L'Erede

di Averyn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontri Al Ghirigoro ***
Capitolo 2: *** Sorprese Di Compleanno ***
Capitolo 3: *** Ritorno A Hogwarts ***
Capitolo 4: *** La Cosa Giusta Da Fare ***
Capitolo 5: *** Scritte Sui Muri ***
Capitolo 6: *** La Leggenda Dell'Erede ***
Capitolo 7: *** Il Club Dei Duellanti ***
Capitolo 8: *** Il Diario Di Tom Riddle ***
Capitolo 9: *** Una Missione Per Allock ***
Capitolo 10: *** La Camera Dei Segreti ***
Capitolo 11: *** La Scelta Di Harry ***



Capitolo 1
*** Incontri Al Ghirigoro ***


CAPITOLO UNOOOOO!!!! HO TRASCRITTO QUASI TUTTO, MA NON SO SE RIUSCIRO' A PUBBLICARE TUTTO ENTRO LA FINE DELLA SETTIMANA, PERCHE' DEVO PARTIRE E STARO' VIA PER DIECI GIORNI... E POI TORNERO' ALLA CARICA PIU' IN FORMA CHE MAI! SPERO TANTO CHE VI PIACCIA, HO VOLUTO APRIRE LA STORIA CON UN INZIIO ALLEGRO E....BEH....VABBE', VI DICO SUBITO CHE LA STORIA COME AL SOLITO NON E' ALLEGRA COME SEMBRA XD MA UN BEL PO' AVVENTUROSA, ALMENO CI SI PROVA! GODETEVI QUESTO PRIMO CAPITOLO E DITEMI COME LO TROVATE...PER IL RESTO NULLA, VI DO UN BACIONE E SPERO DI POSTARE IL CAPITOLO DUE APPENA CORRETTO :D BUONA LETTURA....QUESTO E' SOLO L'INIZIO, E NULLA E' COME SEMBRA...


Capitolo 1
 
INCONTRI AL GHIRIGORO
 
  Era una bella giornata quella in cui Harry e i suoi genitori decisero di andare a fare spese a Diagon Alley. 
Dopo essere usciti di casa, i tre si erano Smaterializzati proprio nel Paiolo Magico, per poi lasciare il pub ed entrare nella via magica di Diagon Alley.
Fu strano, per Harry, andare a fare spese con loro: non tanto perché non c’era mai andato, ma perché sentiva come se fosse la prima volta.
E questo, ovviamente, creava in lui una sensazione stranissima.
“Harry, caro, guarda!” disse la madre, trascinandolo per un braccio di fronte alla vetrina di un negozio, e Harry si sentì aprire un mondo quando la vide: era lei, era proprio lì, di fronte a lui.
La scopa Firebolt, la più veloce del mondo. Harry non ne aveva mai vista una, ed era esattamente quella che sua madre Lily gli stava indicando.
“Vuoi partecipare alla squadra del Quidditch di grifondoro, quest’anno, Harry?” chiese il padre, rivolto al figlio anche se lui, come Harry, non riusciva a staccare gli occhi dalla scopa volante.
Nell’ammirarla, Harry avrebbe detto anche di sì, subito, se solo avesse potuto cavalcarla…ma sapeva che i suoi genitori non gliel’avrebbero fatta mai avere, e lui non voleva certo fare un atto di egoismo nel richiederla.
“Sì, perché no” rispose Harry semplicemente, “ in realtà non ci ho mai pensato!”
Suo padre James gli diede una bella pacca sulla spalla, sorridendogli fiero.
“Sarebbe ora, figliolo, di mostrare le tue capacità di Cercatore a chi di dovere! Anche se so che le hai già dimostrate a sufficienza!”
Harry notò del divertimento nella sua voce.
Anche sua madre Lily gli sorrise orgogliosa; Silente aveva scritto loro una lunghissima lettera in cui stendeva le lodi per il ragazzo per quanto riguardava l’avventura con la pietra filosofale. Ora tutti pensavano che fosse una specie di eroe.
Ma Harry non voleva essere considerato così… cosa… cosa faceva pensare loro che lo fosse?
“Comunque, caro, tra poco è il tuo compleanno!” disse Lily, risvegliandosi dalle sue fantasie,“devi dirci cosa desideri!”
“Non desidero niente” fece Harry, ma era vero solo in parte: voleva ardentemente la Firebolt che aveva visto in vetrina ma, accantonato quello, nulla.
“Sicuro?” chiese la madre con tono indagatorio, e il figlio ebbe il sospetto che avesse già indovinato i suoi desideri.
“Certamente” rispose Harry, cercando di nascondersi un po’.
“Andiamo” disse James, “ Sirius e Remus ci aspettano in Farmacia!”
La famiglia allora camminò per il lungo viale, fino ad arrivare nella Farmacia dove Harry aveva assolutamente bisogno di una bilancia d’argento nuova.
Lì incontrò, ovviamente, l’amico di famiglia Remus e il padrino Sirius, che non vedeva dalle vacanze pasquali.
I due si abbracciarono stretti e poi Sirius gli sorrise fiero: anche lui aveva saputo della lettera di Silente.
“Alla fine gli scacchi ti sono stati davvero utili!” esclamò, con il volto compiaciuto.
“Assolutamente!” assentì Harry, donandogli un largo sorriso.
Qualcuno gli mise  le mani sugli occhi, coprendogli la visuale.
“Chi può essere?” chiese Harry, divertito. “Solo…Louise?”
Sentì uno sbuffare, e poi un volto allegro dotato di boccoli biondi e grandi occhioni azzurri si presentò davanti a lui. “Devi smetterla di indovinare sempre, Harry!” sbottò, fingendosi offesa, la ragazza, scatenando in Harry la risata.
“E tu devi smetterla di fare sempre gli stessi scherzi!”
“Ehi Harry!” venne loro incontro Frank, che aveva fra le braccia una quantità di boccette e infusi vari, tanto da perdere pericolosamente l’equilibrio.
“Aspetta, Frank, ti aiuto io!” lo soccorse il padre, prima che il figlio potesse inciampare a terra.
“Salve, Louise!” salutò James rivolto alla ragazza, mentre  Lily si era fermata a parlare poco più indietro con Remus.
“Ciao, James!” gli rispose Louise, un sorriso largo che mostrava i suoi bei denti bianchi. Non che ci volesse molto sforzo: Louise adorava semplicemente James.
“E i tuoi genitori?” chiese il padre di Harry alla ragazzina.
“Sono andati al Ghirigoro” spiegò lei, “ci aspettano lì!”
“Perfetto” intervenne Harry, sereno, “ quella è la nostra prossima tappa!”
Anche Louise sorrise a Harry, che in quel momento si girò verso Frank, che sembrava essersi perso nell’ammirare Louise, non curante di un padre che tentava di aiutarlo mettendo fra le sue braccia tutta le compere.
 Frank si riscosse e riprese vita, cercando, secondo gli occhi di Harry, di distrarsi da quell’improvviso incantamento. Era diventato un po’ rosso sulle guance, e per fortuna Louise non lo notò.
Una volta che ebbe comprato tutto il necessario, la banda uscì dal negozio e puntò dritta al Ghirigoro, dove una donna dalla pelle bianca e gli occhi azzurri e un uomo dai lunghi capelli castano chiaro  e i brillanti occhi grigi li stavano aspettando: i genitori di Louise, Odette e Thomas Lupin.  Harry pensò che Louise assomigliasse molto a sua madre.
“Remus! Sirius! James e Lily, laggiù! Salve a tutti, ragazzi!” salutò Thomas, alzando un braccio per farsi vedere da loro.
“Salve, fratellino!” disse Remus, abbracciando Thomas e stringendo la mano alla cognata.
“Allora, si va al Ghirgoro?”  Harry sentì chiedere il padre James a  sua madre Lily.
“Sì, James” rispose lei, “Harry deve ancora prendere moltissimi libri, e se dobbiamo andare tutti a pranzo da Sirius, più tardi, ci conviene muoverci!”
“Oh no!” bisbigliò Louise acida all’orecchio di Harry, distraendolo dalla conversazione dei suoi genitori. “Eccoli che arrivano, il duo dell’apocalisse!”
Harry si voltò verso il punto che guardava l’amica, e vide Neville e Hermione correre verso di lui, seguiti da una donna piuttosto vecchia, che doveva essere la nonna di Neville.
“Harry!” gli venne incontro Hermione, apparentemente senza notare il volto disgustato di Louise e di Frank.
“Hermione!” salutò Harry, che era contento di vederla, “stai passando buone vacanze? Come stai?”
Il testone di Hermione annuì mentre sul volto della ragazza si apriva un sorriso felice.
“Oh sì, Harry! Devo andare in Francia, sai? Prima però Neville mi ha invitato a stare da lui qualche giorno!” aggiunse, mentre anche l’amico s’avvicinava.
“Ciao Harry! Stai passando una bella estate?” chiese Neville, anche lui apparentemente ignorando gli sguardi invidiosi degli amici di Harry.
“Assolutamente!” esclamò Harry. “Entrate anche voi al Ghirigoro?”
“Sì” rispose Hermione, rivolgendo uno sguardo vorace alla libreria.
“Allora perché non vi unite a noi per le spese? Saremmo felici di avervi con noi!”
propose al volo Harry, senza notare i volti di Frank e Louise, le cui mascelle si stavano afflosciando sempre di più a terra.
“Sì, saremmo felici se vi uniste a noi!” diedero manforte James e Lily, che avevano evidentemente assistito alla scena. “Dopotutto, siete gli eroi di Hogwarts!” sorrise loro Lily, senza risparmiarsi un’occhiataccia da parte di Frank e Louise.
“E loro chi sono?” intervenne interessato Sirius, comparendo in quel momento e sorridendo ai nuovi arrivati.
“Neville Paciock e Hermione Granger” presentò Harry.
“Neville Paciock?” domandò Sirius, e i suoi occhi andarono automaticamente alla cicatrice che il ragazzo aveva sulla fronte.
“Conoscevamo i tuoi genitori, sai? Erano delle brave persone, e molto coraggiose!” osservò Sirius, e gli tese la mano. “Io sono Sirius Black. Piacere di conoscerti!”
Neville, un po’ imbarazzato, gli strinse la mano.
“ Io sono Augusta Paciock, vi ricordate di me, spero!” si presentò la signora dall’aria anziana; Harry notò che nonostante l’età aveva conservato un’aura austera e elegante, con una  sua forza e fierezza, come un leone.
“Impossibile dimenticarsi di lei!” salutò Sirius, regalandole un sorriso furbo. “Vi unite alle spese con noi? Dobbiamo comprare solo pochi libri,  e saremmo grati se il vostro piccolo gruppo si unisse al nostro… i ragazzi, poi, si conoscono, avranno molto di cui parlare…”
e mentre lo diceva, fece l’occhiolino a Harry, a cui scappò un risolino.  Non c’era nulla da fare, il suo padrino rimaneva sempre lo stesso!
“Papà!” si lasciò sfuggire il figlio, che sembrava perplesso quanto Louise.
“Che hai figliolo?” chiese il padre, ma Frank non rispose.
James gli lanciò un’occhiataccia per poi concentrarsi di nuovo su Hermione e su Neville, e Harry fu contento che suo padre li stesse difendendo; anche perché non avevano fatto nulla per essere contro Frank e Louise.
“Sono d’accordo!” si associò quindi, allegro. “Sarete una bella compagnia, poco ma sicuro!”
“Coraggio, andiamo allora!” esortò tutti il fratello di Remus, che sembrava ancora più contento dell’allargamento del gruppo. Tutti tranne Louise e Frank, a cui Remus rivolse uno sguardo severo. Non appena entrarono nel negozio, Neville prese per un braccio Harry.
“Devo dirti una cosa, è urgente” gli disse.
“D’accordo” assentì Harry, ma fu interrotto da Frank che lo afferrò per l’altro braccio.
“Harry, vieni a vedere, è stupendo!” disse, anche se Harry aveva tutta l’impressione di volere interromperli.
Guardò tristemente Neville, che aveva l’aria sofferente.
“Io…parliamo dopo, va bene?” provò a dirgli, prima di essere portato via dai suoi amici.
C’era un bagno di folla, quel giorno, nel negozio, soprattutto di pubblico femminile.
Chissà quale interessante personaggio veniva a presentare un nuovo libro….?
“Gilderoy Allock!” esclamò Louise, che Harry trovò accanto a Hermione.
Entrambi guardavano delle pile di libri collocati all’estremità della sala, ma avevano due facce completamente diverse: Hermione sfogliava libri su libri, mettendoli in fila; Louise, invece, la guardava disgustata, e non solo perché si trovava da sola con lei.
“Gilderoy Allock è un perdente” affermò, e Harry vide Hermione diventare tutta rossa e lanciarle un’occhiata ferita.
“Non è vero!” ribatté questa con fervore, “ha scritto molte cose interessanti, invece! Ed è un uomo molto coraggioso!”
“Coraggioso un accidenti!” si difese Louise, che aveva tutta l’aria di voler mettere le mani addosso a Hermione, “E’ un bugiardo e un fanatico!”
“Non è vero!” esclamò Hermione, e i libri che aveva raccolto fra le sue braccia tremarono pericolosamente.
“E’ così!” insisté Louise.
“No!” continuò a dire Hermione.
“Sì!” le urlò Louise.
“No!” ripeté Hermione.
“Le lasciamo bisticciare per conto loro, che dici?” suggerì Frank, a mezza bocca, scatenando in Harry una risatina, e andarono avanti nell’esplorazione del Ghirigoro.
Harry si guardò intorno, chiedendosi dove fosse Neville, per poi notare che stava parlando con James e Lily,  ma non ebbe il coraggio di andare da loro e proporre a Neville di venire con lui al piano di sopra del negozio.
La libreria lì era molto più vuota, e Harry e Frank ebbero modo di esplorarla interamente.
Solo un gruppetto di tre persone dai capelli rossi stava ammirando un reparto opposto a loro.
Tra quelle nuche, Harry riconobbe Ron, e cercò di trascinare Frank fino al punto in cui campeggiavano i Weasley, sperando che questo non s’accorgesse di niente.
Quando Ron gli passò davanti, Harry ebbe il coraggio di salutarlo.
“Ciao Ron!” fece lui. Ron si voltò: evidentemente si era accorto della sua presenza, ma come lui aveva trovato difficoltà a rivolgergli la parola, e sembrava sollevato che Harry avesse preso l’iniziativa.
“Oh, ciao, Harry!” rispose questo, prima che il sorriso svanisse dal suo volto e incrociasse lo sguardo di Frank pieno d’odio.
Harry vide i due fratelli raggiungerlo; erano un ragazzo un po’ più grande –con tutta probabilità uno dei gemelli- e una ragazzina di all’incirca undici anni dai grandi occhi scuri.
Entrambi guardarono da Harry a Ron stupiti che i due parlassero amichevolmente, e poi Frank, che aveva la stessa espressione dei due.
Harry rimase colpito quando incrociò lo sguardo della sorellina di Ron: come sembrava familiare!
Inspiegabilmente, Harry sentì il cuore battergli forte nel petto mentre le gambe gli si facevano molli…ma doveva mantenere un contegno, doveva trovare il coraggio di parlare anche di fronte a lei.
“Passata una bella estate?” tentò di aiutare Ron, che evidentemente si era accorto che Harry si era perso nei suoi pensieri.
“Io… sì, certo!” rispose subito l’altro.
“E grazie per avermi insegnato a giocare a scacchi, sai, mi ha aiutato molto!” aggiunse.
Il fratello e la sorella di Ron e Frank si scambiarono un’occhiata stupita.
“Tu gli hai insegnato a giocare a scacchi dei maghi?” chiese la ragazzina a Ron.
“Cosa? Quando ti ha insegnato?” domandò invece Frank a Harry nello stesso istante.
Harry e Ron si scambiarono un’occhiata complice,  e per un attimo il ragazzo sentì un’alchimia forte con Ron…quasi antica, consolidata negli anni.
Ma non poteva essere,  si disse, perché Ron e Harry non si erano mai frequentati!
“Lo vedo che ti sono stati utili!” commentò sereno il compagno, e gli occhi gli brillarono, come un insegnante fiero dell’alunno.
Il fratello più grande di Ron lo tirò per una manica della maglietta.
“Ron, dobbiamo andare, mamma ci aspetta di sotto!” fece, lanciando un’occhiata a Harry e Frank piuttosto irata. Harry capì che si trattava più d’una scusa per levarsi dall’imbarazzo.
“Va bene” assentì Ron, e rivolse un ultimo cenno a Harry.
“Ci si vede a scuola, eh?”
“Sicuro” rispose allegramente Harry, prima di vedere le teste dei Weasley girarsi e scendere le scale. L’ultima a farlo fu Ginny, che continuava a fissare Harry insistentemente, probabilmente senza capire se considerarlo una minaccia o meno.
Seguì il silenzio, interrotto da una pacca sulle spalle da parte di Frank.
“Andiamo a vedere se Granger e Louise si sono prese a pugni?” propose, ritrovando il tono gioviale.
“Sì, andiamo” disse Harry,  e insieme scesero al piano inferiore.
Mentre camminavano fra le diverse streghe che affollavano il negozio, Harry si interrogò ancora sulla sorella di Ron: perché si era sentito così… così… felice nel vederla? Che sensazioni strambe gli aveva procurato quella ragazza! Non aveva mai provato nulla del genere….
“Eccole lì!” esclamò Frank, correndo nella direzione di Louise e Hermione, che stavano ancora discutendo su chi fosse Gilderoy Allock. Per quanto ne sapeva Harry, Louise aveva ragione, ma non per questo bisognava litigare a quel modo!
A calmare la situazione era intervenuto Neville, che però era stato visibilmente ignorato, dato che si trovava al fianco di Louise e assisteva alla loro litigata, rassegnato.
“Ferme, ragazze, basta!” disse Harry, raggiungendo Frank. Louise e Hermione si fermarono, e il ragazzo notò che entrambe avevano i visi rossi.
“Non vi capisco: cos’ha di speciale questo….?” Ma prima che potesse terminare la frase, una chioma bionda con un cappello da mago  color celeste si sedette alla scrivania del negozio, scatenando le risatine e le chiacchiere di molte delle streghe del pubblico.
Tra di loro, Harry poté riconoscere la madre dei Weasley, poiché vedeva al suo fianco la sorellina di Ron che, al contrario di lei, aveva l’aria piuttosto annoiata.
Fu sollevato dal notare che sua madre non era fra quelle streghe urlanti.
Come si girò, invece, vide che Hermione non c’era più: si stava facendo largo fra la folla e stava portando per un braccio il povero Neville.
Da una parte, era sollevato che Hermione non avesse scelto lui.
Più avanti, cominciarono degli scatti di fotografie.  
Dopo un momento d’ indecisione, decise di seguire Hermione e Neville, seguito da Frank e Louise, che non capivano cosa stava combinando.
“Harry, che fai?” chiese Louise, mentre spostava le grasse signore che tra le braccia portavano i libri per Gilderoy Allock.
“Voglio portare Neville via da lì!” esclamò Harry, con una strana sensazione.
O meglio, più che sensazione era una certezza, come se la sua fosse stata un’esperienza…personale.
“Ma non sono affari tuoi! Che ti importa se Paciock fa la foto con quell’idiota?” obiettò Louise, indovinando i suoi pensieri, mentre arrivavano quasi alle prime file, all’altezza di una Hermione adorante per l’idolo Allock.
“Mi importa, va be….?” 
Troppo tardi: Neville era stato afferrato da Allock e insieme facevano un mucchio di foto, alcune con Allock che tirava su i ciuffi di Neville per mostrare meglio la cicatrice sulla fronte; cosa ancora peggiore, Hermione applaudiva entusiasta!
A Harry diede molto fastidio tutto questo: avrebbe voluto fermare tutta questa sceneggiata inquietante, ma qualcosa lo trattenne.
“Neville, tu vai alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, giusto?” chiese Allock, con un sorriso smagliante, che dava a Harry la sensazione di finto.
Neville annuì, quasi spaventato dallo scrittore.
“Non c’è bisogno di essere timidi, sai, Neville? Siamo famosi entrambi, tutti e due sul piedistallo!” continuò Allock, prima di ridere in modo teatrale, seguito da tutte le sue adepte adoranti. Poi strinse Neville ancora più forte a sé per fare un’altra foto.
“Bene!” annunciò fra uno scatto e l’altro, “ sono felice di annunciare, dato che questa piccola sorpresa me ne ha dato l’occasione, che sarò l’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure a Hogwarts quest’anno!”
“Che cosa?” esclamarono indignati Harry, Frank e Louise, soffocati dagli applausi entusiasta del resto dei clienti, Hermione compresa.
“Oh, non è possibile, la sfortuna ci perseguita!” protestò Louise, battendo un piede a terra.
“Prima ci capita un insegnante impossessato da Tu-sai-chi, ora un incapace!”
Harry annuì, completamente d’accordo con lei.
Non poteva capitare di peggio: la materia sarebbe stata all’altezza delle loro aspettative se solo avesse avuto qualcuno di decente!
Mentre i tre amici inveivano contro Allock, quest’ultimo guardò la sua vittima con un sorriso smagliante.
“Per ringraziare Neville di avermi incitato involontariamente a fare questa dichiarazione” disse, con voce alta, tanto che Harry pensò avesse usato un incantesimo, “gli regalerò tutta la serie dei miei libri autografati!”
Il librario del Ghirigoro ficcò in mano a Neville la pila di libri, e il poveretto fu costretto a sorridere per un’altra foto.
Nel momento in cui Neville s’allontanava frettolosamente e raggiungeva Hermione
-       “Oh, Neville, sono così fiera di te!” gli aveva detto una volta che il ragazzo le aveva ammollato tutti i libri e stava raggiungendo Harry poco lontano –
Sirius e James s’avvicinarono a loro.
“Ragazzi, c’è troppa folla adesso. Torniamo quando il Ghirigoro si sarà liberato!”
Tutti e tre furono d’accordo e insieme, raggiunti con disappunto da Hermione e da Neville, s’avviarono verso l’uscita, quando qualcuno gli si parò loro davanti.
“Chi si vede! L’ho sempre detto che prima o poi gli sfigati si sarebbero trovati!”
commentò acidamente il viscido Draco Malfoy, lo studente che Harry odiava di più a Hogwarts: non solo perché la sua famiglia aveva diffuso la voce che i Potter, i Black e i Lupin fossero magonò e  si fossero comprati l’iscrizione del preside, per via di un disguido avvenuto tempo addietro, ma anche perché era una persona odiosa di per sé, e Harry non ne aveva mai incontrate di così sgradevoli in tutta la sua vita.
“Dunque…” fece, sfiorandosi il mento, “direi che mancano solo i Weasley e siamo al completo…Weasley! Weasley! Qui ci sono le persone che fanno al caso vostro!” si mise a urlare Malfoy per la sala, facendo voltare molti volti.
Harry non aspettò, e istintivamente era al collo di Malfoy, ma qualcuno lo trattenne per un braccio.
“No!” gridò Hermione, livida in volto. “Che fai? Non vorrai finire nei guai…”
La sua voce si spense come gli occhi di Malfoy si incrociarono coi suoi.
Malfoy sembrò farle un mezzo sorriso, quasi di sfida, facendo diventare Hermione ancora più rossa, e scatenando in Harry una specie di belva, a lui ignota prima d’allora.
Guardandosi intorno, vide invece che i visi di Louise e Frank – e anche, Harry non seppe perché, di Neville- lanciavano occhiatine strane a Hermione, che sembrava sempre più imbarazzata.
Harry tornò al volto di Malfoy, e vide che anche lui non capiva la situazione.
Prima che tutto degenerasse, una figura giunse alle spalle di Malfoy; presumibilmente il padre, giacché aveva il suo stesso viso e lo stesso sorriso furbo.
“Draco, vuoi smetterla di importunare persone così perbene?” disse al figlio, che si fece subito da parte. “Dopotutto, noi non parliamo con i ladri, giusto Draco? Ma con con chi si è battuto valorosamente con l’Oscuro Signore,” e adesso si rivolse a Neville, sorridendogli in modo  malvagio, “dev’essere stato un grande onore incontrarlo di nuovo!”
Neville deglutì, ma Harry lo vide sostenere il perfido sguardo di Lucius Malfoy.
“Tu-sai-chi ha assassinato i miei genitori. Vorrei che fosse morto”.
Gli occhi del padre di Malfoy brillarono, ma non disse nulla.
“Andiamo, Draco. Non abbiamo tempo per i perdenti!” il suo tono era sempre freddo e gelido, ma Harry capì che era molto arrabbiato per quello che Neville gli aveva detto.
Nel momento in cui Lucius Malfoy passò loro accanto, Draco lo seguì, lanciando loro un’occhiata di odio a tutti e una enigmatica a Hermione, che cercò di nascondersi dietro a Harry.
“Ragazzi? Che fate ancora lì dentro?” chiamò Sirius, sventolando una mano
e affacciandosi alla soglia del Ghirigoro con aria gioviale.
Il piccolo gruppo fece come gli era stato detto senza farselo ripetere due volte, soprattutto Harry, che avrebbe evitato volentieri altri guai.
“Odiosi” disse Louise, “semplicemente odiosi!”
“Sono d’accordo” assentì Neville, “eccessivamente”.
“Con te è stato anche molto maleducato!” esclamò Frank, veemente. “Farti tutte quelle domande su Voldemort” – Neville tremò leggermente nell’udire quel nome- “ è proprio segno di insensibilità!”
Harry guardò il suo gruppo d’amici allegramente: provò a immaginarsi se fosse stato sempre così, anche a  Hogwarts. Ma sapeva che in qualche modo non era possibile, e Louise gliene diede la prova quando rivolse a Hermione un sorriso malizioso, perché quella non aveva detto una parola da quando avevano incontrato i Malfoy.
“Beh, sono odiosi tranne che per qualcuno, ovviamente” bisbigliò, rivolta a Harry.
Il ragazzo non capì. “Cosa vuoi dire?” gli chiese, aggrottando la fronte.
“Voglio dire che a lei Malfoy piace” sussurrò l’amica.
“Gli piace Malfoy?” esclamò l’altro, cercando di non farsi sentire da Hermione poco più avanti.
Louise gli rivolse un’occhiata ovvia.
 “Oh, Harry, andiamo, l’hanno capito tutti! Possibile che tu sia l’unico che non ci sia arrivato?
Persino Neville l’ha intuito! Hai visto come la guardavamo tutti, al Ghirigoro?”
Harry si fermò a pensare, e poi, finalmente, capì: ora si spiegava il rossore di Hermione ogni volta che Malfoy passava per i corridoi della scuola….e anche quella volta che li aveva scoperti nel passaggio, non era la luce della bacchetta a rendere le sue guance così rosse.,..era….
Un misto di emozioni si ripercossero in quel momento su di lui: si sentiva soddisfatto e arrabbiato allo stesso tempo, ma anche con una grande tristezza che pesava sul suo cuore come un macigno. Le stesse emozioni che aveva sentito per la sorella di Ron…
“Una ragazza può prendersi una cotta anche a undici anni?” chiese, curioso.
“Certo” fece Louise, “ e non è una cosa riservata esclusivamente alle ragazze, ma anche ai ragazzi!”
“Ma…ma è troppo presto!” fece Harry, senza tenere troppo conto del volume della voce.
“E poi…Malfoy! Non poteva scegliersi qualcuno di più…”
“In gamba?” suggerì Louise, sghignazzando, “come te?”
“No, solo…” rispose Harry, cercando di darsi un contegno, “che non me lo sarei mai aspettato,ecco.”
“Ci sono cose che ci stupiscono sempre” commentò saggiamente Louise, “è così che va la vita.
E comunque, se non l’hai notato, Malfoy non è l’unica persona che gli piace…”
“E chi sarebbe?” chiese Harry, curioso, “Neville?”
I due si guardarono e cominciarono a ridere, a ridere forte, e non smisero per un bel po’.

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Capitolo 2
*** Sorprese Di Compleanno ***


ECCOMI DI NUOVO QUIII!!!!SPERO CHE VI PIACCIA QUESTO NUOVO CAPITOLO! APPENA CORREGGO IL TERZO LO PUBBLICO! BUONA LETTURA, E GRAZIE A MALOCCHIO E A MARTY_CHICK E A LADY MARION E A TUTTE LE ALTRE PERSONE DI AVERLE MESSE FRA LE SEGUITE/PREFERITE/RICORDATE...CERCHERO' DI NON DELUDERVI...ANCHE SE POTRESTE RIMANERE SORPRESI NELLE PROSSIME PUNTATE DI QUALCHE CAMBIAMENTO CHE APPORTERO'...UN BACIONE!


Capitolo 2
 
SORPRESE DI COMPLEANNO
 
Harry nei giorni successivi non smise di pensare a quella ragazzina dai capelli rossi.
A volte delle immagini gli tornavano alla memoria: riusciva a vederla ovunque, non solo per le strade, ma anche nella mente, come se fosse stata sempre a Hogwarts…la immaginava camminare nei corridoi, vedeva incrociare i loro sguardi, anche se ciò non era mai avvenuto, se non quell’unica, prima volta, in cui l’aveva incrociata al Ghirigoro con i fratelli….e il cuore prendeva a battergli ogni volta che ci pensava, e doveva diventare anche piuttosto rosso sulle guance, perché i suoi genitori, soprattutto sua madre, sembrarono notarlo (“Tutto bene, Harry?” gli chiedeva lei, quando la ragazza faceva capolino nella mente di Harry durante ore inopportune, come quelle dei pasti. “Certo” gli rispondeva imbarazzato lui).
Inoltre, aveva il sospetto che questi fossero sogni premonitori, o per lo meno, li sentiva come tali. Doveva quindi avvertire Hermione? Le aveva promesso di contattarla, in questi casi.
Ma questo era il caso?
Harry comunque cercò di non curarsene più di tanto: il suo dodicesimo compleanno si stava avvicinando, ed era più felice che mai, perché sapeva che i suoi genitori gli avrebbero organizzato qualcosa.
Non vedeva l’ora di vedere Sirius e Frank, e anche Louise, che sarebbe sicuramente passata a salutarli.
Avrebbe voluto invitare anche Neville e Hermione, ma qualcosa l’aveva trattenuto: Hermione doveva comunque trovarsi in Francia in quel periodo e Neville….beh Neville non sapeva bene se dirglielo. Sapeva che era libero, ma si sentiva in imbarazzo…non perché invidiasse in qualche modo le sue capacità, ma quando loro due erano insieme accadevano cose strane, che Harry non riusciva a spiegarsi. Più strane dei suoi sogni, di tutto il resto: la fronte cominciava a bruciargli, così come a Neville.
Un giorno era sul punto di parlarne con sua madre. L’aveva chiamata in cucina, certa che avrebbe compreso.
“Dimmi tutto, tesoro!” disse lei, ma il ragazzo aveva scosso la testa, e non aveva saputo andare oltre: si era dimenticato ciò che doveva dire.
Una notte, accadde qualcosa di veramente insolito: Harry stava sognando, come sempre.
Ma stavolta non si trattava della sorellina di Ron, né di una coppa scintillante in mezzo a un labirinto, né di corridoi bui e scuri…vedeva solo il viso di Neville Paciock, sospeso in aria fra i tetti delle case, che dormiva placido come un bambino, apparentemente senza essere conscio di nulla. Volava, volava disteso come su una nuvola, e veloce come il vento.
Si girava come se fosse fra le coperte, anche se Harry sapeva che non lo era, essendo sospeso in aria….e poi, un tonfo.
Harry aprì gli occhi nell’oscurità.  Inforcò gli occhiali automaticamente, anche se sapeva che era inutile; era talmente buio, e inoltre non riusciva a percepire nessun altro rumore.
Troppo stanco, fece per coricarsi di nuovo, quando qualcuno gridò:
“Chi c’è?”
Harry si rizzò di nuovo a sedere e rinforcò gli occhiali.
Vagò con lo sguardo per vedere chi fosse, anche se dentro di lui sapeva già la risposta.
Il cuore batteva a mille: no, non poteva crederci.
Non sapeva distinguere il sentimento fra paura ed eccitazione quando vide Neville seduto sul tappeto di camera sua che si guardava intorno, attonito, alla luce della luna.
“Neville?” chiese, incuriosito, mentre si sedeva a bordo letto e si avvicinava con lo sguardo, per controllare che fosse lui.
“Harry?” fece Neville, con la stessa espressione sul volto.
Harry non poté fare a meno di ripensare all’anno prima, a Hogwarts, quando aveva trovato per la prima volta il mantello dell’Invisibilità ed era uscito dalla sala comune per provarlo in giro per i corridoi e Neville gli era caduto addosso: sui loro volti, ciascuno di loro aveva dipinta la stessa identica sorpresa.
“Come…come hai fatto a venire qui?” chiese Harry, senza riuscire a nascondere il tono eccitato.
Neville, illuminato dalla pallida luce della finestra, si guardò i palmi delle mani, poi tornò sul volto di Harry, la bocca spalancata dalla sorpresa.
“I-io…Non lo so! Ero in camera mia e stavo dormendo….e devo…credo di averti pensato, sai…e mi sono ritrovato qui!” disse, con il tono che tremava.
Harry fece fatica a registrare le sue parole. “Tu cosa?” chiese, sbalordito. “Mi hai pensato?”
Neville annuì con vigore scuotendo il capo. “Sì…beh…in realtà ti ho visto nel mio sogno!”
“Mi hai visto nel tuo sogno?” ripeté Harry, senza sapere come sentirsi.
Perché si trovavano di nuovo in una situazione assurda, constatò tristemente.
“E che cosa hai visto nel sogno, Neville?”
“Beh,” tentennò l’altro, “ho visto….tu che dormivi e ti rigiravi nel letto…e poi…poi casa tua…eri sempre più vicino….devo averti visto dalla finestra….ma pensavo fosse solo un sogno!”
Dalla sua voce Harry capì che Neville era spaventatissimo, e lo sarebbe stato anche lui al posto suo. Indugiò quindi nel dirgli ciò che aveva visto lui.
“Beh, non so se può farti sentire meglio” riferì, “ma credo di averti visto anche io, Neville!”
Come immaginava, il compagno non diede segno di essere sollevato; anzi, notò la sua fronte aggrottata.
“Mi hai visto anche tu? Come?” chiese infatti Neville.
“Beh…volavi” cercò di riassumere meglio che poteva Harry.
“Volavo?” fece eco Neville, ancora più sorpreso.
“Non eri sveglio” aggiunse Harry, cercando di spiegarsi meglio, “dormivi placidamente, come se fossi sdraiato nel letto di casa tua…anche io pensavo fosse solo un sogno!”
“Beh, non era così!” osservò tristemente Neville, per poi tornare con lo sguardo su Harry.
“Sai, penso di averti sognato perché ti ho pensato” aggiunse, come se si vergognasse nel dirlo.
“Mi è successa una cosa strana durante la notte e mi sono addormentato pensando di avvertirti…”
“Riguarda quello che dovevi dirmi al Ghirigoro?” disse subito Harry, ricordandosi improvvisamente.
Non era sicuro, ma vide Neville più imbarazzato che mai. “No…anche se…”
“Non importa” lo interruppe Harry, cercando di essere d’aiuto “dimmi solo quello che è successo stanotte…solo…facciamo un po’ di luce, va bene? Qui è tutto buio!”
Non potendo usare la magia, Harry prese un accendino e un fiammifero e accese la lampada accanto al comodino; ora, alla fievole luce, poteva avere la conferma dei suoi dubbi:  l’amico sembrava più infreddolito e spaventato che mai.
“Siediti sul letto” lo invitò con uno sbadiglio.
Senza farselo ripetere due volte, Neville balzò sul letto e si sistemò a gambe incrociate sul lenzuolo piegato.
“Bene….ti sembrerà assurdo…” tentennò.
“Questa situazione lo è già” lo rassicurò Harry, e lo pensava davvero, “niente può essere peggio!”
Neville allora chiuse gli occhi, e prese un bel respiro.
“Beh ecco…il fatto è che mi sono ritrovato un elfo domestico in camera mia, stanotte!” confessò tutto d’un fiato.
Harry sbarrò gli occhi: non poteva in effetti negare di essere sorpreso; era difficile infatti che gli elfi domestici si facessero vedere, se non per ricevere degli ordini.
Lo sapeva perché Sirius ne aveva uno, ma si odiavano; lui invece non ne aveva, perché i suoi genitori non volevano sentirsi ricchi e preferivano l’autonomia.
“L’elfo domestico…era tuo?” domandò, facendo poca affidabilità su Neville.
“No” disse tristemente Neville, “conosco gli elfi domestici di mia nonna, e sono due femmine, e anche molto vecchie…questo era un elfo!”
“Un elfo è entrato dentro casa tua” ripeté Harry, cercando di seguire di pari passo la storia di Neville.
“Sì” annuì svelto l’altro, “e sai cosa mi ha detto?”
Harry scosse la testa; non lo sapeva, ma avrebbe voluto tanto scoprirlo!
Le labbra di Neville sembravano muoversi a rallentatore mentre diceva: “che non devo tornare a Hogwarts, quest’anno! Diceva che correvo dei grossi pericoli e che sarebbero accadute molte brutte cose…”
Mentre Neville parlava, la mente di Harry si sbloccò nuovamente, com’era successo l’anno precedente in infermeria ai racconti di Silente e Hermione.
Ora vedeva lui al posto di Neville parlare con quella creaturina, che riusciva a vedere: si trovava in una stanza del tutto diversa dalla sua, molto più squallida e piccola.
E quell’elfo domestico, con i suoi grandi occhioni verdi e le orecchie da pipistrello, parlava tutto concitato e si puniva continuamente per ogni cosa che diceva, ma Harry non riusciva a capire cosa: era come assistere una scena senza il suono, come se qualcuno avesse gettato su di loro l’incantesimo del silenzio.
“Harry?” lo chiamò Neville “Harry stai bene?”
Harry scosse la testa e aprì e chiuse gli occhi velocemente: focalizzò di nuovo camera sua, e un Neville Paciock, che per qualche ragione assurda si trovava lì, che lo guardava con aria seria.
“Sì…cosa ti ha detto Dobby?” disse, senza pensare.
Vide il volto di Neville diventare ceruleo e che lo fissava, colpito e impaurito.
“Come…come sai il suo nome?” balbetto infatti.
“Cosa?” fece Harry, che non capiva tutta quella agitazione.
Neville s’irrigidì. “Il nome dell’elfo…Dobby!” gli ricordò.
Harry sbatté le palpebre, confuso: neanche lui sapeva perché, così come non sapeva rispondere a molte altre cose. Ecco un’altra domanda di cui avrebbe dovuto cercare la risposta.
“Beh, ecco…” esitò, “penso….di aver tirato a indovinare, sai. Sembra un nome carino, per un elfo!”
E allora Neville lo guardò, come non aveva mai fatto prima: Harry lesse determinazione nei suoi occhi, e intuì che fosse sul punto di dirgli qualcosa, ma un attimo dopo sembrò ripensarci.
“Bene….sembra carino, qui, ma…come torno a casa?” disse, cambiando discorso.
Harry lo fissò, cercando di trovare una soluzione.
“Semplice. Non ci torni” rispose con semplicità.
Neville lo guardò accigliato. “Non ci torno?”
Harry s’alzò: doveva rimediare qualche coperta, oppure trovare un posto dove poterlo far dormire.
“Stai qui per stanotte e…domani mattina troveremo un modo per mandarti a casa, va bene?” propose.
“Va bene” disse Neville, mentre Harry spalancava la porta della stanza e attraversava il corridoio del piano di sopra cercando di non fare troppo rumore.
Passò davanti alla stanza dei suoi genitori, proprio accanto alla sua, e sperò con tutto il cuore che non si fossero svegliati.
Non poteva non ammettere che quella situazione lo scocciasse parecchio: non tanto perché era Neville ad essere arrivato, ma quanto il fatto che l’avesse fatto durante la notte, e questo lo turbava.
E poi, come aveva lui fatto a conoscere il nome di Dobby? Era dovuto alle visioni che aveva avuto mentre parlava? Quante altre cose avrebbe potuto sapere, se solo avesse scavato nella sua conoscenza un po’ di più?
E poi ripensò inevitabilmente al foglietto che Silente gli aveva lasciato l’anno prima:
ti aiuterò, Harry.
Cosa stava a significare? Cosa sapeva Silente che a Harry era ancora oscuro?
Avrebbe dovuto avvertire Hermione, chiedere la sua consulenza prima di fare qualsiasi mossa avventata?
Harry cercò di allontanare quei pensieri mentre scendeva nel salotto e andava a cercare un posto dove Neville avrebbe potuto nascondersi; non voleva che venisse trovato, almeno, non subito!
Vi erano due camere per gli ospiti, e fra le due preferì quella vicino alla cantina, perché nessuno ci andava mai: non che fosse sporca o poco ordinata, ma lì Neville avrebbe potuto passare la notte tranquillo senza troppi disturbi.
Tastò il letto e lo soppesò sedendosi sopra. Era così morbido…
Harry si sdraiò e si mise a pensare….ma le stranezze dovevano avvenire per forza il giorno del suo compleanno?!
Prima che se ne rendesse conto completamente, era già nel mondo dei sogni.
 
La luce era già alta quando Harry si svegliò e sentì un urlo dal piano di sopra.
Subito pensò a Neville, e come un fulmine si precipitò per il corridoio dove vi era il bagno e l’altra stanza degli ospiti, attraversò il largo salone e salì le scale in legno che portavano al piano superiore.
Davanti a lui c’era sua madre. Harry non poteva vederla perché lei gli dava la schiena, ma era sicuro che le sue mani le serrassero la bocca dall’orrore e dallo spavento.
“Che ci fai tu qui?” chiese, quasi urlando.
“Io..Io…” disse Neville, che era rimasto paralizzato dalla paura sul letto di Harry.
Poi incrociò gli occhi di Harry, assonnati e stanchi e pieni di senso di colpa.
Perché si era allontanato dalla sua stanza? E soprattutto, perché si era addormentato, lasciando Neville da solo?
Era la cosa peggiore che gli fosse potuta accadere proprio il giorno del suo compleanno!
Lily sembrò notare che Neville non guardava lei ma oltre, e si girò verso suo figlio, non altrettanto sorpresa di trovarlo lì.
“Harry…che sta succedendo?” chiese, calmandosi.
“Io, beh, ecco….” Fece Harry, preso alla sprovvista.
“Sono stato io” inventò Neville, parlando in fretta, “volevo assolutamente fare una sorpresa a Harry e senza dire nulla a mia nonna ho usato una passaporta nascosta nel suo giardino!”
Lily allargò gli occhi verdi, così simili a quelli di Harry e allo stesso tempo così pieni di preoccupazione.
“Beh, immagino che dovremo avvertire Augusta….” Cominciò a dire, ma fu interrotta da Harry e Neville.
“NO!” gridarono entrambi nello stesso momento; si erano guardati, e con una sola occhiata Harry aveva capito che non c’era nessuna passaporta nel giardino di casa di Neville.
“Noi…ci penserà Neville a scrivere a sua nonna….del resto è stata una sua idea, vero, Neville?”
disse Harry, cercando sostegno dal compagno, che annuì con fervore.
“Assolutamente.”
Lily, anche se in un primo momento non sembrava convinta, probabilmente decise che era meglio rilassarsi e si sciolse in un sorriso.
“Oh, beh, è stato molto carino da parte tua venire qui per il compleanno di Harry!” commentò, quasi commossa. “La colazione è quasi pronta! Tuo padre è già di sotto a preparare tutto!”
Harry lesse sul volto dell’amico una smorfia strana, ma fu solo quando sua madre se ne andò che Neville si rivolse a lui e gli chiese, con tono mortificato:
“Oggi è il tuo compleanno?”
Lo stomaco di Harry si strinse; era triste vedere il compagno in quelle condizioni, ma d’altro canto non era neanche colpa sua per quello che era avvenuto quella notte.
“Io, beh….” indugiò, imbarazzato; poi pensò che tanto l’avrebbe scoperto comunque.
“Sì, Neville, oggi è il mio dodicesimo compleanno.”
Ci mancava soltanto che Neville fosse scoppiato in lacrime: il viso del ragazzo si susseguì in una serie di smorfie, l’una dietro l’altra, raffiguranti il senso di colpa.
“Oh, Harry mi dispiace moltissimo! Ho rovinato tutto! Tu volevi passare il compleanno con i tuoi amici…” cominciò a lagnarsi.
“Tu sei mio amico” precisò Harry, “e poi, a parte Louise e Frank e gli amici di famiglia, non c’è nessun altro pronto a festeggiarmi…un invitato in più non fa mai male…. Sarebbe ancora più bello se Hermione fosse qui a festeggiare con noi! Ora scendiamo a colazione!”
“Peccato che i tuoi amici mi odino” Harry riuscì a sentire Neville sussurrare queste parole, ma nonostante questo, l’amico sembrò più rincuorato e scese più volentieri al piano inferiore per mangiare qualcosa.
Come Harry fu a metà scala, vide il salotto imbandito di tutto punto: una tovaglia dall’aria molto leggera e di un colore rosa pallido copriva il tavolo, e sembrava esserci proprio tutto quello che serve per una ricca colazione.
E, cosa ancora più bella, James Potter, suo padre, lo attendeva alla fine delle scale, un sorriso sereno stampato sulla faccia, le braccia allargate.
Harry gli sorrise e scese in fretta i gradini che lo dividevano da lui e lo abbracciò stretto, mentre quello rideva e diceva: “Buon compleanno, figliolo!”
Harry si staccò dal padre e sentì che Neville lo raggiungeva.
James lo guardò, ma non sembrava sorpreso di vederlo: Lily doveva averlo informato del suo arrivo.
Harry non si sarebbe stupito se il povero Neville si fosse sentito triste in quel momento, e fu il suo turno nel sentirsi in colpa: l’amico non aveva genitori.
“Harry” fece Neville con tono impressionato, e quando Harry si voltò a guardarlo vide gli occhi sbarrati dalla sorpresa, “quello è un manico di scopa?”
Harry si voltò incuriosito verso il padre, e vide che quello che aveva in mano era proprio un pacco a forma di manico di scopa.
Subito il cuore prese a battere dall’emozione e cercò automaticamente lo sguardo del padre che ricambiò, sicuro.
“Puoi aprirlo” fece, e Harry, guardando Neville, prese il pacco dalle mani di James e, steso a terra, lo scartò.
Il suo cuore perse un battito. Era proprio lei!  Il manico era di un castagno scuro, e su di esso vi era la scritta dorata Firebolt.
Sorrise per l’eccitazione e guardò i suoi genitori: non poteva credere che l’avessero fatto!
“Voi…voi…” provò a dire, ma si rese conto che non c’erano parole per ringraziarli.
James gli regalò un grande sorriso. “Pensavamo…che ti saresti potuto allenare per il Quidditch, quest’anno…”
Harry abbracciò suo padre, poi sua madre, il volto pieno di riconoscenza.
“Posso farci un giro?” chiese, eccitato e, trascinato Neville nel giardino, montò sulla scopa e si levò in aria, dimentico del tutto della colazione.
Volare era la cosa più bella del mondo: sentiva il vento scorrergli fra i capelli, sotto i piedi…lo eccitava andare su e giù, vedere Godric’s Hollow dall’alto….
Fece il giro del paese, immergendosi fra le nuvole fredde, per poi riscendere giù, puntando verso il giardino di casa, dove lo stava attendendo Neville e dove, poco lontano, si stavano avvicinando un piccolo gruppo di persone che Harry conosceva molto bene.
Una volta sceso, incitato dagli applausi di Neville, Harry riuscì a vedere meglio chi erano: i fratelli Remus e Thomas e sua moglie Odette e la figlia Louise, che parlavano fitti con Sirius, che con sé aveva, ovviamente, Frank.
Harry corse loro incontro, mentre Neville sembrava essere svanito.
Quando Frank s’avvicinò, sul viso aveva un’espressione di puro stupore e gioia.
“Harry! O Harry!” gridò Louise, abbracciandolo stretto. “Buon compleanno!”
Harry la strinse forte, un po’ imbarazzato – ma del resto, gli abbracci di Louise lo erano sempre perché imprevisti.
Il resto degli ospiti si avvicinò. Thomas gli strinse la mano e gli fece tanti auguri; Harry non aveva molta confidenza con lui, ma fu grato della sua presenza; di solito, Louise stava sempre con Remus, ed era più raro che Harry vedesse i suoi genitori.
“Tanti auguri, Harry!” gli augurò Odette, stampandogli due baci sulla guancia, che Harry sentì subito calde.
“Harry!” disse Remus, mettendogli una mano sulla spalla, “stiamo cominciando a diventare grandi, eh?”
Harry gli sorrise, felice, ma non ebbe il tempo di rispondere che Sirius spintonò amichevolmente Remus, che s’allontanò con un verso.
“Non invecchiare troppo, va bene, Harry?” disse Sirius, e quando le sue braccia furono attorno a lui, il ragazzo non poté fare a meno di provare un’enorme nostalgia, anche se non ben motivata.
Quando si sciolsero dall’abbraccio, Harry si rivolse a Frank, che teneva in mano un vassoio impacchettato.
“Tanti auguri, Harry!” fece Frank, sorridendogli. Ancora una volta, Harry non poté fare a meno di notare quanta somiglianza ci fosse fra lui e suo padre: gli occhi erano gli stessi, così come i capelli.
“Cos’hai in mano?” chiese, curioso, prestando attenzione a quello che portava.
Per tutta risposta, Frank strinse le spalle.
“E’ una cosa mooolto speciale!” rispose Sirius per lui, facendo l’occhiolino a Harry e  poi prese il vassoio da Frank e si incamminò verso l’entrata di casa con un enorme sorriso. “Lily, cara!” salutò soave.
Lily spalancò la bocca, sorpresa quanto Harry di vedere quello che avevano in mano.
“Sirius, quella è…”
“Lo è” tagliò corto l’amico, allegro, e seguito dai due coniugi e Remus entrò in casa, lasciando Harry e i suoi amici da soli. Era stato troppo occupato a salutare gli ospiti per accorgersi di quello che stava succedendo: Neville, che evidentemente era rientrato in casa non appena aveva visto arrivare gli ospiti, non era passato inosservato agli occhi di Louise, che lo guardava torva come rientrava in giardino.
Poi si rivolse a Harry, e così fece Frank, entrambi sbigottiti.
“Cosa ci fa lui qui?” chiese lei, stizzita.
Harry e Neville si guardarono: l’amico stava diventando tutto rosso, il volto contorto in un’espressione mortificata.
Era  più che evidente che si sentisse in colpa e secondo Harry doveva piantarla. Ora toccava a lui mettere a posto le cose.
“E’ qui per il mio compleanno” disse, cercando di sembrare il più convinto possibile “è invitato anche lui”.
Questa informazione scaturì la reazione che aspettava, ma si rese conto che era molto meglio che raccontare loro tutto, rischiando anche che non gli credessero.
“Come sarebbe a dire?” esplose Louise, e i suoi boccoli perfetti con lei. “Che vuoi dire, è invitato anche lui?”
“Quello che ho detto” disse Harry, perplesso. Evitò di incrociare il suo sguardo, ma con la coda dell’occhio Harry vide che Neville aveva sorriso leggermente.
“Oh, beh, tanto vale che inviti anche la Granger o l’intera famiglia Weasley al completo, allora!” sbottò ancora l’amica, sarcastica.
Harry la guardò con tono di sfida, anche se non capiva tutto quell’odio di Louise nei loro confronti: erano persone diverse che avevano fatto scelte diverse.
Anche se, al nominare la famiglia Weasley, Harry sentì di nuovo una sorta d’improvvisa nostalgia…
“Beh, sai” fece Harry, rispondendo a tono a Louise, “in effetti stavo tenendo conto seriamente di questa possibilità per l’anno prossimo!”
Frank scoppiò in una risata, così fece Neville. Louise invece era su tutte le furie: se c’era qualcosa che poteva farla arrabbiare davvero, era questa.
Si stava per rintanare in casa, offesa, quando Frank la fermò per un braccio.
“Louise,” cercò di parlare chiaramente, guardandola fisso negli occhi, in modo che capisse, “a me non dispiace se Harry, oltre a noi, ha anche altri amici. Insomma, è un essere umano, ha tutto il diritto di fare conoscenze!”
“Ma non…” obiettò Louise, stizzita.
“Andiamo, cos’hai poi contro Neville? Il fatto che sia amico della Granger? Sì, è vero, anche a me lei non piace….ma su via, Neville è il Bambino-che-è-sopravvissuto! Ha sconfitto Voldemort l’anno scorso!” cercò di convincerla Frank, con un sorriso.
“E poi è il compleanno di Harry, può invitare chi vuole!” aggiunse, e si rivolse a Harry.
Ora il ragazzo ricordava perché voleva bene a Frank: aveva un gran cuore e un gran rispetto per il prossimo, anche se poteva non condividere delle scelte.
Era un signore. E Harry lo stimava per questo.
Louise strattonò il braccio e si liberò dalla presa dell’amico, continuando a guardarlo con disapprovazione, ma non disse nulla.
“Quella è una Firebolt, Harry?” disse Frank, cambiando discorso , e rivolgendo la sua attenzione all’infuori di Louise.
 
Il resto del pomeriggio sembrò volare via veloce; nonostante Louise avesse tenuto il broncio per quasi tutta la giornata, Neville, Frank e Harry la ignorarono, e passarono tutto il pomeriggio dimenticando le divergenze che c’erano fra di loro.
Sembrava che fossero amici da sempre, e tutti esultarono quando Sirius e Frank fecero spacchettare il loro regalo a Harry- quello che il ragazzo aveva scambiato per un dolce- per rivelarsi invece un set da Quidditch completo esclusivo per la Firebolt, lasciando Harry più felice che mai; la famiglia Lupin invece gli aveva regalato uno stupendo libro ricamato in oro,
intitolato Tutto ciò che i giovani maghi devo sono sapere, di Batalda Balarda.
Harry sapeva che probabilmente l’idea di un’enciclopedia del genere era sicuramente di Louise.
La notizia ancora più bella era che Frank e Sirius si sarebbero fermati per qualche giorno, e probabilmente l’avrebbe fatto anche Neville, che aveva finalmente chiesto il permesso di rimanere a casa dei Potter per il resto dell’estate.
I tre avevano scoperto di stare molto bene insieme, ma Harry non sapeva se avrebbero continuato a frequentarsi anche all’interno delle mura di Hogwarts, e questo gli dispiaceva molto.
I giorni continuarono felici e sereni, i più belli che Harry avesse mai vissuto; giocava sempre a Quidditch con il padre e con Neville, che segnava i punti, non essendo molto pratico dello sport.
Fino a che non arrivò il giorno in cui Hogwarts fu pronta per accogliere di nuovo i suoi studenti, e Harry e Neville si prepararono per andare alla stazione di King’s Cross il primo settembre.
 

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Capitolo 3
*** Ritorno A Hogwarts ***



Capitolo 3
 
 RITORNO A HOGWARTS
 
 L’ Espresso per Hogwarts attraversò presto le campagne inglesi, mentre nel suo scompartimento Frank, Richard e John stavano giocando a Spara schiocco, Louise era immersa nella lettura profonda di un libro e lui, Harry, non riusciva a staccare gli occhi dal finestrino: la sua mente lavorava freneticamente, ripensando agli avvenimenti di quell’estate.
Era tutto iniziato quando aveva cominciato il suo primo anno ad Hogwarts; vedeva delle immagini nei propri sogni – l’ultima volta aveva visto un lungo corridoio con una porta chiusa che non riusciva a raggiungere- di cui Hermione voleva essere costantemente informata, ma Harry non le aveva inviato nessun gufo.
Poi, Neville era atterrato nella sua stanza di notte, proprio il giorno del suo compleanno, e si erano sognati a vicenda mentre lui si avvicinava a casa sua….si chiedeva ancora come poteva essere successo.
E, come se non bastasse, sapeva il nome di un elfo domestico che aveva parlato con Neville, ma non con lui.. .Aveva semplicemente visto delle immagini mentre l’amico gli raccontava il fatto, ed era venuto fuori che sapeva il suo nome… Dobby, così si chiamava quell’elfo, era piombato in camera di Neville e lo aveva avvertito di non tornare a Hogwarts…ma perché l’aveva fatto? Harry non era sicuro, ma aveva come il sospetto che ci fosse qualcosa di più sotto. Fiutava il pericolo, anche se non sapeva ancora il perché…in ogni caso, sicuramente Neville, qualche scompartimento più avanti, stava raccontando a Hermione tutto l’accaduto.
Oltretutto, era da tempo che Harry si era reso conto dello strano collegamento che c’era fra lui e Neville, e si chiedeva, ancora una volta, come fosse possibile…infondo, loro due non avevano niente in comune!
“Tutto bene, Harry?” chiese Louise, preoccupata, lanciandogli occhiatine da sopra il suo libro.
“Sì, sto bene” rispose Harry, risvegliandosi dai suoi turbamenti, “sono solo…”
Non ebbe il tempo di finire la frase che la porta dello scompartimento s’aprì e si affacciò una ragazza dai capelli bruni e cespugliosi della loro età, che si beccò un mucchio di occhiatine malevole da parte dell’intero gruppo, tranne che di Harry: Hermione, che era seguita da un ragazza dai capelli scompigliati e biondo scuro e l’aria assente, che il ragazzo intuì essere una nuova studentessa.
Hermione arrossì nel momento in cui si rese conto di non essere ben voluta, ma cercò di evitare i loro sguardi e di puntare dritto su Harry.
“Finalmente ti ho trovato!” esclamò, il volto contorto in un’ espressione di paura, il fiato corto,
“mi sono affacciata almeno alla metà degli scompartimento di questo treno per trovarti!”
“E chi se ne importa!” sbottò Louise in un bisbiglio, tornando al suo libro.
“Harry,” fece Hermione, guardandolo dritto negli occhi, “sai dov’è Neville?”
Harry sentì un colpo nello stomaco, mentre i suoi amici ora guardavano tutti lui, come se anche loro aspettassero una risposta, ma la realtà era che non l’aveva: era sorpreso quanto Hermione.
“No” disse, sgranando gli occhi, “pensavo fosse con te!”
Hermione scosse la testa. “No,” rispose “per questo pensavo fosse con te.”
“Vuoi che ti aiuti a cercarlo?” si propose automaticamente Harry, aggiudicandosi uno sguardo di disapprovazione dai suoi amici, soprattutto da parte di Louise.
“Secondo me è salito su una macchina volante con Ron Weasley” s’intromise la ragazzina dall’aria assente, “so che suo padre ne ha una, ed era proprio con il ragazzo Weasley che si sono fermati prima di attraversare il passaggio.”
“Non credo proprio” disse Hermione, lanciando un’occhiataccia alla sua nuova amica.
Poi si rivolse di nuovo a Harry. “Che fai, allora, vieni?”
“Sì,” rispose il ragazzo, che non vedeva l’ora di abbandonare quell’imbarazzante situazione, e seguì Hermione fuori dallo scompartimento.
La tesi di quella ragazzina era surreale alle orecchie di Harry, ma su una cosa aveva sicuramente ragione: Ron e Neville si erano fermati a parlare, e Harry aveva attraversato il passaggio alla stazione con i suoi genitori; da lì, non l’aveva più visto, così non mancò dal dirlo a Hermione che, anche se era d’accordo con lui riguardo al fatto che Neville non aveva preso una macchina volante per arrivare fino a Hogwarts, e che sarebbe stato assurdo se l’avessero fatto, pensò come lui che Neville e Ron dovessero trovarsi più avanti nel treno.
Mentre camminavano per il corridoio, una delle porte dello scompartimento s’aprì e s’affacciò una ragazzina dai capelli rossi e il volto pieno di lentiggini.
Lo stomaco di Harry cominciò a contorcersi, il cuore a battergli sempre più forte, la testa gli girava; si sentiva improvvisamente immobile e incapace di reagire. Avrebbe voluto fare delle cose per attirare la sua attenzione, ma il meglio che riuscì a fare fu rimanere lì, sentendosi un idiota; tuttavia la ragazzina non sembrò neanche averlo notato.
“Luna!” disse, rivolgendosi alla loro compagna un po’ svitata, “mi domandavo che fine avessi fatto! Eri sparita!”
La ragazza di nome Luna le regalò un sorrisetto, che secondo Harry gli dava un aspetto ancora più assente.
“Ero alla ricerca di tuo fratello, Ginny,” spiegò, soave, “a quanto pare, è salito con Neville Paciock sulla vostra automobile volante perché non sono riusciti a passare tra i binari nove e dieci di King’s Cross…ho provato a dirlo a loro due, ma non mi ascoltano!”
Ginny Weasley tirò un sospiro e roteò gli occhi scuri; era evidente che neanche lei credeva a quella storia, ma non disse nulla per contraddirla.
“Vieni, Luna,” disse con tono paziente, avvicinando la ragazza con un braccio. “Vedrai che sono qualche scompartimento più in là, non è successo nulla di grave…”
“Veramente, lo stavamo cercando” disse Harry, pentendosene amaramente, perché questo attirò l’attenzione di Ginny su di lui, e si sentì subito le guance caldissime.
“Insieme a Neville, naturalmente. Hermione non riesce a trovarlo!” disse subito.
Ginny lo squadrò e non gli rispose, preferendo rivolgersi a Hermione.
“Se trovate Ron, ditegli che è un cretino. Mi aveva promesso che mi avrebbe portato un pacchetto di Api Frizzole sul treno!”
“D’accordo” assentì Hermione, con un sorriso che le sorse spontaneo sul volto.
Luna fece per seguire Ginny, ma prima di farlo si voltò e guardò Harry molto intensamente, un piccolo sorriso che le increspava le labbra, gli occhi sognanti.
“E’ stato bello conoscerti, Harry Potter” salutò, ed entrò nello scompartimento.
La sua amica, evitando lo sguardo di Harry che la puntava da quando l’aveva vista, chiuse la porta e tornò dai suoi amici, con grande delusione del ragazzo.
Sarebbe rimasto incantato per un altro po’ di tempo se Hermione non gli avesse strattonato il braccio riportandolo alla realtà.
“Harry! Dobbiamo trovare Neville!” lo riprese lei, severa.
“Hai ragione” fece Harry, “andiamo!”
Proseguirono lungo il corridoio, ma non v’era alcuna traccia di lui da nessuna  parte.
All’improvviso, qualcuno aprì uno scompartimento accanto a loro e fecero capolino una testa bionda quasi bianca e due energumeni che gli coprivano le spalle: Draco Malfoy, Tiger e Goyle, naturalmente, e notò che Hermione era diventata inevitabilmente color porpora.
Harry strinse gli occhi: ci volevano solo loro, in quel momento!
“Che ci fanno Potty Potty e la Sfigata Mezzozannuta qui nella zona dei serpeverde, eh? Vi ho visti, e non ho potuto fare a meno di venire qui fuori a curiosare!”
Harry avrebbe voluto saltargli addosso, ma vedendo la reazione di Hermione quella volta al Ghirigoro, si trattenne, e si limitò a proteggerla parandosi davanti a lei, e strinse la bacchetta che aveva in tasca, pronto a tirarla fuori.
“Fai spazio, Malfoy!” intimò Harry, guardando intensamente il ragazzo davanti a lui.
Tuttavia Malfoy non sembrò per nulla intimidito dalle sue parole, e si limitò a un ghigno maligno, mentre i suoi due enormi amici stringevano i pugni, pronti a una lotta corpo a corpo.
“Non credo proprio”  rispose, divertito, Malfoy. “ E poi, cosa potrebbe succedermi mai? Mi potreste scagliare qualche incantesimo da quattro soldi? No, è troppo divertente prendermi gioco di voi!”
“Ho detto di andartene, o ci saranno delle conseguenze!” insisté Harry, sfilando la bacchetta dalla tasca.
Draco Malfoy rise. “E lasciarmi sfuggire la possibilità di insultare un sporco Magonò e una lurida Mezzosangue? Proprio no!”
Harry tirò fuori la bacchetta; stava per colpirlo, ma alle sue spalle Hermione fu più veloce:
Petrificus Totalus!” gridò la ragazzina, quasi in lacrime immobilizzando Malfoy, che cadde a terra come un pezzo di legno.
Harry e Hermione corsero via mentre Tiger e Goyle rientravano spaventati nel loro scompartimento.
Harry sentiva Hermione piangere; era palesemente ferita da ciò che Malfoy gli aveva appena detto, così, superato il pericolo, tentò di calmarla con delle pacche sulla schiena.
“Hermione, non dare ascolto a quello scemo!” disse, circondando le spalle dell’amica con il suo braccio. “Non sa dosare il linguaggio, ed è un vile!”
Hermione singhiozzò. “Già, ma il fatto è… che…che…quello scemo a me piace” disse a fatica.
“E non fare finta di essere sorpreso, lo so che lo sai…ho sentito la vostra conversazione, sai? Tu e Louise…”
Harry rimase lì per un po’ a vederla piangere: non sapeva che cosa dire, perché non poteva negare che quella conversazione ci fosse stata, e non capiva molto di queste cose, non essendosi mai preso una cotta per qualcuno.
“Il fatto è ” continuò Hermione, tra i singhiozzi, “ che non riesco a capire perché proprio lui…insomma, non è esattamente il tipo che ti tratta bene, no?”
“Direi di no” rispose Harry, che non sapeva cos’altro dire.
Hermione s’asciugò le lacrime e cercò di darsi un contegno.
“Beh, direi che abbiamo cercato abbastanza” sentenziò lei, “propongo di tornare indietro. Nel caso che ci siano, li vedremo alla stazione di Hogsmeade!”
Ma non li videro una volta scesi dal treno; Ronald Weasley e Neville Paciock erano scomparsi nel nulla. Persino Ginny Weasley venne a cercarli per chiedere loro dove fosse suo fratello, ma né Hermione né Harry seppero darle una risposta.
Il ragazzo fu comunque costretto a separarsi dall’amica per unirsi alle carrozze a Frank, John, Richard e Louise, che vollero essere informati su tutto quello che era successo.
Nonostante Ron e Neville non gli piacessero molto – tranne a Frank, che trovava Neville molto simpatico da quando avevano passato l’estate insieme- rimasero sbalorditi dal fatto che fossero spariti.
“Così, nel nulla?” fece John, tutto occhioni. “Ma è impossibile!”
“Già,” rispose Harry, confuso quanto lui “non capisco come possa essere…Luna dice che è possibile che arrivino a Hogwarts con un auto volante…”
“Luna?” disse Frank, senza capire.
“La ragazzina che stava con la Granger” precisò Louise, “ si chiama Luna Lovegood. La conosco di vista perché è la figlia di Xenophilius Lovegood, che è stato un amico di papà prima che diventasse il direttore del Cavillo”.
“Il Cavillo? Quella robaccia per rimbambiti?” chiese Richard, guardandola sbalordito.
Louise annuì con vigore. “Sì, e il padre lo è ancora di più. Spero proprio che non capiti anche Luna a Corvonero! Sarebbe insopportabile avere anche lei nella stessa Casa…”
“Penso che a te stiano antipatiche troppe persone, sai?” la rimbeccò Frank, aggiudicandosi un’occhiataccia da parte di Louise.
Le carrozze attraversarono i piccoli sentieri che portavano dritti al castello.
Quando scesero, vi era la professoressa McGrannitt ad attenderli, che li condusse fino alla Sala d’Ingresso.
Harry non aveva smesso di essere preoccupato per Neville e Ron,  ma cercò di respingere quei pensieri mentre si sedevano tutti ai rispettivi tavoli.
Poi le porte si aprirono, ed entrò il gruppo dei bambini del primo anno pronto a essere smistato, guidato ovviamente dalla professoressa McGrannitt, che era tornata a prenderli.
Frank però era attratto dal tavolo degli insegnanti.
“Ehi, Harry, hai visto, è proprio vero, è…” non ebbe il tempo di finire la frase che la McGrannitt prese posto accanto a Silente e fece tintinnare il bicchiere con il cucchiaino per attirare l’attenzione degli studenti su di sé.
“Il Preside vorrebbe dire qualche parola!” annunciò.
Silente s’alzò dallo scranno e sorrise a tutti allargando le braccia.
“Ai nuovi studenti…Benvenuti! E ai vecchi….bentornati a Hogwarts! Mi piacerebbe intrattenermi a parlare con ognuno di voi, ma il tempo stringe, e i nostri stomaci sono alquanto affamati…vorrei quindi fare un paio di annunci prima che i nuovi arrivati siano smistati e che i tavoli siano imbanditi di tanto cibo delizioso!”
Harry s’accorse che gli occhi di Silente si erano posati su di lui, e aveva l’impressione che gli avesse fatto anche l’occhiolino, ma forse se l’era solo immaginato.
“Vorrei presentarvi il signor Gilderoy Allock, che sarà lieto di insegnare Difesa contro le Arti Oscure al posto del professor Raptor!” introdusse il preside, e mentre il nuovo professore s’alzava e sorrideva smagliante alla platea con un inchino, tutto il tavolo degli insegnanti lo guardò disgustata, e Harry non poté trattenersi dal sorridere; era evidente che neanche loro erano stati ammaliati da quel buffone di Allock.
Gli studenti, invece, sembravano pensarla diversamente: si era levato nello stesso istante un mormorio di voci piuttosto concitato. Al suo contrario e di Frank, dovevano pensare che Allock fosse un genio. Quando incontrò lo sguardo dell’amico, Harry comprese che aveva pensato alla stessa identica cosa.
Intanto, Silente era andato avanti con le presentazioni, fino a che non si era seduto e la McGrannitt venne avanti con lo sgabello e il Cappello Parlante per smistare gli studenti.
“Ci vorrà del tempo prima che ci permettano di mettere nello stomaco qualcosa, altroché!” bofonchiò Frank, annoiato.
Harry, invece, non aveva tutta questa fretta: gli era sembrato di vedere fra le tante teste quella rossa di Ginny, inconfondibile fra gli altri.
Il cappello cominciò a cantare la canzone di benvenuto, che era diversa ogni anno, da quello che Harry sapeva dai suoi genitori; constatò che era di sicuro differente da quella dell’anno precedente, dove lui era stato smistato.
Dopo l’applauso- Frank, notò Harry, si unì agli altri con aria distratta- la McGrannitt venne avanti con la pergamena e cominciò a leggere.
Harry pensò ad altro quasi tutto il tempo, finché non fu chiamata Luna Lovegood, la tipa stramba del treno: era proprio curioso di sapere dove l’avrebbero collocata.
“Sicuramente a Corvonero” bisbigliò loro John, con un sorrisetto furbo, “sapete quanto farebbe arrabbiare Louise?” I tre risero.
Luna Lovegood rimase molto tempo sotto il cappello parlante, almeno, secondo l’impressione di Harry, fino a che non annunciò…
“Grifondoro!”
“COOOSA?” scattò Frank, mentre Luna Lovegood veniva verso il loro tavolo e si accomodava qualche posto più in là.
“Il Cappello deve avere qualche rotella fuori posto quest’anno!” fece Richard, guardando i compagni, sbalordito. “Ho letto il Cavillo, e se è vero quello che dice Louise, lei è più pazza del padre….non ha per nulla le qualità per finire a Grifondoro!”
“Magari è vecchio” fece Frank, con un sorriso malizioso “forse sarebbe il caso di cambiarlo…dopotutto da quanto è che esiste, da…ehm….il quattordicesimo secolo, o giù di lì?”
Tutti e tre scoppiarono in una sonora risata. Harry si girò verso il tavolo dei Corvonero e vide Louise con una faccia così felice che se solo glielo avessero permesso sarebbe esplosa nelle danze.
“E tu che ne pensi, Harry?” chiese John, accanto a lui.
“Che è strano” rispose, ed era vero: aveva una strana sensazione, ma non sapeva come spiegarsela. Sentiva che il Cappello aveva sbagliato a collocarla: Luna Lovegood era dei Corvonero, non dei Grifondoro, e non sapeva il perché, ma era sicuro che era quello il corso delle cose…non c’entrava nulla, lei, con i Grifondoro….
“Magari ha qualità nascoste” disse però ad alta voce, più rivolto a se stesso che agli amici.
“Sì, forse,” concesse Frank, poco convinto, e rivolse un’occhiata a Luna.
Harry lo imitò: la ragazzina guardava la tavola con un aspetto piuttosto confuso.
“Ah, ma guardatela! Sembra che non sappia neanche dove si trova!” commentò Frank.
Harry però non era interessato a lei, quanto a Ginny: era proprio curioso di sapere dove l’avrebbero messa. Se il Cappello parlante era capace di smistare Luna Lovegood fra i Grifondoro – cosa che gli pareva, ancora una volta, alquanto assurda- non gli avrebbe fatto alcun effetto se Ginny fosse finita fra i Tassorosso.
Invece, quando la chiamarono, si unì al tavolo dei Grifondoro, con grande soddisfazione di Harry.
Non che non se lo fosse aspettato: i Weasley finivano tutti a Grifondoro, e nessuno commentò quando la ragazzina si sedette accanto a Luna.
Siccome la Weasley era l’ultima della lista, la McGrannitt arrotolò la pergamena e, preso cappello e sgabello, li posò dietro il tavolo degli insegnanti e si unì ai colleghi.
In quello stesso istante, Silente s’alzò per fare un’ ultima dichiarazione.
“Bene! Ora che lo Smistamento è finito, posso augurare a tutti…buon appetito!” e, allargando le braccia, il cibo comparve sui tavoli.
Ma prima che Harry potesse avvicinare a se un vassoio di patate e riempirsi il piatto, le porte della Sala Grande s’aprirono e comparvero sulla scena due ragazzini in abiti Babbani, che erano inciampati l’uno sull’altro. Tutta la sala si voltò verso di loro.
Quando si alzarono in piedi a fatica, rossi come peperoni, Harry ebbe come un nodo allo stomaco: erano Neville Paciock e Ron Weasley.
Il silenzio era gelato nella Sala Grande. Nessuno sembrava in grado di dire nulla.
Piton s’alzò, ma fu fermato dalla professoressa McGrannitt.
“No, Piton, credo che questo compito spetti a me!” disse, con tale autorità che Piton si accomodò di nuovo, contrariato, deluso dalla prospettiva di non poter punire Paciock e Weasley.  La McGrannitt si rivolse al Preside: “Silente, cosa ne pensi?”
Lui le rivolse un’occhiata brillante. “Sono della tua Casa, Minerva” rispose tranquillamente, e la Professoressa  abbandonò il tavolo degli insegnanti, camminando a passo veloce fra i tanti cappelli neri che la guardavano quasi spaventati.
La sua energia era talmente autoritaria e potente che nessuno osò fiatare, finché questa non ebbe raggiunto i due studenti.
“Voi due,” intimò a Ron e Neville, “nel mio ufficio! Ora!”
I due, spaventati, la seguirono a testa bassa.
Come si allontanarono, un mormorio si diffuse per tutta la sala.
I quattro ragazzi, per la seconda volta, si guardarono sbalorditi da quel colpo di scena.
Harry si voltò di nuovo verso il tavolo dei Corvonero, dove incrociò lo sguardo di Louise, stupita, e più in là di Hermione, seriamente preoccupata.
Non ci volle molto per capire che entrambi stavano riconsiderando tutte le possibilità di come quei due fossero giunti a Hogwarts. Una cosa era certa: non erano sul treno.
“Secondo voi sono arrivati davvero con la macchina volante?” chiese Harry ai suoi amici.
 
A BELLI STRABELLIII COME STATE? TODO APPOSTO??? IO ADESSO HO PUBBLICATO CHAPTER 3 E QUANDO MI METTO A CORREGGERE IL 4 LO PUBBLICO SUBITO! SPERO CHE VI PIACCIA! FATEMI SAPERE CHE NE PENSATE SE VULET! UN BACIO E BUONA LETTURA!
P.S GRAZIE A TUTTI I FEDELISSIMI 'VECCHI'  CHE MI HANNO SEGUITO FIN QUI, VI AMO. E ANCHE I NUOVI. A TUTTI. GRAZIE PER AVER MESSO LA STORIA FRA SEGUITE PREFERITE ECC... COME DIREBBBE RENATO ZERO: GRANDIIIII!
 
 
 

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Capitolo 4
*** La Cosa Giusta Da Fare ***


Capitolo 4
 
 LA COSA GIUSTA DA FARE
 
Anche se Percy Weasley, il prefetto di Grifondoro, aveva fatto in modo che la sala comune fosse sgomberata per l’arrivo di Neville e Ron, secondo gli ordini della McGrannitt, i ragazzi del secondo anno decisero di rimanere svegli per aspettare i loro compagni; si chiedevano tutti, Harry compreso, come avessero fatto ad arrivare a Hogwarts senza treno.
Quando i due salirono nel dormitorio, i loro compagni li sovraccaricarono di domande, eccitati.
Persino Frank, Richard e John, che non erano amici di Ron né in modo particolare di Neville, erano rimasti colpiti da ciò che era avvenuto in Sala Grande e furono i primi a volere i dettagli di tutta la vicenda.
I due ragazzi, che da una parte si erano trovati imbarazzati da quelle improvvise attenzioni, dall’altra si sentirono stimolati, e raccontarono tutto.
Harry seguì con attenzione la storia, in particolar modo il momento in cui lui e Neville si erano separati e Harry era andato avanti con i suoi genitori insieme a  Frank e gli altri: Neville e Ron  avevano continuato a chiacchierare lasciando passare anche altri maghi, e quando Neville aveva provato ad attraversare il passaggio, quello si era chiuso a lui e a Ron.
Così, Ron aveva provveduto alla macchina volante che possedeva suo padre e con cui erano venuti fino a King’s Cross, e con quella erano volati fino a Hogwarts; accidentalmente, però, erano finiti fra i rami del Platano Picchiatore e avevano perso la macchina che, a quanto pareva, aveva sviluppato una propria personalità, ed era fuggita infuriata nella foresta, dopo aver lasciato tutti i loro bagagli sparsi per i giardini di Hogwarts.
Tutti erano rimasti rapiti dal racconto, e forse Harry lo era stato più degli altri; perché era successo di nuovo, senza che lui potesse fare nulla….
Nuove immagini gli erano venute alla mente, e lui era con Ron, nella macchina proprio sopra il treno, ed ebbe un balzo al cuore quando si vide scivolare via, e Ron l’aveva afferrato mentre era sull’orlo del precipizio….
Forse i suoi compagni, al termine del racconto, avevano festeggiato Ron e Neville per la gran faccia tosta, Harry queste cose non se le ricordò: si era ritrovato al buio, ficcato fra le lenzuola, immerso fra i suoi pensieri e le sue più profonde paure, chiedendosi perché gli fosse capitato di nuovo di avere quelle…visioni. Una cosa era certa: doveva parlare con Hermione.
Successe quel primo pomeriggio dopo le lezioni; aveva notato che la ragazza aveva capito che qualcosa lo turbava durante l’ora di Incantesimi (che si teneva con i Corvonero) ma non si era avvicinata per indagare oltre.
Harry comunque sapeva che l’avrebbe trovata sicuramente in biblioteca, se mai avesse avuto bisogno di parlarle.
Mentre stava per attraversare il buco del ritratto, una voce sognante lo chiamò alle sue spalle.
“Aspetta, Harry!” disse Luna, con sorriso amichevole e la sua immancabile aria stralunata, “Vengo con te!”
“Oh, io…” fece Harry, un po’ sorpreso. “Va bene”.
Così prese ad attraversare il buco del ritratto, seguito da Luna.
“Che hai, Harry?” chiese lei, quando furono nel corridoio.
“Io….nulla” finse lui, sbrigativo; ma l’altra sembrò non lasciarsi ingannare.
“Io non direi. Sei pensieroso. Cosa ti affligge?” domandò, con il suo tono innocente.
“Nulla” ripeté ancora Harry, anche se non era vero; stava ripensando a tutto quello che gli era capitato durante l’estate, fino a quando non si era visto nella macchina con Ron.
“Non credo proprio” disse Luna, “ma sono affari tuoi. Penso che tu faccia bene a dirlo a Hermione Granger. È da lei che stai andando, no?”
“Io…cosa?” fece Harry, colto di sorpresa. “Come fai a saperlo?”
Luna strinse le spalle. “Beh, in realtà non è molto difficile. Quando parli con Neville la nominate spesso, dite che dovete tenerla informata su tutto…e poi è tua amica”.
“Sì, lo è” affermò Harry, guardandola per la prima volta incuriosito: allora non era vero che era così distratta, in fondo. Tuttavia, non poté fare a meno di…
“Ti stai chiedendo perché io sia finita a Grifondoro e non a Corvonero?” gli domandò lei, con tono annoiato.
“Io…beh, veramente sì” rispose Harry.
Luna accennò a un sorriso. “Beh, non mi sorprende. Mi guardano tutti come se non appartenessi proprio alla vostra casata…ma non importa…si abitueranno all’idea… il Cappello era indeciso, sai, tra mettermi a Grifondoro o a Corvonero…io volevo fortemente che mi mettesse a Corvonero, ma gli ho chiesto di smistarmi a Grifondoro.”
Harry si bloccò, così fece lei. Non poteva evitare di ammettere di essere sbalordito.
Le rivolse un’occhiata, accigliato. “Tu cosa?” chiese Harry. “Scusami tanto, ma a me pare un po’ un controsenso.”
“Forse lo è” disse Luna tranquilla, “ma sai, quello che senti a volte è…è diverso da quello che sei. Hai presente quando senti che devi fare delle scelte perché sai che in qualche modo serviranno a qualcosa? O comunque, hai delle strane sensazioni, che sai che ti guideranno sulla giusta strada? Beh…io l’ho fatto”.
Harry e Luna si guardarono intorno: si erano fermati a metà del corridoio del settimo piano, e presto lui sarebbe arrivato alle scale.
Luna gli regalò un largo sorriso. “Beh, io devo andare” disse, “però è stato carino chiacchierare ancora con te….e, oh, attento ai Gorgosprizzi!”
Harry avrebbe tanto voluto sapere che cos’erano i Gorgosprizzi, ma in quel momento non gli venne di chiederlo.
Le parole di Luna l’avevano fatto riflettere, e continuarono a tartassargli la mente mentre scendeva la scalinata di marmo.
Sangue….sento odore di sangue….”  Harry sentì una voce serpentesca attraversare i muri.
O era solo nella sua testa? Preso da un attacco di terrore, si mise a correre finché non arrivò in biblioteca.
E Hermione era lì, come suo solito: immersa e circondata da libri.
Preso coraggio, già immaginandosi le sue reazioni preoccupate, Harry andò avanti e si forzò di sedersi davanti al muro di libri che isolava la ragazza dal mondo.
“Ciao, Hermione” salutò.
 “Harry?” sollevò improvvisamente il testone l’amica, sorridergli.
“Ciao! Cosa ti porta qui?” chiese, allegra, cercando di scansare il mare di libri intorno a lei, cosicché potesse vederlo più chiaramente.
 “Beh…ehm…hai sentito di Neville?” chiese Harry.
Hermione lo guardò. “Sì, certo, tutta la scuola sa della sua famosa macchina volante. Lo è venuto a sapere persino la Gazzetta del Profeta!”
Harry sgranò gli occhi, preoccupato. “Non dirai sul serio!”
“Sono serissima” rispose Hermione, tingendo la sua piuma d’inchiostro e scrivendo l’ultima riga del suo compito.
“Hai una copia qui con te?” chiese Harry, ancora più in tensione; quella voce tra le mura…gli aveva messo i brividi.
“Purtroppo no” rispose Hermione, “ho lasciato la copia della Gazzetta su nella mia sala comune. Immagino che la tua amica Lupin l’avrà presa per farsi quattro risate”.
Lei non lo guardava, ma Harry notò con quanta forza avesse premuto il punto sulla pergamena, tanto da forarla.
A Harry sfuggì un sorriso. “Immagino di sì.”
“Beh, cos’era che dovevi dirmi?” chiese Hermione, cambiando volutamente discorso e arrotolando il compito, aggiungendolo al mucchio di pergamene che i libri avevano nascosto alla vista.
Harry prese un grosso respiro, cercando di fare mente locale e iniziando dal principio.
Il cuore gli batteva forte mentre riferiva tutti i dettagli dall’inizio e, come se non bastasse, riviveva di nuovo quelle immagini, e si sentiva eccitato o accaldato o affaticato mentre raccontava, e non mancò dal dirlo a Hermione, che lo studiava e ascoltava piuttosto attentamente mentre parlava.
Quando Harry ebbe finito di raccontare, Hermione lo guardò con l’espressione più seria che Harry gli avesse mai visto. S’agitò, chiedendosi mai che cosa avesse in serbo in quella testa.
“Non posso non ammettere che non sia interessante” rispose “ e strano”.
“Solo?” si sorprese ancora Harry; si era figurato un’ Hermione isterica, preoccupatissima e che dispensava mille consigli con riferimenti a varie enciclopedie, o organizzava piani per scoprire cosa ci fosse dietro a questo o a quell’avvenimento.
“Interessante” ripeté Hermione, “e molto, molto pericoloso.”
“Che cosa facciamo?” chiese Harry, che sembrava più in pena di lei.
Hermione incrociò i suoi occhi per un po’, e Harry poté vedere quasi i meccanismi del suo cervello che elaboravano teorie o domande o misteri.
“Non lo so” rispose lei, ma era evidente che, da come parlava era più rivolta a se stessa che a lui, “ma al momento non sembra che…beh, dopotutto combacerebbe con quello che mi ha detto Neville…”
“Cosa?” la interruppe Harry, e Hermione lo guardò per la prima, vera volta, sbiancando subito.
“Cosa ha detto Neville, Hermione?” ripeté Harry, guardandola negli occhi e scandendo le parole.
La ragazza si mise un dito sulla bocca, che aprì, ma da cui non uscì alcun suono.
“Ehi, voi? L’avete finita di urlare? Questa è una biblioteca, dannazione, non le cucine!”
li riprese severa Madama Pince, la bibliotecaria.
Quando Harry si girò, Hermione si stava alzando dal tavolo e si stava allontanando dalla biblioteca in tutta fretta, approfittando del momento di distrazione di Harry.
“Hermione, dove vai? Ho bisogno di sapere!” le disse lui, e fece per seguirla.
“Io non so niente, Harry!” le gridò Hermione, fuggendo via.
“Parla con Neville! È lui che te lo vuole dire! Credimi, è la cosa giusta da fare!”
Harry rimase incantato a vedere Hermione che si allontanava sempre più nella vasta biblioteca, senza voltarsi indietro.
 
 
 ECCOMI DI NUOVO QUAAAAA CIURMAAAA :D COME VA??? TUTTO A POSTO????? QUI VI SALUTA CRYSTAL EYE, COMANDANTE IN SECONDA SU QUESTO VASCELLO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! VABBE' STI CAVOLI, PASSIAMO ALLA STORIA: PRIMA DI TUTTO VOLEVO RINGRAZIARE TODO EL MUNDO PER AVER AVERMI RECENSITO AVERMI AGGIUNTO 8 FRA LE SEGUITE E SONO SOLO AL TERZO CAPITOLO, 4 FRA LE PREFERITE E 2 FRA LE RICORDATE...I RINGRAZIAMENTI SPECIALI QUINDI VANNO A IL COMANDANTE IN SECONDA CRYSTAL EYE E MASTRO GIBBS (MARTY) E A TUTTI GLI ALTRI FEDELISSIMI TIPO LUNADISTRUGGI (EHI è UN BEL PO' CHE NON TI FAI SENTIRE! MI MANCHI TU SAI?) E  GRAZIE GRAZIE GRAZIE DI SEGUIRMI, SONO FIERA DI ME, DI VOI, DI TUTTI, E MI RACCOMANDO, SE NON VI PIACE QUALCOSA, SE VI PIACE, SE FUNZIONA, SE SIETE CONFUSI RIGUARDO AL RACCONTO (E' IL MIO SCOPO TANTO) FATEMELO SAPERE. NON VEDO L'ORA DI SAPERE CHE NE PENSATE...PER IL RESTO, LEGGETE, MI RENDETE FIERA, SAPETE?
COMUNQUE, ASPETTATE DI LEGGERE IL PROX CAPITOLO, QUESTO E' SOLO DI PREPARAZIONE AGLI EVENTI TERRIBILI DI HOGWARTS!
UN ABBRACCIO A TUTTI VOI! AVERYN

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Capitolo 5
*** Scritte Sui Muri ***


A BELLIIII COME STATE???? VI PIACE QUESTO CAPITOLO? NON SAPETE QUANTE VOLTE  L' HO CORRETTO, MA SE C'E' QUALCHE ERRORE FATEMELO SAPERE! DEVO DIRE CHE E' STATA VERAMENTE TOSTA SIA SCRIVERLO CHE CORREGGERLO...SPERO CHE VI PIACERA' IN OGNI CASO ( A PROPOSITO, COME AL SOLITO RINGRAZIO TUTTI I LETTORI) E BEH...VABBE'...QUANDO AVRO' CORRETTO IL PROSSIMO LO POSTO! BACIONI!


Capitolo 5
 
SCRITTE SUI MURI
 
Harry fu piuttosto impegnato nelle settimane seguenti; avrebbe voluto, con tutto se stesso, parlare con Neville, tanto che cercava di liquidare il più possibile Frank o gli altri quando lo vedeva, ma tutte le volte che ci provava si creava qualche contrattempo.
Si rese conto che parlargli era un’impresa davvero ardua.
La notizia di Neville e Ron con la loro macchina volante fece il giro della scuola, portata avanti, ovviamente, da Malfoy.
Tutte le volte che incrociava Neville o Ron per i corridoi non perdeva occasione di prenderli in giro, sottolineando il fatto ancora più grave di essere stati quasi scoperti dalla comunità non magica, riportato dettagliatamente dalla Gazzetta del Profeta.
Fu per alleanza di casata che tutti i Grifondoro nei paraggi, anche i più grandi, si schierarono contro Malfoy per difendere i compagni dagli insulti, arrivando anche a minacciare i Serpeverde di portarli dal preside.
Questo però non aveva fermato Malfoy e i suoi amici, anche se con il passare del tempo non fecero ridere più nessuno.
Tuttavia Harry scoprì che c’era una persona ancora peggio di Malfoy, e quello era Gilderoy Allock.
Frank e Harry si avviarono piuttosto di malumore quel giovedì mattina a Difesa contro le Arti Oscure, dopo che Louise aveva assicurato loro che le lezioni di Allock erano assolutamente insignificanti; aveva anche aggiunto che non  sarebbe tornata a Hogwarts se il professore fosse rimasto l’anno successivo.
“Secondo te ha ragione?” chiese Frank a Harry, quando ebbero raggiunto l’aula.
“Non lo…” cominciò a rispondere lui, ma non terminò la frase perché sentì di nuovo quella voce:
“Uccidere…è tempo di uccidere….”
Il sangue gli si gelò nelle ossa, e si guardò intorno; fu sollevato che non ci fosse nessuna presenza inquietante attorno a loro, anche se non poteva evitare di essere spaventatissimo.
“Harry” fece Frank, guardandolo preoccupato, “tutto bene?”
Il ragazzo si riscosse. “Sì. Benissimo. Entriamo?” disse con una certa fretta, spingendo Frank nella nuova classe di Difesa contro le Arti Oscure.
La lezione non si teneva più in quella stanza buia nei sotterranei di Raptor, ma era piena di luce e abbastanza ampia. Harry constatò che forse Allock non era il massimo, ma almeno aveva scelto un’aula decente.
“Ti rifarò di nuovo la domanda” disse Frank, che guardava Harry ancora con occhio sospettoso, “come pensi che si comporterà Allock?”
“Secondo me? In realtà, non saprei….Louise esagera sempre quando deve raccontare qualcosa…ma non dimentichiamoci che è un cialtrone!” rispose Harry, distraendosi dai brividi che aveva appena provato.
“Cialtrone è, cialtrone rimane!” annuì Frank, e si scelsero un banco infondo all’aula.
Poco dopo furono raggiunti da altri studenti; Harry vide Neville sedersi al banco accanto al loro con Dean Thomas, seguiti anche dai Tassorosso.
Harry notò che a essere eccitata era soprattutto la parte femminile, mentre quella maschile sembrava piuttosto seria, esattamente come lui, Frank e Neville.
Mentre Frank si girava dall’altra parte per parlare con John e Richard, seduti in due banchi vicini, Harry ne approfittò per strappare un pezzo di pergamena e scrivere sopra: ci vediamo alla ricreazione, aspettami nel corridoio del secondo piano e lo fece volare sul tavolo di Neville, che riconobbe la sua scrittura e annuì.
Frank si rivolse a Harry per dirgli una cosa, ma prima che potesse farlo, qualcuno si affacciò dalla porta ed entrò con fare regale.
Era, ovviamente, Gilderoy Allock che, posata la massa di libri sulla sua scrivania ( Harry era certo che si trattasse della serie completa delle sue autobiografie), ne prese uno dalla pila e cominciò a camminare per i banchi.
Harry vide confermate i suoi dubbi: il libro che stava tenendo in mano era Trekking con i troll.
“Io” fece Allock, indicando se stesso con modi pavoneggianti, “sono Gilderoy Allock, Ordine di Merlino, Terza Classe, Membro Onorario della Lega per la Difesa contro le Arti Oscure e cinque volte vincitore del premio per il Sorriso più Seducente promosso dal Settimanale delle Streghe….”
Un mucchio di roba inutile, pensava Harry all’inizio. Finché quelle frasi non gli tornarono chiare nella mente….perché aveva già sentito quelle parole?
“Bene” disse Allock, con fare teatrale, e Harry tornò alla realtà prima che qualcuno accanto a lui potesse notare la sua ennesima assenza. “Vedo che tutti avete la serie completa dei miei libri…quindi faremo un piccolo quiz prima di iniziare la lezione…”
Tutti si guardarono sbalorditi; un piccolo quiz? Era vero, avevano comprato i suoi libri perché erano segnati sulla lista scolastica, ma questo non stava a significare che li avessero letti.
Allock prese a distribuire i testi di prova, e quando i fogli si posarono sul tavolo di Harry e Frank, i due presero a leggere le domande, rimanendo scioccati: erano tutte riguardanti Gilderoy Allock.
“Harry” bisbigliò Frank all’amico, “tu sai qual è il regalo ideale di Gilderoy Allock, vero?”
Harry strinse le spalle, e l’altro aggrottò la fronte, scoraggiato.
“Oh beh, non importa…tanto non ci metterà i voti su questa roba, vero?” sospirò, anche se non suonava convinto neanche lui.
“Avete trenta minuti…e…via!” annunciò Allock, girando la clessidra.
Harry studiò con attenzione la prima domanda: Qual è il colore preferito di Gilderoy Allock?
Risponderò a caso, si disse, tanto ci sono poche probabilità di fare questo compito decentemente…
 
Mezz’ora dopo, Allock raccolse i fogli e si mise a esaminarli davanti alla classe.
Quasi nessuno aveva indovinato le risposte corrette.
Gli errori più comuni riguardavano il colore preferito e il regalo ideale, e Harry si stupì quando il professore chiamò il suo nome con fare adulante.
“Harry Potter! Ottimo lavoro ragazzo! Hai azzeccato tutte le risposte! Dieci punti a Grifondoro!”
Tutta la classe si girò verso di lui, compreso Frank, che era il più sbalordito di tutti.
“Pensavo odiassi Allock” gli sussurrò, incapace di realizzare come fosse successo.
“Ma io non ho mai letto una riga dei suoi libri!” protestò Harry, quasi offeso, ed era la verità.
Incrociò gli sguardi della classe intera, senza riuscire a capire come avesse fatto.
 
“Mai più! Quel professore è un vero idiota!” esclamò Frank a Harry, John e Richard; i loro vestiti e cappelli erano stati  stropicciati e spiegazzati per via della lezione.
Harry non poteva che essere più d’accordo con lui: Allock si era decisamente superato nella sua incapacità. Aveva catturato dei Folletti della Cornovaglia e li aveva rinchiusi nella gabbia, per poi liberarli in classe per ‘testare il coraggio degli studenti ’.
Inutile dire che poi se l’era data a gambe ed erano rimasti solo lui, Harry, Frank, John, Richard e Neville.
Dopo la lezione di Storia della Magia, insegnata dal professor Ruf, che era un fantasma che non si era accorto di essere morto, Harry avrebbe incontrato Neville per la ricreazione.
Per tutto il tempo, infatti, Harry non pensò ad altro che alle parole di Hermione, chiedendosi proprio che cosa Neville bramasse tanto di dirgli.
 “Ci vediamo dopo” liquidò in fretta Frank e gli altri quando suonò la campana dell’intervallo,“e dite a Louise che ci vediamo dopo a Incantesimi”.
I tre amici assentirono e Harry raggiunse Neville, che lo aspettava a metà del corridoio.
“Ciao Neville” lo salutò.
“Ciao Harry” rispose al saluto l’altro distrattamente.
“Ehi, tutto bene?” chiese Harry, mentre dentro di si sé si sentiva ribollire di curiosità.
“No, io… sì!” sussultò l’altro, risvegliandosi dai suoi pensieri.
 “Senti, ho poco tempo, perciò arriverò subito al punto” disse Harry, sbrigativo “Hermione mi ha detto che dovevi dirmi una cosa…”
Ma Neville non sembrava ascoltarlo; era tutto, tranne che presente.
Si guardava intorno, come se si aspettasse che da un momento all’altro esplodesse un’aula.
“Oh, beh, in realtà sì!” esclamò poi, di nuovo riportato alla realtà, “Ecco, vedi….”
“….Sangue….sento odore di sangue….SENTO ODORE DI SANGUE…”
Harry sentì di nuovo quella voce nella propria testa, piuttosto debole, adesso. Probabilmente veniva dal piano di sotto. Il sangue gli si gelò nuovamente ed ebbe come un brivido, mentre il cuore prese pulsare velocemente.
Guardò Neville, e si accorse che era sbiancato immediatamente, come se le sue peggiori paure avessero trovato conferma.
“La senti anche tu?” domandò a Harry, che annuì.
“….Uccidere….è tempo di uccidere….”
Continuò a dire la voce, sempre più lontana.
“Ma che cos’è?” chiese Harry a Neville, altrettanto spaventato.
 “Non è la prima volta che la senti, vero?” aggiunse, perché aveva letto dalla sua espressione che conosceva già la minaccia.
“Tutte le notti” rispose debolmente Neville. “E’ la prima volta, che…”
“E’ giunto il momento di uccidere….”
Come in trance, Harry afferrò il braccio di Neville e insieme scesero di corsa la scalinata di marmo, fino a raggiungere il piano inferiore. Qualcosa aveva attratto Harry al piano di sotto, solo che non riusciva a capire cosa potesse essere.
“…Dovete morire tutti….uno ad uno….” Minacciò la voce, che si faceva sempre più vicina.
 Harry sentiva l’adrenalina scorrere in tutto il corpo, il sudore scorreva sotto la veste nera della scuola. Scansati molti studenti, riuscirono a correre liberamente per il corridoio.
“Pensi che ucciderà?” chiese Neville a Harry, senza fiato.
“Non lo so” rispose lui, preoccupato.“Spero di no...ma è meglio andare a controllare..”
Finirono in un corridoio più ampio, completamente deserto e allagato.
“La voce è sparita” disse Harry all’amico, “sarà meglio tornare indietro…”
“No, guarda!” gridò l’altro, che puntava il dito su una pozza d’acqua con fare preoccupato.
Harry seguì il suo sguardo: quella in cui guardava era sì, una pozzanghera,  ma ciò che rifletteva era una scritta sul muro, piuttosto inquietante:
 
LA CAMERA DEI SEGRETI E’ STATA APERTA
TEMETE, NEMICI DELL’EREDE
 
 
Era stata fatta col sangue. La sola vista gli metteva i  brividi.
Harry vide qualcosa zampillare nell’acqua…erano dei piccoli insetti, che fuggivano velocemente.
“Ragni?” chiese Neville. “Perché i ragni fuggono?”
“Non lo so” disse Harry, attirato da qualcos’altro. E di nuovo il cuore fece un balzo; poco distante dall’inquietante scritta sul muro vi era, appesa al braccio della torcia, la gatta di Gazza, Mr. Purr, rigida come uno stoccafisso e gli occhi spalancati, fissati nel vuoto.
Harry s’avvicinò lentamente per esaminarla bene.
“Cosa le è successo?” chiese Neville, raggiungendolo, mentre un mare di dubbi prendeva forma nella testa di Harry; che la scritta sul muro fosse stata fatta col suo sangue…?
“Dobbiamo avvertire la scuola” disse poi al compagno, tentando di mantenere la calma. “Devono sapere quello che è successo”.
Neville annuì, ma prima che potessero tornare indietro, Harry scorse una figura che correva davanti a loro. Che fosse il colpevole di tutto questo?
“C’è qualcuno laggiù?” urlò per il corridoio, ma nessuno rispose.
Così prese a inseguire la figura e, girato a destra, proprio all’inizio di un altro corridoio, c’era la persona che meno avrebbe voluto avesse  a che fare con quella storia: Ginny Weasley, svenuta sul pavimento bagnato.
I due, dopo essersi scambiati un’occhiata preoccupata, corsero verso di lei.
Ginny!” la chiamò Harry, chinandosi su di lei e scuotendola. “Ginny, ci sei?”
I due amici attesero qualche attimo, il cuore di Harry nel pallone, mentre vedeva i suoi morbidi capelli rossi leggermente più scuri e umidi perché bagnati dall’acqua, le lentiggini che le donavano su un volto più bianco del latte, le labbra morbide e…Harry si riscosse: non sapeva perché pensava a certe cose, ma doveva finirla.
Ginny si riprese lentamente, aprendo prima un occhio e poi l’altro, a fatica.
“Po…Potter….” Disse, cercando di sedersi e finendo per poggiare la testa sul petto di Harry.
“E’ tutto a posto, Ginny” disse Harry, con un tono carezzevole che non gli apparteneva, e si sentì quasi a disagio accorgendosi di averlo usato. “Che cosa è successo? Sapresti dircelo?”
Ginny incrociò i suoi occhioni scuri con quelli di Harry.
“No io…non lo so ecco…penso di non ricordare nulla….” mormorò quasi.
“Abbiamo visto Mr.Purr appesa a un muro e una scritta inquetante scritta col sangue e poi tu, svenuta per il corridoio. Hai visto qualcosa, Ginny? Sai chi ha fatto tutto questo?”
Ma la ragazzina si limitò a scuotere il capo; poi s’alzò velocemente, staccandosi dal corpo di Harry con furia.
“No, mi dispiace, io…sono solo svenuta sul pavimento… quando sono arrivata…devo andare, farò tardi per la lezione, scusate!” e corse via, lasciando Harry e Neville a guardarsi di stucco, prima di abbandonare anche loro il corridoio e tornare a lezione.
Quel pomeriggio, qualche professore s’imbatté nel corridoio e il fatto fu inevitabilmente scoperto: venne fuori che la  gatta non era stata uccisa, ma semplicemente pietrificata, e che le piante di Mandragora della professoressa Sprite l’avrebbero curata.
Harry tornò in sala comune, deciso a non raccontare a nessuno delle strane voci e dell’esperienza avuta con Neville; neanche questo disse nulla a nessuno, a parte Hermione, ovviamente.
“L’ho detto solo a lei” gli bisbigliò quella sera Neville, seduti al tavolo accanto alla finestra.
“E mi ha detto di tenere gli occhi aperti. Sempre. Potrebbero attaccare me, te, tutti, insomma.”
Stava per aggiungere qualcos’altro, quando Frank invitò Harry a unirsi a lui e al gruppo dei loro amici davanti al camino, e Harry quindi salutò Neville e li raggiunse.
Immaginava che Frank volesse scambiare le sue congetture sull’avvenimento di quella giornata come tutti gli altri – il solo ricordo di quella scritta gli dava i brividi- e invece si trovò davanti Oliver Baston, il capitano della squadra di Grifondoro.
“Salve Harry Potter” si presentò questi, tendendogli la mano, “Black mi ha detto che hai ereditato il talento da Cercatore di tuo padre. Ti piacerebbe fare una piccola prova con me sabato mattina per testare le tue capacità prima di entrare in squadra?”
 
 

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Capitolo 6
*** La Leggenda Dell'Erede ***


OIII ECCOMI QUAAAA!!!! INNANZITUTTO VOLEVO DIRE UN CIAO AI NUOVI ARRIVATI E RINGRAZIARE TUTTI QUELLI CHE HANNO RECENSITO (TIPO SPERANZA , MALOCCHIO E FRED TI AMO TRA I NUOVI) E ANCHE TUTI COLORO CHE HANNO MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE (13!!!!) E POI ANCHE IL MASTRO GIBBS (MARTY) E LUNADISTRUGGI, CHE ANCHE SE NON SI FA SENTIRE SEMPRE SO CHE E' Lì SILENZIOSA A LEGGERE.


Capitolo 6
 
 
LA LEGGENDA DELL’EREDE
 
 
Da quel giorno in poi, tutta la scuola fu in allerta.
Gazza, per giunta, da quando la sua gatta era stata pietrificata, aveva raddoppiato i pattugliamenti per i corridoi, come se sperasse di incontrare il colpevole.
Erano tutti molto scossi dagli eventi, soprattutto Ginny Weasley, che tutte le volte che sentiva parlare del misfatto impallidiva e, come Harry la notava, evitava il suo sguardo.
I sospetti di Neville aumentavano riguardo lei, ma Harry non si sentiva di incolparla: probabilmente era la ragazza trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato.
L’avvenimento aveva avuto ripercussioni anche su Hermione che, se aveva sempre letto molti libri, ora non riusciva a fare nient’altro. Oltretutto, Harry e Neville erano stati costretti a concordare diversi incontri in biblioteca per parlarle, ma non erano riusciti a cavarne un ragno dal buco.
Questo fino al mercoledì successivo, quando lo scoprirono.
“Si può sapere che ha in mente?” chiese Harry con un bisbiglio a Neville, che cercava con lo sguardo Hermione, persa fra gli scaffali.
“Non ne ho idea” disse Neville, “eccola che arriva!”
Era proprio lei: l’aria stressata e la montagna di libri fra le braccia. Sembrava però più irritata del solito.
“Nulla! Nulla! Non riesco a trovare Storia di Hogwarts da nessuna parte! Eppure c’è una lista d’attesa di due settimane!” si lagnò, sedendosi accanto a loro con veemenza e mettendosi le mani fra i capelli.
“Perché ti interessa tanto?” chiese subito Harry.
L’amica lo fulminò con lo sguardo. “Perché? Perché? Harry, per leggere la storia della Camera dei Segreti, no?”
“E sarebbe?” chiese Harry, che non aveva mai sentito parlare di questa storia.
“Non lo so” disse Hermione sconsolata, “non mi ricordo”.
La campanella suonò e Harry, Neville e Hermione si diressero a Storia della Magia, che si teneva con i Corvonero.
Il professor Ruf teneva delle lezioni piuttosto noiose, e di consueto capitava che Harry, così come Louise e tutti gli altri studenti del corso, cadessero in una sorta di trance dopo i primi cinque minuti.
Spesso Frank e Harry si intrattenevano a giocare a tris su una pergamena dei due; ma ci pensò Hermione, quel giorno, ad attirare l’attenzione di tutti alzando la mano.
Persino il professore la guardò, stupito.
“Sì?” fece Ruf.
“Professore, mi chiedevo se poteva raccontarci la storia della Camera dei Segreti” chiese lei timidamente.
Tutti guardarono Ruf in silenzio, cosa strana durante Storia della Magia.
“Io mi occupo di fatti, signorina Grant, non di miti e leggende!” ribatté il professore, riprendendo con la spiegazione sulla Conferenza Internazionale dei Maghi del 1289.
 Hermione lo interruppe di nuovo.
“Signorina?”
“Professore, ma i miti non si basano sempre su un fatto reale?” insisté lei.
Persino Louise, che odiava Hermione, sembrava curiosa di conoscere la storia.
Il professore, una volta accortosi che l’intera classe gli riservava un’insolita attenzione, sembrò convincersi.
“Molto bene” concesse, stizzito,  “vediamo un po’… la Camera dei Segreti….
Dunque, tutti voi sapete che i fondatori sono Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde,
che costruirono questo castello lontano dagli occhi dei babbani poiché questi temevano la magia e ci perseguitavano.
I quattro fondatori andarono alla ricerca di allievi per trasmettere loro il sapere magico, tuttavia col tempo si creò fra loro una spaccatura: infatti Salazar Serpeverde voleva essere più severo riguardante la selezione degli allievi, perché riteneva che tutte le nostre conoscenze dovessero appartenere ai soli maghi di sangue puro.
“Dopo qualche tempo, tra Grifondoro e Serpeverde venne fuori una gravissima lite e Serpeverde lasciò la scuola.
“Queste solo le fonti sicure. Ma tutta la storia è stata offuscata dal mito da due soldi della Camera dei Segreti. Stando alla leggenda, Serpeverde avrebbe costruito una stanza segreta all’oscuro degli altri fondatori.
Serpeverde sigillò la camera affinché solo il suo vero erede potesse aprirla e sprigionare gli orrori che vi erano racchiusi. Ma è pura fantasia. I professori hanno cercato questa stanza, e nessuno l’ha mai trovata.”
“E cosa c’era lì dentro, professore?” chiese Seamus Finnigan, nel silenzio assoluto.
“Un mostro” rispose Ruf. “Ma, ripeto, è solo una leggenda!”
“Ma professore” disse Hermione, “in biblioteca mi sono imbattuta in un articolo su Hogwarts, dove dicevano che una ragazza era morta per ragioni misteriose all’incirca cinquant’anni fa, proprio quando stavano accadendo fatti simili a questo nella scuola!”
“Frottole” ribatté il professore, convinto. “La Camera…”
“Ma se solo l’erede di serpeverde può aprirla è normale che non possa trovarla nessun altro, no?” disse Ron, risvegliando l’attenzione di Harry.
“Statemi bene a sentire, questa cosa non esiste” insisté Ruf “non c’è nessuna Camera dei Segreti, e nessun mostro.”
 
 
“Allora, chi credete che sia l’erede di serpeverde?” fece Frank, in modo canzonatorio, rivolto agli amici.
“Tu non ci credi?” chiese Harry, un po’ deluso dal tono di Frank.
L’amico fece spallucce. “Non lo so. È strano. Ma se non è stato l’erede di serpeverde ad aprire la camera, probabilmente si è trattato solo di un pazzo”.
“Harry!” lo chiamò Neville alle sue spalle, “Harry, vieni, ti dobbiamo parlare!”
Harry si voltò, e vide Neville e Hermione che lo aspettavano a metà del corridoio.
“Dove vai?” disse Frank, seguendo il suo sguardo.
“Da Neville” rispose in fretta l’altro, “tu vai avanti. Ti raggiungo subito” e corse dai due amici, che avevano l’aria grave.
“Secondo voi chi è l’erede di Serpeverde?” domandò loro, perché sapeva che era di questo che volevano parlare.
“Non ne sono sicura” disse Hermione, stringendo le labbra, “ma potrebbe essere Ginny Weasley.”
Il sangue di Harry si gelò. Prima ci si era messo Neville, ora anche Hermione! Perché proprio lei? Era così piccola, e innocente….
“Beh, allora perché non Malfoy? Insomma, guarda la sua famiglia, disprezza i Mezzosangue….”
Attaccò subito, infastidito.
Neville guardò da lui a Hermione, convinto, mentre la loro amica arrossiva.
“In fondo non ha tutti i torti…inoltre, sono tutti serpeverde!” convenne questo.
Hermione scosse la testa, come per levare il rossore che sembrava esserglisi incollato alle guance. “Non credo sia lui” disse, e incrociando lo sguardo  tra lo scettico e il divertito degli amici roteò gli occhi. “E non lo dico per quello” aggiunse, “ma perché è troppo stupido per fare una cosa del genere.”
Harry ci rifletté un attimo: ce l’aveva a morte con Malfoy, ma sentiva che accusarlo era un errore, come se ne avesse avuto esperienza e avesse fallito miseramente.
Non poteva correre dei rischi.
“Allora perché accusare Ginny?” chiese, debolmente.
“Perché,” fece Neville gravemente, “ha avuto dei comportamenti strani quando siamo venuti nel corridoio, quella mattina. Ed era l’unica persona che abbiamo trovato, e nel momento in cui abbiamo cominciato a farle delle domande, è scappata. E poi fa sempre facce strane quando sente parlare dell’incidente, e se la becchiamo, evita di guardarci…”
“Magari pensa che siamo noi i colpevoli!” ribattè Harry, che in qualche modo tentava di difenderla, anche se tutte le prove, si rese conto in quell’attimo, andavano proprio contro di lei. “Ed è fuggita perché era spaventata…”
Si beccò un’occhiataccia da parte di Neville e Hermione.
“Va bene, ammettiamo che è lei, per quanto si assurda questa ipotesi” si arrese, “che facciamo?”
“La teniamo d’occhio, ovvio” disse Hermione. “Cercate di starle il più vicino possibile, soprattutto alla sua famiglia. Vedete quello che c’è di strano, d’accordo?”
“E i ragni che fuggono spaventati? Non penso che Ginny spaventi i ragni…” disse Harry, dubbioso.
“Ruf ha detto che nella Camera si nasconde un mostro” ricordò loro Hermione, “magari lei lo controlla. Ci penserò io a  fare una ricerca….”
“In biblioteca” fecero in coro Harry e Neville.
“Beh, sì!” disse lei, con un sorriso.
 
 
 
Harry era molto emozionato quel sabato mattina. Finalmente avrebbe reso fiero suo padre, e se stesso. Non poteva negare di sentire un fremito fra le gambe come si avvicinava al campo di Quidditch. Avrebbe scritto a suo padre. L’avrebbe reso orgoglioso di lui!
“Immagino che non ci sia bisogno di spiegarti le regole del gioco, Potter” disse Baston, mentre entravano negli spogliatoi. “Tu padre ti avrà insegnato tutto al riguardo”.
Harry non lo guardò mentre s’infilava la maglia della squadra, una di quelle che Baston gli aveva dato e che appartenevano al Cercatore precedente, un certo Plubers, che portava il numero sei sulla schiena.
“Sì” rispose, mentre impugnava la scopa. Non poteva di certo negare di sentirsi fiero e potente con quella in mano, mentre Baston lo guardava orgoglioso.
“Mio padre voleva che giocassi in squadra, in realtà. Me l’ha sempre detto”.
Baston allargò il suo sorriso. “Tuo padre dev’essere un uomo davvero intelligente, allora!”
Harry non replicò; era chiaro che per il capitano della squadra uno sport come il Quidditch era una priorità, ma il ragazzo si chiese se rientrava anche nelle sue.
Quando Baston si preparò e lo condusse fuori dagli spogliatoi, comunque, lo seguì senza indugiare.
Avrebbe fatto come aveva sempre imparato con suo padre: avrebbe preso il boccino senza esitare, avrebbe seguito, controllato i suoi impercettibili movimenti.
Quando entrò nel campo di Quidditch rimase a bocca aperta: era incredibilmente immenso.
Harry l’aveva sempre visto dai posti delle tribune durante l’anno precedente e sapeva che aveva un perimetro di forma ellittica, dove a capo dei due lati vi erano tre cerchi attraverso i quali passava la pluffa.
Tuttavia via, vista da sotto, era tutt’altra cosa: il prato verde si estendeva da una parte all’altra per quelli che sembravano chilometri, tanto che Harry non riusciva a distinguerne la netta fine neanche indossando gli occhiali, e le tribune erano così lontane da lui che riusciva a malapena a vederle; tuttavia c’era qualcuno seduto a guardarlo.
Riconobbe le voci di molti grifondoro e….ovviamente, di qualche serpeverde, tra cui c’era anche Draco Malfoy, che gridava sopra gli altri.
Cos’era venuto a fare? A prenderlo in giro?
Cercò di ignorarlo; doveva fare del suo meglio, era questo che contava. Potevano anche esserci milioni di cloni di Draco Malfoy, non gli sarebbe importato: la cosa davvero importante era impressionare Baston.
“Sei pronto, Harry?” gli disse quest’ultimo, montando sulla scopa.
Teneva in mano una pallina dorata, estratta da un grande sacco che avevano portato con loro; e si accorse che non era il boccino, come pensava all’inizio, ma una pallina normalissima.
“Che vuoi farci, con quella?” chiese Harry, stupito. Generalmente, lui e il padre ne incantavano qualcuna da tennis e poi Harry doveva acchiapparla come fosse stato un boccino normale.
Baston gli sorrise. “Voglio testare le tue capacità. Ora lancerò questa in volo, così vedrò quanto sono pronti i tuoi riflessi e quanto sei veloce. Mi basterà sapere questo, e poi ci eserciteremo….comunque non avrai problemi, con una scopa come quella!”
Disse, indicando la Firebolt.
Harry e Baston salirono in aria sulle scope, innalzandosi sempre di più all’altezza delle tribune.
“Vai Harry!” sentì la voce di Frank. “Sei tutti noi!” disse John. “Fagli vedere chi sei, Harry!” disse Louise, incitandolo.
“Forza, Harry!” dissero un coro di voci familiari; Harry vide con la coda dell’occhio che poco distanti dal gruppo di Frank e Louise c’erano Neville, Hermione e Luna che gli sorridevano.
Harry non poté fare a meno di rispondere al sorriso.
“Puah! Non so proprio come fate a tifare per Potter! Vedrete quanto delusi rimarrete, quando scoprirete che è un incapace….io sono molto meglio! Insomma, è come tifare per Weasley!” commentò la voce sgradevole di Malfoy, e il suo piccolo gruppo di serpeverde fu l’unico a rotolarsi dalle risate.
Harry, che stava cominciando ad arrabbiarsi, decise di focalizzare la sua concentrazione su quello che doveva fare.
“Pronto, Potter?” chiese Baston e, quando Harry annuì, lanciò in aria la pallina.
Fu un attimo: quando la vide viaggiare nel canale d’aria si gettò all’inseguimento, e come un fulmine l’ebbe in mano.
Sentì degli urletti provenire dalle tribune, ma erano solo un sottofondo chiassoso.
Dentro di sé nacque l’orgoglio, supportato dal volto compiaciuto di Baston.
“Molto bene, Potter” disse questi, “ora proverò ad incantare la pallina e dovrai recuperarla come un vero boccino. Non uso quello vero, perché casomai tu non riuscissi a prenderlo, andrebbe perso”.
“Fa lo stesso per me” rispose Harry con semplicità, e Baston planò con la scopa verso il prato del campo, dove estrasse una delle tante palline che aveva con sé, per poi tornare da lui.
Baston ripeté l’incantesimo e il finto boccino cominciò a prendere il volo, veloce come un lampo; Harry dovette usare tutta la sua energia fisica per riuscire a individuarlo ma, aiutato dai suoi riflessi naturali di Cercatore e dalla sua velocissima scopa volante,  riuscì ad afferrarlo, seguito dai sussulti di tutti gli spettatori, tranne che di Malfoy, che ovviamente avrebbe voluto assistere ad una catastrofe.
Baston lo guardò raggiante come Harry tornò da lui vittorioso, mentre il cuore del ragazzo batteva forte per l’adrenalina.
Fu leggero come una piuma che seguì il capitano fino a terra, e di una cosa era sicuro: aveva ottenuto il posto in squadra.
“Era vero quello che dicevano di te, allora!” commentò compiaciuto Baston, mentre si rivestivano negli spogliatoi. “Gli allenamenti si tengono il giovedì e il venerdì, subito dopo le lezioni. Con uno come te, non possiamo di sicuro perdere!”
“Sei stato bravissimo, Harry!” gli si gettò fra le braccia Hermione, come uscì dal campo di Quidditch.
“Ben fatto, Harry” si congratulò Luna, allegra.
“Ti ringrazio” fece Harry.
Vide avvicinarsi anche il suo gruppo di amici d’infanzia, Frank, Louise, Richard e John, tutti e quattro con il sorriso stampato sulla faccia.
Quello di Louise svanì prima degli altri quando vide che Hermione aveva le braccia attorno al suo collo.
“Tu non dovresti tifare per il Corvonero?” chiese infatti, acidamente.
Hermione le rivolse uno sguardo infuocato. “Anche tu sei di Corvonero” ribatté, “e Harry è amico mio quanto tuo”.
“Peccato che tifiate tutti per un perdente” disse una voce beffarda che apparteneva, ovviamente, a quella di Malfoy; Hermione si nascose dietro la schiena di Harry, cercando di non farsi vedere.
“Che ci sei venuto a fare, qui, Malfoy?” chiese Harry, gelido.
Malfoy rise. “Curiosità” rispose quello, “e in realtà per vederti perdere…ma tanto mi toglierò questa soddisfazione alla partita di Quidditch, quando ti batterò e prenderò il boccino prima di te! Non avevo dubbi che ti selezionassero, anzi lo speravo!”
“Ma è diverso, da te” rispose Luna, serena, e tutti la guardarono attoniti, “Harry è stato scelto per il suo vero talento, invece voi vi comprate l’ammissione in squadra!”
Malfoy la guardò spaventato per un secondo, poi si ricompose.
“Stai zitta, Lunatica. Se io non ho il talento, tu non hai neanche un briciolo di cervello a posto!” e se ne andò, un po’ offeso.
Mentre rientravano nella Sala d’Ingresso, il gruppo di Harry, Neville, Frank e gli altri vide molti studenti intorno alla bacheca della scuola, intenti a leggere una pergamena affissa.
Seamus Finnigan fece loro cenno di avvicinarsi.
“Hanno fondato il Club dei Duellanti!” esclamò Seamus. “Il primo incontro è questa sera! Non mi dispiacerebbe prendere lezioni di duello…coi tempi che corrono, potrebbe tornare utile…”
“Credi davvero che il mostro nella Camera sappia duellare?” commentò Harry, ma si avvicinò incuriosito per leggere l’avviso.
“Potrebbe tornare utile comunque” disse Neville, serio, mentre si avviavano a pranzo.
“Ci andiamo?”
“Penso di sì” disse Frank, e tutti gli altri furono d’accordo (Louise non si espresse).
 
 
 

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Capitolo 7
*** Il Club Dei Duellanti ***



A BELLIII COME STATE??? TUTTO A POSTO??? IO SIIII!!!!!! GRAZIE PER AVERMI AGGIUNTO NELLE SEGUITE (ORA SONO 14) PER QUANTO MI SIANO MANCATE LE VOSTRE RECENSIONI, ORMAI ERO ABITUATA ( MASTRO GIBBS CHE FAI MI TRADISCI COSì? XD) COMUNQUE NON IMPORTA, L'IMPORTANTE E' CHE LEGGIATE...PER IL RESTO...MAH.....PUBBLICO QUESTO ORA PERCHE' POI DOMANI PARTO E NON MI FARO' SENTIRE PER UNA DECINA DI GIORNI!!!!!! BUONA LETTURA E POI SCRIVETEMI SE VI PIACE!

Capitolo 7
 
Il CLUB DEI DUELLANTI
 
Così quella sera tutti gli studenti si riunirono in Sala Grande.
Harry notò subito che i tavoli erano scomparsi e lungo una parete era apparso un palcoscenico d’oro, illuminato da migliaia di candele sospese in aria.
Sotto la luce magica del soffitto, nero come la notte, tutti gli studenti sembravano essersi dati un contegno ed erano tutti armati di bacchette, eccitati come non mai.
“Chissà chi è l’istruttore…?” chiese Frank, facendosi largo fra la folla. “Ho sentito dire che da giovane Vitious era un campione di duello…forse è lui!”
“Tutto” fece Louise spazientita, cercando di aggiustarsi il cappello a punta che pendeva ogni qual volta qualcuno le dava una spallata, “tutto, purché non sia…”
ma si interruppe con un gemito, perché proprio in quel momento apparve Gilderoy Allock con fare pavoneggiante; aveva uno splendido abito color prugna scuro, accompagnato nientemeno che da Piton, il volto torvo, e vestito come sempre di nero.
Harry dovette sopprimere una risatina: sembrava che Piton aspettasse solo il momento buono per sopprimere Allock.
Il professore chiese il silenzio con un gesto, poi gridò: “Avvicinatevi! Avvicinatevi! Mi sentite tutti? Mi vedete tutti?  Meraviglioso! Il professor Silente mi ha dato il permesso di fondare questo piccolo Club dei Duellanti in modo che possiate allenarvi nel caso che aveste bisogno di difendervi, com’è capitato a me innumerevoli volte. Per approfondimenti, leggete i miei libri.
Permettete che vi presenti il mio assistente, il professor Piton!” continuò Allock, e Harry udì benissimo Frank reprimere una sonora risata; doveva aver capito anche lui le intenzioni di Piton.
“Dice di intendersi un po’ dell’arte del duello” spiegò Allock, “e si è offerto sportivamente di aiutarmi, in modo da farvi vedere come si fa! Niente paura, ragazzi…avrete ancora il vostro professore quando avrò finito con lui!” e fece l’occhiolino a un gruppo di ragazze che miagolò automaticamente.
Il labbro di Piton si arricciò in modo inquietante, e Harry non seppe come faceva Allock a continuare a sorridere in maniera smagliante; se Piton avesse guardato lui a quel modo, sarebbe fuggito a gambe levate.
Allock e Piton si inchinarono l’uno di fronte all’altro, più o meno: Allock fece un inchino tutto svolazzi, Piton chinò leggermente il capo.
Poi sguainarono le bacchette come fossero spade.
“Come potete vedere,” disse Allock alla folla “ stiamo tenendo le bacchette nella posizione regolamentare di combattimento. Al tre, ci lanceremo i primi incantesimi…. Nessuno mirerà a uccidere, ovviamente”.
“Non ne sarei tanto sicuro” mormorò Harry a Louise vedendo Piton digrignare i denti.
“Uno…due…Tre….”
Entrambi sollevarono la bacchetta in alto e poi la puntarono l’uno sulla spalla dell’altro.
Piton fu più veloce. “Expelliarmus!” gridò, e Allock volò via dal palco, colpito dal getto di luce magica, il cappello in aria.
Harry udì qualche Serpeverde applaudire, mentre molte ragazzine saltellavano in punta di piedi.
Allock si rialzò, un po’ imbarazzato, riaggiustandosi i capelli e mettendosi di nuovo il cappello.
“Come potete vedere, questa era una…ehm… piccola dimostrazione….ovviamente avrei potuto fermarlo, ma pensavo che per voi ragazzi fosse meglio vedere….”
Incrociò lo sguardo omicida di Piton, e decise per la gioia di Harry, Frank e Louise di piantarla lì.
“Ma ora basta con le dimostrazioni! Formate i gruppi e  provate, forza forza!”
Harry decise di sfidare Frank, che accettò di buon grado: il ragazzo era molto competitivo, anche se i due erano migliori amici.
Louise invece sparì e Harry non seppe dove era andata. Vide però che Piton era sceso dal palco e si era avvicinato a Neville e a Hermione, che stavano per mettersi a combattere.
Mormorò loro qualcosa, per cui Neville andò a finire contro Malfoy (Harry ebbe un tuffo al cuore; sperava tanto che riuscisse a batterlo, ma non ne era tanto sicuro) e Hermione con Millicent Bulstrode, una ragazzina di Serpeverde molto grossa e con la faccia da suino.
Fu lì che notò Louise, che evidentemente sperava di poter battere Hermione, ma che era stata delusa grandemente; così l’amica s’allontanò, ma Harry non la seguì con lo sguardo.
“Tutti uno di fronte all’altro” ordinò Allock che era risalito sul palco, “e inchinatevi!”
Harry e Frank si guardarono, tutti e due che stavano per scoppiare a ridere.
Più in là, invece, Harry notò che Neville e Malfoy non staccavano gli occhi l’uno dall’altro, i loro sguardi pieni di odio.
“Bacchette in posizione!” gridò Allock. “Al mio ‘tre’ lancerete degli incantesimi per disarmare….solo per disarmare, chiaro? E uno, due, tre…”
“Evertestati!” sentì gridare Malfoy sopra le altre voci, che aveva alzato la bacchetta al due, e aveva colpito Neville con tanta violenza da gettarlo a terra. “Ho detto solo di disarmarlo!” urlò Allock ai due.
Automaticamente, tutti gli altri iniziarono.
“Expelliarmus!” gridò Frank a Harry cui, tutto preso dal duello di Neville, volò la bacchetta in mezzo alla folla.
Harry andò a prenderla, e così ebbe modo di vedere da vicino lo svolgersi del duello di Malfoy contro Neville.
Neville si era ripreso, e aveva gettato Malfoy a terra, che però gli aveva gridato:
“Tarantallegra!” e le gambe di Neville avevano preso a muoversi senza controllo.
Harry s’immedesimò subito nella situazione…chissà perché, credeva di aver vissuto l’esperienza al posto suo e sarebbe andato ad aiutarlo immediatamente se non fosse intervenuto Piton.
“Finite Incantatem!” gridò il professore, e le gambe di Neville smisero di danzare.
Fu con fatica che Harry riuscì a ritrovare Frank: una cortina di fumo verdastro aleggiava sulla scena. Louise e una delle gemelle Patìl erano cadute a terra, ansimanti.
Ron stava aiutando Seamus a rialzarsi da terra, scusandosi per i guai fatti dalla sua bacchetta che diceva di essere rotta….e poi vide Hermione e Millicent, che avevano lasciato le bacchette e sembravano impegnate piuttosto in una lotta corpo a corpo.
“Oh, santo cielo!” esclamò Allock, e si gettò fra gli studenti, svolazzando qua e là per risolvere questo e quel problema.
“Forse sarebbe meglio se vi insegnassi a bloccare gli incantesimi ostili” disse agitato, “Weasley, Finnigan, provate voi?”
“Pessima idea, professore” fece Piton, ghignante. “Che ne dite di Malfoy e Paciock come volontari?”
“Ottima idea!” esclamò Allock, gesticolando nella loro direzione. Harry lesse le espressioni sul volto di entrambi gli sfidanti: vedevano quello come un modo per distruggersi a vicenda.
I due salirono sul palco, e Harry vide Allock suggerire qualcosa a Neville che, in ogni caso, doveva essere una pessima idea.
Anche Piton sembrò bisbigliare qualcosa all’orecchio di Malfoy, che esibì subito un sorriso maligno.
Neville e Malfoy si inchinarono di nuovo, l’odio che esplodeva in tutti e due i volti.
“Tre…due….uno… via!” gridò Allock.
“Serpensortia!” disse Malfoy, muovendo rapido la bacchetta magica contro Neville, dalla cui punta uscì un lungo serpente nero che cadeva pesantemente a terra verso l’avversario in modo minaccioso.
“Allontanati!” disse Neville, indietreggiando. “Lasciami in pace!”
Harry vide che tutta la sala si stava scambiando occhiate perplesse, mentre il serpente indietreggiava e andava contro uno studente di Tassorosso.
“Lascialo in pace!” gridò Neville, serio. “Lui non ti ha fatto niente!”
Il serpente allora si girò di nuovo verso Neville, e soffiò.
Tutta la sala puntava gli occhi spaventati contro Neville.  Harry vide che persino Hermione sembrava incupita dalle parole dell’amico, come se li stesse minacciando.
“Ci penso io, Paciock” fece Piton, e fu la prima volta che Harry lo vide spaventato.
Agitò la bacchetta, e il serpente si dissolse.
Neville guardò il ragazzo che aveva difeso, sorridente, e Harry condivideva la sua gioia, perché era stato molto coraggioso. Ma evidentemente la vittima del serpente non la pensava così, esattamente come i due professori e il resto degli studenti.
“A che gioco stai giocando?” fece in un sussurro. Neville si guardò le mani, rivolse un’occhiata alla sala, spaventato, scese dal palco, e uscì dalla sala in fretta e furia, seguito da Hermione subito dopo.
Harry li seguì, il cuore in gola; aveva appena avuto esperienza di una cosa strana e al tempo stesso straordinaria.
Si diresse alle scale della Sala d’Ingresso, per poi salire sulla scalinata di marmo e giungere al settimo piano; accorgendosi di sentirsi stanchissimo.
Sicuramente Neville sarebbe salito in sala comune, e allora avrebbero potuto controllarsi.
Ma l’aveva appena pensato, che sentì delle voci provenire da un’aula del corridoio, e si avvicinò per sentire meglio.
“Lo sai benissimo che le altre persone non sanno farlo, Neville, è una cosa malefica!” replicò in fretta Hermione, visibilmente agitata.
“Ma almeno è tornato utile, non credi? Sono riuscito a salvare Justin dall’ingresso nella schiera dei Cavalieri Senzatesta!” replicò Neville.
Harry, sollevato che fossero loro due, bussò deciso alla porta.
“Sono Harry!” si dichiarò.
Dopo un momento di esitazione da parte loro, sentì la voce di Hermione che diceva:
“Entra”.
Harry si affacciò; Hermione e Neville avevano entrambi l’aria grave sul volto.
Poteva capirlo: la faccenda era piuttosto inquietante.
“Tu parli Serpentese, Neville, sei un Rettilofono, è male, quante volte devo ripetertelo?!” insisté Hermione, riprendendo la conversazione.
Neville grugnì. “Beh, tanto non c’è soluzione, no? A meno che tu non abbia una pozione con cui farmi curare…”
“Non è questo il punto! Ora tutti penseranno che sei un pro-pro-pro-nipote di Salazar Serpeverde! C’è un motivo per cui il simbolo dei Serpeverde è un serpente, ed è proprio perché Salazar parlava con i rettili!” spiegò di nuovo lei, con l’aria di chi lo fa per l’ennesima volta.
“E io che devo dire, allora?” s’intromise Harry, parlando per la prima volta. Non avrebbe voluto dirlo, ma era stato più forte di lui.
I due amici gli rivolsero delle occhiate fra gli stupiti e gli incuriositi.
“Che vuoi dire, Harry?” chiese Neville, indagatorio.
“Io…niente, assolutamente niente” rispose Harry, tentando di rimangiarsi quello che aveva detto, ma non funzionò.
“Devi dircelo” disse Hermione con espressione decisa “e non sei per niente bravo a mentire. Quindi ora, sputa il rospo!”
“Beh, ecco… e va bene” si arrese Harry. “Neville non è il solo che riesce a capire i serpenti.”
Il viso del compagno s’illuminò. “Sei un Rettilofono anche tu?”
“Io…eh…sì, non lo so, forse, in parte” balbettò Harry.
Hermione si sedette sulla cattedra, stringendo i pugni, rigida. La luce delle finestre le delineava le forme del corpo come se fosse un disegno di cartongesso, aiutata dai colori che le deboli fiaccole dell’aula, poste ai lati dei muri, riflettevano su di lei.
Tuttavia la semioscurità non nascondeva le loro espressioni gravi, soprattutto quella concentrata dell’amica.
“Diccelo” disse “è di vitale importanza!”
Harry guardò prima Neville, poi Hermione.
“Non lo so bene” spiegò, “non credo di parlarlo. Ma sono riuscito a capire quello che Neville diceva al serpente, per questo mi sono sorpreso quando tutti l’hanno guardato spaventato”.
Gli occhi di Neville brillarono, probabilmente perché ora si sentiva meno sol; quella di , invece, s’incupiva sempre di più.
“E’ possibile che ci siano due Eredi di Serpeverde?” le chiese Neville.
Lei si mise un dito sulle labbra, pensante. “La leggenda non lo dice” riferì “ma non posso esserne sicura…comunque sia, la capacità di parlare con i serpenti è tutta tua, Neville, e forse Harry è semplicemente un tuo….riflesso. Voglio dire, quante volte avete sentito le stesse cose?
Tu sei persino finito in casa sua perché lo stavi sognando!”
Neville guardò Harry, e il ragazzo capì che era giunta l’ora di sapere quello che voleva tanto dirgli. Ma quel momento non arrivò mai, perché sentirono bussare alla porta dell’aula.
“C’è qualcuno, lì dentro? Chiunque sia, vada nei propri dormitori! State passando il coprifuoco!” gridò l’autoritaria voce della professoressa McGrannitt.
Hermione lanciò loro uno sguardo preoccupato, e Harry intuì che avrebbe voluto finire quell’incontro, ma doveva tornare alla torre di Corvonero.
Quando se ne andò, i due tornarono silenziosamente nella sala comune, e la conversazione si concluse lì.
 
I giorni successivi, tutta la scuola pensava che Neville Paciock fosse l’Erede di Serpeverde, anche se Harry dentro di se sapeva che non era vero.
La convinzione era stata rafforzata dai Tassorosso, perché Hannah Abbott, una studente della loro Casa, era stata pietrificata insieme a Nick-Quasi-Senza-Testa, e Neville era capitato proprio in quel corridoio, ed era stato scoperto da Gazza, che l’aveva mandato da Silente.
Quando tornò nella sala comune, Neville informò Harry che il preside desiderava vederlo il prima possibile.
“Non ci andrò” rispose Harry, sentendosi nervoso senza una ragione precisa, “ho delle cose da fare, quando avrò un po’ di tempo ci andrò”.
Neville strinse le labbra. “Hermione vorrebbe che ci andassi” insisté.
“Hermione non è la legge” ribatté Harry; non sapeva perché quell’informazione l’aveva messo così a disagio. Stava di fatto che avrebbe preferito spostare quell’incontro il più tardi possibile.
Il giorno della partita di Quidditch Grifondoro-Serpeverde ( nella quale Harry fu orgoglioso di vincere soffiando sotto al naso di Malfoy il boccino d’oro) Neville fu inseguito tutto il tempo da un bolide fellone che era stato recuperato a fatica dai battitori della squadra di Grifondoro, i gemelli Weasley.
Il risultato fu che il povero Neville si procurò una bella botta in testa, poiché a forza di fuggire era rotolato giù dalle tribune.
Così Harry decise di non unirsi ai festeggiamenti della squadra e di andare con Hermione a trovare il loro amico. Tuttavia non si era ancora svegliato, così, dopo aver aspettato un po’, decisero che era meglio per tutti e due andarsene dall’infermeria.
Avevano preso a salire la scala di marmo quando Hermione, davanti a lui, sembrò colpita da qualcosa e si girò immediatamente verso Harry, e lo guardò con esitazione.
Si morse il labbro inferiore, spaziò lo sguardo sulle scale.
“Che succede?” chiese Harry,  irritato da quell’atteggiamento.
“Oh, Harry!” sospirò lei. “Se solo sapessi…”
“Cosa?” domandò Harry, confuso ancora una volta.
“No è che… vorrei tanto potertelo dire!”  Hermione esitò di nuovo, si guardò intorno come per controllare che ci fosse qualcuno, e poi si voltò di nuovo verso Harry.
“E va bene, parlerò, visto che Neville non ne ha mai l’occasione…”
Il cuore di Harry prese a battere per l’agitazione. Strinse il braccio della scalinata di marmo con pressione, sentendosi più protetto, a quel modo.
“Vedi, Harry” fece Hermione, “Neville fa i tuoi stessi sogni”.
Quella rivelazione lo stupì meno di quanto pensasse: dopotutto erano talmente tanto collegati, che poteva effettivamente arrivarci anche da solo.
“Davvero?” chiese comunque, “da quando?”
“Da…da sempre” disse Hermione, visibilmente più sollevata. “Ma non l’ha detto subito, perché era timido, e insicuro, e…beh…Ora dice che si sono interrotti…”
“Quindi ora non fa più i miei stessi sogni” concluse Harry, che seguiva i ragionamenti dell’amica. Questa gli rivolse uno sguardo concentrato.
“Beh, sì…ma…del resto anche tu non mi hai più aggiornato sui tuoi, no?”
“Non è vero” disse Harry, e si mise subito a raccontarle del corridoio buio e della porta che non riusciva ad attraversare, e della coppa in mezzo al labirinto.
Hermione lo seguì fino alla fine senza battere ciglio.
“Capisco” disse lei. “Ma questo mi porta soltanto a una conclusione, Harry: che quello che fa i sogni sei tu”.
“Io?” chiese Harry, incredulo; si stava già cominciando ad abituare all’idea di dipendere da Neville.
“Sì” rispose Hermione convinta, “personalmente non ho mai creduto nella Premonizione o Terzo Occhio o quello che è, ma…ma ho cominciato a ricredermi, dall’anno scorso. Davvero.
E poi, tu hai cominciato prima di Neville a farli. E quindi credo che, magari, tu e Neville vi stiate mettendo in contatto in modo più…evoluto. Sai, mi ha detto tutto riguardo al fatto che anche tu hai sentito delle voci nei corridoi prima degli attentati, e a ripensarci non sono più così sorpresa che riesci a capire il Serpentese….”
Harry si chiese se l’avesse messa al corrente dell’episodio della cicatrice, avvenuto l’anno prima, proprio quando avevano sgamato Raptor a parlare con Voldemort nell’aula del quarto piano; poi però pensò che, nei suoi ragionamenti, l’avrebbe sicuramente nominato, e quindi preferì non rischiare.
“Quindi tu sei convinta che ci sia un collegamento tra me e Neville, in ogni caso” disse Harry.
“Sì” affermò Hermione, “e anche piuttosto forte. Per questo voglio che tu vada da Silente.
Neville mi ha detto che non vuoi andarci, sai!” aggiunse con tono polemico, e continuò a salire la scalinata di marmo.
Harry non rispose, perché era vero.
I due riprese a parlare del più e del meno, finché Hermione non girò l’angolo che l’avrebbe portata dalla parte est del castello.
Così Harry si ritrovò da solo a salire le scale fino al settimo piano (dove c’era Pix il Poltergeist che lanciava banchi da un’aula vuota, così dovette attraversare il corridoio molto velocemente) per poi rintanarsi finalmente nella sala comune, dove era stata organizzata una piccola festa.
Si sorprese quando i gemelli Weasley lo sollevarono in aria, urlando: “Hurrà per Harry!”
E non riuscì a capire molto di quello che successe dopo: moltissimi ragazzi sembravano essersi dimenticati delle minacce degli ultimi eventi, e ballavano e cantavano con le burrobirre in mano spensieratamente.
Dopo essersi ingozzato di una serie di dolci e di panini che gli avevano ficcato in mano per festeggiare (anche se sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe voluto fare, perché le parole di Hermione l’avevano fatto riflettere) fece la sua comparsa Luna Lovegood dalla folla.
“Ciao Harry” salutò serena, come se quel trambusto attorno a lei fosse normalissimo.
“Bella festa, non trovi?”
“Assolutamente” mentì Harry.
“Mi dispiace per il tuo amico Neville” disse lei, prendendo un dolce dal tavolo, “ha fatto veramente un brutto volo. Mi sta simpatico. Sta bene?”
“Sì, si riprenderà” rispose Harry, un po’ rigido.
Luna gli regalò un largo sorriso. “Bene! Ci vediamo, Harry!” e fece per tornare in mezzo ai canti e ai balli, quando qualcosa la portò a voltarsi di nuovo verso di lui.
“Ginny aveva qualcosa per te, prima” disse lei, serena.
“Che cosa?” chiese subito Harry, che al solo nominare la ragazza gli tremavano le gambe.
“Non lo so” rispose la compagna, “ma deve averla lasciata su al tuo dormitorio”.
Dopo avergli donato un altro largo sorriso, sparì di nuovo.
L’emozione prese possesso pienamente di Harry, e si chiese che cos’era.
Come se avesse bevuto una pozione Rinvigorente, il ragazzo si avviò velocemente per le scale del dormitorio maschile e si precipitò dentro in fretta e furia.
Quando arrivò all’altezza del suo letto, vide sul comodino una cosa che prima non c’era:
un diario.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** Il Diario Di Tom Riddle ***


ECCOMIII SONO TORNATAAAAA...SONO STATA IN UN POSTO CHE MI HA ISPIRATO MOLTISSIMO, COSì HO COMINCIATO (E QUASI FINITO AD ESSERE SINCERI) A SCRIVERE IL TERZO CAPITOLO DELLA SAGA, ANCHE SE ANCORA NON SO CHE TITOLO DARLE PERCHE' E' ASSOLUTAMENTE COMPLICATA ANCHE DA SCRIVERE! PER IL RESTO HO VISTO LE RECENSIONI E LE SEGUITE E...WOOW! NON CREDO AI MIEI OCCHI! VI RINGRAZIO TUTTI! ORA, SOLO IL TEMPO DI TRASCRIVERE TUTTO IL NOVE, IL DIECI E L'UNDICI E POI LI PUBBLICO NEI PROSSIMI GIORNI APPENA POSSIBILE (AS SOON AS I CAN!) UN BACIONE A TUTTI CIURMA, CI SI SENTE! (E SCRIVETEMI SE VI PIACE, E LEGGETE SOPRATTUTTO)

Capitolo 8
 
IL DIARIO DI TOM RIDDLE
 
Harry s’avvicinò lentamente, arrivando a sfiorare la superficie del diario.
Come fosse infetto, lo girò tra le mani e lesse una targhetta sulla copertina dietro il libro:
Tom Marvolo Riddle.
Diede un’occhiata intorno a sé: nessuno era nelle vicinanze, così lo aprì.
Fu sorpreso di vedere che aveva le pagine completamente bianche.
Strano: era dall’aria piuttosto vecchia, qualcuno doveva averlo usato di sicuro.
Si domandò perché Ginny l’avesse fatto; cos’era, un regalo?
Ad ogni modo, doveva trovarla per ringraziarla, così scese giù di nuovo alla festa, ma non c’era più nessuno. O almeno, c’erano poche persone, ma Ginny non era fra loro.
Così il giorno dopo, uscito dall’aula di Erbologia, si separò da Frank e gli altri e andò a cercare Ron, presumendo che sapesse dove sua sorella si trovasse in quel momento.
“Sai dov’è Ginny?” chiese subito.
“Perché la cerchi?” domandò l’altro, sospettoso.
“Devo dirle una cosa” rispose sbrigativo Harry.
Ron lo studiò per qualche momento, come se pensasse che costituisse un pericolo.
“Dovrebbe essere a Pozioni” si decise a riferire alla fine.
“Grazie” lo ringraziò Harry, e fuggì fra le divise nere di Hogwarts.
Gli sembrò di aver volato quando raggiunse i sotterranei, arrivando proprio di fronte all’aula di Piton.
Non gli importava se avrebbe fatto tardi alla lezione successiva; per lui era di vitale importanza aspettare che Ginny uscisse da lì. Ma quando vide gli studenti del primo anno sfilare fuori dall’aula, non c’era nessuna ragazza dai capelli rosso fiamma fra loro.
Intanto, i Corvonero del secondo anno erano scesi per l’ora dopo.
Tra di loro individuò Louise ( che ricambiò il saluto con un cenno della mano) ma quella che gli interessava davvero era Hermione.
“Ti dispiace se andiamo a trovare  Neville, più tardi?” le sussurrò, in modo che solo lei potesse sentire.
La ragazza sembrò piuttosto colpita dal tono determinato con cui l’aveva detto.
“Va bene” accettò, per poi studiarlo con sguardo indagatorio. “Harry, che succede?”
“Te lo spiego dopo” rispose Harry, accorgendosi di essere ancora in tempo per la lezione di Trasfigurazione, “ci vediamo dopo!”
 
“Il diario di Tom Marvolo Riddle” lesse Neville, seduto sui cuscini, quel pomeriggio in infermeria. Harry aveva appena mostrato a lui e a Hermione il diario che aveva trovato sul comodino. “Interessante. Sei sicuro che te l’abbia dato Ginny?” chiese ancora l’amico, guardando il manufatto con gravità.
“Sicuro” fece Harry “me l’ha detto Luna, e loro sono amiche”.
Hermione lo guardò con cipiglio severo. “Non credo che ci si possa fidare molto di Lunatica, Harry…”
“Perché?” fece lui. “E’ vero, ha delle idee…originali, ma non mente su queste cose. È assolutamente sincera, e mi fido di quello che ha detto. E poi” aggiunse, “ho provato a cercare Ginny in tutta la scuola, e direi piuttosto che non si è fatta trovare”.
Poi guardò il diario con curiosità. “L’unica cosa….perché darmelo? Insomma….ha l’aspetto di essere piuttosto vecchio!”
“Beh, se vogliamo continuare a pensare che abbia qualcosa a che fare con la Camera, anche se a quanto pare gli unici Eredi siamo noi,” disse Neville, “magari si è pentita di quello che ha fatto, e ha voluto rivelarti tutte le sue conoscenze in modo da poterle scoprire.”
“O forse” suggerì Hermione, “non è lei la vera autrice degli attentati. Forse…è stata controllata da qualcosa. Da qualcuno.”
“Chi? Il proprietario di questo diario?” rise Harry, trovando assurda quella possibilità.
“No” disse Hermione “ma magari ha scritto qualcosa….potrebbe…magari l’ha usato perché c’è scritto qualcosa che il ragazzo del diario ha visto, e l’ha usato! Potremmo scoprirlo anche noi, leggendolo!”
Neville la guardava, annuendo. Gli occhi di Hermione brillarono.
“Ottimo suggerimento, Hermione” disse Harry, sconsolato. “C’è solo un problema: qui non c’è scritto niente!” e mostrò le pagine bianche.
“Allora dev’essere maledetto” fece lei, lanciando un’occhiata preoccupata al diario. “Lo porterei da Silente”.
Harry non poté fare a meno di sentirsi irritato; ma non aveva nient’altro da suggerire?
“Hai trovato nulla sui ragni?”
“No” rispose Hermione, tristemente. “Nulla. Ho cercato in tutta la libreria, ma non sembra esserci nulla al riguardo!”
 
Più tardi, Harry si trovava davanti al diario di Tom Riddle; non c’era nessuno, poiché era abbastanza tardi e tutti erano andati a letto. Il diario era vuoto, ma Harry voleva provare a scriverci sopra, e intinse la piuma nel calamaio, scrivendo:
Io mi chiamo Harry Potter.
La scritta sparì immediatamente, grande stupore di Harry, e ne comparve invece un’altra :
Ciao, Harry Potter, io sono Tom Riddle.
Come quelle parole apparvero, nella mente di Harry successe una cosa inaspettata: vide un ragazzo, uno studente della scuola, parlare con un Silente dall’aspetto un po’ più giovane rispetto a quello attuale… Sempre lo stesso ragazzo, che Harry intuì essere Tom Riddle, stava sparando incantesimi addosso a un ragno gigante, e poi…una ragazza, dagli occhiali tondi e l’aria triste, che cadeva morta in un bagno…un altro scorrere di immagini, e lo stesso ragazzo dal volto elegante che lo guardava con i suoi grandi occhi scuri….Harry si sentì minacciato e chiuse di scatto il diario. Prese un bel respiro, capendo di aver appena avuto una visione.
Doveva avvertire Neville e Hermione, immediatamente.
Decise di andare prima da Neville; sarebbe stato più facile da raggiungere, e avrebbero informato Hermione il giorno successivo.
Così salì su nel dormitorio, sfilò dal suo baule il mantello dell’invisibilità e riscese in fretta in sala comune.
E ad attenderlo vi era una persona che non si sarebbe mai aspettato: la professoressa McGrannitt, che lo guardava anche con aria piuttosto preoccupata.
“Oh, molto bene, Potter, sei sveglio” fece, e Harry nascose svelto il mantello dentro la tasca,
“ho bisogno che tu vada a svegliare anche il signor Weasley, devo porgli alcune domande.”
Harry lesse il volto ansioso della McGrannitt e finì per sentirsi un groppo allo stomaco.
Avvertiva qualcosa di orribile nell’aria.
“Che cosa è successo, professoressa?” chiese, scoprendo che gli tremava la voce.
La McGrannitt esitò. “Hermione Granger è stata pietrificata, e Ginny Weasley è sparita.”
 

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Capitolo 9
*** Una Missione Per Allock ***


ECCOMI TORNATA....HO PUBBLICATO L'ALTRO CAPITOLO DOPO UN'ORA, MA ERA PRONTO COSì NON MI E' SEMBRATO GIUSTO FARVI ASPETTARE...AVRETE TUTTO IL TEMPO PER LEGGERLO, DEVO TRASCRIVERE IL DIECI CHE E' IL CAPITOLO PIU' DIFFICILE E POI LO PUBBLICHERO'....GRAZIE A LUNADISTRUGGI PER LA RECENSIONE DI PRIMA, E...BEH, GODETEVI QUESTO, VOI TUTTI :D UN BACIONE E SCRIVETEMI SE VI VA.


Capitolo 9
 
 
UNA MISSIONE PER ALLOCK
 
 
Ron aveva tutta l’aria di volersi ammazzare.
La McGrannitt l’aveva chiamato per sapere dov’era Ginny e mentre interrogava Ron, Harry e Neville guardavano Hermione, pietrificata e con un curioso specchio sul comodino, la posizione del braccio che faceva riconoscere che per proteggersi dal mostro si era riparata con quell’oggetto.
Intanto, Harry aggiornava Neville sulle novità.
“Quindi tu mi stai dicendo…”
“…che secondo me l’Erede di Serpeverde è stato Tom Riddle, che in qualche modo ha incantato il diario e ha passato le sue conoscenze a Ginny, sì” concluse per lui Harry, bisbigliando.
“E quindi i nostri sospetti erano giusti! Lei ha aperto la Camera! Chissà come ha fatto a controllare il mostro…”
Harry scosse la testa, sconsolato. “Non lo so” rispose.
“Bene” annunciò la McGrannitt, alzandosi e donando a tutti loro uno sguardo ansioso, “visto che il povero signor Weasley non sa dove possa essere sua sorella, né conosce chi potrebbe averle giocato un brutto tiro, andrò a parlare con i professori riguardo al futuro della scuola”
Prima che oltrepassasse la soglia dell’infermeria, si girò verso i suoi studenti e disse, con la voce che le tremava:
“Sapete, chi ha rapito Ginny Weasley è lo stesso che ha commesso gli attentati. Se non riusciamo a prenderlo, temo proprio che dovremmo chiudere la scuola”.
Sembrava così sconvolta da dimenticarsi di ordinare loro di andare a letto.
Ron, gli occhi gonfi di pianto, s’avvicinò a i due compagni e sfiorò le mani di Hermione.
“Chi sa chi ha fatto queste cose orribili…vorrei prenderlo e sbatterlo al muro” disse, mentre una lacrima gli andava giù per il naso lentigginoso.
Harry ebbe una sensazione strana: pensò all’improvviso che Ron e Hermione sarebbero potuti essere ottimi amici. Ma era assurdo, perché loro due non si conoscevano neanche!
Ron sembrò trovare qualcosa bel pugno serrato di Hermione e lo estrasse: era un pezzo di carta.
“Ehi,  che cosa…?”disse, srotolandolo. Poi, iniziò a leggere: “il basilisco…” ma non fece in tempo a finire la frase che Harry e Neville s’alzarono e fecero per toglierglielo di mano ma Ron, più alto di entrambi, si scansò.
“Cos’è questo?” chiese, nervoso. “Ha a che fare con mia sorella?”
Neville sospirò. “no” deviò “è una ricerca di Hermione, ora…”
“State mentendo!” esclamò Ron, agitato. “L’ho capito, sapete? Riguarda mia sorella, ne sono sicuro, e voi due c’entrate fino al collo!”
“Ti diremo  tutto quello che vuoi sapere, Ron” disse calmo Harry, “ma prima dacci quel pezzo di carta. Poi saprai tutto, promesso”.
Ron non sembrò così convinto all’inizio, ma poi si arrese e gli diede il foglio.
Harry si accorse che era una pagina strappata da un libro. Prese a leggere a voce alta:
 
Dei molti, spaventosi animali e mostri che popolano la nostra terra, nessuno è  più insolito del Basilisco, noto anche come il Re dei Serpenti. Questo serpente, che può raggiungere dimensioni gigantesche e che vive molte centinaia di anni, nasce da un uovo di gallina covato da un rospo. Esso uccide in modo portentoso: oltre alle zanne, che contengono un potente veleno, anche lo sguardo del basilisco provoca morte istantanea. I ragni fuggono davanti al Basilisco, perché è il loro nemico mortale e il Basilisco fugge solo quando ode il canto del gallo, che gli è fatale.
 
Harry lesse la scritta più e più volte, mentre nella sua testa cominciava a capire: I ragni fuggono davanti al Basilisco…
“Neville! Ecco perché i ragni fuggivano da lì!” esclamò, più rivolto a se stesso che all’amico.
Il compagno studiò la didascalia con interesse. “Lo sguardo del Basilisco provoca morte istantanea…” ripeté Neville con un filo di voce, preso com’era nei suoi ragionamenti.
“Guarda, c’è la grafia di Hermione alla fine!”
Harry guardò sotto la didascalia e vide che aveva ragione: la chiara scrittura della ragazza diceva Tubature.
“E’ nell’impianto idraulico!” tremò Ron, che si era sporto a leggere il piccolo pezzo di carta anche lui. 
Harry però non aveva potuto fare a meno di rimanere stupito.
“Ma, Neville” si espresse, “ma tutte quelle persone…come…come hanno fatto a rimanere pietrificate? Insomma, non l’hanno guardato negli occhi…”
Neville lo fissò e sembrò perso nei suoi pensieri finché non trovò una soluzione.
“Ma è ovvio, Harry! Nessuno ha visto il Basilisco direttamente! Allora” aggiunse, tentando di far capire i suoi pensieri all’amico, “la gatta ha visto il riflesso sull’acqua, Hannah lo ha visto attraverso Nick, Hermione aveva lo specchio…” e detto ciò guardò la loro povera amica stesa sul letto, inerme. Lo specchio che aveva usato come arma giaceva sul tavolino accanto a lei.
“E Ginny comandava quel coso?” chiese Harry, stupito.
“Come…come sarebbe a dire?” disse Ron, senza fiato.
Harry e Neville si guardarono, preoccupati, mentre il viso del loro compagno sbiancava sempre più.
“Mettiti comodo, Ron” disse Harry, serio. “Dobbiamo dirti molte cose, e non ti piacerà quello che sentirai”.
 
Quando Harry ebbe finito di raccontare tutte le loro impressioni, dapprima Ron s’innervosì, ma poi parve darsi un contegno. “Non può essere che si tratti di Ginny,” affermò con sicurezza, “è mia sorella, e non è cattiva. Certo, parla tanto, però…”
“Non importa, ad ogni modo; abbiamo la certezza che sia nella Camera dei Segreti…se solo sapessimo dove si trova…” disse Harry, sconsolato.
Neville sembrò illuminarsi. “Aspetta, Harry!” esclamò. “Tu…hai visto una ragazza che moriva, nelle tue visioni, no?”
“Sì” annuì l’altro, e solo dopo averlo guardato intensamente capì dove voleva arrivare.
“L’articolo che Hermione aveva letto sull’attentato di cinquant’anni fa….”
“Già,” rispose Neville, eccitato, “e siccome il diario è dello stesso periodo, sicuramente l’ha uccisa lui…”
“E questo a cosa ci porterebbe?” chiese Harry, che tentava di capirlo, anche se secondo lui non aveva senso. A intervenire fu, inaspettatamente, Ron:
“ Dov’è morta, esattamente, questa ragazza?”
Harry e Neville si scambiarono un’occhiata perplessa: che importanza aveva, dov’era morta?
“In un bagno” rispose comunque Harry.
Ron s’eccitò, gli occhi gli divennero enormi. Sembrava arrivato a una conclusione che sfuggiva ai suoi due amici.
“Allora so chi è! Vive in questo castello!” esclamò, vittorioso. “Ma non capite?” aggiunse, un po’ deluso che Harry e Neville non lo seguissero.
“Si tratta di Mirtilla Malcontenta! Vive nel bagno delle ragazze! Lo so perché ogni tanto viene nel nostro e l’ho scoperta a spiarci…”
Harry si sentì un po’ invaso nell’intimità; avrebbe dovuto fare più attenzione la prossima volta che entrava in un bagno maschile. Dall’altra parte però era contento che fossero un passo avanti con le ricerche.
“Bene allora” disse Harry, rivolto a Neville “allora andiamo nel bagno delle ragazze. Sicuramente lei saprà qual è l’entrata della Camera. Da lì ci faremo strada….”
“No” lo interruppe Ron, “mi dispiace, ma ora che so tutto voglio fare parte anche io di questa faccenda. Dopotutto, si tratta sempre di mia sorella!”
Harry lo guardò; se c’era una persona che non voleva coinvolgere, quella era proprio Ron.
Lo era troppo emotivamente, e avrebbe potuto fare degli errori.
Ma Ron sostenne lo sguardo; i suoi occhi azzurri erano irremovibili.
“Va bene,” si arrese Harry, “allora tutti e tre…”
“Aspetta” lo interruppe di nuovo Ron, “prima voglio andare a vedere cosa hanno intenzione di fare i professori. So che vogliono mandare qualcuno a cercare Ginny. Se veramente qualche professore lo farà, potrebbe darci una mano a scoprire la camera!”
Harry valutò per qualche attimo la proposta, poi capì che effettivamente il compagno aveva ragione.
“D’accordo. Ma devo portare il diario con me. Se troviamo Silente, potrebbe aiutarci soprattutto lui!”
Così Harry, Ron e Neville ritornarono nel loro dormitorio per prendere il diario.
Ma come entrarono nella sala comune, Harry si accorse che quello non c’era più.
“Deve averlo preso lei!” esclamò, furioso, “ne sono sicuro, è lei che me l’ha dato!”
Neville era agitato come lui, ma cercò comunque di calmarlo.
“D’accordo” disse, “ora dobbiamo assolutamente andare in sala professori e cercare aiuto.”
I tre si precipitarono per le scale, coperti dal mantello dell’invisibilità.
Con loro gioia, non incontrarono nessuno, almeno finché non sbucarono nel corridoio della sala professori, dove molti insegnanti stavano entrando di fretta.
Harry, Ron e Neville li seguirono trotterellando, e si acquattarono in un angolo accanto all’armadietto della stanza, cercando di fare il meno rumore possibile.
Si chiedeva Harry, però, dove fosse il professor Silente: non era fra gli insegnanti presenti in sala, e questo era piuttosto strano.
Qualcuno era già seduto al tavolo dei docenti, compresa la McGrannitt, che guardò sedere gli ultimi arrivati con aria grave.
“Come avete visto,” cominciò lei, “l’Erede di serpeverde ha colpito di nuovo, e ha portato stavolta una ragazzina con lui!”
Tutti annuirono e si guardarono, preoccupati e con l’aria grave.
Poi la professoressa Sprite si rivolse alla Vicepreside:
“Cosa facciamo, Minerva?”
La McGrannitt scosse la testa, sconsolata.
“Non lo so” rispose lei, affranta. “Non sono come Albus, e da quando Lucius Malfoy l’ha sospeso…”
Cooosa?, pensò Harry,  e ci mancò poco che quell’esclamazione non gli sfuggisse ad alta voce.
Il fatto che il preside fosse stato sospeso per lui era un colpo al cuore. Proprio a lui, infatti, avrebbe voluto consegnare il diario o, in mancanza di questo, informarlo su tutto.
Sentiva che sarebbe stato l’unico a cui poter dire tutta la verità senza essere giudicato.
Non era l’unico ad essere sconvolto dalla notizia; vide che anche gli altri insegnanti non avevano digerito bene la situazione, dati i loro balzi sulla sedia al nome di Silente.
Fu Vitious quello che si rianimò per primo.
“Ma Minerva, noi dobbiamo fare qualcosa!” reagì questo con violenza. “Il coprifuoco agli studenti non è stato sufficiente. Neanche accompagnarli nelle rispettive aule, a quanto vedo.
Che cosa pensi di fare, adesso?”
La McGrannitt era sull’orlo della disperazione.
“Chiudere Hogwarts” disse, secca. “Cercare quel mostro non è stato sufficiente. Gli studenti e noi stessi insegnanti non siamo più al sicuro nella scuola. Domani scriverò a tutti i genitori per la chiusura anticipata” concluse, e sfilò dalle mani di una distratta professoressa Sinistra il fazzoletto e se lo strinse al naso.
La situazione era terribile, tuttavia Harry notò che ancora una volta mancava qualcuno all’appello.
“Eccomi, cosa mi sono perso?” entrò Allock, seguito dalla sua sfavillante chioma bionda.
Tutto il corpo docenti sembrò riprendere vita: fissarono allungo il nuovo arrivato, gli occhi che scintillavano, e su di loro prendevano spazio espressioni di vittoria e speranza: Harry capì che avevano avuto tutti la stessa idea.
“Ma certo! Gilderoy! Come abbiamo fatto a non pensarci prima?” esclamò Vitious, sollevato e  di buon umore.
“Ma  è ovvio!” esclamò la professoressa Sprite, scambiandosi un’occhiata d’intesa con la McGrannitt e con Piton, “lui è l’eroe!”
Allock sembrava essere sorpreso di tutta quell’idolatria da parte dei colleghi, né si poteva negare che apparisse piuttosto compiaciuto. Tuttavia quel misto di emozioni ne creavano solo una: la paura. Paura, perché dai visi maliziosi degli insegnanti, che odiavano Allock quanto lui, Harry sapeva che non poteva uscirne nulla di buono.
La professoressa McGrannitt regalò al professore un largo, strano e quanto mai sinistro sorriso.
“Che succede?” chiese proprio a lei Allock, imbarazzato.
“Ginny Weasley è stata rapita dall’Erede di Serpeverde” rispose freddo Piton, che però come gli altri aveva l’espressione divertita.
“Sì, e tu sei stato appositamente scelto per andare a salvarla nella Camera dei Segreti” continuò la McGrannitt, che in risposta agli occhi sgranati di Allock non fece altro che allargare ancora di più il suo sorriso.
“E’ giusto, Gilderoy” intervenne la professoressa Sprite, “non sei tu che ieri sera dicevi di avere sempre saputo qual era l’ingresso della Camera dei Segreti?”
Allock incominciò a perdere sempre più colore sulle gote. “Io…forse ricordate male….”
“Non credo proprio” disse Piton, “ricordo attentamente che hai detto che ti dispiaceva di non aver dato una lezione al mostro prima che Hagrid fosse arrestato”.
“Ah, sì?” finse Allock, ormai ceruleo quasi come Nick-Quasi-senza-testa.
“Oh, sì” sottolineò Piton, “e hai aggiunto anche che si era fatta molta confusione e che avremmo dovuto darti carta bianca fin dall’inizio?”
Tutti guardarono Allock sbattendo le ciglia e con larghi sorrisi.
“Perché quella faccia, Gilderoy? Dopotutto, sei tu quello che ha fatto tutte quelle imprese”
commentò Vitious.
Harry non poté fare a meno di provare un brivido di soddisfazione quando vide che Allock non trovava nessun sostituto come volontario per prendere il suo posto, così arrangiò un’espressione rilassata, come se combattesse serpenti giganti da tutta la vita.
“Molto bene” si finse divertito anche lui, “allora vado a…prepararmi!” e uscì fischiettando, ma solo Harry, Ron e Neville potevano vedere che in realtà stava morendo di paura.
Harry si chiese proprio che intenzione avesse, adesso.
Come la porta della sala professori si accostò, tutti gli insegnanti tirarono un sospiro di sollievo.
“Bene” disse la professoressa McGrannitt, “e con questo ce lo siamo levati dai piedi. Ora, avrò bisogno del vostro aiuto per scrivere le lettere ai genitori per informarli che domani mattina i loro figli faranno ritorno a casa.”
“Le mandragole sono pronte, Minerva” disse la Sprite, “stanotte le useremo per risvegliare tutti gli studenti pietrificati.”
“Molto bene” disse la McGrannitt, tentando di mantenere un controllo. “Per favore, tutti gli altri mi seguano per andare ad accertarsi che nessun ragazzo sia fuori nei corridoi!”
Tutti i professori uscirono dall’aula piuttosto frettolosamente, e ben presto i tre ragazzi si sentirono sicuri abbastanza da poter iniziare di nuovo a parlare.
“Dobbiamo trovare Allock” disse loro Neville. “Non abbiamo nessun altra scelta, e non possiamo essere certi che Allock non provi nemmeno a entrare nella Camera”.
“Bene” disse Ron, agitatissimo, “so io dove trovare il suo ufficio. Lo so, perché una volta come punizione ho dovuto firmare tutte le lettere dei suoi ammiratori!” aggiunse, perché Harry e Neville gli avevano scoccato un’occhiataccia.
Così Harry e Neville seguirono Ron fino all’ufficio di Allock, dove presero coraggio e bussarono.
Sentendo un sobbalzare come risposta, i tre presero ed entrarono senza un vero e proprio permesso.
La scena che si presentò davanti agli occhi di Harry era più terribile di quanto si sarebbe potuto immaginasse: il professore aveva posto molti bauli aperti sulle sedie, sulla scrivania e sugli scaffali, e aveva l’aria piuttosto indaffarata. In quel preciso momento, aveva in mano una delle sue mille foto incorniciate e la faccia rossa come un peperone.
“Che sta facendo?” chiese Neville, sorpreso quanto Harry.
“Io…” esitò Allock, “chiamata urgente, devo andare…”
“Ma non può farlo!” sussultò Ron, rosso dietro le orecchie. “Mia sorella è intrappolata giù in quella Camera…”
“Povera creatura” disse il professore, e mise di fretta la foto che aveva in mano e chiuse con forza il baule, “una tragedia. Ma non posso fare nulla per lei. Devo proprio….”
Quando si voltò, Harry, Ron e Neville gli puntavano le bacchette alla gola.
Harry sentiva la rabbia e l’adrenalina scorrere insieme in tutto il corpo, come se avesse bevuto qualcosa di rivitalizzante.
“Senta, lo sappiamo tutti e tre che lei non ha mai compiuto una di quelle maledette imprese dei suoi libri, ma che le ha rubate da altri…ad ogni modo deve dimostrare di essere un uomo di parola, altrimenti quel poco di credibilità che i professori le danno svanirà in un lampo”.

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Capitolo 10
*** La Camera Dei Segreti ***


Capitolo 10
 
LA CAMERA DEI SEGRETI
 
Con le bacchette dietro la schiena, Allock mosse i propri passi fuori dall’ufficio, mentre i ragazzi lo guidavano fino al bagno delle ragazze.
Non trovarono nessuno per il corridoio; evidentemente erano tutti troppo spaventati per girare per la scuola.
“Allora è chiaro?” ricordò Neville ai due. “Chiediamo a Mirtilla com’è morta e poi ce ne andiamo via a recuperare Ginny. Subito.” Sottolineò l’ultima parola con un certo peso, perché Allock cercava di ribellarsi.
“E’ come un cane, dopotutto” osservò Ron, concentrato a infilare la bacchetta fra le costole di Allock, “devi solo insegnargli a capire chi comanda.”
Finalmente arrivarono davanti al bagno delle ragazze, e i tre spinsero il professore affinché entrasse con decisione oltre la porta.
“Ma qui c’è scritto Chiuso per guasto!” esclamò, ma i tre non potevano curarsi di meno di quello che aveva da dire.
Dentro il bagno, Harry sentì un lamento.
Era il fantasma di una ragazzina triste che sospirava malinconica guardando la finestra.
Harry capì che doveva essere Mirtilla Malcontenta, e si schiarì la gola avvicinandosi a lei.
“Salve, Mirtilla…sono…sono Harry Potter” si presentò, perché non sapeva cosa dire.
Questo bastò comunque alla ragazzina per voltarsi verso di lui con il suo viso malinconico.
“Vuoi prendermi in giro anche tu?” chiese tristemente.
 Harry si sentì ancora di più imbarazzato. “No” si schiarì di nuovo la voce. Poi seguì una pausa, dove Mirtilla tornò ai suoi lamenti funebri.
“Mi…mi dispiace di disturbarti” tentò di nuovo lui, sembrando ritornare di vago interesse per il fantasma, “ma volevo sapere come…come eri morta”.
Chiederle direttamente dove fosse la Camera gli sembrava troppo drastico per i tipi delicati come lei, quindi doveva metterci altrettanta attenzione nello scegliere le parole da dire.
Ma parve comunque aver indovinato: l’espressione di Mirtilla divenne improvvisamente beata, come se Harry le avesse chiesto i regali ricevuti il suo ultimo Natale.
“Oh, beh” cominciò a raccontare, mentre fluttuava leggera per la stanza, “mi è sempre piaciuto raccontare della mia morte….oh, sì sì, lo ricordo alla perfezione: mi ero rifugiata lì” e indicò con il dito trasparente una delle cabine del bagno, “perché Olive Ornby mi aveva preso in giro per gli occhiali…e beh, stavo piangendo tutta sola, quando ho sentito un rumore. Credevo fosse Olive Ornby, e non avevo per nulla voglia di parlare…però non era lei. Era la voce di un ragazzo, che parlava una lingua piuttosto strana, io non riuscivo a capirlo bene. Tuttavia ero curiosa e quindi mi sono messa a sentire…però poi mi ha dato fastidio, mi sono affacciata per cacciarlo via e….ho visto degli occhi gialli, e sono morta.”
“Hai visto degli occhi gialli?” chiese Neville, senza mancare di puntare ancora la bacchetta alla schiena del professore.
“Oooh, sì” rispose deliziata lei “erano enormi, ma non me li ricordo bene”.
“D’accordo” disse Neville, “allora sapresti dirci da dove hai visto spuntare questi occhi gialli?”
Mirtilla Malcontenta puntò il dito fantasma proprio ai lavandini, che erano posti in cerchio al centro del bagno.
“Proprio lì” rispose lei.
“D’accordo, grazie Mirtilla” disse Harry. Poi si rivolse a Neville. “Dobbiamo muoverci. Non abbiamo molto tempo”.
“Sono d’accordo con te” convenne Neville. Poi i due si voltarono verso Ron.
“Abbiamo veramente bisogno di te” disse Harry “dobbiamo controllare tutti i rubinetti dei lavandini e quale non si apre è la porta. Faremo a turno per controllare che questo idiota non fugga”.
Così Harry decise di essere il primo a tenero d’occhio Allock e lasciò che Neville e Ron setacciassero il rubinetto rotto.
Intanto, Mirtilla sembrava, sfortunatamente per lui, trovare Harry molto interessante.
“Sai, nessuno mi ha mai chiesto come sono morta….è un segno di grande bontà, vuol dire che non vuoi soltanto prendermi in giro e lanciarmi gli oggetti e farmi male!” disse questa, con il tono lagnoso.
Harry la trovava piuttosto petulante, ma ovviamente cercò di nasconderlo, sperando di riuscirci abbastanza bene.
“Davvero?” finse di sentire, cercando di non essere scontroso.
I suoi pensieri erano tutti rivolti a Ron e Neville, e lei era l’ultima cosa che ci mancava!
Mirtilla scambiò quel gesto di gentilezza come un segno d’apprezzamento nei suoi confronti.
“Oh, sì” sorrise.
Ron lanciò un urletto di vittoria.
“L’ho trovata” gridò per l’eccitazione, “ ragazzi, l’ho trovata! Neville, vieni qui!”
Harry vide Neville raggiungere Ron frettolosamente.
“Forza” lo incitò Harry, spingendo Allock in avanti affinché camminasse, “di’ qualcosa in Serpentese, Neville!”
Il ragazzo guardò tutti e tre con espressione decisa, e poi pronunciò molto dolcemente “apriti”.
Al suono di quella parola Ron sussultò e fece un passo indietro, mentre sotto gli occhi dei presenti avveniva una cosa molto strana: il rubinetto rotto brillò di una luce bianca e cominciò a girare. Un secondo dopo, il lavandino cominciò a muoversi, per poi sprofondare e scomparire nel nulla lasciando scoperto un grosso tubo, abbastanza largo da lasciar passare una persona.
Neville sollevò lo sguardo, per poi posarlo su Ron e poi su lui, Harry.
Questo sapeva che qualcuno doveva pur fare il primo tentativo per passare di sotto, giusto per non correre il rischio di essere inghiottito da un enorme Basilisco.
Scoccò un’occhiata a Ron, che sembrò aver capito benissimo il suo pensiero.
“Avanti, tu!” esclamò questo, e afferrò violentemente il braccio di Allock e lo mise davanti all’apertura del passaggio.
Sia Harry che Neville ignorarono i lamenti e borbottii sul grande guaio in cui s’era cacciato.
“Andiamo, professore, sia coraggioso” disse Harry, dandogli una spintarella. Tuttavia Allock non cadde, perché all’ultimo momento riuscì a tenersi in equilibrio.
“Ma ragazzi!” disse con un filo di voce “ragazzi, a che cosa vi serve tutto questo?”
Neville lo pungolò dietro con la bacchetta. Allock infilò le gambe dentro il tubo.
“Non credo proprio…” cominciò a dire, ma Ron gli diede uno spintone e Allock sparì.
“Bene” disse loro Neville, “io mi calo dentro. Voi mi seguirete, no?”
“Certo” rispose Harry risoluto.
Anche Ron annuì. “Tutto pur di sapere dov’è Ginny.”
Mirtilla Malcontenta calò su di loro.
“Ragazzi” fece lei, “se proprio non ce la doveste fare, sappiate che avrete sempre ospitalità nel mio cubicolo”.
Ovviamente il ‘non ce la dovreste fare’ era una sostituzione lieve del termine ‘morire’ si rese conto Harry in un secondo momento, mentre stava infilando le gambe nel tubo dopo Neville.
Si diede uno spintone, e scivolò sulla pista viscida e senza fondo. C’erano altri tubi che si diramavano in tutte le direzioni, ma nessuno era grande come il loro, ripido, tutto curve e giravolte.
Cominciava a credere che non ci sarebbe mai stata una fine, finché non si trovò cadere di faccia su un mucchio di qualcosa che probabilmente erano scheletri.
Poco più in là Allock e Neville si erano rialzati, mentre Ron li raggiungeva e si rimetteva in piedi, sempre più pallido.
“Dobbiamo trovarci a una centinaia di metri sotto scuola” osservò Ron, guardandosi intorno, mentre la sua voce ribalzava sulle pareti come un’eco lontano, e anche inquietante, dato il buio della galleria.
“Probabilmente siamo sotto il lago” suggerì Neville.
Harry in quel momento notò quanto le pareti fossero nere e viscide.
Neville ordinò alla bacchetta: “Lumos!” e presto una lieve luce si accese davanti ai loro piedi. “Di qua vedo un passaggio. Seguitemi.”
Così i quattro seguirono silenziosamente Neville lungo la galleria davanti a loro.
L’oscurità era così tanta che non riuscivano a vedere a pochi passi dal loro naso.
Qualcuno colse l’occasione per ribellarsi e quello era, ovviamente, Allock; si era scaraventato su Ron e gli aveva sfilato la bacchetta di mano, e ora la puntava contro loro tre, allarmati.
“Qui si conclude l’avventura, ragazzi!” esclamò. “Ora ruberò le vostre memorie, e dirò a tutti come voi siete svenuti dal dolore e io come sono arrivato troppo tardi per salvare la ragazza.
Dite addio ai vostri ricordi!”
Harry serrò gli occhi; era finita. La situazione era caduta nelle mani di Allock, che non si poteva definire un tipo coraggioso.
“Oblivion!” lo sentì gridare, ma ad Harry non accadde assolutamente nulla: aprendo un occhio dopo l’altro, vide che il professore si era scaraventato contro la parete.
Fu così che si ricordò con un sollievo che la bacchetta di Ron si era rotta per via dell’incidente con l’automobile.
La terra tremò; qualche pietra iniziò a cadere. Harry si rese conto, con il cuore in gola, che Allock aveva causato un terremoto.
“Da questa parte!” gridò Neville, e la sua voce arrivava distante alle orecchie di Harry come se fossero chilometri lontani.
Sentì la mano di Ron, dietro di lui, sfiorare la sua, e l’afferrò per evitare che venisse sommerso dalle macerie.
Tutti e tre si gettarono da un lato del tunnel, e quando il terremoto finì, Harry poté finalmente alzarsi e realizzare quello che era successo: alle loro spalle si era formata una grossa parete di pietre.
“Ci vorrà una vita per toglierle tutte!” commentò Ron, le mani sui fianchi, emergendo da dietro di lui.
Harry notò in quel momento che aveva una ferita lungo la tempia destra.
“Ce la possiamo fare” disse Neville, sbucando accanto a loro,  “Ma non ora. Dobbiamo trovare Ginny.”
“Dite che il professore è morto?” chiese loro Ron con un brivido.
“Presumo di sì” rispose Harry, che non vedeva altre alternative.
Senza altri commenti, il trio arrivò davanti a una parete su cui erano scolpiti due serpenti attorcigliati che al posto degli occhi avevano due grandi smeraldi scintillanti.
Harry s’avvicinò; i loro occhi sembravano stranamente vivi. Gli venne un brivido al solo pensiero.
Si voltò a guardare Neville, e anche questi avanzò, cercando di essere sicuro di sé.
“Apriti” sussurrò timidamente ai serpenti, e magicamente questi presero vita e cominciarono a muoversi, sciogliendosi dal groviglio. La parete si alzò e si divise a metà.
Con un solo cenno del capo, i tre si fecero coraggio e attraversarono il passaggio.
Quello che si presentò loro davanti fu l’ingresso di una sala molto lunga e debolmente illuminata.
Si stagliavano pilastri di pietra torreggianti fatti da serpenti avvinghiati, che si levavano fino al soffitto, perdendosi nel buio e gettando lunghe ombre nere nella strana oscurità verdastra del pavimento.
Harry, Ron e Neville si avviarono lungo il corridoio; Harry ebbe come la sensazione che gli occhi di pietra dei serpenti lo seguissero lungo il cammino.
Notò poi che c’era puzza di umido; si chiese quindi se il serpente fosse nascosto lì, da qualche parte, pronto ad attaccarli.
“Ginny!” gridò Ron, cominciando a correre a perdifiato verso una statua alta e dal volto scimmiesco, che arrivava fino a terra. Tra i due piedi di pietra vi era una figura vestita di nero e dai capelli rosso fiamma: era la sorella di Ron.
Dopo essersi scambiati un’occhiata fugace, Harry seguì Neville con il cuore in gola.
E se si fosse trattata di una trappola del serpente?
Tuttavia non accadde nulla; il Basilisco non spuntò fuori quando ebbero raggiunto Ron, che tentava di svegliare Ginny.
“Ginny dai! Non puoi essere morta! Svegliati Ginny! Il tuo fratellone è qui!” cercò di dire Ron alla sorella, sollevandole il capo; ma quella rimase inerme.
Ron era disperato, e più la ragazza non si riprendeva, più il ragazzo perdeva il controllo di sé.
Neville si era piegato su Ginny e tentava di aiutare, mentre Harry sentiva tutti muscoli tesi, incapace di muoversi. L’idea che Ginny fosse morta, o che stesse per farlo, lo scioccava più di quanto volesse ammettere a se stesso.
“Non si sveglierà” disse una voce dietro le loro spalle.
Harry sobbalzò e si voltò: accanto a uno dei pilastri, vi era poggiato un ragazzo dai capelli neri e dai contorni sfocati, che dimostrava più o meno sedici anni.
D’un tratto, Harry si ricordò: era lo stesso ragazzo delle visioni. Era Tom Riddle.
“Tom…Tom Riddle?” chiese Harry, tremando.
Riddle  annuì, senza levare gli occhi da Ginny.
“Che vuoi dire che non si sveglierà?” chiese Ron, e la voce tremava di paura e di pianto.
“Non sarà mica….non sarà mica…?”
“Non ancora” rispose Riddle. “Ma per poco”.
Harry fissò Riddle, e sentì la testa girargli improvvisamente, senza spiegarsi perché, ma avrebbe dovuto aspettarselo, perché accadeva ogni volta: vide degli sprazzi di immagini….lui, nella stessa situazione…solo che non c’erano né Ron né Neville con lui…era solo.
“Sei un fantasma?” chiese Neville, sostenendo lo sguardo di Tom Riddle.
Quest’ultimo ghignò. “Un ricordo” rispose suadente. “Un ricordo conservato in un diario per cinquant’anni.”
Harry spaziò lo sguardo e vide che, poco lontano da Ginny, c’era aperto un diario. Il diario.
“Tom, devi aiutarci” disse Ron, ancora accanto alla sorella. “C’è un mostro qui. Dobbiamo portarla fuori! Non sappiamo dove si trovi questa creatura, ma potrebbe saltare fuori da un momento all’altro!”
Riddle non si mosse, cosa che faceva sentire Harry ancora più nervoso. Non sembrava neanche che desse segno di esitare, ma era in piedi, fiero di sé, come se avesse il pieno controllo su tutto; e questo non faceva che turbare Harry ogni minuto di più.
Ron cercò di sollevare Ginny da terra, poi si chinò per riprendere la bacchetta magica; ma, lanciando un urlo, s’accorse che quella non c’era più.
Harry vide con orrore che anche la bacchetta sua e di Neville erano sparite.
 Poi notò che erano tutte e tre nelle mani di un Tom Riddle indifferente e, anzi, divertito.
Neville s’avvicinò a lui, cercando visibilmente di mantenere la calma.
“Grazie” disse, “ora puoi restituircele. Ci servono”.
 Harry con ribrezzo vide Riddle increspare le labbra in un ghigno ancora più evidente.
“Senti” alzò la voce Neville, con la pelle lucida e madida di sudore. “Dobbiamo andarcene di qui! Se il Basilisco…”
“Verrà solo se chiamato” rispose tranquillo il ragazzo.
Harry vide Ron deporre dolcemente a terra Ginny e avvicinarsi a lui, il volto contorto in un’espressione indecifrabile.
Ma Tom Riddle non aveva tempo per altri, solo per Neville.
“Lo sai” disse, tetro, facendo vibrare il cuore di Harry, “speravo tanto d’incontrarti. Di parlarti”.
“Non importa!” cercò di dire Harry, perché sentiva dentro di sé che si stava avvicinando un momento che non gli sarebbe piaciuto per nulla.
“Senti, dobbiamo portarla fuori di qui! Siamo nella Camera dei Segreti…. Parleremo dopo!”
“Invece parliamo adesso!” esclamò Riddle, e come sollevò una delle mani sfocate Harry fu spinto indietro lungo il pavimento viscido.
“Harry!” esclamò Ron, venendo in suo soccorso.
Tom Riddle si rivolse di nuovo a Neville.
“Come ha fato Ginny a ridursi così?” chiese il ragazzo a Tom.
Questo fece un largo sorriso, mentre Harry lesse nei suoi occhi le sue cattive intenzioni.
Avrebbe voluto avvertire Neville, perché aveva visto qualcosa, sentiva qualcosa.
Ma allo stesso tempo, capì che se avesse interrotto quella conversazione con tutta probabilità non avrebbero scoperto nulla.
“Questa sì che è una domanda interessante” commentò Riddle, divertito. “Ed è anche una storia molto lunga. Vedi, la ragione principale per cui Ginny si trova qui, è che ha aperto il suo cuore a me.”
“Ma di che cosa stai parlando?” chiese Neville, incredulo. Harry, invece, aveva capito benissimo.
“Il diario” rispose Riddle. “Il mio diario. Sono mesi che Ginny si sfoga su di esso, raccontandomi tutte le sue lacrimevoli preoccupazioni sul fatto che i fratelli non la capiscono, che si sente sola, che è dovuta venire con abiti e libri di seconda mano a Hogwarts, delle regole che deve seguire…”
L’elenco si interruppe con una risatina malefica.
“E’ così noioso stare a sentire una stupida ragazzina e i suoi inutili e sciocchi pensieri.
Ma sono stato bravo. Sono stato paziente. E ho ottenuto da lei ciò che volevo.
La sua anima, che è diventata la mia e mi appartiene.
Così, dopo che lei mi ha raccontato tutti i suoi segreti, io ho cominciato a dirle i miei.
Alimentandomi delle sue paure più profonde, l’ho convinta ad aprire la Camera, facendole dono di un potere che nessun altro ha avuto, nemmeno io, che sono stato il primo ad aprire la Camera dei Segreti”.
Harry ebbe un brivido. Che cosa le aveva fatto?
“Che cosa stai dicendo?” chiese Neville, e Harry notò che anche la sua voce tremava quanto il suo corpo.
In tutta risposta, Riddle ghignò. “Lo vedrai se necessario”.
Harry guardò Ron, che era sempre più bianco dietro le lentiggini, e le orecchie erano sempre più rosse; sembrava aver afferrato qualcosa che a Harry era ancora sconosciuta.
“No…non può essere…Non starai dicendo che ha commesso lei tutti quegli attentati?” domandò Ron.
Tom Riddle spostò per la prima volta lo sguardo su di lui, soddisfatto.
“Anche questo. Ovviamente, non è mai stata cosciente di quello che ha fatto. Ma era necessario che eseguisse quello che le era stato ordinato. Poi ha intuito che qualcosa non andava, e ovviamente ha lasciato il diario alla prima persona che le è venuta in mente” e guardò Harry.
In quello stesso istante, il ragazzo si sentì trafitto come da una freccia. Che cosa intendeva dire con la ‘prima persona che le era venuta in mente’? Che Ginny lo odiava, e quindi pensava che sarebbe stato meglio lui posseduto che lei? A quella possibilità si sentì sprofondare.
“Ovviamente, io sapevo che lei aveva tentato di liberarsi di me, e non mi vergogno dicendo che speravo che capitasse nelle mani tue, Neville,” continuò Riddle, tornando su Neville.
“Purtroppo il diario finì nelle mani del tuo sciocco amico, che non abboccò.
Ginny però era ormai sotto il mio completo controllo, e per lei non bastò lasciarmi abbandonato a qualche ragazzino per sottrarsi alla mia volontà. Così è tornata in sala comune e ha ripreso il diario ed è venuta qui, cercando poi di liberarsi e di ribellarsi, finché non è svenuta; e più moriva, più prendevo forma e vita. Come adesso”.
Riddle mostrò loro le mani, sempre più reali e nitide via via che il tempo passava.
 Harry guardò Ginny, sempre più pallida.
Dovevano fare qualcosa, ma il ragazzo non sapeva cosa.
“Ma perché? Perché ce l’hai con tutti i mezzosangue?” chiese Neville, serio e tremante allo stesso tempo.
Tom Riddle gli rivolse uno sguardo penetrante, poi il petto gli si gonfiò, e disse, con voce alta:
“Per ricostruire l’esercito di purosangue che aiuterà Lord Voldemort a tornare in vita! Tutto perché miro a te, Neville”.
“Che t’importa di lui? È vissuto molto dopo di te!” disse Neville, i pugni serrati.
Riddle si sgonfiò, e sul volto si formò un’espressione suadente ed eccitata allo stesso tempo.
“Lord Voldemort è il mio passato, presente e…futuro” rispose, e con una delle loro bacchette scrisse in aria:
 

Tom Marvolo Riddle

 
Poi le agitò di nuovo, e le lettere del suo nome si disposero in ordine diverso:
 

Io sono Lord Voldemort

 
“Vedi’” bisbigliò. “Era un nome che usavo già a Hogwarts, ma naturalmente soltanto con gli amici più intimi. Non potevo di certo usare ancora quello sporco nome da Babbano di mio padre, che mi abbandonò ancor prima che nascessi! Io, Erede di Serpeverde, dovevo scegliere un nome che valesse tanto quanto la mia persona. Ovviamente, nessuno ha mai sospettato di me ai tempi della scuola.
Mai. Neanche quando ho incastrato Hagrid facendolo espellere dalla scuola per via del suo ragno domestico. E ora io, il più grande mago di tutti i tempi, risorgerò ancora!”
“Non è vero! Tu non sei il più grande mago di tutti i tempi! Quello è Albus Silente!
Io ti ho visto, e sei meno che morto” reagì Neville.
Riddle rise. “E’ bastato il ricordo di me per cacciarlo!”
“Non credere che se ne sia andato!” ribatté Neville con coraggio. “Lui non se ne andrà mai, finché ci sono coloro che gli sono leali!”
Improvvisamente, si sentì una musica, quasi ultraterrena, che mise in Harry calma e serenità.
Era quasi distaccato dal mondo, si sentiva galleggiare nel nulla, finché quel canto divenne sempre più vicino.
Poi, un uccello di fuoco volò nella stanza, tra le mani un cappello.
Harry lo riconobbe immediatamente: era il Cappello Parlante.
“Una fenice?” chiese Tom, seguendo il volo danzante dell’uccello, che finì per posarsi sulla spalla di Neville, il Cappello Parlante ai suoi piedi.
“Fanny!” esclamò Neville, accarezzando le piume infuocate della creatura.
Tom Riddle fece presto a riprendersi dalla sorpresa.
“E così è questo il dono che Silente ti manda? Un uccello canterino e uno stupido Cappello?
D’accordo, facciamo un gioco….testiamo la potenza di Lord Voldemort, Erede di Salazar Serpeverde, con quella del famoso Neville Paciock, munito delle armi che Silente è in grado di offrirgli!”
Lanciò uno sguardo divertito a Fanny, poi si dissolse come polvere.
Il cuore di Harry prese a battere forte.
Dov’era finito?
“Se ne è andato?” balbettò Ron, guardandosi intorno.
Harry lo imitò, le gambe che gli tremavano; da un momento all’altro, sapeva che Tom Riddle sarebbe venuto fuori da qualche angolo, attaccandoli. Il solo pensiero lo teneva ben piantato a terra.
Tutti e tre gli amici si guardarono in silenzio. Poi Ron si chinò su Ginny, ma prima che riuscisse a sollevarla quella emise un singulto.
 Aprì gli occhi, che rotearono spaventosamente all’indietro.
Harry, Ron e Neville indietreggiarono, mentre lei prendeva ad alzarsi a quattro zampe, e poi si sollevava in aria, emettendo strani rumori dalla bocca, come se stesse per scoppiare.
I suoi occhi erano sempre più spalancati, e poi…
Poi la sua bocca s’aprì sempre di più, come se stesse per sputare un grosso calderone.
Il cuore di Harry minacciava di esplodere, tanta era la paura.
Qualcosa cominciò aduscire dalla bocca della piccola Ginny, qualcosa molto, molto più grosso di lei.
Era una testa di serpente; Harry capì qual era il dono che Tom Riddle le aveva fatto proprio lì, giù nella Camera.
L’aveva trasformata nel Basilisco. Ecco perché non si vedeva mai nei corridoi della scuola, ecco perché evitava di guardare la gente negli occhi! Perché, quando Voldemort l’avrebbe voluto, il serpente che era dentro di lei si sarebbe attivato….come in quel momento.
Un lungo, sottile serpente uscì dalla bocca di Ginny, e poi ne seguì un altro.
Harry vide che dentro il Cappello era spuntata la spada di Grifondoro, e si sbilanciò per prenderla, ma uno dei serpenti gli si arrolò lungo il polso e lo trascinò via, facendolo sbattere contro i piedi della statua; poi prese a immobilizzarlo lungo i fianchi, in modo da non poterlo far intervenire.
Harry vide con disperazione che anche Ron, che si era lanciato in aiuto di Neville, era stato fermato dall’altra parte della stanza, privo di sensi per via della botta in testa.
Neville era l’ultimo rimasto. Se fosse spuntato un altro serpente, avrebbe fermato anche lui, e sarebbero stati uccisi tutti e tre. Voldemort avrebbe vinto.
Harry ebbe la sensazione che a Neville spettasse quello più grosso.
 Scoprì che purtroppo aveva ragione: nonostante Ginny gli desse le spalle, vide chiaramente uscire dalla sua bocca il Basilisco. Harry lesse l’espressione spaventata di Neville, che era caduto a terra, indietreggiando. Stava per alzarsi e fuggire, finché la fenice, spuntando da un lato ignoto nella stanza, volò in picchiata verso il serpente gigante, e sprizzi di sangue uscirono dagli occhi della bestia: lo stava accecando. La creatura si dimenò dal dolore ma Harry ebbe il tempo di gridare a Neville: “La spada! Prendi la spada dal Cappello!”
Il ragazzo fu abbastanza sveglio da approfittare del momento e del consiglio di Harry, per poi ripararsi dietro la gamba della statua, opposta a dove si trovava Harry.
Tuttavia il ragazzo si rese conto che il Basilisco poteva ancora fiutare il compagno.
Il mostro s’allungò proprio nel punto dove si trovava Neville, ma quello svelto gli passò sotto e montò sul serpentone, conficcandogli la spada nella coda. Il Basilisco urlò, però non fu sufficiente a ucciderlo.
Harry si sentì di dover aiutare l’amico. Forse, se fosse…
“Neville!” lo chiamò di nuovo. Il compagno fece in tempo a venire nella sua direzione, mentre Ron si risvegliava lentamente. “Sali sui pilastri!” gli suggerì, prima che il ragazzo fosse raggiunto dal Basilisco, e fu costretto a correre di nuovo al lato opposto di Harry.
Tuttavia sembrò aver colto l’idea abbastanza bene; aspettò il momento in cui il serpente fu attaccato di nuovo da Fanny, che stavolta puntò al naso, per salire su una delle teste di serpente.
Il Basilisco però lo sentiva ancora; e Neville attese che la bestia lo attaccasse al petto per colpirlo proprio alla testa, facendogli passare la spada da parte a parte.
Il mostro urlò, si dimenò; e poi s’accasciò a terra debolmente.
Ginny tirò un sospiro, come se stesse per vomitare, e poi chiuse gli occhi e cadde a terra, immobile e inerme come prima.
Anche i serpenti che tenevano stretti i due ragazzi morirono all’istante, e si disintegrarono come polvere,  finendo in un punto ben preciso della sala, dove riprese forma Tom Riddle.
In quello stesso momento, Fanny si chinò sul povero Neville, che era caduto dal pilastro di pietra e sembrava sul punto di morire per via del veleno del mostro.
L’uccello pianse, e le ferite di Neville sembrarono risanarsi in fretta.
“Certo, avevo dimenticato” osservò Tom, “le lacrime della fenice hanno il potere di curare….ma non per lei, quanto meno. Ormai la sua vita appartiene a me” aggiunse, rivolgendosi a Ginny.
Mentre Tom Riddle rideva, Harry vide il diario che giaceva poco distante da lui.
Poi i suoi occhi caddero sul Basilisco, morto. Ed ebbe un’idea.
Mentre Ron raggiungeva Neville, s’alzò debolmente e andò verso il mostro.
“Che cosa fai?” chiese Tom, improvvisamente interessato a quello che stava facendo Harry.
Il ragazzo non rispose; una piccola speranza si era accesa in lui, e non voleva perdere tempo.
Staccò una delle zanne alla bestia, poi si diresse velocemente al diario.
Guardò Tom Riddle, sfidandolo, e solo quando caricò il polso l’altro capì quello che stava per fare. “No!” gridò Riddle, ma troppo tardi: Harry aveva conficcato la zanna al centro del diario, mentre dentro di sé gridava vittoria, e sangue nero fuoriusciva dalle pagine.
Sotto gli occhi dei tre, Tom Riddle provò a combattere, ma divenne una figura sempre più sfocata e sembrava rompersi come in un sogno.
Con un ultimo grido, Tom Riddle esplose, e Harry fu sicuro che quella volta fosse veramente finita.
Poi corse da Ginny, raggiunto da Ron e Neville, con in mano le bacchette dei tre.
La ragazzina riaprì gli occhi, incrociando lo sguardo di Neville, e poi abbracciò il fratello.
“Che vergogna! Ero io impossessata da quel mostro orrendo! N-Non sapevo c-come dirlo! A-avrei voluto ma….oh, grazie, grazie per avermi liberato! Grazie, Grazie!” disse, e poi gettò le braccia al collo di Neville, che divenne tutto rosso.
 
ODDIO ODDIO ODDIO ECCOMI QUI! PANT PUNT PANT C'E' VOLUTO TANTISSSIMO! PENSATE CHE HO DOVUTO RIVISITARE QUASI TUTTO IL CAPITOLO...PERO' VABBE'...PENSAVO DI DIVIDERLI ALL'INIZIO, PERO' POI HO PENSATO DI FARE UNA COSA UNICA PERCHE' MI SEMBRAVA AVESSE PIU' SENSO...HO VISTO UN BOTTO DI LETTORI COMUNQUE ALLO SCORSO CAPITOLO (NESSUNA RECENSIONE, TUTTAVIA SONO SODDISFATTA LO STESSO) :D GRAZIE CHE AUMENTATE.. SONO DELUSA DAL FATTO CHE QUALCUNO MI ABBIA TOLTO DALLE RICORDATE, MA VABBE', PERDONATEMI MO E' UN PERIODO DI LAGNE...TUTTAVIA STAVOLTA VE LO CHIEDO PALESEMENTE, POTETE SCRIVERMI SE VI PIACE O MENO? SE FUNZIONA O NO? COSì PER SAPERE...SAPETE CHE CI TENGO DI PIU' AI LETTORI CHE ALLE RECENSIONI, MA STAVOLTA VE LO CHIEDO SFACCIATAMENTE GIUSTO PERCHE' E' IL PENULTIMO CAPITOLO, PERCHE' IL PROSSIMO INTRODURRA' PRATICAMENTE COME CAPITOLO FINALE IL TERZO...CHE SARA' TUTTTA UN'ALTRA ROBA! VABBE' QUINDI VI CHIEDO DI LASCIARMI UNA RECENSIONE. BASTA NON INSISTO. VABBE'. COMUNQUE, GRAZIE A TUTTI VOI CHE LEGGETE, MI DATE UNA GRANDE SODDISFAZIONE!!!!!!! UN BACIO GRANDE E AL PROSSIMO CAPITOLO, AVERYN
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** La Scelta Di Harry ***


Capitolo 11
 
LA SCELTA DI HARRY
 
Toc Toc.
La fenice beccò alla finestra del professor Silente. Harry sperava tanto che il preside fosse nel suo ufficio, perché giaceva a mezz’aria con Ron e Neville e Ginny a penzoloni sotto di lui.
Si chiese se, nella possibilità che il professore non ci fosse, Fanny li avrebbe lasciati cadere nella nebbia che adornava il castello.
Con suo grande sollievo, Silente era tornato e aprì loro la finestra, facendoli entrare.
“Che piacevole sorpresa” li accolse, mentre i quattro ragazzi cadevano davanti alla sua scrivania e Fanny la fenice si appollaiava sul suo trespolo.
Harry si guardò i vestiti, rendendosi conto solo allora di quanto fosse malridotto, ma il professore sembrò non farci più di tanto caso.
“Immagino che abbiate passato una nottata movimentata” commentò, quasi divertito, chiudendo di scatto la finestra da cui entrava tutto il freddo del primo mattino.
“Sì signore” risposero in coro i quattro ragazzini.
Silente guardò i visi di ognuno di loro, provati e stanchi, per poi fermarsi su quello di Ginny.
“Ritengo che un buon riposo colmi molte ferite, signorina Weasley. Harry, per favore, dalle il Mantello” gli ordinò il professore, anche se nel suo modo gentile .
Harry rimase di stucco; come sapeva lui del Mantello dell’invisibilità? Pensava che fosse abbastanza segreto…in fondo, ne erano a conoscenza soltanto i suoi amici d’ infanzia e Hermione, Neville e ora Ron…nulla che avesse a che fare con i professori della scuola.
Silente rimase in attesa, e fu solo quando Harry tornò con la testa sulla terra che passò alla compagna il mantello con mano tremante.
“Grazie” gli disse Ginny.
“E ora, a letto. Domani mattina ti riconvocherò per sapere meglio i dettagli di tutta la faccenda” le sorrise Silente.
Harry, come Ron e Neville, stava per seguirla, ma Silente li trattenne.
“Signori” riferì, “ritengo che ascoltare prima il vostro punto di vista sia molto più interessante. Signor Paciock, il diario, prego”.
Neville avanzò e pose il piccolo libro, bucato al centro e contornato di sangue secco, sulla scrivania del preside.
“Molto bene” commentò Silente.
“Signore, come sa del…” approfittò Harry, ma fu interrotto di nuovo dal preside.
“Ogni cosa a suo tempo. Dopotutto, sono amico dei tuoi genitori da anni”.
Harry capì di non dover chiedere oltre.
Neville prese poi a raccontare tutto ciò che era capitato loro in ogni dettaglio.
Gli occhi di Silente brillarono, notò Harry, in modo assai strano, come se avesse già sentito quelle parole, avesse già vissuto quelle situazioni…esattamente come lui.
Ma forse era solo un’impressione, e lui non aveva tempo per delle semplici impressioni.
Rimase comunque a fissarlo fino alla fine della storia, chiedendosi se la sua fosse immedesimazione o orgoglio riguardo ai propri studenti.
Alla fine del racconto, il sole era sorto quasi completamente. Harry sentiva le palpebre pesanti, nonostante i ricordi freschi dell’accaduto l’avessero tenuto ben sveglio.
Silente, che si era accomodato sulla sedia della scrivania, non dava invece segno di stanchezza.
Guardò tutti e tre, e quando i suoi occhi incrociarono quelli di Harry, il ragazzo si sentì esaminato fino all’osso.
Distolse lo sguardo, così fece Silente. In quel momento, solo con gli occhi, il preside gli aveva comunicato che avrebbe voluto che rimanesse quando Ron e Neville avrebbero fatto ritorno al dormitorio.
E Harry aveva accettato nella stessa maniera.
“Beh, immagino che sappiate che avete infranto quasi tutte le regole della scuola” comunicò loro intensamente il professore.
Harry sapeva che era più una constatazione che un rimprovero, tuttavia, sentì di aver commesso un grave errore; e scoprì che non era l’unico a pensarla così.
“Sì signore” risposero all’unisono i tre compagni, le teste basse.
Silente si sporse su di loro.
“Tuttavia, ritengo che, per quello che avete fatto, vi meritiate un Encomio Speciale per i Servizi resi a Hogwarts a testa” sussurrò, come se si trattasse di segretezza, e fece loro l’occhiolino.
Ron sollevò lo sguardo sui suoi due amici, e tutti e tre sorrisero nello stesso momento. Non sarebbero stati puniti!
“Ora, signor Weasley” lo chiamò Silente, e Harry vide Ron tornare tutto d’un pezzo, mentre Silente gli dava una pacca sulla spalla e gli rendeva una pergamena, “vorrei che portassi questa in Guferia. Credo che rivogliamo tutti il nostro guardiacaccia, no?”
Ron annuì, e fece per uscire dalla stanza. Ma non arrivò a posare la mano sul pomello che la porta si spalancò e il povero compagno finì quasi appiattito contro la parete.
L’intruso maleducato entrò con aria tronfia, e Harry si ricordò subito chi era, perché era uguale a suo figlio: Lucius Malfoy.
Era seguito da un elfo domestico, e Harry non esitò a riconoscerlo: era Dobby, che era entrato in casa di Neville per avvertirlo quell’estate e, dopo quello che avevano passato,  il ragazzo sapeva finalmente perché.
Anche Neville lo notò dietro Malfoy, e i suoi occhi si spalancarono dalla sorpresa.
“Dobby!” esclamò. “Ecco chi sono i tuoi padroni! I Malfoy!”
Lucius Malfoy si voltò verso il suo servo, scoccandogli un’occhiata severa, mentre quello cercava di nascondersi dietro le grandi mani.
“Con te faremo i conti dopo” gli bisbigliò minaccioso, facendo sobbalzare la povera creatura.
Poi il signor Malfoy si rivolse a Silente, l’espressione quasi infastidita, o indignata, Harry non sapeva bene quale delle due.
“Vedo che è tornato” disse, viscido.
Silente lo guardò, sornione, gli occhi fieri oltre le lenti a mezzaluna.
“Hanno ritenuto necessario richiamarmi, dati gli ultimi terribili eventi”.
Malfoy chinò leggermente il capo; cercava di nascondere il suo fastidio, ma a Harry arrivò lo stesso.
“Dati gli ultimi eventi” si limitò a ripetere Malfoy.
“Esattamente” rispose risoluto Silente, “ e mi è anche giunta voce che lei ha minacciato tutto il Consiglio di far del male ai loro figli se non avessero firmato la mia petizione di sospensione”.
Lucius Malfoy era talmente pallido che non arrossì, ma delle leggere chiazze rosate comparirono sulle guance.
“Io ho sempre agito per il bene di questa scuola” si difese, gelido.
“Lo comprendo perfettamente” sorrise Silente.
“Beh, hanno trovato il colpevole degli attentati, comunque?” chiese Malfoy, dopo un momento d’imbarazzo.
Silente gli rivolse uno sguardo soddisfatto e serio al tempo stesso.
“Oh sì. Lord Voldemort. Ma stavolta, non ha agito direttamente. Ha ritenuto necessario usare questo, per influenzare le giovani menti di questa scuola” e gli mise davanti il diario.
Ora Malfoy non poteva più nascondere neanche la furia.
“Grazie a dei ragazzi coraggiosi, comunque, la situazione si è risolta” aggiunse Silente, e si rivolse soprattutto a Neville.
Malfoy si girò proprio verso quest’ultimo. “Beh, immagino che Paciock ci sarà sempre per risolvere…la situazione” commentò, sempre freddamente.
Neville sostenne il suo sguardo. “Fino alla fine”.
Lucius Malfoy si sistemò il mantello e, senza commentare, uscì dall’ufficio.
Con un cenno del capo di Silente, Ron lo seguì poco dopo.
Neville, invece, guardava insistentemente il diario. “Signore, non è che potrei averlo per un momento?” chiese.
Silente sorrise. “Ma certo” rispose “però poi voglio fare due chiacchiere anche con te, da solo”.
Neville annuì. “Farò in un attimo” e, afferrato il diario, sparì oltre la porta.
Harry si ritrovò da solo con Silente; non sapeva perché, ma gli tremavano le gambe.
“Siediti, Harry” lo invitò Silente.
Harry prese posto senza fiatare.
Il professore si sporse verso di lui, incrociando le dita davanti al viso, gli occhi fissi su Harry.
Seguì il silenzio, aspettando che qualcuno dei due cominciasse a parlare.
Harry aveva paura di prendere parola; a dirla tutta, ne aveva già molta a stare lì.
“Bene, Harry” cominciò il preside affabile, con quel suo tono calmo, “dovrebbe esserci qualcosa che devi dirmi”.
Harry rimase lì, impalato a fissare il professore. Sì, ci sarebbe stato qualcosa che doveva dirgli.
Il cuore batteva forte; non si sentiva pronto a rivelare a qualcun altro tutti i suoi sogni e le sue visioni. Sì, l’aveva fatto con Neville e Hermione, d’accordo, ma era diverso! A loro serviva sapere quello che lui vedeva. C’entrava Voldemort.
Invece, adesso, non c’era motivo di parlarne….o forse sì?
“Harry, secondo te perché ti volevo incontrare, durante l’anno?” chiese Silente, sempre calmo.
Nonostante non sembrasse un rimprovero – e forse non lo era- Harry si sentì di nuovo colpevole.
Harry guardò Silente allungo, ragionando sul da farsi. Doveva dirglielo? Poteva fidarsi di lui?
Ricordò improvvisamente il foglietto dell’anno precedente, e i suoi occhi, poco prima, brillare mentre Neville parlava, come se sapesse già tutto. A quel pensiero, si sentì stranamente più al sicuro.
“D’accordo” si arrese “racconterò tutto. Dall’inizio, fino alla fine”.
Silente gli regalò un grande sorriso. “Non vedo l’ora di ascoltare ciò che hai da dire”.
Iniziare fu difficile, ma poi sembrò che gli eventi si susseguissero da soli.
Vedeva delle immagini, e lui parlava, rivivendo le stesse emozioni di quando aveva sognato le prime volte a quando Neville e Hermione erano stati informati su tutto.
Inoltre, Silente non sembrò stupirsi quando Harry gli confessò che sia lui che Neville avevano avuto le stesse visioni, e che per qualche ragione quelle di Neville si erano fermate.
Non mancò di dire neanche le impressioni di Hermione sull’intera faccenda, con cui Silente sembrò essere d’accordo.
Poi il preside lo fissò con i suoi occhi brillanti dietro le lenti a mezzaluna, senza dire una parola, per quelli che sembrarono minuti.
Il ragazzo sentiva che stava per fargli una richiesta, che avrebbe forse cambiato per sempre la sua intera esistenza.
Ma Silente non sembrò avere fretta, e si limitò a studiarlo ancora una volta, come se si aspettasse dall’altro una qualche reazione; anche Harry non riusciva a fare nient’altro che fissarlo, attendendo che il professore facesse il primo passo.
Poi il preside poggiò la testa sulle mani incrociate, dando a Harry l’impressione che pregasse, o che fosse immerso in qualche oscuro ragionamento.
Harry però sentiva che doveva attendere, perché se Silente ci metteva così tanto a dirgli le sue intenzioni, una ragione c’era.
Il professore poi tornò di nuovo su di lui.
“Harry, sai che questo è un dono, vero?” chiese lentamente, la voce quasi ridotta a un sospiro.
“Sì, signore” rispose Harry, sentendosi improvvisamente a disagio.
“Non è un caso che l’abbia proprio tu. Ma quello che mi chiedo, Harry, è sei sarai pronto per sapere la risposta. Il motivo è molto più profondo e oscuro di quanto tu possa solo immaginare. Sarai abbastanza forte, Harry?” chiese Silente, ed era piuttosto serio; inoltre, sembrava non voler staccare il contatto che s’era creato fra gli occhi suoi e di Harry.
Questo si sentì improvvisamente ribollire in tutto il corpo, come se si fosse immerso in una vasca d’acqua calda. L’eccitazione prese possesso di lui, la voglia di sapere, di conoscere, che gli faceva venire al tempo stesso i brividi lungo la spina dorsale.
Non sapeva se sarebbe stato mai pronto, ma voleva conoscere anche la verità, quella verità cui, ogni volta che gli si avvicinava, cercava di non pensare.
Perché era troppo pesante da sopportare, intensa e piena come un’altra vita.
Insisté nello sguardo del professor Silente, cercando di decidersi.
“Io…credo di esserlo…sì, ne sono sicuro”.
E lo era davvero, nonostante tutti i pericoli in cui sarebbe incorso per scoprirla.
Silente fece un sorriso affabile.
“Sono contento che tu abbia scelto questa via, Harry” commentò, rilassandosi sullo schienale, “perché la verità è molto più importante di ogni bugia. Ti manderò un gufo per i dettagli”.
Harry capì che il colloquio si era concluso, e si alzò dalla sedia per dirigersi alla porta dell’ufficio.
Poi si voltò di nuovo verso il preside. “E’ necessario che le chiami Neville, signore?“
“No” rispose Silente, “suppongo che sappia lui quando venire”.
“ Dirà anche a lui quello che ci siamo detti?” chiese Harry, e sentì che la sua voce era salita di un’ottava.
“Non una parola” rispose Silente.
Harry si diresse così verso il dormitorio, pieno di pensieri.
Si chiedeva se accettare fosse stata la cosa giusta.
Aveva allo stesso tempo la sensazione che se non l’avesse fatto, non avrebbe mai saputo il vero motivo delle sue strane visioni, e le uniche risposte erano nel professor Silente.
Gatta stregata” disse monotono alla Signora Grassa.
“Non c’è bisogno di essere tristi, caro! Stasera c’è una grande festa!” cercò di sollevarlo di morale lei, prima di lasciargli libero il passaggio.
Harry passò attraverso il buco del ritratto, curandosi poco di quello che aveva detto la Signora Grassa.
Tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento era stare solo.
Appena mise piede nella sala comune, però, fu sommerso da qualcuno, che scoprì poi essere Frank.
“Harry!” esclamò, preoccupato. “Dov’eri? Che cosa è successo? Stamattina non eri nel tuo dormitorio, e poco fa ho visto tornare la Weasley con il tuo Mantello dell’invisibilità! E’ rientrato adesso anche suo fratello! Perché sei sporco di sangue?” parlava concitato, controllandolo dappertutto per vedere se aveva qualcosa di rotto.
“Sto bene” lo rassicurò Harry, con ancora quel tono monotono.
Dalle preoccupazioni di Frank ne dedusse che evidentemente la piccola avventura nella Camera dei Segreti non si era ancora diffusa fra gli studenti, ma ci avrebbe messo poco a farlo, se qualcuno di loro quattro ne avesse fatto solo cenno. O anche se non ne avessero parlato loro, la faccenda sarebbe venuta fuori comunque.
“Stasera c’è una festa in Sala Grande, Harry, per le persone che si sono risvegliate…tu ci verrai, no?” chiese Frank, incerto.
“Io…sì, penso di sì” rispose Harry, stancamente.  “Scusa Frank, ma ho bisogno di riposare, io…ci vediamo dopo”.
“Oh…d’accordo” fece deluso l’amico, che evidentemente sperava di fare quattro chiacchiere con lui.
Ma Harry aveva assolutamente bisogno di dormire; quella sera la storia della Camera dei Segreti sarebbe venuta a galla, forse lo stava già facendo in quel momento. Voleva godersi un buon riposo prima di passare un’altra notte in bianco a ripetere infinite volte il modo in cui era morto il Basilisco.

Quella sera, Harry si unì a Frank, John e Richard per scendere in Sala Grande. Avrebbe voluto anche Ron e Neville con loro, ma non vedendoli pensò che fossero già scesi alla festa.
La storia, come Harry aveva previsto, aveva preso piede in tutta la scuola, proprio mentre lui si riposava; qualcuno aveva saputo della notizia e non aveva mancato di diffonderla.
Per questo Frank, John e Richard lo guardarono ammirato lungo le scale di marmo, senza però chiedergli nulla, per fortuna; forse pensavano che avrebbero potuto sentire l’avventura da qualcun altro, o forse che chiederglielo dimostrasse poca mancanza di tatto.
Non appena misero piede nella Sala Grande, Harry notò come i tavoli delle quattro case fossero stati spostati lungo il perimetro delle pareti di marmo, così come quello degli insegnanti, e su tutti erano stati depositati cibo e bevande a volontà. In fondo alla sala, proprio alla destra di Harry, era stato portato un tavolo tondo medio, dove erano stati messi dei giochi, tra cui scacchi e scatole di spara schiocco; il resto era tutto un grande spazio quadrato, e studenti e insegnanti chiacchieravano e giocavano in mezzo alla sala.
Louise venne loro in contro e baciò Harry sulle guance, saltellando.
“Harry! Ho saputo! Sei stato così coraggioso!” lo elogiò.
Harry si limitò a sorriderle; nonostante il riposo lo avesse giovato, si sentiva ancora molto stanco.
Poi lei lo prese per un braccio, e fece per trascinarlo verso uno dei tavoli con le vivande, ma non fece in tempo che qualcun altro lo assalì, gettandogli le braccia al collo: era Hermione, seguita da Neville.
Louise mollò improvvisamente il braccio di Harry, il suo bel volto contorto in una smorfia dolorosa mentre si faceva  da parte.
Harry capì di sentirsi leggermente in imbarazzo, visto che sentiva le guance scottargli sempre più.
Quando Hermione lo guardò, i suoi occhi comunicavano orgoglio.
“Oh, Harry, non ci posso credere! Avete fatto tutto voi! Avete risolto il mistero! Sono così contenta!” squittì, rivolgendosi anche all’amico che l’aveva seguita.
“Beh…ehm…senza il tuo aiuto non avrebbe scoperto proprio nulla, veramente…I tuoi indizi sono stati fondamentali” arrossì Harry. Sì, ora era sicuro di essere arrossito.
Hermione mise una mano sulla spalla di Neville e guardò entrambi. “Beh, tutto quello che posso dire, è che sono fiera di voi. Avete lavorato come una vera squadra!”
Poi fu chiamata da qualche compagno di Corvonero che Harry non conosceva, e sparì fra la folla dopo aver donato loro un ultimo sorriso.
Frank, Louise, John e Richard rivolsero tutta la loro attenzione a Neville, per la prima volta veramente colpiti da ciò che aveva fatto.
“Hai distrutto veramente tu il Basilisco?” chiese Richard, ammirato.
Neville divenne immediatamente scarlatto.
“Sì” rispose Harry per lui, contento che fosse stimato finalmente dai suoi amici. “Ha fatto tutto da solo”.
Harry però sapeva che non era merito loro se avevano trovato la Camera dei Segreti, ma di quella persona che era poco distante da loro, la testa rosso fiamma che risaltava su tutte le altre.
Senza pensare, acchiappò Ron e lo portò davanti al suo gruppo d’amici.
“Senza il suo aiuto, però, non saremmo mai riusciti a sconfiggere il Basilisco. Se abbiamo trovato la Camera, è tutto merito suo: è lui che ci ha parlato di Mirtilla Malcontenta, e se non l’avesse fatto, probabilmente ora non saremmo qui” disse, esaltandolo.
Ron era avvampato come suo solito intorno alle orecchie, e guardava Frank e gli altri, rigido.
Frank sembrò riflettere allungo, come in attesa di esprimere un giudizio.
Poi gli tese la mano, con cipiglio risoluto.
“Mi sbagliavo su di te, Weasley” disse lui. “E’ inutile continuare a essere rivali se non c’è motivo. Noi non siamo i nostri genitori, giusto? E se sei sopravvissuto nella Camera, sei degno di nota”.
Ron sembrò sorprendersi di quelle parole. Lo guardò come se fosse completamente impazzito e poi, dopo un attimo di esitazione, gli strinse la mano.
I due si sorrisero. “Ti va se provo a batterti a scacchi?” chiese amichevolmente Frank.
Un’espressione furba si dipinse sul volto di Ron. “Non ce la farai mai”.
Tutto il gruppo si spostò al tavolo lì accanto, dove erano stati depositati tutti i giochi.
Harry però non li seguì subito; s’accorse che Neville era sparito.
Spaziò lo sguardo fra gli studenti in sala, per poi notare che l’amico era coinvolto in una  conversazione con Ginny Weasley, poco più in là.
Sentì una fitta al cuore.
“Harry, tu che fai vieni?” chiamò Louise, dal tavolo accanto.
Harry scosse la testa e li raggiunse. Ci sarebbe stato tempo per i cattivi pensieri, ma non quella sera.

ALLOOOORAAAA CHE VE NE PAREEEE???? ANCHE IL SECONDO EPISODIO DI QUESTA SAGA SI E' CONCLUSO...MA NON VI PREOCCUPATE, TORNERO' PRESTO ALLA CARICA CON IL TERZO, CHE COME HO GIA' DETTO E' TUTTA UN'ALTRA ROBA....
UN GIUDIZIO FINALE DA 1 A 10?? AHAHAHAHA VABBE' COMUNQUE SIA SPERO VI ABBIA EMOZIONATO ABBASTANZA.
GRAZIE GRAZIE GRAZIE AL MASTRO GIBBS ALIAS MARTY E ALL'ALTRA FEDELISSIMA LUNADISTRUGGI PER LE VOSTRE STUPENDOUS ET  ETGREGIUS RECENSIONIS.
THE STORY CONTINUES....
AVERYN
PS SE CI SONO ERRORI DI BATTITURA O ALTRO, SCUSATEMI!

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