Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Salve a tutti fan di STAR WARS, prima di iniziare a leggere questo
racconto, vi conviene sapere determinate cose: come già scr
Salve a tutti fan di STAR WARS, prima di iniziare a leggere
questo racconto, vi conviene sapere determinate cose: come già scritto nei
disclaimer è un AU, ovvero un ALTERNATIVE UNIVERSE, ed è ambientato poco dopo
LA MINACCIA FANTASMA. Stravolgerò non poco la trama che conosciamo, ma sarà
sempre un racconto molto cupo, con pochi spiragli di luce.
Buona lettura e non bastonatemi troppo^^..scherzo siate
severissimi mi raccomando!!
Ah naturalmente i personaggi non sono miei, ma del sommo
maestro della fantascienza George Lucas!
VISIONI
DAL FUTURO
E’ una notte
quieta e serena.
La Repubblica
è in pace: la piccola ribellione su Naboo della Federazione dei Mercanti non ha
turbato questa armonia che regna da ormai mille anni.
Un urlo raggelante scuote un uomo anziano, saggio, stimato da tutti.
E’ l’inizio di una corsa contro l’inevitabile..
PROLOGO
Coruscant, capitale galattica, 31 BBY*
Un uomo dall’apparente età di
sessant’anni stava camminando lungo i corridoi che conducevano dall’ambasciata
di Naboo al suo appartamento privato.
Era stata una lunga giornata, forse
persino peggiore di quando, ormai più di un anno prima, era riuscito a farsi
eleggere cancelliere, sfiduciando Valorum, grazie all’appoggio della Regina
Amidala, la giovane e sciocca regina Amidala,così facile da manovrare, lei e i suoi ideali di pace e giustizia, il
suo desiderio di averle subito, ad ogni costo, anche andando contro colui che
aveva sempre appoggiato il suo pianeta natale, quell’altro sciocco di Valorum.
La Regina Amidala che quel giorno gli
aveva dato di nuovo il suo sostegno per un’altra legge, che avrebbe aumentato i
suoi poteri ulteriormente, gli veniva quasi da ridere.
Tutti quanti credevano in lui, non solo
quell’ingenua ragazza della regione dei laghi, ma anche gli stimati ed
integerrimi jedi, coloro che difendevano la Repubblica dalla guerra, dal male,
dai sith.
Non vedeva l’ora di osservare la faccia
del grande maestro Yoda quando avrebbe scoperto che lui, il buono e saggio
Palpatine, non era altri che un sith, il signore dei Sith: e allora si che
avrebbe riso, si.
Sciocchi, stolti, così pieni di loro
stessi, così convinti di avere solo luce dentro la loro anima, mentre nemmeno
si accorgevano che la loro oscurità era profonda quasi quanto la sua.
Ma non era ancora tempo di uscire allo
scoperto, doveva attendere il momento giusto, con calma, lentamente, proprio
come un serpente attende che la sua preda preferita sia totalmente inerme e
alla sua portata, lui doveva attendere che la Repubblica fosse completamente
mano dei burocrati, più di quanto già non lo fosse, che i jedi voltassero
definitivamente gli occhi di fronte al male, per combatterne uno finto.
L’uomo scosse il capo, cercando di
svuotare la propria mente, era ormai troppo vicino alla Sala del Consiglio, e i
suoi pensieri potevano essere sentiti, non che finora fosse mai successo, ma
non poteva correre il rischio.
Un giovane della sua scorta gli si
avvicinò rispettosamente: era un calamaro, proprio come il maestro jedi Kid
Fisto, lo aveva preso con se, per mostrare a tutti, ancora una volta, la sua
benevolenza verso tutte le razze, mentre in realtà non provava altro che
disprezzo per i non umani.
“Eccellenza avete bisogno diqualcuno per svestirvi? Posso chiamare…”
Il cancelliere Palpatine alzò la mano
in un gesto di benevolenza.
“Non preoccuparti Cad, me ne occupo da
solo. Vai pure a dormire caro figliolo, abbiamo tutti avuto una giornata
stancante.”
Il calamaro abbassò il capo in maniera
fin troppo cerimoniosa: anche lui fingeva, anche lui recitava una parte.
“Grazie signore, siete sempre molto
gentile”
E dopo essersi inchinato di nuovo, uscì
dall’appartamento del Cancelliere, insieme agli altri uomini della scorta,
lasciando il politico da solo: questi si svestì velocemente, indossando la
veste da camera, anch’essa color verde, e voltando le spalle alle grandi
finestre che davano sulla città.
C’era troppa luce per i suoi gusti
quella notte, troppe stelle, a volta amava stare a guardare il cielo, ma solo
quando era davvero buio..
Si coricò a letto e il sonno subito lo
vinse, era davvero spossato, forse più mentalmente che fisicamente.
Ma la tranquillità che sperava
arrivasse dal sonno, non venne, e anzi, una strana visione si impadronì della
sua mente:
Era un pozzo, scuro, nero, come quello
di una nave, si un pozzo a reazione di una nave,almeno così gli pareva.
Udiva esplosioni dappertutto: le fiamme
erano persino di fronte a lui, tutto stava andando in rovina lì.
Stava forse scoppiando una guerra? Bene
era quello che voleva.
Un urlo raggelante lo distrasse,
facendolo voltare: una figura incappucciata stava bruciando tra quelle fiamme:
chi era? Non riusciva a distinguerne i lineamenti.
“Il bambino… jedi… uccidilo… o lui
ucciderà te”
FINE PROLOGO
* Anche se nei film non viene mai detto
né tantomeno nei fumetti o nei libri, secondo quanto scritto dall’enciclopedia
STAR WARS FACT FILE, nell’universo starwasiano per misurare gli anni, si usa
come anno 0 la Battaglia di Yavin( UNA NUOVA SPERANZA), allora LA MINACCIA
FANTASMA è ambientato nel 32 BBY, ovvero Before Battle of Yavin, L’ATTACCO
DEI CLONI nel 22 BBY,CLONE WARS tra
il22 BBY e il 19 BBY, e ovviamente LA
VENDETTA DEI SITH nel 19 BBY .
Un silenzio irreale regnava nella stanza del cancelliere
supremo della Repubblica, l’ex senatore di Naboo, Cos Palpatine . Di fronte a
lui c’era la persona di cui si fidava più di tutti, colui che aveva abbandonato
i suoi ideali solo per diventare il suo allievo con il nome di Darth Tyranus ,
conosciuto da tutti come il Conte Dooku, il ventesimo jedi perduto.
“Lord Sidious siete sicuro di quello che state
facendo?”
“Dubiti forse di me mio apprendista?”
“No assolutamente, ma avevo pensato che ci
avremmo messo più tempo. Così mi avevate detto pochi anni fa quando lasciai
l’ordine.”
“Le cose per nostra fortuna si stanno
evolvendo in maniera diversa, la guerra scoppierà molto prima del previsto.”
“Ah si, e come mai maestro?”
“Lo saprai presto, mio apprendista. Ora va e
riunisci il tuo esercito, come ti ho già detto la guerra scoppierà molto
presto”
“Come desiderate mio signore” e con un
cerimonioso inchino uscì dalla porta laterale dell’appartamento del
Cancelliere.
Uno spaventoso boato si udì pochi istanti dopo
nei bassifondi di Coruscant.
Un intero quartiere saltò in aria.
Case distrutte.
Polvere.
Persone ferite chiedevano aiuto urlando.
Oppure scappavano.
Altre ancora scavavano in mezzo alle rovine.
Ma come trovare qualcosa lì in mezzo?
La polvere che aleggiava nell’aria era nera e
soffocante.
C’era chi camminava strisciando alla cieca
cercando qualcosa anche se forse nemmeno sapeva cosa.
Chi gridava come impazzito quasi maledicendo
la vita stessa.
Dov’era la città a prova di attentato?
Era sparita per sempre.
Ora c’erano solo rovine, morte e dolore.
Un uomo della razza di calamara , vestito di
un semplice saio, era sdraiato contro un costruzione diroccata, che fino a
pochi secondi prima era il più bel palazzo della zona. Con una fatica immane
iniziò a cercare nei propri abiti logori, finché trovò il comlink e lo accese.
“Non venite, che nessuno venga è una…” ma la
voce gli mancò e lui cadde a terra, morto.
“Maestro Fisto…”
Il venerabile capo dell’ordine jedi rimase
impietrito di fronte a quella vista: che stava accadendo? Solo pochi anni prima
avevano scoperto che i sith erano tornati.
Era accaduto durante il tentativo di invasione
della Federazione dei mercanti su Naboo durante il quale era morto Qui-Gon.
Successivamente Dooku, il maestro dello stesso
Qui-Gon, aveva lasciato l’ordine definendoli vecchi e vuoti, troppo lontani dal
mondo e dai reali problemi delle persone ed era diventato il ventesimo jedi
perduto.Per la prima volta Yoda pensò
che forse il suo ex allievo avesse ragione altrimenti non si spiegava come non
si fossero mai accorti di niente, come avevano lasciato che qualcuno colpisse
al cuore la capitale galattica.
“Maestro Yoda…dove andate?” la voce di Windu
era tesa, nervosa, mai lo aveva sentito così.
“Laggiù andare debbo io”
“Non possiamo è troppo pericoloso. E non
possiamo fare più niente”
“Così sicuro sei tu? E da quando il pericolo
ostacola la missione di un jedi? Troppo ciechi e lontani dalla gente siamo
stati noi..”
E senza attendere una replica il piccolo
maestro uscì dalla sala del consiglio, andò verso l’imbarco degli sprinter,
salì sopra uno di essi e si diresse nel luogo dell’attentato.
Quando arrivò c’erano pompieri e dottori che
correvano dappertutto, i primi tentando di domare i numerosi incendi e i
secondi recuperavano le migliaia di feriti e morti, trasportandoli velocemente
negli improvvisati ospedali da campo che si erano creati non lontano da lì.
Yoda osservava tutto con aria afflitta,
devastato dai sensi di colpa, non riuscendo a capire chi e perché avesse fatto
questo: voci incontrollate sostenevano che dietro l’attentato ci fosse la mano
dei separatisti ma non riusciva a credere che Dooku potesse arrivare a tanto. A
che scopo poi?
Avrebbe perso tutta la simpatia di cui godeva
negli ambienti popolari.
Tutto era così nebuloso e contorto, eppure di
una cosa era sicuro Yoda: erano stati i sith.
In quell’istante passarono di fianco a lui due
barelle, in una c’era il cadavere di Kid Fisto, era quasi irriconoscibile a
causa dell’alto numero di ferite riportate, nell’altra c’era un bimbo,
anch’esso di razza calamara e anch’esso strapieno di ferite, ma almeno era
vivo.
Tremava visibilmente e piangeva disperato
chiamando la madre.
Il capo dell’ordine gli si avvicinò e gli
toccò la fronte con la punta di un dito e subito il pianto del bambino cessò
mentre una lacrima silenziosa scivolava lungo la guancia del vecchio jedi:
tutto era morte, tutto era rovina lì.
Una troupe della Holonet, guidata da due
umani, si avvicinò a lui
“Maestro Yoda chi pensate ci sia dietro
quest’orrenda carneficina? E come risponderà l’ordine jedi?”
“Ancora risposte certe dare non possiamo. Ma
del nostro meglio faremo”
“Io ho le risposte”
La voce del cancelliere Palpatine.
Ma non era la solita pacata voce, no aveva
un’incrinatura che non poteva celare e il suo animo era pieno di paura: Yoda lo
percepiva chiaramente.
“Cancelliere cosa intendete dire?”
“Una frangia estremista dei separatisti ecco
chi c’è dietro. Ho appena parlato con il Conte Dooku che è sempre stato a
favore dei negoziati lo sapete, come tutti noi, ma purtroppo questo attentato
cambia le cose, lo sa bene anche lui. “
“E come fate a dire che è stata una frangia
dei separatisti a compiere tutto questo?”
“E’ stato lo stesso Conte Dooku a comunicarmi,
con tanto di prove inconfutabili, che dietro questo orrore c’è il viceréNute Gunray, che già due anni fa attaccò il
mio pianeta natale per una bieca questione commerciale e ora ho osato attaccare
la capitale galattica. Non possiamo rimanere inerti di fronte a questo”
“Intende forse dire che la Repubblica
risponderà?”
“Certo che risponderà. Ne parlerò
immediatamente in senato e sono certo che tutti i senatori saranno con me,
dobbiamo difenderci non abbiamo altra scelta purtroppo, lo vedete anche voi.
Vogliamo forse che altri poveri innocenti paghino per colpa dell’avidità di
uno? “
“Avete ragione cancelliere, siamo con voi, la
gente è tutta con voi perché voi avete dimostrato ancora una volta di essere
vicino a noi tutti, venendo addirittura qui rischiando la vita.”
“Dovevo venire di persona, io sono il padre
della Repubblica e non posso lasciare soli i miei figli…”
Palpatine abbassò il capo con aria afflitta e
si allontanò verso altre rovine sotto lo sguardo indagatore di Yoda e lo
sguardo ammirato di tutti gli altri.
Il capo del consiglio era rientrato nei suoi
alloggi e osservava il cielo notturno di Coruscant che non era mai stato così
buio questo perché l’acre fumo proveniente dai bassifondi non si era ancora del
tutto dissolto, era un fumo nero come la notte e soffocante come il peggiore
dei veleni. Tutta la città rischiava di venire contaminata così si era
costretti a stare rinchiusi in casa e per uscire occorrevano delle grosse
maschere con ossigeno, che purtroppo non erano sufficienti per tutti gli
abitanti del pianeta.
“Maestro volete andare in senato?” il giovane
Obi-Wan si era avvicinato cercando da lui delle risposte che non riusciva a
trovare da solo.
“Che vadao non vada, scoppierà la guerra comunque.”
“E noi cosa faremo?”
“Combattere dovremo.”
“Si lo so maestro. Ma in che modo?La
Repubblica non ha un esercito.”
“Questo me non preoccupa. Altre cose
preoccupano me..”
“Che cosa?”
“ Il nostro nemico vero chi è? Dietro Nute
Gunray forse i sith ci sono?”
“Darth Maul è morto”
“Ma non il maestro lui era…”
“Perché ne parlate con me maestro? Io sono
jedi da pochi anni..”
“Ma il maestro del prescelto tu sei. E ben
chiare queste cose devi avere..”
“Avete ragione..”
“Strano il destino di quel ragazzo, troppo
vecchio per essere padawan e troppo giovane per fare una guerra..”
“Ma se la caverà…”
“Per tutti noi, mi auguro che ragione abbia
tu”
Il giovane Kenobi sorrise mestamente poi il
suo sguardo verde azzurro si perse nel cielo nero di Coruscant: un’altra guerra
dopo solo due anni dalla morte di Qui-Gon.
Ancora una volta stava accadendo tutto troppo
in fretta, Yoda aveva ragione.
E lui aveva più paura di allora, più paura di
quando il suo maestro morì, più paura di quando gli fu dato Anakin come
allievo,perché era ancora un ragazzino
e non poteva vincere quella guerra, aveva bisogno di tempo.
C’era solo una cosa che gli dava la volontà di
andare avanti.
Ma non erano né gli ammonimenti di Yoda né il
senso del dovere così ferocemente inculcato.
No.
Era il fatto che Anakin sarebbe stato al suo
fianco.
Il senato galattico era stracolmo di persone
tutte che urlavano e si agitavano.
“Guerra! A morte i separatisti!”
Gli unici in silenzio erano i membri del
comitato dei Lealisti, guidato dal giovane senatore di Alderaan, Bail Organa,
che osservava spaventato l’evolversi della situazione sapendo benissimo che
questa volta nessuno avrebbe ascoltato le sue parole a favore della pace, lui
stesso ne dubitava, era come annientato.
Malgrado i separatisti fossero contro la
Repubblica li aveva sempre rispettati comprendeva il loro bisogno di giustizia,
le loro proteste contro la corruzione dilagante e l’eccesso di burocrazia, ma
ora cosa doveva pensare di loro? Perché si erano spinti a tanto?
Secondo quanto gli era stato riferito da alcuni
voci incontrollate, ma vicine al cancelliere, pare che dietro quell’orribile
attentato ci fosse la mano di Nute Gunray e non faticava assolutamente a
credere che quell’essere avido fosse stato capace di un gesto tanto ignobile,
ma non lo avrebbe portato da nessuna parte, gli avrebbe fatto la figura del
terrorista e nient’altro.
“Bail tutto a posto?”
La voce gentile di Mon Montha lo distrasse dai
suoi pensieri.
“Tu pensi davvero sia stato Gunray?”
“Quell’uomo è capace di tutto: hai visto cosa
fece su Naboo solo due anni fa”
“Lo so che ne sarebbe capace, ma non ci
guadagnerebbe nulla da una cosa simile.”
“Perché ci ha guadagnato qualcosa due anni fa?
Più che condanne dalla Corte Costituzionale, intendo..”
Bail sorrise divertito all’amica.
“E malgrado quelle condanne è ancora in
libertà..”
“Tu chi pensi che sia stato Bail?”
“Non lo so è questo il problema.”
Il fracasso dell’aula all’improvviso cessò:
era entrato Palpatine.
Tutti si voltarono verso di lui come se fosse
l’oracolo di chissà quale misterioso dio con tutte le risposte pronte, solo
Bail e Mon continuarono a guardarsi tra di loro, sempre più preda del dubbio.
Il cancelliere supremo in poche ore pareva
invecchiato di cent’anni il suo viso era pallido come quello di un morto e le
rughe si erano come triplicate segnando il suo viso in maniera spaventosa, e
quando parlò la sua voce era tremante e angosciata.
“Senatori abbiamo appena assistito ad una
tragedia. La nostra amata Repubblica è in pericolo, non possiamo più
permetterci di perdere tempo in negoziati, purtroppo le frange estreme dei
Separatisti hanno preso il sopravvento. Attaccandoci al cuore, distruggendo un
intero quartiere. Lo avete visto tutti, donne e bambini innocenti, uomini
valorosi come il grande maestro jedi Fisto sono stati uccisi per l’odio di
questi terroristi, si perché sono terroristi!”
“Si terroristi” urlò l’assemblea..
“Dobbiamo difenderci non abbiamo altra
scelta.”
“Palpatine, Palpatine, Palpatine..”
La senatrice Mon Calamari, Cor Vast * , che
faceva parte del comitato dei Lealisti, chiese di parlare e subito il
cancelliere glielo concesse.
“Il nostro valoroso Kid Fisto è morto per
difenderci e noi non possiamo permettere che la sua morte resti impunita, né
che la Repubblica venga devastata da questa gente senza cuore e senza nessun
principio morale, altrimenti la sua morte sarebbe stata vana. Dobbiamo
difenderci e per farlo, mi duole doverlo dire, i jedi non sono sufficienti,
sono troppo pochi, abbiamo bisogno di un esercito. Ma prima di farlo occorre
dare i poteri speciali al Cancelliere, se andremo in guerra non possiamo
perdere intere giornate per delle decisioni urgenti.”
Mon Montha abbassò il capo sconfitta
sussurrando con un filo di voce all’amico vicino a lei.
“Non posso nemmeno darle torto. Questa guerra
è inevitabile.”
Il senatore di Alderaan non si diede nemmeno
la briga di rispondere limitandosi a sospirare pesantemente: i suoi profondi
occhi neri osservavano quella bolgia urlante intorno a lui, si perché solo così
poteva definirla, bolgia. Non gli pareva di scorgere nessun volto umano, anche
lo sguardo della sua amica Cor era una lama di ghiaccio, pieno di odio e di
rancore e non se la sentiva di biasimarla.
Nel frattempo aveva preso la parola il
senatore di Muunlist, un corpulento individuo di razza umana ma dall’aria
decisamente bonaria.
“Appoggio la mozione della senatrice Vast,
occorre dare i poteri speciali al Cancelliere e poi creare un esercito. Solo
che c’è un problema per crearne uno potente occorrono anni, come faremo nel
frattempo a difenderci?”
La voce di Palpatine risuonò di nuovo
nell’assemblea
“La questione che ponete è importante,
senatore Bhot*, ma non temete la Repubblica ha i mezzi per essere veloce quando
occorre. Ho appena parlato con i jedi e loro sono pronti ad aiutarci in questo
senso..”
Queste ultime parole lasciarono interdetto
Obi-Wan Kenobi che insieme al suo giovanissimo allievo Anakin osservava
dall’alto lo svolgersi della seduta straordinaria.
“Cosa intende maestro?” la voce del ragazzino
era piena di paura, così come i suoi occhi: era una paura enorme molto più
grande di quella provata anni prima quando si separò da sua madre.
Il giovane cavaliere jedi gli poggiò la mano.
“Non lo so Anakin, ne parleremo con Yoda..”
Il suo allievo non chiese altro e questo
impensierì non poco il suo maestro che era abituato alle sue troppe domande,
alla sua esagerata voglia di fare.
In quell’istante si avvicinò il maestro Windu
che con un cenno della mano chiese ad Obi-Wan di avvicinarsi.
“Mi spiace non averti informato prima, ma
quello che dice Palpatine è vero. Possiamo aiutare la Repubblica a formare un
esercito anche se devo dire la verità io non sono molto d’accordo.”
“Che vuoi dire Mace?” raramente il giovane
Kenobi si rivolgeva per nome al vice-capo del Consiglio, era sempre fin troppo
rispettoso, ma stavolta era troppo preoccupato per curarsi delle formalità.
“Prima che avvenisse l’attentato Kid aveva
scoperto su Kamino che circa due anni fa il maestro Sifo Diass aveva ordinato
la fondazione di un grande esercito di cloni per la Repubblica..”
“Co… come? E perché lo avrebbe fatto?”
“Kid stava indagando proprio su questo, ma
come ben sai è stato ucciso oggi…”
Gli occhi di Obi-Wan erano dilatati dalla
paura.
“Pensi… pensi forse che era per colpire Kid
che hanno fatto quella carneficina?”
“Non lo so, potrebbe essere, è tutto così
nebuloso e contorto…”
“Scusami ma avete parlate di questa storia con
Palpatine?”
Mace abbassò il capo arrossendo lievemente
“Purtroppo quando Kid ci ha informato della
cosa eravamo nell’ufficio del Cancelliere: sai che lui è sempre stato dalla
nostra parte, tiene sempre conto del nostro consiglio.”
Obi-Wan si passò nervosamente le mani sui
capelli rossicci.
“Si si non è Palpatine il problema ci
mancherebbe. Ma usare un esercito di cui si ignora la provenienza…”
“Obi-Wan non piace nemmeno a me, ma non
abbiamo altra scelta. Su questo il Cancelliere ha ragione: dobbiamo difendere
la Repubblica…”
Il giovane jedi annuì con un cenno della
testa.
“Scusami ancora per informato solo adesso, ma
tu ed Anakin eravate via su Dantooine..”
“Non importa…”
Mace si allontanò di nuovo verso la sua
poltrona e così fece Obi-Wan che però non si sedette, ma prese per mano il suo
padawan invitandolo ad alzarsi.
“Su andiamo”
La raffica di proteste che si aspettava che
venissero non arrivarono, il bimbo saltò immediatamente giù dalla sedia e lo
segui con assoluta calma, come se fosse anch’egli perso in mille pensieri.
Entrambi con la testa bassa si avviarono verso una delle uscite laterali del
senato che in quel momento risuonò di nuovo di un forte boato: l’assemblea
aveva appena dato i poteri speciali a Palpatine..
Dopo lunga e penosa lavorazione sono finalmente riuscita a finire questo dannato capitolo II: è venuto mooolto più strambo di quello che pensavo. E mooolto più lungo!
Sono molto contenta che il prologo e il primo capitolo siano piaciuti così tanto e ringrazio di tutto cuore Ellie, Darth Harion, EvaKant, Lord Larry, il mio carissimo Chaosreborn, padmeskywalker e il misterioso tizio di gravedona^^ per i loro commenti e tutti coloro che leggono senza commentare!
Cercherò di essere più veloce promesso!
Buona lettura!
Capitolo II
Capitolo II
Le cannoniere della Repubblica stavano sorvolando il
remoto pianeta Mon Calamari: malgrado la senatrice Cor Vast fosse dalla loro
parte, molti separatisti erano riuscito ad avere l’appoggio di molte persone
dei quartieri più popolari. Consenso che continuava a persistere malgrado il
terrificante attentato di cui era stata vittima la capitale Galattica.
I
separatisti avevano infatti sparso la voce che a provocare l’attentato era
stato qualcuno del senato che poi aveva fatto ricadere la colpa su di loro.
Il
maestro Mace Windu, dall’alto della sua cannoniera, osservava il grande oceano
del pianeta con disinteresse, sperando di cacciare l’angoscia dalla sua anima.
“Maestro
Windu?” la voce di Obi-Wan era quasi un sussurro.
“Si
maestro Kenobi?” rispose l’imponente uomo ormai sulla cinquantina.
“C’è
qualcosa che vi disturba?Vi vedo strano…”
“La
guerra mi disturba mio giovane amico: cosa ci può essere di peggio?”
Il
giovane generale sospirò rimanendo a fissarlo per diversi minuti prima di
replicare.
“Non
credo sia quello solo quello il motivo.”
“Sembri
molto sicuro di quello che passa per la mia testa, allora formula tu
un’ipotesi.”
“Io
credo che abbiate paura che i Separatisti abbiano ragione” non era stata la
voce di Obi-Wan a parlare ma quella del piccolo Skywalker.
Mace
avrebbe voluto replicare che non era così, non tanto per fare un dispetto al
bambino, che, malgrado fosse troppo irruente, godeva della sua simpatia, ma più
che altro per rassicurare se stesso.
“Sei
sempre troppo sveglio Anakin, troppo.”
Il
giovanissimo padawan gli sorrise divertito, senza alcun timore reverenziale,
cosa che infastidì leggermente il vice capo dell’Ordine.
“Però ci
ha preso.”
“Obi-Wan
cos’è vi siete messi d’accordo per farmi un interrogatorio?? Su andate a
prepararvi, tra poco dobbiamo andare a combattere: non è più tempo per i giochi
piccolo padawan.”
Ancora
una volta il ragazzino gli sorrise sfrontato e invece di ubbidire all’ordine si
avvicinò di più al maestro korun.
“Però ci
ho preso”
“Sparite
tutti e due”
Obi-Wan
ed Anakin si scambiarono un sorriso complice per poi correre a prepararsi
all’atterraggio.
Nella
cannoniera dietro la loro la giovane padawan Siri Tachi si guardava in giro
sperduta.
I suoi
pensieri erano ancora più cupi di quello del maestro Windu.
Si sentiva
una bambina in mezzo a quella guerra orribile e una bambina cosa può fare in
una guerra?
Nulla
pensò mestamente.
“Mia
giovane padawan cerca di calmarti: non è il momento di lasciarsi prendere dallo
sconforto”
Siri
alzò i suoi occhi azzurri verso la donna che aveva parlato, ovvero la sua
maestra Adi Gallia,che malgrado avesse
vent’anni più di lei, pareva quasi una sua coetanea.
Il tempo
sembrava essersi fermato per Adi.
I suoi
occhi, dello stesso colore di quella della sua padawan, avevano ancora la luce
della giovinezza.
La
maestra le sorrise, scostandosi dal viso una ciocca di capelli argentati, che
aveva così praticamente da sempre.
“Cercherò
di concentrarmi maestra.”
Adi
poggiò la mano sulla spalla di Siri.
“Siamo
in guerra mia giovane padawan, questa situazione non piace a nessuno, ma il
maestro Windu una volta mi disse: Non possiamo vincere, possiamo solo
combattere”
“Le
terrò a mente maestra” mormorò la ragazza chinando la testa in cenno di
assenso.
Si aveva
ragione la sua maestra doveva pensare alla guerra purtroppo, non poteva
concentrarsi sul passato, anche se nella sua mente continuava a presentarsi
prepotente l’immagine di un altro jedi, un jedi dai lunghi capelli rossi e dai
profondi occhi verdi, dolci e saggi.
Anche se
avevano deciso insieme di dimenticare il loro amore, non c’era stato un solo
giorno in cui la sua mente non aveva indugiato su quel jedi.
E ora il
pensiero che potesse correre dei rischi in quell’orribile conflitto la
spaventava a morte.
“Obi-Wan
stai attento”
In
quell’istante il giovane Kenobi si voltò verso di lei, fu solo un momento ma lo
sguardo verde del giovane maestro jedi si perse nell’oro* dei capelli della
donna, desiderando di accarezzarli ancora una volta, dopo quell’unica volta di
pochi anni prima.
“Anche
tu Siri”
Non
poteva dimenticarla.
Non
poteva e non voleva.
E ora
più che mai avrebbe voluto dirle che l’amava ancora, che non era cambiato
niente e che erano stati degli stupidi a rinunciare a un po’ di felicità
insieme.
“Stai
bene maestro? Mi sembri triste”
Kenobi
sorrise al suo allievo scompigliandogli i capelli.
“Si sto
bene piccolo padawan andiamo: siamo in guerra”
Il
bambino annuì mentre il cuore del giovane generale si fece ancora più pesante.
“Che non
succeda nulla a loro due, non mi importa di me, basta che loro due stiano
bene.”
E poi
ogni altro pensiero si dissolse: la guerra dei Cloni infuriava su Mon Calamari
così come in ogni angolo della galassia.
Le
cannoniere della Repubblica iniziarono a sparare all’impazzata sull’esercito
dei droidi da battaglia e d’assalto, schierati a migliaia sulla capitale del
pianeta.
Ma a
giudicare dal fumo acre che si vedeva in lontananza sopra al grande oceano, era
evidente che la battaglia stava infuriando ovunque.
I jedi
saltarono simultaneamente sul terreno paludoso scontrandosi corpo a corpo con i
distruttori, i droidi più feroci e agguerriti dell’esercito dei separatisti.
A
guidarli non c’era Dooku, proprio come aveva previsto il Cancelliere Palpatine,
ma non c’era nemmeno Nute Gunray, difatti era un generale Mon Calamari a
guidarli, un misterioso comandante sbucatodal nulla che si chiamava Lot Ackbar**.
Di lui
si diceva che fosse un uomo incorruttibile, che condivideva gli stessi ideali
del capo dei separatisti, ed era contro la violenza e questo lasciava molto
perplessi i membri dell’ordine jedi: se era contro l’uso delle armi perché era
in prima linea?
Non
poteva certo approvare il meschino attentato che aveva distrutto uno dei
quartieri più belli di Coruscant.
Ecco un
altro mistero che da aggiungere agli altri.
Il generale
separatista, dopo aver abbattuto diversi cloni soldati, si era messo a scrutare
con il suo binocolo ad infrarossi i jedi.
Non ce
l’aveva con loro, li aveva sempre rispettati e condivideva i loro valori di
pace e libertà, purtroppo non era colpa di nessuno se la Repubblica che
difendevano era corrotta.
E
probabilmente anche qualche jedi era corrotto: non si spiegava infatti come
qualcuno di loro avessero organizzato l’attentato di Coruscant.
Ma
doveva credere alle voci che giravano su di loro?
Era tutto
talmente ingarbugliato che ormai non sapeva nemmeno lui da che parte fosse il
bene e da quale il male: Dooku era un jedi perduto e un sith probabilmente
controllava il senato..
“Generale
Ackbar” la voce di uno dei suoi luogotenenti, il comandante Dac Morren, un
giovane calamaro dalla pelle sul violetto.
“Dimmi
Dac.”
“I jedi
si stanno avvicinando: volete davvero trattare?”
“Si”
“Sono
degli assassini”
“Dac si
forse è così ma forse no: non possiamo credere a tutto quello che sentiamo in
giro”
“Si hai
ragione Lot..”
Le
ultime parole morirono quasi in gola al giovane calamaro proprio mentre una
palla di fuoco di gigantesche proporzioni arrivò nelle vicine case dei civili
inermi, sterminandoli istantaneamente.
Altro
fumo nero si alzò in aria insieme a fiamme rosse come rubini e terribili come
quelle dell’inferno.
La gente
superstite si mise ad urlare.
“Assassini
jedi, assassini altro che difensori della pace e della giustizia!” era una
donna, un’anziana calamara che teneva tra le braccia il figlio, un ragazzo di
sedici- diciassette anni.
E altre
voci si unirono a quelle della donna, voci di uomini mutilati, di bambini, e di
ragazzini.
“Abbasso
la Repubblica viva i Separatisti!”
Obi-Wan
ed Anakin, insieme a Mace, Adi e Siri, che erano da poco saltati sul terreno
paludoso, rimasero impietriti: chi aveva lanciato quella bomba?
Era
ovvio che non era stato nessuno di loro.
Oppure
no?
I cinque
jedi si osservarono in viso sconvolti mentre i cloni li circondarono quasi per
proteggerli contro la furia della gente.
“Cosa possiamo
fare?” balbettò Kenobi più che altro per dire qualcosa ma sapeva benissimo che
nessuno gli avrebbe potuto dare una risposta sensata in quel momento.
“Dovremmo
ritirarci forse.. “ replicò debolmente Adi senza troppa convinzione.
“E
lasciare questo sistema in mano ai separatisti?Mai” tuonò il maestro Windu.
“Ma la
gente non ci vuole più: ci odia” la voce di Siri era quasi un sussurro.
“Non
siamo stati noi a provocare questa guerra e non siamo stati noi a lanciare
quella bomba” Anakin aveva parlato senza nemmeno pensare continuando ad
osservare con i suoi occhi di bambino quell’immensa rovina, quell’orrore senza
fine.
Un tempo
aveva pensato che Tatooine fosse l’inferno con un piccolo angolo di paradiso
ovvero la casa con cui viveva con sua madre.
Ora pensava
che l’inferno era quello.
La
guerra combattere gli uni contro gli altri, ferendosi mortalmente e
ignominiosamente a vicenda e in nome di cosa?
Della
pace?
Della
libertà?
Della
giustizia?
Aveva
visto l’orribile carneficina su Coruscant con i suoi occhi e aveva pensato che
fosse giusto attaccare i separatisti, fare giustizia.
Ma che
giustizia era quella che provocava altri morti?
Non lo
sapeva, credeva solo a ciò che gli dicevano i suoi occhi: gente distrutta, che
piangeva i propri cari mentre quel maledetto fumo nero aleggiava ovunque.
Come
un’ombra.
I
soldati separatisti si scagliarono furiosi contro i jedi e i cloni che non
poterono far altro che difendersi: ogni negoziato era impossibile ora.
Il
generale Ackbar era stato tra i primi ad attaccare e ora combatteva con
veemenza contro il maestro Windu con una rudimentale spada di ferro.
“Assassini
e io che volevo negoziare con voi: ero convinto che non eravate stati voi a
provocare l’attentato in senato. Bugiardi e ipocriti: dite di difendere la
gente, ma in realtà le persone per voi sono solo esseri inferiori, che devono
stare sottomessi alla Repubblica. “
il
calamaro, malgrado i poteri jedi dell’altro, lo stava facendo indietreggiare
grazie ad una maneggevolezza della spada incredibile.
“Non
siamo stati noi a lanciare quella bomba”
Mace
rispose con un fendente micidiale facendolo retrocedere di qualche passo, ma
subito il generale separatista lo sorprese saltandogli sopra la testa con un
doppio salto mortale e ferendolo alla spalla.
“Si
certo. E perché dovrei credervi maestro Windu? Voi non siete come gli altri, vi
credete superiori, non provate né amore né odio: come potete pretendere di
difendere la pace e la libertà?”
“Vi
sbagliate su molte cose generale Ackbar: noi proviamo dei sentimenti” balbettò Windu
tenendosi la spalla sanguinante e nel contempo continuando a combattere.
Era ora
di usare il suo stile più famoso, lo stile al limite del lato oscuro, che
sapeva incanalare l’energia negativa per usarla positivamente, lo stile che lui
stesso aveva inventato: il Vaapad.
La Forza
che sprigionava Mace era impressionante, solo Yoda avrebbe potuto reggere al
confronto: l’uomo era immerso nel potere Vaapad, aveva gli occhi quasi bianchi
e la sua spada si muoveva come mossa da vita propria, spingendo sempre più
indietro il giovane calamaro.
La sua spada ora era viola scuro, brillando
come una saetta nella notte.
Malgrado
questa dimostrazione di forza, nessun altro dei separasti indietreggiò e anzi
il suo secondo, Dac Morren aveva attaccato il maestro Kenobi e il suo padawan
Anakin non con una spada ma con diversi blaster mentre persino i civili si
erano messi ad attaccare i jedi e i clone troppers.
I jedi
si sentirono quasi sopraffatti, non tanto per la forza dell’avversario, che gli
era palesemente inferiore, ma per l’odio e la rabbia che sentivano provenire
dalla gente, si appellarono alla Forza, creando quasi una sorta di scudo
energetico che li rese più potenti, ma solo fisicamente.
“Forse
dovevamo davvero arrenderci” balbettò Obi-Wan che pure continuava a combattere
quasi con rabbia: non erano degli assassini, volevano proteggere la Repubblica
dal male.
“Maestro
non possiamo venire meno alla nostra missione: me lo hai sempre detto tu” la
voce di Anakin non era mai stata così tremante ma era impossibile capire se ciò
fosse causato dalla paura o piuttosto dalla rabbia.
Kenobi
percepiva chiaramente la frustrazione e pensieri pericolosi del suo padawan
così maledettamente simili ai suoi.
“Hai
ragione mio troppo giovane allievo, ma ricordati che bisogna combattere solo
per difendersi.”
A chi lo
stava dicendo?
Ad
Anakin?
A Mace?
A Siri
ed Adi?
Oppure a
se stesso?
“Cercherò
di tenerlo a mente” fece il bambino continuando a respingere i colpi di blaster
con la sua spada laser.
Fu solo
un secondo ma si voltò e fissò il suo maestro negli occhi.
Occhi
blu negli occhi verdi.
Entrambi
pieni di paura, ira e forse…. Si forse anche odio.
Ma odio
verso di chi?
Non lo
sapevano nemmeno loro.
Maestro
ed allievo unirono le loro spade quando una pioggia di fuoco iniziò ad arrivar
loro addosso.
“Dobbiamo
tornare sulle cannoniere: siamo troppo allo scoperto qui..” la voce di Siri era
debolissima, fragile, quasi soffocata e questo impensierì non poco Obi-Wan che
voltandosi verso di lei si accorse che del sangue stava colando dalla gamba
destra della donna, era come un fiume rosso.
“Sto
bene Obi-Wan” sussurrò la ragazza pallida come non mai.
Il
giovane jedi la prese tra le braccia, trascinandola verso la nave più vicina.
“Siri
devi fermarti.”
“Non
posso abbandonarvi.”
“Infatti
non puoi. E quindi devi fermarti: non puoi combattere in questo stato”
Un
droide medico si avvicinò ai due giovani.
“Generale
Kenobi se volete potete tornare a combattere, ci penso io alla comandante
Tachi”
Il
giovane jedi alzò lo sguardo verso il suo padawan che ora era stato avvicinato
dalla maestra Gallia e dal maestro Windu che dopo aver sconfitto, ma non
ucciso, il generale Ackbar adesso respingeva gli altri separatisti.
“E’
meglio salire tutti: qui non possiamo contrattaccare adeguatamente”
Obi-Wan
non attese nemmeno risposta dai suoi compagni, continuando tuttavia a fissare
la piccola figura del suo allievo: se la stava cavando piuttosto bene.
Ma avevo
lo stesso timore per lui.
Strinse
la mano di Siri per sentire il suo contatto.
“Ti amo”
“Lo so
generale Kenobi.”
Non
sorrideva mentre pronunciava quelle parole: negli occhi azzurri della donna
c’era una luce strana, triste, come se temesse qualcosa di remoto e lontano.
In
silenzio il giovane maestro aiutò i droidi medici a trasportare la barella
sulla cannoniera mentre suoni di esplosioni e di missili sibilavano nell’aria
ormai nera come la notte.
A
diversi parsec da Mon Calamari, nel remoto sistema di Dantooine, Luminara
Unduli, la suagiovanissima allieva
Barris Offee, il maestro Quinlan Vos e la sua ex allieva Aayla Secura stavano
combattendo anch’essi una difficile battaglia,ma almeno per ora la popolazione era tutta dalla loro parte.
Malgrado
questo nessuno di loro si sentiva tranquillo, c’era qualcosa nell’aria,
qualcosa di pauroso che stava per emergere e loro non avrebbero potuto far
nulla per fermarlo.
Luminara
osservava l’immensa pianura verdeggiante di quella sperduta regione di
Dantooine: ora il verde si mescolava al rossastro del tramonto rendendo la zona
quasi spettrale.
Eppure
era un posto magnifico, pieno dei colori più belli e dei profumi più deliziosi
della natura, e la loro base era ben nascosta sottoterra lontano dagli sguardi
indiscreti delle troppe spie che vi erano persino lì.
“Luminara
non serve a nulla star qui a rimuginare: qualunque cosa deve accadere, accadrà
presto. Ricordati che anticipare è una distrazione.”
“Ma hai
paura anche tu Quinlan non è vero?”
“Come
tutti amica mia, come tutti. La gente pensa che un jedi non abbia paura, che
non provi amore e che non provi odio. Noi amiamo e la nostra forza sta nel
saper sconfiggere la paura e l’odio che vi sono anche dentro di noi, non a
fingere che non ci siano”
La donna
alzò lo sguardo verso il giovane maestro jedi: i suoi occhi neri erano più
scuri del solito, come se ci fosse dentro davvero la notte.
“Buonanotte
amico mio” mormorò Luminara entrando nella base.
A pochi
chilometri da lì intanto una piccola figura avvolta in un mantello nero stava
sgattaiolando all’interno della casa più grande, quella di un capo villaggio.
Il
misterioso essere accese la sua spada laser azzurra tranciando i cavi
elettronici che davano energia non solo all’edificio ma a tutto il villaggio,
poi li collegò ad uno strano marchingegno dorato.
Una
volta fatto questo la figura uscì allontanandosi nella notte.
Fine Capitolo II
*Lo so che nella mia altra
fiction avevo fatto Siri mora ma ho scoperto su wookipedia( l’enciclopedia
ufficiale online di Star Wars) che Siri è bionda e ha gli occhi azzurri^^
**Personaggio di mia invenzione
che intendo imparentare con il mitico ammiraglio Ackbar della vecchia trilogia
Uno spaventoso boato investì la scuola dei
quartieri popolari di Dantooine.
Altri morti, altri feriti, altra distruzione.
E tante altre lacrime da versare.
Perché il dolore è troppo grande.
Perché non si riesce a capire chi voglia
attaccare la gente inerme come i civili.
I bambini poi.
Gli jedi su quel lontano sistema restarono
allibiti.
Era tutto uguale all’attentato di Coruscant.
Tutto spaventosamente uguale.
Tranne…
“Maestro Vos lo avete visto anche voi…”
“Sì Luminara. Quell’uomo aveva una spada laser
blu.”
I due jedi salirono sopra una swoop-bike
simultaneamente e si misero all’inseguimento della strana figura incappucciata,
che era anch’essa saltata subito sopra ad una swoop-bike, correndo via tra le
macerie.
La jedi si voltò verso la sua allieva, rimasta
totalmente paralizzata dall’orrore.
“Barris avvisa Windu e Yoda che c’è un
misterioso guerriero jedi che ha provocato un attentato, identico a quello di
Coruscant.”
La donna nemmeno attese la risposta e si girò
di nuovo a guardare avanti.
Barris balbettò un “Sì, maestra.”
Poi accese il suo comlink
“Maestro Windu, mi sentite…”
“Barris, sono Obi-Wan Kenobi, dimmi”
“Qui, su Dantooine, un misterioso guerriero
ha… ha provocato un attentato ed è identico a quello di Coruscant…”
“Nei quartieri popolari?”
“Sì maestro Kenobi. E c’è… c’è un’altra cosa…”
“Sì, Barris?”
“Potrebbe un essere un… uno jedi”
“Co… come? Ne sie… siete sicuri?”
“No, però era in possesso di una spada laser
ed era blu… Il maestro Vos e la maestra Luminara lo stanno inseguendo con una
swoop-bike…”
La mente del giovane maestro jedi lavorava
febbrilmente, cercando di capire che cosa si celasse dietro tutto questo.
“Barris anche qui… anche qui la situazione è
davvero strana. Molte persone sono convinte che noi possiamo essere dietro l’attentato
di Coruscant”
“Ma non ha senso: noi difendiamo la pace e la
giustizia!”
“In che modo la difendiamo?”
La giovane jedi rimase interdetta qualche
minuto a causa di quella domanda.
“Maestro Kenobi, siamo qui…”
“Solo perché c’è la guerra: di solito la gente
non ci vede mai”
“Che cosa volete dire, maestro Kenobi?”
“Che per molte persone è più facile credere
che sia colpa degli estranei jedi, piuttosto che dei separatisti, che sono
persone come loro e parlano di problemi vicini a loro”
Barris cominciò a toccarsi ripetutamente il
viso con aria febbrile.
“Non ci avevo mai pensato prima, ma… ma temo
che il vostro discorso abbia un senso”
Obi-Wan sospirò mestamente.
“Se ti può consolare non ci avevo pensato
nemmeno io fino a qualche ora fa”
“Perché? Che cosa è successo?”
“Un attentato. E anche qui, apparentemente, è
colpa nostra”
“Obi-Wan, ho paura”
“Anche io, amica mia, anche io”
Barris si guardò intorno: case distrutte,
morti, feriti. E lei, che cosa stava facendo?
Stava perdendo tempo a chiacchierare con il
comlink.
Non poteva biasimare gli sguardi di
riprovazione che le arrivavano addosso.
“E se fosse troppo tardi?”
“Mi auguro di no Barris”
“Devo andare, Obi-wan, non posso perdere altro
tempo. Che la Forza sia con te, maestro Kenobi”
“Che la Forza sia con te, giovane Barris”
“E… Obi-Wan?“
“Si?”
“Veglia attentamente sul giovane Anakin. Forse
non è un caso che il Prescelto arrivi da una famiglia normale. Addio!”
E prima che Obi-Wan potesse replicare, la
giovane jedi aveva interrotto la comunicazione e si era messa ad aiutare i
soccorritori.
Mace Windu era sdraiato su un lettino, mentre
i droidi medici gli curavano la spalla ferita. Questo malgrado egli avrebbe
voluto sottrarsi e ricominciare a combattere subito.
La cannoniera sorvolava Mon Calamari in fiamme,
i cui edifici erano distrutti o semi-diroccati.
Il fumo nero era quasi sparito, cosicché
poteva vedere la gente che urlava per i propri morti, scagliandosi contro
l’esercito della Repubblica.
I Cloni si limitavano a respingere la gente
inferocita, senza usare le loro armi, ma lo jedi non sapeva quanto questo
sarebbe potuto durare.
Si sentiva stanco e svuotato.
Ed il suo timore più grande era che ciò che
gli aveva detto Anakin poche ore prima potesse essere vero: che dietro tutto
quell’orrore ci fosse uno jedi.
“Maestro Windu…”
“Dimmi, giovane Anakin…”
“Avete paura?”
“Ne abbiamo tutti.”
“E allora perché… “
“Perché due anni fa ti abbiamo sgridato per le
tue paure?”
“Sì.”
“Per nascondere le nostre.”
Il piccolo padawan si avvicinò al maestro
korun fissandolo sconvolto.
“Che cosa volete dire?”
“Anakin tu hai un legame incredibile con la
Forza, che nessuno ha, nessuno.”
“È di questo che avete paura?”
“Potresti usarlo contro di noi.”
“E perché mai?”
Mace mise le mani sulle spalle del bambino,
guardandolo con affetto.
“Ora non c’è ombra di male, nel tuo cuore, ne
sono certo. Ma la paura è pericolosa, terribilmente pericolosa, per te come per
noi: può portarci a fare la cosa sbagliata.”
“Quindi non pensate che sia un male che io
abbia paura di perdere mia madre?”
“Certo che no. Te l’ ho detto prima, giovane
padawan: tutti abbiamo paura, e non lo sconfiggeremo di certo fingendo che non
ne abbiamo.”
Anakin gli sorrise grato come se si fosse
tolto un peso.
“E come si sconfigge?”
Mace gli scompigliò i capelli dorati.
“Sei troppo curioso, giovane padawan.”
“Avanti…”
“Si sconfigge guardandola negli occhi, sempre,
non abbassando lo sguardo.”
“Grazie, lo terrò a mente. Che la Forza sia
con voi, maestro Windu.”
“Che la Forza sia con te, giovane Anakin.”
Proprio mentre il bimbo usciva dalla stanza
del maestro jedi, un missile prese di striscio il motore della cannoniera, che
iniziò a beccheggiare pericolosamente.
Il pilota, un giovane di Coruscant di nome
Calanon Beinion, tenne in alto la carlinga il più possibile, ma la nave sbandava
in qua e in là, rischiando di finire sulle poche case rimaste intatte.
L’ideale sarebbe stato rifugiarsi al centro di
comando, anche se non poteva sapere se i separatisti lo avessero attaccato o
meno.
“Forse potremmo rifugiarci laggiù, vicino a quella
grotta, c’è un avamposto”, mormorò di fianco a lui la voce di Adi Gallia.
“Potrebbe essere anch’esso finito in mano ai
separatisti”.
“Non abbiamo molta scelta, mi pare”, replicò
la donna posandogli la mano sulla spalla.
Il giovane abbassò il capo, sfiorandosi con la
mano destra i lunghi capelli viola scuro.
“Andiamo, allora.”
La cannoniera calò lentamente verso la grotta,
continuando a sbandare paurosamente.
Il fumo nero si stava alzando di nuovo,
oscurando la vista al giovane pilota che, nonostante indossasse un casco, aveva
ormai gli occhi rossi.
“Stiamo atterrando in un avamposto isolato,
vicino ad una grotta, non sappiamo bene le nostre coordinate, ma pensiamo di
essere alla periferia nord est della capitale: se qualcuno è in ascolto venga
in nostro soccorso per favore.”
La nave atterrò finalmente sul suolo, ma
appena lo sfiorò, un altro missile la prese in pieno, nei due motori centrali.
Tutti coloro che erano dentro la nave furono
scaraventati per terra o al di fuori dell’abitacolo, che però esplose quasi
subito investendo gran parte dell’avamposto.
Ignare dell’orrore avvenuto su Mon Calamari,
su Dantooine Barris Offee e Aayla Secura stavano soccorrendo le persone ferite
dopo l’attentato, trasportandole nei più vicini ospedali.
“Jedi…” urlò una voce con disprezzo.
Aayla si girò e vide di fronte a sé un sparuto
gruppo di persone, armate fino ai denti e assai agguerrite.
“Cosa volete?”
“Dopo aver provocato la morte, ora siete così
ipocriti da fingere di volerci aiutare?”
“Non abbiamo provocato nulla e vi stiamo
davvero aiutando.”
Un signore anziano, ferito ad una gamba, che
probabilmente sarebbe stata amputata, cercò di intervenire.
“Ragazzi, la guerriera jedi è dalla nostra
parte. Vi state sbagliando.”
“Non ci stiamo sbagliando” tuonò il giovane
buttando con disprezzo per terra dei fili tagliati a pezzettini.
“E questo cosa vorrebbe dire?” balbettò Barris
impietrita.
“Erano i fili della centrale elettrica che
rifornisce di energia la città e sono stati distrutti dalle vostre maledette
spade laser!”
“Come… “ma prima di riuscire a terminare la
domanda, le due donne furono fulminate da una sventagliata di blaster.
Poco lontano Quinlan e Luminara erano riusciti
a trovare il rifugio segreto del misterioso guerriero.
“Chi sei?” tuonò la voce del possente jedi.
“Siete finiti jedi, finiti. La gente è tutta
contro di voi” sghignazzò la voce nascosta nell’ombra.
“Mostrati e combatti a viso aperto.”
“E perché dovrei?” sussurrò di nuovo la voce
mentre strane macchinari iniziarono a muoversi sopra agli jedi. Macchinari che
in genere servivano a demolire gli oggetti, che ora stavano venendo nella loro
direzione.
L’uomo e la donna iniziarono a saltare in
mille direzioni, schivando le enormi roncole, ma queste si movevano sempre più
veloci.
“Chi sei?” ripeté angosciato il maestro Vos.
“Mi spiace, cavalieri jedi, ma non saprete mai
chi vi combatte, né vedrete mai la fine di questa storia.”
I due si fissarono negli occhi terrorizzati,
continuando a schivare come potevano gli strani macchinari, con salti e
capriole.
Con un doppio balzo riuscirono ad arrivare al
secondo piano dell’edificio mettendosi finalmente al sicuro.
“Siete stati fortunati, ma non abbastanza” la
figura nel buio azionò la spada laser blu e li attaccò ferocemente.
Quinlan e Luminara azionarono a loro volta le
proprie armi, ma non era facile muoversi in quell’oscurità in un posto
sconosciuto.
Si appellarono alla Forza, sperando di trovare
tramite essa il modo di sconfiggere quel nemico invisibile.
Eccolo lo sentivano.
Era in fondo alla sala.
C’era odio, rabbia, rancore in quell’essere,
ma non solo… non solo.
Le tre spade saettarono insieme, scintillando
nel buio come crepitii di lampi nella pioggia.
Colpi su colpi, ma continuarono a non vedere
nulla.
Solo tutte le emozioni del guerriero si
facevano sempre più presenti, forti.
Era come essere avvolti in esse.
Un lampo attraversò la stanza buia.
Uno solo.
Ma bastò per tranciare la testa ai due jedi e
mettere fine per sempre alle loro vite.
Yoda crollò semi-esamine nella sala del
Consiglio.
Morte e distruzione.
Non solo tra la gente comune, ma anche tra i
suoi allievi.
Tutti stavano morendo.
Qualcosa di misterioso e orribile si muoveva
nell’ombra.
Il lato oscuro era tornato ed era più potente
che mai.
Il vecchio maestro si aggrappò al bastone,
zoppicando vistosamente verso l’entrata.
Aprì la porta.
Con un veloce movimento accese la propria
spada laser e si avventò verso l’orda di cloni comandata dal Conte Dooku.
Fu veloce e riuscì a metterne fuori
combattimento diversi, ma i cloni erano troppi.
E, prima che potesse trovare riparo verso
l’uscita, una sventagliata di blaster lo fermò per sempre.
Lo so, lo so, sono lentissima, ma che volete farci, dovete sopportarmi così^^...
Grazie di cuore a tutti coloro che leggono e commentano!
Buona lettura e buon anno...
Silvia
Capitolo IV
Capitolo IV
Un fumo acre e nero saliva dai resti della cannoniera
repubblicana, ormai quasi completamente distrutta, e in fiamme.
Il fumo aveva raggiunto anche l’interno
dell’enorme grotta, dove era situato l’avamposto bellico.
Ora non era non rimasto quasi niente, se non
qualche impalcatura diroccata e avvolta anch’essa dalle fiamme.
In lontananza si udivano ancora il sibilare
dei missili e il boato delle esplosioni.
Lì regnava quasi il silenzio.
Una mano coperta di sangue e di fuliggine
sbucò da sotto una lastra di metallo.
Iniziò subito a tastare il terreno come se
fosse alla ricerca di qualcosa. Nel frattempo era spuntata una seconda mano,
sempre coperta di sangue e fuliggine e stava aiutando la compagna nella sua
ricerca.
Il terreno era duro, coperto interamente di
terra bruciata, e di svariati sassi.
La lastra scricchiolò pesantemente, finendo
per cadere contro una parete laterale della caverna.
Una figura umanoide, dai vestiti logori e
bruciacchiati, l’aveva spinta lontano.
Con una fatica immane l’umano spalancò le
palpebre.
Il suo volto era nero e rosso.
Nero per il fumo.
Rosso per il sangue.
Sbatté ripetutamente gli occhi.
Occhi di uno particolare verde quasi azzurro.
Aveva dolori a tutte le ossa, eppure era
sicuro di non averle rotte.
O almeno lo sperava.
Quel dannato fumo gli impediva di vedere.
Guardò a destra, a sinistra e davanti.
Sempre nero.
Doveva alzarsi.
E vedere chi altri era sopravvissuto.
Il problema era riuscire a farlo.
Riprovò a guardarsi intorno.
Il fumo parve finalmente iniziare a diradarsi
un po’.
E la vide.
Almeno gli pareva una donna.
Poco distante da lui vi era un corpo
femminile, che ancora respirava, e che indossava una divisa ancora più
bruciacchiata della sua.
I capelli erano coperti da macchie scure, ma
lui riusciva a vedere il loro colore naturale: biondo grano.
Strisciando come un serpente si avvicinò alla
figura.
Le sfiorò i capelli.
“Siri…”
“Obi… Obi-Wan”
“Come…. come ti senti?”
La giovane donna si voltò: aveva il viso
coperto di fuliggine, ma sorrideva, debolmente, ma sorrideva.
“Cosa…. cosa vuoi che ti risponda? “
“In che… in che senso?”
“Vuoi… vuoi una risposta diplomatica o la
verità?”
Cercava di usare un torno sarcastico, ma stava
balbettando e i suoi occhi chiari erano pieno di paura.
“Mi… mi arrendo, maestra Tachi”
“Non… non sono una maestra”
Le sfiorò il viso con la mano destra,
assaporando quel contatto.
“Credi… credi sia sopravvissuto qualcun
altro?”
Tremò nel fare quella domanda.
Aveva paura, una paura folle di un’eventuale
risposta negativa.
Non sapeva se l’avrebbe potuta reggere.
Non era così forte.
La sua ostentata sicurezza era sempre stata
una maschera dietro alla quale nascondere la sua grande fragilità e la sua poca
fiducia in se stesso.
Lei chinò il capo, non sapendo cosa dire.
Allungò la mano verso di lui, toccando il
viso.
Benché fosse maestro jedi da quasi due anni,
non si era ancora fatto crescere la barba, che invece si confaceva al suo nuovo
rango.
Le sue labbra sfiorarono quelle del jedi in un
piccolo bacio.
“Sono sicura di sì”
Si abbracciarono e si strinsero, scoppiando
insieme in un pianto liberatorio.
Dieci minuti dopo stavano vagando nella grotta
ognuno in una direzione diversa.
Separati avevano più possibilità di trovare
qualcuno vivo, anche se così rischiavano di perdersi.
Avevano comunque deciso di non addentrarsi
troppo: se c’erano dei sopravvissuti erano sicuramente caduti verso l’esterno.
Anche se non potevano esserne certi.
Il generale Kenobi stava perlustrando le
impalcature rimaste intatte dell’avamposto.
Barcollava ad ogni passo, ma non voleva
arrendersi.
La sua ben nota razionalità era andata a farsi
friggere dopo l’esplosione e lui stava cercando di recuperarne almeno una
parte, più che altro per trovare il modo ragionare in manieralogica.
Ora si sentiva una specie di animale che vagava
in qua e in là.
Le fiamme avvolgevano quasi tutto lì e la cosa
più logica sarebbe stata andarsene.
Ma non poteva e non voleva.
Perché sentiva qualcosa.
Qualcosa di vivo.
Era molto debole, ma lo sentiva.
Una folata di vento lo investì rischiando di
farlo finire nel fuoco: fu solo per una prontezza di riflessi che riuscì ad
aggrapparsi ad un palo ancora integro.
“Seguire l’istinto non è poi tanto male a
volte”
Dall’altra parte, vicino ai resti delle
cannoniere, Siri ne stava perlustrando i resti.
Non era facile nemmeno per lei muoversi in
quel fumo e in mezzo a quei rottami.
Non c’era niente e non si vedeva niente.
Se Obi-Wan, che era razionale e pacato di
natura, aveva perso sia l’una che l’altra dopo quanto era successo, lei, che
era esattamente l’opposto quanto a carattere, ora era in preda alla
disperazione più nera.
“Maestra… maestra Adi…” balbettò incespicando
tra i resti delle navi.
“Maestro Windu…” implorò con la voce ormai
ridotta ad un sussurro.
“Non c’è nessuno qui?” non seppe mai perché
riuscì a non gridare né a piangere pronunciando quelle parole disperate.
E poi ad un tratto vidi qualcosa in mezzo a
quel fumo.
Sembravano ossa.
Ossa di un cadavere.
Nessun suonò uscì dalla sua bocca, né parole
né grida.
Cadde in ginocchio, lasciando che la debolezza
la vincesse.
Obi-Wan, nel frattempo, continuava a vagare in
mezzo resti dell’avamposto in fiamme.
Cominciava a sentirsi parecchio stupido,
perché lì non stava trovando nessuno, eppure sentiva quella flebile sensazione
di vita.
“O forse più semplicemente sto impazzendo”
Sì, stava decisamente impazzendo, non c’era
niente lì se non il fuoco e se non se ne andava subito rischiava di finire
arrostito.
“E non è per niente una bella prospettiva”
La sua razionalità stava tornando?
Non sapeva nemmeno se sperarlo.
Tenendosi ai pochi pali ancora integri provò a
rientrare nella grotta, ma quando fu ormai in prossimità di essa vide qualcosa.
O meglio qualcuno.
In un impalcatura lontanissima, di cui si
accorgeva solo ora, c’era un corpo.
Lo vedeva chiaramente.
Malgrado le fiamme stessero avvolgendo tutto
quanto.
E sapeva bene di chi era quel corpo.
Lo conosceva bene.
La sua razionalità venne sconfitta di nuovo,
l’istinto prese il sopravvento e come un pazzo iniziò a correre tra il fuoco e
il fumo, mentre i pali vicino a lui iniziarono a crollare uno dopo l’altro.
Ma nemmeno ci badò.
La sua strada era libera, anche se avvolta
dalle fiamme e dal fumo.
E se faceva in fretta poteva tornare indietro
in tempo, prima che crollasse tutto.
“Anakin…. Anakin”
Niente, nessuna risposta.
Era vivo, doveva essere vivo.
Aumentò il ritmo della sua corsa, rendendosi
conto che il fumo gli stava facendo lacrimare gli occhi.
Ma non era importante.
Doveva solo fare in fretta.
Guardò fissa l’impalcatura dove era riverso il
suo padawan: si reggeva in piedi a malapena e non sapeva quanto sarebbe durata
ancora.
Di nuovo aumentò la sua velocità, sentendo che
la milza iniziava scoppiargli per il dolore e così pure le sue ossa, che ora
come ora avrebbe potuto contare ad una ad una.
“Anakin….rispondi!!”
Ma ancora una volta la voce del suo allievo
non replicò.
Non poteva essere morto.
Aveva bisogno di sentire ancora la sua voce,
ne aveva sempre avuto un gran bisogno.
Anche se gli rispondeva male, non aveva
importanza.
Non ne aveva mai avuta.
Perché, ora lo sapeva, aveva sempre amato
quelle rispostacce, così come aveva sempre amato l’esagerata impertinenze di
quello strano bambino.
“Anakin!” gridò con tutto il fiato che aveva
in gola, non preoccupandosi di celare la sua disperazione.
Ora era vicino, c’era quasi.
Il fuoco era dappertutto.
Gli sembrava quasi di soffocare.
Scosse il piccolo.
“Anakin, ti prego” bisbigliò angosciato
prendendolo in braccio e portandoselo sulle spalle.
Ancora una volta la voce del bambino non si
sentì, ma ora poteva udire chiaramente il suo respiro.
Era flebilissimo, ma c’era.
Riprese a correre, stavolta completamente alla
cieca, cercando di farsi guidare dall’istinto ma soprattutto dalla Forza.
“Maestro Qui-Gon, aiutami… ti prego… aiutaci…”
Lasciò che la sua mente si svuotasse, che la
Forza lo pervadesse, lasciò che lei lo guidasse.
Corse, corse.
Era tutto avvolto dalle fiamme.
Tutto quanto.
Tremò istintivamente, ma non si fermò.
Doveva andare via di lì.
Raggiungere la caverna e Siri.
Una vampata di calore gli arrivò in pieno viso.
Tremò ancora, ma di nuovo non si fermò.
Doveva continuare a correre.
Doveva mettere in salvo il bambino.
Siri Tachi si era rifugiata in un piccolo
angolo della grotta, vicino all’entrata, dopo essere tornata dalla sua
ispezione.
Non aveva trovato nulla.
E non aveva la benché minima idea di chi
fossero le ossa che aveva visto.
Non si intendeva di queste cose.
Era solo una padawan jedi e non aveva nemmeno
venticinque anni.
La sua maestra era morta?
E con lei erano morti anche il maestro Windu,
il pilota e il piccolo Anakin?
Non riusciva a reagire in nessun modo.
Avrebbe voluto piangere, urlare, ma niente, si
sentiva svuotata.
Sperava solo che Obi-Wan tornasse presto,
magari con qualcuno.
Guardò verso l’entrata.
Ma tutto ciò che vide erano fiamme e fumo.
Avrebbe dovuto addentrarsi di più nella
grotta, però non voleva farlo da sola, aveva troppa paura.
In lontananza udì di nuovo delle esplosioni.
La guerra continuava.
Forse doveva andare fuori e andare ad aiutare
l’esercito della repubblica o ciò che ne era rimasto.
Le sembrava tutto così lontano.
“Siri…”
“Obi-Wan” urlò la ragazza voltandosi.
L’uomo arrivava da uno dei piccoli cunicoli e
portava sulle sue spalle il corpo svenuto del suo padawan.
“Non possiamo restare qui”
“Lo so”
“Dobbiamo cercare aiuto”
“Forse se ci addentriamo di più troveremo…
troveremo un qualche resto dell’avamposto e magari qualcosa con cui comunicare”
Il maestro jedi annuì avviandosi verso
l’interno seguito dalla giovane donna.
Malgrado le apparenze la caverna era a dir
poco enorme: a giudicare da quello che riuscivano a vedere, sembrava almeno il
doppio della base militare che vi era stato costruita dalla Repubblica.
Chissà se coloro che avevano partecipato alla
costruzione, conoscevano quella particolarità?
Oppure l’avevano usata per la base proprio per
quello?
I due giovani camminavano silenziosi, sempre
più incuriositi da quello strano luogo.
Il fumo stava sparendo e una strana luce
pareva provenire dall’interno.
Non osavano porsi nessuna domanda, sperando
solo di trovare qualcuno che potesse aiutarli in qualche modo.
Il rumore dei loro passi iniziò a rimbombare
nella grotta, perché ora il terreno era diventato tutto in ferro battuto.
Aumentarono leggermente l’andatura, ma non
sapevano dove andare tutto sembrava vuoto e silenzioso.
Non c’era nessuno.
Le pareti della caverna erano in roccia
basaltica e ciò le rendeva impermeabili ad ogni rumore ed ogni intemperia
esterni.
E la luce continuava ad aumentare, solo non si
riusciva a capire da dove provenisse.
“Forse non è…” Siri non seppe mai che cosa
volesse dire il suo amico, perché un boato spaventoso interruppe ogni dialogo.
Questo boato proveniva dal terreno, che si era
aperto in un enorme squarcio e che li fece precipitare nel sottosuolo.
“Signorina… jedi… mi sente?” una voce nel linguaggio
di Kit, ma non parlava con accento calamaro.
Chissà perché le parlava così?
Barris Offee si toccò ripetutamente la fronte
madida di sudore.
“Sì” balbettò la ragazza sentendo un gran
dolore dappertutto e sforzandosi, inutilmente, di alzare le palpebre.
“Mi spiace per l’aggressione” disse di nuovo
quella strana voce.
“Chi… chi siete?” la testa le doleva ogni
secondo di più.
“Un amico o almeno spero che mi consideriate
così”
“La mia… mia amica Aayla?”
“Non ho potuto far nulla per lei: le hanno
preso il cuore al primo colpo, invece a voi vi hanno preso in vari punti, ma
non vitali”
“Ca.. capisco… io dovrei…”
“Non dovete muovervi,mia
giovane amica: ho detto che non vi hanno preso in punti vitali, non che state
bene”
Barris sorrise divertita: era strano essere
trattata in quel modo… come definirlo? Dolce? Affettuoso?
Non che la sua maestra non le volesse bene e
non glielo dimostrasse, ma… ma non sapeva… non sapeva.
“Per… perché mi state aiutando?”
“Perché non credo che siano vere le voci su
voi jedi”
“Gra… grazie”
“Non che il mio pensiero su di voi sia molto
positivo, comunque…”
La giovane padawan provò ad alzarsi con il
busto, ma cadde rovinosamente indietro.
Decise allora di aprire gli occhi, per
conoscere almeno il volto del suo salvatore.
Egli era di razza umanoide, con capelli blu
scuro e occhi gialli, lineamenti quasi bambineschi, eppure un po’ duri, così
come il suo sguardo: buono ma pieno di rabbia.
Era parecchio alto, quasi sui due metri, dalla
corporatura agile e muscolosa, o almeno così sembrava dai semplici vestiti che
indossava, ovvero una divisa grigia con una cintura blu.
“Cosa… cosa pensate di noi?”
“Ne dobbiamo parlare proprio ora?” la voce ora
non era più tenera, ma piena di rancore.
“Sì”
“Che vi credete superiori a tutti e ignorate i
sentimenti delle persone, nonché i loro problemi”
Ora c’era proprio odio nella sua voce.
“E perché… perché mi state aiutando?”
“Ve l’ ho già detto” e senza attendere
risposta l’uomo uscì dalla piccola stanza, chiudendo la porta alle sue spalle.
Barris sorrise di nuovo: gli piaceva quel suo
comportamento così particolare.
La lunga e rovinosa caduta aveva fatto
precipitare Anakin, Obi-Wan e Siri in un’altra caverna, stavolta completamente
buia.
Il tonfo era stato violentissimo, ma attutito
da qualcosa di morbido, apparentemente simile alla paglia.
Ma pareva fredda come la neve.
La neve la sotto?
Come era possibile?
“Tutto bene,Siri?”
“Credo di sì… Anakin?”
“Credo sia ancora svenuto…”
Kenobi provò ad alzarsi, ma cadde
violentemente contro la parete.
Decisamente non era la sua giornata.
Si appoggiò alla roccia, che disgraziatamente
era levigata più di un diamante purissimo.
Siri tastò il morbido terreno finché non trovo
il corpo di Anakin, ancora esamine, ma vivo.
Il suo respiro però era sempre più flebile.
Lo sollevò e lo prese in braccio.
“Dobbiamo… dobbiamo trovare qualcuno… sta
male…”
“Lo sento,Siri… lo sento”
Obi-Wan cercò di abituare i suoi occhi a
quell’oscurità e soprattutto di recuperare un minimo della sua abituale
razionalità.
Ne aveva bisogno per tutti loro.
Lentamente uscirono a tentoni dalla grotta e
si ritrovarono in un piccolo cunicolo, dove c’era una leggera luce.
Che fare ora? Come uscire di lì?
La luce improvvisamente aumentò e in fondo al
cunicolo comparvero delle ombre.
I due giovani si fermarono di botto.
Le ombre si avvicinarono.
Lentamente.
Finché furono in piena luce.
Sembravano di razza twi ’ lek, ma avevano
piccoli tentacoli, alcuni ne erano persino sprovvisti ed avevano la pelle rossa
e grigia.
Una donna, piuttosto anziana, avvolta in una
lunga veste grigia si avvicinò a loro e iniziò a muovere le mani.
Ma non voleva colpirli, era come se… come
cercasse di comunicare.
Obi-Wan si ricordò che aveva letto da qualche
parteche una delle forme di comunicazione dei
twi ‘ lek era il linguaggio dei gesti, che per fortuna lui aveva imparato
diligentemente.
Guardò il corpo esamine del suo padawan
avvolto dalle braccia di Siri: forse loro potevano aiutarlo.
Dovevano aiutarlo.
I vestiti del bambino era logori ancora più
dei suoi e aveva sangue dappertutto, specialmente sulle gambe.
Sospirò cercando di concentrare il suo
sguardo, di nuovo, sulla vecchia.
Mosse le mani.
“Abbiamo… abbiamo bisogno di aiuto”
L’anziana donna annuì e si avvicinò alla jedi,
che teneva gli occhi fissi su Anakin.
Le accarezzò il viso e le sorrise premurosa,
poi mosse di nuovo le mani.
Obi-Wan sbattè gli occhi ripetutamente.
Aveva capito male.
Quella donna non poteva aver detto…
La comandante Tachi alzò il capo incrociando
lo sguardo verde del generale Kenobi.
“Sì, sono la madre… e lui è il padre…”
Di nuovo il giovane jedi sbattè gli occhi e
stavolta Siri si avvicinò a lui, sussurrandogli debolmente.
“Qualunque cosa tu stia pensando, smettila,
sono certa che possono leggere dentro di noi…”
“Co… come lo sai?”
“Taci!”
“Ma… non possono sentirci…”
“Non possono parlare, è diverso… senti,
Obi-Wan,tieni ad Anakin?”
“Sì…”
“E allora lasciami fare a modo mio: loro
possono aiutarlo, possono aiutare tutti noi”
Obi-Wan guardò il suo allievo tra le braccia
della sua amica: stava davvero male.
Dovevano aiutarlo.
I due giovani si voltarono e Siri porse alla
vecchia il corpo del bambino, che venne subito portato via, con delicatezza, da
due uomini piuttosto alti e robusti, con dei piccolissimi tentacoli sulla
testa.
x Chaos= carissimo, beh prima o poi chissà cosa faranno Siri e Obi ^_^... e riguardo al problema razza, hhihihi, beh la storia è più complicata di quello che pensi^_^... e Barris, beh, vedremo^_^..
Darth Harion= eheh il termine "parte succulenta" me piace e spero che si rivelarà davvero tale^_^...
Buona lettura, Silvia
Capitolo
V
La grotta si faceva sempre più stretta e buia, anche se
in lontananza continuava a filtrare una piccola luce. Obi-Wan e Siri non
riuscivano a parlare, continuando a mantenere lo sguardo fisso sul corpo
esanime del piccolo Skywalker, il cui unico segno di vita era dato dal respiro
flebilissimo.
Per il resto il suo corpo pareva un campo di battaglia,
in particolare le ginocchia, completamente coperte di sangue da impregnare i
vestiti logori, e il viso, stracolmo di escoriazioni e ferite.
I due robusti twi’ lek che lo trasportavano non si
erano voltati nemmeno una volta, camminavano e basta, solo la misteriosa
anziana stava vicino al ragazzino, pulendogli, come meglio poteva, il volto.
Tutto era strano e surreale per i due giovani jedi, che,
pur essendo abituati a confrontarsi con civiltà diverse dalla loro, erano
impietriti da quella strana popolazione, che viveva nel silenzio più assoluto.
Che fossero twi’ lek non c’era alcun dubbio, almeno a
giudicare dal loro aspetto particolare e dal fatto che parlassero solo tramite
il linguaggio dei segni, tuttavia continuava ad esserci qualcosa che non andava.
Il consiglio non aveva mai parlato del fatto che su Mon
Calamari ci fosse una colonia sotterranea di twi’ lek. Certo Mon Calamari era
un pianeta dell’orlo esterno e si sapeva sempre molto poco dei sistemi lontani
da Coruscant.
Ad Obi-Wan non è che importasse poi molto chi fossero
realmente i loro misteriosi soccorritori, l’importante era che salvassero il
suo giovane allievo, non aveva in mente altro e se si era lasciato convincere a
fingere di essere il padre del ragazzino e il marito di Siri, da quest’ultima,
era proprio perché Anakin avesse salva la vita.
Il resto, tutto il resto, passava decisamente in
secondo piano.
Non era un comportamento da jedi, lo sapeva, ma in quel
momento delle regole, dei dogmi e di quant’altro fosse tipico dei jedi, non
gliene poteva importare di meno.
Vedeva solo un ragazzino inerme, coperto di ferite,
vicino alla morte e tutto perché… perché… già perché? Avrebbe mai avuto una risposta
a quella domanda? Temeva di no.
Un brivido gelato gli correva lungo la schiena… sentiva
l’odore della morte… il gelo della morte… come tre anni prima.
Qui-Gon lo aveva lasciato solo, in compagnia di un
ragazzino che conosceva appena, ma a cui aveva voluto bene all’istante, non
aveva potuto farne a meno.
Era stata la sua ragione per continuare a vivere, per
lottare, per credere.
Ora non poteva… non poteva perdere anche lui.
Due piccole dita gli sfiorarono il dorso della mano.
Un tocco leggero… nient’altro.
Alzò lo sguardo, incrociando quello azzurro di Siri,
che in quella penombra, pareva di uno strano grigio.
Lei gli sorrise appena, non dicendo nulla.
Lei lo amava ancora… perché?
Anche a questa domanda non avrebbe avuto risposta, ma,
in questo caso, gli importava meno.
Uno strano suono interruppe il flusso dei suoi
pensieri… un suono che pareva provenire dalla stessa direzione da cui veniva la
luce.
Sembrava il suono di un’arpa… anzi di diverse arpe.
Aveva udito la musica di quel particolare affascinante
strumento tempo fa, in una missione con Qui-Gon, in un altro dei tanti pianeti
dell’orlo esterno.
Non ricordava né il nome del pianeta né lo scopo della
missione, solo il suono di quello strumento.
Era una donna che lo suonava a quei tempi…
una donna dalla… dalla pelle rossa e dagli occhi chiari, sembravano quasi
trasparenti.
Indossava un leggerissimo abito azzurro
chiaro, che le segnava moltissimo il corpo flessuoso e morbido.
Al posto dei capelli, le solite lunghe
antenne.
Era appartata in un angolo dell’immenso
palazzo reale di quel pianeta, su un minuscolo scranno d’oro bianco e suonava.
Non le importava nient’altro che di
suonare.
Il suono che stava udendo adesso era così simile a
quello di allora… che fosse lo stesso tipo di musica? Non è che si intendesse
molto di certe cose, però gli sembrava lo stesso.
Un leggero lamento gli fece spostare lo sguardo di
nuovo sul corpo inerme di Anakin.
Si avvicinò di scatto, quasi scostando l’anziana, che
non diede segno di essere infastidita dal comportamento.
“Anakin… sono qui… non ti lascio andare…”
Il ragazzino reclinò leggermente il capo sulla destra,
quasi a tendersi verso di lui, mentre finalmente il suo viso parve rilassarsi.
La musica, nel frattempo, aumentò di intensità,
rimanendo comunque ad un volume basso.
“Chi è che suona?” domandò Siri all’anziana. Questa le
sorrise, iniziando a parlarle tramite i segni.
“Le nostre sacerdotesse… è l’ora della preghiera…”
“Sacerdotesse?”
“Sì…”
“Per il vostro dio?”
“Non proprio… suoniamo per evocare la Forza Vivente…”
Obi-Wan e Siri spalancarono gli occhi, completamente
impietriti.
“Credete nella Forza?”
“C’è forse qualcuno che non lo fa?”
“Sì, qualcuno c’è…”
Suonavano le arpe per evocare la Forza Vivente… che cosa curiosa e anche decisamente affascinante si ritrovò a pensare il
giovane Kenobi, sempre più scombussolato da quella situazione strana.
Nessuno al tempio gli aveva mai detto che si poteva
evocare la Forza Vivente suonando le arpe.
Anzi a ben vedere nessuno al tempio aveva mai suonato…
nemmeno per i bambini.
Poggiò di nuovo il suo sguardo su Anakin.
Più la musica aumentava, più il volto del ragazzino si
rilassava.
“E ci riuscite ad evocarla?” domandò più per curiosità,
che per mancanza di fede.
“Giudicate voi…” fece la vecchia con uno strano sorriso
indicandogli, con la mano destra, l’uscita della grotta da cui proveniva una
grande luce.
Obi-Wan guardò il suo allievo, per assicurarsi che si
stesse realmente calmando, e poi si decise ad oltrepassare quella soglia
seguito da Siri.
Vi era una grande luce dappertutto.
Le pareti più alte era coperte di oro bianco e diamanti
purissimi, che andavano a formare ognuno un disegno diverso.
Alberi da frutto.
Uccelli rapaci.
Tigri con zanne enormi.
Cerbiatti e cervi.
Serpenti minuscoli dall’aria quasi tenera.
Cascate e fiumi immensi.
Al centro di quelle mille forme, vi era un grandissimo
sole, da cui pareva provenire la luce che illuminava quel luogo.
In basso vi erano migliaia di casa in legno e paglia,
circondate da piccoli giardini stracolmi di fiori e frutti.
L’unica costruzione in pietra era un tempio cilindrico,
che svettava su tutto il resto.
In cima era decorato di oro e diamanti, i quali
formavano anch’essi dei disegni, ma in questo caso erano soprattutto disegni di
strumenti musicali come arpe e violini.
Gli uomini e le donne passeggiavano per le strade con
una serenità palpabile, tenendo per mano i loro bambini.
Tutto sembrava pace e armonia.
“Che posto è mai questo? Nelle cartine di Coruscant non
esiste…” balbettò Siri, continuando a posare gli occhi da un posto all’altro.
“Perché noi, ufficialmente, non esistiamo” gli
rispose l’anziana con il linguaggio dei gesti “A proposito io mi chiamo Venla,
sono la sacerdotessa madre del tempio…”
“In che senso voi non esistete?Chi siete?” domandò
Obi-Wan
“Lo sapete già, miei giovani amici”
I due giovani jedi si fissarono negli occhi sconvolti,
pensando che la donna fosse un tantino eccentrica.
In che senso lo sapevano già?
I due uomini che tenevano la lettiga con sopra Anakin,
nel frattempo, erano usciti dalla grotta e si stavano dirigendo verso una delle
case.
“Dove lo portate?” chiese il giovane Kenobi,
avvicinandosi al suo allievo.
“Starà bene, mio giovane amico. Cercate di fidarvi di
noi…” replicò Venla sorridendogli, di nuovo con quel suo strano misterioso
sorriso.
“ E perché dovrei?”
“Sapete anche questo…”
“Voi avete detto… avete detto che questa è l’ora della
preghiera… ma… ma…” domandò Siri.
“Siamo venuti a cercarvi durante l’ora della preghiera…
e allora? Abbiamo sentito che c’erano delle persone in pericolo e abbiamo pensato
che fosse più importante salvarvi… abbiamo fatto male?”
“Certo che no, solo… “balbettò incredulo Obi-Wan.
Non c’era nulla di male in quello, anzi, solo che… solo
che… c’erano pochi jedi che avrebbero infranto le procedure per andare a
salvare qualcuno.
“Non siamo vicini alle persone… non come dovremmo…”
“E’ un bene che il prescelto venga da una
famiglia qualunque…”
“Suonano le arpe per evocare la Forza Vivente…”
Obi-Wan sfiorò il viso del suo padawan con una carezza,
poi si staccò lasciando che i due twi’ lek lo portassero nella casa più vicina,
che, se ne accorse solo in quell’istante, aveva una strana incisione sulla
porta.
Sembrava una scritta antica.
“E’ la mia casa, mio giovane amico. Dove curo le
persone che stanno male… ora venite. Aiuterò voi, vostra moglie e vostro
figlio”
Il giovane jedi assentì, seguendola nella casa insieme
a Siri.
Quella situazione era sempre più paradossale.
Da una parte quella donna sembravasapere molto della Forza Vivente, molto di loro, ma
non aveva dubitato nemmeno per un secondo che lui e Siri fossero sposati e che
Anakin fosse loro figlio.
L’interno dell’abitazione era fatto di legno scuro, non
era molto grande, ma era decisamente elegante come posto.
Alle pareti vi erano diversi monili e quadri,
raffiguranti giovani e vecchi che suonavano arpe e violini vicino a delle
cascate e dai fiumi.
Vi erano diverse sedie, nessuna uguale all’altra, una
quadrata, una esagonale, una rossa e una blu.
Vi erano anche diverse poltrone, anch’esse di vario
tipo.
Una bianca piccolissima, dove poteva starci solo un
neonato.
Una grande, marrone scuro, stracolma di cuscini verdi e
rossi ricamati.
Il tavolo era rotondo, di legno chiarissimo, pieno di
incisioni, raffiguranti diversi uccelli.
Vi era anche un grosso mobile di uno strano materiale
verde scuro, decisamente indecifrabile, dove vi erano unguenti, bende, alcool,
guanti e svariati tipi di disinfettanti e tutto quanto era perfettamente
sigillato.
Venla e i suoi aiutanti poggiarono il corpo di Anakin
su un grande letto, semi nascosto dalle poltrone.
Gli levarono i vestiti, levandogli per bene il sangue
che aveva dappertutto.
Le ferite più gravi erano quelle delle ginocchia, molto
profonde.
“Vostro figlio ha perso molto sangue, ma ce la farà… “
“Grazie…” replicò Siri stringendo la mano ad Obi-Wan
che fissava il volto sofferente del ragazzino con sguardo attonito.
Ora che aveva superato la sorpresa di quel luogo così
particolare, la sua mente era tornata a concentrarsi completamente su quanto
stava accadendo ad Anakin.
Sentiva la verità nelle parole di Venla, eppure aveva
uno strano timore, come se ci fosse altro.
“Come si chiama vostro figlio?”
“Anakin…”
“Colui che può rendere possibile l’impossibile… nome
decisamente adatto alla circostanza” fece uno dei due uomini che stava
suturando le ferite al ragazzino.
“Cosa volete dire?” mormorò il giovane jedi avvicinando
a tre twi’ lek “Mi state nascondendo qualcosa?”
“Non vi stiamo nascondendo nulla, mio giovane amico…
voi già sapete tante cose… non c’è bisogno che ve le diciamo…” replicò
l’anziana sacerdotessa, con il suo tenero sorriso.
“Smettetela di parlare per enigmi!”
Era decisamente esasperato e non era certo in grado di
usare la sua ben nota razionalità in quei momenti.
Eppure ci era sempre riuscito.
Anzi sarebbe stato meglio dire che fino a poche ore
prima ci era riuscito, poi quando la cannoniera era andata in pezzi, il suo io
si era smarrito.
Venla lo prese per mano, facendolo sedere sulla grande
poltrona marrone scuro.
“Anche voi avete bisogno di essere curato, mio giovane
amico. So che molte cose sono nuove per voi, ma presto capirete…”
La donna aveva parlato con il suo solito linguaggio dei
gesti, iniziando a pulirgli le ferite sulle mani e sul viso.
“In che modo?”
“Cos’avete fatto prima?”
“Prima quando?” sussurrò Obi-Wan, tenendo sempre lo
sguardo fisso sul suo padawan.
“Quando avete salvato vostro figlio”
“Mi state dicendo che la razionalità è sbagliata?”
“No… vi sto dicendo di affidarvi alla Forza, come avete
fatto prima…ora scusatemi ma vorrei curare anche vostra moglie. Lì nell’armadio
trovate dei vestiti puliti e laggiù in fondo c’è uno stanzino dove potrete
cambiarvi…”
Obi-Wan annuì, prese alcuni abiti puliti dall’armadio e
andò a chiudersi nello stanzino.
Era nervoso e inquieto e detestava sentirsi così, aveva
bisogno di tornare il pacato e razionale Obi-Wan, prima di tutto per se stesso.
Sapeva che non sarebbe stato di molto aiuto anche
altri, specialmente a Siri ed Anakin, se continuava ad essere così agitato;
dopotutto un conto era affidarsi all’istinto, un conto esserne in balia.
Si sciacquò il viso con l’acqua fredda del lavabo e
quel gelo contribuì non poco a calmargli i nervi.
Siri si guardava intorno spaesata.
Le ferite non le facevano molto male, dopotutto erano
lievi.
Il problema era…. era… eh già qual era il problema?
Forse quella persone così particolari?
No, in fondo, avendo girato la Galassia fin da bambina,
aveva conosciuto tantissimi tipi di persone.
Era forse perché loro conoscevano la Forza Vivente?
Sicuramente no. Quasi tutti gli esseri viventi
conoscevano la Forza… Certo era ben strano che cercassero di evocarla tramite
la musica… ma in fondo non così strano… oppure sì?
Non ci capiva più niente.
E, da quello che percepiva, Obi-Wan era ancora più
spaesato di lei.
Era incredibile anche solo pensarlo, eppure era vero:
il razionale e controllatissimo generale Kenobi era completamente sconvolto.
La giovane donna si alzò, avvicinando al corpo inerme
del piccolo Anakin.
Sembrava così fragile in quel frangente.
Era abituata a vederlo vispo, agitato e sicuro di sé,
non immobile e spaventato in un lettino.
Gli prese la mano, stringendola nelle sue.
“Perché ci aiutate?”
“E’ singolare che proprio voi, una jedi, mi facciate
questa domanda…”
“Cosa volete dire?”
“I jedi non aiutano forse le persone in difficoltà?”
“Sì…” la sua naturale onestà le fece subito aggiungere
“ Dovremmo sì, ma non sempre lo facciamo”
“E non sempre lo facciamo perché non possiamo…” mormorò
alle sue spalle Obi-Wan.
E subito nella sua mente si affacciò il ricordo di
quando aveva saputo che nella Repubblica ancora esisteva la schiavitù.
Ne aveva parlato al Consiglio, ma nessuno di loro aveva
battuto ciglio.
Aveva lasciato l’Ordine disgustato ai tempi, per poi
ritornarvi con la coda tra le gambe, diventando il più ligio dei jedi
dell’ordine.
Perché era ritornato nell’Ordine?
Perché ci credeva malgrado tutto, perché sapeva che
senza l’aiuto dei jedi la Galassia sarebbe precipitata nelle Tenebre.
Guardò Venla, Siri e il piccolo Anakin, ancora
incosciente, ma tranquillo.
Perdono, perdono, ci ho messo sei secoli ad aggiornare lo so=_=
Ringrazio di tutto cuore i miei lettori e le mie lettrici, in particolare darth harion, verity, chaosreborn e tutti gli altri.
Purtroppo per voi, questa storia sarà lunghissima!!!
Buona lettura
Capitolo
VI
Nella misteriosa
città sotterranea di Mon Calamari era sceso il silenzio, che però alle orecchie
del generale Kenobi suonava tenebroso ed inquietante.
Il suo giovane
allievo stava meglio, almeno a giudicare dal suo respiro tranquillo, ma il giovane
jedi sentiva una strana paura attanagliargli le membra.
Erano rimasti soli?
Non voleva pensarci,
doveva concentrarsi sul momento presente.
Prese la mano del suo
piccolo padawan che dormiva sereno in un letto non molto grande, intagliato in
legno, pieno di incisioni rupestri.
“Come sta?” mormorò
una voce alle sue spalle.
Obi-Wan si voltò
incrociando lo sguardo del suo antico e mai dimenticato amore.
“Meglio” sussurrò.
“E allora di cosa hai
paura?”
“Non lo so, non lo
so. Questo posto mi inquieta. E’ bellissimo, pare pieno di pace e serenità”
“Ma temi che
nascondano qualcosa?”
“Sì … non esiste
nulla di perfetto a questo mondo, lo abbiamo imparato a nostre spese”
“Credi che fingano?”
domandò la donna accarezzandogli la guancia destra.
“Non del tutto. Credo
sia più complicato … come noi siamo lontani dalla Forza Vivente loro lo sono da
quella Unificante “
“Ne sei sicuro?”
“Non sono più sicuro
di niente. Tranne che di te e di Anakin”
Lei gli sorrise
nell’ombra chiara della notte che precede l’alba.
I suoi capelli biondi
avevano diverse sfumature di rosso, che nella penombra si moltiplicavano.
“Perché mi ami
ancora?” domandò il giovane jedi abbassando lo sguardo.
Non pensava di
meritare il suo amore, non più, non dopo aver anteposto i suoi doveri di jedi a
lei.
“E tu perché ami me?”
“Non lo so, so che è
così e basta”
“Per me è lo stesso”
Il jedi le baciò le
labbra tiepide.
“Non sono più il jedi
calmo e razionale che conosci … forse non lo sono mai stato … ho sempre avuto
una gran paura di deludere tutti. Ho lasciato l’ordine tante di quelle volte
che quando tornai mi imposi di non disubbidire più”
“Mi spiace”
“Per cosa?”
“Per averti aggredito
ai tempi, non potevo sapere che avevi i tuoi buoni motivi per aver lasciato
l’ordine”
Il giovane uomo
sorrise ancora, stringendo più forte la mano di Anakin.
“Non importa, una
lavata di capo ogni tanto mi fa bene”
La ragazza gli
accarezzò di nuovo la guancia.
“Non devi fingere con
me, Obi-Wan “
“Cosa vuoi dire?”
“Voglio dire che
forse tu sei entrambe le cose che hai detto prima: razionale, calmo, ma nel
contempo pieno di paure e passioni . Lo hai detto anche tu, nessuno è perfetto
e non devi rimproverarti se non lo sei”
“Il problema è … che
all’improvviso temo di aver sbagliato tutto con te, con Anakin, con il
consiglio”
“Tutto no, forse …
forse dovresti lasciarti più andare, come stai facendo ora”
Obi-Wan posò lo
sguardo sulla figura addormentata del suo padawan.
“Temo che mi
considererebbe ipocrita” sussurrò con la voce incrinata dalle lacrime.
“Obi-Wan …”
“Credi che non lo sappia
che pensa che lo abbia preso con me solo per dovere? Solo perché dovevo
mantenere una promessa? Io volevo dirgli che non era così, che credevo e credo
in lui, ma … ma … mi sentivo bloccato … “
“Il consiglio “
“Sì … “ bisbigliò a
mezza voce.
“Obi-Wan” mormorò lei
cercando di baciarlo, ma lui si divincolo correndo verso l’uscita.
“Obi-Wan!!!” gridò
ancora lei proprio mentre il giovane apriva la porta e corse fuori nella notte.
Aveva bisogno di
stare solo, di riflettere su stesso.
Aveva sbagliato tutto?
Non lo sapeva.
La paura di perdere
il suo allievo e Siri gli aveva ottenebrato la ragione e ora che era tornata
non sapeva più cosa fare.
“Il tuo peggior difetto,
mio giovane allievo, è l’essere troppo corretto, troppo ligio … le regole sono
fatte per gli uomini, non il contrario … ricordati che è l’amore che governa l’universo
non le regole “
“Qui-Gon, dove sei?
Cosa devo fare? Che cosa devo fare? Non ce la faccio da solo, non ce la faccio.
Sono diventato cavaliere jedi e maestro nello stesso istante, non potrò mai
essere un maestro equilibrato per Anakin. Lui è il prescelto, io non so nemmeno
chi sono”
Uno strano vento si
era alzato in quel villaggio così particolare, anche se non era chiaro da dove
provenisse.
Obi-Wan si guardò in
giro.
Era buio.
Quasi completamente,
in lontananza veniva una pallida luce, ma,come per il vento, non sapeva da dove
provenisse.
Aveva sperato di
sentire la voce del suo maestro, anche solo per un istante, ma niente, l’unico
suono che sentiva era quel maledetto vento.
Perché lo aveva
lasciato solo?
La morte fa parte
della vita.
“E’ l’andare delle
cose, il volere della Forza”
Aveva accettato tutto
questo da tempo, ma Qui-Gon gli mancava, la sua guida saggia lo aveva sempre
aiutato, lo aveva spinto a dare il meglio di sé.
Dopo la sua morte, si
era appoggiato sia al Consiglio che al piccolo Anakin, eppure aveva sentito più
buonsenso nelle parole di quest’ultimo, che non nei saggi jedi.
La sapienza del
cuore.
Un vecchio monaco,
anni prima, gli aveva detto
“Dio perdona sempre
chi sbaglia per amore”
Dio … un altro modo
per chiamare la Forza.
“E’ l’amore che
governa l’universo, non le regole”
Ne era convinto,
eppure c’era qualcosa, qualcosa che non riusciva a cogliere e che gli faceva
paura.
Prese a camminare
quasi senza meta, come un automa o un droide, che ubbidisce agli ordini
superiori, senza interrogarsi.
Era questo che era
stato?
Un automa pronto a
dire sempre di sì?
Non lo credeva, non
del tutto.
Lui credeva in quello
che faceva, ma non sempre, a volte si era posto dei dubbi, ma quando li aveva
esposti al Consiglio, la maggior parte delle volte era stato ripreso duramente.
“Non potete volere
che Anakin affronti una missione del genere, c’è di mezzo la schiavitù e lui è
stato liberato da poco”
“Appunto per questo
deve affrontare la missione, deve affrontare con distacco quel periodo”
“Distacco? E’ solo un
bambino!”
“E’ il prescelto,
deve sapere superare tutto!”
“Ma è anche un
bambino, lo capite o no?” avrebbe voluto urlarglielo, ma gli era mancata la
forza e il coraggio.
Si era abbassato,
aveva ubbidito con la morte nel cuore e aveva visto la sofferenza negli occhi
del suo allievo durante quella missione terribile.
Sapeva a cosa aveva
pensato: a sua madre ancora schiava.
“Bei difensori della
pace e della libertà che siamo: non ci siamo mai interessati al problema della
schiavitù!” borbottò a mezza voce ritrovandosi vicino ad una montagna.
Gli sembrava la
montagna da dove erano usciti poche ore prima.
Era quella sì.
La riconosceva perché
era vicino al tempio.
Solo che … solo che …
non c’era più l’ingresso della grotta da dove erano emersi!
Era sparito,
scomparso, come se non ci fosse mai stato!
Non aveva senso!
Intanto la luce stava
aumentando gradatamente, come se stesse sorgendo il sole, ma da dove poteva
sorgere? Erano sottoterra!
Si avvicinò alla
montagna.
Era liscia,
perfettamente liscia.
Non c’era nemmeno un
pertugio o un cespuglio!
Quel posto gli faceva
paura, troppo paura!
“C’è qualcosa che non
va mio giovane amico?”
Si voltò di scatto.
Qualcuno aveva
parlato, ma era come se avesse parlato nella sua mente.
Davanti a lui c’era
uno dei lettighieri della sera prima.
Aveva un’altezza
imponente e le sue antenne si vedevano pochissimo, mentre i suoi occhi erano
quasi sul rosso, come la pelle.
“Dov’è? Dov’è
l’uscita?”
“Che uscita?”
“C’era l’ingresso di
una caverna ieri sera qui “
L’uomo scosse il
capo, parlandogli con il linguaggio dei segni.
“Non so di cosa sta
parlando”
“Non è divertente!
Ieri sera siamo entrati da lì!”
Di nuovo l’uomo
scosse il capo.
“Vi abbiamo trovato
qui per terra, ma non c’era nessuna caverna”
“Perché sta
mentendo?”
“E’ meglio che torni
da sua moglie e suo figlio, hanno bisogno di lei” e senza attendere una replica
si allontanò verso il tempio.
Obi-Wan non riuscì
nemmeno a reagire.
Sentiva una presenza
inquietante e non sapeva da dove veniva.
Non sapeva nemmeno se
si poteva definire presenza oppure sensazione di qualcosa di remoto e lontano,
qualcosa che sarebbe accaduto in futuro.
Non era agitato però,
stranamente aveva ritrovato la sua calma e non sapeva perché.
Lentamente ritornò
alla piccola casa di Venla, dove trovò Anakin sveglio intento a fare colazione
con Siri: stavano bevendo uno strano liquido bianco fumante, insieme a del pane
appena sfornato.
“Tutto bene,
maestro?”
“Sì e tu piccolo
padawan?” chiese affettuosamente, sedendosi di fianco a lui su una panca di
legno nero.
“Sì, mi fanno male le
ginocchia però. Non riesco a camminare”
“Hai fatto un volto
di non so quanti metri*, quindi è normale che ti facciano male le ginocchia, ma
vedrai presto starai meglio” sussurrò scompigliandogli i capelli dorati.
“Padawan? Che strano
modo di rivolgersi ad un figlio” disse Venla, sorbendo anch’essa lo strano
liquido caldo.
Anakin spalancò gli
occhi fissando incredula l’anziana di fronte a lui e fece per parlare, ma
Obi-Wan gli si avvicinò di più, sussurrandogli all’orecchio “Ti prego, fai come
quella volta in missione, ricordi?”
“D’accordo maestro”
replicò a voce bassissima.
“E’ un termine
affettuoso di Coruscant” si affrettò a dire Siri.
“Capisco. Vuole anche
lei un po’ di latte, mio giovane amico?” domandò Venla parlando sempre con il
linguaggio dei segni.
Il giovane generale
annuì, prendendo in mano la piccola tazza di legno, che la sacerdotessa gli
aveva riempito.
“Vi siete sposati
molto giovani” disse ancora l’anziana donna “Il piccolo sarà nato quando avrete
avuto sì e no sedici anni” aggiunse con un sorriso malizioso.
“Non potevamo
aspettare” replicò Siri sorridendo con amore ad Obi-Wan.
Quest’ultimo arrossì
violentemente mentre Anakin sorrise divertito.
Era davvero tutto
molto strano e nel contempo famigliare.
Sì, famigliare.
Non aveva proprio
l’impressione che il suo maestro e Siri fingessero.
Sembravano così
naturali.
Si amavano per
davvero?
Era probabile.
Venla si alzò dal
tavolo, andando a lavare la sua ciotola in silenzio.
Quando tornò, sorrise
a tutti loro, di nuovo con quel suo sorriso malizioso e ingenuo.
“Scusate devo andare,
è l’ora della preghiera mattutina” disse di nuovo con il linguaggio dei segni.
“Aspetti … ma come …
come potete sentire la musica se siete sordi?” domandò Siri con una certa dose
di sfacciataggine che subito la fece arrossire.
“Chi le ha detto che
siamo sordi mia giovane amica? E poi anche se lo fossimo, la musica si può
sentire anche tramite la Forza, non solo con le orecchie” sorrise di nuovo,
stavolta con un sorriso misterioso e quasi inquietante.
Nessuno ebbe il
coraggio di rispondere e la donna uscì silenziosa dall’abitazione.
“Ma … perché devo
fingere di essere vostro figlio?” chiese immediatamente Anakin, non appena la
porta si chiuse.
“Ieri stavi male e
loro han creduto che fossimo sposati e che tu fossi nostro figlio. Glielo
abbiamo lasciato credere, era l’unico modo per … per far sì che ci aiutassero e
ora che ci credono una famiglia, non ci resta che proseguire, almeno finché
staremo qui” balbettò la giovane maestra Tachi, assai imbarazzata.
Aveva l’impressione
che il piccolo padawan sapesse tante, troppe cose.
“Potremmo restarci a
lungo” disse a mezza voce Obi-Wan mangiando lentamente il pane morbido e
friabile.
“Come sarebbe a dire?”
domandò Anakin, impallidendo.
Aveva ancora il viso
coperto di graffi e cicatrici e si vedeva che aveva ancora la febbre.
“Sarebbe a dire che
ieri sera siamo entrati da una grotta e oggi quella grotta non c’è più, anzi è
come se non ci fosse mai stata” mormorò con una calma glaciale il suo maestro.
“E lo dici con questa
flemma? E ora come ce ne andiamo?” replicò Siri, agitandosi all’istante.
“Non è innervosendoci
che troveremo il modo di andarcene. Ora Anakin tu stai ancora male, quando guarirai,
penseremo a come andarcene” mormorò il jedi, sorridendo dolcemente.
“Sì, hai ragione,
anche se pensavo, potrei andare in giro e vedere se posso trovare un altro
ingresso … magari puoi esserti sbagliato “ fece la maestra Tachi, tormentandosi
i capelli.
“Forse … è un’idea”
“Io non posso far
nulla?”
“No, Anakin, devi
solo pensare a guarire.”
“Sei preoccupato per
me?”
“Sì, che domande
fai?” a pensarci bene non era poi così ovvio per Anakin.
Il piccolo padawan
sorrise, mentre un’ombra strana gli velò gli occhi.
Il suo maestro gli
voleva bene?
Non lo considerava
solo un obbligo?
Un dovere?
Un fastidio?
Non lo sapeva.
Eppure ora sembrava
realmente preoccupato.
“Allora cercherò di
star meglio per te”
“Bravo, piccolo”
disse Siri sorridendogli con affetto.
In quel momento qualcuno
bussò alla porta.
“Avanti”
La porta d’ingresso
si aprì ed entrò un uomo, di media statura, né grasso né magro, con delle
lunghe antenne nere che partivano dalla testa e scendevano fino alla vita.
Aveva una carnagione
violacea e degli occhi verdi, molto profondi, ma la pupilla era quasi dello
stesso colore della pelle.
Indossava un elegante
abito nero, che si confondeva con le antenne, lungo fino ai piedi.
Sembrava una tunica
regale.
Era di una stoffa
molto fine ed elegante, per nulla sobria.
Somigliava ai vestiti
che indossava il cancelliere supremo Palpatine.
Pensando a questo sia
a Siri che ad Obi-Wan venne un brivido lungo la schiena, anche se non riusciva
a spiegarsene la ragione.
Quell’uomo indossava
vestiti simili al cancelliere, no?
In fondo Palpatine
era una brava persona.
“Buon giorno a voi
stranieri, sono il borgomastro di questo villaggio. Il mio nome è Aslak Niemi “
Siri ed Obi-Wan si
alzarono in segno di rispetto, mentre il piccolo Anakin, non potendolo fare,
chinò il capo.
“Buon giorno signor
Niemi” mormorò il generale Kenobi stringendogli la mano “Io sono il maestro
jedi Obi-Wan Kenobi, questa è mia moglie Siri, anch’essa maestra jedi e lui è
il nostro figlio Anakin”
Il suo allievo rimase
di stucco nel sentire con quanta naturalezza Obi-Wan aveva pronunciato quelle
parole, non sembrava affatto che dicesse una bugia, sembrava le pensasse
realmente.
Ma cosa stava
succedendo?
“Buon giorno signori
Kenobi, è un piacere avervi nella nostra piccola comunità. Spero che stiate
bene, la nostra Venla ci ha detto che eravate feriti”
“Sì, siamo rimasti
feriti tutti e tre, nostro figlio è quello che sta peggio, come potete vedere”
L’uomo si avvicinò al
bambino, osservandolo con interesse.
Anakin, dal canto
suo, si sentiva quasi intimidito, quasi sotto esame come la prima volta che
aveva messo piede nella sala del Consiglio jedi.
“Ciao piccolo Kenobi”
mormorò con gentilezza Aslan allungandogli la mano.
“Piccolo Kenobi???”
pensò il giovane padawan arrossendo fino alle radici dei capelli.
“Buon giorno signor Niemi”
balbettò poi ad alta voce.
“Come ti senti?”
“Un po’ stanco e
dolorante, volevo ringraziare tutti voi per la vostra gentilezza”
“E’ un dovere,
piccolo Kenobi”
Se quell’uomo avesse
continuato a chiamarlo in quel modo non sapeva se sarebbe svenuto, se avrebbe
iniziato a ridere o piangere istericamente.
Dal canto suo il suo
maestro era preda di pensieri più o meno simili, solo che lui era sicuro che
avrebbe presto iniziato a ridere a crepapelle.
“Spero che abbiate
tutto ciò che vi occorre qui”
“Grazie, sì.” rispose
Siri, anch’essa imbarazzata dalla situazione.
“Ora me ne vado, non
voglio disturbarvi data la vostra situazione, volevo informarvi delle vostre
condizioni di salute, nei prossimi giorni vi porterò l’elenco di leggi che
regolano la nostra piccola comunità”
“La ringrazio, è
davvero gentile” replicò ancora la maestra Tachi, mentre Obi-Wan cercava di
mantenere la sua glaciale calma per non scoppiare a ridere.
Non riusciva a
smettere di pensare a come quell’uomo aveva chiamato il suo padawan!
“Una cosa, però posso
dirvela subito. Qualunque straniero arrivi nella nostra piccola comunità, è
tenuto a rimanervi. La nostra società deve rimanere segreta”
Sia Siri che Obi-Wan
che Anakin lo fissarono interdetti, incapaci di proferire parola: dovevano
rimanere confinati lì per sempre?
Non potevano farlo,
non volevano farlo, ma si rendevano drammaticamente conto di non avere nessuna
scelta.
Quantomeno in quel
momento.
Su Dantooine,
intanto, Barris era ancora confinata nel suo letto, incapace di muovere un passo.
Il suo soccorritore
si faceva vedere poco e parlava ancora meno, limitandosi a chiedere come stava,
a portarle il cibo e cambiarle le bende
Avevano ucciso Aayla,
la sua cara amica e chissà dov’era la sua maestra Luminara: avevano ucciso
anche lei?
Temeva di sì, visto
che aveva sentito un forte sbalzo nella Forza, come se le fosse mancata l’aria
poco prima dell’aggressione.
Non gli aveva nemmeno
detto come si chiamava.
Era stufa di stare
lì, voleva sapere che fine aveva fatto i suoi compagni, se la guerra
continuava.
Aveva l’impressione
di essere rimasta sola al mondo.
Avevano forse ucciso
tutti i jedi?
Sentiva ancora la
presenza di qualcuno, ma era molto flebile e lontana.
Chissà che fine
avevano fatto su Mon Calamari gli altri?
Mace Windu, Adi
Gallia, Siri Tachi, Obi-Wan Kenobi e Anakin Skywalker … erano forse morti anche
loro?
E Yoda?
Non riusciva a
levarsi dalla testa quella sensazione di vuoto.
Con un enorme sforzo
di volontà si alzò dal letto e andò a vedere alla finestra.
“Non penso proprio”
mormorò con disprezzo “Qui ci sono molte persone che hanno come cognome Lamar e
non c’entrano con voi jedi”
“Perché ci odia così
tanto?”
“Perché ho visto con
i miei occhi i jedi portar via ai loro genitori, i bambini appena nati, ignorando
ogni protesta, ogni lacrima, ogni pensiero diverso dal loro”
Barris abbassò la
testa.
“Mi spiace”
“Mio fratello
maggiore era potente nella Forza, fu portato via appena nato: non l’ho mai
conosciuto”
“Mi spiace, mi spiace
veramente tanto”
“Lo so, ne sono
convinto, ma i miei genitori ed io abbiamo sofferto lo stesso”
“Non ricordo un altro
Lamar …”
Kavel abbassò la
testa, sedendosi sul letto, continuando a tenere in mano il vassoio del cibo.
“Era più grande di me
di almeno quindici anni … mia madre, dopo il rapimento, perché per lei era
tale, soffrì di un blocco, sembrava essere diventata sterile”
La giovane Offee si
avvicinò, gli levò il vassoio dalle mani, poggiandolo sul letto, e strinse le
dita nelle sue.
Non disse nulla, non
c’era molto da dire a parole, preferiva i gesti.
Fuori dalla finestra
un’ombra furtiva si allontanò velocemente mormorando.
“La pagheranno Kavel,
giuro che la pagheranno” mormorò l’ombra furtiva, sparendo nella notte.
Fine Capitolo VI
*Come già detto in “Scambio
di identità”: lo so in “Star Wars” non si usano i metri!
Eccomi qui, scusate, ci sto mettendo molto, lo so, ma non abbandono questo racconto, non temete!
x EvaKant= ehehe sono contenta che ti piaccia questa società sotterranea, ma non ti posso dire se porteranno qualcosa di buono^_^ o cattivo^_^
x Darth Harion= Poveri Siri e Obi-Wan che continuano a trattenersi, eh? Mi sa che la battuta,( che ti è piaciuta tanto) della nostra Tachi era un desidero nemmeno tanto represso! Riguardo al rapimento di bimbi potenti della Forza pare che fosse un'usanza comprovata, difatti, su Naboo(uno dei pianeti più liberi) e su Alderaan il controllo dei midichlorian ai neonati era facoltativo, al contrario negli altri pianeti era obbligatorio: ecco perché Padmè in ROTS vuol far nascere i bimbi su Naboo ;).
In effetti per i nostri tre eroi c'è poco speranza di andar via presto^_^
x Iosra= Come ti ho già scritto in privato i jedi della vecchia repubblica erano piuttosto decadenti, io ho volutamente accentuato questo lato, quanto a Mace sì mi sta antipatico, ma credimi ho voluto mostrare più il suo lato umano(vedere il colloquio con Anakin) che quello guerresco: in questa storia in lato umano avrà una grande importanza, l'azione verrà più avanti e cercherò di lavorarci meglio, per mostrare i jedi all'altezza non temere^_^.
Bene, ora ci siamo nuovo capitolo, molto psicologico e contorto, ma ho cercato di metterci un po' di azione: altrimenti che Star Wars sarebbe?
Buona lettura a tutti! E ringrazio Chaosreborn per avermi corretto il capitolo, oltre che averlo recensito^_^
Capitolo
VII
Obi-Wan, Siri e il piccolo Anakin erano rimasti
sconvolti dalle parole di Aslan: come potevano rimanere confinati lì per
sempre? C’era una guerra in corso, la gente stava morendo e loro dovevano
rimanere lì? Non aveva senso.
“Signor Aslan …” provò ad iniziare Kenobi, ma le
parole gli morirono in gola. Che cosa avrebbe potuto dirgli per fargli cambiare
idea? Niente. Per quell’uomo, ciò che aveva appena detto era una legge sacra
del suo popolo e andava quindi rispettata.
Non aveva nessuna importanza che loro ritenessero
tale legge ingiusta.
Gli vennero in mente i regolamenti e i codici
dell’ordine jedi: li aveva sempre ritenuti giusti, ma alle volte gli era venuto
il dubbio che non lo fossero.
Quante volte aveva lasciato l’ordine perché disgustato
da quei dogmi? Dal fatto che fossero più importanti delle persone? Ma, mille
volte era ritornato perché, malgrado tutto, credeva nell’ordine e nei suoi
ideali di pace e libertà.
“Che cosa voleva dirmi, signor Kenobi?”
“Non … “ balbettò imbarazzato, ma per sua fortuna
il suo allievo venne in suo soccorso.
“Crede che questa regola sia giusta?”
“Quale?” fece Aslan, con un sorriso paterno.
“La legge che dice che è proibito uscire da questa
città”
“Sì, perché così facciamo in modo che le persone
crudeli non trovino la nostra città”
“Pensate che la gente là fuori sia tutta crudele?”
“Fai un po’ troppe domande, piccolo Kenobi”
“Risponda” insistette il bambino.
Non aveva nessuna intenzione di rimanere rinchiuso
lì per sempre.
Voleva rivedere sua madre e la regina Padmè
Amidala e doveva ancora visitare tutte le stelle.
Ma, soprattutto, doveva andare a liberare tutti
gli schiavi, a cominciare da sua madre; tuttavia non voleva liberare solo lei:
voleva estirpare la schiavitù in tutta la Galassia.
Guardò il suo maestro: non lo aveva mai visto così
fragile e spaventato.
Ora che ci pensava, un’altra volta c’era stata.
Quando era morto Qui-Gon Jinn, poco più di due
anni prima: sembravano passati dei secoli da allora.
Eppure, ricordava ancora come il suo giovane
neo-maestro lo avesse confortato.
“Devi lasciarlo andare … “
Quella mano calda sulla sua spalla.
“Mi manca”
Il volto di Obi-Wan era una maschera
di sofferenza.
“Anche a me. Me lo ricorderò sempre,
ma non c’è più”
Non c’era più, ma se lo sarebbe
ricordato per sempre … se lo sarebbero ricordati per sempre.
Era stato un padre, per lui ed
Obi-Wan.
“E ora che ne sarà di me?”
“Il Consiglio mi ha dato il permesso
di addestrarti: tu diventerai un jedi, te lo prometto”
Il Consiglio … il Consiglio gli aveva
dato il permesso: senza quest’ultimo il giovane Kenobi lo avrebbe addestrato
comunque?
“L’ho promesso al mio maestro”
Sì, lo avrebbe fatto, ma solo per mantenere una
promessa?
Non lo sapeva.
Pensava al momento in cui Obi-Wan era andato a
cercarlo tra le fiamme.
Al modo in cui scherzava con lui, rendendogli più
leggero tutto.
E allora qual era il problema?
La sua severità?
Certo che no.
Forse il suo essere spesso così distaccato, con
quell’aria di superiorità e perfezione.
Sospirò e concentrò di nuovo il suo sguardo verso
il borgomastro di quel luogo misterioso ed affascinante.
“Non mi ha ancora risposto”
“Vedo che non demordi … Tua madre e tuo padre
dovrebbero essere fieri di una tale perseveranza. La mia risposta è non lo so.
So solo che là fuori ci sono continuamente delle guerre mentre qui non ce ne
sono mai state: noi vogliamo conservare la nostra pace, le conclusioni tiratele
voi”
Anakin chinò la testa, non sapeva se sentirsi
sconfitto o meno, sapeva solo che era vero che la Galassia era devastata da
mille guerre mentre quel posto aveva colori, serenità e musica.
“Come si chiama il vostro villaggio?” intervenne
Siri che fino a quel momento era rimasta in silenzio, intenta ad ascoltare
quella strana conversazione.
“Hiwl”
“Non è una parola di lingua Twi’ Lek … “ si lasciò
sfuggire Obi-Wan.
“Certo che non lo è, perché dovrebbe esserlo?”
chiese insinuante l’uomo con un misterioso sorriso.
“Non siete Twi’ Lek?”
“Perché dovremmo esserlo?”
“Il vostro modo di parlare a gesti, i vostri
lineamenti, le vostre lekku”
“Non si faccia ingannare dalle apparenze, mio
giovane amico: le persone non sono sempre come ci appaiono. Arrivederci. Buona
guarigione a tutti” e aprì la porta per uscire ma Kenobi lo bloccò per un
braccio, stupito lui stesso di un gesto così plateale.
“Chi siete davvero?”
Aslan sorrise, di nuovo con quel sorriso paterno,
così simile a quello del Cancelliere Supremo Palpatine.
“Venla ve lo ha già detto: voi sapete chi siamo,
ma non volete ammetterlo. Arrivederci”
E stavolta uscì davvero salutando i tre con un
largo sorriso.
Un mese dopo …
Siri si alzò per prima, andando a controllare come
stessero i suoi amici.
Non aveva nessuna voglia di stare in quello strano
luogo.
Le piaceva, inutile negarlo, ma le faceva paura:
un popolo in contatto con la Forza Vivente? Che la evocava tramite la musica?
La sentiva la Forza, la sentiva eccome, sentiva il
suo affetto per Anakin e il suo amore per Obi-Wan più forti che mai: era come
se potesse toccarli con mano.
“Siri”
“Obi-Wan” si voltò perdendosi nei suoi occhi
verdi.
Li aveva sempre amati tantissimo, quegli occhi.
Un tempo avevano deciso di allontanarsi, per la
loro devozione verso l’ordine, ma ora? Ora che rischiavano di rimanere
confinati lì per sempre, era ancora importante quella devozione?
Si avvicinò a lui e lo baciò con passione sulle
labbra.
Rinnegare tutto, pensare solo a lui, a loro,
diventare davvero una famiglia come credeva quella gente di quel posto: era
dunque possibile?
Kenobi ricambiò il bacio con la stessa passione e
con lo stesso ardore, non sapeva cosa fare: aveva bisogno di un appiglio visto
che quasi tutte le sue certezze erano crollate miseramente e aveva la
drammatica sensazione che fossero rimasti soli.
Aveva toccato con mano l’odio che molta gente
aveva per i jedi e non era sicuro che essere confinati là sotto fosse un gran
male, benché continuasse a sentirsi un gran vigliacco.
“Forse … “ balbettò staccandosi
“Dovremmo fermarci qui … lo so generale Kenobi”
“Sei arrabbiata con me?”
“No, in fondo lo decidemmo insieme …”
“Ma non ne sei convinta …”
“Temo di no, forse non lo sono mai stata”
“Nemmeno io, ma stare insieme ci avrebbe
allontanato dall’ordine”
“Già, forse, ma ora? Forse non c’è più nessun
ordine”
“Lo hai sentito anche tu quel vuoto”
La ragazza annuì, andandosi a sedere su uno dei
divanetti di quella che era ormai la loro casa.
Venla, la donna che li aveva curati e ospitati,
spariva spesso per poi ricomparire diversi giorni dopo, dicendo di essere stata
a procurarsi delle erbe per le medicine, sì ma dove andava?
Non aveva voglia di domandarle nulla, perché sapeva
che avrebbe ricevuto l’ennesima risposta misteriosa.
Nella sua stanza, intanto, Anakin era riuscito
faticosamente ad alzarsi e a mettersi su quelle strana sedia con le ruote: gli
avevano detto che le ferite alle gambe erano gravi e ci sarebbe voluto molto tempo
per una totale guarigione; così era stato costretto a girare quell’assurdo
affare e non gli piaceva per niente.
Si lavò e si vestì velocemente, poi uscì di
soppiatto dalla porta secondaria, che aveva scoperto qualche giorno prima. Non
aveva fame, aveva lo stomaco in subbuglio per il nervoso e sperava che uscendo
all’aria aperta si sarebbe calmato.
Spinse lentamente la sedia mettendosi a seguire un
gruppo di bambini che camminava verso i monti rocciosi, forse seguendoli
avrebbe potuto trovare un’uscita e se ne sarebbero potuto andare; per quanto
quel posto lo affascinasse, gli faceva anche paura.
Come si chiamava? Ah sì, Hiwl.
Gli ricordava vagamente qualcosa di antico e
familiare.
Lentamente seguì i bambini, stando bene attento a
non farsi vedere.
Vicino ai monti c’erano degli alberi e dei prati,
era una specie di piccolo bosco: come poteva esserci un bosco lontano dal sole?
Ma di cosa si stupiva? Non aveva, forse, visto
campi e giardini in giro?
Vicino ad un grosso albero intravide la figura di
Venla, chinata a raccogliere varie erbe mentre non lontano da lei c’erano i
bambini che aveva seguito.
Stavano giocando con delle rudimentali spade di
legno, erano un po’ scoordinati, ma nel complesso non se le cavavano male. Certo
i piccoli padawan del tempio avevano una maggiore prontezza di riflessi e una
migliore abilità nel maneggiare la spada, ma in fondo quelli che aveva di
fronte erano bambini comuni che usavano le spade per giocare.
Perché non si univa a loro? Era certo che lo
avrebbero accettato con gentilezza, ma poi guardò le sue gambe immobili:
sarebbero mai tornate a posto?
“Di che cosa hai paura?” mormorò una voce alle sue
spalle.
Si voltò, ma non vide nessuno.
“Hai paura di diventare un peso? Di diventare
davvero una patetica forma di vita?”
Chi era che parlava? Non c’era nessuno.
Eppure aveva sentito quella voce: era reale.
“Perché non ti unisci a loro? Temi forse che ti
prendano in giro perché non sei più in grado di camminare?”
Ancora, l’aveva sentita ancora.
E quello che gli faceva più paura era che quella
voce aveva qualcosa di familiare, molto familiare: solo non riusciva a capire
chi gli ricordasse.
Iniziò a spingere velocemente la sedia verso la
casa di Venla, raggiungendola in pochi minuti e lì trovo ad attenderlo sia Siri
che Obi-Wan, che apparivano preoccupatissimi.
Appena li vide Anakin spinse più velocemente la
sedia avvicinandosi al suo maestro, ma che cosa poteva dirgli?
La giovane Tachi si chinò e lo abbracciò mentre
Kenobi lo guardava con un’espressione indecifrabile dipinta in viso: sembrava
così distante in quel momento.
Si era accorto del suo turbamento? Probabilmente
sì, ma forse non gliene importava.
Inaspettatamente l’uomo si chinò a sua volta e,
quando Siri si scostò, lo abbracciò.
“Che cos’è successo?”
“C’è qualcosa … qualcosa di oscuro nel bosco”
balbettò il bambino stringendosi al maestro, che lo strinse a sua volta.
Non l’aveva mai visto così spaventato.
“Nel bosco?” domandò la maestra Tachi.
“Sì, vicino ai monti c’è un piccolo bosco dove gli
altri bambini vanno a giocare e c’era anche Venla”
“Questo posto è assurdo e mi piace sempre meno, ma
temo che non riusciremo ad andarcene molto presto” replicò Obi-Wan continuando
a stringere il piccolo.
“Che cos’hai visto, Anakin?” chiese Siri
sorridendo teneramente al bambino.
“Visto niente, a parte quello che vi ho detto
prima, ma ho sentito una voce maligna”
Sia la giovane Tachi che Kenobi sospirarono
preoccupati, la donna sfiorò i capelli al piccolo e sussurrò.
“Ci mancava pure il lato oscuro: dobbiamo
andarcene da qui, anche se non so in che modo. Forse … forse dovremmo fingere
di volerci davvero integrare, collaborando con le loro attività, magari così
potremmo carpire qualche loro segreto”
“E’ un’idea, ma questo presuppone il dover
rimanere qui veramente per anni” sospirò Obi-Wan osservando di sottecchi
Anakin.
Stava ancora tremando, ma non come prima: di chi
era quella voce che aveva sentito?
Di qualche antico spirito sith?
Oppure c’era qualche jedi oscuro al villaggio?
Non sapeva quale delle due opzioni gli piacesse di
meno.
“Maestro … ha ragione la maestra Tachi: non
abbiamo scelta. In fondo, se c’è un’entrata, ci deve essere anche un’uscita”
Kenobi sorrise e così pure la maestra Tachi.
“Una logica che non fa una piega: sono felice di
averti passato un po’ della mia razionalità”
Il suo padawan alzò la testa e gli sorrise.
“L’avevo detto che voglio diventare come te, no?”
“Sì, ma non perdere il tuo istinto, ti prego: è
migliore del mio”
“Sempre che tu ne abbia uno” sussurrò Siri facendo
l’occhiolino al piccolo, che scoppiò a ridere divertito e così pure fecero i
due adulti, anche se una paura insinuante si era impadronita del suo cuore.
Dantooine..
Barris Offee osservava dalla finestra il suo
salvatore parlottare con una figura incappucciata: era talmente coperta che non
riusciva a capire se fosse un uomo o una donna.
Tuttavia, non era quella vista a preoccuparla:
erano i cloni e le armate droidi che pattugliavano, insieme, la città.
Che cosa significava tutto questo?
Si guardò intorno: era in una stanza minuscola, la
stessa che occupava da più di un mese, dove era stata curata.
Non era chiusa in nessun modo, però.
Uscì dalla porta dove trovò un lungo corridoio in
penombra con diversi attaccapanni alle pareti, dove erano appesi alcuni
cappotti, di svariati colori, e un grande mantello grigio scuro.
Senza pensarci lo afferrò, se lo mise e sgattaiolò
fuori dalla porta d’ingresso, riuscendo a non farsi vedere da nessuno, anche
perché le strade, a parte per qualche clone trooper e qualche droide, erano
totalmente deserte. Fu per quelle presenze inquietanti che decise di infilarsi
in un vicolo nascosto e aspettare che passassero oltre.
Tuttavia, la sua attenzione fu catturata
dall’insegna luminosa di un piccolo bar, da dove proveniva il vociare di
diverse persone; vi entrò, ma nessuno fece caso a lei, visto che tutti stavano
guardando la Holonet, dove stava parlando il Cancelliere Supremo Palpatine …
solo che di fianco al suo nome c’era scritto imperatore.
Che cosa stava succedendo?
Purtroppo il vociare della gente nel bar le
impediva di sentire quello che stava dicendo Palpatine.
“Ci crede?” domandò una voce di fianco a lei.
Spostò leggermente lo sguardo, incrociando quello
azzurro chiaro di un calamaro.
“A cosa?”
“A quello che sta dicendo, per l’ennesima volta, il
nostro imperatore”
Aveva usato un tono sarcastico, nel pronunciare la
parole nostro.
“Dipende che cosa intende …”
“Quell’uomo dice che sono stati i jedi a provocare
la guerra per ottenere il controllo del senato così sta dando loro la caccia”
“Ma non possono essere stati i jedi: loro
combattono per la pace e la libertà”
“Ne è così sicura?”
“Che cosa vuole dire?”
“Pensa che se la gente fosse stata certa della
bontà dei jedi avrebbe creduto alle bugie di Palpatine?”
“Non la seguo: prima mi chiede se sono sicura dei
jedi e ora mi dice che Palpatine mente?”
“Esatto, vede, mia giovane amica, i jedi hanno
commesso molti gravi errori, alcuni dei quali davvero imperdonabili. Si sono
allontanati dalla gente comune, assuefatti dal potere che esercitavano, ma non
penso che abbiano scatenato la guerra.”
La ragazza sospirò, annuendo.
Condivideva quelle parole quasi totalmente,
purtroppo.
“E allora chi pensa che sia il responsabile della
guerra?”
“Il nostro amato imperatore” replicò il
calamaro con un sorriso mesto “A proposito sono Lot Ackbar”
“E io Barris Offee”
“Una jedi”
“Sì”
“Vuole venire con me?”
“Dove?”
“Non abbia paura: siamo tra amici”
Barris annuì e lo seguì fuori dal locale,
avviandosi verso un viottolo che si faceva sempre più buio, mentre una figura
incappucciata li seguiva nell’ombra.
La giovane jedi si guardava intorno spaesata, non
sapeva se aveva fatto bene a seguire quello sconosciuto, ma era stanca di
quella immobilità e sperava che il suo salvatore non se la prendesse troppo:
aveva la vaga impressione che fosse un tantino geloso.
Non riusciva, tuttavia, a dimenticare le sue
parole di rabbia e odio verso i jedi che gli avevano portato via il fratello,
non curandosi minimamente di chiedere un parere ai suoi genitori: l’importante
per l’ordine era aver trovato un altro membro da educare.
Da quando era diventata così sarcastica verso il
suo ordine? Lo aveva sempre rispettato, sapeva che combatteva per un bene
superiore, i suoi ideali erano giusti, ci credeva ancora, ma quella guerra
l’aveva riempita di amarezza e dubbi.
Tuttavia trovava vergognoso che accusassero
l’ordine di aver provocato una guerra: i jedi avevano tanti difetti, ma non
erano dei guerrafondai.
Oppure sì?
Scosse la testa, aumentando il passo per seguire
Lot che si era parecchio allontanato, portandosi vicino ad un portone di legno
con il portico in pietra bianca: suonò ad un pulsante e insieme entrarono in
una casa anch’essa bianca, ma molto piccola.
Era tutto in penombra ma riuscì a vedere diverse
persone, vestite con abiti malconci, ma armate di blaster e spade laser, che la
fissavano con rabbia e paura.
Provò a dire qualcosa, ma in fondo alla stanza
vide spuntare di nuovo quella figura incappucciata, che per la prima volta si
scoprì mostrando finalmente il suo volto, un volto che lei conosceva benissimo.
Naboo.
Una giovane regina osservava dalla finestra il
lungo viale che portava alla reggia.
Sembrava infinito, ma non lo era.
Anche il tempo le era sempre sembrato infinito, ma
non lo era.
“Ti regalo questo: è un ciondolo di
jaipor, ti porterà fortuna. Così ti ricordi di me”
“Non mi serve questo per ricordarmi di
te: molte cose cambieranno quando arriveremo nella Capitale, ma tu continuerai
a starmi a cuore. E poi come posso dimenticarmi del mio futuro marito?”
Lo aveva detto scherzando, ma lo pensava davvero:
sapeva che un giorno si sarebbero sposati e sarebbero stati felici.
Ma ora … ora lui era morto.
Il suo Anakin era morto, faceva fatica anche solo
a pensarlo, ma era vero.
La Holonet continuava a raccontare di come le
truppe dei cloni, insieme alle droidi armate, annientassero ovunque i jedi
superstiti, tra cui non c’era il suo Anakin.
Lo so, lo so, sono lentissima, ma spero che vi piaccia questo capitolo, ci sono meno ehm pensieri e più azione, insomma qualcosa inizia a muoversi.
x Verity= essì, ogni tanto un capitolo di riflessione ci vuole, ma temo di farne troppi, sono fissata io^_^, felice che tu abbia gradito ...
x Darth Harion= quanto staranno sotto i nostri eroi è difficile dirlo, in parte dipenderà da loro: Dove hai sentito Hiwl?Eh, il miglior modo di nascondere una cosa, è quella di metterla bene in vista^_^.
E' stato bello anche per me metterci qualcosa della vt, come un parente di Ackbar e tornerà non temere.
Su Palpatine i suoi piani sono ultra accelerati, yes, ma ....
P.s: sai è bello sapere che il pezzo di Padmè in cui ricorda il regalo di Ani, ti abbia commosso, in un certo senso tornerà spesso questa tematica ^_^
Buona lettura a tutti !
Anne
Capitolo
VIII
Un anno dopo …
Barris camminava per le strade di Dantooine,
avvolta in un mantello nero, era notte fonda, ma malgrado ciò i cloni
pattugliavano la città, per controllare se ci fosse qualche ribelle in giro.
Erano coperti dai caschi, come spesso lei li aveva
visti, eppure ora le sembravano minacciosi: erano gli stessi con cui combatteva
dodici mesi prima contro i separatisti? A proposito che fine avevano fatto
questi ultimi?
Malgrado il suo ruolo di infiltrata non aveva la
minima idea di cosa fosse accaduto agli ex capi del movimento separatista, solo
di uno aveva notizie, del Conte Dooku, che dopo aver accettato di arrendersi al
loro imperatore, ne era diventato il braccio destro e per quello che ne sapeva
la gente nessuno dei senatori si era opposto.
Questo ufficialmente, ufficiosamente, uno sparuto
gruppo di persone, tra cui Bail Organa, Mon Monthma, l’ex ammiraglio
separatista Ackbar, stavano organizzando una piccola resistenza segreta e non
doveva dimenticarsi del loro alleato più importante, un ex membro dell’alto
Consiglio Jedi, a cui avevo promesso di non rivelare a nessuno la sua identità,
anche se a volte la cosa le pesava.
Conosceva quel membro del consiglio da tempo,
erano stati molti amici prima della guerra, ora però c’era qualcosa che le
sfuggiva nel comportamento di quella persona, non sapeva cosa e non era tanto
la volontà di tenere nascosta la sua identità a farle dubitare, no c’era altro:
forse il fatto che avesse scoperto che l’ex jedi avesse una famiglia segreta?
No, non era quello il problema, ma allora cosa?
Qualcuno le sfiorò la spalla sinistra con una
mano.
“Barris”
“Kavel”
“Non dovresti andar in giro di notte da sole, ci
sono le truppe come vedi e cercano pure se ci siano superstiti tra voi jedi”
“Lo so, amico mio, lo so, ma Lot mi ha chiesto di
controllare un po’ la città, pare che l’Alleanza voglia provare a fare un primo
attacco dimostrativo”
“Un primo attacco dimostrativo?”
“Sì”
“E dove?”
“Ne ho idea …”
“Ecco perché l’imperatore sospetta qualcosa …”
“Sì, lui sembra sapere sempre tutto, come se ci
fosse una spia tra di noi …”
“Sospetti di qualcuno Barris?”
“Sì … non mi fido di quell’ex alto membro del
Consiglio”
Il giovane sbatté ripetutamente gli occhi,
dilatando i suoi occhi gialli: in altri tempi l’ex jedi avrebbe avuto paura di
quel colore, sapeva che solo coloro che erano preda del lato oscuro, avevano
quel particolare tipo di occhi, ma ora la situazione era cambiata.
Però lo era davvero?
Aveva fatto bene a fidarsi di lui? Non odiava
forse i jedi? Eppure non odiava lei, lo sapeva, anzi.
“Credevo fosse tua amica … un tempo”
“Ecco hai detto bene un tempo, ora non la
riconosco più, non riconosco più nessuno”
Lamar le sfiorò la fronte con un piccolo lieve
bacio, in altri momenti si sarebbe disco tasta, adesso non fece nulla, assaporò
il contatto e niente di più.
Poi, insieme, i due giovane si allontanarono nella
notte verso l’abitazioni di Kavel, seguiti da un’ombra furtiva, che spiava ogni
loro mossa.
Hiwl … città sotterranea di Mon Calamari.
Obi-Wan passeggiava nel piccolo tempio della
cittadina sotterranea, dopo molte insistenze era riuscito ad ottenere di poter
collaborare con le sacerdotesse e con i sacerdoti di quel luogo nel parlare dei
misteri della Forza ai bambini.
C’era solo un piccolo problema, anzi lui lo vedeva
come un grosso problema: gli avevano detto che poteva parlare solo della Forza
Vivente, loro credevano in quella, non esisteva la Forza Unificante e non
volevano nemmeno sentirne parlare.
Ricordava benissimo il colloquio che aveva avuto
con uno delle sacerdotesse, una giovane Twi’ Lek, dalle cortissime lekku e
dalla pelle tendente al ciclamino, che indossava una lunga veste grigia, che
lasciava intravedere il suo corpo minuto ma sinuoso.
Si chiamava Xilora’Cor, non era bellissima ma
aveva due occhi arancioni così profondi e penetranti da rischiare di rimanere
ipnotizzati se la guardavi troppo a lungo, al giovane jedi non piaceva e gli
era piaciuta ancora meno dopo quel maledetto colloquio svoltosi ormai sei mesi
prima.
“Signor Kenobi, lei forse è abituato a
seguire le sue regole, ma qui ci sono le nostre e le ho già detto che non
voglio sentir più parlar di Forza Unificante, non esiste!”
“E’ una follia, non potete ignorare
ciò che c’è fuori, non potete, così come non potete ignorare la Forza
Unificante!”
“Mi dia un motivo valido perché dovrei
credere ai suoi deliri?”
“Deliri?” aveva sbattuto gli occhi
ripetutamente a quelle parole.
“Sì, deliri!”
“La Forza non può occuparsi solo del
particolare, devo occuparsi anche del tutto …”
“E chi lo decide?Lei?Pensa di sapere
così tanto della Forza?”
“Sì, perché io …” no, non poteva dire
di essere il maestro e non il padre di Anakin, non poteva.
“Lei cosa?”
E poi anche se era il maestro di
Anakin, il prescelto, come poteva permettersi di dire che sapeva più di loro
della Forza? Per anni aveva ignorato la Forza Vivente anche se il suo maestro
gli diceva il contrario.
Però, però non aveva voluto permettere
a quella donna di averla vinta.
“Ha visto mio figlio?”
“Sì … la Forza è potente in lui, più
di tutti noi”
“E’ nato in un pianeta desertico, con
due soli”
La giovane Twi’ Lek era impallidita
quelle parole.
“Con due soli?”
“Sì, perché?”
Xilora aveva abbassato la testa verso
i piccoli monili che portava sul polso sinistro: erano braccialetti di legno
piuttosto particolari, difatti avevano diverse incisioni di disegni minuscoli e
incomprensibili, parevano lettere ma capovolte.
Le stesse lettere capovolte Obi-Wan le
aveva viste il primo giorno in cui aveva visitato il tempio insieme a Siri,
Anakin e Venla: erano sia all’ingresso, che sull’altare.
“Lo sa cosa significano questi segni,
giovane Kenobi?”
“No”
“L’infinito come lo è la Forza”
“Quindi mi lascerà parlare …”
“No, l’argomento è chiuso”
“Ma se ha detto anche lei che la Forza
è infinita”
“Sì, ma non unificante: non vogliamo
vedere il mondo là fuori e non dovrebbe volerlo vedere nemmeno lei”
“Perché?”
“Suo figlio forse non camminerà più
per colpa della vostra maledetta guerra, lo vuol capire o no?E io dovrei
preoccuparmi di un mondo che ha reso invalido un bambino innocente che
oltretutto è potente nella Forza?”
“Anakin camminerà di nuovo: lui può
fare qualsiasi cosa!”
“Ne sono convinta, ma lui no e
disgraziatamente nessuno gli fa notare che può far tutto …”
Era ammutolito a quelle parole e aveva
battuto in ritirata.
Ora camminava nel tempio silenzioso, era quasi
sera, i bambini a cui aveva parlato della Forza Vivente erano andati via.
Aveva badato a loro poco, parlandogli il tono
freddo e distante, non ricordava nemmeno i loro volti, né le loro voci,
continuava a pensare a Siri ed Anakin a casa.
Siri che aiutava Venla con i malati nella sua
piccola infermiera, ma che spesso andava al tempio come lui, insegnando ai
bambini: lei era brava a parlare della Forza Vivente, si appassionava, i suoi
occhi azzurri si illuminavano ed era presa da quei piccoli.
Lui no, non ci riusciva.
L’angoscia lo tormentava, aveva il timore che
quanto detto da Xilora fosse vero: e se Anakin non avesse camminato mai più?
Spesso lo vedeva malinconico fissare dalla
finestra gli altri bambini, lui si avvicinava, lo abbracciava, ma non
riuscivano a parlare, a dirsi nulla, nemmeno con il pensiero.
C’era qualcosa che li bloccava.
“Giovane Obi-Wan” si voltò e vide il volto in
penombra di Xilora, che ora sembrava quasi sul rosso mentre le sue antenne
parevano nere come la notte.
“Buona sera”
“Non le piace star qui?”
“No”
“Non le piacciano nemmeno noi, vero?”
“Onestamente non lo so …”
“I bambini la ammirano ma hanno anche paura di lei
… la sentono così freddo”
“Forse perché lo sono”
“Non è vero”
“Cosa ne sa lei di me? Pensate di sapere tutto di
me, Siri e di nostro figlio … lo sa cosa dicevano al tempio dove io insegnavo?”
“Su chi?”
“Su mio figlio …”
“Che fosse l’eletto?”
Il giovane jedi spalancò gli occhi, rimanendo
interdetto per diversi minuti.
“Come lo sa?”
“E in un momento di grande disperazione la Forza
manderà un Salvatore e sarà chiamato Figlio dei due Soli”
“Non è una risposta e non mi dica che l’ho
convinta dell’identità di mio figlio solo perché è nato in un pianeta
desertico”
La giovane Cor scosse il capo, sorridendo con un
sorriso misterioso e quasi maligno.
“Si fa troppo domande, giovane Kenobi, pensi più a
ciò che ha vicino, a sua moglie e a suo figlio, hanno bisogno di lei”
“Io ci penso spesso”
“Sì ma lo faccia anche a gesti e a parole”
“Le ho detto che sono freddo”
“Se lo fosse non si tormenterebbe di angoscia per
il suo bambino”
Kenobi per tutta risposta prese una dalla sua
cintura la spada laser e l’azionò, avvicinandosi alla donna, che sussultò
spaventata.
“Lo sa cos’è questa?”
“No e non voglio saperlo”
“Un’arma jedi … una spada laser, noi lo usiamo
solo per difesa ma per offesa o meglio così dovrebbe essere”
“Non è più sicuro?”
“Non sono più sicuro di niente … di niente “ fece
lanciandola per terra quasi con rabbia, subita la giovane la raccolse, la
spense e gliela ridiede.
“Di una sola cosa sono sicuro … una sola”
“Quale?”
“Aveva ragione prima: non mi piacete”
E senza attendere una replica se ne andò
rimettendosi la spada alla cintura.
Camminava a passi spediti, voleva trovare Anakin,
stargli vicino, allontanarsi da quella gente assurda: i bambini avevano paura
di lui? Poco male, lui aveva paura di loro.
Avevano tutti uno sguardo strano, quasi maligno.
O forse si stava facendo delle fantasie?
Probabile.
Magari nel cibo che mandavano giù c’erano delle
sostanze allucinogene che facevano vedere delle cose che non esistevano.
Scosse la testa e continuò il suo cammino,
passando di fianco al piccolo boschetto dove i bambini stavano giocando in
attesa dell’ora di cena, era così strano per lui vedere quelle cose, era una
normalità che non conosceva e che forse invidiava.
Si fermò vicino ad una panchina di legno,
mettendosi ad osservarli: stavano di nuovo giocando con delle spade di legno e
ora non avevano più quello sguardo obliquo e maligno.
Forse era la poca luce del tempio a dargli
quell’impressione.
Si sedette sulla panchina, accorgendosi che pure
lì c’erano quegli strani segni, che significavano infinito come la Forza, non
era mica logico che considerassero la Forza infinita eppure non volessero
considerarla unificante?
“Suo figlio forse non camminerà più
per colpa della vostra maledetta guerra, lo vuol capire o no?E io dovrei
preoccuparmi di un mondo che ha reso invalido un bambino innocente che
oltretutto è potente nella Forza?”
Doveva smetterla di pensarci, doveva smetterla!
Fu con la coda dell’occhio che vide vicino ad uno
degli alberi più lontani un bimbo diverso dagli altri, un bimbo che camminava
su una sedia a rotelle di legno: Anakin.
Stava gridando contro qualcuno e pareva spaventato
a morte, eppure nessuno faceva niente.
Si alzò di scatto dalla sedia e corse verso di
lui, che continuava ad urlare dalla paura, aumentò l’andatura e in pochi
secondi gli fu di fronte, prendendogli le braccia.
“Cosa c’è?”
“Vattene!”
“Cosa??”
“Vattene via, tu mi odi … mi consideri un essere
inutile, non servo più a niente”
“Che cos’hai detto???” fece scuotendolo per i
polsi.
“La verità … non fai altro che ripetermelo!”
“Non è vero cosa dici!”
“La sento la tua voce che mi perseguita, sei tu,
tu …”
“No, Anakin, no, ti giuro di no … hai sentito
ancora quella voce maligna? Non ero io, ero al tempio …”
“Ho riconosciuto la tua voce!”
“Ti giuro piccolo padawan, non direi mai una cosa
del genere, mai …” mormorò cercando di abbracciarlo ma il bambino lo respinse.
“Bugiardo, vattene!”
Una mano gentile si posò sulla spalla del giovane
maestro jedi, subito questi si volse incontrando lo sguardo chiaro di Aslan,
uno sguardo più dolce e paterno del solito.
“Ci penso io al piccolo, non si preoccupi”
“E’ mio figlio”
“Come vede non vuol stare con lei, lo calmo e
glielo riporto più tardi”
“No”
“Lasci fare a me, ragazzo, è troppo agitato anche
lei” fece l’uomo prendendogli il braccio ma Obi-Wan si scostò come se fosse
stato morso da un serpente e si allontanò verso la panchina osservando l’uomo
che cercava di calmare il suo padawan per qualche minuto.
Non gli piaceva quella scena, aveva qualcosa di
famigliare e inquietante, anche se non riusciva a capire cosa gli ricordasse,
sapeva solo che non avrebbe retto un secondo di più perciò fece una cosa che
non faceva mai: seguì l’istinto.
Tornò indietro, allontanò di scatto il borgomastro
di Hiwl e prendendo la sedia a rotelle del suo allievo la spinse verso casa,
nonostante quest’ultimo continuasse ad agitarsi.
“Stai calmo Anakin è tutto a posto …”
“Ti ho sentito … lui voleva aiutarmi”
“No, assolutamente no”
“Cosa te lo fa credere?”
Kenobi fermò la sedia vicino ad una delle case del
villaggio da cui proveniva un profumo di vivande saporite, parevano uova con
spezie, ma non ne era certo.
Si guardò intorno, ispezionò ogni angolo, comprese
la finestra dell’abitazione, poi si mise in ginocchio di fronte al bambino,
prendendolo per le spalle.
“Davvero credi che potrei farti del male?”
“Non lo so … continuo a sentire quella voce”
“Credi che ti abbia preso come mio allievo solo
per mantenere una promessa?”
“Sì”
“Ti sbagli di grosso, io credo in te, ho capito
chi eri il giorno in cui mi hai raccontato come hai distrutto la nave
principale della Federazione dei Mercanti durante il blocco di Naboo: nessuno
ha un legame con la Forza come ce l’hai tu, nessuno!”
Il bambino gli sorrise grato e lo abbracciò.
“Ho paura di non riuscire più a camminare”
“Lo so, ma ti giuro che ce la farai, te lo giuro”
“E se non ci riuscissi?Penseresti ancora che …”
“Non ho cambiato idea su di te, non la cambierò
mai, non potrei mai farlo, nemmeno se mi tradissi”
“Se ti tradissi?Che vuoi dire?Non cederò al lato
oscuro”
“Lo so, mi fido di te”
“E io di te”
“Allora non ascoltare quella voce maligna: è un
sith, ricordalo, non io”
“Va bene, maestro” sussurrò il piccolo
stringendosi all’uomo, voleva crederci, voleva disperatamente crederci, ne
aveva bisogno, ora più che mai che si sentiva mutilato sia di dentro che di
fuori e quelle maledette gambe non ne volevano sapere di muoversi.
Siri Tachi, nel frattempo, era andata anch’essa al
tempio, nonostante fosse ormai ora di cena e avesse fame, aveva bisogno di un
po’ di pace e solo lì riusciva a trovarla, aveva passato una giornata intensa,
tra persone malate, tra cui molti bambini e la cosa le aveva messo addosso una
strana apprensione.
Aveva creduto che quel villaggio sperduto e
sconosciuto fosse davvero una sorta di paradiso dove il male e la miseria non
esistevano? Forse sì. Certo la miseria non esisteva, ma le malattie sì e alcune
erano pure piuttosto gravi, eppure Venla, grazie alla sue medicine naturali
sembrava riuscire a curarle tutte o meglio quasi tutte, a volte, difatti,
lasciava che la natura facesse il suo corso e le cose andavano bene, anche se
c’erano ancora diversi malati gravi nella costruzione adibita ad infermiera,
che non era lontana da dove abitavano loro.
Avrebbe dovuto dirle che ora loro si curavano
grazie ai droidi medici? In fondo, per quanto poteva saperne lei, nessuno in
quel posto doveva aver mai visto un droide.
Sospirò sedendosi su una panchina del tempio, da
dove poteva udire, in lontananza, le voci dei bambini che giocavano all’aperto
oppure che confabulavano nell’androne vicino all’ingresso del tempio.
Anche lei spesso insegnava ai quei piccoli.
“Maestra Tachi …” le aveva chiesto una
piccola bimba dalla pelle viola scuro e dalle lunghe lekku dietro le orecchie,
le ricordava la sua amica Aayla e forse era per quello che l’aveva presa in
simpatia.
Come si chiamava? Ah sì Zama’ Barur.
“Dimmi piccola”
“La Forza Vivente è vicino a tutte le
persone che stanno male?”
“Sì”
“Anche se non abitano in questo
villaggio?”
“Ma certo … scusa Zama tu sai che ci
sono altri villaggi?”
La bambina era arrossita.
“La maestra Cor non vuole, ma io e
Astrun, una notte, siamo andati a vedere la grande mappa che tiene nascosta
nella sua cella”
Si era seduta in ginocchio, poggiando
le mani sulle spalle della bambina, l’aveva guardata per un lungo istante negli
occhi neri come la notte, poi si era decisa a parlare.
“Che mappa?”
“Sembra la mappa di altri villaggi, ma
non solo …”
“Che vuoi dire?”
“Ci sono come dei grandi cerchi
intorno ai villaggi e in mezzo ad ogni cerchio c’è un nome scritto in grande”
“Dove c’è il cerchio del nostro
villaggio, nel mezzo c’è scritto Mon Calamari, vero?”
“Sì, maestra Tachi … cos’è Mon
Calamari?”
Siri stava per risponderle quando si
accorse che Xilora, insieme ad altre sacerdotesse, erano entrate nel tempio a
pregare.
“Te ne parlerò un’altra volta, ora
continuiamo la lezione, d’accordo?”
“Va bene, maestra Tachi”
Ed era tornata alla sua lezione, con
assoluta naturalezza, parlando di quanto la Forza Vivente fosse potente, tanto
da parlare ad ogni singolo cuore di tutto il villaggio, non solo quando erano
tristi, ma anche quando erano felici, per mostrar loro il suo volere, ma anche
per ascoltare le richieste delle persone.
La giovane jedi alzò il capo, guardando la miriade
di candele che c’erano nel tempio, sembravano ovunque, eppure quel luogo era lo
stesso in penombra, non così il villaggio, che grazie a quello strano sole artificiale
godeva comunque del sole e della primavera.
Era affascinata da quella gente, anche se pure
lei, come Obi-Wan ed Anakin, ne aveva pure un certo timore.
Come potevano impedire ai bambini di conoscere
altri villaggi? Li tenevano lì segregati, eppure quei bambini erano felici,
perché i loro maestri gli erano sempre vicini, pensavano ai loro bisogni, così
come ai bisogni dell’intero villaggio, nessun abitante si sentiva inferiore ai
sacerdoti e alle sacerdotesse, anzi, c’era completa armonia tra loro: aveva
visto con i suoi occhi diversi sacerdoti chiedere consiglio, con assoluta
umiltà, ai contadini per molte cose.
C’erano una grande differenza tra quello che
avveniva lì e quello che succedeva al tempio jedi, eppure c’erano diverse
analogie.
Chissà se Obi-Wan se n’era accorto?
Obi-Wan, erano stati compagni di avventure tante
volte, erano amici da diversi anni, ma tra loro non c’era mai stata solo
amicizia, lo sapeva, avevano cercato di negare ciò che provavano per la loro
devozione all’ordine, tuttavia non era servito a niente, si amavano ancora o
meglio lei amava Kenobi, cosa provasse il giovane jedi per lei era un mistero.
Sì, l’aveva baciata due volte e le aveva detto di
amarla, però aveva anche cercato di fermare il suo bacio quando aveva capito
che lei voleva andare oltre e dopotutto che male ci sarebbe stato nell’andare
oltre?Erano segregati in un villaggio lontano da tutti e da tutti,
probabilmente la maggior parte dei jedi era morta, non esisteva più un tempio e
un ordine jedi.
E allora perché non andare oltre?
Non lo sapeva neanche lei e a ben pensarci non era
poi sicura di voler andare oltre oppure sì?
“Hai paura, vero?”
“Cosa?”
“Vuoi negare ciò che provi perché sai che lui non
ti ama … e non ti amerà mai … è troppo grande per accorgersi di te, misera
padawan …”
“Non sono una padawan … chi sei?Cosa vuoi?”urlò
alzandosi di scatto, ma non vide nessuno, il tempio era vuoto e non si udiva
nessun rumore, tranne per il brusio dei bimbi nel cortile.
Tuttavia … tuttavia vicino ad una delle porte
laterali vide un’ombra … sembrava una figura incappucciata.
Prese la sua spada laser, l’attivò e seguì la
figura che si muoveva guardinga e ora stava andando in uno dei corridoi bui del
tempio, che portavano alle celle dei sacerdoti e delle sacerdotesse.
“Dove scappi? Fatti vedere: sei un vigliacco, non
hai nemmeno il coraggio di mostrarmi il tuo volto!”
“Sciocca padawan, tu sai chi sono, non ho nessun
bisogno di mostrarti il mio volto, nessuno!Lo sai chi sono!”
Furibonda la giovane Tachi si mise a correre verso
la voce che parlava nell’ombra, la prese per i polsi e le levò il cappuccio:
quegli occhi, non era vero, non poteva essere vero, eppure conosceva quegli
occhi.
In preda alla rabbia, si staccò dalla figura,
riprese in mano la sua spada e iniziò a colpirla, tuttavia lo strano essere non
si difese e si lasciò fare a pezzi dalla jedi rabbiosa.
Siri era difatti preda di un’ira incontrollabile e
non sapeva spiegarsene la ragione, sapeva solo che odiava quell’essere, doveva
distruggerlo, annientarlo, solo così avrebbe potuto cancellare il ricordo di
quello sguardo a lei così famigliare.
Gli tagliò il braccio destro, poi il sinistro, le
gambe e la testa e alla fine si accasciò al suolo, piangendo lacrime amare.
“Maestra Siri …” di chi era quella voce che la chiamava?
Non riusciva a capire … Sembrava uno dei sacerdoti, il padre di Zama, forse?
“E’ lei Maestro Miaan?”
“Sì … cos’è successo? Perché hai fatto a pezzi una
delle statue del tempio?”
“Come?”
Si guardò intorno e vide di fronte a sé la statua
di uno dei grandi sacerdoti antichi, letteralmente distrutta.
Aveva dunque colpito una statua?
Ma allora quella voce?
“C’era qualcuno qui, mi ha spaventata ed
aggredita, pensavo di aver colpito lui o lei che fosse”
Miaan le allungò le mano, aiutandola a rialzarsi e
le sorrise dolcemente, guardandola affettuosamente con i suoi occhi scuri, così
simili a quelli della figlia.
“Sei stanca, torna a casa da tuo marito e tuo
figlio”
“Sì, hai ragione …” sussurrò asciugandosi la
fronte madida di sudore per poi aggiungere “Credi che sia vero ciò che dice
Xilora?”
“Su cosa?”
“Riguardo a mio figlio Anakin … non camminerà
più?”
L’uomo le sorrise ancora, posandole una mano sulla
spalla.
“E’ così importante che cammini? Non lo amate per
quello che è?”
“Ma certo che lo amiamo per quello che è, solo che
sono certa che starebbe meglio se potesse tornare a camminare …”
“Nessuno può sapere cosa deciderà la Forza
riguardo al destino di tuo figlio, torna a casa e stagli vicino”
“Hai ragione, grazie e scusa per la statua”
“Non importa, è solo un oggetto”
La giovane Tachi annuì e uscì dal tempio, più
agitata e nervosa di quando ne era entrata.
Naboo, a diversi parsec di distanza.
La regina Amidala stava ascoltando il rapporto del
suo nuovo senatore, Jadir Kim, un corpulento individuo, dall’aria simpatica, ma
piuttosto tonta, nulla a che vedere con il suo predecessore, Cos Palpatine, che
dietro le sue maniere gentili, nascondeva una volontà di ferro, non era un
certo un caso che era riuscito a farsi eleggere prima cancelliere e poi
imperatore, praticamente all’unanimità.
Il senatore Kim le stava spiegando le nuove misure
di sicurezza volute appunto dall’imperatore, tra cui una nuova guarnigione di
soldati per ogni sovrano o presidente di ogni sistema, così presto vi sarebbe
stata, anche a Naboo, un plotone di clone-troppers che pattugliava le città in
nome della sicurezza: avrebbero invaso anche il suo pacifico rifugio a
Varekino? Temeva di sì.
Varekino, nella regione dei laghi, dove andava
spesso quando aveva intrapreso da poco tempo la via della politica, ora non
voleva più tornarci, non sapeva perché, ma quel posto le faceva venire in mente
Anakin Skywalker, quel piccolo bimbo che aveva salvato il suo sistema … quanti
anni prima? Tre? Quattro? Aveva perso il conto.
Ora era morto, non lo avrebbe più rivisto ed era
come se una parte di lei fosse morta.
“E’ un ciondolo di Jaipor, ti porterà
fortuna, così ti ricordi me”
“E’ bellissimo, ma non mi serve questo
per ricordarmi di te: molte cose cambieranno quando torneremo nella capitale,
ma tu continuerai a starmi a cuore e poi … poi come potrei scordarmi del mio
futuro marito?”
Lo aveva detto scherzando o meglio aveva usato un
tono ironico, eppure credeva davvero a quelle parole, ora lo sapeva.
“Maestà … ma mi state ascoltando?” tuonò la voce
del suo senatore.
“Scusi, senatore, cosa mi stava dicendo?”
“Ho appena saputo che c’è stato un attentato
contro una base imperiale …”
“Dove?”
“Su Dantooine”
“Sa chi è stato?”
“I servizi segreti del nostro imperatore Palpatine
ritengono che a causarlo sia stato quel gruppo di folli … sapete quelli che si
fanno chiamare Alleanza Ribelle”
“Sì, ho presente” mormorò la ragazza con un tono
piatto e distaccato “Quanti morti?”
“Nessuno: sembra che si tratti solo di un atto
dimostrativo”
“Capisco, mi tenga informata, la saluto senatore
Kim”
“Maestà” replicò l’uomo chinando rispettosamente
il capo mentre il suo ologramma spariva dalla stanza.
La regina fece per allontanarsi ma alcune sue
ancelle la seguirono, tra cui Dormè e Sabè, accortasi di ciò le congedò
sbrigativamente, decisa a raggiungere da sola le sue stanze, qui si assicurò di
esserlo davvero, poi accese il comlink.
“Mon”
“Padmè”
“State bene?”
“Sì …”
“Non vi hanno attaccato i ribelli?”
“Certo che no e a voi?”
“Sto bene, ma stiamo in allerta: questo è solo
l’inizio”
“Lo temo anche io”
A quelle parole l’immagine della senatrice Montha
sparì mentre uno strano sorriso spuntava sul viso della regina di Naboo: sì,
quello era solo l’inizio dell’Alleanza Ribelle.
Eccomi finalmente ad aggiornare questo racconto che, definisco, il mio più folle esperimento sulla saga e che ormai ha preso vita propria!
x Verity=Ecco, dovrei recuperare quel racconto de "L'apprendista jedi", anzi a ben vedere dovrei recuperare tutta quella serie!
Sì, sto mettendo un sacco di carne al fuoco, spero di non fare troppi casini...
x Peeves=Il villaggio di Hiwl si ispira ad una cosa prettamente starwasiana, anche se ammetto, l'ipotesi del villaggio dei morti, è molto intrigante e mi piacerebbe sapere, in dettaglio, a cosa ti riferisci ;)...
Sai, il nome Aslan mi è uscito così, perché mi piaceva e dopo mi sono accorta che rimandava a "Le cronache di Narnia"^_^... benvenuta, comunque, tra i miei lettori!!
x Carlottina= benvenuta anche a te e grazie per i complimenti! Sono davvero felice che questa mia strana storia ti incuriosisca e che trovi che la storia diventa sempre più avvicente, capitolo dopo capitolo e dire che temo di ammorbare i lettori con tutti i pensieri dei personaggi che metto!!
x Darth Harion=ehehe se sapessi A CHI MI SONO ISPIRATA per Kavel e a chi è molto legata Barris, secondo la storia ufficiale, avresti già la tua risposta.
Eh sì, Obi e Siri iniziano seriamente a dare i numeri, ma non temere: pure Anakin lo farà^_^...
x EvaKant= ma bentornata tra i miei lettori!!!E questo popolo di Hiwl inquieta e sono felice perché era quello lo scopo... Penso che apprezzerai che in questo capitolo ci sarà di nuovo spazio per l'Alleanza ribelle, ma anche per il jedi misterioso e mille altre cose, oltre che le solite mie ELUCUBRAZIONI!!!
Buona lettura e buona domenica a tutti, Anne
Capitolo
IX
Hiwl, città sotterranea di Mon Calamari.
Obi-Wan stava spingendo la sedia a rotelle del suo
giovane allievo, Anakin, verso uno dei boschetti, vicino alle montagne di
sasso, ormai da settimane era lì che andavano quando volevano stare in pace, ad
esercitarsi.
Il generale Kenobi, grazie agli insegnamenti del
tempio e a quelli di Venla, aveva imparato diverse cose sulla medicina e
cercava di metterle in pratica, per aiutare il piccolo Skywalker a ricominciare
a camminare, all’inizio, circa due mesi prima, era stata dura, le gambe del
bambino, anzi ormai ragazzino, sembravano completamente inermi, poi lentamente,
con enorme sforzo di volontà da parte di entrambi, avevano iniziato a muoversi.
Certo, ancora non si alzava in piedi, ma almeno
riusciva a muoverle da solo, era un inizio, potevano farcela, potevano fare
qualunque cosa insieme, ne era certo, di tanto in tanto, veniva anche Siri con
loro, il giovane maestro jedi glielo permetteva, anche se voleva avere un
rapporto esclusivo con il piccolo, eppure la presenza di lei non lo infastidiva,
anzi e lo sapeva qual era la ragione.
L’amava, ma non capiva se i loro rapporti
dovessero cambiare o meno.
Quel giorno il sole artificiale di Hiwl sembrava
particolarmente splendente, forse riusciva ad assorbire davvero i raggi del
sole naturale, non erano frottole, sentiva la primavera nell’aria, come non
mai.
“Maestro … stai bene?” domandò il bambino
sorridendogli.
“Sì, penso di sì ..” sussurrò il giovane sedendosi
accanto a lui.
Avrebbero dovuto iniziare i soliti esercizi, solo
che non si sentiva di farlo, temeva di stare esagerando.
“Non sono molto bravo a parole, non con te almeno”
“Ti sbagli, sei molto bravo”
“Anakin, ti ricordi che prima di diventare il tuo
maestro, ero solo un padawan? Sono passato dall’essere un padawan all’essere un
maestro, non va bene, non va bene per nulla: tutti i jedi passano alcuni anni
come cavalieri jedi e basta”
Il piccolo lo fissò stupefatto: il suo maestro si
sentiva forse insicuro?
“Credevo … ho sempre creduto che non avessi paura
di nulla e che fossi perfetto”
“Ti ho deluso?”
“No, penso di no. Perché ne parli con me? Sono
solo un bambino, oltretutto il tuo padawan”
Obi-Wan scosse il capo, posando le mani sulle
spalle dell’allievo.
“Prima cosa, il fatto che ti sia il mio padawan,
non significa che dobbiamo avere un rapporto distaccato, anzi, mi pare che ci
divertiamo insieme qualche volta, che dici?”
Anakin sorrise, un sorriso tenero e allegro.
“Sì, direi di sì”
“Bene, seconda cosa: non sei solo un bambino, ma
qualcosa di più. Tra l’altro, se non ricordo male, presto compirai quattordici
anni, giusto?”
“Sì”
“E allora non sei più un bambino, proprio no”
“Capisco … “ sospirò il ragazzino, guardando le
montagne rocciose che parevano continuare all’infinito dietro la boscaglia.
“C’è altro che devi dirmi?”
“No … sei arrabbiato?”
“Cosa ti spinge a … a tirar fuori tutto?”
“In che senso?”
“Sei diverso”
“Dici?Può essere, forse è questa gente, forse è la
consapevolezza di sapere che ormai non ce ne andremo più da qui e tu e Siri
siete tutto quello che mi è rimasto”
“La cosa ti dispiace?”
Avrebbe voluto rispondergli subito, ma, come al
solito, la sua razionalità iniziò a ricordargli mille cose, le mille cose che
aveva perso: Qui-Gon, la sua vita al tempio, la sua fedeltà all’ordine, Yoda,
Mace, Barris, Luminara, Shaak Ti, Aayla, il suo insegnante di spada … li aveva
persi tutti, tutti quanti e sapeva che non li avrebbe più avuti indietro.
Gli mancava la sua vita al tempio, avere un ideale
nobile da seguire, malgrado le sue mille ribellioni, ci aveva creduto, anche se
aveva visto la decadenza in cui era caduto l’ordine, sapeva che non tutto era
perduto, non tutto quanto.
Avrebbe barattato un momento di nuovo di quella
vita con la vita che faceva ora? La vita che faceva insieme a Siri e Anakin,
una vita esclusiva, solo loro tre, anche se c’erano le altre persone del
villaggio, era come se vivessero in un mondo a se stante …
No, non avrebbe mai voluto tornare indietro, lo
sapeva, lo sapeva, il problema era dirlo ad alta voce.
“Allora ti dispiace davvero?” fece il piccolo
rassegnato.
“Assolutamente: ho sempre voluto avere un rapporto
esclusivo con te e Siri”
Lo aveva detto davvero ad alta voce? Non riusciva
a credere alle proprie orecchie e anche Anakin non ci credeva, tanto che lo
fissava sbalordito e gli ci vollero diversi minuti per riprendere l’uso della
parola.
“Dici sul serio?”
“Sì”
“Maestro … posso farti una domanda?”
“Dimmi, poi dovremmo fare gli esercizi”
“D’accordo …”
“Come mai così ubbidiente?”
Il ragazzino alzò un sopracciglio, facendo una
smorfia dispettosa.
“Da quando conosci la maestra Tachi?”
“Tanto tempo, perché?”
“Io non capisco molto dei rapporti degli adulti,
né di quello che succede qui, tra le persone comuni, però credo che siate molte
vicini, vero?”
“Abbastanza”
“Di cosa hai paura maestro?”
“Troppe cose, Anakin, troppe cose”
“Anche di me?” domandò il piccolo Skywalker
preoccupato.
“No, ho paura di me: non sono così buono come
pensi, posso diventare pericoloso, molto pericoloso, in determinate
circostanze”
Anakin lo scrutò, cercando di far suo il
significato di quelle parole, rendendosi conto che il suo maestro aveva le sue
stesse paure: non riusciva a sentirsi pieno di amore e serenità in ogni
istante.
Fin da piccolo aveva avuto paura di guardare in
fondo al suo cuore, temeva di vederci qualcosa che non gli piaceva, poi, da
quando era iniziata la guerra e aveva visto così tante persone morire, tante,
troppe persone, aveva sentito crescere dentro di sé una grande rabbia, una
rabbia terribile, che, temeva, prima o poi sarebbe esplosa nel momento
sbagliato, magari anche con il suo maestro e con Siri o con Padmè o sua madre e
questo lo spaventava ancora di più di tutto il resto, persino di più di non
poter più camminare.
Forse sarebbe stato meglio per tutti che rimasse
inchiodato lì, inerme, senza possibilità di agire, il suo potere era immenso,
lo sapeva, lo sapevano tutti, e se fosse tornato in perfetta salute, avrebbe
potuto fare dei danni immensi a tutti, tuttavia, avrebbe potuto aiutare tanta
gente.
“Pensi davvero che rimarremo qui per sempre?”
“Inizio a temerlo più che altro: è quasi un anno e
mezzo che siamo confinati in questo villaggio”
In quell’istante spuntò, in mezzo agli alberi, la
figura alta e slanciata della maestra Tachi, che tuttavia, non ebbe il coraggio
di avvicinarsi ai due, temendo di interrompere un momento loro, si rendeva
conto, ogni giorno di più, che il rapporto tra Anakin e Obi-Wan era molto
particolare e non voleva mettersi in mezzo in nessuno modo, anche perché era
certa che qualcuno sia al tempio che fuori, lo avesse fatto, rischiando di
causare dei danni irreparabili.
Il primo a vederla dei due fu il generale Kenobi,
che però non ebbe il coraggio di parlare, si era perso ad ammirarla, diventava
sempre più bella, sempre più intelligente e saggia, non come lui, che a quasi
trent’un anni, si comportava ancora come un adolescente insicuro, tuttavia Siri
interpretò quello sguardo silenzioso, come un invito a non disturbare e fece
per allontanarsi.
“Siri” la chiamò Anakin.
“Dimmi” replicò voltandosi verso di lui.
“Mi aiuteresti tu, oggi, con gli esercizi? Credo
che il mio maestro sia stanco”
La giovane jedi annuì e si avvicinò ai due,
osservando di sottecchi Obi-Wan, a cui era spuntato uno strano e misterioso
sorriso sul volto.
A pochi chilometri di distanza, tempio di Hiwl.
Una figura incappucciata camminava nei corridoi,
scarsamente illuminati dalle candele.
Quell’ora, non c’era nessuno in giro, se non
Xilora, che si era addormenta, grazie al potente infuso che il misterioso
individuo gli aveva dato, riuscendo a farsi credere una persona di sua fiducia.
Non era stato difficile, considerando che era
perfettamente identico a questa persona.
Aveva bisogno del tempio, certo gli sarebbe
servito un tempio sith, ma anche quello andava bene, dopotutto, nei sotterranei
qualcosa sul lato oscuro c’era, anche se quelle care persone lo avevano
accuratamente nascosto a tutti.
Era incredibile pensare che un popolo così
pacifico e così benevolo avesse nel suo passato dei legami con i sith, in
particolare con un determinato sith.
Darth Bane.
Il suo maestro, Darth Sidious, gli aveva detto che
il fondatore dell’ordine sith aveva legami su Yavin IV, non sapeva nulla di Mon
Calamari.
Era andato lì al solo scopo di assicurarsi che
Anakin, l’incubo del suo maestro, fosse realmente morto, come tutti credevano,
così non era e non aveva neppure potuto informare Sidious, dato che ogni
comunicazione, là sotto, veniva interrotta e ora aveva bisogno di aiuto.
Doveva compiere la sua missione, non poteva
fermarsi, se Anakin fosse vissuto, l’ordine sith sarebbe stato distrutto per
sempre, non poteva permetterlo, c’era in ballo la sua stessa esistenza.
Passò di fianco ad una vetrata che gli mostrò il
suo volto, anche se a lui non sembrava suo, sapeva che c’era qualcun altro con
quella faccia e la prima cosa che avrebbe fatto volentieri era liberarsi di
quell’altro, che gli faceva ricordare quello che era: un misero clone di un
essere umano.
E visto che sia Sidious che Dooku lo credevano
morto e non aveva modo di andarsene per ora, da quel buco, aveva bisogno di un
altro maestro, altrimenti da solo non avrebbe continuato e l’unico altro
maestro che conosceva era Darth Bane.
Aveva passato settimane e settimane, a rovistare
negli scantinati del tempio, sicuro che, nonostante le apparenze, qualcosa ci
fosse e solo quando aveva perso la speranza, aveva trovato, in alcuni scatoloni
ben nascosti, diverse cose molto interessanti, che lo avevano fatto sorridere
non poco perché anche lì amavano il lato oscuro, anche lì ne erano attratti.
“Nessuno è immune dal male, avevi ragione, mio
maestro” sussurrò iniziando un misterioso e diabolico rito.
Alderaan, ufficio privato di Bail Organa.
Il senatore, ex membro dei lealisti, camminava
avanti ed indietro, agitato.
Aspettava una visita e il suo ospite era in
ritardo, in ritardo mostruoso, temeva che l’imperatore li avesse scoperti, era
presto, troppo presto.
Sua moglie, la regina di Alderaan, non sospettava
nulla e non doveva sospettare nulla, avevano coinvolto fin troppe persone, fin
troppe.
Un’ombra furtiva lo prese alle spalle, puntandogli
la spada laser alla gola.
“Siete solo?”
“Sì” deglutì l’uomo, non riuscendo ad impedirsi di
tremare dalla testa ai piedi.
“Le vostre guardie?”
“Sono state allontanate con una scusa, avevo detto
loro che dovevo avere un colloquio privato con un membro del senato per
combattere l’Alleanza Ribelle”
“Capisco, quindi siete amico del nostro
imperatore”
“Ma certo e voi chi siete?”
“Una persona che vuole davvero esservi amica”
replicò il misterioso essere, facendolo voltare di scatto, in modo da poterlo
guardare negli occhi.
“Non è possibile voi … maestra Ti … siete morta”
“Ufficialmente, mio caro senatore Organa, così
come voi siete amico, ufficialmente, del nostro imperatore”
Bail sorrise, invitandola ad accomodarsi sulle
poltrone del suo salottino.
“Non sapete quanto sia felice di vedervi sana e
salva, mia giovane amica, avere un’altra jedi dalla nostra parte, significa
molto … “
“Grazie senatore, siete molto gentile” rispose la
jedi togruta, sorridendola a sua volta.
“Quando ho sentito quello che è successo ai vostri
compagni, mi sono sentito male e lì che ho capito che stava per succedere
qualcosa di mostruoso. Siete la sola sopravvissuta a quello sterminio?”
“Temo di sì” mentì, sapendo di mentire: non poteva
tradire il segreto, nemmeno con Bail, anche se si fidava di lui.
“Capisco, quindi possiamo appoggiarci solo su di
voi, per combattere le malefiche arti sith”
“Sì, abbiamo perso il nostro prescelto”
Bail chinò la testa, affranto, pensando
soprattutto al dolore della sua cara amica Padmè Amidala, che, da quando era
morto quello strano e misterioso bambino, si era chiusa a riccio,
completamente, gli unici rapporti che aveva con altri, era solo quelli
politici, sia ufficiali con l’imperatore che ufficiosi con l’alleanza, da
quello che ne sapeva, la giovane regina di Naboo andava persino poco dai suoi
genitori, eppure li aveva molti vicini.
“E’ orribile, so che su Mon Calamari hanno ucciso
lui, il suo maestro, Siri Tachi, Mace Windu e Adi Gallia, non è sopravvissuto
nessuno”
“Non so come faremo senza di lui, Bail, ma non
dobbiamo rendere il suo sacrificio vano”
“Sì … avete ragione”
“Ascoltatemi Bail, non posso stare molto qui, lo
sapete, vivo nell’ombra, in tutti i sensi, se sono qui e per dirvi che abbiamo
trovato un altro obiettivo da colpire, stavolta non sarà una cosa dimostrativa”
“Cosa volete dire?”
“Abbiamo scovato alcuni incrociatori stellari su
Muunlist, potremmo trovare il modo di attaccare Coruscant, facendoci passare
per imperiali”
“E’ un rischio enorme, ve ne rendete conto?”
“Non possiamo giocare in eterno, Bail, dobbiamo
colpire al cuore l’impero”
“E per farlo, dovremmo rischiare in questo modo?
Potrebbe essere una trappola dell’imperatore …”
“Dobbiamo correre il rischio … mi serve il vostro
appoggio “
“In che senso?”
“Dovete guidare uno degli incrociatori …
l’imperatore si fida di voi”
“E come contate di farmi passare a Coruscant con
quei cosi, senza che l’imperatore sospetti nulla?”
“Dovete dirgli la verità”
Il senatore di Alderaan aprì gli occhi, sconvolto.
“Eh?”
“Sì, ditegli la verità ovvero che abbiamo trovato
quegli incrociatori su Muunlist e che temete che qualcuno dell’impero stia
facendo il doppio gioco, così glieli state portando per farli controllare dalle
sue truppe”
“Siete astuta”
“No, semplicemente so che il miglior modo di
nascondere una cosa, è quella di metterla bene in vista”
Bail gli strinse la mano, soddisfatto.
“Avete bisogno di qualcosa?”
“Dovreste svegliare su mio marito e miei figli”
“Scusate?” fece l’uomo, diventando, d’improvviso,
molto sospettoso.
“Sì, mi sono sposata segretamente alcuni anni fa,
vi sembrerà strano detto da ex un alto membro del Consiglio, tuttavia,
credetemi, non tutto quello che sembrava era nell’ordine, lo capì anni fa”
“Con chi?” domandò sempre più sospettoso
“Mi dovete promettere di mantenere il segreto”
“Lo farò maestro Ti, solo che, non dovrei essere
io a dirvi che, ormai, l’ordine è morto”
Shaak si alzò, iniziando a girare nervosamente per
la stanza.
“Mi prenderete per pazza”
“Non giudico nessuno, non temete”
“Tuttavia, appena vi ho detto che sono sposata,
siete diventato molto guardingo nei miei riguardi”
“Parlate Shaak, non posso aiutarvi se non mi dite
la verità”
La togruta di voltò di nuovo, guardandolo negli
occhi.
“Mio marito è di Serenno”
“Il sistema del Conte Dooku” balbettò Bail,
fissandola con apprensione.
“Sì ed è anche un suo lontano parente, ma non
abbiamo nulla a che fare con lui”
“Penso di essere costretto a credervi … un’ultima
cosa … mi serve il nome di vostro marito”
L’ex maestra jedi ricominciò a camminare per
l’ufficio, ma il senatore, ormai esasperato, si alzò e la bloccò.
“Ascoltatemi, Shaak, con i miei mezzi, posso
essere in grado di scoprire quel nome e se debbo proteggere la vostra famiglia,
mi serve ”
“Voi non vi fidate fino in fondo di me, come posso
fidarvi fino in fondo di voi?”
“Siamo dalla stessa parte”
“Non significa nulla, ho imparato a mie spese che
essere dalla stessa parte, non tiene al sicuro dal tradimento, dall’ipocrisia,
dalla menzogna, anzi, forse i propri nemici sono i soli di cui ci si può
fidare, almeno, sai che ti sono nemici”
“Odiate così tanto ciò che rappresentava l’Ordine?
Ora è distrutto, Shaak, distrutto”
“Credete che sia felice di questo? Era la mia
vita, anche se era un ordine decadente e corrotto, i suoi ideali erano giusti e
molti dei suoi membri erano miei amici e ora sono morti, lo capite? Morti!
Nessuno di voi potrà mai capire cosa significa per noi, pochi superstiti, aver
perso tutto questo, aver perso quel bambino, lui era la nostra speranza, finché
viveva lui, potevamo pensare di poterci salvare dalla nostra stessa corruzione,
ora no, ora no …” singhiozzò la giovane donna affranta
L’uomo la prese di nuovo per le spalle e
l’abbracciò.
“Avete ragione, Shaak, non capisco e non capirò
mai fino in fondo, però vi giuro sono dalla vostra parte, se davvero volete che
vi aiuti, dovete darmi un nome”
“Um Hasra, è un conte, come Dooku, solo che fa
parte di un ramo minore della famiglia, i nostri figli si chiamano Kas e Stiju,
hanno quattro e due anni, entrambi maschi, li troverete nella mia nave, vi
prego, proteggeteli”
“Credevo che il ramo dei Hasra, su Serenno, fosse
stato sterminato”
“Sapete, ufficialmente” sorrise, rasserenata, la
maestra Ti.
“Sì, andate pure, mia cara, non appena potrò vi
raggiungerò su Muunlist”
“Grazie, vi prego, non fate parola di questa
vicenda, nemmeno con la regina di Naboo né con la maestra Offee e il giovane
Lamar, né tantomeno con la senatrice Monthma non voglio coinvolgere troppa
gente”
Bail chinò il capo in senso di assenso e saluto e
la giovane togruta ricambiò, uscendo furtivamente dalla stanza, pensando, che
forse, non era una gran bugia, aver citato Serenno e non l’altro pianeta,
quello vero, altrimenti, Organa si sarebbe insospettito troppo e non poteva far
correre dei rischi alla sua famiglia.
Su Naboo, nel frattempo, la regina Padmè Amidala,
stava partendo in missione segreta, per ordine di Mon Monthma, per interloquire
con l’imperatore, lo scopo della sua missione era anche cercare di trovare una
falla nel sistema di sicurezza, sapeva che Palpatine era molto guardingo e si
fidava poco di lei, così, aveva organizzato un falso attentato alla sua persona
e al suo palazzo, per fingere di sentire bisogno del conforto di un vecchio
amico come lui.
Non poteva sperare che quell’uomo così
intelligente e scaltro ci cascasse, solo sperava, in questo modo di poter
distogliere un po’ di attenzione da Alderaan, dove si raccoglieva sempre il
grosso delle truppe dell’Alleanza.
“Maestà, state attenta, l’imperatore non è più
nostro amico” gli aveva mormorato Sabè, la sua amica, la sua sosia e la sua
migliore guardia del corpo.
“Non lo è mai stato, Sabè, mai, ha solo finto”
“Cosa dite mai?Alcuni anni fa ci aiutò per
l’invasione della Federazione dei Mercanti”
“Ci aiutò o ci aiutammo da soli? Le uniche persone
esterne a Naboo, a cui dobbiamo riconoscenza sono Qui-Gon Jinn, Obi-Wan Kenobi
e Anakin Skywalker e tutti e tre, lo sai, sono morti”
Sabè le prese le mani, baciandole rispettosamente.
“Mia regina, sì, è vero, loro ci aiutarono, ma
arriveranno altre persone come loro e ci sarà di nuovo la libertà”
“Forse ci sarà di nuovo la libertà, mia cara
amica, però non ci saranno più persone come loro, mai più” sussurrò con una
punta di disperazione che non si curava di celare.
L’amica, vedendola così giù, voleva abbracciarla,
solo che erano in lungo pubblico e quelle poche parole scambiate erano già state
un rischio terribile, così si salutarono rispettosamente e si allontanarono,
l’una verso il palazzo reale, l’altra verso la nave che l’avrebbe portata a
Coruscant.
Una parte della regina si diceva che rischiava di
non tornare dalla capitale galattica, solo che l’altra parte si diceva che, in
fondo, non era poi così fondamentale.
Di nuovo Hiwl.
Anakin era nel piccolo letto della sua stanza, era
sereno da diverse settimane, aveva ancora l’angoscia nel cuore di non poter più
camminare, eppure pensava, per la prima volta, che non era poi così importante,
se aveva l’affetto incondizionato di Siri ed Obi-Wan.
Certo, gli mancavano sua madre e la regina di
Naboo, a volte ci pensava, probabilmente lo credevano morto, chissà come si
sentivano le due donne riguardo a questo, cosa provavano? Erano tristi? Felici?
Sollevate? Disperate?
Avrebbe tanto desiderato che ci fossero anche loro
lì, allora, forse sì, che non avrebbe più voluto andarsene.
Lontano dalla guerra, dalla politica, dalle bugie,
in quel piccolo villaggio dove tutti erano amici e pensavano alla Forza
Vivente, all’amore per il prossimo, non per qualcosa di lontano e remoto, certo
c’era quello strano essere che lo perseguitava, anche se, a ben pensarci, non
lo sentiva da diverso tempo.
Forse era scomparso nel nulla?
Magari era solo frutto della sua immaginazione?
Nella salotto, nel frattempo, Siri e Obi-Wan,
stavano alcuni trattati del tempio di Hiwl, tutti invariabilmente sulla Forza
Vivente.
“Non riesco a capire” si lasciò sfuggire l’ex generale
Kenobi.
“Che cosa?” domandò la ragazza poggiando sul
tavolo il libro che stava leggendo.
“Non trovi assurdo che ignorino la Forza
Unificante? Che ignorino ciò che c’è là fuori?”
“E se avessero ragione loro? Se non ci fosse
nessuna Forza Unificante?”
“Non dirai sul serio?”
“Certo che no, sei tu che inizi a dubitarne”
“Eh?”
“Obi-Wan, sei cambiato, te ne rendi conto?”
“In bene o in male?”
“Penso in bene, come lo sono io. Ad entrambi
inizia a piacere stare qui, lontano da tutti, non neghiamolo, nessuno
interferisce nei rapporti tra me, te e il bambino … cioè Anakin”
Kenobi sorrise, un sorriso divertito cosa che fece
arrossire Siri.
“Cominci davvero a considerare il mio padawan, tuo
figlio?”
“Nostro figlio” sussurrò in un filo di voce la
giovane abbassando la testa.
Obi-Wan si avvicinò a lei, prendendole il viso tra
le mani.
“Sì, forse sono cambiato, magari sono diventato
più egoista o più attento a ciò che c’è vicino a me, solo che …”
“Che?”
“Ho ancora paura …”
“Anche io, Obi-Wan, anche io”
Il giovane jedi le sfiorò la guancia, dolcemente.
“Sono felice, però, di stare con voi, perché
insieme a Qui-Gon, siete le persone più importanti della mia vita”
Siri, per tutta risposta, lo baciò dolcemente
sulle labbra, un bacio dolce e casto, ma anche sensuale, che faceva sentire ad
entrambi la loro reciproca passione, repressa da troppo troppo tempo.
Eccoci qui^_^, dopo mesi e mesi, arriva un nuovo aggiornamento!
x Chaosreborn= bentornato carissimo ^_^
Ammetto che non sapevo che Barriss avesse la stessa età di Anakin: appunto, licenza poetica^_^
Non temere, tratterò bene Bail, vedrai che bella figura da eroe gli faccio fare in questo capitolo!
Riguardo ai misteri su Mon Calamari, beh^_^, qualche cosa di grosso lo dico in questo capitolo!
Su Shaak Ti, beh se lo meritava di sopravvivere^_^
x Verity= sono contenta che si veda la mia opinione sulle regole del tempio, attenzione, il mio scopo non è denigrarle in toto^_^, non preoccuparti!
Ci saranno nuovi movimenti dell'Alleanza in tale capitolo, spero di essere riuscita a spiegarle bene: le scene d'azione sono per me un grosso problema!
x Darth Harion= in effetti su Hiwl non ci sono alcolici, ma c'è qualcosa di peggio^_^ e su Shaak Ti, hihihihihi, beh, vedrai in futuro!
x Evakant= bentornata anche a te!Riuscire a seguire i vari intrecci è sempre un gran caos e spero di non perdermi!
Riguardo al popolo di Hiwl ha degli scopi precisi nella trama e tra questi provocare inquietudine!
Sul jedi misterioso, beh, ne saprai più in tale capitolo!
Buona lettura di nuovo a tutti e declino ogni responsabilità per ogni eventuale malore!!!
Salutoni, Silvì
Capitolo
X
Muunilinst, sei mesi dopo.
Bail Organa, dopo aver progettato per mesi
quell’attentato, insieme a Shaak Ti, era partito per il remoto sistema, con il
cuore gonfio di paura, paura di non tornare dall’amata Breha, paura che tutto
quello non servisse a niente, paura di uccidere degli innocenti: era giusto
quello che stava per fare, no? E allora perché non ne era convinto fino in
fondo? Era stato uno dei lealisti un tempo, aveva rifuggito la guerra con ogni
mezzo e ora stava per uccidere, deliberatamente, delle persone.
“Bail, mi sentite?” la voce della giovane togruta,
ex alto membro del Consiglio jedi, veniva dal suo comlink con una frequenza
segreta e variabile, la cambiava una volta a settimana, ma temeva che non
servisse, temeva che stessero solo perdendo tempo.
“Sì, sono sull’incrociatore più grande che avete
trovato, con me ci sono alcuni uomini della guardia reale di Alderaan”
“Vi fidate di loro?”
“Non mi fido di nessuno, ora e non sono ancora
convinto”
“Volete tirarvi indietro?”
“No, come avete detto voi mesi fa, non possiamo
rendere vano il sacrificio dei vostri amici, solo non mi piace uccidere”
Dall’altra parte udì un sospiro basso e greve.
“Nemmeno a me: eravamo i guardiani della pace,
no?Eppure non abbiamo esitato ad uccidere, ora forse, lo faremo davvero per una
buona causa”
“Cosa volete dire?”
“Niente, preparatevi a saltare nell’iperspazio, io
vi seguirò a distanza, con un caccia imperiale.”
“D’accordo”
“Volevo chiedervi …”
“Sì?”
“Mio marito e miei figli stanno bene?”
“Certo, solo non posso dirvi dove sono”
“Comprendo amico mio. Che la Forza sia con voi!”
“Aspettate …”
“Cosa c’è?”
“Ascoltate, la regina di Naboo è stata varie volte
a Coruscant negli ultimi mesi e vi risiede tutt’ora, non so come, ma pare sia
riuscita ad entrare nelle simpatie del nostro imperatore, che le chiede spesso
consiglio.”
“Pensate che Palpatine reciti una parte?”
“Non lo so, posso solo dirvi che Padmé mi ha
contattato dicendo che ha organizzato un incontro con lui oggi, per parlare
della mia scoperta”
“Ottimo, quindi presto il nostro imperatore vi
contatterà”
“Lo ha già fatto: mi attende tra poche ore”
“Allora la trappola è scattata”
“Speriamo”
“Che la Forza sia con voi Bail”
“Anche con voi Shaak”
Staccò ogni comunicazione, non solo quella del
comlink segreto, voleva concentrarsi sul suo obiettivo, mentre il suo
incrociatore e gli altri saltarono contemporaneamente nell’iperspazio verso
Coruscant: l’ora della verità stava arrivando.
Ci vollero poche ore per arrivare su Coruscant,
tutto era tranquillo, tutto era calmo, il suo obiettivo era così vicino, molto
vicino, proprio per quello voleva tornare indietro, fermarsi, però non poteva
farlo, non poteva.
“Senatore Organa” la voce dell’imperatore dal suo
comlink ufficiale.
“Ditemi maestà, vi sto portando la flotta che ho
trovato nell’orlo esterno”
“Siete di parola, mio giovane amico”
“Infatti”
“Atterrete nello spazio-porto militare, vicino al
comando dell’esercito”
“D’accordo”
Chiuse di nuovo le comunicazioni, preparandosi al
finto atterraggio, mentre si rendeva conto che la sua agitazione stava montando
in rabbia e odia verso quell’essere viscido, che aveva distrutto la democrazia,
tradito quelli che diceva di considerare amici, trucidandoli uno dopo l’altro,
causato attentati dove erano morti milioni di civili innocenti, avrebbe voluto
puntare il suo incrociatore verso di lui, ma non era il momento, non ancora.
Senza nemmeno accorgersene iniziò a sparare
all’impazzata verso il comando militare e così fecero gli altri incrociatori,
sapeva bene che non avrebbero retto molto, presto ci sarebbe stata una
contro-offensiva, sperava solo di fare più danni possibili nel frattempo.
L’attacco a sorpresa ebbe l’effetto voluto metà
del centro militare era ormai in fiamme, ma presto si alzarono in volo diversi
caccia e risposero al fuoco, la situazione divenne incandescente, altri mezzi,
molto più grossi, si alzarono in volo, sparando e la battaglia divenne
terribile.
Con un filo di voce Bail contattò, tramite il suo
comlink legale, l’ufficio dell’imperatore.
“Maestà, maestà … mi hanno preso in ostaggio:
siamo caduti in trappola” sapeva che l’imperatore non ci avrebbe creduto, ma
sperava di guadagnare tempo lo stesso, tramite l’aiuto di Padmè, che era ormai
la prima consigliera di quell’uomo viscido.
Le fiamme e il fumo, intanto, si alzavano da tutte
le navi e da diversi edifici, spari, urla, orrore, la guerra era iniziata e
sperava davvero che avrebbe portato la libertà, sperava davvero che tutti quei
morti avessero un senso perché ora non riusciva a trovarne nessuno.
Due navi da combattimento abbatterono
l’incrociatore alla sua destra, dove c’era il grosso della guardia reale di
Alderaan.
Il ricordo di suo cugino, morto, fatto a pezzi,
alcuni anni prima, si affacciò nella sua mente, però lo scacciò, doveva
mantenersi lucido, anche se due lacrime scottanti gli solcavano il volto
ricordando quanti amici stava perdendo in quel momento.
Non vedeva nulla, il fumo e le fiamme erano
aumentati, sentiva solo il rumore della battaglia, spari, razzi, altri grida,
esplosioni, finì per colpire la torre più alta del centro militare, solo che si
ritrovò circondato da una ventina di caccia enormi e da due corazzate: era in
trappola? Con una virata che sorprese anche lui stesso, riuscii ad evitarne la
metà, rispondendo al fuoco, con i raggi laser mentre altri incrociatori della
sua flotta vennero in suo soccorso, distruggendo quattro caccia e perforando il
motore principale di una delle corazzate.
Questo non bastò a farli vincere, si rese infatti
conto, drammaticamente, che la sua flotta era ridotta ad un quarto di quando
erano arrivati su Coruscant e quasi tutte le navi superstiti erano danneggiate,
quindi sparò un ultimo colpo verso una torre e decise la ritirata per tutti,
mandando di nuovo un falso messaggio di richiesta di aiuto all’imperatore e pregando,
in cuor suo, che Alderaan non venisse attaccata.
Hiwl, città sotterranea di Mon Calamari.
Anakin era uscito dal tempio un’ora prima della
fine della lezione di Xilora, si sentiva spossato, le gambe gli dolevano e
sembrava che i lunghi esercizi non servissero a niente, la paura di non farcela
stava tornando a farla da padrone dentro di lui, temeva di essere diventato un
peso inutile per il suo maestro e per Siri, oltre che per tutti.
Perché non riusciva a rassegnarsi? Forse era
quello il problema? Sì, doveva farlo, era inutile continuare a sperare, non
sarebbe mai tornato a camminare, doveva accontentarsi di quello che aveva ed
era tanto, davvero tanto, ovvero l’affetto incondizionato di Obi-Wan e della
maestra Tachi, il resto non doveva contare.
Provò a spingere la sua sedia a rotelle, ma era
come se fosse inchiodata, deglutì spaventato, temendo di dover dipendere anche
per quello dagli altri, quando una mano si posò sulla sua spalla, sperò di
incrociare lo sguardo verde del suo maestro, ma invece era quello di Aslan.
“Piccolo Kenobi, ti senti bene?”
“No, sono un po’ stanco, vorrei andare verso il
bosco, ma la mia sedia è incastrata, potete andare a chiamare mio padre?”
“Mi spiace, piccolo Anakin, ma tuo padre ora è a
lezione e non può essere disturbato, posso aiutarti io se vuoi…”
Come non poteva essere disturbato? Aveva detto che
poteva chiamarlo in ogni momento, in ogni istante, che non ci sarebbe stato più
niente di importante di lui e di Siri e ora… e ora?
“Sì, portatemi al boschetto, per favore”
“Certo piccolo” fece l’uomo sorridendogli
affettuoso, eppure quel sorriso non gli piaceva, gli sembrava falso, come
tutto, stava forse recitando una parte?
La sua sedia a rotelle venne spinta verso i prati
dove alcuni bambini già stavano giocando, voleva avvicinarsi a loro, solo che
si sentiva diverso, troppo diverso, non sarebbe mai stato come loro, lo sapeva.
“Ti porto in un posto tranquillo, d’accordo, così
parliamo un po’ “
“Come volete” aveva quasi balbettato nel
pronunciare quelle poche parole e Aslan, interpretando questo come paura,
preferì non dire altro, limitandosi a spingere la sedia verso le montagne
rocciose, voleva parlare a quel ragazzino così speciale, solo che non ci
riusciva mai, Obi-Wan glielo impediva sempre, sembrava fosse geloso di lui e
non riusciva a capire perché.
Quel giorno tirava vento mentre il sole
artificiale di Hiwl sembrava pallido, come se dovesse piovere da un momento
all’altro, ad Anakin tutto questo faceva paura, c’era un’atmosfera spettrale
che non gli piaceva per niente.
Superarono il boschetto dove stavano giocando
diversi ragazzini, avviandosi verso la montagna più vicina, che, come le altre,
era priva di qualsivoglia vegetazione, in compenso aveva delle strane sporgenze
che somigliavano quasi a dei balconcini di ville antiche.
“Stai meglio?” fece gentilmente l’uomo.
“No”
Il borgomastro di quel misterioso villaggio scosse
la testa, sentiva la paura del ragazzino, la percepiva a pelle, senza contare
quella strana atmosfera, quel vento sconosciuto, quel sole così pallido, cosa
stava succedendo?
Attraversarono un piccolo ponte, sotto il quale
c’era un ruscello, dove guizzavano diversi pesci, di svariati colori, quella
vista sembrò calmare entrambi, così Aslan aumentò l’andatura, portando il
ragazzino sopra ad una delle sporgenze, da dove si poteva vedere l’intero
villaggio.
“Lo vedi, Anakin?”
“Sì”
“Ti piace?”
“Sì, ma non è casa mia”
“Vuoi tornare a casa tua?”
“Certo e anche mio padre e mia madre”
“Dov’è casa tua Anakin?”
Cosa doveva rispondere? Coruscant? Tatooine?
Naboo?
“Non lo so, non ricordo dove sono nato, ma di
sicuro non è qui”
“Ti facciamo paura?”
“Forse: perché dite che la Forza Unificante non
esiste?”
“Perché è così”
“Non è vero, io so che non è vero, lo so!”
“Perché?”
“Come perché?”
“Dimmi perché lo sai…”
“Non c’è perché lo so e basta”
“Perché sei figlio della Forza?”
“Non dite sciocchezze: mio padre è Obi-Wan!” aveva
parlato in fretta, cercando di dare un tono sicuro alle sue parole, cercando di
crederci lui per primo.
“Ne sei certo?”
“Sì” deglutì cercando di non incrociare lo sguardo
grigio di quell’uomo.
“Non è un po’ troppo giovane per essere tuo
padre?”
“Ma cosa volete si può sapere?”
Aslan si avvicinò, posandogli le mani sulle
spalle, ma subito il ragazzino si divincolò, allontanandosi di scatto.
“Non devi aver paura di noi, Anakin, sappiamo bene
chi sei, conosciamo la Profezia che parla di te, la conosciamo da tanto tempo”
“Chi siete voi?Perché comunicate solo con i gesti,
anche se potete sentire la musica e le nostre parole?”
“Non posso dirtelo, è un segreto”
“Ormai non me ne andrò più da qui, così come i
miei genitori, potete dirmelo, no? Come faccio a fidarmi di voi se non mi dite
la verità?”
Aslan sospirò, abbassando lo sguardo, quel segreto
gli pesava da tanto tempo, avevano inventato mille stratagemmi per rimanere al
sicuro e ora sapeva che non erano serviti a niente, sentiva nell’aria qualcosa
di malvagio e malefico, due presenze minacciose: che senso aveva tacere la
verità a quel ragazzino che forse poteva salvarli?
“Ascolta noi …” uno strano suono interruppe ogni
conversazione mentre l’uomo iniziava a rovistare nelle tasche, da dove spuntò
una versione arretrata di comlink, che continuava a suonare all’impazzata e
dove c’era una scritta rossa, una scritta rossa che diceva solo “Pericolo,
pericolo al tempio!” senza pensarci due volte il borgomastro si voltò e iniziò
a correre verso il villaggio, questo sconvolse il giovane Skywalker che si mise
ad urlare spaventato.
“Fermo, dove andate?Non potete lasciarmi qui …
fermo!!!”
Aslan, tuttavia, non lo ascoltò, aumentando
l’andatura, in preda al panico.
Il ragazzino si guardò in giro spaventato,
accorgendosi, improvvisamente, di essere sull’orlo di un abisso.
“Non temere, Anakin, ci sono qui io” fece una voce
alle sue spalle, il giovane si voltò e vedendo chi aveva di fronte, sorrise
rassicurato.
Al tempio, intanto, regnava il terrore, era
scoppiato un incendio, che era partito dalle fondamenta, bruciando ogni cosa,
Obi-Wan, Siri, Xilora e gli altri cercavano di domarlo ma era tutto inutile, le
fiamme erano altissime e tutto puzzava di benzina: chi era stato e perché?
“Obi-Wan, dobbiamo dire loro del sith”
“Credo lo sappiano già, Siri e temo non sia solo
uno”
La ragazza lo guardò qualche secondo senza capire,
poi riprese a buttare secchiate d’acqua sul fuoco, a ciclo continuo, ognuno
faceva la sua parte, ma le fiamme continuavano a salire sempre più in alto e il
fumo si faceva sempre più scuro.
Frustati, i vari maestri del tempio, si rendevano
conto che ogni loro sforzo era vano, tutto sarebbe presto andato in fumo, così,
invece di continuare a buttare acqua, avevano iniziato a cercare, nelle stanze
più interne, se per caso fosse rimasto intrappolato qualcuno e così, in
effetti, era successo: molti bambini non erano riusciti ad uscire in tempo e
furono tratti in salvo dagli adulti, uno dopo l’altro, mentre il fuoco
distruggeva ogni cosa.
Siri ed Obi-Wan si aspettavano, da un momento
all’altro, di venire aggrediti, di essere considerati la causa di quell’orrore
con la loro sola presenza, ma nessuno disse loro nulla, anzi, continuando a
lavorare fianco a fianco, tirando fuori le persone intrappolate nelle varie
stanze, solo verso sera, la gente si fermò distrutta e sconvolta, però gli
sguardi di odio e di rancore che si aspettavano di ricevere i due stranieri non
arrivarono e ciò li turbava ancora di più di quel misterioso incendio.
“Non capisco … non capisco cosa stia succedendo:
hanno sempre detto che il male veniva da fuori e ora nessuno sembra avercela
con noi” mormorò angosciato e coperto di fuliggine il giovane Kenobi, sedendosi
sul prato bruciacchiato, che stava di fronte a ciò che restava del tempio.
“Già, è tutto assurdo, questa gente è assurda,
questo incendio è assurdo, io …” balbettò la giovane Tachi poggiando la testa
sulla spalla dell’uomo, questi non si mosse, non riuscendo a fare nulla,
nemmeno ad abbracciarla.
Rimasero così immobili e sconvolti per diversi
minuti mentre la gente del villaggio suonava musiche lamentose con le arpe,
quando improvvisamente uno dei due colse un’ombra furtiva verso la loro casa,
subito Obi-Wan si alzò di scatto, impugnando la spada laser.
“Vengo con te” mormorò subito Siri, scuotendosi.
“No, resta lì” e senza attendere una replica
l’uomo seguì la figura che, accorgendosi di essere stata vista, corse nella
direzione opposta, verso il boschetto, ormai semi-buio.
“Maledetto, maledetto sith: nemmeno qui potete
lasciarmi in pace” ringhiò tra sé l’uomo, perdendo la sua naturale calma e
proseguendo la sua corsa forsennata verso la piccola foresta, dove gli alberi
si muovevano come fantasmi ululanti nell’oscurità e dove riusciva ad
intravedere non una, ma due figure, una delle quali sembrava davvero un
fantasma.
“Giovane Kenobi” gridò quest’ultimo “Non ti
conviene proseguire, se non vuoi perdere te stesso”
Obi-Wan non sapeva cosa rispondere, sentiva solo
che quella voce non era umana, non apparteneva ad un semplice mortale, forse
non era mai stata umana e questo gli fece ancora più paura, eppure aumentò
l’andatura, trovandosi di fronte la misteriosa figura quasi trasparente.
“Chi sei?”
“Torna indietro giovane Kenobi, non puoi
combattere con me, non puoi sconfiggere i sith, neppure il tuo presunto figlio
può”
“Dimmi chi sei!” urlò il ragazzo in preda all’ira,
non era da lui essere così, ma non gli importava.
“Non lo sai? Prova a guardarmi negli occhi”
Concentrò il suo sguardo in quello della figura
evanescente che aveva davanti, che, ogni minuto che passava, sembrava
acquistare forza e consistenza.
Occhi scuri come la notte, un vestito comune, non
da sith, ma quegli occhi, dove li aveva visti?
“Darth Bane”
“Sei molto bravo in storia, giovane Kenobi,
peccato non potermi scontrare con te, ma sono certo che mi divertirò
ugualmente”
“Cosa vuoi dire?”
La figura scomparve alla sua vista mentre ormai
l’oscurità avvolgeva ogni cosa, anche la luce procurata dalle fiamme del tempio
era scomparsa, tuttavia in lontananza riuscì a vedere qualcosa, un’altra figura
che si muoveva.
Riprese a correre, senza accorgersi di avviarsi
verso le montagne rocciose di Hiwl, verso il ponticello che poche ore prima
aveva attraversato il suo allievo in compagnia di Aslan e proprio in prossimità
di quel ponte, udì delle grida angosciate.
“Vattene, bugiardo, vattene” urlava quella voce e
sapeva bene di chi era, lo sapeva.
“Anakin!”
“Va via, vattene!”
“Anakin, dove sei?”
Un lampo di luce attraversò lo spiazzo dove si
trovava facendogli vedere di nuovo la figura incappucciata, ma non il suo
allievo.
“Lascia perdere lui, ora!” fece una voce alle sue
spalle.
“Sei l’allievo di Darth Bane?”
“Da un certo punto di vista”
“Chi sei?”
“Non lo sai, non riconosci la mia voce?” un altro
lampo, proprio mentre si voltava e incrociava due occhi verdi, identici ai
suoi.
“Chi … cosa sei?” balbettò Kenobi attivando la
spada laser.
“Uno che è stanco di essere un clone, uno che
vuole essere unico” replicò la voce, una voce terribile e cavernosa che gli
faceva un’immensa paura perché era la sua.
“Chi ti ha creato?”
“Non ha importanza, il mio compito è liberarmi di
te e di quel ragazzino”
“Tu lo hai spaventato in questi mesi maledetto!”
“No, sempre tu, in fondo sono una parte di te!”
“Mai!” urlò furibondo Obi-Wan cercando di
puntargli lama alla gola, ma subito l’altro attivò la sua spada laser, una
spada laser rossa, le due lame sfrigolarono, mentre i due uomini incrociarono i
loro sguardi, entrambi verdi-azzurri, entrambi rabbiosi.
“Non azzardarti mai più ad avvicinarti a lui!”
“Perché no?Non sono forse anche io il suo maestro?
Potrei prenderlo e portarlo al male”
“No” ancora una volta le due lame si incrociarono,
sfrigolando rumorosamente, entrambi sembravano sapere l’uno le mosse
dell’altro, Obi-Wan aveva paura che quel dannato incontro sarebbe durato in
eterno, aveva paura di non fare in tempo a salvare Anakin e aveva paura che le
parole del suo clone fossero vere: quell’essere era davvero parte di lui?
Provò a concentrarsi, cercando di non farsi
prendere dall’ira e dalla paura, ma ogni momento che passava queste non
facevano altro che aumentare, mentre le due spade continuavano ad incrociarsi,
senza mai riuscire a colpire l’avversario.
Doveva trovare un modo, doveva farlo!
“Qui-Gon, aiutami, ti prego aiutami … so che sei
stato tu ad aiutarmi quel giorno quando riuscì a trovare Anakin tra le fiamme,
aiutami di nuovo, salvami da me stesso, ti prego …” pregava la sua anima
tormentata.
Quella preghiera rischiò di costargli la vita,
visto che la spada del suo clone gli sfiorò la testa, colpendolo alla spalla,
rabbioso il giovane jedi, incrociò di nuovo la lama del suo avversario,
attaccandolo ripetutamente e costringendolo ad arretrare.
“Obi-Wan, ricordati, non devi pensare
solo al futuro, non a discapito del presente, concentrati sul momento”
L’uomo trasse un lungo respiro, scacciando l’ira e
la paura dal cuore, fissando quell’essere di fronte a sé, che fosse o meno un
suo clone non doveva turbarlo, doveva pensare solo a salvare il villaggio dalla
sua malefica presenza, raccolse le energie, chiedendo aiuto alla Forza, Vivente
ed Unificante, Benigna e mai oscura e con una mossa che stupì anche se stesso,
decapitò il suo clone, senza che questi potesse impedirglielo.
Lo fissò sconvolto, mentre una strana pallida luna
a falce illuminava il prato, non ricordava di aver mai visto la luna a Hiwl, ma
forse era perché non aveva mai girato di notte, trasse un lungo respiro, mentre
i suoi occhi non riuscivano a staccarsi da ciò che restava del suo malefico
clone, era proprio identico a lui, non vi era nessuna differenza.
Sospirò di nuovo, spense la spada laser e
attraversò di corsa il ponte sul ruscello, salendo sulla sporgenza, tuttavia
appena Anakin lo vide indietreggiò, ancora più pallido della luna.
“Vattene”
“No”
“Vattene”
In preda alla follia il ragazzino iniziò a
spingere la sua sedia a rotelle, verso i sentieri più pericolosi, non voleva
più vedere la sua faccia, non voleva più vedere nessuno, voleva solo morire, aveva
ragione non serviva a nessuno, era solo una patetica forma di vita che era un
peso per tutti, altro che Figlio della Forza, non era nessuno, non valeva
niente, non era mai valso niente.
Aveva avuto il consiglio pochi anni prima a non
volerlo, su Naboo aveva vinto solo per fortuna, doveva liberare la Galassia
dalla sua stupida e patetica presenza così sarebbe stata meglio, a cominciare
dal suo maestro, che si era sempre sentito obbligato, non gli voleva bene e del
resto perché avrebbe dovuto? Non meritava l’amore di nessuno, figuriamoci di un
grande jedi come lui.
“Anakin fermati, non ascoltarlo!”
Non sentiva nemmeno quella voce che lo chiamava,
stava spingendo la sedia a velocità folle, presto sarebbe precipitato per la
gioia di tutti.
“Fermati ti prego, fermati!”
Ancora un poco, eccolo il precipizio, ora si
sarebbe buttato di sotto, basta pesi per nessuno, tutti avrebbero tirato un
sospiro di sollievo per la sua morte, tutti si sarebbero sentiti in pace.
“No, ti prego, ti prego, no, fermati ho bisogno di
te”
Con le poche forze rimastegli Obi-Wan accelerò
l’andatura, arrivando fino alla sedia a rotelle del suo allievo e fermandola un
secondo prima che cadesse.
“Ti prego … ti prego Anakin … ti prego”
“Se muoio tutti saranno felici, sono solo un peso
per tutti, a cominciare da te”
“No … non ero io che dicevo quelle cose”
“Ma io ho visto il tuo volto e sentito la tua
voce”
“Era il mio clone, creato dai sith per
distruggerci tutti”
Il ragazzino spalancò gli occhi incredulo, poi
provò a spingere di nuovo la sedia.
“Bugiardo”
“Cosa posso fare per convincerti che dico il
vero?”
“Non puoi”
“Allora i sith hanno vinto, tu sei sempre stato la
nostra speranza, sempre, ma quello che più conta è che sei più di un fratello
per me, più di un figlio, più di un amico, più di un allievo e senza di te, la
mia vita sarebbe stata molto più vuota: tu mi hai insegnato l’amore”
Per un secondo che ad Obi-Wan parve un’eternità,
Anakin lo fissò con uno sguardo pieno di dubbi, paure, speranze, angosce,
amore, orrore e fiducia: cosa doveva fare?
D’improvviso il ragazzino si gettò tra le braccia
dell’adulto, abbandonandosi ad un pianto liberatorio, mentre quest’ultimo lo
stringeva a sé con il cuore colmo di gioia e terrore insieme.
Come aveva potuto credere alle parole di
quell’essere? Come? Non lo sapeva, sapeva solo che aveva vinto, grazie al suo
maestro, una battaglia terribile con se stesso.
Era finita.
Ora erano davvero uniti e liberi.
Rimasero così, per ore, stretti l’uno all’altro,
troppo sconvolti per parlare, troppo stanchi per tornare indietro.
Fu quasi all’alba, mentre spuntava di nuovo un
pallido sole, che il giovane jedi, prese saldamente in braccio il ragazzino,
ormai addormentato mentre lanciava con rabbia la sedia a rotelle da
quell’orribile precipizio dove sarebbe potuto davvero morire il suo amico, con
il quale avrebbe perso la parte più vera di se stesso.
Rientrò stancamente a casa, continuando a
stringere tra le braccia Anakin che dormiva sereno, come non mai in vita sua,
ad attenderlo trovò Siri, in preda al panico, però, in un primo momento, la
ignorò, andando dritto verso la camera del ragazzino, che mise subito a letto.
Lo fissò per un lungo istante, scoppiando di nuovo
a piangere, in preda a mille emozioni diverse: come aveva potuto non capire chi
c’era dietro tutto questo?
Era talmente evidente, altrimenti il suo allievo
non si sarebbe così spaventato, non lo avrebbe accusato di mentire.
“Obi-Wan” sussurrò una voce alle sue spalle.
Ancora in lacrime l’uomo uscì silenziosamente
dalla stanza, chiudendo lentamente la porta per non fare rumore.
“Cos’è successo?”
“Io … io .. il sith era … “
“Chi era?”
“Un mio clone”
La ragazza trasalì, fissandolo angosciata.
“Ora dov’è?”
“E’ morto, l’ho ucciso io, ma credo abbia evocato
Darth Bane e il suo spirito deve essere ancora in giro, anche se non lo sento
più”
“Forse la morte di colui che lo ha evocato lo ha
reso più debole”
“Lo spero” replicò Kenobi andandosi a sedere sul
divano e subito fu seguito dalla donna, che era in preda alle mille dubbi e
paure.
“Ora che faremo? Al villaggio hanno capito che
c’era un sith in giro, dovremmo dirglielo che…”
“Ti dico la verità che ora come ora non importa
nulla di cosa pensi questa gente”
“Che vuoi dire?” domandò lei fissandolo sempre più
dubbiosa.
“Oggi ho rischiato di perdere una persona importante
per me, la persona più importante della mia vita …”
“Capisco …”
“Aspetta, fammi finire Siri” balbettò l’uomo
voltandosi verso di lei, con ancora il volto coperto di lacrime che non si
curava di celare.
“Ti ascolto, Obi-Wan”
“Ho rischiato di perdere la persona più importante
della mia vita, insieme a te, non voglio correre di nuovo questo rischio, so
che un giorno dovrò lasciare andare tutto, lo so, ma non posso e non voglio
permettere di essere io la causa di tale perdita, oggi sono riuscito a fermare
Anakin in tempo, ora … “
“Ora?”
“Non voglio rischiare di perdere anche te. Ti amo
Siri, non esiste più nessun ordine jedi, ci siamo solo io, te ed Anakin,
diventiamo davvero la famiglia che tutti pensano che siamo” fece il giovane e
senza darle il tempo di replicare la baciò sulle labbra con una passione
violenta.
Basta regole, basta imposizioni, era libero,
totalmente libero da tutto, anzi erano liberi.
Lei ricambiò il bacio con ardore mentre iniziavano
a spogliarsi con bramosia e desiderio represso, si strinsero forte, dimentichi
di tutto, pensando finalmente a se stessi e al loro amore che non era mai
morto, malgrado tutto.
Come sempre mi scuso per il mostruoso ritardo con cui aggiorno-_-'''
Pingui=se ti può consolare, carissima, a volte faccio fatica a districarmi anche io^_^
Sì, per Bail un po' mi sono ispirata lì, credo che meriti un trattamento migliore, anche se non lo reggo^_^
Ehh il clone, era un'idea che avevo in mente da tempo, per fortuna è venuta fuori in maniera decente!
Verity=^_^ Meno male che qualcuno segue i miei intricati segnali sul clone di Obi-Wan! Beh Bane mi serviva, visto che Sidious non era contattabile...
Hai ragione sul duello, sto cercando di scrivere più che posso quando faccio certe scene, vedrò di fare un altro sforzo.
Per la missione segreta di Bail e Shaak^_^, eheheh
Buona lettura a tutti!!!
Capitolo
XI
Il cielo crepuscolare di Coruscant, quella sera, era
tetro e minaccioso o almeno così pareva a lei, la giovane ex regina di Naboo,
Padmé Amidala Naberrie, che, da diversi mesi, era divenuta primo consigliere
dell’imperatore Palpatine, non sapeva come fosse riuscita a conquistare la sua
fiducia e non era nemmeno sicura di averlo fatto per davvero
Da quello, lo aveva imparato amaramente a sue spese,
doveva aspettarsi di tutto, anche che la tenesse vicina per qualche misterioso
fine, forse per carpirle informazioni sull’Alleanza Ribelle o forse per altro
ancora: magari sospettava che qualche jedi fosse ancora vivo dopo la purga di
pochi anni prima?
Non lo sapeva, sapeva solo che si sentiva a disagio anche
nella parte che recitava, la finta amica dell’imperatore, non che quest’ultimo
le facesse pena, oltretutto era stata lei a proporsi in quella veste
all’alleanza ribelle, mentre gli altri, Bail e Mon in primis, avevano cercato
di dissuaderla, non volevano coinvolgerla in un gioco così pericoloso.
Aveva iniziato ad avere paura? Forse chissà…
Stava cercando di vivere alla giornata, senza pensare al
passato, vivendo per i suoi ideali e per gli altri, come aveva sempre fatto,
eppure i suoi begli occhi bruni avevano perso luce e i suoi discorsi sembravano
freddi anche a lei, avevano perso la passione che la contraddistingueva sempre.
Era diventata un politico a tutti gli effetti, della
donna che era in lei, non vi era più traccia, persino i suoi vestiti mostravano
ciò, erano grigi, anonimi, senza un briciolo di eleganza, conformati al nuovo
ordine imperiale.
Neppure i suoi amici più stretti riuscivano a capire lo
strano cambiamento che era avvenuto in lei, neanche i suoi genitori, tutti
quanti loro pensavano che fosse per la fine della democrazia e per la perdita
della libertà, la ragazza faceva credere che era così, non aveva desiderio di
dare spiegazioni a nessuno, tantomeno a se stessa.
Un abituale ronzio alle sue spalle, la distrasse dai suoi
pensieri, cosa che le fece molto piacere, non amava la solitudine né amava
confrontarsi con se stessa, non più.
“Consigliere Naberrie, il nostro imperatore desidera
vederla” era un droide protocollare che aveva parlato, comune e dozzinale,
tuttavia le rammentò vagamente qualcosa che non voleva e non poteva ricordare.
Scosse impercettibilmente la testa e lo seguì nello
studio di Palpatine, il quale, come un tempo, aveva la solita aria affettuosa e
paterna, non era cambiata per niente la sua facciata, solo che non la ingannava
più, non dopo la morte di tutta quella gente.
Un pensiero malefico attraversò la mente della giovane
donna, fu veloce, fulmineo, però lei lo assaporò con gusto
“Mi avete portato via la mia vera vita, maledetto, che
siate maledetto. Ve la faremo pagare”
L’uomo allargò il sorriso, mostrando ancora di più la sua
aria affettata, per Padmé fu difficile non reagire, non voleva dargli
soddisfazione, non adesso, anche se temeva che lui potesse leggerle dentro.
“Consigliera Naberrie, avete sentito di quanto è successo
a Bail Organa?Che sarebbe stato rapito dai Ribelli?”
“Sì”
“Ci credete?”
“E voi?”
“Non lo so mia cara, ormai quasi tutti gli amici che
avevo si stanno rivelando nemici quindi non so più di chi fidarmi e non c’è più
il saggio Yoda a leggere nella Forza ed aiutarmi con i suoi consigli”
“Avete messo voi i jedi fuori leggi, no?”
“Dopo quanto avvenuto con i separatisti e aver scoperto
che erano stati loro ad organizzare quell’orribile guerra, non potevo esimermi
dal farlo, non trovate?” la voce dell’uomo era quasi un sussurro lieve, appena
accennato, come se avesse timore di alzarla.
La giovane ex regina di Naboo lo scrutò a lungo, cercando
di valutarlo, di capire cosa stesse pensando: la considerava una traditrice?Una
cospiratrice?Probabile, solo che era molto bravo a nasconderlo.
“Temo di no, altezza” aveva sentito il tono di disprezzo
che aveva usato per l’ultima parola che aveva pronunciato?
“Allora voi cosa credete su Organa?”
“Temo ci sia dietro altro, forse non sappiamo tutta la
verità” aveva parlato in fretta, cercando di usare un tono incerto e preoccupato.
“Lo credo anche io, ecco perché ho deciso di mandare
alcuni dei miei migliori agenti per andare a cercarlo, è un fatto riservato,
consigliere, vi chiedo di non dirlo a nessuno”
A che gioco stava giocando Palpatine?La stava mettendo
alla prova?Se avesse informato Bail di questa notizia, il suo gioco sarebbe
stato rivelato, se non lo avesse fatto, avrebbe rischiato di mettere in
pericolo l’Alleanza.
Cosa le aveva detto Shaak Ty una volta?
“Il miglior modo di nascondere una cosa è
quello di metterla bene in vista.”
“Avevo compreso subito la riservatezza della notizia,
Altezza, non c’era bisogno di chiedermi di tenerla nascosta: sono o non sono il
vostro più fidato consigliere?Oppure se la notizia arrivasse alle orecchie di
Bail o dell’Alleanza, voi sospettereste di me?”
Palpatine sorrise, era un sorriso strano, lontano da
quello che sfoggiava solitamente, sembrava realmente ammirato.
Hiwl, Città sotterranea di Mon Calamari.
La mano di Obi-Wan scivolava lungo il profilo perfetto di
Siri, aveva sempre tentato di vedere in lei la jedi, mai la donna, cercando di
evitare di farsi sopraffare dalla sua bellezza e dai sentimenti che provava per
lei, aveva sepolto tutto dentro di sé, pensando e temendo che fossero
sbagliati, che non fossero in linea con il codice, che per lui era diventato
così importante.
Aveva voluto seppellire dentro di sé il jedi ribelle per
diventare il jedi perfetto, che non sbagliava mai, che diceva sempre la cosa
giusta, aveva avuto paura che se si fosse lasciato andare ad un qualunque
sentimento, poi non sarebbe stato più in grado di tornare indietro e avrebbe
così perso tutto.
Essere jedi, per lui, veniva prima di tutto, si sentiva
un jedi dentro, eppure quella castrazione gli faceva male, possibile che non
potesse conciliare le due cose?
Da quando prima Qui-Gon e poi Anakin erano entrati nella
sua vita aveva iniziato a pensare che fosse possibile, solo che non aveva avuto
il coraggio di ammetterlo, era troppo insicuro per poter contraddire il
Consiglio, per poter dire loro
“Se dobbiamo difendere la pace e la libertà,
non possiamo non amare, non avere sentimenti, non avere emozioni: bisogna
controllarli con la ragione, questo sì, ma non fare finta che non ci sono! Così
come non possiamo fare finta di non avere dentro di noi il lato oscuro: solo se
lo guardiamo dritto negli occhi possiamo sconfiggerlo, non fingendo che non ci
sia”
La sua mano continuava scendere sul volto tanto amato
della jedi, che si abbandonava sul cuscino con una sensualità innata ed
innocente, che lo lasciava sbalordito e nel contempo ammirato, ipnotizzato, da
lei, solo da lei.
Amore, finalmente le poteva dire che la considerava il
suo amore, che era la donna più bella e forte che avesse mai incontrato in vita
sua, le baciò la bocca con passione rovente e repressa, poi scivolò lungo il
corpo di lei, baciandole il seno, poi il ventre flessuoso e morbido come lei,
come i suoi occhi blu, che sembravano avvolgerlo di amore.
La strinse ancora di più mentre la possedeva e Siri fece
altrettanto, quanto tempo aveva atteso, soffocando dentro di sé la donna e
cercando di non vederlo come un uomo, ma solo come un amico, aveva mentito agli
altri e a se stessa.
Gli sfiorò i capelli rosso-biondi, li accarezzò,
affondando le sue dita in essi, tese il suo corpo contro di lui, per sentirlo
ancora di più, per ascoltare più da vicino il battito del suo cuore e per
baciare le sue labbra, ancora ed ancora.
Quando ore più tardi la stanchezza li vinse, si
abbandonarono l’una nelle braccia dell’altro ad un sonno lungo e profondo.
Orlo Esterno
Gli Star Destroyer davano la caccia senza sosta alle navi
dei ribelli, dopo l’attacco a Coruscant di poche settimane prima, era una
battaglia infinita, con feriti da entrambe le parti, dove nessuno sembrava
avere la meglio, anche perché, forse era solo una diversione.
O almeno così pensava il Conte Dooku, che comandava le
forze imperiali, come pochi anni prima comandava le forze separatiste, aveva
ottenuto tutto il potere possibile, era il braccio destro dell’imperatore, suo
comandante in capo, era persino riuscito ad uccidere il suo ex maestro Yoda, il
lato oscuro trionfava ovunque.
Ed allora cosa non lo soddisfava?
Nella sua mente si affacciavano di continuo ricordi
lontani che lo tormentavano
I cadaveri dei mandaloriani a migliaia
coprivano il terreno candido di neve e rosso del sangue dei morti, li avevano
uccisi senza pensarci, su ordine di un governatore perché aveva raccontato loro
che erano guerrafondai e crudeli che portavano morte e distruzione ovunque.
Era vero?Forse.
Ma era giusto uccidere così? Erano in guerra?Non
conosceva la risposta né della prima né della seconda domanda.
Ne aveva parlato con il suo maestro, che ai
tempi stimava ed ammirava sopra ogni cosa, malgrado le sue regole rigide,
sapeva, allora, che dietro queste ultime c’erano sentimenti ed emozioni.
“Maestro Yoda, cosa abbiamo fatto?”
“Neanche io lo so. La morte, nulla di buono
può portare”
“Ed allora perché?”
“Proteggere Mandalore dovevamo, con esso la
Repubblica e il bene comune scelte dolorose comporta”
“Il bene comune?Quindi è giusto sacrificare
il più piccolo per il tutto?”
Yoda aveva spalancato gli occhi, incredulo e
stupefatto.
“Detto questo non ho”
“Non mi sento più nel mio posto, non più”
“Dooku…ogni jedi dei dubbi ha”
Aveva chinato il capo, se n’era andato in
silenzio, osservando quel piccolo corpo che conteneva una grande anima e lui
aveva ferito quell’anima, lo sapeva, con il suo tradimento e poi aveva lasciato
che venisse ucciso.
“Non c’è la Morte, c’è la Forza” una
voce alle sue spalle, qualcuno aveva parlato, ne era certo.
“Lord Tyranus, vi sentite bene?”
Scuotendo la testa, cercò di riaversi, di dimenticare il
passato e la sua coscienza, come ormai faceva da tempo, eppure li sentiva lì,
presenti in ogni momento.
“Sì, comandante Rex”
“Non riusciamo a metterli all’angolo, è come se stessero
giocando”
“Stanno giocando, tutta questa storia è solo un
diversivo”
Non fece in tempo a finire la frase che una miriade di
caccia ribelli, guidati da un enorme torpediniere, attaccarono simultaneamente
il suo Star Destroyer costringendolo ad una virata impressionante, che comunque
non gli evitò i danni maggiori: due motori principali saltarono e metà dei
cannoni si ritrovarono fuori uso in meno di cinque minuti.
Che sciocco che era stato a mettersi a pensare ad altro
in un momento del genere, doveva concentrarsi solo e soltanto sulla battaglia
in corso, basta con i rimorsi e i rimpianti, non era da sith.
“Fuoco a volontà, comandante Rex”
“Sì, signore”
Lo Star Destroyer, benché danneggiato, iniziò a sparare
una serie impressionante di colpi, che abbatterono diversi caccia dell’Alleanza,
a dar mano forte al sith, vennero anche altre navi da guerra, non molte per la
verità, ma abbastanza da poter permettere alla nave ammiraglia di riprendere
fiato e poter attaccare con più libertà.
In quel remoto angolo della Galassia sembrava ci fossero
asserragliate un centinaio di navi, certo non il grosso né dell’Alleanza né
dell’Impero, ma nemmeno gli scarti, tutto quello che riusciva a vedere dal
ponte di comando erano fuochi, lampi e navi che roteavano vorticosamente perché
abbattute oppure per colpire gli avversari, faceva persino fatica a distinguere
i propri caccia da quelli dei nemici, pareva tutto uno sciame di vespe
impazzite.
Vide diversi caccia schiantarsi contro la propria nave e
contro le torpediniere ribelli in un turbine continuo, udiva esplosioni ad ogni
secondo, cosa serviva tutto questo?A tenerlo distratto d’accordo, ma per
cosa?Possibile che l’imperatore non avesse capito niente?
“Dobbiamo andarcene da qui è solo una dannata trappola”
“Perché ne siete così sicuro, Lord Tyranus?” fece alle
sue spalle la voce di Cody. Ma non doveva essere su uno dei caccia? Ah no, era
rimasto ferito, tuttavia non aveva voluto lasciare del tutto la battaglia.
Quel clone era il simbolo della fedeltà suprema, ordine
66 a parte.
“Non ci vogliono distruggere, potrebbero farlo e non
attaccano un luogo preciso” rispose prontamente Dooku, mostrando il suo volto
più duro ed inflessibile. Non poteva più farsi vedere in crisi davanti a loro,
era bastata una volta ed era una volta di troppo.
“Credete che cerchino qualcosa?” rispose ancora il clone.
“Sì, però non troveranno niente” ora il tono del sith era
gelido e fermo più che mai, non voleva e non poteva creare dubbi, ma
soprattutto non poteva rivelare a nessuno di loro l’arma segreta che aveva
creato poco tempo prima con i separatisti.
Nessuno doveva conoscere quel segreto, nessuno, neanche la
sua fidata spia.
“Lord Tyranus?” dal suo comlink privato udì quella voce, la
voce di Tarkin, giovane ed ambizioso ammiraglio, che comandava una delle flotte
imperiali, erano partiti insieme in quella missione di rappresaglia, tuttavia
aveva cercato di tenerlo lontano, mandandolo ad inseguire i ribelli oltre
l’orlo esterno, in modo da avere campo libero.
Sapeva da tempo, infatti, che quel giovane ufficiale
volesse fargli le scarpe, cogliendo al volo ogni occasione per screditarlo agli
occhi dell’imperatore, oltre che agli occhi della gente, rammentava bene come
qualche mese prima fosse intervenuto ad una trasmissione della Holonet, dove,
fingendo di lodarlo, aveva ricordato il suo passato di separatista e nemico
della vecchia repubblica.
Se chiudeva gli occhi, riusciva ancora a figurarsi quella
scena patetica.
“Ammiraglio Tarkin, che gentile che è stato a
venirci a trovare nella nostra Holonet”
“Il piacere è tutto mio, signor Kelvin, ci
tenevo a chiarire molti equivoci sulle battaglie che coinvolgono l’Impero”
“Siamo tutti orecchi”
“L’Alleanza Ribelle è un nemico dell’Impero
nato dai resti dei separatisti, non vogliono portare né pace né libertà, ma solo
morte ed anarchia, non fidatevi della loro propaganda di menzogne”
“Crede che i lealisti siano coinvolti?”
“Non ho nessuna intenzione di gettare fango
su persone stimate e rispettabili come Bail Organa, Mon Monthma e Padmé
Naberrie, quest’ultima è anche diventata prima consigliera del nostro
imperatore, loro sono molto fedeli e se parlano di pace, è solo perché, come
tutti noi, non amano la guerra, non certo per tradimento”
“Capisco e del Conte Dooku che ne dice?”
“Egli si è consegnato alla repubblica,
fermando i separatisti più feroci e scoprendo il diabolico complotto dei jedi
che avevano portato allo scoppio di quella inutile guerra. Anche se era il capo
dei separatisti e anche se ci sta mettendo molto a fermare i Ribelli, forse la
sua dote diplomatica prende troppo il sopravvento, egli è un caro amico di
tutti i noi”
Scosse la testa, avvicinandosi alle vetrate della prua
della sua nave, la battaglia era davvero infinita, non c’era modo di fuggire e
il fatto che quelle serpe in seno fosse arrivata in quel momento, complicava
molto le cose.
“Buona sera Ammiraglio Tarkin, ben rientrato nella
Galassia, spero che la caccia ai ribelli sia andata bene”
“Allo stesso modo di quanto stia andando a voi, Lord
Tyranus”
Bisognava ammettere che aveva un discreto senso dello humor,
ma questo non cambiava la pessima opinione che aveva di lui, ovviamente un tipo
così non poteva non piacere a Sidious, egli apprezzava gli uomini intelligenti,
scaltri, ambiziosi oltre ogni limite e con un pizzico di megalomania.
“Già… volete unirvi al gioco?”
“No, volevo solo informarvi che alcune torpediniere
ribelli si stanno dirigendo su Ryloth”
“Da dove lo desumete? Quel sistema non è proprio dietro
l’angolo..”
“Abbiamo intercettato una trasmissione tra i ribelli in
fuga, hanno lì in loro avamposto”
“Inseguiteli, stanno cercando qualcosa…” sibilò il conte.
“E la troveranno?” domandò ironicamente l’ammiraglio.
“Come?”
“Mi nascondete qualcosa?”
“Non fate lo sciocco e pensate a seguire quella feccia,
può darsi che quello sia uno dei loro avamposti principali”
“Ne dubito, Lord Tyranus, ma sarà fatto. Chiudo” e senza
attendere una replica l’ufficiale imperiale staccò le comunicazioni.
“Dannatissima serpe” sibilò di nuovo l’ex maestro di
Qui-Gon, il tutto mentre la scaramuccia tra loro e i ribelli proseguiva di
fronte alle proprie vetrate, sì era proprio una scaramuccia.
Aveva visto con i suoi occhi, su Coruscant, cosa erano
capaci di fare, avevano demolito quasi tutti gli spazio-porti del pianeta, in
particolare quelli militari, decapitando metà della flotta imperiale ancora
ferma a terra.
Quei maledetti cercavano qualcosa, ne era certo.
Volevano giocare?Li avrebbe accontentati, non aspettava
altro che far fuori un po’ di quei dannati sovversivi e mostrare così che la
sua flotta non fosse poi così inefficiente, furibondo andò a sedersi al comando
di guida e iniziò a sparare a volontà, spingendoli in uno dei luoghi più
desolati e allo scoperto dello spazio profondo.
I rivoltosi, tuttavia, sembravano non voler demordere,
attaccando con tutta l’artiglieria a loro disposizione, in un gioco al massacro
che doveva servire soltanto per distrarre gli imperiali dal loro reale
obiettivo, solo che il loro comandante in campo temeva che il sacrificio dei
propri uomini fosse vano e che Lord Tyranus, con i suoi, avesse compreso che
fosse una trappola.
Alderaan, comando ribelle, palazzo reale di
Bail e Breha Organa.
Il giovane principe di Alderaan camminava convulsamente,
avanti e indietro nella sua stanza, dopo l’attacco alla capitale, avrebbe
voluto andare a rifugiarsi altrove, ma le sue amiche jedi Shaak Ty e Barris
Offee gli avevano ricordato che quello era il luogo dove gli imperiali non
sarebbero mai andati a cercarlo, dopotutto lui ufficialmente era stato rapito
dai ribelli.
In quell’istante entrò il giovane Kavel Lamar di
Dantooine, era diventato un loro collaboratore attivo, anche se quello sguardo
giallo lo inquietava parecchio, così come il suo odio per i jedi, che sembrava
non essere passato del tutto, nonostante la terribile morte a cui erano andati
incontro quasi tutti gli ex guardiani della pace.
“Siete qui,senatore Organa?” domandò subito il ragazzo
fissandolo meravigliato.
“E dove dovrei essere?” l’uomo spalancò gli occhi con
aria incuriosita
“Barris ed io pensavamo che foste stato voi con la vostra
flotta a creare quel diversivo nell’orlo esterno, così ci aveva detto Shaak”
“Kavel, non mi muovo da giorni, lo sapete, sono in
contatto continuo con Padmè, che è ormai tra i più stretti collaboratori del
nostro imperatore e forse troverà il modo di carpire il suo punto debole.”
“Fermare quel mostro?Ci vorrebbe un jedi, lo sapete anche
voi” replicò con il solito tono sprezzante il giovane Lamar.
“Non riesco proprio a capire tutto questa avversione
verso i cavalieri jedi, sono morti per la Repubblica, almeno ora meriterebbero
il vostro rispetto”
Kavel sorrise ambiguamente, chinando il capo
“Gli unici jedi che hanno il mio rispetto sono Barris e
Shaak, non ne conosco altri”
“Avete torto”
“Non è comunque il momento di una disputa, Bail. Se voi
siete qui e Shaak sta cercando l’arma segreta degli imperiali su Coruscant, chi
è che guida il diversivo nell’orlo esterno e su Ryloth?”
Bail sbarrò di nuovo gli occhi, andandosi a sedere
sull’ampia ed elegante poltrona della sua sontuosa camera da letto, che
presentava, tra le altre cose, oltre ad uno splendido letto a baldacchino in
legno pregiato rifinito in oro, anche un piccolo e grazioso salottino con
poltrone in broccato bianco.
“Sedetevi anche voi Kavel, non mi piace questa storia…
non mi piace per niente” fece il senatore lealista e subito il ragazzo lo
accontentò mentre i suoi occhi gialli si facevano sempre più cupi.
“Neanche a me. Potrebbe essere il generale Ackbar?”
“Sì, forse o potrebbe essere una spia. Tra l’altro non
capisco perché Shaak vi ha detto che fossi io alla guida”
Kavel abbassò di nuovo la testa.
“Ha detto di aver parlato con voi”
“Allora è proprio una spia”
Il giovane Lamar annuì, eppure non ne era persuaso, non
riusciva a vedere la situazione così nera, chissà poi perché, forse perché
aveva visto l’inferno alcuni anni prima dove la gente si ammazzava a vicenda,
spinta da odio e da inganni terribili… era cambiato qualcosa?Non lo sapeva.
C’era una guerra allora e c’era una guerra adesso, solo
che quella presente era una lotta sotterranea, con ancora più inganni di quella
precedente, dove ogni amico poteva rivelarsi un nemico e viceversa.
Se qualcuno aveva imbrogliato gli imperiali, spingendoli
nei luoghi errati dopo tutto era dalla loro parte.
Di nuovo Orlo Esterno, Spazio Profondo.
Lo Star Destroyer del Conte Dooku con la sua flotta di
caccia stava continuando ad inseguire i ribelli, quel gioco stava diventando
ogni istante più frustrante, era come il gatto con il topo, però non sapeva chi
dei due fosse il topo e chi il gatto.
Aveva colpito moltissimi x-wing e danneggiato diverse
torpediniere nemici, ma poi?Tutto questo a cosa portava?
Prese in mano il suo comlink, attivando la sua linea
segreta e criptata, anche all’imperatore, benché non fosse propriamente sicuro
di quest’ultima cosa.
“Ditemi Lord Tyranus” rispose immediatamente una voce
bassa e morbida, dall’accento indecifrabile.
“A che punto sei?” domandò con insistenza il braccio destro
di Palpatine.
“Molto vicino alla meta” replicò in tono sempre molto
pacato, persino rilassato, la voce.
“Hai l’ubicazione segreta dei ribelli?” chiese ancora
Tyranus, cercando di ostentare una calma che non provava.
“Avrete presto ciò che volete, mio signore” fece la voce.
“Bene, a presto” e chiuse le comunicazioni. Poteva
andarsene da lì, allora, no?Non ancora, voleva continuare quel gioco per
qualche giorno, forse così avrebbe comunque danneggiato i ribelli.
Hiwl, Città Sotterranea di Mon Calamari.
Aslan e Xilora, passeggiavano vicino alle rovine del loro
tempio, avrebbero dovuto essere affranti o arrabbiati, invece, come sempre, nei
loro occhi c’era una grande serenità, malgrado tutto.
“Lo sapevamo che sarebbe successo portando qui gli
stranieri” iniziò l’anziano capo villaggio.
“Sei forse pentito?” domandò prontamente la maestra.
“No, assolutamente, non potevamo fare altrimenti. Era
nostro dovere aiutarli”
“Allora cosa c’è Aslan?” chiese la donna osservando con
malinconia i mattoni ancora fumanti.
“Non mi piace l’essere che è stato evocato da quel … quel
clone, non mi piace l’atmosfera che si respira ultimamente e non mi piace
mentire”
Xilora sorrise, il suo solito sorriso calmo e sereno.
“Non abbiamo scelta, anche se dicessimo loro la verità,
non ci crederebbero”
“Li sottovaluti, mia cara”
“E tu li sopravvaluti, mio caro”
“Anakin è il prescelto, è il Figlio della Forza” fece
l’uomo in tono di sfida.
“Lo so anche io, non cambia niente. Devono arrivarci da
solo, non possiamo interferire”
L’uomo la prese per le spalle, guardandola con affetto
paterno.
“Xilora, lo stiamo già facendo, li abbiamo bloccati qui,
facciamo credere loro cose non vere per metterli alla prova”
“Sono le nostre leggi, Aslan, vuoi cambiarle per loro?”
Il borgomastro ci mise qualche minuto prima di
rispondere, riflettendoci a lungo, non che avesse dei dubbi, semplicemente non
poteva fare finta di essere contento di mentire.
“No, non posso permettere a nessuno di interferire con
noi, a nessuno”
La ragazza gli sfiorò il volto con una carezza affettuosa,
filiale.
“Ed allora cerchiamo di attenerci al nostro ruolo”
L’uomo si andò a sedere in una delle panchine coperte di
nero e fuliggine, altrettanto fece la donna, rimasero in silenzio qualche
minuto, come per riordinare le idee.
“Perché dici che li sopravvaluto?”
“Non ritieni forse che potrebbero credere alla verità?E
tu perché dici che li sottovaluto?”
“Sostieni il contrario”
“Però io credo che potrebbero cavarsela da soli”
Risero insieme, quasi in silenzio, per non disturbare la
città che dormiva, placida, misteriosa e quieta come quasi tutte le anime che
la ospitavano quella notte.
Come sempre aggiornamento mooolto lento, ma davvero i prossimi (li sto già elaborando^^) arriveranno prima, è che ho avuto un po' di casini..
Vashti = Grazie per tutte le tue belle recensioni così dettagliate e grazie per il tuo aiuto prezioso per la correzione^^ di questa storia, non vedo l'ora di leggere in dettaglio cosa pensi di questo capitolo!
Ah, ehm... ma perché pensate tutti alla morte nera^^?
Darth Harion = ti ringrazio per il tuo commento e credo che ti farà piacere rivedere di nuovo Dooku, ci tengo molto a questo personaggio e avrà ampio spazio!
Pingui79 = hai ragione storia intricatissima, se ti può consolare a volte mi perdo anche io, ma prima o poi arriverò a sbrogliare questo caos!
Verity= sì davvero un grande intreccio di trame^^, spero di tenere per bene il bandolo della matassa. Sono contenta che ti intrighi il ruolo di Padmé: nei prossimi capitoli racconterò di più, in questo ho preferito concentrarmi su altre cose, altrimenti vado nel caos^^...
Buona lettura a tutti
Capitolo
XII
Dantooine, una settimana dopo.
Shaak Ti era seduta su una panchina semidistrutta, alle porte del
villaggio dove vivevano Kavel e Barris e dove si era installata una piccola
guarnigione dell'Alleanza Ribelle.
Non indossava la sua divisa jedi, non lo faceva mai in pubblico,
il suo abito era una semplice veste azzurra lunga fino ai piedi, con un
cappuccio a impreziosirla.
Era un abito comune in quella zona, così nessuno badava a lei
anche se era una togruta: dopotutto erano molte le persone della sua razza su
quel sistema.
Tirava un vento gelido quel giorno, le ricordava vagamente
qualcosa che le faceva sentire il cuore un po' freddo eppure lo sapeva: un Jedi
non indugia sul passato, solo che …
Calde lacrime iniziarono ad inondarle le guance di un leggero
color viola, l'angoscia stava avendo il sopravvento su tutto, persino sul suo
modo di essere: sempre controllata, sempre ligia agli ordini, sempre giusta con
tutti.
In quel momento non si sentiva niente di tutte queste cose, il
passato la stava travolgendo ancora.
“Shaak, sorella mia...” quella voce sofferente... la voce della
sua cara amica che le parlava al comlink
“Aayla” aveva sussurrato in preda all'angoscia sentendola così
spaventata.
“Proteggili … ti prego proteggili...” la voce della twi' lek si
era fatta ancora più bassa.
“Chi? Chi devo proteggere?” le aveva chiesto in preda al panico.
All'improvviso si scosse, qualcuno le stava parlando, non poteva e
non doveva farsi vedere così perché …
“Shaak, sor..” provò a dire Barris, ma l'ultima parola le morì in
gola.
La togruta voltò il capo, cercando di non farsi vedere in viso.
“Non mi consideri più tua sorella, non è vero, giovane Offee?” la
domanda era posta con estrema gentilezza, non vi era disprezzo nella sua voce,
solo una leggera malinconia.
“Non è questo è che … è che non so più chi sei” riuscì infine a
dire Barris fissandola dubbiosa.
“Nemmeno io lo so, mia cara” replicò in un soffio la grande
maestra jedi.
“Cosa vuoi dire?” voleva sedersi di fianco a lei, abbracciarla per
scacciare quell'angoscia e far cessare quel pianto, tuttavia non si mosse,
restò a guardarla in piedi.
“Ti prego siediti, non ti mangio” ancora quel tono gentile, quasi
affettuoso, sembrava quasi la vecchia Shaak.
Barris la guardò per un lungo istante, tentata dal desiderio di
sedersi, ma alla fine preferì rimanere in piedi: c'era decisamente qualcosa che
non andava.
“Dimmi la verità”
“Quale verità?” domandò stupefatta la togruta, sorridendole.
“Sulla tua famiglia: non posso credere che tu, proprio tu, abbia
infranto le regole in questo modo”
“E' per questo che ti faccio paura?” la Ty si alzò in piedi e le
mise le mani sulle spalle. “Barris sono dalla vostra parte: l'amore non
indebolisce, ma rafforza e tu lo stai imparando”
La giovane Jedi arrossì violentemente, chinando il capo, senza
però stupirsi, del resto Shaak aveva delle incredibili abilità mentali, quasi
nessuno riusciva a tenerle testa, neppure il maestro Yoda...
Deglutì a vuoto pensando a quest'ultimo: era morto, non c'era più
la sua saggia mano a guidarli, erano sole.
“Come faremo senza di lui? Egli sapeva sempre fare la cosa giusta,
sentiva gli avvenimenti e ora non c'è più, la morte ce l'ha portato via”
Shaak sorrise, cercando di mostrarsi forte benché provasse le
stesse paure
“Non c'è la morte, c'è la Forza” le bisbigliò ad un orecchio prima
di abbracciarla con affetto.
“E allora perché piangi, Shaak, sorella mia?” le chiese la giovane
Offee, ricambiando quella stretta.
“Non sono perfetta, non lo sono mai stata. Ti prego di smetterla
di pensarlo perché non mi aiuti così. E' vero non so più chi sono, ma … ma una
cosa la so ...”
“Che cosa?” domandò ancora Barris sperando in cuor suo di saperne
di più.
“Kavel ed io abbiamo sbagliato su tante cose” fu la laconica
risposta della donna, che d'improvviso si staccò da quella stretta e sparì nel
boschetto di fianco, lasciando Barris con nuove domande ad affollare il suo
animo già irrequieto.
Mon Calamari, città sotterranea di Hiwl.
Anakin era uscito presto quella mattina, cosa che faceva spesso da
quando aveva ripreso a camminare, gli piaceva vedere il giorno che nasceva
fuori all'aria aperta, gli pareva quasi di vedere il sole risorgere forse
perché si sentiva rinato anche lui.
Aveva compiuto quindici anni da due giorni e per la prima volta
provava veramente l'ebrezza della giovinezza, non sapeva perché e non aveva
voglia di porsi domande.
Il buio era passato, per adesso andava bene così; aveva percepito
anche un piccolo grande cambiamento in casa, la cosa non lo aveva stupito,
sapeva che sarebbe stato solo questione di tempo e vedere Siri ed Obi-Wan con
quel sorriso strano sul viso faceva sorridere anche lui.
Aveva sempre avuto ragione Qui-Gon: l'amore non indeboliva, ma
rafforzava.
Camminava speditamente, assaporando l'aria mattutina con evidente
piacere, non vi era anima viva in giro a quell'ora e da lontano riusciva a
vedere le impalcature per la ricostruzione del tempio, che era già a buon
punto.
Erano proprio efficienti in quello strano posto, ora però non gli
faceva più paura, tutto pareva tornato come quando erano arrivati alcuni anni
prima.
Sì tutto quanto, compresi i misteri e i segreti che avrebbe voluto
scoprire anche allora.
Passeggiando senza fretta impiegò quasi venti minuti ad arrivare
all'edificio sacro, riusciva ad intravedere anche da fuori i segni di cui gli
avevano parlato il suo maestro e Siri, i segni dell'infinito, come lo era la
Forza.
Si guardò in giro, rassicurandosi di non essere seguito e poi
entrò, trovandosi nella penombra di quel luogo che, per quanto diverso, gli
faceva pensare al Tempio Jedi su Coruscant.
Lo attraversò il silenzio, camminando in punta di piedi per
evitare che un minimo rumore prodotto dagli stivali di cuoio potesse tradire la
sua presenza.
Spostò lo sguardo da una parte e dall'altra, voleva essere proprio
certo di essere completamente solo.
“Ciao giovane Kenobi!” esclamò una voce allegra dietro di lui che
lo fece sobbalzare. Gli ci volle quasi un minuto per riprendersi dallo
spavento: per fortuna non era nessuno degli adulti.
“Scusami, non volevo metterti paura. E' che … “ iniziò a dire la
ragazzina.
“Non preoccuparti” fece Anakin quando ritrovò finalmente la voce
“E' che … “
“E' che nessuno di noi ti aveva mai visto girare da solo come
negli ultimi giorni”.
L'adolescente arrossì dalla punta dei piedi fino alle radici dei
capelli: lo aveva beccato in pieno.
“Come ti chiami?” domandò soprattutto per cambiare discorso.
“Zama Barur, mio padre è un sacerdote del tempio”
“Piacere, io sono Anakin … “ farfugliò riuscendo a non dire il suo
vero cognome.
“Oh lo so chi sei tu, tutti parlano di te, sei il ...”
“No, anche voi, ti prego non lo dire” borbottò esasperato.
“Scusami, non sapevo che la cosa ti infastidisse. Cosa ci fai qui
a quest'ora?” chiese la piccola incuriosita.
“Sai mantenere un segreto?” le fece il ragazzino con aria
complice.
“Ma certo!”rispose di rimando lei.
“Sai, mia …” il giovane Skywalker fece un'impercettibile pausa
prima di continuare “ madre ha scoperto che esistono altri villaggi qui.
“Lo so, fui io tempo a parlargliene” rispose Zama.
“Davvero?E come lo sai?”
La ragazzina si guardò in giro con aria circospetta prima di
rispondere.
“Alcuni miei amici ed io abbiamo rovistato nella cella della
maestra Cor e abbiamo trovato una grande mappa” disse lei prontamente.
“Mi ci puoi portare?” domandò Anakin sempre più incuriosito.
“Ora?”
“Sì, ora”
Zama lo fissò dubbiosa per un lungo momento.
“Temo che stia ancora dormendo... Tuttavia ...”
“Tuttavia?” fece ansioso il ragazzino.
“Astrun mi ha detto che nei sotterranei del tempio c'è un'altra
grande mappa.”
Gli occhi del prescelto brillarono di gioia.
“Andiamoci subito”
Lei annuì e lo invitò a seguirlo in silenzio per le scale
diroccate dietro l'altare, ancora in costruzione.
Scesero gli scalini lentamente, continuando a guardarsi in giro
con aria sospettosa, temendo di essere sorpresi da un momento all'altro, ma per
fortuna nessuno venne e in pochi minuti furono nei grandi scantinati che
sarebbero stati totalmente avvolti nell'oscurità se non ci fossero state
diverse finestrelle in alto.
I due adolescenti proseguirono a camminare in punta di piedi,
avviandosi sempre più all'interno finché non giunsero davanti ad una grande
porta di ferro, che però Zama aprì con estrema facilità grazie a un mazzo di chiavi.
“Astrun le rubò tempo fa alla maestra, ci tiene tanto a venire
qui, a volte” fece la piccola Barur, Anakin si limitò ad annuire, sperando di
poter ottenere qualcosa da quella strana gita.
Una volta dentro un’angusta
stanza illuminata da alcune finestre, Zama si
affrettò a chiudere a chiave la porta, poi si voltò verso il suo complice, che
però si era perso nel contemplare il particolare soffitto di quel luogo.
“E' la mappa”
“Sì”
“Zama, questa è la mappa di Mon Calamari”
“Cos'è Mon Calamari? Già una volta tua madre me ne parlò.”
Stavolta il piccolo Skywalker sussultò nel sentire la parola
madre: voleva bene a Siri, non poteva negarlo, era sempre stata così
paziente, dolce e buona con lui, però … però non era la sua mamma.
Lei era rimasta a Tatooine, schiava di quel maledetto di Watto .
“Ti rivedrò?”
“Prova a sentire cosa ti dice il cuore.”
“Sì, io credo di sì”
“Allora così sarà”
“Mamma, io tornerò a prenderti, te lo prometto”
“Ti voglio bene. Ora va e sii coraggioso: non ti voltare”
Non si era voltato, lo aveva fatto per lei, per fargli vedere che
sapeva essere forte, ma si era sentito morire dentro.
Doveva tornare su Tatooine per liberarla.
Lo aveva promesso.
“Anakin va tutto bene?” domandò Zama accorgendosi che aveva gli
occhi velati di lacrime, lui subito si riscosse, tentando di celare il
turbamento che si era scatenato nel suo animo.
“Sì” fece lui in un soffio.
“Mi sembri strano”
“Non preoccuparti, io sono sempre così” disse lui con un sorrissetto
inquietante.
La piccola ricambiò il sorriso poi tornò sull'argomento che le
premeva.
“Cos'è Mon Calamari?”
“E' il vostro pianeta”
“Pianeta?” la giovane Barur era sempre più stupita e nel contempo
affascinata.
Anakin si grattò la testa pensiero, come faceva a spiegarglielo?
Poi ebbe un'illuminazione.
“Zama, guarda quella mappa, vedi che c'è scritto Mon Calamari nel
cerchio dove c'è questo villaggio?”
“Sì, ma ci sono anche altri cerchi con dei nomi che non conosco...
Ryloth … Muunlist”
“Quelli sono altri pianeti”
“I pianeti sono insieme di villaggi?”
L'adolescente sbatté gli occhi: era un po' semplicistica come
spiegazione, ma tutto sommato andava bene.
“Sì, direi di sì”
Poi senza dire altro si mise a rovistare in quella stanza
misteriosa, augurandosi di trovare un indizio che li portasse fuori di lì.
“C'è scritto anche Coruscant … Dantooine … Naboo” continuò la
ragazzina, cosa che fece rabbrividire Anakin un'altra volta.
Sì, doveva trovare veramente un modo per andarsene da quel
villaggio, così riprese la sua ricerca e la curiosità lo spinse a rovistare tra
gli enormi volumi semi-ammuffiti che erano praticamente ovunque.
Ne prese uno a caso, talmente coperto di polvere da far tossire
lui e la sua nuova amica a lungo.
“Cosa cerchi?” provò a chiedere lei, ma il ragazzino era troppo
concentrato così lei riprese a studiare la mappa che tanto la affascinava.
Il giovane Skywalker intanto girava con assoluta delicatezza le
pagine del volume, ma erano scritte in una lingua che lui non conosceva, cosa
poteva fare?
Eppure doveva esserci qualcosa che poteva capire: poggiò il volume
accanto a sé e ne prese un altro, ma era ancora scritto in quel linguaggio
sconosciuto e così nei quaranta tomi che consultò nei successivi venti minuti.
Furibondo, stava per cedere alla tentazione di lanciarli uno per uno dalla
finestra, ma la sua parte più razionale riuscì in modo incredibile a frenare il
suo indomabile istinto.
Stava quasi per andarsene frustrato e rassegnato, quando i suoi
occhi intravidero qualcosa nella penombra: si bloccò all'istante. Ripercorrendo
lentamente il cammino appena percorso.
Aveva visto bene: c'era un volume il cui titolo era scritto in
Basic nascosto in un angolo.
Corse verso il libro e lo prese in mano; il titolo spiccava a
chiare lettere: Cronache.
Si rammaricò nel constatare che la carta era in parte consumata
dal tempo e alcune delle parole scritte erano ormai incomprensibili.
Fece per aprirlo, ma un rumore sordo lo bloccò.
“Zama...”
“Cosa c'è?”
“Arriva qualcuno … Nascondiamoci laggiù, dietro a quel mobile”
“Vuoi nasconderti? E' impossibile, è appena entrata Venla, lo
sento e lei... lei … Beh, lo sai”
“Non ci troverà, fidati di me” Anakin la prese per un braccio e la
condusse dietro al mobile anch'esso mezzo ammuffito come i libri.
Poco dopo si udì lo scatto della serratura e dei passi leggeri
solcare il terreno consumato.
“Chi c'è?”
I due ragazzi si schiacciarono contro il muro sperando di non
essere scorti, ma, purtroppo per loro, la donna si stava avvicinando proprio al
loro nascondiglio.
Il giovane Skywalker chiuse gli occhi, stringendo a se la mano
della piccola Zama, cercò di portare la sua mente lontano da quel luogo, prima
su Tatooine e poi su Naboo.
I passi di Venla si facevano sempre più distinti, ormai doveva
essere vicinissima a loro, poi d'improvviso il suono dei passi cessò.
L'anziana sacerdotessa si era fermata improvvisamente, guardandosi
in giro smarrita: le sue percezioni l'avevano ingannata a tal punto?
In quella stanza non c'era proprio nessuno: si voltò e se ne andò,
lasciando i due adolescenti tremanti di paura e colmi di stupore.
Solo un'ora dopo i due amici riemersero da quel luogo,
sgattaiolando fuori da un'uscita secondaria.
Anakin teneva stretto il volume sotto i vestiti, non vedeva l'ora
di tornare a casa da Siri ed Obi-Wan per mostrarglielo: forse avrebbero trovato
insieme il modo di decifrarlo.
Con questi pensieri in testa stava già correndo verso casa, quasi
dimentico di Zama, che però lo fermò per un braccio.
“Ehi, non mi saluti?”
“Scusami Zama, ciao a presto” provò di nuovo ad andare a casa,
però lei lo trattenne un'altra volta.
“Sì?”
“Grazie per la bella avventura e ciao” fece la piccola Barur con
un sorriso talmente strano da lasciarlo interdetto per qualche minuto.
Se n'era già andata da un pezzo quando riprese la via di casa,
continuando a chiedersi cosa volesse dire.
Sistema di Ryloth.
Il conte Dooku era atterrato nella capitale del pianeta dei Twi'
Lek, con una piccola guarnigione che comprendeva una decina di cloni, tra i cui
i suoi fidati Rex e Cody, che apprezzava proprio per la loro intelligenza vivace
e il loro modo di porsi assai particolare
Sapeva di potersi fidare di loro molto più dello stesso Imperatore
o di quel viscido di Tarkin, ma malgrado ciò non si sentiva totalmente
tranquillo: sapeva che il suo maestro aveva spie ovunque, così come d’altra
parte i membri dell'Alleanza.
In quella difficile partita a scacchi vinceva solo chi era più
scaltro e intelligente e temeva di non esserlo quanto Palpatine, che sembrava
capace di prevedere ogni cosa, senza mostrare il minimo turbamento.
Persino l'aver accelerato il piano iniziale non ne aveva intaccato
l’esito, anzi erano diventati padroni della Galassia molto prima del previsto,
sbarazzandosi dei Jedi. Con un astuto e geniale piano che li aveva screditati ovunque
tanto che, ancora adesso, a distanza di tanto tempo dal loro sterminio c'erano
molte persone comuni che ne parlavano male.
La cosa avrebbe dovuto rallegrarlo, eppure una parte di lui
continuava a pensare al suo passato di Cavaliere Jedi e al suo maestro Yoda: benché
avesse sbagliato tante cose, non era un mostro sanguinario e aveva davvero sempre
aspirato al bene della Galassia.
Solo che … Solo che non poteva permettersi di guardare indietro,
ormai era un Sith, aveva compiuto la sua scelta: non c'era ritorno dal Lato Oscuro,
lo sapeva.
E allora perché continuare a tormentarsi? Forse come Sith avrebbe
potuto portare davvero la pace... O forse no?
“Una volta che il cammino del Lato Oscuro intraprendi, per sempre
dominerà il tuo destino”
Le parole del suo maestro risuonarono come una condanna.
Non poteva tornare indietro si ripeté e scuotendo la testa si
avviò verso la boscaglia di Ryloth dove lo attendeva la sua spia tra i ribelli.
Dietro di lui i cloni lo seguivano in silenzio, guardandogli le
spalle fedelmente; la marcia durò quasi un'ora, al termine della quale si
ritrovarono in uno sperduto ed abbandonato villaggio di Twi' Lek.
“Siete sicuro che il contatto ci aspetti qui?” domandò Rex assai
sospettoso.
“Sì, comandante, le coordinate erano molto precise” replicò
sprezzante il nobile di Serenno.
Proprio in quel momento il suo comlink segreto prese a trillare.
L'ex Cavaliere Jedi l’afferrò e avvicinandosi ad un albero spoglio,
rispose:
“Chi è?”
“Entrate nella capanna alla vostra destra, da solo, la riconoscerete
subito: è l'unica che non ha subito danni dai vostri amici cloni”
Dooku sbuffò sorridendo, per poi replicare.
“D'accordo” poi si voltò verso la sua guarnigione, facendogli un
cenno. I suoi uomini si sedettero sull'erba e lui entrò nella capanna
semi-buia.
“Benvenuto Conte Dooku” disse una voce fievole nella penombra
“Potete farvi vedere, tanto vi ho riconosciuto”
Una figura avvolta in una mantello uscì dall'oscurità, prima si
guardò a destra e a sinistra, poi con assoluta calma si levò il cappuccio
rivelando il volto splendido ed intatto della Cavaliere Jedi Aayla Secura.