L'erede di Serpeverde di Mitsuki91 (/viewuser.php?uid=158486)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Luma-festa ***
Capitolo 2: *** Chiacchiere ***
Capitolo 3: *** Punti di vista ***
Capitolo 4: *** L'Elfo ***
Capitolo 5: *** Un mostro? ***
Capitolo 6: *** La Stanza delle Necessità ***
Capitolo 7: *** Indizi ***
Capitolo 8: *** Parentele ***
Capitolo 9: *** Regali di compleanno ***
Capitolo 10: *** Ricerche ***
Capitolo 11: *** La Dama Grigia ***
Capitolo 12: *** Il quadro ***
Capitolo 13: *** L'ingresso ***
Capitolo 14: *** La Camera dei Segreti ***
Capitolo 15: *** Colloquio con il preside ***
Capitolo 16: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Luma-festa ***
Eccomi qui! =D avete atteso molto? Vi sono mancata?? =D =D
Ecco dunque il seguito de “Il gioco degli inafferrabili”
u.u
Vorrei dedicare questo capitolo a Elizabeth_Lovegood che mi
ha spinto a scrivere, anche se ho finito gli esami solo ieri XD Per ora ho pronti
due capitoli, adesso dovrebbe arrivare un amico e domani e dopodomani non ci
sono, ma da lunedì vi prometto aggiornamenti regolari u.u scriverò poco alla
volta, ma sempre u.u e come sapete mi piace avere già pronti i capitoli in
anticipo… Però Eliza aspettava con ansia questo seguito quindi non ce l’ho
fatta a dirle di no XD contenta? XD
Ovviamente vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto
“Il gioco degli inafferrabili” e hanno seguito/preferito/ricordato… Se stavate
aspettando impazienti anche voi, eccovi accontentati! =D
Non vi rubo altro tempo, vi dico soltanto… Buona lettura!
=D
Luma-festa
Eva stava correndo come una pazza
verso la torre di Corvonero, e quasi non vide le varie persone in giro per il
castello. Entrò in Sala Comune e non rispose ai saluti amichevoli dei suoi
compagni di Casa, ma non poté evitare di vedersi parare davanti Annie e Beth
appena aperta la porta del dormitorio.
“Siamo tornate!” esclamarono correndo
ad abbracciarla “Allora, come mai non ti abbiamo trovato qui ad aspettarci in
trepidante attesa?! Insomma, già ti aspettavamo al portone, ma così…”
Eva era interdetta. Non rispose ai
saluti e si limitò a guardare le sue due amiche allibita, con la bocca aperta
in una comica e buffissima ‘O’.
Annie si accorse per prima del suo
stato e guardandola nervosamente le chiese: “Ma che hai?”
A quel punto Eva vide un mucchio di
vestiti accatastati sul suo letto e con un grido strozzato andò verso il
baldacchino e li buttò per terra, lasciandosi poi cadere a pancia in giù sul
materasso.
“Ehi! Sono i miei vestiti!” protestò
Beth, allibita.
Eva inspirò profondamente e con
sollievo si rese conto di riuscire ancora a sentire l’odore di Tom. A quel
pensiero si riscosse e saltò su, con un’improvvisa urgenza.
“Devo trovare un vestito elegante!
Devo fare la doccia! Devo prepararmi in meno di un’ora!”
“Si può sapere che cavolo ti prende?!
Non ci hai nemmeno salutate.”
Annie era troppo perplessa persino
per essere offesa.
“Devo andare ad una festa del
Lumaclub.” rispose Eva, mentre scavava nell’armadio alla ricerca di qualcosa.
“Ma tu non fai parte del Lumaclub!”
le rispose Beth.
“Lo so.”
“E allora chi…?”
Annie fece un sospiro rumorosissimo e
sussultò.
“Tu!” disse infine, indicandola.
Eva riemerse dall’armadio con una
manciata di vestiti, osservando la sua amica preoccupata.
“Tu e Tom!”
Eva arrossì e con un debole cenno del
capo confermò i sospetti di Annie.
Anche le loro compagne di dormitorio
si girarono e l’osservarono allibita.
“Devi raccontarci tutto!” esclamò
Beth, saltellando sul posto e congiungendo le mani.
“Dopo! Ora devo prepararmi!” rispose
Eva, di nuovo agitata e super imbarazzata.
“Certo! Vieni in bagno, ti aiuto a
scegliere…” intervenne Annie.
Le tre amiche si chiusero in bagno ed
Eva raccontò a grandi linee come era cominciato tutto, nell’imbarazzo più
totale, mentre Annie e Beth trattenevano il fiato e si lanciavano in gridolini
entusiasti.
Per le otto era pronta e scese in
Sala Comune, accompagnata dalle due amiche.
“Come mai mi seguite?!” chiese,
lievemente indispettita.
“Beh ecco… Non ci sembra ancora vero,
e insomma…”
“Volete vederlo, non è così?” le
rimbeccò Eva, aprendo il passaggio. E si ritrovò quasi fra le braccia del suo
cavaliere.
Arrossendo visibilmente cercò
d’ignorare le sue amiche e gli sguardi entusiasti e golosi che lanciavano a
Tom. Il suo ragazzo indossava la solita divisa scolastica di seconda mano, ma
Eva lo giudicò bellissimo.
“Andiamo Eva?” chiese lui, alzando un
sopracciglio. Non gli erano sfuggiti i commenti delle ragazze e si trovava a
metà fra il divertito e il compiaciuto.
“S-subito!” esclamò lei, sempre rossa
come un pomodoro, prendendolo a braccetto ed uscendo del tutto dalla Sala
Comune. La parete si richiuse in malo modo in faccia ad Annie e Beth, ma le
ragazze non sembrarono farci molto caso. Avevano appena avuto la conferma che
Eva non mentiva, ed erano al settimo cielo per lei.
“Mi spiace per prima.” disse Eva,
mortificata, mentre scendeva le scale a braccetto con Tom. D’un tratto pensò
che forse il suo vestito blu fosse troppo elaborato, accanto ai capi di seconda
mano del suo ragazzo. Dopotutto lui non le aveva fatto nemmeno un complimento.
“Non importa. Dovevo aspettarmelo,
prima o poi tutti lo verranno a sapere.”
Eva non riusciva a capire come mai
Tom fosse così freddo. Il ragazzo dal canto suo si sentiva irritato a stare
sotto i riflettori in quel modo. Per una volta non voleva eccellere ma sparire
nella massa, per poter vivere la sua storia con Eva senza troppe complicazioni.
Arrivarono nell’ufficio del professor
Lumacorno e furono accolti con grande entusiasmo. Come era prevedibile il
vecchio professore insistette per presentare Tom a varie personalità di spicco
che erano suoi ospiti quella sera: fra gli altri uno dei candidati favoriti per
diventare Ministro della Magia e un abile pozionista che con il professore
aveva perfezionato la ricetta del Veritaserum. Eva si sentiva un po’ come la
moglie di un personaggio importante, sorrideva e si presentava a tutti sulla
scia di Tom e non aveva abbandonato il suo fianco neanche per un secondo,
sebbene internamente fosse in stato d’allarme per le poche attenzioni che il
ragazzo le riservava.
La cena era a buffet e quindi finito
il giro di presentazioni Eva si defilò dai personaggi importanti e prese una
tartina. Osservò Tom parlare e ridere dall’altro lato della stanza, anche se
riteneva di scorgere un lampo di noia sul fondo degli occhi del suo ragazzo.
Finalmente, dopo circa un quarto d’ora anche Tom riuscì a congedarsi e la trovò
fra la folla.
“Sai, non sta bene defilarsi quando
gente così importante ti sta parlando.” le disse appena la vide. Eva era a dir
poco perplessa, la serata si stava rivelando un fiasco e si sentiva sull’orlo
delle lacrime. Seriamente, dove era finita la complicità del giorno prima? Il
pensiero poi che quella notte non l’avrebbero passata insieme la gettò nello
sconforto più totale.
“Ma non stavano parlando a me:
parlavano a te.”
Tom sbuffò, si passò una mano fra i
capelli e poi la prese per mano.
“Usciamo un po’…” disse, portandola
fuori dall’ufficio.
“Quello che intendo dire, Eva, è che
la diplomazia viene prima di tutto in questo eventi. Credi che io mi diverta?
Credi che non preferirei stare tutto il tempo a baciarti?”
“C-cosa?!” esclamò la ragazza,
stupefatta. Quella proprio non se l’aspettava: allora era per questo che Tom
era di malumore?
Il ragazzo incrociò le braccia e la
guardò con cipiglio severo.
“Bisogna tener buoni certi contatti.
Forse in futuro potrò trovare lavoro così, anche se mi secca.”
Eva scoppiò a ridere e gli si buttò
addosso, abbracciandolo.
“Ma che…? Capisci quello che voglio
dire Eva? Che fai?”
“Tom, sei proprio una Serpe. Tu pensi
troppo. Se hai voglia di baciarmi fallo, così poi torneremo alla festa più
sereni.”
Tom la guardò un attimo, sorpreso.
Come al solito Eva stava facendo tutto il contrario di quello che lui aveva
pensato: credeva che si scusasse e che promettesse di non farle più fare brutta
figura, a occhi bassi. Ma importava davvero? La verità è che a Tom come ad Eva
bruciava il fatto di non poterla stringere a sé quella notte. Seguire il suo
suggerimenti gli parve all’improvviso una buona, ottima idea.
Così Tom baciò Eva, in mezzo al
corridoio. Non un bacio casto, non era da lui: pretendeva tutto e subito. In
quel momento a nessuno dei due importava che qualcuno potesse vederli. C’erano
solo loro.
Poi Tom si staccò da Eva e la riprese
per mano, con un sorriso appena accennato. Insieme tornarono alla festa e,
finalmente, si divertirono.
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Capitolo 2 *** Chiacchiere ***
Buongiorno! =D
Come promesso è lunedì, ed io sono tornata u.u ho appena
finito di rileggere questo capitolo (dove non succede granché in effetti XD ma
è un capitolo che servirà u.u) e quindi mi appresto a postarlo, e ad iniziare a
scrivere il quarto XD cercherò di scriverne il più possibile cosicché anche se
un giorno ho qualche impegno ne avrò sempre uno pronto da postare u.u ma adesso
come adesso devo star dietro a quattro storie, quindi non aspettatevi
aggiornamenti proprio giornalieri, o almeno non sempre >..<
Ringrazio chi ha già messo la storia fra le
seguite/ricordate e chi ha recensito *--*
E senza ulteriori indugi, vi auguro buona lettura! =D
Chiacchiere
“Ora tu ci racconti tutto e meglio!”
A parlare era stata Annie, in un
bisbiglio entusiasta e colmo di gioia, mentre Eva rientrava cercando di fare il
meno rumore possibile per non svegliare le sue compagne. Che evidentemente
erano rimaste sveglie apposta per sentirla raccontare tutto.
Eva sospirò, buttandosi sul letto
ancora vestita.
“Sono stanchissima ragazze, domani
forse…”
“Domani sarà troppo tardi!” disse
Beth, mettendosi a sedere sul letto “Domani tutta la scuola sparlerà di voi!
Credi che non si diffonda la voce? Dicci tutto!”
“E va bene.” si arrese Eva “Però
prima mi fate mettere il pigiama.”
Una volta che si fu cambiata ripeté
alle sue compagne di dormitorio quello che aveva già accennato prima a Annie e
Beth, arricchendolo di particolari: di come lui si sentisse arrabbiato per il
fatto che lei lo stava ignorando, di come poi si fosse fatto trovare in Sala
Comune ricordandosi del fatto che aveva paura del buio e della solitudine, di
come avessero dormito insieme, tutte le notti, di come lui l’avesse baciata a
Natale e di come poi si fossero messi insieme dopo capodanno.
Annie, Beth e le altre erano un
pubblico ideale: esultavano quando c’era da esultare, e alla fine urlarono come
matte, piene di gioia. Eva credette che avrebbero svegliato tutto il castello.
“Oddio, ti faccio i miei
complimenti!”
“Ce l’hai fatta Eva, finalmente!”
“Hai scalfito il cuore duro di
Riddle!”
“Chi la dura la vince, e brava Eva!”
Le dissero, correndo ad abbracciarla.
Eva si sentiva a disagio. Finalmente la lasciarono e tornarono a letto, anche
se ci misero parecchio tempo prima di addormentarsi.
Il giorno dopo Eva si sentì seguita
da sussurri e occhiate curiose. Non poteva credere che la voce che stesse
insieme a Tom fosse già girata, eppure…
“Sei famosa.” osservò Beth a
colazione, sedendosi accanto a lei.
“Già, una celebrità. Colei che ha
conquistato un cuore tanto ambito. Stai attenta perché qualche ragazza sembra
volerti cruciare.” concluse Annie, indicando un paio di Tassorosso del quarto
anno.
“Sentite, ma cos’è sta storia che Eva
si è messa con Riddle? Ne parlano tutti… Ma è solo una voce, giusto?” chiese
Daniel, che era appena arrivato, sedendosi accanto a Beth.
“In realtà…” iniziò Eva, titubante.
“E’ vero! E’ la verità più vera che
ci possa essere!” finirono in coro Annie e Beth.
In quel momento entrò Tom in Sala
Grande, con al seguito Abraxas Malfoy. Non degnò di uno sguardo nessun tavolo e
andò dritto dalla Serpi, per fare colazione.
“Beh, mi pare che tu abbia frainteso
qualcosa, no Eva?” insistette Daniel.
“E’ solo… Riservato.” obbiettò lei,
arrossendo.
Dall’altra parte della sala Malfoy
non la smetteva d’importunare Tom. Tom, che aveva sempre deriso le cotte e gli
amori adolescenziali, Tom che era il tipo solitario per eccellenza, e che si
circondava solo di seguaci e mai di amici… Che cos’era questa storia?!
“Insomma Riddle, ti sei ammattito?!
Tutto il castello parla di un intrallazzo tra te e quella White. Che storia è
mai questa?!”
“Quello che faccio con la White non
ti riguarda, Malfoy. Chiudi la bocca.” rispose, affondando la forchetta nelle
uova.
Sapeva che sarebbe andata a finire
così. Sapeva che sarebbe andata a finire così e la cosa gli dava un nervoso
allucinante. Ma perché gli altri non potevano farsi gli affari loro?! Per tutta
la durata della colazione non guardò verso il tavolo di Corvonero, sperando che
gli altri la smettessero di mormorare. Invece le chiacchiere aumentavano. E lui
stava perdendo la pazienza.
Preso dall’ira si alzò di scatto, e
tutti ammutolirono. Bene, volevano lo spettacolo? E spettacolo avrebbero avuto.
Tom si diresse a passo svelto verso
Eva, dopo essersi caricato la borsa in spalla.
“Andiamo a lezione.” le disse, appena
le fu alle spalle.
“Arrivo.” rispose Eva, salutando
frettolosamente gli amici. In Sala Grande non volava una mosca, persino i gufi
sembrarono essersi paralizzati, mentre tutti osservavano sbalorditi la strana
coppia uscire fianco a fianco.
Albus Silente incrociò le mani e vi
appoggiò la testa, sorridendo soddisfatto.
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Capitolo 3 *** Punti di vista ***
Buongiorno a tutti u.u
Eccomi con un capitolo che mi piace particolarmente…
Eheheheh u.u
Lo capirete nel discorso finale *--* Questa era l’illuminazione
che mi era venuta già da prima… *--*
Ok basta, sono troppo esaltata u.u
Ringrazio chi mi segue/preferisce/ricorda e chi recensisce
*--* wow ben dieci recensioni per soli due capitoli *--* mi fate felicissima! *--*
Ora non vi rubo più altro tempo u.u buona lettura! =D
Punti di vista
Dopo due o tre settimane le
chiacchiere sul loro conto scemarono: fra l’irritazione nervosa di Tom e
l’indifferenza felice di Eva gli studenti di Hogwarts trovarono altro di cui
parlare, come ad esempio di come Lilian Ruffle si fosse riempita di brufoli da
capo a piedi nel tentativo di farsi sparire un neo.
E dopotutto non era più nemmeno una
novità, o interessante: Tom accompagnava Eva a tutte le lezioni e la veniva poi
a prendere, pranzavano e cenavano ognuno per conto proprio e dopo le lezioni se
ne andavano in biblioteca a studiare. Non c’era stato neppure un gesto
d’affetto fra di loro, se non il prendersi per mano, tanto che gli altri non
capivano come potessero stare insieme, e non si divertivano più a parlarne. La
verità era che Tom non avrebbe commesso neanche un passo falso davanti agli
altri: ma dopo le ore passate in biblioteca, nel riaccompagnare Eva in Sala
Comune, appena trovava un corridoio vuoto trascinava la ragazza in qualche
nicchia o passaggio, per poi baciarla appassionatamente e senza freni, come era
sua natura. Eva ‘sopportava’ di buon grado questi momenti, sempre con il cuore
che batteva a mille dall’emozione, e desiderando che non finissero mai.
Duravano sempre troppo poco.
Un giorno Tom era particolarmente
irritabile, e da quello che Eva era riuscita a capire aveva sentito due Tassi
prenderlo in giro per essersi messo con una ragazza, scimmiottandolo con frasi
che un tempo gli appartenevano, come “l’amore è una debolezza”. Certo, appena i
due avevano voltato l’angolo e si erano ritrovati faccia a faccia con Tom erano
sbiancati e corsi via, ma il ragazzo continuava comunque ad essere di malumore.
Così, dopo che aveva portato Eva dietro un arazzo e l’aveva baciata in modo ancora
più esigente del solito, la ragazza lo fece sedere per terra e si sedette con
lui, prendendolo tra le braccia. Lo cullò dolcemente, lo strinse a sé come una
mamma fa con un bambino finché lui non si calmò. Da quel momento Tom divenne un
tantino più affettuoso, concedendosi lunghi abbracci oltre ai soliti baci prima
di congedarsi dalla sua ragazza.
Nel frattempo i due continuavano a
cercare traccia del passato di Tom. Il ragazzo negli anni precedenti aveva
inutilmente cercato un ‘Tom Riddle’ fra le pagine dei libri magici,
arrendendosi ora al fatto che probabilmente sua madre era una strega. L’unico
indizio che avevano a disposizione era il secondo nome di Tom, Orvoloson, che
stando al personale dell’orfanotrofio dove il ragazzo era cresciuto era il nome
di suo nonno, il padre di sua madre.
I due erano quindi ancora in
biblioteca e avevano finito i compiti per quella settimana. Stavano sfogliando
vari libri dove avrebbero potuto trovare il nome Orvoloson, quando Tom si
decise ad esternare un pensiero che si portava dentro praticamente da sempre, e
che spiegava come mai non si fosse arreso facilmente al fatto di avere un padre
babbano.
“Ho faticato tanto a credere e
soprattutto ad accettare il fatto che mio padre non avesse mai messo piede ad
Hogwarts… Che fosse un semplice babbano. Mia madre era morta, una strega… Non
potevo credere che una strega si fosse abbassata all’ignominia della morte, pur
di non avermi con sé…”
“Io non credo che sia andata così.”
disse Eva, chiudendo di scatto il libro.
Tom fece un sorriso amaro.
“Come altro potrebbe essere andata?
La direttrice c’era quel giorno. Mi ha detto che mia madre, deperita, ha
bussato alla porta dell’orfanotrofio. Mi ha dato alla luce, mi ha dato un nome
e poi è morta. Non sono supposizioni, ma fatti.”
“Intendevo altro.” rispose Eva “Io
non penso che ti abbia voluto abbandonare, ‘abbassandosi’ alla morte…”
Eva corrugò la fronte, riflettendo su
come esporre meglio il concetto.
“Secondo me ti ha voluto dare una
possibilità. Voglio dire, innanzitutto si è presa la briga di cercare un
orfanotrofio no? Un posto dove ti avrebbero accudito, magari un posto triste, è
vero, ma dove avresti avuto un tetto sulla testa e di che vivere,
un’istruzione… Non sappiamo niente del passato di tua madre, niente su tuo
padre: come puoi giudicare la sua vita e la sua scelta?
Se fosse stata veramente debole e
codarda… Hai detto che ti hanno riferito che è giunta deperita
all’orfanotrofio, no? Una donna non si riduce così mica da un giorno all’altro.
Voglio dire, qualsiasi cosa sia successa a tuo padre, in qualsiasi modo lei si
fosse ridotta in miseria… E’ successo molto prima che tu nascessi. Se fosse
stata tentata dalla morte… Se fosse stata debole… Se per lei non aveva alcuna
importanza, allora perché? Perché non portarti con sé all’altro mondo?
Dopotutto sarebbe stato più semplice no? Avrebbe patito di meno.
Invece ha fatto la scelta più ardua.
Ha scelto di vivere, per darti alla luce. Ha resistito, stoicamente, fino
all’ultimo secondo: magari non mangiando, magari patendo mille sofferenze… Ed
ha cercato un posto dove ti avrebbero accolto, si è trascinata a partorire
all’orfanotrofio. E ti ha dato un nome.
Questo non mi sembra un gesto da
condannare o per cui serva codardia. Anzi.
Ci vuole molto coraggio per
dimenticare i nostri problemi personali e vivere in funzione di un’altra persona.
Secondo me, tua madre ti ha amato
davvero. Ti ha amato dal profondo.
Ti ha amato tanto che se ha davvero
scelto di morire, ha scelto di farlo per fare in modo che si prendessero cura
di te. Per fare in modo che avessi di che mangiare, di dove vivere… Per non
dover soffrire la vita misera che ha dovuto fare lei per darti alla luce.
Io di questo ne son convinta.”
Dopo un attimo di silenzio Eva alzò
lo sguardo, incontrando quello di Tom, sconvolto.
Gli occhi erano spalancati e la bocca
leggermente socchiusa.
“Io…” disse infine lui “Non avevo mai
considerato questo punto di vista.”
Era ancora shockato.
Eva gli carezzò dolcemente una
guancia.
“Tua madre ti ha sempre amato e
continuerà a farlo. Scommetto che ora è una stella, e ti protegge da lontano.”
Tom le strinse la mano, impedendole
di ritirarla dalla sua guancia, e chiuse gli occhi.
“Grazie.” sussurrò.
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Capitolo 4 *** L'Elfo ***
D= io credevo di avere già aggiornato! D=
E invece no!
Ecco quindi che rimedio a questo imperdonabile errore u.u
Ringrazio quindi chi segue/preferisce/ricorda e chi
recensisce *--*
Buona lettura! =D
L’Elfo
Ci volle qualche secondo perché Tom
si rendesse conto che con il suo gesto aveva attirato l’attenzione di tutti su
di loro: la biblioteca non era mai stata così silenziosa mentre una quarantina
di studenti, dimentichi dei libri e dei compiti, si erano girati ad osservarli,
con la bocca aperta. Irritato, lasciò la mano di Eva, per poi dirle: “Andiamo.”
Raccolsero in fretta le loro cose e
si defilarono.
“Accidenti, che stress! Ora
inizieranno a sparlare… Ma non hanno nient’altro da fare?!”
Eva in cuor suo si divertiva a vedere
Tom così. Dopotutto lui era quello senza emozioni, che non mostrava mai il suo
vero volto e che niente poteva scalfire. Il fatto che fosse irritato e che non
si facesse problemi a farlo capire ad Eva la faceva sentire speciale, in
qualche modo. E per Tom, Eva era davvero speciale.
Quella sera rimasero un sacco di
tempo a coccolarsi, tanto che il coprifuoco sarebbe scattato nel giro di dieci
minuti.
“Accidenti! Ho pure il turno da
Prefetto…” iniziò Tom, quando Eva gli disse l’ora.
“Vai pure, puoi anche non
accompagnar… Oh, no! Me ne sono scordata!” esclamò la ragazza.
“Cosa?”
“Ieri ho messo per sbaglio il mio
libro di Antiche Rune nella tua borsa… E domani ho lezione, ma mi mancano
ancora dei compiti da fare, e sono sul libro… Se non li porto il professor
Morgan mi metterà in punizione per un sacco di tempo! Mi sono dimenticata di
dirti di portarmelo oggi…”
Tom frugò nervosamente nella borsa.
“Non ce l’ho, devo averlo tolto con
gli altri…”
“E adesso?”
“Senti, vieni con me.”
Tom la prese per mano ed iniziarono a
scendere verso i sotterranei. Una volta di fronte alla parete della Sala Comune
le disse di aspettare da qualche parte, cercando di non farsi vedere. A quanto
pare i Serpeverde odiavano gli intrusi.
Eva si mise quindi in un’aula vicina,
trovando un Elfo intento a spolverare.
“Oh! Padrona! Io non deve… Io mi è
fatta vedere, cattiva Trixi! Cattiva!” disse, prendendo a sbattersi la testa su
un banco e facendo un enorme casino. Eva cercò d’intervenire.
“No, ehm… Trixi, giusto?! Smettila
per favore…”
L’Elfa si calmò e poi rimase davanti
a lei, gli occhi bassi. Eva, cresciuta in una famiglia non magica, l’osservò
con curiosità: Trixi era bassa e tarchiata, con un bel po’ di pelle in eccesso
e grosse macchie marroni sulla testa. Stava per dirle qualcosa quando Tom
entrò.
“Ah, eccoti.” le disse seccato “Ti ho
cercato dappertutto. Questo è il tuo libro comunque.”
“Oh, grazie!” rispose Eva,
prendendolo e mettendolo in borsa.
“Come mai c’è un Elfo? Non dovrebbero
non farsi vedere?”
Gli occhi dell’Elfa si riempirono di
lacrime.
“Trixi non voleva, padrone, Trixi fa
il suo lavoro, non pensa che qualche uno c’è qui adesso…”
“Oh, non importa, davvero.”
“Ma…” cercò di dire Tom, mentre
osservava disgustato la creatura.
“Ma niente. Già fa il suo lavoro in
modo impeccabile, non vedo cosa sia successo di così terribile per farla
addirittura piangere.” rispose Eva, pungente. Poi ai abbassò verso Trixi
“Senti, non piangere su… Non è successo niente…”
Trixi la guardò, poi spostò lo
sguardo verso Tom.
“Ma… Il padrone… Io dovrei punirmi…
Io ha…”
“Non importa davvero.”
“Io ha sbagliato…”
“Senti Elfa.” intervenne Tom “Se ti
senti in debito, perché non ci aiuti?”
Eva corrugò la fronte.
“Tutto quello che può padrone, Trixi
farà.” disse lei con un inchino.
“Non è che conosci un posto dove io
ed Eva possiamo studiare in pace?”
A quel punto Eva comprese e sorrise,
ridendo sotto i baffi. Certo che Tom ci teneva alla privacy!
L’Elfa sembrò pensierosa per un
momento, poi s’illuminò.
“Voi potreste usare la Stanza-va-e-viene,
detta Stanza delle Necessità!”
“E cosa sarebbe?” chiese Tom, curioso
e in qualche modo che Eva non si sarebbe potuta spiegare stupito.
“E’ una stanza che appare solo se c’è
bisogno! E’ al settimo piano, voi dovete andar là e passare tre volte nel corridoio
pensando… Quello che serve appare. Cambia sempre…”
Dopo che Trixi ebbe fornito le dovute
informazioni si congedò con un inchino, decisamente più serena per aver
ripagato il debito con i padroni, e scomparve.
“Interessante questa stanza…” mormorò
Tom, tenendosi il mento con due dita.
Eva sorrise e gli si avvicinò.
“Toglimi una curiosità” disse “Perché
eri così stupito quando Trixi ti ha risposto?”
Tom sorrise a sua volta e senza
preavviso prese Eva e la strinse a sé.
“Perché pensavo che un Elfo non potesse
avere una risposta alla mia domanda. Insomma, sono servi e puliscono, che altro
devono sapere oltre a fare il proprio lavoro?”
Eva si scostò da lui e lo guardò
malissimo.
“Il fatto che siano servi non fa di
loro creature ignoranti, Tom.”
“Ecco un’altra cosa a cui non avevo
mai pensato.” ammise lui, cercando la bocca di Eva con la sua.
Si baciarono con molta passione
finché Eva, sospirando, non si staccò dicendo che ormai era tardissimo.
“Sa, signorina White” le disse Tom,
prendendola per mano “In qualità di Prefetto dovrei punirla per aver violato il
coprifuoco… Ma oggi mi sento buono, perciò la riaccompagnerò in Sala Comune. E
mi prometta di non uscire mai più così tardi.”
Eva ridacchiò, poi si apprestò a
seguire Tom fuori dall’aula.
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Capitolo 5 *** Un mostro? ***
Eccomi con il prossimo
capitolo! =D
So che sembra non c’entrare
niente… Però volevo scriverlo u.u e alla fine rispunterà fuori la sua utilità,
eheh XD
Bene, ringrazio
infinitamente chi mi segue/preferisce/ricorda e chi recensisce *--*
Ma io vi adoro *--*
Buona lettura! =D
Un mostro?
Tom
ed Eva avevano finito presto di mangiare, e stavano per uscire dalla Sala
Grande quando Malfoy richiamò il ragazzo.
“Ti
aspetto, vai pure.” disse Eva. Tom, scocciato, tornò indietro verso il tavolo
delle Serpi.
La
ragazza si sentiva osservata, così uscì dalla Sala e si avvicinò alla scalinata
per aspettare il suo ragazzo. Ad un certo punto le parve di sentire un rumore
strano, come un gatto che graffia la porta. Incuriosita, Eva si spostò a
sinistra, seguendo quel rumore, a cui si erano aggiunti schiocchi e versi
strani. Entrò in una piccola aula dove c’erano solo tre banchi e un armadio.
Era proprio da quest’ultimo che veniva lo strano rumore, e in aggiunta tremava
tutto.
Eva
si chiese cosa mai potesse essere. Valutò i rumori e il tremolio: un molliccio
forse? In questo caso cosa avrebbe dovuto fare? Tirò fuori la bacchetta e
valutò le alternative. Aveva imparato l’anno scorso ad affrontare i mollicci,
non era nulla di che, almeno in teoria. Cos’era la formula? Riddikulus? Bene,
se la ricordava. Che forma avrebbe preso il molliccio?
Se
doveva pensare alla sua grande paura, la prima cosa che le veniva in mente era
l’oscurità. Ma come ci si poteva trasformare in oscurità? Combatterla sarebbe
stato semplice, sarebbe bastato accendere una luce, ma l’ipotesi le sembrava
poco probabile. Una paura più concreta?
Ragni,
erano certamente i ragni. Eva era aracnofobica fin da quando poteva ricordare.
Ok, e ora come si rende ridicolo un ragno? Pensò a diverse possibilità. Alla
fine optò per intrappolarlo nella sua stessa tela, e farlo rotolare. Bene, era
fattibile. Si concentrò sull’immagine e poi, con un sospiro, aprì la porta
dell’armadio con un semplice alohomora.
Un
ragno in effetti uscì, ma era poco più grande di un pallone. Certo, bastava per
far morire di paura Eva, ma si era aspettata qualcosa di più spettacolare a dir
la verità.
“Riddikulus!”
urlò, mentre il ragno si guardava intorno, come stupito della sua stessa
libertà.
Non
successe assolutamente nulla. Eva corrugò la fronte, e iniziò a sudare freddo.
Come era possibile?
“RIDDIKULUS!”
ripeté, ma niente. Ora il ragno sembrava essersi accorto di essere finalmente
libero, e prese a zampettare verso di lei.
Eva
si sentì impallidire dalla paura. Ma che voleva quel coso?! Levò la bacchetta,
pronta a schiantarlo, quando…
“NO!
NON CI FARE DEL MALE!”
Un
ragazzo a dir poco enorme entrò nell’aula e si avvicinò al ragno, prendendoselo
in spalla. Eva lo riconobbe istintivamente come Rubeus Hagrid: e dopotutto chi
non lo conosceva, con la sua stazza?
“Ma
che… Che è?” chiese Eva, con un filo di voce, mentre Hagrid si girava a
guardarla.
“E’
un’acromantula.” rispose una voce fredda alle sue spalle.
Eva
si girò e vide Tom, che squadrava con rabbia mista a disgusto il loro compagno.
“E’
un animale pericoloso, tanto da essere classificato Creatura non Commerciabile
di classe B. Come mai te ne porti appresso uno, Hagrid?”
Il
ragazzone si guardò intorno nervosamente.
“Io…
Io l’ho trovato, ecco… Non potevo abbandonarlo, era piccolo! Sarebbe morto di
fame!” cercò di protestare, arrossendo.
“Tu
hai trovato per caso una Creatura non Commerciabile di classe B?” chiese Tom, pesantemente
sarcastico, alzando un sopracciglio.
“Sì,
io… Ho trovato l’uovo….”
“Lo
sai vero che devo denunciarti al preside Dippet?”
Hagrid
sbiancò.
“No,
per favore! Lui non è pericoloso! Non fa niente, lo giuro!”
“Stava
per attaccare Eva.”
C’era
tanto gelo in quelle parole che ad Eva vennero i brividi, mentre lo sguardo di
Tom sprizzava lampi. Non l’aveva mai visto così arrabbiato.
“Lui
si difende e basta! Lei gli stava puntando la bacchetta! Ti prego, è buono, e…”
“Non
importa Tom.” disse Eva, avvicinandosi al ragazzo e poggiandogli una mano sul
braccio. Tom era decisamente stupito.
“Non
importa? Ma se stai ancora tremando di paura?”
“Sono
aracnofobica, ed è un mio limite, non è di certo colpa di… Del ragno. Comunque
lascia stare, basterà che Hagrid gli trovi un posto più sicuro no? Lo farai,
vero?” l’ultima frase era diretta al ragazzo che continuava a tenere il ragno
in spalla.
“Sì,
io… Certo, lo farò…” rispose lui, tirando un enorme sospiro di sollievo.
“Dai…
Andiamo Tom…” lo spinse Eva.
“Stai
attento Hagrid. Se vedrò in giro anche solo mezza zampa farò rapporto: è una
promessa.” disse Tom, prima che Eva riuscì a trascinarlo fuori.
Qualche
rampa di scale più sopra il ragazzo si decise a chiedere: “Come mai non me
l’hai fatto denunciare?! Un acromantula nel castello… E’ pericolosa!”
Eva
si fermò in mezzo al corridoio, e lo guardò con uno strano sorriso triste.
“Tom,
Hagrid ha appena perso suo padre.”
“E
allora?”
“E
allora è solo al mondo! Non puoi biasimarlo se cerca un po’ di compagnia, anche
se indubbiamente sarebbe stato meglio un gatto, o un gufo. Probabilmente quel
ragno è l’unica cosa cara che ha: se lo denunciassi non solo dovrebbe
separarsene, ma comprometteresti in modo irrimediabile i suoi studi. Vuoi
davvero condannarlo in questo modo? Non ha più nessuno a cui appoggiarsi, come
credi che farebbe a tirare avanti?”
Tom
abbassò la testa, riflettendo.
“Forse
hai ragione. Sta fatto che lo faccio solo per te: ricordatelo. E non scherzavo
quando gli ho detto che alla prossima l’avrei denunciato.”
Eva
sorrise.
“Non
te ne preoccupare più, adesso. Allora, vediamo o no questa Stanza delle
Necessità?”
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Capitolo 6 *** La Stanza delle Necessità ***
Buongiorno a tutti!
Vi sono mancata? u.u
Purtroppo questo è l’ultimo
capitolo che ho scritto, non ne ho altri “bonus” ;_; quindi non so quanto
dovete aspettare per gli aggiornamenti… In questi giorno purtroppo sono stata
impegnata >..< domani dovrei essere libera, cercherò di scrivere quanto
più possibile! (ma ricordatevi che devo far andare avanti tre storie, più
qualche progetto non ancora pubblicato ma di sole idee e altre cose in
collaborazione u.u ò.ò aspetta, e dove son finite le mie vacanze? ò.ò)
Beh, dai, ringrazio come
al solito chi mi segue/preferisce/ricorda, ed invito a recensire! =D
Questa storia mi sta dando
grandi soddisfazioni u.u
Buona lettura! =D
La Stanza delle Necessità
Tom
ed Eva erano riusciti ad entrare nella Stanza delle Necessità, seguendo le
indicazioni dell’Elfa, e spalancarono la bocca dalla meraviglia: si era creata
una sorta di enorme biblioteca, con più libri della stessa di Hogwarts – il che
era tutto dire –. Al posto delle scomode panche con gli enormi tavoli di legno
c’erano dei divanetti e delle poltroncine, alcuni vicino a dei piccoli tavoli
molto intimi, anche se con abbastanza spazio per appoggiarci tutti i libri del
caso. Gli scaffali dovevano essere in ebano, da quanto erano scuri, e il
pavimento era fatto di marmo nero e verde. Ai lati e sul fondo della stanza si
aprivano ampie vetrate colorate che lasciavano entrare la luce necessaria.
Sembrava di stare in un’enorme cattedrale, anche se piuttosto bizzarra.
“Sai
Tom, credo che verrò sempre qui a studiare.” sussurrò Eva, ancora stupefatta
dalla visione.
Tom
era incantato da tanta magnificenza: lì sicuramente avrebbe trovato qualche
risposta sul suo passato.
I
due si avviarono verso due poltrone ed un tavolo, appoggiando le loro cose.
“Senti,
ci sarebbe quel tema di Trasfigurazione per domani…” iniziò Eva.
Tom
annuì, poi disse: “Iniziamo da quello. Poi abbiamo tutto il tempo di cercare…
L’altra cosa.”
Andarono
dunque in esplorazione. Alcuni di quei libri sembravano antichissimi e
preziosissimi, altri invece erano più moderni e vivaci. Eva trovò i libri
richiesti per il tema e vide che su alcuni c’erano scarabocchiati degli
appunti: che la Stanza prendesse tutto ciò che gli studenti dimenticavano dopo
la partenza definitiva da Hogwarts?
Dopo
circa mezz’ora di lavoro, comunque, avevano finito, e potevano dedicarsi in
santa pace alla ricerca di informazioni su Orvoloson. Eva stava per alzarsi per
andare a cercare dei libri utili, quando Tom la prese per un polso e la fermò.
“Che
succ…?”
Non
fece a tempo a finire la frase che Tom la tirò, e lei cadde in braccio a lui.
“Sai,
c’è un altro vantaggio ad avere una biblioteca personale…”
“Oh.”
disse Eva, arrossendo e sentendosi stupida. Il cuore prese a batterle forte,
mentre valutava la parole di Tom.
Il
ragazzo la strinse a sé, baciandole i capelli, per poi scendere verso il viso.
Le baciò la fronte, gli occhi, la guancia destra per poi arrivare alle labbra,
che fece sue con la passione e la rudezza di sempre. Eva rispose di buon grado
al suo bacio, con una mano sul petto di lui e l’altra fra i suoi capelli.
Tom
sembrava non averne mai abbastanza. La strinse sempre più forte e la baciò
sempre con più ardore. Si staccò dalle labbra di Eva solo per morderle
l’orecchio e iniziare a scendere verso la spalla, con una scia di baci infuocati.
“T-Tom.”
mormorò Eva, confusa da quel nuovo approccio.
“Mh
mh.” rispose lui, mentre le succhiava la base del collo. Sicuramente sarebbe
rimasto il segno.
“Dovremmo
cercare qualcosa…”
Tom
sospirò e si staccò da lei.
“Hai
ragione. Andiamo.”
Eva
si sentiva battere il cuore all’impazzata. Che cosa era appena successo tra
loro? Sapeva che Tom era esigente, lo era sempre stato… Ma se non lo avesse
fermato? Che avrebbe fatto?
Improvvisamente
valutò tutte le conseguenze dello stare da sola con lui, in un posto appartato
la cui esistenza era sconosciuta ai più. Un brivido le corse lungo la schiena,
ma non era un brivido di paura… Era caldo, sconosciuto… Eccitante.
Alzò
lo sguardo verso il ragazzo davanti a lei e le sembrò di vederlo per la prima
volta. Tom era bello, indubbiamente bello. Ed era il suo ragazzo. Era pronta a
conoscerne tutti gli aspetti? Un languore nel bassoventre le disse di sì, la
sua mente cercò di calmarla e farla ragionare. Ma cosa c’era da ragionare? Non
era forse puro istinto? Non stava forse con la persona che amava, che aveva
sempre amato? Perché titubare in quel modo?
Una
vocina dentro la sua testa, che aveva l’orribile suono di quella della zia Emily,
le disse che non stava bene. Non stava
bene comportarsi in certi modi, o avere pensieri così impuri, soprattutto per
una ragazza. Un’altra voce invece le disse che non le importava. Lei era Eva,
non zia Emily, una ragazza in grado di prendere le sue decisioni da sola.
Nessuno poteva dirle cosa fare, tantomeno sua zia. E tantomeno su una faccenda
così… Intima. Tuttavia non si sentiva così coraggiosa da parlarne con Tom,
quindi avrebbe aspettato una sua mossa.
Intanto
erano arrivati ad uno scaffale promettente, e Tom le ficcò in mano deciso
parecchi libri dall’aria noiosa.
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Capitolo 7 *** Indizi ***
Rieccomi! Non sono
sparita!
Scrivere questo capitolo è
stata una faticaccia, ma non so perché o.O
Come ho già avvisato in
un’altra storia… Purtroppo con tre storie in corso non riesco a garantire
aggiornamenti giornalieri, anche perché ho altro da fare e non passo tutti i
giorni al pc a scrivere ^^” sono in vacanza, devo godermele un po’ anch’io! =D
In ogni caso la mia
passione per la scrittura rimane intatta u.u
Quindi ho deciso d’impegnarmi
per garantire almeno un aggiornamento settimanale… Per ogni storia s’intende
u.u e nel frattempo cercherò di portarmi avanti con i capitoli da qualche
parte… Se riesco a finire le altre due storie (che sono “a sé stanti”) avrò più
respiro e potrò dedicarmi a questa e al seguito che intenderò scrivere =) e ad
una nuova storia che ho in cantiere XD lo so, ne ho troppe! XD
Ringrazio comunque chi ha
la santa pazienza di aspettare, chi mi segue/preferisce/ricorda e chi
recensisce =) siete la mia forza! =D
Senza rubarvi altro tempo…
Buona lettura! =D
Indizi
Era
ormai fine febbraio quando Tom ed Eva riuscirono a trovare le tracce di un
Orvoloson che potesse essere il nonno del ragazzo. Eva lo trovò per caso in un
libro di processi: un tale Orvoloson Gaunt era citato per aggressione a
dipendenti del Ministero insieme al figlio, Orfin, che in aggiunta aveva
un’accusa per un’aggressione ai danni di un babbano.
“Tom
guarda.” gli disse Eva, avvicinando il libro.
Insieme
si misero a leggere il paragrafo:
Orvoloson Gaunt è stato arrestato questa mattina con l’accusa
di aggressione alla figlia e ai dipendenti del Ministero, chiamati come
rinforzi da Bob Ogden, che era andato nella dimora dei Gaunt per comunicare la
data del processo di Orfin Gaunt per uso improprio della magia ai danno di un
babbano.
[…]
Orfin Gaunt è stato arrestato nello
stesso momento, dopo che aveva già precedentemente aggredito il suddetto Bob
Ogden […]
I due non sembrano minimamente pentiti
delle proprie azioni e continuano a sostenere la loro superiorità rispetto alle
leggi magiche in virtù del loro stato di Purosangue […]
I due sono entrambi condannati ad essere
rinchiusi ad Azkaban, Orvoloson Gaunt per una durata di sei mesi ed Orfin Gaunt
per una durata di tre anni, date le ragioni sopra esposte.
“…
Tom…” sussurrò Eva, guardandolo per la prima volta.
Tom
aveva un’espressione seria e tutto sommato tranquilla. Fece un segno alla
pagina e richiuse il libro, guardando Eva.
“Beh
non si può dire che io abbia dei parenti virtuosi no?” disse, con leggerezza.
“Ancora
non sappiamo se siano o meno tuoi parenti… Però c’è scritto che Orvoloson aveva
una figlia, quindi…”
“Quindi
potrebbe essere mia madre, sì.”
“Però
non ne siamo sicuri. Credo che dovremmo cercare ancora… Cioè, non so neanche
perché ho preso questo libro, sono trascrizioni di processi con relative
condanne…”
“Hai
fatto bene. Eva, non essere turbata… Per niente. Anche se fossero mio nonno e
mio zio… Beh, non sono me. Io non aggredirei mai un babbano… Probabilmente quei
due avevano qualcosa che non andava. Sai, i Purosangue non sono più molti al
giorno d’oggi… Per questo si era presa l’abitudine, nei tempi passati, di
sposarsi fra cugini, o addirittura fratelli… E questo può aver influito sulle
loro capacità mentali. Non preoccupartene: io non lo sono.”
“Ma…”
“Niente
ma, Eva. Rilassati.”
Dicendo
questo Tom l’attirò verso di sé, cingendole le spalle con il braccio e
posandole un bacio sulla fronte. Era un gesto così insolito, così… Casto… Che
Eva pensò che Tom fosse rimasto in realtà più turbato di lei. Poi però il
ragazzo si riappropriò violentemente delle sue labbra e ogni dubbio sparì: Tom
era lo stesso, e come sempre la voleva senza alcun freno inibitore.
Tom
le lasciò le labbra solo per avventurarsi lungo il suo collo con una scia di
baci infuocati, mentre con l’altra mano l’attirava a sé e le accarezzava la schiena.
Eva arrossì, ma aveva preso una decisione: era pronta. Era pronta a concedersi
a Tom, completamente.
Sorprendentemente
però il ragazzo la lasciò andare. Le sorrise, poi la strinse a sé, facendola
accoccolare sul suo petto. Eva era rimasta un attimo spiazzata, ma si riprese
in fretta e rimase ad ascoltare il cuore di Tom, che batteva veloce, proprio
come il suo.
“Ti
aspettavi altro, eh? Maliziosa…” le sussurrò improvvisamente lui all’orecchio,
facendola arrossire come un peperone.
“Che?!
Ma che stai dicendo?!” chiese, allontanandosi di scatto da lui.
Tom
scoppiò a ridere, ed Eva dimenticò per un secondo di che cosa stessero
discutendo, per imprimersi nelle mente quel suono, che era così raro.
“Oh
Eva…” disse infine lui, ricomponendosi. Le toccò una guancia con le dita “Prima
o poi arriveremo anche a quello… Ma
per il momento… Vai a prendere altri libri?”
Eva
non lo credeva possibile, ma arrossì ancora. Osservò la sua espressione
maliziosa e dal suo tono ironico capì che la stava prendendo in giro, così
decise di non dargli corda e si alzò, andando verso gli scaffali.
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Capitolo 8 *** Parentele ***
Buona sera a tutti u.u
Annuncio che… Ho finito di
scrivere una delle storie che o in sospeso u.u quindi, se domani riesco a
finire l’altra… Poi mi posso dedicare molto di più a questa =D per vostra gioia
naturalmente XD
Ringrazio come sempre chi
mi segue/preferisce/ricorda… =) e un grazie speciale anche a chi recensisce! =)
Siete meravigliosi =)
Vi lascio questo capitolo
birichino… Ma perché diamine ho messo il rating arancione? XD (no, ok, quello
vale più per il prossimo u.u forse farò uno spin-off? o.O non ho ancora deciso
XD)
Beh, buon lettura! =D
Parentele
Passò
un bel po’ di tempo prima che Tom trovasse un nuovo libro interessante. Lui ed
Eva avevano cercato dappertutto, compresa la biblioteca della scuola, avevano
persino chiesto a Madama Pince*: ma niente, nessun altro indizio su Orvoloson
Gaunt. Finché Tom non trovò ‘Nobiltà di
Natura: Genealogia Magica.” su uno scaffale polveroso della biblioteca
della Stanza delle Necessità, infilato seminascosto dietro ad un altro libro.
Lì
scoprì che il suo sospetto più grande era fondato: il libro illustrava gli
alberi genealogici delle più grandi famiglie Purosangue, fra cui anche i Gaunt,
che discendevano niente di meno che da Salazar Serpeverde.
“Accidenti,
allora è vero! Ecco perché sai parlare Serpentese!” disse Eva, mentre osservava
l’enorme albero genealogico. Tom si rese conto con disgusto che la maggior
parte dei suoi parenti si erano sposati in famiglia, fra cugini e addirittura
fra fratelli: come accidenti aveva fatto lui ad uscire così… Normale? Per non
dire bello. E intelligente.
“Che
c’è?” gli chiese Eva, curiosa.
“Niente…
E’ che… Bah, si sono tutti sposati in famiglia. Persino i fratelli! Che
schifo.” ammise lui, disgustato.
Eva
ridacchiò.
“Non
mi pare ci sia niente da ridere! I miei parenti praticano l’incesto!”
“Oh
Tom. Beh, darai l’avvio ad una nuova tradizione no?”
“Hai
ragione.” rispose lui, ghignando. L’attirò a sé e la strinse, baciandola “Non
ti senti onorata, ad essere la compagna del discendente di Salazar Serpeverde?”
“E
perché mai? Io sono di Corvonero, le Serpi non m’interessano.”
“Oh
ma davvero? Eppure, credevo di piacerti…”
Continuarono
a prendersi in giro ancora per un po’, finché Tom non la zittì con un bacio.
Era come al solito un bacio profondo, esigente, che di casto non aveva nulla:
Eva si fece prendere e uno strano calore le si diffuse nel basso-ventre. Tom si
staccò e lei gemette, in protesta.
“Come
come? Vuoi di più? Ti credevo una signorina di buona famiglia, Eva…”
La
ragazza arrossì, poi girò il capo, offesa, e cercò di andarsene. Tom glielo
impedì, chiudendola in un abbraccio e attirandola a sé. Si chinò, le labbra sui
suoi capelli, e ridacchiò sommessamente.
“Non
ci trovo nulla di divertente.” borbottò Eva, ancora imbarazzata. Si sentiva
umiliata, perché Tom aveva il potere di farle perdere il controllo… E di
sottolinearlo. Si prendeva gioco di lei, e lei non lo sopportava.
“Andiamo
Eva… Un giorno o l’altro, chissà… Esaudirò questo tuo desiderio.”
“Mpf,
certo, come se fossi solo io la maniaca.”
“Che
intendi dire?” chiese Tom, ridendo.
“Intendo
dire che forse sei bravo a dissimulare con la faccia, ma si sente che mi vuoi.”
dicendo questo, Eva si mosse sulle sue gambe, evidenziando quello che sentiva
premere sotto la stoffa dei pantaloni del ragazzo.
Tom
assottigliò gli occhi, ma lei non poteva vederlo.
“Bene,
vuoi che ti prenda? Qui? Subito?”
Il
tono di voce era furioso, ed Eva si girò di scatto, sorpresa. Sembrava veramente
arrabbiato.
“Ma
che dici Tom? Non volevo farti arrabbiare…”
“Beh
ora lo sono. Se permetti devo continuare le mie ricerche, ora…” disse,
lasciandola andare. Eva si alzò, stupita. Non avrebbe mai capito gli sbalzi
d’umore del suo ragazzo. Prima sembrava dolce, gentile, poi diventava freddo in
meno di un secondo.
In
realtà Tom si sentiva vulnerabile. E non gli piaceva essere vulnerabile. Certo,
lui era un uomo, e certo, desiderava Eva… In tutti i sensi. Ma non avrebbe
voluto che lei lo capisse. Nessuno doveva capirlo, dannazione! E invece il suo
corpo l’aveva fregato.
Eva
si avvicinò piano, poi fece il giro della poltrona e lo abbracciò, da dietro.
Restò così finché non sentì il corpo del suo ragazzo rilassarsi, poi gli lasciò
un leggero bacio sulla nuca.
“Vado,
ti lascio studiare in pace.”
Ormai
Eva aveva capito che era meglio assecondarlo… Anche se prima provvedeva sempre
a togliergli la tensione di dosso. Quando diventava glaciale non lo sopportava…
Lo lasciava sempre da solo, alla fine, a sbollire, ma prima trovava il modo di
farlo rilassare un po’.
Tom
non sembrava essersene accorto, ma era decisamente più tranquillo. La salutò
con un cenno del capo, riprendendo a leggere Nobiltà di Natura: Genealogia
Magica. Ogni volta che si arrabbiava per quanto Eva lo capisse, passava un
attimo in cui era confuso nei suoi stessi pensieri: poi sentiva la ragazza
ancora vicino nonostante la sua collera all’apparenza immotivata e si rendeva
conto di essere uno sciocco, perché lei non era una persona qualsiasi ma Eva.
Eva, la sua ragazza, colei a cui poteva dire tutto e far vedere tutto. Si
rilassava, e poi sbolliva in silenzio, piano piano, magari distraendosi con un
buon libro.
Alla
fine, era una fortuna che Eva lo capisse così bene.
*Non so inventare nomi,
fate voi: o madama Pince c’era già al tempo di Tom, o è la madre/nonna ecc u.u
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Capitolo 9 *** Regali di compleanno ***
Finalmente, dopo mille
dubbi, sono riuscita a scrivere questo capitolo u.u
Tenete a mente la stanza,
sarà importante anche più in là - eheheheheh XD – e… Beh, ditemi che ne pensate
XD
Per chi aspetta la
versione ‘a luci rosse’… Non l’ho ancora scritta .-. strano ma vero sono
riuscita a farmela uscire così… Sin da subito… Ma forse lavorandoci un attimo
riuscirò a combinare qualcosa anche subito XD ho ancora in sospeso altre due
storie, di cui una però ha la priorità…
Credo che questo sia
l’ultimo capitolo per un bel po’, perché settimana prossima parto per il mare e
quando torno – faccio appena sei giorni u.u – devo rimettermi sotto a studiare
-.-“ odio l’università… Maledetta è.é comunque, non si può dire che vi abbia
lasciato insoddisfatti, no? u.u
In questi pochi giorni che
mi rimangono prima di partire vorrei vedere di finire quell’altra maledetta
storia che ho ancora fra i piedi… Dovrei esserci quasi, accidenti è.é
Beh, mi sono spinta fin
troppo oltre nelle note iniziali XD quindi ringrazio sempre chi mi segue/preferisce/ricorda…
=) e soprattutto chi recensisce! =) fatemi sentire la vostra voce, da bravi u.u
Buona lettura! =D
Regali di compleanno
Si
avvicinava il tredici marzo. Il compleanno di Eva, il giorno in cui avrebbe
compiuto sedici anni. Eva era nervosa ed eccitata insieme: sapeva che Tom non
poteva permettersi un regalo, ma sperava lo stesso di poter trascorrere una
bella giornata in sua compagnia.
“Tanti
auguri Eva!” strillò Annie verso le sette del mattino, svegliandola. Era
decisamente troppo presto… Eva mugugnò qualcosa di incomprensibile.
“E
andiamo dormigliona! Passerai tutto il pomeriggio con Tom no? Quindi per noi
abbiamo solo la mattina. Alzati, svelta.” disse Beth, già sveglia e vestita di
tutto punto, sedendosi sul suo letto.
Eva
si arrese ed alzò la testa, gli occhi ancora appannati dal sonno.
“Questa
me la pagate.” biascicò, prima di alzarsi ed andare in bagno.
Dopo
che si fu lavata e vestita – e pure svegliata del tutto – decise di scendere in
Sala Grande a far colazione con le altre, un po’ prima degli altri studenti,
per poi risalire in Sala Comune e giocare a Spara-Schiocco fino all’inizio
delle lezioni. In effetti, però, non ci fu il tempo per fare neanche una
partita: Eva venne sommersa dai regali dei suoi amici e si divertì molto a
scartarli e a ringraziare tutti. Era decisamente di buon umore, e felice. E la
prima lezione che avevano era Trasfigurazione, così poteva incontrare Tom
subito e sedersi accanto a lui.
“Auguri.”
le disse Tom appena entrò in aula, scostando la sedia accanto alla sua perché
vi si sedesse.
“Grazie
mille! Te ne sei ricordato?” disse Eva. Dopotutto gli aveva detto la data del
suo compleanno qualche mese fa, durante le vacanze di Natale… E si sa, i maschi
non tengono a mente date, compleanni e anniversari.
“Naturalmente.
Sono lo studente più intelligente di tutta la scuola, cosa ti aspettavi?”
replicò Tom, con un sorriso divertito. Eva gli fece la linguaccia mentre il
professor Silente entrava e dava le istruzioni sul lavoro da svolgere in
classe.
Forse
era l’eccitazione per il pomeriggio che avrebbe passato da sola con Tom –
entrambi avevano delle ore buche – ma proprio non riuscì a trasfigurare il suo
procione in un portapenne.
Le
restanti lezioni mattutine ed il pranzo volarono in un attimo.
Tom
la raggiunse prima che finisse il dolce, in Sala Grande. Parecchie persone si
girarono a guardarlo e mormorarono: ancora non si erano abituati tutti al fatto
che Tom Riddle avesse una ragazza, in più il fatto che i due fossero sempre
così riservati rendevano questo gesto ‘plateale’ molto evidente e degno di
pettegolezzo.
“Ti
manca molto?” chiese Tom, abbassandosi all’altezza del suo orecchio.
“No,
ho finito, arrivo.”
Uscirono
insieme dalla Sala Grande, mano nella mano. Ancora più persone mormorarono.
“Senti…
Che si fa?” chiese Eva, curiosa.
“Beh,
non ti aspettavi un regalo da me vero?” replicò Tom, con un sorriso furbo e
affascinante.
“Ehm,
so che tu non…”
“Ho
pensato a qualcos’altro, rispetto ad un volgare oggetto…” continuò lui,
interrompendola.
Eva
non rispose, confusa. Lui intanto l’aveva portata al settimo piano, davanti
all’ingresso della Stanza delle Necessità.
“Ho
notato, sai, come mi guardi… Per quanto in certi versi il mio… come dire,
coinvolgimento? Sia più… Evidente…
Posso affermare con sicurezza che anche tu non disdegni le mie attenzioni.”
sussurrò Tom, con il viso vicinissimo al suo “Perciò mi sono permesso di unire
questa… Svolta, chiamiamola così, del nostro rapporto… Con un’altra occasione
speciale, come il tuo compleanno.”
Eva
si sentì svuotare. Se aveva capito bene… Oh, al diavolo, aveva capito bene… Quindi oggi loro… Oggi… Le sue guance si
accesero mentre un ormai famigliare calore risaliva dal suo bassoventre.
“Se
mi permetti, anche la Stanza vorrebbe essere parte del regalo… Quindi non
pensare a niente, d’accordo?”
Tom
aveva pensato tutto fin nei minimi dettagli. Da giorni studiava la composizione
ideale della camera da letto, che doveva essere assolutamente speciale dato che
era per la loro prima volta… Voleva una stanza con camera e bagno, sicuramente,
ma come doveva fare? Unire i colori delle loro due casate? Banale, perfino
prevedibile. Arredamento semplice o complesso? Alla fine, dopo tanti tentativi,
esitazioni e idee, aveva trovato la camera perfetta.
Quando
Eva entrò, rimase stupefatta. La stanza sembrava essere di pura luce, ma non
luce bianca: multicolore. Le pareti erano fatte di… Non era neppure sicura che
ci fosse un termine per definire un materiale del genere. Sopra di esse – e sul
pavimento, e sul soffitto – luce di tutti i colori si rincorreva: non era
accecante, perché il miscuglio proveniva anche da colori cupi come il blu e il
marrone, perfettamente bilanciati da quelli più chiari come il bianco e il
rosa. I colori permettevano di vederci, ma nello stesso tempo era come se la
stanza rimanesse in penombra: un giusto grado d’intimità per una prima volta,
che sarebbe stata molto imbarazzante per Eva – sebbene molto desiderata. Il
letto, poi, era qualcosa di magnifico. A baldacchino, enorme, il tessuto delle
tende e del lenzuolo sembrava accordarsi perfettamente alle pareti: cangiante
in base a come si spostava lo sguardo, o forse in base alle luci che passavano
sulle pareti e che continuavano a rincorrersi. Sulla parete di fronte stava un
armadio, che come il resto sembrava confondersi in quella danza di colori: solo
nel bagno – sulla sinistra – predominava il bianco, ed il tutto era molto
semplice e nello stesso tempo elegante. Tom si era superato.
“Io…
Oh… E’ bellissima… Non so che dire…” mormorò Eva, dopo che ebbe esplorato tutta
la stanzetta.
Tom
le arrivò da dietro e l’abbracciò: per una volta, sembrava un abbraccio tenero
e non possessivo. Strofinò il suo naso sul collo della ragazza e le disse:
“Solo per te. Non dire niente.”
Eva
si girò, titubante. L’eccitazione nello scoprire la stanza che Tom aveva
preparato per loro era scemata e aveva lasciato il posto ad un desiderio diverso,
più caldo e denso, che si concentrava nel bassoventre. Nello stesso tempo una
profonda insicurezza ed inadeguatezza la pervasero, facendola esitare.
“Tom
io… Non so come…”
Venne
bloccata dalle labbra del ragazzo, che non voleva più attendere. Anche lui per
tutto quel tempo si era tenuto a freno: prima per rispettare i suoi tempi – Eva
era una ragazza preziosa, non le avrebbe mai torto neanche un capello, figurarsi
violentarla – e poi, una volta capito che il desiderio della ragazza era
pressante come il suo, per rendere il tutto speciale. Era una prima volta anche
per lui.
La
fece arretrare dolcemente verso il letto. I suoi gesti erano attenti, le sue
carezze misurate: Tom non era mai stato così dolce, o paziente. Quel momento lo
stava vivendo in funzione di Eva, e di lei soltanto: già sapeva che le avrebbe
fatto male, era normale, ma non poteva permettere che sentisse più dolore del
previsto.
Si
spogliarono, continuando a baciarsi e toccarsi: Eva era insicura ma presto
– vedendo quanta cura ci metteva Tom, e
sentendo il suo desiderio crescere sempre più insistentemente – si lasciò
andare, mettendo da parte stupide paure e paranoie e dedicandosi ad esplorare
il corpo del ragazzo, vedendolo per una volta da una nuova prospettiva. Tom dal
canto suo non si faceva sfuggire neanche il minimo dettaglio di Eva: la voleva,
voleva imparare a conoscere questo nuovo aspetto di lei, voleva imparare a memoria
ogni più piccola imperfezione della pelle… Voleva adorarla.
La
loro prima volta si consumò lì, in quella bellissima stanza creata per
l’occasione, su quelle lenzuola cangianti che Eva aveva tanto adorato. La
ragazza sentì un po’ male all’inizio, ma poi solo tanto e tanto piacere; Tom
capì per la prima volta cosa significava amare completamente qualcuno.
Entrambi
avevano imparato qualcosa da quell’esperienza, e senza esitazione decisero –
senza dirselo, ma sentendoselo dentro di sé – che era una cosa che andava
rifatta, conosciuta, imparata e gustata meglio, che amarsi era un’arte e come
tale andava esercitata. Anche e soprattutto a livello fisico.
Fra
quelle lenzuola cangianti si strinsero e si addormentarono, con il sorriso
sulle labbra.
|
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Capitolo 10 *** Ricerche ***
Sera, gente! =D
Credevate che fossi morta,
eh? Eh?
Beh, ci siete andati
vicini u.u la settimana di ferie è passata tutto sommato bene – albergo
permettendo – ma da quando sono tornata ho un mal di denti atroce… Tanto che
ieri sera sono dovuta andare al pronto soccorso .-. Il mio dentista dice che si
è rotta una radice e ha fatto infezione, mi ha dato l’antibiotico ma senza
antidolorifico… E il moment non faceva più effetto. Così, se adesso sono qua a
scrivere, è tutto merito dell’oki u.u ma fra poco l’effetto svanirà, quindi mi
appresto a pubblicare XD
Qui la storia mi sta
andando da sola, letteralmente .-. il fatto è che ho in mente la fine e un vago
modo per arrivarci, ma non ho ideato nulla di preciso: per questo non so
neanch’io cosa succederà nel prossimo capitolo. Staremo a vedere u.u
Intanto qui si vede che
Tom è cambiato, e anche tanto u.u se non si fosse già capito XD
Beh, ringrazio come sempre
chi segue/preferisce/ricorda… Ah! Ho creato un account facebook per Efp u.u
ecco il link: http://www.facebook.com/mitsuki.efp se volete
potete chiedermi l’amicizia =) ma se non avete il nome di Efp… Mandatemi un
messaggio con scritto chi siete! >..< Non so cosa pubblicherò, credo
condividerò immagini e pagine su Harry Potter, chi volesse potrà chiedermi
spoiler sulle mie storie, farò un po’ di pubblicità ad autori ed autrici che
meritano… Insomma, un po’ di tutto u.u
Ora, invitandovi a
recensire, vi auguro… Buona lettura! =D
Ricerche
Tom
aveva iniziato a tenere un diario. In realtà era una specie di agenda, che
aveva trovato nei meandri del suo baule – un regalo di compleanno da parte
dell’orfanotrofio, probabilmente – e che aveva adibito a quaderno personale per
le ricerche su Salazar Serpeverde. Gli piaceva l’idea di discendere da uno dei
quattro fondatori di Hogwarts, perché Hogwarts era statala sua prima vera casa.
Così aveva deciso, assieme ad Eva, di scoprire quanto più possibile sulla vita
dell’uomo, come se conoscendo più cose possibili su di lui avesse potuto
avvicinarsi, capirlo.
Era
metà aprile quando trovarono le prime tracce della Camera dei Segreti. Era poco
più di una leggenda, un qualcosa di effimero e per niente provato. Ma Tom,
com’era prevedibile, ne rimase affascinato.
Si
diceva che Godric Grifondoro e Salazar Serpeverde avessero litigato duramente,
dopo anni di contrasti. Salzar voleva ammettere ad Hogwarts solo i maghi dalle
origini più pure, la cui magia credeva essere superiore a tutti gli altri,
mentre Godric – e gli altri – non facevano distinzioni di sorta, perché
asserivano che la magia era sempre magia, non importava quale corpo abitasse.
Così Salazar se ne era andato, non prima di aver costruito una stanza nascosta,
appunto la Camera dei Segreti, ed avervi rinchiuso un mostro leggendario che
solo il suo vero erede avrebbe saputo controllare.
Tom
ne era ammaliato, rapito. Voleva a tutti i costi scoprire l’ubicazione di
questa Camera, che sentiva un po’ sua di diritto: dopotutto era o non era
l’erede di Serpeverde? Il mostro, poi, non sarebbe stato un problema. Se solo
dei Serpeverde potevano controllarlo… Era sicuramente un serpente. E lui poteva
parlare Serpentese… I serpenti lo trovavano naturalmente, gli obbedivano… Anche
se non aveva idea del tipo di serpente che si sarebbe trovato di fronte – non
ancora, almeno – sapeva di poterlo tenere a bada. Non gli avrebbe fatto del
male, non a lui.
Eva
si era dimostrata entusiasta al pari di lui di queste nuove ricerche. Trovava
emozionante scoprire i segreti di Hogwarts, perché anche per lei – da quando i
genitori erano morti – quella era diventata la sua casa. Per il momento durante
le vacanze viveva con zia Emily, ma non poteva sopportarla: avrebbe volentieri
passato tutto l’anno ad Hogwarts, se solo avesse potuto.
Ogni
tanto Eva trovava un libro promettente, e Tom le concedeva l’uso del diario per
prendere appunti. A volte lei non resisteva alla tentazione e faceva qualche
piccolo disegnino, o una dedica a Tom: all’inizio il ragazzo ne fu sconcertato
ed un po’ irritato, però poi imparò ad accettare la cosa e anzi, anche se non
lo avrebbe mai ammesso a nessuno, si scopriva trepidante nell’attesa di vedere
cosa gli avrebbe scritto Eva, in quel gioco che era tutto loro. Lui non
rispondeva mai, ma Eva coglieva il suo sorriso dietro agli occhi in genere
gelidi e per lei era la ricompensa più grande.
Fecero
ancora l’amore. Ogni tanto invece della biblioteca si richiudevano nella Stanza
della Luce – come l’aveva soprannominata Eva – e, dopo aver fatto quello che
dovevano, rimanevano tutto il tempo a coccolarsi – o meglio, Eva si accoccolava
su Tom, che ogni tanto le accarezzava distrattamente la testa – o a leggere un
buon libro sdraiati sul letto. Aver trovato quel posto era stata una benedizione
per loro: certo i compagni sparlavano ancora, soprattutto perché i due
sparivano per diverse ore, e c’era anche chi si permetteva di fare commenti
osceni, però loro godevano di una gradevole tranquillità lontani da tutto e da
tutti.
Erano
perfetti l’uno per l’altra: Eva aveva imparato a capire Tom, a come calmarlo
quando si arrabbiava, a come stargli accanto in silenzio mentre lui leggeva, a
come rispondere alle sue attenzioni sempre un po’ rudi; Tom dal canto suo si
era ammorbidito parecchio, Eva era la sua regina e non si sarebbe mai permesso
di farle del male, e se qualcun altro la derideva o provava ad offenderla davanti
a lui era sicuro che l’avrebbe pagata cara. I suoi ‘amici’ – Malfoy, Lestrange
e compagnia bella – erano diventati insignificanti se paragonati alla ragazza,
anche se loro, dopo un primo momento di sgomento, avevano fatto di tutto per
rientrare nelle sue grazie. Ma da quando Malfoy si era lasciato sfuggire il
termine ‘SangueSporco’, per Tom erano diventati meno di zero. Un tempo avrebbe
usato la scusa dell’odio verso i Mezzosangue e i Sangue Sporco per farsi dei
seguaci e diventare potente, ora quella cose gli sembravano solo sciocche
fantasie: sia perché aveva scoperto qualcosa di più importante del potere –
l’amore, la sua Eva – sia perché sapeva quanto quelle accuse fossero infondate.
Eva era una ‘SangueSporco’, ma era una strega molto dotata. Lui stesso si era
appena scoperto Mezzosangue, ed era il migliore di tutta la scuola, perfino
degli studenti del settimo anno. Il disprezzo era solo una forma becera di
pregiudizio che non aveva né capo né coda, e che lui non avrebbe sicuramente
appoggiato.
Passò
altro tempo, e dovettero aspettare l’inizio di maggio per ottenere un indizio
concreto: a quanto pareva uno dei fantasmi, e più precisamente la Dama Grigia
di Corvonero, era così antico da aver conosciuto di persona i quattro fondatori
di Hogwarts, anche se non ci teneva a farlo sapere – non si sa bene per quale
motivo.
Tome
ed Eva si apprestarono ad incontrarla, impazienti.
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Capitolo 11 *** La Dama Grigia ***
Buonasera ragazzuoli e
ragazzuole u.u
Per questa storia vi ho
fatto aspettare di più, quindi ecco che da brava rimedio con un nuovo capitolo
subito u.u Sono brava, no? u.u
Sto cercando di finirla il
prima possibile, perché… Beh, perché avrei anche diecimila altre cose da fare
D= compresi gli esami D= quindi, dopo che avrò postato… Scriverò
ininterrottamente, facendomi venire crampi alle dita XD E se la finirò…
Purtroppo dovrete aspettare un po’ per il seguito u.u perché davvero, ho altre
due storie a cui dedicarmi (di cui una pubblicata e una inedita). Poi tornerò
da voi, promesso <3 o:p="o:p">3>
Intanto ringrazio i miei
affezionati lettori (non so, ci sono maschi che seguono? o.O) e soprattutto chi
recensisce, mi fate felicissimi <3 o:p="o:p">3>
Buona lettura =)
La Dama Grigia
Eva
incrociò la Dama Grigia in un corridoio, al quinto piano. Le chiese,
gentilmente, se aveva fretta o se poteva fermarsi a parlare un po’, e poi, ricevuto
l’assenso del fantasma, mandò uno del primo anno che passava lì per caso a
chiamare Tom.
Dopo
meno di due minuti il ragazzo arrivò: evidentemente era vicino.
“Allora.”
esordì la Dama “Di cosa volevate parlarmi?”
“Beh,
ecco…” iniziò a rispondere Tom, titubante. In realtà faceva tutto parte del
piano: mostrarsi apprensivi, quasi insicuri, lusingarla se necessario, e
prenderla molto, molto, molto alla larga “Ho sentito dire che lei era viva al
tempo dei quattro fondatori e mi chiedevo… Conosceva Salazar Serpeverde?”
La
Dama spalancò gli occhi. Sembrò sul punto di dire qualcosa, stizzita, poi parve
riflettere un attimo.
“A
cosa devo questa curiosità, ragazzo?”
“Ho
appena scoperto di discendergli personalmente. Sa, io sono un orfano, ma avendo
del potere magico dentro di me… Io ed Eva abbiamo fatto delle ricerche, e
l’abbiamo scoperto. Quindi vede, siccome non ho nessun’altro a cui chiedere, e
non conosco i miei parenti più prossimi, non so neppure se sono ancora vivi,
volevo sapere un po’ di più su questo mio antenato.”
Il
viso della Dama si distese, e parve quasi emanare compassione. Tom avvertì un
moto di stizza, ma fece in modo di ricacciarlo indietro: odiava essere
compatito, ma era l’unico modo per cavarle informazioni senza destare sospetto.
“Beh…
Beh, sì, lo conoscevo, ma non molto… Bene, ecco.” il fantasma sospirò “Sai, ero
la figlia di Priscilla Corvonero. Helena, mi chiamavo. Ovviamente i primi anni
della mia vita li ho trascorsi con loro… Mentre costruivano Hogwarts, io c’ero.
Però… Ero troppo piccola. Ricordo solo che era un uomo alto, oserei dire
possente. Era fermo nelle sue convinzioni, certo, ma nello stesso tempo
gentile… Non l’ho mai visto fare il prepotente, non con me almeno. Ma, ripeto,
ero piccola… Credo che in biblioteca potrete trovare delle iconografie…”
“E,
ecco…” intervenne Eva, mentre la voce della Dama si perdeva “E della litigata
con Godric Grifondoro non sa nulla?”
La
Dama tornò a guardare i due ragazzi.
“Mi
spiace. E’ successo mentre ero via… In viaggio per l’Europa, sapete, con mia
madre. Mi arrivarono le voci dopo… Come saprete, Salazar voleva ammettere solo
i Purosangue, mentre Godric patteggiava anche per, beh, i Mezzosangue e i
Sanguesporco…” non lo disse in tono cattivo, così sia Tom che Eva lasciarono
perdere, e poi non volevano litigare, ma ottenere informazioni “Ma questo lo
sapete tutti, io non posso dire niente di più.”
“E…”
Tom esitò, osservando Eva per un breve istante. Le strinse la mano, poi tornò a
guardare la Dama, all’apparenza incerto. “Cosa sa… Della Camera dei Segreti?”
La
Dama Grigia sorrise, triste.
“C’è
chi dice che sia una leggenda. So che non ho assistito in persona al litigio,
ma Godric ci disse che Salazar l’aveva minacciato con questa fantomatica
Camera… O meglio, lo disse a mia madre: io origliai. Tuttavia, per quanto i
fondatori rimanenti cercarono… Niente.”
Eva
era molto delusa, Tom invece non lo diede a vedere. Finse di riflettere un
attimo.
“Quindi…
Quindi lei pensa che sia solo una leggenda? Che non ci sia proprio modo di…?”
“Che
intenzioni hai, ragazzo?” chiese la donna, improvvisamente rigida – per quanto
lo possa essere un fantasma – “Vuoi trovare la Camera e, in quanto suo erede,
sguinzagliare il mostro contro i Mezzosangue e i Sanguesporco?!”
Tom
la guardò sinceramente stupito.
“No,
certo che no! Io non odio i Mezzosangue, né tanto meno i Sanguesporco. Io per
primo sono un Mezzosangue, da quello che ho scoperto; Eva è la mia ragazza,
come potrebbe essere altrimenti?”
Eva
si avvicinò al fantasma, con un sorriso gentile.
“I
miei genitori erano babbani, sono sicura che lo sa. Tom non mi farebbe mai del
male, e non lo farebbe ad altri.”
La
Dama Grigia si rilassò.
“Scusami.
Non so che mi sia preso. E’ solo che…”
Un
altro sospiro.
“Era
solo curiosità la mia, sulle mie origini. Mi spiace se l’abbiamo disturbata.”
Tom
prese la mano di Eva, e iniziò ad avviarsi lungo il corridoio.
“C’era
un quadro.” disse infine la Dama, prima che loro svoltassero “In cui si diceva
fosse ritratto il fratello di Salazar, morto prematuramente. Forse lui potrebbe
saperlo, ma non so dove sia.”
Tom
fece un sorriso trionfante, quasi spaventoso, ma né il fantasma né Eva lo
videro.
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Capitolo 12 *** Il quadro ***
Ho finito! Ho
finitoooooo!!!! =D =D =D
Ho finito di scrivere
questa storia, naturalmente u.u saranno quindici capitoli in totale, epilogo
compreso. E gli ultimi saranno lunghetti u.u
Siete contente? *--*
Si avvicina la fine… E
poi, fra qualche tempo (molto fra qualche, ho troppe storie da finire e
l’università che rinizia u.u) posterò il seguito di questo seguito… L’ultima
storia, in effetti. Che ne pensate? Siete felici? Siete tristi? Volete
uccidermi? =D Ditemi tutto nelle recensioni! =D
Ringrazio tutte coloro che
mi seguono/preferiscono/ricordano =) se c’è qualche maschietto ringrazio pure
lui, non voglio discriminare XD
E soprattutto ringrazio
chi recensisce *--*
Non voglio farvi perdere
altro tempo, so che siete curiose/i u.u
Buona lettura! =D
Il quadro
Impiegarono
settimane per trovare il quadro. Interrogarono praticamente tutti i soggetti
degli altri quadri, ma nessuno sembrava saperne niente. Era il tredici giugno,
poco dopo l’ultima prova dei G. U. F.
O., quando lo trovarono: era chiuso in una stanza dei sotterranei, solo, con la
sola compagnia di qualche armatura ormai arrugginita.
Klaus
Serpeverde era un uomo dall’aspetto severo e burbero, parecchio somigliante al
fratello tranne che per un ispido pizzetto nero, che li squadrò malissimo
appena entrarono.
“Dunque?
Che ci fanno due studenti nella mia personale stanza? Chi osa disturbare il mio
riposo?!”
Eva
guardò Tom, un po’ perplessa per quell’inizio. Tom continuò a fissare il
quadro, avanzando deciso verso di lui.
“Il
mio nome è Tom Orvoloson Riddle. Lei, Eva White, è la mia ragazza. Siamo venuti
in cerca di informazioni sulla Camera dei Segreti.”
Klaus
si lanciò in una risata sguaiata.
“Certo,
perché io ve le darò! Credete forse che non me l’abbiano chiesto?! Centinaia di
studenti, dico centinaia! E secondo voi io do un’informazione così riservata a
due sciocchi ragazzi?! Con chi credete di avere a che fare?!”
“Credevo di avere a che fare con Klaus
Serpeverde, fratello di Salazar, mio diretto antenato, di cui io sono l’ultimo
discendente.” rispose Tom, in Serpentese.
Eva
sobbalzò sentendo quella lingua aspra e piena di schiocchi e sibili: vero, Tom
le aveva detto di saperla parlare, e che l’avrebbe usata in caso di necessità…
Però…
Come
a tranquillizzarla, il ragazzo le strinse un po’ di più la mano.
Il
quadro non rideva più. Guardò Tom, sbalordito, e poi un’espressione pensierosa
comparve sul suo volto.
“Questo… Questo cambia tutto.” rispose,
sempre in Serpentese.
Eva
non capiva cosa si stessero dicendo, ma aveva assoluta fiducia in Tom.
“Quindi?”
“E va bene.”
“Puoi dirmi anche che cos’è il mostro?”
Il
quadro ghignò.
“Se non ti uccide di pietra rimani,
Zanne affilate, veleno mortale,
Sul suo cammino non metterci mani,
O il serpente più potente ti assale.”
Tom
rifletté un momento, chinando il volto, poi alzò la testa, lo sguardo
determinato.
“Un Basilisco, dico bene?”
“Sei intelligente, ragazzo.”
“Sono il migliore della scuola.”
Tom
e il quadro rimasero a guardarsi un momento. Klaus sembrava soddisfatto, quasi
compiaciuto, e Tom aveva sulle labbra un ghigno sprezzante.
“Allora, questa Camera?”
“E’ insospettabile. Si entra dal bagno delle
femmine.”
“Il bagno… Il bagno delle femmine?!”
chiese Tom, stavolta palesemente perplesso.
“Già. Chi mai lo sospetterebbe?”
“… E quale?”
“Questo non te lo dico, ragazzo. Sei
intelligente, cercatelo da solo.”
“Capisco. Va bene allora.”
Tom
si girò, prese Eva per mano e poi fece per uscire dalla stanza.
“Ragazzo!” urlò il quadro, proprio mentre
stava abbassando la maniglia “Stai
attento alla ragazza, puzza di SangueSporco da un miglio di distanza.”
Tom
s’irrigidì, e per un momento i suoi occhi mandarono lampi. Eva, confusa, non sapeva
che era successo, e non vedeva l’ora di chiedere delucidazioni al suo ragazzo.
Tuttavia
il momento passò, Tom aprì la porta ed insieme ad Eva tornò nella loro Stanza,
per pianificare la ricerca.
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Capitolo 13 *** L'ingresso ***
Buonasera u.u
Ecco a voi il nuovo
capitolo di questa storia… So che è corto, non disperate… Il prossimo sarà più
sostanzioso =..= ci sarà tutta l’azione… XD XD XD insomma XD XD XD
Cooomunque… Siccome sono
brava vi arriverà lunedì sera u.u dopo il mio esame (che andrà male, lo so u.u
non mi sono affatto preparata u.u).
Vorrei ringraziare come
sempre chi mi segue/preferisce/ricorda =D e vorrei invitarvi a recensire! =D
Buona lettura! =)
L’ingresso
“Il
bagno delle femmine?!” chiese Eva, scioccata.
“Esatto.
Senti, ora abbiamo ancora… Due ore, prima di cena. Da dove partiamo?! I bagni
sono tantissimi, e solo tu ci puoi entrare… A meno che…”
“A
meno che cosa?”
“A
meno che non mi disilluda. Ma certo. Così potrò andare dove voglio.”
“Come
ce li dividiamo? Cosa dobbiamo cercare?!”
“Qualunque
cosa possa avere a che fare con Salazar, o con i Serpenti.”
Eva
annuì.
“Io
mi prendo l’ala nord e tu l’ala sud, ok?”
“Va
bene. E…”
Tom
la guardò, impaziente.
“Se
la troviamo, posso venire con te? Vero?”
Il
ragazzo sospirò, poi l’attirò a sé in un abbraccio. Gli venne un brivido
pensando alle ultime parola del quadro, ma era o no l’erede di Salazar Serpeverde?
Poteva controllarlo, un Basilisco. Sin da quando era nato i serpenti lo
trovavano, e gli obbedivano.
“Eva,
il mostro della Camera è un Basilisco, me l’ha detto Klaus.”
Eva
rimase un attimo sconcertata, ma si riprese subito.
“Non
importa. Tanto ci sarai tu, no?”
“Non
so se sia una buona idea…”
“Ma
io voglio venire!”
Eva
scattò in piedi, improvvisamente arrabbiata. Non si era mai trovata in
disaccordo con il suo ragazzo, in linea generale, e le dispiaceva discutere
proprio per questa cosa.
“Mi
spieghi perché mai ho fatto tutto questo lavoro, altrimenti?! Certo, volevo
aiutarti a scoprire le tue origini, capisco perché per te sia importante… Ti ho
aiutato in tutto, è vero, ero curiosa anche io e l’ho fatto per te, non mi è
dispiaciuto… Ma ora che siamo così vicini all’obiettivo… Come puoi volermi
tenere fuori, all’oscuro?!”
Tom
la guardò: da quando Eva gli parlava in quel modo? Da quando lo… Sfidava,
quasi? Le mandò un’occhiata gelida, quelle che facevano tremare di paura persino
i professori. Lui avrebbe deciso, e basta.
Eva
lo sorprese ancora una volta. Non abbassò lo sguardo arrossendo, non gli chiese
scusa: si limitò ad osservarlo con tono di sfida, quasi sprezzante, come se non
ammettesse repliche. Dentro di sé aveva un po’ di timore, certo: non aveva mai
osato controbattere a Tom in quel modo, sapeva quanto potesse diventare
cattivo… Ma voleva credere che a lei non avrebbe mai fatto male, che non
l’avrebbe gettata via…
Tom,
con un sospiro, si arrese. Quella ragazza era troppo forte, riusciva persino a
contrastarlo. Stizzito, abbassò la testa e contrasse i pugni: era arrabbiato,
molto arrabbiato con sé stesso. Ma che gli era preso? Perché una singola
persona aveva un tale ascendente su di lui? Perché non riusciva a cambiare le
cose? In un attimo di follia, desiderò mollare Eva, mollare tutto, trattarla da
spazzatura come faceva con tutti gli altri. Poi sentì una fitta al cuore, e
capì che quella separazione l’avrebbe solo distrutto. Che pensieri faceva?! Eva
era la sua giusta metà, era stato molto fortunato a trovarla. Come poteva
disfarsene così? Era un bene che lei lo capisse, che riuscisse anche a
contrastarlo.
Eva
intuì la lotta interiore del suo ragazzo, e come ogni volta si sciolse ed andò
ad abbracciarlo. Dopo il primo momento di tensione Tom si abbandonò a lei, la
testa sul suo petto, e le rispose.
“E
va bene, puoi venire. Ora andiamo?”
Passarono
le seguenti due ore alla ricerca dell’ingresso della Camera. La trovò Eva: era
nel bagno del secondo piano. Come concordato lo aspettò fuori dalla Sala
Grande, prima di cena, per comunicargli la novità.
“Allora
è per stasera. Verso le otto, prima che scatti il coprifuoco.”
Eva
annuì, poi entrarono insieme in Sala Grande.
“Si
può sapere cosa state combinando tu e Riddle?!” le chiese Annie, una volta che
Eva le si fu seduta accanto. La ragazza sobbalzò.
“Cosa?
E chi ti dice che stiamo combinando qualcosa?!”
“Andiamo,
non siamo fesse” intervenne Beth “Oggi era l’ultimo giorno di esami, e tu e Tom
non vi siete fatti vedere per tutto il giorno. Era una magnifica giornata,
credevo di trovarvi fuori in riva al Lago!”
“Magari
stavano facendo zozzerie.” disse Daniel, arrivando in quel momento.
“Dan!”
replicò Annie, sconvolta “Eva è una ragazza per bene! Non farebbe mai certe
cose!”
Eva
arrossì. Non era riuscita a confidare alle amiche che in realtà erano mesi che
aveva perso la verginità… E che fare l’amore con Tom era la cosa più bella del
mondo. Ma non le sembrava il caso di tirare fuori il discorso ora, soprattutto
dato che non ce l’aveva fatta la prima volta.
“Ah,
quindi la mia ragazza è una porcellina? Stai dicendo che non si dovrebbe fare?
Annie, aggiornati un po’ su, è naturale.”
Beth
gli diede uno scappellotto.
“E
smettila di vantarti per cose che esistono solo nella tua testa, pervertito.”
gli disse, continuando a mangiare come se nulla fosse.
Eva
fissò Beth: davvero non aveva mai fatto niente con Daniel, o fingeva per non
turbare Annie – e la maggior parte delle persone?
Il
battibecco, comunque, distolse l’attenzione da Eva e Tom, così la ragazza poté
gustarsi la cena in santa pace, dimentica persino della missione che
l’aspettava di lì a poco.
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Capitolo 14 *** La Camera dei Segreti ***
Eccomi tornata con il
capitolo tanto atteso! =D
Spero sia migliore del
precedente .-.
Almeno è lungo XD
Ci avviciniamo alla fine…
Mancano solo due capitoli dopo questo… Eppure sono così orgogliosa e felice! =D
Appena rinizia
l’università mi metto a lavorare sul seguito, promesso u.u anche se non so
quando verrà pubblicato, perché ho un sacco di altre cose da fare… Ma non vi
dimenticherò =3 e non dimenticherò tutto il supporto che mi state dando,
soprattutto… =3 =3
Ringrazio quindi chi mi
segue/preferisce/ricorda e chi recensisce =) anche chi legge in silenzio eh XD
ma un commentino è sempre gradito =3
Buona lettura! =D
PS= mi sono deliberatamente
ispirata al secondo libro, lo so u.u mi serviva una scusa per… Beh, lo
leggerete u.u in ogni caso vedrete che va a finire in modo diverso… E che modo
XD
La camera dei segreti
Eva
si defilò con una scusa dalla Sala Comune. Arrivò circa cinque minuti prima
davanti all’entrata del bagno, ed entrò: non voleva essere sorpresa a
ciondolare, anche se non era ancora scattato il coprifuoco, e le pareva di
avere un’aria sospetta. O forse era perché sapeva cosa stava per fare? Aprire
la camera dei segreti, averla addirittura trovata, era una cosa eccezionale…
Non andava proprio contro le regole scolastiche, ma se nella Camera c’era
davvero un Basilisco… Beh, sì, quello sì
che violava le regole, e non solo le scolastiche, ma anche quelle del
buonsenso.
Eva
si avvicinò di nuovo al lavandino che era riuscita a trovare nel pomeriggio. Ad
un esame più attento si poteva notare un serpente inciso sopra al metallo, ed
Eva si chiese come mai altri studenti non l’avessero trovato prima. O forse
l’avevano visto, e l’avevano scambiato per un decoro… O forse avevano intuito
la verità, ma non possedevano comunque i mezzi per poter anche solo tentare di
aprire la Camera. Eva passò una mano sul rilievo. Un basilisco… Sapeva che era
un essere pericolosissimo, che il solo sguardo poteva uccidere e che il veleno
era estremamente potente. Le pareva di ricordare che l’unico antidoto fossero
le lacrime della fenice: loro non ne avevano, e se ce ne fosse stato bisogno?!
Ma poi si rincuorò sapendo che Tom sarebbe stato con lei. Era un rettilofono,
il vero erede di Salazar Serpeverde: non poteva succederle niente se era con
lui, no?
Tom
arrivò poco dopo, puntuale.
“Oh,
sei già qui.” disse, e per un secondo Eva pensò che avrebbe voluto non
trovarla, e andare da solo. In realtà il ragazzo era preoccupato per lei, per
le parole del quadro, anche se faticava ad ammetterlo persino a sé stesso. Era
Tom Riddle, Merlino! Quello sicuro di sé, quello che aveva la situazione sotto
controllo, sempre.
“Andiamo
dai.” gli disse Eva, raggiungendolo e dandogli un breve bacio a stampo sulle
labbra.
Tom
si avvicinò al serpente: non sapeva esattamente cosa doveva fare, ma la chiave
doveva essere il Serpentese.
“Apriti.”
Si
sentirono una serie di scatti, poi il lavandino si ‘disfò’ davanti ai loro occhi,
lasciando scoperta un’enorme tubatura.
“Sei
sicura di voler…?”
“Certamente.
Forza, andiamo.”
Eva
sorrise a Tom, poi lo prese per mano e si avvicinò al buco.
“Aspetta…
Vado prima io. Se c’è il… Mostro, insomma, almeno potrò controllarlo. Tu tieni
gli occhi chiusi.”
“Anche
tu, mi raccomando.”
Andarono.
Scesero lungo lo scivolo, fino a cadere su un pavimento scricchiolante. Eva
aveva ancora gli occhi chiusi, ma Tom, che si era reso conto che il serpente
non c’era, li aveva aperti. Andò subito verso la sua ragazza e l’aiutò ad
alzarsi.
“Per
ora è sicuro: non c’è.”
Eva
aprì gli occhi, titubante. Si trovavano in una sorta di lungo tunnel, il cui
pavimento era comporto da scheletri, per la maggior parte appartenenti a
roditori. Le pareti di pietra gocciolavano e faceva quasi freddo: molto
probabilmente erano sotto il livello del lago.
“Però…
Salazar non doveva avere molto chiaro il concetto di igiene, no?” sussurrò la
ragazza.
“Credo
che questa non sia la vera Camera” disse Tom “Ma solo la strada per
raggiungerla. Andiamo, dai.”
Si
ritrovarono ben presto di fronte ad un’enorme parete di pietra con due serpenti
scolpiti. Avevano due smeraldi giganti al posto degli occhi, e sembravano a
guardia dell’ingresso della stanza vera e propria.
“Apriti.” ripeté Tom, iniziando a
sentirsi nervoso. Forse non era stata una buona idea portare Eva: la frase del
quadro rimbombava sempre più forte nella sua testa, ancora più forte dei rumori
che facevano i serpenti finti per aprire la porta della Camera.
“Chiudi
gli occhi.” sussurrò ad Eva, che obbedì immediatamente. Lui li socchiuse,
cercando nel contempo di avvertire la presenza del mostro. Ancora niente, bene.
Li riaprì.
Era
una stanza lunga, illuminata da una fioca luce verdastra; una sorta di
corridoio che ai lati aveva degli enormi pilastri su cui serpenti di pietra si
attorcigliavano e li fissavano.
Tom
ed Eva procedettero con cautela: la ragazza sempre con gli occhi chiusi,
guidata dalla mano di Tom.
Arrivarono
di fronte ad un’enorme statua di Salazar Serpeverde. In quel momento Tom iniziò
ad avvertire dei sibili lontani, stranamente eccitati. Capì immediatamente che
si trattava del Basilisco, quindi chiuse gli occhi e cercò di capire cosa
dicesse, pronto a controllarlo.
“Sì… Carne fresca… Sangue… Devo uccidere…”
Il
suono era sempre più vicino: sembrava provenire dalla statua.
“Fermati!” ordinò Tom, deciso: era certo
che il serpente lo avrebbe sentito “Sono
Tom Orvoloson Riddle, l’erede di Serpeverde! Ti ordino di fermarti ed
obbedirmi, immediatamente!”
Per
un secondo calò il silenzio. Poi, con un boato che fece tremare le fondamenta,
la bocca della statua si aprì, e il Basilisco uscì. Tom chiuse subito gli
occhi: qualcosa era andato storto, ma cosa…?
“Quest’odore… Odore... Sanguesporco!”
In
un secondo se ne rese conto pienamente: portare Eva era stato uno sbaglio. Il
quadro non l’aveva forse avvertito? Ma lei era testarda come un mulo, era
voluta venire, e adesso erano in pericolo.
“SCAPPA!”
urlò Tom ad Eva “TIENI GLI OCCHI CHIUSI, CORRI SEMPRE DRITTA ED ESCI DI QUI!”
Eva
non se lo fece ripetere due volte. Non capiva cosa fosse successo, ma si fidava
di Tom ciecamente e sentiva il serpente strisciare dietro di lei. La voce del
suo ragazzo era piena di paura: non l’aveva mai sentita così, e questo più di
tutto il resto la costrinse ad obbedire. Solo fu costretta a socchiudere gli
occhi, almeno per vedere dove stava andando. Nessuna traccia del serpente
davanti a lei, comunque: lo sentiva dietro, li stava inseguendo.
Tom
si era messo subito a correre dietro di lei. La sua mente lavorava febbrilmente:
come poteva fermare un Basilisco imbizzarrito?! Ma non c’era nessun modo, lui
non l’avrebbe mai ascoltato, ed era appena dietro di loro. Non ce l’avrebbero
mai fatta.
Un
canto ultraterreno penetrò fin nelle loro ossa. Il Basilisco si fermò un
attimo, confuso, poi davanti a loro esplose quella che sembrava essere una
fiammata rossa: una fenice apparve nel mezzo, poi si fiondò a rotta di collo
sul serpente.
Eva,
che aveva aperto del tutto gli occhi per capire cosa stava succedendo, non
smise di correre. Tom la superò e la prese per mano, trascinandola, proprio
mentre il Basilisco urlava: “NOOOO! I
MIEI OCCHI!!!”
“Forza…
Forza… Dobbiamo risalire!” esclamò il ragazzo, con il fiato corto, dopo che
ebbero di nuovo raggiunto l’imboccatura del tunnel.
Dietro
di loro si sentì un ruggito, segno che il Basilisco aveva ripreso
l’inseguimento: era più furioso che mai, si serviva dell’olfatto per individuarli.
Eva tirò fuori la bacchetta e con un semplice incantesimo di levitazione riuscì
a spedire lei e Tom su per la tubatura.
“E’
chiuso!” urlò al ragazzo, una volta raggiunta quella che doveva essere
l’entrata.
“Apriti!” esclamò lui, sempre più teso
per via dei rumori che faceva il serpente.
L’ingresso
si aprì, ed Eva ruzzolò fuori, seguita subito da Tom. Il ragazzo richiuse
immediatamente la porta. Si sentì un boato, il pavimento tremò: il Basilisco
stava cercando di forzare l’entrata.
“Forza,
vai a chiamare qualcuno!” le disse Tom, pensando disperatamente a cosa fare.
“Ma…”
“Vai!
Sei tu quella che vuole, io sarò più al sicuro di te!”
Eva
non era del tutto convinta, ma un secondo boato la costrinse ad obbedire e uscì
dal bagno, correndo a perdifiato alla ricerca di qualcuno. Uno studente più
grande, un insegnante…
Mentre
Eva correva, Tom stava ancora pensando a come tenere a bada il mostro. Da
quello che aveva capito la fenice lo aveva accecato, ma il suo veleno era pur
sempre mortale... Grazie al suo olfatto avrebbe potuto dare la caccia ad Eva, a
tutti gli studenti Sanguesporco… Doveva fare qualcosa…
“Un
ragazzo! Un ragazzo nel bagno delle femmine! Che cosa stai facendo poi, eh?!”
Mirtilla
aveva spalancato la porta del cubicolo dove stava piangendo in silenzio, decisa
a scoprire chi era la fonte di tutto quel rumore – e soprattutto perché avesse
sentito una voce maschile.
Tom,
già nervosissimo di suo, non aveva tempo da perdere con quella ragazzina.
“Scappa,
vattene!” le urlò, tornando poi a guardare il lavandino di fronte a lui.
“Sei
tu semmai che dovresti andartene, questo è…”
SBAM.
Un
altro boato, ancora la terra che tremava.
“NON
CAPISCI! UN BASILISCO IMBIZZARRITO STA PER USCIRE DA LI’, MUOVITI SE CI TIENI
ALLA PELLE!”
Mirtilla
rimase a fissarlo con la bocca spalancata in una comicissima ‘O’.
Tom
tirò fuori alla bacchetta, senza un’idea precisa: iniziò a mormorare qualche
incanto protettivo, che avrebbe dovuto rendere più resistente l’ingresso della
Camera.
Inutilmente.
Con un fracasso che avrebbe svegliato tutto il castello il lavandino schizzò
via, rischiando di colpire Tom in fronte, e un ruggito selvaggio squarciò
l’aria. Il Basilisco si avventò su Tom, che inutilmente cercò di proteggersi
facendosi scudo con le braccia…
Poi
il tempo rallentò. O meglio, il Basilisco – che ormai avrebbe dovuto ridurlo in
polpette – avanzava verso di lui come a rallentatore. Senza perdere tempo Tom
rotolò su un fianco, fuori dalla linea di tiro, e poi alzò lo sguardo.
Albus
Silente si stagliava sulla porta, con Eva accanto. La sua bacchetta si muoveva
veloce, e dopo che Tom fu al sicuro si decise ad urlare un incantesimo potentissimo
e mortale.
Il
Basilisco, con un urlo di dolore terribile, prese fuoco. In pochi minuti il
fuoco maledetto lo consumò tutto, facendolo diventare un inutile mucchietto di
cenere.
Per
un secondo nessuno parlò. Poi Silente si avvicinò all’ingresso della Camera,
tese il braccio e la fenice che li aveva aiutati prima uscì dal tunnel, andando
a posarsi sulla spalla del professore.
“Signor
Riddle, signorina White… Nell’ufficio del preside. Mirtilla…” Silente si girò
verso la ragazza, che era ancora sconvolta e fissava le ceneri del mostro con
la bocca aperta “Credo che dovrebbe andare da madama Chips, poi torni nel suo
dormitorio.”
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Capitolo 15 *** Colloquio con il preside ***
Ecco qua il penultimo
capitolo =D
Il prossimo sarà…
L’epilogo ;_; …
Ditemi che ne pensate u.u
qui Tom è leggermente fuori… Eh… XD XD XD
Un mega grazie a tutti
coloro che seguono/preferiscono/ricordano e a chi recensisce *--*
Buona lettura! =D
Colloquio con il preside
“Quello
che avete fatto è stato molto grave ragazzi, molto molto grave. Non me lo
aspettavo da voi.”
Il
preside Dippet era scuro in volto. Mai e poi mi mai si sarebbe aspettato che
due dei suoi studenti migliori potessero compiere una scelleratezza simile.
Aprire la Camera del Segreti!
“Lo
so signore. Mi prendo tutte le colpe. Sono stato stupido; credevo, in quanto
discendente di Serpeverde e rettilofono, di poter controllare il Basilisco…”
Albus
Silente osservava Tom Orvoloson Riddle da dietro gli occhiali. Che si fosse
sbagliato, dopotutto, sul ragazzo? Che non fosse cambiato? Il suo tono di voce
era fermo, misurato, ma la sue labbra tremavano leggermente e si vedeva che gli
costava un certo sforzo rimanere impassibile. O almeno, così voleva far
credere, forse.
“Andiamo
signor Riddle, la facevo più intelligente! Controllare un Basilisco con il solo
potere di parlare con i serpenti è fuori discussione!”
Tom
chiuse la bocca, abbassando lo sguardo. Eva era rimasta dietro di lui, in
disparte, ancora profondamente scioccata. Rivedeva davanti a sé l’immagine del
mostro che si avventava su Tom, le fauci aperte pronto a divorarlo: e se lei non
avesse trovato Silente, se non fossero arrivati in tempo? Non ci voleva
pensare, non poteva pensare di aver rischiato di perdere Tom per sempre, ma
quel fotogramma restava impresso nella sua mente e non se ne voleva andare.
“Ha
rischiato di uccidere delle persone innocenti, compresa la sua stessa ragazza!”
Tom
sobbalzò, come colpito da quelle parole. Si girò di scatto e vide Eva fissarlo
con occhi vacui, l’espressione persa.
“Eva…”
sussurrò, con la voce rotta.
“Se
pensa che questo gesto rimarrà impunito…”
Ma
Tom non stava più ascoltando. Si diresse a passi tremanti verso la ragazza, la sua ragazza, e l’abbracciò. Avrebbe potuto ucciderla. Quella consapevolezza
si fece strada in lui, lentamente.
“Signor
Riddle!” esclamò il preside, stupefatto da quel comportamento poco consono.
Albus
Silente alzò la mano, facendo segno al preside Dippet di rimanere in silenzio.
Osservava con molta curiosità i due ragazzi.
“Mi
dispiace tanto.” disse Tom all’orecchio di Eva. Sentì qualcosa di caldo e
bagnato sul volto, e si rese conto di star piangendo.
Lui,
Tom Orvoloson Riddle, piangeva. Come non gli capitava di fare da anni, molti
moltissimi anni. A parte quel momento di debolezza sull’espresso per Hogwarts,
momento in cui Eva era stata presente, anche se lui non lo sapeva.
Le
gambe gli tremavano così tanto – non poteva resistere, non all’idea che avrebbe
potuto perderla davvero – che cedettero, e sia Tom che Eva caddero in
ginocchio. La ragazza si riscosse: Tom era lì, aggrappato a lei come se fosse
un’ancora di salvezza, e piangeva.
Per lei.
“Oh
Tom, non importa, davvero.” disse con un sospiro, circondandogli il busto e
abbracciandolo a sua volta.
“Ma
io… Ho rischiato…”
Un
singhiozzo, soffocato sul suo collo.
“Ssssh…
Va tutto bene, ssssh…”
Eva
restò così, a coccolare Tom e a rassicurarlo, per parecchi minuti. Alla fine il
ragazzo smise di piangere, e asciugandosi gli occhi umidi con il dorso della
mano si rivolse di nuovo al preside, sempre stringendo a sé la ragazza.
“Mi
prendo tutte le responsabilità, professor Dippet.” disse, con voce stranamente
incolore “Ma non punisca Eva. Lei non c’entra.”
“Non
è…” iniziò a dire la giovane, ma venne interrotta dal preside.
“Mi
spiace, signor Riddle. Credo che togliere cento punti ad entrambe le case sia
il minimo. Inoltre si consideri sospeso dall’incarico di Prefetto, e in
punizione tutti i sabato sera, con me in persona. Non posso fare di più, deve
comprendere la gravità della situazione. Il fatto che lei abbia svelato uno dei
più antichi misteri della scuola le fa onore, certo, ma non doveva permettersi
di indagare più a fondo, non sapendo che in quella Camera c’era un Basilisco.”
Tom
si rialzò in piedi, tirando con sé anche Eva. Annuì, poi entrambi uscirono
dallo studio del preside.
Albus
Silente si risistemò gli occhiali sul naso, rincuorato: allora Tom era cambiato
veramente, il suo lavoro non era stato vano.
“Tom…”
iniziò a dire Eva, debolmente. Il ragazzo l’aveva afferrata per un polso, e la
stava trascinando in un punto non meglio definito del castello.
Tom
non rispose. Scostò un arazzo che nascondeva un passaggio segreto, prese la
bacchetta e mormorò un incantesimo, sigillando il luogo.
Eva
non capiva, ma non fece in tempo a fare neanche una domanda che si trovò le
labbra del ragazzo incollate alle proprie, la schiena contro il muro. Tom la
stava baciando con passione, con urgenza, quasi con rabbia: Eva capì che gli
eventi appena trascorsi l’avevano segnato profondamente, e che assecondarlo
sarebbe servito a farlo riflettere e calmare.
Tom
le sollevò una gamba, scostandola la gonna. Eva sentì le sue mani armeggiare
con i suoi slip, per toglierglieli. Due secondi dopo anche i pantaloni del
ragazzo caddero a terra, ed Eva si sentì bruciare quando lui la prese con
forza, senza aspettare.
“Ah!”
urlò, la bocca subito tappata da un bacio di Tom.
Lui
prese a spingere, mentre lei cercava ancora di abituarsi a quell’intrusione.
Quando Tom venne uscì subito da lei, abbracciandola stretta.
“Scusa.
Mi… Serviva.”
“Non
importa. Va bene così.” disse Eva, ricambiando l’abbraccio.
Eva
lo capiva, come sempre, e come sempre era dalla sua parte, ed avrebbe fatto di
tutto per alleviare la sua pena.
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Capitolo 16 *** Epilogo ***
Ed eccoci quindi giunti
alla fine di questa storia…
Sono commossa, lo sapete?
*--* Mi avete dato un supporto incredibile! =D
Prometto che lavorerò
presto al seguito (come ho detto, appena riesco a regolarmi con i ritmi
dell’università… Che è iniziata oggi =..= Sono esausta) e siccome ho una Beta
fantastica che mi dà un sacco di ottimi consigli, vedrò di metterli in pratica
anche qui! =)
Grazie ancora di tutto! =)
Mi raccomando, fatemi
sapere cosa ne pensate…
Epilogo
“Voi
mi chiedete molto.”
Il
preside Dippet stava osservando attentamente i due ragazzi davanti a lui,
valutando la proposta.
“Per
Tom forse si potrebbe fare un’eccezione, dato che è orfano, ma tu Eva…”
“Mia
zia Emily sarebbe solo felice se non fosse costretta a rivedermi! Può anche
contattarla e chiederglielo di persona! La prego…” cercò di protestare Eva.
Dippet
sospirò.
“Vedrò
di fare il possibile… Ma che ben due ragazzi si fermino ad Hogwarts per le
vacanze estive…”
“La
ringraziamo professore.” disse Tom “Sappiamo quanto sarebbe problematico. Eva,
andiamo, è meglio non insistere.”
Tom
ed Eva uscirono dall’ufficio del preside.
“Non
voglio tornare da zia Emily.” disse lei, immusonita.
“Vedrai
che ci darà il permesso. Non ti preoccupare. Che vuoi fare ora?”
Mancava
una settimana alla fine di giugno. Gli studenti del quinto e del settimo anno
si godevano un po’ di relax dopo gli esami, mentre gli altri compagni erano
costretti a seguire ancora le lezioni. Tutti avevano saputo quello che era
successo nel bagno delle ragazze – Mirtilla si era preoccupata di dirlo a
tutti, guadagnandosi una popolarità che non aveva mai avuto prima d’ora – ma
siccome non era successo niente di ché dopo qualche giorno avevano lasciato
perdere. L’unico cambiamento evidente era avvenuto in Tom: ora il ragazzo non
si preoccupava più delle voci, le ignorava, e non provava più vergogna nel far
vedere quanto ci tenesse ad Eva. Andava con lei mano nella mano, la
abbracciava, giocava con i suoi capelli, la baciava persino… In mezzo a tutti,
indifferente al mondo. E la guardava con occhi colmi d’amore. Eva era
estasiata.
“Usciamo
un po’?”
Il
tempo era perfetto: faceva caldo ed era bellissimo godersi un po’ di fresco
stando sotto gli alberi in riva al lago, osservando la piovra gigante spuntare
dalle acque di tanto in tanto.
Nell’ingresso
si imbatterono in Rubeus Hagrid, che camminava con aria furtiva.
“Ehi!
Che stai facendo?!” gli chiese Tom. Hagrid sussultò, lasciando cadere quelli
che a prima vista erano enormi vermi.
“Non
mi dirai che sono per… Il ragno.” aggiunse il ragazzo, ben attento che non ci
fosse nessuno in giro, osservando disgustato il gigante che li raccoglieva.
Hagrid
arrossì.
“Ehm…
Ecco…”
“Lo
tieni ancora in un armadio?”
“No
insomma… Non proprio… Ci ho trovato una credenza giù che….”
“Così
non va bene Hagrid. Presto diventerà troppo grande, ed è pericoloso.”
Hagrid
si rizzò e lo osservò con uno sguardo di sfida, sebbene fosse ancora
imbarazzato. Tom sapeva cosa stava pensando: con che diritto lui, che aveva
quasi sguinzagliato un Basilisco per la scuola, gli faceva la paternale?
“Sentite…
Io avrei un’idea.” disse Eva, prima che i due si uccidessero con lo sguardo.
“Che
cosa?” le chiese Tom.
“Rubeus…
Perché non porti Aragog nella foresta? Ormai dovrebbe essere abbastanza grande
da sapersi difendere da solo… E anche da riuscire a cacciare, per procurarsi il
cibo… Potresti portarlo nel folto, in modo che non possa far del male e
nessuno, e poi andarlo a trovare…”
Il
volto del gigante s’illuminò.
“Ehi!
E’ un’idea!”
“Beh,
con la tua stazza e un’Acromantula gigante al tuo fianco neppure tu correresti
molti rischi addentrandoti nella foresta… Se non altro…” convenne Tom, comunque
contrariato.
“Dai…
Aiutiamolo, su…” gli disse Eva, dandogli un buffetto sul braccio.
Tom
sbuffò: pure questa? Ma era Eva a chiederglielo, e così si sarebbero liberati
dell’Acromantula.
“Mi
raccomando, non deve uscire dalla foresta per nessun motivo al mondo.”
“Certo!
Ma sicuro!” disse Hagrid, improvvisamente entusiasta.
Così,
dopo aver controllato che la via era libera, i due aiutarono Hagrid a liberare
Aragog nella foresta. Eva faceva da palo, perché non avrebbe sopportato la
vista dell’animale.
Tutto
filò liscio come l’olio, e i ragazzi salutarono il gigante poco dopo. Come
avevano deciso prima andarono a sedersi sotto una betulla, in riva al lago, per
poter godere di quella splendida mattinata.
“Chissà
se il preside ci farà rimanere ad Hogwarts.” disse Eva, pensierosa, appoggiando
la testa sul petto del suo ragazzo. Tom la strinse a sé, baciandole i capelli.
“Ma
certo. Vedrai, andrà tutto bene.” le rispose.
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