The Awakening of The Panther

di denna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Awakening of The Panther ***
Capitolo 2: *** Part 2 ***
Capitolo 3: *** Part 3 ***
Capitolo 4: *** Part 4 ***
Capitolo 5: *** Part 5 ***
Capitolo 6: *** Part 6 ***
Capitolo 7: *** Part 7 ***
Capitolo 8: *** Part 8: Epilogue ***



Capitolo 1
*** The Awakening of The Panther ***


Salve a tutti! Questa shot è un delirio del mio animo di fungirl all'ultimo stadio che non si è ancora arresa e spera nel ritorno del suo personaggio preferito. Come ho scritto nell'intro, la lettura dell'ultimo capitolo mi ha distolta dalla scrittura del mio adorato crossover, mentre questa, ehm... cosa (altro non mi viene per definirla) è uscita prepotentemente dalla mia testa ( e in un tempo da record, aggiungerei...) e, visto che l'ispirazione ancora non torna, ho deciso di pubblicarla. Spero vi piaccia, buona lettura :).
P.S. Le supposizioni fatte dai personaggi sono quelle della sottoscritta, quindi possono essere errate/smontate/mandateaquelpaese man mano che la storia vera procede.
detto questo, è veramente tutto, potete scendere ;)



The Awakening of the Panther


«Ururu! Ururu vieni qui, non scappare!»
«No, Jinta-kun! Se mi fermo tu inizierai di nuovo a farmi male!» replicò spaventatissima la ragazzina, aumentando il ritmo della corsa
«Appunto per questo che ti devi fermare!» strillò il rosso, brandendo la scopa.
« Fermati! Tanto è inutile:il capo è occupato, e Tessai non è a casa, nessuno ti può salvare!»
«No!» strillò la morettina, fiondandosi dentro la botola che conduceva alla camera di allenamento.
Jinta ebbe un bruttissimo presentimento.
« Maledetta! Torna subito qui!» ruggì.
Entrò nella botola, scese-o meglio, saltò- i gradini ed entrò nell'ampio spiazzo delimitato da rocce dove il capo era solito allenarsi, o allenare chi era abbastanza folle da cercare il suo aiuto, come era accaduto spesso negli ultimi tempi.
Cercò la sua preda, sperando di essere ancora in tempo.
Ma era troppo tardi.
« Maledetta... » ripeté a denti stretti « Lo hai fatto di nuovo!».
La bambina ridacchiò sommessamente, mettendo una mano davanti alla bocca e salutando il ragazzino con l'altra, mentre faceva capolino da dietro un largo masso piatto.
«Mi sono fermata, Jinta-kun.» disse con un tono quasi diabolico che non le si addiceva affatto.
Disteso sulla lastra di pietra, profondamente addormentato, c'era il sesto espada.
Grimmjow Jaegerjacques.
Il ragazzino fissò l'uomo davanti a lui come un artificiere fissa un ordigno appena innescato. L'arrancar giaceva in una posizione scomposta: le gambe erano divaricate ed una di esse cadeva oltre il bordo del masso; il braccio sinistro disteso, vicino alla testa, l'altro mollemente appoggiato sull'addome scoperto. All' apparenza sembrava morto, ma il fragoroso russare proveniente dalla bocca semiaperta stroncava l'ipotesi sul nascere.
Pantera era conficcata nel terreno a pochi passi da lì. Probabilmente, l'hollow aveva appena finito di esercitarsi e si stava concedendo una pausa.
Jinta non si fece ingannare: non era importante se era lì da dieci minuti o da due ore, l'espada aveva il dono divino di svegliarsi sempre nel momento meno opportuno, ossia quando c'era lui nelle vicinanze.
«Ogni volta finisce così!» sbuffò
Tutto aveva avuto inizio da quando un malconcio Urahara, accompagnato da un altrettanto malmesso Kurosaki, aveva annunciato con fare giulivo che dei nuovi inquilini sarebbero venuti ad abitare da loro per un po' di tempo. Poi si era fatto da parte ed aveva fatto entrare due Hollow dall'aspetto strano e un piccolo arrancar dalle sembianze di una bambina. I tre si presentarono subito con un buffo siparietto, totalmente fuori tempo, che aveva suscitato l'ilarità generale.
«Ma avete detto tutti e tre una cosa diversa! Non si capisce nulla» aveva ridacchiato Jinta.
«E' venuta male perchè non eravamo tutti!» protestò quello con l'aspetto da formica.
« Si! Pesche ha ragione!» Strillò la bambina «Nel dimentica sempre che adesso non siamo più un trio, ma abbiamo un nuovo amico...»
« Ti ho già detto» ringhiò qualcuno dall'esterno «Che io non sono il quarto membro del vostro  stupido gruppo!» concluse il sesto espada, varcando la soglia del negozio.
Jinta trasalì alla vista del nuovo arrivato. Ne era certo: quello era l’arrancar che, qualche tempo prima, aveva invaso Karakura insieme ai suoi tirapiedi e aveva pestato a sangue Ichigo con una facilità disarmante. Rabbrividì ripensando a quella notte in cui aveva dovuto fronteggiare uno di quei tizi insieme ad Ururu.
Se Kurosaki e Urahara erano messi male, l’hollow non se la passava meglio: gli abiti che indossava non erano più bianchi immacolati, ma logori e chiazzati di sangue; il torace dell’espada, percorso già da un’ampia cicatrice, era costellato di escoriazioni e tagli, alcuni molto profondi. I capelli azzurri, sconvolti, gli ricadevano sul viso tumefatto, coprendogli interamente la fronte. Nonostante avesse l’aspetto di uno con un piede già nella fossa, quell’individuo appariva più minaccioso che mai, ostentando una spiazzante aria di sicurezza.
«Prego! Accomodatevi pure!» fece gioviale il venditore di caramelle, dando una pacca sulla spalla di Grimmjow. I glaciali occhi azzurri dell’arrancar saettarono intimidatori sui presenti, indugiando qualche secondo sulle finestre e sull’unica porta da cui era passato, poi sbuffò e si sedette su uno dei cuscini intorno al basso tavolino del salone, scegliendo quello più lontano possibile dagli altri.
Il resto del gruppo si accomodò, Ururu portò del tè e un vassoio di pasticcini, mentre il sostituto shinigami e Kisuke conversavano animatamente sull’attacco dei quincy alla Soul Society.
« La situazione è peggio di quanto credessi.» esordì Urahara, versandosi una tazza di tè . «Abbiamo perso un sacco di uomini e il numero dei feriti è incalcolabile. Anche se li abbiamo respinti, siamo totalmente impreparati ad un secondo assalto.»
« Il vecchio deve riorganizzarsi in fretta… mi chiedo quanto tempo aspetteranno, prima di tornare a farci visita» commentò Ichigo, rigirandosi tra le dita un cioccolatino.
« Per non parlare della mancanza di informazioni» continuò il venditore di caramelle « Ho contattato Kurotsushi: gli ho detto di studiare i corpi dei nemici e di mandarmi una copia di tutte le ricerche che ha fatto sui quincy negli ultimi due secoli. Nel frattempo, io analizzerò il medaglione con cui rubano il Bankai, così, forse, capiremo come funziona.» Concluse, prendendo un lungo sorso dalla tazza.
« Davvero rubano il Bankai?» chiese Grimmjow, uscendo improvvisamente dal suo mutismo.
« Sì, il medaglione che abbiamo recuperato è in grado di separare un dio della morte dal suo Bankai, e, pare, anche dallo spirito della sua zanpakuto.» rispose Urahara, bevendo un altro sorso di tè « Ma, per un motivo che mi sfugge, questa cosa non funziona su Kurosaki… né su di te» aggiunse, fissando il ragazzo seduto con la schiena premuta sul muro.
L’azzurro sollevò un sopracciglio.
« E’ ovvio che non funziona!» disse sprezzante.
« Illuminaci, allora» ribattè Ichigo, irritato dall’arroganza del suo interlocutore.
Kisuke lo ignorò.
« E perché mai?» domandò con calma.
« io sono un Hollow, la mia è una Resurrecciòn, non un Bankai, come voi dei della morte» rispose l’arrancar, come se fosse la cosa più scontata del mondo, avendo cura di infondere quanto più disprezzo possibile nelle ultime tre parole.
« Come sei intelligente!  E io che pensavo che quell’enorme buco al centro dell’addome fosse solo un fatto estetico!» disse sarcastico lo shinigami dai capelli arancioni.
« Almeno io sono abbastanza intelligente da controllare se il mio avversario respira ancora, prima di andare a fare l’eroe da un’altra parte… e farmi fregare come un povero coglione!» fu la replica velenosa dell’espada.
« Stronzo!»
Un lampo di luce assassina baluginò negli occhi di Grimmjow
« Vuoi morire, Kurosaki?» ringhiò.
« L’ultima volta non ero io quello che stava per morire…» sogghignò Ichigo.
« Ragazzi, non è il caso di litigare così, e poi Grimmjow-san non ha detto una cosa del tutto insensata…»  intervenne Urahara, tentando di chetare gli animi.
« Ehi! C’è qualcosa che mi sta bagnando la gonna!» li interruppe Ururu, che intanto si era seduta insieme a loro.
La ragazzina poggiò una mano sul pavimento e la ritrasse, completamente coperta di sangue.
L’arrancar seduto vicino a lei sgranò gli occhi.
« Credo… credo sia mio.» disse, sentendo la bocca leggermente impastata.
Ichigo afferrò il bordo del tavolino e lo tirò verso di sé. Rimase di sasso.
Il sangue usciva copiosamente da una profonda ferita sul fianco destro dell’espada, formando una larga chiazza cremisi sull’hakama bianco. Parte del liquido scarlatto aveva raggiunto il pavimento di legno, formando una pozza che arrivava a lambire le gambe di Ururu.
« Porca miseria, Grimmjow!» imprecò il dio della morte « Perché non ci hai detto che stavi morendo dissanguato?»
« Sta’ zitto…» buttò fuori a fatica l’azzurro. Se non fosse stato appoggiato al muro, a quest’ora si sarebbe già accasciato a terra.
Tipico di Grimmjow- pensò il ragazzo, ricordando quando l’espada, al termine del loro scontro, prima di svenire e cadere nel vuoto, aveva usato le sue ultime forze per mandarlo a quel paese.
« Chiama Tessai!» Strillò Urahara, rivolto alla ragazzina, mentre scavalcava il tavolino per avvicinarsi all’hollow.
Jinta era rimasto ad osservare la scena in silenzio.
Tessai- con ancora indosso il grembiule rosa- entrò di corsa nel salottino, seguito dalla bambina che trascinava una pesante cassetta del pronto soccorso.
« Stà fermo, devo arrestare subito l’emorragia» Ordinò serio, mentre evocava un kido medico.
« E chi si muove.» ribattè flebilmente l’arrancar.
«Il fatto che faccia ancora lo spiritoso è positivo.» ridacchiò il venditore da dietro il ventaglio.
« Si, possiamo dire di si.» confermò l’omone, imponendo le mani sulla ferita.
Ichigo guardò il volto del suo nemico: se stava soffrendo, non lo dava a vedere; anzi, non staccava gli occhi da Tessai e, ogni tanto, lanciava qualche occhiata a lui o a Kisuke, come per controllare che fossero ancora lì.
Fermata l’emorragia, l’uomo in grembiule esaminò le altre ferite, tra un ringhio e un’imprecazione dell’espada.
«Ma cosa hai combinato? Sei pieno di tagli e buchi!» esclamò Tessai, mentre prendeva l’ennesima compressa di garza dalla cassetta. « E’ come se ti fossi gettato in un nugolo di frecce»
«Ehm… in effetti è andata proprio così.» ammise l’ex capitano della dodicesima brigata, continuando a sventagliarsi.
Grimmjow desiderò ardentemente di poter uccidere con lo sguardo.
« Dovevamo distruggere uno dei pilastri che i nemici hanno usato per invaderci.» spiegò. «Grimmjow aveva sconfitto il quincy che ne era a guardia… purtroppo non si è accorto dell’altro, che lo ha colpito in pieno con un Licht Regen… ma il pilastro lo ha distrutto lo stesso.» concluse in fretta, sentendo quegli occhi glaciali trafiggerlo da parte a parte.
« E poi sono io che mi faccio fregare…» commentò il sostituto shinigami, ricevendo una risposta talmente sboccata da parte dell’azzurro, che Urahara dovette coprire le orecchie di Ururu e intimare a Jinta di fare altrettanto.
Tessai inizava ad alterarsi: come potevano sperare che lo curasse, se continuavano a farlo incazzare? Se si fosse agitato troppo, le ferite si sarebbero riaperte, e tanti saluti all’espada con la tendenza al turpiloquio.
«BASTA! MI AVETE STUFATO, TUTTI E TRE!» Urlò.
Afferrò la cassetta del pronto soccorso, sollevò tutti e ottanta i chili di arrancar come se fossero stati di gommapiuma, e se ne andò al piano di sopra, lasciando attoniti i presenti.
I due ragazzini rimasero a pulire il sangue dal pavimento, mentre gli dei della morte si spostavano nell’ingresso.
«  E adesso che hai intenzione di fare?» Domandò Ichigo a bruciapelo.
«Mah, pensavo di fare una doccia, mandare Jinta a fare la spesa e, magari fare due chiacchiere con…»
«Hai capito a cosa mi riferisco.» lo interruppe brusco il ragazzo, stufo dei continui giri di parole del caramellaio.
«Non può stare qui, non è sicuro» dichiarò.
«Cosa proponi?»
« Deve ritornare nell’Hueco Mundo»
« Lì sarebbe lui a non essere al sicuro, ormai è stato conquistato.» osservò Urahara.
« Cosa vorresti fare, allora? Fargli indossare un gigai e mandarlo nel mio liceo?» ribattè sarcastico il dio della morte.
« Mah, non si può mai dire…»
«No, Urahara-san!» sbottò il ragazzo, spazientito.
« Forse non te ne  rendi conto, ma hai portato lo squilibrato che vuole uccidermi dove vivono la mia famiglia e i miei amici! E questo non lo posso accettare! Passi per Nel, Pesche e Dondochakka, ma lui è pericoloso! Non sai…»
« Kurosaki-san!» lo fermò Kisuke, alzando la voce « So benissimo che quello è l’arrancar che ti ha malmenato per ben due volte, ha ferito i tuoi amici ed ha un’ossessione omicida nei tuoi confronti. Ma è anche l’arrancar che ha tranciato in due Kirge Opie, salvando i tuoi amici e il sottoscritto,che ha riaperto il Garganta per noi e ti ha tirato fuori da quella gabbia di reishi, permettendoti di raggiungere la soul society e di combattere contro i quincy.»
«Detto così, lo fai sembrare un eroe.» replicò ichigo. Era vero che Grimmjow lo aveva liberato da quella gabbia… ma a modo suo: con un ghigno sadico stampato in faccia e Cero alla mano.
«Inoltre» continuò Urahara  «è l’arrancar che ci ha seguiti fino alla Seireitei, seminando morte e distruzione tra i nemici, e ha distrutto uno dei pilastri, rischiando di farsi ammazzare.»
« Di certo non l’ha fatto perché gli importa qualcosa della Soul Society.»
«Non sono un ingenuo, so bene che tutto ciò che ha fatto è stato per proprio tornaconto, ed è stato un caso che avessimo un interesse comune. Ma potremmo sfruttare la cosa a nostro vantaggio.»
Il sostituto shinigami colse subito il senso di quelle parole.
« Vorresti allearti con lui? Non accetterà mai!»
« Allora cosa vuoi che faccia? Vuoi che lo uccida?» chiese stancamente il venditore di caramelle.
«No!» Esclamò il ragazzo.
« Potresti mandarlo nella Soul Society…» Azzardò.
« Così il capitano Kurotsuchi potrà vivisezionarlo per bene.» ribattè l’ex capitano.
« Non ci avevo pensato.» confessò Ichigo.
« La situazione è questa: se torna nell’Hueco Mundo, i quincy  lo elimineranno, o peggio, lo arruoleranno nel Vandenreich, e ce lo ritroveremo contro.»
Si sistemò il cappello.
« Se lo mandiamo nella Soul Society, è probabile che il Comandante Generale lo giustizi prima che riesca solo a varcare la soglia del laboratorio di Mayuri»
« Da quant’è che ti interessa tanto l’incolumità di Grimmjow?» Domandò il ragazzo dai capelli arancioni.
« Come ti ho già detto, vorrei sfruttare la situazione: studiare l’espada potrebbe aiutarmi a capire come funziona l’amuleto dei quincy. Inoltre, tu, lui e probabilmente anche i vizard, siete gli unici che possono affrontarli senza problemi» Spiegò Kisuke.
«Non si schiererà mai con noi»
«Non puoi saperlo, i suoi nemici sono i nostri. E poi, non gliel’abbiamo ancora chiesto»
« Non possiamo fidarci di lui» insistette Ichigo.
«Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile! Non posso e non voglio ucciderlo!»  disse Urahara.
«Perché?»
« Perché sono in debito con lui, e lo sei anche tu, nonostante la cosa non piaccia a nessuno dei due. Dargli almeno una possibilità mi sembra l’unico modo per ripagare.» Ammise.
Ichigo lo guardò scettico.
« Da quello che mi ha raccontato la tua amica Inoue, l’arrancar ha un certo senso dell’onore; magari dirà di sì.»
Il ragazzo sbuffò.
«Suvvia, Kurosaki-san, un tentativo non ha mai ucciso nessuno!» ridacchiò il caramellaio, riprendendo in mano il ventaglio.
«Non ne sono convinto.»
« Fidati di me. Non avrei mai preso quest’ipotesi in considerazione, se non fossi stato in grado di tenerlo a bada.»
Lo guardò, il volto nuovamente serio.
« Nessuno dei tuoi cari verrà ferito in alcun modo. Se Grimmjow proverà anche solo ad avvicinarsi a uno di loro, lo confinerò e lo manderò nella Soul Society come ho fatto con Aizen. Te lo giuro sulla mia stessa vita.»
Ci volle qualche giorno prima che l’espada si rimettesse del tutto. Kisuke avrebbe voluto chiedere aiuto ad Orihime, ma la ragazza aveva curato talmente tante persone negli ultimi giorni da essere esausta.
Il venditore di caramelle aveva intanto invitato il buffo trio di Hollow ad unirsi alla loro causa, e loro avevano accettato con entusiasmo. Più tardi, accompagnato da Kurosaki, Tessai e il resto della combriccola, aveva fatto la stessa proposta a Grimmjow.
Con grande sorpresa di tutti,la risposta dell’arrancar fu si.
E così  fu l’inizio di una singolare convivenza.
E per Jinta ,di una serie di dolorosi episodi.
 
«Ogni volta finisce così!» bofonchiò il rosso, fissando l’hollow in stato semicomatoso vicino alla ragazzina.
Strinse i denti, incerto sul da farsi.
La soluzione più sicura era fare dietro front e tornare alle pulizie, ma significava anche darla vinta ad Ururu, cosa per lui inaccettabile.
L’altra opzione era quella di continuare ad inseguire la bambina, sperando di non incorrere nell’ira funesta  dell’arrancar.
Impossibile.
Ripensò alla prima volta che accadde.
 
Il capo aveva ordinato a loro due di portare da mangiare ai nuovi ospiti nella camera di allenamento che gli arrancar avevano eletto a loro nuova dimora, soprattutto l’espada, che non usciva mai da lì, se non per incontrare Urahara, e Kurosaki che ogni tanto andava a fargli visita, o meglio a controllare con i suoi occhi che l’azzurro non combinasse casini.
Attraversata la botola, non avevano trovato nessuno ad aspettarli. Probabilmente si erano nascosti da qualche parte in mezzo alle rocce. Già Irritato per l’incarico affidatogli (fare il cameriere per gli Hollow lo disturbava alquanto), buttò il contenuto del vassoio a terra e, come al solito, se la prese con Ururu, scatenando l’ennesimo inseguimento. La bambina iniziò a correre come se ne valesse della sua stessa vita, rallentata dal pesante portavivande che tentava di mantenere in equilibrio. Zigzagarono per un po’ tra i massi che popolavano la stanza. Occupata com’era a mantenere le distanze dal suo inseguitore, si accorse all’ultimo dell’alta sagoma vestita di bianco sulla quale stava per schiantarsi. Con uno sforzo disumano, sollevò il portavivande sopra la testa e chiuse gli occhi, prima di sbattere sulla schiena di Grimmjow, pregando che niente  si rovesciasse.
L’espada si girò seccato, posando il suoi occhi di ghiaccio sulla ragazzina che gli era finita addosso. Le azzurre sopracciglia si inarcarono per un attimo in quella che Ururu riconobbe come un’espressione sorpresa.
« Che vuoi?» ringhiò.
La ragazzina balbettò qualcosa di incomprensibile, facendosi piccola piccola sotto lo sguardo torvo dell’uomo davanti a lei.
Jinta saltò una fila di massi e si lanciò contro Ururu, brandendo il vassoio vuoto.
 Ururu strillò e fece la cosa più assurda che il rosso avesse mai visto.
Si nascose dietro l’arrancar.
 A metà del salto, Jinta sentì i brividi corrergli lungo la schiena e l’entusiasmo svanire non appena realizzò la situazione. Tentò di fermarsi in qualche modo, ma il pugno dell’espada fu più rapido e lo colpì all’altezza dello stomaco, scagliandolo a una decina di metri di distanza e lasciandolo a terra, piegato in due dal dolore. Grimmjow ghignò soddisfatto, strappò il portavivande dalle mani di Ururu e se ne andò, senza degnarla di uno sguardo.
Da quel giorno, la singolare scenetta si era ripetuta ancora, ancora, e ancora,seppur con qualche piccola variante.
Ricordò quando quello psicotico gli aveva dato un calcio nel didietro talmente forte che non aveva potuto sedersi per un paio di giorni, oltre ad avergli lasciato un enorme livido violaceo che era sparito dopo un mese. Oppure, quando lo aveva afferrato per la maglia e lo aveva rilanciato attraverso la botola, con una forza tale da fargli centrare il soffitto. Una delle ultime volte l’arrancar, in preda all’esasperazione, si era messo a scagliare bala e lo aveva rincorso fin dentro al negozio. Solo l’intervento di Tessai, che aveva placcato Grimmjow, lo aveva salvato dal diventare un mucchietto di ceneri fumanti.
Il rosso si era lamentato tante volte con il capo, chiedendogli perché non avesse ancora spedito l’hollow nella Soul Society. L’unica risposta che aveva ottenuto era stata:
« Perché non provi semplicemente a lasciare in pace lui… ed Ururu, Jinta-Kun?»
Ci aveva provato, ma il sorriso soddisfatto della ragazzina era impossibile da sopportare per il suo orgoglio. E gli inseguimenti si erano fatti più frequenti, tanto che Urahara vietò ad entrambi i ragazzini l’accesso alla camera di allenamento. Ma questo non aveva fermato la bambina dallo sgattaiolare lì, ogni volta che Jinta voleva attaccar briga. Come oggi.
« Sarà meglio che torni di sopra, Jinta-kun» asserì Ururu, mentre si attorcigliava  una ciocca di capelli intorno all’indice.
« Col cavolo, se pensi di cavartela così anche stavolta, ti sbagli di grosso!» sibilò furioso il bambino, trattenendosi a fatica dall’urlare.
Grimmjow aggrottò le sopracciglia, assumendo un’espressione corrucciata.
Il rosso indietreggiò, intimorito.
« Cosa hai detto, Jinta-kun? Parla più forte.» ridacchiò la ragazzina, gettando un’occhiata divertita all’espada addormentato.
« Non ti sopporto! Maledetta!» sbraitò Jinta, furibondo.
Abbandonando ogni cautela, raccolse una pietra e la tirò rabbiosamente contro Ururu. Il sasso mancò il bersaglio, colpendo invece la testa dell’hollow che spalancò gli occhi.
Come l’ago di una bussola che punta sempre verso nord, le iridi azzurre dell’arrancar si diressero immediatamente verso la figura del ragazzino impaurito.
« Sei morto.»  disse con voce sepolcrale.
Jinta strillò e scappò in direzione delle scale, ma l’espada si materializzò davanti a lui con un sonido, chiudendogli l’unica via di fuga. Terrorizzato, il ragazzino iniziò a correre in quello spazio arido, seguito a ruota dall’azzurro.
« Ehi, guardate!» gridò Nel, entusiasta, affacciandosi da sopra un masso.« Stanno giocando ad acchiapparella eterna! Andiamo anche noi!» disse, mettendosi alle calcagna dell’espada, seguita immediatamente da Pesche, Dondochakka e anche da Babawa, il loro gigantesco hollow-verme da compagnia.  Ururu alzò le spalle e si unì al gruppo.
« Non stiamo giocando!» berciò l’arrancar, furioso. « E piantatela di seguirmi!».
Questo era uno di quei momenti in cui si chiedeva perché non lo avessero lasciato nell’Hueco Mundo a morire. Sarebbe stata una fine dignitosa, se non altro.
Chissà perché aveva accettato l’offerta di quel maniaco dei cappelli. L’idea di combattere al fianco degli shinigami gli faceva venire il voltastomaco, ma nemmeno il Vandenreich lo entusiasmava particolarmente. Almeno gli dei della morte gli avevano dato la possibilità di scegliere, non lo avevano braccato e tormentato per mesi, come quegli stronzi in mantellina. Aveva optato per il minore dei mali. Non gliene fregava niente della guerra, potevano andare tutti all’inferno, per quanto gli riguardava. La sua unica priorità era di rimanere vivo fino alla fine del conflitto per battersi finalmente con Kurosaki,  e ucciderlo questa volta.
Se avesse eliminato tutti i presenti adesso, però, non avrebbe dovuto aspettare così tanto: lo shinigami si sarebbe subito fiondato lì, blaterando le solite stronzate sull’amicizia e la protezione, e lo avrebbe affrontato.
Allora perché non lo aveva ancora fatto? Nonostante vivesse lì da un paio di mesi, l’idea non l’aveva minimamente sfiorato.
 Che avesse paura di Urahara e Tessai era da escludere: lui non temeva nemmeno Aizen e l’idea di morire non lo spaventava. Anzi, moriva dalla voglia di scontrarsi anche con loro.
Inoltre, odiava quei mocciosi. Bastava la sola vista del ragazzino a farlo innervosire, e il fatto che la bambina- che con la forza mostruosa che aveva, poteva benissimo difendersi da sola- lo usasse come scudo umano, lo infastidiva parecchio.
La gente scappava terrorizzata da lui, non gli veniva incontro in cerca di protezione!
E mal sopportava quel trio di hollow, sarebbe stata un’occasione perfetta per liberarsi anche di loro.
Sbuffò seccato, continuando a tallonare Jinta.  
Che si fosse affezionato?
Il pensiero lo colpì con la forza della falce di Nnoitra.
No, assolutamente no. Lui era il sesto espada, l’arrancar che rappresentava la distruzione, non provava sentimenti e altre schifezze simili. Era un Hollow, vuoto, animato solo dal desiderio di uccidere. Punto.
Non si era affezionato nemmeno alle proprie fracciòn, figuriamoci al quel branco di idioti che gli correva appresso.
Perché non metteva fine a tutto?
Il ragazzino era riuscito ad aggirarlo e si stava dirigendo verso le scale, animato da nuova speranza.
Grimmjow gli concesse qualche metro di vantaggio, mentre rifletteva su una risposta soddisfacente.
Beh, anche lui aveva il diritto di divertirsi ogni tanto- concluse sorridendo, mentre caricava un Cero nella mano destra e prendeva con cura la mira.

Note:
Oi! Spero che vi sia piaciuta e che i personaggi non siano OOC (soprattutto Panthergrimmy alla fine). fatemi sapere che ne pensate.
Un bacione :)

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Capitolo 2
*** Part 2 ***


Hem, Hem... Si, lo so che avevo barrato la casellina dove c'era scritto "completa" ma gli ultimi capitoli mi hanno delusa a tal punto da dovermi sfogare con queste fan fiction. Visto che mastro Kubo ci fa aspettare, ho deciso di fantasticare un po' su quello che succederà. Rispetto al primo capitolo, stavolta potrei essermi lasciata andare un pochino nella gestione dei fatti e dei personaggi. Fate attenzione, perchè qui si entra nel fangherlaggio più nero, o meglio, piu azzurro XD.
Buona lettura :)

Part 2

Il sole lo illuminò, salutandolo come un amico che non vedeva da tanto tempo, mentre si lasciava alle spalle la sagoma dell’Urahara Shop. Udì il maniaco dei cappelli gridare qualcosa, forse una raccomandazione -come se non gliene avesse già fatte abbastanza quella mattina a colazione e nei giorni precedenti-  e l’energumeno in grembiule e la mocciosa salutarlo. Sollevò svogliatamente ciò che teneva col braccio sinistro per mostrare di non aver scordato nulla –così forse lo avrebbero finalmente lasciato in pace- e proseguì il cammino.
Prese il bigliettino che Urahara gli aveva dato appena prima di uscire, sul quale erano scritte tutte le informazioni e i consigli di cui poteva aver bisogno… E lo gettò nel cassonetto, non appena ebbe svoltato l’angolo.
Come se non fosse capace di trovare quel posto da solo.
Si chiese per l’ennesima volta se avesse fatto bene ad accettare quella proposta. Era l’unico modo per lasciare il negozio... Non aveva avuto molta scelta, in realtà.
Costeggiò una fila di macchine parcheggiate e si fermò davanti a una piccola utilitaria grigia. Guardò il finestrino: un ragazzo dall’aria imbronciata gli restituì lo sguardo. Si passò una mano sulla guancia destra, trovandola completamente liscia, priva di ciò che restava della sua maschera da Hollow. Perfino le linee verdi che aveva sotto gli occhi erano sparite. I capelli invece, erano sempre gli stessi, appuntiti e tenuti indietro dal gel, a parte alcune ciocche che ricadevano sulla fronte, azzurri come le iridi che lo osservavano con aria critica dal riflesso sul vetro.  Era sempre lui, solo più…Umano.
Controllò che non arrivasse nessuno e si tirò su la camicia, scoprendo l’addome perfettamente integro.
Wow, adesso aveva anche un ombelico.
Ripensò alle ultima conversazione avuta con il caramellaio, mentre tastava sospettoso il punto dove una decina di minuti prima c’era il suo foro, oil fatto estetico, come lo aveva chiamato lo shinigami pel di carota.
Per ora, l’unico modo che hai per uscire da qui è dentro un gigai. A te la scelta”
Aveva rifiutato. Tuttavia, dopo quattro mesi, la camera dove viveva- che piccola non era- aveva iniziato ad apparirgli stretta e soffocante. Conosceva ogni singolo centimetro di quella stanza, ogni singola pietra, ogni singolo masso, ogni singolo granello di polvere che aveva calpestato innumerevoli volte. Nonostante gli allenamenti intrapresi per distrarsi, aveva cominciato a sentirsi in gabbia. Persino picchiare Jinta aveva perso la sua attrattiva. Ma non per questo aveva smesso, ovviamente.
Così aveva ingoiato il suo orgoglio ed aveva acconsentito ad indossare un gigai. All’inizio era diffidente, ma doveva ammettere che quel tipo sapeva il fatto suo, anche se non gliel’avrebbe mai detto. Il nuovo corpo non lo rallentava o ostacolava in nessun modo, si comportava come una normale estensione del suo essere. Ah, e cosa più importante, limitava i suoi poteri.
Bella fregatura del cazzo.
 Riprese a camminare svogliatamente verso la sua meta. Finalmente raggiunse la struttura e si fermò vicino all’entrata, fissando l’edificio con aria truce. Considerò l’ipotesi di fare dietrofront e tornarsene al negozio, mentre attendeva il segnale.
Poteva farsi bastare quella passeggiata.
Il suono della campanella interruppe i suoi pensieri di fuga.
«Che palle.» ringhiò « Di già.»
Primo giorno di scuola.
Non aveva la più pallida idea di dove andare. Sapeva dove era il liceo, ma non quale fosse la sua classe. E poco gli importava. Decise di trascorrere la giornata sul tetto; sarebbe tornato al termine delle lezioni. Si distese a terra, la giacca appallottolata sotto la testa a mo di cuscino e chiuse gli occhi. Mentre cercava di prender sonno, decise di allenarsi un po’ nell’uso del Pesquisa: un modo come un altro per passare il tempo. Non aveva mai sopportato il fatto che Ulquiorra potesse percepire e misurare la forza degli avversari con un solo sguardo. Si concentrò, piccole luci apparirono nel suo campo visivo.
Riconobbe immediatamente la reiatsu di Kurosaki, la luce più luminosa, un piano sotto di lui. Poi  individuò le forze spirituale della donna che gli aveva fatto ricrescere il braccio, di quello alto e del quattrocchi. Le altre non le conosceva. Si sedette e ricominciò.
Kurosaki, la donna, il quattrocchi, il moro, tre compagni di classe di Kurosaki.
Kurosaki, la donna, il quincy, quello alto, una ragazza e due ragazzi compagni di Kurosaki.
Kurosaki, la donna, il quincy, il ragazzo alto, la ragazza e gli altri due, uno shinigami con i capelli afro che saltava su un grattacielo, i due mocciosi, Tessai.
Kurosaki… Quanto lo odiava.
Stranamente, non percepiva Urahara. Doveva aver trovato un modo per celare la sua reiatsu. Non era affatto stupido come sembrava.
Si sdraiò di nuovo, fissando il cielo azzurro, così diverso dalla notte perenne dell’Hueco Mundo, per qualche minuto. Aveva sempre pensato che sarebbe rimasto in quel deserto a dare la caccia ai suoi simili, magari con qualche visita nel mondo umano per mangiarsi qualche anima degna di nota, non che sarebbe rimasto bloccato lì. Ripensò a come era finito in quella situazione: ricordava solo che, appena terminata la battaglia, gli avevano gettato un mantello in faccia e qualcuno- sospettava fosse Kurosaki- lo aveva spinto a calci dentro a un Senkaimon. E da lì, almeno due persone lo avevano afferrato per le braccia, mentre una terza teneva la punta di una spada ben premuta sulla sua schiena. Erano andati avanti così per un po’, trascinandolo lungo il passaggio. Poi lo avevano lasciato andare. Si era strappato immediatamente la stoffa dal viso, ed aveva intravisto due shinigami, un uomo dai capelli rossi e la nanetta che aveva trafitto col braccio qualche tempo prima, guardarlo con diffidenza prima di salutare Kurosaki e tornare indietro.
Non era arrivato lì, più che altro lo avevano rapito. Avrebbe anche potuto ribellarsi, ma un dolore acuto al fianco e una reiatsu spropositata che si dirigeva nella sua direzione lo avevano fatto desistere. Ora che avevano ricacciato i quincy, quanto tempo ci avrebbero messo gli dei della morte a notare un arrancar che vagava libero per casa loro? Lo avrebbero linciato di sicuro, e lui non era nella sua forma migliore per impedirlo. Doveva andarsene .
La porta della terrazza si aprì. Una donna con i capelli a caschetto e gli occhiali gli fece cenno di avvicinarsi.
Beh, era troppo bello pensare di averla fatta franca.
Valutò l’ipotesi di disintegrarla con un cero, mentre si avvicinava.
« Meno male che ti abbiamo trovato! » esclamò la professoressa. «Seguimi, ti accompagno in classe.»
Grimmjow si bloccò per un attimo, confuso: Si aspettava un’irritante ramanzina. Alzò le spalle e la seguì.
« Purtroppo c’è stato un errore e ti hanno assegnato l’aula sbagliata. Non è colpa tua, quindi non riceverai una punizione.» spiegò l’insegnante, mentre lo conduceva lungo un corridoio. «Ma la prossima volta che non riesci a trovare la tua classe, vai in presidenza, non sul tetto, chiaro?» disse, guardandolo seria da dietro la montatura nera.
L’espada non rispose, si limitò a restituirle lo sguardo.
La donna sorvolò sul suo comportamento, era il suo primo giorno, dopotutto.
« Non sei emozionato?» chiese, tentando di strappare qualche parola a quel ragazzo fin troppo silenzioso. Il gelo emanato dagli occhi azzurri fu una risposta sufficiente, oltre a farla rabbrividire.
«Siamo arrivati.» sospirò, mentre si fermava davanti ad una porta chiusa. « Aspetta un attimo qui, va bene?»
L’arrancar annuì impercettibilmente.
Lei sorrise ed entrò.
Ichigo chiacchierava distrattamente con Keigo, mentre osservava divertito Orihime che tentava di propinare una delle sue ultime ricette a Tatsuki.
Il rientro della professoressa segnò la fine dell’intervallo.
«Ragazzi, silenzio per favore.» esordì la donna. « Oggi abbiamo un nuovo studente che si è da poco trasferito nella nostra città. Vi prego di essere gentili con lui e di aiutarlo ad ambientarsi. Ah, ho inoltre saputo che è un lontano parente di Kurosaki.»
Il ragazzo dai capelli arancioni trasalì: quella frase di solito preannunciava l’ingresso di uno shinigami malamente travestito da studente delle superiori. Che la Soul Society avesse voluto mandare dei rinforzi anche per Karakura? Forse erano Renji e Rukia, oppure Ikkaku, Toshiro e Matsumoto. Attese trepidante l’ingresso del nuovo arrivato.
«Vieni, entra.» trillò l’insegnante. Il ragazzo varcò la soglia dell’aula e si fermò accanto a lei.
Ichigo per poco non cadde dalla sedia.
«Vi presento il vostro nuovo compagno di classe: Grimmjow Jaegerjaques.»
*
Non poteva averlo fatto.
Non poteva averlo fatto sul serio.
Era completamente impazzito?
Continuava a ripetersi quella domanda intanto che osservava l’espada prendere il gesso sulla cattedra, aspettandosi di vederlo scagliare un Cero da un momento all’altro.
I suoi amici erano in pericolo. Erano tutti in pericolo. Strinse i bordi del banco con una forza tale che le nocche sbiancarono. Guardò Inoue che ricambiò con un’occhiata altrettanto sorpresa e preoccupata mentre stringeva la mano di Tatsuki che lo fissava in attesa di una spiegazione.
Grimmjow picchettò un paio di volte con il gesso sulla lavagna, prima di scrivere svogliatamente il proprio nome. La professoressa venne chiamata da un collega per un’urgenza, si scusò ed uscì dalla classe. L’arrancar rimase a fissare la sua grafia spigolosa, dando le spalle agli studenti. Sentì una ventina di occhi puntati sulla nuca. Non si aspettava di finire insieme a Kurosaki, il maledetto doveva averlo fatto apposta. Si immaginò Kisuke ridacchiare dietro a quell’odioso ventaglio. Prima il gigai, poi il liceo e adesso lo shinigami come compagno di classe. Appena tornato al negozio, avrebbe ucciso il caramellaio, era una promessa.
«Scommetto che nemmeno lui sa come si scrive quel nome assurdo.» ridacchiò maligno Keigo, seguito a ruota da Mizuiro. Un istante dopo, venne colpito dal gesso che gli lasciò un segno bianco al centro della fronte.
«Grimmjow! Non puoi lanciare i gessi!» tuonò Ichigo, prima di essere colpito in faccia dal cancellino. La polvere gli colorò completamente il viso, facendolo somigliare alla sua versione Hollow. « Smettila!» strillò, mentre gli altri compagni iniziavano a sghignazzare
« Quello non era un gesso.» fu la giustificazione dell’arrancar.
 Doveva intervenire prima che la situazione degenerasse in una carneficina. Aspettare che Grimmjow finisse le munizioni era da escludere, poichè l'azzurro, con un luccichio inquietante negli occhi, aveva appena sollevato una sedia come se fosse fatta di cartapesta e poi, probabilmente, sarebbe passato alla cattedra.
«Eccomi! Scusatemi… Ehi, Jaegerjaques! Cosa stai combinando?» chiese l’insegnante, notando il ragazzo con la sedia in mano. L’arrancar posò il mobile a terra… E invitò la donna a sedersi.
«Prego.» disse, con il sorriso più affettato che riuscì a fare.
Ichigo digrignò i denti.
Il bastardo non era bravo solo a combattere, sapeva anche giocare.
«Ti ringrazio, sei gentilissimo, ora però vai a sederti. Guarda, c’è un banco libero proprio accanto a Kurosaki.»
Di male in peggio- pensò il sostituto shinigami, mentre l’espada si accomodava vicino a lui. Non lo guardò in faccia, ma scommetteva il suo distintivo che aveva un ghigno compiaciuto stampato sul viso.
Le lezioni terminarono senza incidenti. Orihime e Tatsuki avevano raggiunto il loro solito posto sul prato per pranzare.
Un lampo arancione tagliò loro la strada.
«Tatsuki-chan, sai perché Kurosaki- kun sta correndo come un matto verso il cancello? Pensavo si fermasse con noi.» domandò la fullbringer.
«No, non lo so.» rispose l’amica, altrettanto perplessa.
Grimmjow era ritornato sul tetto. Notò con piacere che non c’era nessuno studente e aprì il bento che aveva tirato fuori dallo zaino. La sua attenzione fu immediatamente catturata dal bigliettino poggiato sul riso.
“Ehilà!
Immaginavo avresti buttato il biglietto che ti ho dato stamattina, quindi ne ho nascosta una copia nel bento! ^^
Spero che il primo giorno di scuola stia trascorrendo senza incidenti e che il liceo ti piaccia.

L’arrancar sbuffò, chiedendosi se quel tipo lo stesse prendendo per il culo. Continuò a leggere.

E’ molto importante che tu mantenga un basso profilo, quindi:
·         Non attaccare briga con nessuno
·         Non uccidere nessuno
·         Dai retta ai professori
·         Non saltare le lezioni
·         Non rovinare il gigai
·         Nonuccidere nessuno
C’è uno shinigami che pattuglia Karakura; dubito che si sia accorto di te, ma non facilitargli il compito, chiaro?Inoltre,se i quincy dovessero attaccare, torna al negozio: non puoi uscire dal gigai da solo. Bene, buon appetito ;)”

L’arrancar strappò il fogliettino, riducendolo ad un mucchietto di coriandoli.
***
«Kurosaki-san! Che piacere vederti!» esclamò Kisuke, rivolto al ragazzo ansimante sull’uscio.
«A che devo questa visita inaspettata?» chiese, invitandolo ad entrare.
«Lo sai.» sibilò la fragola riprendendo fiato.
«Ah, si?»
«Quando avevo detto “fargli indossare un gigai e mandarlo nel mio liceo”, era una battuta!» gridò, abbandonando ogni proposito di intavolare una conversazione civile.
«Ah. E’ per questo.» sospirò il venditore di caramelle.
«Cosa ti è saltato in mente? Non mi hai nemmeno avvertito!»
« Come Kurosaki-san...non te lo avevo detto?» domandò Urahara, sventolando ridente il ventaglio.«Deve essermi sfuggito.»
«Sfuggito un corno!» berciò il sostituto shinigami « Come hai fatto a dimenticare di aver mandato nella mia classe quel pazzo furioso!»
«Non sapevo lo avessero assegnato alla tua classe, e comunque, non ti sembra di esagerare?»
«Voleva lanciarmi conto un banco!» esclamò il ragazzo.
«Oh.» fece sorpreso il caramellaio «Eppure mi era sembrato così tranquillo quando è uscito…»
Ichigo sbuffò. Era più facile immaginarsi Rukia come una giocatrice di basket che Grimmjow tranquillo.
«E poi, dovevi per forza dargli un gigai che gli permettesse di mantenere una forza sovrumana? Non potevi fornirgliene uno che annullasse completamente suoi poteri?»
«Pensi sul serio che avrebbe accettato? Già è stato difficile convincerlo quando gli ho detto che non avrebbe più potuto lanciare Cero.» dichiarò il caramellaio.
Il ragazzo lo fissò sorpreso.
«Non può scagliare Cero o altre tecniche spirituali, non può usare il Sonido e non è in grado di lasciare il corpo artificiale senza il mio aiuto. La forza fisica è tutto ciò che gli resta, dovresti essere in grado di tenerlo d’occhio senza problemi.» spiegò Urahara.
«Non voglio tenere d’occhio quello squilibrato perché lui non deve stare lì!» ringhiò lo shinigami.
«Mi avevi promesso che non si sarebbe avvicinato a nessuno dei miei cari, e tu lo sbatti vicino ai miei amici? Io tengo anche a loro!» continuò a gridare, fuori di sé.
«Non ho avuto scelta! Un altro giorno rinchiuso e sarebbe impazzito! Ne andava anche della salute del mio negozio!» si difese il venditore di caramelle.
«Per quanto mi riguarda può anche essere claustrofobico, ma non deve uscire! E’ pericoloso!» replicò Ichigo.
«Mi chiedo perché ti ho dato retta quella volta.» disse con voce rauca per il troppo gridare.
«Quando abbiamo discusso o quando ti ho detto di portarlo qui?» domandò Urahara.
«Entrambe.» ammise il sostituto shinigami
L’ex capitano posò il ventaglio.
«Sono sinceramente dispiaciuto per quanto è successo, non volevo crearti altri problemi.» tentò di scusarsi.
«Quindi farai finire questa farsa?» chiese il ragazzo.
«No.»
«E che ne sarà dei miei amici e della mia famiglia?» ruggì il sostituto shinigami.
«Non sono in pericolo, te lo assicuro.» affermò calmo Urahara.
«Dannazione Urahara-san! Si può sapere cos’ha fatto Grimmjow per meritarsi tutta questa fiducia?»  disse Ichigo, esasperato.
Il caramellaio non rispose, si limitò a sistemarsi il cappello.
*
Kirge Opie cadde al suolo, prima una metà e poi l’altra. Difficilmente si sarebbe rialzato ancora.
Kisuke sgranò gli occhi, incredulo.
Ma chi…
Una figura si materializzò davanti a lui, puntandogli contro una spada. Urahara avvertì il freddo acciaio contro la gola. Alzò lo sguardo: un giovane arrancar dagli occhi e i capelli azzurri lo fissava con aria seria.
L’ex capitano deglutì nervosamente.
«Lui dov’è?» sibilò lo sconosciuto.
«Cosa?» balbettò il venditore di caramelle.
«Ti ho chiesto» gridò il ragazzo, aumentando la pressione della lama «Dov’è Ichigo Kurosaki. Se mi rispondi, prometto che ti ammazzerò in modo rapido e indolore.»
Urahara sorrise.
«Un’offerta allettante.» disse sarcastico.
«La sua reiatsu è sparita improvvisamente, dov’è finito?» insistette l’arrancar.
«Eri tu quello che ci stava seguendo prima, quando stavamo portando via Dondochakka.» realizzò il dio della morte.
l’azzurro strinse gli occhi.
«Non ha importanza.» ribatté.
«Chi sei?» chiese il caramellaio, mentre una fitta di dolore gli attraversava la schiena.
«Non è importante.» ripeté l’arrancar, stuzzicandolo implacabilmente con la lama.
Dei colpi e delle grida provenienti dal Garganta chiuso attirarono la sua attenzione.
Un sorriso ferino si disegnò sul volto dell’hollow.
«Eccolo.» ghignò. «Finalmente.»
Si avvicinò al varco sigillato, oltrepassando Kisuke. Una folata di vento alzò l’orlo della giacca dell’arrancar, rivelando il numero sei tatuato sulla parte bassa della schiena.
Urahara trasalì.
Un espada.
Com’era possibile? Gli unici espada in vita a lui noti erano la donna curata da Inoue alla fine della battaglia con Aizen e la bambina che era con loro.
Oh, no. Se era chi pensava che fosse, Kurosaki-san era in serio pericolo.
«Fermati!» urlò lo shinigami, allarmato.
L’arrancar si voltò infastidito verso di lui, gli occhi ridotti a due azzurre fessure. Sollevò la zanpakuto, pronto a colpire.
« Sei venuto a salvarci!» strillò Dondochakka, sbucando dal nulla e  fiondandosi verso Grimmjow.
Kisuke notò per un attimo qualcosa di simile all’orrore attraversare il volto dell’azzurro.
«Ma anche no!» berciò l’espada, mentre calciava via il grosso hollow che lo stava assalendo.
«Sapevo che non ci avresti abbandonati!» urlò Pesche, lanciandosi anche lui verso il nuovo arrivato… E scontrandosi con il pugno teso dell’arrancar.
Grimmjow chiuse gli occhi e fece un lungo respiro, tentando di mantenere il controllo, mentre sentiva una vena gonfiarsi e pulsare sulla fronte. A vederlo, era quasi comico. Kisuke si trattenne a fatica dal ridere, temendo per la sua vita.
Una massa indistinta di colore verde attraversò il suo campo visivo, abbattendosi sul petto dell’espada e atterrandolo.
«Cazzo!» gemette quest’ultimo, sentendo un paio di costole scricchiolare.
Ah, già. Gli idioti erano tre.
«Nel-chan attenta!» urlò Orihime preoccupata.
«Che vuole fare?» esclamò Sado.
Urahara fece segno ai due di tacere, mentre osservava l’insolito spettacolo.
«Grimmjoooooow!» piagnucolò Nel, avvinghiandosi a lui. «Sei tornatooo!»
« Nel?» boccheggiò l’arrancar, mentre si rimetteva seduto «Che ci fai qui?»
«Si conoscono?» mormorò Chad.
«A quanto pare…» sussurrò Inoue.
«Nel era andata a cercare Itsygo perché i cattivi che ci hanno invaso avevano rapito Dondochakka…» iniziò a raccontare la bambina. L’espada la ascoltava attento.
«Itsygo e i suoi amici sono venuti con noi per salvare Dondochakka e gli altri. Itsygo ha combattuto contro quell’uomo…» continuò la piccola, ricominciando a singhiozzare e indicando il cadavere di Opie.
Inoue intanto, dopo aver curato Sado, si occupò delle ferite del caramellaio. Tutti e tre continuavano a fissare increduli i due arrancar davanti a loro.
«Ma dopo lui ha detto che stavano invadendo la Soul Society e Itsygo è andato ad aiutare i suoi amici… E quello lo ha intrappolato dentro al Garganta!»
Ecco perché non percepisco più la sua reiatsu.- riflettè l’azzurro.
«E adesso Itsygo è imprigionato! Non può uscire! E i suoi amici stanno morendo!» strillò ancora più forte la bambina, scuotendo energicamente Grimmjow per il bavero della giacca.
«Va bene, va bene, ho capito!» gridò l’espada, coprendosi un orecchio con una mando e tentando di staccarsi Nel di dosso con l’altra. Tuttavia, la piccola non mollò la presa e rimase tenacemente attaccata ai vestiti dell’arrancar, anche quando quest’ultimo si rialzò in piedi. Incurante della bambina appesa alla sua giacca, l’hollow raccolse Pantera, lanciando ai ragazzi uno sguardo obliquo. I due fullbringer si misero allerta, pronti ad un eventuale attacco: Urahara non era ancora guarito, dovevano prendere tempo.
«Ti prego» sussurrò flebilmente.
Grimmjow fissò il piccolo Hollow ancorato al suo petto. «Cosa?»
«Ti prego…» ripetè Nel, stringendo convulsamente i bordi di stoffa bianca «SALVA ITSYGO!»
*
«Io invece vorrei farti un’altra domanda.» ribatté Kisuke, riaprendo il ventaglio.
Ichigo attese in silenzio.
« Se sei così preoccupato per l’incolumità dei tuoi amici, perché sei venuto qui a litigare con me, lasciando Grimmjow da solo con loro?»
Il ragazzo dai capelli arancioni spalancò la bocca, realizzando il nefasto significato di quelle parole.
«Inoltre, credo che la tua pausa pranzo sia finita dieci minuti fa» proseguì il caramellaio, gettando un’occhiata all’orologio appeso al muro.
Merda.
Ichigo si girò e iniziò a correre come un disperato verso il liceo.
L’ex capitano sospirò.

Note:
Scusate per la fine un po' brusca.In realtà questa era la prima metà di un capitolo più lungo che, ahimè, ho dovuto spezzare. La seconda parte è praticamente pronta e la pubblicherò tra qualche giorno, quando avrò ultimato i ritocchi. Fatemi sapere che ne pensate. Ciaociao!

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Capitolo 3
*** Part 3 ***


Saalve! Eccomi qui con l'aggiornamento. Avete letto il 503? Io si, purtroppo T_T. Qundi ho deciso di pubblicare per consolarmi e anche come protesta: Dannazione, Kubo! Quanto tempo vuoi tenermi sulle spine? Uffa! Ok, scleri finiti, spero che questo capitolo costituisca un piacevole (e magari pure divertente) intermezzo nell'attesa dell'uscita del 504.
Buona lettura :)






La scuola era ancora in piedi, quando un ragazzo dai capelli arancioni attraversò il cancello. Nessun cumulo di macerie.
Ichigo tirò un sospiro di sollievo: durante la corsa spericolata, la sua mente era stata attraversata da una moltitudine di scenari apocalittici. Poco importava cosa aveva detto mister Zoccoli e Cappello, c’era un motivo per cui Aizen aveva fatto incarnare a Grimmjow la morte per distruzione, e lui non era desideroso di sapere quale fosse. Trovò  l’espada intento a rilassarsi all’ombra di uno degli alberi del giardino, gli occhi semichiusi e la schiena poggiata sul tronco. Un paio di studentesse del primo anno gli si avvicinarono titubanti, tra una risatina e l’altra.
Il dio della morte trattenne il fiato.
Una delle ragazze disse qualcosa a Grimmjow. Ichigo non riuscì ad udire la secca risposta dell’arrancar, ma vide entrambe le fanciulle allontanarsi ferite -metaforicamente, grazie al cielo-. L’azzurro si accorse di lui e gli lanciò un’occhiata colma di disprezzo, prima di alzarsi e dirigersi in classe.
Quell’assurda giornata era finalmente giunta al termine. Paradossalmente, il sesto espada non vedeva l’ora di tornare all’Urahara Shop. Tutte quelle ore passate a trattenersi dal trucidare quella massa di fastidiosi adolescenti lo avevano fatto stranire. Sperò con tutto il cuore che Ururu venisse a cercare aiuto da lui quella sera: aveva urgente bisogno di sfogarsi un po’. Una presenza conosciuta esgradita alle sue spalle fece sparire quel poco di buonumore appena recuperato.
«Che vuoi, Kurosaki?» disse seccato.
«Voglio controllare se ritornerai davvero al negozio.» rispose il ragazzo, senza troppi giri di parole.
«Conosco la strada, quindi vattene.»sbottò Grimmjow.
« E chi mi dice che non allungherai il percorso?» replicò il dio della morte.
«Dovrò sorbirmi la tua presenza finché non sarò arrivato?» domandò l’azzurro, la pazienza ormai agli sgoccioli.
«Se è necessario sì.»
«Che palle.»
Come se non bastassero le visite del pel di carota al negozio a mandarlo in bestia, ora gli toccava anche la scorta fino a casa, nonostante non avesse fatto nulla. Strinse i pugni finchè non sentì le unghie affondare nella carne. Si pentì di averlo tirato fuori da quella gabbia. Sarebbe stato meglio farlo saltare in aria.
Anche se quella volta ci era andato molto vicino.

*

Ichigo colpiva le sbarre di reishi senza sosta, un Getsuga Tensho dopo l’altro. Le urla degli shinigami gli stavano trapanando il cervello, concentrarsi era impossibile.
Devo uscire.
Byakuya, Renji, Rukia avevano bisogno di lui.
Devo uscire.
Li, avrebbe salvati, li avrebbe protetti.
«DEVO USCIRE!» gridò, mentre la lama di Zangetsu si abbatteva di nuovo sulla gabbia. Nulla. Crollò contro le aste spirituali, esausto.
Che cosa posso fare?
Un grido nell’oscurità interruppe i suoi pensieri.
«Hey!»
Il dio della morte sobbalzò.
Quella voce, non poteva essere…
«Diciassete mesi che non ti vedo e ti ritrovo così?» continuò ad urlare lo sconosciuto, mentre la sua sagoma prendeva forma nel buio.
Impossibile.
«Fattelo dire, Kurosaki» ghignò il sesto espada, mentre emergeva dalle tenebre. «Fai proprio schifo!»
«G-Grimmjow!» farfugliò Ichigo, sgranando gli occhi.
«Si, esatto, complimenti.» disse sarcastico l’arrancar, avvicinandosi alla gabbia.
«Che cosa ci fai qui? Dove sono Urahara-san e gli altri? Stanno bene?» chiese ansioso il ragazzo dai capelli arancioni.
«Sta’ zitto! Che vuoi che m’importi dei tuoi stupidi amici!» ringhiò l’azzurro, irritato dalle domande dello shinigami.
Ichigo digrignò i denti.
«L’unica cosa che mi interessa ora è affrontarti, finalmente.» affermò l’espada con un luccichio inquietante negli occhi.
« Ora non posso combattere con te! Devo raggiungere la Soul Society! Ma prima devo tornare indietro per sapere come stanno i miei amici e occuparmi di Opie.» dichiarò il dio della morte.
«Se ti riferisci al quincy, è morto.» disse l’arrancar.
«M-morto?» boccheggiò lo shinigami stupito. «Sei stato tu?»
Il largo sorriso di Grimmjow fu una risposta sufficiente.
«Perché?»
«Affari miei.» rispose seccamente l’espada, mentre materializzava un Cero nella mano destra.
«Ehi!» esclamò ichigo «Che cosa vuoi fare?»
«Mi sembra ovvio, apro la gabbia.» affermò l’altro.
«Ci ho già provato io, non funzionerà.» ribatté il ragazzo.
«Si, ma tu sei all’interno, magari da fuori è diverso.» replicò Grimmjow.
«A-aspetta! Così finirai per colpire anche me!»protestò lo shinigami, spaventato. «potresti uccidermi!»
«Non vedo il problema.» disse tranquillamente l’hollow, mentre il cero gli illuminava le iridi azzurre di minacciosi riflessi scarlatti.
«Bastardo! Non ti azzardare, altrimenti…» ringhiò il ragazzo dai capelli arancioni.
«Altrimenti cosa? Esci fuori e vieni a picchiarmi? Non sei nella posizione di minacciarmi.» lo canzonò l’azzurro.
Guardò negli occhi lo shinigami.
«Vedila così: se sopravvivi, potrai andare a salvare i tuoi amici. Tanto, nello stato in cui sei adesso, sei inutile. E’ come se fossi già morto.»
Ichigo rimase in silenzio. Il ragionamento del sesto espada non faceva una piega: doveva liberarsi e in fretta.
Grimmjow puntò la mano verso di lui e fece fuoco.
«Aspetta!» strillò la fragola, schiacciandosi contro un lato della gabbia. L’esplosione deflagrò nell’oscurità, illuminando il Garganta di una luce rossastra. Il fumo grigio impiegò qualche minuto a dissolversi.
«Pare non abbia funzionato.» dichiarò l’azzurro, riavvicinandosi alla prigione ancora intatta.
«No, per niente!» sbraitò il ragazzo sull’orlo di una crisi isterica, mentre spegneva una fiammella che si era accesa sull’orlo dell’hakama. «Che ti è saltato in mente? Potevi avvertirmi!»
«Tsk. Quella cosa è ancora intera… E tu sei ancora vivo.» disse l’espada.
«Maledetto! Stavi mirando a me?» ruggì Ichigo. Lanciò  un’occhiata incendiaria a l’arrancar che sembrava si stesse divertendo un mondo.
«Faccio un altro tentativo?» chiese allegro Grimmjow.
«Non osare!» strillò il sostituto shinigami. «Tanto è tutto inutile.»
«Insomma! Piantala di replicare e proponi qualcosa, allora!» ribattè l’espada.  
Rimasero a fissarsi trucemente per qualche minuto.
«Colpirla da fuori non ha cambiato le cose, mi chiedo se queste sbarre possano essere davvero distrutte.» mormorò il ragazzo.
«Potremmo colpirla da entrambe le parti.» azzardò Grimmjow.
Il volto di Ichigo si illuminò.
«Io da dentro, tu da fuori…»
«… due colpi della stessa potenza, nello stesso momento.» continuò l’azzurro
«O la va o la spacca.» affermò il dio della morte.
«Perfetto!» esclamò l’arrancar sguainando la zanpakuto.
«Aspetta, Grimmjow.» lo fermò il ragazzo dai capelli arancioni.
«Mh?»
«Devi sapere che da quando ho recuperato i miei poteri sono diventato molto più forte rispetto a l’ultima volta che ho combattuto con te.» dichiarò serio lo shinigami.
L’arrancar sollevo un sopracciglio.
«Quindi se i due colpi devono essere uguali, non basterà un Cero per fare a pezzi questa cosa. Sarà meglio che rilasci e usi Desgarròn, così avremmo qualche…»
«Kurosaki.» lo interruppe l’espada, la voce vibrante di collera. «Cosa pensi che abbia fatto negli ultimi diciassette mesi? Di certo non sono andato al liceo.» concluse, mentre si feriva il palmo con Pantera.
«No, fermo, dobbiamo colpire insieme!» urlò il ragazzo in gabbia.
«Appunto, quindi sbrigati. Mi sono rotto di stare qui a sentire le tue cazzate. Chiudi il becco e lancia il Getsuga Tensho, non ho intenzione di aspettarti un secondo di più!» sbottò Grimmjow, caricando un Gran Ray Cero.
Ichigo sussultò: la sfera azzurra nel palmo dell’arrancar era grande il doppio di quanto ricordasse ed emetteva inquietanti scariche blu. Strinse l’elsa di Tensa Zangetsu.
«Ma sei sicuro che…» insistette.
«Uno.» contò Grimmjow implacabile, tendendo il braccio in avanti.
«Due.» proseguì il dio della morte, deglutendo e sollevando in alto la lama.
Speriamo bene.
«TRE!» gridarono entrambi, scagliando i rispettivi colpi.

*

Quell’esplosione doveva aver violato almeno un paio di leggi della fisica, poiché era stata capace di scagliare sia Ichigo, sia Grimmjow, che si trovava dalla parte opposta, nella Soul Society, nel cuore della battaglia.  Da lì, il sostituto shinigami e l’hollow si erano persi di vista. Il primo era andato a soccorrere i suoi amici, il secondo si era messo a uccidere qualsiasi cosa ritenesse una minaccia per la sua persona, finchè il dio della morte non era tornato per trascinarlo via. L’arrancar strinse i denti, arrabbiato: se si fosse limitato a uccidere Kurosaki, invece di liberarlo, non sarebbe finito nella situazione di merda in cui si trovava ora, incastrato nel mondo reale.
« Ti sei comportato fin troppo bene oggi. Non starai tramando qualcosa?» domandò il ragazzo dai capelli arancioni, riportandolo bruscamente al presente.
L’arrancar sbuffò. Bene, gli ci mancava solo Kurosaki e le sue manie di persecuzione.
«Sei tu quello che si comporta in modo strano:è tutto il pomeriggio che mi stai addosso, invece di correre appresso alla tua amica tettona. Non sarai mica un finocchio?» fu la replica tagliente dell’espada.
Lo shinigami arrossì.
Grimmjow ghignò.
Troppo facile.
«Non provocarmi!» urlò il dio della morte, mentre il volto assumeva le più varie sfumature purpuree.
«  E perché no? Si vede lontano un miglio che vuoi combattere, perché non lo fai? Troppa paura dei sensi di colpa?»
Ichigo sorrise.
«Per niente, dammi solo una buona occasione…»
«Va bene!» esclamò l’azzurro, tirandogli un cazzotto in piena faccia.
ah, che liberazione.
Basta, quella recita penosa era andata avanti per troppo tempo. Maledetto il momento di debolezza in cui aveva chiesto quel corpo fittizio. Maledetti quincy, maledetti shinigami, maledetto Urahara, maledetto Kurosaki.
Finite in pezzi, tutti quanti.
Forse aveva scelto le parole sbagliate- riflettè il dio della morte, mentre sentiva i molari traballare sotto le nocche dell’arrancar.
«Come se non fossi capace di farti il culo anche in questa forma!» gridò l’espada, sputando a terra.
Continuarono a colpirsi per un po’. Pugni e calci, attacchi e schivate. Combattevano ad armi pari: lui come umano, l’espada nel corpo fittizio. Ichigo ripensò al loro primo scontro, durante il quale l’arrancar lo aveva fronteggiato a mani nude.
Il calcio laterale colpì l’hollow in pieno petto, scaraventandolo contro un cassonetto. Grimmjow tossicchiò, portandosi una mano allo sterno, tuttavia, rimase stoicamente in silenzio. In nessuno dei loro scontri, lo shinigami lo aveva mai sentito gridare per il dolore, nemmeno quando gli aveva piantato Zangetsu nel torace.
Ichigo si avvicinò all’azzurro, ansimando.
«Dannazione, Grimmjow! Perché ti comporti così? In teoria dovremmo essere alleati!» gridò.
L’espada lo guardò con odio.
«Il mio ultimo alleato, mi ha quasi ucciso.» sibilò, tenendo le iridi azzurre fisse sullo shinigami, attendendo una replica da parte sua; replica che sapeva non sarebbe mai venuta.
Si mise una mano tra i capelli e chiuse gli occhi, frustrato.
Davanti a quel gesto, la rabbia di Ichigo svanì. Ricordava perfettamente la falce che si abbatteva sul corpo già ferito della pantera e Nnoitra che si avventava su un Grimmjow completamente inerme. La quinta espada avrebbe dovuto combattere contro di lui, invece aveva prima tentato di eliminare il suo compagno e lo aveva chiamato rifiuto. Non c’era da stupirsi che il termine “alleato” fosse particolarmente inviso all’arrancar dai capelli azzurri. Senza poi contare cosa poteva avergli fatto passare Aizen. Ripensò alle occhiate che l’espada aveva lanciato a lui, Urahara e Tessai quando avevano tentato di curarlo, al perché cercasse sempre le finestre o un’altra porta quando entrava in una stanza, a come mai mantenesse le distanze, nonostante fosse in atto una tregua,-ma questo poteva essere benissimo dovuto alla reciproca antipatia - e capì.
Grimmjow avevapaura. Paura di essere ucciso a tradimento, non appena si fosse presentata l’occasione giusta per disfarsi di lui.
Per esempio, alla fine della guerra. Probabilmente, l’arrancar aveva già capito che, se fosse sopravvissuto al confronto con i quincy, avrebbe trovato la morte per mano degli shinigami. Ichigo sospettava che Yamamoto non avrebbe mai permesso che un individuo così pericoloso tornasse nell’Hueco Mundo. L’accordo reggeva fintanto che avevano un nemico comune.  Se fosse stato al posto dell’azzurro, sarebbe uscito di testa da un pezzo. Si vergognò del suo comportamento. Probabilmente, l’ultima cosa di cui aveva bisogno Grimmjow adesso, era una persona che continuava a dargli addosso. Sospirò e tese una mano all’espada che la respinse seccato.
«Non compatirmi.» ringhiò, mentre si rialzava. «Risparmia la tua inutile compassione per i tuoi morti e per i morti che presto piangerai, Kurosaki.» sghignazzò senza allegria.
Si allontanò di qualche passo, poi si girò verso il sostituto shinigami, in attesa. Ichigo rimase immobile. L’arrancar si voltò e sparì dietro l’angolo.
Il dio della morte lo guardò andar via. Per la prima volta capì il significato dell’espressione “morto che cammina” e non aveva niente a che fare con gli zombie dei videogiochi che gli aveva prestato Keigo. Prese la strada di casa.
 Quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe seguito.  

Note:
Ed anche la terza parte di questa boiata fanfiction è giunta alla fine. Grazie a chi mi ha messo tra le seguite, davvero. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo *i lettori stappano lo spumante*. purtroppo, anche il mio fangherlaggio ha un limite ed ho esaurito le idee.  Quindi ci vediamo al prossimo aggiornamento per i saluti. Un bacione! ^^ 

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Capitolo 4
*** Part 4 ***


Ciao a tutti! Come promesso, ecco il nuovo capitolo.Spero vi piaccia :) Colgo l'occasione per ringraziare i recensori  Junna,Saeko_san,Devileyes e l'ultima arrivata purple benny per i loro commenti *denna si commuove* Inoltre, mille grazie anche ha chi ha inserito la storia tra le seguite e tra i preferiti.
Buona lettura, ci vediamo giu! 

Part 4


Nel era tornata.
Durante uno degli ultimi scontri, la piccola arrancar si era trasformata, recuperando il suo aspetto originario. Orihime aveva provveduto immediatamente a riparare la sua maschera rotta, ora ritornata integra grazie allo straordinario potere della fullbringer.
Nel era tornata, stavolta per sempre.
Pesche e Dondochakka avevano riaccolto con gioia la loro espada, con tanto di lacrime e balletti scoordinati e imbarazzanti-ma era il pensiero che contava. Anche Ichigo ed i suoi amici erano molto felici. Un po’ diversa era stata la reazione di Grimmjow: dopo lo stupore iniziale, l’arrancar era rimasto in disparte a fissare la nuova arrivata con confusione e sospetto, anche dopo che gli ebbero spiegato la situazione. Tuttavia, non si era dimostrato ostile.
Il ritorno della terza espada fu accompagnato da una nuova atmosfera che pervase l’Urahara Shop: gli inseguimenti  erano cessati, così come i litigi, le risse e le esplosioni. Nel e Grimmjow trascorrevano gran parte del tempo nella camera sotterranea ad allenarsi. La ragazza in realtà non amava molto combattere, ma aveva ceduto alle richieste dell’azzurro nella speranza di frenare la sua natura violenta; inoltre, con una guerra in corso, un po’ di allenamento non poteva farle che bene, visto che era rimasta inattiva per troppo tempo ed era un po’ arrugginita. L’arrancar, invece, era entusiasta : gli esercizi individuali stavano cominciando ad annoiarlo, aveva bisogno di un degno avversario con cui misurare le proprie capacità e quella ragazza era un osso duro.  Ancora faticava a credere che quella bambina rompiscatole fosse in realtà l’ex terzo espada, era stato un bene che avesse assistito di persona alla trasformazione. Se glielo avessero detto al loro primo incontro, difficilmente ci avrebbe creduto.

***

Era buio, le ferite gli facevano male, ma non quanto si aspettava.
 Forse stava morendo– si disse.
Percepì la sabbia di quel deserto che era L’Hueco Mundo sotto i polpastrelli e contro la schiena. Da quanto tempo era disteso a terra?
Una fitta gli attraversò il torace, mozzandogli il respiro, seguita immediatamente da un’altra alla spalla. Sentì qualcosa scorrergli sul petto che attenuò in parte il dolore, consentendo ai suoi polmoni di riempirsi nuovamente d’aria. Stava morendo, ma paradossalmente si sentiva molto meglio. Qualcosa non tornava. Si costrinse ad aprire gli occhi. Il volto di una bambina apparve nel suo campo visivo, a tratti nitido, a tratti sfocato.
La mocciosa che era con Kurosaki.
«Sei sveglio!» strillò contenta la piccola.
Grimmjow non rispose, mentre  metteva a fuoco la figurina vestita di verde al suo fianco. Tentò di guardarsi intorno: dove era finito Nnoitra? E Kurosaki? L’ultima cosa che ricordava era lo shinigami che si metteva tra lui e il quinto espada e quest’ultimo che lo sfotteva.
 «Nel pensava che fossi morto!» disse la mocciosa, avvicinandosi al suo viso.
Beh, lo pensava anche lui fino a pochi secondi fa.
Sollevò leggermente il capo. Le ferite del suo scontro con il dio della morte avevano smesso di sanguinare e si erano in parte rimarginate, così come il colpo di Nnoitra, ed erano ricoperte da una sostanza viscosa e trasparente. Doveva essere stata quella a curarlo. Ora che ci faceva caso, quella roba era su tutto il suo corpo, ne aveva addirittura un po’ nei capelli.
«Ma ora stai meglio, per fortuna!» esclamò la bambina.
L’espada la guardò di nuovo. Un rivolo di quella strana sostanza le gocciolava da un lato della bocca, intanto che gli sorrideva contenta. Sgranò gli occhi, mentre la verità lo investiva con la forza di un Cero Oscuras.
Quella… Non poteva… Davvero… Essere…
«BAVAAAAA!» gridò a pieni polmoni, mettendosi di scatto a sedere. Il dolore lo attraversò come una scarica elettrica.
«Merda!» imprecò, mentre crollava di nuovo a terra in preda agli spasmi. Ogni colpo gli faceva male come se gliel’avessero inferto un’altra volta. Per poco non svenne.
«Non ti puoi agitare così, altrimenti le ferite si riapriranno!» strillò Nel. «Aspetta, ora mi tocco il velo pendulo così esce altra saliva…»
Grimmjow fulmineo, le tappò la bocca con una mano.
«Non provarci!» disse minaccioso.
La mocciosa farfugliò qualcosa che lui interpretò come un “ma è per il tuo bene!”
« A questo punto preferisco morire. E poi, se ti toccassi il velo pendulo, vomiteresti, non uscirebbe saliva!» aveva replicato l’azzurro, mentre mollava la presa.
 Chiuse gli occhi,sentendo le forze abbandonarlo. Udì dei passi avvicinarsi.
«Nel! Finalmente ti abbiamo trovata!»
«Pesche! Dondochakka!»
« I grandi fratelli del deserto sono di nuovo insieme… Ehi! E lui chi è?» aveva esclamato Pesche, avvicinandosi cautamente a Grimmjow.
«Sesta espada, Grimmjow-sama.» trillò la piccola arrancar.
I due  hollow erano balzati indietro in preda al panico.
« Cribbio,un espada!» gridò Dondochakka, iniziando a piangere « Ci ucciderà tutti, non lo sai!»
«E’ conciato piuttosto male, dubito che abbia la forza di combattere.» commentò Pesche «Comunque, Nel, allontanati da lui.»
«Si! Dobbiamo andarcene prima che arrivi qualche altro nemico.» affermò il grosso hollow a pois.
«E lo lasciamo qui?» domandò la bambina.
Le due fracciòn l’avevano guardata confuse.
«Portiamolo con noi!» strillò.
«Nel, non possiamo, lui…» mormorò Pesche, in difficoltà, mentre osservava l’espada a terra, che aveva riaperto gli occhi. Le iridi azzurre vagarono spente, incrociando per un attimo gli occhi gialli dell’hollow, prima di sparire di nuovo sotto le palpebre .
«E’ un nemico!» concluse Dondochakka, che non vedeva l’ora di andarsene.
 «Nel non vuole  che muoia.» affermò la piccola, risoluta.
«Cosa gli è successo?» aveva domandato d’un tratto l’hollow-formica, tentando di capire perché la sua  ex padrona fosse così decisa a portarsi dietro quell’arrancar.
«Itsygo lo ha sconfitto, ma non voleva ucciderlo. Poi però è arrivato Nnoitra che lo ha colpito.»
Entrambi gli hollow trasalirono.
Nnoitra, era stato lui. La storia si ripeteva.
«Ehi Pesche, che cosa facciamo?» sussurrò Dondochakka.
L’amico rimase in silenzio per qualche minuto.
«Prendiamo anche lui.» dichiarò
«Evviva!» strillò entusiasta la bambina.
«S-sei sicuro?» balbettò il grosso hollow.
«Sicuro. Ah, fai uscire Bawabawa.»
«Perché?»
 «Ci spostiamo con lui» spiegò Pesche. « Ridotto com’è, è probabile che se lo muoviamo troppo, finiremo col fargli ancora più male.» concluse, mentre sollevava con attenzione Grimmjow da sotto le braccia.
«Vieni ad aiutarmi! Pesa una tonnellata!» sbottò.
Il sesto espada sentì qualcuno afferrarlo per le gambe, prima di ripiombare nelle tenebre.

***


Anche a scuola la situazione era migliorata notevolmente: Ichigo aveva notato che da quando anche Neliel si era iscritta come studentessa, Grimmjow aveva iniziato a comportarsi meglio, a parte le spallate, gli spintoni, gli insulti e le minacce non troppo velate alla sua persona. Almeno non lanciava più banchi come se fossero coriandoli e non tentava di ammazzare Keigo un giorno si e l’altro pure; anzi, l’espada aveva perfino instaurato una specie di legame- perché amicizia era una parola grossa- con Tatsuki: i due passavano gran parte del tempo a stuzzicarsi e punzecchiarsi a vicenda, apostrofandosi con gli epiteti più fantasiosi, ma l’azzurro non aveva mai alzato un dito contro la sua amica. Il sostituto shinigami sospettava che la buona condotta di Grimmjow fosse dovuta alla presenza di Nel: la ragazza era la terza espada, mentre lui la sesta, il divario era ampio, e forse, l’azzurro non voleva perdere la faccia prendendole da una donna.
Si, Grimmjow temeva Nel, senza dubbio.
 Le cose non sarebbero potute andare meglio di così.
Tuttavia, si verificavano degli strani episodi. Alcune volte, i due espada sparivano per ore in mezzo alle rocce della camera di allenamento, vietando agli altri due hollow che risiedevano lì di seguirli. Grimmjow in particolare, aveva minacciato di morte le fracciòn di Neliel, se li avesse visti avvicinarsi. Una volta, Ururu, in fuga da Jinta, era andata a cercare aiuto nel luogo dove erano soliti rintanarsi i due arrancar. Era tornata indietro di corsa con un espressione terrorizzata sul volto. Il ragazzino si era spaventato nel vederla in quello stato.
«Ma che ti è successo?» domandò.
«Jinta-kun, da oggi puoi picchiarmi quanto vuoi, magari così riuscirò a dimenticare ciò che ho visto» aveva mormorato la bambina, in preda a una specie di trance, mentre le guance diventavano scarlatte. Il rosso non aveva fatto altre domande ed entrambi i bambini erano tornati di sopra.
Inoltre, l’arrancar non aveva perso il vizio di saltare le lezioni, a volte anche fino alla pausa pranzo, e spesso toccava ad Ichigo e i suoi amici l’arduo compito di cercarlo per riportarlo in classe. Come quel giorno.
«Lo  avete trovato?» chiese il dio della morte, mentre raggiungeva il resto del gruppo, radunatosi vicino allo stanzino delle scope.
«No, mi spiace Kurosaki-kun» rispose Inoue, dispiaciuta.
«Abbiamo controllato dovunque, anche sul tetto, ma niente.» affermò Tatsuki.
«Ma perché tocca sempre a me rintracciarlo!» si era lamentato lo shinigami, sbuffando.
«Perché l’hanno iscritto come un tuo familiare, come Nel.» gli aveva ricordato la mora.
«Si, ma non è giusto!» protestò la fragola.
Orihime sgranò gli occhi.
«E’ sparita anche Nel-san, ora che ci penso…» mormorò.
« L’ultima volta che l’ho vista, stamattina, mi ha detto che andava a cercare Grimmjow.» spiegò Ichigo. «Dove si sarà cacciato quel pazzo? E’ da tre ore che non si trova!» gridò, frustrato.
Tatsuki guardò l’orologio.
«La lezione di ginnastica sta per cominciare, andiamo. Magari è già in palestra.»
«Può darsi.» disse Ichigo.
«Forza, muoviamoci, altrimenti faremo tardi!» esclamò Orihime, trascinando via l’amica.
Il dio della morte le seguì.
La porta del ripostiglio si aprì piano, Grimmjow mise fuori la testa, controllando che il corridoio fosse deserto.
«Via libera?» chiese Nel, facendo capolino da dietro la sua spalla.
«Si.»
Uscirono dallo stanzino.
«Questo posto è strettissimo.» constatò la ragazza, aggiustandosi la camicetta.
«E’ colpa tua.» aveva affermato l’azzurro.
Lei si fermò e lo guardò confusa. «E perché?»
«Hai le tette troppo grandi. Se non avessimo cambiato posizione, a un certo punto, sarei morto soffocato.» dichiarò l’espada.
Lei gli diede uno scappellotto. « Ma sentilo! Sei alto quasi un metro e novanta, sei tu che prendi tutto lo spazio!» replicò offesa. L’azzurro ghignò perfido, mentre finiva di sistemarsi i vestiti.
«Sai» aveva ripreso a parlare Nel «Che ringhiassi e soffiassi lo sapevo, perché lo fai quando sei arrabbiato… Ma che sapessi fare le fusa, è stata una sorpresa!»
«Non mi pare ti sia dispiaciuto.» commentò l’hollow, senza guardarla.
«Ma cosa hai capito! Certo che non mi è dispiaciuto! E’ una cosa così carina!» esclamò l’ex-espada, entusiasta.
L’arrancar la osservò un attimo, cercando di capire se lo stesse prendendo in giro.
«Ci riesci sempre?» domandò la ragazza, allungando una mano verso di lui per fargli un grattino.
«No, non sono un fottuto gatto.» disse infastidito Grimmjow.
«Ah. Quindi riesci a farle solo quando noi, insomma… »
«Si.» rispose lapidario l’espada.
«Oh, peccato…» mormorò Nel con aria afflitta.
Sul volto dell’arrancar si disegnò un sorriso ferino.
«Se ci tieni così tanto a risentirle» aveva detto con voce roca «Potremmo rimanere qui un altro po’.»
«Ma abbiamo saltato già troppe lezioni!» Protestò l’ex espada.
«E allora?» replicò lui, mentre si avvicinava.
« Potrebbe insospettirsi…» insistette la ragazza.
«Chi, Kurosaki? Ma fammi il piacere!» sghignazzò l’azzurro.
«Però, Grimmjow…»
«Insomma! Vuoi sentirmi fare le fusa o no?» sbottò l’arrancar.
«Si, certo, ma…»
Non fece in tempo a finire la frase perché Grimmjow le aveva coperto la bocca con la sua, stroncando ulteriori repliche sul nascere. Si lasciò spingere nello stanzino, mentre il compagno si chiudeva dietro la porta.
Kisuke osservava divertito i due espada rinchiudersi di nuovo nel ripostiglio. Se avesse saputo che bastava così poco, si sarebbe dedicato anima e corpo per farla ritornare come era prima, altro che studiare l’amuleto dei quincy.
Sorrise, mentre riprendeva la strada per il negozio.
Non gli importava cosa avrebbe detto o fatto il Comandante Generale, a fine guerra li avrebbe fatti tornare nell’Hueco Mundo.
 A qualunque costo.


Note di un'eterna indecisa:
Siam così giunti alla fine della quarta parte. Come potete aver notato, questo capitolo ha uno stile diverso rispetto ai precedenti. La verità è che inizialmente volevo concludere con la parte 3, ma mi era sembrato un finale un po' triste, quindi ho deciso di inserire questo epilogo dai toni più leggeri; inoltre, mi era venuta in mente la scenetta del flashback e mi era sembrato un peccato scriverci qualcosa al riguardo.Fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando! ;)
P.S. Avevo detto che questo sarebbe stato il capitolo finale... Tuttavia, (complice anche una chiacchierata con la mia compagna di malefatte) mi sono venute in mente un paio di idee carine per un ipotetica parte 5. Non prometto nulla, sia chiaro, dipende se Kubo mi farà arrabbiare o meno col 504. Lo so, sono malata XD, ma ci tengo a ricordarvi che Part 2 e 3 sono nate dall'inca******a che mi hanno provocato i capitoli successivi al 500 XD. Quindi, vediamo che succederà. Un bacione!

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Capitolo 5
*** Part 5 ***


Saaalve! Ne è passato di tempo dall'ultimo capitolo, eh? Mi spiace avervi fatto aspettare, ma per colpa dello studio e di Kubo, ovviamente(mamma mia, il capitolo di oggi e della scorsa settimana mi stanno facendo accarezzare l'idea della mia compagna di malefatte Junna, cioè bere un bel bicchiere di candeggina XD) ho subito un calo di ispirazione...  Quindi non vi annoierò ulteriormente (in realtà già l'ho fatto) e vi lascio alla famigerata Part 5 ;). Buona lettura!



Part 5

Dovresti andarci più piano- gli aveva detto.
E tu dovresti farti gli affari tuoi- aveva risposto lui.
Questo era stato l’inizio della conversazione, o meglio, furiosa litigata, che li aveva accompagnati dall’uscita della scuola fino al negozio di Urahara. Più di una persona si era voltata per guardare i due ragazzi dal colore dei capelli alquanto singolare- arancione uno, azzurro l’altro-  intenti a battibeccare come una coppia di bisbetici fidanzati. 
«Sono affari miei: Nel è mia amica e non voglio che si faccia male a causa tua!»
Tutto aveva avuto inizio circa ventiquattro ore prima. Ichigo si era recato all’Urahara shop  per controllare che andasse tutto bene. Anche se da quando Nel si era trasformata la situazione poteva essere definita sotto controllo, passare ogni tanto al negozio era diventata ormai un’abitudine. Sorrise, ripensando a tutte le volte in cui aveva temuto di trovare quel piccolo edificio ridotto ad un cumulo di rovine fumanti.  
«Buonasera, Kurosaki-san, cosa ti porta qui a quest’ora?» lo aveva salutato il caramellaio, appena varcata la soglia.
«Buonasera, Urahara-san, ero solo passato a fare un saluto. Ah, e Karin aveva bisogno di altro repellente per gli…»
Un boato riecheggiò da sotto locale, facendo tremare l’intera struttura.
«Ma che cosa…» esclamò lo shinigami, mentre un altro scoppio sconquassava l’edificio dalle fondamenta. «E’ un terremoto?»
«Oh, pare che sia iniziato l’allenamento.»  commentò Urahara, mentre afferrava al volo un delicato soprammobile di porcellana in procinto di cadere dallo scaffale.
«Allenamento?» chiese il ragazzo, alzando le sopracciglia.
«Si, Nel e Grimmjow si stanno esercitando nella camera  speciale » spiegò l’ex capitano, rimettendo a posto il ninnolo. «Vuoi dare un’occhiata?» chiese.
«Perché no.»
Scesero le scale, raggiungendo il posto dove, quasi due anni prima, aveva ottenuto i suoi poteri da shinigami.
I due espada erano lì vicino, immobili, le katane sollevate in posizione di guardia, attendendo il momento giusto per attaccare. Ichigo li osservò con una punta di preoccupazione: Nel aveva numerosi tagli su braccia e gambe, mentre Grimmjow sembrava stare benissimo, a parte il labbro spaccato e una leggera bruciatura sulla mano sinistra.
Gli arrancar continuarono a studiarsi. Ovviamente, fu la sesta espada a prendere l’iniziativa, gettandosi contro la sua avversaria con la ferocia di un predatore sulla sua preda.
Nel parò il colpo senza scomporsi, poi rifilò all’azzurro un calcio diretto alle costole che venne prontamente intercettato dall’avambraccio di quest’ultimo. Grimmjow fu costretto ad allontanarsi e vibrò un altro fendente, ma la ragazza si portò alle sue spalle con un sonido e levò in alto Gamuza. L’espada si scansò in tempo, evitando di essere mutilato, di nuovo, del braccio sinistro; poi sfruttò l’apertura creatasi per tentare un affondo all’addome che andò parzialmente a segno, procurando l’ennesimo taglio sul corpo della fanciulla. La terza espada strinse leggermente gli occhi, afferrò il polso dell’azzurro e menò un fendente laterale che disegnò una lieve ferita sul torace dell’avversario. Grimmjow emise un verso seccato mentre liberava il braccio dalla sua stretta e le assestava un brutale calcio che spedì Nel a svariati metri di distanza. Si preparò a scagliare un bala.
«Fermo!» gridò Ichigo, ora in veste di shinigami, mettendosi tra lui e l’altra arrancar che si stava rialzando.
«Kurosaki.» sbottò Grimmjow, senza abbassare la mano. «Che sei venuto a fare?»
  «Sei per caso impazzito?»
L’arrancar lo guardò un attimo con smarrimento, prima di esibire il solito ghigno sprezzante.
«Vuoi prendere il suo posto?» chiese, mentre il cero scarlatto si materializzava sul palmo aperto.
Ichigo strinse gli occhi, per nulla intimorito,  e afferrò il polso dell’espada.   
«Non mi hai risposto.» sibilò.
L’azzurro ringhiò di rimando.
L’atmosfera nella stanza si era fatta davvero pesante. Kisuke sbuffò infastidito: possibile che quei due non riuscissero a stare più di dieci secondi senza litigare?
«Ciao Ichigo!» lo salutò allegramente Nel «Che bello vederti!» esclamò, circondandolo con un abbraccio che gli mozzò il respiro.
«Anche io sono contento di vederti.» esalò lo shinigami, mentre il suo sguardo si appannava.
Il caramellaio colse al volo l’occasione.
«Grimmjow, ho bisogno del tuo aiuto, verresti di sopra un attimo?» chiese.
L’arrancar lanciò uno sguardo torvo ai ragazzi davanti a lui .
«Tanto qui abbiamo finito.» affermò alzando le spalle, lasciando il dio della morte in balia dell’ex espada.
Ichigo avrebbe voluto dirgli di fermarsi, ma al momento aveva bisogno di tutta l’aria possibile per sopravvivere alla stretta assassina di Nel.
 Gli avrebbe parlato domani a scuola-decise.

***

Andarci piano.
Gli aveva detto di andarci piano.
Che andasse a dirlo ai quincy di far piano!- pensò con rabbia, mentre scendeva le scale della botola.
“Non ti sto chiedendo di smettere; solo... Fa’ attenzione. Nel è già stata ferita troppe volte, non merita di soffrire inutilmente”- erano state le ultime parole del ragazzo dai capelli arancioni.
«Tsk!»
 Lui non aveva intenzione di rammollirsi per andare incontro alle ridicole preoccupazioni di Kurosaki.

***

Nel sedeva su uno dei pochi massi superstiti, tamponandosi una profonda ferita sul braccio. Grimmjow, a qualche metro di distanza, camminava avanti e indietro, lasciandosi sfuggire qualche ringhio tra un passo e l’altro.
L’arrancar sorrise. Sapeva benissimo che non era arrabbiato per la sconfitta subita, ma per ciò che essa avrebbe comportato. La prima volta che l’azzurro l’aveva sfidata, gli aveva proposto un accordo: il vincitore avrebbe deciso cosa fare dopo il combattimento. Era molto contenta che avesse accettato  perché, se si fosse impegnata, avrebbe dovuto affrontare massimo uno o due incontri al giorno, senza dover sopportare le insistenti richieste della sesta espada.
Il problema era- come aveva scoperto poco dopo- che non sempre vinceva lei.
L’affrontare Grimmjow aveva confermato le parole dette da Nnoitra mesi  prima: il tempo era trascorso per entrambi. Mentre lei era imprigionata nella sua forma infantile, i poteri dell’azzurro erano notevolmente aumentati, e i numeri tatuati sulle loro schiene avevano assunto un significato relativo. Erano quasi alla pari. Alcune volte  lo sconfiggeva, e passava il resto del pomeriggio a giocare con le sue fracciòn o a guardare la televisione con Jinta e Ururu, mentre l’ira funesta del suo avversario si abbatteva sulle povere rocce della stanza. Altre volte era Grimmjow ad avere la meglio, ed era costretta a subire una serie di scontri sfiancanti che si protraevano fino a tarda sera.
Si, perché di pause non se ne parlava. Non importava che fosse ferito, spossato o che avesse i muscoli talmente irrigiditi da non riuscire più a sollevare la zanpakuto, l’espada continuava a combattere come se ne valesse della sua stessa vita. Sapeva essere davvero irritante.
Anche se, col senno di poi, aveva avuto modo di apprezzare il fatto che Grimmjow fosse praticamente instancabile.
Si lasciò sfuggire un risolino malizioso.
Uno sbuffo seccato la distolse da suoi pensieri. Il ragazzo aveva smesso di vagare come un’anima in pena si era seduto, non prima di aver conficcato Pantera nel terreno come se quest’ultimo gli avesse fatto un gravissimo torto personale.
Quel giorno era più irritabile del solito. Nel era sicura che ci entrasse la discussione avuta in privato con il sostituto shinigami.
 Scosse la testa.
Ichigo era gentile a preoccuparsi per lei, ma doveva capire che non era più la bambina che aveva incontrato nell’Hueco Mundo. Era in grado di difendersi da sola. Inoltre,l’unico allenamento intrapreso da Grimmjow negli ultimi mesi era stato uccidere i quincy che tentavano di catturarlo; il fatto che non l’avesse fatta a pezzi come il capo della Jagdarmee costituiva già un gran risultato.
Il taglio sul braccio iniziò a pulsare, come ad esprimere il proprio disaccordo.
La ragazza strinse i denti, distogliendo lo sguardo dalla sesta espada.
Non la uccideva, ma nemmeno si sognava di andarci piano. La colpiva ogni volta che si presentava l’opportunità, tentava con ogni mezzo di spezzare le sue difese, e spesso derideva il fatto che fosse-secondo lui- troppo buona. Non le riservava un trattamento di favore solo perché erano…
Cosa erano?
Compagni? Amanti? Fidanzati?
Preferiva non chiederselo, e non chiedersi se Grimmjow conoscesse il significato di almeno una di quelle parole.
Nonostante facessero… Beh, cose, l’azzurro non si dimostrava granchè affettuoso. Quando gli faceva qualche moina, lui ricambiava, dopo una resistenza iniziale, ma toccava sempre a lei prendere l’iniziativa.
 A meno che non si trattasse di sesso, ovviamente. Lì era più che collaborativo.
Poi c’era stato quel bacio. Ma non si era fatta illusioni. Sapeva che quando voleva ottenere qualcosa, Grimmjow sapeva trasformarsi in un fine stratega.
Gli voleva bene lo stesso e gli piaceva così com’era. Anche se a volte avrebbe dato qualsiasi cosa per capire se l’arrancar della distruzione tenesse a lei almeno un pochino. Ogni ferita inflitta faceva vacillare anche l’unica prova tangibile che aveva avuto.

***

La vita nell’Hueco Mundo procedeva con relativa tranquillità. Nel, Pesche e Dondochakka avevano capito- a loro spese- che fregare la zanpakuto al nuovo arrivato per convincerlo a giocare ad acchiapparella eterna era una pessima idea. L’espada voleva essere lasciato in pace e rimaneva spesso in disparte. I tre hollow si domandavano, allora, perché non se ne andasse. Dondochakka era fermamente convinto che Grimmjow aspettasse il momento adatto per farli fuori, Pesche sosteneva che non avesse altro posto dove andare, mentre Nel riteneva che l’arrancar, semplicemente, non volesse restare da solo.
Tuttavia, la permanenza di Grimmjow aveva i suoi lati positivi: da quando era con loro, gli altri hollow li evitavano come la peste; persino gli arrancar esitavano ad avvicinarsi, intimoriti dalla reiatsu della sesta espada e quelli abbastanza coraggiosi-o stupidi- da attaccar briga con lui facevano una brutta  fine.
Quel giorno stavano giocando a rincorrersi come al solito, quando udirono un grido che fece gelare loro il sangue nelle vene. Al primo urlo ne era seguito un altro. Nel giro di un minuto, un mare di grida lancinanti sommerse il deserto, gettando gli hollow nel panico totale.
«Cosa sta succedendo?» gridò l’hollow-formica.
«Pesche, ho paura!» strillarono in coro Nel e Dondochakka.
Un arrancar correva a perdifiato verso di loro. gli hollow non riuscirono ad udire quello che stava strillando, poiché una freccia azzurra lo trafisse alla gola, facendolo crollare a terra esanime.
Un gruppo di individui in mantellina si materializzò intorno al cadavere. Poi uno si accorse di loro e gli scagliò contro un dardo.
Veloce. Troppo veloce.
Grimmjow sbucò fuori dal nulla e deviò la freccia poco prima che si piantasse nella testa di Nel.
 Pesche strabuzzò gli occhi.
Li aveva appena salvati?
L'espada fissò serio il gruppetto di nemici che camminava tranquillamente verso di loro.
«Sai chi sono?» chiese titubante l'hollow-formica.
«No, mai visti.» rispose a sorpresa l'azzurro, senza perdere di vista le sagome in bianco.
Anche Pesche posò lo sguardo su di loro.
Eppure avevano qualcosa di familiare...
Le urla crebbero in numero e volume. Grimmjow percepì una gran quantità reiatsu aumentare e spegnersi come un fuoco di paglia.
Che cazzo sta succedendo?
«Impressionante» esordì uno dei forestieri, un uomo dai lunghi capelli neri, staccandosi dal gruppo e avvicinandosi ulteriormente agli hollow «hai respinto il mio colpo senza usare la tua arma.»
Non aveva la maschera, quindi non poteva essere un arrancar e la sua forza spirituale era diversa da quella di uno shinigami.
«Sembri forte, arrancar» continuò l'uomo «Quindi voglio proporti un accordo.»
L'espada aggrottò le sopracciglia, ma rimase in silenzio.
«Arrenditi.» dichiarò, puntandogli il dito contro.« Se ci seguirai senza opporre resistenza, avrai l'onore di entrare nel nostro esercito, e divenire una preziosa pedina al servizio di Sua Maestà.»
«E se rifiutassi?» chiese l'azzurro, con un sorriso sarcastico.
Anche lo straniero aveva sorriso. «In tal caso dovremmo usare la forza.» affermò, lanciando un'occhiata eloquente al cadavere dell'arrancar ucciso.
Grimmjow aveva poggiato la mano sull'elsa della zanpakuto.
«Fuori dai piedi.» ordinò, rivolto agli hollow tremanti al suo fianco.
«Subito!» esclamò Pesche, trascinando con sé i suoi amici.
«Mi eri sembrato più intelligente.» affermò lo sconosciuto, mentre faceva un cenno con la mano ai suoi uomini. «Noi siamo la Jagdarmee, l'unità specializzata nella cattura degli arrancar, preparati a soccombere!»
«Non mi importa chi siete» ghignò Grimmjow  «Non cambia il fatto che sto venendo ad ammazzarvi!» gridò, mentre scattava in avanti, sguainando Pantera.
Gli uomini in mantellina materializzarono degli archi di particelle spirituali e scagliarono un nugolo di frecce azzurre nella sua direzione, prontamente evitate grazie al sonido. Protese in avanti la mano e scagliò un Cero che si scontrò contro la seconda raffica. L'esplosione sollevò la sabbia di diverse decine di metri. Si materializzò dietro uno dei nemici e lo trafisse con la zanpakutò.
Fuori uno.
Sorrise soddisfatto e attaccò l'avversario successivo.
Una dardo sibilò vicino al suo orecchio e colpì il terreno, mentre la lama fendeva il petto dell’uomo. Si voltò e spiccò il volo in direzione del colpo. La donna trasalì e lanciò un’altra raffica che fu evitata senza difficoltà. Un quarto individuo si frappose tra lui e la compagna, mulinando un’arma simile a un tridente. Il clangore di acciaio contro acciaio riecheggiò nel deserto, sovrastando per un attimo le grida. Un’altra freccia gli sfiorò la tempia.
Pesche osservava tremante la battaglia aerea. Grimmjow era un combattente letale, ma anche gli sconosciuti erano forti. La situazione rimaneva disperata.
Erano cinque contro uno, non avrebbe mai vinto.  
L’uomo armato di tridente cadde a terra con tonfo ovattato.  L’espada stava per avventarsi sulla ragazza quando un lampo azzurro lo colpì al braccio sinistro. Si girò e incrociò lo sguardo dell’uomo che gli aveva parlato. I freddi occhi neri lo studiavano con interesse, mentre sulla bocca si disegnava un sorriso di sfida. Furente, Grimmjow scese in picchiata brandendo la zanpakuto. Anche il suo avversario sguainò la spada e parò il colpo senza il minimo sforzo. L’arrancar non si fece impressionare, nemmeno quando fu spinto indietro di qualche metro. Stava per tentare un nuovo assalto, ma il nemico si materializzò davanti a lui, anticipandolo. Sollevò in tempo la lama di Pantera, deviando l’affondo e ricevendo un taglio sulla spalla. Tentò di contrattaccare, ma percepì una presenza alle spalle. Il colpo gli mozzò il respiro e lo fece ruzzolare a terra. Si rialzò immediatamente, rimettendosi in guardia. Trasalì.
Accanto al moro, c’era il primo uomo che aveva trafitto.
 Impossibile. Era certo di averlo ucciso.
«Sembri confuso.» dichiarò il capo, continuando a sorridere,mentre si riavviava una ciocca corvina.
«Nah. Solo seccato perché dovrò uccidervi di nuovo» replicò l’azzurro.
«Sei troppo ottimista, o troppo stupido, se pensi che basti così poco per farci fuori.» commentò il moro tornando serio, mentre gli altri tre compagni lo raggiungevano.
Il combattimento riprese più accanito di prima. Per quanto continuasse a colpirli, gli stranieri continuavano a rialzarsi, tuttavia, la potenza dei loro attacchi si era ridotta. Si portò alle spalle del tipo col tridente e riuscì a decapitarlo.
«Vediamo se ti rialzi ancora!» sbottò, mentre osservava la testa e il corpo precipitare al suolo.
Evitò l’assalto rabbioso di un altro avversario e con un fendente laterale gli portò via lo scalpo.
A quanto pare, l’unico modo per ucciderli definitivamente era farli a pezzi.
Bene- pensò sorridendo, mentre l’ennesima freccia lo sfiorava e si piantava nel terreno sottostante.
L’uomo dai capelli neri si lanciò in un nuovo attacco che l’azzurro riuscì a parare. Il fendente fu abbastanza forte da fargli perdere quota e raggiungere il terreno.
«Tsk! Pensi che basti così poco?» gridò l’espada, atterrando in piedi.
Il moro lo raggiunse immediatamente e colpì. Le lame delle katane stridettero, mentre i proprietari ingaggiavano una prova di forza.
«No» rispose sorridendo. «Penso basti questo.» E lo spinse indietro. Il piede dell’espada calpestò qualcosa di simile al vetro. Abbassò lo sguardo, confuso.
Una freccia?
L’asta azzurra deflagrò, seguita immediatamente dalle altre dozzine infisse nel terreno. Un’ondata di luce cerulea lo accecò.
No, una mina.
Lo aveva spinto su una cazzo di mina!
Una mina che ne aveva attivata un’altra, poi un’altra e un’altra ancora.
Ecco perché quella donna continuava a mancarlo. Si diede mentalmente dell’idiota per non essersi accorto prima del tranello. Tentò di rialzarsi, ma ogni fibra del suo essere si rifiutò di obbedirgli, ancora sconvolta dal dolore.
Una voce ovattata disse qualcosa d’incomprensibile.
«Certo che ho piazzato abbastanza mine!» sbottò offesa la ragazza, mentre si chinava su di lui per sfilargli Pantera dalla mano.
«Non volevo dubitare di te, Raina, non offenderti.» ridacchiò il capo.
«Non scusarti Christoph. Anch’io sono abbastanza perplessa.» disse lei con tono più morbido.
« Un arrancar sarebbe già morto o mutilato. Questo qui è solo stordito.» commentò una voce cavernosa nelle vicinanze.
«Cos’ha sulla schiena?»
Qualcuno gli  sollevò l’orlo della giacca, rivelando il tatuaggio.
«Ecco la risposta alla parziale efficacia delle tue bombe: è un espada» disse Cristoph, realmente sorpreso.
« Ma credevo fossero morti tutti! L’unico espada superstite è la donna che Sua Maestà ha sconfitto e catturato!» esclamò Raina.
Halibel era stata sconfitta?
« Il numero sei… » mormorò la ragazza, percorrendo con le dita il contorno della cifra.
«Il re sarà contento di avere un altro espada nelle sue fila.» affermò l’uomo corpulento.
«E’ vero, Jacob. Sempre che sopravviva alla selezione del comandante.» asserì il moro, riavviandosi i capelli. «Sarà divertente vedere questa testa calda alle prese con Opie-sama»
Jacob rimase in silenzio, mentre strattonava l’arrancar per i vestiti, costringendolo a rialzarsi. L’hollow barcollò leggermente e l’omone lo afferrò, bloccandogli le braccia dietro la schiena.
Cristoph si avvicinò sorridendo beffardo, gli occhi neri fissi nelle iridi azzurre dell’espada.
«Benvenuto nel Vandenreich, Grimmjow.»
Quanto avrebbe voluto cancellargli quell’odioso sorriso a suon di Cero.
«Vaffanculo.»
Un lampo di irritazione percorse gli occhi d’ebano del ragazzo, mentre gli mollava un cazzotto in piena faccia.
«Quelli come te mi danno sui nervi!» esclamò, dandogli un calcio sulle costole, senza ottenere nessun lamento. «E’ inutile fare il duro.»
L’arrancar rimase impassibile, continuando a fissare il suo nemico con odio.
Non stava facendo il duro, era talmente incazzato che se avesse provato anche solo un briciolo di paura non se ne sarebbe accorto, perché sarebbe affogato nell’oceano di rabbia che si agitava nel suo animo. Non poteva accettare di essere destinato a seguire sempre gli ordini di qualcun altro. Si era appena liberato di Aizen ed ora arrivavano questi stronzi a pretendere che entrasse nel loro esercito, e magari che li ringraziasse anche per il grande onore ricevuto. Era al limite della sopportazione. Un sordo ringhio uscì dalle fauci serrate, mentre sentiva la stretta sulle braccia farsi più salda.
Spazientito, Cristoph afferrò la parte di maschera sulla mascella dell’hollow.
«Cosa succede ad un arrancar quando gli viene strappato via l’ultimo pezzo di maschera?» chiese con tono retorico. «Sarei curioso di vedere che razza di bestia eri prima di diventare la patetica imitazione di un essere umano.»
 Non gli sfuggì il fremito che attraversò le iridi azzurre di Grimmjow. Sorrise cattivo.
«Allora, anche tu hai paura di qualcosa…»
«CERO SINCRETICO!»
Il moro venne colpito in pieno dal raggio giallo e viola che lo fece volare a una ventina di metri di distanza.
«Christoph!» gridò Jacob, preoccupato.
Grimmjow approfittò della distrazione e gettò indietro la testa con tutta la forza possibile. Lo scricchiolio e la bestemmia che ne seguirono gli fecero capire di aver fatto centro.
Bawabawa arrivò di gran carriera, travolgendo l’energumeno e Raina prima che potessero contrattaccare.
«Lo abbiamo preso, adesso scappiamo!» strillò Pesche mentre si sporgeva dalla schiena del verme, afferrando al volo l’espada ancora intontito dall’esplosione e dalla testata.
Il gigantesco hollow ruggì il suo assenso e invertì la rotta.
«Non mi acchiappare così!» protestò l’arrancar, intanto che veniva issato sulla groppa del mostro.
«La situazione è terribile!» gridò la formica senza ascoltarlo. «Stanno sterminando gli hollow e portano via gli arrancar!»
«E’ la fine del mondo, non lo sai?» ululò un frignante Dondochakka vicino a loro.
«Sei ferito?» chiese Nel, trotterellando verso di lui. L’espada scosse la testa.
«Li avete uccisi?» domandò alle due fracciòn sull’orlo di una crisi isterica.
«E chi si è fermato a controllare?» sbottò Pesche, risentito.
Poteva almeno ringraziarli per averlo salvato.
«Eccoli laggiù! Ci stanno inseguendo!» esclamò la bambina, indicando tre sagome bianche che correvano dietro di loro.
«Ne stanno arrivando altri! Devono aver chiamato i rinforzi.» constatò l’hollow a pois che continuava a grondare lacrime.
«Non riusciranno a raggiungerci a piedi.» affermò Pesche, osservando le candide figure rimpicciolirsi. «Per quanto vorranno seguirci?».
Una freccia delle dimensioni di un palo del telefono attraversò l’aria, conficcandosi nella coda di Bawabawa. Il verme ruggì in preda al dolore prima di accasciarsi a terra, rischiando di far cadere i quattro hollow sulla sua schiena.
«Bawabawa!» strillò la piccola arrancar.
«Riesci a continuare? Fai uno sforzo, ti prego!» urlò la formica, dando una pacca all’animale.
Il mostro alzò faticosamente il capo, ma ricadde a terra spossato.
«Stanno arrivando!» gridò Dondochakka. «E’ la fine davvero…»
«Ehi, Tu! Dove stai andando?» gridò Pesche rivolto a Grimmjow che intanto era sceso a terra.
«Vado ad affrontarli.»
«Ma sei matto? Prima erano in cinque e ti hanno sconfitto, adesso sono anche di più; vuoi per caso farti ammazzare?» esclamò l’hollow-formica, mentre scendeva a sua volta, chiedendosi se l’espada, oltre ad essere psicolabile, avesse tendenze suicide.
L’arrancar si girò seccato.
«Quello che faccio sono affari miei. Voi andatevene pure, io rimango.»
Pesche sussultò. Si stava per caso sacrificando per farli scappare?
«Devo ammazzare il bastardo che mi ha spinto sulle bombe.»
 No, voleva solo vendicarsi dei tizi di prima.
«Almeno prendi questa.» disse riscuotendosi, mentre gli porgeva Pantera.
Stavolta fu il turno dell’espada di essere sorpreso. Afferrò l’elsa della katana, intanto che le iridi azzurre incrociavano gli occhi gialli dell’hollow. Fece un breve cenno col capo che Pesche interpretò come un ringraziamento.
«GRIMMJOW!»
Nel si era lanciata dalla testa di Bawabawa. L’arrancar parò l’assalto e l’afferrò.
«Che vuoi?» disse esasperato.
«Perché vuoi lasciarci?» strillò, le lacrime che le scendevano copiosamente sulle guance. L’azzurro sgranò gli occhi, mentre la teneva a distanza di sicurezza per evitare eventuali smoccolamenti, o peggio, bava.
«Non te ne andare!» continuò ad urlare disperata la bambina «Ti prego, vieni con noi!»
Pesche osservava divertito l’espressione perplessa e a tratti imbarazzata sul volto dell’espada.
Grimmjow si ricompose e posò Nel a terra.
«Ti sembro il tipo che scappa?» ghignò, prima di fare dietrofront e correre verso i nemici.
 

***

Quella era stata l’ultima volta che l’aveva visto, finché non era arrivato e aveva ucciso Kirge Opie. Si massaggiò le tempie.
Fantastico, non bastava la ferita, ora le aveva fatto anche venire l’emicrania. Basta mentire a se stessa. Non voleva accontentarsi, voleva una prova e la voleva subito. Si alzò e si diresse verso l’azzurro.
«In guardia!» disse sorridendo e sguainando Gamuza.
Grimmjow trasalì per un attimo, ma non fece domande e balzò in piedi, entusiasta.
Andarono avanti così per un po’: attacchi, parate, finte e schivate, senza che nessuno prevalesse sull’altro.
Adesso- pensò la fanciulla, adocchiando un sasso che sporgeva dal terreno. Finse di inciamparci e mise la testa, la parte coperta dalla maschera, nella traiettoria di Pantera. Mancarla era impossibile.
Il piatto della katana cozzò sull’osso, producendo un suono argentino, ma senza farle male.
Cadde sulle ginocchia, stupita.
Grimmjow si ergeva sopra di lei con un’espressione di disappunto sul viso.
«Che schifo. Come hai fatto a rimanere viva fino ad oggi?» disse acido, poggiando la zanpakuto sulla spalla.
Nel non lo sentì nemmeno, mentre si sentiva invadere dalla felicità.
«Beh, che hai da sorridere come una scema? Ho vinto io, quindi ricominciamo.»
«Va bene!» trillò l’ex espada, rimettendosi in piedi.
L’arrancar alzò  un sopracciglio,  mentre si rimetteva in guardia.
Mah, donne.

Note di una fangherla.
Allora, spero che questo chapter sia valso l'attesa e che vi sia piaciuto. Come al solito ringrazio chi mi ha messo tra le seguite e i preferiti e chi mi legge solamente ;).
Ci sentamo, un baciooooo!

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Capitolo 6
*** Part 6 ***


Bounaseeeeraaa! Come va? Non vi aspettavate che tornassi, eh? Nemmeno io, in realtà… Ma ultimamente ho passato un periodo piuttosto… Bleah (non bleach! XD) e come al solito, ho deciso di sfogarmi un po’e, come al solito, sarete voi a farne le spese! XD
Buona lettura, spero vi piaccia ;)

Part 6

 


Da quando la mocciosa era tornata adulta, erano cambiate molte cose.
Primo: niente più odiosi piagnistei. Grazie al cielo.
Secondo: niente più inseguimenti con Jinta. Ma non ne sentiva la mancanza: la tipa picchiava da far paura, come aveva scoperto a sue spese quando aveva ingoiato e rispedito indietro il Cero che aveva lanciato contro il ragazzino. Una battaglia ad armi pari era molto più eccitante.
Terzo: nuovi e agguerriti litigi con Kurosaki riguardanti argomenti che avrebbe preferito tenere per sè.
Affrettò rabbiosamente il passo, issandosi sulla spalla la pesante busta della spesa, scacciando i ricordi di quella che poteva essere definita una delle giornate più brutte della sua fittizia vita umana.

***

Ichigo correva a perdifiato lungo il corridoio, le parole dette da Tatsuki che ancora riecheggiavano nella sua testa.
“Il preside vuole vederti immediatamente, ha detto che è una cosa seria.”
Cosa poteva mai essere successo?
 Non aveva fatto nulla, a parte filarsela un paio di volte per andare a combattere qualche Hollow che si era avvicinato troppo alla scuola, ma era tutto nella norma. Se il richiamo non riguardava lui, forse era diretto a qualche studente che aveva a che fare con lui, o magari a un parente...
«Grimmjow…» ringhiò, mentre bussava alla porta della presidenza, trattenendosi a stento dal buttarla giù a calci.
Il preside lo fece entrare.
 Non fu sorpreso di trovare l’espada in piedi davanti alla scrivania, ma si stupì di vedere accanto a lui Nel.
Forse era stata lei a trovarlo- pensò
 Entrambi lo fissarono meravigliati. Il ragazzo ricambiò con un’occhiata altrettanto stupefatta.
«Kurosaki» esordì il preside con voce grave « Come vede, un altro suo parente è finito di nuovo in presidenza, stavolta per un motivo serio.»
Ichigo trasalì.
Oddio, alla fine aveva veramente ucciso qualcuno?
«Rischia una sospensione.» continuò l’uomo, distogliendolo dai suoi macabri pensieri
« Per cosa? Che hai fatto stavolta?» chiese il sostituto shinigami, rivolto all’azzurro, incerto sull’essere sollevato o meno.
Se rischiava una sospensione, non doveva essere poi così grave.
L’arrancar lo ignorò.
«Atti osceni in luogo pubblico.» rispose il preside.
«CHE!?» strillò il ragazzo, sicuro di aver capito male.
«I-in che senso atti osceni?» balbettò.
«Lui e la signorina Oderschvank sono stati sorpresi nello stanzino del bidello mentre erano sul punto di fornicare!» esclamò l’uomo, infastidito dall’ottusità del ragazzo.
«F-f…Ma ne è sicuro?» insistette il dio della morte, guardando i due espada, in cerca di aiuto e,magari, di un chiarimento che smentisse quell’accusa a dir poco assurda.
Aspettò che l’arrancar dai capelli azzurri facesse una smorfia schifata, dichiarando che certe cose non lo interessavano e che aveva di meglio da fare che copulare negli sgabuzzini.
Attese che l’ex espada spiegasse che era tutto un equivoco e che il bidello si era sbagliato.
Silenzio.
Grimmjow fissava il soffitto, Nel il pavimento.
Ichigo spalancò la bocca, schiacciato dal peso della verità.
« Creare problemi sembra essere un tratto distintivo della vostra famiglia, oltre alla propensione per i colori di capelli bizzarri.» commentò il preside, lanciando un’occhiata alla zazzera arancione di Ichigo, indugiando sulla capigliatura azzurra di Grimmjow, per poi soffermarsi sulla fluente chioma verde di Nel.
«Un momento!» gridò l’uomo, puntando il dito verso i due hollow. «Ma voi non siete parenti?» esclamò, mentre il volto assumeva una preoccupante sfumatura grigia.
Atti osceni in luogo pubblico… E incesto. Poteva dire addio al posto.
«Sì, ma alla lontana!» Intervenne lo shinigami, temendo l’arrivo di un infarto.
«Molto alla lontana.» venne finalmente in suo soccorso la sesta espada.  
Seguirono altri venti minuti buoni di ramanzina, dopodiché  li lasciò andare, non prima di aver assegnato agli arrancar due mesi di punizione. Grimmjow era furioso: avrebbe preferito una sospensione, invece era costretto a rimanere in quel luogo infernale più del dovuto.
Appena usciti dall’ufficio, Nel era scappata via, blaterando qualcosa riguardo un appuntamento con Orihime, lasciando i due ragazzi da soli.
Vigliacca.
L’hollow e lo shinigami camminavano lungo il corridoio deserto, fianco a fianco, mantenendo un rigido silenzio. Quando la tensione raggiunse un livello insopportabile, Ichigo fece per aprir bocca.
« Non parlerò di sesso con te, Kurosaki!» lo anticipò Grimmjow, gli occhi che traboccavano di  furia omicida.
«Non ne avevo intenzione.» rispose il ragazzo, ancora scosso dalla sconcertante rivelazione. «Stavolta, sono davvero affari tuoi.» ammise, rivolto al pavimento.
 L’arrancar lo guardò per un attimo, stupito.
 Da quella scazzottata nel vicolo, Ichigo si era ripromesso di lasciarlo in pace e di intervenire solo in situazioni che giudicava estreme, come l’allenamento con Nel. Inoltre, l’argomento era troppo imbarazzante e parlarne con Grimmjow troppo strano; aveva deciso di lasciar perdere, nonostante una parte di lui volesse qualche delucidazione.
Grimmjow non temeva Nel, lui…Lui…
Lanciò un’occhiata furtiva all’espada.
No, era talmente inverosimile che non riusciva nemmeno a pensarlo.
Andarono verso il cortile, senza proferir parola.
L’arrancar sbuffò: lo disgustava vedere Kurosaki in quello stato. A volte, dimenticava che il suo nemico giurato fosse un adolescente-con qualche serio problema con l’atro sesso, era da aggiungere-.
«Che vuoi sapere?» chiese sbrigativo allo shinigami che sembrava in una sorta di trance.
Preferiva litigare, piuttosto che camminare vicino a quella specie di zombie.
Ichigo si riscosse.
«Eh? Ah, niente di… intimo.» mise subito in chiaro: non voleva aggiungere “ficcanaso” o “pervertito” alla già lunga lista di motivi per cui Grimmjow voleva fargli la pelle.
 «Solo…» disse, mentre lo guardava di sottecchi «Perché proprio il ripostiglio?»
«N-non potevate andare a fare… Quello che fate» buttò fuori a fatica, arrossendo « Da un'altra parte? O non ce la facevi?"»
L’azzurro alzò le sopracciglia, sconcertato.
Che cosa pensava, che non riuscisse a tenerlo dentro ai pantaloni? che fosse una specie di depravato? Va bene, non era una persona normale, ma c’era differenza.
«Trova qualche modo per contenerti.»
«Tu, invece, non ne userai un po' troppi?» ribattè velenoso, mentre sentiva montare la rabbia.
Brutto idiota.
Era proprio perché non potevano farlo da un’altra parte che erano finiti in quel maledetto stanzino.
Da quando la mocciosa era tornata adulta, erano cambiate molte cose… Ma molte erano rimaste le stesse.
Durante i mesi passati nell’Hueco Mundo, Nel sembrava aver sviluppato una simpatia unilaterale per l’espada.  A Grimmjow capitava spesso, la notte,quando si destava a causa di un rumore o di un incubo, di trovare la piccola arrancar a dormire beata rannicchiata al suo fianco. Inizialmente, era stato tentato di scacciarla via, ma alla fine, per motivi ignoti anche a lui, l’ aveva lasciata fare. La cosa era continuata anche dopo il trasferimento nell’Urahara Shop… E  pensava fosse finita quando Nel aveva riacquistato il suo aspetto. Invece, un paio di notti più tardi, si era svegliato e si era trovato la terza espada abbarbicata addosso. Nel suo letto!
Quella volta, aveva scoperto che anche i coccoloni potevano uccidere con la stessa efficacia di una zanpakuto. Superata la sorpresa iniziale, aveva provato ad allontanarla, ma, come ad avergli letto nel pensiero, la fanciulla aveva rafforzato la presa e, dopo aver sistemato la testa sul suo petto, aveva emesso un piccolo sospiro soddisfatto.
Perfetto. E adesso?
Rimase svariati minuti a fissarla.
 Un lieve sorriso sereno le solcava il volto contornato dai morbidi capelli verdi. Sembrava davvero felice. Nonostante stesse violando i suoi spazi, lo avesse stretto in una morsa che sarebbe potuta diventare da un momento a l’altro fatale e stesse sbavando come un molosso sulla maglietta del suo pigiama, l’azzurro abbandonò il proposito di svegliarla. Sospirò rassegnato e le posò una mano sulla spalla, mentre cercava di riaddormentarsi.
Quell’inattesa irruzione si era trasformata in routine: ogni notte, Nel si introduceva in camera di Grimmjow e si infilava nel suo letto e, ogni notte, l’arrancar dai capelli azzurri si era trovato ad apprezzare sempre di più la compagnia della ragazza. Non sapeva il perché, ma la vicinanza della terza espada gli trasmetteva una sensazione di tranquillità mai provata in tutta la sua turbolenta vita nell’Hueco Mundo.
Una parte di lui avrebbe voluto fare molto di più che dormirci insieme, ma non poteva.
Non con Pesche e Dondochakka nella stessa stanza!
Quei due cretini seguivano la loro padrona ovunque, perfino in bagno. Aveva dovuto accontentarsi.
Fino a quella volta.

***

L’esito dello scontro era davvero incerto, nessuna delle due parti aveva intenzione di cedere. Nel era fermamente decisa ad avere la meglio.
Non amava combattere, ma non le piaceva nemmeno perdere. Dopo un feroce scambio di colpi, era riuscita ad atterrare il suo avversario. Velocissima, aveva lasciato l’elsa di Gamuza ed afferrato i polsi dell’azzurro, inchiodandolo al suolo e costringendolo a mollare Pantera.
«Ti arrendi?» ansimò, sollevando fieramente il capo.
«No.»
 Nel sbuffò.
«Possibile che tu sia così testardo?» esclamò, spazientita. «Ammetti di aver perso e arrenditi.»
«Mai.» replicò seccamente l’arrancar sdraiato sotto di lei.
Un’idea fece capolino nella testa della fanciulla.
 «E se ti minacciassi?» chiese con tono malizioso.
Le due metà della maschera di Grimmjow si separarono, intanto che quest’ultimo scoppiava in una fragorosa risata.
«Come se tu potessi spaventarmi!» disse, sfoderando il suo solito ghigno.
L’ex espada strinse gli occhi. Non sarebbe voluta arrivare a tanto, ma non c’era altro modo.
«Lo hai voluto tu.» dichiarò, esibendo un sorriso inquietante persino per il sesto espada,che era un esperto in materia. Si sporse in avanti, il viso allineato con quello dell’arrancar immobilizzato.
Un rivolo di saliva fuoriuscì dalla bocca socchiusa della ragazza, scendendo oltre il labbro e arrestandosi al mento.
Con malcelato compiacimento notò la baldanza abbandonare immediatamente il volto dell’azzurro, per essere sostituita da puro terrore. Percepì i tendini premerle sui palmi e i muscoli irrigidirsi, mentre l’hollow lottava a piena forza per liberarsi. Strinse la presa sui polsi, ma senza fargli male.
«A quanto pare, rieshco a schpaventarti.» biascicò.
«Non ho paura!» ribatté Grimmjow, continuando a divincolarsi. « E’… Che mi fa schifo!» ringhiò, mentre osservava il lungo filo di bava scendere verso il viso con lentezza esasperante. Girò la testa e chiuse gli occhi.
«Arrenditi.» disse Nel, continuando a tenerlo inchiodato a terra.
«No!»
Testone.
Con un colpo di reni, l’azzurro riuscì miracolosamente a ribaltare le posizioni, un attimo prima che l’odiata sostanza lo raggiungesse.
Nel si lasciò sfuggire un grido sorpreso, mentre veniva schiacciata sotto il corpo dell’arrancar.
Pesche non aveva esagerato: Grimmjow pesava davvero una tonnellata!
L’espada numero sei emise un sospiro di sollievo che arruffò qualche ciocca verde. Riaprì gli occhi.
Una gigantesca iride nocciola lo fissava attonita.
No, non gigantesca.
I loro visi erano assurdamente vicini, tanto che le punte dei nasi si sfioravano e i respiri si confondevano l’uno nell’altro. Percepì le morbide forme della fanciulla, ogni singola curva, premute contro il suo corpo. Per la prima volta, sentì il proprio autocontrollo vacillare.
Nel guardava rapita le  iridi azzurre dell’hollow: ora che ci faceva caso,-o meglio, che lo aveva così vicino- gli occhi di Grimmjow non erano di un azzurro monocromatico come i capelli, ma avevano sfumature più scure che, vicino alla pupilla, tendevano al blu.
Li aveva paragonati al cielo, ma, spesso, erano più simili al ghiaccio per il gelo che trasmettevano.
 Non avrebbe mai creduto che il ghiaccio potesse ardere.
Sollevò una mano e, esitante, la portò verso il viso dell’arrancar, come se temesse di vederlo fuggire via con un sonido al primo movimento brusco.
Ma lui non sarebbe scappato.
Lentamente, accarezzò il frammento di maschera sulla guancia, percorrendo con le dita i contorni delle fauci serrate. L’arrancar si irrigidì per un attimo e le strinse la spalla, mentre  le iridi correvano fugacemente verso destra. Nel sorrise con fare rassicurante, mentre gli sfiorava con l’altra mano la parte del viso libera.
Grimmjow non capiva.
Non era indifferente alla bellezza femminile e non si poteva dire che a Las Noches le donne scarseggiassero; tuttavia, aveva di meglio da fare. Inoltre, nessuna delle arrancar che conosceva lo interessava abbastanza da tentare un approccio.
Non capiva perché fosse attratto proprio da lei.
Leiche non amava combattere.
Leiche odiava distruggere.
Lei che adorava giocare.
Leiche sbavava.
Eppure, se avesse dovuto scegliere una compagna tra gli arrancar, lei era l’unica con cui volesse davvero stare.
Non capiva e non gli importava-fu il suo ultimo pensiero, mentre colmava la già misera distanza tra i loro volti.

***

Dopo quell’episodio, i due hollow avevano continuato a scendere nella camera di allenamento quasi ogni giorno, ma non era detto che si allenassero sempre.
 Finchè, una sera, Urahara aveva preso da parte Grimmjow.
«Non voglio sentire né urla, litigi o rumori di fusa provenire da sotto quella botola, sono stato chiaro?» aveva detto con l’aria più seria che gli avesse mai visto fare.
L’espada fece del suo meglio per rimanere impassibile. Non si affannò a negare e nemmeno si chiese come facesse Mister Zoccoli e Cappello a sapere sempre tutto.
«Datti una controllata, qui ci sono dei bambini! Non puoi fare quello che ti pare!»
L’azzurro aveva digrignato i denti.
Perché non andava bene sentire le sue fusa, quando tutti loro erano costretti a sentire quelle della donna gatto ogni volta che veniva a trovarli al negozio?
Schifoso ipocrita.
E così, si erano ridotti agli incontri nel ripostiglio. Ed erano stati beccati anche lì.
Forse, era destino che non riuscisse ad avere un po’ di privacy.
Tornato finalmente al negozio, aveva trovato uno sghignazzante Urahara ad accoglierlo.
Probabilmente sì.
 Come se non ne avesse avute abbastanza quel giorno, Il caramellaio gli aveva detto di aver dimenticato di prendere un paio di cose per la cena, dopodiché gli aveva messo in mano una lista che arrivava a toccare terra e lo aveva spedito all’unico minimarket ancora aperto, quasi dall’altra parte della città. Ci aveva messo un’eternità, ormai era buio. Si lasciò  sfuggire un’imprecazione, mentre il manico della busta gli segava la spalla.
Iniziava a rimpiangere la vita da Adjhucas.
« Non ha la maschera… Ehi, sicuro sia lui?»
«Uhm… Si: capelli azzurri, occhi azzurri,riconosco la sua reiatsu… » affermò una seconda voce. « …E si è appena accorto di noi.» concluse il quincy, atterrando con grazia sull’asfalto.
«Buonasera, Grimmjow.» esordì l’uomo, sollevando il berretto militare e rivelando il frammento di maschera tra i capelli.
Arrancar.
L’espada strinse gli occhi.
«Immagino, tu sappia perché siamo qui.» continuò lo sconosciuto, di fronte alla silenziosità dell’azzurro.
«Ho una vaga idea.» disse sarcastico l’hollow.
«Benissimo, così mi risparmio un inutile monologo e posso procedere alla tua eliminazione.» dichiarò il tipo in mantellina.
«Tuttavia» intervenne l’altro arrancar « Poiché sei sempre uno dei cinque potenziali di guerra, Sua Maestà ha deciso di rinnovare per un ultima volta la proposta.»
«Proposta?»
«Se ci seguirai senza opporre resistenza, ti inchinerai al cospetto del re ed accetterai di entrare nel Vandenreich, Sua Maestà ti risparmierà la vita e potrebbe anche perdonarti per aver ucciso uno dei suoi migliori Stern Ritter, oltre ad aver causato perdite consistenti nelle nostre fila.» spiegò.
Grimmjow posò a terra la busta e rimase a fissarla assorto per qualche minuto.
«Ci stai pensando?» chiese l’arrancar.
«No, solo… Quale Stern Ritter?» domandò. «Dite a Juha Bach di essere più preciso: non posso ricordare i nomi di tutti quelli che ammazzo.» affermò l’azzurro, ghignando.
I due hollow erano lividi di rabbia. Non li stava prendendo minimamente sul serio!
« Fossi in te, non scherzerei troppo ed accetterei, Grimmjow.» disse il primo che gli aveva parlato.
«Ma tu non sei me.» replicò seccamente l’arrancar dai capelli azzurri, tornando serio.  «E io dico no.»
Che stupidi, specialmente il loro re.
Quando avrebbero capito?
Lui non si sarebbe più inchinato davanti a nessuno.

***

Era passato circa un mese da quando si era scontrato con Kurosaki,ormai si era completamente ripreso. Quella schifezza funzionava sul serio: non gli era rimasta nemmeno una cicatrice, a parte la solita che lo attraversava dal petto all’inguine. Mosse qualche passo sulla candida sabbia e piegò le ginocchia, pronto a spiccare il volo.
Finalmente, avrebbe avuto la sua rivincita.
«Grimmjow!» strillò Nel, arrancando verso di lui.
Che seccatura.
«Dove vai?» domandò la bambina.
«Vado ad uccidere Kurosaki.» rispose l’azzurro, sollevando la mano per aprire un Garganta.
«Cosa!?»esclamò la piccola, sconvolta. «Ma non puoi! Itsygo ti ha salvato la vita!»
«E allora? Non gli ho chiesto io di salvarmi!» aveva replicato l’espada, infastidito.
«Non puoi fargli del male!» insistette l’arrancar attaccandosi alla sua gamba.
«  Ehi! Fuori dai piedi, mocciosa, altrimenti…» ringhiò.
Un latrato interruppe la minaccia.
«Sei stato tu ad abbaiare?» chiese la bambina, alzando lo sguardo.
«Ti sembro capace di abbaiare?» sbottò Grimmjow.
Un cagnolino corse loro incontro, girandogli un paio di volte intorno, prima di fermarsi per farsi accarezzare da Nel.
«Un cucciolo!»
Grimmjow lo riconobbe immediatamente.
La fracciòn di Yammi.
«Kukkapuro…» mormorò.
Il cagnolino abbaiò in risposta al proprio nome, scodinzolando.
«Guarda un po’ chi abbiamo qui!» gridò una voce femminile.
«Grimmjow! Che sorpresa!» esclamò Franceska Mila Rose, atterrando sulla sabbia.
«E’ l’ultimo posto dove pensavamo di trovarti.» ammise Sung-Sun.
«Ti credevamo morto chissà dove!» affermò allegramente Apacci, mentre raggiungeva le altre due.
«Tsk! Che volete?» domandò a bruciapelo il sesto espada. Non era in vena di visite, soprattutto da parte di quelle tre, ed aveva fretta di andarsene.
«Come siamo scortesi.» commentò Sun-Sun, tenendo la manica davanti alla bocca. «Sei più rozzo di Apacci.»
«Ehi! Maledetta, io ti uccido!» berciò la diretta interessata.
«Vedo che frequenti nuove compagnie.»asserì l’arrancar dalla carnagione scura, ignorando le sue compagne. «E’ la tua nuova fracciòn?» chiese curiosa, sporgendosi per osservare meglio Nel, che si era nascosta dietro Grimmjow. Quest’ultimo non rispose e spostò appena la gamba, coprendo completamente la bambina.
«Hai un aspetto orribile, lo sai?»sghignazzò Apacci, avvicinandosi. « Quel tipo deve avertele date di santa ragione, se dopo un mese sei ridotto così.»
L’espada non era un bello spettacolo: gli abiti che indossava erano laceri e sporchi e i capelli, ormai senza più gel, gli ricadevano sul viso, arrivando a coprirgli quasi completamente gli occhi.
«Piantala di provocarlo, Apacci!» la ammonì Mila Rose, allarmata.
Grimmjow non ribatté, si limitò ad incrementare la propria reiatsu. Un istante dopo, Emilou cadde in ginocchio, una mano sulla gola, lottando per respirare, mentre le altre due arrancar boccheggiavano, reggendosi a stento in piedi.
Sorrise beffardo.
«Nemmeno tu hai una bella cera.» commentò, guardando la ragazza china di fronte a lui.
Cominciava a capire perché Aizen si divertisse un mondo a farlo. 
«Ora basta!» ordinò imperiosa una voce.
L’arrancar represse la forza spirituale e fissò la nuova arrivata.
«Harribel.» disse in tono per nulla sorpreso.  
«Grimmjow.» esordì la terza espada, raggiungendo le sue fracciòn che, prontamente, si spostarono per farle strada.
«Che sei venuta a fare?» ringhiò l’azzurro.
« Ti stavo cercando.» rispose la bionda «Tutti gli altri Espada sono morti; pensavo lo fossi anche tu, finché non ho percepito la tua reiatsu. Ho voluto controllare.»
«Bene, mi hai visto. Ora vattene.» sbottò l’arrancar.
Le tre ragazze gli lanciarono un’occhiata incendiaria, che ignorò.
Harribel alzò gli occhi al cielo, prima di puntarli di nuovo sull’arrancar.
«Davvero non vuoi sapere cos’è successo?»
«E’ passato un mese, Ulquiorra, Nnoitra e gli altri sono morti; immagino che la battaglia con gli shinigami non sia andata a buon fine.» dichiarò l’hollow, alzando le spalle.
«Aizen è stato sconfitto.» confermò la donna, chiudendo gli occhi.
Grimmjow si abbandonò ad una risata folle, spaventando Kukkapuro che andò a rifugiarsi uggiolando dietro alle Tres Bestias.
«Chissà se aveva previsto anche questo.» disse sarcastico. «Piuttosto…» riprese, squadrando la bionda da capo a piedi «Perché sei ancora qui? Come mai non hai ancora organizzato un attacco alla Soul Society per vendicare il tuo adorato Aizen-sama?» chiese sprezzante. Non gli sfuggì l’ombra di rabbia e dolore che attraversò le limpide iridi verdi della terza espada.
«Oh, capisco…» asserì, mentre sorrideva cattivo. «Si è liberato di un peso inutile…»Non li aveva mai potuti soffrire: lei, Zommari e Ulquiorra, con la loro dedizione per lo shinigami.
Apacci e Mila Rose fecero per avventarsi sul sesto espada che mise mano a Pantera. Nel gridò spaventata e gli strinse la gamba. Harribel alzò un braccio, richiamando le due arrancar, mentre fissava perplessa la bambina che era tornata a nascondersi dietro l’azzurro.
«Saggia decisione.» commentò Grimmjow, rinfoderando la katana.
«La mia fiducia era malriposta.» ammise Harribel.
Passarono qualche minuto in silenzio.
«Come hai fatto a sopravvivere?» chiese lui, con velata curiosità: Aizen non era il tipo da ripensamenti.
«E’ stata quella ragazza.» rispose la bionda «Ha curato sia me, sia loro.» spiegò, indicando le fracciòn.
«Gli esseri umani sono creature singolari, non trovi?» disse, notando l’espressione incredula del suo interlocutore.
L’immagine di Kurosaki che si frapponeva tra lui e la falce balenò nella mente dell’arrancar, intanto che distoglieva lo sguardo dalla terza espada.
«Sai» intervenne Apacci. « E’ stato l’umano a sconfiggere Aizen.»
«Cosa?» esclamò l’hollow.
Kurosaki aveva battuto Aizen? Quanto era diventato forte?
Beh, tanto meglio: sarebbe stata una battaglia interessante.- pensò.
«Tuttavia» disse Mila Rose «Sembra che abbia perso tutti i suoi poteri dopo lo scontro.»
«Adesso è una persona normale.» affermò Sung-Sun.
L’arrancar dai capelli azzurri trasalì, ma nascose immediatamente lo sconcerto dietro una maschera di indifferenza.
«Non mi hai ancora detto che cosa vuoi.» asserì, cambiando discorso.
«Ora che Stark e Barragan sono morti, Harribel-sama è la regina dell’Hueco Mundo.» spiegò Apacci con una nota di compiacimento nella voce, osservando la smorfia di disappunto sul volto del sesto espada.
«Vorrei che venissi a Las Noches con noi.» dichiarò la bionda.
«Mi rifiuto.» rispose seccamente Grimmjow.
«Mi aspettavo una risposta simile.»
l’arrancar ghignò, puntandole il dito contro.
«L’unica volta che verrò a Las Noches, sarà per staccarti la testa e prendermi il trono!» affermò deciso.
 Gli occhi della donna brillarono divertiti.
«Come vuoi, io aspetterò.»
Gli aveva voltato le spalle e se ne era andata, insieme alle Tres Bestias e al cane.
Anche lui aveva fatto dietrofront.
«Vai ad uccidere Itsygo?» chiese titubante Nel, trotterellando al suo fianco.
«No.»
Che senso aveva ucciderlo, se non era nemmeno in grado di vederlo?

***

Non era sopravvissuto per avere un nuovo padrone.
Non avrebbe più permesso a qualcuno di giocare con la sua vita.
Lui era il re, e un re non si inchina.
La freccia di reishi lo colpì di striscio. Sentì il viso bruciare e il sangue scorrere lungo la guancia, intanto che voltava l’angolo. Non era il tipo che fuggiva davanti al pericolo, ma era abbastanza intelligente da riconoscere una situazione disperata. L’unica speranza era raggiungere l’Urahara Shop prima che quelli lo trasformassero in un puntaspilli azzurro.
Continuò a correre, senza curarsi della successiva salva di colpi, il cui unico effetto fu di aggiungere  altri tagli a quelli che aveva già su volto, collo e schiena.
Stavano giocando al gatto col topo e, malgrado le apparenze, il ruolo del felino non spettava a lui.
Mai il gigai gli era parso così ingombrante: Ogni movimento gli appariva lento e difficoltoso, le membra sembravano pesare il triplo. Poteva percepire la propria forza spirituale premere contro il corpo artificiale, ma impossibilitata ad uscire.
Si sentì imprigionato.
Perché, sei mai stato libero?-disse una voce maligna nella sua testa.
Non aveva tutti i torti:gli shinigami non lo avevano ingabbiato,  ma gli avevano messo un collare con una lunga catena che aveva scelto il momento sbagliato per tendersi e strozzarlo. Fissò con rabbia il palmo della mano.
Se avesse potuto almeno scagliare un Cero…
Una figura apparve all’estremità del vicolo deserto. La luce fioca del lampione illuminò i lunghi capelli verdi, messi in risalto dalla camicetta bianca dell’uniforme scolastica.
«Ehi!» trillò Nel, non appena lo vide  «Si può sapere dove eri fini…»
«Stupida! Va’ Via!» ruggì l’arrancar.
Le frecce azzurre lo superarono sibilando, prima di colpire la ragazza al petto e all’addome. Nel cadde al suolo come al rallentatore, un fiotto di sangue che le usciva dalla bocca. Un dardo si conficcò a fondo nella coscia dell’azzurro che crollò a terra ruzzolando.
Fine del gioco.
Il quincy lo oltrepassarono, diretti verso l’ex espada.
«E’ l’altro arrancar.»
«Che fortuna! Ci siamo risparmiati la fatica di cercarla.»
«Sua Maestà non ha detto niente riguardo a lei, che facciamo?»
«Ammazzala.»
Un’esplosione rimbombò alle loro spalle, spazzando via i cappelli e le mantelline, seguita dal suono di una schiacciante reiatsu che riecheggiò per tutta Karakura. I due hollow si voltarono attoniti.
Non sapeva bene cosa fosse successo, aveva solo seguito il proprio istinto e liberato tutta la sua forza spirituale in una volta sola. Udì qualcosa andare in frantumi. Avvertì il peso di Pantera al suo fianco; un istante dopo, l’arma era fuori dal fodero, elsa in mano e lama nell’addome dell’ avversario.
Aveva fatto quello che gli riusciva meglio: distruggere.
Senza estrarre la spada, afferrò la faccia del nemico e caricò un Cero. L’intervento dell’altro arrancar gli impedì di disintegrare la testa dell’hollow e lo costrinse ad allontanarsi.
«Sono quasi felice che tu sia uscito da quel corpo: sarà divertente combattere un po’, prima di ucciderti!» dichiarò sfrontatamente il quincy. Lo sguardo assassino della sesta espada annientò tutta la sua spavalderia.
Ci ha provato gente più in gamba di te, e non ci è riuscita.
Poggiò la mano sulla lama sporca di sangue.
Li avrebbe distrutti, li avrebbe spazzati via.
«Kishire, Pantera!»


Note:
ed eccoci alla fine della sesta parte, spero siate riusciti ad arrivare in fondo. Sono un po’ dispiaciuta per il cliffhanger, ma stavolta il capitolo è uscito di dimensioni titaniche! Comunque, vi avviso subito che non dovrete aspettare troppo per la seconda parte, state tranquilli! ^^
Colgo l’occasione anche per scusarmi per il ritardo con cui rispondo alle recensioni, sono una persona orribbile T_T
Ci vediamo al prossimo chapter, un bacio.
 

 

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Capitolo 7
*** Part 7 ***


Ciao a tutti! che mi raccontate? Io sono FURIOSA a causa dell'ultimo capitolo! Una parte della mia anima fangherla si sta quasi rassegnando, ma quasi XD. Bando alle chiacchiere, vi lascio con la parte conclusiva che vi avevo promesso. 
Buona lettura! :)

Part 7


 

Combattere i quincy richiedeva un approccio diverso:la Blut Vene vanificava la maggior parte degli attacchi, doveva aspettare che colpissero a piena potenza sfruttando la Blut Arterie, per poter mettere a segno un colpo critico. In poche parole, se lo attaccavano, doveva contrattaccare; se voleva difendersi, doveva comunque attaccare per costringerli a mantenere la Blut difensiva e non essere ferito gravemente.
Era una strategia logorante, ma non per lui. La trovava perfetta: attaccare e basta, finché le difese non crollavano, niente di più semplice. Tuttavia, qualcosa non tornava: non stava combattendo da molto, ma i suoi colpi avevano perso potenza e velocità. Possibile che fosse già a corto di fiato?
Quante energie gli era costato lo scherzetto del gigai? Non se n’era accorto subito, troppo preso dalla rabbia e dall’odio, un carburante potente che brucia in fretta.
Si avventò sul primo che aveva ferito, deciso a concludere lo scontro il prima possibile. L’avversario evitò l’attacco e gli rifilò un calcio che lo fece schiantare sulla cima di un grattacielo.
«Merda!» imprecò, rialzandosi nel cratere causato dall’impatto. Per una volta che andava di fretta, era bloccato in una situazione di stallo. Gettò un’occhiata fugace alla figura immobile riversa sull’asfalto. Uno spostamento d’aria mosse i lunghi capelli azzurri. Si girò in tempo per vedere il secondo arrancar calare la lama sulla sua testa. Alzò il braccio per intercettare il fendente, ma fu di un secondo troppo lento.
«Getsuga Tensho
La densa falce di reiatsu nera scaraventò il quincy lontano da lui, mentre Kurosaki si materializzava al suo fianco.
«Stai bene?» chiese il dio della morte.
«Sono vivo.» sbuffò Grimmjow.Lo shinigami era piuttosto ammaccato, sembrava aver combattuto di recente.
«Hanno attaccato anche me.» disse Ichigo, in risposta all’occhiata obliqua dell’azzurro.
«E’ la prima volta che vengono qui.» commentò il ragazzo dai capelli arancioni, osservando i due arrancar che avevano raggiunto il tetto del palazzo di fronte. «Mi chiedo cosa li abbia spinti ad invadere il mondo reale…».
Due sagome bianche in volo nel cielo notturno interruppero le sue considerazioni.
Ichigo sobbalzò.
«Cosa c’è, Kurosaki?» domandò l’espada, fissando i nuovi arrivati raggiungere i suoi aggressori. Avevano un’aria piuttosto malconcia, per essere dei rinforzi. Si voltò verso il sostituto shinigami, gli occhi ridotti a due azzurre fessure.
«Sono quelli che ti hanno attaccato, vero?» sibilò.
«Si…» rispose Ichigo, in difficoltà. « Li avevo sconfitti, ma mi sono dimenticato che possono continuare a muoversi grazie al Rasotegai!» esclamò dandosi una manata sulla fronte.
«Kurosaki…» fece Grimmjow, prendendo un lungo respiro.
«Si?»
«SEI UN COGLIONE!» gridò a pieni polmoni l’arrancar della distruzione. «Possibile che tu non sia capace di finire i tuoi nemici? La tua esperienza nella gabbia non ti ha insegnato niente?».
Frustò rabbiosamente il terreno con la coda.
«Bel modo di ringaziarmi!» sbraitò la fragola, punta sul vivo. «Sono venuto per aiutarti!»
L’azzurro valutò l’ipotesi di spingerlo giù dal palazzo.
«Ma vaffanculo! Portartene dietro altri due lo chiami aiutare?» ribatté, furente. «E poi, non ho bisogno del tuo aiuto, posso farli fuori da solo.» affermò.
Già, poteva.- rifletté il ragazzo dai capelli arancioni.
Perché, allora, non ci era riuscito?
Si accorse solo in quel momento del velo di stanchezza sulle iridi dell’espada. Nonostante fosse in stato di rilascio e meno ferito di lui, Grimmjow sembrava stare male e la sua reiatsu era molto più debole rispetto a quando aveva combattuto nella Soul Society.
Inoltre, ci sono troppi palazzi ancora in piedi.- realizzò, mentre esaminava il luogo dello scontro. Sapeva per esperienza personale che l’arrancar dai capelli azzurri era totalmente incapace di combattere senza causare danni collaterali.
Fu allora che vide l’ex espada ferita.
«Nel!» esclamò angosciato. Si mosse per soccorrerla, ma una mano gli agguantò la spalla.
«Fermo!» ringhiò l’hollow. «Dobbiamo prima pensare a loro!»
Lo shinigami si liberò bruscamente dalla sua presa.
«Non la lascerò morire!» gridò furibondo. « Non ti importa niente di lei?»
Le iridi azzurre lo trafissero come due lance gelate.
«Non aspettano altro che uno di noi vada ad aiutarla per uccidere entrambi.» spiegò serio Grimmjow. «Stanno sfruttando quella che, voi umani, chiamate compassione.»
Il dio della morte si morse un labbro.
Probabilmente ha ragione. Meglio tenerli concentrati su di noi, che attirare l’attenzione su di lei.
Un pensiero improvviso lo attraversò.
«Da quando sei un esperto di sentimenti umani?» chiese divertito.
«Conoscere i propri nemici può tornare utile.» disse sbrigativo l’arrancar.
Aveva toccato un nervo scoperto.
«Ah, quindi non c’entra niente con il fatto che tu non abbia devastato il quartiere perché Nel è sul campo di battaglia.» asserì con nonchalance, godendosi l’espressione imbarazzata di Grimmjow.
Dolce vendetta.
La lite riprese più violenta di prima.

***

Nel riaprì gli occhi a fatica. Riconobbe le voci di Ichigo e Grimmjow riecheggiare da un punto imprecisato sopra di lei.
Meno male, era venuto ad aiutarli.
 Spalancò le iridi nocciola non appena sentì un epiteto piuttosto volgare gridato a piena voce dal suo compagno.
No. Impossibile.
Non stavano litigando sul serio!Non adesso!
Giurò a sé stessa che, se fosse sopravvissuta, li avrebbe presi a schiaffi.

***

I nemici decisero di avvicinarsi, intanto che osservavano lo shinigami e l’hollow in procinto di scannarsi a vicenda.
«Sapete, non dovreste abbassare la guardia in questo modo…» esordì uno di loro in tono derisorio.
«SILENZIO!» ruggirono all’unisono Ichigo e Grimmjow voltandosi verso l’arrancar che li aveva interrotti. Quello ammutolì e arretrò di svariati passi, mentre i due riprendevano l’alterco.
«Beh, scusa tanto se non sono capace di uccidere senza pietà!» berciò il dio della morte, sarcastico.
“Siamo in guerra, non c’è posto per la pietà!”avrebbe voluto dirgli l’azzurro, ma, poiché aveva beneficiato anche lui della pietà di Kurosaki, non si sentì in diritto di ribattere. Sospirò, sentendo la stanchezza cadergli addosso come un macigno.
Anche il sostituto shinigami rimase in silenzio, lo sguardo che tornava a posarsi sulle figure in bianco.
«Quattro contro due.» constatò.
L’arrancar sbuffò.
«Sono abituato all’inferiorità numerica.»
Nell’Hueco Mundo era la quotidianità.
«Due a testa?»
«Ehm… Veramente» disse timidamente il ragazzo dai capelli arancioni. « Credo sia meglio affrontarli insieme.»
Grimmjow lo guardò come se gli avesse detto che Ulquiorra si era dato al cabaret.
« Te lo scordi!» sbraitò.
Ichigo emise un verso esasperato.
«Perché fai tante storie? Lo sai anche tu che è la soluzione migliore: in due sarà più facile aggirare la Blut Vene; inoltre, io sono ferito e tu potresti tornare normale da un momento all’altro.»
L’hollow digrignò i denti.
«Non piace nemmeno a me.» ammise lo shinigami. « Ma non possiamo perdere altro tempo, dobbiamo fare in fretta.» disse serio, gettando un’occhiata eloquente in direzione del vicolo.
Anche le iridi azzurre saettarono verso la strada, prima di posarsi di nuovo, combattute, sul dio della morte.
«Va bene.»
Il ragazzo annuì e si voltò verso i nemici.
«Quanto tempo puoi rimanere ancora in quella forma?» chiese.
«Il tempo che serve.» rispose l’altro, mentre prendeva posto al suo fianco.
Ichigo si concesse un sorriso.
«Benissimo, andiamo!»
«Spacchiamogli il culo!»

***

Il corpo del secondo quincy cadde al suolo, privo di vita, nel momento esatto in cui trafiggeva il terzo con Tensa Zangetsu. L’ultimo nemico rimasto lo aggredì alle spalle, ma fu freddato da un piccolo dardo verde scuro che si piantò nel suo cranio, insieme ad un altro che sfiorò la guancia del ragazzo e diede il colpo di grazia all’avversario infilzato.
«Fortuna che hai una buona mira!» asserì, rivolto ad un Grimmjow che perdeva lo stato di Resurrecciòn.
«Nah! Se avessi avuto una buona mira, ne avrei centrati tre su tre!» urlò di rimando l’arrancar, prima di girarsi e volare via.
«Bastardo.» mugugnò il dio della morte, mentre seguiva l’azzurro.
Incredibile come l’affiatamento con cui combattiamo insieme sia inversamente proporzionale a quanto andiamo d’accordo.-riflettè. Avevano vinto con una facilità disarmante, si sentiva quasi in colpa, come se fossero stati loro in superiorità numerica.
Atterrarono e raggiunsero Nel.
«State bene?» chiese flebilmente la fanciulla distesa a terra, mettendo a fuoco i volti dei ragazzi.
«Meglio di te, di sicuro.» rispose ironico Grimmjow , prendendola in braccio.
«Meno male…» sospirò l’ex espada, chiudendo gli occhi, sotto lo sguardo dell’azzurro confuso da quella gentilezza fuori posto. Ichigo sorrise.
« Ce la fai a portarla?» domandò, avvicinandosi.
«Si.» ringhiò minaccioso l’espada.
Lo shinigami avvertì il pericolo.
 «No, è che… Sembra pesante.» tentò di giustificarsi. Nel o non Nel, un altro passo falso e l’arrancar della distruzione lo avrebbe fatto secco.
«Pesa meno di quanto pensassi.» replicò brusco Grimmjow, beccandosi una gomitata nelle costole.
«Ouch!»
«Zotici!» strillò Nel «Non potete dire cose del genere davanti a una ragazza!»
«Ehm, scusa.» mormorò il ragazzo dai capelli arancioni, grattandosi la nuca. «Andiamo.»

***

Urahara Kisuke era abituato alle stranezze, erano il suo pane quotidiano; anzi, alcune ne aveva create lui stesso. Ormai esistevano ben poche cose in grado di sorprenderlo realmente.
Come essere salvato e minacciato da un arrancar dai capelli azzurri.
O vedere quello stesso arrancar irrompergli in casa, con una sanguinante Nel tra le braccia, mentre parlava -non sbraitava-  animatamente con Kurosaki.
E’ l’ultima volta che lo mando a fare la spesa- decise.
Affidata la ragazza alle cure di Tessai, l’hollow e lo shinigami si erano accomodati nel salotto dove, mesi prima, l’espada aveva rischiato di lasciarci le penne, ed avevano raccontato tutto all’ex capitano. Urahara aveva posato il ventaglio sul tavolo.
«Concordo, è davvero strano che abbiano attaccato il mondo reale, dove sono in svantaggio, rispetto alla Soul Society o all’Hueco Mundo.» dichiarò.
«Inoltre, perché attaccare solo noi due? Inoue e Chad non sono stai aggrediti, e nemmeno Ishida.» affermò il dio della morte.
«Credo c’entri qualcosa con questo» dichiarò Kisuke, sventolando davanti a loro un oggetto familiare.
I ragazzi sobbalzarono.
Il medaglione.
La cosa che poteva rubare e rivoltare Un Bankai contro un dio della morte.
L’amuleto che, per qualche misteriosa ragione, non aveva effetto su Ichigo.
E nemmeno su un arrancar in stato di Resurrecciòn.
Urahara aveva studiato la reiatsu dell’espada, nella speranza che lo aiutasse a capire il funzionamento dell’oggetto, ma l’unica cosa scoperta era che la forza spirituale di Grimmjow quando rilasciava era molto simile a quella di Ichigo quando usava il Bankai. Non era normale che un umano avesse una reiatsu così potente e malvagia da essere confusa con quella di un espada.
Forse, quella somiglianza poteva essere la chiave per svelare il mistero dell’amuleto e cambiare le sorti della guerra.
Kisuke posò l’oggetto sul tavolino.
«Penso che Juha Bach abbia tentato di uccidervi per impedirmi di continuare le ricerche, o almeno rallentarmi.»
 «E, se dopo mesi di indifferenza, ha deciso di compiere una mossa così rischiosa, come l’attacco su un terreno sfavorevole…» disse Ichigo, che cominciava a capire dove il caramellaio volesse andare a parare.
«Vuol dire che, forse, sono più vicino alla soluzione di quanto pensassi.» concluse Urahara, con un sorriso soddisfatto sul volto.
«Ed è una buona notizia?» chiese l’azzurro, poggiando il mento su una mano.
«Altroché» esclamò gioviale il venditore di caramelle. « Il Bankai è ciò che i quincy temono realmente; se trovo il modo di neutralizzare l’amuleto, gli shinigami potranno combattere di nuovo a piena potenza.»
Ichigo era elettrizzato.
Possiamo vincere.
L’hollow si era alzato ed era uscito dalla stanza, lasciando i due dei della morte da soli.
«Mi chiedo se stia bene.» esordì l’ex capitano, impensierito.
«Non dovresti preoccuparti, Urahara-san. Ormai, sono dell’idea che niente possa uccidere quell’arrancar.» affermò Ichigo.
«Vuoi che chiami Inoue?» domandò improvvisamente.
 «Non intendevo in quel senso.» replicò il caramellaio, gettando un’occhiata alla porta.
L’entusiasmo di pochi minuti prima svanì.
«Non credevo fosse possibile uscire da un gigai in quel modo.» disse il ragazzo, ripensando ai resti bruciacchiati del corpo artificiale che aveva visto nel vicolo.
« Teoricamente sì, ma è molto rischioso.» affermò Kisuke. «Grimmjow è stato fortunato: avrebbe potuto farsi male sul serio.»
Doveva essere sull’orlo della disperazione per compiere un gesto simile- rifletté il dio della morte.
Ripensò a quando aveva perso i poteri da shinigami, al senso di impotenza provato, non appena aveva capito di non essere più in grado di aiutare i suoi amici,a come aveva tentato di rimediare, entrando in contatto con Xcution e sviluppando il Fullbring, potere che gli era stato poi strappato con l’inganno, facendolo sentire ancora più inutile di prima.
Conosceva fin troppo bene quella sensazione: la consapevolezza di non potersi difendere, e di non poter proteggere le persone care.
Era una cosa che non augurava a nessuno.
Strinse i pugni.
Si era preoccupato così tanto per la sicurezza dei suoi amici da non notare che l’unico rimasto senza difese, era proprio l’arrancar.
Quello che Kugo gli aveva fatto non era poi tanto diverso da ciò che lui aveva fatto all’espada …
«Smettila di crucciarti, Kurosaki-san»
«Cosa?» esclamò Ichigo, alzando lo sguardo verso il caramellaio.
«Sei troppo giovane, e troppo stanco, per accollarti colpe non tue.» dichiarò l’ex capitano, puntandogli contro il ventaglio.
«Ma…»
«E’ stata una serata faticosa.» lo interruppe Urahara, sorridendo lievemente. « Va’ a casa a riposarti.»
Congedato il ragazzo, Kisuke scese le scale e raggiunse la camera di allenamento. Trovò Grimmjow intento a disintegrare le grosse formazioni rocciose, un Cero dopo l’altro, riducendo lo spazio ad una landa desolata.
Ma non può fare a meno di distruggere tutto?-pensò, con una punta di disapprovazione.
Prese mentalmente nota di rafforzare la camera al primo momento utile.
«Hey!» gridò, interrompendo l’opera di demolizione dell’arrancar. Quest’ultimo si girò, alzando appena le sopracciglia, intanto che scagliava l’ultimo colpo.
«Volevo solo dirti che Nel-san è fuori pericolo, un paio di giorni e si sarà del tutto ristabilita.»
Silenzio.
Non si aspettava di vederlo fare salti di gioia o cadere a terra, sussurrando “grazie al cielo”, tra un singhiozzo e l’altro, ma almeno un sospiro di sollievo.
L’azzurro si voltò e riprese a devastare la stanza.
Deve essere proprio di pessimo umore, ma come biasimarlo?- considerò il caramellaio, con un vago senso di colpa.
«Devo darti una cosa.» disse, alzando la voce per farsi sentire al di sopra dell’esplosione che gli portò via il cappello. Frugò nella tasca e tirò fuori una piccola sfera colorata.
«Sai cos’è?» chiese, mentre la posava sul palmo teso dell’espada.
Grimmjow scosse la testa.
«E’ una Gikongan, o Soul Candy.» spiegò Urahara. «Quando viene ingerita, forza l’anima di un dio della morte ad abbandonare il gigai.»
L’arrancar sussultò impercettibilmente, per poi rivolgergli uno sguardo sospettoso.
«Perché?»
«Per garantire un’uscita più discreta e meno… pirotecnica, rispetto a quella di stasera. A meno che, non ti piaccia dare spettacolo.» ridacchiò lo shinigami, sventagliandosi.
La bocca dell’arrancar si incurvò appena.
«Per evitare che faccia a pezzi i tuoi preziosi gigai?» chiese con tono canzonatorio.
Kisure tornò serio. 
«Ho commesso un errore, avrei dovuto dartela molto tempo prima, non aspettare che accadesse una cosa del genere.» ammise, chiudendo il ventaglio e mettendoselo in tasca.
« Sei un alleato, non un prigioniero, né un’arma da scatenare a comando sui nemici.» dichiarò, sorridendo appena, di fronte all’espressione stupefatta dell’espada.
Raccolse il cappello e si diresse verso le scale.
L ’arrancar si riscosse e strinse le dita intorno alla caramella.
«Hey!» gridò. « Niente stupide raccomandazioni, avvertimenti, divieti? Dov’è la fregatura?» domandò, aggrottando le sopracciglia.
«Nessuna fregatura.» rispose il caramellaio,  indossando il copricapo.«Mi fido.»
 Raggiunse l’uscita, lasciandosi alle spalle un Grimmjow completamente senza parole.
 
 Note
 Allora, che ne dite? Spero di non avervi deluso, quindi fatemi sapere; ribadisco che ci tengo alla vostra opinione ;)
Mille grazie a Saeko_san e Devileyes che ogni volta mi fanno fare salti di gioia con le loro recensioni. Grazie mille a Miss Junna che mi sostiene sempre e si legge tutte le bozze (davvero, penso che a forza di sorbirsi i miei fangherlaggi, stia cominciando ad odiare Grimmjow... XD) e ancora grazie a chi mi ha messo tra le seguite :).
Ci vediamo al prossimo capitolo, che sarà un epilogo (vero, stavolta).
un bacione, ciao!

 

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Capitolo 8
*** Part 8: Epilogue ***


Pensavate di esservi liberati di me, eh? Invece no, c’è ancora l’epilogo! ^^
Scherzi a parte, come state? Io sono abbastanza felice… piuttosto felice… ho circa 518 motivi per essere felice, ma, invece di stare qui ad elencarli, vi lascerò al chapter, visto che è tanto che aspettate ;).
Ma non pensate di esservi salvati, sotto ci sono le note.
Bwahahahahahah!

 

Part 8
Epilogue


 

 
Era colpa sua.
Come al solito, colpa sua.
Non aveva dubbi.
Se non fosse stato per lui, non si sarebbe trovato lì dov’era ora, avrebbe già lasciato la scuola, diretto verso casa.
Scoccò un’occhiataccia alla causa dei suoi problemi, che per tutta risposta ringhiò.
Se non lo avessero beccato in quel dannato sgabuzzino, il preside non lo avrebbe chiamato, e se non lo avesse chiamato, probabilmente non si sarebbe ricordato della questione delle sue assenze- che negli ultimi tempi erano triplicate- e non  avrebbe dato una punizione anche a lui.
 Ma, soprattutto, non mi avrebbe messo a scontare il castigo con lui!- pensò collericamente Ichigo Kurosaki, raggiungendo il bidello che li  stava aspettando in cortile.
«Dai, Ichigo! Non fare quella faccia! Almeno siamo tutti insieme, non sei contento?» disse allegra Nel prendendolo a braccetto, mentre faceva scivolare l’altro braccio intorno a quello di Grimmjow, attirandolo a sé.
«Contentissimo.» mugugnò il sostituto shinigami.
«Su, Kurosaki-kun , se siamo in tanti, finiremo prima.» affermò timidamente Inoue.
«Giusto! Orihime ha ragione.» asserì l’ex espada, ignorando i due ragazzi che continuavano a guardarsi in cagnesco alle sue spalle.
Nonostante avessero combattuto insieme, i due erano ben lungi dall’essere diventati  amici, ma, almeno, si rispettavano ed avevano anche imparato a collaborare. Era più forte di loro: Ichigo non sopportava l’espada e Grimmjow sembrava geneticamente predisposto a detestare lo shinigami. Nel ricordò l’avvenimento di un paio di settimane fa, quando, durante una cena, avevano casualmente scoperto che l’arrancar dai capelli azzurri era intollerante alle fragole. Nessuno aveva osato commentare: Grimmjow era passato in mezzo a un Licht Regen ed aveva infilzato a morte lo sventurato quincy che si era permesso di ferirlo, una manciata di frutti rossi non lo avrebbe fermato dal trucidare chiunque avesse fatto battute .
Quel giorno si sarebbero occupati del giardino: avrebbero strappato le erbacce, travasato le piante e potato i cespugli. Il bidello si allontanò un attimo, lasciandoli da soli con una dozzina di vasi e due paia di cesoie.
«Sarà meglio cominciare.» dichiarò il ragazzo dai capelli arancioni, posando a terra lo zaino.
Grimmjow gli passò accanto, senza risparmiarsi la solita spallata, e andò a raccogliere le grosse forbici da giardino.
Il sostituto shinigami represse a fatica gli insulti e si avviò ad aiutare Orihime, alle prese con una pianta decisamente troppo grande per lei.
«Lascia fare a me, Inoue.»
«Grazie, Kurosaki-kun.» disse la ragazza con le gote arrossate.
«Figurati.» rispose lui.
Sollevò il grosso vaso.
«Hey, Grimmjow! Fai potare la siepe a loro e vieni ad aiutarmi con queste!» gridò, indicando gli arbusti in attesa di essere trapiantati.
«Va bene! » rispose l’espada, avvicinandosi allegramente a lui.
«Perfetto, adess…» si interruppe. Fece cadere terra il vaso, che si frantumò, strappando alla fullbringer un gridolino sorpreso. Ignorò il rimprovero irato del bidello e si girò verso il ragazzo sorridente, mentre un pensiero nefasto si affacciava nella sua mente.
 « Aspetta un attimo!» esclamò, puntandogli il dito contro. «Tu non sei Grimmjow, vero?»
«No.» ridacchiò l’anima modificata.
Aveva approfittato della prima distrazione ed era scappato, lasciandolo da solo con…
Ebbe un bruttissimo presentimento e si voltò, sperando con tutto il cuore di sbagliarsi.
«E immagino che quella non sia Nel.» asserì infelicemente, osservando la fanciulla dai capelli verdi intenta a mangiare le margherite.
«Esatto.» affermò contento il falso arrancar.
Lo avevano fregato alla grande.
L’ urlo belluino dello shinigami squarciò l’aria.
«GRIMMJOOOOOOOW! »
L’espada, comodamente seduto sul ciglio del tetto della scuola, fissava divertito il dio della morte in preda a una crisi di nervi. Alzò le sopracciglia quando lo udì gridare un insulto parecchio scurrile rivolto alla sua persona.
E poi sono io lo sboccato.- pensò con una punta di risentimento.
«Te l’avevo detto che se ne sarebbe accorto.» affermò Nel, apparendo al suo fianco.
L’arrancar sbuffò.
Stupide anime spione.
«E allora, perché mi hai seguito lo stesso?» chiese.
«Non avevo voglia di piantare fiori.» ammise la fanciulla, appoggiandosi al muretto « E volevo fare un favore ad Orihime.» aggiunse.
Che razza di favore è essere lasciati da soli con Kurosaki?- si chiese l’azzurro.
«Non trovi che stiano bene insieme?» domandò contenta l’arrancar, indicando la fullbringer che tentava disperatamente di calmare il dio della morte.
Colto alla sprovvista, l’espada rischiò di cadere di sotto.
«Ma cosa vuoi che me ne importi?» sbottò sdegnato, mentre scendeva dal cornicione.
  «Era solo una domanda.» replicò la fanciulla, scuotendo la testa.
«Tanto vale tornare indietro: tra poco uscirà dal suo corpo e verrà a cercarci.» constatò.
«Non senza questo.» ghignò Grimmjow, mostrandole il distintivo da sostituto shinigami.
Nel sgranò gli occhi.
«Tu… Quando… Come?» boccheggiò sorpresa.
«Kurosaki dovrebbe fare più attenzione alle sue cose.» commentò l’arrancar dai capelli azzurri, con un sorriso ancora più largo, riponendo l’oggetto in tasca.
«Hai pensato proprio a tutto.» mormorò l’ex espada.
Un urlo straziante li raggiunse.
«Sembra che si sia appena accorto del tuo borseggio.» notò con una punta di divertimento.
« E allora? Che può fare?» sghignazzò l’azzurro, alzando le spalle.
La fanciulla trasalì.
«Aspetta!» strillò, mentre l’affermazione del compagno acquisiva un significato ben più allarmante di quanto sembrasse.
«Che c’è?» chiese l’hollow, confuso.
« Ma non capisci?» esclamò l’ex- espada, puntandogli il dito contro. «Se ci attaccassero ora, lui non potrebbe difendersi!» . Si mise le mani tra i capelli, in preda al panico. «E’ terribile!»
L’azzurro restò in silenzio.
«Non pensi mai alle conseguenze, prima di agire?» lo rimproverò Nel.
Ovviamente no.
Uno che pensava alle conseguenze non sarebbe andato in una Soul Society infestata da quincy, con la stessa allegria con cui si va a fare una scampagnata.
A volte, si chiedeva come Grimmjow fosse riuscito a sopravvivere tutto quel tempo nell’ Hueco Mundo, braccato dalla Jagdarmee, nonostante fosse completamente privo di prudenza, cautela e giudizio.
Non era la sola a domandarselo: qualche giorno fa, Ichigo l’aveva avvicinata e le aveva chiesto se sapesse qualcosa al riguardo, dando per scontato che lei ne fosse a conoscenza, data la loro relazione- come la aveva chiamata, arrossendo.
“Mi dispiace, Ichigo, ma non ha detto nulla nemmeno a me.-” Aveva risposto.
Voleva chiederglielo, ma aveva notato che quando si toccava l’argomento Hueco Mundo, il sesto espada tendeva a diventare più scontroso del solito; quindi, aveva deciso di non insistere.
«Tsk! Finiscila!» berciò Grimmjow. «E’ successo una volta sola, e dubito che riaccadrà.» concluse, mentre ripensava con malcelata soddisfazione alla brutta fine che avevano fatto i suoi aggressori.
« Devi riportargli il distintivo.» ordinò seria l’ex espada.
«Te lo scordi!» sbraitò l’arrancar della distruzione.
« Devo ricordarti io cos’è successo l’ultima volta, o vuoi aspettare qualche freccia nella schiena per recuperare la memoria?» ribattè Nel, che iniziava a scaldarsi.
Quello stupido scherzo rischiava di trasformarsi in tragedia, possibile che non lo capisse?
Grimmjow digrignò i denti così forte, che la fanciulla sentì nitidamente lo stridere di molare su molare. Percepì la reiatsu dell’espada aumentare, ma non si fece impressionare: ormai lo conosceva abbastanza da distinguere l’ arrivo di un imminente massacro da un semplice sbalzo d’umore. Restò in attesa, impassibile, avvertendo la pressione crescente della forza spirituale; tuttavia, si astenne dall’aumentare la propria: era comunque più sicuro che lei rimanesse tranquilla per tutti e due.
«Ti ho già detto che non capiterà nulla.» affermò Grimmjow, mentre la sua reiatsu scemava.
«Non puoi saperlo.» disse lei, risoluta.
«Non attaccherebbero mai qui,  in pieno giorno.» replicò l’arrancar. « E poi…». S’interruppe.
«Cosa?» chiese Nel, curiosa.
« Tch! Sei più seccante di Kurosaki! La prossima volta me ne andrò via da solo!» sbottò l’azzurro. Le diede le spalle e si allontanò.
«Ehi! Dove stai andando?» strillò l’ex espada, senza ottenere risposta.
Spazientita, si materializzò davanti a lui con un sonido, sbarrandogli la strada. Grimmjow si bloccò e strinse gli occhi.
«Cosa stavi per dire?» domandò a bruciapelo.
«Non era importante.» rispose l’azzurro con voce piatta.
Fu il turno di Nel di digrignare i denti. Abbandonò ogni buon proposito di mantenere la calma e afferrò l’arrancar per il bavero della giacca.
Le iridi azzurre dell’hollow, per nulla intimidito, si soffermarono per un attimo sul pugno chiuso intorno agli abiti, prima di tornare agli occhi nocciola della compagna.
«Poi la smetterai di rompere?» chiese, scocciato.
«Dimmelo, Grimmjow!» gli intimò la fanciulla.
L’arrancar emise un lungo sospiro.
« E poi, noi siamo qui.» disse con voce atona.
L’ex espada sobbalzò, lasciando la presa.
«Soddisfatta?» fece lui, sarcastico.
«Quindi…» deglutì Nel. «Stai dicendo che andresti a salvarli?» domandò titubante.
« Ci manca solo che qualche fottuto quincy ammazzi Kurosaki al posto mio!» esclamò l’arrancar della distruzione.
Lo shinigami rimaneva sempre il suo obiettivo: prima sarebbe finita la guerra, prima avrebbe potuto regolare i conti con Ichigo. Aspettare non era il suo forte, ma doveva avere pazienza.
«Ma se ora attaccassero, tu li soccorreresti?» insistette la fanciulla, ignorando l’affermazione precedente. 
«Si, ma…»  rispose l’espada.
«Va bene.» lo interruppe lei, rivolgendogli un sorriso radioso. Lo oltrepassò e andò di nuovo a controllare i suoi amici.
Sono stato frainteso.- constatò scuotendo la testa l’azzurro.
 Il sostituto shinigami sembrava essersi rassegnato all’idea che i due arrancar non avrebbero fatto ritorno e aveva iniziato a lavorare insieme ad Orihime, con la quale scambiava qualche parola, e alle anime modificate, che si tenevano strategicamente a distanza.
«Allora, che si fa?» chiese allegra l’ex espada, tornando da lui.
«Pensavo di dormire.» ammise candidamente Grimmjow.
«Starai scherzando, spero.» dichiarò la fanciulla, tentando di mascherare il suo disappunto. Dal trasferimento al negozio, l’arrancar dai capelli azzurri sembrava affetto da una narcolessia da fare invidia a Coyote Stark: quando non poteva allenarsi, dormiva. Una volta, Nel lo aveva scoperto appisolato sul tetto della scuola, o nel famoso sgabuzzino-prima che questo fosse usato per altri scopi. Ma, a differenza della prima espada, era sufficiente un lieve rumore a far scattare l’hollow, come il povero Jinta aveva scoperto a sue spese.
«Affatto. Ultimamente, nella mia stanza riposarsi è diventato impossibile.» disse l’azzurro, rivolgendole uno sguardo più che eloquente.
Nel ridacchiò maliziosa.
«E’ colpa della mia straordinaria avvenenza?» fece scherzosa, sbattendo le ciglia e passandosi una mano tra i capelli.
«No.» rispose Grimmjow.« Russi.»  affermò con un ghigno perfido.
«Mai quanto te!» sbottò l’ex espada, punta sul vivo.
L’arrancar dai capelli azzurri rise di gusto.
Kurosaki non era l’unico che gli piaceva far arrabbiare, anche far uscire dai gangheri la compagna era piuttosto divertente, nonostante avesse più autocontrollo del dio della morte e un formidabile gancio destro.
Nel si morse l’interno della guancia.
Non avrebbe fatto il suo gioco, aveva un’idea migliore.
« Peccato» esordì dispiaciuta, attirando l’attenzione dell’hollow « Perché… Sai, avevo in mente un’idea…» continuò, lanciando un’occhiata complice al compagno.
«Ah, si?» fece l’arrancar, con tono falsamente stupito.
La fanciulla avvicinò con misurata lentezza il volto all’azzurro, posando delicatamente le labbra su quelle della sesta espada.
Grimmjow rimase immobile per qualche secondo, poi si staccò.
«Mh. Interessante.» commentò con tono serio, in netto contrasto con l’espressione compiaciuta sul viso.
«Mi fa piacere.» disse soddisfatta la ragazza.
L’arrancar della distruzione fece per attirarla a sé, ma l’ex espada si sottrasse rapidamente alla presa, afferrò l’elsa di Pantera e arretrò, portandosi via la zanpakuto.
Grimmjow corrugò le sopracciglia in un’espressione tra il sorpreso e l’infuriato.
«Ma che cazz…»
«Giochiamo ad acchiapparella eterna?» propose Nel, con un sorriso furbo sul viso.
«Non giocherò con te a quel gioco idiota! Mi hai preso per le tue fracciòn?» berciò adirato L’espada.
«Stavolta è diverso.» spiegò la fanciulla. «Acchiapparella eterna… con il sonido, così è più divertente!» affermò, poggiando la katana sulla spalla.
Fissò l’arrancar che sembrava volesse incenerirla con lo sguardo.
«Sempre se riesci a starmi dietro.» commentò, prima di sparire.
Il sesto espada sbuffò. Ai tempi di Las Noches, non avrebbe permesso che qualcuno lo disarmasse con tanta facilità, gli avrebbe strappato il braccio e lo avrebbe disintegrato con un cero. A forza di frequentare umani, shinigami e… lei, si stava rammollendo.
Quella guerra doveva finire il prima possibile.
«Ti sei già arreso?» gridò Nel dal palazzo di fronte.
«Tsk! Mai!» urlò l’azzurro, gettandosi al suo inseguimento.
Ma, per ora, va bene così.

***

L’ultimo nemico cadde a terra, la candida uniforme tinta da macchie vermiglie, una scena vista e rivista ai suoi occhi.
Guardò i cadaveri di quella che, poco prima, era una frazione della Jagdarmee. Una folata di vento gli scompigliò le ciocche azzurre.
Quanto tempo era passato dalla prima invasione? Non lo sapeva. I giorni iniziavano a confondersi tra loro, sempre uguali: quelli arrivavano, blateravano le solite stronzate, tentavano di catturarlo e lui li ammazzava. All’inizio era stata dura, ma la situazione era migliorata parecchio, appena scoperto come- o meglio, quando- ucciderli.
Uno dei quincy si mosse debolmente, ancora vivo.
 L’unico lato positivo di tutto questo, era che ora era molto più potente di prima- rifletté, mentre gli piantava Pantera in testa.
 Ma a cosa serviva, se non poteva affrontare l’unico avversario con cui voleva misurarsi?.
 Scacciò quei pensieri e si incamminò, lasciandosi alle spalle la mole di corpi straziati.
 Ormai aveva perso il conto delle pattuglie che aveva mandato al creatore, ma, a quanto pare, non erano abbastanza da attirare l’attenzione del comandante, che non si spostava mai dall’accampamento, né quella del loro capo, l’uomo che chiamavano Maestà, colui che aveva sconfitto Tia Harribel.
Aggrottò le sopracciglia, mentre affrettava il passo.
Harribel era stata presa, forse era morta. In teoria, ora il re era lui.
Bella soddisfazione.-si ritrovò a pensare sarcastico.
 Aveva visitato Las Noches, l’aveva trovata semidistrutta. Quasi tutti gli arrancar erano stati uccisi, o portati agli accampamenti per essere selezionati da Kirge Opie.
Odiava quel quincy- non che gli altri gli stessero simpatici, s’intende-, soprattutto dall’ultima volta che le loro strade si erano incrociate ed aveva rischiato di finire in gabbia. L’unica volta in cui era scappato.
Guardò il cielo nero, a parte la luna crescente, come aveva fatto innumerevoli volte da Adjhucas.
 Poteva avere un aspetto diverso, più umano, e una zanpakuto al posto di zanne e artigli, ma non era cambiato ciò che faceva. Combatteva per ottenere un potere maggiore, lottava per sopravvivere; camminava verso il nulla, distruggendo i nemici. Fu quasi tentato di ruggire, ma non per rabbia o frustrazione: la sua era una sfida, rivolta a chiunque osasse guardarlo dall’alto in basso.
Era di nuovo il divoratore solitario.
Un’esplosione proveniente dal campo della prima Jagdarmee attirò la sua attenzione, insieme a una colonna di reishi azzurro che si levò in alto verso il cielo.
Mh, giornata movimentata.
Doveva essere qualcuno di importante, se persino Opie si era scomodato.
Udì un grido in lontananza. Una voce familiare. Riuscì a distinguere due sagome, anzi tre, muoversi trafelate tra le dune. Incuriosito, decise di avvicinarsi. Riconobbe Pesche correre insieme ad un uomo che portava sulle spalle Dondochakka.
Wow, erano ancora vivi. Li aveva sottovalutati.
Inarcò un sopracciglio.
Perché la mocciosa non era con loro? E che ci facevano in compagnia di quel - ne era certo- dio della morte?
Lo shinigami si voltò nella sua direzione, ma non riuscì a vederlo. Continuò a seguirli con lo sguardo.
Erano diretti verso il luogo dello scontro, forse per aiutare chi stava seminando il caos all’accampamento.  Sempre più curioso, attivò il Pesquisa e sondò l’area.
Una reiatsu conosciuta lo investì con tutta la sua potenza. Sgranò gli occhi, incredulo.
Impossibile.
Avevano detto che aveva perso i suoi poteri, eppure, quella era la sua forza spirituale. E, a giudicare dalla potenza, aveva appena rilasciato il Bankai.
Senza che se ne rendesse conto, un largo sorriso gli si disegnò sul volto, seguito da una fragorosa risata. Fletté le ginocchia e spiccò il volo.
Sto arrivando, Kurosaki.
 
 
Note di fine boiata.
Stavolta è finita sul serio. Alla fine ho optato per un finale aperto, in modo da rimanere legata in parte al manga, e perché mi piaceva molto l’idea “nella fine, il principio” (lo so, guardo troppi film XD). Chi avrebbe mai detto che questa storia, nata come one-shot, sarebbe diventata una long, una GrimmNel, e chi più ne ha, più e metta. Scrivere questa fic mi ha aiutato a reggere l’attesa snervante dei capitolo post 500, spero sia stato lo stesso anche per voi e che le mie fangherlate vi siano piaciute, nonostante siano esili le probabilità che si avverino :)
Beh… come si capiva dalle note in cima, ho letto il 518 e… si, il contentino di mastro Kubo mi ha reso abbastanza soddisfatta, ma non del tutto. L’unica cosa che mi chiedo: Kubo, ci hai messo 18 settimane per farmi vedere il braccio che reggeva la spada… quanto mi farai aspettare per vedere una faccia? Spero nn troppo!
Deliri finiti, Passiamo ai ringraziamenti.
Un mega-iper-super-stra grazie alle veterane Saeko_san  e Devileyes che hanno seguito questa mattata fin dal principio, a purple benny che è riapparsa (lietissima di risentirti ^^), e a miss Junna, che trama nell’ombra per servire la GrimmNel XD.
Grazie anche a CharliesMakingMeSmile, fiore di pesco ,Libikymalpensante, Mistero95,PioggiaDiLuglio  TooSixy,  Angel of hope ,So I Don T Know che hanno messo la storia tra le seguite e/o preferiti. Davvero, le parole digitate fin ora non bastano ad esprimere la felicità provata nel vedere quei numerini aumentare chapter dopo chapter. T_T
 
Ah, visto che sto alla fine fine (e la maggioranza di voi se ne sarà già andata XD)-,metto anche una lista delle canzoni che mi hanno ispirato e che ho ascoltato fino alla nausea per ri-trovare l’ispirazione; ci tengo a rendervi partecipi ^^. (se vi va di ascoltarle…)  
I Will Not Bow- Breaking Benjamin (ormai la considero la canzone di Panthergrimmy)
Power to Strive (ovviamente u.u)
Warrior- Disturbed
I’m Alive- Disturbed
A Little Faster- There For Tomorrow
Ok, E’ veramente tutto, gente. Ci vediamo alla prossima storia, un bacione e ancora grazie.
<3

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