Essere un alchimista...

di Kikyo91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Anno 1924 ***
Capitolo 2: *** I principi dell'alchimista ***
Capitolo 3: *** Chiamato a combattere ***
Capitolo 4: *** Un addio e una promessa ***
Capitolo 5: *** Edward Elric ***
Capitolo 6: *** Orgoglio ***
Capitolo 7: *** Salvare delle vite ***
Capitolo 8: *** Chi ha ancora un futuro! ***
Capitolo 9: *** Progetti di conquista ***
Capitolo 10: *** Il cammino del cuore ***
Capitolo 11: *** Pensieri e paure... ***
Capitolo 12: *** La prima notte a casa ***
Capitolo 13: *** Memorie dal passato ***
Capitolo 14: *** Lasciar andare... ***
Capitolo 15: *** Rapporto in evoluzione ***
Capitolo 16: *** Decisione ***
Capitolo 17: *** Tristi sospetti ***
Capitolo 18: *** Prima della partenza: le parole che non ti ho detto ***
Capitolo 19: *** Ultima tappa: Hannover! ***
Capitolo 20: *** A ciascuno la sua battaglia ***
Capitolo 21: *** All'interno del campo ***
Capitolo 22: *** Uomo debole? ***
Capitolo 23: *** Prima dell' inizio ***
Capitolo 24: *** Sui tre fronti ***
Capitolo 25: *** Il coraggio di andare avanti ***



Capitolo 1
*** Anno 1924 ***


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Essere un Alchimista…

 

Capitolo 1- Anno 1924

 

Anno 1924. Hadolf Hitler era appena stato scagionato e stava pian piano ricostruendo il proprio partito. Nel mondo stava per succedere qualcosa, qualcosa di grande.

In quei tempi, la Germania si trovava in crisi. In prezzo del cibo era salito vertiginosamente e la gente povera si rivoltava  accecata dall’odio verso il proprio governo.

L’esercito reclutava sempre più Alchimisti da mandare nelle città per mantenere l’ordine e qualche volta si ricorreva anche all’uso della violenza

Mentre nelle grandi città succedeva questo, nelle campagne la vita scorreva più tranquilla.

La gente si guadagnava da vivere producendo e coltivando il cibo con le proprie mani, ignaro, a volte, di ciò che succedeva a qualche chilometro di distanza.

Proprio in una di quelle vie, piene di sassi e di fiori, una macchina stava correndo ad una velocità piuttosto elevata.

Ad un tratto si fermò. Aveva appena parcheggiato accanto ad una casa graziosa, circondata da un giardino in fiore.

Colui che guidava la macchina scese:

era un ragazzo di 19 anni. Aveva i capelli di un biondo molto scuro, lunghi e legati in una coda, gli occhi color dell’oro dallo sguardo dolce ma allo stesso tempo penetrante.

Indossava la tipica uniforme da militare blu con, messe sul petto, varie medaglie di ogni genere.

 

- Winry!-  chiamò – Winry! –

 

- ED!ED! Fratellone!!!!!! –

 

Il giovane si girò  -Al! -  disse sorpreso

 

- ciao! Fratellone! Winry è dentro casa! Sta preparando il pranzo! -  disse Al

 

- capisco… - disse Ed

 

- allora? Com’è andato il lavoro?  - chiese Al

 

- ah…non ora per favore…devo ancora riprendermi dalle battutine che oggi ha fatto Roy sul mio conto….  - sospirò

 

- eddai fratellone! Dovresti esserci abituato ormai! –

 

- si…si….certo…-  disse Ed rassegnato

 

- a proposito… - disse Al mentre si apprestavano ad entrare in casa  -sei rimasto di “quella misura”? – chiese timidamente

 

- DI…DI “QELLA MISURA”?????!!!! -  esclamò Ed sbalordito

 

- si insomma…..sei cresciuto un po’ ultimamente? -

 

- MA!MA!MA! AAAAAL! COME TI PREMETTI!! CERTO CHE LO SONO!!!  - urlò Ed in modo isterico. Era una delle sue tante reazioni violente che aveva quando si parlava della sua altezza, Infatti, era ben noto che Alphonse, suo fratello minore, fosse più alto di lui di ben quasi 10 centimetri.

 

- va bene! Ma non ti arrabbiare così!  -chiese Al

 

Intanto Winry, la migliore amica di Ed e Al stava preparando uno stufato di carne che aveva l’aria di essere davvero buono.

 

- Winry! Sono a casa! – la chiamò Ed

 

- ED! CHE SORPRESA! – urlò lei – è raro trovarti a casa ultimamente… -

 

- spiritosa! È perché ho tanto lavoro! – disse Ed stizzito

 

- già…..colonello! ancora non ci credo!  - sospirò la ragazza

 

- tsk! Sai che roba…..se solo sapessi che vuol dire non mi loderesti tanto! -

 

- mica ti sto lodando! – disse lei cominciando ad arrabbiarsi

 

- e allora che diamine vuoi! -

 

- io?! Assolutamente nulla!! -

 

- calma calma!  - intervenne Al – non litigate! Proprio oggi! -

 

- e chi litiga! – disse ed scocciato sedendosi su una sedia

 

- mhp! – esclamò Winry -  io non volevo litigare… -

 

- uff…. – sospirò Al – faccio ancora fatica a credere che vi siate fidanzati e che tra un po’ vi sposiate pure! -

 

Ed e winry si guardarono, all’inizio con viso imbronciato, ma poi pian piano si misero a ridere.

 

- vabbè! Lasciamo stare… - disse Winry allegra  - è pronto -

 

 

Tutti si sedettero e cominciarono a mangiare

 

- fratellone! -  disse Al all’improvviso

 

- che c’è? -

 

- non ci hai ancora detto com’è andato il lavoro -

 

- beh…- cominciò Ed posando la forchetta e guardando Winry e Al – ultimamente l’esercito recluta sempre più alchimisti!-

 

- davvero? -chiese Winry – come mai? -

 

- in città ci sono parecchie bande di rivoltosi…si insomma…gente povera…sono disperati! Non c’è più cibo in città e occorrono nuovi uomini per dare aiuto all’esercito -

 

- non si può fare qualcosa? – chiese Al

 

- il possibile è stato già fatto….ora poi! Hitler sta ricostruendo il partito…ci aspettano tempi duri – sospirò  Ed

 

- pensi che tra non molto scoppierà un’altra guerra? -  disse Winry

 

- non lo so….. beh! – disse Ed alzandosi all’improvviso

 

- fratellone dove vai? – chiese Al

 

- devo tornare in città…..Roy ha bisogno di me per le nuove reclute…dobbiamo istruire i nuovi alchimisti…. -

 

- Ma devi ancora finire di mangiare! -  esclamò Winry guardando il piatto del ragazzo

 

Ed  le si avvicinò e delicatamente le diede un bacio sulla guancia

 

- grazie ma…non ti preoccupare! Era tutto delizioso! -

 

- o..ok! – disse Winry diventando rossa

 

- bene! Al! Ci vediamo stasera! – disse Ed rivolto al fratello

 

- certo! Buon lavoro fratellone! –

 

Edward guardò il fratello, sorrise, e uscì.

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Capitolo 2
*** I principi dell'alchimista ***


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Capitolo 2- i principi dell’alchimista

 

 

Ed era arrivato a Central City.

Si guardava intorno. Quella città era molto diversa da come l’aveva vista la prima volta: era successo quando aveva 11 anni. Allora ,con suo fratello Alphonse, era venuto a sostenere l’esame per diventare Alchimista di Stato.

Prima di quel periodo la vita dei due fratelli era stata scossa da avvenimenti tristi: l’improvvisa morte della madre, il tentativo di riportarla in vita tramite una trasmutazione e la perdita dei loro corpi.

Ed aveva perso il braccio destro e la gamba sinistra mentre Al l’intero corpo, era questa una delle ragioni per cui loro avevano tanto cercato la Pietra filosofale, che secondo la leggenda era in grado di fare qualsiasi cosa.

Alla fine ci erano riusciti: Al aveva recuperato il proprio corpo mentre Ed, però, aveva dovuto rinunciare ai suoi arti perché ciò avvenisse.

Ma nonostante ciò, ora la loro vita scorreva tranquilla e serena.

 

- Eccomi -  disse Ed entrando in un ufficio al quarto piano di un grande edificio

 

- Alla buon ora Full Metal! -

 

Lì, seduto davanti a Ed, c’era il colonnello, o per meglio dire, il generale, Roy Mustang

 

- non ho nemmeno pranzato come si deve per colpa tua! – esclamò Ed sedendosi sulla poltroncina posta di fronte alla scrivania di Roy

 

- oh…mi dispiace! – disse Roy sarcastico – comunque… -

 

Roy pose a Ed un foglio con scritti vari nomi, circa 100…

 

- che roba è? – chiese Ed leggendo il foglio

 

- sono tutti gli alchimisti di stato selezionati questa mattina -

 

- ah si? E cosa ci dovrei fare? – chiese Ed stizzito

 

- istruirli! Fargli capire chi comanda! Insomma….addestrarli se preferisci! -

 

-va bene…vedrò che posso fare… -

 

Mentre Ed si alzava per uscire, Roy lo fermò

 

- Full Metal! -

 

- si…che c’è? -  esclamò Ed un po’ scocciato

 

- dovrai metterti questa d’ora in poi…-

 

gli diede una spilla, una spilla che raffigurava due “s” incrociate.

Ed la guardò, e poi fissò Roy.

 

- io…io non la metto! -

 

- devi metterla! - -ordinò Roy

 

- perché? – chiese Ed

 

- è stato ordinato da Hitler in persona! Ogni membro dell’esercito la deve indossare. È il simbolo del nostro governo! -

 

- tsk! E da quando prendi ordini da quel pazzo?! -

 

Roy lasciò cadere la spilla e prese Ed per un braccio, il braccio destro.

 

- cosa credi Full Metal? – disse  - nemmeno io vorrei mettermi questa spilla e fare ciò che lui vuole ma non ho altra scelta!....nessuno di noi ha più scelta ormai! -

 

- LASCIAMI!! –urlò cercando di liberarsi dalla presa del generale

 

- no ora mi stai ai sentire! Qui c’è la guerra! Guerra capisci? Ora essere un alchimista non ha più lo stesso significato di una volta! e se questo non ti va bene beh….ne pagherai le conseguenze! -

 

Detto questo Roy lasciò la presa e raccolse la spilla. Ed lo fissava con aria di sfida.

 

- prendila ora! – disse Roy ponendogliela una seconda volta

 

Ed allungò la mano, esitava, ma d’altronde doveva prenderla.

 

- bene! E ora fuori di qui! Ho altre cosa a cui pensare… - ordinò

 

Ed si apprestò ad uscire, ma prima si voltò verso il generale

 

- Roy….Generale! questa volta ha vinto lei! – disse ed

 

- Full Metal…- cominciò Roy

 

- ma… - continuò Edward, stringendo la spilla – sappia…che non sono questi i principi per combatterò in futuro! Il governo di Hitler prima o poi cadrà! E in questo mondo giustizia verrà fatta! -

 

Detto questo uscì sbattendo la porta. Roy intanto, pensieroso, fissava il cielo fuori dalla finestra, era azzurro, azzurro come sempre.

 

- anche i miei principi…Full Metal….sono identici ai tuoi… - sospirò

 

 

 

 

- ATTENTI! – aveva appena urlato il tenente Havoc ai giovani, nuovi Alchimisti di Stato  - ora vi presento colui che d’ora in poi vi insegnerà cosa vuol dire essere un Alchimista di Stato! Il colonnello Edward Elric!  -

 

Ed usci allo scoperto mostrandosi ai suoi allievi.

Molti si stupirono per la giovane età del presunto colonnello, ma soprattutto per il fatto che avesse un braccio di metallo, ben visibile anche avendo la divisa.

 

- mi raccomando!  -  esordì Havoc – portategli rispetto! Nonostante la sua età sa essere molto severo! Non sottovalutatelo! -

 

Tutti rimasero a bocca aperta

 

- grazie Havoc…. – disse Ed – ora puoi andare… -

 

- signorsì colonnello! -  disse Havoc e se ne andò, lasciando Ed con i nuovi arrivati.

Li guardò negli occhi uno per uno. Cercava di capire quali motivazioni potessero aver spinto tanti giovani a diventare Alchimisti in tempi come quelli…

 

- bene! – cominciò Ed – mi chiamo Edward Elric e sarò il vostro comandante nelle varie spedizioni, battaglie che avverranno in futuro! Allora…qualche domanda? -

 

Nessuno rispose. Erano tutti perplessi. Solo uno ebbe il coraggio di alzare la mano: era un ragazzo di 15 anni, aveva i capelli castani e gli occhi azzurri, molto magro e slanciato.

 

- mi dica signor…- cominciò Ed guardando il nome del ragazzo sul foglio datogli da Mustang -  Ivan Heich  dico bene? -

 

- si signore! – disse Ivan in tono solenne  - volevo sapere il perché lei è diventato colonnello nonostante le sua età..  -

 

Ed lo guardò sorpreso – semplicemente perchè ero considerato un abile alchimista – disse infine

 

- ho sentito dire che da queste parti la chiamano…Full Metal Alchemist è vero?  -

 

- non lo nego.. .– sospirò Ed

 

- se posso…signore…come mai la chiamano così? -

 

- … - Ed non rispose subito. Era stupito da una domanda del genere. La voglia di capire che aveva quel ragazzo gli ricordava lui quando era appena diventato alchimista – mi chiamano così perchè… -

Ed si sfilò la parte sopra della divisa e fece vedere l’automail del suo braccio –

 

Tutti, compreso Ivan, rimasero sbalorditi

 

- perché sono stato maledetto! – concluse il colonnello – e ora se volete scusarmi…- 

 

Ed uscì a gran velocità dalla porta sul retro dell’edificio e si sedette appoggiato all’alto muro dove per parecchio tempo anche lui si era esercitato.

Lì pianse.

 

 

 

- colonnello…. –

 

Ed si girò di scatto: era Ivan

 

- va…va tutto bene? – chiese timidamente

 

- ah…si! – disse Ed alzandosi da terra e asciugandosi le lacrime

 

- volevo chiederle scusa…per prima… - disse il ragazzo

 

- e per cosa? – chiese Ed stupito

 

- beh…per averle fatto quelle domande indiscrete sul suo conto! -

 

- non ti preoccupare…è risaputo che i giovani abbiano questa voglia di sapere tutto.. – esclamò Ed un po’ seccato

 

Ivan abbassò lo sguardo dal suo volto e Ed capì di aver esagerato

 

- ehi…Ivan! – esclamò sedendosi di nuovo sull’erba umida

 

- dica colonnello? – disse Ivan

 

- siediti un po’ con me…- disse Ed con un sorriso

 

- ehm…si.. – e anche Ivan si sedette

 

Per un po’ restarono in silenzio, Ed guardava il cielo mentre Ivan guardava costantemente il braccio meccanico del suo colonnello.

 

- prima… - cominciò il ragazzo  -prima ha detto di essere stato maledetto.. -

 

- non mentivo… - disse Ed pensieroso

 

- ma…come…come ha fatto…se se posso permettermi? -

 

- quando avevo 11 anni…. – iniziò Ed  - ho tentato di trasmutare un essere umano… -

 

- eh?! – chiese Ivan stupito – ma la trasmutazione umana non dovrebbe essere.. -

 

- proibita. È vero…  - lo interruppe Ed – ma a quel tempo pensavo che avrei potuto farcela anche se la legge non lo permetteva…e a causa della mia stupidità  beh….abbiamo pagato a caro prezzo quella trasmutazione. -

 

- abbiamo? – chiese Ivan  - lei e chi? -

 

- io e mio fratello minore…Alphonse...- sospirò Ed

 

- ma…- cominciò Ivan, ma Edward lo zittì

 

- ehi! Ehi! Quante domande! – sorrise  – sei proprio curioso lo sai? -

 

- ehm… - esclamò Ivan diventando rosso –me lo dicono spesso.. -

 

- sai Ivan…tu mi ricordi me quando avevo la tua età…-

 

 -eh? Lei? – chiese stupito

 

- si…anch’io avevo voglia di scoprire cose nuove e di riuscire a svelare i più oscuri misteri di questo mondo…ero pieno d’energia allora… -

 

-beh…ma mi scusi signore… -

 

- dimmi? – chiese Ed

 

- lei non è vecchio….voglio dire…ha 19 anni no? Ha ancora energia! -

 

- ahahahahah!  -cominciò a ridere a più non posso  -si! Hai ragione!! Ahahahah! -

 

 Ed smise di ridere

 

- senti… - chiese al ragazzo

 

- come mai hai deciso di diventare Alchimista? -

 

- beh perché…. – cominciò Ivan; il suo volto si fece scuro – perché voglio vendicare i miei genitori! -

 

- eh? – alla parola “genitori” Ed si bloccò

 

- si…sono stati uccisi due anni fa da un gruppo di rivoltosi che aveva attaccato la zona in cerca di cibo! - sospirò

 

- capisco…mi dispiace.. -

 

- io sono diventato Alchimista per imparare ad essere forte! E un giorno, di poter vendicare i mie genitori! -

 

- …sai Ivan…ti dirò una cosa… - disse Ed avvicinandosi al ragazzo

 

- cosa? -

 

- essere Alchimisti…vuol dire di più che essere forti!, vuol dire tante altre cose… -

 

- per esempio? – chiese Ivan

 

- … -

 

Ed si alzò, il vento gli scompigliava i capelli. Per un attimo guardò il cielo poi il suo sguardo si posò su Ivan

 

- un giorno…quando sarà il momento…troverai da solo la risposta! -

 

- ah… - sospirò Ivan

 

Ed gli tese la mano – dai! andiamo! La cena sarà pronta alla mensa! –

 

- si! Colonnello! -  disse alzandosi

 

- non colonnello….ma Ed!  - sorrise

 

- si….Ed!  - disse Ivan

 

- Mh! Andiamo allora! -

 

 

 

 

 

“Quello fu l’inizio dell’amicizia tra Edward Elric e Ivan Heich.

Sotto la guida del colonnello Elric  centinaia di alchimisti diventarono in pochissimo tempo abilissimi, tanto da essere chiamati “Alchemists of the Destruction”.

 

Poco tempo più tardi Elward Elric e Winry Rockbell si sposarono. Era il 22 giugno 1924.

 

Il 1 marzo 1925 nacque  il loro bambino; in quello stesso periodo Hitler aveva finito di ricostruire il partito senza che il governo, che pure aveva cercato di rovesciare, facesse nulla per impedirlo. ”

 

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Capitolo 3
*** Chiamato a combattere ***


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Capitolo 3 – chiamato a combattere

 

- NO NON VA BENE! Riprovate!! – urlava il colonnello Elric ai suoi alchimisti, gli “Alchemists of the Destuction”.

 

- signorsì colonnello! -

 

Gli Alchimisti presero a formare uno scudo con l’aiuto dell’alchimia per resistere alle bande di rivoltosi che si scatenavano nei pressi della grande città di Berlino. Il colonnello Edward Elric  dirigeva le operazioni.

 

- bene! Ora cercate di avvicinarvi il più possibile ai rivoltosi!! Voglio che li circondiate e che formiate una gabbia con l’aiuto dell’alchimia!  -

 

Gli alchimisti obbedirono agli ordini del loro colonnello e si precipitarono verso la folla. Intanto Ed e il suo sottotenente personale, Ivan Heich guardavano la scena a pochi metri di distanza.

 

- sono eccezionali! I migliori alchimisti che io abbia mai visto! – commentò Ivan

 

- si! L’allenamento speciale che vi ho fatto fare ha dato i suoi frutti! -  esclamò Ed

 

- oh…ma colonnello…io non sono così bravo…- disse Ivan

 

- certo che lo sei! Sei il migliore fra di loro! -

 

- AH!! COLONNELLO! GUARDI! – urlò all’improvviso Ivan

 

Ed si girò di scatto: pochi metri più in la di dove si svolgeva la battaglia, una donna con la sua bambina era scivolata a terra a causa di un pezzo di legno di una  casa ormai in rovina.

La casa stava per precipitare addosso alle due sfortunate.

 

- accidenti!  - esclamò Ed uscendo dalla barriera protettiva

 

- COLONNELLO!! DOVE VUOLE ANDARE?! -  urlò Ivan cercando di trattenerlo

 

- IVAN! PRENDI TU IL COMANDO UN’ ATTIMO! – urlò il colonnello

 

- COLONNELLO! NO! –

 

Ed si precipitò lungo la strada, e proprio mentre la pareti dalla casa stavano cedendo con una spinta buttò le due ragazze da parte.

Ed non riuscì a spostarsi in tempo. La casa crollò.

 

- COLONNELLO! COLONNELLO! – urlò Ivan correndo verso il luogo dell’incidente

 

- COLONNELLO RISPONDA LA PREGO! COLONNELLO! COLONNELLO! -

 

- I…Ivan….-

 

Ivan si girò:  Ed era lì davanti a lui. Evidentemente aveva trasmutato il suo automail in uno scudo, perché lo proteggesse dai pesanti massi.

 

- colonnello! State bene? -  chiese Ivan preoccupato

 

- si…fiuuu…me la sono cavata per un pelo a quanto pare – esclamò Ed. Era ferito alla testa e il sangue grondava giù dal collo fino a sporcare la sua divisa blu.

 

- siete ferito! Aspettate vi porto subito dal medico! – disse Ivan col fiato mozzo

 

- non è niente…. Ma…dove sono? Quella donna e sua figlia? -  chiese Ed guardandosi intorno

 

- se la sono svignata! -  commentò Ivan arrabbiato – bel modo di ringraziare chi gli ha salvato la vita… -

 

- capisco… - sospirò Ed

 

- colonnello! -

 

Ed si sentì chiamare da uno dei suoi uomini

 

- siamo riusciti a catturare i rivoltosi! Che dobbiamo fare ora? -

 

- …lasciate che se occupino i membri della squadra B….noi torneremo a Central City… -

 

- signorsì  - disse l’alchimista, e corse ad avvertire i compagni.

 

Intanto Ed e Ivan si incamminarono verso la macchina

 

- colonnello…le fa male? – chiese Ivan guardando la ferita di Ed

 

- no…non ti preoccupare… - sospirò Ed – senti…. -

 

- mi dica -

 

- portami alla base prima di tornare a casa. Voglio andare a parlare col generale Mustang -

 

- ….certo… - disse Ivan guardando il colonnello con un po’ di timore

 

 

 

 

Central City

 

 

 

- dimmi Full Metal…cosa vuoi? – chiese il generale Mustang

 

- volevo solo dirle che i rivoltosi sono stati catturati. E che se ne stanno occupando quelli della squadra B  - tagliò corto Ed

 

- bene…ah!  Full Metal! – disse Roy alzandosi dalla scrivania e avvicinandosi a Ed.

 

- mi dica.. -

 

- ho saputo che hai avuto un figlio…congratulazioni… -

 

-…grazie generale.. – disse Ed

 

- ascolta…sarò franco con te…. – cominciò Roy dopo aver tirato un lungo sospiro  - Hitler sta pianificando di conquistare l’Europa Meridionale e di pianificare lì il governo nazista. -

 

- cosa?! – chiese Ed sorpreso – è assurdo! Per conquistare territori di quelle dimensioni occorrerebbero… -

 

- anni! Già… - lo fermò Roy – per questo Full Metal ti dirò….goditi i bei momenti che passerai con tuo figlio e tua moglie! Perché è probabile che la guerra inizi tra non molto…e che tu possa essere scelto per guidare gli alchimisti nelle battaglie -

 

- ah! – esclamò Ed stupito

 

- io prego perché Hitler non ti scelga….Full Metal …anche perché questa guerra….non si baserà sui tuoi principi, ma su quelli del nostro Governo! -

 

- capisco…. – sospirò Ed  -grazie per avermelo detto Generale –

 

Ed si apprestò ad uscire

 

- prego per te….Full Metal! – concluse Roy serio

 

 Ed lo guardò e sorrise. Poi uscì

 

 

 

 

Erano le sei del pomeriggio. Faceva caldo per essere ancora inverno, Edward arrivò a casa distrutto dalla lunga giornata e con la testa ancora dolorante per la ferita subita.

 

- fratellone! -  lo chiamò al da lontano

 

- ciao Al! – salutò Ed cercando di mostrarsi allegro

 

- ho sentito dire da Roy che a Berlino c’è stato un macello! – esclamò Al

 

- già… - sospirò Ed – le solite rivolte… -

 

- Winry è preoccupatissima! Non riusciva a stare ferma! Pensa che voleva addirittura venirti a prendere a Berlino! -

 

- eheheh! –sorrise Ed  - tipico di Winry… -

 

- ED! -

 

- eh?! – Ed si voltò, vice Winry che correva velocemente verso di lui

 

- Winry! – esclamò Ed

 

Lei lo abbracciò forte

 

- Ed! ero preoccupata da morire! Alla radio parlavano di tutte quelle rivolte… - disse lei stringendo più forte il petto di Ed al suo.

 

- stai tranquilla Winry! Sto bene! – la tranquillizzò lui, diventando rosso in volto

 

- ma quale bene! – disse lei seccata  - guardati qua! La tua divisa è sporca di terra e……ED!!!! CHE HAI COMBINATO ALLA TESTA?? – urlò Winry guardando la ferita di Ed

 

- ah! Questa dici? – disse lui cercando di nasconderla con la mano – niente! Sono solo….solo caduto durante l’attacco di oggi!  - mentì. Non poteva dirle che gli era caduta una parete addosso! Conoscendola non l’avrebbe fatto più uscire di casa per una settimana.

 

- mmm…non me la racconti giusta tu!  - disse lei – Al! -

 

- dimmi Winry! – esclamò Al sull’attenti

 

- portami qualche benda e della pomata per favore…  -

 

- certo! Vado subito! –

 

- e in quanto a te signor Alchimista… -disse Winry rivolgendosi a Ed con lo sguardo perfido

 

- ehm…si? – chiese lui con un pizzico di paura in fondo al cuore

 

- bentornato a casa! – sorrise Winry

 

- grazie… -

 

- dai! Ora entriamo su! – disse lei prendendolo per un braccio – c’è qualcuno che vorrebbe salutarti! -

 

 

 

 

- uaaaaghhee! -

 

- su! Su! Piccolo Edward! Non piangere! -

 

Al stava tenendo tra le braccia un bambino di pochi giorni, coi capelli di un biondo acceso e due occhi azzurri.

Il figlio di Ed e Winry.

 

- Ed! Winry! Venite! Il piccolo vuole i suoi genitori! – esclamò Al

 

- si eccoci! – disse Winry arrivando di corsa dalla cucina, dove si era messa a medicare Ed

 

- tieni – disse Al ponendogli il bambino

 

- che c’è piccolino? – disse dolcemente Winry accarezzando la testina del bambino – buono! Buono!....Ed! -

 

- si dimmi? – chiese Ed arrivando

 

- guardalo! – disse Winry facendo vedere il bimbo a Ed  - ti assomiglia vero? -

 

- ehm….cre..credo di si… - esclamò lui timidamente

 

- oh Ed! sii più naturale! – esclamò Winry – sei padre ora! -

 

- lo so…è che non ci sono abituato! -  si discolpò lui

 

- vabbè! Allora portalo un po’ a fare un giro all’aperto mentre io preparo la cena! -

 

- ok… - disse prendendo in braccio il piccolo Edward – Al…mi accompagni? -

 

- va bene fratellone! -

 

 

 

Intanto a Central City…

 

- generale! -

 

- mh? -

 

Il sergente maggiore, Kain Fury, era appena entrato nell’ufficio di Roy. Era serio, e il suo sguardo era alquanto preoccupato.

 

- perché quella faccia sergente? – chiese stupito

 

- ecco….è arrivato l’ordine di convocazione da parte di Hitler in persona….per….per la spedizione in Europa. – disse

 

- … - Roy guardò il foglio  -capisco... – disse prendendolo

 

Lo lesse. Era una lista con tutti i nomi di coloro che avrebbero dovuto andare in guerra e tra quelli…

 

- no! – esclamò alzandosi all’improvviso – DANNAZIONE! -

 

- ehm…generale…è successo qualcosa? – chiese Kain

 

- no….nulla…. – sospirò Roy – Fury! -

 

- dica generale! -

 

- avverti tutti coloro che sono su questa lista di venire da me domani mattina! -

 

- subito! -

 

- e fammi preparare una macchina.. -

 

- dove deve andare generale? – chiese Kain

 

- devo parlare con Edward Elric! -

 

- signorsì generale! -

 

E uscì di tutta fretta lasciando Roy nei suoi pensieri

 

 

Ore 7.30. casa di Ed 

 

 

 

- uno!......due!...treeee! -  urlò Al

 

- gheegehegehgh! – il piccolo Edward rideva a più non posso, Ed lo stava portando a cavalcioni lungo il giardino della casa

 

- ti stai divertendo Edward? – chiese Ed al piccolo, che non la smetteva di ridere

 

- eheheheh! - esclamò Al  - certo che sei buffo -

 

- ma dai! Davvero? – sorrise Ed. per un attimo si era scordato di ciò che gli aveva detto il generale quel giorno

 

- non ti ho mai visto così sereno! Ultimamente eri tutto stressato per via del lavoro! – disse Al

 

- già… - sospirò Ed

 

- Ed… -  il giovane si sentì chiamare: Era Winry

 

- eccoci qui Winry! È pronta la cena? -

 

Winry era piuttosto seria – c’è…c’è il generale Mustang che desidera parlarti.. –

 

- eh?! –

 

 

 

 

- mi dica generale…- disse Ed non appena entrò in casa. Roy era seduto su una poltrona nell’ampio salotto. Era serio. Troppo serio.

 

- bando alle formalità Full metal – disse Roy – ti devo parlare… -

 

- deve essere una cosa seria se è venuto a casa mia apposta per dirmela… - disse sedendosi – allora…cos’è che mi deve dire? -

 

Roy esitò. Guardò prima Al, poi il suo sguardo si posò su Winry che teneva in braccio il piccolo Edward e infine fissò Ed intensamente.

 

- mi…mi dispiace Full Metal.. – disse abbassando lo sguardo e consegnando a Ed la lista ricevuta qualche ora prima.

Ed la prese, ma mentre lo faceva si accorse che le sue mani tremavano.

Pian piano la aprì. La lesse. E il vuoto riempì il suo cuore.

 

- ma…ma questa è… -

 

- sono mortificato ma… - disse Roy  - sei stato ufficialmente convocato per partecipare alla prossima spedizione in Europa -

 

Ed strinse il foglio con la mano destra

 

- COME SAREBBE A DIRE “CONVOCATO” ? – urlò Winry all’improvviso – COS’E’ QUESTA STORIA ED?! -  disse mentre Al cercava di trattenerla

 

- fratellone…cosa vuol dire? -  chiese Al stupito

 

Ed non rispose. Si limitò a guardare il pavimento

 

- vostro marito – esclamò Roy guardando Winry – è stato scelto da Hitler in persona per partecipare alla spedizione per la conquista dell’ Europa Meridionale. -

 

- NO! – urlò dando il bambino in braccio ad Al – ED NON ANDRA’ DA NESSUNA PARTE!  -

 

 - mi dispiace ma è un ordine di Hitler! – disse Roy con lo sguardo basso. non aveva il coraggio di guardarla in faccia

 

- NON MI INTERESSA! LUI NON PUO’… -

 

- Winry! –disse all’improvviso Ed

 

- Ed! non puoi andare a combattere! È fuori discussione! – esclamò lei arrabbiata

 

Ed la guardò. Poi il suo sguardo cadde su Al, che aveva una faccia triste e malinconica

 

- generale! – disse poi

 

- dimmi Full Metal  - esclamò Roy sorpreso

 

- per quando è prevista la partenza? – chiese

 

- ED! NON AVRAI INTENZIONE DI ANDARE??!! AL DIGLI QUALCOSA! -  urlò Winry rivolta ad Al. Lui non proferì parola. Era troppo sconvolto.

 

- la partenza…è prevista tra tre giorni dalla stazione centrale  - disse infine Roy

 

- ci sarò! – esclamò Ed evitando lo sguardo incredulo di Winry

 

- bene… - sospirò roy alzandosi e raggiungendo la porta d’ingresso

 

Ed gli aprì la porta.

 

- Full metal… - disse uscendo

 

- mi dica.. – chiese

 

- in questi tre giorni…sei esonerato dai tuoi incarichi…così potrai riposarti a casa in vista della partenza… -

 

- grazie generale….arrivederci! – disse facendolo uscire

 

- arrivederci.. – disse Roy chiudendo la porta

 

Il silenzio era piombato in quella casa che fino a poche ora prima era allegra. Ed si girò verso Winry, che piangeva e singhiozzava

 

- winry… - cominciò – io… -

 

- perché? – lo interruppe lei – perché…. -

 

Ed non trovava le parole giuste. Preferiva tacere. Il silenzio gli invadeva l’anima

 

- PERCHEE’!!!!!! -  urlava Winry

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Capitolo 4
*** Un addio e una promessa ***


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Capitolo 4 – un addio e una promessa

 

- perché?! – chiedeva Winry insistendo

 

Ed non aveva parole per risponderle. Che le avrebbe detto? Come avrebbe potuto spiegare una cosa così?

 

- è il mio lavoro. – si limitò a rispondere

 

- IL TUO LAVORO?! – esclamò incredula

 

- si! Essere Alchimista di Stato vuol dire anche questo! -

 

- COSA DICI?! NON E’ VERO! TU….TU VUOI SOLO ANDARTENE! -

 

Ed rimase confuso dalle parole di Winry

 

- ANDARMENE??!! -  urlò senza neanche sapere perché – E’ QUESTO QUELLO CHE PENSI?? -

 

- E ALLORA PERCHE’ TI CHIEDO??! -

 

- PERCHE’! CHE VUOI CHE TI DICA DANNAZIONE!  -

 

- BASTA! -  in quel momento Al intervenne – per favore… -

 

Ed e Winry si zittirono all’istante. Ci furono diversi minuti di pausa.

 

- io….vado a riposare… - disse Winry

 

- va bene… - sospirò Al, poi il suo sguardo cadde su Ed, ancora tramortito dalle parole di pochi minuti prima.

 

- io… - disse sedendosi – non avevo intenzione di farla arrabbiare… -

 

- lo so…fratellone… - disse Al –tu non sei così…non lo sei mai stato… -

 

- forse….forse io resterò sempre e solo un cane che obbedisce all’esercito… - disse sospirando

 

- no fratellone!! Non è vero! – esclamò Al

 

- tu dici? -

 

- certo! E poi…non obbedire è una delle tue migliori qualità! – disse sorridendo lievemente

 

- si…ma questa volta sarà diverso….se non obbedisco….. – disse Ed  - potrei mettere a rischio la vita di tutti voi…  -

 

- fratellone… -

 

 

I due ragazzi restarono lì, a fissarsi negli occhi ignari che Winry li stava ascoltando piangendo, da dietro la porta.

 

 

 

 

 

Quel giorno era passato velocemente e altrettanto lo era il giorno dopo ancora. Mancavano esattamente 24 ora alla partenza di Ed .

Tutti erano tristi e malinconici: Winry e Ed non erano ancora riusciti a chiarire i malintesi di due giorni prima, mentre Al era preoccupato a badare al piccolo Edward.

Ed, ultimamente, stava sempre nel prato del suo giardino a guardare il cielo, così azzurro da potersi specchiare. Avrebbe mai potuto vedere un cielo così limpido d’ora in poi? Si chiedeva.

Di una cosa era sicuro però: doveva assolutamente fare la pace con Winry.

 

 

 

 

- perdonami! – le disse mentre pranzavano, quello stesso giorno

 

- … - lei non rispose

 

- lo so…avrei dovuto dirtelo prima…..-  disse Ed abbassando lo sguardo – il generale mi aveva detto di una possibile convocazione…- 

 

- non è per quello che mi sono arrabbiata…-  sospirò Winry – è solo che…il pensiero che tu te ne possa andare….non riesco ad accettarlo ecco! -

 

Ed la fissava con aria triste. Si ricordò per un attimo al giorno in cui lui e Al erano partiti per il loro viaggio. Anche allora l’aveva lasciata sola. E lei lo aveva sempre aspettato sapendo che sarebbe tornato prima o poi. Ma ora…quanto avrebbe dovuto aspettare?

 

- perdonami… - ripetè di nuovo Ed alzandosi dal posto

 

- aspetta! – esclamò Winry facendo altrettanto

 

Lui si fermò. Lei dolcemente poggiò la testa al suo petto e lo abbracciò. Era così caldo. Emanava calore. Calore umano.

Ed ricambiò l’abbraccio. La strinse forte, così forte da non lasciarla andare.

 

- sei diventato alto…-  sorrise lei

 

Ed arrossì lievemente – beh…si un po’… -

 

- ehm… -

 

- EEEH!? -  urlarono Ed e Winry in coro

 

Al era comparso davanti la porta della cucina con in braccio il piccolo Edward

 

- mi…mi sembra di aver capito che avete fatto pace… - disse Al timidamente

 

- AAAAL! – esclamò Ed – DA QUANTO SEI QUI?? -

 

 - il tempo sufficiente per capire cosa stavate facendo… - disse sorridendo.

Ed e Winry si guardarono imbarazzati.

 

 - è meglio che vada…a giocare col piccolo… - disse lei correndo via

 

Al e Ed rimasero soli

 

- ehi Al! – esclamò Ed

 

- dimmi? -

 

- andiamo a Central?voglio comprare un regalino per il piccolo! -

 

- eh?....certo! – disse Al sorridendo

 

E uscirono, lasciando in casa una Winry che piangeva di nascosto accudendo il bambino. Non voleva far preoccupare Ed inutilmente. Il suo orgoglio non glielo permetteva.

 

 

Appena furono arrivati a Central City i due ragazzi si apprestarono a cercare qualcosa da regalare a Edward

 

- cosa pensi che gli possa piacere? – chiese Al guardando le vetrine dei vari negozi di giocattoli

 

- e che ne so! Ha appena due settimane! – sospirò Ed

 

- eddai! Una qualche idea devi pur averla! -

 

- non so che dirti! Winry dice che mi assomiglia….ma… -

 

- ECCO! HO TROVATO! – esclamò Al

 

- cosa? Davvero? – chiese Ed

 

- si! Dai seguimi!-  disse Al prendendo per il braccio Ed e correndo a tutta velocità

 

 

 

- un libro di alchimia? -  chiese Ed guardando stupito il libro che Al gli aveva appena consegnato

 

- certo! – disse sorridendo

 

-  ma scusa….mica sa leggere… -

 

- che centra! Questo è un regalo che gli sarà utile in futuro! Se è vero che ti somiglia…allora è destinato a diventare un grande alchimista!  -

 

- mmmm…..ma si! Lo prendiamo! – esclamò Ed alla fine

 

- Perfetto! Lo vado a far impacchettare! -  sorrise Al

 

Ed attese il ritorno del fratello su un angolo del negozio. Era un po’ pensieroso: suo figlio diventare alchimista?

 

- rieccomi! – esclamò Al non appena arrivò

 

- bene possiamo andare… - disse Ed

 

 

I due si misero a passeggiare lungo le strade affollate di Central City.

Ovunque, tutta la gente che passava si fermava a salutare il colonnello Elric, cosa che, secondo Al, a Ed dava fastidio.

Passate due ore si fermarono e decisero di sedersi in riva al grande fiume che si trovava poco distante dalla caserma dei militari.

Ed guardava costantemente il pacchetto che conteneva il libro per suo figlio e sospirava.

 

- a cosa stai pensando? – domandò Al

 

- eh?........a nulla… - disse Ed guardando da un’altra parte

 

- guarda che non ci casco sai! – esclamò Al –vuoi dirmi che c’è? -

 

- …- Ed guardò Al. Per un attimo gli parve di vedere l’armatura con cui aveva viaggiato tempo addietro ma poi, forse per il rumore che produceva il fiume, tornò in se.

 

- stavo pensando che… - disse tristemente – molto probabilmente questo sarà l’ultimo regalo che farò a mio figlio… -

 

- eh? – all’improvviso il volto di Al s’incupì - ma che dici? -

 

- me l’ha detto Roy…probabilmente questa guerra durerà per molto tempo….il problema è…che nessuno sa quanto… -

 

- Winry…Winry lo sa? – chiese Al con un filo di voce

 

- no….non ho avuto il coraggio di dirglielo… -

 

- fratellone! Devi dirglielo! -

 

- no! Soffrirebbe troppo! E poi… - Ed si girò cercando di sorridere – non è detto che duri molto! -  

 

- non sei capace di mentire… - disse Al

 

Ed abbassò lo sguardo e sospirò….

 

- chissà come crescerà Edward….sarebbe stato bello poterlo vedere….vederlo crescere  -

 

- oh….fratellone – disse Al commuovendosi – certo che lo vedrai! -

 

- no…oramai non più…. –sospirò Ed. Al abbassò il volto a terra

 

- però… -continuò – sarai tu a vederlo per me! -

 

- eh? – chiese Al

 

- sarai tu a crescerlo insieme a Winry! Sarai tu a vederlo giocare con gli altri bambini, sarai tu a farlo diventare un grande alchimista! -

 

 -no! Fratellone che dici?! – esclamò Al, e le prime lacrime cominciarono a cadergli da volto.

Ed si avvicinò a lui e lo abbracciò, come quando erano bambini.

 

- stai tranquillo….il mio cuore sarà con Winry….con Edward….e con te

fratellino! –

 

- fratellone! Sigh! –

 

Al pianse. Ma mentre le lacrime gli rigavano il viso si accorse che la sua camicia era leggermente bagnata. Sentiva dei singhiozzi.

 

- fratellone? - chiese

 

Ed stava piangendo. Era la prima volta che Al vedeva suo fratello piangere. Non accadeva dal giorno in cui era morta Nina, la bambina con cui, tempo addietro, avevano fatto amicizia, poi tragicamente morta.

Al abbracciò forte il fratello. Fortissimo. Perché sapeva che d’ora in poi non avrebbe potuto più farlo.

 

- Al… - disse Ed piangendo

 

- si…fratellone? – chiese Al cercando di asciugarsi le lacrime

 

- non dire mai a Winry che ho pianto….per favore… -

 

- certo…. – disse Al

 

 

I due fratelli restarono a lungo abbracciati. Volevano che il tempo si fermasse. Volevano tornare indietro, a rivivere i  bei momenti trascorsi prima di questa guerra, che aveva portato tanto dolore e sofferenza a moltissima gente. Volevano tornare indietro…..

 

 

 

 

Il giorno dopo alla stazione….

 

 

 

- BENE!  - aveva appena urlato Roy a coloro che avrebbero dovuto partire – OGGI E’ UN GIORNOI SPECIALE PER TUTTI VOI!  -

 

Tutti gli alchimisti, tenenti e colonnelli presenti erano lì, ritti in piedi ad ascoltare le parole del loro generale

 

- OGGI…VOI LASCERETE LE VOSTRE CASE – continuò Roy  - MA NON PER SEMPRE! PERCHE’ TORNERETE! TORNERETE VITTORIOSI DA QUESTA GUERRA! E LA GERMANIA RINASCERA’! GRAZIE AL CORAGGIO DEI SUOI SOLDATI!..................ORA PREPARATEVI ALLA PARTENZA! – disse infine facendo un cenno con la mano.

 

Ed, dopo il discorso, si precipitò alla fermata dei treni in compagnia di Ivan, ormai era arrivato il momento. Il momento degli addii.

 

- Ivan… - disse Ed al ragazzo

 

- mi dica colonnello! - esclamò

 

- Sali sul treno intanto… -

 

- eh? – chiese Ivan stupito – e lei che fa? -

 

- io… - disse Ed guardando alla sua destra: c’erano Al, Winry e il piccolo Edward che lo stavano chiamando – vado un attimo a salutare delle persone… - e corse via tra la folla.

 

- COLONNELLO! -  lo chiamò Ivan, ma Ed era già scomparso

 

 

Ed corse in contro ai suoi famigliari. Lì guardava: Winry, che teneva in braccio Edward piangeva in silenzio, Al invece guardava fisso Ed.

 

- bene! – esclamò Winry asciugandosi le lacrime e mostrando uno dei suoi dolci sorrisi. Ed rimase sorpreso – buon viaggio allora! -  disse

 

- grazie….Winry… - disse Ed un po’ depresso

 

- mi raccomando Ed, cerca di non strafare come il tuo solito…. –continuò Winry – e soprattutto non ti azzardare a rompere l’automail! Io non te lo aggiusto quando torni! -

 

Non appena Winry pronunciò quelle parole il corpo di Ed ricevette una scossa. Lei pensava che sarebbe tornato fra non molto. Pensava che l’avrebbe rivisto presto anche se, purtroppo, ciò non sarebbe avvenuto.

Ed guardò Al, che con lo sguardo cercava di comunicargli qualcosa. Ed sapeva bene cosa.

 

- certo Winry! Stai tranquilla! –disse infine baciandola delicatamente sulle labbra. Poi si rivolse ad Al

 

- mi raccomando Al – disse Ed  - tieni a mente ciò che ti ho detto! -

 

- si fratellone… - esclamò Al con un filo di voce – stai attento però!  -

 

Ed sorrise.

 

- si Al! -  disse infine.

 

Poi, Ed tornò da Winry, guardò suo figlio. Lo prese in braccio e gli accarezzò la testa.

 

- ciao piccolino! – disse sorridendo – il tuo papà se ne deve andare via per un po’! -

 

- gheghegheghe! – rise il piccolo Edward

 

Winry e Al si commossero

 

 

ah!già dimenticavo! – esclamò Ed all’improvviso. Tirò fuori il pacchetto che conteneva il libro comprato insieme ad Al il giorno prima. Lo aprì e lo poggiò nel petto del piccolo. Era un libro leggero, così che il piccolo potesse maneggiarlo senza problemi.

Edward sorrideva felice, ignaro di ciò che avrebbe significato quel regalo per lui.

 

- questo è per te Edward! – sorrise Ed –perché tu possa, un giorno, amare l’alchimia  come l’ho amata io! -

 

Detto questo strinse il bambino a se – ti prometto…..piccolo….  –disse baciandolo sulla guancia – che tornerò!, tornerò…e non ci separeremo più! –

 

Intanto Roy osservava la scena da lontano insieme al tenente Riza Hawkeye, era pensieroso.

 

- mi chiedo… - cominciò rivolto a Riza – se sia giusto mandare in guerra un ragazzo di appena 20 anni, con una famiglia a cui badare… -

 

Riza sospirò  - la capisco generale – disse – ma Edward Elric non è il solo…anche il sottotenente Heich è molto giovane…ha appena 16 anni….. 

 

- già…. – sospirò – ma nel caso di Edward è diverso….per lui…questa guerra non ha nessun valore….lo stiamo mandando a morire inutilmente… -

 

- generale… -  esclamò Riza guardando Roy con aria afflitta

 

 

 

“ Il treno  in partenza per le 11.05 sta per partire! Invitiamo i passeggeri a prendere posto. Grazie. “

 

 

Era arrivato il momento. Tutti i militari, dopo essere stati salutati dal generale, si apprestarono a prendere posto nel treno che li avrebbe condotti lontano dalle proprie famiglie, lontano dalla propria terra, lontano dalla Germania.

Ed ridiede il bambino a Winry, che abbracciò il marito con tutta la sua forza, a stento trattenendo le lacrime, lo stesso fece Al

 

- buona fortuna fratellone! – gli disse

 

- anche a voi! – esclamò Ed tristemente

 

- prometti che tornerai! – disse Winry

 

Ed la guardò  - certo! Te lo prometto! – disse abbracciandola per l’ultima volta

 

- ora vado!  - disse infine, e corse senza voltarsi, verso il treno che l’avrebbe condotto lontano da loro.

 

Winry e Al lo guardarono allontanarsi.

Poi il treno partì. Il rumore prodotto fece piangere il piccolo Edward, che aveva tra le piccole manine, il libro regalatogli dal padre. un padre che chissà quando avrebbe potuto rivedere.

Winry lo strinse a se e si lasciò andare in un pianto liberatorio, Al invece cercava di trattenersi, ricordando ciò che aveva promesso a Ed. doveva essere forte. Perché d’ora in avanti, avrebbe dovuto prendersi cura di Edward e farlo diventare, in futuro, un grande alchimista.

 

 

 

“ Quando Edward Elric partì, era il  25 marzo  1925.

Da quella guerra, che andava contro i suoi principi, non sarebbe più tornato.

Pochi anni più tardi, nel 1929, scoppiò la Grande Depressione, che portò al tracollo del marco e alla crescita della disoccupazione,.

Hitler seppe sfruttare il malcontento popolare guadagnando consensi al Partito nazista e assicurandosi l'appoggio dei settori di destra dell'alta finanza, della grande industria e dell'esercito; con la promessa di creare una Germania forte, ricca e potente attirò milioni di elettori. La sua capacità oratoria infiammava le masse: nelle elezioni del 1930 i seggi dei nazisti al Reichstag (parlamento) passarono dai dodici del 1928 a centosette; contemporaneamente rafforzò le strutture paramilitari del partito utilizzando le SA di Röhm e le SS, create da Himmler.
Durante i due anni seguenti il partito continuò a crescere, traendo vantaggio dalla forte disoccupazione, dalla paura del comunismo, dalla risolutezza di Hitler e dalla debolezza dei suoi rivali politici. Hitler riuscì ad accreditarsi come l'uomo forte, capace di far uscire il governo dall'immobilismo e dalle secche dei contrasti tra Parlamento e presidenza della Repubblica. Con il sostegno dei vertici militari ottenne dal presidente Paul von Hindenburg l'incarico di cancelliere (30 gennaio 1933). Alla morte di Hindenburg (1934) riunì nella sua persona anche la carica di presidente, facendo ratificare questo atto con un plebiscito che gli attribuì il 90% dei consensi.

In quello stesso anno varò una legge che non permise più l’uso dell’Alchimia, avendo paura che gli alchimisti potessero in qualche modo ostacolarlo nei suoi  piani.

A quel punto il suo progetto totalitario poté dispiegarsi senza ostacoli.

Intanto il piccolo Edward Elric  cresceva diventando in poco tempo un abile alchimista esercitandosi di nascosto, avendo come maestro Alphonse Elric, che dopo la partenza di Ed, aveva rinnegato l’alchimia.

Nell’anno 1940 Edward  compiva 15 anni, nello stesso periodo migliaia di ebrei e zingari venivano rinchiusi nei compi di concentramento Nazisti”

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Capitolo 5
*** Edward Elric ***


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Capitolo 5 -  Edward Elric

 

Era l’anno 1940, Hitler ormai aveva sottocontrollo tutta la Germania e , ovunque, seminava terrore e disperazione.

Infatti, già moltissimi Ebrei e zingari, erano stati catturati e condotti in chissà quale inferno.

 

 - uff….non se ne può più! – aveva appena commentato una donna spegnendo la radio: aveva i capelli biondi, lunghi fino alle spalle, due occhi azzurri come il mare e un viso angelico.

 

- che c’è Winry? -  chiese un uomo, di circa 34 anni, dai capelli castano chiarissimo e dall’espressione dolce  - perché hai spento la radio? -

 

La nostra Winry si sedette su una sedia della cucina e cominciò a pelare delle patate

 

- sono stufa di sentire tutti i santi giorni di Hitler che vuole conquistare il Mondo! Non hanno niente di meglio da dire? -

 

- ti capisco…. – sospirò – è da quando è iniziata questa guerra che non si parla d’altro…. -

 

Winry all’improvviso si rattristò: erano passati 15 anni. 15 anni dalla partenza del suo amato Ed. per colpa di quella guerra maledetta erano stati costretti a dividersi: lui era dovuto partire per una spedizione militare mentre lei aveva dovuto crescere il loro bambino da sola con Al, senza sapere nemmeno se Ed fosse vivo o  morto….

 

- scusa Winry… - si scusò Al – non volevo renderti triste con questi discorsi.. -

 

- no Al…tu non centri….è solo che…. – disse lei alzandosi e avvicinandosi ad una credenza.

Lì appoggiata, c’era una foto, una foto che ritraeva lei, il piccolo Edward, Al e….Ed, era una delle poche foto che aveva con lui. La conservava gelosamente, era il suo ricordo più prezioso.

 

- se lui fosse qui….di certo non permetterebbe tutto questo… -  sospirò Winry

 

- già… - disse Al abbassando lo sguardo – conoscendolo penso che avrebbe combattuto contro il male che percuote la Germania… -

 

- mi chiedo se stia bene…. – esclamò Winry

 

- ah! – la interruppe Al, cercando un altro argomento –sai dov’è Edward? -

 

- eh? – domandò Winry – penso che sia andato a Central City -  disse con tono indifferente

 

- e gli hai permesso di andare a Central da solo? -

 

- non gliel’ho permesso! – esclamò Winry indignata – in verità…gli avevo detto di mettersi a studiare filosofia…visto che tra poco avrà l’esame di preparazione a scuola… -

 

- e allora come mai.. – iniziò Al

 

- non mi ha dato retta! Ha preparato la sua roba ed è andato dritto a Central….- 

 

- sai cosa ci andava a fare? – domandò Al

 

Winry ci pensò un attimo – credo…che sia andato alla vecchia birreria…quella dove tu e lui vi esercitavate con l’alchimia!  -

 

- accidenti! Ma non lo sa che è pericoloso andare a Central ultimamente?! – esclamò Al – se lo scoprono i militari…non ci voglio nemmeno pensare! -

 

- Al che facciamo? –disse Winry agitandosi

 

- tu resta qui….vado io a prenderlo! – le disse Al mettendole una mano sulla spalla

 

- ma…Al! – iniziò Winry, ma lui era già uscito dalla porta correndo a più non posso

- stai tranquilla! – la rassicurò  - torneremo per cena! –

 

- AL! – lo chiamò Winry. Ma il giovane era già lontano. Lei lo guardava allontanarsi. Si faceva sempre più piccolo fino a scomparire.

 

- Al…. – pensò – non andartene anche tu… - e il suo sguardo si fece triste e malinconico

 

 

 

 

 

Al intanto era arrivato alla stazione dei treni

 

- vorrei un biglietto di andata e ritorno per Central City! -  chiese alla cassiera

 

- bene…lei è il signor? -  esclamò la signorina stampando il biglietto

 

- Alphonse Elric! – disse lui

 

La signorina si bloccò non appena sentì il cognome di Al

 

- che c’è?! Devo fare in fretta! – esclamò Al impaziente

 

- mi scusi…. – chiese la signorina - ma lei è parente del colonnello Elric? -

 

- si sono il fratello! – disse Al sorpreso

 

- capisco…ecco! Tenga il suo biglietto! – disse la cassiera sorridendo lievemente – per lei abbiamo riservato tutto il vagone 5. buon viaggio! -

 

- grazie.. – disse Al un po’ turbato

 

 

 

Appena fu salito, il treno cominciò a muoversi. Al era sorpreso e allo stesso tempo turbato. Ed era considerato da tutti un grande alchimista e un impeccabile militare. Era conosciuto dappertutto. In quel mentre, guardando il vagone vuoto e silenzioso, ripensava all’ultima discussione che aveva avuto con Ed molti e molti anni prima.

 

“sarai tu a crescerlo insieme a Winry! Sarai tu a vederlo giocare con gli altri bambini, sarai tu a farlo diventare un grande alchimista! “

 

“no! Fratellone che dici?! “

 

“stai tranquillo….il mio cuore sarà con Winry….con Edward….e con te  fratellino! “

 

 

Ripensava alle ultime cose dette in quel giorno maledetto, ripensava al sorriso lieve che aveva Ed quel giorno, ripensava alla promessa fatta, di  crescere il piccolo Edward e di farlo diventare un alchimista…

Tra questi pensieri, il giovane Al si addormentò.

 

 

 

 

 

 

Central City, vecchia birreria, stesso momento, stessa ora

 

 

 

 

- uno…..due…..tre!!!! -

 

Un ragazzo aveva appena tentato di trasmutare una pila di scatoloni di legno, molto pesanti, in una pianta.

Purtroppo la trasmutazione era fallita: al posto della pianta c’era invece un miscuglio di legno bagnato e dell’ acqua.

 

- accidenti! – sospirò il ragazzo – eppure credevo di esserci riuscito questa volta… -

 

Detto questo, tirò fuori dalla sua borsa un libro, dall’aria molto pesante, ma che in verità era talmente leggero da non essere nemmeno consapevoli di avercelo.

Lo aprì, e cominciò a cercare il perché della trasmutazione fallita.

 

- allora….come trasmutare gli oggetti pesanti…..ecco! fa al caso mio… - esclamò guardando le varie figure che aveva quel libro –vediamo….trovato! ecco l’errore! Ho sbagliato a disegnare il cerchio alchemico… - sospirò deluso

 

- che stupido…..e pensare che c’ero quasi riuscito… - disse chiudendo il libro e cominciando a mettere via i vari oggetti che aveva provato a trasmutare.

 

- EDWARD!! -

 

Il ragazzo si girò, sentendosi chiamare – Lucas! -  esclamò

 

- Edward! Anf…anf… - cercò di dire Lucas stanco dalla evidente corsa che aveva appena fatto

 

- cos’è successo?! Perché hai il fiatone? -  chiese Edward preoccupato

 

- i militari…. –cercò di dire Lucas –

 

- i militari? –

 

- i militari stanno venendo qui! Hanno scoperto il nascondiglio! -  esclamò Lucas

 

- cosa??!!! Ma come hanno… - cominciò Edward

 

- non c’è tempo Edward! Devi filare alla svelta! O altrimenti scopriranno che studi ancora l’alchimia! -

 

- ma io… -

 

- Edward! Muoviti! -  esclamò alzandosi e correndo verso l’uscita laterale della vecchia birreria

 

“circondate l’edificio ragazzi!”

 

Edward e Lucas sentirono i militari arrivare e piazzarsi ad ogni entrata della birreria

 

- che facciamo adesso Edward?! – chiese preoccupato Lucas

 

- shhht!- lo zittì – ho un idea!  -

 

I due andarono in un’altra stanza tutta impolverata, mentre sentivano i militari che sbattevano contro la porta nel tentativo di entrare.

Lì, Edward scoprì il pavimento dal tappeto appoggiato su di esso e vi trovò una botola

 

- questo…lo usavo insieme a mio zio quando ero più piccolo.. – spiegò Edward all’amico – conduce alle fognature della città! Seguendo il sentiero potremo arrivare indisturbati al fiume! -

 

- cavolo! – si stupì Lucas – sei pieno di risorse Edward! -

 

SBAM! SBAM! SBAM!

 

 Intanto i militari continuavano a sbattere. Ormai erano quasi riusciti ad entrare

 

- presto Edward! – disse Lucas entrando dentro la botola

 

- accidenti! Ho dimenticato il mio libro! – esclamò Edward all’improvviso

 

- lascia perdere! Non abbiamo tempo! -

 

- non posso! – esordì Edward – tu va! Io ti raggiungo! -

 

- EDWARD! SEI IMPAZZITO??!! – urlò Lucas mentre Edward tornava nell’altra stanza, ormai coperta di fumo, a causa dei gas sparati dai militari.

 

- non ti preoccupare! Vai!! – esclamò Edward

 

- ma………..va bene! – disse Lucas sorridendo –però cerca di tornare intero! -

 

- contaci! – sorrise. Poi corse via, avvolto dal fumo.

 

 

 

Intanto i militari avevano quasi ultimato “l’opera di demolizione”.

Edward, tornato nella stanza dove avveniva il caos, si mise a cercare il libro. Ma perché lo cercava? Perché non riusciva a separarsene? Questi quesiti lo avevano sempre tormentato fin dalla più tenera età.

Il fumo gli indeboliva la vista e cominciava a respirare male. Sapeva che di li a poco sarebbe svenuto.

 

- non ci voleva… tutto questo fumo… - sospirò e tossì forte

 

Con le mani toccò il pavimento e si rimise a cercare quel libro a cui tanto teneva. Alla fine lo trovò. Era nascosto da un dito di polvere ma era ancora tutto intero. Edward però era debole: non riusciva più a respirare, la vista si offuscava pian piano e sentiva le forze venire meno.

 

- acci…denti…-  esclamò cadendo a terra – coff coff… -

 

- EDWARD! -

 

Il giovane alzò lo guardo, vide una sagoma che brillava come il cielo di notte, non capiva chi fosse. Provò ad alzarsi ma non ci riuscì. Allora, vista la situazione, provò ad allungare la mano per capire chi fosse quella persona.

 

- edward…edward…-  ripeteva avvicinandosi sempre di più –piccolo edward…-  disse, e con un gesto dolce, toccò la testa del ragazzo. Tutto ciò che provava Edward era solo calore, calore…paterno.

 

- EDWARD! EDWARD! MI SENTI?! -

 

Edward si alzò di scatto: si trovava ancora nella stanza della vecchia birreria, ma era in compagnia, in compagnia di Al.

 

- eh?! Ma…zio? Che ci fai qui? – chiese Edward alzandosi

 

- come che ci faccio qui?!  - esclamò Al stupito – ti riporto subito a casa! - 

 

Nel frattempo i militari avevano fatto irruzione nella birreria. Erano comandati da un generale, un generale che Al conosceva bene, Roy Mustang

 

- presto Edward! Dobbiamo andarcene nella botola! -

 

- eh? Ah! Si! – disse il ragazzo alzandosi malamente

 

I due si nascosero, mentre i militari rovesciavano l’ edificio da cima a fondo

 

- CERCATE DAPPERTUTTO! OGNI INFORMAZIONE CI PUO’ ESSERE UTILE! – aveva appena urlato Roy ai suoi subalterni

 

- signorsì generale!

 

E cominciarono a rovistare da cima a fondo. Intanto Edward e Al rimasero nascosti

 

- certo che…devi sempre cacciarti nei guai..-  commentò Al sarcastico

 

- non è colpa mia zio! -

 

- shht! Arrivano! -

 

I militari entrarono nella stanza, prima di tutti il generale Mustang.

Esso, con sguardo penetrante, girava e rigirava lungo tutto il perimetro della stanza fino a fermarsi proprio di fianco al nascondiglio di Edward e Al.

 

- accidenti! –pensò Al – ora ci scoprono! -

 

Effettivamente fu così. Infatti, Roy aveva incrociato la sguardo preoccupato di Al. il quale si aspettava di dover sentire un “ gli ho trovati! Arrestateli!” , ma ciò non accadde. Roy. Si limitò a guardarlo, e a guardare il giovane Edward. Al non capiva.

 

- generale! trovato niente di sospetto? – chiese all’improvviso uno dei militari

Roy continuò a fissare Al, poi gli sorrise, cosa che a Edward parve priva di senso in una situazione del genere.

 

- nulla… - disse Roy come se niente fosse – andiamocene…evidentemente gli impostori se ne sono andati… -

 

- signorsì generale! -

 

 

E uscirono lasciando i  due malcapitati da soli, preoccupati ma allo stesso tempo stupiti.

 

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Capitolo 6
*** Orgoglio ***


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Capitolo 6 – Orgoglio

 

Non appena i militari se ne furono andati, Al e Edward uscirono dal nascondiglio e si diressero verso la botola.

Entrambi erano silenziosi e taciturni, e fu così per tutto il percorso, finche non arrivarono al fiume. Lì, vedendo che lo zio era di cattivo umore, Edward si apprestò a chiedere scusa.

 

- hei zio Al… - cominciò Edward

 

Al si voltò verso Edward, aveva un espressione arrabbiata

 

- dimmi… - disse infine distogliendo lo sguardo dal nipote

 

- scusami.. – esclamò Edward abbassando la testa

 

- perché? – gli chiese Al all’improvviso –perché sei andato a Central senza permesso? Tua madre era preoccupata! -

 

- ecco… - si discolpò Edward – volevo allenarmi con l’alchimia… -

 

- lo sai che non la puoi usare! Se ti scoprono verresti giustiziato lo sai questo?! -

 

- certo che lo so! -

 

Edward cominciava ad arrabbiarsi. Odiava essere trattato sempre come un bambino dalla madre e dallo zio. Aveva 15 anni ora!.

 

- e allora se lo sai dovresti smetterla! -

 

- una volta…una volta non avresti mai detto così! -  esclamò Edward

 

Al si fermò.

 

- UNA VOLTA LE COSE ERANO DIVERSE! UNA VOLTA L’ALCHIMIA ERA USATA PER FARE DEL BENE ALLA GENTE! NON C’ERA LA GUERRA! – urlò

 

- MA SE SEI STATO TU AD INSEGNARMI QUELLO CHE SO! – esclamò il ragazzo furente

- SE TU PROVASSI A CRESCERE INVECE DI… -

 

Al non riuscì a finire la frase. Edward aveva un sguardo molto simile a quello di suo fratello, a quello di Ed.

In fondo erano molto simili: tutti e due orgogliosi  e sfacciati.

 

- va beh…non importa – sospirò Al. Si avvicinò a Edward e gli toccò la spalla -  promettimi che quando dovrai andare a Central me lo dirai… -

 

- si… - esclamò il ragazzo – grazie zio… -

 

- su! ora andiamo! Tua madre ci aspetta -

 

Detto questo, Al si mise di nuovo in cammino. Ma Edward rimase immobile dove si trovava

 

- dai Edward! Muoviti! – lo chiamò

 

Edward alzò lo sguardo e fissò Al 

 

- chi era quello? - chiese

 

- quello chi? -

 

- quel generale di prima… - esclamò Edward

 

Al non rispose

 

- sembrava che tu lo conoscessi…inoltre…mi ha guardato in un modo strano… -

 

Lo zio sospirò – quello….era il generale Mustang – spiegò

 

- e allora? -  chiese il giovane

 

- lo conosco da tanti anni ormai….e poi….era…era un “amico” di tuo padre… -

 

- mio padre?! che centra mio padre?!! -

 

- non importa….su andiamo a casa….- sospirò Al

 

- ma zio! Voglio saperlo! -  protestò Edward

 

- te lo dirò…un giorno… - sorrise Al – dai che facciamo tardi! -

 

- eccomi… -disse il ragazzo un po’ scocciato…

 

 

 

 

 

- EDWARD!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! – aveva appena urlato Winry quando si presentarono alla porta di casa

 

- dai mamma!  -  disse Edward cercando di divincolarsi dall’abbraccio

 

- ero così in ansia! Non farlo mai più! – esclamò lei tra l’arrabbiato e il contento

 

- si si va bene! Ma lasciami! –disse seccato

 

- Winry guarda che se continui a stringerlo così non respira più! -  intervenne Al

 

- eh? – chiese Winry guardando Edward. In effetti  il ragazzo era paonazzo in volto e con il respiro affannoso.

 

- AAAAH! Edward! Scusami tanto! – disse lasciandolo andare –va tutto bene?! – chiese preoccupata

 

- anf…anf…see…- disse Edward massaggiandosi  il collo

 

- bene! Winry! Cos’hai preparato di buono? – chiese Al affamato

 

- zuppa di patate… - sorrise lei

 

- ANCORA??!! -

 

Tutti e due si voltarono verso Edward

 

- che hai da lamentarti? – chiese Winry

 

- in questa casa non si mangia altro che zuppa di patate! -

 

- sentimi bene signorino! – esclamò Winry un po’ arrabbiata – questa è l’unica cosa che passa in convento! -

 

- beh! Ia non la voglio! – incalzò Edward

 

- Edward! Smettila di rispondere a tua madre!  - disse Al

 

- lascia stare Al… - sospirò Winry – tale e quale a Ed…lui non beveva il latte nemmeno se l’avessi costretto! - sorrise

 

Edward non appena sentì pronunciare il nome “Ed” scattò in pedi da terra.

 

- ORA BASTA! -  urlò, lasciando Winry e Al sorpresi

 

- Edward? –chiese Winry

 

- SONO STUFO! NON FATE ALTRO CHE DIRE “EDWARD ASSOMIGLIA A ED” “EDWARD ASSOMIGLIA A SUO PADRE”….SONO STANCO! -

 

- Edward adesso stai esagerando… - cominciò Al

 

- NO! VOI STATE ESAGERANDO! DOVETE SMETTERLA DI PARAGONARE ME A QUEL…QUEL…MILITARE DA STRAPAZZO! -

 

- Edward ma cosa dici?... – chiese Winry sconvolta –è tuo pad… -

 

- NON ME NE FREGA NIENTE DI CHI SIA! -  urlò

 

Dalla rabbia fece cadere dalla credenza la foto che Winry amava tanto

Edward, vedendo che la madre a stento tratteneva le lacrime e lo zio lo osservava sconcertato, cercò di calmarsi

 

- io…io so soltanto che se ne è andato lasciando sola mia madre…sola a crescere un figlio di cui lui non sa nemmeno che faccia abbia! -

 

- ora basta..ti prego! – Winry singhiozzava mentre Al la sosteneva

 

- come posso considerare mio padre uno così? Uno…uno che ha lasciato la sua famiglia solo per qualche titolo onorario e un po’ di fama?! –

 

 

 

STUMP!

 

 

 

Edward era appena caduto a terra, Al gli aveva appena tirato un pugno fortissimo allo stomaco, poi, forse più per rabbia che per altro, lo prese per il colletto della camicia.

 

- ma non ti vergogni? Far piangere così tua madre?! – esclamò Al adirato

 

- Al! Lascia stare…- intervenne Winry

 

Edward non rispose. Si limitò a guardare il volto arrabbiato ma allo stesso tempo sconvolto dello zio

 

- davvero pensi che Ed, che tuo padre vi abbia abbandonato?!- chiese Al

 

Il ragazzo ancora non rispose

 

- TUO PADRE  E’ STATO COSTRETTO A PARTECIPARE A QUESTA GUERRA CAPISCI? LUI… - e qui Al si bloccò, ricordando le parole del fratello

 

“stai tranquillo….il mio cuore sarà con Winry….con Edward….e con te  fratellino! “

 

- lui vi ha sempre voluto bene! Non vi ha dimenticati! e  soprattutto…non ha dimenticato il volto di suo figlio! -

 

- Al…basta così..- disse Winry asciugando le lacrime

 

Al guardò Winry, poi mollò il ragazzo ancora tramortito per il pugno ricevuto. Edward si alzò in piedi e lo fissò.

Lo zio fece altrettanto, poi sospirò.

 

- che tu lo voglia o no..- cominciò Al rivolto al ragazzo – questo tuo modo di fare è e resterà uguale a quello di tuo padre…-

 

Edward strinse i pugni. Lo  stomaco gli faceva male ma la sua rabbia era maggiore del dolore.

 

 - credi de essere un adulto….ma in realtà sei ancora un bambino Edward… - finì Al

 

- tsk! al diavolo! – esclamò Edward correndo al piano di sopra lasciando Al e Winry soli e preoccupati

 

 

- non pensavo… -disse Winry all’improvviso – che avesse questo peso nel cuore… -

 

- deve capire che il mondo non sempre gira per il verso giusto –disse Al

 

Winry lo guardò, poi sorrise lievemente – non sei capace di arrabbiarti davvero con Edward –

 

Al la guardò – già…non riesco a sgridarlo come vorrei…ammetto però di aver esagerato con quel pugno… -

 

- è cresciuto senza un padre…e questo non ha giovato al suo carattere ribelle… -sospirò lei

 

- se Ed tornasse…se solo fosse qui…-  esordì Al

 

 

 

 

Intanto Edward era  in camera sua, disteso sul letto, con la mano appoggiata allo stomaco ancora dolorante.

Accanto a lui era appoggiato il libro di alchimia. Lo prese e lo osservò

Sulla copertina vi erano incise alcune parole che Edward non era mai riuscito a capire:  “ DE ET NOC ERPMES  A’RAS EROUC OIM LI”.

Aveva sempre cercato di decifrare ciò che c’era scritto ma non ce l’aveva mai fatta.

Mise il libro sul comodino. Mentre lo faceva però lasciò un gemito di dolore e si massaggiò lo stomaco.

Poi posò un braccio sulla testa e sorrise

“ il mio caro zietto…picchia duro!” pensò poco prima di addormentarsi.

 

 

 

 

 

L’indomani Edward si alzò presto. Il dolore era passato, ma la rabbia che si portava dentro c’era ancora: come poteva considerare Ed suo padre? come poteva accettarlo? Anche se quello che aveva detto Al era vero, perché non si è ribellato a questa  guerra quando poteva?.

Inseguendo questi pensieri, prese il suo libro e uscì in giardino. Lì, si mise a disegnare un cerchio alchemico.

 

- voglio superarlo! – pensava mentre cercava di trasmutare un vaso – voglio diventare più bravo del mio presunto padre! -

 

- Edward… -

 

Il ragazzo di voltò, era Al

 

- zio… - disse continuando a trasmutare l’oggetto

 

- ti …ti fa male lo stomaco? – chiese Al a volto basso

 

- Edward lo fissò incredulo, poi tornò al vaso –non più di tanto… - disse

 

- forse ho esagerato un pochino ieri….mi dispiace… -

 

- non ti devi scusare…. – esclamò Edward – hai fatto solo quello che un vero genitore deve fare!  -

 

A quelle parole il cuore di Al fece un tuffo

 

- Edward tu… -

 

Mentre Al cercava qualcosa da dire osservava la trasmutazione di Edward e pensò – questo ragazzo…ha una forza straordinaria…peccato che non la sappia ancora utilizzare bene… -

 

- siii!!!!!! – Edward fece un salto di gioia: la trasmutazione era riuscita

 

- sei stato bravo Edward! –sorrise Al, contemplando l’opera del nipote

 

- è merito dei tuoi insegnamenti! –sorrise a sua volta il ragazzo

 

- dai…ti preparo la colazione… - disse Al entrando in casa, seguito a ruota da quel nipote che amava tanto.

 

 

 

DRIN! DRIN! DRIN! DRIN!

 

Il telefono improvvisamente squillò

 

- mh? Chi sarà a quest’ora? – si chiese Edward

 

- rispondi tu per favore? – chiese Al – se mollo le uova addio colazione! -

 

- va bene – esclamò Edward scocciato- ma chi diamine può essere alle 9 di mattina? - sospirò

 

Prese la cornetta del telefono e rispose – pronto? –

 

- Edward? Sei tu Edward? -

 

- Lucas?! – si stupì Edward non appena sentì l’amico: sembrava fosse in preda al panico

 

- che succede?! – chiese Edward cominciano a preoccuparsi

 

- ci…ci stanno portando via tutti! – disse Lucas agitato

 

- cosa?! Che stai dicendo? Tutti chi?- chiese

 

-  la mia famiglia!  I vicini! Tutti!  -

 

- Lucas! Mi vuoi dire che diamine sta succedendo?! –

 

- l’esercito! Ci  porteranno al treno! Al treno della morte! -

 

- treno della morte?! Lucas! Dove sei ora?!!Lucas! -

 

- volevo…volevo solo salutarti Edward! -

 

- salutarmi? Ma cosa sta succedendo?! -

 

- Edward tu…. TUUUM TUUM TUUUM….. -

 

- LUCAS! LUCAS! RISPONDI!! – urlò Edward sconvolto

 

- Edward? – lo chiamò Al – cosa succede? Chi era al telefono? -

 

Edward non rispose. Guardava il telefono con aria afflitta. Stringeva forte i pugni

 

- ma cosa.. – iniziò Al

 

- zio! –Edward lo interruppe – devo andare alla stazione centrale! subito! -

 

- cosa?! Perché? – chiese Al

 

- deve essere successo qualcosa a Lucas!  devo vedere se sta bene! – disse preparando la sua roba i fretta e furia

 

- ma Edward… tu non… -

 

- invece si! - esclamò il ragazzo

 

- capisco… - sospirò Al – almeno…lascia che ti dia questi… -

 

Al tirò fuori dalla tasca della giacca dei guanti bianchi. Sembravano guanti comuni ma sul palmo vi erano disegnati dei cerchi alchemici

 

- zio…ma questi sono…i tuoi guanti! – disse Edward stupito

 

- a me non servono! E poi…se le cose si dovessero complicare…non avresti il tempo di disegnare il cerchio alchemico! -

 

Disse ponendo i guanti al nipote, Edward li fissò.

 

- grazie mille zio! –disse mettendoseli

 

- ora va! Avverto io Winry! -

 

- grazie! –sorrise il ragazzo

 

- basta ringraziare…è sufficiente guardarti per farmi felice! -

 

Edward sorrise ancora di più, poi si voltò e cominciò a correre lungo il viale fiorito, lasciando Al all’uscio della porta.

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Capitolo 7
*** Salvare delle vite ***


Capitolo 7 – salvare delle vite

 

Edward correva all’impazzata. Il suo cuore batteva forte.

Era preoccupato per la sorte dell’amico, il suo migliore amico.

 

- Lucas… -pensava mentre il respiro gli si faceva pesante – aspettami ti prego! -

 

 

 

 

Dopo venti minuti arrivò alla stazione, lì stava succedendo qualcosa di strano.

C’erano militari, amati di pistole e fucili, dappertutto.

Edward, si nascose dietro un’enorme colona posta ai lati della biglietteria e leggermente nascosta da dei vasi di fiori.

Aspettava. Aspettava ma non sapeva cosa fare.

Intanto, gli parve di scorgere il generale che aveva salvato lui e suo zio: Roy Mustang.

 

- generale! – aveva appena detto uno dei militari – il treno merci è pronto! -

 

-molto bene! – disse Roy –allora fateli venire tutti qua –

 

- signorsì! – disse il soldato

 

Quello che Edward vide dopo l’ordine di Roy, fu una cosa abominevole: centinaia e centinaia di persone, compresi vecchi e bambini, venivano portati a forza sui vagoni di quel treno merci.

 

- il treno della morte! – pensò subito il ragazzo guardando inorridito la scena

 

- LE DONNE E I BAMBINI A DESTRA! GLI UOMINI A SINISTRA! – urlò un militare al megafono

 

Tutte quelle persone vennero divise dai propri cari e, se necessario, i militari usavano anche la violenza.

Urla. Urla di dolore e disperazione echeggiavano nell’aria. Edward era tramortito e non sapeva cosa fare, si sentiva impotente di fronte a tutto questo.

All’improvviso, quasi come un fulmine a ciel sereno, lo vide. Vide l’amico che stava cercando. Vide Lucas.

Lo stavano facendo salire a forza sul vagone destinato alle donne ai bambini.

Edward, senza neanche rendersene conto, uscì dal suo nascondiglio e cominciò a correre verso di lui.

 

- LUCAS! LUCAS! - urlò

 

- un moccioso?! – esclamò un militare –fermo dove sei ragazzino! –disse cercando di trattenere Edward

 

- E lasciami! – con tutta risposta il ragazzo gli diede un forte calcio e continuò la sua corsa

 

-LUCAS! -  gridava

 

L’amico si accorse. Si girò.

 

- Edward! – urlò a sua volta con un sorriso

 

- PRESTO! PRENDETE IL MOCCIOSO! – urlarono i militari circondando Edward

 

- LASCIATEMI PASSARE! – urlò lui

 

- Edward! –continuava Lucas mentre cercava di non salire sul treno

 

In quel momento Roy arrivò

 

- lasciatemi passare!!!! –urlò Edward, e con un abile gesto, grazie ai simboli alchemici sui suoi guanti, si liberò dei dieci soldati che lo stavano attaccando.

 

- straordinario! –pensò Roy osservando la scena, poi abbassò lo guardo – ma di cosa mi stupisco….in fondo è suo figlio! -

 

- LUCAS!  - urlò Edward arrivando quasi ai piedi del treno, trattenuto da delle guardie.

Lucas intanto era stato spinto dentro il treno, riuscì a farsi spazio tra la moltitudine di persone che occupava quel vagone e si appoggiò a fatica sulla piccola finestrella posta sulla parete del treno.

Cercò di allungare il braccio. Edward fece lo stesso.

 

- Edward! – esclamò Lucas

 

- ASPETTA! TI TIRO FUORI DI Lì! NON TI PREOCCUPARE! – urlò Edward cercando di divincolarsi dalla stretta delle guardie, che gli impedivano di andare oltre

 

Lucas lo guardò, quasi rassegnato.

 

- questo è il nostro destino! - eslcamò

 

- EH?! – chiese sorpreso Edward

 

- gli ebrei sono odiati dai tedeschi! Sono odiati da tutti! -

 

- cosa dici?! – urlò Edward –io non ti odio! -

 

- lo..lo so! –disse Lucas respirando affannosamente per via della troppa gente

 

- tu sei stato il mio unico vero amico! – sorrise lievemente

 

- ANCHE TU! ANCHE TU LO SEI! -

 

- il treno della morte è venuto a prendermi….che io lo voglia o no… -

 

- NO! NON PUOI! – urlava Edward con tutta la voce di cui disponeva

 

Lucas riuscì a toccare la mano dell’amico

 

- questa volta non ci sei riuscito Edward…-  cominciò

 

Il treno intanto partiva. Il rumore era assordante.

 

- LASCIATEMI ANDARE! LASCIATEMI HO DETTO! – urlò Edward alle guardie, mentre il treno cominciava a muoversi

 

- liberatelo! – intervenne Roy

 

Tutti rimasero stupiti –ma generale… -

 

- liberatelo ho detto! -

 

Edward non badò affatto alle parole di Roy. Non appena fu libero si mise a correre all’inseguimento del treno, che cominciava a prendere velocità.

 

- LUCAS! - urlò

 

L’amico era sempre lì, sporto alla finestrella con un braccio teso. Edward riuscì  malapena a sfiorarlo.

 

- questa volta non ce l’hai fatta Edward… - continuò Lucas sospirando – ma d’ora in poi…ti prego….. -

 

- Lucas? – chiese Edward correndo sempre più piano, la fatica si faceva sentire

 

- …salva più vite che puoi! Usa l’alchimia per aiutare tutte quelle persone che hanno ancora un futuro davanti a sé! – concluse Lucas

 

Edward rimase colpito dalle parole dell’amico. Non riusciva a capire.

Il treno prese velocità. dovette lasciare la mano di Lucas, ma continuava a correre. Inciampò. Finì sulle rotaie del treno che nel frattempo si stava allontanando.

 

- LUCAAAS!!!!!! – urlò dolorante per la caduta

 

Lucas riuscì a sporgersi di nuovo e ad urlare

 

- PROTEGGILI EDWARD! COME FECE IL GRANDE COLONNELLO ELRIC A SUO TEMPO! SALVA LA GERMANIA! SALVA IL MIO POPOLO! -

 

Detto questo sparì. Soffocato dalle tante persone che, come lui, andavano a morire.

Edward rimase li, per terra in mezzo alle rotaie, era arrabbiato, confuso, terrorizzato, triste…troppi stati d’animo in così poco tempo.

Lucas aveva menzionato anche suo padre. lo conosceva anche lui? Si chiese. Anche Lucas conosceva la fama del suo presunto padre?

Si alzò a fatica. Aveva il sangue che colava giù dalle labbra ed era pieno di lividi sulle gambe e sulle braccia. La caduta era stata molto violenta.

I militari erano lì, tutti serrati e pronti a sparare su di lui se solo si fosse mosso.

In quel mentre il generale Roy si fece avanti. Lo guardò

 

- dovrei mandarti in prigione ragazzino…lo sai vero? Hai attaccato un pubblico ufficiale! -

 

Edward alzò lo sguardo. Uno sguardo carico di odio. Potevano fargli quello che volevano. Orami più nulla aveva un senso. Il suo migliore amico se ne era andato, forse per sempre, e ora aveva anche un compito grandissimo da portare a termine.

 

Roy sorrise – ma non lo farò… -

 

Edward rimase leggermente stupito

 

- anche perché se lo facessi… molto probabilmente mi ucciderebbe.. – concluse con sarcasmo

 

Il ragazzo riprese a camminare, lentamente, gli facevano male la gambe, aveva lo sguardo basso e un’espressione totalmente assente.

I militari si fecero da parte al comando di Roy.

Quando Edward, camminando, passò di fianco a Roy quest’ultimo gli sussurrò qualcosa

 

- mi raccomando….conto su di te…Full Metal Chibi! -

 

Edward lo guardò stupito. Cosa voleva dire con quelle parole?

Roy si allontanò, tornandola suo lavoro lasciando Edward solo e confuso.

Il ragazzo uscì dalla stazione, non voleva tornare a casa. Non ora. Era troppo stanco e affamato.

Prese a girare per la cittadina senza una meta, ripensando alle ultima parole che aveva pronunciato Lucas prima di sparire dalla sua vita.

Si guardò le tasche, aveva qualche spicciolo. Poteva permettersi qualcosa da bere.

Entrò nella prima locanda che trovò, l’unica per la precisione. Le altre avevano dovuto chiudere.

Si sedette. L’oste lo guardò con fare sospetto. Edward non ci badò e ordinò una birra, l’unica cosa che, oramai, era in circolazione.

La bevve a grandi sorsi. Gli facevano male le labbra, che a contatto con la bibita, bruciavano.

Appena ebbe finito, pagò e uscì un po’ barcollante.

In quello stato, come avrebbe potuto salvare altre vite? Si chiedeva.

Alla fine decise di sedersi in un angolo della strada. Si accasciò al suolo. La vista gli si annebbiava e il vuoto piombò su di lui.

 

 

 

 

 

- ah! -

 

Edward si alzò improvvisamente da terra. Si guardò in torno spaesato, poi, dopo qualche secondo tornò in se. Guardò il cielo, era l’alba. Evidentemente aveva dormito per terra tutto il tempo. Cercò di alzarsi, ma i muscoli delle gambe lo sorreggevano a malapena.

 

- lo..lo zio Al e Winry… - pensò sorridendo – me ne diranno di santa ragione se non torno a casa… - sospirò

 

Riprese a camminare sulla via del ritorno. Tanta povertà. Ecco cosa pensava quando se ne andava in giro con suo zio, per la piccola città, grande un quarto di Central City. Vedeva tanta gente che chiedeva l’elemosina, gente che prima di quella guerra aveva un lavoro, aveva una famiglia, aveva un futuro.

 

- tsk…. – sospirò – e io come dovrei salvare tutta questa gente? – esclamò sorridendo

 

Lucas si era sbagliato, completamente sbagliato. Lui non poteva salvare quelle persone. Non ne aveva i mezzi. Era solo.

 

- AAAAH! -

 

Edward si fermò. Aveva appena sentito delle urla, urla di una ragazza.  Rimase immobile per qualche minuto.

 

- cosa serve se anche l’aiutassi?  - si chiese –non ne ho i mezzi! -

 

Poi si ricordò delle parole di Lucas

 

- …salva più vite che puoi! Usa l’alchimia per aiutare tutte quelle persone che hanno ancora un futuro davanti a sé! -

 

Aveva trovato la sua risposta. L’alchimia!.

Si girò e cominciò a camminare forte in direzione delle urla che aveva sentito.

Esse lo condussero ad un vicolo: li vi erano due militari che se la stavano prendendo con una giovane ragazza.

a tessa, Edward vide una donna. Morta.

 

- MADRE! MADRE MI SENTITE?! – urlava la ragazza piangendo

 

- ahahahah! – rise uno dei militari – è morta! -

 

- NO! MADRE! -

 

Edward rimase ad osservare la scena

 

L’altro militare prese la ragazza per i capelli

 

- eheheh…l’avete scampata oggi! il treno è già partito! -

 

La ragazza cercava di dimenarsi dalla presa

 

- eheheeh…ma non fa nulla…..anche perché…sareste morte solo più tardi! – rise sarcastico il militare, e le puntò la pistola addosso

 

- EHI VOI! -

 

I militari si voltarono

 

- un..un moccioso? -  esclamò sorpreso uno dei due

 

- lasciate immediatamente quella ragazza! – urlò Edward

La ragazza rimase stupita

 

- hei!hei! – disse quello che aveva la ragazza – il moccioso ci da ordini!-

 

- ma lo sai chi è questa gente? – chiese un militare indicando la donna morta

 

Edward lo guardò con disprezzo – fatemi una bella delucidazione! –

 

- gli Ebrei sono un pericolo per il nostro governo! Rubano, conducono una vita di stenti e per di più si oppongono al volere di Hitler! -

 

Edward li fissò

 

- tu! Sei tedesco no? Dovresti essere anche tu come noi! -

 

- io…. – cominciò Edward – IO NON SONO COME VOI!! – urlò, e battendo le mani fece comparire una lama affilata, che andò a colpire il braccio di uno dei due.

 

- maledetto….tu….sei un alchimista? - disse il militare che teneva la ragazza –se fai un altro passo l’ammazzo! – e puntò la pistola alla testa di lei

 

- ehehe…non ti interessa sapere che sono io! – rise il ragazzo avvicinandosi ai due

 

- non ti avvicinare! - disse il militare mollando la ragazza per la paura

 

- perché ora Stai per subire la stessa sorte che è toccata oggi a centinaia di persone!!! - urlò

 

Con poderosa velocità raggiunse il militare. Ora l’avrebbe colpito con la sua lama.

 

- NO! -

 

Edward si fermò. Il militare era paralizzato dalla paura.

La ragazza aveva appena fermato il braccio del ragazzo. Stava piangendo.

Lui la guardò stupito. Perchè non voleva che lo uccidesse? Perché Dopo quello che aveva fatto ai suoi cari non voleva la vendetta?

 

- basta così…ti prego… - chiese lei con un filo di voce

 

Edward obbedì, fece scomparire la lama. Guardò il militare con odio.

 

- sei stato fortunato….se non fosse stato per lei….-  esclamò – non saresti ancora qui.. -

 

- PRESTO CORRETE! DA QUESTA PARTE! -

 

- accidenti i militari! – esclamò Edward

 

Poi, quasi spontaneamente, prese la ragazza per mano.

 

- dai dobbiamo andare! -

 

- ma io… -disse lei guardando il corpo della madre adagiato al suolo

 

- sbrighiamoci! – esordì Edward trascinandola via

 

 

- Ora ho capito! –pensò Edward mentre correva, incurante del dolore alle gambe, accanto alla ragazza – grazie Lucas! Sei un vero amico! -

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Chi ha ancora un futuro! ***


Capitolo 8 -  chi ha ancora un futuro!

 

- …salva più vite che puoi! Usa l’alchimia per aiutare tutte quelle persone che hanno ancora un futuro davanti a sé! -

 

Queste parole rimbombavano nella testa di Edward.

C’era il vuoto dentro di lui, un vuoto incolmabile che nemmeno lo studio dell’alchimia poteva riempire.

 

- ahi…! -

 

Ad un tratto si fermò. Un dolore improvviso alle gambe non gli permetteva più di muoversi.

 

- accidenti! – esclamò seccato

 

- va…va tutto bene…? – chiese la ragazza che aveva salvato poco prima

 

Edward la guardò. Ancora non capiva: quei militari avevano ucciso sua madre. Allora perché non aveva voluto che lui facesse altrettanto? Perché non voleva vendicarsi?

 

- non è nulla…- disse Edward  sentendosi quasi in colpa  - è meglio che tu te ne vada…se ti trovano i militari sei finita… -

 

- e tu? – chiese lei

 

- tsk! A me non succederà nulla! -

 

Lei per tutta risposta lo prese per un braccio e se lo mise attorno alle spalle

 

- CHE….CHE DIAMINE STAI FACENDO?! – esclamò lui

 

- … - lei non rispose. Si limitò a camminare

 

- ti voglio aiutare….come tu hai aiutato me… - disse infine

 

- eh? – chiese lui stupito

Edward notò come nello sguardo di quella ragazza, di cui non conosceva neppure il nome, ci fosse un velo di tristezza. Una tristezza inimmaginabile.

 

 

Dopo un quarto d’ora di cammino arrivarono ad un vecchio ponte sotto la quale scorreva un ruscello. Lì, decisero di sedersi sull’erba umida.

Rimasero in silenzio. Guardavano il cielo che cominciava a diventare scuro, e le prime stelle spuntavano su di esso.

Edward si strappò un pezzo della sua camicia e lo bagnò con l’acqua fresca. Poi, lo mise sulla gamba, che nel frattempo era diventata gonfia a causa dello sforzo troppo intenso.

 

- aaaah… -disse dolorante – non pensavo fosse così grave… - sospirò

 

La ragazza era seduta accanto a lui. Era silenziosa e sembrava sul punto di piangere.

Edward la osservò meglio: aveva i capelli lunghi fino alle spalle, castani e occhi anch’essi del medesimo colore. Indossava un grazioso vestito viola tenue con dei ricami molto particolari

 

- me l’ha regalato mia madre..- esclamò all’improvviso voltandosi verso Edward

 

- eeeh? – chiese lui spaventato

 

- lo stavi guardando no? – disse lei stizzita

 

- ah…ehm…ecco io… - cominciò lui diventando rosso

 

- è l’ultimo regalo che mi ha fatto… - sospirò

 

Edward si fece serio. abbassò lo sguardo.

 

- mi…mi dispiace… -esclamò Edward – non avrei dovuto portarti via così da quel vicolo… -

 

- se fossi rimasta li probabilmente i militari mi avrebbero catturata… -

 

Edward rimase sorpreso

- vuoi che torniamo? -chiese

 

Lei scosse la testa – no… -

 

- ma come? Non vorresti seppellirla come si deve invece che lasciarla li? -

 

- le fosse comuni… -cominciò lei

 

- eh? -

 

- è li che vengono seppelliti tutti gli Ebrei…ho visto morire mio padre…..mia sorella…tutti sono stati seppelliti lì dai militari…per mia madre sarà lo stesso… -

 

- è….è una cosa terribile… - disse Edward

 

- questo è il prezzo da pagare…..noi Ebrei siamo odiati di tutti! - sospirò

 

Edward rimase sconcertato

 

- gli ebrei sono odiati dai tedeschi! Sono odiati da tutti! -

 

In quel mentre gli venne in mente Lucas

 

- Sai… - esclamò Edward alzando lo sguardo al cielo

 

- oggi ho dovuto dire addio ad un mio amico… -

 

- eh? – chiese lei

 

- era Ebreo…proprio come te! Il treno della morte l’ha condotto lontano e……beh!  Non so cosa gli succederà.. - sospirò

 

- mi…mi dispiace tanto… -

 

Edward sorrise

 

- mi dai l’impressione di avere un carattere molto forte…. -

 

- è che ho imparato ad accettare la mia condizione… -

 

Ci fu qualche minuto di pausa. Lei guardava Edward che cercava di sistemarsi il pezzo della camicia strappata sulla gamba.

 

- aspetta…non si fa così…- disse lei poggiando delicatamente le sue mani sulla gamba di Edward e cominciando a sistemare le stoffa.

Lui arrossì.

 

- non..non è necessario grazie! - esclamò

 

- ma dai! Non vedi che ematoma che ti è venuto?! – esclamò  lei con insistenza

 

- tu…tu mi hai salvato… - concluse – quindi anch’io… -

 

Edward distolse lo sguard da lei, ma sentì dei sighiozzi: la ragazza stava piangendo. le lacrime le bagnavano il candido viso mentre le sue mani all’improvviso presero a tremare

 

- io….io… - cominciò – ecco…mi dispiace! – disse asciugando le lacrime

 

- avevo appena detto di saper accettare la mia condizione…e invece…mi metto a piangere come una sciocca! -

 

Edward si alzò in piedi di scatto e allungò la mano verso di lei, quella stessa mano con cui aveva cercato di trattenere Lucas quel giorno.

 

- ma cosa… - chiese lei stupita

 

- anch’io se fossi nelle tue condizioni piangerei! Non è una cosa da sciocchi! -

 

Lei lo guardò

 

- ho un compito da portare a termine….ma non posso farlo da solo ti pare? – disse sorridendo

 

- ma io non… -

 

- non devi pensare che per te….per voi sia finita! – esclamò Edward – non hai più una famiglia, una casa…..ma hai ancora un futuro! -

 

Lei rimase stupita: quel ragazzo aveva così tanta voglia di vivere! Lo sentiva…

Allungò la mano ed afferro quella di Edward, che l’aiutò ad alzarsi.

 

- mi devi ancora dire come ti chiami! - esclamò il ragazzo

 

- mi….mi chiamo Christine… - disse lei

 

- bene Christine! Se non ha nessun posto dove andare….potresti stare da me per un po’…-

 

Christine lo guardò con sospetto

 

- e.. ehi! Guarda che vivo con i miei! – disse Edward diventando rosso

 

Lei gli accennò un sorriso: era così bella quando sorrideva!

 

- bene….si è fatto tardi…è ora di andareeeeee… -

 

Edward non fece in tempo a muovere un passo che rullò a terra per via della ferita alla gamba

 

- vuoi una mano? – chiese lei

 

- NO! Faccio da solo… - disse  imbronciato

 

Tentò di alzarsi ma non ci riuscì. Ritentò, questa volta si mise quasi subito in piedi ma barcollò e dovette sedersi di nuovo.

Guardò Christine. Sospirò.

 

- forse…forse è meglio se mi dai una mano… -

 

Lei sorrise, lo prese per le braccia e cominciarono ad avviarsi verso casa.

 

- aiutato da una donna! – pensava lui – oh Edward sei caduto proprio in basso.. - sospirò

 

- hai…hai detto qualcosa? – chiese Christine

 

- NO ASSOLUTAMENTE! – disse preoccupato

 

Si sentiva strano. Quasi a disagio. Quel giorno erano successe così tante cose: Lucas se nera andato ma al suo posto era comparsa lei che, in qualche modo, riusciva a colmare il vuoto che si era creato nel suo cuore.

Ma cos’era questa sensazione? Sentiva calore, un calore intenso invadergli l’animo ferito.

 

 

 

Casa Elric. Ore  21.00

 

 

 

- ma che fine ha fatto Edward?! – si chiedeva Winry andando su e giù per tutta la casa

 

- Winry stai calma! Sono sicuro che sta bene! - esclamò Al

 

- come faccio a stare calma?! È da stamattina che se ne è andato!-

 

- è un ragazzo in gamba! e poi…gli ho dato i miei guanti! Se avrà bisogno dell’alchimia non esiterà ad usarli! -

 

- Al! Non è questo il punto! È che… -

 

PLIN PLON! PLIN PLON!

 

Il campanello suonò all’improvviso

 

- deve essere Edward! – esclamò Winry correndo all’ ingresso – ora mi sentirà! -

 

aprì la porta un po’ brutalmente

 

- signorino! hai idea.. – cominciò Winry. Ma si bloccò

 

- mamma…a dopo le ramanzine per favore… - disse Edward

 

Winry vide Edward ferito e dolorante aggrappato a Christine e per poco non gli venne un colpo.

 

- Edward! Che è successo?! – chiese preoccupata e aiutando Edward ad entrare.

Christine rimase all’uscio. Winry la guardò.

 

- dai vieni anche tu! – disse sorridendo lievemente

 

Christine rimase stupita: una famiglia, una famiglia tedesca che accoglieva un ebreo?

 

 

-  Al! Portami delle bende e dell’acqua calda! – disse Winry non appena furono entrati

 

Edward si appoggiò dolorante al divano. Christine invece restò in piedi.

 

- siediti pure! – esordì Edward

 

- ma io.. – cominciò lei

 

In quel mentre arrivarono Al e Winry con le medicazioni

 

- Edward che è successo? Perché sei ridotto così? – chiese Al

 

- sono….sono caduto alla stazione… -

 

Al guardò Christine –  lei? Chi è? –

 

- l’ho aiutata a scappare da dei militari… - sospirò Edward

 

Winry intanto medicava la ferita di Edward senza proferir parola

 

- può restare da noi per un po’? non ha nessuno… - chiese Edward allo zio

 

Al lo guardò dolcemente – certo che può restare! abbiamo la camera per gli ospiti! -

Poi si diresse verso Christine e, sempre con fare dolce, gli appoggiò una mano sulla esile spalla

 

- come ti chiami? – chiese

 

- Christine….signore…-

 

- ti ringrazio per averci riportato Edward a casa… - esclamò sorridendo – sei più che benvenuta! –

 

- gra…grazie… - disse lei sentendosi a disagio

 

- ahia! Mamma! – aveva appena esclamato Edward

 

- sta fermo! Sennò come faccio a medicarti?! – disse Winry con fare deciso

 

Al si sedette su una poltrona e guardò Edward

 

- e Lucas? Come sta? L’hai visto? - chiese

 

Edward all’improvviso si ricordò dell’amico. Abbassò lo sguardo.

 

Ci furono diversi minuti di pausa

 

- lui….lui se ne è andato… - disse tristemente

 

- se ne è andato? – chiese Al preoccupato

 

- il treno della morte l’ha portato via… -

 

Il silenzio piombò di nuovo all’istante. Al aveva capito fin troppo bene la situazione e non chiese più nulla.

Anche Winry sembrava molto preoccupata.

 

- winry… - esclamò Al

 

- eccomi… - disse lei rigirando la benda di Edward – senti…Christine.. –chiese rivolta alla ragazza

 

- mi dica signora.. – rispose

 

- potresti finire tu la medicazione? Dobbiamo preparare la cena… -

 

- certo! stia tranquilla! –

 

Edward intanto se ne stava in silenzio e con lo sguardo basso. Winry mentre usciva lo guardò e sospirò.

Christine si sedette sul divano dov’era appoggiato Edward e cominciò a rigirare la benda attorno alla gamba del ragazzo.

 

- ti faccio male? –chiese guardando il volto inespressivo di Edward

 

lui non rispose anzi, non la guardò nemmeno. Christine sospirò

 

- fa male… - disse Edward all’improvviso rannicchiandosi sul divano

 

- eh? -  chiese lei

 

- mi fa male da morire….-   disse nuovamente

 

Christine smise di medicare. Lo guardò con compassione. Poi, appoggiò una mano sulla sua testa, come per consolarlo.

Edward si mise a piangere. In silenzio però. Non voleva che nessuno lo sentisse.

 

- mi fa male….mi fa male… - continuò a dire mentre le lacrime correvano giù dal suo viso

 

- lo so…. – disse Christine accarezzandogli la testa

 

- so bene che fa male.. – sospirò tristemente

 

Solo lei poteva comprendere il dolore di Edward in quel momento. Solo lei poteva capire cosa significava perdere per sempre una persona cara, una persona a cui si è affezionati.

 

I due restarono fermi lì per dei minuti, ignari che Al e Winry li osservavano di nascosto

 

 

 

 

Central city. Ore 23.00.  osteria “ la luna piena”

 

Erano le 23.00. a quell’ora in osteria non c’era quasi nessuno.

Lì, in un piccolo tavolo posto al centro della sala, vi era seduto l Generale Roy. Era pensieroso. Sembrava stese aspettando una persona.

 

- signor generale… - esclamò l’oste all’improvviso

 

- mi dica… - disse Roy

 

- vede…noi chiudiamo a quest’ora… -

 

- …..capisco….può aspettare solo altri dieci minuti? – chiese Roy

 

- certo generale…quando a finito me lo dica… - disse l’oste andando nell’altra stanza

 

-  grazie…ah! Mi porti  due birre per favore?  -

 

- due? – chiese l’oste

 

- sa….dovrebbe arrivare una persona tra poco… - esclamò Roy sorridendo

 

- ah..bene… -  disse l’oste andandosene dalla sala

 

 

Passarono cinque minuti abbondanti…

 

- ma dove diamine è finito….- si chiese Roy – eppure gli avevo detto di essere puntuale! -

 

Ad un tratto, la porta d’ingresso si spalancò: comparve un uomo che portava un mantello nero che gli copriva il volto: l’unica cosa visibile erano gli occhi, penetranti a tal punto da far provar timore.

L’uomo vide Roy che gli faceva un cenno con la mano. Andò verso di lui e si sedette sulla seggiola accanto a quella del generale.

 

- eccoti finalmente! – esclamò Roy – è da più di mezz’ora che aspetto!  -

 

- la puntualità non è mai stata il mio forte..lo dovrebbe sapere generale… - disse l’uomo

 

Roy sorrise – si me lo ricordo!-

 

- arriverò subito al dunque… - continuò – ha portato i documenti che le avevo chiesto? -

 

Roy si fece serio – non sono riuscito ad averli…dovrai pazientare ancora un po’..-

 

- capisco… - disse l’uomo cominciando a bere la birra che l’oste aveva appena portato

 

- era da tanto che non bevevo una birra così buona… - sospirò

 

- già….sei stato via tanto tempo… - disse Roy

 

L’uomo non rispose. Si alzò di colpo e mise dei soldi sul tavolo. Marchi tedeschi.

 

- quelli non valgono più..- disse Roy – pago io… -

 

L’uomo lo fissò – grazie…generale… -

 

Detto questo si apprestò ad uscire

 

- mi dispiace….- esclamò Roy all’improvviso – per quello che è successo laggiù…non si meritava di fare una fine così dolorosa… -

 

- era un bravo soldato…e un grande amico… - sospirò l’uomo

 

- che farai ora? –chiese Roy – tornerai a casa? -

 

- no…no ancora…prima…prima devo fare una cosa….-

 

 - capisco… - sospirò  – quei documenti…te li farò avere….appena posso! -

 

- Grazie.. –

 

- figurati… - esclamò Roy alzandosi dalla sedia

 

- sa generale….- 

 

- dimmi? -

 

- uno dei motivi per cui non torno a casa…è che non mi ricordo nemmeno dove si trova…-  disse l’uomo accennando un sorriso triste

 

Detto questo prese e uscì lasciando Roy  pensieroso e stupito.

 

 

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Capitolo 9
*** Progetti di conquista ***


Capitolo 9 – progetti di conquista

 

Erano le 9.30.

Quella mattina Edward si svegliò di soprassalto: aveva fatto un incubo. Un altro ennesimo incubo che lo tormentava da settimane.

Nell’incubo, si trovava al centro di una stanza, una stanza buia senza finestre, senza luce.

Camminava, camminava senza sapere dove andare; finche vedeva un bagliore squarciare quell’oblio. Vedeva una figura, sembrava un uomo, che gli sussurrava parole dolci ma che poi, venivano stroncate da un urlo lacerante.

 

- sempre lo stesso incubo…. – sospirò asciugando la fronte sudata

 

Decise di alzarsi. Si vestì e scese al piano terra. Ma mentre lo

faceva sentì delle voci provenienti dalla cucina. Incuriosito, si mise vicino alla porta leggermente socchiusa: erano Winry e Christine che stavano parlando.

In silenzio, cominciò ad ascoltare.

 

- capisco…. – diceva Winry – ecco com’è andata… -

 

- se non fosse stato per Edward…a quest’ora io… - iniziò Christine

 

- devi stare tranquilla! – esclamò Winry sorridendo – qui sei al sicuro! -

 

- grazie ma…potrei mettervi in pericolo così facendo! -

 

- non temere…qui nessuno ha più contatti con l’esercito da molti anni ormai…- sospirò Winry, poi, accorgendosi dello sguardo interrogativo di Christine, cambiò argomento – senti….mi puoi passare i piatti per favore? -

 

- certo signora! – esclamò lei aprendo la credenza.

 

Ma mentre lo faceva, si accorse della foto che ritraeva Ed, Winry, Edward e Al molti e molti anni prima, appoggiata vicino al mobile.

Il suo sguardo, in particolare, cadde su quel ragazzo dai capelli biondi e dagli occhi color dell’oro, che ricordava molto Edward.

 

- quello….quello è mio marito…-  disse Winry all’improvviso

 

A Edward, che ascoltava ormai da diversi minuti quella conversazione, gli si strinse il cuore sentendo parlare del padre.

 

- mi perdoni! – si scusò Christine prendendo i piatti in fretta e furia – non volevo! -

 

- non preoccuparti! – disse Winry

 

Christine appoggiò i piatti sul tavolo

 

- era…è un militare…vostro marito?-  chiese timidamente osservando la foto

 

- si… - sospirò – era un colonnello… -

 

- ed ora dov’è? Voglio dire è…. – cominciò Christine

 

- un giorno è dovuto partire per la guerra e…beh! Deve ancora tornare… -

 

- deve sentire moltissimo la sua mancanza…- 

 

- mentirei se dicessi il contrario… - sospirò Winry – ma continuo a sperare…. -

 

- …sperare… - pensava Christine

 

- beh ma… - continuò Winry – non sono sola! Ho Alphonse qui con me e poi….ho Edward… -

 

Christine sorrise

 

- è un ragazzo di buon cuore! – disse infine

 

- già…sono fortunata ad avere un figlio come lui…..anche se… -

 

Edward intanto era in agitazione: cosa voleva dire la madre con quelle parole?

 

- a volte penso che...se non avessi avuto figli…sarebbe stato meglio -

 

Il ragazzo si sentì sprofondare. Dunque era questo che sua madre pensava? Era questo che lui era per lei?

Non volle sentire una parola di più, senza far rumore corse in camera sua e si buttò sul letto. Distrutto.

 

- la capisco… - aveva appena esclamato Christine – capisco quello che prova…-

 

- tsk! Forse sono solo un’egoista…-

 

- non è egoista! – disse Christine con decisione

 

Winry rimase sorpresa

 

- io la capisco! Piuttosto che crescere un figlio senza un padre…senza una parte importante della vita di un essere umano….avrebbe preferito non avere nessun bambino dico bene?  Perché l’idea di renderlo triste, di renderlo incompleto la distrugge… -

 

Winry non rispose subito. Si limitò a fissare la foto con aria un po’ afflitta

 

- sei una ragazza molto acuta… - sospirò

 

- mi deve credere signora! – disse Christine stringendole la mano – sono sicura che Edward non è mai stato triste…anche non avendo un padre accanto a lui! -

 

Ci fu il silenzio per diversi minuti

 

- grazie… -  disse infine Winry abbracciandola forte

 

 

Intanto Edward, rannicchiato sul letto, stringeva forte il libro di Alchimia che tanto amava. Lo sfogliò: era pieno di disegni e testi molto difficili da studiare, che solo con un’accurata osservazione si potevano comprendere. Poi lo rimise sul comodino e ripensò alle parole della madre.

L’abbandono del padre era una cosa che non lo aveva mai interessato, pensava di essere l’unico che Winry amava. Ma si sbagliava. Lei amava ancora quell’uomo, quel militare partito anni addietro lasciando moglie e figlioletto da soli.

No. Non avrebbe mai accettato un padre così.

 

 

Ore 11.00

 

- yaaaaawn…. -  aveva appena sbadigliato Al scendendo dalle scale

 

- ben svegliato Al! – sorrise Winry non appena arrivò in cucina

 

- ‘giorno… -  salutò Al – dov’è Edward? – chiese vedendo che non c’era

 

Fu Christine a rispondere – penso che sia ancora a letto… -

 

- strano però… -  esclamò Winry

 

- già… -  sospirò Al – lui di solito si alza sempre presto… -

 

- davvero? – chiese Christine

 

- …per allenarsi con l’alchimia… -  disse Al

 

- uff…quel ragazzo…Christine me lo vai a svegliare tu per favore? – esclamò Winry

 

- va bene… -

 

E corse al piano superiore.

Lì, proprio davanti al lungo corridoio vi era la camera di Edward. Si avvicinò lentamente, la porta era chiusa.

Voleva bussare ma non lo fece, piano piano aprì lentamente la porta: Edward era seduto alla scrivania, sembrava stesse leggendo qualcosa. Aveva lo sguardo fisso e sembrava non essersi accorto di lei.

 

- guarda qua! -  pensava -  pensavo che stesse dormendo e invece.. -

 

- ehi! – disse infine

 

Edward si voltò di scatto

 

- ah… sei tu… - sospirò – non ti avevo sentito entrare… -

 

- me ne ero accorta…-  disse sorridendo

 

Lui fece finta di niente e tornò al libro che stava leggendo. Christine era perplessa, si avvicinò al ragazzo e provò a sbirciare il libro.

 

- ma questo… -  cominciò lei

 

- mai visto un libro di filosofia?! – chiese Edward seccato

 

- certo! L’ho studiata anch’io sai! -  disse lei stizzita – ma mi chiedo il perché tu … -

 

- tsk! Il prossimo semestre ho l’esame a scuola…se non lo supero dovrò ripetere l’anno… -

 

- non hai capito… -  lo interruppe – volevo chiederti come mai non studi l’alchimia oggi…tua madre mi ha detto che della filosofia non te ne è mai interessato nulla… -

 

Edward cominciava ad arrabbiarsi. Era troppo. Chiuse il libro all’improvviso e si girò verso Christine

 

- a quanto per avete fatto una bella chiacchierata voi due! - esclamò

 

Christine lo guardò con aria stupita, poi abbassò lo sguardo

 

- hai…hai sentito la nostra conversazione stamattina…? - chiese

 

- diciamo semplicemente che l’avevo intuito da tempo… -

 

- cosa? -

 

-  che a mia madre io non interesso per niente! -  esclamò alzandosi in piedi

 

- mhp! Evidentemente non hai ascoltato tutto… - sospirò Christine

 

- ho ascoltato quanto basta!! – urlò Edward

Christine lo guardo fisso negli occhi

 

- sentimi bene Edward! – esclamò infine – se tu avessi davvero ascoltato non diresti così! -

 

- aah…ma cosa vuoi saperne tu… - 

 

- ne so sicuramente più di te! -

 

- smettila! -

 

- Edward  cerca di capire come si sente tua madre! -  esordì lei

 

- … - lui non rispose ma la rabbia era visibile dai suoi occhi azzurri, azzurri come il mare

 

- lei…lei ti vuole bene! Devi credermi Edward! -

 

- ORA BASTA! – urlò Edward, e, per la rabbia la prese per i polsi e la buttò contro il muro

 

- Edward! – esclamò lei. Non sembrava spaventata, solo delusa

 

La  paura tormentava il cuore di Edward, quella stessa paura che aveva avuto comprendendo che non avrebbe mai più rivisto Lucas…

 

- ah! – in quel momento tornò in se, lasciò la presa sulla ragazza e si accasciò al suolo.

 

- scusami… - disse ansimando – non so cosa mi sia preso.. -

 

Christine lo guardò. Ancora una volta era lei a consolarlo. Era come il suo angelo protettore.

 

- non preoccuparti… - disse accennando un sorriso

 

- Edward, Christine! La colazioneee! – urlò Winry dal piano terra

 

- arriviamo! – disse Christine, poi i suoi pensieri tornarono a Edward, che nel frattempo si era alzato.

 

- tutto bene? – chiese lei

 

- si…tu piuttosto…ti ho fatto male? -  disse Edward con occhi tristi

 

- ma figurati! – sorrise lei dandogli una pacca sulla schiena – cosa credi che mi possa fare un bambinetto come te?! -

 

- coosa??!! – esclamò Edward, e il colorito ritornò sul suo viso

 

- guarda che ho un anno in più di te! Dovresti portarmi rispetto! - disse lei

 

- e questo chi l’ha deciso?! -

 

 -io! –

 

Si guardarono e scoppiarono a ridere: una risata che lavò via  i brutti pensieri di poco prima.

 

- ti prometto che studierò di più l’alchimia! – disse infine Edward rivolto a Christine – cosi che mia madre possa essere fiera di me! -

 

Christine sorrise – così mi piaci signor Alchimista! – disse dandogli un piccolo bacio sulla guancia.

Edward rimase li impalato per qualche secondo.

 

- ti vuoi muovere?! La colazione ci aspetta! -  esclamò lei scendendo dalle scale

 

- eh? Ah! No aspetta!!!! -  urlò Edward risvegliandosi dal “trauma” del bacio.

Un bacio che valeva più di mille parole.

 

 

 

 

Intanto a Central City

 

 

- dannazione… -  aveva appena detto Roy, seduto sulla poltrona del suo “lussuoso” ufficio, al quartier generale di Central City.

 

- quanto vorrà farmi aspettare!!! -  esclamò arrabbiato

 

All’improvviso qualcuno bussò alla porta

 

- AVANTI! -  disse Roy seccato

 

La porta si aprì, comparve l’uomo che, il giorno prima, all’osteria, aveva chiesto informazioni su certi documenti.

Sembrava parecchio esausto. Evidentemente aveva corso.

 

- sempre in ritardo eh?! -  esclamò Roy sarcastico

 

- mi scusi…. – disse l’uomo – ma ho avuto problemi a ricordarmi dove fosse il suo ufficio generale -

 

- si…beh… - cominciò Roy, un velo di tristezza poco visibile, era apparso nei suoi occhi – perché non ti togli quel mantello? Fai paura conciato così! – chiese infine

 

- non voglio che nessuno possa riconoscermi.. -

 

- non entrerà nessuno…ho chiesto di lasciarci soli… -  disse Roy

 

L’uomo esitò un po’.

Poi piano, piano cominciò a sfilarsi il cappuccio del mantello, lasciandone intravedere il viso.

 

- così mi piaci….Full Metal! – sorrise Roy

 

Anno 1940. Edward Elric, colonnello, chiamato anche Full Metal Alchemist, era tornato in patria. Ma non era più la stessa persona che era partita 15 anni prima : era pallido, il suo fisico era molto provato dalle dure battaglie,  i suoi occhi, un tempo animati da un’innata gioia di vivere, erano spenti. La loro luce se ne era andata lasciando il posto ad uno sguardo privo d’espressione.

 

 - era da tanto che non mi sentivo chiamare così… - disse Ed

 

 - era da tanto che non ti vedevo! – esclamò Roy in modo ironico

 

Ed si sedette su una poltrona

- ora…vorrei sapere perché mi ha chiamato…generale… -

 

- ho qui  i documenti che mi avevi chiesto! –disse Roy facendosi serio

 

Pose a Ed un pacchetto che conteneva diversi fogli

 

- riguardano i  progetti di Hitler… - continuò

 

Ed cominciò ad aprire la busta. Prese i fogli e ci diede un’occhiata

 

- non ci posso credere!… - eslcamò stupito

 

- pazzesco vero? – annui Roy – c’è di tutto…dalle conquiste militari alle varie spedizioni e  tra queste…quella a cui hai partecipato… -

 

- fino…allo sterminio di massa… - concluse Ed leggendo –che significa? – chiese preoccupato

 

Roy non rispose

 

- CHE SIGNIFICA?! -  ripetè Ed

 

- pare…pare che Hitler voglia…sterminare tutti gli ebrei, zingari per formare la razza pura… -  sospirò Roy

 

- è…è terribile…-  disse Ed-  che crede di fare quel pazzo?! Conquistare il mondo?!- 

 

- e chi lo sa…comunque…ora ascolta Full Metal… -  cominciò – di recente Hitler ha fatto catturare tutti gli ebrei che c’erano in città…e li ha condotti in campi di concentramento… -

 

- campi di concentramento? -

 

- è meglio se non ti immischi in questa faccenda…o potresti trovarti in guai più seri questa volta… -

 

- tsk! Hitler non ti fa nessuna paura… ho passato sofferenze ben peggiori….e poi… - sospirò – gliel’ho promesso….gli ho promesso di riportare la pace in Germania! -

 

- e tu mantieni sempre le promesse… - concluse Roy

 

- vedo che mi conosce… -

 

- meno di quanto immagini Full Metal.. – disse sorridendo

 

- ora devo andare… -disse Ed alzandosi in piedi e rimettendosi il cappuccio – grazie per i documenti…ricambierò il favore prima possibile! -

 

E si avviò alla porta

 

- Full Metal! -

 

Ed si girò - dica? –

 

- torni a casa ora? – chiese Roy

 

Ed lo guardò, abbassò lo guardo, poi sorrise

 

- Winry sarà arrabbiatissima…le avevo detto che sarei tornato in poco tempo… -

 

- tutti lo credevamo..  – esclamò Roy

 

- ho tanta voglia di rivederla…di rivedere Al e…di poter finalmente abbracciare mio figlio… - sospirò

 

- … capisco… -

 

- arrivederci generale… - disse infine uscendo dall’ufficio

 

Roy si alzò dalla poltrona, sospirò. Si avvicinò ala finestra e vide Ed che si allontanava correndo, probabilmente verso la propria casa, una casa dove avrebbe avuto un’intera famiglia ad accoglierlo…o qualsi…

 

- l’incontro…. – esclamò – tra Full metal e Full metal Chibi… -

 

Sorrise

 

 - ci saranno sviluppi interessanti! -

 

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Capitolo 10
*** Il cammino del cuore ***


Capitolo 10 – il cammino del cuore

 

- EDWARD! EDWARD! DOVE SEI EDWARD? – urlava Al andando su e giù per tutta la casa – EDWARD!! -

 

- non è qui…- disse all’improvviso Winry sbucando da una stanza

 

- come?! Ma se doveva allenarsi con l’alchimia?! –

 

- ha detto che l’avrebbe fatto domani…- esclamò Winry, sembrava triste, molto triste.

 

- e dov’è andato? – chiese Al sorpreso

 

- beh… -

 

 

 

Due ore prima…

 

 

 

- cosa??! – urlò Winry

 

- devo andare a Central per parlare col generale Roy Mustang! – disse Edward

 

- mi sapresti dire il motivo? – esclamò lei un po’ euforica

 

- voglio sapere  dove, quel treno, porta tutte le persone che i militari catturano! -

 

Winry sospirò – e credi che Mustang dirà proprio a te certe informazioni? – chiese

 

- … - Edward non rispose – no… - concluse

 

- visto? E allora cosa… -

 

- ma…- la interruppe Edward, tirando fuori i guanti dello zio e infilandoseli – posso sempre costringerlo! - esclamò

 

- non se ne parla neanche! Mustang è uno degli alchimisti di stato più bravi che ci sono in circolazione! Non ti lascio andare! -

 

- ma io… - cominciò il ragazzo

 

- per favore… - esclamò all’improvviso Christine - lo lasci andare! -

 

- … - Winry guardò gli occhi tristi di Christine – e chi mi garantisce che non combinerà guai?!-

 

- andrò io con lui! - esclamò

 

- NO! – urlò Edward – quelli ti danno la caccia! Appena ti vedranno non esiteranno a catturarti! -

 

- non ti preoccupare! Non accadrà nulla! E poi… - disse Christine – cominciano durante il coprifuoco…- sospirò

 

- ….e sia! – Esclamò Winry guardando lo sguardo speranzoso dei due ragazzi  - ma dovete tornare presto intesi?! -

 

Ai due scappò un largo sorriso

 

- grazie mille! –

 

 

 

 

 

- ho capito… - sospirò Al non appena Winry ebbe finito di raccontare - ma perchè mai glielo hai permesso? -

 

- non lo so…forse… - disse Winry – forse perché….mi sembra di tornare indietro nel tempo… -

 

Al non rispose, si limitò a fissare Winry, e la nostalgia invase il suo cuore

 

- sono molto affiatati vero? – chiese Al

 

- già...- sorrise Winry - Edward è un tipino difficile…l’unico con cui era riuscito a legare veramente finora è stato… -

 

- Lucas… - concluse Al sospirando

 

- si… - esclamò Winry

 

Central City

 

 

-  LASCIATECI PASSARE! – aveva appena urlato Edward ad un  militare, alla guardia del grande cancello, al cui interno vi era il quartier generale

 

- tsk! non crederai che un moccioso come te possa passare?! -  disse sarcastico il militare

 

- DEVO PARLARE COL GENERALE MUSTANG! -

 

- senti,  senti…e tu chi saresti? -

 

- mi chiamo Edward Elric! -

 

A sentire quel nome il militare fece un leggero sobbalzo

 

- spiritoso!  - disse infine – torna dalla mamma piccino! Non è posto per te questo! -

 

Edward sentì gelarsi il sangue in corpo

 

- VOGLIO PARLARE COL GENERALE DANNAZIONE! FAMMI PASSARE BUFFONE! -

 

- CHE HAI DETTO?! – esclamò il militare arrabbiandosi

 

Christine, che era seminascosta dietro a Edward, poggiò una mano sulla spalla del ragazzo

 

- lascia perdere Edward…troveremo una soluzione – gli disse

 

- non che non lascio perdere! Ho assolutamente bisogno di parlare con quel tizio! -

 

- EHI MOCCIOSO?! CON CHI CREDI DI PARLARE?! – disse il militare, poi, cominciò ad osservare Christine, la quale indietreggiò impaurita

 

- ehi ragazzino…come mai ti porti dietro un’ ebrea?! – chiese malignamente

 

- COSA TE NE IMPORTA! LASCIACI PASSARE! – urlò Edward

 

- hihihih…facciamo così ragazzino… se tu mi lasci la ragazza io ti lascio passare! -  disse malignamente

 

- SCORDATELO LEI NON SI TOCCA! – esclamò Edward stringendo forte la mano di Christine.

La ragazza sentì un forte tepore non appena lui le prese la mano, si sentiva bene, si sentiva protetta.

 

- eddai moccioso…non farla tanto lunga! Non dovevi parlare col generale?! – chiese il militare

 

- se parlare col generale equivale a separarmi da Christine beh….allora non mi interessa! – esclamò Edward

 

- grrr…dannato ragazzino! -

 

- che succede qui?! -

 

Tutti si voltarono: era Roy

 

Il militare scattò subito sull’attenti

 

- buongiorno signor generale! - salutò

 

Christine e Edward rimasero un po’ stupiti

 

- allora che sta succedendo? – ripete Roy – stavo passeggiando e ho sentito un tale chiasso… -

 

- mi scusi generale! Ma … - cominciò il militare indicando i due ragazzi

 

- questo ragazzino mi stava dando dei problemi… -

 

Roy incrociò lo sguardo di Edward

 

- e che genere di problemi può dare un ragazzino? – chiese Roy sarcastico

 

- niente di che signore però… -

 

- e allora fallo entrare! -

 

- ma generale! c’è un’ebrea con lui! – esclamò il militare

 

Roy si mise a osservare Christine, che a sua volta cercava di evitare il contatto visivo

 

- non penso che sia pericolosa e poi…il coprifuoco è stasera… - sorrise Roy – ora falli passare… -

 

Il militare, evidentemente deluso, si spostò ed apri il cancello facendo entrare i due ragazzi

 

- per di qua… - esclamò Roy ai due

 

Edward e Christine obbedirono senza fiatare.

Durante il percorso, Edward notò con molto disprezzo, che i centinaia di militari che andavano su e giù per tutto l’edificio, osservavano malignamente Christine, la quale sembrava non farci caso. Doveva esserci abituata ormai, pensava.

 

- ehi Edward… - esclamò lei a voce bassa

 

- cosa c’è? -

- potresti anche lasciarmi la mano ora… - disse

 

Edward infatti non l’aveva mollata nemmeno per un istante

 

- ma figurati! Non vedi che brutti ceffi che ci sono qui?! – esclamò lui

 

- si ma.. -

 

- non voglio che ti accada nulla! – disse Edward diventando rosso in volto. Anche Christine arrossì lievemente

 

- siamo arrivati – esclamò all’improvviso Roy

 

I due si bloccarono. Roy aprì la porta del suo “enorme” ufficio

 

- prego accomodatevi… - disse infine

 

Edward e Christine entrarono, mentre alle loro spalle Roy chiudeva la porta.

Poi, con fare piuttosto elegante si sedette alla scrivania.

Edward decise che era arrivato il momento di parlare.

 

- mi scusi…io sono.. - cominciò

 

- so chi sei tu…full Metal Chibi! – lo interruppe Roy

 

Edward fece una smorfia sentendo quel nome

 

- e so anche perché sei venuto… - concluse sorridendo

 

- eh?! – Edward era incredulo. Christine si limitava a osservare Roy pensierosa

 

- sono sicuro che mi vuoi chiedere informazioni…riguardo alle varie deportazioni di ebrei… - esclamò Roy – dico bene Full Metal chibi? -

 

Edward cominciò ad irritarsi: non solo non sopportava l’atteggiamento con cui quel tale parlava di certe cose, ma era furioso per il nome che gli aveva appioppato senza nemmeno averlo mai conosciuto.

 

- senta! Visto che sa il motivo per cui sono venuto…. – esclamò Edward – perché non mi dice subito dove vengono portate tutte quelle persone?! -

 

- tsk! Cosa ti fa credere che io lo sappia? – chiese Roy sarcastico

 

- non faccia il finto tonto! Sono sicuro che lei deve avere almeno un’idea al riguardo! -

 

Lo sguardo di Roy cadde su Christine, ma poi si posò nuovamente su Edward

 

- e se io non te lo volessi dire? – esclamò Roy

 

- in questo caso… - esclamò Edward facendo vedere  guanti - dovrò farle un po’ male generale! -

 

- Edward! Lascia stare!  - intervenne Christine – tua madre te lo ha proibito! E poi..contro di lui non ce la faresti mai! -

 

- ma se non ci ho nemmeno mai provato?! – disse Edward

 

- faresti meglio ad ascoltarla – esclamò -…per due motivi: il primo è che un alchimista del tuo rango, per quanto abile possa essere non sarebbe mai in grado di battermi….inoltre….potrei sempre dire a tutti che in casa tua nascondi un ebreo…! – disse sorridendo

 

- che cosa?! – esclamò Edward indignato

 

- pensaci bene full Metal Chibi! Se farai di testa tua e mi attacchi…perderai la possibilità di salvare il tuo amico…e di mantenere la tua promessa! -

 

- uh… - Edward rimase immobile. Christine guardava la scena in ansia

 

- allora? Che fai? – chiese Roy sorridendo

 

Edward abbassò le mai, che fino a poco prima erano tese contro Roy. Gli seccava dare ascolto ad uno come Roy ma d’altronde….in gioco c’era la vita di Lucas…

Doveva piegarsi ancora una volta all’esercito.

 

- …mi scusi…generale… - esclamò infine a sguardo basso

 

- così va meglio! -

 

Ci fu una pausa

 

- la prego! – disse Edward all’improvviso, lasciando Roy sorpreso – mi dia quelle informazioni! È importante! -

 

- … - Roy non rispose

 

- LA SUPPLICO! FARO’ QUALSIASI COSA SE LEI MI AIUTA! -

 

- …tsk! – sorrise il generale –in questo sei tale e quale a lui… -

 

- eh? –

 

- e va bene full metal chibi…ti dirò tutto!  -

 

Il volto di Edward si accese – grazie generale!!! –

 

- si si… - esordì Roy

 

Poi si fece serio. Fissò Edward dritto negli occhi, ci furono diversi minuti di attesa. Roy sospirò.

 

- tutte quelle persone…vengono condotte in campi di concentramento…. -

 

Christine fece un leggero sobbalzo

 

- campi?! – chiese Edward

 

- si…di solito si trovano nelle campagne, lontano dalla gente.. – spiegò  - così che nessuno possa sapere cosa succede… -

 

Edward parve molto turbato: cosa voleva dire Roy con quella frase?

 

- in…in che senso? – chiese infine – cosa fanno all’interno di quei campi?! -

- … - Roy non rispose. Prima fissò Edward, poi puntò gli occhi su Christine

 

- sicuri di volerlo sapere? -chiese

 

Edward rimase immobile in attesa. Roy tirò un lungo sospiro

 

- quei campi…sono strati creati con un unico scopo…sterminare la razza ebrea… - esclamò

 

- cosa?! -

 

- hai capito bene Full Metal Chibi… -

 

- … -

 

- li uccidono….con ogni mezzo disponibile…camere a gas, lavoro forzato, esperimenti scientifici… basandosi anche….sull’alchimia… - concluse

 

Edward non credeva alle proprie orecchie. Usare l’alchimia per uccidere. Questo accadeva. Mentre lui stava parlando, centinaia di persone morivano e soffrivano. Lucas compreso. Come avrebbe potuto fare per salvare tutta quella gente?

Christine avevo lo sguardo basso: era pallida e a stento tratteneva le lacrime.

 

- vorrei sapere…- chiese Edward – dov’è stato portato il mio amico… -

 

- …è stato portato nelle campagne, vicino ad Hannover…per arrivarci occorrono due giorni di viaggio in treno… - esclamò Roy

 

- ho capito. – disse Edward alzandosi dalla sedia – grazie per la disponibilità generale… -

 

- Full Metal Chibi…cosa vuoi fare? – chiese Roy perplesso

 

- e me lo chiede? Andro laggiù e libererò tutta quella gente! -

 

- sei sicuro? Guarda che vi troverai centinai di alchimisti di stato! -

 

- uno o cento non fa differenza! – esclamò Edward – ho fatto una promessa e intendo mantenerla! -

 

Roy sorrise

 

- tsk! Tale padre tale figlio… - esclamò Roy a bassa voce

 

- come? – chiese Edward

 

- nulla, nulla…puoi andare ora….Full Metal Chibi… -

 

Edward e Christine si apprestarono ad uscire. Ma Edward ci ripensò e si girò verso il generale

 

- si? – chiese Roy

 

- volevo sapere…generale… - cominciò Edward - perché mi chiama sempre Full metal Chibi? - chiese

 

Roy si limitò a guardarlo divertito.

 

- beh perché….perchè è un nome carino no? – disse sorridendo allegramente

 

- mah… - sospirò Edward – arrivederci generale… - disse chiudendo la porta

 

- al prossimo incontro… -esclamò Roy quando Edward se ne fu andato

 

 

 

Nella cittadina di Rizembool…

 

 

- mi scusi.. – aveva appena chiesto Ed, che indossava il solito mantello nero, ad un abitante del paese di Rizembool - sa dirmi quanto manca per arrivare a Rizembool? -

 

- ci siete dentro signore! Questa a Rizembool! – esclamò questo

 

Ed parve molto stupito. Si guardò attorno: vide una colorata cittadina allegra e fiorente, i cui abitanti sembravano molto allegri. C’erano centinaia di palazzine e moltissimi negozi. Non era la Rizembool che si ricordava. Era molto diversa

 

- mi sta prendendo in giro? – chiese Ed – Rizembool è poco più di un villaggio! -

 

L’uomo lo guardò stranamente

 

- ma da dove vieni tu? Rizembool è diventata una città da dieci anni ormai!  -

 

Gli occhi di Ed si rattristarono all’improvviso. Era chiaro che fosse cambiato tutto! Da quando era partito erano passati moltissimi anni ormai!

 

- …allora sa dirmi dove si trova la casa degli Elric? – chiese nuovamente

 

- Elric dici? Ah certo! La casa del colonnello! Guarda vai sempre dritto…dovresti vedere una collina ad un certo punto! Lì c’è  casa Elric! Non puoi sbagliarti! -

 

- grazie mille… - esclamò Ed andandosene, lasciando l’uomo un po’ perplesso

 

 

 

Intanto…

 

-  MAELDIZIONEEEEEE!!!!! – aveva appena urlato Edward di ritorno da Central city

 

- insomma Edward! – esclamò Christine – basta sbraitare! -

 

- ma non hai sentito quel tizio? “beh perché….perchè è un nome carino no?” BLEAH!!!!! Che rabbia!!! -

 

- e per un soprannome ti arrabbi in questo modo? – chiese Christine rassegnata

 

- fosse solo quello! Hai visto che atteggiamento?! Quel suo sarcasmo di quattro soldi non lo sopporto!!! -

 

- ma alla fine ci ha aiutato no? -

 

- si ma minacciandomi! -

 

- è colpa tua…dovevi stare calmo! –

 

- grrrr…appena ce l’avrò a portata di mano prima lo sbatacchio per bene con l’alchimia e poi lo riempio di pugni!!! -

 

- uff…uomini… - sospirò Christine

 

- a proposito…- esclamò all’improvviso Edward

 

- che c’è? - chiese lei sorpresa

 

- sai che ore sono? -

 

- dovrebbero essere le quattro… -

 

- perfetto! Così ho saltato pure il pranzo! -

 

- cosa facciamo? Torniamo a casa? – chiese lei

 

- uffa….e va bene…però prima…devo comprare una cosa… - esclamò Edward

 

- eh? -

 

- dai vieni! – sorrise Edward tirandola per un braccio

 

Andarono in una piccola bottega che vendeva accessori di ogni genere

 

- tu aspetta qui… - esclamò Edward lasciando Christine fuori

 

Lei intanto osservava la vetrina della bottega. La osservò in lungo e in largo finche il suo sguardo si posò su un cartello posto alla porta.

Subito si rattristò: il cartello diceva “ vietato l’accesso ai cani e agli ebrei”.

Era considerata alla pari di un animale? Pensava tristemente. tutti la pensavano così, tutti la disprezzavano solo per la sua religione senza nemmeno conoscerla…tutti tranne lui, Edward. Era l’unico che l’aveva sempre aiutata ed accettata per quello che era. Con lui si sentiva bene, si sentiva importante.

 

- eccomi! – esclamò Edward uscendo dalla bottega con un pacchetto in mano

 

Christine scacciò subito dalla mente quei pensieri

 

- per..per chi è? – chiese osservando il pacchetto

 

Edward diventò rosso

 

- per chi vuoi che sia scusa?...è…è per te no? – esclamò agitato

 

Anche Christine arrossì vistosamente

 

- gra..grazie.. – disse prendendo il pacchetto e cominciando a scartarlo

 

- ah! - esclamò una volta aperto – è.. bellissimo! -

 

 Dentro al pacchetto vi era una collana, con un pendente a forma di cuore: quel cuore però era rotto a metà

 

- l’altra metà ce l’ho io… - disse Edward mettendogliela al collo – così…saremo sempre uniti! -  disse sorridendo

 

- … - Christine non sapeva cosa dire – grazie… Edward! - sorrise

 

Restarono a guardarsi intensamente per dei minuti. I  piedi non volevano muoversi, erano come paralizzati. Edward, d’istinto con la mano sfiorò la guancia di lei, per poi passargliela dietro i capelli lucenti.

Erano sempre più vicini. Christine poteva sentire il respiro di Edward, che si stava avvicinando sempre di più.

 

- Edward! – disse all’improvviso

 

Il ragazzo si staccò immediatamente

 

- scusamiii!!! Scusami tanto! – esclamò confuso – non volevo mi dispiace! - disse rosso in volto

 

- lascia stare… -  sospirò Christine, che ancora si chiedeva per quale motivo l’aveva fermato – torniamo a casa ora? -

 

- ah! Si.. – esclamò Edward ancora confuso

 

Cosa gli stava succedendo? Pensava. In quegli attimi l’unica cosa che aveva visto erano gli occhi di Christine che lo attraevano a lei. Per lui Christine era qualcosa di più che una semplice amica.

 

 

 

Ore 19.00. Rizembool. Casa Elric

 

 

Winry era fuori in giardino con Al, che l’aiutava a dare da bere ai fiori. C’era uno splendido tramonto e una brezza fresca scompigliava i capelli.

 

- Edward non è ancora tornato! – esclamò Winry arrabbiata

 

- eheheh.. – sorrise al un po’ spaventato da quella reazione - dai su…non fare cos.. -

 

Ma si interruppe bruscamente vedendo Winry che lo osservava con aria omicida

 

- hai perfettamente ragione! – disse infine cercando di sembrare convincente

 

- uffa… - sospirò Winry – ma perché mi deve dare tutte queste preoccupazioni? -

 

- eddai…c’è Christine con lui no? -

 

- si lo so ma…non mi sento tranquilla… -

 

 

Stessa ora, stesso posto…

 

- eccola li…finalmente… - sospirò Ed non appena arrivò alla collina. Ancora poco e avrebbe potuto riabbracciare la sua Winry – anche se…uff…è più faticoso di quello che sembra…non me la ricordavo così ripida la strada… - esclamò camminando.

Ad ogni metro, il suo passo accelerava, così come il battito del suo cuore che andando avanti batteva all’impazzata.

Finalmente dopo 15 anni poteva tornare a casa. La sua casa. La casa dove aveva vissuto momenti allegri, momenti tristi, una casa piena di speranze e di sogni.

Non appena fu in cima la vide. Vide la sua casa, dal tetto rosso e dalle bianche mura. Era così come se la ricordava. Non era cambiato nulla. Si mise a correre. Non molto forte. Era stanco e sfiancato.

 

 

- Winry! Io ho finito con questo albero! – aveva appena esclamato Al

 

- bene Al! Abbiamo finito! – disse lei spegnendo l’acqua

 

- mh? – esclamò Al guardando all’orizzonte

 

- cosa c’è? – chiese winry

 

- c’è qualcuno laggiù! – disse indicando col dito

 

- saranno sicuramente Edward e Christine! – esclamò cominciando a correre

 

- Winry aspetta!  - disse Al inseguendola

 

Man mano che winry si avvicinava, poteva constatare che non erano i due ragazzi, bensì un uomo dal nero mantello.

Cominciò a rallentare. L’uomo si accorse di lei. Si bloccò.

 

- Winry? – chiese osservandola bene

 

- mi scusi.. – esclamò Winry ansimando per la corsa –credevo che fosse.. -

 

Ma non finì la frase. Guardò gli occhi dell’uomo. Occhi color dell’oro che si rispecchiavano nei suoi, azzurri come il mare.

 

- tu…tu sei…winry? – chiese ancora una volta

 

- eh? – domandò lei - come fate a sapere il mio nome? -

 

Non rispose. Allungò la mano e sfiorò delicatamente la guancia di lei, che indietreggiò.

 

- ma…ma chi è lei? – chiese stupita da un tale gesto che, però, le aveva scaldato l’animo.

 

- winry…winry.. – continuò a ripetere lui – perdonami… -

 

- eh?! -

 

- per…donami… -

 

E si accasciò addosso alla ragazza facendola cadere. Ma mentre cadevano, il mantello di lui cadde, rivelando il suo volto.

Winry, non appena lo vide rimase immobile, come paralizzata. Gambe e braccia non rispondevano più ai comandi del suo cervello, il cuore cominciò a battere forte, e dai suoi occhi comparve una lacrima che le rigò il viso.

L’uomo alzò il volto, un pò pallido, verso quello di Winry che sembrava confusa.

 

- perdonami…Winry…perdonami… - continuò a ripetere – sono tornato… -

 

A sentire quelle parole, il cuore di Winry fece un tuffo. Non aveva il coraggio di guardare in faccia colui che aveva sempre aspettato, colui che se ne era andato per 15 anni lasciandola sola, colui che per tutto quel periodo aveva continuato ad amare.

 

- Ed?! – chiese palpitando

 

Ed la guardò. Le lacrime cominciarono a scendergli dagli occhi dorati, che riacquistarono la gioia perduta tempo addietro. Si aggrappò alla vita di lei, che rimase immobile non sapendo cosa fare.

 

- Winry! – esclamò Al, mentre correva verso di loro

 

Lei non ci fece caso. Le lacrime scesero più velocemente e non avevano intenzione di fermarsi. L’aveva ritrovato. Aveva ritrovato l’amore perduto. Aveva ritrovato Ed.

 

 -  Sono tornato… e questa volta… - esclamò Ed abbracciando Winry, ancora tramortita, con tutta la sua forza

 

-… staremo per sempre insieme… -

 

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Capitolo 11
*** Pensieri e paure... ***


Capitolo 11 – pensieri e paure…

 

Quella frase riempì di felicità il cuore di Winry, che abbracciò Ed con dolcezza, accarezzandogli la testa.

 

- Ed…Ed… - continuava a dire mentre le lacrime scendevano

 

Al era lì. Immobile ad osservare la scena. Gli veniva da piangere ma si tratteneva. Cercava di far vedere a Ed, al suo amato fratellone, che anche lui era diventato un uomo, che aveva superato le proprie paure, che era cresciuto.

Ed e Winry erano ancora abbracciati, sembrava che il tempo all’improvviso si fosse fermato, che i 15 anni trascorsi in realtà non fossero mai passati. 15 anni pieni di speranze e desideri.

 

- non è un sogno vero? – chiese Winry al suo amato Ed

 

Lui per tutta risposta le diede un piccolo bacio sulle labbra

 

- se fosse un sogno…sarebbe un bellissimo sogno! – esclamò dolcemente

 

- oh Ed… - esclamò Winry

 

Poi, si staccò dall’abbraccio. Si alzò in piedi e guardò in volto il marito, decisamente perplesso

 

- DOVE DIAMINE SEI STATO???!!!!!! – urlò all’improvviso, mentre le lacrime ancora scendevano, spaventando il povero Ed

 

 

 - Winry…- Ed si fece triste – perdonami…se non mi sono fatto sentire… - esclamò abbassando il volto a terra

 

- NIENTE SCUSE! – disse piangendo – ERO SERIAMENTE PREOCCUPATA! -

 

- perdonami… - ripetè lui

 

- SEI UNO STUPIDOOOO!!!  - urlò, poi ci fu una pausa – dannazione…come ho fatto ad innamorarmi così tanto di te? – esclamò sorridendo e asciugandosi le lacrime

 

Ed si alzò da terra,sorrise e la riabbracciò di nuovo

 

- non ti lascerò più sola! – disse – te lo prometto! -

 

- Ed… - sospirò Winry

 

- fratello… -

 

Ed ebbe un tuffo al cuore, si staccò dolcemente dalla sua Winry, si girò, vide il suo amato fratellino, vide Al dritto in piedi davanti a lui

 

- Al… - esclamò andandogli incontro piano

 

Al sorrise commosso. Ed si avvicinò. Con una mano toccò il volto del fratello.

 

- sei proprio tu? – chiese

 

- si..fratello… -  esclamò Al. Cercava di trattenersi nel piangere, ma la vista di Ed non lo faceva ragionare, così, dai suoi occhi cominciarono a scendere lentamente piccole lacrime di gioia: suo fratello era tornato.

Ed lo abbracciò.

 l’ultima volta che lo aveva fatto era  il giorno prima della sua partenza per la spedizione, il giorno in cui Al gli fece la promessa di crescere al suo posto Edward. Il giorno, il suo ultimo giorno che aveva passato con la sua famiglia.

 

- mi sei mancato…Al… - disse Ed

 

Al rispose all’abbraccio

 

- anche tu…fratello… -

 

Winry li osservava commossa. Era felice. Tanto felice

 

 

Nel frattempo, Christine e Edward erano sulla strada di casa. Erano silenziosi ed evitavano accuratamente di guardarsi.

Da una parte, Christine non riusciva a capire perché aveva fermato Edward in quel momento, in quel magico momento. Perché sapeva che se l’avessero fatto avrebbero attirato l’attenzione? Oppure per paura? Paura di non essere pronta…paura che quell’innocente bacio avesse potuto, in qualche modo, mettere in pericolo la vita del suo Edward

 

- del “mio” Edward?! ma a che diamine sto pensando… - si disse tra se

 

Dall’altra parte, Edward non riusciva a capire per quale motivo avesse desiderato così tanto Christine in quel momento. In quell’attimo, i suoi occhi lo avevano come ipnotizzato, lo avevano fatto cadere in un sogno meraviglioso da cui poi era stato bruscamente svegliato.

 

- tsk…sono proprio patetico… - pensò

 

Non doveva lasciarsi trascinare così dalle emozioni. Quello che stava per fare avrebbe messo in pericolo Christine e lui…lui teneva troppo a lei per correre un simile rischio. Christine l’aveva capito, lui solo ora. Stupidamente si era lasciato sopraffare dal desiderio, da un sentimento che piano, piano stava cambiando. Aveva un compito da portare a termine. Doveva salvare Lucas e tutte quelle persone, che come lui, ora stavano soffrendo. Doveva essere forte.

 

- Edward.. – disse Christine all’improvviso

 

Lui si voltò per la prima volta dopo due ore, verso di lei

 

- dimmi… -  esclamò sospirando

 

- mi dispiace per prima…tu sei stato così gentile…e io… -

 

- lascia stare… - la interruppe Edward – è stata colpa mia…non avrei dovuto… -

 

- ma cosa dici?! Lo sai benissimo che… -

 

- lascia stare!  - ripetè lui con decisione. Aveva capito fin troppo bene quello che Christine voleva dire. Lei si zittì, e per diversi minuti non parlarono più.

 

- ah… - esclamò lei – siamo arrivati! – disse indicando la collinetta

 

- già!...ho una fame…non vedo l’ora di mettere qualcosa sotto i denti… - disse Edward sorridendo

 

E i due si misero a correre

 

 

 

 

- MAMMA! ZIO AL!! -

 

Winry e Alphonse, dal giardino, si sentirono chiamare dai due ragazzi, che stavano arrivando. Anche Ed si voltò, e il colorito spento del suo viso riacquistò luminosità: sapeva bene chi era colui che stava arrivando.

Winry si mise a correre e andò loro incontro

 

- Edward…Christine! – esclamò Winry

 

- ci scusi il ritardo signora!-  disse Christine

 

- abbiamo fatto più tardi del previsto… - esclamò Edward

 

Winry lo guardò. Guardò suo figlio. Aveva un volto strano, un volto “tristemente felice”

 

- mamma? Che ti prende! -  chiese Edward

 

Lei non rispose

 

- tutto bene signora? – chiese Christine preoccupata

 

- ah ho capito…sei arrabbiata per il ritardo? Scusami non volevo! – esclamò lui

 

- oh Edward… - disse Winry commossa

 

- cosa c’è mamma? -

 

 - Edward… -

 

Il ragazzo, non appena si sentì chiamare alzò lo sguardo, che fino a poco prima era posato sulla madre.

Vide Ed, che si avvicinava sempre di più a lui. Aveva gli occhi color dell’oro e i capelli biondi, un sorriso dolce illuminava il suo volto.

 

- chi è quello? – chiese Edward indietreggiando

 

Winry pianse nuovamente. Stavolta in modo silenzioso. Non riusciva a dire una parola.

Abbracciò forte il figlio. Edward non capiva, ma nonostante tutto il suo cuore non la smetteva di battere all’impazzata.

 

- tuo padre…Edward….tuo padre è tornato.. -  gli disse Winry piangendo

 

 

 

Il vuoto all’improvviso piombò su di lui.

Non era possibile! Suo padre? suo padre era tornato?. Rimase li immobile, mentre la madre lo abbracciava, non sapeva cosa fare. Sentiva i passi di Ed che si facevano sempre più vicini, all’improvviso cominciò a respirare affannosamente, il cuore pulsava e i suoi occhi si spensero all’improvviso.

Si staccò bruscamente dall’abbraccio della madre.

 

- Edward! – esclamò Winry

 

Christine osservava impotente la scena: questa volta non poteva aiutarlo. Edward doveva cavarsela da solo.

 

Il ragazzo rimase immobile. Finchè non si trovò Ed davanti a lui

 

- Edward… - esclamò Ed non appena gli fu davanti

 

Lui si limitò a fissarlo: effettivamente, pensò osservando per la prima volta il volto del padre, erano molto simili. Avevano gli stessi lineamenti, lo stesso viso e la stessa corporatura. L’unica cosa che li distingueva era il colore degli occhi, la lunghezza* dei capelli, ed il fatto che Ed avesse, al posto del braccio destro, un rudimentale automail.

 

- sei…sei cresciuto…-  disse Ed con un piccolo ma triste sorriso

 

- … - Edward non rispose

 

- mi sei mancato tanto…figlio mio…  -

 

- … -

 

Ed, un po’ titubante e preoccupato, della reazione del figlio fece per allungare, dolcemente, la mano verso di lui…

 

 

STUMP!

 

 

In quel mentre, Edward d’istinto evitò di farsi toccare, urtando con un braccio, la mano di Ed.

 

- Edward!  - esclamò winry – è tuo padre! –

 

Lo sguardo di Ed tornò cupo. Osservò il figlio. Aveva uno sguardo carico d’odio, odio venuto a galla dopo 15 anni di solitudine.

Abbassò la mano. Sospirò, osservò Edward, che era immobile di fronte a lui.

 

- non mi hai perdonato… - disse infine Ed

 

- … - Edward non rispose - …mi dispiace… -

 

Ed ebbe una stretta allo stomaco

 

- ma io…io… - continuò Edward

 

- io non posso considerarti assolutamente mio padre! -

 

Quelle parole rimbombarono nella testa di Ed, e come incudini schiacciavano il suo cuore, già ferito da altre sofferenze che solo lui poteva conoscere.

Edward non resistette. non sapeva il perché, ma non appena aveva pronunciato quella frase, aveva avuto groppo allo stomaco, una sensazione sgradevole per delle parole pronunciate da lui stesso. Osservò il padre ancore scosso. Scappò via. Senza voltarsi.

 

- Edward! – esclamò Christine inseguendolo

 

- EDWARD! DOVE CREDI DI ANDARE!  - urlò Al cominciando a correre

 

- lascia stare Al… - chiese all’improvviso Ed

 

Al si fermò bruscamente. Abbassò lo sguardo. Poi però lo posò sul fratello, ancora tramortito dalle parole del figlio

 

- avrei dovuto saperlo… - sospirò Ed

 

- …mi dispiace fratello… - esclamò Al

 

Winry non aveva parole, abbracciò forte Ed e, in silenzio cominciò a piangere.

Ed rispose all’abbraccio della moglie. Poi guardò Al.

 

- lo sapevo ma ho fatto finta di non vedere… - continuò Ed

 

Al rimase immobile a sguardo basso.

 

- …quanto mio figlio possa essersi sentito triste per tutto questo tempo… -

 

- ora sei tornato! – disse Winry all’improvviso – e insieme, tu e  Edward, risolverete tutto! – esclamò facendo vedere uno di quei sorrisi che a Ed piacevano tanto.

 

 

 

 

 

- EDWARD!! -  urlò Christine rincorrendo il ragazzo – aspetta! -

 

Il ragazzo correva. Correva velocissimo lungo i campi, che circondavano la sua casa. Non voleva fermarsi. Non adesso. Correva senza preoccuparsi di nulla, correva e ripensava a molte cose…

 

-tale e quale a Ed…lui non beveva il latte nemmeno se l’avessi costretto! –

 

- TUO PADRE  E’ STATO COSTRETTO A PARTECIPARE A QUESTA GUERRA CAPISCI? LUI…lui vi ha sempre voluto bene! Non vi ha dimenticati! e  soprattutto…non ha dimenticato il volto di suo figlio!-

 

- che tu lo voglia o no…questo tuo modo di fare è e resterà uguale a quello di tuo padre…-

 

- TSK!! – esclamò correndo

 

- EDWARD!! ASPETTAMI!! -  urlò Christine

 

Lui sembrava che non la sentisse. Era troppo sconvolto. Continuava a correre senza sosta incurante di una radice, posta a terra, che di li a poco lo avrebbe sicuramente fatto inciampare.

Così fu. Edward cadde a terra lungo disteso. Voleva rialzarsi e continuare a correre, ma la voce rotta di Christine lo fermò.

 

- anf…anf… - sospirava lei una volta raggiunto Edward  - devo…devo ringraziare una radice se ti sei fermato! – esclamò

 

- … - Edward non rispose. Rimase a terra con il volto appoggiato all’ erba umida

 

Christine all’improvviso si fece dolce e provò ad avvicinarsi ad Edward, ancora a terra.

 

- Edward? – domandò vedendo che il ragazzo non reagiva

 

- PERCHE’???!!! -  urlò all’improvviso – PERCHE’ ???!! -

 

- … - Christine si limitò ad osservarlo, ma questa volta non capiva, o almeno non del tutto, il motivo per cui Edward si comportasse così.

 

- PERCHÈ  È TORNATO?!   - urlò nuovamente – NON ERA NECESSARIO CHE TORNASSE! PERCHÉ L’HA FATTO??!! –

 

- … - lei non rispose

 

- PERCHÉ? STAVA ANDANDO TUTTO BENISSIMO!!! PERCHÉ?! Perché… -

 

Edward non ce la faceva più ad urlare.era sconvolto ed arrabbiato nello stesso tempo. Il ritorno di suo padre l’aveva scosso tantissimo.

Non si girò verso Christine, si limitò a stare lì, disteso, ad urlare e a piangere…

 

- è tornato.. – cominciò Christine accucciandosi verso di lui – perché non ti ha dimenticato… -  sospirò infine

 

- e allora perché?! – domandò lui con un filo di voce – perchè in tutto questo tempo non si è fatto mai sentire??!! -

 

Questa volta Christine non sapeva la risposta. L’unica cosa che fece fu abbracciare Edward con affetto

 

- non preoccuparti… - esclamò – ci sono io con te.. -

 

Edward si buttò su di lei

 

- oh Christine… - disse – cosa dovrei fare ora?! Come mi dovrei comportare??! -

 

Lei lo fissò

 

- come credi che sia più giusto! -

 

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Capitolo 12
*** La prima notte a casa ***


Capitolo 12 – la prima notte a casa

 

Era sera. Pioveva forte.

Tutta la cittadina di Rizembool era silenziosa: non vi erano più bambini che giocavano, ne gente che andava su e giù per le grandi strade.

C’era il silenzio più assoluto.

 

- ecco….ho quasi finito… - aveva appena esclamato Winry

 

La ragazza, stava riparando l’automail di Ed, ridotto in uno stato a dir poco pietoso.

Lui se ne stava lì, seduto su una sedia, accanto alla moglie, a guardare il cielo nero, fuori dalla finestra. Non proferiva parola. Era leggermente pallido.

Al invece leggeva un libro seduto a pochi metri da loro. Era pensieroso e non faceva altro che osservare il suo amato fratello che finalmente era tornato.

 

- grazie Winry… - sospirò Ed guardando il braccio che la moglie stava lucidando.

 

- era ridotto proprio male… - esclamò Winry – alla fine ho fatto prima a rifartelo… -

 

Ed non rispose

 

- un lavoro quasi perfetto… - esclamò di nuovo osservando il braccio rotto, appoggiato sopra il tavolo della cucina – anche se non come il mio… -

 

- lo cambiavo ogni cinque anni… - disse Ed all’improvviso

 

Al, che faceva finta di leggere, tese l’orecchio per ascoltare

 

- l’ingeniere che me lo faceva era molto bravo… - sospirò

 

- vedo…però….questo qui…è ridotto proprio male… -

 

- l’ho tenuto per sei anni…. -

 

- come mai? – chiese Winry. Una domanda che forse non avrebbe dovuto fare.

 

Ed non rispose subito. Continuava a guardare il cielo.

 

- perché chi me lo forgiava….è morto 6 anni fa…in un’imboscata… -

 

Winry mollò bruscamente gli attrezzi

 

- scusami Ed…non volevo farti ricordare cose così dolorose… -

 

Ed la guardò, poi le si avvicinò  le accarezzò la guancia

 

- non devi preoccuparti… - disse sorridendo lievemente – i tuoi automail sono insuperabili al confronto! -

 

Winry gli sorrise. Ma in fondo al cuore sapeva bene che a Ed faceva male parlare di qualcuno a cui teneva, e si chiedeva, che fine avesse fatto quel ragazzino basso e orgoglioso che ricordava.

 

- ora te lo devo impiantare…sei pronto? – disse infine la ragazza prendendo il braccio meccanico

 

- faccio io… - esclamò Ed prendendolo e infilandoselo

 

Winry guardò Ed con faccia stupita: il ragazzo non aveva fatto alcun gemito di dolore. Mettere un’automail era un’operazione estremamente dolorosa. Era vero che ogni volta che Ed se lo metteva non urlava, ma stavolta era diverso: sembrava che non sentisse alcun dolore.

Ed, vedendo lo sguardo interrogativo della moglie, sospirò.

 

- ci sono sofferenze peggiori che mettere un’automail… – disse infine

 

Winry abbassò lo sguardo tristemente. Al, invece, decise di alzarsi da dove era seduto.

 

- fratello…dovresti andare a riposare ora… - esclamò avvicinandosi

 

- Al…- sospirò Ed

 

- sarai stanchissimo immagino… -

 

- … -

 

Ed si alzò, risistemò per bene il braccio e si diresse verso le scale

 

- Winry! - esclamò

 

Lei alzò lo sguardo – dimmi? –

 

- la…la nostra camera…è quella a destra vero? -  domandò

 

Il cuore di Winry si svuotò per un’attimo

 

- è…è a sinistra… - disse con voce rotta

 

Il ragazzo sospirò, poi guardò per poco Al, che sembrava afflitto quasi quanto Winry

 

- ah…è vero…non me lo ricordavo… -  sospirò

 

Ci fù una pausa di qualche minuto, nella quale i tre non fecero altro che fissarsi senza un perché

Fu Ed a rompere il silenzio

 

- Edward? – chiese sentendo il suo cuore palpitare

 

Al rispose per primo

 

- deve essere fuori, dietro casa… -

 

- con questo tempo?! – disse stupito

 

Anche Winry parve sorpresa di sentire la notizia

 

- starà usando l’alchimia….era insieme a Christine prima… -

 

- l’alchimia…capisco… - sospirò Ed -  vado a riposare…sono stanco ora… -

 

Ed cominciò a percorrere le scale

 

- Ed! – esclamò Winry all’improvviso. Lui si girò

 

- perché non vai a parlargli? - chiese

 

Lui non rispose, la guardò dritta negli occhi, poi sospirò

 

- perché penso che non serva a niente…non posso sperare che mi perdoni… - esclamò  - quel giorno…gli avevo promesso che sarei tornato…ma non ho mantenuto la mia promessa… -

 

- certo che lo hai fatto! – esclamò Al

 

- …non per lui... -

 

Detto questo salì, lasciando Winry e Al soli e preoccupati

 

 

Intanto…

 

 

- YAAAH!!! – aveva appena urlato Edward trasmutando un enorme masso

 

Diluviava. Lampi e tuoni squarciavano il cielo. Edward, in compagnia di Christine, aveva passato tutto il pomeriggio ad allenarsi con l’alchimia ed il ragazzo sembrava intento a voler continuare per almeno altre due ore.

Christine lo osservava appoggiata ad un grande albero, bagnata fradicia e avvolta in una coperta.

Quel giorno, per Edward, era stato pieno di emozioni: la visita a Roy, i campi di concentramento, il fatto successo tra lui e lei, l’incontro con il padre tanto odiato.

Perché era questo che Edward provava per il padre: odio.

Christine però non capiva tutto quest’odio, perché non lo sentiva. Non sentiva odio scorrere dentro il corpo di Edward, era sicura che tutto quel rancore fosse solo una copertura, per proteggersi dalla paura, paura di essere di nuovo solo. La paura di essere abbandonato di nuovo. Ma Edward era troppo orgoglioso per ammetterlo.

 

- Edward.. – esclamò all’improvviso – non pensi che…ETCIU!....che sarebbe meglio rientrare?… - chiese

 

- devo allenarmi! Non è sufficiente ciò che ho imparato fin ad ora! -

 

- si ti capisco ma…sto congelando!!! -

 

Edward la guardò

 

- allora…entra tu… -

 

- no! Sennò tu chissà che combini!! -

 

- porta pazienza allora!  -

 

- capisco che sei agitato per tutto ciò che è successo oggi! – esclamò la ragazza – ma non per questo devi strafare! -

 

- … -

 

Il ragazzo tornò alla sua trasmutazione  

 

- perché invece non parlate?! – disse la ragazza

 

- … -

 

- sono sicura che le cose tornerebbero a posto! -

 

- …io penso di no invece… - esclamò Edward voltandosi – per me quello è un perfetto estraneo! Non lo posso considerare un mio parente… -

 

- sta di fatto che lo è invece! -

 

- ma io non lo considero tale! - urlò

 

La pioggia cadeva fitta e bagnava il viso sconvolto di Edward

 

- io….non posso accettarlo…non posso…e poi prima di tutto…ho un compito da portare a termine! Salvare Lucas ha la priorità su tutto! -

 

Christine lo guardò con aria strana, uno sguardo che Edward non capiva. Evidentemente aveva esagerato. D’altronde lei era rimasta, in breve tempo, senza genitori e senza qualcuno che le volesse bene. mentre lui, volendo, avrebbe potuto avere sia una madre sia un padre. pensando a ciò, si rese conto di essere un vero idiota.

Fu così che un tuono lo fece tornare alla realtà.

 

- …dai entriamo… - esclamò infine

 

- va bene...  - disse lei a sguardo basso

 

 

 

 

Ore 2.00

 

Casa Elric era tranquilla.

Edward e Christine erano rientrati da poco e si erano diretti verso la camera del ragazzo, intento e desideroso di studiare ancora.

Proprio in una di quelle, riposavano Ed e Winry.

Il giovane colonnello, steso sul letto accanto alla moglie che dormiva profondamente, respirava affannosamente e si rigirava in continuazione. Sembrava stesse fecendo un’incubo. Aveva la fronte pallida e sudata, il torace andava si alzava e si abbassava ad ogni respiro e il movimento si faceva sempre più veloce.

Alzava le braccia come per afferrare qualcosa, qualcosa che si allontanava sempre di più.

 

- AH! -

 

Si alzò di scatto dal letto.

Si toccò la fronte bagnata, si guardò intorno: era a casa sua.

Decise di alzarsi, il battito del suo cuore era accelerato e il respiro gli si era fatto pesante.

 

- aah…maledizione… - esclamò – ancora… -

 

 -ti…ti prego…salva la mia patria…salva la mia terra…la nostra terra….amico mio… -

 

- ma io…io come posso fare?! Dimmelo ti prego! -

 

- Perché?! Perché mi tornano in mente quei ricordi?! – si chiese strusciandosi gli occhi

 

Il letto sulla quale era seduto, era morbido e caldo. Avrebbe volentieri fatto a meno di alzarsi, ma i ricordi di quella disastrosa guerra lo tormentavano. Fino a pochi mesi prima dormiva in una piccola brandina scomoda. Un lusso, considerando dove dormivano i militari qualsiasi.

Sospirò e pose il suoi occhi sulla figura di Winry beatamente addormentata: era la prima volta dopo 15 anni che poteva finalmente dormire accanto alla persona amata. Aveva spettato 15 lunghi anni ed ora ce l’aveva tutta per se.

Poteva sentire il suo profumo invadergli l’anima, poteva sentire il suo calore, un calore che non provava più da molto tempo…

Si avvicinò a Winry e piano, senza svegliarla, gli sussurrò due dolci parole

 

- ti amo… - disse accarezzandola

 

 

Poi volle scendere al piano di sotto.

Fece le scale molto lentamente. a piedi scalzi, l’automail della gamba faceva molto rumore

Si diresse verso la cucina, così vuota e buia, lì si mise a curiosare in giro.

La prima cosa che notò fu la foto di famiglia. La prese senza pensarci. La osservò: tutti sorridevano felicemente, lui, Winry, Al e il piccolo Edward, che in quel periodo era appena nato. Sospirò.

 

- a quel tempo questa guerra non era ancora iniziata… - esclamò dall’oscurità una voce

 

Ed si girò spaventato rimettendo la foto al suo posto

 

- sei tu…Al… -

 

Al sorrise lievemente

 

- non riuscivo a dormire… -

 

Ed distolse lo sguardo dal fratello

 

- nemmeno io… -

 

- dai fratello…parliamo un po’…ti va? -

 

Ed sorrise

 

 

Poco dopo…

 

 

- e così….siete arrivati fino in Portogallo… - aveva appena esclamato Al al fratello, seduto sulla poltrona accanto alla sua

 

- già...la nostra spedizione fino a quel periodo era andata molto bene… - sospirò Ed

 

- poi…poi cosa è successo? – chiese Al

 

Ed esitò. Quei ricordi erano incisi sulla sua mente in modo orribilmente nitido.

 

- …quei popoli…possedevano una forza maggiore… -  disse – noi eravamo stanchi e le provviste scarseggiavano, inoltre avevamo perso anche numerosi uomini… -

 

Al non proferì parola, si limitò a guardare il volto sconvolto di Ed

 

- furono battaglie massacranti…in ogni campo di battaglia perdavamo sempre più soldati…e purtroppo…non ci arrivarono rinforzi… -

 

- pazzesco…e perché non vi diedero aiuto?!  -

 

- …perché Hitler non voleva far sapere a nessuno cosa stava succedendo…per lui una battaglia persa equivale al disonore… - esclamò sospirando – così preferì lasciarci morire… -

 

- fratello… -  esclamò Al afflitto da quelle parole. Solo ora aveva capito cosa aveva voluto dire Ed riguardo l’automail: lui aveva passato sofferenze che nessuno si poteva immaginare.

 

- per questo non siete stati mai avvisati dall’esercito…per questo sembrava che la guerra non finisse mai… - continuò Ed

 

- eh?! – chiese Al stupito – non mi dirai che… -  

 

- la guerra e ormai finita da mesi…avrei voluto tornare prima ma…tutti mi credevano morto in battaglia…l’ultima per l’esattezza… -  disse sospirando

 

-ti…ti prego…salva la mia patria…salva la mia terra…la nostra terra….amico mio… -

 

Ed cercò di levarsi dalla mente quelle parole che continuavano a tormentarlo.

Al capì che era meglio cambiare argomento.

 

- beh ma… - cominciò – ora sei tornato no? -

 

- Al… - disse Ed sorridendo lievemente

 

- finalmente potremo uscire tutti e quattro insieme! -

 

Ed si fece cupo all’improvviso

 

- tutti e quattro… -

 

Al sospirò

 

- devi perdonare Edward…è fatto così… -  .

Al sapeva bene che l’argomento “Edward” per Ed era doloroso, ma d’altronde per aiutare i due a riconciliarsi bisognava far scattare qualcosa, qualcosa che li facesse tornare uniti.

 

- posso capirlo bene… - disse Ed – l’ho abbandonato per tutto questo tempo… -

 

- no fratello! Non l’hai abbandonato! -

 

Ed guardò stupito il suo fratellino: era cambiato. Era diverso da come se lo ricordava. si era alzato di statura, le spalle si erano allargate e parlava in modo diverso. Ed comprese che non era più l’Al indifeso da proteggere, ma oramai era un  uomo, un uomo in tutto e per tutto.

Poi, gli prese la mano e la strinse forte

 

- gli sei rimasto vicino per tutto questo tempo…grazie Al!  - esclamò infine

 

- ti avevo fatto una promessa ricordi?  -  disse Al

 

- come dimenticarla… - sospirò Ed

 

- ora devi pensare solo a fare pace con Edward! Parlate! Lui è molto testardo ed orgoglioso ma ti saprà ascoltare ne sono sicuro!  -

 

- testardo ed orgoglioso?!  - esclamò Ed stupito

 

- ti assomiglia da questo punto di vista… -  sorrise Al

 

- vorresti dire che anch’io ero “testardo ed orgoglioso” ????!!! -

 

- beh… -  cominciò Al con faccia innocente

 

- grrr… Al… -  esclamò Ed arrabbiandosi

 

- ti è tornato il sorriso fratello! -

 

- eh? -

 

- bentornato!  - esclamò infine Al

 

Ed abbassò lo sguardo e sorrise, un sorriso che Al non vedeva da tanto tempo.

 

- grazie Al… - sospirò

 

Ci furono diverso minuti di silenzio

 

– a proposito… - disse Ed all’improvviso

 

- mmh?? -

 

- una volta mi chiamavi fratellone ricordi? -

 

Al rimase leggermente stupito

 

- hai ragione… -  sospirò

 

- …so che potrà sembrare stupido ma….ne sento la mancanza… - sospirò - potresti… cominciare a ridirlo di nuovo? – chiese

 

 - … - Al non rispose subito. Guardò gli occhi dorati di Ed, poi sorrise

 

- certo…fratellone! – disse infine sorridendo

 

 

 

Mattina. Ore 10.00

 

 

- YAAAAAWN… -

 

Christine si svegliò malamente quella mattina. Era stata tutta la notte ad osservare Edward allenarsi con l’alchimia ed era crollata poche ore prima, stanca e con i piedi che le facevano male.

Era distesa sul pavimento della camera di Edward.

 

- ora ricordo… - disse alzandosi – ero stanca e mi sono addormentata per terra… - 

 

Si guardò attorno. Il suo sguardo si posò su Edward, addormentato e seduto alla scrivania. Lei si avvicinò piano, cercando di non svegliarlo.

Il ragazzo aveva studiato tutta la notte il libro di alchimia. Evidentemente doveva essersi addormentato poco dopo di lei.

Lo osservò meglio: era così carino quando dormiva!

Poi, piano,piano, gli si avvicinò all’orecchio. Fece un lungo sospiro.

 

- SVEGLIAAAA!!!!!!!! -  urlò

 

- AAAAAAHHHH!!!! –

 

 Edward sembrò volare dalla sedia e cadde per terra, mentre Christine cominciò a ridere.

 

- EHI! MA SEI MATTA?! CHE MODI SONO?! – urlò ancora tramortito

Christine non la smetteva di ridere

 

- ahahahahahah!!…oh Edward! Sei troppo divertente!  - esclamò

 

- ah basta! Insomma! Perché mi hai svegliato!!! -

 

- perché sono le dieci di mattina no? -

 

- e allora?! -

 

Christine lo guardò stupita

 

- come allora?! Allora devi allenarti ricordi ? mi hai detto che ogni mattina  avresti dovuto fare un po’ di esercizio! -

 

- ma…ma chi te lo ha detto!!  -

 

- tu! Scemo! Ora sbrigati!! Ho fame! – esclamò lei tirandogli una pacca sulla schiena

 

- uffa… - 

 

 

I due scesero e andarono in cucina.

Edward esitò ad entrarci: sapeva bene chi avrebbe trovato.

Si fermò quasi all’uscio della porta. Abbassò lo sguardo.

Christine, vedendo il volto di Edward farsi pallido e triste, gli prese la mano.

 

- non servirà a niente e scappi…! – gli disse in un orecchio

 

- … - lui non rispose

 

Sospirò e si decise ad entrare. In cucina c’erano Winry, Al e Ed

 

- buon giorno! – disse Christine

 

Winry, che stava facendo bollire il latte, si girò verso di loro

 

- ben svegliati ragazzi! – esclamò sorridendo

 

- buon…giorno… -  esclamò Edward a sguardo basso. Cercava di evitare ogni contatto visivo con tutti, specialmente con Ed.

 

- dai sedetevi! La colazione è quasi pronta! – disse Al

 

I due si sedettero.  Edward si mise a giocherellare con la tazza di porcellana poi, il suo sguardo cadde su Ed, che stava lucidando con uno straccio il proprio braccio.

Lo guardò incuriosito, poi, pensando che fosse una cosa davvero stupida mettersi a guardare uno che lucida un braccio, tornò alla sua tazza.

 

- è pronto… - esclamò Winry versando il latte ad ognuno

 

- grazie! – esclamò Al

 

- grazie mille signora! -  disse Christine

 

- …grazie… -  sospirò Edward

 

Winry, poi, si mise a versare il latte anche a Ed

 

- EHI!EHI!EHI!EHI! CHE STAI FACENDO!! -  urlò il colonnello all’improvviso

 

- ti sto versando la colazione!  - esclamò lei stizzita

 

- NON C’E’ UN PO’ DI CAFFE’? – domandò

 

- figurati se a te do della caffeina! -

 

- NON HO BISOGNO DEL LATTE!!  -

 

- MA SE DEVI ANCORA INIZIARE AD ALZARTI!!! -

 

- GUARDA CHE SONO GIA’ ALTO!! -

 

- SI CERTO!  NON SEI CRESCIUTO NEMMENO UN PO’ IN QUESTI ANNI A FURIA DI BERE SOLO CAFFE’!! -

 

- COOOOME??!! - 

 

Edward e Christine erano parecchio sconvolti dalla scena

Al, guardandoli, si apprestò a spiegare.

 

- non fateci caso…sono sempre stati così insieme… -  disse sorridendo

 

- eheh…mi sembra una cosa molto divertente… – sorrise Christine

 

- si in un certo senso lo è… - esclamò Al

 

Solo Edward non si stava divertendo, anzi, guardava afflitto il viso raggiante della madre. Non l’aveva mai vista così felice, nemmeno una volta. Come poteva quell’uomo farla sorridere così?. Bevve il suo latte a lunghi sorsi, ignaro che Ed lo stava osservando senza farsi notare.

 

- a proposito… - esclamò Winry all’improvviso facendosi seria – ho sentito Riza ieri sera… -

 

- il tenente HawKeye? – domandò Ed

 

- esatto…ha detto che Roy vorrebbe parlare con te...e con Edward… -

 

- cosa?! – domandò Ed

 

Edward rimase stupito – perché anche con me? -  chiese

 

- non lo so… - sospirò Winry – però vorrei sapere che cosa diamine state combinando!  -

 

Nessuno dei due interessati rispose. Lei sospirò, poi, andò in soggiorno, tornando, tirò fuori un pacchetto con una lettera.

 

- questi invece sono arrivati stamattina…non c’è il mittente...- disse ponendoli a Ed

 

- una lettera senza il mittente? – domandò Al

 

Ed cominciò a scartare il pacco, prese la lettera. La aprì. Non vi era scritto nulla, solo due parole:  abbine cura

Ed non capì, cominciò ad aprire anche il pacco. Le sue mani tremavano mentre il contenuto del paco pian piano saltava fuori:

gli occhi di Ed si svuotarono. Rimase paralizzato senza proferir parola.

 

- Ed che ti prende? – chiese Winry preoccupata

 

- fratellone! – esclamò Al alzandosi dalla sedia

 

Anche Christine era preoccupata. Edward invece sembrava indifferente alla cosa.

 

- è.. è la sua divisa… - disse Ed con un filo di voce

 

Sopra le ginocchia, in mezzo alla tanta carta, vi era una divisa blu da militare

 

- una divisa? – esclamò Al

 

- Ed…cosa significa? Di chi è questa divisa? -  chiese Winry

 

Ed non rispose. Strinse forte la divisa al suo petto e abbassò lo sguardo.

 

- era la sua divisa…la sua… -  continuava a dire

 

- la divisa di chi? Ed! di chi è? – ripetè Winry agitata

 

- … - lui non rispose

 

Alzò lo sguardo verso Al e Winry, poi su Edward, che incrociò per un attimo il suo, infine tornò basso.

I capelli rivolti in avanti ricadevano davanti agli occhi coprendo il suo volto.

Al non poteva vedere il suo viso, ma sentiva distintamente che Ed stava piangendo.

 

- era la divisa… - cominciò Ed – era la divisa di Ivan… -

 

 

 

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Capitolo 13
*** Memorie dal passato ***


Capitolo 13 – memorie dal passato

 

- Ivan?! -  esclamò Winry stupita

 

Ed non rispondeva. Era sconvolto, stringeva tra le mani quella divisa blu, blu come l’oceano.

 

- aspetta… -  disse Al all’improvviso -  non mi dirai che è… -

 

- … - Ed non disse nulla

 

Al per tutta risposta prese Ed per le braccia, costringendolo a guardarlo in faccia

 

- fratellone! Non starai forse parlando del sottotenente Heich…vero?! -  chiese con un filo di voce

 

Ed alzò lo sguardo verso Al, poi riabbassò il volto a terra e annuì.

Al staccò la presa sconvolto quasi quanto Ed.

 

- quel…quel ragazzo che era sempre con te..? – chiese Winry

 

Ed annuì di nuovo

 

Edward e Christine intanto osservavano la scena. Lei sembrava molto preoccupata ma non interveniva. Lui invece sembrava che facesse finta di niente, che guardasse apposta da un’altra parte…anche se ogni tanto sbirciava la situazione e osservava il volto del padre.

 

Tutti rimasero in silenzio senza guardarsi negli occhi. Stupore e angoscia erano nuovamente entrati in quella casa che tentava di risollevarsi, di scrollarsi di dosso tutti quei sentimenti negativi, ma che evidentemente vi entravano senza fermarsi.

 

- non è possibile… - esclamò Winry all’improvviso – era…era un ragazzo dolcissimo…me lo ricordo bene… -

 

- … -  Ed rimase in silenzio

 

- fratellone… - sospirò Al guardandolo

- Ivan…era come un fratello per me… - esclamò All’improvviso Ed

 

- Eh? – chiese Winry

 

Edward e Christine attesero in silenzio

 

- in quella guerra disastrosa… - continuò Ed  - avevo sempre il suo appoggio…era gentile, onesto ed era anche un vero amico… -

 

 - Ed… - esclamò Winry

 

Non voleva che il marito soffrisse raccontando quegli avvenimenti dolorosi. Non voleva vederlo triste e soffocato dall’angoscia.

Provò a dire qualcosa ma Al le trattenne la spalla.

 

- se non te la senti non sei obbligato a raccontare fratellone..! – disse vedendo che Ed esitava.

Ed lo guardò, poi sorrise lievemente. Stava ancora piangendo ma sembrava pronto. Pronto per fare il grande passo.

 

Fece un lungo sospiro - …quello che vi racconterò… - disse -  risale a sette mesi fa… -

 

Winry, Al e Christine rimasero in silenzio col fiato sospeso. Edward invece faceva finta di non ascoltare.

 

- …in quel periodo…avevamo appena concluso una battaglia a Madrid...e ci trovavamo a Gasgais, una città vicino Lisbona, in Portogallo…

 

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7 aprile 1940.

L’esercito degli “Alchemist of the Destruction” era arrivato in Portogallo.

Era una giornata abbastanza afosa, e tutti i militari erano indaffarati a preparare munizioni ed a innalzare le barriere protettive.

Un ragazzo, dai capelli castani e dagli gli occhi azzurri, correva percorrendo in lungo e in largo tutto il campo dove si erano stabilite le truppe del colonnello Edward Elric.

 

- COLONNELLO! COLONNELLO! – urlava a squarciagola

 

Il giovane dimostrava circa trent’anni, aveva un bel portamento e, come tutti i militari, indossava la tipica uniforme blu con appesa al petto, una spilla che simboleggiava due “s” incrociate fra loro.

Ivan Heich. Così si chiamava il ragazzo.

 

 - senti… - chiese Ivan ad un militare che passava di la – hai visto il colonnello per caso?  -

 

- il colonnello dovrebbe essere nella sua tenda sottotenente! -  esclamò quest’ultimo salutando con un cenno il presunto sottotenente

 

- sono già andato ma non c’è…grazie lo stesso! – disse correndo via e lasciando il militare un po’ turbato.

 

- COLONNELLO! COLONNELLO DOVE SIETE?! – urlò ancora una volta

 

Poi, gli venne un lampo di genio

 

- ma certo! Che stupido! – disse tra se tirandosi una pacca in testa - perchè non ci ho pensato prima?! -

 

E riprese a correre di fretta e furia.

Il campo si trovava a pochi passi da un fiume, in una verde distesa pianeggiante, piena di fiori dai mille profumi.

nell’aria si sentiva odore di sale, ciò faceva distintamente capire che ci si trovava vicino all’oceano.

Il giovane Ivan correva attraversando questo paradiso, finche, dopo qualche minuto, gli parve di intravedere il suo colonnello, disteso per terra, in mezzo a tanti fiori.

 

- COLONNELLO! – urlò cercando di farsi sentire

 

Edward Elric si girò di scatto, sentendosi chiamare

 

- Ivan…sei tu… - disse tirando un sospiro di sollievo.

 

- l’ho cercata dappertutto colonnello! – esclamò Ivan arrivando

 

- mi dispiace! – si scusò Ed con un sorrisino da “bravo ragazzo” – stavo solo… -

 

- non me lo dica! – disse il giovane sedendosi accanto a Ed – so bene cosa stava facendo! - sorrise

 

Ed gli lanciò un’occhiata amichevole

 

- sono così prevedibile? – chiese sospirando

 

Ivan lo guardò diventando serio

 

- no ma…se in questo momento i nemici ci attaccassero certamente non ce la caveremmo con qualche “botta”… - esclamò sorridendo lievemente

 

- eheheh…hai ragione… - disse Ed accarezzandosi l’automail

 

Rimasero in silenzio per qualche minuto, contemplando il verde paesaggio di quella terra, così simile alla Germania, prima che scoppiasse quella disastrosa guerra.

 

- è davvero un posto bellissimo! – sospirò Ed assaporando il profumo di salsedine che vi era nell’aria

 

- già….peccato che...diventerà presto un campo di battaglia… - esclamò Ivan staccando un fiore dal suolo

 

- …e tante piccole vite verranno staccate a forza dal suolo… - sospirò osservando il fiore appena strappato

 

Ed lo guardò stupito

 

- mi dica una cosa colonnello… - esclamò All’improvviso Ivan

 

- dimmi… -

 

- ne sente la mancanza vero? -

 

- eh? -  chiese Ed

 

- della sua famiglia intendo… -

 

- … - Ed non rispose. Si limitò ad osservare il cielo azzurro, che si rispecchiava nei suoi occhi.

 

Ivan invece osservava il volto di Ed farsi pian piano più cupo

 

- vorrei essere li ora… - disse Ed all’improvviso

 

- cosa? -

 

- vorrei poter tornare indietro…ora…subito! Vorrei poter…riabbracciare di nuovo la mia famiglia…mio fratello…la mia amata moglie….e…vorrei poter toccare una seconda volta il mio bambino…ma che dico? Bambino? Ormai avrà 15 anni…- esclamò sospirando

 

- colonnello… -  disse Ivan afflitto

 

Ed si alzò da terra, alzando il braccio destro al cielo, e, come per cercare di aggrapparsi a qualche ricordo felice, strinse forte il pugno d’acciaio.

Ivan rimase seduto ad osservarlo e, si ricordò di quella volta, in cui aveva fatto l’esame per diventare Alchimista di stato, si ricordò del loro primo incontro avvenuto 15 anni prima.

 

- sai Ivan… - sospirò Ed

 

- mi dica colonnello… -  disse il ragazzo alzandosi

 

- a volte mi viene da pensare che… -  cominciò – …che molto probabilmente…se non avessi compiuto quel peccato…forse ora sarei a casa…accanto alla mia famiglia… - concluse abbassando lo sguardo dal braccio

 

Ivan all’improvviso, sentendo parlare di quel peccato, s’incupì, immaginando quali, grandi, sofferenze avesse potuto provare Ed nel corse della sua vita.

Il colonnello vedendo il ragazzo in quello stato decise di fare qualcosa: gli diede una piccola pacca sulla schiena, come per tirarlo su di morale.

 

- per fortuna che ci sei tu Ivan… - sorrise Ed

 

- colonnello! – esclamò Ivan rispondendo al sorriso dell’amico

 

- …se non fossi, chi mi berrebbe tutto quel latte alla mattina?! -  sorrise malignamente Ed

 

- coome?!  - disse stupito Ivan indignato – le servo solo per quello?! -

 

- hihihihihi…e per cos’altro sennò? – esclamò Ed ridendo

 

- ma io credevo che… -

 

- sciocchezze! Ti ho promosso sottotenente solo per assicurarmi che tu stia ai miei ordini! – disse con un ghigno malvagio

 

Ivan rimase immobile di fronte a Ed, che rideva a crepapelle

 

- QUESTO E’ TROPPO!! – urlò il giovane all’improvviso – RIVOGLIO TUTTO IL CAFFE’ CHE MI AVETE BEVUTO FINO AD ORA!!! -

 

- EHI! -  esclamò Ed scappando via a gambe levate, mentre Ivan lo rincorreva furibondo

 

- LO RIVOGLIO COLONNELLO!!! ME LO RIDIA!!  -

 

- E SECONDO TE COME FACCIO A RIDARTELO??!! – urlò Ed ridendo a più non posso

 

- COLONNELLO LEI E’ UN AVARO! UN AVARO!!! SI FERMI SUBITOOOO!! -  urlò Ivan, mentre il sole splendente riscaldava l’atmosfera già bollente di quel giorno incominciato così bene.

 

 

Qualche ora  dopo…

 

 

- uff…sono a pezzi… - sospirò Ed che nel frattempo era ritornato nella sua tenda in compagnia di Ivan, che stava maneggiando alcuni fogli.

 

- è colpa sua… -  esclamò Ivan sorridendo divertito – non doveva provocarmi… -

 

- aaah…lasciamo perdere…a proposito… -

 

- dica? -

 

- cosa sono quei fogli? -

 

- questi dice? Beh…  - cominciò consegnandoglieli

 

- altri fogli da rispedire firmati?! – esclamò Ed all’improvviso leggendo

 

- ha indovinato!  -

 

- tsk! Ne avrò ricevuti un centinaio negli ultimi 2 mesi…Hitler ha così voglia di sentirmi? -

 

- beh…combattiamo per lui no? -

 

- … - Ed non rispose

 

 

- COLONNELLO!! –

 

Un militare entrò correndo nella tenda, spaventando Ed e Ivan. Ansimava e aveva il fiatone.

Fece un leggero cenno di saluto a Ed, che contraccambiò un po’ preoccupato.

 

- che succede alchimista di stato? – chiese Ed in tono solenne – avevo espressamente chiesto di non essere disturbato! -

 

- mi scusi colonnello…ma… -  cercò di dire il militare accasciandosi al suolo esausto.

Ivan accorse in suo aiuto.

 

- su dai….ce la fai ad alzarti? – chiese sostenendolo

 

Il militare annuì, poi posò il suo sguardo su Ed.

 

- è arrivato il segretario…il segretario di Hadolf Hitler! - esclamò

 

- COSA?! - 

 

Ed rimase pietrificato dalla notizia

 

- com’è possibile?! Perché non sono stato avvertito?! -  esclamò agitandosi

 

- è arrivato all’improvviso…con le sue truppe… - continuò il militare – e vorrebbe parlare con lei… -

 

- MA CHE CO… - 

 

- colonnello si calmi! – esclamò Ivan vedendo che Ed stava cominciando ad infuriarsi

 

Ed osservò il volto contrario di Ivan, poi sospirò

 

- va bene…ho capito grazie… - disse piano – alchimista… -

 

- dica colonnello! – esclamò quest’ultimo alzandosi in piedi

 

- vai pure a riposarti…ma tieniti pronto se dovessi chiamarti… -

 

- signorsì! -  disse, e uscì

 

Ivan e Ed restarono soli in quella tenda, a guardarsi

 

- Ivan… - esclamò all’improvviso il colonnello

 

- signorsì colonnello! – disse Ivan scattando in piedi

 

- vai ad accogliere il segretario…e mandalo da me! -

 

- agli ordini! -

 

 

- non serve che si disturbi…colonnello Elric… - tuonò all’improvviso una voce nell’ombra della tenda

 

Ivan e Ed rimasero stupiti, poi, il colonnello si fece serio.

Il segretario di Hitler in persona, nonché generale di brigata, Bürk Shnider, era apparso davanti a loro.

Era alto, molto robusto, dallo sguardo di ghiaccio. Sul collo e su una mano aveva una grossa cicatrice da battaglia.

Era pieno di medaglie e di titoli onorifici appesi sul petto. Sembrava molto arrabbiato.

Ed lo osservò e lo guardò storto.

 

- non le avevo dato il permesso di entrare…Shnider! – esclamò Ed in tono di sfida

 

- tsk! Non mi serve il suo permesso colonnello… - sogghignò il generale

 

- mi dica cosa vuole e dopo sparisca! Ho da preparare alcuni fogli! -

 

- gentile come al solito eh?... – esclamò

 

Ivan in tanto osservava la scena

 

- cosa vuole? Perché è venuto? – chiese Ed stringendo i pugni

 

- come?! Ho fatto così tanta strada per venire a salutare un amico…e mi accogli così? –

 

- la smetta! Non siamo mai stati amici!...è Hiltler che la manda?! –

 

- NON SI RIVOLGA COSI’ QUANDO PARLA DEL GRANDE HITLER!! –

 

- mi risponda! – esclamò Ed nuovamente

 

- …per ordine di Hitler… - cominciò Bürk – sono stato mandato a prelevare 300 uomini per una battaglia che si terrà ad Lagos fra 6 giorni

 

- che cosa?! –

 

Ivan parve piuttosto sconvolto

 

- ha capito bene colonnello! –

 

- NON E’ PROPRIO POSSIBILE! QUESTI UOMINI SERVONO QUI! –

 

- ordine di Hitler! Non si può rifiutare -

 

- TRA TRE GIORNI AVREMO UNA BATTAGLIA! SE ORA PORTATE VIA I MIEI UOMINI COME FAREMO A…-

 

- da quanto ne so…avete perso l’ultima battaglia…dico bene? – lo interruppe il generale

 

- uh… -

 

- inoltre…ho saputo che lei ha un modo parecchio bizzarro di combattere… -

 

- cosa vorrebbe insinuare?- chiese Ed. la rabbia percorreva tutto il suo corpo

 

- cerca di portare gli uomini fuori dalle grandi città per non coinvolgerne gli abitanti, si serve dell’alchimia ben sapendo che Hitler in persona ne ha vietato l’uso, inoltre…non uccide mai nessuno… -

 

- e c’è forse qualcosa di sbagliato nel non uccidere?! – protestò il colonnello

 

- più continui a non uccidere, più il nemico si fortifica! Dovresti saperlo bene! –

 

- IO NON LASCERO’ NESSUNO DEI MIEI UOMINI! SE LO METTA IN TESTA! -

 

- NON DARMI ORDINI FULLMETAL ALCHEMIST! – tuonò Bürk

 

Con un’abile gesto, il generale, prese Ed per il colletto della divisa e lo tirò a se.

 

- ngh! – Ed cercava di dimenarsi dalla possente presa

 

- colonnello! - intervenne Ivan

 

- fermo lì Ivan! – urlò Ed con forza, poi guardò dritto negli occhi il generale

 

- sappi moccioso… - disse Bürk – che se fosse stato per me quella volta non avresti mai ottenuto il grado di colonnello! -

 

- tsk…evidentemente i capi la pensavano diversamente…! – rise Ed

 

- NON PRENDERMI IN GIRO! -

 

E per tutta risposta gli rifilò un pugno sullo stomaco, che fece scivolare, dalla bocca di Ed un piccolo rivolo di sangue

 

- uhng… - ansimò Ed ancora intento a allentare la presa che lo stava per soffocare

 

- GENERALE! – intervenne Ivan

 

Shnider si voltò verso il ragazzo

 

- che vorresti fare sottotenente?! Ne vuoi anche tu? -

 

- Ivan…stanne fuori! -  esclamò Ed

 

- mi perdoni generale ma…penso…che basti così… - disse Ivan

 

- IVAN!  - urlò Ed

 

- … -

 

Bürk staccò la presa dal collo di Ed, che si accasciò a terra respirando affannosamente

 

- mi prenderò quei 300 uomini Fullmetal Alchemist! Qui gli ordini li do io non se lo dimentichi! – concluse il generale

 

- tsk… - esclamò Ed asciugandosi il sangue che colava dalle labbra

 

Shnider si apprestò ad uscire dalla tenda, ma prima posò il suo sguardo severo su Ivan che lo guardava altrettanto seriamente.

Avvicinandosi gli sussurrò qualcosa.

 

- il tuo colonnello è partito dalla Germania da vivo… - cominciò – ma il viaggio di ritorno….lo farà da morto! Non dimenticarlo…ragazzino….-

 

Detto questo se ne andò, lasciando Ivan spaventato e leggermente sorpreso da quelle parole: cosa aveva voluto dire?.

Poi, vedendo Ed ancora a terra si apprestò a dare soccorso.

 

- colonnello…tutto bene?- chiese avvicinandosi

 

- PERCHE’ TI SEI INTROMESSO?! – urlò il colonnello

 

- …-  Ivan non rispose

 

- TI AVEVO DATO UN ORDINE PRECISO! -

 

- se non fossi intervenuto…molto probabilmente non sarebbe stato nelle condizioni combattere tra tre giorni! – esclamò Ivan con impeto

 

- ANCHE ORA NON SIAMO NELLE CONDIZIONI DI COMBATTERE!  - urlò Ed sconvolto

 

- … -

 

- forza…la porto in infermeria…  - sospirò Ivan aiutando Ed ad alzarsi

 

- … - Ed non aveva parole, passò un braccio attorno al collo di Ivan e, insieme, uscirono dalla tenda e si avviarono verso l’infermeria

 

- grazie Ivan… - sospirò Ed infine nascondendosi il volto con un braccio

 

Ivan lo guardò, poi gli sorrise

 

- si figuri! - esclamò

 

 

-------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

- … -

 

In casa Elric regnava il silenzio totale.

Tutte le persone presenti erano riunite accanto a Ed, che cercava di raccontare meglio possibile il suo racconto, quella che era stata per 15 anni la sua vita.

 

- come…come si concluse quella storia? – intervenne Christine esitando un pò

 

Ed rimase leggermente sorpreso dalla richiesta. Osservò i volti di Al e Winry, e capì chiaramente che volevano sentire il resto, anche se era doloroso doveva andare avanti, non tirarsi indietro.

fece un lungo sospiro. Si accorse che Edward lo stava guardando. Ma era uno sguardo strano, come se volesse saperne di più. Evidentemente la questione cominciava a interessargli.

Allora prese il coraggio a due mani e ricominciò il racconto

 

- …quello stesso giorno  - esclamò - …il generale Bürk Shnider prelevò trecento dei mille uomini che erano rimasti…così finimmo per restare in settecento…troppo pochi per poter affrontare un’altra battaglia… -

 

- Ed… - sospirò Winry

 

- il giorno dopo, lo passai ad allenare i pochi alchimisti che erano rimasti, aiutato da Ivan….finche…arrivò quel giorno maledetto….  -

 

 

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9 Aprile.

Pioveva forte, il cielo era scuro e carico di nuvole che liberavano una quantità enorme di umidità e pioggia.

Nel campo regnava il silenzio totale. Tutti gli alchimisti erano intenti a prepararsi in vista della battaglia che avrebbero affrontato il giorno dopo contro le truppe Portoghesi. Sapevano bene a cosa sarebbero andati incontro.

Anche Ed, seguito da Ivan, si stava preparando alla battaglia: cercava di lucidarsi e sistemarsi l’automail, ma il braccio d’acciaio era messo molto male.

 

- colonnello…è sicuro di farcela a combattere con quel braccio? – chiese Ivan

 

- … -Ed lo guardò. Poi tornò al braccio – certo… -

 

- non sarebbe meglio se lo cambiasse con…  -

 

- non c’è nessuno qui, che sia esperto di automail…e poi…non ne abbiamo il tempo… -

 

- capisco… - disse Ivan a sguardo basso

 

- sai… - continuò Ed – non vedo l’ora che la battaglia finisca! -

 

- come mai? – chiese Ivan sorpreso

 

- beh…perché…mi è arrivato un comunicato dalla Germania questa mattina! -

 

- e cosa dice? -

 

- dopo questa…SI TORNA A CASA!!!! – urlò Ed colmo di gioia

 

Ivan stentò a crederci

 

- sta…sta dicendo sul serio colonnello?! – chiese raggiante

 

- guarda qua! – disse Ed, tirando fuori il foglio dalla tasca e dandolo a Ivan. Il ragazzo lo lesse tutto d’un fiato!

 

- YAAAHH!!!! SI TORNA A CASAAA!!!!!! – urlò saltando addosso a Ed

 

- ehi piano! Così mi uccidi! -  rise Ed

 

- non ci posso credere! L’ha detto ai soldati? -

 

- si…giusto tre ora fa! Durante la pausa! Mentre tu ti allenavi! -

 

- uffi…colonnello…perché non me l’ha detto prima..? -

 

- volevo vedere il tuo viso stupito! -

 

- siete crudele! -

 

- hihihihi! -

 

 

 

 

BOOOOOOOOOOOOOOM!

 

 

 All’improvviso, un’esplosione squarciò la serenità di quel momento.

Un esplosione che fece tremare il sottosuolo.

 

- cos’è stato? – chiese Ivan preoccupato e reggendosi alla scrivania di Ed – un tuono?! -

 

Ed, che nel frattempo era caduto a terra, si rialzò, il suo volto era molto preoccupato.

 

- troppo potente per essere un tuono!... – esclamò decidendo sul da farsi. Poi, forse per il frastuono provocato dall’onda d’urto, cominciò ad avere un brutto presentimento.

 

- oddio… -

 

- che succede colonnello? – chiese Ivan

 

- io non vorrei che… -

 

Ed non finì la frase, che si mise a correre fuori

 

- COLONNELLO! - urlò Ivan seguendolo

 

Si precipitarono entrambi all’aperto: tutti gli alchimisti di stato erano in allarme e stavano, velocemente preparando le armi da fuoco. Nel campo regnava la confusione. Nessuno sembrava essersi accorto di Ed e Ivan.

 

- colonnello! C’è una confusione tremenda! – esclamò Ivan

 

- tsk! – sogghignò Ed. prese il suo braccio e lo trasmutò in un rudimentale megafono.

 

- ALCHIMISTI DI STATO VI VOGLIO SULL’ATTENTI!  - urlò Ed facendo venire la pelle d’oca a tutti i presenti

 

- sempre il solito esibizionista… - sospirò Ivan coprendosi le orecchie

 

Tutti i militari si bloccarono all’improvviso e, come se fossero stati telecomandati, si sistemarono in file da 20 ciascuna.

Ed, vedendo che era tornata la calma, ritrasmutò l’automail.

 

- cosa succede soldati?!  - chiese solennemente

 

fu il primo alchimista della fila a rispondere

 

- ci attaccano colonnello! -

 

- come?! – esclamò Ed incredulo

 

- i Portoghesi stanno avanzando verso di noi! -

 

- come sarebbe? mi era stato detto dal generale Bürk che non avrebbero attaccato prima di domani! -

 

Ivan all’improvviso, si ricordò delle parole del generale

 

- il tuo colonnello è partito dalla Germania da vivo… ma il viaggio di ritorno….lo farà da morto! Non dimenticarlo…ragazzino….-

 

Il vuoto piombò su di lui e non proferì parola.

 

- quel bastardo… - pensava Ed  - che intenzioni ha? Vuole uccidermi?! -

 

Poi riprese il controllo della situazione

 

- bene signori! – urlò – ciò significa che torneremo prima a casa! -

 

- siiiiii!!! – urlarono i militari

 

- voglio i cannoni in prima linea! -

 

- signorsì – esclamarono gli alchimisti

 

- poi voglio duecento uomini ai fucili! E il resto…voglio che usi l’alchimia! -

 

- agli ordini colonnello! – urlarono correndo a prepararsi

 

Ed pareva molto agitato si preparò in fretta e furia, portandosi dietro la pistola. Ivan, invece, sembrava molto scosso.

 

- colonnello.. -chiese

 

- dimmi.. -

 

- io cosa faccio?  -

 

- … - Ed lo guardò – tu rimani qui! A controllare la situazione -

 

- cosa?!  -esclamò Ivan indignato -Io dovrei restare al campo mentre centinaia di uomini rischiano la vita? -

 

- ci serve qualcuno che avverta i capi in Germania…nel caso… -

 

- no! Non è vero! – disse il ragazzo disperandosi

 

- ascolta! Non ci servi a nulla da morto?! Hai capito?! -

 

- ma… -

 

- senti… - lo interruppe poggiando una mano sulla spalla – se per caso avvenisse il peggio…scappa via! Hai capito? Non lasciare che i Portoghesi ti prendano! Vai a Madrid! Lì c’è il comando militare! -

 

- perché mi dice questo?!!! -

 

- …perché non voglio perderti! Non adesso! -

 

Detto questo si voltò, intento ad andare, ma Ivan lo fermò

 

- colonnello! io voglio venire con lei! -

 

- …non puoi… - sospirò Ed

- ma io… -

 

- RESTA QUI! E’ UN ORDINE SOTTOTENENTE HEICH! – urlò senza voltarsi

 

- ah… -

 

Ed corse via ,lasciando solo Ivan, immerso nei suoi pensieri

 

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Capitolo 14
*** Lasciar andare... ***


Capitolo 14 – lasciar andare…

 

La pioggia continuava a cadere fitta dal cielo, nero come la morte.

L’acqua bagnava violentemente il volto di Ed, contratto,  con un’espressione seria.

La verde vallata, che tanto aveva contemplato con Ivan, pochi giorni prima, si sarebbe presto trasformata in un baratro di terra, acqua e sangue.

Mentre marciava, con i suoi soldati, i rimpianti lo soffocavano.

I rimpianti erano l’unica cosa che ancora lo mantenevano in vita, come piccole catene legate al suo cuore che non lo lasciavano.

Ma perlomeno Ivan era al sicuro, al campo. Questa era la cosa che ora gli importava.

Pensava, pensava ma non sapeva nemmeno a cosa. Nella sua mente c’era il vuoto totale, vi era solo la convinzione che, probabilmente, non sarebbe mai tornato a casa.

Poi, li intravide. Intravide  i Portoghesi, avvicinarsi senza tregua.

Erano in migliaia, come Ed aveva temuto. Cercò di stare calmo mentre i nemici avanzavano,

con un cenno ordinò ai solfati di fermarsi.

 

- preparate i cannoni! -  esclamò

 

- signorsì colonnello! – dissero gli alchimisti avanzando con enormi cannoni

 

- appena si saranno avvicinati potrete sparare! – urlò Ed

 

 

Aspettarono.

 

 

Intanto i Portoghesi venivano sempre più vicino. Oramai erano a 300 metri da loro. Urlavano. Urlavano con rabbia contro l’esercito tedesco.

Avanzavano nonostante avessero visto i cannoni. Erano molto sicuri di loro.

Ed capì che era arrivato il momento di attaccare.

 

- forza sparate!!! - urlò

 

Gli alchimisti obbedirono senza esitare.

Ci fu un boato tremendo, che fece tramare la terra. Fumo. Tanto fumo e polvere si erano alzati all’improvviso, segno che i cannoni avevano centrato il bersaglio.

I volti degli alchimisti sembravano più rilassati e alcuni sorrisero lievemente.

Ed invece non era sicuro della buona riuscita dell’intervento. Cercava di vedere cosa fosse accaduto al di là della zona colpita, ma il fumo non si dileguava.

Finche, pian piano intravide qualcosa.

Tutti gli alchimisti rimasero come paralizzati, Ed sembrava, invece, non molto sorpreso:  l’esercito portoghese, avevano innalzato una barriera con l’aiuto dell’alchimia. Era alta e molto resistente.

A quanto pareva, quindi, i cannoni non avevano funzionato.

 

- usano l’alchimia maledizione! – esclamò Ed

 

La pioggia cadeva fitta

 

- quali sono i  vostri ordini colonnello? Li attacchiamo con i fucili? - chiese un soldato

 

Ed non rispose

 

- colonnello?- 

 

- useremo l’alchimia – Esclamò all’improvviso

 

- prego? - chiese il soldato

 

Ed si girò verso i suoi uomini

 

- ASCOLTATE ALCHIMISTI! – urlò – D’ORA IN POI SI USERA’ L’ALCHIMIA! -

 

- l’alchimia? – dissero tutti a bassa voce

 

- SO BENE CHE E’ VIETATA….MA SE VOLETE SOPRAVVIVERE, USARE I FUCILI NON VI AIUTERA’! – continuò -  QUESTA SARA’ L’ULTIMA BATTAGLIA CHE FAREMO INSIEME, COMPAGNI! QUINDI FACCIAMOLA FINIRE BENE QUESTA MALEDETTA GUERRA!!! -

 

- SIIIIIIIIII!!! – urlarono tutti gettando le armi e applaudendo il loro colonnello

 

- ED ORA! ANDIAMO!!! – urlò Ed

 

9 aprile 1940.

Alle 17.24, cominciò la battaglia. Una battaglia che avrebbe segnato le coscienze degli uomini negli anni avvenire.

Ad un tratto, tutti i pensieri,i i dubbi, le paure e le incertezze, scomparvero, trasportate via dal vento che si era alzato all’improvviso.

 

 

La confusione cominciò a regnare a Gaigas, Tedeschi e portoghesi, si scontrarono con l’alchimia.

Ci furuno esplosioni, si alzò una quantità indescrivibile di polvere.

Ed per prima cosa, trasmutò l’automail in una lama.

Cominciò a combattere, era molto agile e schivava tutti i colpi. Cercava di ferire i nemici, ma non mortalmente. Odiava quando l’alchimia veniva usata per uccidere.

Ad un tratto, si ritrovò davanti a lui, ben due enormi portoghesi armati di braccia  meccaniche come lui.

 

- tsk…a quanto pare anche i portoghesi si trattano bene! -  esclamò evitando un colpo infertogli da uno dei due

 

- nós matamos o alemão!! nós matamos o annihilator da terra nativa!* - urlavano i portoghesi

 

Ed non capiva nulla di quello che dicevano. Sapeva solo una cosa. Anche loro soffrivano, anche loro avevano lasciato le proprie famiglie par andare a combattere.

Non erano poi tanto diversi, dopotutto.

Inseguendo quei pensieri, Ed non si accorse che uno dei due aveva appena provato ad attaccarlo. Non vece in tempo a scansarsi.

 

- ngh! – gemette Ed cadendo a terra

 

Era stato colpito lievemente allo stomaco, da un coltello. Era riuscito ad evitare la lama per poco, ma l’avevano comunque ferito.

Il sangue grondava, e bagnava le terra bagnata. quanto sangue avrebbe dovuto ancora versare su quella splendida terra?.

Tentò di rialzarsi, ma uno dei nemici gli tirò un forte pugno che lo fece cadere nuovamente.

 

- nós matamos o alemão!! – urlarono nuovamente

 

Uno, trasmutò il proprio automail in un fucile. E lo puntò dritto sulla testa di Ed, che rimase immobile, quasi rassegnato.

Ed sospirò. Chiuse gli occhi.

Vide una casa su una collina, vide un ragazzo che giocava con un bambino molto piccolo, sembrava appena nato, e poi, vide una donna dai biondi capelli, che sorrideva allegra correndo verso di lui, verso il suo Ed.

Ormai non avrebbe più potuto vederla. Mai più. Sorrise. E si apprestò a ricevere il colpo.

 

- COLONNELLO!!!!  -

 

All’improvviso, una voce lo fece tornare in se. Aprì gli occhi violentemente.

Notò che i due portoghesi erano a terra, la loro divisa era macchiata di sangue, il loro sangue.

Alzò lo sguardo per vedere chi era stato. Egli si girò.

 

- insomma colonnello! Non  è da lei combattere così! - disse

 

Ed rimase stupito

 

- IVAN! – esclamò alzandosi – che cosa ci fai qui?! -

 

Ivan, si voltò verso Ed

 

- ho mandato un telegramma con urgenza di rinforzi! Speriamo che l’abbaino ricevuto! - disse

 

- ti avevo detto di rimanere al campo! Me la sarei cavata anche da solo! -

 

- ma se non fosse stato per me ora sarebbe bello e morto! – esclamò Ivan

 

- … - Ed non rispose. Ivan aveva ragione anche stavolta.

 

- io…voglio essere d’aiuto! -

 

Ed lo guardò, poi sorrise lievemente

 

- tanto so che qualunque cosa ti dica… -

 

- non la farò! Esatto! – sorrise Ivan

 

- … - Ed non sapeva che dire

 

- mi raccomando però! Non azzardarti a morire! -

 

- colonnello! Per chi mi ha preso?! - rise

 

Poi, si divisero. Si allontanarono, ognuno andava a combattere la propria battaglia. Da solo.

 

 

 

Ormai erano passate diverse ore.  La battaglia infuriava con più ardore di prima. Molte vite erano già state strappate, corpi orribilmente sfigurati, sanguinanti e pallidi.

I due eserciti, nonostante la maggioranza dei portoghesi, combattevano alla pari. Nessuno voleva cedere. Nessuno voleva morire.

Ed combatteva, combatteva con grinta, non era la prima volta che lo faceva. In quei 15 anni aveva affrontato innumerevoli guerre e ne era sempre uscito vincitore. Con qualche perdita, certo, ma ne era uscito vincitore. Ma stavolta non sapeva, non sapeva cosa sarebbe successo.

Mentre colpiva i nemici, mentre schivava i colpi, si assicurava che Ivan fosse lì, da qualche parte, Che stesse ancora combattendo.

Ma sentiva solo urla, urla di gente che moriva, urla di gente in agonia, urla di gente con una disperata voglia di vivere.

 

Però; all’improvviso, sentì delle urla, urla familiari, quasi soffocate.

Il sangue cominciò a gelargli nelle vene, e il suo cuore batteva all’impazzata.

No. Non poteva essere lui.

Decise di accertarsene. Si liberò con fatica dei nemici che lo stavano affrontando e si diresse verso il luogo dove aveva sentito provenire le grida.

Mentre avanzava, in mezzo alla confusione, vedeva centinaia di corpi stesi, inermi, a terra, senza vita. I corpi dei suoi compagni, che avevano affrontato quegli anni insieme a lui, i corpi dei portoghesi, che lottavano disperatamente.

Avanzava. All’improvviso un ennesimo grido si levò nel cielo.

 

- AAAAH!! -

 

Ed correva. Correva sperando di non dover vedere nulla, che lo potesse tormentare nuovamente. Sperava, sperava che non fosse quella persona.

 

Poi, accadde.

 

Si ritrovò avanti ad una scena terribile: Ivan era a terra. Ansimava, aveva una ferita all’addome, sembrava molto profonda. Era disteso e la pioggia lo bagnava, mentre si contorceva dal dolore.

Ed rimase immobile inorridito. Voleva aiutarlo. Ma le gambe non si muovevano.

Ivan si accorse di Ed. e cercò di voltarsi verso di lui.

 

- colonnello…anda…te….via! – cercò di dire, poi chiuse gli occhi.

 

- IVAN!! – urlò Ed accorrendo in suo aiuto. Ma da dietro,partì una lama, cha andò a perforargli la schiena. Era stato un portoghese.

Ed lanciò un urlo di dolore, che echeggiò per tutto il campo di battaglia.

Poi, si accasciò al suolo. E il vuoto piombò su di lui.

 

 

 

- uh… -

 

La pioggia cadeva ancora. Il cielo però si era schiarito. Nella vallata regnava il silenzio.

Ed aprì pino gli occhi, per cercare di capire cosa fosse accaduto. Subito il dolore penetrò su di lui. Un dolore lacerante alla schiena.

All’improvviso, si ricordò tutto. Ivan steso a terra, la sua folle corsa, e la sua disattenzione.

Subito il pensiero di Ivan lo invase. Cercò di alzarsi ma non ci riuscì.

Allora, si guardò intorno. Vide corpi. Solo corpi. Nessuno era sopravvissuto. Tutti morti. La battaglia era conclusa, conclusa nel modo peggiore.

Ed, vide Ivan, steso poco distante da lui, in un lago di sangue.

 

- I…Ivan… - cercò di chiamarlo, ma lui non rispose.

 

Decise allora di avvicinarsi, pian piano, con fatica, si trascinò verso Ivan.

Appena gli fu accanto, potè constatare la gravità della situazione: la ferita all’addome sanguinava ancora e un rivolo di sangue scendeva dalle labbra del compagno.

 

- Ivan! - esclamò con fatica

 

Non rispose

 

- Ivan! – lo chiamò di nuovo,poi abbassò lo sguardo

 

- co…colonnello… -

 

Ed alzò la testa all’improvviso

 

- Ivan? - chiese

 

- colonnello… -

 

- sono qui! -

 

Ivan aprì gli occhi, poi sorrise lievemente

 

- eh…siete ridotto male…colonnello… - sospirò

 

- guardati tu piuttosto! – esclamò Ed

 

Ivan alzò la mano, appoggiata all’addome, e ne osservò il sangue che l’aveva sporcata.

 

- mi…mi sa che questa volta ha ragione lei… - sorrise – urgh… -

 

- non ti sforzare!  -  esclamò Ed

 

- …dica colonnello…non…non ci sono più fiori in questa vallata vero? –

 

Ed rimase stupito da simile richiesta

 

- il sangue e l’acqua hanno portato via tutto… - disse infine

 

- ca…pisco… - sospirò

 

- Ivan… -  cominciò Ed poggiando la mano sulla ferita dell’amico

 

- lasci stare… - sospirò Ivan

 

- ma… -

 

- il mio destino si è compiuto… -

 

- cosa stai dicendo?! -

 

- … - Ivan non rispose

 

- IVAN! -

 

- …sono partito per questa guerra con l’unico scopo di vendicare i miei genitori…pensavo che se avessi combattuto per la patria che tanto amavano, forse sarebbero stati fieri di me… - sospirò

 

- e lo saranno! Lo saranno sicuramente! – esclamò Ed. aveva pura, molta paura.

 

- lo crede davvero?  -

 

- certo!... – sorrise Ed osservando il volto dell’amico, che si faceva sempre più pallido – e per favore…smettila di chiamarmi colonnello! Chiamami Ed! - esclamò

 

- mi…mi scusi…non ci ho fat…to ancora l’abitudine! – sorrise Ivan

 

- stai tranquillo Ivan! Resisti ancora un po’! i rinforzi arriveranno! – lo tranquillizzò Ed

 

- è ora di lasciarmi andare…Ed… - sospirò Ivan. Mentre il sangue colava e sporcava il suolo.

Per un attimo, si ricordò delle parole del generale Bürk

 

- il tuo colonnello è partito dalla Germania da vivo…ma il viaggio di ritorno….lo farà da morto! Non dimenticarlo…ragazzino….-

 

- cosa stai dicendo Ivan?! – si spaventò Ed – tu non puoi andartene! -

 

Ivan sorrise lievemente

 

- a quanto pare…colui…che tornerà da morto.. sarò io… - sospirò

 

- no! Io non te lo permetto! -

 

- …vado a raggiungere i miei genitori… -

 

- IVAN! – urlò Ed, e le lacrime cominciarono a scendergli

 

Anche quella volta, durante il loro primo incontro, aveva pianto. Davanti a Ivan poteva farlo. Non sentiva vergogna.

 

- Ed…mio colonnello… - cominciò Ivan, e delicatamente prese la mano insanguinata di Ed

 

-ti…ti prego…salva la mia patria…salva la mia terra…la nostra terra….amico mio… - gemette Ivan

 

- ma io…io come posso fare?! Dimmelo ti prego! – chiese Ed sempre più consapevole

 

Ivan sorrise nuovamente

 

- troverai la risposta...quando sarà il momento… -

 

- eh?! – domandò Ed

 

- così mi avevate detto quella volta...vero? -

 

- …si! – esclamò Ed piangendo

 

- ebbene io….penso di aver capito ora…cosa voglia dire essere un alchimista… - sospirò

 

- ti prego Ivan…non… - cominciò Ed, ma non riusciva a pronunciare quella parola

 

- lasciami andare Ed… - ripetè Ivan – non ha senso lasciarmi attaccato al suolo…ho fatto la mia parte in questa guerra…e ne sono fiero…ma tu…la tua parte non è ancora conclusa! -

 

 Ed strinse forte la mano dell’amico

 

- Ivan… -

 

- un giorno mi raggiungerai…Ed…. -  continuò Ivan, sempre più pallido – un giorno potremo nuovamente parlare assieme…ma non adesso…non adesso… -

 

La mano di Ivan all’improvviso si fece fredda, lentamente chiuse gli occhi, sorrise…osservò per l’ultima volta il volto bagnato di Ed, non capiva se fossero le lascive o la pioggia che continuava a cadere…poi, pian piano la vista gli si annebbiò, l’oscurità lo inghiottì e lo trascinò con se.

In gloria, senza macchia, come un grande sovrano dei tempi passati, se ne andò. Sen e andò da quel mondo. Per sempre.

 

- Ivan….Ivan… !! -  piangeva Ed, mentre con la mano, teneva stretta la mano, ormai senza vita, dell’amico.

 

- IVAAAAAAN!!!! -

 

Quell’urlo rimbombò per tutta la vallata, oramai ricoperta solo da cadaveri di uomini, che avevano combattuto per i loro ideali. Per la loro patria.

Ed era lì, sanguinante, che teneva il corpo di Ivan a se, come se non volesse lasciarlo andare via. Cercava di ricordare i bei momenti trascorsi in sua compagnia, momenti che gli avevano, per un attimo, fatto dimenticare di essere in guerra.

Le sue lacrime bagnarono il volto del giovane, ormai senza espressione. Come avrebbe potuto fare senza più i sorrisi di Ivan, che lo tiravano su di morale?. Pensava.

Poi, il buio riempì la sua testa. Non voleva pensare a nulla, era stanco, ferito sia nel corpo che nell’anima, ma una cosa era certa. Non si sarebbe staccato da Ivan per nulla al mondo.

Lo strinse ancora più forte con le ultime forze che gli rimanevano.

Alla fine, esausto, si accasciò al suolo e svenne.

 

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- …in seguito…mi risvegliai all’ospedale di Madrid… mi dissero che ero stato in terapia intensiva per ben 20 giorni…e che avevo subito una grave ferita alla schiena…in quei giorni venne anche a trovarmi il Generale Roy… -  sospirò Ed infine

 

Winry era lì, che cercava di trattenersi nel piangere, mentre Al cercava di tranquillizzarla.

Christine invece piangeva in silenzio, mentre Edward aveva lo sguardo basso e pallido.

 

- ancora mi domando il perché…- riprese Ed all’improvviso

 

- fratellone… - sospirò Al

 

- perché Ivan è morto?! Perché proprio lui?! -

 

- Ed.. – gemette Winry

 

- è successa….è successa la stessa cosa… - continuò, poi il suo sguardo si posò su Al – anche quando tentammo di resuscitare nostra madre… -

 

Al, a sentire parlare di quel peccato, abbassò lo sguardo

 

- quello che ne pagò maggiormente non fui io… - esclamò

 

- fratellone! Non dire così! – intervenne Al. Suo fratello doveva smetterla di farsi del male in questo modo

 

- ma è la verità! – esclamò Ed – quella volta io  ne uscì solo con due automail…e questa volta…è successa la stessa cosa! Perché tutte le persone a cui tengo di più finiscono per pagare al posto mio?! Perché?! -

 

Al non rispose, osservò il volto sconvolto di Ed. solo Winry, ebbe il “coraggio” di avvicinarsi a lui.

 

- Winry… -  sospirò Ed

 

Lei per tuta risposta lo abbracciò forte

 

- devi smetterla di tormentarti…amore mio…basta tormenti… - esclamò

 

- … - Ed non rispose, si limitò ad abbracciarla forte

 

- ora sei qui…sono sicura che Ivan non vorrebbe che tu ti tratti in questo modo… -

 

- Winry… - esclamò Ed

 

- vedrai…che le cose andranno meglio prima o poi… -

 

- …si… - disse Ed chiudendo gli occhi

 

 

All’improvviso, ci fu un assordante rumore di una sedia sbattuta al pavimento.

Edward si era alzato bruscamente dal posto. Aveva il volto basso

 

- Edward? - chiese Christine

 

- … - lui non rispose

 

Ed lo guardò tristemente

 

- Edward..che succede? – chiese Al

 

- tsk!! – esclamò Edward, e corse via, in giardino, sbattendo la porta

 

- Edward! -  esclamò Winry, ma Ed la bloccò prima che potesse corrergli dietro

 

- lascia stare… - sospirò

 

- ma Ed…! -

 

- … - Al sembrava un po’ allarmato

 

Christine capì che era arrivato il momento di fare qualcosa:

 

- vada lei a parlargli! – esclamò rivolta a Ed

 

- … - Ed rimase stupito

 

- penso che Edward l’ascolterà ora! Ne sono sicura!  -

 

Ed osservò la ragazza, poi sopirò e sorrise lievemente.

Senza dire una parola si alzò dal posto, aprì la porta della cucina e la richiuse nuovamente una volta uscito.

Winry, Al e Christine si diedero qualche occhiata

 

- speriamo che vada tutto bene… - sospirarono

 

 

 

 

Nel frattempo Edward si era seduto nel prato del suo giardino. L’aria scompigliava i capelli. Era sconvolto:

sentendo quel racconto, gli era parso di comprendere la tristezza che aveva il padre in quei momenti. Ora, solo ora si era accorto di quanto doveva avergli fatto male, sentirsi dire dal proprio figlio “non ti considero mio padre”. capì di essere stato uno stupido e un’egoista…non riusciva ancora ad accettare quell’uomo parte di se, però sentiva, dal profondo del suo cuore, che gli fosse successo qualcosa, non se lo sarebbe mai perdonato.

Sospirò. Gli veniva da piangere ma si tratteneva.

Sentì dei passi lenti, che avanzavano verso di lui. Si girò pensando che fosse Christine. Ma si sbagliò. Ancora una volta.

 

- Edward… -

 

Ed era davanti al lui, con uno sguardo triste ma allo stesso tempo dolce.

Edward non resistette, si girò cercando di non guardarlo.

Ed gli si avvicinò piano, poi, si sedette anch’egli sull’erba, un po’ distante dal figlio.

 

- Edward io… -  cominciò Ed

 

-  SONO SOLO UNO STUPIDO!  - lo interruppe Edward

 

Ed rimase immobile, indeciso sul da farsi

 

- NON AVEVO CAPITO NULLA DI TE!! NULLA! – urlò nuovamente

 

- Edward… -

 

 -ora… - continuò Edward. Sembrava stesse piangendo.

Ed non glielo chiedette, non se la sentiva, si limitò a guardarlo

 

- ORA COME POSSO FARE PER RIMEDIARE??!! – urlò

 

 

 

 

 

* letteralmente vuol dire “ uccidiamo il tedesco!! Uccidiamo l’invasore della nostra patria!”

 

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Capitolo 15
*** Rapporto in evoluzione ***


Capitolo 15 – rapporto in evoluzione

 

Edward era seduto sul prato, accanto alla persona che più diceva di odiare: suo padre.

Quel padre partito 15 anni prima per la guerra, quel padre che non si era mai fatto sentire per tutto quel tempo, quel padre che ora era immobile vicino a lui, con lo sguardo speranzoso, speranzoso di poter finalmente mettere la parola fine a quei conflitti con il figlio.

 

- COME POSSO FARE ORA?! – ripetè Edward senza guardare Ed

 

- … -  lui non rispose subito  - non c’è niente a cui devi rimediare Edward… - disse infine – l’unico ad aver sbagliato sono io… -

 

- eh?! – Edward si voltò per la prima volta a guardare Ed

 

- posso capirti…se non vuoi considerarmi parte della tua famiglia…me lo merito… -

 

- … - Edward non disse nulla, si rimise a guardare per terra, non aveva il coraggio di guardarlo, di guardare suo padre.

 

- io però… - continuò  - sono disposto a fare qualsiasi cosa….pur che tu mi sorrida di nuovo… -

 

Per un attimo incrociarono i loro sguardi. Si fissarono intensamente. Gli occhi azzurri di Edward si rispecchiavano in quelli di Ed e creavano un magico gioco di colori.

 

- …sono stato uno sciocco! – esclamò Edward all’improvviso

 

- cosa… - cominciò ED, ma il figlio lo interruppe,

 

- per tutti questi anni…ho sempre pensato…che tu ci avessi abbandonato…che avessi lasciato mia madre…. -

 

- … -

 

- ma…ora…mi rendo conto… - continuò. Ed notò che il figlio cercava di nascondersi il viso con le mani – mi rendo conto…che tu…hai sofferto più di me… -

 

- Edward… -

 

- tsk… - sospirò Edward – da presuntoso…ho cercato di proteggere mia madre…ho cercato di fare in modo che fosse sempre allegra e felice…e stupidamente…mi ero illuso che ti avesse dimenticato… -

 

Ed rimase stupito da quelle parole. Non sapeva cosa dire, il poter parlare con Edward lo rendeva felice, ma a sentire quelle parole, era come se un macigno gli fosse caduto nel cuore, schiacciandolo.

 

- una volta… -

 

- eh? – chiese Ed

 

- quando avevo 6 anni…ho compreso….come mia madre si sia sempre sentita triste… -

 

- … -

 

- quella volta, stavo giocando con un pupazzo che lo zio Al mi aveva creato con l’alchimia…era una giornata piovosa ed ero chiuso in casa in compagna di mia madre… - sospirò

 

Ed era immobile ad ascoltare

 

- mentre giocavo…lei era in piedi, accanto alla finestra. Osservava il cielo pensierosa. Io la guardavo di nascosto, facendo finta di giocare. Mi sembrava molto triste e assorta. Preoccupato, mi avvicinai a lei, gli tirai il grembiule, affinché mi guardasse.

Lei si voltò stupita. Si chinò su di me.

 

- cosa c’è Edward? – mi chiese dolcemente

 

 - mamma… -

 

- dimmi pure -

 

- anche se non c’è il papà… -

 

- eh?!  -

 

- anche se non c’è il papà…tu sei felice vero mamma? -

 

Lei mi guardò. Sospirò. Poi mi accarezzò la testa e sorrise.

 

- io ho te! Mi basta e avanza! -

 

 

Da quel giorno, decisi di non deludere le sue aspettative…mi impegnai sullo studio dell’alchimia, volevo vederla sempre sorridere! -

 

Edward si bloccò all’improvviso. Sospirò e abbassò lo sguardo

 

- ma non avevo capito niente…niente… -

 

- Edward…io… - esclamò Ed. si accorse che il figlio, con le mani, cercava di nascondere il proprio volto disperato. Piangeva. Piangeva ma non voleva farlo capire.

 

- quella volta…mi aveva detto di essere felice…  - continuò Edward, mentre le lacrime cadevano dal suo viso – ma non era vero…lei….è sempre stata triste…ogni giorno, ogni mese, ogni anno che passava, lo trascorreva sempre osservando fuori da quella finestra…nella speranza che tu tornassi… -

 

- …io… - esclamò Ed – io…non avrei mai immaginato che tu….avessi questo peso sul cuore… -  sospirò

 

- … -

 

Non dissero più niente. Per parecchi minuti restarono lì, seduti sul prato, a guardare il nulla. Edward piangeva in silenzio, mentre Ed non sapeva cosa fare: voleva consolarlo, ma non trovava le parole giuste.

decise allora di alzarsi.

Guardò ancora una volta il volto addolorato di Edward, poi, si voltò e si diresse verso casa.

 

- senti… - esclamò Edward all’improvviso. Ed si fermò.

 

- dimmi? -  chiese cercando di essere allegro

 

- non riesco ancora  considerarti mio padre….ma…mi piacerebbe parlare ancora con te… - esclamò sorridendo lievemente

 

- … - Ed lo fissò -  certo Edward…. – disse infine sorridendo. Un sorriso carico di speranza e affetto per quel figlio.

 

 

 

Sera. Ore 22.00

 

 

Era una piacevole e calda serata. Ed e Winry erano da poco andati a dormire, mentre Al, era andato in paese da alcuni amici, per discutere su alcune faccende, che il giovane aveva tenuto nascosto al resto della famiglia. Edward e Christine, invece, erano andati a passeggiare nei dintorni.

I due coniugi, quindi, erano rimasti soli:  Ed aveva le braccia incrociate sotto la testa, mentre Winry era immobile, sotto le lenzuola, come in attesa di qualcosa.

Osservò Ed, che per tutto quel tempo non aveva pronunciato una parola

 

- Ed… - chiese Winry

 

- mh? – Ed si voltò verso la moglie

 

- tutto bene? -

 

- …si… - sospirò

 

Winry allora, si alzò e si sedette accanto al corpo sdraiato di Ed. il suo  sguardo si era fatto duro.

 

- che c’è?! – chiese lui sorpreso

 

- dovrei chiedertelo io! – esclamò lei

 

- ti dico che non ho niente! – sospirò Ed voltandosi dall’altra parte.

Ripensava ancora alle parole di Edward. Parole che lo facevano stare inquieto.

 

- lei….è sempre stata triste…ogni giorno, ogni mese, ogni anno che passava, lo trascorreva sempre osservando fuori da quella finestra…nella speranza che tu tornassi… -

 

Erano parole vere. Lui l’aveva sempre fatta soffrire. Anche prima, durante la sua adolescenza, il non essere mai a casa, il continuo cacciarsi nei guai insieme ad Al e…la convinzione che, forse, non sarebbe più tornato da lei.

Aveva sempre fatto preoccupare Winry. Lei lo aspettava, lo aveva sempre aspettato con la paura nel cuore, la paura che non ritornasse più da lei.

 

- Ed? – chiese nuovamente Winry

 

- … -

 

Winry fissò il volto contratto di Ed.

Una cosa di lui non era cambiata in tutti quegli anni: il suo orgoglio.

Testardo ed orgoglioso. Era rimasto tale e quale.

Certo, l’essere diventato qualcuno di importante, lo aveva cambiato. Era diventato più calmo e controllato e, ormai non si arrabbiava più se qualcuno gli accennava la sua altezza.

Ma quel lato del suo carattere era rimasto.

 

- …con Edward…com’è andata? – chiese all’improvviso

 

- … -

 

- allora? -

 

Ed si girò di nuovo verso la moglie. La guardò.

 

- penso…che mi abbia dato ancora una possibilità… - sospirò

 

Il viso duro di Winry lasciò il posto ad un sorriso radioso e allegro

 

- ma… - continuò Ed facendosi un po’ triste -  non riesce ancora a considerarmi suo padre.. -

 

 - … -

 

Winry allora prese la mano di Ed e la strinse a se

 

- vedrai…tutto si sistemerà! Edward è diventato responsabile! - esclamò

 

Ed sorrise  - è davvero un bravo ragazzo!generoso e altruista… -

 

- come te! – sorrise lei

 

Ed arrossì per il complimento

 

- ma figurati… - disse Ed nascondendo il volto orami infuocato. Winry sorrise ancora

 

- a proposito di Edward….quella ragazza… -

 

- Christine? – chiese Winry

 

- si… - esclamò Ed sorridendo  -  non è che si sia preso una cotta?! -

 

- eheheheh…beh…sono molto legati… -  sospirò Winry – da quando Edward si è messo in testa di salvare Lucas…lei…lo ha sempre incoraggiato… -

 

- è un ometto ormai! – rise Ed

 

- e poi….in queste cose…Edward è molto più aperto di te! -

 

- Cosa?! -

 

- ho ragione! Hai idea di quanto ho aspettato prima che ti dichiarassi una buona volta?! -

 

- beh ma cosa centra….tu eri stra-fissata degli automail e di tutte quelle cose li….! – si discolpò arrossendo

 

- e tu eri stra-fissato con l’alchimia! –

 

- mah! Secondo me eri un po’ ritardata allora… - esclamò facendo una smorfia

 

- guarda che il ritardato qui eri solo tu! -

 

- ma l’importante è che alla fine l’abbia fatto no?! -

 

Winry sorrise ancora di più

 

- su questo hai ragione… -

 

- ah già! – esclamò Ed all’improvviso – domani io e Al andremo dal generale Mustang….per alcune faccende da sistemare… -

 

- e Edward? – chiese Winry

 

- … -

 

- Ed! -

 

- non voglio coinvolgerlo in questa storia! -

 

- potrebbe essere pericoloso! Dov’è finito il tuo istinto materno?! -

 

- cosa centra ora?! È chiaro che sono preoccupata ma… -

 

- DEVO PROTEGGERLO WINRY! -

 

- EDWARD NON E’ PIU’ UN BAMBINO! -

 

Ed si bloccò. Le parole di Winry lo avevano spiazzato. Guardò il volto arrabbiato della ragazza. Abbassò lo sguardo. Sospirò.

Winry capì di aver esagerato. Si accucciò delicatamente accanto a Ed, e poggiò la testa sul suo petto. Poteva sentire il battito del suo cuore velocizzarsi sempre di più a causa delle pesanti parole appena dette.

 

- so che come padre…tu senta il desiderio di proteggerlo… - esclamò dolcemente

 

- … - Ed non rispose

 

- ma…devi accettare il fatto che Edward….non è più il bambino che ricordavi… -

 

- …lo so…lo so bene… - sospirò Ed

 

- si sta facendo uomo…e sta imparando ad affrontare le cose a modo suo….un po’ come te… -

 

Ed sorrise lievemente, accolse Winry in un dolce abbraccio e sospirò

 

- …tu…Al…Edward… - esclamò Ed  - siete l’unica gioia che questa vita di guerra mi ha dato… -

 

- …Ed… - sospirò Winry

 

E restarono beatamente abbracciati, mentre una brezza fresca entrava dalla finestra semi aperta

 

 

 

Mattina. Ore 10.00

 

 

- allora? Siamo pronti? -  aveva appena esclamato Al.

 

Edward, Christine, Winry e Ed avevano finito di fare colazione. Le due ragazze stavano sparecchiando, sembravano abbastanza energiche. Padre e figlio invece sembravano stanchi e sbadigliavano in continuazione.

 

- ragazzi! Ma che vi prende?! -  chiese vedendoli

 

- non ho chiuso occhio sta notte… -  dissero i due, in coro.

 

Si guardarono e si misero a ridacchiare. Come due buoni amici.

 

Winry tirò un sospiro di sollievo: stavano facendo enormi progressi tra di loro.

Christine sembrava dello stesso parere.

 

- come mai? – domandò Al

 

- ho studiato tutta la notte… - esclamò Edward sbadigliando

 

- e tu fratellone? -

 

- io… -

 

Il viso di Ed si fece rosso. Anche Winry diventò rossa all’istante

 

- Aaaaal? Che ne dici di cambiare discorso? – sorrise Winry

 

- ho detto qualcosa di sbagliato? Ho solo chiesto cosa… -

 

- Aaaaal!!! -  esordì Ed

 

- …mah… -  sospirò Al rassegnato

 

Edward allora si avvicinò a Christine

 

- secondo te…cos’è successo tra loro? – chiese timidamente alla ragazza.

 

Lei divenne color peperone

 

- EDWARD!! – esclamò ad alta voce. Poi vedendo che tutti i presenti l stavano osservando stranamente abbassò il tono della voce.

 

- che razza di domande fai?! - chiese

 

- ma scusa...tu l’hai capito? -

 

- certo che sei proprio ottuso! -

 

- ? -

 

- cosa credi che possa fare una coppia di sposi?! – esclamò ancora rossa.

 

Edward ci pensò su. Poi all’improvviso il colorito del suo viso divenne pian piano sempre più rosso

 

- vu…vuoi dire che… - cominciò Edward

 

- ora ti svegli?! – sospirò Christine

 

- quel maledetto!!!! Cosa diamine le ha fatto??!! – esclamò arrabbiandosi

 

- Edward… - sospirò lei  - sei senza speranza… -

 

 

Dieci minuti dopo…

 

 

 - dai allora! Dobbiamo andare a casa di Roy!  - esclamò Al incitando gli altri due

 

- siiii… -  sospirò Edward

 

- eccomi… - sospirò Ed

 

- insomma…un po’ d’entusiasmo…! – li incitò Al

 

- sinceramente…non ho voglia di vedere il generale… - esclamò Edward, e ripensò all’ultimo incontro avuto con Roy

 

In quel mentre arrivò Winry, che baciò sulla guancia ad Al e Edward, mentre a Ed diede un delicato bacio sulle labbra.

I tre arrossirono all’istante.

 

- buona giornata! Tornate presto mi raccomando! – esclamò sorridendo

 

- stai tranquilla Winry! – la rassicurò Al – il tempo di una chiacchierata e torniamo! -

 

- salutatemi Riza! -

 

A sentire quella frase, Ed non capì. Si voltò verso Al per chiedere spiegazioni, ma lui gli fece cenno di tacere.

 

- certo!  - disse Al infine, salutando

 

- ciao mamma! – salutò Edward

 

 

Cominciarono ad incamminarsi verso a stazione, a un KM dalla collina.

Erano tutti  molto silenziosi: era la prima volta che tutti e tre, andavano insieme da qualche parte.

Edward era sempre andato solo con lo zio Al o con Winry, e si era sempre trattato di viaggi di piacere.

Ma ora era diverso. Si stavano incamminando verso una decisione che di li a poco avrebbero dovuto prendere.

Ed si avvicinò lentamente ad Al.

 

- senti Al… - cominciò Ed

 

- mh? -

 

- dove sei andato ieri sera? -

 

- …perché questa domanda? – chiese Al. Il suo volto si contrasse un po’.

 

- beh perché…te ne sei andato senza dirci nulla e…insomma….io… -

 

- eri preoccupato per me fratellone? -  sorrise Al

 

- io? No…è solo che… - disse Ed leggermente agitato

 

- non ti devi preoccupare! Davvero! -  esclamò Al

 

Ed lo guardò male

 

- stai forse facendo qualcosa di pericoloso? – chiese facendosi sempre più vicino al fratello

 

- fratellone! Non sono un delinquente come te! -  

 

- perché?! Io sarei un delinquente?! -

 

- … -

 

- allora? – insistette Ed

 

- secondo te? -

 

- … -

 

- E CI PENSI PURE?! - esclamò Al stupito

 

- non mi viene in mente nulla! -

 

- TI RENDI CONTO DI QUANTO INGENUO SEI??!! -

 

- INGENUO A CHI?! PORTA RISPETTO A TUO FRATELLO MAGGIORE!! -

 

E continuarono a litigare per tutta la strada fino alla stazione.

Edward, che camminava dietro di loro, cercava di nascondersi, per non far sembrare a nessuno che fosse con loro.

Infatti , i due fratelli, avevano, con le loro litigate, destato l’interesse degli abitanti di tutta Rizembool, che li osservavano divertiti.

 

- ma non si rendono conto di essere patetici?!  - pensò Edward

 

 

Arrivati alla stazione, presero il treno per Central City.

Durante tutto il percorso Ed non fece altro che chiedere ad Al il motivo per cui se ne era andato la sera prima.

 

- TI HO DETTO CHE NON E’ NIENTE DI PERICOLOSO! - urlò Al seccato

 

- SONO SICURO CHE MI STAI NASCONDENDO QUALCOSA! – lo incitò Ed

 

- INSOMMA CHE FRATELLO INISTENTE!!! -

 

Edward, invece, se ne stava seduto in disparte. Ripensava a molte cose.

Ripensava a quella telefonata, ricevuta quasi due settimane prima, da Lucas. Ripensava all’addio triste alla stazione. Ripensava al vuoto che si era creato dentro di lui, poi colmato dall’incontro con Christine, che gli aveva fatto trovare il coraggio di reagire, di continuare a lottare. Ripensava, inoltre, all’incontro con Ed.

Certo, ora le cose andavano decisamente meglio, ma in fondo al cuore aveva una brutta sensazione.

Ormai, il sogno che per notti l’aveva tormentato, se ne era andato, ma nella sua mente rimaneva ancora nitido. Un sogno a cui non riusciva ancora a dare una risposta.

 

- INSOMMA FRATELLONE SMETTILA!!! -

 

- LO VOGLIO SAPERE AL!!! -

 

- BASTAAA!!! -

 

- uffa… - sospirò Edward stanco

 

 

 

Non appena arrivarono a Central City, si diressero a casa di Roy.

Girarono e rigirarono per le grandi vie della città. Erano tutte stracolme di militari.

Ed, cerco di coprirsi il volto con la giacca: quel giorno non aveva voluto mettersi la divisa.

 

- fratello…come mai ti copri il viso? – chiese Al

 

- sono in incognito Al… -

 

- nessuno sa che sei qui? -

 

- al momento solo Roy, Riza e voi… -

 

- … - Al non chiese più niente

 

- …Ed… - esclamò all’improvviso Edward

 

Ed parve stupito: per tutto il viaggio Edward non gli aveva rivolto la parola.

 

- dimmi…Edward? -  sorrise Ed

 

Il figlio, senza dire nulla, si tolse la propria giacca e la porse al padre, che rimase colpito da tale gesto.

 

- visto..visto che devi coprirti il viso…usa anche la mia… - disse Edward a volto basso

 

- ah....grazie  - esclamò Ed mostrando un sorriso

 

Anche Al parve felice e soddisfatto

 

- vogliamo andare ora?  - domandò infine, rivolto ai due – Roy ci aspetta! -

 

 

Circa mezz’ora dopo

 

 

DLINNNN DLONNN!

 

Ed, Al e Edward erano finalmente arrivati a casa di Roy. Più che una casa, era quasi una reggia: era molto grande, aveva almeno  quattro piani, ed era circondata da un ampio giardino grande quanto quello del quartier generale.

 

- però! – esclamò Al meravigliato

 

- si tratta bene il generale! – sorrise Ed sarcastico

 

- mai vista una casa così grande! – disse Edward

 

- ho saputo che lui e Riza si sono sposati… - sospirò Ed

 

- si..10 anni fa… -  esclamò Al

 

- 10 anni fa…. -  sorrise Ed lievemente

 

- INSOMMA! CI APRE O NO?!  - disse Edward arrabbiato – abbiamo suonato almeno tre volte! -

 

All’improvviso, l’enorme portone si aprì.

I tre, che pensavano di trovarsi davanti il generale Roy Mustang, ebbero un colpo, quando videro che ad aprire era stata una bambina dai capelli neri, lunghi, molto carina.

Dimostrava circa 6 o 7 anni.

Ed e Al si stupirono nel vederla apparire davanti a loro

 

- … - la bambina li osservava con aria strana

 

- siamo sicuri di non aver sbagliato casa? – chiese Ed

 

- ho controllato cinque volte l’indirizzo! -

 

Ed si avvicinò all’orecchio del fratello

 

- e allora come ti spieghi la ragazzina?! -

 

- beh..c’è solo una spiegazione… -

 

Mentre i due confabulavano, Edward si avvicinò alla bambina e le accarezzò la testa

 

- senti piccolina… - chiese con un sorriso – questa è la casa del generale Mustang? -

 

La bambina annuì timidamente

 

- allora…me lo andresti a chiamare per favore? -

 

La piccola annuì nuovamente e corse dentro casa

 

- papààààà…! –

 

La voce della piccola si era sentita da fuori.

I due fratelli Elric rimasero pietrificati all’improvviso

 

- papà?! – esclamò Ed. aveva il volto quasi verde dalla sorpresa

 

- … - Al non disse nulla, era troppo sconvolto. Sembrava un cadavere da quanto bianco era

 

- ma che vi prende?! – esclamò Edward

 

All’improvviso, dal grande ingresso della “villa” apparve Roy, in tenuta militare. Aveva il volto divertito e sorridente.

Aggrappata alla sua veste, vi era la bambina.

 

- oh? Ma guarda! I fratelli Elric! – esclamò sorridendo

 

I due erano ancora sconvolti. Non dissero nulla.

Roy li guardò allegro, poi il suo sguardo si posò su Edward, che fece una piccola smorfia.

 

- e...in compagnia di FullMetal Chibi!-

 

Edward sospirò seccato

 

- FullMetal Chibi?! – esclamarono Ed e Al in coro

 

Edward voleva sprofondare.

 

- eheheh…bene…volete entrare? -  ridacchiò Roy

 

 

-----------

 

 

 

- a cosa devo l’onore di questa vostra visita? – chiese Roy, una volta che i quattro furono entrati nel lussuoso salotto.

Ed, che si era ripreso dalla “sorpresa”, si apprestò a rispondere.

 

- Generale…non vorrei contraddirla ma…è lei che ci ha chiamato… -

 

- ah già! – sorrise – hai ragione FullMetal… -

 

- questo qui ha qualche rotella fuori posto… - pensò Edward, seduto di fronte a lui, che lo sguardo imbronciato.

 

- grazie per averci concesso il tuo tempo Roy – disse Al rispettoso

 

Roy fece un altro ampio sorriso

 

- vedo che in tutti questi anni…hai mantenuto la buona educazione che ti contraddistingueva da tuo fratello! - sorrise

 

Al arrossì lievemente. Anche Ed arrossì, ma dalla rabbia

 

- papàà! – aveva appena detto la piccola tirando forte la divisa di Roy.    

L’uomo la baciò sulla piccola testa, gesto che fece sobbalzare Ed dalla poltrona.

 

- vai a giocare ora Sophie…devo parlare con questi signori! -

 

- va bene… - disse al piccola Sophie correndo via

 

Appena se ne fu andata, Roy si voltò verso i tre Elric

 

- possiamo continuare.. - esclamò

 

- vedo…vedo che si è sistemato finalmente!- esclamò Ed sarcastico

 

- oh si….ho una bella moglie e una dolce figlioletta a cui badare… -

 

- i miei complimenti Roy! – sorrise Al

 

- grazie Alphonse! -

 

- vogliamo parlare di cose serie ora?!  - chiese Edward stressato

 

- FullMetal Chibi…vedo che sei impaziente… -

 

- sono venuto per cose serie! Non per congratularmi con lei! -

 

- capisco… - sospirò Roy, poi il suo sguardo cadde su Ed – ha ereditato da te, FullMetal, questo carattere? -

 

- cosa vorrebbe dire Generale?!  - sogghignò Ed arrabbiato

 

- oh nulla! – sorrise Roy

 

Ci furono diversi minuti di pausa

 

- ora, come vuole il piccolo Elric...parleremo di cose più importanti…-  

 

Tutti rimasero in attesa. Specialmente Edward.

Roy, prese una valigetta, che era appoggiata sopra un tavolino, e la aprì.

Vi tirò fuori un pacco di fogli. Sembravano tutti uguali a prima vista. Li diede ad Al, Ed e Edward. Poi rimase in attesa. Serio.

Ed, in cuor suo, sapeva che quando Roy diventava serio, voleva dire solo una cosa: pericolo in vista.

Tutti e tre lessero i fogli dati dal Generale.

 

 - Hannover?  - chiese Al leggendo

 

- campo di concentramento?  - esclamò Ed

 

- …  - Edward continuò a leggere in silenzio

 

- 10 novembre –stazione di Central City….cosa vuol dire? – chiese Ed

 

- quella….FullMetal….è la vostra destinazione!  - disse Roy

 

E il silenzio piombò all’istante

 

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Capitolo 16
*** Decisione ***


Capitolo 16 – decisione

 

- come la nostra destinazione?! – chiese incredulo Ed

 

- non ti è chiaro FullMetal? – esclamò Roy duramente

 

- no che non mi è chiaro! Si spieghi meglio! – urlò il colonnello alzandosi di scatto.

In quel mentre, Al lo trattenne per una spalla. Ed si bloccò

 

- stai calmo fratellone! – esclamò Al

 

Edward intanto leggeva pensieroso l’intero documento datogli dal generale. Lo esaminava con attenzione e non sembrava interessato ad altro. Tutta la sua attenzione era rivolta altrove.

 

- da ascolto a tuo fratello una volta tanto… - sospirò Roy

 

- … -  Ed rimase in silenzio, poi, si sedette nuovamente con i pugni serrati e rimase in attesa.

 

- dunque… - cominciò Roy non appena il ragazzo si fu calmato – ho fatto in modo, grazie ad alcuni miei fidati sottoposti, che voi possiate raggiungere indisturbati il campo di concentramento di Hannover… -

 

- come “raggiungere”?! cosa sta dicendo?! – esclamò Ed

 

- semplicemente questo Fullmetal…- 

 

- senta un po’… - iniziò Ed

 

- per favore…- lo interruppe Al – perché dovremmo andare ad Hannover? -

 

- ho bisogno di scoprire cosa fanno laggiù…voglio che andiate ad “ispezionare”… -

 

- perché proprio noi? – chiese nuovamente Al – non sarebbe più semplice mandare dei soldati?- 

 

Roy distolse lo sguardo dai due fratelli e lo posò su Edward, ancora intento a leggere. Sospirò. Poi tornò a guardare Ed e Al

 

- semplicemente perché mi è più comodo… - esclamò in tono di sfida

 

- e cosa dovremmo scoprire? – chiese all’improvviso Ed

 

- … -

 

- risponda! -

 

- …voglio che troviate…più informazioni possibili su ciò che succede all’interno di quei campi di concentramento… -

 

- come sarebbe?!  -

 

- Semplice…dovrete “prelevare” delle prove…che ci permettano di capire le atrocità che vengono compiute -  

 

- scusi al domanda… -  chiese Al – per quale motivo dobbiamo farlo noi? Non capisco… -

 

Per un attimo, il volto di Roy si oscurò. Il suo sorrisino ironico scomparve, lasciando il posto ad un’espressione triste, che Ed aveva visto solo in occasione della morte del Tenente Colonnello Hughes, grande amico del generale.

L’uomo, strinse forte la spilla che portava appesa alla divisa. La strinse fortissimo. Poi posò nuovamente lo sguardo cupo su Edward, sempre più serio.

 

- perché penso che sia giusto così… - disse infine

 

- … - Al non disse più nulla. Ed, invece, non sembrava convinto.

Nel cuore però, sapeva, sapeva bene quali potevano essere le vere intenzioni di Roy.

Ascoltando quelle parole, sospirò. Si passò una mano davanti agli occhi e restò immobile senza dire nulla.

 

- io ci andrò!  - esclamò all’improvviso Edward

 

Roy, Al e Ed rimasero stupiti.

Il giovane colonnello si alzò nuovamente da dove era seduto

 

-  è pericoloso! – esclamò deciso

 

-  questo lo so anch’io! – disse il ragazzo

 

- hai idea di cosa voglia dire andare laggiù?! -  esclamò Ed arrabbiato

 

- … -

 

- e cosa farai una volta arrivato eh? -

 

- fratellone… - cominciò Al, ma Ed fece segno di tacere

 

- io… - disse Edward con decisione – andrò laggiù…e lo farò esclusivamente per salvare Lucas! -

 

- HAI IDEA DEL PERICOLO CHE CORRERAI?! – urlò Ed

 

- CREDI CHE NON LO SAPPIA?! -

 

- … - Ed rimase senza parole

 

Guardò Edward attentamente: era quello suo figlio? Un ragazzo, pronto anche a morire pur di salvare le persone a lui care?

Da giovani, anche lui e Al, pur di riottenere ciò che avevano perso, sarebbero stati pronti anche ad andare all’inferno.

Lo scambio equivalente che tanto conoscevano, quella volta era stato troppo alto per i due fratelli e anche stavolta. Anche stavolta forse sarebbe stato uguale.

Però non voleva. Non voleva coinvolgere il suo unico figlio in quella storia. Edward aveva già sofferto abbastanza. Anche se capiva. Capiva il desiderio di Edward di salvare Lucas. Anche lui, a suo tempo, avrebbe dato anche la vita per salvare Al, il suo amato fratellino sospeso tra la vita e la morte.

Erano uguali. Ancora una volta poteva dire di essere simile al figlio.

 

- non vorrei intromettermi nelle tue questioni familiari FullMetal… - esclamò Roy all’improvviso – ma devi scegliere ora!  -

 

Ed distolse lo sguardo che fino a poco prima era posato su Edward. fissò negli occhi il Generale Roy

 

- credo che tu sappia cosa voglia dire andare laggiù….dovrai separarti di nuovo da tua moglie… - sospirò Roy.

Ed, a sentire quelle parole, fece un leggero sobbalzo.

 

- inoltre…dovrai combattere ancora….e dovrai chiudere i conti col tuo passato una volta per tutte! – continuò il generale

 

Il ragazzo non capì bene le ultime parole di Roy. Cosa aveva voluto dire con “chiudere i conti col passato”?. Si limitò a guardare il pavimento, senza dire nulla.

 

- io..non sono sicuro di voler lasciare nuovamente casa mia… - esclamò

 

- ti capisco… - disse Roy

 

- ma… - continuò Ed -  voglio sapere quello che realmente vuol fare! –

 

- cosa intendi? – chiese il generale

 

- oh insomma! Non sono più un ragazzino! Voglio saperlo! Perché proprio noi? Perché proprio ad Hannover e soprattutto…perché coinvolgere anche Edward? –

 

- mi Pare di averti già risposto… -

 

- NON  MI PRENDA IN GIRO!! – urlò Ed

 

- NON ALZARE LA VOCE! FINO A PROVA CONTRARIA SONO UN TUO SUPERIORE! –

 

- uh… -

 

- ED ORA DATTI UNA CALMATA! –

 

- tsk! – esclamò Ed

 

- Ed! – disse Edward all’improvviso – non è stata colpa del generale! -

 

- cosa?! -

 

Edward fece un lungo sospiro

 

- ho chiesto io a Roy…di portarmi, in qualche modo, ad Hannover… -

 

Il colonnello non credette alle sue orecchie. Distolse la sua attenzione da Roy e si avvicinò al figlio.

 

- hai…hai idea…di quanto farai soffrire tua madre? – chiese tremando

 

- …io….mi di…dispiace… -

 

- come puoi essere così egoista ?... -

 

- non sono egoista! Ho i miei motivi… -

 

- Edward tu… -

 

 

- io accompagnerò Edward! – disse Al improvvisamente

 

Ed tornò alla realtà

 

- Alphonse… - disse Roy sorpreso

 

- zio… - esclamò Edward guardando il volto deciso di Al

 

- … -  Ed fissò il fratello, poi abbassò lo sguardo triste. Al, per tutta risposta si inginocchiò accanto alla poltrona sulla quale Ed si era appena seduto. Gli prese la mano d’acciaio e la strinse forte. Era fredda. Fredda come il corpo con cui aveva dovuto stare per molti anni della sua vita.

Allora, l’unica cosa che poteva fare, era osservare il fratello parlare nel sonno, durante la notte. Lui non poteva dormire. Era un’anima legata ad un oggetto in fondo.

Ora, il calore era tornato. Poteva sentire i battiti del suo cuore, poteva ridere, piangere, mangiare. Poteva vivere.

Ed aveva dovuto sacrificare i suoi arti perché ciò avvenisse. Il suo fratellone aveva perduto la possibilità di tornare normale, stavolta per sempre.

Per questo pensava di essere in debito verso quel fratello, diventato Alchimista di Stato solo per lui. Solo per aiutare Al.

Ed, alzò lo sguardo e, incredulo, fissò quello di Alphonse.

 

- Al… - sospirò

 

- fratellone…- cominciò il giovane  - so che hai paura… -

 

- … -

 

- sia per Edward….che per me… -

 

- …io… - esclamò Ed, ma Al continuò

 

- ma non ti devi preoccupare! Non sono più un’anima da salvare….anch’io sono un uomo come te ora…. -

 

- … -

 

- e anche Edward…sa usare bene l’alchimia…non devi temere per lui! -

 

Ed provò a parlare ma non ci riuscì. Non gli vennero parole per ribattere. Rimase in silenzio, accanto ad Al, accanto al suo fratellino.

 

- lo zio ha ragione Ed… - esclamò Edward  - io so badare a me stesso… -

 

- Edward… - sospirò Ed

 

- allora FullMetal…- esclamò Roy all’improvviso – cos’hai deciso? non posso attendere oltre…  -

 

- …  - Ed fece un lungo sospiro - …verrò!... – disse infine

 

Roy fece un ampio sorriso

 

- sapevo che non ti saresti tirato indietro! -  esclamò sorridendo

 

- lo faccio….  – cominciò Ed – perché sono sicuro che Ivan lo vorrebbe… -

 

Roy lo guardò – allora è deciso. – disse Alzandosi – partirete tra due giorni dalla stazione centrale. Vi verrò a prendere io. In seguito vi dirò quello che dovrete fare… -

 

Ed, Al e Edward fecero cenno di aver capito. Poi, tutti e quattro si diressero verso la porta.

 

- non volete rimanere qui a pranzare? Riza e Sophie ne sarebbero felici! – esclamò Roy

 

- sarà per un’altra volta grazie… - disse Ed

 

- grazie di tutto generale! – esclamò Al

 

- spero di rivedervi per un tè – sorrise Roy – magari quando i saranno calmate le acque…  -

 

- ci conti! –sorrise a sua volta Al

 

Mentre tutti uscivano, Edward si presentò davanti al generale. Roy ne rimase lievemente sorpreso.

 

- … - non disse nulla

 

- FullMetal Chibi? – chiese Roy

 

- la…la smetta di chiamarmi così!!! -

 

- eheheh… tale padre tale figlio! -

 

- cosa vorrebbe insinuare?  - intervenne Ed

 

- quello che ho detto! Sei debole di comprendonio? – sorrise

 

- adesso le faccio vedere io… -  iniziò Ed, ma Al intervenne

 

- fratellone! Sta buono! -  disse prendendolo per le braccia

 

- lasciami andare Al! Voglio riempirlo di botte!!! – esordì Ed, guardando con rabbia lo sguardo ironico di Roy

 

- non sei più un bambino! Comportati da uomo! –

 

- lasciamiiii!!! -

 

Mentre i due fratelli litigavano, Edward tornò al discorso col generale

 

- co…comunque volevo ringraziarla…per tutto… - disse timidamente

 

Roy rimase alquanto sospeso

 

- stai tranquillo Fullmetal Chibi…non mi devi nulla… - esclamò

 

- graz… - si apprestò a dire Edward, ma prima che potesse farlo, Roy si abbassò e delicatamente si avvicino ad un’ orecchio.

 

- se in quest’impresa avrai successo….più di una vita innocente verrà salvata!...ricordalo! -

 

- ah… - esclamò Edward una volta che Roy ebbe finito di pronunciare quelle parole. Anche il giorno del loro primo incontro, avvenuto alla stazione, dopo l’addio a Lucas era successa la stessa cosa. Si convinse che il Generale Roy Mustang, nonostante apparisse sempre cinico e ironico nei confronti di tutti, doveva essere davvero una brava persona.

 

- certo!  - disse infine sorridendo radioso

 

- le auguro una buona giornata Generale! – esclamò Al

 

- anche a voi – disse Roy

 

- arrivederci! E si riguardi! – sopirò Ed facendo un cenno in segno di rispetto

 

Mentre i tre si incamminavano verso centro città, Roy li guardò allontanarsi. Sorrise ironico. Edward era alto quasi quanto Ed, mentre Al li superava entrambi di qualche centimetro.

 

- FullMetal…dovrà bere più latte se non vorrà che il figlio lo superi in altezza… - disse ridendo.

 

Poi improvvisamente, smise di ridere. Si fermò all’uscio della porta e rimase immobile.

 

- accidenti! – esclamò – mi sono dimenticato di… -

 

E si mise a correre fuori casa. Correva. Correva fortissimo. Cercava di raggiungere i fratelli Elric che nel frattempo avevano voltato l’angolo dirigendosi alla stazione.

 

- pensavo che avesse messo la testa a posto quando ho saputo che si era sposato….ma mi sbagliavo… - aveva appena detto Ed

 

- è una brava persona però! – esclamò Al

 

- mah…ha dei modi di fare che non mi piacciono per nulla… -

 

- …a me basterebbe che non mi chiamasse più FullMetal Chibi…mi fa sentire stupido… - disse Edward tra se

 

- FULLMETAL! ALPHONSE! FULLMETAL CHIBI!!! -

 

- ecco…mi sembra quasi di sentirlo urlare…oramai ne sono ossessionato… - sospirò Ed

 

- FERMATEVI UN ATTIMO!!! -

 

- fratellone! – intervenne Al – il generale! -

 

- Eh?! -

 

Tutti e tre si voltarono: Roy era dietro di loro ansimante per la lunga corsa.

 

- generale! Che cosa è successo?! – esclamò Ed sorpreso

 

- FullMetal… - esclamò Roy una volta ripreso dalla corsa

 

- generale? -

 

- mi…mi ero dimenticato di chiederti una cosa… -

 

- beh…mi dica! – esclamò Ed

 

Roy sospirò, poi cominciò a parlare

 

- io… avrei dovuto andare in cimitero tra un ora…vuoi accompagnarmi? -

 

- … -

 

- so che è da tanto che non puoi andare…lui ne sarebbe felice… -

 

- fratellone… - cominciò Al

 

- … -

 

- FullMetal? -

 

- …va bene…. -  esclamò infine

 

 

 

 

 

Un’ora dopo…

 

 

 

 

 

Cimitero di Central City.

Una grande distesa di tombe, tombe di migliaia di persone. Piccole lapidi bianche poste sull’erba verde.

Stranamente per quanta pioggia o sole ci fosse, in quel cimitero non crescevano fiori di nessun tipo. Era tutto deserto. Persino il vento soffiava piano e delicatamente, sfiorando il marmo bianco, come se non volesse disturbare quelle anime che avrebbero riposato per l’eternità senza che nessuna guerra o malattia potesse nuocere loro.

Il cimitero era diviso in due grandi frazioni: in una parte del campo d’erba, vi erano le tombe di gente comune, gente che o per malattia o per vecchiaia aveva lasciato quel mondo con la speranza di raggiungere l’aldilà senza peccati.

Nell’altra frazione, invece, riposavano diplomatici, religiosi, politi ma soprattutto militari.

Centinaia di tombe di militari che avevano combattuto per la propria patria e la propria famiglia, con ciascuna, una corona di fiori posta in piedi sorretta dalla lapide.

Ed, camminava pensieroso tra le varie tombe, seguito da Roy, Al e Edward.

Il colonnello guardava ogni singola lapide. Era triste. Molto triste. Camminava, camminava toccando ogni tomba con una mano.

Poi, ad un tratto si fermò. Vide la tomba del tenente colonnello Hughes. Fece un cenno di saluto con la mano, in segno di rispetto per quel uomo che non aveva fatto in tempo a vederlo diventare colonnello.

Poi passò oltre, ma si bloccò nuovamente. Ansimando e col cuore che pulsava forte lesse le parole sulla lapide accanto quella di Hughes

 

 

Ivan Heich

 

1909 – 1940

 

“caduto gloriosamente per

la nostra patria”

 

 

rilesse il nome almeno tre volte. Il suo sguardo si fece più cupo. Sospirò e si inginocchiò davanti alla tomba.

 

- mi dispiace che tu non sia potuto venire ai funerali di stato… - esclamò Roy – so che avresti voluto salutare un’ultima volta i tuoi compagni… -

 

- …non potevo venirci…nessuno sapeva che ero ancora vivo…tutti pensano che il mio corpo sia ancora in Portogallo… - sospirò Ed

 

- l’hanno deposto vicino a Hughes… - disse Roy con un velo di tristezza nascosto da un lieve sorriso – non so se sia stato fortunato o altro… - esclamò con un pizzico di ironia

 

Ed sorrise – beh…almeno ha buona compagnia… - sospirò osservando la tomba – non è vero Ivan? –

 

Poco distante, Al e Edward stavano aspettando il ritorno dei due militari. stavano in piedi accanto alle lapidi senza guardarsi. Erano silenziosi. Troppo silenziosi.

 

- sai zio… - cominciò Edward

 

- mh? – chiese Al, sorpreso dal quella chiamata

 

- volevo sapere..perchè non mi hai mai raccontato della trasmutazione della nonna… -

 

- …Edward… -

 

 E perché non mi hai detto nulla sul fatto che tu…eri…

 

- perché non volevo che tu spaventarti…-  lo interruppe Al – sai anche tu che l’alchimia non è onnipotente…ci sono delle regole ben precise… -

 

- e allora come mai… -

 

- volevamo rivedere nostra madre…ancora una volta….ma il nostro desiderio di creare la vita portò solo danni…io persi il corpo…mentre tuo padre un braccio e una gamba… -

 

- ma ora…sei tornato normale… -  esclamò Edward

 

- …Ed ha dato anima e corpo perché succedesse…e io non potrò mai sdebitarmi per quel gesto… ma sono disposto a tutto pur di ripagarlo del suo sacrificio…anche a morire… -

 

- …  -

 

 

Intanto…

 

 

- allora FullMetal…vuoi che ce ne andiamo? – chiese Roy aspettando Ed, che stava ancora in ginocchio davanti a Ivan.

 

- … - Ed non rispose

 

Tanti ricordi percorrevano la sua mente. Si ricordò del suo primo incontro con Ivan…avvenuto ben 15 anni prima, si ricordò di tutti quei momenti che aveva passato con lui…

 

- io sono diventato Alchimista per imparare ad essere forte! E un giorno, di poter vendicare i mie genitori! -

 

- io…voglio essere d’aiuto! -

 

- mi…mi sa che questa volta ha ragione lei… -

 

- a quanto pare…colui…che tornerà da morto.. sarò io… -

 

- ebbene io….penso di aver capito ora…cosa voglia dire essere un alchimista… -

 

- tsk! – sospirò Ed

 

- FullMetal? -

 

- …sa quali sono state le ultime parole di Ivan? – chiese il colonnello senza voltarsi

 

- … - Roy non seppe rispondere

 

- un giorno mi raggiungerai…Ed….un giorno potremo nuovamente parlare assieme…ma non adesso…non adesso… -

 

- mi chiedo se...se quando me ne sarò andato anch’io da questo mondo…se davvero potrò rivederlo…rivedere il suo sorriso… - sospirò nuovamente Ed

 

- è questione di fede…credi in Dio FullMetal? – chiese Roy

 

- gli scienziati…non  credono nell’onnipotenza di Dio…lo dovrebbe sapere… -

 

- lui ci credeva? – domandò nuovamente

 

- …non lo so… -

 

- non ne avete mai parlato? –

 

- …no…parlavamo di altre cose… -

 

- per esempio? –

 

- …i fiori… -

 

- ? –

 

- a Ivan piacevano molto i fiori… -

 

-…dica colonnello…non…non ci sono più fiori in questa vallata vero? –

 

- …  - Ed rimase nuovamente in silenzio, a ripensare al volto triste che aveva Ivan quel giorno, il suo ultimo giorno.

 

- chissà se…se era consapevole di andarsene…chissà….se quella mattina sapeva che da li a poco sarebbe morto… -

 

- nessuno può sapere quello che l’aspetta… - esclamò Roy

 

- …già… -

 

Roy rimase immobile dov’era, un venticello tiepido scompigliava i suoi luminosi capelli neri. Ad un tratto, gli parve di scorgere una lacrima scendere dal volto di Ed, una lacrima silenziosa che percorreva il volto triste del colonnello, nascosto dai capelli dorati legati tra loro da una coda. Il generale non disse nulla. Si limitò a guardare il cielo azzurro di quella mattina triste. Sorrise lievemente, poi guardò nuovamente Ed accucciato davanti alla tomba.

 

- Hughes… - sospirò – piove…piove come quel giorno… - 

 

 

 

 

 

Mezz’ora dopo alla stazione…

 

 

- vi verrò a pendere verso le dieci…il treno partirà alle undici…così avrete il tempo di prepararvi… - aveva esclamato Roy

 

- certo… - sospirò Al

 

- … - Edward non disse nulla

 

Roy fissò i tre ragazzi, compreso Ed, ancora “sconvolto” dopo la visita al cimitero.

 

- …ne siete davvero sicuri? – chiese il generale

 

Ne Al ne Edward risposero. Anzi, non lo guardarono nemmeno

 

- stia tranquillo… - sospirò Ed facendosi avanti – non siamo uomini deboli… -

 

- lo so…FullMetal… -

 

Ed rimase in silenzio

 

 - mi…mi dispiace generale…-  esclamò

 

- mh? –

 

- mi scusi se ho alzato la voce prima…non…non avevo idea di quello che volesse fare… -

 

- di cosa ti scusi FullMetal! – esclamò Roy sorridendo – non dovresti…e poi… - cominciò Roy

 

- eh? – chiese Ed

 

- è stata solo colpa mia…di tutto… -

 

- … - Ed abbassò lo sguardo  - la colpa di tutto questo non è sua….ma di Hitler… - esclamò con decisione

 

Tutti rimasero in zitti per diversi minuti

 

 

“Il treno con destinazione Rizembool sta per partire! Invitiamo i signori passeggeri a prendere posto. Grazie.”

 

 

- su andate ora…non vorrete arrivare tardi a casa… -

 

- certo che no! – esclamò Edward

 

- bene! Allora andate! – sorrise ironico Roy

 

- arrivederci!  - esclamò Al

 

Si apprestarono a salire sul treno, mentre Roy li guardava allontanarsi. Edward e Al salirono ,mentre Ed fece marcia indietro e si voltò verso il generale

 

- si? – chiese Roy

 

- …vo..volevo sapere….se per caso…  - cominciò Ed – è stato lei ad inviarmi a casa….la sua divisa… -

 

Roy non rispose subito. Abbassò lo sguardo e sospirò.

 

- ho pensato che….fosse meglio darla a te…piuttosto che vederla bruciare negli inceneritori… - disse infine

 

- …grazie… - sorrise lievemente Ed

 

- lascia stare…ora Sali altrimenti perdi il treno! -

 

- ci vediamo tra due giorni…generale… - sospirò Ed salutando con la mano

 

- …si… - sospirò Roy

 

 

 

I tre ragazzi salirono sul treno con destinazione Rizembool. Non appena si trovarono dentro la cabina a loro assegnata, si sedettero ai loro posti e rimasero in silenzio. Ogni tanto incrociavano i loro sguardi, ma subito li distoglievano e guardavano altrove. Non avevano argomenti di cui parlare. Erano pensierosi e consapevoli. Consapevoli della scelta che avevano appena fatto. Una scelta che per lacune persone starebbe stata solo il frutto di altre sofferenze.

Al, giocherellava con i bottoni della sua giacca, mentre Ed guardava tristemente fuori dal finestrino. Edward invece osservava costantemente il medaglione a forma di cuore a metà che teneva al collo, sotto la maglietta. Lo strinse forte ripensando a quel magico momento con Christine.

 

 

- l’altra metà ce l’ho io…così…saremo sempre uniti! - 

 

- … grazie… Edward! -

 

 

- e ora…come glielo dico? – sospirò tenendo stretto il gioiello

 

Una domanda che tutti e tre, sebbene in diversi contesti, si erano posti nello stesso momento.

 

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Capitolo 17
*** Tristi sospetti ***


Capitolo 17 – tristi sospetti

 

Erano, circa, le 12.30.

Il sole, che quella mattina aveva riscaldato tutta Rizembool, con i suoi raggi luminosi, aveva lasciato il posto ad enormi nuvole nere, che promettevano pioggia. Era diventata una giornata autunnale come tante.

Il giovane Edward, insieme al padre, che fino a poco tempo prima credeva di odiare, e lo zio, era diretto verso la propria casa, dove lo aspettava Winry e Christine, la ragazza Ebrea che aveva accolto e salvato dal famigerato “treno della morte”, lo stesso treno che aveva portato lontano il migliore amico del ragazzo, Lucas.

Ora, a pochi metri dalla sua abitazione, Edward si sentiva non molto bene.

Aveva preso l’importante decisione di salvare l’amico perduto e di andare ad Hannover, in un campo di concentramento.

La cosa però lo lasciava perplesso. Era andato dal generale Mustang convinto che quella fosse la strada giusta da scegliere: Salvare Lucas anche a costo di morire.

La sua idea non era cambiata, ma col tempo, conoscendo Christine e imparando a volerle bene, non era più sicuro della sua scelta.

Non era più sicuro di voler morire.

Era deciso a salvare l’amico, Più di quanto non lo fosse prima dell’arrivo di Christine, e prima dell’arrivo di suo padre, Edward Elric, chiamato anche Fullmetal Alchemist.

Un incontro triste, all’inizio, ma poi, pian piano sempre in via di miglioramento.

Infatti, Edward era convinto, almeno in parte, di essere riuscito a riconquistare quel amore verso il genitore che credeva di aver perduto da tempo.

Inseguendo questi pensieri si ritrovò davanti all’uscio di casa,senza rendersene conto. Li rimase immobile.

 

- Edward….siamo arrivati… - esclamò Al, vedendo che il nipote non apriva

 

- … - Edward esitò

 

Aveva paura. Aveva paura di dire la verità a Christine e alla madre.

 

- tsk! – esclamò Ed spostando Edward e aprendo la posta al suo posto. Sembrava tranquillo, ma i suoi occhi dorati dicevano il contrario.

 

- ah… - esclamò Edward, quasi indignato dal gesto del padre

 

- calmo Edward… - sospirò Al – lui è fatto così… -

 

- …si… - sospirò a sua volta il ragazzo.

 

Poi tutti e tre si decisero ad entrare. La casa era tranquilla e non vi era alcun segno di vita.

 

- Winry? – chiamò Ed

 

Nessuno rispose

 

- Winry? Christine? – esclamò di nuovo

 

- saranno andate a fare due passi? – domandò Al curiosando in giro

 

- non credo…mi aveva detto che sarebbe rimasta a cucinare tutta la mattina… - sospirò Ed

 

 

 

- EEEEEEEEEEED!!! -

 

Una voce squillante echeggiò nell’aria. Il giovane colonnello fece per voltarsi dallo spavento e, in meno di cinque secondi, si ritrovò a terra con la schiena rivolta verso il muro e aggrappata fortemente al suo petto, la sua Winry, che non la smetteva di strattonarlo e di riempirlo di baci, sotto lo guardo incredulo di Edward e Al.

 

- oh Ed mi sei mancatoo!!! – esclamò la ragazza

 

- W…Winry!! – salutò Ed, tramortito

 

- non vedevo l’ora che tu arrivassi!!! -

 

Ed cercò di dimenarsi dall’abbraccio

 

- Winry! Mi soffochiii… - esclamò con un filo di voce

 

- ah! Scusami! Perdonami non volevo! Logiurologiurologiurologiuro! -

 

- ho capito ho capito! – disse una volta alzatosi da terra – perché tutto questo entusiasmo? C’è qualcosa di speciale?

 

- … - la ragazza lo guardò male – serve qualche occasione speciale per accogliere il proprio marito “caccia-guai” ? – chiese stizzita

 

- no ma….era da tanto che non lo facevi! – si scusò Ed

 

- eheh…se sono allegra c’è un motivo! -

 

- ? -

 

- oggi sono riuscita a comprare il pollo!!!!! -

 

Ed ricadde a terra. Poi, guardò storto la moglie.

 

- e sei così felice…solo per un pollo preso al mercato? - chiese

 

- come osi?! Di questi tempi comprare della carne è diventato un lusso lo sai?! -

 

- …hai qualche rotella fuori pos..TO! -

 

- MALEDETTO!!! FINGI ALMENO DI ESSERE CONTENTO!!!!  - urlò Winry prendendo Ed per il collo e strattonandolo con forza.

Al giovane mancava il respiro e implorava la ragazza di lasciarlo andare. La lite sarebbe durata ancora molto se Al, vedendo i lamenti disperati del fratello, non fosse intervenuto

 

- ehm..Winry! ho fame!!! – esclamò con ardore

 

- eh? Ah si! – disse Winry calmandosi all’improvviso – il pranzo è quasi pronto! Andiamo!  -

 

- finalmente…non vedo l’ora di farmi un pranzo decente… - sospirò Ed

 

Winry lo uccise con lo sguardo

 

- per te, riso in bianco! – esclamò secca

 

- cooosa?! Non è giusto!!! -

 

- smettila! Niente storie! -

 

- …sigh… -

 

 

 

Entrarono in cucina. La tavola era tutta imbandita e preparata finemente. Christine stava controllando la temperatura dell’acqua, per il the, mentre dal piccolo forni a legna, usciva un buon profumo di carne aromatizzata. Non appena la ragazza li vide entrare, si apprestò a salutare.

 

- buongiorno signor Alphonse, buongiorno signor Ed… - cominciò a dire tutto d’un fiato, poi si voltò verso Edward, semi nascosto dietro i presenti, e gli mostrò un radioso sorriso – ciao Edward! – disse infine

 

Edward contraccambiò il sorriso, anche se piuttosto lievemente.

 

- ciao… - sospirò

 

- Christine, come procede la cottura del pollo? Sai…è da mesi che mangiamo solo carne in scatola…non vorrei che si bruciasse… - chiese Winry mettendosi il grembiule da cucina.

 

- ormai non manca molto! Tra dieci minuti dovrebbe essere pronto! - esclamò

 

- bene! Così i ragazzi hanno il tempo di farsi una doccia veloce in giardino… -

 

- in giardino?!con questo freddo?! – chiese Ed stupito

 

- purtroppo si! – disse secca

 

- vuoi che mi prenda una polmonite per caso?! –

 

- ma non sei tu, quello che diceva di avere un fisico forte?! Non ti lamentare… -

 

- capisco d’estate ma…Winry! Siamo a Novembre! È un miracolo se stamattina c’era il sole… -

 

- la doccia in bagno si è guastata e l’addetto alle riparazioni ha troppo lavoro da fare… - sospirò Winry – quindi vedi di piantarla!! -

 

Ed parve turbato. Fissò attentamente Al, che sembrava a disagio in quella situazione.

 

- ma come…? Sarebbe bastato che Al usasse l’Alchimia per aggiustarla… -  si disse tre se. Voleva chiederlo al fratello, ma qualcosa dentro di se, non glielo permise.

 

- va bene allora… - disse infine uscendo, seguito da Edward e Alphonse; quest’ultimo, con lo sguardo basso e triste.

 

 

Poco più tardi…

 

Mentre i tre ragazzi si stavano lavando, Winry e Christine stavano ancora preparando la tavola per il pranzo.

Erano silenziose e intente ad ascoltare il suono dell’acqua, da fuori, che cadeva a terra, con un sordo “splash”. La finestra infatti era aperta, e volendo, avrebbero anche potuto sentire i discorsi che stavano facendo Edward, Ed e Al, ignari di venir “spiati”.

 

- chiudi la finestra Christine, non mi va di ascoltare i loro discorsi… - esclamò Winry

 

Detto fatto. La ragazza si avvicinò alla finestra e la chiuse, poi tirò la tenda e riprese il suo lavoro

Di nuovo silenzio. Nessuna delle due proferiva parola.

 

- Christine… - chiese nuovamente Winry

 

- …si? -

 

- a te… -

 

Christine si voltò verso la donna, con fare interrogativo. Poi, vedendo che non continuava il discorso tornò al suo lavoro: tagliare la verdure.

 

- a te…Edward piace?  - finì Winry tutta tranquilla

 

Chrstine venne colta da una fitta atroce al cuore. smise subito di tagliare e abbassò lo sguardo. Diventò triste. Winry non capiva quella reazione. Si era immaginata una frase del tipo “noooo!!! Ma che dici?! Figuriamoci!!” ma invece non era successo. Osservava la ragazza, che dopo lo shock iniziale, aveva ripreso ciò che aveva cominciato. Senza dire nulla.

 

- c’è qualcosa che non va? – chiese Winry

 

- …no… -

 

- ne sei sicura? Se c’è qualcosa che ti turba puoi parlarne con me… -

 

Christine appoggiò il coltello e sospirò

 

- lei è gentile ma…non penso che mi possa aiutare… -

 

Le due rimasero in sielnzio

 

- mi dispiace…forse non dovevo chiederti una cosa simile – si scusò winry

 

- oh no! Non deve scusarsi! È…è una domanda più che lecita… -

 

- … -

 

Le due ragazze si guardarono negli occhi per diversi istanti. Istanti che passavano veloci, istanti pieni di tensione e timore.

 

- io penso di non meritare niente… - esclamò all’improvviso Chistine

 

- eh? -

 

- io voglio molto bene a Edward ma…non penso di meritare nulla da lui… sarebbe ingiusto…-

 

Winry non credeva alle proprie orecchie, si avvicinò di più a Christine

 

- ma che dici? Se non fosse per te, Edward… -

 

- no! – la interruppe la ragazza stringendo i pugni

 

- Edward mi ha sempre aiutato e accettato, senza chiedersi chi fossi o da dove venissi….mi ha accolto in questa casa col sorriso sulle labbra, senza mai domandarmi niente in cambio…e io di questo gli sarò sempre grata…però… - continuò Christine

 

- Christine…-

 

- io non sono mai stata così sincera con lui…gli ho detto che sono ebrea, gli ho detto che sono sola al mondo…ma non gli ho detto…una cosa importante…una cosa che forse… - esclamò, quasi sul punto di piangere – …lo allontanerebbe da me… -

 

- … e…e quale sarebbe? – chiese Winry con un filo di voce, ascoltando le parole di Christine, parole che mai avrebbe immaginato di dover sentire da quella ragazza così timida e tranquilla.

 

- ciò che Edward non sa, è che…se non fosse stato per suo padre…io non sarei in questo mondo ora… - concluse la ragazza sospirando pesantemente

 

- cosa vu... – cominciò Winry incredula

 

- WINRYYY!!! CHRISTINE!! E’ PRONTO? -

 

La voce di Ed interruppe quella conversazione strana e insolita, ma soprattutto sconvolgente. Winry non capiva le parole di Chrisitine. Voleva dire che la ragazza conosceva Ed? oppure…era Ed che conosceva Christine? Che collegamento c’era tra loro? E cosa centrava Edward in tutto questo?.

Penso che forse, avrebbe potuto chiederlo a Ed, ma poi ci ripensò. Se davvero il marito conosceva la ragazza, sicuramente glielo avrebbe detto. Ed non era il tipo da nascondere qualcosa, soprattutto a lei. Ma allora, quale poteva essere il filo che li legava?.

 

- si sbrigatevi! – esclamò infine tirando fuori il pollo dal forno.

 

- mmm – disse Ed sedendosi a tavola e guardando la carne con meraviglia – deve essere squisito! - esclamò

 

Anche Edward e Al si sedettero. Pronti col piatto, per ricevere la loro porzione.

 

- guarda che non mi incanti sai.. – esclamò Winry rivolta a Ed

 

- …ti prego… - chiese lui con gli occhi languidi

 

- … -

 

- daaai… -

 

- …e va bene! Te ne do un po’! ma se mi fai arrabbiare ancora…vedrai… -  disse ponendo un pezzo di carne sul piatto

 

- sai quanto ti amo? – esclamò Ed canticchiando allegramente, prendendo coltello e forchetta

 

- non lo voglio sapere… - sospirò lei, tagliando le porzioni anche al resto della famiglia.

 

 

Cominciarono a mangiare. Ognuno addentò il proprio boccone senza dire una parola.

D'altronde, ognuno aveva i suoi motivi per starsene in silenzio. Winry stava ancora ripensando al discorso con Christine, che aveva tutta l’intenzione di concludere, prima della fine della giornata.  Anche Christine, dal canto suo era preoccupata  per Edward. Tanto preoccupata da non riuscire a mangiare molto.

I tre ragazzi invece, dovevano riuscire a trovare il coraggio di dire alle due, che entro pochissimi giorni sarebbero dovuti partire. Partire, senza sapere se sarebbero tornati.

Quello più tormentato era Ed. non poteva certo dire a Winry “ io parto e vado in un campo di concentramento, scusami!” così, su due piedi.

L’avrebbe fatta soffrire ulteriormente. E questa volta non ci sarebbero stati Edward e Al per consolarla. Sarebbe rimasta davvero sola. Di nuovo. Forse per sempre.

A rompere il ghiaccio, che si era formato in quell’arco di tempo, fu Winry, che fece una domanda che forse, sarebbe stato meglio non facesse.

 

- allora…cosa vi ha detto Roy? – chiese tranquilla

 

Ed, Al e Edward smisero subito di mangiare. Ed in particolare, abbassò lo sguardo e si fece buio, suscitando timore negli occhi di Winry e Christine.

 

- …che vi succede? – chiese nuovamente – perché avete smesso di mangiare? -

 

I ragazzi si guardarono pensierosi: chi sarebbe stato a dirglielo?

All’improvviso, Al si alzò dal posto, molto lentamente, e fissò negli occhi Winry.

 

- Al? – chiese lei un po’ titubante

 

- winry… - cominciò lui – vedi noi… -

 

- …eh? -

 

- noi…quello che Mustang ci ha detto….riguarda… -

 

- riguarda cosa? – chiese Winry alzando la voce impaurita

 

- non so come dirtelo ma…vedi noi…..noi dobbiamo… -

 

- dobbiamo impegnarci di più nello studio dell’alchimia! – esclamò Ed all’improvviso mettendo una mano sulla spalla di Al

 

- fratellone! – esclamò Al guardando storto il fratello

 

- come hai detto?!  - chiese Winry incredula

 

- semplicemente questo: Mustang ci ha detto di approfondire lo studio dell’alchimia per poter aiutare l’esercito in alcune ricerche! -

 

- ma che ha in mente? – si chiese Edward osservando il padre, sorridere in modo così “finto”

 

- e perché dovreste farlo tutti e tre? – domandò non del tutto convinta

 

- perché…perché…e che ne so! Vallo a capire Mustang! – esclamò sorridendo

 

- …Ed ma… - continuò Winry

 

- comunque… -  la interruppe il marito – devi stare tranquilla! Come vedi, non ci ha detto nulla di preoccupate….  -

 

- …v..va bene… - disse Winry riprendendo a mangiare, ancora un po’ turbata.

 

Ed tornò al suo posto, e levò un’ occhiata al fratello, il quale parve sorpreso e arrabbiato allo stesso tempo, mentre Edward non faceva che fissare il piatto, evitando il contatto con gli occhi di Christine, la quale, lo stava osservando. Era sicura che Edward nascondesse qualcosa. Cosa, non lo sapeva, ma era sicura che doveva essere molto importante.

Dopodiché, tutti finirono lentamente i loro pasti.

 

- grazie Winry! Era buonissimo! – esclamò Ed una volta terminato

 

- mi fa piacere che apprezzi… - esclamò sorridendo lievemente

 

- io andrei in camera ora…sono molto stanco… - esclamò Edward salutando la madre e il resto dei presenti

 

- va bene ma…vai a studiare? – chiese lei

 

- ….si… - sospirò, sparendo dalla cucino, seguito dallo sguardo attento di Chrisitne

 

- io vado fuori…è ora di pulire un po’  il pianerottolo… - esclamò Al

 

- io…provo ad aggiustare la doccia…in bagno… - disse Ed

 

Tutti se ne andarono, compresa Chiestine, che aveva seguito Edward fino di sopra.

Winry rimase sola, a finire di sparecchiare la tavola. Era confusa dallo strano comportamento di tutti.

Era convinta che Ed non avesse detto la verità, lo aveva capito dal fatto che, seppur per poco, negli occhi dell’amato aveva notato tristezza, e che quel suo caldo sorriso, in realtà nascondeva sconforto e paura.

 

- prima Christine…e adesso anche loro… - sospirò  - che diamine succede oggi? – si chiese

 

 

 

 

Intanto…

 

 

 

 

 

- MALEDIZIONE! –

 

aveva detto Edward una volta salito in camera e chiusosi a chiave.

Dalla rabbia, aveva fatto cadere numerosi oggetti dalla sua scrivania, compreso il suo libro di Alchimia.

Si era accasciato a terra, con i pugni serrati, sbattendoli contro il muro della stanza.

Era arrabbiato a morte con se stesso e la sua indecisione.

 

- non riesco nemmeno a guardarla in faccia….maledizione…. – esclamò in preda all’ira – sono un codardo….un codardo…. -

 

Poi, forse per la rabbia che scorreva nel suo corpo, staccò dal collo la catenina che legava il medaglione.  Lo guardò. Poi lo strinse con forza.

 

- tsk!!! -

 

Fece per buttarlo a terra, quando si ricordò di quel giorno. Il giorno in cui aveva regalato l’altre metà del pendente a Christine. Il giorno più importante della sua vita.

Sospirò, e una lacrima gli rigò il viso. Una sola, triste lacrima che sembrò scomparire una volta “attraversata” tutta la guancia.  

 

- come faccio a dirglielo….come… - si chiese, evitando di urlare.

 

Il giovane non sapeva, che da dietro la porta che aveva chiuso, allontanandosi dal resto del mondo, Christine lo ascoltava allibita e incredula. Capendo così che forse, non era la sola a nascondere un segreto importante.

 

 

 

 

 

Il giorno dopo, le cose non migliorarono. Anzi, peggiorarono fortemente.

Ed, se ne stava tutto il tempo nel prato che circondava la sua casa, a guardare il cielo. Cosa che a Winry pareva molto strana: Ed faceva così solo quando era preoccupato o confuso.

Al, invece, cercava di non dare troppo peso alla questione, semplicemente restandosene zitto a leggere qualche libro o a studiare un po’ di alchimia.

Edward se ne stava tutto il tempo in camera. Usciva solo per mangiare o bere. Il resto del tempo lo passava a studiare filosofia e alchimia, due cose, che secondo Winry, era assai raro che facesse. Specialmente in quei tempi.

Insomma, la ragazza era convinta che qualcosa non andasse. Aveva anche provato a chiederlo a Ed, ma lui aveva ripetuto di non preoccuparsi col sorriso sulle labbra. Avrebbe anche potuto crederci se solo Ed, ogni volta che si parlava di ciò che era successo a casa di Roy, non avesse distolto lo guardo da lei.

Lo stesso valeva per Christine, che dopo quella conversazione, se ne rimaneva sempre in un angolo pensierosa e preoccupata, per Edward evidentemente.

Capì che doveva fare qualcosa. Se nessuno le raccontava nulla, allora c’era solo una cosa che poteva fare…

 

 

 

- dove stai andando? – chiese Ed più tardi, vedendo la moglie che si apprestava a prendere documenti e soldi, per poi metterli in una borsetta.

 

- a Central….devo incontrare una persona…-  esclamò lei secca

 

Ed parve spiazzato dalla notizia

 

- e..e chi sarebbe? - domandò

 

Winry, turbata, si voltò verso di lui

 

- un amica… - disse infine

 

- e quando tornerai? -

 

- nel primo pomeriggio…verso le due o le tre…vi ho lasciato della verdura e un po’ di carne avanzata da ieri…basterà che accendiate il forno… - esclamò mettendosi il cappotto

 

- e cosa vai a fare da questa tua amica? – chiese nuovamente Ed

 

Winry sospirò

 

- …nulla…vado solo a trovarla! – esclamò seccata

 

- …capisco…- 

 

La ragazza si avvicinò al marito e lo baciò sulle labbra

 

- occhio a non bruciare nulla mi raccomando! Di tu ad Al e ai ragazzi che sono via… -

 

- va bene… - disse lui aprendole la porta d’ingresso – fa a attenzione! –

 

Lei sorrise – per chi m hai preso? – esclamò uscendo – ci vediamo oggi! – disse salutando e salendo in macchina

 

- ….ciao… - sospirò lui una volta che se ne fu andata

 

Chiuse la porta. Appoggiò la testa su di essa  e fissò il legno di cui era fatta.  Poi chiuse gli occhi e strinse i pugni.

Ad un tratto sentì un rumore, si girò: era Al.

 

- sei tu Al… - esclamò tristemente

 

- dov’è andata Winry? – chiese Al

 

- …da una sua amica… -

 

Restarono in silenzio

 

- …non si merita un trattamento simile da parte nostra…lei è sempre così gentile… - sospirò Al

 

- hai ragione…come sempre….  -

 

- fratellone…la partenza è domani….devi dirglielo! -

 

Ed continuò a fissare la porta

 

- …lo so….lo so…. -

 

 

 

 

 

 

 

Central City. Ore 12.00

 

 

 

   

A Central City, il sole bruciava.

Sembrava di essere ancora in estate, quando invece, secondo il calendario, doveva essere il 9 novembre 1940.

Winry, dopo tre ore di treno, da Rizembool e una camminata di circa un’ora dalla stazione fino al centro della città, si ritrovò davanti alla casa del generale Roy mustang.

Anche lei, come era successo per i ragazzi venuti prima, rimase stupita per le effettive dimensioni di quella “casa”.

Avvicinò la mano per suonare il campanello, ma esitò.

 

- perché esito? - si chiese – Ed mi ha assicurato che non è nulla di grave…eppure… - sospirò

 

Non sapeva che fare. Suonare, avrebbe significato scoprire il motivo per cui Ed, Edward e Al erano così strani ma in fondo al cuore non se la sentiva. Percepiva che sarebbe stato doloroso.

Rimase davanti al cancello per diversi minuti senza fare nulla. Aveva paura. Molta paura.

 

- Winry? -

 

La ragazza si voltò:

 vide, davanti a lei, una donna sui 40 anni, (portati magnificamente, secondo Winry)vestita in modi elegante,dai lunghi capelli biondi e dallo sguardo, a prima vista, severo.

Al suo fianco, aggrappata alla gonna, c’era una bambina dai capelli neri, raccolti.

 

- R…Riza! – esclamò Winry dopo lo shock iniziale

 

La presunta Riza, guardò dalla testa ai piedi la ragazza. Evidentemente era incredula di vederla a casa sua.

 

- Winry! Da quanto tempo! – esclamò infine sorridendo e aprendo il cancello

  

- già…passano veloci gli anni… - sospirò

 

 

---------

 

 

- entra pure! Roy è al lavoro e io sono a casa da sola con Sophie! Mi fa piacere che tu sia venuta! – esclamò facendola entrare e conducendola verso il salotto.

Winry si sedette sulla prima sedia che capitò. Li rimase immobile.

 

- senti Riza… - cominciò – sai quando torna Roy? -

 

- …?....stasera tardi presumo… perché? – chiese Riza sedendosi di fronte a Winry.

 

- vo…volevo chiedergli se per caso…sa cos’ è successo a Ed, Edward e Al… -

 

Riza si fece seria all’improvviso

 

- eh? - chiese

 

- è da ieri che sono strani….da quando sono tornati a casa, non mi parlano più…cercano in ogni modo di evitarmi…e quando provo a chiedere loro spiegazioni…cambiano discorso…. -

 

- s..sei sicura? Voglio dire….saranno stanchi e…. – cominciò Riza, agitandosi.

Winry, per tutta risposta le prese la mano e la guardò con sguardo speranzoso.

 

- ti prego Riza….in nome della nostra vecchia amicizia…se sai qualcosa dimmelo ti scongiuro! -

 

- …Winry… -

 

- sei sempre molto informata…sicuramente saprai cosa vogliono fare quei tre!  -

 

- … -

 

- anche se ciò provocasse in me altra sofferenza…anche se dovessi morire per lo shock, qui, in questo momento….io voglio saperlo! Voglio sapere cosa vuole fare Ed! -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** Prima della partenza: le parole che non ti ho detto ***


Capitolo 18 – prima della partenza: le parole che non ti ho detto.

 

Le parole che ti ho detto detto.

Le parole che ho cercato di dirti.

Le parole che non ti ho mai detto. Troppe.

In questi brevi istanti della mia vita, la cui ragione sembra essersi completamente cancellata, col tempo, con l’avanzare dei giorni, dei mesi, degli anni, mi ritrovo sola. Nuovamente. Ancora.

Cammino per le strade, accanto alla povertà, accanto a gente disperata, accanto a tante piccole vite che si spengono pian piano.

La Germania non è più quella di un tempo. Ne sono sempre stata consapevole.

Quella volta fosti partito per volere non tuo, ora invece…

 

- Ha..Hannover?! -

 

- si…devono andarci per conto dell’esercito….per portare a termine una “missione”… tutti e tre… -

 

ora comprendo tutti  i tuoi silenzi, i tuoi tristi sguardi, i tuoi sospiri. Avevi paura. Avevi paura di ferirmi, di rattristami. Avevi paura di uccidermi.

Però…anche se l’hai fatto per me, avresti dovuto parlarmene.

Quando salimmo all’altare, in quella calda primavera, quando ci scambiammo gli anelli, mi promisi che non mi avresti lasciata mai più sola, mi promisi che, qualunque cosa fosse successa, la sincerità sarebbe stata la cosa più importante…

 

- Io penso che non te lo abbiano detto per non rattristarti! Winry… -

 

- …  -

 

- devi capire le loro situazione…per quanto doloroso possa essere tu devi capire… -

 

 

Quella volta, andasti via da solo, te ne andasti con un’importante compito da portare a termine: combattere per il nostro paese. E io l’avevo capito. Ero riuscita ad accettarlo.

Ma ora…

Ora perché te ne vai? Perché mi lasci sola di nuovo?.

Mi avevi detto che non ci saremmo mai più separati, ricordi?

E allora perché?

Perché ti allontani?

Perché ti porti via anche nostro figlio?

Sono consapevole di non poterti stare accanto in simili momenti, ma non voglio perderti ancora una volta, senza sapere se mai ti rivedrò…

 

- sei sicura di stare bene? vuoi che ti accompagni alla stazione? –

 

- no…grazie…pre..preferisco fare due passi…  -

 

- d’accordo…ma fa attenzione!  -

 

- certo…  -

 

- … -

 

- Winry? -

 

- dimmi… -

 

- …non avercela con Ed…ne con Edward…e ne con Alphonse…lo hanno fatto perché ti vogliono bene…specialmente Ed...cerca di essere comprensiva…cercate di passare dei bei momenti insieme prima della partenza…senza dolore… -

 

- ... grazie…-

 

Ora io dovrei fingere? Fingere che non sia successo nulla? Fingere che tutto sia perfetto?.

Non so se ci riuscirò. Sono sicura che appena ti vedrò, quando i nostri occhi s’incroceranno, e tu mi abbraccerai, consapevole che forse sarà l’ultima volta, io vuoterò il sacco. Ma sono anche sicura che sarai tu a farlo al posto mio. forse. Se il tuo cuore ne sarà capace…se riuscirà a sopportare anche questo dolore…

 

-----------------------------------------------------------------

 

- …bleah… - esclamò Edward facendo finta di svenire

 

- che hai da lamentarti?! – chiese Ed con fare minaccioso

 

- su, su calmatevi… - sospirò Al

 

I tre ragazzi, dal momento che Winry non c’era, erano indaffarati a prepararsi da soli il pranzo.

Al sapeva cavarsela piuttosto bene ai fornelli, aiutato anche da un’insolita e silenziosa Christine.

Padre e figlio invece, erano proprio negati in cucina: avevano rotto  ben tre piatti ciascuno, nel tentativo tagliare la carne avanzata il giorno prima, con un coltello non molto affilato.

Inoltre, Ed si era cimentato nel preparare una zuppa di pomodoro, ma il risultato non era ciò che aveva sperato. Edward ne aveva, infatti, pagato le conseguenze, assaggiandola.

 

- che orrore… - sospirò bevendo litri e litri di acqua

 

- ma va! È che non sai apprezzare… - esclamò Ed irritato

 

- è asprissima! Che diavolo ci hai messo?! -

 

- ho controllato dieci volte la ricetta che mi ha dato Winry! Ci ho messo tutto! -

 

In quel mentre, Al intervenne

 

- fammela assaggiare Ed… -

 

- ?...tieni… -  disse Ed passandogli un cucchiaio

 

Al si avvicino alla cosiddetta zuppa. Fece un lungo sospiro. Esitava ad immergere il cucchiaio in quell’intruglio che Ed chiamava “prelibatezza”, ma poi, osservando il volto speranzoso del fratello, si convinse ad assaggiarla.

In un primo momento non sentì nulla, nessun gusto particolare. La mandò giù lentamente, molto lentamente. Poi, pian piano cominciò ad avvertire un bruciore alla gola. Era insopportabile. La sua espressione divenne strana e il suo viso cominciò ad avere un colorito insolito.

 

- z..zio? ti senti bene? – chiese Edward preoccupato

 

- Al? – esclamò Ed

 

- a….a…. – cominciò a dire il povero Al toccandosi la gola

 

- cosa? -

 

- …a……..a….a… - continuava stremato

 

- zio! – esclamò Edward correndo verso di lui

 

- a…a… -

 

- …ancora?…ne vuoi ancora? – chiese Ed avvicinandosi

 

- ACQUAAAAA!!!!! -  urlò Al prendendo velocemente la caraffa e cominciando a bere velocemente

 

Edward e Ed rimasero immobili e confusi, specialmente quest’ultimo: per un attimo aveva quasi creduto di aver ucciso il fratello!

 

- visto? Era disgustosa… - sospirò Edward rivolto al padre

 

Ed era su tutte le furie

 

- …chi…CHIUDI QUELLA BOCCA TUUU!!! – urlò prendendo il figlio per il collo. Una mossa che ricordava molto quella di Winry, quando era infuriata.

 

- mi..MI STAI STROZZANDO!! MOLLAMI!! -  urlò a sua volta Edward

 

- RIPETI CHE FA SCHIFO SE NE HAI IL CORAGGIO!!! -

 

- LASCIAMIII!!! -

 

- coff…coff…ragazzi calmatevi… - esclamò Al ripresosi dallo “shock”

 

I due lo guardarono minacciosi

 

- non ti intromettere!!  - dissero in coro

 

- ...urgh! – esclamò indietreggiando

 

- …SE NON SAI CUCINARE NON E’ COLPA MIA!!!! -

 

- …AH SI?! ALLORA, FORZA! PERCHE’ NON PROVI AD ASSAGGIARLA?! -

 

- SCORDATELOOOO!! -

 

- DAI! SOLO UN ASSAGGIO! – urlò Ed cercando di infilare nella bocca del figlio, quell’intruglio

 

- NOOOOOOO!!!!! -

 

 

- ehm…scusate? -

 

 

- Uh? -

 

I due si bloccarono subito, specialmente Edward.

Christine era in piedi davanti a loro. Era piuttosto pallida e sembrava molto stanca.

 

- Christine? – chiese Al

 

- …io… - cominciò osservando più di tutti, il volto interrogativo di Edward.

Il ragazzo, distolse subito lo sguardo, cosa che a Christine parve molto sospetta.

 

- io andrei a letto ora… - esclamò

 

- ma come? – chiese Ed sorpreso

 

- non resti a mangiare? A parte la schifezza che ha preparato Ed, io so cucinare abbastanza bene… -

 

- CHE COSAAA??!!! – urlò Ed

 

- grazie ma…sono stanca…ho delle fitte alla testa…sarà meglio che riposi… - sospirò lei

 

- …va bene allora… - esclamò Al – mi raccomando però…se ti serve qualcosa chiamaci! -

 

- certo! – sorrise lei

 

Detto questo, uscì dalla stanza.

 

 

 

Non appena Christine se ne fu andata, in cucina cominciò a  regnare un insolito silenzio.

Tutti si sedettero e cominciarono a mangiare.

L’atmosfera, che fino a poco prima era stata allegra, si era fatta più cupa e pesante.

Ed continuava a guardare l’orologio, come in attesa di qualcosa.

 

- fratellone…come mai osservi l’orologio? - chiese Al

 

- Winry…deve ancora arrivare… -

 

- …aveva detto che sarebbe tornata verso le tre no? -

 

- …si…lo so ma…. -

 

Nessuno andò oltre

 

- hai paura che l’abbia scoperto? – disse Edward all’improvviso

 

- … - Ed non rispose

 

- se lo venisse a sapere da qualcuno che non siamo noi…penso che non ce lo perdonerebbe… - continuò il figlio

 

- si ma Ed glielo dirà! – intervenne Al – vero fretellone? -

 

- … -

 

- fratellone! -

 

- non lo so! – esclamò Ed

 

- devi dirglielo! Domani dobbiamo partire! -

 

- la farei soffrire, se le dicessi che devo partire di nuovo portandomi dietro anche nostro figlio! -

 

- soffrirà comunque vedendo che domani, quando si alzerà da letto, non ti troverà! -

 

- … -

 

Ed non ebbe più parole per ribattere. Abbassò immediatamente lo sguardo.

Al aveva, ancora una volta, regione su tutto.

Ma in fondo lo sapeva, sapeva che Al era sempre stato un ragazzo diligente, calmo e riflessivo.

Lui, invece era l’opposto:  testardo, impulsivo ed orgoglioso, e forse, questo suo carattere, gli aveva impedito di dire a Winry come stavano veramente le cose.

 

- io… - esclamò Edward alzandosi e prendendo un piatto – io porto un po’ di carne a Christine… -

 

- d’accordo…cerca di non rovesciare nulla… - sospirò Al

 

- …siiii… - esclamò il ragazzo sentendosi un po’ stupido.

 

 

 

 

Edward, salì lentamente le numerose scale di legno. Camminava adagio, per paura di rovesciare il contenuto del piatto.

Per tutto il percorso non fece altro che sospirare, e quando arrivò nella stanza di Christine, rimase immobile davanti alla porta.

Provò a bussare, ma la mano gli tremava. Fece per colpirsi al testa con un pugno: era davvero uno stupido!

Si decise ad entrare, bussò, ma Christine non rispose.

 

- starà dormendo?  - si chiese

 

Allora, aprì piano la porta. Come aveva sospettato, la ragazza stava dormendo nel suo caldo letto.

Aveva un sguardo angelico ed un’espressione dolce anche quando era addormentata.

Edward arrossì vistosamente a quella vista.

Si avvicinò con cautela al letto della giovane, poggiò il piatto fumante sul comodino e si sedette per terra accanto al letto, con le braccia incrociate sotto il mento. Non se la sentiva di svegliarla.

Osservò la ragazza rigirarsi sul letto per diversi minuti, durante i quali, Edward sentiva il proprio cuore battere all’impazzata.

 

- stupido! Non è il momento per ‘sto batticuore! -

 

La guardò nuovamente agitarsi nel sonno. Arrossì di nuovo.

Con una mano, delicatamente le accarezzò i lisci e morbidi capelli.

Avrebbe tanto voluto rimanere lì in eterno, a toccarla e a guardarla.

 

- ehm…forse dovrei svegliarla… - pensò  - …ma cosa penserà nel vedendomi?! – si chiese agitato

 

- oddio! Penserà che sono un maniaco!!!! …macchè…non stavo facendo nulla di male!  -

 

Nel continuo cercare una risposta da dare alla ragazza, Edward per sbaglio, muovendo un po’ troppo il gomito, urtò il comodino acanto al letto, facendo cadere a terra il piatto con il suo caldo contenuto.

Il guaio, è che gli cadde, praticamente sopra il piede.

 

- AAAAHHH!! SCOTTA!!!! – urlò cercando di alzarsi da terra.

Ma mentre lo faceva, perse l’equilibrio e cadde…sopra la ragazza addormentata!

 

- che male… - sospirò massaggiandosi la testa - ….oddio??!!e adesso?!! – si chiese vedendo in che razza di situazione si era cacciato.

Sfortuna volle che la ragazza, sentendo il peso sopra di lei, cominciò a svegliarsi piano piano.

Christine, aprì leggermente gli occhi: si ritrovò davanti il viso arrossito di Edward a cinque centimetri dal suo.

Restò immobile per qualche momento, ancora leggermente confusa.

- ehm…posso spiegare tutto!! – esclamò il ragazzo alzandosi all’improvviso, osservando Christine diventare rossa all’istante. Rossa di rabbia, evidentemente.

 

- …..AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHH!!!!!!!  -

 

 

 

 •·.·´¯'·.·•• ·.·´¯'·.·• •·.·´¯'·.·•• ·.·´¯'·.·•

 

 

- ripeto che è stato un incidente! – aveva esclamato Edward più tardi, al cospetto di padre e zio.

Christine, era seduta poco lontano da lui, lo guardava stranamente. Era bordeaux  in volto.

 

- tu non ce la racconti giusta… - esclamò Al sospirando

 

- vi assicuro che è come ho detto io!!! -

 

Ed si avvicinò al figlio e gli mise una mano sulla spalla, come per compatirlo.

 

- Ed… - sospirò Edward con gli occhi languidi – tu mi capisci?  -

 

Ed sorrise dolcemente

 

- certo Edward…  - disse allegramente  - …ma la prossima volta, arriva al dunque senza indugiare! Capisci che intendo? – sorrise malignamente

 

- MA CHE DIAVOLO STAI DICENDOOO!! >////< -

 

- eddai! Scherzavo!!  -

 

- parli parli…ma per dire a Winry “usciamo insieme” hai aspettato mesi… - sospirò Al rassegnato

 

- E QUELLO CHE CENTRA?! -

 

 

DLIN DLON!DLIN DLON!

 

 

- mh? Hanno suonato alla porta… -  esclamò Al

 

- sarà Winry? – si chiese Ed un po’ titubante

 

- vado io ad aprire! – disse Christine alzandosi e correndo alla porta.

Senza indugiare, la aprì velocemente. Si ritrovò davanti una Winry, tutta bagnata, per via del grosso temporale che si era scatenato al suo ritorno da Central City.  Il suo volto, oscurato dai capelli biondi che le ricadevano in avanti, aveva un colorito spento, quasi spettrale, mentre i suoi occhi azzurri sembravano completamente smarriti di fronte a Christine.

 

- signora!...ma  cosa le è successo? – esclamò la ragazza preoccupata

 

Winry avanzò oltre il pianerottolo a sguardo basso, senza rispondere. Entrò in casa, sentendo dietro di se la porta che si chiudeva.

 

- Winry! -  Esclamò Ed correndole in contro – finalmente sei tornata! -

 

- … - lei non rispose

 

- so che avevi detto che saresti tornata verso le tre ma avevo paura lo stesso… stupido vero?  - esclamò sorridendo

 

- fr..fratellone..! – lo chiamò Al preoccupato

 

- su ora riposati!  - esclamò Ed rivolto ad una Winry meno allegra del solito – devi esserti stancata! Aspetta…vado a preparati il letto… - disse voltandosi e salendo le scale

 

- sono andata da Riza stamattina…  - esclamò all’improvviso Winry

 

Ed, a sentire quelle parole, si fermò di scatto. Sia Edward sia Al guardarono Winry preoccupati, mentre Christine non capiva cosa stesse succedendo.

 

- …ah si…? – chiese Ed senza voltarsi

 

- abbiamo parlato di molte cose… - esclamò di nuovo stavolta con più acidità

 

- e.. – cominciò Ed col cuore in gola per l’ansia – e che cosa ti ha detto? – chiese cercando di sembrare tranquillo

 

- NON LO IMMAGINI?! – urlò la donna senza esitare

 

Ed sospirò.  Ciò che aveva temuto, il suo peggiore incubo si era infine concretizzato. Si girò lentamente verso la moglie, evitando di guardarla negli occhi, occhi pieni di rabbia.

 

-…si…me lo immagino… - esclamò infine – e ti posso anche spiegare tutto!  -

 

- COSA C’E’ DA SPIEGARE?! – urlò nuovamente Winry

 

Ed le si avvicinò, ma la donna indietreggiò non appena lui provò a sfiorarle la mano.

 

- fammi il favore! – disse secca

 

Tutti rimasero in silenzio.

 

- perché? – chiese nuovamente Winry  - perché non me l’hai detto?! -

 

- te l’avrei detto… - esclamò Ed

 

- tsk! Quando?! Domani mattina forse? Appena ti fossi svegliato? -

 

- te l’avrei detto ora! - disse Ed con decisione

 

- SAREBBE STATO COMUNQUE TARDI!!! -

 

- …  - Ed non rispose

 

- 15 anni fa…eri partito dicendomi che saresti tornato presto…!  -

 

- NON E’ STATA UNA MIA SCELTA! NON SAPEVO QUANTO SAREBBE DURATA QUESTA MALEDETTA GUERRA! – urlò Ed senza saperne il motivo

 

- …E ORA TI PORTI IN BATTAGLIA ANCHE NOSTRO FIGLIO?! -

 

- non te lo sto portando via! – esclamò Ed sconvolto quanto Winry

 

- e allora perché?! Perché dovete andarci tutti e tre?! -

 

- … -

 

- Winry…cerchiamo di ragionare ti prego! - intervenne Al

 

- per favore Al! Non ti intromettere! Da te non mi sarei mai aspettata nulla di più stupido! Soprattutto nelle tue condizioni attuali! -

 

- …. – Al non disse più nulla

 

Ed era ancora più confuso di prima.

 

- e tu guardami quando ti parlo!! – esclamò nuovamente Winry girandosi verso il marito

 

- ti sto guardando! – disse lui –… e vedo una donna disperata e arrabbiata col proprio marito…. -

 

- … -

 

- so di averti ferito decidendo di non dirti nulla…e mi dispiace!  -

 

- …dire “mi dispiace” ora è un po’ poco…non ti pare? -

 

- … -

 

- perché non te ne stai a casa tua tranquillo, invece di andare in giro a farti ammazzare? Anche quando eravamo più piccoli facevi così! -

 

- me lo ricordo…ma essere un alchimista significa anche quello…significa sacrificarsi per le persone… -

 

Edward e Christine, sebbene in diversi ambiti, erano stupiti ed estasiati da quelle parole così sagge, ma anche così tristi.

 

- … -  Winry riprese la calma, vedendo che Ed aveva abbassato lo sguardo di colpo

 

- e il sacrificio è necessario per portare a compimento i propri desideri… - disse toccandosi l’automail

Restarono nuovamente in silenzio. Stavolta più a lungo.

Christine, che aveva capito fin troppo bene la situazione, cercò una risposta guardando Edward accanto a lei. Lui, non appena se ne accorse, si voltò subito dall’altra parte, cosa che rattristì la ragazza.

In quegli attimi, il volto di Winry si addolcì un poco. Ed, cercò di avvicinarsi nuovamente a lei. Le prese le mani. Questa volta lei non indietreggiò mai il suo sguardo era ancora contrario.

Lui, le baciò delicatamente la mano destra, poi tornò a guardarla.

 

- perdonami… - esclamò

 

- … -

 

- …perdonami… - ripetè. Erano le stesse parole che aveva pronunciato il giorno in cui era tornato. Aveva così tanto da farsi perdonare. Così troppi peccati da espiare…

 

Dagli occhi di Winry scese una piccola lacrima, che simboleggiava ancora una volta, il suo desiderio di essere amata, di essere accettata, di non essere lasciata più sola.

 

- stringimi ti prego… - sospirò aggrappandosi al petto di Ed, che aveva ancora nitide nel suo cuore, le parole dolorose che Winry gli aveva detto poco prima.

Ed contraccambiò la richiesta. La strinse più forte che poteva. Questa volta non voleva lasciarla andare, non voleva abbandonarla. Almeno ora, poteva stringerla…poteva toccarla…poteva amarla…

 

 

Ore 18.00

 

 

 

L’atmosfera pesante di quel giorno, aveva fatto capire a molte persone che ci voleva davvero molto coraggio per riuscire a separarsi dai propri cari, dalla propria famiglia, da una parte di se.

Tutti ne erano convinti. Tutti, soprattutto Christine, seduta sull’erba della verde collina in cui viveva da ormai molte settimane.

Da lassù, si vedeva la cittadina di Rizembool, accendersi di colori e vitalità.

Ogni luce, pensava la ragazza, simboleggiava una vita umana, una piccola vita che percorreva il suo cammino. Un cammino duro. Il cammino della sopravvivenza.

 

- …ehi… -

 

La ragazza si voltò: Edward apparve davanti ai suoi occhi. Aveva un espressione afflitta.

 

- posso sedermi con te? - chiese

 

- … certo… - disse lei ridendo lievemente

 

 

Restarono a guardare il panorama per diverso tempo. Osservavano il sole farsi sempre più piccolo, e poco nitido, osservavano il contadino tornare a casa dopo la lunga giornata di lavoro, osservavano la madre andare a passeggio con la figlioletta, pensando solo alle cose belle che la vita gli aveva donato.

Ma a loro, la vita cosa aveva regalato? Si chiedevano.

Nessuno dei due sembrava procinto a parlare.

 

- …sai… - disse all’improvviso Christine – un po’ me l’aspettavo… - sospirò

 

- eh? – esclamò Edward voltandosi verso di lei – che hai detto? -

 

- sospettavo…che prima o dopo te ne saresti andato… - disse lei diventando cupa

 

- ..ah… - il ragazzo non sapeva cosa dire

 

- ho sempre saputo che il tuo più grande desiderio era quello di salvare il tuo amico… -

 

- …tu…tu non vuoi che me ne vada?  -le chiese timidamente

 

Christine arrossì lievemente

 

- no…! Non è che non voglio…il fatto che tu voglia salvare chi ti sta a cuore ti rende onore….ma… -

 

La ragazza si girò del tutto verso di lui e lo fissò negli occhi

 

- …ho paura per te! -

 

- ….ma che dici?! Non…non ti devi preoccupare! So badare a me stesso!  -

 

- lo so! So bene che sei abile con l’alchimia e che te la sai cavare ma…li sarà diverso! Dovrai affrontare orrori e pericoli che nemmeno immagini! -

 

- io so a cosa vado incontro! E so anche cosa rischio! -

 

- … - Christine non seppe rispondere  - …e sai anche…quel che io ti ho tenuto nascosto? -

 

- ….co…cosa?! – esclamò Edward stupito

 

Christine esitò. Le mani le tremavano e il cuore le batteva all’impazzata.

 

- dimmelo Christine!  - insistette Edward

 

- …io…io… - la ragazza fece un enorme sospiro  - perché credi che io sia qui con te…ora? -

 

- …come “ perché?” perché ti ho salvato e ti ho portato a casa mia! Che centra scusa?! -

 

- ….io non sarei qui ora se non fosse per te…è vero…ma tu non sei l’unica persona che mi ha salvato nel corso della mia vita… -

 

- che vorresti dire? – chiese Edward agitandosi

 

- …15 anni or sono…io e mia madre ci trovavamo a Berlino…a quel tempo c’erano numerose rivolte e spesso molte persona ne venivano coinvolte…l’esercito era spietato e giustiziava centinaia di persone nelle piazze, di fronte a tutti… - disse tristemente

 

Edward ascoltava impietrito

 

- …io non me lo ricordo…ero troppo piccola…ma quel giorno…io e mia madre saremmo morte…se non fosse stato per “quella persona”…che ci salvò la vita esponendo la propria alla morte.

 

- quella persona vi salvò? E chi era? Un vostro compaesano? Un amico? – chiese Edward tremante

 

Christine esitò nuovamente

 

- la persona che ci salvò…era un militare…un militare che sarebbe stato ricordato negli anni avvenire per le sue numerose ed eroiche gesta… - continuò

 

Edward la fissò intensamente negli occhi, non sapendo se voleva ascoltare o meno il resto della storia…

 

- …quel militare….era tuo padre! Edward Elric, il FullMetal Alchemist! -

 

Il ragazzo si sentì sprofondare. Un dolore atroce lo aveva colpito in pieno petto.

Osservò Christine, seria come non mai, ma anche triste, triste per avergli detto una verità così assurda i un momento così delicato. Ma non poteva più tenersi tutto dentro. Non ci riusciva.

 

- è…è vero..quello che mi hai detto? – chiese Edward tremando

 

La ragazza abbassò lo sguardo e annui

Edward si alzò in piedi all’improvviso. Il vento si era alzato bruscamente.

Il giovane fece per voltarsi e andarsene.

 

- ti prego…non andartene! -  esclamò Christine

 

- … - Edward rimase immobile

 

- …scusami…non volevo turbarti di nuovo…ma non volevo mentirti più… - disse lei arrossendo lievemente mentre gli occhi le si arrossavano

 

- perché non me l’hai mai detto…in tutto questo tempo… -

 

- perché avevo paura! Avevo paura…di perderti!  -

 

- … -

 

- tu eri ancora arrabbiato con tuo padre…ho pensato che non fosse il caso di farlo…solo per quest.. -

 

Christine non finì la frase in tempo, Edward le era andato in contro, abbracciandola intensamente.

 La ragazza arrossì vistosamente, lui fece altrettanto.

 

- sei proprio una sciocca lo sai?! – esclamò Edward stringendola a se – pensi che basti questo per farmi separare da te?! -

 

- …Edward…io… -

 

- non dire nulla! Anch’io ho le mie colpe! -

 

- perdonami…per le parole che non ti ho mai detto… non ne avevo il coraggio… -

 

- stupida! Non hai niente da farti perdonare… -

 

 

Restarono abbracciati per molto tempo, non gli importava se qualcuno potesse vederli. Ora non aveva alcuna importanza.

Dalla piccola finestra di casa Elric, Edward e Winry osservavano la scena. Sorridevano lievemente.

 

- …la gioventù…è una cosa che mi sorprende sempre… - sospirò Winry – i giovani non hanno paura di nulla, sono intraprendenti…e a volte anche più saggi di noi adulti… -

 

Ed sospirò, le mise un braccio attorno al collo.

 

- siamo giovani anche noi… -

 

- tsk! Magari… -

 

Nessuno parlò per diversi minuti

 

- sai a cosa stavo pensando? - esclamò Ed

 

- no… -  

 

- nostro figlio…ormai si è fatto uomo… -

 

- già… -

 

- non ho potuto vederlo nel corso della sua infanzia…non ho potuto vederlo crescere, giocare, imparare cose nuove…. – sospirò – ma almeno…ho potuto vederlo innamorarsi…ed è una cosa…che mi mette una certa allegria…  - disse sorridendo

 

- e noi? Quanto dureremo ancora? – chiese Winry tristemente

 

- … -

 

- domani ve ne andrete…e io resterò sola…ad aspettarvi…. -

 

- … -

 

- come farò a sapere se tornerete? -

 

Ed poggiò una mano sulla guancia della moglie e con l’altra, toccò il suo grembo, che molto tempo prima aveva dato vita alla loro gioia più grande.

 

- finchè avremo vita…noi staremo insieme! Anche se non ci vedremo o sentiremo…noi staremo insieme…il nostro cuore sarà sempre unito! -

 

- Ed… -

 

- ti giuro che proteggerò Edward anche a costo della mia vita! Non permetterò che muoia! -

 

- …cercate di tornare tutti e tre piuttosto…  - sospirò Winry

 

- …tra poche ore ci separeremo… - esclamò Ed – ma almeno questa notte…vorrei che la passassimo insieme… -

 

E la baciò dolcemente, mentre una brezza fresca entrava dalla finestra semi aperta.

 

 

 

-----------------

 

 

 

 

Intanto, chiuso in camera sua, che si trovava accanto a quella di Edward, Al stava consultando un vecchio testo di alchimia.

Era pensieroso con un espressione serie e preoccupata.

Prese un paio di guanti grigi, e ci disegnò sopra dei cerchi alchemici., perché il suo vecchio paio, lo aveva regalato a Edward tempo prima.

Poi, prese una matita, la poggiò sopra la scrivania. La fissò intensamente. Chiuse gli occhi e unì le mani tra loro.

Poi, con un abile gesto,  le poggiò sopra la matita.

Una luce viola illuminò la piccola stanza, la cui fonte di luce, era solo una piccola candela. La luce divenne più intensa. Forse troppo.

Al venne scaraventato a terra da troppa energia. Sbattè violentemente sul pavimento.

Rimase immobile finchè la luce non ebbe cessato.

Si rialzò a fatica, era sudato e continuava a stringersi la meno sinistra, che sembrava dolorante.

 

- a..accidenti… - esclamò a fatica – non riesco nemmeno a fare una semplice trasmutazione… -

 

Si risedette alla scrivania e osservo che ne era stato della matita: al suo posto c’era solo un enorme cumulo di polvere e legno bruciato.

Sospirò, si toccò nuovamente la mano sinistra, che tremava.

 

- maledizione…di questo passo…sarò solo un peso… -

 

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Capitolo 19
*** Ultima tappa: Hannover! ***


Capitolo 19 – ultima tappa: Hannover!

 

Erano le nove di mattina.

Faceva freddo. Tanto freddo.

Ed, avvolto nella sua morbida coperta, si svegliò, sentendo il rumore del vento che, dall’esterno, picchiava sulle bianche pareti della casa.

Il colonnello, si stiracchiò alzando le braccia al cielo, sorrise lievemente.

Poi, posò lo sguardo alla sua sinistra: lì, addormentata, giaceva la sua amata Winry.

 

- forse…non è il caso di svegliarla… - sospirò alzandosi piano, senza far rumore.

 

Si vestì, con la sua uniforme che, pochi giorni prima, era stata lavata e curata dalla moglie, e cominciò ad abbottonarla, guardano il paesaggio dalla finestra. Era tutto bianco.

Ogni albero, ogni casa, ogni campo….

Evidentemente quella notte aveva nevicato parecchio.

Nel afferrare una delle tante spille che indossava (compresa anche quelle delle “ss”) nella divisa, urlò per caso una sedia posta vicino alla sua scrivania.

Lì, appoggiata con cura, senza nemmeno una macchia, vi era l’uniforme che fino a poco tempo prima era appartenuta a Ivan.

Restò immobile ad osservarla. Poi si avvicinò lentamente e la prese con cautela, facendo cadere il biglietto, con il quale quella divisa, era arrivata nelle sue mani. Un biglietto, che poi si era scoperto, appartenere a Roy. Lo raccolse maledicendo la sua sbadataggine, poi lo lesse:

 

“abbine cura”

 

 

Quelle piccole, semplici parole erano , per Ed un macigno insopportabile da trasportare.

Perché rappresentavano la prova che Ivan se ne era andato per sempre da quel mondo, erano la prova che nulla sarebbe rimasto come prima.

Una volta vestito, scese al pian di sotto, pensando di essere stato il primo a svegliarsi.

Aprì leggermente la porta della cucina, e vi trovò, seduti e pensierosi, Edward e Al.

 

- ben svegliato fratello… - sospirò al sorridendo

 

- anche a voi… - esclamò Ed entrando

 

- …dormito bene? – chiese Edward bevendo un sorso di te

 

Ed ci pensò un pò

 

- magnificamente! – concluse con un sorrisino

 

- buongiorno signor Ed! – esclamò una voce dietro di lui

 

- salve a te Christine… - esclamò

 

La ragazza era ancora in pigiama, aveva sopra le spalle un maglione, probabilmente, fatto a mano, e lo teneva stretto a se, per il freddo che c’era in quella pallida mattina di Novembre.

 

- Christine! – esclamò Edward  - credevo fossi a letto! -

 

- non avevo più sonno…e poi….fa così freddo che nemmeno a letto si sta bene… - disse tossendo

 

- Winry sta ancora dormendo? – domandò Al a Ed

 

- si…deve essere stanchissima…ho pensato fosse meglio lasciarla riposare –

 

- ma quale riposare…. – esclamò una seconda voce femminile

 

 

Winry era lì, in piedi davanti a loro, scalza e con addosso una maglietta che, presumibilmente, apparteneva a Ed.

Aveva i capelli arruffati e uno sguardo “sfinito” dalla stanchezza.

A quanto sembrava, la donna non sentiva il freddo che percepivano gli altri.

 

- Winry…ma come ti sei conciata… - esclamò Ed coprendosi il viso dalla vergogna

 

- quante storie…ho preso la prima cosa che ho trovato… - si scusò lei

 

Ed divenne rosso fuoco non appena Winry pronunciò quelle parole.

 

- la..la prima cosa?! – esclamò Al distogliendo lo sguardo da lei

 

Tutti, compresa Christine, erano abbastanza imbarazzati, e cercavano di fare altro, lasciando Ed solo e alle prese con la consorte.  

 

- ci..ci sono 5 gradi fuori!! Vatti a vestire!!!! - esclamò

 

- ma io ho caldissimo!!! -

 

- ma ti sei fusa il cervello??!! - disse Ed mettendole la giacca della divisa attorno al collo

 

- dico davvero!!! –

 

- non essere ridicola! Forza ti accompagno di sopra! -

 

- …uffa… -

 

 

 

Pochi minuti più tardi, tutta la famiglia Elric, ancora leggermente frastornata dall’episodio di poco tempo prima, si era ritrovata a fare colazione in tranquillità, erano silenziosi.

Addentavano il proprio pezzo di pane senza proferire parola, come se quell’attimo di allegria non ci fosse mai stato…d’altronde, come poteva esserci felicità, sapendo cosa attendeva i  tre ragazzi da li a poco?.

 

- quando…quando dovrebbe arrivare Roy? – chiese Winry all’improvviso

 

- …tra non molto…penso… - sospirò Ed smettendo di mangiare

 

- ah… -

- ma non devi preoccuparti Winry! – intervenne nuovamente il colonnello – si tratta solo di una piccola ispezione! –

 

Winry lo guardò male, poi si alzò dalla sedia.

 

- forse è meglio che vada a preparare i tuoi bagagli Ed! –

 

- lascia stare…va a riposarti piuttosto! -

 

- tsk! -  esclamò stizzita, scomparendo dalla porta

 

 

Ed tornò alla sua colazione.

Mentre stava per ingoiare del pane con la marmellata, si accorse dello sguardo contrario di tutti i familiari, compreso quello di Christine, anche se leggermente.

 

- che c’è?! - chiese

 

- dovresti stare un po’ con lei! – esclamò Al

 

- … -

 

- ci tiene! E tu lo sai! -

 

- ma io… -

 

- fratello! -

 

- … - 

 

Ed, rassegnato, si alzò anch’esso.

 

- e va bene…vado a parlarle…. – disse uscendo

 

 

----------

 

 

 

Winry intanto, stava sistemando i bagagli di Ed. anche se non aveva la minima idea di cosa mettere nella grande borsa vuota. Non sapeva nulla di ciò che “davvero” voleva fare il marito.

Riza le aveva chiesto di avere fiducia in lui e non solo, gli aveva chiesto di essere felice prima della partenza….

Ma non c’era riuscita.

Solo il giorno prima, aveva tirato fuori tutto il rancore e l’amarezza che aveva tenuto nascoste per anni e anni, cercando di sembrare una donna forte, come tutti credevano…ma in verità era fragile e insicura e più passava il tempo, più si rendeva conto di aver buttato via la sua vita, tempo addietro, per cose futili, quando invece avrebbe dovuto occuparsi di più di Ed e Al…le persone più care che aveva.

Inseguendo quegli strani pensieri, mise sopra il letto la borsa e cominciò a metterci dentro i vestiti senza stropicciarli.

 

- ti do una mano… -

 

Winry si voltò sentendo la voce di Ed

 

- …no…non è necessario… - Esclamò Winry continuando il suo lavoro

 

- …dai…meglio in due che da sola no? – disse lui aiutandola

 

- … -

 

- rimasero in silenzio, ognuno facendo una parte del lavoro senza guardasi nemmeno per un istante. Forse entrambi avevano timore. Timore di dire qualcosa che potesse far soffrire l’altro.

 

- ne…ne sei sicuro…Ed? – chiese Wnry

 

Il giovane smise di lavorare e sospirò.

 

- …si… - disse infine

 

Winry ebbe una morsa al cuore

 

- e…e non c’è nulla…che possa farti cambiare…idea? – chiese nuovamente

 

- … -  lui non rispose

 

- …capisco… - sospirò infine abbassando lo sguardo

 

- …se potessi…non ti lascerei da sola…lo sai… - esclamò Ed dopo qualche minuto

 

- si… - disse lei. Ma il tono della sua voce sembrava dire il contrario

 

- …devo mantenere la mia promessa….e dovrò pur incominciare da qualche parte…. -

 

- …e…perché proprio in quel campo di concentramento? -

 

- …perché…. -  Ed guardò Winry negli occhi  - …anche Edward….ha un compito…ma sia io che te sappiamo bene che per lui potrebbe essere pericoloso… -

 

- si ma non capisco perché… - cominciò Winry

 

- ….e devo proteggerlo! Stando con lui potrò proteggerlo! – la interruppe – lo proteggerò insieme ad Al! -

 

Winry abbassò lo sguardo di nuovo sentendo quel nome, sentendo il nome di Al. Sospirò e strinse forte le mani.

Adagio, le avvicinò a quelle di Ed e le prese, poggiandole sopra le sue.

 

- Ed… - chiese

 

- dimmi? –

 

- …ascolta…c’è una cosa che devo dirti…. –

 

- …? Cioè? – chiese Ed

 

- ecco… - continuò Winry - …proteggi Edward…te stesso….ma proteggi anche Al! -

 

- eh?! -

 

- forse non sembra….ma tuo fratello ne ha bisogno quanto nostro figlio!...forse di più! -

 

- che vuoi dire? - chiese Ed preoccupandosi

 

- … -

 

All’improvviso, Al si presentò davanti all’uscio della porta, interrompendo i due coniugi.

 

- è…è arrivato Roy…. – esclamò tristemente

 

Nessuno rispose. Winry abbassò gli occhi mentre Ed sospirò. Poi, mise le ultime cose in borsa e si alzò da letto.

 

- eccomi… -  disse infine uscendo, lasciando soli Winry e Al.

 

La donna si girò verso il cognato con sguardo preoccupato, ma lui non ci fece caso. O forse non volle farci caso. Poi, insieme, scesero e  si diressero verso il soggiorno.

 

- eccoti Alphonse! – esclamò Roy non appena li vide arrivare

 

- mi scusi per l’attesa… - disse quest’ultimo sorridendo

 

Roy, con fare rispettoso, salutò anche Winry, che contraccambiò anche se un po’ amareggiata.

La donna non aveva molto in simpatia il Generale.

Molti anni addietro infatti, senza volerlo, Roy (in quel tempo un semplice soldato), aveva ucciso i genitori di lei, due dottori mandati sul campo di battaglia per salvare vite umane.

Winry col tempo aveva messo da parte il rancore verso quell’uomo, ma conservava ancora dentro di lei, astio che non le permetteva di perdonare.

 

- orsù dobbiamo andare! Il treno parte tra un ora! – esclamò Roy andando verso la porta d’ingresso

 

- generale…un po’ di tregua la prego! – esclamò Ed arrivando dal soggiorno in uniforme militare

 

Roy lo scrutò da cima a fondo

 

- era da tanto che non ti vedevo con l’uniforme! – disse sorridendo

 

- ma che dice?! – chiese Ed indignato

 

- generale! Aspettiamo ancora! Edward non è qui! – esclamò Al

 

- mh? – si stupì Roy – e dov’è?! -

 

- deve essere con Christine! Si staranno salutando… - esclamò Winry sospirando

 

Roy abbassò lo sguardo. Tutte fecero lo stesso, nessuno escluso.

 

- …è difficile per tutti… - disse infine

 

 

---------

 

 

 

- ti sei dimenticato questo… -  aveva esclamato Christine ponendo a Edward il suo libro di Alchimia

 

- non penso che mi servirà laggiù… - sospirò lui

 

I due ragazzi si trovavano ancora in camera di Edward e stavano, anche loro, sistemando le valigie, pronti per darsi l’ultimo saluto.

 

- magari ti può essere utile comunque..… - disse nuovamente la ragazza

 

Edward osservò attentamente l’oggetto, poi, lo prese dalle mani di Christine e lo gettò nella borsa. Sistemato anche quello, continuò a fare altro.

 

- forse sarebbe opportuno che tu ti portassi anche un magione…farà freddo… - continuò Christine  -…e magari anche qualche coperta e un po’di cibo…e poi… -

 

- Christine! Ti prego!  - esclamò Edward seccato

 

- …. – la ragazza rimase tristemente in silenzio - …scusami… -

 

- …lascia perdere… - disse lui guardandola - …però non ti devi agitare in questo modo…mica sto via mesi! -

 

- …si lo so…-  sospirò lei

 

Edward vedendo il suo volto spegnersi all’improvviso, e il suo corpo cominciare a tremare, delicatamente le mise una mano tra i capelli e cominciò ad accarezzaglieli, come per confortarla.

 

- non ti metterai a piangere vero?! - esclamò

 

- …n..certo che no! – sorrise lievemente, mentre piano piano le lacrime le colavano giù dal viso

 

- …e quelle che sono allora?  - domandò lui asciugandole con le mani

 

- sarà una tua impressione… -

 

Il ragazzo allora, un po’ infastidito, la prese e la portò a se. Il tutto, arrossendo vistosamente.

 

- sei davvero poco naturale… - esclamò

 

Lei alzò lo sguardo per poterlo osservare meglio

 

- anche…anche tu lo sei se è per questo! -

 

Si guardarono intensamente. Edward all’improvviso provò quasi le stesse sensazioni di poche settimane prima, quando aveva regalato a Christine il medaglione.

Come la volta precedente, non riusciva a muovere un muscolo, gli occhi di lei erano penetranti a tal punto che la sua anima ci si perdeva dentro. Questa volta però era diverso. Non c’era nessuno a guardarli, nessun rimorso o rimpianto li avrebbe fermati questa volta.

Si avvicinarono ancora. Lei cominciò a toccare il volto di lui mentre Edward, con le mani, la accarezzava ovunque.

Ormai erano vicinissimi…

 

- Edward! Dobbiamo andare! -

 

Una voce dal piano di sotto li risvegliò da quel meraviglioso sogno alla quale per dei brevi istanti avevano creduto.

Si staccarono immediatamente senza pensarci un secondo, arrossendo entrambi.

 

- de..devi andare ora… - esclamò Christine alzandosi e aprendo la porta della camera

 

Edward invece era ancora a terra. Stentava, o meglio non voleva, alzarsi. Abbassò lo sguardo, poi guardò Christine.

 

- ….sono pronto… - disse infine

 

 

 

 

 

Pochi minuti più tardi…

 

 

 

- mi raccomando ragazzi…non esagerate… - esclamò Winry

 

- stai tranquilla! Torneremo prima di quanto immagini! – disse Ed abbracciandola

 

- …Ed….non ti azzardare a rompere di nuovo l’automail… - sospirò lei

 

- ….si… - disse Ed amareggiato. Probabilmente si aspettava un commento un po’ diverso da parte di Winry.

 

Roy, li stava aspettando poco più avanti, accanto alla macchina con cui era venuto.

Per prima cosa, avrebbero dovuto andare agli uffici della stazione centrale, dove il generale avrebbe dato ai tre ragazzi, le indicazioni per la buona riuscita dell’ispezione. Dopodiché…dopodiché sarebbe stato lasciato tutto in mano a loro, e soprattutto, nelle mani del giovane Edward.

 

- ciao Edward...stai attento! – disse Winry commossa, abbracciando il figlio

 

- …c..certo mamma! – sorrise lui abbracciandola forte

 

- obbedisci a tuo padre! se ti chiede qualcosa tu sii gentile con lui e ascoltalo! -

 

- …si… - esclamò

 

- e soprattutto…non fare niente di pericoloso… -  

 

- …va bene…scusami…. - disse staccandosi dalla madre e andando a raggiungere Christine, seminascosta dietro la porta.

 

Winry, sempre con le lacrime agli occhi, passò a salutare anche Al, leggermente agitato.

Si trovarono faccia a faccia. La donna osservò il volto contratto di Al, per poi posare il proprio sguardo su una benda che il cognato si era sistemato nella mano sinistra.

Al se ne accorse e la nascose dentro le tasche della giacca.

 

- non ti preoccupare! – esclamò infine

 

Winry, senza che Ed la sentisse, si mise a parlare a bassa voce

 

- …certo che mi preoccupo Al! -

 

- non dovresti! Sto meglio ora! -

 

- … -

 

La donna non sembrava convinta

 

- dico davvero Winry! -

 

- …dovresti rimanere con me e Christine piuttosto… -

 

- ….questo no… - esclamò Al tristemente

 

- nelle condizioni in cui sei sarebbe opportuno invece! – insistette Winry

 

- …forse….ma non voglio essere un peso…-

 

- ma che dici Al?!  -

 

- …non voglio essere protetto…di nuovo… - sospirò lui

 

- … -

 

Winry abbracciò anche Al. Molto forte, come per fargli sentire che lei c’era, e ci sarebbe sempre stata per lui.

 

- …allora…sii prudente…Al  - disse

 

- …certo! – disse lui con uno dei suoi soliti sorrisi

 

Si staccarono.

Al salutò con la mano destra e Winry contraccambiò, anche se nei suoi occhi si leggeva la preoccupazione.

La donna tornò da Ed e l’abbracciò di nuovo. Lui fece altrettanto tristemente. Di nuovo. Ancora. Ma stavolta con una consapevolezza nuova e forse, con più coraggio di prima.

 

- …Winry… - esclamò lui stringendola forte

 

- …tieni a mente quello che ti ho detto Ed…ti prego… - sospirò lei

 

- …si…te lo prometto… -

 

Si dettero un piccolo bacio. L’ultimo. Poi lui, delicatamente la lasciò. La guardò almeno dieci volte prima di andare.

Winry si lasciò andare in un leggero pianto che sapeva di tristezza. Come quella volta di 15 anni prima alla stazione. Quando Ed se ne era andato abbracciandola per l’ultima volta, accarezzando Edward che allora, era troppo piccolo per comprendere ciò che accadeva. Ciò che la guerra aveva cambiato. Nuovamente.

 Ed si diresse verso Roy, senza voltarsi.

Non appena fu davanti alla macchina, il colonnello si presentò al generale.

 

 

 

- …tutto qui? – chiese Roy

 

- come? -

 

- la lasci così? -

 

- … - Ed sospirò  - …non sarà come l’altra volta… -

 

- …capisco… -

 

 

 

 

Poco lontano, Edward e Christine si stavano salutando. Non c’era gioia nei loro occhi…solo la paura. La paura di non rivedersi più.

Tutto intorno a loro era bianco.

Gli alberi e la terra erano ricoperti da almeno 5 centimetri di neve candida. Si sentivano i bambini urlare, mentre si tiravano palle di neve e facendo degli scivoloni sul ruscello ormai ghiacciato.

 

- buon viaggio allora! – esclamò Christine

 

- …grazie… - sospirò Edward

 

- …che c’è?...prima mi dici di non piangere e poi fai quella faccia da funerale?! -  disse lei dandogli una leggera pacca sulla spalla

 

- …non è questo…è solo che… -

 

- ….solo che…? – chiese

 

Edward le prese le mani

 

- …forse…forse io dovrei… -

 

- no – taglio corto Christine

 

- eh? -

 

- tu devi andare! Devi salvare Lucas ricordi?! Non mi succederà nulla stai tranquillo! – lo incoraggiò

 

- ma Christine! – esclamò Edward con impeto – se scoprissero che sei qui…tu…mia madre…che farete?  -

 

- Edward… -

 

- tu soprattutto! Se dovessero prenderti…io…io non risarò questa volta!! – disse tirando fuori tutta la tristezza di quel candido giorno

 

Christine, allora, si tolse dal collo il medaglione che Edward le aveva regalato. Era d’oro e luccicava come gli occhi di lei, in quei momenti di tristezza ma anche di speranza.

Si avvicinò a lui, prima poggiò il pendaglio sul proprio petto…

 

- …il mio cuore… - cominciò Christine

 

Poi, delicatamente, andò a cercare il medaglione di Edward, che di solito portava sotto la camicia, legato, come quello di Christine, da una piccola catenina.

Appena lo trovò, piano piano prese il suo e lo appoggiò all’estremità di quello del ragazzo, così da formare un unico cuore.

 

- …sarà sempre unito al tuo….ricordatelo! – esclamò infine sorridendo

 

 

- Ch...Christine… - sospirò Edward   -….grazie… - disse infine

 

Restarono a guardarsi per dei brevi istanti

 

- ora va…ti stanno aspettando… - disse la ragazza indicando con lo sguardo, la macchina con cui Edward sarebbe dovuto andare via

Detto questo, rimise il ciondolo al suo posto e si affrettò ad andare.

 

- aspetta! – esclamò Edward bloccandola

 

- …si?... – chiese lei

 

- …c’è…c’è una cosa che….vorrei dirti….prima che sia tardi… -

 

- … - Christine lo guardò dritto negli occhi. Forse aveva fin troppo capito ciò che Edward voleva dire in quel momento.

 

- può darsi…che non abbia più la possibilità di dirtelo…perciò… - continuò Edward prendendole le mani

 

- …Christine….io….ecco io….io ti… -

 

Ma non fece non tempo a finire la frase, che lei gli mise un dito sulle labbra

 

- …questa cosa…me la dirai quando torni…va bene? -

 

- …ah… - Edward non sapeva cosa dire

 

- …quando tornerai…potremo dirci ciò che ancora non ci siamo detti… - esclamò Christine sorridendo lievemente

 

- …Christine io… -

 

Ma lei lo bloccò nuovamente

 

- …e poi…mi presenterai Lucas! Sono curiosa di conoscerlo! – esclamò infine

 

- …ah… -Edward era allibito da quelle parole

 

Abbassò lo sguardo. Sembrava quasi sul punto di piangere. Ma era diverso. Lui non piangeva. Era stanco di piangere. L’aveva capito solo dopo quelle parole così incoraggianti.

Lei pensava che sarebbe tornato. E aveva intenzione di mantenere quella promessa. Così come la promessa di salvare Lucas e il suo popolo da una schiavitù senza senso.

Sollevò il capo. Dapprima non disse nulla. Poi sorrise. Un sorriso radioso che fece sorridere anche Christine

 

- …tornerò! E ci sarà anche lui! Te lo prometto! – esclamò con ardore

 

Poi, insieme tornarono dagli altri.

Winry era avanti all’ingresso. Aveva, ancora una volta salutato Ed e Al, ed ora voleva salutare ancora il figlio.

Lo strinse forte, ancora.

 

- …torna tutto intero….Edward… - gli disse infine

 

Edward la guardò sorridendo

 

- …contaci! - disse

 

- ora…sarà meglio andare…. – esclamò Ed mettendo una mano sopra la spalla del figlio

 

- …si!... – esclamò quest’ultimo

 

 

Così, Ed, Edward e Al, salirono in macchina.

Si sporsero fuori dai finestrini, scuri a causa dell’umidità che c’era nell’aria, dovettero prima pulirli.

Videro Winry e Christine che li salutavano con la mano tesa al cielo.

O forse, tesa alla speranza. Nessuno poteva saperlo.

Ed  contraccambiò il saluto, lo stesso fecero gli altri, mentre la macchina si metteva in moto.

Questa volta, il colonnello non si sarebbe voltato. Avrebbe continuato a guardare Winry. Avrebbe continuato a guardarla finche non fosse scomparsa dalla sua vista.

Edward, allo stesso modo guardava Christine farsi sempre più piccola, mentre lui si allontanava da tutto ciò che gli era più caro.

Ma entrambi sapevano che sarebbero tornati. Entrambi avevano una promessa da mantenere. Entrambi avevano ancora così tante cose da fare…

Poi, scomparvero dalla loro vista.

I loro occhi non percepirono più la presenza delle due che, eppure, continuavano a salutarli.

Entrambe si erano come volatilizzate, mentre la neve candida sembrava mimetizzarsi perfettamente con quelle, che dal volto di Christine, parevano essere lacrime.

Le due ragazze li osservarono fino all’ultimo minuto. Li osservarono allontanarsi.

Questa volta Winry si era ripromessa di non piangere. Perché sapeva che Ed avrebbe mantenuto la promessa. Che sarebbe tornato da lei. Che non l’avrebbe mia più lasciata sola.

Il vento fresco scompigliò i capelli delle due ragazze, quando della macchina ormai erano rimaste solo le impronte delle ruote che prima o poi si sarebbero anch’esse cancellate, così come loro.

 

- …  - Winry continuava ad osservare l’orizzonte

 

- …e così…alla fine se ne sono andati… - sospirò Christine

 

- …già… - esclamò la donna

 

- …ha paura? – chiese Christine a Winry - …che non tornio più? -

 

- … - lei non rispose

 

- …?...  -

 

- …torneranno…ne sono sicura…sono sicura che non sarà più come quella volta… - sorrise lievemente

 

- …si… - esclamò Christine

 

 

---------

 

 

 

Intanto nella macchina, guidata da Roy, Ed, Al e Edward stavano ancora ripensando agli ultimi istanti che avevano passato nella loro casa, acanto a Winry e Christine.

Nessuno sembrava disposto a parlare, sembravano tutti molto tristi...Roy se ne accorse.

Non aveva mai sopportato le situazioni tristi, gli mettevano ansia.

Decisa allora, di rompere il ghiaccio vista la situazione gelida.

 

- …Fullmetal, Fullmetal Chibi, Alphonse…su col morale…  - esclamò con un pizzico di ironia

 

- Generale… - sospirò Ed

 

- …non state andando in guerra…lo sai bene Fullmetal… -

 

- …si...lo so… - esclamò

 

- …è triste lo stesso… - disse Edward all’improvviso

 

- ... – Al non disse nulla, si limitò a guardare fuori dal finestrino, e con la mano destra, continuava a toccarsi quella sinistra, a volte, anche con qualche smorfia di dolore.

 

- …capisco… - sospirò Roy - …ma ormai non potete più tirarvi indietro… -

 

Ed strinse forte l’automail, tanto forte da emettere un piccolo suono metallico, cosa che incuriosì Edward un pochino.

 

- …e non lo farò…non mi tirerò indietro…non sarebbe da me!  - esclamò guardando Edward e Al con un sorrisino sulle labbra.

 

- …sei sempre il solito fratellone! – disse Al con decisione, poggiando una mano su quella di Ed

 

- …si…mi piace questo atteggiamento! – sorrise Edward mettendo anch’esso una mano sopra quella dello zio

 

- nulla ci spaventerà!...porteremo a termine le nostre promesse! – continuò Ed

 

Roy, che li osservava dallo specchietto retrovisore, levò un sorrisino soddisfatto, senza che nessuno dei presenti se ne accorgesse. Un sorriso ‘felice’.

 

- …e così…a quanto pare… - esclamò Al

 

- …la nostra ultima tappa… - disse Edward sorridendo

 

Ed abbassò lo sguardo, poi lo posò sui suoi compagni. Uno sguardo deciso e determinato.

 

- …la nostra ultima tappa….sarà Hannover! -

 

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Capitolo 20
*** A ciascuno la sua battaglia ***


Capitolo 20 – a ciascuno la sua battaglia

 

 

Ed, Edward e Al, accompagnati da un insolito e silenzioso Roy, erano stati portati di fretta e furia alla stazione Centrale, dove avrebbero dovuto prendere il treno che li avrebbe condotti finalmente ad Hannover.

Il viaggio non era stato molto piacevole: i tre Elric, non si erano parlati per tutto il tempo, solo il generale, ogni tanto, faceva qualche battutina per smorzare la tensione, la quale veniva seguita da un “la smetta” da parte di Ed, che non aveva mia sopportato quell’atteggiamento da parte del suo superiore.

Dopo l’arrivo alla stazione, erano stati condotti in uno degli uffici che si trovavano al di la della banchina.

Alcuni di questi, com’ era d’obbligo, erano destinati agli alti gradi del esercito, e quindi , non fu difficile per Ed, aiutato da un Roy “gentile e premuroso”, entrare in stazione senza essere riconosciuto.

 

- ...dovresti rilassarti Fullmetal… - esclamo Roy vedendo che Ed andava avanti e indietro per tutto l’ufficio

 

- … - Ed si fermò di colpo - …non ci riesco… - confessò

 

- partirete tra quaranta minuti…siediti intanto… - disse indicando la sedia davanti alla sua scrivania

 

- …con tutto il rispetto generale…ma non ne ho voglia! – insistette Ed

 

Roy cominciò ad irritarsi un pochino

 

- ..colonnello Elric…si sieda… - esclamò acido

 

Ed lo guardò male

 

- …subito!  -

 

Il ragazzo, forse rassegnato o forse impaurito dallo sguardo di fuoco di Roy, che per un attimo lo aveva accecato, prese la sedia sbattendola e si sedette malamente davanti al Generale.

Per molti minuti, nessuno dei due parlò.

 

- …dove sono Edward e Al…? – chiese Ed

 

- ..dovrebbero essere nella stanza accanto…si staranno cambiando…  -

 

- …ah… -sospirò Ed

 

Cadde nuovamente il silenzio

 

- …se temi per l’incolumità di tua moglie non devi preoccuparti… - sospirò Roy cominciando a sistemare alcuni documenti, tirandoli fuori da uno dei tanti cassetti - …farò in modo che non gli succeda nulla… -

 

- …  - Ed non rispose

 

- …inoltre…fino al tuo ritorno…ci penserà Riza…le ho detto di trasferirsi per un po’ da te…con la bambina… -

 

- Generale… - esclamò il colonnello all’improvviso

 

- ….mh?... -

 

- perché…si è spinto fino a questo punto? -

 

Roy fissò turbato l’espressione che Ed aveva assunto in quel momento: espressione che chiedeva spiegazioni e verità che Roy, forse, avrebbe voluto tenere ancora nascoste.

 

- …te l’avevo già detto mi pare….lo faccio perchè mi sembra giusto… -

 

- …non ha risposto alla mia domanda! -

 

- … -

 

- …anche lei è in pericolo Generale! – esclamò Ed alzandosi dalla sedia -… Ci ha aiutato troppe volte! Ha aiutato mio figlio e…ha accolto Christine all’interno al quartier generale… -

 

Roy sembrava molto scocciato, ma allo stesso tempo sorpreso

 

- io in pericolo? Ma sentilo…nell’esercito, tutti mi rispettano, nessuno oserebbe mia contraddirmi…perché pensi che io… -

 

- perché Hitler non lascia in vita ne i traditori ne quelli che secondo lui hanno disonorato le Germania!.. Ne tanto meno…le persone che cercano di contrastarlo… -

 

Il silenzio piombò nuovamente nel piccolo ufficio.

Si sentivano solo i rumori dei treni che arrivavano e partivano dalla loro postazione.  Si sentiva solo il gran trambusto che provocavano i numerosi passeggeri che scendevano, per poi ripartire diretti a Central City, oppure che  si fermavano a Rizambool per andare a trovare i propri cari.

L’unica cosa, che Ed sentiva in quel momento, a parte tutto quello, era il respiro del generale farsi più pesante, come se avesse paura.

Paura? Roy? No, non era proprio possibile che quell’uomo sempre pieno di se, potesse provare paura.

 

- …so bene che cosa sta cercando di dirmi colonnello…. – esclamò infine, riprendendo il suo solito sorrisino

 

Ed sapeva, quando Roy gli dava del ‘lei’, che il generale aveva capito fin troppo bene la propria situazione, o forse l’ aveva sempre saputo.

 

- …e allora perché? – chiese nuovamente Ed - …perché vuole aiutarci mettendosi in pericolo? -

 

Roy sospirò pesantemente, poi guardò dritto negli occhi Ed

 

- …la fucilazione…so bene che è questo che mi aspetta… - cominciò

 

- eh?! -

 

- …cospirare contro Hitler è un offesa grave che deve essere pagata solo con la morte… -

 

- Generale! Lei non… - lo interruppe Ed, ma non riuscì a pronunciare le ultime parole.

 

Per la prima volta, in tutta la sua vita, provava paura per la sorte del suo superiore, per ciò che gli sarebbe potuto accadere a quel colonnello che ricordava, essere stato sempre pronto ad aiutarlo benché Ed non gli chiedesse mai nulla…

 

- …ti preoccupi per me…Fullmetal…? – chiese Roy sarcastico

 

- … - Ed non rispose

 

- tsk… - sogghignò il Generale alzandosi e cominciando a camminare per tutto il perimetro dell’ufficio

 

- …colonnello Elric…si sta preoccupando per la mia sorte per caso? – esclamò nuovamente in modo più solenne

 

- …ho smesso di essere colonnello molto tempo fa… - sospirò Ed

 

- …? -

 

- …e non ho intenzione di tornare in carica tanto presto… -

 

- capisco…se è questo quello che vuoi….Fullmetal… -

 

 

 

 

 - …con permesso… -

 

Ed e Roy, ancora intenti ad andare avanti con la discussione che stava prendendo una piega decisamente strana, si voltarono sentendo la voce di Edward , in piedi davanti alla porta semi aperta, accompagnato da Al.

 

- …venite pure avanti! – esclamò Roy sedendosi nuovamente e mostrando uno dei suoi migliori sorrisi

 

I due entrarono senza fiatare. Si ‘posizionarono’ ritti in piedi davanti alla scrivania di Roy, mentre Ed osservava la scena in disparte, seduto, e con aria annoiata. Ricordava molto il giovane Roy Mustang durante i suoi anni da colonnello.

 

- …cavolo… - esclamò all’improvviso dopo che il fratello e il figlio furono entrati

 

- ….davvero niente male! – esclamò Roy sorridendo – le divise vi stanno a pennello! -

 

- …grazie…. – esclamò Al compiaciuto

 

Sia lui che Edward, indossavano le tipiche uniformi blu oceano che contraddistinguevano tutti i militari: entrambi portavano, legato ad una catenina, l’orologio d’argento che li qualificava come Alchimisti di Stato, anche se a Edward non piaceva essere considerato un ‘cane dell’esercito’, non dopo ciò che lo zio gli aveva raccontato anni prima.

 

- …ti..ti sta bene Edward… - sospirò Ed rivolta al figlio

 

Edward si sentì leggermente imbarazzato

 

- …si…va bene… - disse scocciato

 

- … - Ed non disse più nulla, abbassò lo sguardo.

 

Roy, come al solito, per rompere il ghiaccio che si era creato in pochissimi minuti, decise di fare qualcosa.

 

- …orsù! Sedetevi pure! Abbiamo molte cose di cui parlare prima della partenza!  - esclamò

 

 

Tutti si sedettero come era stato ordinato dal Generale, e restarono in attesa, in attesa che Roy desse loro informazioni su ciò che i tre avrebbero dovuto fare una volta arrivati a destinazione.

 

- ….sapete perché siete qui vero?... –chiese Roy prima di cominciare

 

- …certo! – esclamò Edward precedendo Al

 

- bene…l’importante è esserne convinti…Fullmetal Chibi… - sospirò

 

- …ci dica tutto generale! – esclamò Al

 

- …allora…prestate la massima attenzione mi raccomando… -

 

- …si… -

 

- …sono riuscito, pochi giorni fa, ad inserirvi fra i militari che quest’oggi andranno al campo di Hannover…per aiutare color che sono già li…-  cominciò Roy  -…il viaggio in treno durerà circa due giorni…da qui sino alla stazione di Braunschwieg…il resto del percorso lo farete in macchina… -

 

- …come mai in macchina? – lo interruppe Ed -…credevo che ad Hannover ci fosse una stazione… -

 

- …c’è…ma da un po’ di tempo non vi è più possibile accedervi…Hitler ha voluto chiuderla…non so per quale motivo… - esclamò Roy

 

- …capisco… - esclamò Ed non ancora convinto

 

- una volta arrivati laggiù che faremo? – chiese Edward agitato

 

- …una volta laggiù… - esclamò il Generale facendosi più serio che mai  - …dovrete dimostrare di avere coraggio e…nervi d’acciaio… -

 

- …eh? -

 

- vedrete delle cose che non vi sareste mai immaginati…vedrete torture che sono anche peggio della morte stessa…vedrete migliaia di persone morire tra mille sofferenze… -

 

A Edward venne un tuffo al cuore, la prima cosa che gli venne da pensare fu: Lucas….era ancora vivo?

Certo! Lui non era il tipo da mollare così facilmente! Aveva molto coraggio! E l’aveva dimostrato più di una volta.

 

- …io non ho paura! – disse infine, sfidando lo sguardo di Roy

 

- …questo lo so…. – esclamò quest’ultimo, poi riprese da dove aveva interrotto - ….vi ho munito anche di orologi…in modo che possiate muovervi senza troppi sospetti all’interno del campo…. Non rivolgete mai la parola a nessuno, obbedite agli ordini che vi vengono imposti, non rivelate mia il vostro nome…potrebbero capire…inoltre…impossessatevi di quei documenti… -

 

- quei…documenti? – chiese Al

 

- questa è la vostra missione. Recuperare i documenti tenuti in quel campo. Documenti che Hitler ha dato al Generale  Bürk Shnider in persona… -

 

 

STUMP!

 

A sentire quel nome Ed si alzò di scatto, lasciando cadere la sedia, che sbattè violentemente a terra.

Era diventato improvvisamente pallido, e i suoi occhi, si accesero di una luce che Al ricordava di non aver mai visto: occhi assetati di vendetta.

Ed si avvicinò tremante alla scrivania di Ed, e con fare deciso, appoggiò le mani sopra di essa.

 

- ..che ti prende Fullmetal? Lo conoscevi già? – esclamò Roy con un sorrisino

 

- …dov’è…. – esclamò Ed sempre più pallido - …dov’è quel maledetto? Dove…dove si trova?! -

 

- …te l’ho detto no? I documenti si trovano ad Hannover…e assieme a loro…anche Bürk… - esclamò stizzito

 

Ed, adirato, confuso, tramortito, forse incosciente, prese Roy per il colletto della divisa e cominciò a strattonarlo forte. Sembrava fuori di se.

 

- …uh!... – disse Roy cercando di fermare Ed

 

- fratellone che ti prende?! – esclamò Al trattenendo il fratello ancora confuso

 

Edward intanto, osservava la scena sbalordito

 

- devo andarci subito! Devo andare ad Hannover subito! Ora! Non posso stare qui ad aspettare!! – esclamò Ed

 

- calmati Fullmetal! Ora non puoi andare! Sta calmo! – disse Roy con decisione

 

- NOOO!! IO DEVO ANDARCI SUBITO!! – urlò Ed, senza nemmeno rendersene conto

 

- Fratellone?! Che diavolo hai?! Cosa ti ha fatto quella persona?! -

 

Ed si fermò di scatto.

Mollò la presa da colletto di Roy e buttò il suo sguardo a terra. Si era appena reso conto di quello che aveva fatto.

Tra lo stupore generale, Ed tornò in se, tornò calmo come prima.

Quello scatto di ira improvviso…era la prima volta che succedeva…non ricordava nemmeno se fosse successo ancora…

 

- …lui… Bürk…quel maledetto… - cominciò stringendo i pugni

 

- … -Edward osservava il padre contorcersi dalla rabbia

 

- fratellone? -

 

- …lui…è stato lui….E’ STATO LUI AD UCCIDERE IVAN! – urlò adirato

 

Nessuno parlò. Tutti rimasero immobili, compreso Roy, davanti a Ed, ancora carico di rabbia.

 

- ...è colpa sua se Ivan è morto…se quella battaglia è stata un disastro…  - sospirò

 

Al non aveva parole per consolare il fratello questa volta, nemmeno Edward sentiva di poter fare qualcosa in quella situazione così spiacevole.

 

- …nervi d’acciaio Fullmetal…ricordatelo… - esclamò Roy pacato

 

- … - Ed non rispose

 

- …per tutti voi questo sarà un viaggio che metterà alla prova le vostre abilità…non dimenticatelo…ognuno di voi ha delle promesse da mantenere… - continuò il generale osservando Edward   - …dei debiti da pagare…. – disse posando il suo sguardo su Al - …e…dei conti da chiudere una volta per tutte… - concluse rivolta a Ed

 

- …recupereremo quei documenti Generale!... – esclamò Edward sempre più consapevole della delicatezza dell’impresa - …e glieli porteremo… -

 

Roy si alzò in piedi, così fecero anche Edward, Al e Ed

 

- …ne sono sicuro… - disse sorridendo

 

 

“Il treno delle 11.00 diretto a Braunschwieg sta per partire, invitiamo i gentili passeggeri a prendere posto. Grazie”

 

 

- …è ora di partire ragazzi… - sospirò infine guardando i volti pieni di grinta che i tre Elric avevano assunto  - vi accompagno al binario… -

 

- grazie…generale… - esclamarono Ed e Edward uscendo dalla porta

 

Solo Al rimase indietro ad aspettare Roy. Era alquanto agitato, e sembrava molto stanco.

 

- Alphonse..tutto bene? – chiese Roy

 

- …generale… - sospirò Al

 

- ..dimmi… -

 

Al esitò un attimo, ma poi si convinse a parlare

 

- …non…non è  che mi può dare anche…una pistola…per caso? -

 

- ….mh?! una pistola? Ma non ti serve…ti ho già dato l’orologio…con quello la tua alchimia si rafforzerà… - esclamò stupito

 

- …per favore… - insistette Al toccandosi la mano sinistra ancora fasciata dall’ultima volta che aveva provato ad usare l’alchimia - …temo…temo di non essere più bravo come un tempo… - disse mostrando un sorriso poco convincente agli occhi di Roy

 

- …come vuoi… - esclamò il Generale

 

Aprì un cassetto e vi estrasse una pistola, poi, con cautela la diede ad Al,che la mise alla vita. Fatto questo, il giovane appoggiò la mano accanto alla fronte in segno di saluto.

 

- …non servono tante formalità…ora andiamo… - esclamò Roy conducendo Al fuori dall’ufficio

 

 

 

Cinque minuti più tardi…

 

 

 

- …buon viaggio… - esclamò Roy una volta arrivati al binario corrente

 

- grazie Generale… - disse Edward  salutando con la mano

 

- …si riguardi eh? – sorrise Al

 

Roy ricambiò il sorriso  - anche tu! – disse infine – forza…andate a prendere posto….nel vagone destinato ai militari….e tenete a mente ciò che vi ho detto… -

 

- ci conti! – esclamò Edward salendo sul treno

 

- …arrivederci! – salutò Al

 

Roy, rimase, solo per qualche attimo, in compagnia di Ed.

Si guardarono intensamente. Ognuno osservava l’altro con la medesima intensità.

Si erano detti tutto ormai. Oppure…c’era ancora qualcosa? Qualcosa che forse nemmeno loro sapevano…

 

- …che c’è Fullmetal…? – chiese Roy con tono seccato

 

- …Generale… -

 

- … -

 

- …stia attento… - esclamò Ed abbassando lo sguardo

 

- …sciocco…credi che sia quel tipo di uomo?! -

 

- non l’ho mai pensato… - rise Ed

 

Rimasero in silenzio. Nuovamente. Ancora una volta.

 

- …almeno cerchi di non fare cose stupide! – esclamò il colonnello

 

Roy rise, stavolta di gusto – tsk! Dovrei essere io a dirlo! –

 

- … - Ed non disse più nulla  -…arrivederci allora…. – disse voltandosi

 

- …ognuno di noi…ha i propri sogni e le proprie speranze… - esclamò all’improvviso il Generale

 

- … -

 

- …io non sono vissuto per dover vedere la Germania cadere sempre più in basso…proprio come te… -

 

- …questo lo so… -

 

Roy si voltò verso Ed. il colonnello fece altrettanto

 

- ognuno di noi ha la propria battaglia da fare! – esclamò Roy allungando la mano

 

- e finche saremo in vita…continueremo a combattere! – concluse Ed facendo lo stesso

 

I due si strinsero la mano

 

- non avrei saputo dirlo meglio! – sospirò Roy

 

- …eheheh…lo so… - sorrise Ed

 

Si lasciarono la mano. Senza nemmeno guardarsi si voltarono e cominciarono ad allontanarsi.

Ed salì sul treno mentre Roy si incamminò verso la machina parcheggiata proprio di fronte alla stazione.

Era vero. Ognuno di loro doveva combattere la propria battaglia, senza mai fermarsi, continuando a lottare per raggiungere i propri obiettivi.

Questo era quello che pensava Ed.

Il treno cominciò a muoversi.

Ed, Edward e Al, seduti e circondati da altri innumerevoli soldati, come gli era stato ordinato da Roy, non proferirono parola.

Anzi, si limitarono ad osservare le campagne innevate sentendo nostalgia, man mano che il tempo passava, della loro amata Rizembool ma soprattutto sentendo al mancanza di Winry.

Pian piano, mentre le ore passavano inesorabili,senza poter parlare ne ridere, i tre si rendevano sempre più conto di ciò che la buona riuscita della missione avrebbe significato per loro:

Lucas sarebbe finalmente tornato a casa, Ed avrebbe vendicato la morte di Ivan mentre Al…Al avrebbe finalmente potuto pagare il proprio debito col fratello,che aveva fatto così tanto per lui…

Il tempo passava, tra un sonnellino e l’altro, molti militari si chiedevano chi fossero i nuovi arrivati e continuavano a fare domande del tipo “da dove venite?” “come vi chiamate?” “chi vi ha mandato ad Hannover?”. Domande alla quale Ed e Al cercavano di rispondere, ma senza dire nulla di troppo.

Edward invece, non dava troppo peso a certe cose: se ne stava in un angolo del sedile, a leggere il suo libroni alchimia, cercando ,tra le varie formule e problemi,qualcosa che potesse aiutarlo a rendere la sua alchimia più potente.

Mentre leggeva, trovò qualcosa, uno strano disegno, un cerchio alchemico dalla forma decisamente insolita che forse avrebbe potuto servigli:

 

 

cerchio alchemico di Pühapäev

 

quando mente, desiderio e corpo unite saranno

brillerà la luce del blu oceano

si abbatterà come tempesta

senza nulla lasciare in sospeso

 

 

- …senza nulla lasciare in sospeso?...ma che roba  è?! – si chiese  - forse…dovrei approfondire la ricerca… -

 

Mentre il giovane pensava ad una soluzione, Ed, senza farsi vedere, lo osservava studiare e ripensava alla sua infanzia passata a cercare la Pietra Filosofale, senza mai un attimo di pace.

Poi, il suo sguardo si posò sul libro.

Quello, era il libro che anni or sono aveva regalato a Edward, prima di partire per la guerra.

Era una strana sensazione vederlo davanti ai propri occhi: si ricordò perfettamente, che il giorno prima della partenza, con l’aiuto dell’alchimia, senza che nessuno (compreso Al) lo scoprisse, incise delle parole sulla sommità del libro, parole che Edward avrebbe compreso solo se avesse voluto davvero comprendere.

Al ,invece, continuava a massaggiarsi la mano, non gli faceva male, ma gli prudeva in maniera insopportabile.

Era da tantissimo tempo che non provava più a trasmutar qualcosa. Precisamente da quando Ed era partito.

A tutti, aveva raccontato di aver rinnegato l’alchimia, avendo capito che essa portava solo dolore e sofferenze, ma non era così.

La verità era che lui…non riusciva più a trasmutare nulla.

Ben che ci provasse non otteneva niente di concreto, niente di perfetto(come richiedeva l’alchimia).

Per tutto il giorno, quindi, restarono immersi nei loro pensieri.

La notte, constatò Ed, quella volta non portò nessun consiglio, anzi, forse peggiorò la situazione.

Il loro silenzio aveva in qualche modo infastidito gli altri soldati, che ridacchiavano alle loro spalle e sparlavano senza farsi vedere.

A Edward la cosa turbava parecchio, ma si ricordò delle parole di Roy, e non fece nulla che potesse attirare l’attenzione.

Lo stesso non si poteva dire di Ed che iniziò immediatamente ad attacar briga con un soldato, mandando a quel paese gli ordini del generale e cominciando una rissa che solo l’intervento pacifico di Al potè fermare.

 

- ..dai fratellone…ricordi cosa ti ha detto Roy?! – esclamò una volta calmate le acque

 

- al diavolo Roy e i suoi ordini!!! Io quello lo uccidoo!!! – ringhiò Ed rivolto all’altro soldato

 

- non pensarci nemmeno! – protestò Al

 

Per tre ore consecutive non fecero altro che litigare, provocando in tutto il vagone, un trambusto insopportabile.

Edward invece continuava a pensare “all’indovinello” del libro, ma non riusciva a venirne a capo. Era davvero complicato.

Il tempo, in treno, era passato in questo modo. Nessuno dei tre sembrò accorgersi delle poche ore che mancavano all’arrivo, quando sentirono il treno che cominciava a rallentare, sino a fermarsi del tutto.

Ed,Edward e Al, presero i propri bagagli, e scesero dal treno insieme agli altri militari: erano finalmente arrivati a Braunschwieg.

La stazione di quella città, fredda e gelida, ricordava molto quella di Rizembool, ma era stracolma di militari e uomini che facevano parte dell’esercito.

I nuovi arrivati, si misero in fila ad aspettare ordini, finche arrivò un colonnello che assegnò loro i compiti da fare.

Chiamò per nome tutti i militari e li fece andare da un'altra parte, finche non rimasero in 10. tra coloro, vi erano i tre Elric.

 

- …voi chi siete?  - chiese il colonnello osservando Ed,Edward e Al.

Nessuno dei tre rispose, ciò fece alterare non poco il colonnello.

 

- rispondete! – esclamò di nuovo

 

Questa volta fu Ed a farsi avanti

 

- siamo qui per conte del Generale Mustang! Ci ha incaricato di andare ad Hannover per dei controlli –

 

- il Generale Mustang?...capisco…in tal caso…da questa parte…il camion sta per partire… - esclamò il colonnello

 

Li condusse a camion che li avrebbe portati ad Hannover. Salirono senza timore, e, così come erano arrivati, partirono nuovamente senza nemmeno riposarsi.

 

- ora capisco…quando Roy ha detto che è meglio avere dei nervi d’acciaio…non ci fanno nemmeno riposare… - sospirò Al mentre i camion partiva

 

- io ce li ho già d’acciaio! – rise lievemente Ed

 

- che battuta… - sospirò Edward pensieroso

 

Ed abbassò lo sguardo

 

- si può sapere che ti prende Edward? È da quando siamo partiti che sei strano! – esclamò infine

 

- non ho nulla… - disse voltandosi dall’altra parte

 

Invece, qualcosa aveva: era ancora in piena analisi. Stava ancora cercando di capire i significato di quello strano cerchio alchemico che aveva trovato nel libro…

Passarono tre ora abbondanti, durante le quali, Ed non faceva altro che osservare il paesaggio innevato, Al si fece un pisolino mentre Edward studiava.

Finche, percepirono qualcosa nell’aria, qualcosa come un rumore assordante di una fabbrica in piena attività.

Il cielo all’improvviso di fece più scuro, le nuvole aumentarono e si fecero più dense.

Il camion cominciò a percorrere  una stradina stretta e buia, in mezzo ai campi ormai inutilizzati.

Il vento aumentò, trasportava enormi cumuli di polvere nera come il carbone che si posavano delicatamente sulla strada.

Poi, il camion si fermò.

I militari scesero senza esitare.

Ed,Edward a Al, si trovarono di fronte a qualcosa che non avrebbero mai immaginato: davanti a loro, sorgevano gli enormi cancelli del campo di Hannover.

Metallo grigio si elevava d’innanzi a loro, metallo che cominciò ad aprirsi piano piano fino a spalancarsi del tutto.

 

- tutti i militari si dirigano oltre i cancelli e aspettino sulla piazzola! -

 

Una voce, che proveniva da un auto parlante echeggiò nell’aria facendo venire i brividi ad Eward.

 

- …forza entriamo… - esclamò Ed incitando i compagni

 

Al e Edward annuirono e insieme si apprestarono ad entrare

 

- …a ciascuno la sua battaglia! - 

 

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Capitolo 21
*** All'interno del campo ***


Capitolo 21 – All’interno del campo

 

 

Appena i tre ragazzi, misero piede all’interno di quel campo, era come se in un istante, tutti i loro ricordi più dolci, le loro speranze, i loro desideri, fossero stati annientati da un mostro spaventoso: la paura.

Tutti gli altri militari invece, sembravano perfettamente a loro agio in quell’atmosfera così cupa e fredda, e si posizionarono nella grandissima piazza principale.

Intorno non c’era anima viva. Era tutto calmo e tranquillo, forse troppo.

Al si guardò attorno

 

- com’è possibile che non ci sia nessuno?  - esclamò

 

- non è possibile infatti…i militari devono aver portato i prigionieri da un'altra parte… - disse Ed

 

Edward intanto si guardava intorno. Sembrava molto confuso.

Con lo sguardo, cercava, tra i centinaia di militari che nel frattempo erano arrivati a bordo di altri camion, qualcosa che lo tranquillizzasse, che gli facesse capire se colui per cui era venuto, fosse ancora lì…

 

- stai tranquillo! – esclamò Ed posando una mano sulla spalla del figlio – il campo è enorme! Sarà qui in giro! -

 

- ….si…. – sospirò Edward quasi rassegnato

 

La verità era, che nemmeno Ed era sicuro di quello che aveva appena detto.

 

 

“I militari si posizionino in file da trenta ciascuna immediatamente!”

 

L’ennesimo ordine arrivò dall’auto parlante, e tutti si sistemarono più velocemente possibile, fino a formare le varie file.

Restarono tutti in silenzio in attesa di altri ordini.

 

All’improvviso, dal grande portone di fronte la piazza, comparve un uomo molto alto, robusto, segnato dalla guerra quanto dal disprezzo, con occhi penetranti dallo sguardo duro e con la divisa colma di medaglie e titoli importanti.

Il Generale, nonché segretario di Hitler, Bürk Shnider.

Ed, che si trovava insieme agli altri nella fila numero 3, appena lo vide, fece un leggero sobbalzo, fermato poi dalle parole di Al

 

- …non ora…fratellone…. – aveva detto

 

- …lo so….lo so bene… - esclamò Ed cercando di stare calmo

 

Nel frattempo, il generale si era posizionato di fronte a tutti loro, che salutarono con il consueto gesto.

Anche il colonnello, che ora era solo un comune soldato, dovette farlo, anche se, per lui, ogni respiro di quell’uomo era un insulto alla memoria di Ivan.

 

- soldati!  - esclamò Bürk – molto probabilmente saprete già per quale motivo siete qui… -

 

Tutti fecero segno affermativo

 

- ….siete qui per fare in modo che la Germania torni ad essere libera come un tempo! …siete qui…per aiutarci ad epurare una volta per tutte gli usurpatori della nostra patria! – disse nuovamente

 

- tsk! Quel maledetto!! – esclamò Edward fuori di se – con chi crede di avere a che fare?! -

 

- …oramai manca poco! – continuò Bürk sghignazzando – presto questo campo potrà riempirsi di nuovi ospiti che avranno “l’onore” di sostituire coloro che sono ancora qui… -

 

I militari rimasero in silenzio. Anche se qualcuno sorrideva compiaciuto.

Edward invece sembrava farsi più pallido e cupo. Sembrava sul punto di svenire da un momento all’latro.

 

- …tutto bene Edward?  - chiese Ed

 

Il giovane  sembrò riacquistare  un po’ di colore

 

- si…sto bene non preoccuparti… - disse cercando di sembrare meno stanco

 

- ora ci faranno riposare…non temere… - intervenne Al

 

 

- …vi lascerò due ore di riposo! Poi…inizierete il vostro lavoro! Verrete assegnati a diversi gruppi i cui capi vi diranno cosa dovete fare… -

 

Detto questo Bürk fece aprire da alcuni soldati i vari portoni del grande edifico centrale, ognuno di quali portava in diversi corridoi bui che portavano ad altrettante stanze.

Tutte le file si divisero e ogni gruppo di soldati venne assegnato ad una “guardia” e condotto altrove.

Per loro fortuna, i tre Elric si ritrovarono nello stesso gruppo.

Mentre percorrevano gli immensi corridoi freddi di quel pallido edificio, ricoperti da un enorme quantità di muffa, e dall’odore nauseante, si trovarono davanti a innumerevoli porte con su scritto in ognuna

 

“solo per il personale autorizzato”

 

Erano tutte porte blindate, chiuse da moltissimi lucchetti. Molto probabilmente servivano per tenere nascosto qualcosa, ma la domanda era…cosa?

Edward, ancora pallido, camminava senza sosta guardando ogni tanto quelle strane porte.

Erano così tante….

 

Tantissime….

 

 

Troppe…

 

 

 

 

 

 

…a…uto…

 

 

Il giovane all’improvviso di fermò di colpo bloccando la numerosa fila indiana di soldati.

Per un attimo ,gli era parso di sentire la voce di qualcuno, non aveva capito nulla di ciò che aveva sentito, era stata come una sensazione, come un flebile richiamo.

Si voltò di scatto verso quella pota dove pareva provenisse il rumore.

 

- che succede laggiù?! – aveva urlato il guardia accompagnatrice

 

Edward non si mosse. Sfiorò la porta con la mano. Sentiva il desiderio fortissimo di aprirla…

 

- ehi tu! Fermo! Quella stanza è riservata al personale autorizzato! Agli scienziati!! – esclamò la guardia arrivando

 

Edward si girò verso di lui, incerto

 

- …scienzati? -

 

- esatto! in quella stanza si compiono degli esperimenti voluti da Hitler in persona! -

 

- …ma io…io ho sentito qualcuno! – esclamò Edward prendendo coscienza

 

- ….rimettiti in fila immediatamente soldato! -

 

- che genere di esperimenti fanno li dentro?! -

 

- ho detto di rimetterti in fila!! – urlò l’uomo adirato

 

- lo scusi signore! – esclamò all’improvviso Ed

 

Edward sembrò sorpreso dall’intervento del padre

 

- …e tu chi saresti soldato?! – esclamò la guardia

 

- …lavoro con il mio compagno da una vita….ogni tanto ha qualche “acciacco”…la prego di perdonarlo per stavolta… - si scusò Ed

 

- …va bene…rimettetevi tutti e due in fila senza fiatare… - tagliò corto

 

I due tornarono ai loro posti

 

- bella mossa Edward! Se fosse per te a quest’ora ce ne saremmo già tornati a casa! – esclamò Ed seccato

 

- …io oh sentito qualcuno…una lamento…provenire da quella porta…. - sospirò Edward

 

- …?! – Ed non riusciva a credere alle sue orecchie

 

- sei stanco Edward…sarà stata la tua immaginazione… - intervenne Al

 

- …forse…  - sospirò il giovane

 

 

Il percorso durò ancora per ben venti minuti. Minuti nei quali i soldati non fecero altro che camminare e sghignazzare, eccitati dall’eminente lavoro che avrebbero assegnato loro.

Dopo tanto cammino, finalmente arrivarono nei propri “dormitori”:

non erano altro che stanze da venti persone circa, strette e buie.

I letti a castello erano molto piccoli e a prima vista sembravano anche scomodi.

Non vi erano molti mobili, salvo qualche sedia e qualche piccolo comodino di legno.

 

- …se i militari li sistemano in queste catapecchie….non oso pensare dove mettano i prigionieri… -  sospirò non appena ebbe visto la stanza

 

- ….Edward stai bene?  - aveva esclamato Al entrando con Edward.

Il ragazzo era tornato pallido, cominciò a sudare pesantemente e i respiro si fece più veloce.

 

- Edward! - esclamò Ed venendo in contro ai due – che ti prende?! -

 

- mentre camminavamo non si è sentito bene… - sospirò Al - volevo chiamarti ma eri troppo avanti… -

 

- …non…è niente…. – cercò di dire Edward provando a reggersi in piedi

 

- …Al! Fallo stendere sul letto… - esclamò Ed aiutando il fratello 

 

Sotto gli occhi stupiti di molti militari, i due fratelli fecero sdraiare Edward sul letto.

Purtroppo era molto scomodo e Edward sembrava davvero conciato male.

 

- …accidenti…proprio adesso?! – esclamò Ed fuori di se

 

- prima stava bene…non capisco… - disse Al provandogli la febbre

 

- ..che abbia preso qualcosa durante il  viaggio? – si chiese Ed

 

 

- deve essere un calo di pressione… -

 

Edward e Al si girarono di colpo:

a parlare era stato un soldato.

Un militare con un  portamento molto elegante, dagli occhi azzurri e capelli biondi. Pura razza tedesca, così Hitler definiva le persona con questi connotati.

Ed notò subito lo sguardo gentile di quella persona, così diverso dagli altri militari…così simile a Ivan….

 

- …posso…posso darci un occhiata? – chiese il soldato

 

- ..ce..certo… - esclamò Ed ancora un po’ confuso

 

l’uomo si avvicinò con cautela a Edward.

Gli tastò la fronte per poi spostare la mano sul suo stomaco.

Con l’altra invece, delicatamente tastò il polso del giovane.

 

- …come immaginavo… - sospirò infine

 

- allora? – domandò Al ancora preoccupato

 

- …è senza dubbio un calo di pressione…gli mancano vitamine e Sali minerali…-

 

- …e ora? – chiese Al a Ed – che facciamo? -

 

Ed non rispose. Guardò il viso pallido del figlio.

 

- …evidentemente è da un po’ che non mangia più… -

 

I due fratelli ci pensarono un po’

 

- …effettivamente….in treno non ha toccato cibo… - intervenne Al – era intento a leggere il suo libro… -

 

- …c’è qualche cura? – domandò Ed

 

- …  - il soldato poggiò a terra la acca con cui era arrivato e cominciò a frugarci dentro.

Vi tirò fuori molte bende e medicinali di vario tipo.

Osservando poi, il volto incredulo dei due fratelli, si apprestò a dare spiegazioni.

 

- una volta facevo il medico…durante la guerra andavo nei campi di battaglia a curare la gente… - esclamò

 

- il medico?  - chiese Al

 

- ...già… prima che Hitler salisse la potere.……..ecco! -

 

L’uomo tirò fuori una boccetta che conteneva uno strano liquido verde.

Si avvicinò nuovamente a Edward, apri il contenitore e glielo fece bere tutto d’un fiato.

 

- cos’è? – esclamò Ed

 

- …è un estratto da varie erbe…aiuta a recuperare le forze e gran parte delle vitamine perdute…un integratore se così lo vogliamo chiamare…agisce in pochi minuti di solito… -

 

Infatti, Edward dopo averlo bevuto, cominciò a riacquistare un po’ di colore, e riprese pian piano conoscenza.

 

- uh… -

 

- Edward! Stai bene?! – esclamò Al

 

- …si…più o meno…ma mi sento stanchissimo… - disse lentamente

 

- è normale…non sei ancora guarito del tutto…l’estratto ha alterato le tue capacità di produzione di proteine e di zuccheri…inoltre ti ha fornito molte vitamine…dopo questa “produzione velocizzata” essere stanchi è naturale… - esclamò sorridendo il soldato

 

Edward sembrò ancora più confuso di  prima. Chi era costui?

L’uomo mise una mano sulla spalla del ragazzo

 

- …studiare ti fa onore ragazzo…ma vedi di non rinunciare ad un’ alimentazione corretta… -

 

Edward, non ancora convinto, fece segno di affermazione con la testa.

Il soldato si alzò da terra, raccolse la sua roba e si diresse da un altro angolo del dormitorio.

 

- come ti chiami?! – chiese Ed all’improvviso

 

L’uomo si voltò e gli sorrise

 

- Joseph…Joseph Hias! -

 

- Edward… - esclamò Ed evitando accuratamente di dire il proprio cognome

 

L’uomo lo guardò attentamente. Guardò soprattutto i suoi occhi dorati. Quell’Edward aveva qualcosa di familiare, molto familiare….

 

- il piacere è tutto mio…Edward… - disse infine voltandosi

 

 

 

 

- ora stai meglio Edward? – continuava a chiedere Al al ragazzo

 

- si zio non ti preoccupare…posso alzarmi ora… - disse Edward

 

- …no! Tu stai a letto ancora un pò… - esclamò Ed tornando dal figlio

 

- sto bene! Mi è passato! -

 

- non che non stai bene! Sei ancora pallido!  -

 

- ti ripeto che non ho più niente! – continuò Edward seccato

 

- Tua madre mi uccide se ti prendi qualcosa! -

 

- eh?! -

 

- ..hai..hai capito benissimo… - esclamò Ed con un filo di voce – non sai di cosa è capace quella donna… -

 

- era preoccupato di quello?! -  disse Al tra se. Lo stesso, evidentemente pensava Edward, ma preferì tacere per non far arrabbiare ulteriormente il genitore..

 

 

“tutti i militari si presentino alla piazzetta centrale con le loro guardie”

 

 

- Eh? Di già? – esclamò Al – altro che due ore di riposo…non ci hanno dato nemmeno un ora… -

 

- deve essere opera di quel maledetto… - esclamò Ed

 

- dai andiamo… - sospirò Edward

 

- …vuoi una mano? – chiese Ed

 

- …no… - rispose secco il ragazzo, cominciando a camminare

 

- dagli ancora un po’ di tempo fratellone… - esclamò Al non appena Edward si allontanò un pò

 

- …si… -

 

 

--------------

 

 

 

- vi ho chiamato qui adesso…perché mi serve un volontario…. – tuonò Bürk non appena furono tutti fuori.

Il vento si era alzato mentre leggeri fiocchi di neve cedevano dal cielo

 

- volontario?! – esclamò Edward

 

- … - Ed non rispose

 

Tutti i militari sembrarono molto sorpresi

 

- …mi è stato detto che qualcuno ha rubato dalle dispense delle mense…dove risiedono i prigionieri… -

 

- rubato dalle mense? – sospirò Al

 

- …mi serve un volontario che vada a controllare ciò che  è successo…c’è nessuno che vuole farlo? – esclamò sorridendo

 -

 

Tutti rimasero in silenzio

 

- …uff…immaginavo…queste nuove reclute sono patetiche… - sospirò il generale

 

- …allora lascio decidere alla guardia del gruppo numero sette… - disse infine andandosene con fare stufato

 

- siamo noi il gruppo sette… - esclamò Edward non appena  Bürk se ne fu andato

 

- mi chiedo che cosa vogliano farci fare… - sospirò Al

 

Intanto la guardia cominciò a camminare avanti e indietro alla ricerca di qualcuno da mandare nelle mense.

Tutti sembravano alquanto spaventati, tutti tranne Ed, che forse già aveva capito ciò che il generale voleva che facessero.

La guardia si fermò a lungo davanti a Ed, lo guardò da cima a fondo, ricambiato dallo sguardo penetrante di quest’ultimo.

 

- come ti chiami soldato? – chiese la guardia

 

- …Edward… -

 

- cognome?… -

 

- … -

 

- allora?!... -

 

- …questo non mi è permesso dirlo signore…. – esclamò Ed infine

 

- ti ho fatto una domanda soldato!  - esclamò alzando la voce

 

- e io le ripeto che non sono autorizzato a rispondere! – disse Ed facendo altrettanto

 

- tsk! Che bel caratterino…quanti anni hai? – sogghignò la guardia

 

- trentacinque… -

 

- …ancora giovane eh?...e da quanto fai il militare? -

 

Ed esitò a rispondere - …a dodici anni ha preso il titolo da Alchimista di Stato…e negli anni seguenti ho prestato servizio nell’ esercito… -

 

- bene bene…Shindler! – esclamò la guardia ad un sottoposto

 

- dica signore! -

 

- di al generale che ho trovato una persona molto interessante da mandare nelle mense… -

 

- si signore! – esclamò correndo via

 

- in quanto a te…signor “non sono autorizzato a rispondere”  - esclamò rivolto a Ed - devi seguirmi fino alle mense…tutti gli altri tornino nel dormitori senza fiatare! -

 

- accidenti…fratello! – esclamò Al cercando di farsi sentire da Ed che ormai si stava avviando con la guardia

 

- cosa gli faranno fare secondo te? – chiese Edward

 

- non lo so…ma ho un brutto presentimento… -

 

 

 

Intanto Ed seguiva la guardia per i lunghi e stretti corridoi dell’altro lato dell’edificio dove, credeva Ed, si potessero trovare i prigionieri.

Percorse intere stanze.

Arrivò in una stanza molto grande, con degli spogliatoi di legno, che aveva tutta l’aria di contenere al suo interno delle docce. Probabilmente, qui si lavavano i prigionieri.

 

- curiose queste docce vero? – sorrise la guardia

 

- … - Ed non rispose

 

- loro entrano per lavarsi…e…beh…difficilmente ne escono vivi… - sghignazzò soddisfatto

Ed non fece nessun segno sconvolto. Anzi, continuò il suo percorso senza fermarsi, sino ad arrivare alle cosiddette mense.

Altro non erano che delle stanze buie dall’odore nauseabondo e piene di muffa.

 

- siamo arrivati… -  esclamò la guardia bloccandosi

 

- … - Ed si guardò intorno – devo cercarlo? - esclamò

 

- prego? -  

 

- …il ladro….lo devo cercare qui dentro?- chiese

 

- ohohohoh…non è necessario soldato! Ci abbiamo pensato noi! -

 

La guardia con un gesto fece entrare da un'altra porta di servizio due grossi militari dall’aria minacciosa, che a Ed però non fece nessun effetto… 

La cosa che invece lo colpì diritto al cuore fu il fatto che uno dei due aveva stretta tra le braccia una bambina. Una bambina che avrà avuto sei o sette anni.

 

- che..che significa? – chiese Ed diventando pallido a quella vista

 

- …come? Non lo immagina? È lei la ladra! Preso un pezzo di pane di troppo… -

 

- …cosa le dovrei fare secondo lei?  - chiese ancora un volta

 

- …mi avete detto di essere esperto in campo militare…domande del genere sono inammissibili… - sospirò la guardia

 

- le ho chiesto cosa dovrei farle! – insistette Ed

 

- ...uff…è così semplice…prenda la sua pistola e trapassi per benino la testa di quell’impostora…

 

- …!!.. – Ed rimase sconcertato

 

- uno bravo come lei dovrebbe metterci poco… -

 

- …io dovrei uccidere una bambina affamata? -

 

- è un Ebrea…e questo basta per farla fuori… -

 

- …io…io non… - cominciò Ed appoggiando la mano accanto alla pistola che portava alla vita

 

- …ha poca scelta soldato…o la sua pistola…o gli inceneritori… -

 

- …inceneritori?! – esclamò Ed stupito e sconvolto

 

 - ..te assicuro che bruciare vivo e peggio che essere ucciso da una pistola… - sorrise la guardia

 

Ed rimase in silenzio per diversi attimi. Con lo sguardo, cercò quello della piccola sfortunata che gemeva e piangeva mentre aspettava impotente la sua sentenza.

Cosa doveva fare ora?

Ucciderla e salvaguardare la propria copertura o lasciarla in vita contribuendo a mandare all’aria tutto?

Qual’era la scelta giusta da fare?

L’unica cosa che sapeva…è che la morte di quella bambina l’avrebbe tormentato per tutta la vita…ma d’altronde…

 

- …guardia! -

 

- mh?!-

 

- …mi lasci solo con la mocciosa per favore…vedrò di farei n fretta… - esclamò

 

- …come vuoi…se ti può far sentire meglio… -

 

La guardia fece cenno ai due militari di lasciare la piccola e di seguirlo.

Ben presto Ed si trovò solo. Sola davanti a quella piccola bambina che piangeva e singhiozzava. Solo davanti alla dura verità…

 

- …uh…sigh…sigh… - piangeva la piccola

 

Ed nel guardarla gli venne meno il coraggio, il coraggio di fare ciò che gli avevano ordinato.

Ma questa volta non poteva tirarsi indietro. Non questa volta.

 

 

…per ottenere qualcosa…

 

 

Delicatamente tirò fuori dalla vita la pistola. La sua mano tremava, mentre la bambina indietreggiava sempre di più

 

 

 …è necessario…

 

 

Ed, tremando, tese il braccio. Puntò la pistola in direzione della bambina paralizzata dalla paura

 

- ma…mamm…a… - gemeva la piccolina

 

Ed indietreggiò di qualche passo.

 

 

- ...sacrificare qualcos’altro che abbia…il medesimo valore…

 

 

Quelle parole rimbombavano nella sua testa come tamburi.

Dunque, perché la missione riuscisse, un innocente avrebbe dovuto pagare? Era questo il prezzo dello scambio? Una vita umana in cambio del suo orgoglio? Della sua vendetta?

Forse era proprio questa la risposta….

Tese il dito, pronto a sparare. Guardò la bambina terrorizzata.

 

- …perdonami ti prego… - esclamò

 

 

Chiuse gli occhi.

 

 

Uno sparo si levò nel cielo di quel pallido giorno.

L’urlo lacerante della piccola echeggiò per tutto il campo, dove per così tanto tempo tante persone erano state portate e uccise ed il sangue innocente versato solo per garantire la razza pura...

 

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Capitolo 22
*** Uomo debole? ***


Capitolo  22 – uomo debole?

 

 

Cosa sta succedendo tutto ad un tratto?

 

 

Sento….sento un profumo….o meglio…un odore intenso penetrarmi nell’anima…

 

…Sangue….?

 

Chi sono io per decidere la morte di una persona?

Sia pure un ladro, un bandito….siano pure persone innocenti….

 

Chi sono io per uccidere qualcuno?

Dio forse?

 

 

Chi sono io….per avere il diritto di vivere?

 

La verità…la verità è che sono un uomo debole….non sono mai stato capace di dire NO…NO, al desiderio di ridare la vita…NO, agli atroci ordini che mi venivano dati….NO, alle guerre insensate…NO, quando mi dettero quella lettera…

E anche stavolta…anche stavolta non ho saputo rifiutarmi, non ho saputo tirarmi indietro….ne avevo la possibilità…ma non l’ho sfruttata…

Però…

Anche se lo avessi fatto…non sarebbe cambiato nulla…LEI sarebbe morta ugualmente…consumata, sciupata dal fuoco…sarebbe stato come essere all’inferno…

E io?

Dovrei essere io ad andare all’inferno…il posto ideale per i peccatori come me…peccatore per aver voluto ridare la vita…peccatore per aver voluto che LEI ritornasse…ma ora…è successo il contrario…questa volta ho TOLTO la vita…e non ci potrà mai essere nessuna alchimia, nessuna speranza, nessuna pietra rossa che potrà cambiare le cose…

Sarebbe morta lo stesso…tutto sarebbe rimasto uguale…ma forse…forse se avessi detto NO…non avrei questo peso nel cuore….me ne sarei andato, con la testa alta senza nessun pensiero. Come si addice ad un vero SERVO di Hitler….

 

…io….

 

…posso essere davvero così egoista?

 

…posso davvero pensare queste cose orribili?

 

…posso davvero compiere peccati peggiori di quella volta?

 

…l’unica certezza che ho…è quella di poter veramente far tornare il mio paese come era un tempo….questa è l’unica certezza…di un uomo debole?...

 

 

 

 

 

 

Ed si trovava davanti alla porta del dormitorio, dove riposavano i militari, compresi Edward e Al

Osservava la porta di legno con sguardo assente, senza nessuna luce che penetrasse dai suoi occhi dorati.

Era pallido, sudato e con la mente altrove….in quella stanza…nella stanza dove fino a poco prima era stato….

Aveva ancora la pistola nella mano tramante e sporca, così come il viso, squarciato da un rivolo di sangue che colava dalla guancia…ma non era il SUO sangue…bensì quello di qualcun altro…

Era incerto se entrare o meno in quella stanza dove, senza dubbio, lo avrebbero riempito di domande su cosa fosse successo….

Cosa avrebbe detto ad Al? Che avrebbe pensato di lui, Edward? Con che coraggio avrebbe potuto guardare in faccia la sua Winry, sapendo di essere diventato un assassino?...

Voleva sprofondare all’inferno….voleva farla finita una volta per tutte…voleva tornare indietro….tanto…che senso avrebbe avuto una vita piena di rimorsi e peccati?

 

 

- ..io…ho davvero…il diritto di vivere? – si chiese il giovane stringendo più forte la pistola

 

A questo punto…l’unica cosa che davvero poteva fare….era affrontarli…entrare in quella stanza a testa alta come se non fosse accaduto niente…in fondo…sino ad ora…era quello che aveva sempre fatto…cercare di sembrare forte quando in realtà...la paura gli invadeva anima e corpo…

Aprì leggermente la porta facendo un lungo sospiro; ma qualcuno, evidentemente, fu più svelto di lui nel farlo.

 

- fratellone!!! – esclamò Al sbucando davanti all’entrata

 

Ed rimase come paralizzato, immobile di fronte al fratello, il quale, osservando la faccia sconvolta dell’altro, capì subito che qualcosa non andava…

 

- che…che è successo? – chiese preoccupato guardando Ed dritto negli occhi

 

Ed non sapeva cosa rispondere

 

- …eh…io… - cominciò a dire confuso

 

Ad un tratto, come un fulmine a ciel sereno, gli venne alla mente il volto della bambina che urlava disperata chiamando la madre, e il sangue che sporcava il pavimento umido della stanza buia in cui era stato portato…

Cercò di togliersi dalla mente quella orribile scena, così nitida nella sua testa…

 

- Ed..? – intervenne Edward arrivando di corsa

 

- …io….non….non è successo nulla…. – esclamò Ed facendosi largo tra i due, senza guardarli.

 

- fratellone! – disse Al prendendolo per un braccio

 

Ed, forse più per istinto che per rabbia, si staccò bruscamente dalla presa di Al, immobile e insicuro da quel gesto.

Poi, sentì che la sua mano, quella con cui aveva toccato Ed, era quasi bagnata…abbassò lo sguardo e vide….vide la sua mano sporca…sporca di un liquido rosso…

 

- …ma questo… - cominciò impaurito

 

Alzò gli occhi di scatto e li posò sul fratello.

Nel punto in cui l’aveva toccato era macchiato di sangue…sangue non suo…

 

- …che è successo?! – chiese di nuovo, stavolta con più ardore

 

- … - Ed rimase zitto

 

- …CHE E’ SUCCESSO?! – disse alzando la voce

 

- NIENTE! – urlò Ed stufo di tutte quelle domande, stufo di sentire ogni parola, stufo di dover sempre dare risposte che non sapeva…

 

Detto questo, si buttò nella brandina esausto, con la testa rivolta al muro e premuta violentemente contro il cuscino che cominciò a macchiarsi.

 

- … - Al non seppe più cosa dire

 

- ….quel ladro di cui ci hanno notizia…non potrà più parlare vero?... – esclamò Edward all’improvviso

 

- … - Ed continuò a non rispondere

 

- …prima…abbiamo sentito uno sparo…proveniva sicuramente da una pistola… -

 

- … -

 

Edward strinse i pugni. Nei suoi occhi si intravedeva la rabbia più viva.

 

- …e magari era anche la tua…?! -

 

- … - Ed non dette segno di risposta, si limitò a starsene disteso, mentre il sangue bagnava il cuscino su cui era appoggiato…

 

- Edward... – sospirò Al ancora molto confuso

 

- ….perchè….PERCHE’ NON DICI NULLA?! – urlò il giovane attirando l’attenzione di tutti

 

- … -

 

- … -

 

Ci furono diversi minuti di silenzio, durante la quale nessuno dei due dava alcun segno

 

- …VA AL DIAVOLO MALEDIZIONE!!! – urlò Edward furibondo, facendosi largo tra la folla e uscendo dal dormitorio in fretta e furia, lasciando Ed e Al con il resto dei soldati che non capivano la situazione.

 

- Edward! Dove vai?!  - esclamò Al, ma il giovane era già uscito

 

 

“I militari scendano alle mense private. Il pranzo avrà inizio alle ore 12.00 e terminerà alle ore 13.00”

 

Tutti i militari, con sollievo, dopo aver sentito l’annuncio, si prepararono e si diressero in fila indiana verso la porta, aprendola e disponendosi lungo il corridoio in attesa della propria guardia.

Tra questi però, ce ne era uno, Joseph Hias, che aveva osservato “curioso” la scena.

Sembrava sul punto d tornare indietro e di parlare con Ed…ma vedendolo così distrutto, decise di lasciar perdere.

Lasciò l’enorme folla di militari e si diresse altrove, nonostante qualcuno gli avesse detto di non farlo…

Al in quel momento critico aveva una doppia scelta: trovare Edward o restare con Ed nel dormitorio fingendo, magari, di star male.

Posò lo sguardo sul fratello ancora immobile a letto. Lo guardò respirare affannosamente e cercare di asciugarsi il viso coperto di sangue della piccola, schizzato dopo il  colpo partito dalla sua pistola.

Voleva restare accanto a lui, come aveva sempre fatto.

Non poteva immaginare come Ed si dovesse sentire, ma poteva capire quanta angoscia poteva comportare un gesto simile, fatto per una volontà più grande della propria…

Si sedette ai piedi del piccolo letto a castello. Sfilò dalla sua mano la benda che serviva per nascondere la ferita subita e la tese a Ed con fare premuroso.

 

- …tieni…è per asciugarti il viso… - esclamò

 

- … -

 

- …non puoi certo stare in questo stato tutto il giorno no? -

 

- … - ancora nessuna risposta

 

- …mmh… - sospirò Al abbassando la mano

 

- …voglio…voglio stare da solo… - esclamò Ed dopo quel lungo intervallo senza nessuna parola.

 

- …capisco…allora…vado a cercare Edward… -  disse Al alzandosi e mettendo la benda accanto al corpo di Ed.

Sospirando, chiuse la porta, lasciando solo il fratello, solo con i suoi incubi peggiori…

Ed, non appena Al se ne fu andato, si mise a pancia in su. Osservando il letto sopra il suo. Osservando il vuoto.

Si mise una mano sulla guancia, si accorse di essere ancora sporco…quell’odore insopportabile di sangue…sangue innocente…sangue non suo…

D’istinto, prese la benda lasciatagli da al e cominciò a strofinarsi forte la parte macchiata.

Strofinava intensamente cercando di cancellare quel doloroso momento. Gli occhi impauriti della bambina lo facevano sentire peggio di un assassino, peggio di un mostro.

Strofinava violentemente la benda sulla sua pelle ninvea che, più lo sfregamento aumentava, più si arrossava.

Nei suoi occhi quasi senza espressione si notavano ombra di insicurezza e paura, ma soprattutto di follia.

Non sentiva il dolore della pelle che si arrossava e si lacerava…non sentiva nulla…salvo le grida della bambina che gli rimbombavano in testa.

 

- ….ah! - 

 

Ad un certo punto, il dolore alla guancia fu davvero insopportabile.

Si fermò, impaurito. Osservò la benda ormai tinta di rosso e sentendo il suoi viso ancora più bagnato di prima…

La stoffa infatti, gli aveva provocato una serie di piccoli taglietti sulla parte arrossata.

Aveva solo peggiorato le cose…sarebbe stato meglio se ci avesse pensato Al…lui era bravo a medicare…

Sospirando leggermente, si ributto nel letto, questa volta a pancia in giù, e cominciò a viaggiare a ritroso nel tempo…quando ancora era un bambino normale…quando ancora no aveva commesso nessun peccato…quando ancora non era debole….

 

 

 

Nello stesso momento, Edward si trovava in uno dei tanti e uguali corridoi dell’edificio.

Correva. Correva senza fermarsi, senza una meta ben precisa…era stanco di non ricevere alcuna risposta, era stanco di dover sempre dimostrare coraggio…quel coraggio che in quel periodo triste, gli era sempre mancato…si fermò quasi di colpo.

Era stanco anche di correre…decise di accucciarsi per terra sorretto dalla parete del muro.

Lì, sospirò pesantemente

 

- …Lucas… - esclamò tristemente appoggiando la testa davanti alle proprie gambe…

 

 

 

 

 

 

 

Intanto il tempo passava…Al, non avendo trovato Edward, decise di seguire gli altri militari alle mense, per poi tornare da Ed, col pranzo.

Nel frattempo, nei dintorni era tutto tranquillo. Tutti, compresi gli alti gradi dell’esercito erano assieme agli altri soldati intenti a consumare il loro abbondante pasto.

Nelle varie stanze vi era il silenzio più totale.

All’improvviso però, si sentirono dei passi…lenti ma inesorabili passi che percorrevano la strada che portava ad una delle mense.

La persona in questione, si fermo non appena vide che per terra, vicino alla porta d’ingresso di una camera, vi erano abbondanti gocce di sangue, che si facevano sempre più grandi man mano che si procedeva col cammino.

Le tracce, arrivarono fino ad una stanza appena socchiusa.

Senza pensarci, quella persona la aprì piano:

entrò senza far rumore, era buio e non si intravedeva nulla. Si sentiva solo un odore fortissimo, un odore marcio e intenso…

l’uomo, una volta entrato, percorse in lungo e in largo tutto il perimetro della mensa, oramai in disuso da molto tempo.

Ad un certo punto si fermò. Non potè più proseguire il cammino.

Davanti a lui, si celava uno spettacolo orribile:

il corpo inerme di una bambina,in un lago di sangue che stava cominciando a marcire…

doveva essere morta da poco…a giudicare dal colorito del corpicino e dal sangue sparso un po’ ovunque.

L’uomo, si abbassò, e delicatamente sfiorò la piccola e cominciò a tastarla per cercarne la causa della morte.

Fu evidente.

 Si accorse di una ferita da arma da fuoco, proprio al cuore.

 

- …dev’essere morta sul colpo…povera piccola…almeno non ha sofferto… - sospirò l’uomo

 

Poi, la osservò meglio…il suo sguardo si fece triste, pensando a chissà quando questa guerra sarebbe finita, pensando a quel giorno in cui Hilter sarebbe caduto…

 

- ...ma…questo colpo… - disse guardando la ferita - …è insicuro…un colpo quasi non voluto…basta vederne la traiettoria… -

 

Sospirò nuovamente, poi si alzò dal corpo, e una luce fioca, che penetrava dalla fessura della porta semi aperta gli illuminò il viso:

occhi azzurri come il mare e capelli di un biondo quasi accecante…

 

- …alla fine….l’ho trovato… -  disse infine andandosene

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed era ancora steso a letto. La ferita alla guancia non lasciava riposare il suo cuore, anch’esso ferito.

Non riusciva a dimenticare quegli occhi…quegli occhi che chiedevano pietà…una pietà che non aveva ottenuto.

Alla fine l’aveva fatto. Aveva ucciso. Non con l’alchimia, però si sentiva ugualmente un mostro…

Se davvero avesse dimostrato di essere cresciuto, avrebbe cercato una soluzione, qualcosa che potesse lasciare in vita quella poveretta…magari anche la propria vita!

Non sarebbe morto inutilmente…avrebbe comunque salvato una persona…ma avrebbe dovuto anche non rispettare la promessa fatta a Ivan…quel giorno…il giorno in cui era morto…lui aveva dato la vita per ciò che gli era caro, per ciò che davvero contava…lui invece, colonnello solo per una medaglia in più rispetto agli altri, aveva da sempre, avuto paura di morire…anche quella volta…quando Winry era stata rapita…aveva avuto paura della morte…

 

- …Edward… -

 

Sentendosi chiamare, Ed si alzò di scatto dal letto, credendo che fosse Al.

Ma dovette ricredersi, quando d’innanzi a lui, si trovava Joseph, il militare conosciuto poche ore prima, che aveva curato suo figlio.

 

- …Joseph… giusto? – esclamò Ed spaventato dalla visita inaspettata

 

- …esatto… - sospirò lui

 

- …che…che cosa vuoi? – chiese Ed alzandosi

 

- nulla…volevo solo sapere come stavi… - esclamò serio

 

- ?...beh…sto bene…grazie per l’interessamento… - disse cercando di sembrare allegro

 

- …quel colpo…proveniva davvero dalla tua pistola….giusto?  -

 

Ed lo guardò stupito, poi sospirò toccandosi la guancia ancora rossa che Joseph stava osservando da un po’

 

- …è stato solo uno sbaglio...quel colpo…uno dei miei tanti peccati… - esclamò Ed - …come fai a saperlo…? –

 

- …perché l’ho vista con i miei occhi...mentre tornavo al dormitorio… -

 

- … -

 

Il colonnello si mise a passeggiare per la stanza, quasi senza guardare dove andasse.

Si fermò di fronte quell’unica finestra che c’era, e lì, si mise ad osservare il panorama…si vedeva l’enorme cancello del campo…ma se ci si sforzava, si potevano avvistare le bianche colline e gli alberi che ricoprivano l’intera zona…

 

- non dovresti tormentarti…sarebbe morta comunque…hai fatto la scelta più giusta… - sospirò Joseph

 

- …nessuna delle scelte che avevo sarebbe stata quella giusta…ho ucciso una bambina affamata e innocente…  - esclamò Ed - …e tutto per mantenere una promessa…che forse, senza quel sacrificio non avrei potuto adempiere… -

 

- … -

 

- ma la verità…è che nemmeno io sono sicuro di mantenerla ora come ora…perché sono sicuro…che lui non avrebbe voluto questo… -

 

Il silenzio invase il dormitorio vuoto.  Per parecchi minuti tutti e due rimasero zitti e immobili senza fare nulla.

 

- …dev’essere dura uccidere per lei… - esclamò all’improvviso Joseph sempre assumendo uno sguardo penetrante

 

- eh?!  - chiese Ed voltandosi verso di lui

 

- …dico bene…colonnello Elric? -

 

 

Ed blocco ogni movimento che stava per fare.

Rimase pietrificato e non riusciva a ragionare.

Guardò Joseph, che si era fatto  serio all’improvviso, lo osservò senza pronunciare una parola.

Costui conosceva la sua identità?! Come…Come aveva fatto a scoprirla?! Si era chiesto in quegli attimi di disagio.

 

- …c..come hai detto…? – esclamò Ed tremando

 

- …che cose le succede…sentire il proprio nome la mette a disagio forse? -

 

- … - Ed non seppe cosa rispondere. Era forse una provocazione?

 

- …tutto… - continuò Joseph - …tutto avrei immaginato…tranne di trovare voi…proprio qui poi! -

 

Ed ancora sconcertato da ciò che il militare aveva appena affermato, si limitò a rispondere, cercando di essere più calmo possibile, ma il pensiero ancora indelebile e il gesto compiuto poco tempo prima rendeva impossibile quel tipo di comportamento.

 

- …come sai il mio nome?! – chiese con voce flebile

 

Joseph con lo sguardo penetrante, mostrò un sorrisino ironico, che assomigliava molto a quello di Roy

 

- …ci si dimentica pure dei vecchi compagni a quanto pare… - sospirò

 

- …che vorresti dire?...non ti ho mai visto io! -

 

- ha la memoria corta colonnello?! – rispose subito Joseph

 

- ….? – Ed era sempre più sconcertato

 

Il militare si avvicinò di più a Ed, come per mostrargli meglio il proprio volto.

 

- …Joseph Hias, divenuto militare a 20 anni. Prestato servizio sotto il generale Mustang per un anno e poi mandato 15 anni a combattere per la  spedizione alla conquista dell’ Europa voluta da Hitler…il cui comandante era… - esclamò sospirando

 

- …il cui comandante…ero…io… - finì Ed senza riflettere

 

- ..esatto... – esclamò Joseph

 

Ed si avvicinò, quasi inconsciamente, a Joseph, che rimase immobile dove si trovava. Lo guardò dritto negli occhi, come se volesse cercarvi la verità…una verità che non riusciva a credere…

 

- …ma…non è possibile… - esclamò - …nessuno…nessuno è sopravvissuto durante quella battaglia… -

 

- … -

 

- …erano..erano tutti morti!...non…nessuno era vivo…nemmeno… -

 

Si fermò. Il ricordo di Ivan si fece nitido e si sovrappose a quello che ora tormentava Ed.

Il ricordo di quel ragazzo così dolce e onesto, morto ingiustamente per una colpa non sua…si materializzò all’improvviso.

 

- ..quel giorno…furono spezzate molte vite….ma voi non foste l’unico a sopravvivere… - sospirò Joseph

 

- … - Ed, ancora una volta non seppe rispondere

 

- ..me lo ricordo bene…il temporale…le urla…e voi…voi che combattevate disperatamente…e tutto…per salvare lui… -

 

Ed indietreggiò di qualche passo

 

- …voi…voi eravate così attaccato a lui…che non avete pensato a nient’altro durante tutta quella battaglia…ho ragione..? -

 

- …io…io non… - cercò di dire Ed, ma sentì le mani di Joseph stringergli le braccia e con un leggero tonfo, spingerle contro il muro.

 

- …ero lì - continuò Joseph mostrando qualche segno di tristezza negli occhi  -…ero lì che chiedevo aiuto…ferito al braccio e alla schiena e con una gamba rotta…ero li che pregavo...che qualcuno mi sentisse…mi venisse a cercare…

 

- …io …io non sapevo nemmeno che ci fossero dei sopravvissuti!...se l’avessi saputo…sarei venuto per… - cominciò il colonnello

 

- NO! -  esclamò il militare – lei era troppo preoccupato per il sottotenente Heich…era talmente preso da lui…che ha chiuso il suo cuore ad ogni altra voce che non fosse la sua… -

 

- …che cosa stai dicendo?!....io mi preoccupavo per tutti voi! Per tutti i miei uomini! -

 

- … -

 

- …non nascondo…che Ivan per me…in quei 15 anni…è stato come un fratello…sempre gentile e altruista…non amava combattere…lui..lui è morto per la sua patria! -

 

- lui era un grande soldato! È vero! – disse Joseph all’improvviso - …ma egli….era cosi sicuro che quel giorno sarebbe morto…che l’idea di poter continuare a vivere gli faceva paura…per questo a scelto di morire nel campo di battaglia ignorando i vostri ordini! -

 

- …CHI SEI TU PER DIRE CERTE COSE?! – urlò Ed quasi spaventato da quelle parole

 

- …io ero solo un soldato…un soldato come tanti…ma ero anche…molto amico del sottotenente Heich… -

 

- eh?! -

 

- …quando sono partito…l’unica cosa che sapevo fare era curare e medicare le ferite…lui mi ha insegnato a maneggiare le armi…e mi ha fatto imparare molte cose che prima mi erano ignote… -

 

- ... -

 

- …ma ora è morto….e tutto in vostro nome…colonnello Edward… -

 

Di nuovo silenzio. Silenzio che ormai si era fatto pesante. Ogni attimo senza dire nulla equivaleva ad un  ulteriore pugnalata al cuore.

Ed, impaurito, sconcertato, incredulo…si fece scivolare al suolo, non appena Joseph ebbe mollato la presa alle sue spalle.

 

- …fino a poco tempo fa non sapevo che foste ancora vivo…e facevo parte di un “ordine” segreto comandato dal Generale Mustang…con lo scopo di trovare  alcuni documenti segreti…  -

 

- Mustang?! – esclamò Ed sorpreso

 

Ancora una volta, evidentemente, Roy l’aveva usato come un burattino. In altre circostanze avrebbe sicuramente reagito male…ma d’altronde, forse, sapeva il motivo per cui il Generale l’aveva fatto…

Non disse nulla e si limitò ad ascoltare Joseph.

 

- …poi…proprio da lui scoprii che eravate vivo…e assetato di vendetta contro colui che vi aveva portato via Ivan… -

 

- … -

 

- …e adesso…voi credete di essere un debole…un assassino, un mostro…forse…in un altro momento l’avrei pensato anch’io…ma ora…mi rendo conto…che questa è la guerra! -

 

- …eh…. – sospirò Ed

 

- …e che il sacrificio è indispensabile se si vogliono raggiungere i propri scopi… -

 

- …uccidere….è sbagliato… -  esclamò Ed

 

- ..questa è la guerra… -

 

- le guerre si possono risolvere in altri modi…

 

- …non questa… -

 

- …ma ci si può provare! – disse convinto osservando Joseph

 

Il militare, sospirò, poi si girò, voltando le spalle a Ed. prese a camminare verso la porta.

 

- …bisognerà aspettare perché questa guerra finisca…settimane, mesi…anni… - disse infine

 

- … - Ed non seppe rispondere - …perché sei venuto qui?...a dirmi queste cose… -

 

Joseph non rispose

 

- …è forse Mustang che ti ha mandato qui? Per far cosa? -

 

Il soldato sorrise leggermente, un sorriso non allegro, ma comunque rassicurante

 

- …questo non posso ancora rivelarlo…però…penso che lei non sia debole come dice…colonnello… - esclamò scomparendo dalla porta…

 

 

 

 

 

Ed rimase nuovamente solo.

Ogni giorno, ogni ora che passava venivano alla luce verità che nemmeno lui era sicuro di poter comprendere.

Uno dei suoi uomini era sopravvissuto a quel terribile massacro…aveva scoperto il perché Ivan era morto in quel modo…aveva scoperto che Roy aveva organizzato un Ordine per contrastare Hitler…aveva scoperto…che molto probabilmente, anche se si fosse impegnato con tutto se stesso, nella buona riuscita della missione, forse la guerra sarebbe durata ancora per molto tempo…

Troppi pensieri, troppi ricordi echeggiavano sulla sua testa…sangue…morte….dolore…paura…pentimento…quanto ancora avrebbe dovuto sopportare?

Stette a terra per parecchi minuti. Forse anche per un buon quarto d’ora.

Non voleva alzarsi. Era troppo doloroso. Alzò lo sguardo alla finestra. Da quella posizione poteva vedere solo il cielo grigio da cui cadevano leggeri fiocchi di neve.

Sentì freddo, tutto d’un tratto. Eppure la finestra era chiusa, e la porta pure.

Cos’era questa sensazione di gelo, di vuoto dentro di lui?

La resurrezione di sua madre, l’anima di Al, l’abbandono di Winry, l’odio di Edward, la morte di Ivan, le paure di Roy, l’uccisione della piccola bambina e… l’incontrare nuovamente un suo vecchio compagno lo facevano sentire male.

Non era stato un bel incontro.

Joseph sapeva molte più cose di quanto non ne sapesse lui.

Era orribile da parte sua, non ricordarsi di qualcuno che era sempre stato la suo fianco per tutti quegli anni…ora che ci pensava…non si ricordava di nessuno…al di fuori di Ivan..

 

- …maledizione… - sospirò sbattendo un pugno contro il muro

 

- …MALEDIZIONEE!!!!! – urlò  incidendo ancora di più la mano contro le grigie pareti di quella stanza

 

- ED! -

 

Il colonnello, ancora sconvolto, alzò lo guardo: chi era ancora…a disturbare il suo dolore?

 

- fratellone che hai fatto! – aveva esclamato un Al spaventato nel vedere il fratello in quelle condizioni.

Il pranzo che aveva in mano, lo appoggiò velocemente sopra uno dei tanti letti. Poi, Il ragazzo si precipitò di corsa verso Ed, per terra e con la guancia e la mano messe male.

 

- fratellone! Cosa cercavi di fare!ti sei visto il viso?! – esclamò standogli accanto

 

- … - Ed non rispose subito - …non è niente…piuttosto…che..che ci fai qui? -

 

- …quel militare…Joseph..l’ho incontrato poco fa…mi ha detto di venire subito al dormitorio! - esclamò

 

- …Joseph?... – chiese Ed sorpreso

 

- …si! L’abbiamo conosciuto oggi! Ti ricordi? -

 

- …si… - sospirò

 

- …dai su…lasciati medicare un attimo quella guancia…altrim.. -

 

Ma non finì la frase:

Ed nessun rumore, si appoggiò delicatamente ad Al, immobile di fianco a lui.

Appoggiò la testa vicino al petto del fratello, e con le braccia, lo abbracciò forte. Fortissimo. Come quella volta.

 

- ..Ed?  - chiese Al

 

- …sono solo un debole… -

 

- …? …ma che dici?... -

 

- so bene che il sacrificio è indispensabile per la buona riuscita di questa missione… però… - sospirò Ed stringendo il fratello ancora di più - …non ci riesco…non riesco ad uccidere con la calma e freddezza necessarie… -

 

- …fratellone… - Al non sapeva cosa dire -…non ti devi preoccupare…non morirà nessuno…io..noi non lo permetteremo! -

 

- …sarà impossibile evitarlo… -

 

- …ma noi lo eviteremo! Fosse necessario morire, noi lo eviteremo! -

 

- … -

 

- …noi due insieme…come abbiamo sempre fatto!...e stavolta anche con Edward! – esclamò Al rispondendo all’abbraccio del fratello

 

Ed, a questo punto, decise di finirla…voleva smettere di essere forte, voleva smettere di essere quello che non era…voleva smettere di essere un falso…

Al, come quella volta, sentì la sua divisa bagnarsi all’improvviso.

Non osava abbassare lo sguardo su Ed, ma vedeva distintamente che il blu si stava pian piano intingendo di rosso…

Pensò che fosse per via della ferita alla guancia, ma poi…capì…capì tutto…ma non volle parlare…

Ed, stava piangendo.

Era una di quelle rare volte dove il colonnello poteva sfogarsi senza vergogna. Accanto ad una della persona che più amava…

 

- …piangi quanto vuoi Ed…anche tutto il giorno se è necessario… - esclamò dolcemente

 

- …se piango rideranno tutti di me… - sospirò Ed con voce rotta

 

- …allora non farti vedere… - sorrise Al

 

- …piangere è da deboli… -

 

- … - Al sospirò, senza dire una parola

 

- allora...almeno  per una volta… - esclamò infine - …sii debole… -

 

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Capitolo 23
*** Prima dell' inizio ***


Capitolo 23 – Prima dell’inizio

 

 Quella notte, per Ed era stata un inferno.

Ancora molto scosso dall’incontro con Joseph e dall’uccisione della bambina, il giovane colonnello continuava a rigirarsi nella brandina, stando attento però, a non svegliare i suoi compagni di stanza.

I suoi pensieri andavano alla sua Winry, lontana, a Rizembool, dove lui avrebbe dovuto essere.

Se solo fosse rimasto con lei…tutto questo non sarebbe mai successo…e lui, forse, non si sarebbe sentito così “vuoto”.

E Winry…cosa avrebbe pensato di lui? Come si sarebbe comportata nel vedere il marito in quello stato? Cosa avrebbe fatto sapendo che Ed era diventato un assassino? Un soldato qualsiasi?

Già da quando era entrato nell’esercito, anni e anni prima, si era ripromesso di non uccidere mai, di risolvere le situazioni senza dover per forza sacrificare qualcosa…anche se…si era reso conto di quanto fosse impossibile rispettare quella promessa.

Ora che ci pensava…quante promesse aveva dovuto mantenere? Sino ad oggi?

Troppe. Troppe per un uomo solo. Per un alchimista solo.

Quante persone, alla quale voleva bene, erano state “ferite” a causa sua?

Winry, Al, Edward, Ivan, Joseph…e persino Roy…

Ed non si era mia fidato di quel militare. Di quell’uomo che puntava solo alla gloria e all’onore, di quell’uomo così spudoratamente ironico e pacato, di quell’uomo…che lo aveva sempre aiutato, dopotutto…

 

- …non riesci a dormire fratello? -  chiese all’improvviso Al con voce flebile alzandosi quel poco che bastava per poter vedere il fratello da una posizione comoda.

 

- …no… - esclamò Ed, tornando all’improvviso con la mente in quel campo di concentramento, e  passandosi una mano sugli occhi

 

- dovresti invece…domani sarà una giornata pesantissima… -

 

- guarda che lo stesso vale anche per te! – disse seccato

 

- … -

 

Ed, grazie a quella poca luce che entrava dalla piccola finestra senza balcone, potè osservare il volto di Al farsi cupo per un breve attimo.

 

- …che c’è? – chiese preoccupato

 

- …no…è che…ultimamente ho la mano che mi prude parecchio… - sospirò

 

- ? -

 

- …lascia stare…sono solo sciocchezze… - sorrise Al

 

- no che non sono sciocchezze! Se ti fa male dovresti andare a farti visitare! -

 

- …penso che sarebbe inutile… -

 

- eh?! -

 

- …nulla… - esclamò Al abbassando gli occhi  - forse è meglio se torniamo a dormire no? Verremo puntiti se ci scoprono… -

 

- …Edward…dov’è? – chiese Ed pensando attentamente a ciò che aveva osato chiedere

 

Al, indicò col dito.

Ad una decina di metri da loro, si trovavano altri letti, in uno dei quali, era disteso il ragazzo a pancia in giù e con appoggiato, sul cuscino, il libro di alchimia.

Aveva il volto contratto e per nulla rilassato, sfogliava in continuazione quel libro, forse alla ricerca di qualche formula alchemica.

Era talmente concentrato che, forse, anche se avessero urlato il suo nome, non l’avrebbe nemmeno sentito.

Ed mostrò un leggero sorriso.

 

- nemmeno lui riesce a dormire a quanto pare… - esclamò

 

- …in verità…- confessò Al – anche se volesse provarci temo che non ci riuscirebbe.. -

 

- perché?! – chiese Ed stupito

 

Il fratello, nuovamente, pose il proprio dito  indice in direzione di Edward, ma lo spostò leggermente in basso, verso colui che si trovava nel letto sotto a quello del giovane.

Era un omone grosso, dall’aria minacciosa anche quando dormiva, e russando, faceva un rumore insopportabile.

 

- …capisco… - sospirò Ed

 

- ha pensato che fosse meglio studiare piuttosto che starsene a letto senza far niente…-

 

I due fratelli si guardarono con sguardo malizioso.

Poi, entrambi, sorrisero di gusto.

Al, notò subito gli occhi di Ed, accendersi nuovamente, non appena si parlava del figlio. Era una cosa che lo faceva star bene, che lo rilassava, sapendo che in tutta la sua vita aveva fatto qualcosa di buono…

 

- …chissà se…se è ancora arrabbiato con me…- sospirò il colonnello ributtandosi nel letto

 

- … - Al non rispose

 

Il silenzio invase la stanza. Si sentivano solo gli incessanti movimenti dei soldati, che si rigiravano nel letto, senza alcuna preoccupazione.

 

- …ma che dico… - sorrise Ed - …la verità è che ce l’ha con me da quando sono arrivato… -

 

- fratellone… -

 

- forse…forse se non fossi tornato…lui ora sarebbe più felice… -

 

Al, che in quegli anni aveva cresciuto Edward come se fosse stato figlio suo, si sentiva quasi in colpa. In colpa per essere stato al posto di Ed, per tutto quel tempo.

Certo, era stato il fratello a chiederglielo, prima di partire, però si sentiva comunque male al solo pensiero che Edward potesse considerarlo un “padre” molto più di Ed.

 

- secondo me… - sospirò infine giocherellando con la stoffa, ormai rotta, del cuscino - …secondo me non è arrabbiato con te per quello… -

 

- ..ah no? – esclamò Ed con tono quasi ironico

 

- lui…si è arrabbiato… -  continuò Al - …perché suo padre non gli dice mai nulla di ciò che lo riguarda! -

 

- … -

 

Ed rimase immobile e attonito ad ascoltare quelle parole, che nella sua testa risuonavano come una verità che non pensava potesse esistere.

 

- …se non gli dico nulla è solo perché devo proteggerlo… - disse infine

 

- è proprio questo che lo fa star male…  - esclamò Al ribettendo

 

- è ancora un ragazzino… -

 

- …anche tu, per certi versi… -

 

Ed, si alzò bruscamente dal letto, e si voltò verso Al, il quale lo stava osservando molto seriamente.

 

- che vorresti dire? - chiese

 

- …nulla…solo…che siete molto simili…tutto qui… - sospirò Al

 

- … - Ed non seppe più cosa rispondere   - …io non sono un ragazzino… - disse infine, portando le coperte sopra la propria testa , facendo finta di tornare a dormire.

 

Al, quasi rassegnato, decise di fare altrettanto, ma non prima di aver dato un ultima occhiata a Edward, a quel bambino che lui stesso aveva cresciuto, quel bambino che in tenera età, l’aveva chiamato “papà” più volte, quel bambino a cui teneva più della sua stessa vita.

 

 

 

 

Intanto, “quel bambino”, era ancora intento a studiare.

Sebbene avesse sentito in parte, i discorsi dei due fratelli, la cosa non toccava minimamente, anzi, in quel momento non gli interessava proprio: non aveva la minima intenzione di pensare a chi dei due voleva più bene, a chi dei due poteva considerare “padre”.

La cosa che ora lo tormentava, strappandogli ore di sonno che l’avrebbero sicuramente riposato, era risolvere “quell’indovinello” sul cerchio alchemico riscoperto di recente.

Cercava e ricercava tra le bianche pagine qualcosa che potesse aiutarlo a venirne a capo.

Inoltre, una cosa che rendeva ancora più strano quel cerchio, era il modo in cui era disegnato:

nei quattro angoli, di un cerchio immaginario, si trovavano quattro figure che avevano tutta l’aria di essere uomini, essere umani stilizzati.

Riusciva a capirlo dalla forma che avevano.

 

- però è strano… - pensava - …com’è possibile disegnare questo cerchio…se non c’è nemmeno il cerchio?! -

 

In effetti, l’unico indizio che gli aveva fatto capire che quello doveva essere un cerchio, era la posizione delle figure, ma anche in quel caso, i conti non tornavano: come si poteva disegnare quelle figure così complicate anche essendo stilizzate, in caso di emergenza?

 

- …ci deve essere senz’altro un modo per ricrearlo sul suolo…magari con un metodo speciale… - borbottava senza svegliare nessuno

 

In quel mentre, mentre cercava altre soluzioni, sentì, da fuori dei passi, passi che provenivano dal corridoio esterno.

 

- ..dev’essere al guardia accidenti! – esclamò nascondendo il libro sotto il cuscino e buttandosi sotto le coperte  - se scopre che ero sveglio mi uccide… - pensò

 

Aspettò qualche minuto. La guardia aveva leggermente aperto la porta per controllare che tutti dormissero, poi,così come era arrivata, se ne andò portandosi dietro la paura di  Edward di essere scoperto.

 

 

 

 

La mattina seguente, si svolse in modo abbastanza veloce.

I soldati, appena svegliati, erano stati condotti all’esterno per alcuni esercizi fisici tra i quali corsa e tiro al bersaglio.

Ed notò come Edward e Al si impegnassero al massimo, soprattutto quando dovevano usare la pistola, oggetto che nessuno dei due aveva mia usato.

Dal canto suo il colonnello, cercava, senza dare nell’occhio, di aiutare il figlio e il fratello, insegnandogli a come impugnare l’arma e come centrare il bersaglio.

Il vero problema, era che Bürk assisteva ad ogni loro attività e ormai, era diventato quasi impossibile per Ed, nascondersi in modo che il generale non lo potesse vedere.

Al, che lo sapeva bene, cercava di “coprirlo” con ogni mezzo, mentre Edward, indifferente alla situazione e ancora arrabbiato con Ed, continuava a fare il suo lavoro senza interessarsi del resto.

Le cose tra i due non migliorarono nemmeno a pranzo.

Quando entrambi si sedettero ai propri posti con in mano il vassoio che conteneva il piatto con la zuppa, Al li incitò a sedersi vicini, uno a fianco dell’altro mentre lui si sarebbe messo di fronte la loro.

Ed evidentemente ci sperava molto, ma Edward rispose con un secco “non ne ho voglia” e si sistemò più lontano che potè.

L’animo del colonnello, venne ulteriormente scosso quando, mentre tutti si stavano alzando per andare altrove, si trovo di fronte Joseph, sorpreso quanto Ed.

I due erano rimasti immobili ad osservarsi per tutto il tempo incuriosendo i passanti, compresi Al e Edward.

 

- …buongiorno…Edward… - salutò Joseph con sguardo penetrante

 

- …eh…ecco… - cercò di dire Ed senza guardarlo

 

- fratello che ti prende?! – esclamò Al accorrendo in suo aiuto

 

- … - Ed non rispose - …b..buongiorno Joseph… - esclamò continuando il suo cammino, e passandogli accanto senza guardarlo.

 

 

 

 

 

 

 

“ i militari si presentino nella piazza centrale per un esercitazionenessuno escluso!”

 

 

Quel suono penetrante rimbombò nuovamente nei corridoi, nelle salette e nelle stanze dei soldati.

 

- …di nuovo?! – esclamò Edward indignato – non ci siamo esercitati abbastanza per oggi?!  -

 

- evidentemente ci vogliono pronti… - sospirò Al

 

- e per cosa?! – chiese Edward indossando la sua divisa blu

 

- …non ne ho idea… - confessò lo zio

 

- io penso che non sia un esercitazione… - disse Ed pensieroso

 

- …spiegati meglio! – esordì Al

 

- …secondo me l’esercitazione è solo un pretesto per spingere i militari ad uscire…vorranno farci fare qualcosa…qualcosa che per ora ci tengono segreto… -

 

- mah…secondo me hai visto troppe guerre tu… - esclamò Edward stizzito

 

Ed, a quelle parole abbassò lo sguardo tristemente

 

- EDWARD! – intervenne Al – non parlare così a tuo padre! -

 

- tsk! – sogghignò il giovane raggiungendo gli altri nel corridoio

 

- EDWARD TORNA QUI! – esclamò Al facendo per andargli incontro, ma Ed lo bloccò, prendendolo per la camicia

 

- …lascia stare… -

 

- ma fratello! -

 

- …forse…forse ha ragione… - esclamò sorridendo lievemente

 

- … - Al non disse nulla

 

Ed, si sistemò l’uniforme, preparando la pistola con tanto di pallottole.

 

- andiamo anche noi dai… - sospirò

 

- …si… -

 

E uscirono lasciando dietro di loro altri compagni intenti ancora a cambiarsi.

 

 

Ben presto, tutti si trovarono nella grande piazza centrale, circondata dall’edificio che comprendeva tutto il campo, circondato a sua volta da enormi mura con sopra decine e decine di matasse che contenevano filo spinato.

Era molto freddo, non nevicava molto, ma leggeri fiocchi cadevano da un cielo plumbeo.

Da quando erano arrivati laggiù, i tre Elric non avevano ancora visto il sole illuminare quei luoghi…

Poi, entrò in scena Bürk, con sguardo fiero e penetrante, ordinò agli uomini di ordinarsi in file da dieci, e di mettersi davanti a lui.

 

- Edward! Al!  - aveva esclamato Ed dopo quell’ordine - …disponetevi alternati! Non state vicini! -

 

- perché? – chiese Al allontanandosi da un Edward un po’ confuso

 

- …ho già avuto esperienze simili…ora scommetto che Bürk chiamerà tutti i numeri dispari delle file… -

 

- come fai a saperlo?! – esclamò Edward

 

- …  - Ed si soffermò a guardare un attimo il figlio - …perché Bürk ama fare questi giochetti… -

 

- giochetti?! -

 

 

-         …sta a guardare… - concluse Ed girandosi di colpo, accorgendosi che il generale, da lontano, stava osservando da quella parte ..

 

 

 

Passarono diversi minuti, e Bürk non si era ancora deciso a parlare. Anzi, osservava costantemente, uno per uno, tutti i soldati, quasi intimoriti da simile gesto.

Ed, più che intimorito, sembrava scocciato: ad ogni occhiata del generale, era costretto a “chiudersi” all’interno della propria divisa, o a nascondersi dietro la schiena del compagno vicino a lui,cercando di non dare nell’occhio…

Ad un certo punto, finalmente Bürk si decise:

 

- grazie a tutti voi per essere venuti! – esclamò in modo esaltato – oggi è un grande giorno per tutti voi! -

 

I militari rimasero ad ascoltarlo, quasi incantati da tali parole

 

- ..oggi ci sarà un esercitazione un po’ speciale…non si tratterà dei soliti esercizi con la pistola! – continuò – ma alcuni di voi avranno l’onore di  fare una prova….come dire…pratica! – esclamò sorridendo malignamente

 

Tutti si guardarono stupiti.

Lo stesso fecero Edward e Al , inconsapevoli di ciò che avrebbero dovuto fare.

Ed, invece sembrava tranquillo, troppo tranquillo. Dal suo sguardo, si percepiva perfettamente che aveva capito di cosa si trattava.

Poi, il generale con uno dei suoi cenni, fece aprire a dei soldati che si trovavano di fianco a lui, un enorme portone di legno.

Ciò che vi uscì, o meglio coloro che vi uscirono, non erano altro che una trentina di uomini e donne, vestiti solo di stracci, scalzi e scarni che a malapena riuscivano a reggersi  in piedi.

I soldati rimasero immobili, alcuni ridacchiavano allegramente, altri sembravano quasi impauriti da tale vista.

Ed si fece più serio che mai, Al non credeva ai propri occhi mentre Edward era improvvisamente diventato pallido e cominciò a provare un brivido lungo la schiena.

 

 - posizionateli davanti al muro dell’edificio Nord! – ordinò Bürk

 

I soldati eseguirono

 

- quanto a voi… - esclamò rivolto agli altri  - i numeri dispari facciano tra passi avanti! -

 

Si contarono i fretta e furia. I numeri dispari fecero come gli era stato ordinato e si collocarono più avanti.

Essendoci buchi nelle file, i tre Elric poterono parlarsi

 

- questo intendevi con “giochetti” ?! – esclamò Al rivolto a Ed

 

- … - lui non rispose

 

- come facevi a sapere che avrebbe chiamato proprio i numeri dispari?! – chiese Edward  

 

- …durante la spedizione…ogni tanto veniva a “farmi visita”…  - esclamò Ed  -...in genere a lui piacciono le esecuzioni di massa… -

 

- e le chiami esecuzione di massa?! Queste sono carneficine vere e proprie! -

 

- sta calmo Edward!  - esordì Al mettendogli una mano sulla spalla

 

- come faccio a stare calmo!?! Come puoi essere impassibile di fronte a questo?! – esclamò Edward rivolto al padre

 

- …faresti meglio a controllare che non ci sia il tuo amico tra loro…piuttosto che arrabbiarti con me… - esclamò secco il colonnello

 

- … -

 

Il ragazzo non ci pensò due volte, si voltò ad osservare il luogo in cui erano stati portati i prigionieri.

Li scrutò uno per uno, col cuore in gola peri l timore che Lucas potesse essere tra quegli sfortunati.

Li osservò attentamente sentendo i battiti del suo cuore in corsa. Non notò nessuno di familiare. Ma non sapeva se essere felice o no.

Lucas non c’era, e questo gli importava più di ogni altra cosa, ma il pensiero di quelle persone lo rendeva incapace di gioire.

Non sapeva nemmeno se Lucas fosse davvero ancora vivo…

 

Una volta posizionati i prigionieri, i militari tornarono al proprio posto ad ordine di Bürk.

I numeri dispari, che il generale aveva chiamato, a cui in seguito venne ordinato di tirare fuori la pistola , avanzarono verso quelle persone.

Edward assisteva, impotente a quella scena.

Al, invece, evitò di guardare oltre. Non voleva osservare altre persona morire ingiustamente. Non voleva.

Poi, rivolse il suo sguardo a Ed.

Il colonnello a prima vista sembrava impassibile di fronte a quello scempio ma Al sapeva bene che non era così. Nessuno di loro doveva dare nell’occhio, e il disperarsi, sicuramente avrebbe fatto saltare la loro copertura.

Poteva capire benissimo Ed in quel momento.

Non era passato nemmeno un giorno, dal terribile atto commesso dal fratello, atto per la quale aveva versato molte lacrime, aggrappato alle sue braccia, come per cercare aiuto, protezione.

Doveva essere difficile, ora, per lui, restare immobile senza fare nulla.

 

Intanto, i militari erano di fronte ai prigionieri, con le pistole puntate alle loro teste.

Tutti quegli uomini, tre donne e anziani, erano lì, consapevoli e pronti, pronti alla sentenza che quel mondo crudele stava per infliggergli.

Bürk, alzò il braccio. I soldati si misero in posizione. I prigionieri pregavano in silenzio.

Il generale, abbassò il suo arti di qualche centimetro. I soldati caricarono le pistole. L’atmosfera si fece pesante. Gli occhi di Edward erano come ipnotizzati. Non riusciva a distogliere lo sguardo, benché lo volesse con tutto se stesso.

 

Poi…

 

 

Un gesto…

 

 

Degli spari…

Delle urla…

 

 

E Tutto finì.

 

 

 

Il tempo si era fermato all’improvviso. Come se si fosse bloccato per assistere a ciò che avvenne, e a ciò che sarebbe avvenuto sempre.

Erano passati solo pochi attimi, ma per alcune persone furono momenti che duravano in eterno.

Dal cielo, la neve lasciò il posto alla pioggia. Fitta pioggia che cadeva da un cielo nero come l’oblio. L’oblio in cui i tre Elric erano entrati.

L’acqua andò a bagnare i vestiti, i volti…i corpi di coloro che non c’erano più.

il sangue fresco, che grondava ancora dai corpi di tutte quelle persone, andò a mischiarsi con la pioggia, formando un lago rosso.

I militari, riposero la pistola e tornarono ai propri posti. Non sembravano turbati, solo confusi.

Una volta che si furono sistemati, si misero ad osservare il loro generale in attesa di altri ordini, mentre la pioggia continuava a cadere.

Bürk sembrava soddisfatto. Con un cenno, fece congedare i soldati, e sparì inghiottito dalle tenebre del grande edificio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SBAM!!!!!

 

 

Il tonfo di una sedia sbattuta a terra, echeggiò per tutta la stanza da letto, dove i militari si stavano riposando.

Era sera, fuori pioveva ancora. Dalla piccola finestrella entrava la luce di una luna spenta e scolorita.

Edward, arrabbiato, confuso, impaurito e forse troppo consapevole, si era brutalmente appoggiato al muro grigio, mentre Ed e Al erano seduti ai piedi del letto di quest’ultimo, che sembrava molto provato e stanco.

 

- cerca di calmarti per favore…stai attirando l’attenzione… - sospirò Ed, vedendo che i soldati erano piuttosto incuriositi dal comportamento del ragazzo.

 

Edward lo fulminò con lo sguardo

 

- non rompere! – esclamò seccato

 

- e tu non rispondere a tuo padre in questo modo Edward! – intervenne Al

 

- … -

 

Edward prese a camminare per tutta la stanza. Era agitato. Agitato per ciò che era successo, davanti ai suoi occhi, senza poter fare nulla per impedirlo, senza dire no…almeno una volta…era agitato senza saperne la ragione esatta.

Lucas non era tra quelle persone. Ed era l’unica cosa che gli importava…almeno così aveva creduto.

Lui non conosceva affatto quelle persone, e non avrebbe dovuto interessarsi affatto della loro fine.

Ma il vedere tanti volti che chiedevano solo pietà lo rendevano impotente e infelice ma soprattutto…gli faceva provare una paura che non aveva mia provato prima.

 

- Edward! Siediti! – esclamò di nuovo Ed

 

Il ragazzo lo osservò di nuovo, osservò il suo volto tranquillo e rilassato. E gli venne una grande rabbia, che proveniva da dentro, dal suo cuore.

 

- tu… - esclamò avvicinandosi al padre  -…come puoi essere così indifferente?! -

 

- Edward! – disse Al alzandosi dal letto – stai esagerando! -

 

Il ragazzo ingnorò l’intervento dello zio

 

- RISPONDI! – urlò

 

Ed lo fissò per un attimo, poi riabbassò lo sguardo a terra

 

- non dovresti sorprenderti…per così poco… - sospirò Ed

 

Edward si bloccò all’istante.

 

- durante una guerra, assistere ad episodi come questo, è all’ordine del giorno…non lo sapevi?  - esclamò sorridendo lievemente.

 

Sorriso che faceva infuriare Edward sempre di più

 

- beh… -  continuò Ed - …non mi sorprende che tu non lo sappia… -

 

- cosa vuoi dire?! - 

 

- …tu in guerra non ci sei mai stato…  - esclamò Ed

 

Questo era davvero troppo per il ragazzo. Come si permetteva di parlargli così? Cosa ne sapeva lui, di quello che passava Edward?

Senza pensarci due volte, assalì bruscamente il padre, prendendolo per il colletto della divisa.

 

- CON CHI CREDI DI PARLARE?! -  urlò infuriato

 

- …con mio figlio…credo… - sorrise ironico Ed

 

- tsk!  - Edward strinse più forte la presa – non prendermi in giro! -

 

- non l’ho mai fatto… - esclamò Ed

 

- … -

 

- …hai paura…Edward? – chiese Ed dopo qualche attimo senza parole

 

- eh?! -

 

- ripeto…hai paura?  - disse il colonnello con sguardo penetrante

 

Edward non sapeva cosa rispondere – c..certo che no! – esclamò

 

Ed appoggiò una mano sul petto del ragazzo,come per sentirne i battiti del cuore, ancora pieno di tormenti.

 

- allora perché tremi? – chiese infine

 

- io…io non sto tremando! – esclamò il giovane

 

- …questo…non è ciò che pensa il tuo cuore… -

 

- cosa?! - 

 

Ed, col suo sguardo ipnotizzò Edward, immobile di fronte a lui, con le mani, che ancora tenevano stretto il colletto del padre.

 

- hai per caso paura…che lui sia morto? -

 

- … - Edward non rispose

 

-…che tutta la strada fatta fino ad ora sia stata vana? –

 

- …io…io non… - disse il ragazzo cominciando a tremare

 

- se per caso fosse morto…tu torneresti indietro senza salvare nessuno? -

 

Edward sembrò cadere in un buco nero.

Con quelle parole sulle spalle non riusciva più a risalire da quel baratro.

Cosa avrebbe fatto se per caso Lucas  non fosse sopravvissuto?

Era da molte settimane ormai che il suo migliore amico era Stato catturato dai tedeschi, e le possibilità che fosse ancora vivo erano davvero poche…eppure…non aveva mai perso la speranza di rivederlo…di poterlo riabbracciare.

Ora suo padre lo poneva di fronte ad un bivio: Lucas…o tutte quelle migliaia di Ebrei, che rischiavano di morire ogni giorno?

Allentò la presa da Ed, fino a mollarlo del tutto. Era spaventato, davvero spaventato.

 

- Edward! Ed! ora basta! – esclamò Al furibondo con entrambi

 

- … - Edward non disse nulla

 

- …gli ho solo detto ciò che pensavo… - esclamò Ed come se nulla fosse successo

 

Il ragazzo, ancora tramortito da quelle parole,si avvicinò al proprio letto, si sedette, e si distese. Era stanco, molto stanco.

Ed sospirò, poi si alzò da dove era seduto, e andò ai miseri servizi di cui disponeva la stanza.

Al, invece, ancora arrabbiato, si avvicinò al letto di Edward, delicatamente, lo coprì con la coperta.

Il giovane emise un suono debole e delicato, che Al interpretò come un “grazie”.

Lo zio sorrise lievemente, si alzò.

Poi, si accorse che molti suoi compagni stavano osservando la scena, incuriositi e stupiti.

 

- beh?! Che avete da guardare? – esclamò stizzito

 

Tutti si voltarono e cominciarono a fare altro, forse intimoriti dallo sguardo provocatorio di Al.

 

 

 

 

 

 

Sera, ore 24.00

 

 

tutti stavano dormendo tranquillamente.

Non si sentiva nessun rumore, era tutto calmo e pacifico.

La pioggia di poche ore prima aveva lasciato il posto ad un cielo stellato, così luminoso da sembrare quasi giorno.

Tra i tanti letti che vi erano in quella stanza, uno solo era vuoto:

Edward, si stava preparando con molta cautela, la propria pistola e cominciava a sistemarsi al meglio la sua divisa blu, che con la notte, sembrava quasi nera.

Cercò di fare meno rumore possibile.

Si mise delicatamente i guanti dello zio, regalati settimane prima e cominciò ad allacciarsi le scarpe.

Fatto ciò, prese il suo libro di Alchimia, così piccolo e leggero, che poteva stargli comodamente dappertutto. Sorrise lievemente, poi se lo mise in una delle tasche dei pantaloni.

Avanzò piano, sorpassando la trentina di letti a castello  che lo dividevano dalla porta.

Passò accanto a quello di Al, che dormiva profondamente, per poi raggiungere quello di Ed, quello di suo padre.

Lì si fermò.

Osservò il volto contratto del padre, così piacevolmente addormentato, come se non avesse nessuna preoccupazione.

Si avvicinò leggermente all’orecchio del genitore.

 

- …io non ho paura…  - sussurrò piano

 

Poi, riprese il cammino. Arrivò alla porta, la aprì leggermente.

Guardò un ultima volta quella stanza, i suoi perenti. Sospirò. Poi uscì, avvolto dal buoi di quella notte.

 

Passarono ben cinque minuti abbondanti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

…Al…sei sveglio vero? 

 

 

Alphonse, si alzò di scatto dal letto.

Vi era il silenzio più totale. Si guardò in torno. Cercò con lo sguardo il letto di Edward. Lo trovò. Ma lo trovò vuoto.

 

- ma che diavolo… - cominciò a dire

 

- non c’è tempo Al!  -

 

Si girò, vide Ed che, in fretta e furia cominciava furiosamente a cercare la propria pistola senza far rumore.

 

- Ed! dov’è andato Edward?! – esclamò Al alzandosi e vestendosi

 

- temo..temo di aver esagerato con le parole oggi! – confessò Ed mettendosi la giacca

 

- è andato via perché era arrabbiato? – chiese Al non molto sorpreso

 

- è andato via perché io l’ho spronato a farlo! -

 

-…cosa?! Ed!  - esclamò Indignato Al

 

- volevo solo che si preparasse psicologicamente…ma forse ho davvero esagerato…dai andiamo! -

 

Al, raccolte le ultime cose, si precipitò fuori dal dormitorio con Ed.

 I due, una volta allontanatisi dal corridoio principale, cominciarono a correre più velocemente.

 

- tutta quella scenata di oggi…era una farsa? – chiese Al correndo

 

- più o meno… -

 

- dove pensi sia andato ora? -

 

- … -

 

- fretello! -

 

- …dobbiamo sbrigarci…altrimenti i suoi sforzi saranno stati vani… -

 

- ? – Al era confuso – che vuoi dire? -

 

Ed si fermò all’istante. Si voltò verso il fratello.

 

- Edward starà senz’altro andando a cercare il suo amico…  -

 

- dobbiamo fermarlo accidenti! Potrebbero scoprirlo! – esclamò Al

 

- …no!  - sorrise Ed – non se attireremo su di noi l’occhio del nemico! -

 

- …hai un piano? – chiese Al facendo serio come non mai

 

- per ora no…però noi…potremmo… -

 

Non finì in tempo la frase, che si ricordò di alcune parole, che Winry gli aveva detto prima di partire per quel viaggio:

 

…proteggi Edward…te stesso….ma proteggi anche Al!

 

tuo fratello ne ha bisogno quanto nostro figlio!...forse di più!

 

 

- anzi…tu potresti…  - ricominciò preoccupato, osservando Al  - andare a cercare i prigionieri e metterli al sicuro! -

 

- cosa?! E tu che farai? – chiese Al insospettito

 

- io…andrò a cercare quei documenti… -

 

- da solo?! Ed! è pericoloso!  -

 

- ma figurati! Che vuoi che sia! -

 

- io vengo con te! – esordì Al

 

- no Al! Non mi occorre nessun aiuto! -

 

- ma fratello! -

 

- obbedisci Al!  - esclamò Ed con ardore, facendo quasi spaventare Al

 

- …fratello… -

 

- vedrai che non mi accadrà nulla! Ora vai! -

 

Al abbassò lo sguardo, poi, dopo qualche attimo, sorrise lievemente.

 

- conto che tu torni sano e salvo! Altrimenti sappi che non ti perdonerò! – disse infine

 

- lo stesso vale per te…fratellino… - sorrise Ed

 

Si guardarono nuovamente, con più ardore e coraggio di prima. Si voltarono uno da una parte e l’altro dall’altra.

Al si mise a correre senza guardare indietro, Ed fece altrettanto.

Entrambi avevano paura di non potersi più rivedere, avevano paura di non sopravvivere…forse, quel giorno si sarebbe concluso tutto, il loro viaggio sarebbe terminato…sia che ne fossero usciti vincitori…o perdenti.

 

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Capitolo 24
*** Sui tre fronti ***


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Capitolo 24 – Sui tre fronti

 

In quella notte così tremendamente fredda e buia, Ed correva.

Correva velocemente, ma allo stesso tempo fremeva dalla voglia di fermarsi, di tornare indietro. Non se ne spiegava il motivo, era come se avesse paura, paura di qualcosa…o forse di qualcuno.

Era ormai passato un buon quarto d’ora, e per tutto quel tempo non aveva fatto altro che andare su e giù per i  centinaia di corridoi di quell’enorme edificio.

Anche se velocemente, si muoveva con una cautela impeccabile, degna di un vero soldato, osservando ogni minimo dettaglio, ogni piccolo oggetto che c’era  dovunque andasse.

Era buio, il che rendeva difficile muoversi, ma contemporaneamente l’oscurità serviva da protezione: lui non poteva vedere nessuno, nessuno poteva vedere lui.

Con questo minimo vantaggio sulle spalle, continuava la sua strada.

Fino ad ora non aveva, stranamente, incontrato nessuna guardia, ed era abbastanza preoccupato al riguardo, e continuava a prestare la benché minima attenzione, per paura di qualche attacco a sorpresa.

Dopo altri dieci minuti pieni di tensione, il giovane colonnello arrivò, o perlomeno credette di arrivare, ai cosiddetti “piani alti” del campo.

Ovvero dove risiedevano le più alte cariche dell’esercito.

La differenza era sostanziale: la puzza di marcio che riempiva i corridoi  antistanti i dormitori, era completamente svanita, appoggiate agli spessi muri, vi erano delle colonne di pietra molto imponenti e, ogni tanto, appese alla parete, c’erano delle piccole candele per l’illuminazione.

La luce e il calore che emanavano, anche trovandosi a molti metri da esse, riscaldavano il volto di Ed.

L’unico problema, era che ora poteva essere visto senza problemi..

Decise quindi di avanzare nascondendosi dietro le grandi colonne che adornavano l’intero percorso.

Sempre con molta cautela, cominciò a muoversi andando da una colonna all’altra, stando ben attento che nessuna delle porte, che ogni tanto sbucavano dal muro, si aprisse.

 

- mmm..direi che la via…sembra libera… - sospirò osservando il percorso davanti a lui - ..ora è meglio muoversi in fretta… -

 

E con un abile balzo si mise a correre velocemente lungo il corridoio, non avendo però, nessuna idea di dove andare, non essendoci piantine dell’edificio o indicazioni.

Ad un certo punto, mentre il colonnello continuava a correre, una delle tante porte si aprì all’improvviso, cogliendo di sorpresa Ed, il quale senza nemmeno pensarci si mise dietro la prima colonna che trovò.

 

- acc! Per un pelo!  - sospirò col fiatone

 

Dalla porta, era uscito un uomo, o per meglio dire un soldato, che Ed ricordò di aver visto il giorno prima durante l‘esecuzione del gruppo di Ebrei.

A giudicare dai numerosi titoli onorifici che portava sul petto si poteva dedurre che quell’uomo fosse un colonnello, proprio come lui.

L’uomo restò immobile davanti alla porta come in attesa di qualcosa mentre Ed, nascosto dietro la colonna, tratteneva il respiro per non farsi sentire.

Dopo cinque minuti abbondanti di tensione,  l’uomo si sentì chiamare da un sottoposto, che nel frattempo era arrivato.

 

- prima mi svegliate di fretta e furia…e poi mi fate pure aspettare..? – esclamò il colonnello sarcastico

 

- sono desolato colonnello, però il Generale di Brigata Bürk voleva vederla e quindi… -

 

- si si lasciamo perdere…cosa vuole da me il Generale? -

 

- ha detto che ci sono dei problemi…e che vorrebbe parlarne con lei… -

 

- …senza di me il Generale non sarebbe nulla….vebbè…portami da lui…così dopo posso tornare a dormire… - sospirò l’uomo

 

- signorsì colonnello! – esclamò il soldato alzando rispettoso la mano destra, accompagnando poi, il colonnello lungo il percorso.

 

Ed, rimase immobile ancora qualche istante

 

- …potrei seguirli… - pensò  - mi porteranno da lui… -

 

E cominciò a muoversi nuovamente, stando attento che colonnello e sottoposto non si accorgessero della sua presenza.

 

 

 

Continuò a seguirli per dieci minuti abbondanti, rischiando di essere scoperto più volte dal colonnello, il cui sguardo penetrante, sembrava attraversare persino i muri massicci.

Infine, tutti e tre arrivarono a destinazione.

Il soldato, fece fermare il colonnello davanti ad una porta di legno, l’uomo, dopo averla osservata a lungo, decise di bussare.

Sentì una voce rimbombare da dietro la porta che lo invitava ad entrare.

La porta si spalancò e, con enorme sorpresa di Ed, ne uscì Bürk in tenuta militare.

 

- colonnello Shindler!  - esclamò il Generale sorridendo lievemente

 

- Generale… - salutò rispettoso Shindler

 

I due restarono a guardarsi per diversi attimi, poi Bürk convinse il colonnello ad entrare, insieme all’altro militare, lasciando che la porta, si chiudesse dietro le loro spalle.

Ed, in quel mentre, potè uscire dal suo nascondiglio.

Si avvicinò cauto alla porta e, dato che era leggermente socchiusa, ebbe una leggera visione di ciò che i due militari si dicevano.

 

- per quale motivo mi ha chiamato qui…Generale? – aveva esclamato Shindler

 

- com’è andato il lavoro alle miniere di questo pomeriggio?  - lo interruppe Bürk

 

- non male…ma ne abbiamo persi dieci… -

 

- capisco…ma non temere…presto ne arriveranno altri…il prossimo carico dovrebbe arrivare a giorni…non appena il campo si sarà svuotato…-

 

- quanti ne sono rimasti qui? – chiese Shindler

 

- un centinaio…non di più… -

 

 

Ed intanto ascoltava impietrito quel discorso.

Miniere? Carico? Di cosa stavano parlando quei pazzi?!

Una cosa era assolutamente certa: doveva sbrigarsi a compiere questa missione, altrimenti, se avesse esitato, forse avrebbe perso l’unica occasione per vendicare Ivan e salvare quella povera gente…

 

- dobbiamo farli fuori prima che arrivino gli altri! – esclamò all’improvviso il colonnello

 

- non c’è fretta Shindler… - sospirò il Generale

 

- ma… -

 

- proprio tre ora fa ho spedito un centinaio di uomini nelle campagne, a prelevare alcuni Ebrei che risultavano nascosti da quelle parti… - continuò Bürk  - quindi bisogna essere cauti…almeno…per ora… -

 

 

- Ecco perchè non c’era nessuno di guardia in giro… - sospirò Ed ascoltando con l’orecchio teso

 

 

- senza contare che i documenti che Hitler mi ha dato c’era espressamente scritto di attendere i suoi ordini… -

 

- …capisco… - esclamò il colonnello – ora però…se volete scusarmi…dovrei tornare alla mia stanza… - 

 

- …?...certo! certo!è molto tardi… - sorrise Bürk – la accompagno colonnello! -

 

- non si disturbi Generale… -

 

- insisto! Così parliamo un po’ di affari! – esclamò il Generale aprendo la porta.

 

Ed, si era nuovamente nascosto dietro la colonna, ma lo fece in maniera un po’ brusca, tanto da urtare la porta che cigolò pericolosamente.

 

- accidenti! – pensò Ed

 

- mh? – il colonnello si voltò in direzione della colonna dietro la quale vi era nascosto Ed

 

- cosa avete colonnello? – chiese il Generale

 

- mi…mi è parso di sentire qualcosa… -

 

Ed si sentì sprofondare e si toccò il braccio destro, pronto a saltare fuori in caso di bisogno.

 

- suvvia colonnello! Non c’è nessuno! Dev’essere stanco… -

 

- …si…può essere… - sospirò Shindler voltandosi e proseguendo il cammino.

 

 

 

Ed si trovò solo. Finalmente solo.

Uscì dal suo nascondiglio con il cuore ancora palpitante per paura che lo scoprissero.

Poi si calmò. Anche se l’avessero scoperto, pensava, avrebbe potuto uccidere entrambi con quella lama che tempo addietro l’aveva salvato in molte battaglie…ma che aveva ucciso tantissime persone.

Uccidendoli avrebbe certamente guadagnato tempo prezioso.

Ma siccome Shindler in fin dei conti obbediva solo a Bürk, è che solo quest’ultimo sapeva dov’erano i documenti che stava cercando, quell’idea gli era subito passata di mente.

Si alzò in piedi e si strofinò la divisa sporca di polvere, poi posò il suo sguardo sulla serratura della porta. Era chiusa a chiave e con l’alchimia sarebbe stato un gioco da ragazzi scassinarla.

Un battito di mani non troppo forte, un tocco alla porta, una luce blu accecante, e la porta si aprì.

 

- facile come bere un bicchier d’acqua… - rise Ed spalancando la porta ed entrando nella stanza.

Osservando gli enormi scaffali pieni zeppi di fogli, cartine geografiche e di libri, camminando sopra quei lussuosi tappeti che ricoprivano il pavimento, odorando il profumo di quelle poltrone così finemente decorate, Ed si rese conto che trovare dei documenti li dentro, non sarebbe stata un impresa facile.

 

- allora… - cominciò Ed  - calcolando che per  arrivare sino a qui ci sono voluti dieci minuti…e contando anche i minuti che ci vogliono per tornare…ho esattamente venti minuti prima che arrivi Bürk… - sospirò

 

Cominciò a rovistare tra gli scaffali prendendo, uno dopo l’altro, tutti i libri che trovava, sfogliandoli per vedere se dentro di essi vi era nascosto qualcosa.

Nei cinque minuti che passarono, senza alcun risultato, Ed cominciò ad agitarsi, al solo pensiero che il Generale potesse tornare prima del previsto.

Decise di rivoltare la stanza da cima a fondo, e si mise ad aprire cassetti e armadi nel tentativo di trovare qualcosa.

 

- …maledizione! Dove li avrà messi?! – esclamò arrabbiato mentre buttava a terra l’ennesimo libro inutile.

 

- devo sbrigarmi! Altrimenti… -

 

 

Nel frattempo…

 

 

 

- anf! Anf! Anf! … - sospirava Al correndo a più non posso lungo i corridoi della zona Nord dell’edificio.

Il più giovane dei due fratelli, era esattamente dalla parte opposta a dove si trovava Ed e, anche lui, fino a quel momento non aveva trovato nessuno ostacolo durante la sua corsa.

Non sapeva in che direzione andare, era buio e non c’erano candele ad illuminare il percorso.

Continuava ad incontrare centinaia di porte tra le pareti grigie e ammuffite  di quel posto così tetro, e mentre le osservava quasi incuriosito, ripensava al fratello e alle sue ultime parole, prima di voltarsi ed andarsene.

 

tu potresti…andare a cercare i prigionieri e metterli al sicuro! -

 

- cosa?! E tu che farai? –

 

- io…andrò a cercare quei documenti… -

 

- da solo?! Ed! è pericoloso!  -

 

- ma figurati! Che vuoi che sia! -

 

- io vengo con te! –

 

- no Al! Non mi occorre nessun aiuto! -

 

- ma fratello! -

 

- obbedisci Al!  -

 

 

-accidenti a te fratellone!  - esclamò Al stizzito – solo perchè sei il maggiore non vuol dire che tu debba sempre cacciarti nei guai da solo… -

 

Poi, quasi impulsivamente, strinse la mano sinistra, quella che continuava a prudergli senza sosta oramai da molti giorni.

 

- anche se non sono più l’alchimista di un tempo…posso ancora combattere al tuo fianco! – sospirò infine

 

Poi, si fermò, vedendo che il corridoio davanti a lui era terminato, lasciando il posto a delle ripide scale di pietra, che secondo il suo intuito doveva no portare alle cantine dell’edificio.

All’improvviso, il dubbio lo attanagliò: scendere o tornare indietro?

Doveva cercare i prigionieri e metterli al sicuro.

Questo gli era stato ordinato dal fratello, e benché Al volesse tornare indietro ad accertarsi che Ed fosse tutto intero, sentì il bisogno irrefrenabile di scoprire una volta per tutte, se i prigionieri fossero effettivamente li o se invece fossero da un'altra parte.

Infine, cominciò a scendere lentamente i gradini.

Più scendeva e più la puzza di marcio aumentava.

Arrivato in fondo alle scale, si aprì un corridoio con, proprio sul punto in cui finiva, un portone di ferro, molto resistente a vedersi, e circondato da tantissimi lucchetti di vario genere.

Al si avvicinò un po’ intimorito da tale visione.

Poggiò una mano sul ferro freddo e provò a poggiare l‘orecchio su di essa per provare a sentire qualche rumore.

Tutto quello che sentì, non fu altro che un brivido freddo lungo tutta la schiena.

 

- avevo ragione…qui ci devono essere le cantine… - sospirò un po’ deluso - …ci saranno le armi qui dentro…è meglio se proseguo ora… -

 

Si girò dalla parte opposta e si allontanò di qualche metro dalla porta.

All’improvviso sentì dei suoni strani e inquietanti.

Un brivido lo percorse dalla testa ai piedi e si voltò nuovamente verso la porta di ferro.

Non ebbe il coraggio di avvicinarsi, ma capì perfettamente che quei rumori provenivano da li.

Era come se qualcuno stesse graffiando la porta disperatamente, come se qualcuno cercasse di attirare la sua attenzione.

Al ,era ancora intimorito ma si avvicinò con cautela al portone.

 

- a..aiuto…  -

 

Ad un tratto, una voce sibilò dall’interno della presunta stanza. Una voce flebile, quasi soffocata.

 

- eh?! – esclamò Al sorpreso.

 

Si buttò di peso addosso alla porta  per ascoltare meglio

 

- c’è…c’è qualcuno qui dentro?! – esclamò con impeto

 

- ai…uto… - sospirava ancora quella stessa voce

 

Al si allontanò dalla porta, di qualche metro. Poi con tutta la forza che possedeva, fece una rincorsa e diede un bello spintone alla porta che però non diede risultati. Anzi, l’unico risultato ottenuto era un’enorme botta alla spalla.

 

- maledizione! – esclamò riprovando a scalfirla con un calcio

 

Nulla da fare. Quella porta non si sarebbe mai aperta in quel modo. L’unica alternativa era quella di cercare le chiavi ed aprirla ma…dove potevano essere codeste chiavi?

Decise immediatamente di scartare quell’ipotesi e si accasciò nuovamente contro la porta, respirando affannosamente per l’enorme fatica.

In quel mentre,gli venne un idea: ma perché non ci aveva pensato prima?.

Avrebbe usato l’alchimia per aprirla!

Subito però, gli venne in mente il suo piccolo incidente avvenuto a casa, nel quale aveva rischiato seriamente di rimetterci la mano.

Sospirò pesantemente ma i suoi occhi emanavano scintille.

Si mise ritto in piedi, con gli occhi socchiusi, davanti alla porta.

 

- chiunque ci sia li dentro si allontani! – esclamò sperando che qualcuno lo sentisse

 

Poi, cominciò a disegnare un cerchio alchemico sul ferro.

Appena lo ebbe finito buttò a terra il gessetto che aveva usato  e si mise in posizione.

Aveva paura. Aveva molta paura questa volta.

Se per caso non fosse andata come lui aveva programmato, forse anche le persone all’interno della stanza sarebbero state coinvolte.

Sapeva benissimo di non essere più l’Alphonse Elric di una volta, il fratello del Fullmetal Alchemist, il ragazzino dal cuore dolce ma dal corpo d’acciaio…ora era solo un uomo, un uomo un uomo che più di ogni altra cosa aveva paura. Paura di non riuscire nel suo intento.

 

- fratellone…ti prego…dammi la tua forza… - sospirò

 

Poi, paino piano, toccò il punto in cui vi era il cerchio alchemico. Una luce, dapprima dorata cominciò a manifestarsi di fronte a lui, una luce intensa che lo accecava…all’improvviso però, la luce divenne violacea, quasi blu, enormi scariche elettriche cominciarono ad uscire dal punto in cui Al aveva appoggiato le mani per compiere le trasmutazione.

 

- accidenti!!  - esclamò

 

Tenette le mani ben premute su ferro, che intanto cominciava a diventare incandescente, finendo per fare male ad Al.

Osservando il volto del giovane si capiva chiaramente quanto stesse soffrendo per colpa di quella trasmutazione, e si vedeva molto bene che le su mani stavano cominciando a bruciare.

Al trattenne un grido quando una potente scarica elettrica lo colpì in pieno.

Le mani cominciarono a fumare. Di li a poco si sarebbero sicuramente ustionate in maniera irreversibile, ma Al non avrebbe mai ceduto. Non questa volta almeno.

Ci fu un esplosione, non troppo grande, ma sicuramente tale da provocare un leggero “tonfo” al suolo.

 

 

Quando il fumo e la polvere se ne furono andati, si potè vedere ciò che era successo:

Al era a terra. Aveva la divisa orribilmente stropicciata e sulla testa era, molto probabilmente, stato colpito da qualcosa che come risultato, gli aveva lasciato un enorme taglio lungo parecchi centimetri.

Le mani invece, erano davvero ridotte malissimo, erano rosse, quasi in carne viva, e fumavano ancora.

Il dolore agli arti era così insopportabile che cominciò a dimenarsi sul pavimento.

 

- anf…anf…anf…aaah… - respirava il giovane cercando di rimettersi in piedi con quelle poche forze che ancora possedeva.

Non osò appoggiare le mani a terra, forse per timore di provare ancora più dolore.

Osservò il punto in cui aveva compiuto la trasmutazione. Vide il portone, ma lo vide spaccato in due e leggermente bruciacchiato.

Si strofinò gli occhi col braccio e cercò di focalizzare bene cos’era successo oltre la porta.

La polvere che ancora era nell’aria, cominciò ad abbassarsi e a posarsi al suolo lasciando intravedere ciò che c’era dall’altra parte:

 

Uomini.

Ecco la risposta che Al aveva trovato aprendo quel portone.

Una cinquantina di uomini, bambini, anziani e donne, erano rinchiusi in quella stanza priva di letti, bagni e quant’altro.

Dai loro occhi si capiva chiaramente che avevano paura, ma anche che ormai si erano evidentemente rassegnati alla loro condizione.

Osservarono il ragazzo dall’altro in basso, quasi sorpresi.

Le madri, portarono i propri figli lontano lui, mentre gli uomini indietreggiarono di qualche passo.

Al ne rimase sconcertato ma quella gente lo era ancora di più:

chi era quel “pazzo” che li aveva liberati?.

Il giovane alchimista, si avvicinò a loro ed entrò nella stanza, barcollando pericolosamente.

Non riuscì più a reggersi sulle proprie gambe e si fece cadere al suolo, spaventando i presenti.

Le mani sanguinavano e bruciavano. La polvere causata dalla trasmutazione, era penetrata nella sua carne provocando un bruciore insopportabile.

 

- …E…Ebrei? – chiese Al sfinito

 

Alcuni annuirono ma non del tutto convinti, altri invece lo osservavano incerti sul da farsi.

 

- meno male…cre..credevo di aver fatto l’ennesimo buco nell’acqua…  - sorrise lievemente Al

 

Tutti lo guardarono ancora più stupiti di prima. Ma guardavano soprattutto il suo volto innocente e quelle mani che tanto soffrivano pur di salvare la vita di qualcuno.

 

- sei venuto per portarci a morire?! – esclamò un uomo

 

Al smise di sorridere e si fece serio, nonostante il dolore.

 

- se fosse così… - cominciò – mi sarei risparmiato questo non credete? – finì, mostrando le mani ustionate e spaventando alcune donne che si trovavano proprio davanti. 

 

Allora che vuole un giovane militare da noi?! – ribattè l’uomo

 

- … -

 

Tutti rimasero in attesa della risposta

 

- ..sono venuto…per aiutarvi…per riportarvi a casa…e questa la mia missione! - esclamò Al cercando di alzarsi

 

- … - l’uomo non seppe più cosa dire, si limitò a sedersi a terra, a pensare.

 

- …potete fidarvi di me… - esclamò nuovamente

 

Vedendo le masi così orribilmente sfigurate, una donna, fino ad allora rimasta nascosta, si avvicinò con cautela al giovane alchimista prendendogli l’arto e osservandolo.

 

- …il prezzo da pagare…per aver distrutto la porta… - sorrise Al

 

La donna lo guardò con occhi tristi. Aveva capito di non poter fare nulla per quel ragazzo che aveva rischiato tutto solo per salvarli. Riusciva a sentirlo, nonostante il suo cuore fosse stato ferito da sofferenze inimmaginabili, riusciva percepire la speranza attraverso il corpo di Al, la speranza di poter essere nuovamente libera…

Capendo di non poterlo curare, allora decise di aiutarlo a bendare le ferite, con pezzi della divisa ormai squarciata.

 

- grazie ma…non è necessario…davvero… - insistette Al, non capendo nulla della stana situazione che si era creata.

La donna per tutta risposta, continuò a bendare senza esitazione, ignorando gli sguardi strani dei suoi compagni di stanza.

 

Appena ebbero finito di medicare, sia la donna sia Al si alzarono da terra.

La donna, tornò al suo posto non appena il marito glielo ordinò, mentre l’alchimista continuava a camminare per tutta la piccola stanza, come intento ad  aspettare qualcosa…

 

- come farai ad aiutarci…? -  esclamò all’improvviso un anziano signore

 

Al si voltò dall’altra parte

 

- non sono solo…sono venuto con mio fratello e mio nipote… -

 

- …tutto qui? -

 

- … -

 

- come pretendi che usciamo vivi da qui se siete solo in tre ad aiutarci…? -

 

Il giovane si osservò la mano. Quasi in modo accusatorio.

 

-…loro…sono dei bravi alchimisti… - sospirò

 

- e tu? -

 

- …io… – cominciò Al sempre più triste - …io vorrei essere come loro ma…temo che mi sarà impossibile ormai…-

 

- … -

 

 

 

 

 

- è impossibile trovare dei documenti qui dentro!!! - aveva appena urlato Ed, sbattendo a terra un altro libro.

Era ormai da un quarto d’ora che rovistava per tutta la stanza in cerca dei documenti, ma sembrava che questi si fossero volatilizzati dalla faccia della terra.

Sul pavimento, vi erano centinaia di libri e mappe buttate malamente e le poltrone erano piene zeppe di cianfrusaglie di tutti i tipi.

Cominciò ad essere stanco ma soprattutto ad avere paura che il Generale potesse tornare, visto il tempo trascorso.

 

- …comincio a pensare che li tenga nascosti nella sua divisa… - sospirò accasciandosi al suolo - …e ora che faccio?... -

 

Si alzò, e nuovamente cominciò a rovistare in giro.

Cercò di ricordare un qualunque posto dove avrebbero potuto trovarsi i documenti, un posto che non avesse ancora trovato.

Camminò per tutto il perimetro della stanza, ma non gli venne in mente nulla che potesse aiutarlo.

E in tanto la tensione saliva vertiginosamente al solo pensiero che potesse arrivare…

 

- DANNAZIONE!!! – urlò Ed all’improvviso dando un calcione alla possente scrivania di Bürk, facendola leggermente traballare.

 

- sono messo male! – esclamò sudando freddo -  Se arriva sono mort… -

 

Non finì la frase.

Si avvicinò con cautela alla scrivania appena colpita. Si accorse di aver, col calcio di poco prima, danneggiato un cassetto, che era caduto a terra, aprendosi e rivelando il proprio contenuto.

Si chinò leggermente a terra, cominciò a rovistare in lungo e in largo alla ricerca di ciò che stava cercando:

c’erano moltissimi strumenti per il disegno, compassi per tracciare le rotte, appunti militari, proiettili per la pistola, un coltellino e… come un raggio di luce in una  giornata tempestosa, li trovò.

Trovò quello che stava cercando.

I documenti.

i Documenti che Hitler in persona aveva scritto e dato nelle mani del Generale, i documenti che lui, Ed, doveva consegnare nelle mani di Roy, i documenti che forse avrebbero potuto cambiare la sorte di moltissime persone.

Ed li prese con la mano che tremava: i fogli erano ordinatamente rilegati e chiusi in una busta marrone, con, sul dorso, lo stemma di Hitler e la sua firma accanto.

Non sapeva se aprirli o se aspettare di portarli al “suo” Generale.

Sicuramente Roy gli avrebbe dato una bella promozione, pensava, proprio quello di cui aveva bisogno ora…una promozione che permettesse a lui e alla sua famiglia di sopravvivere senza problemi alla guerra che incombeva.

Infine, decise di provare a leggerli.

Ancora tremante, e con la coda dell’occhio rivolta alla porta, cominciò a strappate, piano, la rilegatura che chiudeva la busta.

Una volta aperta, cominciò con cautela, ad estrarre i preziosi documenti. Erano ben tre fogli scritti a macchina, bianchissimi,quasi appena scritti.

Ed si agitò ancora di più, mentre cominciò a leggere il primo foglio.

 

 

- ……….. –

 

Il suo volto divenne pallido all’improvviso, gli occhi si spensero non appena cominciò a leggere le poche parole che comprendevano la prima riga.

Il cuore cominciò a pulsare forte e Ed giurò di averlo sentito urlare in quel momento.

Cominciò nuovamente a tremare, mentre le sue gambe a stento si reggevano ancora in piedi.

 

- …ma que…questo è… - cominciò a dire leggendo

 

 

 

 

 

- ha trovato quello che cercava? -

 

 

 

Una voce, all’improvviso, tuonò.

Ed, ancora intento a leggere, si fermò di scatto ma non osò voltarsi dall’altra parte.

Si mise immediatamente i fogli nella tasca della divisa, e tirò un sospiro di sollievo…o forse, più propriamente, di terrore.

 

- …si! – esclamò senza muovere ciglio e restando al suo posto - …ma ci è voluto molto tempo…Generale Shnider! -

 

Bürk uscì dall’ombra, mostrando tutta la sua autorità e crudeltà che portava incisi sul volto di pietra.

Entrò nella stanza e chiuse la porta. Ed notò che l’aveva chiusa a chiave, sentendo il rumore della serratura che veniva bloccata.

Poi, restò immobile dietro Ed, come in attesa che quest’ultimo si girasse e mostrasse il suo aspetto.

 

- vedo… - rise Bürk - …mi ha rovesciato l’intero appartamento… - sospirò osservando i libri e le cianfrusaglie sparse per tutto il pavimento

 

- è perché lei è molto disordinato Generale! – esclamò Ed ironico

 

- può essere…. – sorrise malignamente - …ma alla fine gli ha trovati no? -

Ed fece un leggero sobbalzo

 

- ..cosa dovrei aver trovato secondo lei? – esclamò Ed ridendo

 

- mah…non saprei…forse…. – continuò il generale - …i documenti che Hitler mi ha consegnato….  -

 

- suvvia non sia ridicolo! Tra le tantissime bellezze che ci sono in questa stanza…cosa le fa pensare che mi servano proprio quegli inutili pezzi di carta? -

 

Bürk stette in silenzio ad osservare Ed che, non si era ancora voltato verso di lui.

Forse per paura, forse per furbizia o forse per nascondersi…quanti forse erano stati detti dal giorno in cui Ed era diventato un cane dell’esercito?, quanti forse aveva dovuto accontentare per arrivare a questo punto?.

 

- me lo dica lei…colonnello Elric…! – rise il Generale

 

- … -

 

Ed capì che il gioco era finito. A sentire Bürk pronunciare quel nome, capì di essere stato stupido ad entrare in quella stanza quella notte.

L’aveva fatto solo per assicurare a Edward una minima speranza di salvare l’amico, per cui il figlio si dava così tanta pena.

Le candele che illuminavano l’appartamento sembravano contro di lui. Sembrava che lo stessero illuminando apposta per far vedere a Bürk che Edward Elric era ancora vivo…che non era morto in quella battaglia, in Portogallo…

Sorrise lievemente, strinse i pugni ,pian piano cominciò a voltarsi verso il Generale, finchè non potè vederlo in faccia.

Lo stupore di Bürk fu evidente, nel vedere quel “ragazzino” ancora li, davanti a lui, come mesi e mesi prima.

 

- …non è possibile… - esclamò inorridito

 

Ed, si mise le mani sui fianchi, come per mostrarsi a lui

 

- non è probabile! -  sorrise ironico

 

 Bürk, disturbato da tale ironia, stava cominciando ad arrabbiarsi, lo si capiva molto bene dai suoi occhi malvagi.

Si avvicinò di un altro passo verso Ed, mentre quest’ultimo rimase immobile.

 

- come…come puoi essere ancora vivo…? – esclamò tremando di rabbia

 

- ha la pellaccia dura io… - sorrise Ed mostrando l’automail del braccio - …non lo sapeva? -

 

- tks! Avrei dovuto immaginarlo… -

 

- doveva immaginare anche che sarei venuto…per lei! -  

 

- …? –

 

- ora Generale…se non le dispiace… -

 

Il ragazzo, con un battito di mani trasmutò subito il suo braccio in una lama, e la puntò contro Bürk, il quale restò immobile senza muovere un dito.

 

- se non le dispiace, dovrebbe morire! Adesso possibilmente! -

 

- …mi sembri molto sicuro di te… - sorrise Bürk tirando fuori una mano, sempre tenuta all’interno della tasca della divisa blu.

 

- che cosa?! – esclamò Ed indietreggiando per un istante

 

Bürk avanzò verso Ed ,con tutto il suo corpo

 

- TI SEI SCOPERTO! - urlò il Generale

 

- ah! -

 

 

 

 

 

 

 

- grazie…mi sento moto meglio ora! – aveva appena esclamato Al, ancora all’interno della cella, insieme agli Ebrei

 

- ne sei sicuro ragazzo? Sei ancora debole… - disse un uomo accanto a lui

 

- sto bene…voi piuttosto… -

 

- noi ci siamo abituati ormai….e questo il nostro destino… - sospirò l’uomo

 

- …il vostro destino sarà quello di essere liberi…! -

 

- come fai ad esserne così convinto? -

 

- ...perchè noi tre non premetteremo mai che voi veniate uccisi! -

 

- … -

 

Tutti restarono in silenzio per qualche minuto, ad osservarsi.

 

- quanti ce e sono ancora all’interno del campo…? – chiese Al all’improvviso

 

L’uomo assunse uno sguardo triste, a parlare fu la donna che poco prima, aveva aiutato Al a curarsi

 

- siamo…solo noi… -

 

- eh?! – esclamò Al stupito – come potete essere solo voi?! -

 

- …ci…ci hanno sterminati tutti….per fare in modo che questo campo sia vuoto entro due giorni… -

 

- è assurdo! E perché mai proprio entro due giorni?! -

 

- …per…per lasciare il posto ad altri prigionieri che come noi verranno uccisi… -

 

- … -

 

Al si buttò a terra, sfinito da quelle parole così tristi.

Il dolore alle mani era insopportabile ma un altro dolore era ben peggiore: se era vero…se davvero loro erano gli unici sopravvissuti…allora Lucas era…

Non volle nemmeno pensarci, si limitò ad appoggiarsi al muro freddo, sospirando pesantemente e trattenendo le lacrime di tristezza che cercavano di cadere dai suoi occhi.

 

- Edward… - esclamò asciugandosi il volto

 

 

 

 

 

 

 

 

Il ragazzo era lì.

Davanti alla porta che pochi giorni prima aveva sfiorato.

Si trovava davanti a quella porta blindata con su scritto “solo per il personale autorizzato”, quella porta che destava un’ irrefrenabile voglia di entrare, di abbattere per capire, dentro, cosa ci fosse.

Edward non sapeva cosa fare.

In quei venti minuti trascorsi non aveva fatto altro che correre, correre a più non posso.

A differenza di Ed e Al, lui sapeva molto bene dove andare.

Appena era uscito dal suo dormitorio si era subito diretto li, in quel corridoio, davanti a quella porta.

Aveva tra le mani il suo libro di alchimia, che teneva stretto a se con tutta la sua forza, aveva una pistola, pronta a sparare per qualsiasi evenienza e poi…aveva la speranza.

Quella speranza che lo aveva sempre accompagnato, soprattutto da quando, nella sua vita, era comparsa lei.

Oh, come avrebbe voluto essere li ora, a casa, insieme a lei…

Appoggiò una mano sulla porta blindata e vi si appoggiò con la fronte, come per cercar di sentire qualcosa, un indizio che potesse aiutarlo a capire…

 

 

- allontanati da quella porta per favore! -

 

Una voce lo fece tornare alla realtà.

Il giovane Edward si voltò di scatto, il buio rendeva difficile la visuale, ma non appena i suoi occhi focalizzarono bene l’immagine, potè capire di chi si trattava.

 

- tu...tu sei…Joseph?! – esclamò stupito

 

Joseph aveva la pistola puntata contro di lui, il suo volto era serissimo e i suoi occhi azzurri, così simili a quelli di Edward, non smettevano di osservarlo.

 

- ti ripeto di allontanarti da quella porta! -

 

Edward non si mosse

 

- devo controllare una cosa! Fatti da parte! – esclamò infine

 

- cosa puoi voler vedere la dentro?! - chiese Joseph spiazzato – questa è zona vietata ai comuni militari! -

 

- ...anche tu sei come me! Allora come mai ti trovi qui?! – ribattè Edward

 

- il colonnello Shindler mi ha ordinato di ispezionare il corridoio…e di fermare chiunque non sia un militare… -

 

- ?! -

 

- perché tu…non sei un militare vero ragazzino? -

 

- …tsk…certo che no! – esclamò Edward ironico – ora vattene e lasciami fare! -

 

- non posso farlo! – disse Joseph  con la mano sempre ben tesa sulla pistola – devo eseguire un ordine preciso! –

 

- uccidere?!, sarebbe questo l’ordine?! –

 

- … -

 

I due si guardarono per alcuni attimi, senza cedere di un millimetro

 

- ascolta quello che devo controllare è.. -

 

 

 

- AAAAAAAAAAAAAAAAAAHHH! -

 

 

Un urlo echeggiò nell’aria, interrompendo le parole di Edward che rimase stupito ma allo stesso tempo preoccupato.

Aveva paura, paura di conoscere bene quelle urla, di sapere di chi si trattava.

 

- …Ed… - eslcamò con un filo di voce

 

Joseph non si mosse ne fece il minimo cenno di disagio

 

- il colonnello si è cacciato nei guai a quanto pare… - sospirò poi

 

- cosa?! -

 

- ma…io non sarò così stupido… -

 

- … -

 

- …non lascerò scappare…su figlio! -

 

- … -

 

 

 

 

 

 

 

- devo andare! -    esclamò Al dopo aver sentito l’urlo che probabilmente apparteneva al fratello

 

- sei ferito ragazzo…resta qui… - sospirò l’uomo facendo un cenno di disapprovazione

 

- non posso! Mio fratello ha bisogno di me! -

 

- e che cosa potresti mai fare in quelle condizioni?! -

 

- … -

 

- dacci ascolto…resta qui, sarai al sicuro per un po’... -

 

- …anche se non sono più utile come alchimista, senz’altro sarò utile come scudo!  - esclamò Al tremando

 

- ragazzo ma tu… -

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Capitolo 25
*** Il coraggio di andare avanti ***


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Capitolo 25 – Il coraggio di andare avanti

 

 

- ti ripeto di spostarti! -  aveva nuovamente esclamato Joseph tenendo premuta la pistola alla sua mano

 

- non posso farlo! -

 

- non scherzare! Li dentro non c’è nulla che ti interessi!! -

 

- …invece sono sicuro che qui ci sia qualcuno… - disse il ragazzo toccando la porta

 

Joseph parve scosso da quelle parole

 

- non...non dire stupidaggini!  -

 

- …io sono qui solo per poter salvare un mio amico! – esclamò Edward sospirando

 

- …eh?! -

 

- era un Ebreo…che non ha mai fatto nulla di male…io sono venuto quaggiù…solo per salvarlo! -

 

Il militare, sempre con la pistola impugnata, indietreggiò di qualche passo, incerto sul da farsi

 

- non…non sei col colonnello Elric? Non vuoi impossessarti dei documenti di Hitler? -

 

- no! L’unica cosa che voglio è salvare Lucas! -

 

- … - Joseph abbassò un po’ la pistola - ..e perché vuoi aprire quella porta?! -

 

Edward appoggiò la mano sul ferro freddo e sospirò

 

- perché…quando sono venuto in questo posto…mi è parso di sentire la sua voce provenire da qui… -

 

- … - Jospeh abbassò lo sguardo, e per qualche minuto nessuno dei due parlò, poi, puntò gli occhi nuovamente su Edward - …vattene da qui finchè sei in tempo! -

 

- eh?! -

 

- ora chiamerò la sicurezza…devi scappare altrimenti ti cattureranno! -

 

- che stai dicendo?! Io non posso scappare! Io…io devo..-

 

- OLTRE QUELLA PORTA TROVERESTI SOLO L’INFERNO! -  urlò Joseph all’improvviso

 

- l’inferno? – chiese Edward scosso e inorridito

 

- …proprio così…tu…non hai idea di quali atrocità si compiono li dentro… - esclamò l’uomo con un velo di tristezza sul volto

 

- … -

 

- se entri li dentro…forse potresti pentirtene… -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- URGH….!! -

 

Ed, era stato spinto giù per le scale di uno dei corridoi principali, con una violenza quasi sovrumana.

A spingerlo, era stato Bürk: il Generale, aveva il volto privo di ogni emozione, e avanzava pericolosamente verso le scale, dove aveva appena scaraventato Ed.

Portava, nella mano destra, un guanto, molto simile a quello che aveva il vecchio Maggiore Armstrong, un Alchimista di Stato che aveva aiutato più di una volta i due fratelli, durante lo loro ricerca della pietra Filosofale.

Il colonnello si alzò a fatica da terra, ansimando ancora per la botta appena ricevuta.

 

- un colpo a sorpresa...maledetto, non pensavo che sapessi usare l’alchimia! -  esclamò turbato

 

- ti sorprende ragazzino?!  - sorrise il Generale

 

- …no… - sospirò Ed alzandosi e posizionandosi per il combattimento - …solo che…mi dovrò impegnare più del previsto allora… -

 

- ti puoi sempre arrendere!  - sogghignò il Generale

 

- tsk!...per chi mi ha preso…io non sono così debole come posso sembrare… -

 

- sarai anche stato fatto colonnello a diciannove anni…ma sei ancora un nanerottolo! -

 

- …odio le persone che mi giudicano dall’apparenza…lo sa?! – disse Ed con l’amarezza ben espressa sul suo volto

 

- …allora…vedremo quanto resisterai a me… - sospirò Bürk mettendo in posizione il braccio

 

- tsk! -

 

Ed, prima che il nemico riuscisse a preparare l’attacco, si voltò dall’altra parte e cominciò a correre lungo il corridoio buio, lasciandolo indietro di qualche metro.

 

- cosa fai scappi?! – esclamò Bürk inseguendolo

 

- … - Ed non rispose. Si limitò solo a correre più veloce che poteva, incurante del leggero dolore alla spalla che la caduta gli aveva provocato.

Non sapeva di preciso cosa fare, ma sentiva dentro di se qualcosa che lo spingeva a uscire dal quel posto così buio…inoltre, se avesse cominciato una lotta li dentro, l’edificio sarebbe sicuramente stato ridotto a brandelli, e non poteva rischiare di ferire inconsciamente Al e Edward, “dispersi” chissà dove all’interno del campo.

Ecco, uno dei motivi per cui questa volta  stava fuggendo.

Il Generale era sempre dietro di lui, e gli stava dietro come un dannato, mentre Ed continuava senza fermarsi ,nella speranza di arrivare, una volta per tutte all’uscita dell’ edificio.

Una volta fuori, nella grande piazza, senza nessuno che li disturbasse e senza il pericolo di distruggere tutto, avrebbe potuto finalmente fermarsi e farla finita una volta per tutte.

 

 

 

 

 

Intanto Al dall’altra parte, nell’ala Nord del campo, camminava velocemente e col fiato in gola: aveva appena sentito urlare il fratello. Ciò significava che Ed non poteva essere molto lontano da dove si trovava lui.

Il suo compito, era quello di trovare i prigionieri e tenerli al sicuro, ma ora, l’unica cosa che gli importava, era accertarsi che il fratello maggiore stesse bene.

Il bruciore alle mani tuttavia non era passato ,anzi era addirittura peggiorato, e più passava il tempo, più sentiva le mani farsi sempre più fredde, quasi gelide, segno che il sangue non circolava più come prima.

Aveva lasciato i prigionieri la sotto, nelle cantine, dicendo loro di aspettare gli aiuti esterni al sicuro.

Gli aveva promesso che sarebbe tornato a prenderli, qualunque fosse stato l’esito della missione.

 

- fratello….non morire! – sospirò mentre correva

 

 

 

 

 

 

 

- come fai a sapere che potrei pentirmene?! – aveva appena esclamato Edward stupito dalle parole di Joseph

 

- fidati…è meglio se non entri! - esclamò quest’ultimo avvicinandosi alla porta

 

- …mi dici come potrei fidarmi di uno che mi punta la pisola addosso? -

 

Joseph abbassò leggermente la pistola, poi sospirò.

Il suo volto si fece triste, molto triste, lo sguardo era diventato quasi invisibile, freddo, gelido…era diventato disumanamente serio.

Osservò con strano modo di fare, il giovane Edward, constatando, come molti altri prima di lui, che quel ragazzo era davvero simile al proprio padre…anzi...a volte li si poteva addirittura scambiare…

 

- …io so cosa fanno li dentro… - esclamò infine

 

- eh?! Davvero?! – chiese Edward all’improvviso

 

- … - L’uomo lo guardò sorpreso, poi abbassò il volto e sospirò

 

- si… -

 

- e allora cosa…cosa succede all’interno di quella stanza? - cominciò Edward

 

L’uomo non rispose subito.  Forse gli costava troppo, o forse aveva paura di rivivere quei momenti che continuavano ad accoltellargli il petto senza esitazione

 

- ero io colui che conduceva gli Ebrei nelle camere a gas… nelle miniere…  - sospirò infine

 

- ?! -

 

- ero io…colui che strappava i bambini alle loro madri…colui che faceva le selezioni insieme agli alti ufficiali…ero io…che ho aperto quella porta per la prima volta… -

 

- …ma tu…tu lo sapevi?! Sapevi quello che stava succedendo e non hai avvertito nessuno?! – chiede il ragazzo indignato e scosso da quelle parole

 

- ERO SOTTO COPERTURA!...proprio…proprio come tuo padre…non potevo parlarne con nessuno… - esclamò Joseph

 

- … -

 

- non puoi immaginare il mio rimorso...per aver mandato quelle persona a morire…non puoi immaginare l’odio che ho provato verso me stesso…io, un medico! -

 

Edward, osservò l’uomo, contorcersi dal ripianto, mentre lentamente, dal suo volto scendevano delle lacrime silenziose…lacrime appartenute, in parte, a quelle madri, quei bambini, la cui vita era stata spezzata in modo orribile.

Joseph, ad un certo punto, sembrò cedere…forse, il vedere la determinazione di Edward, l’aveva spinto a sfogarsi, a tirare fuori tutto quello che, molto probabilmente, aveva visto in quei mesi…

L’uomo si accasciò a terra, la pistola gli cadde dalle mani.

Edward avrebbe potuto attaccarlo in quel momento, per entrare nella stanza, ma poi, guardandolo e sentendo di provare pietà per lui, decise di lasciar perdere, decise di lasciarlo urlare, piangere, singhiozzare finche non si sarebbe tolto di dosso tutto quel rimorso che lo opprimeva.

 

- le guerre si possono risolvere in altri modi… - esclamo all’improvviso Joseph asciugandosi le lacrime

 

- cosa? – chiese Edward

 

- …così ha detto il colonnello...mi chiedo…se non sia io quello che ha torto… -

 

- … -

 

I due rimasero immobili dove si trovavano.

Edward non sapeva più cosa fare. Aprire o non aprire quella porta?

Vedere Joseph  così distrutto, gli aveva fatto passare la voglia di scoprire se Lucas era li dentro…se lo fosse stato…possibile che fosse ancora vivo?

Dopo le parole del militare, non ne era più molto sicuro.

Abbassò anch’esso lo sguardo verso il pavimento di pietra grigia lucente e sospirò pesantemente.

Poi, forse per qualche strano impulso, che in quel momento gli aveva perforato la mente annebbiata da quei pensieri, alzò lo sguardo verso l’enorme porta. Il suo sguardo si era fatto incandescente, quasi di fuoco, come se la preoccupazione fosse, in qualche modo, svanita in quei pochi minuti trascorsi a guardare il pavimento.

Si mise in posizione davanti alla porta, con le mani ben tese verso di essa.

Joseph, ancora a terra, se e accorse e si rialzò immediatamente

 

- ma che stai facendo?! – esclamò stupito

 

- la apro… - sospirò Edward

 

- come hai detto?! -

 

- ho detto che la apro! – disse il ragazzo, stavolta con più decisione

 

- ma sei pazzo?! Ti ho detto che non puoi! -

 

- e dove sta scritto? -

 

- troveresti solo dolore! -

 

- LO PROVEREI COMUNQUE VADANO LE COSE! -

 

Joseph si bloccò all’improvviso

 

- lo proverei lo stesso…sapendo…di non aver fatto abbastanza per salvare Lucas… -

 

Il militare e il ragazzo si guardarono intensamente, uno sguardo carico di semplicità e, sebbene in diversi contesti, di compassione l’uno per l’altro.

Joseph raccolse la pistola da terra, in un primo momento sembrò che dovesse puntarla verso Edward, ma poi, come se ci avesse ripensato, la rimise alla vita e, anche se tristemente, gli sorrise.

 

- sei così desideroso di salvare il tuo amico vero? -

 

- si! – esclamò il ragazzo

 

- …anche a costo…di morire per lui? –

 

- si lo sono! – disse nuovamente ma con più vigore

 

A quelle parole, l’uomo ripercorse il lungo filo del suo passato…lo ripercorse fino ad arrivare a quel giorno, il giorno di quella disastrosa battaglia in Portogallo…dove quell’uomo, quasi ancora ragazzo, teneva stretto a se il corpo senza vita dell’amico…in quel momento, mentre sentiva i singhiozzi di quella persona che chiamava invano il nome del defunto...gli era parso di udire delle frasi…frasi insensate, uscire dalla bocca di una persona disperata…ed in mezzo ad esse, parole dolci  e promesse da mantenere ma soprattutto…rimorsi…

 

- Ivan… - aveva singhiozzato quella persona - …se solo potessi tornare indietro…i..io…sarei voluto morire al posto tuo… -

 

Detto questo, quella persona cadde, forse travolta dall’angoscia, o ancora, dalla stanchezza che quel giorno infernale aveva provocato

 

In quel momento, ricordando quella scena, a cui mesi prima aveva assistito impotente, Joseph sospirò pesantemente, e si voltò verso Edward

 

- sarai stanco di sentirtelo dire ma…sei davvero simile a tuo padre…Edward… - sorrise

 

Il giovane lo guardò stranamente, quasi sorpreso da quelle parole alle quali, in altre circostante, in passato, avrebbe risposto malamente con l’odio nel cuore.

Contraccambiò il sorriso dell’uomo anche se non con la stessa intensità.

Poi, si rigirò verso la porta. Si sentiva pronto, pronto a fare il grande passo.

Sotto gli occhi ancora un po’ contrari di Joseph,  con un abile gesto, Edward battè forte le mani, l’una sull’altra, per poi posarle con altrettanta forza sulla porta, ricoperta da un piccolo strato di acciaio.

Non fu difficile per Edward, rompere i lucchetti che la tenevano chiusa.

Ci fu una luce viola, molto intensa e poi, una piccola esplosione, segno che la trasmutazione era avvenuta con l’esito sperato.

In quegli istanti, in cui si sentiva l’odore del fumo penetrare all’interno del proprio corpo, Edward si era ritrovato a sperare enormemente che li dentro, ci fosse davvero qualcuno, che non se lo fosse immaginato.

Questa gioia però, era contrastata da un’ irrefrenabile paura che gli faceva battere il cuore all’impazzata.

Cosa poteva essere? Si chiedeva mentre il fumo si dileguava.

Stando a quanto aveva detto il militare, li dentro avrebbe visto qualcosa…qualcosa di terribile che forse, il suo corpo non avrebbe retto.

Il fumo, tutto d’un tratto sparì, lasciando solo una porta semi aperta dalla quale, ignorandone il motivo, vi usciva un intenso odore, un odore ancora sconosciuto al ragazzo.

Deglutendo, il giovane avvicinò lentamente la mano verso la maniglia della porta, ma poi la ritrasse, non ancora convinto.

 

- …che cosa c’è?...ci hai ripensato? – chiese Joseph sorpreso

 

- …no…però… - esclamò Edward un po’ confuso

 

- …se non ne sei convinto lascia perdere…in fondo… - sospirò il militare  - …è una cosa troppo grande per te… -

 

- certo che ne sono convinto... – sospirò Edward chiudendo gli occhi. Si ricordò di tutto. Tutti quei momenti trascorsi con Lucas, tutte le sue parole, ogni suo gesto…

 

 

- cavolo! sei pieno di risorse Edward!

 

- l’esercito! Ci  porteranno al treno! Al treno della morte! -

 

- volevo…volevo solo salutarti Edward!

 

- questo è il nostro destino! -

 

- tu sei stato il mio unico vero amico!

 

- …salva più vite che puoi! Usa l’alchimia per aiutare tutte quelle persone che hanno ancora un futuro davanti a sé! –

 

 

- ah! – riaprì gli occhi violentemente. Non aveva più tempo di esitare. Lucas non si sarebbe mai tirato indietro, aveva affrontato con coraggio persino la cosa che l’uomo temeva di più….la morte.

Anche lui non doveva essere da meno. Anche lui doveva avere quel coraggio. Quel coraggio di andare avanti e di non mollare mai.

 

Edward prese con vigore la maniglia, sospirando e voltandosi verso Joseph

 

- non mi tiro indietro! – esclamò

 

- lo sospettavo… - sorrise il soldato

 

 

Detto questo, ora che il coraggi era nuovamente penetrato dentro di lui, si sentiva diverso. Si sentiva più forte.

Tese la mano verso il basso. Sentì un leggero cigolio mentre, piano piano, cominciò ad aprire la porta.

La aprì molto lentamente, mentre l’odore si era fatto più intenso, quasi nauseante, tanto da costringerlo a mettersi la mano davanti alla bocca.

Il cigolio si fece sempre più intenso finche, con un’azione decisa, si convinse a spingere del tutto la porta.

 

 

 

Ciò che Edward vide, una volta aperta quella porta, fu il nulla.

 

- …ma cosa…? – avanzò lentamente all’interno della stanza, l’odore era insopportabilmente forte, e ad ogni respiro, sembrava perdere energia vitale.

Era buio, decisamente buio.

non aveva idea di dove si trovasse o di cosa ci fosse li dentro, ad ogni passo era come se calpestasse qualcosa.

Qualcosa di terribilmente liquido e appiccicoso.

Ad un certo punto, avanzando in quella sala, Edward si sentì mancare il fiato.

Cadde a terra sbattendo violentemente contro qualcosa che aveva l’aria di essere un tavolo, dalla quale, cadde un piccolo candelabro con due candele quasi del tutto consumate.

 

- …Edward! - Joseph dopo qualche attimo di esitazione, si decise ad entrare, soccorrendo il ragazzo

 

- sto bene… - esclamò Edward cercando di rialzarsi. La visuale non era per nulla migliorata.

 

- …avresti dovuto riposarti come ti avevo consigliato giorni or sono… -

 

- …sto bene ti dico… - sospirò il ragazzo

 

- …dai…andiamo via da qui… - disse Joseph aiutando il ragazzo

 

- no…de..devo sapere! – esclamò Edward tenendo a distanza Joseph

 

- non essere sciocco! Questo odore nauseante non ti farà altro che male! -

 

Edward guardò il compagno dritto negli occhi

 

- …tu..tu sai cos’è questo odore? – chiese

 

- …eh? -

 

Il ragazzo si rialzò in piedi, non vedeva quasi nulla, ma poteva percepire benissimo che Joseph aveva accennato uno sguardo triste. Lo riusciva a capire dal fatto che i suoi occhi azzurri come l’oceano, brillavano anche nel buio.

 

- tu ci sei già entrato…quindi saprai… - continuò Edward con tono un po’ accusatorio

 

L’uomo non disse nulla. Aiutò il giovane ad alzarsi. Poi, camminando alla cieca, si accorse di aver urtato il  candelabro di poco prima.

Lo prese in mano. Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni, un piccolo rudimentale accendino e, dal nulla, sbucò una fiamma delicata che andò ad illuminare il volto pallido di Edward e quello contratto di Joseph.

Il ragazzo non capiva il perché di quel gesto. Ora poteva vedere meglio, ma non abbastanza, la fiamma infatti era molto piccola.

 

- ah! -

 

Edward, sentì la sua mano sporca. Sporca di qualcosa. Qualcosa di appiccicoso e dall’odore fortissimo.

Evidentemente si era sporcato cadendo a terra.

Spaventato e deciso allo stesso tempo, il giovane alzò la mano verso la fiammella che Joseph continuava a tenere accesa senza dire una parola.

Non appena la mano venne illuminata, i colori ritornarono vividi e intensi.

Un solo colore, gli aveva sporcato la mano e parte dei vestiti. Un solo colore avrebbe potuto spaventarlo a tal punto. Un solo colore...poteva voler dire… morte…

 

Il rosso scarlatto

 

 

Edward, a quella vista, a stento riuscì a trattenere un leggero sobbalzo.

Indietreggiò pericolosamente, allontanandosi dalla luce emanata dalla candela.

 

- m..ma questo…questo è… - esclamò confuso cercando di pulirsi la mano sporca

 

Joseph sospirò

 

- era per questo che ti avevo consigliato di non mettervi piede…  -esclamò avanzando verso la parte opposta da dove si trovava Edward.

 

- a..ah… -

 

Il ragazzo intanto prendeva sempre più coscienza di ciò che in quel momento, giaceva sul pavimento, modificandone il colore spento e cupo, di ciò che in quel momento, stava calpestando, di ciò che in quel momento, si preannunciava devastante per lui.

 

- …cosa mi sarei dovuto aspettare in fondo? – continuò Joseph avanzando sempre di più e cominciando a tastare le pareti aiutato dalla leggera luce del candelabro

 

- ...nessuno ha quel coraggio…se non le persone che hanno vissuto tutto questo… - sospirò fermandosi e voltandosi verso Edward, ancora scosso e traumatizzato.

 

- nemmeno tu…hai quel coraggio? – chiese

 

- … - Edward non rispose, si limitò a fissare Joseph con la paura che non lo faceva stare calmo

 

- …mmmh… - sospirò l’uomo - …lo sospettavo… - esclamò appoggiando la mano a quello che, nel buio, sembrava un interruttore

 

- benvenuto all’inferno Edward!  -

 

 

Premette il bottone dell’interruttore.

Una scia di luci fioche, cominciò ad illuminare leggermente la stanza, finche, agli occhi di Edward, non si prostrò quello che Joseph definiva “l’inferno”.

 

Decisamente azzeccato.

 

- …m..ma…non..non è possibile… - esclamò traumatizzato. Si sentiva soffocare e le gambe cominciarono a tremargli dalla paura.

Con il cuore pieno di angoscia, il giovane Alchimista, si accasciò al suolo, accompagnato dallo guardo turbato del suo accompagnatore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- diamine! Ma quanto è lungo questo corridoio?! – aveva appena esclamato Ed, correndo a più non posso, seguito dal Generale Bürk.

In effetti, era da diversi minuti che il colonnello, continuava a correre senza sosta lungo il corridoio che, era certo, l’avrebbe portato direttamente alla piazza principale.

Dietro di lui, il Generale, continuava a urlargli, intimandogli di fermarsi  ma Ed non lo ascoltava. Anzi, nemmeno lo sentiva.

Era preoccupato per ben altre cose: per Al, per Edward, per la buona riuscita della missione…e per un dolore alla schiena che gli rallentava i movimenti mentre correva.

Era un dolore sopportabile, ma non era un buon segno, non in un momento del genere.

Vedeva il nemico avvicinarsi pericolosamente verso di lui.

 

- accidenti…questa maledetta ferita….pensavo fosse guarita! – pensò Ed correndo.

 

Ad un tratto, finalmente, gli parve di scorgere l’enorme portone dalla quale era entrato poco tempo prima. Il portone che l’avrebbe condotto nella piazza centrale.

Con abile gesto, per far prima, usò l’alchimia per distruggere il portone e, senza aspettare un secondo, balzò fuori dall’edificio fermandosi all’improvviso, letteralmente stupito.

Era buio, il paesaggio era coperto da fitta neve caduta poche ore prima e un vento forte scompigliava i capelli di Ed

 

- non è possibile… - esclamò

 

 

Davanti a lui, a una cinquantina di metri, erano posizionati una trentina di soldati, con tanto di pistole e fucili, pronti a sparare se solo Ed si fosse mosso.

Colui a capo dello squadrone, non era altri che il Colonnello Shindler, colui che poco prima, era stato convocato dal Generale.

Ed parve stupito dalla situazione, ma poi, abbassò lo sguardo è rise ironico.

 

- che c’è colonnello? Non mi dirà che non se lo aspettava? – esclamò Bürk comparendo dal nulla, dietro Ed.

 

Il giovane si voltò verso di lui

 

- …sinceramente no… - sorrise - ..pensavo che un po’ di coraggio cel’avesse…invece ha portato i suoi scagnozzi…bravo Generale! -

 

- non fai più lo spavaldo eh?! Ragazzino?! – esclamò il Generale – la riabilitazione è più lunga del previsto eh?! -

 

- …!! –

 

Bürk aveva colto nel segno. Il motivo per cui Ed continuava a parlare era per guadagnare il tempo necessario perché Al riuscisse a portare in salvo i  prigionieri e perché Edward riuscisse a soccorrere il suo amico.

In quel momento, con cinquanta uomini alle spalle e Bürk davanti a lui era incerto nei propri mezzi.

Come avrebbe potuto, il suo Automail affrontare una battaglia come quella che si preannunciava la più ardua che avesse mai combattuto?.

Senza menzionare il dolore alla schiena dovuto alla cicatrice che si portava dietro da mesi. Il famoso attacco in Portogallo dove la ragione per cui era venuto fino a li, era tragicamente morta.

Ma non si sarebbe mai tirato indietro. Non quella volta. Avrebbe dimostrato di non essere un uomo debole. Di essere diventato forte, di aver trovato il coraggio di andare avanti e di non arrendersi mai, qualunque cosa fosse successa.

Ancora con la mente piena di pensieri, trasmutò nuovamente il suo braccio in una lama e si riposizionò. Questa volta non sarebbe scappato.

 

- vedo che il coraggio non ti manca…meglio così… - ridacchiò Bürk mettendosi anch’esso in posizione, sotto lo sguardo meravigliato di Shindler e dei suoi soldati.

 

- sarà un piacere giocare con te! -

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