Personaggi: Amy!Jon,
Eleven!Daenerys, Rory!Sam
(nominati Eddard, Catelyn, Benjen, Robb,
Sansa, Theon, Ros, Talisa, Ygritte, Lyanna, Rhaegar)
Pairing: Amy!Jon/Eleven!Daenerys,
Amy!Jon/Rory!Sam, Amy!Jon/Eleven!Daenerys/Rory!Sam,
accenni
Robb/Talisa, Robb/Theon, Jon/Ygritte, Rhaegar/Lyanna
Avvertimenti: DoctorWho!AU,
het, slash, threesome
Introduzione: In
cui tutto parte da una crepa nel muro.
4.
I was all alone and
I didn't have a place,
you came into my
life and
then everything changed
(Love
takes time,
and time
is on our
side)
Jon
Stark ha sette anni, e c’è una crepa nel muro
bianco e anonimo della sua cameretta.
Quando
prova a dirlo a suo padre, lui gli risponde che non
c’è niente di cui aver paura, perché
quella è una semplice crepa e perché, prima o
poi, la faranno stuccare. Il suo viso
rimane serio come sempre, con
quella sua aria solenne, eppure Jon è certo di vedere una
luce divertita nel profondo suoi occhi grigi – una luce
simile a quella che gli illumina lo sguardo
quando dice a Sansa che non
c’è nessuna regina cattiva nell’armadio.
Ma Sansa è piccola, e le sue paure sono stupide. E la
crepa
è reale, Jon lo sa.
Jon
non ne parla mai a Catelyn – in effetti, con lei non parla
quasi per niente. Ma suo padre lo fa, e da quel giorno gli sguardi che
lei gli riserva sono ancora più diffidenti, più
taglienti. Pensa che Jon sia strano.
Catelyn non è nemmeno sua madre – i
pettegolezzi dei vicini glielo ricordano costantemente –
eppure fa male comunque, perché quando guarda Robb e Sansa i
suoi occhi blu e freddi si fanno così sereni,
così caldi.
I
giorni passano, e la crepa è sempre lì, sul muro,
beffarda e spaventosa. E, dietro il muro, ci
sono sempre le stesse voci
– ma il Prigioniero Zero, alla fine, riesce a fuggire.
E
poi, una notte, Jon sente un tonfo sordo in
giardino.
La
prima impressione di Jon sulla Dottoressa è che è
molto, molto strana. Insomma, la gente normale non compare dal nulla
con una cabina blu della polizia al seguito, no?
La
seconda è che è bella. Jon non
pensa alla bellezza delle ragazze – quello lo lascia
volentieri a quello smielato di Robb e a Talisa, quella bambina
straniera che si è appena trasferita
in fondo alla strada,
vicino al negozio di antiquariato – ma con lei è
inevitabile, quindi lui è giustificato: la Dottoressa ha un
viso bianco come la neve e molto carino, sotto
l’espressione
confusa e e spaesata, e grandi occhi viola e lunghi capelli
d’argento – e Jon non ha mai visto nessuno
così, quindi oltre che bella gli sembra misteriosa,
esotica.
Nell’oscurità, la sua forma snella e pallida
sembra fatta di pura, candida luce lunare.
La
terza impressione è che è simpatica. Sempre
strana, sì, ma in senso buono. In un certo
senso, come lo
zio Benjen che si è trasferito anni fa nelle Highlands e
quando viene a trovarli cerca sempre di convincere Jon e gli altri
ragazzi del quartiere ad iscriversi
all’accademia in cui
lavora, con un sorriso furbo e cento e uno aneddoti su corsi di
autodifesa e cavalcate nella neve.
La
Dottoressa è un po’ come lui, con il sorriso
smagliante e gli occhi lontani e brillanti e l’aria
di
qualcuno che potrebbe raccontare storie meravigliose. Un po’ come
lui, ma in
un certo senso meglio.
Il
quarto pensiero che la Dottoressa fa venire in mente a Jon è
che lei è simpatica, ma si prende davvero troppo
sul
serio.
Jon
rovista nella credenza, tra ciotole e tegami, tentando con scarso
successo di non fare rumore e sperando che la sua famiglia non si
svegli. Ha la tentazione di dire una di
quelle parole per cui Catelyn
lo minaccerebbe di lavargli la bocca col sapone.
Dietro
di lui, la forchetta della Dottoressa tintinna contro la ceramica del
piatto, e Jon sente il suo sguardo impaziente sulla sua nuca. Beh,
poteva anche evitare di gettare dalla finestra tutto ciò
che
ha provato a servirle finora.
Apparentemente,
però, le
Signore dei Draghi, Nate dalla Tempesta, Figlie e Madridei Draghi dell’antica
Valyria – qualsiasi cosa sia – non mangiano assolutamente mai le mele. O
i fritti scozzesi.
Quella
notte stessa, Jon le chiede di portarlo con lei, in qualunque posto, in
qualunque tempo – perché lei può andare
ovunque, e i suoi occhi scintillano come grandi cieli pieni di stelle.
La Dottoressa lo guarda attentamente, un’espressione
indecifrabile negli occhi viola e profondi, e poi sorride e gli dice di
sì.
-
Torno tra cinque minuti – gli dice, chinandosi su di lui e
guardandolo negli occhi. Jon annuisce, e la osserva tornare a passo
svelto e sicuro verso la sua bizzarra cabina blu, in
silenzio.
Jon
si fida di
lei, e le crede. Per questo la aspetta, anche quando i cinque minuti
diventano dieci, e i dieci minuti quindici.
Il
suo primo incontro con Sam avviene qualche anno e tre psicologi dopo
– Jon è diventato troppo strano, per Catelyn, e
suo padre ora le dà ragione. E i suoi fratelli si stanno
stancando di ascoltare le storie della Dottoressa con la luce della
luna tra i capelli, e perfino Sansa ha ripreso ad aprire normalmente
l’armadio.
Ci
sono degli altri ragazzi intorno a lui, ragazzi che lo bersagliano con
una raffica di insulti e colpi, di codardo
e ciccione. Jon
li conosce tutti, e sa che non sono tanto pericolosi quanto vorrebbero
far credere: spaventarli e farli fuggire sarebbe facile anche se non
fosse così preoccupato per quel ragazzino grasso steso per
terra, le mani sul viso per proteggerlo e nessuna apparente voglia di
difendersi.
Quando
i bulli se ne sono finalmente andati, Jon si china su di lui.
–Ehi! Tutto a posto? – gli chiede.
L’altro non sembra avere alcuna intensione di togliere le
mani dalla faccia e se ne resta
lì, tremando in
silenzio. Jon sbuffa: - È tutto okay. Se ne sono
andati – prova a rassicurarlo, ma non ottiene ancora nessuna
risposta.
Jon
prende le mani del ragazzo tra le sue in un gesto deciso, e le
allontana cercando di essere gentile. È così che
si trova davanti il viso paffuto e arrossato di Sam per la prima
volta,
e i suoi occhi grandi e confusi che si riempiono in pochi istanti di
un’ammirazione esitante e incredula.
Lo
sguardo del ragazzo si sposta rapidamente sulle loro mani, e poi di
nuovo sul viso di Jon. – G ... grazie – balbetta,
in un tono che è allo stesso tempo gratitudine e sorpresa,
come se non credesse nemmeno che Jon sia davvero
lì davanti
a lui.
Solo
dopo, quando lui e Sam cominciano a conoscersi meglio, Jon scopre che
nessuno, nemmeno suo fratello, ha mai provato a difenderlo prima.
Dopo
un po’ di tempo, Jon comincia a raccontare anche a Sam della
Dottoressa, del Prigioniero Zero, della
cabina venuta dalle stelle. Sam
è bravo ad ascoltare, e non lo giudica mai per
ciò che gli dice. Poi,
però, anche lui
cresce.
Accade
in un giorno di neve, con i loro respiri che si condensano in piccole
nuvole di vapore nell’aria
gelida, sotto un cielo di un
bianco lattiginoso. Sam ha le guance arrossate e dei fiocchi di neve
tra i capelli, e non prova nemmeno a nascondere il suo fastidio.
L’Inverno sta arrivando, e il suo amico lo odia.
Jon,
invece, lo ama. Ama il candore della neve, il modo in cui sembra capace
di rendere il mondo un posto più silenzioso e più
calmo. Ama giocare a palle di neve con Robb e iniziare vere e proprie
lotte con quello sbruffone di Theon, ama ascoltare la voce melodiosa di
Sansa cantare le carole natalizie e cercare
il regalo giusto per Arya e
Bran, ama le luci e i festoni e tutto ciò che ad un occhio
esterno farebbe sembrare gli Stark una vera famiglia –
è un’illusione breve e agrodolce, e Jon sa che
alla fine delle feste, come ogni anno, gli lascerà solo un
retrogusto amaro in bocca e qualche ricordo lontano nella mente, eppure
la ama
comunque.
-
Forse dovresti dare ascolto allo psicologo. Forse potrebbe davvero
esserti d’aiuto – dice Sam,
all’improvviso. Jon si volta verso di lui: il suo tono di
voce è calmo e ragionevole, ma i suoi occhi sono dubbiosi,
quasi impauriti.
Lo psicologo, nella
mente di Jon, è solo Numero Quattro. È un ometto
basso e tarchiato, con il viso grassoccio e gli occhiali dalle lenti
spesse sopra il naso lungo. Dice
che la Dottoressa è una
proiezione dell’affetto che Jon vorrebbe poter trovare nella
sua famiglia, una specie di amica immaginaria.
-
Credi che io sia pazzo? O un bugiardo? – chiede Jon a Sam,
guardandolo dritto negli occhi. La sua voce
è dura, ferma, e
suona alle sue stesse orecchie come una fiacca imitazione
del tono
serio e tagliente che suo padre assume quando parla con i suoi
colleghi. Sam sembra sul punto di dire qualcosa, la bocca che si apre e
si richiude senza emettere un suono, gli occhi spalancati.
Ma
quando Jon gli volta le spalle e comincia ad allontanarsi a passo
spedito, il rumore dei passi affrettati di Sam nella neve dietro di lui
raggiungono subito le sue orecchie – e, immediatamente,
arriva anche il tonfo di qualcosa di grosso e pesante che scivola su
una lastra di ghiaccio e cade.
Jon
fa solo un altro paio di passi, prima di sospirare e tornare verso di
lui per aiutarlo a rialzarsi.
Per
molto, molto tempo non parlano più né della
Dottoressa né degli psicologi, fino a quando Catelyn
comincia a pensare che non ne abbia più bisogno.
Un
giorno, Theon decide di portare lui e Robb in un locale.
All’inizio, Jon è riluttante, ma Robb riesce a
convincerlo: per qualche assurda ragione, sembra che Theon gli piaccia.
Jon lo vede, il modo in cui fissa il suo sorriso e cerca di trattenere
una risata alle sue battute.
Appena
arrivati, Robb ammutolisce, e fa saettare lo sguardo da Theon agli
avventori del locale e alle ragazze che li
stanno intrattenendo. E
arrossisce.
-
Theon – dice Jon infine, dopo un profondo respiro: - ci ha
portato a vedere uno strip-tease? -.
L’unica risposta
è uno di quei suoi sorrisi arroganti e maliziosi che Jon
vorrebbe cancellare a forza di schiaffi, e un e anche di più pronunciato
con aria fin troppo complice.
Jon
lancia uno sguardo a Robb: dovrebbero andarsene, e lo sanno entrambi.
Eppure, Theon riesce a convincerli a rimanere per quelle che dovrebbero
essere solo
un paio di birre.
Ovviamente,
le birre sono molte di più, e alla fine della serata Robb e
Theon sono scomparsi in qualche angolo buio del nightclub e Jon si
ritrova davanti il sorriso impudente di una donna più grande
di lui, dai disordinati riccioli rossi e gli occhi brillanti. Ha
delle tette splendide è
l’unico pensiero coerente di Jon mentre una mano di
Ros – si domanda se sia il suo vero nome – gli fa
segno di seguirla in un posto più appartato, le unghie
laccate di scarlatto che scintillano per pochi istanti nella luce
soffusa, e l’altra si posa leggera sul suo petto,
carezzandolo da sopra la camicia.
Jon
pensa per un attimo a lunghi capelli d’argento, a un corpo
snello e minuto di luce di luna, a un sorriso che diceva non devi aver paura
delle voci
perché ora ci
sono io. Poi, pensa a
Sam, senza nemmeno sapere perché.
Quella
notte, non riesce a combinare niente con Ros.
Sam
racimola abbastanza coraggio per baciarlo
solo un paio di mesi dopo.
Non
che Jon non abbia mai pensato di farlo per primo, in seguito a quello
notte. Solo, non pensava che anche lui
provasse gli stessi sentimenti
nei suoi confronti.
Stanno
parlando come hanno già fatto tante volte, e Sam continua a
fissarlo. Jon si sentirebbe a disagio, se solo non fosse consapevole di
fare fin troppo spesso la stessa cosa, da un po’ di tempo.
L’espressione di Sam si fa seria, ferma, il suo
sguardo
intenso – e, con un movimento cauto ma deciso, avvicina il
viso al suo.
E
poi, le loro labbra si sfiorano.
È
un contatto breve e delicato, quasi impercettibile, ma non incerto.
Jon
rimane in silenzio, e i loro volti si allontanano lentamente.
-
Mi dispiace – dice Sam, ma non sembra che rimpianga veramente
il suo gesto. Continua a guardarlo, l’espressione triste,
consapevole, come se sapesse che Jon lo rifiuterà e fosse
pronto ad accettarlo. È
difficile credere che sia lo stesso
Sam di sempre, lo stesso ragazzo goffo e
pauroso con la testa china su
uno dei suoi vecchi libri polverosi e lo sguardo sempre basso.
Jon
sa da molto tempo che Sam è gay. Sa che suo padre non lo
accetta, che suo fratello lo prende in giro per questo, che sua madre
finge che non sia vero.
Jon,
invece, sa di aver avuto per anni una cotta per la sua
Dottoressa, di essere stato ammaliato dal sorriso di Ros,
di aver
provato per un po’ ad uscire con Ygritte per i suoi
bellissimi capelli rossi e il suo umorismo irriverente. E sa anche che
gli piace Sam.
Per
questo lo bacia di nuovo.
Il
giorno dopo, il mondo sta per essere distrutto da una qualche specie di
polizia e aliena e la Dottoressa gli sorride come la notte in cui
l’ha incontrata per la prima volta. Jon
ancora non riesce a
credere che sia tutto vero, che lei
sia vera.
Eppure,
eccola lì, a dare la caccia ad alieni che potrebbe avere
l’aspetto di qualsiasi cosa e a fargli domande strane come perché
c’è una cuccia per il cane,
se non avete
un cane?.
Dopo un paio di corse a perdifiato e di affermazioni assurde, Jon in un
certo senso si sente finalmente a casa.
Forse,
è per questo che le presenta Sam come un amico,
nonostante il suo sguardo leggermente offeso. Lei
è la sua
Dottoressa, in
fondo, e questa è la
sua avventura – e lui ha già
aspettato così tanto.
E
poi, a fine giornata, quando la Terra è salva e gli alieni
se ne sono finalmente andati, lei riparte senza di lui. Jon stavolta
decide subito di non aspettare tutta la notte in giardino.
-
Come sarebbe a dire, non
voglio venire con
te? -.
La
Dottoressa lo fissa esterrefatta, i begli occhi viola larghi
e confusi.
Ha l’aria di non essere una persona che accetta senza troppi
problemi un no
come risposta.
-
Jon Stark, io posso portarti in qualunque luogo nell’Universo
e nel flusso temporale. In una cabina
della polizia –
tenta ancora, come se questo bastasse a sistemare tutto.
E, in effetti,
Jon è tentato di andare con lei.
-
Sono passati due anni – dice
invece, e osserva con un vago
senso di soddisfazione la Dottoressa sbattere le palpebre e aprire la
bocca. La sua espressione, però,
torna presto quella sicura
di sempre, con il suo sorriso smagliante:-
Beh, credo che tu abbia
aspettato abbastanza -.
Jon
la guarda. Il suo viso è sempre
quello candido e delicato di
tanti anni prima: è la sua Dottoressa fatta di luna, il
fantasma della sua infanzia.
-
Puoi riportarmi qui per domani? – le chiede, infine.
La
Dottoressa sembra vecchia –
sembra quasi umana.
Se ne
sta
lì, a fissare nelle profondità
dell’Universo da un’ampia finestra –
finestrino? Oblò? Jon non è sicuro di come
funzioni, per le astronavi -, l’espressione corrucciata e lo
sguardo assente. Per la prima prima volta, il suo pallore la fa
apparire fragile agli occhi di Jon, troppo minuta, troppo sottile.
-
Ehi – comincia, e poi non sa come continuare. Le posa una
mano sulla spalla, delicatamente. Lei si volta verso di lui, gli occhi
due ametiste dure e fredde: - Sono la Dottoressa. L’ultima
figlia dei Signori dei Draghi di Valyria. Ho visto luoghi che tu non
potrai mai raggiungere, conosciuto creature che non riusciresti nemmeno
ad immaginare, salvato migliaia di civiltà in pericolo. E
tu, un semplice essere umano, invece di seguire i miei ordini hai
pensato di poter decidere per me -.
Jon
le accarezza una ciocca di lunghi capelli argentei, folti e morbidi tra
le sue dita: – Già.
Io, un semplice essere umano,
ho preso la decisione giusta
-.
La
Dottoressa abbassa lo sguardo, e quando lo rialza i suoi occhi sono
più caldi, più vivi:
- Già -. E quelle
labbra che Jon ha sognato e rimpianto per così tanto tempo
si piegano lievemente all’insù.
E
Jon lo sa che
il giorno dopo deve sposarsi, lo ricorda perfettamente – ma
la bacia comunque.
Il
giorno dopo, la scelta di Jon è tra una cerimonia e
l’intero Universo, tra un tradimento verso
la persona che ama
e uno verso se stesso. Alla fine, non può fare altro che
chiedere alla Dottoressa di portare anche Sam con loro – e
spiegarle la situazione.
La
Dottoressa lo guarda con un’espressione che potrebbe essere
quasi gelosia, ma acconsente alla sua richiesta: solo per un
po’, solo finché entrambi non si stancheranno.
La
prima volta che Sam mette piede nel TARDIS e comincia a sciorinare una
complessa lezione sulle teorie scientifiche sui viaggi nel tempo, lo
sguardo della Dottoressa gli fa temere che quella sia anche
l’ultima.
–
Ho letto tutto in un libro – si difende Sam.
-
Preferirei un semplice è
più grande all’interno,
grazie – replica la Dottoressa, guardandolo
male.
-
Rendi le persone pericolose per loro stesse – le ringhia
contro Sam, con negli occhi una luce che Jon non ha mai visto nel suo
sguardo. La Dottoressa, al contrario, improvvisamente sembra non sapere
più cosa dire: i suoi occhi viola continuano ad essere
puntati su Sam, pieni di un qualcosa tra
l’incredulità e l’ammirazione.
-
Sam, non è successo niente – prova a farlo
ragionare Jon, una mano ancora sul braccio colpito. Fortunatamente,
sente solo un dolore sordo, che non sembra preannunciare niente di
grave. – Sto bene -.
Sam
si volta verso di lui, e fa per dire qualcosa – e, nella baia
di White Harbor, l’acqua ribolle quando i kraken tornano
all’attacco, e non c’è più
tempo per parlare.
Di
lì in poi, è tutto una caotica, veloce sequenza
di alieni a tre teste e alieni a quattro teste e Primi Ministri e
pianeti da salvare e artisti
morti.
-
Non mi sono mai divertito tanto! – dice a Sam una notte. Beh,
non è mai veramente
notte, perché quando è in viaggio il
TARDIS non
appartiene a nessun preciso momento nel
tempo, ma sono nella camera
accanto alla cucina con palestra incorporata che momento
indefinito
dopo momento indefinito è diventata la loro camera e
nessun alieno sta tentando di ucciderli, quindi dev’essere
notte.
È
vagamente consapevole che la sua idea di divertimento sia abbastanza
diversa da quella di molta gente, e si
domanda cosa ne pensi Sam, come
giudichi quella che Jon è presto arrivato a considerare la
sua nuova vita. Si chiede se gli manchi la sua famiglia, se abbia
nostalgia della biblioteca dove gli piaceva passare ore immerso tra
mappe geografiche e tomi di storia antica anche se ora il suo rapporto
con la Dottoressa èmigliorato e
sembra essersi lentamente
adattato alle loro avventure in tutti quei mondi lontani.
Ma
Sam annuisce e sorride, e quel sorriso gli raggiunge gli occhi e li
illumina.
Ci
sono dei momenti in cui Jon li guarda
entrambi, li osserva, li
confronta.
Sono
così diversi, e così simili. Una fatta di luce e
d’argento e di neve, delicata e candida e con il fuoco
più caldo e brillante negli occhi, e l’altro un
qualunque giovane uomo dal Regno Unito,
pianeta Terra, Via Lattea, un
puntino nella vastità infinita dell’Universo.
Eppure, hanno lo stesso sguardo deciso, intenso –
Jon si
chiede se, guardandosi in uno specchio, riuscirebbe a vederlo anche nei
suoi occhi, perché viaggiare nel
TARDIS è
qualcosa che ti entra dentro, nel sangue e nelle ossa, ti sconvolge e
ti cambia.
Non
c’è esattamente un momento in cui realizza di
amarli entrambi, forse non allo stesso modo
ma con lo stesso calore, la
stessa intensità: è un insieme di piccole cose,
piccoli sguardi e piccoli gesti e piccoli istanti di vita insieme nella
loro eterna corsa contro il tempo e la
morte, che finalmente lo aiuta a
comprenderlo.
È
un’altra non-notte, a bordo del TARDIS. Jon si sta
avventurando per i corridoi, tentando di
ritrovare la loro stanza: si
sposta piuttosto spesso, ma mai quanto la biblioteca,
che scompare e
riappare all’improvviso e senza alcuna logica.
Non
sa nemmeno come, ma si ritrova a camminare verso la sala di controllo
del TARDIS.Pensa
di entrare e chiedere aiuto alla Dottoressa
– anche se dubita che perfino lei conosca completamente la
sua nave – ma si ferma quando sente la voce di Sam.
-
Mi dispiace per quella frase, davvero. E avrei dovuto scusarmi prima,
ma non era mai il momento adatto. Insomma, siamo costantemente in
pericolo di vita ... e tocca sempre
a te salvare tutti –
comincia il suo ragazzo, la voce gentile, incerta.
-
Non importa. È passato tanto tempo – ribatte la
Dottoressa, in tono definitivo. C’è una
nota di
calore, nella sua voce, di serenità.
C’è
una breve pausa, e poi: - Il tempo non passa, nel TARDIS,
perché è il TARDIS a passare attraverso il tempo
-. La Dottoressa ride, e gli chiede se ha letto anche questo in
un
libro. E dopo c’è un altro momento di silenzio,
più lungo e pieno di significati.
Jon
torna a cercare la sua stanza con il sorriso sulle labbra.
E,
infine, tutto si fa ancora più rapido e confuso e spaventoso
del solito. Ci sono una legione romana e
una prigione aliena e
un’armata e l’unica cosa che Jon riesce a capire
dell’intera situazione è che l’Universo sta
finendo. E che la Dottoressa potrebbe non tornare
mai
più, stavolta per davvero.
-
Tornerà. Rimetterà a posto le cose, sai che lo fa
sempre – gli dice Sam, stringendogli la
mano come se avesse
paura di perderlo se lo lasciasse andare per un solo secondo,
mentre la
Realtà stessa muta e muore tutto intorno a loro. Jon
vorrebbe potergli credere, davvero.
Il
giorno del suo matrimonio, come
ogni mattina Jon
Targaryen si sveglia nella sua stanza al rumore di una
discussione tra suo padre e sua madre in cucina e l’abbaiare
di Ghost, e per un attimo, mentre si
strofina gli occhi con il dorso di
una mano, tutto il mondo gli sembra impossibile, assurdo.
Jon
sbatte le palpebre e lancia un’occhiata al muro di fronte al
letto: nessuna crepa. Non ci sono mai state
crepe, è
vero.
Eppure,
quando si alza per vestirsi e scendere a fare colazione, Jon sente il
bisogno di controllare ancora, osservando
il muro nella coda
dell’occhio.
Sua
madre è la donna più bella del mondo. Jon non sa
perché si ritrova a pensarlo, in fondo
la vede ogni giorno,
eppure quella mattina è comunque la donna più
bella del mondo.
Quando
glielo dice, Lyanna Targaryen lo guarda stupita, per poi sorridere e
dirgli che ad adularla basta suo padre. Ha lunghi capelli castani, e la
faccia lunga e gli occhi grigi di zio Ned –
da ragazzo, suo
padre ha scritto molte poesie su quegli occhi, e ancora oggi le regala
mazzi di fiori blu in ogni occasione speciale.
Jon
non ha tempo per riflessioni del genere, però: ha un
matrimonio per cui prepararsi, e la
sensazione di continuare a
dimenticare qualcosa.
Ci
sono quasi tutti, alla cerimonia: Robb e Theon, zio Ned e il resto dei
suoi figli, zio Benjen, Ygritte, Talisa.
Jon riesce a scorgere perfino
zia Catelyn, tra gli invitanti, con un sorriso fin troppo
cortese e
amichevole e tutta la sua freddezza negli occhi
chiari.
Jon
non ha mai capito l’antipatia che sua zia prova nei suoi
confronti, specialmente considerando che va
d’accordo con
tutti i suoi cugini, e in particolare con Arya.
I
genitori e il fratello di Sam non sono venuti, invece. Jon non ne sente
la mancanza, e spera che per il suo futuro
marito sia lo stesso.
Eppure,
manca qualcun altro all’appello. Qualcuno di importante, qualcuno di
essenziale
– e Jon non riesce a ricordare il suo
nome.
Per
tutta la durata della cerimonia, sente odore di mele e fritto.
Solo
dopo il loro breve, catastrofico e meraviglioso ricevimento, Jon torna
a respirare liberamente. Solo nel TARDIS si sente di nuovo a casa, e
l’intero Universo – in tutti i suoi
luoghi, in
tutti i suoi tempi – ha di nuovo senso.
-
Come abbiamo potuto dimenticarti? – si domanda Sam, ancora
sconvolto ma felice.
La Dottoressa sorride, e si lancia in una lunga e complicata
spiegazione di cui, alla fine, interessa
solo a loro due. Jon guarda il
mondo oltre la porta del TARDIS, il cielo terso e buio, il ristorante
dove hanno organizzato il ricevimento e in cui ci sono ancora tutti
quegli invitati che si staranno certamente ancora chiedendo cosa
diavolo sia successo.
Jon
sorride e chiude la porta: a che gli serve il mondo, quando ha le due
persone che ama ed è pronto a partire?
Note finali:
...
Argh. Questa
cosa non doveva essere così abnormemente lunga, lo giuro,
non so perché è venuta così. E mi sto
appassionando a Doctor!Dany – e non so scrivere Jon/Dany,
credo. Però Jon/Sam è il mio OTP, quindi spero di
aver fatto un lavoro decente almeno in questo senso.
Il
titolo viene dalla canzone With You di Natalie Walker.
L’ispirazione, infatti, mi è
venuta guardando per
l’ennesima volta questo video Eleven/Amy/Rory:
http://www.youtube.com/watch?v=8r72rR095cM
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