene, almeno non pensava che lo avessi baciato per sbaglio!
Corsi fuori in strada, vedendo praticamente subito George.
Stava camminando da solo, cercando di non farsi vedere da nessuno. Probabilmente stava anche piangendo. Calciò con rabbia una lattina. No, non stava piangendo.
- George!- Lui fece finta di nulla, continuando a camminare come se nessuno lo avesse chiamato.
Gli fermai il passo, camminando più velocemente di lui.
- George…-
- Cosa c’è? Che vuoi? Tornatene dal tuo amato!- Non alzò nemmeno lo sguardo.
- George... non volevo farti soffrire...- Iniziai.
- Sì, come no... Mi hai invitato solo per farmi vedere che non avevo nessuna possibilità!- Gridò, arrabbiato.
- No, non è così... io... non ha importanza cosa volessi, vero?- Feci per abbracciarlo, ma lui si allontanò, quasi fosse stato scottato.
- NON MI TOCCARE. VATTENE!-
Lo osservai, attentamente. Stavo male quasi quanto lui.
- Non voglio che...- Mi interruppe.
- Non m’interessa cosa vuoi!- Mi guardò male, asciugandosi una lacrima.
Cazzo, stava piangendo!
L’unica cosa che potessi fare in quel caso era andarmene.
- George, voglio che tu sappia solo che...-
Mi interruppe nuovamente:- Quale parte di “non m’interessa cosa vuoi” non ti è chiaro?- Si rimise a camminare.
- Ti amo.- Glielo avevo detto, solo che ora gli avrei dovuto spiegare che li amavo entrambi e che non sarei riuscita a fare senza di nessuno dei due.
Per fortuna il rumore di un autobus che era passato troppo vicino si portò via le mie parole, prima che lui le potesse capire.
George, d’altro canto, se ne andò.
Sapevo che di lui se ne sarebbe preso cura John, così tornai a casa. Era meglio così.
La mia festa era appena incominciata.
Toccai il braccio di John, che stava per uscire. Lui mi guardò ed io annuii. Sapeva cosa intendessi dirgli, volevo che se ne prendesse cura, come gli avevo chiesto una volta.
Entrai in casa. Le ragazze si erano messe a giocare alla bottiglia.
Mi avvicinai a loro. Vicino a Marylin e a Tom c’era Richard che alzò gli occhi verso di me appena entrai nel suo campo visivo. Mi fece segno di sedermi al suo fianco, ma dato che non c’erano posti fui costretta a mettermi seduta sulle sue gambe.
Richard mi baciò un orecchio, sorrisi. Ricambiò il gesto.
La bottiglia girò ed indicò Noemi.
- Allora... vediamo un po’ cosa le possiamo chiedere...- Iniziò Pete, Stuart sorrise, prima di dire:- Qual’è il posto più strano dove l’hai fatto?-
Lo guardammo tutti straniti, ma lei ridacchiò, prima di parlare:- Direi che è… sotto la scrivania del Preside!-
- No, cioè… ti sei fatta il Preside??- Le chiesi, con la voce stridula.
- Beh, questa è un’altra domanda. Me la farai al prossimo giro.- Mi sorrise, prima di girare la bottiglia, che indicò immancabilmente Marylin.
- Allora... vediamo un po’… tuo fratello russa? Cioè, non è che a me interessi, ma sai credo che a Meredith possa importare!- Scherzò Noemi.
- Beh, a volte... ma non credo che lo sentirà mai... immagino che avranno altro da fare e quando avranno finito saranno troppo stanchi per accorgersi di qualsiasi cosa!- Ridacchiai, prima di dare un bacio sulle labbra sorridenti di Richard.
Non ci potevo credere che fossi proprio io la fortunata! Ero così felice...
Marylin mi fece l’occhiolino prima di girare a sua volta la ruota, la quale indicò me.
- Oh, ehm... da quanto tempo è che sei innamorata di mio fratello?- Mi chiese.
Ci pensai su e l’unica cosa che mi venne in mente fu la prima mattina che mi sedetti al suo fianco. Quando lo vidi con lo sguardo basso e triste.
- Da Ottobre, direi...- Mi voltai a guardare Richard.- quel giorno in cui scherzando ti presentasti. Eri così triste... sì, m’innamorai quel giorno!-
Lo vidi sorridermi radioso, con gli occhi che s’illuminavano maggiormente. Mi sentivo sciogliere, insomma ero seduta sulle sue perfette gambe, mentre mi teneva stretta con ambedue le mani che erano poggiate sul mio grembo. Il suo sguardo era rivolto unicamente a me e mi sorrideva, come se fossi una creatura meravigliosa.
Insomma, ero in una situazione paradisiaca.
Gli sorrisi a mia volta, baciando l’uomo che amavo.
Girai la bottiglia e questa indicò Stuart.
- Allora... ti piace qualcuna che è seduta qui attorno?- Chiesi.
- Ehm, a dire il vero no. Sono innamorato dell’arte, io!- Sorrisi. Beh, sarebbe restato tale per ancora poco tempo.
Il pomeriggio continuò con questo gioco.
Ormai si era fatta sera. Avevamo bevuto, mangiato, chiacchierato ed avevo scoperto che la Principessa ero io, mentre il Capitano era Richard.
Questo era successo quando era toccato il turno di Georgia, che le avevo chiesto quale fosse il significato della favola di cui parlavano sempre e lei mi aveva detto:- Beh, non è proprio una favola. E’ la tua vita. Tu, la principessa, hai deciso di cambiare vita facendoti seguire da noi, le dame di compagnia. Sei salita su una nave, quella dell’amore, dove c’è Ringo, il Capitano, che si è innamorato di te. Anche tu ricambi. Solo che c’è il pirata, solo tu sai chi è, che si è invaghito di te. Ma tu hai scelto Ringo. E’ questo l’importante.- Mi aveva spiegato.
Ero appena uscita a prendere una boccata d’aria fresca quando Richard uscì per fumarsi una sigaretta.
- Ah, eccoti. Stavo pensando che ti devo dare il tuo regalo.- Mi disse.
Lo osservai, mentre emetteva il fumo dalla bocca.
- Il mio regalo sei tu… cosa potrei volere di più?- Gli chiesi.
- Ehm, pensavo...- Tirò fuori dalla tasca una piccola scatolina ricoperta di velluto rosso. – Questo!-
Sorrisi. Era l’anello, il famoso anello!!
Mi prese la mano e disse:- Con questo anello saremo finalmente fidanzati!- Mi baciò la mano, prima di infilarmi l’anello di fidanzamento. Lo guardai, ma quanto era bello? Così semplice eppure meraviglioso.
- Anch’io ho qualcosa per te.- Gli dissi, tirando fuori il suo. Lui sorrise. Feci le stesse operazioni che aveva fatto lui, osservandolo sempre negli occhi.
- Facciamo così: se un giorno dovessimo levarcelo significherebbe che non amiamo più l’altro.- Dissi, alla fine.
- Non me lo leverò mai, allora!- Mi sussurrò, prima di baciarmi nuovamente.
Ero così felice...
Era stato il compleanno più bello della mia vita, chissà quanto sarebbe durato.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Capitolo 25 – Problemi di cuore ***


Scusatemi per il ritardo con cui aggiorno. Avete ragione a sgridarmi, lo farei anch'io se fossi in voi. Non ho nessunissima scusa a parte cosuccie piccole piccole come la scuola che ci riempie di compiti, i ben due blocchi dello scrittore che mi hanno colpito e la mia incapacità di sapere come concludere questo capitolo.
 
I giorni erano passati e lo amavo ogni momento di più. Adesso che non temevo di perderlo mi potevo permettere di parlargli e di baciarlo. Era troppo bello passare i pomeriggi con l’uomo che ami, andare al parco, baciarlo praticamente sempre. Era troppo bello averlo per proprio compagno di classe, anche se temevo che qualcuno lo prendesse in giro per aver scelto proprio me.
Non mi sentivo all’altezza di avere un ragazzo come Richard al mio fianco.
Era strano, ma da qualche tempo a quella parte mi ero accorta che non m’interessava più del suo futuro. Non sapevo quando fosse iniziato, ma per me era solo il mio Richard, il mio ragazzo e l’unico uomo che avrei mai potuto davvero amare.
Ogni tanto in classe gli sfioravo la gamba con il piede come per accertarmi che fosse davvero lì, che non se ne sarebbe mai andato, molte volte ci passavamo bigliettini smielati durante la lezione e ci voltavamo a guardarci con un sorriso sulle labbra, incantandoci in quelle posizioni.
L’unico punto critico della mia vita era la scuola. La mia media si era abbassata di botto, mentre quella di Richard si era alzata. Ora avevamo entrambi la media del sette.
Con gli amici andava piuttosto bene, anche se, continuavo a tenere il segreto riguardo a Marylin e John.
Quel pomeriggio ero stata con loro due in giro per negozi:
Marylin si era decisa a cambiarsi dei vecchi maglioni sgualciti senza chiedere sempre il ricambio a Tom. L’aveva fatto anche perché John soffriva di gelosia quando la vedeva vestita in quel modo.
Quella coppia era meravigliosa.
- Sai perché mi piace John?- Mi aveva detto sottovoce Marylin osservando il ragazzo che camminava a qualche passo di distanza.
- No, come mai?- Le avevo risposto, curiosa.
- Perché non devo sempre baciarlo io tutte le volte, come succede invece con Tom. E’ una cosa che non sopporto… che lui non lo faccia di sua spontanea volontà, capisci? Invece John è possessivo esattamente quanto lo sono io, quindi è tutto apposto.- Mi spiegò.
La osservai, attenta per qualche secondo pensando che succedeva la stessa identica cosa fra me e Richard.
- Succede anche a me…- Mi feci confusa.- Credi che sia un modo per dire che non ti vuole tanto bene quanto ne vuoi tu a lui?-
Lei negò, ma non mi rispose esattamente.
 
Pov Richard
 
Era meraviglioso andare a scuola e trovarsi la propria fidanzata per compagna di banco. Era meraviglioso, forse un po’ troppo, tanto che a volte mi chiedevo se fosse tutto vero. A volte poggiavo la mia mano sulla sua, come per sincerarmi che non si scostasse, a volte le stringevo entrambe fra le mie osservandola negli occhi, quasi fossi alla ricerca costante di un qualche segno che mi amasse almeno la metà di quanto l’amavo io.
Lei mi sorrideva, poi si avvicinava a me e mi baciava le labbra. Era sempre lei a baciarmi. Forse era la paura di essere rifiutato che non mi faceva provare a baciarla per primo, forse la mia timidezza. Penso, però, che fosse successo tutto da quando mi ero accorto che era di una possessività esagerata. Amavo questo fatto di lei, amavo sentirmi così desiderato da diventare… simile all’uomo dei sogni di Meredith.
Io la sognavo ogni notte e sentivo che avrei voluto prenderla, farla sedere sul banco e baciarla, senza alcun motivo. Avrei voluto baciarla ovunque, ma lei non sembrava interessata. A scuola cercava in tutti i modi di seguire le lezioni ed osservava il bullo della classe, Tom. Quando prendevamo l’autobus allungava il collo quasi spaventata di vedere qualcuno. Se io provavo a parlare in uno di quei momenti mi posava un dito sulle labbra, facendomi tacere.
Così passavo delle ore senza poterla osservare. Però l’accettavo, d’altro canto lei amava me.
Era questa la cosa importante e se poi volesse avere lei il controllo della situazione lo potevo accettare ben volentieri, anche se non correvo ogni qual volta mi chiamasse.
Un giorno mi sembrò diversa, più fredda.
Era come se le fosse successo qualcosa, come se le avessi fatto qualcosa.
Non mi degnò di un solo sguardo per tutta la giornata, ma io cosa avevo fatto di sbagliato?
Eravamo arrivati all’ultima settimana di scuola. Meredith era cambiata dopo che il giorno prima si era vista con... mia sorella.
Che avessero parlato di cose che non avrei dovuto sapere?
Che avesse scoperto che a Natale avevo baciato Violet? Improbabile e poi non stavamo ancora insieme.
Che fosse gelosa per un qualche motivo? Forse avrei dovuto dirle che l’amavo, ma non avevo ancora trovato il coraggio per farlo.
Per tutta la giornata cercai di prenderle la mano, ma lei si rifiutò.
- Ehy, che ti succede?- Le chiesi mentre uscivamo da scuola, rincorrendola dato che si era messa ad andare ad una velocità impressionante.
- Niente.-
Che?? Credeva che fossi scemo?
- No, c’è qualcosa che non va. Non mi hai ancora salutato da ieri. Sai che...- Fui interrotto da lei che si voltò e mi guardò dritto negli occhi, prima di dire:- Perché??-
- Perché cosa, scusa?- Le chiesi, confuso.
- Perché devo sempre salutarti io? Non potresti per una volta fare… che so, qualcosa di carino di tua spontanea volontà?- Mi chiese, arrabbiata.
- Un qualcosa di mia spontanea volontà?-
- Esattamente. Lo vedi? Non sei capace di fare nulla se non te lo dico io. Non voglio una marionetta come fidanzato!- Mi disse e senza lasciarmi il tempo di ribattere se ne andò via.
La osservai fino a quando non voltò l’angolo a bocca aperta. Ma che diamine le era successo? Un qualcosa di mia volontà? Voleva che io decidessi con la mia mente, ma se avessi scelto con la mia mente avrebbe pensato che lo avessi fatto perché me lo aveva detto lei, se non lo avessi fatto l’avrei persa subito. Ero in un mega paradosso esistenziale. Di sicuro lei voleva che facessi qualcosa di preciso, ma cosa?
Cosa voleva che io facessi? Quale atto carino potevo fare per lei?
Volevo che lei mi scusasse il prima possibile, così mentre andavo a casa mi concentrai a pensarci.
Ci pensai un po’, ma alla fine optai per invitarla a venire a cena fuori con me e magari fare una passeggiata fuori. Se poi non avesse accettato? Se avesse detto che era una cattiva idea? La cosa migliore era parlarne con qualcuno che era sua amica, chi meglio di mia sorella?
Sorrisi all’idea, mentre tiravo fuori le chiavi dallo zaino. Speravo sinceramente di trovare Marylin in casa.
La porta si aprì stranamente da sola.
- che…?- Non feci in tempo di finire la frase che vidi sbucare mia sorella tutta agghindata da appuntamento.
- Ciao, Richy! Devo andare... a fare un po’ di spesa.- Da quand’è che mia sorella faceva la spesa?
La guardai abbattuto e lei parve comprendere che c’era qualcosa che non andava perché, infatti, mi chiese spiegazioni.
- Non lo so… Meredith si comporta in modo strano... ti volevo chiedere se ieri vi eravate dette qualcosa da renderla in quel modo.-
Mi guardò perpessa, per poi negare:- No… non che io sappia... a meno che... ma è impossibile.- Detto questo si decise ad andare, salutandomi con la mano mentre io entravo in casa.
C’era qualcosa di strano sia in mia sorella che in Meredith. Ma cosa poteva essere? Poteva trattarsi della medesima situazione? Mia sorella non mi aveva risposto in modo da chiarirmi le idee anzi mi aveva confuso maggiormente. Avevo bisogno di parlare con qualcun altro, ma chi mi avrebbe mai parlato in modo schietto? All’inizio pensai alla sua migliore amica Georgia, ma mi chiesi se non fosse impegnata. Magari in quel momento erano insieme. Forse era proprio ad un loro appuntamento che si stava dirigendo mia sorella. Conoscendo certi elementi non raccomandabili del gruppo tipo Noemi e Clelia capivo perfettamente che si fosse vestita in quel modo solo per far bella figura. Però tentare non nuoce. Non avevo il numero di telefono dei Payton che comunque non avrei neanche potuto chiamare, ma avevo quello di Manuel. Chi meglio di lui mi avrebbe potuto dire se Georgia era a casa o meno? Così, sperando che mi rispondesse e che fosse a casa composi il numero.
Restare fermo in un angolo sperando che una di quelle persone che fino a pochi mesi prima si aveva detestato con tutto il cuore non era la cosa più bella che potesse avvenire, quindi era naturale che mi stessi spazientendo dopo i primi dieci minuti che non rispondeva.
- Pronto?- Disse finalmente qualcuno dall’altro capo del telefono. Sentii delle risatine dietro di lui.
- Sono Richard… Starkey.- Risposi, agitandomi inutilmente.
- E’ Starkey?- Chiese una voce femminile che riconobbi quasi immediatamente per quella della migliore amica della mia ragazza.
- Sì, è lui. Come mai abbiamo avuto il “piacere” della tua telefonata?- Mi chiese, sembrava deciso a non fargli molto tempo e lo capivo dato che lui poteva stare tranquillamente con la sua ragazza mentre io no.
- Volevo sapere dove fosse Georgia… le devo chiedere una cosa riguardo Meredith.- Borbottai, vergognandomi di quello che stavo dicendo. – Però…- Fui interrotto dalla voce del ragazzo.
- Sì, te la passo subito. Fate veloce però! Geo, è per te!- Sentii un rumore poi una voce femminile mi giunse all’orecchio.
- Ciao, Starkey! Cosa volevi chiedermi?-
Feci un respiro profondo prima di ammettere:- Ho… Meredith… insomma… non so nemmeno come spiegarlo!-
La sentii ridere.
- Starkey, calmati!- Mi disse. Ormai il mio cognome usciva dalle sue labbra come un soprannome amichevole.
- Meredith si comporta in modo strano!- Dissi tutto d’un fiato per poi trattenere il respiro.
- In modo strano? In che senso, che è successo?- Respirai profondamente, non sapevo come spiegarglielo.
Fu, però, lei a parlare nuovamente:- Sai che facciamo? Ci vediamo fra mezz’ora davanti a scuola, così mi spieghi tutto.-
Ci pensai un po’ su, prima di dire:- Io… non vorrei disturbare… cioè non è che non l’abbia già fatto… ma io…- Fui bloccato dalla voce di Manuel che rispose da lontano:- Nessun disturbo. Io correrei subito se si trattasse di Tom. I migliori amici sono importanti. A volte bisogna saper sacrificare qualcosa per loro.-
Se al nome del suo amico avevo storto le labbra a sentire la fine del discorso sorrisi.
- Ok, se a voi va bene!- Risposi, mettendo giù.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Capitolo 26 – Perdono ***


Pov George
 
Erano passati giorni, forse mesi. Erano passati e non erano stati per niente felici, mi avevano portato solo tristezza. Non ero certo abbandonato a me stesso, c’era sempre Giuly che mi stava accanto o dovrei dire che mi stava fra i piedi? Non me la prendevo tanto con loro quanto non lo facessi con lei.
Non le potevo, però, dire che non provavo nulla. Nulla anche se lo vedevo bene che lei per me aveva del tenero. Forse, un giorno, forse… non lo credevo, però.
Mi ero ritrovato in vari momenti a chiedermi se mai avrei smesso di amare Meredith. Quando entravo in autobus e mi mettevo a suonare speravo che lei venisse da me, che si sedesse e mi sorridesse.
Ogni volta che toccavo le corde per suonare “In Spite of All The Danger” o “That'll be the day” mi ritrovavo a pensare al primo giorno che ci eravamo incontrati. Mi ricordavo le sue domande quando avevamo iniziato a parlare. Fin da subito mi avevano colpito i suoi meravigliosi occhi, erano così scintillanti, trasmettevano intelligenza, ma anche curiosità. All’inizio mi ero stupito, ma ora persino il ricordo della sua reazione al mio complimento mi mandava lo stomaco in subbuglio.
Avrei così tanto voluto stringerla di nuovo a me come era successo solo tre volte. Ah, quanto odiavo Starkey! Se non ci fosse stato lui… se… Forse era così che doveva andare… allora perché non riuscivo a trattenere le lacrime? Perché mi bastava pensare a quel semi bacio che ci eravamo scambiati a Natale per ritrovarmi con gli occhi brucianti? Perché non riuscivo a smettere di pensare a lei? Perché non riuscivo a pensare che saremmo potuti essere amici?
Erano quelli i miei pensieri anche quella sera. Ci stavamo avvicinando alla scuola di Meredith. Mi voltai a guardarla dal finestrino asciugandomi gli occhi. Cosa avrei dato per farla salire in quel momento, anche se era quasi notte.
Di sicuro era già a casa, mi ricordavo di averle dato il mio numero di telefono la prima volta che ci eravamo visti ed ogni volta che tornavo a casa speravo inconsciamente di sentire mia madre o mia sorella o uno dei miei fratelli dire: “Ti ha chiamato una ragazza. Ha chiesto di te, ha detto di chiamarsi Meredith.” Non era ancora successo, probabilmente era così occupata con quel... no, non dovevo pensare a lui, mi faceva solo male. Forse non le mancavo, forse mi considerava solo un conoscente. Che illuso che ero!
Fui distratto dai miei pensieri da una ragazza che saliva a bordo. Era incredibilmente bella così simile a Meredith. Le sorrisi, mentre delle lacrime mi scendevano dagli occhi.
Gli uomini non piangono, mi ripresi. Niente da fare, sembravo una femminuccia. Chiusi gli occhi, così che non mi accorsi che la giovane si era seduta vicino a me fino a quando non sentii le sue mani prendere le mie e stringerle con delicatezza.
Sorrisi, osservandola. I suoi capelli castani le erano caduti su entrambi i lati, i suoi occhi mi guardavano con un’espressione rattristata. Mi scivolarono via altre lacrime, così abbassai lo sguardo, sconfitto.
- Su, via quelle lacrime.- La sua voce, era limpida. Dolce. Era la sua voce. Alzai lo sguardo lentamente.
Mentre osservavo il suo collo liscio e sottile il giusto per farti venire voglia di accarezzarglielo e baciarglielo decisi di non parlare, probabilmente stavo sognando.
- Sai? Non si piange per gli stupidi. Di sicuro la ragazza che ti ha fatto questo è davvero una tonta.- Mi disse, non sapevo cosa stesse guardando.
- No… Meredith, no… lei… non è stupida! – Mi sciolsi dal suo tocco e mi portai le mani al viso. – Oh, se esistesse un antidoto all’amore! Non riesco ad odiarla neanche quando mi strappa il cuore e si mette a giocarci a calcio!- La sentii sospirare.
- Credo che anche lei ci stia male. Tanto anche. Credo che lei non sappia come ritornare al tuo fianco.-
- Che bisogno avrebbe di soffrire per me?- Chiesi, guardandola in volto. – Lei non mi ama… anche se l’ho sentita… ma no, se provasse davvero qualcosa per me non mi avrebbe fatto questo. Non si sarebbe messa con un altro.- La guardai negli occhi.
- Il cuore umano è un organo strano.- Disse volgendo lo sguardo verso la finestra. – A volte fa brutti scherzi...- Sembrava che stesse ragionando per conto suo, quasi io non ci fossi perché, infatti, guardava tutto all’infuori di me. – A volte ti costringe… a vivere sempre con un vuoto dentro, ad essere consapevoli che ciò che si desidera non si potrà mai avere. A volte… ti fa amare due persone e i costringe a scegliere fra una morte e l’altra. A volte si corrisposti da entrambi. Il cuore è quell’organo che a poco a poco ti... uccide. La notte sogni un ragazzo il giorno dopo preferisci l’altro.- Mi guardò con tristezza, prima di prendere la propria borsa e fare per scendere.
- Meredith?- Glielo chiesi, quasi speranzoso. Lei si voltò, mi sorrise e mi fece un occhiolino mentre scendeva.
Mi guardai attorno. Eravamo alla sua fermata. Era lei. Sorrisi all’idea, prima di accorgermi che aveva lasciato lì un foglio piegato in quattro parti. Lo presi in mano, ma non lo aprii temendo che fosse un biglietto da parte di Starkey alla fidanzata.
Invece ci lessi il mio nome, così aprii la lettera con il cuore che mi batteva a mille.
 
Mio caro George, Mio… mio adorato George,
Se stai leggendo questa è perché ho preso coraggio e sono venuta da te. Credo sia arrivato il momento di chiederti scusa. Non so perché ti sto chiedendo scusa per essermi messa con un altro, ma lo sto facendo.
Sono entrata nella tua vita e mi dispiace, Mi dispiace di averti fatto male. George... avrei così tante cose a dirti, ma come mi dicesti una volta non ti interessa cosa voglio. Probabilmente a quest’ora mi odierai. Oh, Geo… come ho potuto essere tanto cieca? Oggi ho preso una decisione difficile... non voglio diventare come Marylin. No, non lo voglio. Ma non pensiamo a questo per ora...vorrei che tu mi perdonassi. Puoi perdonare una stupida come me? Oggi ho litigato con Richard ed è da allora che il mio pensiero continua a correre da te. No, sembra quasi che la litigata fosse fin troppo seria scritta in questo modo, vero? Nessuno può tornare indietro. Credo di aver scelto la persona giusta, anche se non ne sarò mai sicura. So che amo tutti e due. So che non potrei mai fare a meno dell’altro... ma ho fatto la scelta giusta. Un giorno capirai cosa intendo, un giorno… non so ancora quando, però. Geo, volevo solo dire che non sei l’unico a stare male. Vorrei averti affianco... temo che non capirai. Geo, vorrei poterti abbracciare un ultima volta perché ho ragione di credere che sarà l’ultima volta che ci vedremo. Non piangere per questa stupida, non piangere. Avrei dovuto solo chiederti di restare amici, invece non sono riuscita a fare altro che esprimere i miei sentimenti e farti soffrire, ma un giorno ne riderai. Un giorno non ti ricorderai neanche più di questa ragazzina.
Sempre tua,
Meredith Gale
 
La dovetti leggere più di una volta prima di credere ad una sola di quelle parole e non furono nemmeno loro a farmelo credere piuttosto furono le lacrime che macchiavano il foglio in più punti.
Quelle lacrime non potevano essere finte ed erano troppo grosse per essere gocce di pioggia, ma troppo piccole per essere gocce di un rubinetto.
Solo quando me ne accorsi strinsi forte la lettera a me, mentre le lacrime mi scendevano dalle guance. Volevo rivederla. Non m’importava che ci fosse Starkey o altro. Volevo solo stare vicino a lei e stringerla a me.
 
Pov Meredith
 
Avevo dato e descritto i miei sentimenti a George era stato bello vederlo quell’ultima volta. Per un attimo avevo pensato di stringerlo a me e sussurrargli che lo amavo, che non lo avrei mai lasciato. Ciò però, lo sapevo, gli avrebbe spezzato nuovamente il cuore quando me ne sarei andata. Bisognava che riuscissi ad allontanarlo il più possibile.
Era l cosa giusta, era la cosa giusta! Me lo ripetevo da quando avevo lasciato Richard. Che problema avevo? Perché prima pensavo a come riuscire a farmi baciare dal mio ragazzo e poi a come non far del male a George? Era davvero possibile amare nello stesso tempo e tanto profondamente due persone così differenti?
Appena arrivai a casa vidi Richard seduto su un gradino sotto casa mia con gli occhi chiusi, mezzo addormentato di uno che ha dovuto correre fin troppo per le sue forze da una parte all’altra per riuscire a restare sveglio anche in quel momento.
Probabilmente mi aveva aspettando per ore. Notai fra le sue braccia un bouquet di rose rosse ormai appassite che lui stringeva quasi fosse stato un cuscino. Ma quant’era tenero quel ragazzo? Mi avvicinai a passo lento, mentre eliminavo il pensiero di George dalla testa. Raggiunsi Richard, ma a un passo di distanza mi bloccai mentre lui apriva gli occhi e mi sorrideva come se mi avesse appena vista. Avevo davvero fatto la scelta giusta? Era davvero meglio lui di George?
Non feci in tempo a trovare una risposta che Richard si alzò e mi raggiunse per poi posare le braccia sui miei fianchi ed avvicinarmi a se.
- Ho sentito mezzo mondo, ma solo Lennon mi ha fatto davvero ragionare… – Iniziò, ma non lo lasciai continuare perché chiedendomi: “Perché quando noi litighiamo, lui deve per forza parlarne con tutti?”
Lo guardai sconvolta, allontanandomi da lui come se fossi stata scottata ed iniziai ad urlare:- Perché? Perché hai dovuto parlare con tutti di ciò che succede fra noi?? Credevo di potermi fidare! Credevo che per una sola singola volta avresti agito di tua…-
Non riuscì a finire la frase che lui, prendendomi per i gomiti e stringendomi a se, poggiò le sue morbide labbra sulle mie. Era un bacio esasperato per quanto un bacio possa esprimere i sentimenti di colui che lo da e possessivo.
Ciò mi fede perdere ogni briciola di sicurezza in me e mentre mi scioglievo lui si separò.
- Ah, allora è questo il modo migliore per farti star zitta!! – Detto questo tornò ad impossessarsi delle mie labbra, prima di scendere con impeto sul mio collo, mentre io mormoravo:
 - Oh, Richard! Oh, Richy!- Non mi ero mai sentita in quel modo con qualcuno.
Richard mi spinse fino alla porta di casa, spostandosi al mio lato, mentre continuava a torturarmi per darmi modo di aprire casa. Fatto questo lo portai dentro.

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** capitolo 27 - Un'uscita a quattro ***


Oh, finalmente sono riuscita a concludere il capitolo. Spero sia di vostro gradimento. 


 
Capitolo 27 - Un'uscita a quattro
 
Quando mi svegliai quella mattina mi ritrovai circondata da due forti braccia maschili, mentre un sorriso si creava sul mio volto. Mi voltai lentamente per non svegliarlo, ma poterlo comunque ammirare. Era meraviglioso. Il ciuffo, ormai non più teso gli copriva parte della chioma. Sembrava quasi che avesse i capelli lunghi, alcuni di questi, poi, gli erano caduti sul viso. Sorrisi allungando una mano per scostarglieli. Mi accorsi che però non ci sarei riuscita se non avevo intenzione di districarmi da quel involucro che eravamo diventati l’uno con l’altro. Lo sentii sbuffare e solo in quel momento mi accorsi che un po’ stava russando, ma mi piaceva quel suono. Mi sembrava quasi che mi stesse cullando.
C’era una sola frase per indicare cosa provavo per lui: lo amavo. Mi sembrava di essermelo ripetuta così spesso anche durante l’infanzia senza neppure sapere cosa significasse che aveva perso tutto il suo significato.
Lo avevo venerato da piccola, lo avevo reso il mio amico immaginario quando mi trovavo in situazioni assurdamente tristi. Quando ero stata lasciata dal mio ragazzo avevo immaginato di poter fare l’amore con lui quasi ripetendomi che andava bene aver perso quell’altro perché avevo lui. Ma ora tutto era diverso e me ne accorgevo solo ora. Mi accorgevo solo ora che quello che avevo vissuto non faceva parte di un mio sogno. Era stato tutto reale.
Lui era stato davvero lì con me e c’era ancora. Abbassai gli occhi mentre il mio sorriso si ampliava man mano. Il mio ragazzo aveva un petto tonico. Stupendamente tonico.
Strano, allora, che lo avessi sempre immaginato con un po’ più di pancia. Il mio ragazzo era perfetto, peccato che lui non amasse me, ma il pensiero di una donna che non sarei mai stata. Questo fu il pensiero che mi rattristò. Per mia sfortuna fu anche il momento in cui sentii il campanello suonare. Doveva essere stato quello a svegliarmi proprio come ora stava facendo col mio ragazzo.
Mentre le sue palpebre si sollevavano mostrando ciò che nascondevano dietro di loro, un sorriso si andò formando sulle sue labbra.
- Buongiorno, amore!- Gli sussurrai, baciandolo.
Mi guardò ad occhi sgranati, senza saper bene cosa dire poi rispose con voce ancora impastata dal sonno con un semplice:- Ciao.-
Sorrisi, accarezzandogli il volto, mentre il campanello suonava nuovamente.
- Vah, vado ad aprire!- Gli sorrisi, poi mettendomi le prime cose che trovai scesi di sotto e spalancai la porta.
 John era lì ed appena ebbi aperto iniziò a parlare.
- Mer… bel vestito, i miei complimenti!- Mi prese in giro il mio migliore amico notando i miei vestiti e facendo uno dei suoi tipici sorrisi da schiaffi. Si fece da parte facendomi notare la figura snella di Marylin.
- Meredith... – iniziò lei, per poi bloccarsi con un:- Ma come sei vestita??-
Cosa mi ero messa di tanto strano? Mi guardai gli abiti. Le pantofole le avevo ai piedi, la gonna mi copriva fino alle ginocchia,  la camicia di Richy mi copriva il resto.
Allora, perché mi guardavano così? Che c’era di strano.
- Non capisco che avete da guardare. Su entrate, forza!- Risposi io tranquillamente.
- Beh, tranquilla... non vorremmo disturbare.- Iniziò John anche se dalla sua faccia si poteva leggere chiaramente che era curioso ed entrando seguito da Marylin.
- MEREDITH! DOV’E’ LA MIA CAMICIA??- gridò dall’altra stanza Richard che probabilmente non aveva riconosciuto la voce della sorella.
Oh, ecco cosa c’era che non andava!
- Meredith, c’è qualcosa che ci devi raccontare?- Domandò John, con finta non-chalanche, sedendosi sul divano.
Gli lanciai uno sguardo di fuoco.
- Meredith, chi... – Iniziò Richard mentre lo si sentiva scendere le scale. Poi ci fu un attimo di silenzio.
- Marylin! Non è come sembra...- Riuscì solo a borbottare, ancora troppo scioccato per poter dire altro.
Mi voltai a guardarlo. Era riuscito a riprendere i suoi pantaloni, ma era ancora a petto nudo.
- No, sai, Starkey... vi siete vestiti così perché è Carnevale!- Ci prese in giro John.
- Oh, stai un po’ zitto!- Lo sgridò Marylin riprendendosi dallo sciock in cui era caduta da quando aveva visto il fratello. – Comunque ero venuta qui perché ieri non sei venuto a casa e mamma era preoccupata. Così ho pensato che forse era da te se no volevo chiederti di aiutarmi a cercarlo.-
- Beh, lui è qui! Ora però ci dovete raccontare tutto!- Fece John guardandoci curioso.
- Ah, John, smettila! Non voglio sapere nulla sulla vostra nottata!- Dichiarò Marylin, mezza schifata.
- Io ho solo una domanda da fare: Com’è stato?- Ci chiese John.
- Oh... ehm...- iniziammo imbarazzati.
- Direi meraviglioso, anzi no è stato perfetto.- Dissi sorridendo al mio ragazzo che ricambiò semplicemente il sorriso.
- Immagino, allora, che avrete fatto pace.- Concluse ovvia Marylin.
- Sì, direi di sì.- Dissi, avvicinandomi a Richard e baciandolo.
- Bene... allora noi andremo...- Ci interruppe Marylin mentre le mie labbra sfioravano quelle dell’uomo dei miei sogni.
- Perché non chiamate casa da qui e non passiamo la giornata assieme?- Chiesi, discostandomi appena, mentre sentivo Ringo esprimere il suo dissenso dalla smorfia che era trapelata sulle sue labbra.
- Perché mio fratello ti vorrà coccolare.- Scherzò sua sorella, ridendosela dell’espressione di Richard.
Ridacchiai a mia volta, guardando il mio ragazzo che stava facendo un espressione rattristata.
Dopo poco anche John e Ringo stesso ci seguirono, così ci ritrovammo a ridere tutti e quattro senza un vero e proprio motivo.
La prima a ritrovare la parola fu Marylin che, ripreso fiato, eseguì quanto le avevo detto di fare.
- Richy, che ne dici di andarci a cambiare?- Gli chiesi, mentre stringevo con maggior vigore la camicia a me.
- Te lo avrei chiesto io, andiamo.-
Detto questo raccolsi da terra i nostri vestiti, in particolar modo l’intimo ed entrammo in bagno.
Richard non mi diede neanche il tempo di chiuderci dentro che iniziò a baciarmi la spalla, mentre mi spogliava della camicia.
Con una mano si impossessò di un mio seno, per poi stringere leggermente.
Appoggiai la testa sul suo petto lasciandogli una scia di baci, prima di sentirlo infilare una mano sotto la mia gonna.
Gemetti appena mi accarezzò il sesso, prima di biascicare:- Ri-richy... non è il momento, lo sai!-
Lui mi alzò il volto con due dita della mano che aveva levato dal mio seno.
- Sei stata tu a volerli... ma sappi che ti amo. Ti amo così tanto...- Sorrisi per poi baciarlo.
- Sì, te l’ho già sentito dire. Ti amo anch’io!- Gli sussurrai, ancora con le labbra sulle sue.
A quel punto gli diedi la camicia ed indossai il mio reggiseno prima di mettermi la maglietta.
Quando uscimmo trovammo Marylin e John che chiacchieravano concitati.
Come avrei fatto senza di loro?
- Non ci avete ancora spiegato come siete riusciti a far pace!- Disse John, quando si accorse della nostra presenza.
- Semplice... ho seguito il tuo consiglio! Sembra che avesse bisogno di un bacino.- Sorrise affabile Richard.
- Che facciamo ora?- Li interruppe Marylin che non voleva sapere di più sulla situazione e che conosceva troppo bene il suo compagno per far finta di niente.
- Non so.- Fu la risposta intelligente mia e del fratello.
- Che ne dite di ballare un po’?- Chiese John che come sempre si era avvicinato ai dischi ed ora li osservava piuttosto concentrato.
- Ok, scegli tu la musica.- Rispondemmo noi, alzando le spalle. Nessuno sarebbe mai riuscito a rendere più felice John di quanto lo era in quel momento.
- Ecco, questo è perfetto!- Scelse, infatti, dopo qualche minuto il mio migliore amico trovando un quarantacinque giri di Elvis Presley. Era Blue Suede Shoes.
 
Well, it's one for the money,
Two for the show,
Three to get ready,
Now go, cat, go.
But don't you step on my blue suede shoes.
You can do anything but lay off of my Blue suede shoes.
 
Iniziò la canzone già di per se veloce. Ti veniva naturale muoverti per ballarla così in poco ci ritrovammo tutti e quattro in mezzo alla stanza che cercavamo di ballare. Mentre John e Marylin si muovevano nella maniera giusta, Richard aveva un modo tutto suo di seguire la musica. Era molto buffo, ma anch’io non ero da meno. Così se una coppia era precisa nelle sue mosse l’altra si muoveva secondo regole piuttosto precise, ma sconosciute a chiunque non ne facesse parte. Per mia grande gioia io mi ritrovavo nella seconda coppia. Eravamo perfettamente coordinati su parametri tutti nostri.
 
Well, you can knock me down,
Step in my face,
Slander my name
All over the place.
 
Richard mi sorrise, vicino com’era potevo vedere i suoi occhi luccicare. Mi venne un incredibile voglia di baciarlo. Forse avevo fatto male ad invitare gli John e Marylin a restare.
In quel momento mi resi conto di essere la donna più felice al mondo.
 
Do anything that you want to do, but uh-uh,
Honey, lay off of my shoes
Don't you step on my Blue suede shoes.
You can do anything but lay off of my blue suede shoes.
 
Notai con la coda dell’occhio che entrambi i nostri ospiti ci stavano guardando con un sorriso sulle labbra. Solo che Marylin sembrava essere ben felice per il fratello mentre John sembrava stesse pensando a come ridicolizzarci. Sorrisi, consapevole che non ci sarebbe mai riuscito.
 
You can burn my house,
Steal my car,
Drink my liquor
From an old fruitjar.
 
In quel momento mi accorsi che eravamo fin troppo vicini io e Ringo per i gusti di qualsiasi comune mortale. Mi dispiaceva un po’ per il fatto che io e il mio amore ci potessimo baciare alla luce del sole, mentre gli altri non lo potessero fare così mi ripetevo che era stata una loro scelta. Mi allontanai un po’ da Richard.
 
Do anything that you want to do, but uh-uh,
Honey, lay off of my shoes
Don't you step on my blue suede shoes.
You can do anything but lay off of my blue suede shoes
 
Marylin si sedette rivelando un male ai piedi probabilmente inesistente, mentre il disco si girava automaticamente lasciando iniziare Tutti Frutti. Mi piaceva molto quella canzone per quanto le parole fossero corte. Era incredibilmente ballabili.
 
A-bop-bop-a-loom-op a-lop-bop-boom !
 
Mentre la canzone iniziava Richard fece il gesto di suonare la sua incantevole batteria facendo ridere un po’ tutti quanti noi. John fischiò prima di dargli un amichevole pacca sulle spalle.
- Oh, bravissimo!- Urlò Marylin, senza smettere di ridere.
- Ovvio che lo è... è il mio ragazzo!- Urlai di risposta con non-chalance, prima di baciarlo. Se non dice che era il mio fidanzato stavo male e poi non percepivo le sue labbra sulle mie da un po’.
Marylin rise, mentre Richard mi stringeva di più a se.
Dopo un po’ ci lasciammo mentre la canzone continuava, facendoci capire che era arrivata a metà.
 
I got a gal
her name's Daisy -
she almost drives me crazy.
I got a gal
her name's Daisy -
she almost drives me crazy.
She knows how to love me
 
Ricominciammo a ballare e solo a quel punto mi accorsi che dovevo ballare con due ragazzi anziché con uno solo. Facevo di tutto per riuscirci, ma senza risultato, facendo piegare in quattro dalle risate la nostra spettatrice.
- Ehy, la vuoi smettere? Non è che mi diverti, eh!- Feci la finta offesa, mentre gli altri due la seguivano a ruota. Lei mi guardò con le lacrime agli occhi dal tanto ridere, facendomi sghignazzare.
 
Pov Richard
 
Erano arrivati Lennon e mia sorella a vedere se ero ancora vivo e ciò mi aveva rattristato, soprattutto sapere che la mia ragazza voleva che restassero con noi. Non potevamo passare una giornata tranquilla e da soli?
La tristezza, però era durata poco. All’inizio Meredith mi aveva baciato ed ogni volta che poteva ripeteva orgogliosamente che era la mia ragazza. Questo mi rendeva felice. Mi bastava poco con quei tre perché anche se non ero molto silenzioso in quel momento non facevo altro che guardarla ed immaginarci ancora sotto le coperte, stretta fra le mie braccia. La sola consapevolezza che fosse la mia ragazza mi rendeva il giovane più felice del mondo.
In quel momento Meredith e John stavano battibeccando su cosa fare.
Lui voleva andare al Cavern, lei al cinema. Mi piaceva la cosa che non fosse una delle solite ragazzine superficiali che avevano un solo interesse. Lei amava anche la letteratura ed il cinema. Adorava cucire, fare le fotografie e cucinare.
Io la adoravo aiutare in tutto quello che faceva, anche se non ne ero sempre capace, però ci provavo.
- Oh, basta Lennon! Smettila di insistere. Non si può sempre ballare. Non vedi che Marylin ha male ai piedi? Su, andiamo al cinema. Se no tu vai al Cavern e noi andiamo al cinema!- Sbottò Meredith.
- No, chiediamo agli altri, prima!- Rispose John, voltandosi verso di me.
Sinceramente avrei voluto continuare a ballare, ma non volevo che la mia ragazza pensasse che non volevo stare con lei, così dissi:- Mi piace fare entrambe le cose. Ballando potrei mostrare il meraviglioso fiore che amo, ma andando al cinema lo potrei stringere. Quindi non so.- Sorrisi ad entrambi.
- John... io voglio andare al cinema.- Disse la voce di mia sorella che era ancora seduta sul divano.
- Ok, andiamo al cinema!- Borbottò Lennon lanciandomi uno sguardo obliquo.
Che cosa avevo fatto di male?
Mi misi la giacca, poi stretta la mia ragazza a me seguii gli altri due che erano appena usciti di casa.

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Capitolo 28 - Al cinema ***


Capitolo 28 - Al cinema

 Chiedo scusa per l'immenso ritardo. Ho mandato un messaggio a tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo, ma mi dispiace per tutti gli altri. Quindi ringrazio tutti quelli che stanno continuando a seguire questa storia. Vi starete chiedendo il motivo di tale ritardo... non lo so neanch'io. Forse per la scuola o forse perchè non riuscivo a trovarne la voglia... oppure, ancora, perchè temevo di rovinare la storia. 
Fatto sta che adesso sono qui e non vi voglio fare perdere altro tempo, per cui buon capitolo!



John continuava a camminare a passo veloce ed avrebbe probabilmente velocizzato il passo se non si fosse trovato al fianco Marylin con la quale stava chiacchierando sommessamente.
La vidi ridere e guardai Richard, al mio fianco, che seguiva attentamente le mosse dei due.
Mi teneva stretta quasi per ricordarmi che ero la sua ragazza, come se non sapessi di avere il miglior fidanzato possibile.
Con la mano giunsi alla sua e gli e la strinsi, mentre giungevamo al cinema. John si voltò e mi chiese:- Allora... ancora sicura di volerci entrare?- Lo guardai chiedendomi cosa ci fosse che avrebbe dovuto farmi cambiare idea.
- Sì, certo...- Risposi, dopo un po’.
Chiedemmo quattro biglietti ed il mio me lo offrì Richard, anche se lo accettai controvoglia. Lo capivo, però, non doveva essere semplice avere una ragazza più ricca e che si poteva permettere cose che tu non avevi mai nemmeno sognato.
Mi avvicinai a Marylin e le chiesi a bassa voce se quello per cui poco prima stava ridendo fosse qualcosa di privato.
Lei si voltò e sorridendomi mi spiegò:- No, vedi? John stava facendo ironia su sta mattina dicendomi testuali parole: “Chissà cosa ci saremmo trovati davanti se fossimo entrati senza suonare!” Beh, non sono riuscita a trattenermi dal ridere!-
Guardai male John, prima di voltarmi a ringraziare Marylin.
Avvicinandomi ai ragazzi, poi, non potei fare a meno di notare un ragazzo moro ed alto che entrava mano nella mano con una giovane dal volto fino ed i capelli castani. La cosa che mi sorprese fu, però, che avessero un’aria tanto familiare.
Anche Richard doveva star pensando la stessa cosa perché continuava a seguire con lo sguardo i due.
- Richy... secondo te chi erano?- Chiesi, senza levare lo sguardo dalla porta anche se con la coda dell’occhio vedevo anche il mio ragazzo.
Lui si voltò e mi scrutò:- Credo che fossero Violet e Tom... non ne sicuro però... insomma cosa ci facevano mano nella mano quei due?-
Alzai le spalle:- Magari si sono fidanzati!-
Lui mi cinse la vita prima di dirmi fra i capelli:- Noi siamo una coppia migliore!-
Alzai lo sguardo verso di lui fissando i miei occhi castani nei suoi azzurri cielo (limpido).
Sorrisi, annuendo:- Sono più bella di Violet, eh?- Scherzai.
- Oh, sì... basta la tua bellezza per entrambi.- Detto questo unì le sue labbra con le mie senza permettermi di rispondergli.
- Piccioncini... capisco che vi vogliate mostrare in pubblico come una coppia... ma dato che ci troviamo già qui, avete intenzione di entrare o pensate di restare per tutta la durata del film qui fuori?- Ci chiese ironico John.
Ci staccammo, anche se di malavoglia e raggiungemmo gli altri due che erano sul punto di entrare.
Non facemmo neanche in tempo ad entrare in sala che vedemmo un'altra coppia fin troppo conosciuta.
Il ragazzo, dai capelli corvini, non molto alto, cingeva con un braccio le spalle della giovane accanto a sé, che aveva anch’essa capelli mori che scendevano fino a sfiorare le spalle e sembrava essere piuttosto smilza.
Se non fossero stati di schiena probabilmente li avrei riconosciuti, ma in quel caso fu John a ridersela:- Ma guardatelo... il nostro giovane Macca e la sua amichetta!-
A quel richiamo Paul e Loira si voltarono con il sorriso sulle labbra.
- Non credevo che qualcuno sarebbe mai riuscito a portare John Winston Lennon al cinema. A chi dobbiamo l’onore?- Chiese McCartney, prendendo in giro l’amico.
- A questi tre sconsiderati... in particolar modo a Meredith.- Fu la sua semplice risposta, guardandomi di sottecchi.
Vidi Macca ridersela, poi si avvicinò e mi strinse la mano dicendo “Bravissima, sei l’unica dopo Mimi a riuscire a fargli capire che deve diventare più acculturato!”.
Scoppiai a ridere anch’io.
- Ahah! Ironico sta sera, Macca! Ma non presenti la tua amichetta a Ringo e la sua ragazza?- Chiese John, per levare l’attenzione da se.
- Anna, vero?- Scherzai, facendola ridere.
- Dai, Meredith... smettila di prendere in giro Lennon!- Disse, guardandomi nello stesso modo in cui si guarda una creatura strana.
- Ma voi vi conoscete?- Chiese Paul, spostando lo sguardo dall’una all’altra sorpreso.
- Sì, dalle elementari...- Annuì Loira, facendomi sorridere. Non sapevo cosa fosse successo a quel tempo, quindi potevo in un qualche modo comprendere Paul.
- Oh...- Fu, infatti, la sua unica esclamazione.
- Non credevo di trovarvi a venire al cinema... Sai, ho incontrato Giuly e George... sembra che stiano uscendo insieme e secondo la prima nominata si metteranno presto insieme.-
- Ah, capito il piccolo George?- Chiese John, lanciandomi uno sguardo per potersi godere la mia reazione.
All’inizio avevo quasi sgranato gli occhi. Insomma non volevo che George si mettesse con Giuly, ma presto mi accorsi che mi stavo comportando da egoista, così, decisi di usare l’ironia.
- Ma che fai rubi il posto di Rose? Perché se ti scoprisse lei a diffondere certi succulenti pettegolezzi, si potrebbe anche mettere ad urlarti addosso!-
Lei rise di gusto alle mie parole, probabilmente rivedendosi una Rose superarrabbiata che le urlava contro.
- Oh, dai... entriamo! Magari riusciamo anche a trovare dei posti vicini!- Mi salvò Marylin, prendendo me e Loira a braccetto e avviandosi, facendo sì che anche i ragazzi ci seguissero.
All’interno c’erano ancora le luci accese, così potemmo vedere bene le file. Ne notammo una occupata da Tom e Violet che si sorridevano e chiacchieravano amichevolmente, ma appena mettemmo piede dentro si voltarono a guardarci lasciando che una smorfia nascesse sul loro volto. A quella distanza, però, non riuscivo a riconoscere l’espressione così lasciai perdere, mentre cercavo con lo sguardo dei posti liberi.
Fortunatamente il cinema non era ancora pieno e molti posti erano vuoti, così potemmo trovare una fila di posti relativamente libera abbastanza vicina allo schermo, ma non troppo e centrale.
Solo una coppia occupava quella fila, la ragazza dai capelli neri stava praticamente spalmata sul giovane, anche lui dai capelli corvini, che cercava di liberarsi da quella situazione.
Inizialmente pensai che fossero fratelli, poi riconobbi la pettinatura e la statura di George. Cercai di allontanarmi e scegliere un altro posto, ma Marylin sembrava decisa ad avvicinarsi e sedersi proprio in quella fila.
- Dai, Marylin, perché non ci possiamo sedere qui?- Dissi ad un tratto, indicando un posto qualsiasi di una fila qualsiasi.
- No, molto meglio andare più avanti... Oh, ma guarda! Ecco chi erano: George e Giuly! Ciao, ragazzi!- Disse, guardando verso la coppietta felice che stavo cercando di evitare per poi avvicinarsi, trascinandomi dietro di lei.
Alzai lo sguardo, notando che George e Giuly erano voltati a guardarci e George mi stava fissando, allontanandosi dall’altra.
Non volevo fargli questo, era meglio che stessi lontana da lui. Ero con Richard.
Accidenti a me che avevo insistito per andare al cinema!
Accidenti a questa situazione assurda!
Accidenti alla scelta del cinema!
Ma proprio oggi dovevo pensare di andare al cinema?
Ma proprio oggi George doveva decidere di venire al cinema? Non potevo avere meno fortuna!
Mi ritrovai in poco, per quanto tentassi di evitarlo di fronte a lui, con Ringo che giunse e mi appoggiò un braccio sulle spalle. George abbassò lo sguardo, non lo avevo mai visto in quello stato. Giuly, invece, mi fulminò con lo sguardo.
- Ehy, ragazzi, possiamo sederci assieme a voi? Questo posto è perfetto!- Disse Marylin.
Vidi con la coda dell’occhio John voltare lo sguardo da me al chitarrista più piccolo del suo gruppo.
- Io, in realtà, avevo pensato di metterci più indietro... insomma non siamo un po’ troppo vicini?- Si decise a domandare dopo un po’.
- No, Lennon... tu hai problemi di vista e poi se dobbiamo stare con gli altri perché non stare tutti insieme? Siamo amici, no?- Chiese Marylin, senza sapere che stava dicendo qualcosa che avrebbe fatto soffrire alcuni di noi.
- Già, amici...- sussurrò George, volgendo lo sguardo verso di me.
Tentai un sorriso, ma mi venne triste, in più Richard mi strinse di più a se.
- Dai, sediamoci!- Disse, poco dopo.
Ero imbarazzata come non mi era mai successo, ma proprio questo mi doveva succedere?
George l’aveva letta la lettera? In quel momento sperai di no.
Paul e Loira si accomodarono dal lato di Giuly, lasciando però un paio di posti liberi fra di loro.
John si accomodò ad un posto da George, guardando Marylin invitandola a sedersi in mezzo, ma quest’ultima si era messa a chiacchierare con Giuly, sedendosi al suo fianco.
Dopo un po’ si voltò verso John:- Dai, lascia che mio fratello si sieda vicino alla sua dolce Meredith.-
Oh, ti prego no! Guardai John, pregandolo a restare seduto lì.
John rispose alla ragazza:- Marylin, perché non ti siedi tu qui? Io devi dire delle cose a George.-
- Oh, Lennon! Sei sempre il solito! Ora smettila di comportarti da bambino e vieni qui!- Rispose determinata Marylin, volgendosi nuovamente verso l’amica, non lasciando altra scelta a John di fare quello che voleva lei.
Richard, si sedette al lato più estremo facendomi così trovare seduta fra i ragazzi che più amavo.
George aspettò che fosse calato il buio prima di posare una mano sulla mia, sorridendo di fronte a se mentre il film iniziava.
Gli e la strinsi leggermente osservandolo di sottecchi proprio in quel momento Richard tornò a posarmi un braccio sulle spalle, appoggiai la testa sulla sua spalla.
George si voltò a guardarmi con una smorfia ed io tornai dritta, vidi Richard guardare male George e mi voltai a sorridergli.
Avevo pensato a tranquillizzarmi con un film, invece, mi ritrovavo in mezzo ad una lite silenziosa fra due dei futuri Beatles.
Avevo combinato un pasticcio ed ora mi ritrovavo a pagarne le conseguenze.
George mollò finalmente la mia mano, mentre l’altra venne coperta da quella di Richard.
Stavo dando di matto e non riuscivo nemmeno a guardare un attimo di film anche se era tratto da una delle mie storie preferite: Orgoglio e Pregiudizio.
Mi sentivo tanto come Bridget Jones fra Mark Darcy e Daniel Cleaver. Avevo letto il libro di Bridget pochi giorni prima di partire e me ne ero già innamorata, ma non avrei mai pensato di fare la parte della grassa e simpatica Bridget. Solo che non avevo ancora capito chi fra Richard e George fosse Mark Darcy e chi quello da cui difendersi, in quel caso Cleaver.
Ringraziai il cielo quando la scritta “Intervallo” e la luce nella sala ruppe il litigio silenzioso fra i due Beatles che avevo sempre preferito.
Richard, però, prese il momento per unire le nostre labbra.
Non avevo mai percepito meno piacere di baciare il mio ragazzo come in quel momento, non riuscivo a dimenticare, infatti, che lì vicino George ci stava guardando, probabilmente.
Le morbide e tiepide labbra di Richard, però, sembrava volermi fare dimenticare ogni cosa, come successe appena chiese il permesso per approfondire il bacio spingendo con la lingua sulle mie labbra.
Non mi feci attendere che aprì quest’ultime gettando le braccia al suo collo, spegnendo il cervello.
Il bacio durò poco, anche perché se no sarebbe diventato qualcos’altro.
Mi staccai posando leggermente le mani sulle sue spalle, per poi sorridergli dolcemente.
In quel momento mi venne da voltarmi, avevo bisogno di andare a prendere dell’aria per calmare i miei nervi super agitati... ma ciò che vidi mi fece cambiare idea: sì, volevo comunque andare a prendere una boccata d’aria, ma questa volta non per calmarmi, ma per scappare.
George e Giuly si stavano baciando, dovevo avere gli occhi sgranati perchè John mi rivolse uno sguardo strano. Ma perché avevo un’immensa voglia di piangere?
- Richy, vado a prendere una boccata d’aria, ok?- Chiesi, dolcemente al mio ragazzo, che annuì.
Per poco non mi misi a correre verso l’uscita, ma riuscii a trattenermi.
Camminai, cercando di prendere un atteggiamento normale, ma vedere George baciare una mia amica mi aveva praticamente scioccato.
L’avevo già vissuta una scena di quel tipo, ma allora non ero fidanzata. Avrei dovuto aspettarmi che baciasse qualcuno più degno di me.
Ma cosa stavo pensando? Mi dovevo abituare all’idea di non avere più George a cercarmi e a corteggiarmi, mi sarei dovuta abituare alla cosa che George avrebbe vissuto la sua vita nella quale non c’era posto per me.
Ma allora perché mi aveva tenuto la mano, poco prima? Perché aveva cercato la mia mano quando Darcy aveva fatto la sua proposta ad Elizabeth alla fine di quella parte?
Certo Elizabeth gli avrebbe dato un due di picche, ma poi si sarebbe ricreduta. Che mi stessi ricredendo anch’io da ciò che dicevo di non provare per George o per il mio fidanzamento? Non ci volevo neanche pensare.
Ringo era da sempre stato quello giusto, George un po’ meno.
Dovevo solamente farmene una ragione. Appoggiai le spalle contro il muro, cercando di ragionare quando George uscì con un pacco di sigarette in mano.
Da quand’è che fumava e perché non era rimasto dentro dato che in quell’epoca si poteva ancora?
Lo osservai, mentre tirata fuori una sigaretta posava il pacchetto in tasca e senza nemmeno curarsi di accenderla si osservava attorno, quasi fosse alla ricerca di qualcuno.
Accavallai le gambe, seppur fossi in piedi, come facevo alcune volte quando volevo restare nel buio, ma sapevo anche di voler attrarre qualcun altro.
Il suo corpo esile e dolce, con quella nota di infantilità avrebbe attratto chiunque.
I suoi capelli neri mi piacevano infinitamente, quasi quanto gli occhi di Richard. I suoi occhi che in quel momento si guardavano attorno alla ricerca di una persona che in quel momento non trovava mi avevano incastrato dalla prima volta che lo avevo visto.
In quel momento mi ritrovai a dirgli:- Non sapevo fumassi. – Lui si voltò sorridente per poi avvicinarsi.
- Beh, ogni tanto servono.- Mi fece un occhiolino.
- Quindi era me che stavi cercando?- Domandai, restando immobile dov’ero.
- Come mai sei uscita, prima?- Mi chiese, facendo un nuovo passo nella mia direzione.
- Avevo bisogno di aria...- Stranamente ritrovarmelo a meno di un passo di distanza mi aveva bloccato le parole in gola.
- Potevi cercare di non sembrare una fuggitiva.- Mi sussurrò, ad un soffio dalle mie labbra, facendomi rabbrividire.
Mi ritrovai a posargli le braccia al collo, mentre lui mi attirava dai fianchi.
Le sue labbra erano a meno di pochi millimetri dalle mie, ma la mia mente non riusciva a pensare a nulla che non fossero le sue meravigliose labbra rosse che si stavano posando sulle mie, ai suoi occhi che mi fissavano con desiderio ed amore.
Le nostre labbra si sfiorarono appena, all’inizio. Chiusi gli occhi, mentre le mie labbra e quelle di George restavano attaccate, aprì le labbra per poter assaggiare quel sapore speciale che mi era sempre stato vietato e lui fece la stessa cosa.
Sapeva di buono, ma in modo diverso di Richard. Sapeva di biscotto al cioccolato, ma c’era anche una fragranza che era impossibile da ricondurla a un sapore conosciuto. Sapeva di George, un sapore che non avrei mai dimenticato.
Quel bacio fu un attimo. Un attimo meraviglioso, ma sempre solo e soltanto un attimo.
Uno di quelli che avrei sempre ricordato come uno dei più belli della mia vita, anche se proibito.
Fu un attimo perché qualcuno disse, rivolto a noi:- Possibile che vi ritrovi sempre in queste situazioni?- Ci voltammo notando John che ci guardava con le braccia incrociate e la testa un po’ incurvata con una smorfia semi disgustata sulle labbra.
Per un attimo sembrò arrabbiato, ma poi scoppiò a ridere:- Pensate che faccia avrebbe fatto Ringo se vi avesse visto in questa circostanza! Pensare che ha persino insistito per andare lui...-
Si fermò mentre io sgranavo gli occhi. Ci voleva solo che vedesse quel momento. Mi avrebbe lasciato subito. Poi continuò:- Fortuna che sono riuscito a bloccarlo.- Mi disse, questa volta serio.
- Grazie!- Dissi, con un filo di voce, prima di aggiungere:- Ma comunque come mai ci stavate cercando?-
- Oh, certo... il film è ricominciato.- Disse,alzando le spalle.
- Il film tratto dal mio libro preferito è ricominciato, quindi ci stiamo perdendo delle parti... e tu me lo dici così??- Urlai, praticamente all’ultra suono, prima di prendere la mano di George e rientrare dentro.
Per fortuna che era buio se no avremmo ci avrebbero visto tutti che stavamo camminando mano nella mano.
Gli e la lasciai qualche attimo prima di arrivare alla nostra fila.
Richard mi sorrise appena mi sedetti al suo fianco.
 
Pov George
 
Che giornata straordinaria fu quella. Scoprii quale fosse il libro preferito di Meredith e la baciai. Quando mi sedetti al suo fianco mi accorsi che ero stupito che lei si fosse lasciata baciare da me, pensavo che mi avrebbe allontanato o mi avrebbe dato uno schiaffo, invece no, aveva risposto.
Era stato il momento più bello e dolce che avessi mai vissuto, uno di quei momenti che avrei ricordato per sempre. Lei era la donna che amavo, se prima di quel bacio avessi avuto dei dubbi, sarebbero scomparsi in un attimo.
Giuly si strinse a me, quasi ci fossimo fidanzati, l’allontanai. L’avevo baciata solo per ripicca, dopo aver visto Starkey e Meredith baciarsi. Volevo in un certo senso scoprire quanto ci tenesse a me. Ero stato uno stupido, tutto qui. Ne ero contento, però, dato quello che era successo qualche minuto dopo.
Osservai di sottecchi Meredith, mentre accarezzavo la sua mano. Mi sentivo molto Darcy- si chiamava così, vero?-, in quel momento.
Se fosse stato per me avrei capovolto il mondo per darle tutto quello che voleva, ma lei voleva Starkey. Quindi era giusto che la lasciassi andare, eppure non ce la facevo.
Non riuscivo nemmeno a staccare le dita dalla sua mano, immaginarsi se potessi farcela ad abbandonarla per sempre seppur fosse per renderla felice.

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Capitolo 29 - Il momento della verità ***


Scusate il mio immenso ritardo... domani avverto tutti quelli che mi hanno recensito che il capitolo è stato pubblicato. In questi giorni sono un po' intasata dalla scuola: ho la maturità. Per cui non ho trovato molto tempo prima per recensire.... chiesto scusa vi lascio al capitolo. Vi avverto già da subito, però, che questo capitolo è più corto del solito.



Capitolo 29 – Il momento della verità

 
Pov Richard
 
Era ormai passata una settimana da quando io e Meredith avevamo litigato.
In quella settimana le cose erano andate sempre meglio, prima con la fine della scuola poi con i permessi sempre maggiori dei miei di lasciarmi restare dalla mia meravigliosa ragazza per tutta la sera.
Una cosa che non mi avrebbe dovuto stupire dato che ero maggiorenne.
L’unica nota che stonava in tutto questo era lo strano comportamento di lei iniziato a prendere da quando…  eravamo tornati dal cinema con mia sorella e Lennon.
Meredith si guardava attorno ogni volta che sentivamo un rumore durante i tragitti in autobus, si discostava a volte da me mentre la baciavo e teneva sempre gli occhi aperti in quei casi.
Molte volte, poi, la beccavo che sognava ad occhi aperti o che guardava in modo sognante un foglietto che aveva sempre fra le mani, ma che metteva via tutte le volte che mi avvicinavo. Sapevo che era lo stesso perché era sempre più stropicciato ed una volta ero riuscito a buttarci uno sguardo sopra trovandovi dei numeri.
Che quello fosse un numero di telefono? Possibile che mi stesse tradendo? No, probabilmente la colpa era tutta mia, ero stato io ad illudermi che lei fosse cambiata tutto ad un tratto mesi prima, ero stato io che avevo creduto che il suo amore potesse uguagliare il mio. Che poi chi poteva essere fra i suoi pensieri?
La guardai mentre era ancora addormentata al mio fianco, era bellissima. Ma chi stava davvero dormendo accanto a me?
I suoi pensieri e desideri mi stavano sfuggendo, non ero più il suo punto di riferimento. Non era più mia.
Volevo sapere perché non lo fossi, volevo saperlo… ma lei probabilmente non me lo avrebbe detto. Si era allontanata così tanto da me, che non sapevo più riconoscerla. Non sapevo più se avrei potuto riaverla un giorno o l’altro.
Avevo così tanta paura che mi abbandonasse, che mi lasciasse da solo. Avrei dovuto affrontarle le mie paure.
Appena si fosse svegliata avrei dissolto ogni dubbio, se era me che pensava non avrebbe esitato da dirmelo chiaramente.
Erano solo supposizioni, alla fine, no?
Fino a quando non me lo avrebbe detto chiaramente non potevo esserne certo, no?
Non ero io l’uomo giusto per lei, probabilmente. Ma d’altro canto come lo sarei potuto mai essere?
Ero brutto con questo grosso naso e così basso, ero più ignorante di lei a causa del mio continuo ammalarmi durante l’infanzia, ero... uno stupido, perché mai non mi ero accorto che lei stava pensando a un altro prima di mettermi con lei? Perché l’amavo, ecco perché, ma ora, cos’era cambiato?
Dovevo smetterla, anche perché lei si stava svegliando.
La vidi stiracchiarsi e stropicciarsi gli occhi, con dei gesti lenti e sonnolenti.
 
Pov Meredith
 
Cosa mi stava succedendo? Era da una settimana circa che mi sentivo strana. Era da quel maledetto bacio che mi sentivo sporca. Allora perché mi appena tornata a casa avevo cercato il suo stramaledetto numero? Perché appena trovato non lo avevo bruciato o fatto a mille pezzettini?
No, invece, mi ero ritrovata a guardarlo sognante ricordando quelle due labbra sopra le mie. Mi ero persino accorta di starmi mordendo il labbro inferiore. Mentre facevo finta di dormire sentii lo sguardo indagatore di Richard. Lo stavo perdendo. Non riuscivo ancora a decidermi.
Fino a una settimana prima ero certa di aver già compiuto la mia scelta, ma poi c’era stato quel bacio maledetto che mi aveva mandato in pappa il cervello. Da allora non riuscivo più a stare su un autobus calma, ogni volta che sentivo un rumore mi voltavo cercando il nucleo di quest’ultimo, temendo che ci potesse essere George. O lo desideravo?
Ogni volta che baciavo Richiard il mio cervello mi faceva tornare in mente quella maledetta scena.
Il mio cervello ce la doveva avere con me, non c’era altra spiegazione. Non sapevo come comportarmi, non riuscivo a decidermi. Qualsiasi cosa vedessi mi veniva in mente immancabilmente lui e non riuscivo a ricacciarlo nei meandri dei pensieri.
Mi ero accorta che Richy doveva aver capito qualcosa. Mi dispiaceva così tanto... lo amavo, ma amavo anche George, era normale?
Dovevo forse dirglielo, ma se lui mi avesse lasciato? Se fossi rimasta da sola?
Senza Richard… impossibile,avrebbe capito.
Come sarei stata senza di lui? Oh, non ci volevo neanche pensare. Eppure era giusto che lui sapesse. Era arrivato il momento di fare finta di svegliarsi.
Mi stiracchiai e stropicciai gli occhi lentamente facendo un paio di sbadigli per indicare che ero sonnolenta.
Lo trovai a fissarmi.
- Ciao.- Furono le prime parole del mio bellissimo ragazzo.
Gli risposi con un sorriso, beandomi dei suoi occhi.
- Passata bene la notte?- Gli chiesi, senza smettere di guardarlo.
- Insomma... stavo pensando…- Annui, interessata.
- A cosa?-
- Beh, in verità mi chiedevo a cosa pensi tu in questo periodo… Insomma ti ho visto varie volte sognare ad occhi aperti…- Si firmò, guardandomi serio.
Dovevo dirglielo oppure no? Ma in una coppia non bisognerebbe forse dirsi sempre tutto? Sì, gli e lo avrei detto.
- Se ti dicessi a qualcun altro?- Non rispose, si alzò semplicemente.
Lo osservai rivestirsi. Ero stata una stupida. Perché gli e lo avevo detto? Era arrivato, alla fine, il momento di decidere fra George e Richiard.
Si infilò le mutande dopo averle cercate per tutta la stanza.
Se amavo più George…
 Si infilò i pantaloni
…sarei rimasta lì sdraiata nel letto…
Mi strinsi le coperte addosso senza ragionarci, mentre Richie si infilava la maglietta.
…ma forse…
Richiard mi guardò per un attimo, con un espressione imbronciata.
…amavo più Richie quindi…
Si portò una mano verso l’anello che gli avevo regalato.
… mi sarei dovuta alzare.
Fece per sfilarselo, voltandosi dall’altra parte.
Non mi accorsi nemmeno di essere balzata giù dal letto prima di avergli preso un braccio.
- No, ti prego… ti prego, non te ne andare... no, per favore... per favore non te ne andare...-
- Perché non dovrei?- Mi chiese in un sussurro.
Forse lui voleva andarsene perché quel gesto aveva portato rancore contro di me, da parte sua. Per questa ragione rimasi in silenzio.
- Mi sono solamente illuso che tu potessi provare qualcosa anche di vagamente simile a ciò che provo io per te, vero? Ma quanto sono stato idiota? Eppure l’ho sempre saputo di non essere alla tua altezza!- Non stava gridando, ma dal modo in cui alzava ed abbassava la schiena compresi che stava piangendo.
- No, no… io... tu... tu sei la cosa più preziosa e meravigliosa che abbia mai incontrato. Tu sei meraviglioso sia nel tuo aspetto fisico che nel tuo carattere.. tanto prezioso... che io non sono degna di stare con te. Io non sono alla tua altezza. Mi sono comportata come una bambina dal primo momento che ti ho visto... avrei tanto voluto toccarti... perché sei... irresistibile. No, non pensare neanche di avere della colpa. Sono io quella che non so agire quando ho fra le mani qualcosa di così prezioso.- Mentre dicevo quelle parole, mi resi conto che tutto vero. Era quel tipo di verità, però, che non avevi mai voluto vedere.
Io amavo Ringo, ma non mi sentivo alla sua altezza, così finivo irrimediabilmente a pensare a qualcuno più alla mia altezza: George. Ma sapevo anche che senza Richie sarei morta.
Lo vidi scuotere la testa, prima di sussurrare:- Perché mi tradivi se sono così prezioso come dici?-
- Perché… perché io non sono alla tua altezza... così finisco irrimediabilmente a pensare a qualcuno che è meno importante per me. Qualcuno più alla mia altezza. Ma senza di te... io morirei. Non potrei viverci. Per cui non te ne andare... anche se sono sporca, anche se non sono così meravigliosa...- Avevo abbassato la mano e, nello stesso momento anche gli occhi.
Lo vidi voltarsi lentamente.
Non avevo la forza di guardarlo negli occhi, temevo di vedere nei suoi occhi blu così limpidi la sua rabbia, il suo rancore.
- Davvero?- Chiese, invece. Sembrava sorpreso.
Alzai lo sguardo, temendo il peggio, ma potendo solo constatare che mi stava fissando a sua volta e nei suoi occhi si vedeva solo stupore.
- Sì.-
- Io... non ci posso credere... questa è la più bella dichiarazione d’amore che abbia mai sentito... non dovrebbe essere l’uomo a farla?- Chiese, per farmi ridere. La cosa gli riusciva sempre molto bene, proprio come in quel momento.
Ridendo gli balzai al collo, ma mi bloccai quando ero ormai con le braccia su di esso.
- Mi hai perdonato?- Gli chiesi.
- Sì,- Iniziò a dire, facendomi esultare.- Ma...- Continuò.
- Ma?-
- Ma a un patto: mi devi promettere che non mi abbandonerai mai, non mi lascierai solo... il che comporta anche che non farai più niente di quel genere...- Non voleva nemmeno dire il nome “tradire”, era così dolce...
- Ok, se potrò decidere io non lo farò mai. Non ti abbandonerò.- Per firmare questo patto Richiard unì le sue labbra con le mie.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1136999