Se mi lasci così...

di AngelOfSnow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Se mi lasci così... ***
Capitolo 2: *** ... potrei sperare di... ***
Capitolo 3: *** ... rimanere al tuo fianco per Sempre. ***



Capitolo 1
*** Se mi lasci così... ***


Se mi lasci così...
 

 

Hikari adorava poter passeggiare tra le fronde della grande serra che era la sua classe.
Gli piaceva  sentire soprattutto lo scrosciare lento e pacato delle foglie l’una sull’altra.
In qualche modo, sapeva che si sarebbe rilassata, lo percepiva e se ne beava silenziosamente poggiandosi contro il tronco di un albero.
Se doveva essere sincera, gli piaceva anche il venticello contro il viso che le scompigliava appena i capelli lisci e corvini vicino al volto.
Sospirò tranquilla e chiuse gli occhi, abbandonandosi completamente contro la superficie ruvida del legno, per lasciarsi scivolare in posizione fetale.  Con uno scatto secco chiuse il libro che teneva in grembo e lo poggiò al suo lato, conscia che a quell’ora nessuno l’avrebbe disturbata.
<< Che bello... >>
Mormorò e ascoltò in silenzio il continuo canto di una cicala nelle vicinanze, a sottolineare il periodo estivo in cui si trovavano.
 
Sono passati sei mesi...
 
La scuola sarebbe presto finita e con lei tutte le avventure che avevano caratterizzato  quella classe così speciale. Arrossendo, si ricordò di tutti gli avvenimenti che erano accaduti per colpa di quel Kei da strapazzo e mormorò qualcosa di non definito, solo per il gusto di blaterare a vanvera e scacciare quella sensazione di nervosismo.
Sospirò una seconda volta contemplando anche, nel buio dei suoi occhi chiusi, il volto perfetto del proprio ragazzo con una nota di malinconia: le cose non andavano più bene.
Non andavano più bene e non sapeva se la colpa era la propria oppure no, se aveva fatto qualcosa per offenderlo o se era solo uno dei “periodi no” del proprio ragazzo, che sembrava sempre più scostante e facilmente irritabile, specialmente con lei e con i suoi amici.
Con un piccolo mal di testa dovuto al troppo pensare e alla preoccupazione per la situazione in cui poteva trovarsi il proprio ragazzo, aprì gli occhi e si rialzò con un fluente e agile colpo di reni, mantenendosi un po’ curvata e con le mani in avanti per l’equilibrio.
<< Bene! >> disse, chiudendo gli occhi, prima di andare a sbattere contro qualcuno paralizzata in quella posizione.
Velocemente si rimise in posizione eretta e riuscì a guardare solo di striscio gli occhi di Kei, prima che si girasse per andare a sedersi nella sedia. Hikari, rimase immobile a fissare prepotentemente il proprio ragazzo che le aveva rivolto un’occhiata glaciale mentre allentava la cravatta e cominciava a scrivere qualcosa sul portatile in modo velocissimo.
Paralizzata la ragazza fece finta di nulla, scotendo appena la testa, e si avvicinò al ragazzo, cercando di essere il più disinvolta possibile.
Oramai stava facendo l’abitudine a quella situazione che andava avanti da quando Kei aveva ricevuto una strana telefonata, mentre stavano prendendo un gelato insieme, rovinandogli il buon umore e il sorriso.
 
Che non è più tornato sul suo volto.
 
Rifletté, amareggiata.
<< Che stai facendo? >> mormorò e cominciò a massaggiargli le spalle, in quello che voleva essere una coccola dolce e confortante ma che, invece, fece irrigidire ancora di più le spalle di Kei, ricevendo un’occhiata omicida.
Si diede la colpa e della stupida per almeno quindici volte, prima di sedersi nella sedia opposta alla sua per poterlo guardare meglio.
Sorridente o meno, gentile o irascibile nei suoi confronti, Kei, rimaneva sempre un ragazzo eccezionale e lei lo amava più di ogni altra cosa.
Non era normale che lei stesse con le mani in mano guardando la propria relazione sfaldarsi da ogni lato, ma non poteva non notare l’espressione così afflitta che albergava negli occhi di Kei, nascosta da rabbia, rancore e odio... se fosse per lei, ancora era da vedere.
Reduce dalla nottata insonne, Hikari, poggiò la testa sopra i palmi delle mani e i gomiti sul tavolo, per sorreggersi: avrebbe aspettato anche un anno se lui non era pronto a confidarsi e ad aprirgli il suo cuore.
Guardando il riflesso di alcune immagini nei suoi occhi e un’infinita quantità di numeri, si addormentò in quella posizione, mormorando ogni tanto il suo nome.
 
 
Riaprì gli occhi sentendosi scossa da qualcuno e sorrise, vedendo gli occhi di Akira a guardarla dolcemente mentre le accarezzava il viso.
<< Ben tornata fra noi, angelo mio, fatto bei sogni? >>
Scosse la testa e spiegò che non sognava o dormiva decentemente da molto tempo.
<< Se ne conosce il motivo? >>
Quasi disse Kei, ma poi sorrise a se stessa e negò con calma: principalmente era colpa sua, se non riusciva a parlargli, sicuramente.
<< No. >>
Sconsolata, Akira si rimise in piedi sistemandosi la gonna e si guardò attorno, senza dare a vedere di aver compreso quali fossero in realtà i sentimenti dell’amica: preoccupazione.
Hikari, ancora sdraiata, si poggiò l’intero braccio sul viso, mordendosi il labbro inferiore.
 
Perché? Perché si comporta così?
 
Anche se pensava che lo avrebbe aspettato in eterno, anche se era cosciente della sofferenza nell’altro, non riusciva a capirne il motivo e soffriva a sua volta, punta nell’orgoglio.
<< Akira... >> sentenziò, lasciando intravedere un occhio e spostando delicatamente i capelli dal viso.
<< Si? >> rispose l’amica scoccandole uno sguardo complice.
<< Ho bisogno del tuo aiuto. >>
Mormorò infine sedendosi sul divanetto, con un’espressione tra l’indemoniato e il sicuro, mettendo a dura prova l’aggettivo di “angelo” che si era guadagnata...
<< Ho un piano. >>
Aggiunse alzandosi con la determinazione che solo un’amante poteva avere.

 

*****

 
Hikari aveva illustrato in ogni dettaglio il piano congeniato all’amica e questa era rimasta alquanto perplessa dalla rudezza spartana dello stesso, ma aveva accettato assecondando quegli occhi ardenti di determinazione: Kei era solo ed esclusivamente di Hikari e ne avrebbe pagate le conseguenze se fosse successo qualcosa.
<< ... Bene... >> mormorò non troppo convinta, Hikari, guardando i rispettivi amici e dando un veloce Ok con le dita e un sorriso da birbante stampato in volto.
Quasi con la delicatezza di un elefante non appena Ryuu attirò fuori Kei, le due ragazze entrarono dentro la serra schizzando a destra e manca per poter sistemare l’ambiente circostante con le dedite decorazioni e oggetti.
<< Sicure che funzionerà? Hikari sembra pericoloso! >>
Si lamentò Jun, affiancato dagli occhi grandi, cristallini e lucidi di Megumi, che annuiva di conseguenza.
<< So quello che faccio, ragazzi e poi, cosa mi resta da perdere? >>
Rispose in modo gentile la diretta interessata facendo bloccare anche Tadashi, che non capiva proprio perché la corvina avesse dovuto montare una messinscena del genere: non poteva semplicemente chiedergli il motivo?
<< Ma... >> venne interrotto dagli occhi cristallini e lucidi di Akira mentre lo supplicavano di non fiatare. Fortunatamente così fece e pregò seriamente che avesse effetto sul loro così taciturno amico: lo sperava davvero e sperava che quella brutta faccenda non fosse opera di quell’uomo. Ci avrebbe messo la mano sul fuoco, però.
 
Contrariamente a quello che sperava, Ryuu, si rese conto che Kei non lo stesse nemmeno ascoltando, armando continuamente con quel dannato palmare e quell’aria così spiritata.
<< Cosa ti turba? >> cedette infine, facendo alzare, finalmente, gli occhi da quell’aggeggio infernale dell’amico: erano cerchiati da spaventosi aloni viola e arrossati appena, segno evidente di notti insonne.
<< Nulla. >> disse, prendendo e girando i tacchi in modo naturale.
<< Non è vero, si vede che non stai bene e Hikari soffre più di tutti... >> gli mise una mano sulla spalla e strinse appena la presa, vedendo quella luce d’amore brillare senza poter davvero essere liberata.   << Ho una brutta sensazione, amico. La stessa sensazione di quella volta. >> sentenziò lasciando spiazzato il castano.
<< Forse non sbagli. >> proferì, prima di scrollarsi in una volta la mano dell’amico e girando i tacchi, con ancora il palmare vicino al volto e quella sfilza infinita di pratiche da controllare, leggere e... firmare.
 
 
Il telefonino di Hikari prese a vibrare violentemente e la ragazza non lo prese, vedendo scritto sul display il nome di Ryuu. Era il segnale.
<< Sta tornando. >> disse e tutti si misero ai proprio posti, complici ed in attesa. Nessuno osava respirare, anche se sapevano che sarebbe stato impossibile, credevano che in quattro sarebbe riuscita la prima parte.
Si misero due da un lato e due dall’altro delle porte, nascosti in parte dal fogliame in attesa di Kei per poterlo immobilizzare.
Appena Hikari vide gli occhi del suo ragazzo così stanchi e vacui, sopì la sensazione di soffocamento al pensiero della sua riluttanza nel parlargli, e lo acciuffarono troppo facilmente per i loro gusti.
Si guardarono per alcuni minuti in faccia e poi lo legarono per portarlo sul ring.
<< Hikari... >>
Gemette Tadashi e la diretta interessata inarcò un sopracciglio.
<< Cosa? >>
Biascicò con il volto stanco del suo ragazzo a pochi centimetri.
<< Sta dormendo! >>
Hikari annuì ed evitò di farsi salire una crisi di pianto, non sapendo per cosa e, soprattutto, perché fosse ridotto in quel modo.
 
Aiutami a capirti, Kei..!
 
Pensò, prima di poggiarlo sulla sedia e legarlo in modo fisso.
Passarono solo cinque secondi che il castano riaprì gli occhi di scatto, guardandosi intorno e muovendo la sedia. A quel punto si fermò dopo aver incrociato gli occhi di Hikari, combinati in modo simile ai propri dato le ore insonni che faceva la notte, sentendosi particolarmente incline a svelargli ogni cosa.
<< Kei... >> disse e sospirò: non avrebbe dovuto esitare, questa volta.
<< Ti propongo una sfida... è da tanto tempo che non ne facciamo una e la nostra relazione ha bisogno di un incentivo maggiore... ti batterò, questa volta. >>
Hikari evitò di aggiungere altro per non piangere, vedendolo così debilitato e stanco: anche i suoi lineamenti erano diventati più marcati e pronunciati a causa del peso perso.
<< Cosa si vince? >>
Mormorò con voce cavernosa e gutturale, sfibrata, facendo sussultare Hikari.
<< Lo si deciderà alla fine e sarà il vincitore a scegliere. Ci stai? >>
Vide Kei inarcare un sopracciglio e alzare appena l’angolo del labbro sinistro, pieno di entusiasmo ben sopito e calcolatore.
 
Certo, soffrirò ma è la mia occasione...
 
Si ritrovò a pensare, Kei, prima di annuire per lasciarsi slegare da Jun che lo guardava in modo preoccupato.
<< Non sforzarti troppo, mh? >>
Gli rispose con un’occhiata glaciale ma, interiormente, sperava che non l’avrebbero odiato così presto come doveva essere per quell’uomo.
Si misero uno davanti all’altro sul ring e si sorprese nel vedere tutti in tuta da box con guantoni inclusi, tranne Hikari, che aveva mantenuto la divisa bianca.
<< Sarà una sfida impari, questa. >>
Continuò Hikari, indicando le persone alle sue spalle.
<< Avrò modo di dare il cambio a qualcuno semplicemente toccandogli la mano quando mi sentirò stanca. Tutti lotteranno, stanne certo, e se anche uno di loro ti batterà, sarà in grado di decretare la tua sconfitta... >>
Sbuffò infine con un sorriso tirato sul volto. << Io manterrò i tuoi stessi abiti, quindi scomodi per chi non pratica da una vita la lotta libera... ho pensato che potessero mettersi comodi. Cominciamo? >>
Quasi sorrise, Kei, nel vedere la furbizia aleggiare nello sguardo della ragazza che amava e strinse il nodo della cravatta fra due dita, prima di tirarla del tutto via e gettarla in aria, alle sue spalle. Era stanco, dannatamente stanco, ma non avrebbe ceduto e avrebbe vinto a qualsiasi costo.
<< Cominciamo. >>

 

*****

 
Da più di cinque minuti i due fidanzati volteggiavano in aria attaccandosi e difendendosi come delle tigri.
 Nessuno osava fiatare e tutti sapevano che la resistenza di Kei, stava venendo messa duramente alla prova.
Aveva escogitato tutto Hikari: sfiancarlo contro di se ed esaurendolo contro uno di loro, per ripetere la stessa cosa per cinque volte di fila.
Un piano sadico contro il loro migliore amico, ma ne valeva la pena, se poi sarebbe stato costretto a dire loro cosa lo tubava così tanto, no? Così speravano.
Contro ogni logica, Hikari toccò la mano di Megumi facendola entrare sul ring: ovviamente fu un disastro, perché bastò che la ragazza desse un destro, con il pugno chiuso in modo erroneo, per farsi del male alle nocche ed arrendersi.
Sulla lavagnetta che portava con sé, chiese umilmente scusa ad Hikari ricevendo una pacca sulle spalle.
<< Tranquilla, sei stata forte. >>
La cosa che gli diede fastidio fu solo il ghigno di vittoria che già cominciava ad albergare sul volto di Kei.
Tornò sul ring e vide dei segni di cedimento da parte sua, soprattutto negli affondi, dopo cinque minuti e diede il cambio a Jun.
Contro ogni aspettativa, il ragazzo, utilizzò delle mosse di box ben basate, tanto da far corrucciare le sopracciglia di Kei: sfortunatamente fu messo al tappeto con quattro semplici mosse.
Con un sorriso sprezzante, Kei indicò Hikari e risalì sul ring, ringraziando Jun che si massaggiava le natiche indolenzite per la botta subita.
Hikari, diede una raffica di colpi velocissimi a cui Kei rispondeva a fatica e si sorprese di quanto fosse debilitato...
Questa volta passarono dieci minuti e Hikari chiamò sul ring Akira.
Arrabbiata per il suo strano comportamento, Akira, riuscì a fargli perdere una volta l’equilibrio, ma era stata gentilmente messa al tappeto con una mossa sola.
<< Stai bene? >> mormorò Tadashi baciandole una guancia e lei annuì, soddisfatta: stava cedendo.
Andò avanti così anche dopo l’aver messo al tappeto Tadashi con un pugno in pieno stomaco e Ryuu con uno sgambetto, degno solo del peggiore cabarettista, però, cosa quasi impossibile, Kei ansimava dallo sforzo.
<< Sei... rimasta solo... tu. >> mormorò e aspettò che Hikari si fosse messa in posizione prima di attaccarla.
Contro ogni loro prerogativa, inizialmente sembrò Kei sul punto di cedere, ma poi, ad un tratto, videro Kei sorridere in modo sinistro e cominciare a caricare di forza ogni colpo, facendo seriamente del male alla ragazza, che non fiatava incassando e contrattaccando.
Akira emise un gemito infastidito, quando notò il rossore preoccupante di un punto che aveva pochi secondi prima colpito Kei sul braccio di Hikari e su altri punti del suo corpo.
 Non capivano e mai avrebbero potuto farlo: in tutta la sua vita, Kei non aveva toccato Hikari se non con una seria e ammirevole forza di protezione, adesso, sembrava proprio sul punto di volerla ferire gravemente...
Il gemito strozzato di Hikari, stridulo sotto certi aspetti, fece uscire fuori dalle orbite gli occhi di tutti, sentirono un rumore sordo, provenire dal braccio destro che Kei aveva con forza girato su se stesso e videro la maschera di dolore della ragazza.
<< Che cazzo gli stai facendo?! >>
<< Glielo stai per rompere!? >>
<< Lasciala!? >>
Ryuu, Jun e Tadashi, si lanciarono in contemporanea sul ring e Kei si allontanò, stralunato.
Si lanciarono anche le due ragazze rimaste fuori e guardarono gli occhi vacui della loro amica e le condizioni della sua spalla: se non era rotta, sicuramente sarebbe stata lussata.
Kei, cercò di buttare un’occhiata, un’ultima occhiata, alla sua ragazza, sempre se avesse continuato ad amarlo dopo questa e quella che gli riservava, per imprimersi bene cosa portava la sua vicinanza ad Hikari, così da poterla lasciare rassegnato: dolore e preoccupazione.
<< Perché? >>
Si sentì un sussurro aleggiare nella stanza che raggelò sul posto i presenti e ridusse il cuore di Kei in cumuli di sabbia.
<< Se è colpa mia, mi dispiace, qualunque cosa io ti abbia fatto o detto: mi spiace... >>
Aveva gli occhi spiritati verso il tetto, nella stessa posizione in cui l’aveva lasciata Kei, solo che era caduta sulle ginocchia. Alla scena i tre ragazzi gli ringhiarono contro e le ragazze piansero lacrime amare: non se lo sarebbero aspettato da lui.
<< Ho vinto. >> disse mandando giù la bile e rassegnandosi che, finalmente, quell’uomo avrebbe vinto sulla piccola e indifesa Special A, tutto per merito suo. << Hikari? >>
Chiese la sua attenzione e si ritrovò ad essere fissato dagli occhi spenti della diretta interessata. << Si? >>
<< Noi due abbiamo rotto. Non voglio più avere a che fare con te... che sia chiaro: con nessuno di voi. >>
Gli occhi di Hikari si riempirono di lacrime e cominciarono a lacrimare facendogli vedere tutto in modo sfocato.
Vide in modo sfocato la schiena di Kei.
Vide in modo sfocato il salto che compì per scendere dal ring.
Vide in modo sfocato la sua sagoma sparire oltre la porta della loro aula.
Vide in modo sfogato l’assenza della stessa nella sua visuale.
Sentì i propri singhiozzi, dovuti al dolore della spalla e al vuoto nel petto, farsi via via più incessanti.
Sentì mancarle l’aria per il dolore.
Sentì le mani di qualcuno sorreggerla.
Sentì le forze abbandonarla, prima di vedere il buio.

 

*****

 
Kei non si presentò l’indomani a scuola, né in quelli seguenti.
Era divenuto irraggiungibile anche ai telefoni e le persone al suo servizio, ne sapevano meno di quanto potessero credere.
Hikari non sapeva più dove sbattere la testa e la spalla lussata non l’aiutava a fargli rinvigorire il buon umore, anzi.
Continuava a pensare cosa avesse sbagliato con lui, cosa aveva detto, cosa doveva dirgli.
Nessuno, nemmeno i membri della Special A, ne sapevano nulla o riuscivano a ricavare delle informazioni utili.
 
<< Mamma, ti prego, dimmi dove si trova Kei! >>
<< Non lo so! >> sbottava la madre di Tadashi e non perdeva occasione per rimproverare il figlio per l’insistenza.
<< Credi che prenderà il diploma? >>
Questa volta la donna si rese conto di quanto il figlio fosse preoccupato e annuì disinvolta, dandogli una piccola informazione: prima di essere Preside, innanzitutto, era una donna e, cosa assai importante, era madre.
<< Verrà per fare gli esami... >>
Di conseguenza Tadashi abbracciò la madre e poi cominciò a correre per tutto l’istituto prima di arrivare dove stavano tutti i membri riuniti.
Quando aprì le porte, tutti si girarono a guardarlo tranne Hikari, e sbuffo un quantitativo ingente di aria prendendone il triplo.
<< Ho un’informazione! >>
Non ottenne subito gli occhi dell’amica, però quando disse loro ciò che sapeva, poté vedere un sorriso stamparglisi in faccia.
Hikari si sentì finalmente meglio.
Avrebbe continuato a studiare e rimanere la numero due, sperando di superarlo: non si sarebbe arresa, se non prima gli avesse spiegato il motivo per cui non voleva stare con loro e soprattutto con lei.
<< Mettiamocela tutta! >>
Gridò alzando il pugno sano in cielo e trascinandosi dietro quelli dei compagni.
 
*****
 
Erano lì, il giorno del fatidico esame che avrebbe segnato la fine della scuola e delle loro bizzarre avventure a stretto contatto, eppure, erano tranquilli come solo loro potevano essere. Nessuno sembrava turbato per l’esame e nessuno si immaginava che in realtà erano in attesa.
Due mesi di assenza scolastica... cosa diavolo aveva in mente Kei?
Hikari sentì per alcuni secondi l’aria mancarle divenendo più pallida e sudando appena. Si guardò la fasciatura e sorrise, rilassandosi.
In qualche modo, era l’ultima cosa che le aveva lasciato o fatto Kei, anche se era doloroso; ne aveva fatto a meno ed aveva imparato ad utilizzare la sinistra in modo impeccabile.
Lei poteva riuscirci.
 << Studenti... >> prese parola la preside e si sorprese dei volti sicuri e naturali degli SA che stonavano con i volti di tutti gli altri studenti, ridotti in fasci di nervi. Continuò il suo discorso e stipò i vari gruppi in diverse aule estratte a sorte e prese a camminare lentamente per i corridoi: in qualche modo, voleva essere loro vicina e poi era in ansia come madre! Non ne avrebbe avuto di bisogno, in realtà, ma il cuore di una madre è sempre in ansia per il proprio figlio.
<< Preside... >>
Si irrigidì appena sentendo la voce di quell’uomo in persona, arrivare dalle sue spalle e farsi via via più vicina.
Si armò del migliore sorriso e rivolse un’occhiata fugace al giovane studente, prima di riferire lui l’ubicazione dell’aula.
<< Signor Takishima... qual buon vento? >>
 
Kei aveva sicuramente i nervi a fior di pelle.
Tutto il lavoro di quei mesi rinchiuso in un semplice palazzo, come braccio destro del padre, lo stava moralmente demoralizzando.
Per non parlare dei rimorsi che nutriva in primis verso Hikari e poi verso i suoi compagni.
Sospirò per alcuni secondi davanti alla porta e la spalancò subito dopo, prendendo il posto assegnato dal docente di  turno in quell’ora: non vi fece caso e finì accanto ad Hikari.
Deglutì a vuoto un paio di volte notando la fasciatura al braccio destro, ad appesantire di più la sua coscienza, e sentì gli sguardi penetranti dei suoi compagni.
Indagatori e frustrati dal suo comportamento.
Adocchiò il compito e cominciò a scrivere alla velocità della luce, facendo sorridere Hikari, che non perse tempo ad imitare la velocità del ragazzo, stupendolo: ciò significava che lo considerava ancora come quando l’aveva abbandonata.
Si guardarono di sfuggita negli occhi e vide il sorriso sghembo e divertito della nera, facendolo risollevare appena; e lei vide i suoi lineamenti duri, addolcirsi in modo visibile.
Finirono contemporaneamente mezz’ora prima della consegna con la solita atmosfera che albergava quando non era accaduto tutto questo e, gli altri membri, videro un volto familiare passare davanti alla classe: il padre di Kei.
Quasi contemporaneamente Kei strinse la penna fra le dita assumendo lo stesso sguardo freddo e distaccato di prima.
<< Tornerò. >> proferì solamente, prima di andare dal professore e consegnare il compito per uscire dalla stanza.
<< Ma...>>
Non riuscirono a proferir verbo, perché era già scomparso sotto l’ala protettrice della preside, che li guardò con occhi ardenti di comprensione prima di chiudersi la porta alle spalle.
  


To be continued...
  

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Capitolo 2
*** ... potrei sperare di... ***


Musica cosigliata per un'atmosfera palpabile, di questo e dei prossimi capitoli: http://www.youtube.com/watch?v=aFZ7bBaYpcw 
Buona lettura.

 

... potrei sperare di...


Aveva mentito. Kei aveva mentito.
Non era più tornato e a ritirare il diploma ci era andato Aoi con sguardo rassegnato alle domande dei ragazzi: non ne sapeva nulla nemmeno lui.
Ogni membro della Special A, non aveva accettato la fotografia finale in cui mancava Kei e si erano divisi fisicamente senza lasciarsi con il cuore. Si sentivano spesso e si vedevano quando gli impegni non bloccavano o intoppavano i preparativi di una qualsiasi “rimpatriata”.
Jun e Megumi stavano seguendo lezioni per poter affinare le loro tecniche musicali, Akira si imbarcava spesso come Hostess nelle sue linee aeree per poter osservare da vicino il lavoro dei propri dipendenti e rapportare tutto al padre, in incognito ovviamente, Ryuu aveva cominciato ad interessarsi non solo agli articoli sportivi che il padre commerciava, ma anche ad articoli per animali, creando una nuova linea sponsorizzata dalla sua azienda e Tadashi, bhè, Tadashi era quello con meno problemi, visto e considerato che si divertiva a viaggiare con pochi viveri e provviste solo per esplorare cose a lui ignote. Era anche lui, quello che assecondava la nera in ogni avventura o ricerca per trovare Kei ufficialmente approfittando di qualche aggancio o contatto.
Avevano ottenuto solo delle immagini sfocate di lui chino su pile e pile di documenti o a delle semplici conferenze.
Avevano fatto anche delle schermaglie e avevano assaltato le principali sedi del Takishima Group: se non voleva vederli, avrebbe saputo che la cosa non era reciproca e si sarebbe messo in guardia, ma ovviamente non avevano avuto modo di vedere nessuno, se non i buttafuori al servizio della famiglia.
Ovviamente, anche i piani congeniati dalla mente acuta di Sakura o Yahiro non andavano a buon fine.


<< Organizziamo un party per Natale?! >>
Gioì Akira, e tutti i presenti non ci pensarono due volte a dir di Si, poggiando sul tavolo del locale in cui si trovavano le cioccolate calde o i caffè.
<< Quest’anno sta nevicando in modo strano! >> disse Ryuu.
<< Già! Ha cominciato prima e, dicono gli esperti, durerà molto di più! >> sbuffò Jun, prendendosi una gomitata da parte di Sakura.
Gli interni del locale erano addobbati con festoni natalizi e accessori vari su cui puntare gli occhi ed incantarsi. Ed è proprio quello che fece Hikari: si incantò su una palla di vetro che raffigurava una coppietta mano nella mano su una pista di pattinaggio.
<< Dove avete intenzione di farlo? >>
S’intromise Yahiro, giocherellando con la cannuccia che teneva fra i denti.
<< Mmmmh... >>
I volti di tutti si fecero pensierosi ed incrociarono le braccia al petto.
<< Perché non lo facciamo nella Serra..? >>
Gli occhi di Hikari rimasero vacui mentre parlava, però il suo sorriso dolce era ben definito.
<< Posso chiedere se si può! >> rifletté Tadashi, facendo sorridere tutti.
<< E che Serra sia! >> brindarono e anche se sorrideva, Hikari sentiva mancarle un pezzo proprio vicino al cuore.

Kei...

*****


<< Figliolo? >>
Gli occhi di Kei rimasero fermi sul foglio davanti a sé, mentre controllava le clausole con cui avrebbero dovuto avere a che fare.
<< Come sta andando? >>
Il padre sospirò: anche se aveva costretto il figlio a lavorare per lui con un ricatto, vederlo in quello stato lo metteva seriamente a disagio, in fondo, anche lui era stato messo alle strette dal padre.
<< Ha fatto un altro attentato... >> il viso di Kei non si mosse di un millimetro e il padre sospirò una seconda volta. << Era da sola... >> sbuffò, ottenendo una percentuale minima di attenzione. << L’abbiamo presa. >>
Kei si fermò, imbambolato con il viso nel vuoto: cosa voleva da Hikari? Ringhiò a denti stretti e si rivolse al padre con tutto l’odio di cui era capace.
<< Cosa vuoi da lei? Se non rispetti i patti, sai ciò che potrò fare. >>
L’uomo alzò le spalle, indifferente. << Si stava introducendo dai condotti di ventilazione... Le mie guardie hanno fatto solo il proprio dovere. >> disse, girando i tacchi, per fermarsi con la mano sulla maniglia.
<< Dice che voleva consegnarti un invito per una festa e, poi, la figlia di Hanazono-san è come se fosse figlia mia, ricordalo. La trovi nei sotterranei. >>
Kei si bloccò osservandosi allo specchio. Puntò gli occhi sul padre e si sorprese di ricevere le informazioni che desiderava. Senza guardarlo in faccia, uscì dalla stanza e cominciò a correre per tutti i quarantasei piani del palazzo in cui si trovava del gruppo Takishima per ritrovarsi nei sotterranei, stanco e leggermente affannato.
Si guardò intorno un paio di volte ma non notò nessuno, poi, sul terreno, riuscì a notare un piccolo foglio.

Festa per una rimpatriata Natalizia.
Vedi di non mancare!
Giorno 25, ore 23:30.
Firmato: Special A.

La scrittura era leggermente sbavata, come quando si è di fretta e si è pensato di lasciare un avviso improvvisato.
Memorizzò giorno ed ora e immaginò il luogo.
Lasciò cadere il foglietto e si mise alla ricerca di Hikari per poterla anche intravedere, gli bastava anche poter ammirare la sua figura da lontano per stare meglio. Certo, durante questi sei mesi non l’aveva minimamente abbandonata, anzi aveva più foto lui che la sua famiglia però... gli mancava il poterla stringere o baciarla o sfiorarle una guancia.
Con un’espressione molto risoluta, calcolò quale uscita fosse la più vicina e cambiò direzione: se conosceva bene la sua amata, avrebbe preso la strada più lunga per poterlo depistare.
Quasi gli venne un colpo quando, durante la corsa, la vide camminare a passo veloce per il corridoio mentre si passava ripetutamente le mani vicino agli occhi e il corpo veniva scosso da qualche singhiozzo.
Automaticamente si fermò.
Allungò una mano come a volerla chiamare, ma poi, la chiuse riportando il braccio lungo il fianco per guardarla e sospirare, prima di girarsi e camminare a passo lento nella direzione opposta.
Con determinazione prese il telefono e compose un numero.
<< Pronto? >> aspettò la conferma. << Si, passami Kyosuke della sicurezza: ho un compito per lui.



Hikari si sentiva seguita. Non sapeva se fosse maschio o femmina, però sapeva che qualcuno seguiva ogni sua mossa dall’angolo più oscuro e coperto di neve della strada. Ovviamente aveva pensato alla possibilità “maniaco” ma lei era capace di stendere un uomo armato: doveva stare attento chi le si metteva contro.
Ignorando la sensazione, si cominciò a togliere la polvere di dosso, che gli si era appiccata di sopra quando era entrata nei condotti.
<< Dannazione! >> disse e ripensò al modo in cui era stata catturata.
Si era messa a studiare e aveva indicato sulla mappa tutte le sedi Takishima del paese e quelle che erano andati ad assaltare: quella, era l’ultima e sapeva che Kei si trovava lì.
<< Aaaaargh!? >> si stropicciò gli occhi rientrando a casa con cipiglio rassegnato e si stese sul letto dopo aver salutato i genitori: quella sensazione di pedinamento si era interrotta quando aveva varcato i cancelli di casa.

Questa volta Kei non tornerà.
Se a Londra sono riuscita a riportarlo a casa, adesso, i suoi occhi, sono quanto di più deciso io abbia mai visto.

Si addormentò così, con i ricordi di quel giorno e quelli dei loro momenti.
Doveva semplicemente lottare ed aspettare.

*****

<< Fratellone! >>
Sui entrò nella stanza con un tipico cappellino Natalizio.
<< Buon Natale! >>
Chissà per quale motivo, il nonno di Kei, aveva acconsentito a lasciarlo libero dagli impegni, qualsiasi tipo di impegno, mandandolo a casa a festeggiare, come se in quel lasso di tempo non avesse dovuto accollarsi la direzione di una ingente porzione del Takishima Group per salvare i suoi amici dalla bancarotta sicura.
<< Buon Natale... >> rispose di rimando guardando il fratellino con un’espressione intenerita prima di scompigliargli i capelli.
<< Figliolo! >> urlò il padre e di rimando rimase muto ad ascoltare ciò che il suo vecchio avesse da dirgli.
<< Siamo stati invitati dal mio caro e buon vecchio Hanazono-san alla festa di questa sera! Verrai, vero?! >> il ragazzo quasi si strozzò con la propria saliva.
<< Ci sarà Hikari?! >> cominciò ad urlare in modo giocoso il minore dei fratelli, cercando gli occhi quelli del fratello maggiore che rimasero più o meno nello stesso modo.
<< Si! L’invito, c’è’ scritto, dice che si terrà alla serra della tua vecchia scuola! >>
Era incredibile come l’astuzia di quei ragazzi arrivasse a scombinargli tutti i piani ed annuì lentamente dovendosi accollare in silenzio il peso del fratellino che gioiva sulle sue spalle.

Hikari...

Se proprio aveva lottato contro la voglia di andarla a trovare durante tutto quel tempo, sfinendosi psicologicamente, adesso che il controllo di suo nonno era allentato e nessuno avrebbe potuto controllarlo, nemmeno Aoi, cosa lo teneva fermo con le mani in mano? Nulla.
Infatti, un’ora prima della festa, Kei si trovava davanti alla casa di Hikari con una grossa sciarpa di lana legata intorno al collo ed un giaccone pesante a riscaldarlo dal vento, aspettando proprio lei.
Il suo respiro si condensava in nuvolette di fumo bianche e stava ben attento a lasciare le mani dentro le tasche.
In poco tempo sia i capelli che le spalle e alcune parti della schiena, furono ricoperte dalla neve candida, bagnandogli la pelle. Poco importava.
Certo, avrebbe potuto prendersi un brutto raffreddore, in fondo, non aveva avvertito Hikari che sarebbe andato lì... semplicemente l’aveva fatto d’istinto.
Non suonò al campanello.

Che situazione...

Pensò girandosi per tornare da dove era venuto.
<< KEI! >>
L’urlo di Hikari l’aveva raggelato sul posto, più di quanto la neve avesse potuto mai fare.
<< Kei... >>
Questa volta lo disse portandosi una mano alle labbra per l’imbarazzo o per la gioia, sicuramente entrambe.
Non era affacciata alla finestra, ma stava rientrando in casa dalla parte opposta alla sua, con un sacchetto in mano che le cadde al suolo, creando un suono sordo e di poco conto.
<< Hikari... >> portava semplicemente una sciarpa ed un giubbotto che le lasciava intravedere appena le gambe nivee e la gonna fin sopra i ginocchi. Quello che poté notare subito Kei, fu il suo sospiro di sollievo e il tenue rossore che era andato via via ad imporporarle le gote.
Si sentì messo a nudo da quegli occhi così limpidi e contenti, che pensò immediatamente a non inquinarle la vita con la sua sola presenza e nome, sparendo.
<< Non andare... Kei... >>
Distolse lo sguardo dalla sua figura per cinque secondi, prima di sentirsi stringere dalle sue braccia e stringerla al contempo, immergendo il viso fra i suoi capelli.
<< Dove sei stato? >>
Sussurrò la ragazza con dolore e il suo cuore venne trafitto più e più volte.
<< Io... Hikari... >> smise di parlare quando le lacrime gli bagnarono un po’ il giaccone, creando degli aloni più scuri sul tessuto.
<< Non piangere... >> mormorò e strinse la presa sul suo corpo, passandole una mano sulla nuca. Poi sembrò irrigidirsi, Hikari, asciugandosi velocemente le lacrime per indicarlo come solitamente faceva per una sfida.
<< Anche se tu mi hai lasciata, sappi che riuscirò a farti innamorare di me! Stanne certo! >>
Si mosse un po’ in avanti per cercare di afferrarla, ma lei si scansò all’ultimo per guardarlo con occhi tristi e malinconici, che spezzarono di più i buoni propositi per evitare dei guai a tutti da parte del castano.
<< Sentivo che in fondo ero un peso, un’inutile donna con la smania di poter ottenere tutto ciò per cui crede dando tutta se stessa... e speravo di poterti far aprire un po’. >>
Cercò di aprire bocca, Kei, ma Hikari l’aveva già messo a tacere con un gesto secco della mano.
<< Avrei aspettato anche che tu mi aprissi il tuo cuore, per parlare di ciò che ti turbava così profondamente da cambiare atteggiamento nei miei riguardi e con quelli che ti stavano attorno. So, anzi, sappiamo, che questo tuo comportamento non è dettato da ciò che tu sei e vuoi. Ricordi? È accaduta la stessa cosa il giorno prima del tuo compleanno e il giorno stesso del tuo compleanno a Londra. >>
Kei ringhiò a denti stretti e si massaggiò le tempie: cosa avrebbe dovuto fare adesso? Aspettare? Agire?
<< Hikari... >> disse infine, stringendo le mani a pugno ed avvicinandosi a lei, in modo sicuro e risoluto.
<< Ti propongo una sfida. >>
Gli occhi di lei si illuminarono ed annebbiarono un poco, prima che lui potesse afferrarla dalle spalle.
<< Di che si tratta? >> mormorò e poté notare l’esitazione del ragazzo nel toccarla, ma non vi fece caso.
Kei annuì e fece cadere le braccia lungo i fianchi per paura di poterle fare del male una seconda volta con le mani.
<< Se riuscirai a baciarmi, adesso, e capire un minimo di quello che ho provato in tutto questo tempo, torneremo insieme... >>
L’ansia si impossessò degli occhi di Hikari, che si perse in quelli dorati e dal taglio particolare di Kei.
<< Se dovessi perdere, invece..? >>
Si guardarono negli occhi e un sorriso sghembo prese forma sul volto del castano.
<< Non ci rivedremmo più dopo questa sera. >>
Entrambi si avvicinarono. Kei sorrise, notando i guanti con cui Hikari andava in giro e gli prese le mani nelle sue avvicinandosi al suo viso con gentilezza, riflettendo nelle proprie pupille, il sorriso gentile di Hikari. Gli passò una mano sul viso in una carezza, facendola rabbrividire appena e si fermò, guardandola in quella maschera così dolce quanto eterea, prima di sfiorarle il naso con il proprio... poggiarono delicatamente le labbra in un bacio atteso, anelato e sospirato.
Kei premette appena, con ancora la paura di essere allontanato, sulla sua nuca per non lasciarla andare;
Cercò di essere il più chiaro possibile su quello che in quei sei mesi avesse passato e provato, aprendogli il suo cuore. Era rabbia, frustrazione, amarezza, odio, gelosia, timore, rimpianto, amore, soprattutto amore, stanchezza, rimpianto e sicurezza... quella sicurezza che in quel periodo aveva cominciato a vacillare.
E poi si staccarono per cinque secondi, per riprendere a baciarsi dimentichi della bufera che stava imperversando intorno a loro... del resto: Kei era capace di inumane magie.
Hikari, con gli occhi chiusi, riuscì a percepire ogni sorta di emozione provata dal ragazzo che amava e di cui sapeva aver bisogno.
Si staccarono schiudendo gli occhi lentamente senza lasciarsi le mani.
<< Dunque..? >>
Mormorò Kei, riuscendo a non far tremare la voce.
Con un sorriso furbo Hikari lo prese per mano.
<< Te lo dirò questa notte, al termine della festa... così non potrai scapparmi, Takishima Kei. >>
Si sorrisero ben consapevoli di non volersi lasciare.
<< Ci sto. >>


 

To be continued...

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Capitolo 3
*** ... rimanere al tuo fianco per Sempre. ***



... rimanere al tuo fianco per Sempre. 
 

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Akira oramai era preoccupata: Hikari era in ritardo e, anche se i suoi genitori e quelli di Kei erano presenti, di loro due nessuna traccia.
<< Non preoccuparti: saranno a sbaciucchiarsi da qualche parte sotto il vischio! >>
Con un rametto della pianta appena citata, Tadashi si avvicinò alla propria ragazza con passetti quasi fluttuanti per la gioia, ritrovandosi catapultato contro una parete di roccia. 
<< Ragazza, potresti avere delle potenzialità nella lotta libera!! >> urlarono in perfetta sincronia il signor Takishima e Hanazono, strappando delle risate ai presenti.
Megumi con uno sguardo stranito, si strinse appena contro le braccia di Yahiro che la strinse e lesse con malcelato divertimento, ciò che le sue affusolate dita scrivevano con velocità sulla loro lavagnetta: “Si vede che sono i rispettivi genitori!” ... scrisse... “Sono assolutamente adorabili! ♥ 
Yahiro alzò le sopracciglia sinceramente contrito: ciò che vedeva lui, erano le copie identiche dei due loro amici, solo che sembravano brilli e non importava che Hikari fosse una ragazza. Era assolutamente impressionante!
Con un sorrisino furbo, prese un ramoscello di vischio alzandolo sopra i loro capi, facendo arrossire Megumi che chiuse gli occhi aspettando il bacio...non avvenne per colpa della renna che cominciò a mangiare il ramoscello senza esitazione, sbavando appena sulla testa di Yahiro. Balzò in piedi visibilmente schifato dalla situazione, facendo ridere Megumi che scrisse: “Tesoro potresti essere un grande comico!”
<< Ryuuuuuuuuuuu! Prendi questa bestiaccia! >>
Il sorriso dei presenti non tardò ad arrivare, mentre Ryuu si avvicinava all’animale con sguardo innamorato, non accorgendosi che Jun, nella sua versione da playboy, a causa delle attenzioni e dei continui baci di Sakura, con un completo simile a quelli venduti nei sexy-shop di Babbo Natale,  si era messo a cavalcare l’animale.
<< Và mio prode destriero! Questa notte mi regalerò ad ogni ragazza che desidera toccare l’Eden con un dito... >>
Come volevasi dimostrare, anche la renna si mise a fissare il ragazzo, mentre Sakura ed Akira muovevano i fianchi con gli occhi a cuoricino, per la quantità eccessiva di ormoni sprigionati dal ragazzo.
Megumi, Tadashi, Yahiro e Ryuu, divennero delle statue di sale alla scena...
I due bambini, Chitose e Sui, unici con una qualche sanità mentale, si guardarono in volto, traumatizzati, mentre sorseggiavano due tazze fumanti di cioccolata: anche i genitori si erano dati alla pazza gioia.
Ad un certo punto, quando Jun minacciava di cominciare uno spogliarello, il piccolo Takishima si alzò in piedi notando due figure muoversi dietro le porte con passo leggero ed armonioso però, una era strana... con la scarsa luce non si distingueva chi fossero.
<< Ragazzi! Indovinate chi vi ho portato?! >>
La voce di Hikari squarciò l’improvviso silenzio mentre spalancava le porte.
<< Un coniglio? >> si ritrovarono davanti un coniglio formato maxi accanto ad Hikari, la quale sorrideva beata e rinvigorita, che salutava con una zampa all’insù a mo’ di saluto. Poi, accadde tutto all’improvviso: Tadashi si gettò sul coniglio, stringendolo amorevolmente, mentre tutti gli altri lo seguivano con una strana luce negli occhi.
<< Kei! >>
Gioì ad alta voce Megumi, troppo emozionata, e gli tolsero il costume, pezzo per pezzo, lasciando per ultima la testa.
<< Amico mio! >>
 
Hikari alla scena, sentì un groppo di gioia cominciare a formarsi, dove prima stava solo un infinito senso di perdita.
Con la lentezza tipica dell’emozione, tolsero la testa del costume mostrando un Kei con lo sguardo basso e contrito.
<< Ragazzi... >> mormorò ritrovandosi gli occhi puntati contro. Occhi accusatori che si addolcirono come quando un genitore rimprovera il figlio per una marachella: erano arrabbiati, ovviamente, ma la felicità di riaverlo lì aveva già cancellato ogni risentimento.
<< Oh! Finalmente si può mangiare! Ci siamo tutti! >>
Disse Akira mettendosi le mani in tasca, avviandosi alle cucine. << Stava per freddarsi tutto, qui!! >> continuò scatenando l’amore perverso di Tadashi per la cucina della ragazza, tirando Kei per un braccio e sederlo nel suo solito posto da primo classificato. Alcuni sospirarono ricordando i bei tempi, gli altri rimproverarono i primi per quei sospiri così carichi di amarezza.
Mangiarono tra sorrisi e grida di giubilo collettivi e fra una gara e l’altra, arrivò il momento dei regali.
Hikari non aveva mai distolto lo sguardo da Kei, pensando che se lo avesse fatto si sarebbe scomposto in mille particelle d’aria, lasciandola di nuovo sola.
<< Forza! I regali! >> 
Akira e Tadashi spinsero lentamente Hikari fra le braccia del ragazzo, che era rimasto fermo a contemplare i riflessi blu dei suoi capelli sotto la luce con incanto.
Quando si trovarono a pochi centimetri l’uno dall’altra, Hikari alzò un pacchetto verso Kei con le gote rosate.
<< Ecco... questo è per te! S-spero che ti piaccia, Takishima Kei! >>
Arrossì del tutto mentre il ragazzo le sfilava il pacchetto dalle mani e lo scartava con lentezza... rimase folgorato nel ritrovare una cornice di rose ad incorniciare loro due in una foto: l’ultima che avevano fatto insieme in una di quelle cabine per foto-tessere.
Li ritraeva abbracciati, per gli standart di Hikari, con gli occhi sorridenti e le labbra piegate in un sorriso emozionato... almeno Kei, perché Hikari sorrideva a trentadue denti con la testa piegata sulla sua spalla.
Ricordava di averle date a lei per evitare di strapparle o chissà cosa, subito dopo la chiamata da parte della segretaria del nonno, che lo aveva avvisato dell’acquisto delle sei rispettive attività degli amici. Il nonno aveva finanziato i viaggi in tour del padre di Jun e Megumi.
Senza potersi ribellare, visto e considerato che le cose erano ben diverse dalla situazione dell’anno precedente a Londra, era stato costretto a prendersene cura personalmente, togliendosi anche il sonno e la salute. Ogni cosa dipendeva da una sua mossa e i sui amici non avrebbero dovuto saperne nulla. Mai.
<< Kei? >>
Chiamò Hikari, vedendo con quanta tristezza Kei guardava la foto e quasi si pentì di avergliela mostrata.
<< Grazie. >> disse infine, alzando gli occhi verso quelli della ragazza per abbracciarla. Ruggì appena qundo sentì il proprio telefono suonare.
<< Pronto? >>
Maledì mentalmente chi avesse potuto disturbarlo in quel momento e non si stupì che fosse la segretaria del nonno.
<< E’ stato urgentemente dalla massima carica di stato dell’Europa... >>
<< Cosa?! >>  sbottò, allontanandosi dalla stanza sotto gli sguardi dei presenti. Solo il padre di Kei, riuscì a capire la situazione solo dal tono del figlio e, preso per mano il piccolo Sui comprensivo, salutò tutti e si avviò fuori poggiando una mano sulla spalla, senza timore di poter far esplodere il figlio.
<< Sta tranquillo, il nonno dovrà tenermi conto... mh? >>
Kei fermò facendo cenno al padre di non commettere atti avventati.
<< Signorino, non si arrabbi con me, io sto solo dando voce al volere di vostro nonno e del capo di stato Europeo. >>
Grugnì fra i denti e sospirò con un piano ben definito in testa.
<< Si, ok, ci sarò, dammi trenta minuti. >>
Senza ammettere altro, chiuse il telefono in faccia alla donna e con passo mortalmente stanco si diresse verso Hikari e i propri amici.
<< C’è qualche problema... >> insinuò Ryuu, carezzando delicatamente il pelo della renna. Lui annuì.
<< Un problema di quelli grossi. >> finì Akira stringendo la mano di Hikari e il braccio di Tadashi. Annuì di conseguenza.
<< E tu devi andare. >> finì Hikari guardandolo con una punta di tristezza.
<< Io... >> non ebbe il tempo di finire che la ragazza aveva avvicinato il volto al suo, baciandolo con trasporto. Voleva soltanto fargli sapere che tutto quello che aveva sentito lui in quel lasso di tempo, per Hikari era stato il pane giornaliero accompagnato dalla bile e rimpianto. Solo questo.
<< Torna presto, Kei. >>
Disse, mentre fuori imperversava una bufera di neve non indifferente.
Lei lo sapeva, gli aveva raccontato tutto durante il tragitto per andare alla festa e si erano fatti delle nuove fotografie alla stessa macchina, tra i tanti scatti ve ne era una mentre si baciavano. Con uno scatto della mano Hikari fermò le proteste dei presenti con lo sguardo fisso su quello di Kei, che non aveva avuto modo di potersi godere quella così limitata libertà con lei.
Dopo un breve saluto, si girò, incamminandosi a passo fiero e sicuro, mentre cominciava a sentire il freddo sferzargli il corpo e il cuore... la sua luce, la sua fonte di calore sarebbe rimasta lì, ferma e in trepidante attesa. Si girò un secondo, un insignificante secondo mentre tutto veniva offuscato dalla neve e dal vento.
<< Ah! Kei! >>
Urlò ad un certo punto lei, correndogli contro e abbracciandolo per nascondere il vivo rossore sul suo viso, complice freddo e neve.
<< Ti amo. >> proferì, prima di interromperlo un’altra volta. << E... Ho vinto! >>
Una lacrima solcò inesorabile dai suoi occhi mentre si staccavano da quell’abbraccio e Kei si prodigò i prenderla al volo prima che potesse sparire. Gli doleva il cuore per quella situazione e il solo lasciarla sola, lo mandava in bestia.
<< Hikari..? >> soffiò, vicino al suo orecchio. << Sei stata brava, a vincere... Ti amo. >>
 
Si era semplicemente voltato, allontanato e volatilizzato.
Hikari cadde al suolo, troppo stremata anche per potersi mettere a piangere o muoversi.
Singhiozzo per prendere aria e subito i loro amici le si strinsero intorno per confortarla in qualche modo.
La riportarono dentro, oramai piangente, e i loro telefonini squillarono tutti contemporaneamente.
<< Pronto? >> dissero tutti all’unisono. << Cosa?! >>
Proseguirono tutti in coro, tranne Megumi che stava  ancora carezzando le spalle dell’amica, mentre il padre sospirava, lieto che quell’incubo con il Takishima Group fosse oramai estinto.
 
Se mi chiederà di dargli mia figlia in sposa, non esiterò ad acconsentire... un giorno!
 
<< E avete taciuto la cosa fino adesso?! >>
Gridarono in modo isterico i quattro ragazzi, mentre Né Sakura né Yahiro erano a conoscenza di ciò che stesse accadendo, nemmeno il piccolo Chitose aveva saputo qualcosa dal compagno di giochi Sui.
<< Io lo sapevo... >> mormorò Hikari fra un singhiozzo e l’altro, facendo cadere di mano tutti i telefonini.
Come se fossero davanti ad un’aliena, si avvicinarono a lei e le chiesero di cominciare dall’inizio, magari, senza tralasciare dettagli.
Con un sospiro rassegnato e i solchi delle lacrime, prontamente cancellati con il dorso della mano, lasciò che gli occhi guardassero da vicino i ricordi dello stesso pomeriggio, nel bar in cui avevano deciso di organizzare quella festa così ricca di eventi.
 
I due si guardavano come avevano fatto solo in rari momenti di giubilo, di gaudio e di festa per loro due. Di tali momenti ne erano sopraggiunti a bizzeffe, prima di essersi allontanati, ma erano momenti più che altro condivisi con gli amici della Special A e quindi da tenere stretti e legati al cuore.
Kei si era prontamente distaccato da ogni apparecchiatura acustica o di mobilia per non essere rintracciato e braccato.
<< Perché lo fai? >>
Curiosa come sempre si era sporta un po’ verso lui cercando di capire.
<< Perché se mi dovessero rintracciare, ucciderei tutti... >>
Si erano guardati in faccia per pochi secondi prima di guardarsi in modo complice.
Ordinarono da bere qualcosa di caldo e, come raramente accadeva, fu la nera dai riflessi blu ad ordinare.
<< Due tazze di cioccolata calda con della panna, per piacere! >>
Kei avrebbe preferito del caffé, logico, ma non aveva saputo resistere a quel viso raggiante e pieno di vita che tante volte l’aveva risollevato da un’oscurità perpetua... come la luce.
Le due tazze furono poste davanti a loro, senza che se ne rendessero davvero conto, così preoccupati gli uni degli altri a cavare  i reciproci segreti dagli occhi.
<< Perdonami... >> affermò Kei, facendo tossire Hikari.
<< Per cosa dovrei farlo, Kei? >>
Lo sguardo sul braccio della ragazza era stato più che eloquente e il suo sguardo, così carico di sentimento e liquido, facevano sentire ad Hikari la pesantezza di quei mesi, divenire leggera e candida come una nuvola che prende il volo per colpa del calore.
<< Non hai nulla di cui farti perdonare... solo... >>
Aveva detto, girando il contenuto nella tazza con il cucchiaino per far amalgamare la panna.
<< Perché? >> esordì infine, prendendo in contropiede il castano, che esitò solo per cinque secondi con lo sguardo sui vetri del locale che davano sulla strada.
<< Ho dovuto... >> sospirò, riacquisendo quello sguardo afflitto e combattuto. << Per non farvi rimanere a lastrico. >> piccata da quella frase non capendone il motivo.
<< Ma noi non siamo affiliati alla Takishi-... >>
<< Si invece! >> aveva sbottato Kei, massaggiandosi le tempie e chiedendo scusa per lo sfogo.
<< Dopo ciò che accadde a Londra, mio nonno si mise in moto per poter ottenere ciò che voleva: me. Non gli sarebbe importato se fossi stato disposto o meno a seguirlo, se avesse dovuto far del male a qualcuno o far fallire ditte su ditte. >>
Hikari rabbrividì sul posto senza fiatare. Respirava appena e pesantemente, trasmutando il dolore in rabbia verso chi, aveva osato tanto nei loro confronti.
<< Tutto il tempo in cui passammo a scuola dopo quell’evento, così tranquillo e serafico era stato in quel modo solo perché era lui a volerlo... dannazione, se fossi stato attento mi sarei reso conto che pian piano stava acquistando le imprese commerciali di Ryuu, quelle aree di Akira, addirittura gli sponsor per i tour del padre di Jun e Megumi, consegnava i soldi per il mantenimento dell’Hakusenkan e... >> Hikari aveva un’espressione atterrita, con i pugni stretti sul tavolo e un ringhio silenzioso in volto di chi si sente impotente. Si accorse solo dopo dello sguardo così angosciato e frustrato di Kei, riuscendo a ristabilizzare il respiro.
<< Stava per mandare in bancarotta tuo padre... >>
Kei si strinse appena nelle spalle e continuò a parlare.
<< Mi ha obbligato a prendere in mano gli affari dei loro gruppi e dei vostri gruppi, a cui dedicavo incessanti ore per mantenerli al meglio, dormendo per tre ore la notte, mangiando a si e no del sushi o del ramen... il che mi portava ad essere più aggressivo e meno presente per poter valutare le cose da più punti di vista, lavorando sempre e comunque per poter trovare delle clausole sui contratti che permettessero lo scioglimento dello stesso senza dare banca rotta o scendere in vie legali... era stato debilitante il fatto di dovervi forzatamente lasciare, di doverti lasciare per non complicare le cose... quando mi sono reso conto di averti fatto del male, ho realizzato di essermi addormentato mentre lottavo...>>
Hikari stette in silenzio e non toccò più la cioccolata, oramai fredda con dei grumi più scuri un po’ dappertutto.
Era concentrata sugli occhi del ragazzo davanti a sé, preoccupata. Scotendo la testa prese a parlare con fervore.
<< Come farai a liberarti della situazione? Tu starai bene? Noi? Takishima Kei, tu sei un osso duro, non mi venire a dire che non hai un piano!! >>
Esclamò in escandescenza, facendo sorridere il diretto interessato: gli era mancata da morire.
Annuì in modo contrito e si alzarono pagando il conto.
Stettero in silenzio per alcuni minuti, godendosi il paesaggio tranquillo ed innevato che la precedente bufera aveva creato, giocando e ridendo a crepapelle.
<< Guarda, scommetto che riuscirò a fare più nuvolette di fumo di te! >>
Esultò Hikari, trascinandosi il ragazzo dietro ogni possibile sfida.
<< Ho vinto! Ho fatto ventitrè nuvolette, tu ventidue! Mi spiace, Miss numero due! >>
Hikari si infuriava talmente tanto che le divenivano le orecchie blu.
<< Bhè, allora sono convinta che non riuscirai a creare un castello di ghiaccio in cinque minuti! >>
Sfidò e perse clamorosamente contro la fortezza gelata di Kei, costruita in tre minuti.
Con un inchino da sopra la fortezza, Kei si rivolse ad Hikari.
<< Miss numero due, vuole entrare? >>
Ridendo e scherzando si intrufolarono dentro la macchinetta per le foto-tessere e ne fecero di ogni tipo: a cominciare dalle boccacce per finire con carezze e teneri baci.
Poi Hikari trascinò Kei dentro un negozio di cosplay e gli fece indossare un modello di costume da coniglio, simile a quello che aveva utilizzato lei a Londra per nascondersi da lui. Il moro non aveva obiettato, intuendo qualcosa di speciale nel fondo dei suoi occhi.
 
I presenti rimasero scioccati, tranne il padre della ragazza che si limitava ad annuire a tratti alla figlioletta.
Tadashi sbatté un pugno sul tavolo, facendo tremare le cose presenti sopra di esso.
<< Dannazione! Non poteva renderci partecipi della cosa?! >> continuò.
<< Non poteva! >>
Si limitò a dire Hikari, guardando la porta da dove era uscito e la neve cadere, adesso, candida e perpetua.
Si alzò in piedi con i pugni chiusi vicino al volto con uno sguardo vittorioso.
<< Dobbiamo avere solo fiducia e pazienza! >>

 

*****

 Musica cosnigliata: http://www.youtube.com/watch?v=i7k3xiuP-eA 

Kei con un colpo nervoso, mise sul tavolo una cartella trasparente, in cui spiccava il biancore dei fogli su cui aveva lavorato per mesi.
<< Avvocato, mostri cosa abbiamo scoperto, prego! >>
Si accomodò su una sedia, sprofondandoci con un ghigno coperto dalla mano: il suo piano giudiziario era perfetto, i suoi avvocati anche essendo stati prelevati da ogni parte del mondo, e non si sarebbe fatto attaccare facilmente.
Alla parola “avvocato” più di dieci persone si mossero contemporaneamente e nella stanza si levò un soffocato coro di risate, quella di Kei nervosa e trascinata.
<< Masamune, prego, illustri lei i risultati. >>
L’interessato si concesse un piccolo inchino prima di inforcare due occhiali e sguainare una pila di fogli.
 
O affondo io, o l’intero Takishima Group.
 
Sorrise beffardo Kei, calcolando le probabilità di una mediazione.
Passarono ore, interminabili, ma a Kei non pesarono, perché stava lottando per ridare la libertà, prematuramente concessa, alle aziende familiari dei suoi amici ed era sorretto dall’amore che provava per Hikari.
Due mani si andarono a toccare più e più volte, dando inizio ad un applauso di scherno.
<< Nipote, quanto sei ingenuo... >>
Kei digrignò i denti coprendosi prontamente la mano davanti.
<< Il mio sistema giudiziario è perfetto. Non ha falle e tu, così piccolo ed inesperto, vorresti mettermi con le mani al muro? >>
A Kei brillarono gli occhi capendo che l’anziano uomo si stesse arrampicando sugli specchi: era palese dal modo in cui i suoi legali, alle spalle, gli bisbigliavano cose che lui non riusciva a percepire e capire.
<< Mh, Travor? Potresti venire un secondo? >>
Un altro avvocato si staccò dalla sua schiera e, con un accento Inglese non indifferente, illustrò tutte le falle del sistema, facendo sbiancare il vecchio.
A questo punto, con ingordigia impazienza, Kei si alzò in piedi, aprendo una busta che conteneva le clausole dei contratti stipulati un anno addietro, posizionandoglielo davanti.
<< Questo... questo è... >>
Kei ghignò e si girò di spalle, richiamando all’attenzione i suoi avvocati per andare via: se suo nonno fosse stato intelligente, avrebbe fatto firmare i contratti a termine indefinito, non dei semplici contratti annuali.
<< Intendi dire che fossero dei contratti sperimentali, vero? >> lo anticipò il più giovane e il vecchio dovette ricredersi: non era così inesperto come credeva, se era riuscito a trovare una crepatura così insignificante e farne punto di forza.
Quando stava per chiudersi la porta alle spalle Kei si fermò e guardò il nonno.
<< Continuerò a lavorare qui, ma perché lo desidero io, nonno, e poi, voglio che tu mi lasci in pace con chi desidero stare. >>
Si chiuse la porta alle spalle e ringraziò calorosamente tutti quegli uomini strappati alle famiglie nel pieno della notte di Natale, solo per suo capriccio.
<< Il mio gruppo vi ricompenserà a dovere insieme alle vostre famiglie. Scusate il disagio che vi ho procurato... Buone feste. >>
Disse, incamminandosi verso la macchina: aveva bisogno di dormire per due decadi consecutive e, solo dopo aver mandato un messaggio, accomodandosi come meglio reputasse sul sedile posteriore dell’abitacolo, chiuse gli occhi, poggiando la testa contro il finestrino.

 

*****

 
Hikari sobbalzò sul letto, sentendo la suoneria del telefono che l’avvertiva della presenza di un messaggio. Si stiracchiò ben bene e scese grattandosi la testa, sopendo a malapena uno sbadiglio. L’orologio segnava le sette del mattino.
<< Kei! >> urlò, prima di aprire il messaggio portandosi una mano alle labbra, per non urlare ancora dallo stupore.
Rilesse quel messaggio per centinaia di volte, asciugandosi delle lacrime con furore.
Spalancò le finestre della propria camera rabbrividendo appena per il freddo, si mise ad ascoltare il canto di alcuni uccellini, contemplò a lungo il panorama innevato e il cielo, limpido e senza una nuvola, di un brillante azzurro.
<< SI! >>
Esultò, rileggendo ancora quel messaggio.

  
Domani pomeriggio alle cinque davanti casa tua...
Miss numero due, non farmi attendere. 
 

 
Questo messaggio lasciava intendere un mare di cose a cui Hikari pensò divagando con l’immaginazione.
Troppo euforica, compose velocemente il numero di Akira.
<< Ha sconfitto suo nonno!? >> urlò all’apparecchio, stordendo la ragazza che stava dormendo beatamente.
<< Ti rendi conto delle ore di fuso orario che ci sono?! >>
Ringhiò, svegliando Tadashi al suo fianco.
<< Akira, non sei a Rio! >>
<< Mh? Che succede? >> brontolò Tadashi, circondando il busto di Akira con un braccio per trascinarla a sé.
<< Uh, sei con Tadashi?! >> urlò ancora, dando un tono malizioso alla frase.
<< Waaa! Non pensare male, tu! >>
Con un movimento elegante, Tadashi sfilò il telefono dalle mani di Akira, ricevendo un calcio negli stinchi.
<< Hikari? Buongiorno! >>
Disse, abbracciando Akira. << No, non preoccuparti la tua amica non ha fatto cose sconce col sottoscritto, anzi! Naa... ieri sera mi sono intrufolato dalla sua finestra e per non morire di freddo mi ha offerto la coperta... dobbiamo esserci addormentati abbracciati! >>
Finì, ricevendo un pugno in pieno viso con meno forza del solito, che gli fece il solletico.
Hikari, dall’altro capo del telefono sorrise intenerita, prima di dare loro la buona notizia. L’unica cosa che sentì, furono due grida stupite, un tonfo sordo e delle risa, poi cadde la comunicazione.
Fece la stessa cosa con Ryuu e non si stupì di trovarvi anche i due gemelli, essendoci stato un temporale non indifferente la sera prima.
<< Sei in vivavoce, Hikari! >> disse Ryuu, carezzando i capi dei due gemelli e poi di tutti i suoi animali.
<< Buongiorno Hikari! Megumi al mio fianco ricambia! >>
Precisò infatti Jun, facendola sorridere.
<< Dicci tutto! >> continuò Ryuu, mettendosi un grembiule intorno alla vita, acquisendo la solita aria da “mammo”.
Hikari diede la bella notizia anche a loro e, a differenza della situazione precedente, si scatenarono urla di gioia e centinaia di versi animaleschi prima di interrompere la comunicazione.
Si lasciò scivolare sul letto con la schiena e contemplò il soffitto, emozionata.

 

*****

 
Per Hikari il tempo era parso troppo lento: erano le cinque meno quindici minuti e di lui nemmeno l’ombra. Certo era in anticipo, essendo davanti a casa sua, ma pensava che anche lui sarebbe arrivato presto, in modo da colmare la loro lontananza.
<< Hikariiiii! >>
Chiamò la madre e corse giù al piano di sotto con il cuore in gola.
<< Si?! >> urlò, facendo spaventare la donna, mentre le chiedeva amorevolmente di aiutarla con i panni.
Con una scrollata di capo acconsentì e, quando fu sicura di mettere l’ultimo lenzuolo, quasi si sorprese nell’avere due mani in più mentre si prodigava a lisciare il panno...
Si girò di scatto, incontrando la resistenza del torace di Kei e le sue braccia a stringerla in una morsa così dolce da non sembrargli nemmeno lui.
<< K-Kei? >> balbettò, stringendoglisi contro assaporando il suo profumo così intenso.
<< Chi altri potrebbe essere? >>
Si allontanò di poco, Kei, dandole un leggero buffetto in fronte. << Sei pronta? >>
Hikari, per riprendersi dalla morbidezza delle sue parole, chinò il capo e aggrottò le sopraciglia, facendolo sorridere.
<< Si, ma per fare cosa? >>
Con una carezza gentile Kei si spostò facendogli vedere delle valigie al suo fianco e alcune valige accanto ai piedi della madre.
<< Takishima Kei... – balbettò – cosa credi di fare con delle valigie? >>
Sollevato, il diretto interessato, si girò a guardare i genitori della ragazza con un sorriso accennato, ringraziandoli mentalmente per il consenso.
<< Non è ovvio? >>
Con uno schiocco delle dita apparvero due omoni vestiti in nero, e li Hikari riconobbe due dei buttafuori di uno dei palazzi del Takishima Group, che presero al volo le valigie sparendo nel nulla.
Kei, prima che Hikari si risvegliasse dal torpore, velocemente la prese fra le braccia.
<< Sei pronta per un viaggio intorno al mondo, lungo sei mesi? >>
Commentò, ricevendo come risposta le braccia di Hikari al collo.
<< Potremmo fare tante sfide, in giro per il mondo! >>
Esultò, poggiando la testa nell’incavo del collo del ragazzo, riuscendo a sentire il cuore di Kei in una vera e propria implosione, facendola sentire importante.
<< Arriverai sempre seconda, Miss numero due. >>
Mormorò compiendo un agile salto per salire sull’elicottero che in quel momento era sceso dal cielo per prelevare i due giovani.
<< Forse, ma devo ricordarti che finalmente ti ho battuto almeno una volta... >> sospirò di gioia. << Potrei morire in questo momento e non avere rimpianti. >>
Mormorò ad un soffio dal suo viso, immergendosi in quei pozzi d’oro vedendocisi riflessa e Kei poté vedere la sua espressione così innamorata attraverso gli occhi cobalto della propria ragazza. Si sfiorarono le punte dei nasi e socchiusero gli occhi.
<< Sicura che non avresti rimpianti? >> soffiò Kei, impaziente di quelle labbra.
<< No... ne avrei uno solo... >>
<< Quale? >>
Alla domanda Kei ebbe risposta con le morbide labbra di Hikari sopra le sue, in un bacio così intenso, da farli estraniare del tutto: anche alla direzione dell’elicottero.
Si staccarono dopo un po’, con il fiato corto appena, e si sedettero sul mezzo con le dita intrecciate.
Si misero le cuffie per estraniare il rumore assordante delle pale e Kei attirò la sua attenzione con un ghigno degno del suo nome.
<< Dove vorresti che andassimo, prima? >>
Hikari guardò il panorama che era la sua città vista dall’alto e alzò le spalle, stringendosi al braccio di Kei e socchiudendo gli occhi, approfittando della loro vicinanza.
<< Fa tu! >>
Disse non potendo far caso all’espressione così divertita e spaccona del ragazzo al suo fianco, che le si avvicinò ad un orecchio sussurrando.
<< Che ne diresti di Londra? >>
Automaticamente Hikari spalancò ed aprì gli occhi, rizzandosi con il busto per guardarlo in volto.
Come volevasi dimostrare, Kei scoppiò letteralmente a ridere, cosa assai rara, intenerendo la ragazza che non poté fare a meno di rimproverarlo per la pessima battuta.
<< Takishima Kei! Non ci provare nemmeno per scherzo! >>
 

*****
 

 
Kei aveva messo davanti ad Hikari tre itinerari da lui creati da far scegliere alla nera, li avrebbero seguiti tutti e tre, ma per cominciare, si sarebbero affidati al caso o all’intuito della propria ragazza.
Avrebbero esplorato i cinque continenti in sei mesi: record che solo loro avrebbero potuto compiere. Certo, non erano ottanta i giorni, ma avrebbero approfondito ogni cultura, ogni paese... in pratica tutto.
 
Sull’aereo Hikari aveva preso posto vicino all’oblò, ammirano la bellezza delle nuvole e del sole e poi delle stelle e della luna.
<< Dovrei essere geloso di loro... >>
Ammise ad un certo punto Kei, facendo ridere la nera che gli si era fatta più vicina, per quanto i comodi sedili della compagnia di Akira, permettessero.
<< Non dovresti! >>
<< E invece si. >>
Hikari sbuffò divertita, guardando il volto statico in un’espressione di trionfo del ragazzo.
Non commentò più, nascondendo il viso nella sua spalla.
A quella reazione Kei aggrottò le sopracciglia e si voltò a guardarla, sperando di non averla offesa.
<< Ehi... >> disse, non ricevendo risposta.
<< Kei..? >>
Il diretto interessato si mosse quel poco che bastasse per vederla in volto, impallidendo: aveva gli occhi lucidi.
<< Mh? >>
Cercò di essere il più silenzioso possibile, sentendo quell’ombra di rimorso e insicurezza, mordere la sua così statica figura.
<< Prometti di non lasciarmi mai più in quel modo... >>
Disse tutto in una volta e lui annuì, indurendo i muscoli facciali e stringendo appena il pugno libero.
<< Lo prometto. >>
Giurò con una decisione negli occhi da far paura.
<< E... che rimarrai al mio fianco per sempre... >> sorrise, uscendo dal suo “nascondiglio” con le guance completamente in fiamme. Kei sorrise e capì al volo ciò che desiderava, avvicinando il suo volto a quello già proteso in avanti di Hikari. Gli baciò una guancia, caldissima, e poi vi posò sopra la sua, beandosi di quel calore e poi le labbra, giurando con il cuore in mano.
<< Per Sempre. >>  


- Fine -

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