Promises in the wind di Sherry Jane Myers (/viewuser.php?uid=171064)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Don't forget me ***
Capitolo 2: *** The Choice and the promise ***
Capitolo 3: *** Just belive me ***
Capitolo 4: *** Memories of that day ***
Capitolo 5: *** The name of the prisoner ***
Capitolo 6: *** The light in his eyes ***
Capitolo 7: *** A shot in the rain ***
Capitolo 8: *** Kazuha's return ***
Capitolo 9: *** The wind of the destiny sky ***
Capitolo 10: *** The best way to forget ***
Capitolo 11: *** Out of the train ***
Capitolo 1 *** Don't forget me ***
Promises in the
wind
Parte 1:
Don’t forget me
Non
dimenticarmi
Era un pomeriggio di febbraio, uno come molti altri. Il
piccolo Conan era sovrastato dalla moltitudine di bambini che
scappavano fuori da scuola, felicissimi per quell’ultima
campanella, che li aveva definitivamente liberati da quel tormento
giornaliero. Almeno finché la sveglia successiva non li
avesse riportati alla realtà. Il sole era alto nel cielo, e,
come sempre, Lui e Haibara erano gli unici che non si lasciavano
prendere da quella frenesia. A dirla tutta però, Ai si stava
godendo l’ammirazione di alcuni compagni di classe, che le
avevano regalato dei cioccolatini. Di lì a poco, in effetti,
sarebbe stato San Valentino. In effetti, nella sua vita, perennemente
controllata dall’organizzazione, non doveva aver avuto molte
occasioni di festa come quella. Lui invece ne aveva viste
così tante che non si eccitava più per una
festicciola tra ragazzini. Se fosse stato Shinichi, si sarebbe
impegnato per dare a Ran un bel regalo, ma…
Guardò infastidito anche Genta e Mitzuiko, impegnati a
corteggiare Ayumi, spacciandosi per bambini obbligati dalla madre a
quel gesto. Di sicuro non si sarebbero mossi prima di un buon quarto
d’ora. Sarebbe dovuto andare a casa da solo.
- Conan, siamo quaggiù! – esclamò Ran,
mentre il ragazzino, vedendo lei e Sonoko, le raggiungeva.
- Cosa ci fate qui? – domandò Conan, fissandola.
Di solito tornava a casa insieme ai suoi amici quindi non pensava di
trovarle lì.
- Oggi passavamo e abbiamo deciso di venirti a prendere.
Così puoi tornare a casa con noi. -
- Oh, beh, grazie… - rispose lui.
Ran lo prese per mano, facendolo leggermente arrossire. Quel giorno
aveva avuto uno strano presentimento, decidendo di passare a prendere
Conan. Insieme, percorsero la strada di casa, la stessa di sempre,
chiacchierando del più e del meno, dei voti scolastici e di
altri argomenti cui Conan non si interessava minimamente. O almeno, non
più, da quando non si poteva più permettere di
ridere e scherzare con loro, di prendere in giro i prof… Ma
da quando non era più Shinichi, tutti i divertimenti, anche
minimi, di un tempo erano svaniti. Persi nel nulla.
Ma in quel caldo pomeriggio di sole, alquanto inusuale per la stagione,
fu Sonoko, con la sua impareggiabile parlantina, che aveva la
facoltà di arrivare sempre nel momento sbagliato, a far
scoppiare la scintilla di quello che sarebbe successo da lì
in poi.
- Tra poco è San Valentino, hai già preparato i
cioccolatini per il tuo maritino? –
«Maritino» pensò Conan, stizzito.
«Ancora con questo ridicolo nomignolo…»
- Di chi stai parlando? – domandò Ran.
«Ran… è possibile che tu faccia la
stessa domanda ogni volta? Neanche tu riesci a passare per una persona
tanto ingenua…» pensò. Se fosse stato
Shinichi Kudo, probabilmente gliel’avrebbe detto ad alta
voce, ma come Conan non poteva. Ma se fosse stato Shinichi Kudo, e non
il piccolo bambino perso nella routine di quei pettegolezzi che seguiva
distratto, avrebbe notato che nel tono di Ran questa volta non
c’era più imbarazzo, ma un’ombra cupa
che non avrebbe tardato a farsi sentire.
- Piantala, Ran! – esclamò divertita Sonoko.
– Sto parlando di Shinichi Kudo, hai presente? –
Un altro giorno, Ran sarebbe arrossita esclamando “Ma cosa
dici!” e “Non è per niente
vero!” e Conan si sarebbe unito al coro, beccandosi sguardi
di sospetto e disapprovazione.
Ma non era un altro giorno, e, visto che certe cose capitano sempre nel
giorno sbagliato, quel giorno, Ran si bloccò nel sentire il
nome di Shinichi. Abbassò lo sguardo e strinse la mano di
Conan tanto forte da fargli male.
Cupa e decisa, come quando qualcuno la faceva arrabbiare e lei stava
per tirare un calcio, scandendo ogni parola, tentando di mascherare la
rabbia, disse:
- Non… pronunciare… quel…
nome… -
Conan la fissò. Non aveva mai reagito così. Aveva
pianto, lo aveva snobbato, aveva riso, aveva minimizzato. Aveva fatto
tante cose in risposta al suo nome, ma quello mai.
Non ci fu bisogno di domande, perché l’ombra
scivolò via dal viso di Ran, che, con le lacrime agli occhi
spiegò:
- Io lo amo, lo amo tantissimo. Ma lui mi sta facendo solo male. Non
posso andare avanti così, devo dimenticarmene. Per sempre.
–
«Ran…» pensò amaramente
Shinichi, con un tuffo al cuore. Aveva sempre saputo che quel momento
sarebbe arrivato. Ma aveva sperato. Aveva creduto nei sentimenti che
provavano l’una per l’altro. Ma evidentemente, i
sentimenti non bastavano. E lui lo comprendeva, purtroppo, quindi non
poteva neanche permettersi di essere in collera.
- Ci ho pensato molto a lungo negli ultimi tempi. Ma oggi ho deciso.
Shinichi Kudo è uscito dalla mia vita. Per sempre.
–
Come pugnali, le parole della ragazza trafissero Conan. Aveva appena
detto che lui non esisteva più nel suo mondo. Nella sua
vita. E invece era ancora lì, che camminava affianco a lei.
«Se almeno non mi stesse tenendo la mano, forse non sarebbe
così tremendo». Pensò il bambino,
mentre le lacrime iniziavano a salirgli agli occhi.
- Oggi è finita. Da tempo c’era un altro ragazzo,
Ishimaru Michiko, che mi faceva la corte, ma l’avevo sempre
rifiutato. Oggi ho accettato di stare con lui. –
Questa volta fu Conan a stringere la mano di Ran tanto da farle male.
Non l’aveva dimenticato e basta, no, l’aveva
sostituito. Come si fa con un giocattolo vecchio. Le lacrime caddero a
terra, producendo un rumore impercettibile. Era finita. Finita per
sempre. Un pensiero sfuggente ritornò alla sera in cui Ai si
era rivelata essere Sherry. In quell’occasione, aveva
definito Agasa il tramite fra lui e Shinichi. In quel momento
capì quanto la ragazza si era sbagliata. Era Ran
l’unico collegamento con Shinichi, e la riprova fu quanto si
sentì piccolo, per la prima volta adatto alle sue dimensioni
attuali.
- Ran, sei sicura? Ma se lo ami… perché lo lasci?
– Sonoko adorava scherzare, ma questa volta aveva capito di
averla combinata molto, molto, molto grossa.
- Shinichi non c’è. Manca da troppo tempo. Non
chiama mai. Ogni giorno temo che gli sia successo qualcosa. Ogni giorno
arrivo a pensare che sia morto, in pericolo o chissà
cos’altro. È un assente ingiustificato, quindi non
può essere riammesso nella mia vita. –
Conan non c’è la fece più. Fece
scivolare la sua mano da quella di Ran e corse via.
- Conan! – gridò sorpresa la ragazza, senza
però ricevere risposta.
Shinichi corse, come non aveva mai fatto nella sua vita da bambino,
forse nemmeno nella sua vita da adulto. Si sentiva come un criminale in
fuga. In fuga dal suo stesso cuore.
Superò in men che non si dica la porta
dell’ufficio di Goro e si infilò
nell’appartamento.
Ran lo raggiunse solo svariati minuti più tardi, non era
riuscita a tenere il passo con la corsa disperata e sfuggente del
ragazzino.
Lo trovò rannicchiato in un angolo, con la testa incassata
nelle ginocchia. Singhiozzava insistentemente, forse non si era accorto
di lei. Gli occhiali erano appoggiati a terra affianco a lui. Senza
quegli occhiali sembrava proprio… no. Respinse quel nome con
tutta la sua forza, ma non poté evitare il ricordo che
riemerse nella sua mente, sulla sua infanzia con il detective.
Se lo ricordava come se fosse successo qualche giorno prima.
Incredibile pensare che fossero passati dodici anni da allora.
La prima volta che aveva visto Shinichi piangere.
___________________________________
** Post-it di Sherry
**
Dunque, alzino le
mani coloro che speravano di non sentirmi più xD oh,
beh...Invece rieccomi qui, a intasare EFP!
Sì. Nuovo finale (ancora??) ebbene sì, ancora!
Promises in the wind, per i più negati in inglese, Promesse
nel vento!
Le novità di questa fic? Beh, innanzitutto, dalla mia fic ho
potuto io stessa percepire un enorme cambiamento (in meglio) del mio
stile dalla prima che ho scritto. Si avvicina molto di più
allo stile di "Forever our destiny" (non come trama, chiaro) anche se
qui è molto più evidente.Poi, seconda cosa, ho
deciso di iniziare a scrivere i titoli in inglese, perchè
è più altisonante xD E la terza novità
la trovate alla fine del mio commento ;-)
Dopo avervi enormemente annoiato, ringrazio i recensori della
sopracitata fic (scusandomi se non li elenco, ma sto scrivendo con una
mano e facendo i compiti con l'altra)
Beh, che dire, tenetevi forte, perchè sarà la
più lunga che abbia mai scritto!
Commentate, per piacere!!
^.* Sherry
Nel
prossimo capitolo di Promises in the wind
Scelte. Noi, in fondo, cosa siamo se non il risultato
delle nostre scelte?
Giuste o sbagliate, le scelte che facciamo segnano la nostra strada, e
non possiamo più tornare indietro.
Una scelta e una promessa. Ma dopotutto, non sono la stessa cosa?
Il prossimo capitolo di
Promises in the wind: The choice and the promise.
"Non mi
lasciare sola anche tu."
|
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Capitolo 2 *** The Choice and the promise ***
Promises
in the wind
Parte 2: The choice and the promise
La scelta e la
promessa
- Che cos’hai, Conan? –
domandò Ran. Non ricevette risposta.
Si accucciò accanto al bambino. Come gli
somigliava… un dolore straziante le lacerò il
cuore. Per un attimo, pensò che non avrebbe mai potuto
dimenticare Shinichi. Ma ricacciò quell’idea. Lui
non era più lì, lei era rimasta sola e doveva
cavarsela in qualche modo. Non poteva andare avanti così per
tutta la vita.
Shinichi intanto era lì. Tanto, Ran non sapeva che era lui.
Tanto non le sarebbe importato comunque di lui. Poteva sfogarsi.
Avrebbe voluto urlare, urlare che era Shinichi, urlare che non
l’aveva mai abbandonata, urlare che l’amava.
- Conan… ci sei rimasto male per quello che ho detto prima?
– domandò. Il ragazzino era molto legato a
Shinichi, e, sebbene non li avesse mai visti insieme, aveva capito che
c’era una strana empatia fra loro. Eppure, Conan non aveva
mai avuto reazioni così violente come quella.
- Shinichi… Shinichi ti vuole bene. – Disse lui,
singhiozzando.
- Conan, cosa stai dicendo? – lo rimproverò lei.
Non era da lui. Shinichi non poteva avergli dato nessun messaggio. Non
ne poteva sapere nulla. Cos’aveva Conan da dire su di lui in
quel momento?
- Ti vuole bene… - ripeté. – Non
può stare al tuo fianco, e anche lui piange per questo. Lui
è con te con la mente e con il cuore, anche se non
c’è fisicamente. –
Mai dette parole più vere. Era lì, con tutto
tranne che il suo corpo. E quello li separava. Una voragine,
apparentemente incolmabile.
«Ran, cogli i segni. Non è difficile. Sono io,
Shinichi Kudo!» voleva urlare, ma non poteva. Non poteva.
Perché non capiva da sola? Sarebbe stato più
semplice. Heiji l’aveva capito, perché lei non ci
arrivava?.
«La metterei in pericolo. Finiscila, Shinichi,
finiscila.» si rimproverò.
- Questo me lo dovrà dire lui. – disse fredda la
ragazza. – Devi dirmi altro? Mi stai nascondendo qualcosa, lo
vedo. –
Ci mise un attimo, poi disse:
- Mi dispiace, Ran, ma ho fatto una scelta. E una promessa. E anche
Shinichi le ha fatte, per il tuo bene. Non posso dirti nulla, mi
dispiace. –
Detto questo corse via, lasciando Ran con i suoi pensieri.
La
mattina dopo.
Conan sedeva al suo banco da scolaro delle elementari. Ma non seguiva
“l’interessantissima” lezione sui numeri
romani che la maestra stava facendo. Pensava a Ran. In quel momento
Shinichi dov’era nei suoi pensieri? Era scomparso? O era
nascosto, rinchiuso in un angolo della sua mente? Aveva ancora speranza
di tornare? Si o no, come, dove?
- Ai? – domandò all’improvviso.
- Si? –
- A che punto sei con gli studi sull’aptx? –
- Sto facendo progressi lentamente. – rispose lei.
– Perché? -
- Devi finirli. In fretta. – disse.
- Cosa credi che stia cercando di fare? – borbottò
stizzita. Non aveva voglia di litigare di prima mattina. E soprattutto
venire contraddetta dal detective accanto a lei. Come se il suo fosse
un lavoro semplice: le sue giornate le passava al computer, decisamente
non aveva voglia di sentirsi dire che doveva essere ancora
più operosa.
- Fallo. Devi farcela. Ora più che mai. –
- Come? Perché? – domandò la ragazza.
- Perché è il momento di agire. -
Ignorando i balbettii sconcertati della ragazza, Conan estrasse il
cellulare ed iniziò a digitare un messaggio, senza curarsi
del rumore che si espandeva nell’aula, provocato dal suono
dei tasti premuti.
Cara Ran…
Tutti gli sguardi della classe erano puntati su di lui. Ma Conan
continuò imperterrito a scrivere.
…vado via. Non mi cercare. Starò a casa
di Shin…
Si fermò. No. Quel nome Ran non lo voleva sentire.
Starò a casa sua. Non mi cercare.
Si. Avrebbe capito.
- Conan, metti via quel cellulare! – urlò la
Cobayashi. – Conan Edogawa, mi senti? –
- Conan Edogawa – disse lui alzandosi. – Non
esiste. Non è mai esistito. –
E così uscì. Era strano come fosse semplice
andarsene da scuola, se non ti importava delle conseguenze. Non ci
aveva mai pensato: non potevano fargli niente. La maestra
urlò. Il preside in persona gli urlò di tornare
in classe. Ma lui camminava tranquillo verso l’uscita. Era
fuori. Corse a casa il prima possibile. Non a casa di Ran, a casa sua.
La sua vera casa. Mentre correva estrasse la lettera indirizzata alla
ragazza, una lettera che appariva completamente anonima. Dentro
c’era un piccolo ciondolino per il cellulare ed una sua
lettera, i suoi regali di San Valentino per Ran. Per ricordarle di lui.
Tutto inutile. Mentre oltrepassava il cancello di casa sua la
strappò in mille pezzi e la sparse per tutto il giardino.
Se ne stava rannicchiato sul letto, senza sapere cosa fare di
sé stesso. Sentì che da un momento
all’altro, Shinichi sarebbe stato sostituito definitivamente
da Conan, come era successo nel cuore di Ran. Perché, senza
di lei, non aveva motivo di essere. Non aveva motivo di esistere. E
dunque gli sarebbe rimasto solo il ragazzino prodigio delle elementari.
- Conan? – disse una voce nell’atrio.
«Ran… qui?» pensò stupito
Conan. Era andato lì perché pensava che non
avrebbe avuto il coraggio di entrare a casa di Shinichi. Ma ovviamente
l’aveva sottovalutata. Per lui avrebbe fatto di tutto. Una
volta lo avrebbe fatto anche per Shinichi.
- Conan! – urlò, entrando nella stanza. Shinichi
iniziava ad odiare quel nome dal profondo del cuore.
- Ran… - biascicò lui. Perché non
sapeva stare al suo posto? “Non cercarmi”. Non
sapeva leggere o cosa?
- Perché sei scappato? Mi hai fatto preoccupare! –
Lo abbracciò. Poi, quasi in un sussurro, aggiunse: - Non mi
lasciare sola anche tu. –
«Non l’ho mai fatto Ran» pensò
avvilito, mentre restava inerte all’abbraccio di Ran, come
una bambola di pezza.
- Tu vuoi dimenticare Shinichi, giusto? – domandò,
sciogliendosi da quella stretta.
- Si, ma che c’entra? –
- Tu dici sempre che io ti ricordo Shinichi, giusto? –
- Si… ma Conan, io… -
- Ti fa male ricordare Shinichi, giusto? –
- Conan… si… ma… -
- Quindi, se io ti ricordo Shinichi, e fartelo ricordare ti fa
soffrire, io ti faccio soffrire. Ecco perché me ne sono
andato. -
- Ma… - disse lei. – è diverso. Io ti
voglio bene, non mi fai soffrire… -
- Quindi, tu non vuoi più bene a Shinichi? –
Ran si zittì. Le domande di Conan erano sempre precise,
acute come pugnali, e soprattutto, con una mira infallibile, colpivano
sempre nel segno. Shinichi si compiacque di sé stesso.
«Ora tocca anche a te sentire il peso della tua
scelta» penso malevolo.
A salvarla, o almeno così credette, fu il “BIP,
BIP” del cellulare.
- È Kahzua! – esclamò Ran. Aveva
assegnato una diversa suoneria ad ogni numero, così da
riconoscere subito chi stava chiamando, o, in quel caso,da chi era
arrivato l'SMS.
Aprì il messaggio, con un espressione felice, che, mano a
mano che leggeva però, scomparve, lasciando il posto ad una
pallida espressione di stupore e terrore.
- Che succede Ran? – domandò il ragazzino,
preoccupato.
Senza una parola, Ran gli consegnò il telefono.
Il messaggio appena aperto, portava scritte parole che fecero
impallidire ed agitare anche Conan.
«Aiuto… Ran, mi hanno rapita! Sono in una vecchia
cella, non ho la più pallida idea di dove mi
trovo… ci sono un sacco di uomini, tutti vestiti di nero.
Aiutami!»
Conan alzò lo sguardo, incontrando quello di Ran. Il terrore
passò da una all’altro, vibrando fra di loro.
Uomini vestiti di nero. Se per Ran il terrore veniva dal fatto che
l’amica fosse stata rapita, per il ragazzo di sicuro erano i
rapitori a provocare la paura. Conan fu il primo a riscuotersi,
gridando:
- Chiamo subito Heiji! –
Detto fatto, digitò il numero sul suo cellulare,
tamburellando nervosamente con il piede mentre attendeva la risposta.
- Oh, Kudo… senti, non è il momento…
ti richiamo dopo, ok? – rispose velocemente Heiji. Dal rumore
di sottofondo, capì che si trovava in giro con la sua moto.
- No, Heiji, è urgente! È successo qualcosa a
Kahzua? –
- Cosa!? Tu come… come fai a saperlo? –
esclamò il ragazzo, stupito. Ma come poteva Kudo sapere
sempre tutto?
- Ha mandato un SMS a Ran. Ha detto di essere stata rapita. –
- È scomparsa da due giorni, la stavo cercando. A quanto
pare i genitori pensavano fosse da una sua amica, ma lei non
è mai arrivata lì. In compenso, ho trovato una
strana ricetrasmittente in casa sua.
- Heiji? – disse Conan, con una punta di rimorso nella voce,
che Hattori non tardò a percepire.
- Che c’è? – chiese sbrigativamente
l’altro, quando la frase per esteso sarebbe stata
“Cosa c’è ancora, Kudo? Che
cos’è successo a Kahzua? E tu che
centri?”
- Kahzua… è stata rapita da degli uomini vestiti
di nero. –
- Non intenderai… Shinichi, non dirai… -
- Temo di sì. –
Un rumore si udì di sottofondo, come lo squillo di una
sveglia.
- È la ricetrasmittente! – esclamò
Hattori.
Conan rimase in silenzio, tamburellando ancora più
freneticamente di prima con il piede destro. Ran lo guardava in
apprensione, restando però zitta, perché aveva
capito che era una cosa davvero pericolosa quella in cui Kahzua, la sua
amica Kahzua, era rimasta invischiata.
Si udì un “Beep” e Heiji
riaccostò l’orecchio al telefono.
- Allora, Hattori? Non tenermi sulle spine! –
- Io… erano i rapitori di Kahzua…
- Ti hanno detto cosa vogliono? – domandò in ansia
Conan.
Se erano davvero i “suoi” uomini in nero, la cosa
era pericolosa. Molto.
- Si… -
«Dannazione, Heiji, che ti succede?»
pensò Conan. «Ci sarà di mezzo la tua
ragazza ma non è da te essere così poco
lucido…»
- E…? – domandò stizzito il bambino.
Perché ci metteva tanto?
- Per liberarla vogliono – Deglutì profondamente
– Che Shinichi Kudo si consegni. –
___________________________________________________________________
**Post-it di Sherry**
Dopo il primo ed introduttivo capitolo, si inizia ad entrare nel vivo
dell'azione! I Mib hanno fatto la loro "indiretta" comparsa, e ad
essere rapita è Kahzua!
Bene, vi è piaciuta questa parte? Mi piacerebbe molto un
commentino per sapere cosa ne pensate! E vi è piaciuto cha
alla fine del capitolo ci sia uno "Spoiler" del successivo? Fatemi
sapere!
Ho modificato un attimo questo e il primo chappy: vi piaciono le
immagini? le ho fatte io (essendo una frana a disegnare, mi esercito in
grafica computerizzata)
E ora i ringraziamenti:
Grazie a Kaity, Shinichi e Ran amore e __MyOwnForgottenWorld__ che
hanno la storia fra le preferite.(Già al primo capitolo *O*
Graziee!!)
Grazie a Ciachan, Kaity, withoutrules e _Flami_ che hanno la storia tra
le seguite!
Grazie anche a MangakaGirl, shinichi e ran amore Kaity e
_Flami_ che hanno recensito il primo chappy! Thanks!
E infine, grazie anche a chi legge e basta!
Vi lascio! Al prossimo capitolo, se lo vorrete!
Nel prossimo
capitolo di Promises in the wind:
La fiducia che riponiamo in una persona,
è quella che rende quell'individuo diverso dagli altri.
Se abbiamo fiducia in una persona possiamo parlare liberamente con lei
e chiederle qualunque cosa.
Ma se l'altra persona non avesse abbastanza fiducia in noi?
Il prossimo capitolo di
Promises in the wind: Just belive me.
"Come
posso crederti ancora?"
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Capitolo 3 *** Just belive me ***
Promises
in the wind
Parte 3: Just belive
me
Il silenzio più totale era calato nella stanza.
- Che succede? – domandò ansiosa Ran. –
Che ti ha detto? –
- Dopo te lo dico Ran, dammi un attimo. –
- Kudo, non fare pazzie, mi travestirò di nuovo da te, non
sarà un problema… se è davvero la tua
organizzazione, il pericolo è grosso! –
- Cosa dici Hattori? – Si interruppe scoccando un occhiata in
tralice a Ran, poi proseguì in terza persona –
Shinichi non lascerà che tu lo faccia! –
- Shinichi? Che centra Shinichi? È con Hattori? –
domandò la ragazza, sempre più agitata.
- Passale il telefono, Kudo, ci parlo io. Ma non voglio che tu ti metta
nei casini, ok?
- Ci sono già nei casini, Heiji… - disse,
abbassando la voce perché Ran non lo sentisse. –
Se cercano Shinichi Kudo vuol dire che hanno capito che sono vivo!
–
- Accidenti… non ci avevo pensato… -
borbottò l’altro fra sé e sé.
Conan passò i telefono a Ran. La sentì urlare con
la voce rotta dal pianto.
«Forse» pensò Conan «Non ci
tiene così tanto a dimenticarmi»
- Shinichi non verrà… non viene mai per
nessuno… ma se lo facesse… digli di non osare mai
più presentarsi di fronte a me. –
Speranze vane. Quanto ancora doveva ferirlo? Se voleva dimenticarlo,
che lo facesse. Ma non poteva continuare ad infangare così
la sua memoria, davanti a lui soprattutto. Quando non era venuto? Non
era venuto nel suo corpo per la sua festa di compleanno forse, ma nei
momenti duri c’era sempre stato. Le aveva lasciato un regalo
ogni San Valentino. Che cos’altro poteva fare per lei nella
sua attuale condizione?
- Tieni il telefono Conan. Io vado a prenotare un biglietto per Osaka.
Voglio fare tutto quello che posso per aiutare Heiji e Kahzua.
–
Conan annuì mestamente e riprese il telefono. Ran
uscì dalla stanza.
- Che hai combinato Kudo? Ran è furiosa. –
- Io… niente più del solito. Ma lei…
ha deciso di dimenticarmi. –
- È una cosa seria? – domandò Hattori.
Nonostante la sua ragazza fosse stata appena rapita, uno strano senso
di empatia lo spingeva a rimanere lì fermo ad ascoltare
Shinichi.
- Direi di si. Ha accettato i corteggiamenti di un altro ragazzo
–
- Oh… mi dispiace Kudo. Perché non la chiami?
–
- Vuole dimenticarmi. Scoppia a piangere appena sente il mio nome. Non
posso. Non posso proprio. Se vuole che finisca, io la
lascerò fare.
Rimasero in silenzio.
- Non so più se voglio davvero tornare Shinichi. –
disse, quasi più a sé stesso che a Heiji.
- Come scusa!? – esclamò Hattori, colto alla
sprovvista.
- Ran era il motivo. L’unico per cui mi interessava tornare.
Ma adesso…
- Kudo, non è una questione di Ran o no. Devi tornare te
stesso, punto e basta.
- Forse hai ragione. – sospirò, non convinto delle
proprie parole. – Vado a comprare anche io un biglietto per
Osaka… -
- No, aspetta!! Ti ho detto che non… -
Tuu Tuu
- Ha riattaccato, maledizione! – sbottò Heiji.
Conan si appoggiò di nuovo al letto.
«Perché?» si chiese «Per quale
ragione mi trovo in questa situazione? La mia vita era perfetta.
Detective famoso, all’occorrenza campione di calcio,
innamorato di una bella ragazza che lo ricambiava…
perché adesso sono così? Perché sono
salito su quella giostra?»
Per far felice Ran.
«Perché sono andato a quel Luna park?»
Per far felice Ran.
Ran. Lei era la risposta. Era per non perdere la sua amicizia che ci
era andato. Ma, anche se in fondo sapeva che non era quella la vera
risposta, alla sua domanda, o almeno non del tutto, non poté
fare a meno di odiarla, per un secondo, pentendosi dei suoi pensieri un
attimo dopo.
Due giorni dopo
- I signori passeggeri sono pregati di allacciare le cinture di
sicurezza, e di non slegarsi e/o utilizzare dispositivi come telefonini
o consolle fino al termine della fase di decollo. – disse una
voce metallica, proveniente da un altoparlante.
Ran sospirò ed ubbidì ai comandi. Non sapeva di
preciso la ragione per cui stesse andando ad Osaka. “Per
aiutare Hattori e Kahzua” si diceva. Ma era così?
Davvero?
«La realtà» diceva una fastidiosa vocina
nella sua testa «E che Shinichi significa ancora molto per
te, e speri di incontrarlo...»
No. No. No. Non è così. Io lo odio con tutto il
cuore. Lo voglio dimenticare.
«E allora, perché stai andando lì, dove
forse lo rivedrai?» diceva ancora la voce.
Non ci vado per lui. No. No. No. Quanti no. Ma erano veri, o era solo
una finzione, che cercava di ingannare se stessa?
All’improvviso le venne in mente di mandare un SMS a Shinichi
per dirgli di non farsi più rivedere, davanti a lei.
«Prima di cancellare per sempre il suo numero dalla
memoria» si disse, con una punta di nostalgia, che
ricacciò subito.
«Shinichi, scusa ma non posso più andare avanti
così. Perdonami, ma non ti voglio più vedere.
Dimenticati di me e sii felice con le tue indagini. Ran
Mouri.» dura al punto giusto. Lo inviò.
Shinichi ricevette il messaggio. Si, Shinichi Kudo, di nuovo in
sé stesso.
Doveva parlare con Ran. Prima che l’effetto
dell’antidoto finisse.
«Prendere
questo prototipo è giocare a dadi con il destino. Potresti
rimanere Shinichi per un minuto come potresti rimanerlo per una
settimana. Non ho idea di come potrebbe andare a finire.
D’altro canto, è l’unico antidoto che
potrebbe durare più di due giorni» gli aveva detto
Ai, con la sua solita aria seria.
«Me lo
daresti?» aveva risposto.
«No.
È troppo pericoloso.»
Ma lui si era infilato nel laboratorio della scienziata, prendendo
ugualmente il prototipo.
Sospirò e rispose al messaggio.
«Non volevo farti soffrire. Ti imploro di perdonami Ran. Ma
se preferisci, dimenticami. Non mi opporrò.
Shinichi.»
A sua volta Ran lesse. Si era aspettata le solite scuse. Le solite
storie. Eppure la lasciava andare. Non aveva più valore per
lui? No, aveva scritto “Ti imploro di perdonarmi”
ma attraverso un cellulare era difficile capire se fosse davvero
dispiaciuto o no. «Cosa ti importa?» disse la
sgradevole vocina della sua testa. «Credevo non ti
interessasse più»
«Grazie, speravo che avresti capito. Io vorrei perdonarti, ma
non c’è la faccio più a parlare con un
telefono… a parlare senza di te. Addio.»
Shinichi fece un profondo respiro e rispose a sua volta. In quel
momento, Ran stava aprendo la rubrica per cancellare il numero.
«Vorresti parlare con me?»
La ragazza lesse. Eccole, le solite scuse. Le solite scuse. Sarebbe
scomparso poco dopo il loro incontro, se si fosse presentato.
«Sono su un aereo per Osaka, Shinichi» Forse non
era davvero un no. Ma era la verità. E se Shinichi
l’avesse raggiunta? Che avrebbe fatto?
La risposta fu quasi istantanea.
«Lo so. Sono sullo stesso aereo.»
Ran restò impietrita. Un secondo messaggio arrivò.
«Se vuoi parlarmi, alzati. Sono sette file dietro di
te.»
Lei restò ferma. Stava sognando? Shinichi che le diceva di
venire. Per una volta, non era lei a cercarlo disperatamente, ma il
contrario.
Ma poteva davvero alzarsi e parlare con lui? Si. Poteva. Doveva.
Dimenticare era doloroso, ricordare no. Forse…
Si alzò. Iniziò a contare le file. Arrivata
all’ottava, vide un ragazzo che guardava dalla finestra.
«Può essere davvero lui? Può
esserlo?» si chiese.
Il ragazzo si girò. Sì, era lui. Shinichi era di
fronte a lei.
- Ciao, Ran. – disse, con un sorriso sollevato. Era davvero
preoccupato di perderla.
- Cosa ci fai qui? – domandò lei a bruciapelo,
sedendosi.
- Che domande. Kahzua è stata rapita perché
vogliono me. Non posso lasciarla lì. Heiji era disperato.
–
- Ma certo. Tutto per aiutare Heiji. Tutto. Ma per me no. Tu per me non
ci sei mai. Una volta c’eri. C’eri sempre. Ora non
più. – urlò Ran.
- Ran… - sussurrò lui, debolmente, chinando il
capo.
Ran avrebbe giurato di vedere una lacrima luccicare sulla sua guancia
di Shinichi, ma fu solo un attimo. La ragazza si sentì quasi
in colpa per quel tono di voce. Quasi, appunto.
- Ran, Ran, Ran. Ran scusami, Ran perdonami. Basta! Non ci riesco
più. Non posso perdonare all’infinito. Non sono
una santa. -
- Io… non voglio farti soffrire. Ti assicuro che mi odio per
quello che ti sto facendo. Ma lo sto facendo per il tuo bene, credimi.
–
- Come posso crederti ancora? – disse lei, dura e al contempo
esitante.
Shinichi non lo sapeva. Lui si sarebbe creduto, al posto di Ran??
- Credimi e basta, ti prego, non posso dirti altro.
- Perché? –
- Perché… - non seppe rispondere.
Abbassò gli occhi come un criminale sul punto di venire
arrestato: seppe che era finita.
- Allora non abbiamo nulla da dirci. Dovrai avere una motivazione
più convincente di un “credimi e basta”.
E questo è tutto. – così dicendo,
schiacciò un tasto del suo cellulare e sul display comparve
la scritta “Numero eliminato”.
Ran si alzò e tornò al suo posto.
Shinichi rimase solo. Forse, più solo di Ran.
__________________________________________
***Post-it di
Sherry***
Ehi! Allora, questo chappy ve gusta?
Shinichi è messo male ç_ç cattiva Ran!
(nd tutti: ma se sei tu che scrivi così la storia!)
Sia questo che il prossimo sono un po' chappy di transizione...
spiegano come Shin torna adulto!
Passiamo ai ringraziamenti!:
Grazie a: Kaity, Mangakagirl, Flami de Espinoza, Shinichi e
Ran amore, ali4869 e doc91che hanno recensito l'ultimo chappy! Thanks!
Grazie a: Flami de Espinoza, Withoutrules, Kaity e Ciachan che hanno la
storia tra le seguite!!! grazieeee
Grazie a __MyOwnForgottenWorld__, Shinichi e Ran amore, Kaity e Doc91
che hanno la storia tra le preferite!! Arigatòò!!!
E grazie anche a chi legge e basta!
Lasciate un commentuccio, se potete!
^.* Sherry-Chan
Nel
prossimo capitolo di Promises in the wind
Certi credono che i detective siano pronti a tutto.
Sicuri, intelligenti, duri, abili, insensibili e astuti.
Beh, si sbagliano di grosso
Il prossimo capitolo di
Promises in the wind: Memories of that day.
"Non
discutere. Sarà quel che sarà. E se salvo Kazuha
tanto meglio."
|
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Capitolo 4 *** Memories of that day ***
Promises
in the wind
Parte 4: Memories of
that day
Ricordi di quel giorno
Quando atterrarono Shinichi aspettò che tutti fossero scesi
per seguirli. Se Ran non lo voleva, non l’avrebbe visto. Ma
da Heiji ci doveva andare lo in ogni caso. Era lì per un
motivo preciso, e quello non era Ran. Purtroppo.
Non si era mai sentito così solo. Mai. Le lacrime rigavano
silenziose il volto del ragazzo, tanto da attirare
l’attenzione di una bambina lì di fianco.
- Sta bene signore? - gli domandò, con una faccia
così innocente che lo fece sorridere. Gli ricordava Ran. La
sua Ran. La ragazza che amava con tutto il cuore.
«E che mi ha dimenticato» pensò
mestamente.
- Sto bene, non preoccuparti. – le rispose, mentendo.
Lei lo fissò un attimo, per fece capire a Shinichi che non
gli credeva, e poi corse dietro alla sua mamma.
Kudo si sedette su una panchina, nella sala d’attesa
dell’aeroporto, attendendo Heiji. Conan doveva avere
più o meno l’età della bambina.
«Conan, già» pensò
malinconico «Non so più neanche se Conan sono io.
Chissà, forse da un giorno all’altro
dimenticherò di essere Shinichi Kudo, sarò come
quella ragazzina…»
Si mise le mani fra i capelli e pianse tutte le sue lacrime.
Perché? Era l’unica domanda. Si poneva quella
domanda raramente. Un detective pensava prima al
“Chi?” e al “Come?”. Il
perché era di importanza minore. Se aveva le prove, il
perché non era così importante.
L’avrebbe confessato il criminale.
«Perché mi sono rimpicciolito?
Perché?»
Immagini spezzate della sera del fatto gli tornarono alla mente. La
donna che uccideva l’amica con la collana. Gli uomini in
nero. Il dolore al petto. I poliziotti che dicevano di aver trovato un
bambino di sei, sette anni. La fuga.
Poi un ricordo più chiaro degli altri. Le aveva posto la
domanda per scherzare, prenderla in giro.
«Invece nella mia classe c’è un
ragazzo che mi piace un sacco» gli dice Ran, con aria assorta.
«Chi?» domanda Conan, con un sorrisetto stampato
sul viso. Se Ran sapesse che è Shinichi probabilmente ne
piglierebbe tante. Ma è Conan, e può divertirsi
così. «È quel ragazzo che cercavi
prima? Si chiama Shinichi giusto?»
Non si aspetta un sì. Ma quello arriva.
«Sì, lui. Sono proprio cotta! Ma tu non devi
dirglielo per nessun motivo, chiaro?»
Lui annuisce, ma intanto diventa rosso come un peperone. Un bel
pasticcio, non c’è che dire. Ma la ragazza dei
suoi sogni lo ama, e lui non può fare a meno di essere al
settimo cielo.
Già, la dichiarazione di Ran… Ulteriori lacrime
gli rigarono il volto.
Era un incubo, sì, solo un incubo. Tentò di
convincersene, ma invano.
In una favola, lei sarebbe passata in quel momento, lo avrebbe visto
piangere e, capendo i suoi sentimenti, lo avrebbe perdonato. Si, di
sicuro sarebbe finita così. Ma la vita non è una
favola, e la sua meno delle altre, così, quando
aprì gli occhi davanti a lui non trovò Ran, ma
solo Heiji, chino su di lui con le mani dietro la schiena e una faccia
tale che Shinichi l’avrebbe voluto prendere a schiaffi.
- Qualcosa non va Kudo? –
Shinichi sobbalzò, si asciugò in fretta le
lacrime e lo guardò in cagnesco.
- Mi vuoi ammazzare a colpi di occhiatacce? –
domandò ironico Heiji, per poi farsi serio. – Che
ti è successo Shinichi? –
- Lascia stare Heiji, non è il momento. Ho litigato con Ran.
O meglio, lei ha litigato con me. Non so più cosa fare.
Ormai l’ho persa. – disse sconnessamente. Poi
cambiò argomento, anche se non certo in uno più
felice. – Hai avuto altre comunicazioni dai rapitori di
Kahzua? –
Heiji si fece cupo, lasciando cadere i problemi dell’amico e
puntando lo sguardo a terra.
- Sì. Ma sei sicuro di volerlo fare? Non mi riconosceranno,
posso fingermi te e… -
- Finiscila Hattori. – disse Shinichi alzandosi e recuperando
il sorriso.
- Non vorrai mica dire che mi hai fatto sprecare i soldi del biglietto,
giusto? –
Una lieve risata scosse Heiji, ma durò poco. Shinichi si
distrasse dal pensiero di Ran, ma solo per concentrarsi sul viso cupo
dell’amico. Non l’aveva mai visto in quelle
condizioni. Sembrava un altro. I sorrisetti e le battutine che gli
affioravano sempre sul viso sembravano più lontani, meno
spensierati. Doveva essere davvero in ansia per Kahzua.
- Hanno detto stanotte. Kudo, davvero, faresti meglio a starne fuori.
Quanto può durare l’antidoto? –
- Potrebbe finire tra giorni oppure adesso. Non ne ho idea. –
- Stai scherzando vero? –
- No, affatto. –
- Insomma… ti rendi conto di quello che dici? Sono gli
uomini in nero, quelli che ti hanno rimpicciolito. Sei un incosciente!
Stai rischiando di essere scoperto. –
Shinichi rimase a lungo in silenzio.
- Non ha più importanza. Sono un relitto di me stesso, lo
capisci Hattori? Non sono più me stesso. Non ho
più il mio corpo, se non per rari momenti come questo. Non
discutere. Sarà quel che sarà. E se salvo Kahzua,
tanto meglio. –
Heiji non seppe se essere infuriato o avere compassione della sua
situazione.
- Andiamo? – propose Kudo. Non aveva più voglia di
parlarne.
- Cosa facciamo con Ran? Ci sta fissando da un pezzo.
Gliel’hai combinata grossa eh? Non si avvicina neppure.
–
Capì un attimo dopo che non era il momento di scherzare.
Shinichi sbirciò oltre la spalla dell’amico per
poi distogliere lo sguardo affranto.
- Valla a prendere. Io dormirò in un albergo. –
- Sei sicuro Kudo? –
- Non discutere. –
Si avviò verso l’uscita, solo e sconsolato come
non si era mai sentito prima.
Heiji lo fissò per un po’, finche non fu uscito. A
qual punto si diresse da Ran con le mani in tasca.
- Ciao Heiji. – disse Ran.
- Ciao Ran. – rispose lui, per poi passare
all’attacco. Perché ogni volta finiva a difendere
i sentimenti dell’amico? - Che hai combinato a Shinichi?
–
Ran si fece cupa, ma triste. Un po’ come Kudo.
- L’ho dimenticato. – rispose crudelmente.
- Perché? – chiese nuovamente il ragazzo. Vedere
il suo migliore amico in quelle condizioni non era certo una cosa che
lo lasciava impassibile.
- Heiji, per piacere, lascia stare. –
- Se proprio vuoi Ran… - disse. Poi, solo per tenerla sul
filo dell’indecisione su cui stava chiaramente camminando,
continuò.
- Ma Shinichi era davvero distrutto. Non l’ho mai visto
così. Continuava a piangere. –
Si incamminarono in silenzio verso la casa di Heiji.
«Io la sto tenendo in equilibrio su un baratro, Kudo, sta a
te farla cadere dalla parte giusta».
______________________________________________________________________________________________
**Post-it di Sherry**
Allora, capitolo 4!
Come annunciato, di transizione...Shin andrà
all'appuntamento? Si salverà dalla depressione in cui
è caduto? scopriamolo insieme xD
Allora, sorvolando,
il prossimo capitolo porterà un po' più
nell'azione, cambiando completamente scenario... cercherò di
aggiornare quanto prima!
Poi, chiedo scusa per
il piccolo edit allo scorso chappy: alcuni (tutti) di voi avranno
notato che il titolo di questo capitolo non è "Detective's
tears" come avevo annunciato... ho fatto un cambiametuccio xD
I ringraziamenti:
Grazie a Ciachan,
Flami de espinoza, withoutrules, Kaity, shellingFord e Crizia per avere
la toria fra le seguite!! thank you!!!
Grazie a Doc91,
kaity, ShellingFord, shinichi e ran amore e MyOwnForgottenWorld per
avere la storia fra le preferite! grazie ragazzi!!!
E grazie di cuore a
AliHolmes,Mangakagirl, Flami de espinoza, kaity e doc91 per aver
recensito l'ultimo capitolo!! grazie 1000!
Grazie anche solo a
chi legge!!
Commentate in
tantii!!!
^.* Sherry
Nel
prossimo capitolo di Promises in the wind
Certe volte si vede, alla TV, uno di quei polizeschi con i
rapimenti.
Ci si chiede come si possa ridursi così male solo a stare
chiusi dentro una cella.
Ma la verità è che non è la prigionia
a rendere così, quanto una nuova consapevolezza.
Il prossimo capitolo di
Promises in the wind: The name of the prisoner.
"E mentre
quel qualcuno continua a vivere la sua vita, nella sua favola, la tua
si segna di un’altra consapevolezza."
|
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Capitolo 5 *** The name of the prisoner ***
Promises in the wind
Parte
5: The name of the prisoner
Il
nome del prigioniero
Non pensava
fosse vero. Suo padre la metteva sempre in guardia. Sua madre le
raccomandava la prudenza. Ma sono quelle cose che pensi non ti
accadranno mai. Quelle cose che pensi accadranno sempre a qualcun
altro, le vedrai al telegiornale, ti sentirai dispiaciuta e te ne
dimenticherai poco dopo. Ma la verità è che per
qualcun altro, noi siamo qualcun altro. E mentre quel qualcuno continua
a vivere la sua vita, nella sua favola, la tua si segna di un'altra
consapevolezza. Un'altra esperienza paurosa che non dimenticherai. Una
lezione che non scorderai. Ma, quando raccomanderai prudenza a tua
volta, le tue parole non disperderanno l’illusione e qualcuno
ci cascherà di nuovo. E tu non potrai arrabbiartene,
perché saprai che anche tu a tuo tempo hai fatto lo stesso
errore. Stupidità umana.
E ora lei era lì, sola. Forse quella pena sarebbe stata
più leggera se ne avesse conosciuto le ragioni. Forse
volevano un riscatto. Forse… era un ostaggio. Magari erano
nemici di suo padre. O di Heiji. O ancora, forse erano solo maniaci che
si divertivano a guardarla rinchiusa lì.
Questi erano alcuni dei pensieri di Kahzua, chiusa in una cella umida.
Non aveva idea di quanto tempo fosse passato da quando era stata
addormentata mentre si recava da una sua amica. Si era risvegliata in
quella cella, poche ore prima, domandandosi quanto avesse dormito.
Aveva urlato, imprecato e, anche se non lo avrebbe mai ammesso,
implorato di farla uscire.
«Heiji» si era ritrovata a pensare, con le lacrime
agli occhi. «Salvami Heiji…» Forse, quel
nome era addirittura uscito dal suo mutismo in alcuni momenti, mentre
lo implorava di salvarla.
«Heiji, dove sei? Heiji, rispondi!» lo chiamava,
quasi sperando che l’amico la sentisse.
Aveva visto i suoi rapitori solo quando le avevano rubato il cellulare.
Per farci cosa poi… Un uomo alto e biondo e uno
più robusto e basso, entrambi con un cappello e
rigorosamente vestiti di nero.
Un singhiozzo, due. Cosa volevano da lei? Cos’aveva fatto?
Si asciugò le lacrime. «Insomma Kahzua, datti un
po’ di contegno!» si disse. Dopotutto era la figlia
di un sovrintendente di polizia e l’amica
d’infanzia di Heiji Hattori, il famoso detective
dell’ovest! Si, era sicura che Heiji avrebbe rivoltato la
città per trovarla. Una vocina fastidiosa le fece notare che
non era sicura di essere a Osaka, ma lei non ci badò.
Si alzò in piedi. Era già stata rapita una volta.
C’è l’avrebbe fatta anche questa volta.
«Ma quella volta Heiji era con me» si disse,
rimproverandosi poco dopo per la sua negatività.
Non fece in tempo a proseguire la linea dei suoi pensieri,
perché la porta si aprì. Lei si mise subito in
posizione di difesa. Non si sarebbe fatta cogliere impreparata.
Ma gli uomini in nero non badarono a lei, piuttosto, spinsero con
malagrazia un uomo dentro la cella, richiudendo subito la porta.
Kahzua restò ferma un attimo, per poi avvicinarsi cautamente
all’uomo.
- Sta bene… signore? – domandò
imbarazzata.
Decisamente era una domanda stupida. Era pieno di ferite più
o meno profonde e di lividi. Un paio sanguinavano ancora, ma era solo
qualche goccia.
Non ricevette risposta. Doveva essere svenuto. Con delicatezza, Kahzua
lo afferrò per una spalla e lo girò sulla
schiena. I capelli neri, che un tempo avrebbero evidentemente dovuto
essere corti, erano disordinati, arrivavano quasi alle spalle ed in
alcuni punti erano appiccicaticci per il sangue.
«Cosa posso fare?» continuava a domandarsi
ansiosamente. Cos’avrebbe fatto Heiji se fosse stato con lei?
Lui avrebbe saputo cosa fare, poco ma sicuro. Ma lei non aveva idea di
come aiutare l’uomo steso a terra. Tentò, alquanto
inutilmente, di rilassarsi o, come minimo, concentrarsi.
L’unico risultato che ottenne fu di rannicchiarsi in un
angolo della piccola cella, continuando a fissare l’uomo
steso a terra.
«Posso solo aspettare che si svegli» decise Kahzua.
L’uomo si svegliò dopo un non meglio precisato
periodo di tempo, che la ragazza avrebbe poi interpretato come un ora.
Kahzua si precipitò subito da lui.
- Come si sente? Sta bene? –
Lui impiegò un po’ per rispondere, oltretutto con
un'altra domanda.
- Che mi è successo? Tu chi sei? –
- L’hanno buttata qui dentro, erano degli uomini tutti
vestiti di nero e… - si interruppe, decidendo che
quell’uomo doveva già sapere con chi aveva a che
fare, glielo si leggeva in faccia.
Quello si spinse con le braccia verso la parete e vi si
appoggiò.
- Come si sente? – domandò di nuovo Kahzua.
- Ho avuto momenti migliori – commentò lui, con un
sorriso stanco in faccia. – Ma sto bene, non preoccuparti. E,
per piacere, dammi del tu. –
Lei annuì. Rimase un attimo in silenzio, fissando gli occhi
dell’uomo, di cui nella penombra non riusciva a cogliere il
colore.
- Mi chiamo Kahzua Toyama. – disse, per rispondere alla
domanda precedente dell’uomo.
- Che ci fai qui, Kahzua? – domandò con un tono
gentile l’altro, massaggiandosi i lividi che aveva sulle
braccia.
- Mi hanno rapita. E tu? - era strano dare del tu a un perfetto
sconosciuto. Soprattutto perché quello continuava ad evitare
di dirgli chi fosse. La cosa la infastidiva non poco.
- Io? Beh… ho fatto molti torti a
quest’organizzazione criminale, ma ho molte informazioni che
gli interessano, quindi gli servo vivo.
- Come ti chiami? – domandò direttamente Kahzua.
Lui esitò, tanto che la ragazza temette che non glielo
avrebbe detto.
- Mi chiamo Shuichi Akai. – disse infine, sospirando come se
avesse detto qualcosa che non doveva dire.
Rimasero entrambi zitti, senza sapere cosa dirsi, ma Kahzua era
enormemente confortata dal non essere più sola. Alla fine
riuscì a trasportare Shuichi in una piccola conversazione.
E, per la prima volta da quando era stata rapita, mentre parlava con
lui, sorrise.
___________________________________________________________________________
*** Post-it di
Sherry***
Allora... vi piace? Ci ho messo un po' a postare ^^ chiedo umilmente
scusa
Il dialogo interiore di Kazuha è un po'... boh, ho provato a
immedesimarmi in lei e mi è uscito questo... fatemi sapere
voi xD
E poi è comparso Shuichi, (anche abbastanza conciato male,
poveretto...)
Allora, che ne pensate? fatemi sapere!!
L'ho tirata un po' per le lunghe, ma infine ecco: nel prossimo
capitolo, il tanto atteso (se, se...) incontro con i rapitori di
Kazuha...
I ringraziamenti:
Grazie a Ciachan,
Flami de espinoza, withoutrules, Kaity, shellingFord, Crizia, VSRB e
Miyu. per avere
la toria fra le seguite!! thank you!!!
Grazie a Doc91,
kaity, ShellingFord, shinichi e ran amore e MyOwnForgottenWorld per
avere la storia fra le preferite! grazie ragazzi!!!
E grazie di cuore
a Mangakagirl, Flami de espinoza, kaity e doc91 per aver
recensito l'ultimo capitolo!! grazie 1000!
Grazie anche solo a
chi legge!!
Vi lascio a
riflettere sullo spoiler ^^
^.* Sherry
Nel prossimo capitolo di promises
in the wind:
Scuse. Quanto possono essere difficili da fare?
Ci si avvicina a lui, sicuri che per l'altro sarà una specie
di trionfo.
Ma la verità è che, spesso, è
più difficile essere chi ascolta le scuse, che chi le fa.
Il prossimo capitolo di
promises in the wind: The light in his eyes.
"Sto già abbastanza
male senza che tu mi faccia stare ancora peggio".
|
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Capitolo 6 *** The light in his eyes ***
Promises in the wind
Parte
6: The light in his
eyes
Shinichi se ne stava sdraiato sul letto della stanza
dell’albergo, una camera confortevole, né
più né meno di tante altre, con le tende tirate e
le braccia incrociate dietro la nuca. Non voleva scoppiare di nuovo a
piangere, ma non riuscì ad evitarlo. Mancava poco
più di un ora all’appuntamento. Si
ritrovò a sperare di restarci secco, così forse
Ran si sarebbe ricordato di lui come quello che aveva salvato la sua
amica, e non come quello che l’aveva abbandonata. O almeno,
lo avrebbe ricordato. Sarebbe già stato un passo avanti.
«Ran… non mi lasciare, ho bisogno di
te!» pensò rammaricato.
Quanto ancora poteva andare avanti così? Forse, doveva
dimenticarsi anche lui della ragazza. Avrebbe sofferto di meno. Ma come
poteva, vivendo a casa sua?
Non ci riusciva. Non capiva il perché. Da cos’era
nata quella storia? Perché non era morto ingerendo quel
veleno? Perché? Cos’aveva fatto di male?
“Ci sono cose peggiori della morte” si diceva in
giro, uno di quei vecchi detti, che non si comprendono subito, o che si
crede di aver compreso. Shinichi lo aveva capito fino in fondo solo
quando aveva ingerito l’APTX.
«Sarà meglio che mi prepari» decise.
«Vedrò di farmi dare le risposte che cerco da Gin
in persona».
Anche Ran era sdraiata fissando il soffitto, sul divano di Heiji. A
cosa pensava? Forse a nulla. Forse a Shinichi, che aveva visto piangere
davanti a tutti su quella panchina. Se la amava così tanto
da piangerci sopra, perché non poteva dirle la
verità? Lo avrebbe capito. Lei non aveva chiesto altro che
la verità.
Ho fatto una scelta. E una promessa. E anche Shinichi le ha
fatte.
Anche Conan era coinvolto in quella cospirazione allora. Ma
perché un bambino di sette anni si e lei no?
Si chiese se la verità le sarebbe ancora bastata. Quella
sera avrebbe rivisto Shinichi. Non serviva a nulla non pensargli in
quel momento.
Le balenò in mente in quell’attimo che Shinichi
era il prezzo chiesto dai rapinatori per Kahzua. Perché?
Cos’aveva Shinichi di così importante?
Vi si arrovellò finché non ricacciò
dalla mente quel pensiero. Se voleva essere perdonato, avrebbe dovuto
dirglielo lui. Cos’avrebbe poi risposto il suo cuore, non lo
sapeva neanche lei.
Quella
sera.
Quando la moto di Heiji si fermò nel luogo
dell’appuntamento, la prima cosa che Ran notò fu,
con sua grande stizza, Shinichi.
Hattori saltò giù dalla moto. Ran lo
seguì lentamente.
- Kudo, non mi piace. Sono ancora in tempo. Mi travesto da te e ci vado
io… -
A quelle parole a Ran non poté che tornare in mente il
giorno della recita, quando Heiji si era finto Shinichi. Poi Shinichi
era comparso davvero, travestito dal cavaliere nero. E quella
sera… Ran non aveva mai saputo cosa avesse voluto dirgli.
- Heiji, ci vado di mezzo io, non tu. Non rischierai la vita per me.
Hanno chiesto di me e non avrei la coscienza pulita se ti mandassi al
posto mio. Se ti scoprissero, non faresti in tempo ad accorgertene. Se
invece hanno chiesto di me, immagino di servirgli vivo. – non
era del tutto vero: forse lo volevano solo uccidere.
«Senti chi parla di coscienza pulita!»
urlò interiormente Ran. «Quando mi hai lasciato
sola, che coscienza avevi?»
- Come vuoi Kudo. – sospirò affranto Heiji.
- Allora, fammi vedere dov’è il luogo
dell’appuntamento.
Heiji annuì e gli fece cenno di seguirlo.
Mentre camminavano dietro a Hattori, Ran fece per aprire bocca,
accostandosi a Shinichi.
- Ti prego Ran, - disse lui, interrompendola ancor prima che iniziasse
a parlare. – Sto già abbastanza male senza che tu
mi faccia stare ancora peggio. –
Ran ammutolì, non tanto per le parole, ma per
l’espressione di sconforto del ragazzo. Chinò
anche lei il capo.
- Come vuoi, Shinichi. Come vuoi. –
Lui non replicò. In effetti non sapeva neanche
cos’avrebbe voluto dirgli. Forse era stato un bene che
l’avesse fermata. Forse gli avrebbe chiesto la
verità, forse solo che restasse con lei. Forse era stata
troppo dura con lui. Cosa c’era di così importante
in quella verità che lo spingeva a ridursi così?
- Siamo arrivati. – disse Heiji. – Io e Ran ci
nasconderemo qui, mentre tu aspetterai lì i rapitori.
–
Era uno dei tanti vicoli della città di Osaka, con la sola
differenza che questo sfociava in un vero labirinto di stradine. Forse
neanche Heiji le conosceva tutte, nonostante si vantasse di conoscere
ogni via di Osaka.
Ran ed Heiji si acquattarono nel cespuglio. Shinichi rimase in piedi.
Un tempo Ran avrebbe ammirato la sua determinazione, ma quel giorno no.
Quel giorno lui non era determinato a salvare Kahzua, quel giorno non
aveva la sua inconfondibile determinazione a fargli brillare gli occhi
e a farlo apparire più sicuro di sé. Quel giorno,
Shinichi era semplicemente rassegnato al suo destino. Doveva farlo e lo
faceva. Cosa sarebbe successo non gli importava. Ran lo aveva capito,
e, mentre aspettavano, non poté fare a meno di domandarsi se
non fosse colpa sua.
«Ho tolto io quella luce a Shinichi? Sono io che
l’ho reso così?»
Non poté rispondersi, poiché una voce
arrivò dal vicolo. Lei non lo vide, ma Shinichi si. Gin.
- Shinichi Kudo, vieni avanti. – disse con la sua solita voce
glaciale.
Lui obbedì, sottraendosi al campo visivo di Ran ed Hattori,
mentre quest’ ultimo si tratteneva a stento dal balzare fuori
dal nascondiglio.
- Dov’è Kahzua? – domandò.
- La ragazzina? Sta bene, non temere. –
Fece un cenno e da un altro vicolo comparve Vodka, che teneva bloccata
Kahzua, con la bocca imbavagliata e le mani legate dietro la schiena.
- Cosa vuoi? –
- Te. –
- Questo l’avevo capito. – disse lui, beffardo.
– Ma perché? Cosa volete da me? –
- Lo scoprirai a tempo debito. –
- Libera Kahzua e ne riparliamo. –
- Cosa ci garantisce che non scapperai? – non era una
domanda, era solo un ammonimento perché Shinichi non
provasse nemmeno a svignarsela.
- Le tue pistole, immagino. –
Gin sorrise malevolo.
- Risposta esatta. –
Un altro cenno e Vodka spinse in avanti Kahzua, che
incespicò. Anche Shinichi iniziò a camminare.
Quando lui e gli sguardi apprensivi della ragazza si incrociarono, lui
sussurrò:
- Ci sono Heiji e Ran. Vai da loro. –
Lei diede segno di aver capito.
Shinichi arrivò da Gin, che lo prese per una spalla, tanto
forte che il ragazzo dovette trattenere un gemito.
- Assisti alla fine dei tuoi amici. – disse calmo Gin.
«No!» pensò Shinichi. Ci era cascato.
Avrebbero sparato comunque a Kahzua. Si girò di scatto verso
la ragazza, ma lei era già scomparsa dietro
l’angolo. Capì troppo tardi che
l’avevano preso in giro, e, quando lo fece, un forte dolore
alla nuca lo trapassò e tutto divenne nero.
________________________________________________________________
***Post-it di
Sherry***
Bene! Si aprono le danze ;) Shinichi è stato preso e kazu
liberata.... Ora può ufficialmente succedere qualunque
cosa...
Che accadrà a Shin? Lo scoprirete leggendo, ma non leggendo
il prossimo chappy... Infatti il prossimo porterà un cambio
di ambientazione... Vi avverto, fan di Ai, non sarà
piacevole! (Soprattutto per me che l'ho scritto
ç_ç)
Inoltre ho una piccola comunicazione... a breve cambierò
nick, dunque se non mi trovate più non vi preoccupate...
comunque, Sherry sono e Sherry rimarrò, cambierà
solo il cognome ;)
Grazie a Ciachan,
Flami de espinoza, withoutrules, Kaity, shellingFord, Crizia, VSRB e
Miyu. per avere
la toria fra le seguite!! thank you!!!
Grazie a Doc91,
kaity, ShellingFord, shinichi e ran amore e MyOwnForgottenWorld per
avere la storia fra le preferite! grazie ragazzi!!!
E grazie di cuore
a Mangakagirl, Flami de espinoza, kaity, Aliholmes e Shinichi
e ran amore per aver
recensito l'ultimo capitolo!! grazie 1000!
Grazie anche solo a
chi legge!!
Alla prossima ;)
^.* Sherry
Nel
prossimo capitolo di Promises in the wind
Dei dati da non dimenticare.
Un suono che non dovrebbe mai rimbombare per le strade, specialmente in
quella strada del quartiere di Beika.
Il piano B di Shiho Miyano è pronto a scattare.
Il prossimo capitolo di promises in the wind: A shot in the
rain
"Non mi saluti neanche più, Sherry cara?"
|
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Capitolo 7 *** A shot in the rain ***
Promises in the wind
Parte
7: A shot in the rain
La pioggia scendeva incessante. Le strade, già
ammantate di oscurità, si perdevano in quel ticchettio quasi
musicale. Lei, la grande scienziata dell’organizzazione nera,
Sherry, Shiho Myano, mandata a comprare il latte. Per di più
con una ridicola mantellina gialla sotto la pioggia battente. Per di
più in forma di bambina di sette anni, anche se
quest’ultimo particolare non dipendeva certo dal dottor
Agasa. In realtà ne aveva approfittato per passare a casa
del detective Goro, che ovviamente era ubriaco fradicio. Non si era
neanche accorto che aveva frugato per tutta la casa. Che il latte per
la cioccolata calda del dottore aspettasse pure. Comunque, le sue
ipotesi erano state confermate: Ran e Conan, o più
probabilmente adesso Shinichi, dato che aveva rubato un prototipo di
APTX dal suo laboratorio non c’erano. Scomparsi. O meglio:
partiti. Osaka. Ecco dov’era. L’aveva capito
infiltrandosi nella rete dell’aeroporto. Il suo aereo stava
partendo proprio in quel momento e, quando vide un areoplano lasciare
dietro la sua scia alzandosi in volo, non poté che tremare
di rabbia. Avrebbe dovuto capirlo, quando si era arreso così
tranquillamente al suo rifiuto di concedergli l’antidoto.
Passò davanti alla casa del detective in questione, con un
fremito. Era lì davanti che il dottor Agasa
l’aveva trovata svenuta circa un otto mesi prima. Era
lì che aveva fatto credere a Conan che era stato scoperto,
che Agasa era morto e…
- Ci si rivede. –
Ai si bloccò. Perfino i suoi pensieri si fermarono. Quella
voce. Fredda, glaciale per i più, ma che con lei assumeva
sfumature diverse, come di chi prova un piacere perverso solo
perché sa che sensazioni susciti in lei quella voce.
- Non mi saluti neanche più, Sherry cara? –
Gin. Solo lui la chiamava così. Sherry cara. Quanto odiava
quel modo di chiamarla. Con tutto il suo cuore, mente e anima.
Soprattutto se era lui a chiamarla così. Anche Akemi ogni
tanto la chiamava così, ma detto da lei era un suono
musicale, che la faceva stare bene. Detto da Gin era come una
rivendicazione di proprietà, come quando tutta la sua vita
era in mano sua, e se il rapporto giornaliero dei suoi studi arrivava
in ritardo, le puntavano una pistola alla nuca.
Lei si girò, sorridendo come solo una bambina delle
elementari sapeva fare, sperando con tutto il cuore che fosse davvero
convincente, anche se la sua testa sapeva che era tutto inutile.
- Signore, io mi chiamo Ai. Non conosco nessuna Sherry. Si deve essere
sbagliato. –
- Ma davvero? – disse lui addolcendo falsamente la voce.
– Mi dispiace tanto. –
Poi, con un aria beffarda le prese un orecchio. Facendo scorrere
l’unghia sull’attaccatura disse:
- Gran brutta cicatrice. – la sbeffeggiò
– Chi te l’ha fatta? Oh, aspetta… sono
stato io. –
Lei si divincolò, andando a sbattere contro il cancello di
villa Kudo e portandosi istintivamente la mano all’orecchio.
«Cosa vuoi Gin? Il mio rapporto giornaliero ti
è già arrivato.» dice tremante lei.
«Cattiva, Sherry cara, hai fatto la cattiva... Una
traditrice, ecco cosa sei… eppure… sei
così carina…»
Mentre parla le spinge i capelli dietro l’orecchio. Lei ha
paura. Tanta paura, anche se non è da lei quel terrore. In
un attimo Gin si irrigidisce, mentre l’unghia preme contro
l’attaccatura dell’orecchio, facendole sfuggire un
gemito: una goccia di sangue cade a terra, seguita da un'altra ed
un'altra, ognuna recante con sé una fitta di dolore. Una
siringa spunta ancora dal braccio di Gin quando lui cade
all’indietro.
«Sogni d’oro, Gin caro». Sussurra
compiaciuta. Forse, per adesso è salva. Ma quanto lo
sarà ancora?
Già, quella sera… la stessa in cui aveva assunto
l’APTX4869. Se lo ricordava molto bene. Ovviamente, la
salvezza non era durata molto a lungo
- Vedo che non ti sei dimenticata del tutto di me, Sherry. –
disse, riprendendo la sua voce beffarda di sempre e contemplando la sua
espressione di terrore.
- Come mi hai trovato? – domandò lei.
Intanto armeggiava con la serratura del cancello dietro di lei.
- Dovresti conoscere i nostri mezzi… -
- Fin troppo bene. –
Maledisse Kudo per avere una memoria così prodigiosa: non
avrebbe potuto dimenticarsi il cancello aperto una volta tanto?
- Così temeraria… eppure… Sei
schiacciata contro un cancello, e ora sei sotto il tiro della mia
pistola. –
Estrasse dall’impermeabile un arma da fuoco che Ai non
riconobbe.
- Uccidimi. È tanto che lo vuoi fare, vero? Ti dà
fastidio che io sia stata più abile di te, una volta tanto,
che io mi sia saputa nascondere da te, che la mia vita non fosse
più nelle tue mani! Ma ti dirò, non è
nelle tue mani neanche adesso, perché anche se mi ucciderai
ti giuro che ti perseguiterò per
l’eternità intera, e con me tutti coloro che hai
ucciso. –
Non sapeva da dove fosse uscito il coraggio di pronunciare quelle
parole. Forse dalla certezza di essere spacciata, perché
quella volta Kudo non l’avrebbe protetta. Quella volta
Shinichi l’aveva lasciata sola contro gli uomini in nero e,
cosa che la terrorizzava ancora di più, contro Gin.
- Ma non sarò io ad ucciderti. Sarà il suo
compito. – disse lui.
- Con piacere. – uno scatto.
Un'altra pistola era stata caricata.
- Lo sapevo… eri tu… l’ho sempre
saputo, ma ora ne ho la conferma. – sussurrò la
bambina.
Uno sparo risuonò nell’aria. L’ultima
cosa che Shiho udì prima di quello fu la voce di Gin che
diceva “Non ti darò la soddisfazione di constatare
che mi sono dimenticato il tuo nome”. Le due figure si
dileguarono.
Ai rimase stesa a terra. Solo dopo un buon mezzo minuto
riuscì ad accumulare la forza di volontà
necessaria ad estrarre il cellulare. Andò nelle bozze dei
messaggi. Aveva sempre un piano B. Sembrava che fosse Gin ad essersi
dimenticato di lei e delle sue abitudini, ora. Una fitta al petto
accompagnò il suono del messaggio che veniva inviato. La
bambina si accasciò al suolo.
- Ai! –
- Do-dottore… - biascicò lei.
«Sta
a vedere che era solo preoccupato per la sua cioccolata.»
pensò Ai, quasi divertita.
- Che ti è successo figliola? –
Con un incredibile prontezza di riflessi, tirò fuori il
cellulare, chiamando l’ambulanza.
- È stato… Bourbon… -
sussurrò a fatica.
Ogni respiro una parola, con sempre più
difficoltà a parlare. Agasa si raggelò, un
po’ per quel nome, un po’ per la macchia rossa sul
petto della bambina.
- Bourbon? Quel bourbon? –
- Mi… ascolti… dica a Shinichi… che
deve… proteggere… Ran… ora…
più… che… mai…
è…. Importan… - non terminò
la frase.
L’intera maglia ora era macchiata di sangue e la ragazzina
era svenuta.
In quel preciso istante il messaggio arrivò al destinatario.
Questo messaggio
è speciale. Si distruggerà da solo. Ma ha un
compito importante: far sì che il mio lavoro venga
preservato anche in caso io morissi. Ora nel tuo cervello sono impressi
una serie infinita di dati. Questa è la più
grande ricerca di tutte, ma ancora incompleta. Prego perché
tu la sappia custodire. Sherry.
Ran lesse in fretta, con gli occhi ancora pieni dello sguardo triste di
Shinichi mentre quell’immagine si sovrapponeva a quella
inviatale dal cellulare. Ma quando finì, non si ricordava
già più di aver ricevuto quel messaggio. Ora lei
era l’unico modo per creare l’APTX e il suo
antidoto. L’unico rimedio contro l’eterna
giovinezza di Shinichi. E lei non lo sapeva.
___________________________
***Post-it di
Sherry***
Manco da un po', vero? mi spiace... (tanto a voi non dispiace, lo so...)
Bene, vi è piaciuto come capitolo? ad Ai no, sicuramente xD
Fatemi sapere che ne pensate!
Grazie a Ciachan,
Flami de espinoza, withoutrules, Kaity, shellingFord, Crizia, VSRB,
FedeKiryu, Anna738 e
Miyu. per avere
la storia fra le seguite!! thank you!!!
Grazie a Doc91,
kaity, ShellingFord, shinichi e ran amore e MyOwnForgottenWorld per
avere la storia fra le preferite! grazie ragazzi!!!
E grazie di cuore
a Mangakagirl, Flami de espinoza, kaity, Aliholmes e Shinichi
e ran amore per aver
recensito l'ultimo capitolo!! grazie 1000!
Grazie anche solo a
chi legge!!
Alla prossima!
^.* Sherry
Nel
prossimo capitolo di promises in the wind
Di nuovo a Osaka. Un istante prima che il detective precipiti nel buio.
Un abbraccio di un amica e la partenza di un altra. Una corsa e una
ricerca infruttuosa.
Una promessa solenne che andrà mantenuta. Dove
porterà questa svolta nella storia?
Il prossimo capitolo di promises in the wind: Kahzua's return
"Dovessi mettere a ferro e fuoco tutto il Giappone, di
quell’organizzazione non resterà altro che cenere.
È una promessa."
|
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Capitolo 8 *** Kazuha's return ***
Promises in the wind
Parte 8: Kazuha's
return
Un solo
pensiero. Correre. Correre il più velocemente possibile,
come le aveva detto Shinichi. A vederlo era quasi rimasta arrabbiata.
Dov’era Heiji? Avrebbe dovuto essere lui a salvarla. Era lui
che aveva chiamato a gran voce, chiusa in quella cella. Era lui a cui
aveva pensato ogni singola notte di prigionia. Certo, si era calmata a
sentire Shinichi che gli diceva che Heiji era lì vicino,
però…
- Kahzua! – esclamò una voce, subito sovrapposta
ad un'altra. Una voce che lei conosceva benissimo e che amava
più di qualunque altra.
Si voltò. Heiji! Ran! Sentì che stava per
piangere di gioia. Non le importava più che fosse stato Kudo
a tirarla fuori dai guai, perché adesso lui era
lì, e la guardava felice come non l’aveva mai
visto prima, neanche per un nuovo caso. Nessuno in quel momento
udì il gemito sordo di Shinichi che cadeva a terra.
La ragazza corse dai suoi due amici, con le lacrime agli occhi.
- Kahzua, stai bene? – domandarono, mentre la slegavano.
- Ran! Heiji! –
Kahzua era al settimo cielo, mentre si stringeva forte al petto di
Hattori, iniziando a piangere a dirotto, buttando fuori tutte le
lacrime di disperazione che in cella aveva trattenuto, per non dare
soddisfazione ai suoi carcerieri.
- Ho avuto tanta paura… Heiji, perché non sei
venuto a salvarmi? Perché mi hai lasciata sola? –
piagnucolò.
Si capiva che non c’è l’aveva con lui,
era solo lo spavento del pericolo scampato. Conoscendo Heiji,
però, ci si poteva aspettare benissimo una risposta a tono.
Invece si limitò a stringere ancora di più a
sé Kahzua e ad abbracciarla, chiudendo gli occhi, anche lui
enormemente rassicurato dalla sua presenza. Sorrise come se tutto fosse
finalmente sistemato, come se nulla potesse più andare
storto.
- Scusami. Non succederà mai più, te lo prometto.
– sussurrò dolcemente, cullando un po’
la ragazza, che si abbandonò ancora di più tra le
sue braccia, come fa una bambina quando la madre la rassicura dopo un
brutto sogno.
La tenne stretta, mentre le lacrime della ragazza si facevano
più rade e sul suo volto compariva un sorriso simile a
quello di Hattori.
Ran li fissò malinconica e invidiosa. Aveva a lungo voluto
che Shinichi la stringesse come Hattori faceva con Kahzua…
poteva solo immaginare come dovesse sentirsi la sua amica al momento,
stretta nell’abbraccio del ragazzo che amava, così
sicura che lui non l’avrebbe più lasciata. Ma lei
ora aveva un altro ragazzo e…
Shinichi!
Ran si alzò di scatto. Come aveva potuto dimenticarsene?
Corse nel vicolo da dove era uscita Kahzua, ricordando in quel momento
anche a Heiji e Kahzua della mancanza del detective dell’est.
Ma quando i due girarono l’angolo, anche Ran era scomparsa.
- Ran! – urlava Kahzua.
- Shinichi! – urlava Heiji.
Poi si scambiavano i ruoli. Ma, per tutta la notte, il risultato fu lo
stesso: niente di niente. Il detective e Ran erano scomparsi e
l’eco delle loro parole si perdeva nella notte,
più buia del solito, alla luce di quella luna che sembrava
dovesse morire da un istante all’altro. Proprio come poteva
succedere a Ran e Shinichi.
Ad un certo punto, Kahzua crollò a terra.
- È successo tutto per colpa mia… è
solo colpa mia… - disse, iniziando nuovamente a piangere per
la disperazione.
- Non è così, Kahzua. – disse Heiji,
chinandosi su di lei. – la colpa è di quelle menti
perverse che ti hanno usata, non tua. –
Lei rimase a singhiozzare in silenzio, senza proferire parola.
- Promettimi… promettimi che li salveremo. Ran, Shinichi,
Akai. Tutti quelli che sono prigionieri di quegli uomini.
- Akai? – domandò allibito Heiji. Gli parve di
aver già sentito quel nome.
- Era… il mio compagno di cella. Era pieno di graffi e
lividi e… penso che lo stessero torturando, ha detto che
l’organizzazione voleva delle informazioni da lui
e… - si interruppe, senza saper proseguire.
La porta si apre. Kahzua si mette nuovamente in posizione di
difesa. Questa volta non combatte solo per sé stessa.
Combatte anche per Shuichi, che, nelle sue condizioni, non
può affrontare uno scontro diretto Ma lei non avrebbe
lasciato che lo prendessero per questo.
Però, quando la porta si apre del tutto, vede che gli uomini
sono tre. Tre! Non può tenere a bada tre uomini insieme! La
cosa più strana è che di Akai non se ne accorgono
neppure. Pensano solo a bloccare lei, che, nel frattempo, combatte come
una furia. Shuichi cerca di aiutarla, ma non appena si alza in piedi,
una fitta alla gamba lo costringe in ginocchio. Sul polpaccio destro ha
una ferita abbastanza profonda, non grave ma profonda quanto basta da
impedirgli di soccorrere la ragazzina. E da fargli sfuggire un gemito
che la distrae: la ragazza si blocca un attimo, con il timore che gli
sia successo qualcosa. In quel momento, gli uomini in nero hanno la
meglio su di lei e la trascinano fuori. Akai rimane solo nella cella,
come incapace di muoversi o di comprendere quello che è
successo. In lontananza, la ragazza continua a chiamare disperatamente
il suo nome, preoccupata.
- Li salveremo. – disse una voce, riscuotendo Kahzua dai suoi
pensieri.
- Cosa? – domandò lei, tornando alla
realtà.
- Ti prometto che li salveremo. Akai, Ran, Shinichi e chiunque altro
sia loro prigioniero. Dovessi mettere a ferro e fuoco tutto il
Giappone, di quell’organizzazione non resterà
altro che cenere. È una promessa. -
Kahzua non rispose, ma si strinse nuovamente contro l’amico.
Adesso erano davvero soli.
__________________________________________________________________________________
***Post-it di
Sherry***
Eccoci!! Sono in clamoroso ritardo, temo xD non ricordo neanche quando
ho aggiornato, sono fusa ultimamente. Ieri non c'è stato
verso di toccare word.
Beh, che dire? Ne viene una e ne va un'altra! xD sono cattiva in questa
fic. Povera Ran. E Kazuha pare prossima alla depressione. Comunque,
questa fic è la fiera del
"io-lo-sapevo-ma-non-credevo-fosse-importante". Kazuha sa che Shuichi
è vivo, ma nè lei nè Heiji hanno idea
che sia dell'FBI, nè che dovrebbe essere morto xD
Se avete già perso il filo siete messi male,
perchè la faccenda diventerà sempre
più complessa!
Bene, una premessa sul prossimo chappy: non partecipa "attivamente"
alla trama principale, ma la storia (perchè una volta
pensavo non sarei andata oltre i 14 chappy) prende il nome da
lì ;)
Grazie a Ciachan,
Flami de espinoza, withoutrules, Kaity, shellingFord, Crizia, VSRB,
FedeKiryu, Anna738 e
Miyu. per avere
la storia fra le seguite!! ♥♥ thank you!!!
Grazie a Doc91,
kaity, ShellingFord, shinichi e ran amore e MyOwnForgottenWorld per
avere la storia fra le preferite! grazie ragazzi!!!
E grazie di cuore
a Mangakagirl, Flami de espinoza, kaity, Aliholmes, Just a
little wizard e Shinichi
e ran amore per aver
recensito l'ultimo capitolo!! grazie 1000!
Grazie anche solo a
chi legge!!
^.* Sherry
Nel
prossimo capitolo di promises in the wind:
Promesse. Cambiano la nostra vita e determinano le nostre azioni.
Promesse che non vengono mantenute, eppure continuano a fare parte del
nostro destino, marchiandoci per sempre.
E sta a noi far riprendere il volo a queste promesse.
Il prossimo capitolo di promises in the wind: The wind of the
destiny sky
"Ma gliel’avevo promesso! Promesse al vento, ecco
tutto ciò di cui sono capace!"
|
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Capitolo 9 *** The wind of the destiny sky ***
Promises in the wind
Parte 9: The wind of the
destiny Sky
Il vento del cielo del destino
Heiji sedeva con gambe e braccia incrociate per terra.
Kahzua era sdraiata sul divano, esausta.
Avevano battuto ogni singola, misera, insignificante via di Osaka.
Niente. Nessuna traccia. Né del luogo di prigionia di
Kahzua, né di quello di Shinichi e Ran, ammesso e non
concesso che fossero prigionieri insieme. E che fossero ancora vivi.
Entrambi stavano in silenzio. Heiji perché era preoccupato e
perché sapeva che Kudo avrebbe potuto restringersi da un
istante all’altro. Kahzua perché era preoccupata e
perché, nonostante le rassicurazioni di Heiji, si sentiva
tremendamente in colpa.
Hattori si alzò ed iniziò a camminare avanti e
indietro sul tappeto. Altri minuti di silenzio, scanditi solo dalla
pioggia battente fuori dalla finestra della casa di Heiji.
- Dannazione! – urlò ad un tratto il ragazzo,
tirando un calcio ad un cuscino lì vicino, azione che, fra
le altre cose, come rischiare quasi di sfasciare un soprammobile, gli
riportò in mente Kudo e la sua passione per il calcio.
Kahzua si mise a sedere e Hattori si abbandonò sul divano
accanto a lei.
- Calmati, Heiji… – disse la ragazza. Anche lei
era irrequieta, ma a differenza del suo amico non lo dava a vedere. Non
più di tanto almeno.
- Gliel’avevo promesso! “Io metto in salvo Kahzua,
ma tu proteggi Ran, hai capito?” ecco cosa mi ha detto. E io
gli ho promesso che l’avrei protetta a costo della vita! Che
bell’amico che sono! E ora ho promesso a te che li avrei
ritrovati, un’altra promessa che non sto riuscendo a
mantenere! – urlava. Gridò anche una serie di
imprecazioni alquanto colorite. Per fortuna erano soli.
La ragazza gli posò una mano sulla spalla.
- Vedrai che li ritroveremo. Non è colpa tua, Ran
è corsa via, non potevi farci nulla. Kudo capirà.
–
Quello, Kahzua lo sapeva bene, era il modo del ragazzo di sfogare la
frustrazione.
- Ma gliel’avevo promesso! Promesse al vento, ecco tutto
ciò di cui sono capace! Kudo mi odierà, se
sopravvive. E se non sopravvive mi odierai tu. –
- Le promesse nel vento mettono le ali e si rialzano in volo nel cielo
del destino.-
- Eh? –
- Me lo disse mia madre. Significa che le promesse che vengono
“buttate al vento” continuano a fare parte del
nostro destino, lasciando un segno indelebile e influendo sul nostro
futuro. In un modo o nell’altro.
«Non potrei mai odiarti, Heiji. Mai.»
pensò, mentre lo osservava riflettere sulle sue parole.
Ripiombarono di nuovo in quel silenzio carico di consapevolezza che
aleggiava da ore ormai. Fu solo dopo parecchi minuti che Heiji si
costrinse a parlare.
- Scusa, Kahzua, non volevo sfogarmi con te. Sono solo…
teso. Molto teso. Ti riaccompagno a casa. Domani continuiamo le
ricerche. – Si capiva che Hattori non aveva la più
pallida idea di dove cercare, ma non si sarebbe mai dato per vinto.
- Heiji… – disse timorosa lei.
- Si? –
- Posso restare qui con te oggi? Ho paura e se ci sei tu mi sento
più sicura… non voglio che mi rapiscano di nuovo.
–
Heiji la fissò per un attimo. Mentre parlava aveva le
lacrime agli occhi. «Non si è ancora ripresa da
quella brutta esperienza» pensò malinconico Heiji.
Teneva a Kahzua in modo particolare e avrebbe fatto di tutto per farla
stare bene. Ogni volta che lei le chiedeva qualcosa, era stranamente
propenso ad accontentarla. Da buon detective qual era, aveva
già le sue ipotesi, ma non si azzardava a verificarle.
“C’è sempre una sola
verità” gli avrebbe detto scherzando Kudo. Ma lui,
per la prima volta, non sapeva se voleva davvero trovare quella
verità.
- Certo. Allora puoi prendere il mio letto, io dormo sul divano.
–
Lei annuì, sollevata. Poi però, chiese esitante:
- Posso dormire in stanza con te? Ho paura… –
Mai si sarebbe aspettata di dire certe cose proprio a lui. Si
aspettò che la prendesse in giro. Ma sentiva di aver bisogno
del ragazzo, ora più che mai. Con lui si sentiva
più al sicuro di quanto non lo fosse mai stata. E quando, il
giorno prima, l’aveva stretta a sé e lei si era
abbandonata fra le sue braccia, aveva capito la natura dei sentimenti
che provava per lui. Era stato come togliere un velo: le era parso di
aver sempre saputo la verità, senza però mai
scorgerla appieno.
Lui si limitò ad arrossire un attimo, poi disse:
- S–se è questo che vuoi… –
Kahzua rise quasi nel vederlo così imbarazzato. Era lui, il
ragazzo che amava, ed ora lo sapeva con certezza assoluta: il suo cuore
non avrebbe reagito in quel modo per nessun altro al mondo, come non si
sarebbe sentita così bene con nessuno. Per la prima volta si
sentì completa, come se fino ad allora le fosse mancato un
pezzo. Però allo stesso tempo, sapeva che non sarebbe
davvero stato così finche non glielo avesse chiesto. Ma non
importava, perché ora era con lui, e nulla al mondo avrebbe
potuto dividerli. Mai più.
«Ora sì che sono al sicuro»
pensò beata, mentre fissava Heiji, rosso come un peperone
maturo, defilarsi con la scusa di preparare una branda per la notte.
______________________________________________________________________________
***Post-it di
Sherry***
Scusate ç_ç sono scomparsa dalla circolazione....
ma sono tornata in pienissima (?) attività, più o
meno xD
Beh, capitolo che porta il nome alla storia... piaciuto? *^* Heiji e
Kazu sono oltremodo pucciosi, vero? ♥
Non c'è molto da dire... in effetti, devo solo scusarmi per
il gigatronico ritardo nella pubblicazione!!! spero che gradiate questo
capitolo che, per aver dato nome alla storia, è abbastanza
marginale. Ma vedremo moooolte altre promesse, giuro!!
A partire dal prossimo capitolo, cambieremo piccioncini
scena, incentrandoci su Shin&Ran... ma credo che mettere
cuoricini nella frase sia prematuro...
Come vedrete nello spoiler, Ran avrà una scelta da fare, tra
ciò che le dirà Shin e ciò che le
dirà in suo cuore... mah?
Nei prossimi due capitoli entriamo nel VIVO e
per vivo intendo che Shin se la vedrà brutta... e toccheremo
un tasto che sarà molto importante per il proseguo della
storia... e che non mancherà di incasinarvi notevolmente!!
Beh, spero che mi perdonerete il ritardo e che leggerete (e
commenterete, magari la mia fic!) oltre a perdonarmi del fatto che oggi
sono di fretta e non scrivo i ringraziamenti... sorry!
^.* Sherry
Nel prossimo capitolo di "Promises in the wind"
Quando accade tutto troppo in fretta. Quando dobbiamo scegliere tra il
nostro cuore e le richiesta di un amico.
Quando poche parole sconvolgono tutto quelo che avevamo programmato.
Perchè anche una sola frase può sovvertire tutto
quello che pensavamo e cambiare il modo in cui vediamo le cose.
Il prossimo capitolo di Promises in the wind: The best way to
forget
"Sarebbe stato… il modo migliore… di
dimenticarmi…"
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Capitolo 10 *** The best way to forget ***
Promises in the wind
Parte
10: The best way to
forget
Il modo migliore di dimenticare
Shinichi ci mise un po’ ad accorgersi di essere
sveglio. Sulle prime non riuscì a capire dove fosse o a
ricordare ciò che era successo, ma lentamente
ricordò di Gin, di Kahzua e del colpo alla testa.
Aprì gli occhi. Sembrava un vecchio vagone di un treno
merci. Anche il rumore che riempiva insistentemente le orecchie
sembrava confermarlo.
Si riscosse e fece per alzarsi, ma si accorse di avere le mani legate
dietro la schiena. Ma non fu solo questo ad impedirgli di rimettersi in
piedi. La catena delle sue manette era incrociata con
un’altra. Shinichi si girò e…
– Ran! – esclamò stupito.
«Volenti o nolenti sembra che noi due ci attraiamo come delle
calamite» pensò.
Quindi anche Ran era stata catturata dagli uomini in nero. Ma Hattori
non avrebbe dovuto proteggerla? E poi perché avevano rapito
Ran? Non era da loro tenere in vita qualcuno che non servisse ai loro
scopi, quindi a cosa gli serviva lei?
Ad interrompere i suoi pensieri fu proprio la ragazza, che
iniziò a muoversi e riaprì gli occhi. Shinichi si
immobilizzò. Non aveva voglia di sentire di nuovo quel tono
indifferente nella sua voce, lo stesso con cui l’aveva
liquidato sull’aereo, così finse di continuare a
dormire. Anche lei parve metterci un po’ a comprendere la
situazione, ma nonostante tutto si rimise dritta, trascinando con se
anche Kudo.
In quel momento si aprì la porta e, con la coda
nell’occhio, Shinichi scorse Gin e Vodka.
- Qualcuno si è svegliato, vedo. – disse beffardo
Gin.
- Cosa volete da me? – urlò Ran, furiosa.
- Lo scoprirai presto, ragazzina, non scaldarti troppo. Non serve a
niente. –
Il biondo fece un segno col capo a Vodka e lui avanzò verso
Ran.
«Eh no! Questo non te lo lascio fare!»
pensò Shinichi.
Aprì con leggermente un occhio ed allungò
fulmineamente la gamba, facendo sì che Vodka incespicasse e
sbattesse la testa contro la parete.
- Shinichi! – esclamò Ran, stupita.
Il ragazzo si raddrizzò. Ma anche Vodka si riprese e non
tardò a sferrargli un calcio nello stomaco, facendolo
piegare in due dal dolore.
- Shinichi Kudo. – commentò freddo Gin.
– Ci rincontriamo. –
- A quanto sembra… – disse a fatica il detective,
con il tono più spavaldo che riuscì a fare.
Vodka aprì uno dei bracciali delle manette di Shinichi, ma
solo per richiuderlo una volta sciolte le due catene l’una
dall’altra.
Kudo però non tardò a reagire nuovamente, facendo
passare le manette sotto le gambe e sferrando un pugno proprio sotto il
mento di Vodka, che venne costretto ad indietreggiare.
Shinichi balzò in piedi, ma Gin fu più rapido e
lo afferrò per il collo, bloccandolo contro il muro.
- Shinichi! – urlò Ran.
Il detective afferrò con entrambe le mani il polso di Gin,
ma non riuscì a scardinare minimamente la sua presa. La mano
di Gin gli stringeva il collo come una morsa d’acciaio e lo
teneva quasi sospeso in aria, tanto che per toccare terra doveva stare
in punta di piedi.
Si sentì soffocare, mentre le parole di Gin erano solo un
rimbombo lontano.
- Tu hai delle informazioni preziose stampate nella memoria, ragazzina.
E noi ne abbiamo bisogno. Le tue informazioni per la vita
dell’amico. Ci stai? –
Ran rimase in silenzio, solo Vodka la tratteneva dal correre dal
ragazzo.
- Io… – dal tono si capiva benissimo che Ran stava
per accettare.
Fu Shinichi ad interromperla, con quel poco di fiato che gli rimaneva.
- Ran… – disse, con voce soffocata e a malapena
udibile o riconoscibile
«Shinichi… perché il destino continua a
riunirci e a mettere in pericolo l’uno o
l’altra?»
- Ran… non… cedere… –
La ragazza non poté che continuare a urlare il suo nome.
Shinichi le stava dicendo di lasciarlo morire. Perché doveva
sempre essere così scioccamente, stupidamente eroico?
Gin strinse ancora di più la gola di Shinichi, a cui venne a
mancare anche quel poco ossigeno che gli rimaneva e si
ritrovò completamente alzato dal terreno. Seppe che sarebbe
svenuto presto.
Un istante prima di perdere i sensi, Shinichi udì Ran
pronunciare:
- Accetto. –
Una ventata d’aria tornò a riempire i polmoni di
Shinichi, che si accasciò lungo la parete. Gin era stato
più rapido di un computer nel lasciarlo andare, non appena
Ran aveva pronunciato quella parola.
Kudo si portò una mano alla gola, massaggiandosela,
ansimante. Ci mise un bel po’ prima di riuscire nuovamente a
deglutire.
- Shinichi! –
Ran spintonò Vodka e corse da Shinichi. Gin fece segno al
suo compare di lasciar fare.
- Shinichi! Come ti senti? Stai bene? –
Non era preoccupata per lui più di quanto non lo sarebbe
stata per chiunque nelle sue condizioni, il detective lo sapeva bene,
così tacque.
- Perché? – domandò Ran, con le lacrime
agli occhi, riferendosi alla richiesta del ragazzo.
Shinichi fissò la ragazza, riaprendo gli occhi.
- Sarebbe stato… il modo migliore… di
dimenticarmi… – spiegò a fatica,
ansimando.
Vodka riacciuffò Ran, che continuava a guardare inebetita il
ragazzo.
Non era stupido eroismo. Perché allora? Perché
Shinichi le aveva detto quelle parole? “Il modo migliore di
dimenticarmi”. Ma lui non voleva essere dimenticato!
L’aveva visto piangere per questo! Allora perché
la assecondava?
Gin prese per una spalla Shinichi e lo costrinse ad alzarsi. Vodka
invece costrinse un imbambolata Ran a seguirlo.
Ora anche lei aveva un perché a cui cercare la risposta, ed
il fatto che fosse su di lui non poté che far sorridere
Shinichi.
___________________________________________________________________________________________
***Post-it di
Sherry***
Aggiorno presto per farmi perdonare dell'ultimo ritardone
(mi perdonate, vero???)
Bene, ecco la famosa scelta di Ran, di seguire quello che le dice il
cuore o la volontà di Shinichi. Scelta che si
riproporrà anche nel prossimo chappy... e sarà di
nuovo vero che al cuor non si comanda?
Beh, che dire, vi ringrazio tutti, coloro che hanno messo la fic tra
seguite, preferite, ricordate, chi commenta dall'inizio e chi ha
iniziato dopo.... ormai siete troppi per elencarvi!!!
Siamo già alla parte 10. Vi ringrazio per avermi seguito fin
qui e vi do appuntamento alla 11!!!!!! Prometto che il prossimo
capitolo sarà interessante come questo... se non di
più! Vi lascio uno spoiler succulento, soprattutto per
quanto riguarda la citazione ;)
Un bacione a tutti!
^.* Sherry
Nel
prossimo capitolo di promises in the wind
Due ragazzi il cui destino è appeso ad un filo rosso. Cosa
scegliere fra una supplica e la propria coscienza?
Fin dove puoi arrivare per permettere ad un amico di sfuggire al
proprio destino?
E come fare a compiere una scelta cui non sei pronta?
Il prossimo capitolo di promises in the wind: Out of the train
"Vedi… Quella sera, quando mi allontanai da
te… stavo inseguendo Vodka"
|
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Capitolo 11 *** Out of the train ***
Promises in the wind
Parte 11: Out of the
train
TIC, TIC, TIC
Quel suono riempiva le orecchie di Shinichi ormai da ore, con una
spaventosa cadenza regolare. Altro che tortura della goccia.
«Se continua così impazzirò!»
aveva constatato.
Ran proseguiva imperterrita, quasi con timore di girarsi e guardare in
faccia il ragazzo, che penzolava in un angolo del vagone, appeso per le
manette ad un gancio del soffitto.
L’aveva guardato soltanto un paio di volte, quando aveva
iniziato. Poi, come ipnotizzata, era stata assorbita da quei dati. Lui
aveva riconosciuto subito cosa stava scrivendo su quel computer. Troppe
volte era stato accanto ad Ai mentre scriveva quei dati. Ma come faceva
Ran a conoscerli? E soprattutto, come faceva ad averli memorizzati
tutti quanti? Nemmeno lui o Ai ci sarebbero riusciti, lui con la sua
grande memoria, lei con le sue capacità da scienziata. Come
poteva riuscirci lei?
Le manette continuavano a ferire i polsi di Shinichi, facendolo, di
tanto in tanto, gemere di dolore, così che la gola riarse
gli doleva ancora di più. Alla fine si era rassegnato,
decidendo di soffrire in silenzio.
All’improvviso la porta si aprì, facendo entrare
Vodka. Ran smise di digitare al computer, con gran sollievo del ragazzo.
- Mangia. E fa mangiare anche il tuo amichetto. – disse,
appoggiando per terra un vassoio con dell’acqua e due
pagnotte, oltre a qualche pezzo di formaggio, su un piatto chiaramente
destinato a Ran.
Vodka uscì rapidamente com’era entrato. Ran si
alzò dalla sua sedia, fissò un attimo Shinichi,
prima di avvicinarglisi, raccogliendo il vassoio ed avvicinandosi al
ragazzo.
Silenziosamente, lo fece bere e mangiare, visto che dal modo in cui era
legato non poteva farlo da solo.
- Ran… – disse ad un certo punto Shinichi.
Lei si limitò ad alzare il capo.
- Ti prego… non mi sento più le braccia, tanto mi
fanno male… fammi scendere da qui… per favore!
Ran lo fissò preoccupata, per poi spostare lo sguardo sui
polsi sanguinanti sui quali si notava un po’ di sangue
rappreso.
- Io… ti ucciderebbero, non posso. – disse lei.
- E a te cosa importa? –
Quelle parole ferirono Ran come coltelli affilati.
- Hai deciso di dimenticarmi, per te sono solo un ingrato che non si fa
mai sentire. Non hai idea delle peripezie che faccio ogni sacrosanta
volta che tu mi chiami, ordinandomi di venire subito con te al cinema o
al ristorante, solo perché tu lo vuoi. Cosa ti importa
ancora di me, dopo tutto quello che mi hai detto? Cosa ti importa se
vivo o se muoio? Tanto io non conto più nulla per te!
–
Ecco, ora aveva di nuovo la gola secca. Quanto fiato sprecato, davanti
all’espressione di Ran, tornata fredda come il ghiaccio.
- Non sono un assassina, Shinichi. Non asseconderò i tuoi
desideri di morte. –
Poi si chinò nuovamente sul vassoio, prendendo qualcuno dei
pezzi di formaggio.
- Mangia e stai zitto. – ordinò, ficcandoglieli in
bocca.
Tornò a sedersi al computer, riprendendo a scrivere,
voltandosi di scatto per non mostrare la lacrimuccia che le scendeva
dagli occhi.
Shinichi iniziò a sentirsi strano. «È
solo per quel dannatissimo ticchettio, stai calmo!» si
ripeteva.
All’improvviso, gli trapassò il petto, come se il
suo cuore avesse mancato un battito, facendogli sfuggire un gemito.
«No! Non ora, non qui, no!»
Un’altra fitta. Un secondo gemito che, nonostante tutti i
suoi sforzi, non riuscì a trattenere. Il ticchettio si era
fermato.
Seguitò una terza fitta, che gli fece chinare il capo per lo
sforzo di non urlare. Si morse la lingua e la sua bocca si
riempì del sapore del sangue.
«Non così, non qui, non con Ran e con tutti i dati
dell’APTX!»
Un’altra fitta. Questa volta l’urlo ci fu, seppur
soffocato.
«No, non ora! Capirebbe tutto!»
Ran spinse all’indietro la sedia e corse dal ragazzo.
- Che cos’hai Shinichi? – domandò
preoccupata.
Il ragazzo non rispose. Lei gli toccò la fronte,
accorgendosi che scottava. E molto, anche.
- Hai la febbre alta! – esclamò preoccupata.
Lui aprì gli occhi e la fissò. I suoi occhi blu
erano lucidi, sofferenti, anche se non solo per la febbre.
- Aiutami Ran… non c’è la faccio
più… ti prego… – anche il
tono di voce era stanco e sofferente.
La ragazza sentì qualcosa spezzarsi nel suo petto nel
vederlo così, ma non cambiò approccio. Lo avrebbe
trattato come chiunque altro.
Neanche Shinichi sapeva esattamente a cosa si riferisse la frase.
Poteva essere presa in molti modi. Evidentemente, Ran lo prese come una
nuova richiesta di tirarlo giù di lì.
Ma, evidentemente, era troppo bassa per riuscirci. In effetti, Gin era
davvero altissimo, difatti era stato lui ad appenderlo lì.
Di salire su una sedia con le rotelle mentre erano su un treno in corsa
non se ne parlava neppure. Shinichi chinò la testa,
rassegnato al suo destino, incontrando lo sguardo della ragazza.
- Mi dispiace Shinichi… –
- Non farlo, Ran. Quei dati sono preziosi, non devono cadere in mano
loro. –
- Ma… ti uccideranno. – disse lei.
- Sempre meglio che cadere in mano loro mentre hanno quei dati.
– rispose laconico lui.
- Perché? – chiese allarmata lei. – Cosa
faranno? Gli serviamo per degli esperimenti? Ci useranno come cavie?
–
- Solo me. Per questo dico che non sarebbe così tremendo
morire. Non voglio essere usato per scopi criminali, per poi morire lo
stesso.
- Ma perché solo tu? Che cos’hai?
Perché tu e Conan non mi dite nulla? Perché un
bambino di sette anni sì e io no? Mi consideri
così inutile?
- No, Ran, io… – Un’altra fitta lo
interruppe, mentre lei si guardava intorno preoccupata, cercando
qualcosa per aiutare Shinichi – è per via della
mia promessa. L’ho fatta per il tuo bene, credimi. Vorrei
dirti tutto, dirti ogni cosa che mi è successa da quella
sera al luna park, ma ho paura di metterti in pericolo…
–
- Più di quanto io non sia già? – disse
con un sorriso malinconico la ragazza.
Shinichi rimase in silenzio. Non ci aveva pensato, preso dalla sua
smania di proteggerla. Ran aveva ragione. Forse in quella situazione
era più pericoloso non sapere che sapere. Era
l’occasione giusta, non voleva perderla ancora.
«Ora o mai più» si disse.
- Io… immagino di no. – rispose, suscitando lo
stupore della ragazza che lo fissò ad occhi sgranati,
incredula che quella verità cercata tanto a lungo potesse
essere così vicina.
Poi, con un sospiro ed un’altra fitta, le quali si stavano
facendo sempre più forti, proseguì.
– Vedi… Quella sera, quando mi allontanai da
te… stavo inseguendo Vodka… –
- Chi? – domandò lei.
- L’energumeno che ti teneva ferma, prima. –
spiegò. – L’ho visto scambiare del
denaro con un altro uomo, ma in quel momento, Gin…
–
- In quel momento ti ho chiuso la bocca, dico bene? –
sghignazzò il diretto interpellato, comparso in quel momento
sulla porta, con una pistola puntata verso i ragazzi.
Gin incurvò la bocca in un espressione alquanto compiaciuta,
mentre Vodka appariva dietro di lui, anch’esso con una
pistola in mano.
- Ma che scenetta romantica… è quasi un peccato
guastarla. – commentò Gin, sarcastico.
Ran si allontanò lentamente da Shinichi, continuando a
fissarlo in apprensione. Le fitte al petto del ragazzo si facevano
sempre più forti e lei aveva notato che la febbre gli si era
alzata ancora. La fronte era completamente sudata e i capelli vi si
erano appiccicati.
- Vodka, occupati della ragazzina. Al “grande
detective” ci penso io – borbottò.
Con un solo gesto uniforme fece scivolare via la catena dal gancio e
bloccò le mani del ragazzo dietro la schiena, puntandogli
una pistola alla tempia. Shinichi gemette per la presa solida
dell’uomo.
- Lasciatelo stare! – urlò Ran. Nella sua voce non
c’era più la disperazione con cui aveva gridato il
giorno prima: era un ordine, e tutti lo percepirono benissimo.
Gli sguardi si concentrarono su di lei.
- La signorina non ha ancora capito chi comanda qui? – disse
Vodka, spiccicando per la prima volta parola.
- Se non lasciate stare Shinichi potete dire addio ai vostri dati.
–
La reazione degli uomini fu del tutto inaspettata: Gin
scoppiò a ridere, subito seguito, per puro spirito di
imitazione, da Vodka.
- Ragazzina, non hai capito. Sei tu che ci devi dare i dati, e poi noi
lasceremo in pace il tuo adorato fidanzatino. –
Caricò la pistola con un gesto secco. – Ora torna
a quello stramaledetto computer e rimettiti al lavoro, e forse
lascerò vivere il tuo amichetto. –
Lei obbedì e si sedette al computer. Ma la determinazione
era ancora nei suoi occhi. Esitò un attimo prima di mettere
le mani sul computer.
- È la vostra ultima parola? – chiese Ran.
- Ci puoi scommettere. –
Per una lunga, interminabile frazione di secondo, il mondo si
fermò, bloccato nel silenzio più totale.
- E questa è la mia. –
Ran premette un pulsante e tutti i dati svanirono dallo schermo.
Cancellati. Per sempre.
Gli occhi di Gin si velarono di rabbia.
- Ora – disse calma Ran. – Voi fermate il treno,
fate scendere Shinichi, ripartite ed io mi rimetterò al
lavoro. –
- Già, temo che tu non abbia proprio capito nulla.
–
Gin, fulmineo come sempre, aprì la porta del vagone e sporse
fuori Shinichi con tanta violenza che il detective dovette faticare per
mantenere i piedi sul bordo del vagone del treno.
- Puoi stare pure certa che il tuo amico scenderà dal treno
– disse calmo, anche se un vago tono di irritazione risuonava
nella sua voce fredda e atona. – Ma il modo lo decido io, e
se non riprendi a scrivere quei dati ti assicuro che non ti
piacerà. –
Gli occhi di Ran si velarono di preoccupazione. Era davvero pronta a
consegnare Shinichi alla morte, anche se era stato lui a chiederlo? Era
davvero pronta ad esaudire la sua ultima richiesta?
Sempre meglio che cadere in mano loro mentre hanno quei dati.
Era davvero pronta ad evitargli una morte per mano di altri per dargli
una morte per mano sua?
Sarebbe stato… il modo migliore… di
dimenticarmi…
La risposta era no.
Ma doveva farlo ugualmente.
- Mi dispiace, Shinichi. – disse semplicemente, come se nulla
fosse successo, ma con il cuore spezzato. Non avrebbe mai saputo la sua
verità. Quella che Shinichi le stava per rivelare, il motivo
per cui erano stati separati.
- Hai scelto il suo destino. –
Fu un attimo. Shinichi cadde fuori dal treno, mentre Ran urlava
disperatamente il suo nome, non più come un nome qualunque,
ma nel modo speciale in cui solo lei lo sapeva dire. E mentre cadeva,
Shinichi non poté evitare di sorridere.
____________________________________________________
***Post-it
di Sherry***
Vi sono mancata? no... xD
Beh... ç_ç vengono le lacrimucce vero? xD
Non so neanche che dire xD Bene, Shin sopravviverà? ma anche
no xD
Chissà, chissà... (lol)
Ran ne combinerà ancora di tutte i colori, ma non la vedremo
per un bel po'... in compenso, troveremo un prossimo capitolo in cui si
fanno strada molti problemi... ma uno in particolare
incasinerà il povero Shin! Leggete lo spoiler e potrete
farvi un idea...
^.* Sherry
Nel
prossimo capitolo di Promises in the wind
Quando tutto si riduce a delle promesse, possiamo solo svegliarci e
andare avanti.
Ma se ci fosse un tempo limite entro cui mantenere la tua promessa?
E ancora, come farai, se quel limite è completamente dettato
dal caso?
Il prossimo capitolo di Promises in the wind: The only link
with the reality
"Conan ha sette anni, se quella roba ti rimpicciolisse di
altri dieci…"
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