la morte verrà all'improvviso

di Tatan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Allenamenti ***
Capitolo 2: *** Diritti ***
Capitolo 3: *** Dormiveglia ***



Capitolo 1
*** Allenamenti ***


Note: Un po' di pensieri dal punto di vista di Peeta sugli avvenimenti del primo libro. Troverete probabilmente imprecisioni o elementi che si discostano un poco dalla trama (ad esempio la frase riguardante il destino dei cadaveri dei Tributi), ma essendomi io concentrata essenzialmente sulle emozioni che volevo trasmettere, ho lasciato anche volutamente in secondo piano la fedeltà al testo. Comuque Peeta è rappresentato il più possibile IC :)
Buona lettura!



Parte 1.
Peeta  sa che non ne uscirà vivo.
Lo sa, e la sua è una consapevolezza lucida, piana, ragionata. Pacata, nella sua oscenità.
Morirà Peeta, sotto gli alberi dell’Arena, il corpo tranciato in due da un colpo di spada, e il suo sangue schizzerà in faccia al mondo che, attraverso le telecamere, lo starà guardando.
Oppure a portarselo via sarà la fame, o anche il freddo, e allora il mondo potrà baciare le sue labbra blu, godere della sua pelle livida, e della sua agonia la televisione farà spettacolo.
Non ci sarà gloria per lui, né ricchezze né futuro: le sue ossa marciranno in una delle tante fosse comuni della Capitale assieme a quelle degli altri tributi, niente più casa per Peeta, nemmeno da morto.
I Giochi sono danze di sangue per ballerini crudeli, non certo per fornai.
E Peeta non è altro che un fornaio. Sa fare bene il pane, lui, e ama sentire l’odore della farina sulla sua pelle, ama modellare l’impasto tiepido con le mani, decorare le torte per le grandi feste: cosa ne può saperne, uno come lui, di spade e frecce? Cosa?
Non ne sa niente. E niente ne vuol sapere.
 
Peeta non riesce a pensare ad altro, mentre osserva gli alti tributi allenarsi nell’enorme sala adibita a palestra.
Li guarda scagliare coltelli e scalare pareti, saltare ostacoli e rotolarsi per terra; si chiede se anche loro pensino alle stesse cose, se anche loro stiano provando quello che prova lui, se anche loro abbiano la stessa paura feroce ad inchiodare il loro stomaco, la stessa atroce consapevolezza, la stessa rabbia.
 Un fremito gli percorre la schiena quando il ragazzo enorme e biondo del Distretto 1 schianta con un solo colpo d’accetta uno dei tronchi appesi al muro; le schegge di legno volano da tutte le parti, e Peeta sa che la prossima volta,  al posto dell’albero, sarà la testa di uno qualunque di loro ad andare in frantumi.
Vede la ragazzina appena dodicenne coi capelli scuri correre avanti e  indietro per la palestra, avanti e indietro, la vede abbassarsi ritmicamente come per schivare fendenti immaginari, stringere i denti per la fatica. Subito dopo se la immagina scappare da sola nella foresta buia dell’Arena, inseguita dalla ragazza letale del Distretto 2, se la immagina morta, povera piccola, gli occhi neri spalancati al cielo grigio della Capitale.
Poi si gira, e il suo sguardo è inevitabilmente attratto oltre il ragazzo nero che tira pugni ad un sacco, oltre la bambina con i capelli rossi china su un libro, più in là, verso il poligono di tiro.
E da lì i suoi occhi non si staccano più.
 
La vede prendere la mira attentamente, l’arco saldo nelle mani chiare, la guarda tirare una freccia dopo l’altra, precisa e fredda, senza violenza, tac tac tac, uno ad uno i dardi si conficcano obbedienti nell’obbiettivo.
Katniss ha i capelli raccolti in una treccia disordinata, la fronte aggrottata per la concentrazione, e anche se è troppo lontano per vederla bene in volto Peeta sa che i suoi occhi hanno la stessa espressione dura e inflessibile di sempre. È acciaio, Katniss, una combattente nata. Sa cacciare, sa uccidere, e se c’è un’altra cosa che Peeta sa con certezza, se c’è un’altra cosa di cui Peeta è sicuro, è che sarà lei a sopravvivere.
E che lui deve morire per permetterglielo.

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Capitolo 2
*** Diritti ***


Note: ed ecco il secondo capitolo..si tratta di un Missing Moment, ovvero della scena non descritta nel libro in cui Peeta uccide il suo primo tributo. Qui ho dovuto lavorare un po' di più di fantasia, spero apprezziate comunque ;) Un ringraziamento particolare a Luna95, che si è fermata a recensire :)




Parte 2.

Lei non si lamenta neanche. È piccola, piccolissima, accasciata sul tronco di un albero, e anche nella notte Peeta può distinguere le sue mani minuscole e bianche che premono sulla ferita, nel tentativo spasmodico di fermare il sangue che ne fuoriesce.
Il sangue. Peeta ne può sentire quasi l’odore mentre si avvicina, lo vede scuro sulle dita chiare di lei, sui vestiti strappati, sulle foglie che la circondano.
Cato l’ha pugnalata sulla pancia, brutale e veloce, ma a quanto pare non  dev’ essere così bravo col coltello come dice, perché la bambina del Distretto 8 è ancora viva.
E, probabilmente, se Peeta non fosse tornato indietro,  lo rimarrebbe ancora per un po’.
Un’ora, forse anche di più, da passare viva e sola nel buio e nel freddo dell’Arena, accanto alle ceneri del fuoco che l’ha tradita, ad ascoltare nel silenzio della foresta il battito sempre più fievole del suo cuore.
Il rumore delle foglie  che scricchiolano sotto le scarpe del ragazzo le fa alzare gli occhi, di scatto: quando il suo sguardo si posa su di lui, Peeta la vede aprire la bocca, sforzarsi di prendere il respiro, la vede affannarsi per trovare il fiato, per dire qualcosa. Forse vuole pregarlo di risparmiarla, come poco prima ha supplicato Cato di lasciarla andare.
 Forse non si è resa ancora conto che, per lei,  i giochi finiscono stanotte. O forse sì.         
Perché quando lei trova finalmente la forza per parlare, quelle che Peeta sente sono solo due parole:
-“ Per favore ..Basta.”
Basta.
 Peeta le si avvicina, il coltello sguainato, le mani strette attorno al manico, e vorrebbe quasi consolarla, rassicurarla, vorrebbe provare a spiegarle perché la sta uccidendo, vorrebbe prometterle che lui la seguirà tra poco, tra pochissimo, dato che entrambi,dato che tutti, devono morire perché Katniss viva.
Che prima o dopo non conta, davvero.
Ma a guardarla così, distesa a dissanguarsi nel fango di un bosco artificiale, per lo spasso dei Capitols e del loro perverso senso della giustizio, l’unica cosa che prova è disgusto, per sé stesso e per il mondo in cui è nato. Orrore, per quello che è costretto a fare.
La guarda fisso negli occhi e lentamente, in modo che le parole siano chiare a tutti, a lei e alle telecamere, dice: “Scusami. Non ne ho il diritto”.
Poi in un unico slancio le affonda la lama nel petto.
Dura poco, lei è docile nelle sue mani, si arrende in fretta, e Peeta la lascia come addormentata sul pavimento dell’Arena. Se ne va senza voltarsi indietro.
 

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Capitolo 3
*** Dormiveglia ***


Parte 3.
 
Peeta è ferito gravemente, si mimetizza sulla riva di un corso d’acqua per giorni interi; ha la febbre ed è sempre più debole. Mentre aspetta di morire, sogna.
 
Vivono in una terra di prati e boschi e limpidi corsi d’acqua, sopra le loro teste splende un meraviglioso sole primaverile. Nella loro casa c’è un profumo perenne di pane, il pane che lui prepara la mattina presto e che loro mangiano insieme durante la giornata, fino a riempirsi la pancia, perché dove loro abitano non c’è la fame. I loro bambini hanno le guance piene di chi, la fame, non sa nemmeno cos’è.
Hanno due, o forse anche tre figli, che hanno occhi dello stesso colore cangiante di quelli della loro mamma, di un grigio che su di lei a volte diventa acciaio, forte e inaccessibile, ma che su di loro ricorda semplicemente un frammento di cielo. Sono bellissimi, i loro bambini, suoi e di Katniss, e sani e felici.
Non esiste nessuna Capitale, dove loro vivono. Non ci sono Distretti e Pacificatori, e dove loro abitano non ci sono nemmeno miniere. Vivono tutti sotto i raggi gentili del sole, e nessuno ha fame. Fame. Fame..
 
 
Peeta non riesce più nemmeno a sentirla. Sa di averne, e tanta. Lo sa, ma non riesce più a sentirla. Forse ne ha troppa: se non riesce più nemmeno ad accorgersene, forse ne ha semplicemente troppa. Si chiede all’improvviso quanto ci si metta, a morire di stenti, e la sua mente si affretta a proiettargli davanti le immagini di vecchi corpi rachitici abbandonati nella periferia del Distretto 12, o di minuscoli neonati immobili in braccio alle donne del Giacimento. Oppure ancora il ricordo, più devastante di tutti gli altri, di una Katniss magrissima distesa nel fango, accanto ai maiali pasciuti, pronta solo a lasciarsi andare. Ad arrendersi.
Si arrenderebbe volentieri adesso Peeta. Si addormenterebbe, nel fango del fiume, e tornerebbe felicemente a sognare. Quando sogna la sua stramaledettissima ferita non fa poi così male, e gli sembra quasi di riuscire a dimenticare di star morendo. Di star giocando, al gioco più letale di tutti. Ma è proprio nel momento in cui Peeta pensa di avercela fatta a riaddormentarsi, cullato dal rumore del fiume, che la voce di Claudius Templesmith inonda l’Arena.
“Siamo lieti di annunciare.. date le circostanze, un cambiamento delle regole..entrambi i tributi provenienti dallo stesso Distretto..vincere quest’edizione degli Hunger Games-”
Le parole sono confuse, e Peeta non è sicuro di aver capito bene. Un cambiamento di regola? Due tributi possono vincere. Due tributi dallo stesso distretto. Due tributi..
Sorride, Peeta. E non riesce più a dormire.

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