Paralove at all!!!

di MissShinigami
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 27 Dicembre ***
Capitolo 2: *** Io non parlo ***
Capitolo 3: *** La secondo volta che incontrai Hayley Williams fu un po' strano ***
Capitolo 4: *** Se i sogni son desideri, io sono una malata mentale! ***
Capitolo 5: *** Hi, we are Paramore ***
Capitolo 6: *** Il mio nome? ***
Capitolo 7: *** Una visita dal gelo ***
Capitolo 8: *** Come mi ritrovai in mezzo ai fan ***
Capitolo 9: *** Che razza di foto faccio?! È arte, ragazzo! ***
Capitolo 10: *** Passo gran parte del mio tempo in libreria … ed ora c’è anche Hayley. ***



Capitolo 1
*** 27 Dicembre ***


Sono davvero stupida!
Alcuni credono che possa esserci un limite alla stupidità, ma io ho abbattuto le barriere! Sono talmente pazza da starmene in Time Square alle dieci di sera mentre nevica.
Stavo congelando; la neve scendeva lenta, molti passanti alzano il naso per scrutare il cielo. Un bambino, in punta di piedi aprì la bocca e tentò di prendere al volo un fiocco di neve con la lingua. Catturo il momento con la mia reflex: un’altra istantanea perfetta, inquadratura eccellente, ma non mi convince la luce. Purtroppo mi capita spesso, ho preso la decisione di non fare mai foto preparate: niente pose né trucchi, niente premeditazione, solo pura naturalità. La cosa difficile è che quando la gente vede un obbiettivo si irrigidisce e cerca di essere quello che non è … lo odio.
Sospirai. La musica nelle orecchie mi ricordava lo scorrere del tempo. La linea della chitarra si fa acuta e precisa: l’assolo; poi il ritornello: ‘We were born for this’ mimo con le labbra poi sorrido.
Mi metto a ricontrollare le foto che ho appena fatto: alcune sono davvero buone a dispetto delle mie aspettative, non piace molto lo sfondo cittadino, in fondo sono una campagnola.
La prima foto che feci con la nuova reflex di mio zio (sì perché ovviamente avere sedici anni non ti consente di avere una reflex tutta per te, triste ma vero … molto triste) era nell’orto dei nonni nel Tennessee: una foglia con accanto una ghianda ancora attaccata al ramo, il sole dietro di loro le rende nere e ne delinea nettamente i contorni. Sembrava una cartolina.
Guardai in alto, i fiocchi di neve volteggiavano sotto di me tranquilli, sembravano tante piccole fate bianche. Scattai una foto, ma non venne come mi aspettavo, così ritentai.
Mentre sollevavo la macchina, qualcuno mi urtò; a causa della neve già caduta in terra scivolai finendo con il sedere per terra. La forza dell’urto mi fece venire le lacrime agli occhi.
“Oddio! Scusa ero distratta!” sentii dire sopra di me. “Tutto bene?” la voce della ragazza che mi stava parlando mi era familiare, molto familiare … troppo …
Mi voltai e … e nulla, capii subito di chi era quella voce. Annuii come una deficiente!
“Meno male! Scusa ancora!!” salutò lei.
Se ne stava andando.
Saltai su una panchina lì acanto e la inquadrai con la reflex: la sua testina rossa risaltava tra la folla circondata dai i volteggianti fiocchi di neve …
Quella fu la prima volta in cui incontrai Hayley Williams.

Eccola qua, è una cosa strana! Sarà un fantasy grandi cose in programma ... spero vi piacciano!! ^^

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Capitolo 2
*** Io non parlo ***


“Parker?”
“Presente!” urlai mentre finalmente mi sistemavo in una delle mie posizioni scomposte tra i sedili del bus.
I ragazzi intorno a me si agitavano e intonavano strane canzoni piene di parolacce e volgarità, la prof li ignorava perché stanca di riprenderli. Alzai il volume dell’mp3, le cuffie che avevo nelle orecchie iniziarono a vibrare. Ero riuscita ad avere il sedile accanto vuoto, così stavo più larga e rilassata; guardai fuori dal finestrino e osservai NY scivolare via per far posto a spazi aperti e alberi.
Dopo poco meno di un’oretta eravamo già davanti al museo d’arte moderna, la gita era stata un’idea della prof di arte, sapeva che in classe non se la filava nessuno, così tentava di coinvolgere i suoi studenti con visite a musei di tutti i tipi … i suoi preferiti? Quelli a cielo aperto.
A gennaio fa freddo soprattutto dopo la neve, che ancora giaceva ai lati della strada. Ero pronta … bhé non proprio … mi ero messa i manicotti neri e ora mi si stavano congelando le dita, ma i guanti mi avrebbero impedito di usare la macchina fotografica e nulla poteva impedirmelo! In più quella mattina avevo bisogno di tutte le mie abilità, non avevo con me la reflex ma una piccola compatta. Secondo mio zio il viaggio era troppo lungo e troppo pericoloso ecc ecc … così mi ritrovavo in mano quella compatta. Ero arrabbiata e frustrata, ma almeno potevo fare foto; fossimo stati al chiuso avrei davvero sclerato!
Prima di passare alle sculture all’esterno, la guida parlò all’interno della struttura; dico parlò perché non ho la minima idea di cosa disse: avevo le cuffie.
Dopo tre canzoni e mezzo uscimmo. La prof stava dietro all’intero gruppo di ragazzi e io le stavo dietro: mi lasciava in pace, era come se si fidasse di me, sapeva che restavo indietro per fare le foto e anche che ero molto più responsabile dei miei compagni di classe.
“Parker, oggi devi fare delle belle foto!” mi disse poco prima di uscire all’aperto. “Le useremo per fare dei cartelloni che appenderemo in classe, così la abbelliamo un po’ …” poi scosse la testa.
così vediamo anche se riescono ad imparare qualcosa … conclusi tra me e me. Era questo il problema di frequentare un scuola per casi disperati … non che io fossi da meno … in effetti … bhé … io non parlo, a opinione di molti e così pensano che abbia qualche problema, ma in realtà è che non trovo un buon motivo per farlo. So quando devo aprire la bocca o meno, quando c’è l’appello, quando mi fanno domande, cavolo durante le interrogazioni rispondo! Ho i voti migliori della classe.
Non mi sembra di essere strana, mi dicono di dover esprimere le mie idee o anche solo di dire stupidaggini … ma sinceramente io non trovo motivi per farlo. Mi basta pensare, questo non è parlare in fondo? Anche se con se stessi? Da questo punto di vista allora sono logorroica, proprio non mi sopporto!
Il gruppo si fermò davanti ad una statua di metallo luccicante, sembrava quasi platino, avrei voluto vederla durante una giornata di sole, chissà come riluceva quando i raggi la colpivano direttamente. Guardai il cielo, era di un grigio compatto: non c’erano speranze.
Sospirai delusa e seguii gli altri.
Mentre ancora camminava la guida indicò qualcosa alla sua sinistra e molto probabilmente disse anche cosa fosse, ma ovviamente non lo sentii. Per me quello che vidi era solo qualcosa di straordinario: una superficie concava interrata.
Indicai alla prof la macchina poi la superficie, lei capì che mi attardavo per fare una foto, così proseguì tranquilla.
Mi avvicinai e mi sporsi: la superficie era circolare e dentro c’erano dei canali che partivano da quattro cilindri posti sul bordo in corrispondenza dei quattro lati del parallelepipedo posto sul fondo, perfettamente al centro.
Mi soffermai sul parallelepipedo, mi ricordava molto un altare poi guardai l’intera struttura: sembrava davvero un altare per i sacrifici, come quelli greci o romani.
Tentai un’inquadratura strana, da videogioco, trasversale; non riuscii a farci entrare tutta la costruzione, ma devo dire che mi venne discretamente, nonostante non avessi la mia adoratissima reflex …
Sulle note di Renegade tornai alla mia classe.

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Capitolo 3
*** La secondo volta che incontrai Hayley Williams fu un po' strano ***


L’autobus ci mollò davanti alla scuola, l’edificio grigio era davvero poco accogliente mi faceva rimpiangere il museo mezzo vuoto.
La prof ci congedò in fretta, vogliosa di tornare a casa.
Iniziai a camminare un po’ alla cieca, non avevo voglia di tornare a casa. Decisi di prendere un trancio di pizza e una lattina di coca, tanto a casa non mi aspettava nessuno, mio zio faceva solo turni di notte e a quell’ora era già uscito. Non sono brava a cucinare e amo la pizza, feci due più due.
Seduta su una panchina si Central Park cercai di godermi la pizza. Nel parco regnava il buio, c’erano suoni e rumori, era un posto animato quello per quello mi piaceva: c’era sempre la buona occasione di fare buonissime foto.
Mi guardai intorno, a parte le piccole strade non era illuminato nulla, bastavano pochi passi per finire nel buio. Davanti a me notai due salici che con i rami formavano un arco a tutto sesto, illuminato com’era sembrava che dopo di esso ci fosse un lungo corridoio senza luci. Estrassi la piccola compatta dalla tracolla e inquadrai. Scattai senza flash per rispettare la luce che creava quello splendido effetto: la foto venne esattamente come volevo e alla prima! Mi misi ad osservare la mia creazione: l’arco era illuminato con una strana luce, si poteva distinguere foglia per foglia.
Nella parte buio della foto notai due puntini, non capii cosa fossero; forse l’obbiettivo era sporco o si vedevano dei lampioni in lontananza, ma erano troppo passi per esserlo.
Alzai lo sguardo per vedere cosa fossero.
I due punti erano lì, più gialli e più grandi di prima. Sembrava si fossero mossi. Riguardai la foto. In effetti si erano mossi … si erano fatti più grandi …
I quel momento sentii un ringhio. Mi voltai aspettandomi di vedere qualcuno che portava a spasso il cane o qualche randagio.
Il ringhio continuò più forte.
Mi venne in mente di guardare davanti a me, di guardare sotto l’arco di foglie di salice.
Un grosso lupo nero stava emergendo dal buio, aveva la bava alla bocca e le zanne pronte. Mi fissava con i suoi famelici occhi gialli.
Restai immobile, terrorizzata.
Poi qualcuno parlò: “Tranquillo Black, non dobbiamo ucciderla.”
Il lupo, Black, uscì interamente dall’ombra seguito e tenuto al guinzaglio da un uomo interamente vestito di nero, il suo soprabito doveva servire a nascondere una grossa pistola che però adesso faceva bella mostra di se. Forse tentava di farmi capire che se fossi scappata mi avrebbe uccisa … anche se non era quello che voleva, come aveva detto … ma quindi cosa voleva?
Ovviamente non lo chiesi.
L’uomo s’inchinò profondamente. “Buonasera, mi presento: Nicolà, Conte di New Gate! Piacere, lei è?”
Me lo chiese, non risposi, era scostato che non lo facessi, ma lui non lo sapeva.
“Mi scuso se la sto terrorizzando, ma sarebbe carino conoscere il suo nome.”
Tacqui, ancora.
Lui fece una strana smorfia. “Va bene, in fondo non sei importante per il tutti!” disse cambiando tono e persona (il lei era andato a farsi benedire), avrei riso se non fossi stata congelata al mio posto.
“Comunque, io desidero solo la tua macchina fotografica.”
“Mai.”
“Allora parli, pensavo fossi muta! Bene, cercherò di dirlo in un altro modo: ti ordino di darmi la tua macchina fotografica.”
Rimasi impassibile, era l’unica cosa che non avrebbe dovuto chiedere … sorrisi leggermente della mia pazzia. “Mai.”
“Benissimo.” Concluse il Conte alzando le mani in segno di resa. “L’hai voluto tu … vai Black.”
Poi sganciò il guinzaglio.
Mi ritrovai a correre, per i sentieri di Central Park. Sapevo che era inutile cercare rifugio nell’ombra, Black mi avrebbe trovata con il suo fiuto. Continuai a correre.
I polmoni mi bruciavano, facevano male, le gambe tremavano. Strinsi i denti e continuai: dovevo uscire dal parco, nella città mi sarei mossa meglio … in più il mio odore si sarebbe confuso tra tutti gli altri …
Wow, era bello che tutti i romanzi fantasy che avevo letto mi tornassero utili a qualcosa! (Sì, questi sono i miei pensieri quando sono inseguita da un lupo assatanato che non vede l’ora di masticarmi).
Riuscii a uscire dal parco, mi strinsi la borsa al petto e mi infilai tra la folla sui marciapiedi di NY. Non sentivo più Black dietro di me, ma non osavo voltarmi e scappavo attraverso le imprecazioni della gente che urtavo.
Volevo dirigermi verso le zone più attive e affollate, nella confusione che mi aveva gettato addosso la paura sbagliai strada, mi ritrovai in una zona poco frequentata. Decisi di nascondermi da qualche parte, infilai in un vicolo … già, un vicolo cieco.
Ansimante cercai di capire se c’era un luogo dove potevo nascondermi, ma l’unico posto era tra i cassonetti della spazzatura che puzzavano in un modo ultraterreno.
Rinunciai, ma quando mi voltai per tornare indietro, rimpiansi di non essermi gettata nell’immondizia: Black mi sbarrava la strada, sbavante.
Ringhiò e mi sembrò quasi possibile sentirlo ridere.
Iniziai ad indietreggiare.
Era la fine: quella specie di cane troppo cresciuto mi avrebbe uccisa e avrebbero preso le mie foto!
Mi venne un’idea folle (strano le mie idee di solito sono da persona civile): estrassi la compatta dalla borsa. Inquadrai, scattai.
Il flash accecò per un istante il lupo …
Un istante che concesse a me un altro passo indietro …
Un istante che fece diventare il lupo ancora più feroce …
Un istante in cui andai a sbattere contro qualcosa di duro …
In quello stesso istante capii che non era il muro …
Ci fu uno sparo.
“Tay, l’hai mancato!” urlò colui che mi aveva fermata emi aveva sollevata .
“Già, riprovo?”
Iniziai a mettere a fuoco la scena: un ragazzo mi teneva tra le braccia, sollevata da terra, sembrava che non avessi peso per lui; davanti a me c’era un altro ragazzo, quello chiamato Tay, teneva sotto tiro Black che ancora ringhiava, gli vedevo solo la nuca, aveva i capelli corti e neri …
“Sì, ma dov’è quell’altra?” sussurrò il ragazzo che mi portava in braccio.
“Ci sono! Ci sono!” la voce proveniva da una radio attaccata all’imbracatura del ragazzo, vicino al mio orecchio … l’avevo già sentita … come quella dei ragazzi …
Oh cavolo.
Qualcuno di piccolo saltò nel vicolo da uno dei palazzi, atterrò con un boato sollevando tanta polvere.
Guardai il punto d’atterraggio, la polvere era ancora alta ma in terra si vedevano delle spaccature nel cemento.
“Scusate il ritardo!” era una ragazza.
La polvere si depositò per terra. Black ringhiava ancora ma sembrava rendersi conto di chi aveva davanti.
“Tranquilla ora ci pensiamo noi a lui!” disse il ragazzo che mi portava in braccio.
Mi voltai per vederlo in volto e capii …
… anche l’altro ragazzo e la ragazza si voltarono …
L’ultima cosa che vidi prima di svenire furono i Paramore in posizione d’attacco.

E' un po' lungo ma non potevo tagliarlo in alcun modo!!!!!

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Capitolo 4
*** Se i sogni son desideri, io sono una malata mentale! ***


Mi svegliai che il sole era già alto, la sveglia indicava le ore 10:00. Era sabato, niente scuola. Mi ri-arrotolai nel piumone bianco, riscaldata dalle lenzuola di pile, quelle ‘pelose’ come le chiamavo io dall’età di 5 anni.
Nel calduccio sotto le coperte si stava davvero bene, tenevo gli occhi chiusi, non volevo riaddormentarmi, solo godermi il tepore …
OH CAVOLO!
Tirai via coperte e lenzuola e saltai giù dal letto. La mia stanza era in perfetto ordine, come l’avevo lasciata.
La mia borsa era ai piedi del letto, mi ci gettai sopra e la svuotai in pochi attimi, afferrai la compatta.
“Che combini?” chiese mio zio che aveva appena varcato la soglia della camera.
Gli risposi sollevando la macchina e sorridendo.
Prima mi guardò male poi fece spallucce. Lui si voltò mostrandomi i suoi capelli scuri e corti scompigliati dal turno di notte pi si voltò nuovamente verso di me: “Senti io vado a letto, tu pranza pure, anche se non mi dovessi svegliare in tempo, magari lasciami qual cosina. Questa notte è stata un inferno!” disse entrando in camera sua. Poi sbucò di nuovo: “Stasera voglio le foto.”
Mi alzai da terra e andai in cucina, mentre passavo chiusi la porta d’accesso al corridoio delle camere da letto, così avrei potuto mettere un po’ di musica anche se a volume basso. Infatti ancora prima di cercare qualcosa da mettere sotto i denti, attaccai il mio mp3 al jack delle casse che tenevamo in cucina.
Le percussioni iniziali di Crush Crush Crush riempirono la stanza.
Poggiai la bottiglia del latte sul tavolo poi mi sedetti con lo sguardo fisso nel vuoto.
Era successo davvero? L’avevo sognato? Come era potuto accadere? Cavolo, cavolo, cavolo, cavolo …
 Avevo sempre desiderato incontrarli anche solo vederli in concerto …
Il 27 dicembre avevo visto Hayley …
Ma come diavolo era possibile? Era reale? Cosa era davvero successo la sera prima?
Lentamente misi a fuoco quello che stava davanti a me sul tavolo: un foglietto di carta, scritto con una grafia un po’ spigolosa ma fluida:


Scusa ma ieri sera sei svenuta, così ti abbiamo portato a casa tua. non possiamo spiegarti tutto con un misero bigliettino, perciò verremo oggi pomeriggio a trovarti!
lll

Bene.
Mio zio avrebbe potuto vederlo …





I PARAMORE SAREBBERO ARRIVATI NEL POMERIGGIO!

Non c'è stato verso di fare come volevo la scrittura del bigliettino!! Vabbhè!
Presto il prossimo capitolo, anche perchè devo solo copiarlo al pc, ma fa faticaaaaaaaaaaa!!!  ^^ Buona lettura!!

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Capitolo 5
*** Hi, we are Paramore ***


Mio zio uscì dalla sua stanza verso le tre del pomeriggio, mi trovò seduta al tavolo della cucina (tranquilli non c’ero stata per tutta la mattinata).
Mark, quella persone denominata zio, fece alcuni passi nella stanza poi si fermò, si guardò attorno notando l’incredibile pulizia.
“Perché la stanza brilla?”
“Ho pulito.” era l’unico con cui parlavo un po’ di più.
“Perché?”
“Mi … annoiavo …”
Calò un silenzio strano, lui voleva fare altre domande ma sapeva che ormai non avrei più risposto. Fece spallucce e si diresse verso il frigo; si preparò due uova all’occhio di bue e più o meno tre kg di bacon.
Dovevo trovare in fretta una scusa per farlo uscire, ma non era da me indagare su quello che faceva tantomeno mandarlo fuori casa ... per fortuna mio zio non è un tipo casalingo.
“Tra un’oretta esco, ho un appuntamento …”
“Una donna!”
Il gelo.
“A quanto pare … sono a bordo pista da troppo tempo ormai, è giunto il momento che inizi a ballare anche io!”
“Bene, bravo. Ma faresti meglio ad abbandonare questo gergo anni ’80.”
“Forse hai ragione … ahahah disse ella!”
Lo guardai male ma poi iniziai a ridere anche io.
Dopo la velocissima colazione-pranzo-merenda Mark si preparò per bene poi uscì.
Rimasi da sola … dovevo distrarmi in qualche modo. Accesi la tv ma non c’era niente d’interessante, così decisi di optare per la musica. Riaccesi l’mpe3 e scelsi di mettere su un po’ delle canzoni di Adele, diventai paonazza pensando a come loro avrebbero reagito sentendo la loro musica …
Ma era vero poi? Sarebbero davvero venuti o era una presa in giro? Stavo sclerando. Camminavo su e giù per la stanza. passando davanti alle finestre ogni tanto guardavo in strada sicura di poterli riconoscere da lontano. Durante l’attesa mi perdevo in contemplazioni metafisiche. Infine decisi che dovevo calmarmi e fare qualcosa per ammazzare il tempo. Feci una delle cose che preferisco al mondo: sistemare le foto appena scattate. Presi pc e macchina fotografica e seduta al solito tavolo in cucina, iniziai a spulciarle. Selezionai quelle della gita, selezionai quelle che averi dato alla prof per i cartelloni. Erano molte. Non misi in quel gruppo quella dell’altare, mi era venuta troppo bene per vederla finire su di uno stupido cartellone, me la sarei fatta sviluppare e l’avrei appesa in camera mia con le altre che già infestavano le pareti.
Mi mancava solo una foto da sistemare, la aprii convinta di trovarmi davanti l’ennesima scultura in plexiglass. Era Black, il lupo: pronto all’assalto con le zanne scattanti e la bava alla bocca. Era una foto delle più belle che avessi mai visto … e l’avevo fatta io! Io! Io io ioioio!! IO!
C’erano delle piccole modifiche da fare: migliorare il contrasto, pulire lo sfondo, aumentare la nitidezza …
Il campanello suonò. Avevo appena finito la foto era anche meglio di prima. Mi diressi all’ingresso convinta che mio zio avesse dimenticato le chiavi di casa in casa, non era uscito da tanto a pensarci bene. Aprii la porta senza guardare chi fosse nell’occhiello.
Loro tre erano lì, sorridenti, come se fossero venuti a trovare un amico di vecchia data, come se nulla fosse.
Poi Hayley parlò: “Ciao, noi siamo i Paramore.”


Bene, prometto dopo questo capitolo smetto di farne di così brevi!! ^^

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Capitolo 6
*** Il mio nome? ***


I Paramore nel mio soggiorno … i Paramore nel mio soggiorno …
Mai neanche pensato di porlo dire … ma neanche pensato di poterlo pensare!!
La reazione di una fan normale sarebbe dovuta essere quella di urlare come un pazza saltando qua  e là, ma io , che già normalmente non parlo, con davanti i miei idoli non mi ricordavo neanche di avere le corde vocali o semplicemente di esistere, così li fissavo e basta.
“Scusa ancora per ieri sera, avremmo voluto spiegarti tutto … ma sei svenuta …” iniziò Taylor. “Possiamo accomodarci?”
Annuii e mostrai loro le sedie e il divanetto dove si sistemarono Jeremy e Taylor mentre Hayley prese posto al tavolo della cucina ( il bello di avere una casa piccola! Tutti nella stessa stanza!! Stavo per sentirmi male …)
Dalle casse usciva ancora la musica ma non sapevo se spegnerla, se distruggere le casse, se dimostrare che li conoscevo … ok, forse l’avevano capito.
Mi avvicinai alle casse volendole spengere.
“No.” mi fermò Hayley. “Adele è meravigliosa. Se vuoi abbassa.”
Lo feci e mi sedetti dall’altro lato del tavolo, imbarazzatissima.
La ragazza si schiarì la voce, forse lo erano anche loro. “Ti starai chiedendo chi siamo …”
“So chi siete.”
Mi stupii di me stessa: avevo parlato!! Davanti ad altre persone … cavolo … che persone!
Dovetti fare una faccia stranissima perché Hayley davanti a me sorrise leggermente.
“Ok, allora ti starai chiedendo che facevamo ieri sera e perché siamo qui oggi …” riprovò Taylor.
Annuii mentre fissavo il tavolo paonazza, con la coda dell’occhio vidi la rossa girare il mio pc verso di me.
“Per questo.” disse mostrandomi la foto di Black ancora aperta.
Ci fu un attimo di silenzio in cui le note dell’ultima canzone svanirono nell’aria.
“Ma tu parli?” chiese ad un certo punto Jeremy.
Si beccò uno scappellotto da Taylor e un’occhiataccia da Hayley.
Sorrisi. “In-in effetti. Io non parlo.” mi era costato un enorme fatica dirlo.
Hayley si avvicinò. “Perché? Se posso chiedere ovviamente.”
“Non so perché … è sempre stato così.” parlavo a scatti e mi sentivo stupida e molto probabilmente il mio colorito era tendente al viola. “Parlo un po’ di più solo con io zio …”
“Vivi con lui?”
Annuii.
“Ok, noi siamo qui. Puoi farci tutte le domande che vuoi.” affermò Jeremy.
Rimasi in silenzio per un po’, l’unica cosa che mi premeva davvero sapere era se c’era un modo per parlare come una persona normale, per poter dire quello che volevo dire senza bloccarmi … Poggia la testa sul legno freddo del tavolo, dovevo riordinare le idee e cercare di capirci qualcosa, poi volevo dimenticare l’incontro con il Conte e con Black.
Così dissi: “Cosa volevano?” alzai la testa. “Perché era disposto ad uccidermi per avere la mia macchina fotografica?”
“La tua macchina?” chiese Taylor.
Annuii con forza.
“Proprio la tua … allora cercava sicuramente una foto che avevi fatto.”
Lo guardai chiedendomi quale cavolo di ragionamento aveva seguito. E anche Jeremy dovette farlo perché il ragazzo ci guardò e iniziò: “Se lui vuole la tua macchina significa che vuole una foto che avevi fatto perché sono solo nella tua macchina.”
Guardai Hayley. “Ha un cervello superiore, ma a questo giro non era così difficile … “ disse con un mezzo sorriso.
“Sì sì ok, ma adesso la domanda giusta è: quale foto stava cercando?” cambiò discorso Taylor un po’ rosso in viso.
“Perché non lo sapete?” chiesi.
“No, non sappiamo cosa volesse da te, per questo siamo qui.” spiegò Jeremy.
Mi zittii per capire la situazione, la mia faccia doveva sembrare un gigantesco punto interrogativo.
“Ti stai chiedendo cosa centriamo noi, giusto?” domandò il ragazzo dai capelli scuri.
Annuii guardandoli bene in faccia: loro erano i Paramore, erano proprio loro … wow … cavolo … wow!
“Noi siamo dei guardiani, controlliamo che strani fatti paranormali non disturbino il precario equilibrio umano. Ieri sera sei stata coinvolta in uno di questi fatti, in teoria dovremmo cercare di spiegarti la cosa sotto un occhio razionale e oggettivo, ma non credo che tu ci caschi come altri. Inoltre il Conte voleva qualcosa da te, il che significa che ci sei dentro. Ti proteggeremo e cercheremo di distogliere la sua attenzione da te e da tuo zio; anche se prima dobbiamo capire cosa stia cercando e perché si sia mosso.”
spiegò Taylor esaurientemente.
Aggrottai la fronte cercando di assorbire tutte le informazioni: erano tante e surreali!
I Paramore, la mia band, i miei idoli, idolatrati da molti, erano dei guardiani della realtà paranormale. Non ero neanche sicura di capire di cosa stessero parlando.
Ma l’unica cosa che volevo era aiutarli … si sarebbero ricordati di me poi? Sarei rimasta una fan che avevano salvato? Non volevo. Tanto valeva aiutarli allora? No, non era questo: l’avrei fatto perché volevo farlo, non per un tornaconto personale.
“Guardate le foto.”
Mi allungai sul tavolo raggiungendo il pc, aprii la cartella delle foto che dovevo consegnare a scuola.
Hayley si alzò lasciando il compito a Jeremy e Taylor. “Hei, dov’è il bagno?” mi chiese.
Le indica il corridoio facendole poi segno di svoltare a destra.
Rimasi un po’ con i ragazzi cercando di capire se avevano bisogno di aiuto, ma non fui utile.
Alzai lo sguardo dallo schermo del pc e vidi Hayley uscire dal bagno e infilare in camera mia attirata da qualcosa. La raggiunsi. Mi appoggiai allo stipite della porta e la osservai mentre si aggirava lentamente tra le foto appese ovunque nella stanza.
“Sono meravigliose …” sussurrò.
Sapeva che ero lì?
Si fermò davanti ad un gruppo di foto fatte a casa dei nonni, c’era anche quella della ghinda, ben incorniciata.
“Questo è il Tennessee …” sospirò voltandosi.
Sapeva che ero lì.
Mi si avvicinò. “Quanti anni hai?”
“Se – sedici.”
“Sembri più grande …” poi spostò la sua attenzione sul poster.
Mi ero dimenticata di averlo: loro tre, pose strane e sorridenti.
Hayley sorrise poi passò al suo poster: sola sul palco con il microfono carota in mano.
Era la mia sua immagine preferita.
Infine il suo sguardo si posò nuovamente su di me. “Come ti chiami?”
Arrossii leggermente e sorrisi al pavimento. “Nu - Nuvola Parker.”

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Capitolo 7
*** Una visita dal gelo ***


I Paramore (continuo a dirlo sperando che la cosa prenda senso) rimasero quasi tutto il pomeriggio. Guardarono e riguardarono le mie foto, tutte, dalla prima all’ultima, ancora e ancora e ancora … continuarono anche a farmi domande su domande, rispondevo come potevo, anche se più che altro facevo segni col capo e gesti con le mani, ma a loro non sembrò scocciare più di tanto.
Mi sentivo scema e confusa e frastornata e disorientata e … avete capito, no?
Comunque non trovarono nulla di particolare, decisero di prendersi una copia di tutte le foto per poterle guardare con strani aggeggi di cui dissero il nome me che ovviamente non capii … ovviamente … ma non ho ancora capito se perché non li conoscevo o perché parlò Taylor.
“Ecco questi sono i nostri numeri di cellulare, chiamaci se vedi … bhè! Qualcosa che non dovresti vedere …” sorrise Jeremy passandomi un cartoncino rettangolare color crema.
“Grazie.” dissi in un soffio.
“Poi quando avremo trovato qualcosa, ti chiameremo noi, comunque.” avvisò Taylor mentre estraeva  una chiavetta USB dal mio pc.
Annuii.
Se ne andarono e io mi ritrovai scema, confusa, frastornata e disorientata, seduta al tavolo della cucina come se nulla fosse successo. Stringevo nella mano il cartoncino che m aveva dato Jeremy, come fosse la testimonianza del fatto che era accaduto realmente. Fu così che mi trovò mio zio quando rientrò in casa; prima mi squadrò un attimo, lo guardavo di rimando, volendo sembrare meno rintronata di quanto non lo fossi, ma credo che non mi riuscii molto bene.
“Ok, ora mi preoccupo sul serio.”
Mi limitai a fissarlo, come sempre d’altronde.
“Tutto bene?”
Annuii assumendo la mia miglior espressione da angioletto innocente.
“Chissà perché ma non ti credo ma mi fido.” disse facendo spallucce.
Risi dell’insensatezza della frase che aveva appena detto.
Quella notte mi addormentai straordinariamente subito. Era buio e freddo, tra il sonno mi ritrovai sotto le coperte calde, ma non riuscivo a sfuggirgli. Qualcosa mi trascinava nel gelo con le sue mani artigliate. Cosa stava accadendo?
Aprii gli occhi di scatto. Avevo freddo ed ero spaventata come mai non lo ero stata in vita mia …
Mi sentivo osservata. Decisi di alzarmi per fare due passi e tranquillizzarmi. Andai in cucina accendendo tutte le luci, tanto mio zio non era in casa ma a lavoro. Guardai l’ora: era da poco passata l’una di notte.
Mi avvicinai alla finestra, il lato positiva di abitare a Brooklyn era la rassicurante vista rosso scuro che circondavano l’appartamento. Fuori era tutto tranquillo, c’erano pochissimi pedoni che ancora camminavano lungo i marciapiedi. Li considerai pazzi, visto il freddo.
La mia attenzione fu attirata da una figura scura in fondo alla strada: aveva un grande impermeabile scuro e un altrettanto grande cappello nero, accanto ai sui stivali un enorme cane nero muoveva la testa annusando l’aria.
Sgranai gli occhi colta dal terrore più puro.
Il Conte sorrise.
Scattai velocissima in camera mia, afferrai il telefono sopra il mio comodino e da sotto il cuscino estrassi il cartoncino.
Composi il primo numero dei tre.
“Pronto?”
Era Hayley.
“ È qui, sotto casa …” dissi prima che la voce mi smettesse di funzionare.
“Non ti preoccupare, saremo lì in un attimo.” la sua voce era seria e sicura.
Mugugnai qualcosa poi lei riattaccò. Andai ancora alla finestra, in realtà avrei voluto nascondermi sotto metri e metri di coperte e lenzuola. Ma non potevo.
Guardai fuori: non c’era più nessuno adesso, solo qualcuno proprio sotto la mia finestra, indossava una grossa felpa nera con il cappuccio tirato sulla testa. Quando sollevò lo sguardo la riconobbi: era Hayley.
Non so come avesse fatto ad arrivare così in fretta ma era felice che fosse lì anche se se fosse stata attaccata non sapevo come si sarebbe potuta difendere.
Rimasi a guardare fuori, Hayley non si muoveva di lì.
Dopo un po’ mi sedetti sul divanetto del salottino. Mi sentivo stanca; il freddo stava scemando, non era più quella sensazione gelida che mi aveva scosso prima.
Piano piano mi addormentai.


Scusate l'imperdonabile mancanza!!! Ok forse non glien'è fregato nulla a nessuno, dipende dai punti di vista!
Comunque d'ora in poi, per riuscire a darmi delle cose da fare tutti i giorni, ho diviso le mie ff. Lunga storia!
Vi basti sapere che se seguite questa  la pubblicherò tutti i lunedì!!
E ora commentate commentate!!!!

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Capitolo 8
*** Come mi ritrovai in mezzo ai fan ***


Il giorno dopo non misi neanche piede fuori di casa, benché fosse domenica, ero ancora terrorizzata e scossa da ciò che era accaduto quella notte, ma visto che non volevo darlo a vedere a Mark, così giustificai la cosa dicendo che dovevo studiare anche se non dovevo farlo in realtà.
Così passai la mia domenica meravigliosamente circondata da libri di storia … che goduria …
Poi lunedì andai a scuola come al solito, anche se non mi sentivo affatto come al solito: nel giro di tre giorni mi era accaduto di tutto, mi ero fatta inseguire da un lupo famelico che mi voleva uccidere, avevo inco0ntrato i Paramore che mi avevano salvata a quanto pareva ma non me lo ricordavo perché ero leggermente svenuta … oh cavolo … avevo conosciuto i Paramoreeeeee!!!!
Il mio cervello stava andando in pappa al pensiero mentre mi aggiravo tra i corridoi della scuola, la mia fantastica scuola, una scuola così amata e prestigiosa che per fare un dannatissimo paragrafo di qualsiasi materia ci voleva un mese!
Di solito in classe non ascoltavo mai, anzi in pratica studiavo da sola mentre i professori tentavano di inculcare qualcosa nella testa dei miei compagni di classe. Alzavo la testa solo se sentivo il mio nome. Comunque questo trucchetto mi concedeva molto tempo libero a casa … in più in classe i professori non mi chiedevano niente per vedere se prestavo attenzione, avevano paura che non rispondessi. Evitavano il rischio.
Sorrisi al pensiero.
In aula mi preparai a fare lo stesso degli altri giorni. Presi il libro di filosofia ed iniziai a studiare. Tuttavia non riuscivo a concentrarmi quella mattina, mi sentivo come uno di quei ragazzi iperattivi che non riescono a star fermi. Mi sentivo osservata, come sabato notte …
Ero irrequieta e mi guardavo intorno, sembravo pazza.
Mi accasciai sulla sedia, appoggiai le braccia sul banco poi ci poggiai la testa sopra. Chiusi gli occhi e tentai di recuperare la calma respirando con regolarità.
Per un po’ ci riuscii.
A mensa mi sedetti lontano dagli altri studenti, per cercare un po’ di pace. Tirai fuori il cellulare e controllai l’ora: ancora tre pulciosissime ore!
Non sarei riuscita a reggere tanto a lungo …
Mentre ancora tenevo il cellulare tra le mani, mi arrivò un messaggio:

Hei! Come va? Senti i ragazzi credono di aver trovato qualcosa nelle tue foto! Dopo scuola passeremo a prenderti per chiederti informazioni utili!! :D   Hayley

Rilessi il messaggio un paio di volte. Come avevano fatto ad avere il mio numero di telefono? Come facevano a sapere in che scuola andavo? A che ore finivo? Ma … aspetta un attimo! Avrei rivisto i Paramoreeeeeee!!!
Però le domande rimaste senza risposta aleggiavano nella mia mente e frullavano con insistenza, lo spazio del ‘o-mioddio-ho-conosciuto-i-Paramore’ stava piano piano finendo, lasciando spazio all’indecisione e al sospetto.
Scrissi un altro messaggio:

Ok, va bene ma come fate a sapere tutte queste cose di me? Sapevate addirittura dove abito! Sapete dov’è la mia scuola vero?

Passarono tipo … mmm … tre secondi?
Un altro messaggio:

Oh, tranquilla!! Non siamo pericolosi! Comunque con quello che facciamo è più che ovvio che abbiamo i mezzi per scoprire ciò che vogliamo scoprire … ok, il tempo di inquietarti è finito XD

Ok, ora si che ero inquietata …
Comunque: grazie a questa piccola notizia di un altro incontro con i miei idoli, che nonostante tutto mi eccitava non poco, le tre pulciosissime ore passarono abbastanza in fretta.
Aspettai che molti ragazzi se ne fossero andati prima di uscire da scuola, non volevo causare disagio ai Paramore che rischiavano di essere riconosciuti e a … ssssa … liti?
Davanti all’uscita, proprio davanti (ma davanti davanti!!) c’era un grosso SUV nero. Appoggiata alla portiera c’era Hayley sorridente.
Mi avvicinai con gli occhi fuori dalle orbite. “La prossima volta verrete in limousine?” riuscii a compicciare ad alta voce.
Hayley aprì lo sportello ed entrò veloce dicendo: “Vedete ragazzi lei voleva la Limo!”
I ragazzi risero.
Taylor accese il motore e partì subito, sicuro della direzione da prendere. Più sicuro di me.
Stavo zitta e stentavo a respirare, accanto a me c’era Hayley, eravamo sul sui sedili posteriori e Jeremy da quello del passeggero  ammiccava dallo specchietto retrovisore.
La rossa gli diede un lieve calcio al sedile.
“Eccoci!” annunciò il guidatore.
Aspettate, così in fretta?
No, non lo dissi.
Scendemmo tutti e ci ritrovammo  in mezzo ad un enorme e rumoroso gruppo di fan.
Spintonavano e strattonavano per arrivare a noi che eravamo scesi dalla macchia. Uno mi arrivò vicinissimo, quasi appiccicato, e disse eccitatissimo: “E tu chi sei? Un nuovo membro!?!”
Sgranai gli occhi e ovviamente non risposi.
Mi sentii tirare indietro: Jeremy mi stava trascinando via dalla confusione.
“Grazie.” farfugliai mentre entravamo in un grattacielo con i muri esterni completamente fatti di vetro.
Ecco ora ero stata anche in mezzo hai loro fai … in tre giorni la vita poteva davvero cambiare …

Eccoci qua!!! E nel prossimo capitolo .. mwahahahahah
Ok niente anticipazioni!!! A lunedì!!!!
^_^

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Capitolo 9
*** Che razza di foto faccio?! È arte, ragazzo! ***


Il grattacielo era davvero enorme. I ragazzi si diressero verso la reception e salutarono il segretario inconfondibilmente gay, si chiamava Eric e doveva essere un loro fan perché indossava una maglia nera con un badile al centro, sotto si leggeva la scritta: ‘Bury the castel’.
Li seguii in un ascensore. Hayley, molto attiva quel pomeriggio, schiacciò una serie di pulsanti, apparentemente a caso. Poi l’ascensore partì. In breve si riaprì su un attico gigantesco.
Il posto doveva essere grande quanto tutto il perimetro esterno dell’edificio, se non di più. Ma la cosa mi sembrava troppo contro le leggi della fisica.
“Benvenuta nella nostra tana!” disse Jeremy stiracchiandosi e gettandosi su un divanetto davanti ad una console per videogiochi su un mobiletto di legno scuro davanti a lui, pronto a farsi una partita anche se del televisore non c’era traccia.
“Jem, non siamo qui per giocare!” lo rimproverò Taylor.
“Sì, lo so! Tanto le vediamo qui le foto no?”
Le foto … le mie foto!
Bene rimasi abbastanza calma, nella mia testa ribalzavano troppe cose: la curiosità, di capire cosa avevano trovato, la paura, nel sapere cosa avevano trovato, i Paramore, ancora non mi ero abituata a stare con loro, temevo che per loro fosse routine e per me non lo era … non lo era affatto! Anzi credo proprio che loro fossero la prima cosa decente da molto tempo nella mia vita.
“Sì, le guardiamo lì.” Disse Hayley riportandomi alla realtà, per quanto potesse essere leale tutto ciò … bhè … finché durava!
La ragazza prese un telecomando sottile e lungo e premette il pulsante di accensione.
Non capii subito a cosa lo stesse puntando poi dal mobiletto emerse una gigantesca televisione a schermo piatto, non ero tanto incredula davanti al meccanismo quanto più al fatto che dentro a quel palazzo fosse tutto così … grande!
Mi sedetti accanto a Jeremy e Hayley mi raggiunse in fretta. Tayloy prese il suo ipad ed iniziò ad armeggiarci. Sullo schermo comparvero alcune mie inconfondibili foto.
“Allora … dobbiamo farti delle domande su queste foto, sarà una cosa veloce.” spiegò il ragazzo senza staccare gli occhi dallo schermo.
Annuii.
“Bene, allora iniziamo.”
Fu la serie di domande più breve che mi avessero fatto e me ne avevano fatte tante! Comunque gli aiutai a eliminare alcune foto con le mie risposte, perché o ritenevano fosse ‘troppo da umani’ o perché si erano sbagliati sulla natura dell’aggetto … io annuivo …
Alla fine anche Taylor si sedette su una poltrona. “Ci ramane l’ultima.” sospirò.
Sullo schermo comparve la foto che più mi aveva soddisfatto durante quella gita: l’altare metallico.
Jeremy si sollevò dalla posizione scomposta, anche se per lui credo comoda, che aveva tenuto fino a quel momento. “Ecco, la domanda qui è: cos’è?” chiese davvero perplesso.
“Io credo fosse una specie di altare per i sacrifici.” risposi piano.
I ragazzi inclinarono la testa di lato.
“Dove?” chiese ancora.
Non risposi e mi alzai dirigendomi verso le schermo. “Ecco questo è la conca, qui ci sono i canali di scolo e questo è il vero e proprio altare.”
I ragazzi inclinarono la testa dal lato opposto a quello di prima.
“Aaaaaaaaaah!”
Rimasi un po’ basita dalla reazione.
“Ohooh! Questa è la cosa più interessante di tutte! Un altare … devo vedere una cosa …” iniziò Taylor a voce alta per finire a parlare sussurrando, più con se stesso che con noi.
“È partito.” decretò Hayley guardandolo infilare in un’altra stanza.
Jeremy era l’unico ancora con la testa chinata. “Ma come hai fatto questa foto? Cioè … l’inquadratura non … che razza di foto hai fatto?!”
Rimasi un po’ indispettita da quello che disse, rimasi in silenzio per qualche secondo, poi esplosi: “Che razza di foto faccio!? È arte, ragazzo!”
Lo dissi a voce alta, senza pensare. Avevo parlato a voce alta con delle persone che mi mettevano in soggezione più di chiunque altro in questo mondo.
Jeremy rimase un po’ basito, non se l’aspettava.
Hayley prima sorrise poi iniziò a ridere. “Complimenti!! Benvenuta nel club!!! Pedaggio per entrare? Rimettere il ragazzo qui al suo posto!” rise.
Poi a lei si unì anche il ragazzo. “Complimenti davvero! Posso dire di averti dato una mano a parlare!”
Io mi accasciai su una poltrona lì vicino e iniziai a chiedermi quante poltrone e quanti divanetti potessero stare là dentro.
“Eccoti!” si sentì urlare dall’altra stanza.
Taylor riemerse con tre grossi tomi in mano, uno era aperto nel suo palmo gli altri due facevano a gara a chi cadeva per primo. “Sapevo di averlo già visto uno simile da qualche parte! Eccolo qua infatti!” disse felicissimo.
Posò i libri su di un tavolino che non avevo notato prima.
Ci alzammo tutti e lo raggiungemmo.
“Vedete?” ci disse indicando una piantina.
Era una circonferenza con altre quattro molto più piccole sugli assi perpendicolari, al centro c’era un rettangolo lungo, si vedevano anche i canaletti di scolo, segnati con un tratto più leggero e discontinuo.
“Qui dice che è celtico, ma in quest’altro libro dice che è inca o forse azteco. Comunque sia, i libri dicono che serve per dei rituali particolari, ad esempio il richiamo di un elementare o di un barlog … mmmh … qui dice anche per il pieno controllo di poteri straordinari, non so …” poi alzò la testa. “Ma tutti i libri concordano sul fatto che per attivare i pieni poteri dell’altare serve una vergine sacrificale.”
Jeremy scosse la testa. “Un punto a nostro favore, anche se la cosa è triste.”
“Vero … dove la trovi una vergine a New York?” concordò tristemente Hayley.
Io li guardai era la solita battuta che facevano nei film horror di infima qualità però mi lasciò l’amaro in bocca, perché non mi sembrava una battuta.
Taylor mi sorrise raggiante. “Grazie per averci aiutato a trovare il punto di inizio della nostra ricerca! Da qui in poi non ti disturberemo più.”
Mi cadde il mondo addosso. Non volevo che mi accantonassero … era un pensiero puramente egoista e sapevo che loro avevano il loro lavora da fare, per non parlare dell’altro lavoro … wow neanche io credo di averci capito qualcosa al riguardo … ma non volevo comunque.
“Ovviamente continueremo a proteggerti finché questa storia non sarà finita.” disse Jeremy alle mie spalle.
Annuii poco convinta.

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Capitolo 10
*** Passo gran parte del mio tempo in libreria … ed ora c’è anche Hayley. ***


Uscii dal grattacielo per tornarmene a casa. I Paramore si erano offerti di accompagnarmi, ma li vedevo concentrati sul lavoro da fare così dissi che prima dovevo fare alcune commissioni.
Taylor mi aveva dato un orologio da polso un po’ strano, lo aveva chiamato PClock, Hayley aveva commentato la cosa dicendo che l’aveva inventato lui e che il ragazzo si divertiva male. Comunque del piccolo orologio bianco serviva per contattarli, Hayley mi aveva mostrato il suo sollevando il polso. Sembrava proprio che lei fosse la mia guardia del corpo personale.
Ero tentata di chiamarla a caso …
Mi diressi verso la mia libreria preferita e ci passai il resto del pomeriggio, anche perché fuori faceva freddo ed era buio. Avevo bisogno di tempo per pensare a tutto quello che era successo.
Entrai dalla porta a vetri, la prima cosa che mi investì fu la musica non tanto alta ma ben udibile, era un country. Subito sulla mia destra c’era la cassa, la giovane figlia della proprietaria mi salutò con un sorriso enorme, la salutai allo stesso modo a mia volta. L’interno del negozio era spazioso ma accogliente, i colori predominanti erano il verde e il marrone. La sala era grande con qualche poltrona tra gli scaffali stracolmi di libri: quelli a destra erano i nuovi arrivi e le ultime uscite, infatti gli espositori erano bassi e si potevano vedere molte copertine che cavano mostra di se, a sinistra invece c’era meno spazio perché dei grandi scaffali di legno si alzavano fino quasi al soffitto, quella era la sezione dei libri usati, amavo quella sezione.
Andai fino in fondo alla grande sala e raggiunsi il bancone della caffetteria.
“Buonasera, Nuvola!” mi salutò la proprietaria della libreria.
Si chiamava Eine, aveva si e no l’età di mio zio, quindi era abbastanza giovane, aveva i capelli castano chiaro legati in una pratica coda e i suoi occhi brillavano sempre di una luce particolare, era sempre attiva e pronta ad aiutare chiunque. Le volevo bene perché era una delle poche persone che mi trattava come un essere umano. Lei mi aveva capito, come lo aveva fatto anche sua figlia Angelina, l’unica ragazza che potevo considerare mia amica, aveva due anni in meno di me e non frequentavamo la stessa scuola ma ci ritrovavamo in pratica tutti i pomeriggi in libreria.
“Ecco a te il solito!” mi sorrise infilandomi sotto il naso una grossa tazza di cioccolato. “Fondente al peperoncino!”
“Grazie.”
“Hei bell’orologio! È nuovo?”
“Sì … l’ho … mmm, preso ora ora.”
Mi guardò un attimo. “Cosa hai detto? No un attimo! Tu hai detto!”
Un attimo! Io ho detto!
Sorrisi come un ebete. “Sì.”
“Bhè, sempre di poche parole ma adesso rispondi … ma cosa è successo!?” mi chiese poggiando i gomiti sul bancone.
“Nu-nulla di che … mi sento solo … bene.” non dissi nulla sul fatto che avevo conosciuto i Paramore.
“Hmmm, si questo lo vedo … ma c’è qualcosa’altro …” mi punzecchiò.
Ma avevo finito la scorta di volontà a parlare.
“Ok, me ne parlerai quando sarai pronta.”
Sorrisi riconoscente e iniziai a bere la mia cioccolata. Era deliziosa.
“Hei, giusto! Sai cosa mi è arrivato questa mattina assieme alle nuovo uscite? L’ultimo libro della Collins!”
Alzai immediatamente lo sguardo dalla tazza. “Dov’è?”
“Te ne ho lasciata una copia sotto il bancone della cassa, dopo passa da Angelina a prenderlo.”
“Grazie!” la volontà a parlare era tornata.
“Poi ho seguito il consiglio che tu e lei mi avevate dato un po’ di tempo fa, così ho letto tutta la trilogia. Mockingjay l’ho letto in poche ore.” mi sorrise furba.
Le rivolsi uno sguardo minaccioso ma non riuscii a contenere la mia curiosità.
“Ti dico solo che è traumatizzante!”
Sgranai gli occhi. Adesso ero completamente accecata dalla curiosità.
Bevvi in fretta la mia cioccolata e la pagai, corsi da Angelina.
Non appena mi vide arrivare in quel modo fece una faccia sorpresa. “Mamma ti ha detto che ho il libro vero? Ahahah!!” si chinò sotto al banco. “Eccolo qua.”
Mi porse un libro dalla copertina celeste chiaro e con un uccello bianco dal becco lungo e le ali sottili.
“È vero comunque.” disse Angelina.
Sollevai lo sguardo dal libro interrogativa.
“È traumatizzante.”
“Possibile lo abbiate già letto entrambe?” mi lamentai.
Angelina rimase attonita. “Hai parlato … una frase più lunga di tre parole … cosa è successo?”
“Tranquilla … ora vado a leggere però.” ma che mi prendeva?
Pagai il libro finendo le risorse finanziarie che mi ero portata dietro. Poi mi diressi verso la grande finestra nascosta dietro gli scaffali di legno nella sezione dei libri usati. Sotto di essa c’erano sempre dei gran cuscini  dove ci si poteva mettere a sedere. Mi ci schiantai sopra e mi immersi nella lettura.
Non so quanto tempo stetti là a sedere e a leggere ma fui riscossa da una canzone: Decode.
Per quanto si possa dire su questa canzone, io la amavo.
Iniziai a cantare piano il ritornello con Hayley in sottofondo e continuai:

“How did we get here?
when I use to know you so well …
How did we get here?
Well, I think I know …”


La melodia proseguì con la chitarra in primo piano.
Io tenni il tempo per non sbagliare l’attacco dopo. Un giro … due … ora …

“Do you see what we've done?
We're gonna make such fools of ourselves
Do you see what we've done?
We're gonna make such fools …”


Un’altra voce mi precedette di qualche decimo di secondo.
La conoscevo eccome se la conoscevo … la riconoscevo più dalla voce ormai che dal resto.
Hayley stava cantando la sua canzone in una piccola libreria di NY dove io praticamente passavo metà della mia vita …
Cantammo il resto della canzone insieme, io sono come i balbuzienti: se canto posso parlare quanto voglio senza interrompermi, così come loro non balbettano.
Alla fine gli ultimi riverberi della canzone si dissolsero nell’aria, un’altra melodia sostituì quella che avevamo appena cantato.
“Ciao.” fece Hayley.
La salutai con la mano l’effetto adrenalinico da canzone era passato ed ero sprofondata nuovamente nel mio silenzio.
“Bhè, sono qui perché … ecco non so.” iniziò un po’ impacciata.
Le feci segno di sedersi accanto a me.
Non se lo fece ripetere due volte e si sistemò sul cuscino verde davanti a me.
Poi riprese a parlare: “Ecco … mi stai simpatica.”
La guardai come si guarda un alieno.
“Sì, cioè … mi è capitato di stare con dei fan passare un po’ di tempo con loro, con alcuni ci ho stretto anche amicizia. Ma tu sei particolare …” sorrise e prese a tormentare i lacci dolorati delle sue converse rosse. “Forse perché sei l’unica a sapere del nostro altro lavoro, non so è che …”
“Hai bisogno di qualcuno che ti possa ascoltare anche quando parli di quello.” dissi tutto d’un fiato.
Mi guardò.
Oggi ero in vena di parole.
“Sì. Parlo già con i ragazzi con quello ma vedi … loro non sono ragazze, alcune cose non le capirebbero.”
Annuii e inizia a sorridere come una scema: Hayley Williams voleva essere mia amica.
Era più di quanto avessi mai sperato.

Ok eccoci qua!!
Ho tentato di dare forma alle voci delle due ragazze, ma sul mio formato Word ho molta più scelta di caratteri cmq mi sono trovata bene anche con quelli che ho scelto qui!! ^^
Bene, poi mi scuso ma avrei pubblicato anche ieri sera ma mio padre sclerava sul fatto che il ticchettio della testiera lo infastidiva -.-''
Vabbhè!!
Allora che ve ne sembra?

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