Ripartire da Zero

di IlTrone
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Attese ***
Capitolo 3: *** Risvegli ***
Capitolo 4: *** Ferite ***
Capitolo 5: *** Ricostruire ***
Capitolo 6: *** Allontanamenti ***
Capitolo 7: *** Scomparse ***
Capitolo 8: *** Tramonti ***
Capitolo 9: *** Lettere ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Prologo

 

 

 

Avada Kedavra!”

Expelliarmus!”

I due incantesimi si incontrarono a metà strada tra i due duellanti, lo scoppio che ne seguì travolse tutti i presenti nella Sala Grande creando un'onda d'urto che ruppe le finestre.

Eppure tutti videro il corpo di Voldemort venire colpito da un fascio di luce dorata e cadere a terra privo di vita, con gli occhi spalancati in un'ultima smorfia di odio verso colui contro cui per anni aveva combattuto ma che infine gli era sfuggito per l'ennesima volta, annientandolo definitivamente.

Appena i combattenti di Hogwarts ebbero metabolizzato l'evento un boato percorse i corridoi del castello e le aule semidistrutte: la libertà era appena stata riconquista grazie ad un diciassettenne che aveva affrontato cose che molti degli Auror del Ministero non potevano neppure immaginare. Gli studenti si abbracciavano stremati versando lacrime di gioia, i membri dell'Ordine della Fenice sfogavano tutta la frustrazione accumulata in un anno passato a nascondersi e a temere per la propria sorta e per quella dei familiari: la felicità invase i cuori di ognuno, la consapevolezza di poter tornare ad una vita serena, le cui uniche preoccupazioni erano quelle della quotidianità, si consegnò a coloro che in quel momento riempivano il diroccato castello.

Subito però l'apprensione inondò i cuori di tutti: Harry Potter giaceva a terra, gli occhi chiusi e le braccia spalancate. I primi a d accorgersene furono i suoi due migliori amici: Hermione Granger e Ron Weasley. Dopo essersi scambiati un dolce bacio sotto la volta della Sala Grande si erano voltati verso il loro amico trovandolo però disteso supino, all'inizio pensarono si trattasse a causa della stanchezza che attanagliava i corpi dei combattenti della battaglia, ma quando il ragazzo non rispose ai richiami di Ron capirono che non era semplicemente stanco. Il rosso strattonò Harry tentando di di svegliarlo ma il moro non rispondeva ad alcuno stimolo.

-Weasley! Granger! Che succede?- chiese la McGranitt, facendosi largo tra la folla appena accortasi che qualcosa non era andata per il verso giusto.

-Non lo sappiamo non riusciamo a svegliarlo,è come se....se....-balbettò Hermione mentre tentava di trattenere le lacrime che pungevano agli angoli dei suoi occhi nocciola.

-No, non può essere vero!-

Ginny era accorsa per vedere cosa stava succedendo. Appena vide il corpo di Harry apparentemente privo di vita fu come tornare indietro di pochi minuti, quando aveva visto l'amore della sua vita morto ai piedi di Hagrid: il cuore della piccola Weasley si frantumò in un momento mentre vedeva scomparire davanti ai suoi occhi tutti quei sogni che aveva covato in anni di un amore non corrisposto, ma che erano tornati vividi nella sua mente solo un anno prima quando il Prescelto l'aveva baciata nel mezza della Sala Comune di Grifondoro. Le lacrime rigarono il volto pallido della rossa che cominciò a piangere disperatamente mentre altri si univano alla piccola folla che accerchiava il corpo di colui che aveva appena salvato il mondo magico.

Kingsley Shackelbot si accostò al giovane per constatarne il battito, tremando da capo a piedi appoggiò due dita sul collo di Harry. Lo udì. Debole, ma il battito c'era: Harry era ancora vivo.

-E' vivo, è vivo, ma portiamolo subito in infermeria!-

Esortò Ron, Arthur Weasley e un ragazzo robusto, che vestiva la divisa dei Corvonero, ad aiutarlo ad alzare il corpo del ragazzo-che-era-sopravvissuto per portarlo a far visitare da Madama Chips.

Li seguirono correndo Ginny, Hermione, e gli altri appartenenti alla famiglia Weasley insieme alla McGranitt e il professor Vitious.

Il cuore di Hermione martellava violentemente quasi a voler uscire dal petto della ragazza: non poteva perdere quello che ormai considerava un fratello, colui che la aveva accolta quando per gli altri non era nulla se non una secchiona, quello che l'aveva consolata quando piangeva disperata perché Ron baciava Lavanda Brown davanti a tutti. Non poteva permettergli di lasciarla così.

Accanto a lei, Ginny era immersa in uno strano tepore: non capiva come potesse avere la forza di correre, aveva visto tutto ciò per cui aveva vissuto e combattuto in quell'anno andare in frantumi. Il suo Harry stava morendo e lei non poteva fare niente. Sentì una mano poggiarsi sulla sua mentre saliva le scale che portavano all'infermeria, si girò, sua madre, Molly, tentava di darle il coraggio di cui aveva bisogno, proprio quel coraggio che le aveva permesso di andare avanti per anni, di costruirsi una vita lontana dall'uomo per cui avrebbe dato tutta se stessa e che infine, si era accorto di lei. Le lacrime solcavano inesorabili le sue guance, nulla le poteva trattenere, se non la notizia che Harry era fuori pericolo e che di lì a poco si sarebbe risvegliato. Tutti i sentimenti che aveva tentato di nascondere per rendersi forte agli occhi dei suoi compagni e della sua famiglia mentre il male minacciava tutti loro, si incanalarono nel suo inesorabile pianto; nei suoi singhiozzi c'erano tutta la disperazione per la morte di suo fratello Fred e la speranza che la stessa sorte non capitasse all'uomo che le stava davanti, tra le braccia di altri uomini che tentavano di portarlo in salvo.

-Che cos'è tutto questo baccano, siete per caso impazziti!?-

Madama Chips si precipitò fuori dall'infermeria, appena capì il motivo dei rumori che disturbavano i feriti della battaglia guidò il gruppetto ad un letto appartato della grande sala che fungeva da ricovero per i feriti. Harry fu steso su un candido letto, il viso sporco di polvere e fuliggine e i capelli corvini creavano un forte contrasto con il bianco del cuscino.

-Ora dovete uscire tutti.- disse Madama Chips.

Un vero tumulto si alzò dalla decina di persone che si affollava attorno al letto del Bambino-che-era-sopravvissuto, nessuno voleva lasciare il loro amico, per alcuni ormai un famigliare, da solo, nemmeno uno di loro lo avrebbe permesso. Eppure l'infermiera fu più forte di tutti, li costrinse ad uscire dalla sala e richiuse la porta dietro di sé.

 

Mentre aspettavano il resoconto sulle condizioni del Prescelto, i sentimenti che affollavano le persone fuori la porta dell'infermeria erano innumerevoli. Molly Weasley abbracciava il marito, entrambi erano lacerati nell'animo per la perdita del loro figlio Fred:non c'è dolore più grande di quello di sopravvivere ad un figlio. Non avrebbero mai visto il loro figlio annunciargli il proprio matrimonio con la fidanzata, non avrebbero mai conosciuto il frutto di quell'amore, ma soprattutto non avrebbero più sentito le sue battute e la sua voce rimbombargli nelle orecchie. Davanti a loro George sembrava perso in un'altra dimensione: negli occhi l'ultima immagine del gemello morto poche ore prima, lo vedeva travolto dalle macerie cadere a terra con sulle labbra un sorriso causato dalla prima battuta mai sentita di Percy, terzogenito di casa Weasley. Nel cuore del ragazzo c'era la consapevolezza che suo fratello, l'altra metà di se stesso non lo avrebbe mai più aiutato nei suoi scherzi idioti, non lo avrebbe più visto accanto a sé nel negozio di Diagon Alley. Dentro George si era aperta una voragine che non poteva essere colmata da nulla, non sarebbe mai più stata la stessa vita. 

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Capitolo 2
*** Attese ***


 

ATTESE

 

 

 

 

Gli occhi incominciarono a pizzicargli, capì subito che le lacrime spingevano ai lati e le ricacciò indietro. Almeno lui, tra tutti loro, doveva dimostrarsi forte. Il volto tra le mani e gli occhi chiusi per non guardare la disperazione che lo circondava, così Ronald Weasley trascorreva quegli attimi angosciosi aspettando che Madama Chips visitasse Harry. Il rosso non aveva ancora realizzato cos'era accaduto, aveva solo visto il corpo dell'amico accasciarsi al suolo e sentito le voci preoccupate degli altri; rifiutava di credere che potesse realmente morire, non poteva, non doveva! Non dopo tutto quello che era successo: la ricerca degli Horcrux, la battaglia e la morte di Voldemort. Ron non riusciva a guardare la sorella ancora scossa dai singhiozzi, neppure la madre riusciva a calmarla, pensò di andare ad abbracciarla, di stringerla ma ogni volta che ci provava un macigno lo teneva attaccato alla sua sedia come se fosse l'unico appiglio per non cadere in un mare di lacrime e disperazione. La sala antistante l'infermeria si era lentamente svuotata: Kingsley era dovuto andare al Ministero per sistemare il caos che si era scatenato non appena la notizia della morte del Signore Oscuro si era diffusa. Numerosissimi maghi si erano dati ai festeggiamenti per la vittoria appena ottenuta e giravano spensierati per le strade di Londra senza preoccuparsi di rivelare l'esistenza del mondo magico, molti altri, invece, avevano fatto irruzione nelle case dei Mangiamorte per rubare o vendicarsi di soprusi subiti nel passato, così era già capitato alle abitazioni di Yaxley, Mulciber e Selwyn. Per non far si che la situazione degenerasse, un contingente di Auror era stato riunito per sgomberare le strade di Diagon Alley da possibili pericoli.

Intanto Molly, Arthur e George si erano recati nella Sala Grande per disporre, tra infiniti lamenti da parte della donna, del corpo del figlio Fred. Ad aspettare notizie erano rimasti Ginny,Ron,Hermione, Bill e Fleur; appena Madama Chips si affacciò al corridoio si fiondarono su di lei come uno stormo di avvoltoi appena avvistata la preda.

-Insomma! Calmatevi o non vi dirò nulla!- minacciò la donna.

-Ci scusi, ma ci dica come sta Harry.-chiese Hermione, quella che sembrava la più ragionevole tra tutti.

-Il signor Potter è in una situazione piuttosto complicata: non reagisce agli stimoli e qualsiasi cosa tenti di fare non si risveglia, bisogna solo aspettare che si svegli.-spiegò l'infermiera.

Ginny non aspettò neppure che finisse che già si era precipitata al letto dell'uomo.

Harry sembrava stesse dormendo, gli occhiali poggiati sul comodino vicino, gli occhi chiusi e la bocca leggermente dischiusa davano un'aria serena al suo corpo, Ginny vide il torace alzarsi e abbassarsi dolcemente nell'atto di respirare. Sulla fronte dell'uomo spiccava la cicatrice e poco sopra l'occhio sinistro vi erano i segni di una ferita appena curata, del sangue si era rappreso vicino l'orecchio destro. Ginny prese una sedia vicina e la portò accanto al letto decisa ad aspettare tutto il tempo necessario affinché l'uomo si svegliasse, ne era certa, Harry si sarebbe svegliato e l'avrebbe abbracciata. Fin da quel bacio il giorno del suo compleanno sapeva che nulla li avrebbe mai potuti separare, nemmeno la guerra che imperversava. Improvvisamente sentì un leggero tocco sulla spalla, senza guardarla seppe che era Hermione:

-Vedrai, andrà tutto bene.-disse la riccia.

-Lo so, Hermione. Lui si sveglierà e ripartiremo da zero, già lo so.-rispose Ginny, rivolta più a se stessa che all'amica.

Hermione non sapeva cosa dire, invidiava la forza dell'amica, anche nei momenti più bui non perdeva mai la speranza che tutto si sarebbe sistemato. Si guardo i piedi per un attimo e realizzò che le sue scarpe si erano rotte in più punti rivelando la stoffa delle calze colorate, non aveva neppure la forza di alzare la bacchetta per ripararle.

Dietro di se percepiva la presenza di Ron e sentiva i suoi occhi sulla sua nuca e si voltò per guardarlo. I loro sguardi si incontrarono subito, per Hermione fu come se vedesse quegli occhi azzurri per la prima volta, ci si specchiò per interminabili secondi, come se in essi potesse trovare le risposte a tutto ciò che cercava, come se nell'azzurro delle iridi dell'uomo trovasse non solo un colore ma un vero e proprio mondo pieno di bellezza che le riempì il cuore.

I due si abbracciarono per cercare nell'altro le emozioni perdute in quegli anni di incomprensioni, litigi e pianti, per loro fu come rinascere dalle ceneri di un mondo distrutto, non era importante nient'altro se non loro e ciò che stavano per far nascere, lentamente avrebbero colmato quel vuoto che li opprimeva. Il bacio che seguì fu salato e pieno di sentimento, lasciò entrambi senza fiato, la passione che per tanto avevano celato si liberò attraverso il contatto delle loro labbra...

-Scusate ma vi vorrei ricordare che non siete soli!-li interruppe Ginny.

Hermione e Ron si staccarono e guardarono la rossa come se fosse apparsa dal nulla, subito i loro visi diventarono di un color porpora non appena capirono di essersi baciati davanti la ragazza.

-Si...ehm...ecco...scusa...noi...-furono le uniche parole che Ron riuscì a pronunciare.

-Beh finalmente siete usciti allo scoperto! Ce ne è voluto di tempo.-

A quelle parole i due arrossirono ancora di più, Ron era ormai diventato un tutt'uno con i propri capelli. Ginny sorrise ad entrambi e tornò a osservare Harry stringendogli dolcemente la mano.

 

 

Ron, Hermione e Ginny rimasero accanto al letto per tutto il giorno, ma Harry non diede segni che potessero far credere in una sua veloce ripresa.

-Ciao ragazzi!-

Agli occhi dei tre apparve una ragazza di media stature con lunghi capelli biondi mossi che le arrivavano a metà schiena e un paio di enormi occhi azzurri, in essi ci si poteva specchiare e vedere se stessi tanto erano grandi. Il viso tranquillo e sereno non lasciava trasparire nessun'altra emozione che non fosse positiva, dalla sua espressione sembrava che la ragazza non avesse preso parte a quegli sconvolgenti avvenimenti del giorno prima: in lei la serenità regnava sovrana. Dietro la bionda si intravedeva un uomo alto e robusto, il viso tondo era segnato da alcune cicatrici, alcune recenti e altre meno, i capelli castani erano in tinta con gli occhi, a differenza della ragazza su di lui erano evidenti i segni della battaglia del giorno prima. In lui la guerra però non aveva solo portato dolore e disperazione, ma anche una grande consapevolezza di sé e dei propri mezzi, aver organizzato la resistenza contro i Carrow e ucciso il serpente di Voldemort aveva dato una gran fiducia a Neville Paciock.

-Ciao Luna! Come stai?- disse Ginny andando ad abbracciare l'amica.

-Tutto bene grazie, voi piuttosto mi sembrate abbastanza scombussolati.- come sempre Luna non aveva avuto peli sulla lingua.

-Beh è anche ovvio dopo quello che è successo a Harry...- intervenne Neville che però si accorse della gaffe e guardò con occhi smarriti i tre davanti a lui. Subito calò un silenzio imbarazzato tra i cinque, gli occhi di Ginny si velarono di lacrime e dolore, sembrò come se in una sola notte tutta la forza che l'aveva contraddistinta da tutte le altre fosse svanita in un soffio.

-Oh non vi preoccupate io sono sicura che si riprenderà. Sapete anche i Gorgosprizzi a volta fingono di essere morti per distogliere l'attenzione dei predatori.- Disse Luna interrompendo quello strano silenzio.

-Oddio ci risiamo.- mormorò Ron a Hermione.

- E' una tattica usata anche da molti altri animali.-disse Luna che aveva perfettamente sentito.

-Non ne dubito.-rispose Ron.

I cinque continuarono a chiacchierare per un po' in modo che nessuno di loro potesse pensare al terribile destino che era spettato ad Harry. Infine anche Luna e Neville erano andati via.

-Però, insieme sono carini.- disse Hermione guardando il punto in cui la porta dell'infermeria si era richiusa.

-Si, non sono male, ma lei è sempre più stramba!- ribattè il rosso.

-RON!-strillarono Ginny e Hermione contemporaneamente.

-E' vero! Ma come puoi credere a quella storia sui Gorgosprizzi!? E poi voi non avete fame?- chiese Ron il cui stomaco, nonostante la preoccupazione, incominciava a richiedere la propria dose quotidiana di cibo.

-Voi andate io rimango qui.-disse Ginny.

-Se non scendi tu io non vado.- si impuntò Hermione.

-Hermione non lo posso lasciare da solo, e poi tu sei pallida come un cencio, vai a mangiare qualcosa!- disse la rossa che in tutto quel tempo non aveva staccato gli occhi dal viso del moro sperando che una contrazione del volto le potesse dare segno che si stava risvegliando.

-Senti chi parla! Sembra che non mangi nulla da anni!- intervenne Ron in soccorso di quella che ormai si poteva definire la sua ragazza.

-Va bene, però poi torno subito qui. -cedette Ginny.

Dopo aver lasciato un leggero bacio sulle labbra di Harry, la rossa raggiunse i due amici sulla porta dell'infermeria e insieme si diressero verso la Sala Grande. Essa era piena di studenti e combattenti che banchettavano e parlavano ad alta voce ancora ebbri della vittoria contro le forze del male; i tre furono accolti da un'ovazione e un applauso che li lasciò di stucco: non si aspettavano tale riconoscenza da tante persone. Si diressero velocemente verso un gruppetto di teste rosse sedute al tavolo di Grifondoro e iniziarono a cenare.

-Ginevra Weasley! Da quanto tempo è che non mangi?!- Appena Molly Weasley aveva visto la figlia si era accorta del suo pallore e si era precipitata a riempirle il piatto. Accanto a lei uno stravolto George si passava una mano tra i capelli e con l'altra giocherellava con il porridge nel piatto, aveva passato il pomeriggio nella sala dove i caduti erano stati portati a vegliare la salma del gemello.

-Scusa mamma, ma papà dov'è?-chiese Ginny.

-E' stato chiamato d'urgenza al Ministero per riordinare i suoi uffici: alcuni maghi hanno fatto irruzione per vendicarsi dei Mangiamorte del Ministero e hanno distrutto tutto ciò che trovavano sul loro cammino. Per fortuna sono subito stati fermati.-spiegò la Signora Weasley.

-Per fortuna?-chiese George alzando la testa.

-Che vorresti dire?-intervenne Hermione leggermente irritata.

-Che i Mangiamorte mi hanno ammazzato un fratello e decine di persone care, forse quello che stavano facendo al Ministero non era così sbagliato.- George riabbassò subito la testa senza aspettare una risposta che comunque non arrivò: Hermione ammutolì all'istante e alcune lacrime le bagnarono le guance ripensando a Tonks e Lupin, gli occhi della Signora Weasley si incupirono al solo menzionare Fred e si voltò per non farsi vedere dai figli, Ron rimase a bocca aperta e allontanò il piatto, che gli sembrò come se contenesse lava pura per quanto quel cibo era diventato immangiabile dopo quel discorso.

La cena non vide altri scambi di vedute del genere o semplici discorsi, nessuno voleva parlare. Dopo le nove l'unico desiderio di tutti quanti era andare a letto, anche le ultime resistenze di Ginny per dormire in infermeria furono vinte dalla madre e da Madama Chips che glielo impedì categoricamente. Ormai rassegnata si diresse verso la torre di Grifondoro e dopo un'ora passata davanti il fuoco della Sala Comune, andò a dormire.

 

 

 

Dall'altra parte del castello due occhi verdi si erano appena aperti nel buio dell'infermeria...

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Capitolo 3
*** Risvegli ***


RISVEGLI

 

 

 

La prima cosa che avvertì fu dolore. Non riusciva ad aprire gli occhi né a muovere i propri muscoli, era come se il suo corpo non rispondesse più al suo volere. Quando riuscì a vedere qualcosa capì che doveva essere notte, la stanza era immersa nel buio e non gli arrivava alcun rumore, improvvisamente riconobbe il letto e il comodino accanto ad esso: si trovava nell'infermeria di Hogwarts. Almeno non era in mano ai Mangiamorte, ma cos'è era successo? Non ricordava cos'era accaduto dopo aver visto il corpo di Voldemort cadere per terra, perché si trovava lì? Chi lo aveva portato? Ron ed Hermione dov'erano?...E Ginny?

Gli sembrava che la testa gli scoppiasse e sentiva il bisogno di bere dell'acqua, tentò di alzarsi ma appena sceso dal letto cadde. L'angoscia lo pervadeva gli sembrava di essere solo una mente senza corpo, come se, dopo la fatica provata in quegli anni, il suo fisico avesse deciso che era abbastanza; forse stava morendo, forse era la fine, non avrebbe mai visto Ron e Hermione sposarsi, non gli avrebbe fatto da testimone, non avrebbe mai potuto più accarezzare Ginny, non avrebbe mai potuto accarezzare il suo corpo e scoprire la sua femminilità. Come se un rapace fosse calato verso la sua preda, ancor prima che le lacrime potessero prendere il sopravvento, ricadde in un sonno profondo senza sogni.

 

 

Quando aprì gli occhi si trovava nel letto a baldacchino che l'aveva accolta in quei sei anni a Hogwarts, il suo prima pensiero volò nella direzione dell'infermeria dove l'amore della sua vita combatteva per la vita. Il sonno le aveva restituito le forze che il giorno prima le erano state strappate, si passò una mano sul volto e si alzò in punta di piedi per non svegliare le sue compagne. Ginny si avvicinò al bagno e infilandosi nella doccia, l'acqua che le scorreva sulle spalle le dava la sensazione di un secondo battesimo, come se tutto cambiasse, una sorte di evoluzione che si protrae da millenni e che in ogni minuto e secondo che passa trova compimento. Dopo essersi lavata e vestita scese in Sala Grande per poi dirigersi in infermeria.

Attraversò i corridoi semi distrutti della scuola con un groppone in gola come se ogni angolo del castello, nonostante gli splendidi ricordi, le urlasse che doveva correre da Harry, era come se il cuore le dicesse di andare in infermeria. Tentò di zittire quelle voci ed entrò nella Sala Grande. Era semi vuota ma notò con piacere che Luna era seduta con aria sognante al tavolo dei Corvonero.

-Passata una buona notte?-chiese Luna appena vide la rossa avvicinarsi.

-Almeno ho dormito.-

-Sei rimasta con Harry?-

-No, sono dovuta tornare in dormitorio o mia madre mi avrebbe costretto con la maledizione Imperio!-

Le due si guardarono e risero di gusto mentre iniziavano a mangiare lo splendido cibo che si era presentato d'improvviso davanti a loro. Continuarono a ridere e scherzare finché un'alta figura gli si avvicinò a passa svelto: la McGranitt avanzava guardando le due giovani, dietro di lei Madama Chips. A quella vista le sensazioni di poco prima ripresero vita in Ginny, un brivido le percorse la schiena e le mani incominciarono a tremare vistosamente mentre si sistemava una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

-Signorina Weasley, credo sia il caso che ci segua.- esordì la professoressa.

-Cos'è successo?- chiese la rossa visibilmente pallida e ormai in preda alla più totale disperazione. Era certa che fosse accaduto qualcosa ad Harry.

 

 

Si svegliò colpito dalla luce del sole, come non accadeva da tempo. Avvolto nelle sue coperte non aveva nessunissima intenzione di imporsi davanti ad un'altra giornata: Harry in coma nel suo letto, Fred da seppellire, i suoi genitori con i volti sfigurati dal dolore, George ridotto al fantasma di sé stesso, non poteva affrontare tutto ciò. E' davvero così nobile soffrire per i dardi scagliati dalla fortuna contro i mortali? Non è forse meglio dormire per il resto della nostra esistenza vivendo in quella coltre di sogni che rendono tutto più dolce fino quasi a far sparire le sofferenze? Come può un uomo passare la sua intera esistenza combattendo contro qualcosa che lo schiaccia continuamente, neanche fosse un macigno che grava sulle spalle. Infondo la morte è davvero così terribile? Non è forse un passo o qualcosa di più?

Però si accorse che forse un barlume di speranza c'era, e aveva anche un nome: Hermione Granger.

Dal loro primo incontro aveva sentito il viso arrossarsi e uno strano brontolio allo stomaco che non poteva essere ricollegato alla mancanza di cibo; passati gli anni avevano affrontato di tutto insieme, ma ora era diverso, non erano più un trio, erano loro due e basta, legati dalla loro neonata intimità.

Rinfrancato da quel pensiero si alzò e andò in bagno. Poco dopo scese in Sala Comune e uscì dal ritratto, fatti pochi passi nel corridoio andò a sbattere contro una figura vestita di bianco che lo guardava con fare severo. Madama Chips con cipiglio contrariato gli si rivolse:

-Signor Weasley, credo sia il caso che lei presti attenzione mentre gira per i corridoi.-

-Mi scusi, non l'avevo vista.- rispose timidamente Ron che incominciava ad assumere il colore dei suoi stessi capelli.

-Comunque credo sia il caso che lei si diriga in infermeria dal signor Potter.- concluse l'infermeria prima di voltarsi e prendere le scale.

 

 

Ginny correva per le scale del castello senza curarsi degli altri studenti che si stavano risvegliando e si dirigevano verso il refettorio, il suo obbiettivo era ben preciso: l'infermeria. La McGranitt non le aveva voluto dire nulla di ciò che era successo, e lei non si era fermata in chiacchiere, aveva lasciato lì la sua colazione e una stralunata Luna e senza pensarci due volte si era messa a correre per il castello. Arrivata al piano desiderato si profilò davanti a lei la porta in quercia alta quasi 3 metri, quell'ala della scuola non aveva subito danni e, se non fosse per la polvere e alcune macchie di sangue, si direbbe che non fosse successo nulla negli ultimi mesi. La rossa si accostò alla porta con il cuore in gola, sperava di non dover vedere qualcosa che la avrebbe uccisa fatalmente, era terrorizzata che entrando avrebbe visto il corpo di Harry freddo ed immobile nel letto.

Fece forza su sé stessa e spinse un'anta. Subito le lacrime cominciarono a bagnarle le guance.

 

 

Quando riaprì gli occhi era prima mattina, il sole filtrava attraverso le tende e inondava la stanza, si stropicciò gli occhi e tentò di mettersi seduto. Questa volta il corpo rispose e, anzi, si sentiva di nuovo in forze, come se quel sonno gli riavesse donato il vigore che era mancato durante la notte. Appena comprese che poteva, si alzò e inforcò gli occhiali, i colori divennero più nitidi e le ombre presero forma, davanti a lui l'infermeria si presentava come sempre, sembrava che la battaglia non l'avesse scalfita: le alte mura erano intatte così come i finestroni che davano sul Lago Nero. I letti erano vuoti, sembrava che nella scuola fosse rimasto solo lui. Si avvicinò alla sedia vicino il muro e riconobbe alcuni dei suoi vestiti, li avevano dovuti aver messi lì Ron ed Hermione; subito si vestì, ma non appena fece per dirigersi verso la porta una voce lo bloccò:

-Signor Potter!-

Era Madama Chips, appena entrata da una delle stanze laterali, subito si precipitò dal ragazzo:

-Si rimetta immediatamente a letto!- intimò l'infermiera.

-Ma in realtà....-

-Nessun ''ma'', si sdrai subito. Prima che possa anche muovere un dito la devo visitare. Se si fosse rotto qualcosa o se sanguinasse come potremmo saperlo?-

-Io mi sento bene...-

-Si metta sdraiato. SUBITO!-

Madama Chips l'aveva sempre intimorito abbastanza e non appena alzò la voce gli sembrò di essere ritornato un bambino di 12 anni che aveva appena perso tutte le ossa del braccio destro. Si rinfilò a letto mentre l'infermiera, con passo svelto, si era diretta verso la porta che dava sui corridoi.

-Tornerò presto Signor Potter. Lei rimanga qui e non si muova.

Aspettò alcuni minuti dopodiché, senza il minimo rumore si cominciò a rivestire. D'improvviso sentì la porta dell'infermeria, si voltò pronto alla ramanzina, ma davanti a lui c'era l'unica persona che realmente desiderava in quel momento. Un paio di jeans stretti, una maglietta verde sotto una felpa nera, due occhi color cioccolato, i capelli rossi e le lacrime di felicità che le scorrevano sul volto.

 

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Capitolo 4
*** Ferite ***


Rimasero fermi a guardarsi per quella che sembrò un'eternità, nessuno dei due sembrava in grado di avvicinarsi all'altro. Ginny appena lo vide portò istintivamente la mano destra alla bocca, le lacrime le rigavano il volto, non le riusciva in alcun modo a fermare e forse non le interessava nemmeno farlo: rivederlo in piedi davanti a lei era un come un unguento per le ferite che quella guerra le aveva causato. Il ragazzo la guardava con uno sguardo strano, gli occhi trasmettevano un senso di malinconia e sembrava come se volesse chiederle scusa con il solo contatto visivo: scusa per i mesi passati senza dare alcuna notizia di sé, per le enormi sofferenze a cui aveva esposto l'intera famiglia Weasley, per essere andato incontro alla morte senza salutarla un'ultima volta, per la perdita del fratello...

Fu Harry il primo a parlare.

-Ginny, io...-

Ma un trambusto infernale proveniente dal corridoio bloccò il ragazzo. A provocare quel frastuono erano Hermione e Ron, i quali avvertiti dalla McGranitt si erano precipitati in infermeria, il rosso spalancò la porta di botto e si precipitò dentro la stanza senza nemmeno accorgersi della sorella, mentre Hermione si fiondò addosso ad Harry che per poco non perse l'equilibrio.

-HARRY! Finalmente ti sei svegliato, non puoi immaginare quanto eravamo in pensiero per te! Speravamo non ti fosse successo nulla! Tutto il castello era in pensiero per te!- disse la ragazza stringendo l'amico in un abbraccio degno della Signora Weasley.

-Hai dormito bene almeno?!-chiese Ron con tono sarcastico.

Nonstante quella manifestazione d'affetto Harry sembrava piuttosto freddo e quasi spaesato, l'unica reazione che ebbe fu quella di massaggiarsi il petto con volto dolorante, tutti e tre gli amici se ne accorsero e guardarono il moro preoccupati. Ginny, fino ad allora rimasta ferma sulla soglia dell'infermeria, si avvicinò lentamente ai tre e disse:

-Che cos'hai? Ti fa male qualcosa?-

-Nulla, solo un leggero fastidio.- rispose Harry senza nemmeno alzare la testa, ma Hermione imperterrita alzò la maglietta del ragazzo senza che lui potesse far nulla. Ai loro occhi apparì il punto in cui l'Avada Kedavra di Voldemort lo aveva colpito: il centro del petto era completamente livido e una ferita che stentava a rimarginarsi attraversava la zona tra i due pettorali. A quella vista Ron si irrigidì, mentre le due ragazze scoppiavano in lacrime e si coprivano gli occhi con le mani. Harry abbassò immediatamente la t-shirt, non voleva che si preoccupassero per lui, c'erano altri di cui occuparsi.

-Harry, devi farti vedere da Madama Chips!- singhiozzò Hermione.

-Credo che abbia altri da curare, io sto bene, veramente.- rispose il moro.

-Non mi sembra, amico. Quella ferita non è di certo una cosa da sottovalutare, dovresti farti vedere!- insistette Ron, ancora scosso dal trauma dell'amico, ma Harry non ne voleva sapere di fermarsi in infermeria:-

-Non sto morendo, voglio uscire di qui e in più sto bene, davvero!- ma nessuno gli dava ascolto. Fu Ginny a risolvere la situazione, corse verso la porta laterale che divideva la grande sala dall'ufficio di Madama Chips e bussò violentemente, la porta si aprì di scatto e ne uscì la donna.

-Signorina Weasley! Le sembra questo il modo di bussare ad una porta!?- chiese indispettita dall'irruenza della giovane.

-Mi scusi Madama Chips, ma il signor Potter vuole andarsene senza farsi visitare da lei, abbiamo visto che ha una brutta ferita sul petto e non vuole farla vedere a nessuno.- rispose Ginny con le lacrime che ancora solcavano le sue rosse guance. A quelle parole Madama Chips si concentrò su Harry e gli si avvicinò a passo di carica.

-Signor Potter, le avevo detto esplicitamente di rimanere sdraiato, si alzi subito la maglia!- ordinò imperiosamente la donna.

-Ma...-

-Nessun 'Ma' Signor Potter, si stenda e si levi la maglietta!- il tono dell'infermiera non accettava repliche e Harry fu costretto a stendersi sul letto che aveva occupato fino a poco prima, il suo sguardo era concentrato sulla piccola di casa Weasley, che lo guardava con sguardo di sfida: non voleva che nessuno, nemmeno Ginny, si preoccupasse di lui, in fondo stava bene e quelle ferite era sicuro si sarebbero rimarginate in poco tempo. Gli altri due invece guardavano intimoriti le sapienti mani di Madama Chips che esaminavano attentamente il busto del ragazzo, Hermione aveva la testa appoggiata alla spalla di Ron, mentre lui le accarezzava i capelli. Entrambi avevano paura di subire un'altra perdita, che avrebbe dato il colpo di grazia a tutti quanti: perdere Fred, Tonks e Lupin era già abbastanza doloroso, ma dover seppellire anche Harry sarebbe stato troppo. Ginny stessa era spaventata a morte, nonostante cercasse di mantenere lo sguardo negli occhi del ragazzo, non poteva perderlo, non ora che potevano stare insieme, non ora che tutto era finito come avevano tanto sperato.

-Signor Potter, avrebbe dovuto farmi vedere subito queste ferite, sono frutto della magia oscura, e non pensi guariranno tanto in fretta. Lei rimarrà qui in osservazione, mentre consiglio a voidi andare in Sala Grande, ci sono molte cose da fare e serve più aiuto possibile.- disse Madama Chips rivolgendosi agli altri tre ragazzi presenti in infermeria. Detto ciò la donna spinse via i tre e chiuse la porta dietro loro senza nemmeno prestare attenzione alle proteste quasi urlate di Ron e Ginny, si avvicinò ad uno scaffale e ne prese una boccetta di un liquido verdognolo che somministrò ad Harry.

-Questo è un calmante, ti farà rilassare mentre ti bendo.- spiegò l'infermiera. Harry provò a balbettare qualcosa, ma la pozione fece subito effetto su di lui e cadde in un sonno scevro di sogni.

 

 

 

 

Giunti in Sala Grande Hermione, Ginny e Ron si avvicinarono alla famiglia Weasley, la rossa si andò a sistemare accanto alla madre: sembrava come che Molly non avesse dormito nemmeno un minuto per vegliare il corpo del figlio, il volto era segnato dalle rughe e dal pianto, le mani le tremavano leggermente mentre stringevano convulsamente il fazzoletto bagnato. A poca distanza George guardava il vuoto davanti a sé, Angelina accanto gli cingeva le spalle con un braccio, ma sembrava non avere alcun effetto sul gemello. Ogni tanto ripeteva a bassa voce, con un movimento quasi impercettibile delle labbra: -Non è vero, non può essere successo.- sembrava come se cercasse di convincersi che di lì a poco Fred si sarebbe rialzato ridendo di loro. Ovviamente sapevano tutti sapere perfettamente che ciò era impossibile. Gli unici che sembravano in grado di gestire la situazione erano il Signor Weasley, Bill e Charlie: i tre discutevano sull'organizzazione del funerale e su dove seppellire il povero Fred, il primo si sarebbe svolto a Hogwarts, come per tutte le altre vittime della battaglia, mentre un cimitero vicino la Tana avrebbe raccolto le spoglie del gemello. L'unico assente era Percy, il quale era in infermeria, come Harry, per farsi medicare un taglio sul braccio sinistro, mentre Fleur stava aiutando Madama Chips a curare i feriti.

Ron si sedette vicino sulla prima panca libera, quell'aria cupa di morte sembrava avvolgere tutti loro e nemmeno il ricordo della battaglia appena vinta e la gioia per la liberazione dal male di Voldemort sembrava confortare la famiglia Weasley. Hermione lo abbracciò dolcemente da dietro, mentre lui metteva le sue mani su quelle della ragazza, non avevano bisogno di guardarsi per capire il dolore dell'altro, rimasero così, fermi per alcuni minuti, dopo dic he furono richiamati all'ordine dalla McGranitt, che entrava nella Sala Grande seguita dai professori:

-Signori, capisco il dolore delle famiglie, e lo rispetto, ma c'è bisogno di tutti per poter organizzare con cura la cerimonia. Abbiamo deciso di svolgere i funerali tra tre giorni da oggi, è necessario che chiunque non si occupi dell'infermeria o dei... caduti, si impegni nel ricostruire il cortile e i ponti distrutti durante la battaglia. Vi prego quindi di seguirmi per iniziare la ricostruzione di alcune ale.- Detto ciò si avviò verso l'esterno del castello, mentre molti dei presenti la seguivano in silenzio o chiacchierando tra di loro; in breve anche molti dei Weasley, eccetto Molly e il Signor Weasley che decisero di rimanere con Fred, mentre i ragazzi raggiungevano i professori per farsi assegnare un compito.

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Capitolo 5
*** Ricostruire ***


Ricostruire

 

Il vociare e l'attività che pervadevano il castello in quei giorni non sembravano neppure sfiorare l'infermeria, che rimaneva silenziosa e tranquilla per tutto il giorno, se non fosse per Madama Chips che ogni tanto faceva irruzione nella stanza per controllare che nessuno fosse scomparso e che tutte i pazienti si stessero rimettendo in sesto. Harry passò la giornata guardando il parco dalla finestra vicino al proprio letto, non riusciva a dimenticare le immagini che aveva visto la notte della battaglia: il muro che esplodeva travolgendo Fred, il corpo di Colin Canon riverso sul pavimento della Sala Grande senza vita, i cadaveri di Lupin e Tonks stesi insieme anche nella morte. Sentiva un peso enorme opprimergli il petto, faticava a respirare e l'aria gli sembrava farsi irrespirabile. La responsabilità di tutti quei morti gravava sulla sua testa e proprio tale consapevolezza attanagliava costantemente la mente del ragazzo; appena visto Ginny si era chiesto se quelle lacrime erano di gioia o rabbia: aveva il terrore che la ragazza lo odiasse per avergli sotratto il fratello maggiore, non riusciva a credere che qualcuno potesse ancora amarlo dopo tutto il dolore che aveva causato. Non poteva nemmeno immaginare i pensieri che frullavano in testa alla ragazza in quel momento, tutt'altro che infuriata con lui. Piuttosto era preoccupata e, mentre provava a rimettere in sesto un muro crollato nell'ala Ovest, non riusciva neppure ad utilizzare un 'Wingardium Leviosa' per far levitare i mattoni: lo sguardo che Harry le aveva lanciato in infermeria sembrava vuoto e privo di alcun sentimento, come se il loro amore fosse durato solo pochi mesi non era rimasta traccia della passione che avevano vissuto. Ginny era totalmente nel panico. Non sapeva cosa fare, desiderava andare da lui e baciarlo, ma al tempo stesso era terrorizzata da un possibile rifiuto del ragazzo. Dopo aver fallito per l'ennesima volta nel ricostruire il muro di mattoni le se avvicinò Hermione, a cui non era passato inosservato lo stato d'animo della rossa. La guardò con occhi apprensivi sapendo perfettamente cosa le passava per la testa:

-Pensi a lui, vero?- chiese.

-Lui chi?- rispose Ginny, dissimulando molto male i suoi pensieri e voltandosi per non guardare Hermione negli occhi.

-Sai perfettamente di chi sto parlando.-

-E allora cosa vuoi che ti dica? Che non riesco a tenere in mano la bacchetta per quanto sono frustrata?- rispose alzando leggermente il tono la rossa.

-Ginny, non c'è bisogno di arrabbiarsi, sono qui per aiutarti, dimmi che ti succede.- Hermione sembrava calma, nonostante la risposta dell'amica, si sedette e invitò Ginevra a fare lo stesso con un gesto della mano.

-Ho paura che non mi ami più-disse la rossa dopo qualche secondo di silenzio- Ho paura che non mi voglia più, che si sia scordato di me. Non posso perdere anche lui.-

A quelle parole Hermione abbracciò l'amica, non poteva veramente credere a ciò che aveva detto: Harry la amava, ma era ancora scosso dalla guerra ed era ancora troppo presto per rimarginare tutte le ferite che si erano aperte.

-Non devi avere paura- disse la più grande delle due- lui ti ama, ma forse è ancora sotto shock, gli devi dare del tempo.-

-Ma tu non hai visto il suo sguardo!- singhiozzò Ginny, scossa dal pianto.

-Vedrai che era solo una tua impressione, non pensarci e concentriamoci sulla ricostruzione!- Hermione le asciugò gli occhi e la rimise in piedi prima di rialzarsi per riprendere il lavoro. Doveva pur distrarla in qualche modo.

 

I lavori continuarono per tutto la giornata e solo una minima parte del castello era stata risistemata, senza però contare gli innumerevoli quadri e arazzi che dovevano essere restaurati e rimessi al loro posto. La McGranitt dirigeva i lavori da vera preside ed era ormai sotto gli occhi di tutti che sarebbe stata lei a sostituire Piton; Vitious, Lumacorno, Sprite e gli altri professori davano una mano agli studenti o aiutavano in infermeria. Kingsley Shackelbot era stato nominato Ministro della Magia con un mandato straordinario: il suo compito era rimettere in sicurezza la nazione e per farlo era necessario tutto l'aiuto possibile, infatti alcuni Mangiamorte erano ancora a piede libero e si vendicarono attaccando alcuni villaggi babani nel nord della Scozia. Gli Auror erano arrivati ad Hogwarts nella mattinata per portare via coloro che erano stati catturati ed avevano lasciato un picchetto di una dozzina di uomini in caso qualcuno avesse tentato di attaccare il castello. Intanto i

caduti erano stati portati in una cripta adiacente alla Sala Grande e lì erano stati ricomposti in attesa della cerimonia di tre giorni dopo. La famiglia Weasley si era divisa in varie attività: Molly era tornata alla Tana per controllare che la casa fosse ancora integra e che nessuno avesse approfittato della loro assenza per saccheggiare le poche cose preziose, intuile dire che era scoppiata in lacrime appena aveva visto la lancetta di Fred puntata su Morte nel grande orologio del soggiorno. Il Signor Weasley e Percy, uscito dall'infermeria, erano tornati al Ministero per aiutare la nuova classe dirigente a portare l'ordine nel paese. Bill e Fleur erano tornati a Villa Conchiglia, ma avevano deciso di far ritorno a Hogwarts nel pomeriggio poiché volevano dare una mano alla ricostruzione della scuola. Charlie era rimasto nel castello tutto il giorno insieme a Hagrid tentando di calmare alcune delle bestie che ancora si aggiravano nei sotterranei. George era l'unico rimasto a vegliare il corpo del fratello, a volte Angelina lo andava a trovare e rimaneva con lui alcune ore portandogli da mangiare e da bere, ma le sue premure non sembravano avere un grande effetto sul gemello. Arrivata la sera tutti gli studenti, i professori e gli altri abitanti del castello si erano riuniti per la cena nella Sala Grande, erano molto preoccupati dal non avere ancora visto il Prescelto: infatti Harry era rimasto rinchiuso nell'Infermeria a causa di Madama Chips che gli aveva categoricamente imposto di non alzarsi dal letto. Le voci si facevano sempre più insistenti su una sua possibile malattia, nel momento in cui questa voce arrivò alle orecchie di Ron e Ginny, i due non riuscirono a controllarsi ed esplosero in urla e imprecazioni contro quelli che parlavano di tale assurdità:

-HARRY NON E' AMMALATO!- urlava Ron per tutta la Sala Grande, non preoccupandosi di tutti quelli che lo stavano guardando -Vedrete si rimetterà a giorni!- In breve il trambusto cessò e l'atmosfera si fece meno pesante. Dopo cena coloro che non erano studenti tornarono nelle loro abitazioni, mentre gli alunni rientrarono nelle proprie case, tranne i Tassorosso che furono smistati nei vari dormitori visto che la loro ala era crollata. Ron,Hermione e Ginny tornarono nella propria Sala Comune e a loro si aggiunse Neville.

-Come sta Harry? Veramente.- chiese Neville abbassando la voce per non farsi sentire da orecchie indiscrete. Alla domanda Ginny sobbalzò sulla poltrona e assunse uno sguardo cupo. -Cosa gli è successo?- riprese il ragazzo ancor più preoccupato dalla reazione della rossa.

-Ha una brutta ferita sul petto e Madama Chips lo tiene fermo a letto, ma non è in pericolo di vita e siamo anche riusciti a parlargli, domani torneremo da lui.- rispose Hermione per non allarmare l'amico.

-Ho sentito in giro che era in coma irreversibile e che era quasi morto nello scontro.- disse Neville.

-E' una bugia!- Ginny era definitivamente esplosa.- Harry sta bene e presto le vedrete tutti!- Detto ciò si alzò e volò per le scale del dormitorio femminile. Era terribilmente stanca e le rassicurazioni di Hermione non erano servite a nulla,strinse il volto nel cuscino e lasciò libere di scorrere le lacrime. Non voleva sentire quelle cattiverie su di lui, non mentre si trovava in quella situazione. Si addormentò piangendo e sognando un mondo in cui lei e Harry erano insieme senza preoccupazioni e senza nessun intralcio.

 

 

Proprio Harry in quel momento pensava al momento che stava attraversando: si sentiva confuso, non sapeva cosa fare, con chi confidarsi, aveva paura che tutti quanti lo odiassero che nessuno lo potesse capire. Decise di partire, subito dopo la cerimonia si sarebbe defilato velocemente per andare a visitare il cimitero di Godric's Hollow e la sua casa nel villaggio, dove tutto era iniziato, si ripromise di andare a Grimmauld Place per fare ordine nella palazzina appartenuta alla famiglia Black: doveva dare indicazioni a Kreacher su come gestire la casa e sperava che nessuno fosse entrato durante la sua assenza. Penso che difficilemente sarebbe tornato a scuola, non aveva voglia di rivedere ogni giorno quella mura nelle quali si era consumata una così grande tragedia, voleva parlare con Kingsley per un eventuale lavoro da Auror, magari sostenendo dei corsi con cui ottenere i M.A.G.O. l'anno prossimo. Consumato dai pensieri sul futuro si addormentò anche lui nel letto dell'infermiera, interrogandosi su quale futuro lo aspettava.

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Capitolo 6
*** Allontanamenti ***


Allontanamenti

 

 

 

 

I due giorni precedenti alla grande cerimonia passarono velocemente, i preparativi occupavano tutta la giornata e tenevano occupati gran parte degli studenti. Gli stessi Ron, Hermione e Ginny non riuscivano a sottrarsi dai compiti loro assegnati e vagavano per il castello ricostruendo ale intere o sistemando i quadri alle pareti con grande disappunto dei loro occupanti. Solo la sera prima i tre ebbero modo di ritrovarsi nella sala comune di Grifondoro, il primo argomento di discussione fu Harry: quando lo andavano a trovare sembrava come se non esistessero, parlava a stento e infine li allontanava dicendo che era stanco:

-Secondo me è realmente stanco, in fondo ha appena combattuto una delle più grandi battaglie della storia!- disse Ron, interrompendo il dialogo tra le due donne, che si girarono a guardarlo con uno sguardo che non prometteva nulla di buono.

-Ron, credi veramente a quello che hai detto o ci vuoi solo far arrabbiare?- chiese Hermione con un tono falsamente gentile.

-Non c'è nulla di male nel sentirsi affaticati...-

-Tu sei serio!- intervenne Ginny scoppiando a ridere.

-Che c'è da ridere?! Perché ci deve sempre essere qualcosa che non va?- chiese Ron quasi disperato dalla reazione delle due.

-Perché Harry non sta bene, è evidente che non è solo stanco. Non parla con nessuno, se lo andiamo a trovare ci allontana in fretta e furia e non mangia niente da giorni nonostante Madama Chips cerchi di costringerlo in tutti i modi.- Quello che Hermione diceva era la pura verità: ormai il ragazzo sembrava un fantasma, smunto e pallido.

-E cosa intendete fare, di grazia?- domandò Ron, rassegnato all'evidenza delle prove.

-Parlavamo proprio di questo, prima che ci interrompessi con le tue stupidaggini- disse la sorella -Tanto per cominciare, dopo la cerimonia, dovremmo portarlo via dal castello, non mi sembra si trovi a suo agio. In più non dobbiamo assolutamente lasciarlo solo, se si isola è peggio, preferisco che ci urli contro.- aggiunse Ginny.

-Allora è deciso, faremo a turni per stargli vicino e andremo alla Tana dopo i... funerali.- terminò Hermione deglutendo a forza un boccone che sembrava ancora amaro. Il ricordo della battaglia era ancora vivo e faceva male, spesso aveva sorpreso Ron da solo a piangere pensando al fratello: in quei momenti si sedeva accanto a lui e lo abbracciava più forte che poteva. Era importante fargli sentire tutto il suo amore. La loro relazione procedeva bene, nonostante i litigi ed il poco tempo passato insieme, sapeva che la famiglia Weasley necessitava tempo per riprendersi e non voleva affrettare Ron. Intanto Ginny si era alzata augurando ad entrambi la buonanotte e stava risalendo le scale del dormitorio. A quel punto Hermione si avvicinò al ragazzo e si accoccolò sul suo petto, era così bello sdraiarsi insieme a lui senza fare nulla e la sua sola presenza la rilassava. Restarono in silenzio però un po', fu la ragazza a rompere il silenzio alzandosi per andare a dormire:

-E' tardi e domani abbiamo la cerimonia, buonanotte Ron.-

-Buonanotte Herm.-

Si scambiarono un rapido bacio a fior di labbra e si separarono per dirigersi nei rispettivi dormitori.

 

 

Il mattino dopo la scuola era invasa da un esercito di gente: erano accorsi da tutta l'Inghilterra per l'evento e tutti non facevano altro che aspettare Harry Potter. Giornalisti, funzionari del Ministero, studenti, insegnanti, genitori e curiosi affollavano il grande parco di Hogwarts; sedie bianche erano disposte tutte intorno ad un edificio di pietra bianca che svettava nel mezzo del verde prato. Lo stile era semplice ma al tempo stesso ricercato: la struttura ricordava i grandi templi ionici della classicità greca, una camera centrale era circondata da un colonnato, due maghi scolpiti nella roccia sorreggevano l'architrave che permetteva l'accesso alla cripta, su cui erano incise le parole 'In Memoria dei Caduti della Battaglia di Hogwarts', sul frontone dell'edificio alcune statue raffiguravano maghi, elfi e centauri respingere le orde di Voldemort. Alla vista del complesso tutti quanti rimasero meravigliati dalla cura dei particolari e dal tempo record con cuie ra stato eretto. Gli studenti e coloro che avevano partecipato alla ricostruzione del castello avevano visto la McGranitt, Vitious e gli altri professori lavorarci, ma non potevano neppure immaginare che tipo di opera avevano in mente. Alla famiglia Weasley erano state riservate molte sedie in seconda fila e ben presto tutti i membri si ritrovarono per assistere alla cerimonia. Fred Weasley era stato posto nella sua bara, che presto sarebbe stata portata dai becchini del ministero addetti alla tumulazione dei combattenti. La Singora Weasley era accompagnata dal marito, Bill da Fleur, Percy, invece, era con una ragazza che nessuno aveva mai visto, Audrey, e che lavorava nell'ufficio accanto al suo al Ministero. George sedeva accanto insieme all'inseparabile Angelina, mentre Charlie, Ron, Hermione e Ginny sedevano un po' in disparte.

-Ma Harry dov'é?- chiese Charlie accorgendosi subito che lo sguardo della sorella si faceva cupo.

-E' in ritardo, forse starà lottando con Madama Chips.

In solo un quarto d'ora il parco si era riempito, sembrava che tutta l'Inghilterra si trovasse in quel momento ad Hogwarts per la cerimonia, ci fu un grande applauso all'arrivo di Kingsley Shackelbot, neo-Ministro della Magia. In mezzo alla folla i ragazzi riconobbero Hagrid, che occupava tre sedie rinforzate a causa della sua enorme stazza, ed Aberforth Silente, che li fece l'occhiolini appena si accorse che lo stavano fissando, Ron e Hermione appuntarono mentalmente di andarlo a trovare per ringraziarlo di avergli salvato la vita la settimana scorsa. I loro pensieri furono interrotti da una marea umana che si spostava in fretta e furia verso il portone del castello: era appena apparso Harry.

Indossava un abito nero sopra una camicia bianca ed una cravatta vinaccia, il colore del vestito metteva in risalto la pelle pallida del ragazzo e la sciupatezza del suo volto, tanto che la Signore Weasley esclamò tra le lacrime – Ma da quanto non mangia quel povero ragazzo!- Harry si avvicinò velocemente alla prima fila e si sedette al suo posto driblando le domande dei giornalisti. Accanto a lui la Mcgranitt sembrò non essersi accorta di nulla. Al contrario Ginny si era completamente ghiacciata: era così bello nel suo abito da toglierle il respiro, sembrava che gli fosse stato cucito addosso e non poteva fare a meno di incollare i suoi occhi alla schiena del ragazzo. La cerimonia cominciò e salì sul palco lo stesso uomo mandato dal Ministero in occasione del funerale di Silente, ma questa volta l'orazione fu breve e terminò invitando la prof. McGranitt, in quanto preside di Hogwarts, sul palco. La donna si alzò lentamente, era avvolta in un vestito nero svolazzante che la copriva interamente, lasciando vedere solo le mani e il collo, non portava il cappello che era solita indossare, ma i capelli erano avvolti nel solito chignon.

-Tutti voi sapete cosa questo castello ha passato appena tre giorni fa e non è compito mio ricordare la battaglia che si è svolta in esso. E' invece mio dovere ricordare chi è caduto per la libertà, la giustizia e l'uguaglianza. Furono per primi i nostri antenati ad insegnarci questi valori quando decisero di fondare la scuola, i quattro fondatori ci consegnarono le virtù che tutti noi abbiamo imparato ad amare e difendere durante questa lunga guerra. Dunque essi sono degni di lode, ma anche i nostri padri hanno contribuito alla loro conservazione, preservando la scuola e gli insegnamenti che da più di mille anni impartisce a tutto il mondo magico. Noi qui presenti, in particolare gli studenti, i professori e coloro che parteciparono versammo il nostro stesso sangue per Hogwarts e per ciò che ha rappresentato per molti. Ed io, dato che non voglio fare lunghi discorsi a chi conosce già, lascerò perdere, fra questi fatti, le imprese compiute durante le guerre, infatti, é mio intento lodare coloro che sono morti a difesa della libertà del mondo magico dalla tirannia di Voldemort. Per ottemperare questo mio compito, però, voglio elencare le qualità che noi per primi sfoggiamo e che ci contraddistinguono da coloro a cui ci siamo opposti: noi amiamo ciò che è bello ed insieme frugale ed amiamo la saggezza senza mollezza, ci serviamo della ricchezza più per l'opportunità di azione che per lo sfoggio in un discorso, e non è vergognoso ammettere di essere povero, anzi è più vergognoso tentare di rifuggire con i fatti la povertà. Anche negli atti di valore ci siamo messi in posizione opposta ai più: infatti non ci procuriamo gli amici ricevendo benefici, ma facendone. Dunque chi fa un favore è un amico più sicuro, tanto da conservare il favore dovuto grazie alla riconoscenza di colui al quale egli l'ha dato. Colui che invece è debitore a propria volta è più debole, perché sa di dover ricambiare il favore non per ottenere gratitudine, ma per ripagare un debito. E noi soli portiamo aiuto senza timore a qualcuno non tanto tenendo conto del guadagno, quanto per la fiducia che deriva della libertà. le nobili azioni di questi uomini e di quelli a loro simili abbellirono i fatti che ho raccontato a gloria della scuola. Perciò non li compiango, genitori di questi caduti, voi che siete presenti, piuttosto li consolerò. Infatti sanno di essere cresciuti tra molteplici vicissitudini: ebbero destino felice coloro che ottennero la più nobile delle morti, come questi caduti, o dei dolori, come voi, e coloro per i quali la vita fu misurata in modo tale che essere felici e morire coincidano. Per conto mio, ho pronunciato con questo discorso le parole che ritenevo opportune, secondo l'usanza, e di fatto coloro che sono sepolti sono già stati in parte onorati. Quanto agli altri onori, la comunità magica si preoccuperà di crescere i loro figli da questo momento in poi a spese dello Stato, fino al momento della maggiore età, offrendo ai morti ed ai parenti ancora in vita un'utile ricompensa per tali imprese: infatti coloro che dispongono i più grandi premi per il valore hanno anche gli uomini migliori come cittadini.

La fine del discorso coincise con un'ovazione incredibile da parte di tutta la folla presente: uomini, donne, bambini, centauri e chiunque fosse presente era in piedi ed applaudiva le parole della preside. Molti erano quelli in lacrime, come la Signora Weasley, ma continuavano a battere freneticamente le mani in segno di ammirazione per la McGranitt. Ron, Hermione, Ginny e Harry erano rimasti sbalorditi dalle parole della loro professoressa: il suo discorso era un atto di orgoglio che non aveva precedenti, aveva elencato le virtù che favano di Hogwarts la migliore scuola magica al mondo, celebrando così le morti dei combattenti e glorificando il loro sacrificio in opposizione ai Mangiamorte che si erano alleati con Voldemort.

La cerimonia si concluse con l'apertura della cella dell'altare costruito nel parco e con la lettura dei nomi di coloro che erano morti. In breve tempo la folla si disperse avviandosi verso i cancelli, solo Ron, Hermione e Ginny e molti studenti e professori si erano avviati verso il castello. I tre cercavano di trovare Harry, ma non era facile in mezzo a tutta quella folla, infine lo videro poco dietro a loro parlare con la Mcgranitt e Vitious. La conversazione sembrava piuttosto intima e perciò si fermarono aspettando il ragazzo.

 

 

Harry non si aspettava un discorso del genere da parte della preside e non appena la folla ebbe lasciato da sola la donna le se avvicinò:

-Complimenti professoressa! Un bellissimo discorso!- si complimentò il ragazzo.

-Grazie signor Potter, è stato più difficile di quanto pensassi.-replicò la professoressa.

-Però ha fatto sicuramente il suo effetto.-

-Dalle centinaia di complimenti che ho ricevuto mi sembra vero.- La McGranitt guardò Harry con occhio apprensivo e lui non potè fare altro che distogliere lo sguardo, quella donna avrebbe sempre avuto lo strano potere di metterlo in soggezione -Cosa farai ora?- chiese a bruciapelo. Il ragazzo rimase spiazzato da quella domanda, ma in qualche modo se l'aspettava. Rispose passandosi una mano tra i capelli corvini:

-Non credo tornerò a scuola, vorrei prendere il M.A.G.O., ma non sono sicuro di voler rivedere di nuovo il castello. Vorrei seguire il corso per diventare Auror, am senza il diploma...-

-Sono certa che questo sia il tuo ultimo problema, Potter. Il salvatore del mondo magico sarà sempre il benvenuto nei battaglioni Auror- disse Vitious, che si era unito alla conversazione da poco, ma che aveva già capito l'argomento a tema. Harry si sentì un po' a disagio da questa affermazione, non si sentiva un eroe, ma solo un sopravvissuto, un naufrago scampato alla più terribile delle tempeste. Si congedò in breve dai due professori ma appena vide i tre che lo attendevano avrebbe preferito continuare quella discussione: Hermione, Ron e Ginny lo fissavano a circa venti metri da lui. L'ora della verità era giunta.

Negli ultimi tempi si era sentito a disagio con tutta la famiglia Weasley: tutti lo andavano a trovare, gli sorridevano, lo supportavano, ma era lui la causa di tutto il dolore che pativano dalla morte di Fred. Aveva visto George ridotto uno straccio che piangeva tra le braccia di Angelina, per non parlare della Signora Weasley che non faceva altro che vegliare il cadavere del figlio. Come poteva ancora guardare i loro volti e non sentrisi colpevole?

-Finalmente riusciamo a parlarti!- disse Hermione, sollevata che il ragazzo non fosse fuggito. Harry, però, non sembrava molto contento e accampò la prima scusa buona per andare via.-

-Ehm... La cerimonia mi ha...Stancato... Meglio che torno in infermeria.- fece per andarsene via ma la mano di Ginny lo bloccò. Lo guardava con sguardo supplichevole ma il ragazzo tolse la mano da quella della rossa con uno scatto, come se si fosse scottato.

-Harry, ti prego...- Le lacrime bagnavano le guance della ragazza, che non riusciva a trattenersi più.

-Lo sappiamo che oggi ti hanno dimesso- disse Ron- Perché ti stai allontanando?-

-Non mi sto allontanando!- rispose Harry, irritato dall'interrogatorio in atto.

-Ah no? E allora come mai ogni volta che qualcuno viene a trovarti fai finta di dormire o di essere troppo stanco per parlare.- Hermione era intervenuta in difesa del suo ragazzo, ora Harry si trovava in una situazione complicata e non sapeva, o non voleva, rispondere alle loro domande. -Noi ti vogliamo aiutare, ma tu ce lo devi mettere.- aggiunse Hermione avvicinandosi. Ginny continuava a piangere silenziosamente vicino all'amica mentre scrutava un uomo che non sembrava più lo stesso. -Non c'é bisogno di aiutarmi, sto benissimo!-

-Ma non lo vedi come ti comporti?!- Hermione si stava irritando, avrebbe voluto schiaffeggiarlo, ma se lo avesse fatto sarebbe stato ancora peggio. - Vieni con noi, dormi e domani ce ne andiamo insieme a tutti gli altri. Andiamo alla Tana e...-

-Non verrò alla Tana.- lo aveva detto di botto, senza riflettere. Non aveva mai pensato veramente di non andare a casa Weasley, ma l'atteggiamento degli amici lo aveva fatto arrabbiare e non aveva trovato miglior difesa che allontanarsi ancora di più.

-Che vuole dire?- sbottò Ron alle parole dell'amico.

-Prima devo andare a...Grimmauld Place. Controllare che sia tutto in ordine e poi vorrei andare a Godric's Hollow.- Harry si era accorto delle parole dette troppo duramente, e voleva rimediare, ma l'idea di tornare alla Tana non gli piaceva e preferiva evitare chiunque per un po'.

-Puoi farlo anche mentre sei con noi!- rispose sconcertata Hermione, sempre più esterefatta dalle parole dell'amico.

-Ormai ho deciso, non verrò alla Tana.- Detto ciò Harry girò i tacchi lasciando i tre a guardare le sue spalle mentre si allontanava. Non voleva sentire repliche e non aveva alcuna intenzione di discutere. I suoi amici non avevano parole: Ron e Hermione non avevano parole, mentre Ginny si era totalmente abbandonata alle lacrime, ormai certa che l'uomo della sua vita non la amava più.

 

Angolo dell'autore:

Intanto vi ringrazio per seguire la mia storia e vi chiedo di recensire più che potete per farmi arrivare le vostre impressioni su questa storia. Mi scuso se prima non ho avuto un dialogo molto aperto con i lettori, ma non preferivo sviluppare questa prima parte da solo. Per il futuro spero in più recensioni e consigli da parte vostra. Per chi di voi frequenta o ga frequentato il Liceo Classico si sarà accorto che il discorso della McGranitt è ispirato all'epitaffio funebre di Pericle in onore dei caduti del secondo anno di guerra così come riportato da Tucidide, mi sembrava un discorso abbastanza attinente e potete consultare l'originale direttamente sul web. Per una settimana non potrò scrivere a causa della mia partenza per la Sardegna, pubblicherò il nuovo capitolo intorno al 30 agosto!

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Capitolo 7
*** Scomparse ***


Dopo aver lasciato la cerimonia funebre dei caduti, Harry si diresse in infermeria, impacchettò le poche cose che aveva con sé e si mise sulle spalle il proprio mantello dell’invisibilità. Come aveva fatto solo pochi giorni prima attraversò il castello non visto, ma l’atmosfera era molto diversa da come la ricordava: non c’erano cadaveri per le scale, anche se buona parte di esse erano ancora inaccessibili o danneggiate dai furibondi scontri, gli abitanti dei quadri si festeggiavano e passavano da un dipinto all’altro per scambiarsi gli auguri, mentre i pochi studenti non ancora tornati dalle proprie famiglie gironzolavano spensierati per il castello. Preso da queste fugaci considerazioni, Harry si ritrovò nel cortile della scuola. Il sole illuminava il lago che si adagiava pigro sulle proprie sponde, mentre una leggera brezza primaverile ne increspava la superficie per poi perdersi tra i rami della Foresta Proibita. Sarebbe stata una giornata perfetta da passare appoggiati al tronco di un albero mentre una donna dai capelli rossi sonnecchiava appoggiandosi al suo petto, ma tutto quello non era più possibile. Non aveva la forza di affrontare i Weasley dopo la morte di Fred, sostenere i loro sguardi era troppo anche per lui: non lo avrebbero mai accusato apertamente di quello che era accaduto, ma in cuor suo sapeva che si sarebbe portato quella responsabilità addosso per il resto della sua esistenza. Forse era sempre stato destinato alla solitudine, fin da bambino, quando per primi i suoi genitori si sacrificarono per lui nell’estremo tentativo di salvarlo; ora doveva semplicemente accettare il suo destino e comportarsi di conseguenza, da uomo, prendendosi oneri e onori del suo essere. Una volta arrivato al cancello divelto lo attraversò scavalcando il corpo riverso a terra di un Mangiamorte, il cappuccio tirato sul viso gli impediva di scorgerne le fattezze, ma in fondo non gli interessava chi fosse: chiunque avesse indossato quei colori era meglio fosse morto, un ostacolo in meno verso la pace. Si guardò intorno un’ultima volta e, tolto il mantello di dosso e riposto nello zaino, si smaterializzò.

 

 

La prima ad accorgersi della sparizione di Harry fu Hermione. La sera, dopo i funerali, aveva marciato sull’infermeria per urlare addosso al ragazzo tutto ciò che non era riuscita a dirgli in riva al lago, ma una volta arrivata davanti al letto precedentemente occupato dal prescelto, aveva trovato solo le lenzuola sfatte e nessuna traccia che conducesse a lui. Aveva allora fatto dietrofront e si era diretta in Sala Comune prima, e infine alla Sala Grande, ma niente. Fece un ultimo disperato tentativo da Hagrid, ma non trovò né Harry, né il custode, che era nella foresta ad occuparsi del fratello. Solo allora si rese conto che il moro era sparito. Rifletté un attimo sulle opzioni davanti a lei: poteva informare la preside e chiederle se ne sapeva qualcosa, andare dai Weasley e aggiungere un peso ad una famiglia che piangeva ancora un caro defunto, oppure fare tutto da sola e tentare di far rinsavire Harry. Per quanto fosse tentata dall’ultima possibilità, anche a fronte di tutto ciò che aveva da dire al ragazzo, pensò che in fondo era meglio rivolgersi a qualcuno che potesse aiutarla. Percorse a grandi falcate le scale e bussò in fretta alla porta della McGranitt:

-Entrate, prego- le giunse all’orecchio la voce spazientita della professoressa.

-Buonasera, mi chiedevo se sapeva dove si trova Harry, non riesco a trovarlo da nessuna parte- disse Hermione varcando la soglia dell’ufficio.

-Credo che il Signor Potter abbia lasciato il castello poco dopo la commemorazione dei caduti. E’ stato visto da un Auror mentre si smaterializzava fuori dai cancelli di Hogwarts.-

-E non ha fatto nulla per fermarlo?!- chiese arrabbiata la ragazza dagli occhi nocciola. A quel punto la McGranitt si mosse a disagio sulla sedia, si sistemò il ponte degli occhiali e guardò dritta negli occhi Hermione, calibrando bene le parole che avrebbe usato di lì a poco.

-Vede Signorina Granger, credo che Potter abbia bisogno di stare da solo. E’ stato sottoposto ad un forte stress negli ultimi mesi e deve abituarsi all’idea di avere tutta la vita davanti a sé. Per quanto a noi sembra un’idea tutto sommato ovvia, per lui non è così, soprattutto dopo gli avvenimenti degli ultimi anni: Potter era ormai sicuro sarebbe morto nello scontro, tanto che, se si ricorda, si era consegnato volontariamente a Voldemort per essere ucciso. Dovete lasciargli spazio, farlo respirare, ma ricordargli che voi per lui ci siete ancora, e che la vostra amicizia non è finita il giorno della battaglia, nonostante tutto ciò che è successo. – Le parole della McGranitt avevano profondamente sconvolto Hermione che la ringraziò e lasciò l’ufficio.

La ragazza vagò per i corridoi del castello, chiedendosi cosa significasse ciò che le era stato appena detto. Come poteva Harry pensare che la loro amicizia si basasse solo sulla guerra a Voldemort? Perché aveva messo in discussione così la sua vita? Come faceva a non capire che il suo futuro era con lei, Ron e… Ginny? Aveva visto l’amica devastata dopo la fine della battaglia, tutta la sua forza invidiabile forza interiore si era esaurita non appena si era resa conto che il suo ragazzo era anche lui disteso sul pavimento della Sala Grande. Non riusciva a sopportare l’idea che tutti quei sacrifici, tutto il dolore patito, tutte le ferite subite non fossero servite a nulla, che nonostante tutto ciò che aveva fatto, le battaglie che aveva combattuto, aveva comunque perso il suo uomo. Concentrata nei suoi pensieri, si trovò davanti alla Signora Grassa e entrando nel passaggio che conduceva alla sala comune di Grifondoro, sentiva già il rumore del vocio dei suoi compagni. In un angolo, su un divano siedevano Ron, Ginny e le sue amiche Isobel, Maddy e Daisy. Le tre sembravano preoccupate per lo stato della piccola di casa Weasley, che era assorta a guardare il fuoco mentre le altre cercavano di distrarla parlando del più e del meno. Isobel era una ragazza brillante, i corti capelli neri le sfioravano le spalle mentre un paio di occhi neri si muovevano nelle grandi orbite oculari, era tutto sommato una bella ragazza, che però a volte poteva sembrare si trascurasse, specie perché non le piaceva apparire. Maddy, invece, era l’esatto opposto: bionda, occhi verdi e un carattere molto solare ed allegro che la portava ad essere sempre al centro dell’attenzione, cosa che le era valsa i corteggiamenti di numerosi ragazzi. Infine, Daisy era la più vicina delle tre a Ginny, anche lei aveva lunghi capelli biondi, che spesso raccoglieva in una coda di cavallo, lasciando che alcune ciocche le incorniciassero il viso di tanto in tanto. Aveva legato molto con la rossa nel corso degli anni e aveva visto l’evoluzione del suo sentimento per Harry, fino a quando lo scorso anno non c’era stato quel bacio dopo la vittoria della coppa di Quidditch. La felicità che in quel momento sprizzava Ginevra sembrava invadere la stanza, ma ora era l’esatto opposto della ragazza che appena un anno prima sembrava aver realizzato il più intimo dei suoi sogni.

Hermione passò in mezzo a tutto ciò e posò una carezza sulla nuca di Ginny, che per tutta risposta alzò i suoi occhi color nocciola alla volta dell’amica, la quale ricambiò con un sorriso. La seguì con lo sguardo mentre si sedeva vicino al fratello e piano piano intrecciavano le loro mani nascosti alla vista. Si chiedeva cosa avesse fatto scattare l’amore tra quei due: erano sempre stati fatti l’uno per l’altra, ma non si erano mai resi conto di ciò; magari durante la loro missione con Harry era successo qualcosa o forse durante la battaglia… Non aveva ancora avuto l’occasione di parlare con l’amica, ma spesso li aveva sorpresi a scambiarsi dolci sguardi oppure una carezza clandestina mentre pensavano di non essere visti da nessuno.

-Ginny ma mi vuoi rispondere! – la voce di Maddy la risvegliò dai propri pensieri – Quando pensi di tornare alla Tana? –

- Oh non lo so ancora, credo appena papà avrà finito tutte le pratiche col Ministero, dovremo fare una cerimonia più privata per Fred… - Al solo accennare al fratello che giaceva ora in una fredda stanza del castello le risalivano agli occhi le lacrime.

- Non vedo l’ora che rinizino le lezioni a settembre, quest’anno è stato un incubo, ma sono sicura che il prossimo sarà decisamente migliore! – cambiò al volo discorso Isobel, mentre Ron sbuffava sonoramente dall’altra parte del divano.

- Si, per non parlare dei M.A.G.O., o te ne sei già dimenticata? – disse Daisy.

- Certo che no! Ma volete mettere col clima di quest’anno? Preferisco una relazione di due pergamene sulla Soluzione Scintillante che avere Malfoy come caposcuola – concluse Isobel.

- Si certo, ne riparleremo il prossimo maggio… - disse a mezza bocca Maddy, che non sembrava proprio entusiasta del futuro anno scolastico.

Mentre intorno a lei le amiche discutevano e facevano chiasso, Ginny era tornata a guardare fisso il fuoco. Nel crepitio delle fiamme concentrava tutti i suoi pensieri su Harry e su cosa stesse facendo in quel momento, non lo vedeva dalla tarda mattinata e ricordava come una stilettata al cuore i suoi occhi mentre diceva che non sarebbe tornato alla Tana quell’estate…

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Capitolo 8
*** Tramonti ***


Era ormai giunta la sera e il cielo di Londra si era improvvisamente coperto di nuvole. Il sole tramontava sul Tamigi mentre sporadici raggi di sole attraversavano la cortina che sovrastava la città andando a sbattere sul vetro dei grattacieli della city e sulla pietra delle vecchie palazzine vittoriane del centro. Era un venerdì e le strade del centro brulicavano di turisti e giovani londinesi pronti a lasciar perdere i propri pensieri per trascorrere una notte all’insegna del divertimento e dell’alcol che sarebbe trascorso a volontà di lì a poche ore.
In mezzo a quel marasma, Harry Potter si sentiva a proprio agio. Nessuno sapeva nulla né di lui, né della guerra appena finita. Si era trasferito da appena un giorno a Grimmauld Place e aveva deciso di esplorare i dintorni dell’abitazione. Trovò un piccolo supermercato gestito da un indiano di mezza età, all’interno il negozio era ben fornito di frutta, verdura e l’occorrente per mettere insieme una buona colazione, ma ben presto il ragazzo si rese conto che per comprare ciò che mancava sarebbe dovuto andare da Tesco, che si trovava a un paio di isolati di distanza. Con le buste della spesa in mano si avviava alla volta di casa. Girò l’angolo della strada, salì i pochi gradini che lo separavano dall’uscio e dopo aver girato la serratura entrò in casa.
-Kreacher! Ho fatto la spesa! – urlò Harry, attendendo risposta dal proprio elfo, che apparve con un sonoro crac.
-Dia le buste a Kreacher, padrone. Kreacher non capisce perché non ha voluto che fosse lui ad andare a comprare ciò di cui aveva bisogno. Forse il padrone non vuole più Kreacher? – borbottò il vecchio elfo.
-Te l’ho già detto: avevo bisogno di una boccata d’aria e ne ho approfittato per passare al supermercato. -Non riuscì a sentire la risposta dell’elfo, che era ormai arrivato in cucina, ma poté avvertire una nota di disappunto nel borbottio di Kreacher. In fondo non gli interessava neppure molto di ciò che avesse da dire, voleva uscire e l’aveva fatto, tutto qui. Andò in camera sua salendo le scale, o forse avrebbe dovuto dire camera di Sirius, ma aveva deciso che d’ora in poi quello sarebbe stato il suo letto. Aveva dato una sistemata nella mattinata, non buttando nulla di ciò che gli potesse ricordare il padrino, anzi, aveva incorniciato le foto che lo ritraevano con suo padre, sua madre e Lupin. Ne aveva addirittura trovata una di pochi anni fa, più precisamente dell’estate tra il suo quarto e quinto anno: Sirius e Harry si trovavano nella cucina della casa e stavano parlando davanti ad una partita di scacchi magici. Non sapeva chi avesse scattato quella foto, ma gli ricordava di bei momenti passati insieme alla persona che amava e aveva scelto di incorniciarla e appenderla alla parete davanti al letto, poco sotto alla Firebolt che gli era stata regalata durante il suo terzo anno. All’improvviso sentì il campanello suonare, ma non se ne curò: aveva istruito Kreacher a non far entrare nessuno e voleva che la sua reclusione continuasse senza intoppi. Solo non poté fare a meno di sentire la voce di Ron farsi sempre più forte.
 
Aveva deciso di andare a Grimmauld Place solo quel pomeriggio. Voleva aspettare il ritorno di Hermione, ma dopo quella chiacchierata con la sorella non ce la fece e decise di smaterializzarsi sugli scalini della casa del padrino di Harry. Non aveva un piano ben preciso, né sapeva cosa dirgli, ma doveva provare a parlargli, o quantomeno provare a risvegliare qualcosa in lui. Non appena si smaterializzò, una leggera brezza gli scompigliò i capelli, nell’aria iniziava a farsi sempre più forte quell’odore che preannuncia la pioggia: una sorta di avvertimento che Madre Natura concede a chi non è stato ancora abbastanza previdente da rientrare in casa per ripararsi o da portarsi qualcosa con cui ripararsi. Un’improvvisa folata di vento fece muovere le foglie degli alberi antistanti l’entrata del numero 12, mentre un ragazzo poco più che ventenne, dall’altra parte della strada, affrettava il passo verso il proprio appartamento, conscio anche lui delle condizioni del tempo quel venerdì sera. Ron premette il campanello sulla destra della porta e aspettò che la porta si aprisse. Non appena essa si mosse, fece un passo deciso per attraversarla, ma una forza sconosciuta lo fece arrestare nel momento stesso in cui stava per varcare la soglia.
-Ma cos…? –
--Mi dispiace, ma il padrone non vuole visite. – una voce rauca proveniente dal basso attirò l’attenzione del rosso.
-Kreacher, non pensavo di trovarti qui. Beh, devo entrare per prendere una cosa… - E fece per scavalcare l’elfo, che di nuovo lo bloccò. – Senti, sottospecie di piccolo esseraccio peloso e sporco – e subito pensò alla reazione che avrebbe avuto Hermione se lo avesse sentito parlare in quel modo ad un elfo domestico – Devo parlare con Harry e non c’è incantesimo che mi possa fermare. –
- Mi dispiace, ma il padrone ha detto che è stanco e non vuole ricevere visite- continuò l’elfo senza muoversi di un millimetro.
-Non mi interessa, ma se è lo scontro ciò che vuoi… - Ron fece per tirare fuori la bacchetta, ma Kreacher fu più reattivo e con un incantesimo fece scivolare il ragazzo giù per i gradini della casa.
- E’ così che stanno le cose, eh? Bene. – disse Ron appena si rimise in piedi. – HARRY SEI UN IDIOTA SE PENSI CHE UN ELFO DOMESTICO POSSA TENERMI FUORI DA QUESTA STRAMALEDETTA CASA- iniziò ad urlare come un forsennato, incurante di alcuni abitanti, che richiamati dal trambusto si sporgevano dalle finestre per osservare la scena.
-CREDI CHE NASCONDENDOTI RISOLVERAI QUALCOSA?! TI SBAGLI! STAI SOLO SCAPPANDO DALLE TUE RESPONSABILITA’! PRIMA O POI DOVRAI USCIRE E FIDATI CHE QUANDO LO FARAI NOI SAREMO QUI! – detto ciò, rimase alcuni minuti ad aspettare che succedesse qualcosa, ma la porta del numero 12 rimase chiusa per tutte quel tempo e nessuno si affacciò da alcuna delle finestre che davano sul cortile esterno dell’abitazione. Decise quindi di tornare a casa, ma appena varcata la porta di casa fu interrogato all’istante della famiglia al completo, che era preoccupata dalla sparizione del figlio maschio più piccolo. Dovette spiegare a tutti ciò che aveva fatto e che Harry era sparito dalla fine del funerale a Hogwarts.
-Oh, povero caro, – disse la signora Weasley – certo che deve essere sconvolto dopo tutto quello che ha passato! –
- Mamma, da che parte stai? – esclamò Ron, che iniziava ad infervorarsi sulla questione.
- Non potete pretendere che per lui sia tutto normale, non dopo gli ultimi mesi. Vi voglio ricordare, inoltre che si è fatto uccidere da Voldemort! - si intromise Charlie.
- Proprio come Fred! – la voce di George risuonò all’improvviso nella stanza, proveniva da un angolo lontano, ma aveva assistito a tutta la scena e ascoltato ogni parola.
- Cosa vuoi dire? – disse Ginny, facendo un passo verso di lui.
- Che anche io fossi in lui non mi vorrei far vedere – sentenziò il gemello rimasto – In fondo cosa ha fatto per noi? Ci ha trascinato in una guerra che non era la nostra e appena è finita ci ha abbandonato, come se non avessimo fatto nulla per lui. Come se non avessi perso un fratello per lui. –
Calò un gelo palpabile nella Tana. Tutti guardavano George, che di rimando continuava a fissare l’orologio appeso al muro, dove la lancetta di fredda segnava “Morte”. Gli Weasley erano increduli per le parole del gemello, nessuno riusciva a capacitarsi di come certe assurdità potessero essere partorite dalla mente di uno di loro. Nonostante il lutto ed il dolore per la perdita di Fred, nessuno si era mai nemmeno immaginato di incolpare Harry per ciò che era successo quella maledetta notte. Fu il signor Weasley il primo a reagire: si alzò lentamente dalla poltrona sulla quale era seduto e si diresse verso George. Una volta arrivato davanti a lui si frappose tra il figlio e l’orologio, così che fosse costretto a guardarlo negli occhi, quando ciò avvenne lo colpì con un schiaffo in pieno volto. Il colpo fu così forte da rimbombare per le pareti della stanza e trovò ancor più sorpresi i Weasley delle parole dette poco prima: mai avevano visto il capofamiglia punire così violentemente uno di loro, mai si sarebbero neppure immaginati che fosse capace di un simile gesto.
-Non posso credere che tu sia mio figlio. – Le parole del signor Weasley suonarono come una sentenza –Non ti rendi nemmeno conto che se non ci fosse stato Harry e che se Tu-Sai-Chi avesse vinto noi saremmo stati i primi a venire uccisi, vero? – continuò – Il mio lavoro al Ministero ci avrebbe esposto più di chiunque altro a rappresaglie da parte dei Mangiamorte e la nostra sorte sarebbe stata ben peggiore di quella patita da tuo fratello. Harry ci ha salvato la vita e questo è il modo in cui lo ringrazi e in cui onori la memoria di tuo fratello. –
- Ha ragione papà – intervenne Percy, che fino a quel momento era sembrato quasi disinteressato da ciò che stava accadendo – saremmo stati in un pericolo ben maggiore-
- Quella sera, quando abbiamo risposto alla chiamata per dirigerci a Hogwarts sapevamo perfettamente a cosa andavamo incontro. Nessuno ci ha costretto ad andare a combattere, né a me, né a te, – disse Charlie – ma siamo stati richiamati dal nostro senso del dovere e dalla consapevolezza che fosse necessario l’aiuto di ognuno di noi per vincere la guerra.
- Harry fa parte della famiglia, come anche Fred continuerà a far parte di essa. Non osare mai più parlare in quel modo. – dicendo queste parole il signor Weasley chiuse l’argomento e si diresse verso il capannone dove teneva i suoi cimeli babbani. 

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Capitolo 9
*** Lettere ***


Sul tavolo della cucina era ammucchiato un plico di lettere, tutte chiuse. Il destinatario era sempre lo stesso, ma aveva preferito non aprirle, ed ora se ne stava a braccia conserte ad osservarle mentre il suo elfo domestico era occupato a preparare la cena ai fornelli. Da una settimana riceveva almeno un paio di gufi al giorno, quasi tutti spediti da Ron, che soprattutto dopo il funerale di Fred aveva intensificato le sue missive, ma le lettere che più di tutte lo avevano turbato erano quelle che riportavano la scrittura della sorella minore. Quando, quattro giorni prima si erano incontrati al funerale del fratello lei aveva provato ad avvicinarsi, ma lui si era allontanato velocemente per non dover sopportare gli occhi color nocciola della ragazza, sapeva che sarebbe riuscito a reggere il confronto. Il funerale si era svolto vicino Sheffield, in un piccolo villaggio con una chiesa di pietra grigia al centro, sul cui retro si apriva un piccolo cimitero. Era arrivato poco prima dell’inizio della cerimonia e si era seduto in fondo alla navata centrale, distaccato dal resto della folla, proprio per non essere visto fino all’ultimo e poter andare a salutare i Signori Weasley il più velocemente possibile per poi tornare alla solitudine di Grimmauld Place, ma non c’era riuscito. Hermione, appena tornata dall’Australia insieme ai genitori, si era girata appena si era seduto e aveva dato un colpetto a Ron, seduto accanto a lei. Il rosso si era girato sorpreso nel vederlo e gli aveva fatto un gesto per farlo avvicinare a cui Harry aveva risposto avanzando di qualche fila per stargli più vicino. Anche Ginny l’aveva visto e si era girata per poterlo guardare negli occhi, ma lui aveva rivolto il suo sguardo all’altare, e così aveva fatto ogni volta che lei provava ad attirare la sua attenzione. Alla fine del funerale era andato dai genitori di Fred, la signora Weasley lo stritolò in uno dei suoi abbracci spezza ossa, mentre il signor Weasley gli aveva stretto la mano e gli aveva semplicemente detto:
-Lo sappiamo che non è colpa tua, non aspettiamo altro che torni alla Tana. –
Ma Harry non era riuscito a rispondere e si era allontanato il più velocemente possibile, prima che i suoi amici potessero in qualche modo fermarlo. Aveva visto lo sguardo di George, come i suoi occhi rossi dal pianto lo avevano scrutato e vi aveva letto proprio ciò che temeva: l’accusa di essere ancora vivo. Lo aveva fissato mentre avanzava verso i genitori e non aveva mai staccato il suo sguardo da lui fintanto che era nel piccolo cimitero, ma anche una volta smaterializzatosi a Grimmauld Place, Harry aveva continuato a sentire su di sé lo sguardo accusatorio del gemello, come un marchio addosso. Quella notte non aveva preso sonno e aveva pensato a quello sguardo per tutto il giorno successivo. Nel frattempo Ron e Hermione erano tornati alla carica ed ora gli era praticamente impossibile uscire senza essere intercettato da uno dei due, inoltre avevano iniziato a spedirgli lettere senza soluzione di continuità, ma la maggior parte di esse finivano dritte nel camino del salone senza che nemmeno fossero aperte. Conservava solo quelle di Ginny, promettendosi che le avrebbe lette non appena avesse avuto quel coraggio che ancora gli mancava. Fu riportato alla realtà dal suono del campanello e dallo sguardo che gli rivolse Kreacher, come a volerlo esortare ad andare ad aprire alla porta.
 
Il funerale di Fred fu un giorno travagliato per la sua famiglia. Fin da quando si era svegliata di buon’ora quella mattina aveva capito che avrebbe dovuto dare il meglio di sé per tenere insieme i cocci e ciò che restava non solo di suo fratello, ma di un po’ tutti loro. Ginny aveva indossato un abito nero con le spalline che le arrivava al ginocchio ed un paio di tacchi neri su cui si sentiva terribilmente insicura, ma che al tempo stesso la facevano sentire più alta e le conferivano quell’altezza e stacco che un po’ le erano sempre mancate. Entrata in chiesa aveva preso posto nella fila dietro ai suoi genitori, affianco a Hermione che sembrava più impegnata a tenere d’occhio Ron che non ad interessarsi alla cerimonia. Ad un certo punto però, aveva visto il fratello maggiore voltarsi e rivolgere un gesto ad una persona seduta molto più indietro, l’istinto le aveva suggerito di girarsi e solo allora lo aveva visto: Harry Potter era a pochi metri da lei, in un abito nero e cappotto scuro si avvicinava tra le file delle panche per andarsi a sedere dietro di loro. Aveva la barba incolta che gli copriva le guance e parte del collo, i capelli più sbarazzini del solito, ma ciò che l’aveva colpita erano i suoi occhi: non erano del solito verde brillante che sembravano avvolgerla quando passavano insieme quei lunghi pomeriggi in riva al lago, ma erano spenti, scuri, velati di una incredibile tristezza. Provò ad intercettare il suo sguardo, ma tutto egli non si accorse di lei o forse, peggio ancora, non volle. Finita la cerimonia e dopo che la bara di Fred fu tumulata, lo vide scattare verso i signori Weasley e venire stritolato da uno degli abbracci poderosi della madre; subito lei, Ron ed Hermione gli si erano fatti incontro, ma erano riusciti ad avvicinarsi di a pochi metri che lui era già scomparso, rintanatosi nella sua casa con il suo stramaledettissimo elfo.
-Ginny! Ma mi stai ascoltando? – la voce di una ragazza riccia seduta sul suo letto le ricordò di cosa stava facendo e dove si trovava – dobbiamo convincerlo ad uscire da questo suo isolamento, ne va del suo bene. – concluse Hermione guardandola dritta negli occhi.
-Si, ma come facciamo? - chiese Ron – sono giorni che gli scriviamo e non ci ha mai risposto. Non esce più per strada, la casa è sorvegliata da quel dannato elfo domestico e non ci è possibile smaterializzarci dentro Grimmauld Place. –
La situazione era più complicata di quanto avevano previsto. All’inizio avevano realmente creduto che Harry avesse solo bisogno di stare un po’ da solo per capire cosa volesse fare della sua vita, ma questa assenza prolungata, la totale mancanza di contatti con chiunque ed il mutismo in cui si era chiuso preoccupavano tutti. Hermione aveva notato, in particolare, che a soffrirne più di tutti era Ginny: la piccola Weasley aveva aspettato di poter vivere a pieno la sua relazione con Harry per così tanto tempo che non si capacitava di come lui avesse potuto abbandonarla ed essere cambiato in così poco tempo. Non poteva credere che tutto ciò che avevano vissuto era stato vano.
-Credo che tu debba andare da lui. – disse infine la riccia rivolgendosi all’amica.
–Se non vuole vedere voi, come credi che io possa riuscire a parlargli? – chiese Ginny guardando Hermione perplessa.
-Non ti sei resa conto che durante il funerale Harry aveva occhi solo per te? -
-Non è vero, Herm! Ogni volta che provavo a girarmi verso di lui, guardava da un’altra parte! – ribatté la rossa.
-Questo perché si sente ancora in colpa per quello che è successo! Credo ti abbia fissato per tutta la cerimonia prima di andare dai tuoi genitori, sei la sola che può avere un contatto con lui. –
-Hermione ha ragione – intervenne Ron, che aveva ascoltato stranamente in silenzio la conversazione tra le due – Noi due non possiamo fare nulla, devi essere tu a convincerlo. –
-Ma come Ron? E’ passato un anno dall’ultima volta che siamo rimasti soli, se non mi amasse più? Se si fosse dimenticato di noi? –
Hermione la guardò mettendo su quel suo tipico sguardo accondiscendente che aveva già usato con Ginny in passato, quando si apriva con l’amica e le rivelava i suoi pensieri con Harry. La rossa non riusciva più a sostenere quella conversazione, aveva paura di scoprire quello che veramente si nascondeva nel cuore del ragazzo: cosa avrebbe fatto se lui non voleva più vederla? Cosa sarebbe successo se lui si fosse dimenticato del loro amore? O peggio avesse conosciuto qualcun’altra?
-Ginny, ogni sera, mentre eravamo alla ricerca degli Horcrux, Harry apriva la mappa del malandrino e cercava il tuo nome in giro per il castello… - disse Hermione. Lo aveva scoperto per caso una notte in cui pioveva e sul tetto della loro tenda era incessante il rumore delle gocce d’acqua che vi si infrangevano. Immersi nel silenzio della foresta poteva sentire qualsiasi cosa muoversi, dal frusciare delle coperte del letto di Harry, alle foglie mosse dal vento. Aveva aperto gli occhi e si era accorta di una piccola luce proveniente dal centro della tenda, mettendo bene a fuoco, si accorse che era Harry, addormentato con la testa poggiata sul tavolo e la bacchetta ancora accesa in una mano, mentre nell’altra stringeva la mappa del malandrino, la quale mostrava una camera particolare della torre di Grifondoro: quella in cui appariva il nome di Ginny Weasley. In quel momento, la sua amica le aveva rivolto le spalle, non voleva farsi vedere mentre una lacrima le solcava il viso. In fondo al cuore sapeva che erano fatti per stare insieme, ma la guerra aveva spazzato via quelle speranze che era riuscita a costruirsi in quei pochi mesi passati con il ragazzo. Ogni volta che vedeva quegli occhi non poteva fare a meno di perdercisi dentro, come fossero un oceano in cui sprofondare per non riemergere più; Harry aveva una calamita per lei, anche quando era riuscita a scrollarsi di dosso quella coltre di timidezza che le aveva impedito di parlare con lui nel tempo, quando lo vedeva entrare in una stanza non poteva fare a meno di girarsi a guardarlo, ricordò come se ne accorse persino Dean, il quale divenne immediatamente molto geloso dell’amico. Avrebbe passato tutte le sue giornate a fissarlo, se avesse potuto, ma sarebbe stato anche meglio se avesse potuto trascorrerle abbracciata a lui, distesi al caldo sole primaverile nei giardini del castello. Quante volte si era immaginata insieme a lui, Ron e Hermione, a rilassarsi su un prato verde, senza i pensieri di una guerra incombente, senza i problemi delle loro vite quotidiane, senza le ansie di dover proteggere tutto ciò che per loro era più caro. Amava Harry, lo amava come non aveva mai fatto con nessuno. Durante gli ultimi terribili giorni, mentre fervevano i preparativi del funerale del gemello, si era più volte sorpresa a pensare che in fondo al suo cuore era sollevata che a morire fosse stato lui e non Harry, non l’uomo della sua vita. Si odiava per quei pensieri, ma così si sentiva e non poteva farne a meno, mentire a sé stessa era totalmente inutile. Decise di prendere il coraggio a due mani, si asciugò la lacrima con il dorso della mano e voltandosi verso i due, disse:
- Va bene, andrò da lui. -

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