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Nickname: Labyrinthum Titolo: This is not a story about forgiveness Personaggi: Draco/Hermione,
DaphneGreengrass, Pansy Parkinson, Harry Potter Genere: drammatico, angst, triste Capitoli: prologo, primo capitolo e secondo capitolo. Avvertimenti: OOC. Rating: arancione Nda: penso che questa sia una
storia terribile sotto ogni punto di vista. È pessimistica, priva di un
qualsiasi messaggio positivo. Ho voluto appositamente non approfondire il
rapporto di Draco e Hermione,
non raccontare il loro innamoramento e le ragioni per cui questo è avvenuto,
per spostare l’attenzione su altri temi portanti della storia; quali la
vendetta, l'ossessione, la gelosia e la morte. Doveva essere cruda e
diretta, perciò spero di essere riuscita nel mio intento. Ho menzionato BlaiseZabini come Mezzosangue.
Non so quale sia l'effettivo status del personaggio, ad ogni modo ho segnalato
l'OOC. Introduzione: Si disse
che DracoMalfoy fosse
finito ad Azkaban perché colpevole di aver amato
troppo. Di un amore malato e lancinante. Di quelli che ti logorano e ti
consumano lentamente il cuore fino a lacerare la tua stessa essenza.
This is not a story about forgiveness
Prologo
Il corpo di Desdemona era ancora caldo, quando Otello
alitò sul suo candido collo. Le mani tremavano, incontrollabili, madide di
sudore e sangue.
Eppure non vi erano macchie scarlatte su quella pelle lattea. Giaceva sul
letto, beata, come una Madonna; i riccioli dorati le incorniciavano il volto
dall’aspetto angelico e ricadevano composti, come cascate schiumose, lungo il petto,
come se nessun essere umano sulla terra avesse mai avuto l’impudenza di
violarla col suo tocco.
Era splendida. Splendida e terribile. Nemmeno la morte era riuscita ad
intaccare la sua bellezza. Non erano rimasti segni della disperata lotta. Era
un quadro immortale per i semplici occhi mortali di Otello.
Fissò le proprie mani, imbrattate di sangue. Sangue che solamente lui
poteva vedere.
Sarebbe stata sua per l’eternità, nessuno avrebbe più potuto infettarla con
mani indegne. La sua bellezza e la sua giovinezza non sarebbero mai appassite.
Accarezzò le sue guance, una volta deliziosamente rosee, e si chinò sulle
labbra per suggellare la sacra promessa con un bacio.
Presto l’avrebbe raggiunta e sarebbero stati di nuovo insieme. Per sempre.
Afferrò il pugnale che teneva accuratamente nascosto nel lembo dello stivale e
sorrise di follia.
Vi prego,
quando narrerete questi tragici avvenimenti, parlate di me quale io sono; non
attenuate nulla, non scrivete nulla per malizia. Dovrete dire allora di uno che
amò senza saggezza, ma con troppo amore, di uno non facile alla gelosia, ma che
istigato, giunse alla follia estrema. Di un uomo la cui mano, come farebbe un
povero indiano, gettò via una perla più preziosa di tutti i suoi tesori.
[Otello. W. Shakespeare]
Si disse che DracoMalfoy fosse finito ad Azkaban
perché colpevole di aver amato troppo.
Di un amore malato e lancinante. Di quelli che ti logorano e ti consumano
lentamente il cuore fino a lacerare la tua stessa essenza.
Altri, per lo più, si limitarono a dire che il giovane Malfoy avesse perso la ragione.
Vi furono anche quelli che mostrarono sentimenti di pietà verso il folle: i
piùspregevoli. Vittima tra le vittime. Era questo DracoMalfoy.
Una pedina, un burattino del destino, manipolato e comandato da una mano
invisibile, che aveva messo in scena la più grande tragedia di tutti i tempi. Di cui l’indiscutibile protagonista altra non era stata che l’impietosa
gelosia. Erano in pochi, però, a conoscere tale versione dei fatti.
E questi l’avrebbero taciuta fino alla fine delle loro miserabili vite.
«Malfoy, hai visite» annunciò una guardia,
percuotendo le sbarre della cella con un bastone. Draco non si voltò nella sua direzione, rimase
accovacciato sul letto logoro con le gambe raccolte al petto, assorto nei
propri pensieri. Un labirinto circolare, privo di ogni via di fuga, iniziante e terminante
nello stesso identico punto. La cella si aprì: la persona che entrò fece ridondare elegantemente il
ticchettio delle proprie scarpe, sicuramente munite di tacchi.
«Non vieni a salutarmi?» emise una voce femminile dal tono mellifluo.
«Che diavolo sei venuta a fare qui?» soffiò di rabbia Draco,
che doveva aver già capito l’identità della visitatrice. DaphneGreengrass era
avvolta in un cappotto che la copriva fino alle caviglie. Questo lasciava intravedere
solamente le scarpe rosse - il colore del sangue - che indossava; il cappuccio
era adornato da una pelliccia bianca di aspetto regale, mentre le mani erano
coperte da lunghi guanti dello stesso colore.
I capelli erano raccolti in uno chignon, dal quale sfuggivano due boccoli, le
cui punte sfioravano l’altezza del seno.
I lineamenti del suo viso erano dolci, talmente perfetti da sembrar esser stati
scolpiti da uno scultore greco; nessuno avrebbe potuto accostare quel viso a
quello di un demonio.
«Io posso farti uscire, Draco. Basta che tu dica una
parola e sarai un uomo libero» in un attimo gli fu alle spalle, accarezzandogli
lascivamente il collo con la punta dell’indice. Draco le artigliò il polso con violenza, non curandosi
dei suoi gemiti di dolore, e si girò di scatto.
«A che prezzo?» sibilò a denti stretti, annebbiato dall’ira.
«Sai bene quale» replicò lei in tono piccato, strattonandolo per liberarsi. Draco non la lasciò andare, aumentò dolorosamente la
forza con cui teneva stretto il suo polso, e la trafisse con occhi impregnati
di disprezzo.
«Preferirei baciare un Dissennatore piuttosto
che venire a letto con te» veleno puro uscì dalle sue labbra, accompagnato da
uno sputo in piena faccia che evidenziò ancora di più il disgusto che provava
nei suoi confronti. Gli occhi celesti di Daphne tremarono, rossi di
collera, e sarebbero stati colmi di lacrime, se solo lei fosse stata una
creatura in grado di piangere. Di piangere realmente, non per recitare una
parte.
«Che tu marcisca all’inferno» i tratti del suo viso, prima eleganti e composti,
divennero deformati a tal punto che Dracocredette di aver di fronte a sé la moglie di Satana in
persona.
- L’immagine iniziale non è opera mia, è stata
realizzata da Hakigo, che è davvero bravissima con il Photoshop
(pubblicità time)
- Per il prossimo capitolo dovrete aspettare Lunedì.
DaphneGreengrass si annoiava facilmente. Ma c’era
una cosa che riusciva a saziare la sua terribile noia in quei giorni di scuola
sempre uguali e insignificanti: prendere di mira qualcuno e ridere, soddisfatta,
delle disgrazie che lei stessa gli aveva procurato.
Quella era una sera come tante, giocava a scacchi con la sua migliore amica Pansy Parkinson, sbuffando di tanto in tanto per il tempo
che trascorreva inesorabilmente lento.
«Tocca a te» biascicò annoiata l’amica, dopo aver spostato di un quadretto il
suo cavallo.
La Serpeverde sembrò non aver sentito la sua voce; continuava a
fissare, incantata, l’orologio magico appeso alla parete.
Regnava un innaturale silenzio nella sala comune dei Serpeverde.
I ragazzi dei primi anni erano già
sotto le coperte a sognare pony rosa, come spesso dicevano malignamente
le due ragazze, in giro c’erano solo un paio del settimo anno che fumavano
stravaccati sul divano.
Tra questi non poteva mancare DracoMalfoy che, con eleganti gesti della mano,
inspirava la sua sigaretta prufumante di cannella. DaphneGreengrass scalciava sotto il tavolo, ma non
perché odiasse quel dolciastro profumo: attendeva qualcosa.
«Daphne, ci sei?» la richiamò Pansy, sventolandole una mano davanti agli
occhi.
«Sì, scusa» mormorò distratta, facendo finalmente la sua mossa. Pansy fece scacco matto, aveva un’espressione sorpresa
dipinta in volto. Daphne non perdeva mai a scacchi.
«Si può sapere perché guardi continuamente l’orologio?» le domandò irritata,
sospettando che l’amica avesse qualcosa da nascondere. Daphne si strinse nelle spalle.
«Mi annoio. Non ci sono feste, ragazzini da sfottere, Grifondoro da sbeffeggiare: mi annoio» si lamentò col
broncio. Pansy scosse la testa: quella ragazza era davvero
impossibile.
Nonostante le sue affermazioni, continuava a fissare, ostinata, l’orologio,
come se da un momento all’altro ne sarebbe sbucato qualcosa. Pansy conosceva bene la sua compagna di casa:
se Daphne si annoiava doveva aver trovato per forza una
piacevole distrazione. Oh no, non era la compagnia di qualche affascinante
ragazzo, la piacevole distrazione. Daphne si divertiva a rovinare la vita di un povero
sfortunato che prendeva a caso, ogni anno.
Neville Paciok era già stato preso di mira l’anno prima.
Chi sarebbe stata quell’ anno la vittima?
«Chi è stavolta?» chiese di getto la ragazza, rassegnata. Daphne sussultò, ma poi sorrise, compiaciuta della
perspicacia della compagna.
Con un ghigno diabolico, che le sfigurava il viso perfetto, sibilò due parole.
«DracoMalfoy». Pansy alzò un sopracciglio e scoppiò a ridere.
«Impossibile. Perché proprio lui?».
La bionda alzò il mento, offesa.
«Perché ho bisogno di vendicarmi» affermò con quel suo tono avvolto nel
mistero, gettando un’occhiata nella direzione di DracoMalfoy che, ignaro di tutto, ciarlava con
un suo compagno di casa. Una donna rifiutata è più pericolosa di un serpente che striscia lentamente
fino a te, di soppiatto, e ti avvolge nelle sue spire, proprio quando meno te
lo aspetti. Pansy era piuttosto scettica, non credeva affatto che la
sua compagna sarebbe riuscita a rovinare DracoMalfoy.
«E come pensi di fare?». Daphne si sporse maggiormente verso la ragazza, in modo che
nessuno potesse sentirla.
«Non ti sei accorta che Draco esce ogni notte, a mezzanotte per
la precisione?».
L’altra fece spallucce. Non aveva idea di cosa stesse parlando.
«Be’, è così. Sono sicura che incontra qualcuno. Devo scoprire chi» le
confidò in tono cospiratorio.
«Va a letto con una ragazza diversa ogni notte, probabilmente. Vuoi scoprire
l’identità di ognuna?» la canzonò Pansy, divertita. Daphne distolse lo sguardo da lei e si soffermò a fissare il
vuoto per una manciata di secondi.
«No. Questa volta è diverso. Ne ha una fissa» mormorò, amareggiata.
Mancavano solamente venti minuti alla mezzanotte. Quella sera l’avrebbe
seguito, e avrebbe finalmente scoperto chi era la sgualdrina che stava
osando portarle via la sua deliziosa ossessione.
VVV
Mezzanotte- l’ora degli amanti. Si incontravano
a quell’ora per evitare di venir disturbati da occhi indiscreti. Draco attendeva con l’impazienza di un bambinol’arrivo
della sua compagna di giochi - lussuria.
Il cuore gli batteva forte, come la prima volta, e non vedeva l’ora di
possedere il suo. Stava per accendersi un’altra sigaretta per noia, quando scorse finalmente
una chioma riccia venir fuori dall’oscurità. Hermione era raggiante, i capelli erano raccolti in modo
disordinato, tenuti insieme solamente da una matita Babbana, ma lei non se curava affatto. Fiera e selvaggia.
Non le andò incontro, aspettò che fosse lei a raggiungerlo. Gli piaceva
osservare la sua andatura, così leggera ed elegante, sinuosa come una pantera.
«Sei in ritardo» constatò il ragazzo, irritato.
«Ho dovuto aiutare Harry con il tema di Trasfigurazione, scusami» sospirò. Draco sbuffò sonoramente, non tollerava l’idea che Hermione trascorresse tutto quel tempo con un uomo che non
fosse lui.
«Dannato Potter». Hermione inarcò le sopracciglia, contrariata.
«Che ti prende?».
«È sempre tra i piedi» commentò acidamente. Hermione incrociò le braccia al petto e volse il capo
dall’altro lato, dirigendo il suo sguardo il più lontano possibile da lui.
«Smettila» sbottò, lapidaria. Draco strinse i pugni. C’era sempre qualcosa che lo
spingeva a esser paranoico, a non fidarsi di lei, a essere insicuro.
Cosa aveva di speciale lui? Lui che aveva un carattere impossibile, che
guardava tutti dall’alto in basso e li considerava degli scarafaggi. Cosa la
spingeva ad amarlo?
Potter era il santo, la personificazione del bene. Lui era quella del male. L’amico
fedele che le era stato sempre accanto in tutti quegli anni - quelli
che lui aveva trascorso a umiliarla . Li vedeva sorridere,
nell’intervallo tra una lezione e l’altra; a cena, quando gettava un occhio di
sfuggita al tavolo dei Grifondoro, attento che nessuno lo vedesse. A
volte, aveva persino l’impressione che l’una completasse le frasi dell’altro.
Li aveva osservati. Li aveva temuti. E continuava a temerli. “Senza gelosia amano soltanto i cani”, le aveva detto una volta.
Gli uomini ne sono vittime. Si lasciano guidare da quel sentimento efferato,
cieco di fronte alla realtà, pronto ad attaccarne le viscere, non appena lo
inviti ad entrare. La gelosia è un ospite inatteso, che si fionda sulla
tua tavola e divora tutto ciò che trova, per poi derubarti dei gioielli più
preziosi, quelli che tieni in camera da letto.
È l’amico che ti pugnala alle spalle. La persona di cui ti fidi di più nell’
incolmabile vuoto della pazzia. I sospetti sono il suo pane quotidiano. “V'è una gelosia villana che è un diffidare della persona amata; v'è una
gelosia delicata che consiste nel diffidare di sé”,aveva replicato
lei col suo inimitabile tono saccente.
Qual è quella che le racchiude entrambe? Avrebbe voluto chiederle.
VVV
Abominevole. Fu questa la prima parola che Daphne avrebbe voluto
urlare. Contro natura. Disgustoso.
Il suo Draco, un nobile Purosangue, si scopava
una maledetta Sanguesporco.
Aveva preferito una Sanguesporco a lei, DaphneGreegrass, discendente di una delle più
antiche famiglie Purosangue, la fanciulla più affascinante che NarcissaMalfoy avesse mai visto,
come lei stessa aveva affermato ad una delle numerose feste svoltesi a MalfoyManor. Appiattì la
schiena contro il muro e si lasciò cadere lentamente a terra, rannicchiandosi
su se stessa.
Qualcuno bussò più volte alla porta di quel bagno, senza ottenere risposta. Daphne non se ne curò; pianse
silenziosamente le sue ultime lacrime, amalgamate d’odio e gelosia. Consolate
dalla vendetta.
Diverse ore dopo, in cui si era graffiata braccia e schiena- vittima della sua
stessa follia- si alzò di scatto e stropicciò gli occhi per lavare via le
lacrime: non doveva rimanere alcuna traccia della sua umanità.
Lo specchio rifletté l’immagine del suo viso che, prima sfigurato dalla rabbia
e dall’angoscia, adesso appariva fiero, superbo e impassibile, come sempre. Daphne era una grande attrice, e presto
avrebbe recitato la parte più importante della sua vita. In fondo, come diceva
un famoso filosofo latino, la vita è come una commedia: non importa quanto è
lunga, ma come è recitata.
Ma su una cosa si sbagliava: la vita è come unatragedia. A una tragedia si partecipa, una
commedia la si guarda soltanto.
VVV
Bagliori di fioca luce, prodotta dalle
candele, facevano brillare i corpi intrecciati dei due amanti. La Stanza delle
Necessità aveva preso le fattezze di un’accogliente camera da letto; le candele
levitavano a un metro da terra, colorando l’ambiente di raggi rossastri e
violetti e creando un arcobaleno insolito sul soffitto incantato, buio e
gremito di stelle.
Bocche ansimanti si erano cercate e si erano trovate, dopo essersi a lungo
rincorse, assaporando sublimi sensazioni.
Imperlati di stanchezza, si accarezzavano delicatamente, per studiare ogni
piccolo particolare di quella pelle che avevano imparato a conoscere, ma di cui
si meravigliano scoprire sempre qualcosa di nuovo.
Per esempio Hermione si era ritrovata ad ammirare un
piccolo neo, che fino a quel momento non aveva notato, sulla spalla di Draco.
«Voglio darti una cosa» le confidò in tono enigmatico, attorcigliandosi un suo
ricciolo sul dito. Hermione si mise a sedere, in trepida
attesa. Le occasioni in cui Draco si mostrava dolce
o vagamente romantico erano veramente sporadiche, ragion per cui, quando
accadevano, sentiva il cuore denso di stupore. Draco si sporse sul tavolino adiacente al
letto, dove giaceva il mantello della sua divisa, seguito dal resto degli
indumenti che appartenevano alla ragazza.
Cacciò una mano dentro le tasche, alla ricerca di qualcosa che, a veder
l’espressione del suo viso preoccupato, non trovandolo subito, doveva essere
molto prezioso.
Si illuminò non appena lo trovò, rassicurando la ragazza con un sorriso
accennato.
I sorrisi sinceri di Draco erano come gli
Unicorni; bellissimi e magici, ma schivi e misteriosi, difficilmente si riesce
a stargli dietro per quanto sono fuggevoli. Creature rare, che vengono al mondo
solo quando nasce un individuo speciale, e di questi, come ben si sa, non ve ne
sono molti.
Solamente una fata può avvicinarli, e una volta che quella ha cantato, gli
Unicorni si piegano di fronte a questa creatura meravigliosa e si lasciano
accarezzare dal suo dolce tocco. Solo uomini malvagi e avidi anelano al sangue dell’Unicorno. Draco era certo che fosse nato un Unicorno
il giorno in cui Hermione era venuta alla
luce.
«Apparteneva a mia nonna».
Le porse un fazzoletto di seta color smeraldo, ricamato da sottili linee
argentee su ogni lato.
Al centro di esso splendeva l’antico stemma della famiglia Black: due stelle bianche e una spada su
uno scudo nero, divise da un angolo anch’esso di color bianco, con due cani
grigi posti in alto a far la guardia. Toujours Pur. «Non posso accettarlo, Draco. È un cimelio
della tua famiglia» Hermione era lusingata, ma
non capiva perché voleva che lo avesse lei. Lei che con il sangue puro non
aveva niente a che fare. Druella si sarebbe rivoltata nella tomba e
avrebbe lanciato maledizioni atroci al nipote, se lo avesse saputo, secondo il
suo modesto parere.
«Mia nonna era una donna piuttosto rigida, odiava i sentimentalismi, ma quando
mi diede questo fazzoletto, poco prima di morire, mi disse che non avrei dovuto
ripercorrere i suoi stessi errori. Che uccidere, odiare il prossimo e dedicare
la propria vita ad onorare un simbolo - uno stemma in questo caso - fosse
patetico» raccontò, malinconico, tracciandone i contorni con le dita.
«E perché vuoi darlo a me?» la ragazza continuava a non capire.
«Per rompere la tradizione. Voglio che lo abbia qualcuno che sia davvero
puro. Sempre puro. E tu lo sei sicuramente più di me» le prese la mano,
adagiando il fazzoletto sul suo palmo, poi la chiuse, coprendola con la sua.
VVV
«No. Non se ne parla!» protestò Pansy, stravolta, scattando in piedi. Daphne la trafisse con lo sguardo: non si
aspettava certo una risposta negativa da parte sua, dopo averle confidato ciò
che aveva in mente di fare.
Si alzò dalla poltrona su cui era comodamente seduta e iniziò a squadrarla
scrupolosamente, come a volerla studiare, mentre le girava attorno con il passo
elegante di un felino.
«Chissà cosa direbbe tua madre, se sapesse che hai perso la testa per BlaiseZabini» le accarezzò i
capelli con le punte delle dita, simulando un broncio dispiaciuto. Pansy inghiottì a vuoto, immobile come una
statua.
«È un Mezzosangue, giusto?» finse un’aria assorta, per poi incurvare le labbra
in un ghigno.
«Non … non puoi farlo … » c’era il terrore riflesso negli occhi di Pansy, l’oblio più oscuro.
«Certo che non lo farò, Pansy. Che razza di
persona credi che sia?» si toccò il petto con fare offeso.
«A patto che tu faccia quello che ti ho chiesto» aggiunse perfidamente infine,
sibilandole all’orecchio.
Alla compagna di casa non rimase che rassegnarsi e accettare. Non poteva
mettere in pericolo se stessa e il ragazzo di cui era innamorata, anche se
questo comportava rovinare la vita di qualcun altro. Ogni scelta ha un prezzo. Pansy aveva fatto la sua ed era pronta a
scontarne il prezzo, qualsiasi esso fosse. Egoista, ingenua forse, ma chi
avrebbe potuto mai biasimarla? Non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato
così alto.
Citazioni.
- “Senza gelosia amano soltanto i cani” di FrancoiseSagan; - “V'è una gelosia villana che è un diffidare della
persona amata; v'è una gelosia delicata che consiste nel diffidare di sé”di François
de La Rochefoucauld; - “La vita è come una commedia: non importa quanto è
lunga, ma come è recitata”di Seneca; - Toujours Pur- Sempre Puro.
È il motto della famiglia Black (fonte Wikipedia).
Harry aveva passato il succo di zucca
a Hermione con un sorrisone stampato in faccia: a Draco non era affatto sfuggito quel particolare.
Ragion per cui non aveva ancora toccato cibo, nonostante avesse la forchetta in
mano da parecchi minuti. Spesso la gelosia non è che un presentimento.
Non riusciva a staccare gli occhi da quei due, come se fosse sicuro che da un
momento all’altro avrebbe avuto la prova schiacciante che i suoi sospetti
fossero fondati. Sospetti che avevano messo radici dentro di lui e si nutrivano delle sue
insicurezze.
«Secondo me stanno insieme» commentò Pansy
all’improvviso, sporgendosi verso Draco che, poiché
stava ancora fissando il tavolo dei Grifondoro con
uno sguardo pensieroso, sobbalzò, preso alla sprovvista.
«Co-come?» riuscì solamente ad esclamare, confuso. Pansy mandò giù una forchettata di bistecca in tutta
tranquillità.
«Potter e la Granger» gettò un’occhiata di sfuggita
ai diretti interessati, disgustata.
«Cosa te lo fa pensare?» Draco cercò di assumere il
tono più disinteressato che avesse. Mettendo a tacere le mille voci nella sua testa che gli rimembravano quanto
fosse cieco e ingenuo. «Li ho visti a Hogsmeade la scorsa settimana. C’è
troppa intimità nel loro rapporto per trattarsi solamente d’amicizia.
Dovevi vedere come lei pendeva dalle sue labbra, e tutti quegli abbracci
sdolcinati poi … » spiegò con fare ovvio e piuttosto persuasivo. Draco lanciò bruscamente la forchetta dentro il
piatto, facendo voltare buona parte dei compagni seduti al tavolo.
«Cosa diavolo vuoi che me ne importi di Potty e la Granger, Pansy?» ruggì, nervoso. Pansy simulò perplessità a quella reazione, celando
la soddisfazione che provava in realtà per esser riuscita nel suo sporco
intento.
«Nulla, stavo solo spettegolando. Non ti scaldare» fece spallucce, riprendendo
a mangiare. Daphne intercettò lo sguardo di Pansy,
un sorrisetto compiaciuto incurvava le labbra carnose: stava andando tutto
secondo i piani.
VVV
«Cosa c’è tra te e Potter?». La gelosia è dura come l’inferno. Draco l’aveva afferrata per il polso e spinta in un’aula vuota, nell’intervallo
previsto tra la lezione di Pozioni e quella di Erbologia. Hermione lo guardò come se fosse impazzito, sconvolta
da una tale domanda e ancor di più furiosa che fosse proprio lui a porla.
«Prego?»
«Hai sentito benissimo» era una scarica di nervi, talmente intensa che Hermione temette per un momento di sentirne la scossa sulle
proprie mani.
«Non ho tempo di stare a sentire le tue paranoie, farò tardi a lezione» tremò
di rabbia, coi pugni chiusi lungo i fianchi.
Gli diede le spalle con l’intenzione di andarsene, ma Draco
la trattenne per le braccia, obbligandola a guardarlo.
«Hai approfittato del fatto che avessi la febbre per passeggiare a Hogsmeade con Potter mano nella mano?» insinuò, graffiante. Hermione si portò una mano al cuore, i cui pezzi
l’avevano trafitta come mille aghi avvelenati. Costrinse se stessa a non
piangere, anche se gli occhi le bruciavano terribilmente. Un pugnale in pieno petto avrebbe fatto meno male. «Non meriti risposta, Draco» non riuscì a
trattenerle, le lacrime inumidirono le guance, ormai scarlatte di collera. In
bocca solamente il sapore amaro della delusione.
VVV
Lavanda Brown era una biondina senza cervello,
civettuola e smorfiosa: Daphne non avrebbe potuto
trovare una sciocca migliore da manipolare a suo piacimento.
Era stato facile convincerla a rovistare tra le cose di Hermione
e rubarle il fazzoletto di Draco, facendo leva
sull’antipatia che le due Grifondoro provavano
reciprocamente. Hermione lo aveva incantato appositamente affinché
sembrasse un qualsiasi fazzoletto verde, privo dello stemma della famiglia Black. Daphne aveva capito che le
era stato donato da Draco un giorno che l’aveva
incrociata nel cortile con quello in mano, intenta ad ammirarlo, e le era
sembrato troppo familiare, nonché pregiato, per appartenere a una sudicia Sanguesporco. I ricami d’argento e la lucente seta erano stati la prova inconfutabile.
«Calì, hai visto un fazzoletto verde per caso?» Hermione aveva rovesciato tutti i suoi cassetti e
sparpagliato vestiti dovunque nel disperato tentativo di trovarlo.
Alla risposta negativa della compagna Hermione ebbe
un ennesimo tuffo al cuore.
Si lasciò cadere seduta sul letto, esausta, amareggiata di aver perso l’unica
cosa che lui le avesse mai regalato.
Soprattutto adesso che tra loro era finita.
Gli aveva parlato chiaramente, mantenendo un tono severo e pacato, anche se
avrebbe preferito urlare ed esplodere in un pianto liberatorio. “Non ce la
faccio più. Tu continui a non fidarti di me, nonostante ti abbia dimostrato più
e più volte che ti amo. Non posso sopportare la tua gelosia immotivata, questa
possessione malata che provi nei miei confronti. Non ce la faccio, Draco”. Il pugno che aveva inferto a Harry negli
spogliatoi, seguito da una folle scenata, dopo la partita di Quidditch, era stata la goccia che aveva fatto traboccare
il vaso.
Sentiva le ginocchia cedere ogni volta che incrociava i suoi occhi glaciali,
pieni di disprezzo, per i corridoi del castello; lottava con se stessa per non
correre da lui e gettargli le braccia al collo. Gli mancava da impazzire.
Quante volte avrebbe voluto parlargli, solamente per sentire il suono della sua
voce o sfiorarlo per bearsi del suo odore. E allo stesso tempo lo odiava.
Odiava la sua gelosia, la colpevole di tutto, l’ostacolo invalicabile che gli
impediva di stare con lui serenamente.
Perché doveva finire così? Per delle stupide invenzioni della sua mente? Non
riusciva a rassegnarsi, ad andare avanti con la sua vita, a respirare ogni
volta che se lo trovava di fronte. I M.A.G.O erano
sempre più vicini, così come lo era la fine della scuola. Sarebbero scesi dal
treno e ognuno avrebbe preso la sua strada? Come se non si fossero mai amati?
Era davvero questo il loro destino?
VVV
«Hermione
non lo vuole più» Harry scagliò il fazzoletto di malo modo a Draco, che lo raccolse tra le sue mani.
Gli allenamenti di Serpeverde erano terminati da
alcune ore e Draco si era attardato per ultimo negli
spogliatoi, in modo da poter fare una doccia lunga, in pace, come desiderava.
Harry Potter era entrato all’improvviso, mentre si stava rivestendo, con il
fazzoletto che lui aveva regalato a Hermione. In viso
aveva un’espressione trionfante. Draco lo stropicciò nel pugno, tremante di collera.
«Chi te lo ha dato?» sibilò a un centimetro dal suo viso, minaccioso.
«Le è caduto dalla borsa dei libri ieri notte. Mi ha detto che potevo farne ciò
che volevo, a lei non interessa più averlo» lo informò atono, pronto a girare i
tacchi. Draco gli sbarrò la strada, piazzandosi di fronte
l’uscita.
L’altro non ebbe il tempo di difendersi: fu preso per il colletto e sbattuto
contro il muro.
«Che diavolo è successo ieri notte?! Parla!» urlò, sgomento, scuotendolo.
Harry scoppiò a ridergli in faccia. Lo guardò come se fosse patetico.
«Non l’hai ancora capito? Hermione ti ha lasciato
perché ama me. Era da tempo che voleva farlo. Tutte le volte che arrivava tardi
ai vostri appuntamenti si giustificava dicendo che doveva aiutarmi coi compiti,
non è così?» . Draco rimase impietrito; il mondo gli era crollato
addosso nel giro di pochi secondi e non era certo di respirare ancora. La gelosia
si nutre di sospetti, e si trasforma in furia o muore nel momento in cui il
sospetto si tramuta in certezza. «Invece facevamo l’amore, come pazzi. Sei stato un piacevole passatempo, ma
stava con te solo perché le facevi pena. I tuoi genitori ti odiano, sei un
vigliacco, un fallito. Lo zimbello dei Serpeverde.
Credevi davvero che lei ti amasse? Passiamo il tempo a ridere di te, dopo che
abbiamo finito. Si diverte a raccontarmi tutte le cazzate che facevi, sai.
Anche che non la soddisfacevi per niente a letto» aggiunse in tono sprezzante.
Le mani di Draco si strinsero attorno al suo collo,
guidate da un pilota automatico.
Harry soffocò lentamente, sotto i suoi occhi assenti, presi da chissà quale
furore immaginario.
VVV
Quando Daphne
giunse negli spogliatoi rimase a bocca aperta: sul pavimento giaceva il
cadavere di Harry Potter, i cui occhi sbarrati, rivolti al tetto, mettevano i
brividi. Accanto a lui c’era un’impaurita Pansy,
scossa dai singhiozzi, che non voleva credere ai suoi occhi.
«L’ha ucciso! Daphne, l’ha ucciso, mio Dio! Io non
volevo!» si coprì il viso con le mani, lasciando cadere la bacchetta per terra. Daphne la guardò con disgusto: non aveva mai
sopportato i piagnoni. Talmente deboli e patetici.
«Smettila di piangere. Sei ridicola» la rimproverò, irritata.
«È morto per colpa nostra! Abbiamo ucciso una persona!» l’indifferenza della
compagna la sconvolse. Soltanto adesso si era resa conto di quello che aveva
fatto. Non avrebbe dovuto accettare di prendere parte a quella follia.
«Non nostra, tua, Pansy. Sei stata tu a
lanciargli l’Imperio».
VVV
A mezzanotte. Nei sotterranei.
Portami il fazzoletto.
D.M
Aveva riletto quel bigliettino
centinaia di volte. Le mani erano intrise di sudore e ansia.
Voleva che glielo restituisse, era comprensibile. Non poteva permettere certo
che un oggetto a lui così caro restasse nelle mani di una Sanguesporco
che aveva avuto l’ardire di lasciarlo.
Che reazione avrebbe avuto nello scoprire che lei l’aveva perso? La risposta a
quella domanda la agitava non poco. D’altra parte, sapeva che doveva
affrontarlo.
Ignorare il biglietto e mancare all’appuntamento sarebbe stato peggio.
Così si presentò nel luogo stabilito a mezzanotte in punto. Lui era già lì,
inghiottito dall’oscurità. Eccezion fatta per gli occhi, l’unica parte del
corpo riconoscibile. Draco fece apparire la porta della Stanza delle
Necessità e la invitò ad entrare.
«Hai portato il fazzoletto?» disse freddamente.
«L’ho perso. L’ho cercato dappertutto, ma non sono riuscita a trovarlo. Mi
dispiace» sospirò, contrita.
Le spalle di Draco si irrigidirono. Per quanto ancora
avrebbe avuto la faccia tosta di mentirgli in quel modo spudorato?
Aveva una tremenda voglia di piangere, non voleva fare quello che la voce nella
sua testa gli ordinava.
In quel modo, però, sarebbe stata sua per l’eternità. «Vorrei che finisse in un altro modo, credimi» le cinse i fianchi con le
braccia e la attirò dolcemente a sé. Hermione fraintese il significato di quella
frase, ignara di quello che sarebbe successo di lì a poco. «Anche io, Draco. Non sai quanto … » trattenne a
stento una lacrima, che si depositò sul mento. Lo abbracciò intensamente,
respirando il profumo acre del suo collo.
L’ultimo bacio, per l’ultima volta. «Ti ho amata
troppo. Questa è stata la mia condanna». Hermione sbatté gli occhi, confusa.
«SomnusPerpetuus».
La ragazza gli svenne addosso, caduta in un sonno profondo; la adagiò sul
letto, quello dove si erano tanto amati, cullandola tra le proprie braccia.
Gocce di lacrime bagnarono il viso addormentato di Hermione,
che venne repentinamente asciugato con cura quasi maniacale.
«Adesso nessuno potrà più portarti via da me, amore mio. Staremo insieme per
sempre» le promise, gemendo.
Poi pronunciò le parole senza perdono.
«AvadaKedavra». Draco era certo che fosse morto un Unicorno in quello
stesso momento.
VVV
Duplice omicidio, dissero in
tribunale. Draco avrebbe voluto correggerlo in
triplice, ma nessuno si sarebbe fermato ad ascoltarlo. Perché aveva
ucciso anche se stesso.
«Mi dispiace, Draco! Mi dispiace! È stata Daphne, ha architettato tutto lei! Mi dispiace!» gli aveva
urlato a squarciagola Pansy con la voce rotta dal
pianto, nel momento in cui era stato rinchiuso per sempre in quella che sarebbe
stata la sua dimora d’ora in avanti. In cerca di un perdono che non sarebbe mai arrivato.
Nessuno seppe più nulla di DracoMalfoy,
da quel giorno. Alcuni credevano che fosse morto di solitudine, tra le sudice
mura della prigione; altri erano certi che presto avrebbe ricevuto il bacio del
Dissennatore.
Invece era lì, stranamente vivo, con una nuova luce negli occhi: la luce della
vendetta.
Aveva trovato uno scopo, dopo tanto tempo, uno scopo per dare senso alla sua
vita e a ciò che aveva fatto. «Accetto la
tua proposta, Greengrass». Daphne capì di aver ottenuto quello che aveva sempre desiderato nel momento
stesso in cui la guardia la chiamò da Azkaban per
conto di Draco.
Aveva vinto. Draco era suo. La sua fatale ossessione.
VVV
Non ci fu dolcezza, e nemmeno
passione. Squallido sesso senza emozioni. Daphne dormiva con un’espressione beata a illuminarle
il volto. Draco non voleva assolutamente riservarle
una dolce morte. Doveva soffrire, sbarrare gli occhi e gridare nel più
atroce dolore.
«Crucio» Daphne si svegliò
di soprassalto, colpita da spasmi violentissimi; la carne si aprì in diversi
squarci, da cui il sangue iniziò a scendere copioso.
I suoi gemiti disperati non intenerirono per niente il ragazzo che le stava
infliggendo tanto dolore.
La vendetta, la più cara delle amiche, lo aiutò ad arrivare alla conclusione di
quello scellerato piano.
Fu lei che accarezzò la sua mano, quando impugnò il coltello che aveva
segretamente nascosto nel lembo dello stivale.
La infilzò senza pietà. Dritto al cuore. Se mai quell’essere ignobile ne aveva
mai davvero posseduto uno.
«Tu marcirai all’inferno con me».
Diede un ultimo sguardo disgustato al corpo privo di vita e insanguinato del
demonio che l’aveva condotto a uccidere la creatura più pura del mondo.
«Per sempre, Hermione» e poi sorrise di follia,
puntandosi la bacchetta contro. Nel maniero
dei Greengrass furono ritrovati due corpi. Nessuno
seppe mai quello che accadde quella notte. Si pensò a un delitto passionale,
nulla fu più diverso dalla verità.
Fu ritrovato anche un foglio di pergamena accanto al cadavere di DracoMalfoy. Scritto di fretta,
forse col sangue. Dovrete dire allora di uno che amò senza saggezza, ma con troppo amore, di
uno non facile alla gelosia, ma che istigato, giunse alla follia estrema. DracoMalfoy
morì con la speranza che, in quel momento, un Unicorno stesse nascendo in
qualche parte del mondo.
Citazioni.
- “Spesso la gelosia
non è che un presentimento”di Gervaso.
- “La gelosia è dura
come l’inferno”Cantico dei cantici 8,6.
- “La gelosia si nutre di sospetti, e si trasforma in furia
o muore nel momento in cui il sospetto si tramuta in certezza”diMaksimGorkij
Angolo dell’autrice
Si
conclude così questa Long. L’inizio preannunciava già che questa storia non
avrebbe avuto un lieto fine. Spero che l’abbiate apprezzata, personalmenteè quella che preferisco di più, tra tutte
quelle che ho scritto- ho un animo sanguinario e angst,
in fondo. Ad ogni modo, io sono soddisfatta
di ciò che ho scritto, perciò, non ho rimpianti. Ringrazio le persone che hanno
recensito e che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/da ricordare.
Grammatica: 8,7/10
Stile e forma: 8/10
Originalità: 10/10
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
Utilizzo del pacchetto: 10/10
Gradimento personale: 15/15
Grafica: 3/5
Totale: 64,7/70
Grammatica:
“«Preferirei baciare il Dissennatore piuttosto che venire a letto con te»” - sarebbe stato più corretto scrivere: preferirei baciare un Dissennatore etc etc.
“La Serpeverde sembrò non aver sentito la sua voce, continuava a fissare, incantata, l’orologio magico appeso alla parete.” - dopo voce avrei inserito il punto e virgola (;) o il punto (.)
“in giro c’erano solo un paio del settimo anno che fumavano, stravaccati, sul divano.” - avrei tolto le due virgole, che ritengo superflue.
“solamente per il sentire il suo della sua voce” - errore di battitura.
Stile e forma: come ho fatto notare ad un'altra ragazza, nell'Universo Potter, paragoni che comprendono Satana, demonio e quant'altro sono un tantino inappropriati. È questo il primo “errore” stilistico che mi è saltato agli occhi. Per non parlare poi della “sigaretta odorosa di cannella”. Se già il fatto che Draco Malfoy fumi è un tantino fuori dall'IC, quell'odorosa proprio non mi è piaciuta. In linea di massima, tuttavia, lo stile della storia è davvero molto curato. Mi è piaciuto molto l'alternarsi del discorso diretto e frasi sulla gelosia. Complimenti!
Originalità: la tua storia, nell'ambito dell'originalità, è un'arma a doppio taglio. Draco geloso di Harry l'abbiamo letto parecchie volte, così come Daphne o Pansy che, anch'essa affetta da gelosia malata, fa sì che i due si lascino. La parte nuova, e del tutto sorprendente, sta nel fatto che Draco arriva persino ad uccidere la purezza di un Unicorno (perdona la metafora fuori luogo, ma qualcosa mi spingeva a scriverla). Per non parlare del fatto che la voglia di vendetta lo mantenga lucido in quel di Azkaban, dove ogni emozione buona viene mangiata viva. Ma forse è proprio perché la vendetta non è un sentimento positivo, che Draco riesce a rimuginare e giunge alla concretizzazione del “piano perfetto”.
Caratterizzazione dei personaggi: la storia è incentrata soprattutto su Draco, sulla sua gelosia pazza, ossessiva e malata. Hermione, in alcune parti, è addirittura marginale ma non per questo mal caratterizzata. Difatti, la signorina Granger non sopporterebbe mai tali manifestazioni di possessività ingiustificata, lasciandole oltretutto impunite. Sono molto felice di come hai dato spazio all'introspezione di ogni personaggio, facendoci percepire la loro essenza con poche parole: Pansy, ad esempio, la vedo ingenua (come tu stessa hai detto) e troppo egoista per pensare alle conseguenze delle sue azioni, pronta a tutto per salvare il suo “amore segreto”.
Utilizzo del pacchetto: nel tuo caso, il punteggio pieno è d'obbligo. Hai utilizzato alla perfezione – quasi avessi percepito cosa intendevo quando ho scritto i pacchetti – tutti e tre gli elementi. Di Lucius Malfoy, nella tua storia, non vi è neppure l'ombra. La morte è quasi una costante nell'arco di tutta la storia e la frase è inserita alla perfezione nel contesto. Complimenti!
Gradimento personale: ho letteralmente (quasi) pianto quando ho letto per la prima volta “Revenge”. È una storia assolutamente magnifica, a mio avviso, e anche se – come hai precisato nell'introduzione – non dà messaggi positivi, è una perla da tenere stretta nella lista delle fanfiction più deliziose mai lette. Sarà che adoro l'angst ma non ne so narrare, sarà che il modo in cui scrivi – lasciando sempre spazio a parentesi che ognuno colma con la propria immaginazione –, sarà che la trama è di per sé già meravigliosa. Bravissima!