Destiny Games di TheLastPhoenix (/viewuser.php?uid=42545)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** ...e tutto finisce. ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
CAPITOLO
1 - Peeta
Bisogna
accettare il destino soprattutto quando non lo si capisce e saper stare
al gioco.
Paolo
Zagari
Cerco
insistentemente il sonno, ma come ogni anno è difficile
addormentarsi la notte prima della mietitura. Osservo il legno marcio
del soffitto immaginando il destino dei ragazzi che verranno nominati
oggi come tributi, strappati dalle proprie vite e gettati
nell’arena degli Hunger Games per uccidersi a vicenda. E
mentre gli eccentrici abitanti di Capitol City si divertono davanti a
tutto questo, noi dei distretti continuiamo a soffrire in silenzio,
impotenti. Ricordo ancora qualche anni fa quando venne nominato un
ragazzo che conoscevo, non eravamo amici stretti, ma fu lo stesso
straziante vederlo decapitato di netto da uno dei favoriti al bagno di
sangue. Ho paura, non per me e nemmeno per Brad che è la sua
ultima mietitura, ma per Katniss Everdeen. Riuscirei a
sopportare di vederla soffrire nell'arena? Mi volto verso
l'unica finestra della stanza e chiudo gli occhi. Ripenso alla sua
dolce voce che da piccolo m'incantò, al suo volto scavato
dalla fame quando perse il padre in un incedente in miniera e al suo
sguardo spento. Occhi grigi privi emozioni per non mostrarsi debole
davanti alla crudeltà della vita. Nella speranza di non
dover perdere la ragazza che amo riesco a cedere a un sonno privo di
sogni.
Mi sveglio a causa dei forti rumore provenienti dalla strada adiacente
alla panetteria. Ancora un po' appisolato guardo dalla finestra e
vedo gruppi di Pacificatori alle prese con i tecnici della tv intenti,
come ogni anno, a trovare il posto giusto dove posizionare le loro
apparecchiature. Ritorno con lo sguardo nella stanza. Vedo Brad,
coperto fino agli occhi dalle lenzuola bianche, ancora nel suo letto,
mentre quello di Chris è già vuoto. Normalmente
ci alziamo tutti insieme molto presto, ma oggi a noi due è
concesso di dormire qualche ora in più; come se questo
potesse far pesare di meno la mietitura. Senza far troppo rumore
indosso la maglietta e i pantaloni da lavoro, diventati con gli anni di
un color giallo canarino, per poi uscire dalla stanza. Quando raggiungo
la cucina saluto Chris e mio padre legandomi un torcione alla vita.
Osservo quest'ultimo mentre butto senza difficoltà un sacco
di farina sul mio tavolo da lavoro. Vedo nel suo viso, marcato dalle
prime rughe dell'età, lo sguardo perso nel vuoto mentre le
mani affondano le dita nell'impasto molle ripetendo in automatico
sempre gli stessi gesti. Dopo qualche minuti ci raggiunge Brad,
guardandolo in faccia capisco che non ha chiuso occhio stanotte.
— Tutto apposto? — domando quando occupa la sua
postazione vicina alla mia.
— Non ho bisogno del tuo conforto. Lasciami in pace
— risponde acido senza guardarmi. A
differenza del resto della famiglia, Brad e mio padre non riescono a
reggere la tensione in un giorno come la mietitura soprattutto mio
fratello che in queste occasioni diventa molto scorbutico. Nessuno
vuole parlare, lasciando la cucina nel silenzio fino a quando un
fischio proveniente dal retro ci distoglie dal nostro lavoro. Ai piedi
della porta di ferro del retro vedo un ragazzo alto, pelle olivastra,
capelli lisci neri e occhi grigi. É del Giacimento e so
anche il suo nome. Gale Hawthorne. Ha la stessa
età di Brad, a scuola è l'argomento principale
dei pettegolezzi delle ragazze. Vedo mio padre raggiungerlo quasi di
corsa per poi chiudersi delicatamente la porta alle spalle. Qualche
volta compriamo la sua selvaggina e quella di Katniss, infatti loro due
sono tra quei pochi che hanno il coraggio di oltrepassare la recinzione
che circonda il Distretto 12 per cercare cibo nei boschi. Sarebbe
illegale, ma in diverse occasioni li ho visti vendere le loro prede ad
alcuni Pacificatori. Sempre a scuola ho sentito dire che tra loro
c'è una qualche relazione; al pensiero di loro due insieme
mi torce lo stomaco. Se in questi anni non sono riuscito mai a
rivolgere la parola a Katniss è anche per colpa sua. Ne
sono proprio sicuro? Si o forse è solo una scusa
per giustificare la mia paura di parlarle?
Ritorno al lavoro pensando alla sua situazione familiare, costretta da
sola a sfamare sua madre e la piccola Primrose. A volte la vedo
avvicinarsi alla vetrina del negozio per ammirare le torte in
esposizione. A differenza della sorella maggiore, energica e schiva,
lei è fragile e innocente. I suoi capelli biondi e occhi
azzurri si distinguono fortemente da tratti tipici del Giacimento di
Katniss.
Dopo qualche instante la porta si riapre. Vedo mio padre prendere una
pagnotta dalla dispensa e barattarla con uno degli scoiattoli di Gale.
Mia madre odia la selvaggina, per questo mio padre la spaccia come
carne del macellaio che si trova a qualche isolato dalla panetteria.
Sento quest'ultimo fargli gli auguri per poi ritornare al lavoro mentre
Gale si dilegua silenziosamente nel cortile. Ora la tensione in cucina
è meno tesa, infatti Chris incomincia a parlare.
— Potrebbe
essere un'ottima idea preparare una delle tue torte per sta sera,
fratellino! —
esclama sorridendomi. A differenza di Brad, Chris riesce a sorridere
anche in momenti tristi e per questo che lo ammiro fin da quando sono
piccolo.
— Non
ce ne sarà bisogno visto che sarò io a uscire
come tributo oggi — interviene
Brad, senza distogliere lo sguardo dal tavolo, prima che possa
rispondere.
— Non
essere scemo. E' impossibile che esca proprio tu, hai solo sette nomine
— replica
Chris ridacchiando.
— É
facile dirlo per uno che non deve sopportare tutto questo e ride sempre
come uno scemo — Vedo
Chris avvicinarsi a pochi centimetri dal viso di Brad. Mi precipito tra
loro due per dividerli. Non si sono mai picchiati, ma non vorrei che si
arrivassero a tanto proprio oggi. Interviene pure mio padre
allontanando Brad.
— Anch'io
ho rischiato come te di diventare un tributo, ma non per questo mi
sono pianto addosso ogni volta —
grida.
— Piantatela
di litigare —
urlo sovrastando la voce di Chris.
— Vai al diavolo —
conclude Brad liberandosi da mio padre e andandosene di sopra. Il
rumore della porta contro lo stipite fa uscire mia madre dalla tendina
che divide la cucina dal negozio.
— Smettetela
di urlare farete scappare i clienti —
ci urla a bassa voce. Mio padre cerca di spiegarle la situazione, ma
Chris s'intromette.
— Dovresti
preoccuparti di più dei tuoi figli che dei clienti
—
dice infuriato. Non ha tutti i torti, mia madre ha sempre tenuto
più conto le considerazioni dei clienti, invece che le
nostre. Vedo il suo volto farsi paonazzo, ma al suono del campanello
del negozio il colore del suo viso torna al solito rosa pallido e senza
dire una parole scompare dietro la tendina. Guardo mio padre e leggo il
suo rammarico in volto, a differenza di mia madre per lui noi tre siamo
stati sempre il suo primo pensiero. Sento crescermi una rabbia che mi
fa serrare i pugni, tutto questo sta successo per colpa degli Hunger
Games e di Capitol City. Se solo esistesse un modo per far finire
questi stupidi giochi, ma più ci penso e più mi
rassegno all'idea di doverli sopporta per sempre.
Il resto della mattinata scorre velocemente finché arriva
mezzogiorno. Come
ogni mietitura indosso una camicia bianca e dei pantaloni scuri.
Vestiti che in origine erano di Chris, passati con gli anni a Brad e
poi a me, come un po’ tutto in casa nostra. All'una esatta
siamo tutti pronti per andare in piazza. Chris e Brad camminano
entrambi a debita distanza l'uno dall'altro. Spero facciano pace il
più presto possibile. Finalmente arriviamo in piazza
già piena di una parte degli ottomila abitanti del Distretto
12. Chris ci augura buona fortuna sorridendo sia a me che a Brad, ma
quest'ultimo si mette subito in coda ai tavoli di registrazione senza
dire niente. Saluto con un cenno i miei genitori e Chris per poi
guardarli sparire tra la folla. Raggiungo
mio fratello in coda quando un urlo rompe il vociferare della piazza.
— PEETA! — sobbalzo intuendo già di chi
possa essere la voce. Mi volto e vedo Delly, la mia migliore amica,
sbracciarsi cercando di attirare la mia attenzione come se non ci fosse
già riuscita.
— Delly non c’è bisogno di urlare
— le rimprovero a bassa voce prendendole la mano destra e
portandola in disparte. Con la coda dell’occhio vedo alcune
persone fissarla.
— Almeno per oggi evita di urlare in quel modo —
— Lo so, ma potrebbero tuttavia sforzarsi di non sembrare
così…morti — dice abbronciandosi.
— Delly! — le dico con un tono di rimprovero. So
che per lei che è sempre allegra è difficile
sopportare tutto questo, ma anche se me l'ha promesso evidentemente non
riesce proprio a stare tranquilla.
— Ok, mettiamoci in coda — conclude facendo
riapparire il suo solito sorriso. Ritornato ai tavoli vedo Brad
già in mezzo ai ragazzi della sua età. Non passa
neanche un minuto che Delly attacca a parlare.
— Ho visto che non manca nessuno — dice
sollevandosi sulle punte dei piedi e appoggiandosi alle mie spalle per
non cadere. Non so come faccia, ma riesce a ricordarsi tutti i volti
del distretto.
— A parte Katniss —
conclude. Sentendo quel nome mi
blocco. Chi non si presenta alla mietitura senza un ottimo motivo
rischia la prigione e lei lo sa bene. Che le sia successo
qualcosa di grave?
— Arriverà — dico a Delly cercando di
sembrare il più tranquillo possibile. Ma più
passano i minuti e più sale la mia preoccupazione. Il
tempo è scaduto e ora siamo tutti in fila. Un silenzio
domina la piazza. Per queste occasioni viene allestito un palco davanti
all'entrata del Palazzo di Giustizia decorato da stendardi dai colori
scintillanti per l'occasione. In questo esatto momento ad occupare due
delle tre sedie sul palco ci sono il sindaco Undersee e la
accompagnatrice del Distretto 12 arrivata direttamente dal Capitol
City, Effie Trinket, con la sua strana capigliatura rosa e il suo
vestito verde scarlatto. Mentre il sindaco incomincia il solito
discorso su Panem e i Giorni Bui cerco con lo sguardo Katniss in mezzo
alle ragazze. Essendo del mio stesso anno si dovrebbe trovare alla
stessa altezza della fila. Scorgo tutti i volti, ma lei non
c'è. Cerco ancora fino a quando intravedo in lontananza, con
i suoi capelli biondi raccolti per l’occasione Primrose.
Questo dev'essere il suo primo anno di mietitura, Katniss non
l'avrebbe mai lasciata da sola in un momento del genere. Che
sia scappata nei boschi? Subito
raddrizzo lo sguardo. A pochi metri da Brad vedo Gale. Non sta
guardando il palco, è rivolto verso la fila delle ragazze.
Seguo il suo sguardo e capisco che anche lui sta osservando Primrose. Cosa
sta succedendo? Urlo confuso nella mia testa. Il fischio del
microfono sul palco mi distoglie dai miei pensieri.
— Prima le signore — la voce squillante di Effie
Trinket rimbomba nella piazza. La
vedo avvicinarsi all’ampolla contenente i nomi di tutte le
ragazze del distretto. Dietro di lei scorgo un altra persona oltre al
sindaco. Sarà sicuramente salito sul palco durante il
discorso iniziale. Per via dei suoi gesti goffi capisco che
è ubriaco marcio. Haymitch Abernathy. Uno dei due vincitori
del Distretto 12 in settantatré anni di Hunger Games e
l’unico ancora in vita. Vedo Effie Trinket ritornare al
microfono a piccoli passi. Rifletto sull'assenza di Katniss e penso che
avrà avuto un ottimo motivo per non venire e lasciare da
sola sua sorella. Tiro un respiro di sollievo al pensiero che sia
salva, almeno per quest'anno, ma non faccio in tempo a rilassarmi
completamente che il nome pronunciato da Effie Trinket mi sconvolge.
— Primrose Everdeen —
Tutti
gli occhi sono puntati su di lei mentre si avvia verso il palco con i
pugni serrati ai fianchi. Quando mi passa vicino vedo il suo sguardo,
spento, uguale a quello di Katniss. Tutti la fissano, tutti tranne Gale
che ha la testa china a terra. Sento Effie Trinket presentarla al tutti
i presenti per poi avvicinarsi all’ampolla dei ragazzi,
estrarre il nome e annunciarlo alla piazza. Non ci faccio caso, ma
penso a come si sente in questo momento Gale. Se Katniss è
ancora al Distretto 12 con molta probabilità sarà
lui a darle la brutta notizia. All’improvviso si volta verso
di me guardandomi come se mi avesse letto nel pensiero, ma poi anche il
resto dei ragazzi mi fissano
— Peeta Mellark —
É il
mio nome quello pronunciato da Effie Trinket. Dovrei
raggiungere il palco, ma sento qualcosa che mi blocca. La paura? Mi
muovo solo dopo qualche secondo, mentre mi dirigo sul palco cerco di
realizzare ciò che è successo. Ci riesco solo
quando mi ritrovo davanti a tutto il Distretto. Vedo ogni singolo
sguardo puntato su di me, su di me e Primrose i tributi del Distretto
12 dei settantaquattresimi Hunger Games. Scorgo sotto di me Brad con lo
sguardo a terra, mentre vedo tremargli la mano destra. Come una doccia
fredda questo momento è arrivato lasciandomi confuso, non
avevo preso in esame una mia nomina, ma ciò è
avvenuto. Sento qualcosa dentro di me, forse il rammarico di non aver
passato al meglio gli ultimi istanti con la mia famiglia. Inspiro a
fondo e mi rassegno. Dico addio alla mia vita, alla mia famiglia e ai
miei amici. Mi volto leggermente verso Primrose e penso a sua sorella,
comunque vadano le cose dico addio a Katniss.
Per Sempre.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
CAPITOLO
2 - Peeta
Guardo,
dalla finestra, la piazza svuotarsi in pochi instanti. Dopo che
la mietitura è finita ci hanno portato al primo piano del
Palazzo di giustizia scortati dai Pacificatori e rinchiusi ognuno in
stanza separate, sorvegliate dall'esterno. Mi guardo attorno esaminando
i fronzoli che sommergono la piccola camera. Tutto è
elaborato dai mobili alle siede, dalle pareti ai divani. Rifletto sui
pochi giorni che mi rimangono da vivere, non avendo alcuna
possibilità di sopravvivere nell'arena morirò
sicuramente entro ventiquattro ore dall'inizio degli Hunger Games.
Potrebbe essere un ottimo risultato visto la moltitudine di ragazzi
deceduti dopo neanche cinque minuti dal fischio iniziale. E' strana la
sensazione che sto provando adesso. Dopo aver sentito il mio nome
pronunciato da Effie Trinket tutte i problemi e le paure che avevo fino
a stamattina mi sembrano stupidaggini. Penso a Katniss e rido pensando
alle volte che ho provato a parlarle, ma senza riuscirci per paura di
essere respinto. A poco a poco sento il rimorso contorcermi le
interiora e gli occhi gonfiarsi. Il rumore della porta che si spalanca
mi trattiene dal piangere. Dietro al Pacificatore di guardia compare
mio padre. Vedo il suo volto provato. Ecco che si è avverato
il più brutto dei suoi incubi. Vorrei
dirgli di non preoccuparsi per me, ma non ci riesco. Ci abbracciamo
senza dire nulla, mentre guardo entrare mia madre e Chris con il suo
solito sorriso. Vederlo mi risolleva un po' il morale.
— Guarda
il lato positivo — mi
dice dopo che mio padre si stacca da me.
— Mangeremo
la torta per festeggiare il tuo ritorno
—
conclude.
Riusciamo a ridere per qualche instante per poi capire a vicenda che
non ci sarà mai un momento del genere.
— Dov'è
Brad? —
domando strofinandomi gli occhi arrossati. Nessuno fa in tempo a
rispondere che lo vedo comparire dalla porta. Sta cercando di non
piangere. Per qualche istante lo vedo esitare, ma poi si avvicina e mi
stringe forte a sé. Sento le sue lacrime bagnarmi le spalle.
Non riesco più a trattenermi e vedo che neanche Chris ci
riesce.
— Ho
provato ad alzare la mano, ma non ci sono riuscito. Ho avuto troppa
paura di morire, sono solo un vigliacco. Scusami fratellino —
confessa
rotto dalle lacrime. Non dico niente, riesco solo a piangere. Certo non
lo biasimo. Come mi sarei comportato io? Non so
darmi una risposta, ma non m'interessa. Sento Chris abbracciarci con
il volto rigato dalle lacrime. Può darsi che tra di noi ci
sia sempre qualche battibecco, ma alla fine ci vogliamo bene e sono
felice di avere due fratelli come Brad e Chris. Il tempo a nostra
disposizione scade, ci stringiamo per un ultima volta tutti assieme,
anche mia madre, e poi li vedo scomparire per sempre dietro la porta
rimanendo da solo con le mie lacrime. Mi lascio cadere su uno dei
divani e, con la testa tra le mani, continuo a piangere. Sento la porta
riaprirsi. Sarà sicuramente Delly. Mi asciugo subito le
lacrime e cerco di sorridere. Alzò lo sguardo e sento un
tuffo al cuore quando vedo che non è lei. Mi alzo di scatto
e guardo lo sguardo spento della ragazza che amo, guardo gli occhi
grigi di Katniss Everdeen.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
CAPITOLO
3 - Katniss
Qualche
ora prima...
Urlo,
con tutto il fiato che ho in corpo. Ogni dieci secondi sento il dolore
salirmi dalla gamba fino a esploderai in testa. Tra una fitta e
l’altra cerco di capire dove mi trovo. Tutto è
sfocato ricoperto da un insolita nebbia, riesco solo a distinguere due
puntini gialli che mi fissano. Aguzzo la vista per guardare meglio, ma
un'altra fitta di dolore mi trapassa il corpo. Urlo, ma non riesco
più a sentire la mia voce. Gli occhi incominciano a
chiudersi da soli piombando in un sonno senza sogni ne incubi. Quanto
tempo è passato? Minuti, ore o giorni? Adesso che
il dolore si è attenuato riesco a ricordare. Stavo
oltrepassando la recinzione del Distretto 12 dietro Gale quando ho
sentito un forte dolore alla gamba destra. Prima di svenire mi pare di
aver visto vibrare il filo spinato in modo innaturale. Apro
delicatamente gli occhi e metto a fuoco il viso di mia madre sopra di
me. Vedo le sue palpebre caderle pesanti sugli occhi e le goccioline di
sudore rigarle il volto. Mi fa un leggero sorriso. Apro la bocca per
parlare, ma esce solo un leggero sibilo.
— E’ tutto a posto
sono riuscita a curare l’ustione. Fortunatamente nessun
tessuto si è carbonizzato — Ecco cos’era
quel dolore. La pelle lacerata dall’ustione causata dalla
corrente elettrica della recinzione. Distolgo lo sguardo per esaminare
l’ambiente. Sono in cucina, sdraiata sul tavolo. Rivedo i due
punti gialli negli occhi di Ranuncolo. Ha uno strano ghigno sul muso,
starà godendo nel vedermi soffrire. Guardando il sole fuori
dalla finestra capisco che sono passate alcune ore e ricordo
all’istante che giorno è oggi. Il giorno della
mietitura.
— Prim — dico con un
filo di voce cercando di alzarmi. Mia madre cerca di tenermi sdraiata,
ma non ce ne bisogno perché i muscoli cedono e ricado con un
colpo secco sul tavolo. Emetto un gemito di dolore.
— Gale è riuscito a
convincerla ad andare in piazza — dice ripulendomi il viso
dal sudore freddo. Solo ora mi accorgo di essere completamente bagnata.
— Voleva rimanere qui a
curarti — prosegue. Penso a Gale e Prim. Lei ha solo una
nomina, è impossibile che esca come tributo alla sua prima
mietitura invece Gale ne ha quarantadue.
Penso a me stessa. Cosa
dirò ai Pacificatori quando stasera busseranno alla porta di
casa? E’ a causa dell’improvviso allaccio
della corrente elettrica che mi ritrovo in questo stato. Anche se la
maggior parte degli agenti sa che vado a caccia non possono far finta
di niente nel giorno della mietitura. E se anche non dovessi
andare in prigione chi sfamerebbe la mia famiglia? In questo
stato non potrei cacciare e Gale ha la sua famiglia a cui pensare.
Sollevo lo sguardo per osservare quante è grave la ferita. I
pantaloni sono stati tagliati all’altezza della coscia per
facilitare le cure. Intravedo la carne violacea sporgere dalla gamba.
Sento l’impulso di vomitare, ma riesco a trattenermi.
Appoggio di nuovo la testa sul legno umido cercando di pensare a
qualche soluzione per sopravvivere nei prossimi mesi. La crema tiepida
che mia madre mi cosparge sulla ferita mi distoglie un attimo dai miei
pensieri.
— Per qualche ora dovresti
stare meglio — dice incominciando ad avvolgermi alcune bende
attorno alla gamba. Da quando mio padre è morto ho
incominciato a considerare mia madre una persona debole incapace di
reagire davanti alle difficoltà della vita, ma guardandola
ora mi domando come faccia a sopporta la vista di certe ferite. Accetto
la tazza contenente un miscuglio verdastro che mi ha preparato e dopo
un po’ d'incertezza la bevo tutto d’un sorso. Non
so cosa sia, ma recupero un po’ le forze e grazie all'aiuto
di mia madre riesco a mettermi seduta sul tavolo. In lontananza sento
alcuni passi farsi sempre più forti. La mietitura
è finita. Cosa sarà successo?
I minuti scorrono e io e mia madre stiamo in silenzio in attesa che
Prim torni a casa. Piano piano il Giacimento ritorno alla
normalità e quando decido di scendere dal tavolo per andare
ad affacciarmi alla finestra la porta si apre. Ho un tuffo al cuore nel
vedere Gale. E’ pallido in volto, ma sono felice di vederlo.
Gli sorrido cercando il suo sguardo, ma i suoi occhi mi evitano.
Dubbiosa allungo il collo per cercare Prim alle sue spalle, ma la porta
si chiude all’istante. Sento mia madre soffocare un urlo.
— Gale, Dov'è Prim?
— gli domando fissandolo in cerca di una risposta, ma questa
non arriva.
— DOV'È'?
— la mia voce si alza in un urlo. Il suo sguardo finalmente
incrocia il mio.
— Prim è
stata… — Non riesce a finire la frase che mi trovo
già in piedi diretta verso la porta.
— Non può essere,
lei aveva solo una nomina. Forse posso ancora prendere il suo posto
— Nessuno parla. Capisco che a questo punto è
tutto inutile, ma ci devo provare. A metà strada perdo
l'equilibrio, ma riesco a non cadere a terra aggrappandomi a un mobile
della cucina. Sento Gale avvicinarsi per aiutarmi.
— LASCIAMI STARE
—gli urlo rialzandomi. Sbatto la porta di casa è
incominciò a correre il più velocemente possibile
verso la piazza. La ferita ricomincia a farmi male, ma è
niente a confronto a quello che starà provando Prim in
questo momento. Sento gli occhi riempirsi di lacrime. Non
piangere, non piangere, mi ripeto. Una forte fitta di dolore
fa cedere la gamba destra facendomi ritrovare a terra. Non
piangere, non piangere. Ma è tutto inutile. Prima
mio padre e adesso lei. Tra le lacrime penso al suo dolce viso, candido
come quello di un angelo, al suo sorriso innocente e mi rassegno alla
cruda realtà di aver perso la mia sorellina, di aver perso
Prim.
Per Sempre.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
CAPITOLO
4 - Katniss
"Potremmo farlo sai? Lasciare il Distretto. Scappare. Vivere
nei boschi ". Le parole di Gale mi risuonano nelle mente un
po’ beffarde come se fossero state un avvertimento di
ciò che sarebbe successo oggi. Da quando è morto
papà ho cercato di proteggere Prim con tutte le mie forze.
Le ho impedito persino di prendere tessere per me e mia madre, ma non
è stato sufficiente per salvarla dalla mietitura. Non volevo
che il suo nome venisse estratto. Non volevo che subisse la
crudeltà degli Hunger Games. Non voglio vederla morire senza
che possa far nulla per evitarlo.
Più mi avvicino alla piazza e meno gente affolla le strade
finché non arrivo davanti al Palazzo di Giustizia, sola.
Sento lo sguardo del Pacificatore in cima alla scalinata scrutare ogni
mio movimento, come un aquila in attesa di catturare la sua preda. Sa
già che non ho partecipato alla mietitura? Non mi
stupirei se mi arrestasse da un momento all’altro. Stringo i
denti e salgo fino in cima. Ogni gradino mi procura una fitta atroce.
Mi costringo ad aggrapparmi al corrimano ardente mentre sento le dense
gocce di sangue scivolarmi lungo tutta la gamba fino a bagnarmi il
piede.
— Che vuoi? — mi
domanda raggiunto il pianerottolo. Cerco di stare la più
dritta possibile per nascondere la mia sofferenza, anche se le fitte
non mi danno tregua.
— Voglio offrirmi volontaria
come tributo — sento la mia voce distante, come se fosse
un'altra a parlare.
— Hai deciso di morire?
— dice non trattenendosi da una risata. La sua voce arrogante
m'irrita a tal punto da assomigliare al raschiare delle unghia contro
una lavagna. Improvvisamente vedo il suo sguardo illuminarsi.
— Non sarai per caso la
ragazzina che non si è presente alla mietitura? —
— Sono venuta qui per prendere
il posto di mia sorella — ribadisco alzando il tono della
voce. Sul suo volto vedo comparirgli una smorfia.
— Quella mocciosetta sarebbe
tua sorella? Per colpa sua ho perso un bel po’ di soldi
— Sento ribollire la rabbia dentro di me, ma cerco di restare
calma. Lo osservo estrarre il manganello e servirsene per alzarmi
leggermente il mento.
— La tua non è un
ottima situazione, ma se vuoi posso sorvolare sulla questione in cambio
di qualcosa — la sua risata maligna mi fa perdere il
controllo. Allontano l’arma con il dorso della mano e in un
attimo mi ritrovo a spingere l’avambraccio contro il suo
collo. Vedo i suoi occhi spalancati fissarmi incredulo mentre il colore
del suo volto diventa lentamente viola.
—Fermati — una voce
alle mia spalle mi riporta alla realtà. Mi stacco
immediatamente dal Pacificatore che incomincia a boccheggiare cercando
di catturare più aria possibile mentre si massaggia il
collo. Stavo per ucciderlo? Sarei arrivato a tanto contro
questa feccia? In pochi istanti lo vedo riprendersi
completamente per poi dire qualcosa a bassa voce.
— Brutta puttana —
La sua voce arrogante si trasforma in uno stridulo acuto quando
conficco il mio ginocchio sinistro in mezzo alle sue gambe. Forse
si.
— Basta Katniss —
Sento le mani di qualcuno allontanarmi da lui. Dai capelli color rame
del Pacificatore davanti a me capisco che si tratta di Darius.
— Quella ragazzaccia mi ha
aggredito senza che ne avesse motivo. E’ completamente pazza!
— Incomincia a vaneggiare la guardia.
— Cosa? — replico
incredula, ma la voce di Darius sovrasta la mia.
— Ho detto basta. Se stanno
così le cose farò rapporto — Rimango
sconvolta dalla sua reazione. Lui è uno dei pochi
Pacificatori del Distretto che mi sta simpatico. Ho sempre pensato che
fosse diverso dagli altri, ma forse mi sbagliavo.
— Preciserò che
l’agente Sirius Baker è stato aggredito e
sopraffatto da una sedicenne disarmata e gravemente ferita —
Il colore del suo viso cambia di nuovo. Ora invece di diventare viola
si tinge di un forte rosso. Faccio spuntare un mezzo sorriso di scherno
sul mio volto e vedo che la cosa lo fa imbestialire. Odio i tipi come
lui che approfittano dei problemi della gente per ricattare e abusare
le donne del Distretto. Io sono una delle poche che nella mia
situazione riesce a trovare cibo nei boschi, ma se non fossi capace a
cacciare sarei sicuramente finita tra le grinfie di questi animali.
— Te ne pentirai —
ringhia con un filo di voce superandoci per poi scomparire in un vicolo
secondario. Ora lo sguardo di Darius è puntato su di me.
Riesco a leggere il rammarico nei suoi occhi. E' dispiaciuto
per me e Prim? E' per quello che è intervenuto?
— So perché sei qui
Katniss — Sono stupita che lo sappia, forse lui
può far qualcosa per...
— Mi dispiace, ma non puoi
più prendere il suo posto — Sento una fitta al
cuore. L’unica possibilità di salvare Prim
è svanita per sempre.
— Solo in caso di una sua
morte prematura saresti costretta a prendere il suo posto —
Sarebbe troppo sopportare la morte di Prim e partecipare agli Hunger
Games. O forse no? Che importanza può avere ora che sono
rimasta sola. Lo sento aprire la grossa porta d'ingresso del Palazzo di
Giustizia per poi continuare a parlare.
— Si dovrebbe trovare al primo
piano, in fondo al corridoio. Vai pure da tua sorella e non
preoccuparti per la tua assenza di oggi, metterò una buona
parola per te — Sono riuscita a scampare alla prigione, ma
che futuro posso avere senza Prim in quella casa dove tutto mi ricorda
lei. Vorrei
ringraziarlo, ma non faccio in tempo che richiude la porta. Incomincio
a percorrere
l’atrio ripensando alla prima volta in cui entrai qua dentro.
E’ stato dopo la morte di mio padre per ricevere la medaglia
al valore in quanto figlia maggiore. Raggiungo il primo piano con lo
stesso senso di disperazione che accomuna quei giorni ad oggi.
Davanti a me vedo finalmente la porta che mi separa da Prim,
sorvegliata da un’agente. Ad ogni passo che faccio cresce la
paura di non riuscire a dirle addio. Nel silenzio del corridoio riesco
a sentire le lacrime di dolore provenienti dalla stanza del tributo
maschile. Non ci faccio troppo caso visto che l’unico ragazzo
a cui tengo nel Distretto e Gale. Il ricordo del suo sguardo pallido
incapace di dirmi la brutta notizia aumenta il mio dolore. Lo so che
non ha nessuna colpa, ma non riesco a non prendermela in parte con lui.
Quando sono abbastanza vicina, senza preavviso, l’agente di
guardia spalanca la porta. La paura mi percorre tutto il corpo come se
non avessi mai voluto che la aprisse. Ma
poi la vedo. Seduta, con indosso quel vestito troppo largo per lei,
dondolare i suoi piccoli piedi mentre guarda dalla finestra. Quando si
accorge di me si tuffa subita tra le mie braccia.
— Ero preoccupata per la tua gamba — mi sussurra
nell’orecchio.
— É
tutto apposto — Non è vero, ma non voglio che si
preoccupi per me. Lei che pensa prima al bene degli altri che al suo,
lei che vede del buono in tutti, lei così fragile per subire
tutto questo. Restiamo in silenzio finché la porta si
riapre. Sono venuti a portarmela via? Mi alzo di
scatto nascondendola dietro me per proteggerla dai Pacificatori, ma
compare mia madre. E’ evidente che ha pianto, ma ora sta
cercando di trattenersi. La vedo andare verso a Prim mentre sento la
guardia autorizzare Gale ad entrare per poi richiudere la porta. Per un
attimo incrocio il suo sguardo, ma distolgo subito il mio. Ora sono io
che non voglio vederlo. Forse non ci fa caso perché si
rivolge subito a mia sorella.
— Non sottovalutarti, piccola — dice con il suo
solito tono di voce.
— Non lo farò — replica sincera lei.
— Conosci centinaia di piante e sei un ottima guaritrice, in
questo sei più brava di me e Katniss messi insieme
— le sue parole le fanno comparire un leggero sorriso.
Sentire Gale che le da consigli su come sopravvivere mi fa sentire un
verme. Ho dato per scontato la morta di Prim che mi sono dimenticata
che è ancora viva. L’ho tradita. Ho tradito pure
Gale eppure lui si sta prendendo cura di lei mentre io sono paralizzata
dal dolore. Mi faccio coraggio e intervengo nella discussione.
— Ti ricordi quando ti ho portato nei boschi — Vedo
un suo cenno con la testa.
— É
molto probabile che nell'arena ci siano foreste simili. Dormendo sugli
alberi sarai al sicuro dagli animali feroci e imparando a utilizzare un
coltello potrai ...— Mi blocco subito. Stavo per
dire "uccidere"? Ho potuto veramente pensare che una come Prim potesse
farlo?
— ...sopravvivere — conclude Gale percependo la mia
incertezza.
Il tempo passa troppo velocemente e rimane solo un attimo per un ultimo
doloroso abbraccio.
— Ti voglio bene sorellina — dico in urlo di
disperazione strappata dalle suo abbraccia dalla guardia
— Anch’io — Colgo un'ultima volta il suo
volto, tra i raggi del sole, con il suo sorriso spensierato prima di
essere scaraventata davanti alla porta nell'angusto e buio corridoio.
Resto immobile incapace di lasciarla andare via.
— Katniss — sento la voce di Gale, quella stessa
voce di stamattina che mi stringe di più il cuore. Gli occhi
incominciano a riempirsi di lacrime. Non rispondo subito.
— Vorrei restare un attimo da sola — riesco a dire
camuffando la mia voce. Fortunatamente non insiste e dopo pochi secondi
rimango sola.
Quando mi costringo di andarmene una seconda porta si apre. Mi volto
leggermente colta dalla curiosità di sapere chi è
il ragazzo che tra qualche giorno cercherà di uccidere Prim.
Con la sua robusta stazza riconosco subito il fornaio e immediatamente
l'immagine del figlio più giovane mi campare nella testa. Perché
penso a lui proprio adesso? Aspetto, in attesa di vederlo
comparire dalla porta, ma questa si chiude di scatto e capisco che
Peeta Mellark è il tributo maschile di quest'anno. Pur non
conoscendolo provo un pizzico di rammarico per lui. Forse
perché non lo mai ringraziato per avermi aiutata qualche
anno fa? Rivivo l'attimo in cui ricevetti il suo aiuto che mi
permise di sopravvivere e... Un'idea improvvisa mi balena nella mente.
Non faccio in tempo a rifletterci su che irrompo nella sua stanza.
Lo vedo seduto con la testa tra le mani. Sta piangendo. Quando incrocio
il suo sguardo, il suo sorriso forzato scompare. Leggo nei suoi occhi
lo stupore della mia visita.
— Ti prego, proteggila — dico con un filo di voce.
Sento gli occhi gonfiarsi fino a che non riesco più a
trattenermi. Mi vergogno. Sono talmente disperata che ho appena chiesto
a un tributo di proteggere Prim, ma non voglio vederla morire. Non
voglio. Mi volto per uscire dalla stanza, nascondendo il viso pieno di
lacrime, quando sento la sua voce.
— Aspetta — Tutto succede in pochi secondo. La sua
mano sinistra afferra la mia e in un attimo mi ritrovo tra le sue
braccia. É come ritornare a quel giorno d'inverno mentre
correvo a casa con il pane appoggiato al corpo. Sento il suo calore
bruciare a contatto con la mia pelle mentre il profumo dolce del pane
si mischia al gusto amaro delle lacrime.
— La proteggerò per te — mi sussurra
nell'orecchio. Rimango sorpresa dalla sua risposta, ma poi sento un
nodo stringermi la gola e la paura attanagliarmi il cuore. Sono stata
una stupida a venire qui. So che alla prima occasione nell'arena la
ucciderà, nessun protegge un altro tributo. Allora
perché mi sta mentendo? Perché mi vuole far del
male con false promesse? Cerco di staccarmi da lui, ma
all'improvviso sento le sue labbra contro le mie. Il cuore incomincia a
sussultare e un fuoco mi divampa dentro. Per un istante i miei dubbi
scompaio e le mie incertezze sul ragazzo del pane si volatilizzano. Lo
sento staccarsi da me troppo presto e come un
Déjà vu il nostro tempo è finito.
Prima di scomparire dietro la porta vedo le sue labbra sussurrarmi
qualcosa, ma non faccio in tempo a capire che mi ritrovo nuovamente nel
tetro corridoio davanti a quella maledetta porta. Ancora confusa mi
dirigo vero le scale e cerco di riassaporare quel fuoco che a poco a
poco si spegne lasciandomi qualcosa dentro che fino ad allora non avevo
mai provato.
Speranza?
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
CAPITOLO
5 - Katniss
Cammino
tra le vie del Distretto 12 senza sapere dove sto andando. Nella testa
rivivo gli ultimi istanti passati con Prim e il ragazzo del pane. I
loro volti e le loro voci si susseguono in continuazione senza mai
fermarsi. Cammino pensando solo a loro, isolandomi completamente da
ciò che mi circonda. All’improvviso calpesto
qualcosa di morbido che scompare subito da sotto i miei piedi facendomi
cadere a terra. Mi guardo attorno confusa come se mi fossi risvegliata
violentemente da un incubo. Vengo colta dal panico quando non capisco
subito dove mi trovo, ma lentamente riconosco le rozze case del
Giacimento ricoperte dalla loro solita patina di cenere. Senza volerlo
sono arrivata fino a casa e scopro che la cosa che mi ha fatto
inciampare è Ranuncolo. Lo vedo a pochi passi da me, con una
smorfia di dolore sul suo muso, soffiarmi contro per poi scomparire in
mezzo ad uno dei cespugli ai lati della strada. Decido che è
arrivato il momento di sbarazzarmi definitivamente di quel gatto
rognoso. Mi rialzo e mentre raggiungo il punto in cui è
sparita quella bestiaccia vengo attirata da uno strano rumore provenire
da dentro casa. Qualcuno sta piangendo. Sento il suo respiro farsi
sempre più corto, rotto da piccoli singhiozzi ripetuti.
Immediatamente ripenso alle notti in cui venivo svegliata da quel
singhiozzare e capisco subito chi è che sta piangendo.
— Prim — urlo
correndo verso la porta. Forse mi sono svegliata veramente da
un incubo? Forse mi sta aspettando! Afferro la maniglia, ma
non faccio in tempo a girarla che la porta si apre da sola. Non
è lei. Vedere mia madre comparire mi stringe il cuore. Prim
è andata via per sempre. Accetta la realtà.
Mi ripeto nella testa, ma senza effetto. Sento tutto il dolore
accumulato fino ad ora uscire fuori senza che possa fare niente per
fermarlo. Incomincio a correre via verso l’unico posto in cui
posso essere me stessa, i boschi. Non voglio che qualcuno mi veda in
questo stato. Sento la voce di mia madre chiamarmi, mi dice di tornare
indietro. Come potrei vivere in quella casa piena di ricordi
amari?
Immersa nel silenzio degli alberi verso le mie lacrime, urlando la mia
sofferenza. Oltre a Prim penso a mio padre. É come ritornare
indietro nel tempo. Riprovo lo stesso senso di solitudine, ma ora fa
più male sapendo che tutto quello che ho fatto per
proteggerla è stato inutile. Sapendo che forse era destino
che rimanessi per sempre sola. Il mio sguardo si posa sulle bende tinte
di rosso del sangue delle gamba destra. Sento nella mia testa risuonare
la risata sgradevole del Pacificatore di guardia al Palazzo di
Giustizia. Ride di me e di quella ferita che non mi ha permesso di
salvare Prim. Colma di rabbia incomincio a colpirla con i pugni come se
potesse far smettere quella voce arrogante, ma questa si fa sempre
più forte fino a trasformarsi in una risata sibilante con lo
stesso accento di Effie Trinket. Ora sento gli abitanti di Capitol City
ridere del mio dolore fino a farmi male la testa.
— BASTA — urlo
disperata tappandomi le orecchie con le mani pieni di sangue. Il bosco
prende improvvisamente vita, con conigli e scoiattoli che scappano via
nelle tane spaventanti dal mio grido, per poi tornare il silenzio tra
gli alberi e per sino nella mia testa.
Le ore passano lentamente e quando arriva il tramonto ho smesso da un
bel po di versare lacrime. D’istinto mi alzo e incomincio a
dirigermi verso casa, ma l’idea di vivere il resto della mia
vita senza Prim mi stringe il cuore. Passerà,
mi dico nella testa. So che la sofferenza passerà con il
tempo, ma non voglio dimenticare. Non voglio che il suo viso scompaia
come quello di mio padre. Cambio direzione e mi dirigo verso valle. A
sole già inoltrato raggiungo uno dei posti preferiti da mio
padre quand'era ancora vivo, un lago immerso nei boschi con un piccola
costruzione in cemento, ancora in piedi da diverso tempo, vicino alla
riva. Mi avvicino alle sponde sabbiose, tolgo lo stivale della gamba
destra e la immergo per intero provando un leggero sollievo quando la
ferita viene a contatto con l’acqua fresca. Sciacquo via
dalle mani il sangue che nel frattempo si è seccato per poi
lavarmi dal viso le lacrime piante. Con il calar della notte il dolore
si attenua. Non curante degli animali feroci rimango sulla riva
accovacciata, con le gambe strette al busto, a fissare il chiarore
della luna sul lago senza pensare a nulla. Lentamente sento le palpebre
farsi sempre più pesanti fino a quando cedo alla stanchezza
e mi addormento con la testa appoggiata sulle ginocchia. Prima di
lasciarmi andare completamente ripenso al ragazzo del pane e al suo
bacio, arricciando le labbra in cerca di quel calore in questa fresca
notte.
Una dolce calura sul viso mi sveglia delicatamente dal mio sonno. Apro
debolmente gli occhi, ma li richiudo subito accecata da sole. É
già mattina inoltrata. A fianco a me noto immediatamente un
piccolo cestello, di quelli intrecciati con la paglia, con alcune
foglie di quercia in cima a proteggere il suo contenuto. Al suo interno
scopro una moltitudine di bacche bluastre accompagnate da un piccola e
tiepida pagnotta. Sarà stato Gale a lasciarmelo. Lui
è l’unico che conosce questo posto oltre me. Non
tornando più a casa, mia madre gli avrà chiesto
di cercarmi. Ripenso a come mi sono comportata ieri con lui. Siamo
sempre stati una coppia affiatata, pronti ad aiutarci a vicenda e
proprio nel momento del bisogno lo scacciato via senza permettergli di
aiutarmi. Sono stata stupida a dare la colpa a lui per quello che
è successo a Prim. Spero che delle semplici scuse bastino
per non perdere il mio compagno di caccia. Ricordandomi solo ora di non
aver toccato cibo per un giorno intero inghiotto in pochi istanti le
bacche riempiendomi la bocca di polpa fresca. Anche se affamata esamino
per qualche istante la pagnotta. Scorro le punta delle dita sulla la
superficie rugosa e inspiro affondo il suo profumo.
— É
dalla panetteria! — esclamo a bassa voce ripensando a Peeta
Mellark. Affondo i denti nel impasto morbido pensando al significato
del suo gesto. Non ho mai avuto a che fare con lui dopo quel giorno
d’inverno di quattro anno fa. Infatti ieri è stata
la prima volta che gli ho rivolto la parola. Allora
perché mi ha promesso di proteggere Prim? Perché
mi a baciata? Cerco una risposta fino a quando giungo ad un
unica spiegazione che mi lascia sorpresa. Forse prova
qualcosa per me. Perché mai un ragazzo di città
dovrebbe interessarsi ad una ragazza come me? E se anche fosse,
perché non ha mai provato a parlarmi? Alla fine
decido di non pensarci più visto che ora non ha
più importanza. Tra meno di una settimana inizieranno i
giochi e quando sarà nell’arena
scoprirò veramente le sue intenzioni anche se
sarà troppo tardi.
Dopo aver finito il mio pasto scarno slego le bende e controllo le
condizioni della ferita. Come pensavo i pugni di ieri hanno peggiorato
la situazione. Oltre alla carne non ancora rimarginata è
comparso un enorme livido violaceo che mi compre metà gamba.
Ripenso a mia madre e al suo sguardo affaticato dopo avermi curata.
Sento un pizzico di rancore per essere scappata via
all’improvviso. Ieri stava piangendo, sarà
ripiombata nello stesso mondo buio di quando morì mio padre?
C’è solo un modo per scoprirlo. Rifascio come
meglio posso la gamba, raccolgo il fragile cestello e mi dirigo verso
il Giacimento.
Raggiungo il Distretto molto lentamente, un po’ per la ferita
e un po’ per i miei timori, ma quando arriva il momento mi
faccio coraggio ed entro in casa. Nella penombra della cucina vedo mia
madre scattare in piedi dalla sedia in cui stava e venirmi subito
incontro. Non faccio in tempo a dire nulla che ricevo senza preavviso
uno schiaffo sulla guancia destra. Non sono mai stata picchiata da lei
e tanto meno da mio padre e per questo la guardo stupita del suo gesto,
ma poi noto le borse sotto gli occhi e le rughe marcate sul suo volto. Non
sarà riuscita a chiudere occhio stanotte per colpa mia?
— Scusami. Pensavo di aver
perso anche te — dice abbracciandomi forte a sé.
Dev'essere stata dura per lei vedersi scomparire due figlie in un unico
giorno. Solo ora mi rendo conto di essere solo un’egoista.
Non ho creduto in Prim, ho rifiutato l’aiuto di Gale ed ho
abbandonato mia madre. Ho deluso tutti quelli a cui tengo.
— Mi dispiace — dico
con un filo di voce sentendomi arrossare gli occhi dai sensi di colpa.
— Ora è tutto
apposto. Ti preparo un bagno e dopo ti controllo la ferita. Ok?
— mi dice facendomi un leggero sorriso. Le faccio un cenno
con la testa sollevata di vedere che questa volta non si è
lasciata.
Nella vecchia tinozza di legno che usiamo come vasca, lavo via dal mio
corpo il sudore mischiato al sangue della ferita. Quando vedo mia madre
incominciare a lavarmi i capelli la lascio fare sentendo, ora
più che mai, il suo bisogno. La gamba, pur essendo
peggiorata, necessita solo di qualche giorno di riposo per guarire, mi
rassicura mia madre rifasciandomela con delle nuove bende. Mi vieta di
sforzarla più del dovuto e di stare a riposo. Sentendomi
priva di forze per fare qualsiasi cosa seguo il suo consiglio e,
soffocata dal caldo estivo, mi butto sul mio letto. Passo
l’intero il pomeriggio creando degli otto sul tessuto rugoso
del materasso cadendo in uno stato quasi vegetativo dove
l’unica cosa che ti sprona è la voglia di girarmi
dall’altra parte. Ci sono alcuni instanti in cui sento la
disperazione attanagliarmi facendomi versare qualche lacrima per poi
ritornare a fissare il nulla.
Quando arriva la sera vengo aiutata da mia madre a sedermi a tavola,
anche se non ho tanta fame. Esamino il mio piatto. Contiene una
brodaglia marrone dalla quale spunta qualche foglia di basilico. Non
avendo cacciato, questo è il meglio che mia madre ha potuto
fare. Dopo qualche cucchiaiata un rumore metallico rompe il silenzio
della cucina. All’improvviso la tv si accende da sola come
tutte quelle nel Distretto quando siamo costretti a guardarla.
L’inno di Panem incomincia a risuonare e sento lo stesso
avvenire nelle altre case del Giacimento.
—É
la sera delle sfilate — mi ricorda mia madre. Me ne ero
dimenticata. Oggi i venti quattro tributi di Panem sfileranno per
l’intera Capitol City, trainati da cavalli e vestiti per
l’occasione dai loro stilisti. Un’immagine di Prim
nuda ricoperta di sola cenere mi balena in testa. Spero proprio che il
suo stilista non sia amante del nudo, come accaduto qualche anno fa per
il Distretto 12. Mi tiro un po’ su di morale e finisco in
pochi istanti tutto la cena mentre lo stemma di Panem scopare per
lasciare il posto al solito commentatore dei giochi, Cesar Flickerman
un uomo sempre sorridente e dalla stravagante capigliatura tinta ogni
anno di un diverso colore. La telecamera li passa in rassegna uno ad
uno quando escono in strada. Osservo i loro volti pensando che uno di
loro potrebbe uccidere tra qualche giorno mia sorella. Vengo attirata
dalla ragazza del Distretto 11. Mi ricorda Prim nel suo aspetto minuta
e fragile. Purtroppo è stata anche lei vittima degli Hunger
Games come mia sorella. All’improvviso un forte boato
costringe mia madre ad abbassare la tv e capisco solo dopo alcuni
istanti il perché.
—Quelle sono... fiamme?
— esclamo stupita vedendo Prim vestita con un tuta attillata
nera adornata da un manto e una corona in fiamme. Leggo sul volto di
mia madre il mio stesso senso di sorpresa. Sembra un vestito creato
apposta per lei con i suoi capelli biondi e occhi azzurri che risaltano
con le sfumature del fuoco che indossa. Lo stesso vale anche per Peeta
Mellark. In un primo momento si trova spaesato, ma poi prende
confidenza e incomincia a salutare la gente sugli spalti. Vedo
rivolgere la parola a Prim, notando solo ora che i due si stringo per
mano. Questa non risponde, ma si limita a sorridere. Il suo sorriso fa
riaccendere qualcosa dentro di me, qualcosa che pensavo di aver perso
quando ho saputo della sua nomina. La voglia di non arrendermi. La
trasmissione finisce con il discorso del Presidente Snow e dopo
l’inno di Panem la cucina ripiomba nel silenzio. Ora si
respira in diverso clima in casa. Aver visto di nuovo Prim ci ha
rassicurato un po’ anche se non toglie il fatto che abbia i
giorni contati, ma sta notte cerchiamo di dimenticarlo.
Come il resto del Distretto dopo qualche minuto ci ritroviamo ognuna
nel proprio letto. Mi addormento ripenso a Prim e alla sua apparizione
spettacolare. In mezzo a quella gente ci sarà sicuramente
qualche sponsor che possa aiutarla nell'arena. Dato che chiunque
può inviare un dono ai tributi nell'arena anche se mi trovo
nel Distretto cercherò in tutti i modi aiutarla. Durante la
notte mi sveglio e d'istinto cerco Prim alle mie spalle, ma ovviamente
non la trovo. Cerco di riprendere sonno, ma senza riuscirci.
—Non
riesci a dormire? —
la voce di mia madre mi coglie quasi di sorpresa, mi volto verso di lei
e le faccio cenno di si con il capo. Vedo farmi gesto di sdraiarmi a
fianco a lei. Senza pensarci mi alzo e mi distendo al suo fianco. Ora
va meglio. Sento la sua mano delicata sistemarmi i capelli nello stesso
modo in cui faceva Prim. Colta dalla stanchezza mi addormento
velocemente tra lei sue carezze, consapevole che, pur avendomi portato
via mia sorella, oggi ho ritrovato mia madre.
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Capitolo 6 *** ...e tutto finisce. ***
Peccato...dopo sei anni mi ritrovo a rileggere per caso quanto scritto all'epoca e penso che sia veramente un peccato. Non tanto per i tanti errori grammaticali, delle descrizioni asettiche ed a volte frettolose (^^'), ma per le idee che c'erano dietro a questa fan fiction.
Da sempre mi sono piaciuti i What if e qui c'era tanto di cui parlare. Questa fanfiction doveva essere parte di qualcosa di grosso che con molta probabilità avrebbe "cozzato" in parte con i racconti originali, ma mi piaceva molto il contrasto che si veniva a creare. E qui di seguito voglio condividere ciò che mi era frullato nella testa..
Katniss nel distretto 12 avrebbe instaurato un legame più intimo con Gale per qualche giorno, prima che iniziassero i giochi, avvenuto per caso come fuga da parte di Katniss dalla realtà rifugiandosi con lui nei boschi, ma con gli inizi dei giochi la cosa sarebbe scemata. Katniss avrebbe scelto di volersi aggrappare di più alla "speranza" di Peeta che alla "fuga" di Gale (Quanto zzo sono belli i contrasti anche sul piano tematico °0°).
Prim avrebbe vinto i giochi grazie al "sacrificio "di Peeta. La particolarità è che durante i giochi Katniss incominciasse a "legarsi" a Peeta tramite ciò che vedeva tramite la tv, avrebbe vissuto un legame quasi “spirtuale” come se le loro anime fossero collegati. Infatti mi sarebbe piaciuto sviluppare l’idea che i due fossero collegati dal destino (:P) con l’intreccio tramite flash di ricordi o sentimenti provati nella storia letta nei libri.
Nella seconda parte, legata al secondo libro, Katniss si offre volontaria per i giochi visto l’assenza di altri vincitori come guida, infatti avremmo avuto Katniss e Haymitch nell'arena e Prim a cercare sponsor. Qui sarebbe stato carino soffermarsi sul rapporto tra Haymitch e Prim e l'insicurezza di Katniss.
Il tutto sarebbe sfociato della vittoria di Katniss in un modo che l’avrebbe messa in cattiva luce con il popolo, amplificandosi dopo i giochi con l’entrata nell’esercito sotto reclutamento diretto di Snow (leggasi minaccia di morte per i propri cari). Negli anni successivi si sarebbe guadagnata il nome di corvo nero, per via del fatto che dopo esser stata mandata da sola in missione per sedare qualche gruppo di persona l’esercito la recuperava nella desolazione del capo di battaglia, tra i corpi inermi della genta uccisa.
Anche qui sarebbe stato bello approfondire il rapporto di Prim (che non sarebbe mutato dopo il suo incarico a differenza con Gale) e molti altri visto che nessuno sapeva che era sempre e costantemente sotto minaccia da Snow. L’assassina solitaria che porta un fardello così grande tutta sola per il bene della sua famiglia.
E qui mi fermo, perché subentrerebbe un eroe del popolo, soldati venuti da fuori panem, paradossi temporali scaturiti da una figlia in cerca di assoluzione per i propri rimpianti [un'altra fan fiction post storia dopo i libri che vedeva la figlia di Katniss e Katniss stessa in conflitto dopo un evento successo anni prima che ha portato la morte di Peeta e del figlio] che in tutto questo avrebbero portato indietro nel tempo uno di questi soldati venuti fuori Panem [ aveva gli occhi verdi per inciso] che sarebbe stato la causa dell’accensione della recinzione che ha impedito a katniss di partecipare alla mietatura cambiando così il corso degli eventi [ e i flashback causati gli intrecci delle due linee temporali].
Peeta non sarebbe morto, salvato da questo soldato (il modo più veritiero me lo sarei inventato ^^’). Avrebbe vissuto come rifugiato nel distretto 8 in cerca di se stesso visto la perdita di memoria, diventare un eroe per il popolo grazie alla sua storia con il successivo scontro inevitabile con Katniss. Lei che al momento di questa scoperta riprova quello strano legame con lui, non più conosciuto da Peeta a causa della perdita di memoria.
Ed qui sarebbe arrivato il punto di tutto, i ruoli che si scambiano ed un destino diverso. La storia sarebbe finita con Prim, dopo la caduta del regime, che contempla nel giardino vicino alla recinzione le lapidi dei due protagonisti uccisisi a vicenda. Due anime legate dal destino, tanto vicine quanto lontane. Fine
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