Where silence has lease

di Ashbear
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***
Capitolo 3: *** Parte III ***
Capitolo 4: *** Parte IV ***



Capitolo 1
*** I ***


Disclaimer: Final Fantasy VIII e i suoi personaggi sono proprietà Square-Enix, e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro: nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

Premessa dell'autrice: una piccola parte è stata scritta di proposito secondo una scelta stilistica; vuole illustrare i pensieri annebbiati del personaggio. (Nota della traduttrice: nella storia originale ci sono svariate parole con la lettera minuscola anche dopo il punto fermo. Per questo motivo nella traduzione ho rispettato quella che ho considerato una precisa scelta dell'autrice, dato che ricorre spesso. La stessa cosa vale per i tempi verbali; anche nell'originale si passa dal presente al passato di botto, e credo sia una scelta anche questa. Ho comunque cercato di rispettare le regole italiane, dove mi era possibile.)

WHERE SILENCE HAS LEASE
scritta da Ashbear, tradotta da Alessia Heartilly
Parte I

Chiudi gli occhi.

Qual è il suono più terrificante che riesci a sentire? Qual è il suono più orribile che puoi immaginare?

Sono le preghiere non udite sul campo di battaglia - il guerriero spezzato che implora aiuto?

È il crepitio che senti quando lampeggia - il tuono roboante che scuote le fondamenta stesse di una persona?

O è il suono stridulo che si propaga da un monitor per il cuore - quella sensazione frantumante di disperazione mentre i medici incombono per salvare una vita?

Non è nessuna di queste cose.

Nemmeno simile.

È il suono del nulla. L'assenza. Il vuoto.

Non è il silenzio ciò che temiamo di più?

È quando il soldato smette di implorare; quando la tempesta diventa calma mortale, o quando il monitor tace - è solo quando sentiamo quello che ci spaventa di più.

È solo allora che arriviamo faccia a faccia con il più grande nemico: l'ignoto.

Purgatorio. Quei momenti tra la vita e la morte.

Quando incombe il silenzio. Quando vive la paura.

Ed è questo che sento adesso.

...Niente.

*~*~*~*~*

La cosa che ricordo di aver sentito per prima - il silenzio. Di solito mi è gradito, lo preferisco alla compagnia, ma questo sembra diverso. Ostile. freddo.

...Freddo?

All'improvviso capisco. Dopo il silenzio, è quello che sento dopo. Sono intorpidito. Gelato... no, un attimo. brucio? Non riesco a capire niente, nemmeno la temperatura che mi circonda; caldo e freddo sono diventati l'uno il sinonimo dell'altro.

Intorpidito, silenzioso, in uno stato perpetuo di confusione ubriaca - ecco cosa sento. pesantezza. Nulla sembra giusto, ma devo muovermi; devo fare qualcosa che non sia combattere contro me stesso nei pensieri.

Odio sentirmi... stanco. debole.

È incoerente, ma sta tornando. Ricordo di essermi sentito debole. déjà vu. È frammentato, ma ho avuto questi pensieri non molto tempo fa - erano minuti, ore... giorni? Mi sembra di ricordare questo desiderio quasi estraneo di cedere. Ma ho ricordato che c'era un motivo. Non lo farò; non posso. Il fallimento era un pensiero fuggevole - un effetto collaterale nato dal silenzio. Ma a prescindere da quanto fosse breve mi è passato per la mente. Mi sono permesso di lasciar entrare la debolezza; non posso perdonarlo.

Non sarò debole. fallimento.

Persino adesso è come se stia combattendo internamente per riprendere conoscenza; almeno, questo stato è quello che la mia mente accetta come conoscenza. Ma devo credere in me stesso, perché credo anche in lei. Lei è qui. Da qualche parte... vicino. Non moriremo così - così senza dignità, così poco adatto. Non lo permetterò e non lo farà nemmeno lei. Se questa è una fine - una fine che non riesco a ricordare adesso - saremo insieme, ci diremo le ultime parole...

No, combatteremo. vivremo.

Mentre cercavo di muovermi, volevo gridare, ma serviva forza; forza che non volevo sprecare in cose frivole come il mio dolore. Il dolore scatenava qualcosa - qualcosa che mi aiutava a concentrarmi di nuovo. Un po'. È abbastanza per notare che ho i capelli sporchi e appiccicosi, un misto di sangue e terra sangue; sangue e ancora sangue. È incrostato e secco, mi copre il viso come una seconda pelle. Mentre facevo una smorfia e i miei muscoli facciali si contraevano, sentito la sostanza secca rompersi, ma rimaneva ancora fermamente attaccata alla mia pelle.

Familiare. Questo sentimento è familiare. Ho seguito questa strada, molte volte. Non era la prima volta che combattevo. Combattere?

No. Una battaglia non sembra giusta.

...Eppure, il sapore metallico che ho in bocca non è d'accordo. Il sapore pungente è anche nauseante, così come il suo odore familiare; i miei sensi si stanno svegliando lentamente - per adesso. Ho la bocca secca, ma sono riuscito ad avere abbastanza saliva da pulirmi il sangue secco. Ho girato la testa, e ogni parte del mio corpo ha urlato d'agonia. Di nuovo, non darò al dolore il piacere di essere riconosciuto. Sputo, uno sforzo inutile, ma è un inizio.

Quella sensazione velata ritorna - spezzata e sconfitta - quando ho fatto del mio meglio per aprire gli occhi.

Vedo un vuoto. niente.

Non so cosa mi aspettassi, ma il silenzio e il buio vanno di pari passo; bellissimi e grotteschi. È spesso quello che desidero, ma adesso è quello di cui ho paura.

Anche nel buio, ho piegato la testa per guardare in basso.

Ho sentito lei.

Mentre guardavano ciò che non potevo vedere, gli occhi hanno iniziato a bruciarmi - era diverso. Non era familiare, era... diverso.

E poi ho ricordato. tutto.

I ricordi sono tornati a piombarmi addosso come hanno fatto le mura della caverna. Rinoa e io eravamo insieme, intrappolati tra le rovine e le rocce. Eravamo andati a pranzo a Balamb e poi io avevo voluto fermarmi... qui. Lei non voleva. Ricordo adesso; era mia responsabilità proteggerla, ma non ho ascoltato.

...Ascoltare?

Niente. Quanto tutto ha iniziato a rimettersi a posto è diventato anche più orripilante. Nel buio ho trovato solo silenzio. Non è durato tanto di più, dato che il mio respiro affaticato sembrava aumentare, era difficile respirare, non per le ossa rotte o ferite qualcos'altro. Gas. un esplosione.

Ho tossito; il gas mi bruciava i polmoni mentre inalavo, ma dovevo riprendere l'equilibrio. Mi ero allenato per questo - mi ero allenato per proteggerla. Rinoa e io eravamo diventati prigionieri condannati della caverna; il gas era un veleno che ci mangiava via lentamente la vita.

C'era una buona probabilità che questa lucidità fosse temporanea. Dovevo restare positivo, ma quando ho realizzato la realtà ho realizzato ancora quel flash di disperazione. Mi ero svegliato prima e avevo avuto questi stessi pensieri? Era un déjà vu, ma quanti cicli erano passati, se erano passati?

Non importava, perché avrei fatto qualsiasi cosa fosse in mio potere per rendere diversa questa volta. Sarebbe stata diversa; qualsiasi cosa succeda, lo affronteremo insieme. Ma dovevo svegliarla; devo pensare che sia ancora possibile. Essere ottimista non è una cosa che mi viene naturale. Non sono abbastanza ingenuo per credere che possa mai succedere, ma è diventato più semplice, ed è più di quanto noi due potessimo mai immaginare.

Sto cominciando a chiedermi se il gas inizia ad assottigliarsi, o se sono troppo andato per separare la fantasia dalla realtà. Mi sono svegliato dalla nebbia abbastanza per accorgermi che Rinoa è proprio qui. È stata appoggiata al mio fianco per tutto il tempo - e se questa è fantasia, potete tenervi la vostra dannata realtà. Ma mi ci è voluto davvero troppo tempo per accorgermi che era qui. Non importa se è buio pesto o mi sento da schifo, non avrei mai dovuto metterci così tanto. Non mi giustificherò; le scuse sono per i deboli.

L'unica consolazione al mio fallimento è che mi è vicina, ma per una volta averla vicina non basta. Voglio sentir battere il suo cuore. Voglio sentirla respirare. Voglio semplicemente sentire lei.

"Rin."

La mia voce è a malapena riconoscibile, persino per me. Può essere stata una combinazione di ciò che ci circonda e il fatto che avevo più terra in gola che sul fondo della caverna. Schiarendomi la gola, ho provato di nuovo.

"R-Rinoa."

Ho aspettato e aspettato prima di chiamarla più forte.

...Ed eccolo lì, il suono più spaventoso che si possa sentire - il niente.

Il silenzio era quasi assordante... mi ci è voluta tutta la volontà per non presumere il peggio. È più facile credere il male che sperare nel bene. Eppure, mentre respingo queste paure, inizio a sentirla a un livello più che semplicemente fisico. Il legame che condividiamo è debole, ma c'è. A malapena.

"Per favore..."

Quest'unica parola è stato tutto quello che sono riuscito a dire. Più piano, più disperato di qualsiasi altra cosa prima. Odiavo sentirmi impotente, ma la scelta non era mia. Con il torso ho fatto del mio meglio per scrollarla e svegliarla. Ero stato più brusco di quanto volessi, ma non potevo più mascherare la mia disperazione. Il dolore si è irradiato nel mio corpo, e ho boccheggiato involontariamente. Sapevo anche prima di muovere il braccio che me l'ero rotto... ed era solo l'inizio.

Le ossa si aggiusteranno, perdere lei no.

Forse mi ha sentito o forse stava solo reagendo all'essere toccata, ma ha finalmente iniziato a muoversi. Ha emesso un gemito, piano, e poi ha continuato a mettere insieme qualche sillaba criptica. Non so se dovevano essere parole, ma per me era la cosa più bella che avesse mai detto.

Lei era viva. Forse lo sapevo, ma non l'avrei accettato senza conferma.

"...Co?"

Ho creduto che avesse riacquistato conoscenza abbastanza da parlare, eppure la sua voce era roca. Di nuovo, era qualcosa che non sembrava da lei. Ironico, a volte desidero che parli di meno, ora desidero che parli di più. Ma lei poteva ancora parlare, era tutto quello che importava.

"Shhh, stai calma."

Il suo primo istinto è stato di muoversi, di solito lo è, ma non significa che il tuo corpo ne sia in grado. È come svegliarsi da un sonno molto profondo; il tuo cervello cerca di funzionare molto prima che il resto del tuo corpo possa farlo. I sensi ritornano - uno alla volta - le voci spesso sembrano stridule, e tutto intorno a te sembra vuoto. E nel buio, è molto peggio. Ho bisogno che lei sappia che non era sola; io c'ero. Non avevo idea di quanto fossero gravi le sue ferite, ma non potevo pensarci - non ancora.

"Squall?"

Sembrava disperata, e potevo sentire il suo corpo tendersi per la paura. Conoscevo quella sensazione, quella sensazione di riprendersi finalmente i sensi e aprire gli occhi solo per affrontare il buio... e il silenzio.

Non dimentichi mai del tutto quella sensazione di disperazione - la ricerca di ciò che è familiare. Volevo essere quel familiare.

"Rinoa, sono qui."

Non c'era nulla che volessi fare più di metterle un braccio intorno, consolarla, sussurrarle che sarebbe andato tutto bene. Non potevo fare la prima cosa per più di un motivo, ma potevo fare la seconda.

Anche se era una bugia, era una bugia che andava detta. "Sono qui. Andrà tutto bene. Promesso."

Altra ironia. Promesse e parole venivano dette con facilità, ma era difficile mantenerle. Una volta le avevo detto di 'stare vicino a me'. Forse se non fosse stata vicino a me non sarebbe stata lì adesso. Non mi perdonerò mai per questo. Dovrei essere io a proteggerla, ma è stata lei a rischiare la vita per proteggere me... Me ne ero dimenticato fino ad ora. Spero che lo dimentichi anche lei.

Il suo corpo si è rilassato, almeno sono stato in grado di offrirle un po' di conforto.

"...Io non... dove... Io?"

"Va tutto bene, devi restare calma. Ricordi dove siamo?

"...No. Sì. Frammenti? ...Forse?"

"Va tutto bene." Con il braccio sano, nel senso di quello che potrebbe essersi fratturato solo in una mezza dozzina di punti, mi sono allungato verso di lei. Ho chiuso gli occhi, e mi sono scoperti a stringerli forte per scaricare la tensione. Si sono riempiti di lacrime per il dolore mentre speravo che arrivasse tutto al culmine presto, ma riconoscerne l'esistenza gli avrebbe permesso di controllarli.

Non appena sono riuscito a toccarla con la mano, ho creduto che ne valesse la pena. Ma non appena le ho sfiorato lo stomaco con le dite, lei ha boccheggiato prima di emettere un grido gutturale. Non andava bene. Lo sapevo. L'ho provocato toccandola, e come se questo non mi ferisse abbastanza, lei ha iniziato a tossire, singhiozzi disperati che dicevano quello che avevo capito anche troppo bene.

"Qualcosa nell'aria, potrebbe rarefarsi." Ed è stato tutto quello che detto.

Per tutta l'angoscia che le ho causato, per il dolore causato dalla mia carezza; per aver terminato il pranzo prima e aver detto di prendere la dannata torta di zucca al Garden - perché pensavo che il dessert non fosse un uso produttivo del tempo. Ho dato priorità alla raccolta di materiali rispetto al passare tempo con lei, e l'unica scusa che potevo offrire era l'aria rarefatta.

Lei ha smesso di tossire, ma il suo respiro era ancora difficoltoso.

"...Grandioso," ha borbottato, anche se non ero sicuro del perché. Potevo intuire che sembrava esitante; non potevo vederla, ma c'era qualcosa dentro di me che poteva vederlo chiaro come la luce del sole.

"Squall... Non mi ricordo. Sono-" Non è riuscita a dire altro prima di iniziare a piangere.

Una parte di me era contenta che non ricordasse. Non volevo che sapesse la verità.

"Va tutto bene, è normale in queste circostanze."

"Normale," mi ha schernito lei tra singhiozzi silenziosi,. "Che cosa di noi è normale?"

O il gas non si stava rarefacendo o il mio corpo stava per chiudersi, per proteggersi dal dolore. Stava diventando il massimo che potevo fare per tenere gli occhi aperti - non che la visuale cambiasse. Non potevo chiuderli, e quando ho capito li ho aperti di botto.

"Siamo normali," ho detto, cercando di fare lo 'spensierato' al meglio delle mie capacità. "Sconfiggere una strega che comprime il tempo, salvare il mondo, fare una caraffa di caffè e finire il cruciverba di Timber Maniacs prima che sorga il sole... è una routine vecchia come il mondo. Anche se il fatto che tu sia sveglia prima che sorga il sole, o comunque intorno all'alba, è leggermente anormale."

"È una brutta cosa se cerchi di essere divertente."

"Mi offendi - ci provo."

Non faccio spesso dell'umorismo. Di solito mi usciva come brusco, e le mie risposte sarcastiche tendevano ad offendere la maggior parte delle persone, anche se io le ritenevo sicuramente così, ma Rinoa riusciva a leggerci attraverso. Sono le piccole cose a cui si pensa in momenti come questo.

È riuscita a fare una risatina - scordatevi le sillabe a caso di prima - questo era assolutamente il suono più bello che avessi mai sentito.

"Grazie," ha sussurrato. Di nuovo, non si è spiegata, ma ho capito.

Mi sono trovato a sospirare, dubitavo che avrebbe lasciato perdere di chiedermi perché fossimo qui, di sicuro io non l'avrei fatto.

"Rin, eravamo qui per cercare dei Kedakichu, ricordi che per il cambio di stagione a volte vanno nelle caverne... ricordi qualcosa... in parte?"

Onestamente speravo di no, ma dovevo chiederlo.

"No... beh, un poco."

"Dovevamo raccogliere delle Ragnatele che servivano a Quistis per una lezione. Mi sono offerto di prenderle."

"Il Comandante Squall Leonhart e il volontariato, straordinario."

"Difficilmente," l'ho schernita io. "A meno che il volontariato includa una Medusa sulle matricole giovani fino a quando hanno almeno tredici anni e non corrono senza sosta nei corridoi. Se è così, beh sì, iscrivimi."

"Sei davvero un cattivone."

Aveva ragione, ero un 'cattivone' perché in realtà avrei pietrificato le matricole fino ai sedici anni, mettendoci anche Zell e Irvine per buona misura, ma volevo essere generoso per lei.

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Capitolo 2
*** Parte II ***


WHERE SILENCE HAS LEASE
scritta da Ashbear, tradotta da Alessia Heartilly
Parte II

Mi sono trovato ad aggrapparmi ad ogni parola che riuscivamo a dire.

Il nostro chiacchiericcio forzato e inutile si era trasformato in una specie di poesia. Personale e intimo, qualcosa che il mondo non avrebbe mai condiviso. Desideravo sentirle dire ancora un'altra parola; ascoltare un'ultima storia. Un pensiero consolante. Perché con le parole veniva la speranza e quella in qualche modo spezzava il silenzio.

E quando si fermavano.

(e l'avrebbero fatto)

Quando il silenzio avrebbe preso il sopravvento...

(come un cancro)

Lei non era pronta. Nessuno di noi due lo era.

(qualcuno lo è?)

Una volta pensavo di... No. Questo era prima. Era cambiato.

(dopo di lei)

Quando abbiamo gli occhi fermi sulla nostra mortalità, le priorità e le prospettive cambiano - dubbi e rimpianti diventano soffocanti come un qualsiasi oggetto fisico. Il fatto di aver evitato la croce della sua domanda divenne il peso che mi schiacciava. La verità sarebbe venuta a galla (...a meno che) e il pensiero che Rinoa incolpasse se stessa era qualcosa con cui non potevo convivere... anche se 'convivere' era una definizione precisa.

Avrebbe pensato che era colpa sua; io sapevo che era colpa mia. Due opinioni entrambe vere - entrambe false.

Questo mi ha ricordato una teoria che il Professor Aki una volta spiegò a lezione. Mentre sto qui ad ascoltare Rinoa che lotta per respirare, mentre sento ogni osso rotto sotto la pelle... Mi rendo conto che per quelli che alla fine guideranno le ricerche - per quel breve istante - sembreremo insieme vivi e morti.

Un concetto che ho 'capito' seduto in classe, ma non ho mai compreso finché la vita non è diventata la mia insegnante. Aki non saprà mai che le sue parole sono state capite almeno da uno studente. Se solo questa nuova chiarezza non avesse avuto un prezzo tanto alto.

Rinoa ha fatto un suono simile allo squittio di un topo; ho abbassato gli occhi su di lei, stesa accanto a me, anche se era del tutto inutile. Mi sono accorto in fretta che non dovevo sentirla. Non penso nemmeno che lei si sia resa conta di star pensando ad alta voce, e i pochi frammenti che sono riuscito a capire - facevano male. Dico continuamente agli altri di non saltare alle conclusioni senza prove. Vorrei poter seguire i miei stessi consigli.

"Passare del tempo, no. Non me con me... pranzo, coraggio. Quistis... sempre. Balamb e qui? Come ha fatto... Come?"

Quando ha ripetuto l'ultima parola con quella disperazione, mi sono sentita male. Sapevo che non avrebbe mai lasciato perdere il 'come'. Come ho detto prima, io non potevo. Rinoa e io eravamo più simili di quanto importasse ammettere alla popolazione del Garden.

Loro dicevano determinati.

Eppure, loro dicevano che lei era testarda.

A nessuno fregava un cazzo che la qualità di fondo fosse la stessa. Una aveva una connotazione negativa e l'altra positiva. La prospettiva è dannatamente difficile.

Pensare alla prospettiva, (alla colpa. tutta mia) ho avuto bisogno di assicurarmi che lei capisse la verità.

La verità per come era, non per come la vedeva lei.

Facendo un respiro profondo, ho cominciato a parlare. "Rin-"

Non ho detto altro che non fosse una tosse profonda e roca. Proprio da me inalare prontamente quella merda. Mi sono irrigidito, mentre il mio corpo ha iniziato ad avere gli spasmi. È stato come un coltello a serramanico che si scavava lentamente la strada in tutto il mio corpo. Tra l'ondata di nausea e le costole rotte che usavano i polmoni come cuscinetto, facevo di tutto per mantenermi vigile. Il mio corpo urlava per chiudersi, solo per un attimo.

Lotta. La mia mentre gridava lotta (non per me.)

Rinoa dipendeva da me quanto io dipendevo da lei - un altro pensiero consolante. Comunque, ero qui. Lei non era sola. sarebbe stato così semplice chiudere gli occhi e riposare... solo per. un momento. un singolo momento. una fuga temporanea. il dolore.

"...Squall!" ha tossito lei.

Ho aperto gli occhi, non pensavo di aver dormito, ma la paura nella sua voce diceva il contrario, a quanto pareva. Il tempo non era più relativo, e la sanità mentale era una cosa che andava messa in discussione.

"Sto bene." Le parole sono state brusche. Ero arrabbiato con la debolezza (il mio fallimento.)

"Perché non riusciamo a ricordare?"

Questo ha confermato quello che sapevo: lei ha creduto che i miei ricordi fossero confusi come i suoi. Lo erano stati. All'inizio. Non le ho detto una cosa diversa.

"Squall, tu..." Ha esitato. Sapevo che lei avrebbe capito. "...ricordi?"

Era un'accusa travestita da domanda.

Stavolta il silenzio ha detto un'altra cosa.

La mia colpa.

"...Oh."

Volevo scusarmi, (non mi dispiaceva), volevo abbracciarla, volevo allungarmi verso di lei, baciarla sulle labbra. Fare qualsiasi cosa per non farle affrontare questo; volevo darle piacere, ma tutto quello che le davo era dolore.

Il suo silenzio momentaneo diceva quello che lei non riusciva a dire. Era ferita, non arrabbiata.

Il suo dolore è diventato il catalizzatore per sbloccare la verità.

"Siamo usciti dalla strada... sulla piana. Nord. Siamo andati a nord. Sembra... giusto."

Ad ogni ricordo che tornava in superficie, il mio stomaco si rivoltava. Non ci sarebbe voluto molto; le immagini sarebbero diventate più lucide, mentre le si schiariva la mente. Per essere uno che aborriva la debolezza, diamine, ne ero la personificazione. Non mi ero mai sentito così codardo in tutta la mia vita.

Dovevo essere io a dirglielo, io-

Lei si è tirata su a sedere. Il dolore deve essere stato travolgente. Il grido da far agghiacciare il sangue ha tagliato il silenzio, tagliando anche me.

"...Dio, il soffitto, cadeva... Ovunque!"

Conoscevo il terrore della sua voce; era la stessa sensazione che provavo cercando di raggiungerla mentre veniva giù tutto. Disperati gemiti tra le grida che non finivano mai, mentre lottava contro l'assalto dei ricordi.

E io... io rivivevo ogni momento con lei. Un torrente di parole spezzate, ansiti, e grida piene di panico echeggiavano nella grotta. Era una colonna sonora per la morte e la disperazione e il (mio) fallimento.

"Fira i-io..." Ha tossito - un suono più gutturale di qualsiasi altra cosa io abbia mai sentito. Sembrava... inumano.

Scomparsa. Se ne era andata.

Rinoa è riuscita a ritrarsi. Mi sono sentito nudo. Esposto. Il dolore era molto peggio di qualsiasi cosa il mio corpo mi gettasse. Non mi interessava morire provandoci; lei non avrebbe incolpato se stessa.

Mi sono mosso. Non avrei dovuto.

"Rin... colpa mia."

Alla ricerca nel buio; nel nulla. Ero impotente, spezzato. debole. I miei movimenti erano limitati. Il mio tempo era limitato. Ma non avrei permesso che noi finissimo così.

"Non dare colpe... per favore."

Ecco cosa stavo dicendo, ma tutto quello che sapevo era che avevo bisogno di lei. Era spaventoso da morire, ma avevo bisogno di lei. Era... era...

...Una commedia romantica dipinta nell'inferno.

Tossire, strozzarsi, toccare le rovine - con le mani sanguinolente e piene di lividi - per trovarla. Lei non si è spostata di tanto. Non poteva farlo. Abbastanza da essere fuori dalla mia portata.

O erano le rovine o erano le mie ossa, ma mentre trovavo un modo per spostarmi sentivo un torrente costante di scatti e scricchiolii. Sapevo che non poteva essere tutto da parte mia, ma mentre il dolore mi faceva venire le lacrime agli occhi, sapevo che in parte lo era. L'ho trovata caduta di fianco. Sono caduto con lei, fregandomene delle ripercussioni.

"Non lascio... te."

Parlavo con voce roca, sentendola di nuovo accanto a me. Questo era ufficialmente il peggior nascondino della storia.

"...Dovresti."

Non lo intendeva davvero. Rinoa si stava prendendo tutta la colpa. Ho alzato il braccio per appoggiarlo su quello che pensavo fosse il suo fianco. Per un breve momento, ho sentito mentalmente la dottoressa Kadowaki che mi gridava che stavo facendo proprio tutto sbagliato. Era così. Ma era l'unico modo di fare tutto giusto.

"Io... ti ho ucciso." L'ho sentita tremare sotto la mia mano. Volevo sottolineare che non ero morto, ma lei non intendeva questo. Una discussione sulla semantica non era quello che ci serviva, e stando alla teoria di prima, potevo essere considerato come tutte e due le cose.

"I-io," ha continuato a ripetere lei tra i colpi di tosse. Diceva cose senza senso - era per lo shock o peggio? Non avevo idea di cosa potesse fare a lungo termine l'inalare questo gas, o cosa avesse già fatto.

Lei si è sporta in avanti, ritraendosi. Temevo che avrebbe cercato di muoversi di nuovo. Io non potevo. Era una rivelazione disperata - così avrebbero molto probabilmente scoperto il mio corpo. Non avevo mai pensato alla posizione in cui sarei morto (qualcuno lo fa?). Ora lo so. Se lei se ne fosse andata, io sarei stato anche solo. un dannato fallimento patetico. Non meritavo di guidare nessuno, di proteggere nessuno. Di certo non meritavo di essere un cavaliere. Ero stato io a ucciderla.

Meritavo questa morte poco dignitosa (e oltre).

Ma lei non se ne era andata.

Si era solo ritratta. Il suo corpo espulse ciò che conteneva, perdendo qualsiasi traccia fosse rimasta del pranzo. Le grida di dolore. Le avrei dato tutta la mia forza, ma sarebbe stata un'offerta flebile a dir poco. Il tempo era scollegato. Sembrava che lei soffrisse da sempre, ma non era così. Tutto quello che poteva fare era starmene lì mentre lei vomitava bile finché non rimaneva più nulla. debole. flebile.

Lei è tornata da me; una consolazione che non meritavo. Lei si è accorta della stessa cosa - la colpa è inutile. Era la nostra fine, ma non eravamo soli. Eravamo entrambi per terra nella caverna, sporchi, sudati e senza fiato. A boccheggiare per aria che, di nuovo, non si riusciva a trovare.

Eravamo insieme.

Divertente, con un altro sfondo, se qualcuno ci avesse visto di sfuggita, sarebbe potuto sembrare che fossimo esausti per del sesso appassionato, a parte i vestiti e le ferite fatali. Avevo un umorismo che spuntava in momenti strani; tutto lì. Eccoci, entrambi salvatori del mondo - il grande Comandante del Garden di Balamb e la Strega che poteva 'distruggere il mondo in un solo gesto'. Quelle persone non si sarebbero trovate qui.

Quelle persone non esistono, noi sì - Rinoa e Squall.

Come una stella cadente, un pensiero fuggevole è passato nel buio - uno più spaventoso di tutti gli altri venuti prima. Volevo che morissimo. Veloce, insieme, senza dolore o colpa - i nostri corpi nascosti sotto la terra. Mi chiedo se i nostri spiriti avrebbero trovato pace nel silenzio, piuttosto che nella paura.

In quel secondo, ho desiderato che fossimo morti.

"Meritavi di meglio... meglio di questo, meglio di me."

E molto semplicemente, la sua voce mi ha ferito. Avevo appena desiderato che lei fosse morta - che fossimo morti. Avevo rinunciato. Era di nuovo quel senso di déjà vu. Il dare, il prendere, la paura, la disperazione e il ritrovamento poi della speranza.

Mi vergognavo di chi ero, di questo mostro che ero diventato. No. Io non meritavo lei. Non c'era di meglio per me. Ma lei sì. Un ragazzo che dava più di quanto potessi fare io o dire quello che lei meritava di sentire.

"Non dire così," ho detto troppo velocemente, con il risultato di tossire letteralmente le parole. Lei è paziente, mentre di nuovo riesco a calmarmi. Posso sentire il tremore costante del suo corpo; temo che sia il gas che le entra nel sangue. Non è bello, lo so.

Non fallirò con Rinoa; non fallirò con me stesso. Di nuovo trovo chiarezza mentre mi assegno l'ultima missione di questa vita - convincerla:

non è colpa sua. (è mia)

Lei ha significato tutto per me in questi ultimi anni. (più di quanto possano dire le parole)

E che la a...

Deve sapere le cose. Tutto qui. (dannato scemo patetico)

Ho cercato di risistemare attentamente il braccio, appoggiandoglielo sul fianco - sembrava una scelta migliore che la sua pancia. Ho il polso come una bambola di pezza, e ho notato di avere il braccio intorpidito - non so dire quando è successo - i nervi che non lavoravano più sono stati rimpiazzati da un torpore doloroso. Mi sono convinto che non importa, perché la mia mente riesce a ricordare la sensazione che mi dà lei. Il modo in cui le mie dita callose scendevano sulla sua pelle morbida. Lo ricorderò tutto. Adesso è quello che mi spinge avanti.

"Rinoa... non sei tu. Tu sei il motivo per cui siamo vivi."

Non era quello che volevo dire. Per nulla. Eppure, eccolo, è quello che ho detto.

"Mi hai avvisato del gas e io... merito tutt-"

"Basta!" Di nuovo, le parole mi escono brusche, ma quella è una strada che lei non seguirà. "Ci hai salvati."

Lei lo aveva fatto. Onestamente, non so nemmeno com'è possibile che siamo ancora vivi; come sia riuscita a usare una Protect dopo essere stata colpita da un grosso pezzo di soffitto della caverna. La sua magia è stata debole, praticamente prosciugandola, ma è stato quel sacrificio a darci tempo. Il pensiero mi provoca una fitta - un secondo fa desideravo che finisse tutto presto, ma Rinoa ha fatto tutto quello che era in suo potere (e anche di più) perché potessimo passare questi ultimi minuti insieme.

Mi rifiuto di dire che questo tempo è per dirci addio. Quando ho alzato il gunblade alla Dimora della Strega, ho preso una decisione cosciente di cancellare quella parola dal mio vocabolario. Ho lasciato gli addii ad Esthar non appena lei è caduta tra le mie braccia.

...A volte questo rende un po' difficile terminare le conversazioni al telefono, ma riagganciare funziona altrettanto bene. E quando si parla con qualche politico pallone gonfiato, è molto più soddisfacente.

Rimane la questione: non dirò mai addio.

Ma qui è dove si scontrano determinazione e testardaggine. Io volevo provare accanitamente una cosa; lei voleva provarne accanitamente un'altra.

"Fira? Quello non è salvare. Quello è uccidere. Dovresti stare con una tua pari. Una SeeD, non... una dilettante. Una bambina."

Sapevo che si trattava anche di questo. La mia battutina su di lei come una 'dilettante' è qualcosa che desidero essermi tenuto per me.

Ma non l'ho fatto.

Desidero anche di non averlo pensato davvero.

Ma l'ho fatto.

Eravamo persone diverse, allora, in circostanze diverse. Non nego chi eravamo allora, perché questo negherebbe chi siamo adesso.

"Rinoa, è stato quattro anni fa. Abbiamo avuto entrambi una vita di esperienza, da allora." Ho scoperto che parlare lentamente aiuta; forse era anche meglio stare vicino al pavimento della caverna. "Non sei una dannata bambina. Sei la donna più forte che conosco. La persona più forte che conosco."

Lo era.

La società è attaccata agli ideali, e quella forza è definita da un qualche modello. Non mentivo. Rinoa Heartilly è la persona più forte che conosco; mi fa desiderare di essere una persona migliore. Non un SeeD migliore - una persona migliore. Nessuno che io abbia mai conosciuto aveva così tanto potere. Rinoa non mi chiede mai niente - e lì sta la bellezza. Questo desiderio nasce da qualcosa di sconosciuto dentro; qualcosa che lei ha visto in me che io non sono mai riuscito a vedere.

Lei non mi ha risposto, però, anche se il suo pianto soffocato sembra aver smesso. Mi odiavo, mentre la mia mente saltava allo scenario peggiore. Finché ho sentito un sospiro, ma di sconfitta.

"Le persone forti non uccidono quelle che amano. Solo i dilettanti usano una Fira quando l'aria è piena di gas... soprattutto dopo essere stati avvertiti di non farlo."

"Basta. Smettila e basta." Mi esce come un ringhio basso e tonante. Sapevo come sembrava, ma la rabbia era diretta dritta contro me stesso. Come ho detto, affrontare la propria mortalità mette le cose in prospettiva - soprattutto la propria stupidità.

"Insisti così tanto a dare colpe? Bene, ti seguo. È colpa mia. I fidanzati non accorciano il pranzo, soprattutto per prendere provviste per persone perfettamente capaci di farlo da sole. I Comandanti non diventano noncuranti in missione; la noncuranza fa nascere errori. I Cavalieri dovrebbero proteggere, guidare - l'unico posto in cui ti ho guidata è alla morte. Io sono stato troppo dannatamente negligente, tu non avevi nemmeno un'arma. Ovviamente avresti usato la magia per difenderti."

Per la prima volta, le lacrime nei miei occhi non erano il risultato del dolore. Penso che dirlo ad alta voce abbia dimostrato ogni cosa - a me. In quel momento, ho saputo per certo che Rinoa era quella che meritava di meglio. Sapevo del gas, ma sembrava uno spreco di risorse venire fin qui per niente. Niente. Diamine, non le ho nemmeno permesso di scalare la roccia per prendere alcune pietre magiche sul bordo di un nido di Kedachiku. Quando è tornato, lei stava guardando me, e io le davo la schiena. Spaventata, ha fatto la cosa cosa che le è venuta naturale - quello che le avevo insegnato come Cavaliere.

L'elemento più basilare: fuoco.

Fuoco e Ghiaccio. Le prime due magie che imparano le matricole. Complementari. Intense. Bellissime. Mortali. Le più facili da imparare, le più impossibili da padroneggiare. Rinoa non usava Paramagia, la sua le veniva da dentro. In quel momento di sorpresa, ha seguito il sentiero che avevo cominciato con lei anni fa. Una Fira di grado basso è stato tutto quello che ci voleva. Come abbia avuto la forza di sostenere la Protect dopo sfida qualsiasi logica.

Lo dico di nuovo - io ho condannato entrambi; lei ci ha fatto guadagnare tempo.

"Sono arrabbiato con me stesso, Rinoa. Ho fallito ad ogni livello concepibile. Sono io il bambino che ha paura di condividere i giocattoli, perché mi sembra che nessun altro giochi correttamente. Sono io il dilettante. Ho paura di fidarmi di Quistis. Ho paura di fidarmi di te. Troppo avventato per vedere la mia incompetenza. Non sono un Comandante. Diamine, non sono nemmeno un SeeD. Dovrei essere degradato e cacciato dal Garden per pura ignoranza. Se vuoi dare la colpa a qualcuno, di certo non devi darla a te. Ma non ha più importanza. Vorrei che ce l'avesse, ma la colpa non significa più un cazzo. Questo è tutto e non voglio passare gli ultimi minuti della nostra vita a litigare."

Ma. Che. Diavolo.

Mi è scappata prima che ne fossi anche solo cosciente; avrei voluto poter dar la colpa al disorientamento dovuto al gas, ma non potevo. Avevo dannatamente ragione; non meritavo nemmeno di essere un fidanzato, un Cavaliere, un Comandante, o, a quel punto, un essere umano. Non importava cosa stesi pensato, fuggevole o no, dovevo essere la sua forza. Non avrei dovuto dirglielo.

"...Non ce la faremo."

C'era una tranquillità nelle sue parole, quasi come se in qualche modo stesse per accettare quello che ancora non volevamo credere. Forse perché ero io il cretino a dirlo e lei si fidava di me.

"Non farlo." Ho chiuso di nuovo gli occhi, rimproverandola dolcemente per avermi dato quella fiducia.

Sapevo che non avrei dovuto chiuderli, conoscevo le conseguenze, ma ero stanco di tutte le battaglie - con nemici, con il Garden, con Rinoa e con me stesso. Era costante, ma era quello di cui avevo bisogno. Io fiorivo in quel tipo di caos.

"Il nemico peggiore da combattere è quello che giace in silenzio dentro di te."

Me l'aveva detto proprio Seifer, tra tutti, circa un anno dopo aver sconfitto Artemisia. Ho fatto l'indifferente, allora, ma capivo i demoni - ora più che mai. Li abbiamo tutti nascosti dentro - alcuni li affrontiamo, altri non li affronteremo mai. Di nuovo, qualcuno non saprà mai che le sue parole mi sono rimaste impresse.

Forse me lo meritavo, ma sarebbe stata Rinoa a pagare per la mia arroganza. L'ultima cosa che volevo era che lei pensasse così - come me.

La questione era semplice: finché eravamo vivi, c'era ancora speranza. Rinoa me lo aveva mostrato.

*****
Nota della traduttrice: sì, lo so: i tempi verbali fanno schifo. In realtà credo che questi rientri in una scelta dell'autrice, che voleva mostrare i pensieri sconnessi di una mente annebbiata dal gas e dal dolore. Ho cercato di rispettare il più possibile sia i passaggi dell'autrice dal passato al presente, sia le regole italiane. Non so se ci sono riuscita. Ad ogni modo, i bruschi passaggi di tempi verbali si ritrovano anche in inglese, dove a volte si passa dal past simple al presente al futuro.
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Capitolo 3
*** Parte III ***


WHERE SILENCE HAS LEASE
scritta da Ashbear, tradotta da Alessia Heartilly
Parte III
.

"Non farlo."

Lei non ha parlato, dando ascolto al mio avvertimento. Non intendevo che lei non parlasse, ma da quando ho cercato di fermare l'inevitabile correre in cerchio sulla colpa (la mia colpa), non ho incontrato altro che silenzio.

Volevo sentirla parlare.

Avevo bisogno di sentirla parlare; avevo solo bisogno di lei.

Ma dirle quanto?

Quelle erano parole ancora fuori dalla mia portata. Mi sono ingannato credendo che avrei avuto la forza di dirle prima che fosse troppo tardi - proprio come mi sono ingannato a credere che avessimo ancora una possibilità. Il mio sbottare era stato istintivo, perché odiavo sentirla parlare così.

Rinoa Heartilly sembrava pessimista e logora; sembrava sfiduciata e dura; era perché sembrava fredda - come me.

Questo mi spaventava a morte. Sono sbottato.

Lei stava solo ripetendo quello che aveva sentito (da un dannato cretino) e scendeva a patti con la realtà. Mi sono rifiutato di permetterle di aggrapparsi al mio punto di vista cinico nei suoi ultimi minuti (ore?) di vita. Sono stato educato a pensarla così - a far domande, a razionalizzare, e a riaffermare sempre. Qualità che mi hanno reso un SeeD e Comandante eccellente, ma orrendo in praticamente tutto il resto.

La cosa stupefacente era che anche lei era stata educata a una vita simile, (eppure diversa) ma aveva trovato un modo di scappare, di sfuggire per essere una persona migliore. Invece di restare un facoltoso membro dell'alta società, aveva lasciato tutto che quello che conosceva per aiutare gli altri.

Lo dico di nuovo: lei è la persona più dannatamente forte che conosco.

Il silenzio (il suo silenzio) forse era durato un minuto, il problema era che sessanta secondi erano una vita per noi - due vite che temevo di perdere.

Quante altre possibilità mi sarebbero state date? Non molte.

A volte, i miei pensieri erano chiari e altre non riuscivo a dire il mio nome. Tutto quello che potevo dire era che iniziavo a sentirmi un'altra persona. Un mero ospite in questo guscio, che condivideva lo spazio fisico, ma non i pensieri... Sapevo di avere il braccio ancora sul suo fianco, ma non sentivo più il contatto tra i nostri corpi. La sentivo ancora attraverso i ricordi, ma ero troppo egoista per condividere quei ricordi con il mio doppio.

Alla fine volevo che fossero i miei ultimi pensieri. Piccoli dettagli. Cose che il mondo non avrebbe mai saputo - la morbidezza della sua pelle dopo una doccia, il sapore del burrocacao alla menta in inverno, e il calore che irradiava dal suo corpo sotto al mio.

Ho chiuso gli occhi mentre cercavo di immaginare tutto di lei. Volevo ricordare tutto fino alla fine. Mi sono sempre chiesto se i nostri pensieri coscienti sono davvero gli ultimi a scomparire. Speravo di sì. Un'altra teoria che avrei provato presto.

Nel buio non c'erano suoni, a parte il nostro respiro.

E poi l'ho sentito. Il suono più forte di tutti.

Paura.

Quanto vicino, quanto lontano?

La distanza era una delle molte variabili matematiche che ora decidevano la nostra sopravvivenza.

Un crack raggelante che emanava da qualche parte (vicino o lontano). Mentre la stringevo ci siamo aggrappati ai nostri ricordi e, nel silenzio, abbiamo aspettato.

Aspettato.

Non ho mai affrontato un momento di terrore così puro. Niente battaglie. Niente nemici. Le possibilità di sopravvivenza non dipendevano dalle mie abilità. Ero impotente (silenzio assordante.)

Alla fine, sembrava una slavina, mentre pezzi di terra piovevano giù. Mi aspettavo quasi che lei gridasse; io volevo quasi gridare, ma di nuovo, sarebbe stata energia sprecata. L'assalto non era durato molto, ma in prospettiva era anche durato un'eternità.

E quando l'ultimo sassolino ha smesso di cadere - all'inizio - il silenzio era bellissimo.

La frana è stata un promemoria crudele della nostra realtà; come se non ce fossero già abbastanza.

"...Nessuno sa esattamente dove siamo, vero?"

Non so cosa mi aspettavo di sentirle dire, ma non era quella domanda (retorica). Scrollandomi di dosso quel pensiero, mi sono accorto che non importava cosa sentivo, l'unica cosa che importava era che la sentivo di nuovo. Molto semplice.

Disperatamente, desideravo che lei potesse sentirmi, ma perché qualcuno possa sentire un altro deve parlare. Io non potevo. Mi mancava la capacità di dirle i sentimenti che avevo troppa paura di pensare. Lei lo sapeva. (Spero)

Invece scelgo la via codarda - rispondere alla sua domanda.

"No... non proprio."

"Va bene... grazie per non avermi mentito."

"Meriti la verità... a prescindere da tutto."

"Evviva." Lo ha detto come una risata sarcastica. Allora io ho grugnito una risposta. Non aveva senso, ma trovavamo entrambi dell'umorismo nella nostra situazione. Il momento è finito con la stessa velocità con cui è cominciato. Stavamo lentamente peggiorando, ma dovevamo entrambi andare avanti. Dopo lo scambio di prima, sentivo di doverle di essere quello ottimista. Continuavo a pensare a quella scintilla di speranza.

"Ho mandato un messaggio a Quistis, per dirle che le avrei dato le provviste domani prima delle lezioni. Siamo solo a circa cinque chilometri a nord-est da dove abbiamo parcheggiato. Ci troveranno."

...Prima o poi.

Quando si accorgeranno che siamo scomparsi.

Domani. Quando lei entra a lezione... dopo pranzo.

Ci troveranno... o almeno, i nostri corpi.

Ma insieme. Saremo insieme. Insieme...

Trovavo impossibile cercare di fare l'ottimista; piegare il tessuto dello spazio e del tempo era un concetto molto meno estraneo, per me. Un altro lavoro. Un altro fallimento.

"Ok." Il suono della sua voce mi raggiunge a malapena. "...le hai mandato un messaggio?"

Non ero sicuro di dove stesse andando a parare, il mio cellulare era in macchina; ne avevo persi tre per incidenti sul lavoro solo in questo quadrimestre, e Cid si stava stancando di sostituirli. Ironico, il telefono stavolta sopravvive.

"Sì, ma è in macchina. Sarebbe inutile attraverso le rocce."

"Lo so." Potevo sentirla sorridere. "Sono solo meravigliata che tu abbia mandato un messaggio a qualcuno, di proposito, signor Anti-Tecnologia."

Mi conosceva. Il suo sorriso era come un virus, invisibile ma continuo. "Chissenefrega. Continuavo a sentir la gente che si lamentava di come sia una forma impersonale di comunicazione. Me l'hanno venduta. Mi hanno incastrato a impersonale."

Le è scappata una risatina. Dio, non saprà mai quanto è stata bella. "...Squall, non credo che sia il gancio che cercavano. Almeno forse non ucciderai altri telefoni."

"Autodifesa," ho ribattuto.

Di nuovo lei ha riso - stavolta seguita da un colpo di tosse secca. Conoscevo quel dolore; eppure in qualche modo lei si è ricomposta.

"Squall?"

"Hmm?"

"Penso... penso che con l'ultima frana-"

"Lo so."

L'ho interrotta; non potevo sopportare di sentire il resto. Sapevo che qualsiasi cosa ci fosse nell'aria stava peggiorando; qualcosa aveva fatto spostare la terra e respirare diventava sempre più difficile. In poco tempo, parlare lentamente e stare a terra non avrebbe fatto un cazzo di differenza.

Credo che quello sia stato il momento in cui ci siamo rassegnati entrambi, accettando il nostro destino con l'ultimo barlume di dignità e grazia. Almeno quando avrebbero scoperto i nostri corpi saremmo stati vicini, con il mio braccio, protettivo, intorno a lei - sempre che non fossimo schiacciati dalle rocce e identificare i nostri resti fosse compito degli strumenti scientifici - era un pensiero aggressivo, ma era una dura verità.

Facevo schifo con l'ottimismo.

Comunque la gente non vuole la verità. Quelli a cui importa si concentreranno su di noi insieme, sorvolando sui dettagli orrendi. Renderanno romantico il nostro inferno e crederanno che abbiamo trovato una pace finale. Qualcuno vorrà sempre credere al meglio nella morte, anche nel peggio. Questo solo per portare un qualche falso conforto ai vivi; ai morti ha smesso di importare molto prima.

... Forse potevamo ancora trovare pace.

"Ah, io, ehm..." Lei sembrava terrorizzata all'idea di chiedermi qualcosa, e per una volta io avevo paura di sentirlo.

E se stesse cercando una qualche dichiarazione finale di sentimenti che non potevo darle? (codardo)

Sapevo che a lei importava ancora molto. Anche a me. (parole troppo terra terra per dire quanto)

"Squall, farebbe male... voglio dire, posso...?"

Anche sul punto di spezzarsi, mi impressionava quanto lei riuscisse a darsi un contegno; io di certo stavo per perdere la testa.

"È possibile anche solo che io...? So che farà male, ma voglio coricarmi. Voglio dire, ancora una volta."

La sua barriera si è spezzata, ma non potevo biasimarla. Erano lacrime dolci, non isteriche, solo accettazione... e rimpianto.

"Farebbe troppo male se appoggiassi la testa sul tuo petto... un'ultima volta."

Un'ultima volta. Questo mi perseguitava, ma non potevo indugiarci.

"Va bene." Più che bene. Avrei pagato volentieri ogni prezzo fisico solo per darle questi momenti di felicità.

Lei non poteva vedere le mie lacrime, ma c'erano. Si mescolavano allo sporco, scavandosi un sentiero sulle mie guance. Piangere non dipendeva dalla mia debolezza; era la manifestazione del permettermi questa felicità... e accettarla.

Sfidando le regole praticamente di qualsiasi cosa conoscessi, usando ogni grammo di volontà, lei è riuscita a tirarsi su a sedere. Prima, quando si è ritratta, era seduta e si è coricata - la gravità era stata sua alleata, allora. Ora era un nemico.

Ho ascoltato tutto; il mio udito in qualche modo è diventato più acuto da quando ho ripreso conoscenza. I suoni dipingevano l'immagine nella mia mente - da come il suo corpo si trascinava sullo sporco del pavimento ai suoi grugniti poco da signorina. Ne sarebbe stata imbarazzata, ma io non lo ero. Ogni minuscolo movimento diventava la sua lotta privata, eppure sentivo una fitta di speranza per lei - forse non era ferita quanto me.

Non ho potuto evitare di tornare all'inizio di questo incubo. Avrei preferito non sprecare nemmeno un pensiero su quei ricordi, ma contro la mia volontà tornavano lentamente. L'esplosione era stata brillante, ma altrettanto breve. Un'onda accecante si era spinta all'esterno, divorando tutto sul suo cammino.

(Odio questi ricordi più di quanto abbia odiato qualcosa nella mia vita.)

Io ero di schiena, (come un vero codardo), ma questo mi ha salvato la vista. Voltandomi ho visto qualcosa liberarsi dal soffitto e colpirla sulla testa. È bastato a buttarla a terra; sembrava una grandinata, mentre rocce di tutte le dimensioni continuavano a colpirla. Non ero nemmeno sicuro se lei fosse viva o se fosse... beh, se fosse.

(...non viva)

Da lì, sono saltato giù dal ripiano e ho fatto del mio dannato meglio anche solo per arrivare a lei. Il viaggio più lungo che io abbia mai affrontato è stato fatto nel giro di quei pochi secondi. Ricordavo vagamente di aver mollato gunblade e torcia... e quelle dannate Ragnatele sarebbero costate la vita a Rinoa. L'ho coperta con il mio corpo, prendendo quello che speravo fosse l'impatto di forza; era semplicemente diventato troppo, il dolore troppo intenso. L'ultima cosa che ricordavo era la fine della frana - la vampa debole, azzurra e iridescente della Protect. - e poi - niente.

Silenzio.

Dopo sono arrivati gli scoppi di realtà, che fluttuavano avanti e indietro prima di svegliarmi in questo incubo. Quello che non so ricostruire, perché i ricordi ancora mi sfuggono, è come sono passato dal proteggerla all'arrivare alla fine a sedermi contro il muro con lei al mio fianco.

Immagino che quei ricordi vuoti non facciano differenza; sono questi momenti a fare la differenza.

Era il fatto che, nonostante tutto, Rinoa trovava umorismo in questa situazione mentre cercava ancora di muoversi.

"Dio, ho la grazia di un Behemoth e Raijin che ballano sulle punte."

"Allora siamo una bella coppia. Io sono eloquente come Fujin che recita poesia classica."

Lei ha riso di nuovo e ho potuto sentire che nella risata c'era del dolore; era diventata il suo sfogo emotivo.

Alla fine è riuscita a spostarsi. Il 'come' ancora non lo capivo. Sapevo già che mi avrebbe fatto male. Mi sono preparato, ma non volevo darlo a vedere.

Lei lo sapeva. E io sapevo che lei sapeva.

"Sei sicuro?"

No. "Sì."

Sembrava che stesse sospesa su di me, o così credevo. Volevo chiederle se stava bene, ma la risposta mi spaventava. Ma mi ha colto di sorpresa quando ho sentito che mi toccava il viso con la mano. Era dolce, ma ha finito per colpirmi tra l'occhio e il naso; non mi ha fatto male, ma ha aggiunto altro alla bellezza comica dei nostri commenti di prima.

Ma a differenza di allora l'umorismo è svanito e ogni grammo di emozione che provavo (per lei) è stato portato in superficie. Ho sentito le sue dita muoversi lentamente sulla mia pelle, finché ha esitato. Ha trovato le mie lacrime, ma non ha detto niente. Sapeva che non era per debolezza, ma per umanità. Le sue dita hanno tracciato piccoli cerchi, asciugandole. Ha seguito la linea della mia mascella, tracciando tutta la lunghezza del mio viso. Mi ha visto con le mani, vedendo molto più a fondo di quanto la luce potesse mai mostrare.

Ho chiuso gli occhi.

Ero grato che il mio viso potesse sentire queste sensazioni, e per la primissima volta non potevo più nascondermi dietro una maschera. Non potevo spiegarlo, ma sapevo che questo era di gran lunga il momento più intimo che avessimo mai avuto - anche più che fare l'amore con lei. Andava oltre il fisico.

Ero esposto. (un fallimento)

Noi eravamo entrambi esposti.

Le nostre paure non erano più velate mentre la nostra mortalità ci legava. Le sue dita sporche di terra mi hanno toccato le labbra. Non le ha mai sollevate, ma potevo sentire che lottava per muoversi. Potevo sentire il suo dolore, ma potevo anche sentire questo bisogno; lo condividevamo entrambi.

Un ultimo atto d'intimità e lei era disposta a pagarne il prezzo, non importava quanto alto fosse. (forte non debole)

Era la prima volta che il buio non aveva un'aura di morte; la prima volta che il silenzio non era una cosa da temere. Conteneva aspettative. Le sue dita l'hanno guidata finché è stata finalmente capace di chinarsi - baciandomi dolcemente sulle labbra. Era morbido e dolce all'inizio, finché una diga si è rotta in entrambi.

E tutto all'improvviso, ho ricordato perché la vita era importante; come entrambi avessimo così tanto davanti a noi - il futuro che avrebbe dovuto essere nostro. Quello che mi spaventava; quello che mi spaventa ancora, ma io volevo quella paura. Lo desideravo; desideravo lei. Il suo tocco, la sua risata, il suo amore. Lo avrei preso tutto, egoisticamente, anche se non avrei mai potuto darlo tutto indietro.

Non avrei mai superato la paura, ma dopo essermi svegliato nel silenzio nulla sembrava insormontabile. Sapevo che sarebbe finita presto, conoscevo il sacrificio che lei stava facendo per questi momenti rubati. L'unico cosa che riuscivo ad assaporare era il sangue, tutto il resto era dimenticato. Abbiamo ignorato entrambi così tanto nel bacio, ma non intendevo indugiarci durante quello che probabilmente sarebbe stato l'ultimo.

Questa poteva essere la mia ultima possibilità di dirle cosa provavo, quanto lei fosse diventata parte della mia vita. Due parti di un tutto, ma due parti che erano individui in ogni senso della parola. È finito e di nuovo il buio aveva preso una tonalità inquietante.

"Squall, a prescindere da tutto, non rimpiango niente. Ti amo."

Ironico. Io rimpiangevo tutto, ma non ho detto niente. (dannato codardo) Sapevo che lei non si aspettava parole o una qualche grandiosa dichiarazione d'amore. Quella era una delle cose che ama... mi piacevano di lei; no, così tanto di più che 'piacere', ma la rispettavo. Rispetto e fiducia sono due cose che non mi vengono facili, e a dire la verità lei è l'unica che se le è mai guadagnate entrambe.

Il rispetto lo avevo per pochi eletti, ma la fiducia non l'avevo per nessuno. (fino a lei)

Lei non riusciva più a tenersi su, e io mi sono preparato al dolore che sapevo sarebbe arrivato. Era un pasticcio, ma lei è riuscita a coricarsi. Ho trattenuto il poco fiato che avevo. Lei ha abbassato lentamente e attentamente la testa. Si è appoggiata più in alto sul mio petto, così non ha colpito le costole più in basso, che sembravano messe peggio. Ha fatto di tutto per non farmi male, anche a discapito di se stessa. Eppure, c'era qualcosa dentro. Lo sapevo. Lo sentivo. Lei era in verità messa peggio di me, ma qualcosa le dava più contegno. Forse erano i suoi poteri di Strega; forse le davano forza finché...

Dio, perché non ci avevo nemmeno pensato? Ero davvero un fallimento come Cavaliere. Lei avrebbe dovuto passare i suoi poteri a qualcuno... chiunque ci avesse trovato, avrebbe... beh, il Garden avrà uno dei propri membri con i poteri. Merda, sapete una cosa, è una loro battaglia. Io e Rinoa abbiamo le nostre.

Ho spinto quei pensieri lontano dalla mia testa. Ho già pensato alla dottoressa Kadowaki, a Seifer, e all'istruttore Aki, devo pensare solo a una persona - quella che ha dato tutto per amarmi.

E anche se fa male, il nostro dolore va oltre ogni descrizione, averla appoggiata al mio petto, sapendo che lei c'è sembra... casa.

Ancora una volta due parti del tutto.

Il virus è tornato. Ho sorriso.

Adesso, anche il silenzio non potrebbe rubarmi questo momento.

"Sai, quando ero piccola..." Lei si è fermata per tossire. Quando ha tossito l'ho sentito anche io, ma di certo non mi importava. Tutto quello che volevo era solo allungarmi a picchiettarle la schiena - un gesto semplice come una stretta di mano o il bisogno incessante di Zell di darsi pugni ai palmi - ma a prescindere da quanto fosse semplice, non potevo. (inutile)

"Mi dispiace," si è scusata lei. "Dicevo... quando ero piccola, mia madre mi parlava sempre prima che mi addormentassi. Mi leggeva favole o mi raccontava storie inventate da lei... Beh, una cosa che ha detto una sera non aveva senso. Era verso la fine, forse è per questo che me lo ricordo. Ma ha detto che 'una battuta può cambiare il significato di tutta una storia... quindi a volte è meglio non dire quella battuta'."

Sentirla parlare così tanto in realtà mi ha colto di sorpresa. C'era qualcosa di distante nelle sue parole, non era con me. In quei secondi Rinoa Heartilly era bambina, nel suo letto, che ascoltava sua madre. Quel pensiero era bellissimo. Eppure c'era dell'altro, qualcosa che la turbava, ma non ero sicuro di quanto a lungo lei potesse continuare con quella facciata... La sua voce aveva iniziato a strascicarsi - non molto, ma più parlava più io lo sentivo.

"Sai... Mi ci è voluto tanto per capire come o cosa intendeva... Ho passato troppo tempo a rimuginarci."

"Eri giovane. Non dovevi capire. Ma ti ricordi le parole."

"Sì... sì. Troppe parole quella notte. Troppe."

Non volevo chiederle cosa intendeva. Me lo avrebbe detto, se voleva. Non l'avrei costretta, ma avrei sempre ascoltato. Avrei risposto, però, perché stranamente mi trovavo a capire più di quanto ci fosse in superficie.

"A volte la risposta è semplice, scegliamo semplicemente di renderla complicata."

"Sì."

Dopo quella risposta, l'ho sentita tremare di nuovo. Aveva scoppi di forza, e poi ricadeva nella debolezza - mentre io rimanevo sempre lo stesso. Sapevo adesso che erano i poteri, ma il suo corpo stava diventando troppo debole. E, proprio come prima, sapevo che lei sapeva. Ma nessuno di noi due ne parlava; forse era l'unica cosa in cui entrambi trovavamo codardia.

Poi ho capito - non avrei chiesto del passato, quei segreti erano suoi, ma forse si trattava del presente. Di noi.

"Allora, la nostra battuta non detta quale sarebbe?"

Non volevo davvero sentire la risposta, ma sapevo che lei aveva bisogno di dirla. Lei ha taciuto per qualche secondo, rabbrividendo su di me. Mi sono accorto che mi sbagliavo - Rinoa non aveva bisogno di dirlo - doveva farlo.

"...E quando la sua sveglia suonò, Squall Leonhart si svegliò accorgendosi che lei non era altro che un sogno, e respingendo quei pensieri si concentrò sul superare l'esame SeeD di quel giorno."

"Non farlo."

Ed ecco che lo facevo di nuovo. Il mio odio per me stesso si manifestava in un'unica parola di rabbia.

"Squall, se noi non fossimo reali, allora non saremmo qui. Non ti avrei mai fatto del male."

Ho deglutito, mentre si realizzava una delle mie paure. Non potevo dirlo a parole, ma mi sentivo solo - come quel bambino piccolo che voleva che qualcuno lo volesse. Non potevo dire molto - temevo che saremmo finiti in un circolo infinito di colpa.

"Non possiamo cambiare questo. Non possiamo cambiare noi. Rinoa, se mi svegliassi e scoprissi che era un sogno, sarei più felice a dormire per tutta la vita. Per favore sappilo, ok?"

Penso che prima avessimo ragione, qualcosa stava cambiando ancora. Era arrivato all'improvviso, ma sembrava che Rinoa fosse stata più sensibile agli effetti. Forse il destino aveva stabilito questi ultimi momenti insieme - il nostro bacio era un regalo di ringraziamento da parte del tempo, ma ora chiedeva pegno.

"Ok?" ho ripetuto a voce un po' più alta. Ho cercato di scuoterla, un tentativo azzardato a dir poco. "Rinoa."

Il suo corpo aveva smesso di tremare, e il peso sembrava premere di più. Come se si fosse sostenuta per il mio bene, ma il suo corpo fosse caduto di sua spontanea volontà.

"Rinoa?!" ho gridato un po' troppo forte, un po' troppo disperato. Sapevo che non avrebbe risposto. Potevo ancora sentirla, ma era debole.

Di nuovo, ho pianto. Vergognandomi, imbarazzato, ho pianto di nuovo. Non c'era più qualcuno ad asciugarle, a passarmi le dita sulla guancia, o a baciare un uomo che di certo non meritava nessuno di quei doni.

Abbiamo entrambi pagato il prezzo per il mio orgoglio. Tutto quello che voleva lei era un semplice pranzo sul mare e io le ho dato un appuntamento con la sua tomba. Tutto quello che voleva lei era ordinare il dolce, io le ho detto che ci sarebbe stato tempo dopo, l'avremmo preso al Garden. Non c'era. Le ho preso (rubato) anche quello.

Non importa cosa faccia il mondo di questa tragedia o che celebri la mia vita. Io saprò la verità... e da qualche parte lei saprà la verità...

Ma la SeeD non lascerà che sul mio epitaffio ci sia il mio fallimento. Eroico. Coraggioso. Impavido morto cercando di salvare Rinoa; non vedranno mai che è stata lei a salvare me.

...Ma quella battuta avrebbe cambiato la storia del Garden.

Ho chiuso gli occhi, non c'era altro da fare che dormire. (e ricordare)

Terrò vivi i nostri ricordi, fino a che non potrò più farlo. Ricorderò tutto di lei - e proprio come per gli altri - le sue parole risuonano all'improvviso dentro di me. Parole che ha detto prima di partire per la Dimora della Strega, minuti prima del mio ultimo addio. Hanno più senso, adesso; forse il destino voleva che le capissi solo adesso... e non allora.

"La vita è un libro scritto mentre vivi; quando la storia finisce, i ricordi degli eroi vivono attraverso i ricordi degli altri."

Al passato, continueremo a vivere nei ricordi degli altri.

Insieme.

E questa è una battuta che va scritta.

*~*~*~*~*

Tempo. è passato. Non so quanto ne è... passato. Riderei a questa ironia. Se mi fossi svegliato solo abbastanza per questo pensiero - per ricordare le sue parole.

"Il tempo non aspetta... non importa quanto ci si aggrappi... ti sfugge."

Voglio scappare (dal tempo) dai miei pensieri. Le mie parole sono state le ultime che Artemisia ha sentito... mi ha ricambiato il favore. alla fine.

...fine?

Quanto tempo è passato da allora? Rinoa? Lei. Lei non può essere. Sono impotente. stupido.

Non ce la faremo fino a domani. Non ce la faremo a superare la notte. Non so nemmeno se lei, se lei... no, non penserò - non quello.

Ho chiuso gli occhi. Ero provato (esausto) e debole (spezzato) volevo solo dormire. (svanire)

Luce. Cinerea, opaca (non luminosa) mi penetrava attraverso le palpebre chiuse. aperte?

Ho lottato per aprire gli occhi e mi sono chiesto se sarebbe stata l'ultima volta. Non volevo morire, per lei, per noi, ma avevo accettato quel destino. Insieme. Coricarmi accanto a lei mi portava sempre una pace che non sapevo esprimere; sogni sereni e reali.

La luce mi attirava, ipnotica e tentatrice. Una Sirena nel buio. Mi sono fissato sulla bellezza. Mi chiedevo cos'era davvero - se fosse davvero... (ero?)

Salvezza.

Se fossi religioso, crederei che fosse un faro - un benvenuto silenzioso di una divinità taciuta.

Cessazione.

Se credessi alla scienza, potrebbe essere quando le funzioni mentali smettono di esistere; quella scarica elettrica che dà la scintilla alla vita - e che la reclama anche.

In ogni caso. Fine. (al passato)

I miei credo cadono da qualche parte nel mezzo, ma il tempo darà la risposta. Voglio che lei sorrida, che parli... egoista, non voglio, non voglio. rinoa?

Voglio solo che quella luce sia la sua salvezza. Se è reale. (Immaginata?) Per favore fa' che non soffra, non più... Siamo stati in bilico su questo bordo per quanto tempo - minuti, ore? La gente direbbe che abbiamo avuto il nostro lieto fine, ma in modo tragico.

C'è bellezza nella nostra follia.

Lei potrebbe saltare; noi potremmo cadere. Insieme.

Se mi costringessi a credere, spererei che ci sia una qualche specie di vita oltre la morte... Ma non dichiarerò una qualche religione ritrovata in questi ultimi momenti. Ho vissuto la vita tra le ipocrisie; non permetterò che la mia ultima scelta cosciente sia unirmi a loro. La salvezza è per chi la merita; non pregherò qualche dio solo sull'orlo del baratro.

...Ma potrei sperare. Per lei.

Se essere un ipocrita la aiutasse in qualche modo, allora lo farei. Se c'è una qualche forma di Eden là fuori - dovrebbe essere per lei. (Rinoa, sei?) Perché non sono riuscito a dirtelo? fallito...

voglio lottare. voglio arrendermi. sono stanco.

La luce si muove, uno spettro nel buio... è bellissima. Come lei. Il suo corpo è ancora su di me, senza sensi, spezzato (come noi) siamo insieme - spezzati insieme. Ero felice; felice con lei, felice accanto a lei. sereno. se lei è morta, allora lo sono anche io.

Ho chiuso gli occhi, i miei ultimi pensieri per lei (non lasciar andare) di noi insieme.

...Cado.

"Zell, sono laggiù, li vedo tutti e due."

"Merda. Irvine, tienila indietro. Quistis, avranno bisogno di tutto quello che abbiamo."

"Selph, non guardare. Sta' indietro."

"Devo... per favore, Irvine."

"Squall, Rinoa, potete sentirmi? Per favore..."

(No. Non posso)

*****
Nota della traduttrice: oltre i cambi bruschi dei tempi verbali, in inglese spesso Ashbear ha iniziato le frasi proprio con la minuscola. Siccome è una sua scelta precisa, l'ho rispettata anche in traduzione.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear (a cui ho inoltrato già i commenti ricevuti finora; attendete la risposta XD). Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 4
*** Parte IV ***


WHERE SILENCE HAS LEASE
scritta da Ashbear, tradotta da Alessia Heartilly
Parte IV

La mia mente e il mio corpo erano bloccate in una battaglia di volontà, mentre perdevo e riacquistavo conoscenza. Linee spettrali si sono solidificate, e poi si sono trasformate in qualcosa di familiare.

Era come svegliarsi da un sogno intenso in cui ero preso tra due piani; in quei secondi fuggevoli, coesistevano due mondi. (familiare?) E anche se non ricordo i dettagli del mio sogno, di certo ricordo le mie emozioni.

Le sento ancora. Sono potenti e spietate.

Frammenti. Pezzi. Sta tornando tutto. È così che so che questi ricordi sono reali - i sogni spessi svaniscono in fretta.

È difficile tenere gli occhi aperti, ma più ci provo e più sembra diventare facile. La prima cosa che noto è che non c'è completamente buio.

È una dannata, tenue vampa verdognola a riempirmi la vista. È familiare; la notte in Infermeria. Se essere malato non è già abbastanza brutto, vogliono assicurarsi che tu - e chiunque altro - sembri una merda totale.

Ho notato Quistis seduta vigile accanto al mio letto. Non era in sé, e sembrava distrutta ed esausta, e non per la luce. Sorridendo dolcemente, non ha mostrato altro e quando ha parlato le parole sono risultate quasi... provate e riprovate.

"Sei sveglio."

Non sta facendo la parte di una persona felice di vedermi sveglio. Volevo chiederle così tante cose - capire. Onestamente, la sua reazione in sé era diventata una domanda.

"Di nuovo."

Con quella singola parola è arrivata un'ondata di chiarezza. Quistis è diventata malvolentieri una sua prigioniera, intrappolata nel mio perpetuo già visto. I suoi occhi mi hanno studiato esitante, prima di indicare la flebo.

"Ci siamo già passati."

Forse questo spiegava anche la sua mancanza di empatia. C'era quasi questo... soppesarmi? A dir poco, era imbarazzante, e io sentivo una precisa tensione che annebbiava la stanza.

Quistis si è tenuta a distanza; c'era qualcosa da dire, su questo. Era sempre lei quella che chiamavano per prima quando ero fer...

...Ma che diavolo?! (la tempesta ha colpito.)

Non so cosa diavolo stessi pensando, o perché stessi lì seduto e basta con una tale dannata cautela. Come avrei potuto...? Dovevo alzarmi, dovevo trovarla. (è crollato. è crollato) Avevo bisogno di essere ovunque tranne lì. Ho cercato di muovermi, ma ho incontrato una resistenza fisica. (dolore. non importa.)

"Squall, sei stato ferito. Devi restare calmo. Squall, ascolta." Sì, lei può stare calma e ascoltare; non è lei quella legata al dannato letto. "Ascolta, devi riprenderti. Non farlo... per favore. Se non per me o per te - stai calmo per-"

"Ri-" Avevo la voce troppo roca; la parola è rimasta silenziosa.

L'unica cosa che sapevo (senza ricordare) è che ogni volta che mi svegliavo, i miei pensieri erano sempre con Rinoa. Senza errore.

"Sì, Rinoa. Rimani calmo per lei. Sta bene, Rinoa sta bene."

Quistis era in piedi. Quando? Come? Non lo sapevo. (non mi interessava) Aveva le mani premute sulle mie spalle e strette come corde. (non toccarmi. non farlo) Cercava di costringermi a guardarla negli occhi. Io facevo l'opposto di proposito.

"Per favore, Squall. Non farlo di nuovo. Ti sentiranno."

Ho guardato.

Non posso dire per certo perché quelle parole precise mi hanno attirato. C'era solo questo fuggevole momento di disperazione che potevo capire. L'ho guardata scuotere la testa, e anche nella luce tenue, potevo vedere le lacrime che le scendevano sulle guance.

"Rinoa sta bene, ma io non posso. I-io non posso-"

"...sopportarlo."

Non ha detto quelle parole, ma io potevo terminare la frase. Quistis era stata esausta e altrettanto disperata. Quanto disperata? Quello era il confine che stavo per raggiungere mentre mi guardavo le corde che mi legavano.

"Bene," è sbottata. "Squall, mi fido di te."

Ho continuato a tacere mentre lei mi slegava. E, come promesso, non mi sono ribellato. Comunque lei evidentemente esitava, ma la sua stanchezza finalmente ha vinto.

Si è seduta e mi ha semplicemente chiesto, "ricordi?"

Mi sono voltato. No. Non ricordavo. (...non volevo)

"Ci siamo già passati... alcune volte." Ha fatto una risata cupa. "Almeno questa è andata... bene. L'ultima volta non molto, la dottoressa Kadowaki ha dovuto darti un sedativo. Non volevo che lei - che nessuno - ti sentisse finché non eri... beh, tu. Diciamo solo che eri - determinato."

Grandioso.

Ancora non mi diceva niente. Beh, a parte il pesante sottinteso che nemmeno nell' 'ultima volta' non mi avevano detto niente. Se avessi avuto risposte, non sarei stato così 'determinato'.

Immagino che, data quella breve storia, Quistis abbia deciso di aspettare finché le sue parole vuote potessero avere significato.

"Vi abbiamo trovato svenuti nella caverna, prima di riportarvi al Garden."

Mi prendeva in giro con quel commento? Non era altro che ribadire cose ovvie.

"...Intendi dirmi la verità?" ho chiesto, facendo involontariamente una smorfia. Rifiutavo ancora di lasciare che il dolore avesse qualche potere su di me.

"Intendi non mettere più la tua vita in pericolo in maniera avventata?"

Touchè. Sembrava che avessimo trovato tutti e due le nostre 'voci'. Comunque, lei non mi avrebbe dato sui nervi.

"Chissenefrega."

Sfortunatamente, non le è piaciuta la mia risposta non-risposta.

"Maledizione Squall! Hai una minima idea di cosa ci hai fatto passare?"

Sì, ce l'avevo.

Non intendevo rispondere, perché preoccuparsi di cose ovvie?

Ho guardato Quistis che si è alzata di nuovo, con il risentimento e la frustrazione evidenti sul suo viso. Voleva andarsene, per fare una specie di affermazione contro la mia sfida.

Mi odiavo per questo; perché non sapevo cosa dire. Non intendevo ferirla, ma la mia mente poteva sopportare solo fino a un certo punto. Qualche minuto fa si è fidata di me abbastanza da togliere i lacci. La sua rabbia è stata fuggevole quando mi ha guardato.

Con la luce fioca e il modo in cui mostrava preoccupazione, mi ha ricordato un genitore. Mi sono imbronciato quando ha allungato una mano per togliermi i capelli dal viso; si è fermata altrettanto velocemente. Ritraendosi, si è sistemata gli occhiali prima di controllare la flebo che avevo al braccio - come se questa fosse sempre stata la sua intenzione.

Onestamente, avrebbe potuto farlo con ognuno di noi; Quistis aveva i desideri conflittuali di proteggere e insegnare insieme. Ellione non si sarebbe fermata, ma lei era sicura nel suo ruolo. In questo aspetto, comprendevo Quistis - stava ancora cercando se stessa, il ruolo in cui si sentiva bene, e non quello voluto dagli altri.

Si è seduta di nuovo e mi ha indicato il petto. Non ero sicuro di cosa stesse facendo quindi ho guardato in basso, confuso... e ora ero io a irritarmi.

"È stato necessario metterti un tubo in gola durante l'intervento. Ti direi di non parlare, ma sei troppo testardo per ascoltarmi. Forse dovrei fartelo dire da Rinoa."

"Non servirebbe. Non ascolterei nemmeno lei." Non l'avrei fatto. Perché mentire?

"Probabilmente no." Si è guardata le mani. "Sembra che niente ti segni mai."

Le ultime parole sono state dette piano, ma a prescindere da come siano state dette, erano sbagliate. Le cose mi hanno segnato; più di quanto abbia mai capito. Ma quelle erano le mie scoperte - ed erano personali per me come qualsiasi parola io abbia mai detto.

Quindi non ho detto niente.

"Bene. Mi fa piacere vedere che sei tornato alla normalità."

Ho capito. Io e la mia 'affascinante' personalità. Desideravo che lei rispondesse semplicemente alla mia dannata domanda.

"Durante la preparazione del mattino, Selphie è entrata di corsa in classe, piuttosto sconvolta. A quanto pare, lei e Rinoa avevano deciso di incontrarsi al Giardino. Non capivo la maggior parte di quello che diceva - solo qualche parola chiave qui e là. Era qualcosa del tipo - rivalità e Zell - panini e Mensa. Per favore, non prendermi in parola, ma era qualcosa che sembrava ridicolo, detto così."

Ha agitato la mano, come per cacciare quel pensiero. Per una volta, non ero in disaccordo.

"Era convinta che qualcosa non andasse. Conosci Selphie e la sua determinazione - insisteva che Rinoa non avrebbe mandato a monte una tradizione di dieci mesi. Quindi ho ceduto."

L'ho vista reagire subito, mentre tutti e due capivamo il significato secondario(1). Quistis ha borbottato una scusa, in fretta, vergognandosi troppo anche solo per guardarmi. Penso che credesse di aver commesso chissà che peccato capitale. Stavolta, è toccato a me 'cacciare il pensiero', anche se con un cenno della testa dato che muovere le mani non era una mia priorità.

La cosa ironica? Questa era una di quelle volte in cui trovavo un certo umorismo macabro nel suo commento. So quanto sarebbe socialmente inappropriato, e cosa sembrerebbe. Ecco perché era meglio tenermi per me pensieri di quel tipo.

Fortunatamente, lei si è perdonata.

"Fondamentalmente, mi ha preso la mano e mi ha trascinata nel tuo ufficio. Già che c'ero, ho pensato di prendere anche le Ragnatele. ...Ma è saltato fuori che - tu non c'eri - e alla fine abbiamo scoperto che non c'era nemmeno la macchina."

Grandioso. Mi sono accorto che dovevamo la nostra sopravvivenza a un miscuglio di determinazione di Selphie e feticcio di Zell per la carne. Forse avrei dovuto essere un po' sorpreso, ma ero anche grato. Per una volta, volevo accettare le loro idiosincrasie per quello che erano. Onestamente, dovevo a Selphie qualche biglietto del treno di prima classe, e a Zell un freezer pieno di panini.

"Abbiamo rintracciato la macchina con il GPS. Selphie ha avuto la lungimiranza di portare Angelo, che si è rivelata una manna dal cielo. Vi abbiamo trovato sorprendentemente in fretta, dopo... ma era sera da un pezzo, ormai."

Immagino che dovrei informare Zell che avrebbe dovuto dividere il suo tesoro con 'qualcuno' molto più basso, e solo un pochino più peloso.

Alla fine, sapevo che probabilmente sarei risultato più grato. Lo ero, ma avevo troppi altri pensieri in testa. Mi sono trovato a controllare l'ora, irritandomi per tutti quei secondi sprecati. Guardare l'orologio era diventata una dipendenza sempre più forte. Il mio bisogno aumentava, rispecchiando la mia ascesa nei ranghi.

Mi preoccupava trovarmi così concentrato sul tempo. Negli ultimi anni, ne volevo sempre di più (con lei). Ma nell'ultima giornata, il tempo era stato tutta la nostra vita.

Il tempo aveva un modo di...

No.

Fissando l'orologio, ho capito; quello che pensavamo fosse lo stesso giorno del pranzo probabilmente era la mattina successiva. La notte che dubitavo avremmo superato l'avevamo giù superata.

Questo diceva qualcosa del tempo in cui eravamo scomparsi, ma a me mancavano altre spiegazioni. Come eravamo arrivati dal pavimento al muro? Era ancora quel déjà vu che non riuscivo a scrollarmi di dosso. Significava anche che avevamo parlato di altro che potevo ricordare? Se così-

Mi sono irrigidito.

Ero accecato da una sensazione che non potevo descrivere. (panico. disperazione) Era come l'attacco a sorpresa di un nemico, che ti lascia con quella confusione momentanea. Rinoa ricordava qualcosa?

Questo mi terrorizzava - e se questi ricordi erano soltanto miei? Se lei non ricordava, allora avrei dovuto dubitare che fossero anche solo reali. Forse ero stato la vittima di un sogno lucido?

I miei ricordi dovevano essere reali. (dovevano)

"Voglio vedere Rinoa."

"Squall, ne abbiamo già parlato. Mi dispiace."

Ho chiuso gli occhi.

Diamine, quella avrebbe dovuto essere l'ultima cosa che volevo fare, ma dovevo capire i miei pensieri. Quella sanità mentale che mi era rimasta sembrava scorrermi via tra le dita. Prima, Quistis aveva detto costantemente che lei stava 'bene', ma io capivo il giochetto. Si riduceva tutto al calmare un paziente con tutti i mezzi necessari. Per quanto ne sapevo, Rinoa stava peggio di quanto pensassi... o non era nemmeno...

No. Non lo farò. Lei non lo era..

Avevo bisogno di sapere se le parole di Quistis erano solo fumo e niente arrosto. La mia ex insegnante poteva dire praticamente di tutto per tenermi slegato. Ho aperto la bocca per dirle cosa pensavo. Fidatevi, avevo un'opinione - anzi, tante. Ma con mia sorpresa, mi è uscita solo una parola.

"Per favore."

Non penso che lei se la aspettasse (disarmata) e quando ho aperto gli occhi ho visto comprensione.

In quel momento sono arrivate in superficie tutte le mie paure.

Stavolta, quando si è alzata, ho davvero pensato che se ne sarebbe andata. Uscita. Non so spiegarlo, ma non potevo essere solo.

Mi sentivo impotente, e proiettavo tutte le mie speranze su di lei. Non lo sapeva. Per lei ero semplicemente indifferente. Guardando in corridoio, ha esaminato l'altro lato dell'Infermeria. Io avevo trattenuto il respiro. Non me ne ero accorto.

Ha incrociato le braccia e mi ha guardato - con un minuscolo sorriso sulle labbra.

So che la bellezza è soggettiva. Perché anche in quella dannata luce verde, non era mai stata così bella.

"Sai che la dottoressa Kadowaki mi spellerà viva."

"Almeno sei nel posto giusto per un trattamento medico."

Ho sorriso.

Beh, probabilmente mi è uscito come un ibrido tra un sorrisetto e un sorriso, dato che qualcosa probabilmente dipendeva dagli antidolorifici.

Lei ha ricambiato il gesto, e sapevo che Quistis era felice di poter aiutare; anche di più, era felice che io l'avevo accettato. Senza (molte) domande. Era uno di quei rarissimi, se non inesistenti, momenti in cui mostravo anche solo un frammento di me a qualcuno che non fosse Rinoa.

*~*~*~*~*

Con mia sorpresa, Quistis è diventata la mia improbabile campionessa. Non so come ci sia riuscita, ma ha fatto l'impossibile. Mi era stata concessa una momentanea sospensione della pena. Anche se la dottoressa Kadowaki era stata esitante nel lasciarmi andare sulla parola. Tutt'altro. Ho navigato oceani, attraversato il tempo e lo spazio per il bene di Rinoa; si direbbe che possa attraversare un dannato corridoio senza pasticci - e senza l'accompagnamento di guardie armate - sbagliate tutte e due le cose.

Forse era un po' eccessivo, ma avrei lasciato che lo capissero da soli. Ho dovuto chiedermi quanto mi sia comportato male prima; nonostante le legature e i sedativi via flebo.

Inoltre non ero eccitato di scoprire che il patto di Quistis era uno scambio. Per fare trenta metri, in una sedia rotelle, ho dovuto accettare prima una visita medica completa - senza essere, beh... 'affascinante come al solito'.

Durante la visita, ho scoperto che qualcuno può diventare aggressivo se esposto al gas metano. Dai sussurri degli assistenti della Kadowaki, ero incline a concordare.

Tutto quello che volevo era parlare e vedere Rinoa, ma sembrava che l'intero universo stesse cospirando contro di me. Forse mi servivano quei minuti per raccogliere i pensieri e trovare un senso a ogni cosa. Con l'aiuto di due studenti, mi sono trovato seduto su una sedia a rotelle. Mi sentivo del tutto impotente a dover essere sollevato da due estranei.

"Fondamentalmente, signor Leonhart, dichiaro ufficialmente che sei una versione del Garden di una coperta a patchwork. Sei tenuto insieme da una combinazione di medicina moderna, paramagia e magia di Strega. Per non parlare dei punti, stecche e bende. Sei una zuppa di tutto più il lavandino della cucina."

"Potete per favore portarmi da Rinoa e basta?"

"Sì, sì, ma non così in fretta." Sentivo che stava arrivando una predica. Ogni volta che qualcuno che era abbastanza vecchio da essere un mio genitore aveva una cartellina, incrociava le braccia e mi guardava disapprovando, seguiva presto una predica noiosa. In quel momento, persino le lezioni di Quistis sulla junction elementale e status sembravano preferibili.

"Senza offesa dottoressa, ma io..." Come lo dico a qualcuno che non potrebbe mai capire il legame?

"Sì. Sì. Sì." Ha tolto il fermo e mi ha portato fuori dalla stanza. "Tu e i tuoi 'ma', Comandante Leonhart. Bene. A quanto pare la sai più lunga. Sai che ho frequentato una scuola medica solo per sostenere la mia fiorente carriera nel Triple Triad. Volevo solo darti un aggiornamento veloce..."

"Non farlo." Mi è scappata di nuovo quella parola familiare. "Voglio dire, grazie. Ma posso farcela."

Ho dovuto.

Qualunque cosa io, e gli altri, vedessi in questa stanza, sarebbe stata una manifestazione fisica del mio fallimento.

"Per citare questo paziente davvero irritante, chissenefrega."

Non avevo idea di come lei, tra tutti, potesse ridere; la gente pensava che fossi duro, ma questo era più che crudele.

"Cavolo, Squall, hai un aspetto pessimo." Imbronciandomi, ho visto qualcosa che proprio non mi aspettavo.

La dottoressa Kadowaki mi ha spinto dentro, prima di sedersi a un tavolo dove si giocava a carte con Zell, Selphie e Irvine. "Ora, Comandante Leonhart, come ho detto ho davanti una certa carriera a Triple Triad. E tu sei un gran guastafeste."

Sono rimasto seduto lì, del tutto atterrito. Non so cosa fosse più scioccante - Rinoa sveglia e sorridente, il torneo di carte, o che la dottoressa Kadowaki avesse appena detto 'gran guastafeste' senza ironia.

"Squall... sono così felice di vederti."

Lei stava sorridendo.

Bellezza in una parola.

Non ho mai pensato che l'avrei rivista - che avrei visto quel sorriso. Nel buio mi sono aggrappato a questo ricordo. Per la prima volta non vivevo più un 'ricordo'. Asciugandosi le lacrime, ha guardato uno dei lividi più evidenti che aveva sul braccio. "Squall, non ridere... ma per due notti, non cenavo se prima non mi portavano a vederti."

"Dannazione, quello è un metodo a prova di bomba per perdere appetito."

"Irvine! Fa' il bravo."

Per due notti? Quanto tempo ho perso? Lei mi ha letto nella mente. Non sembrava reale, era l'unica cosa che mi spingeva avanti. Quello... e il suo sorriso.

"Il pranzo è finito tre giorni fa. Mi devi ancora la torta, amico."

Già. Forse avrei dovuto prendermi qualche minuto per ascoltare la dottoressa Kadowaki.

"Grandioso, ora voglio la torta. Possiamo ordinare in camera?"

"Zell! Tu e Irvine... mi farete impazzire."

So che parlavano altre persone, ma non capivo nulla.

"...Come?"

Sono stato grato quando Irvine mi ha portato direttamente accanto al letto. Almeno non mi sentivo nel mezzo del palco di un circo.

"È saltato fuori che quando il mio corpo è diventato troppo debole, si è protetto andando in coma. Da quanto ho capito è una specie di sicurezza - o per proteggermi o per sostenere il corpo quanto basta per passare i poteri. Quindi anche se non avevo la forza di usare una magia, il mio corpo ha cercato di guarirsi. Hanno detto che le mie ferite in realtà erano più gravi delle tue - non che la cosa delle ossa rotte fosse una gara."

"No, solo battere Zell ai panini lo è," ho detto io.

Lei ha riso, coprendosi il viso con un braccio. So che era imbarazzata.

"...Scusa, non volevo che lo scoprissi. Ho immaginato che avresti pensato che fosse infantile."

"Lo è." Era la risposta che lei non voleva sentire. "Ma spero che tu e Selphie lo prendiate a calci."

"Ventiquattro settimane su quaranta... beh, esclusa la vittoria discutibile di questa settimana. Lui insiste che conta."

Siamo rimasti seduti lì, a guardarci. Non avevo idea del perché lei volesse tutta questa gente nella sua stanza e per giunta un torneo di carte. Poi l'ho visto. Era debole, ma lei ha mollato la guardia per un secondo e io ho l'ho visto; la verità. Voleva che stessero lì per combattere il silenzio. La tenevano sveglia e questo le impediva di chiudere gli occhi. C'era qualcosa dentro di noi che condividevamo entrambi. Mi chiedevo se ricordasse le parole di Seifer.

Ho parlato piano; non volevo che gli altri sentissero. "Ti ricordi cos'ha detto Seifer quando l'abbiamo incontrato ai moli, qualche anno fa? Quando ha detto '"Il nemico peggiore da combattere è quello che giace in silenzio dentro di te."

Lei ha riso. "Dio, quanto me lo ricordo; come potrei dimenticarlo."

Perché rideva? Era delle poche cose che Seifer ha detto e che mi hanno impressionato.

"Un attimo, un attimo... Squall, ti ricordi? Voglio dire, il resto?"

No. Non ricordavo. Lei deve averlo capito dalla mia reazione.

"Squall, tutta la faccenda è andata tipo così: Il nemico peggiore da combattere è quello che giace in silenzio dentro di te. Quindi, Cercaragazzine, farai meglio a farti esaminare, chissà che diavolo hai preso."

Una battuta cambia davvero una storia.

*~*~*~*~*

Era difficile dormire, se non impossibile.

La mia prima notte a casa non si stava rivelando tanto buona. Onestamente, non ho mai trovato facile dormire, prima - e non c'erano le ossa rotte, i punti, e più botte degli aghi di un Kyactus. Gli antidolorifici avevano smesso di fare effetto ore (giorni) fa, ma non c'era nulla di peggio che sentire di non avere il controllo. Fortunatamente, la dottoressa Kadowaki non ha controllato troppo l'assunzione; raramente i suoi pazienti evitavano gli antidolorifici, soprattutto quanto somigliavano a una pinata umana.

Scambiare il sollievo del dolore con l'ambiguità non valeva il prezzo. Mi ricordava lo svegliarmi nella caverna, impotente e perduto. Sì, poteva essere un esempio estremo, ma mi rifiutavo di mettermi coscientemente di nuovo in quella posizione.

Ho guardato la tv; lo schermo era troppo lontano per capire i dettagli. Fortunatamente. Da lì, sembrava uno di quei programmacci di gossip di tarda notte... Ho avuto più di una menzione casuale in molti di loro. E, per questo motivo, probabilmente era meglio che non sentissi i dettagli; il rumore ambientale era già troppo irritante.

Guardando fuori dalla finestra, ho notato che era sorta la luna. Era solo una falce, ma anche il minimo sguardo mi dava momenti di pace.

Mi ricordava la mezzanotte.

Mi ricordava il ballare.

Mi ricordava lei. (Rinoa)

Non so quando ho cominciato a sorridere, forse è successo... naturalmente. Non che il mondo potesse vedere il mio segreto. La madre di Rinoa; le parole di Julia. (...segreto?) Sono tornato al modo in cui Rinoa parlava di sua madre, e battute non dette, con una punta di rimpianto. Aveva ragione - fino a un certo punto - ma a volte cambiare la direzione di una storia non era una cosa così brutta.

E proprio così, ho capito me stesso. Sapevo cosa volevo; cosa temevo.

Sapevo la verità. Non si trattava di religione, ma si trattava abbastanza certamente di ipocrisia.

Nel prendere il telefono, mi è scappata una risata imbarazzata. Dato che non solo ricordavo il commento di Rinoa sul Behemoth ubriaco che ballava sulle punte, ma lo vivevo mentre prendevo il telefono.

Digitato il numero sono ricaduto sul cuscino. Non so cosa mi abbia spinto a chiamare; di nuovo, sembrava che succedesse naturalmente e basta. Sono stato sorpreso quando lei ha risposto in fretta.

"Ecco cosa succede quando dormo tutto il giorno... sono perfettamente sveglia. E le mie acute capacità di osservazione dicono che sei sveglio anche tu."

Questa è Rinoa. Non mi sarei aspettato niente di diverso. Una persona normale si sarebbe sentita in colpa a chiamare la propria ragazza nel mezzo della notte e a chiederle di andare a trovarlo.

Ma io non ero normale; noi non eravamo normali. (tutto tranne quello)

*~*~*~*~*

"Ah. Anche nella mia stanza c'è la stessa ricezione schifosa. Non penso di aver mai visto tv a quest'ora della notte quando vivevo a Balamb. Ora so perché."

L'ho guardata spegnere la tv mentre veniva lentamente a letto. "Seriamente, Squall, non sapevo nemmeno che quella TV funzionasse. Ho sempre pensato che il suo unico scopo fosse fare da fermacarte di scorta."

Sorprendentemente, non era molto lontana dalla verità.

Quando si è coricata, la nostra velocità combinata ha fatto a gara con un Tomberry pieno di sciroppo. Ci è voluto tempo (...e tempo) e qualche parola colorita, ma è riuscita a entrare nel letto.

Penso che siamo stati entrambi in silenzio mentre ci adattavamo al (quasi) buio. L'unica luce era della luce crescente che filtrava tra le tende.

Siamo stati lì qualche minuto, adattandoci entrambi a trovarci in questa situazione. Quando le ho chiesto di venire da me, lei ha semplicemente risposto sì. Nessuno di noi ha detto che era la prima volta che stavo qui. Prima di stanotte, le nostre uniche notti insieme erano un regalo degli alberghi lontani da Balamb.

L'ho sentita respirare, profondamente, pesante. (...viva)

Siamo rimasti 'abbastanza vicini', ma attenti allo spazio l'uno dell'altra. Eppure, anche senza contatto fisico, mi ero sentito così solo una volta prima di questa. Nella caverna, quando ha messo la testa sul mio petto, ho sentito qualcosa che andava più a fondo del mio dolore... Mi sono sentito a casa.

In quel momento e in questo; abbiamo trovato la nostra casa.

"Rinoa?"

"Hmm?"

"Non ho mai avuto la possibilità di dire la mia battuta."

"Uhm, ehm... cosa?"

"Nella caverna, quando hai detto la tua battuta sul nostro incontro che era solo un sogno. Sto solo dicendo che non ho mai avuto la possibilità di dire la mia. Non penso che sia giusto."

"Oh... ok. Va bene," ha detto lei, anche se nervosamente.

Avrei potuto tirarmi indietro, ma onestamente questo non aveva più il fascino che aveva qualche giorno prima. Le prospettive cambiano. (persino le mie)

"Rinoa, se una battuta può davvero cambiare una storia, allora voglio una possibilità di dire la mia." Ho fatto un respiro profondo, era bello non tossire ogni volta. "E poi quando si svegliarono, si svegliarono insieme e lui capì una cosa, che la amava con tutto il cuore."

Lei ha taciuto, ma come prima potevo sentirla.

"Ti amo."

Dopo che l'ho detto. Ho chiuso gli occhi e ho ascoltato... il nulla.

Ma non c'era più paura, c'era tranquillità; c'era ancora l'incognito, ma l'incognito dava una nuova sensazione.

Nel silenzio, abbiamo sentito speranza.

*~*~*~*~*

Mi piacerebbe dire di aver mollato tutto per stare con lei, dopo quello.

Mi piacerebbe dire di essermi dimesso, rendendo il Garden un punto d'onore sul mio curriculum.

Mi piacerebbe dire che non vado in missione o che non passo svariate ore in ufficio.

Mi piacerebbe dire un sacco di cose, ma non è questa la storia che sto raccontando.

La prima notte che siamo stati entrambi fuori dall'Infermeria, Rinoa è rimasta da me, e poi la notte successiva... e poi quella dopo. È stato due anni fa. Non sono ancora pronto a prendermi un impegno formale, ma è una battaglia a cui mi sto lentamente preparando - conosci il tuo 'nemico' eccetera.

So che le piace il caffè e le orchidee e la sua più grande battaglia è con la sveglia.

So che è testarda e impulsiva e per qualche motivo mi ama.

E so di amarla, anche se l'ho detto solo quella volta.

Lei lo sapeva; lo ha sempre saputo.

Ci saranno sempre incognite e cose che non possiamo evitare, ma finché siamo preparati, lavoriamo meglio come squadra; insieme.

E per quanto riguarda quell'unica battuta che cambia di nuovo questa storia? La nostra storia? Ce ne sono molte.

Ma come ha detto Julia Heartilly a sua figlia molti anni fa - a volte è meglio lasciarle non scritte. Anche se, un giorno, penso che avrò alcune cose da aggiungere per mia figlia. (Sì. Il pensiero più consolante, finora.)

...Le storie migliori, come i consigli migliori, sono quelle che ti rimangono impresse.

...La cosa migliore di una storia è che non deve avere senso in quel momento; le storie migliori sono quelle che si possono capire completamente dopo.

Ti fanno pensare.

Ti fanno ricordare.

E volte non ti serve quella battuta finale, l'unica cosa che cambierebbe tutto ciò che l'ha preceduta. Perché la nostra storia potrebbe non essere affatto perfetta, ma è perfetta per noi.

*

Note al testo
(1) Significato secondario: in realtà, in inglese il gioco di parole è con la parola 'caved', verbo che significa appunto cedere, e 'cave', ossia il luogo dove erano intrappolati Squall e Rinoa. Ho usato il significato di cedere perché poteva riferirsi al cedere di Quistis e al cedere della caverna che crolla addosso a Squall e Rinoa, per mantenere il doppio senso.

*****
Nota della traduttrice: oltre i cambi bruschi dei tempi verbali, in inglese spesso Ashbear ha iniziato le frasi proprio con la minuscola. Siccome è una sua scelta precisa, l'ho rispettata anche in traduzione.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear (a cui ho inoltrato già i commenti ricevuti finora; attendete la risposta XD). Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

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