Quello che si cela nell'ombra

di Shiro_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un incontro casuale ***
Capitolo 2: *** In un labirinto di misteri ***
Capitolo 3: *** Flashback di sangue ***
Capitolo 4: *** Domande, Risposte e Parole al Vento ***
Capitolo 5: *** Fumo nero ***



Capitolo 1
*** Un incontro casuale ***


Se ne stava appoggiato a quel palo della luce ad aspettare un autobus che probabilmente non sarebbe mai arrivato. Era tardi, e non c'era un cane per strada. L'aria era ferma e densa di un silenzio che risultava quasi assordante. Jean-Marie rabbrividì, quel luogo era inquietante, la luce artificiale creava uno scenario sinistro, il palcoscenico perfetto per un omicidio. Tirò fuori il cellulare dalla tasca e guardò l'ora: le 23. Era palese che l'autobus non sarebbe passato, era troppo tardi. Notò che aveva un paio di chiamate perse. Sorrise lievemente: due ragazze che gli avevano chiesto il numero l'altro giorno. La cosa lo divertiva, normalmente sono i ragazzi ad abbordare le ragazze, ma nel suo caso quelle venivano da lui di loro spontanea volontà, come le api al miele. Ma era sempre stato così, in fin dei conti aveva il corpo di un angelo, un angelo nero. I capelli corvini di media lunghezza finivano spesso nei verdi occhi profondi, occhi che parevano abbracciare tutto il mondo con un solo sguardo, occhi dolci, ma sofferenti, una sofferenza lontana che appariva solo ogni tanto. Probabilmente però la maggior parte delle ragazze era attratta dai suoi muscoli scolpiti, come quelli di una statua greca. A lui non interessava, era solo un modo come un altro per passare il tempo. Si incamminò svogliato verso casa, pensieroso, osservando l'asfalto rovinato sotto i suoi piedi. Camminando lentamente giunse ad una strada più trafficata. Procedeva a testa bassa pensando ai fatti suoi, era così preso dai suoi pensieri che andò a sbattere contro una ragazza che se ne stava ferma sul bordo della strada. Si fissarono per un attimo, che parvero secoli, negli occhi. Lei aveva degli insignificanti occhi marroni truccati pesantemente, come le piccole labbra sottili. Indossava una minigonna rossa, ma la sua attenzione scese immediatamente al seno perfetto che si intravedeva nell'ampia scollatura, in cui erano scivolate ciocche di capelli rossi, probabilmente tinti. Lo sguardo di lei vacillò e scivolò sul corpo di lui, mentre un leggero rossore le tingeva le guance. "Avrà più o meno 18 anni" pensò, ed un senso di disgusto lo invase. -Scusami- le disse e se ne andò con passo rapido, sentendosi lo sguardo di lei addosso. Quella ragazza forse non era tanto più diversa da lui. Il cellulare squillò all'improvviso, era una di quelle ragazzette arrapate che gli aveva chiesto il numero.

-Pronto?

-Hey ciao…. Sono Lara… Ehm, ci siamo visti un paio di giorni fa al bar, ehm… Potremmo rivederci?

Perché no? Aveva voglia di divertirsi, di giocare un po', di passare un po' il tempo, e quella s'era offerta di sua spontanea volontà. Solo non ricordava bene quale delle due fosse. Poco importava, erano tutte due giovani e carine.

-Si va bene, casa tua o casa mia?

-Eh? Cosa? No io intendevo… Intendevo in un bar o qualcosa del genere...

-So benissimo cosa intendevi. Ma se preferisci che ci troviamo in un bar, a me va bene lo stesso.

-No no va bene anche così… Facciamo a casa mia? I miei ora non ci sono, tornano domani, ti do l'indirizzo.

Dopo mezz'ora era arrivato a casa di lei, aveva preso un taxi, non aveva voglia di camminare, e comunque la ragazza gli aveva promesso di rimborsargli la corsa. "Deve essere ricca sfondata"  pensò, ammirando l'immensa casa illuminata. La ragazza gli aprì frettolosamente la porta. Aveva si e no 15 anni, contro i suoi schiaccianti 19. Gli bastò un'occhiata per capire che era vergine, una ragazzina esaltata, una stupida troietta però, che si vantava delle sue mille esperienze inesistenti con le amiche. Non gliene importava, aveva voglia di divertirsi e basta, almeno avrebbe passato in un qualche modo quella notte noiosa. La ragazza lo invitò a salire di sopra, facendolo accomodare in una camera in cui aleggiava un profumo dolciastro così denso da risultare nauseante. La ragazza chiuse la porta alle sue spalle e lo guardo come per dire "non so cosa fare, fai tu". Jean-Marie si sedette tranquillamente sul letto ed iniziò a sbottonarsi la camicia con immensa calma. Lei lo guardò accigliata giocando nervosamente coi propri capelli biondi. Appoggiò la camicia sul letto e si avvicinò a lei. Guardandolo superficialmente, il suo sguardo sembrava famelico, ma era tutt'altro, era distratto, pensava ad altro. La sbattè al muro, baciandola famelicamente ed iniziando a spogliarla. Beh, non c'era molto da spogliare. Aveva voglia di giocare un po' prima quindi si slacciò la cintura ed abbasso i jeans ed i boxer. Fissò poi la ragazza alzando leggermente le sopracciglia. Quella abbassò lo sguardo e allungò leggermente la mano: non sapeva proprio che fare. Sbuffando leggermente la prese per le spalle e la spinse in basso affondandoglielo in bocca. Lei lo guardò con occhi confusi, poi iniziò a leccare leggermente. Jean non provava nulla, lei era proprio un'incapace, una verginella che faceva tanto la troietta in giro. Le sfilo il membro di bocca, seccato. Voleva divertirti, ed invece si stava solo innervosendo. E continuava ad avere in testa quella ragazza lì per strada… Perché? Sfilò gli slip della ragazza che aveva di fronte e la portò di peso sul letto. S'infilò un preservativo (ne aveva sempre con se) e, aperte le gambe di lei, iniziò a penetrarla. Se prima aveva voglia di fare le cose per bene e divertirsi un po', ora voleva solo dare a quella ragazzina quel che voleva ed andarsene immediatamente. Spinse con forza assaporando con piacere le grida di lei. Dopo vari colpi sentì il corpo della ragazza rilassarsi di colpo e le sue grida soffocarsi in gemiti ed ansimazioni. Si ritrasse sbuffando. Neanche uno stupido orgasmo quella sera, e continuava a pensare a quella ragazza dai capelli rossi. Si rivesti velocemente. 

-Tutto qui?- esclamò Lara con un filo di voce

-Mi annoi, io me ne vado.

E senza darle il tempo di ribattere uscì dalla stanza. Non gliene importava neanche del taxi non pagato, voleva solo andarsene. Voleva rivedere la ragazza con i capelli rossi.

Era l'una meno dieci minuti, sarebbe arrivato in 30 minuti al luogo dove aveva visto quella ragazza. Si mise però a correre, doveva rivederla. Non capiva perché. Era solo una prostituta. Probabilmente qualcuno l'aveva già raccattata, quindi perché la voleva rivedere? Non sapeva neanche come si chiamava, e di ragazze lui ne conosceva così tante che lei sarebbe potuta benissimo essere una delle tante, ma doveva rivederla. Correva velocemente, ed in 20 minuti arrivò al luogo dove l'aveva incontrata, ma lei, come immaginava, non c'era. In compenso per terra c'era una chiazza rossa, sembrava sangue.

"Strano… Prima non c'era… Cosa….?" penso. Si sentì mancare quando vide dei capelli rossi spuntare da dietro l'angolo, e la maglietta, prima bianca, ora era in tinta con i capelli. Gli occhi di lei, che prima parevano insignificanti, si posarono su di lui, brillando di una luce famelica.

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Capitolo 2
*** In un labirinto di misteri ***


Buio. Solo buio. Non c'era altro, non vedeva altro. Un buio opprimente e soffocante. E faceva caldo. Molto caldo. Troppo caldo. Un dolore infernale gli raggiunse prima la testa e poi il fianco. Sentiva la gola secca ed aveva un gran senso di nausea, oltre che ad un forte mal di testa. Come ci era finito lì? E poi: lì DOVE? Dov'era? L'ultima cosa che ricordava era quella ragazza con la maglietta impregnata di sangue che gli si avvicinava e gli sussurrava all'orecchio "Pensi veramente che io batta la strada?". Poi nero, vuoto più assoluto. Il dolore al fianco continuava, sempre più bruciante. Sfiorò con la mano il punto che gli dava tanto tormento. Era bagnato, qualcosa di denso e caldo. Sangue. Appena sfiorò la pelle un bruciore immenso gli invase il fianco e lui trattenne a stento un grido. Inizio a premere leggermente il torace per controllare le ossa, no, le costole erano a posto. Si tolse la camicia ed iniziò a tamponare la ferita, mordendosi le labbra per il dolore. Cos'era successo? Iniziò a guardarsi intorno, i suoi occhi si erano abituati ormai al buio. Era in una piccola stanza senza nessun mobile, completamente vuota. Neanche una finestra, nemmeno un ragno, una ragnatela o un granello di polvere. Assolutamente nulla. Il suo senso di nausea continuava ad aumentare, un getto di bile gli salì in gola e finì sul pavimento scuro. Si alzò lentamente e si avvicinò a quella che gli sembrava la porta. Forzò la maniglia, e, stranamente, la porta si aprì. Una luce forte ed intensa lo invase e lo costrinse a chiudere gli occhi, appena riuscì ad abituarsi, si rese conto di trovarsi in un lungo corridoio bianco, che era in contrasto con la buia stanza soffocante da cui era appena uscito. Staccò lentamente la camicia che ancora teneva premuta contro il fianco per vedere la ferita. Un lungo taglio gli attraversava il fianco, un taglio preciso e netto. Era fresco, ma stava già smettendo di sanguinare, nonostante il bruciore non desse segni di cedimento. In fondo al corridoio c'era una porta bianca, con degli orribili schizzi di sangue scuro secco e fresco. Un altro getto di bile finì sul pavimento freddo. Dov'era? Perché era successo tutto questo? Quando? E come? Dov'era quella ragazza dai capelli rossi? Arrivò alla porta e l'aprì lentamente. Entrò in una stanza pentagonale, verde scuro in cui aleggiava un forte odore di sangue misto ad un profumo dolciastro. Una figura incappucciata stava seduta su un piccolo sgabello nero, voltandogli le spalle. 

-Chi sei? Cosa mi è successo?- chiese Jean-Marie con una voce stanca e sofferente.

-Pensi veramente che io batta la strada?

La ragazza si alzò, lasciando calare il mantello per terra. Jean la squadrò attentamente. Sembrava una di quelle stupide sette segrete di cui aveva letto solo nei libri, beh, i pochi che aveva letto s'intende. Una moda infantile e banale, per ragazzine che si sentono sole ed asociali, e quindi vogliono fare le alternative. Ragazzette che si inventano riti idioti, sacrifici cretini, regole, patti, gerarchie, pur per sentirsi importanti e far qualcosa della loro miserabile vita. Ma in questo caso si era andato troppo oltre, sangue? Probabilmente anche omicidi? Cos'era quella donna? La osservò intensamente, sembrava provasse un piacere perverso nell'indossare la maglietta sporca di sangue, leggermente strappata sulla scollatura, e quella minigonna troppo corta, decisamente troppo corta che lasciava intravedere quasi tutto.

-Chi sei? Come ti chiami?

-Nessuno mi obbliga a rispondere alle tue stupide domande. Anzi nessuno mi obbliga a parlarti e a considerarti. Se fosse per me, saresti già morto.

Se non fosse per lei? Chi era che lo teneva in vita? O cos'era? La guardò con un'espressione interrogativa, ma lei sembrava non voler andare avanti a spiegare. Lei guardava verso un punto indefinito alle sue spalle, verso la porta probabilmente come se stesse aspettando qualcuno. Jean-Marie la fissava con attenzione e circospezione, era ancora più bella di quanto se la ricordava, ma i suoi occhi erano malvagi, intrisi di cattiveria e furia omicida. Lo sguardo gli cadde poi sulle mani e sulle unghie lunghe, smaltate di nero, luccicanti e letali. Sembravano piccole lamette pronte pronte a sfregiare la pelle di chiunque. Notando il suo sguardo indagatore lei gli disse -Si, quel taglio al fianco te l'ho fatto con queste unghie, hai un sangue molto dolce-. La rivelazione scosse parecchio il ragazzo che rabbrividì. Quindi era un vampiro? No, i vampiri non esistevano, che cosa cavolo stava pensando, quella lì gli voleva solo mettere paura. Ma intanto quel taglio bruciava, non gli dava pace, e si sentiva debole, molto debole. Sentì lentamente le gambe cedergli e la mente scollegarsi, mentre il suo corpo cadeva con un tonfo sulla moquette verde muschio e la porta alle sue spalle si apriva facendo entrare una donna alta dai capelli neri raccolti con un gatto bianco in braccio.

La donna si avvicinò lentamente all'altra con un passo leggero e quasi impercettibile, come quello del magnifico felino che aveva in braccio. La rossa abbassò con rispetto lo sguardo ammirando il maestoso animale bianco. Aveva grandi occhi verdi scintillanti, in cui si intravedeva un'immensa furbizia; se ne stava beatamente in bracco a farsi accarezzare pigramente. La donna che se ne stava davanti aveva degli occhi grigi freddi come il ghiaccio e delle labbra che sembravano filo di un rasoio, il corpo alto e snello nascondo da un lungo vestito verde scuro, tendente al nero; sul collo però scintillava una collana d'argento con uno smeraldo incastonato, smeraldo nel quale sembravano volteggiare anime di morti ululanti. 

-Ambra, che gli hai fatto? Sai che per noi lui è fondamentale! Come pensi di schiudere la Volta senza di lui? Bambina, stammi bene a sentire, se non vuoi fare la fine delle tue vittime ti conviene obbedire ai miei ordini!

Ed il gatto soffiò come per sottolineare le parole della padrona. La donna gettò uno sguardo prima alla ragazza, poi al corpo svenuto di lui per terra, aggiungendo poi con un tono secco -Occupatene tu- ed andandosene dalla stanza. 

Che seccatura, sempre a me devono capitare queste cose! Ma che cos'ha di speciale questo qui? Si lo so benissimo, ma perché proprio lui? Con tutte le persone che ci sono su questo mondo perché lui? E mentre si tormentava con questi pensieri, aveva preso il corpo di lui tra le bracca, spostandogli la camicia, poi passo lentamente sulla ferita con le labbra leccando via il sangue. Finita quella procedura il taglio si richiuse. Le sue unghie erano micidiali, come piccoli coltelli che distruggevano tutto sul loro cammino; mentre le sue labbra e la sua lingua avevano un potere curativo… Tutto iniziato da quel giorno fatidico…

Il ragazzo rivenne lentamente e si ritrovò su un letto comodo, in una stanza debolmente illuminata dal tramonto che entrava dalla finestra, si guardò leggermente intorno e vide subito la rossa che lo fissava attentamente, prese fiato, come per chiederle qualcosa, ma lei lo interruppe subito:

-Mi chiamo Ambra, ma altro su di me non ti dirò. Tu servi alla nostra setta, perché, come immagino avrai pensato, è questo che siamo. Racchiudi dentro a te un potere…

Non fece in tempo a concludere la frase che lui cacciò un urlo nel toccarsi la cicatrice sul fianco

-Ma ma ma come è possibile? Quanto tempo è passato?

Ambra rise leggermente. Aveva una risata cristallina, limpida, stupenda, come un giorno di primavera in cui sbocciano i fiori di ciliegio, ed era in netto contrasto con il suo aspetto macabro.

-E' un mio potere, hai un sangue molto buono…

Così dicendo gli fece l'occhiolino e rise nuovamente.

-Il tuo potere? E da quando ce l'hai?

-E' successo tutto parecchi anni fa...

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Capitolo 3
*** Flashback di sangue ***


Camminava pian piano con quel mazzolino di fiori in mano. C'erano violette, margherite e denti di leone, emanavano un profumo dolcissimo che la bambina inspirava profondamente. Teneva quel marzolino stretto al petto osservandolo con immenso orgoglio, era per la mamma, quella cara mamma che tanta pena si dava per lei. Il sole stava tramontando, era stata una bella giornata d'agosto, non molto afosa, infatti il vento aveva pettinato il prato per tutta la giornata. Adorava passare le vacanze lì, a casa della nonna ormai morta. Era una bella casa, in aperta campagna, piccola e confortevole, vicino a quel piccolo laghetto popolato da una quantità immane di pesci. La bambina si girò di scatto. Qualcosa turbava quella placida quiete, un'ombra scura, un'ombra che la seguiva… No, era solo la sua immaginazione, eppure qualcosa in quel paesaggio non quadrava. Vide la casa in lontananza, la luce già accesa illuminava il suo interno. Lentamente aprì la porta e in quell'istante il cielo iniziò ad annuvolarsi, ed un lampo squarciò il cielo. Non era una cosa normale, no per nulla. Entro in fretta in casa chiudendosi la porta alle spalle. 

-Mamma!!! Mamma!!!-

Nessuna risposta. La corrente era saltata, strano. Sembrava il set di uno di quei film horror, qualcosa di orribile. No, era solo un caso. 

-Mamma!!- gridò più forte ed un gemito provenne dalla stanza accanto. La bambina corse subito in cucina e di colpo la corrente tornò. Tutto ciò era strano ed innaturale, uno stupido set di un maledetto film horror. La donna era stesa a terra con una mano ferita, probabilmente dal coltello che stava usando per cucinare.

-Tranquilla piccola mia, è saltata la corrente e, per sbaglio mi sono tagliata-. Aveva un'aria dolce e tranquilla che rassicurò immediatamente la piccola. Questa le porse il mazzetto di fiori fissandola con occhi dolci dolci. La madre li prese e li mise in un vaso pieno d'acqua. 

Sembrava più o meno tutto tornato alla normalità, ma ancora qualcosa la inquietava molto, cosa però? Era come se qualcuno o qualcosa la stesse guardando o spiando e che qualcosa dentro di lei stesse complottando contro lei stessa. Forse stava solo male, forse era solo un po' ammalata, ma di febbre non ne aveva, si sentiva benissimo. Dopo cena se ne andò di filato a letto. Spenta la luce iniziò ad osservare il panorama fuori dalla finestra. Aveva smesso di piovere, ma i prati aveva un aspetto sinistro. Lo sguardo le cadde sull'albero che cresceva davanti alla sua finestra. Era un grosso albero con molte foglie e rami robusti, e sopra uno di essi, era disteso placidamente un bellissimo gatto bianco, dal pelo ben pettinato mosso leggermente dal vento, con un movimento così dolce e fluido da sembrare addirittura liquido. Quei grandi, immensi occhi verdi la fissavano attentamente ed emanavano un'aria di intelligente e furba superiorità. Non aveva mai visto un felino così maestoso e curato. La bambina di sfregò leggermente gli occhi, ma quando li riaprì il gatto era sparito. Probabilmente era saltato giù attratto da un topo, la piccola si girò su un lato e chiuse gli occhi. 

Forse era mezzanotte quando qualcosa la svegliò. Non capiva bene cos'era, sta di fatto che quando aprì gli occhi vide tutti gli oggetti ruotarle intorno e una luce sinistra illuminava la stanza. Si alzò di scatto e scappò fuori dalla camera, ma non riusciva a gridare, la sua voce si era fermata in gola. Corse in camera della madre terrorizzata, ma, mentre apriva la porta, sentì qualcosa squarciarle il petto, come se si stesse aprendo in due, ma non c'era sangue, ne una lama che la trafiggeva. Cadde in ginocchio piangendo in silenzio, la sua voce era come morta e vide qualcosa uscirle dal petto ed avventarsi sulla figura dormente nel letto, poi svenne. L'ultima cosa che vide erano due grandi occhi verdi che la fissavano attenti e malvagi. 

Quando si risvegliò era stesa esattamente lì dove era svenuta, sentiva la testa umida. Si passo la mano tra i capelli per ritrovarsela rossa, ma, tastando la pelle, non rilevò nessuna ferita. Non era sangue suo. Lo sguardo le cadde subito nella stanza nella quale voleva entrare prima dello svenimento: un corpo colpito in pieno petto da una strana pietra nera se ne stava steso sul letto. La piccola riconobbe subito la madre. L'espressione di questa era serena ed in pace, come se non si fosse accorta di quello che era successo e stesse dormendo placidamente, e tutto sarebbe sembrato normale se non fosse stato per quella pietra nera, nella quale sembrava galleggiare fumo. Sentì un rumore provenire dal salotto. Scese lentamente le scale mentre il sangue le giocolava dai capelli. Come era potuto finire sui suoi capelli? Non l'aveva minimamente toccata sua madre. Si sporse appena sulla porta e vide all'interno una donna di spalle, dai capelli neri, scuri, raccolti in uno chignon. Teneva in braccio qualcosa che la bambina intuì fosse il gatto bianco dalla coda nebbiosa che spuntava dal lato della figura. 

-Si, sei stata tu- disse la donna, con una voce fredda e tagliente -o almeno quello che è racchiuso dentro di te-. Si girò di scatto, mentre gli occhi grigi scintillarono furbamente. La ragazzina non riusciva a parlare, la guardava fissa negli occhi, finché lo sguardo della giovane donna non la costrinse ad abbassare la testa.

-Dentro di te c'è una forza infernale, una potenza fuori dal comune, ma questo lo avevo già scoperto. Sta di fatto che ora si è risvegliato e ha bisogno di anime per nutrirsi. Se non lo si tiene sotto controllo potrebbe uccidere tutti i tuoi cari, i tuoi amici e poi allargarsi ai civili, agli innocenti, ai deboli, ai puri. Io posso darti le anime che vuoi, anime che meritano di essere divorate, piene di odio e di male. In cambio tu dovrai fare una cosa per me, quando giungerà il momento, cosa che sarà vantaggiosa anche a te, credimi, potrebbe liberarti dal tuo essere-.

-Cos-cosa stai dicendo?- riuscì a farfugliare, effettivamente aveva solo 10 anni.

-Sto dicendo che devi venire con me, non hai alternative, e stringere il patto con me- detto questo il gatto la fisso negli occhi, e lei si sentì mancare, le ginocchia cedettero e lei sussurrò appena -Si-, un si che gli sarebbe costato caro. Le labbra della donna si arricciarono appena in un ghigno, si avvicinò alla ragazza, e, facendo scendere il gatto dalle braccia, la prese per un polso. 

-Tagliatelo.- La ragazzina la guardò esterrefatta. -Tagliatelo, con le tue unghie, non metterci troppa pressione, sfioralo appena-. La bambina, ancora confusa, sfiorò appena con l'unghia dell'indice il polso. La pelle si aprì in un piccolo taglio rosso da cui iniziò subito a uscire sangue. Una goccia cadde sulla mano della dona che la fece scivolare abilmente sopra il ciondolo con lo smeraldo che scintillava sul suo collo. Stranamente la pietra assorbì la goccia e per un attimo sembrò infiammarsi per poi tornare al suo colore abituale. La bambina appoggiò le labbra sul taglio succhiando via il sangue, e, stranamente, questo di richiuse. Tutto ciò era troppo strano, era tutto uno strano sogno, per forza, non poteva essere altro. Un'immensa stanchezza la invase e sentì il suo corpo venir sollevato mentre il gatto le saltò sul petto. Poteva sentire il suo respiro sopra di se e vedeva il pelo bianco, nebbioso, fluido, vivo… I suoi occhi incontrarono di nuovo quelli verdi del felino prima di chiudersi definitivamente, vinti da tutto quello che era successo.

 

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Capitolo 4
*** Domande, Risposte e Parole al Vento ***


-… Sono cresciuta con lei, lei mi procurava le anime di cui avevo bisogno e io, io non so cosa le procuravo, a quel tempo niente, ma ora, ora sta chiedendo il suo pagamento, ma senza di lei avrei ucciso un sacco di gente innocente quindi glielo devo-. Detto questo, Ambra si alzò dalla sedia e si avvicinò a lui guardandolo con occhi freddi. 

-Hai bisogno di qualcosa?- chiese, ma il ragazzo sembrava non ascoltarla, era perso nei suoi pensieri in un modo tutto suo… La rossa si avviò alla porta mentre i tacchi delle sue scarpe ticchettavano fastidiosamente sul pavimento di marmo freddo, aprì lentamente la porta gettandogli un ultimo sguardo. Si chiuse la porta alle spalle e si avviò verso un'altra scura, macabra con alcune bruciature. Bussò aspettando poi per un tempo indefinibile finché una voce altezzosa dall'interno non disse di entrare. Aprì la porta ed entrò tenendo lo sguardo basso. La donna dalla collana di smeraldo era seduta su una poltrona di velluto nero con il gatto il braccio che la fissò con i suoi occhi magnetici. L'aveva sempre fissata, da quella sera in cui si erano incontrati, ogni volta, quello sguardo fisso, indagatore la penetrava e non l'abbandonava mai. Ambra provò a sostenere lo sguardo, rimanendo a fissare il maestoso felino per attimi interminabili, come se il tempo si fosse fermato e in quel momento ci fossero stati solo loro due, poi tutto crollò, come se lo spazio intorno a lei si fosse frantumato in mille schegge di vetro. Sbattè le palpebre cercando di ritornare in se, poi si rivolse alla donna dicendogli che il ragazzo era stato curato e messo a letto. La donna non proferì parola, ne si mosse di un millimetro. Ambra la osservò attentamente, erano passati anni, ma quella non era invecchiata di un giorno, era sempre la stessa, cupa ma altezzosa figura che le si era presentata quella sera. 

-Molto bene -disse dopo un tempo indefinibile- sai a cos'è destinato, sai come devi istruirlo e prepararlo, lo lascio nelle tue mani. Conosci perfettamente i nemici che dovrete affrontare, quindi non fallire, o ti aggiungerò alla mia collezione, e sai che non voglio.

Un falso sorriso materno si dipinse sul suo volto, mentre i suoi occhi rimanevano freddi e distaccati, distanti nel loro orgoglio antico ed imperturbato. Ambra abbasso solo un attimo lo sguardo, come per assentire e di avviò all'uscita. Il gatto saltò giù dalle braccia della padrona e raggiunse la ragazza, per poi superarla e fermarsi davanti a lei. La fissò dritta negli occhi e sembrò nuovamente che il tempo intorno a lei si fermasse, poi la raggiunse una voce, una voce dentro la sua mente, antica, profonda, saggia, la voce di un uomo, triste, malinconica, ma fiera.

-La gratitudine non è sinonimo di sottomissione, la realtà non è sinonimo di verità, non tutto ciò che è giusto è giusto, non tutto ciò che è sicuro è sicuro. Quando la verità dentro di te vacillerà, quando si spezzerà, allora rinascerai.

Tutti sparì in un attimo, come un respiro, con un battito d'ali, il gatto era nuovamente in braccio alla donna e sembrava che lei non avesse sentito nessuna voce.

Ambra uscì dalla stanza, chiudendosi al porta alle spalle. Era turbata, che voleva dire quella frase? Che era stato il gatto a parlare ne era certa, non poteva essere nessun altro, ma non riusciva a capire cosa volesse dire. Aprì una porta rossa ed entrò nella stanza. Aveva un arredamento spartano, un letto, un armadio, una scrivania con una sedia. L'unica cosa che sorprendeva era l'immenso specchio che ricopriva il muro, specchio situato di fronte ad una grande finestra. Era ormai sera, il cielo era nero e la luna brillava opaca, coperta da un filo di nubi come una vedova in lutto con il velo davanti al viso. La ragazza si cambiò rapidamente d'abito, indossando dei pantaloni ed un corpetto entrambi di pelle. Uscì poi avviandosi alla stanza dove stava Jean-Marie, questo era seduto sul letto ad osservare il cielo con un aria cupa. 

-Hai fame?- chiese lei.

-Diciamo che non ho appetito…

-Allora credo di poterti raccontare perché sei qui- iniziò lei.

-No! Non voglio sapere nulla! Voglio solo andarmene!- gridò lui, come riscosso da quelle parole.

-Andare dove? Sei solo, hai un lavoro misero e sei insoddisfatto della tua vita. Cosa vorresti fare, di grazia?- rispose lei ironica.

-Cosa ne sai tu della mia vita?!- gridò lui alzandosi e fissandola con uno sguardo infuocato -Con quale diritto mi avete letteralmente rapito e portato qui?!-

-Hai detto che non vuoi sapere nulla…- rispose lei.

Lui la guardo con odio, poi si alzò e si infilò i jeans -Mi serve una maglietta- disse freddo. Immediatamente gli arrivò addosso una t-shirt nera, lui se la infilò rapidamente e si diresse verso la porta. Lei gli si parò davanti -Ho l'ordine di non lasciarti andar via- 

-Non ne me può fregar di meno dei tuoi maledettissimi ordini! Lasciami andare! ORA!- disse lui sempre più irritato.

-Stammi almeno a sentire!- lo supplicò lei

Jean-Marie si guardò un po' intorno e rifletté, effettivamente era interessato a quello che la ragazza gli voleva dire. -Va bene, racconta…- disse infine, facendo illuminare per un secondo gli occhi di lei.

-Probabilmente non crederai ad una parola, ma ti assicuro che è tutto vero… Ci sono due mondi paralleli, questo da noi conosciuto, ed un altro, da alcuni definito il mondo dei sogni, data la presenza di diverse, strane, creature. Questi mondi solitamente non hanno contatto, se non nei sogni, ma nell'ultimo periodo molte di quelle creature si sono infiltrate nel nostro mondo divorando l'anima delle persone o comunque provocando danni. Non so perché è successo e perché fanno tutto questo, so che sono guidati da una specie di capo che però si trova nell'altro mondo. La donna che hai visto prima, lei sa tutto, ma non mi ha rivelato tutti i dettagli. Sta di fatto che tu sei l'unico in grado di aprire il portale verso l'altro mondo, mentre io sono l'unica capace di uccidere quegl'esseri, ma pensiamo che probabilmente ne sei in grado pure tu… Il punto è che ci servi per aprire il portale e uccidere il loro "re",  è in gioco l'intero pianeta…-

disse lei, guardandolo poi intensamente negl'occhi. 

-E io dovrei crederti?- chiese lui

-Ho detto che probabilmente non mi crederai… Ma le cose stanno così, se vuoi, puoi venire con me a vedere un "combattimento"- disse lei.

-Bah… Va bene… Pur di uscire- rispose lui pigramente.

Dopo 5 minuti erano fuori in strada, in un quartiere poco conosciuto ed abbastanza sinistro. Lo sguardo del ragazzo fu subito attratto da quelle unghie micidiali, nere, lunghe, sembravano assetate di sangue. Arrivarono in un parcheggio deserto, o almeno così sembrava. Una figura nera, avvolta in un mantello scuro con il cappuccio abbassato si stagliava contro la luce di un lampione. 

-Eccolo- sussurrò lei.

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Capitolo 5
*** Fumo nero ***


L'aria si distorse per un attimo, per poi creare una specie di buco nero sospeso a mezz'aria davanti ai suoi occhi attenti. Il nero poi si illuminò lasciando vedere un parcheggio scarsamente illuminato dove tre figure si tenevano a debita distanza l'una dall'altra. Una ragazza dai capelli rossi, con le mani sporche di sangue denso e quasi violaceo; un ragazzo sulla difensiva e una figura incappucciata, nera, senza ombra, senza riflessi, sembrava un'ombra lei stessa. La figura aveva un filo di fumo violaceo che gli usciva dal petto e si disperdeva nell'aria. L'essere che guardava dentro lo squarcio sorrise, tornando poi ad osservare la scena: la ragazza era partita nuovamente all'attacco. Spiccò un salto atterrando proprio davanti alla figura incappucciata e trapassandole il petto con il braccio. La mano sbucò dall'altra parte dell'essere, sporca di sangue rosso-violaceo, mentre l'incappucciato le afferrava l'altro braccio torcendolo orribilmente. Nessun grido ruppe però il silenzio quando il braccio scroccò, rotto. Il ragazzo guardava esterrefatto la scena, senza sapere cosa fare. Scattare per salvarla? Scappare? Non lo sapeva neppure lui. La figura che guardava lo squarcio sorrise nuovamente, facendo intravedere dei denti bianchissimi e due canini lunghi ed affilati. La ragazza sfilò il braccio dal corpo dell'essere allontanassi di qualche passo. Il suo sguardo era calmo e freddo, come se non fosse successo assolutamente nulla. Le unghie della mano ancora sana si allungarono a dismisura, nere, affilate come coltelli e la ragazza spiccò un altro balzo verso quell'ombra vivente e non curante del pericolo. Le unghie si conficcarono decise nella schiena di quest'ultimo facendo uscire altro sangue, ma nuovamente la figura, tranquillamente, afferrò il braccio di lei spezzandolo. Le unghie si spezzarono rimanendo conficcate nel corpo dell'ombra mentre la rossa si allontanava rapidamente. Per la prima volta l'ombra nera sembrava decidersi ad attaccare, svanì per un attimo nel nulla per poi riapparire alle spalle di lei, mettendole poi un braccio coperto dal mantello intorno al collo. Non sembrava stesse stringendo, non sembrava nemmeno stesse imprimendo la minima pressione, ma del sangue rosso inizio a colare lentamente sul corpetto di lei. Ma la rossa non poteva reagire avendo le braccia fuori uso. Il braccio intorno al collo di lei scivolò via come un'ombra mentre la ragazza cadeva a terra respirando a fatica. L'ombra nera si girò verso di lui, sembrava fissarlo, ma il ragazzo non intravedeva nessun volto sotto il cappuccio ben calato, sembrava quasi non ci fosse nulla, solo fumo nero. L'essere che assisteva al combattimento attraverso lo squarcio sorrise nuovamente facendo mostra dei denti e sussurrando -E ora che farai, Chiave?-. La figura nera allungò il braccio verso di lui facendo partire un lungo "laccio" di fumo nero-violaceo. Jean-Marie provò a scappare, ma era come se le gambe non gli rispondessero. Il fumo lo raggiunse entrando dritto nel suo petto. Era come una lama ghiacciata, che, lentamente, dal petto, estendeva il suo ghiaccio per tutto il corpo. 

-Su Chiave, reagisci- disse l'essere che guardava con un ghigno.

Jean-Marie cadde in ginocchio, mentre il freddo si impadroniva di lui, Ambra lo guardava con occhi di un misto tra il disperato e lo speranzoso. 

Quindi è questo il destino del mondo? Quindi sono questi gli esseri che ci vogliono uccidere? Quindi è questo il modo in cui rubano le anime, i sogni, le speranze? No… No… No! NO!

Il ragazzo di alzò di colpo: fiamme bianche lo circondavano, l'essere che osservava sorrise compiaciuto, gli occhi di Ambra si illuminarono mentre l'ombra incappucciata sparì di colpo.

-Bene, bene, ho giocato abbastanza, non voglio perdere un'altra mia creatura, ormai il sigillo è rotto, tutto sta andando secondo i piani- e lo squarcio si chiuse. 

-Sua Imminenza, dobbiamo preparare l'esercito?- chiese una voce in quell'oscurità accecante.

-No, non mi risulta aver dato l'ordine- rispose la voce appartenente all'essere che aveva osservato il combattimento.

Poi l'essere si incammino in quello che sembrava un lungo corridoio, non si riusciva a comprendere dove finissero le pareti, era tutto come avvolto da del denso fumo nero. Le sue scarpe ticchettavano fastidiosamente sul pavimento, mentre l'essere canticchiava, preso da qualche strana euforia. Entrò poi in una stanza, immensa, nera, ai lati c'erano varie ed immense statue nere di angeli con cappucci calati sul volto, ali aperte e mani appoggiate su else di spade conficcate nel terreno. Tra una statua e l'altra erano stati posizionati immensi candelabri scuri sui quali ardevano fiamme violacee. Dal lato opposto dell'entrata si innalzava un'immenso trono di tormalina nera, dal quale partivano lunghi raggi di quarzo nero, i quali, ad ogni movimento delle fiamme violacee, brillavano dei colori più strani. Dal soffitto pendeva un gigantesco candelabro talmente intricato da non riuscire a seguire l'andamento dei mille bracci i quali si intrecciavano tra di loro. L'essere si sedette sullo scranno scoccando poi le dita, l'ombra nera che aveva combattuto contro i ragazzi apparve davanti a lui, inchinandosi al suo cospetto.

-Hai fatto un ottimo lavoro e per questo verrai ricompensato- disse l'essere sullo scranno.

L'ombra sparì all'istante. La figura seduta aprì nuovamente lo squarcio, questa volta si vedevano i due ragazzi dentro un corridoio bianco…

-Ehi Ambra aspetta! Cos'era quello? Cosa mi è successo? Sicura che stai bene?! Ambra!!!- gridava Jean-Marie, con fare preoccupato, ma la ragazza non lo degnava di risposta, si limitava a proseguire per il corridoio finché non giunse di fronte alla porta della stanza del ragazzo, gli fece segno di entrare e proseguì verso la porta bruciata. La donna con la collana di smeraldo se ne stava, come sempre, seduta sulla sua poltrona con il gatto in braccio.

-Tutto è andato secondo i tuoi piani, il sigillo è rotto, ora la sua forza va solo allenata…- disse Ambra cercando di mantenere ferma la voce.

-Molto bene, mi dispiace che tu ti sia dovuta ridurre in questo stato per farlo risvegliare quando avresti potuto ucciderlo all'istante ed in più tu abbia perso un'anima. Devi essere affamata, è molto che non mangi anime- e detto questo, la donna le lanciò una boccetta piena di fumo rosso. Ambra la lasciò cadere a terra, avendo le braccia fuori uso. Il vetro si ruppe e lei  risucchiò il fumo, sembrò illuminarsi un attimo, mentre i suoi occhi si accendevano, si girò poi verso la donna fissandola per un attimo. Aprì le labbra per dire qualcosa cadendo poi a terra svenuta, per il dolore delle ferite e la stanchezza.

Lo squarcio si richiuse mentre l'essere sullo scranno scoppio in una sonora e sinistra risata.

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