La cura

di La Matta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piccola come una goccia d'acqua ***
Capitolo 2: *** Hiram Zane ***
Capitolo 3: *** Anima e Corpo ***
Capitolo 4: *** Le colpe dei padri ***
Capitolo 5: *** Il fardello del passato ***
Capitolo 6: *** Solipsismo ***
Capitolo 7: *** In viaggio ***
Capitolo 8: *** Le piogge di Kahje ***
Capitolo 9: *** Pentimento ***
Capitolo 10: *** Buon sangue non mente ***
Capitolo 11: *** Fede ***
Capitolo 12: *** La lunga mano del Destino ***
Capitolo 13: *** Cerberus ***
Capitolo 14: *** Redenzione - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Piccola come una goccia d'acqua ***


dlc cura 1

Prologo

Cittadella, Huerta Memorial Hospital

 

Lo guarda, disteso un letto, immobile, la fronte imperlata di sudore e, ogni tanto, il petto mosso da un flebile, faticoso, doloroso ansimo. La ferita infertagli da Kai Leng, quella ferita che non guarirà, ricucita e coperta da una benda. E nient’altro.

Thane non ha accettato altra medicina. Né la maschera ad ossigeno, né degli antidolorifici, né un sedativo che lo faccia riposare, che renda il trapasso meno doloroso.

Konstantin Shepard si morde un labbro, mentre sfiora la mano del drell.

Senza di lui, non ha senso nemmeno combattere la guerra. Perché che ricompensa può esserci, per lei, in un mondo dove Thane Krios non respira più?

Si rigira fra le mani una siringa di liquido chiaro.

Non si è mai presa una responsabilità così grande. Non ha mai tenuto in mano una vita, non una vita che aveva tanto a cuore. E non ha mai avuto tanta paura, mai, in tutta la sua esistenza.

- Se vuoi farlo, necessario agire ora.- le ricorda, dolcemente, la voce di Mordin.

Shepard si volta, incrociando i liquidi occhi neri dello scienziato.

- Lui non lo vorrebbe.- sussurra poi, sfiorando il braccio di Thane

- Forse non cosa etica, ma decisione ora è tua.-

La comandante si morde il labbro, una brutta abitudine che credeva di aver perso molti anni prima, poi guarda Mordin ed annuisce:- chiama il dottor Zane. Digli di tenersi pronto.-

- Tutto è preparato.- la rassicura il salarian

- Va bene, allora.- Shepard prende un respiro profondo. Si china in avanti, baciando Thane sulle labbra - ti amo tanto.- sussurra.

Lui socchiude appena gli occhi e la guarda, confuso

- Siha…-

- Non parlare.- dice lei, dolcemente - Andrà tutto bene.-

Dopo di che fa scivolare l’ago della siringa sotto la sua pelle e preme a fondo lo stantuffo.

 

Capitolo Primo

Piccola come una goccia d’acqua

 

Quattro mesi prima, Apollo, Cittadella.

 

Una cameriera appoggia un vassoio sul tavolo di Shepard.

- Ecco.- dice, con un sorriso radioso… che diventa una smorfia quando si accorge di chi ha appena servito.

- Ehm… prego?- azzarda la comandante

- Sì, ecco, eh, io… devo andare.- si confonde la ragazza, prima di scappare verso il bancone.

- Ma… ho fatto qualcosa di male?- esclama Shepard, perplessa

Thane sorride:- si è sparsa la voce che i Razziatori ti seguano ovunque tu vada.-

- Beh, è una fesseria.- Konstantin scuote la testa - non ci riuscirebbero, nemmeno volendo. L’ultima volta ci hanno quasi raggiunti, nel sistema Hades Gamma. Ma che io sia maledetta se ho mai visto un pilota bravo come Joker. Siamo praticamente scomparsi nel nulla. Eccezionale.-

- Ecco una delle poche cose della Normandy di cui non sento la mancanza.- rileva il drell

Shepard ride, una risata leggera, distratta:- Non ci credo.-

- Certo…- Thane sospira - mi mancano tante altre cose, della vita a bordo. Per quanto la nostalgia sia meno accentuata, quando si possono rivivere i propri ricordi.-

- A volte è una cosa che vi invidio.- ammette Konstantin - La nostalgia è… è come la sensazione di star perdendo qualcosa, una parte di sé. Lentamente, ti accorgi che quei dettagli che volevi preservare per sempre sono frammenti sempre più piccoli, sempre più evanescenti. E alla fine li perdi e resta soltanto una densa nebbia incolore, resta solo una sensazione di malinconia.-

Thane annuisce, gravemente:- ma almeno così scompaiono anche i brutti ricordi.-

- Si affievoliscono.- lo corregge Shepard. Poi prende un lungo sorso e cambia tono di voce - Dio, perché cadiamo sempre in questi discorsi? Sono deprimenti e, davvero, Thane, non posso andare in guerra depressa, altrimenti finisce che mi faccio mangiare viva dai Razziatori.-

Parecchie teste si voltano verso di lei

- Scusate, ho esagerato. Enfasi retorica.- si difende la comandante.

Thane nasconde un sorriso divertito dietro l’orlo del bicchiere

- La tua delicatezza mi sorprende sempre, siha.- dice, dolcemente - Piuttosto, come sta la vecchia squadra?-

- Dopo il mio ritorno sulla Terra ci siamo un po’ dispersi. Ma c’è sempre Garrus, a guardarmi le spalle e a farmi le calibrature. Dio lo benedica, io non avrei idea di dove metter le mani.-

Thane allunga una mano, a scostare una ciocca di capelli dal viso di Konstantin:- sei molto meno perfetta di quanto faccia immaginare la propaganda.- dice, scherzosamente

- Se si sapesse in giro che ho preso a testate un krogan e che i pesci del mio acquario puntualmente muoiono, probabilmente il Consiglio consegnerebbe ai Razziatori le chiavi della galassia. A volte serve che qualcuno sia perfetto. O, per lo meno, indistruttibile.-

- E’ incredibile il modo in cui io e te ci ostiniamo a non morire. Tu sei sopravvissuta a talmente tante cose che non provo nemmeno ad elencarle, di cui le più notevoli l’esplosione della tua astronave e il portale di Omega 4 e io… beh, secondo i medici avrei dovuto raggiungere l’oceano parecchi mesi fa.-

Konstantin prende fra le proprie la mano di Thane:- sono felice che tu sia ancora qui.- mormora

Si guardano negli occhi, in silenzio.

- Siha… è stato bello. Ma sapevamo entrambi che questa storia non era destinata a durare. Sapevamo che sarebbe finita.- dice infine Thane.

Shepard tentenna: sapeva che quel momento sarebbe arrivato, ma ora le sembra così profondamente sbagliato. Come se una conversazione potesse mettere fine al loro amore, cancellare un sentimento sbocciato e cresciuto, che non è mai venuto meno, nemmeno nel momento più nero.

- Perché?- chiede, semplicemente.

Thane la guarda, confuso. Fra tutte le reazioni del mondo, quella non se l’aspettava.

Respira, profondamente, faticosamente, stringe le mani di Shepard:- non voglio che tu soffra.-

- E pensi che lasciarci adesso m’impedirà di soffrire in futuro?-

- Stai combattendo una guerra, siha. E io non posso essere al tuo fianco.-

- Ma puoi scrivermi. Possiamo vederci quando scendo sulla Cittadella. Possiamo olocomunicare. So che il sesso via factotum non è il massimo, però possiamo attrezzarci.- ribatte Shepard, cercando di scherzare.

Thane la guarda con un sorriso triste negli occhi:- sto morendo, siha. Non… non ha senso amare un uomo che sta morendo.- 

- Non è una cosa che posso o che voglio cambiare.- mormora lei, accarezzandogli la guancia. Percorre il taglio delle sue labbra, poi si sporge in avanti e lo bacia sulla bocca - ti amo, Thane.-

 

Dopo aver lasciato l’Apollo, passeggiano per un po’ per le strade della Cittadella, tenendosi per mano.

Per un’ora la perfezione artificiale fa scomparire le brutture del mondo reale e tutto sembra splendido e semplice, come il lago del Presidium che è limpido, azzurro, che è senza pesci.

- Vorrei conoscere il tuo medico.- dice ad un tratto Shepard

- Cosa?- Thane le lancia uno sguardo perplesso - perché?-

- Perché si fa così quando si ha una relazione seria.- ride - e poi Kolyat non ne sembrava così entusiasta.-

- Due cose: quando hai parlato con Kolyat  e perché avreste dovuto parlare del mio medico?-

Shepard si liscia indietro i folti capelli castani:-  Quando Anderson è riuscito a farmi pervenire qualcuna delle mail che mi avete mandato mentre ero in prigione e perché sia io che Kolyat teniamo a te.-

Thane alza gli occhi al cielo:- E’ il dottor Gerald Francis. E’ un medico generale piuttosto bravo e, comunque, non servono grandi competenze per il mio trattamento. Credo che anche un krogan munito di siringa ci riuscirebbe.-

- Ma Kolyat ha detto…-

- Kolyat preferirebbe un medico dalle prospettive più… aperte. Uno di quelli che cercano nuove vie, che testano nuovi protocolli farmacologici e sono perennemente in cerca di una vera cura.-

- Che brutte persone.- ironizza Shepard

- Questo è uno dei cinque discorsi che non volevo affrontare proprio con te.- sospira Thane

- Perché? Perché sapevi che l’avrei pensata come Kolyat?- replica la donna, alzando involontariamente la voce - E comunque nemmeno a me farebbe schifo che tu fossi seguito da qualcuno vagamente più specializzato di un krogan munito di siringa.-

Quando finisce di parlare sta praticamente urlando.

- Siha…- Thane fa per baciarla, ma lei lo respinge

- Thane, perché vuoi morire?- sbotta, dura

- Non voglio morire, siha. Solo mi sembra sciocco perdere tempo ad inseguire una speranza irrealizzabile.-

- Perfetto. Allora io dovrei semplicemente smettere di combattere i Razziatori?-

- No. Perché tu sei forte e la galassia ha ancora una speranza…-

- C’è sempre una speranza.- mormora Shepard, accostando il viso a quello di Thane - anche se a volte è piccola, come una goccia d’acqua. A volte è talmente piccola che la gente dimentica che c’è.-

Il drell prende il fiato, come se volesse replicare.

Ma poi scuote il capo, sconfitto, e distoglie lo sguardo da Shepard, per nascondere le lacrime.

- Mi dispiace, siha.- sussurra - non sono forte come te.-

Lei lo abbraccia, parlandogli dolcemente:- Nessuno ti chiede di esserlo. Solo… permettimi di aiutarti.-

- Va bene, Shepard.- sospira Thane - ma non riesco a vederne il motivo.-

- Vuol dire che dovrò vederlo io per tutti e due.-

 

 

 

 

 

-- La Coda!

Oddio non ci credo sto davvero postando una long XD

Era da un po’ che quest’idea mi frullava in mente, quindi eccomi qui e spero di potervi divertire o emozionare o sbraitare contro lo schermo, a vostra scelta.

Alcune note organizzative che volevo mettere all’inizio ma stavano malissimo dal punto di vista grafico XD

 

Nota1: l’equipaggio della Normandy è quello di ME3, ma ha anche i tecnici di Cerberus (fra cui l’onnipotente sergente logistico Ruperd Gardner)

Nota2: Mordin è sopravvissuto alla missione della cura per la genofagia. Mah, forse è una storia che vi racconterò con un altro DLC XD

Nota3: il titolo della fic è la cosa più banale dell’universo, non vogliatemene ma sono negata con i titoli.

Nota4: anche se dall’inizio può non sembrare, questa fic vuole avere anche degli aspetti comici (già nel prossimo capitolo avremo i primi dialoghi con l’equipaggio e con il nostro James Vega che non è un campione di lucidità ed intelletto XD)

Nota5: per gli aggiornamenti, cercherò di aggiornare settimanalmente, ma non prometto nulla perché presto ricomincio università e ho scritto appena due capitoli!

Nota6: se siete passati, non siate crudeli e recensite XD

Nota7: cribbio, quante note.

Nota8: la nota6 potevi anche risparmiartela ndKolyat

Nota9: sta zitto, Kolyat ndAutrice

Nota (finale) dell’Araldo: assumo il controllo diretto!!

 

Un bacio a tutti

Char --

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Capitolo 2
*** Hiram Zane ***


dlc cura2

Capitolo secondo

Hiram Zane

 

- No, James, non puoi scaricare “quel maledetto turian” assieme ai rifiuti della nave. James!-

La voce del tenente esce distorta dal comunicatore - Cacchio, Lola, mi hai sfondato i timpani!-

- E tu aggiusta quel dannato comunicatore. Ti sento malissimo!-

- Ah, dev’essere di nuovo la Allers. I suoi dannati apparecchi disturbano la trasmissione.-

Shepard alza gli occhi al cielo:- Vedete di farmi trovare la Normandy a posto, quando torno. Altrimenti consideratevi tutti licenziati ed offerti come bersagli mobili per i Razziatori.-

- Beh, Lola… siamo già bersagli mobili per i Razziatori.-

- Intendevo… aspetta, ho un’altra chiamata.-

- Perché adesso si dice “un’altra chiamata”, eh?- dal suo tono di voce, Shepard deduce che James sta ammiccando

- Tu pulirai il ponte per un mese, appena torno sulla Normandy. E pelerai le patate per il sergente logistico Garner. E laverai i piatti. E…-

- Lola, non ti credo nemmeno se giuri. Senza contare che nessuna di quelle mansioni si fa più manualmente.-

Shepard si morde la lingua, cercando una rispostaccia adeguata:- va bene, James. Hai vinto.- dice, fingendosi accondiscendente - ora potresti consegnare un messaggio a Garrus, da parte mia?-

- Certo, Lola.-

- Bene. Digli che sei il suo schiavetto fino a nuovo ordine! Che ti faccia fare qualunque cosa gli passi per la testa, possibilmente qualche mansione umiliante. Contento, tenente?-

- Oh, cacchio, questo NO!-

- Buu, vuoi andare a piagnucolare dal maggiore Alenko? Oh no, io ho paura del maggiore Alenko!-

- A volte capisco perché i Razziatori ti odino tanto, Lola.-

- Dio, avessi solo metà della tua perspicacia, James. Ora devo scappare. Sai, ho davvero un’altra chiamata.-

Spegne il comunicatore prima che il tenente abbia tempo per replicare.

Accetta la seconda chiamata (visto? C’era sul serio!)

- Ti fai aspettare, eh, Shep?- la saluta una morbida voce femminile

- Ciao, Kasumi.- sorride - Hai fatto in fretta! Ti ho scritto solo ieri…-

- Sai, dopo quel casino con gli hanar avevo ancora i miei vecchi contatti. Ti sto mandando il numero di un eccellente medico, drell, laureato con lode alla Primazia Illuminata di Kahje, specializzato nella sindrome di Kepral e… beh, anche piuttosto carino, se ti piace il genere verde e squamoso.-

Shepard trattiene una risata:- grazie, Kasumi. Ti devo un favore.-

- Tu mi devi sempre un favore, Shep. Ti ho seguita in quel portale distruggi-navi, no?-

- E io mi sono infiltrata nel caveau di Donovan Hock. E ho indossato un vestito!-

- Mmh, ok, sospendiamo le ostilità. Limitati a ringraziarmi, Shep.-

- Grazie, Kasumi. E, un’ultima cosa…-

- Dimmi? Sono di fretta, Shep, ho un’infinità di cose da rubare.-

-… come mai c’è un medico drell fra i tuoi contatti? Sai, non è il tipo di persona che ti aspetteresti di trovare nella rubrica lavorativa di una ladra professionista…-

- Mi sono imbattuta per caso in lui mentre gestiva una sperimentazione illegale. Nulla di poco etico, sai, solo che la commissione hanar non aveva voluto dare il via libera per non dover sovvenzionare il progetto. Sembrano eterei e gentilissimi, ma sanno essere avidi come volus.-

Konstantin  ride:- grazie, Kasumi. E’ proprio quello che stavo cercando.-

 

Si incontrano all’Apollo, mentre gli altoparlanti trasmettono una musica rilassante e lo schermo è spento, per non mostrare le cronache della guerra, che prosegue, per quanto tutti cerchino di ignorarla.

Shepard arriva per prima. Si accomoda ad un tavolino separato, sulla terrazza e si sistema il vestito. E’ andata a fare shopping, quella mattina, e si è accorta che lei e Thane hanno due idee agli antipodi rispetto al modo in cui una ragazza dovrebbe vestirsi.

Si liscia una piega della gonna e sospira: mai più, mai più una gonna.

Sta considerando seriamente di correre a cambiarsi da qualche parte, quando il suo comunicatore inizia a suonare. Shepard preme un pulsante ed accetta la chiamata.

- Ciao, Kolyat.-

- Ciao. Ho appena ricevuto il tuo messaggio. Sai… grazie, per quello che fai.- tentenna. E’ grato a Shepard, per averlo salvato da una vita di crimini, eppure ancora non riesce a parlarle come ad un’amica - io avevo perso da tempo le speranze di far ragionare mio padre.-

- Sai, Kolyat - replica lei, più sciolta - io posseggo delle arti che tu non hai.- ride - E inoltre grido più forte.-

Il drell ride a sua volta:- sono contento di non averti mai vista davvero incazzata, Shepard.-

- Sì, non è un’esperienza che consiglio a molti. Comunque ho contattato uno specialista della sindrome di Kepral. Lo sto per incontrare. Pare sia il meglio che la Primazia Illuminata abbia da offrire.-

Sente l’esitazione, nella voce di Kolyat:- davvero? Sai come si chiama?-

- Zane. Hiram Zane.- riferisce Konstantin.

Dall’altro capo del comunicatore, sente Kolyat trattenere il fiato

- Kolyat, tutto bene? Qualche problema?-

- No, no… niente…- risponde lui - solo… nah, lascia perdere.-

- Lascio perdere? Non mi piace quando la gente mi dice di lasciar perdere.-

Il drell annuisce:- non è nulla di importante, Shepard, davvero. Credo che conoscesse mia madre.-

- Oh.-

Irikah.

Irikah è sempre stato un argomento delicato. Non ne ha mai davvero parlato, con Thane, a parte una volta. Ed è stato quando ancora non stavano insieme, ma erano solo buoni amici. Konstantin non si è mai veramente confrontata, col ricordo di Irikah. E non intende farlo.

Solo, vorrebbe poter avere la certezza che Thane sia riuscito a dimenticare quel primo e devastante amore, finito in tragedia molti anni prima. Non gliel’ha mai chiesto, però. Dopotutto, si può davvero dimenticare una persona, quando si ha una memoria perfetta?

E’ come Kasumi, che ogni tanto rispolvera la greybox di Keiji e si lascia abbracciare dalla sua immagine olografica, rivedendo all’infinito i loro baci, le loro carezze, rivivendo il tempo passato insieme.

- Shepard?- la richiama Kolyat - ci sei ancora?-

- Oh, cosa? Sì, sì, sono ancora in linea.-

- Beh, allora sappimi dire com’è andata con il dottor Zane.-

- Scriverò un rapporto conciso ma pieno di dettagli.- scherza Shepard, prima di riattaccare.

 

Mentre aspetta il dottor Hiram Zane, seleziona un solitario di carte sul factotum. Non vuole assolutamente permettere alla sua mente di andare a zonzo, finendo ovviamente a pensare ad Irikah.

Ha visto una sua foto, una volta. Era in una delle mail di Thane.

La bellezza della drell l’aveva subito colpita. Per molti versi somigliava a Kolyat. La sua pelle aveva una sfumatura vagamente azzurra, le squame rilucevano di un color verde acqua. Aveva grandi occhi neri ma nel buio si intravedeva un sottile cerchio blu oltremare. Aveva lineamenti fieri ed eleganti, proporzionati. Nella foto indossava un abito sottile, di stoffa bianca, e sorrideva distrattamente.

Solo in quel momento si era resa conto di quanto fossero simili, lei ed Irikah.

Certo, le loro razze avevano delle differenze, nel credo, nella psicologia, nella fisionomia, naturalmente. Ma, per il resto, erano simili. Occhi grandi, bocca forte, carattere risoluto.

Shepard sospira, facendo cenno alla cameriera di portarle una tazza di caffé.

E’ quasi riuscita ad allontanare il pensiero di Irikah, quando un drell si avvicina al tavolo.

- Caffeina?- esordisce, sorridendo – non vive una vita abbastanza eccitante, comandante?-

- Ho bisogno di qualcosa che mi tenga in piedi, quando non sto sparando ai Razziatori.- replica Konstantin, alzandosi in piedi per accogliere l’ospite – lei dev’essere il dottor Zane.-

Il drell annuisce, allungando una mano:- e lei dev’essere la comandante Shepard.-

- Può chiamarmi Konstantin, se vuole.- risponde lei, stringendola

- E tu puoi chiamarmi Hiram.- sorride lui.

Si siedono al tavolo. Conversano piacevolmente per alcuni minuti poi arriva il momento dei discorsi seri.

- Allora – esordisce il drell – la signorina Goto mi ha detto che hai bisogno di aiuto con un malato di Kepral.-

- Sì. E’ in una fase abbastanza progredita, ma è ancora piuttosto in forze.-

Hiram prende nota mentalmente, sorseggiando lentamente un liquido ambrato:- Metastasi?- chiede poi

- Sì, allo stomaco. I danni al cuore invece sono trascurabili. O almeno così li ha definiti il mio medico di bordo, durante l’ultimo esame.-

- Il… medico di bordo?- indaga il drell, con aria scettica

- Stavamo sparando ai Collettori, non avevamo mica tempo di fare gli ipercritici. E comunque mi fido ciecamente della dottoressa Chakwas. Cosa che non posso dire del dottor Francis.-

Hiram fa una smorfia:- Gerald Francis?-

- Ehm, sì. Lo conosci?-

- E’ il tipo di medico che non va ai corsi di aggiornamento e che viene puntualmente scansato dai colleghi. Finché deve fare la stessa cosa all’infinito è perfetto, ma appena c’è da fare qualche cambiamento nella terapia preferisce ritirarsi. E’ un codardo.-

- Incoraggiante.- sbuffa Shepard. Ed è sempre più felice di essere scesa sulla Cittadella, dopo aver ricevuto la mail di Thane. Non vuole immaginare come Garrus e James ridurranno la Normandy (e i nervi di Alenko), ma è una cosa che può sopportare, pur di non lasciare Thane in mano ad un imbranato.

- Avete fatto bene a chiamarmi.- sorride il dottor Zane, asciugandosi le labbra col tovagliolo – allora, dovrò parlare con Gerald, cosa di cui non ho minimamente voglia. A parte questo, quando posso incontrare il paziente? E avrò bisogno delle cartelle cliniche…-

- A questo proposito…- lo interrompe Konstantin -… lui… il paziente… non è molto sicuro di tentare una terapia sperimentale. Convive con la Kepral da anni e… si è abituato all’idea. Thane è…-

Ad Hiram va per traverso quello che sta bevendo:- Thane?- tossisce

Shepard annuisce:- Thane, sì. Thane Krios.-

Il drell prende un respiro profondo, scuotendo il capo:- io… conoscevo sua moglie, Irikah.-

Konstantin ringrazia silenziosamente quella conversazione del tutto casuale avuta con il suo potenziale figliastro, solo mezz’ora prima. Si è risparmiata una figuraccia:- Sì, Kolyat me l’ha accennato.-

- Io e Thane non… lascia stare, è tutto a posto. Allora…- lascia sul tavolo una manciata di crediti e si alza, lisciandosi i pantaloni – potresti darmi uno strappo all’Huerta Memorial? Non vengo sulla Cittadella da qualche decennio e tutto sembra dannatamente diverso.-

- Sì, certo.- sorride Konstantin – prendiamo un taxi.-

 

 

 

 

 

-- La Coda!

Salvee!

Sono appena tornata dal campeggio ed eccomi qui!

Passiamo subito alle note importanti

Nota importante1: ovviamente la descrizione di Irikah me la sono inventata di sana pianta, così come Hiram Zane e il (malfamato) dottor Gerald Francis. Ogni riferimento è puramente casuale XD

Nota importante2: credo che nessuno abbia davvero paura del maggiore Alenko XD

Nota meno importante: non ce l’ho tanto con James, davvero, mi ci sono affezionata… però di presta a passare per quello grosso e stupido, no? No?

 

Un bacio e ci si sente in giro!

Char--

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Capitolo 3
*** Anima e Corpo ***


dlc cura cap3

Capitolo Terzo

Anima e corpo

 

Il taxi li lascia a qualche metro dall’ospedale.

E Konstantin Shepard vorrebbe essere discreta. Vorrebbe poter pensare a qualunque altra cosa, che non sia Irikah e non vorrebbe chiedere, ma il pensiero di lei la tormenta. Il tempo passato assieme, quello che lei ha condiviso con Thane, i dettagli di una storia che non conosce e che, senza motivo, la angoscia.

- Allora, come conoscevi Irikah?- chiede infine

Hiram non risponde subito. Si adombra, inizia a torcersi le mani:- noi…- mormora infine, scuotendo il capo -… ci conoscevamo quand’eravamo bambini. Eravamo…- si morde il labbro inferiore e, per un attimo, sembra più giovane di vent’anni – oh cazzo - geme poi – era mia sorella.-

- Tua…- Shepard trasale -…tua sorella?-

- Sì, sì. Mia sorella.- ripete lui – Siamo cresciuti insieme ma poi le nostre vite hanno preso strade diverse. Lei si è sposata e, per quel che vale, mi è parsa davvero felice. Finché…- i suoi occhi si fanno vitrei, la sua mente fugge indietro, indietro nel tempo e lontano nello spazio: - E’ mattina. Una voce metallica al comunicatore. Lei è morta, lei è stata uccisa. Perdo la presa sulla provetta che ho in mano. Rumore di vetro che s’infrange. Vogliono sapere se è mio desiderio vederla ancora una volta, prima che preparino il rituale d’addio. Cado in ginocchio. Vetri nelle mani, angoscia. Mi manca il respiro… Vado al tempio e… e lui nemmeno c’è. Un hanar. Stringe un tentacolo attorno alle spalle di un bambino, che ha gli occhi rossi per il pianto e le labbra che sanguinano per aver cercato di trattenere le lacrime.-

Mentre ricorda, sillabando lentamente quelle parole mai dette a voce alta, sente la rabbia montargli nell’animo. Alla fine si ferma in mezzo alla strada e tira un pugno al muro. Un segnale luminoso lampeggia a intermittenza e poi si spegne. Un brivido gli scuote le spalle, si ripercuote lungo il braccio e sulle dita. Dietro i profondi occhi neri, Shepard intravede l’ombra di un uomo fragile e ferito, la cui anima ancora sanguina.

- Mi dispiace.- mormora la comandante. Vorrebbe toccarlo, portargli almeno un vago conforto, ma sa che non servirebbe a niente. Resta immobile, al suo fianco, aspettando che si riprenda.

- No, no, dispiace a me. Sono passati anni e ancora brucia come il primo giorno. I ricordi mi perseguitano, s’infilano in ogni spazio di veglia, mi privano del riposo. Ma è sciocco prendersela con te, comandante. Nessuno mi restituirà mia sorella.-

Ogni volta che pensa ad Irikah, Hiram sente una stretta gelida allo stomaco. Un dolore sordo, improvviso, freddo e lancinante, che aveva finto di poter dimenticare. Sua sorella era stata la sua miglior amica per tutta la giovinezza. Era poco più grande di lui, eppure sembrava quasi adulta. Era sicura, determinata, padrona della situazione. Era una guerriera. E quando qualcosa la faceva infuriare, un fuoco le ardeva dalle vene e un bagliore le illuminava lo sguardo. Hiram avrebbe giurato che nulla potesse fermarla.

Ma qualcuno c’era riuscito, l’aveva fermata, qualcuno aveva preso la sua vita, aveva cancellato ogni speranza futura, aveva spezzato il suo respiro. L’aveva lasciata riversa in una pozza di sangue, con un foro in mezzo agli occhi. A quei dolci occhi scuri, che lentamente avevano perso ogni luce.

L’ultima volta che Hiram aveva visto Thane, era stato al rituale d’addio.

Mentre il corpo di Irikah scompariva negli abissi del mare, Hiram aveva alzato lo sguardo verso quell’uomo distante e triste, che stringeva al petto un bambino in lacrime.

Improvvisamente, non aveva più avuto voglia di litigare e se n’era andato senza dirgli niente. Si era sentito svuotato di ogni energia, di ogni rabbia. Aveva realizzato che tutto quello che gli restava di Irikah era in quel bambino. Un frammento di sua sorella era ancora vivo. Una parte di lei sarebbe sopravvissuta a quel giorno, sarebbe cresciuta, l’avrebbe fatto sorridere, e combattere, e sognare un destino felice e il grande amore.

Sta ancora recuperando il controllo su sé stesso, quando una scarica di proiettili lo richiama al presente.

Un dolore bruciante gli squarcia la spalla. La camicia s’impregna di sangue.

Poi sente le mani di Shepard che gli afferrano la vita e lo trascinano giù, dietro ad una panchina.

- In un modo o nell’altro…- sospira la donna, estraendo la pistola – finisce sempre che qualcuno mi spara.-

Vorrebbe avere il suo fucile d’assalto, il prolungamento del suo braccio, con cui non deve nemmeno più prendere la mira. Stringe la pistola e si sporge un po’ dal riparo, per controllare la situazione

- Cosa sta succedendo?- chiede Hiram, a mezza voce

- Non ne ho idea, dottore.- ribatte Konstantin, allungando il braccio e sparando un colpo.

Gli aggressori sono quattro, di cui due ben visibili, esattamente di fronte alla loro posizione.

Indossano tute scure, di un materiale leggero ma resistente.

Shepard si mette in ginocchio dietro all’improvvisato riparo, poi scatta di lato e fa fuoco. Non può negare una certa soddisfazione, quando sente i gemiti di uno degli aggressori. Ormai, quella lotta continua, senza quartiere, sta diventando la sua routine. Più dei Razziatori, sembra che ogni organizzazione criminale abbia almeno un motivo per odiarla e per volere la sua testa.

Sospira, sporgendosi dal riparo per esplodere altri tre colpi. Un tempo, quando si svegliava sull’astronave di sua madre e contemplava l’universo, oltre i pannelli, era una bambina con gli occhi pieni di meraviglie. Aspettava ansiosamente di diventare un soldato, ma non il genere in cui poi si era trasformata. Immaginava di andare a sorvegliare sul pacifico sviluppo delle colonie, di annientare la piaga dei pirati batarian, di essere un simbolo di placida sicurezza, non di eterna guerra. Poi, un giorno, su Elysium, si era resa conto che puoi distruggere un nemico, ma sempre un altro prenderà il suo posto, in un ciclo estenuante, senza fine.

Colpisce in piena fronte uno degli aggressori, che si accascia in avanti, agonizzando.

Sente i suoi gemiti strozzati e, improvvisamente, sente tutta la stanchezza del mondo gravarle sulle spalle. Vorrebbe tornare alla sua vita nello spazio, dove il suo unico problema era compiacere sua madre e apprendere quanto più poteva da lei e da chi l’accompagnava.

Lancia appena uno sguardo ad Hiram. Il medico sta rannicchiato dietro al riparo improvvisato, reggendosi il braccio ferito. E’ spaventato, ma non atterrito. C’è una strana lucidità nei suoi occhi, quella che acquisti quando ogni giorno decine di vite passano sotto le tue mani, a portata del tuo bisturi, quando basta un sobbalzo per distruggere un’esistenza. 

Shepard sta per sparare di nuovo, quando due agenti dell’SSC irrompono nella via, con i fucili spianati.

I misteriosi aggressori esplodono ancora qualche colpo in aria, poi lanciano un fumogeno e si dileguano nell’ombra, lasciandosi dietro il corpo del compagno.

 

- Comandante Shepard.- la riconosce uno degli agenti, rivolgendole un rigido saluto militare

- Grazie, per l’aiuto.- sorride la donna, diplomaticamente. Non ha mai davvero avuto bisogno dell’SSC per trarsi d’impaccio, ma è bello sapere che le autorità stanno rendendo più efficiente il sistema di sicurezza della Cittadella.

- Tutto bene, dottore?- chiede poi, voltandosi verso Hiram.

Il drell si sta tamponando la ferita, che sembra superficiale e ha quasi smesso di sanguinare.

- Tutto bene, comandante.- abbozza un sorriso – Vita emozionante, la tua.-

- Fin troppo.- ribatte Shepard

- Comandante… avremmo bisogno di prendere la sua deposizione.- s’intromette l’agente SSC.

Konstantin annuisce. Si appoggia ad un cartello pubblicitario, respirando profondamente. E’ quasi grata a quel gruppo di anonimi criminali, che le hanno dato un quarto d’ora di riposo dalle sue angosce.

Il rimorso del combattimento, l’amarezza che deriva dalla coscienza che non esisterà mai un universo senza guerra, il tormento che si accompagna alla fine di una vita… sono demoni con cui Shepard sa convivere. Sono i suoi veri compagni. Discreti, eppure sempre presenti. Non abbastanza forti da fermarla, ma sufficientemente oscuri da avvelenare i suoi pensieri. Oltre l’adrenalina, oltre la sicurezza e l’eccitazione dello scontro, c’è sempre una punta di dolore.

Eppure, Shepard è grata a quella fitta di agonia. E’ ciò che la mantiene umana.

 

Una volta al Huerta Memorial, rintracciano in fretta il dottor Francis.

E’ un uomo basso e grassoccio, dai rossi capelli arruffati e dai modi bonari. Ha le mani sudate e una stretta tremolante, poco sicura, quasi emotiva. Borbotta semplicistiche formulazioni e sentenze sommarie. E sempre tentennando, sempre esitando, come a voler chiedere conferma.

Mentre lo ascolta parlare, Shepard sente un brivido di raccapriccio correrle lungo la schiena.

Come ha potuto Thane stimare così poco la sua vita, affidandola a un simile fantoccio?

Hiram ascolta il resoconto con distaccato interesse, annuendo e memorizzando. Tiene la cartella clinica fra le mani, passando i polpastrelli sulla copertina.

Alla fine, i due dottori si appartano per discussioni che lei non è sicura di poter capire.

E Konstantin s’intrufola nell’ambulatorio.

Thane è in sala d’aspetto, che finge di leggere una noiosissima rivista con in copertina una foto di Blasto.

- Non pensavo t’interessassero i film d’azione.- ride la giovane, sedendosi accanto a lui.

Il drell sbatte le palpebre, risvegliandosi dal solipsismo

- Stavo… ricordando.- si scusa. Poi sorride:- ricordavo te.-

- Me mentre sparo ai vorcha o me mentre sono tutta nuda?-

Thane le accarezza i capelli color rame, prima di baciarla teneramente sulle labbra. Ama il modo in cui Konstantin sorride, ama le sue battute, ama quella piccola cicatrice sulla guancia. – Pensavo… ad Horizon. A quando sei tornata da quella missione.-

- Fra tutti i nostri ricordi – mormora Shepard, posando il capo sulla sua spalla – perché proprio questo?-

- Perché quella sera, per la prima volta, ti ho visto umana. Fino a quel momento eri stata solo una corazza vuota, armata di una ferrea volontà e di qualche dozzina di frasi fatte. E dopo Horizon ho visto la donna che vive dentro al soldato. Ho visto l’anima, e non più solo il corpo.-

Konstantin sospira, intrecciando le dita a quelle di Thane:- volevo essere la migliore.-

- Non puoi salvare tutti, siha.- sussurra lui, gli occhi velati di malinconia.

- Ma posso tentare.- ribatte lei, conscia che non stanno più parlando di Horizon, né dei Razziatori, né della guerra – Posso combattere fino allo stremo, posso non arrendermi mai. Posso tentare.- ripete

Thane fa scivolare le dita fra i suoi capelli:- Non è compito tuo, siha. Ognuno affronterà la sua fine, un giorno. Non c’è via di fuga. Ma si può morire in pace. Si può trovare riposo nella consapevolezza di aver riparato ai propri torti, di aver costruito qualcosa, che resisterà ben oltre la nostra vita terrena. Di aver trasceso i limiti del corpo, liberando lo spirito dall’inganno della materia. Ma questo, siha, è un viaggio che ognuno compie da solo. Tu affronterai il tuo e il tuo solamente.-

- Questo lo capisco. Una parte di me può anche accettarlo. Ma voglio rinviare la partenza più a lungo possibile. E, visto che siamo in tema, Kasumi mi ha messo in contatto con un nuovo medico.-

Thane scuote la testa, ma non parla. Shepard è una delle donne più cocciute e determinate che abbia mai conosciuto. La guarda, semplicemente, imprimendosi il suo viso nella memoria.

- … si tratta di Hiram.- completa la donna, in quel momento – Hiram Zane.-

Thane sente il respiro bloccarsi nei propri polmoni. Hiram. Quel nome rievoca in lui una fitta di rimorso. Hiram è l’uomo a cui ha fatto crescere suo figlio. E’ stato tutto quello che avrebbe dovuto essere lui. Lentamente, la coscienza di aver protetto Kolyat dal suo mondo riesce a placare il senso di colpa.

Lui e Hiram non si erano mai conosciuti abbastanza da diventare amici, ma era pur sempre il fratello di Irikah. Socchiude gli occhi e, inavvertitamente, ci pensa.

“Profumo di cibo caldo. Lei in piedi nella sala da pranzo, vestita di lino. Dalla finestra soffia una brezza rovente. Kolyat a quattro zampe sul pavimento. Un uomo in camice bianco a carponi accanto a lui. Lei sorride dolcemente. L’uomo si alza, le cinge la vita con le braccia. “Ciao, mia splendida sorella”. La bacia sulla guancia. Kolyat tira una palla contro il muro. Sua madre ride.”

Un sospiro gli sfugge dalle labbra. L’unico sogno di Irikah era stato avere una famiglia ma, quando lei non c’era stata più, quella famiglia si era accartocciata su sé stessa, ed era morta.

 

 

 

 

 

-- La Coda!!

Buongiorno! Anche questa settimana riesco ad aggiornare puntualmente! Non garantisco per le prossime, perché sto rivedendo la parte che ho scritto e sto scrivendo quella che non ho scritto… e prometto di non fare più battute come questa XDXD

Volevo ringraziare infinitamente Hi Fis per i preziosi consigli, che hanno sicuramente contribuito a far migliorare questa storia e darmi più soddisfazione! Grazie anche a Marie16 che mi ha recensita! E grazie anche a voi, lettori silenziosi, (sperando che ci siate e che non vi stia immaginando io XD)

 

Alla prossima!

Char--

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Capitolo 4
*** Le colpe dei padri ***


dlc 4

Capitolo Quarto

Le colpe dei padri

 

Athira osserva il giovane drell esalare gli ultimi, faticosi respiri.

Tossisce quasi ininterrottamente, ma il Custode della Memoria è stato chiaro: la purezza della morte non dev’ essere contaminata dalla medicina, la sofferenza deve essere pura e acuta, così come gli Dei l’avevano immaginata, nell’affliggere al popolo drell la sacra punizione.

Athira è stata benedetta solo qualche mese fa e ci sono ancora tante cose, che la spaventano.

Cerca di ripetersi che la sua anima non è davvero spaventata, che alla fine accoglierà con gioia il fato che l’è spettato, cerca di dirsi che sono solo gli inganni della materia a tenerla attaccata così spasmodicamente ad una vita che non merita di vivere.

Eppure, le riesce ancora difficile da accettare.

Interrompe le proprie riflessioni. C’è qualcosa di diverso, nell’aria.

… c’è silenzio.

Abbassa lo sguardo, sul giovane drell.

E’ immobile, i grandi occhi neri spalancati sull’eternità, il volto rilassato nel torpore della morte.

- Grazie, Kalahira, per aver accolto un altro dei tuoi figli.- prega il Custode, a voce alta.

Un mormorio reverente si unisce a lui, ma Athira non ci riesce.

Non riesce a pregare. Da quando ha scoperto di essere stata benedetta, sta affrontando una crisi di fede. Può davvero accettare come una benedizione qualcosa di terribile, come la sindrome di Kepral?

Come può il Custode della Memoria essere così certo che la malattia sia la punizione che gli Dei hanno destinato ai drell? Perché non può essere semplicemente una reazione biologica, causata dalla difficoltà di adattarsi ad un nuovo pianeta e ad un nuovo clima?

- Hai delle perplessità, figlia mia?- le chiede il Custode, in quel momento, posandole una mano sulla spalla.

- No.- risponde Athira, troppo velocemente.

- Figlia mia, non devi vergognarti dei tuoi timori. Ma ascolta: un popolo non deve sopravvivere al pianeta che gli è stato concesso in dono. Noi dovevamo assecondare la volontà degli Dei, e perire assieme a Rakhana. Invece… invece ci siamo stupidamente aggrappati alla vita, cercando in ogni modo di rimandare l’estinzione. Abbiamo dovuto scendere a compromessi con gli Hanar. Siamo arrivati a ringraziarli, per il soccorso che ci hanno portato, per il posto che ci hanno offerto sul loro pianeta… abbiamo accettato la loro cosiddetta grazia, ci siamo piegati al Contratto stipulato dai nostri padri… e così facendo abbiamo recato offesa agli Dei! Ci proteggiamo all’ombra di una razza sacrilega che non venera i veri Dei ma una razza guerrafondaia estintasi secoli orsono!- il Custode si sta scaldando, il sacro fervore illumina i suoi grandi occhi scuri e le sue lunghe mani gesticolano animatamente - Però, ci è stato concesso un modo per espiare! La Sindrome di Kepral. Un modo per mondarci dagli errori del passato, per morire come avremmo dovuto morire tempo addietro, per emulare la sorte del nostro amato pianeta! Solo chi accetta la malattia come una punizione divina, solo chi la festeggia come una benedizione, solo chi rifiuta le cure e porta fra i suoi fratelli il nostro verbo, solo lui sarà infine considerato giusto agli occhi degli Dei e, oltre l’Oceano, avrà finalmente la grazia!-

Il piccolo gruppo di accoliti si è riunito attorno al Custode, per ascoltare le sue parole.

E tutti ne sembrava entusiasti, eppure Athira non riesce a scrollarsi di dosso la sensazione che ci sia qualcosa di incredibilmente sbagliato, nelle cose che dice, in quello che lei ha fatto nel nome della fede.

Tossisce, mentre una vampa di dolore le dilaga nel petto.

- E’ una benedizione.- sussurra, fra sé, guardando le gocce rosse che le macchiano le dita.

 

- Ciao, Thane.- sospira Hiram.

- E’… è da parecchio.- risponde il drell, esitando.

Konstantin gli prende una mano, intrecciando le dita con le sue. Non riesce a immaginare come si sentirebbe lei, al suo posto. Si è sentita morire quando ha conosciuto le sorelle di Ashley, quando l’hanno guardata negli occhi chiedendole degli ultimi minuti della loro sorella maggiore. Quando ha dovuto parlare con voce fiera, quando invece aveva voglia di piangere, quando si sentiva distrutta dai sensi di colpa.

Hiram si siede sulla poltroncina di plastica:- dov’è Kolyat?- chiede poi, secco.

Non ci sono altri argomenti, che possono legarli. Niente, a parte quel bambino che Thane non ha voluto e che lui, Hiram, ha cresciuto, nonostante il costante dolore che gli attanagliava il petto, ogni volta che guardava suo nipote. Ma c’era riuscito. Era rimasto, rimasto per il figlio di sua sorella, rimasto nonostante l’amarezza e la tortura di vivere in un mondo solitario.

- Dovrebbe arrivare a momenti.- risponde Konstantin.

- Va bene.- Hiram prende un respiro profondo.

Non sa come parlare, come esprimersi, come poter ignorare tutto il disprezzo che gli corrode l’anima. L’odio sopito si ridesta, la voglia di litigare, di imprecare, di recriminare. La voglia di prendere Thane per il collo e di fargli rimpiangere ogni minuto di lontananza, ogni secondo di assenteismo, ogni notte che Irikah ha passato da sola, in un letto gelido, a sognare una vita che non avrebbe mai potuto avere.

- Andiamo in ambulatorio.- riesce a dire, alla fine. Stringe il pugno così forte che le unghie gli incidono un solco nella pelle azzurrina delle mani – Voglio visitarti, poi parleremo della terapia.-

- Hiram…- lo blocca Thane – non sei costretto ad aiutarmi. Anzi.-

- Non lo faccio per te.- sibila l’altro drell

Ed è vero. Lo fa per Kolyat, che ha appena ritrovato suo padre e non vuole perderlo di nuovo. Per il giuramento che fa ogni medico, che lui ha sempre onorato e che è l’unica cosa che va davvero bene, nella sua vita. Forse persino per Shepard, per quella tenace ragazza armata, che gli ricorda sua sorella in maniera devastante. E, sì, lo fa per Irikah. Perché lei sapeva vedere il bene anche nell’animo più nero e avrebbe sempre voluto aiutare gli altri, in ogni circostanza, non importa se l’avevano fatta soffrire.

Ma non è facile onorare la sua memoria. Sembra semplice, agire come avrebbe fatto lei, prendere le scelte su cui lei non avrebbe nemmeno dovuto riflettere. Sembra automatico ma è estremamente difficile. Dimenticare il proprio ego, per poter rievocare, anche solo per un po’, la purezza d’animo di Irikah.

- Andiamo.- ripete, dirigendosi verso l’ambulatorio.

Shepard si alza, per seguirli, ma Thane le fa cenno di restare indietro.

Konstantin non sa se è perché vuole passare del tempo da solo con Hiram, o perché non vuole che lei li senta litigare, o perché c’è un parte di lui che sta pensando ad Irikah, in quel momento, e gli sembra di tradire la sua memoria, tenendo la mano di un’altra donna.

Li guarda sparire dietro ad una porta di plastica bianca.

 

Mentre è da sola, pensa alle vie del destino. A come cento piccoli dettagli possano cambiare, cambiando non solo loro stessi, ma anche il corso della storia. Se Thane non fosse stato un assassino, se non avesse dovuto uccidere proprio quell’uomo, quel giorno, in quel luogo. Se Irikah fosse rimasta a casa, quella sera. Se non avesse avuto il coraggio di frapporsi fra la vittima e l’assassino.

Per qualche istante, sente di non poter più tollerare di essere chiamata “siha”, non convivendo con la consapevolezza che quel soprannome è stato di un’altra persona, di un’altra donna che probabilmente l’ha meritato più di lei.

Paradossalmente, è più facile essere un eroe in guerra, piuttosto che in pace.

Perché quando le cose a te tendono ad esplodere, sai che ogni minuto potrebbe essere l’ultimo. In quest’atmosfera apocalittica, sai che non puoi fuggire alla distruzione. E allora puoi affrontarla serenamente, prescindendo dalla tua indole, dai tuoi sogni del cassetto, accantonando le piccole preoccupazioni che durante la pace sembrano enormi e che la guerra semplicemente spazza via.

Non puoi ignorare il nemico, in guerra.

Ma in pace puoi passare oltre. Vedere che qualcuno sta per morire e decidere quietamente di lavartene le mani, di continuare con la tua passeggiata serale, di tornare a casa e guardare un film, distesa sul divano.

Ci vuole un gran coraggio, per inclinare lo status quo.

Shepard si guarda intorno: passi distratti l’hanno condotta fino al giardino interno dell’ospedale.

C’è una gran pace, il mondo sembra annullarsi, fra quelle quattro mura, coperte dai rampicanti artificiali.

Si siede su una panchina, di fronte al laghetto. L’acqua esce a fiotti, con un quieto mormorio.

Qualche minuto dopo, una voce la strappa al torpore.

- Shepard?-

- Kolyat!-

La donna si alza in piedi, per stringere la mano al giovane drell.

E’ passato un lasso di tempo scandalosamente lungo, dall’ultima volta che l’ha visto, o che si sono scritti. Shepard respinge l’istinto di autogiustificarsi, di esigere clemenza con sé stessa: con l’intera galassia in guerra, sembra legittimo trascurare un po’ i rapporti sociali, ma la comandante sa che non è stata colpa dei Razziatori. E’ che lei e Kolyat hanno poco in comune, hanno i loro pensieri, le loro vite, forse non hanno nemmeno un grande interesse a conoscersi a vicenda. L’unica cosa che li unisce, è Thane, ed è un filo sottile, che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro.

- Sono venuto appena possibile.- dice il drell - come sta mio padre?-

- E’ dentro con il medico.- spiega Shepard

- Senti… per quanto riguarda il dottor Hiram… non sono stato del tutto sincero, con te.-

Konstantin sorride e Kolyat capisce che lei sa, e che ha capito il motivo del suo silenzio, della sua esitazione.

- Mi dispiace.- mormora, scuotendo il capo - E’ stato lui a crescermi, eppure… credo di averlo deluso. Quand’ho scoperto la verità su mio padre, io ho… ho perduto la mia strada. Lui non ne sa niente, non sa nemmeno come ho ottenuto il mio attuale impiego all’SSC… non sa di Talid, né del mio primo omicidio. E vorrei che le cose rimanessero così. Non ha senso dargli un altro dolore.-

Shepard annuisce:- Sono certa che capirebbe.- dice poi - ma è giusto che tu ti prenda il giusto tempo, prima di parlagliene. Adesso stai rigando dritto e conta solo questo. Vedrai che Hiram sarà fiero di te, esattamente come lo è tuo padre.-

Non è una frase retorica, detta a vuota per riempire il silenzio. E’ la pura verità.

Lo sguardo di Thane s’illumina, ogni volta che parla di suo figlio. Quando il comandante Bailey gli inoltra qualche novità sul suo stato di servizio, quando Kolyat gli scrive di qualche missione dall’esito particolarmente favorevole.

“Non diresti nemmeno che è mio figlio” sussurra, accarezzando il datapad.

- Grazie, Shepard.- dice Kolyat.

Konstantin si stringe nelle spalle:- per cosa?-

- Per tutto.- risponde il drell, semplicemente.

Non sa con esattezza perché la stia ringraziando. Se per il lavoro che sta facendo coi Razziatori, se è per la speranza che offre alla galassia, se è perché ha rintracciato Hiram o per le parole che gli ha rivolto, riuscendo a rincuorarlo anche se è quasi una perfetta estranea. Forse è un “grazie” per il tempo che passa con suo padre, per il modo in cui gli fa trovare l’energia per sopravvivere.

- Vado a vedere se hanno finito.- riprende - Vieni con me?-

 

Li fanno sedere fuori dall’ambulatorio e lì attendono per qualche minuto, immersi nell’imbarazzante silenzio di chi sa che dovrebbe sentire un legame e invece non lo sente.

Alla fine, Shepard si rassegna, prende una rivista e la sfoglia, cercando di ignorare le variopinte pubblicità che si animano appena vi posa lo sguardo.

No, non vuole creme miracolose, né il nuovo modello di factotum con giochini assortiti. Vuole solamente una vita normale, felice e - dannazione - non c’è alcuna pubblicità disposta ad offrirgliela.

E’ quasi un sollievo quando la porta della sala esami si apre e ne esce il dottor Zane.

- Kolyat!- sorride subito, andando ad abbracciare il nipote.

I segni della stanchezza e del dolore mai sopito sembrano scomparsi dal suo volto, ma Shepard sa che è solo un’abile travestimento, una maschera che quelli come lei imparano presto ad utilizzare.

- Grazie, per quello che fai.- dice Kolyat, bloccando Hiram prima che pronunci le fatidiche parole “quanto sei cresciuto!” - So che non è facile, per te.-

- Quando si tratta della tua felicità, non mi tiro mai indietro.- sorride l’altro drell - ti voglio bene, Kolyat.-

- Lo so, zio.- risponde il giovane, un po’ in imbarazzo - Allora, come sta mio padre?-

Il dottore si siede su una poltroncina, prendendo un respiro profondo per riordinare le idee.

- Mentire è inutile.- esordisce poi - La situazione è critica. Nonostante tuo padre si sia sottoposto alla terapia giornaliera consigliata, non sono mai stati tentati interventi più invasivi, per rallentare il decorso della sindrome. Ad ogni buon conto, la mia opinione rimane la stessa: l’unica possibilità che abbiamo, e vi devo avvertire che le probabilità ci remano contro, è un intervento estremamente sperimentale. Del tipo di sperimentazione che la Primazia Illuminata si è rifiutata di autorizzare.-

- Suona poco legale, zio.- rileva Kolyat, ma non sembra contrariato.

- Sì, suona poco legale.- ammette Hiram - Eppure è la nostra migliore opportunità. Probabilmente l’unica. Con un nuovo protocollo farmacologico posso rallentare il decorso della sindrome o evitare l’insorgere di ulteriori problemi, ma ormai il grosso del danno è fatto.-

- Ci parli dell’intervento.- lo esorta Shepard.

- Sì, l’intervento. Su Kahje, io e la mia equip stavamo studiando un metodo per clonare i tessuti polmonari dei drell. Il progetto era ormai ad un punto tanto avanzato che stavamo per venirne a capo, quando…- tentenna, poi scuote il capo e prosegue - quando la Primazia Illuminata ha scoperto il nostro laboratorio e ci ha costretti a chiudere. Gli Hanar hanno promesso di revisionare i nostri protocolli per vedere se ci sono dei dati recuperabili, ma fra i tempi burocratici e la guerra credo che abbiano accantonato l’idea.-

- E allora cosa propone, dottore?- incalza Shepard.

- Con i giusti componenti ed attrezzature, dovrei essere in grado di completare la sperimentazione anche qui, sulla Cittadella. Mi metterò in contatto con la mia collega, la dottoressa Shoni e ci metteremo subito all’opera. Se la clonazione e il trapianto dovessero andare a buon fine, poi potremmo occuparci delle metastasi e dei danni collaterali e, con la dovuta terapia farmacologia, la Kepral dovrebbe essere… se non “sconfitta”, almeno messa in condizioni di non nuocere.-

Shepard annuisce. Anche se sembra un piano folle e rischioso, sente il sollievo dilagarle nell’animo. Hanno un piano. Ed è più di quanto ha avuto lei, contro i Collettori. Possono farcela. Hanno qualcosa su cui concentrare i propri sforzi e le proprie speranze.

 

Dopo aver lasciato l’ospedale, Hiram Zane si dirige all’appartamento che ha in affitto, sulla Cittadella.

Infila il tesserino nella fessura della porta, poi entra e richiude. Inserisce il codice dell’allarme.

In cucina, si versa un bicchiere di vino rosso e lo sorseggia, lentamente, seduto al banco di plastica grigia.

I suoi occhi si fanno vitrei, distanti.

“- I risultati delle ultime analisi sono promettenti, dottor Zane.- riferisce la sua assistente. Ha un bel sorriso, speranzoso. La pelle verde pallido. Occhi scuri, traboccanti di stima e aspettative.

- Bene.- anche lui sorride. Un sorriso diverso da quello di lei. Pensano entrambi di poter cambiare le cose, ma per lei è una speranza, mentre per lui è un semplice diversivo, per non pensare al passato.

- Inserisci le nuove informazioni nel grafico e poi proseguiamo con l’esame di compatibilità.- ordina la dottoressa Shoni.

Timala Shoni. Asari. Pelle azzurra, le punte dello scalpo tinte di blu scuro. Professionale, seria. Sorride solo fuori dal laboratorio, dentro non si concede distrazioni. Un camice bianco, i guanti lunghi fino ai gomiti.

Si affaccendano fra provette e monitor ronzanti. Preparano il futuro. Il sollievo di un’intera razza.”

Il bicchiere è vuoto.

Hiram lo riempie di nuovo, studiando i riflessi del vino.

Ognuno aveva avuto le sue motivazioni, in quel periodo entusiasmante, di ragionamenti ed intuizioni, di conferme e di smentite, di notti insonni e di festeggiamenti per ogni insignificante vittoria.

Lui voleva fare qualcosa di buono, qualunque cosa. La dottoressa Shoni era la figlia di un drell. La loro assistente - Dei, per quanto tentasse, Hiram non riusciva a ricordare il suo nome!- aveva scoperto qualche mese prima di avere la sindrome di Kepral.

Tutti avevano delle ottime ragioni per infrangere la rigida proceduta per le sperimentazioni scientifiche, ognuno non aveva tempo per aspettare le eterne formalità della Primazia Illuminata.

Tutti loro volevano tutto e lo volevano subito, senza aspettare, senza pause in cui riflettere sulla vita e sugli enormi vuoti che ognuno aveva, nel cuore.

Dopo che gli Hanar avevano scoperto il loro laboratorio, Hiram e la dottoressa Shoni erano rimasti in contatto, mentre l’assistente era scomparsa.

Hiram si strinse nelle spalle: forse era andata a concludere il suo dottorato con un medico meno sperimentale, che le insegnasse quello che era normale sapere e che la rendesse, un giorno, qualificata per la professione che aveva scelto. Una brava ragazza, la sua assistente.

Hiram sta bevendo l’ultimo sorso di vino, quando un ricordo emerge dal suo inconscio.

Athira. Ecco qual’era il suo nome. Athira.

 

 

 

 

 

--- La Coda!

Chi l’avrebbe mai detto? Chary è ancora viva! Sul serio?! Nah, forse sono voci di corridoio…

No, ragazzi, la mia astronave non è stata fatta a pezzi dai Collettori e Cerberus non mi ha ricostruita, tuttavia c’è una possibilità sostanziale che mi sia appena svegliata dal coma XD

Scherzi a parte, pare sia destino che io non riesca mai a completare quello che inizio, ma stavolta ce la metterò tutta. Voi metteteci la vostra dose di pazienza, se credete che ne valga la pena.

Inutile che accampi scuse per motivare la mia sparizione - tanto, ce n’è una sola davvero valida: l’assenza totale di ispirazione -, quindi mi limito a chiedere scusa per quella che non è la prima e che temo non sarà l’ultima volta. Abbia pazienza!

Chary vi vuole bene!!

 

Char---

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Capitolo 5
*** Il fardello del passato ***


dlc 5

Capitolo Quinto

Il fardello del passato

 

Timala Shoni rientra tardi, dopo il turno in clinica.

Consultando l’oloagenda, si rende conto che sta facendo troppi straordinari.

Dal comodino, l’accoglie una fotografia.

Ritrae lei e i suoi genitori, durante la loro vacanza su Ilium. Suo padre indossa una maglietta buffa e sua madre si finge rassegnata, ma ha gli occhi pieni di gioia.

Sono passati tre anni, da quando suo padre si è spento. Le metastasi al cuore, unite al quadro clinico generale e alla vecchiaia, l’hanno fatto morire nel sonno. Un trapasso relativamente sereno, senza sofferenze che non fossero già state attutite dagli antidolorifici.

Sua madre non si è ancora ripresa dal lutto, ma adesso è su Thessia e chissà quando Timala la rivedrà.

Potrebbe chiamarla, ma non ne ha voglia, non ha voglia di riaccendere la propria nostalgia ascoltando i racconti della mamma.

“Magari domani” si ripete, combattendo i sensi di colpa “Domani la chiamo. Anzi, potrei prendermi un periodo di aspettativa ed andare a trovarla.”. Ammucchia progetti, progetti innocui, che riconosce come irrealizzabili.

La triste verità è che domani sarà un giorno esattamente come gli altri. Si sveglierà presto, farà la doccia, rifarà il letto, indosserà il camice, andrà al lavoro. Al lavoro perderà la cognizione del tempo, trangugerà un pranzo frettoloso al locale vicino, poi si immergerà di nuovo nelle tragedie altrui. E poi anche domani sarà finito e lei si troverà di nuovo in quella stanza, di fronte a quella foto, a ripromettersi di chiamare sua madre il giorno dopo.

 

Thane ascolta Shepard sgridare qualcuno, attraverso il comunicatore.

E’ fuori dalla stanza, ma oltre le pareti opache la vede muoversi rapidamente su è giù, come fa quando deve spiegare qualcosa a qualcuno e quel qualcuno non sembra intenzionato ad ascoltarla.

- James, non m’interessa se i Consiglieri sono una manica di idioti. Fino a prova contraria lavoriamo per loro, quindi dà retta al maggiore Alenko e piantala di lamentarti per gli incontri diplomatici!- sbotta alla fine, troncando di netto la comunicazione.

Poi sembra ripensarci e urla (inutilmente) al comunicatore già spento:- E dì a Javik di fare altrettanto!-

Sarà una precisazione stupida, ma il Prothean sa essere alquanto indisponente.

Quando torna nella stanza, una ciocca di capelli ramati è sfuggita dalla coda alta e le si arriccia in mezzo alla fronte.

E’ una donna incredibile, con un’energia incredibile.

Si siede accanto al letto, accavallando le lunghe gambe. Guardandola in quel momento, Thane ritrova tutti i dettagli che ricorda, di lei. La piccola cicatrice sul sopracciglio, retaggio dell’addestramento, la fascia di cuoio sul braccio, come un braccialetto. La medaglietta identificativa al collo, che le si adagia sul petto, appena sopra ad un linea bianca, tutto quello che rimane delle ferite riportate dopo lo scontro con la Soverein. Shepard ha anche una cicatrice della base dei Collettori, sul polpaccio, dove un raggio particellare ha aperto una falla nella corazza.

- Thane?- lo chiama Shepard, dolcemente.

Lui le sorride:- pensavo alle tue cicatrici.- confessa - mi sono distratto.-

- Alle mie cicatrici? Non pensavo fosse un argomento in cui perdersi. Sono solo ricordi.-

- Sono ricordi delle battaglie che si attraversa e a cui si sopravvive.- la corregge Thane - che siano visibili o interiori, saranno sempre parte di te, saranno mementi delle tue esperienze. Ogni cosa che succede, nella vita, per quanto piccola, per quanto insignificante, lascia un segno nell’anima.-

- Anche le cose belle?- chiede Shepard, prendendo le mani di Thane nelle proprie

Lui sorride:- per questo ho detto “segni” e non solo “cicatrici”.-

Sorride, perché le piace vederla felice. In nome dell’amore che le porta, non dice quello che davvero pensa. Che la loro storia può sembrarle un segno, adesso, qualcosa da cullare nel proprio cuore, ma che presto - quando tutto sarà finito - sarà diventato una cicatrice, di quelle profonde, che ti segnano per sempre.

- Thane…- le dita di Shepard s’intrecciano alle sue - ti amo.-

Si sporge in avanti, la bacia a fior di labbra:- ti amo anch’io, siha.-

Sente che la donna s’irrigidisce, senza motivo.

- Cosa succede, siha?- chiede, accarezzandole il viso.

Lei scuote la testa, apre bocca, le mancano le parole.

Non è che le manchi il coraggio di parlare, le mancano proprio le parole. Non riesce a trovare un modo per porre la questione, per non sembrare delusa, o incerta del loro amore.

-… Irikah.- riesce a pronunciare, alla fine

Thane la guarda negli occhi, poi posa la fronte su quella di lei, accarezzandole piano il dorso della mano.

- Cosa vuoi sapere?- mormora

- Voglio sapere tutto - ammette Shepard -… e non voglio saperne niente.-

Sente le labbra di Thane sorridere, a pochi centimetri dalle proprie.

- Era mia moglie - dice poi, lentamente - e sì, la amavo. Ma c’erano cose, di me, di cui non potevo parlarle. Non solo del mio lavoro, della mia… missione, ma c’era qualcosa, una parte delle nostre anime, che si rigettavano a vicenda. Ci amavamo, ci accettavamo, volevamo stare uno accanto all’altra… ma…- tace, cercando il modo di esprimere una sensazione, una stortura nella realtà, a cui non sa dare un nome.

- E noi, Thane?- sussurra Shepard

- Noi ci apparteniamo, siha.- risponde lui, senza esitazioni.

Vorrebbe che non fosse così. Vorrebbe essere solo una relazione passeggera, qualcuno con cui trascorrere piacevolmente del tempo. Vorrebbe essere certo che Konstantin riuscirà a vivere ancora, dopo la sua morte. Eppure, guardandola negli occhi, questa certezza non riesce ad averla.

- E’ bellissimo, appartenere a qualcuno.- mormora lei, in quel momento, come leggendo i suoi pensieri.

- Ma può lasciarti un vuoto dentro.-

- Vale la pena correre il rischio.- dice Shepard, ed è tornata Shepard, è tornata dolce e risoluta, eloquente persino nel modo di esprimere i propri sentimenti.

Thane le prende il viso fra le mani e la bacia sulle labbra, a lungo, finché non gli manca il fiato.

- Ehy, questo per cos’era?- scherza lei, divertita

- Per te.- risponde il drell, e la bacia di nuovo.

 

(Una settimana dopo)

 

Hiram Zane si drizza a sedere sul letto, bagnato di sudore freddo, il cuore che batte freneticamente, come se volesse sfondargli il petto e fuggire via.

Respira profondamente, cercando di calmarsi.

Si prende la testa fra le mani, combattendo contro una fitta alle tempie.

“L’aria è stantia. I vetri appannati. Un bip solitario rompe il silenzio.

Vetri rotti a terra. Abbassa gli occhi. Il suo camice è macchiato di sangue.

Un corpo riverso a terra, dita azzurrine distese sul pavimento, immobili.”

Perché quel ricordo? Perché adesso?

Si alza dal letto, raggiunge il cucinino e mette a scaldare dell’acqua.

Mentre aspetta, cerca di capire perché il ricordo di quell’evento sia tornato ad ossessionarlo, dopo tutto il tempo che aveva impiegato per tenerlo fuori dai suoi pensieri.

Il fardello di una memoria perfetta.

Controlla di nuovo la segreteria telefonica - e sa che è stupido, che se la dottoressa Shoni non ha risposto per sette giorni certamente non lo farà nel cuore della notte-, sperando di trovare un messaggio.

L’acqua bolle.

Hiram estrae dalla credenza una miscela di foglie e fiori secchi, che lascia cadere in una tazza.

Deve calmarsi. Prima di fare qualunque cosa, prima di continuare a pensare, deve assolutamente calmarsi.

Il suo cuore continua a battere troppo velocemente, il suo respiro continua ad essere rapido e leggero.

L’inquietudine del ricordo gli è rimasta addosso, come un mantello umido, come l’aria di Kahje.

Si siede sul divano, sorseggiando la tisana.

E come sempre, quando si sente triste, quando si sente solo, quando si sente perduto, estrae il portafoglio e contempla la piccola foto che tiene nello scomparto laterale.

Irikah, qualche giorno dopo la nascita di Kolyat.

Ha un sorriso radioso - l’iride azzurra splende, nel buio del nero -, il bambino avvolto in morbide fasce bianche. Era ancora in ospedale, quando la foto era stata scattata, ma sembrava fresca come una rosa.

Quando infine riesce a distogliere lo sguardo dal viso di sua sorella, l’angoscia si è placata, ma in compenso il mondo sembra un luogo più buio.

Si alza di nuovo, per riporre la tazza nel lavandino.

Sul comunicatore, seleziona di nuovo il numero della dottoressa Shoni.

Mentre si crea il collegamento, picchetta nervosamente le dita sul piano del tavolo.

- Ti prego, Timala…- sussurra, quasi senza accorgersene - Rispondi…-

Dopo qualche istante, si avvia la segreteria telefonica.

- Sono Timala Shoni - annuncia una proiezione olografica - Al momento non sono disponibile. Tenta ancora, oppure lascia un messaggio. Richiamerò al più presto.-

Hiram studia il volto della proiezione. I pixel sono sgranati, imprecisi, eppure la sua collega sembra invecchiata di un secolo.

- Timala, sono di nuovo io, Hiram Zane. Ti prego, contattami. E’ urgente.- dice, pronunciando quelle parole per l’ennesima volta in una settimana. Sente che probabilmente sarà di nuovo inutile, ma non si rassegna.

 

La mattina seguente, va all’ospedale della Cittadella per visitare Thane e per firmare alcuni moduli.

Si sta occupando delle formalità, quando viene affiancato da un hanar.

- Il sottoscritto ha il piacere di parlare con il dottor Hiram Zane, della Primazia Illuminata di Kahje?- chiede, con l’immancabile cortesia tipica della sua cultura

- Sono io.- risponde il drell, riponendo i moduli - e lei chi sarebbe?-

- Il sottoscritto risponde al nome di Shaalon. Ha l’onore di compiere alcune indagini in nome dell’augusto consiglio di questa Cittadella. Esimio dottore, potrebbe dedicare al sottoscritto un po’ del suo tempo?-

Hiram annuisce:- di preciso, che tipo di indagini?-

- Il sottoscritto teme che sia un argomento riservato.- risponde l’hanar, senza mostrare alcuna emozione.

- Non capisco come posso aiutare le indagini del Consiglio, se nemmeno so che cosa stiano cercando.-

- Tutto verrà rivelato al momento opportuno.- risponde Shaalon, criptico.

Hiram lo segue, per nulla tranquillizzato.

Mentre si dirigono al posto di guardia dell’SSC - “per proseguire la conversazione in un luogo più appartato e che offre meno distrazioni”-, il drell compone sul factotum un messaggio per Shepard.

Se c’è qualcuno che possa scoprire cosa voglia il Consiglio da lui, è sicuramente Shepard.

Shaalon sembra non accorgersi di niente, oppure non vi da importanza.

Rivolge di nuovo la sua attenzione ad Hiram solo quando arrivano a destinazione.

Un agente dell’SSC li fa accomodare in una stanza per interrogatori vuota.

L’hanar non perde tempo ad ammirare lo spartano arredamento.

- Conosce quest’asari?- chiede, facendo un cenno all’agente.

Lui estrae un dispositivo e lo aziona, facendo apparire una proiezione olografica.

- Io…- Hiram esita - sì, naturalmente, la conosco.- risponde poi, sempre più preoccupato - E’ la dottoressa Timala Shoni, una mia collega. Era co-responsabile del mio programma sulla sindrome di Kepral. Ma perché me lo chiedete? Cosa… le è successo qualcosa?-

L’hanar non risponde, ma si volta verso l’agente ed annuisce.

Lui disattiva la proiezione e ne riproduce una diversa.

Stavolta compare l’immagine di una giovane drell: indossa un camice ed ha una cartella clinica in mano.

- Lo stimato dottore conosce anche questa ragazza?- gli chiede Shaalon

- Sì.- Hiram annuisce con il capo, lentamente - E’ Athira Kane. Era la mia assistente durante il progetto. Credo… credo che sia rimasta su Kajhe, dopo che la Primazia Illuminata ha sospeso le nostre ricerche.-

L’agente dell’SSC annota qualcosa su un taccuino, poi spegne l’oloriproduttore.

- La signorina Kane è scomparsa poco tempo dopo la chiusura del vostro progetto.- spiega poi, sedendosi di fronte ad Hiram - Nessuno ne aveva denunciato la scomparsa e le autorità non avevano ritenuto di dover indagare. Eppure ora possiamo intuire un collegamento con i fatti recenti….-

- Quali fatti recenti?!- sbotta Hiram, stringendo il bordo del tavolo fino a ferirsi le mani - che diavolo è successo? Qualcuno intende degnarsi di spiegarmelo?-

- Alzare la voce è un espediente inutile, stimato dottore.- lo riprende l’hanar - prima di aggiornarla sui dettagli, il sottoscritto e il rispettabile agente Temnos devono essere certi che lei è completamente estraneo all’omicidio.-

- Omicidio?- ripete Hiram, incredulo

Temnos annuisce, per poi estrarre dalla cartellina alcune fotografie.

Il dottor Zane le vede appena per un istante, poi distoglie lo sguardo.

- Oh Kalahira…- sussurra, colpito - cos’è successo?- insiste, con un filo di voce.

- La dottoressa Shoni è stata assassinata quattro giorni fa.-

 

Quando il messaggio la raggiunge, Konstantin Shepard è sotto la doccia.

Ha passato la notte al Huerta Memorial, assieme a Thane, a parlare del passato e del futuro, a fare progetti, a improvvisare battute, a parlare di Kolyat e degli argomenti che Konstantin non trova mai, quand’è con lui. Hanno giocato a carte, ma erano entrambi troppo stanchi e hanno rinunciato a finire la partita.

Poi ha sonnecchiato un po’, sulla sedia di plastica bianca.

E ora è esausta, vuole solo finire di lavarsi e fare una bella dormita.

Rimane qualche minuto sotto la carezza dell’acqua calda, poi esce dalla doccia e si accorge della luce rossa che si accende a intermittenza, sul suo datapad.

- Che diavolo…- indaga, accedendo al messaggio.

“Raggiungimi. Posto di guardia SSC, zona dei mercati. Hiram”

L’istinto di Shepard si risveglia, si scuote dal torpore dell’insonnia. Sono bastate poche parole, per destare in lei una certa inquietudine. Il dottor Zane potrebbe essere in pericolo.

Altrimenti perché le avrebbe scritto un messaggio tanto spoglio, quasi privo di contesto?

Si veste con la prima cosa che trova - una vecchia uniforme, un po’ scolorita - ed esce.

Chiama un taxi fino ai mercati e, mentre l’astroauto sfreccia nel cielo, si chiede dove siano finiti i sicari che hanno cercato di ucciderla.

E’ sulla Cittadella da una settimana e, a parte quell’episodio, nessuno ha cercato di farle niente, ad eccezione del predicatore pazzo, recentemente trasferitosi da Omega, che la ricopriva d’insulti un giorno sì e l’altro pure.

“Forse mi preoccupo per niente” si dice, stringendosi nelle spalle.

Dopotutto, è stata addestrata ad immaginare sempre il peggio, e di certo i suoi nemici l’hanno abitata ad un certo livello di tenacia e ad un certo numero di tentativi, prima della resa.

“Forse i mercenari hanno semplicemente gettato la spugna”, riflette, prima che un pensiero si faccia prepotentemente largo nella sua mente.

“O forse il bersaglio non ero io”

 

Hiram si sente le mani bagnate di sudore freddo.

Timala è morta.

Si sforza di guardare le fotografie: la sua amica e collega indossa ancora il camice, un’espressione confusa che la morte ha cristallizzato sui suoi lineamenti.

“Un corpo riverso a terra, dita azzurrine distese sul pavimento, immobili.”

Ha già visto quella scena. Un brivido di paura e rimorso gli corre lungo la schiena.

- Se lo stimato dottore potesse dirgli quand’è stata l’ultima volta che ha avuto notizie della sventurata dottoressa, il sottoscritto gliene sarebbe davvero grato.- lo esorta Shaalon, inespressivo.

- Io… ho cercato di chiamarla per tutta la settimana.- risponde Hiram - Uno dei miei pazienti ha la sindrome di Kepral ad uno stadio molto evoluto e ho pensato che un consulto avrebbe potuto essermi utile.-

E’ solo una mezza verità, ma Hiram preferisce non parlare del progetto sperimentale.

Nonostante tutto il rancore che prova verso Thane, la sua vita dipende dalla continuazione del progetto e dal fatto che nessuno cerchi di sopprimerlo di nuovo, per mancanza di permessi. E Hiram vuole salvarlo.

Shaalon si avvicina, come studiando il drell.

Sta per formulare un’altra domanda, quando la porta della stanza si apre, per far entrare il comandante Bailey.

- Agente Temnos, ci aggiorni.- ordina l’uomo.

- Stiamo interrogando il dottor Zane in merito all’omicidio di Timala Shoni, su Kahje.-

- Il sottoscritto è certo di avere autorizzazioni più che sufficienti per operare in questo capo, stimato capo dell’SSC.- s’intromette Shaalon.

Bailey annuisce:- non sono venuto qui per controllare permessi o per sindacare sul suo ambito di discrezionalità - dice poi - ma vorrei che il comandante Shepard venisse inclusa nelle indagini.-

- Il sottoscritto vorrebbe assecondare questa richiesta e di certo non mette in dubbio l’abilità del comandante...- ribatte l’hanar - sventuratamente, temo che la sua intromissione sia impossibile.-

- Ad ogni caso - gli ricorda Bailey - le ricordo che si sta avvalendo dei servigi della mia agenzia. Agente Temnos, da oggi ha il compito di riferire al comandante Shepard ogni progresso su quest’indagine.-

L’agente rimane interdetto, bloccato fra Shaalon e il proprio capo.

- Grazie, Bailey.- dice una voce femminile.

Dalle ombre del corridoio, emerge Shepard, con un sorriso soddisfatto sulle labbra.

- Il sottoscritto è lieto di incontrarla di persona, comandante.- riprende l’hanar, senza mostrarsi minimamente turbato - Il sottoscritto immagina che lei voglia visionare i suoi ordini.-

- Non mi farebbe schifo.- ammette Konstantin, ironica.

Shaalon annuisce, facendo un cenno all’agente Temnos e il turian tende a Shepard un datapad.

La donna seleziona un’autorizzazione del Consiglio e la apre, per visionarla per intero.

La legge tutta - due volte - poi ripone il datapad e sospira.

- Le cose si fanno complicate.- dice.

Il documento qualifica Shaalon come uno Specialista Tattica e Ricognizione.

Perché Shaalon è un nome manifesto, che corrisponde al nome di “Illuminazione nel crepuscolo d’estate”, il secondo Spettro del popolo hanar. Ecco quello che c’è scritto, su quel fottuto datapad.

 

 

 

 

 

 

 

-- La Coda!

 

Annuncio di carattere amministrativo: ho cambiato nickname. Lo so che questo importa solo a me e forse a qualche razziatore dall’aria confusa, ma tant’è, volevo comunicarlo a tutti.

Ecco un nuovo capitolo, che spero vi piacerà!

Beh, c’è poco da aggiungere, quindi vi saluto e buona domenica!

 

- La Matta -

(ex-Chary)

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Capitolo 6
*** Solipsismo ***


dlc la cura 6

Capitolo Sesto

Solipsismo

 

Alcune razze sono più inclini di altre, alla guerra.

I krogan hanno la forza bruta, i salarian le conoscenze scientifiche senza il freno dell’etica, le asari l’intelligenza e l’energia biotica, i turian la strategia… ma gli hanar?

Mentre l’agente Temnos la ragguaglia sull’omicidio della dottoressa Shoni, Shepard non riesce a distogliere la mente da quel pensiero. Perché un hanar? Lenti, rosei, oltremodo educati… senza mani!

Probabilmente è la stanchezza che la fa un po’ straparlare, ma ad ogni modo la cosa è inquietante.

- Signori, qui sono l’unica ad essere vagamente confusa?- chiede alla fine del resoconto – Il dottor Zane è stato sulla Cittadella per tutta l’ultima settimana, non vedo come possiate sospettarlo di omicidio.-

- Il sottoscritto non ha mai detto che ritiene lo stimato dottore direttamente responsabile dell’omicidio.- precisa Shaalon, serafico

- Per ora è solo un testimone, Shepard.- le spiega Bailey, meno indisponente – Eppure ci scommetto un anno di stipendio, che lo vogliono accusare di qualcosa.-

L’agente Temnos annuisce gravemente:- Sospettiamo che il dottor Zane possa essere coinvolto nella sparizione della sua assistente, Athira Kane. Inoltre c’è un precedente: la signorina Lari Fell, una collaboratrice temporanea del dottor Zane, scomparsa poco prima in circostanze misteriose.-

- Infine il decesso della dottoressa Shoni potrebbe essere in qualche modo connesso con l’attività di sperimentazione illegale che conduceva assieme allo stimato professore. Il sottoscritto apprezzerebbe delucidazioni in merito. I dati reperiti nel sopraluogo nell’appartamento della dottoressa erano parziali e frammentati, ma era palese che non aveva abbandonato le ricerche.-

- Non aveva… Timala non aveva abbandonato le ricerche?-

Hiram era incredulo. Timala era stata la prima ad avanzare dei dubbi sul loro lavoro – non sulla sua etica, più sulla sua utilità e sulle basse probabilità di riuscita – e anche la prima a collaborare con il governo di Kahje per smantellare il laboratorio e fare luce sulla vicenda.

- Il sottoscritto ha ragione di credere che la dottoressa Shoni stesse proseguendo le ricerche.-

- Ok, qui la cosa sta diventando allucinante.- s’intromette Shepard - Shaalon, visto che collaboreremo a questo caso, vorrei che tu mi aggiornassi, prima di giungere a conclusioni affrettate.-

Shaalon si prodiga nell’equivalente hanar di un sorriso di circostanza:- il sottoscritto provvederà ad inoltrare un resoconto completo all’esimia collega.-

- Grazie.- annuisce la donna - per il momento, vorrei anche che rilasciaste il dottor Zane. Non avete alcuna prova che lo collega all’omicidio e, in ogni caso, nessuna valida ragione per sottrarlo al suo lavoro.-

- Il sottoscritto concorda assolutamente con le affermazioni dell’esimia collega. Certamente anche lo stimato agente dell’SSC non avrà alcuna obiezione da muovere.-

L’agente Temnos conferma, con un rigido cenno del capo.

- Il sottoscritto inoltre spera che l’abile comandante possa concedergli alcuni minuti del suo tempo, per discutere del caso e condividere le informazioni ad esso attinenti.- completa Shaalon.

Shepard annuisce, ma non ci crede, che sarà così facile. Non è mai così facile.

 

Konstantin Shepard ha trascorso molto tempo sulla Terra, ma i ricordi di un’estate sono difficili da cancellare. Era una delle rare, rarissime licenze che Hanna Shepard concedeva a sé stessa… e l’aveva portata sulla Terra, da Emeirin Stone, la sua miglior amica. Aveva una casa immensa e desolatamente vuota, in mezzo alla verde terra d’Irlanda. L’architettura era solenne e robusta, nella sua semplicità, ma sembrava sempre che mancasse qualcosa. Konstantin adorava dormire sulla grande terrazza di pietra, il vento a baciarle il viso, il freddo a romperle le labbra, solo il cielo sopra di sé e nient’altro. Si era sentita davvero libera, in quei giorni, come se nessuna via le fosse preclusa.

Emeirin Stone era una donna stravagante, con dei grandi occhi nocciola, screziati di lilla.

Preparava un the fortissimo, che ti teneva al caldo per ore, dopo che avevi posato la tazza. Diceva sempre che il the caldo rincuora e conforta.

Mentre aspetta il trasporto rapido, Konstantin sorride: non sa nemmeno perché l’è venuto in mente adesso, ma ha un’incredibile voglia di bere di nuovo quel the, di tornare in Irlanda per vedere che ne è stato della grande casa vuota e della pallida donna sulla sedia a dondolo e delle sue mani che profumavano sempre di petali nell’acqua.

E si ripromette di farlo davvero. Di tornare sulla Terra, quando la guerra sarà finita, per mostrare a Thane quel paesaggio meraviglioso, che le è rimasto nell’anima, per riprendere i fili della sua vita da dove li ha lasciati cadere, per riprendere ad essere una persona vera, non solo un ideale.

 

“L’asari giace a terra. La morte sembra aver cancellato gli affanni dal suo volto. Pare così giovane, così piena di speranze. Pare all’inizio di tutto. Stringo la siringa in mano, poi improvvisamente perdo la presa. Rimbalza sul pavimento, si perde fra i vetri rotti, scivola sotto un divano. Le fotografie mi guardano dalle pareti, rimproverandomi. Tossisco. Sangue sulle mie dita. Kalahira, cos’ho fatto? E’ davvero questa, la tua volontà? E se stessimo tutti sbagliando? Il rimorso mi consuma più della malattia. Volto le spalle all’asari. Mi dispiace. Non potevi salvarmi, dottoressa. Nessuno può.”

Athira chiude con forza la porta della camera. Si accascia sul letto, premendosi le mani sul volto. I ricordi l’assalgono, cercano ininterrottamente una falla nella sua mente. Le danno una breve tregua, poi ritornano, come la risacca.

“- Athira, cosa ci fai qui?- dice l’asari, con un sorriso stanco – è un piacere rivederti. Come stai?-

Entro nell’appartamento. Odore di cibo riscaldato, di incuria, di tristezza.

- Dottoressa, devo parlarle.-

Mi fa accomodare nel soggiorno. Sposta un cumulo di camici sporchi e una pila di riviste.

- Ma certo.- di nuovo, quel sorriso stanco. E’ diversa dall’energica professionista di un tempo. Ha perso quella forza, quella passione che la faceva apparire perfetta.

- Ha ancora i dati della nostra ricerca?-

Annuisce. Un fitta d’angoscia mi trafigge il petto. Dubito. Forse dovrei darle tempo. Forse c’è un’altra via. Poi il volto del Custode sommerge ogni riflessione. “Non tremare” dice “non esitare. Compi il tuo fato, il fato della nostra razza. Il lavoro di quella donna ci allontana dalla redenzione. Non permetterlo, Athira.”.

- Vorrei vedere i dati, se è possibile.-

- Ma certo.- la stessa risposta. Riconosco i sintomi del dolore, oltre la maschera di quieta cordialità.

L’asari si alza, va verso un pannello. Mi avvicino, alle sue spalle. La mia mano impugna la siringa. Il veleno scintilla alla luce della lampada.

- Grazie, dottoressa.- mormoro, accarezzandole un braccio.

- E’ un piacere.- mi assicura.

Affondo l’ago e premo lo stantuffo.”

Athira affonda il viso nel cuscino e scoppia a piangere. La tosse la soffoca, il mal di testa non le dà requie.

Vuole solo che tutto cessi al più presto. Il dolore, la tristezza, il senso di colpa, la sensazione di esser stata nel posto sbagliato per il motivo sbagliato.

La certezza di aver troncato la vita di qualcuno che soffriva, come lei e che forse l’avrebbe potuta comprendere. La disperazione le serra la gola, le pare di soffocare.

Si alza dal letto, si precipita in cucina ed afferra il comunicatore.

Seleziona un numero, attende appena una manciata di secondi.

- Athira?- risponde una voce maschile, vibrante di un’autorità che sembra paterna

- L’ho fatto.- mormora la giovane, singhiozzando.

- Non soffrire per il tuo operato, figlia mia – dice il Custode della Memoria – gioiscine. Stai percorrendo la giusta via, per il perdono degli Dei. Che Kalahira possa vegliare sui tuoi sogni.-

- Ho i dati.- prosegue la drell

- Bene. Dobbiamo assicurarci che vengano distrutti. Torna su Kahje al più presto, figlia mia e assieme completeremo questa sacra missione.-

La comunicazione cade.

Athira si rannicchia nell’angolo della cucina, stringendosi il comunicatore al petto.

Non si è mai sentita tanto sola, tanto sperduta. Non si è mai sentita tanto sbagliata.

 

“La cabina di Shepard. L’acquario vuoto, un libro sul comodino, il terminale per le comunicazioni spento.

La raggiungo sotto la doccia. Sorride. Ci divide solo un velo d’acqua.

Le cingo la vita con le braccia. Pelle liscia, sotto le dita.

- Hai visto?- mormora, sulla mia bocca – Alla fine non era davvero una missione suicida.-

Ci baciamo. Vapore che appanna il vetro, labbra soffici e voraci.

- Parli sempre di lavoro.- la schernisco.

Lei si stringe nelle spalle, spegne il getto d’acqua.

- Perché?- ribatte, scherzosa – Tu hai qualche argomento migliore? Prego, sono aperta ai suggerimenti.-

Non mi viene in mente niente. La bacio di nuovo, stringendola a me. Il profumo della sua pelle.

- Sono felice di averti incontrata, siha.- sussurro, accarezzandole i capelli.”

Thane alza lo sguardo e le sue labbra s’incurvano in un involontario sorriso.

Shepard è lì, appoggiata allo stipite della porta, splendida di una bellezza che nessun ricordo, per quanto perfetto, potrà mai eguagliare. E’ la bellezza della vita, del vigore, della speranza.

- Di nuovo i ricordi?- lo saluta la donna, sedendosi sul letto, accanto a lui.

Thane annuisce, prendendo le mani di Konstantin nelle proprie.

Non si stanca mai, dei ricordi di lei, dei loro momenti passati insieme. C’è stato un lasso di tempo, fra la sconfitta dei collettori e il giorno in cui lei è tornata sulla Terra, per il processo, in cui sono stati davvero felici. Giorni in cui la Normandy era il loro piccolo universo, in cui c’erano solo loro e il resto era un mare sterminato di stelle e galassie, oltre i vetri.

Mentre Konstantin gli racconta di Hiram, e della dottoressa Shoni e dell’hanar che pretende di condurre le indagini sul caso, Thane le accarezza il viso, portandolo dolcemente verso il proprio. La bacia sulle labbra, arginando quel fiume di parole che potrà straripare in un altro momento.

La bacia a lungo, lentamente, respirando il suo respiro.

- Ti amo, siha.- dice, a bassa voce.  

Shepard risponde al bacio, poi posa la testa sul suo petto.

- Ti amo anch’io.- mormora.

Thane le accarezza il viso.

- Quali sono i ricordi a cui tieni di più?- le chiede poi, dolcemente.

- I nostri.- risponde lei, senza esitare.

Il drell sorride, posandole un bacio fra i capelli.

- A parte quelli.- precisa poi, divertito

- Sai… ci pensavo venendo qui.- anche Shepard sembra divertita. O forse è solo stanca.

Anche se all’apparenza sembra indistruttibile, salda e irremovibile come una roccia, Thane riesce a leggere i segni sul suo viso, i movimenti meno fluidi del suo corpo. Riesce ad intuire la stanchezza che c’è dietro.

- Una volta… mia madre mi ha portata in Irlanda. Non potevo avere più di undici anni…- racconta la giovane, stendendosi accanto a lui – e c’era questa casa, sulla collina e attorno niente, solo un mare d’erba, accarezzato dal vento…- mentre gli occhi le si fanno pesanti, a Shepard pare di sentire di nuovo il profumo che c’era nell’aria, il tepore del sole sulla pelle -… mi distendevo sul prato e stavo ore, a fissare le nuvole. Potrà sembrarti banale ma… ma per me era la perfezione… e un giorno, mia madre… mia madre…- diventa difficile articolare le frasi, le parole le sfuggono dalle labbra e lei non è certa di averle pronunciate.

Ad un certo punto, Shepard si dimentica la storia che voleva raccontare.

Sente la propria presa sulla realtà farsi sempre più flebile, ma la cosa non la spaventa. Sa che lì, fra le braccia di Thane, nulla le può accadere. Che la guerra rispetterà il suo momento di paradiso.

Si allunga in avanti, per baciare il drell sulle labbra.

Sussurra:- ti amo, Thane.- e poi si addormenta.

 

Sogna una bambina che corre scalza sull’erba.

Lei e Thane la stanno a guardare, mano nella mano.

Lui ha una catenina al collo, il cui ciondolo è un anello di metallo argenteo, con incisa una data.

Konstantin non riesce a leggerla, ma sa che è incisa anche sull’anello che lei porta al dito.

Il vento scompiglia i capelli della bambina, mentre si dirige verso di loro.

- Piccola.- l’accoglie Shepard, con un sorriso radioso.

Thane la prende fra le braccia e la fa volteggiare in aria. La bambina ride, poi lo bacia sulle guance.

E allora, all’improvviso, il sogno diventa un incubo.

Il cielo diventa nero, una tempesta si abbatte sul prato.

L’Araldo appare fra le nuvole di piombo. Il suo laser si abbatte fra lei e Thane, creando un abisso fra di loro. La bambina sparisce nella voragine. L’anello di Shepard prende fuoco, si consuma in cenere bruciandole la pelle.

La donna si porta una mano alla cintura, per estrarre la pistola, ma si rende conto di essere disarmata. Non ha nemmeno la corazza, ma solo un abito di lino bianco.

- Thane!- grida, ma l’unica risposta che ottiene è la lugubre risata dell’Araldo.

 

Si sveglia all’improvviso, mentre qualcuno la scuote delicatamente per una spalla.

- Cosa succede?- chiede, stropicciandosi gli occhi

- Shepard, mi dispiace per brusco risveglio. Ad ogni modo, tuoi movimenti ed espressione lasciavano desumere un sogno tutt’altro che gradevole. Mia supposizione.- la saluta la voce di Mordin.

Il dottore salarian è in piedi accanto a letto, con un datapad in mano.

- Cosa ci fai qui, Mordin?- domanda la comandante, ancora un po’ intontita

- Partito da Tuchanka quando signorina Goto mi ha informato di tua intenzione di curare sindrome di Kepral. Dopo recente esperienza su pianeta natale krogan, ho dedotto che avresti avuto bisogno del mio aiuto. Nel caso, dispongo anche di non trascurabile potenza di fuoco.-

Konstantin si prende la testa fra le mani:- potenza di fuoco?- ripete, confusa

- Sì. Dottor Zane mi ha riferito di vostri dissidi con banda di mercenari armati e poi con Spettro hanar. Detto lui di non preoccuparsi: problema radicalmente inferiore rispetto a minaccia di Razziatori e certamente di più facile soluzione. Basta pistola, non occorre flotta galattica.-

Shepard si guarda intorno:- dov’è Thane?-

- Terapia giornaliera.- risponde Mordin, allargando le braccia - presumo tu possa comprendere le implicazioni di aggettivo “giornaliera”.-

- Ok, Mordin.- annuisce Konstantin, alzandosi dal letto.

- Felice che tu sveglia, Shepard - prosegue lui, tendendole il datapad - Dottor Zane chiesto di vederti appena possibile, per discutere di evoluzioni di vostra ricerca. Credo dobbiate ricalcolare mosse successive alla luce di recente omicidio di sua collega asari.-

- Sei stato informato di tutto, eh?- sorride Shepard.

- Mi piace avere quadro più ampio, quando m’inserisco in missione. Felice che natura di quest’ultima impresa sia potenzialmente meno letale di assalto a base di Collettori.-

 

 

 

 

- La Coda!-

Buona domenica a tutti (anche se la parola “tutti” presuppone una pluralità d’individui, mentre credo che qui ci passi solo quella santa di andromedahawke…).

Santo cielo, quanto mi è mancato Mordin!

Siccome sono remoti in tempi in cui ho postato il primo capitolo, vi rammento che ho evitato di spiegare il motivo per cui il professore salarian sia ancora vivo e vegeto, nonostante la missione del Velo. Sinceramente? Non ne ho ancora idea, ma un giorno ve lo dico, promesso. Volevo troppo bene a Mordin per lasciarlo morire!

 

Signori e signore, buona domenica.

E siate fort… no, aspetta, questo è il saluto della Allers. Stupida Allers.

Vi prego, ditemi che esiste qualcuno, nella galassia, che condivide il mio odio per lei!

 

Un bacio a tutti!

Ci aggiorniamo!

 

- La Matta-

 

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Capitolo 7
*** In viaggio ***


la cura 6

Capitolo settimo

In viaggio

 

L’appartamento di Hiram Zane è essenziale, quasi spoglio.

Oltre al diploma ed ai certificati appesi alla parete non c’è altro, nemmeno una foto, nemmeno un quadro a rompere la desolazione grigia dei muri.

Uno specchio rotto è appoggiato dietro al divano, nascosto da uno straccio.

- Dobbiamo parlare.- esordisce il drell.

Konstantin si siede sul divano, di fronte a lui, sorseggiando distrattamente il vino rosso. Ha un sapore estremamente forte: è il tipo di vino che si usa per annegare le brutte sensazioni, per stordire la mente quanto basta per prendere sonno.

- Immagino che omicidio di dottoressa Shoni complichi progetti.- interloquisce Mordin.

Hiram scuote lentamente il capo:- non necessariamente.- dice poi - Se Timala aveva proseguito le ricerche, di certo i dati si troveranno nel suo appartamento. Se non posso avere la sua collaborazione, quei dati sono essenziali. Inoltre dovrò reperire i materiali necessari alla clonazione e del tessuto polmonare intatto, che servirà da base per il progetto. Su Kahje non sarebbe stato eccessivamente difficile, ma immagino che qui sulla Cittadella le cose si complichino.-

- Mi faccia capire.- s’intromette Shepard – A cosa le serve il tessuto polmonare?-

Hiram beve un sorso di vino, lentamente. Una strana calma scende su di lui. Un tempo, la scienza lo riempiva di gioia, di una gioia infinita, ma questo era prima che Irikah morisse. Ora le cose sono diverse – il suo mondo è diverso – e la scienza non rallegra più, semmai lo tranquillizza. E’ l’unica parte della sua vita di cui lui sia completamente padrone, in cui non ci siano storpiature e ricordi tormentati.

- Clonare un organo è molto complicato, ma comporta anche numerosi vantaggi. Un organo clonato è più forte, quasi indeteriorabile, inoltre è omnicompatibile, quindi azzera i rischi di rigetto. Ora, comandante, può interpellare qualunque specialista e lui le dirà che niente nasce dal nulla. Per avviare il procedimento di clonazione è necessario tessuto polmonare intatto. Una sorta di base, che poi verrà modificata da dei trattamenti con sostanze chimiche.-

- Se è così facile… perché non lo fanno tutti?- gli domanda Shepard, perplessa.

- I tessuti dei drell sono molto delicati. Molti esperimenti di clonazione sono falliti già alle prime fasi e la maggior parte degli scienziati hanno gettato la spugna. Inoltre non siamo abbastanza numerosi perché gli hanar destinino fondi e risorse a questa ricerca.-

- Sensato.- commenta Mordin

- Quindi… qual è la prossima mossa?-

- Dobbiamo andare su Kahje, a prendere i dati di Timala. Ovviamente lo Spettro hanar e l’agente Temnos vorranno accompagnarci per… sai… “tenermi d’occhio”. Invece per quanto riguarda il tessuto polmonare, cercherò di contattare un collega che mi deve un favore.-

- Non farti arrestare di nuovo, dottor Zane.- lo schernisce Shepard, nascondendo una raccomandazione dietro una battuta.

 

 

(Il giorno dopo)

 

Mentre la Cittadella diventa sempre più piccola e lontana, Konstantin Shepard si sente stranamente colpevole. Si sente egoista, perché ha preso quella lunga pausa dalla sua guerra ai Razziatori e sa che, ogni giorno, qualcuno sta morendo. Un padre, un figlio, una figlia… un amante. Persone che dovrebbero avere le sue stesse chance di essere felici e che invece moriranno, per il suo ritardo.

Il senso di colpa l’assale quando si rende conto che, per lei, la vita di Thane è più importante di qualunque altra cosa. Che se la missione su Kahje fallirà, lei cercherà un’altra soluzione, dovesse abbandonare la galassia a sé stessa.

Accarezza distrattamente il datapad: chissà cosa sta succedendo, sulla Normandy, chissà se il maggiore Alenko riesce a tenere in riga il suo equipaggio, chissà se Joker e IDA hanno finalmente capito che l’amore è l’unico vero motore dell’universo.

- Sembri pensierosa, Shepard. Posso aiutare?-

La voce di Mordin allontana quelle riflessioni. La comandante si stringe nelle spalle, mentre il salarian si siede accanto a lei

- Ho lasciato i ragazzi a combattere i Razziatori da soli.- risponde, distante

- Loro probabilità di sopravvivenza ottime. Dispongono di migliore addestramento possibile e di notevole potenza di fuoco. Esplosioni. Salti a iperluce. Poteri biotici. Convinto che se la caveranno anche senza di te.-

Konstantin sorride:- hai ragione, Mordin.-

- L’unica cosa che preoccupa è cucina di sergente logistico Gardner. Necessita corso di un aggiornamento. Magari due.-

Shepard scuote la testa e un’involontaria risata le forza le labbra.

Mordin la mette di buonumore.

- Quali sono tuoi programmi per dopo?- le chiede lo scienziato

- Dopo di che?-

- Dopo fine di guerra. Quando Razziatori distrutti e Uomo Misterioso segregato in qualche prigione. Di massima sicurezza, consiglio, oppure fuori da portellone di Normandy. Buona soluzione alternativa.-

Konstantin si appoggia al sedile dell’astronave, intrecciando le dita delle mani.

- Non lo so.- ammette - Mi piacerebbe… sistemarmi.- nell’attimo esatto in cui le parole le escono dalle labbra, suonano così fittizie da farla sorridere.

- Difficile immaginarlo.- rincara la dose Mordin

- Probabilmente la vita da civile non fa per me.- ammette la comandante, divertita.

Non riesce ad inserire se stessa, in una galassia senza guerra, senza bande mercenari, senza scontri a fuoco. Sarebbe perennemente fuori posto. E’ stata addestrata per combattere, per essere la migliore, sul campo di battaglia. Da bambina, si è addormentata con i racconti delle grandi guerre combattute dall’umanità.

E poi c’è stato Elysium.

Quando ha salvato la sua squadra, quando le sue tattiche e il suo coraggio hanno fatto la differenza. Quando ha resistito fino all’ultimo. Potranno passare secoli, ma Konstantin non dimenticherà mai quel giorno. L’adrenalina che le pulsava nelle vene, irrorando il suo corpo con continue ondate di energia. La sua presa che ritornava salda, il dolore delle ferite che scompariva.

La sua anima aveva gridato di gioia, di trionfo.

Ogni parte del suo corpo aveva dato il meglio di sé e poi - quando alla fine i rinforzi li avevano raggiunti - era rimasta in uno stato di beatitudine, dove niente poteva scalfirla.

Si era sentita immortale, invincibile.

Su Elysium, aveva scoperto di essere una guerriera. E che tanto le bastava.

Poi - naturalmente - le cose si erano evolute. Saren, la Soverein, la nomina di Spettro, Cerberus… ogni esperienza andava ad incastrarsi assieme alle altre, in un mosaico di cui non vedeva ancora il termine.

Ora, Konstantin è qualcosa di più di una guerriera.

E’ un’amica, una comandante… una diplomatica, triste a dirsi.

Ed è la siha di qualcuno, l’amore di qualcuno. La speranza di qualcuno.

- Attraversiamo il portale galattico fra tre… due… uno.- annuncia una voce metallica, così impersonale, così priva di ironia, così diversa da quella di IDA.

Mentre la nave viene proiettata nel buio cosmico, Shepard socchiude gli occhi e pensa a come lei e Thane si siano salutati, solo poche ore prima.

“Ci vediamo presto” ha detto lei, dolcemente, baciandolo sulle labbra

“Addio, siha” ha risposto Thane, accarezzandole il viso

“Lo sai che detesto quella parola.”

La odia davvero. Anche se sa che non sarà una parola ad alterare il corso degli eventi, odia sentirla, odia pronunciarla, odia sapere che esiste. Odia sapere che c’è la possibilità che quel saluto sia l’ultimo e che la sua stessa lingua debba ricordarglielo.

“Non dovremmo metterci molto” ha ribadito, prendendo la mano di Thane nella propria “vuoi che ti porto qualcosa da Kahje?”

Ha provato a sorridere ma c’era qualcosa che non andava, nei loro saluti.

Come un presentimento, un’angoscia crescente. Una parte di Konstantin non riesce a stare ferma, l’altra non vuole partire. Una sa che quel viaggio vuol dire speranza, l’altra teme che non tornerà in tempo. Ed è una preoccupazione del tutto infondata: le condizioni di Thane non sono affatto così critiche e c’è un intero maledetto ospedale che si può prendere cura di lui.

C’è la dottoressa Michelle, che una volta lavorava negli Agglomerati e che ha meritato la fiducia di Shepard.

“Prenditi cura di Kolyat.” ha detto Thane

“Farò in modo che nessuno gli spari, ma per il resto non posso garantire.” ha scherzato Konstantin.

“Buon viaggio, siha.”

Si sono baciati sulle labbra.

“Ti amo, Thane.”

“Ti amo anch’io”

 

Durante il viaggio, Hiram cerca di riposare. Non sta dormendo troppo bene, ultimamente.

La morte di Timala l’ha scosso ma, peggio ancora, ha ridestato vecchi spettri, demoni che lui pensava di aver sconfitto e infine messo a tacere.

Eppure, non appena socchiude gli occhi per cercare di dormire, quelli ritornano in massa, ululando e sbraitando, costringendolo a rivivere le sue colpe, una volta dopo l’altra, in una danza macabra che sembra poter durare per tutta l’eternità.

“Un corpo riverso a terra, dita azzurrine distese sul pavimento, immobili.”

E ora sta tornando su Kahje, sta per riaprire le porte del suo vecchio laboratorio, del cuore pulsante di tante vite, di tante speranze, che ora è solo una carcassa vuota, in balia della risacca.

Ripercorrere quel lungo corridoio, di un bianco macchiato, poco sterile.

Riaccendere la vecchia IV - a cui non hanno mai dato un nome - per verificare gli ultimi progressi delle ricerche ed impostare qualche simulazione.

“Eseguo, dottor Zane” dice la voce metallica dell’IV “la simulazione sarà completa fra un’ora e dieci minuti”

Sorrido. Do il comando di avvio. E’ una giornata come tante.

Athira appare alle mie spalle:- Che simulazione è?-

- E’ per verificare l’impatto sui tessuti dell’ultima miscela di stimolanti.-

Spiegazioni ordinarie, pacifiche. Materie su cui discutiamo da giorni. Discussioni placida, da accademici. Il sorriso di Athira, la quiete di Timala.”

Hiram emette un lieve sospiro, pesante di rimpianto.

Gli sembra di non essere arrivato a niente, in tutta la sua vita. Stringe le mani, affonda le unghie nel palmo. Una goccia di sangue stilla sulla pelle azzurrina.

“Estraggo la pistola.

- Mi dispiace, signorina Lari. Non posso permetterglielo.-

Un gran vuoto, dentro al petto. Non provo paura, né odio, né tristezza.

Solo un’esausta determinazione. Deve finire, in un modo o nell’altro.

Athira grida il mio nome. Cerca di fermarmi.

Esercito una lieve pressione sul grilletto.

Un tuono sordo rimbalza sulle pareti del laboratorio.

E Lari non esiste più. C’è solo un corpo riverso a terra.

Dita azzurrine distese sul pavimento, immobili.

- Dottor Zane…- mormora Athira, con gli occhi pieni di lacrime.

Ripongo lentamente la pistola. Sono malfermo sulle gambe, il braccio mi trema, il cuore mi scoppia. Dolore. Confusione. Qual è il passo successivo?

- Falla sparire, Athira.- pronuncio a fatica.”

La voce metallica risuona nell’abitacolo, strappandolo ai ricordi.

Anche se non lo dice, il medico è grato per quel momento di tregua.

 

- Abbiamo ancora due ore di viaggio prima di giungere a destinazione.- annuncia la voce sintetica, priva di qualsiasi inflessione.  

Shepard alza lo sguardo.

Kolyat è in piedi, di fronte al pannello trasparente. I suoi occhi scrutano l’eterno susseguirsi di stelle e galassie, minuscoli lumicini nel vuoto galattico. Eppure ogni fiammella è un miliardo di vite, di esseri, di sensazioni. Ogni luce nelle tenebre è un migliaio di mondi.

Si alza, per raggiungere il giovane drell.

- E’ uno spettacolo bellissimo - dice, per attirare la sua attenzione - ma sempre un po’ spiazzante.-

Lui annuisce, lentamente, con un cenno del capo.

Shepard si tormenta le dita. Quanto sarà mai difficile trovare un argomento di conversazione?

- E’ tanto tempo che manchi da Kahje?-

- Da qualche anno. Non ci sono tornato più dopo la… la faccenda di Talid.-

Konstantin annuisce.

Non dev’essere stato un momento facile, per Kolyat. La cosa davvero sorprendente è che lei lo capisce. Probabilmente, se la vita non l’avesse addestrata in modo così ferreo, lei avrebbe fatto lo stesso.

Suo padre, Alexander Shepard, è scomparso quando lei era ancora piccola.

Congedato con disonore dall’Alleanza, aveva continuato ad inseguire i suoi folli progetti finché non era stato costretto a scomparire nel vuoto cosmico, per non essere processato.

Da adolescente, Konstantin aveva voluto sapere tutto, di lui.

Aveva tempestato sua madre di domande, ma Hannah si era sempre chiusa in un ostinato silenzio. Si era stretta nelle spalle, le aveva arruffato i corti capelli castani, e le aveva detto di dimenticarlo e di passare oltre. Cercava di camuffare lo sdegno dietro un’espressione indifferente, ma l’odio che provava verso suo marito era palese, traspariva da ogni suo gesto, da ogni parola.

Non solo l’aveva abbandonata, ma l’aveva fatto anche ricoprendosi di vergogna, disonorando gli alti ideali per cui lei rischiava la sua vita, ogni giorno.

Durante l’addestramento N7, Konstantin aveva trovato una traccia. Ed era stata ad un passo dal seguirla, dall’inoltrarsi nel mondo buio e proibito in cui suo padre si era fuso con le tenebre, ma alla fine una mano salda le si era serrata al braccio e l’aveva tirata indietro dal baratro.

“Shepard” aveva detto David Anderson, guardandola negli occhi “puoi decidere se continuare il programma e lasciare il segno nella galassia, oppure se seguire questa via e perderti per sempre. Ma devi decidere adesso, perché non intendo addestrare qualcuno che disonorerà la propria uniforme.”.

Quella frase l’aveva ferita eppure, quando la sofferenza e la vergogna si erano diradate, le aveva aperto un mondo. Aveva fatto chiarezza.

- Sono felice che tu abbia perdonato tuo padre.- dice, posando una mano sulla spalla di Kolyat.

Lui la guarda, come sorpreso dall’argomento, così Shepard si sente spinta a continuare

- Io ho un pessimo rapporto col mio.- gli spiega.

- Perché?- chiede Kolyat, esitante, come temendo di chiedere troppo.

- Era un criminale.- ribatte Konstantin - ma lui era convinto di non esserlo. Era convinto che gli orizzonti dell’Alleanza fossero troppo… ristretti. Era un genio incompreso - sbuffa una risata - ed un guerriero senza scrupoli.-

- Ma era tuo padre.-

- Sono passati vent’anni, dall’ultima volta che l’ho visto.-

Le aveva posato un bacio sulla fronte, nel metterla a letto.

“Mi racconti una storia, papà?” aveva chiesto lei, speranzosa

“Stasera non posso, aquilotta” le aveva risposto lui, accarezzandole il profilo del naso, che l’era valso quel soprannome “lo farò domani. Te lo prometto”.

E ora Shepard può fingere di aver dimenticato, ma sa di non avergli mai perdonato di aver infranto quella promessa, fatta ad una bambina.

 

 

 

 

-- La Coda!

Questo è un capitolo strano, perché ancora non ho capito se lo amo o lo odio.

Specialmente l’ultimo pezzo, quello sul padre di Shep, l’ho cancellato e rimesso per almeno una mezza dozzina di volte, perché non c’entra molto col resto della trama, ma mi sembrava sbagliato non metterlo. E’ un tassello importante dell’introspezione della mia Shep, che prima o poi andava tirato fuori dal cappello. Perché non ora? XP

Comunque non stupitevi se il prossimo capitolo lo posto un po’ prima, ma questa storia mi ha davvero presa (sono felice di aver finalmente ingranato J) e non vedo perché farvi aspettare!

Chi vivrà, vedrà.

Un sentito ringraziamento a tutti coloro che sono giunti fino a qui! Grazie mille!

 

Alla prossima!

- La Matta -

 

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Capitolo 8
*** Le piogge di Kahje ***


la cura 8

Capitolo Ottavo

Le piogge di Kahje

 

Visto dall’alto, una volta oltrepassata la fascia di nuvole e nebbia, Kahje è un’enorme sfera blu, di un blu profondo e luccicante.

- Sembra bello.- commenta Shepard.

Kolyat ridacchia:- è perché ancora non sei scesa a terra, comandante.-

 

Allo spazioporto li accoglie una montagna di burocrazia assortita ed una pioggia torrenziale.

Konstantin sospira, mentre l’acqua le appesantisce i capelli e le scorre in rigagnoli sul viso.

- Cos’altro può andare storto?- si domanda, stringendosi nelle spalle.

E’ così, quello è Kahje, la salvezza e la condanna del popolo drell.

La pioggia è fitta e densa, l’aria stessa che si respira sembra pesante.

Si volta verso lo spazioporto, dove Shaalon e l’agente Temnos stanno facendo valere i loro permessi. L’ufficiale della dogana, una giovane drell dalla pelle verde pallido, sembra al contempo contrariata e dispiaciuta, mentre consulta istericamente il terminale delle autorizzazioni.

Shepard si stringe nelle spalle: potrebbe intervenire e cercare di convincerla, ma è tempo che lo Spettro hanar si renda utile. Per il momento non ha fatto altro che darle l’emicrania.

“Egregia comandante, il sottoscritto vorrebbe discutere della sua recente interazione con un Illuminato” le ha chiesto, durante il viaggio.

Lei ha guardato dall’altra parte e ha infilato una menzogna dietro all’altra per non dire che Javik è piuttosto lontano dall’idea che tutti hanno dei prothean e che preferisce di gran lunga sparare ai mutanti piuttosto che pontificare saggiamente sul destino della galassia.

Shepard si ripara sotto una tettoia. Dio, che clima infame.

- Comandante…- la chiama Kolyat, raggiungendola - abbiamo un problema.-

- Sì. Abbiamo un problema.- scherza Konstantin - Piove.-

- No, comandante - Kolyat scuote il capo, con aria preoccupata - un problema peggiore. La dogana ci ha autorizzati a passare, ma Shaalon vuole tenere Hiram in custodia. Ha paura che, se verrà con noi all’appartamento della dottoressa Shoni, inquinerà la scena del crimine.-

- Dannazione, è un medico, mica un pericoloso delinquente!- prorompe Shepard

Si stringe nella giacca, cercando di combattere l’umidità che le si insinua nelle ossa, poi torna all’ufficio della dogana.

La ragazza drell ora sembra confusa, mentre l’agente Temnos cerca di spiegarle la situazione.

- Il sottoscritto è spiacente - sta dicendo Shaalon, flemmaticamente - Ma non possiamo correre il rischio che lo stimato dottore, nonché sospettato, ostacoli le indagini. D’altro canto il cordiale agente dell’SSC ha fatto notare che, qualora il qualificato professionista rimanesse senza custodia, potrebbe facilmente fuggire e raggiungere l’altro capo della galassia, dove ci sarebbe molto difficoltoso rintracciarlo.-

- E quindi vorreste ammanettarlo qui?- sbotta Shepard, spazientita

- L’intelligente comandante ha colto il punto.- annuisce Shaalon

- Questo non ha senso!- ribatte la donna - eri d’accordo con questo viaggio, no? Perché queste infinte precauzioni adesso?-

- Il sottoscritto non ha mai detto di concordare con l’idea di portare il sospettato in giro per la galassia.- precisa l’hanar - Ma il sottoscritto ha anche accettato di collaborare con la stimata comandante, quindi spero sarà possibile raggiungere un compromesso.-

Hiram sospira:- Shepard, è inutile che cerchi di fargli cambiare idea.-

- Il gentile sospettato ha indubbiamente ragione.- annuisce Shaalon - Il sottoscritto consiglia che la stimata comandante vada a compiere il sopraluogo, mentre l’agente Temnos e la cortese ufficiale della dogana rimangono qui assieme al dottor Zane.-

Konstantin sbuffa:- senza il dottor Zane, mi sarà impossibile capire…- si blocca.

Ovviamente non può spiegare allo Spettro quali siano le vere ragioni che l’hanno condotta su Kahje. Shaalon non ha mosso obiezioni al viaggio solo perché era convinto che lei volesse ispezionare di persona la scena del crimine - e magari fare qualche domanda in giro -. Se sapesse la vera ragione - cioè il prosieguo di una sperimentazione non autorizzata - probabilmente si rivelerebbe molto meno accomodante.

-… Timala teneva la rubrica dei contatti con gli altri ricercatori nel dispositivo in camera da letto.- spiega Hiram.

- Va bene.- annuisce Shepard - agente Temnos, badi che al nostro specialista non succeda niente.-

- Approfitterò della pausa forzata per chiamare il mio vecchio collega della Primazia Illuminata.-

Hiram è quasi sollevato. Preferisce non tornare a casa di Timala. Preferisce ricordarla com’era quando si sono salutati l’ultima volta, non come il corpo senza vita che Shaalon gli ha mostrato.

 

L’appartamento di Timala Shoni è grande, spoglio e caotico.

Nessuno lo pulisce o lo riordina da un bel po’.

Konstantin individua subito il dispositivo di cui le ha parlato Hiram ma, prima di accenderlo, fa un cenno a Mordin. Non vuole assolutamente che lo Spettro hanar la veda scaricare i dati.

Il professore annuisce e prende Shaalon in disparte.

- Ultimo incarico molto più impegnativo di questo.- esordisce, distraendo l’hanar - Laboratorio segreto su Sur’Kesh, cura per genofagia. Ha esperienza in genetica medica e anatomia krogan? No? Bene, allora io posso esporre per sommi capi mia ricerca e conseguente soluzione…-

- Il sottoscritto desidererebbe…-

- Non bisogna mai tralasciare scienza! Allora… tutto cominciato con rivolta krogan. Necessarie misure di protezione, per evitare riformarsi di orda….-

Shepard si concede una smorfia divertita, poi accende il terminale della dottoressa Shoni.

Mentre il dispositivo si carica, proietta un’olografia: un drell tiene in braccio una piccola asari, mostrandole un pupazzo variopinto. La bambina lo guarda, estasiata, con un enorme sorriso.

Poi il dispositivo è pronto e l’immagine svanisce.

Shepard cerca i dati sulla sindrome di Kepral ma, a parte qualche progetto allo stato embrionale e gli appunti per un saggio sulla genetica, non trova niente.

- Maledizione…- sussurra, voltandosi per controllare Shaalon.

Il chiacchiericcio di Mordin la rassicura che ha ancora tempo. Cerca più approfonditamente fra le cartelle e i documenti di Timala.

- A questo punto, ovvio quesito etico…- sta continuando il salarian.

Entra nella cronologia delle attività. L’ultima risale al giorno in cui la dottoressa è morta.

Konstantin fa un cenno a Kolyat, che le si avvicina discretamente.

- Li hai trovati?- chiede

Shepard gli indica lo schermo:- pensi anche tu quello che penso io?-

Il drell digita qualcosa sull’olotastiera, poi annuisce:- i dati sono stati rimossi. La copia locale cancellata.-

- Chi diavolo poteva sapere delle ricerche della dottoressa Shoni? E perché dovrebbero prendere i dati?-

- Non lo so.- ammette Kolyat, perplesso - ma ho trovato qualcosa. Vieni.-

Intanto, Mordin sta elencando a Shaalon tutti gli esperimenti falliti e tutti gli altri scienziati che hanno tentato - più o meno maldestramente - di curare la genofagia o di sfruttarne gli effetti, partendo dalla strana teoria di Okeer e del krogan perfetto per proseguire con la ricerca di Maelon.

Konstantin sorride: ne avranno ancora per molto.

Segue Kolyat fino alla camera da letto.

Vestiti e camici sporchi sono ammucchiati in un angolo, le mensole e il tavolo sono sommersi da fogli e appunti sparsi. La confusione regna sovrana, ad eccezione del comodino, tenuto in un ordine quasi religioso.

Sul comodino c’è solo una foto: lo stesso drell dell’olografia. E’ più anziano, gli occhi più opachi, qualcosa di malato, nell’aspetto. E’ accanto ad una splendida asari dall’aria scocciata e al contempo divertita, che leva gli occhi al cielo. Indossa una maglietta bianca, con una stupida scritta. Alle loro spalle, c’è il profilo elegante e sofisticato di Illium.

Kolyat lancia solo uno sguardo alla foto, poi indica l’armadio.

Oltre alle grucce vuote c’è un piccolo dispositivo nero.

- Cos’è?- chiede Shepard, sfiorandolo con un dito.

- La dottoressa Shoni era diventata diffidente.- spiega il drell, estraendo il dispositivo dalla nicchia - Questo è un impianto di sicurezza. Deve aver nascosto delle microtelecamere in giro per l’appartamento, che inviano i loro dati a questo congegno. Un assassino esperto l’avrebbe senza dubbio rilevato ma pare che questa volta siamo stati fortunati. Abbiamo a che fare con un principiante.-

Konstantin annuisce, sorridendo.

Collaborare con l’SSC ha reso Kolyat molto più sicuro di sé stesso. Ha sostituito la rabbia con la competenza, il trauma dell’abbandono con il piacere di risolvere gli enigmi.

- Possiamo vedere le registrazioni?- chiede

- In teoria no.- risponde il giovane drell, con una smorfia che sembra un sorriso - Non senza la password. A meno che non si violi il firewall.-

Konstantin alza gli occhi al cielo. Le mancano i bei tempi in cui con l’omnigel si faceva praticamente qualunque cosa.

- Immagino che sbatterlo ripetutamente per terra non servirebbe a molto.- scherza

Kolyat la guarda, e stavolta sorride per davvero:- sarebbe uno spreco di tempo. Soprattutto perché credo di poter violare i sistemi di sicurezza. Dammi un minuto, comandante.-

Shepard ammicca:- anche due.-

 

Dopo aver controllato le registrazioni una prima volta, chiamano Shaalon per renderlo edotto sulla scoperta.

La microcamera del soggiorno ha ripreso tutto.

Timala che apre la porta, la giovane drell che entra.

“Athira, cosa ci fai qui?” dice la dottoressa “è un piacere rivederti. Come stai?”

Shaalon ferma la riproduzione.

- Quella è Athira Kane.- spiega - la seconda assistente scomparsa.-

- La seconda?- lo interroga Shepard - non avevo capito che ce ne fosse una prima.-  

L’hanar annuisce gravemente:- il sottoscritto ha solo accennato al caso, in quanto è stato dichiarato irrisolto tempo addietro. La signorina Lari Fell era una collaboratrice esterna dello stimato dottor Zane. La sorella ne ha denunciato la scomparsa poco prima che il governo della Primazia Illuminata scoprisse la sperimentazione illecita.-

Shepard si passa una mano fra i capelli, ancora umidi.

Odia le persone che non le raccontano tutto.

Perché Hiram ha omesso un dettaglio così importante?

La banda di mercenari che li ha aggrediti sulla Cittadella, la scomparsa di Athira, la sua assistente, la morte della sua collega, la dottoressa Shoni… e ora Konstantin scopre che un’altra delle sue collaboratrici si è dissolta nel nulla, mentre lavorava al suo progetto.

Odia le persone che le mentono.

- Shaalon, direi che questa è una prova più che sufficiente a scagionare il dottor Zane.- dice.

Sono due, le cose di cui adesso è certa. Uno: Hiram non ha ucciso la sua collega. Due: ha bisogno di un po’ di tempo per condurre le indagini da sola, senza lo Spettro hanar e l’agente SSC.

- Il sottoscritto non può che concordare con la saggia comandante.- annuisce Shaalon

- Bene, ma a questo punto dobbiamo dividerci.-

- Il sottoscritto vorrebbe sapere per quale ragione.-

- Perché non mi piace lavorare con il fiato sul collo.- ribatte Konsantin, ruvida - e godo della stessa libertà di cui godi tu. Pertanto, che ne dici di andare a liberare il dottor Zane, prima che maturino gli estremi perché faccia causa all’SSC per sequestro di persona?-

- Il sottoscritto non ha nulla in contrario.- cede Shaalon - presenterò le mie scuse al dottor Zane per la momentanea limitazione della sua libertà di movimento.-

- Bene.- sbotta Shepard.

 

Una volta fuori dall’appartamento di Timala, Konstantin Shepard cammina per un po’ sotto la pioggia.

Le gocce esplodono a terra, pozzanghere grigie si allargano a vista d’occhio, riflettendo il colore plumbeo del cielo.

Mordin resta al suo fianco, assorto, seguendo ingarbugliati fili logici che solo lui può vedere.

- Dovremmo andare a laboratorio.- dice alla fine.

Shepard scuote la testa:- hai ragione, Mordin.- ammette, anche se vorrebbe solo tornarsene sulla Cittadella e lasciare ad altri l’imperativo morale di salvare la galassia.

La menzogna di Hiram l’ha colpita più di quanto immaginasse. E’ che si sta fidando immensamente di lui - non ha altra scelta-, sta mettendo la vita di Thane nelle sue mani… e lui trascura di raccontarle che probabilmente è il responsabile di due, forse tre, omicidi?

- Forse dottore aveva sue ragioni per tacere di episodio di signorina Fell.- commenta Mordin, indovinando i pensieri della comandante - Forse preoccupato per tua reazione.-

Un trasporto rapido passa troppo vicino a Konstantin, schizzandola di pioggia sporca.

- Odio questo pianeta.- borbotta la donna, di pessimo umore.

Sì. Odia Kahje. Ma non è per la pioggia.

Non è per gli edifici grigi, per i vetri dai colori spenti, per il distaccato silenzio nelle strade.

Non è per l’oceano infinito, che rende l’aria pesante e gli animi irrequieti. Non è per le rovine prothean che emergono dalle sabbie del tempo come ossa di antichi giganti, a ricordare che l’impero più grande della galassia è stato spazzato via e che tutto, ogni cosa, prima o poi incontra la sua fine.

Odia Kahje perché è umido.

Perché quell’aria irrespirabile ha fatto del male a Thane, perché loro potrebbero vivere una normale storia d’amore, se quel maledetto pianeta avesse un clima decente.

Cala il tacco dello stivale in una pozzanghera, schizzandosi i pantaloni.

- Shepard?- la chiama Mordin, dolcemente - Sembri turbata.-

- Odio questo pianeta.- replica la donna, stringendosi nelle spalle, come se fosse una spiegazione.

Alza lo sguardo, incrociando gli occhi di Kolyat.

- Ne sai qualcosa della storia di Lari Fell?- chiede, per rompere il silenzio.

Il giovane drell scuote la testa:- ero già partito da Kahje, quando lei è scomparsa. Shepard… credi che mio zio le abbia fatto del male? Che sia… responsabile, per quello che le è successo?-

- Non lo so, Kolyat.- ammette Konstantin - ma presto lo scopriremo.-

- Shepard… sono contento che te ne occupi tu.-

- Comandante Shepard migliore nel suo campo.- concorda Mordin, annuendo con il capo - forse tendenza eccessiva a far esplodere cose. Forse stesso fato riservato ai Razziatori. Impossibile dirlo.-

L’ipotesi strappa un sorriso a Konstantin: le piacerebbe, far saltare in aria i Razziatori, come ha fatto con il laboratorio di Saren su Virmire. Un’esplosione enorme di pura luce, in grado di vaporizzare ogni frammento di sporco rimasto al mondo.

- Non prometto niente.- scherza - ma m’impegnerò per un botto colossale.-

- Prendo atto.- Mordin le sorride - poi ci diamo appuntamento su spiaggia. Per esperimenti su conchiglie. Visita in laboratorio, magari. Io mostra nuove scoperte, tu cade in coma profondo per noia.-

- Sì - ammette Shepard, stringendosi nelle spalle - il rischio c’è.-

Kolyat la guarda scherzare con il salarian e si rende conto di averla sempre idealizzata. Lui conosce la comandante Shepard, il primo Spettro umano, salvatrice della Cittadella. Non ha mai cercato di guardare oltre la sua fama, non ha mai provato a conoscere “Konstantin”, un soldato eccezionale, certo, ma anche un’amica divertente, una figlia abbandonata… una compagna devota.

Quando tutto sarà finito… sarà strano vederla assieme a suo padre.

Kolyat non sa cosa pensare: se sopravvivranno a quella maledetta guerra, come cambieranno le loro vite? Shepard e Thane resteranno insieme? E cercheranno un posto dove vivere in pace oppure riprenderanno subito la loro crociata per l’armonia della galassia? Lui li vedrà spesso? Come saranno i loro rapporti? E…

Mentre cammina sotto la pioggia di Kahje, Kolyat si rende conto di una cosa, di un’unica risposta che lo riempie di gioia, che gli fa vedere la vita sotto una luce nuova.

Shepard gli ha ridato la speranza. Il desiderio di fare progetti. La possibilità di interrogarsi sul futuro, senza dare per scontato che un futuro non ci sarà. Gli ha dato occhi per vedere una luce, alla fine della guerra, alla fine della sofferenza, alla fine di tutto. La certezza che la fine verrà e che la vera pace non è solo un miraggio, ma una prospettiva.

 

Quando raggiungono il laboratorio di Hiram e della sua equip, sono tutti e tre bagnati fino al midollo.

Shepard si appoggia al muro, riparandosi sotto un colonnato.

Borbotta qualcosa che suona molto come “odio questo pianeta”, anche se sa che ripeterlo è perfettamente inutile e non cambierà le cose.

Il servizio di sicurezza di Kahje ha bloccato l’accesso al laboratorio - le indagini sulla sperimentazione illegale sono ancora aperte, dopotutto - ma gli hanar sembrano essersi completamente dimenticati di lui. Non ci sono guardie, né telecamere di sicurezza. Solo uno scarso sistema dall’allarme, che Shepard potrebbe bypassare ad occhi chiusi.

Mentre gli provoca un corto circuito, sente Mordin parlare con Kolyat.

- Ricordo chiaramente. Di rientro da ennesima missione su Omega. Shepard e dottoressa Chakwas completamente ubriache. Spettacolo notevole, cui non capita frequentemente di assistere.-

Konstantin scuote la testa. Termina il bypass, prima di voltarsi indietro e protestare.

- Non eravamo così ubriache.-

- Dipende da criterio di valutazione. Per standard di krogan maturo eravate molto ubriache. Per standard di salarian eravate sull’orlo di coma etilico. Non posso esprimermi su massimo quantitativo alcolico tollerabile da Razziatori, forse per loro scala di valori voi eravate quasi sobrie.-

Kolyat sorride: non riesce ad immaginare il comandante Shepard ubriaca.

Konstantin non replica, ma mentre apre le porte del laboratorio cerca di convincersi che non era davvero così ubriaca. Purtroppo, il fatto che abbia solo ricordi sfocati di quella sera non depone a suo favore. Sa per certo di aver lasciato la povera Karin a dormire sul lettino dell’infermeria e di essersi diretta a passo malfermo fino all’ascensore.

Entrano nel laboratorio. E’ polveroso, caotico, privo di alcuni macchinari.

Degli olonastri arancioni delimitano l’area, ma per il resto il luogo sembra rimasto intatto.

Kolyat avanza fino ad un pannello, per controllare l’energia della stanza.

- E’ tutto disattivato.- dice poi, scuotendo la testa.

- Tutti i dati che c’erano in questi computer - riflette Shepard - devono essere stati presi dalle autorità della Primazia Illuminata. Ma se Athira Kane si è presa il disturbo di cancellare quelli della dottoressa Shoni, non mi sorprenderebbe scoprire che anche qui è scomparso tutto.-

- Shepard…- dall’altro capo della stanza, Kolyat la chiama.

La donna lo raggiunge.

Il giovane drell si è fermato davanti ad una grande scrivania grigia, asettica. Il servizio di sicurezza di Kahje ha svuotato i cassetti e sequestrato i documenti, ma non ha tolto un’olografia, che volteggia soavemente in aria non appena Kolyat si avvicina.

Shepard le lancia appena uno sguardo, poi vede una lacrima rigare la guancia del drell.

-… mamma.- lo sente sussurrare, assorto.

Konstantin si ferma, al suo fianco, guardando l’immagine. Ha visto una foto di Irikah solo una volta - di sfuggita, quasi di nascosto - e non si è mai resa conto di quanto fosse bella. I suoi occhi sono davvero del colore del tramonto, di quella sfumatura eccezionale che il cielo riesce ad avere solo per pochi momenti, ogni giorno, prima delle tenebre.

Istintivamente, prende la mano di Kolyat nella propria.

Il drell s’irrigidisce un attimo, ma poi la guarda con riconoscenza, asciugandosi le lacrime.

- Perdonami, comandante…- dice, con voce rotta - mi ha… preso alla sprovvista. Non mi aspettavo di… vederla.-

- Non c’è niente da perdonare.- lo rassicura Konstantin.

Kolyat annuisce, poi prendere un respiro profondo e prende in mano il proiettore dell’olografia. La base è grossa, di metallo argenteo ed emana uno strano calore.

Se ne rende conto lentamente, mentre soppesa l’oggetto in mano.

-… c’è un dispositivo, qui dentro.- dice, mostrando a Shepard un pannello rimuovibile. Una volta tolto, ne fuoriesce una lieve luce verde, che crea un’olotastiera. Un piccolo schermo, nell’incavo, si anima, mostrando le parole “Inserire password”.

- Una parola di quattro lettere.- deduce Kolyat dopo un primo tentativo.

- Hiram è tuo zio - riflette Konstantin - tu che ne dici?-

Il drell riflette per qualche momento. Non ricorda amici particolarmente cari, né una compagna, né un evento particolarmente significativo della vita di suo zio. Prova ad inserire l’anno della sua laurea alla Primazia Illuminata, ma niente. Prova con sequenze casuali di numeri, ma la scritta continua a pulsare davanti ai suoi occhi, con aria di scherno.

Anche l’olografia è rimasta di fronte a lui. Volteggia nell’aria, lentamente, dolcemente, senza scatti.

Il volto sereno di Irikah fissa il figlio senza vederlo, il suo sorriso non vacilla.

Improvvisamente, una strana calma scende su Kolyat.

Le sue mani si muovono quasi automaticamente, sfiorando l’olotastiera.

Scrive, soprappensiero. Hiram ha avuto una sola persona veramente cara, nella sua vita. Un’unica donna che ha amato più di chiunque altro, più di qualunque amante, più di qualunque amica.

Sospira, ricacciando indietro un’altra lacrima, poi finisce di digitare la password.

R.I.K.A.

 

 

 

 

 

 

--La Coda!!

Quant’è bella la primavera!

Signori e signore sono lieta di annunciare che ho praticamente finito di scrivere questa storia, quindi -accidenti a parte - sono ragionevolmente sicura che non sparirò un’altra volta e che potrete tutti sapere come va a finire! Yeee

(scusate se mi esalto per così poco, ma sono quasi certa di avervi già accennato al mio problema cronico a concludere le cose che inizio, per quanto io vi sia affezionata. Beh, La Cura vedrà la parola “fine” e di questo sono davvero felice!).

Parlando del capitolo… non avevo assolutamente idea di come descrivere Kahje. Se lo digitate su google immagini vengono cose contorte o grosse palle azzurre. Ho optato per la grossa palla azzurra.

Per quanto riguarda Kolyat, devo essere sincera: come Shep, anch’io ho qualche problema a relazionarmi con lui. Ma esattamente come Shep mi sto avviando ad una soluzione, a piccoli passi.

Con questa intelligente metafora vi saluto!

 

Un grande bacio a tutti

- - La Matta - -

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Capitolo 9
*** Pentimento ***


dlc 7

Capitolo Nono

Pentimento

 

- Rika…- mormora Kolyat, assorto

La porta si chiude. Un fischiettare allegro pervade l’ambiente.

Mi alzo dal tappeto, lancio via la palla con cui sto giocando.

Mia madre si volta, poggia le mani sui fianchi, ride.

- Tu non dovresti essere da qualche parte a cercarti un lavoro?- scherza.

Hiram attraversa la stanza in quattro lunghi passi.

Mi dirigo verso di loro. Passo vacillante di bambino. Il pavimento freddo sotto i piedi scalzi.

La prende per i fianchi, la solleva, la bacia sulle guance.

- Sempre a farmi la paternale, sorellina?- chiede, dolcemente.

- Faccio le veci della mamma, Hiram. Ormai ci sono abituata.-

Sorridono entrambi. Le mani nelle mani.

- Ti voglio tanto bene, fratellino.- mormora lei.

Lui le accarezza le guance

- Ti voglio bene anch’io, Rika.-

Un flash di luce verde lo strappa ai ricordi. Il dispositivo si attiva, vomitando sul piccolo schermo una quantità di dati tecnici, di filmati, di schemi e proiezioni future.

E poi c’è un singolo file, che attira l’attenzione di Shepard.

Appena lo seleziona, dagli altoparlanti esce la voce di Hiram, che riproduce automaticamente la registrazione più recente.

“Gli esperimenti proseguono a rilento. Sento che siamo vicini a qualcosa - che la clonazione da tessuti vitali è a un passo dal dare dei veri risultati - ma il quadro generale ancora mi sfugge. Sono due giorni che Lari non si presenta. Forse ha gettato la spugna. Timala sembra scoraggiata, mentre Athira è sempre più distratta, come se… non le interessasse. O forse sono io. Forse sono io che tengo troppo a questa ricerca e mi accanisco a vedere dei progressi dove invece stiamo stazionando da mesi… non lo so, sono confuso. Ci sono giorni in cui vorrei distruggere questo laboratorio dalla faccia del pianeta e ritirarmi da qualche parte, dove piangere mia sorella e i miei fallimenti per il resto della mia vita. Non so cosa mi trattenga. Ho perso l’entusiasmo di un tempo, ho perso la gioia. Sento che siamo vicini a qualcosa, ma lo stesso qualcosa che adesso sembra vicino scapperà lontanissimo appena tenterò di afferrarlo. E’ la condanna dei ricercatori. La vita che mi sono scelto.”

- Non suona bene.- commenta Shepard, scuotendo la testa

- Mio zio non ha mai avuto troppa fiducia in sé stesso.- ammette Kolyat

Mordin intanto ha analizzato più approfonditamente i dati:- in effetti. Evoluzione di programmi di ricerca sempre lunga e difficoltosa. Spesso frustrante. Mente di scienziato deve essere paziente, sopportare piccoli scherni della sorte. Poi si arriva sempre a conclusione, basta essere pronti ad investire tempo e risorse in quello in cui si crede. Questo ha sempre animato me, in mie ricerche, anche quando si è trattato di disfare quello che io stesso avevo prodotto. Sempre serenità, sempre pazienza. Vero segreto di scienza.-

Konstantin annuisce, poi seleziona la registrazione antecedente.

Subito si sorprende di come la voce di Hiram sia diversa, più energica, più propositiva. Quasi eccitata.

“E’ un grande giorno! Le ultime simulazioni non danno adito ad ulteriori dubbi. Ce l’abbiamo fatta! Abbiamo prodotto del tessuto organico drell omnicompatibile. E’ uno dei perni chiave dello sviluppo della cura. Spero davvero di poter offrire alla mia gente qualcosa di più che un blando palliativo. Eppure… eppure Lari non sembra entusiasta quanto me. Si aggira per il laboratorio in uno strato stato di agitazione. Prima mi ha preso in disparte. Pensa che questa ricerca non sia etica. Etica? Solo perché dei burocrati buffoni non ci hanno autorizzato a predisporlo, non significa che il nostro lavoro sia moralmente sbagliato! Non facciamo del male a nessuno - a parte un po’ ai nostri nervi -. Lei dice che è sbagliato il principio stesso. Che forse noi drell non siamo nati per avere una cura, siamo nati per portare avanti la sindrome di Kepral come un carattere della nostra razza. Follia. Povera Lari, dev’essere stanca. Spero si prenda una vacanza. Per un po’, possiamo fare a meno della sua collaborazione.”

- Lari Fell aveva delle idee piuttosto estreme.- dice Shepard - è davvero difficile condividere la sua posizione.-

 

- Lari Fell aveva delle idee piuttosto estreme. E’ davvero difficile condividere la sua posizione.-

Sente Shepard parlare, a pochi metri da sé.

Athira trattiene il respiro, cercando di concentrarsi.

La pistola sembra improvvisamente pesantissima, nella sua mano. O forse è la sua mano che ha perso del tutto la propria forza.

L’emicrania continua a tormentarla, rende difficile pensare, rende ovattate tutte le immagini, incomprensibili le emozioni. L’unica cosa chiara è il dolore - e quello è lancinante, inevitabile.

Striscia contro il muro. Il sangue ha uno strano sapore, in bocca.

Ha uno strano colore quando le cola lungo il mento, così diverso dal colore che aveva quand’era nelle provette, in laboratorio. Allora era solo uno strumento, adesso è la vita stessa, che le scivola via.

Athira allunga il braccio, puntando la pistola.

Il suo dito indugia sul grilletto.

Da quella distanza, sbagliare è praticamente impossibile.

La drell tentenna. E se ci fosse un’altra via?

“Uccidili” ha detto il Custode della Memoria, con voce tenace, un’espressione stoica sul volto “Uccidi Shepard e uccidi il Blasfemo. Solo così salverai tanti nostri fratelli dalla condanna eterna.”

Così, ha detto. E sembrava convinto, sembrava sincero.

Ma non è lui che sta morendo per la Kepral. E’ facile predicare di astenersi da qualunque trattamento quando i tuoi organi interni sono ancora integri e funzionali e non sono appesantiti dalle metastasi e lacerati dalle lesioni. Quando ancora riesci a mangiare senza rigettare subito tutto, assieme a boccate di sangue, quando la mente riesce ancora a pensare i propri pensieri, quando respirare non è uno strazio continuo.

Sembra facile, seguire la filosofia della setta, quando si sta bene.

Il dito di Athira esercita una lieve pressione sul grilletto, insufficiente a fare fuoco.

“Forse loro, loro fra tutti, possono ancora aiutarmi…” riflette, disperatamente, salvo poi rendersi conto che non c’è redenzione, per quello che ha fatto.

Ha ucciso la dottoressa Shoni.

Ha rubato le prove di un’indagine del servizio di sicurezza.

Ha tradito i suoi amici, i suoi colleghi.

E ora sta per uccidere di nuovo.

Arrivata a questo punto, sa di non poter tornare indietro. Eppure c’è un frammento della sua coscienza che rigetta quella determinazione, il suo inconscio combatte freneticamente per contrastare quell’idea.

Per questo, ha mentito al Custode.

Abbassa l’arma, mentre i ricordi la sommergono come un fiume in piena, torbido di polvere e di dubbi.

“E’ seduto sul suo trono di pietra, le mani ripiegate in grembo, il viso soffocato dal cappuccio.

Dalle ombre intravedo il suo sorriso. E’ paterno, soddisfatto, eppure nasconde una punta di gelo.

- Hai i dati?- mi chiede, per l’ennesima volta.

Annuisco, poco convinta. E’ solo un piccolo datapad, ma pesa immensamente nella tasca del mio mantello. L’ultimo bivio. Il dolore mi angoscia. Voglio solo che cessi.

- Vieni qui, figlia mia.-

Obbedisco, salgo a fatica i tre gradini che ci separano.

Allunga una mano. Dita lunghe, eleganti, pelle verde come l’erba, un verde sano, pulito.

Sul suo palmo, scintilla un piccolo dispositivo. So cos’è. E’ un cip di cancellazione. Dopo di questo, non esisterà più alcun dato. Tutto quello che ho preso, che ho riportato dall’appartamento di Timala… tutto sparirà. Senso di colpa.

Lei era l’unica che stava ancora lavorando. Lei vedeva ancora la speranza.

Lei mi ha rimproverata per aver abbandonato il programma medico, per essermi sottratta alle cure.

- Dammi il datapad.- dice il Guardiano. Non è un invito. Non c’è gentilezza, nella sua voce.

E’ un comando. Obbedisco docilmente. Lo guardo posare il cip sullo schermo.

Stringo i pugni. Sudore freddo mi bagna la schiena.

- Forse dovremmo prima analizzarli…- riesco a balbettare.

- Blasfemia!- impreca il Custode. I suoi occhi neri mi fissano, brillano nel buio. Giudicano. Impongono. Spaventano. Un battito di ciglia. So che la mia è la decisione giusta. Avrebbe fatto ancora più male comportarsi diversamente. Pensieri caotici, si accalcano, combattono, scompaiono.

Il cip finisce il suo lavoro. Il Custode lascia cadere il datapad a terra. Schermo nero. Vuoto. Desolato.

M’inchino e ridiscendo i tre gradini. Sembrano infiniti.

Do le spalle al Custode. Cammino lentamente, faticosamente.

Affondo le mani nelle tasche del mantello. Le mie dita accarezzano un dispositivo. Plastica liscia, senza temperatura, senza decori. Una copia dei dati.

Mi rallegro dell’inganno. Una bella sensazione. Nascondo i dati, come un tesoro, come una promessa.”

Il flusso di ricordi l’abbandona, lasciandola esausta, madida di sudore.

Rivivere quei minuti carichi di tensione, carichi di simboli e di interrogativi la pone di nuovo davanti allo stesso bivio. Sparare a Shepard e tornare dal Custode, per morire in un letto di dolore, come è già successo, sperando che la sua fine sia cosa gradita agli Dei? Oppure gettare la pistola e compiere un ultimo passo in avanti, verso i suoi nemici, sperando che loro siano più magnanimi di chi l’ha chiamata “figlia mia” e poi l’ha mandata a commettere un omicidio.

Athira sospira. Sente il braccio tremare.

Vuole solo che tutto finisca, che finisca al più presto in un limbo grigio, senza dolore.

Il tempo sembra rallentare, mentre la drell lascia andare la presa sulla pistola.

L’arma cade e rimbalza a terra con un suono metallico, artificiale.

Shepard si volta, sulla difensiva. L’energia biotica le danza sulle dita, simile ad un’illusione azzurrina.

- Vieni fuori!- grida, imperiosa - E niente scherzi.-

Anche le due persone che sono con lei - un salarian ed un giovane drell, che Athira aveva scambiato per il dottor Zane - si sono voltate. Puntano due pistole verso il suo nascondiglio, aspettano solo l’ordine di fare fuoco.

Alza le mani, indifesa, ed esce dalle ombre.

 

- Athira Kane?- esclama Shepard, perplessa.

La riconosce dal video della dottoressa Shoni.

Lascia che l’energia biotica le si appassisca sulle dita. La giovane drell non è una minaccia. Nessuno, in quello stato, potrebbe essere una minaccia.

La sua pelle sudata è pallidissima, vira più verso il giallo che verso il verde. Ha gli occhi opachi e le labbra rotte, piagate. Un rivolo di sangue secco le macchia il mento. Ha altre macchie sui vestiti.

Mentre cammina verso di lei, trema visibilmente. Sta in piedi a fatica.

- Mi… mi dispiace…- mormora la giovane, prima di crollare in ginocchio.

Shepard fa un cenno a Kolyat, che continui a puntare l’arma. Non si sa mai.

La comandante invece si avvicina ad Athira, posandole una mano sulla spalla. La sua pelle irradia un calore malsano.

- Cominciamo dal principio.- le dice, con calma - Cosa ti sta succedendo?-

Athira cerca di parlare, ma la tosse la soffoca. Si piega in avanti, coprendosi la bocca con le mani.

- E’ la sindrome di Kepral.- risponde Kolyat, in sua vece - ed è anche in uno stadio molto avanzato.-

- Noi non…- boccheggia la giovane -… noi non possiamo… prendere medicinali.-

- Atteggiamento alquanto stupido. Percentuali di sopravvivenza lievemente maggiori, con farmaci. E di sicuro decorso di malattia molto più lungo. Danni ridotti e…-

- Mordin, lasciala parlare.- lo interrompe Shepard

- Noi... noi seguiamo la vera via degli Dei.- sussurra Athira, gli occhi fissi sul pavimento - I drell muoiono per la sindrome di Kepral da quando hanno abbandonato Rakhana al suo destino, sottraendosi così alla fine che gli Dei avevano determinato…-

Sembra che reciti una poesiola, una lezione imparata da tanto tempo e mai capita veramente.

-… non… non dovevamo sopravvivere a Rakhana…- sussurra Athira, mentre gli occhi le si riempiono di lacrime -… ma noi… noi volevamo solo vivere! E’ una colpa così grande? Perché gli Dei dovrebbero punirci per aver scelto la vita?-

- Gli Dei non puniscono voi!- sbotta infine Mordin - Sindrome di Kepral frutto di diversa atmosfera di Kahje. Troppo umida per organismo drell. Rakhana pianeta caldo, arido, pianeta secco. Nessuna punizione divina, in vostra malattia, semplice incapacità di adattamento! Umidità, pressione, danno a proteine ossigenanti. Da qui, sindrome. Niente Dei, niente punizioni, niente destino!-

Athira scuote il capo, fissando lo scienziato salarian.

- Lo pensavo anch’io…- ammette, in un respiro - Poi mi sono ammalata. Ho cercato rifugio nella scienza, ho studiato medicina alla Primazia Illuminata. Ho scelto la mia specializzazione e… e ho contattato il dottor Zane… Ma le ricerche erano lente, mentre il mio corpo deperiva così in fretta… Mi aspettavo di avere più tempo.-

Mordin annuisce:- sensato. Sindrome di Kepral ha diverse evoluzioni possibili. Progressione lenta e danni a più organi vitali. O progressione più rapida e danni concentrati in uno, massimo due punti. Ad ogni modo, terapia aiuta. Terapia aiuta sempre.-

Shepard si siede a terra. Non ha mai colto quanto sia terribile la sindrome di Kepral. Per come ne parlava Thane, sembrava un fardello pesante, ma non così pesante da schiacciare una persona.

Ma non tutte le persone hanno la calma, la forza, la filosofia di Thane. Non tutti riescono a trovare un ideale a cui aggrapparsi, per dare un senso alla loro vita, dalla fine già segnata.

- Poi… un giorno…- Athira trema, stringendosi nel mantello come colta da un gelo improvviso. - “Sto riordinando il laboratorio. E’ tardi, tutti sono andati a riposare. Sposto una centrifuga. Rumore di vetri che si toccano. Melodia. Passi alle mie spalle. “Ciao, Athira” dice Lari. Ha un sorriso incantevole. Si siede, fa un giro sulla sedia. Profumo di frutta nell’aria. “Devo parlarti. Del nostro lavoro. Di quello che facciamo qui.”- Athira scuote la testa, riuscendo ad allontanare il ricordo -… Lari faceva parte di un congregazione. Era stata mandata nel nostro laboratorio per studiare i progressi che stavamo compiendo. Fu lei a farmi… a farmi conoscere la filosofia della setta, a farmi incontrare la nostra guida, che noi chiamiamo solo… “il Custode della Memoria”, perché è l’unico a non aver dimenticato l’imperativo morale che grava sulla nostra gente. Morire, morire com’è morto il nostro pianeta natale.-

E’ un lungo discorso. A vederlo ora sembra una progressione di eventi stupida e insensata, ma quando stava accadendo, parevano tutte decisioni sensate, ragionamenti plausibili.

Athira singhiozza, stringendosi le ginocchia al petto.

- Da quel momento ho cessato di prendere le medicine, di sottopormi alla terapia prevista… ho iniziato a fare quello che diceva lui, quando lo diceva lui. Ho cercato di… di trovare consolazione, nell’idea della redenzione futura. Pensavo di adempiere al volere degli Dei.-

- Ma come potrebbero gli Dei volere questo?- esclama alla fine Kolyat, sconvolto - Perché Arashu dovrebbe continuare a darci la vita, se il loro progetto è di togliercela? Perché Amonkira dovrebbe continuare a darci forza, se il nostro destino è solo di lasciarci morire?

Da quando ha ritrovato suo padre, ha ritrovato anche un aspetto di sé che temeva perduto per sempre.

Ha ricominciato a pregare - e non solo a pregare, ma a credere, che è ben diverso - e si è sentito confortato.

Athira scuote la testa, nascondendo il viso dietro alle mani.

- Ho sbagliato ogni cosa…- ammette alla fine, piangendo - Quando abbiamo intercettato le… le comunicazioni del dottor Zane… il Custode ha assoldato dei sicari, per ucciderlo. Poi mi ha mandata da Timala, perché… perché la convincessi a desistere nelle sue ricerche e… se non ci fossi riuscita…-

-… uccidessi anche lei.- completa Shepard, annuendo.

E’ una storia assurda. Ha di fronte un’assassina, ma non riesce a provare vero odio nei suoi confronti. Anche se la sua condotta ha umiliato tutto ciò per cui Thane sta lottando, anche se ha rischiato di compromettere il lavoro che potrebbe salvargli la vita, anche se ha tradito chi voleva solo salvarla… Shepard non riesce a non vederla come una semplice ragazza, una studentessa che si è trovata all’improvviso a guardare la morte negli occhi. C’è chi non resiste alla pressione, c’è chi vede il baratro e preferisce lasciarsi cadere, piuttosto che lottare ogni giorno per rimandare il definitivo addio.

Ancora una volta, si sente infinitamente orgogliosa della forza di Thane e lo ama ancora di più per quello che riesce a fare, ogni giorno, e che non fa pesare a nessuno.

-… mi dispiace tanto…- singhiozza Athira, accanto a lei.

Lentamente, Shepard vede la propria mano posarsi sulla spalla della drell.

- Hai fatto un errore.- dice, dolcemente - Può capitare. Ma ora devi aiutarmi a porvi rimedio.-

La giovane alza gli occhi. Nonostante tutto, per un attimo sembrano limpidi.

- Qualunque cosa.-

 

 

 

 

 

La Coda!

Ve lo dico, questo capitolo non mi piace particolarmente.

Non fraintendetemi, mi piace abbastanza, ma oggi è un giorno speciale (il mio compleanno!!! 22!!!) e, uffa, mi sarebbe piaciuto postare qualcosa di più… non lo so.

Fatto sta, che oggi fate voi un regalo a me e vi leggete questo (anche perché il mistero andava svelato prima o poi, no?) e io domani faccio un regalo a voi e vi posto il capitolo successivo (che mi piace molto di più!).

Che ne dite?

Un grande bacio

 

-- La Matta --

 

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Capitolo 10
*** Buon sangue non mente ***


la cura 10

Capitolo Decimo

Buon sangue non mente

 

Nessuno entra nell’appartamento di Kolyat da quasi due anni, ma il giovane ancora non è riuscito a venderlo. E’ spoglio e grigio, con gli stipiti delle porte rovinate e una cucina paleozoica che sembra sul punto di esplodere da un momento all’altro.

- Apprezzo arredamento.- commenta Mordin, ironico - molto spartano. Essenziale. Polvere prevista in modello originario oppure aggiunta ad arte in seguito?-

Shepard alza gli occhi al cielo, mentre Kolyat soffoca una risata.

- L’arredamento non è stato in cima alle mie priorità, di recente.- ammette

Fanno sedere Athira nel diroccato cucinino. Con una coperta drappeggiata sulle spalle sembra la superstite di un disastro naturale. Forse lo è. Forse il disastro naturale è la sua vita.

- Ok, Athira.- esordisce Shepard, sedendosi di fronte alla drell, per guardarla negli occhi - Abbiamo bisogno di quei dati. Se non li hai consegnati al Custode della Memoria, dove sono?-

- Nella sede della congregazione.- risponde lei, timidamente - li ho… li ho nascosti. Ogni adepto ha un suo spazio, dove può conservare i suoi effetti personali. Ho… ho nascosto lì, i dati.-

Shepard sospira. Era troppo, sperare che li avesse con sé.

- Posso tornare lì a prenderli.- la rassicura Athira ma subito un eccesso di tosse la contraddice.

- Shep, non ce la farà mai.- bisbiglia Kolyat - Si regge in piedi a fatica.-

- Non mi sembra che abbiamo tante altre possibilità.- ribatte Konstantin, sottovoce.

Il drell esita un attimo, ma poi replica:- in realtà abbiamo un’alternativa.-

Shepard ancora non ha intuito l’idea del giovane, ma già non le piace.

- Ho promesso a tuo padre di badare che non ti sparino. E oggi mi è mancato tanto così  per infrangere quell’impegno.-

- Non sono un bambino, comandante.- sbotta Kolyat. Poi prende un respiro profondo, si calma e riprende:- questa potrebbe essere la nostra ultima chance. Se mandiamo là Athira e lei fallisce, di certo il Custode capirà che non ha davvero distrutto i dati. Vogliamo davvero correre il rischio che li trovi prima lui? Non abbiamo abbastanza tempo per ricominciare la ricerca daccapo. Non c’è tempo.- lo ripete, calcando la voce sulla parola “tempo”.

E’ sempre il tempo, a mancare.

Tempo per riflettere, per progettare, tempo per ricominciare daccapo. Manca il tempo per prendere un respiro e guardarsi intorno. Non c’è tempo per fuggire da un piano che non ti piace.

- Va bene, Kolyat.- concede alla fine Shepard, a malincuore - a cosa pensavi?-

- Voglio infiltrarmi nella congregazione.-

- Questo è fuori discussione.-

Il drell rimane spiazzato dalla risposta improvvisa

- Ragiona, comandante.-

- Non ho intenzione di mandarti là da solo, Kolyat.-

- Shepard, tutta la galassia ti conosce. Non puoi venire con me.-

- Devo appoggiare posizione di Kolyat.- si unisce Mordin - Di recente tua faccia spunta fuori dappertutto, Shepard. Discrezione non è mai stata tuo punto di forza.-

- Non ci vorrà molto.- insiste il drell - Entro, ascolto qualche predica, poi recupero i dati della dottoressa Shoni e scappiamo da questo pianeta. Ho già lavorato sotto copertura.-

Shepard tentenna, guardando il giovane che ha di fronte.

Ha promesso a Thane di badare a lui… ma come può trattenere Kolyat dall’aiutare il proprio padre? Contro ogni logica, contro ogni impegno, una parte di lei vuole assecondarlo. Vuole dirgli che l’unica cosa importante è recuperare quei dati.

- Non ho bisogno che tu mi protegga, Shepard.- dice il drell, alla fine, prendendo le mani della comandante nelle proprie. La guarda negli occhi, con un flebile sorriso.

Per un attimo, nei lineamenti di Kolyat rivede il sorriso di Thane, rivede la sua forza, quell’energia placida e resistente, quel controllo e quel distacco che lo rendono un eccellente guerriero.

- Va bene, Kolyat.- annuisce, alla fine, le labbra serrate in una linea determinata.

- Non ti deluderò, comandante.-

Konstantin aumenta la stretta sulle mani del giovane.

- Sono fiera di te.-

 

Mentre Athira spiega a Kolyat cosa dire e cosa non dire ed elaborano insieme una storia convincente per la confraternita, Shepard si apparta ed accende il comunicatore. Cerca di collegarsi con la Cittadella, ma il segnale è troppo disturbato.

Dopo tre tentativi falliti, decide di chiamare la Normandy.

Stavolta la connessione va subito a buon fine.

- Ehilà, Lola.- la saluta James.

- James, perché l’Alleanza paga una specialista, se rispondi sempre tu al comunicatore?-

- Samantha è… non lo so, credo che stia facendo qualcosa di altamente tecnico con…-

Shepard alza gli occhi al cielo:- gioca a scacchi con Gabby.- deduce, scuotendo la testa

- Sì, Lola.- ammette James, sconfitto - Ma da quando non ci sei le comunicazioni si sono fortemente ridotte. Per lo più rapporti militari, ma non serve nemmeno leggerli tutti per capire che la situazione non sta migliorando.-

- Tenete duro, ragazzi. Secondo i miei calcoli, qui presto avremo finito.-

Non ne è veramente certa, ma James non può saperlo, quindi tanto vale essere ottimista.

- Tranquilla, Lola. L’unico problema è quel dannato turian che pretende di essere più tosto di me. I Razziatori sono una nullità, in confronto alle chiacchiere di Garrus.-

Konstantin sorride: se non altro, i ragazzi si stanno divertendo.

- Senti, quando finisce con la partita a scacchi, puoi chiedere alla specialista Trainor di inoltrare un mio messaggio ad un comunicatore sulla Cittadella? Da qui non ci riesco.-

- Prima posso guardarlo, Lola?-

Shepard finge di rifletterci su:- mmh… no.- sbotta poi

- Stai diventando noiosa, Lola.-

- Credo sia questo pianeta. Piove sempre e sta avendo una cattiva influenza sul mio carattere.-

- Va bene, allora ti perdono.-

- Ora sì che sono sollevata.- scherza Shepard - Adesso chiamami il maggiore Alenko. Voglio essere aggiornata da qualcuno di vagamente più qualificato di te.-

- Io sono il più qualificato di tutti, qui dentro!- protesta James

-… e per “più qualificato” intendo qualcuno che non mi chiami Lola, che non cerchi di leggere la mia corrispondenza e che faccia qualcosa di diverso dal lamentarsi tutto il giorno di Garrus.-

- Mi dispiace, Lola, ma il maggiore è sulla Cittadella, al momento.-

- Sulla Cittadella?-

- Sissignora. Il consigliere salarian ci ha inoltrato un messaggio. Ha dei… dubbi, su Udina.-

Konstantin alza gli occhi al cielo, incontrando una macchia di umido sul soffitto.

Non può occuparsi anche di Udina, non adesso. Probabilmente sarà solo un falso allarme. Oppure salterà fuori che Udina sta remando contro agli interessi della galassia per perseguire quelli della razza umana. In questo, assomiglia un po’ all’Uomo Misterioso.

Shepard sbuffa. Spera che non s’incontrino mai, non ne verrebbe fuori niente di buono.

- Cerca di non ammaccarti troppo, Lola.- la saluta James

- E tu bada che i Razziatori non ci rovinino la Normandy.-

 

Un paio d’ore passano pigre, lente, come strascichi di memorie.

La pioggia continua a cadere, battendo aritmicamente sui vetri.

Kolyat esce a prendere una boccata d’aria - quell’aria pesante, ma che è sempre l’aria di casa sua, l’aria con cui è nato, l’aria che l’ha portato ad essere la persona che è - mentre la pioggia ticchetta sul marciapiede.

“Sto giocando sul terrazzo. Fa caldo. La pioggia è ridotta a un velo d’umidità, quasi vapore.

Mia madre è dentro casa. Canticchia, mentre riordina. Voce allegra, distratta.

Un’ombra passa alle sue spalle. Un riflesso fugace nello specchio.

Mani che mi afferrano. Lascio cadere il giocattolo. Paura. Poi, un immenso sollievo…

- Ciao, piccolo.- dice mio padre, baciandomi sulle guance

- Papa!!- esclamo, felice. Lo abbraccio. Facciamo il ballo volante.

Aria profumata, primaverile. Eccitazione. Amore.”

Senza rendersene conto, Kolyat sorride.

Non sa nemmeno perché ci ha pensato adesso - o forse ha paura di scoprirlo -, ma è uno dei suoi ricordi più cari. Quand’era piccolo, Thane era il suo idolo, era l’uomo che lui voleva diventare.

Per questo l’abbandono era stato tanto straziante. Avrebbe tanto voluto averlo al suo fianco, per superare assieme la morte di Irikah, per continuare ad essere una famiglia, nonostante tutto.

Prima di rivederlo, sulla Cittadella, pensava che se ne fosse andato per indifferenza. Perché, dopotutto, avere una famiglia non gli interessava, perché non voleva accollarsi un bambino che non riusciva a trattenere le lacrime. Ora sa la verità: sa che suo padre ha cacciato gli assassini di Irikah, che ha dimenticato ogni codice, ogni disciplina si fosse dato negli anni, che li ha trovati e giustiziati, uno dopo l’altro.

Non sa se quella consapevolezza lo faccia stare meglio, ma almeno ha dato un senso all’abbandono.

Ne hanno discusso, nella stanza per interrogatori dell’SSC, dopo il fatidico scontro per la vita di Joram Talid.

“- Dopo averli uccisi… avrei voluto cercarti. Parlare con te.-

Thane ha una voce morbida, roca. Accenti di vergogna nelle parole, gli occhi tristi.

- Ma non l’hai fatto.- replico. Voce aspra. Sale sulla ferita.

- Non eri più un bambino, ormai. Ed io… io non sapevo come comportarmi.- abbassa lo sguardo - e poi mi sono reso conto che non potevo trascinarti a fondo con me, non potevo portarti nella mia vita. Senza tua madre, avresti seguito il mio esempio. Saresti diventato un assassino.-

Assassino. Ha un suono strano, alle mie orecchie. Mio padre. L’assassino.

- Non potevi saperlo.- ribatto, gelido. Incrocio le braccia sul petto.

- Purtroppo, non c’erano molte alternative.- allunga una mano. Tocca la mia. Lo lascio fare. Un contatto che ho cercato per tanto tempo. Rimango guardingo. Non voglio essere ferito di nuovo. - Mentre, tuo zio… Hiram poteva darti una scelta. Ho fatto l’unica cosa che potevo fare, per essere un buon padre. Ti ho protetto.-

- Non ti avevo chiesto di farlo.- lacrime che mi pungono gli occhi. Una scappa, cola sulla mia guancia.

Me l’asciuga con una carezza. Un bagliore d’acqua anche sul suo viso.

- E’ stata la scelta giusta.- sussurra - Me lo sono ripetuto ogni giorno e ogni notte. Ma ora ne sono certo.-

Piango. Lui sorride. Malinconia. Mi abbraccia.”

Quando si scuote dai ricordi, c’è qualcosa di bagnato, sulla sua guancia. Non sa se siano lacrime o pioggia.

- Tutto bene?- gli chiede, dolcemente, la voce di Shepard.

- Da quanto tempo eri qui, comandante?-

- Prima di una missione importante, mi prendo sempre qualche minuto - non è una risposta, ma dopotutto Kolyat non voleva una risposta -… per riordinare le idee. Per ricordare tutti i motivi per cui combatto.-

Rimangono uno affianco all’altra, in silenzio, per qualche minuto.

La pioggia continua a cadere, creando un muro che li isola dal resto del mondo.

Non è un silenzio imbarazzato, ma una muta sintonia.

- Ce la faremo, Kolyat.- dice infine Shepard, sorridendo.

- Sì, comandante.- risponde il drell, voltandosi per guardarla negli occhi - ce la faremo.-

 

(La mattina seguente)

 

L’edificio dove si riunisce la setta è enorme e grigio. Una macchia più scura che emerge dal velo di pioggia, un gigante fra le altre case, più grosso e tozzo, che spicca livido fra le tinte pastello.

La porta è antica, decorata, di un materiale che riproduce l’aspetto del legno.

Kolyat respira, buttando fuori le preoccupazioni assieme all’aria, poi bussa tre volte.

Nel muro si apre una nicchia, per mostrare uno schermo.

Avvolto nella penombra c’è il volto di un drell, quasi bianco nella scarsa luce.

- Chi sei?- chiede, con voce roca

- Sono Kolyat Krios.- risponde. La sua sicurezza non vacilla. Mentire sulla propria identità sarebbe inutile.

I liquidi occhi neri lo scrutano per qualche istante, poi la voce riprende

- Cosa vuoi qui, Kolyat Krios?-

- Voglio vedere il Custode della Memoria.-

- Antichi e segreti sono i nostri riti.- sibila l’altro drell - Come ne sei giunto a conoscenza?-

- So com’è morta Lari Fell. Ho visto il video. L’ho sentita declamare la sua dottrina e i vostri alti ideali.-

Lo ripugna, fingere rispetto. Odia quella setta con tutte le sue forze.

- Nostra sorella Lari è morta compiendo il suo dovere.- replica il drell - gli Dei ne terranno debito conto.-

- Senza dubbio.-

Lo sguardo dello sconosciuto è vigile, ma suo malgrado interessato.

- Non hai ancora risposto, Kolyat Krios. Perché vuoi vedere il Custode?-

Kolyat deglutisce. Spera che la voce non tradisca il suo disprezzo, spera di suonare convincente.

- Voglio abbracciare la vostra fede.- pronuncia infine, chinando il capo

- Sei il nipote del Blasfemo. Dovremmo ucciderti a vista.-

“Per essere così desiderosi del perdono divino, hanno il grilletto sorprendentemente facile”

- Perché? Un mio parente offende gli Dei e a me non viene offerta nemmeno la possibilità di fare ammenda?-

Per l’ultima volta, l’altro drell lo fissa, come cercando di comprendere le sue vere intenzioni.

Poi, quasi a fatica, annuisce

- Va bene. Puoi entrare, Kolyat Krios. E’ compito del Custode decidere in merito ai nuovi adepti. Scruterà nella tua anima e comprenderà se il tuo desiderio di redenzione è genuino.-

Kolyat fa un cenno del capo, mentre la serratura del portone s’illumina di verde.

Non parla, mentre entra nell’edificio e le tenebre lo avvolgono.

 

Il drell dell’ingresso lo raggiunge. E’ davvero pallido come sembrava attraverso lo schermo.

Le sue squame hanno perso quasi del tutto il loro colore, a parte una lieve sfumatura che un tempo, forse, è stata azzurra. Indossa una lunga tonaca nera, pesante.

Il suo respiro è greve, asmatico. Si muove verso di lui trascinando una gamba.

- Seguimi.- gli dice. La voce sembra uscire a fatica dalla sua gola, ma il suo viso non tradisce alcuna emozione o sensazione diversa da una formale diffidenza.

Kolyat annuisce, poi segue il drell nelle viscere dell’edificio.

L’ingresso sfocia in una vasta camera comune. Fra le ombre, Kolyat intravede alcune figure sedute a dei tavoli. Alcune parlano sottovoce, altre si muovono, altre tossiscono.

Non ci sono decorazioni, alle pareti, ma un enorme leggio regge un libro di preghiere aperto.

L’altro drell lo conduce fino ad una ripida scala, a malapena illuminata.

La scala sembra percorrere tutto l’edificio. Un’estremità sale verso l’alto, l’altra s’inabissa nel sottosuolo.

Kolyat scende i gradini, seguendo il passo strascicato della sua guida.

Raggiungono infine un’anticamera. Piccoli laser arancioni le conferiscono un aspetto sinistro, mentre una leggera melodia risuona dal nulla. Il giovane reprime un brivido d’inquietudine.

- Aspetta qui.- gli comanda il drell, prima di oltrepassare una porta, nascosta da pensanti tende nere.

Kolyat scuote la testa: gli sembra di essere tornato indietro nel tempo, fino ad un’era in cui la superstizione ha rimpiazzato la tecnologia, in cui l’intelligenza è soffocata da presentimenti e scenografia.

Rabbrividisce di nuovo, pensando alle figure che ha visto all’entrata.

Erano tutti drell - alcuni apparentemente sani, altri già nelle condizioni di Athira, altri sospesi in un limbo di mezzo, a pregare per un inatteso peggioramento-.

Il suo odio per la setta aumenta: sta deviando l’anima stessa del suo popolo, sta insegnando che lottare è sbagliato, che voler vivere è sbagliato. Sta uccidendo decine di persone, le sta schiacciando sotto il peso della rassegnazione. E’ immorale. Ed è terribile.

Se ne avesse il tempo, Kolyat vorrebbe radere al suolo quell’edificio, dalle fondamenta, lasciando sotto le macerie il corpo spezzato dell’uomo che fomenta quella follia.

Stringe il pugno, frustrato. Gli sembra di tradire la sua gente, permettendo alla setta di continuare la sua opera, non meno atroce dell’indottrinamento dei Razziatori.

Ci sta ancora pensando, quando il drell pallido ritorna.

- Il Custode vuole vederti adesso.- dice, secco, senza nemmeno guardarlo - Attenderò qui che l’udienza abbia termine.-

- Va bene.- annuisce Kolyat.

Oltrepassa il drell, scosta appena le tende, entra nella camera successiva.

E’ una stanza bassa e lunga. Dove le pareti si stringono ad abside, è stato eretto un rudimentale trono. Una sedia in pietra, dallo schienale alto, su una piattaforma rialzata da tre gradini.

Il drell che vi è assiso - il Custode della Memoria - indossa una fluente tonaca nera. Il cappuccio getta delle ombre sul suo viso, ma non lo nasconde del tutto.

Ha le squame verde brillante, gli occhi neri, lucidi, coscienti.

I suoi movimenti sono fluidi, eleganti, la sua respirazione profonda e regolare.

- Kolyat Krios.- lo accoglie. Nella sua voce il calore e la circospezione creano una strana miscela, quasi stridente. Il sorriso del Custode non vacilla - Cosa ti porta nella nostra casa?-

Dentro di sé, Kolyat s’impone di mantenere la calma. Convincere il Custode della propria buonafede è un punto cruciale del piano. Un punto in cui tutto potrebbe andare storto.

- Mio zio è Hiram Zane, il Blasfemo.- esordisce.

Nell’udire quell’attributo, le labbra del Custode di inarcano in un sorriso soddisfatto. Gli fa cenno di proseguire.

- Mio padre convive da molto tempo con la sindrome di Kepral. Lui… lui ha compiuto atti imperdonabili, nella sua vita, contro gli altri… e contro di me. Ma ho sempre trovato consolazione nel sapere che la malattia che l’aveva colpito era un modo… un modo per espiare. Andava tutto bene… finché il Blasfemo non è rientrato nelle nostre vite.-

Il Custode annuisce, lentamente, con il capo.

- Desideri fermare il suo lavoro, dunque?- dice infine, con voce calda e profonda

- Più di ogni altra cosa.- ribatte Kolyat, senza esitazioni.

- Se ti chiedessi chi è la Dea madre di tutti noi, cosa risponderesti?-

Arashu” risponde la mente di Kolyat

- Kalahira.- recita la sua bocca.

Il Custode lo esorta a continuare:- e perché?-

- Perché ci offre la possibilità di redimerci e di attraversare l’Oceano mondati della nostra colpa primigenia.-

- Qual è la nostra colpa primigenia?-

- Non aver patito lo stesso fato della nostra terra natia. Sopravvivere a Rakhana è il peccato più grande di cui ci siamo macchiati e per cui possiamo essere perdonati solo attraverso il dolore e il sacrificio.-

- Perché non il suicidio, allora?- incalza il Custode.

Kolyat tentenna. Athira non l’ha preparato per quell’interrogatorio. Si prende un momento per riflettere, cerca di calarsi nell’ideologia contorta e malata dell’uomo che ha di fronte.

- Non c’è espiazione in una morte rapida ed indolore.- risponde alla fine, in un sussurro.

Il Custode annuisce, soddisfatto.

- E per lo stesso motivo - spiega, conciliante, con tono comprensivo - per cui impedisco ai miei adepti di prendere medicinali o di sottoporsi a terapie, durante il decorso della sindome di Kepral.- si alza dal trono, tendendo verso Kolyat una mano dalle lunghe dita - La tua fede sembra davvero pura.- sentenzia, alla fine, facendogli cenno di seguirlo - e se ti dimostrerai degno, presto potrai far parte della nostra famiglia.-

“Tutto questo è assurdo. Atroce” grida la mente di Kolyat.

L’espressione del giovane rimane risoluta, mentre s’incammina nel buio assieme al drell.

In silenzio, ritornano nell’anticamera.

Il drell dalla carnagione pallida li sta aspettando. Posa su Kolyat gli occhi febbricitanti.

Il Custode posa una lunga mano sulla spalla di Kolyat, sorridendogli.

- Catet ti mostrerà le sale comuni e gli alloggi degli adepti. Molti dei tuoi futuri fratelli e sorelle sono malati, quindi vivono qui, per evitare che familiari e autorità intralcino il loro cammino verso la redenzione.- spiega, indicandogli la scala - Mi perdonerai se non ti accompagno, ma ho alcune faccende di cui occuparmi.-

- Grazie, Custode.- risponde Kolyat, meccanicamente, anche se vorrebbe strangolarlo.

- No.- il drell sorride, ingannevolmente affabile - Grazie a te.-

 

 

 

 

La Coda!

Ecco qui il capitolo successivo!

Non sono eccessivamente sicura che questo capitolo sia tanto meglio dei precedenti, però a me piace di più ;)

Inoltre, non temete se non rispondo alle recensioni (giuro che lo farò al più presto!), ma sono più o meno sommersa di cose da fare e quando potrei farlo me ne dimentico puntualmente! Sono pessima, davvero, ma, come si dice? “Genio e sregolatezza!”.

Un grande bacio

 

-- La Matta --

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Capitolo 11
*** Fede ***


la cura 10

Capitolo Undicesimo

Fede

 

Konstantin Shepard cammina avanti e indietro per la stanza, fissando il factotum.

- Ci sta mettendo troppo tempo.-

- Tuo andirivieni tipico modo umano per sfogare nervosismo? Risultati non mi sembrano ottimali. Forse meglio se provi con altra metodologia. Meglio una che non comprenda movimento fisico. Forse sonniferi.-

La comandante si volta verso Mordin e, per una manciata di secondi, non riesce a capire se sta scherzando.

Per distrarsi, prova di nuovo ad inviare un messaggio sulla Cittadella, ma il comunicatore fallisce nell’impresa.

- Mordin… cosa potrebbe causare massicce interferenze nelle comunicazioni con la Cittadella?-

- Mmh. Secondo mia opinione di non specialista, poche cause possibili. Guasto contemporaneo di smistatori di energia e di generatori di riserva. Arrivo di Razziatori su Cittadella e conseguentemente distruzione globale, ma sembra troppo presto per questa eventualità. Forse provvedimento di emergenza preso da Consiglio, per ragioni di sicurezza comune. Anche se sembra poco plausibile.-

-… oppure?- lo esorta Shepard.

Il salarian scuote il capo:- oppure sabotaggio.-

- Maledizione.- impreca Konstantin.

Prende un respiro profondo, cercando di non farsi travolgere dagli eventi. Riesce ad emergere dal flusso costante di ipotesi nefaste e a riflettere con calma. Forse il guasto è nel suo factotum. O forse è l’atmosfera di Kahje o qualche difesa degli hanar, incompatibile coi suoi sistemi di comunicazione. 

Forse è solo una coincidenza.

Scuote la testa: non è mai stata brava a raccontarsi menzogne. Con sé stessa è quasi sempre schietta, dolorosamente diretta. Non si nasconde dietro un vuoto ottimismo.

Si prende il viso fra le mani, sentendo il respiro caldo sulle dita.

Forse qualcuno ha attaccato la Cittadella, il cuore pulsante della Galassia.

E se perdono la Cittadella, perdono ogni speranza di vincere la guerra, di unire le razze per far fronte comune contro la minaccia dei Razziatori. Se il Consiglio muore - o viene preso prigioniero - chi negozierà l’alleanza, chi impedirà ai governi di chiudersi a riccio, per proteggere i propri pianeti natali?

Se perde la Cittadella, perde la possibilità di un sostegno da parte delle asari. E dei salarian.

- Ma su Cittadella c’è maggiore Alenko - le ricorda Mordin, cercando di confortarla - sua competenza è indiscussa. Se problema in atto su Cittadella, può riunire squadra per affrontarlo.-

- Dovrei essere lì.- realizza Shepard, in quel momento.

- Comandante Shepard, tu sempre in occhio di ciclone, in cuore di tempesta.- borbotta Mordin - eppure trova sempre tempo per aiutare tuo equipaggio. Rintracciato mio assistente. Uccisa figlia malvagia di Samara. Protetto sorella di signorina Lawson. Incontrato padre di signor Taylor. E altro. Tu sempre aiuta e protegge.- le posa una mano sulla spalla, guardandola con un sorriso - permetti, per una volta, che tuo equipaggio aiuti te, protegga te, metta tuoi interessi prima di suoi.-

Konstantin annuisce, sentendosi subito meglio:- grazie, Mordin.- mormora

- Di niente. Fatto mio dovere. Consulente psicologico di squadra ad interim, fino a ritorno di signorina Chambers.-

Shepard ride e il presentimento che qualcosa di terribile sta per accadere, lentamente, si allontana.

Sta ancora ridendo, quando il suo factotum s’illumina. Kolyat sta stabilendo un collegamento.

- Konstantin? - la sua voce esce un po’ distorta dal factotum - Ho i dati. Incontriamoci al punto di randez vous. Dieci minuti.-

- Bene. Arriviamo.-

- Grazie, Konstantin.-

- Grazie a te.-

La comunicazione cade. Shepard fissa il factotum per qualche istante, poi scuote la testa e controlla le clip termiche della sua Carnifex.

- Missione di recupero. Non contempla utilizzo di armi da fuoco. O sbaglio?- la interroga Mordin.

- C’è qualcosa che non va.- sospira Shepard, finendo di caricare la pisola pensate

- Da cosa lo deduci?-

La donna si stringe nelle spalle:- mi ha chiamata “Konstantin”. Kolyat non mi chiama mai “Konstantin”.-

Mordin analizza brevemente la situazione, ipotesi e riflessioni si accavallano e si evolvono nello spazio di una frase:- forse nervosismo per imminente conclusione missione? No, improbabile, non genererebbe eccessivo senso di familiarità. Legami stabilitisi durante viaggio? Non credo, momento inopportuno per approfondire conoscenza, troppe preoccupazioni per pensare anche a socialità.- infine perviene alla stessa conclusione di Shepard - linguaggio non coerente con abitudini del soggetto. Messaggio sottointeso. Hai ragione, comandante. Missione non ha avuto esiti sperati.-

Konstantin accarezza la pistola, quasi teneramente.

- Chiama Hiram. Che lui, Shaalon e Temnos preparino la navetta. Potremo aver bisogno di una rapida uscita di scena.-

Una fredda determinazione scende sui suoi sensi, spazzando via le ultime tracce di nervosismo.

Stare ferma la rende irrequieta. Entrare in azione la rimette nel suo habitat naturale.

Che provino solo a toccare Kolyat. Scopriranno a loro spese che Konstantin Shepard mantiene la parola data.

 

Mentre corre sull’umido lastricato di Kahje, Shepard si domanda cosa sia andato storto e quanto grave sia la situazione. Gli stivali producono un suono soffocato, sulla strada bagnata, ma qualunque rumore viene subito coperto dallo scrosciare della pioggia.

Quando in fondo alla strada appare l’edificio della setta, Shepard rallenta e si avvicina a Mordin.

- Qual è nostra linea d’azione, comandante?- chiede il salarian.

Konstantin prende un respiro lieve, rapido:- non abbiamo tempo per piani complicati. Anche se sanno del nostro arrivo, in quanti possono essere? E quanto bene armati?-

- Spero che tua valutazione sia esatta, Shepard.- ribatte Mordin - altrimenti rischiamo di alterare risultato di missione di soccorso, con conseguenze poco gradevoli per noi e per signor Krios.-

La comandante annuisce, estraendo la pistola.

Esce dal riparo, correndo sotto la pioggia fino alla porta dell’edificio.

- Bypass di serratura in corso.- accenna Mordin, armeggiando col factotum.

Una volta violato il sistema, la porta si apre, facendo entrare nell’antro la luce grigiastra di Kahje.

Fugacemente un pensiero sfiora la mente di Konstantin: Kahje ha pochi colori.

Tutto è freddo e bagnato, tutto è grigio, le tinte accese sono state lavate via. Persino gli hanar devono sembrare meno rosa, sul loro pianeta natale.

Dentro, l’unica resistenza che incontrano è un drell dall’aria malaticcia, che li ricopre di male parole.

Shepard solleva la pistola, puntandogliela alla testa.

- Non è così che vuoi morire.- gli intima, posando il dito sul grilletto.

- Come osi irrompere qui, straniera? Questi non sono affari che la tua razza possa comprendere.-

- Oh, invece comprendo eccome.- la determinazione rende la voce di Shepard quasi metallica, priva di qualunque inflessione. Avvicina la pistola, posando la canna sulla fronte del drell.

- Cosa vuoi?- geme alla fine lui, abbassando lo sguardo

- Qualche ora fa un mio amico è entrato nella vostra costruzione. Un giovane drell. Doveva parlare con il Custode della Memoria. L’hai visto?-

- Non intrometterti.- ribadisce lui, scuotendo la testa - Le sue intenzioni non erano pure. Il Custode prenderà i provvedimenti necessari per proteggere la nostra confraternita e la purezza della nostra razz…- prima che riesca a concludere la frase, Konstantin lo colpisce con il calcio della pistola.

Il drell arretra, tenendosi la bocca

- Dov’è adesso?- insiste Shepard

Lui tentenna per qualche istante, poi la fissa con odio e risponde:- nel… nel cortile esterno. E’ lì… è lì che i nostri fratelli riposano nell’Oceano.- fa un cenno con il capo - segui quel corridoio fino alla fine.-

- Pensi davvero che tutto questo abbia un senso?- sibila Shepard, alla fine, riabbassando la pistola.

Prima di scomparire oltre il portone, nell’umido paesaggio di Kahje, il drell la guarda negli occhi e sospira

- Penso che tutto questo dia senso ad una morte altrimenti insensata.-

 

Kolyat è in ginocchio sulla pietra fredda. La pioggia rende il luogo circostante quasi onirico, nebbioso.

Riesce a intravedere delle sagome, attorno a lui, chiuse in un cerchio poco compatto.

Alle sue spalle c’è il Custode. La sua veste nera gli sfiora la schiena, facendolo rabbrividire.

Una strana calma è discesa su Kolyat. La coscienza di essere a un passo dalla fine lo rende straordinariamente lucido. I suoi occhi neri guizzano sugli elementi del giardino, cercando una debolezza, una via di fuga.

Eppure, inevitabilmente, finiscono per ricadere sulla voragine di fronte a sé.

Scavato nella nuda roccia, come una ferita sul volto del pianeta, c’è un largo abisso. Un giro di basse mattonelle decorate ne delimita i confini e, oltre, c’è solo il nero più nero.

La pioggia che vi cade dentro produce un rumore squillante, accentuata dall’eco e, ogni tanto, dal fondo giunge lo sciabordio della risacca.

- Quando uno dei nostri fratelli di spegne - spiega il Custode, quasi con diletto - molto spesso ha reciso ogni contatto con la sua famiglia traditrice. A volte con la stessa società, che cerca di imporci una via che non desideriamo, che prolungherebbe la nostra vita, andando contro il volere degli Dei. Quando uno dei nostri fratelli muore, vuole essere restituito all’Oceano nel luogo dove ha trovato l’illuminazione, dove ha compreso il significato della sua fine.-

Dall’altro lato della voragine c’è un piccolo altare. Sopra vi è adagiata una matassa di viticci marini e, alla sua base, delle pesanti pietre nere, coperte di salsedine.

- Mi hai deluso, Kolyat Krios.- sussurra la voce del Custode, contro il lato del suo viso.

- Che ti aspettavi?- ribatte il giovane, brusco

- Speravo che desiderassi davvero abbracciare la nostra fede. Che avessi compreso.-

- La vostra “fede” va contro ogni precetto della mia, trasforma i nostri Dei in carnefici insensibili che, per dispetto, ci privano persino della speranza. Qual è l’amore di un Dio che non ammette il perdono? Quale Creatore disamorato imporrebbe la sofferenza alle sue creature? Io so che Arashu mi ha fatto per una ragione, che Amonkira mi ha dato delle qualità per uno scopo. E so anche se, arrendendomi al destino, mostrerei disprezzo per i Loro doni. Questo, è quello in cui credo.-

- Blasfemia.- dice il Custode, con voce lugubre

Afferra Kolyat per i polsi, saldamente legati, e con uno strattone lo costringe ad alzarsi in piedi.

- Guarda, il destino di tutti noi.- sibila, spingendolo verso l’abisso, a un passo dallo strapiombo.

Le onde, in lontananza, suonano una canzone macabra, inquietante.

 

Quando vede Kolyat muoversi verso il pozzo senza fondo, Shepard emerge dal corridoio, con la pistola spianata. E’ rimasta acquattata fra le ombre il tempo sufficiente per studiare i nemici e il campo di battaglia. Alcuni dei drell nemmeno si reggono bene in piedi, altri invece appaiono sani ma sono disarmati, come se non si aspettassero un’aggressione esterna.

“Sono convinti di essere nel giusto” considera Shepard “E sono convinti che la loro confraternita non faccia del male a nessuno. Sia solo un modo per trovare sollievo dalla loro condanna”.

Prova una profonda compassione per ognuno di loro ma sa che non esiterà a ucciderli, se tenteranno di far del male a Kolyat.

Per quanto il loro rapporto sembri superficiale - un po’ imbarazzato, fatto di lunghi silenzi e di frasi retoriche, quasi vuote -, è più profondo di quanto sappiano. Li unisce l’amore per Thane, ma anche il rispetto reciproco e, dopo gli ultimi avvenimenti, una tacita decisione a considerarsi compagni di squadra.

- Fermi tutti!- grida, irrompendo nel giardino con la pistola spianata.

Alle sue spalle, Mordin annuisce, puntando la sua arma.

- Comandante Shepard!- l’accoglie il Custode, voltandosi verso di lei con un sorriso raggiante - quale onore avere qui l’eroina della galassia, colei che più di ogni altro combatte per contrastare il destino ineluttabile.-

- Non vogliamo fare del male a nessuno.- riprende Konstantin, ignorando il predicatore - e opporre resistenza non è nel vostro interesse. Non sono venuta qui per distruggere la vostra congregazione o imporvi regole di vita che non sentite vostre.-

Mentre parla, si guarda intorno. Oltre il velo della pioggia, le espressioni degli astanti sono perplesse, alcuni hanno paura, altri sembrano sdegnati e si stanno lentamente raggruppando attorno al Custode.

- E così non vorresti macchiare la nostra fede?- incalza il drell, fronteggiandola - Tu lavori con il Blasfemo! Non negarlo!-

- Io lavoro con un uomo come voi, che ha deciso di non abbandonarsi all’inerzia, di non permettere che la vita gli passi davanti senza nemmeno tentare di fermarla. Io lavoro con un uomo che vuole aiutare le persone come voi e che combatte strenuamente per trovare una cura per la sindrome di Kepral.-

- Quanti di voi hanno smesso di credere che questo sia possibile?- si aggiunge Kolyat, voltandosi verso gli adepti - Quante volte vi hanno ripetuto che sperare è sbagliato? Quanto tempo ci hanno messo per estirpare del tutto il vostro desiderio di sopravvivere?-

- Non fatevi ingannare da questi traditori.- sbotta il Custode, sovrastando il picchettare della pioggia ed il brusio di coloro che un tempo gli erano fedeli.

Un piccolo gruppo di drell si stacca dalla massa, per defluire verso l’uscita del giardino.

Altri rimangono paralizzati. Un giovane dalla carnagione verde-azzurra si affianca alla comandante.

Il Custode scruta con distacco la sua congregazione, poi le sue labbra si dischiudono e ne fuoriesce una risata leggera e roca, sarcastica.

- Voi, miseri codardi.- mormora

Shepard gli si avvicina, sempre tenendolo sotto tiro, e strappa i lacci che intrappolano Kolyat.

- Vieni, ragazzo.- gli dice, sorridendo - torniamo a casa.-

Kolyat sta per ribattere, quando una voce lo interrompe

- Su questo punto, il sottoscritto è costretto a sollevare delle obiezioni.-

 

 

 

 

 

 

La Coda!

Oggi davvero non c’è un granché da aggiungere…

Siamo entrati nel vivo dell’azione e che diavolo starà mai succedendo sulla Cittadella?

Ora scappo che devo andare a pranzo, ma ci tenevo a postare il capitolo prima che la linea mi abbandonasse definitivamente J

Alla prossima!

 

-- La Matta --

 

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Capitolo 12
*** La lunga mano del Destino ***


dlc 10

Capitolo Dodicesimo

La lunga mano del Destino

 

Shepard si volta lentamente.

L’hanar avanza verso di lei. Non ha espressione, ma emana un senso di profonda soddisfazione.

- Il sottoscritto è dolente d’informarla, gentile comandante, che il suo viaggio di ritorno è stato cancellato.-

- Shaalon.- ringhia Konstantin, puntando la pistola contro lo Spettro

- Il sottoscritto è sorpreso dalla sua perspicacia, comandante.-

Il Custode sogghigna, poi si affianca all’hanar e lo sfiora, rispettosamente

- Padrone.- mormora

- Il sottoscritto è compiaciuto del tuo lavoro qui.-

- Si può sapere che diavolo vuoi?- impreca Shepard - e perché ci hai mentito per tutto questo tempo?-

Shaalon s’illumina nell’equivalente hanar di un sorriso.

- Il sottoscritto è lieto di dare spiegazioni. Il servo del sottoscritto, cui vi riferite con l’appellativo di “Custode” è stato autorizzato a predicare la sua dottrina sul suolo di Kahje, perché il sottoscritto la approva grandemente. Quando il sottoscritto ha avuto la ventura di intercettare le comunicazioni del blasfemo dottor Zane, si è reso conto che il progetto del suo servo era minacciato.-

- Come ti arroghi il diritto di giudicare cosa sia giusto o meno per il popolo drell?- sbotta Kolyat e, anche se non lo sa, sta usando la stessa intonazione di sua madre, quando, tanto tempo prima, ha affrontato un assassino, esclamando “come ti permetti?”

- Si da il caso che un avo del sottoscritto facesse parte della flotta hanar che soccorse Rakhana.- spiega Shaalon, serafico, con quel tono distante e melodioso che Shepard sta iniziando ad odiare - Quindi il sottoscritto si è sentito in dovere di disfare l’errore del suo antenato.-

- Tu credi a tutte queste stronzate, vero?- esclama Konstantin

- Il sottoscritto crede, sì.- annuisce Shaalon.

- Dov’è mio zio?- lo interrompe Kolyat - Che gli hai fatto?-

- Quando non è stato più utile per aggiornarlo sui vostri piani e spostamenti, il sottoscritto ha dato ordine al solerte agente Temnos di porre fine alla vita del dottor Zane.-

La frase colpisce Kolyat come un pugno allo stomaco.

Ha coinvolto lui Hiram nel progetto, è stato lui a chiedergli di aiutare suo padre, di riesumare quella sperimentazione cui aveva rinunciato. E’ stato lui a portarlo su Kahje.

E ora suo zio - l’ultimo legame con la sua infanzia - è stato ucciso.

Hiram aveva delle pecche, ma era davvero una brava persona. Era gentile, altruista, aveva quello spirito di sacrificio ed abnegazione che lo rendevano un grande medico. Kolyat sente le lacrime pungergli gli occhi, prova lo stesso accecante dolore che ha provato per la morte di Irikah.

- Addio, comandante Shepard.- dice Shaalon in quel momento, strappandolo dal limbo della sofferenza.

Dalle tenebre del corridoio emerge un suono metallico, prima distante, poi sempre più forte man mano che s’avvicina. Alla fine sovrasta la pioggia e, oltre il velo d’acqua, appare un compatto gruppo di mech.

- Maledizione.- impreca Shepard.

Lei, Kolyat e Mordin riescono ad aggirare l’abisso nero e si riparano dietro l’altare.

Ad un segnale del Custode, i mech aprono il fuoco.

- Maledizione!- ripete Shepard - Avevo promesso che non ti avrebbero sparato.-

Nonostante la situazione, la battuta strappa un sorriso a Kolyat

- Qualche idea, comandante?-

- Farne fuori il più possibile - si volta verso lo scienziato salarian - Mordin, vedi una qualunque via di fuga?-

- Negativo, Shepard. Unica opzione è saltare in abisso, in modo da incontrare morte più rapida e meno umiliante di fuoco mech. A te scelta.-

Konstantin non spreca nemmeno il tempo necessario a capire se sta scherzando:- Non se ne parla nemmeno.-- Allora unica soluzione è continuare a sparare. Forse avremo colpo di fortuna.-

- Quante volte abbiamo avuto un colpo di fortuna, Mordin?- sospira Shepard

- C’è sempre prima volta. Sarebbe interessante sperimentare impatto di fattore “colpo di fortuna” su risultato di nostre missioni, Shepard.-

La comandante di sporge dal riparo, mira e centra un mech in piena faccia. La macchina emette un suono metallico, poi la sua testa esplode.

Mordin dà fuoco ad un gruppo di nemici. Le scintille sprizzano ovunque mentre i mech conflagrano.

Konstantin lancia un’onda di energia biotica, che attira i mech e li trascina fino all’abisso. Quatto di loro cadono nel pozzo e scompaiono nel buio.

Per un lasso di tempo indefinibile, riescono a tener testa all’orda, che però si avvicina progressivamente.

Poi, all’improvviso, i mech si arrestano ed un rombo crescente si unisce allo scrosciare della pioggia.

- Ti prego, dimmi che non è quello che penso.- geme Kolyat, prendendosi la testa fra le mani.

- Temo che tua supposizione sia corretta.- sospira Mordin.

Poi la cannoniera appare da oltre l’edificio vicino e volteggia sopra di loro, tempestandoli con una granula di colpi.

- Questo mi riporta alla mente tanti ricordi…- grida Shepard, scivolando sotto un riparo di fortuna.

Mordin sorride:- missione contro mercenari su Omega. Colpo di Donovan Hock. Altri scontri. Tu raccontato.- risponde, mentre la comandante prova a sovraccaricare gli scudi della cannoniera - Ma io mai espresso desiderio di sperimentare di persona. Avevo fiducia in tuoi resoconti.-

- Non puoi dire di aver vissuto davvero se non ti sei mai fatto sparare da una cannoniera!- ribatte Shepard

- Bello di nuovo lavorare con te, Shepard.-

Una scarica di proiettili si abbatte sul rifugio della comandante, infrangendo i suoi scudi.

Konstantin riesce a riattivare la corazza olografica prima di subire gravi danni, poi si guarda intorno, cercando un altro posto dove ripararsi.

- Qui, Shepard!- la chiama Kolyat.

Il giovane drell è rannicchiato dietro un cumulo di macerie, dove un colpo ha fatto crollare parte del porticato. Mordin è al suo fianco e sta per lanciare un’altra esplosione contro il nemico.

I mech superstiti intanto si stanno avvicinando, incuranti della minaccia del fuoco amico.

Shaalon e il Custode, al sicuro nelle ombre del corridoio, li fissano, godendo di ogni loro difficoltà.

- Schifosi vigliacchi.- sibila Shepard, respingendo alcuni mech con un’onda biotica.

Improvvisamente, una luce rossa brilla sulla fronte del Custode della Memoria.

- Richiama queste fottute macchine, Shaalon!- grida una voce, resa metallica e tonante dagli amplificatori.

L’hanar si guarda intorno, con circospezione, ma non gli riesce di trovare il cecchino.

- Il sottoscritto - risponde poi, con calma glaciale - non può considerare un’eventuale resa.-

- Peggio per te.- ribatte la voce.

Il puntino rosso sembra brillare più intensamente, poi un proiettile sibila nel manto della pioggia, aprendo un buco in mezzo alla fronte del Custode.

Il drell si accascia, con un’espressione confusa sul volto. Rimane immobile in una pozza di acqua e sangue.

Shaalon dice qualcosa - e il suo tono cortese ha un’inflessione quasi stridente -, ma Shepard non riesce a sentire bene, perché la cannoniera riprendere a bombardare il loro rifugio.

- Shaalon!- grida la comandante, dopo aver fatto esplodere un altro mech - Non deve finire così! Arrenditi!-

- Il sottoscritto non ottempererà a questa richiesta.- replica lui

Di nuovo, compare il puntino rosso, stavolta in mezzo al gelatinoso corpo dell’hanar.

Shepard riesce ad individuare il tiratore.

Mordin intanto spara un paio di colpi contro la cannoniera, riuscendo finalmente a penetrare il suo scudo.

- Il sottoscritto può anche morire - considera Shaalon, a voce alta - ma le sue macchine porteranno a termine l’opera. Shepard, a questo punto dovresti essere tu a offrire la tua resa al sottoscritto.-

- Questo non succederà!- ribatte la comandante.

Il corridoio partorisce un altro gruppo di nemici, capeggiati da due mech pesanti.

La cannoniera continua a volteggiare in aria, sparando con tutto quello che ha a disposizione.

- Merda.- geme Shepard, quando un proiettile le passa sibilando accanto alla guancia.

Si abbassa e si rende conto, con un moto di sorpresa, che il suo factotum si sta illuminando. Preme l’avvio e una voce maschile fuoriesce dal dispositivo

- Tieni duro, Lola! Sta arrivando la cavalleria!!-

-… James?-

Nell’attimo in cui Konstantin realizza quello che sta accadendo, la navetta della Normandy appare dal cielo, facendo esplodere due possenti colpi contro la cannoniera.

- Yeeeah!- grida James, attraverso il comunicatore - Beccatevi questo, bastardi!-

- Vieni su, comandante. So quanto ami combattere contro forze numericamente schiaccianti, ma noi vorremmo andarcene al più presto da questo maledetto pianeta!- aggiunge la voce di Garrus

- Va bene, ragazzi.- Shepard sorride, sollevata - Abbattete la cannoniera e poi venite a prenderci.-

- Non preoccuparti, Lola.- la rassicura James - Il nostro Esteban non sta dando tregua a quella dannata cosa! Stiamo facendo una strage!-

Shepard lancia un’estesa onda di energia, spazzando via un gruppo di mech pericolosamente vicino.

Kolyat tempesta di colpi uno dei mech pesanti, finché quello non si accartoccia su sé stesso ed esplode, danneggiando anche le unità vicine.

Non sa se gli hanar possono impallidire, ma Shaalon gli sembra sempre meno roseo.

Finalmente, la navetta della Normandy ha la meglio sulla cannoniera, che si ritira dallo scontro prima di subire danni irreversibili.

Il portellone si apre e Garrus si sporge per tendere una mano verso gli altri.

- Vai Kolyat - ordina Shepard, alzandosi in piedi - ti copro io! Muoversi!-

Il drell annuisce, poi abbassa l’arma e scatta verso la navetta. In un balzo è oltre il portellone.

- Tocca a te, Mordin.-

Il salarian lancia l’ultima sfera esplosiva contro i nemici, mentre Cortes fa fuoco per tenerli lontani, poi raggiunge anche lui la navetta.

Per ultima, tocca a Shepard. Con la coda dell’occhio vede Shaalon avvicinarsi - con la sua andatura lenta e buffa, non rappresenta nemmeno una minaccia - per poi crollare a terra, in un convulso agitarsi di tentacoli.

Il suo corpo roseo si muove ancora una volta, emanando luminescenze isteriche, poi una seconda raffica di proiettili mette fine alla sua agonia.

Mentre termina di issarsi sulla navetta, Konstantin sente la voce di Kolyat

- Questo è per quello che hai fatto alla mia gente.-

 

Una volta al sicuro sulla navetta, Konstantin si appoggia al sedile ed emette un lungo sospiro.

- Tempismo perfetto, ragazzi.- si congratula - Ottimo lavoro.-

Garrus sorride e James ammicca, battendole una mano sulla spalla

- Siamo qui per questo, Lola. Nessuno tocca il nostro comandante.-

- Come facevate a sapere che avevamo bisogno di aiuto? Vi avevo detto che andava tutto bene.- realizza poi, perplessa

- Sono stati informati del contrario.- le risponde una voce maschile, affilata, familiare.

Il cecchino che li ha aiutati è appoggiato al muro e la guardia sorridendo.

- Agente Temnos?- lo riconosce Kolyat, incredulo - tu… perché?-

Il turian ripone il fucile di precisione e si prende qualche istante, prima di rispondere.

- Per tante ragioni - dice poi, in tono conciliante - non approvo che a un’intera razza venga fatto il lavaggio del cervello da uno stupido mollusco. Sono un agente SSC, quindi per principio diffido dell’operato degli Spettri. Il comandante Bailey mi ha detto di rimanere con Shaalon finché non avessi avuto delle prove tangibili della sua corruzione e immoralità. Ho atteso il momento più opportuno e, quando se n’è andato, lasciandomi con l’ordine di uccidere il dottor Zane, ho saputo che il momento era giunto. Non è stato difficile contattare la Normandy e coordinare la nostra azione.-

- Hai corso un rischio terribile…- considera Kolyat, perplesso -… solo per la devozione al tuo lavoro?-

Il turian scuote la testa:- non solo.- ammette alla fine.

Si volta verso il drell e gli posa una mano sulla spalla, con una lieve stretta:- tu probabilmente non lo sai, ma ti dovevo un favore. Lo dovevo a te, a tuo padre e al comandante Shepard.-

-… che favore?- chiede Kolyat, a bassa voce.

L’agente sorride:- prima, permettimi di presentarmi. Il mio nome è Temnos. Temnos Talid.-

- Talid, eh?- annuisce Shepard, con una smorfia divertita

- Sono il fratello di Joram Talid, il politico turian che eri stato assoldato per uccidere. Dopo quell’episodio… lui è cambiato. Ha smesso di impicciarsi di politica antiumana, ha ritirato la sua candidatura alle elezioni dell’agglomerato… ha smesso di essere uno stupido burocrate interessato solo al proprio rendiconto personale… ed è tornato ad essere il mio fratellino. Adesso gestisce un centro di accoglienza sulla Cittadella e sta aiutando le autorità con i rifugiati. E lo deve a voi.-

Il sorriso intenerisce i lineamenti aguzzi del turian. Mostra che, sotto la divisa, il distintivo ed il fucile di precisione, c’è una persona vera. Un amico, un fratello.

- Una buona azione non resta mai impunita, eh?- scherza Garrus.

- Mai.- sorride Shepard, mentre Kolyat e Temnos si stringono la mano - Mai.-

 

La Normandy li sta aspettando allo spazio porto.

- Spero che la tempistica elaborata per i rinforzi fosse corretta, Shepard.- li accoglie IDA, non appena mettono piede sulla nave. Joker sta già riscaldando i motori per la partenza.

- Io stessa non avrei saputo fare di meglio.- sorride la comandante - Notizie dalla Cittadella?-

- Non ci è stato possibile creare una connessione stabile.- spiega IDA - a questo punto, le probabilità che sia in atto un attacco alla Cittadella sono piuttosto elevate.-

- Maledizione.- impreca Konstantin.

Alla fine, la guerra si è ricordata di lei. I Razziatori e Cerberus le hanno concesso una lunga tregua, ma adesso pretendono di nuovo la sua più completa attenzione.

Deve ragionare in fretta, calcolare tanti fattori diversi, considerare dati che nemmeno ha per intero.

- Vado a cambiarmi. Dieci minuti, poi facciamo una riunione di sala briefing. Joker, quanto tempo ci mettiamo a raggiungere la Cittadella?-

- Per come guido io, comandante?- scherza il pilota - Spera solo che non ci facciano una multa.-

- Oggi una multa è l’ultimo dei nostri problemi.-

James, dietro di lei, sorride e le allunga una pacca sulla spalla

- Così si parla, Lola.-

 

Undici minuti dopo, l’intero equipaggio è riunito nella sala briefing.

Shepard si appoggia al tavolo e prende un lungo sospiro. Il tempo si dilata e, nel tempo di quel respiro, la comandante focalizza la situazione, attira a sé gli argomenti che rischiava di perdere, impone su sé stessa il freddo manto del controllo e del distacco. Cerca di vedere il mondo come un enigma, un gioco. Cerca di non pensare al peggio ma di non nascondersi alcuna eventualità.

Sa che nel momento in cui sbarcheranno sulla Cittadella, non ci sarà più tempo per pensare.

Che ogni azione andrà svolta in modo professionale e frenetico.

- Bene.- esordisce poi - Dottoressa Chakwas, ci aggiorni sulle condizioni della signorina Kane.-

- Le sue condizioni sono critiche.- sospira Karin, scuotendo la testa - la sindrome ha avuto un decorso molto rapido e i danni causati sono eccessivi perché una terapia farmacologica possa migliorare il quadro clinico. L’apparato digerente ha quasi cessato di essere funzionale. I polmoni sono in uno stato relativamente buono, ma anche collegandola ad una macchina non faremmo altro che ritardare il decesso. I danni maggiori sono stati subiti dal cuore, lì le metastasi sono molto estese, l’organo ormai è compromesso.-

- Quanto tempo le rimane?- chiede Kolyat, in un sussurro

- Se tutto va bene, qualche settimana.- risponde la dottoressa Chakwas.

L’equipaggio tace. Molti di loro nemmeno sanno chi sia, Athira Kane, eppure parlare della sua morte fa scendere un velo di tristezza nella sala.

- Va bene.- Shepard s’impone di non pensare, di seguire la scaletta mentale che ha preparato, per coordinare le mosse successive - siamo riusciti a contattare la Cittadella?-

Garrus scuote la testa:- solo interferenze e scariche di statica. Non promette bene.-

- Notizie dal maggiore Alenko?-

- Nessuna, Lola.-

Sente più forte che mai il desiderio di chiamare Thane, di sapere se sta bene e se è al sicuro. Ma Konstantin e Shepard, pur essendo la stessa donna, hanno priorità diverse e quelle della comandante devono prevalere su quelle della siha, altrimenti la galassia è spacciata.

Siha. Un angelo guerriero, così l’ha definita Thane. Un’instancabile protettrice.

Ed è così. Lei non può fermarsi, non può stancarsi, non può esitare.

Ma verrà un giorno in cui l’angelo potrà riposare le sue lunghe ali, in cui potrà riporre spada e corazza. In cui potrà vigilare su un mondo in pace, in cui i suoi occhi basteranno per vedere tutto. Verrà un giorno in cui la morte non piomberà dall’alto, in cui gli edifici non crolleranno sotto laser di fuoco.

Shepard sospira. Verrà un giorno.

- Va bene - riprende, accantonando quelle riflessioni del tutto inopportune - qualcuno ha qualche buona notizia?-

- Io.- Kolyat sorride, posando sul tavolo un piccolo dispositivo argenteo - Ho recuperato i dati.-

Hiram annuisce, prendendo l’oggetto fra le mani:- appena tornati sulla Cittadella avvierò le procedure di preparazione. Il mio vecchio collega della Primazia Illuminata ha promesso di mandarmi prima possibile il tessuto polmonare di cui ho bisogno per iniziare la clonazione.-

- La nostra infermeria è dotata di alcuni dei macchinari più sofisticati in circolazione, dottor Zane.- lo informa IDA, allargando le braccia - Suggerisco di iniziare qui il suo lavoro, in quanto il laboratorio della Cittadella potrebbe essere off-limits per qualche tempo, vista l’attuale situazione.-

- Grazie, IDA.- annuisce il medico, stringendo la mano attorno al dispositivo.

Non riesce a dare un nome all’emozione che prova. E’ una strana eccitazione, un’energia che fruscia sotto la sua pelle, che s’insinua fra i suoi pensieri.

Ha creduto di morire, su Kahje.

Ma prima ancora, ha creduto che la sua vita non meritasse di essere vissuta.

Ha sempre pensato di aver fallito nell’unico compito che fosse davvero importante: rendere felice suo nipote, riuscire in qualche maniera a compensare la perdita che aveva subito. Gli era stato accanto, ma non era riuscito a rendere meno grave il fardello del lutto e dell’abbandono. Non aveva cercato di ammorbidire il suo cuore, non gli aveva insegnato a perdonare… ma, in qualche strana e assurda maniera, Kolyat l’aveva imparato comunque.

Lo guarda, di fronte a sé e sa che, da qualche parte oltre l’Oceano, Irikah riesce a vederli.

E certamente sta sorridendo, per quello che sono, per quello che sono riusciti a diventare, nonostante tutto.

 

 

 

 

- La Coda!!-

E la prossima settimana… tutti sulla Cittadella!!

Alcune annotazioni:

1) Non so scrivere le scene di lotta. Proprio no. Facciamocene una ragione.

2) Oltre a questo, rimangono solo altri due capitoli (tre, se contiamo l’epilogo) quindi… rimarrete col fiato sospeso ancora per poco, nel bene o nel male J (speriamo nel bene)

3)… ero sicura ci fosse anche un punto 3, ma probabilmente era irrilevante.

4) I miei legali mi dicono che, a scanso d’equivoci, è meglio se inserisco nelle note che “questo scritto non è minimamente teso a screditare la cultura hanar né ad insinuare che siano tutti dei viscidi traditori pazzi e vagamente estremisti. Io, -La Matta - quivi dichiaro la mia stima ed il mio affetto per tutti gli hanar della galassia.”

 

Alla prossima!

-- La Matta --

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Capitolo 13
*** Cerberus ***


la cura 13

Capitolo Tredicesimo

Cerberus

 

Ormai la Cittadella è di fronte a loro. Un ponte fra il passato e il futuro, fra il presente e l’oblio.

Joker cerca di mettersi in contatto con il comando dell’Alleanza, ma ogni comunicazione di perde in un vuoto elettrico, in cui frusciano scariche di elettricità statica.

- Niente, comandante.- sbuffa, appoggiandosi allo schienale del sedile

- Prova con i canali d’emergenza. Magari riusciamo a contattare il maggiore Alenko.-

Il pilota preme qualche pulsante, sintonizza il comunicatore.

Dopo qualche minuto di silenzio, gli occhi di Joker s’illuminano.

- Comandante… c’è una comunicazione da parte di Thane.-

Shepard si sporge in avanti, avviando la comunicazione.

- Thane?-

- Sihala Cittadella è sotto accatto. I commando di Cerberus hanno fatto irruzione alla sede dell’SSC e da lì bloccano l’intera rete di controllo. Le loro truppe stanno invadendo la stazione.-

- Tu sei al sicuro?-

- Sono riuscito a evitare i commando all’ospedale. Non mi hanno visto e, tenendo un basso profilo, dovrei riuscire ad evitarli. Adesso sono in un negozio del Presidium.-

- Non correre rischi inutili. Io e la squadra stiamo sbarcando. Da qui ci pensiamo noi.-

- Siha…, ascoltami.-

Shepard annuisce, anche se vorrebbe spegnergli il comunicatore in faccia perché sa già quello che sta per dire e sa anche che lei non troverà motivazioni sufficientemente forti da fargli cambiare idea.

- Mi dirigo al quartier generale dell’SSC. Finché Cerberus lo controlla, la resistenza è compromessa.-

- Va bene.- accetta, di malavoglia

- Ti amo, siha.- dice Thane. E la comunicazione s’interrompe.

- Ti amo anch’io.- mormora lei, distante, guardando il pannello dei comandi.

Joker controlla per l’ultima volta le comunicazioni, poi porta la Normandy il più vicino possibile alla sede dell’SSC. Sembra la fine del mondo. Piccoli combattimenti infuriano ovunque. Un fuoco incessante scoppia nelle strade, sovrastando il rimbombo dei passi dei mech pesanti.

Shepard prende un respiro profondo, probabilmente l’ultimo prima che la battaglia la inghiotta.

Si controlla la corazza, aziona lo scudo, carica la pistola.

- Hai un piano, comandante?- le chiede Joker

- Io ho sempre un piano.- risponde lei, prima di sparire lungo il corridoio per riunirsi al resto della squadra.

- Quei bastardi.- mastica James, non appena la vede arrivare - Non vedo l’ora di farli saltare in aria.-

- Bene. Spezzeremo la difesa di Cerberus e ci apriremo una strada fino al quartier generale dell’SSC. Una volta dentro, valuteremo la situazione e cercheremo il Consiglio.-

Non possono perdere il Consiglio. Anche se nessuno lo dice, tutti lo pensano.

Sanno che la guerra si può vincere uniti o si può perdere separati. Sanno che un’alleanza è possibile solo con il Consiglio e che, se davvero Udina li ha traditi, anche quello potrebbe non essere sufficiente.

- Perché tutti ci remano sempre contro?- scherza Garrus, caricando il fucile di precisione.

Raggiungono la navetta e prendono posto.

Shepard si siede accanto a Kolyat e ammicca.

- Stammi dietro, principiante. A te ci penso io.-

- E se “ci pensa lei”…- la schernisce Garrus, dandole un colpo col calcio del fucile.

- Cosa stai insinuando, Vakarian?-

- Che l’ultima volta che “ci hai pensato tu” mi sono ritrovato con mezza faccia spappolata.-

- Non è colpa mia se non riesci nemmeno a schivare un raggio laser. Persino un elcor avrebbe visto quella dannata cannoniera e sarebbe riuscito a spostarsi in tempo.-

James ride:- ci sei mancata, comandante.-

Shepard si appoggia indietro, mentre la navetta si avvicina alla zona d’atterraggio.

- Mancato anche a me lavoro di squadra. Entrare, sparare, passare ad altra stanza. Semplice e lineare. Niente sperimentazioni, niente calcoli, niente tempi di attesa. Unica preoccupazione, evitare fuoco nemico.- concorda Mordin - Inoltre, più divertente di Squadra Operazioni Speciali salarian. Più azione, più motti di spirito, più simpatia fra compagni di missione. Ricorda missione di portale Omega 4.-

- Cacchio, quanto mi dispiace essermela persa.- esclama James - dev’essere stato davvero forte, Lola.-

- Ci avresti solo rallentato, Vega.- lo schernisce Garrus - quello era roba di un altro livello.-

- A crisi scongiurata te lo faccio vedere io, l’”altro livello”!- ribatte James

Shepard li ascolta, divertita, ma una parte della sua mente è altrove.

 

Una volta a terra eliminano un gruppo di Cerberus appena fuori dal quartier generale dell’SSC.

Stanno per entrare nell’edificio, quando s’imbattono nel comandante Bailey. E’ ferito, ma non in modo grave e li ragguaglia sulla situazione.

- Il consigliere salarian doveva incontrarsi con l’esecutore. Forse è ancora lì.-

- Va bene.- Shepard ricarica la pistola - Pensa che siano in arrivo altri nemici?-

- Non ne sono sicuro - ammette Bailey - ma, una volta dentro, posso bloccare l’ingresso e ripristinare in parte i sistemi di sicurezza. La minaccia dovrebbe essere gestibile.-

La comandante annuisce:- va bene. Kolyat, Temnos, rimanete qui con il comandante Bailey, in caso arrivino  rinforzi. Rimaniamo in contatto via factotum e avvertitemi di qualsiasi novità.-

Temnos fa un cenno del capo, poi tende una mano a Shepard:- è stato un piacere lavorare con te, comandante. Buona fortuna.-

- La fortuna non c’entra.- sorride la donna - Sono le nostre azioni, che dettano la nostra sorte. Grazie, per tutto quanto. Non saremmo usciti vivi da Kahje, senza il tuo aiuto.-

Si stringono la mano, poi l’agente entra nel quartier generale, assieme a Bailey.

Kolyat rimane fermo per qualche istante, guardando Shepard.

- Sta attenta.- le dice, semplicemente.

- Non preoccuparti.-

Si guardano, imbarazzati, cercando le parole adatte.

Alla fine, Konstantin appoggia una mano sulla spalla del giovane:- Andrà tutto bene.- promette.

E’ l’unica cosa che abbia davvero senso, in quelle circostanze in cui tutto sembra pronto a precipitare nel buio eterno. In cui la fine sembra a un passo.

- Entro domattina, Lola!- chiama James

La comandante non dice altro. Aumenta la presa per qualche secondo, poi sorride e si allontana.

Kolyat la segue con gli occhi, finché la sua sagoma non sparisce nei corridoi dell’SSC.

Poi congiunge le mani e, in un sussurro, prega.

- Amonkira, Signore dei Cacciatori, veglia su di lei, proteggila dai suoi nemici e dalle la forza per adempiere al suo fato. E, qualora dovesse accadere il peggio, concedile il tuo perdono.-

 

Shepard, Mordin, Garrus e James attraversano i corridoi dell’SSC.

A parte qualche soldato isolato, non incontrano una grande resistenza, ma sentono i rumori degli scontri farsi sempre più vicini.

Rapidamente, come un incendio, Cerberus sta dilagando nella Cittadella, infrangendo quell’ultima illusione di pace. La guerra è giunta nel cuore stesso dalla galassia. La pazzia di chi vuole che l’umanità, da sola, si erga a fronteggiare un nemico troppo grande per qualunque esercito.

Shepard si morde le labbra, rimproverandosi per essersi fidata dell’Uomo Misterioso.

Si è sempre ripetuta di aver fatto la cosa giusta e che, in un modo o nell’altro, la sua collaborazione con Cerberus si sia rivelata utile per proteggere la galassia. Avevano un fine comune, un buon fine.

Si sporge dal riparo, piazzando due proiettili in testa ad un ingegnere, impegnato con una torretta.

- Bel colpo, Shepard.- si congratula Garrus, per poi fermarsi a spiegare:- Quello laggiù dovrebbe essere l’ufficio dell’esecutore.-

Nella sala che si frammezza fra il gruppo e la stanza, si è raccolto un nutrito gruppo di Cerberus.

- La solita strategia.- sussurra la comandante, voltandosi verso i suoi compagni

- Al tuo segnale scateniamo l’inferno?- chiede James

- Quella non sembra strategia.- realizza Mordin

- Ma ha sempre funzionato alla grande!-

Shepard sorride, poi fa un cenno del capo, si sporge dal riparo e lancia una deformazione contro un nemico.

Il frastuono familiare della battaglia la inghiotte.

Riesce a distinguere ogni cosa, ogni frazione di istante si dilata e le appare chiara.

Sente le scariche di proiettili di James e i colpi rapidi e precisi di Garrus.

Sente il clic metallico che anticipa le esplosioni di Mordin e le urla dei Cerberus, sollevati dal suo flusso di  energia biotica.

I colpi della sua pistola pesante sono veloci e penetranti, esplodono contro il nemico, spappolano arti, frantumano complessi aggeggi tecnologici. Un drone nemico le viene addosso, ma Garrus riesce a farlo scoppiare prima che le procuri danni.

Ci sono scontri che sembrano durare ore ed altri che si esauriscono in pochi minuti.

Questo si esaurisce in pochi minuti e presto, nella sala ora silenziosa, rimangono solo cadaveri fumanti.

- Non c’è traccia del consigliere…- inizia Shepard, poi Mordin la richiama, indicandole una stanza, sotto di loro. Accucciato dietro un tavolo, schermato da una barriera che lo rende quasi invisibile, c’è il consigliere Valern, miracolosamente scampato all’assalto.

- Abbiamo trovato il consigliere.- comunica Shepard, al factotum - sembra sano e salvo. La vostra situazione?-

- Meno peggio di quanto immaginassimo.- la conforta la voce di Kolyat - Stiamo controllando i sistemi difensivi e la maggior parte sono ancora integri. Quelli compromessi si potranno riportare online in tempi brevi. Abbiamo ricevuto solo un’ondata di nemici, ma siamo riusciti a neutralizzarli.-

- Ottimo lavoro.- si congratula la comandante.

Una volta raggiunto il consigliere, lo rassicura che la situazione è sotto controllo.

… ma non è così. 

In un lampo nero, un giovane si materializza dietro al salarian, puntando un’arma contro di lui.

Sembra un umano, capelli scuri, tratti asiatici, un dispositivo che gli copre gli occhi, come una maschera.

- Abbassa l’arma!- grida Shepard, fronteggiando il nemico - Subito!-

- Ci ucciderà tutti…- mormora il consigliere, madido di sudore

- Questo è da vedere.- replica la comandante, senza perdere di vista lo sconosciuto

- Non lui… parlo di Udina. Si è alleato con questi pazzi… ha organizzato un colpo di stato…-

- Quel figlio di puttana!- impreca Garrus, dando voce al pensiero comune

- Risolviamo un problema alla volta.- riprende Shepard.

Guarda l’assassino, a lungo. Anche se non riesce a guardarlo negli occhi, le loro volontà sembrano entrare in collisione. E’ una lotta equilibrata, che potrebbe proseguire all’infinito.

Konstantin realizza che, se fosse rimasta con Cerberus, se avesse assecondato i desideri dell’Uomo Misterioso, se avesse permesso all’organizzazione di piegare la sua volontà, sarebbe diventata come l’assassino che ha di fronte. Un burattino. Armato delle migliori tecnologie, dalle capacità evolute e perfette… ma senza un’anima. Senza un cuore, senza sentimenti. Senza un vero motivo per cui lottare, solo per l’istinto di imporre la propria forza su quella degli altri. Solo il cieco desiderio di veder scorrere il sangue.

Vede una palla di energia concentrarsi sulle dita dell’assassino.

Il consigliere Valern deglutisce, fissando la comandante con gli occhi sbarrati dal terrore.

Il mondo come lo conosceva gli sta crollando addosso e lui rischia di morire sotto le macerie. Come ha potuto permettere che la galassia si ritrovasse a quel punto? Così impreparata, di fronte alle minacce dei nemici?

Quando la morte ti è vicina, la vita ti passa davanti agli occhi. Sembra comporre un ultimo grande arazzo, per dirti addio. Valern ricorda l’emozione che ha provato, quando è stato nominato consigliere. Ricorda gli ideali che l’hanno animato e che, col passare degli anni, hanno perso fibra e vigore.

Gli sembra strano ricordare il passato, ricordare quand’era un giovane salarian, testardo ed idealista.

Credeva davvero, in quello che faceva. Essere un consigliere non era un semplice mestiere, era una missione.

Si pente amaramente di aver perduto il coraggio di un tempo.

- Arrenditi.- dice Shepard, ancora una volta.

L’assassino ride una risata amara, di scherno.

Sta per colpire il consigliere, quando lo scatto di una pistola riecheggia, a pochi centimetri dalla sua fronte.

Il cuore di Konstantin perde un battito, mentre l’assassino si volta, per fronteggiare la minaccia. E’ Thane.

Combattono a mani nude, in una danza rapida e aggraziata, letale. Incantevole, in un modo inquietante.

Shepard scatta in avanti, per fare scudo al consigliere.

- Venga!- dice, afferrandolo per un braccio.

Valern rimane fermo per qualche attimo, come paralizzato, poi segue la comandante.

- Preoccupatevi di lui!- comanda la donna, dopo averlo portato dai suoi compagni.

Il giorno in cui è entrato a far parte del Consiglio della Cittadella, ha giurato di fare sempre del proprio meglio, per proteggere la galassia. Per renderla ogni giorno un luogo migliore, per garantire la pace e la cooperazione fra le varie razze.

Un macigno gli piomba sul cuore, con la coscienza del proprio fallimento.

Assiste impotente allo scontro. La sagoma dell’assassino è appena un’ombra nera, il ricordo di un incubo, che sfreccia nel bianco della stanza. Eppure, ogni tanto si ferma, si muove troppo lentamente e, in un battito di ciglia, viene colpito. Poi la danza riprende, feroce, frenetica.

Shepard spara qualche colpo, ma il salarian intuisce che le è impossibile prendere bene la mira.

I due guerrieri sono troppo veloci, non sono altro che ombre e chiaroscuri.

Quel drell gli ha salvato la vita. Non sa nemmeno il suo nome, ma sa che non ha esitato a scagliarsi contro l’assassino.

Shepard spara di nuovo, poi abbassa la pistola, con un gemito di frustrazione.

Thane si sta battendo splendidamente, ma lei riesce a leggere la sua fatica. I suoi movimenti sembrano più pesanti, ogni secondo una frazione più lenti, meno fluidi, meno perfetti.

Poi l’assassino estrae una lama. Scintilla nell’aria immota, minacciosa.

Shepard solleva l’arma, ma le sembra di muoversi in un mare di gelatina, si sente goffa ed impacciata.

Una gelida consapevolezza scende su di lei. Il presentimento che non farà in tempo.

Thane si muove verso l’assassino, sparando contro la sua barriera.

S’incontrano. I loro corpi si sfiorano, si toccano.

Poi l’assassino passa oltre. E sboccia un fiore rosso.

Il sangue di Thane gocciola per terra, il drell cade in ginocchio, trafitto dalla spada.

- Thane!- grida Konstantin.

Corre verso di lui, mentre gli altri sparano contro il nemico.

L'assassino si volta e, per un lungo, interminabile secondo, fissa Shepard con aria di scherno. Poi scompare.

- Thane…- mormora Shepard, accarezzando il viso del drell.

Lui si solleva, premendosi una mano sulla ferita.

- Va’ a prenderlo, siha.- dice, aggrappandosi alle spalle di lei.

- Non ti lascio.- s’impunta lei - Dobbiamo… dobbiamo portarti all’ospedale…-

Thane le sfiora la guancia, guardandola negli occhi.

- Ho tempo, siha.- la rassicura, prima di sfiorare le sue labbra con un bacio - Salva il Consiglio, amore mio.-

Shepard fa appello a tutta la propria forza di volontà. Ognuno deve fare dei sacrifici, per quella guerra.

- Ti amo.- dice, combattendo contro il nodo che si sente in gola. Le sembra di non avergli mai detto a sufficienza quanto lo ama, quanto è felice, quand’è con lui, quanto bene lui riesca a farla sentire.

Thane l’accarezza sui capelli:- ti amo anch’io, siha.-

- Mordin.- chiama poi Shepard - resta con lui. Chiama i soccorsi e poi aggiorna il comandante Bailey. James, Garrus, con me. Andiamo a salvare il Consiglio.-

 

Mentre percorre le strade devastate della Cittadella, a malapena sente la voce del comandante Bailey, al factotum. Spara meccanicamente, si muove sul campo di battaglia, guidata dall’addestramento. La sua mente è lì, ma il suo cuore è altrove.

 

 

 

 

- La Coda!!-

Non so cosa dire di questo capitolo. Scriverlo è stato al contempo facile e complicato. Odio le scene d’azione e non volevo che occupassero troppo posto, ma sventuratamente non potevo solo abolirle (nonostante sia certa che la vostra immaginazione di lettori e conoscitori di ME3 avrebbe compensato le lacune più che degnamente XD)

Mettere a un certo punto il POV del consigliere salarian è stato… divertente. Un po’ estraniante, ma divertente. In realtà, adesso sono TRE i salarian per cui provo simpatia (uno è lui, l’altro Mordin, il terzo + il maggiore Kirrahe. L’elenco è in continuo aggiornamento, ma per ora la vedo male…).

Un bacio a tutti e ci vediamo la settimana prossima, con l’ultimo capitolo!!!

 

- La Matta-

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Capitolo 14
*** Redenzione - Epilogo ***


la cura finale

Questo capitolo finale voglio dedicarlo ad andromedahawke, che mi è sempre stata “vicina” durante la pubblicazione di tutta la storia, nonostante la mia brutta abitudine di sparire dopo qualche capitolo XD Sei stata eccezionale! Non ti ringrazierò mai abbastanza!

 

 

Capitolo Quattordicesimo

Redenzione

 

Il comunicatore distorce un po’ la voce di Kolyat. La rende metallica, le interferenze mascherano un po’ la preoccupazione e nascondono la tristezza.

Hiram annuisce, lentamente, mentre il nipote gli spiega la situazione.

- Siete al Huerta Memorial?- chiede

- Sì.- risponde Kolyat - la dottoressa Michelle dice di poter intervenire per suturare la ferita e ridurre in parte le lesioni interne. Ma dice anche che, date le condizioni di salute di mio padre… l’operazione potrebbe essere inutile. Zio…- la voce del drell trema, per un attimo sembra sul punto di spegnersi -… non so cosa fare…-

Hiram serra la mano a pugno, tanto forte da farsi male alle dita.

E’ ingiusto. Ingiusto che la speranza gli sia sottratta quando manca così poco. 

- Sarò lì appena possibile.-  risponde, cercando di sembrare rassicurante - che la dottoressa Michelle prosegua con l’intervento. Per adesso, è l’unica cosa che possiamo fare. Notizie di Shepard?-

- Lei e il maggiore Alenko hanno salvato il Consiglio. Per il resto… credo stia venendo qui.-

- Va bene…- Hiram scaccia le lacrime, che gli offuscano la vista -… sarò lì appena possibile.-

Spegne il comunicatore. Poi resta immobile, a fissare il factotum, come in attesa di una rivelazione.

All’improvviso, una voce lo scuote dalle sue riflessioni. E’ flebile, roca, stanca.

- Va male, vero?- chiede Athira Kane.

La giovane drell lo osserva, dalla soglia della porta. Una coperta le cinge le spalle, cercando inutilmente di proteggerla da un gelo che non viene dall’esterno, ma che è annidato dentro il suo corpo. Cammina a stento, appoggiandosi al muro. I suoi occhi sono opachi, offuscati dalla malattia.

- Non si può sapere.- risponde Hiram

- Dottore, sappiamo entrambi cosa succederà ora.- un colpo di tosse interrompe la frase. Athira tace per qualche istante, riprendendo fiato, poi si siede, di fronte all’altro drell.

Si muove lentamente, maldestramente. Le gambe le tremano.

- L’intervento forse gli darà qualche giorno di tempo. La sindrome di Kepral è ad uno stadio troppo avanzato. Le proteine ossigenanti sono danneggiate o distrutte.-

- Non si può sapere.- replica Hiram, ostinato.

- Cosa ti manca, per avviare la clonazione?-

- Il tessuto polmonare. E’… è la base di tutto. La chiave di volta. Se ne avessi abbastanza, potrei creare in tempo un organo nuovo. L’impianto sarebbe rischioso, un azzardo… ma sarebbe una speranza.-

Un pallido sorriso compare sulle labbra di Athira:- puoi avere il mio.- mormora

Hiram la guarda, senza capire:- cosa?-

- Se morissi oggi, potresti usare il mio tessuto polmonare per la sperimentazione?-

Il dottore si avvicina alla giovane, prendendo le sue mani fra le proprie.

- Non morirai oggi, Athira.-

- Ma se succedesse?-

- In linea teorica, potrei…  ma non succederà. Athira… non succederà.-

La ragazza sorride e, per un attimo, il suo viso sembra bello come un tempo, come prima che la malattia lo stravolgesse. I suoi occhi sembrano di nuovo luminosi, la sua bocca felice.

- Finora…- sussurra, accarezzando le mani di Hiram -… ho sempre preso le scelte sbagliate. Per come la vedo io, sono di fronte all’ultimo bivio. Posso aspettare che la malattia faccia il suo corso, per morire in un letto d’ospedale, imbottita di tutti i farmaci del mondo e, alla fine, sola con i miei ricordi, con i miei rimpianti, con la coscienza di non aver mai fatto nulla di buono, in tutta la mia vita. Posso morire così, sola, triste, spaventata, accerchiata da medici sconosciuti e da agenti dell’SSC e della Primazia Illuminata che mi guardano come si guarda un’assassina. Oppure…- si ferma, riprende fiato, guarda Hiram negli occhi, con un misto di speranza e disperazione -… oppure posso morire oggi, alle mie condizioni. E raggiungere l’Oceano con la consapevolezza di aver aiutato qualcuno. Di aver dato una speranza a chi la merita davvero. Tutti gli errori che ho commesso… li ho commessi cercando la redenzione. Ora ho l’opportunità di fare ammenda per i miei peccati. Di…- le lacrime iniziano a scorrerle sulle guance -… di dare un senso alla mia morte.-

Hiram arretra, crollando su una sedia.

Sente un grande dolore nel cuore, una grande desolazione. Si sente schiacciato, oppresso. Si sente un bambino davanti ad una questione troppo grande, ad un dilemma senza soluzione.

 

Shepard è seduta nella sala d’aspetto del Huerta Memorial. Non si è nemmeno cambiata. Ha delle macchie, di sangue e di fuoco, che rompono il bianco asettico della sua corazza. Ha ancora la pistola assicurata al fianco, il factotum s’illumina di continuo, mentre il mondo cerca di parlare con lei.

Eppure, lei lo ignora. Ignora la galassia, il Consiglio, l’Alleanza, ignora Cerberus e i Razziatori.

La comandante ha fatto il suo dovere. Ha salvato il Consiglio. Udina è morto.

Adesso è il turno della donna e il suo unico compito, in quel momento, è stare seduta in una sala d’attesa, torcendosi le mani in grembo e mordicchiandosi il labbro inferiore. Sembrando una ragazzina.

- Parlato con dottoressa Michelle.- annuncia Mordin, apparendo da una porta laterale.

- Allora?- lo incalza Shepard.

- Intervento procede bene, ma scorte di sangue drell a disposizione molto limitate. Kolyat sta venendo preparato per prelievo e verificheremo compatibilità anche di dottor Zane, quando sarà qui. Prognosi però non buona. Situazione di Thane peculiare. Stadio di sindrome molto avanzato.-

- Cosa dice la dottoressa Michelle?- insiste la comandante

- Dice intanto di pensare ad operazione attuale. Priorità è ridurre danni al minimo. Controllare sanguinamento interno, richiudere ferita. Poi, pensare ad altro. Chiamato dottor Zane, in arrivo.-

Si siede accanto a Konstantin, appoggiandole una mano sulla spalla

- Presto finito.- la rassicura, sorridendo.

 

(Un’ora dopo)

 

La prima cosa che nota, entrando nella camera d’ospedale, è il silenzio.

Nessun macchinario sibila istericamente, nessun monitor emette fastidiosi bip.

Kolyat è accanto al letto di suo padre. Tiene fra le mani un libro di preghiere, nero, sobrio, elegante.

- Siha.- sussurra Thane, vedendola entrare.

Lei annuisce, gli si avvicina come in un sogno.

La realtà sembra un riflesso distorto in uno specchio. Sembra un vetro inclinato, pronto a spezzarsi alla minima pressione. Anche Shepard si sente come un vetro. Fragile.

- Kolyat mi ha detto che hai salvato il Consiglio.-

- No.- Konstantin scuote appena il capo, accarezzando la mano di Thane -… tu hai salvato il Consiglio.-

Il drell sorride, prendendo la mano di lei nella propria.

- E’ stato bello, siha.- sussurra, guardandola negli occhi.

E lei vorrebbe dire che continuerà ad essere bello, ma le parole le s’impigliano in gola, rimangono bloccate.

Una lacrima le riga la guancia.

- Anche per me è stato bello.- riesce a pronunciare, alla fine - sei stata la cosa migliore che mi sia mai capitata, in tutta la vita. E non scambierei per niente al mondo il tempo che abbiamo passato insieme.-

Thane le accarezza il viso, prima di baciarla dolcemente sulle labbra.

- Ci rivedremo, siha.- mormora - te lo prometto.-

Ogni manuale di psicologia dice che ci sono delle fasi di accettazione del dolore. Che si passa da un’emoziona all’altra, finché la sofferenza scema e rimane una sensazione di malinconica pace.

Eppure, Shepard sente solo il dolore. Il dolore puro, tagliente, affilato, il dolore profondo che lacera qualunque cosa lei abbia nel petto. Il dolore che riduce il suo cuore ad una poltiglia sanguinolenta che a stento ricorda cosa significhi la parola “felicità”.

- Hiram pensa che…-

Thane la blocca, prima che possa parlare:- Kolyat me l’ha riferito. La mia risposta non cambia, siha. Ho passato gli ultimi anni a prepararmi per questo momento. Voi avete reso meravigliosi i miei ultimi mesi, avete dato alla mia vita un significato che nemmeno io riuscivo a comprendere.- li abbraccia con lo sguardo. Suo figlio e la sua compagna, le persone che gli hanno dato un motivo per continuare a vivere - Prendetevi cura uno dell’altra.-

- Lo faremo.- lo assicura Kolyat, rispondendo per entrambi.

Shepard annuisce, con il capo, senza parlare.

La sua mente è rimasta bloccata indietro e non riesce a smettere di pensare alla notte prima della missione suicida. Mentre la Normandy volava verso il portale di Omega 4. Non riesce ad abbandonare il ricordo delle mani di Thane sul proprio viso, del calore del suo corpo accanto al proprio, sotto le lenzuola leggere.

Avrebbero dovuto morire quel giorno, realizza. O in qualunque altro giorno.

Ma avrebbero dovuto morire insieme.

Perché come può uno vivere senza l’altra? Come si sopravvive alla rottura di un legame tanto profondo?

 

Epilogo: due mesi dopo

 

C’è una foto, sul comodino.

Davanti ad essa, un mazzo di fiori bianchi.

Shepard si guarda allo specchio.

L’abito scuro le fascia il corpo, evidenziando le forme di un soldato, non di una donna.

- Sei pronta?- le chiede dolcemente la voce di Kolyat.

La comandante stropiccia fra le mani un foglietto di carta

L’immagine che lo specchio le restituisce è così strana, così diversa dall’idea che ha di sé stessa.

Ha i capelli sciolti. Sono appena lavati, eppure sembrano opachi, privi di luce. Una ciocca le scivola in mezzo alla fronte. I suoi occhi sono un po’ arrossati, le profonde occhiaie spiccano sulla carnagione pallida.

- Sono pronta.- risponde, dopo un lungo silenzio.

- Bene.- Hiram, alle sue spalle, annuisce - Ci stanno aspettando.-

Il medico indossa un abito blu scuro, il colore del lutto secondo la tradizione drell.

Kolyat prende la foto e il mazzo di fiori e, insieme, escono dalla stanza.

Hanno allestito la commemorazione nell’appartamento di Shepard. Sembrava inadatto ma, in fondo, era il posto migliore. I membri dell’equipaggio sono già lì.

Shepard prende un lungo respiro profondo ed inizia.

- Ho tentato.- dice - Per tutta la mia vita, ho sempre tentato di fare la cosa giusta. Ma a volte fare la cosa giusta significa rendersi conto dei propri errori ed affrontare la fine con serenità.- solleva il foglio di carta, leggendo le parole della lettera - So che la mia fine sembra brutta, sembra un dolore senza ragione, ma non è così. Per la prima volta dopo tanti anni, non ho paura. E la serenità mi accompagnerà nell’ultimo viaggio. Raggiungerò l’Oceano con la consapevolezza di aver fatto qualcosa di buono. I miei pensieri vanno a coloro che rimangono, il mio affetto a chi ha sempre lottato e ha saputo rimanere integro. A chi ha avuto il coraggio delle proprie emozioni, a chi sa affrontare le sfide della vita. Morire non è mai la scelta giusta. Era destino che lo capissi solo alla fine. Ma io ho scelto come morire, ho scelto il senso da dare alla mia fine.-

Shepard tace per qualche secondo, finché le eco della sua voce non si sono spente.

- Così - dice poi - così scriveva Athira Kane, pochi minuti prima di togliersi la vita. Chi l’ha conosciuta, sa che aveva fatto degli errori, errori da cui si sentiva oppressa e per cui non sapeva darsi pace. Eppure, non dimentichiamo chi lei era, prima della sindrome di Kepral, prima della setta, prima di tutto. Athira Kane era una studentessa, una ragazza come tante, di quelle che potremmo incrociare per strada…-

Mentre Shepard parla, Hiram sente la commozione gonfiargli il petto e, inevitabilmente un ricordo gli sale alla mente. Ma non è il ricordo che pensa. Non è l’immagine di quando, entrando nell’infermeria della Normandy, l’ha vista distesa su una barella, perfettamente immobile, con quella lettera fra le mani.

No, è il ricordo di quando l’ha conosciuta.

“Un pomeriggio umido. Kahje.

Attività di laboratorio. Frenesia.

- Oggi viene la nuova assistente.- dice Timala.

Sorride, mescola il caffè tre volte, prima di berlo. Soffia sul bicchiere, spostando un nuvola di calore.

- Ripetimi perché abbiamo bisogno di un’assistente?- chiedo, controllando una simulazione.

Il monitor ronza leggermente, emana una luminescenza azzurrina.

Timala si siede su un macchinario, accavallando le gambe. Inclina la testa. Le sfugge una risata.

- Perché siamo dei pionieri, Hiram. Perché cureremo la Sindrome di Kepral.- allarga le braccia. Un suono metallico. Il campanello. Si alza e corre ad aprire.”

Hiram sospira - non sa se di dolore per quello che ha perso o se di gioia per quello che ha trovato -.

Alla fine, il loro progetto è stato realizzato. Attraverso la morte, la distruzione, il tradimento, ma anche grazie all’amore, alla tenacia, alla fiducia reciproca. E ad Athira.

Ad Athira che aveva studiato medicina e che sapeva bene come morire, lasciando inalterati i propri organi interni. Ad Athira che ha voluto decidere e che ha inseguito la redenzione fino all’ultimo battito di cuore.

Ad Athira che, un tempo, è stata davvero una ragazza come tante, per quanto retorico questo possa sembrare.

“- Salve.-

Mani lisce, una stretta emotiva e un po’ incerta.

Ha un bel sorriso. Il camice profuma di lavanderia.

- Sono Athira Kane. E’ davvero un piacere conoscerla, dottor Zane.-

- Il piacere è tutto mio.- sorrido a mia volta, incoraggiante.

E’ giovane, è bella, è solare.

Timala porta un bicchiere di caffè. Calore. Profumo intenso. Plastica tiepida sotto le dita.

- Sarà un lavoro duro…- esordisce, levando alto il caffè, come un augurio.

Entusiasmo, consapevolezza. La imito. Il ricordo di Irikah sorride, nella mia memoria.

-… ma riusciremo dove altri hanno fallito. E, in tutto ciò, troveremo anche il modo per divertirci!-

Rido. Brindiamo. Bevo il caffè. Scotta.

E’ l’inizio di un nuovo giorno. Speranza.”

Il silenzio interrompe le riflessioni del medico.

L’elogio funebre è terminato e, nell’aria, è rimasto solo il profumo dei fiori bianchi e quella strana sensazione, di malinconia, di rimpianto, ma anche di profonda gratitudine.

 

Terminata la commemorazione, Shepard prende un trasporto rapido.

Mentre la Cittadella sfreccia oltre il piccolo finestrino, pensa a tutto e a niente.

Pensa alla speranza, al dolore che si prova quando qualcosa che sembrava ad un punto dal realizzarsi s’infrange come vetro al contatta con la realtà.

Ma pensa anche alla gioia che si prova quando, raccogliendo i cocci, si scopre che c’è ancora qualcosa da salvare, qualcosa da ricostruire.

Cerberus sta ancora cercando di mandare all’aria i suoi piani. La galassia sta ancora per essere distrutta.

Scende dal trasporto rapido, attraversa la strada a passo rapido.

Entra nella grande struttura. E’ bianca, asettica, ma non è mai stata così bella.

Saluta l’infermiere all’accettazione. Oltrepassa un lungo corridoio pieno di porte uguali e di sedie di plastica.

Ne apre una, e sorride.

La Terra è ancora invasa da mostri e mutanti. I Razziatori sono ancora lì, per sterminare la vita organica.

Ma ogni piccola battaglia vinta è pur sempre una battaglia vinta.

- Ciao, siha.-

- Ciao, Thane.-

 

 

 

 

 

 

L’ultima Coda

 

Signori, è finita.

 

Ora, per me è davvero epico riuscire a concludere un progetto più lungo di cinque pagine e più articolato di una riflessione introspettiva, quindi sono davvero entusiasta.

Guardando la fic dal principio, non so, qualche riflessione viene spontanea: l’inizio non mi piace più ma, ad ogni buon conto, sono soddisfatta della fine ed anche del corpo centrale. Alla fine ha assunto un tono diverso da quello che era il mio intento iniziale e le vicende hanno avuto un diverso sviluppo (non a caso nell’introduzione c’è una citazione da un pezzo che - beh - semplicemente non ho inserito, quindi mi sa che la cambierò, prima o poi XP).

Sto lavorando sulla prossima avventura del comandante Shepard e del suo equipaggio, quindi spero di rivedere presto tutti voi lettori, a cui va il mio più sentito ringraziamento.

Un grande bacio a tutti!!

 

- La Matta - passa e chiude.

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