Arayashiki - La calda estate dei Santi Distruttori

di Gulminar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PRELUDIO ***
Capitolo 2: *** La città dei Lupi ***
Capitolo 3: *** Oinomori ***
Capitolo 4: *** Chiamata a raccolta ***
Capitolo 5: *** Dichiarazione di guerra ***
Capitolo 6: *** La collina dei ciliegi ***
Capitolo 7: *** Team 7 ***
Capitolo 8: *** All'ombra dei ciliegi ***
Capitolo 9: *** La notte delle carte bomba ***
Capitolo 10: *** Scelte dolorose ***
Capitolo 11: *** Consiglio di guerra ***
Capitolo 12: *** Non fate prigionieri ***
Capitolo 13: *** Trappola ***
Capitolo 14: *** Un nemico dal passato ***
Capitolo 15: *** L'ultima risorsa ***
Capitolo 16: *** Il significato di Arayashiki ***
Capitolo 17: *** Troppe spiegazioni ***
Capitolo 18: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** PRELUDIO ***


Arayashiki
La calda estate dei Santi Distruttori

 

Visione dell’inverno 2008

Scritta fra primavera ed estate 2009

A Manuela,
che leggendola mi ha detto di non smettere mai di scrivere.

 

PRELUDIO


L’odore del fuoco impregnava l’aria, anche ora che l’ultima battaglia si era conclusa. Numerosi focolai ruggivano ancora, in diversi punti di ciò che restava del villaggio. Occhi ardenti nel sipario anonimo della notte. La cenere cadeva dal cielo accumulandosi sopra le cose, come un sudario sulle vite spezzate dalla guerra. Chi non era impegnato a occuparsi dei feriti, doveva cercare di spegnere gli incendi. Erano il Paese del Fuoco ma ora il fuoco era un nemico, che rischiava di distruggere quel poco che restava di loro.
Vociare confuso nelle orecchie, ordini, grida, lamenti, imprecazioni. Alcuni lo sfioravano, altri gli gettavano uno sguardo prima di allontanarsi. Tutti troppo intenti per chiedere dettagli. Probabilmente, la maggior parte di loro non sapeva ancora della sua vittoria.
Una calma tetra gli era scesa nell’animo. Il giorno successivo si sarebbe alzato con la certezza che non ci sarebbero state altre battaglie. Aveva combattuto l’ultima, l’aveva vinta ponendo fine alla guerra. Una vittoria per cui non poteva gioire, in cui aveva perso parte di sé. Era più corretto dire che Kurama aveva vinto. Senza di lui, sarebbe stato un altro il cadavere che il fiume aveva portato via.
“Naruto.”
Non si era accorto dei due barellieri che gli si erano accostati, troppo immerso nella calma tetra che rendeva ogni cosa lontana. Sentì una mano umida di sangue afferrargli il braccio, riconobbe la persona sulla barella.
“Hinata.” Rispose per automatismo.
Mentre tornava dal luogo dell’ultimo scontro, gli avevano riferito che era stata ferita ma non era in pericolo di vita. Ecco perché era corso lì, in quella zona era stato approntato un grande campo ospedale. I feriti erano troppi, le strutture sanitarie principali al collasso da giorni. Alcuni magazzini erano stati svuotati e riempiti di brande e medicinali, nella parte più protetta del villaggio. Aveva immaginato dove la stessero trasportando, ma attraversare Konoha nelle sue attuali condizioni l’aveva sfinito. Si era fatto distrarre dalla vista dei fuochi, di morti e feriti, la calma tetra lo aveva distolto anche dai pensieri fondamentali.
“Come stai?” Gli chiese lei.
Naruto fece scivolare la sua mano nella propria.
“Bene.” Mentì, si sforzò di sorridere. “Ce l’ho fatta. La guerra è finita.”
In realtà era un miracolo che stesse ancora in piedi, anche lui avrebbe dovuto farsi medicare. Non aveva fretta, che si occupassero prima degli altri. Hinata sorrise in modo tirato.
“Lo so, non ne ho mai dubitato.”
“Verrò da te più tardi, portatela dentro.” Ordinò ai barellieri.
Ascoltò i passi allontanarsi, poi la calma tetra tornò a ottundergli i sensi. Non riusciva a togliersi dalla testa il momento culminante della battaglia, l’ultimo sguardo del suo avversario prima di essere annientato. Un ninja troppo abile e potente, non meritava quella fine, ma era anche un traditore e in quanto tale andava eliminato.
Non sarebbe mai andato orgoglioso di averlo fatto.
Il terrapieno, su cui sorgevano i magazzini, digradava dolcemente verso un boschetto di magnolie. Stranamente, la furia della guerra lo aveva risparmiato. Notò una persona ai limitari del bosco e sentì blocchi di ghiaccio formarsi nello stomaco, il cuore perdere un battito e accelerare. Lei gli dava le spalle, pareva contemplare l’oscurità immobile fra i tronchi.
Discese lentamente il pendio, rischiando di cadere a ogni passo, era allo stremo. Una coppia di paramedici si avvicinò per offrirgli aiuto, annuì, ma impose loro di aspettare un momento. Prima doveva parlare con lei.
La ragazza osservava risoluta il bosco, come dimentica di ciò che la circondava. Era uno dei migliori Ninja Medici di Konoha ma quella notte avrebbe faticato a esercitare la professione.
Naruto lo capiva.
Lei non diede l’impressione di essersi accorta di lui, stringeva ancora nella mano destra la spada del Principe degli Assassini.
“Sakura, io…”
“Zitto!”
Fu come prendere una frustata in faccia. Naruto non poté vedere se stava piangendo, ma dal tono si sarebbe detto di sì. Voleva dirle che, fino all’ultimo, aveva sperato di non doverlo uccidere, ma non sarebbe servito. Rimase in attesa, sperando che fosse lei a dire qualcosa.
“Non parleremo mai più di lui, promettimelo.”
Naruto chiuse gli occhi, li sentì appesantirsi di lacrime. Sakura era la sola che non aveva mai smesso di sperare in un suo pentimento, aveva sofferto più di tutti. Lo amava, non aveva mai smesso di farlo, non era mai riuscita ad accettare che lui fosse irrimediabilmente malvagio.
“Te lo prometto.”
La osservò finché non svanì fra i tronchi delle magnolie, solo a quel punto fece cenno ai paramedici che potevano occuparsi di lui.


Sakura attraversò il bosco lentamente, non procedette in linea retta, vagò fra i tronchi cercando inutilmente di fermare le lacrime. Non voleva piangere ancora per lui, non era giusto. Aveva dimostrato a più riprese la sua incurabile malvagità. Non aveva esitato a creare una banda di assassini su ciò che restava di Alba, per poi scagliarla contro Konoha, dove vivevano le sole persone che gli avessero voluto bene. Era un mostro eppure, quando gli avevano riferito che era morto per mano di Naruto, era scoppiata in lacrime. Nel caos che aveva seguito la notizia, non ricordava nemmeno chi le avesse consegnato la spada.
Inciampò in una radice affiorante e cadde in ginocchio, ottenne solo di singhiozzare più forte. Mentre con le mani sembrava voler stritolare l’arma, tutto ciò che le restava di lui, a parte un coprifronte dimenticato in un cassetto.
“Schifoso bastardo!”
Avrebbe voluto urlarlo, ma qualcuno poteva sentire e venire a controllare. Voleva stare sola a piangere tutte le lacrime che le rimanevano.
Il giorno in cui le avevano riferito che lui si era unito ad Alba aveva pianto, ma anche in quel caso le sue speranze non erano crollate. Si era illusa che fosse entrato nell’organizzazione per tenerla lontana da Konoha, per difendere tutti loro. Invece il Villaggio della Foglia era stato il loro primo obiettivo. Aveva sperato che non prendesse parte agli attacchi, invece, caduti i capi di Alba, era stato lui stesso a prendere in mano la situazione. Sì, non si era sporcato le mani direttamente, era sempre rimasto nelle retrovie, ma i ninja assalitori erano stati ai suoi ordini.
In rari momenti, aveva vaneggiato su di lui che veniva a cercarla in segreto, immaginava se stessa che lo convinceva a rinunciare alla follia. Fantasticava ancora come una bambina.
Affondò un pugno nel terriccio scuro.
Usando un tronco si rimise in piedi, era fra i pochi che non avevano combattuto, eppure sentiva di non avere energie. Si lasciò alle spalle il bosco di magnolie. In quel punto del villaggio, la violenza dei combattimenti non era giunta, il suono degli incendi era lontano, una quiete irreale avvolgeva l’oscura via che raggiunse.
Una panchina di pietra, la stessa fottuta panchina sulla quale lui l’aveva abbandonata anni prima. Si sedette e continuò a piangere in silenzio, mordendosi le labbra fino a farle sanguinare.
Grazie.
Era tutto ciò che le aveva detto, a lei che era disposta a seguirlo ovunque, a diventare una traditrice a sua volta pur di rimanere con lui.
“Bastardo.”
Avrebbe dovuto essere impegnata con i feriti, ma aveva deciso che quella notte era per il suo dolore e che il resto avrebbe aspettato. Nella triste penombra, si concesse un’ultima debolezza. Immaginò che il Villaggio della Foglia non stesse bruciando, che non ci fosse stata una guerra, che lui fosse tornato da lei dopo aver sgominato Alba. Altre fantasie da bambina, altre lacrime per amore di un bastardo che non lo meritava, che di lei si era a malapena accorto. Immaginò che lui le stesse accanto sulla panchina, le sue sentenze brevi, pregne di cinismo in cui lei non avvertiva cattiveria vera. Immaginò la sensazione delle sue labbra sulle proprie.
Fece uscire la spada dal fodero di una manciata di centimetri, la scarsa luce parve danzare sulla lama perfetta. Deliberatamente, strinse la porzione scoperta, sentì l’acciaio penetrarle nelle dita, il sangue scorrere. Represse un gemito di dolore e si portò al volto la mano martoriata. Il sangue fuoriuscì attraverso gli interstizi fra le dita chiuse a pugno, scese dal polso all’interno della manica, le colò sul mento e lungo il collo. Lacrime e sangue, era tutto ciò che lui le aveva donato in cambio di un amore senza condizioni.
Giurò sul proprio sangue che sarebbe stata l’ultima volta che piangeva per lui.


Aso Shuzen si passò una mano sulla fronte sudata, fermando il carretto che si tirava faticosamente appresso. Aveva passato i cinquant’anni, ma il duro lavoro nei campi aveva temprato il suo fisico e ne dimostrava di meno. Era un uomo calmo, misurato in ogni cosa che faceva. Calma e misurata si poteva definire la sua vita, fino a quella notte.
Aveva accettato di fare il lavoro di suo padre, conducendo un’esistenza tranquilla, senza grandi capovolgimenti. Neanche ciò che stava accadendo in quella strana notte sembrava esserlo, eppure aveva l’inquietante sensazione che non tutto fosse come appariva.
Fece forza con le braccia e riprese a salire, le ruote arrugginite del carro cigolarono alle sue spalle. Di tanto in tanto, alzava gli occhi al cielo per leggere le stelle e capire che ora fosse, era spinto da una preoccupazione per lui insolita. Alla famiglia aveva detto di non aspettarlo, avrebbe passato la notte nel capanno da pesca, ma qualcosa aveva cambiato i suoi piani.
Finalmente superò il declivio dell’argine e vide le luci del sobborgo, il terreno non più inclinato gli permise di allungare il passo. Sapeva che nessuno lo aspettava, ma non era un’ora così tarda perché fossero già tutti a dormire. Quando picchiò forte sulla porta posteriore, sua moglie Makiko si precipitò ad aprire.
“Aso! È successo qualcosa?” Esclamò la donna, notando l’espressione affaticata del marito.
Lui fece un cenno con la testa e prese fiato per rispondere.
“Prepara un letto e le erbe curative!”
“Qualcuno è ferito?”
“Sì!”
Le diede le spalle evitando ulteriori spiegazioni, augurandosi che obbedisse senza seguirlo per fare altre domande. Tornò al carro che aveva lasciato a pochi metri dall’abitazione e aprì le sbarre che ne chiudevano la parte posteriore. Il giovane giaceva nella posizione in cui lo aveva lasciato, era coperto di ferite, sangue e fango, respirava a stento. Aso lo prese fra le braccia e corse verso casa, Makiko lo aspettava nella piccola lavanderia, stava già preparando quanto il marito le aveva chiesto. Adagiò il corpo del giovane sulla stuoia appena disposta dalla moglie, una macchia di bagnato cominciò subito ad allargarsi.
“Chi è?”
“Non lo so. Pensavo fosse morto, ma quando l’ho tolto dall’acqua si è lamentato.”
“Che ferite terribili! Chi può averlo ridotto così?”
“Deve aver combattuto come un demone.”
“O contro un demone.”
Aso stava cercando di rimuovere gli abiti a brandelli del giovane, ma qualunque cosa togliesse scopriva altre ferite.
“È incredibile che sia ancora vivo in queste condizioni, deve avere una forza eccezionale.”
Makiko stava già facendo bollire delle erbe, quando Aso trasalì e rischiò di cadere sulla schiena. Si avvicinò per capire cosa avesse sconvolto il marito, ma la luce era scarsa.
Aso sentì un brivido devastante corrergli lungo la schiena, il cuore accelerare il ritmo. Riuscì a spiegarsi la strana sensazione avvertita mentre tornava verso casa, ma non gli fu d’aiuto. Avvicinò la lampada per essere sicuro di non sbagliarsi.
“Guarda!”
Percepì la moglie trattenere il respiro e incontrò lo sguardo sconvolto di lei.
“Artigli naturali!”
“Non può essere.” Disse la donna con un filo di voce.
“Chiama i ragazzi!”
Makiko rimase immobile, ipnotizzata da ciò che avevano scoperto. Erano appena accennati ma non poteva trattarsi d’altro. Tre escrescenze ossee emergevano dal dorso della mano del ragazzo, non c’era sangue dove avevano perforato la pelle, dovevano essere dotati di una guaina interna che ne permetteva naturalmente la fuoriuscita.
“Chiama i ragazzi!” Ripeté Aso più forte.
Incapace di distogliere lo sguardo, Makiko obbedì. Aso la sentì correre lungo le scale e al piano di sopra, chiuse gli occhi e cercò di calmarsi, di rallentare i battiti del cuore. Afferrò una spugna e cominciò a pulire il corpo del ragazzo, partendo dal braccio in cui aveva scoperto gli artigli. Aveva un maledetto bisogno di far qualcosa, di non pensare. Makiko tornò seguita dai figli, Aso non li degnò di attenzione. La donna rimase immobile, timorosa e incapace di avvicinarsi al ferito. Fu il giovane Rai a farlo.
“Papà, che succede?”
Aso alzò gli occhi di colpo, come spaventato dalla voce, tanto era concentrato.
“Corri a chiamare il Sommo Danjyo! Digli che è importante!”
Il giovane non chiese spiegazioni e corse via.
“Reira! Va a chiamare i guaritori, che facciano in fretta!”
Anche la figlia minore non discusse gli ordini paterni e sparì dietro al fratello. Aso lacerò quanto rimaneva del kimono del giovane e lo gettò da parte, finalmente Makiko riuscì a farsi abbastanza coraggio da dargli una mano.


Hiki Danjyo amava passeggiare nelle ore notturne, erano i soli momenti in cui poteva farlo senza che cercassero di fermarlo ad ogni passo. In quella zona periferica della città erano quasi tutti semplici e onesti contadini, ma ognuno di loro conosceva il suo volto. Lui e il giovane Rai passarono davanti ad un portone aperto, alcuni uomini bevevano e chiacchieravano sulla soglia. Si mise il cappuccio sulla testa, onde evitare che lo riconoscessero e lo invitassero a unirsi a loro.
Aso Shuzen era stato suo amico d’infanzia, prima di prendere strade molto diverse. Non lo vedeva da tanto tempo, ma il giovane Rai gli ricordava il suo modo di muoversi.
“Prego, Sommo Danjyo.”
Il giovane era corso avanti e gli teneva aperta la porta, entrò a passi misurati. La moglie di Aso e la figlia minore gli diedero il benvenuto prodigandosi in inchini profondi, a cui lui rispose con un sorriso accomodante. Probabilmente, non l’avevano mai visto così da vicino. Si prese alcuni istanti per considerare le due donne. La prima moglie di Aso era morta di parto, dando alla luce un bambino già morto. Per molti anni l’uomo non aveva voluto risposarsi, poi gli era capitata la fortuna di una moglie più giovane, che gli aveva dato due splendidi bambini.
Makiko lo guidò nella piccola lavanderia sul retro. Aso era lì, seguiva con attenzione il febbrile lavoro di un folto gruppo di guaritori attorno al corpo di qualcuno steso a terra. Quando lo vide entrare, gli andò incontro rivolgendogli un rigido inchino.
“Sommo Danjyo, ho trovato…”
Gli fece cenno di tacere, Aso rimase inebetito a osservarlo, mentre passava oltre. I guaritori si prodigarono in inchini, sfiorando il pavimento con la testa, quando si resero conto di chi si trattava. Aso lo vide chinarsi a fianco del ferito, ma non poté vedere cosa faceva, percepì solo i guaritori trattenere il fiato.
“Vieni con me.” Ordinò rialzandosi. Aso non poté fare a meno di obbedire.
...

Si era alzata una brezza piacevolmente fresca che spazzava la strada, Aso poté respirare più liberamente e sciogliere i muscoli contratti.
“Era nel fiume…”
“So già tutto.”
“Ma mio figlio…”
“Tuo figlio non mi ha detto niente.”
Il Sommo Danjyo gli mise un braccio sulle spalle e insieme fecero alcuni passi lungo la strada priva d’illuminazione.
“Alcune notti fa ho fatto un sogno.” Disse. “Ho visto un grande lupo di fuoco venire verso di me e parlarmi. Ha detto che un mio vecchio amico avrebbe salvato dal fiume ciò che attendiamo da tanto tempo. Quando il giovane Rai è venuto a cercarmi, ho capito che il sogno era divenuto realtà.”
“Allora…”
“Sì, amico mio, il Sommo Ookami è di nuovo tra noi.”


Quattro anni dopo

Sakura si massaggiò una dolorosa contusione al fianco sinistro, solo l’ultima fra le tante. Da tempo non le capitava di affrontare ninja di tale abilità. A dire il vero, da tempo non le capitava di combattere. Fuorilegge di bassa lega, ma comunque temibili. Tenten giaceva fra le radici a pochi passi, sfinita, Rock Lee stava cercando di rimettersi in piedi, non le sarebbe stato d’aiuto. Aveva quasi esaurito il chakra, non ne aveva per un altro attacco, le rimaneva soltanto la spada.
Che sta facendo Naruto? Perché non arriva?
L’avversario la osservava, dopo l’ultimo attacco della ragazza non si era più mosso. Era un uomo alto, con la carnagione scura e privo di capelli, l’ultimo rimasto del gruppo di fuorilegge. Sakura sperava che anche lui fosse a corto di energie, altrimenti l’avrebbe sopraffatta con facilità. Fu lei ad avanzare a fatica, le gambe non rispondevano a dovere, i pochi passi per avvicinarsi al nemico le sembrarono non finire mai. Allungò la mano con la quale non reggeva la spada, applicò una leggera pressione al petto dell’uomo con la punta delle dita. Il fuorilegge si schiantò a terra come un albero abbattuto e non si mosse più.
“Molto brava, per essere un Ninja Medico.”
No!
Un uomo avvolto da un kimono azzurro cielo emerse dalla boscaglia, oltre il punto in cui l’ultimo fuorilegge era caduto, o meglio, il penultimo. Sakura sentì il cuore accelerare, mentre brividi infidi le percorrevano la schiena. Cercò di nascondere la paura, di non fargli capire che aveva esaurito le risorse. Poteva anche essere un ninja di scarso valore, ma nelle condizioni in cui erano li avrebbe massacrati senza difficoltà.
Naruto, fai in fretta!
Si mise in posizione di difesa, Rock Lee stava cercando di raggiungerla, ma inciampò in una radice e giacque immobile. Sakura concentrò il poco chakra residuo nell’unica arma che le rimaneva, poteva ancora sperare in un fortunato colpo di decapitazione, ma doveva avvicinarsi e il nemico non l’avrebbe permesso. Sentì le gambe tremare, stava per svenire.
“Cosa pensi di fare con quello spiedino?” La schernì l’uomo.
Come osi? Questa spada è appartenuta al più potente ninja della storia.
Un pensiero stupido in quel momento ma spontaneo. Il fuorilegge fece un passo avanti, non stava usando il chakra, non ne aveva bisogno. Sakura sentì gli occhi faticare a stare aperti, doveva tentare il colpo subito.
Una luce accecante emerse dagli alberi alla sua destra, oltre il punto in cui Rock Lee giaceva svenuto. La ragazza volse lo sguardo in quella direzione, un grande lupo di fuoco entrò nella radura e travolse l’uomo. Lo sbatté contro il tronco di un albero e vi si avvinghiò, l’uomo non ebbe nemmeno il tempo di urlare, il fuoco lo consumò in pochi istanti. Sakura pensò di stare sognando, mentre la vista si offuscava e anche lei cadeva come i suoi compagni.
Non sentì l’impatto con il suolo, avvertì le braccia di qualcuno impedirle di andare giù. Restare cosciente le costò uno sforzo immane, non ci riuscì completamente. Capì che la teneva in braccio, pensò di immaginare un volto oscurato da un cappuccio, in fondo al quale intravide occhi gialli come fiamme. Lo sconosciuto la depose dolcemente a terra. Ebbe l’impressione che le accarezzasse una guancia, poi lui svanì e lei precipitò nell’oblio.


Soma e Rai stavano raccogliendo le loro poche cose, smontando il misero accampamento che avevano dovuto improvvisare, quando lui tornò. Entrò nella radura senza fare rumore, nemmeno le falde del mantello blu notte che gli svolazzavano intorno erano percepibili.
“Dove sei stato?” Domandò la donna, senza interrompere la propria attività.
Rai preferì rimanere in silenzio.
“Non ti riguarda.” Rispose lui.
“Sono la tua compagna di caccia, ho il diritto e il dovere di sapere sempre dove sei.”
“Dal momento che mi avete seguito, perché me lo chiedi?”
Soma sogghignò, tornando a rivolgere l’attenzione al bagaglio.
“Chi è quella ragazza?” Domandò poco dopo, con aria falsamente distratta.
“Ho detto che non ti riguarda.”
“Ha a che fare con il tuo passato?”
L’uomo si mise in spalla la sua parte del bagaglio.
“Io non ho passato.” Rispose in un sibilo.
Soma poté soltanto seguirlo attraverso il bosco, verso casa.

* * *

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Capitolo 2
*** La città dei Lupi ***


La città dei lupi

Per la quinta o sesta volta, cercò di leggere dal capoverso ma le parole si accavallarono e la frase perse senso. La mente era in overdose da informazioni, avrebbe preferito evitarlo ma doveva fare una pausa. Osservò le montagne di volumi rilegati alla buona che sommergevano la scrivania. Verbali delle missioni, degli scambi commerciali, delle derrate alimentari, tutto quello che c’era da sapere. Da ore non faceva che consultarli, gli occhi bruciavano. Abbandonò la testa contro lo schienale e allontanò il faldone che stava cercando di leggere, che premette contro gli altri. Una pila di plichi cadde dall’altro lato e si sparse sul pavimento.
Merda.
Odiava le pile di plichi che si ribaltavano, soprattutto quando era troppo stanca per aver la voglia di tirarli su. Qualcuno le risparmiò la fatica, almeno nell’immediato, bussando alla porta.
“Avanti.”
Non aveva voglia di ricevere visite, non così tardi, ma cambiò immediatamente idea quando vide di chi si trattava.
“Sakura, accomodati.”
La ragazza era palesemente stanca, Tsunade si chiese il perché della visita. Non fece domande e attese che si spiegasse.
“Quando abbiamo affrontato la banda di Eichiro, la scorsa settimana, chi c’era oltre alla mia squadra?” Domandò Sakura senza tergiversare.
“I fuorilegge che avete abbattuto, che domanda è?”
“No, c’era qualcun altro, altrimenti non sarei qui.”
“Potresti spiegarti meglio?”
Anche Tsunade era stanca, non aveva voglia di giocare agli indovinelli e suonò più dura di quanto avesse voluto. Sakura le raccontò dell’ultimo fuorilegge, apparso dopo che lei aveva abbattuto il zucca pelata, non nascose il terrore provato. Parlò del grande lupo di fuoco, di come avesse annientato il fuorilegge con facilità disarmante. Della presenza sconosciuta che l’aveva presa in braccio prima che cadesse svenuta, degli occhi dorati in fondo all’oscurità del cappuccio. Lo sguardo di Tsunade passò da assonnato a sempre più interessato, alla fine del racconto, l’Hokage si era completamente dimenticata della stanchezza.
“Un grande lupo di fuoco.” Ripeté, contemplando implicazioni note a lei sola.
Sakura annuì.
“Il Sommo Ookami di Oinomori.” Proseguì, distogliendo gli occhi da quelli dell’allieva, per spaziare sulla stanza.
“Ookami di Oinomori? È un ninja?”
“Non esattamente, Oinomori è una città, la Città dei Lupi.”
“Mai sentita nominare.”
“Si trova a sud di qui, cinque giorni di viaggio, procedendo con calma. È da tanto che non fa parlare di sé, hanno smesso di segnarla sulle mappe molto prima che tu nascessi.”
“Deve essere un villaggio molto piccolo.”
“Tutt’altro, è molto più grande del nostro villaggio, almeno, lo era. Era la capitale del Paese del Fuoco prima che il ruolo gli fosse usurpato da Konoha.”
“Non so niente di questa storia.”
“È una storia che non si insegna ai giovani e sono passati più di duecento anni.”
“E perché nessuno parla di fatti del genere?”
“Perché Konoha ha sempre dichiarato il suo diritto per nascita al dominio sul Paese del Fuoco, in realtà è un diritto guadagnato con un bagno di sangue. Durante la guerra, la Città dei Lupi ebbe buona parte della popolazione sterminata dai ninja di Konoha, fu portata allo stremo e dovette accettare tutte le condizioni imposte dai vincitori, anche le più umilianti. Fu firmato un accordo di pace, in cui Oinomori cedeva ogni potere a Konoha, impegnandosi a non riprendere le armi. La Città dei Lupi fu schiacciata in tutte le maniere.”
“Già, non è una storia di cui andare fieri, ma che c’entra con quello che mi è successo?”
“La tecnica che ti ha salvata sembra l’Aura del Lupo di Fuoco, uno dei colpi segreti del Sommo Ookami, lo spirito protettore di Oinomori.”
“Uno spirito? È stata una persona a salvarmi.”
“Certo, il portatore dello spirito.”
Sakura fece cenno con la testa di non capire appieno.
“Si pensa che la Città dei Lupi sia la più antica del Paese del Fuoco, che in tempi ancestrali sia stata lei a unificare la nazione e a farne il suo regno. Le sue armate erano inarrestabili, perché alla loro guida c’era il Sommo Ookami, un guerriero nel cui corpo albergava lo spirito protettore. Quando il corpo del portatore diventava troppo vecchio per combattere, lo spirito passava in quello di uno più giovane e così via.”
“Una cosa diversa dai Cercoteri.”
“Molto diversa, qui non parliamo di demoni, ma di uno spirito il cui scopo era difendere Oinomori, che di volta in volta sceglieva il corpo che lo avrebbe ospitato, donandogli poteri straordinari. Konoha non avrebbe potuto vincere, se alla guida di Oinomori ci fosse stato il Sommo Ookami. Nessuno sa esattamente cosa sia successo, il guardiano svanì durante la guerra e Konoha ebbe vita facile a sconfiggere i lupi, confusi dalla sparizione del loro condottiero.”
“Continuo a non capire, come mai nessuno conosce un momento storico così importante?”
“Perché Konoha ha fatto di tutto per far sparire l’esistenza di Oinomori, anche dai libri di storia. Dovrebbero esserci monumenti che ricordano la vittoria, ma non esiste niente del genere. I vertici di Konoha erano consapevoli dei crimini disumani commessi contro i lupi, crearono una legge che impediva anche solo di parlarne. Chi era sorpreso a parlare di Oinomori, o a fare il benché minimo riferimento alla Città dei Lupi, era messo a morte. Quella legge esiste ancora, io stessa potrei essere accusata di tradimento, parlandoti di queste cose.”
“E tu perché le sai?”
“Perché a Oinomori ci sono stata, durante i miei viaggi prima di diventare Hokage.”
“Siamo veramente un villaggio di bastardi.”
Nella mente di Sakura si agitava il ricordo di altre vicende agghiaccianti, legate alla condotta riprovevole di Konoha.
“Sì, ma non farti sentire in giro.” Disse Tsunade.
“Ma perché il Sommo Ookami avrebbe dovuto salvarmi?”
“Non ne ho idea. Però, stando a ciò che mi hai raccontato, non vedo chi altro possa essere stato. Anche considerando dove ti trovavi a combattere.”
“Sulla strada per Oinomori?”
Tsunade annuì.
“Come ti ho detto, il Sommo Ookami scomparve inspiegabilmente durante la guerra e da allora non è più ricomparso. So che gli abitanti di Oinomori non hanno mai smesso di aspettare il suo ritorno, si direbbe che l’attesa sia finita.”
“Abbiamo modo di scoprirlo?”
“Non credo. Dopo la sconfitta, Oinomori è diventata una sorta di regno chiuso, tagliando i rapporti con il resto del paese. Se il Sommo Ookami è effettivamente riapparso, dubito che i lupi sarebbero disposti a dircelo.”
“Continui a parlare di lupi. Quali lupi costruiscono città e combattono guerre?”
“Non lupi in senso stretto.” Tsunade sorrise. “Gli abitanti di Oinomori sono una stirpe particolarissima. Non chiedermi come sia nata, nessuno lo sa. Esteriormente sono esseri umani come me e te, ma nelle loro vene scorre sangue di lupo. Hanno gli occhi che tendono al giallo e le capacità dei loro parenti animali, vista, udito, olfatto, spirito di branco…”
Sakura mise su un’espressione scettica di cui Tsunade non si preoccupò.
“Perché ti interessa tanto?”
“Non lo so. Quando mi ha presa in braccio, ho avuto una sensazione strana, di qualcosa di già sentito. Deve essere qualcuno che ho conosciuto.”
“Mi sembra alquanto improbabile. Eri allo stremo delle forze e stavi per svenire, non puoi essere sicura di ciò che hai sentito.”
“Invece ne sono sicura, ho già incontrato quella persona.”
“Ripeto che mi sembra alquanto improbabile.”
“Tsunade, io non ci dormo più la notte!”
Sakura si alzò di scatto e prese ad aggirarsi per la stanza, Tsunade ebbe l’impressione di trovarsi in compagnia di una tigre in gabbia.
“È diventata un’ossessione, non faccio che pensarci!”
“Quindi?”
“Quindi voglio il tuo permesso per andare alla Città dei Lupi e scoprire chi mi ha salvata!”
Tsunade sgranò gli occhi.
“Non stai precipitando un po’ le cose?”
“No! Ci penso da giorni e ritengo sia l’unica cosa da fare!”
“E pensi che i lupi ti accoglierebbero volentieri dopo quello che gli abbiamo fatto? Anche se sono passati più di due secoli.”
“Il loro spirito protettore mi ha salvato la vita! E poi dubito che rischierebbero rappresaglie da parte di Konoha uccidendomi o facendomi prigioniera.”
“Considera che non abbiamo idea di quale sia l’attuale situazione a Oinomori! Chi ci dice che in questi duecento anni non si siano preparati per vendicarsi? Facendoti catturare gli offriresti il pretesto per scatenare una nuova guerra!”
“Rimane la mia domanda di fondo! Perché il Sommo Ookami avrebbe dovuto allontanarsi dalla sua città per salvare dei ninja della Foglia?”
Tsunade ci rimuginò sopra per alcuni istanti.
Che situazione assurda.
“Piacerebbe anche a me saperlo.” Riconobbe. “Ma non sono disposta a rischiare la vita della mia allieva migliore per scoprirlo.”
Sakura si risedette, per un istante Tsunade rivide la ragazzina insicura che aveva reso forte.
“Maestra, io ho già deciso, non chiedermi perché ma sento di doverlo fare. Andrò con o senza il tuo permesso.”
Tsunade picchiò i pugni sulla scrivania, facendo sprofondare parte del legno.
“Ti rendi conto di cosa stai dicendo? Se i lupi hanno intenzioni bellicose, la tua cattura potrebbe significare la nostra rovina!”
“Lo so benissimo! Ma ho deciso e non torno indietro!”
Anche Sakura si era alzata in piedi, le due donne si fronteggiarono per alcuni istanti carichi di tensione. Fu Tsunade a rimettersi a sedere per prima.
“Naruto e Yamato verranno con te.”
“No!”
La rabbia cedette bruscamente posto allo sconcerto, Tsunade osservò l’allieva come se non la conoscesse.
“Perché?”
“Non posso dirtelo.” Rispose Sakura distogliendo lo sguardo. “Devo andare da sola.”
Se le avessero detto che Orochimaru o Sasuke Uchiha si erano presentati al villaggio chiedendo un caffè, sarebbe stata meno sorpresa.
“Non se ne parla nemmeno!”
“Tsunade, ti prego…”
“FUORI DAL MIO UFFICIO!”


Il corridoio era avvolto dall’oscurità. Appoggiò la schiena alla parete e lasciò che un paio di lacrime le rigasse il viso. Era stata volutamente vaga, dicendo che aveva l’impressione di conoscere il suo salvatore. In realtà, sapeva esattamente chi era, anche se era assurdo.

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Capitolo 3
*** Oinomori ***


Oinomori

Rai riemerse stringendo la trota fra i denti, il pesce si dibatteva inutilmente. Lo lasciò cadere nel secchio e raggiunse il fratello maggiore, che si stava già rivestendo. La pesca era fra le poche cose in cui riusciva, a volte, a batterlo. Per il resto, Sasuke rimaneva senza termini di paragone.
“Maledetto mal di testa, non se ne vuole andare.” Si lamentò il maggiore.
“Stai invecchiando fratellone.”
“Ma vai a cagare.”
“Sarà perché è da un po’ che non hai nessuno da massacrare.”
Il maggiore rispose con un ringhio sordo e si avviò lungo il sentiero che portava oltre l’argine, Rai recuperò i secchi e lo seguì.
“Magari è ora che ti trovi una donna, un uomo deve avere una donna, che diamine! Oppure non riesci a dimenticare quella bella kunoichi del Villaggio della Foglia?”
Sasuke si bloccò in mezzo al sentiero, rivolgendo al fratello il peggiore dei suoi sguardi. Rai continuò a sorridere, per nulla intimorito, con lui gli occhiacci non funzionavano.
“A me puoi dirlo.”
“Cosa?”
“Chi è la ragazza che hai salvato. Io non sono Soma.”
“Che c’entra Soma?”
“Io non sono geloso di te.”
“Perché Soma sì? Da quando?”
“Più o meno da quando ti conosce?”
“Ma se si è portata a letto mezza Oinomori, te compreso, da quando mi conosce.”
“Che ne so, magari lo fa proprio per farti ingelosire.”
“Sì, auguri.”
Camminarono per un altro tratto senza aggiungere altro, superato il crinale dell’argine, contemplarono il sole incendiare i campi arati di fresco.
“Dai, chi è quella bella gattina con i capelli rosa?”
Sasuke si fermò nuovamente e rivolse un altro sguardo omicida al fratello minore, pur sapendo che era perfettamente inutile.
“Se me lo chiedi di nuovo, mamma cucinerà te al posto del pesce.”
Rai fece schioccare le labbra, imitando il verso di un pesce boccheggiante, ma Sasuke non volle cogliere la provocazione. Erano quasi a casa, dove si sarebbe rifugiato nella sacralità della sua camera, al sicuro, forse, dal fastidioso fratello.
“Tanto prima o poi lo verrò a sapere.”
“Sì, aspetta e spera.”


“A tavola!” Gridò per la terza volta Makiko rivolta alla tromba delle scale. Aso stava già mangiando con appetito, senza aspettare i figli. Reira apparve per prima seguita da Sasuke, Rai arrivò con tutta calma.
“Grazie per averci degnati della tua presenza.” Disse Makiko all’ultimo che si era seduto.
Era sempre un avvenimento quando Rai pranzava con loro, capitava ormai molto di rado.
È com’ero io a Konoha, quando le ragazze avrebbero fatto la fila anche solo per dirmi ciao. Con la differenza che lui non è un coglione come me.
Sasuke si ritrovò con quel pensiero in testa, mentre osservava il fratello minore prendere in giro il disappunto della madre con qualche motto sagace.
Non era stato semplice abituarsi all’esistenza tranquilla in casa Shuzen, ma gli era piaciuto sempre più. Se pensava al passato, no, meglio non pensarci e continuare a giocare con quella vita.
Io non ho passato.
Per quanto se lo ripetesse, per quanto tentasse di convincersene, serviva solo a ricordargli che un passato lo aveva eccome.
“Il prezzo delle sementi è aumentato ancora, vogliono ridurci alla fame.” Stava dicendo Aso rivolto a nessuno in particolare. Un discorso che faceva quasi tutti i giorni.
“Ti avevo detto di conservarne di più all’ultimo raccolto.” Disse Makiko mentre serviva i ragazzi. Rai avrebbe voluto andare a mano libera nel tegame comune, ma si prese una mestolata sulle nocche dalla madre e desistette.
“Ci faremo bastare quello che c’è.” Liquidò la questione Aso, per poi cambiare argomento. “Oggi è successa una cosa insolita.”
“Sarebbe?” Chiese Rai con la bocca piena di pesce.
“C’è una kunoichi della Foglia in città, era da tantissimo tempo che non vedevamo qualcuno di Konoha a Oinomori.”
Sasuke rischiò di strozzarsi, cercò di far passare inosservato il momento di difficoltà. A Rai non sfuggì la tensione che aveva colto il fratello maggiore e ridacchiò a denti stretti.
“Tu l’hai vista?” Domandò Reira.
“No, ne ho sentito parlare stamattina giù allo spaccio. Dicono che stia cercando una persona, ma nessuno ha saputo o ha voluto aiutarla. Dicono anche che sia molto bella, per una che non ha sangue di lupo, e che abbia degli stranissimi capelli rosa.”
Un suono simile a quello di una piccola esplosione attraversò la sala da pranzo. L’attenzione di tutti si spostò su Sasuke, che aveva stritolato il proprio bicchiere e stava estraendo cocci dalla mano sanguinante. Rai scoppiò a ridere, nella confusione generale che colse il resto della famiglia.
“Sasuke ma che hai fatto?” Domandò Aso. Cercò lo sguardo di Makiko, ma la donna si era volta alle sue stoviglie con il chiaro intento di estraniarsi dalla cosa.
“Niente!” Mentì Sasuke.
Rai rise più forte, aveva le lacrime agli occhi, Sasuke allungò la mano sana e gli diede una spinta contro la spalla. Rai si ribaltò con tutta la sedia, anche a terra non smise di ridere. Sasuke allontanò il piatto e si alzò, improvvisamente gli si era chiuso lo stomaco.
“Reira, vieni con me!” Disse, mentre abbandonava la sala.
La più piccola dei figli di Aso non seppe come reagire. Il padre doveva saperne quanto lei, la madre rimaneva risolutamente di spalle ed era inutile aspettarsi spiegazioni dallo sghignazzante Rai. Afferrando una trota, si affrettò a seguire Sasuke.
Il fratello maggiore aspettava sul retro di casa. Reira notò che gli artigli di Ookami gli uscivano di un paio di centimetri dal dorso delle mani.
Brutto segno.
Quando Sasuke si accorse di avere la ragazzina di fianco, la afferrò per le spalle, lei notò che i suoi occhi stavano assumendo una minacciosa tonalità virante al giallo dorato. Raramente aveva visto Sasuke scatenare i poteri di Ookami, quando accadeva, ne era sempre intimorita.
“Devi farmi un grosso favore.”
Lei annuì.
“Trova la kunoichi della Foglia, non ti sarà difficile ritracciarla. Fai di tutto per convincerla a lasciare la città al più presto. So che ci puoi riuscire, molto più di Rai.”
Facendo leva sulla competizione col fratello, poteva ottenere un effetto migliore.
“Ma perché?” Volle sapere Reira.
“Perché è me che sta cercando ed è meglio per tutti che non mi trovi.”


La città dei lupi era come Tsunade l’aveva descritta, una grande nobile decaduta, piena delle vestigia di un passato glorioso. C’erano grandi palazzi che un tempo dovevano aver avuto un aspetto sontuoso, ora la maggior parte era abbandonata, altri erano divenuti grandi case popolari. Le strade erano un caotico viavai di persone di ogni sorta, per lo più sporche e piene di polvere, fumi e odori strani. In mezzo agli umani che si definivano lupi, c’era anche una gran quantità di lupi veri.
Passò davanti a una scuola, ragazzini si stavano esercitando nel cortile e si fermò a osservarli. Tecniche di combattimento molto diverse da quelle della Foglia, ma che dovevano essere altrettanto efficaci. Notò anche un maestro intento a osservare i ragazzi con sguardo vigile.
Si sedette a un tavolo sotto la veranda di un’osteria e chiese qualcosa da bere.
Aveva sfinito Tsunade per avere il permesso di partire, era arrivata alla città dei lupi la sera prima e già cominciava a pentirsene. Fare quel viaggio in un posto tanto squallido per cercare un morto sulla base di una sensazione, che stupida era stata.
Per tutta la mattina, aveva fatto domande a chiunque fosse stato disposto ad ascoltarla. Pareva che nessuno conoscesse individui corrispondenti alla sua descrizione. Non aveva menzionato il Sommo Ookami, era un argomento delicato per quella gente, gli ingenui potevano pensare che fosse una spia con un secondo fine e sollevare un vespaio.
Tsunade aveva fatto quanto poteva per cautelarsi in quel senso, aveva mandato una lettera al capo villaggio della città dei lupi, avvertendolo dell’arrivo di Sakura. Lui aveva assicurato che, per tutta la durata del suo soggiorno a Oinomori, Sakura sarebbe stata sotto la sua protezione. Aveva mostrato la lettera del Sommo Danjyo all’ingresso in città, nessuno si era fatto avanti per accompagnarla, come Tsunade aveva previsto.
Ti terranno d’occhio dall’inizio alla fine, sapranno sempre dove sei e cosa stai facendo.
Tsunade aveva visto giusto, il fatto che nessuno l’accompagnasse confermava che la stavano controllando a distanza.
“Sei una guerriera?”
Rivolse uno sguardo privo di emozioni in direzione della voce, una ragazzina sui dodici anni la osservava incuriosita dalla sedia accanto. Aveva lunghi capelli neri e occhi verde scuro, con una sfumatura di giallo. Una bellezza strana, selvatica.
“Sono un medico ninja.” Rispose.
“Non ho mai visto un medico ninja con la spada.” Osservò divertita la ragazzina.
“Era di una persona a cui volevo molto bene.”
“Il tuo ragazzo? È morto in battaglia?”
Alla sua età, Sakura non si sarebbe mai sognata di porre una domanda del genere con tanta leggerezza. Fu tentata di tirare un ceffone a quella ragazzina impertinente.
“Sì.” Rispose, riportando l’attenzione al proprio bicchiere.
“Ti ho offeso? Scusa, non volevo!”
Sakura fece un gesto con la mano come a scacciare un insetto fastidioso, desiderando che la noiosa ragazzina la lasciasse in pace.
Sei noiosa.
Parole che le fecero venire un brivido lungo la schiena.
“Come mai sei a Oinomori?”
Che rottura.
“Sto cercando qualcuno.”
“In molti qui cercano qualcuno, ma quasi nessuno riesce a trovarlo.”
“Che intendi dire?”
“Che non troverai nessuno disposto ad aiutarti.”
“Non mi interessa, la persona che cerco è qui, la troverò da sola.”
“Spero non sia per ucciderla.”
“No, è solo per rivederla. A costo di controllare uno per uno tutti gli abitanti della città.”
“Come vuoi, io però ti ho avvertita. Fossi in te, lascerei perdere e tornerei a casa.”
Stava per ribattere, ma una fitta di dolore intensissima le attraversò la base del collo come una scarica elettrica. Sentì gli arti irrigidirsi, perdere sensibilità e diventare di pietra. Si rese conto che stava cadendo dalla sedia, ma non sentì l’impatto con il terreno. Ebbe l’impressione che la ragazzina gridasse qualcosa ma ogni sensazione si allontanò. Le parve che il cielo fosse sul punto di sgretolarsi e crollarle addosso, poi fu soltanto oscurità.

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Capitolo 4
*** Chiamata a raccolta ***


Chiamata a raccolta

Veleggiava in una dimensione incorporea fatta d’oscurità, non sapeva da quanto tempo e nemmeno se e quando ne sarebbe uscita. Volti e voci si susseguivano sovrapponendosi in un delirio confuso, momenti che non ricordava di aver vissuto ma che in qualche modo facevano parte di lei. Ninja fuorilegge, Tsunade, Sommo Ookami, lupi, Oinomori, Sasuke. Frammenti di conversazioni, vociare nelle strade affollate di un’antica città, la voce di una ragazzina indisponente. C’erano momenti in cui desiderava ardentemente che si spegnesse tutto, per non sentirle più, altri in cui invece la lasciavano in pace, dandole un relativo sollievo. Nelle pause avvertiva una presenza ma, per quanto cercasse di avvicinarsi e di toccarla, non riusciva a raggiungerla.
Il Sommo Ookami.
Qualcuno le aveva detto che doveva trattarsi di lui, chiunque egli fosse. Ogni volta che lo sentiva allontanarsi fino a svanire, per quanto lei gridasse di non lasciarla, le voci tornavano ad alzarsi per tormentarla.
Quando la tenebra cominciò a ritirarsi, si rese conto di avere ancora un corpo, disteso su qualcosa di morbido. Il Sommo Ookami era con lei anche in quel momento, la teneva per mano. Cercò di stringere la presa ma non aveva forza. Lui dovette percepire il cambiamento, perché la lasciò andare e svanì come le altre volte.
Sommo Ookami non andare via!
Avrebbe voluto urlarlo, ma non era ancora abbastanza padrona del corpo in cui la vita stava tornando lentamente. Fu come emergere a rilento da acque profonde, tornare al mondo reale con lentezza snervante. I pensieri ripresero a correre su binari diritti, i sensi si ritrovarono. Aveva già gli occhi aperti, ma solo dopo molto tempo riuscì a intuire una stanza da letto in penombra. Nessuna traccia del Sommo Ookami. Soltanto gli occhi assonnati e pieni di preoccupazione di una donna, seduta accanto al letto, accolsero il suo primo sguardo.
“Dove mi trovo?” La voce suonò talmente roca che non la riconobbe.
“Nella casa di Aso Shuzen a Oinomori.” Rispose la donna con un sorriso materno. “Non ti devi preoccupare, sei al sicuro qui.”
“Cosa mi è successo?”
“Sei stata colpita da un ago avvelenato. Un veleno che paralizza all’istante e uccide quasi con la stessa rapidità. Per fortuna ti hanno soccorsa subito, è stata mia figlia a farti portare qui.”
La ragazzina alla taverna.
Anche la memoria stava ricominciando a lavorare secondo logica, rimettendo gli avvenimenti in quello che doveva essere il giusto ordine. Sì, stava parlando con una ragazzina antipatica davanti a una taverna, una fitta al collo, si era sentita cadere e tutto era svanito.
“Chi c’era qui poco fa?”
“Nessuno, a parte me.”
“No, c’era un’altra persona che mi teneva per mano, è stata con me tutto il tempo.”
“In molti ti abbiamo tenuta per mano mentre eri malata.”
“No, lui… lui era con me mentre sognavo.”
Avrebbe detto anche che si trattava del Sommo Ookami ma si trattenne, non ricordava ancora perché ma Tsunade aveva proibito di nominarlo.
“Devi averlo immaginato, sei stata male a lungo e hai avuto molto tempo per sognare.”
“Per quanto tempo?”
“Diversi giorni. Te la senti di mangiare qualcosa?” La ragazza annuì impercettibilmente. “Ti preparo qualcosa, intanto bevi questo tonico, ti schiarirà la mente.”
Sakura osservò i contorni della stanza in penombra, dopo che la donna se ne fu andata. Fuori doveva essere una splendida giornata di fine giugno, a giudicare dalla luce che filtrava dalla finestra semichiusa. Bel modo di iniziare la sua missione privata a Oinomori, rischiare di morire avvelenata. Qualcuno aveva cercato di ucciderla poco dopo il suo arrivo, d’accordo ma chi? E perché?
La porta si riaprì e la donna di poco prima mise dentro la testa.
“Hai una visita.”
Sakura cercò in qualche modo di mettersi a sedere contro la spalliera del letto, per un folle istante sperò che fosse colui che aveva avvertito tenerle la mano prima del risveglio, lo stesso che l’aveva salvata nella foresta dai ninja fuorilegge.
Fu invece un uomo anziano a entrare. Una cascata di capelli d’argento scendeva sulle enormi spalle e incorniciava un viso bruciato dal sole e solcato da rughe. Si sedette e le rivolse quello che nell’oscurità le parve un sorriso.
“Come ti senti?” Domandò.
“Meglio, grazie.”
“Io sono Hiki Danjyo, attuale capo villaggio di Oinomori. Ci hai fatto prendere un bello spavento. Ti chiami Sakura, giusto?”
“Sì. Chi ha tentato di uccidermi?”
“Non lo sappiamo, i nostri migliori ninja hanno rivoltato la città come un calzino, battuto la foresta in lungo e in largo per niente. Il sicario doveva essere molto in gamba. Sai se c’è qualcuno che ha interesse a ucciderti?”
La ragazza scosse la testa, il vecchio ne fu palesemente deluso.
“Speravo potessi darmi qualche indicazione, i lupi hanno ripercorso il tuo cammino da Konoha a qui. Sei stata pedinata per gran parte del viaggio, lo sapevi?”
Il vecchio poté vedere chiaramente l’espressione sconvolta della ragazza, leggerla in profondità. No, non lo sapeva ed era sincera, non gli stava nascondendo nulla.
“Perché hanno aspettato che fossi in città per attaccarmi?”
“Non ti viene in mente niente?”
“Perché la città dei lupi ci andasse di mezzo.”
Il vecchio annuì con solennità. Sakura sentì blocchi di ghiaccio formarsi nello stomaco.
“Quindi, la domanda che dobbiamo farci è un’altra. Chi può avere interesse a scatenare di nuovo l’inimicizia fra Konoha e Oinomori?”
Sakura sentì scariche di puro terrore, il vecchio stava sviscerando le implicazioni troppo velocemente per la sua mente appena tornata attiva.
“Non lo so.” Disse in un sussurro.
“Non mi dai molto su cui lavorare. Non ho ancora informato Konoha dell’accaduto, voglio che sia tu a farlo, appena potrai alzarti dal letto. Il Villaggio della Foglia è da sempre sospettoso nei confronti di Oinomori, non vorrei che si facessero strane idee, se gli mandassi a dire che hanno tentato di ucciderti ma ora stai bene e sei al sicuro.”
“Mi dispiace che siate in questa situazione a causa mia.”
“Non è stata colpa tua. Ora pensa a riposare e non preoccuparti, sei al sicuro qui. Il Sommo Ookami stesso fa la guardia a questa casa.”
A sentire quel nome, Sakura pensò che il cuore potesse esploderle. Dunque, il sommo Ookami era veramente tornato, non si era sbagliata. Le mancava soltanto di scoprirne l’identità.
Il vecchio era già sulla porta, non appena fu uscito, rientrò la donna, recando un vassoio colmo di cibo. Sakura ricordò di essere affamata.


“Non fare i capricci, fammi vedere quel braccio!” Ordinò Kinuye autoritaria.
Keiji si ritrasse sulla panca, nascondendole il più possibile il braccio ferito. Koshiro, intento ad asciugarsi il sudore con un asciugamano, ridacchiò della scena.
“Stai lontana da me! Il mio braccio sta bene!” Protestò Keiji.
“Sì, certo, e le mucche volano!”
“Spostati Kinuye!”
“Sasuke sensei!” Esclamò la ragazzina, accorgendosi solo in quel momento del suo arrivo. Lo sguardo di Keiji passò dall’indispettito allo spaesato, poi al timoroso.
“Fammi vedere quel braccio.” Ordinò Sasuke, in un tono che non ammetteva repliche.
Seppur riluttante, il giovane Keiji dovette rassegnarsi a farsi visitare dal maestro. Stava facendo di tutto per non darlo a vedere, ma il braccio doveva fargli un male d’inferno.
Orgoglioso e testardo com’ero io.
Un pensiero che Sasuke aveva avuto più di una volta del giovane allievo, d’altronde era il motivo per cui lo aveva scelto.
Ookami.
Un richiamo telepatico che lo disturbò non poco. Abbandonò il lavoro che stava facendo, se qualcuno lo chiamava in quel modo, era per qualcosa di importante. L’arena delle sfide era deserta, gli spettatori e l’altro team avevano già abbandonato il campo. Sasuke notò un lupo dal manto grigio scuro che lo osservava da uno degli ingressi sotto le gradinate.
Ti manda Makiko?
Sì, la ragazza si è svegliata.

Il lupo, riferito il messaggio, svanì lungo il corridoio da cui era arrivato.
“Scusate ragazzi, devo andare. Kinuye, prenditi cura di Keiji.”
“Di chi dovrebbe prendersi cura lei?” Insorse subito Keiji. Koshiro sghignazzò più forte, mentre Kinuye si faceva avanti, ben contenta di obbedire all’ordine ricevuto.


Makiko lo aspettava sulla strada di casa, le mani in grembo e l’aria da perfetta madre preoccupata. Quando la vide, Sasuke intuì cosa si sarebbero detti.
“Come sta?” Domandò, senza dare alla donna il tempo di parlare per prima.
“Bene, ora che ha mangiato, c’è Reira con lei.”
“Ottimo, io devo tornare all’arena…”
“No!” La donna lo interruppe in modo secco.
“Perché no?”
“Mi ha raccontato tutto.” Nel tono di Makiko c’era una tristezza da far stringere il cuore. “Da quando ti ha conosciuto, tutto quello che ha passato per amor tuo. Molte cose le sapevo già, ma sentirle dal suo punto di vista è stato molto diverso.”
Sasuke sentì il cuore contrarsi, la madre adottiva era l’unica cui avesse confidato la verità sul suo passato. Come Sakura, le aveva raccontato ogni cosa, senza tralasciare particolari o cercare di rendere meno evidenti le cazzate immani che aveva fatto.
“La notte che l’hai salvata ha riconosciuto la tua aura, nonostante fosse semisvenuta. È molto sensibile, è venuta fin qui per controllare di non essersi sbagliata, nella speranza di rivederti.”
“Mamma, tu sei la sola che può capire. È meglio che lei non sappia che sono ancora vivo, lo sai quanto me. Quindi, per cortesia, ora vai là dentro e dille che si è sbagliata.”
“Le spezzerei il cuore! Cosa che tu hai già fatto più di una volta. Non chiedermelo, non posso farlo, non a Sakura.”
Sasuke non poté fare a meno di sorridere.
“Ha conquistato anche te, tipico di Sakura.” Scosse la testa. “Questo non cambia le cose, non deve vedermi, servirebbe solo a riaprire vecchie ferite.”
Makiko allargò le braccia in un gesto esasperato.
“È solo perché hai paura che non ti perdoni!”
“No! E comunque io al suo posto non mi perdonerei!”
“È venuta fin qui da Konoha per cercare una persona ritenuta morta, sulla base di una sensazione. Non mi sembra il comportamento di una che non ti perdonerebbe! Quindi adesso vai da lei, è un ordine Sasuke Uchiha!”
Sentirle dire Uchiha invece di Shuzen fu come prendere uno schiaffo in pieno viso, sapeva di fargli male usando il suo vecchio nome. Stava per ribattere quando una serie di ululati attraversò il cielo della città dei lupi, entrambi si volsero.
“La chiamata a raccolta.”
“Va a vedere che succede. Ma non pensare di averla scampata, è solo rimandata.”

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Capitolo 5
*** Dichiarazione di guerra ***


Dichiarazione di guerra
 

Gli ululati non si erano ancora spenti, quando Makiko rientrò nella stanza dove Sakura era intrattenuta da Reira. La ragazzina si stava scusando per come si era comportata e per quello che era successo, quasi fosse stata colpa sua.

“Cosa succede?” Chiese Reira, quando vide la madre rientrare.

“Non lo so, tuo fratello è andato a vedere.”

Sakura sentì un’oppressione al petto, Reira le aveva appena spiegato cosa significassero quegli ululati. Ebbe lo sgradevole presentimento che la chiamata a raccolta fosse legata a qualche altro casino, sempre dovuto alla sua presenza in città. Presentimento che si acuì quando un ragazzo, che doveva essere di pochi anni più giovane di lei, irruppe nella stanza.

“Rai!” Esclamò Reira.

“È questo il modo di entrare?” Lo apostrofò Makiko, il giovane nemmeno si curò dell’obiezione materna.

“Il Sommo Danjyo vuole che sia presente anche la kunoichi della Foglia.”

“Ma è ancora troppo debole per alzarsi!” Protestò Makiko.

“Il Sommo Danjyo ha mandato una lettiga a prenderla, dice che è importante.”

La donna stava per ribattere ma Sakura si era già tolta le coperte di dosso.

“Dove sono i miei vestiti?”

“Tesoro, non credo sia il caso…” Tentò ancora Makiko.

“Vi ho già creato abbastanza problemi.” Tagliò corto Sakura. “Se il Sommo Danjyo richiede la mia presenza, devo andare.”

“Ci sono venti lupi ninja di scorta.” Puntualizzò Rai prima di andarsene.

Sakura si stava già vestendo aiutata da Reira, notò che Makiko avrebbe volentieri alzato ulteriori obiezioni, ma nessuno sembrava disposto ad ascoltarla. Che fosse troppo debole per alzarsi dal letto, era la pura e semplice verità, le gambe tremavano come ammassi di gelatina.

“Vieni con me, mi serve qualcuno a cui appoggiarmi.”

Makiko le sorrise e annuì, aiutando a sua volta la procedura di vestizione.

 

Il Sommo Danjyo stava seduto sotto la veranda di una semplice casa di legno a un solo piano e con il tetto a doppio spiovente, teneva i gomiti sul tavolo e le dita incrociate in attesa. Gli altri anziani di Oinomori erano in piedi alle sue spalle, tenevano la mano sinistra sull’impugnatura della katana e osservavano l’assemblea con aria severa. La casa era circondata da mura di legno che delimitavano una corte, in cui si era radunato un gran numero di armati. Sakura notò che l’arma più comune per i ninja di Oinomori erano tre artigli retrattili assicurati all’avambraccio.

Il Sommo Danjyo le rivolse un cenno di saluto abbassando la testa, quando vide parte dell’assemblea aprirsi per far passare lei e Makiko. Sakura cercò di rispondere al saluto e al sorriso del vecchio, sentendosi goffa come una bambina.

“Shigenobu.” Si limitò a dire il Sommo Danjyo.

Uno degli uomini schierati alle sue spalle si fece avanti schiarendosi la voce.

“Poco fa, questo messaggio è stato consegnato alle guardie della Porta Est.”

Fece un cenno alla propria sinistra e uno degli attendenti si fece avanti mostrando un rotolo, sul quale era stato vergato frettolosamente un messaggio.

Consegnateci la Kunoichi della Foglia e non vi sarà fatto alcun male. Se non lo fate, tutta Oinomori ne pagherà le conseguenze.

L’attendente consegnò il messaggio a chi era più vicino, subito passò di mano in mano accompagnato da un crescente mormorio di sorpresa. Se non fosse stato per Makiko, Sakura sarebbe crollata come un mucchio di stracci. Sentì un capogiro talmente forte che pensò che il mondo si fosse capovolto, doveva essere un altro dei suoi deliri, non poteva essere vero.

“Non c’è firma!” Disse un qualche scopritore dell’acqua calda. Shigenobu annuì.

“Ci concedono tre giorni per decidere, poi ci sarà battaglia.”

Sakura pensava freneticamente a cosa avrebbe fatto Tsunade in quella situazione di merda, ma non riusciva a trovare nulla di sensato. Il Sommo Danjyo proseguì.

“Sanno che non sono riusciti a ucciderla, quindi ci ricattano.”

“Se la vogliono, devono passare sul mio cadavere.”

Una voce, quella voce.

Sakura sentì le viscere contorcersi, rischiò di vomitare quanto aveva mangiato a casa di Makiko. Osservò la folla aprirsi per lasciarlo passare. Era lui, era veramente lui! Sasuke, il suo Sasuke. Vestito come i lupi ninja di Oinomori, aveva i capelli corti ed era diventato un uomo, ma era lui. Sakura ebbe un capogiro peggiore del precedente, qualche compassionevole aiutò Makiko a sostenerla. Sentì qualcuno ordinare di procurare una sedia, che non tardò ad arrivare.

“Deduco che sei pronto a morire per lei.” Considerò il Sommo Danjyo.

“In qualunque momento.” Rispose Sasuke.

Alle sue spalle erano apparsi il giovane Rai e una donna, che doveva essere la più anziana dei tre, anche se di poco. Era più alta di Sasuke, aveva la pelle scura e capelli neri raccolti a coda di cavallo che le scendevano fino alla vita. Sakura pensò che il cuore fosse sul punto di esplodere. Sasuke era vivo, era un ninja della città dei lupi e si era appena detto disposto a morire per lei.

“Non c’è bisogno che Oinomori ci vada di mezzo…” Proseguì Sasuke.

“Oinomori c’è già andata di mezzo.” Lo interruppe il Sommo Danjyo. “La ragazza è sotto la mia protezione da quando è entrata in città, è un impegno che ho preso personalmente con l’Hokage di Konoha. È dovere di tutti noi tutelarne la sicurezza, abbiamo già sbagliato una volta e poteva costarci molto caro, non deve ripetersi!”

“Non occorre tutta questa mobilitazione.” Insistette Sasuke. “Uscirò soltanto io.”

“Tu non farai niente del genere!”

“In cinque minuti li spazzo via, chiunque siano!”

Il Sommo Danjyo abbatté un pugno in verticale sul tavolo, riducendolo a un rudere, il suono del legno che andava in pezzi risuonò ben oltre le mura di cinta della corte.

“TU FARAI QUELLO CHE TI ORDINO!”

L’assemblea fece istintivamente un passo indietro, davanti alla rabbia del capo.

“Sembra che qualcuno stia facendo di tutto per scatenare una nuova guerra fra Oinomori e Konoha, voglio sapere chi è e cosa spera di ottenere!”

Si rimise a sedere, gli attendenti avevano già sostituito il tavolo rotto con uno più robusto.

“Hai detto di essere pronto a morire per questa ragazza, bene, se lo sei tu, lo siamo tutti. Così funziona il Branco, pensavo di avertelo insegnato.”

Sasuke annuì, tenendo bassa la testa. Sakura fu tentata di chiedere a Makiko se stesse ancora sognando. Sasuke che riconosceva l’autorità di qualcuno era a dir poco pazzesco. Le porsero da bere ma gentilmente rifiutò, era troppo agitata e rischiava di strozzarsi.

La sensazione avvertita nella foresta era giusta, aveva riconosciuto un’aura familiare, quella dell’unica persona che avesse mai veramente amato. Desiderò ridere e piangere a un tempo, ma un briciolo di razionalità residua le permise di trattenersi.

“Da questo momento, ci consideriamo assediati.” Proseguì il Sommo Danjyo “Nessuno esce e nessuno entra senza un mio ordine. Sasuke, ti affido la difesa delle mura, sai cosa fare.”

L’anziano capo continuò a dare disposizioni ma Sakura smise di ascoltarlo, Sasuke stava venendo verso di lei. Sentì Makiko metterle le mani sulle spalle ma non servì a tranquillizzarla. Sasuke si rivolse prima alla madre adottiva.

“Portala a casa per favore.”

Makiko si limitò ad annuire. Sasuke si chinò per guardare Sakura negli occhi. La giovane kunoichi pensò che sarebbe morta in quel momento, quando i loro sguardi si incrociarono.

“Verrò da te il prima possibile.”

Si protese in avanti, facendo aderire le proprie labbra alle sue. Fu troppo. Non solo quello stronzo era vivo, le ricompariva davanti dopo anni in cui lei lo aveva, segretamente, pianto morto. Era un ninja di una città di cui ignorava l’esistenza e ora, come se niente fosse, la stava baciando! Eppure, nell’istante in cui se ne rese conto, capì che stava rispondendo al bacio.

Fu poco più di un battito di ciglia, Sasuke si staccò da lei e corse via. Si allontanò impartendo ordini ad alcuni presenti, che lo seguirono o si diressero altrove. Per diversi secondi non riprese a respirare, osservando il punto in cui lui era sparito.

 

Nascoste oltre la finestra di un edificio abbandonato, due figure incappucciate avevano osservato la riunione appena svoltasi. Uno chiuse il tendaggio che li aveva tenuti celati e andò a sedersi con la schiena contro un muro dalla vernice scrostata.

“Sasuke Uchiha che prende ordini da qualcuno, roba da non crederci.” Commentò. “Quel vecchio sa come farsi rispettare dai suoi.”

“Dubito che sia solo questo.” Commentò il compagno rimasto in piedi, che non riusciva a distogliere lo sguardo dalla finestra chiusa.

“Non pensavo che si sarebbero mossi così in fretta.”

“Nemmeno io. Meglio così, avremo meno tempo da aspettare in questo buco schifoso.”

 

La collina dei ciliegi.

Così le aveva spiegato Makiko. Era solo un gran mucchio di terra con qualche roccia affiorante dietro casa Shuzen ma Sasuke aveva voluto piantarci alcuni alberi di ciliegio. Diceva che gli ricordavano una persona a cui aveva voluto bene. Era il suo angolo di tranquillità, dove andava quando voleva stare solo, cosa che capitava spesso. Dopo cena vi aveva accompagnato Sakura, dicendo di aspettarlo lì, ma l’oscurità era calata completamente e lui non era arrivato. Makiko era tornata quando aveva ritenuto fosse abbastanza tardi, Sakura aveva insistito per aspettare ancora.

Sedeva su una stuoia, avvolta da un kimono e una coperta, la spada del principe degli assassini adagiata in grembo. Non si separava mai da essa, era stata il primo pensiero al risveglio.

E se non viene? Se è solo un’altra bugia?

Scacciò quei pensieri, sapendo che lo avrebbe aspettato comunque.

La solita cogliona che aspetta uno ancora più coglione.

A giudicare dalla posizione della luna, dovevano essere quasi le cinque del mattino, quando finalmente lo percepì. Si era appisolata per lunghi momenti, ma non faticò a liberarsi del torpore. Ormai riconosceva all’istante l’aura del Sommo Ookami, quando lui si avvicinava. La colse però un quesito che la mise a disagio. Il giovane, che vedeva avvicinarsi, conservava ancora qualcosa di Sasuke Uchiha o era il Sommo Ookami e basta?

Si fermò a pochi passi da dove lei era seduta, il corpo avvolto da un mantello color della notte. Aveva proprio l’incedere fiero e maestoso di un lupo. Sakura notò che i suoi occhi riflettevano la luce del firmamento, come quelli di una bestia. Li sentì su di sé, capì che la stavano studiando. Scrollandosi di dosso la coperta e lasciando la spada sopra la stuoia, coprì la distanza lasciata intenzionalmente fra loro. Gli occhi di Sasuke erano come li ricordava, in più avevano assunto la sfumatura dorata tipica di tutti gli abitanti di Oinomori.

“Sei vivo.”

Non riuscì a dire altro, mentre lo circondava con le braccia. Sasuke la strinse, inebriandosi nel suo profumo. Sakura pianse contro il suo torace, continuando a ripeterlo.

“Sei vivo… sei vivo… sei vivo…”

Sasuke attese che si calmasse. Era un momento perfetto, non voleva sprecarlo come in passato. Dal suo arrivo a Oinomori, raramente si era concesso di sognare un momento del genere, era come lo aveva immaginato. Peccato che anche quello sarebbe stato solo il calore di un momento, l’illusione di un sogno destinato a infrangersi nuovamente. Questa certezza lo spinse a chiedere ciò che gli premeva sapere.

“Come puoi volermi ancora bene, dopo tutto il male che ti ho fatto?”

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Capitolo 6
*** La collina dei ciliegi ***


La collina dei ciliegi

 

“Il maestro Kakashi fu tra i primi a morire.”

Sakura si era rimessa a sedere sulla stuoia, avvolgendosi nella coperta. Sasuke la osservava seduto su un masso, facendo attenzione a ogni piccolo dettaglio di lei. Non lasciò trasparire emozioni ma quella notizia fece male, più di quanto avrebbe creduto.

“Me lo portarono di notte.” Proseguì Sakura. “Non c’era niente che potessi fare, parlava a stento. I suoi ultimi pensieri furono rivolti a te. Mi disse che, se decidevo di odiarti, dovevo farlo per il male che mi avevi fatto personalmente, non per quello che stavi facendo a Konoha. Sasuke merita la sua vendetta, il villaggio merita tutto quello che lui sta facendo.”

“Kakashi ha detto questo?” Un tono sorpreso che non si sarebbe aspettata da lui.

“Le sue ultime parole. Restai con lui fino alla fine, poi corsi da Tsunade e pretesi spiegazioni. Lei mi disse la verità sugli Uchiha, mi parlò delle angherie commesse da Konoha contro la tua famiglia. A quel punto, decisi che non avrei più combattuto e mi occupai solo dei feriti. Non ne potevo più di violenza e di vedere i miei amici cadere per via di giochi più grandi di loro. All’inizio avevo combattuto con la speranza di rivederti, anche se da nemici, ma tu non scendevi mai in campo, mandavi avanti i tuoi assassini rimanendo nelle retrovie. Perché?”

“Non volevo incontrare l’unica persona che poteva farmi venire dei dubbi. Non volevo averne, il mio stupido orgoglio mi imponeva di concludere a tutti i costi ciò che avevo iniziato. Tu combattevi per vedermi, io non combattevo per non vederti.”

“Una sera, qualcuno mi portò la tua spada, mi dissero che Naruto ti aveva finalmente ucciso. Piansi fino a consumarmi, mentre Konoha esultava alla notizia della tua sconfitta.”

Sasuke abbandonò il masso e andò a sedersi a sua volta sulla stuoia. Lacrime silenziose continuavano a rigare il volto di Sakura, Sasuke si sorprese a pensare a quanto era bella. Avrebbe voluto prenderla per mano, abbracciarla di nuovo, ma prima doveva sapere.

“Non hai risposto alla mia domanda.”

“Ho provato in tutti i modi a odiarti!” La voce di Sakura si spezzò. “Ho cercato di convincermi che eri irrimediabilmente malvagio, marcio, senza speranza, ma non ci sono riuscita.” Si passò una mano sul volto per asciugare le lacrime. “Io ti ho conosciuto nel breve periodo del team sette, sei sempre stato accecato dall’orgoglio e dal desiderio di vendetta ma non sei malvagio! Non lo sei mai stato, ma forse sono stata la sola a rendermene conto.”

Sapeva che non era una cosa sensata da fare ma non poté più farne a meno. Le si accostò e le passò un braccio intorno alle spalle, lasciando che gli si adagiasse contro.

“Quando mi hai salvata nel bosco, ho riconosciuto la tua aura, per quanto cambiata. Ho cercato di convincermi che era una follia, ma poi ho capito che la speranza si era riaccesa e che dovevo venire qui a controllare o sarei impazzita.”

“Ho sempre pensato che tu mi odiassi come tutti gli altri.”

“Te l’ho detto, ci ho provato in tutte le maniere. Ho passato giornate intere a riempirmi la testa delle tue malefatte, di come mi avevi abbandonata su quel cazzo di panchina. Per un po’ di tempo mi sono illusa di esserci riuscita, di averti fatto uscire dal mio cuore, mi sbagliavo. Ogni volta che sentivo pronunciare il tuo nome, o che si parlava di quella guerra, desideravo rintanarmi da qualche parte e piangere di nuovo. Ho dovuto nascondere a tutti queste cose, dare l’impressione di essere forte quando non lo ero. Naruto aveva Hinata ed era felice, più o meno tutti avevano qualcuno. Io avevo solo il grazie di un traditore morto.”

Sasuke chiuse gli occhi e respirò profondamente, quello era un colpo durissimo che purtroppo meritava senza ombra di dubbio. Ebbe l’impressione che il cuore sanguinasse.

“Non ho mai smesso di amarti. Quando ti ho riconosciuto nel bosco, ho capito che se esisteva la benché minima speranza che tu fossi vivo, dovevo aggrapparmi a essa e così ho fatto.”

La ragazza volse la testa cercando il suo sguardo. Sasuke desiderò baciarla di nuovo, toglierle di dosso quel kimono e prendersi ciò che era suo di diritto. Non poteva, non era giusto illuderla per poi spezzarle il cuore di nuovo.

“Makiko mi ha raccontato quello che hai fatto e che stai facendo per Oinomori. Hai rifondato l’Accademia dei lupi ninja, hai fatto costruire l’Arena delle sfide, sistemare le fortificazioni della città. Stai ridando forza e orgoglio a questa gente, sei la reincarnazione del Sommo Ookami e loro ti amano. Ho sempre avuto ragione, non sei malvagio.”

Dette da lei, quelle parole lo fecero sentire più importante di quanto gli fosse mai capitato. Era stata onesta e aperta su tutto, come sempre. Toccava a lui, forse per la prima volta.

Lasciò passare lunghi minuti in cui la strinse a sé, poi si staccò da lei e cercò di rintanarsi dove le ombre parevano più fitte. Non attese che gli facesse domande, non si era preparato il discorso ma uscì facile, quando lo lasciò andare.

“Ero certo che sarei morto, ero anche arrivato a convincermi che era giusto, mentre il fiume mi portava via, invece mi sono risvegliato ancora una volta. Ho pensato che avrei trovato te accanto al letto, ma c’erano altre persone, pronte a offrirmi una nuova vita completamente diversa. Ero diventato la reincarnazione del Sommo Ookami, ma nessuno seppe spiegarmi come, era successo e basta. Lo spirito guardiano mi aveva scelto come suo portatore e il mio chakra era cambiato.”

Le mostrò il dorso della mano, la pelle si deformò lasciando uscire le terminazioni dei tre artigli. Sakura ci passò sopra la punta delle dita, saggiandone timidamente la consistenza.

“Attenta, tagliano come rasoi.”

“Sono emanazioni del chakra?”

“Sì, posso allungarli a seconda di quanto chakra riesco ad accumularvi. Sono micidiali.”

“Meglio il Sommo Ookami che il mostro bestia.”

Sasuke non poté fare a meno di sorridere, ma non c’era divertimento nel tono di lei. Parlando, i loro volti si erano avvicinati seguendo un meccanismo naturale. Sakura si protese per baciarlo ma dovette fermarla, pur sapendo che il suo sguardo deluso poteva farlo sprofondare nella disperazione. Cosa che puntualmente avvenne.

“Noi non possiamo stare insieme.”

Fu lo sguardo a chiedere spiegazioni per lei.

“Hai detto bene, io ora sono figlio adottivo di Aso Shuzen, reincarnazione del Sommo Ookami e guardiano della città dei lupi. Ma per Konoha sarò sempre il traditore che ha tentato di distruggerla. Non potrei mai tornarci, ci sarebbe solo la scure del boia ad attendermi. Se tu restassi qui con me, i ninja della foglia prima o dopo scoprirebbero che sono ancora vivo. Verrebbero a sapere che hai lasciato Konoha per stare con me e accuserebbero anche te di tradimento, pretenderebbero le nostre teste ed io dovrei schiacciarli, perché difendere la gente di Oinomori è il mio dovere. E tu non potresti più tornare indietro, dovresti rinunciare a tutto e non è giusto.”

Sakura abbassò il volto nascondendolo nuovamente contro il suo petto, riprese a piangere in silenzio. Si era lasciata cullare dalla speranza e non aveva tenuto in considerazione tutte le malefiche implicazioni. Come sempre, lui era più freddo e razionale di lei, ma l’amore per natura non è razionale e Sakura demolì l’intero castello delle sue ragioni con una sola frase.

“Se non si rinuncia a tutto per amore, per che cosa ha senso farlo?” Ribatté con rabbia. “Ricordi quella notte? Ero pronta a seguirti pur di rimanere con te, pronta a diventare una traditrice, un animale sempre braccato. Pensi che adesso non sarei altrettanto pronta?”

“Ho voluto proteggerti da te stessa!”

Lo sguardo confuso che gli rivolse fu preferibile a quello di delusione di poco prima.

“Stavo andando a cercare uno dei ninja più pericolosi della storia per costringerlo a insegnarmi, non era una missione da cui pensavo di tornare, già sapevo che avrebbe portato alla mia distruzione. Dovevo coinvolgerti in quella follia? Quando inorridivo al solo pensiero che potesse succederti qualcosa di brutto.”

“Che importanza poteva avere? Per me eri importante tu, era importante ciò che eravamo insieme! Come lo è anche adesso!”

Sasuke scosse la testa, più che altro per convincere se stesso. Desiderava ardentemente che ci fosse per loro una scappatoia, ma più ci si arrovellava e meno riusciva a vederla.

“Tu non sai quello che dici. Le nostre realtà si sono allontanate troppo.”

E la colpa è soltanto mia.

“È perché non mi ami che dici queste cose? Perché, se è così, allora il problema non si pone. Lasciami stare al tuo fianco finché la questione dell’assedio non sarà conclusa e poi tornerò a Konoha, sarò felice perché avrò la certezza che sei vivo e stai bene.”

Non poteva esserci nulla di più lontano dalla verità, il pensiero di non amarla era talmente assurdo che gli venne da ridere. Se ne rese conto in quel momento.

“Ti basterebbe?”

“Me lo farei bastare! Come ho sempre fatto.”

Non riusciva a crederle ma non lo disse. Era ancora convinto che non prenderla con sé anni prima era stata la decisione giusta, gli errori erano stati altri. Ora come allora lei era pronta a sacrificare tutto per lui, aveva rinnovato il suo impegno senza porre limiti, eppure non riusciva a convincersene, anche se questa volta non era sul punto di imbarcarsi per una missione suicida.

È proprio vero che sono nato per farmi male da solo.

A Sakura non poteva più farne, si odiava già abbastanza per quanto le aveva fatto in passato.

Qualunque cosa stesse per dire, morì quando i sensi del lupo lo avvertirono che qualcuno si avvicinava. Gli artigli del Sommo Ookami scattarono mentre balzava in piedi, Sakura lo osservò senza capire. Una sagoma scura oltrepassò il bordo della collina, a pochi passi da loro, inciampò in una radice e si abbatté a terra, dove rimase. Sasuke andò a controllare di chi si trattasse, rivoltando il corpo con ben poca delicatezza.

“Rai!?!”

“Ciao fratellone, che ci fai da queste parti?”

“Che ci faccio io? Che ci fai tu?”

“Non urlare, ho un mal di testa che tuona. Questa è la via più breve da casa di Soma, no?”

“Hai smaltito la sbronza a casa di Soma, perché non ci sei rimasto?”

“Perché quella russa più forte di me quando beve troppo sakè, dovresti saperlo.”

“A sentire l’alito, a te ti ci hanno affogato nel sakè.”

“Con questa storia dell’assedio dovremo fare finta di essere persone serie, abbiamo pensato di divertirci un po’. Anche tu ti sei dato da fare a quanto vedo, bravo!”

Accennò in direzione di Sakura, che arrossì violentemente. Sperò che la luce non fosse già abbastanza intensa perché si notasse. Speranza vana, avendo a che fare con i sensi dei lupi.

“Rai, fatti un mastello di cazzi tuoi o te lo faccio aumentare il mal di testa.” Minacciò Sasuke, il fratello minore sghignazzò.

“Non lo dirai a mamma, vero?”

“Dipende.”

“Mi faccio alla grande i cazzi miei!”

“Ecco bravo.”

“Comunque ho vinto io, Soma ha bevuto meno.”

Sasuke lo sollevò senza sforzo mentre ancora blaterava e si volse a Sakura.

“Mi dai una mano a mettere a letto la merda ubriaca, senza che nostra madre se ne accorga?”

Sakura sorrise e annuì, ripiegata la coperta, seguì Sasuke verso casa.

 

“Sasuke sensei.”

Qualcuno lo scuoteva chiamandolo per nome. La scena che vide lo lasciò quantomeno interdetto, oltre che imbarazzato. Era stata Kinuye a svegliarlo, alle sue spalle notò Keiji e Koshiro darsi di gomito e sogghignare. Capì a cosa si riferivano quando si rese conto di tenere Sakura stretta al petto, dolcemente addormentata. Dopo aver messo a letto Rai, si erano accoccolati insieme su una poltrona e il sonno li aveva sorpresi in quella posizione.

“Che ci fate qui?” Domandò agli allievi, sperando di non stare arrossendo.

“Maestro l’avete dimenticato? Fra mezzora iniziano le semifinali!”

“Oh merda!”

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Capitolo 7
*** Team 7 ***


Team 7

 

L’arena delle sfide era una struttura a base rettangolare sovrastata da un tetto a quattro spioventi, l’interno era occupato dal campo gare circondato dalle tribune, spogliatoi e altri ambienti erano scavati sotto di esse. Essenziale ed efficace come il suo ideatore, si disse Sakura, quando Sasuke la fece accomodare nello spazio riservato alla squadra. Il campo gare era una piattaforma circondata da un fossato, le tribune sovrastanti erano in gran parte vuote. Se si escludevano i settori occupati dall’organico dell’Accademia, composto di maestri e allievi, gli spettatori esterni erano pochi. Sasuke aveva rifondato l’Accademia dei lupi ninja, ma ancora non era riuscito a risvegliare l’interesse della popolazione. Forse lo farà la guerra, si trovò a pensare tristemente Sakura.

“Team sette del sensei Sasuke Shuzen.” Chiamò una voce amplificata.

“Team sette?” Chiese Sakura rivolta all’interpellato, lui non si volse.

“Sai che la cosa che mi riesce meglio è farmi del male, ho preteso che mi fosse affidato.”

“E magari l’hai anche modellato in base ai ricordi.”

“Ovvio.”

Le era bastato uno sguardo ai tre ragazzini per capirlo. Keiji scese in campo per primo, seguito da Kinuye e Koshiro, uno degli inservienti posizionò la scaletta che permise loro di salire sulla piattaforma rialzata senza dover saltare. Sasuke doveva averli selezionati con molta attenzione, sul ricordo del team che aveva distrutto.

“Team quindici del sensei Asako Nakamura.”

Altri tre aspiranti ninja apparvero sul lato opposto della piattaforma.

“In cosa consiste?” Volle sapere Sakura.

“Niente di complicato. Due team si affrontano, vince chi rimane padrone della piattaforma. Non ci sono regole, vale tutto quello che hanno imparato. Lo facciamo annualmente per avere un’idea del livello dei team.”

“Combattete!” Ordinò l’arbitro di gara.

I ragazzi di Sasuke si lanciarono immediatamente sul gruppo compatto degli avversari, ma furono respinti come avessero cozzato contro un muro invisibile.

“Nakamura è fanatica della difesa, la prima cosa che fanno i suoi allievi è creare una barriera di energia. O l’avversario è più forte o si sfinisce nel tentativo di abbatterla.”

Sakura osservò con più attenzione, in effetti si poteva notare una zona dove l’aria appariva più calda intorno al team Nakamura. I tre ninja stavano stretti uno all’altro, le braccia intrecciate.

“Possono attaccare da quella posizione?”

“Sono specialisti in attacchi mentali da posizione statica, in più la barriera è un’entità in grado di attaccare al loro posto. Ho detto ai ragazzi di colpirli subito, per impedirgli di formarla, ma non sono stati abbastanza rapidi. L’anno scorso ci hanno massacrati in questa maniera.”

Sakura notò una nota di preoccupazione nella sua voce. Un fortissimo vento si scatenò sulla piattaforma, scaturendo dalla barriera del team Nakamura.

“Semplice ma efficace.”

Kinuye barcollò all’indietro ma Keiji le porse la spalla per aggrapparsi. Anche Koshiro, dall’altra parte, consolidò la posizione. Keiji dispose meglio le gambe, parve concentrarsi.

“Temo di sapere cosa vuole fare.” Commentò Sasuke. “In effetti ha ragione, è l’unico modo per concluderla subito.”

Keiji incrociò i palmi ad altezza della fronte, Sakura notò che muoveva le labbra, parole che non poteva percepire. Non aveva mai visto quella posizione.

“LAMPO DISTRUTTORE!”

Una colonna lucente di energia scaturì dalle mani di Keiji. Infischiandosene del vento, attraversò la barriera come se non fosse esistita e travolse il team Nakamura, facendolo volare fra le braccia del pubblico. Avvenne in un istante, alla velocità della luce.

 

“Keiji.” La voce di Sasuke fu come un tuono in una giornata di sole, spense l’esultanza che animava lo spogliatoio. Koshiro, in piedi su un tavolino, rimase di sale, stessa cosa per Kinuye, mentre l’interpellato si alzava dalla panca e si avvicinava al maestro. Sasuke volgeva la schiena alla porta d’ingresso, le braccia conserte e un’espressione tutt’altro che soddisfatta. Sakura, che si era unita all’esultanza dei ragazzi, era immobile quanto loro e osservava la scena.

“Se non ricordo male, ti avevo proibito di usare il Lampo distruttore.” Esordì Sasuke.

“Era l’unico modo per vincere.” Obiettò subito Keiji.

“Questo non c’entra! Hai disubbidito a un mio ordine.”

“Improvvisare, adattarsi e raggiungere lo scopo! Abbiamo vinto, è questo che conta, no?”

“Allora io improvviso, mi adatto e ti spacco la faccia.”

“Maestro…”

Un sibilo minaccioso, Sasuke aveva alzato la mano destra e due artigli si erano allungati fino a Keiji, stringendogli il collo con i lati piatti. Il giovane zittì all’istante, alzò istintivamente le mani per afferrare gli artigli ma subito ci ripensò.

“Il tuo fisico non è ancora in grado di reggere la potenza del Lampo distruttore, vorrei che ti rendessi conto del rischio che hai corso e di quanto sei stato fortunato. È vero, un ninja usa tutto quello che ha per vincere, ma un vero guerriero usa anche il buon senso e ha l’umiltà per accettare le critiche. Disubbidiscimi ancora e ti rivolto come un calzino.”

 

“Non sei stato troppo duro con Keiji?”

Era tardo pomeriggio, la brezza serale e il sole che si avviava al crepuscolo donavano un aspetto incantevole alla collina dei ciliegi.

Sasuke incontrò lo sguardo di Sakura, aveva atteso di essere sola con lui per porgli la domanda. Probabilmente aveva ben altri quesiti, ma partiva da lontano per non essere troppo diretta.

“Può darsi.” Concesse.

“Perché gli hai insegnato quella tecnica se non è in grado di sostenerla?”

“È perfettamente in grado di sostenerla. Ma i limiti non servono se non si è capaci di superarli. Le leggi sono inutili se le persone non sanno come infrangerle ma, dal momento che lo sanno, serve il buon senso di non farlo. Rivedo me stesso in Keiji, non voglio che prenda una strada sbagliata come me. Voglio che impari a usare il buon senso, così lo metto alla prova.”

Sakura lo osservava con attenzione, contemplando la sua figura assorta sullo sfondo del crepuscolo. Era così diverso dal Sasuke di Konoha, eppure era la stessa persona.

“Sono un cattivo maestro?”

“Non ho detto questo, ho solo detto che, forse, sei stato troppo duro. Hai detto tu stesso che non c’era altro modo per vincere quella sfida, credo si aspettasse la tua approvazione.”

“Quindi ho sbagliato.”

“No, lui ha infranto una tua disposizione e giustamente è stato punito, tu potevi essere meno severo, tutto qui.”

Sasuke sorrise e abbassò lo sguardo, recuperando un ricordo.

“Quando morì suo padre, corse a piangere da me. Non è così duro come cerca di far credere, non quanto pensavo di esserlo io, per fortuna.”

“Mi sembra un bravo ragazzo.”

“Lo è.”

“Che tecnica è il Lampo distruttore?”

“La cosa migliore che sia riuscito a inventarmi, ci ho messo anni per crearlo. È un sunto di tutte le mie esperienze, reso più efficace dal Sommo Ookami.”

“Me lo faresti rivedere?”

Sasuke si allontanò dal semicerchio degli alberi, gli artigli scivolarono in fuori fin quasi a sfiorare il terreno. Tese le braccia e accostò i pugni chiusi, volgendoli al cielo.

“OOKAMI LAMPO DISTRUTTORE!”

La colonna di energia scaturì dalle sue braccia e saettò verso il cielo, dove svanì in un istante. Sakura era come ipnotizzata da tanta potenza, mai vista una tecnica del genere.

“Il vecchio Sasuke sarebbe morto piuttosto che insegnare questa tecnica.”

“Il vecchio Sasuke non avrebbe mai accettato di insegnare a qualcuno.” La corresse lui.

“Sasuke.” Dal tono si capì che era stanca di temporeggiare. “Ora so che ho sempre avuto ragione, non sei malvagio. Ho pensato a quello che mi hai detto stanotte e ora voglio una risposta. Se non mi ami, tornerò a Konoha, mi basterà averti rivisto e sapere che sei felice. In caso contrario, sono pronta a rinunciare a tutto per stare con te, voglio diventare la tua compagna e madre dei tuoi figli. Bastano due parole, dille ora o rimani in silenzio ed io accetterò la tua decisione.”

Sasuke si perse per alcuni istanti nel verde dei suoi occhi, forse volle tenerla in tensione per un po’. Fece un passo avanti, la ragazza lottava per non far trasparire emozioni, squassata dall’inesausta speranza e dal timore di essere respinta per l’ennesima volta.

“Dillo, adesso.”

“Ti amo.”

Fu come fermare il tempo con due parole, come zittire il mondo intero. La vide tendersi e trattenere il fiato, desiderò avvicinarsi ma non lo fece.

“Ripetilo.” Ordinò lei con un filo di voce.

“Ti amo.”

“Ti amo Sakura.”

“Ti amo Sakura!”

A quel punto, si avvicinò per cingerle i fianchi ma lei chiuse la destra a pugno, caricò e lo colpì al centro del petto, facendolo volare all’indietro. Sasuke stramazzò in mezzo all’erba, il respiro azzerato, l’impressione che le ossa fossero sul punto di sbriciolarsi. Aveva alzato le difese per istinto ma contro un pugno del genere c’era poco da fare.

“Io dico che ti amo e tu mi sfondi la cassa toracica?”

“Pensavi di non doverla pagare nemmeno un po’? Avanti Sasuke Shuzen, Sommo Ookami della città dei lupi, devi battermi per avermi!”

 

“Ma che razza di temporale sta arrivando?” Domandò Reira uscendo dalla lavanderia.

Boati assordanti e tuoni si susseguivano nel cielo sereno, sconvolgendo la quiete del crepuscolo. Quando fu sulla soglia, la casa tremò e lei si aggrappò allo stipite.

“O è un terremoto?”

“Tranquilla.” Rispose Rai disteso sull’amaca. “Sono solo i piccioncini che… chiariscono.”

Reira contemplò la collina dei ciliegi, tremante sotto la violenza del duello in atto.

“Non credi che dovremmo intervenire?” Disse al fratello.

“Se ti va di farti ammazzare, io lassù non ci vado.”

 

“Keiji, si vede qualcosa? Koshiro mi stai pestando il piede!” Strillò Kinuye.

“Scusa.” Rispose goffamente Koshiro.

“Piantatela lì sotto!” Ordinò Keiji infastidito.

I tre si stavano arrampicando verso la sommità della collina dei ciliegi, senza usare tecniche che potessero essere captate da chi vi era oltre, precauzione, per altro, inutile.

“Voglio vedere anch’io!” Insorse Koshiro.

“Allora muoviti! Che succede Keiji?”

“Si picchiano! Se le danno! Se le danno di brutto! Non ho mai visto un combattimento del genere! Che cazzotti! Che sberle!”

Kinuye riuscì a raggiungere il compagno, rimase a sua volta ipnotizzata dalla scena. Sommo Ookami contro spadaccina della Foglia, uno spettacolo che non si sarebbero persi.





SPAZIO AUTORE: non lo utilizzo mai ma questa volta mi sembra doveroso, considerando il tempo trascorso dall'ultimo capitolo, chiedo perdono ma il lavoro mi sta davvero massacrando.
Prima che me lo facciate notare, sì, il nome del Lampo distruttore è preso in prestito da Dragonball.

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Capitolo 8
*** All'ombra dei ciliegi ***


All’ombra dei ciliegi

 

Sakura era senza fiato. Sasuke era davvero un essere fuori da ogni categoria. Pure senza usare lo sharingan, gli occhi erano quelli gialli di Ookami.

Sei diventata veramente brava.

Sasuke si rese conto che quel combattimento inatteso lo stava facendo divertire. Da parecchio tempo non incontrava qualcuno in grado di tenergli testa per più di trenta secondi.

“Sei cotta.” La canzonò.

La ragazza rivide l’espressione beffarda che aveva imparato a conoscere tanto bene, sentì il sangue ribollire. Però non poteva dargli torto, era decisamente cotta. Pur provandole tutte, non gli aveva fatto venire nemmeno un po’ di respiro affannato. Si ricompose, riponendo la spada nel fodero. Un pensiero tanto assurdo quanto allettante la solleticò.

Perché non provare?

Rischiava di fare una solenne figuraccia ma, se riusciva, avrebbe dimostrato una volta per tutte chi era realmente all’adorabile stronzo.

“Osserva con attenzione Sommo Ookami, ti mostro ciò che ho imparato.”

Incrociò i palmi delle mani ad altezza della fronte, il cuore di Sasuke sussultò.

Quella posizione!

Sakura stava accumulando tutto il chakra rimastole in un ultimo colpo.

Non può essere!

“LAMPO DISTRUTTORE!”

Sasuke incrociò gli artigli a difesa della propria persona, la colonna di energia lo colpì in pieno, spingendolo all’indietro. Dovette impegnarsi per contenere l’attacco, anche se era stato lui a inventarlo e ne conosceva ogni aspetto. Quando l’energia si dissipò, si rese conto di avere il fiatone a sua volta, non ricordava l’ultima occasione in cui un avversario era arrivato a tanto.

Bravissima, sei riuscita a imitarlo.

Aveva impiegato anni per perfezionarlo. Lei lo aveva visto usare un paio di volte da due persone differenti ed era riuscita a crearne una sua versione. Ora lo osservava, in ginocchio nel punto da cui aveva lanciato il lampo, completamente sfinita.

Sei magnifica, non ci sono altre parole per descriverti.

“Sono un’insopportabile ragazzina noiosa ma imparo in fretta.”

“Però hai perso.”

Sasuke si avvicinò facendo rientrare gli artigli di Ookami, si inginocchiò a sua volta, le prese il mento tra le dita e avvicinò i loro volti.

“Da bambina cercavi sempre la mia approvazione, in tutto ciò che facevi.”

“Ti ammiravo.”

“I miei talenti innati sono nulla in confronto alla tua determinazione a migliorare. Tu sei la sola che posso volere come compagna.”

Sakura ebbe l’impressione che il cuore volesse cambiare posizione. Sasuke Uchiha in lacrime per lei, terribilmente sbagliato e, allo stesso tempo, terribilmente giusto.

“Dì che mi hai perdonato.”

Un altro colpo tremendo, il tono assomigliava troppo a quello di una supplica. Sasuke Uchiha non supplicava nessuno, in nessuna situazione. Il ragazzo le nascose il volto contro il seno. Lei lo strinse, un sorriso le colorò il volto sporco di polvere e sudore.

“Ti ho perdonato.”

Aveva immaginato milioni di volte il momento del loro vero primo bacio, ma quello che effettivamente avvenne andò oltre ogni sua più sfrenata immaginazione.

 

“È così romantico.” Commentò Kinuye con voce sognante.

“Andiamo.” Ordinò Keiji alle sue spalle.

“Come andiamo? Non vediamo come va a finire?” Protestò la ragazzina.

“Sappiamo già come va a finire.”

La compagna non si muoveva, quindi se la caricò in spalla con poche cerimonie e si avviò lungo il fianco della collina, con Koshiro alle spalle che ridacchiava a denti stretti.

“Keiji mettimi subito giù!”

Non ascoltò, anche se lei gli tempestava la schiena con i piccoli pugni, procedette risoluto. Probabilmente il sensei era troppo preso da ciò che stava facendo, se anche si era reso conto della loro presenza, difficilmente l’avrebbero imparato.

 

“Ma tu non hai una guerra da combattere?”

Sakura giaceva fra le sue braccia, la testa abbandonata sul torace nudo, le stelle e gli alberi di ciliegio erano gli unici spettatori.

“Il Sommo Danjyo mi ha concesso libertà fino a domattina.”

Sakura ridacchiò.

“Te l’ha concessa o te la sei presa?”

“Entrambe le cose.”

L’espressione di Sakura si fece pesante, Sasuke aveva gli occhi chiusi e non lo vide, ma percepì a pelle il cambiamento.

“Mi dispiace causarvi tanti problemi.” Disse la ragazza.

“Non pensarci. Vorrei avere tutti i giorni dei problemi come te.”

Sakura fu tentata di sottolineare che, da sempre, era disposta a essere un suo problema tutti i giorni, ma era inutile rientrare nella discussione. Fu lui a farlo.

“Non avrei mai creduto che potessi volermi ancora bene dopo tanto tempo.”

Sakura sbuffò a quel commento del tutto inutile, si strinse maggiormente a lui, nascondendogli il volto nella piega del collo.

“A Konoha pensano che sia una superficiale, che la dà a tutti quelli che le ispirano sesso, solo perché non ha un ragazzo fisso.”

Non capì da dove le venne quella risposta, forse per dimostrargli una volta di più quanto avesse sempre tenuto a lui.

“Tu?” Sasuke suonò incredulo.

“Prima dicevano che me la facevo con Sasuke, poi con Naruto perché Sasuke non c’era più, poi con Gaara, con Rock Lee, con Sai, magari anche con il maestro Kakashi.”

“Se ci fossi stato, avrei spaccato la faccia a chiunque osasse dirlo.”

“Ne avresti spaccate parecchie. Non mi è mai interessato cosa diceva la gente, chi mi conosce sa che persona sono. Sì, sono stata con un paio di ragazzi, per puro sport.”

“Con un paio di quelli che hai nominato?”

“La cosa ti disturba?”

“No.” Ci pensò un attimo di troppo per rispondere, per riprendere la solita aria superiore. “È solo che… nessuno di loro ti merita!” Un commento adatto a ricomporre la situazione, però rispecchiava ciò che gli passava per la testa. Una soluzione che fece ridere Sakura.

“A quanto sentii all’epoca, andava quasi di moda invaghirsi di Sakura Haruno. Naruto, Rock Lee, Sai, forse lo stesso Kakashi…”

“Molti di loro non ci sono più.” Lo interruppe lei, ma si allontanò subito dall’argomento. “Naruto è un amico, Rock Lee anche, per quanto mi abbia chiesto più volte di sposarlo.”

“Tu e quel buono a nulla di Rock Lee? Che idea agghiacciante!”

“Rock Lee non è un buono a nulla.”

“Se lo dici tu, però è brutto.”

“Su questo possiamo essere d’accordo.”

Sakura rise, anche Sasuke si lasciò andare a quella che poteva essere una breve risata nasale.

“Pensi che per me faccia differenza? Naruto, Sai, Gaara, Rock Lee, puoi anche essere stata con ognuno di loro, ora sei soltanto mia.”

“Sono sempre stata soltanto tua. E tu, sei soltanto mio?”

“Tuo e di Oinomori, ovviamente. Piuttosto, non ti mancheranno Konoha, Naruto e gli altri?”

“Sì, ma qui ho qualcosa di più importante.”

 

“Cosa vuoi?”

Sasuke aveva coperto entrambi con la coperta, avvertendo una spiacevole intrusione. Sakura vide Rai avvicinarsi per nulla imbarazzato, fu lei ad arrossire. Il giovane aveva le mani in tasca e l’espressione distesa risaltava nella luce del crepuscolo.

“Mamma dice che voi due non mangiate da ieri, sai come la pensa in proposito. Ho provato a dirle che rischiavo la vita venendo qui…”

“In poche parole.” Ringhiò Sasuke.

“La cena è pronta. Mettetevi qualcosa addosso prima di scendere.”

Rai si stava già allontanando, Sasuke mugugnava imprecazioni fra i denti. Sakura lo abbracciò ridendo. A Oinomori aveva trovato un Sasuke decisamente inedito, con una madre oltremodo apprensiva che si occupava di lui.

 

Makiko li accolse sulla soglia di casa, dall’interno provenivano le voci di molte persone. Qualcuno aveva messo lanterne di carta di riso all’ingresso e nell’anticamera, per ravvivare l’ambiente. Sakura notò Sasuke stupirsi di quella novità.

“Cos’è tutta sta gente?” Esclamò il giovane Ookami entrando nella sala. Sakura pensò che era migliorato dal punto di vista umano, ma a buone maniere aveva ancora parecchio da imparare.

“Ho invitato qualcuno a cena.” Rispose Makiko con semplicità.

La tavola era stata allungata e il posto a capotavola, solitamente occupato da Aso, ospitava Hiki Danjyo in persona, che salutò bonariamente i due giovani quando li vide entrare. Il padrone di casa era seduto alla sua destra, mentre a sinistra c’era uno degli ufficiali che Sakura aveva visto il giorno della dichiarazione di guerra, anche in quella situazione non abbandonava l’aria austera. Rai sedeva accanto al padre, mentre la donna alta dai capelli neri e la pelle scura era vicina all’ufficiale. Seguivano i giovani Keiji, Koshiro e Kinuye, la piccola Reira, altre sette persone di età diverse che Sakura non conosceva e tre posti vuoti, per loro e Makiko.

 

“Sei un lupo a cui non piacciono le situazioni affollate.”

Sasuke teneva le gambe distese sulla panchina, quando Hiki Danjyo si avvicinò, le ritirò per fargli spazio. Il vecchio però rimase in piedi, parve ascoltare i suoni che provenivano dalla casa alle loro spalle. La comitiva, anche grazie ai distillati di Aso, era piuttosto allegra.

“Lo stesso non si può dire della tua compagna.”

“In questo è sempre stata più lupo di me.”

“Ero solo venuto a dirti alcune cose, ma Makiko ha insistito perché restassi a cena.”

“Vi ascolto, sensei.”

“Il tuo apprendistato finisce qui, ti ho insegnato tutto quello che potevo, tranne una cosa.”

Sasuke attese che si spiegasse meglio, il vecchio parve voler dare solennità alla questione.

“Arayashiki.”

“Lo stato più puro del chakra.”

“Sì. Non è una cosa che si può insegnare e non dipende dalla forza dell’individuo. Qualsiasi guerriero, anche il più debole e incapace, può raggiungere Arayashiki in determinate condizioni. È presente in ognuno di noi, occorre però essere in grado di trovarlo. C’è chi dice che un ninja deve eliminare qualsiasi sentimento umano per essere infallibile, è vero sotto molti aspetti, ma Arayashiki è qualcosa di diametralmente opposto.”

“È una descrizione un po’ vaga.”

“È la migliore che posso darti, insieme a un consiglio, se lo vuoi.” Vide Sasuke annuire. “Se fossi in te, mi terrei ben stretto quella ragazza.”

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Capitolo 9
*** La notte delle carte bomba ***


La notte delle carte bomba

 

Sasuke andava avanti e indietro sul camminamento fortificato nei pressi della Porta ovest. Da sempre lo riteneva il più debole fra gli ingressi alla città ed era deciso a occuparsene di persona. La giornata era stata un frenetico viavai di portaordini, informatori, sottoposti, amici, parenti e passanti casuali. L’ultimo giorno di tregua, pochi minuti e sarebbe scaduto l’ultimatum imposto dagli invasori. E nessuno aveva ancora la minima idea su chi fossero.

Rai era un’ombra fedele al suo fianco, Soma andava e veniva di continuo. Sasuke aveva voglia di uscire, di andare nel bosco a stanare il nemico ma Hiki Danjyo era stato chiaro, l’ordine era di aspettare. L’anziano capo di Oinomori non voleva rischiare vite in missioni che potevano rivelarsi inutili, non prima di avere un’idea più precisa sulla natura degli assedianti.

“Cos’è quella roba?”

L’esclamazione di Rai lo colpì come una frustata nella schiena, seguì la direzione indicata dal fratello. Qualcosa si staccava dal sipario blu scuro della notte ancora giovane. Sembrava uno stormo di uccelli ma avanzava troppo lentamente e gli elementi non avevano la forma di volatili.

Carte bomba!

La consapevolezza gli mutò lo stomaco in un blocco di ghiaccio.

Uno sciame di carte bomba fluttuanti.

Intuì quasi subito i fili di chakra che collegavano gli elementi dello sciame fra loro. Se uno solo fosse esploso, gli altri lo avrebbero seguito quasi all’istante. Non notò collegamenti con il bosco, dunque non erano controllati a distanza, lo sciame avanzava come dotato di una coscienza autonoma dal suo creatore.

“Dai l’allarme!” Gridò a Rai, lanciandosi lungo il camminamento.

Cercò mentalmente il contatto con un lupo, uno qualsiasi di quelli che aiutavano gli umani ai piedi delle mura. Bastava trasmettere l’allarme a uno, il quale lo avrebbe passato immediatamente a tutti gli altri lupi, che a loro volta avrebbero informato gli umani nelle vicinanze. Lo trovò, trasmise l’immagine che si avvicinava inesorabile, cercò di far capire al lupo ciò che significava. Non fu certo di esserci riuscito del tutto. Giunse al punto delle mura verso il quale lo sciame puntava.

“Signore, che cos’è?” Gli chiese uno dei ninja.

Il suo messaggio telepatico non era ancora arrivato a tutti i difensori. Giunse dopo pochi secondi ma non ci fece più caso.

“Non deve superare le mura! Usate gli shuriken!” Ordinò.

Sapeva che bastava colpirne una per farle fuori tutte, ma non si preoccupò di fare economia. Uno sciame di shuriken saettò verso quello di carte bomba. Alcune esplosero immediatamente, le altre le seguirono in ordine sparso, formando una nebulosa ardente che illuminò la notte a giorno. Sasuke e i ninja difensori si ripararono dietro al parapetto, le carte non erano giunte abbastanza vicine da danneggiare le mura ma l’onda d’urto si percepì.

“Passate parola! Non devono superare le mura!” Ordinò e riprese a correre.

L’intenzione era di fare il giro intero del perimetro, tenendo d’occhio il limitare del bosco. Una porzione della città, qualche centinaio di metri avanti a lui, deflagrò, devastata da esplosioni in serie che sventrarono gli edifici come fossero stati di carta. In un battito di ciglia, un paio di quartieri svanì in un roboante caleidoscopio di fuoco.

No!

I messaggi telepatici non erano stati abbastanza rapidi, uno sciame era riuscito a passare. Chiunque controllasse le carte bomba, era abbastanza in gamba da mettere in scacco i lupi. Sasuke raggiunse i limiti della zona colpita, il fuoco era ovunque, l’odore di corpi carbonizzati insopportabile. I lamenti degli ustionati, dei feriti e dei moribondi schiacciati sotto le macerie, i pianti dei sopravvissuti gli riempirono le orecchie, il fumo gli fece lacrimare gli occhi.

“Fate uscire le squadre d’assalto! Bisogna trovare chi le controlla!”

Dato l’ordine, vide un’altra porzione di città svanire in una cacofonia di esplosioni, almeno un altro sciame era riuscito a passare. Sasuke smise di registrare mentalmente le scariche, Oinomori rischiava di essere messa in ginocchio in pochi minuti. Davvero le difese, di cui si era occupato personalmente, erano tanto disastrose? Non aveva mai visto un attacco del genere ma non bastava come giustificazione. Rai e Soma apparvero accanto a lui, partoriti dalla città piombata nel caos. Non ci fu bisogno di parole, si lanciarono insieme oltre il parapetto.

 

Dalla finestra del palazzo abbandonato che era divenuto il loro nascondiglio abituale, qualcuno osservava in silenzio la città impazzire.

“Pare che si siano decisi a fare sul serio.” Commentò il compagno alle sue spalle.

“Vorrei poter dare una mano.” Rispose amaro l’uomo alla finestra.

“Gli ordini sono chiari, dobbiamo limitarci a osservare.”

Anche dopo anni, la tranquillità inattaccabile del compagno riusciva ancora a infastidirlo. Preferì non voltarsi, una città in fiamme, pur non essendo una novità per lui, era comunque preferibile al menefreghismo di chi lo accompagnava.

“Andiamo a guardare da vicino.” Decise.

Lasciò la stanza per non dargli tempo di obiettare.

 

È uno solo a controllarli.

Il bosco era pieno di fili di chakra che svanivano lentamente, dovevano essere più d’uno per ogni sciame. La volontà del bombarolo accompagnava le carte fino ai limitari, poi lasciava che proseguissero da sole. I fili convergevano verso un unico punto poco più avanti, l’avversario doveva essere un solo ninja dotato di molto talento. Poteva avere altri a difesa ma sul momento non gli parve un grosso problema. Avevano deciso di aspettare e pagato caro l’errore, correva con gli artigli sfoderati, ansioso di piantarli in corpo a qualcuno.

Il bombarolo non aveva bisogno di ninja di scorta, lo capì quando intuì un altro sciame venire loro incontro. Il bastardo era tanto abile da potersi anche difendere da solo mentre attaccava la città. Scattarono in direzioni diverse, tentò di mantenere il contatto visivo con Rai e Soma ma ci riuscì solo in parte. Vide lo sciame dividersi in due, una parte seguì Soma, l’altra puntò su di lui. Pensò che il controllo da parte del bombarolo non fosse sufficiente a evitare tutti quegli alberi, un altro errore, le carte saettarono fra tronchi e fronde senza sfiorarli. Sasuke fece un lungo giro intorno alla zona in cui si erano separati. Non riusciva ancora a capire dove fosse Rai, ma era certo che Soma avesse avuto la sua stessa idea e gli stesse venendo incontro. Quando la vide arrivare, Soma era pronta, nel momento dell’impatto si strinsero in una sorta di abbraccio e schizzarono verso l’alto. I due sciami parvero voler fare lo stesso, ma il loro abbraccio fu una cacofonia di esplosioni che distrusse un buon tratto di foresta.

Sasuke e Soma atterrarono a breve distanza dal punto dell’impatto, Rai non si vedeva. Solo un’altra serie di esplosioni fornì loro la posizione del compagno, Sasuke si rese conto dopo alcuni secondi di quanto accadeva. Rai doveva essere schizzato attraverso l’angusto spazio fra due alberi, inseguito da un terzo sciame, alcune carte non avevano evitato l’impatto con i tronchi e avevano dato il via all’esplosione, due o tre erano riuscite ad avvicinarsi al ragazzo prima di deflagrare. Sasuke vide con orrore il fratello adottivo travolto, lo seguì ruzzolare malamente fra gli alberi.

Fu il primo a raggiungere il corpo fumante nel punto dov’era caduto, chiamandolo per nome. Quando lo sollevò, ebbe l’impressione di avere fra le mani un ceppo in parte divorato dal fuoco, metà del bel volto di Rai era devastata da un’orrenda piaga da ustione. L’occhio superstite fissò quelli di Sasuke, le labbra si mossero per parlare ma non ne uscì nulla di comprensibile. Soma li raggiunse ma non osò avvicinarsi, non si era aspettata che i danni fossero tanto gravi.

“Tre sciami per eliminare uno solo di voi.” Considerò una voce alle spalle della donna. “Non pensavo che i ninja di Oinomori fossero tanto abili.”

Un uomo era apparso fra gli alberi, indossava un anonimo mantello rosso e nessuna insegna.

Un urlo straziante di Sasuke. Soma non avrebbe dovuto voltare le spalle al nemico ma lo fece. Il giovane Ookami stringeva il corpo del fratello, chiamandolo fra le lacrime. Soma, grazie ad un briciolo di lucidità residua, avrebbe voluto costringerlo a preoccuparsi del nemico, ma non poté nemmeno avvicinarsi, l’aria intorno a Sasuke era diventata rovente. Vide con stupore crescente l’erba schiacciata al suolo da una forza invisibile, le fronde degli alberi circostanti sconvolte da venti che non muovevano aria. La più impensabile manifestazione di energia cui avesse assistito. Scariche simili a lampi blu percorrevano il corpo di Sasuke, la casacca da battaglia si lacerò, la muscolatura crebbe a dismisura, la pelle parve tendersi al limite nel tentativo di contenerla poi sparì, sostituita da un folto pelo blu. Le braccia se ne ricoprirono per prime, poi toccò alle spalle e al collo, nel frattempo il volto si deformò, allungandosi in avanti, assumendo la forma del muso di un lupo. I denti divennero zanne, gli occhi dorati più grandi e tanto luminosi da sembrare di fuoco. Non smise un istante di emettere suoni agghiaccianti a metà fra strida di dolore e ringhi. Soma dovette osservare impotente e rapita dal prodigio che si compiva.

Quando Sasuke si rialzò, era coperto di pelo azzurro, la testa era di un lupo gigante e il corpo aveva sviluppato una muscolatura ipertrofica. Fra artigli smisurati saettavano scariche di energia. Soma fu rapida a farsi da parte, percependo la sua ira, il desiderio impellente di uccidere. Non capì quale fosse stata la reazione del bombarolo, colse solo Sasuke scattare e farlo a pezzi, passargli attraverso con gli artigli protesi in avanti. Il corpo del nemico semplicemente fu ridotto a brandelli in un battito di ciglia. Sasuke andò oltre urlando come un folle, grida che erano mezzi ululati, strida indefinibili. Soma vide alberi staccarsi da terra, balzare verso il cielo e ricadere a metri di distanza, là dove il Sommo Ookami si faceva strada a forza. Cadde in ginocchio accanto al corpo di Rai, indecisa se la sconvolgessero di più le sue condizioni o la trasformazione di Sasuke.

 

Una figura incappucciata aveva osservato la scena dalle fronde di un albero, l’altra era rimasta con la schiena addossata al tronco, apparentemente disinteressandosi di ciò che avveniva sotto di loro. Era però consapevole che il compagno non si era perso nulla.

“Una trasformazione interessante.” Lo sentì finalmente considerare con semplicità.

“Visto che abbiamo fatto bene a uscire?” Fece notare, l’altro non commentò. “Cosa pensi?”

“Sasuke non è cambiato, è sempre una bestia assetata di sangue.” Rispose il compagno, risolvendosi ad alzarsi per raggiungerlo. “La sorte di quel ragazzo deve avergli fatto perdere il controllo, scatenando la potenza del Sommo Ookami. Continuerà a distruggere tutto quello che incontra, fin quando non cadrà completamente sfinito da qualche parte.”

“Ne sei sicuro o stai facendo ipotesi?”

“Sto facendo ipotesi che mi sembrano molto vicine alla realtà.”

“Se è così, dobbiamo seguirlo. Siamo gli unici che possono impedirgli di farsi male.”

Un sospiro da parte del compagno? Strana esternazione di emozioni da parte sua.

“Sapevo che l’avresti detto.” Commentò.

“Puoi tornare in città se vuoi, io gli vado dietro. Non preoccuparti, mi basta seguire la pista di alberi abbattuti.”

“Fra gli ordini c’è anche quello di impedirti di fare cazzate.”

“Allora piantala di blaterare e muovi il culo.”

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Capitolo 10
*** Scelte dolorose ***


Scelte dolorose

 

Il sole non era ancora sorto. La nottata era stata pessima e la giornata non prometteva di essere migliore. Gettò i guanti lordi di sangue rappreso in un cestino e si passò un asciugamano sul viso, aveva cambiato città ma le sue mansioni erano rimaste le stesse. Se non altro, a Konoha i feriti appartenevano a un conflitto con radici più antiche di Sakura Haruno, a Oinomori la guerra era arrivata con lei, si combatteva per lei. Ancora nessuno glielo aveva fatto pesare, ma era solo questione di tempo. Sentì altre lacrime premere da dietro le palpebre, nel corso della notte le aveva ricacciate risolutamente indietro. Ora il Sommo Danjyo l’aveva mandata a chiamare e forse poteva concedersi un breve momento per sé.

Qualcuno bussò alla porta del piccolo spogliatoio. No, decisamente non poteva concedersi pause. Probabilmente era giusto così. Senza aspettare il suo assenso, lo stesso Hiki Danjyo mise dentro la testa. Indossava un abito grigio macchiato di sangue, anche lui doveva aver prestato soccorso ai feriti. Con quella particolare espressione, in qualche modo, gli ricordò Jiraya, anche se Hiki Danjyo era l’opposto del ninja eremita. Poteva essere per via dei segni di preoccupazione e stanchezza più marcati del solito, oppure perché sembrava aver pianto.

“Vieni con me.” Si limitò a dire il vecchio, sparendo nuovamente nel corridoio.

L’ospedale di Oinomori, uno dei quattro almeno, era un antico palazzo riconvertito in struttura sanitaria, davvero poco funzionale. Un velo di vecchio e trasandato si addensava in tutti gli ambienti, per quanto il personale fosse qualificato al punto giusto. Sakura camminò un passo indietro rispetto al vecchio, intimorita dalla sua aria austera. Tutta l’amichevole cortesia, che fino ad allora l’aveva contraddistinto, era svanita.

“L’abbiamo trovato poco fa, ai piedi della Porta sud.”

Lo disse mentre la faceva entrare in una stanza con un solo letto, sul quale Sasuke dormiva profondamente. Sakura gli tolse un braccio da sotto il lenzuolo e valutò il battito dal polso, un gesto istintivo, carico di preoccupazione.

“Sta bene.” La rassicurò subito il Sommo Danjyo. “Ma dorme come un sasso. Deve aver esagerato a usare il Sommo Ookami e ha consumato troppa energia. Ha distrutto buona parte della foresta intorno alla città, non sappiamo ancora con quali danni per il nemico.” Il Sommo Danjyo si posizionò sul lato opposto del letto rispetto a Sakura, che non riusciva a distogliere lo sguardo dal volto del giovane addormentato. “Ma c’è qualcosa di strano.”

A tale precisazione, la ragazza alzò gli occhi a incontrare quelli del vecchio.

“Non si è trascinato esausto fino alle mura, era disteso come lo vedi adesso.”

“Il ché significa…”

“Che qualcuno lo ha trovato e ce lo ha riportato, altrimenti ora sarebbe in mano al nemico. Sfinito come doveva essere, non sarebbe stato una preda difficile. Qualcuno ha voluto darci una mano, giusto per rendere le cose ancora più confuse.”

“Forse Konoha è venuta in nostro aiuto.” Le parole di Sakura furono così piene di speranza, che al vecchio dispiacque doverle deludere.

“Per quanto ne sappiamo, Konoha è ancora all’oscuro di tutto.” Si sedette con aria sconfitta. “Ho sbagliato Sakura, ho sbagliato tutto. Ho pensato che aspettare la prima mossa del nemico fosse la cosa migliore da fare, per la sicurezza di tutti, mi ritrovo con una montagna di morti.” Scosse la testa. “Sasuke mi ha detto tante volte che siamo rimasti per troppo tempo senza combattere, che dobbiamo imparare di nuovo a farlo. L’ho invitato ad avere pazienza, avrei dovuto ascoltarlo.”

Sakura non si aspettava un simile esame di coscienza da parte del vecchio, non davanti a lei.

“No, la colpa è mia. Avreste dovuto consegnarmi.”

Forse non aveva avuto l’intenzione di dirlo, le uscì istintivo. Se lei aveva effettivamente delle colpe, non sapeva quali potessero essere. In fondo, era solo andata a Oinomori a cercare Sasuke. Per quel semplice gesto, la città dei lupi era piombata nel caos, ricordandole dolorosamente i giorni di allarme e confusione a Konoha.

“Non dire sciocchezze, Sasuke non lo avrebbe permesso e nemmeno io.” Disse subito il vecchio. “Non ti ritengo responsabile, magari ci sarà gente che lo farà, ma sono convinto che il nemico non sia qui per te. Credo che stiano usando la tua presenza qui come pretesto.”

Stava facendo il possibile per rassicurarla, ma forse nemmeno Sasuke ci sarebbe riuscito.

“Io un pretesto? Perché?

“Non lo so, ho questa sensazione.”

Sakura evitò di fargli notare che, fino a quel punto, le sue sensazioni non avevano avuto risultati invidiabili, spostò l’attenzione su qualcosa che le premeva dire da qualche tempo.

“Sommo Danjyo, Konoha deve essere avvertita! Verranno in nostro aiuto appena sapranno!”

“Forse hai ragione.” Concesse il vecchio. “Anche se temo che Konoha non sia estranea a quanto sta accadendo. Non è il momento né il posto per parlarne, faremo consiglio di guerra appena Sasuke si riprende, voglio che partecipi anche tu. Rimani con lui per adesso, avrà bisogno di te quando si sveglia, molto bisogno.”

Nell’ultima precisazione, la voce del vecchio parve incrinarsi, Sakura fu consapevole di qualcosa che, fino ad allora, aveva soltanto subodorato.

“C’è qualcosa che dovrei sapere?” Chiese.

Il vecchio stava già aprendo la porta, rimase per un istante immobile in quella posizione.

“Rai è stato ucciso.”

Sakura sentì come se qualcuno le avesse afferrato il cuore e stesse stringendo.

“Soma era fuori di sé quando è tornata con il corpo, abbiamo dovuto sedarla. Ci è parso di capire che è morto fra le braccia di Sasuke.”

 

“Il Sommo Ookami di Oinomori è dunque temibile come dicono.”

La caverna era stata scavata sotto un albero secolare, le radici emergevano dalle pareti e scendevano dal soffitto. Non era stata creata per quella guerra, esisteva da molto tempo ed era ottima come quartier generale, una vera fortuna averla trovata disabitata.

“In più si tratta di Sasuke Uchiha! Sì, non potevamo chiedere di meglio.” Disse l’uomo che si aggirava senza meta fra le radici e i massi.

“Perché tanto entusiasmo?” Gli fece eco qualcuno seduto in un angolo, volutamente in disparte. “In una sola notte ha spazzato via le nostre prime linee, a cominciare da Gempachi.”

“Gempachi ha voluto prendere la cosa alla leggera, ha avuto ciò che meritava.” Liquidò la questione l’altro. “Entro sera avremo ricostituito le prime linee.”

“Il Sommo Ookami è abbastanza potente da spazzarci via tutti senza l’aiuto di nessuno. Fino ad ora abbiamo colto i lupi di sorpresa, bene, non sfidiamo oltre la sorte, facciamo ciò per cui siamo venuti e andiamocene.”

“È troppo presto, dobbiamo spremerli ancora, una morte eccellente non basta.”

“Tu sei pazzo.”

“Può darsi.” Concesse. “Ma chi mi ha reso pazzo pagherà.”

“Non hanno già pagato abbastanza?”

“No! Sasuke Uchiha deve soffrire più di così, deve pagarle tutte. E dopo di lui, toccherà a quelli che si ostinano a proteggerlo.”

L’uomo nell’angolo si alzò a fronteggiare il compagno.

“Tu sei più folle di tutti i Sasuke Uchiha del mondo.” Disse, prima di lasciare la sala.

 

La sensazione di stretta al cuore si ripresentò in modo spietato, quando superarono il crinale della collina e poterono contemplare le pire funerarie dei caduti.

Un solo giorno e già tanti morti.

Sakura sentì le gambe molli come alla dichiarazione di guerra, ma si impose di non vacillare. Consolare Sasuke al risveglio era stata una cosa, affrontare quella vista era un’altra. Il Sommo Ookami camminava al suo fianco, Sakura era consapevole che la sua aria stoica era una messinscena. Esteriormente era d’acciaio, nemmeno l’accenno di una lacrima, interiormente si erano aperte ferite inimmaginabili. Lo aveva aiutato a riprendersi usando il chakra, subito lui si era messo a chiedere di Rai.

Rimasero un istante in vetta alla collina, lei cercò la mano di lui, le dita si intrecciarono. Altre persone stavano arrivando da tutte le direzioni, il cordoglio si traduceva in lamenti che arrivavano nonostante il vento contrario.

Fu Sasuke ad azzardare il primo passo, lei lo seguì ma senza volontà di farlo.

Sapevano più o meno dove era stato composto il corpo di Rai. Molte pire erano ancora da completare, diversi corpi ancora da estrarre dalle macerie. I fuochi sarebbero stati accesi solo nelle ore più buie della notte, tutti insieme, come da tradizione.

Aso Shuzen sedeva per terra con aria instupidita, sembrava molto più vecchio e si guardava attorno con l’atteggiamento di chi non riesce a comprendere appieno, di chi non si spiega. Makiko e Reira piangevano sulle spalle di un gruppo di parenti, Soma lo faceva in silenzio, seduta in disparte su un lato della pira. Quando giunsero in vista di tutto questo, il giovane Keiji corse loro incontro. Sasuke l’aveva mandato a chiamare, maestro e allievo si scambiarono un abbraccio breve, uno sguardo che bastò a dire ogni cosa. Keiji afferrò la mano libera di Sakura, il gruppo di parenti si aprì per lasciarli passare. Reira balzò al collo di Sasuke singhiozzando più forte.

“Makiko, io…” Tentò di dire Sakura, ma al solo suono della sua voce la donna parve dover esplodere, da come le si rivoltò contro.

“Tu! Che altro vuoi da noi? Sei tu che l’hai ammazzato! Se tu non fossi venuta qui non sarebbe successo!”

Fece il movimento di scagliarsi su Sakura, ma non ne aveva le forze e cadde nella polvere. Alcuni parenti la aiutarono subito a rialzarsi, la poveretta urlava frasi sconnesse condite di follia, la trascinarono lentamente verso casa. Senza capire come, Sakura era stata portata via da Sasuke.

Si sedettero nella polvere in un punto da cui potevano osservare la pira di Rai, lontani da ciò che restava del gruppo dei parenti. Sasuke non la guardò in viso, non tentò di consolarla, lasciò che piangesse contro il suo torace per il tutto il tempo necessario.

Rimasero in quella posizione per il resto del pomeriggio. In un paio di occasioni, Sasuke parve sul punto di dire qualcosa ma dovette ripensarci. Sakura desiderò a lungo di potersi addormentare fra le sue braccia per non doversi più svegliare.

Magari qualcuno ti riterrà responsabile.

Se avesse potuto prendere il posto di Rai sulla pira, non avrebbe esitato. Le piaceva Oinomori, le piacevano gli abitanti e i modi, le piaceva com’era stata accolta in casa Shuzen, le piaceva perché c’era Sasuke. Bel modo di ripagare l’affetto che tutti le avevano dimostrato.

La sera calò pigramente. Più di una volta, ninja in uniforme vennero a cercare Sasuke. La guerra continuava, infischiandosene dei morti e del dolore, i guerrieri avevano bisogno del loro comandante. Sasuke non la lasciò, rimase al suo posto, impartì ordini che lei non si preoccupò di decifrare. Lentamente, come acque d’inondazione che abbandonino terreni alluvionali, la folla di parenti svanì dai camminamenti fra le pire, torce furono accese in ogni dove, come occhi aperti sulla notte imminente. La gente andava a casa a consumare una cena silenziosa, per tornare alle pire solo nelle ore più buie, come convenuto.

Sasuke la fece alzare con delicatezza, Sakura si asciugò gli occhi in una manica e si azzardò a dare un’occhiata a ciò che la circondava. Della folla del pomeriggio era rimasta solo Soma, addormentata sul fianco della pira di Rai.

“Svegliati, Soma, andiamo a casa.” La voce di Sasuke si perse nel soffio della brezza, la donna rimase immobile nella sua posizione.

“Su, vieni, dobbiamo andare.” Insistette Sasuke, chinandosi su di lei per aiutarla ad alzarsi. Il corpo di Soma gli si afflosciò contro, Sakura vide le mani di Sasuke macchiarsi di sangue.

“Soma! No!”

Si dice che ai guerrieri piaccia scegliere in che modo lasciare questo mondo. Soma aveva fatto la scelta più dolorosa. Nel corso del pomeriggio, in disparte, sola con il suo dolore, doveva aver deciso che non era disposta a vivere in un mondo senza Rai.

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Capitolo 11
*** Consiglio di guerra ***


Consiglio di guerra

Reira stava preparando le verdure per la cena, quando Sasuke entrò seguito da Rai e Soma. Venivano dall’accademia e indossavano le consuete maglie nere da addestramento piene di strappi, polvere e sudore si addensavano sulla pelle. Rai porse birre fresche a Sasuke e Soma e si sedette al tavolo di cucina a sorseggiare la propria, contemplando i gesti della sorella. Reira stava facendo a spicchi dei finocchi che poi gettava in una pentola di acqua bollente.
“Stai facendo la spremuta di finocchi?” Volle sapere.
“Hai mai visto fare spremute di finocchi? Li sto lessando, cretino.”
“Era meglio la spremuta.” Commentò Sasuke.
Rai rise, anche Soma sogghignò.
“Non ce lo vuole dire, sta facendo la spremuta di finocchi per Hirokichi.” Insistette Rai rivolto a Sasuke, il quale si dondolava sulle gambe posteriori della sedia e questa volta si lasciò scappare una breve risata a denti stretti.
“Certo, sai che gli piacciono tanto i finocchi.” Assecondò Reira in falsetto.
Hirokichi era il ninja comandante della Porta sud, di frequente citato nei pettegolezzi per i suoi gusti sessuali non esattamente tradizionali. Negli ultimi giorni si era parlato spesso della Porta sud per un ricorrente problema strutturale.
“Smettetela, quanto siete maligni.” Li riprese Soma. “E tu, piccola come sei, non ti ci mettere.” Reira le rivolse una linguaccia.
“Sarà meglio che risolva quel problema alla Porta sud, altrimenti la faccio io con lui la spremuta di finocchio.” Disse Sasuke uscendo dalla stanza.
Rai nascose il volto nelle mani, mentre Reira si accasciava sghignazzando sulle verdure. Soma si appoggiò a uno stipite, dove poté ridere liberamente.


Distolse lo sguardo dal polveroso scenario cittadino oltre la Collina dei ciliegi, chiuse gli occhi per tentare di mettere ordine ai pensieri. Un ricordo, uno dei tanti momenti piacevoli passati con Rai e Soma, uno dei più recenti. Ce n’erano un’infinità che gli si affollavano in testa, che a volte stentava a credere di averli vissuti tutti. Ne aveva passati di simili insieme a Sakura e Naruto, in una vita che, aveva cercato di convincersi, apparteneva a un altro. Non ne aveva goduto appieno per la sua stupidità, li aveva persi per lo stesso motivo. Questi li aveva persi per cause che esulavano da lui, ma ciò non lo rendeva meno amaro. Avvertiva un vuoto dentro che non avrebbe creduto possibile, come se qualcosa fosse stato intento a schiacciargli il torace dall’interno.
Sentì Sakura risalire il fianco della collina alle sue spalle. La riconosceva sempre dal passo, come faceva ormai con tutti. Il pensiero maligno che non avrebbe più riconosciuto Rai e Soma dai loro passi si insinuò fra le righe, dovette scacciarlo insieme a molti altri non meno sgradevoli. Sakura si sedette e gli passò un braccio attorno alle spalle, appoggiandogli la testa contro la schiena.
Ritrovarsi.
Lo aveva desiderato, ma non in quelle condizioni.
“Ci aspettano in Accademia.” Si limitò a dirle.
“Andiamo.” Rispose semplicemente lei.


La notte era calata del tutto, portando la consueta tranquillità. Nessuno sano di mente attaccherebbe i lupi dopo il tramonto. Il nemico ci aveva provato durante la notte delle carte bomba, aveva causato gravi danni ma si era anche scottato le dita, trovandosi addosso il Sommo Ookami scatenato. Le notti successive erano trascorse tranquille, gli attacchi erano avvenuti rigorosamente alla luce del sole. Di notte ci si poteva riunire per discutere il da farsi, senza preoccupazioni.
Hiki Danjyo aveva adibito una delle aule d’accademia a proprio quartier generale. Quando Sasuke e Sakura entrarono, fu chiaro che l’assemblea aspettava solo loro per iniziare.
Il Sommo Danjyo sedeva in cattedra, con l’ormai inconfondibile grembiule grigio macchiato di sangue. Correva voce che non dormisse più, che passasse con i feriti il tempo che non passava a comandare. C’erano gli anziani del suo entourage, con la loro severa aria stoica, le mani sull’impugnatura delle spade. C’erano i comandanti responsabili delle porte cittadine e altri ninja di svariati gradi. Due posti erano stati lasciati liberi, fra gli astanti alla destra di Hiki Danjyo.
Il vecchio rivolse un cenno alla propria sinistra, non appena si furono seduti, doveva aver stabilito le linee guida della riunione prima del loro arrivo, almeno quelle iniziali. Un ninja di basso rango si fece avanti, reggeva fra le mani una piccola borsa, di cui rovesciò il contenuto sulla cattedra. Pezzi d’oro tintinnarono sul legno scuro, il Sommo Danjyo fece cenno a Sasuke di avvicinarsi, mentre l’altro ninja tornava al suo posto.
“Diverse sacche come questa sono state tolte ai cadaveri dei nemici.” Precisò qualcuno.
Il giovane Ookami sollevò uno dei pezzi, lo contemplò per un istante e lo lanciò a Sakura. La ragazza lo afferrò al volo, contemplò a sua volta. Sentì una stretta allo stomaco, mentre richiudeva il palmo sulla tavoletta d’oro, quasi avesse voluto stritolarla. Una fiamma all’interno di un cerchio, avrebbe dato parecchie cose per non vederla sull’oro del nemico.
“Il clan Hyuga stipendia il nemico, sempre che quest’oro non sia frutto di ruberia, cosa che trovo alquanto improbabile.” Argomentò il Sommo Danjyo.
“Il clan Hyuga è diviso in due casate molto vaste ed è pieno di contrasti, potrebbe essere solo una parte di loro.” Disse Sasuke, ancora in piedi davanti alla cattedra.
“Comunque sono coinvolti.” Tagliò corto il vecchio. “Lo stesso discorso si può fare per Konoha, magari non tutta ci sta muovendo guerra, ma una parte lo sta facendo.”
“Sono l’allieva di Senju Tsunade, attuale Hokage di Konoha.” Sakura non capì da dove le venne il coraggio di parlare senza prima chiedere la parola, ma sapeva di doverlo fare. “Una guerra contro Oinomori non è mai stata nei programmi.”
“E l’oro come si spiega?” Volle sapere uno dei ninja sul lato opposto della sala. La domanda fu seguita da un sostenuto mormorio di assenso.
“Non lo so.” Fu costretta ad ammettere, stava per aggiungere qualcosa ma fu prevenuta.
“Sono parecchie le cose che non sai, da quando tutto è iniziato.” Disse qualcuno. “Per quanto ne sappiamo, potresti essere una spia.”
La giovane si tolse il coprifronte di Konoha e lo gettò in mezzo alla sala.
“Sarei venuta qui tranquillamente con questo se avessi saputo di una guerra imminente?”
“Sakura non è una spia.” Sasuke riprese il suo posto accanto a lei. “Da quando è arrivata, non ha avuto contatti con l’esterno, posso garantirvelo.”
“Tu ami questa donna.” Replicò un ninja alla loro sinistra. “Il tuo giudizio non è obiettivo.”
“Può darsi che il mio non lo sia.” Concesse Sasuke. “Ma sei disposto a mettere in dubbio anche quello del Sommo Ookami?”
“Sakura ha rischiato di essere uccisa poco dopo essere entrata in città.” Il Sommo Danjyo spezzò il ritmo delle obiezioni. “Non ho motivi per sospettare di lei, se qualcuno non si fida del mio giudizio, può interrogarla di persona.”
La capacità dei lupi di scrutarti in profondità, di capire in ogni occasione se stai dicendo loro la verità. Le venne la pelle d’oca al pensiero di come si sentiva, quando il Sommo Danjyo o qualcun altro la sottoponeva a quel tipo di analisi. Le parole del vecchio capo sortirono però l’effetto voluto, nessuno alzò ulteriori dubbi sulla sua buona fede.
“Ciò non toglie che Konoha, o parte di essa, sta finanziando il nemico.”
“Il clan Hyuga sta finanziando il nemico.” Precisò Sasuke, Sakura gli rivolse uno sguardo di gratitudine, che si aggiunse ai precedenti.
“Il clan Hyuga fa parte di Konoha, fino a prova contraria.”
“Come ha detto Sasuke, il clan Hyuga è molto vasto e potente, che sia coinvolto non significa che tutta Konoha lo sia.” Ribadì il Sommo Danjyo. “Nessuno dei ninja che abbiamo abbattuto portava le insegne della Foglia e Sakura non ha riconosciuto fra loro volti noti. Finché non saprò chi comanda gli assedianti, non trarrò conclusioni.”
Ciò che avvenne dopo, Sakura faticò a seguirlo. Era stanca e la riunione toccò argomenti sempre più incentrati sulla tattica militare, le strutture difensive, le scorte di cibo, i feriti, le vittime. Rischiò di appisolarsi ma si costrinse a tenere gli occhi aperti. Non era gradita in quella sala, non era il caso di farsi vedere disinteressata alla guerra che ancora troppi le imputavano. I minuti si dilatarono, divennero ore, non riuscì e non volle contare quante.
“Signori.” Sasuke prese la parola. Il silenzio calò nella sala e l’attenzione di Sakura tornò attiva. “Perché di notte possiamo stare qui senza temere attacchi? No, non rispondete, è una domanda retorica, lo sappiamo tutti perché. Abbiamo il vantaggio della notte, bene, è ora di sfruttarlo. Lanciamo una controffensiva. Fino ad ora siamo rimasti entro le mura ad attendere le mosse del nemico, io dico di uscire e ripulire i nostri boschi, in una notte lo possiamo fare.”
“Cosa ti fa essere così sicuro che una notte può bastare?” Domandò qualcuno.
Sasuke si tolse il mantello e si spogliò anche della casacca sottostante, sguardi meravigliati lo seguirono fino al centro della sala. L’aria divenne più calda, nessuno poté non accorgersi dell’energia che scaturì dal Sommo Ookami. La trasformazione fu più rapida rispetto alla prima volta e gli costò meno fatica. Fu come se una scossa sismica attraversasse la stanza, quando raggiunse l’apice. La creatura per metà umana, dalla muscolatura ipertrofica, la testa di lupo e il pelo blu, lasciò basita l’intera riunione. Sasuke contemplò i propri arti con tutta calma, qualcuno avrebbe poi raccontato di averlo visto sorridere di soddisfazione, alla maniera in cui lo fanno i lupi. Non aveva conservato ricordi della notte nella foresta, a parte della caduta di Rai. In quel caso era successo perché si era lasciato completamente andare al potere dirompente del Sommo Ookami, ora era stato lui a volerlo. La sensazione fu sublime, quasi di onnipotenza. Percepì i sentimenti di coloro che lo circondavano con una chiarezza che non era normale nemmeno per il più sensibile dei lupi. Il potere si estendeva fino ai bordi dell’ambiente, avrebbe potuto distinguere il rumore di un capello cadere sul pavimento. Il primo sguardo fu per Sakura, sprovvista di sangue di lupo, doveva essere più intimorita degli altri, ma come loro teneva lo sguardo fisso su di lui. Era affascinata dal prodigio, probabilmente lo trovava sexy anche trasformato in Sommo Ookami. Quel pensiero lo fece ridere interiormente, avrebbero avuto tempo per parlarne, una volta rimasti soli. Per il momento, l’importante era che fosse il Sommo Ookami a obbedire a lui e non il contrario.
“La notte del bombardamento non ero in me e il potere prese il sopravvento.” La voce che gli uscì dalla bocca era profonda, vibrante, non del tutto umana. “Ma ora so come controllarlo.”


Mancava meno di un’ora all’alba ma nessuno dei due aveva voglia di tornare al suo posto. Usciti dall’Accademia, si erano seduti su una panchina e si erano baciati a lungo.
“Ti ho spaventata?” Volle sapere Sasuke, anche se era già consapevole di averlo fatto.
“Un po’.” Concesse Sakura. “Ma sono abituata a vederti trasformato nelle cose più strane, il Sommo Ookami non è di certo la peggiore. Anzi, ha un suo fascino.”
Sasuke appoggiò la schiena alla panchina e rise, la prima risata che gli avesse sentito emettere dopo la morte di Rai e Soma.
“Eri sicuro di poterlo controllare? Voglio dire, non hai fatto prove prima della riunione.”
“Non ero sicuro di nulla.” Rispose lui con naturalezza. “Nessuno di loro è un codardo, ma vivono in pace da troppo tempo. Serviva qualcosa che li spronasse, mi è sembrata una buona idea.”
“E se perdevi il controllo di nuovo?”
“Credo che tu avresti potuto fermarmi, lo hai già fatto in passato.”
Si baciarono di nuovo. Sì, lo aveva già fatto in passato, il pensiero la fece sorridere e sentire la morsa della nostalgia. Sasuke la percepì arrossire, capì che qualcosa la metteva in imbarazzo.
“Che c’è?”
“Quando ti trasformi nel Sommo Ookami, diventi più grosso anche lì?”
Arrossì a sua volta e rise di nuovo, più a lungo, stringendola a sé.
“A dire il vero, non lo so, non ho controllato. Ti va di scoprirlo?”

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Capitolo 12
*** Non fate prigionieri ***


Non fate prigionieri

Penombra, qualche lama di sole crepuscolare attraverso la persiana abbassata. Aiutava a pensare, almeno così si era augurata all’inizio, ma i pensieri sbattevano gli uni negli altri.
Non era servito lasciare la casa degli Shuzen per una stanzetta sopra la Taverna dei Sogni Perduti, che Hiki Danjyo aveva insistito per pagare per lei. Non aveva più visto Makiko dopo i momenti drammatici ai piedi della pira di Rai, nessuno dei membri della famiglia a parte Sasuke. Andare via dalla loro casa le era parsa la cosa migliore, Sasuke non aveva trovato obiezioni convincenti. Lui e Hiki Danjyo non la ritenevano responsabile della morte di Rai, Makiko sì, forse anche Aso e Reira, mentre lei non era molto distante dal convincersene. Sasuke non voleva parlarne e lei non l’aveva forzato, forse avrebbero affrontato l’argomento a guerra conclusa.
Si afferrò la testa appoggiando i gomiti alla piccola scrivania da camera, il legno era stato piacevolmente riscaldato dal sole. Ogni volta che non era con Sasuke o intenta a curare i feriti, quei pensieri malefici tornavano ad assillarla. Non voleva piangere di nuovo, non dopo le decisioni prese. Fu salvata da qualcuno che bussò alla porta.
“Avanti.”
Il giovane Keiji la salutò con un cenno del capo e si richiuse la porta alle spalle, era solo, come lei si era aspettata. Si accostò alla scrivania e le mise davanti ciò che gli aveva chiesto di recuperare, la bandana con il coprifronte di Konoha.
“Era ancora nell’aula.”
Lei annuì distrattamente, rigirando il coprifronte fra le mani, non ancora convinta su ciò che intendesse farci. Con gesti misurati, aprì un cassetto e ne estrasse un coltello, con il quale cominciò a tracciare un solco orizzontale sul simbolo. Non sapeva esattamente perché lo stesse facendo, la rabbia imponeva di essere sfogata in qualche gesto per lei eclatante. Konoha non aveva risposto alle sue missive, rimaneva in silenzio mentre Oinomori combatteva una guerra finanziata dalla Foglia, da un clan della Foglia, per lo meno.
“Questo per noi non significa niente.” Disse Keiji.
Sakura alzò lo sguardo e lo piantò in quello del ragazzo. Impegnata com’era, si era quasi dimenticata della sua presenza. Le aveva appena letto nel pensiero. Lo faceva per mostrare agli abitanti di Oinomori che non parteggiava per Konoha, che sarebbe stata con loro, anche se il nemico si fosse rivelato essere il villaggio della Foglia, o qualcosa del genere. In effetti era stupido, ma se ne rese conto solo quando lui lo fece notare.
“Noi non portiamo insegne in battaglia, noi guardiamo nel cuore delle persone.” Proseguì il ragazzo, Sakura capì che non le avrebbe risparmiato nulla.
“E nel mio cosa vedi?” Lo anticipò a muso duro. “Come mi giudichi?”
Forse la domanda era posta male, ma sentiva un disperato bisogno di approvazione, da parte di altri oltre a Sasuke. Keiji scosse la testa.
“Esistono amici e nemici, possiamo ammirare gli uni e gli altri per il loro valore, deprecarli per la loro codardia o malvagità. Ma non si esprimono giudizi, né sugli uni né sugli altri. Non esiste il diritto di dire chi è migliore o peggiore di noi.” Le pose una mano sulla spalla, un contatto affettuoso che le fece piacere. “Sasuke Sensei prese il posto di mio padre quando morì, tu sei la sua compagna, è quanto mi basta sapere.”
Una lacrima indiscreta le rigò il viso. Keiji aveva poco più della metà dei suoi anni ma era alto quanto lei, lo abbracciò stretto e lui ricambiò.
“Grazie.”
Non riuscì a dire altro. Il giovane le stava dando l’approvazione di cui sentiva un disperato bisogno, non si curò di misurare per quanto tempo rimasero abbracciati.
“Kinuye s’incazzerebbe se vi vedesse ora.” Sasuke era appoggiato allo stipite della porta, non lo avevano sentito arrivare. Si separarono, senza imbarazzo.
“Aspettano solo noi, se qui avete finito.” Li canzonò.


Il sole era un semicerchio di fuoco sull’orizzonte, quando il giovane Ookami li condusse in una corte simile a quella in cui il Sommo Danjyo aveva ricevuto la dichiarazione di guerra. Era passata una manciata di giorni ma sembravano trascorse diverse vite. Questa corte era più grande, ospitava un gruppo molto più folto di armati, il corpo di spedizione che doveva concludere la guerra, scelti personalmente da Sasuke. E la notte si avvicinava, nelle intenzioni del gruppo schierato in attesa, tutto sarebbe finito entro l’alba.
Sakura si era fatta consegnare la veste nera dei ninja di Oinomori. Notò, con piacere, che sembrava esattamente uno di loro, se non per il fatto che a Oinomori non si erano mai visti capelli rosa. Il coprifronte sfregiato era rimasto sulla scrivania della sua camera.
Noi non portiamo insegne in battaglia.
Parole che non avrebbe più dimenticato.
Le avevano dato anche gli artigli retrattili da mettere alle braccia, ne aveva studiato il funzionamento. Stringhe di cuoio permettevano di indossare un contenitore che custodiva tre lame, una levetta faceva scattare le molle e gli artigli erano spinti fuori mediante guide. Erano armi da mischia, da lotta selvaggia, non potendo essere riportati all’interno se non a battaglia conclusa. Andava rimosso il coperchio del contenitore e tirato indietro il supporto su cui erano montati, che a un tempo ricaricava le molle. Rimettendo in posizione la levetta, si riportavano alla situazione iniziale. Aveva anche la spada, arma a cui era più abituata e da cui non si sarebbe mai separata.
Osservò Sasuke salire sulla veranda della casa delle guardie, lei rimase in disparte accanto a Keiji. Entrambi avrebbero preferito che lei rimanesse al sicuro in città, ma non erano riusciti a trovare obiezioni valide al fatto che fosse suo dovere partecipare.
“Fino ad ora abbiamo atteso le mosse del nemico, abbiamo sbagliato.” Cominciò il giovane Ookami. “Cambieremo tattica, la mia idea è la stessa che avevo quando la sfida ci è stata lanciata. Andremo a ripulire i nostri boschi dalla feccia, il consiglio questa volta mi ha dato ragione. Ho scelto voi, perché siate la testa del martello.” Fece una pausa per dare enfasi all’ultima precisazione. “I vostri capi vi spiegheranno come muovervi, ogni branco si occuperà di una parte del bosco. Una sola raccomandazione, non fate prigionieri!”
La fine del discorso fu accolta da un’ondata di esultanza e di grida di battaglia. Pur consapevole che tutto ciò significava solo altro sangue, Sakura sentì il proprio ribollire.


Marciarono lungo strade che si riempirono progressivamente di gente, che batteva le mani e gridava frasi di incoraggiamento. Erano l’armata che andava a scacciare gli invasori, il Sommo Ookami in persona e la sua compagna camminavano in testa alla colonna. Sakura capì che quel siparietto non era troppo gradito a Sasuke, ma sapevano entrambi quanto fosse necessario. La gente doveva vedere, doveva sapere che stava per essere liberata dall’incubo. In più dovevano vedere lei al suo fianco, vedere che era una di loro, che non indossava più le insegne di Konoha e che avrebbe combattuto per Oinomori.
Una delegazione con bandiera bianca attende davanti alla Porta Est.
Un messaggio dalla mente di un lupo. Sasuke dissimulò abilmente lo stupore, non si volse per notare se gli altri lo condividevano. Aveva stabilito di dirigere alla Porta Sud, l’inattesa iniziativa del nemico lo obbligò a cambiare programma. Diressero verso la Porta Est mentre la compagnia scambiava commenti.
“Quanti sono?” Chiese al picchetto di guardie ai piedi del grande portone sbarrato.
“Sette.” Rispose un ufficiale. “Hanno esposto un vessillo con scritto I Santi distruttori.”
“I Santi distruttori?” Gli fece eco Sasuke. “Ti dice niente?” Domandò a Sakura, che negò scuotendo la testa. “Sei comandanti con me, aprite la porta!”
Il drappello guidato da Sasuke attraversò con calma la terra di nessuno fra le mura e la delegazione nemica, che si teneva fuori tiro e ad un passo dalla relativa sicurezza del bosco. Avevano comunque del coraggio a venire quando l’oscurità era prossima a calare del tutto. Diversi di loro reggevano torce, accorgimento di cui lui e i suoi compagni non avevano bisogno. Un uomo, più avanzato degli altri, reggeva la bandiera bianca, mentre un altro sosteneva il peso del vessillo con l’enigmatica scritta.
I Santi distruttori.
Sasuke stava passando al setaccio la memoria, alla ricerca di qualunque cosa quel nome potesse suggerire, senza risultato. Studiò le facce dei nemici mentre si avvicinavano, non ne riconobbe che potessero far parte del suo passato a Konoha. L’uomo con la bandiera bianca doveva essere di poco più anziano di lui, aveva lineamenti semplici, arricchiti solo da un paio di grandi baffi neri. Sasuke fermò la propria delegazione a una decina di passi da quella nemica, l’uomo gli rivolse un breve inchino in segno di saluto, cui Sasuke faticò a rispondere.
“Porgo i miei saluti ai valenti difensori di Oinomori.”
“Facciamo a meno dei convenevoli.” Ringhiò Sasuke.
“Molto bene.” Rispose l’uomo, inchinandosi di nuovo, un gesto che fece avvampare di rabbia il giovane Ookami.
Gli emeriti figli di puttana giocavano a fare gli uomini d’onore.
Che ridicola messinscena.
“Sono qui per rinnovare la nostra offerta. Consegnateci Sakura Haruno e noi toglieremo immediatamente l’assedio.”
Sasuke sentì la pelle delle mani aprirsi, le punte degli artigli uscirono senza il suo controllo. Percepì, con piacere, che i compagni alle sue spalle erano pervasi dalla stessa indignazione. Magari alcuni di loro potevano considerare Sakura responsabile di tutto, ma ormai l’avevano accettata nel branco e sarebbero morti piuttosto che consegnarla.
Così funziona il branco.
“Cosa devo riferire ai miei capi?” Domandò l’uomo con i baffi.
“Riferiscigli che i lupi ninja di Oinomori stanno arrivando, chiunque si troverà sul loro cammino sarà spazzato via.”
L’uomo si inchinò un’altra volta, era troppo. Sasuke sentì artigli scattare lungo la schiera alle sue spalle e alzò una mano perché si contenessero.
“Sparite, prima che dimentichi che siete ambasciatori.”


Dalla finestra cieca dell’alto palazzo disabitato che era il suo punto di osservazione, aveva seguito lo sgranarsi della compagnia di Sasuke. Tanti piccoli gruppi si erano addentrati nel bosco in silenzio e nell’oscurità ormai quasi totale. La tattica dei lupi non era mai stata di muoversi come un’armata, ogni capobranco aveva preso i propri compagni e li aveva guidati verso i boschi, un attacco capillare e sistematico su vasta scala.
Si volse solo una volta verso l’interno della sala, nemmeno quelle grandi manovre interessavano al suo imperturbabile compagno, anche se tutto si avviava a conclusione.
I Santi distruttori non potevano sopravvivere a una carica dei lupi, come previsto da Sasuke. Tutto si sarebbe esaurito entro l’alba, gli unici a non rendersene conto erano proprio i Santi distruttori. L’uomo che li comandava doveva essersi completamente lasciato andare alla follia, li avrebbe condotti tutti alla rovina. Il pensiero gli fece stringere il cuore, ancora una volta.
I lupi non fanno prigionieri.
I Santi distruttori lo avrebbero imparato a proprie spese.
Peccato che gli anziani di Oinomori non avessero ascoltato Sasuke fin dall’inizio, preferendo la prudenza. Attaccando subito avrebbero evitato tanti morti.
Considerazioni inutili, a questo punto.
Gli eventi erano stati fatti girare in quel modo e a lui era stata riservata una parte secondaria.
“Stanotte scorreranno fiumi di sangue.” Disse il compagno alle sue spalle, non era poi estraneo alla cosa come dava a vedere. “Una strategia degna di Sasuke Uchiha.”
Sarebbe stato inutile fargli notare che non si poteva più parlare di Sasuke Uchiha, quindi rimase in silenzio, osservando le ultime squadre che si allontanavano con ordine.
I lupi non fanno prigionieri.
L’idea del sangue che stava per essere versato lo faceva inorridire, ma aveva anche il dubbio che non ci fosse altro modo per chiudere la vicenda. I lupi volevano vendicare i loro morti, non si sarebbero accontentati fino all’annientamento totale del nemico. In più, il problema doveva avere ormai radici così profonde che, forse, solo un’azione senza compromessi poteva eliminarlo.
“Vieni.” Ordinò. “È ora di buttarci anche noi nella mischia.”

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Capitolo 13
*** Trappola ***


Trappola

 
Sangue ovunque, i rami grondavano. Corpi e arti spezzati volavano in mezzo alle grida, i tronchi si piegavano divelti da terra. La foresta non lo meritava, Oinomori non lo meritava, la gente di Oinomori non lo meritava, forse nemmeno i nemici lo meritavano. Pensieri svaniti come respiri nell’oscurità, quando aveva lasciato il potere libero di fluire.
Correva fra gli alberi, il Sommo Ookami era esaltazione pura, era fondersi con la vita della foresta ed essere solo una goccia in un fiume in piena. Correva con gli artigli rivolti verso il basso, cercava i nemici, colpiva e continuava a correre. La battaglia infuriava come un anello di violenza intorno alla città, lo aveva già percorso diverse volte senza rendersene conto. Il Sommo Ookami lo metteva in comunione con i pensieri di tutti i lupi, in un modo che la sua mente umana non avrebbe mai raggiunto. Li sentiva come se li avesse avuti accanto, coglieva le sensazioni del momento. Correva verso chi avvertiva in difficoltà, irrompeva e spazzava via il nemico. Il Sommo Ookami era una fonte di potere tanto grande da trasmettersi agli altri. Quando lo sentivano arrivare, tutti rinnovavano il vigore con cui combattevano, respingendo gli avversari. Sasuke dilaniava con gli artigli, strappava teste a morsi, godeva dell'orgia di sangue che stava causando.

 
Sakura andò in calante obliqua, la lama affondò ad altezza della scapola e l’avversario crollò di schianto. Tirò il fiato mentre imprimeva alla spada il colpo di torsione per liberarla dal sangue. Keiji e gli altri le danzavano intorno, tentando un po’ maldestramente di non farle capire che la proteggevano. Sasuke doveva aver ordinato loro di badare a lei. Strappò il cappuccio che copriva la testa dell’avversario abbattuto, non lo riconobbe. Ne aveva riconosciuti altri che ricordava di aver visto a Konoha, eppure non avevano insegne, solo la curiosa effige dei Santi distruttori, che non riusciva ad associare a niente che appartenesse a esperienze passate.
“Signora.”
Rivolse al lupo ninja uno sguardo interrogativo, indispettita dall’interruzione. Indole dolce e pacifica o no, voleva continuava a uccidere.
“Sappiamo dove si trovano i comandanti.”
“Siete sicuri?” Il lupo ninja si limitò ad annuire. “Il Sommo Ookami dov’è?”
“Sta combattendo, non è in grado di dare ordini al momento.”
“Hai tu il comando adesso.” Disse Kinuye alle sue spalle, a maggior spiegazione.
Sakura si prese appena un istante per ponderare la nuova situazione, non l’aveva messa in conto. Le idee di Sasuke cominciavano a darle un certo fastidio, prima la scorta, adesso il comando che passava a lei in sua assenza.
“Portaci là!” Ordinò.

 
La battaglia infuriava all’esterno, in modo tanto violento da far tremare la volta della caverna. Frammenti di terriccio cadevano sui presenti, il ninja in ginocchio non si curava di toglierseli di dosso. I comandanti erano nella zona di luce dell’unica lampada rimasta accesa, si erano coperti il volto, l’aria era satura di polvere.
“La trappola è stata piazzata?”
“Senza problemi.” Rispose il ninja in ginocchio.
“Bene, puoi andare.”
Attesero che si allontanasse, lasciando passare istanti di pesante silenzio.
“Di questo nostro esercito non si salverà quasi nessuno.” Sottolineò uno dei due. L’altro gli diede le spalle con un gesto di sufficienza.
“Non ha importanza.”
“Non ha importanza? Saranno distrutte migliaia di vite prima di domani!”
“Questi uomini ci hanno seguito pregustando il saccheggio di Oinomori, ma noi sapevamo fin dall’inizio che Oinomori non sarebbe stata prendibile. I mercenari sono sacrificabili, non ti curare di loro. Entro domani avremo raggiunto lo scopo, è questo che conta.”
“Non sono tutti mercenari, c’è anche gente di Konoha!”
“Non fa differenza.”
“Per me ne fa!”
L’altro gli rivolse uno sguardo gelido, si avvicinò fino a fargli sentire il respiro sul viso.
“Allora puoi andare là fuori e unirti a loro.”
“Signori.” Una voce che fece gelare il sangue nelle vene di entrambi. “Non occorre litigare.”
Le ombre in fondo alla caverna presero vita, si mossero, si consolidarono in una forma che avanzò verso di loro, ma non entrò nel cerchio di luce. Avevano condiviso i loro piani con quella creatura, definirla uomo sarebbe parso fuori luogo, non c’era più un modo per determinarla. Era solo grazie alla creatura, se la campagna marciava in maniera insperata. Aveva la capacità di eludere i sensi dei lupi, di infiltrarsi fra loro. Aveva colpito Sakura Haruno con l’ago avvelenato, dando inizio a tutto, aveva fatto in modo che i lupi cadessero in tranelli altrimenti inutili.
“Procederemo come previsto.” Una pausa in cui li sfidò a opporsi. “Qualcosa in contrario?”
Silenzio, i due erano paralizzati dal terrore.

 
Il Sommo Ookami si fermò in una delle poche radure non violate dal combattimento. Non che avesse bisogno di riprendere fiato, voleva farsi un’idea della situazione. Il nemico ripiegava in disordine, molti erano già in fuga. Impreparati a un attacco del genere, i comandanti erano confusi e non sapevano come dirigere gli uomini. Eppure sapevano che i lupi stavano arrivando, aveva informato di persona gli ambasciatori. La sua idea di ripulire i boschi dalla feccia stava riuscendo fin troppo bene, tanta facilità non lo convinceva. Il desiderio di continuare la carneficina, l’odore di sangue e il potere gli impedivano di pensare con lucidità, dove stava la logica?
Un grido lacerante nella testa lo riportò alla realtà. Qualcuno stava morendo, non tutti i nemici erano in fuga, in fin dei conti. Smistò fra i lupi che combattevano nei dintorni, individuò quelli in difficoltà. Erano tre e non troppo lontani, no, soltanto due, la terza aura era di qualcuno appena morto, gli altri erano allo stremo, doveva sbrigarsi. Sapeva di non poterli riportare a casa tutti, ma erano i primi che sentiva morire. Anche il secondo si spense prima che potesse raggiungerli, non stavano combattendo, erano immobili e terrorizzati. Non avevano subito ferite, si erano spenti come candele consumate. Lanciò un allarme telepatico a chiunque si trovasse nei dintorni, qualcosa non andava, che evitassero quella zona. Si inoltrò attraverso un fitto boschetto di sempreverdi e la sensazione di allarme si accentuò. Un lupo vede attraverso qualsiasi grado di oscurità, a maggior ragione il Sommo Ookami al massimo delle sue facoltà, eppure non riuscì a penetrare ciò che aveva davanti. Non faceva parte della foresta, lo capì immediatamente, ma cosa fosse era impossibile definirlo. Era grande, potente e pericoloso, forse anche per lui, ma l’aura del compagno agonizzante era là dentro. Una trappola tanto palese da sembrare ridicola ma, se esitava ancora, il compagno all’interno sarebbe morto entro breve. Allungò gli artigli fin quasi al terreno e li alzò in orizzontale, se fosse stato il tronco di un albero, si sarebbero bloccati, invece sprofondarono in qualcosa di morbido. Una scarica di dolore gli percorse le braccia, quasi paralizzandolo, strinse i denti per rimanere in piedi. L’aura del compagno svanì, come anche quelle dei due morti, non erano mai esistiti. Era la trappola perfetta per lui ed era scattata con spietata efficienza. Un liquido denso e viscoso, dotato di vita propria, strisciò lungo gli artigli e gli avvolse le braccia. Capì di essere immobilizzato, di non poter opporsi, un’ondata di timore lo colse quando sentì le forze venire meno. Sarebbe caduto in ginocchio, ma il muco gli avvolse anche le gambe sollevandolo da terra. Si ritrovò a testa in giù, tutti gli arti imprigionati. Lo spirito di Ookami si contorse nel dolore, si fece piccolo e si rintanò nelle profondità del suo essere. Il corpo si ridusse, rimase solo Sasuke prigioniero del fluido. Tentò di muoversi ma era come congelato, lo strano magma verde poteva assorbire le energie di chi inghiottiva, lo avrebbe ucciso in quel modo.
Fu l’ultimo pensiero coerente prima di perdere conoscenza.

 
Il Sommo Ookami è caduto!
La consapevolezza colpì Keiji come un pugno, stavano correndo e dovette fermarsi. Una serie confusa di messaggi telepatici gli invase la mente, le versioni si accavallarono in un istante, creando un terribile caos. Cercò gli sguardi dei compagni, confusi e spaventati quanto lui.
Sakura non poteva percepire i messaggi telepatici ma, dalle loro facce sconvolte, non era difficile intuire che era successo qualcosa di grave.
Keiji si costrinse a calmare l’ansia montante, fece cenno ai compagni di restare calmi nei limiti del possibile. In altre zone, i capibranco stavano cercando di mantenere l’ordine e continuare a combattere, ma avrebbe richiesto tempo. Occorreva una decisione in pochi istanti. Potevano correre in aiuto di Sasuke ma, se esisteva qualcosa in grado di fermarlo, loro non avrebbero avuto particolari speranze. Sentì comunque un gran numero di lupi convergere sulla zona dove lui si stava spegnendo, se era possibile aiutarlo lo avrebbero saputo a breve. Oppure potevano continuare la caccia ai comandanti nemici, forse Sasuke avrebbe dato ordini in quel senso, se fosse stato in grado.
Doveva sottoporre la questione a Sakura, era lei ad avere il comando, la compagna del capobranco. Stava pensando a come renderla partecipe della tempesta mentale che sconvolgeva i lupi, come trasmetterle le immagini che per loro era naturale vedere. Non aveva mai trasmesso a qualcuno sprovvisto di sangue di lupo, però non doveva esserci una gran differenza, la mente di Sakura sarebbe stata solo più restia a lasciarlo entrare.
Fu colpito alla spalla sinistra e sbalzato da terra, ruzzolò nell’erba alta. Un colpo perfetto e inatteso. Doveva assolutamente capire chi era il figlio di puttana che riusciva a prendere di sorpresa i lupi. Sentì i compagni chiamarlo, poi il nemico dovette incalzare anche loro, perché nessuno venne a sincerarsi delle sue condizioni. Il braccio non era rotto ma c’era andato vicino, costatò con una smorfia di dolore. Si riparò fra gli alberi per consentire all’arto di ritrovare mobilità e cercò mentalmente Kinuye e Koshiro, che erano ai fianchi di Sakura e osservavano il bosco per capire chi li stesse attaccando. Disse loro che stava bene, di proteggere Sakura e chiuse il collegamento, separando la mente dal mondo esterno. Alzò le difese più potenti che poté, non avevano ancora ricevuto attacchi mentali, ma quel nemico gli faceva paura e non voleva correre rischi.
“Salve.” Disse una voce sibilante.
Aveva il corpo di un serpente ma il volto di un uomo, era comparso di fronte a Keiji in un momento imprecisato. Il giovane conobbe una paura che non avrebbe ritenuto possibile, prima di sprofondare nell’oscurità.

 
Hiki Danjyo osservava le luci di Oinomori dispiegarsi sotto la finestra del suo stato maggiore, l’oscurità della foresta oltre ad esse. La donna alle sue spalle sobbalzò sulla sedia, lasciando cadere la penna con cui stava scrivendo. L’uomo fu consapevole dello sguardo di lei, percepì il cambiamento del suo umore, la paura subitanea che la avvolse.
“Finalmente si è rivelato.” Commentò
Immaginò la donna annuire in silenzio.

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Capitolo 14
*** Un nemico dal passato ***


Un nemico dal passato

 

“Dov’è Keiji?”

Sakura non si preoccupò di capire chi, per primo, avesse sollevato il problema fra quanti la circondavano, il colpo non sembrava in grado di mandare al tappeto il giovane. I lupi ninja avevano formato una sorta di testuggine intorno a lei, proteggevano l’attuale capo branco. Era calato un silenzio inquietante, Sakura percepì la tensione dei compagni.

Lo avvertirono molto prima di vederlo, qualcuno si faceva largo nel sottobosco, senza preoccuparsi di nascondere la propria presenza. Teneva le mani alzate, palesando l’intenzione di parlamentare. Sakura sentì il cuore sprofondare, quando capì di chi si trattava. Fino all’ultimo, aveva sperato di non vedere amici coinvolti.

Rock Lee si fermò a una decina di passi, doveva conoscere più o meno la distanza minima a cui i lupi ninja diventano letali senza margine d’errore. L’emblema dei Santi distruttori in bella vista sul torace, anche quello non lasciava margini d’errore. Se non ci fosse stato, avrebbe potuto pensare che Konoha era finalmente giunta in loro aiuto. La mente di Sakura fu avvolta dall’orrore più cupo, dovette concentrarsi per non lasciar cadere la spada.

Il ninja della foglia guardava soltanto lei, come se il branco che la attorniava non fosse stato presente. Sakura capì che i lupi ninja erano pronti ad attaccare, fece un cenno con la mano perché rimanessero fermi e loro s’immobilizzarono. Per il momento avrebbe ascoltato.

“Mi fa piacere vederti in salute.” Un preambolo totalmente fuori luogo, ma parve sincero.

“Mi dispiace di non poter dire lo stesso.” Rispose dura. “Che cosa vuoi?”

“Darti l’ultima possibilità. Questa gente è condannata, lasciala perdere, tu puoi salvarti se vieni con me, adesso.”

Sakura sentì il desiderio di sangue riacutizzarsi, sarebbe scattata in avanti per uccidere se qualcuno, forse Kinuye, non l’avesse trattenuta.

Non è del tutto sincero.

Percepì chiaro il messaggio telepatico di Koshiro, non ebbe tempo di sorprendersene.

Non ascoltarlo.

Kinuye, a metà strada fra il consiglio e la supplica. Avrebbe tanto voluto rispondere nella stessa maniera ma non ne era capace.

“Tranquilli, ho già fatto la mia scelta.” Parlò a bassa voce perché solo i lupi sentissero. “E non intendo tornare indietro.”

Rimase al suo posto, bilanciando meglio la spada, che funzionasse come risposta.

“Ha fatto il suo tentativo signor Lee. Ora lasci il campo ai professionisti.”

Quella voce.

Sakura sentì le viscere diventarle acqua, strinse i denti fino a farli scricchiolare.

Non quella voce, non di nuovo!

Terrore puro già conosciuto.

Orochimaru emerse alla luce delle stelle esattamente come lo ricordava, solenne, potente, terribile a vedersi. Un incubo già vissuto, un fantasma dal passato che faceva gelare il sangue. Sakura percepì il timore e la tensione pervadere il branco, lei conosceva il nemico, loro avevano inteso per istinto quanto fosse pericoloso. Orochimaru teneva Keiji per il collo nella mano sinistra, il ragazzo penzolava inerte.

“Potete tenervelo.”

Gettò Keiji in mezzo a loro, Sakura lo afferrò al volo, evitando che si schiantasse al suolo.

“Cosa gli hai fatto?” Gridò, stringendo al petto la testa del giovane.

Non di nuovo, non un’altra volta!

“Tranquilla Isteria, ho provato a imporgli il marchio maledetto, il suo sangue di lupo ha opposto un’ottima difesa. Lui non mi serve, come non mi servite voi.”

Un solo gesto della mano sinistra, i lupi ninja volarono via, colpiti da una forza invisibile, e rovinarono a terra presi alla sprovvista. Sakura rimase sola, ancora avvinghiata al corpo di Keiji.

Che potenza pazzesca!

Più di quanto ricordasse. Orochimaru aveva avuto tempo di affilare le armi, durante l’esilio.

“Seduti! Da bravi cagnolini!”

Un altro gesto della stessa mano, i lupi ninja che cercavano di rialzarsi volarono di nuovo. Li sentì schiantarsi a terra o contro gli alberi, fece cenno a tutti di non riprovarci. Se conosceva ancora Orochimaru, non faceva mai niente per niente, doveva capire quale fosse il suo scopo.

Non si era resa conto che Kinuye e Koshiro si erano riaccostati in silenzio, strisciando. Keiji uscì dal suo abbraccio senza preavviso, i compagni scattarono ai lati e lo afferrarono per le spalle.

“LAMPO DISTRUTTORE!”

Orochimaru sparì nella luce. Keiji sfogò tutta la rabbia, l’umiliazione per ciò che aveva appena subito e l’odio istintivo che provava per l’essere immondo.

Fu un Lampo distruttore come Sakura non aveva ancora visto.

 

Fluttuava sospeso in un mondo fatto di nulla, nell’oscurità di un limbo apparentemente senza fine. Aveva solo un vago ricordo di ciò che era successo nel bosco, la sensazione terribile di qualcosa che lo ghermiva privandolo di ogni forza. Vedeva volti, riviveva ricordi in un delirio continuo fatto di luci e ombre. Se mai aveva provato a immaginare la morte, non l’aveva vista così.

Rai e Soma, non riusciva a ricordare perché li avesse perduti, in quali circostanze. Sapeva solo che loro non c’erano più e faceva male. Reira, la piccola sorella adottiva, Makiko e Aso Shuzen, i suoi nuovi genitori, erano tutti a casa in attesa del suo ritorno. Keiji, Koshiro e Kinuye, il suo team, i suoi allievi, stava tradendo la fiducia di tutti. Hiki Danjyo, l’ultimo maestro, forse non il migliore ma di certo il solo cui aveva obbedito di buon grado. E Sakura, sopra tutti gli altri, Sakura. La sensazione dolcissima del suo corpo morbido sotto le sue rudi attenzioni da lupo, si spegneva in lontananza come tutto il resto.

Sakura.

Un lampo di lucidità in una mente in procinto di svanire.

Se fossi in te, mi terrei ben stretto quella ragazza.

L’ultimo consiglio di Hiki Danjyo, il più prezioso. Nell’attimo di annebbiamento più totale e mortifero, la consapevolezza più importante che risplende con disarmante chiarezza.

Un’altra scena, l’arena delle sfide, la piattaforma, Keiji che lancia il Lampo distruttore coadiuvato da Kinuye e Koshiro.

Ogni cosa si concatena, tutto acquista un senso.

Sasuke sentì le lacrime scorrere.

Keiji.

Altre lacrime, più rapide, più copiose.

Proprio tu me lo hai insegnato.

Nel momento di massima difficoltà, hai superato ampiamente il tuo maestro.

Lacrime di gioia, cariche d’orgoglio.

Una sfera di luce abbagliante si gonfiò fino a disintegrare per intero la trappola di magma verde, accendendosi come un sole notturno nel cuore tenebroso del bosco.

 

Orochimaru era intatto, esattamente come prima del Lampo distruttore che avrebbe dovuto annientarlo, perfetto nella sua potenza.

“Questo sarebbe il terribile Lampo distruttore? Davvero aria fresca.” Commentò.

Sakura, pur senza sangue di lupo, percepì a pelle il terrore che attanagliò i tre giovani.

“Bene bambini, avete fatto la vostra, adesso fatevi da parte e lasciate lavorare gli adulti.”

Orochimaru si stava divertendo da matti, quando avrebbe deciso di smetterla con le battute e fare sul serio, avrebbe scatenato l’inferno. Sakura si avvicinò ai ragazzi e mise le mani sulle loro spalle. Doveva sfruttare il tempo che le stava concedendo, ma non le veniva in mente niente.

“Perché non li hai ancora uccisi?”

Un’altra voce conosciuta, un’altra scarica di adrenalina nello scorrere lento dei secondi. Neji Hyuga uscì dall’oscurità del bosco puntando Orochimaru, che gli rivolse uno sguardo di sorniona superiorità, quasi non fosse altro che un insetto fastidioso.

“Che stai aspettando?”

“Li ucciderò quando lo riterrò opportuno.” Orochimaru, serafico.

“L’Uchiha è quasi uscito dalla tua ridicola trappola!”

“Niente che non avessimo messo in conto.”

“Vuoi aspettare che arrivi qui? Uccidili! Te lo ordino!”

Orochimaru parve divertito dal patetismo insito nelle ultime parole.

“Un gatto che ordina a una tigre. Credo siate stato sollevato dal comando, signore.”

Un sorriso in tralice, Neji volò via com’era successo ai lupi ninja, sparì alla vista. Orochimaru si volse a Rock Lee, curioso di vederne la reazione a quanto era appena avvenuto, il ninja della Foglia si limitò a distogliere lo sguardo e ad allontanarsi di qualche passo. Quando aveva detto a Neji che era più pazzo di tutti i Sasuke Uchiha del mondo, non si era reso conto di aver ragione fino a quel punto.

“Ragazzi, ce la fate a lanciare un altro Lampo?”

Sakura approfittò delle schermaglie fra gli avversari per sussurrarlo a Keiji e compagni. Avevano dato fondo alle risorse per il primo, le rivolsero occhiate incerte, quasi spaventate.

Forse, se ci aiutano anche gli altri…

Kinuye, poco convinta.

Sakura fece un giro con lo sguardo alle proprie spalle, i lupi ninja rimanevano stesi a terra obbedendo al suo ordine.

Dobbiamo poterci toccare perché la comunione del potere sia veramente efficacie.

Keiji, ancora ansante in mezzo a loro.

“E facendolo così?” Volle sapere Sakura.

Keiji scosse la testa.

Possono passarci il potere a distanza, ma poco.

“Ho detto seduti!” Tuonò Orochimaru.

Alcuni lupi ninja volarono di nuovo, questa volta ferendosi seriamente contro i tronchi degli alberi. Dovevano aver captato i pensieri dei ragazzi e tentato di avvicinarsi.

“In effetti potrei uccidere qualcuno di voi, tanto per riprenderci la mano. Che dici Isteria? Comincio dai ragazzini?”

Sakura balzò oltre il terzetto, spada in posizione di difesa.

“Non ti azzardare a toccarli!” Intimò.

“E chi me lo impedisce? Tu?”

Orochimaru fece un primo passo verso di lei.

“Io, se preferisci.”

La voce inattesa bloccò Orochimaru a metà del movimento, Sakura trasalì. Era apparso un nuovo imprevisto, anzi, due nuovi imprevisti, vestiti con anonime tuniche grigie, nessun emblema che ne esplicasse l’appartenenza a qualcosa o qualcuno.

“Un po’ troppo affollata questa foresta.” Commentò Orochimaru.

“Il mondo è piccolo.” Rispose il secondo degli incappucciati.

Entrambi rimossero ciò che gli copriva il volto. La mente di Sakura sprofondò nel caos in maniera definitiva, Orochimaru non si scompose.

Nasuto e la Sai l’ultima, che bella riunione! Manca solo Sasucchiamelo e ci siamo tutti.”

“I tuoi giochi di parole sono peggiorati dall’ultima volta.” Commentò Naruto, andando a posizionarsi al fianco di Sakura. “La permanenza nell’altra dimensione ti ha mandato in pappa il cervello? Oppure hai digerito male le ultime batoste? Sasuke e Itachi ti hanno già preso a calci in culo, che cazzo ci fai ancora in giro?”

Ancora quel maledetto sorriso in tralice.

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Capitolo 15
*** L'ultima risorsa ***


L’ultima risorsa

 

Che cosa abbiamo fatto?

Se lo era chiesto tante volte, così tante che ormai lo faceva per riflesso incondizionato. Liberando Orochimaru dal limbo in cui Itachi Uchiha lo aveva confinato, sollevando un’armata per marciare su Oinomori, rendendosi conto di chi comandasse realmente l’armata. Vedendo la strage durante la notte delle carte bomba, assistendo al massacro delle ultime ore.

Che cosa abbiamo fatto?

Se lo chiese osservando Orochimaru spazzare via i lupi ninja, Naruto e Sai insieme con loro. I lupi avevano avuto vita facile a stroncare l’esercito invasore, ora Orochimaru avrebbe fatto lo stesso a loro. Sapeva fin dall’inizio che era un errore, ma non si era opposto, si era lasciato coinvolgere nella follia di Neji, era da biasimare più del suo socio.

“Rock Lee!”

L’ultima voce che avrebbe voluto sentire, alle sue spalle.

“Voltati! Devi guardarmi in faccia mentre ti ammazzo!”

Ebbe il tempo per fare solo quello, voltarsi con la dovuta lentezza. Una fiamma rosa sotto di lui, una lama gli entrò nel ventre passandolo da parte a parte. Non tentò nemmeno di opporsi, consapevole di essere condannato comunque. Provò una lieve, macabra soddisfazione nel sapere che sarebbe stata proprio lei a ucciderlo.

Sakura aveva affondato il colpo fino al bloccare l’impugnatura contro il corpo del nemico, era tanto vicina da percepirne il respiro affannato sul viso. Rock Lee pensò che avrebbe fatto girare la lama all’interno, ma la ragazza sollevò la mano destra aperta fino all’altezza del suo volto.

“Lampo distruttore.”

La mano di Sakura divenne luce, tutto divenne luce, la testa e il torace di Rock Lee, semplicemente, cessarono di esistere.

 

Naruto si assicurò che Sai stesse solo riprendendo fiato, puntò un ginocchio sul terreno e aiutò il compagno ad assumere una posizione più comoda. Sai aveva il fiato grosso, perdeva sangue dal naso e da un taglio sulla fronte, ma non mostrava ferite gravi. Naruto fece un giro con lo sguardo. I lupi ninja erano tutti a terra, in condizioni più o meno gravi, non aveva tempo di occuparsene. I tre ragazzini erano spariti, meglio così, tanto meno aveva modo di fare da balia agli allievi di Sasuke, per quanto affidabili si fossero dimostrati. Anche Sakura non si vedeva, l’aveva intravista allontanarsi di soppiatto nel caos generale. Non pensò che fosse scappata, ma altre priorità gli impedivano di capire dove si fosse diretta.

Orochimaru era tornato, molto più potente di come lo ricordasse. Loro erano senza fiato, lui aveva portato attacchi da posizione statica con movimenti elementari. La mente di Naruto stava facendo lo sforzo di elaborare una strategia, ma tutte le idee convergevano sul punto che avrebbe preferito evitare. L’ultima volta che aveva usato il chakra della Volpe aveva ucciso Sasuke, o meglio, si era convinto di averlo fatto. Aveva giurato e spergiurato che non l’avrebbe più utilizzato. Facendo il giuramento, non aveva messo in conto di incontrare di nuovo certa gente sgradevole.

Kurama, ci sei?

Quando vuoi.

“Era ora.” Commentò Orochimaru.

Il chakra fluiva con facilità, Naruto sentì qualcuno posargli una mano sulla spalla.

Ma che caz…?

Kurama imprecò, colto di sorpresa, e svanì. Il chakra smise di fluire, il corpo di Naruto lo riassorbì di colpo, troppo rapidamente, il ninja rimase senza fiato e con i muscoli doloranti. Volse uno sguardo costernato alla mano sulla propria spalla, era grande e forte, coperta da folto pelo blu. Alzò lo sguardo, l’essere che era per metà uomo e per metà lupo scosse la testa in segno di diniego.

“Non ce n’è bisogno, me ne occupo io.”

Era la voce di Sasuke unita a quella ringhiante del Sommo Ookami, fuse in sintonia perfetta. Naruto si accasciò per terra accanto a Sai, ebbe l’impressione che il ghigno sul volto dell’uomo bestiale fosse un sorriso. Trattandosi di Sasuke, pensò a uno scherzo dell’immaginazione. Comunque era già passato oltre dandogli le spalle, andando a passi misurati verso Orochimaru.

“Come hai fatto a tornare?” Ringhiò.

“Qualcuno è riuscito a riportarmi indietro, non che la cosa ti riguardi.” Orochimaru riprese l’abituale sorriso di quando era sul punto di sodomizzare qualcuno. “Una trasformazione interessante ma dimmi, il Sommo Ookami ti fa fare anche altre cose oltre a renderti orribile?”

“Da che pulpito.”

“Sei sempre stato un allievo molto irrispettoso.”

Il Sommo Ookami stava per ringhiare una serie d’improperi, non capiva a cosa servissero tutte quelle parole, voleva combattere. Orochimaru proseguì.

“Forse era necessario tutto quello che è successo. Io dovevo rendermi conto di certi miei limiti e superarli, e ciò è accaduto grazie a te e a tuo fratello, mentre tu dovevi ancora crescere. Ora posso rinnovarti la mia offerta, possiamo ancora fare grandi cose insieme, se vieni con me.”

Protese una mano in avanti, un’improbabile offerta di amicizia.

“Tu ora vai a fare grandi cose all’inferno.”

Sasuke fece emergere gli artigli e si lanciò in avanti, Orochimaru si limitò a cambiare la posizione della mano che aveva proteso in avanti. Il Sommo Ookami fu respinto da una forza invisibile e volò a cozzare di schiena contro un tronco. Emise un urlo che era più simile a un ruggito di frustrazione che a un ringhio, puntò le mani per darsi nuovo slancio.

“Avanti cagnaccio, hai fatto la tua scelta e hai sbagliato. Ora vediamo che sai fare.”

Per un lupo non esiste offesa peggiore del sentirsi definire cane. Sasuke caricò a testa bassa, Orochimaru gli rifilò un manrovescio con aria annoiata. Il Sommo Ookami volò con la testa contro un altro albero, abbattendolo.

“Forza bruta? È tutto quello che sai fare? Non hai imparato niente? Kakashi, io, Itachi, Obito, il Sommo Danjyo, tutti abbiamo cercato di insegnarti, è stato inutile.”

Sasuke affondò gli artigli ma trovò solo aria. L’avversario si era piegato sulle ginocchia, colpì di destro al ventre. Il Sommo Ookami spalancò le fauci e crollò, tenendosi la zona colpita e tossendo nel tentativo di respirare. Orochimaru lo colpì con un calcio che lo fece ruzzolare lontano. Stava usando solo calci e pugni, nessuna tecnica, ciò era deprimente per entrambi.

“Speravo di trovare un avversario degno, invece sei solo un brutto cane pulcioso.”

Sasuke sradicò un albero plurisecolare e tentò di usarlo come mazza. Orochimaru lo bloccò con una mano sola, lo spezzò e lo ridusse in una miriade di schegge. Montante mancino al mento, il Sommo Ookami volò all’indietro e stramazzò indecorosamente nella polvere.

“Considerando che la trappola verde ti ha succhiato quasi tutta l’energia, cosa pensavi di fare? Il Sommo Ookami è una fonte immensa di potere, ma va usato con criterio.” Commentò Orochimaru. “Che figura di merda.”

Doveva essere più o meno il pensiero di tutti i presenti, Sasuke compreso.

“Sei una delusione, ma almeno mi divertirò un po’ con te, prima di ucciderti.”

Il braccio con cui aveva sferrato l’ultimo colpo divenne un serpente che si snodò verso il Sommo Ookami, che ancora non era riuscito a rimettersi in piedi. Gli avvolse saldamente il collo, Sasuke non ebbe modo di opporsi, sbarrò gli occhi quando capì e tentò di aprire le spire. Avrebbe troncato il corpo del serpente con gli artigli ma Orochimaru non lo permise, sollevandolo, facendogli descrivere un arco e mandandolo a schiantarsi al suolo dalla parte opposta.

“Ho sempre amato questo gioco!”

Il Sommo Ookami era come un palloncino legato da un filo al braccio di Orochimaru, che lo fece volare, schiantare dove c’erano rocce o il terreno sembrava più coriaceo. Quando si stancò, gli fece descrivere cerchi sempre più larghi ruotando su se stesso, Sasuke abbatté alberi con la schiena. Orochimaru cambiò gioco di nuovo, lo tirò a sé e lo colpì con il braccio libero sbalzandolo via.

“Non sei male come punch ball!”

 

Naruto aveva fatto sedere Sai con la schiena contro un tronco, non si era reso conto di quanti e quali colpi avesse subito il compagno.

“Lo ammazza se non facciamo qualcosa.”

“Non credo di poter essere d’aiuto.” Rispose Sai con praticità. “Kurama?”

“Deve averlo addormentato profondamente.”

“Allora dubito che lo si possa aiutare. Non pensavo sarebbe stato così forte.”

“Nemmeno io.” Ammise Naruto. “Non ti viene proprio in mente niente?”

“Senza la Volpe ci vorrebbe un miracolo.”

Un grido di battaglia che Naruto riconobbe, interruppe la conversazione. Vide Sakura comparire dalla boscaglia e troncare il serpente, Sasuke si abbatté al suolo, la ragazza lo sollevò con il braccio con cui non reggeva la spada e corse verso di loro. Orochimaru fece riassumere all’arto aspetto umano, apparentemente divertito dall’improvviso cambio di programma, e rimase a osservare, in attesa degli sviluppi.

Sakura liberò il collo di Sasuke da quanto restava del serpente, il Sommo Ookami respirava a stento. La ragazza afferrò la grande testa di lupo e cercò il suo sguardo, occhi verdi carichi di preoccupazione si rifletterono in quelli gialli della bestia, vedendovi cose che mai avrebbe voluto vedervi. Dolore, angoscia, paura di non aver speranza, a Sakura venne voglia di schiaffeggiare il grande lupo, non voleva vedere quelle cose. Sasuke sollevò una mano coperta di pelo insanguinato e le accarezzò una guancia. Il potere svanì in lui come una candela spenta da un soffio, il corpo si ridusse fino ad assumere una devastata e tremante forma umana. Bastavano quattro cazzotti per mandare al tappeto il Sommo Ookami di Oinomori? Nessuno voleva e poteva crederlo.

“Non puoi arrenderti.” Lo implorò Sakura, gli occhi pieni di lacrime.

“Ha ragione, non puoi.” Naruto, alle sue spalle.

Sasuke non guardò né l’una né l’altro, aveva occhi solo per Orochimaru, che stava con calma venendo verso di loro.

“Mi sono stancato di giocare.” Disse il ninja leggendario.

Un gesto della mano e tutti volarono a cozzare contro il retrostante sipario di alberi.

Sasuke sputò polvere impastata a saliva e sangue, gli venne anche da vomitare ma fece il possibile per trattenersi. Era stato uno stupido a usare il Sommo Ookami in quel modo, la trappola verde lo aveva debilitato troppo, avrebbe dovuto pensarci.

Gli restava solo una carta da tentare. Sakura cercava di raggiungerlo alla sua sinistra, Naruto era in ginocchio dalla parte opposta.

“Sakura.”

Protese la sinistra, che lei afferrò.

“Naruto.”

Il ninja della Foglia ebbe solo una breve esitazione, prima di afferrare la destra di Sasuke. Era veramente l’ultima possibilità, se avesse fallito, allora sì, si sarebbe arreso.

“Ferma questo se sei capace, stronzo.”

Orochimaru era davanti a loro, in attesa di vedere quale fosse l’ultima risorsa. Sasuke protese le mani in avanti insieme a quelle dei compagni.

“OOKAMI LAMPO DISTRUTTORE!”

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Capitolo 16
*** Il significato di Arayashiki ***


Il significato di Arayashiki

 

Si fermò a riprendere fiato. Nella fretta di fuggire, non si era preoccupato di misurare la distanza. Valutò di essersi allontanato a sufficienza per essere al sicuro, sia dai nemici che dai presunti alleati. Orochimaru non lo aveva ucciso, non si sarebbe interrogato sul perché di quell’inattesa fortuna. Era vivo e libero di far perdere le proprie tracce, era quanto contava al momento. Rock Lee era perduto, pazienza, aveva scelto di rimanere a farsi uccidere, peggio per lui. I Santi distruttori annientati, un problema da poco, possedeva denaro più che sufficiente per reclutarne altri. Avrebbe ricominciato tutto da capo.

“Se il mio istinto non sbaglia... ”

Il cuore perse un colpo. In quella parte di foresta non doveva esserci nessuno, così distante da Oinomori. Era riuscito ad allontanarsi, non potevano averlo seguito.

“... e ti assicuro che sbaglia di rado... ” Proseguì la voce.

Neji scrutò nell’oscurità e lo vide, un giovane lupo ninja con la schiena appoggiata al tronco dell’albero su cui si trovavano. Lo riconobbe e ne ebbe paura, era l’allievo di Sasuke, quello che aveva lanciato il Lampo distruttore contro Orochimaru.

“... tutto questo casino lo dobbiamo a te.” Concluse.

Neji non rispose, cominciò ad accumulare il chakra. Pensò che l’avversario non potesse impensierirlo, nonostante l’istintivo spavento iniziale.

“Meriti una punizione, il destino lo impone.”

Neji non li vide subito, piuttosto li percepì. I compagni del giovane erano pronti sui rami antistanti, una trappola che anche lui conosceva, dovevano averla appresa dal maledetto Uchiha. Normalmente se ne sarebbe accorto prima, ma quei tre avevano sangue di lupo, un vantaggio non da poco. Un triangolo di morte, i cui vertici stavano per chiudersi su di lui.

...

 

Sasuke dischiuse le palpebre serrate, aspettandosi di vedere la foresta buia e Orochimaru torreggiante sopra di lui. Invece vide un cielo azzurro e senza nuvole, rami di ciliegio in fiore formare una ragnatela di colore. Pensò alla sua collina dei ciliegi ma era assurdo, a meno ché Orochimaru non l’avesse colpito tanto forte da farcelo volare.

Spirava una brezza riposante, sentì il profumo dei fiori fra i quali teneva adagiata la testa. Le dita di Sakura e Naruto erano ancora intrecciate alle sue, alzò faticosamente il capo e li vide distesi accanto a sé, privi di sensi. Non era la collina dei ciliegi, era un luogo in cui non ricordava di essere stato, eppure avvertì una forte familiarità con esso.

Si mise a sedere, districando le dita da quelle dei compagni. Il tappeto di fiori si estendeva a perdita d’occhio, c’erano colline e montagne in lontananza, piante rigogliose e alberi, dai piccoli arbusti ai possenti plurisecolari. Sasuke si sentì invadere dalla tranquillità del posto, gli ricordò, in qualche modo, la pace che provava quando si lasciava cullare dalle braccia di Sakura.

“Ben arrivati.”

La voce inattesa non infranse il senso di pace, era fusa con la brezza in perfetta armonia. Sasuke si volse nella sua direzione e incontrò lo sguardo dell’ultima persona che si sarebbe aspettato, non seppe che pensare. L’uomo sedeva su una grande pietra grigia.

“Siamo morti?” Domandò, facendo un barcollante passo in avanti.

L’uomo sorrise e parve valutare il giovane Ookami, prima di rispondere.

“No.” Scosse la testa per rassicurarlo.

“Maestro Kakashi!” Esclamò Naruto alle spalle di Sasuke. Non si era reso conto che anche loro si erano svegliati e gli erano di nuovo accanto.

“Ciao Naruto. Ciao Sakura.” Il maestro chinò il capo a entrambi. “Mi fa piacere vedervi di nuovo insieme, anche se in questa dimensione di passaggio.”

“Dimensione di passaggio?” Sakura chiese spiegazioni a nome di tutti.

“Non preoccupatevi, non siete morti, questo è Arayashiki.”

“Il leggendario stato del chakra puro!” Esclamò la ragazza.

“Esatto, e voi lo avete raggiunto unendo le forze per lanciare il Lampo distruttore.”

“Non credo di capire bene.” Disse Naruto.

“È molto semplice. Come ha detto Sakura, Arayashiki è la dimensione del chakra puro, l’incolore, il più potente di tutti perché somma degli altri. Avete cercato di dare il massimo per annientare Orochimaru, questo vi ha permesso di trovare Arayashiki dentro di voi, solo insieme potevate riuscirci. Inoltre, ha permesso a me di raggiungervi qui.”

A Sasuke tornò in mente una cosa detta da Hiki Danjyo.

Un ninja deve eliminare ogni sentimento umano per essere infallibile, è vero sotto molti aspetti ma Arayashiki è qualcosa di diametralmente opposto.

Ripensò a Keiji che provava il Lampo distruttore da solo, che differenza abissale quando lo faceva con l’ausilio di Kinuye e Koshiro! Forse i ragazzi non si erano resi conto di ciò che avevano fatto, era stata una cosa istintiva, basata sul fortissimo legame che c’era fra loro.

Il significato di Arayashiki.

Sasuke sorrise.

“Maestro, grazie.”

Anche Kakashi sorrise.

“Io devo ringraziarvi.”

Sasuke notò che la visione cominciava già a dissolversi, riportandoli gradualmente verso il mondo reale, Sakura e Naruto avevano occhi e orecchie solo per il maestro e non vi badarono.

“Mi avete reso orgoglioso come non mai.”

 

Il boato della folla in festa fu assordante, quando l’armata vittoriosa entrò a Oinomori attraverso la Porta ovest. L’intera popolazione si era radunata in quella parte della città, appena si era saputo che l’esercito invasore era stato messo in fuga e i guerrieri vincitori stavano tornando. Tutto si era concluso all’improvviso com’era iniziato.

Sasuke camminava in testa con Sakura al fianco. Dietro di loro, Kinuye e Koshiro sostenevano un Keiji piuttosto malconcio, Naruto aiutava Sai a camminare, poi tutti gli altri.

Sasuke Avrebbe preferito restare nel campo improvvisato, dove si curavano i feriti e si componevano i corpi dei caduti. Lì la musica era ben diversa, c’era poco di cui esultare. La città, però, aveva bisogno di tutto questo, lui era il capobranco vincitore e doveva esserci. Per di più, doveva essere lui e nessun altro a fare il primo rapporto a Hiki Danjyo. Nemico sconfitto, assedio concluso, perdite poche, meno di quelle preventivate, aveva scelto bene i suoi guerrieri.

I cancelli dell’Accademia erano aperti per loro, Hiki Danjyo aspettava in cima alla scalinata d’ingresso con espressione arcigna. Sasuke incontrò lo sguardo del maestro, che annuì impercettibilmente, un segnale dedicato solamente all’allievo. Il giovane Ookami cercò la mano di Sakura. Naruto aiutò Sai a mettersi a sedere all’ombra di una tettoia e chiese acqua per il compagno. Alle loro spalle, il corteo dei vincitori era svanito, assorbito dalla folla. I combattenti si erano staccati dal branco incontrando compagni di vita, amici e parenti. Kinuye e Koshiro avevano consegnato Keiji alle braccia della madre ed erano corsi dai rispettivi genitori. Sasuke sapeva che, più tardi, si sarebbero ritrovati per parlare di ogni cosa, dopo una bella dormita e una rimpinzata di cose golose. Poi sarebbero venuti a cercare il loro sensei, oppure i compagni di corso che non avevano preso parte alla battaglia, per raccontare le loro imprese. L’iniziativa di inseguire Neji lo aveva sorpreso, non meno di vederli tornare con il ninja tramortito e legato a dovere. Se Kakashi era stato orgoglioso, incontrando il suo vecchio team in Arayashiki, lui lo era stato altrettanto in quei momenti. I ragazzi si erano concessi uno strappo alla regola, i lupi avevano fatto un prigioniero. Dovevano aver intuito che quel ninja era il responsabile di tutto, stabilendo che essere ucciso da loro in battaglia non sarebbe stata una punizione sufficiente. Pensando a Rai e Soma, era stato sul punto di farsi consegnare la sua vecchia spada da Sakura e decapitarlo, mentre erano ancora nella foresta. Il vecchio Sasuke l’avrebbe fatto senza troppi giri di parole, il Sommo Ookami di Oinomori aveva ritenuto giusto che Neji subisse tutte le umiliazioni che sarebbero seguite. Non era poi escluso che il tribunale chiedesse a lui di essere il boia del bastardo.

Naruto porse da bere per lui e Sakura, accettò ma non distolse lo sguardo da quello del vecchio compagno.

“Non mi piace essere spiato nella mia città.”

“Dunque sapevi.” Considerò Naruto.

Sakura osservò entrambi, colta di sorpresa dallo scambio di battute, dalla tensione naturale e spontanea sorta nuovamente fra i due. La conosceva, anche se non la vedeva scatenarsi da anni, e sentì un irrefrenabile moto di panico salire dallo stomaco.

“Fin dal primo momento.” Scandì Sasuke, gli occhi incatenati a quelli di Naruto.

I due non battevano nemmeno le palpebre, la mente di Sakura galoppava alla ricerca di qualcosa che spezzasse la tensione, una stronzata qualsiasi andava bene.

“Potevo venire a prenderti quando volevo.” Proseguì Sasuke.

“Perché non l’hai fatto?” Naruto derise la spacconata dell’altro.

“Perché posso farlo ora.”

“Allora che aspetti?”

“Dipende da te, sei qui da amico o da nemico?”

“Qui non ci sono nemici.” Sai, alle spalle di Naruto. “Mi sembrava chiaro.”

“Sono d’accordo.” Hiki Danjyo, comparso accanto a Sasuke.

La tensione si spezzò, Sakura tirò un plateale sospiro di sollievo.

“Se voi due giovanotti sentite il bisogno di una bella scazzottata per appianare vecchi dissapori, non c’è problema, ma nei limiti della decenza.” Impose il vecchio.

“Per me non ce n’è bisogno.” Stemperò subito Naruto.

Sasuke attese più a lungo prima di avallare la decisione annuendo. Sakura sentì le viscere decontrarsi, le venne voglia di piangere ma s’impegnò a mantenere un minimo di contegno. Il vecchio Team Sette riunito, le girò la testa al pensiero di quanto significava, di quante cose avessero da dirsi. Avrebbe dovuto aspettare, prima il rapporto a Hiki Danjyo.

 

Anche i corridoi dell’Accademia erano pieni di gente che applaudiva, funzionari e impiegati uscivano dagli uffici per accogliere il piccolo drappello. Sasuke era sprofondato in una fitta discussione con il Sommo Danjyo. Sakura avrebbe voluto parlare con Naruto, nella foresta erano stati impegnati a soccorrere i feriti, lì c’erano ancora troppi abbracci da ricevere e mani da stringere. I generali di Hiki Danjyo attendevano disposti in semicerchio, anche loro volevano complimentarsi con i vincitori, l’atteggiamento arcigno si stemperava finalmente in sorrisi.

Ci volle mezzora buona per arrivare all’ufficio dello stato maggiore del Sommo Danjyo, che ordinò un secco rompete le righe a quanti volevano ancora complimentarsi, i quali si ritirarono con ordine tornando alle loro mansioni. Il vecchio aprì la porta per farli entrare, l’interno era in penombra, le persiane abbassate per tenere all’esterno la calura estiva. Qualcuno si alzò quando li vide sulla soglia, Sakura si irrigidì accanto a Sasuke.

“Tsunade-sama!”

 

Avevano rassicurato i genitori ed erano corsi a casa di Keiji, la mamma del ragazzo aveva offerto loro delizie a profusione. Dopo una battaglia impegnativa niente vale quanto reintegrare le energie con un’abbuffata di dolci. Ora, profondamente addormentati sulla stessa amaca, protetti dalle fronde degli alberi dal sole di luglio, Keiji, Kinuye e Koshiro sognavano di imprese future.

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Capitolo 17
*** Troppe spiegazioni ***


Troppe spiegazioni

 

Tsunade si schiarì la voce, qualcuno doveva rompere gli indugi e non dubitava che toccasse a lei. Si trovavano in un’aula scolastica, aveva preso posto in cattedra accanto al Sommo Danjyo, mentre i giovani si sedevano nei banchetti. Alla riunione si era unito anche Aso Shuzen. Sasuke aveva dato una sedia al padre adottivo e i convenevoli si erano fermati lì, non gli aveva chiesto il perché della sua presenza, il Sommo Ookami gli conferiva sensibilità a sufficienza per intuirlo.

“Per prima cosa, lasciatemi dire che sono felice di vedervi tutti in buona salute. I miei complimenti per come avete gestito l’operazione.”

Impegnandosi, avrebbe potuto trovare un esordio anche più idiota, lo capì mentre parlava.

“Potremmo sapere di quale operazione si è trattato?” Domandò Sasuke.

Sakura cercò lo sguardo di Naruto, sicura che lui sapesse qualcosa di più, ma il biondo teneva gli occhi bassi, mentre Sai non distoglieva i propri da Tsunade.

“Cominciamo dal principio.” La donna si arrese senza combattere ma non rinunciò ad emettere un sospiro plateale. “Come presumo abbiate notato, negli ultimi quattro anni siamo stati relativamente in pace, ma le ceneri della guerra sono state dure da spegnere.” Rivolse il proprio sguardo a Sasuke. “Naruto disse di averti ucciso e che il tuo corpo era stato portato via dal fiume, ma molti non si accontentarono delle sue parole. Volevano la prova inconfutabile che eri morto, volevano vedere il tuo cadavere. Si misero a dragare il fiume, mezzo villaggio partecipò, arrivarono anche a pretendere che il ritrovamento del corpo di Sasuke Uchiha diventasse la priorità assoluta del momento. Avevamo ben altri pensieri, fra la cura dei feriti e la ricostruzione, devo ammettere che non diedi il giusto peso alla cosa. Pensai che prima o dopo si sarebbero stancati di cercarti e avrebbero rinunciato, sbagliai. Si scatenò una caccia ai fantasmi che non risparmiò nessuno. Arrivarono fino a Oinomori, si spinsero persino oltre. Per le autorità eri ufficialmente morto, quindi istituirono un fondo privato per offrire una ricompensa a chi potesse fornire informazioni. Cominciarono a dare il tormento alla gente che viveva sulle rive del fiume, dalle case isolate alle città. Oinomori era la più grossa nella zona delle ricerche, questo ne fece il bersaglio principale. Facevano domande a tutti, mostravano la tua foto.”

Sasuke rivolse lo sguardo al padre adottivo, che annuì gravemente.

“Sono venuti anche da noi, più volte.” Confermò. “Ti abbiamo tenuto nascosto per mesi.”

“Gli abitanti di Oinomori furono educati con gli scomodi visitatori, ma non si mostrarono ansiosi di collaborare.” Proseguì Tsunade. “Questo, probabilmente, alimentò i sospetti. La ricerca durava da mesi senza risultati, la gente di Konoha era frustrata. Cominciarono a volare le prime minacce, alcuni ninja della foglia si misero a pretendere di poter perquisire liberamente le case di Oinomori. Chi non li lasciava entrare, e ovviamente erano i più, era accusato di dare asilo al peggior criminale della storia e rischiava rappresaglie ben più pesanti. Si giunse a scontri per le strade, più o meno violenti. Oinomori era un calderone pronto a scoperchiarsi, a quel punto fui costretta a intervenire di persona. Non avrei mai pensato che si arrivasse a tanto, ma non avevo considerato cosa poteva fare gente esasperata da anni di guerra, cui la sorte aveva tolto la soddisfazione di vedere il nemico sconfitto. Chiesi un colloquio con Hiki Danjyo e venni a Oinomori in segreto. Ormai il sospetto che ti tenessero nascosto nella città dei lupi era di uso comune, ma io ero ancora convinta che fossero fantasie dettate dall’esasperazione.”

“Voi cosa sapevate di tutto questo?” Sasuke rivolse la domanda indifferentemente ai tre seduti alla sua destra.

“Poco o niente.” Rispose Sai con la dovuta semplicità.

“Ho fatto di tutto per convincermi che non potevano esserci dubbi sulla tua morte, scusa ma ne avevo un maledetto bisogno. Sakura era distrutta ed io non stavo tanto meglio.” Disse Naruto.

La ragazza si limitò a scuotere la testa con lo sguardo basso, Sasuke fu tentato di prenderla per mano ma si trattenne, per il momento.

“Non scusarti, capisco.”

“Comunque.” Riprese Tsunade. “Fui accolta da Hiki Danjyo. Pensavo che gli avrei parlato di come intendevo fermare la follia, invece lui era pronto a confermare i sospetti.”

“Io e Tsunade-sama ci conoscevamo già.” Proseguì il Sommo Danjyo. “Sapevamo di poterci fidare l’uno dell’altra. Le dissi che avevamo effettivamente recuperato Sasuke Uchiha dal fiume, ma che non potevamo consegnarlo a Konoha.”

“Quando ti tirai su dal fiume.” S’inserì Aso Shuzen. “Non potevo sapere chi eri. In seguito sapemmo della vita che avevi condotto fino allora, ma non ci interessava. Eri diventato il Sommo Ookami, per Oinomori contava solo questo. Abbiamo fatto di tutto perché la gente di Konoha non ti trovasse, anche cambiarti nascondiglio tre volte in un giorno.”

“Perché non ho memoria di queste cose?” Volle sapere Sasuke.

“Perché dormivi.” Rispose Aso con semplicità.

“Il tuo corpo aveva bisogno di tempo per recuperare e adattarsi alle nuove condizioni imposte dal Sommo Ookami. Ammetto che in parte ti tenemmo addormentato noi, pensammo fosse la cosa migliore da fare, in attesa che le acque si calmassero.” Spiegò Hiki Danjyo.

“Avute le dovute garanzie che eri al sicuro, prendemmo in mano la situazione.” Proseguì Tsunade. “Seppur faticosamente, in capo a un mese riuscimmo a rispedire a Konoha tutti gli esagitati. Dovetti usare la linea dura, una volta tornata al villaggio. Se qualcun altro avesse creato problemi a Oinomori, sarebbe stato severamente punito. Speravo bastasse, ma avevamo lasciato troppo tempo a dubbi e sospetti per prosperare indisturbati. Non sfociarono mai in contestazioni aperte ma continuarono a svilupparsi in maniera sotterranea. Il tempo passò e non ci pensai più ma, per molti, il fatto che io avessi stroncato le ricerche quasi con la forza, era stato un modo per confermare i sospetti. Sasuke Uchiha era vivo e si nascondeva a Oinomori, se le autorità non se ne volevano occupare, l’avrebbero fatto loro. Gli scontenti cominciarono a riunirsi in segreto, con il tempo, divennero l’organizzazione terrorista dei Santi distruttori. Si posero due obiettivi, trovare e uccidere Sasuke Uchiha e punire chi lo proteggeva dall’alto. Avranno mandato qualcuno qui in segreto e devono averti visto.”

“Questo non deve essere stato difficile.” Commentò Sasuke.

“Perché non ne ho mai saputo niente?” Domandò Naruto.

Sakura annuì, associandosi alla domanda del compagno.

“Un po’ sono stati bravi loro, un po’ siamo stati ciechi noi.” Rispose Tsunade. “Quando ci siamo resi conto dell’esistenza dei Santi distruttori, erano già una realtà troppo potente per essere sradicata in modo rapido. In questi anni non mi sono accorta del tumore che cresceva in corpo a Konoha, non sono riuscita a vedere la follia che divorava Neji Hyuga, figurarsi se potevo capire che era capo e finanziatore dei terroristi.”

“In questi anni.” Prese la parola il Sommo Danjyo. “Io e Tsunade-sama siamo rimasti in stretto contatto, eravamo d’accordo che lei mi avrebbe informato, se a Konoha fossero state prese nuove iniziative contro Oinomori. Io mi ero impegnato a farle sapere delle condizioni fisiche di Sasuke e di come si comportava.”

Tsunade aveva sempre saputo la verità e non aveva detto niente, Sakura e Naruto erano sconvolti. Bastarono i loro sguardi per chiedere spiegazioni, Tsunade parlò prima che si sollevasse il tanto temuto vespaio.

“Sasuke era un’incognita, nessuno sapeva come e cosa poteva essere una volta risvegliatosi. In più, c’era il Sommo Ookami di mezzo, a rendere le cose ancor meno prevedibili. Pensammo che fosse meglio aspettare, lasciar passare un po’ di tempo per osservarlo. Fui felice di apprendere che si comportava in maniera egregia, che era a tutti gli effetti il guardiano che Oinomori attendeva da secoli. A quel punto però erano già passati quasi tre anni, fra le varie cose. Sia lui che voi vi eravate creati una nuova vita. Io e il Sommo Danjyo abbiamo discusso a lungo sulla possibilità di dirvi la verità e rimettere tutto in gioco, ma non siamo mai arrivati a una soluzione.”

“Sasuke si è sempre rifiutato di parlare della sua vita prima di Oinomori.” Proseguì Hiki Danjyo, prevenendo altre possibili rimostranze. “Diceva sempre di non avere passato. Aveva accettato di buon grado la sua nuova vita e appariva sereno, che diritto avevo di scombinargli tutto di nuovo? Inoltre, se vi avessimo detto la verità, vi sareste precipitati qui a cercarlo, e chissà chi avrebbe potuto seguirvi, magari scatenando di nuovo la caccia all’uomo.”

“Avremmo affrontato la cosa con la dovuta cautela!” Ribatté Naruto.

“Non ne dubito, ma pensi che i Santi distruttori non tenessero d’occhio le persone più legate a Sasuke? Non credi che prima o poi si sarebbero insospettiti, vedendovi andare e venire da Oinomori?” Osservò Tsunade con praticità, poi alzò la voce. “Pensi che siano state scelte facili? Rischiavamo che la guerra ricominciasse!”

“E non è ricominciata comunque?” La fulminò Sasuke con calma micidiale.

“Ci sto arrivando.” Tsunade finse di ignorare la frecciata. “Volevamo aspettare che i fatti fossero dimenticati, poi magari farvi incontrare, a vostra discrezione, in qualche luogo lontano sia da Konoha sia da Oinomori. I Santi distruttori ci hanno costretto a cambiare i piani. Non ci eravamo resi conto di quanto fossero diventati potenti. Da un giorno all’altro, abbiamo saputo che la loro armata di mercenari era pronta a marciare su Oinomori. Abbiamo dovuto prendere decisioni in fretta, mi dispiace che ci siate andati di mezzo voi.”

“Spiegati meglio.” Disse Sasuke.

“Tsunade-sama sapeva che Sakura avrebbe avvertito la tua presenza, se vi fosse capitato di trovarvi vicini. Abbiamo organizzato noi il vostro incontro.” Rispose Hiki Danjyo.

“A che scopo?”

“Sapevamo che, spingendo voi due a ritrovarvi, avremmo messo in moto una serie di eventi che avrebbero costretto i Santi distruttori a venire allo scoperto, e così è stato. Era una giocata rischiosa e una volta partita non avremmo potuto controllarla, ma era l’unico modo che restava per indurre i terroristi a mostrare il volto. Tsunade-sama sapeva che Sakura era la persona in assoluto più controllata dall’organizzazione, la sua improvvisa partenza per Oinomori li ha costretti a muoversi, con le conseguenze che ben conoscete.”

“E Orochimaru?”

“Un imprevisto, non potevamo avere idea che Neji Hyuga arrivasse a tanto.”

“E se avessimo perso?”

“La sconfitta è sempre fra le possibilità da mettere in conto, è ovvio che speravamo di vincere. Avevamo fiducia in voi, se è questo che vuoi sentirti dire.”

“Non sono sicuro che mi interessi la tua fiducia, in questo momento.”

Aso Shuzen fece un balzo sulla sedia, sconvolto dalla sfrontatezza del figlio adottivo, Hiki Danjyo gli fece cenno di rimanere in silenzio.

“Non posso darti torto.” Riconobbe il vecchio. “Abbiamo agito per il bene maggiore, o per il male minore, se preferisci. Spero solo che potrete perdonarci per avervi usato in questo modo, se deciderete di non farlo, rispetterò la vostra decisione.”

“Vale anche per me.” Sottolineò Tsunade. Si rivolse a tutti, ma gli occhi erano puntati su Sakura, che ancora non aveva aperto bocca. La ragazza stava già vivendo il conflitto interiormente.

Sasuke si diresse alla porta, senza attendere il permesso di nessuno, gli sguardi di tutti lo seguirono fra i banchi. Doveva aver deciso che ne aveva abbastanza, nessuno poté biasimarlo.

“Dove vai?” La voce di Sakura lo bloccò sulla soglia. Sasuke non si volse ma capirono che sorrideva, nonostante tutto.

“A occuparmi della mia città.”

Nessuno si alzò per seguirlo, Hiki Danjyo sorrise di soddisfazione.

 

* * *
 

Scusate la lunga attesa, il lavoro non mi ha dato tregua nell'ultimo periodo e questo non è stato un capitolo semplice da rivedere. Ora manca solo l'Epilogo, è stata una bella cavalcata, grazie a tutti.

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Capitolo 18
*** EPILOGO ***


EPILOGO

Aveva congedato gli altri ed era rimasto ad aggirarsi nelle sale dell’accademia, che si era progressivamente svuotata lasciandolo solo con i suoi pensieri. Vagando nelle sale deserte, con la sola compagnia del suono dei suoi passi misurati, era giunto alla conclusione che non rimpiangeva le scelte fatte, benché avessero richiesto un prezzo salato. Il pensiero era andato a Rai e Soma, poi a tutti i caduti della guerra appena conclusa. Aveva detto addio a ognuno di loro mentalmente, nel silenzio dei corridoi in penombra. L’aria all’interno era afosa, con un vago sentore di chiuso, misto a quelli di quanti avevano lavorato incessantemente per giorni. All’esterno era piacevolmente tiepida, sapeva d’estate e distoglieva dai pensieri.
Hiki Danjyo si sedette sulla scalinata d’ingresso, in attesa che la notte cancellasse la calura del giorno. Il sole era tramontato ma un alone di rosso sussisteva a incendiare l’orizzonte.
Gli altri erano andati ma lui sarebbe tornato, se lo conosceva come pensava. C’erano ancora alcune parole da spendere.
Sasuke lo fece attendere a lungo, la luna era alta quando avvertì i suoi passi oltre il muro perimetrale. Il giovane Ookami attraversò la corte in silenzio, si era rimesso gli abiti abituali dei tempi di pace, il mantello blu notte lo avvolgeva mormorando nel buio. Si fermò a un paio di passi dalla scalinata e rispose al sorriso del maestro.
“Certe cose non cambieranno mai, giusto?” Cominciò Sasuke.
Il vecchio ridacchiò e distolse lo sguardo annuendo.
“Siamo lupi.” Argomentò. “Ma viviamo nel mondo degli shinobi. Nemmeno la volontà più forte può cambiare certe cose.”
“Ne è valsa la pena?”
“Abbiamo evitato conseguenze peggiori.”
“Mettiamola così.”
Una pausa, Sasuke distolse lo sguardo e scrutò le stelle.
“E adesso?”
“Adesso fai quello che hai detto oggi, ti occupi della tua città.”
Il giovane Ookami riportò gli occhi sul vecchio.
“La mia carica fu creata più di duecento anni fa, quando il Sommo Ookami venne a mancare. Si doveva colmare il vuoto e si pensò di incaricare un capo villaggio.” Una pausa, anche prevedibile. “Ora il Sommo Ookami è tornato ed è perfettamente in grado di prendersi cura di Oinomori, il capo villaggio non serve più.”
Sasuke annuì, si era aspettato un discorso del genere.
“Quindi cosa farai?”
“Andrò a stare con i lupi.” Hiki Danjyo sorrise. “Ho un piccolo podere sulle montagne. La casa è tutta da ristrutturare, ma è l’ideale per trascorrere quanto mi resta da vivere. La fece costruire la mia compagna, peccato non sia vissuta abbastanza da poterci abitare.”
“Oinomori non ti mancherà?”
“Spero che mi verrete a trovare, di tanto in tanto.”
“Mi sembra una buona soluzione.”

Alcuni mesi più tardi

Konoha non si era risparmiata nel mandare aiuti, doveva darne atto a Tsunade. Cibo, medicinali, personale specializzato, materiali, dalla Foglia era arrivato di tutto. I giorni della ripresa di Oinomori si erano susseguiti più rapidamente di quanto si fosse aspettato, per molti uomini di Konoha era già arrivato il momento di tornare a casa. Non lo avrebbe ammesso, ma era stato piacevole passare le giornate a lavorare con Sakura e Naruto.
Hiki Danjyo aveva lasciato la città quella mattina, tutta la popolazione era andata a salutarlo. Sasuke non aveva trovato lacrime da spendere ma sapeva che il vecchio gli sarebbe mancato. Non riusciva a provare rancore nei suoi confronti, solo una cauta indifferenza.
“Siamo stati bravi, no?” Disse Naruto dall’amaca accanto alla sua.
L’aspetto estivo della collina dei ciliegi faceva bene al cuore, quello autunnale era riposante.
Non con Naruto a meno di cinquanta metri.
“Vuoi una medaglia?” Chiese, da sotto il cappello di paglia con cui si riparava dal sole.
“Perché no? Potrei regalarla a mio figlio.”
“Mi hai già detto quando nasce?”
“Una decina di volte, entro dicembre.”
“Porgi i miei ossequi a Hinata.”
Naruto rise.
“È un invito velato ed elegante a levarmi dai piedi?”
“Prendilo come vuoi.” Sasuke scese dall’amaca. “È ora che torni da tua moglie, qui hai fatto molto più di quanto fosse lecito chiederti.”
“Sbaglio o mi stai ringraziando?”
“A nome di Oinomori.” Specificò Sasuke, porgendogli la mano.
“Meglio che niente.”
Naruto sentì l’impulso di abbracciarlo ma si trattenne, meglio non esagerare. Sentì quindi il cuore balzargli in gola, quando fu Sasuke a stringerlo a sé con il braccio libero. Il rude abbraccio del lupo, pieno di sincerità.
“Ora sparisci.” Sibilò Sasuke poco dopo, colto da palese imbarazzo.
“Ci vediamo presto.” Volle comunicargli Naruto.
Sasuke annuì.
“Porta la tua famiglia a visitare Oinomori.”
“Ovvio. E a conoscere i cuccioli del Sommo Ookami.”
“Fa buon viaggio.” Un altro invito non troppo velato a levarsi di torno.
Naruto si fermò dopo qualche passo, parve osservare la città.
“Ci sarebbe…” Ora era lui a essere imbarazzato.
“Cosa?” Tagliò corto Sasuke.
Naruto si volse di tre quarti, sorriso in stile paresi facciale. Prese il coraggio a due mani.
“Mi insegni il Lampo distruttore?”
Sasuke sgranò gli occhi.
“Sparisci.”
“Stammi bene.”
La sua risata lo accompagnò lungo il fianco della collina.

Sakura lo raggiunse verso sera, poco prima che il sole calasse del tutto.
“Hai salutato Naruto?” Le chiese, smontando dall’amaca.
Sakura annuì. Osservarono insieme il crepuscolo, finché del sole non rimase che un alone arancio all’orizzonte. La città respirava placida sotto di loro. Sakura pensò che fosse proprio una bella città, l’aspetto di grande decaduta era il suo principale punto di forza.
“Sei pronta a occuparti di Oinomori insieme a me?”
Sasuke colse al volo i suoi dubbi, non le leggeva nel pensiero, l’istinto lo guidava sempre in maniera impeccabile.
“No.”
Le chiese spiegazioni con lo sguardo.
“Prima devo essere la tua compagna a tutti gli effetti.”
“Sei già la mia compagna.” Sasuke fu colto impreparato. “Da quando ci siamo, scusa il termine, accoppiati la prima volta. I lupi non suggellano le unioni con cerimonie.”
“Ma con una bella scopata, lo so.” Sakura sorrise. “Non è per questo. Io ancora non appartengo a Oinomori, ma tu puoi trasformare il mio sangue, mutare la natura del mio chakra, puoi darmi i poteri del lupo. Me l’ha detto Hiki Danjyo.”
“Quando?”
“Poco prima della battaglia con i Santi distruttori.”
“Allora perché non me lo hai chiesto prima della battaglia?”
“Non lo so, forse non ci credevo.”
Sasuke parve studiarla.
“È vero? Puoi farlo?”
“Sì, ma tu devi essere più che convinta. Non dipende solo dai miei poteri, devi essere disposta ad accoglierli, a lasciare che ti cambino.”
“Mi renderebbe uguale agli abitanti di Oinomori? Avrei anche io il sangue di lupo?”
Da come lo chiese, fu chiaro che era la sola cosa che le importasse.
“Sì ma non l’ho mai fatto, non sono sicuro di sapere come si faccia. Potrebbe essere doloroso, potrei sbagliare e farti male.”
“Non credo potresti.” Sakura scosse la testa e sorrise.
“Va bene.” Si arrese subito Sasuke. “Ragionandoci come si deve, non dovrebbe essere neanche troppo difficile. Ma tu sei sicura? È un cambiamento radicale, lo dico per esperienza, e una volta fatto non si torna indietro.”
“Più che sicura. So di doverlo fare, per noi.”
La voce di Makiko che li chiamava per la cena si perse nel vento e nei baci, difficilmente quella notte sarebbero rientrati a casa.


* * *

Liberamente ispirato al grande successo manga Naruto.
Sasuke Uchiha, Sakura Haruno e gli altri personaggi di Konoha appartengono al maestro Masashi Kishimoto,
Oinomori e i suoi abitanti sono di mia creazione.
Ravenna 16 marzo 2013

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