Dormiremo quando saremo morti.

di MaricaWrites
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il caso di Cristina Smith. ***
Capitolo 2: *** Il ragazzo del bar. ***
Capitolo 3: *** I fratelli Winchester. ***
Capitolo 4: *** Madre Natura. ***
Capitolo 5: *** Corna. ***
Capitolo 6: *** Tre anni prima. ***
Capitolo 7: *** Mostro. ***
Capitolo 8: *** Dormiremo quando saremo morti. ***
Capitolo 9: *** Una mela al giorno... ***
Capitolo 10: *** Lasciate ogne speranza voi ch'intrate. ***
Capitolo 11: *** Un nuovo patto. ***
Capitolo 12: *** Segreti. ***
Capitolo 13: *** Sette. ***



Capitolo 1
*** Il caso di Cristina Smith. ***


Capitolo I

 

-Il caso di Cristina Smith-

 


Accesi la televisione. Lo facevo sempre, mentre preparavo le armi, probabilmente perché quelle voci sconosciute e allo stesso tempo ripetitive e familiari, mi facevano sentire come se stessi facendo qualcosa di normale, come temperare le matite prima di andare a scuola o sistemare i documenti di lavoro.

Diedi uno sguardo alla giornalista che proprio in quel momento iniziava il telegiornale e leggendo il titolo del servizio, prestai maggiore attenzione alla sua voce meccanica:-La polizia ha riaperto proprio oggi le indagini sul caso Kepner, che ormai non riguarda più soltanto la studentessa del Mississippi. Sono quattro, fino ad ora le ragazze morte nel quartiere periferico di Batesville, tutte e quattro nel vicolo sotto l’ospedale psichiatrico St. Louis. La polizia non ha idea di chi possa essere l’assassino, ma ipotizza un serial killer, dati i numerosi punti in comune tra le vittime. La parola al nostro inviato, in compagnia dello sceriffo Johnson, che si sta occupando del caso insieme alla polizia locale-

Finii di caricare l’ultima pistola e la chiusi nel baule, prendendo poi la sacca dei coltelli per limarne la lama.

-Brancoliamo nel buio. Le quattro ragazze hanno sicuramente molte cose in comune, sono tutte e quattro bionde e sono morte tutte e quattro nello stesso posto, queste sono cose che sicuramente come ha già detto, ci fanno pensare ad un professionista, ma ancora la sicurezza non la abbiamo-

Trattenni una risata e spensi la tv, continuando a lavorare in silenzio. Incredibile come poliziotti di professione sorvolassero certi particolari, ma forse era meglio così: sarebbero diventati matti cercando di mettere insieme i punti in comune più assurdi. Ad esempio che le quattro vittime avevano tutte una sorella minore ricoverata nell’ospedale psichiatrico accanto al vicolo in cui erano morte, e che Cristina Smith, nel 1989 era morta impiccandosi in quell’ospedale psichiatrico, a causa della sorella maggiore, che si vergognava della malattia della sorellina. La sorella di Cristina, Maggie, era poi morta in quel vicolo, con la gola tagliata, come le quattro vittime. Evidentemente qualcosa aveva risvegliato il fantasma di quella poveretta, ma avrebbe ucciso ancora per poco.

Una volta finito coi coltelli, chiusi la sacca e caricai tutto in macchina, pagai il Motel e partii quella notte stessa. Erano settimane che non trovavo un caso, o meglio, era settimane che prendevo casi buca. Per farla breve, gli annunci e le indagini davano tutta l’aria della presenza di qualcosa di oscuro, un fantasma, un demone, un muta forma, ma quando arrivavo sul luogo del delitto, non c’era proprio nulla di soprannaturale. Iniziavo a stancarmi. Ma il caso delle quattro ragazze non lasciava alcun dubbio, era il fantasma di Cristina. Non rimaneva che bruciare le sue ossa. Sapevo già dov’era sepolta; se c’era una cosa in cui ero brava, era a scovare informazioni da internet. Potevo benissimo definirmi un hacker, ma non danneggiavo nessuno, mi infilavo solo dove serviva per trovare informazioni utili che mi facevano risparmiare tempo e inutili sceneggiate con i parenti.

Impiegai due giorni di macchina per arrivare nel Mississippi e un’altra mezza giornata per raggiungere Batesville. Ero abituata a non dormire, ma una volta trovato un Motel, decisi di concedermi qualche ora di sonno, prima di cominciare a lavorare al caso.

Mi svegliò il rombo di una macchina con lo stereo acceso a tutto volume, e dopo un attimo di irritazione, ringraziai chiunque se ne fosse andato da quel Motel di avermi svegliato: era tarda mattinata.

Feci colazione nel primo bar che trovai, stando attenta a cogliere nelle chiacchiere dei clienti qualunque accenno al caso a cui stavo lavorando. Arrivata sul luogo dei delitti, scoprii con mia sfortuna che era ancora pieno di poliziotti e non avrei potuto lavorare in pace. Avrei raccolto qualche informazione e sarei tornata quella notte.

Mi avvicinai allo sceriffo, che riconobbi come quello che avevano intervistato alla tv, qualche sera prima.

-Mi scusi, buongiorno-

L’uomo si girò un poco accigliato, osservandomi da sotto le sopracciglia scure:-Buongiorno signorina-

-FBI- dissi prima che potesse chiedere qualcosa, tirando fuori il distintivo falso –sono qui per il caso della studentessa uccisa-

-Di nuovo? Sentite, non so perché l’FBI si interessi tanto a questo caso. Dica pure al suo capo che anche se mi ha mandato una bella biondina non so dirgli nulla di più di quello che ho detto agli altri agenti l’altro giorno-

-Mi scusi, capisco il disagio, dev’esserci stato un errore, non sapevo avessero già mandato degli agenti-

-E invece li hanno mandati. Se ne sono andati proprio ieri-

-Senta, so che avete già le vostre beghe, ma potrebbe comunque rispondere a qualche domanda?-

-A qualche domanda?! Di nuovo? No, senta. Ho già detto tutto quello che so-

Imprecai mentalmente contro l’FBI che mi intralciava il lavoro, prima di sorridere cordialmente.

-Posso almeno sapere cosa le hanno chiesto i colleghi?-

L’uomo sospirò esasperato:-Cose sciocche-

-Tipo?-

-Tipo se sul luogo del delitto avevamo sentito odori strani, o trovato zolfo-

Mi si gelò il sangue nelle vene.

-E poi mi hanno chiesto se mi ero occupato del caso di Cristina Smith, nell’89-

Merda.

-Bene- dissi nervosamente –altro?-

-Si, volevano sapere se sapevo dov’era stata sepolta la Smith e hanno voluto l’elenco delle pazienti donne dell’ospedale, anche se non capisco come possa essere d’aiuto-

-Già, neanch’io- dissi in fretta –mi scuso ancora, arrivederci-

Tenni il distintivo in mano e quasi di corsa entrai nell’ospedale, avvicinandomi al banco.

-Posso aiutarla?- mi chiese l’infermiera.

-FBI, dovrei farle solo una domanda-

-Mi dica-

-Sono venuti due agenti in questi ultimi giorni?-

-Si, due ragazzi-

-Posso sapere cos’hanno fatto?-

-Hanno visitato una paziente, Molly Riven-

-Potrei vederla anch’io?-

-Certamente, mi segua-

I battiti del mio cuore erano stranamente accelerati. “Stranamente”, perché dato il mio lavoro erano poche le cose che mi muovevano alcuna reazione, paura o nervosismo, ma questa volta forse, non stavo risolvendo un caso, ma il mio caso. Nella mia testa rimbombavano le parole di tutte le persone con cui avevo parlato negli ultimi mesi e lo strano modo con cui i segnali paranormali erano spariti al mio arrivo nella città interessata.

La ragazza che i due presunti agenti avevano visitato aveva più o meno sedici anni, il viso cosparso di lentiggini e i capelli biondo cenere.

-Ciao, Molly- dissi quando l’infermiera se ne andò.

-Ciao- disse lei con fare un po’ infantile, da cui dedussi che aveva una sorta di ritardo mentale.

-Sei molto carina- sorrisi sedendomi su una sedia accanto a lei, che stava coricata a letto, con delle Barbie in mano.

-Grazie, anche tu-

-Grazie-

-Ti conosco? Non sei mai venuta a trovarmi-

-Hai ragione, non sono mai venuta, non mi conosci. Mi chiamo Victoria-

-Che bel nome-

Mi limitai a sorridere per qualche istante:-Senti, sono venuta a trovarti perché sto cercando dei miei amici, non li trovo, e mi hanno detto che sarebbero venuti a trovarti-

-Davvero?-

-Davvero. Ehm… sono due ragazzi e sono venuti qui forse ieri, o l’altro ieri-

-Ah si, me li ricordo, mi hanno portato delle caramelle-

-Che gentili, sono davvero simpatici, non è vero?-

-Lo sono- sorrise lei, continuando a giocare con le Barbie.

-Ti hanno detto il perché sono venuti a trovarti?-

-Si, volevano sapere delle cose su mia sorella Emily-

-E tu gliele hai dette?-

-Si, erano solo curiosi, ma credo che uno dei due fosse innamorato di lei, faceva un sacco di domande strane, robe da fidanzati-

Sorrisi sinceramente divertita.

-Che tipo di domande?-

-Dove vive, a che ora potevano trovarla, se veniva a trovarmi…-

-E tua sorella Emily… viene a trovarti?-

-Si, quasi tutti i giorni, lei è più grande, ha la macchina- disse orgogliosa.

-Wow!- ridemmo entrambe.

-Oggi verrà?- chiesi.

-E’ già venuta-

Era ovvio che i due ragazzi si stavano occupando del caso, troppe cose coincidevano. Avevano fatto esattamente ciò che avrei fatto io: avrei indagato sulle ragazze della clinica che avevano sorelle maggiori in pericolo, data la situazione. Avrei interrogato la paziente, sarei andata al luogo della sepoltura, erano cacciatori.

Era la prima volta che mi imbattevo in altri cacciatori, era veramente difficile incontrarne: eravamo rimasti in pochi, e i casi erano tanti, soprattutto se avevi occhio per queste cose.

Evidentemente per uno strano allineamento di coincidenze io e questi cacciatori eravamo attratti dagli stessi casi, e la cosa mi incuriosiva, oltre che infastidirmi parecchio. Ma non c’era speranza di trovarli: se erano bravi come sembravano, si sarebbero accorti di essere seguiti. Però potevo precederli.

-Ti ricordi come erano fatti? E’ da un po’ che non li vedo, magari sono cambiati…-

-Me li ricordo benissimo. Uno era molto alto, aveva i capelli castani e gli occhi azzurri; l’altro era più basso, biondo, con gli occhi verdi, ma erano tutti e due molto carini-

-Già, sono molto carini-

Salutai Molly e me ne andai. Tornai al Motel e rimasi chiusa nella mia stanza per un’ora buona, senza avere la minima idea di cosa fare. Era inutile stare lì, anche senza averne la sicurezza, ero quasi certa che il fantasma di Cristina era bello che andato, se ne erano disfati loro, e avevo l’impressione che fossero comunque un passo avanti a me, qualunque altro caso nelle vicinanze avessi cercato, ci sarebbero arrivati prima loro.

Nessuno dei cacciatori di cui avevo sentito corrispondeva alla descrizione fisica che mi aveva dato la ragazza, ma poco importava.

Cosa mi rimaneva da fare? Girare a vuoto? Forse avrei potuto davvero trovarli, parlarci, trovare un accordo, per evitarmi l’inutile vagabondaggio, credevo ci fosse abbastanza male da smaltire per tutti e tre.

Mi sbrigai a procurarmi un giornale di cronaca, e individuato il primo caso interessante presi armi e bagagli e partii. Forse per una volta ero in vantaggio: secondo i miei calcoli, i due erano partiti al massimo due giorni prima, contavo un giorno di viaggio per raggiungere la città, e qualche giorno per occuparsi del caso.

Feci uno strappo alla regola e partendo a tutta velocità, presi l’autostrada.

Non era una regola vera e propria quella di evitare le strade principali, ma quasi tutti i cacciatori la seguivano: attraverso vie secondarie era più raro incontrare poliziotti interessati al tuo portabagagli pieno zeppo di armi, e la condanna a morte per terrorismo era meno spaventosa.

Ma non avevo tempo da perdere per vie di campagna e sentieri sassosi, dovevo arrivare per prima.

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Capitolo 2
*** Il ragazzo del bar. ***


Capitolo II

 

-Il ragazzo del bar-

 

Entrai a Coldwater in meno tempo di quanto sperassi e con una sensazione positiva addosso. Era raro che mi sentissi allegra, o di buon umore, e forse la causa era del lavoro orribile che facevo, soprattutto perché mi portava a vivere sola da anni.

Forse era per quello che volevo così tanto trovare quei cacciatori: si, per risparmiarmi casi buca, ma soprattutto per incontrare finalmente qualcuno che comprendesse quello che facevo. Mi incuriosivano inoltre, perché lavoravano in due. I cacciatori solitamente lavoravano da soli, solo raramente e per casi grossi facevano gioco di squadra. Io, ad esempio, non avevo mai lavorato con nessun altro cacciatore, ero sempre stata da sola.

Magari avrei trovato due stronzi, anzi, probabilmente li avrei trovati, erano pochi i cacciatori gentili e comprensivi, sempre se ne fossero mai esistiti.

Il caso che probabilmente i due stavano seguendo era quello di un demone. Mi piacevano i demoni, più che i fantasmi o altre creature. Liberarsi di un fantasma era seccante e decisamente disgustoso. Dover rovistare nella sua tomba, cospargergli le ossa puzzolenti di sale e dargli fuoco, si, lo faceva riposare in pace, ma non aveva nulla a che fare con la soddisfazione che dava esorcizzare un demone. Vedere la sua espressione infuriata quando lo intrappolavi e rimandarlo dritto all’inferno. Quello dava soddisfazione, sapere di averlo rimandato esattamente dove doveva stare.

Mi fermai al primo motel che trovai, proprio di fronte ad un bar, e presi una camera.

Passai il resto della giornata passeggiando a vuoto per la città, cercando una coppia di ragazzi che corrispondessero alla descrizione fisica datomi da Molly, e con distintivi falsi dell’FBI. Di certo non speravo di trovarli così, ma lo feci per sicurezza, dato che ero quasi sicura di averli anticipati.

Ma i cacciatori non arrivarono né quel giorno, né quello dopo, né quello dopo ancora, e il demone intanto aveva già colpito altre due volte. Decisi che era il momento di entrare in azione. Dovetti fare le mie ricerche più in fretta del solito, ma me la cavai comunque, riuscii a capire che probabilmente quella sera si sarebbe introdotto in un club poco lontano dal Motel.

Ero seduta in quello stesso locale per le 21.00 in punto, l’ora in cui il demone si divertiva a colpire belle ragazze bionde, portandogli via la testa. Forse, pensai ironicamente, credeva alla diceria che voleva che le bionde fossero stupide, e gli portava via la testa perché credeva che non occorresse loro.

In quel caso, ero l’obiettivo ideale per il demone, ma a me la testa serviva eccome.

Mi feci un giro di tequila di incoraggiamento, e proprio mentre iniziavo a stancarmi di aspettare un ragazzo dai capelli rossicci e gli occhi verdi si sedette accanto a me.

-Ciao-

-Ciao- sorrisi guardandolo.

-Scusami, non è mia abitudine parlare con estranei, ma sono appena arrivato in città e non so dove alloggiare, sapresti consigliarmi un posto?-

-Oh certamente, io alloggio al Motel “500”, è proprio all’entrata della città, lo trovi facilmente, è accanto ad un bar- lo riconobbi, era lui. Qualunque straniero bisognoso di alloggio avrebbe notato quel Motel.

-Perfetto, credo ci andrò subito, ho viaggiato molto, e sono stanco-

-Sai trovare la strada?- cercai di sembrare il più interessata e disinvolta possibile.

-Credo, ma non ne sono sicuro-

-Se vuoi posso accompagnarti, tanto anch’io me ne stavo andando-

-Oh, sarebbe perfetto-

-Bene, segui la mia macchina-

Ci sorridemmo e poco dopo tenevo il volante con una mano, mentre con l’altra preparavo la pistola.

Stupido demone, aveva puntato alla bionda sbagliata.

Lo salutai fuori dalla mia stanza, dimenticandomela volontariamente aperta, e mi preparai con la pistola in mano dietro la porta.

Non so per quanto tempo rimasi lì, in attesa, ma non mi pesò aspettare. Avevo il battito regolare ma rimbombante, scandiva i secondi, e l’adrenalina mi scorreva a tutta velocità nelle vene. Poi, finalmente sentii dei passi dietro la porta, vidi un ombra coprire la luce dei lampioni esterni, e la maniglia si abbassò.

Alzai lo sguardo al soffitto, dove avevo disegnato la trappola per demoni, e pregai che non la notasse con la poca luce. Sotto le coperte avevo sistemato dei cuscini, ma anche in quel caso non sapevo se ci sarebbe cascato.

Era lui, comunque, il rosso dall’aria innocente, che dopo essersi chiuso la porta alle spalle, cascò come una pera nella mia trappola, avvicinandosi al letto e intrappolandosi da solo.

-Dio, si!- accesi la luce e lui si voltò di scatto mostrandomi il suo sguardo liquido e oscuro.

-Sei un novellino non è vero?- dissi ridendo macabra, per poi sparargli un colpo –si che lo sei, sei stato poco divertente, ma mi accontento, dopo settimane di astinenza-

Non era un gran furbo, ma avevo sempre pensato che di demoni, come di uomini, ce ne fossero più o meno tonti. Sparai un altro colpo, solo per vedergli la carne abbrustolire, prima di recitare l’esorcizzazione.

- Exorcizamus te, omnis immundus spiritus, omnis satanica potestas, omnis incursio infernalis adversarii, omnis legio, omnis congregatio et secta diabolica, in nomine et virtute Domini Nostri Jesu Christi, eradicare et effugare a Dei Ecclesia, ab animabus ad immagine Dei conditis ac pretioso divini Agni sanguine redemptis-

Osservai sollevata il fumo nero fuoriuscire dal ragazzo che si accasciò a terra e misi via la pistola.

-Fuori un altro- dissi tra me e me, prima di entrare nel cerchio per aiutare il ragazzo ad alzarsi.

-Cos’è successo?- chiese confuso.

-Tranquillo, tutto bene, ti riaccompagno alla tua macchina-

Quella era la parte più noiosa: rispondere alle domande idiote delle vittime che non sapevano cosa gli fosse accaduto. Una volta che mi liberai del ragazzo, ripulii il soffitto, e stavo per mettermi a letto, quando decisi di meritarmi un altro giro di tequila per festeggiare il primo caso risolto dopo tanto tempo.

Il bar accanto al Motel era molto più sudicio che il club in cui avevo trovato il demone. Puzzava di alcool, fumo e di sudore. Aleggiavano risate roche e la voce di un cronista che da una piccola televisione sopra il bancone commentava la partita. C’era poi il ronzio di una radio sincronizzata male che mi mise all’erta, ma mi calmai subito, concentrandomi sul rumore delle palle da biliardo che schioccavano tra di loro.

Avrei dovuto giocare, non mi restavano molti soldi e non avevo voglia di rubare, ma quella sera non ero proprio in vena neanche di giocare.

Mi sedetti al bancone, un po’ isolata dagli altri clienti, e il barista si volse quasi subito verso di me. Mi resi conto poco dopo di essere praticamente l’unica ragazza nel locale, a parte una barista tatuata e una donna delle pulizie che usciva in quel momento dal bagno.

-‘Sera bellezza-

-‘Sera- sorrisi.

-Cosa ti porto?-

-Tequila- gli lanciai uno sguardo malizioso.

-Ci va giù pesante la ragazza- commentò lui versandomi il liquore in un bicchiere di vetro.

-Mi sto solo scaldando- la buttai giù d’un colpo, e il barista sorrise, allontanandosi a malincuore per servire un altro cliente.

-Ciao- una voce calda e profonda attirò la mia attenzione.

Mi voltai a sinistra, dove un ragazzo si era appena seduto accanto a me:-Ciao-

-Mi chiamo Dean- mi porse la mano, e quando la strinsi realizzai che era calda quasi quanto la sua voce.

-Victoria- non smisi neanche un secondo di guardarlo negli occhi.

-Sai, ero seduto a quel tavolo con mio fratello…- mi indicò con un cenno della testa un tavolo poco più in là, dove un altro ragazzo stava trafficando con dei fogli di giornale e un pc –e non ho potuto fare a meno di notare che eri da sola-

-Ah si?- chiesi senza smettere di guardare suo fratello che dopo qualche istante alzò lo sguardo, prima su Dean e poi su di me, ma si rimise immediatamente a leggere.

-Si- riattirò la mia attenzione, passandomi con delicatezza il dito sul dorso della mano.

-Che occhio- commentai.

-Amico- chiamò il barista, con un sorriso strafottente –un altro giro, offro io-

-Ho davvero occhio per queste cose- disse poi –insomma… sono abituato a vedere ragazze come te solo in compagnia di bei maschioni. Impossibile non notare che fossi sola-

Finii in un sorso anche il secondo giro di tequila, senza smettere di guardarlo:-Strano, ero convinta di essere in compagnia di un bel maschione-

Ci guardammo per qualche lungo istante, senza che nessuno dei due si togliesse il sorriso strafottente dalla faccia.

Fu lui a rompere il silenzio, facendo un cenno al barista:-Altri due-

Risi, passandomi una mano tra i capelli.

-Allora? Cosa ci fa una come te, tutta sola, in un posto come questo?-

-Festeggio-

-Festeggi- mi fece eco facendo una strana smorfia –posso sapere… cosa?-

-Non credo tu voglia saperlo- dissi sincera, mentre arrivava il terzo giro di tequila.

-A meno che non sia il tuo fidanzamento, credo di poter sopportare-

-Diciamo che mi sono disfata di qualcuno che mi dava fastidio da un po’-

-Capisco cosa intendi. Allora bisogna davvero festeggiare-

-Oh si- facemmo sbattere con delicatezza i bicchieri, continuando a guardarci maliziosamente mentre mandavamo giù.

-Cosa fai nella vita?- chiese poi.

Lanciai un altro sguardo a suo fratello, chiedendomi se davvero gli interessasse, prima di rispondere:-Gironzolo per gli Stati Uniti-

-Mmh, ottimo impiego. Genitori benestanti?-

-No, per niente-

-Allora sei una ladra- mi sorprese la delicatezza con cui lo disse.

Rimasi a guardarlo in silenzio per qualche secondo.

-Puoi dirlo, non sono un poliziotto, e non giudico, so quant’è dura-

-Allora sei tu il ladro-

-Oh, no cara- rise.

-Bhè io non sono una ladra-

-Allora hai un segreto, in qualche modo dovrai pur mantenerti-

-Oh si, ho un segreto-

-Anche io- disse quasi presuntuosamente.

Mi guardai in giro, fino a localizzare il tavolo da biliardo.

-Ti svelo il mio, se tu mi sveli il tuo-

Si passò la lingua sulle labbra:-Ok, prima le signore-

-Lo vedi quel tavolo da biliardo alle tue spalle?- abbassai la voce, avvicinandomi un poco a lui.

Si voltò, per poi tornare a guardarmi:-Ah, ah- annuì.

-E’ uno dei modi più divertenti per ottenere soldi facili- sorrisi –sempre se sai giocare-

Mi guardò sbalordito:-Dove sei stata fino ad ora?-

Ridemmo entrambi.

-Altri due- disse poi al barista –al biliardo-

Scendemmo dallo sgabello e mi accarezzò leggermente il braccio mentre ci dirigevamo al tavolo verde.

Scelsi con cura la stecca, del tutto soddisfatta di come era andata la serata: il demone era andato, ero stata abbordata da un bel ragazzo, e ora stavo anche per guadagnare qualcosa.

Dean sistemò il triangolo, prima di avvicinarsi al tavolo del fratello poco lontano.

Tesi l’orecchio con fare disinvolto:-Vai pure Sammy-

-Certo…- rispose l’altro un poco seccato guardandomi d’un tratto. Distolsi immediatamente lo sguardo, e così fece lui.

-Dai Sam, ci penseremo domani, te lo prometto-

Posai lo sguardo sul tavolo, e mi saltò all’occhio la foto di una delle vittime del demone, su uno stralcio di giornale. Non volevo fare l’impicciona, era l’abitudine a stare attenta ad ogni dettaglio, era la mia natura da cacciatrice.

Osservai il fratello di Dean uscire dal bar con la sua roba.

-Scusami- disse poi lui, mentre sceglieva la stecca –Sam è un pochino… permaloso-

-Ho notato- dissi con semplicità –forse non avresti dovuto piantarlo in asso- gli passai accanto, fingendo di non notare il suo sguardo puntato in basso.

-No, credimi, ho proprio dovuto- disse a metà tra l’ironia e la malizia.

L’avevo già inquadrato: il fare strafottente, le battutine, il flirt spudorato… probabilmente era un Don Giovanni di quelli coi fiocchi, uno sterminatore di cuori che forse per una volta avrebbe avuto l’autostima ammaccata, perché ero esattamente come lui.

Iniziammo a giocare, e per qualche strano motivo iniziai a pensare a quando non ero così, a quando aspettavo che il ragazzo mi richiamasse dopo un’uscita, a quando un bacio aveva per me un significato profondo. Mi piaceva essere così spensierata. Ma anche la superficialità era un effetto collaterale della caccia.

-Ehi, tutto bene?-  sobbalzai alla voce di Dean.

-Benissimo- riacquistai la mia aria sicura, mettendo in buca altre due palle.

Rise tra sé e sé, probabilmente progettava i modi migliori per spezzarmi il cuore, nella sua testa. Risi anch’io.

-Allora… tuo fratello ti accompagna nei bar… per studiare, mentre tu ci provi con le ragazze-

-Più o meno- fece spallucce.

-Fantastico-

-Già- sospirò –ma non parliamo di Sam, parliamo di te-

-Di me?- chiesi con noncuranza mentre calcolavo l’angolazione di un tiro e lui si avvicinava, poggiandosi al tavolo proprio accanto a me.

-Abiti in città?-

-Sono di passaggio- dissi prontamente.

-Capisco…- ci pensò per qualche istante, prima di aggiungere –giusto, gironzoli per gli Stati Uniti-

-E tu?-

-Anche io sono di passaggio-

-Che coincidenza, allora, incontrarsi stasera-

Vidi la sorpresa nei suoi occhi, nel sentirmi pronunciare uno dei suoi probabili cavalli di battaglia, con le giovani ingenue che si facevano incantare dai suoi occhi verdi.

-Non sei innocente come sembri, non è vero?- chiese spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

-Dimmelo tu-

-Io credo di no- piegò di lato la testa, facendomi scorrere una mano sul collo.

-Forse credi bene…- abbassai la voce quasi in un sussurro,  avvicinandomi di più al suo viso mentre con noncuranza infilavo una mano al di sotto della giacca di pelle, carezzandogli il fianco.

Il suo sguardo si abbassò sulla mia mano, prima di tornare ai miei occhi:-Che ragazza intraprendente-

-Non immagini quanto-

Si schiarì la voce, guardandosi in giro, prima di avvicinare le labbra al mio orecchio:-Magari hai voglia di farmelo vedere…-

Lasciai che il suo respiro caldo mi sfiorasse l’orecchio per un po’, prima di allontanarmi, lasciandolo un attimo perplesso.

Presi il bicchiere di tequila posato lì accanto, di cui mi ero completamente scordata e lo buttai giù d’un colpo, per poi porgergli il suo:-Magari non qui-

-Decisamente- si alzò quasi di scatto e fece un cenno al barista, a cui mostrò una banconota lasciata sul tavolo da biliardo. Quello annuì e dopo avermi indicata con lo sguardo, ammiccò.

Dean fece una risatina soddisfatta, mentre uscivamo dal locale.

Il Motel distava pochi metri e percorremmo la distanza a piedi; quando ormai stavamo attraversando il parcheggio, mi prese per mano, ma quando lo guardai, stava sorridendo ad un punto non preciso alla mia destra.

Mi voltai, incontrando di nuovo lo sguardo fisso e serio di suo fratello, che seduto all’interno di una macchina scura, scosse la testa rassegnato.

-Ehi ma quello…-

-Si tesoro- disse soddisfatto infilando la chiave nella porta –quella è una Chevy Impala del ’67, proprio così-

-Lo so cos’è quella- dissi quasi seccata –intendevo… tuo fratello… lo lasci lì?-

-Oh, mio… mio fratello- lo guardò perplesso per qualche istante, poi mi sorrise –si, si, lascialo lì-

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Capitolo 3
*** I fratelli Winchester. ***


Capitolo III

 

-I fratelli Winchester-

 

Aprii gli occhi con una strana sensazione, come quando fai un sogno talmente reale che quando ti svegli sei indeciso se pensare di aver realmente sognato, o di preoccuparti che il tutto possa essere realmente accaduto.

Sicuramente parte di ciò che mi ricordavo era accaduto, dato che poggiavo la testa sul petto del ragazzo incontrato la sera prima, invece che sul solito cuscino della camera del Motel.

Alzai lo sguardo su di lui: dalle tende della stanza filtrava un solo raggio di luce che gli illuminava una parte del viso. Era molto diverso da come lo avevo visto la sera prima, disinvolto e intraprendente: aveva un’espressione corrucciata dipinta in viso, quasi sofferente, e senza lo sguardo penetrante dei suoi occhi verdi, riuscii meglio a dare attenzione al ciuffo biondo che aveva un non so che di adorabile.

Decisi di andarmene, finchè stava ancora dormendo, per evitare le scene imbarazzanti del giorno dopo in cui entrambi avremmo cercato frasi carine per non apparire sfruttatori senza cuore. Ma quando feci per alzare la testa, sentii uno scricchiolio della porta. Probabilmente nessun individuo sano mentalmente e con un'infanzia ordinaria l’avrebbe sentito, ma io si. Infatti, un istante dopo, la maniglia della porta si abbassò lentamente.

Allungai istintivamente la mano fino al bordo del letto, infilandola sotto il materasso per prendere la pistola, e stavo per auto-insultarmi per non aver portato Dean in camera mia, dove la pistola ci sarebbe stata, quando mi resi conto che la pistola c’era eccome.

Il battito cardiaco mi accelerò furiosamente, ma rimasi perfettamente immobile, stringendo la mano attorno alla pistola, quando il fratello di Dean entrò furtivamente nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

Sentivo il suo sguardo addosso, e poco dopo sentii anche la sua voce:-Dean-

Si stava avvicinando. Anche con gli occhi chiusi mi accorsi che era una messa in scena, che aveva visto la mia mano infilata sotto il materasso.

-Dean- lo sentì chinarsi sul letto e quando lo sentii abbastanza vicino, aprii gli occhi e gli mollai un destro in pieno viso, per poi alzarmi dal letto e puntargli la pistola contro.

Dean si tirò su di scatto, guardando il fratello che si tirava su da terra, e poi me.

-Ehi, ehi, ehi- sorrise spiazzato, con la sorpresa dipinta in volto, alzandosi dal letto.

-Buongiorno fiorellino- dissi ironica –che diavolo ci faceva una pistola sotto il tuo letto? Chi siete?-

-Chi diavolo sei tu!- sbottò il fratello asciugandosi col palmo della mano il naso sanguinante.

Dean fece per avvicinarsi ma gli puntai la pistola contro:-Calma leone. Allontanati o uso questa bella amichetta che c’era sotto al tuo letto per ammazzarti, e credimi, la so usare-

-Ok, ok, stiamo tutti calmi, ok?- Dean alzò le mani e indietreggiò di qualche passo, tirando per un braccio suo fratello,che fece lo stesso.

-Perché non ti metti qualcosa addosso e ne parliamo mentre facciamo colazione?- chiese poi, facendomi notare la sola biancheria intima che avevo addosso.

-Grazie dell’invito, ma non ne ho alcuna intenzione. Ditemi chi siete o vi sparo, lo giuro-

-Oh andiamo, sei una ragazza e sei persino bionda, credi di poter uccidere noi due-

-Il pugno era ben dato, Dean- disse infastidito Sam.

-Ok, va bene, perché non ci dici chi sei tu?- disse allora il biondo.

-Oh certo così potete adattare la vostra identità secondo i vostri comodi. Comunque, FBI, contenti?-

I due si guardarono con una strana luce negli occhi.

-E’… è davvero una coincidenza- disse poi Sam, cambiando completamente tono di voce, diventando quasi comprensivo –siamo anche noi agenti dell’FBI-

-Fuori i distintivi- dissi divertita.

-Sapevo che era troppo focosa per essere una brava ragazza- borbottò Dean mentre con molta lentezza tirava fuori il distintivo dalla sua giacca ancora buttata a terra e Sam faceva lo stesso, estraendolo di tasca.

-Sapevo che eri troppo animalesco per non essere un idiota- ribattei, per poi osservare i distintivi e ridere –falsi, ditemi chi siete-

-Senti come facciamo a sapere che non sei tu l’imbrogliona?- disse Sam –Perché non ci mostri il tuo di distintivo?-

-Perché io ho la pistola e voi no-

-Va bene, va bene- si arrese alla fine Sam –non ti agitare. Io sono Sam, e lui è mio fratello Dean. Facciamo un lavoro un po’ particolare ma credimi non siamo pericolosi, abbassa la pistola, ne possiamo parlare, sul serio-

Lo guardai negli occhi per qualche istante, e credei di vedere davvero sincerità nell’azzurro delle sue iridi.

-Ti crederei bell’occhi, ma mi hanno insegnato a non farlo-

-Anche se te lo dicessimo… non ci crederesti- disse Dean con un sorriso strafottente.

-Mettimi alla prova- la mia voce brulicava di acidità.

-Dean- disse Sam serio, prima di aggiungere –noi… aiutiamo le persone-

-Aiutate le persone- ripetei ridendo –e perché un santone dovrebbe dormire con una pistola sotto il letto? Avete paura dei demoni?-

-Esattamente- disse Dean brusco.

Lo guardai per un secondo, mentre la mia testa improvvisamente lucida, metteva insieme tutti i tasselli del puzzle.

-Oh mio Dio, quanto sono idiota- dissi guardandoli con sguardo vitreo.

-Stai tranquilla- sorrise Sam –ci dev’essere stato un malinteso, abbassa la pistola, ce ne andremo, te lo prometto-

-Voi non vi muovete- dissi secca per poi guardare Dean:-Tu, dimmi, cos’è un big foot?-

Dean mi guardò sbalordito:-Sei una cacciatrice-

-Dimmi cos’è un big foot- ripetei.

-Non esiste- disse altezzosamente –il big foot non esiste-

-Siete voi- dissi quasi sollevata, abbassando lentamente la pistola –siete voi i due cacciatori-

-Cosa intendi dire?- chiese Sam.

-Vi sto cercando da giorni!- buttai la pistola sul letto e Dean si affrettò a riprendersela, gelosamente.

-Cercavi noi?- chiese Sam, un po’ più rilassato.

-Si, sono stata a Batesville, una ragazzina di nome Molly mi ha parlato di voi-

-La ragazza della clinica- disse Dean, sedendosi sul letto mentre io mi vestivo, a quel punto un po’ imbarazzata.

Sam rimase immobile ancora per un po’, prima di sedersi anche lui accanto al fratello e tastarsi di nuovo il naso:-Una cacciatrice, ecco spiegato tutto-

-Perché ci cercavi?- chiese Dean.

-Mi state avanti da mesi. Non so quanto tempo è che non risolvo un vero caso. Ieri ho ucciso il demone delle bionde, ma prima di lui continuavate ad anticiparmi. Ogni volta che ero sul punto di risolvere il caso, voi lo facevate prima di me-

-Scusa se abbiamo risparmiato delle vite, invece che aspettare che tu arrivassi con tutta calma- Dean inarcò entrambe le sopracciglia.

-Fottiti- risposi arrabbiata, legandomi i capelli con un elastico che avevo al polso.

-E… cosa… vuoi?- Sam sembrava piuttosto perplesso.

-Che la smettiate- risposi secca –dividiamoci il lavoro, dividiamoci il continente, non lo so. Sta di fatto che per qualche strano motivo seguiamo sempre gli stessi casi, e questa cosa mi irrita. Io faccio il mio lavoro e voi fate il vostro-

-Tutto qui?- disse Dean irato –Ci hai puntato addosso una pistola e hai rotto il naso a mio fratello solo perché siamo più svegli di te? Vaffanculo, cazzo-

-Dean, calmati- disse Sam –avremmo fatto lo stesso se avessimo sospettato che qualcuno potesse farci del male. Era da sola e noi eravamo in due, ed è una cacciatrice, ha solo cercato di difendersi. L’importante è che adesso stiamo tutti calmi e ne parliamo con serenità-

-Oddio, risparmiaci le tue parabole Santo Sam-  non seppi nemmeno io perché l’avessi detto, ma ricorderò per sempre lo sguardo a metà tra lo stupito e divertito di Dean.

-Cos’è vi siete messi d’accordo?- Sam ci guardò corrucciato.

-Ehi aspetta, come sappiamo che non sei un fottuto mutaforma?- Dean mi puntò addosso la stessa pistola che avevo usato per minacciarlo poco prima.

-Oh ti prego risparmiami, sto morendo di paura!- dissi con fare esasperato, lasciando cadere a terra i proiettili che avevo prelevato poco prima, senza che se ne accorgessero.

-Quelli…?- Sam continuò a rimanere perplesso.

-Ok, biondina, sei in gamba, ok, ok- Dean riappoggiò la pistola –vediamo di discutere questa questione… ok?-

-Ok, biondino- mi misi le mani sui fianchi, guardandoli entrambi –la cosa sta così: io ho già i bagagli pronti, ora me ne vado a nord e voi Cip e Ciop, quando deciderete di muovere il culo da questa orrida città andrete a sud. Siamo d’accordo? Non ci vedremo mai più e vivremo tutti felici e contenti-

Sam e Dean si guardarono per qualche istante.

-Per noi va bene- Sam fece spallucce, per poi guardare nuovamente il fratello che non mi toglieva lo sguardo smeraldino di dosso.

-Mi stai eccitando- disse quasi in trans, prima di dare un colpo di tosse –volevo dire, si, capo, facciamo a modo tuo, l’importante è che non mi punti la mia pistola addosso, Dio Santo mi spaventi-

Sam sorrise divertito, per poi alzarsi e porgermi la mano:-Allora è stato un piacere conoscerti… ehm…-

-Victoria- sorrisi, stringendogliela, soffermandomi per qualche istante sull’azzurro dei suoi occhi –Victoria Wilson-

-Sam Winchester-

-Sam e Dean Winchester- ripetei stringendo le sopracciglia –il vostro nome non mi è nuovo-

-Probabile, se fai la cacciatrice da un po’- mi spiegò Sam –abbiamo fatto i nostri casini…-

-Senti, Miss Culetto-d’oro-quanto-i-capelli- si intromise Dean porgendomi un biglietto da visita –questo è il nostro numero, nel caso tu, povera donzella avessi bisogno di essere salvata da qualche orribile drago-

-I draghi non esistono- dissi estraendo una penna di tasca e prendendogli la mano per poi scrivergli il mio numero sul palmo della mano –questo è il mio, nel caso voi due femminucce aveste bisogno di qualcuno che vi salvi il culo-

-Mi piace la ragazza- sorrise Dean facendo un cenno a suo fratello mentre alzavo gli occhi al cielo.

Lessi il biglietto da visita: -“Agenti Full e Panzas”. Non sapete inventarvi nulla di meglio?-

-Io sono Full- si affrettò a dire Dean –lui è Panzas-

Inarcai un sopracciglio:-Non voglio trarre conclusioni affrettate tesoro, ma così su due piedi quello con la panzas mi pari tu-

Dean aprì la bocca, ma tanto era lo stupore che non ne uscì alcun suono.

-Comunque, credo proprio me ne andrò- feci l’occhiolino a Sam, che tratteneva a stento la risata –ci si vede Winchesters-

Mi chiusi la porta alle spalle e buttai il biglietto da visita in un cestino lì accanto, prima di tornare nella mia stanza.

 

Il giorno dopo a quella stessa ora non ero lontana come speravo: la mia macchina aveva dato qualche problema, e qualche città più in là di Coldwater dovetti fermarmi da un disgustoso meccanico che mi offrì di ripagare la riparazione “in natura”.

Il problema iniziale sembrava risolto, eppure non riuscivo a smettere di pensare ai fratelli Winchester; forse perché erano le prime persone con cui parlavo veramente da non so quanti anni, o forse perché quel Dean era proprio una bomba.

Salii in macchina sorridendo tra me e me al ricordo della faccia del biondo quando avevo lasciato cadere i proiettili a terra. Sam era diverso: i suoi occhi mi erano rimasti impressi; sembrava pensare tutto ciò che il fratello esternava, tenendosi però tutto dentro, alternando sguardi pensierosi ad espressioni corrucciate.

La macchina faceva ancora qualche rumore anomalo, e anche per questo presi stradine ancor più disperse del solito. L’ultima cosa che mi serviva era essere fermata dai poliziotti.

Stavo osservando la prima pagina di un giornale locale mentre tentavo con tutta me stessa di non vomitare il pranzo in preda alle buche di un’orribile stradina di campagna, quando mi suonò il cellulare.

Quello era davvero strano.

Non ricordavo neanche l’ultima volta che aveva suonato così, senza che mi stessi occupando di un caso e avessi dato il numero a qualche agente della polizia, forse una volta qualche mese prima, ma avevano sbagliato numero.

-Pronto- dissi quasi seccata.

-Ciao Victoria- riconobbi in un nanosecondo la voce di Dean Winchester.

-Ciao Dean-

-Senti, mi chiedevo se fossi già fuori città-

-Si, ma non di molto-

-Perfetto. Ti andrebbe di raggiungere me e Sam?-

Rimasi in silenzio per un po’, analizzando criticamente la leggera interferenza che di tanto in tanto interrompeva la telefonata.

-Certamente mi va di raggiungervi. Dove siete?-

-Ti mando l’indirizzo via sms, ok?-

-Ok, ci vediamo tra qualche ora, credo di arrivare entro sera-

-Fai con calma, ciao-

Misi giù senza salutare, frenando di colpo l’auto e facendo una retro estrema.

Guidai a velocità estrema per tutto il tempo: l’interferenza era riconoscibilissima e pur non conoscendo Dean riuscivo a percepire una strana tensione nelle sue parole, nonostante il tono tranquillo.

Come previsto a tarda sera rientrai a Coldwater e chiedendo un po’ di informazioni in giro, scoprii che l’indirizzo era quello di una vecchia casa abbandonata ai confini della città. In tutto il viaggio non riuscii a spiegarmi chi avesse potuto coglierli di sorpresa: non mi erano parsi tonti, buffi si, ma non stupidi, e poi avevo ucciso il demone delle bionde solo due notti prima!

Ero indecisa se lasciare la macchina con le armi ai piedi dalla collina e proseguire a piedi, o annunciare spudoratamente il mio arrivo a qualunque creatura ci fosse là dentro con loro. Optai per la seconda, non avevo paura e avevo bisogno delle armi vicine. Mi fermai comunque ad una ventina di metri dalla casa e tirai fuori il binocolo, puntandolo sull’abitazione.

Li vidi: una donna mi dava le spalle e parlava con loro, non sembrava essersi accorta del mio arrivo, Dean era seduto a terra, legato e la guardava con un sguardo che avrei giurato potesse uccidere, Sam era legato poco più in là, ma fissava quasi addolorato il pavimento.

Mentre meditavo come entrare e uccidere quello che aveva tutta l’aria di essere un demone, vidi la donna che possedeva alzare da terra un grosso contenitore, rovesciandone il contenuto per terra e un po’ addosso a Sam e Dean.

-Ma che diavolo…?- mi passai una mano tra i capelli e rimasi immobile finchè la donna non estrasse di tasca un pacchetto di fiammiferi.

-Ehi, ehi, no!- quasi rotolai giù dalla macchina e presi con me la pistola mettendomi a correre, prima di realizzare che se non si fosse persa in chiacchiere, anche quei venti metri di corsa sarebbero stati fatali ai due fratelli.

Tornai indietro e mi rifiondai in macchina, mettendo in moto a tutta velocità e procedendo dritta fino a sfondare la facciata della catapecchia e investire il demone.

Il rumore fu assordante e le facce sbalordite di Sam e Dean mi fecero quasi ridere.

-Che entrata trionfante- sorrise sarcastico Dean.

-Muovi il culo Chuck Norris, non rimarrà così per molto- scesi dalla macchina prendendo un coltello dal cruscotto, ma non appena misi un piede a terra, una mano mi afferrò la caviglia, facendomi cadere rovinosamente a terra.

-Ecco appunto- lanciai il coltello a Dean con una precisione micidiale proprio accanto al suo braccio, mentre venivo trascinata sotto l’auto dal demone. Aveva l’aspetto di una cinquant’enne dai capelli color cenere, ma gli occhi erano neri come la notte.

-Tu- mi sbraitò addosso stringendomi le mani attorno al collo –hai ucciso il mio compagno-

Anche senza un filo di ossigeno nelle vie respiratorie, riuscii a ridere, per poi mollarle un calcio e rotolare fuori da sotto l’auto:-Il rosso? Mi dispiace che tu lo sappia così, cara mia, ma ci provava con me-

Mi si scagliò addosso ma la evitai, scavalcai l’auto saltando sul cofano e mi sporsi dentro a prendere la pistola ancora sul sedile. Il demone scagliò indietro Sam finalmente libero che si avvicinava ad aiutarmi e mi riprese, facendomi sbattere la tempia sulla portiera.

Dean la prese per le braccia, tenendola ferma mentre le puntavo la pistola alla fronte e sparavo.

-Ma sei pazza?! Le spari con una stupida pistola?!- sbraitò Dean –Non le hai neanche fatto il solletico-

-Fidati di me- dissi secca e lo aiutai a spingere il corpo senza sensi del demone dentro la mia macchina.

-Perché lì dentro?- chiese Sam, una volta rialzatosi.

-La trappola per demoni- spiegai –è incisa sul tettuccio dell’auto, da lì non può scappare. Qualcuno sa l’esorcismo a memoria?- chiesi quasi annoiata, allontanandomi dall’auto.

-Io- annuì Sam –andate, ci penso io-

Uscii dalla casa tastandomi la tempia che scoprii sanguinare.

-Tutto bene?- Dean mi seguì.

-A meraviglia, sapevo eravate delle femminucce!- dissi arrabbiata.

-Ehi, ehi, calmati. Non sapevamo il demone avesse una compagna. Insomma, quante volte capita?-

-Quante volte capita di dover sfondare una casa distruggendo l’auto per evitare che due sconosciuti abbrustoliscano?-

Proprio in quel momento, con uno strano fruscio, una fiamma si alzò dall’interno della casa.

-Sam!- Dean si voltò di scatto.

-Sono qui- il ragazzo ci raggiunse –fatto-

-Grazie a me- aggiunsi –a proposito, perché diavolo la mia auto sta bruciando?!-

-Oh- Sam guardò il fratello per un po’ –era la tua? Mi… mi dispiace-

-Le hai dato fuoco tu?!-

-Si… io… per nascondere le nostre tracce-

-Complimenti! Ora me ne andrò in giro per l’America a cacciare mostri volando, ok?!-

-Ehi Wendy stai calma- Dean sospirò –te ne ruberemo una, ok?-

-Oh ma che gentili! Sono capace a rubare una macchina, ma quella aveva un valore affettivo!-

-Mi dispiace davvero tanto Victoria, sono abituato a farlo e non ho proprio pensato alla tua macchina…- Sam apparve profondamente dispiaciuto.

-Lascia stare- abbassai lo sguardo per evitare si notasse che a quell’occhiata tenera mi ero addolcita –non chiamatemi più, ancora non capisco perché abbiate chiamato me-

-Eri la più vicina- spiegò Dean secco, aggiungendo poi sottovoce –simpaticona…-

-Perfetto, mi dovete la vita, e una macchina. Ci si vede-

-Ciao…- mormorò Sam, mentre mi allontanavo a grandi passi pensando a tutta la roba che avevo in quella macchina: le armi, il telefono, il bagaglio… quasi mi veniva da piangere.

Avevo quasi raggiunto il sentiero quando Sam mi raggiunse di corsa.

-Victoria!-

Non mi voltai, ma rallentai il passo:-Che c’è?-

-Senti, mi dispiace davvero tanto-

-L’hai già detto Teddy Bear-

-Senti io non sono il massimo della loquacità e mio fratello è un coglione, ma ci dispiace e… ti dobbiamo la vita-

-E la macchina- precisai.

-E la macchina- ripeté fermandosi di fronte a me dopo che anch’io mi ero fermata –magari ti va di viaggiare un po’ con noi, finchè non racimoli un po’ di altra roba, che ne dici?-

Rimasi in silenzio per un minuto interminabile, a fissare gli occhi azzurri di Sam, prima di voltarmi e riprendere a camminare:-Però guido io-

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Capitolo 4
*** Madre Natura. ***


Vorrei innanzitutto scusarmi per il grave ritardo con cui posto questo quarto capitolo, ma chi leggerà capirà il perchè di tutto questo tempo. Non è stato un capitolo facile da scrivere e diciamo che da qui iniziano ad esserci accenni della vera trama. Mi scuso infinitamente per la spropositata lunghezza del capitolo, ma purtroppo anche nel rileggere, non me la sono sentita di tagliare nulla, perchè tutto è importante, ogni particolare. Spero di non dilungarmi mai più così tanto. Ne approfitto anche per ringraziare infinitamente tutte le persone che hanno recensito, e mi hanno aggiunta tra preferite, seguite ecc. grazie, grazie mille :) spero di non deludervi :)

 

Capitolo IV

 

-Madre Natura-

 

-Mi sento un poppante- Sam teneva lo sguardo cristallino e contrariato fisso sullo specchietto.

Sorrisi tra me e me, accelerando, mentre Dean si passava la mano sul viso sudato.

-Questa, è la cosa più assurda che io abbia mai vissuto, ed è tutto dire!- esclamò il biondo quando feci una curva all’ultimo secondo facendo raschiare le ruote sull’asfalto.

-Smettila di lamentarti- dissi con tutta calma, prima di tornare ad una guida decente.

-Una donna, che guida la mia macchina. Questo è da pazzi!-

-Quella donna non guiderebbe la tua macchina, se avesse la sua-

Dean lanciò un’occhiataccia a Sam dallo specchietto, che tornò a leggere il giornale. Non era stata una mia idea quella di far sedere Sam dietro come un bambino capriccioso, ma convincere Dean a farmi guidare era già stata un’impresa, chiedergli di sedersi dietro, a detta di Sam, era suggerirgli il suicidio.

-Allora, quanti casini avete fatto voi due per far si che il vostro nome mi sia familiare?- chiesi annoiata.

-Tanti- risposero in coro.

Seguì un lungo minuto di silenzio, in cui solo Dean canticchiava qualcosa.

-Hai sparato a quel demone- disse Sam dopo un po’, alzando nuovamente lo sguardo.

-Quindi?-

-Quindi- Dean mi guardò arrabbiato –non metti KO un demone con uno stupido proiettile-

-Non si può sparare a un demone ma come sappiamo esiste la Colt- continuò Sam come se suo fratello non avesse parlato –quindi ho dato per scontato fosse un’arma simile. Ma non è stato quello a colpirmi, è stato il rumore dello sparo, come se fossero due, eppure hai premuto il grilletto una sola volta-

Guardai Dean con un mezzo sorriso:-Hai un fratello sveglio-

-Già- disse seccato tornando a guardare fuori dal finestrino.

-Come funziona?- chiese Sam.

-Non è poi così difficile e non c’è nulla di magico in quella pistola- feci spallucce, guardando Sam dallo specchietto –sono proiettili in vetro, contengono acqua santa e la pistola è fatta appositamente per questo tipo di proiettili. Ne spara due alla volta: il primo penetra nella carne e il secondo si scontra col primo, si rompono entrambi, e l’acqua santa esce. Non è utilissima ma fa guadagnare un po’ di tempo-

Mi resi conto solo in quel momento che entrambi mi stavano guardando molto interessati.

-Dove prendi i proiettili? E la pistola?- chiese Sam.

-Ovunque, ho il numero del fornitore e me li faccio mandare ovunque io sia. L’ho trovato su interenet-

-Su internet?- chiese Dean incredulo.

-Non è impossibile- rispose Sam –anch’io molte volte mi sono imbattuto in cose simili, ma ho sempre avuto paura che fossero trappole dei demoni per trovare i cacciatori-

-Infatti nella maggior parte dei casi e così- dissi –bisogna stare molto attenti, ma io me la cavo-

-Sai potremmo procurarci anche noi un paio di quelle pistole, Dean-

Il biondo non si mosse di un millimetro:-Potremmo-

 

-Grazie Jim- sorrisi all’uomo di mezza età che mi aveva appena consegnato il pacchetto bianco, consegnandogli i contanti.

-E’ un piacere, soprattutto se posso consegnarti tutto di persona!-

-Veramente una fortuna- dissi a mia volta –ci sentiamo presto-

-Certo mia cara, stai attenta!-

-Sicuramente-

Rientrai in macchina, questa volta toccava a me sedere dietro. Mi sporsi tra i due sedili e infilai la mano nel pacchetto estraendo la prima pistola per consegnarla a Dean, che la guardò con una strana luce negli occhi.

Dopo due giorni di viaggio insieme, quella strana antipatia che sembrava avere verso di me per averlo umiliato davanti a suo fratello e per aver guidato la sua macchina, era sparita.

Consegnai la seconda pistola a Sam che subito si fece passare i proiettili e la caricò.

-Grazie- Dean mi guardò per qualche istante con un mezzo sorriso.

-Prego- mi appoggiai allo schienale –allora, troviamo un Motel?-

-Sarebbe utile- disse Sam mentre Dean rimetteva in moto.

Prendemmo due camere: una per me, e una per loro due.

-Cosa abbiamo?- chiesi quella sera, mentre tutti e tre preparavamo le armi nella loro camera.

-Sammy faglielo vedere- disse Dean facendo un cenno con la testa.

-Non sono sicuro sia un lavoro per noi- fece lui come premessa –ma ha qualcosa di strano-

Mi mostrò il giornale locale.

-Questa settimana ci sono stati sette incendi, ma le autorità non si spiegano come sia successo. Non ci sono prove che siano incendi dolosi, e non c’è nessun collegamento tra i sette, ma non c’è neanche nessun fattore naturale che possa averli provocati-

-In effetti è strano- dissi prendendo in mano uno strano coltello dalla lama particolare e con delle strane incisioni sopra per limarlo.

-Ehi, quello no- disse Dean prendendomelo di mano.

-Perché?-

-E’ un coltello un po’ particolare, uccide i demoni- spiegò senza guardarmi.

-Cosa pensi che sia?- chiesi tornando a rivolgermi a Sam.

-Non ne ho idea, ma ha l’aria di essere qualcosa di soprannaturale-

-Credo anch’io. Altro?-

-Si- sospirò voltando pagina –in una città qua vicino ci sono state tre trombe d’aria negli ultimi tre giorni, ed è la stessa città in cui c’è stato uno dei sette incendi-

-Strano- ripetei –la natura sembra impazzita in questa zona-

-E’ quello che ho pensato anch’io-

-Bene- ci interruppe Dean –pensiero comune. Cosa facciamo?-

-Cosa proponi?- chiesi caricando rumorosamente una pistola.

Dean mi fissò serio per un po’, spostando lo sguardo dal mio viso alla pistola, prima di alzarsi:-Credo sia meglio aspettare, vediamo cosa succede, facciamo qualche ricerca sulla storia locale, vecchi villaggi e cose simili, mi sembra roba magica questa, streghe e altre stronzate-

-Sono d’accordo con Sherlock- dissi alzandomi per poi stiracchiarmi.

-Bene, inizio subito- disse Sam prendendo il portatile.

Lo guardai quasi preoccupata:-Sei sicuro di voler già iniziare? Abbiamo viaggiato tanto, non sei stanco?-

Dean guardò prima me e poi lui un poco corrucciato:-Già, Sammy, ora che ci penso potremmo iniziare domani, non credi?-

-No, no, non sono stanco. Mi porto avanti, magari entro domani scopro qualcosa di interessante-

-Come vuoi- fece spallucce Dean, prima di guardarmi –io mi cerco un bar, ho bisogno di una birra, vieni?-

-Certo che si- dissi sollevata –stavo per proporlo io-

Guardammo entrambi Sam, che sorrise imbarazzato:-Andate, tranquilli, sul serio, ci vediamo più tardi-

-Va bene- Dean aprì la porta e uscì per primo.

Prima di seguirlo mi rivolsi un’ultima volta a Sam:-Se hai bisogno, telefona, ok?-

-Certo- sorrise, e chiusi la porta, seguendo Dean.

Trovammo facilmente un bar nelle vicinanze, anche perché ci accontentavamo di poco. Si chiamava “Il covo del leone”.

Entrammo e ci sedemmo direttamente al bancone, cosa che mi fece vivere una sorta di dejà vu.

-Due birre- ordinò quasi immediatamente Dean, prima di rivolgermi per la prima volta la parola da quando eravamo andati via dal Motel –credi sia un lavoro per noi, l’incendio e tutto il resto?-

-Onestamente?- chiesi sorridendo al barista che ci aveva appena servito le birre –Credo di si, insomma non sembrano esserci cause naturali o artificiali, e c’è la coincidenza della città, troppe cose coincidono-

-In ogni caso non saprei cosa potrebbe essere-

-Un incantesimo, forse, ma spero di no, odio le streghe-

-Tutti le odiano, si amano solo fra di loro, e neanche sempre-

-Sono subdole, e difficili da far fuori-

-Anche- mi diede corda, finendosi poi in un sorso la birra.

-Non so neanche perché lo sto facendo- dissi d’un tratto, senza alcun preavviso.

-Cosa?-

-Bere con te, viaggiare con voi, potreste benissimo essere due demoni-

Dean fece una mezza risata, tirandosi il collo della maglietta per mostrarmi l’amuleto anti-possessione che aveva tatuato sul petto:-Questo ti è sfuggito l’altra sera? E comunque te ne saresti accorta in ogni caso-

-Non mi era sfuggito e si, me ne sarei accorta in ogni caso, era solo un modo di dire-

-Va bene allora- sorrise lui, richiamando con un cenno l’attenzione del barista –conosciamoci meglio-

Il barista lo guardò con aria interrogativa:-Venti giri di whisky, dieci per me e dieci per la signorina-

L’uomo fece una smorfia di approvazione.

-Vuoi farmi ubriacare?- chiesi ironica –Non sarà così facile-

-Non voglio farti ubriacare, giochiamo- il suo sorriso aveva un non so che di costantemente provocante e strafottente, e mi piaceva.

-Come si gioca?-

-Gioco vecchio quanto il mondo: dieci domande a testa, ma giochiamo a modo mio. Bevi uno di questi per ogni risposta che dai, puoi declinare al massimo tre domande, e allora berrò io al posto tuo. Lo stesso vale per te-

-Andata- dissi mentre il bancone si riempiva di bicchierini –inizia tu-

Dean tamburellò le dita sulla superficie di legno, prima di guardarmi serio:-I tuoi genitori sono vivi?-

Deglutii, e ingoiai il contenuto del primo bicchierino:-No-

Dean abbassò lo sguardo, preparandosi un altro bicchiere tra le dita.

-I tuoi?-

-No- lo disse con tranquillità: forse ne aveva parlato più volte di me.

Lo osservai bere, in attesa della domanda successiva.

-Primo mostro ucciso?-

-Un demone- risposi quasi automaticamente, per poi bere –il tuo?-

-Un fantasma- questa volta bevette con calma, pensieroso –la tua prima volta?-

Risi leggermente:-sedici anni, il figlio di un barista di un bar che frequentavo. La tua?-

-Smettila di fare le mie stesse domande-

-Ho paura di farne di troppo personali-

-Non sono uno che si impressiona facilmente, e poi, cosa c’è di più personale dell’ultima domanda che ti ho fatto?-

-Hai ragione, non mi farò scrupoli-

-Brava, comunque, quindici anni, una tizia della scuola in cui andavo in quel periodo-

Sorrisi, osservandolo bere.

-Cosa rimpiangi della vita dei non cacciatori?-

Per la prima volta dovetti riflettere per un po’, prima di rispondere, perché le risposte che mi venivano in mente erano veramente tante:-Il Natale-

-Il Natale?!- mi guardò quasi sconvolto.

-Si, il Natale. Adoro il Natale. Adoro la neve e le decorazioni appese nei negozi e per strada, i pacchi regali e i dipendenti del comune vestiti da Babbo Natale. Ho un bel ricordo del Natale, cioè… di quando ancora non lo passavo da sola-

Dean annuì quasi tra sé e sé.

-Sei mai stato innamorato, Dean?-

Rise:-Forse due sole volte, ma si-

-Mi sorprendi- dissi quasi sottovoce e lui fece una smorfia di approvazione, ancora col liquore in bocca.

-Sdrammatizziamo… la tua arma preferita?-

Sorrisi divertita dalla domanda:-La pistola: piccola, veloce ed efficace-

-Mmh-

-Sdrammatizziamo- ripetei –il tuo alcolico preferito?-

-La birra, assolutamente-

Risi per il tono di voce con cui lo disse, ma lui si fece subito serio.

-Hai mai ucciso un uomo?-

Ci guardammo negli occhi per tempo indeterminato ma interminabile; non abbassavo lo sguardo, sostenevo il suo, ma il cuore mi pulsava nelle tempie e sentivo quasi il verde dei suoi occhi penetrare nell’azzurro dei miei. Continuai a guardarlo, mentre gli avvicinavo con la mano uno dei miei bicchierini, e così fece lui, bevendolo.

-Hai mai pensato di farla finita?- chiesi poi distogliendo finalmente lo sguardo.

-Intendi togliermi la vita?-

-E’ quello che intendevo-

-Mmh- sorrise, porgendomi uno dei suoi bicchieri.

-Credi in Dio?- chiese poi, con un tono del tutto diverso, quasi allegro, e ci misi qualche istante a capire che anche quella domanda era parte del gioco.

-Credo in Dio, ma non credo nella Chiesa-

Mi guardò interrogativo.

-Cioè…- tentai di spiegarmi –credo ci sia qualcuno di superiore lassù, ma credo anche che tutto questo suo fan club terreno sia una gran cazzata-

-Già, sono d’accordo-

-E tu… caro Dean Winchester, in cosa credi?-

-In cosa credo?- rise, quasi di gusto –Credo nella famiglia, nel sesso, e in pochi casi nell’amore-

La frase, nonostante il vago significato, suonò estremamente profonda, ma io scoppiai comunque a ridere fragorosamente.

Mi guardò perplesso per un po’, prima di chiedere:-Perché stai ridendo?-

-Dio, ma ti rendi conto di quello che hai appena detto?-

-Cosa?-

-Spero non usi queste frasi per fare colpo perché altrimenti…- scoppiai nuovamente a ridere.

-Si può sapere che cosa ho detto?-

-Tu… credi… nel sesso. Qual è il senso di tutto ciò? Chiunque crede nel sesso, insomma, è reale-

Ci pensò su per un po’:-Nel senso che… credo che il sesso porti benefici-

-Su questo non c’è dubbio. E’ provato scientificamente-

-Dio, mi sembri mio fratello. Chiudiamo qua, io credo nel sesso ok?-

-Ok, ok Johnny Bravo, hai vinto, andiamo avanti-

Ma in quel momento, il suo telefono squillò.

-Scusami un secondo, dev’essere Sam-

-Certo- ancora ridendo mi guardai in giro, e solo in quel momento il mio pensiero andò a Sam.

In principio non ci avevo pensato, ma col senno di poi mi resi conto che era stato veramente scortese lasciarlo lì a lavorare, quando noi ci stavamo divertendo. Mi resi anche conto che farmi questi problemi non era nella mia natura, e grazie a ciò smisi di pensarci, elaborando invece la domanda successiva per Dean.

-Sam è fuori, dice che deve controllare una cosa- disse Dean quando ebbe finito al telefono.

-Perfetto- feci spallucce.

-Dove eravamo?- sorrise maliziosamente osservando i pochi bicchieri rimasti.

-Tocca a te-

-Giusto…- ci pensò per qualche secondo –Ti fa male stare da sola? Nel senso… vivere costantemente da sola-

-Perché mi fai questa domanda?- la mia voce si indurì leggermente –Credo la risposta sia ovvia, sono una cacciatrice, se avessi bisogno di compagnia non potrei fare quello che faccio, mi comprerei un cane e vivrei in mezzo alla gente-

-Non lo so- disse non curandosi del mio tono irritato –ho avuto come l’impressione che quando Sam ti ha chiesto di unirti a noi, tu abbia colto l’occasione al volo-

-E’ così. Ma non per quello che pensi tu, sto con voi perché mi conviene. Non appena avrò di nuovo tutta la mia roba, tornerò per i fatti miei-

Alzò le mani in segno di resa:-Ok tigre, tocca a te- e bevette.

-Qual è la persona più importante della tua vita?-

-Sam- rispose che quasi non avevo finito la domanda.

Non domandai oltre, perché il suo sguardo e il suo tono avevano già detto tutto.

-Dimmi…- disse pensieroso –una cosa a cui hai dovuto rinunciare, per fare questo lavoro-

-L’università- risposi dopo un po’ –non sembra lo so, ma mi piace studiare-

-A Sammy piace studiare-

-Anche lui ha rinunciato, quindi-

-Mi sembra ovvio-

-E’ l’unica cosa che rimpiango- diedi un’occhiata in giro, prima di chiedere –a cosa hai rinunciato tu, invece?-

-Io a niente, questa è sempre stata la mia vita-

Avvicinò lo sgabello al mio, e poco dopo sentii la sua mano percorrermi la gamba.

-Ti concedo di fare per prima l’ultima domanda?- disse abbassando la voce di un tono.

Sorrisi tra me e me, abbassando lo sguardo sul bancone, prima di guardarlo di nuovo, trovando i suoi occhi verdi incredibilmente vicini ai miei.

-C’è una cosa che vorresti assolutamente fare, ma che ti trattieni dal fare?- la mia innocente domanda suonò decisamente a doppio senso-

-C’è…- mormorò lui, accarezzandomi il viso con l’altra mano –ma forse potrei evitare di trattenermi-

Lasciai che mi baciasse, come se fosse una gentile concessione che gli facevo, quando già sapevo come sarebbe andata a finire. Avevo appena bevuto quantità di alcool industriali, eppure il sapore acre del liquore era mille volte migliore assaporato dalle sue labbra e dalla sua lingua.

-E tu? Ti stai trattenendo dal fare qualcosa?- mi sussurrò all’orecchio, prima di prendere a baciarmi lungo il collo.

-Ora non più- riportai il suo sguardo nel mio, e lo baciai un’altra volta, prima di alzarmi dallo sgabello.

Pagò lui, e uscimmo dal bar. Mi prese la mano mentre ci avvicinavamo alla macchina e quando fummo abbastanza vicini alla portiera mi ci spinse contro.

-A questo punto potevo già averti uccisa, stai abbassando la guardia tesoro- inarcò entrambe le sopracciglia.

-Forse te lo sto lasciando fare-

-Mmh- sorrise compiaciuto, mentre lo tiravo per la maglietta per baciarlo di nuovo.

Si allontanò dopo qualche istante e mi spostai per lasciarlo salire in macchina. Salii a mia volta dall’altra parte e ci sorridemmo, prima che lui partisse. Rimanemmo in silenzio per tutto il tempo, fino ad arrivare al Motel.

Mentre scendevo mi guardai intorno, abitudine da cui non riuscivo a distaccarmi e seguii Dean sulla porta di camera sua. Infilò la chiave e mi lasciò entrare per prima. Entrò dopo di me e fece cadere la chiave a terra, sorridendomi mentre con un gesto secco chiudeva la porta e mi ci spingeva contro, proprio come aveva fatto poco prima.

-Me lo stai proprio lasciando fare- commentò un secondo prima di baciarmi di nuovo.

Gli sfilai il giaccone di pelle che cadde a terra sopra le chiavi e lasciai che facesse lo stesso col mio giubbino.

Lo spinsi indietro fino a farlo cadere sul letto e indietreggiai di un passo. Lui si sistemò meglio, alzandosi sui gomiti per guardarmi meglio.

Gli sorrisi e mi tolsi la pistola dal bordo dei jeans, buttandola sul letto di Sam; mi infilai le mani in tasca e ne estrassi due coltellini tascabili, buttandoli a terra. Feci lo stesso col pugnale che avevo nella calza, le due lamette nelle maniche della maglietta e il fil di ferro legato a una ciocca di capelli.

Dean rise buttando a sua volta pistola e pugnale sul letto di Sam. Mi stesi sopra di lui, baciandolo mentre gli sfilavo la maglietta.

Avvertii dei passi fuori dalla porta, ma non ci feci caso.

Lasciai che mi togliesse a sua volta la maglietta e presi a baciarlo sul petto, mentre con una mano gli slacciavo i pantaloni.

Sorrise quando tornai al suo viso e lo baciai velocemente all’angolo delle labbra, prima di stare ad osservare la sua espressione mentre facevo scivolare lentamente la mano all’interno dei suoi pantaloni.

Socchiuse leggermente le labbra e ne approfittai, mordendogli delicatamente la lingua.

Poi un fascio di luce improvviso illuminò la stanza e alzando lo sguardo al muro, vidi chiaramente l’ombra di qualcuno.

Dean si irrigidì d’un colpo, e io non ebbi il coraggio di voltarmi.

-C’è Sam sulla porta, vero?- mormorai evitando il suo sguardo.

-Già…- diede un colpo di tosse –Sammy!-

Mi tirai su molto, molto lentamente, estraendo la mano dai pantaloni di Dean e girandomi verso Sam.

-Potevate… potevate  avvertire!-

-Avvertire?- ripetè Dean con una smorfia –Che cosa dovevo fare? Appendere un cartello fuori dalla porta con scritto “fratellino non entrare: sto facendo sesso”?-

-Hai ragione, voglio dire, questa non è neanche camera mia, quindi… continuate pure!-

-Sam…- mormorai, ma Dean mi fulminò con lo sguardo.

-Vado in camera tua- disse il fratello rivolto a me.

-Le chiavi sono nel giubbino- dissi semplicemente.

-Quale giubbino?-

-Quello che stai calpestando…- abbassai lo sguardo, e poco dopo sentii la porta richiudersi.

 

Sfregai le mani l’una con l’altra e mi guardai in giro un’altra volta. Forse per la prima volta dopo tanto tempo, avevo paura, o forse no, non era paura, era una paura stupida, quasi imbarazzo, che non sapevo bene come classificare, ma poco importava cosa fosse: mi stava facendo impazzire.

La porta della mia camera si aprì quando meno me l’aspettavo, ma non vidi nessuno, sentii solo la voce di Sam:-Vuoi smetterla o no di fare avanti e indietro davanti alla porta? Entra, me ne sto andando-

Entrai sforzandomi di tenere lo sguardo alto, ma con un profondo malessere.

-Non te ne andare- dissi per prima cosa, chiudendo la porta –è stata colpa mia se ti sei dovuto spostare, continua pure le tue ricerche, anzi… magari posso esserti d’aiuto-

Sam che aveva già chiuso il portatile mi guardò serio per un po’, prima di riaprirlo:-Non sei… stanca?-

-Io? No, no, figurati, sono abituata a dormire poco- mi sedetti sul letto, dov’era seduto anche lui e guardai lo schermo: stava guardando delle strane immagini, sicuramente antiche.

Mi legai i capelli con poca cura, aggrottando le sopracciglia:-Che roba è?-

-E’ un libro di magia antica, l’ho scannerizzato tutto tempo fa, e ora ce l’ho sul pc-

-Ottima idea- sorrisi leggermente, e lui fece lo stesso, ma con poca convinzione.

-Stavo considerando l’idea di un qualche incantesimo, ma poi ho trovato qualcos’altro-

-Cosa?- chiesi sinceramente curiosa.

-Questo- abbassò la pagina, per aprirne un’altra –Questa è la zona dove abitava una strega antichissima, una delle prime, una delle più potenti. L’ultima sua discendente è ancora in vita, abita qui vicino e proprio l’altro giorno, è stata derubata-

-Come puoi essere sicuro che sia sua discendente?-

-Oh, non lo sono. Ma lei dice di esserlo e se ne vanta, così mi hanno detto alcune persone in un bar del centro, la credono matta, ma lei continua a mostrare in giro alcuni manufatti di questa sua ipotetica antenata, dice che tutto quello che ha le è stato tramandato da sua nonna. E’ possibile, in effetti-

-Ok, ma anche se fosse, la discendenza di sangue non fa di lei una strega e poi… che senso avrebbe scatenare questi fenomeni?-

-Non lo so, ma non è finita qui. Un’altra leggenda ambientava proprio in questa città l’apparizione di Madre Natura in persona, e secondo un’altra leggenda ancora, la vecchia strega che abitava qui, era chiamata “Madre Natura” perché si diceva avesse trovato il modo di controllare i quattro elementi-

-L’ultima mi sembra la più affidabile- dissi passandomi una mano sulla fronte –credi che la vecchia pazza sia la discendente di “Madre Natura”?-

-Potrebbe essere: la signora scherza un po’ troppo col fuoco, trova un vecchio incantesimo della tris-tris-nonna, e scatena queste cose. E’ possibile, no?-

-Lo è, sembra proprio avere senso. Ma dove sei andato prima?-

-In quel bar, e poi al cimitero. La famiglia della donna ha una tomba di famiglia, volevo vedere di quante generazioni trovavo i resti-

-E…?-

-E non siamo fortunati quest’oggi-

Feci un accenno di risata, prima di immobilizzarmi.

-Che c’è?- chiese lui.

-Ora che ci penso… questa leggenda non mi è nuova. Scusa, posso?- indicai il portatile.

-Certo, fai pure-

Cercai velocemente quello che mi sembrava di ricordare, e ne trovai conferma:-Ecco-

-Cos’è?-

-La leggenda era in un vecchio libro che avevo consultato una volta, mi stavo occupando di un’altra strega e mi sono imbattuta nella leggenda di Madre Natura. Quel libro era abbastanza affidabile e diceva esattamente quello che hai detto tu: la strega avrebbe trovato il modo di controllare i quattro elementi e per questo fu soprannominata “Madre Natura”, ovviamente non è la vera Madre Natura-

-E cosa centra la bigiotteria?- chiese riferendosi all’immagine di un anello che avevo appena trovato.

-Se non ricordo male, la leggenda dice che furono gli stessi elementi a uccidere la donna, di cui non si trovò il cadavere. Prima di morire però, racchiuse l’incantesimo per controllare gli elementi in quattro anelli, uno per ogni elemento-

-Stai dicendo che chi ha derubato la discendente di Madre Natura, era interessato agli anelli, li ha trovati e ora li sta usando?-

-Ma certo, gli incendi, le trombe d’aria, è l’unica spiegazione-

Sam ci pensò per qualche istante:-Tutto torna, dovremmo parlare con la donna-

-Credo anch’io. Domani mattina-

-Sicuramente- si alzò, prendendo con sé il portatile –credo di poter andare a letto a questo punto-

-Ma certo- abbassai lo sguardo per un po’, e lo rialzai solo quando aveva già aperto la porta –Sam-

-Victoria- sorrise ironico.

-Senti, mi dispiace per prima… io…-

-Stai tranquilla, non è la prima volta che succede, farò finta di non aver visto nulla-

-Grazie. Scusa ancora-

-Figurati, buonanotte-

Aspettai di sentire la porta della camera accanto alla mia aprirsi e richiudersi, prima di mettere il sale all’ingresso della stanza.

 

Dean parcheggiò di fronte alla casa: sembrava davvero molto vecchia, ma piccola, ed era stata già ristrutturata sicuramente almeno un paio di volte.

-E’ qui che abita la tizia?- disse quasi sprezzante.

-Così sembra- fece spallucce Sam, mentre tutti e tre scendevamo dall’auto.

Tirai fuori la pistola e la caricai rumorosamente, prima di rimetterla via. Entrambi mi guardarono seri.

-Che c’è?- chiesi ricambiando lo sguardo un po’ stralunata.

-E’ una vecchia signora, non credo ci sarà bisogno dell’acqua santa per farla parlare- disse Dean come se fosse ovvio.

-Questo è quello che pensi tu, io non sono mai troppo sicura. E comunque, non è la pistola per demoni, è quella normale-

-E dove l’hai presa?-

-Dalla tua macchina, spero non ti dispiaccia- non aspettai la risposta e mi avviai verso la porta.

-Hai preso la mia pistola di riserva?-

-Oh, andiamo ne avete mille là dentro, non farà nessuna differenza-

Dean guardò Sam incazzato, ma lui si limitò ad inarcare le sopracciglia e fare di nuovo spallucce.

Bussai che ancora i due non mi avevano raggiunto, e come previsto ci aprì una signora sulla sessantina, coi capelli tendenti al grigio e gli occhi molto scuri.

-Buongiorno signora Sites, mi chiamo Katherine Smith, FBI- le mostrai il distintivo e lei indietreggiò di un passo.

Dean e Sam fecero lo stesso, e quest’ultimo aggiunse:-Kevin Moor. Non si preoccupi signora, vogliamo solo farle qualche domanda-

-Io non ho fatto niente- disse lei con gli occhi sbarrati.

-Come le ha detto il mio collega- disse Dean con fare ammiccante –vogliamo solo farle qualche domanda, lei non ha fatto niente. Comunque, Richard Scott-

-Va… va bene, entrate pure-

Entrai per prima, guardandomi intorno cercando di catturare ogni minimo particolare.

-Lei è stata derubata qualche giorno fa, non è vero?- chiese Sam, dopo che la signora ci fece accomodare su un divano di velluto rossastro, che mi ricordava il colore del sangue.

-Siete qui per questo?- chiese stupita –L’FBI manda tre agenti per un furto?-

-Si- dissi secca –ci racconti com’è andata, per favore-

Ci guardò sospettosa per un po’, ma sembrava non aspettare altro, e iniziò a raccontare:-L’altra notte sono rimasta su in soffitta fino a tardi, stavo riordinando del vecchi libri, quando ho sentito degli strani rumori. “Vaneggio” ho pensato! Ma poi continuavo a sentirli e sono tornata al primo piano, e proprio in quel momento ho visto tre persone tutte vestite di nero e incappucciate uscire dalla porta principale! Erano dei ladri!-

-Davvero?- dissi con aria sconvolta, e Dean mi diede una gomitata nelle costole –Volevo dire: come ne è sicura?-

-Bhè erano vestiti di nero! E hanno rubato qualcosa!-

-Bhè, mi sembra ovvio- Sam mi lanciò un’occhiata nervosa –cosa le hanno rubato signora?-

-Non lo so. Ma quando sono andata giù a controllare i miei vecchi cimeli di famiglia, li ho trovati tutti sparsi a terra. Oh, le mie antenate mi hanno lasciato tante di quelle cose! Come posso sapere cosa hanno rubato di preciso? Ma qualcosa hanno rubato, di sicuro!-

-Se non sa cosa hanno rubato, come può essere certa che hanno preso qualcosa?- chiesi seria.

-Io…- inspirò profondamente, chiudendo gli occhi e portandosi una mano al petto –me lo sento. Gli spiriti delle mie antenate me lo dicono… nella mia testa… “ladri… laaadri… laaaaaaadri”-

-Ok, abbiamo capito- tagliò corto Sam mentre io fingevo un attacco di tosse e Dean si interessava improvvisamente ad un quadro appeso alla sua destra.

-Lei…- mi schiarii la voce –parla spesso con le sue antenate?-

-Oh si, molto spesso-

-E come fa?-

-Ma come?! Lei non sa chi sono? La mia antenata… era Madre Natura!-

-Non mi dica- dissi spalancando gli occhi: stavolta la gomitata di Dean fece davvero male.

-Lei non mi crede vero?- disse offesa la signora –Ma è così, se vuole le faccio vedere i diari e tutto il resto!-

-No, no, le credo, anzi, credo molto in queste cose!- mi giustificai –Ma non pensa che qualcuno possa aver preso di mira questi suoi… averi? Li mostra spesso?-

-In realtà si, ma non ho mai pensato che qualcuno potesse essere tanto scortese da rubarmeli-

Sam e Dean si scambiarono un’occhiata alle mie spalle e io non mi mossi.

-Io credo di sapere chi è stato- disse poi la signora Sites –ma non voglio fare false accuse-

-Davvero?- chiese Dean –Chi crede sia stato?-

-Qualche settimana fa ho prestato alcuni dei miei averi per una mostra in municipio sulla storia della cittadina, e pochi giorni dopo sono venuti a trovarmi due uomini e una donna, proprio come voi. Erano interessati a comprare alcune delle mie cose, ma io ho rifiutato-

-Cosa aveva esposto a quella mostra?- chiese Sam.

-Nulla di che, in realtà, sono molto gelosa delle mie cose e ho accettato a stento la richiesta del sindaco: qualche vecchio anello e un libro-

A quelle parole ci scambiammo tutti e tre uno sguardo d’intesa.

-Perché mi state chiedendo queste cose?- la signora Sites aggrottò le sopracciglia.

-Siamo sulla pista per trovare questi ladri- disse Dean con fare sicuro –e lei potrebbe esserci stata molto d’aiuto-

-Davvero?- quasi si illuminò.

-Davvero davvero- dissi spudoratamente ironica.

Dean si voltò quasi a rallentatore dicendo a denti stretti:-Victoria-

-Non si chiamava Katherine?- chiese la donna.

Dean diede un colpo di tosse:-Intendevo dire “vittoria”! Yeah, stiamo per catturare i ladri, vero Kevin?-

Sam andò a scoppio ritardato:-Oh si, vittoria!-

-Vittoria- sorrisi anch’io, alzandomi –signora ha controllato che non siano proprio le cose che ha esposto ad essere sparite?-

-In effetti no- disse pensierosa –se venite giù con me controlliamo insieme-

-Con piacere- sorrise Sam.

La seguimmo in una specie di scantinato dove erano ammucchiate le cose più assurde. Se la sanità mentale della signora Sites era del tutto discutibile, le sue origini, alla vista di quegli oggetti, non lo erano per niente.

La stanza era disordinata come aveva detto, ma lei si mosse esperta tra i vari tavolini e scaffali, e dopo poco ne tirò fuori un libro vecchio e malandato:-Il libro c’è-

-Controlliamo gli anelli- disse Dean.

La signora frugò ancora per un po’ e poi fece cadere sul tavolo accanto a noi quattro anelli con un rumore metallico.

-Sono questi?- chiesi subito –Quelli che ha esposto?-

-No- disse –ma sono delle copie, gli altri non ci sono, devono aver rubato proprio gli anelli-

Mi passai una mano tra i capelli e Dean prese in mano uno degli anelli:-Perché dovrebbero averli rubati?-

-Bhè sono di valore, e probabilmente contengono qualche incantesimo. Questi tre sono delle copie, ne ho fatte fare molte così se ne perdo uno, posso sempre indossarne una copia e nessuno se ne accorge-

Alzai gli occhi al cielo, ma stavolta evitai con cura la gomitata di Dean.

-Aspetti- disse Sam –ha detto… “questi tre”? Vuole dire che uno è vero?-

-Questo- disse, mostrandoci un anello cono uno strano simbolo: un triangolo rovesciato –è l’anello dell’acqua-

-Come riconosce gli originali dalle copie?- chiese Dean.

-Oh semplice: gli originali sono vecchissimi, vede? E’ tutto rovinato. Le copie hanno un aspetto molto più nuovo-

-Allora i ladri come hanno fatto a scambiarli?- chiese Sam.

-Probabilmente erano al buio e non se ne sono accorti- spiegò lei –non ho lampade o altre cose quaggiù: mi hanno detto che la luce artificiale rovina i libri, quindi…-

-Tutto quadra- dissi sottovoce.

Sam mi indicò con lo sguardo l’anello, e compresi al volo. Dean intercettò la nostra occhiata e si guardò in giro con molta disinvoltura:-E quello cos’è?- chiese indicando un disegno attaccato al muro.

-Oh è il progetto di come sarebbe dovuta essere la casa nel 1867…- si voltò, parlando col biondo.

Presi in fretta l’anello e lo infilai in tasca, poi mi allontanai dal tavolo con Sam e ci avvicinammo all’uscita.

-Va bene signora- disse lui –abbiamo informazioni a sufficienza, le faremo sapere se li prendiamo. Richard…-

Dean ci raggiunse:-Certamente, arrivederci-

Ci accompagnò alla porta e la salutammo sorridenti.

-Via, via, via- dissi una volta salita in macchina –prima che se ne accorga-

-L’hai preso?- chiese Dean subito dopo aver fatto una virata brusca ed essersi sistemato sulla strada principale.

-Ce l’ho- lo tirai fuori di tasca –l’anello dell’acqua. Almeno possiamo escludere le inondazioni dai prossimi avvenimenti-

-Giusto- sospirò Sam.

-Come troviamo questi bastardi?- chiese Dean.

-Stamattina stavo guardando la cartina dello stato- dissi, rigirandomi l’anello tra le mani –mi è venuto in mente di farlo dopo che ho letto sul giornale di stamattina che in una città poco lontano da qui sono state registrate alcune scosse di terremoto. Le tre città dove per la prima volta sono verificati i fenomeni hanno la stessa identica distanza l’una dall’altra e c’è un’altra città che rientra nei calcoli, con quella formano un quadrato-

-I quattro elementi- disse sicuro Dean, guardandomi dallo specchietto.

-Già, ho rivisto la leggenda, e non dice niente riguardo a queste città, ma immagino che gli anelli siano come bloccati, e si sblocchino solo al passaggio in determinati posti, è l’unica spiegazione-

-Quindi sappiamo dove sono diretti- disse Sam –alla quarta città, dobbiamo solo arrivare prima di loro-

-E poi come li troviamo?- chiesi io.

-Seguiamo le disgrazie- sorrise Dean.

 

Arrivati in città seguimmo le onde elettromagnetiche, che ci portarono ben presto in periferia. Il vento era incessante, e violento: c’era qualcosa che non andava.

-Il nostro amico dell’aria dev’essere incazzato- disse Dean con lo sguardo fisso sulla strada, mentre guidavo io.

-Si saranno accorti che il quarto anello non funge- suggerì Sam.

-Siete tesi?- chiesi d’un tratto, data la palpabile tensione all’interno del veicolo.

I due si guardarono dallo specchietto e Dean diede un colpo di tosse.

-Victoria- iniziò Sam e io frenai di colpo, voltandomi.

-Sputate il rospo- dissi secca.

Dean aggrottò le sopracciglia stupito.

-Sentite se dovete sparare qualche stronzata sentimentale  fatelo adesso: la mia umanità si spegne nel momento in cui ho la pistola in mano e mi trovo davanti a quei mostri-

-E’ questo il punto- disse Sam –questi non sono mostri, sono persone: io e mio fratello non uccidiamo le persone-

-Non faccio distinzioni di questo tipo- lo interruppi –quello che fanno è soprannaturale e io mi occupo di quello, se però si mettono in mezzo, mi costringono a usare la forza-

-Siamo d’accordo- intervenne Dean –però prima di sparare cerchiamo una soluzione pacifica, ok?-

-Ok- dissi con un ghigno.

-Che c’è?- la voce di Dean assunse un tono irritato.

-Da quanti anni è che cacciate? Scusate la domanda-

-Da quando siamo nati- sta volta fu Sam a rispondere un po’ stizzito.

-Bene, come pensavo, allora siete solo stupidi-

-Ehi!-

Ignorai Dean:-Pensate che solo perché sono umani siano meno pericolosi? Pensate che entreremo lì dentro, gli diremo di lasciare gli anelli e lo faranno? Credete che sarà facile? Hanno tre anelli potentissimi, avranno poteri a tal punto influenti che avere o no la pistola sarà quasi indifferente. Mi dispiace se voi siete così fiduciosi nel genere umano. Quelle persone hanno rubato qualcosa di potente, lo conoscono e sanno come usarlo. Se volete uscirne vivi, vi consiglio di mettere un po’ da parte la coscienza-

Ripartii senza aspettare la risposta. Sam abbassò lo sguardo, mentre Dean continuò a fissarmi sconcertato.

-Dean…- mormorò Sam dopo un po’.

-Non dirlo!- sbottò il biondo, tornando a guardare la strada.

Le onde elettromagnetiche si fermarono davanti ad un enorme palazzo.

-Sono qui dentro- dissi fermandomi poco più in là e scendendo dalla macchina.

Entrambi mi imitarono, chiudendo lo sportello contemporaneamente.

Dean prese il binocolo, puntandolo sul palazzo per poi dire:-Sono al secondo piano. Due uomini e una donna, giusto?-

-Giusto- confermò Sam.

-Allora, come ci muoviamo?- chiesi io.

-Io e Sam entriamo dalla porta principale- disse Dean –tu vai sul retro, dev’esserci una seconda entrata, intervieni solo se vedi che siamo messi male-

-Ehi cosa?!- dissi quasi sconvolta.

-Dean- intervenne Sam –credo dovrebbe venire con noi-

-No, Sam. Abbiamo bisogno che qualcuno ci copra le spalle, sarà dura là dentro- si girò verso di me –l’hai detto anche tu-

-L’ho detto ma appunto per questo tagliarmi fuori dai giochi non è una buona idea-

-Andiamo Victoria, qualcuno lo deve fare. Cosa succede se quelli ci fottono? Abbiamo bisogno che qualcuno ci salvi il culo-

-Perché devo essere sempre io quella che vi salva il culo?-

-Entro io dal retro- disse a quel punto Sam.

-No- replicò Dean.

-No- ripetei io –andrò io, per la felicità di Grande Puffo, ma giuro che se fai cazzate, uccido prima quei tre stronzi, e poi uccido anche te Winchester-

-Ci sto-

Feci per aprire il portabagagli ma mi prese un polso, aprendolo lui.

Alzai gli occhi al cielo e Sam lo guardò male.

Dean mi passò la pistola e io la caricai rumorosamente, senza smettere di guardarlo negli occhi.

-Mmh- sorrise ironico, mentre mi voltavo e mi dirigevo verso il palazzo.

-Stai attenta!- disse poco dopo, ma lo ignorai.

Aggirai la palazzina, trovando il balcone del secondo piano, opposto alla porta d’ingresso: lì sarebbe stato facile osservarli.

Avevo lo stomaco in caos per la stretta di Dean al polso: mi aveva ferita nell’orgoglio, come il fatto che mi avesse messo in seconda linea. Per la prima volta non ero io il capo, per la prima volta non potevo fare di testa mia, e non potevo sopportarlo. La cosa più orribile, era che il suo piano era perfetto, aveva preso tutte le precauzioni e io avrei solo dovuto fare la mia parte. Ma non era la parte che ero abituata a recitare: io stavo in prima linea, io facevo gli assoli.

Infilai la postola nel bordo dei jeans e mi arrampicai su per il primo balcone, continuando a pensare furiosamente. Stavo con loro da poco più di una settimana e già mi facevo mettere i piedi in testa: non era da me, ed era pericoloso, lo sapevo benissimo.

“Solo questo caso”, mi dissi, “solo questo caso, poi ruberai una macchina e tornerai per i fatti tuoi”.

Me lo promisi, mentre scavalcavo la ringhiera del secondo balcone e mi schiacciavo contro l’anta: la portafinestra era leggermente socchiusa e non era impossibile che avessero avvertito il tonfo dei miei piedi, se pur leggero.

Ma proprio in quel momento sentii le voci di Sam e Dean, irrompere nella stanza. Estrassi la pistola dal bordo dei jeans ed erroneamente sfiorai la tasca, dove sentii qualcosa di piccolo e duro: l’anello. Estrassi anche quello e me lo infilai, per eliminare ogni possibilità di perderlo: se ne sarebbero impossessati solo tagliandomi il dito.

Mi sporsi poi per controllare la situazione: Sam e Dean tenevano le pistole puntate verso i due uomini, e parlavano con la ragazza, che sembrava essere la boss.

-Quello che avete rubato- diceva Sam –è molto più di quanto possiate controllare: vi ucciderà. Dateli a noi, li distruggeremo-

-Certo- rise lei –mi credi stupida? So che molti vogliono questi anelli, ma non sarete voi con le vostre stupide pistole a fermarci-

-Non capisci!- Dean la guardò irato –Moriranno milioni di persone!-

La donna si limitò a sogghignare.

-Voi…- la voce di Dean si spezzò, e si portò le mani alla gola.

Sam continuò a tenere la pistola puntata, ma guardò il fratello:-Dean! Cosa ti succede?-

Uno dei due ladri mi copriva la visuale e non potevo rischiare di farmi notare spostandomi, così rimasi lì immobile, col battito che progressivamente accelerava.

-Dean!- ripeté Sam e solo dopo qualche istante notai l’altro ladro con la mano tesa contro Dean: stava usando l’anello dell’aria, o meglio, stava privando Dean dell’aria.

Anche Sam parve capire:-Lascialo! Smettila!-

“Spara Sam” dissi tra me e me, con la voglia di urlarlo.

Dean perse i sensi, e vidi la sua pistola cadere ai piedi di Sam.

-Adesso è solo svenuto, o abbassi la pistola, o lo uccido del tutto-

Sam deglutì e guardò verso la finestra, incrociando il mio sguardo per un solo istante, prima di posare lentamente la pistola a terra.

L’altro ladro raccolse le due pistole, tenendone una per sé e consegnandone una alla donna, che la puntò verso Sam.

-Sapete, immaginavamo che qualcuno ci avrebbe seguito, ma non immaginate neanche quanto potere abbiamo, nessuno può-

-Vi ucciderà!- ribatté il ragazzo.

-Mi fate solo pena- disse lei acida –cercate di convincerci di questa assurdità, solo perché volete gli anelli per voi. Il potere è fatto solo per chi lo sa usare, e io e i miei fratelli cercavamo questo potere da anni, siamo pronti ad usarlo nel modo giusto, e allora nessuno ci fermerà più-

Sam alzò gli occhi al cielo.

-Tuttavia, nonostante siate così insignificante, credo sia proprio il caso di uccidervi, insomma, non voglio rischiare. Potreste tornare con dei rinforzi, o qualche stregone strampalato, meglio non correre rischi. Addio tesoro-

La vidi con orrore caricare la pistola e avvicinare il dito al grilletto. Mi infilai nella fessura della portafinestra, aprendola il meno possibile e una volta all’interno della stanza alzai la pistola, premendola sulla nuca della donna:-Sfiora quel grilletto e ti faccio saltare la testa-

Sam sospirò sollevato.

-Togliti l’anello stronza- dissi secca –e posalo a terra, molto, molto lentamente, subito dopo aver posato la pistola-

-Va bene, va bene- disse lei con un tono tanto tranquillo da darmi i nervi.

-Anche voi- intimai agli altri due.

Si abbassò lentamente, così come gli altri, ma lei fu la più lenta. Prima che la sua pistola toccasse terra però, tutto iniziò a tremare, i mobili vibrarono e io persi l’equilibrio cadendo a terra, mollando la pistola per aggrapparmi ad un divano lì vicino. Quell’attimo mi  fu fatale: la ladra si impossessò della mia pistola, proprio mentre Sam mollava un pugno in faccia al ladro e si riprendeva la sua, e Dean si rialzava.

La ladra mi saltò addosso, puntandomi la pistola alla testa, ma le presi il polso, allontanandola. Era forte, più di quello che mi aspettassi, e Sam e Dean erano troppo occupati a disfarsi degli altri due ladri per accorgersene.

Con uno strattone le feci cadere la pistola, e quella mi strinse le mani attorno al collo. Sentì la sua pelle diventare rovente sul mio collo, sempre di più: aveva l’anello del fuoco. Iniziò a mancarmi il respiro e il bruciore diventò insopportabile, come se qualcuno mi stesse marchiando con un ferro rovente. Sentii la mia pelle cedere, ustionata e sentii che iniziavo a sanguinare.

Tentai inutilmente di allontanarla: credo che l’anello le fornisse più forza fisica del normale. In un ultimo disperato attimo cercai lo sguardo di uno dei due fratelli: Dean stava colpendo il ladro con l’anello della terra, mentre con l’altra mano cercava di sfilargli il gioiello. Cercai inutilmente di urlare il suo nome proprio mentre sentivo l’odore acre della mia carne che bruciava.

-Adesso non fai più la vanitosa, eh?- rise la ladra –Mi avevano detto che eri una troia, ma non pensavo a tal punto. Mi piange il cuore al pensiero di non poterti uccidere-

Voltai lo sguardo a Sam, che invece era sotto l’altro ladro: si teneva le mani alla gola, col viso paonazzo, senza un filo di aria nei polmoni. Allungai la mano alla mia sinistra, ormai del tutto informicolata e riuscii ad afferrarla. Guardai al di là della donna un’ultima volta per prendere la mira e poi alzai l’arma.

-Neanche tu, puttana- gracchiai un secondo prima di sparare.

Il gemito del fratello che avevo appena colpito alla testa la fece voltare, e la lasciai correre verso di lui:-Oscar!-

L’avevo preso in pieno alla testa, e Sam riprendeva a respirare, alzandosi, mentre Dean si tirava su con l’anello della terra in mano, osservando inorridito la donna.

Mi tirai su, attraversata da un brivido di rabbia, sentii la mente annebbiar misi, ma non tentai neanche di controllarmi. Alzai la mano tesa verso la donna che venne scaraventata contro la parete dal potere dell’anello che portavo al dito.

Mi dimenticai completamente di dov’ero, e della presenza di Sam e Dean. La ladra iniziò a tossire, prima di aprire la bocca e iniziare a sputare acqua. Divenne paonazza, quasi quanto Sam poco prima, accasciandosi a terra, continuando a sputare acqua, sempre di più.

-Victoria- Dean mi posò la mano sulla spalla, ma quasi non lo sentii, aumentando anzi la potenza.

La donna prese a tremare a terra mentre l’acqua le usciva anche dal naso.

-Ci vogliono sette minuti per morire annegata, bastarda, abbiamo tutto il tempo che vuoi-

-Victoria- ripeté Dean scuotendomi leggermente, ma lo ignorai.

Fu Sam a farmi tornare in me. Mi si parò davanti e mi prese la mano, abbassandomela:-Victoria-

Finalmente focalizzai i suoi occhi azzurri:-Sto bene- dissi allontanandomi e dirigendomi verso la donna che stava ancora tossendo. Le presi l’anello ed uscii dalla porta principale, senza guardarmi indietro.

Aspettai i due fratelli in macchina, seduta davanti, ma non nel posto del guidatore.

Entrarono poco dopo, silenziosi. Sam teneva in mano tutti e quattro gli anelli.

Partimmo, allontanandoci, ma ci volle un bel po’ prima che mi passasse la tentazione di tornare indietro ad uccidere la ladra.

-Victoria- disse Sam dopo un po’.

-Che c’è?-

-Grazie, mi hai salvato la vita-

-Non c’è di che-

-Cosa ti è successo là dentro?- chiese Dean dopo che suo fratello aveva rotto il ghiaccio –sembravi indemoniata-

-Ho dei problemi a controllarmi se mi fanno arrabbiare, ci sto lavorando-

-Ah- fece una smorfia, tornando a guardare la strada –sapevi piuttosto bene come usare quell’anello-

-Istinto-

-Davvero?-

-Dean- disse Sam.

-Già- dissi seccata –Dean, cosa stai insinuando?-

-Niente, sto solo facendo qualche domanda, curiosità, ecco-

-Certo- trattenni una risata.

Rimanemmo in silenzio fino al Motel, dove io e Sam scendemmo mentre Dean rimase all’interno del veicolo.

Il fratello lo guardò con aria interrogativa.

-Vado in cimitero a distruggere questi maledetti cosi- disse lui serio.

-Stai attento- dissi con fare altezzoso, prima di dargli le spalle.

Stavo per entrare in camera mia, dopo che Dean partì, quando mi trovai Sam alle spalle.

-Che c’è?-

-Niente- mi guardò stupito –credevo avessi bisogno di aiuto con quella bruciatura, è parecchio brutta-

-Lo so. Pensavo di cavarmela-

-Smettila dai, fammi entrare-

Di nuovo un poco ferita nell’orgoglio obbedii.

-Allora, cosa succede tra te e Dean?- chiese  mentre mi disinfettava la ferita e io mi premevo le unghie nel palmo della mano.

-Niente-

-Mmh- rise leggermente –sembra che il vostro rapporto faccia un cambiamento radicale dal giorno alla notte-

-E’ così- ammisi –di giorno tensione sessuale, di notte ci sfoghiamo. Ma che importa? Tra poco me ne andrò-

-Giusto…- mi aiutò a premere delle bende sul collo.

-Grazie mille- dissi con l’intento di farlo andare via, e ci riuscii.

-Bene, allora io vado. Ci vediamo domani mattina-

-Buonanotte- dissi sorridendo con poca convinzione.

-Sai- disse quando aveva già aperto la porta –Dean non è una brutta persona, ha solo tanti problemi-

-Lo so, Sam-

-Ah, bene- sorrise leggermente –Buonanotte-

-Buonanotte-

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Capitolo 5
*** Corna. ***


Capitolo V

 

-Corna-

 


 

Canticchiavo, godendomi una delle cose che preferivo della giornata: la doccia.

Mi bagnai bene i capelli con l’acqua poco più che tiepida e chiusi gli occhi, smettendo di canticchiare. Proprio in quel momento sentii un brusio, quasi irritante, e solo dopo qualche istante realizzai che erano le voci di Sam e Dean, nella stanza accanto alla mia, separate solo da una parete in cartongesso.

Abbassai il getto dell’acqua, senza chiuderla del tutto per non rischiare scoprissero stavo ascoltando. Sembrarono volermi agevolare, infatti Dean alzò la voce:-Andiamo Sam, davvero non hai sentito quella donna?-

-Ti dico di no, Dean, che diavolo ha detto?-

-La conosceva, conosceva Victoria!-

Sam fece un “ssh” e Dean riprese a parlare sottovoce, per cui dovetti sforzare di più l’udito.

-Le ha detto che non poteva ucciderla, e che le avevano detto che era una troia. La stavano aspettando Sam, era tutta una grande stronzata per prendere Victoria. Ci nasconde qualcosa-

-Dean smettila. Avrai capito male, ci ha salvato la vita, due volte, non possiamo dubitare di lei-

-Bhè invece lo faccio, Sam, e dovresti farlo anche tu. Hai già dimenticato com’è andata con Ruby?-

-Ruby era un demone-

-Ruby ci ha salvato la vita due volte, e guarda cosa ti ha fatto-

Abbassai lo sguardo, chiedendomi come avessi potuto credere che nessuno dei due avesse sentito quella frase (–Mi avevano detto che eri una troia, ma non pensavo a tal punto. Mi piange il cuore al pensiero di non poterti uccidere-).

Decisi di far finta di non aver sentito nulla, di concludere il caso a cui stavamo lavorando e di andarmene, come previsto. Ignorai la strana sensazione allo stomaco che mi stava torturando da quando avevo sentito Dean parlare: non lo volevo ammettere, ma il pensiero di tornare da sola, mi faceva male.

Mi persi una parte della conversazione, tanto quei nuovi pensieri mi tartassavano la testa e quando ripresi ad ascoltare, avevano abbassato la voce e Dean diceva qualcosa, ripetutamente, come se stesse chiamando qualcuno.

-Forse non ha tempo, ora- disse Sam.

-Come sempre-

-Riprova- suggerì l’altro.

Proprio mentre stavo per sentire il nome di chi stavano chiamando, una fitta alla testa mi fece barcollare. Mi premetti le mani sulle tempie, poggiandomi alla parete, mentre ancora l’acqua calda scorreva.

Un’altra fitta, prima che qualcosa di caldo iniziasse a colarmi dal naso. Mi passai il palmo della mano sul viso, osservando schifata il sangue che mi aveva macchiato la pelle.

-Angeli del cazzo- mormorai sottovoce, sciacquandomi il viso e uscendo dalla doccia.

Il sangue cessò di scendere, ma la brutta sensazione allo stomaco non se ne andò.

Mi vestii e mi asciugai i capelli, per poi andare a bussare alla camera di Sam e Dean.

-Avanti- era la voce di Sam.

Entrai con noncuranza e loro si scambiarono un’occhiata eloquente, che finsi di non aver visto.

-Allora, computer ambulante- dissi guardando Sam –cosa abbiamo qui?-

Per quanto mi fossi imposta di far finta di non aver sentito niente, guardare Dean in faccia mi faceva venire voglia di sputargli addosso, e malauguratamente mi resi conto che non avevo nessun diritto di farlo: aveva ragione, non potevano fidarsi di me.

-Questa volta credo siano davvero streghe. Tre casi negli ultimi sette giorni: tre uomini, tutti e tre sposati, improvvisamente le ossa del cranio gli si sono frantumate e rimodellate, prima di fuoriuscirgli dalla testa, come delle corna-

-Corna?- dissi schifata –Quanto sono puttane le streghe?!-

Dean rise, e il mio disagio si alleggerì.

-Direi di andare in obitorio- disse Sam –e poi alla casa delle vittime-

-Sono d’accordo- dissi alzandomi.

In macchina mi sedetti dietro di mia volontà e lasciai che Dean mettesse la musica a volume alto senza dire niente, cosa che invece fece Sam:-Abbassa, che palle, devo dirtelo ogni volta-

Sorrisi tra me e me, abbassando lo sguardo.

-Sam- disse Dean dopo un po’, lanciandomi un’occhiata divertita dallo specchietto.

-Che c’è?-

-Sai qual è il colmo per un fantasma?-

-Sentiamo- sospirò Sam.

-Avere i bollenti spiriti!- Dean rise di gusto, battendo la mano sul volante e Sam rimase impassibile prima di voltarsi a guardarmi.

-Non guardarmi- dissi secca.

-Perché?-

-Perché voglio ridere ma voglio anche reggerti il gioco, se mi guardi non ce la farò a trattenermi-

-Mmh- Dean sorrise soddisfatto e Sam alzò gli occhi al cielo.

Mostrammo, una volta arrivati, i distintivi dell’FBI alla segretaria all’ingresso dell’obitorio e accedemmo senza problemi alla stanza.

-Pronti?- dissi individuando lo sportello della prima vittima –Non dev’essere un bello spettacolo-

-Credo di poter sopportare- Dean mi guardò con aria di sfida e io aprii lo sportello senza distogliere lo sguardo dal suo viso neanche per un secondo, fino a quando con una smorfia disgustata non si voltò dall’altra parte.

-Che schifo-

Sorrisi soddisfatta, prima di guardare Sam, che fece una smorfia di disgusto, e poi mi sorrise a sua volta.

L’uomo aveva più o meno trentacinque anni, un fisico niente male e una testa calva da cui spuntavano due grosse corna insanguinate; il resto della testa era deforme.

-Il ragazzo è messo male- commentò Sam, tastando delicatamente un corno –sono proprio ossa-

-E’ proprio opera delle streghe- aggiunse Dean –brutte puttane-

-Le odio- concordai io.

Controllammo i corpi delle altre due vittime e ce ne andammo, disgustati.

-Quale pensate che sia il movente?- chiese Sam mentre uscivamo dalla stanza.

-Non lo so- dissi in fretta –ma credo che potrebbe essere la moglie di una delle vittime-

-Magari è una specie di punizione- ipotizzò Dean –magari questi uomini sono stati infedeli, e come loro hanno messo le corna alle loro mogli, questa donna le “mette” a loro-

-Potrebbe darsi, in effetti- disse Sam –farò qualche ricerca sulle loro mogli, vedrò di scoprire qualcosa-

-Andiamo a parlarci prima- disse Dean.

Stavamo uscendo dall’edificio, quando un’altra fitta alla testa, questa volta molto più forte, mi bloccò.

I due mi guardarono con aria interrogativa.

-Sto bene, andiamo- dissi sbrigativa, ansiosa di sedermi in auto, ma non appena mi mossi il dolore tornò, ancora più acuto. Mi lasciai sfuggire un gemito e mi premetti le mani contro le tempie.

-Victoria che succede?- Sam mi si avvicinò e mi apparve ancor più alto del normale, mentre Dean mi guardava con la fronte aggrottata.

-Sto bene, sul serio, ora passa, andiamo-

Sorrisi e Sam fece un passo indietro. Qualche istante dopo si voltarono entrambi e ripresero a camminare. Li seguii quasi fino alla macchina, quando mi ritrovai improvvisamente a terra.

-Victoria!- entrambi si chinarono su di me e il mio tentativo di coprirmi il viso con la mano fu inutile.

Sam mi aiutò a sedermi, sostenendomi la schiena, mentre Dean prendeva dalla macchina alcuni stracci e mi aiutava a premermeli sul naso.

-Dici di portarla all’ospedale?- chiese Sam.

-No!- urlai con la voce soffocata dalla stoffa.

-Credo sia stato quell’anello, l’altro giorno, il potere era veramente intenso, deve averle causato dei danni collaterali-

-Esatto- tossii allontanando la mano di Dean che teneva gli stracci –devo solo riposare, riportatemi in albergo, starò lì mentre voi intervistate le mogli-

-Sei sicura?- chiese Dean. I suoi occhi tradivano preoccupazione, ma percepivo anche sospetto: sapevo che questo episodio non faceva che aumentare i suoi sospetti, e che dovevo andarmene il prima possibile.

-Sono sicura-

-Va bene- disse Sam, e mi aiutò ad alzarmi.

Mi sistemai di nuovo nel sedile dietro, e finsi di non vedere lo sguardo fisso di Dean dallo specchietto.

-Sai, se non fosse che ti conosco- disse dopo un po’ –ti taglierei la testa-

Per la prima volta alzai anch’io lo sguardo sullo specchietto, e sorrisi alla visione del mio viso, completamente macchiato di rosso, in particolare la zona attorno alla bocca.

Sam si propose di accompagnarmi fino a dentro la stanza del Motel, ma rifiutai categoricamente, sorridendo con convinzione e sottolineando il fatto che il naso non sanguinasse più. Non appena chiusi la porta però, aspettai di sentire l’Impala allontanarsi, prima di correre in bagno a sputare un grumo di sangue.

Sapevo di non poter resistere ancora molto, ma sapevo anche di non poter affrontare nessuno dei bastardi che probabilmente mi aveva localizzato.

Maledissi Sam per aver bruciato la mia auto, dove avevo anche la spada, ma subito dopo il ricordo dei suoi occhi azzurri mi fece tornare a dare la colpa a me stessa: non avrei mai dovuto seguirli. Li avevo messi in pericolo e basta, sapevo che mi stavano addosso.

La crisi sembrò calmarsi, e dopo essermi sciacquata il viso, mi distesi sul letto, con gli occhi chiusi, pregando di riuscire a resistere almeno fino alla fine del caso: avrei potuto andarmene subito, lo sapevo, ma le cose che avevo man mano recuperato erano di nuovo nella loro macchina, e sparire così sarebbe stato sospetto, mi avrebbero seguita, soprattutto Dean, e io lo sapevo.

Rimasi tranquilla per un bel po’, forse dormii anche, cosa che non facevo spesso, ma il disagio fisico forse mi aiutò a rilassarmi per una volta.

Dopo quelle che mi parvero ore, decisi di alzarmi dal letto: pessima idea. Caddi quasi subito a terra, con dolori lancinanti ovunque, in particolare alla testa, e poco dopo riniziai a sanguinare, e a sputare sangue. Tossivo, e a malapena respiravo, ma cercavo di rimanere concentrata, di non lasciarmi sopraffare, finche uno strano formicolio non mi prese tutto il corpo, e capii che stavo mollando.

-E va bene stronzo, fatti vedere- smisi di sforzarmi nello stesso momento in cui smisi di sanguinare, abbassando completamente le difese e abbandonando la testa sul pavimento.

Respirai faticosamente per un po’, prima di poggiare il mento a terra e osservare i due piedi che stavano a pochi metri da me, osservai le scarpe scure, e solo dopo qualche istante mi misi a sedere, osservando la “persona” davanti a me.

Aprii la bocca per dire qualcosa, ma non ci riuscii. Il cuore mi batteva tanto forte che pensai potessero sentirlo anche all’esterno e mi venne quasi da piangere. Lo guardavo incredula, come lui guardava me, senza essere capace di dire niente.

-Victoria- fu lui il primo a parlare, con gli occhi blu spalancati.

-Castiel- mi alzai di scatto e gli corsi incontro, buttandogli le braccia al collo.

Forse per la prima volta da quando lo conoscevo, mi strinse a sé senza esitare, baciandomi persino la testa.

-Questo non è possibile- disse poi, col suo solito tono atono.

-Lo è- dissi allontanandomi di un passo per guardarlo in viso, senza però smettere di tenergli le braccia.

-Com’è possibile? Chi ti ha portata indietro e… che diavolo ci fai qua? Dean Winchester mi ha chiamato-

-Ti ha chiamato?- ripetei sconvolta –E’ te che chiamava stamattina? Come lo conosci? Come…-

-Sanguini- disse lui, interrompendomi.

-Io… avevo alzato la barriera, ma tu… sei troppo forte, quando sei diventato così forte?-

-Avevi alzato la barriera? Non dirmi che hai ancora addosso gli scagnozzi di Raffaele!-

-Li ho, ne ho uccisi a decine negli ultimi mesi, ma ho perso la spada, Castiel. Sam Winchester ha bruciato la macchina dove la avevo-

-Sei stata tu a rubare la mia spada?-

Abbassai lo sguardo:-Era l’unica cosa con cui potevo difendermi-

-Grazie a Dio l’hai fatto- disse abbracciandomi di nuovo –ma la spada non può essersi distrutta col fuoco, a meno che non fosse fuoco sacro-

-Lo so, ma non sono potuta tornare indietro-

-Vado io- scomparve, e il secondo dopo, tornò, con la spada in mano.

La appoggiò sul letto, prima di accarezzarmi i capelli:-Credevo fossi morta-

-Dovevi crederlo, stavo cercando di proteggerti-

-Lo so- ammise sospirando –ma cosa ci fai coi Winchester?-

-Ci siamo incontrati, stiamo lavorando insieme ma…-

-Lavorando insieme?! Hai idea di quanto tu li stia mettendo in pericolo?-

-Lo so, Castiel. Me ne andrò non appena avremo finito questo caso, ok?-

-Sarà troppo tardi, devi andartene ora!-

-Non posso, Dean mi seguirà, lo sai-

Sembrò rifletterci:-Allora fate in fretta. Dove sono ora?-

-A parlare con le mogli di alcune vittime, non sembra un caso difficile-

-Victoria, ti prego, devi raccontarmi cos’è successo quella notte-

-Io…- il suono del telefono mi interruppe, e lo guardai ancora per qualche istante, prima di rispondere –Pronto?-

-Victoria-

-Dean, cosa succede?-

-Non sono streghe. E’ una divinità pagana, le odio quasi più delle streghe-

-Cazzo si, dove siete adesso? Vi raggiungo, sto meglio-

-Per questo ti chiamo. Io e Sam potremmo aver bisogno di aiuto, proprio adesso Sam ti sta mandando l’indirizzo via sms, vieni subito per favore-

-Arrivo, certo- misi giù e mi voltai di nuovo verso l’angelo –Castiel…-

Rimasi con la bocca aperta, vedendo la stanza vuota, prima di sorridere, colta da una sensazione incredibilmente familiare.

Rubai la prima macchina che mi capitò a tiro, e mi diressi all’indirizzo che Sam mi aveva mandato.

Avevo una strana ansia addosso, e il battito cardiaco mi era furiosamente accelerata: di nuovo la mia intuizione sul caso era stata sbagliata, di nuovo Sam e Dean erano in pericolo per causa mia, e Castiel… Dio, il solo vederlo mi aveva sconvolto in una maniera troppo profonda per spiegarla. Rivedere i suoi occhi azzurri era forse la miglior cosa che mi capitasse da anni. Eppure sapevo che non era un bene per lui avermi ritrovata.

-Ti conviene sbrigarti- proprio la sua voce mi fece sobbalzare, quando si materializzò alla mia destra.

-Li hai visti?-

-Non se la stanno cavando bene-

-Che razza di divinità è?-

-E’ una delle più antiche, è la Dea della fedeltà, e ha deciso che questa città è la sua nuova patria. Chiunque sia infedele qui, sarà ricambiato con la stessa moneta-

-Le corna- dissi sospirando.

-Esatto-

Ci fu qualche istante di silenzio, prima che riprendesse a parlare:-Ti rendi conto che probabilmente questa divinità cercava te, vero?-

-Ne sono sicura- dissi secca.

-Per questo devi andartene-

-Lo farò, ucciderò quella bastarda e me ne andrò Castiel, te lo prometto. Sam e Dean Winchester non mi vedranno mai più, ok?-

Non rispose, e seppi che era un segno affermativo.

Arrivai all’indirizzo che Sam mi aveva mandato, era una specie di vecchio magazzino, e individuai l’Impala.

-Stai attenta- disse Castiel mentre scendevo dalla macchina.

Aprii il cofano dell’Impala e caricai la pistola, prima di avvicinarmi furtivamente al magazzino. Sentivo la voce di Dean ma non riuscivo a capire cosa dicesse. Spiando da una finestra riuscii a vederli: Sam era steso a terra, senza sensi, mentre Dean combatteva con la divinità, impersonata in una donna piuttosto attraente.

Tornai all’Impala e presi un gancio di ferro, prima di entrare nell’auto che avevo rubato poco prima e metterla in moto. Individuato un portone in legno, ci mirai dritto, entrando con un gran tonfo nell’edificio.

Dean mi guardò stupefatto quasi quanto la donna che spalancò gli occhi nel vedermi:-Sei tu-

-Piacere di conoscerti, stronza- lanciai il gancio di ferro a Dean e le trapassò il petto con una smorfia dipinta in volto, e la donna cadde a terra.

-Bel lancio- disse lui, passandosi una mano sulla fronte.

-Bel colpo- feci spallucce io.

-Occupati di Sam- disse serio –ha preso un bel colpo in testa, ci sono altre persone di là, quella puttana era cannibale come tutte le divinità, vado a controllare come stanno-

-Certo, vai, mi occupo io di Sam-

Mi inginocchiai, chinandomi su di lui e lo scossi leggermente:-Sam, svegliati. Sam!- gli diedi un leggero schiaffo e ritirando la mano, la trovai insanguinata. Gli spostai delicatamente la testa di lato, osservando inorridita un grosso chiodo, conficcatogli proprio nella nuca.

-Merda- imprecai.

-Sta bene?- Dean era ancora lì.

Lo guardai negli occhi, vi lessi la preoccupazione pulsante, e non ebbi il coraggio di dire la verità:-Benissimo, vai pure-

-Ok- mi guardò con sospetto qualche altro istante, prima di scomparire.

-Sam, Sam, dai Sam- gli alzai piano il collo, mordendomi un labbro mentre gli estraevo dalla testa il chiodo lungo e sottile e mi avvicinavo al suo viso per percepirne il respiro –Sam, Dean mi uccide. E’ colpa mia, Sam, ti prego, Sam…-

Sentii il panico impossessarsi di me e solo in quel momento mi resi veramente e definitivamente conto di quanto fossi stata stupida, e irresponsabile, a seguirli. Ero stata egoista, e presuntuosa. Credevo di poter gestire la situazione, ma riuscivo a sopravvivere a malapena io, come avrei potuto assicurare la sicurezza di altre due persone?!

-Sam- la voce mi si spezzò e fui costretta a distogliere lo sguardo dal suo viso, incontrando quello di Castiel.

-Dean non la prenderà bene-

-No- dissi sull’orlo delle lacrime –non morirà-

-E’ già morto, Victoria-

-Zitto!- allontanai con prepotenza la voglia di piangere come una stupida ragazzina e presi la mano di Sam, avvicinandomi al suo orecchio. Sapevo che tentare di riportarlo in vita da sola non sarebbe servito a nulla, mi avrebbe solo privata di altra energia: avevo bisogno di qualcosa di più.

-Adesso io e te facciamo un patto Sam, ok?- gli sussurrai all’orecchio.

-Victoria, no- intervenne Castiel.

-Devi solo collaborare, Sam, capito? Il patto è questo: tu ora tornerai come nuovo e tornerai ad uccidere questi mostri con tuo fratello, e io stanotte stessa me ne andrò, e se mai ci rivedremo…- sorrisi tra me e me –mi offrirai un caffè-

-Victoria- la voce di Castiel si fece più autoritaria che mai.

-Castiel. Ho già deciso- tornai a guardare Sam –Ok Sam, affare fatto-

Gli posai la mano destra ancora sporca di sangue sul viso, mentre con l’altra ancora stringevo la sua, e premetti le labbra sulle sue.

Avvertii il flusso di energia scorrermi nelle vene, facendomi rabbrividire dopo tutto quel tempo che avevo passato senza usufruirne. Osservai anche il leggero fascio luminoso che illuminava le nostre labbra e seppi che stava funzionando. Sentii la mano di Sam muoversi nella mia, e poco dopo lo avvertii rispondere al bacio.

Quando mi allontanai dal suo viso, trovai subito Castiel ad aiutarmi ad alzarmi con molta premura.

-Stai bene?- chiese proprio mentre Dean accorreva con tre donne e due uomini.

-Sto bene, andiamocene-

-Castiel- disse Dean sorpreso –dove sei stato?! Ti ho chiamato centinaia di volte!-

-Affari del cielo- disse lasciandomi cadere delicatamente a terra e svanendo nel nulla.

 

Chiusi piano il borsone, cercando di limitare al minimo i rumori, ma ero brava ad essere silenziosa. Lasciai i soldi sul letto e uscii dalla porta, chiudendola molto lentamente.

Mi fermai, non potei fare a meno di avere un attimo di esitazione: sapevo cosa mi aspettava. Sarei tornata sola, in perenne ansia, in perenne fuga, e mi resi conto di quanto avessi sottovalutato la compagnia in quegli anni.

Sospirai di sollievo quando trovai la forza di uscire e muovere qualche passo lungo il vialetto che portava alla nuova macchina che avevo rubato. Aprii il cofano e vi misi il bagaglio con le armi, per poi richiuderlo non troppo rumorosamente.

-Vai da qualche parte?- mi voltai di scatto, incontrando gli occhi azzurri di Sam.

-Me ne vado- sapevo fosse inutile mentire.

-Così Dean aveva ragione… hai qualcosa da nascondere-

-Chi non ne ha?- sorrisi ironica.

-Che ne è stato della mia ferita alla testa?- chiese serio –Ricordo di aver sentito un dolore lancinante alla nuca, ma non ho neanche un bernoccolo, solo macchie di sangue ingiustificate-

-Non ne ho idea- dissi salendo in macchina –ti ho trovato senza sensi e poco dopo ti sei svegliato-

-Certo…- rise leggermente, e calò il silenzo.

-Ti rivedrò mai?- chiese dopo un po’.

-Chi lo sa- feci spallucce –mi devi ancora un caffè-

Mi guardò interrogativo, ma non gli lasciai altro tempo, misi in moto, e dopo avergli fatto un cenno della testa, partii lungo la strada.

Dopo qualche ora di viaggio, Castiel comparve alla mia destra e rimase in silenzio per una mezz’ora buona, prima di esordire:-Abbiamo tanto di cui parlare, io e te-

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Capitolo 6
*** Tre anni prima. ***


Capitolo VI

 

-Tre anni prima-


 

Il brusio della televisione ad un volume troppo basso per comprenderne le parole era l’unica cosa che mi teneva compagnia, mentre tagliavo minuziosamente una cipolla. Mi comportavo normalmente, come se cucinare la cena fosse per me un’attività quotidiana, quando erano anni che non lo facevo.

Nonostante mi muovessi lentamente e non guardassi altro che la cipolla che stavo affettando, sentivo il battito cardiaco rimbombarmi nelle orecchie, le stesse orecchie che tenevo all’erta.

-Victoria-

Sobbalzai, tanto che il coltello mi cadde di mano:-Castiel, mio Dio-

Mi bastò guardarlo per un istante, per comprendere che era fuori di sé.

-Che cosa diavolo stai facendo?- scandiva perfettamente le parole, mettendo una pausa tra l’una e l’altra.

-Sto mollando, Castiel. Hanno vinto, li sto aspettando- mi stupii io stessa di quanta tranquillità dimostrai pronunciando quella frase.

-Non se ne parla!-

Questa volta spalancai gli occhi, sconvolta dal suo aver alzato la voce.

-Rialza quella diamine di barriera! Trovarti è stato più facile che bere un bicchier d’acqua!-

Sorrisi a quella sua affermazione così “umana”.

-Non è finita, Victoria- continuò –per favore, rialza la barriera. Ora. Se ti prendono, non immagini neanche cosa ti faranno-

-Me lo immagino, credimi- dissi con una punta d’amarezza mentre un brivido mi attraversava la schiena –hai mai pensato che forse è così che deve andare? Hai mai pensato che forse sono solo un orribile scherzo della natura e che devo essere eliminata?-

-Smettila di parlare in questo modo. Se solo tua madre ti sentisse, se solo Gabriele sapesse…-

-Sono morti, Castiel. Mia madre è morta, Gabriele è morto, e presto sarò morta anch’io, o almeno spero. Vattene finchè sei in tempo: se c’è una cosa che non ho mai voluto, è coinvolgerti nella mia maledizione-

-Coinvolgermi?! Quello che ti sta succedendo è tutta colpa mia, avrei dovuto vegliare su tua madre-

-Ti prego, smettila. Giocare a chi ha più colpe non serve a niente-

-Victoria. Alza la barriera- il suo tono di voce non ammetteva repliche.

-Non posso farlo, e lo sai. L’altra volta c’era Gabriele a coprirmi, ma ora, qualsiasi cosa io faccia, lo sapranno ancor prima che anche solo pensi di farla-

-Puoi farlo, invece- mi guardò con un velo di soddisfazione dipinto in volto –dove credi sia stato tutto questo tempo? Credevi forse che ti avessi abbandonata al tuo destino?-

Lo guardai assente per un po’, prima di rispondere:-Sono passate dodici ore dall’ultima volta che ti ho visto, Castiel. Ho pensato avessi ben altro da fare che farmi da baby-sitter  tutto il giorno tutti i giorni-

-Ho riesaminato il tuo contratto- disse come se io non avessi detto niente –ero certo che Gabriele avesse fatto le cose per bene-

Avvertii il mio cuore paralizzarsi per un millisecondo prima di prendere a pompare all’impazzata, facendomi quasi girare la testa. Per quanto mi fossi rassegnata al mio triste destino, l’istinto di sopravvivenza era più forte di qualsiasi altra cosa.

-Hai il diritto di difenderti da eventuali tradimenti, e quindi di alzare la barriera; e hai ugualmente diritto di difendere te stessa, e quindi di utilizzare i tuoi poteri per tre volte. Alla quarta, il patto si spezza e loro ottengono quello che vogliono.

Mi lasciò spiazzata: non avevo idea né di cosa dire, né di come reagire.

-Rialza la barriera, Victoria- disse per l’ennesima volta –e scappa-

Fece un passo avanti e lo vidi barcollare, prima di attaccarsi al bancone.

-Castiel!- scavalcai il mobile con un salto, prendendolo per un braccio –Che cosa succede?-

-Niente, è solo che… avere accesso al contratto non è stato poi tanto facile. Sono solo un po’ stanco-

-Lo immagino, siediti, ti prego- lo accompagnai fino al divano, dove si sedette in modo rigido.

-Vai, Victoria- disse subito dopo –scappa, loro stanno arrivando-

-Non vado da nessuna parte senza di te-

-Qualcuno deve trattenerli, Victoria-

-Non dirlo neanche, andiamo, sei in grado di volare?-

-No, ma non è un problema. Troverò un modo di raggiungerti Victoria, te lo prometto-

Lo guardai negli occhi per qualche lungo istante, e per quanto quel blu fosse in grado di farmi credere qualunque cosa, questa volta dovetti fingere. Fingere di credere che sarebbe sopravvissuto, fingere di credere che fosse tutto improvvisamente così facile: scappare, nascondermi, e farmi trovare da Castiel.

Capii che recitare era l’unico modo per uscire viva da quella situazione, per salvare Castiel, e forse mettere fine a quella storia e non mi importò che fosse la prima volta che mentivo a lui: non fui mai più così convincente come in quel momento:-Li affronteremo insieme, allora-

Mi guardò quasi terrorizzato.

-Che succede?-

-Non senti? Stanno arrivando. Scappa, Victoria, vattene!- scattò in piedi, tenendomi un polso –Victoria! Ora! Prima che sia troppo tardi-

Il fischio alle orecchie che annunciava l’arrivo degli arcangeli diventava sempre più insopportabile.

-Starò con te- dissi con voce ferma –li affronteremo, e poi ce ne andremo insieme. Te lo prometto-

Le mie parole suonarono quasi più false delle sue, nonostante il tono convinto con cui le pronunciai.

Alzò una mano, e per un attimo temetti che volesse premermi le dita sulla fronte per mandarmi chissà dove, pur di salvarmi, ma invece si limitò a posarmela sul viso, un po’ impacciatamente, senza smettere di guardarmi intensamente negli occhi.

Il fischio era talmente forte ormai che quasi mi girava la testa, così chiusi gli occhi, quasi meccanicamente, come se fosse la cosa più naturale del mondo e l’unica cosa che riuscivo a percepire erano le sue labbra, molto più calde di quanto le avessi immaginate, molto più umane.

Per qualche istante persi il contatto con la realtà, ma subito dopo, mentre ancora non riuscivo a smettere di baciarlo, visualizzai mentalmente quello che stavo per fare: non l’avrei più rivisto, per lui non sarei esistita più. Ma era la cosa migliore, per lui e anche per me.

Il fischio cessò, tutto d’un colpo, e solo allora Castiel si allontanò lentamente da me, accarezzandomi dolcemente i capelli, prima di voltarsi verso i tre angeli appena apparsi in mezzo alla stanza.

-Ma guarda un po’- la voce di Raffaele era più irritante che mai –stavi cercando di succhiarle via un po’ mi mostruosità, fratellino?-

Castiel si limitò ad aggrottare la fronte, prima di fare un passo avanti, posizionandosi di fronte a me.

-Che c’è Castiel? Sei ansioso di morire per primo? Sarai accontentato, se proprio insisti, lurido traditore-

Feci a mia volte due passi avanti finendo a solo un metro da Raffaele:-Chiudi quella bocca, schifoso bastardo-

I tre angeli scoppiarono a ridere, e un brivido mi attraversò la schiena, subito seguito da un’espressione disgustata di Raffaele:-Sei un abominio, e ti pentirai presto di essere nata-

-Ah si?- percepii il calore salirmi agli occhi, prima di fare uno strano scatto con il collo, quasi inquietante, che non riuscii a controllare.

Mi voltai verso Castiel, sul cui viso percepii un velo di spavento nel guardarmi negli occhi e uno sguardo al vetro della finestra dietro di lui mi bastò per osservare il nero liquido che mi riempiva le orbite. Chiusi gli occhi per qualche istante, e quando li riaprii erano tornati azzurri.

-Addio Castiel- dissi con un sorriso triste, cercando di concentrarmi il più possibile sulla mossa seguente.

Castiel sorrise leggermente prima che il terrore gli si dipingesse in faccia, mentre mi voltavo verso Raffaele e il mio corpo iniziava a prendere una strana luminosità.

-Che diavolo sta facendo?- chiese uno degli angeli che lo accompagnava.

-Vi facilito il lavoro- dissi con una risata ricca di soddisfazione, prima di spalancare le braccia.

-No!- Raffaele cercò di afferrarmi, così come Castiel, ma ormai non c’era altro che luce e fuoco da afferrare.

Sapevo che inscenare la mia esplosione sarebbe stato il miglior modo, e anche il più credibile per liberare Castiel del peso di dovermi proteggere sempre e comunque.

Forse ero troppo concentrata sul canalizzare il potere sull’esplosione, per evitare lo schianto sul cemento che mi aspettò non appena mi materializzai dall’altra parte del mondo.

Feci una brutta caduta, e mi ruppi il braccio con cui tenevo ben stretta la spada che un secondo prima di scomparire avevo rubato a Castiel. Mi rialzai dolorante, e dopo essermi guardata intorno per qualche istante, chiusi gli occhi, rialzando la barriera che mi rendeva invisibile agli angeli. Avvertivo una sorta di getto caldo percorrermi il corpo, e man mano raggiungeva la testa, mi rendevo sempre più conto che ogni secondo che passava mi stavo rendendo invisibile a lui. Non mi avrebbe più trovata, non gliel’avrei permesso.

Cercai in tutti i modi di ignorare il dolore lancinante al braccio ottenendo pochi risultati e appena ci riuscii mi rialzai, guardandomi attentamente attorno per cercare di capire se non lo stato, almeno il continente in cui mi trovavo. Ma non trovai molto che mi potesse aiutare: ero finita in una strada completamente deserta, da entrambi i lati non si scorgeva altro che una lunga distesa di erba giallastra, probabilmente bruciata dal sole, dato il caldo assurdo che faceva.

Mi rassegnai al fatto che avrei dovuto camminare per non so quante miglia prima di trovare un qualche mezzo di trasporto. Ma non fu così: non avevo fatto nemmeno il terzo passo che sentii in lontananza il rombo di un’automobile.

Mi voltai, finchè non la vidi arrivare e quando il conduttore mi scorse, si fermò proprio accanto a me. Mi disse qualcosa in una lingua straniera: era un uomo di colore, sulla quarantina. Credo capì che non comprendevo la sua lingua, perché subito dopo mi fece cenno di salire in macchina, ma non avevo tempo per queste manfrine. Gli feci a mia volta cenno di scendere e gli indicai il braccio rotto con lo sguardo.

Subito scese dall’auto e si avvicinò per controllare cosa avessi; sembrava una brava persona, ma Castiel mi aveva insegnato che non tutti si possono risparmiare solo perché sono brave persone, soprattutto se dietro c’è “un bene superiore”.

Non appena fu abbastanza vicino gli colpii con forza la nuca col manico della spada di Castiel e quello cadde a terra. Entrai nella sua macchina e partii a tutta velocità.

 

Fu qualche settimana dopo, quando ormai ero riuscita a tornare in America, che ricominciò l’incubo. Avevo passato i giorni più tranquilli, sereni e allo stesso tempo tristi degli ultimi anni, ma sapevo che era troppo bello per essere vero.

Ero nella macchina che avevo rubato al nero, l’avevo tenuta, mi era piaciuta e non so per quale strano motivo sentivo di dovergli qualcosa: era stata la prima mia salvezza e per di più, ci avevo guidato con la stessa felpa per alcuni giorni, e gli ultimi residui dell’odore di Castiel erano rimasti sul sedile del guidatore.

Stavo parcheggiata davanti ad un supermercato con un grosso bicchiere di frullato in mano, e bevevo tranquillamente senza smettere di fissare l’edificio. Avevo ancora il braccio fasciato, ed ero quasi sicura che ci fosse una specie di ruguru cleptomane che frequentava quel posto.

Rimasi appostata lì per tutto il giorno, ma non si mosse niente tranne il sole, il che mi fece pensare fosse ora di tornare al Motel: forse mi ero sbagliata. Non ero più sicura di niente, neanche di essere in grado di poter fare la cacciatrice. Ogni volta che avevo un dubbio, anche stupido, avevo sempre avuto Castiel al mio fianco, nonostante non ne avessi quasi mai bisogno, il solo sapere che c’era, mi rendeva forte, e sicura. Ma ora ero da sola, e mi venivano dubbi esistenziali terribili, di ogni generi, a volte non ero neanche sicura di saper distinguere un fantasma da un demone.

Dopo essere tornata al Motel, decisi di uscire a fare una passeggiata e non so cosa, non so quale strano istinto di sopravvivenza mi fece cadere l’occhio sulla spada di Castiel. La guardai indecisa per un po’, prima di decidere di prenderla e inserirla all’interno del giubbino.

Camminai per una buona mezz’ora senza meta, prima di abbandonarmi seduta su un muretto a fissare il vuoto. Il lampione accanto a me iniziò a lampeggiare, fino a fulminarsi del tutto, e mi prese una fitta alla testa.

Mi premetti la mano sana su una tempia, ma invece di diminuire, il dolore diventava sempre più lancinante e poco dopo iniziò a sanguinarmi il naso. Mi sentii improvvisamente debole, e stanca, come se camminassi da giorni, e decisi di tornare al Motel.

Non fu facile come pensavo: dopo pochi passi iniziò anche a girarmi la testa, e sentii l’amaro del sangue in bocca, come se mi fossi morsa la lingua. Mi reggevo a malapena in piedi e decisi di lasciar cadere la barriera, solo fino al Motel per recuperare un po’ di forza.

Così feci, e non appena ebbi sospirato per l’energia recuperata, qualcuno mi prese per il collo alle spalle.

-Pensavi di prenderci in giro, eh mostro? Piccola illusa-

Riconobbi la voce di uno degli scagnozzi di Raffaele e gli afferrai il braccio con cui mi stava strozzando, ribaltandolo in avanti; si rialzò quasi subito ma avevo già estratto la spada e non appena scattò in avanti gliela conficcai nel petto.

Mi guardò con gli occhi sbarrati prima di cadere a terra con un sussulto. Osservai le sue ali, ora scure e visibili sul cemento, prima di rialzare la barriera e correre al Motel.

Da quel giorno non smisero di darmi la caccia, come avevano sempre fatto, ma non c’era più Castiel a coprirmi le spalle: dovetti imparare che il sangue dal naso e le fitte alla testa erano segno del loro arrivo, che l’unica cosa che dovevo fare era farli stancare abbastanza  da renderli vulnerabili, prima di mollare la presa. Capii che Castiel era ancora convinto fossi morta: non mi avrebbe lasciata sola altrimenti. Ma io ero contenta così.

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Capitolo 7
*** Mostro. ***


Capitolo VII

 

-Mostro-

 


 

-Bella merda- guardai male il ragazzo che aveva appena pronunciato quelle parole e ignorai l’ennesima occhiatina del commesso quindicenne della libreria dove ero appena entrata.

Una volta mi piacevano i libri; in realtà hanno continuato a piacermi, ma la vita del cacciatore non è esattamente quella che ti permette di leggere in santa pace.

Era la terza libreria in cui entravo nelle ultime settimane: le volte in cui ne incontravo qualcuna sulla strada in compagnia di Sam, insisteva per entrare. Ricordo di avergli detto un giorno “perché ti torturi in questo modo? Guardi libri che non avrai mai tempo di leggere”, e lui mi ha risposto “mi piace credere che un giorno ne avrò il tempo”.

Da quel giorno ho riniziato ad entrarci anch’io nelle librerie, con la stessa convinzione.

Sospirai nel constatare che però, stavolta, non c’era Sam ad indicarmi i volumi più interessanti.

Quasi sovrappensiero alzai lo sguardo, e dovetti usufruire di tutto il mio sangue freddo per non urlare, alla vista della figura di Castiel alle mie spalle, dal vetro della finestra del negozio.

-Castiel, santo Dio-

-Scusa, non volevo spaventarti- disse lui atono, come sempre.

-Non sono più abituata a queste tue apparizioni improvvise, annunciati per favore. Da quanto sei lì?-

-Abbastanza da annoiarmi-

Lo guardai incuriosita:-Che ci fai qua?-

-Ho mandato fuori rotta i Winchester, ti stanno cercando-

-Oh, lo so- sospirai, tornando ad osservare i libri –Dean vorrà tagliarmi la testa, è così?-

-No, vuole solo esorcizzarti-

-Esorcizzarmi?! E perché mai?-

-Crede che tu sia un demone-

-Ah- dissi semplicemente, voltandomi di nuovo verso di lui. Mi persi per qualche istante nei suoi occhi blu, chiedendomi se mai sarei riuscita a capire cosa ci fosse oltre quell’espressione perennemente  anonima.

-Però non vogliono ucciderti proprio adesso- disse con semplicità –prima hanno bisogno del tuo aiuto per una cosa-

-Oh, questo mi conforta. Che cosa vogliono?-

-Non sono cose che mi riguardano, mi hanno solo detto di trovarti, perché hanno bisogno di te per un caso, e di portarti da loro-

Lo guardai seria per qualche istante:-Vuoi che ci vada- non era una domanda.

-Credo dovresti-

-Da quando sei così ingenuo? E’ una trappola, vogliono solo catturarmi, e mi stanno simpatici, non mi va di fargli del male-

-Non è una trappola, ho visto con i miei occhi il caso a cui stanno lavorando. Per loro è importante-

Ebbi una sorta di stretta allo stomaco nel sentire il suo cambiamento di tono mentre parlava dei fratelli Winchester, e lo sguardo quasi disperato con cui mi chiedeva di aiutarli.

-Vuoi bene a Sam e Dean, non è vero?- chiesi seria.

-Sono miei amici-

-Bhè mi hai sostituita bene- dissi acida avviandomi verso l’uscita della libreria ed entrando in macchina, sbattendo la portiera.

-Non ti ho sostituita. Mi sono semplicemente stati vicini- disse altrettanto serio.

-E’ davvero importante per te che io li aiuti?-

-Si-

-Allora va bene, fammi strada-

 

Arrivammo alla casa che Castiel mi aveva descritto in tarda nottata, ma decisi di entrare lo stesso: erano cacciatori, erano abituati a non dormire.

-Io ti lascio qui, Victoria, ho alcune cose da controllare- disse grave quando ormai stavo per bussare.

-Va bene- lo guardai, e come ogni volta da quando ci eravamo ritrovati, mi strinse lo stomaco nel vederlo scomparire.

Tornai a guardare la porta e mi accorsi che era aperta. Rimasi immobile per un po’, prima di estrarre la pistola e caricarla. Aprii la porta col piede ed entrai silenziosamente; l’unica cosa a fare rumore era il mio respiro, se rumore si può chiamare.

La casa era grande, disordinata e decisamente non pulita, ma non mi diede fastidio. Infondo erano due uomini, ed erano cacciatori, nelle poche settimane che avevo passato con loro, avevo notato quanto soprattutto Dean fosse un po’ restio a rispettare le abituali norme di igiene e salute personale.

Era tutto troppo strano e sospetto: la porta aperta, Castiel che mi lasciava proprio lì fuori.

Entrai nella sala e avvertii la presenza di qualcuno alle mie spalle.

Passo pesante, respiro controllato, un leggero profumo di carta antica diffuso nell’aria e la scelta di un nascondiglio quasi banale. Non potevo farci nulla, i miei sensi un poco più sviluppati, in certi casi, prendevano il controllo.

-Ciao Sam- dissi abbassando la pistola e voltandomi verso di lui.

Fece un passo avanti:-Ciao Vic-

Una sensazione amara mi prese la bocca:-Bel piano, comunque. Farmi trovare da Castiel, farmi portare qui, volevate solo catturarmi, non è vero?-

Nonostante fosse buio vidi il rimorso negli occhi di Sam:-Quello che hai fatto non è umano, Victoria-

-Io non ho fatto niente- scandii, mentre il battito cardiaco mi accelerava, alla ricerca di un qualche segno della presenza di Dean.

-Vic- disse sincero –non vogliamo farti del male, ma siamo cacciatori, e tu lo sai-

-Lo so- rialzai la pistola, avvertendo il passo di Dean alle mie spalle –allontanati Dean, o sparo a tuo fratello-

-Come vuoi- Dean indietreggiò, ma come fece un passo indietro qualcosa di molto simile ad una corda mi afferrò le caviglie e mi ritrovai a terra con un tonfo.

-No!- imprecai allungando la mano verso la pistola a dieci centimetri da me, ma Sam l’aveva già raccolta e mi guardava dall’alto.

-Mi dispiace Barbie, niente di personale-

Mi trattenni dal dimenarmi mentre Dean mi tirava su a forza e mi buttava su una sedia, mentre Sam mi legava: sapevo era inutile. Per quanto fossi agile, avevo imparato a conoscerli, e soprattutto Sam era molto sveglio.

Mi ritrovai coi polsi e le caviglie legate alla sedia, in mezzo alla stanza e alzando lo sguardo al soffitto mi venne da ridere: una trappola per demoni.

-Che razza di mostro sei, eh?- quasi sputò Dean accendendo la luce.

-Non so più come dirlo: sono umana, Dean-

I due fratelli si scambiarono uno sguardo intenso.

-Sam mi ha detto quello che hai fatto-

-Cosa ho fatto? Sentiamo-

-L’hai baciato- disse il biondo quasi soddisfatto.

-Sei geloso, Dean?-

Rise malignamente:-Hai stretto un patto, schifoso demone. Ora gli ridarai la sua anima indietro, prima di essere rispedita direttamente all’inferno-

-Non ho stretto nessun patto, non ne ho le capacità-

-Mi hai baciato- intervenne Sam con voce molto più comprensiva e rassicurante –e sono quasi sicuro di aver provato un dolore lancinante alla testa, prima di rialzarmi senza neanche un graffio. Mi hai guarito-

-Voi siete pazzi!- risi –Io non ho fatto un bel niente, quando sono arrivata Sam era semplicemente svenuto, l’ho solo aiutato a rialzarsi-

-Quanto siete bugiardi voi altri- disse Dean schifato –spezza il patto, ora-

-Non c’è nessun patto da spezzare-

-Mi hai baciato, di questo sono sicuro- disse Sam fermamente.

Guardandolo negli occhi capii che su questo non potevo mentire.

-E va bene: ho sempre avuto una cotta per Sam, era fragile e indifeso e ne ho approfittato. Qualche problema?-

Dean trattenne una risata e si voltò verso un mobile lì accanto, e prima che potessi capire cosa stava prendendo mi aveva buttato addosso un secchio d’acqua.

Alzai lo sguardo su di lui irata:-Sono umana, dannazione. Liberami subito Winchester-

-L’acqua santa non ti tocca- commentò lui quasi tra sé e sé –che diamine di schifezza sei?-

Mi guardò schifato:-Sai qual è la cosa che più mi fa schifo di voi mostri? Non finite mai, c’è sempre qualche nuova specie pronta a macchiare il pianeta, voi e il vostro sudiciume. Vi impossessate di persone innocenti, le uccidete, le mangiate. E quando noi cacciatori veniamo a cercarvi, vi stupite anche- rise –e tu non sei da meno. Non so come ho fatto a non accorgermene prima, sei stata con noi tutto quel tempo. Bel piano bionda, bel piano. Cosa volevi fare? Imparare a conoscere i trucchi di noi cacciatori, bhè mi sembravi già abbastanza esperta: ho davvero creduto fossi una cacciatrice. Sei solo un mostro-

-Io non sono un mostro- dissi lentamente e a denti stretti mentre avvertivo la rabbia percorrermi la schiena e facevo di tutto per controllarmi.

Ci ero vicina, lo sentivo: stavo per perdere il controllo, e prima di potermene rendere conto mi sarei ritrovata con gli occhi color catrame e Dean che recitava l’esorcismo. Era tanto intelligente quanto stupido: avevano recitato l’esorcismo davanti a me, sapeva che non mi faceva alcun effetto; e sapeva che avevo una trappola per demoni incisa sul tettuccio dell’auto, dannazione.

-Non farmi usare le maniere forti Vic- disse avvicinandosi nuovamente al mio viso, mentre cercavo di respirare piano e profondamente per calmarmi.

-Dovrai usarle a quanto pare- dissi presuntuosamente –e sarà inutile, come tutte le altre cose che proverai a fare per farmi sputare il rospo. Hai preso un granchio questa volta, Dean, sono umana, e sei così ottuso da non rendertene conto-

Sapevo che Sam non era del tutto sicuro delle accuse che mi aveva rivolto, glielo leggevo nello sguardo, e lo capivo dalle occhiate preoccupate che rivolgeva al fratello. Dovevo trovare un modo per uscire da quella situazione, ma non ero del tutto sicura di potercela fare quella volta: Castiel mi aveva abbandonata, e questo era ciò che più faceva male, e per di più, non potevo usare le mie capacità, mi sarei smascherata.

Capii che forse alimentare il dubbio di Dean mi avrebbe aiutato in quel caso, forse sfruttare quel lato di me non precisamente buono, mi avrebbe salvata.

-Lo vedremo- disse Dean quasi soddisfatto estraendo un coltello con dei simboli anti-demone incisi sopra e una lama particolarmente seghettata.

-Sei così frustrato Dean, che oltre ad andare a letto con ogni individuo femminile o forse no che ti capita a tiro, ora ti sei anche messo a dare la caccia agli umani? La tua depressione è già a questi livelli? Non è colpa mia se stai andando di testa. Povero, piccolo Dean-

Prima che potessi aggiungere altro, la lama del coltello mi aveva trapassato la gamba e non riuscii a trattenere un urlo di dolore.

Lo riestrasse, provocandomi un leggero sussulto, mentre le corde che mi tenevano strette i polsi, oltretutto bagnate, iniziavano a consumarmi la pelle.

-Accoltellarmi come se fossi un pezzo di carne ti fa sentire vivo Dean? Immagino di si, insomma un ingordo ubriacone, malato di sesso come te deve essere per forza morto dentro-

-Perderai la voglia di scherzare- disse arrivando a sfiorarmi il naso col suo, mentre mi premeva la lama del coltello sul braccio.

Mi morsi così forte il labbro che iniziò a sanguinare pure quello.

All’improvviso una figura in impermeabile comparve alle sue spalle, quasi accanto a Sam, e alzai lo sguardo su di lui. Il fatto che nessuno dei due fratelli avesse avuto alcuna reazione mi fece capire che ero l’unica a poter vedere Castiel sullo stipite della porta.

Ci scambiammo una lunga occhiata: il suo sguardo cristallino era duro e fermo, irremovibile, mentre il mio era carico di rabbia. Vidi Sam guardarmi per poi guardare il “vuoto” alla sua destra, e allora distolsi lo sguardo, proprio mentre Dean muoveva la lama sul mio braccio, facendomi urlare di nuovo.

-Dean sono umana cazzo! Guardami!- quasi lo implorai.

-Hai baciato mio fratello, e l’hai guarito. Un’umana non ha queste capacità! Dimmi cosa sei, adesso-

-Sono Victoria, Dean-

-Ok- disse sospirando e pulendosi la lama del coltello sui jeans.

-Perché ti interessa tanto?!- sbottai poi.

-Perché mi servi, ecco perché- il suo sguardo si fece più cupo –un mio caro amico è nella stanza più accanto e necessita di cure un po’ speciali. Ora tu mi dici che diavolo di mostro sei, e se i tuoi servigi non richiedono troppo, guarirai il mio amico, prima di essere spedita all’inferno-

-Bhè mi dispiace per il tuo amico Dean, ma io non posso fare un bel niente, come non ho fatto niente per Sam-

-Balle!- mi puntò il coltello al collo.

-Sgozzami Dean, non otterrai comunque nulla-

-Credimi, dopo essere stata in mia compagnia per qualche ora, vedrai che qualcosa otterrò-

Cercai con tutto il cuore di non urlare di nuovo, mentre mi lacerava la pelle sopra la clavicola.

-Te lo chiedo un’altra volta: che cosa sei?-

-Sono umana- ripetei e il secondo dopo mi pugnalò l’altra gamba.

-Che cos’hai fatto a Sam?! Perché l’hai baciato?!-

-Non l’ho baciato!- dissi quasi implorante –Aveva perso conoscenza, non respirava e gli ho fatto la respirazione bocca a bocca. Fine della storia-

Spostò la lama dall’altra parte del mio collo, tagliandomi lentamente lungo la linea del viso.

-Che cosa gli hai fatto?- chiese nuovamente.

Alzai lo sguardo su Castiel, che non si era mosso. Iniziavo a sentirmi debole: sanguinavo parecchio e il dolore era lancinante, soprattutto il taglio sul braccio mi stava privando di parecchio sangue.

-Allora?!- sbraitò Dean.

-Non gli ho fatto niente- ripetei per l’ennesima volta e Dean alzò il coltello, prima che la voce di Sam lo fermasse.

-Dean, aspetta. Forse ci stiamo sbagliando-

-Mi prendi per il culo?- disse lui girandosi –Ti ha guarito baciandoti, c’è per forza qualcosa che non va in lei-

-Magari mi sono sbagliato- ammise abbassando di un tono la voce.

-“Magari mi sono sbagliato”?! Ho appena torturato una ragazza, Sam, vuoi dirmi che non sei sicuro?!-

-La sua storia sta in piedi- disse lui –e io avevo preso una grossa botta alla testa, forse mi sono confuso-

-Dannazione Sam!- Dean diede un calcio ad una sedia lì vicino, mentre iniziavo a faticare a tenere eretta la testa.

-E ora come faccio a sapere se è umana o no?-

Castiel si rese improvvisamente visibile:-Dice la verità, io lo so-

Dean lasciò cadere il coltello a terra, passandosi una mano tra i capelli:-Io non posso crederci-

Sam recuperò la lama e venne a slegarmi:-Mi dispiace Victoria, te lo giuro, non so come sia potuto succedere-

Aprii la bocca ma l’unica cosa che ne uscì fu altro sangue.

Sam mi prese delicatamente tra le braccia, tirandomi su:-Castiel, puoi fare qualcosa per lei?-

-Certo- disse lui, toccò leggermente il braccio di Dean e poi seguì Sam e me in una stanza accanto.

Sentii Dean imprecare di nuovo dall’altra stanza, mentre mi sistemavano sul letto e Castiel mi premeva la mano sulla fronte, e avvertivo le ferite rimarginarsi, ma non le forze ritornare.

 

Non ricordavo neanche di essermi addormentata, ma a quanto pare lo feci, e dovevo anche aver dormito per parecchio tempo, dato lo stato confusionale della mia testa, o forse erano solo i postumi della tortura-Winchester.

Quando aprii gli occhi, sobbalzai leggermente, alla vista di Castiel accanto al letto.

-Ti ho di nuovo spaventata, scusami-

-Ma ti pare- dissi acida –cosa vuoi?-

-La tua energia-

-Cosa?!- sbottai.

-L’amico di Sam e Dean, è messo molto male, Victoria. Tu puoi guarirlo, ma così facendo usciresti allo scoperto-

-O giusto, così vuoi prendere la mia energia e guarirlo tu stesso. Bravo Castiel, sempre l’eroe della situazione. Come farei senza di te-

-La tua voce è piena di quel che Dean chiama “sarcasmo”-

-Il tuo sguardo mentre Big-Winchester mi torturava era pieno di quel che io chiamo “indifferenza”-

-Dovevo lasciarglielo fare, così ora sono sicuri della tua umanità, non ti daranno più la caccia-

-Davvero? E tu e il tuo “sta dicendo la verità, io lo so”, non potevate entrare in scena giusto un poco prima?-

-Se l’avessi fatto, avrebbero sospettato qualcosa, e avrebbero trovato altri modi di metterti alla prova. Ora ti lasceranno in pace-

-Certo- mi volta dall’altra parte.

-E’ stato difficile restare a guardare mentre ti faceva del male, ma è stato necessario-

-Non mi è sembrato ti stessi struggendo, non ti sei neanche reso visibile a loro. E tutta la farsa con cui mi hai convinta a venire qua… è assurdo-

-Non mi piace mentirti, lo sai-

-Non l’hai mai fatto!- sbottai –Pensavo il nostro rapporto andasse oltre a tre anni di distanza, Castiel. E’ bastato questo a cambiarci?-

-Nulla è cambiato-

-Va bene, come vuoi tu- sospirai.

Passò qualche secondo, prima che ripetesse:-Ho bisogno della tua energia per salvare l’amico di Sam e Dean-

-Bhè, allora prendila-

Lo vidi chinarsi su di me e lo spinsi indietro:-Non provarci neanche-

Gli porsi la mano.

-Sai che così sarà più difficile-

-Impegnati-

Mi strinse la mano e sopportai in silenzio il leggero formicolio al braccio che piano piano mi fece riaddormentare.

Mi svegliai probabilmente il giorno dopo, di nuovo in forze e questa volta trovai la casa silenziosa e calma.

Mi alzai lentamente dal letto, passandomi una mano tra i capelli prima di uscire dalla stanza facendo attenzione a non fare rumore. Camminai a piedi nudi lungo il corridoio, per poi entrare in cucina, da dove sentivo provenire alcuni rumori e alcune voci.

Tesi l’orecchio:-Dovresti parlarci- non riconobbi quella voce.

-Non vuole parlarmi, lo sai. L’ unica volta che mi ha parlato in questi giorni è stato per chiedermi come stava Victoria, e solo perché non c’eri tu- quello era Sam.

-Bhè è già qualcosa-

Non li vedevo ma potei immaginare lo sguardo contrariato dello spilungone.

-Posso farti una domanda, Sam?-

-Certo-

-Hai fermato tuo fratello perché ti sei davvero reso conto di esserti sbagliato, o solo perché volevi risparmiare quella ragazza?-

La risposta arrivò prontamente:-Ne ero sicuro, Bobby-

A quel punto decisi di farmi vedere:-Ciao…- dissi piano.

Sam e un uomo barbuto si voltarono di scatto.

-Ciao- disse subito Sam –lui è Bobby, un nostro caro amico-

-Piacere- gli strinsi la mano.

-Bobby, lei è Victoria-

-Piacere mio- sorrisi, indecisa sul da farsi.

-Come ti senti?- intervenne Sam –Siediti-

Mi spostò la sedia dal tavolo e io mi sedetti ancora un po’ impacciata:-Sto bene, mi sento… riposata-

-Castiel… ti ha aiutata?-

Cercai di non risultare troppo seccata a quel nome:-Si, mi è stato veramente d’aiuto-

-Vuoi qualcosa da mangiare?- mi chiese Bobby, che aveva una voce assolutamente burbera e sgarbata, ma allo stesso tempo rassicurante.

-Non… non vorrei disturbare-

-Ma figurati, ti faccio un paio di uova. Dopo quello che ti ha fatto quel bambolotto malefico, siamo fortunati che tu non sia ancora scappata urlando-

Sam sorrise, e anch’io, e si sedette accanto a me, mentre Bobby cucinava.

-Sicura di sentirti bene?-

-Sicurissima, sul serio. Quanto ho dormito?-

-Due giorni-

Sbarrai gli occhi:-Meraviglioso-

-Tranquilla, è normale- mi guardò negli occhi per un po’, prima di prendere un respiro profondo –Senti… non so come scusarmi per quello che è successo con Dean…-

-Sam, per favore no-

-No, lasciami finire. E’ colpa mia se ti ha torturata, io… ero sicuro fossi stata tu a guarirmi, ma forse mi sono solo lasciato prendere. Non avrei mai pensato Dean arrivasse a tanto, ma eravamo veramente convinti fossi una specie di demone, credimi…-

-Sam- lo interruppi, nonostante mi avesse chiesto di non farlo –io avrei fatto lo stesso se avessi avuto anche il minimo sospetto che uno di voi due fosse un qualche tipo di creatura sovrannaturale, credimi. Non ce l’ho con te, né con Dean. Avete solo fatto il vostro lavoro-

Mi guardò in silenzio per qualche istante, prima di annuire comprensivo con un accenno di sorriso sul volto.

-E’ lui l’amico che volevate farmi guarire?- chiesi facendo cenno a Bobby con la testa, mentre proprio questo mi serviva le uova –grazie-

-Si, è lui-

-Sembri in forma- commentai, cominciando a mangiare.

-Non lo ero fino a pochi giorni fa- ammise sedendosi –sono stato attaccato da uno stupido angelo-

Quasi mi andarono le uova di traverso:-Un angelo? Perché mai un angelo ti avrebbe attaccato?-

-E’ quello che stiamo cercando di scoprire- disse Sam.

-E Castiel non era in grado di guarirti?-

-Non è stato ferito proprio dall’angelo- mi spiegò Winchester –è stato ferito da Dáinsleif-

-Da chi?- sbottai: di tutte le creature strane che avevo sentito, questa mi era proprio nuova.

-E’ una spada- continuò Bobby –secondo la leggenda è la spada del Re Hogne, e fu forgiata dai nani-

-Dai nani- ripetei arricciando il naso e finendo le uova.

-Si dice la spada sia stata per molto tempo nel regno dei morti, e che lì abbia assunto dei particolari poteri: non fallisce un colpo. Le ferite inferte da quell’arma ti uccidono e basta, una volta colpito non hai via di scampo. Castiel non era abbastanza forte da guarirmi, ma dice di aver trovato il modo. Meglio così-

-Già, meglio così- concordai.

I due si alzarono e li guardai interrogativa.

Sam mi accarezzò leggermente la spalla:-Il latte è in frigo e il bagno è infondo al corridoio. Io e Bobby usciamo, stiamo lavorando ad un caso-

-Oh vi prego, portatemi con voi-

-No, Castiel ha detto che devi riposare- intervenne Bobby –per oggi rilassati-

-Va bene- mi arresi e li accompagnai fino alla porta.

Mi ritrovai sola a casa, senza nulla da fare, e decisi che quell’abitazione aveva decisamente bisogno di una mano femminile. Tutto era sporco, disordinato e puzzava di alcool. Decisi che avrei passato la giornata, perché ci sarebbe voluto molto tempo, a fare normali e banali pulizie domestiche, e così feci.

Era tarda notte quando finii di pulire e quando spensi il gas su cui avevo fatto del brodo di pollo: a quanto vedevo quei tre non mangiavano roba decente da anni, soprattutto Bobby.

Dopo essermi fatta la doccia e asciugata i capelli mi lasciai cadere su una poltrona davanti alla televisione spenta e inconsapevolmente mi ritrovai a ripercorrere mentalmente la tortura di Dean, per poi scuotere la testa, come per scacciare via quei pensieri.

Dean, a proposito, non si era visto per tutto il giorno, e non avevo chiesto a Sam o a Bobby dove fosse, ma proprio in quel momento avvertii la porta aprirsi.

Rimasi lì, senza smettere di fissare il nero dello schermo della televisione.

Sentii dei passi e li riconobbi come quelli di Dean. Rimasi immobile, non sapevo cosa fare: Sam era forse più colpevole di lui ma non era stato Sam a squartarmi con un coltello. Guardarlo in faccia mi spaventava, e decisi di non farlo.

-Sei sveglia- la sua voce mi raggiunse dalla cucina.

-Già- mi limitai a dire, torturandomi le mani.

-Come… ti senti?-

-Alla grande-

-Hai preparato tu questa roba?-

-Si, hai fame?- mi sporsi dalla poltrona quasi istintivamente e mi resi conto troppo tardi che lo stavo guardando in faccia, prima di notare il sangue che gli colava sul viso.

-Cos’è successo?- chiesi allarmata alzandomi dal divano.

-Niente- disse con noncuranza –mi sono occupato di un nido di vampiri in una città qui vicino, e mi hanno dato una sprangata in testa-

-Fammi vedere- dissi alzandomi-

-Non è niente- disse in fretta, cercando in tutti i modi di evitare il mio sguardo.

-Senti non devi per forza guardarmi in faccia- dissi sfacciatamente –voglio solo controllare se la ferita è grave, sono io a dover guardare te-

Si passò la lingua sulle labbra, lo faceva spesso, quand’era nervoso.

Mi avvicinai di più e osservai che la ferita non era poi così profonda. Gli feci cenno di sedersi e trovai in bagno l’occorrente per almeno ripulirgli il taglio. Soffriva in silenzio il bruciore del disinfettante mentre di tanto in tanto lo guardavo in viso, ma non ricambiava lo sguardo.

Quando finii e buttai via le garze sporche, senza che me l’avesse chiesto gli feci scaldare un piatto di brodo con della carne e dei pezzi di pane.

-Senti…- iniziai mentre lui cominciava a mangiare in silenzio.

-Non mi va di parlarne- disse subito –non ora-

-Ok- mi guardai un attimo in giro –solo… non sentirti in colpa, io avrei fatto lo stesso, l’ho detto anche a tuo frate…-

-Vic. Ti prego, non mi va di parlarne- disse con voce più dura, guardandomi per la prima volta negli occhi.

Ressi il suo sguardo per circa dieci secondi:-Non chiamarmi Vic, sembra il nome di una medicina-

Lo vidi sorridere sotto i baffi, dopodiché mi alzai, dirigendomi verso la camera:-Buonanotte-

Non ricevetti risposta.

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Capitolo 8
*** Dormiremo quando saremo morti. ***


Capitolo VIII

 

-Dormiremo quando saremo morti-



 

Nei giorni seguenti la casa di Bobby non migliorò in allegria, anzi, ogni giorno sembrava più macabra e triste. Lui e Sam si facevano sentire regolarmente, ma a quanto pareva si stavano occupando di una divinità Greca piuttosto tosta, e sarebbero stati via per qualche altro giorno.

Dean era a sua volta ripartito nuovamente, non so per dove, ma di tanto in tanto tornava a casa, solo per consultare qualche libro o fare qualche ricerca.

Ero completamente rimasta esclusa dal giro: Castiel non si era più fatto vedere, e ogni volta che cercavo di instaurare una conversazione con Dean, mi dava le spalle ed usciva di casa. Decisi di aspettare il ritorno di Sam e Bobby, e poi di andarmene.

Più stavo con loro, più mi rendevo conto di quanto la mia presenza fosse distruttiva: l’angelo che aveva attaccato Bobby, il risentimento di Sam e Dean per avermi torturata, un nido di vampiri così vicino, e chissà cos’altro stava cacciando Dean.

Dopo l’ennesima giornata solitaria, decisi di farmi una doccia. Da quando stavo lì, neanche la doccia, che era una specie di piccolo rifugio, mi tranquillizzava più. In quei dieci minuti ero forse più vulnerabile del solito, senza armi o altro con cui difendermi, eppure li avevo sempre considerati dieci minuti fuori dal mio orribile mondo.

Mi bagnai i capelli e me li insaponai, massaggiandomi delicatamente la testa mentre continuavo a ripensare alle cose strane che stavano accadendo. Avrei tanto desiderato parlare con Castiel, ma allo stesso tempo non desideravo affatto vederlo: mi sentivo tradita, e presa in giro. Se c’era una persona di cui mi fidavo, quella era Castiel. Appunto, era.

Ero così presa a pensarci che non mi accorsi che la porta del bagno si era aperta, e questo voleva dire che ero davvero sconvolta per quello che aveva fatto l’angelo: mi accorgevo di un battito di ciglio di troppo, figuriamoci di una porta che si apre.

Quando me ne accorsi mi voltai di scatto verso l’anta della doccia, e il secondo dopo si aprì anch’essa.

Dean Winchester era davanti a me con solo un asciugamano bianco legato attorno alla vita e uno sguardo intenso che mi costringeva quasi a distogliere il mio.

Rimasi immobile per qualche istante, con le labbra socchiuse, e l’unica cosa che ne uscì fu:-Wow-

Dean rise leggermente, il che lo rendeva ancora più attraente di quando rideva sguaiatamente. Lasciò cadere a terra l’asciugamano ed entrò in doccia, facendomi indietreggiare di un passo. Chiuse l’anta con un leggero tonfo, prima di tornare a guardarmi intensamente negli occhi.

Mi accarezzò i capelli bagnati con entrambe le mani, prima di usarle per avvicinare il mio viso al suo:-Mi dispiace, non immagini quanto-

-Dean, ti prego…-

-No, sul serio, Victoria. E’ stata forse la più grande stronzata che io abbia fatto in tutta la mia vita-

-Smettila- gli tappai la bocca con una mano, ma mi prese il polso, sfiorandomi il naso col suo.

-Dì che mi perdoni, e la smetto-

Sorrisi leggermente, osservando per qualche istante l’acqua calda che gli stava inzuppando i capelli, prima di rispondere:-Ti avevo perdonato ancor prima che iniziassi-

Fece di nuovo quella mezza risata che tanto mi piaceva, prima di baciarmi. Nonostante l’avesse fatto altre volte, mi sembrò di sentire le sue labbra per la prima volta, forse perché continuo a credere che per la prima volta fu il vero Dean a baciarmi.

Gli passai le dita fra i capelli ormai fradici e caldi, e ci guardammo negli occhi per dei lunghi secondi, prima che prendesse a baciarmi lungo la linea del viso, dove lui stesso qualche giorno prima mi aveva ferita.

Tenevo gli occhi chiusi, concentrandomi solo sul tocco delle sue mani e delle sue labbra, finchè una strana sensazione non me li fece aprire.

-Dean- dissi improvvisamente.

-Ehi- sorrise premendo le labbra sulle mie.

-Voltati-

Mi guardò sbalordito per un frammento di secondo prima di voltarsi di scatto e osservare una figura scura resa sfuocata dall’anta della doccia. La aprì, mentre mi posizionavo ben dietro di lui per coprire il mio corpo nudo.

-Castiel- quasi ruggì il biondo.

-Ciao- disse lui –ti stavo cercando-

-Non è un buon momento-

Castiel incrociò il mio sguardo, prima di squadrare Dean da testa a piedi.

-Non guardarmi!- disse quello irritato –Vattene-

-Perché sei… siete senza vestiti?- chiese quello in tutta tranquillità.

-Avevamo caldo- rispose ironico Dean –ora vattene-

-Ma devo parlarti-

-Lo farai più tardi ok?!-

Castiel mi guardò di nuovo e un moto di rabbia si impossessò di me, tanto che resistetti a mala pena dallo scansare Dean e prenderlo a pugni. L’angelo assunse improvvisamente un’espressione spaventata e solo dopo un secondo mi resi conto della sensazione calda agli occhi.

-Che c’è?- Dean si voltò verso di me ma avevo già chinato la testa.

-Niente, mi è entrato del sapone negli occhi-

-Bene, allora me ne vado- disse Castiel, e prima che Dean o io potessimo ribattere, se n’era già andato.

 

La mattina dopo mi svegliai per la seconda volta nella mia vita con quella sensazione di riposo e pienezza che tanto mi era estranea, quasi come se avessi dormito abbastanza, e forse era così. Fissavo il soffitto, chiedendomi per quanto sarebbe durata quella normalità, la casa di Bobby e tutto il resto, e mi rimproverai per essere rimasta tanto. Mi conoscevo: le abitudini mi rendevano debole.

-A cosa pensi?-

Continuai a guardare il soffitto ancora per qualche istante, prima di voltare lentamente il viso a sinistra, incontrando lo sguardo smeraldino di Dean.

-Nulla di importante-

Era così vicino, ed era sveglio. Di solito, non appena apriva gli occhi si allontanava da me quasi avesse paura gli contagiassi qualcosa, e da quel momento partiva una sorta di competizione e irritazione reciproca.

Mi girai anch’io su un fianco e gli accarezzai dolcemente il viso:-Da quanto sei sveglio?-

-Abbastanza da notare quanto sei bella quando sospiri nel sonno-

-Non dire queste cose- sorrisi ironica sfiorandogli il naso col mio –non ti si addicono-

Ci baciammo, molto più lentamente di quanto non facessimo di solito, e ben presto avvertii il suo corpo sistemarsi sopra al mio. Ci separammo per guardarci negli occhi, e lessi la completa tranquillità nei suoi, prima che un’ombra gli attraversasse lo sguardo.

-Che c’è?- chiesi mentre si ristendeva accanto a me, questa volta a pancia in su.

-Quello che ti ho fatto mi sta torturando, scusa il gioco di parole-

Sospirai pesantemente:-Smettila di pensarci, ti prego-

-Sai non è la prima volta che torturo qualcuno, lo potrai immaginare- disse come se non avessi parlato, con lo sguardo rivolto al soffitto –ma le altre volte, ne ho ricavato qualcosa, oppure sapevo che quello che stava soffrendo era un mostro, o qualcuno che se lo meritava. Non avevo mai commesso un errore simile… torturare te… era stato difficile in partenza-

Capii che molto probabilmente Dean non mi avrebbe mai più parlato così apertamente, e che quella conversazione sarebbe rimasta in quella stanza per sempre, così rimasi ad ascoltare, trattenendo la voglia di ribattere per quando avrebbe finito.

 -Quando Sam si è tirato indietro… non lo so, non riesco a perdonarmi per quello che ti ho fatto. Non so come tu possa farlo-

Finalmente si voltò a guardarmi.

-Non posso impedirti di sentirti in colpa, ma posso chiederti di non farlo. E vorrei anche chiederti di non arrabbiarti con tuo fratello. Sono una cacciatrice anch’io, Dean, ho torturato anch’io, non sono poi così innocente. Quello che hai fatto era la cosa giusta da fare nel caso fossi stata un mostro, c’è stata un’incomprensione, può capitare. Sono viva, questo è l’importante. Sam se n’è accorto in tempo, e questo è ancora più importante. Tutti possiamo sbagliare, è questo che ci rende umani, e Sam lo è. Nessuno di voi ha alcuna colpa, volevate solo aiutare un amico-

Dean si limitò a fissarmi e non appena aprì la bocca per rispondermi, avvertimmo dei passi in casa.

-Sono tornati- dissi tirandomi su di colpo.

Ci alzammo e ci rivestimmo in fretta, uscendo in corridoio appena in tempo per incontrare Sam e Bobby con i borsoni in mano e un’aria distrutta dipinta in volto.

-Ciao- Bobby ci guardò entrambi con aria sospetta –vi svegliate ora?-

-Certo che no- risposi subito –ma preparo ora la colazione, avete fame?-

-Da matti- sospirò Sam.

I due fratelli si guardarono, ma non si salutarono.

La cucina rimase in silenzio per tutto il tempo, ma non mi diede fastidio: ero troppo occupata a riflettere.

Sam e Dean si sedettero ai lati opposti del tavolo: feci delle uova per Sam e Bobby e un panino per Dean.

Quando posai il piatto davanti a quest’ultimo mi accarezzò una gamba e mi baciò un fianco, senza curarsi degli altri due.

-Allora, di cosa vi siete occupati?- chiesi cercando un po’ di smorzare il gelo creatosi a quei gesti così spudorati di Dean.

-Un lupo mannaro- disse subito Sam, prima di guardare nervosamente e ingiustificatamente alla sua sinistra.

-Ah…- mi limitai a dire, prima di riabbassare lo sguardo su Dean e notare che non aveva ancora iniziato a mangiare, ma fissava quasi schifato il panino.

-Qualcosa non va?- chiesi.

-No, potresti passarmi un coltello?-

A quella richiesta capii immediatamente, e presa la posata, tagliai con precisione le croste del suo sandwich.

Non seppi per molto tempo che cosa mai avessi fatto, ma quel semplice gesto mi procurò lo sguardo più intenso che Dean mi avesse mai rivolto e uno alquanto stupito di Sam.

-Che c’è?- chiesi divertita –so usare il coltello in molti modi-

Sam rise silenziosamente e tutti presero a mangiare.

-Bene… ehm, nuovi casi?- chiesi dopo un poco.

-Un altro lupo mannaro, forse- disse Dean –poco lontano da qui, vuoi venire?-

-Ci puoi contare che vengo!-

-No- una voce ferma e atona ci fece voltare tutti di scatto.

-Castiel- Dean si pulì la bocca –cosa ci fai qui?-

L’angelo rimase immobile, mi rivolse uno sguardo veloce e tornò a guardare il biondo:-Lassù prevedono cose orribili, la ragazza deve rimanere qui-

-Ma che cosa dici? Io andrò- sbottai e mi resi conto troppo tardi di aver dimostrato un po’ troppa confidenza nei confronti di Castiel davanti a Sam, Dean e Bobby.

-Vacci ragazza, io ti ho avvertito, morirai dolorosamente-

-Dici sul serio?- Dean lo guardò impassibile.

-Non dice sul serio!- risi –Vi sta prendendo in giro. Oh, andiamo, me la cavo benissimo-

Castiel mi guardò dritto negli occhi ed ebbi una voglia matta di lanciargli addosso qualcosa. Perché lo stava facendo? Continuava ad intromettersi nella mia vita, e non faceva altro che mettermi i bastoni fra le ruote… Se non fosse stato per lui, a quell’ora mi sarei già dimenticata i nomi di Sam e Dean Winchester.

-Castiel non ci ha mai mentito riguardo queste cose- disse Sam –probabilmente è davvero pericoloso per te seguirci-

-Ma non è vero! Sta mentendo!-

-Vic- Dean mi strinse con delicatezza il polso –conosco bene Castiel, non sta mentendo, fidati di lui-

Non so come feci a trattenermi, ma alla fine acconsentii:-Va bene… se i sommi angeli prevedono la mia morte me ne starò qua, per l’ultima volta- sottolineai le ultime parole e mandai un’occhiataccia a Castiel che abbassò lo sguardo prima di scomparire nel nulla.

Rimasi in silenzio in un angolo mentre loro si preparavano per l’ennesima caccia senza di me, e meditavo di andarmene mentre fossero stati fuori, ma proprio quando pensavo fossero in macchina, Dean tornò indietro solo per premere le labbra sulle mie per qualche istante e dirmi:-Non fare cazzate-

Mi limitai a rivolgergli un mezzo sorriso e guardarlo uscire da casa di Bobby per la seconda volta. Odiavo Castiel con tutto il mio cuore, e ancora non riuscivo a spiegarmi perché.

Dicono che l’odio abbia la stessa intensità dell’amore, ed io ho sempre pensato che in qualche modo fosse vero: non puoi odiare una persona che prima non hai amato profondamente, no?

Proprio mentre ci pensavo, avvertii la sua presenza alle mie spalle, e questa volta non mi voltai neanche, andai dritta in cucina a trovarmi qualcosa da fare, tenendo a freno la tentazione di tirare fuori la spada angelica e piantargliela nel petto.

-Ignorarmi non ti aiuterà- disse ad un certo punto, posizionandosi davanti al tavolo a cui mi ero seduta.

Non risposi, e lui rimase in silenzio per un bel po’.

-Victoria…-

-Castiel- dissi alzandomi di scatto –non so che cosa diavolo ti abbia preso alla testa ma per favore, vattene. Non riesco neanche a guardarti-

-Sto cercando di proteggerti-

-Proteggermi? Da cosa?! Da un lupo mannaro? Ma fammi il piacere. Stai solo uscendo di senno. So benissimo che nessuno lassù si occupa di cose futili come il destino di una stupida umana-

-Tu non sei una stupida umana-

-Lo so, ma Sam, Dean e Bobby no, e ti hanno creduto-

-Ci sono tante cose che non sai, Victoria, e che non posso spiegarti-

-Anche tu non sai tante cose, Castiel. Ho fatto tante cose mentre non c’eri… cose non esattamente pure-

-Ne ho fatte anch’io, non immagini quante, ma ora sto cercando di rimediare-

-E per rimediare ti intrometti nella mia vita? Ho desiderato tanto rivederti Castiel, ma forse non solo gli umani cambiano-

-Lo sto facendo per il tuo bene!-

-Per il mio bene?! Impedirmi di andare ad una stupida caccia? Farmi torturare da Dean Winchester?-

-Ti ho già spiegato il perché…-

-Non mi interessa. Vuoi aiutarmi Castiel? Sparisci. L’ultima cosa che ho voglia di fare è di vederti. Vattene-

-Per favore, Victoria io…-

Il campanello lo interruppe e mi voltai di scatto, stupita, verso la porta. Quando mi voltai nuovamente, Castiel era sparito.

Sbuffai e presi la pistola dal tavolo, dirigendomi velocemente verso la porta. La aprii di poco spiando dalla fessura: c’era una ragazza sulla porta, con l’aspetto di una appena uscita da una casa di cura.

-Posso aiutarti?- chiesi infilandomi la pistola nei jeans e coprendola con la felpa.

La ragazza rimase immobile finchè non spalancai la porta, a quel punto mi guardò come se avesse appena visto la madonna:-Victoria Wilson-

Inarcai entrambe le sopracciglia:-Così sembra-

-Oh mio Dio, che piacere conoscerti- mi scansò ed entrò in casa saltellando –io sono Becky-

-Piacere- dissi chiudendo la porta e osservandola quasi schifata.

-Sapevo di trovarti qui-

-Sei una sensitiva?- chiesi ancora sospettosa, dirigendomi in cucina e versandole un bicchiere d’acqua –Bevi, sembri piuttosto agitata-

Bevve in un sorso il contenuto del bicchiere e si sedette con molta nonchalance al tavolo. Mi sedetti anch’io e la guardai mentre si sistemava i capelli e riprendeva fiato:-Sono qui, in missione!-

Il suo sorriso era quasi irritante.

-In missione- ripetei.

-Sapevo avresti risposto così! Mi sono imparata a memoria il capitolo VIII!-

-Eh?-

Si schiarì la voce:-E’ uscito un libro, Victoria-

-Sei una della biblioteca? Perché davvero non ho tempo di leggere…-

-Ma no! Sono una fan di Supernatural!-

-Di che?-

-Supernatural! La saga di libri i cui protagonisti sono Sam e Dean!-

Risi:-Cosa?-

-Oh, ma non sai proprio niente!-

-Tu sei pazza-

Alzò gli occhi al cielo:-Un profeta ha scritto Supernatural, e ci sono anche uscita per un po’, ma questo non è importante-

-Aspetta, aspetta, hai detto un profeta?- sbarrai gli occhi.

-Oh si, si chiamava Chuck, ma ora è sparito. Comunque, aveva scritto dei libri, e le cose nei libri si sono avverate, perché era un profeta!-

-Perché un profeta dovrebbe scrivere di Sam e Dean?-

-Perché hanno salvato il modo dall’Apocalisse, ecco perché! Ma non sono qui per parlare di questo, sono qui perché è uscito un nuovo libro!-

-Senti, Becky, conosci Sam e Dean e in qualche modo conosci anche me, quindi devi averne viste tante. Per favore, torna a casa, ti trovo un po’ confusa-

-Un po’ confusa si- disse esasperata –allora guarda questo-

Tirò fuori dalla borsa che portava con sé un libro e lo sbatté sul tavolo. Sobbalzai leggermente e diedi un’occhiata alla copertina, che mostrava un disegno di una ragazza bionda coi capelli al vento e il titolo “Dormiremo quando saremo morti”.

-Che roba è?- chiesi.

-Il nuovo libro. Mi aggiravo per una libreria l’altro giorno e come al solito guardavo il reparto “folclore” e poi sei entrata tu. Ti avevo notata per i capelli, mi piacciono davvero tanto, ma poi mi è caduto l’occhio su questo- indicò il libro –e la ragazza disegnata è identica a te!-

-Non lo è- dissi secca.

Alzò di nuovo gli occhi al cielo:-Ho subito capito che non si trattava di una coincidenza, ma non ne ero sicura. E poi, Castiel è apparso alle tue spalle!-

-Aspetta, conosci Castiel?-

-Certo che lo conosco! Ti ho detto che sono una fan di Supernatural!-

-Certo…- dissi sottovoce –come dimenticarlo-

-Allora ho preso il libro e ho letto il riassunto sul retro della copertina- afferrò il volume e lo girò, per poi leggere ad alta voce -"Dormiremo quando saremo morti" è la storia di Victoria, cacciatrice statunitense che si ritrova coinvolta nelle vicende dei fratelli Winchester. Nel corso della storia, la ragazza dovrà affrontare i fantasmi del suo passato, ma soprattutto, dovrà lottare per tenere a freno le emozioni, come il suo lavoro le impone-

Rimasi immobile, fissandola indecisa se ucciderla o se chiedere altre spiegazioni-

-Si, adesso sei indecisa se uccidermi o chiedermi altro. Ma la seconda opzione è la migliore- disse con aria vanitosa.

-Va bene, mi leggi nella mente?-

-No! E’ scritto qui!- mi sventolò il libro sotto il naso.

-Ok, mettiamo caso che sia vero. Perché sei qui? Stavo meglio quando non ne sapevo nulla-

-Ma io devo essere qui. C’è scritto. Mi ringrazierai domani-

-Perché?-

Si avvicinò con aria misteriosa a me, arricciando il naso:-Castiel, è un bugiardo-

-E’ inutile che sussurri, se vuole sentire, sentirà-

-Ma ora non sta sentendo. Il libro lo dice. Io vengo qua e ti avverto del complotto, senza che lui venga a saperlo-

-Il complotto? Quale complotto?-

-Per uccidere Sam-

-Castiel non vuole uccidere Sam- risi –smettila-

-Oh, non vuole direttamente, ma a quanto pare per qualche strano motivo, è necessario che lui lo faccia-

-Ora smettila, Castiel non è un assassino- iniziai ad irritarmi.

-Sapevo ti saresti irritata, perché nonostante tutto, tu adori Castiel. Ma mentre non eravate insieme ti sei persa tante cose, e quello che sta agendo non è il Castiel che conoscevi. Tutti cambiano-

Cercai di ignorare in tutti i modi il suo irritante modo di parlare teatrale.

-Bhè perché mai vorrebbe ucciderlo?-

-Io lo so, ma non posso dirtelo-

-Bhè potrei leggerlo nel libro-

-Cercherai di farlo infatti, ma c’è scritto che non ne troverai mai una copia- rimise la sua in borsa e mi guardò soddisfatta.

-Sopravviverò- dissi secca.

-Non sono qui per farti innervosire, comunque. Sono qui per Sam: tengo molto alla sua incolumità-

-Sarà ucciso dal lupo mannaro? Ne dubito fortemente-

-Bhè il lupo con cui hanno a che fare non è un lupo qualsiasi. E’ un poliziotto, ed è armato. Sam avrà un’allucinazione: cadrà a terra privo di sensi e Dean seguirà il lupo, quando Sam si sveglierà ti vedrà mentre il lupo ti punta contro la pistola, si butterà per salvarti e morirà con quella pallottola-

-Ehi, piano, piano- dissi con la testa in fiamme –non ti seguo. Perché Sam perderà i sensi?-

-Per un colpo in testa del lupo-

-A quel punto Dean inseguirà il lupo-

-Giusto-

-Sam si risveglierà… e?-

-E avrà un’allucinazione del lupo che ti punta contro la pistola e si lancerà per salvarti. Non è romantico?-

-Fin qui ci sono. Ma se è tutto nella sua testa, come può la pallottola ucciderlo veramente?- chiesi convinta di averla fregata.

-Perché il lupo e la pistola ci sono veramente, ma la pistola sarà puntata contro Bobby, alle spalle di Sam-

Mi passai una mano tra i capelli:-Non ci sto capendo nulla-

Sbuffò, frugando nella sua borsa ed estraendone una penna, un cellulare e uno specchietto e allineandoli.

-Bobby è la penna, Sam è il telefono e il lupo è lo specchietto, ci sei?-

-Ci sono-

-Il lupo, cioè lo specchietto, spara a Bobby che è la penna, ma in mezzo c’è il telefono, ovvero Sam-

-E Sam non può spostarsi?-

-Non lo fa, anzi, si butta tra il lupo e Bobby perché vede te…- tirò fuori un o scontrino accartocciato dalla borsa e lo posizionò dietro Sam-telefono –e vuole salvarti. In questo modo muore-

-E Castiel sapeva tutto questo?-

-Lo sapeva, per questo ti ha detto di stare qui, in modo che Sam abbia l’allucinazione, e muoia-

-Ma se sa tutto questo, saprà anche che io arriverò a salvarlo-

-Non lo sa, lui non ha letto il libro, sa solo alcune cose che ha sentito-

-Credevo gli volesse bene-

-Gliene vuole, ma ne vuole di più a te. Ci sono cose che scoprirai più avanti. Per adesso, devi solo salvare Sam-

Si alzò in piedi, rinfilando le sue cose in borsa.

-Aspetta- la fermai alzandomi a mia volta –perché mai Sam dovrebbe avere delle allucinazioni?-

-Questa è una delle cose che scoprirai più avanti…- disse con fare misterioso –ora muoviti-

Tirò fuori di tasca un altro pezzo di carta accartocciato e me lo mise in mano:-Questo è l’indirizzo, sbrigati-

-Ok- dissi ancora poco convinta.

La accompagnai alla porta e la guardai avvicinarsi alla sua auto.

-Becky- dissi all’ultimo momento.

-Si?- si voltò.

-Se scopro che mi hai preso in giro…-

-Mi ucciderai, lo so- diede un colpetto alla borsa per indicare il libro, e salì in macchina.

La guardai partire, e quasi istantaneamente chiamai Bobby.

-Pronto- la sua voce era rude e grossa.

-Bobby, come sta andando?-

-Non bene. Questo bastardo è un poliziotto, si è chiuso nella centrale. Sam e Dean sono già dentro, mi hanno chiesto di rimanere in macchina per emergenza-

Quasi mi si bloccò il cuore:-Va bene, ciao allora-

Quando misi giù, ero già in macchina. Non mi spiegavo come tutto ciò potesse essere possibile, ma in un mondo in cui esistevo io, potevano sicuramente esserci anche profeti e cose del genere. Quel libro doveva davvero raccontare la mia storia, ma non impazzivo dalla voglia di leggerlo. Cosa avrei fatto se mi avesse rivelato un destino che non fosse stato quello che volevo? Troppo rischioso.

L’indirizzo che Becky mi aveva dato era davvero molto vicino, e scoprii che sotto c’era anche il suo numero di telefono, come se mai avessi avuto voglia di chiamarla.

Quando arrivai, localizzai immediatamente l’Impala, con ancora la portiera aperta: Bobby doveva essere appena entrato. Mentre anch’io entravo nell’edificio, mi colpì un flash della rappresentazione di Becky, e mi resi improvvisamente conto che se avessi scansato Sam dalla traiettoria del proiettile, questo avrebbe colpito Bobby. Decisi di non pensarlo, e di improvvisare: cosa che mi riusciva benissimo.

Tenevo la pistola ben stretta e mi muovevo piano: non sentivo alcun rumore. Improvvisamente sentii delle voci al di là di una porta spalancata.

Spiai, senza farmi vedere, e rimasi a bocca aperta nel trovare tre persone disposte esattamente come Becky mi aveva descritto. Il poliziotto aveva già la pistola alzata e Sam si voltò improvvisamente verso il nulla alla sua sinistra:-Victoria!-

Bobby guardò prima Sam e poi la porta da cui ero appena entrata.

-Giù, Bobby!- urlai, prima di scavalcare una scrivania e piombare addosso a Sam, buttandolo a terra, un attimo prima che il lupo sparasse. Un altro sparo seguii subito dopo, e dietro il cadavere del lupo, emerse Dean.

Mi tirai su, aiutando anche Sam a rialzarsi, mentre Dean e Bobby mi guardavano stupiti.

-Quale parte di “non fare cazzate” ti è sfuggita?- sbottò Dean –Saresti potuta morire. Castiel te l’aveva detto-

-Prego, è un piacere salvare la vita a tuo fratello- risposi irritata.

Sam continuava a guardarmi sconvolto.

-Stai bene?- chiesi io.

-Benone- annuì lui.

-Andiamocene allora-

Incrociai lo sguardo di Sam, che apparve decisamente preoccupato, e gli rivolsi un mezzo sorriso.

Allora, di solito dopo il capitolo evito di martoriarvi con i miei monologhi, ma ci tenevo tanto a scusarmi per il ritardo con cui pubblico questo ottavo capitolo. Purtroppo come tutti sapete Maggio è il peggior mese per quanto riguarda la scuola e ho alcune materie da rimediare, per cui il tempo per scrivere è davvero poco :( Oltre a questo, volevo scusarmi per l'intreccio assurdo di questa storia, mi dispiace ma sono pazza così, haha, volevo dirvi di non preoccuparvi, piano piano tutto avrà un senso, ma accetto ben volentieri ipotesi da parte vostra! Volevo poi ringraziare tutte le persone che mi hanno aggiunta tra i preferiti/seguite/da ricordare ecc. mi fa davvero tanto piacere, e allo stesso modo ringrazio le persone che recensiscono, grazie, grazie davvero ^^

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Capitolo 9
*** Una mela al giorno... ***


Capitolo IX

 

-Una mela al giorno…-

 


 

Correre. Un’altra di quelle cose che mi faceva sentire decisamente bene.

 

-Sei pronto Jack? Questa volta ti batto- il ragazzo che aveva parlato era un mio compagno di classe.

Mi avvicinai ai due silenziosamente e buttai una leggera occhiata all’insegnante di educazione fisica che stava sgridando due ragazze per non essersi legate i capelli.

-Steve, Jack- dissi improvvisamente e i due ragazzi mi guardarono stupiti.

-Ciao Victoria- disse Steve –cosa vuoi?-

-Posso correre?-

-Correre?- i due si guardarono divertiti.

-Sei una ragazza- aggiunse Jack –non riuscirai a starci dietro-

-Mettimi alla prova- inarcai entrambe le sopracciglia.

-Va bene- disse infine –ma non dire che non te l’avevamo detto-

-Affare fatto-

Mi posizionai con loro e Jack contò la partenza:-Uno… due… tre…via!-

Corsi, più veloce che potevo, sempre più veloce, velocissima, troppo veloce. Senza il minimo sforzo li avevo battuti entrambi, ed arrivarono con un forte ritardo al traguardo.

-Ah, sapevo che c’era la fregatura- disse seccato Steve col fiatone –fai atletica, o qualcosa del genere-

-Sono semplicemente veloce- dissi.

-Troppo veloce per essere una ragazza- aggiunse Jack con uno sguardo accusatorio.

Distolsi lo sguardo e quando mi voltai, incontrai quello di Castiel dietro la ringhiera del cortile della scuola.

-Victoria, è tuo padre quello?- chiese Steve.

-Già…- sospirai –vado a vedere cosa vuole-

Mi avvicinai alla ringhiera.

-Che cosa fai?- chiese serio.

-Lezione-

-Scavalca, andiamo via-

-Ma… si accorgeranno che manco-

-Non si ricorderanno della tua esistenza entro qualche secondo, ce ne andiamo-

-Di nuovo? No, ti prego-

-Non è colpa mia, e tu non fai del tuo meglio per nasconderti a quanto vedo. Tutta la classe ha visto quanto sei veloce. Non è qualcosa di esattamente umano-

Scavalcai la ringhiera con facilità e prendemmo a camminare lungo il marciapiede.

-E’ sempre più difficile tenerti al sicuro-

Mi limitai a sospirare:-Hai trovato quell’arcangelo?-

-Chi? Gabriele? Non ancora… non si sa dove sia, ma so che è buono, lui può aiutarci-

-Continuiamo a cercare allora-

 

Quando svoltai nella via di Bobby, avvistai fin da subito il portabagagli dell’Impala aperto e Dean che vi caricava dentro della roba. Aumentai la velocità e mi fermai accanto a lui:-Ciao-

Non alzò lo sguardo:-Ciao-

-Vai da qualche parte?-

-Già, un caso nel Mississippi. Vieni con me?- finalmente mi guardò.

Lo osservai per qualche istante, prima di sorridere:-E me lo chiedi?-

Chiuse lo sportello e si avvicinò a me con un mezzo sorriso; mi posò una mano sul viso e mi baciò con delicatezza.

-Vatti a fare una doccia, ti aspetto qui- mi spostò una ciocca di capelli sfuggita alla coda dietro l’orecchio.

-Sam è già pronto?- chiesi.

-Sam non viene-

Aprii la bocca per chiedere qualcosa, ma si era già voltato.

Entrai in casa con un po’ di fiatone e passando davanti ad una camera per entrare in bagno, notai con la coda dell’occhio la figura di Sam al suo interno.

Mi fermai e sbirciai dentro: Sam era seduto sul letto, con lo sguardo fisso e vuoto davanti a sé.

-Sam, tutto bene?- chiesi prima di entrare, ma non ottenni risposta.

Lo osservai chinare la testa e prendersela tra le mani.

-Sam- entrai nella stanza e solo a quel punto alzò di scatto la testa.

-Victoria-

-Stai bene?-

-Si… si- diede un’ultima occhiata all’armadio davanti a sé e poi mi guardò.

Osservai l’anta in legno che non sembrava avere alcunché di interessante e poi mi sedetti accanto a lui.

-Dean sta partendo-

-Lo so- la smorfia sul suo viso non mi sfuggì.

-Perché tu non vieni?-

Rimase in silenzio per un po’, per poi rivolgermi un’occhiata dispiaciuta:-Senti, Dean non riesce a passare sopra a quello che è successo con te… quindi abbiamo deciso che stare separati per un po’: farà bene ad entrambi-

-Cosa?!- sbottai –Io… no. Mi sento responsabile-

-Oh, no, non devi- si affrettò a dire –è colpa mia, nostra. Assolutamente non sentirti in colpa-

-Ma… non credo che stare separati aiuterà, molto sinceramente-

Fece spallucce:-Forse no… o forse si. Tu vai con lui?-

Lo guardai in silenzio per un po’:-Vorrei, ma a questo punto non so. Forse dovrei semplicemente andarmene per i fatti miei, anzi, credo proprio farò così-

Mi alzai, ma lui si alzò con me:-Victoria no, per favore, non voglio che tu te ne vada, sul serio. Non avrei dovuto parlartene…-

-No, avresti dovuto invece. Senti, voi siete fratelli, io sono una cacciatrice come un’altra, non rovinerò il vostro rapporto. Ora faccio le valigie e me ne vado-

-Victoria, non farlo- mi superò e chiuse la porta con poca delicatezza –per favore-

-Perché?- chiesi quasi sottovoce –Non vedi che da quando mi avete conosciuta tutto sta andando male per voi?-

Rise leggermente:-Male? Victoria ma hai visto mio fratello? Non l’ho mai visto così umano come in quest’ultimo periodo, da quando ha conosciuto te. Non so cos’hai di diverso, o di speciale, ma lo rendi davvero una persona migliore-

Lo guardai in silenzio.

-Potrai pensare che quello che prova è il rimorso che chiunque proverebbe dopo aver commesso un errore simile. Ma sei una cacciatrice, lo sai anche tu, il rimorso non è una delle nostre prime qualità. Dean in un’altra occasione avrebbe detto “pazienza, può capitare, mi dispiace ma il tuo sacrificio è servito ad un bene superiore”. Con te non l’ha fatto-

-Ti sbagli- dissi cercando di uscire dalla stanza, ma lui tenne chiusa la porta.

-Ascoltami. Si mangia il fegato ogni volta che ti guarda per il male che ti ha fatto, e credimi, non gli succede spesso. Lo rendi umano, Victoria, non so come. Quindi per favore vai con lui, io me la caverò e sarò più tranquillo sapendoti con lui-

Sospirai:-Va bene-

Dopo un altro attimo di silenzio, aprì la porta e mi fece uscire.

-Però non sparire- dissi all’ultimo, voltandomi a guardarlo.

-Promesso- rispose lui con un mezzo sorriso.

Mi diressi in bagno e chiusa la porta a chiave, estrassi il telefono di tasca, ringraziando di aver salvato per sicurezza il numero di quella Becky. Squillò una sola volta.

-VicVic- la sua voce acuta mi trapanò un timpano.

-Becky, ciao-

-Aspettavo la tua chiamata: capitolo nove, pagina 2-

-Fantastico, quindi sai anche il perché ti chiamo-

-Si, ma adorerei sentirlo dire da te-

Alzai gli occhi al cielo:-Dean sta partendo e io parto con lui, ma Sam non viene-

-Quindi?-

-Quindi?! Quindi se qualcuno sta tentando di ucciderlo, non ho intenzione di lasciarlo da solo. L’altro giorno sei venuta tu ad avvertirmi, ma io non ho quel libro, non so se e quando accadrà di nuovo-

-Non accadrà più, non devi preoccuparti-

-Dici sul serio?-

-Serissimo. Ho letto il libro, no?-

-Ne sei assolutamente certa?-

-L’ho letto sette volte, pensi che io lo sappia?-

-Ok, bene. Allora a posto così-

-Ciao VicVic-

-Ciao- dissi seccata da quel nomignolo osceno, e misi giù.

 

Salii in macchina e chiusi la portiera, non commentando il fatto che Dean non partisse.

-Sei sicura di voler venire?- chiese dopo un po’, voltandosi a guardarmi.

-Sicura-

Rimasi rigida per quasi mezz’ora, finchè non entrammo in autostrada e Dean accese la radio, cosa che non so per quale motivo, mi rese molto più rilassata.

Scivolai più avanti per stare più comoda e sollevai i piedi, poggiandoli sul cruscotto. Solo dopo qualche istante notai lo sguardo fisso di Dean.

-Che c’è?- chiesi molto tranquillamente.

-Dimmi che non l’hai fatto sul serio-

-Fatto cosa?-

-Mettere i piedi lì sopra-

-Oh- mi guardai innocentemente i piedi –l’ho fatto, si-

Si passò la lingua sulle labbra con fare nervoso:-Potrei seriamente ucciderti-

-Ma non lo farai, guarda la strada, altrimenti ci ucciderai entrambi-

-Mettili giù, Vic-

-Ok, ok, calmati- sbuffai riabbassando i piedi –Allora, che tipo di caso è?-

-Ancora non so- disse vago, con fare pensieroso –succedono cose strane, ma non riesco a farmi venire in mente nulla-

-Cosa intendi per “strane”?-

-So che ti sembrerà assurdo, ma sembra che in quella città tutti i rapporti sociali si stiano rompendo. Gli innamorati si lasciano, gli amici litigano, i figli scappano di casa. E’ abbastanza strano?-

-Abbastanza- acconsentii, iniziando anch’io a pensare a cosa mai potesse essere.

Quando arrivammo in città, ci fermammo al primo motel che incontrammo.

-Figlio di puttana- borbottò Dean.

-Che c’è?- chiesi divertita.

-Il parcheggio è a pagamento-

-Ah- parcheggiò e scendemmo dall’Impala –faccio io, tu inizia ad entrare-

-Grazie- disse lui, avviandosi verso l’entrata dell’edificio.

Stavo pagando, quando con la coda dell’occhio, intravidi Castiel.

-C’è un modo per eliminarti in modo permanente?- chiesi senza guardarlo.

-Uccidermi- disse con tranquillità –dovete andarvene da qui-

-Mmh- annuì senza prestargli attenzione.

-Victoria, quello che sta succedendo qui è molto strano-

-Per questo siamo qui- sorrisi premendo sul cruscotto lo scontrino del pagamento.

-Dovete tornare indietro-

-Stai per morire, vai qui, vai là, fai questo, fai l’altro…- dissi esasperata, incamminandomi verso il Motel, ma l’angelo mi seguì.

-Obbedire ai miei ordini non era un problema quando farlo ti salvava la vita, non è vero Victoria?-

Mi fermai di botto e per la prima volta mi girai a guardarlo:-Starmi alla larga non era un problema quando farlo ti evitava imbarazzi, vero Castiel?-

Vidi un lampo di rabbia attraversargli lo sguardo, prima che scomparisse.

Trovai Dean nella hall e mi fece cenno di seguirlo, coi borsoni in mano. Mentre salivamo le scale, si fermò improvvisamente, voltandosi a guardarmi con un sorriso soddisfatto. Non capii il perché di quel gesto fin quando non entrammo entrambi in un’unica camera.

Sistemammo le nostre cose, prima di prendere ad indagare sul caso. Ora che Castiel me l’aveva confermato doveva sicuramente esserci qualcosa di strano, ma proprio non riuscivamo a capire cosa.

-Potrebbe essere… un fantasma- disse Dean dopo due ore che tenevamo la testa nei testi antichi.

-Un fantasma? Come potrebbe mai essere?-

-Magari la città in qualche modo ha fatto si che lui e non so… un amico o la fidanzata litigassero, e ora se la prende con i cittadini-

-Tutti? I fantasmi sono legati ai cadaveri, o agli oggetti. Come può essere dappertutto?-

-Giusto. Allora proprio non lo so-

Sospirammo entrambi,e feci appena in tempo a girarmi quando avvertii qualcosa di caldo colarmi dal naso, e qualche fitta alla testa. Mi asciugai in fretta la goccia di sangue che mi stava per bagnare le labbra e mi alzai.

-Esco, ho bisogno di schiarirmi le idee-

-Va bene. Se ti vieni in mente qualcosa chiamami-

-Sarà fatto- uscii quasi di corsa dalla stanza e dal Motel, cercando il primo vicolo buio e non frequentato che mi capitava a tiro. Una volta trovato, tirai fuori la spada di Castiel, presi un respiro profondo e lasciai cadere le barriere.

C’era silenzio, e l’immobilità più totale. Iniziai a girare su me stessa, controllando ogni angolo da cui l’angelo di Raffaele potesse saltare fuori, ma non accadde.

-Oh andiamo, vieni fuori!- urlai dopo un po’, ma nulla si mosse.

Ci volle un po’, prima che mi convincessi ad andarmene da quel vicolo. Mi ero sbagliata.

Tornai verso il Motel ed entrai in casa ancora assolta nei miei pensieri. Dean era esattamente dove l’avevo lasciato: seduto sul letto con gli occhi arrossati per il troppo fissare lo schermo del pc.

-Dean lascia perdere, riproveremo domani-

-No, devo riuscire a capire che diavolo sta succedendo qui-

Sospirai, guardandolo:-Così non ha senso. Dormi qualche ora, avrai le idee più chiare, vedrai-

-Non ho intenzione di dormire-

-Ma devi, dormire-

-Dormiremo quando saremo morti. Ora ho di meglio da fare-

Mi ero voltata, ma tornai a guardarlo con gli occhi sbarrati:-Cos’hai detto?-

Inarcò entrambe le sopracciglia:-Che ho di meglio da fare-

-No, no, prima-

-Prima quando?-

-Lascia perdere- sbuffai, lasciandomi cadere su una sedia, e prendendo a fissare il vuoto.

-Figlio di puttana!- Dean lanciò la penna che teneva in mano dall’altra parte della stanza, facendomi sobbalzare.

-Ok, ora basta- mi alzai e chiusi di colpo lo schermo del portatile, per poi portarglielo via e posarlo sul tavolo.

-Vic ci sono quasi, me lo sento- mi guardò afflitto.

-Ne sono sicura- mi avvicinai al letto, buttando a terra le ultime scartoffie prima di salirvi e avvicinarmi a lui.

-Ma?- sorrise malizioso mentre mi sedevo a cavalcioni sulle sue gambe.

-Ma… sono altrettanto sicura che qualsiasi cosa sia, può aspettare. Non sta uccidendo nessuno, giusto?-

-Giusto-

Gli passai una mano tra i capelli, prima di baciarlo. Se c’era una cosa bella del baciare Dean, era che sapeva costantemente di birra. O forse non era quello, forse era che da quando era successo quello che era successo il sapore di birra non faceva altro che ricordarmi quanto la sua corazza fosse credibile e dura, e quanto chiudendo gli occhi per baciarmi si mettesse a nudo.

Lo spinsi delicatamente indietro senza stupirmi delle sue mani che già si infilavano sotto la mia maglietta. Le assecondai, lasciando che me la sfilasse prima di abbassarmi a baciarlo lungo il collo mentre gli slacciavo i jeans.

-Sai perché ti adoro?- le sue labbra mi accarezzarono l’orecchio e mi costò parecchio trattenere un brivido –Perché vai dritta il punto, sempre-

Lo disse proprio mentre gli abbassavo i pantaloni e quando tornai al suo viso ci baciammo sorridendoci.

Poi accadde qualcosa, in modo strano, all’improvviso, quasi senza che ce ne accorgessimo. Sospiravamo già entrambi, sentivo già le sue dita sfiorarmi lungo tutta la schiena, mentre l’altra mano mi disegnava i contorni degli slip, quando per caso ci guardammo negli occhi.

Pensai volesse dire qualcosa, ma si limitò a guardarmi, con la più seria delle espressioni, come se mi vedesse per la prima volta. Ci girammo e lo osservai sistemarsi con la massima delicatezza sopra di me, prima di riprendere a baciarmi, ancora più dolcemente di quanto credevo potesse fare. Mi accarezzò i capelli, e per la prima volta notai quanto il mio cuore battesse forte al suo tocco, quanto le sue labbra mi avessero rapita. Facevo fatica a pensare, ma mi resi conto che non dovevo farlo. Lo sentivo, lo sentivo davvero. Avvertivo più che mai i suoi sospiri, le sue carezze, come se avesse buttato giù un altro strato della corazza.

 

 

Mi svegliai a notte fonda, quando il mio sonno fu disturbato da un’imprecazione se pur sottovoce di Dean.

Mi sentivo stranamente debole e stanca, ma non assonnata, avevo solo voglia di stare coricata a guardare il soffitto. Spostai lo sguardo sull’unica luce della stanza: lo schermo del portatile di Dean che si passava una mano tra i capelli.

Mi rivestii e mi alzai più silenziosamente di quanto intendessi fare, e quando gli arrivai alle spalle abbracciandolo, imprecò di nuovo.

-Scusa- disse subito dopo, quando mi sedetti al tavolo, guardandolo.

-Novità?-

-Sam faceva queste cose- disse arrabbiato –io… non sono quello delle ricerche-

-Se vuoi continuo io. Stai insistendo tu per farlo-

-Dovrò farlo senza di lui d’ora in poi, no? Tanto vale che impari-

Gli chiusi lo schermo del pc per la seconda volta nel giro di qualche ora, e mi guardò irato.

-Parliamo di Sam. E’ colpa tua-

-Non parliamo di Sam- riaprì lo schermo del pc.

-E invece ne parliamo- lo richiusi, seccata e lui si alzò.

-Victoria per favore! Non sono cose che ti riguardano-

-Ah no! Sono io che caccio con te ora. Sono io che mi sento addosso la colpa, quindi ne parleremo-

-Io non parlo dei miei sentimenti, Victoria, non sono un cazzo di sentimentale. Se ti aspettavi questo, hai scelto il fratello sbagliato-

-Io non ho scelto un bel niente- mi alzai anch’io –si può sapere che cosa ti prende?-

-Questo sono io, Victoria-

Lo guardavo sconvolta. Avevo come l’impressione di essere stata con due persone diverse, nelle ultime ore.

Si passò una mano sulla fronte, dandomi le spalle e io guardai il tavolo, notando solo ora le altre cose che vi erano poggiate. Mi avvicinai incredula al piano di legno prendendo col mignolo il bordo di quelle che dovevano essere un paio di mutandine rosa e le sollevai in aria:-E questo che cosa sarebbe?-

-Cosa vuoi che sia? Torta di mele. A quanto pare in questa fottuta città c’è una specie di fiera delle mele ogni anno e noi ci siamo capitati in mezzo. Le regalavano per strada- rispose senza guardarmi.

Buttai uno sguardo all’ultima fetta di torta di mele rimasta sul tavolo per poi riportarlo alle mutandine.

-Non intendevo quella, intendevo queste-

Si voltò, e rimase a guardarmi incredulo per un po’, prima di fare un sorriso imbarazzato:-Allo stand c’era una ragazza-

Risi, per evitare di ucciderlo.

-Meraviglioso Johnny Bravo- gli lanciai le mutandine in faccia e presi in fretta scarpe e giacca-

-Victoria cosa fai? Andiamo, non te la sarai mica presa?-

Dovetti tenere per qualche secondo gli occhi chiusi per evitare che guardandomi non mi sparasse con la pistola a sale.

Quando li riaprii, lo guardai con tutto l’odio che riuscivo a concentrare in uno sguardo.

-Oh mio Dio tu…- mi guardò sinceramente stupito –non avrai mica pensato…-

Rimasi in silenzio.

-Sono un cacciatore Vic, capisco che non mi conosci da tanto ma… credevo che il nostro rapporto fosse chiaro come il sole. Cosa ti aspettavi?-

-Già. Bella domanda. Cosa mi aspettavo?- uscii dalla camera del motel sbattendo la porta.

 

 

Credo di aver impiegato più tempo a scrivere questo capitolo 9 che tutto il resto messo assieme. Mi scuso, ma come avevo già detto, la scuola mi sta MOLTO impegnando. Spero di riuscire a postare il capitolo 10 un po' più velocemente. Come al solito vi ringrazio tutti, e mi scuso per la sadicità degli eventi di cui non si capisce una mazza. Buona serata a  tutti :)

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Capitolo 10
*** Lasciate ogne speranza voi ch'intrate. ***


Capitolo X

 

-Lasciate ogne speranza voi ch'entrate-

 


 

Guardai per l’ennesima volta il display del cellulare: vuoto. Ma cosa mi aspettavo? Che Dean Winchester preso dal rimorso mi telefonasse implorandomi di tornare da lui? Mi sembravo una di quelle stupide ragazzette dei telefilm che sognano ad occhi aperti. Forse avevo bisogno di esserlo: in fondo, non lo ero mai stata.

Per la prima volta da giorni, sentii la mancanza di Castiel, e mi giudicai egoista da sola, pensando a quanto mi avevano infastidito le sue apparizioni mentre cacciavo con Dean, e quanto invece adesso che ero nuovamente sola, mi sarebbe piaciuto vederlo.

Probabilmente erano i pensieri sulle ragazzine, a farmi pensare a lui, perché quando ero io una ragazzina, non avevo altro che lui: l’angelo custode ingenuo e un po’ tonto, ma che avrebbe dato la vita per salvare la mia.

Scacciai l’idea di chiamarlo, parcheggiando davanti ad un bar e scendendo, per proseguire a piedi. Stavo ignorando i casi che trovavo sul giornale da più di una settimana, e non era decisamente da me. Ma avevo troppi pensieri per la testa per pensare anche che stavo impazzendo: Dean, Castiel, Sam, gli angeli di Raffaele.

I falsi allarme stavano diventando sempre più frequenti, tanto che ormai ignoravo il sangue dal naso, limitando a premermi un fazzoletto sul volto e continuare a guidare verso non so dove.

La cittadina che avevo trovato mi piaceva parecchio. Svoltai in una stradina alberata e deserta solo per il gusto di camminare e respirare aria che non fosse quella puzzolente di alcool della nuova macchina che avevo rubato.

Forse dovevo chiamarlo io, Dean, chiedergli come stava, se aveva risolto il caso, e scusarmi per essere stata così ingenua. Forse stava ridendo di me, per l’aver creduto che ci fosse qualcosa di serio tra di noi. O forse no, forse era semplicemente uno stronzo. Si, era così. Ricordavo bene come mi guardava, e ciò che mi aveva fatto capire. Non mi ero immaginata tutto.

Forse dovevo chiamare Sam, invece. Da quando ci eravamo divisi non l’avevo più sentito, e nonostante Becky mi avesse dato prova di avere la situazione sotto controllo, non riuscivo ancora a fidarmi pienamente di lei. Temevo si scordasse di avvertirmi che Sam stava morendo, troppo occupata a guardare i cartoni animati.

E forse infine non dovevo fare altro che chiamare Castiel. Mi sarebbe bastato pregarlo, per vederlo comparire al mio fianco, con la solita aria stralunata. Avrei dovuto forse cercare di capire perché si stava comportando in quel modo assurdo. Ma nel mio inconscio era proprio quello il motivo per cui non lo chiamavo: sapevo che c’era qualcosa di serio dietro, e non avevo la minima voglia di affrontare altri problemi.

La delusione per Dean mi aveva stroncato più di quanto avessero fatto anni di caccia ai mostri.

Improvvisamente, mentre percorrevo quell’adorabile stradina alberata, mi resi conto che gli alberi si erano fatti molto più fitti, e la strada si era pian piano trasformata in un sentiero appena accennato di aghi di pino calpestati.

Feci ancora qualche passo, trovandomi definitivamente al centro di un bosco che non avevo notato dalla statale da cui ero arrivata. Cercai di tornare sui miei passi, ma non ritrovai il sentiero, come se mentre ero girata qualcuno l’avesse cancellato. Capii immediatamente che qualcosa non quadrava.

Estrassi la pistola in un modo eccessivamente rapido per una semplice umana, e la puntai al vuoto. Mi voltai su me stessa numerose volte, ma non succedeva niente.

Avvertii degli spostamenti, dei passi, leggeri e furtivi, come quelli degli animali.

-Vieni fuori!- urlai, ma nessuno mi diede ascolto.

La mia testa prese a pensare furiosamente, senza trovare alcuna soluzione. Forse era Raffaele, forse no, non lo sapevo.

Poi, qualcosa mi balenò in testa: il sentiero svanito così in fretta, quel luogo che avevo completamente ignorato al mio arrivo, ma così reale… gli alberi dall’aspetto tutt’altro che cittadino.

-Gabriele!- urlai. Era impossibile, me ne rendevo conto, ma in certi casi la speranza prevale su tutto –Gabriele!-

Un ringhio mi fece voltare: un animale venne fuori da dietro un grosso albero, e rimasi immobile più per lo stupore che per la paura: era un leone, enorme, con le zanne in vista.

-Ma che…- indietreggiai, quando al suo fianco comparve un grosso lupo, dall’aspetto altrettanto aggressivo.

Valutai velocemente le mie possibilità: scappare o affrontare gli animali.

Decisi che scappare era la cosa migliore, quando comparve un terzo animale: una lonza.

Stavo per prendere a correre seduta stante, quando scoppiai a ridere.

-Oh… veramente divertente. Gabriele!- sbraitai –Gabriele!-

Ma non apparve nessun arcangelo salvatore, anzi, le bestie iniziarono ad avanzare verso di me.

-Ok, Gabriele, ho capito, puoi farti vedere ora-

Come risposta ottenni solo un ruggito potente del leone, e decisi che era il caso di correre.

Non scappavo così da non so quanto tempo, e nonostante la paura dei tre animali alle mie spalle, avvertivo una sensazione di libertà che non sentivo da tempo. In un certo senso era come se sapessi che Gabriele sarebbe comparso da un momento all’altro a ridere della sua messa in scena, ma non successe.

Proprio quando mi resi conto che la lonza mi aveva quasi raggiunto, notai un’alta collina che secondo i miei miseri studi, doveva essere il purgatorio.

Mi ero dimenticata quanto Gabriele fosse teatrale e dove la sua fantasia potesse portare, ma adesso stava un po’ esagerando. Mi voltai a sparare alla lonza, e il fatto che non la scalfii minimamente mi confermò che non era reale.

A questo punto Dante incontrava Virgilio, no? Dov’era il mio Virgilio? Desideravo con tutto il cuore fosse Castiel. Ma a quanto pare, non c’era nessun Virgilio pianificato per me. Aumentai la velocità, ormai col fiatone, e stavo per iniziare ad arrampicarmi su per la collina, quando mi mancò la terra sotto i piedi.

 

Quando ripresi conoscenza ero sicuramente in un letto d’ospedale: riconoscevo l’odore di disinfettante e i rumori meccanici dei macchinari. Qualcuno mi teneva la mano. Castiel non era il tipo da tenermi la mano, e per un secondo, solo per un secondo, credetti fosse Dean, ma mi dovetti ricredere.

Aprii lentamente gli occhi, accecata dalla luce improvvisa, e trovai gli occhi azzurri di Sam a sorridermi.

-Ehi-

-Ehi- dissi con la gola secca.

Mi passò un bicchiere d’acqua e bevetti, guardandomi nervosamente in giro.

-Cos’è successo?- chiesi.

Sam si guardò in giro a sua volta, prima di alzarsi a chiudere la porta.

-Sei caduta in un dirupo-

-In un dirupo?!- sbottai –non c’erano dirupi dov’ero-

-A quanto pare c’erano. Ancora non capisco come tu faccia ad essere viva, ma diciamo che è il problema minore ora-

Abbassai lo sguardo:-Chi ti ha detto che ero qui?-

-Becky- rise –non chiedermi come facesse a saperlo, ma ha insistito perché controllassi-

-Dovrò ringraziarla, allora-

-Meglio di no, meno ci parli, meglio è-

Ridemmo entrambi, e mi resi conto che mi facevano male le costole.

-Quanto sono messa male?- chiesi, giusto per curiosità.

-Un paio di costole rotte, e la gamba. Ah… il polso slogato-

-Fantastico- dissi ironica, e Sam fece un mezzo sorriso.

Cadde il silenzio, sapevo quale sarebbe stata la prossima domanda: “dov’è Dean?”. Ma non arrivò.

-Starai qua ancora un paio di giorni- disse invece lui –ma ho insistito per farti uscire il prima possibile. Castiel ti sistemerà in un lampo-

-Già… grazie-

-E di cosa?-

Il medico entrò in quel momento e mi visitò blaterando, mentre io continuavo a ripensare all’assurda allucinazione che avevo avuto. Dovevo parlarne con Castiel, subito.

Sam convinse non so come i medici a farmi uscire il giorno seguente, ma immagino che avesse contribuito il suo perenne sguardo da cucciolo.

-Piano- disse, mentre mi aiutava ad entrare nella camera d’albergo che aveva prenotato.

Da subito mi resi conto che c’era qualcosa che non andava: nel poco tempo ma intenso in cui ero stata coi due fratelli, mi ricordavo di Sam come quello ordinato e pulito. Ma la stanza aveva tutta l’aria di essere stata luogo di uno scontro fra titani.

Osservai un po’ infastidita i due letti separati, nella stessa stanza, e sembrò leggermi nel pensiero:-Ho pensato fosse meglio stare in camera insieme, per ora, intanto che ti riprendi-

-Certo- dissi, fingendomi indifferente a quell’informazione.

Mi aiutò a sedermi sul letto e mollai a terra la stampella.

-Castiel- disse subito lui, e l’angelo comparve immediatamente.

-Grazie a Dio- dissi sospirando –ti prego riaggiustami in fretta-

Castiel annuì leggermente, posandomi quasi distrattamente le dita sulla fronte. Mi sentii immediatamente meglio, e dopo essermi liberata del gesso decisi comunque di mettermi a letto: mi sentivo stanca ugualmente.

Castiel si sedette rigidamente sul letto di Sam, senza smettere di guardarmi, mentre il piccolo Winchester metteva in ordine alcune carte posate su un tavolino lì affianco.

La felicità del rivedere l’angelo, fu sopraffatta dal bisogno di raccontargli tutto, e non appena Sam si concentrò su un documento gli dissi col labiale:-Dobbiamo parlare-

-Già- disse lui ad alta voce.

Sam si voltò di scatto:-Già cosa?-

Castiel lo guardò confuso e io sorrisi leggermente:-Dicevamo, è già ora di cena-

-Castiel ma tu non mangi- gli fece notare Sam sorridendo –comunque si, adesso vado da qualche parte a ordinare qualcosa. Vic, cosa vuoi?-

Ci pensai, avevo molta fame, ma allo stesso tempo le mie mascelle mi imploravano di non masticare.

-Qualche tramezzino col burro di arachidi- dissi alla fine –e dell’acqua-

-Bene- sorrise lui –ci metto poco. Castiel, rimani con lei per favore-

L’angelo non rispose, e Sam lo prese come un “si”.

Non appena la porta della stanza si chiuse, mi misi a sedere più dritta:-Era Gabriele, ne sono sicura-

Castiel prese a camminare avanti e indietro:-Hai visto Gabriele?-

-No. Ma era lui. L’allucinazione… la foresta, gli animali, tutto… solo lui può averlo fatto-

-Vuoi dire che sei caduta da un dirupo a causa di un’allucinazione?-

-Ma certo, per cos’altro sennò? Ti risulta che io abbia mai frequentato corsi di bungee jumping?-

-Si mangia?- chiese corrucciato.

-Lascia perdere- sospirai.

-Perché credi di aver avuto un’allucinazione? Non puoi semplicemente essere scivolata, o caduta?-

-Ero in una selva oscura, Castiel. Ed ero inseguita da un leone, un lupo e una lonza. Non ti ricorda nulla?-

-Dante- disse fermo –quella che voi chiamate “Divina Commedia”. Ma non è divina, in Paradiso ne recitiamo i versi come barzellette- rise tra sé e sé.

-Molto divertente. Comunque, era per forza lui-

-Sei sicura fosse un’allucinazione?-

-Che cos’altro poteva essere? Non era lui che si divertiva a fare il trickster?-   

-Già…- sospirò –ma Gabriele è morto-

-Lo so anch’io ma… me l’hai detto anche tu: il Signore ti ha riportato indietro molte volte, magari…-

-No- disse secco –ne dubito. Comunque, se sei sicura che ci fosse il suo zampino, farò qualche ricerca-

-Castiel- gli presi un polso quando passò per l’ennesima volta accanto al mio letto –se lui tornasse e… uccidesse Raffaele…-

-Non è facile come pensi-

-Lo so… ma forse, col nostro aiuto…-

-Non ci sperare troppo- iniziò a sembrarmi infastidito.

-Castiel perché sei così pessimista? Eri tu il primo ad avere fiducia in lui-

-Le cose sono cambiate, Victoria-

-Stai dicendo che è un traditore?-

-Certo che no. E’ morto per noi-

-E allora!-

-Victoria. Basta. La discussione finisce qui-

Aprii la bocca per replicare, ma scomparve nel nulla.

-Figlio di puttana- imprecai sottovoce, prima di maledirmi mentalmente per essere stata contagiata da quel rude detto di Dean.

Rimasi a fissare la parete davanti a me ancora per pochi minuti, prima che Sam tornasse col mio cibo e sola altra acqua per lui.

Avvicinò una sedia al mio letto, e mangiammo insieme. Chiacchieravamo di cose sciocche e inutili, ma ogni volta che apriva bocca, temevo mi chiedesse di Dean, così, decisi di prendere io l’argomento.

-Hai sentito Dean?- abbassai lo sguardo sull’ultimo pezzo di tramezzino che mi era rimasto.

-Dean?- fece lui fingendosi sorpreso –No, no. Credevo fosse con te-

-Oh, si, lo era. Poi… ci siamo divisi-

-Lo so- si schiarì la voce –cioè… lo immaginavo-

Lo guardai sospettosa per un po’, prima che cedesse da solo.

-Mi ha chiamato qualche giorno fa. Mi ha raccontato quello che è successo-

-Ah- dissi semplicemente, finendo di mangiare e posando il piatto sul comodino, prima di prendere la bottiglietta d’acqua.

-Se non ti va di parlarne…- iniziò Sam.

-Non c’è niente da dire- feci spallucce.

-Bene- sorrise leggermente.

-Stai seguendo qualche caso?- chiesi per cambiare discorso.

-Non esattamente. Forse un traffico di oggetti maledetti qui vicino. Più che altro strani fenomeni atmosferici… fulmini a ciel sereno… cose così-

-Davvero?- domandai sinceramente curiosa.

-Si- mi mostrò uno schema meteorologico –sto controllando per sicurezza, ricordo ci furono molti di questi episodi qualche anno fa, quando gli arcangeli si stavano radunando per l’apocalisse-

Deglutii e distolsi lo sguardo.

-Comunque- aggiunse poi –riposati, devi essere molto stanca-

-Certo- mormorai sistemandomi nelle coperte.

Rimasi a guardarlo mentre si sedeva al tavolo dandomi le spalle e si metteva a fare ricerche, finchè non crollai.

Mi risvegliai qualche ora dopo, quando la notte era già calata e anche Sam si era addormentato con la testa fra i testi antichi. Solo in un secondo momento notai Castiel seduto sul mio letto.

-Ciao- mormorai.

Fece un mezzo sorriso, e per lui era già tanto.

-Mi dispiace di averti trattato male… nell’ultimo periodo, ma ci sono alcuni tuoi comportamenti che veramente non comprendo-

Rimase in silenzio, portando anche la gambe sul letto per essere seduto come me. Mi feci un po’ più in là, e ci sistemammo entrambi meglio.

-E’ normale- disse poi –prima ti prego di abbandonare i Winchester per non metterli in pericolo, poi ti porto da loro con una trappola, permetto che ti torturino… sono stato… strano- parlava con un filo di voce per non svegliare Sam, ma coglievo ogni singola sfumatura della sua voce e delle sue parole.

-Lo sei stato- concordai –non vuoi spiegarmi?-

-Voglio, ma non posso-

Fissammo entrambi la parete per un po’, prima che senza alcun preavviso mi passasse un braccio attorno alle spalle, stringendomi a sé e con l’altra mano mi spostasse una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Rimasi a guardarlo quasi tramortita, perdendomi nei suoi occhi blu.

-Le cose non stanno andando bene, Victoria. Sto facendo tutto quello che è in mio potere per proteggere te, Sam e Dean. Non voglio perderti ora che ti ho ritrovata. Ma è veramente difficile. Ogni volta che penso di aver trovato una soluzione a quello che ti aspetta, si presenta un altro problema-

-A quello che mi aspetta?- chiesi confusa –Stai parlando del libro?-

-Sto parlando del libro. Sembra essere scomparso nel nulla, ma alcuni angelo ne hanno strappato delle pagine qua e là. Se ciò che ho letto è vero, Victoria, sarò sincero: non c’è nulla che io possa fare per te. Ma tenterò, te lo giuro, cercherò di salvarti a costo della vita-

-Di salvarmi?- iniziavo ad agitarmi –Castiel per favore, parla chiaro-

-Stai vicina a Sam, ok? E’ una bella persona con tanti, tanti problemi, e non ti preoccupare per Dean, per adesso, se la caverà ancora per un po’ da solo-

-Perché tutto questo mi suona come un addio?-

Fece di nuovo quel mezzo sorriso:-Perché lo è. Non è più sicuro starti vicino, attiro troppe cose su di te-

-No. Castiel- sentivo che mi stava prendendo il panico, e avevo alzato la voce.

Sam mugugnò nel sonno, e dopo averlo pugnalato alle spalle con un’occhiata, ripresi il controllo di me stessa.

-Non te ne puoi andare- lo implorai –non ora. Ho bisogno di te-

Castiel fissò il vuoto alle mie spalle per un po’, prima di accarezzarmi il viso:-Ti ricordi la notte in cui… hai inscenato la tua morte?-

-Come se fosse ieri-

-Poco prima che arrivasse Raffaele… ci siamo baciati-

-Già- sorrisi, senza riuscire a distogliere lo sguardo dai suoi occhi blu.

-E’ stata la cosa più bella che io abbia mai provato-

Iniziavo a sentire le lacrime bruciarmi gli occhi e il nodo stringermi la gola.

-Castiel, ti prego. Non è la soluzione-

-Ti sarò sempre vicino- mi assicurò, tornando al suo tono piatto –ricordalo-

Mi limitai ad annuire, e a trattenere le lacrime, sapendo che non c’era modo di tenerlo con me.

Mi strinsi a lui più che potevo, mentre mi premeva le labbra sulla fronte, e quando aprii di nuovo la bocca per tentare di convincerlo a restare, era già sparito.

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Capitolo 11
*** Un nuovo patto. ***


Capitolo XI

 

-Un nuovo patto-

 


 

Qualche giorno dopo, nonostante la preoccupazione di Sam, insistetti per uscire a fare un giro, da sola. Mi sentivo strana, nell’ultimo periodo stavo sperimentando emozioni e sensazioni che nella mia inutile vita non avevo mai avuto occasione di provare.

Il dolore per l’affronto di Dean, si era lentamente strasformato in amara delusione mentre fissavo la parete davanti al mio letto cercando un senso a quello che facevo. Dean non era altro che lo stronzetto del Liceo che non avevo mai frequentato, e prima o poi dovevo passarci anch’io.

Castiel, invece, incombeva nei miei pensieri costantemente, come se fosse ancora lì con me, senza però avere occasione di interagire. Era quella l’unica cosa a cui riuscivo a pensare in quel momento: trovare un modo per stare di nuovo con lui, trovare la soluzione al problema che lo tormentava tanto, e che a suo dire coinvolgeva anche me.

Trovai in poco tempo una libreria nel centro cittadino e mirai dritta alla sezione “Fantasy”. Doveva esserci, non poteva essere scomparso nel nulla. Becky lo aveva, se davvero tutte le altre copie fossero scomparse, gli angeli la avrebbero già uccisa per avere il suo. Ma Becky era viva, pochi giorni prima aveva avvertito Sam del mio incidente.

Sam. Perché mai Sam? Perché non Dean, o Castiel? Le parole di quest’ultimo mi rimbombarono in testa: “Stai vicina a Sam, ok? E’ una bella persona con tanti, tanti problemi”. Non l’avevo mai sentito parlare così.

Sospirai, mentre nella mia testa le informazioni si accalcavano e intrecciavano e allo stesso tempo il mio sguardo cercava disperatamente il titolo di quel libro tra le copertine negli scaffali.

-Victoria- una voce attirò la mia attenzione e mi voltai stupita.

-Ci conosciamo?- osservai l’uomo che aveva parlato: era biondiccio e di bell’aspetto, sulla trentina.

-Non credo, mi chiamo Ermes-

Lo guardai scettica:-Il messaggero degli Dei?-

-Esattamente- si guardò in giro sorridente –Immagino tu sta cercando… quel libro-

-Già, proprio quello- risposi rigida, controllando quale delle uscite era più facile da raggiungere.

-Non voglio farti del male- disse notandolo –ma dovrei parlarti di alcune cose… se ti va un caffè-

-E se non mi andasse?-

Sorrise:-Credimi, ti va-

Poco dopo, eravamo seduti nel bar di fronte alla libreria.

-Sai Victoria, noi Dei non ci siamo mai molto intromessi in tutta la faccenda che ti riguarda… ci siamo fidati del buon Dio e dei suoi angeli, ma tu sei ancora viva… ciò mi fa pensare che non se ne siano occupati affatto-

-Se sei qui per uccidermi, sappi che non puoi farlo-

-Oh, entrambi sappiamo che non posso, come sappiamo che posso però farti molto soffrire. Sei tanto potente quanto vulnerabile, soprattutto non potendo utilizzare i tuoi poteri-

-Posso usare i miei poteri quando mi pare-

-Puoi, ma non vuoi. Non ti sarei venuto a cercare se non si fosse sparsa voce del tuo recente sfoggio di potere. Così hai… utilizzato la tua seconda possibilità-

-Sapete del contratto- dissi con la bocca asciutta.

-Noi sappiamo tutto. Ma non è questo che ci preoccupa, ci preoccupa cosa succederà quando uno dei Winchester sarà di nuovo in pericolo-

-Cosa vuoi dire?-

-Da quando hai firmato il contratto con Raffaele non hai mai utilizzato i tuoi poteri per fare del bene a qualcuno, neanche per salvare persone innocenti, solo per salvare te stessa, e Sam Winchester. Curioso, a proposito, il modo in cui l’hai riportato in vita-

-Per quanto io sia potente, riportare in vita i morti non è nelle mie competenze, o meglio lo è, ma è davvero rischioso. Con un patto angelico ho utilizzato un’energia superiore che non era mia-

-Capisco. In ogni caso, i Winchester sono come il cancro: ti coinvolgono, ogni giorno di più, e alla fine ti consumano. Quei due rischiano la vita continuamente, cosa succederà quando per salvarli sarai costretta a rompere il contratto?-

-Non succederà-

-Chi lo sa, forse si, forse no. Sta di fatto che libera dal contratto sei una minaccia per tutti noi-

-E’ di questo che si tratta allora. Vivete in pace: anche se dovesse accadere, di certo non siete voi ad interessarmi-

-Questa non è una certezza-

-La mia parola non basta?-

-Temo di no-

Sospirai:-Ho tagliato i ponti con Dean Winchester, se questo può esservi di conforto-

-Appunto- Ermes inarcò le sopracciglia –Dean Winchester è un bastardo, ed è letale, ma non è affatto vulnerabile. E’ suo fratello quello problematico. Quanto passerà prima che trovi un modo per farsi uccidere, soprattutto ora che è lontano da suo fratello? Vuoi che ti risponda? Molto poco-

Sbuffai leggermente infastidita da ciò che aveva detto su Dean:-Senti, io ancora non ho capito cosa vuoi da me. Avete paura che io rompa il patto con Raffaele e a quel punto usi i miei poteri per conquistare il mondo? Se conosci i termini di ciò che ho firmato, sai anche che farò di tutto per mantenere gli accordi. Per quanto riguarda il conquistare il mondo, onestamente non mi interessa, so a malapena utilizzare un terzo dei miei poteri-

-Io ti credo, Victoria. Purtroppo però non tutti i miei colleghi lo fanno. Abbiamo bisogno di certezze-

-Più della mia parola, non posso darvi-

-O forse si…- sorrise malignamente –Il caro vecchio Raffaele ti ha portato ad un accordo… cosa mai potrebbe convincere, una creatura potente come te, a scendere a patti con un tale idiota?-

Rimasi in silenzio per un bel po’:-Raffaele ha qualcosa che mi interessa-

-Ottimo. Facciamo anche noi un accordo, allora. Mettiamola così… se mai tu dovessi riacquistare a pieno i tuoi poteri, assicuri che non nuocerai ad alcuna divinità Greca, e in caso contrario… l’angelo morirà-

Sbarrai gli occhi:-L’angelo?! Quale angelo?-

-Castiel- disse piatto.

-No. Fuori discussione. Andate tutti all’inferno-

Feci per alzarmi, ma mi bloccò per un polso.

-Toglimi le mani di dosso-

-Altrimenti?-

-Non mettermi alla prova- non ci fu bisogno di specchiarmi da qualche parte per sapere che i miei occhi erano più neri della pece.

-Tutto fumo e niente arrosto, Victoria. Non costringerci ad entrare in azione ora-

Mi risedetti, riluttante.

-Avanti- disse poi –se sei così sicura di non sgarrare ai patti presi con Raffaele, perché ti arrabbi tanto?-

-Perché mi arrabbio tanto?- dovetti sforzarmi di non urlare –Avete idea di quale vita io stia vivendo da anni? No, non ce l’avete, non sapete cosa mi state chiedendo-

-Ma tu lo sai. Quindi ti lascio libera scelta. Decidi tu cosa vuoi mettere in gioco, basta che sia di valore-

-Cosa succederà se non accetterò?-

-Considera i tuoi amici Winchester già morti-

Rimasi in silenzio per molto tempo, forse troppo, ma alla fine lo guardai negli occhi, con le mani leggermente sudate:-Dean Winchester. Se non rispetterò i patti, potrete avere Dean Winchester-

Ermes spalancò gli occhi:-Addirittura Dean Winchester. Meglio di così non poteva andare! Meraviglioso. Siamo d’accordo?-

Mi tese la mano, e capii che stringendogliela avrei condannato a morte Dean, nel caso di un mio sbaglio.

 

Tornai al Motel con un pezzo di piombo nello stomaco, e mi chiesi con quale coraggio avrei guardato Sam negli occhi. Stavo davvero male psicologicamente, anche se non riuscivo a identificare con un nome quella sensazione. Ero tanto turbata, che le luci dei lampioni tremolavano al mio passaggio, e sperai che nessuno se ne accorgesse.

Quell’uscita era stata un completo fallimento: non avevo trovato il libro, ed ero stata intercettata da una stupida divinità Greca che mi aveva intrappolato in un nuovo patto, forse più crudele del primo, o forse no. Stava di fatto che avevo la vita di Dean Winchester in mano, e non mi sentivo per nulla all’altezza di quella responsabilità.

Mi chiesi se dovevo dirlo a Sam, e mi chiesi se avrei dovuto chiamare Becky per chiederle un consiglio, o anche solo per controllare che fosse viva, ma nessuna delle due domande trovò risposta.

Entrai dalla porta, tenendo lo sguardo fisso a terra, cosa che mi capitava raramente di fare: non era nel mio carattere. Ma appena entrai fui costretta a rialzarlo.

-Oh, no! Non di nuovo! Vattene!- Sam mi sbraitò contro puntandomi addosso la pistola.

-Ehi, ehi, Sam. Che diavolo stai facendo? Sono io-

Chiusi in fretta la porta in modo che nessuno potesse vederlo e mi avvicinai di un passo.

-Non avvicinarti! Giuro che sparo!-

-Ok, ok- alzai le mani –Sam calmati. Sono Victoria-

-Certamente- rise –di chi altro vuoi prendere le sembianze? Devi smetterla! Hai capito?! Smetterla!-

Il suo ultimo urlo mi spaventò veramente e sobbalzai:-Sam sono io, sul serio-

-Dimostralo!- sbraitò.

Deglutii, poi con ancora una mano alzata estrassi la pistola.

-No!- disse lui.

-Calmo, calmo, la metto a terra- mi abbassai lentamente posandola a terra, per poi allontanarla con un calcio.

Mi guardò confuso.

-Dammi la mano- dissi poi allungando il braccio destro.

Allungò anche lui una mano tremante e prese la mia.

-Mi senti? Sono vera-

Per un secondo sembrò che ci credesse, abbassando lentamente la pistola, ma all’ultimo me la puntò di nuovo addosso. Ero pronta. Gliela tolsi di mano con un calcio e forse con una forza un po’ disumana per una donna e per uno grosso come Sam, lo ribaltai a terra tenendolo solo per un braccio.

Mi guardò sbalordito, mentre il terrore gli abbandonava gli occhi:-Dio, questo ha fatto troppo male per non essere vero-

Sorrisi, e lo aiutai a rialzarsi.

-Come… come?- mi guardò sbalordito mentre lo aiutavo a sedersi sul letto.

-Esperienza, ora sarò indolenzita per due settimane-

Si passò entrambe le mani tra i capelli, mentre io cercavo un punto nella stanza da guardare con interesse mentre lui si riprendeva. Non sapevo neanche che domanda rivolgergli.

-Si, ho qualcosa che non va, se è questo che ti stai chiedendo- disse dopo un po’.

-Non me lo stavo chiedendo- risposi sinceramente, e tornai a guardarlo negli occhi –mi ero accorta da un po’ che ti comportavi in modo strano. Hai delle allucinazioni, giusto?-

-Come lo sai?-

-Quella volta, con il lupo mannaro… sai-

-Giusto, giusto- annuì.

Aprì più volte la bocca come per iniziare un discorso, ma non disse mai niente, così alla fine fui io a parlare:-Senti, tutti noi abbiamo dei problemi, e dei segreti. Non pretendo di farmi gli affari tuoi, solo… cerca di non farti del male. Vado a farmi la doccia-

Rise leggermente:-Ti ho quasi sparato, e ti preoccupi che io non mi faccia del male?-

Sorrisi:-Io so badare a me stessa- inarcai le sopracciglia –e tu?-

Mi guardò in silenzio, finchè non mi chiusi la porta del bagno alle spalle.

 

Il giorno dopo, era come se non fosse mai successo nulla: Sam era come al solito e io non avevo intenzione di fare cenno ai fatti del giorno precedente, né tantomeno all’incontro con Ermes.

Ci trasferimmo in una città qualche miglia più ad ovest, perché sospettavamo vi fosse un demone, e una volta arrivati, i nostri dubbi trovarono conferma.

-Bhè, nulla di difficile- disse Sam piuttosto rilassato caricando la pistola che io stessa gli avevo procurato –sei pronta?-

-Io sono nata pronta- sorrisi caricando a mia volta la postola e nascondendola nei jeans.

Entrammo nel bar da dove le vittime del demone scomparivano misteriosamente e Sam si sedette da solo ad un tavolo, mentre io mi avvicinavo con aria impaurita al bancone:-Buongiorno-

Il barista spostò subito lo sguardo su di me: era lui. Potevo quasi riconoscerlo dall’odore.

-Posso aiutarla?-

-Senta…- dissi facendomi venire le lacrime agli occhi –quell’uomo, quello alto, seduto a quel tavolo, è due isolati che mi segue. Potrebbe… potrebbe chiamare la polizia? Non ho il cellulare con me-

-Ma certo- disse con un sorriso maligno –venga con me, qui non prende. Telefono sul retro-

-La ringrazio tanto-

Lanciai un’occhiata a Sam: era il segnale.

Seguii il demone sul retro, e quando meno me l’aspettavo mi scaraventò a terra con uno spintone:-Cacciatori- sputò a terra –tutti uguali, e tutti stupidi-

Tirai fuori la pistola, ma era più veloce di quanto pensassi e me la tolse di meno, scaraventandola contro il muro. Sam ci mise più del previsto e non riuscii ad evitare che tirasse fuori un coltello dalla tasca e mi tagliasse lungo tutto il braccio.

Urlai di dolore e di rabbia per il non poter rigenerarmi, e gli diedi un calcio talmente forte che rotolò tre volte a terra, proprio mentre Sam arrivava.

-Ce ne hai messo di tempo!- dissi arrabbiata.

-Scusa! Avevamo stabilito tre minuti-

-La prossima volta facciamo due- dissi col fiatone, allontanando con il braccio ferito un insetto e sporcandomi il viso di sangue.

Il demone intanto se la prendeva con Sam, ma in due, riuscimmo ben presto a immobilizzarlo, e mentre lui lo teneva fermo, pronunciai l’esorcismo.

Il barista non volle aiuto, e corse via urlando, per cui, rimanemmo in piedi per un po’, riprendendo fiato.

-Era forte- dissi io, osservandomi il braccio dove probabilmente mi ci sarebbero voluti parecchi punti –andiamo in ospedale-

Ma Sam rimaneva immobile: mi guardava, ma era come se non fossi lì, come se non mi vedesse; o piuttosto come se vedesse altro.

-Sam? Non ora, ti prego- dissi, pensando che avesse una delle sue allucinazioni.

Ma non era quello. Mi si avvicinò con cautela, quasi forzatamente, come se cercasse di trattenersi dall’annullare sempre di più la distanza tra di noi, e quando fu abbastanza vicino mi alzò il mento con un dito.

Pensai volesse baciarmi, e feci un passo indietro, ma mi bloccò per un polso, e si chinò sul mio viso, ma non per baciarmi. No, per leccarmi.

Ero così incredula che rimasi paralizzata dov’ero. Seguiva con la bocca tutte le tracce di sangue che il mio braccio mi aveva lasciato sul viso. Sarebbe persino stata una cosa sexy, se non fossimo stati in quella situazione, e se non si stesse leccando il mio sangue.

-Sam- mi ripresi dopo un po’ –che diavolo fai?-

Mi guardò il braccio per un po’, e quando fece per avvicinarselo al viso gli mollai un ceffone talmente forte che cadde a terra.

-Ora basta, uomo delle stramberie-

Mi voltai per andarmene, ma mi ritrovai sbattuta contro il muro, senza che nessuno mi ci avesse portato.

Mi mancava il fiato, come se qualcosa mi stringesse la gola, ma Sam era a tre metri da me, e si limitava a tenere un braccio alzato e le dita ad artiglio, come se mi stesse davvero strangolando.

-Sam!- riuscii a chiamarlo con un grido strozzato.

Dopo qualche istante, mi resi conto che non mi stava affatto strangolando, quello che sentivo bloccarmi la gola era qualcos’altro, come se cercasse di tirarmi fuori qualcosa, come se cercasse di esorcizzarmi.

A quel pensiero, quella parte di me che tanto cercavo di nascondere e di tenere a freno venne fuori istintivamente e iniziai a dimenarmi contro il muro mentre i miei occhi si coloravano di nero pesto.

Sam non sembrò sbalordito, anzi, fece una sorta di sorriso compiaciuto, prima di mostrarmi qualcosa che mai, mai avrei pensato di vedere nei suoi occhi: lo stesso nero, lo stesso sguardo languido che caratterizzava i demoni, la stessa malvagità che a quanto pare entrambi tenevamo ben nascosta.

Era come me.

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Capitolo 12
*** Segreti. ***


Capitolo XII

 

-Segreti-

 


 

-Pronto… Dean, ciao. Questo è… il quinto messaggio che ti lascio in due giorni, ma… è importante, per cui… insisto. Ehm, si tratta di Sam. Sta avendo… alcuni problemi e non so bene come comportarmi. Potrebbe… farmi comodo il tuo aiuto, per cui… richiamami, ciao-

Chiamare Dean quasi mi irritava, oramai. Ero felice di non vederlo più, ma la situazione con Sam si stava facendo troppo pesante persino per me, e l’unica persona che potesse aiutarmi, era lui.

Camminai avanti e indietro fuori dal Motel per un bel po’, prima di lasciarmi cadere sul marciapiede.

Alzai gli occhi al cielo, sentendomi terribilmente stupida, prima di mormorare:-Castiel…-

Aspettai qualche secondo, o forse qualche minuto, poi ci riprovai:-Castiel. Sono io-

Non avevo mai pregato in vita mia: Castiel era sempre nel posto giusto al momento giusto, non avevo mai avuto bisogno di chiamarlo. E anche se credevo in Dio perché Castiel mi aveva assicurato esistesse, e la parola di un angelo è piuttosto credibile al riguardo, non lo adoravo per niente. Non dopo che aveva lasciato mi accadesse tutto quello che mi era successo.

-Castiel… sai che mi costa molto fare quello che sto facendo, ma… si tratta di Sam. Sta molto male, e peggiora ogni giorno. So che mi avevi detto di prendermi cura di lui ma… in fondo, non lo conosco, e non ho idea di che cosa lo faccia stare così male. Lui non ne parla e…-

Il cielo era ancora immobile e una signora che passava di lì con un barboncino al guinzaglio mi guardò allucinata, prima di ridere sotto i baffi.

-Dannazione Castiel!- sbottai quando se ne fu andata –Sto parlando da sola come una cogliona in mezzo alla strada, degnami di risposta! Dio Santo! Non ce la faccio da sola ok?! Ho bisogno di aiuto, cazzo-

Annuii tra me e me, soddisfatta della mia sfuriata. Poi ripresi il telefono e composi per l’ennesima volta il numero di Dean:-Ciao. Sono di nuovo io. Senti, mi dispiace molto che tu sia così occupato, probabilmente stai mangiando, o forse stai scopando. Volevo solo farti sapere che tuo fratello sta male, e sto facendo io quello che dovresti fare tu. Stai pure dove sei, tanto non sei di alcuna utilità al mondo. Vaffanculo. Ciao-

Chiusi bruscamente il telefono e lo fissai soddisfatta, sentendomi leggera, liberata da un grande peso, poi lo riaprii, senza però ricomporre il numero:-Ah, ho venduto la tua anima a Zeus, ciao-

Rinfilai il telefono in tasca e mi rialzai, ridendo di me stessa. Stavo proprio dando di matto.

Ripercorsi quei pochi metri che avevo fatto per fare in modo che Sam da dentro la camera non mi sentisse, dopodiché rientrai. Era in bagno.

-Sam, tutto ok?- chiesi sedendomi sul suo letto e osservando alcuni testi in latino: non ci capivo niente.

-Sono vivo e non voglio spararti- rispose lui da sotto la doccia.

-Bene- sorrisi e mi sedetti al tavolo, tornando ad analizzare alcuni fenomeni meteorologici che mi interessavano da qualche giorno.

Io e Sam non avevamo più parlato del fatidico episodio. In realtà non parlavamo di nulla di ciò che gli accadeva ogni tanto, il che consisteva nel non mangiare, non dormire, parlare da solo, e a volte tentare di uccidermi nel sonno. A volte era persino comico, ma io sapevo che doveva avere dei problemi molto seri.

Peggiorava, di giorno in giorno, e mentre i sintomi si facevano sempre più evidenti, mi rendevo conto che c’erano sempre stati, fin da quando l’avevo conosciuto, solo che erano troppo lievi perché io potessi accorgermene.

Sentii la porta del bagno aprirsi.

-Sai, inizio a pensare che questi fenomeni atmosferici non siano davvero affatto casuali, insomma guarda, in Georgia…- mi voltai proprio mentre usciva dal bagno, con solo un asciugamano bianco legato in vita.

Mi ricordò quando era Dean ad essere in quelle condizione, e mi fece pensare a quanto erano diversi, ma entrambi così tremendamente belli.

Deglutii e mi voltai di nuovo fingendo di controllare un dato che in realtà avevo già acquisito:-Tre uragani in un mese-

-Te l’ho detto, sta succedendo qualcosa di strano- disse lui con tranquillità.

Rientrò in bagno e quando uscì, era di nuovo vestito.

Sospirai di sollievo e lui si avvicinò al tavolo:-Oltre a questo, altri casi interessanti?-

-Forse un covo di vampiri più ad est, e… Bobby ha mandato una e-mail, dice che un gruppo di demoni si sta dirigendo verso Washington-

-Interessante- disse lui –vuoi partire ora?-

-No- dissi subito –riposiamoci, domani decideremo dove andare-

-Washington- disse subito lui –a Bobby la priorità-

Annuii.

Sapeva che quando avevo detto “riposiamoci”, intendevo “dormi”, ma fece finta di niente. Era stravolto: lo si vedeva dai suoi occhi, e infatti accettò di buon grado il mio consiglio e pochi minuti dopo era a letto.

Io lavorai per un altro paio d’ore, poi spensi il pc, chiusi a chiave la camera e mi infilai a letto, fingendo di non accorgermi che aveva gli occhi aperti. Mi imposi di restare sveglia finchè non avessi capito dal suo respiro che si era addormentato, ma non so come, chiusi gli occhi per qualche secondo, e quando li riaprii, avevo dormito per tre ore.

Mi voltai molto lentamente dalla parte del letto di Sam, perché sapevo che il poco tempo che riusciva a dormire, aveva il sonno molto leggero, ma il letto era vuoto.

Mi tirai su di colpo e presi la pistola da sotto il materasso, ma la sua risatina mi tranquillizzò.

-Non sto per tentare di strangolarti, tranquilla- era seduto a terra, con la schiena poggiata allo spazio di muro che divideva i nostri letti.

-Cosa fai lì?- chiesi rimettendo la pistola al suo posto.

-Penso, ricordo-

Mi alzai e mi misi davanti a lui:-Posso chiederti a cosa?-

-Non sono sicuro che tu voglia saperlo- disse fissando il vuoto alle mie spalle, prevedendo la mia domanda.

-Ok, d’accordo- mi sedetti accanto a lui, passandomi una mano tra i capelli –chi c’è lì?-

Indicai il punto esatto verso cui stava guardando.

Sorrise amaramente:-Sicura di volerlo sapere?-

-Assolutamente-

Prese un respiro profondo:-Lucifero-

Non risi, mi limitai a cercare di immaginarmelo seduto poco più in là, dove Sam lo vedeva.

-Bhè, allora ciao Satana-

Sam sorrise, sorrise sinceramente per la prima volta da non so quanti giorni.

-Dice che sei molto carina, e che sbudellarti sarebbe molto divertente-

Questa volta risi:-Digli che non è educazione parlare in questo modo, potrebbe farsi vedere anche da me-

-Credimi, non lo vorresti- continuò a sorridere.

Rimasi in silenzio per un po’, prima di voltarmi a guardarlo con la poca luce lunare che entrava dalle finestre.

-Quanto tempo è che va avanti?-

-Quasi due anni. Aveva smesso, per un po’. Castiel pensava di avermi guarito, e invece…-

-Guarito? E’ una malattia? Cioè… è qualcosa che hai alla testa?-

-No- rispose tranquillamente –è la mia anima. E’ irrimediabilmente distrutta-

Lo guardai sbalordita, ma cercai di non far trasparire il dispiacere che andava crescendo.

-Come hai fatto? A danneggiarti l’anima, intendo-

-Ricordi quando qualche anno fa c’era quasi stata l’Apocalisse?-

-Si-

-Sono stato io a fermarla. Mi sono… buttato nella gabbia di Lucifero-

-Tu? Perché mai avresti dovuto farlo?-

-Perché ero il tramite- disse amareggiato –il tramite di Lucifero-

Ero così sconvolta che non riuscii a parlare per cinque minuti buoni:-Hai detto “si” a Lucifero per poi buttarti nella gabbia con lui?-

-E con Michele. Castiel mi ha riportato fuori, ma la mia anima è stata danneggiata e… ho ricordi della gabbia sotto forma di allucinazioni-

Presi un respiro profondo, prima di fare quella domanda:-E’ per questo che ti vengono gli occhi da demone? Perché sei stato laggiù? Perché la tua anima è rotta?-

-No… non è per questo- disse, e capii che non aveva intenzione di aggiungere altro –e tu? E’ per questo?-

-No, non è per questo- dissi, e mi alzai, con l’intenzione di rimettermi a letto.

-Mi dispiace per quello che ho fatto, è stato strano…-

Mi sistemai le coperte prima di rispondere:-No, tranquillo, per me è di routine farmi leccare la faccia, fallo pure quando ti pare-

Non rise, ma lo vidi sorridere di nuovo, e mi addormentai tranquilla.

 

Posai la scatola biancastra sul bancone e guardai il farmacista finchè non mi diede attenzione:-Posso aiutarla?-

-Quanto sono forti questi sonniferi?-

Il farmacista guardò il medicinale che avevo scelto e sorrise:-Molto-

-Molto cosa vuol dire?-

-Che è il sonnifero più forte che abbiamo. Diciamo che metà compressa assicura almeno dodici ore di sonno-

Assunsi un’espressione compiaciuta:-E se si trattasse di una persona molto… grande?-

-Grande fisicamente?-

-Si-

-Bhè allora anche una compressa andrebbe bene, ma non più di una alla volta, come ho detto sono molto forti, e quindi molto pericolose-

-E si sciolgono nell’acqua?-

-Si-

-Le prendo- dissi tirando fuori il portafogli.

-In effetti, servirebbe la ricetta per questo medicinale-

-No- dissi tranquillamente, estraendo un documento dal portafogli –Sono della protezione sanitaria, era un controllo. Comunque i sonniferi li prendo lo stesso-

-Oh, certo, certo- disse lui –come sono andato?-

-Bene, benissimo- sorrisi io.

Uscii dal negozio infilandomi i sonniferi in borsa e tornai in Motel. Notai l’occhiata curiosa di Sam rivolta alla mia borsa, accessorio che utilizzavo molto raramente, ma non disse niente, e io neanche.

-Credo di aver capito dove sono i vampiri- disse soddisfatto –guarda un po’-

Mi avvicinai al tavolo e diedi una rapida occhiata alle sue occhiaie prima di prestare attenzione alla cartina che mi stava mostrando:-Proprio qui-

-E’ molto probabile. La zona è questa, e quelle grotte sono l’unico luogo che potrebbe ospitarli tutti-

-Magari non sono molti- ipotizzò lui.

-Mmh, io penso di si-

-Allora sono per forza lì-

Si alzò di colpo e indietreggiai osservandolo attentamente:-Bene, vado a fare un po’ di domande in giro, vieni con me?-

-Sicuro- dissi sorridendo –però aspetta, sono appena tornata, credo mi farò un the, tu vuoi qualcosa?-

-No, grazie-

Finsi disinteresse e mi preparai il the.

-Sicuro?- chiesi quando era pronto –c’è dalla camomilla-

-No, no, nulla-

Merda, pensai, ma estrassi comunque la tazza e gliela mostrai:-Magari ti rilassa un po’-

Mi guardò fisso per un po’, e alla fine acconsentì.

Mentre l’acqua si scaldava tornai alla borsa con la scusa di prendere il cellulare e mi nascosi due pillole nella mano.

Sam sedeva al tavolo, fissando il muro con aria assente e ne approfittai per lasciar cadere entrambe le pastiglie nell’acqua calda, prima ancora di aver inserito la bustina di camomilla. La inserii subito dopo e mescolai velocemente.

Sobbalzò quando gliela posai sul tavolo.

-Scusa- dissi tornando al mio the.

Lo fissai tutto il tempo, mentre beveva e mi chiesi se avevo esagerato con la dose, ma mi risposi che uno che era sopravvissuto all’Apocalisse e si era buttato in una gabbia infernale con Lucifero, poteva sopportare un po’ più di sonnifero in circolo.

Mi sorpresi per quanto il medicinale agisse in fretta. Ci misi appositamente davvero molto più del dovuto a finire il the e lo osservai mentre iniziava a passarsi le mani tra i capelli, come faceva quando era stanco.

-Tutto bene, Sam?- chiesi fintamente ingenua.

-Bene, bene- annuì lui –sono davvero distrutto. Senti, ti dispiace se andiamo stasera a…-

Si posò la mano in testa, senza riuscire a trovare le parole.

-Ma certo, come vuoi. Sam, mettiti a letto, forse è meglio-

-Forse è meglio- ripeté quasi in trans.

Mi assicurai che non cadesse nel tragitto e lo aiutai a togliersi le scarpe dopo che si fu seduto sul letto.

Crollò, proprio come speravo.

Non stavo riposando bene neanche io, in quel periodo: di recente avevo iniziato a fare incubi incomprensibili che mi provocavano più angoscia, che paura.

Ero tentata di ingoiare una pasticca anch’io e fare compagnia a Sam nel mondo dei sogni, ma non lo ritenevo prudente, né utile, nonostante il sonno.

“Dormiremo quando saremo morti”, aveva detto Dean un giorno, e tra la miriade di cazzate che avevo sentito uscire dalla sua bocca, quella era stata la più intelligente.

Uscii da sola a fare le indagini per cui Sam si stava attrezzando, ma non scoprii granché, e quando tornai, Sam era sveglio.

-Non ci posso credere- mormorai tra me e me ricordando quanto forte fosse quel farmaco secondo il farmacista.

-Mi sono addormentato?- chiese lui a sua volta sorpreso.

-Si, ma solo per qualche ora- guardai l’orologio –quattro, forse cinque-

-Cavolo-

-Bhè, è qualcosa- dissi versandogli un bicchiere d’acqua e portandoglielo –cosa ti ha svegliato?-

-Lui- disse indicando con lo sguardo un punto nel vuoto –Lui e “Highway to hell”-

-Mmh, bella quella canzone. Bravo Lucifero-

Fece una mezza risata, prima di sospirare:-Gesù, che situazione-

All’improvviso mi trovai scaraventata dall’altra parte della stanza, sbattendo violentemente contro il tavolo.

-Victoria!- Sam scattò in piedi, raggiungendomi e aiutandomi ad alzarmi.

Ma non ero esattamente in vena di farmi aiutare da lui. Alzai di scatto la testa, troppo in fretta, mostrandogli gli occhi demoniaci e scaraventandolo contro la parete opposta con una sola spinta.

Non ero più in me, e non mi capitava da tanto tempo.

 

Stavo seduta in fondo alla stanza fredda e umida in cui mi avevano rinchiusa, o forse ero io che me la immaginavo così, e quella stanza non esisteva affatto. Non sapevo da quanti giorni fossi lì, né se in quel posto il tempo effettivamente passasse, a me sembrava di no. Forse era colpa dei buchi temporali.

Ogni tanto uno di loro entrava, ma non ricordavo mai se mi parlasse, o mi toccasse, ricordavo solo il loro viso tutt’altro che angelico.

Sentii delle voci, dei brusii al di là della porta, e drizzai le orecchie. Era lui. L’unico che riconoscevo.

Iniziai a tremare violentemente, come un animale in procinto di essere macellato. Sapevo cosa succedeva quando entrava lui: ricordavo.

Quando entrava lui, ricordavo tutto quello che mi costringeva a fare, tutto quello che diventavo e che non ero mai stata.

La porta poco dopo si aprì, e io mi rannicchiai nell’angolino più buio che trovai in quella stanza infernale.

Una luce si accese, e mi coprii gli occhi. C’era un vetro, davanti a me, e loro mi osservavano dall’altra parte, come un esperimento da laboratorio, come una topo, una cavia.

Non piangevo ormai, non piangevo più, ma la paura mi logorava lo stesso, e iniziavo a capire che la mia mente stava andando fuori uso. Stavo diventando pazza.

-Non è adorabile?- Raffaele rise, quando mi vide rannicchiata e ammiccò verso un altro di loro, che non avevo mai visto, che gli stava accanto –e sai qual è la cosa migliore? Che non si difende!-

L’altro angelo stava in piedi, impassibile e aveva due grandi occhi azzurri. Indossava un buffo impermeabile che per un attimo lo fece sembrare un poco più umano degli altri.

-E’ pericolosa- disse atono –perché è ancora viva?-

Raffaele fece spallucce:-Stiamo cercando il modo di trarre vantaggio dai suoi assurdi poteri. Ma non è molto d’aiuto, quando la sottoponiamo agli esperimenti… fa solo un po’ di scena-

-E’ una fortuna. Se volesse, potrebbe sterminarvi tutti-

-Oh no- Raffaele guardò verso di me maligno –sa che non può farlo-

L’altro angelo lo guardò serio:-La ricattate?-

-Ovvio!- Raffaele era sinceramente divertito –La terremo in vita finchè ci sarà utile e poi la uccideremo. Non è esilarante questo scherzo della natura, fratellino? Vorrei tanto tenerla come animale domestico, ma no, troppo isterica-

Colsi qualcosa nello sguardo dell’altro angelo, qualcosa che non era cattiveria, malignità o curiosità, ma quasi tristezza. Mi aggrappai a quella impressione e continuai a guardarlo, senza distogliere mai lo sguardo, o sbattere le ciglia.

-Raffaele- disse lui serio dopo un po’ –è una bambina. Quanti anni ha? Quindici?-

-Quattordici, Castiel- lo corresse Raffaele –ma è un mostro. Non merita di vivere-

-E questo l’hai deciso tu?- sbottò Castiel –Forse la si potrebbe educare… forse… non lo so-

-Forse cosa? Te l’ho detto, presto non sarà più un problema-

-Cosa penserebbe nostro padre, se sapesse che stai mandando a morte una creatura innocente?-

-Innocente dici eh?- sogghignò avvicinandosi al vetro –Ehi ragazzina, perché non dici a Castiel quanto amore provi per il nostro signore Gesù-

Ecco, l’aveva fatto di nuovo.

In un millisecondo ero saltata addosso al vetro, rimanendoci attaccata come una ventosa, con gli occhi languidi e i denti in mostra, come un animale.

Raffaele rise, e diede una piccola gomitata a Castiel, che era indietreggiato di un passo, ma era rimasto impassibile e non smetteva di guardarmi.

Iniziai ad urlare, battendo i pugni sul vetro che non si sarebbe mai rotto.

La rabbia, la sentivo ribollirmi nelle vene, fuori dal mio controllo. Ma insieme a quella, alla paura e alla frustrazione, per la prima volta da quando mi avevano catturata sentivo qualcosa che riuscivo a classificare solo come una sorta di speranza.

Quell’angelo, Castiel, non mi guardava come gli altri angeli, mi guardava come se fossi stata una persona,e non un mostro.

Continuai ad urlare, perché non ero in me, e non potevo controllarlo, ma lottavo per attirare la sua attenzione. Dopo qualche minuto presi a lanciare lingue di fuoco dalle mani, sempre più grandi, sempre più intense, finchè Raffaele non smise di sorridere.

-Piccolo mostro!- mi chiamò –Vuoi che ti ricordi che cosa porto sempre con me?-

Mi lasciai cadere a terra, riacquistando pian piano coscienza, e alla fine tornai al vetro, questa volta pienamente consapevole delle mie azioni, e vi poggiai sopra una mano. Guardai Castiel, in cerca di aiuto. Volevo mi capisse, volevo vedesse che non ero un mostro, che convincesse Raffaele a lasciarmi andare.

-Andiamocene- disse invece e sparì dietro la porta, con Raffaele, proprio mentre io riprendevo ad urlare.

 

-Victoria!-

Sobbalzai. Ero alla finestra della camera, con la mano premuta sul vetro e Sam mi stava qualche passo dietro, sulla difensiva, stringendosi un polso.

-Oh mio Dio, Sam- mi voltai verso di lui –cosa… cosa ho fatto?-

-Mi hai scaraventato dall’altra parte della stanza e urlavi-

Mi passai una mano tra i capelli:-Non so come scusarmi, ti ho fatto male?- gli presi il polso.

-Non è niente, solo una storta-

-Dio Sam, scusa-

-Che cosa ti è preso?- mi fece sedere sul letto, e si sedette accanto a me.

-E’ stata colpa tua…- dissi con un filo di voce.

-Mia?!- sbottò lui.

-Non proprio tua. E’ stato… quando hai nominato lui-

-Lui chi? Lucifero?- mi guardava con gli occhi sbarrati e la fronte corrugata.

-No, l’altro, l’altro nome. Ma non ridirlo-

-L’altro nome? Quale?-

-Quando hai sospirato-

-Oh, il nome di Ge…-

Gli premetti una mano sulle labbra, con gli occhi di nuovo neri:-Non farlo, per il tuo bene-

-Ok, ok. Non si nomina-

Sorrise, quando con un battito di ciglia, i miei occhi tornarono azzurri.

Calò il silenzio per un po’, finchè non fissò lo sguardo a terra:-Sei umana, Victoria?-

Rialzò lo sguardo solo dopo qualche istante, come se temesse di guardarmi in faccia.

-E tu?- inarcai le sopracciglia. La domanda mi aveva infastidito. Sapevo benissimo di non esserlo, ma sapevo anche che quella conversazione non avrebbe portato niente di buono.

-L’ho chiesto a te- mi mostrò le mani –non sono armato, e anche se lo fossi, a questo punto non credo nulla sarebbe molto utile con te-

Feci spallucce e mi sforzai di sorridere, prima di schiarirmi la voce:-Che cosa intendi per “umana”?-

-Non lo so, umano. Non penso si debba dire altro-

-Quindi tu sei umano- dissi un po’ alterata.

-Si-

-Ma bevi il sangue altrui, appendi la gente al muro col pensiero e hai gli occhi neri. Stando a ciò potrei classificarti come vampiro, strega, o demone. Quindi dimmi tu: che cosa intendi per umano?-

La mia risposta lo spiazzò, ma un mezzo sorriso mi rivelò che aveva apprezzato la mia logica.

-Mettiamola così: sei nata da due persone umane?-

Rimasi in silenzio per un po’:-Si, ma in circostanze particolari-

-Però tua madre e tuo padre erano entrambi umani-

-Si… si- la seconda volta lo dissi con più convinzione –e lo stesso vale per te?-

-Se la mettiamo in questo modo si, sono nato da due persone umane, in condizioni particolari-

-Bene- annuii –quindi quello che fai… è una cosa che ti è successa. Non ci sei nato-

-Non ci sono nato, ma è successo poco dopo la mia nascita-

Spostai lo sguardo fuori dalla finestra sul cui vetro spiccava opaca l’impronta della mia mano.

-Io invece ci sono nata- ebbi il coraggio di dire dopo un po’.

Sam rimase in silenzio.

-Questo fa di me una non umana?-

Ci guardammo negli occhi per un tempo interminabile:-Non lo so- disse alla fine.

-Posso… posso chiederti come hai imparato a fare quello che fai?-

-Non lo so, posso chiederti come puoi essere nata così da due genitori umani?-

-Puoi chiederlo, ma io non posso risponderti-

-Perché non puoi? Perché non vuoi, o perché qualcosa ti impedisce di dirmelo?-

-Perché mi hanno insegnato a non dirlo- il mio pensiero andò irrimediabilmente a Castiel –e perché forse non voglio-

-Sai vero che il tuo segreto sarebbe al sicuro con me?-

-Lo so- mi legai i capelli e mi avvicinai alla porta, con l’intenzione di uscire a fare due passi, ma all’ultimo mi voltai di nuovo verso di lui –sei tu che non saresti al sicuro col mio segreto-

Socchiuse gli occhi, come se cercasse di decifrare le mie parole, ma io uscii e non gli lasciai modo di chiedere altro.

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Capitolo 13
*** Sette. ***


Capitolo XIII

 

-Sette-

 


 

Stavo sognando, e me ne rendevo conto. Odiavo quando succedeva così: avevo la consapevolezza che quello che stavo vivendo non era reale, ma non avevo comunque il controllo della situazione. I fatti si susseguivano senza che io avessi tempo di capire dove mi trovavo e come c’ero arrivata, e intanto mi rendevo conto che chiederselo era del tutto inutile, perché tutto ciò non stava accadendo.

Quella volta però, ero semplicemente seduta su una panchina e osservavo un cane, un labrador marrone scuro che si era seduto praticamente sui miei piedi, e mi guardava in silenzio.

Non so per quanto tempo durò quella parte del sogno, ma lo fece finchè ad un certo punto, il cane non iniziò a parlare:-Solo sette, Victoria, non più di sette-

Aggrottai le sopracciglia:-Sette cosa?-

La testa del cane mutò, trasformandosi in quella di Gabriele, e io mi alzai di scatto dalla panchina, allontanandomi dall’animale.

-Sette. Solo sette-

-Gabriele? Sei nei miei sogni? Sei vivo!-

Ma il cane iniziava a diventare sfuocato, come una proiezione cinematografica difettosa.

-Sette. Non più di sette-

-Che diamine vuol dire, sette cosa?!- sbottai.

-Sette-

Il cane scomparve, e io mi svegliai.

 

Mi tirai su di scatto e mi portai una mano alla testa.

-Ehi, con calma, o ti girerà la testa- Sam era già seduto a lavorare e come al solito mi sentii terribilmente inutile. In realtà ero solo terribilmente fortunata a non avere i problemi di Sam.

Lo osservai per un po’: le occhiaie erano raddoppiate e iniziava ad avere dei tic nervosi molto preoccupanti. Strizzava gli occhi, ogni tanto muoveva la testa a scatti troppo veloci, e i muscoli gli si irrigidivano spesso.

Sapevo di dover fare qualcosa, ma non avevo proprio la minima idea di cosa fare.

Mi preparai il caffè, mi sedetti al tavolo e lo guardai lavorare per un po’, pensierosa.

-Hai intenzione di fissarmi per tutto il tempo?- disse lui ironico, e dopo aver riso leggermente alzò lo sguardo per guardare se mi ero offesa. Ma ero rimasta impassibile.

-E’da un po’ che non hai allucinazioni, o sbaglio?- dissi piano.

-Già, è una buona notizia, no?-

Sapevo che mentiva.

-Voglio trovare Dean- dissi di punto in bianco.

-Dean?- poggiò la penna e mi guardò stupito –Non penso sia una buona idea-

-Perché no? Non dirmi che ce l’ha ancora con te. Questa cosa dovrà finire prima o poi-

Ci pensò per un po’:-Se non mi cerca lui, dubito sia una buona idea ricongiungerci-

-Ma…-

Mi interruppe, prendendomi la mano con un gesto secco:-So che sei preoccupata per me, ma sto bene, davvero. Ci sono già passato una volta, mi passerà-

-Ti passerà? Davvero? E’ per questo che è dovuto intervenire Castiel l’ultima volta? Non so se l’hai notato, ma ci ha mollati alla grande-

Abbassò lo sguardo:-Segue sempre solo Dean-

-Quello che ti pare. Ma io non posso fare niente per aiutarti, mentre forse Dean si-

-Dean è mio fratello, Victoria. Non fa i miracoli, lo farei preoccupare e basta-

A quella parola, “miracoli”, qualcosa mi passò chiaro e veloce nella mente. Sapevo esattamente che cosa dovevo fare con Sam, e di certo non era cercare suo fratello.

Mi ritrovai improvvisamente a combattere una guerra interna alla mia testa.

Quante volte avevo usato i miei poteri da quando avevo firmato il contratto? Due: la prima volta per inscenare la mia morte, la seconda per salvare la vita a Sam. Avevo ancora una possibilità. Ma valeva la pena usarla così? Sarei riuscita a sopravvivere per tutto il resto della mia vita senza usare i miei poteri?

Ce la facevano tutti, perché io non avrei dovuto? Forse perché non tutti facevano il mio lavoro.

Sam sembrò afferrare almeno parte dei miei pensieri:-Victoria smettila di preoccuparti, sul serio. Non c’è soluzione. Se te ne vuoi andare ti capisco-

-No- dissi alzando la voce, ma poi mi ricomposi e tornai a pensare.

Potevo usare i miei poteri, e guarire Sam, lo sapevo. Ma non ero sicura di volerlo fare. Questo mi rendeva una brutta persona? Non pensavo, forse solo una diffidente, una che ne ha passate tante.

-Ok, ok- fece un cenno con la mano come per chiudere il discorso.

Mi alzai dal tavolo:-Hai fatto colazione?-

-Non ancora-

-Ti va di farla?-

-In realtà no-

-E in realtà la farai- dissi bisbigliando, ma lui sentì, e fece una specie di risata.

Preparai un po’ di bacon e il caffè anche per lui. Mi incantai a guardare il liquido scuro, mentre ancora rimuginavo sulle mie alternative, quando un ricordo mi diede un’idea. Mi ricordai di quella sera, quella in cui io e Sam stavamo cacciando un demone, e Sam mi aveva leccato via il sangue dalla faccia.

Non avevo mai analizzato attentamente l’evento, ma Sam aveva mostrato dei poteri paranormali solo dopo aver ingerito il sangue di quel demone. Quindi probabilmente era quello a renderlo in qualche modo forte. Forse, l’avrebbe anche aiutato con questa storia di Lucifero.

Stavo per organizzare una caccia al demone seduta stante, quando mi resi conto che ero la prima fonte di sangue soprannaturale disponibile. Se un demone poteva dargli tutta quella forza, immaginiamoci cosa avrebbe potuto fare il mio sangue.

Decisi di tagliare del pane e di ferirmi “distrattamente” un dito. Sussultai leggermente e Sam si voltò.

-Tutto bene- dissi abbastanza convincente –mi sono solo tagliata-

Di schiena, feci cadere velocemente qualche goccia di sangue nella sua tazza di caffè, proprio in tempo, prima che mi raggiungesse:-E’ grave?-

-Ma va- risi –un cerotto basterà. Tieni il caffè-

Lo guardò poco convinto, ma il mio sguardo lo costrinse a portarselo al tavolo dove stava lavorando per berlo.

Mentre mi medicavo il dito, mi dissi che se anche questo non funzionava, dovevo smettere di drogarlo. Non era una cosa esattamente leale.

Quando uscii dal bagno, Sam aveva svuotato la tazza, e aveva una strana luce negli occhi.

-Il caffè era fantastico, grazie-

-Di niente- sorrisi a mia volta.

Seguì qualche minuto di silenzio, finchè Sam non mi guardò quasi corrucciato:-Hai notato quanti demoni stiamo incontrando di recente?-

Il cuore quasi mi rimbalzò in gola:-Già… l’ho notato anch’io-

-Perché secondo te?-

-Secondo me? Non ne ho idea, Sam-

-O forse ce l’hai ma non vuoi dirmela-

Lo guardai come se lo vedessi per la prima volta: il sangue non solo l’aveva rinvigorito, ma gli aveva liberato la mente, stava ragionando come il vecchio Sam.

-Bhè da come parli, tu un’idea ce l’hai, quindi ti prego, illuminami-

Sam mi guardò insicuro per un po’, prima di alzarsi:-Ogni volta che hai cacciato con me e Dean, sembrava quasi che i mostri ti seguissero. Trovare i mostri non era mai stato così facile. E quando ti vedevano, alcuni dicevano cose strane, come quella ragazza, quella che aveva l’anello magico, o insomma… è successo più di una volta-

-Quindi?-

-Quindi, è molto probabile che qualcuno ti stia dando la caccia, o molti… a giudicare dalla varietà di mostri che ti ha riconosciuta-

Annuii:-Avevo dimenticato quanto sei intelligente-

-E io dimenticavo quanto fosse bello avere la mente sgombra- dal suo sguardo capii che si era accorto dell’imbroglio.

Non indietreggiai, ma per qualche strano motivo avrei tanto voluto farlo.

-E… quando ti esce il sangue dal naso, fai finta di nulla ed esci con una scusa, come se fosse un segnale. Ma di recente lo ignori, come so fosse un falso allarme, non è vero?-

Annuii.

-Sei nata da genitori umani ma in circostanze particolari, quando ti arrabbi hai gli occhi da demone ma sei immune agli esorcismi, come alle trappole del demone. Potresti essere una specie di ibrido, ma su questo non ho ancora una teoria precisa. Però so che c’è qualcosa di strano tra te e Castiel, e Castiel per quanto di buon animo non avrebbe mai alcun tipo di rapporto con una creatura deplorevole, ciò mi fa pensare che debba avere la sicurezza che tu sia buona. Impazzisci al nome del figlio di Dio, ma il coltello per demoni ti ferisce come un qualsiasi altro coltello. Sei veloce, e forte, ma non lo dai a vedere-

-Sam, basta così-

-Quel giorno, quando sei venuta ad aiutare me e Dean, io ero morto, non è vero? Qualcosa mi si è conficcato in testa, forse una lama, o un chiodo, ma quando mi sono svegliato ero solo sporco di sangue e non avevo neanche un graffio. Tu mi hai baciato, ma non era per aiutarmi a respirare, abbiamo stretto un patto. Dio, che cosa diavolo sei?-

-Basta- dissi con voce più decisa, ma mi resi conto che suonai quasi disperata.

Sam mi guardò stupito.

-Vuoi aggiungere altro? Vuoi che continui io l’elenco? Vuoi dirmi che sono un mostro? Dimmelo, lo so, so di essere uno scherzo della natura, forse il più orribile di tutti, non serve che tu me lo ricordi! Vuoi sapere perché Castiel non si tiene alla larga da me? Solo perché conosceva mia madre, ecco perché, altrimenti avrebbe aiutato Raffaele a farmi fuori!-

Sam aggrottò le sopracciglia:-Raffaele? L’arcangelo?-

-Lascia perdere-

Mi sedetti e mi passai una mano tra i capelli, pentendomi un po’ di averlo rinvigorito col mio sangue.

-Vado a fare un giro- dissi alla fine, ed uscii dal Motel.

Mentre camminavo per strade sconosciute, mi chiesi come mai avessi potuto credere che Sam non avrebbe mai capito niente. Ovviamente non avrebbe mai scoperto quello che ero veramente, non sospettava nemmeno dell’esistenza di una tale schifezza quale ero, ma iniziava a farsi troppe domande, e ne traeva troppe conclusioni.

Mi infilai in vicoli sempre più desolati, perché con la gente intorno non riuscivo a ragionare, e improvvisamente mi resi conto di quanto il tempo stesse peggiorando. Delle grosse nuvole color pece si stavano annidando in cielo, e iniziavano a sentirsi i primi tuoni. Tutto era diventato più scuro e questo non faceva altro che tranquillizzarmi, perché tutti sarebbero rincasati a questo punto, e io sarei stata ancora più sola.

Sola. Non lo ero sempre stata? C’era stato Castiel, è vero, ma poteva realmente capirmi? Mi aveva mai davvero compresa fino in fondo? Non avrei mai voluto ammetterlo, ma avrei pagato per una battuta sporca di Dean, di quelle che in qualsiasi momento ti ricordano come si sorride.

Sam stava diventando un problema troppo grosso anche per le mie spalle, che avevano sopportato fardelli maggiori, e lo facevano tutt’ora. E la cosa peggiore, era che non riuscivo a scappare.

Scappare era sempre stata la cosa che mi riusciva meglio, ma non riuscivo a scappare da Sam. Come avrei potuto? Come avrei potuto lasciarlo in balia delle allucinazioni sul demonio e tutto il resto? Dean lo aveva abbandonato, aveva bisogno di me.

Rimasi in giro tutto il giorno, e quando tornai la sera, Sam stava già dormendo.

 

Ero di nuovo seduta, ma questa volta in riva al mare. Ero in costume da bagno, e forse non c’ero mai stata in tutta la mia vita. Il vento mi soffiava tra i capelli e l’odore salmastro dell’acqua salata mi riempiva le narici. Era bello. Ma era un sogno, e come mi succedeva di recente, lo sapevo.

-Sai, vero che sta per succedere qualcosa?-

Continuai a guardare il mare:-Perché, ti interessa ancora di me?-

Castiel sospirò:-Sai che lo faccio-

-Non lo dimostri un granché-

-Sei arrabbiata perché me ne sono andato ma sai che l’ho fatto per il tuo bene. Allora perché sei arrabbiata?-

-Non sono arrabbiata. Sono rassegnata. Sta per accadere qualcosa? Si, me ne sono accorta ma mi sono anche accorta di non poter fare nulla per cui, se devo starmene qui ad aspettare una disgrazia, preferirei ci fossi anche tu-

-Ne sei sicura?-

Qualcosa nel tono della sua voce mi convinse a voltarmi a guardarlo:-Cosa vuoi dire?-

-Sam. Non è chiaro? Sei scappata oggi, non è vero? Ma non l’hai abbandonato. Non l’avevi mai fatto, con nessuno-

-Sam è diverso… Sam… fa parte del nostro mondo. Capisce-

-Però non gli hai detto chi sei-

-Dovrei? Lo condannerei a morte-

-Tu?-  fece un sorriso sofferente, e non capii.

-Perché quella reazione? Cosa vuoi dire?-

-Gabriele è tornato, Victoria, e tu lo sai-

-Mi è apparso in sogno, dicendomi non più di sette. Sette cosa?-

-Dirtelo, forse peggiorerebbe le cose-

Scomparve, così come era apparso, e la sabbia sotto di me si trasformò in un mucchio di piccoli sette di tutte le dimensioni, prima che un urlo mi svegliasse.

 

-Sam- dissi ancor prima di sapere cosa fosse successo.

Era Sam, ma non era lui ad aver urlato. Stava entrando nel motel trascinando una donna per i capelli.

-Aiutami- disse secco –disegna una trappola per demoni-

Ci misi ancor meno del solito e solo la ricerca dei gessetti nel borsone mi rallentò di qualche secondo.

-Chi è?- chiesi chiudendo a chiave la porta del motel e osservando il demone dimenarsi nella trappola.

-Un demone qualunque. Ma stava appostato fuori dal motel-

-Guardona- dissi schifata, rivolgendole uno sguardo altezzoso.

Rise, guardandomi dritta negli occhi:-L’ora è vicina sorella, ti stiamo tutti aspettando laggiù-

Sam non mi guardò, e ringraziai che non l’avesse fatto.

-Ora ci dici che cosa ci facevi appostata fuori. Altrimenti te ne torni dritta all’inferno- la voce di Sam era glaciale.

-Non è mica un segreto tesoro, stavo spiando lei- mi indicò col mento.

Feci un passo avanti, al limite del gesso e la guardai con odio:-Mi dovete lasciare in pace, hai capito? Dillo ai tuoi amici e dillo al tuo capo. Digli che mi sono stancata di avervi intorno. Non siete stufi di essere rimandati all’inferno da me?-

-Tutti vorranno essere all’inferno, quando il nostro signore tornerà, per merito tuo. E’ scritto. Appartieni a noi sorella, e presto ci raggiungerai. Tutti vogliono vederti, tutti vogliono toccarti-

Feci una faccia schifata, prima di guardare Sam, che però era rimasto impassibile.

-Il giorno che aiuterò voi creature ignobili, non mi chiamerò più Victoria Wilson-

Rise istericamente e fece per saltarmi addosso ma un gesto della mano di Sam la incollò al pavimento.

Cercai di contenere lo stupore.

-Perché la seguite?- chiese Sam con voce secca.

-Ve l’ho detto, tutti vogliono vederla. Il grande giorno sta per arrivare-

-Il grande giorno? Che cosa vuol dire?-

Ma il demone continuava a guardare me:-Sei già a quattro, Victoria. Quando arriverai a sette, lui tornerà-

-Sette?- mi avvicinai di un passo –Sette cosa?-

Si limitò a ridere, e non ci fu più verso di estorcerle nulla, neanche torturandola.

Sam dopo qualche minuto, la rimandò all’Inferno con un semplice gesto della mano e dovetti di nuovo fingere che fosse tutto nella norma.

La ragazza posseduta era già morta, e dopo esserci disfati del corpo, ci rintanammo di nuovo nella stanza del Motel, come se non fosse successo niente.

Sam iniziava di nuovo ad avere l’aria stanca, strizzava gli occhi, e mi resi conto che poche gocce del mio sangue lo avevano rinvigorito per più di un giorno, e che forse ora, l’effetto stava svanendo.

Mi abbandonai seduta sul letto e mi passai una mano tra i capelli osservandolo fare lo stesso, strizzando gli occhi.

Non avevamo ancora parlato, non da quando aveva iniziato a fare supposizioni sulla mia natura non esattamente umana, e ora non sapevo cosa dire, così dissi la prima cosa che mi passò per la testa:-Posso dartene altro, se ti fa bene-

Alzò di scatto lo sguardo su di me, ma rimase in silenzio per così tanto tempo che mi chiesi se avesse sentito.

-Cosa vuol dire che sei già a quattro? Quattro cosa?-

-Non lo so- sospirai –E’ già qualche notte che faccio sogni su questi numeri… il sette soprattutto, ma non ho idea di cosa significhi-

Sam sembrò pensarci su, ma poi scosse la testa e si portò le mani alle tempie:-In questo momento non riesco a pensarci. Buonanotte-

-Posso dartene altro, se ti fa bene- ripetei, ma lui non rispose, di nuovo.

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