Someday...

di papergirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Accident ***
Capitolo 2: *** New Year's Eve ***
Capitolo 3: *** Echo ***



Capitolo 1
*** The Accident ***


someday
Le parti di testo incluse fra gli asterischi contengono flashback.

Someday…

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The Accident

Seduta in salotto, davanti al camino, con una coperta nel ventre, Blair sorseggiò l’ultimo goccio di tè. La tazza in porcellana che teneva fra le dita, era ancora calda, e le riscaldava i polpastrelli, sempre freddi in quel nevoso inverno che sembrava interminabile. Blair nervosamente osservò l’orologio che teneva al polso ed emise un profondo sospiro, domandandosi quando sarebbe rientrato in casa. Era l’una di notte ed iniziò a preoccuparsi, soprattutto ricordando ancora nitidamente quella sera di sette anni prima, quando tutto ebbe inizio e quando tutto rischiò di finire.

 

*

 

“Blair, Blair..noi non abbiamo bisogno di andare via. Noi possiamo allevare questo bimbo qui” le sussurrò, accarezzandole la guancia, cercando di rassicurarla. D’altronde lei, aveva proprio bisogno di quello, di essere rassicurata, di sapere che sarebbe andato tutto bene. Con lui. Al suo fianco.
Blair guardò un’ ultima volta i fotografi alle loro spalle, dietro il finestrino oscurato di quella lussuosa limousine. Lì dove tutto era iniziato e lì dove tutto avrebbe potuto finire.

 “Blair” una voce, un sussurro, una stretta di mano calda, capace di riscaldarle le dita ancora indolenzite e fredde. Blair aprì gli occhi con difficoltà, disorientata e totalmente frastornata. Aveva forti fitte alla testa e dolori lungo tutto il corpo. Sembrava avesse dormito per giorni, se non per settimane. Alzò gli occhi, cercando il suo interlocutore, quando incrociò lo sguardo stanco e preoccupato della sua più cara amica. Serena era seduta in una sedia accanto a lei, i capelli raccolti e scompigliati, il trucco sbavato, i lineamenti tesi. Indossava un abito chiaro con sfumature rosa, e a Blair, notando l’indumento, iniziarono ad affiorare i primi ricordi lentamente, l’uno dopo l’altro. La festa in onore di Charlie, Humphrey, il rendersi conto che alle volte l’amore può realmente superare ogni cosa.
“Dove mi trovo, S?”domandò, pur conoscendo la risposta.
“In ospedale”le rispose Serena, non aggiungendo altro e probabilmente già sapendo quale sarebbe stata la sua prossima domanda.
“Come sta?”chiese con voce tremante, sperando con tutta se stessa che l’amica al suo fianco le avrebbe dato una buona notizia, accenandole magari anche un sorriso per il suo inutile tono drastico e preoccupato. Ma Serena non sorrise ed i suoi lineamenti non si rilassarono. Blair, perciò, comprese anche la seconda risposta.
“Ha perso molto sangue, B”la voce di Serena era roca e divenne pian piano un sussurro. Blair non domandò altro, non volendo sapere altro. Rimasero, quindi, entrambe in silenzio, l’una persa nel dolore dell’altra.
 

I giorni a seguire in ospedale passarono lentamente, ogni cosa al suo interno pareva muoversi una marcia indietro rispetto alla vita al di fuori: i dottori, le infermiere, i pazienti, i familiari. Sembrava che il tempo si fermasse, rallentasse, come l’ultima scena di un film tragico o malinconico. Quell’ultima scena a rallenty dei saluti e degli arrivederci. Blair non ci credeva, non voleva essere stata ingaggiata come attrice per quel tragico film, a sua insaputa. Eppure in quella settimana, sembrava fosse stata scelta proprio come protagonista. Le cattive notizie continuavano ad arrivare: dalla perdita del bambino al non ancora avvenuto risveglio di lui.

 

*

 

Sentì l’apertura dell’ascensore all’entrata e deglutì quell’amaro groppo alla gola di preoccupazione. Si alzò dal divano e gli andò incontro con entusiasmo, come quando era piccola ed accoglieva suo padre.
“Auguri, Chuck” gli disse, abbracciandolo.
“Auguri, Blair. Ti avevo detto che sarei tornato tardi. Non devi stancarti”la rimproverò, sorridente e preoccupato allo stesso tempo, sciogliendo l’abbraccio e accarezzandole il ventre. Blair sorrise, notando la luce negli occhi di suo marito.
“Ultimo Natale come coppia” constatò lei, eccitata.
“Io credo che è da un bel po’ che non passiamo un natale come coppia”sussurrò Chuck, baciandola dolcemente e prendendole la mano.
“Tutto merito di Serena!”esclamò Blair, salendo le scale.
“E Humphrey? Per quanto ne so i bambini si fanno in due”aggiunse lui, sarcastico, rimembrando i giorni di Natale degli ultimi cinque anni.

“Jingle Bells! Jingle Bells! Jingle all the way!
 Oh what fun it is to ride
 in one horse open sleigh…
Jingle Bells…”
“Isobel…” mormorò Dan, coprendosi il volto ancora dormiente con il proprio cuscino.
“Papà..è l’ora dei regali! Svegliati!”esclamò la bambina, saltando sopra al letto.
“Jingle Bells...”continuò a canticchiare.
“Isobel..”la richiamò Serena, ancora assonnata.
“Mamma, alzati! E’ Natale!”disse, eccitata, stendendosi nel letto in mezzo ai propri genitori.
“E’ presto..dormi ancora un po’”tentò Dan, coprendola con le coperte.
“Dai, sveglia!” esclamò lei, rialzandosi in piedi e ricominciando a saltare.
“Sfondi il materasso, Isobel” la rimproverò un’altra volta suo padre.
“Mamma. E’ Natale!”entrò in camera il più piccolo della famiglia, scuotendo il braccio di Serena.
“Samuel…torna a dormire..”rispose lei.
“Sam, vengo io con te..loro ormai sono vecchi per queste cose..”gli spiegò la sorella.
“Chi sono i vecchi?!” le chiese Serena, afferrando la figlia e facendole il solletico.
“Voi”le disse, divertita la piccola.
“Non credo, proprio”intervenne Dan, alzandosi e prendendo in braccio l’altro figlio.
“Ora, Sam..ti mostro che non devi dare ascolto a quella vecchietta di tua sorella” esclamò il padre, trasformando Samuel in un piccolo aeroplano.

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L'ho postata. Non ci posso credere, finalmente mi son decisa a postarla.
Ho scritto questa fanfiction al termine del 5x10 e non so come sia venuta, lascio a voi il giudizio.

Credo che la continuerò, perché mi piace l’idea dei personaggi ambientati in un futuro ed era da un po’ che ci pensavo.
Mamma mia..lunedì finalmente ritorna gossip girl..sono in ansia, ragazzi!


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Capitolo 2
*** New Year's Eve ***


new year's eve
Le parti di testo incluse fra gli asterischi contengono flashback.
Someday…

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New Year's Eve

“4..3..2..1..”

“Buon anno, tesoro” le sussurrò Chuck, dandole un dolce bacio sulla guancia.
“Buon anno, anche a te, maritino” esclamò Blair con un sorriso dipinto sul volto. Chuck notò le guance arrossate di lei, probabilmente a causa del freddo, e decise di avvicinarla al proprio petto, con l’intenzione di riscaldarla, quanto più  poteva.
“Non avremmo dovuto essere qui” iniziò lui con tono pacato, nonostante l’echeggiare della folla, attorno a loro.
“Chuck, ne abbiamo già parlato, ricordi?” lo rimproverò, scrutandolo attentamente.
“La storia è capodanno e siamo cittadini newyorkesi, non mi basta, Blair. Essere qui a Times Square, nel bel mezzo di tutta questa gente, non ti aiuterà a star meglio” insistette lui, tenendola stretta accanto a sé, per proteggerla.
“Invece si e lo sai” mormorò lei, sorridendo alla vista dei coriandoli, che coloravano il cielo del centro di Manhattan, quella notte.
“Blair..” la richiamò. Chuck sapeva che era giusto che lei trovasse un mondo per svagarsi, per non pensare a ciò che aveva comunicato loro il dottore, ma lo infastidiva immensamente l’atteggiamento da lei assunto negli ultimi giorni. Blair non si distraeva da quel dato di fatto, Blair semplicemente si comportava come se il rischio che lei e il bimbo potessero morire non esistesse, mentre a lui quel pensiero lo distruggeva, lentamente, giorno dopo giorno. Perché doveva fingere anche con lui?
“Chuck…andrà tutto bene” lo rassicurò Blair, quasi fosse in grado di leggergli nella mente.
“Blair…auguri!” li interruppe d’un tratto Serena, sbucando alle loro spalle e abbracciando, successivamente, l’amica.
“Auguri, Chuck” gli porse la mano Humphrey, abbozzando un sorriso, mentre il piccolo Samuel era sulle sue spalle.
“Noi stiamo andando a casa. I piccoli sono stanchi” comunicò loro Serena, prendendo in braccio Isobel, prima al suo fianco.
“Così presto? Non festeggiate nemmeno Capodanno?!” esclamò Blair, speranzosa di passare il resto della notte con i propri amici.
“Ormai è mezzanotte e mezza…poi chi ti dice che non festeggeremo a casa…” dichiarò l’altra, sorridendo maliziosamente al marito. Blair alzò gli occhi al cielo, constatando che, nonostante il passare degli anni, gli sguardi di Dan e Serena avrebbero fatto venire il diabete a chiunque.
“Ah, piantatela! Siete patetici!” disse infine, mentre Chuck rise di gusto.
 “Mamma, sono stanca” sussurrò Isobel con voce roca e occhi stanchi.

“Si, andiamo. Saluta zia Blair e zio Chuck” la incitò Serena.
“Notte zia Blair, notte zio Chuck” ripeté lei.
“Sogni d’oro, bellissima” le rispose Blair con dolcezza, non potendo non pensare a quanto la piccola assomigliasse alla madre. Isobel aveva gli stessi boccoli d’orati di Serena con grandi occhi blu. Ma non era solo l’aspetto a rendere tale la somiglianza, bensì anche il suo spirito libero, pieno di vita e vivace. Isobel era la Serena di 20 anni prima. Blair ne era più che convinta, nonostante la sua migliore amica continuasse a ripeterle che sua figlia era molto più simile a una Waldorf di quanto pensasse.
“Allora noi andiamo” la bionda fece loro un ultimo cenno di saluto, prima di allontanarsi.
“Ehi, Serena, io arrivo fra un minuto” le comunicò suo marito, rimanendo accanto agli amici. Lei abbozzò un sorriso comprensivo, dileguandosi, poi, fra la folla.
“Chuck, hai sentito Nate?” gli domandò Daniel.
“No. Ho provato a chiamarlo più volte, senza mai ricevere alcuna risposta. Ho lasciato gli auguri in segreteria telefonica” commentò lui, augurandosi davvero che per Nate quello potesse essere un anno migliore.
“Anche io. E’ forte, riuscirà a superarlo se gli stiamo accanto” Dan gli rivolse un sguardo complice, quasi a mostrargli che poteva contare su di lui, che insieme sarebbero stati capaci di aiutare l’ amico.
 

“Auguri” esclamò ad un passante, traballando su se stesso. Era solo. Di nuovo. Nate constatò che mentre tutti erano felici e contenti, lui era…solo. Questo era l’unico pensiero che gli balenava nella mente. Si diede persino dell’illuso per aver creduto che non fosse così.
Cadde a terra per l’alcool e per il dolore.
“Dannazione!” urlò, ubriaco, stanco e addolorato.

“Nate?” una voce lo richiamò alla realtà.
“Si può sapere perché sei accasciato per terra?”
“Jenny?” domandò, alzando lo sguardo e riconoscendola, nonostante la vista un po’ offuscata per qualche scotch di troppo.
“Si, sono io.”
“Allora? Hai intenzione di spiegarmi perché ti trovi qui?” gli chiese lei, sedendosi accanto a lui nel bordo del marciapiede.
“Sono solo” disse, senza pensarci due volte. D’altronde non c’era più bisogno di fingere di star bene, almeno non con Jenny.
“Sai che non è così…hai tua madre, i tuoi amici…” iniziò lei, cercando di rassicurarlo.
“Loro si sono costruiti una vita. Io, invece…ho perso tutto” ribatté, cadendo nello sconforto più totale.
“La vita va avanti, Nate” Jenny odiava vederlo così, pur non essendo la prima volta che lo trovava in quello stato. Si ricordò la confusione che gli lesse negli occhi al compleanno di Blair, quasi dieci anni prima, come la profonda delusione che esprimeva il suo volto, dopo le scelte egoistiche di Serena.
“Charlie mi ha lasciato all’altare, Jenny!” le spiegò lui a denti stretti, quasi lei non volesse capire la gravità della situazione. Lei rimase senza parole, percependo la sua frustrazione.

*

 

“Si, lo voglio” disse con voce tremante, nonostante l’emozione che provò in quel momento. Nate sorrise, guardando la donna che amava dinnanzi a lui. Si sentiva così maledettamente felice; quasi impaurito che qualcuno gliel’avrebbe portata via, quella felicità, poiché troppa per un uomo mortale come lui.
E tu, Charlie Rhodes, vuoi prendere come tuo legittimo…” Lui era accecato da quell’abito bianco che stava d’incanto alla sua sposa. Non riusciva a sentire, vedere altro che non fosse lei, la sua Charlie.
“…finché morte non vi separi?” Arrivò a percepire soltanto le ultime parole del sacerdote, aspettando l’atteso consenso di lei; le rivolse un ultimo sorriso complice, quando intravide, successivamente, la paura e la dispersione nei suoi occhi. Fu allora che Nate perse un battito. Il primo di una lunga serie.
“Mi dispiace, ma non posso” gli mormorò Charlie con le lacrime agli occhi, sfilandosi la fede e correndo, correndo lantana da lui, dal loro matrimonio. Lui restò immobile sull’altare ad osservare la sua Charlie voltargli le spalle, e scomparire, poi, dietro il portone in legno massiccio della cattedrale floreale.
Nate guardò verso l’alto, maledicendosi per quell’immensa felicità provata, eccessiva per un comune mortale come lui.


*
 

“Mi manca…mi manca maledettamente” ammise, sentendosi in colpa per lo sfogo avuto poco prima.
“Lo so, ma vedrai che andrà meglio” Jenny era dispiaciuta, avrebbe fatto qualsiasi cosa per tirargli su il morale.
“Sai, si dice che il tempo porti consiglio” continuò, appoggiandogli una mano sulla spalla.
“Questa mi è nuova…Jenny Humphrey che si comporta da saggia” Nate abbozzò un sorriso e lei si sentì sollevata. Si, era certa che lui avrebbe superato anche quella situazione, come sempre.

Quello era il momento che preferiva della giornata. Sedersi accanto ai suoi figli e dar loro il bacio della buonanotte. Molte volte scherzava, parlava, oppure raccontava loro delle storie, veritiere o meno, affinché si addormentassero. Dan era molto più bravo di lei in ciò, doveva ammetterlo, d’altronde non per niente era uno scrittore. Nonostante questo lui preferiva lasciare a lei quel compito, a parer suo, magico. Serena avrebbe desiderato con tutta se stessa quelle attenzioni da parte di sua madre, in parte mancate, per  svariate incomprensioni e dimenticanze. Probabilmente Dan lo sapeva.
“Ehi, si sono già addormentati?” le chiese suo marito, entrando nella camera dei piccoli.
“Shh. Sai che Isobel non prende più sonno una volta sveglia” sussurrò, uscendo dalla stanza, seguita da Dan.
“Eccome se lo so” mormorò lui, roteando gli occhi e afferrandola per i fianchi.
“Sai, può essere che io avessi scherzato con Blair…prima” iniziò in tono malizioso, muovendo le mani fra i bottoni della camicia del marito.
“An, davvero? E riguardo cosa?” continuò lui, tenendole il gioco e avvicinando le labbra.
“Non ne ho idea” Serena rise radiosa, allontanandosi da lui e lasciandolo impacciato sul proprio posto.
“Davvero divertente” commentò Dan, raggiungendola in cucina. Serena lo guardò, scrutandolo attentamente. Lui era tale e uguale a sempre: la stessa persona di cui si era innamorata undici anni prima, la sua ancora di salvezza, la sua isola sicura.
“Cosa stai pensando?” le domandò Dan con occhi indagatori e un sorriso sincero.
“A quanto hai cambiato la mia vita” gli dichiarò, mentre lui le andò incontro per abbracciarla.
“Sei tu quella che ha reso la mia vita migliore” le sussurrò Dan all’orecchio. Serena affondò la testa nel suo petto, lasciandosi cullare dalle sue braccia e soprattutto dalle sue parole, trovando finalmente quel momento magico, da sempre desiderato.

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Non uccidetemi, vi prego. Perdonate il ritardo del seconto capitolo, ma la scuola mi tiene piuttosto impegnata.
Comunque ecco qua il seguito, mi auguro sia abbastanza decente e leggibile.
Pian pianino si chiariranno le attuali situazioni tramite flashback e anche determinati spazi temporali.
Ditemi sinceramente cosa ne pensate.
Alla prossima e che sia il più presto possibile:)

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Capitolo 3
*** Echo ***


someday
Le parti di testo incluse fra gli asterischi contengono flashback.

Someday…

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Echo

“Si può sapere cosa stai guardando?” gli domandò suo padre, alzando la testa dal proprio computer.
“Un film di mamma” gli rispose la piccola Isobel, presa dallo schermo.
“Come s’intitola?” continuò Dan, raggiungendo la figlia e prendendosi una pausa dal proprio lavoro.
“Non credo che ti piacerà, papà” constatò lei.
“Non è vero, sai che a papà piace guardare i film!” controbatté Dan, abbracciandola affettuosamente.
“E’ I Love Shopping, papà”
“Cosa?”
Dan non poteva crederci, quel film lo stava tormentando da anni, prima con Serena e ora con sua figlia. Incredibile.
“Buonasera famiglia!” esclamò Serena, allegra, varcando l’entrata del loro appartamento.
 “Ciao” la salutò Isobel, quasi assente, troppo conquistata dal film.
“Serena, dobbiamo parlare” mormorò Dan, avvicinandosi alla moglie.
“Buonasera anche a te, maritino” gli disse lei con il sorriso dipinto sulle labbra, finché non guardò il piccolo schermo.
“Oh mio dio! Adoro questa scena!” commentò Serena, non badando a Dan e sistemandosi vicino alla figlia.
“Serena!” la richiamò lui, disperato per quella bizzarra situazione.
“Arrivo” lo rassicurò, tornando in lei e seguendolo in cucina.
“Cos’è successo?” gli domandò poi.
“E me lo chiedi? Tua figlia sta guardando quel maledetto film e ha solo 5 anni!”
“Dan, sul serio? Avanti non è né un film horror né un film a luci rosse!” provò lei.
“Nemmeno istruttivo! Dovrebbe guardare Biancaneve!”
“Ma se mi hai confessato che quando Jenny lo guardava da piccola, tu ti terrorizzavi per la strega!” ribatté lei, abbozzando un sorriso.
“Ero piccolo e la strega brutta brutta” tentò di difendersi lui. Serena rise, immaginandosi il suo uomo, terrorizzato da un cartone animato.
“Stiamo davvero discutendo per Biancaneve?” domandò Dan, guardandola negli occhi per qualche secondo.
“Hai iniziato tu!” esclamò Serena, dandogli poi un lieve bacio sulle labbra.
“Mi mancherai da impazzire, lo sai?” le confessò lui, riferendosi al viaggio che lei avrebbe intrapreso il giorno seguente.
 “Sono sette giorni, Dan, ce la possiamo fare”
“Non mi fido di Jimmy, Serena” le sussurrò con tono preoccupato.
“Ne abbiamo già parlato” gli rispose esausta di tornare su quell’argomento.
“Non va bene, gli piaci e non è un tipo apposto. Non mi fido di lui!”
Jimmy Clay era un collega di Serena da circa un anno, lavoravano entrambi per la stessa rivista di moda, lui aveva qualche hanno in più di lei e il suo interesse nei confronti della giovane era stato da sempre in grado di suscitare la gelosia di suo marito.
“Allora fidati di me! Ti amo, Dan, non per niente ti ho sposato e abbiamo due splendidi bambini” continuò lei.
“Serena..”
“Dan..”
“Mamma”
La voce di Isobel interruppe la loro conversazione.
Serena accarezzò lievemente la guancia del marito, mentre un’espressione buffa le apparse sul volto.
A quel tocco Dan comprese quanto stupido fosse stato il suo comportamento.
Amava Serena e lei provava lo stesso per lui.
Quella era l’unica cosa di cui era certo di potersi fidare.


Nate dormiva profondamente, mentre Jenny era seduta accanto a lui a fissarlo.
Aveva paura che il suo respiro potesse distogliere in qualche modo il giovane da quel sonno tranquillo.
Improvvisamente il suo cellulare squillò e Jenny si malidi per non averlo messo in modalità silenziosa prima.
Era Dan. Inoltrò la chiamata.
Lo avrebbe richiamato più tardi.
“Che succede?” chiese Nate, strofinandosi gli occhi ancora assonato.
“Era Dan. Ti ho portato la colazione, se non ti dispiace”
Jenny sorrise, mentre lui afferrò un pancakes.
“Buono! E cosa voleva?” le domandò, sedendosi sul bordo del letto.
“Non ne ho idea. Probabilmente qualche ora da baby-sitter” gli rispose, controllando ancora il display del telefono.
“Si… probabile. Senti che ha da dirti. E’ da un po’ che non passo del tempo con Isobel e Sam”
“Lo chiederà a me, Nate” mormorò Jenny.
“Ed è anche da un bel po’ che non passo del tempo con te” le spiegò lui, sperando che lei capisse ciò che intendeva.
Un altro sorriso si dipinse sul volto di Jenny.
“D’accordo lo richiamo” accettò lei, recandosi in soggiorno.
Jenny tornò qualche minuto più tardi, mentre Nate, nel frattempo, s’infilò una camicia pulita.
“Allora?” le chiese.
“Allora siamo dei veggenti. Dan vuol fare una sorpresa a Serena e quindi noi dobbiamo tenere i due marmocchi” rispose lei, imbarazzata nel vedere il giovane Archibald più affascinante che mai.
“Allora che ci facciamo ancora qui? Abbiamo uno spassoso pomeriggio in programma. Andiamo!” esclamò lui, eccitato come un bambino.
“E’ proprio quello di cui ho bisogno!” proseguì, convinto finalmente di riuscire a voltar pagina.
Charlie era soltanto un brutto ricordo da cui lui avrebbe dovuto disfarsene molto prima.

E da quel pomeriggio sembrava tutto più realizzabile.


“Chuuuuuk!”
Il suo nome echeggiò per tutta la casa.
“Dimmi, Blair” disse, raggiungendo sua moglie.
“Si può sapere che diavolo è questo?” gli domandò.
Blair era lì, con un libro in mano a fissarlo perplessa.
“10 modi per sovrastare tua moglie?!”
“Che razza di libri leggi?” continuò Blair, interdetta da quel titolo, tutt’altro che a favore dell’emancipazione femminile.
“Non è come pensi” cercò di spiegarsi Chuck.
“Demerito maschilista che non sei altro!” esclamò lei, non accettando il fatto che suo marito potesse leggere tali sciocchezze.
“Blair, l’ho preso soltanto perché descrive come far cambiare opinione alle donne!”
Blair gli lanciò il libro contro e lui fu fortunato ad avere i riflessi pronti per evitarlo.
La guardò stupito.
“Sono incinta diamine! Ho gli ormoni a mille e tu invece che strami vicino ti leggi 10 modi per sovrastare tua moglie!” esclamò lei, finendo con l’avere il broncio.
Chuck non riuscì a trattenere il sorriso che gli apparve dopo.
Blair era sempre la stessa e non sarebbe cambiata mai.
E lui mai avrebbe desiderato che potesse cambiare.
“Blair, sai che sono il fan numero uno dei successi delle donne! Altrimenti come mai avrei potuto sposare una donna di successo?” commentò, avvicinandosi a lei.
“Quel libro l’ho comprato perché speravo di poterti far cambiare idea sul bambino” ammise.
Blair alzò gli occhi al cielo come segno di rassegnazione.
“Ancora con questa storia? Andrà tutto bene!” provò lei.
“Non permetterò che ti accada qualcosa di male e non ti perdonerò mai se mi lascerai, hai capito?”
In quel momento Chuck ebbe un groppo alla gola: la sua vita non avrebbe avuto alcun senso senza di lei.
“Non ti lascerò e tu sarai un ottimo padre, Chuck” tentò di rassicurarlo lei.
“Di certo la genetica non sarà d’aiuto” mormorò lui, riferendosi al complicato rapporto con il suo di padre.
“Beh, ognuno è padrone del proprio destino e io so che tu sarai un ottimo padre!”
Chuck l’abbracciò affettuosamente, stampandole poi un bacio premuroso sulle labbra.
“Ora vai a finire di mettere apposto la cameretta!” gli ordinò Blair.
“Ecco in realtà perché ho preso 10 modi per sovrastare tua moglie!” scherzò lui.
Blair sorrise.
Soltanto dopo sentì una fitta al ventre.
La vista le si appannò.
Le mancarono le forze e cadde a terra.
“Blair!”
L’eco della voce rotta di Chuck risuonò nella sua mente, prima che l’oscurità la inghiottisse.

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Postato anche il terzo capitolo. L’ho finito di scrivere molto tempo fa, ma non mi ha mai convinta, quindi l’ho modificato moltissime volte.
Scusatemi se non è molto convincente, ne sono anche io un po’ delusa.
Volevo ringraziare ancora a chi ha recensito questa storia precedentemente. 
PS: il libro che ha comprato Chuck è di mia pura stupida inventiva, perdonatemi eh :)

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