Di nuovo a Camelot

di Sweet_Juliet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nel Castello ***
Capitolo 2: *** Fuga ***
Capitolo 3: *** Sola ***
Capitolo 4: *** Aspettando Gwen .... ***
Capitolo 5: *** Segreto ***
Capitolo 6: *** Ritorno ***
Capitolo 7: *** Perchè? ***
Capitolo 8: *** Confessione ***
Capitolo 9: *** Investitura ***
Capitolo 10: *** Invito ***
Capitolo 11: *** Serata tra amici ***
Capitolo 12: *** Nervosi? ***
Capitolo 13: *** Sorrisi e Lacrime ***
Capitolo 14: *** Imprevisto ***
Capitolo 15: *** Un tè con il re ***
Capitolo 16: *** Spaccatura ***
Capitolo 17: *** Gita in città ***
Capitolo 18: *** Cena Interrotta ***
Capitolo 19: *** Di nuovo problemi ***
Capitolo 20: *** Novembre ... ***
Capitolo 21: *** Guai nella Foresta ***
Capitolo 22: *** Aiuto! ***
Capitolo 23: *** A-A-Artù! ***
Capitolo 24: *** Le grida di un padre ***
Capitolo 25: *** Preoccupazione e Rimorso ***
Capitolo 26: *** Un piccolo aiuto ***
Capitolo 27: *** Un corridoio affollato ***
Capitolo 28: *** Una possibilità. L'ultima ***
Capitolo 29: *** Udienza ***
Capitolo 30: *** Speranza ***



Capitolo 1
*** Nel Castello ***


… Di nuovo a Camelot …

Nel castello
 

“Gaius? Gaius, dove siete?!” chiamava Gwen.
Era passata circa mezzora da quando aveva salutato Artù, che era partito insieme agli altri per liberare Camelot dal dominio di Morgana e Morgause.
E lei non riusciva a trovare il medico.
Il principe gli aveva ordinato di stare con lei per proteggerla ma, nonostante avesse setacciato ogni angolo del Castello degli Antichi Re, Gwen non l’aveva trovata da nessuna parte.
Esausta, si sedette alla Tavola Rotonda, che fino e poche ore prima era occupata da altri otto uomini, pronti a dare la vita l’uno per l’altro.
Si era sentita al sicuro allora, come se fosse stata protetta da quei puri ideali di libertà e uguaglianza, ma in quel momento era assolutamente e completamente terrorizzata.
Probabilmente Gaius aveva preferito seguirli per stare accanto a Merlino aiutarlo, invece di ascoltare il comando del principe.
Principe che si sarebbe infuriato una volta saputo che il medico l’aveva lasciata sola, ma intanto lei si trovava a doversi nascondere come una codarda in quell’enorme castello abbandonato e tenebroso.
Aveva pregato più e più volte Artù affinché la portasse con sé, ma lui glielo aveva negato.
Prima era stato il suo lato militare a parlare, dicendole che averla lì sarebbe stata solo un’inutile distrazione per tutti, non avrebbero potuto combattere e proteggerla allo stesso tempo.
Poi aveva alzato gli occhi e, incatenandoli ai suoi, le aveva confessato la vera ragione del suo rifiuto: aveva paura di poterla perdere.
Davanti a tutto l’amore che traspariva dal suo sguardo, lei non aveva potuto replicare ma, con le lacrime agli occhi, lo aveva salutato con un bacio struggente, senza curarsi degli sguardi dei presenti, e si era fatta promettere che sarebbe tornato da lei sano e salvo, per poi raggiungere Camelot insieme, da vincitori.
Non doveva pensarci.
La sua mente doveva concentrarsi su altro.
Il fatto che lui fosse andato a combattere contro degli immortali non faceva che alimentare l’angoscia di Gwen per la sua sorte.
Doveva distrarsi, così sguainò una spada e iniziò ad affilarla, quei gesti finivano sempre per calmarla, le ricordavano quando era bambina e, insieme a Elyan, aiutava il padre nella fucina.
Artù non l’aveva lasciata mai completamente indifesa, ma aveva consegnato a lei e al medico due tra le migliori lame del regno, la propria e quella di Sir Leon.
Era commovente vedere come, nonostante avvenimenti tragici come il dominio di due streghe su Camelot, non fosse cambiato nulla: il primo pensiero del principe era sempre per lei.
Aveva iniziato così, forse per colmare l’assenza di Gaius, poi si era alzata e ora si stava aggirando per il castello.
Era salita ai piani superiori e si era ritrovata in un’enorme sala da ballo.
Era grande quasi quanto quella di Camelot, ma era spoglia.
Specchi, lampadari e ogni oggetto di valore dovevano essere stati trafugati, dopo l’abbandono da parte dei sovrani.
Anche tutte le altre stanze erano ridotte in quel modo, rovinate dall’abbandono, ma si riconoscevano le tracce dei tempi in cui il castello era abitato da cavalieri e dame.
Dopo numerose scale e decine e decine di stanza, sbucò in una camera un po’ più piccola delle precedenti, ma non per questo meno sfarzosa.
C’erano resti di affreschi sulle pareti, brandelli di tende lavorate e pezzi di mobili finemente intagliati; accanto alla finestra c’era uno scrittoio con un calamaio, ormai inutilizzabile: doveva essere uno studio, forse proprio quello del re di un tempo.
Incuriosita, si avvicinò alla parete e si mise ad osservare attentamente un particolare affresco: ritraeva una giovane donna, probabilmente un membro della famiglia reale, seduta in un prato, immersa nella lettura di un libro.
Gwen sfiorò il muro con le dita e si sentì un rumore metallico, come di una serratura che scattava, provenire dalla sua destra.
Si voltò verso la parete.
Lì, dove fino a pochi secondi prima c’era un solido muro, si era resa visibile una porta.
La ragazza la oltrepassò e si trovò nella più grande biblioteca che avesse mai visto.
Era meravigliosa.
Gli scaffali raggiungevano il soffitto e riempivano buona parte della stanza segreta.
Gwen era circondata da libri di ogni genere e ne rimase affascinata, non aveva mai avuto l’occasione di tenerne uno tra le mani.
Solo i nobili potevano permettersi dei lussi del genere e lei era solo una serva.
Si accostò allo scaffale più vicino ed estrasse un volume: doveva essere un libro di fiabe e lo aprì con gli occhi che brillavano e le mani tremanti per l’emozione.
Stava per iniziare a leggere il suo primo libro quando, improvvisamente, sentì un rumore provenire dai paini inferiori.
Il testo le cadde di mano con un tonfo.
No potevano essere loro, era troppo presto perché fossero già riusciti a tornare.
Nemici.
Dei nemici erano entrati nel castello.
E lei era sola.
 
 
 
 
Angolo Autrice:
ciau a tutti!!!
Questa è la mia prima ff su Merlin, il pairing è Artù/Ginevra e ci saranno molti momenti romantici, li adoro insieme!!!
Beh, questo è il primo capitolo e .. spero vi sia piaciuto
Un bacione a tutti coloro che leggeranno e, per favore, lasciate un commento! ;)

Sweet_Juliet 
 

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Capitolo 2
*** Fuga ***


Fuga
 

Nemici.
Dei nemici erano entrati nel castello.
E lei era sola.

Si guardò intorno disperatamente alla ricerca della spada, ma non la trovò.
Doveva averla lasciata in una delle stanze che aveva visitato.
Terrorizzata e maledicendosi per la propria stupidità, fece il percorso a ritroso, stando attenta a non fare il minimo rumore, ma soprattutto a percepire i passi degli intrusi ai piani inferiori.
Finalmente la trovò, ma era a un solo piano dall’ingresso.
La prese e la strinse forte con le mani, poi fece per correre di sopra per rifugiarsi nell’enorme biblioteca, ma …
Quando si girò per farlo, fu sorpresa da un soldato, che iniziò a scagliare fendenti nella sua direzione.
Non riuscì a trattenere un urlo di terrore, quando la lama le sfiorò un braccio e fuggì nella direzione opposta.
Non aveva ancora esplorato quell’ala del castello e perciò non sapeva dove i suoi piedi l’avrebbero condotta.
Cercò di non pensarci e continuò a correre e a salire, con un po’ di fortuna, forse, sarebbe riuscita a raggiungere la biblioteca.
La cosa più importante ora era mettere quante più stanze possibili tra lei e i nemici.
Sentiva il rumore metallico delle armature dei soldati che la seguivano, mentre cercava disperatamente di mettersi in salvo.
Era stanchissima, aveva percorso un’infinità di scale, ma non poteva permettersi una sosta: loro le stavano alle calcagna e fermarsi avrebbe significato la morte.
Salì, salì e continuò a salire finché, per miracolo, arrivò alla stanza dello scrittoio.
Riuscì a entrare e stava quasi per raggiungere l’accesso alla biblioteca, quando …
Purtroppo non era ancora finita.
Due soldati l’avevano raggiunta.
Gwen indietreggiò per sfuggir loro, ma si trovò con le spalle la muro, senza alcuna via di scambio.
Impugnò la spada davanti a sé: un vano tentativo di difendersi, ma sapeva che sarebbe stato tutto inutile.
Erano due contro una, due esperti soldati contro la figlia di un fabbro e ne stavano arrivando altri.
Le lacrime le sgorgarono dagli occhi quando vide il sorriso sadico che aveva trasformato il volto degli uomini.
Forse non l’avrebbero uccisa subito.
L’aveva capito, volevano divertirsi con lei e perciò continuarono ad avvicinarsi, lentamente, lieti di vedere il suo viso sbiancare e la sua espressione diventare sempre più spaventata.
Provò ad agitare la spada, ma con un semplice gioco di polso fu fatta volare lontano.
Ora era completamente e assolutamente indifesa, davanti a soldati senza scrupoli.
Avrebbe preferito morire subito, che aspettare di subire quello!
Ora gli uomini nella stanza erano una decina, tutti con lo stesso ghigno sul volto.
Questa volta non ci sarebbe stato nessuno a salvarla.
 
 
 
 
 
Angolo Autrice:
salve a tutti!!!!!!
Vi piace la storia???
Con questo capitolo ho voluto tenervi un po’ sulle spine, ma penso che aggiornerò abbastanza presto, circa una volta alla settimana
Ora vado
Un bacione a tutti

Sweet_Juliet 
 

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Capitolo 3
*** Sola ***


Sola

Uno la prese per un braccio e glielo torse dietro la schiena, Gwen urlò di dolore mentre veniva condotta da colui che doveva essere il capo degli aggressori.
Sorrideva anche lui e pareva un leone a caccia della sua preda.
“Qual è il tuo nome, bellezza?” le chiese prendendo tra le mani uno dei suoi riccioli.
Gwen non rispose.
Non riusciva a muovere un muscolo, era totalmente paralizzata dal terrore.
Provò a reagire, divincolandosi disperatamente, ma il ghigno sul volto dell’uomo che aveva davanti le confermò ciò a cui stava cercando di non pensare: non aveva possibilità di fuga, anche se fosse riuscita a liberarsi dal soldato che la tratteneva, questi sarebbe stato sostituito da molti altri.
Era circondata, come un animale in trappola.
“Non devi essere molto importante se ti hanno lasciato qui … tutta sola” riprese a parlare “Sai, questa zona è pericolosa, avresti potuto incontrare banditi, predoni, … in effetti, è una fortuna che ti abbiamo trovato”.
“Ora sei al sicuro” continuò, accarezzandole una guancia e suscitando l’ilarità dei compagni.
Gwen cercò di sottrarsi a quel contatto indesiderato ma, com’era prevedibile, non ci riuscì.
Il soldato si avvicinò ancora di più, ora le sue labbra si trovavano a pochi centimetri da quelle della ragazza, e sussurrò: “Non ti farò del male, non devi avere paura di me e non devi averne nemmeno per i tuoi amici, a quest’ora saranno morti. Peccato non essere a Camelot, avrei voluto uccidere personalmente quel codardo di un Pendragon, che ha il coraggio di lasciare sola una donna indifesa” ghignò e si fermò per osservare l’effetto delle proprie parole.
Ginevra, in uno scatto di rabbia, sputò in faccia al soldato, che fu colto alla sprovvista.
Ma, dopo le battute e le risate dei compagni, il “capitano” si riprese, si ripulì il viso e sembrava che stesse per allontanarsi quando, invece, la colpì violentemente il volto con un guanto di ferro.
Chi la reggeva, la lasciò andare e lei cadde a terra con un tonfo, tenendo le mani sopra al labbro insanguinato, con gli occhi pieni di lacrime.
A quella vista, il capitano sembrò rallegrarsi e ordinò ai suoi di tenerla bloccata a terra; intanto le si sedette a cavalcioni e, stringendole i polsi, prese possesso della sua bocca.
Gwen piangeva disperata: non era in grado di sottrarsi a tali torture, aveva dieci uomini attorno a sé e sapeva che ognuno avrebbe voluto avere un suo “assaggio”.
Avrebbe desiderato di morire in quel momento, quando il soldato che la sovrastava, il cui nome era Rodd, iniziò a toccarla, sfilandole cintura e maglia per poterle slacciare lentamente il corsetto.
La ragazza non sapeva che fare, sperava solo che tutto finisse presto.
Vedendo il suo sguardo ormai rassegnato, Rodd sembrò eccitarsi maggiormente e, tra i fischi dei compagni, la baciò con più foga, senza permetterla di respirare o di fare qualcosa di diverso da cercare di serrare le proprie labbra.
Scontento del risultato e della sua mancata collaborazione, estrasse un pugnale dallo stivale e lo puntò alla gola di Gwen.
Le aveva lasciato i polsi, tenuti saldamente dai suoi sottoposti, e si era issato sulle braccia per guardarla in viso.
Era sempre stato un sadico.
Adorava vedere il terrore negli occhi delle sue vittime e quelli di Ginevra erano esattamente lo specchio del suo cuore: profondi pozzi castani, assolutamente e completamente in preda al panico.
Non era la prima volta che eseguiva uno stupro, ma questo sarebbe stato il più eccitante: era il primo che compiva nella sua nuova vita da immortale.
Nulla poteva fermarlo, era invulnerabile.
“Baciami” le ordinò appoggiandole la lama alla gola “Fallo o ti giuro che soffrirai molto più di quanto ti aspetti”
“Hai capito, bellezza?” le chiese, stringendole il volto con una mano.
Gwen annuì tra le lacrime e lui si alzò in piedi, la sollevò e la scaraventò malamente contro la parete della stanza.
Aveva nuovamente i suoi polsi tra le mani e non si era mai sentito così potente in vita sua.
“Fallo. Ora” le impose e, afferrandola per il collo, avvicinò il volto di lei al proprio, ma non prese alcuna iniziativa, doveva essere lei a farlo.
Doveva sentirsi umiliata.
Dopo pochi secondi la ragazza si avvicinò a sua volta e fece ciò che le era stato chiesto.
Dischiuse le labbra e lo baciò, tentando di immaginare che al posto del soldato ci fosse Artù, ma lui non le avrebbe mai fatto del male in quel modo.
Non l’avrebbe mai violata così, prendendo possesso di lei brutalmente e senza il suo pieno consenso.
Rodd si stancò presto del bacio.
Non era ancora soddisfatto, voleva di più.
Le comandò di adularlo.
E lei lo fece, ormai era totalmente assoggettata a lui.
Gli disse tutto ciò che voleva sentire e fece ciò che le chiese di fare.
Non le importava più nulla, desiderava solo di morire.
E al più presto possibile.
Non aveva smesso un attimo di piangere, ma i suoi singhiozzi e gemiti erano soffocati dalle risate sguaiate degli uomini intorno a lei.
Rodd la ridepose a terra con malagrazia e decise di passare al prossimo “stadio” della sua umiliazione.
Si era seduto vicino ai piedi di Gwen e le stava sfilando le scarpe, poi aveva appoggiato le mani sulle sue caviglie, iniziando a risalire lentamente le gambe, con un ghigno sadico sul volto.
Lei era scossa dai sussulti, mentre lo sentiva farsi strada sui polpacci, le ginocchia, le cosce …
Poi, improvvisamente, si sentì un enorme boato, che spaventò i soldati, facendo allentare loro la prese sulla ragazza, la quale percepì immediatamente la mancanza del corpo che la opprimeva fino a qualche secondo prima.
Aprì gli occhi e urlò di terrore: gli uomini intorno a lei stavano esplodendo uno dopo l’altro.
In un attimo si ritrovò sola e la tensione accumulata e la sensazione di sollievo, che pensava non avrebbe potuto sperimentare mai più, la invasero a tal punto da non poter essere sopportate dal suo corpo provato.
Così, i suoi occhi si fecero pesanti e, svenendo, fu accolta dall’oblio.
 



Angolo Autrice:
sono tornata e sono ufficialmente in vacanza da ieri mattina!!!
Era ora, non ne potevo più della scuola.
Beh, ecco il nuovo capitolo, ancora non è presente Artù e spero che non vi arrabbierete per questo, ma prometto che ci sarà nel prossimo. ;)
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e che seguono questa storia e vi chiedo di lasciare altri commenti, per favore.
Spero che il capitolo vi piaccia.
Un bacione
Sweet_Juliet 

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Capitolo 4
*** Aspettando Gwen .... ***


Aspettando Gwen …
 

 
Quando i nemici esplosero sotto i loro occhi, i difensori di Camelot esultarono.
La battaglia era finita e loro avevano vinto, Merlino e Lancillotto dovevano aver fatto qualcosa che aveva distrutto gli immortali.
Artù si recò immediatamente dal padre, rimasto rannicchiato tremante in un angolo, e lo aiutò ad alzarsi.
Uther era molto debole e lo sforzo lo fece sbiancare; così, incapace di reggersi in piedi, si accasciò sul figlio, che venne subito aiutato da Sir Leon.
Il principe ordinò a lui e a Percival di condurre il re nelle sue stanze, mentre lui, Elyan e Gwaine avrebbero perlustrato il castello per stanare eventuali nemici.
All’improvviso, però, un forte terremoto scosse l’intero edificio e tutti si rintanarono accanto alle pareti per non essere colpiti dai detriti del soffitto.
Le scosse durarono pochi secondi e, subito dopo, i cavalieri si precipitarono nel luogo da dove provenivano.
Era una piccola sala vicino alla sala del trono e lì trovarono Merlino, Lancillotto e Gaius semisepolti dalle macerie.
Li aiutarono a liberarsi e, fortunatamente, riportarono solo ferite superficiali, che furono curate in fretta dal medico di corte.
I tre spiegarono ai cavalieri cos’era accaduto: la distruzione del calice, la morte di Morgause e la scomparsa di Morgana, le cui grida avevano causato il terremoto.
Artù ascoltava il resoconto di Merlino distrattamente, poiché la sua attenzione era concentrata su Gaius, intento a medicare Lancillotto.
Terminato il racconto, il principe pose la domanda che da alcuni minuti gli stava rodendo l’anima: “Dov’è Ginevra? Ti ha convinto lei a venire qui? Perché non è qui?!”
Gaius sbiancò e si trattenne dal rispondere.
“Dimmi dov’è, Gaius!” urlò, incapace di nascondere rabbia e preoccupazione.
“S-sire io …” iniziò il medico “io … io l’ho lasciata al castello degli Antichi Re” disse poi tutto d’un fiato.
“Cosa?!”, Artù gli si avvicinò furioso.
“Credevo che sarebbe stato più sicuro per lei … rimanere lì”.
“L’hai lasciata sola!” lo accusò e, furente, lo afferrò per il collo della maglia, quasi sollevandolo.
Gwaine lo raggiunse, trattenendolo per un braccio: “Artù fermatevi! Sono sicuro che lei stia bene”.
“Come puoi saperlo?!?” chiese il principe, stravolto dalla preoccupazione, e fece come per andare a prendere il suo cavallo.
Gaius e Merlino lo fermarono.
C’erano molte altre cose da fare prima.

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Mentre Gaius era stato condotto da Uther e gli stava dando delle pozioni per rimetterlo in forze, i neo-cavalieri avevano liberato i prigionieri e, insieme, avevano iniziato a ripulire il castello dalle macerie.
Poi, in un attimo di pausa, avevano tolto le armature per indossare le vesti rosse con il drago dorato, simbolo di Camelot, che più si addicevano al loro nuovo grado.
Artù si teneva impegnato.
Cercava di essere ovunque: un momento prima stava aiutando una donna al pozzo e quello dopo scostava le macerie o medicava i feriti.
Teneva la mente occupata, facendo di tutto per non pensare al padre, stravolto nell’animo, o a Ginevra, sola nella foresta.
Quando arrivò il momento di andare a prenderla, erano passate circa due ore dal termine della battaglia; c’era ancora molto da fare, ma Artù non poteva più aspettare: doveva vederla.
Così i cavalieri sellarono i propri cavalli e partirono alla volta del castello.
Artù non andò con loro, Gaius e Merlino lo avevano costretto a rimanere a Camelot.
Ora che suo padre stava male, era lui a dover esercitare le funzioni del sovrano, per cui dovette supervisionare lo spostamento delle macerie e poi, esausto, si sedette con il suo servo sui gradini del mastio, attendendo con ansia il ritorno dell’amata.


 
Angolo Autrice:
eccomi di nuovo!!!
Come va???
Beh, penso di aver aggiornato a tempo di record: meno di una settimana!!!
Purtroppo non posso dirvi dei giorni “ufficiali” in cui aggiornerò, ma credo che lo farò una volta alla settimana, oratorio permettendo. ;)
Finalmente è apparso Artù, per la gioia di miharu87, ma per la vera e propria arwen devo dirti ancora una volta che dovrai aspettare …
Beh, che altro …
Un bacione e buone vacanze,
Sweet_Juliet

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Capitolo 5
*** Segreto ***


Segreto
 

 
Arrivati al castello, smontarono dai cavalli e li legarono agli alberi attorno, poi si avvicinarono alle mura.
C’era qualcosa che non andava.
Il portone era spalancato.
Sguainarono le spade ed entrarono furtivamente, senza far alcun rumore.
Si divisero e, stando all’erta contro possibili nemici, perlustrarono il castello in cerca di Gwen.
 
 
Fu Gwaine a trovarla.
Era salito ai piani superiori e, entrando in una piccola stanza, l’aveva trovata completamente a soqquadro.
Niente di strano: erano tutte così quelle che aveva controllato, ma in quell’ultima scorse ciò che stavano cercando.
L’esile figura di una donna era sdraiata accanto alla parete.
Ginevra.
Gwaine le si avvicinò e controllò che fosse ancora viva, poi uscì dalla stanza e urlò: “Trovata!”, così che gli altri lo raggiungessero.
Tornò indietro dalla ragazza, la prese in braccio e la portò nella stanza accanto, dove la adagiò su un letto.
I suoi compagni arrivarono pochi secondi dopo con il fiatone.
Elyan si precipitò accanto a lei, preoccupatissimo, ma Gwaine lo rassicurò: “E’ solo svenuta” gli disse.
Il ragazzo, sollevato, si sedette e prese la sorella tra le braccia.
Le scostò i capelli dal viso e notò che aveva il labbro superiore molto gonfio e insanguinato, stupito, disse: “Ma cos …?”
Ma fu interrotto dai movimenti di Ginevra, che, lentamente, si stava risvegliando.
Aprì gli occhi e, terrorizzata, si guardò intorno in cerca di nemici, invece ciò che vide la riempì di sollievo e si rilassò nell’abbraccio affettuoso del fratello.
Elyan la strinse forte e gli altri cavalieri si avvicinarono per salutarla e chiederle se stesse bene.
Lei non rispose, allora il fratello le fece alzare il volto e la guardò negli occhi: “Gwen, cos’è successo qui?” le chiese dolcemente.
Lei non riuscì più a trattenere le lacrime e nascose il viso contro il suo petto, scossa dai singhiozzi.
Piangendo, raccontò ciò che era accaduto: come i soldati fossero entrati nel castello, l’avessero accerchiata e immobilizzata e il comandante si fosse avvicinato e …
A quel punto, non poté più continuare: la voce era sempre più rotta dal pianto e il volto sommerso dalle lacrime.
Dire che i cavalieri fossero furiosi è un eufemismo, avrebbero volentieri ucciso con le proprie mani gli uomini che avevano osato ridurre in quello stato la loro Gwen.
“Ti … ti ha fatto del male?” le chiese Elyan, trattenendo a stento la rabbia che in quel momento avrebbe potuto spingerlo a distruggere l’intero castello.
“S-solo questo” singhiozzò lei, indicandosi le labbra e mostrando i polsi insanguinati “s-sono spariti p-prima d-d-di …” e ricrollò nel pianto.
Elyan tornò a stringerla con enorme affetto e, accarezzandole i capelli, la rassicurava: “Ora è tutto finito. Ci siamo noi. Nessuno ti farà più del male.”
Lancillotto era furente, non aveva mai provato un così grande desiderio di uccidere come in quel momento: avrebbe voluto far pagare di persona a quei balordi che avevano tentato di violare Gwen.
La sua Gwen.
L’amava e avrebbe fatto qualunque cosa perché ciò non fosse accaduto.
Ora capiva la rabbia cieca di Artù verso Gaius qualche ora prima al castello.
Era rimasta sola per causa sua, anche se il medico non avrebbe potuto fare nulla per salvarla da una decina di soldati senza controllo.
Lui, Lancillotto, sarebbe dovuto rimanere con lei, la avrebbe potuta salvare …
Dopotutto, chi era per lui Uther?
Solo un vecchio che si era costruito un regno basato dal terrore e dall’odio verso la magia e proprio a causa di quest’ultima era stato devastato, per opera della sua stessa figlia.
Si era unito alla spedizione soltanto per l’amicizia che provava verso Merlino e … beh, sì, doveva ammetterlo, anche per Artù.
Lo avevano aiutato molto durante il suo soggiorno a Camelot e doveva rimediare … ma se avesse saputo che, agendo così, avrebbe messo in pericolo la vita di Gwen, nessuno avrebbe potuto convincerlo a lasciarla sola in quel castello.
I suoi pensieri furono bruscamente interrotti dalla flebile voce dell’amata: “D-dovete promettermi una cosa” disse e sollevò il viso per la prima volta dal suo risveglio.
I cavalieri risposero quasi all’unisono: “Qualsiasi cosa”.
“N-non dovete d-dire nulla di t-t-tutto questo ad A-A-Artù”.
Il filo dei pensieri di Lancillotto si infranse: lei non era sua.
Non lo era mai stata.
Era di Artù.
Doveva smettere di pensarla, di sognarla, di amarla.
Ma non ci sarebbe mai riuscito.
Non sarebbe mai riuscito a non amare una creatura come lei: così bella, dolce, gentile e coraggiosa anche in un momento come quello.
“P-p-promettete” ripeté ai cavalieri, restii ad assecondarla: il principe avrebbe desiderato, preteso, ordinato che gli fossero raccontati i fatti.
“Vi prego” implorò Gwen.
I cavalieri non riuscirono a sottrarsi alle sue preghiere e, a turno, promisero che avrebbero mantenuto il segreto.
Rimasero in silenzio in quella stanza per molti minuti ancora, finché la ragazza finì tutte le sue lacrime.
Allora Elyan le pulì il sangue dal viso, aiutandola a mettersi in piedi e a ricomporsi.
Poi, insieme, uniti da quell’enorme segreto, uscirono dal castello e montarono sui cavalli per tornare a Camelot.
Gwen non disse una parola durante tutto il percorso, mantenendo gli occhi fissi sul collo del suo splendido destriero bianco.
Elyan le cavalcava accanto e teneva le redini e i cavalieri erano tutti intorno a lei, come a formare uno scudo per proteggerla.
Vicini al castello, Gwen si riprese e iniziò a portarsi in testa al gruppo, con lo sguardo dritto davanti a sé, cercando di mostrarsi felice.
Il labbro era ancora molto gonfio e Artù lo avrebbe sicuramente notato, ma confidò che sarebbe riuscita a trovare una scusa plausibile per giustificarlo.
Lui non doveva assolutamente scoprire ciò che era accaduto.
 
 
 
Angolo Autrice:
buongiorno!!!
Come va???
Ok, so cosa state pensando: “Dov’è l’arwen???????”
Beh, posso assicurarvi (ora sul serio) che i prossimi capitoli ne saranno pieni ;)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto
Un bacione
Sweet_Juliet

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Capitolo 6
*** Ritorno ***


Ritorno
 

 
Stava entrando nel cortile del castello e tutte le sue preoccupazioni si cancellarono alla vista del principe, del suo principe, che si alzava per andarle incontro.
Un sorriso le salì spontaneo sulle labbra: era possibile che avesse un tale effetto su di lei?
Artù era radioso.
Ed era così per il suo ritorno! Non credeva di meritare un simile comportamento.
Un servo prese le redini del suo cavallo e il principe l’aiutò a smontare, per poi abbracciarla con trasporto.
“Mi sei mancata” le sussurrò all’orecchio “Ero così in ansia”.
Gwen godette pienamente di quel contatto così tanto desiderato, fino a quando lui si staccò e fece per baciarla.
“Co … cosa ti è successo?” le chiese, sollevandole il mento.
“Oh nulla, sono solo caduta da cavallo. Si è imbizzarrito e non sono riuscita a rimanere in sella” mentì lei con un sorriso.
Ma Gwen era incapace di mentire, per di più a lui.
Lui che notava ogni espressione del suo volto, ogni cambiamento del suo tono di voce, non gli sarebbe potuta sfuggire una bugia così ovvia.
Tuttavia, decise di non insistere.
Avrebbe scoperto più tardi ciò che voleva sapere.
Così, dopo averle regalato un sorriso di rimando come a volerla prendere in giro per la sua goffaggine, si chinò e la baciò con dolcezza, stringendola tra le braccia come se fosse stata un oggetto molto fragile e prezioso.
E per lui Gwen era proprio quello: era quanto di più prezioso esistesse al mondo.
 
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Artù la condusse da Gaius, che da poco aveva lasciato solo il sovrano e stava sistemando i propri alloggi.
Non appena la vide, il medico di corte corse incontro alla ragazza e l’abbracciò, scusandosi di averla abbandonata.
Gwen lo tranquillizzò dicendo che andava tutto bene e il principe gli chiese di fare qualcosa per le sue labbra.
L’uomo si mise subito all’opera e preparò una crema che le spalmò sulla parte gonfia, promettendole che in un paio di giorni sarebbe tornata come nuova.
Si congedarono e Artù la condusse in una lussuosa stanza, che le affidò in attesa di trovarle un alloggio migliore, poi la salutò con un dolce bacio sulla fronte.
Sentiva che in quel momento Ginevra non avrebbe parlato e non voleva costringerla, così si avviò nel cortile per coordinare le operazioni di ricostruzione.
Gwen invece non degnò la stanza di un solo sguardo e si gettò sul letto completamente vestita, addormentandosi all’istante.
 
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Nei giorni seguenti ebbero veramente pochi momenti per stare insieme: c’era ancora tanto da fare.
Artù svolgeva gli incarichi del padre malato e partecipava attivamente alla ricostruzione del castello e della città bassa insieme a Merlino e ai cavalieri; mentre Ginevra e un gruppo di volontari aiutavano Gaius a distribuire cibo e a medicare i feriti.
Volevano che tutto tornasse come prima al più presto.
Si sentivano forti, avevano sconfitto le streghe e volevano che ogni traccia del loro passaggio sparisse.
 
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Quando aveva visto Gwen sull’uscio della porta quella mattina, il medico le si era avvicinato e, senza proferir parola, le aveva lavato i polsi e medicato le escoriazioni causate dalla stretta dei soldati.
Si erano scambiati uno sguardo e, insieme, erano scesi in città.
Merlino assistito a tutta la scena da dietro la porta che conduceva alla sua stanza e si chiedeva perché Ginevra non avesse mostrato prima le ferite ai polsi al medico.
 
 
Angolo Autrice:
eccomi di nuovo!!!
Come va??? Io sono stravolta ma felice di aver appena terminato la terza ed estenuante settimana di oratorio feriale. J
Credo di aver aggiornato a tempo di record: meno di una settimana!!!
Beh, questo perché i prossimi capitoli sono già pronti, devo solo trovare il tempo di trascriverli.
Ringrazio tutti coloro che recensiscono, seguono o leggono in silenzio la storia e spero in qualche piccola recensione J
Un bacione
Sweet_Juliet

  

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Capitolo 7
*** Perchè? ***


Perché?
 

 
Erano passate un paio di settimane dal terremoto e la ricostruzione procedeva velocemente, ma il morale dei cittadini era a terra.
Il tradimento di Morgana, la figliastra del re, colei che tante volte avevano visto passeggiare per la città bassa, era un fatto inconcepibile e ci sarebbe voluto del tempo per accettarlo.
Per questo Artù decise di indire una cerimonia ufficiale per l’investitura dei nuovi cavalieri.
Camelot aveva bisogno di gioia, di feste.
Così un giorno, di buon mattino, si presentò nelle stanze del padre e gli espose la propria idea.
Lui era ancora molto debole, ma annuì e sembrò contento della decisione del figlio.
Subito dopo, però, un velo di tristezza tornò a coprire il suo viso e Artù uscì dalla stanza, scoraggiato.
Non aveva mai visto Uther così: il padre gli era sempre sembrato una persona forte, capace di affrontare qualsiasi problema con successo …
Non riusciva a capire come avesse fatto a ridursi in quello stato.
Gaius lo visitava quotidianamente, ma non poteva fare molto: quello del re non era un malessere fisico, ma mentale, riguardava i suoi sentimenti.
E un medico non sarebbe mai stato in grado di curarlo.
Perso nei suoi pensieri, si accorse appena di essersi diretto involontariamente verso le stanze di Ginevra.
Sorrise, il suo corpo gli aveva fatto capire ciò che la sua mente desiderava: vederla.
In quelle due settimane non erano riusciti a rimanere soli nemmeno per un momento a causa della frenesia per la ricostruzione.
Lui però aveva un disperato bisogno di vederla, sentirla, parlarle.
Sapeva che non gli aveva detto la verità riguardo a ciò che era successo mentre era sola nel castello abbandonato e per questo soffriva.
Cosa era accaduto di così grave da dover rimanere segreto?
Aveva interrogato più e più volte Elyan e gli altri cavalieri, ma senza successo.
Si erano tutti rifiutati di raccontare qualunque cosa.
Ma il principe era sicuro che loro sapessero.
E questo gli faceva ancora più male.
Si era confidata con loro e non con lui, perché?
Queste domande lo tormentavano continuamente.
Come se non bastasse, Ginevra aveva iniziato ad evitarlo.
Non pranzava mai insieme alla corte, né gli faceva visita come un tempo.
Quando aveva tentato di parlarle in un corridoio, si era congedata in tutta fretta, dicendo di avere delle faccende da sbrigare.
Artù non sapeva più cosa fare.
Ne aveva persino parlato con Merlino e lo aveva convinto a parlarne con Gwen, ma non aveva ottenuto alcun risultato.
Passava tutto il suo tempo con Gaius, preparando pozioni e cataplasmi per i pazienti, e, se non era con lui, stava chiusa nelle sue stanze in compagnia di Elyan.
Erano passate due settimane e Artù non poteva sopportare oltre di starle lontano.
Così, tornò velocemente nelle proprie stanze, dove trovò Merlino intento a riordinarle, e prese la colazione che lui gli aveva portato, poi si diresse rapido da Gwen.
L’aveva fatta sistemare in una delle migliori camere del castello, situata nel corridoio accanto al suo, e il principe raggiunse la sua porta dopo pochi secondi.
Bussò e attese una risposta.
Subito si aprì uno spiraglio abbastanza grande da permettergli di immergersi in uno degli stupendi occhi castani della sua amata.
“Buongiorno!” la salutò con un sorriso “Spero di non averti svegliato”.
“No, ero già in piedi da un po’” rispose.
“Posso entrare?”.
“Ecco, io …” iniziò Gwen “E’ tutto in disordine, non voglio che vediate …”.
“Ginevra …”.
“No, non potete. Ho molte cose da fare” continuò frettolosa, cercando di richiudere la porta.
Lui la bloccò con un piede: “Ginevra, fammi entrare”.
“Ti prego” aggiunse.
Lei cedette e indietreggiò per lasciarlo passare.
“Ti ringrazio” le disse e il principe entrò e, per la prima volta dopo due settimane, si ritrovò solo con lei e poté osservarla con attenzione.
Il gonfiore al labbro era sparito, ma intorno ai polsi aveva ancora delle bende (Merlino gliene aveva parlato, aveva visto Gaius medicarglieli).
Si avvicinò un po’ e notò anche che era dimagrita.
Il volto era molto più scarno del normale (aveva smesso di mangiare regolarmente, sospettò che fosse Elyan a ricordarle di farlo).
Il sorriso, poi, era scomparso dal suo viso.
Ora stava tentando di produrne uno accettabile, ma non riusciva a contagiare anche gli occhi.
Artù si avvicinò al tavolo e, senza una parola, vi appoggiò il vassoio, invitandola a sedersi.
Lei obbedì.
“Ho pensato di portarti la colazione” disse.
Gwen annuì, sussurrò un ringraziamento e iniziò a mangiare in silenzio.
 
 
Angolo Autrice:
salve a tutti!!!
Come vanno le vacanze???
Io sono in trepida attesa di vedere Harry Potter e i Doni della Morte - Parte 2, sono troppo elettrizzata!!!
So che non c’entra assolutamente nulla con Merlin, ma non ho potuto fare a meno di scrivervelo. ;)
Il capitolo vi piace?? Spero di leggere un po’ di commenti.
Un bacione
Sweet_Juliet 

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Capitolo 8
*** Confessione ***


Confessione
 

 
 Non mangiò molto, toccò appena la torta e il pane e bevve un sorso d’acqua, tutto senza mai staccare gli occhi dal piatto.
Artù suppose che non volesse incontrare il suo sguardo e gli si strinse il cuore al pensiero.
Una volta terminato, allontanò il vassoio e chinò la testa, rigirandosi le mani in grembo.
Rimasero così, in silenzio per alcuni minuti: il principe la fissava e lei teneva gli occhi puntati sulle proprie mani.
Quando non riuscì più a trattenersi, Artù sbottò: “Guardami!”.
Non voleva spaventarla, ma non ce la faceva più a reggere quella situazione.
“Cos’è successo?” le chiese il principe in trepida attesa.
Ginevra non chiese a cosa si stesse riferendo, lo sapeva: “Nulla” rispose, cercando di usare un tono convincente.
“Rispondimi” riprese e si alzò, avvicinandosi a lei.
“Chi ti ha fatto questo?” le passò dolcemente un dito sulle labbra “E questi?” disse prendendole delicatamente i polsi.
“N-nessuno, sono solo caduta da cavallo. V-ve l’ho detto”.
“Ginevra, non mentirmi”.
“Io … io non vi sto mentendo … ve lo …”.
“No, non giurare, non sarebbe la verità” la fermò il principe.
Lei fece per parlare, ma Artù non glielo permise: “Ginevra, … Gwen … Ti prego, rispondimi! Io … io non riesco ad andare avanti così sapendo che mi taci qualcosa.
Qualcosa di importante, troppo importante! Sono l’unico a non sapere di cosa si tratta. Tutti ne sono informati: Gaius, Elyan, Lancillotto ...
E questo mi fa male. Perché me lo nascondi?” disse tutto d’un fiato.
Poi le prese le mani fra le sue e continuò: “Fa star male anche te. Lo so, lo vedo. Non mangi, non dormi, non sorridi più … eviti qualsiasi contatto con chiunque … perfino, soprattutto con me.
Ti stai isolando, non è da te e sei dimagrita molto, troppo …
Io non lo sopporto, Ginevra, non sopporto che tu stia male! Io … io ti amo!
Non riesco a vederti soffrire senza saperne la causa, pensando di poterne essere io la causa!
Giuro che, qualunque cosa sia, non ti giudicherò, ma ti prego … ti prego, Gwen, dimmi cos’è successo e io farò tutto ciò che è in mio potere per aiutarti. Non posso vederti soffrire così”
“Ti prego, parlami, ti scongiuro” ripeté il principe.
Lei abbassò il volto, non l’aveva mai visto così … implorante ed era colpa sua, solo colpa sua se si era ridotto in quello stato, ma …
No, non doveva, non poteva raccontargli tutto.
Non avrebbe mai più avuto il coraggio di guardarlo in viso.
“Io … io” tentò di dire, con gli occhi pieni di lacrime.
“Ti prego” sussurrò nuovamente Artù.
Gwen alzò il viso e i suoi occhi umidi si immersero in quelli del principe, con un’espressione così intensa e triste che pensò di poterci annegare.
Le lacrime iniziarono a rigarle le guance.
Lui la aiutò ad alzarsi e la accolse tra le proprie braccia, affondando il volto tra i suoi capelli profumati e sussurrando ancora una volta: “Ti prego”.
Quell’enorme vicinanza, fisica ed emotiva, abbatté tutte le barriere formatesi nella mente di Ginevra, che, tra i singhiozzi, iniziò a raccontare.
Gli disse tutto, senza tralasciare alcun dettaglio mentre Artù, con una mano tra i suoi capelli e l’altra sulla sua schiena, la accarezzava dolcemente, ma dentro di sé era dominato da una rabbia cieca.
Quando gli disse ciò che il soldato l’aveva costretta a fare, si irrigidì, non riuscendo a contenere l’immensa ira che provava.
Gwen fraintese, pensò che il principe fosse arrabbiato con lei e, alzato lo sguardo, disse: “T-tu mi disprezzi. Ti prego, t-ti prego, perdonami” e fece per allontanarsi.
Artù non glielo permise: “Non potrei mai disprezzarti, Ginevra, e non hai nulla di cui farti perdonare” replicò “Hai fatto ciò che potevi per salvarti la vita e … posso solo esserti grato per questo. Se non l’avessi fatto, probabilmente ora non saresti qui e io non potrei più stringerti tra le mie braccia. Non credo che sarei riuscito a sopportarlo.” continuò stringendola come se l’avesse potuta perdere in quello stesso istante.
“Grazie per avermi detto la verità” disse infine il principe.
Lei annuì contro il suo petto e si lasciarono cadere entrambi in ginocchio.
 Rimasero così, abbracciati, per lungo tempo.
Ginevra piangeva convulsamente, confortata dalle forti braccia del suo principe.
Si amavano, di un amore vero, puro, eterno.
Nulla sarebbe mai riuscito a separarli.
 
 
 
Angolo Autrice:
sto aggiornando a tempo di record!!!
Ci ho messo molto a scrivere questo capitolo e spero sinceramente che vi sia piaciuto.
Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che leggono, seguono e recensiscono la storia e per dirvi anche, nonostante ancora una volta non c’entri assolutamente nulla né con la storia né con Merlin, che DOMANI andrò a vedere Harry Potter e per l’evento mi sono fatta stampare una maglietta con davanti la frase: “I have stuck with Harry until the very end” e dietro “You could claim that anything’s real if the only basis for believing in it is that nobody’s proved it doesn’t exist!”
Beh, ci tenevo a dirvelo, ora smetto di annoiarvi xD
Un bacione
Sweet_Juliet 

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Capitolo 9
*** Investitura ***


Investitura
 

Il giorno seguente Artù si recò con Gaius e Merlino nelle stanze del padre per aiutarlo a prepararsi per la cerimonia d’investitura.
Il principe indossava l’armatura di rappresentanza con il mantello rosso e lo stemma di Camelot e la spada al fianco.
Uther invece portava delle vesti sontuose, era ancora troppo debole per indossare l’armatura, e venne sorretto da Merlino e Gaius fino alla sala del trono, dove si sedette esausto.
Cercò comunque di mostrarsi felice, per Artù.
Ci teneva molto.
Aveva organizzato la cerimonia in grande stile per tirare su di morale il popolo, a cui era stata permessa l’entrata nel cortile del castello per acclamare i neo-cavalieri.
Il principe si sedette alla destra del re e, dopo di lui, la sala iniziò a riempirsi di cavalieri e dignitari di corte.
Cercò con gli occhi Ginevra ma non la trovò, però, immaginando la sua presenza, si alzò e richiamò l’attenzione su di sé, facendo calare il silenzio.
“Benvenuti cittadini di Camelot” esordì con un sorriso e allargando le braccia, come per accogliere tutti i presenti.
“Siamo riuniti qui oggi per compiere una cerimonia senza precedenti” continuò solenne.
Tutti lo ascoltavano rapiti e in trepida attesa.
“Mi spiace avervi convocati qui con così poco preavviso e senza nemmeno comunicarvi il fine del rito, ma volevo sorprendervi.
Oggi verrà modificato per la prima volta uno degli articoli della legge di Camelot. Il primo” fece una pausa, i presenti si scambiarono sguardi interrogativi: nessuno ne era stato informato.
Solitamente, la corte veniva interpellata per decisioni del regno importanti come quella, ma questa volta se ne erano occupati solo il re e suo figlio.
Artù fece un segno a Geoffrey, che avanzò, srotolò una pergamena e lesse: “Primo articolo del codice del regno di Camelot: i cavalieri dell’esercito del sovrano saranno scelti solo e soltanto tra la nobiltà di sangue”.
Richiuse il foglio e indietreggiò, porgendolo al sovrano, il quale iniziò a scrivere non senza una certa difficoltà.
Dopo poco tempo, Uther poggiò penna e calamaio e allungò il documento al figlio, che proclamò il nuovo decreto: “I cavalieri dell’esercito del sovrano saranno scelti indipendentemente dal loro ceto sociale, ciò che conterà saranno la fedeltà e la realtà dimostrata verso la corona e il regno”.
Artù arrotolò la pergamena e regalò un sorriso alla platea.
Poi continuò: “Mi impegno come vostro principe e futuro re a rispettare e far rispettare questo nuovo articolo, dando a chiunque lo desidererà e lo meriterà la possibilità di entrare a far parte dell’ordine dei cavalieri di Camelot.
A riprova delle mie parole, ora chiamo qui, innanzi al trono, quattro uomini che hanno rischiato le proprie vite per la salvezza di Camelot e i suoi abitanti, dimostrandosi degni di entrare a far parte dell’ordine”.
La folla dei presenti si aprì, lasciando passare quattro uomini vestiti da cavalieri, che andarono ad inginocchiarsi di fronte ai reali.
Anche Artù si inginocchiò davanti al padre, che gli consegnò la propria spada e tornò a sedersi, ancora molto debole.
Il principe ringraziò il padre e si voltò, avvicinandosi ai quattro uomini.
La folla li osservava in trepida attesa.
“Alzati, Sir Percival, cavaliere di Camelot” proclamò solennemente il principe, poggiando il piatto della spada prima sulla spalla sinistra, poi sulla testa e infine sulla spalla destra dell’amico.
Ripeté il rituale anche con Lancillotto, Elyan e Gwaine, poi i quattro si alzarono e, all’unisono si inchinarono ai reali, portando la mano sinistra sull’elsa della spada e la destra chiusa a pugno sul cuore.
“Ora fate parte del più nobile ordine di cavalieri esistenti. Siatene degni”.
I neo-cavalieri annuirono e si voltarono per essere accolti dall’applauso dei presenti, ma il principe li fermò presto con un gesto della mano.
E ricadde il silenzio.
Tutti, interdetti, si bloccarono e lo fissarono straniti.
La cerimonia doveva essere terminata, non c’erano più cavalieri da investire.
“Perdonatemi, ma temo di non aver finito con le sorprese” annunciò il principe, sempre sorridendo.
“Oggi non volevo solo nominare nuovi cavalieri: desidero anche celebrare un altro tipo di coraggio. Il coraggio di un’altra persona, che ha messo a rischio la propria vita per Camelot.
Ha aiutato i cavalieri mentre erano rinchiusi nelle segrete, li ha curati dopo le torture ed è riuscita persino a farne evadere uno, Sir Leon, per poi correre nella foresta ad aiutarmi a escogitare un piano per riprendere il regno.
Tutto ciò all’insaputa di Morgana e Morgause.
E credo, anzi sono certo, che sia anche merito suo se oggi possiamo dire di aver riconquistato completamente la nostra terra.
Perciò vi invito a raggiungermi, Ginevra” disse il principe, facendo volare il suo sguardo sui presenti.
Gwen non poteva crederci.
L’aveva elogiata davanti all’intera corte e le aveva anche attribuito il merito della vittoria.
Era … era sconvolta, non riusciva più a muoversi ma Merlino, dietro di lei, le sorrise e, con una spinta, la convinse ad avvicinarsi al principe.
La folla si tirò da parte per farla passare, fissandola meravigliata.
Lei arrivò di fronte ad Artù, si inchinò e si inginocchiò ai suoi piedi, non senza essere arrossita per il sorriso mozzafiato che lui le stava regalando.
Sorriso che era dedicato solo a lei.
“Ginevra, per il potere conferitomi dal sovrano e per le azioni eroiche da te compiute, ti attribuisco il titolo di Lady” disse, sfiorandole le spalle e la testa con la spada.
Poi le porse una mano e la aiutò ad alzarsi.
La fece voltare, sempre tenendole la mano, e lei fu accolta da un applauso ancora più fragoroso di quello rivolto ai cavalieri.
“Congratulazioni, da questo momento sei una nobildonna!” le sussurrò all’orecchio.
Aveva le lacrime agli occhi.
Artù l’aveva appena resa nobile!
Gwen era al colmo della felicità, ma lo sarebbe stata ancor di più se avesse realizzato subito ciò che quel gesto avrebbe comportato: il principe l’aveva solo premiata per coraggio dimostrato, ma aveva anche fatto sì che potessero stare insieme.


 
 
Angolo Autrice:
ciau a tutti!!!
Tutto bene???
Beh, ecco a voi il non capitolo di questa fic, spero che vi sia piaciuta e non vedo l’ora di leggere i vostri commenti a proposito.
Un bacione
Sweet_Juliet 

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Capitolo 10
*** Invito ***


Invito
 

 
I neo-investiti uscirono nel mastio insieme al principe e alla corte e furono acclamati dal popolo in festa, mentre il re veniva riaccompagnato nelle proprie stanze da Gaius.
Tutti volevano avvicinarsi e stringere le mani dei fortunati, ma soprattutto inneggiavano al principe, che aveva cambiato una legge favorendo le classi sociali meno elevate.
Elyan teneva stretta Gwen ed entrambi piangevano dalla felicità: ora avrebbero potuto vivere una vita migliore, inseguendo i loro sogni.
Poi la folla di cittadini tornò alle proprie case e al castello iniziò il banchetto, che durò fino a tarda notte.
Ginevra e i cavalieri erano seduti al tavolo del principe, insieme a Sir Leon e Geoffrey.
Artù si trovava al centro della tavolata, con Gwen alla sua destra e Sir Leon a sinistra, ed era radioso.
Irradiava felicità, chiacchierava amabilmente con chiunque, intrattenendosi a scherzare anche con servi e camerieri, ma non prestava realmente attenzione alle conversazioni.
Era totalmente rapito da lei e lo stesso valeva per Ginevra.
Erano sempre intenti a fissarsi e parlavano, parlavano molto, quasi dimenticando di essere circondati dalla più alta nobiltà del regno.
Discutevano dolcemente come erano soliti fare prima, quando lei era ancora una serva.
Non era cambiato quasi nulla: l’atteggiamento dei due era rimasto lo stesso, ma ora Gwen aveva il pieno diritto di occupare la sua lussuosa stanza a palazzo e avevano più possibilità di incontrarsi e stare insieme “allo scoperto”.
Un principe che si fosse intrattenuto a conversare con una serva sistematicamente avrebbe fatto scandalo, ma con una nobildonna?
Era normale che ciò accadesse.
 
 
Il banchetto durò fino a tardi e i commensali furono intrattenuti da musici, giocolieri e cantori.
Quando tutti furono sazi, i servi iniziarono a sistemare la sala, mentre gli ospiti tornavano alle loro dimore.
Il principe scortò Ginevra fino in camera, dove prima di andarsene le schioccò un dolce bacio sulla guancia, augurandole la buona notte.
 
 
I giorni successivi furono molto impegnativi per entrambi: Artù doveva supervisionare la ricostruzione della città e adempiere ai suoi doveri di reggente, mentre Gwen stava conoscendo la corte.
Il mattino seguente al banchetto una serva si era subito presentata alla sua porta, chiedendole se avesse bisogno di qualcosa, ma lei l’aveva mandata via in pochi minuti.
Era in grado di vestirsi da sola, fino al giorno prima era stata lei la serva.
Non si era montata la testa, anzi.
Aveva rifiutato di avere una serva personale, svolgeva da sola tutte le sue faccende e pensava che non si sarebbe mai abituata ad una vita del genere.
La annoiava.
Aveva trascorso un solo giorno da nobile e già le era stata presentata metà della corte, ma gran parte desiderava incontrarla solo perché la riteneva una sorta di fenomeno da baraccone.
Era … come dire … la novità del momento e si sarebbero stancati presto della sua presenza, erano molto pochi quelli realmente interessati a conoscerla.
Per questo cercava di stare più lontana possibile dal resto della nobiltà di palazzo e si dedicava ad aiutare Geoffrey nella biblioteca del castello.
Stava imparando un mucchio di cose, leggeva di tutto: testi di storia, medicina, matematica, ma soprattutto leggende.
A volte veniva raggiunta da Merlino, che le portava i libri di Gaius insieme a un fiore da parte di Artù.
 
 
Un paio di mesi dopo, il principe decise di tornare al castello degli Antichi Re per portare a Camelot la Tavola Rotonda e i volumi dell’immensa biblioteca scoperta da Gwen.
Incaricò Sir Leon e Sir Elyan di andare, insieme a un manipolo di soldati.
Ginevra spiegò al fratello come trovare l’entrata della stanza, non se l’era sentita di tornarci, non così presto.
Erano ancora troppo vividi i ricordi di ciò che aveva dovuto subire in quel luogo.
I cavalieri tornarono a fine giornata con un enorme carico: la Tavola Rotonda e un mucchio di libri.
Collocarono la prima nella sala riunioni del castello e consegnarono i tomi a Geoffrey che, insieme a Gaius, Merlino e Ginevra, lì sistemarono nella biblioteca.
I libri erano molto numerosi, erano così tanti che impiegarono un mese a trasferirli tutti a Camelot.
 
 
Intanto i giorni passavano lenti per Artù: tra gli allenamenti, incarichi di rappresentanza e visite al padre malato.
Non aveva il tempo di vedere Gwen.
Si svegliava all’alba e terminava i suoi compiti molte ora dopo il banchetto serale, ma vi erano momenti … momenti in cui si incontravano per caso, in un corridoio e, non visti, si scambiavano dolcissimi baci o, semplicemente, si salutavano con un sorriso.
Erano proprio quei brevi momenti a rendere uniche le giornate e a spezzare quella noiosa routine che si era creata.
Ma il principe non voleva, non poteva vivere solo di quei momenti.
Voleva di più, voleva poterla stringere tra le braccia senza creare uno scandalo, voleva urlare a tutta Camelot il suo sentimento per la ragazza!
Perciò lo fece.
Non poteva più aspettare.
Un giorno si svegliò poco dopo l’alba e, prima che arrivasse Merlino, si vestì e iniziò a frugare nelle proprie stanze e continuò  finché trovò l’oggetto della sua smaniosa ricerca.
Soddisfatto, lo avvolse in un panno di seta rossa e uscì, lasciando tutto a soqquadro.
Merlino avrebbe pensato a riordinarle.
Non avendo fame, si diresse verso il cortile interno e iniziò ad allenarsi, aspettando l’ora in cui sarebbero arrivati i suoi cavalieri.
Sir Leon fu il primo.
L’aveva visto lì, solo, e si era affrettato a raggiungerlo.
Gli altri arrivarono entro un’ora, pronti per iniziare.
Quel mattino si sarebbero allenato solo i cavalieri della guardia principale, gli altri si sarebbero susseguiti a turno.
Il principe aveva inoltre stabilito tre giorni durante la settimana in cui qualunque uomo di Camelot avrebbe potuto cimentarsi nel tentare di entrare a far parte dell’ordine.
Si allenavano da un po’ quando Artù scorse Merlino passare per un corridoio esterno e gli venne un’idea.
Terminò il proprio duello con Gwaine, non senza le proteste di quest’ultimo (era finito in un pareggio, tre assalti a tre) e lo chiamò: “Merlino!”.
Lui lo raggiunse in fretta: “Sì?”.
“Portami pergamena e calamaio” ordinò e tornò ad allenare i suoi uomini.
 
 
Toc, toc.
Il rumore di qualcuno che bussava alla porta.
Ma chi poteva essere?
Non aspettava nessuno quella mattina.
Andò ad aprire.
“Gwen, sono io! Sono Merlino.”rispose l’amico dal corridoio.
La ragazza lo fece entrare e attese che dicesse qualcosa.
“Beh, ecco … Artù ti manda questo” e le porse un biglietto scritto con l’elegante calligrafia del principe.
Lei, trepidante, lo prese e lo aprì.
“Buon giorno mia dolce Ginevra,
spero che tu stia bene;  in questi giorni non ci siamo visti molto, perciò è mio desiderio rimediare.
Vorrei invitarti a cavalcare con me domani mattina alle otto,
faremo un pic-nic, porterò io tutto il necessario.
Sarò lì, nel cortile ad aspettarti con i cavalli.
Sperando in una tua risposta positiva, ti lascio con un fiore.
A presto mia amata,

Artù”
 

Così recitava il biglietto scritto dal principe innamorato, ma Gwen non lo lesse ad alta voce e si riempì la mente di quelle dolci parole.
Artù non avrebbe mai finito di stupirla e sorprenderla.
Una piccola lacrima di gioia si fece strada sulla sua guancia al pensiero del desiderio che il principe aveva di incontrarla.
Merlino aspettava sulla soglia e disse: “Artù attende una risposta”.
“Digli che ci sarò, puntuale” disse, annusando la piccola viola che accompagnava il biglietto “Ah … e ringrazialo per questo” aggiunse indicando i piccoli petali.
Allora il mago tornò nel cortile a riferire il messaggio di Gwen e il principe, troppo felice per poter continuare, interruppe l’allenamento e iniziò i preparativi per il giorno seguente.
 
 
 
 
Angolo Autrice:
ciao a tutti!
Aggiornamento a tempo di record, sto cercando di postare più capitoli possibile per lasciarvi qualcosa per quando sarò al mare. Starò via un mese e sì, insomma  volevo lasciarvi qualcosa in più.
Sperando che anche questo capitolo vi sia piaciuto,
vi mando un bacio
Sweet_Juliet 

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Capitolo 11
*** Serata tra amici ***


Serata tra amici
 

 
“Questa carne è fantastica” esclamò Sir Leon.
“E’ del cervo che abbiamo catturato ieri” rispose il principe, indifferente.
“Come siete silenzioso questa sera, qualcosa vi turba?”.
“No, nulla. Sono come sempre. E poi, quante volte ti ho detto  di darmi del “tu”?” rispose Artù con un sorriso.
“Molte, ma dovrai ripetermelo molte altre volte ancora”.
Dopo questo scambio di battute continuarono a mangiare in silenzio, finché il cavaliere riprese la parola: “Beh, cosa dovevi dirmi?”.
“Di che stai parlando?”.
“Quando mi hai invitato qui stamattina credevo che volessi parlarmi di qualcosa, o sbaglio?” continuò Sir Leon.
“Ecco … volevo domandarti se domani potresti prendere il mio posto e allenare tu i cavalieri” disse il principe, cercando di sembrare naturale.
“Perché? Se posso chiederlo”.
“Ho deciso di andare a caccia con Merlino”.
“Ne sei certo?” replicò il cavaliere, dubbioso.
“Perché non dovrei?”.
“Beh, non sei mai stato bravo a mentire e io ti conosco” rispose Sir Leon.
“Ma come osi …” iniziò Artù.
“Basta, Artù. Sei il mio principe, ma prima di questo sei il mio migliore amico e so quando cerchi di nascondermi qualcosa. Se non vuoi dirmelo lo accetto, ma non mentirmi” lo fermò il cavaliere con decisione.
“Non ti sfugge niente, eh?” sospirò il principe.
“La verità è che mi devi sostituire perché … perché domani ho intenzione di andare a cavalcare con Ginevra” terminò tutto d’un fiato.
Il cavaliere sorrise: “Sono felice. Sono felice che tua sia riuscito a ritagliare del tempo per voi due. Ne avete bisogno, dopo tutto ciò che è successo a lei, a tuo padre, il tradimento di Morgana, la ricostruzione … quasi non vi siete visti.
Avete bisogno l’uno dell’altra, lontani soffrite.
L’ho notato, siete entrambi molto assenti in questi giorni …”.
“Leon, io … io voglio ………………………………………” confessò il principe, interrompendolo.
Leon rimase per qualche secondo senza parole, poi si riprese: “Ma è meraviglioso!” esclamò alzandosi per andare ad abbracciarlo.
I due si strinsero con fare fraterno e poi si separarono, rimanendo in piedi in mezzo alla stanza.
“Posso chiedere il tuo parere su una cosa?” domandò Artù.
“Certamente!”.
Artù si avvicinò all’armadio accanto alla testata del proprio letto ed estrasse dalla tasca una piccola chiave con la quale aprì un cassetto.
Prese il contenuto e lo mostrò all’amico.
“Ma questo è … era” iniziò Sir Leon, incerto.
“Sì, era suo” rispose Artù, guardando l’oggetto con un sorriso triste.
“Beh, le piacerà assolutamente, non ti devi preoccupare. Ne sarà felice” sorrise di rimando il cavaliere.
Erano lì, fermi come due amici, due semplici amici che passavano una tranquilla serata insieme.
Non erano il principe e il suo fedele cavaliere.
Erano solo Artù e Leon.
E andava bene così.
Per una sera erano uguali.
E condividevano un segreto.
Che speravano non lo sarebbe stato più nel giro di poco tempo.
 




 
Angolo Autrice:
due capitoli in un solo giorno??
È un record! xD
Beh, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. ;)
A me è piaciuto molto scriverlo, ci voleva almeno un piccolo momento di “sana amicizia” per il nostro principe, non può affrontare tutto da solo.
Vi mando un bacione

Sweet_Juliet 
 

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Capitolo 12
*** Nervosi? ***


Nervosi?

 
Un raggio di sole attraversò la finestra e andò a colpire il cuscino dove ci sarebbe dovuto essere il capo di Gwen, profondamente addormentato.
Ma lei era già in piedi da un pezzo.
In quel momento, dopo aver terminato una ben misera colazione, stava immobile davanti al suo armadio, intenta a scegliere l’abito che avrebbe indossato.
La sua agitazione era palpabile: non aveva quasi toccato cibo e ora si aggirava per la stanza ripetendosi che avrebbe fatto meglio a non accettare l’invito.
Non che fosse la prima volta che usciva a cavalcare con il principe, ma era la prima da quando era stata nominata nobile.
Era nervosa, terribilmente nervosa e si sentiva a disagio, come se non avesse il diritto di farlo, di vederlo, così, alla luce del giorno …
Le sembrava strano.
Si erano sempre dovuti nascondere e ora …
Scosse la testa, doveva smettere di crearsi ostacoli da sola.
Si diresse nuovamente verso l’armadio e si mise a rovistare tra gli abiti.
Così facendo, ne trovò uno di cui prima non si era accorta, che non aveva mai visto.
Lo appoggiò al letto e prese a rimirarlo: era azzurro cielo, con una gonna larga, perfetta per cavalcare, un corpetto dello stesso colore e le maniche strette attorno ai polsi.
Era un abito semplicissimo, ma di cui Gwen si innamorò all’istante e lo indossò immediatamente.
Solo più tardi scoprì che era un regalo di Elyan.
Acconciò i capelli con delle forcine, si mise le scarpe e scese le scale, diretta al cortile interno.
Dal suo principe.
 
 
Artù l’attendeva nel cortile già da un po’.
Era in anticipo rispetto all’appuntamento, ma se fosse rimasto in camera, probabilmente sarebbe esploso.
Era nervoso, terribilmente nervoso.
Aveva paura di fare qualcosa, qualsiasi cosa di sbagliato e di rovinare tutto.
Temeva che il suo dono non le sarebbe piaciuto.
Insomma, era agitato, molto agitato, come solo un principe sa essere e continuava a rigirarsi le redini del proprio cavallo tra le mani.
Merlino lo osservava, sorridendo.
Lo divertiva vedere il principe così, in difficoltà.
Affrontava senza esitazione qualsiasi duello o battaglia, ma Gwen riusciva ad agitarlo.
Stava camminando convulsamente avanti e indietro e purtroppo notò il ghigno sul volto del suo servitore e gli tirò uno scappellotto così … per scaricare la tensione.
Avrebbe voluto anche dirgli qualcosa, ma si interruppe vedendo la ragazza tanto attesa apparire sui gradini che conducevano al mastio.
Non appena la vide, gli successe la medesima che accadde a lei nello stesso istante: la sua mente si svuotò completamente da tutte le preoccupazioni e dubbi e, preso dall’amore, la raggiunse di slancio e le porse il braccio, aiutandola a scendere.
 
 
Qualche minuto più tardi stavano uscendo dalle porte del castello per attraversare Camelot a cavallo.
Molti che erano per strada si fermarono ad osservarli, curiosi.
Dopotutto, quella era la prima uscita “non ufficiale” del principe dopo i terribili fatti delle settimane precedenti.
Cavalcavano affiancati, al passo, senza dire una parola.
Artù stava dritto e fiero e rispondeva con gioia ed entusiasmo ai saluti del suo popolo; Ginevra, invece, rossa in viso, salutava timidamente, a disagio.
“Gwen” la chiamò Artù con un sussurro “E’ tutto a posto?”.
“Sì” gli rispose, non troppo convinta “Solo, ecco … non sono abituata a tutto questo.
È strano, un mese fa sarei stata tra la folla festante e ora vi cavalco accanto … da nobile.
Beh … è strano” ammise sinceramente.
“Non preoccuparti, tra poco ci lasceremo alle spalle Camelot e tutti i suoi abitanti, per proseguire soli lungo un romantico sentiero nel bosco!” le disse con un tono scherzoso.
Lei rise e l’imbarazzo svanì un poco, l’importante era immaginare che tutta quella gente non ci fosse.
Come aveva promesso Artù, entro pochi minuti avevano raggiunto e oltrepassato le porte della città, lasciandosi indietro la folla di sudditi festanti.
Il principe cavalcava in testa e lei lo seguiva, chiedendosi dove la stessa portando.
Improvvisamente, lui accelerò, partendo al galoppo, e Ginevra rimase indietro.
“Artù!” chiamò.
Lui si voltò, senza fermarsi, ma rallentando un poco: “Ti va una gara?” propose ridendo.
Lei non poté evitare di ridere di rimando: “Certo!” rispose.
“Beh, vediamo che sia fare allora!” la schernì il principe, ripartendo al galoppo.
Gwen spronò il proprio cavallo e lo costrinse a un ritmo serrato per poter raggiungere Artù e, ridendo sempre più apertamente, guadagnava terreno, avvicinandosi all’amato.
“Ti prendo!” urlò la ragazza.
“Non credo proprio” ribatté lui e accelerò di nuovo, subito imitato da Gwen.
Sembravano due ragazzini alla loro prima cavalcata e ridevano come pazzi, mentre si rincorrevano sul sentiero prescelto.
Le risate cristalline dei due risuonavano tra gli alberi e continuarono a cavalcare così, spensierati e selvaggi, per molti minuti, finché Ginevra, che era rimasta indietro, notò che lo scalpitare del destriero del principe era svanito.
Accelerò e si ritrovò in un’enorme radura.
Artù l’attendeva lì, appoggiato ad un albero, attorno al quale aveva assicurato le redini del proprio cavallo.
Lo raggiunse al passo e, appena smontata, si ritrovò immediatamente tra le sue braccia, che la stringevano in un dolce e tenero abbraccio.
Poi si scostò da lei, legò anche il suo cavallo all’albero e la prese per mano, invitandola a sedersi dall’altra parte della radura.
 
 
 
Angolo Autrice:
ciau a tutti!
Vi piace il capitolo?
Cosa succederà?
Beh, dovrete aspettare un po’, perché lunedì parto e starò via per ben 3 settimane in Sicilia, quindi questo è l’ultimo capitolo che leggerete fino al mio ritorno.
Mando un enorme bacione a tutti e prometto di scrivere nuovi capitoli in riva al mare ;)

Sweet_Juliet 
 

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Capitolo 13
*** Sorrisi e Lacrime ***


Sorrisi e Lacrime
 

 
 
Si sedettero all’ombra di un’enorme quercia, a uno dei lati della radura silenziosa, disturbati solo dallo scrosciare di un ruscello e da quei piccoli rumori prodotti dagli animali della foresta.
“Che bel posto” disse Gwen a bassa voce, come a non voler turbare la quiete che li circondava.
“Già” rispose Artù “Venivo qui quando ero bambino” aggiunse.
La ragazza lo guardò, interrogativa.
“Mi ci portava la mia balia per “salvarmi” dalle continue visite di nobili a palazzo” spiegò con un sorriso “e mi raccontava storie di cavalieri e battaglie, sostenendo che un giorno anch’io sarei diventato un grande condottiero, capace di difendere Camelot da ogni nemico!” continuò, dando un’intonazione scherzosa all’ultima parte.
Ginevra rise: “Beh, aveva ragione, mio capitano”.
Risero insieme e le loro voci riempirono il luogo.
Artù continuò a raccontare: “E’ rimasta con me fino al mio settimo compleanno, poi è scomparsa. Credo che mio padre avesse smesso di richiedere i suoi servigi e lei se ne fosse andata.
Non ricordo il suo nome, ma è stata quanto di più vicino a una madre io abbia mai avuto” concluse adombrandosi un poco.
Gwen gli si avvicinò, stringendogli una mano per confortarlo.
“Beh, tu sei la terza persona a venire in questo luogo.
Nessun altro lo conosce.
Vengo qui quando voglio stare solo e riflettere, lontano dal castello.”.
“E’ bellissimo. Ti ringrazio per avermi portata qui e averlo voluto condividere con me. Sono felice che ti fidi di me nel raccontarmi queste cose … lo vedo che ti fa star male ricordarle” gli disse, accarezzandogli il volto “E poi … qui è meraviglioso, non ci sono altre parole per descriverlo.”
“Tu sei meravigliosa” le disse, prendendole le mani “ed io non avrei mai potuto sognare di ottenere tanto dalla vita”.
Ginevra divenne di una strana tonalità di rosso, ma non ritirò le mani e il suo sguardo si fece ancora più dolce, quando rialzò gli occhi per incontrare quello del principe: “Nemmeno io” rispose infine.
Artù poggiò le proprie labbra sulle sue e le diede un bacio delicato.
Non riusciva a smettere di fissarla e trascorsero il resto della giornata ridendo e raccontandosi aneddoti sul popolo e sulla corte.
Passarono le ore e il sole salì alto nel cielo, indicando mezzogiorno: “E’ tardi” disse Gwen “dovremmo rientrare” aggiunse dispiaciuta, tirandosi in piedi e rassettandosi le vesti.
Il principe capì che non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione del genere: era lei che voleva e se non l’avesse fatto ora, probabilmente non l’avrebbe fatto mai più.
Così, prese il coraggio a due mani, si alzò e iniziò a parlare: “Ginevra, io … io” iniziò incerto.
“Dimmi, Artù” lo incoraggiò, curiosa.
“Ecco, non è semplice … anzi, in realtà lo è … insomma …” il principe s’interruppe, fece un respiro profondo e, guardandola negli occhi, disse: “Ginevra, sei una donna meravigliosa: sei dolce, premurosa, leale e mi dai fiducia … sempre. Anche quando tutto sembrava perduto, sei rimasta al mio fianco, rischiando la tua vita solo per la speranza di potermi trovare, perché credevi in me.
Sei stata maltrattata, addirittura imprigionata, per i sentimenti che proviamo l’uno per l’altra, eppure non hai mai smesso di provarli. E mi accetti, nonostante tutto, nonostante la mia altezzosità, il mio orgoglio, il mio essere così fiero e pieno di me e, nonostante tutto ciò e molto altro, mi sei rimasta accanto, pronta ad aiutarmi con un sorriso, uno sguardo, una mano sulla spalla.
Bastava questo per risollevarmi e basterà sempre.
Ma io non voglio perderti, ha già rischiato di accadere più e più volte e ciò non deve ripetersi.
Perciò,” continuò riprendendole le mani “perché nonostante tutti i miei difetti e le difficoltà mi sei sempre rimasta accanto nell’ombra, io voglio sia così anche nella luce.
Non voglio più nascondermi di fronte agli occhi di nessuno e desidero che tutti conoscano l’enorme ruolo che tu hai avuto nella mia vita e che spero tu continuerai a ricoprire ancora e ancora, quindi …” s’inginocchiò ai suoi piedi, lasciandole le mani per poter prendere un piccolo scrigno in una tasca interna della giacca “Ginevra, figlia di Tom il fabbro, mi hai dimostrato che non riuscirò e provare dei sentimenti così forti e puri per nessun’altra donna al mondo e che quando siamo insieme posso essere veramente me stesso e che, solo grazie a te, mi sento completo.
Perciò desidero con tutta la mia anima che tu ascolti queste mie parole e risponda sinceramente.
Ginevra, figlia di Tom il fabbro, mi hai catturato con i tuoi modi semplici eppure così nobili e perfetti, facendo innamorare un principe di un’umile serva, e io voglio donarti il mio cuore e, con esso, tutto me stesso chiedendoti di concedermi l’immenso onore di diventare la mia sposa” e con queste ultime parole, aprì lo scrigno, che racchiudeva un anello fatto con un sottile filo d’oro bianco, sormontato da un piccolo rubino.
Glielo porse.
Era l’anello di sua madre, la regina Igraine.
Gwen aveva le lacrime agli occhi, quella dichiarazione era stata così inaspettata e sincera da sconvolgerla.
Sembrava quasi che fosse lei la reale e Artù il semplice popolano.
Quando aveva visto l’anello, poi, le lacrime erano aumentate: tutto il regno conosceva quel gioiello meraviglioso, dono di Uther alla sua sposa il giorno del fidanzamento, ma mai avrebbe pensato di poterlo vedere.
Che glielo donassero, poi! Era assolutamente incredibile.
Era la scena più bella che avesse mai visto e lei ne era la protagonista.
Ogni suo sogno si stava realizzando e non lo avrebbe mai creduto possibile.
Si sarebbe volentieri data un pizzicotto per controllare che tutto fosse reale.
Ma lo era. E un Artù decisamente molto reale le stava inginocchiato davanti, attendendo trepidante una risposta.
“N-ne sei sicuro?” domandò, ancora un po’ incerta.
“Non desidero altro” rispose lui, radioso.
“Nemmeno io” disse buttandosi fra le sue braccia e catturandogli le labbra in un bacio appassionato, con le lacrime che le scendevano copiose sul viso.
“Lo prendo per un sì” rise lui e le infilò l’anello al dito, da dove non si sarebbe più mosso.
 
 
 
 
 
Angolo Autrice:
ciau a tutti!!!
Sono tornata ieri sera dal mare, con tanti bei capitoli solo per voi!
Penso che posterò una o due volte la settimana e ho già scritto fino al trentesimo capitolo, intanto sto scrivendo un’altra fic su Merlin, ispirata al trailer della quarta stagione, quando la posterò vi farò sapere
Un bacione
Sweet_Juliet 

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Capitolo 14
*** Imprevisto ***


Imprevisto
 

 
Tornarono al castello camminando, conducendo i cavalli per le redini e tenendosi per mano.
Volevano sfruttare appieno quegli ultimi momenti insieme e avevano molto da dirsi: dovevano organizzare un matrimonio!
Innanzitutto dovevano trovare un giorno in cui dare l’annuncio del fidanzamento, Gwen aveva tenuto l’anello nel piccolo scrigno che le aveva dato Artù, non volevano che qualcuno scoprisse la cosa anzitempo.
Per l’annuncio si doveva scegliere un giorno in cui avrebbero potuto informare gran parte della nobiltà, così, dopo varie discussioni, si accordarono per il ballo di compleanno del principe, che, organizzato ogni anno, riuniva la maggior parte della gente “dal sangue blu” di Camelot e dei regni circostanti.
Il ballo si sarebbe tenuto a gennaio, quindi avevano quattro mesi per organizzarlo, il giorno successivo, poi, i festeggiamenti sarebbero continuati nella città bassa, per far partecipare anche il popolo agli avvenimenti, ma questo era un segreto, una sorpresa del principe per la sua futura sposa.
Il matrimonio si sarebbe celebrato verso fine aprile e Gwen stava già fantasticando sull’abito che avrebbe indossato.
Arrivarono al castello ancora tenendosi per mano e con il sorriso stampato sulle labbra, sorriso che sarebbe dovuto rimanere lì per molto tempo.
Ma non avevano fatto conto di una cosa, di una persona che avrebbe potuto mandare ogni cosa a monte, stravolgendo i loro piani di un meraviglioso futuro insieme.
Uther.
 
 
Questi era seduto accanto alla finestra della propria camera e aveva osservato tutta la scena, ma decise di non indagare.
Era ancora troppo sconvolto per il tradimento di Morgana e sapeva, anche se Gaius aveva fatto di tutto per nasconderglielo, che la sua salute era stata duramente provata, lasciandolo molto debole.
Nemmeno quando l’indomani Artù andò a trovarlo come di consueto per aggiornarlo sulle faccende del regno, accennò all’episodio del giorno precedente.
Era evidente a tutta la corte, però, che il principe aveva iniziato a sparire spesso nell’ultimo periodo.
Merlino faceva molta fatica a trovarlo e, una volta che ci riusciva, non si arrischiava ad avvicinarglisi.
Doveva essere successo qualcosa: nell’ultima settimana le sue visite a Gwen erano aumentate a dismisura!
Sembrava che non riuscisse più a stare un attimo senza di lei.
Sgattaiolava via sempre dopo pranzo e passava un paio d’ore con lei nella sua stanza, dopo cena si affrettava per poterle dare il bacio della buona notte e ogni mattina le portava la colazione in camera.
Quando s’incrociavano nei corridoi, poi, la afferrava per un braccio e, senza farsi vedere, la trascinava dietro ad una colonna per strapparle un bacio.
Si vedevano anche fuori dal castello.
Due o tre volte la settimana Artù, con la scusa di controllare la sicurezza del borgo, scendeva nella città bassa e, immancabilmente, si fermava a casa di Gwen, dove, all’insaputa di tutti, tenevano i loro piani per il matrimonio.
Il tavolo era sempre ingombro di pergamene, su cui era segnata un’infinita lista di cose da fare.
 
 
Una volta scoperto che Merlino era a conoscenza dei loro “incontri segreti”, Artù aveva iniziato a usarlo come messaggero, così il mago si era ritrovato in men che non si dica a dover recapitare i biglietti dei due innamorati.
 
 
Le cose andarono avanti così per circa un mese, quando il principe decise che quegli incontri sarebbero potuti avvenire anche alla luce del sole: non c’era nulla di strano nel fatto che lui passasse del tempo con una dama di corte.
Così iniziò a invitare sempre più spesso Gwen a cena nelle sue stanze, dove ormai avevano trasferito tutte le pergamene con i programmi per il grande evento.
 
 
Uther non era uno sciocco, però, e aveva notato che, dal giorno in cui aveva visto il figlio mano nella mano con quella “ex-serva”, le sue visite erano diminuite.
Perciò decise di scoprirne il motivo.
Un giorno in cui si sentiva un po’ meno debole, si alzò dal proprio letto e, vestitosi, uscì per seguire Artù.
Lo vide mentre si dirigeva verso un corridoio poco distante dalle sue stanze e, quando si decise a uscire da dietro una colonna per vedere dove fosse andato, era scomparso.
Non c’era traccia del principe in quell’ala del castello, ma doveva essere passato di lì!
Preso com’era dalla ricerca del figlio, quasi non notò che una porta si era appena richiusa alla sua destra.
Decise di provare e, avvicinatosi, bussò.
Dopo un paio di secondi, gli venne ad aprire una ragazza, quella stessa ragazza che aveva sorpreso per mano con suo figlio.
 
 
 
 
 
Angolo Autrice:
ecco il quattordicesimo capitolo, che annuncia l’arrivo di guai …
Spero che vi sia piaciuto!
Vi saluto e aspetto commenti
Un bacione
Sweet_Juliet
 
 

P.s.: volevo dirvi che ho iniziato una nuova fan fiction su Merlin, è un’altra Arwen, si chiama Just a Little Sweet Vengeance e … niente, fate un salto qui se vi va http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=797339&i=1
Ciaoooooooooooooooo! 

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Capitolo 15
*** Un tè con il re ***


Un tè con il re
 

 

 
 
“B-buongiorno, vostra maestà” iniziò Gwen, inchinandosi.
“Cosa posso fare per voi?”.
“Oh, nulla, stavo solo cercando Artù” rispose il re.
“Deve essere passato di qui un momento fa. A quest’ora si starà dirigendo all’allenamento con i cavalieri.”.
“Certamente” annuì Uther, pensoso “Posso entrare?”.
“Sì, naturalmente. Venite” rispose Gwen, stranita, cosa mai poteva volere il re da lei???
Lo fece accomodare su una sedia e gli offrì qualcosa da bere, lui accettò e l’attese seduto al tavolo.
“Ecco” disse lei, porgendogli una tazza “Desiderate altro?”.
“No, grazie. Sedete pure.”
Anche Gwen si accomodò.
“Volevo complimentarmi per il vostro, diciamo, “salto sociale”, lady Ginevra. Non è cosa da tutti”.
“Vi ringrazio, ma il merito è solo del principe, è stato lui a salvare Camelot, io ho solo fatto evadere Sir Leon dai sotterranei” aggiunse in fretta lei, sempre modesta e quasi incapace di vedere i propri meriti.
“Ho notato che passate molto tempo con mio figlio” disse Uther, tranquillo, volendo vedere la sua reazione.
“No … non più degli altri” rispose lei, nervosa. Non poteva mentire spudoratamente al re, ma Artù non aveva ancora affrontato con lui l’argomento e lei non poteva farlo da sola.
“Avrei giurato di avervi visti andare a cavallo insieme più volte negli ultimi tempi … ma devo essermi sbagliato”, Gwen non era mai stata così tesa.
Continuarono a parlare per alcuni minuti di argomenti, per quel momento, insignificanti, come la ricostruzione del castello o l’operato dei nuovi cavalieri.
Intanto finirono il tè e Gwen si alzò, sollevata di aver una scusa per farlo, per sparecchiare il tavolo e portare le tazzine sporche nella stanza accanto.
Anche il re si era alzato e girava per la stanza.
C’erano un pettine, un armadio e un letto rifatto alla perfezione, tutto era in ordine, testimonianza del non lontano passato da serva della ragazza.
Arrivò fino a un comodino di legno, quando ormai aveva deciso di essersi immaginato tutto, e lì si fermò.
Sotto i suoi occhi c’era un piccolo scrigno di legno d’ebano con intarsi in argento.
A chiunque sarebbe sembrato un comune portagioie, nemmeno molto pregiato, ma per lui aveva un enorme valore.
Si avvicinò e lo aprì, doveva assolutamente controllare che non fosse ciò che pensava che fosse.
Subito, si ritrovò tra le mani un sottile filo d’oro bianco con un rubino incastonato sopra e fu preso dalla rabbia.
Quello era l’anello, il suo anello!
Lo stesso anello che in un giorno d’estate di una ventina d’anni prima aveva donato all’unica donna che avesse mai amato. La sua Igraine.
Come poteva averlo quell’inutile ragazza?!
Gwen intanto era tornata e gli si stava avvicinando con un sorriso, ignara di ciò che sarebbe successo di lì a poco.
La rabbia di Uther si tramutò in ira e, giratosi, mise davanti agli occhi lo scrigno aperto.
“Tu lo sai cos’è questo?!” urlò, fuori di sé.
“S-sire … i-io …” balbettò la ragazza, spaventata.
“Come hai potuto rubarlo?!”.
“I-io … io non l’ho rubato” provò a dire, ma dalla sua bocca uscì solo un tono flebile.
“Sì, tu l’hai rubato dalle sue stanze, dalle stanze di Igraine! Come hai potuto?!?!” continuò, avvicinandosi.
Gwen arretrò, terrorizzata: “Sire, io … io … Artù” provò a spiegare, ma fu subito interrotta dal re, furioso: “Non osare nominare mio figlio, tu, sudicia ladra! Avrai quel che meriti per questo.
Guardie!” urlò e, subito, due di loro entrarono di corsa nella stanza.
“Prendetela e gettatela in cella, niente cibo né acqua!” ordinò e i due si avvicinarono a Gwen che, terrorizzata, provò ad arretrare e a ribattere, ma le guardie la strinsero in una presa così forte che non riuscì a divincolarsi.
Fu scorata fuori dalle proprie stanze e condotta nelle segrete, dove fu incatenata mani e piedi, in quella stessa cella dove un tempo era stata rinchiusa Morgana per aver contraddetto il re.
Le guardie si richiusero la porta alle spalle e, in quel momento, il dolore fu troppo forte per resistere e la ragazza, accovacciata a terra, scoppiò in pianto.
Qualche metro sopra, Artù, ignaro di essere pochi metri sopra la propria amata, stava allenando i propri cavalieri.
Qualche piano più su, invece, un Uther irato stava ritornando nelle sue stanze, tenendo stretto tra le mani lo scrigno che era appartenuto a Igraine.
 
 
 
 
 
 
 

Angolo Autrice:
buongiorno a tutti!!!
Ecco a voi il quindicesimo capitolo, spero che vi sia piaciuto  :)
I guai sono arrivati, ma sono ancora lontani da trovare una fine …
Un bacione a tutti i lettori e in particolare ai miei fedeli recensori: Aleinad, _Sahara_ e miharu87
Spero di risentirvi presto
Sweet_Juliet 

 

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Capitolo 16
*** Spaccatura ***


Spaccatura
 

 
 
Dopo l’allenamento, Artù salì nelle proprie stanze e si preparò a pranzare con Gwen.
Quando fu pronto, si diresse verso la camera della ragazza, la cui porta era socchiusa, ma all’interno era vuota.
Pensando che si fosse scordata del loro appuntamento, il principe la cercò negli alloggi di Elyan, ma lui disse di non averla vista dalla sera precedente.
La cercò per tutto il castello e parlò con Merlino, Gaius e ogni cavaliere che gli capitasse vicino.
Poi, non trovandola, scese nella città bassa e la cercò lì, ma non trovò nessuna traccia di lei.
Erano già passate alcune ore da mezzogiorno e Artù non aveva ancora toccato cibo, ma doveva trovarla.
Poteva esserle successa qualsiasi cosa: Gwen non era mai mancata a un loro appuntamento e ora sembrava scomparsa.
Tornato al castello, ricontrollò con attenzione le stanze della ragazza e notò che c’erano molte cose fuori posto: delle tazzine e dei piatti sul tavolo non erano ancora stati lavati, c’era una piega sul tappeto e sul comodino mancava lo scrigno con l’anello.
Ora era seriamente preoccupato: “Dov’era Gwen? Cosa le era successo?” si chiedeva.
Uscendo dalla stanza incontrò altri due cavalieri e pose loro quelle domande, essi risposero che sì, l’avevano vista ed era stata trascinata nelle segrete quella mattina, ma non ne conoscevano il motivo.
Senza quasi ringraziarli, il principe si precipitò sulle scale, arrivando in pochi minuti nei sotterranei.
Al suo passaggio i soldati si misero sull’attenti e lo salutarono, ma lui non ci badò, aveva cose più importanti a cui pensare.
Ispezionò ogni cella e, finalmente, la trovò.
Era in una delle ultime, in fondo al corridoio, dove stava rannicchiata con la testa abbassata e il corpo scosso dai singhiozzi.
Ordinò che gli fosse aperto ed entrò.
Le si avvicinò di slancio, ma lei non diede segno di aver sentito alcunché finché Artù non le si sedette accanto, circondandola con le braccia.
Allora, alzò il capo e i suoi occhi castani si riflessero in quelli azzurri del principe, che la lasciò sfogare contro il suo petto e poi le domandò cosa fosse accaduto.
Gwen all’inizio si mostrò titubante ma poi, rassicurata dalla stretta di Artù, che sembrava potesse proteggerla da ogni pericolo, gli raccontò tutto.
Il principe era più che furioso e avrebbe volentieri distrutto il castello intero se non avesse avuto tra le braccia la sua dolce Ginevra, che singhiozzava tristemente contro il suo petto.
Dopo alcuni minuti, Artù si alzò e comandò ai carcerieri di liberarla.
“È un ordine del re” risposero loro “Non possiamo lasciarla andare”.
“Voi lo farete, invece, e questo è un mio ordine!”gridò e probabilmente fu la durezza delle sue parole o il fuoco che gli ardeva negli occhi a convincerli.
I due liberarono Gwen, che fu subito scortata da Gaius, a cui il principe ordinò di prepararle una cena abbondante: non aveva toccato cibo da quella mattina.
Terminato il pasto, Artù uscì, promettendo che sarebbe tornato il prima possibile, e la ragazza passò la serata catalogando erbe e giocando a scacchi con Merlino e Gaius.
Il principe, invece, spalancò la porta della stanza del padre.
Quest’ultimo stava ancora cenando r rimase molto sorpreso dalla visita del figlio, che gli si avvicinava con fare minaccioso.
“Perché l’hai fatto?!” gli gridò “Perché ti da così tanto fastidio che io sia felice?!”.
Uther sulle prime finse di non capire, poi cedette e sbottò: “Le hai donato l’anello di Igraine, mia moglie! Come hai potuto? Come hai osato farlo?!”.
“Tu stesso mi donasti quell’anello, l’anello di mia madre, anni fa come ricordo di lei ed io ora mi prendo il diritto di donarlo a Ginevra”.
“Era il suo anello di fidanzamento! Come puoi …?!”.
Artù lo interruppe: “L’ho donato a Ginevra quando le ho chiesto di sposarmi”.
“Cosa?! Ma … è una serva! Non puoi farlo! Io te lo …” iniziò il re.
“No, ti sbagli. Lei non lo è più” lo corresse il figlio “Non è più una serva da un paio di mesi. L’ho investita nobile io stesso”.
“Non importa, non sarà mai nobile per davvero”.
“Allora è questo che ti da tanto fastidio, vero?!
Non ti saresti sentito offeso se io avessi usato l’anello per chiedere in sposa Elena o una qualsiasi altra principessa nostra alleata!
Il vero problema sta nei tuoi insulsi pregiudizi, che non ti permettono di vedere più in là del tuo trono e notare il buono nelle persone.
Ginevra sarà anche una serva, ma è la donna più nobile che io abbia mai conosciuto e mi dispiace per te se le tue preziosissime tradizioni ti impediscono di capirlo!”.
“Non osare parlarmi in quel modo, Artù! Sei mio figlio e non lo tollero!” sbraitò, alzandosi in piedi rabbioso.
“Io oso e oserò ancora perché non c’è niente che tu possa dire o fare che mi farà cambiare idea! Io sposerò Ginevra, con il tuo assenso o senza, e lo annuncerò durante il ballo che si darà per il mio compleanno davanti a tutta la nobiltà del regno.”. Si avvicinò al tavolo e prese lo scrigno.
“Vuoi diseredarmi? Fallo! Ma io non cambierò idea. Mai.” disse e gli voltò le spalle, uscendo.
Si diresse agli alloggi di Gaius e trovò Gwen che dormiva nella stanza di Merlino, le diede un lieve bacio sulla fronte e appoggiò lo scrigno sul comodino lì accanto.
Poi i due uomini (Gaius era ancora in possesso del proprio letto) prepararono due brandine e si stesero al piano di sotto.
 
 
 
 
 

Angolo Autrice:
ciau a tutti!!!
Ecco un nuovo capitolo tutto per voi!
Domani inizia la scuola :( e non so quando riuscirò a postare di nuovo, così eccomi qui.
Sono stanchissima e mi chiedo perché domani non possa essere di nuovo il 12 giugno. xD
Sono appena tornata a casa dopo la sfilata di abiti da sposa in oratorio e penso che andrò subito a dormire, dopo essermi tolta tutta la lacca dai miei poveri capelli :)
Dico questo tanto per farvi fare un po’ i fatti miei xD
Un bacione e mi aspetto tante recensioni, mi raccomando!
Sweet_Juliet

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Capitolo 17
*** Gita in città ***


Gita in città

 
 

 
I giorni passavano e i rapporti tra re e principe si mantenevano freddi.
Si incontravano solo quando era strettamente necessario, per il resto facevano di tutto per evitarsi.
Uther si stava riprendendo a poco a poco, ma preferiva trascorrere il tempo nelle proprie stanze; Artù, invece, approfittava di ogni momento libero per stare con Gwen: andavano a cavallo, pranzavano insieme, ma soprattutto si ritrovavano nelle stanze del principe per organizzare il ballo del suo compleanno.
Dovevano stilare la lista degli invitati, decidere come decorare il salone e stabilire dove avrebbero alloggiato gli ospiti.
Era settembre e il tutto si sarebbe svolto di lì a quattro mesi, ma gli inviti dovevano essere spediti per tempo e Artù, poi, stava organizzando un paio di sorprese per Ginevra …
 


 
Un giorno entrò di soppiatto nelle stanze della ragazza e prese un abito dal suo armadio, poi indossò un mantello e, con il cappuccio calato, uscì dal castello.
Girò per le strade della città bassa, finché arrivò nel posto che stava cercando.
Si fermò davanti alla bottega di una sarta e bussò, dopo pochi secondi gli fu aperto e poté entrare.
Mary, la sarta, riconosciutolo, si inchinò e si mise a sua disposizione.
Artù le porse l’abito e si accordò con lei perché gliene confezionasse altri cinque.
Lei infilò il vestito su un manichino, prese nota delle fogge e dei colori desiderati dal principe e fece per iniziare a prendere le misure.
Ma Artù la fermò e le mise in mano un sacchetto pieno di monete d’oro: “Ecco il vostro compenso” sorrise.
Mary sgranò gli occhi, stupita. Non le era mai capitato che la pagassero così profumatamente e prima della consegna.
“Sire, io non posso accettare. Questo denaro è troppo” tentò di dire.
“Non preoccupatevi, so che farete un ottimo lavoro. Manderò il mio servitore Merlino a ritirarli, a presto” salutò il principe e uscì dalla bottega per tornare a palazzo.
La sarta era ancora ferma nell’ingresso a pensare a ciò che era appena accaduto: quel principe era davvero una benedizione per il regno.
 
 

 
Gwen era in piedi, passeggiava sulle mura del castello. E cantava.
Cantava una canzone popolare imparata da bambina, che parlava di un uomo e una donna e del loro amore. Amore che era ostacolato in ogni modo dalla famiglia di lei, perché non volevano che si sposasse con uomo tanto più povero.
La canzone terminava con la morte di entrambi: non potendo stare insieme in vita, lo sarebbero stati nella morte. Per sempre.
Era molto triste, ma era dolce e rispecchiava perfettamente la sua situazione: sapeva che il re avrebbe fatto di tutto per impedire la sua unione con il principe, ma cercava di non pensarci.
Voleva vivere la sua favola.
Persa nei suoi pensieri, non si accorse che qualcuno le si stava avvicinando, finché questo qualcuno le circondò la vita con le braccia, sussurrando: “Hai una voce meravigliosa, lo sai? Non sapevo che cantassi così bene”.
Ecco la sua favola.
“Mi hai fatto spaventare”gli disse voltandosi e accoccolandosi contro il suo petto.
“Avresti potuto essere chiunque”.
“Chiunque altro avesse fatto una cosa simile, ora dovrebbe temere per la propria vita” le sussurrò scherzoso, ma lei sapeva quanto fossero vere quelle parole.
 
 


 

Angolo Autrice:
ciau a tutti!
         La scuola mi sta distruggendo e un esempio ne è il mio folle orario di lunedì
(filosofia, religione, francese, italiano, italiano e storia … mi uccidete voi o lo faccio io?),
perciò dovrete accontentarvi di un breve capitolo, ma spero che vi piaccia.
Un bacione a tutti
Sweet_Juliet 

 

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Capitolo 18
*** Cena Interrotta ***


Cena Interrotta

 
 
 

Ecco. E ora?
Ginevra era di nuovo ferma davanti all’armadio da almeno venti minuti, non era ancora riuscita a decidere cosa indossare.
Quella sera aveva in programma una cena con Artù e voleva … voleva sembrare una nobile, non una serva e l’unico abito che avrebbe voluto indossare sembrava sparito.
Guardò fuori dalla finestra, si stava facendo tardi. Doveva scegliere in fretta.
Scelse il vestito rosa, si pettinò velocemente e uscì, quasi precipitandosi, verso le stanze del principe.
Arrivata davanti alla porta, bussò e subito le venne aperto.
Fu accolta da Merlino, che si fece da parte per lasciarla entrare e uscì a sua volta, dirigendosi alle cucine.
“Benvenuta” la salutò Artù e la raggiunse, prendendole le mani “Vieni” disse.
La condusse a tavola e l’aiutò a sedere.
Poi si accomodò e, sempre tenendole la mano, iniziò a chiederle della sua giornata.
Dopo poco, Merlino tornò con le pietanze, per poi sparire subito, lasciando soli i due innamorati.
La serata passò tra risate, dolci parole e domande sull’organizzazione del ballo e stavano per dedicarsi alla seconda portata, quando bussarono alla porta.
“Avanti” fece Artù.
Entrò un soldato, si inchinò e disse: “Mio signore, il sovrano richiede la vostra presenza e cena”.
“Digli che al momento non sono disponibile e sto già cenando” rispose il principe, controllato.
“Maestà, mi ha detto di dirvi che è un ordine”.
“Io ho già un ospite”.
“Mi dispiace … ma ha detto anche che non gli importa cosa stiate facendo, dovete andare” rispose il cavaliere, tremante.
Artù si alzò, visibilmente irato. Ginevra sussultò.
“Non è colpa tua. Bene, puoi andare” disse.
“Ma, altezza …”.
“Vai” ordinò e il soldato uscì, richiudendosi la porta alle spalle.
“Non è possibile. Non può comportarsi in questo modo!” sbottò il principe.
“Pretende che io scatti ad ogni suo comando. Non può farlo!”.
“Artù, calmati. Magari vuole solo parlarti del regno” disse Gwen, avvicinandosi a lui.
“Il regno?! L’unica cosa che vuole è capire se io gli sia ancora sottomesso e ciò che mi dirà sarà di starti lontano. Non può trattarmi … trattarci così. E deve capirlo. Subito”.
“Vado da lui” disse e si diresse verso la porta.
“Artù!” cercò di fermarlo lei, ma ormai era uscito.
Gwen si sedette sul letto, in attesa.
“Cosa voleva Uther?” pensava “Voleva che chiarissero le cose o desiderava solo ribadire la propria posizione contraria a quella del figlio?”.
 
 

 
 
 
 

Angolo Autrice:
ciau a tutti!!!
Come va? Io bene, nonostante sia sempre sommersa di compiti -.-
Comunque … è iniziato Merlin 4!!!
Sono esaltatissima!!!
Ho appena finito di vedere la seconda puntata ed è stupenda!!!
Non vedo l’ora che esca la prossima! *.*
Tornando alla storia … vi piace??? Commentate in tanti per farmi sapere il vostro parere.
Un bacione merliniani
Sweet_Juliet 

 

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Capitolo 19
*** Di nuovo problemi ***


Di nuovo problemi
 

 
 
Artù si stava dirigendo a passo spedito verso le stanze del padre.
Avrebbe messo le cose in chiaro, una volta per tutte.
Lui era il principe ereditario e attuale reggente, dopotutto.
Era giunto il momento che Uther lo accettasse.
Entrò sbattendo la porta e si ritrovò faccia a faccia con il sovrano che lo attendeva passeggiando per la sala, incurante della gustosa cena servita sull’enorme tavolo di legno.
“Sei venuto”. Era un’affermazione che non voleva trasmettere alcuna emozione.
“Sì, l’ho fatto. L’ho fatto perché tutta questa storia finisca, una volta per sempre”.
“Avanti, parla allora”.
“Sì, lo farò e non mi importa se ciò che dirò non ti piacerà.
Primo: io amo Ginevra. La amo e non potrai farmi cambiare idea. Mai. In nessun modo.
Secondo: le ho chiesto di sposarmi, lei ha accettato e io intendo annunciare al regno il mio fidanzamento.
Terzo: volevi che fosse nobile? Beh, ora lo è. L’ho investita in una cerimonia ufficiale davanti al popolo e alla corte.
Quarto: sarà la regina migliore che Camelot abbia mai avuto. Perché? Perché viene dal popolo, lo conosce e riuscirà a capire ciò di cui ha bisogno.
Quinto: vuoi diseredarmi per questo? Fallo. Non m’importa. Non m’importa nulla di diventare re se il prezzo da pagare è rinunciare a Ginevra e se cercherai di allontanarla da me, giuro che ti farò rinchiudere nelle segrete con le mie stesse mani e prenderò il trono con la forza.”.
“Basta! Non puoi parlarmi così, sono tuo padre, nonché il tuo sovrano e mi stai togliendo ogni possibilità di scelta!”.
“C’è sempre una scelta. Io ho deciso di seguire questa. Ora sta a te decidere.” disse e senza dargli il tempo di replicare uscì e tornò nelle proprie stanze.
Lì trovò Ginevra, seduta sul letto, che si torturava le mani.
Non aveva toccato cibo.
Per tutta la durata del suo colloquio con Uther era rimasta lì, immobile, a preoccuparsi per lui.
E quando incrociò i suoi occhi colmi d’ansia, la rabbia svanì da quelli del principe, che la raggiunse e la strinse in un abbraccio che racchiudeva tutto l’amore del mondo.
 
 
 

Angolo Autrice:
ciau a tutti!!!
Sono tornata ed ecco a voi il nuovo capitolo!
Vi piace?
Commentate, commentate, commentate!
Un bacione
Sweet_Juliet 

 

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Capitolo 20
*** Novembre ... ***


Novembre ...

 
 
 
I giorni passavano e re e principe ancora insistevano nel non parlarsi.
Non volevano nemmeno stare nella stanza se non era assolutamente necessario.
Quando avevano bisogno di qualcosa, lo dicevano a Merlino o ad un cavaliere di fiducia, che provvedeva a recapitare il messaggio.
L’atmosfera a corte era fredda e tesissima, come se i due fossero bombe a orologeria, pronte ad esplodere in qualsiasi momento.
I cortigiani erano perplessi, non sapevano spiegarsi il motivo di tale e tanta ostilità, ma non osavano chiederlo.
 


 
Arrivò novembre e con esso i primi freddi, il castello iniziò a riempirsi di focolari e per le strade ricominciò la vendita di mantelli e pellicce.
Mancavano ormai solo due mesi al ballo e c’era ancora molto da fare.
Gli inviti erano stati quasi tutti spediti e ora bisognava organizzare le giornate di caccia per la selvaggina, si dovevano ingaggiare musici e cantori e scegliere gli abiti da indossare.
Per Artù il problema non sussisteva, lui avrebbe indossato i soliti abiti da cerimonia, ma Gwen non sapeva che fare.
Lui non poteva dirle di aver già trovato un vestito perfetto, non voleva rovinarle la sorpresa, ma la ragazza era in piena crisi.
Qualche giorno dopo, però, aprendo l’armadio aveva scoperto quattro abiti di cui non conosceva l’esistenza, qualcuno doveva averli dimenticati lì oppure Hannah, la serva che, nonostante tutto, l’aiutava, li aveva presi per lei.
Si ripromise di chiederglielo e, curiosa, iniziò a provarne uno.
Scoprì che tutti le calzavano perfettamente e ne scelse uno azzurro, con un corpetto più chiaro e la gonna che sfumava sul blu, che avrebbe indossato al ballo.
 

 
 
Intanto Artù l’aveva nuovamente invitata a fare una passeggiata a cavallo insieme.
Ne facevano molte ormai.
Il principe aveva bisogno di distrarsi, di allontanarsi, di sfuggire all’opprimente aria che si respirava a corte per almeno qualche ora.
 
 
 
 

 Angolo Autrice:
eccomi di nuovo!!!
Regalo di pre-Halloween = doppio capitolo
Contenti merliniani?
Beh, allora non vi resta che farmelo sapere con un commento! ;)
A presto
Sweet_Juliet 

 

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Capitolo 21
*** Guai nella Foresta ***


Guai nella Foresta
 

 
 
 
Così il giorno seguente partirono e si fermarono nella radura dove appena qualche mese prima erano stati scoperti a baciarsi da Uther e Morgana.
Sembrava che fosse passata un’eternità, ma il luogo era rimasto identico, come se il tempo si fosse fermato.
Non faceva molto freddo, un mantello bastava a coprirsi.
Si sedettero e iniziarono il loro picnic, per poi addormentarsi l’una tra le braccia dell’altro appoggiati ad un albero e riscaldati da una coperta.
Era passato un paio d’ore, Artù si era svegliato e aveva iniziato ad ammirare il volto della propria amata e ad accarezzarle dolcemente i capelli.
Le piaceva osservarla mentre dormiva: piccola com’era gli sembrava una bambina indifesa in cerca di protezione.
La amava, tanto.
E non vedeva l’ora di dirlo a tutti.
Non sopportava più che dovessero rimanere nascosti.
Era ancora perso nei suoi pensieri quando, grazie ai sensi affinati dall’addestramento da cavaliere, avvertì un rumore, come di un legno spezzato.
Fingendo di non essersi accorto di nulla, avvicinò le proprie labbra all’orecchio di Ginevra e la svegliò, sussurrandole dolci parole.
Lei aprì gli occhi ridendo e aspettò il bacio di lui, che lentamente stava cancellando la distanza tra le loro labbra.
Ma il bacio non arrivò.
Artù le prese il volto tra le mani quando le loro bocche erano a pochissimo dallo sfiorarsi e la guardò intensamente negli occhi.
“Sorridi” disse.
“Ma … cosa …?” chiese lei, interdetta.
“Fallo e basta” disse perentorio e il suo tono duro e freddo e, allo stesso tempo, la tensione che vedeva dipinta nei suoi occhi la convinsero ad ascoltarlo ed a far comparire un falso sorriso sulle sue labbra.
“Bene” sorrise lui di rimando “Dobbiamo fingere che tutto sia normale”.
Lei iniziò a intrecciare una mano tra i capelli del principe.
“Così?” chiese.
“Bravissima. Ginevra, ora non … non ti devi spaventare. Promesso?”.
“Sì, … credo” rispose incerta, ma continuando a sorridere e a recitare la sua parte.
“Ci sono quattro uomini che ci stanno osservando. Sono armati”.
Gwen aveva iniziato a tremare. “Che cosa vogliono?” chiese impaurita.
“Ancora non lo so” rispose Artù, stringendola più forte a sé e accarezzandole la schiena per placare il suo tremore.
“Ora ascoltami, ci alzeremo e ti prenderò in vita, baciandoti.
Così ci crederanno distratti e se proveranno ad avvicinarsi, tu sfilerai il mio pugnale dalla cintura, io ti spingerò verso i cavalli, ne prenderai uno e fuggirai a Camelot. Capito?”.
“Io … io … io non posso lasciarti qui ad affrontarli da solo” gli sussurrò contro il petto “Non posso”.
“Ginevra, guardami. Se faremo così, avremo buone probabilità di sopravvivere, ma tu devi seguire ciò che ti ho detto. Io mi fido di te. Lo farai?”.
“Sì, ma correrò a cercare aiuto”.
“Benissimo allora”.
Il principe si alzò e le porse una mano, facendola alzare a sua volta, poi la abbracciò e iniziò a baciarla.
In quello stesso istante, nuovi rumori riempirono la piccola radura.
Erano solo dei fruscii, ma Artù sapeva che non appartenevano ad alcun animale delle foresta.
In un attimo, quattro figure scure balzarono fuori dal folto, pensando di coglierli di sorpresa.
Ma lui era pronto, spinse via Gwen, che già stringeva il pugnale, e con un fluido movimento del polso sguainò la spada.
I banditi rimasero interdetti per un momento, non pensavano di essere stati scoperti, poi si avventarono sul principe facendo roteare le loro vecchie spade.
Erano solo in tre, però, il quarto aveva preferito cercare una preda più facile e si era lanciato all’inseguimento della ragazza, che correva disperata per raggiungere i cavalli, la sua unica via di fuga.
Ma il bandito non aveva intenzione di lasciarla andare e, mentre i suoi compagni combattevano selvaggiamente contro Artù, lui aveva sguainato una specie di piccola ascia che teneva alla cintura e l’aveva lanciata.
Non contro Gwen.
Non voleva ucciderla, solo rallentarla.
E riuscì a inchiodarle a terra il fondo del vestito.
La ragazza si ritrovò bloccata, a metà strada tra la salvezza e un incubo.
Iniziò a tirare l’abito, ma era uno di quelli nuovi, che aveva trovato nell’armadio e poi aveva scoperto essere dei regali da parte del principe.
Era fatto di una stoffa talmente pregiata, ma al contempo resistente, da non riuscire a strapparla.
Dopo molti tentativi, quando ormai l’uomo si trovava a pochi metri da lei, l’abito si squarciò e lei riprese a correre con tutte le sue forze.
Ogni suo pensiero e desiderio era focalizzato su raggiungere i cavalli e correre a chiamare aiuto, per questo non notò un particolare.
Per terra c’era un sasso, uno stupido, insignificante sasso, su cui lei inciampò, sentendo un forte dolore alla caviglia.
Il pugnale le cadde di mano.
L’uomo fu subito su di lei, raccolse l’arma e provò a minacciarla premendogliela sulla gola, ma lei interpose le proprie mani per fermarlo e la lama affondò nella carne.
Il grido che lanciò fece voltare Artù, che ormai aveva messo KO uno dei tre contro i quali si stava battendo e, allontanati gli altri due, corse in suo soccorso.
Raccolse uno stiletto caduto ai banditi e lo lanciò, colpendo l’uomo nel centro della schiena e facendolo cadere su un fianco, agonizzante.
Raggiunse Gwen, ma, proprio mentre stava per prenderla tra la braccia e issarla su un cavallo, fu circondato dai due banditi rimasti, che non volevano darsi per vinti.
Uno cadde presto, urlante per una ferita alla gamba, ma l’altro non cedeva, manteneva un ritmo incalzante e Artù era stanco, aveva già numerosi tagli sulle braccia e non avrebbe resistito a lungo.
Improvvisamente, l’uomo ferito, invece di dare man forte all’amico, si alzò e afferrò la ragazza per il polso e la ferì alla spalla.
A quel punto, dopo aver disarmato il suo avversario, il principe si girò e trafisse l’altro con la spada, uccidendolo, ma, quando si volse nuovamente per finire l’ultimo dei banditi, fu colpito al petto.
L’uomo possedeva ancora un pugnale e l’aveva conficcato nel corpo di Artù.
Ginevra urlò, mentre il principe cadeva in ginocchio sul terreno, accanto alla sua spada.
Il bandito sorrise felice e si volse a ridere verso Gwen, ma lei, con la forza della disperazione, non gli diede il tempo di far nulla, colpendolo al ventre con la spada dell’amato e infliggendogli il corpo mortale.
 
 
 
 
 

Angolo Autrice:
Ta-Da!
Che cosa succederà ai nostri eroi???
Dovete aspettare il prossimo aggiornamento per saperlo!!!
 
Eccomi tornata e con un po’ di azione!
Vi è piaciuto il capitolo???
Fatemelo sapere con un commentino ;)
Un bacione
La vostra Sweet_Juliet 

 

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Capitolo 22
*** Aiuto! ***


Ok, dato che vi voglio bene e oggi mi sento particolarmente generosa (xD) vi posto questo nuovo capitolo e mi aspetto taaaanti bei commenti
un bacione
Sweet_Juliet

 
 

Aiuto!

 
 
 
La battaglia era finita.
E avevano vinto.
Avevano ucciso tutti i banditi
Ma Artù era ferito. Gravemente.
E perdeva molto sangue. Troppo.
Gwen si accucciò accanto a lui e gli sollevò la schiena.
Doveva vederlo bene in viso.
Gli occhi erano aperti. Buon segno.
Si scostò i capelli dal volto e iniziò ad esaminare la ferita.
La lama del pugnale era affondata completamente nel corpo del principe.
Cominciò a tremare.
Gli posò le mani sul petto, cercando il modo migliore per estrarla.
Un’altra mano raggiunse la sua e la strinse.
“Ginevra … stai bene?” Artù faticava a parlare, ma doveva accertarsi che lei non fosse in pericolo di vita.
“Sì” rispose.
“E-e i banditi …?”.
“Morti. Tutti”.
A quelle parole si rilassò e sorrise. “Sono felice che tu stia bene”.
“A-Artù, devo toglierti il pugnale” iniziò Gwen “E farà male … Scusami” aggiunse poi.
Il principe annuì e lei, premendogli una mano sul petto, estrasse velocemente l’arma dal suo corpo.
Aveva cercato di farlo con un movimento il più pulito possibile, ma Artù non riuscì a trattenere un grido di dolore.
La ferita era molto più profonda di quanto pensasse e doveva assolutamente fare qualcosa, altrimenti il principe sarebbe morto dissanguato in pochi minuti.
Sfruttando la lacerazione del suo abito, riuscì a strapparne delle strisce, in modo da formare delle bende più o meno accettabili.
Poi gli squarciò la maglia, pulì la ferita e iniziò ad avvolgergliele.
Quelle avrebbero rallentato la fuoriuscita di sangue. Almeno per un po’.
Non aveva tentato di ricucire la pelle, non era un medico e avrebbe sicuramente peggiorato la situazione già critica.
Alzò lo sguardo per incontrare quello sofferente del suo amato, ma gli occhi erano chiusi.
Terrorizzata, si avvicinò al suo volto e gli posò due dita sul collo.
Sospirò di sollievo: respirava ancora. Ma non sapeva dire per quanto ancora l’avrebbe fatto.
Provò a svegliarlo, era il modo migliore per controllare le sue condizioni, ma lui manteneva gli occhi chiusi.  Doveva essere svenuto.
Disperata, iniziò ad urlare a gran voce: “Aiuto! Aiuto, aiutateci! Aiuto!”.
Non le importava chi avrebbe risposto, amici o nemici, ciò che contava ora era salvare Artù.
Gridò per almeno cinque minuti, finché sentì un fruscio di foglie schiacciate provenire dagli alberi attorno.
Attese trepidante di scoprire chi fosse corso in loro soccorso e si ritrovò davanti Merlino.
Questi, non appena notò il principe steso a terra, coperto di sangue, si precipitò, inginocchiandosi accanto a Gwen.
Lei piangeva. “Aiutaci” singhiozzò.
Il mago andò a prendere i cavalli, ne fece sedere uno e, con l’aiuto della ragazza, vi issò sopra il principe, poi le prese le mani e la costrinse a guardarlo negli occhi: “Gwen, ascoltami. Ora prenderai un cavallo e correrai da Gaius, gli porterai il pugnale con cui è stato colpito Artù e gli dirai di esaminarlo. Io ti raggiungerò tra poco con lui. Capito?”
“No. Artù … io non posso lasciarlo” disse, cercando di divincolarsi.
“Gwen, è di vitale importanza che tu lo faccia. Gaius deve scoprire se la lama sia impregnata di veleno, così da poter preparare un antidoto. Devi andare.”
“Ma … Artù …”.
“Lui vivrà, ti do la mia parola” disse lui.
Lei sembrò convincersi e, dopo un ultimo sguardo carico di dolore e preoccupazione rivolto al principe, raccolse il pugnale da terra e montò su un cavallo, lanciandosi al galoppo verso Camelot.
Una volta solo, Merlino mise le mani sulla ferita dell’amico e pronunciò la formula di guarigione più potente che conosceva ripetute volte, riuscendo a rallentare la fuoriuscita di sangue.
Poi si issò sul cavallo che portava il principe e partì alla volta di Camelot.
 
 
 
A causa delle copiose lacrime, Gwen riusciva a vedere solo a tratti dove stava andando, ma il cavallo conosceva la strada e la condusse al galoppo fino in città.
Lì era giorno di mercato, ma la ragazza non si fermò.
La folla si spostava spaventata e un po’ stizzita al suo passaggio, ma non rallentò.
Non si fermò nemmeno quando raggiunse il cortile interno del castello, dove le redini del suo cavallo furono bloccate dalla presa di Gwaine, facendolo impennare.
“Oh, oh” lo calmò il cavaliere e poi chiese: “Gwen, ma cosa …?”.
Lei non lo ascoltò nemmeno e scivolò di corsa dall’animale, rischiando di cadere a causa della caviglia slogata se lui non l’avesse presa al volo.
“Ma cosa …? Sei ferita!” esclamò, cercando di fermarla.
Lei continuò ad avanzare e, stringendo i denti per il dolore, si diresse il più velocemente possibile verso le stanze di Gaius.
 
 

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Capitolo 23
*** A-A-Artù! ***


A-A-Artù!

 

 
 
 

Bussò violentemente alla porta, che fu aperta da un Gaius piuttosto stizzito.
“Insomma! Un mom …” stava dicendo, ma si fermò alla vista di Gwen in quello stato.
L’abito verde che aveva indossato impeccabile quella mattina, ora era macchiato di sangue in più punti e le arrivava ai polpacci, talmente era stracciato.
Aveva perso il mantello, i capelli erano tutti scarmigliati e le mani che reggevano un rozzo pugnale erano coperte di sangue. E non sembrava essere tutto suo.
Poi, il piede destro aveva una strana angolazione.
Dietro di lei stava Gwaine, doveva averla seguita per assicurarsi che stesse bene e scoprire cosa fosse successo.
Il medico si fece da parte per lasciarli entrare e la ragazza raggiunse il tavolo zoppicando.
Posò il pugnale e nei suoi occhi colmi di lacrime passò un lampo di disgusto e odio.
Quell’oggetto la inorridiva e la terrorizzava allo stesso tempo.
Poi parlò: “Gaius d-devi e-esaminare … s-sangue … veleno … … A-A-Artù” la sua voce spezzata riusciva ad emettere solo spezzoni di frase, ma il medico si era messo già al lavoro.
Gwen provò ad avvicinarsi per aiutarlo, ma la caviglia cedette e lei rovinò a terra.
Il cavaliere la raggiunse, la sollevò e le tenne un braccio attorno alla vita perché non cadesse di nuovo.
Gaius si voltò: “Vuoi che faccia qualcosa per la tua caviglia?”.
“No! A-A-Artù” singhiozzò e lui tornò alle sue pozioni.
Finalmente la trovò, una piccola boccettina di vetro contenente una polvere verdastra, ne sparse un po’ sul pugnale e … non accadde nulla.
“Non è avvelenato” annunciò.
“S-sei sicuro?” chiese lei, tremante.
“Sì” rispose.
E Gwen si lasciò cadere su una sedia lì accanto, continuando a piangere.
Gwaine le accarezzava la schiena per calmarla e le chiese: “Gwen, cosa vi è successo?”.
Lei non rispose, continuando a singhiozzare.
Il cavaliere le prese le mani per vederla in viso e notò i tagli: “Gaius, vieni qui. Le mani … E' ferita”.
Il medico si stava per avvicinare, ma lei si riscosse: “No!” urlò nuovamente “Non è a m-me che dovete p-pensare”.
In quel momento, la porta venne spalancata da Merlino, che si fece subito da parte per lasciare il passo a due uomini che reggevano un terzo, inerte.
Sir Leon e Percival si precipitarono verso il letto e lì adagiarono il principe svenuto.
Gwen si alzò aggrappandosi a Gwaine e si lasciò cadere in ginocchio accanto a lui.
Gaius aveva preso delle forbici e stava tagliando il bendaggio fatto con l’abito della ragazza.
Aveva pulito la ferita con un panno impregnato d’acqua e stava usando una pasta gialla per disinfettarla.
Poi si era fatto dare ago e filo da Merlino.
Ginevra era rimasta inginocchiata accanto al letto per tutto quel tempo, tenendo stretta la mano del suo principe con una forza e disperazione tale da far sembrare che fosse la sua vita ad essere in pericolo.
Tuttavia, non riuscì a guardare quando Gaius infilò l’ago nella carne di Artù per ricucire la ferita e affondò il viso nella spalla di Sir Leon, inginocchiato accanto a lei.
Quando ebbe finito, il medico lo ripulì ancora una volta dal sangue e ricoprì il taglio con un nuovo bendaggio, poi iniziò ad occuparsi delle altre innumerevoli piccole ferite dovute al combattimento nella radura.
“Gwen” la ragazza sentì sulla spalla la gentile stretta del medico e alzò gli occhi “Ho finito” disse.
Lei attese, incapace di porre la domanda di cui tutti volevano conoscere la risposta.
“Vivrà?” chiese infine Gwaine.
“Questo solo il tempo potrà dircelo” rispose Gaius, tristemente.
“M-ma ora è v-vivo, non è vero?” domandò Sir Leon.
“Sì, lo è”.
“Grazie, Gaius” disse la ragazza, stringendo la mano del medico tra le sue e baciandola “Grazie infinite”.
Poi prese la mano di Artù, che aveva lasciato perché potessero curargli le ferite, e se l’appoggiò sulla guancia.
Era calda, non come avrebbe dovuto essere, era più … tiepida. Ma non era fredda. Non era fredda.
C’era ancora speranza.
Il suo cuore era forte e non avrebbe smesso di battere così presto.
“Ora bisogna informare il re” annunciò Gaius, guardando i presenti.
Si Leon si alzò: “Devo farlo io, sono il capitano delle guardie. È giusto che sia io a dirglielo”.
Il medico annuì e nessuno fece obiezioni, lui era il “secondo in comando” dopo il principe e le notizie, specialmente quelle spiacevoli, dovevano essere portate da una figura di autorità.
Sfiorò il braccio di Artù, del suo migliore amico, e con le lacrime che avevano minacciato tutto il tempo di sgorgare dai suoi occhi, uscì.
“Percival, tu andrai a dirlo ad Elyan e Lancillotto. È giusto che lo sappiano da uno di voi”.
“Bene, Merlino mi ha detto dov’è successo, organizzo una spedizione per ripulire il luogo” rispose e uscì a sua volta.
Sembrava che la presa di posizione di Gaius stesse aiutando i cavalieri a riprendersi dallo shock.
Il medico aprì la porta e si rivolse a due guardie lì fuori: “Fate entrare solo il re” e rientrò.
Poi si voltò verso Gwen: “Ginevra, vieni, anche tu hai bisogno di cure”.
“Non posso l-lasciarlo” pianse.
“Ci sarà Merlino con lui, qualsiasi cosa accada ci chiamerà immediatamente”.
Allora, la ragazza baciò dolcemente la mano del principe e si fece condurre da Gwaine al piano superiore.
Rimasti soli, Gaius si avvicinò subito al mago: “Hai praticato su di lui un incantesimo di guarigione?” gli chiese, sottovoce.
“Sì, ma come …?”.
“Hai rallentato la fuoriuscita di sangue, sarebbe morto ancor prima di arrivare qui se non l’avessi fatto. Gli hai salvato la vita”.
“Non ancora, non si è svegliato” replicò Merlino e una lacrima solitaria gli bagnò la guancia.
“Voglio che continui, fino all’arrivo di Uther devi imporgli ogni incantesimo curativo che conosci. Se attenderemo lo scorrere degli eventi, sicuramente morirà. Anche se non ha toccato organi vitali, la ferita è troppo profonda.”.
Il mago non se lo fece ripetere due volte e si mise all’opera, mandando a memoria tutte le magie sull’argomento, poggiò le mani sul petto di Artù e queste iniziarono a brillare di una luce bianca rassicurante.
Con un sorriso, Gaius gli strinse la spalla e, recuperati gli “attrezzi del mestiere”, salì al piano superiore.




 
 
Angolo Autrice:
Merliniani, salve!
Ecco qui un nuovo capitolo pieno di suspence ….
Il nostro amato principe vivrà?
Uther come reagirà alla notizia?
E Merlino, riuscirà a salvarlo?
Per le risposte a queste domande, continuate a leggere
Un bacione
La vostra Sweet_Juliet

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Capitolo 24
*** Le grida di un padre ***


Le grida di un padre
 

 
 
 
Gaius, per prima cosa, le ripulì le mani, ricoperte sia del suo sangue sia di quello del principe e le fasciò entrambi i palmi, attraversati da una cicatrice che sarebbe rimasta nel tempo.
Poi si dedicò alla caviglia, bendandogliela stretta così che guarisse più velocemente.
Né Gwaine né Gaius fecero domande, non volevano turbarla ulteriormente e in ogni caso lei non avrebbe risposto. Non ce la faceva a ricordare quei terribili momenti.
 

 

Del trambusto proveniente dal piano sottostante li interruppe e il medico corse verso la sua fonte.
Anche Gwen fece per scendere, ma il cavaliere la bloccò e la costrinse a sedere.
 
 


La porta era stata spalancata con violenza, Merlino aveva già smesso di praticare la magia sul principe, avendo sentito uno scalpitare provenire da fuori.
Uther in persona si fiondò nella stanza, seguito da Sir Leon.
“Mio figlio! Dov’è?” urlò e, dopo aver dato uno sguardo, raggiunse di corsa il letto dove giaceva Artù.
“Artù!” esclamò e si chinò su di lui per sentire il battito del cuore.
Rassicurato, si lasciò cadere su una sedia lì accanto.
“Cosa … che cosa è successo? Chi è stato?”chiese.
“Dei banditi nella foresta, mio sire” rispose Gaius.
“Come … come hanno osato?! Esigo che … esigo che siano giustiziati seduta stante!”.
“Sono già morti, vostra maestà. Una squadra di cavalieri sta andando a ripulire il luogo”.
“Bene … bene” disse. Era molto pallido.
“Quando si … si sveglierà?”.
“Questo non lo so, sire, è svenuto e ha perso molto sangue. Ma siamo fiduciosi! C’è ancora speranza”.
“Certo che c’è! Portatelo nelle sue stanze!” ordinò.
“Ma, mio signore, è ancora molto debole e mi sarà difficile curarlo se sarà lassù …”.
“Vorrà dire che ti trasferirai in una delle camere accanto. Ora procuratevi una barella e portatelo nelle sue stanze” comandò ai cavalieri di guardia alla porta, che sollevarono il principe e, seguiti da Sir Leon e il re, uscirono dagli alloggi del medico.
Gaius prese l’essenziale e, aiutato da Merlino, lì seguì.
 


 
Nelle stanze che dividevano il medico e il mago rimasero solo in due, Gwaine e Ginevra.
“Perché non mi hai permesso di scendere?!” chiese lei, adirata.
“Perché Uther ti avrebbe incolpato dell’accaduto. Già dire che non ti sopporta è poco e ora avrebbe avuto un motivo per allontanarti dal castello o addirittura per condannarti alla forca, di nuovo.
“Io … io … a questo non avevo pensato. Gwaine …”.
“Accetto le tue scuse. Vieni, ti accompagno in camera. Ti farai un bel bagno caldo e rilassante. Servirà a calmarti”.
“No, devo andare da Artù”.
Le strinse le spalle e la guardò negli occhi: “Lo vedrai dopo. Ora hai bisogno di rilassarti. Hai già fatto tanto per lui oggi. L’hai portato qui, l’hai salvato. Ora pensa a guarire te stessa” e con quelle parole la condusse fuori, intercettando una serva di passaggio perché la aiutasse a prepararsi.
 
 

 
 
 

Angolo Autrice:
nuovo capitolo!
non c’è ancora molta azione, ma quella arriverà, non vi preoccupate
intanto, vi auguro un buon giorno della Befana e vi mando un bacio

Sweet_Juliet 

 

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Capitolo 25
*** Preoccupazione e Rimorso ***


Preoccupazione e Rimorso
 

 
 
 
Era quasi ora di cena e Uther si trovava al capezzale del figlio e non se ne sarebbe andato per molte ore ancora.
Era distrutto.
Artù non si svegliava.
E lui era tormentato dalla preoccupazione e dal rimorso.
Gaius aveva detto che se non avesse aperto gli occhi entro l’alba del terzo giorno, tutte le sue speranze sarebbero state vane. Sarebbe morto.
Ma non doveva essere così.
Suo figlio, il suo unico, valoroso, meraviglioso figlio non poteva morire a causa di una zuffa con dei banditi nella foresta!
Era il miglior spadaccino di tutto il regno e forse anche di quelli circostanti ed era stato sopraffatto.
Ma non era solo.
Non sarebbe riuscito a tornare al castello da solo.
Era con una donna. Le guardie l’avevano vista arrivare, disperata, e correre da Gaius, poco prima di lui e Merlino.
Non gli avevano detto il suo nome.
Non ce n’era bisogno.
Lui sapeva.
Era lei. Sempre lei.
Artù aveva dovuto proteggerla e si era esposto al pericolo.
Questi pensieri riempivano la mente del re, ma non esprimevano rabbia, erano solo semplici constatazioni.
Era fiero del coraggio del figlio e nulla in quel momento avrebbe potuto distrarlo dal dolore nel vederlo in quelle condizioni.
Ma il dolore faceva riaffiorare il rimorso.
Il rimorso per aver quasi provato odio nei suoi confronti.
Per averlo ostacolato.
Per non essere mai riuscito a dimostrargli veramente il suo amore.
Il rimorso per non aver capito.
Per aver capito solo ora di non odiare Gwen, la ragazza, la serva amata da Artù, ma di temere tutto ciò che rappresentava.
Lei significava un nuovo tipo di regno, con leggi nuove, diverse, innovative.
Un regno che non avrebbe più avuto bisogno di lui.
Ecco, era questo.
Temeva di essere messo da parte. E dimenticato.
Avrebbe dovuto confessare tutto ciò ad Artù e forse quegli ultimi mesi sarebbero passati diversamente, più sereni.
Sì, glielo avrebbe dovuto dire.
E ora rischiava che non lo sapesse mai.
Se fosse morto di lì a tre giorni, lo avrebbe fatto pensando di essere odiato dal proprio padre.
Non doveva essere così.
Doveva sperare. Sperare. Sperare. E sperare.
E stargli accanto.
Lui non sarebbe morto.
Un nuovo regno lo aspettava per nascere.
E, forse, ora Uther sarebbe stato pronto per accettarlo.
Sussultò quando Merlino entrò nella stanza, portandogli la cena, e non vide nemmeno ciò che stava mangiando.
Artù veniva prima.
Ora aveva capito.
Artù veniva prima di ogni cosa e se il tempo gliene avesse dato l’opportunità, lui avrebbe fatto di tutto per sostenerlo in ogni sua scelta e decisione, consigliandolo e aiutandolo.
Rimanendo sempre al suo fianco.
Ma ora tutto ciò che importava era la salvezza di Artù.
 
 
 
 

 
Angolo Autrice:
Ecco un capitolo con un piccolo POV di Uther J
spero che vi sia piaciuto e ringrazio tutti coloro che seguono e recensiscono la storia
Un bacione
Sweet_Juliet 

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Capitolo 26
*** Un piccolo aiuto ***


Un piccolo aiuto

 

 
 
Dopo il bagno, Gwen era crollata, addormentandosi sul letto.
Era stata una giornata molto pesante e il suo cervello era d’accordo con Gwaine, doveva riposare.
Hannah sistemò la vasca e uscì, lasciandola sola.
Ginevra era troppo stanca perfino per sognare e le sembrò che fossero passati solo pochi minuti quando qualcuno bussò alla porta.
Si alzò e andò ad aprire con difficoltà, stringendo i denti per il dolore alla caviglia.
Era Elyan.
Le aveva portato la cena e una stampella.
“L’ha intagliata Percival. Non ha avuto tempo per fare anche l’altra, ma ha pensato che per oggi ti potesse bastare” disse, consegnandogliela.
Lei annuì e si sedettero entrambi al tavolo, dove cenarono in silenzio.
Poi il cavaliere le prese la mano.
“Come va la caviglia?” chiese.
“Fa male” rispose lei “ma è sopportabile”.
“Gaius dice che dovresti stare ferma per un po’, ma gli ho detto anch’io che non sarà possibile. Non ti ho mai visto stare seduta a far nulla per più di dieci minuti di fila … anche quando eravamo bambini, dovevi sempre aver qualcosa da fare” rise.
Lei rise di rimando.
Era la sua prima risata da quella mattina.
E le sembrò così strana e inappropriata che si fermò subito.
Allora Elyan la guardò serio, dritto negli occhi: “Sei preoccupata?”.
“Non immagini quanto ... È stata colpa mia, è stata tutta colpa mia” disse e le lacrime iniziarono a bagnarle il viso.
“Non devi dirlo nemmeno per sogno. Se Artù è ridotto così, la colpa è solo di quei banditi. Tu non c’entri nulla” e le asciugò le lacrime con le dita.
“Tu … tu non sai … non c’eri” continuò lei, piangendo.
“Io ti conosco e so che non gli faresti mai del male. Non è stata colpa tua. È stata sfortuna. Ma non devi disperare. Di speranza ce n’è ancora. E molta. Mi credi?”.
“Sì” rispose lei, incerta, ed Elyan le posò un bacio sulla fronte.
“Ora devo andare, ho il turno di guardia, ma tu devi promettermi che starai qui, tranquilla. Lo farai?”.
“Sì, va bene”.
“Tornerò domattina. Ti voglio bene”.
“Anch’io” rispose ed Elyan uscì.
 
 
 
 
Gwen aspettò pochi minuti, poi uscì a sua volta.
Le faceva male mentire a suo fratello, ma doveva sapere come stesse Artù.
E non poteva aspettare.
Appoggiandosi alla stampella, percorse il corridoio che li separava e si fermò di fronte alla sua porta.
C’erano due guardie davanti.
Si avvicinò loro.
“Desidero vedere il principe, posso entrare?” chiese.
“Il re ha ordinato di non far passare nessuno” rispose uno dei due.
“Ma … ma io … io devo vederlo!” insisté lei.
“Mylady, è un ordine del re. Non possiamo fare eccezioni” disse con un sorriso di scusa.
“Ma … io …” provò a ribattere.
“Basta Mylady, se continuerete a insistere, saremo costretti a portarvi via. Ora allontanatevi” la interruppe l’altro, con un tono che non ammetteva repliche.
Gwen allora fece per seguire l’ordine del cavaliere, ma inciampò nei propri piedi e cadde.
Subito uno dei soldati, il primo che aveva parlato, le si avvicinò e l’aiutò a rimettersi in piedi, sussurrandole: “Mi dispiace”.
“Non è proprio possibile che io entri?” domandò lei.
“Per ora no, ma se riuscite ad aspettare, potrò farvi entrare per pochi minuti quando il re se ne sarà andato”.
“Dite sul serio?”.
“Avete la mia parola” le assicurò.
“Vi ringrazio infinitamente”.
“Non è nulla. Potete aspettare nel corridoio qui accanto. Quando vedrete passare il re, potrete venire”.
“Grazie” disse e gli sorrise, seguendo il suo suggerimento, mentre lui tornava al suo posto.
 
 
 
 

Angolo Autrice:
Buongiorno a tutti!

Eccovi un nuovo capitolo :)
Lo so, sono perfida … muahahahahahahahah
Ebbene sì, non sappiamo ancora nulla di Artù e dovrete aspettare ancora un bel po’ … xD
Un bacione a chi riesce ancora a sopportarmi
Sweet_Juliet 

 

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Capitolo 27
*** Un corridoio affollato ***


Un corridoio affollato

 
 
 
 

Ginevra si sedette nel corridoio accanto, sotto a una finestra ad arco che dava verso il cortile interno e attese.
Attese per più di due ore, poi fu sopraffatta dalla stanchezza e cadde addormentata.
I nobili che passavano di lì la additavano e la schernivano: cosa ci faceva seduta a terra? Aveva forse nostalgia del suo passato da serva?
E se ne andavano ridendo, ma lei era ignara di tutto ciò, immersa in un sonno senza sogni per la seconda volta quel giorno.
 

 
 
 
Il re era ancora nella stanza del figlio e la lasciò solo un paio d’ore dopo mezzanotte.
Se ne andò a malincuore, ma doveva riposare: la mattina seguente avrebbe dovuto informare la corte e il popolo dello stato di salute del principe. E non era sicuro di riuscire a farlo.
Passandosi una mano sul volto, svoltò a destra, imboccando il corridoio successivo, illuminato solo dalla luce della luna piena e da qualche torcia.
Arrivato quasi a metà, notò una figura a terra.
Incuriosito, si avvicinò cauto e la riconobbe.
Era Gwen, la ragazza che negli ultimi tempi aveva riempito i suoi pensieri.
Era profondamente addormentata e non poté evitare di indovinare che lei stesse aspettando che lui uscisse per poter raggiungere Artù.
La guardò e vide le mani fasciate e la stampella accanto a lei.
Anche lei era stata ferita quel giorno nella radura.
Intercettando una guardia di passaggio, la fermò e le ordinò di trovare il fratello della ragazza, affinché la riportasse nelle proprie stanze.
Si raccomandò, inoltre, che stessero attenti a non svegliarla.
E con un ultimo sguardo a Gwen, si avviò verso i propri alloggi.
 
 
 
 

Elyan arrivò pochi minuti dopo, seguito da Percival.
Prese in braccio la sorella e la riportò in camera, mentre l’altro cavaliere raccoglieva la stampella e la univa alla sua gemella che nel frattempo aveva intagliato.
La adagiarono dolcemente sul letto e chiamarono Hannah, perché rimanesse con lei.
Poi chiusero lentamente la porta e si ripromisero di tornare a visitarla il giorno successivo.
 
 
 
 
 

Angolo Autrice:

brevissimo capitolo di transizione … non odiatemi! xD

Alla prossima,

la vostra Sweet_Juliet

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Capitolo 28
*** Una possibilità. L'ultima ***


Una possibilità.
L’ultima

 
 
 
 
Gwen si svegliò più tardi del solito quel mattino, stupita di trovarsi stese tra le soffici coperte della propria stanza, con Hannah che sonnecchiava su una sedia lì accanto.
Non riusciva a ricordare cosa fosse successo, era ancora molto insonnolita.
Si sedette e fece per alzarsi, ma un forte dolore le impedì di appoggiare il piede a terra.
Guardò giù e vide la caviglia fasciata e le stampelle contro la parete.
In quel momento, tutto le tornò alla mente e si maledisse per essersi addormentata la sera precedente.
Era quasi riuscita ad andare a trovare Artù e si era fatta vincere dalla stanchezza, qualcuno doveva averla poi riportata in camera.
Ma forse non tutto era perduto.
Se avesse incontrato di nuovo il soldato che era stato gentile con lei, forse l’avrebbe fatta entrare.
Prese le stampelle (probabilmente Percival le aveva intagliato anche l’altra ed Elyan gliel’aveva portata prima del suo risveglio) e si avvicinò all’armadio per vestirsi il più in fretta possibile e tentare nuovamente di vedere il principe.
Scoprì presto, però, che non era così facile come pensava.
Non riusciva a tenere aperte le ante, prendere un abito e reggersi sulle stampelle allo stesso tempo.
Così cadde e il rumore svegliò Hannah, che corse subito in suo aiuto.
“Milady, vi siete fatta male? Perché non mi avete chiamato?”.
“È tutto a posto” disse, mentre veniva aiutata a sedersi.
La serva le portò un vestito e glielo fece indossare, poi si alzò per prepararle la colazione.
Gwen, però, non aveva intenzione di aspettare oltre.
Si sollevò sulle stampelle e si diresse verso la porta.
Hannah le si parò davanti.
“Milady, fermatevi. Non avete ancora mangiato. Sedetevi”.
“Hannah, fammi uscire. Devo andare” disse cercando di avanzare.
La serva le sbarrò la strada: “Mi dispiace, non posso. Vostro fratello mi ha ordinato di non farvi uscire senza di lui, quando è venuto a trovarvi questa mattina”.
“Dovrai trasgredire al suo comando allora, perché io uscirò, che voi lo vogliate o no” e si fece avanti.
Ma la ragazza non si spostava.
“Hannah, fammi passare”.
“Milady, vi prego” tentò di dire.
“Spostati!” disse, tirandola da parte “Io devo vederlo!” e uscì in corridoio.
 
 
 


 
Si diresse spedita verso le stanze del principe, ma la porta era di nuovo sorvegliata e dallo stesso soldato che la sera precedente aveva rifiutato di ascoltarla.
Qualche lacrima di nervosismo le solcò le guance.
Alcuni nobili stavano passando di lì, con sguardi preoccupati, ma nessuno la fissava curioso o con fare prepotente.
Sembrava che non importasse loro la sua presenza.
Erano persi in altri pensieri.
Era la prima volta.
Provò ad avvicinarsi e riuscì a sentire spezzoni di una conversazione tra due dame.
“È terribile. Mi dispiace così tanto” disse la prima.
“Già, è una disgrazia. E poi hai visto il re? Era distrutto” continuò l’altra.
“Sì, non l’ho mai visto così. Ora sta inviando degli araldi nella città bassa per informare il popolo. Entro questo pomeriggio il mastio sarà pieno di gente …”.
Non sentì altro, le due donne si erano ormai allontanate.
Il re doveva aver tenuto una riunione con la nobiltà per metterla al corrente dell’accaduto.
Per farle sapere di Artù …
Solo pensare il suo nome le faceva male e scatenava un fiume di lacrime.
Doveva vederlo.
Stava camminando triste verso la propria camera, quando le venne un’idea.
Non tutto era perduto.
C’era ancora una cosa che poteva tentare.
Cambiò la sua destinazione.
Uther doveva essere ancora nella sala delle udienze.
 
 
 
 



 

Angolo Autrice:
nuovo capitolo!
Che ve ne pare?

Spero che vi piaccia e prometto che l’incontro con il nostro caro Artù è sempre più vicino …
Sopravvivrà? Uther permetterà a Gwen di vederlo un’ultima volta? E Merlino, sarà in grado di aiutarlo?
Le risposte saranno nei prossimi capitoli!
Perciò vi mando un bacione
Sweet_Juliet

 

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Capitolo 29
*** Udienza ***


Udienza

 
 
 
 
 
Scese le due rampe di scale che la separavano dalla sua meta con difficoltà, ma infine, esausta, raggiunse la sala delle udienze.
Due soldati erano di guardia alla porta e le loro lance avrebbero tenuto lontano chiunque avesse osato entrare senza permesso.
Ginevra cercò di non pensarci e si avvicinò.
“Desidero chiedere udienza a sua maestà” disse.
“Mi dispiace, milady, il re ha chiesto di non essere disturbato” rispose uno dei due.
“Sono sicuro che non lo disturberò” e avanzò verso la porta.
Le guardie le sbarrarono la strada con le loro lance.
“Non c’è bisogno di essere così irruenti. Desidero solo parlare pochi minuti con il sovrano, non ci vorrà molto”.
“Milady, vi abbiamo già detto che al momento non è possibile. Ora allontanatevi”.
“Un re dovrebbe ascoltare le richieste dei suoi nobili” disse, ma i cavalieri furono irremovibili.
“No, ora desidera stare solo”.
“Io devo entrare!” gridò Ginevra e provò ad aprire la porta, ma un soldato la spinse indietro.
La ragazza cadde, emettendo un gemito di dolore.
In quel momento, Elyan apparve in fondo al corridoio e corse verso di lei.
Era stato avvertito da Hannah della “fuga” della sorella dalla sua camera ed era andato a cercarla.
“Gwen, stai bene?” le chiese, facendola alzare.
Lei non lo ascoltò nemmeno: “Devo entrare” disse.
Intanto una piccola folla di curiosi si era riunita attorno a loro, attirata dal rumore.
Anche Sir Leon li aveva sentiti e si stava avvicinando.
“Che cosa sta succedendo qui?” chiese.
Gli rispose una delle guardie: “Capitano Leon, questa donna insiste nel voler entrare nella sala, ma il sovrano ha ordinato di non essere disturbato”.
“Sì” intervenne l’altro “Le abbiamo ingiunto di allontanarsi, ma non vuole ascoltarci”.
“Voi non capite! Io devo entrare!” gridò Ginevra, aggrappata al braccio del fratello.
“Leon, ti prego …”.
“Gwen, devi tornare in camera. Gaius ha detto che ti serve riposo” provò a dire Elyan.
Lei non diede segno di averlo sentito.
Si rivolse a Sir Leon: “Ti prego, devi farmi entrare. Ho bisogno di parlargli”.
“Gwen, il re vuole stare solo, non posso farti entrare ora. Non ho questo potere”.
“Sei il capitano delle guardie! Conterà pure qualcosa!”.
“Forse posso farti ricevere questa sera, ma per ora …” iniziò il cavaliere.
“No! Io devo parlargli adesso!” gridò, fuori di sé.
“Gwen, ti prometto che stasera gli parlerò …”.
“Non posso aspettare! Artù potrebbe non avere tutto questo tempo. È per questo che devo parlargli. Non potrei vivere sapendo di non essergli stata vicino almeno per un momento” disse la ragazza e le lacrime cominciarono a scendere lungo le sue guance.
“Oh, Gwen …” Sir Leon si avvicinò per abbracciarla e lei si abbandonò ai singhiozzi contro il suo petto.
 
 
 


 
Intanto all’interno della sala, Uther stava seduto sul proprio trono e non si era mai sentito così solo o infelice.
Era stato con grande dolore e trattenendo il pianto che aveva annunciato ai nobili le condizioni di Artù, ma solo ora, chiuso in quella stanza, sembrava rendersi conto veramente di ciò che stava accadendo.
Rischiava di perdere Artù, suo figlio, la sua unica famiglia.
La persona a cui teneva di più al mondo e che era riuscita a colmare l’enorme vuoto che si era formato nel suo cuore dopo la morte di Igraine.
Era distrutto.
Non avrebbe sopportato di nuovo un dolore simile.
Stava seduto su quel trono, ma avrebbe di gran lunga preferito vivere tutta una vita da contadino o da servo, piuttosto che assistere impotente alla morte del figlio.
La sua carica non gli aveva mai dato meno soddisfazione.
Perso nei propri pensieri, si accorse solo dopo un po’ del trambusto che si stava scatenando fuori dalla porta.
Si alzò e si diresse spedito verso la fonte del rumore, si aggrappò alle maniglie e le aprì di scatto.
“Che succede qui? Avevo chiesto che non mi si disturbasse” tuonò e si ritrovò davanti tutta la folla che si era radunata lì fuori, che al suo arrivo aveva smesso di parlare all’unisono.
“Sire, noi abbiamo provato a mandarli via …” iniziò un soldato.
Ma Gwen, vedendo il re, si staccò da Sir Leon e s’inginocchiò ai suoi piedi.
“Vostra Maestà, perdonatemi. È colpa mia, desideravo parlarvi” disse tra i singhiozzi.
“Bene, parlate allora”.
“Io … io ho un unico desiderio, sire … e credo che voi lo conosciate già. Io amo vostro figlio. Amo Artù e desidero solo vederlo, stargli accanto anche solo per un momento. E se voi esaudirete questa mia richiesta, io giuro che farò qualsiasi cosa voi vogliate, potrete disporre di me come vorrete. Mi allontanerò dalla corte, da Camelot, se è questo ciò che desiderate. Ma vi prego, fatemelo vedere per un’ultima volta. Vi supplico. Questo è ciò che desideravo chiedervi” disse e tacque, abbassando il capo.
Il re si chinò e, con sorpresa di tutti i presenti, tirò fuori un fazzoletto dalla tasca e lo porse alla ragazza, che si asciugò le lacrime.
Poi le prese le mani e l’aiutò a rimettersi in piedi.
La mise nelle mani di Elyan e disse alla folla: “Andatevene, questo non è uno spettacolo. Tornate alle vostre occupazioni”.
E l’insieme di nobili e servitori, all’udire quelle dure parole, si affrettò a dileguarsi.
Poi si rivolse a Gwen: “Non desidero che vi allontaniate. Siete importante per mio figlio e io non mi perdonerò mai per averlo capito solo ora, ma ora sono io a chiedere il vostro perdono per ciò che vi ho fatto e, da questo momento, avete il permesso e il diritto di stare con lui tutto il tempo che vorrete”.
“Grazie. Io … io non so come …”.
“Andate da lui, passate con Artù tutto il tempo che potete, pregate e sperate in attesa del suo risveglio” la interrupe il re e si voltò verso Sir Leon: “Questo vale anche per voi, Sir Leon. Vedo che avete lo stesso desiderio di Lady Ginevra di vedere Artù. E ora andate. Io vi raggiungerò più tardi. Dite alle guardie che vi mando io, a voi crederanno” e tornò in sala.
“Vi ringrazio” disse il capitano delle guardie, felice per l’insperata fortuna capitatagli.
Raccolse le stampelle di Gwen e gliele porse e, insieme, i tre si diressero verso le stanze del principe.

 
 

Angolo Autrice:
salve a tutti!
L’incontro con Artù si avvicina …
Sopravvivrà?

Lo scoprirete solo leggendo! xD
Un bacione a tutti
Sweet_Juliet

 

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Capitolo 30
*** Speranza ***


Speranza

 
 
 
Arrivati lì, Gwen esitò prima di entrare, non sapendo cosa aspettarsi.
Poi, incoraggiata da Sir Leon, si fece coraggio e varcò la porta.
Nella stanza c’erano già Merlino e Gaius, chini sul letto.
Lei si avvicinò e vide che gli stavano cambiando le bende.
Artù era molto pallido, ma, a parte questo, nulla faceva intendere che stesse facendo qualcosa di diverso da dormire.
Ma non stava dormendo e ne ebbe la conferma quando il medico tolse tutte le bende, mettendo in mostra la cicatrice della profonda ferita infertagli da un bandito.
Gwen odiò quel taglio più di ogni altra cosa al mondo.
Dopo che ebbe finito, Gaius ricoprì il principe e si fece da parte, lasciando libera la sedia accanto al letto, sulla quale prese posto la ragazza.
Sir Leon si sedette dall’altro lato ed Elyan uscì.
Il cavaliere stava chiedendo informazioni circa lo stato di Artù, ma Ginevra non lo sentiva, aveva preso la mano del suo amato e se l’era portata al viso.
Gaius uscì e Merlino sedette accanto a Gwen, mettendole una mano attorno alle spalle.
Lei appoggiò il viso sulla sua spalla e rimasero così per un po’, fermi, osservando tristi il principe ferito.
Ogni paio d’ore il medico andava a controllare eventuali miglioramenti del paziente, ma non succedeva nulla.
Stettero lì tutto il giorno, facendosi portare i pasti da Hannah, poi verso sera Sir Leon strinse per un momento una mano del principe e uscì per andare ad informare gli altri cavalieri della situazione.
Merlino andò via poco dopo, dovendo aiutare Gaius a preparare le bende e gli impiastri per il giorno successivo.
Gwen invece rimase lì, rifiutò la proposta della serva di farsi preparare un letto e decise che avrebbe dormito sulla poltrona accanto alla finestra.
Non voleva lasciarlo solo nemmeno un momento.
 
 
 

 
Uther arrivò molto tempo dopo l’ora di cena.
La ragazza si era addormentata sulla sedia, con il volto appoggiato sul letto e una mano che stringeva quella del principe.
Il re si sedette dall’altro lato e si mise ad osservarli.
Erano innamorati.
Ora lo sapeva.
E si era esposto per salvarle la vita.
Lei non se lo sarebbe mai perdonato.
Lo sapeva, lo vedeva.
Non avrebbe mai sopportato di essere la causa della sua morte.
E ora era lì.
Nonostante tutto, non le importava nulla della propria salute, della propria caviglia, del riposo di cui aveva bisogno.
Si era umiliata davanti a tutti andandolo a supplicare, aveva perfino giurato che se ne sarebbe andata per sempre se lui le avesse permesso di vedere un’ultima volta Artù.
Che lui vivesse oppure no.
E Uther sapeva che l’avrebbe fatto davvero.
Se ne sarebbe andata se lui gliel’avesse chiesto.
Lo sapeva, perché era una donna di parola, onesta, non avrebbe mai infranto un giuramento.
Lo amava.
Ora ne era più che sicuro.
Non lo faceva solo per il titolo o le ricchezze, lei amava Artù.
Non il principe, non il futuro re.
Solo Artù.
E il re era felice di questo, sperava solo di non veder finire quella storia nel giro di un giorno.
No! Non sarebbe finita.
Artù sarebbe vissuto.
Era giovane e forte e non si sarebbe lasciato sconfiggere da una cosa come la morte, aveva troppo da perdere.
Un popolo.
Un esercito.
Un’importante eredità.
Un regno.
Degli amici.
Una donna che lo amava con tutta sé stessa.
Un padre che, finalmente, aveva imparato ad accettarlo.
E sapeva che sarebbe vissuto.
Ne era certo.
 
 

 

 
Angolo Autrice:
ok, sono imperdonabile … sono mesi e mesi e mesi!!! Che non aggiorno.
Scusatemi davvero tanto.
Vi posto questo capitolo prima di partire per le vacanze, il prossimo arriverà a settembre, o forse prima J
un bacione a chi sta ancora seguendo questa piccola storia
Sweet_Juliet
 

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