I suoi ricordi vivevano in me

di Draco_Slytherin
(/viewuser.php?uid=169661)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Bene, salve a tutti!!
So benissimo del mio riprovevole ritardo riguardo l'altra fanfiction, ma sinceramente, volevo iniziare una nuova storia.
Giusto il tempo di staccare dall'altra, in modo da avere le idee più chiare.
Comunque, il capitolo di "Comprensioni" c'è, ma non sono totalmente soddisfatta.
Spero comunque che questa, venga gradita.
Un kiss.
Draco_Slytherine
P.S fatevi sentire, voglio recensioni, di qualunque tipo esse siano!!
Un'altra cosa e vi lascio: la prima parte capirete di chi è, la seconda parte, riguarda Hermione. Nei prossimi capitoli, sarà solo Hermione a parlare.

1.                                            

 

Jane Austen. Orgoglio e Pregiudizio.
Teneva in mano quel libro, e sorrideva.
I suoi occhi scorrevano su ogni parola, e le sue mani cambiavano pagina in men che non si dica.
Possibile che un libro potesse darle tanta gioia? Sì, era possibile. Lo sapevo bene.
L’amore che ci metteva mentre sfogliava le pagine, e intanto, il suo sorriso si allargava sempre di più fino ad emettere una risata.
Così presa, e così bella.
Quell’immagine sembrava frutto di una favola, o di un sogno.
In ogni circostanza, sarebbe rimasta se stessa. Eternamente lei.
Ogni persona che passava, non l’additava, o screditava. Non la ritenevano sciocca, né una ragazza incapace di divertirsi. Chi passava, e la coglieva seduta su quella panchina, l’ammirava. Una ragazza acculturata e piena di giudizio. Un libro così impegnativo, non viene di certo tralasciato.
Quello era il mondo babbano. Il suo mondo.
Su ogni pagina del libro, o quasi, c’erano attaccati dei post-it che segnavano una frase o più, che l’aveva colpita. Per lei, ogni frase aveva un significato, che fosse nascosto o visibile.
E se io ne ero a conoscenza, c’era una ragione.
Ma come in ogni favola, c’è sempre un contro, una nota stonata. Quell’unica nota stonata.
Una testa rosso fuoco che le stava sulle gambe.
Perché lui? Era ciò che mi ripetevo da mesi ormai.  
Attraverso il fogliame dell’albero, sotto il quale mi trovavo, giungevano alcuni raggi di sole, che mano a mano, andavano spegnendosi. L’estate stava volgendo al termine. Ciononostante, il caldo si faceva sentire, lasciandomi perline di sudore sulla fronte.
Quello, era il periodo che tutti i ragazzi aspettano ardentemente. Il piccolo paradiso che permette di uscire dalle preoccupazioni: chi partiva, chi se ne stava spaparanzato dalla mattina alla sera su un divano o un letto, chi attendeva di fare un viaggio chissà dove. Ognuno sapeva cosa fare. Ma c’era anche chi non vedeva l’ora di tornare a scuola, in questo caso, Hogwarts. Io stavo aspettando quel momento,ed ero assolutamente sicuro che anche lei, fremeva all’idea.
Il fatto era che Hermione Granger, non sapeva starsene seduta a non fare niente, o a dormicchiare da qualche parte. Lei era un uragano. Un uragano di sapienza. Se non leggeva o studiava, doveva andare in giro a visitare musei che, magari aveva già visto e rivisto, o scappare in qualche biblioteca nella Londra babbana.  
E, cosa ci facevo io lì? Perché ogni giorno mi appollaiavo dietro un albero, o un muro, solo per ammirarla?
Avevo bisogno di vederla, nonostante sapessi che le mie visite nascoste ai suoi occhi, non avrebbero cambiato nulla.
Quel nulla che prima era popolato. Che fossero emozioni, o ricordi, prima c’era. Qualcosa, c’era
Ma ero lì solo per questo? Solo per vedere lei e il suo stupido ragazzo rosso stare insieme? Ero davvero così masochista?
Forse era la speranza a guidarmi. Questa era semplicemente una considerazione, frutto della mia momentanea instabilità logica.   
Non avevo idea di cosa pensare. Ma vedevo il suo viso pieno di felicità, e sentendo i miei lineamenti duri, capivo che non ero della stessa reazione.  
Delusione, tristezza, rabbia, ma non rassegnazione.
Draco Malfoy, non si arrendeva.
Perciò, non avrei smesso di lottare, per lei.  

***
 
L’estate era definitivamente finita, e sebbene le scuole babbane dovevano aprire i battenti a giorni, le strade di Londra erano affollate da ogni sorta di individuo. Nonostante tutto, il sole filtrava attraverso spumose nuvole, che rendevano il paesaggio una meraviglia da contemplare. Oltre la veduta che la finestra mi permetteva di scrutare, il cielo continuava a scurirsi, restando comunque molto lontano dalla pioggia. Quella vista, sembrava rendere tutto più tranquillo: strade meno rumorose e animi più leggeri, aiutando anche a far spazio ai pensieri, che tra un giorno e l’altro, non trovavano riposo. Da lì a qualche ora, avrei varcato la soglia di quella che ormai, era diventata la nostra casa, Hogwarts. I tre mesi che avevo atteso per riabbracciare i miei amici, sembrava infiniti: Harry, Ginny… Ron. Provai un moto di tristezza, che immediatamente mi ordinai di scacciare. Era finita e a causa sua. Mi aveva lasciata senza una ragione, e questa non gliela perdonavo, mi era caratterialmente impossibile farlo.
Mi soffermai di nuovo sulla frase che ormai replicavo cinque volte al giorno: -Mi dispiace Hermione, ma dobbiamo lasciarci. Il problema non sei tu, ma io- ripetei al vento, come un robot.
Quelle parole mi echeggiavano nella mente ogni qual volta pensavo a lui. E capitava spesso. Parole patetiche, dette da una persona patetica.
Sbattei le palpebre e ripresi il controllo di me stessa. Ormai, Ron, era il passato.
Mi focalizzai su un altro punto fondamentale: stavo per abbandonare per l’ennesimo anno la dimora dei miei genitori, e, sin dal principio, avevo deciso che non vi avrei rimesso piede fino alla fine della scuola.
Mamma, papà, perché non venite a salutarmi? La mostruosità di quel pensiero mi colpì. Non mi ero ancora abituata alla loro assenza. Non mi ci sarei mai abituata, era altamente impossibile.
Ecco, infine, l’ultima cosa che la guerra era stata capace di portarmi via. 
Lì, in quella stanza, non c’era nessun appiglio pronto a salvarmi, capace di risollevare la mia mente devastata: un anno di tempo, era troppo poco, e troppo pochi, minima parte di tanta sofferenza, si erano dimostrati quei mesi.
Sono rimasta solo io, considerai.
Nel silenzio che regnava in casa, un rumore esterno spezzò quella quiete, che tanto sembrava risucchiarmi, troppo pericolosa per tentare di tornarci. Apparentemente, quella confusione, sembrava dovuta ad una battaglia tra un cespuglio, e qualcosa incappato dentro o su di esso. Mettendo le valigie fuori dalla porta, decisi che era tempo di andare. Quando i miei occhi vagarono per il giardino, l’unica cosa che notai, fu la sua immobilità.
Sul parquet di casa, l’ultimo ricordo di me, era concentrato in un cerchietto brillante. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. ***


 

2.


Stazione di King‘s Cross. Unica stazione londinese per Maghi e Streghe. 
Ed oltre. 
Lì hai solo un pensiero fisso, unico concetto che si permette di ripetersi nella tua mente: ‘Sto per tornare a casa’. 
Appoggio a terra le valigie. Migliaia di persone mi sfilano accanto. Sembrano tante formiche. Tutte ammassate tra di loro per un unico scopo: raggiungere il treno.
Per questo sono qui, mi ripeto. Ma non mi sento parte di questa realtà. Sembra che ogni singola persona abbia messo il turbo. L’aria è satura di eccitazione. I ragazzi scalpitano ovunque elettrizzati. 
Mentre io, sono ferma. Ferma in punto. Quello di partenza.
Vengo urtata da mille tessuti sgargianti e non. Spero sempre che un po’ della loro felicità, sfiori anche me, purché qualcosa riempia questo vuoto. Vuoto che sento dentro.
La mia pelle sembra assumere una strana reazione a contatto con quel pensiero. Forse è la consapevolezza di essere rimasta sola. E’ quello che credo. Che provo. Ma non è questo. 
Mi sbaglio.
I miei muscoli si tendono. Sono immobili. Tranne il mio cuore, che sembra battere al pari di un rullo di tamburo. Mi volto. Quella sensazione non svanisce. La sento da mesi ormai. Sono sicura di avere addosso gli occhi del mio stolker. Mi lacerano la pelle. Osservo i passanti. In mezzo a loro, dovrà pur esserci la risposta al mio dilemma, no?
Il mio sguardo è ancora posato sulla folla. Incontro qualche paia di occhi, ma nonostante tutto il gelo non mi pervade.
Tuttavia, mi sento in fiamme. Una frustata in faccia. Capelli rossi. Sono avvolta nel caldo tepore di un abbraccio.
Avevo dimenticato il motivo della mia permanenza.
- Hermione - Ginny si era scaraventata su di me con una forza tale da gettare a terra le mie valigie. Da sopra la sua spalla, noto indispettita diverse occhiatacce dalla nostra parte. Faccio finta di niente.
- Ciao Ginny - Ricambio la stretta. Lei si stacca da me. Mi sorride.
Il gelo torna a sopraffarmi.
Inaspettatamente, mi ritrovo un indice puntato contro. -Come hai potuto? - Sembra indignata. Poi, proprio come sua madre, si porta entrambe le mani sui fianchi. - Lasciarmi per tutta l’estate in balia di quei due. - Afferma con fermezza. Non posso crederci. Io che vengo rimproverata? Il mondo sta iniziando a girare al contrario. Ridacchio. Pensandoci è il primo accenno di risata da settimane.
L’espressione sul viso di Ginny si addolcisce. Gli angoli della sua bocca si tirano su, formando un altro sorriso. Comincio a rilassarmi. Controllo il respiro. - Senza mamma non so cosa avrei fatto. Ron... -Ed esso mi si mozza, per l’ennesima volta.
Due occhi sgranati dal terrore ed uno sguardo scandalizzato mi fissano in attesa. Sembro così cedevole alla disperazione?
Ginny ricomincia a parlare, tornando sui suoi passi. - Mio fratello - come se chiamarlo in questo modo possa cambiare gli eventi precedenti. - è stato in depressione negli ultimi due mesi. -
Di cosa sta parlando?
Devo essere un libro aperto perché Ginny si sente in dovere di aggiungere ulteriori informazione. -Sì… ecco… perciò Harry gli è stato sempre appresso.- Ora balbetta, torturandosi le mani. - Non abbiamo avuto molto modo di parlare, se non dello stato in cui si trovava… Ron. - Aggiunge timidamente, chinando la testa.
Non assimilo. Cosa vuole dire con “depressione” e “due mesi”? Quindi Ron era già affranto negli ultimi mesi del nostro fidanzamento.
Decido di dar voce ai miei pensieri. - Scusa Ginny, ma esattamente cosa vuo… - Non riesco a finire la frase. La voce di Ginny sovrasta la mia. Appositamente. Lo capisco perché ora mi guarda dritta negli occhi. - Sai, Harry ci ha raggiunti alla Tana tre settimane fa. Ci siamo visti sì e no cinque minuti al giorno. - La sua voce è un sottile sussurro.
Dunque, la questione di Ron è seria.
Mi stupisco. Non dovrei essere in pena per lui.
Ma cosa mi salta in mente? Il mio cervello torna a muovere gli ingranaggi.
Infondo, tutto questo non l’ho deciso io. Ero disposta a combattere per noi. Se è saltato tutto, lo deve attribuire solo a se stesso.
Scuoto la testa. Apprezzerei il fatto che sbatacchiando la mente di qua e di là, i pensieri volino via con essa. Ci vorrebbe così poco. Qualche attimo, e un filino d’aria si porterebbe via ogni tormento. Ma sarebbe troppo semplice. E niente funziona così. 
Sento qualcosa punzecchiarmi. Mi gratto un braccio, ma non sembra qualcosa di concreto. Brividi freddi scendono lungo la mia schiena. Il mio corpo ha la pelle d’oca. E so di cosa si tratta.
Mi volto. Ognuno va per la sua strada. Nessuno fa caso a me -per fortuna. 
- Hermione, cosa guardi? - Una mano sventola davanti a me. Per un piccolissimo istante, sento la leggerezza dell’aria sul viso. Ho ancora gli occhi rivolti sulla massa di formiche.
Passa un minuto. Il gelo lascia spazio solo ad un caldo rassicurante.
La sensazione è svanita. Allo stesso modo di come la pioggia improvvisa la sua discesa.
- Senti, - Ginny mi afferra il polso. Torno a guardarla negli occhi. Ma continuo a non essere tranquilla. - Ron è stato un idiota,- in realtà, lo è sempre- ma tu non capisci che stai gettando al vento la tua vita. Tu, forse più di chiunque altro, hai il diritto di vivere come ogni essere umano. - La sua presa rallenta. Alcune ciocche di capelli le sono caduti davanti agli occhi per l’ardore delle sue parole. Si porta le mani tra quei fili rossi, tirandoli indietro. - Mi hai sentita? Vi-ve-re. - Scandisce pignola. 
Soppeso le sue parole. Non c’è molto da pensare. Per questo genere di discorso, esiste una sola risposta. - Hai ragione -mi concedo -le concedo- una tiratina degli angoli della bocca. - Infondo, ci saranno tante di quelle cose da fare.- Speranza. Macabro sprazzo di luce in questa nebbia che sembra mi avvolga. Voglio lasciarmi alle spalle la scia di disperazione che mi insegue da più di un anno. Devo. Ne ho assolutamente bisogno.
Osservo Ginny. Lo sguardo che si posa sul pavimento della stazione. Scarpe di tutti i tipi le passano davanti. Non le vede. Non vede niente. Inizia a vaneggiare. - Non è stata colpa di nessuno - la sua voce è inespressiva. Persa tra se e se.
Cerco di parlarle. Di capirci qualcosa. Di dare un senso a tutta questa situazione che si è andata a creare. Ciononostante, lei mi liquida con un: - Parlavo a me stessa. - La sua mano si muove come per scacciare una mosca. O in questo caso, un pensiero indesiderato.
Nei suoi occhi vedo passare un’ombra. Non comprendo appieno il significato. Non ne capisco neanche la metà.  
Perciò, mi ordino di cambiare discorso. - Ma Harry? - chiedo, allungando il collo. Un muro umano mi sbarra la visuale.
La mia domanda la coglie di sorpresa. Ginny si guarda intorno. Poi il suo sguardo si posa su di me. Il concetto è chiaro. Non si è minimamente accorta della loro assenza. - Non lo so - sostiene con un’alzata di spalle. Torna ad osservare tra la gente. - Li ho persi di vista mentre…oh, eccoli.- Due puntini, in mezzo ad uno sciame di gente, riconoscibili solo dalla capigliatura rosso fuoco di Ron. Il suddetto trascina le valigie, ed avanzava a testa basta. La sua bocca si muove. Ma mi è impossibile intercettare il fiume di parole che sta rivolgendo a Harry.
Alla sua vista, l’eccitazione mi invade da capo a piedi. Urlo il suo nome. Harry mi fissa e lascia cadere a terra le valigie. Inizio a correre. Spintono ogni centimetro di pelle e stoffa che mi sbarra la strada. Evito per un soffio una colonna. Sono quasi vicina, Harry apre le braccia, ed io mi ci fiondo dentro. Sento tutta l’energia che inizia a fluire. In questo momento, penso che il nostro legame sia indissolubile. Che due mesi di distanza, non hanno cambiato niente. Indipendentemente da tutto ciò, Harry ed io, saremo sempre lì, a sostenerci l’un l’altro. Me ne accorgo solo ora.
Sento le sue braccia stringermi. Assaporiamo questo momento.
Capisco che è ora di allontanarmi da lui, quando un colpo di tosse raggiunge le mie orecchie. Qualcuno pretende il suo spazio. -Ciao…- Un timido saluto. Distinto e familiare.  
Non mi stacco subito da Harry. Mi allontano lentamente, e lo guardo. Mando un’occhiata verso Ginny. Lui annuisce impercettibilmente. Con passi mal fermi, si incammina verso di lei. E il mondo scompare. 
Li osservo catturata. 
Harry prende le mani di Ginny tra le sue. I loro sguardi si incrociano in tiepidi sorrisi, immediatamente rapiti dalle loro labbra, che si intrecciano lentamente tra di loro. 
Sorrido. E questa volta realmente. 
Mi volto e vado incontro a ciò che, tanto, avrei dovuto affronatre in seguito. La mia voce è tagliente, come lo sono i venti di Durmstrang. 
-Ciao Ron- Chiunque passi di qui, sentirebbe solo un freddo glaciale.
Passiamo pochi secondi nel silenzio più totale. Harry si accosta a me. Attraverso le lenti rigate dei suoi occhiali vedo la realtà. Semplice e Chiara. Non oscurata e accecata dal mio orgoglio. Sto trattando Ron in modo vergognoso. Ma non riesco a farmene una colpa. Una settimana di tempo non è abbastanza per dimenticare, perdonare, e tornare ad essere ciò che si era prima. Decisamente poco credibile, arrivati a questo punto.
Sostengo lo sguardo di Ron. Attendo. Non proferisce parola. In compenso lancia un’ occhiata a Harry. Lo guardo e scopro che non si è perso una sola mossa del mio comportamento. Alzo un sopracciglio in una muta domanda. Sono interrotta da Ron. Cerca di parlarmi, chiamandomi. Tuttavia, non c’è tempo. Il comune fischio di partenza ci avverte. Del fumo nero inizia ad uscire dal treno scarlatto. Una calca di gente si getta addosso alla bestia rossa. Ron non si impone di farmi sentire le sue ragioni.
Lascio stare.
Sono tornata al punto di partenza.


E pensare che sono arrivata venti minuti prima. Sul treno non c’è spazio.
A quanto pare ogni cabina è occupata. Sono alquanto irritata. E non mi spiego il perché. Forse è semplicemente la presenza di Ron accanto a me.
Il treno inizia la sua corsa. Siamo presi alla sprovvista e cadiamo, ammucchiati l'uno sull’altro. Nello stesso istante, il contraccolpo fa aprire e sbattere contemporaneamente una porta. Uno scompartimento. Vuoto.
Ci alziamo. Ginny e Ron in testa. Sono apparentemente sollevata.  
- Hermione - Harry si accosta a me. Si trascina dietro le valigie, arrancando.
- Dimmi Harry - chiedo seccata. So già qual è l’argomento. E non ho voglia di starlo a sentire. 
- Come hai passato le vacanze? - Lo guardo perplessa. Ero intenzionata di iniziare un discorso sul motivo per cui Ron non è contemplato nelle mie conversazioni. Ma il suo sguardo sembra sinceramente interessato. Tanto meglio. 
- Bene. Sì, insomma, mi sono tenuta occupata, in un modo o nell’al… -
Ops, penso improvvisamente, sostenendo lo sguardo della persona che si trova di fronte a me.
Colgo un’espressione abbattuta e abbastanza stizzita sul suo viso. I suoi capelli sono intrisi di un liquido arancione. A quanto pare stanno iniziando ad appiccicarsi. Goccioline di succo di zucca stanno scivolando sulla sua giacca nera di ottima fattura.
- Mi dispiace, Malfoy -
Semplicemente, mi sono distratta.
Ero talmente presa dal discorso che stavo facendo con Harry, che non mi ero accorta di aver pestato un piede al giovane Malfoy. Per il dolore aveva iniziato ad agitarsi. Di conseguenza il succo aveva finito per inzupparlo.
Sembra una bella rivincita. Ma non è così. Non sento niente.
- Io non inte…- Non finisco la frase. Di nuovo.
Draco è sul punto di scoppiare. Ma si sta trattenendo.
Scansa Harry. Mi passa accanto. Borbotta qualcosa, e sparisce.
Guardo Harry. Uno sguardo indecifrabile fa capolino sul suo volto. Mi guarda, mentre i miei occhi sono intenti ad osservare il punto nel quale Draco è scomparso.
Rimango lì. Non oso muovermi. Ho paura che tutto questo vada in pezzi. Che la mia vita si frantumi.
Rimango lì. Finché le parole di Harry non mi raggiungono. - Hermione, andiamo - Il suo sguardo è incomprensibilmente intatto.
Ed è adesso che mi sento rotta. Rotta, come il vetro. Perché il gelo, cala irrimediabilmente su di me. 




Note  

 

Salve a tutte! 
So che è passato tanto tempo, ma scrivere questo capitolo è stato particolarmente difficile. 
Comunque oggi faccio un po' di pubblicità. 

In particolar modo, ad una storia appena nata, ma davvero fantastica: 
History of a Pure Gryffindor di Crookshanks_98 
Lei mi è stata sempre vicina, e mi ha spronata a continuare. 

Poi devo fare un ringraziamento speciale a kiraeteru, che mi ha sempre seguita. Vi consiglio di passare a leggere le sue storie. 
Io ora sto leggendo Neve Isabelle Lumos - La serpe nata tra i leoni.  

Infine, ma non meno importante, Veneris, che ha recensito per prima alla mia nuova storia. 
Vi consiglio vivamente di leggere: Quando s'intende per: Riportare un ragazzo sulla ‘retta via’ e La fidanzata di Lucius Malfoy.  


Grazie a tutti per l'attenzione e per la pazienza.
Al prossimo capitolo. 
Draco_Slytherine 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. ***


3.

 

[…] Cominciò di nascosto a seguire i suoi passi;
 ma quanto più lo segue e si accosta alla fiamma d’amore,
 tanto più brucia,
 come quando lo zolfo che copre l’estremità della torcia
attira a sé crepitando la fiamma.
Ovidio - Le metamorfosi

 
 
 
Sono seduta. Sono seduta su una poltrona, e sono sul treno. Sfreccia a velocità massima sui binari. Lo stridio delle rotaie a contatto con le ruote mi da’ alla testa.
La tranquillità, non è all’ordine del giorno.
Osservo il cielo. Sembra l’unica cosa rimasta intatta.
Fuori, ogni cosa è chiara. I pensieri si cristallizzano, smettono di esistere in questo caos.
Inspiegabilmente, siamo attratti dall’immenso mondo blu celato sopra di noi. E’ al di là delle nostre forze, per quanto siano continuamente sotto sforzo. Immagine di infinito, ignoto, ci rintaniamo in esso per ricevere tranquillità.
Le nuvole si rincorrono tra di loro e i raggi del sole scompaiono dietro di esse, illuminando quel candore. A momenti la notte avvolgerà ogni cosa nelle sue spire.
Sono ore che mi crogiolo nel mio stesso silenzio. Devo ammettere di non aver prestato molta attenzione a ciò che mi circonda.
Non sento niente. Né brusii, sussurri, risate. Inizio a credere sul serio che anche qui momenti di giocosità abbiano avuto fine.
Sento solo il costante e fastidioso grido strozzato dei binari.
Il grigio sporco del cielo, fa presagire una nottata fredda e gelida, caratterizzata da pioggia costante. Dei nuvoloni neri viaggiano in quell’immensità come la corrente percorre il suo corso.
Alcune immagini mi rimbalzano davanti, fioche luci che tentano di mostrarsi.
Degli occhi. Gli occhi di Harry che cercavano di dirmi qualcosa.
Persisto nella mia indifferenza.
Ho la sensazione che il mio cervello palpiti. Sembra non riesca a contenere tutto questo.
Se Ron non mi avesse lasciata… Perché cavolo mi ha lasciata?
Niente di tutto questo avrebbe avuto inizio se non lo avesse fatto. Il concetto è opprimente.
… La verità, è che non so dove andare a sbattere la testa.
E’ davvero possibile che mi abbia lasciata perché non mi ama più?
Ma allora, perché non me lo ha detto? Perché non mi ha dato un motivo su cui disperarmi?
Una risposta si insinua tra le crepe della mia anima: semplicemente, è troppo vigliacco.
Mi si rivolta lo stomaco.
Ripenso a tutte quelle litigate in mezzo alla strada, al modo in cui davamo spettacolo di noi senza tregua, assomigliando a dei bambini.
In fin dei conti, avrei potuto ascoltarlo…
Eppure lo odio.
Lo odio perché mi ha lasciata così, di punto in bianco.
Lo odio perché mi ha rifilato una scusa assurda e infantile, come se fossi chissà chi… O cosa.
Lo odio, perché non riesco ancora ad accettare che la cosa sia finita.
Ed ho paura.
Continuo irrimediabilmente ad avere paura.
Mi sento sola.
La mia vita ha raggiunto il caos.
Mi scoppia la testa. Ed ho voglia di piangere.
Mi metto le mani tra i capelli,  appoggio la fronte sulle ginocchia, e penso.
Ancora.
In fin dei conti, la mia mente non è del tutto infranta., nello stesso modo in cui non lo sono i vetri del treno. Come previsto, fuori si sta scatenando una pioggia furente.
Solo ora mi accorgo di quanto tempo deve essere passato.
Percepisco il picchiettio delle goccioline sul vetro, come se lo volessero trapassare, ma invano. Rabbrividisco. Mi ricredo nello stesso istante in cui una leggera frescura raggiunge la mia mano.
Non c’è più niente da fare, la gocciolina è entrata. Non si può tornare indietro. E non riesco a non paragonare questo fatto, alla situazione tra me e Ron.
Per quanto io mi sforzi di reprimerlo, un pezzo di lui, sarà sempre dentro di me, indipendentemente.
- …continuare così! -
Sono le prime parole che odo da ore.
E’ un’affermazione forte, talmente forte, da farmi sobbalzare.
Alzo la testa. A scrutarmi ci sono due paia d’occhi. Ron è assopito, stravaccato su una poltrona Una mano sulla pancia, e la bocca aperta.
Sono felice. Almeno non ha assistito alla mia deprimente scena. Sarebbe stato decisamente troppo da sopportare.
- Hermione, noi sappiamo che te la vuoi cavare da sola. - dichiara Ginny.
… Ho bisogno di un libro.
 Mi tende una mano. In questo momento l’amicizia, il mio stato di instabilità mentale - preferisco pensarla così - , mi dovrebbero portare a raggiungere la sua mano. Ma non lo faccio.
Resto immobile.
Rincorriamo ogni centimetro di pelle non toccato. Ci guardiamo negli occhi, serie, assolutamente stabili.
Quindi continua il suo discorso. - Ma noi ci siamo. Capiamo quello… -
- No, non è vero. Non potete saperlo. - Scatto in piedi, in preda all’euforia.
C’è sempre qualcuno che, contrariamente a quello che penso, sa per certo quello che sento, ma nessuno si è precluso di chiedermi se sento qualcosa.
Immagino che Ron si sia svegliato, a causa del tono veemente della mia voce.
Con la coda dell’occhio, raggiungo la sua figura.
Le sue palpebre non accennano a schiudersi. 
- Per quanto la cosa possa sembrarvi strana, Ron non è solo il centro dei miei problemi. - dico, abbassando la voce. Harry apre la bocca, ma tronco il suo discorso sul nascere.
Avrei voluto non parlare di questo. Non qui, non ora. Mai.
Sono sicura che dopo averlo fatto, la questione diventerà reale, persino per me.
Soprattutto per me.
Respiro, i miei polmoni non sono mai sazi.   
- Ancora devo capire. Sto cercando di trovare un… legame, che spieghi la questione. Per ora, è solo un buco nell’acqua. -
Aspetto. Aspetto nervosa la domanda che dovrebbe arrivare, e come previsto, essa mi raggiunge senza troppi preamboli.
- Cosa stai cercando di risolvere, Hermione? - Harry ha lo sguardo puntato su di me, e l’unica cosa che mi rimane da fare, è rispondere.
- Sto tentando di capire perché non provo più niente -
 
 
Le mie parole dovrebbero fare effetto.
Ma non noto niente di strano, se non la mano di Ginny che si ritrae.
A parte questo, sono immobili. La stessa immobilità con la quale Harry è rimasto durante l’uscita di Draco. 
Decido di sedermi. Percepisco il sangue fluire e cospargersi sulle mie guance.
Mi rintano nell’angolino, vicino alla finestra. L'unico posto sicuro, per ora. 
Ginny drizza la schiena, come se fosse stata punta da uno spillo. - In… In che senso non provi più niente? -
- Nel senso che non sento nulla. E’ come se non avessi più sentimenti, come se una parte di me, mi fosse stata strappata. -
- E da quando ti senti così? - chiede Harry, attento. Non sembra particolarmente sconvolto. E’ impassibile.
- Dalla fine della Guerra - affermo. - Inizialmente non ci facevo caso. Poteva essere lo stress, qualunque cosa. Ma poi… -
Non so se continuare, dal momento che non saprei cosa dire.
- Poi…? - mi esorta Ginny. Le mani che si strofinano tra di loro. Rispetto ad Harry, sembra molto preoccupata.
- Non c’è un poi. Ho la sensazione di dissolvermi. Niente mi appartiene più. - Concludo.
Passano pochi secondo, poi Harry si stiracchia. - Oh, be’, vado a farmi un giro. Non ce la faccio più a stare seduto. - Si alza e si avvicina alla porta scorrevole.
Si ferma lì davanti. - Tranquilla Hermione. Risolveremo tutto. - Dopodiché, sparisce.
Mi accoccolo ancora di più, sentendomi una bambina. 
Non riesco a capire Harry. Non riescoa  capire più la vita. 
Provo a chiudere gli occhi. 
Solo per un momento, nella culla del sonno, spero di non dover spiegare niente a nessuno.
Credo di essere sveglia, non ne sono pienamente certa.
Voglio rimanere qui dentro, dentro questa scatola buia e vuota, in modo che nulla possa intaccarmi.
Voglio rimanere nel silenzio del mio irreale, perché sembra l’unica cosa reale in questo mio mondo distrutto.
Sento un leggero premere sulle mie labbra. Non so cosa sia. Ma assomiglia tanto ad un bacio, dolce, velato. Breve. Qualcosa mi dice che non è vero.
Non può esserlo. Sono sicura di non aver mai ricevuto un bacio del genere.
- Hermione - , anche il mio nome, è appena sussurrato, come se fosse fatto di cristallo e deve essere maneggiato con cura. - Hermione - continuo a sentirlo, solo che ora è un bisbiglio.
Ho paura. Se ne sta andando, anche quella dolce sicurezza sta per svanire.
- Hermione - è appena udibile, come lo sono le parole successive. - Non lasciarmi -
- Hermione! - sussulto. Ho giusto il tempo di aprire gli occhi, prima di capire cosa sta succedendo, e se ancora faccio parte di questa realtà.
La voce che mi fa riemergere dal dormiveglia è abbastanza scocciata. E se prima mi sentivo tutta baci e carezze, ora mi sento spossata.
A fatica, metto a fuoco. - Diamine, Hermione, muoviti. - Ginny mi prende per un braccio, e mi tira su incespicando tra le sue stesse gambe.
Questo non è il risveglio che mi aspettavo. A dirla tutta, questo non è per niente un risveglio. Ma ormai, fa qualche differenza quello che penso?
- Ginny, per favore, calmati. Mi dici cosa ti prende? - Ancora con la voce impastata dal sonno, mi strofino gli occhi.
Continuiamo a camminare, avanzando nel corridoio deserto del treno. E’ alquanto inquietante vederlo così spoglio, privo da ogni forma di vita.
- Cosa mi prende, eh? Il problema è che siamo rimaste solo noi due, qui dentro. E Ron e Harry se la sono svignata. - 
- Sì, va bene. Ma ora, gentilmente, potresti mollare il mio braccio? -
I suoi occhi corrono alla stretta che esercita su di me. - Oh sì, scusami - mormora. Nonostante io non possa vederla bene in viso, giurerei di aver intravisto le sue guance andare in fiamme.
Fuori, il buio domina ogni cosa. Inspiegabilmente, mi sento ancora più sola. E svuotata.
- Ehi, ma i miei bagagli? - Solo ora noto la loro assenza. Nemmeno Ginny li ha.
- Ah, sì. Li hanno presi Harry e Ron. Dopotutto, non sono così inutili. - Mentre accenniamo tutte e due ad una risata, ci incamminiamo verso le uniche luci che scorgiamo, quelle di Hogwarts. 
Hanno un non so che di caldo, di casa, di familiare. 
 - Fa freddo - esordisce Ginny, stringendosi nel suo stesso abbraccio. Annuisco, prima di connettermi ed iniziare a collegare.
Fa freddo.
Freddo.
Brividi. La sensazione d’inquietudine.  
Non c’è.
 
 
Arriviamo appena in tempo per cena, perdendo il discorso annuale.
Evitiamo Gazza per un soffio, nascondendoci dietro una colonna.
Il suo fiuto da segugio è andato ad affievolirsi col passare degli anni.
La Sala Grande è pregna di agitazione. I più parlano tra di loro, raccontando aneddoti esaltanti riguardo l’estate.
Io non avrei niente da raccontare. Niente che porti il nome di "gioia". 
Ci dirigiamo sicure verso il tavolo dei Grifondoro, intercettando Harry e Ron, quest’ultimo occupato ad abbuffarsi, troppo preso per scorgere al di là del suo piatto.
Improvvisamente, tremo.
Percepisco leggeri brividi lungo la mia schiena.
Non posso crederci, anche qui!  
Pensavo di aver lasciato il mio stolker alla stazione.
Questa volta potrei vederlo, se sono furba e non mi faccio notare. Potrei risolvere questo dilemma, ed avere meno pesi ad aggravarmi suelle spalle. 
Ginny è già al suo posto, di fronte a Ron. Mentre io sono ferma.
Comincio a camminare, passo dopo passo, lentamente. 
Li sento. Ne sono sicura, non può essere autosuggestione.
Nonostante i brividi siano diminuiti, ho ancora addosso la sensazione del suo sguardo. Il gelo impregna la mia carne.
In qualche modo, capisco che è il momento. E lo faccio.
Mi giro.
Spalanco la bocca, gli occhi.
E' il primo viso che incontro. 
Il cuore perde un battito.
Mi sta fissando.
Freddo.
Draco Malfoy mi sta fissando negli occhi.  








Note: 
Io non so che dire. Vi chiedo perdono. Purtroppo, la scuola è il male, che mi porta via molto tempo. 
Più di tanto non riescoa scrivere. 
Sinceramente, non sono molto soddisfatta di questo capitolo. A parte essere corto, credo sia insoddisfacente. 
Mi piacerebbe ricevere dei vostri consigli, sapere cosa ne pensate. 
Aiutatemi a migliorare. 
Vi ringrazio ancora moltissimo per la vostra pazienza. 
Un kiss 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1171517