Someday... di papergirl (/viewuser.php?uid=68798)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Accident ***
Capitolo 2: *** New Year's Eve ***
Capitolo 3: *** Echo ***
Capitolo 1 *** The Accident ***
someday
Le parti di testo incluse fra
gli asterischi contengono flashback.
Someday…
The
Accident
Seduta
in salotto, davanti al camino, con una
coperta nel ventre, Blair sorseggiò l’ultimo
goccio di tè. La tazza in
porcellana che teneva fra le dita, era ancora calda, e le riscaldava i
polpastrelli, sempre freddi in quel nevoso inverno che sembrava
interminabile.
Blair nervosamente osservò l’orologio che teneva
al polso ed emise un profondo
sospiro, domandandosi quando sarebbe rientrato in casa. Era
l’una di notte ed
iniziò a preoccuparsi, soprattutto ricordando ancora
nitidamente quella sera di
sette anni prima, quando tutto ebbe inizio e quando tutto
rischiò di finire.
*
“Blair,
Blair..noi non abbiamo bisogno di andare
via. Noi possiamo allevare questo bimbo qui” le
sussurrò, accarezzandole la
guancia, cercando di rassicurarla. D’altronde lei, aveva
proprio bisogno di
quello, di essere rassicurata, di sapere che sarebbe andato tutto bene.
Con
lui. Al suo fianco.
Blair guardò un’ ultima volta i fotografi alle
loro
spalle, dietro il finestrino oscurato di quella lussuosa limousine.
Lì dove tutto
era iniziato e lì dove tutto avrebbe potuto finire.
“Blair”
una voce, un sussurro, una stretta di mano
calda, capace di riscaldarle le dita ancora indolenzite e fredde. Blair
aprì
gli occhi con difficoltà, disorientata e totalmente
frastornata. Aveva forti
fitte alla testa e dolori lungo tutto il corpo. Sembrava avesse dormito
per
giorni, se non per settimane. Alzò gli occhi, cercando il
suo interlocutore,
quando incrociò lo sguardo stanco e preoccupato della sua
più cara amica.
Serena era seduta in una sedia accanto a lei, i capelli raccolti e
scompigliati, il trucco sbavato, i lineamenti tesi. Indossava un abito
chiaro
con sfumature rosa, e a Blair, notando l’indumento,
iniziarono ad affiorare i primi
ricordi lentamente, l’uno dopo l’altro. La festa in
onore di Charlie, Humphrey,
il rendersi conto che alle volte l’amore può
realmente superare ogni cosa.
“Dove mi trovo, S?”domandò, pur
conoscendo la
risposta.
“In ospedale”le rispose Serena, non aggiungendo
altro e probabilmente già sapendo quale sarebbe stata la sua
prossima domanda.
“Come sta?”chiese con voce tremante, sperando con
tutta se stessa che l’amica al suo fianco le avrebbe dato una
buona notizia,
accenandole magari anche un sorriso per il suo inutile tono drastico e
preoccupato. Ma Serena non sorrise ed i suoi lineamenti non si
rilassarono. Blair,
perciò, comprese anche la seconda risposta.
“Ha perso molto sangue, B”la voce di Serena era
roca e divenne pian piano un sussurro. Blair non domandò
altro, non volendo
sapere altro. Rimasero, quindi, entrambe in silenzio, l’una
persa nel dolore
dell’altra.
I
giorni a seguire in ospedale passarono
lentamente, ogni cosa al suo interno pareva muoversi una marcia
indietro
rispetto alla vita al di fuori: i dottori, le infermiere, i pazienti, i
familiari. Sembrava che il tempo si fermasse, rallentasse, come
l’ultima scena
di un film tragico o malinconico. Quell’ultima scena a
rallenty dei saluti e
degli arrivederci. Blair non ci credeva, non voleva essere stata
ingaggiata
come attrice per quel tragico film, a sua insaputa. Eppure in quella
settimana,
sembrava fosse stata scelta proprio come protagonista. Le cattive
notizie continuavano
ad arrivare: dalla perdita del bambino al non ancora avvenuto risveglio
di lui.
*
Sentì l’apertura
dell’ascensore all’entrata e deglutì
quell’amaro groppo alla gola di preoccupazione. Si
alzò dal divano e gli andò
incontro con entusiasmo, come quando era piccola ed accoglieva suo
padre.
“Auguri, Chuck” gli disse, abbracciandolo.
“Auguri, Blair. Ti avevo detto che sarei tornato
tardi. Non devi stancarti”la rimproverò,
sorridente e preoccupato allo stesso
tempo, sciogliendo l’abbraccio e accarezzandole il ventre.
Blair sorrise,
notando la luce negli occhi di suo marito.
“Ultimo Natale come coppia” constatò
lei, eccitata.
“Io credo che è da un bel po’ che non
passiamo un
natale come coppia”sussurrò Chuck, baciandola
dolcemente e prendendole la mano.
“Tutto merito di Serena!”esclamò Blair,
salendo le
scale.
“E Humphrey? Per quanto ne so i bambini si fanno in
due”aggiunse lui, sarcastico, rimembrando i giorni di Natale
degli ultimi
cinque anni.
“Jingle
Bells! Jingle Bells! Jingle all the way!
Oh what fun it is to
ride
in one horse open
sleigh…
Jingle Bells…”
“Isobel…” mormorò Dan,
coprendosi il volto ancora
dormiente con il proprio cuscino.
“Papà..è l’ora dei regali!
Svegliati!”esclamò la
bambina, saltando sopra al letto.
“Jingle Bells...”continuò a canticchiare.
“Isobel..”la richiamò Serena, ancora
assonnata.
“Mamma, alzati! E’ Natale!”disse,
eccitata,
stendendosi nel letto in mezzo ai propri genitori.
“E’ presto..dormi ancora un
po’”tentò Dan,
coprendola con le coperte.
“Dai, sveglia!” esclamò lei, rialzandosi
in piedi e
ricominciando a saltare.
“Sfondi il materasso, Isobel” la
rimproverò
un’altra volta suo padre.
“Mamma. E’ Natale!”entrò in
camera il più piccolo
della famiglia, scuotendo il braccio di Serena.
“Samuel…torna a dormire..”rispose lei.
“Sam, vengo io con te..loro ormai sono vecchi per
queste cose..”gli spiegò la sorella.
“Chi sono i vecchi?!” le chiese Serena, afferrando
la figlia e facendole il solletico.
“Voi”le disse, divertita la piccola.
“Non credo, proprio”intervenne Dan, alzandosi e
prendendo in braccio l’altro figlio.
“Ora, Sam..ti mostro che non devi dare ascolto a
quella vecchietta di tua sorella” esclamò il
padre, trasformando Samuel in un piccolo
aeroplano.
_________________________________________________________________
L'ho
postata. Non ci posso credere,
finalmente mi son decisa a postarla.
Ho scritto questa fanfiction al
termine del 5x10 e non so come sia venuta, lascio a voi il giudizio.
Credo che la
continuerò, perché mi
piace l’idea dei personaggi ambientati in un futuro ed era da
un po’ che ci pensavo.
Mamma mia..lunedì finalmente
ritorna gossip girl..sono in ansia, ragazzi!
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Capitolo 2 *** New Year's Eve ***
new year's eve
Le parti di testo incluse fra
gli asterischi contengono flashback.
Someday…
New Year's Eve
“4..3..2..1..”
“Buon
anno, tesoro” le sussurrò Chuck, dandole un
dolce bacio sulla guancia.
“Buon anno, anche a te, maritino”
esclamò Blair con
un sorriso dipinto sul volto. Chuck notò le guance
arrossate di lei,
probabilmente a causa del freddo, e decise di avvicinarla al proprio
petto, con
l’intenzione di riscaldarla, quanto più poteva.
“Non avremmo dovuto essere qui” iniziò
lui con tono
pacato, nonostante l’echeggiare della folla, attorno a loro.
“Chuck, ne abbiamo già parlato,
ricordi?” lo
rimproverò, scrutandolo attentamente.
“La storia è capodanno e siamo cittadini
newyorkesi, non mi basta, Blair. Essere qui a Times Square, nel bel
mezzo di
tutta questa gente, non ti aiuterà a star meglio”
insistette lui, tenendola
stretta accanto a sé, per proteggerla.
“Invece si e lo sai” mormorò lei,
sorridendo alla
vista dei coriandoli, che coloravano il cielo del centro di Manhattan,
quella
notte.
“Blair..” la richiamò. Chuck sapeva che
era giusto
che lei trovasse un mondo per svagarsi, per non pensare a
ciò che aveva
comunicato loro il dottore, ma lo infastidiva immensamente
l’atteggiamento da
lei assunto negli ultimi giorni. Blair non si distraeva da quel dato di
fatto,
Blair semplicemente si comportava come se il rischio che lei e il bimbo
potessero morire non esistesse, mentre a lui quel pensiero lo
distruggeva,
lentamente, giorno dopo giorno. Perché doveva fingere anche
con lui?
“Chuck…andrà tutto bene” lo rassicurò Blair, quasi
fosse in
grado di leggergli nella mente.
“Blair…auguri!” li interruppe
d’un tratto Serena,
sbucando alle loro spalle e abbracciando, successivamente,
l’amica.
“Auguri, Chuck” gli porse la mano Humphrey,
abbozzando un sorriso, mentre il piccolo Samuel era sulle sue spalle.
“Noi stiamo andando a casa. I piccoli sono stanchi”
comunicò loro Serena, prendendo in braccio Isobel, prima al
suo fianco.
“Così presto? Non festeggiate nemmeno
Capodanno?!”
esclamò Blair, speranzosa di passare il resto della notte
con i propri amici.
“Ormai è mezzanotte e mezza…poi chi ti
dice che non
festeggeremo a casa…” dichiarò
l’altra, sorridendo maliziosamente al marito.
Blair alzò gli occhi al cielo, constatando che, nonostante
il passare degli
anni, gli sguardi di Dan e Serena avrebbero fatto venire il diabete a
chiunque.
“Ah, piantatela! Siete patetici!” disse infine,
mentre Chuck rise di gusto.
“Mamma,
sono
stanca” sussurrò Isobel con voce roca e occhi
stanchi.
“Si, andiamo. Saluta zia Blair e zio Chuck” la
incitò Serena.
“Notte zia Blair, notte zio Chuck”
ripeté lei.
“Sogni d’oro, bellissima” le rispose
Blair con
dolcezza, non potendo non pensare a quanto la piccola assomigliasse
alla madre.
Isobel aveva gli stessi boccoli d’orati di Serena con grandi
occhi blu. Ma non
era solo l’aspetto a rendere tale la somiglianza,
bensì anche il suo spirito
libero, pieno di vita e vivace. Isobel era la Serena di 20 anni prima.
Blair ne
era più che convinta, nonostante la sua migliore amica
continuasse a ripeterle
che sua figlia era molto più simile a una Waldorf di quanto
pensasse.
“Allora noi andiamo” la bionda fece loro un ultimo
cenno di saluto, prima di allontanarsi.
“Ehi, Serena, io arrivo fra un minuto” le
comunicò
suo marito, rimanendo accanto agli amici. Lei abbozzò un
sorriso comprensivo,
dileguandosi, poi, fra la folla.
“Chuck, hai sentito Nate?” gli domandò
Daniel.
“No. Ho provato a chiamarlo più volte, senza mai
ricevere alcuna risposta. Ho lasciato gli auguri in segreteria
telefonica”
commentò lui, augurandosi davvero che per Nate quello
potesse essere un anno
migliore.
“Anche io. E’ forte, riuscirà a
superarlo se gli
stiamo accanto” Dan gli rivolse un sguardo complice, quasi a
mostrargli che
poteva contare su di lui, che insieme sarebbero stati capaci di aiutare
l’
amico.
“Auguri”
esclamò ad un passante, traballando su se
stesso. Era solo. Di nuovo. Nate constatò che mentre tutti
erano felici e
contenti, lui era…solo. Questo era l’unico
pensiero che gli balenava nella
mente. Si diede persino dell’illuso per aver creduto che non
fosse così.
Cadde a terra per l’alcool e per il dolore.
“Dannazione!” urlò, ubriaco, stanco e
addolorato.
“Nate?” una voce lo richiamò alla
realtà.
“Si può sapere perché sei accasciato
per terra?”
“Jenny?” domandò, alzando lo sguardo e
riconoscendola, nonostante la vista un po’ offuscata per
qualche scotch di
troppo.
“Si, sono io.”
“Allora? Hai intenzione di spiegarmi perché ti
trovi qui?” gli chiese lei, sedendosi accanto a lui nel bordo
del marciapiede.
“Sono solo” disse, senza pensarci due volte.
D’altronde
non c’era più bisogno di fingere di star bene,
almeno non con Jenny.
“Sai che non è così…hai tua
madre, i tuoi amici…”
iniziò lei, cercando di rassicurarlo.
“Loro si sono costruiti una vita. Io, invece…ho
perso tutto” ribatté, cadendo nello sconforto
più totale.
“La vita va avanti, Nate” Jenny odiava vederlo
così,
pur non essendo la prima volta che lo trovava in quello stato. Si
ricordò la
confusione che gli lesse negli occhi al compleanno di Blair, quasi
dieci anni
prima, come la profonda delusione che esprimeva il suo volto, dopo le
scelte
egoistiche di Serena.
“Charlie mi ha lasciato all’altare,
Jenny!” le
spiegò lui a denti stretti, quasi lei non volesse capire la
gravità della
situazione. Lei rimase senza parole, percependo la sua frustrazione.
*
“Si,
lo voglio” disse con voce tremante, nonostante
l’emozione che provò in quel momento. Nate
sorrise, guardando la donna che
amava dinnanzi a lui. Si sentiva così maledettamente felice;
quasi impaurito
che qualcuno gliel’avrebbe portata via, quella
felicità, poiché troppa per un
uomo mortale come lui.
“E
tu, Charlie Rhodes, vuoi prendere come tuo
legittimo…” Lui
era accecato da quell’abito bianco che stava
d’incanto alla sua sposa. Non
riusciva a sentire, vedere altro che non fosse lei, la sua
Charlie.
“…finché morte non vi
separi?” Arrivò a
percepire soltanto le ultime parole del sacerdote, aspettando
l’atteso consenso
di lei; le rivolse un ultimo sorriso complice, quando intravide,
successivamente, la paura e la dispersione nei suoi occhi. Fu allora
che Nate
perse un battito. Il primo di una lunga serie.
“Mi dispiace, ma non posso” gli mormorò
Charlie con
le lacrime agli occhi, sfilandosi la fede e correndo, correndo lantana
da lui,
dal loro matrimonio. Lui restò immobile
sull’altare ad osservare la sua
Charlie voltargli le spalle, e
scomparire, poi, dietro il portone in legno massiccio della cattedrale
floreale.
Nate guardò verso l’alto, maledicendosi per
quell’immensa
felicità provata, eccessiva per un comune mortale come lui.
*
“Mi
manca…mi manca maledettamente” ammise,
sentendosi in colpa
per lo sfogo avuto poco prima.
“Lo so, ma vedrai che andrà meglio”
Jenny era
dispiaciuta, avrebbe fatto qualsiasi cosa per tirargli su il morale.
“Sai, si dice che il tempo porti consiglio”
continuò,
appoggiandogli una mano sulla spalla.
“Questa mi è nuova…Jenny Humphrey che
si comporta
da saggia” Nate abbozzò un sorriso e lei si
sentì sollevata. Si, era certa che
lui avrebbe superato anche quella situazione, come sempre.
Quello
era il momento che preferiva della giornata.
Sedersi accanto ai suoi figli e dar loro il bacio della buonanotte.
Molte volte
scherzava, parlava, oppure raccontava loro delle storie, veritiere o
meno, affinché
si addormentassero. Dan era molto più bravo di lei in
ciò, doveva ammetterlo, d’altronde
non per niente era uno scrittore. Nonostante questo lui preferiva
lasciare a
lei quel compito, a parer suo, magico. Serena avrebbe desiderato con
tutta se
stessa
quelle attenzioni da parte di sua madre, in parte mancate, per svariate incomprensioni e
dimenticanze. Probabilmente
Dan lo sapeva.
“Ehi, si sono già addormentati?” le
chiese suo
marito, entrando nella camera dei piccoli.
“Shh. Sai che Isobel non prende più sonno una
volta
sveglia” sussurrò, uscendo dalla stanza, seguita
da Dan.
“Eccome se lo so” mormorò lui, roteando
gli occhi e
afferrandola per i fianchi.
“Sai, può essere che io avessi scherzato con
Blair…prima”
iniziò in tono malizioso, muovendo le mani fra i bottoni
della camicia del
marito.
“An, davvero? E riguardo cosa?” continuò
lui, tenendole
il gioco e avvicinando le labbra.
“Non ne ho idea” Serena rise radiosa,
allontanandosi
da lui e lasciandolo impacciato sul proprio posto.
“Davvero divertente” commentò Dan,
raggiungendola
in cucina. Serena lo guardò, scrutandolo attentamente. Lui
era tale e uguale a
sempre: la stessa persona di cui si era innamorata undici anni prima,
la sua
ancora di salvezza, la sua isola sicura.
“Cosa stai pensando?” le domandò Dan con
occhi
indagatori e un sorriso sincero.
“A quanto hai cambiato la mia vita” gli
dichiarò,
mentre lui le andò incontro per abbracciarla.
“Sei tu quella che ha reso la mia vita migliore” le
sussurrò Dan all’orecchio. Serena
affondò la testa nel suo petto, lasciandosi
cullare dalle sue braccia e soprattutto dalle sue parole, trovando
finalmente
quel momento magico, da sempre desiderato.
_______________________________________________________
Non
uccidetemi, vi prego. Perdonate il ritardo del seconto capitolo, ma la
scuola mi tiene piuttosto impegnata.
Comunque ecco qua il
seguito, mi auguro sia abbastanza decente e leggibile.
Pian pianino si
chiariranno le attuali situazioni tramite flashback e anche determinati
spazi temporali.
Ditemi sinceramente
cosa ne pensate.
Alla prossima e che
sia il più presto possibile:)
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Capitolo 3 *** Echo ***
someday
Le parti di testo incluse fra
gli asterischi contengono flashback.
Someday…
Echo
“Si
può sapere cosa stai guardando?” gli
domandò
suo padre, alzando la testa dal proprio computer.
“Un film di mamma” gli rispose la piccola Isobel,
presa dallo schermo.
“Come s’intitola?” continuò
Dan, raggiungendo la
figlia e prendendosi una pausa dal proprio lavoro.
“Non credo che ti piacerà,
papà” constatò lei.
“Non è vero, sai che a papà piace
guardare i film!”
controbatté Dan, abbracciandola affettuosamente.
“E’ I
Love Shopping, papà”
“Cosa?”
Dan non poteva crederci, quel film lo stava
tormentando da anni, prima con Serena e ora con sua figlia. Incredibile.
“Buonasera famiglia!” esclamò Serena,
allegra,
varcando l’entrata del loro appartamento.
“Ciao”
la salutò Isobel, quasi assente,
troppo
conquistata dal film.
“Serena, dobbiamo parlare” mormorò Dan,
avvicinandosi alla moglie.
“Buonasera anche a te, maritino” gli disse lei con
il sorriso dipinto sulle labbra, finché non
guardò il piccolo schermo.
“Oh mio dio! Adoro questa scena!”
commentò Serena,
non badando a Dan e sistemandosi vicino alla figlia.
“Serena!” la richiamò lui, disperato per
quella
bizzarra situazione.
“Arrivo” lo rassicurò, tornando in lei e
seguendolo
in cucina.
“Cos’è successo?” gli
domandò poi.
“E me lo chiedi? Tua figlia sta guardando quel
maledetto film e ha solo 5 anni!”
“Dan, sul serio? Avanti non è né un
film horror né
un film a luci rosse!” provò lei.
“Nemmeno istruttivo! Dovrebbe guardare Biancaneve!”
“Ma se mi hai confessato che quando Jenny lo
guardava da piccola, tu ti terrorizzavi per la strega!”
ribatté lei, abbozzando
un sorriso.
“Ero piccolo e la strega brutta brutta”
tentò di
difendersi lui. Serena rise, immaginandosi il suo uomo, terrorizzato da
un
cartone animato.
“Stiamo davvero discutendo per Biancaneve?”
domandò
Dan, guardandola negli occhi per qualche secondo.
“Hai iniziato tu!” esclamò Serena,
dandogli poi un
lieve bacio sulle labbra.
“Mi mancherai da impazzire, lo sai?” le
confessò
lui, riferendosi al viaggio che lei avrebbe intrapreso il giorno
seguente.
“Sono
sette giorni, Dan, ce la possiamo fare”
“Non mi fido di Jimmy, Serena” le
sussurrò con tono
preoccupato.
“Ne abbiamo già parlato” gli rispose
esausta di
tornare su quell’argomento.
“Non va bene, gli piaci e non è un tipo apposto.
Non mi fido di lui!”
Jimmy Clay era un collega di Serena da circa un
anno, lavoravano entrambi per la stessa rivista di moda, lui aveva
qualche
hanno in più di lei e il suo interesse nei confronti della
giovane era stato da
sempre in grado di suscitare la gelosia di suo marito.
“Allora fidati di me! Ti amo, Dan, non per niente
ti ho sposato e abbiamo due splendidi bambini”
continuò lei.
“Serena..”
“Dan..”
“Mamma”
La voce di Isobel interruppe la loro conversazione.
Serena accarezzò lievemente la guancia del marito,
mentre un’espressione buffa le apparse sul volto.
A quel tocco Dan comprese quanto stupido fosse
stato il suo comportamento.
Amava Serena e lei provava lo stesso per lui.
Quella era l’unica cosa di cui era certo di potersi
fidare.
Nate dormiva profondamente, mentre
Jenny era seduta
accanto a lui a fissarlo.
Aveva paura che il suo respiro potesse distogliere
in qualche modo il giovane da quel sonno tranquillo.
Improvvisamente il suo cellulare squillò e Jenny si
malidi per non averlo messo in modalità silenziosa prima.
Era Dan. Inoltrò la chiamata.
Lo avrebbe richiamato più tardi.
“Che succede?” chiese Nate, strofinandosi gli occhi
ancora assonato.
“Era Dan. Ti
ho portato la colazione, se non ti dispiace”
Jenny sorrise, mentre lui afferrò un pancakes.
“Buono! E cosa voleva?” le domandò,
sedendosi sul
bordo del letto.
“Non ne ho idea. Probabilmente qualche ora da
baby-sitter”
gli rispose, controllando ancora il display del telefono.
“Si… probabile. Senti che ha da dirti.
E’ da un po’
che non passo del tempo con Isobel e Sam”
“Lo chiederà a me, Nate”
mormorò Jenny.
“Ed è anche da un bel po’ che non passo
del tempo
con te” le spiegò lui, sperando che lei capisse
ciò che intendeva.
Un altro sorriso si dipinse sul volto di Jenny.
“D’accordo lo richiamo”
accettò lei, recandosi in
soggiorno.
Jenny tornò qualche minuto più tardi, mentre
Nate,
nel frattempo, s’infilò una camicia pulita.
“Allora?” le chiese.
“Allora siamo dei veggenti. Dan vuol fare una
sorpresa a Serena e quindi noi dobbiamo tenere i due
marmocchi” rispose lei, imbarazzata
nel vedere il giovane Archibald più affascinante che mai.
“Allora che ci facciamo ancora qui? Abbiamo uno
spassoso pomeriggio in programma. Andiamo!”
esclamò lui, eccitato come un
bambino.
“E’ proprio quello di cui ho bisogno!”
proseguì,
convinto finalmente di riuscire a voltar pagina.
Charlie era soltanto
un brutto ricordo da cui lui
avrebbe dovuto disfarsene molto prima.
E
da quel pomeriggio sembrava tutto più realizzabile.
“Chuuuuuk!”
Il suo nome
echeggiò per tutta la casa.
“Dimmi,
Blair” disse, raggiungendo sua moglie.
“Si
può sapere che diavolo è questo?” gli
domandò.
Blair era
lì, con un libro in mano a fissarlo
perplessa.
“10 modi per
sovrastare tua moglie?!”
“Che razza
di libri leggi?” continuò Blair,
interdetta da quel titolo, tutt’altro che a favore
dell’emancipazione
femminile.
“Non
è come pensi” cercò di spiegarsi Chuck.
“Demerito
maschilista che non sei altro!” esclamò
lei, non accettando il fatto che suo marito potesse leggere tali
sciocchezze.
“Blair,
l’ho preso soltanto perché descrive come
far cambiare opinione alle donne!”
Blair gli
lanciò il libro contro e lui fu fortunato
ad avere i riflessi pronti per evitarlo.
La guardò
stupito.
“Sono
incinta diamine! Ho gli ormoni a mille e tu
invece che strami vicino ti leggi 10 modi per sovrastare tua
moglie!” esclamò
lei, finendo con l’avere il broncio.
Chuck non
riuscì a trattenere il sorriso che gli
apparve dopo.
Blair era sempre la
stessa e non sarebbe cambiata
mai.
E lui mai avrebbe
desiderato che potesse cambiare.
“Blair, sai
che sono il fan numero uno dei successi
delle donne! Altrimenti come mai avrei potuto sposare una donna di
successo?”
commentò, avvicinandosi a lei.
“Quel libro
l’ho comprato perché speravo di poterti
far cambiare idea sul bambino” ammise.
Blair alzò
gli occhi al cielo come segno di rassegnazione.
“Ancora con
questa storia? Andrà tutto bene!” provò
lei.
“Non
permetterò che ti accada qualcosa di male e
non ti perdonerò mai se mi lascerai, hai capito?”
In quel momento Chuck
ebbe un groppo alla gola: la
sua vita non avrebbe avuto alcun senso senza di lei.
“Non ti
lascerò e tu sarai un ottimo padre, Chuck”
tentò di rassicurarlo lei.
“Di certo la
genetica non sarà d’aiuto”
mormorò
lui, riferendosi al complicato rapporto con il suo di padre.
“Beh, ognuno
è padrone del proprio destino e io so che
tu sarai un ottimo padre!”
Chuck
l’abbracciò affettuosamente, stampandole poi
un bacio premuroso sulle labbra.
“Ora vai a
finire di mettere apposto la cameretta!”
gli ordinò Blair.
“Ecco in
realtà perché ho preso 10 modi per
sovrastare tua moglie!” scherzò lui.
Blair sorrise.
Soltanto dopo
sentì una fitta al ventre.
La vista le si
appannò.
Le mancarono le forze
e cadde a terra.
“Blair!”
L’eco della
voce rotta di Chuck risuonò nella sua
mente, prima che l’oscurità la inghiottisse.
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Postato
anche il
terzo capitolo. L’ho finito di scrivere molto tempo fa, ma
non mi ha mai
convinta, quindi l’ho modificato moltissime volte.
Scusatemi se non
è molto convincente, ne sono anche io un po’
delusa.
Volevo
ringraziare ancora a chi ha recensito questa storia
precedentemente.
PS: il libro che ha comprato Chuck è di mia pura stupida
inventiva, perdonatemi eh :)
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