Vendette

di yllel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** epilogo ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Sono di nuovo qui!
Vogliate scusare questo (breve) inizio un po’ cosi, ma la storia sara’ un po’ diversa dalle altre, almeno lo spero. Ho ben in mente dove voglio andare, spero di arrivarci (anche perche’, paradossalmente, l’ultimo capitolo e’ gia’ scritto). Con calma, pero’...
Cio’ non toglie che ci saranno alcuni momenti piu’ “carini”, gia’ a partire dal prossimo capitolo: chi mi conosce, sa come scrivo e cosa mi piace, anche se questa volta non e’ cosi scontato.
Per chi invece mi legge per la prima volta, forse e’ il caso di sbirciare le storie precedenti (non mi sono mai decisa a farne una serie...), giusto perche’ c’e’ tutta una linea temporale.
Buona lettura!
 

VENDETTE
Prologo
 

L’aria gelida di febbraio lo colpisce in pieno viso.
Il ponte dove si trova e’ deserto: nessuno con un po’ di buon senso, si avventurerebbe mai fuori con questo freddo, a meno di avere un motivo piu’ che valido.
Questo, e l’ora tarda, fanno di questo ponte un luogo perfetto per l’incontro che lo aspetta.
Mentre guarda le acque scure del Tamigi scorrere sotto di lui, riflette che questo e’  l’unico modo in cui tutto puo’ finire, in cui lui stesso vuole che tutto finisca.
La rabbia e l’angoscia sono cosi forti, che rischiano di prendere il sopravvento.
Non se lo puo’ permettere.
Per anni, non ha lasciato che i sentimenti entrassero nella sua vita, che lo condizionassero. Ha lasciato invece che la logica lo guidasse, gli permettesse di essere quello che la sua mente brillante gli chiedeva di essere.
Poi, tutto e’ cambiato.
No.
Tutto e’ migliorato.
Osserva la fede all’anulare sinistro. Da quando si e’ sposato, spesso si ritrova a giocherellarci mentre sta pensando, come se il semplice tocco di quell’anello lo aiutasse a concentrarsi. Per un attimo, ripensa a quando lei con sguardo timido gli ha detto che non era obbligato a portarlo, se non lo desiderava. Le ha risposto che era un’idea illogica, quell’anello suggellava la loro unione, l’aveva sposata perche’ gli piaceva l’idea che lei fosse sua.
Sua.
Il suo sorriso.
Il suo corpo.
La sua anima.
Di nuovo, le sensazioni e i ricordi sembrano travolgerlo, si aggrappa alle sbarre del ponte e chiude gli occhi, sentendoli bruciare forte.
Lui non piange mai, non lo fara’ neanche ora.
Piu’ tardi, quando tutto sara’ finito, si permettera’ di lasciarsi andare.
Sesara’ ancora vivo.
A un tratto, sente che lui e’ qui.
 “La vedovanza non ti si addice, Sherlock. Hai un aspetto orribile”
Sherlock Holmes fa un respiro profondo e si volta verso la figura nell’ombra che ha appena parlato.
 


ecco: sara’ di nuovo una storia a ritroso nel tempo.
Alla prossima! 

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Capitolo 2
*** capitolo 1 ***


Credo che il prologo abbia un po’ spiazzato...
Grazie mille ha chi ha letto e ha recensito: SvaneH, Miserere e Bored94 sono state velocissime e spero che saranno un po’ piu’ tranquille con questo capitolo.
Come gia’ detto, da adesso la fanfic spiega come si e’ arrivati su quel ponte (il che tecnicamente non e’ un andare a ritroso, ma un venire avanti. Che disastro semantico)
Ah, naturalmente nessuno di questi personaggi mi appartiene. Mi ero dimenticata di specificarlo!
 
VENDETTE
CAPITOLO 1
 
“Ha una pistola!”
Ah, davvero?
Sherlock si astenne dal commentare ad alta voce quello che aveva appena pensato sulla frase di John.
Innanzitutto, perche’ sarebbe stato estremamente scortese puntualizzare la sua ovvieta’, quando invece lui stava davvero cercando di lavorare sulle sue buone maniere.
In secondo luogo, perche’ in quel momento era piu’ importante cominciare a scappare, cercando di evitare di essere colpiti dalle pallottole che il signor Drosley stava sparando.
Lui e John si fiondarono giu’ dalle scale, cominciando a correre per il corridoio della vecchia fabbrica. Il caso di per se’ era stato molto facile, ma il signor Drosley non aveva molto gradito il fatto di essere stato scoperto a truffare i suoi soci, ormai prossimi a diventare ex.
Nella vecchia fabbrica dismessa, aveva accumulato un piccolo tesoro di gioielli sottratti durante i viaggi come corriere. Falsificava i documenti di accompagnamento e ogni volta si teneva qualcosa, non molto... i suoi compagni di lavoro ci avevano messo qualche anno a cominciare a sospettare qualcosa, per poi contattare Sherlock perche’ indagasse.
Lui l’aveva capito dopo due ore, osservando il suo orologio e la sua cravatta.
“Per di qua!” John prese un corridoio alla sua destra.
In quel momento, i REM cominciarono a suonare New Test Leper.
Mentre una pallottola gli sfiorava la testa che aveva appena abbassato, Sherlock rispose al cellulare continuando a correre.
“Molly?”
“Ciao, ti disturbo?”
Domanda inutile. Lui aveva personalizzato la sua suoneria, proprio perche’ cosi poteva sapere che era lei a telefonargli. Per nessun altro si sarebbe scomodato a togliere il telefono dalla tasca, men che meno a rispondere. E al diavolo John, che ghignava ogni volta che sentiva quella musica.
I due si fermarono un istante davanti a un bivio, poi scelsero di nuovo il corridoio a destra.
“No... mi sto occupando di un caso”
“Oh, scusa.. Spero sia un buon caso”
“Diciamo che ha avuto uno sviluppo...interessante”
Il signor Drosley scelse quel momento per sparare un altro colpo.
“Sherlock, che cos’era quel  rumore?”
“Rumore? Quale rumore?” scarto’ a lato dietro a John.
Un altro colpo.
Questo rumore”
“Niente. Siamo in una fabbrica, e’ la catena di montaggio, Molly”
Il corridoio girava a sinistra e Sherlock e John si tuffarono oltre l’angolo.
“Perche’ sembrava... no, impossibile. Senti, devo lavorare ancora per un bel po’. Ti ho lasciato la cena da scaldare e potresti farmi un favore?”
Il signor Drosley teneva duro, sbuco’ anche lui dall’angolo e sparo’ di nuovo.
Sherlock abbasso’ di nuovo la testa e davanti a lui John fece lo stesso.
“Ma certo.”
“Puoi fermarti a comprare il latte?”
Il consulente detective e il dottore arrivarono in fondo al corridoio. Che si rivelo’ un vicolo cieco.
“Latte. Ok. Ora scusa, ma dovrei andare”
“Ma certo. Solo, questa volta, ricorda di prendere quello parzialmente scremato. Ci vediamo dopo. Saluta John”
Sherlock riattacco’ e osservo’ il suo compagno appoggiare le mani sulle ginocchia alla ricerca di un po’ di fiato.
“Molly ti saluta” commento’ calmo, respirando senza il minimo sforzo.
John fece invece dei respiri profondi.
“Sherlock...” lo avverti’.
Il signor Drosley li aveva raggiunti, continuando a puntare la sua pistola.
“Vi ho preso” esclamo’ con uno sguardo folle negli occhi.
“Sbagliato. Noi abbiamo preso lei” gli rispose Sherlock nel suo classico modo strafottente.
“Sherlock...” la voce di John era un po’ piu’ tesa.
“Non sarei cosi tranquillo, se fossi in lei signor Holmes! Sono io quello con la pistola!” Drosley sudava visibilmente e sembrava ormai fuori controllo.
“Si, questo e’ vero. Ma questo non cambia il fatto che andra’ in prigione”
Sherlock...” il tono di John si era fatto piu’ implorante. Il suo amico sembro’ improvvisamente ricordarsi di una cosa.
“Ah, John! Molly vuole che ci fermiamo a comprare il latte. Intero, questa volta.”
“Parzialmente scremato” lo corresse automaticamente John, guardando con preoccupazione la pistola.
“Ah giusto... non riesco proprio a farmelo restare in mente. Ho sbagliato anche l’altra volta. Sa... mia moglie sta provando a convincermi che saper fare la spesa e’ fondamentale.” esclamo’ Sherlock, con un sorriso rivolto al criminale.
Il signor Drosley fece un ghigno e premette il grilletto.
L’arma fece cilecca.
Con uno scatto, Sherlock si fece avanti e lo colpi’ con un pugno, mandandolo a tappeto.
John emise un sospiro di sollievo.
“Avevi contato i colpi” esclamo’.
“Naturalmente”.
***
Dopo che una macchina della polizia ebbe prelevato il signor Drosley, Sherlock Holmes si appresto’ a compiere l’azione piu’ coraggiosa della giornata.
Entro’ in un supermercato per comprare del latte.
Uno degli aspetti piu’ difficili del suo nuovo stato civile era la richiesta di Molly di aiutarla con la spesa. Non succedeva molto di frequente, ma ogni tanto gli chiedeva di comprare qualcosa. Di solito non piu’ di due prodotti, per non confonderlo troppo.
Se John non era con lui (e capitava spesso, visto che sembrava molto preso dalla sua nuova fiamma), immancabilmente Sherlock sbagliava sempre. Entrambi i prodotti.
Semplicemente, si spazientiva subito dopo essere entrato nel supermercato e di conseguenza, la sua mente cominciava a vagare per potersi distrarre un po’ mentre girava per le corsie, con il risultato che afferrava qualcosa a caso. O qualcosa che riteneva utile per i suoi esperimenti.
Se c’era troppa coda alla cassa, mollava la spesa e usciva senza.
Molly ne aveva fatto un punto d’onore, cosi insisteva nel continuare a chiedergli questa cosa. Sherlock aveva scoperto presto che una moglie arrabbiata non era affatto divertente. O collaborativa.
L’sms di Lestrade lo raggiunse, mentre stava discutendo con John dell’impiego del succo di pomodoro nella preparazione di un particolare veleno nel Sud America, cosa che gli aveva meritato un’occhiata strana da parte di una signora, che passava con il carrello pieno di spesa.
“Chiaramente single, con una passione per le telenovele e il giardinaggio. La sera passa il tempo osservando i suoi vicini con un binocolo. Intrigante, ma alquanto scortese” commento’ dopo una veloce occhiata al contenuto del carrello, prima che il cellulare emettesse il suo segnale.
CADAVERE AL BART’S. VIENI SUBITO. GL
“John, un omicidio! Andiamo!” si avvio’ contento lungo la corsia, salvo poi girarsi con impazienza non appena si senti’ richiamare.
“Sherlock!”
“Che c’e’??”
John scosse la testa.
“Sherlock, perche’ siamo qui?” uso’ il suo tono piu’ paziente.
“John, non e’ importante, perche’ ora dobbiamo andare al Bart’s, hai sentito c’e’ un omicidio, questo supermercato ci e’ totalmente inutile e” sgrano’ gli occhi “oh... il latte”
John annui’ piano.
“Esatto”
Sherlock sospiro’ e con fare teatrale afferro’ due bottiglie.
Un minuto dopo ritorno’ indietro e le cambio’ con altre due.
Parzialmente scremato, non intero.
***
L’ispettore Lestrade osservava da vicino il cadavere per il quale aveva convocato Sherlock Holmes.
Per un attimo, si senti’ attraversare da un brivido. Fu quasi impercettibile, ma ugualmente scioccante: sembrava sintomo di una brutta sensazione, come se quell’omicidio stesse per portare qualcosa di veramente spiacevole.
Si diede dello stupido, ogni omicidio di per se’ era brutto e quello non era differente dagli altri. Le sensazioni non avevano nessuna importanza.
Scosse la testa e osservo’ avvicinarsi la dottoressa Molly Hooper.
Holmes, aggiunse mentalmente.
Dopo cinque mesi, ancora non si era abituato.
“Ciao Greg”
“Molly”
Lei gli sorrise e prese una cartelletta dalla scrivania.
“Scusa, non ho ancora avuto modo di leggere la documentazione, sono davvero piena di lavoro, in questo periodo”
“Maschio, circa trent’anni. Viveva a Londra, single, impiegato in banca. Frequentava regolarmente una palestra. Recentemente tornato da una vacanza all’estero. Presumibilmente ucciso da quella pallottola che gli ha forato la fronte”
Molly si giro’ verso suo marito.
“Non credi che per lo meno questo dovrei stabilirlo io?”
Sherlock le si avvicino’ e le strizzo’ un occhio.
“Infatti, ho detto presumibilmente” le diede un bacio sulla guancia e le tese un sacchetto.
“Ho comprato il latte. Lestrade! Dimmi che mi hai convocato per qualcosa di assolutamente eccitante!”
L’ispettore scosse la testa.
“E’ un omicidio, Sherlock... non dovrebbe essere eccitante
“Si, si, certo” il consulente investigativo liquido’ l’osservazione con un gesto della mano e si chino’ per osservare meglio il cadavere.
“Allora?” chiese con impazienza.
Lestrade sospiro’.
“Andrew Stern, 33 anni. Viveva a Chelsea. Impiegato alla National Trust Bank da cinque anni, single. Nessun precedente penale, apparentemente una vita tranquilla, stiamo verificando con i vicini. Non so nulla della palestra, ma i colleghi hanno detto che era rientrato questa settimana da una crociera per i caraibi.
Gli hanno sparato questa mattina, sulla soglia di casa. Un colpo da lontano e qui viene la cosa strana”
Sherlock si avvicino’ alla fronte dell’uomo.
“Il calibro dell’arma”
Lestrade annui’.
“Sicuramente un fucile, ma gli esperti della balistica da un primo esame pensano che sia un modello di quelli vecchi, molto vecchi, usati il secolo scorso per la caccia agli elefanti”
“Chiaramente modificato, quindi” commento’ Sherlock.
“Perche’ dici questo?” il tono di John era stupito.
L’altro si giro’ verso di lui.
“I fucili da caccia grossa sono progettati per colpire da vicino, con una grossa potenza per mettere subito fuori gioco l’animale e avere tempo di ricaricare, prima che questo attacchi. Sono comunque armi di grossa precisione: se Stern e’ stato colpito da lontano, la modifica riguarda la portata della potenza di fuoco. Ecco perche’ il calibro e’ piu’ piccolo di quello usato normalmente.”
L’ispettore Lestrade annui’ lentamente.
“Gia’. E non e’ finita... questa stessa arma e’ stata usata per un altro omicidio, circa quarant’anni fa. Un banchiere che risulto’ essersi impelagato in una storia di scommesse. Il colpevole non e’ mai stato preso, si penso’ a un regolamento di conti da parte degli strozzini.”
“Un arco di tempo molto lungo...” ragiono’ Sherlock.
Suo malgrado, Molly sorrise. L’espressione sul viso di suo marito si stava facendo molto contenta. Il caso lo intrigava.
“John! Cominceremo con il conoscere meglio il signor Stern! Arrivederci ispettore. Cara moglie, potrei fare piu’ tardi di te, stasera.”
Un attimo dopo il laboratorio era di nuovo silenzioso.
***
SCUSA TESORO. CREDO PROPRIO CHE DOVREMO RINVIARE LA NOSTRA CENA DI STASERA. JW
“E’ naturale che dovrete rinviare la vostra cena di stasera, abbiamo un sacco di informazioni da verificare”
Sherlock osservava la citta’ scorrere fuori dal taxi.
John scosse la testa.
“Come sai cosa stavo scrivendo?”
L’altro si volto’ ad osservarlo.
“Quando Molly mi ha chiamato prima, ha detto che la cena da scaldare era per me, non per noi. Il che presuppone che lei gia’ sapesse che non ci saresti stato. Insisti nel raccontare a mia moglie tutti i dettagli della tua vita amorosa, quindi l’avevi informata che stasera saresti uscito con Mary. E so che stavi scrivendo a lei, perche’ quando le mandi un messaggio hai sempre quell’espressione sul volto”
“Quale espressione?”
“Quella ebete. Con il sorriso perso”
John lo osservo’ per qualche secondo a bocca aperta, poi scoppio’ a ridere.
“Perche’ non ti sei mai visto mentre scrivi a Molly, Sherlock! E comunque, si. Stavo mandando un messaggio a Mary, non tutte le donne sono pazienti come tua moglie, quando si da’ loro buca”
Sherlock sbuffo’.
“Si tratta di lavoro, John. Un omicidio legato a uno precedente di quarant’anni fa! Cosa ci puo’ essere di meglio?”
“Una cena romantica con la mia ragazza, tanto per cominciare. Lascia stare... sei una causa persa. Molly e’  davvero l’unica in grado di sopportarti, in una relazione”
Sherlock sorrise.
“Molly e’ l’unica che io avrei mai potuto volere”
Anche John sorrise. Per un attimo i due rimasero in silenzio.
“Sta diventando una faccenda importante, questa con la signorina Morstan” osservo’ infine Sherlock.
Il dottor Watson annui’ piano.
“C’e’ qualcosa di estremamente speciale, in lei. Qualcosa che mi fa sentire bene”
“Bene. Allora e’ una fortuna che il tuo interludio con Mary la damigella non sia durato a lungo. E’ estremamente conveniente che tu abbia trovato un’altra compagna con lo stesso nome, piu’ facile da ricordare.”
“Mary la damigella si e’ rimessa con quel professore di inglese!”
“Oh. Informazione inutile. Quindi pensate di andare a convivere. Dopo soli tre mesi di frequentazione”
John non si stupi’ piu’ di tanto. In fondo, sapere che Sherlock sapeva era una liberazione.
“Non avrai pensato che sarei vissuto con te e Molly per sempre, vero?” il suo tono era a meta’ tra l’ironico e il dubbioso.
“No. Naturalmente. E inoltre, tu non te ne andresti mai, se non fossi convinto che io posso reggere questa faccenda del matrimonio da solo. E’ estremamente gratificante che tu lo pensi, per me.”
“Bene. Perche’ abbiamo gia’ visto due appartamenti che potrebbero piacerci.”
“Il trilocale e’ senz’altro in una posizione migliore e non ci impiegheresti piu’ di cinque minuti, per raggiungermi a Baker Street”
John spalanco’ gli occhi.
“E tu che ne sai?”
Sherlock si limito’ ad alzare le spalle.
In quel momento il taxi si fermo’ davanti alla casa di Edward Stern.
 
Ok.
Sono totalmente ignorante sulle armi, per precisa convinzione personale.
Ho davvero provato a fare una ricerca piu’ accurata per citare qualche dato esatto, ma dopo le prime minime informazioni ho smesso. Ho usato un po’ di fantasia rispetto alla modifica del fucile.
Grazie e al prossimo capitolo!
 
 
 

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Capitolo 3
*** capitolo 2 ***


Grazie a SvaneH e Bored94, commentatrici puntualissime!
Ecco il secondo capitolo, buona lettura.
 

VENDETTE
CAPITOLO 2

 
Sherlock sedeva sulla sua poltrona, in completo silenzio e totalmente immobile. Il sole era da poco sorto e la stanza stava pian piano uscendo dall’oscurita’.
Dopo essere tornati dal loro sopralluogo all’appartamento della vittima, John era andato da Mary e lui si era messo a pensare, cominciando a catalogare tutte le informazioni che aveva collezionato in quelle ore.
L’appartamento di Andrew Stern non aveva rivelato nulla di significativo, se non si considerava la propensione ad accumulare avanzi di take away, nel lavandino e sul tavolino in salotto. Non c’erano tracce di una relazione stabile, nulla in bagno o in camera che presupponesse la presenza fissa di un’altra  persona.
La sua crociera ai caraibi era stata un regalo del fratello minore e della moglie, che all’ultimo momento avevano scoperto di aspettare un bambino e avevano preferito regalargli il biglietto. Stern, tuttavia, ci era andato da solo.
Dalla sua valigia e dalle foto scaricate sul portatile, Sherlock aveva dedotto con quante donne la vittima si fosse intrattenuto (quattro. Considerevole, visto che la crociera era durata dieci giorni), ma nulla di piu’.
Sul computer non risultavano file criptati o compromettenti. Persino John, in passato, aveva visitato siti piu’ spinti e Sherlock non si era astenuto dal commentarlo ad alta voce, guadagnandosi un’occhiataccia.
I suoi conti non presentavano nessuna anomalia.
Quel tizio sembrava essere un normale uomo con una normale vita e questo era impossibile, visto che lo avevano ucciso con una vera e propria esecuzione.
Sherlock accantono’ tutte quelle informazioni, in attesa di recarsi a Scotland Yard dove avrebbe analizzato l’omicidio di quarant’anni prima, alla ricerca di qualche connessione.
Era davvero una seccatura che Lestrade si rifiutasse di cominciare il suo turno in anticipo di qualche ora.
Molly scelse quel momento per entrare in cucina, distraendolo dai suoi pensieri: si stava spazzolando i capelli, mentre con una mano si infilava una scarpa e poi l’altra, pericolosamente in bilico su una gamba alla volta, per mettersi poi a rovistare nella borsa alla ricerca di chissa’ cosa. Alla fine estrasse un laccio e si lego’ i capelli a coda di cavallo. Subito dopo afferro’ un biscotto dal recipiente sul tavolo, recuperando degli articoli di giornale scientifici che doveva utilizzare in laboratorio e un libro da riportare alla biblioteca.
In ritardo. Si e’ di nuovo riaddormentata dopo aver spento la sveglia che aveva suonato.
Per un attimo rimase ad osservare sua moglie, che si era messa a cercare qualcosa d’altro per la stanza.
Abituarsi alla sua presenza a Baker Street non era stato difficile, per la verita’ era alquanto piacevole ritornare e trovarla ad aspettarlo, oppure uscire insieme la mattina. La condivisione degli spazi non era stata affatto un problema, anche se Sherlock aveva dovuto imparare ad essere un po’ piu’ ordinato con gli esperimenti. Si era abituato a trovare le cose di Molly per l’appartamento e ad averle vicino alle sue.
Tuttavia, il grande e unico consulente investigativo al mondo doveva ammettere che a volte, capire sua moglie era veramente un’impresa. Gia’ in passato, John gli aveva pazientemente spiegato che non sempre quello che lei diceva, era veramente quello che lei chiedeva: magari si aspettava che lui lo capisse da solo (il che, secondo Sherlock, era un inutile perdita di tempo, anche se pur sempre un allenamento per le sue capacita’ di deduzione), a volte lo aggiungeva alle liste oppure non riusciva a chiederglielo, nel timore di metterlo troppo alla prova.
Natale era stato quasi un disastro, finche’ John qualche giorno prima della festa non aveva preso Sherlock di petto e l’aveva minacciato di picchiarlo, se non si fosse deciso a renderlo un po’ speciale per Molly.
Per la prima volta in vita sua, Sherlock Holmes aveva decorato un albero e partecipato a un pranzo di famiglia dopo molto tempo.
Per la verita’ non era stato cosi terribile, ma lui non lo sentiva come necessario. L’aveva fatto per Molly e lei lo aveva apprezzato (l’esperimento che aveva condotto con i pezzi di cadavere che gli aveva procurato, era stato uno dei piu’ soddisfacenti della sua vita).
Gli aspetti piu’ fastidiosi non erano niente, in confronto ai momenti in cui stavano bene insieme.
C’erano i suoi sorrisi meravigliosi al mattino appena sveglia.
C’erano i momenti tranquilli sul divano in cui il silenzio non era noia, ma semplice condivisione di serenita’.
C’erano i momenti in cui lui e John discutevano e lei stava ad osservarli, trattenendo a stento una risata.
C’erano straordinari momenti di intimita’, molto piu’ divertenti e fantasiosi quando John non era in casa.
E a supporto di tutto questo, c’erano le bugie funzionali.
Se qualcuno gli avesse spiegato come un matrimonio si potesse basare anche su delle bugie, gli sarebbe sembrata una grossa contraddizione.
Ma aveva scoperto che a volte mentire era davvero necessario, per preservare la serenita’ e la felicita’ di sua  moglie.
Come quando il giorno precedente, lei l’aveva chiamato mentre quell’uomo gli sparava addosso.
Era stato assolutamente normale non allarmarla.
Come quella volta che era andata dal parrucchiere e aveva spuntato i capelli, salvo poi pentirsene e lui le aveva detto che non si notava molto, quando invece quei pochi centimetri gli bruciavano proprio e riteneva, che il parrucchiere avesse fatto un pessimo lavoro.
Come quando accettava di fare la spesa, o (unica volta) ritirare la roba in lavanderia.
O come quando si sedeva con lei a cena senza pero’ mangiare, solamente per farle compagnia.
La quotidianita’ aveva fatto irruzione nella vita di Sherlock in maniera massiccia e lui, a volte, doveva proprio sforzarsi, ma sapeva che la cosa era reciproca.
Il matrimonio era una sfida continua, ogni giorno qualcosa da chiarire o contrattare.
Lui amava le sfide. In particolare, amava questa.
L’oggetto dei suoi pensieri intanto si stava muovendo per la stanza, ignara di essere osservata e ancora alla ricerca disperata di qualcosa.
Sherlock decise di intervenire.
“La tua sciarpa rossa e’ attaccata alla sedia in cucina, dove l’hai lasciata quando sei rientrata tardi questa notte. Eri cosi stanca che non hai neanche cenato e non capisco perche’ tu debba di nuovo tornare al lavoro a quest’ora. Non avevi il turno piu’ tardi, oggi? Oh, a proposito... buongiorno”
Lei si volto’ di scatto e gli sorrise.
Sherlock non pote’ fare a meno di ricambiarla.
“Ciao! Allora sei a casa! Sono in tremendo ritardo!”
“Questo perche’ non hai riposato un adeguato numero di ore, di conseguenza hai prolungato il tuo sonno quando invece ti saresti dovuta alzare... Di nuovo, perche’ il tuo turno comincia in anticipo?
Molly fece una smorfia.
“E’ inverno, Sherlock. I colleghi si ammalano.”
Lui sospiro’.
“Capisco. Speravo avessi tempo per un caffe’”
Il viso di lei si illumino’.
“Oh tesoro, grazie! Mi ci vuole proprio per svegliarmi stamattina e non ho voglia di aspettare di arrivare all’ospedale! Finisco di vestirmi e arrivo subito”
Sherlock rimase ad osservarla interdetto dirigersi verso la loro camera.
Lei si arresto’ sulla soglia e si volto’, lo sguardo improvvisamente incerto.
“Sherlock, intendevi dire che me l’avresti preparato e non che volevi che lo facessi io, vero?”
Lui le sorrise di nuovo.
“Certo che si. Finisci di prepararti, sara’ pronto in un attimo”.
Bugie funzionali.

***

SCOTLAND YARD
“Etchiu!”
“Salute”
“Grazie... maledetta polvere” Greg Lestrade prese un fazzoletto dalla tasca e si soffio’ il naso, poi passo’ un  fascicolo a John.
L’unico presente con lui in quell’ufficio.
“Dove diavolo e’ Sherlock? E per fortuna che voleva che iniziassi prima il mio turno per non perdere tempo!”
“Non lo so... io vengo direttamente da casa di Mary. Nel suo messaggio diceva di incontrarsi qui” John per scrupolo prese il suo cellulare dalla tasca, per ricontrollare l’sms, ma proprio in quel momento la porta si apri’ e Sherlock entro’, lasciandosi cadere poco elegantemente sulla sedia.
“Dove eri finito?” Lestrade starnuti’ di nuovo.
“Allergia alla polvere, eh? Ero a fare il caffe’. Ora, il fascicolo?” tese la mano verso John, che glielo porse subito.
“Il caffe’? Hai portato il caffe’ da casa? E dov’e’?”
Il dottor Watson scosse la testa, a volte l’ispettore sembrava proprio cercarsele. Tuttavia Sherlock lo stupi’ con una risposta niente affatto scortese.
“Il caffe’ a mia moglie, Lestrade. Possiamo concentrarci sul caso adesso, visto che hai appurato che sono uno splendido marito?”
“Etchiu!” fu l’unica risposta dell’ispettore.
Sherlock roteo’ gli occhi, poi apri’ il vecchio fascicolo.
“Clarence Finnmore, 60 anni, ucciso con lo stesso fucile di Andrew Stern, ma quarantadue anni fa. La balistica e’ stata in grado di confermarlo solo stamattina presto, vedo che il rapporto e’ appena arrivato sulla tua scrivania. Stessa modalita’, un colpo di precisione da lontano. Finnmore e’ risultato avere molti debiti di gioco, corse dei cavalli. Gran brutto vizio. Indiziati principali, tutti gli strozzini conosciuti della citta’, secondo i ben informati aveva debiti con chiunque. Nessun arresto.”
“Che strano, non sembra il modo di agire di uno strozzino... di solito prima procedono al pestaggio e alle minacce”
“Ottima osservazione, John. Considerando poi che in verita’, Finnmore non giocava per nulla ai cavalli”
“Che cosa? E tu cosa ne sai?” Lestrade si soffio’ di nuovo il naso.
“Guarda queste ricevute di gioco nel fascicolo, sono tutte false. Seguono un ordine matematico, come se fossero state elaborate a tavolino. Inoltre Finnmore non le ha mai toccate, da questa foto si evince chiaramente che era mancino, tutte le macchie e le pieghe sui fogli indicano che sono state maneggiate da un destrorso. Immagino che la sua famiglia abbia detto di ignorare completamente che lui giocasse o avesse dei debiti cosi alti, perche’ in verita’ non li aveva.”
“Il suo conto era a zero!”
“Questo non significa che li avesse spesi lui. Parenti in vita?”
Lestrade consulto’ alcuni documenti.
“Un figlio, aveva vent’anni quando ci fu l’omicidio. Harry Finnmore, ai tempi si trovava all’estero, non fu neanche interrogato”
“Bene. Andiamo a conoscerlo.” Sherlock si alzo’ e lui e John uscirono dalla porta.
Subito dopo, il primo fece di nuovo capolino con la testa.
“Lestrade? Prendi un’aspirina, non e’ allergia”

***

Harry Finnmore viveva in un tranquillo villino con un piccolo pezzo di giardino davanti. Quella mattina si stava dedicando con molta attenzione alle sue rose, fino a che Sherlock e John non erano arrivati con le loro strane domande.
Adesso, tutti e tre erano seduti nel suo salotto e lui stava scuotendo lentamente la testa.
“Un momento... volete riaprire il caso di mio padre? Dopo tutto questo tempo?”
“Signor Finnmore...”
“Harry, per favore”
“Va bene. Harry, si e’ verificato un altro omicidio con la stessa arma che colpi’ suo padre. E inoltre abbiamo ragione di credere che non sia stato ucciso per debiti di gioco. Forse frequentava qualche prostituta, ma non abbastanza da giustificare il totale ammanco di soldi”
“Sherlock!”
Harry Finnmore scoppio’ in una grossa risata.
“Non si preoccupi, dottor Watson! Ho sempre sospettato che papa’ si sia dato alla bella vita, dopo che sono partito per gli Stati Uniti! Era vedovo, sapete... mia madre mori’ quando io avevo cinque anni, ma lui non ha mai portato a casa nostra un’altra donna. Nessuna avrebbe potuto prendere il suo posto, tuttavia questo non escludeva che lui potesse divertirsi!”
“Questa e’ sempre stata la vostra casa?” domando’ Sherlock.
“Si. Ci sono tornato vent’anni fa e a parte qualche ristrutturazione necessaria, non ho toccato nulla. Persino lo studio di papa’ e’ ancora uguale”
“Ha conservato le sue carte?”
“No, ho buttato tutto. I primi tempi le ho guardate e riguardate nella speranza di capirci un po’ di piu’... sa, l’uomo descritto dalla polizia non coincideva affatto con l’idea che avevo io di mio padre, ma d’altronde mancavo da casa da due anni, quando fu ucciso. Le persone cambiano... comunque ho solo qualche vecchia foto, volete vederle?”
“Si, per favore.”
La vecchia scatola con cui Harry ritorno’ in salotto conteneva qualche istantanea in bianco e nero: momenti felici in famiglia, compleanni e vacanze, il primo giorno di scuola di un bambino, il giorno del suo diploma.
Sherlock le fece passare con noncuranza, finche’ una non attiro’ la sua attenzione.
“Questi non sono vostri parenti”
Harry si fece vicino per guardare anche lui la fotografia.
Al tavolo di un ristorante, quattro uomini sorridevano all’obiettivo seduti ad un tavolo. Uno di loro era Finnmore.
“No... e neanche colleghi di mio padre. Li conoscevo abbastanza bene, spesso mi portava in banca con lui quando ero piccolo. Non so proprio chi siano”
John osservo’ Sherlock farsi pensieroso, come se stesse cercando di connettere qualche dato. Si sporse per osservare meglio la fotografia.
“Non e’ possibile!” esclamo’ stupito.
Andrew Stern era uno degli uomini che sorrideva all’obiettivo. Almeno dieci anni prima della sua nascita.
“Rilassati, John. Non e’ un fantasma.”
“E allora di cosa si tratta? Come e’ possibile?”
“Straordinaria somiglianza padre figlio. Non cosi rara, in genetica.”
“Vuoi dire che questo e’ il padre di Andrew Stern?”
Sherlock annui’ soddisfatto.
“Esatto. Abbiamo trovato il nostro collegamento. Harry, posso tenere la fotografia?”
L’altro  annui’.
“John, dobbiamo parlare con il fratello di Stern!”
Mentre John ringraziava Harry per la straordinaria disponibilita’, Sherlock era gia’ in strada a fermare un taxi.

***

“Non riesco ancora a credere che il mio fratellone sia morto!”
Joseph Stern scosse il capo con tristezza, mentre sua moglie Cindy gli appoggiava dolcemente una mano sulle sue per confortarlo.
“Ehm si... ci dispiace, ma dobbiamo farvi qualche domanda” John osservo’ a disagio Sherlock che si muoveva per il salotto, osservando tutte le fotografie.
“Abbiamo gia’ risposto alle domande della polizia. Davvero, non saprei proprio chi potesse voler morto mio fratello!”
“In verita’ a noi interessa vostro padre, signor Stern!”
Sherlock si materializzo’ sul divano, un’espressione neutra sul viso.
“Mio padre? Che significa?”
“Abbiamo ragione di credere che sia il collegamento con un vecchio omicidio. Vi ha mai parlato del signor Finnmore? Avete mai incontrato qualcuno con questo nome?”
L’altro scosse la testa.
“No, non mi sembra... non incontravamo mai i colleghi di papa’. Faceva il rappresentante di aspirapolveri, era sempre in movimento. Ma perche’ me lo sta chiedendo?”
Sherlock non si curo’ di rispondere e invece prese la fotografia di tasca.
“Riconosce qualcuno di questi uomini?”
Joseph li osservo’ per un attimo, poi scosse di nuovo la testa.
“No. Senta, che sta succedendo? Io non capisco perche’”
Fu interrotto da un suono sorpreso proveniente da Cindy, che stava fissando la fotografia.
“Tesoro, che c’e’? Stai bene?”
Lei annui’ piano.
“Si, e’ solo che io ho gia’ visto quella fotografia”
Sul viso di Sherlock passo’ un’espressione eccitata.
“Sul serio? E dove?”
“Mio suocero, il padre di Andrew e Joseph, e’ morto due anni fa. Ho riordinato io le sue cose e mi ricordo di aver visto quella foto in una vecchia scatola, la stessa identica fotografia. Me lo rammento perche’ ho pensato a quanto somigliasse a Andrew, in quella posa.”
“Ha ancora quella scatola?” Sherlock non riusci’ a trattenere un moto di impazienza.
“No, mi spiace. Ho tenuto solo le foto di famiglia, ho buttato il resto”
Proprio in quel momento, il cellulare di Sherlock segnalo’ un sms.
UN ALTRO OMICIDIO. STESSE MODALITA’. VIENI SUBITO. GL
 
 
Ok, adesso ho finito la scorta di capitoli gia’ pronti. Ma dalla settimana prossima sono finalmente in ferie e cosi potro’ scrivere il seguito.
grazie a tutti quelli che hanno letto!
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** capitolo 3 ***


SvaneH e Bored 94, di nuovo grazie!
E grazie comunque a chiunque legge. Questo e’ un capitolo scritto di getto, ero impaziente di arrivare a questo punto della storia.
 

VENDETTE
CAPITOLO 3

 
La nuova vittima era un avvocato.
Ucciso da un colpo di fucile a distanza all’uscita da un ristorante, dopo un pranzo di lavoro.
Sherlock e John arrivarono sul posto e oltrepassarono il cordone della polizia, raggiungendo Lestrade e gli uomini della scientifica.
L’ispettore li accolse con un cenno del capo e uno starnuto.
“Salute, Greg. Non hai proprio un bell’aspetto, direi” John lo osservo’ da vicino, per un attimo piu’ impegnato ad esercitare il suo ruolo di medico.
“Ha per lo meno trentotto di febbre e un principio di bronchite. Per il resto sopravvivera’” Sherlock si chino’ per osservare il cadavere.
“Grazie, dottor Holmes” Lestrade fece una smorfia e si soffio’ il naso.
“Quella e’ mia moglie. Io mi sono limitato a constatare un fatto, osservando la tua fronte sudata nonostante siamo in pieno febbraio, il tuo naso rosso e il respiro un po’ difficoltoso, anche se non  troppo. Te l’ho detto, direi che non sei grave. Ora che abbiamo elaborato il tuo bollettino medico, puoi dirmi chi e’ la vittima?”
John scosse la testa. Lestrade fece un sospiro.
“William Roster, 35 anni, avvocato. Era qui con dei colleghi per un incontro di affari, si occupava di stendere contratti per una multinazionale. Sono usciti e improvvisamente si e’ accasciato a terra, hanno pensato ad un malore, fino a che non hanno visto il sangue. Un solo colpo, preciso. Vorrei davvero capire che diavolo sta succedendo, con questo nuovo omicidio comincera’ a diffondersi il panico... un pazzo che se ne va in giro a sparare alla gente a casaccio, i giornali ci andranno a nozze.”
Sherlock si alzo’.
“Devo parlare con la famiglia”
“Vuoi capire se c’e’ una foto anche in questo caso?” lo interrogo’ John.
“Una foto? Quale foto?” Lestrade li guardo’ confuso.
“John, dai un’occhiata ai documenti del signor Roster e scopri dove abitava la sorella. E piu’ probabile che sia lei a conservare i ricordi del padre morto.”
“Un momento, quale fotografia?” ripete’ Lestrade.
“Una sorella? E come sai che il padre e’ morto?” chiese invece John.
“Non ora, John. Abbiamo fretta, guarda nell’agenda, troverai sicuramente l’indirizzo che cerchiamo”
“Quale foto?” Lestrade starnuti’ di nuovo.
“Assicurati che sia gia’ stata informata della morte del fratello, sara’ piu’ produttivo interrogarla quando avra’ superato la fase inziale dello shock. Direi tra circa due ore. Nel frattempo, torniamo a casa. Devo fare una ricerca sulle aspirapolveri”
“Perche’ le aspirapolveri?”
“QUALE FOTOGRAFIA??” un Lestrade al colmo dell’esasperazione, si risolse a gridare per avere un po’ di attenzione.
Sherlock si giro’ finalmente verso di lui.
“Quella che sembra collegare i padri delle vittime tra di loro. Lestrade, non hai davvero un bell’aspetto. Vai a casa e mettiti a letto, entro le prossime dodici ore la febbre salira’ ancora. Tieni.” Estrasse qualcosa dalla tasca e gliela lancio’.
L’ispettore lo afferro’ al volo e lo osservo’ stupito mentre gli altri due se ne andavano.
Un tubetto di aspirina.

***

“Vuoi fare un regalo a Molly?”
John appoggio’ il vassoio del the sul tavolino e osservo’ lo schermo del computer, dove Sherlock stava esaminando diversi tipi di aspirapolvere.
“Non essere sciocco. Perche’ dovrei farle un regalo simile?”
John si sedette sul divano.
“Non lo so. Perche’ dovresti guardare un sito dove vendono aspirapolveri?”
Sherlock sospiro’, il tipo di sospiro che gli scappava quando doveva perdere tempo a spiegare qualcosa di assolutamente lampante.
“Non hai davvero prestato attenzione, a casa di Joseph Stern”
John trattenne un moto di impazienza. Dopo tutto quel tempo insieme, ancora era combattuto tra rispondere agli insulti velati di Sherlock o assecondarlo nella dimostrazione delle sue straordinarie capacita’, che era sempre qualcosa di affascinante.
“A quanto pare, no. Illuminami pure” gli rispose infine.
“La casa degli Stern e’ quella di famiglia. Ereditata alla morte del padre che viveva li e lasciata al figlio minore, quella che sta per mettere su famiglia e che ha avuto meno successo nella vita. Il fratello era un banchiere di buon livello, lui e’ un insegnante e la moglie fa la commessa in un supermercato, non avrebbero mai potuto permettersela. Restaurata di recente, dai conti di Andrew non risulta nessun bonifico a favore del fratello minore, o fatture pagate a operai, significa che i lavori li ha pagati Joseph, evidentemente dispone o disponeva di una certa liquidita’, frutto dell’eredita’ del padre.
In salotto ci sono diverse fotografie delle loro vacanze da bambini, tutte in posti all’estero e costose. Inoltre entrambi hanno frequentato delle ottime scuole private, i diplomi erano appesi alle pareti delle loro abitazioni.
Joseph Stern ha detto che il loro padre era un rappresentante di aspirapolveri, il che non spiega tutta questa disponibilita’ economica. Nessuna fotografia di altri parenti, Andrew Stern senior era figlio unico e quindi poche probabilita’ di lasciti da qualche zio. La moglie se ne e’ andata quando i bambini erano piccoli, non avevano nessun tipo di rapporto con lei... vicino all’ingresso c’era un suo telegramma, in cui annuncia che non sarebbe potuta rientrare dal Brasile per il funerale del figlio. Si scusava molto, per la verita’.”
“Hai letto la loro posta?”
Sherlock si limito’ a gettargli un’occhiata storta per averlo interrotto.
John scosse la testa, poi decise di evitare ogni ulteriore commento.
“Il che ci porta di nuovo alla domanda principale. Cosa faceva in verita’ Andrew Stern Senior che lo portava spesso lontano da casa, rendendolo al contempo cosi benestante? Certamente non il rappresentante di aspirapolveri. Ho avviato una ricerca simultanea su tutti i nominativi dei rappresentanti delle diverse case produttrici dagli anni settanta, il suo nome non risultera’ da nessuna parte.”
Sherlock si giro’ con un sorriso soddisfatto verso il computer.
E il suo sorriso svani’ in un istante.
Sullo schermo campeggiava la foto di Andrew Stern Senior, eletto venditore dell’anno nel 1983.
Relatore al convegno nazionale dei rappresentanti di aspirapolveri nel 1989.
Riconoscimento ufficiale nel 2005 per i quarant’anni di onorata carriera nel campo della rappresentanza.

***

John Watson era un medico. Ed era stato, e per sempre si sarebbe sentito, un soldato.
Aveva quindi affrontato molte situazioni spiacevoli nella sua vita, in famiglia e con il suo lavoro.
Era stato addirittura ferito in guerra.
Poi aveva conosciuto Sherlock Holmes, e tutto il resto gli era sembrato al confronto un’estrema sciocchezza.
Appena lo aveva incontrato, aveva ucciso un uomo per salvargli la vita.
Vivendo con lui a Baker Street, aveva assistito ad esplosioni, spari contro il muro e abominevoli esperimenti con pezzi di cadavere e roba puzzolente.
Per lui aveva mandato a monte diverse relazioni (il che era la cosa meno grave, visto che lo aveva condotto a Mary), interrompendo sul piu’ bello appuntamenti per correre dietro a un caso, o semplicemente non riuscendo a rimediare alla scortesia del suo coinquilino verso le donne che portava a casa.
Per lui era stato imbottito di esplosivo, coinvolto in combattimenti corpo a corpo, rapito e minacciato di morte piu’ volte.
Arrestato.
Per lui aveva attraversato un periodo bruttissimo, quando lo credeva morto.
Per lui era partito in giro per mezza Europa per riabilitare il suo nome, rischiando di nuovo la sua vita.
Era stato il suo testimone di nozze, riuscendo non si sa bene come a sopravvivere sano di mente al suo ruolo di  “consigliere” al complicato rapporto tra lui e Molly.
John Watson voleva quindi bene a quell’uomo. Non si faceva nessun problema ad ammetterlo, non a se’ stesso, almeno.
Era una delle persone piu’ importanti della sua vita, per il quale non avrebbe esitato a rischiare qualunque cosa, il che era successo molte volte.
In quel preciso momento, pero’,  mentre lo seguiva a piedi verso la casa di Ruth Roster, stava davvero esercitando tutta la sua pazienza per non strozzarlo.
Perche’ il grande, brillante, intelligente e adulto Sherlock Holmes, stava comportandosi come un bambino di tre anni a cui avessero appena negato il giocattolo preferito.
Prima aveva girato per l’appartamento come un ossesso, borbottando parole incomprensibili e fermandosi ogni tanto per gridare “impossibile!”, poi si era chiuso in un silenzio di protesta per il fatto di essere stato smentito cosi clamorosamente da un computer, che John a un certo punto gli aveva tolto di mano per evitare che lo scaraventasse contro il muro.
Era uscito sbattendo la porta e sulle scale aveva incontrato la povera signora Hudson, che ignara del suo umore terribile l’aveva salutato con estrema allegria, sentendosi rispondere “buongiorno un corno”.
Aveva fermato un taxi e ci erano saliti al volo.
Il suddetto taxi si era inchiodato dopo un isolato per farli scendere, quando Sherlock aveva fatto un’osservazione estremamente irriguardosa rispetto alle credenze religiose del guidatore.
John si era davvero, davvero scusato mentre quello ripartiva, senza degnarli piu’ di uno sguardo.
Poi aveva cominciato a seguire Sherlock, che evidentemente aveva deciso di camminare.
Per almeno altri quattro isolati.

***

Ruth Roster li accolse con gli occhi rossi per il pianto, facendoli accomodare nel salotto.
John le fece le condoglianze e le spiego’ il motivo della loro visita, scusandosi per il momento poco opportuno, ma dicendole che avevano bisogno di alcune informazioni.
“William era davvero una brava persona. A scuola mi difendeva sempre dai ragazzi piu’ grandi che mi davano fastidio, anche se gli altri lo prendevano in giro. E’... era estremamente leale e bravo nel suo lavoro. Si, doveva anche farsi valere, ma non ha mai prevaricato nessuno e”
“Che lavoro faceva suo padre, signorina Roster?” la interruppe Sherlock.
La donna per un momento rimase interdetta, stupita dell’improvviso cambio di argomento.
“Lui era un rappresentante di prodotti per la pulizia della casa. Non capisco, che c’entra mio padre? E’ morto quindici anni fa in un incidente in macchina, mentre tornava da un giro promozionale al Nord”
“Fantastico!” Il sorriso torno’ sul volto di Sherlock.
John emise un gemito.
“Fantastico?” Ruth Roster li stava guardando a occhi spalancati “sentite, avete detto che collaborate con la polizia, ma forse e’ meglio se ve ne andate” si alzo’ per fare loro strada, ma Sherlock le si paro’ davanti.
“Ha mai visto questa foto tra le cose di suo padre?” le mise davanti agli occhi l’immagine ritrovata a casa di Harry Finnmore.
La donna fece un passo indietro, preoccupata dall’irruenza di Sherlock.
“No. Per favore, adesso andatevene.”
“La guardi bene, e’ di vitale importanza che lei cerchi di ricordarselo.”
L’altra scosse la testa.
“Non capisco cosa c’entri. Credevo indagaste sulla morte di mio fratello”
“E’ inutile che glielo spieghi, si limiti a dirmi se ricorda o puo’ controllare l’esistenza di questa fotografia!” il tono di Sherlock era salito e Ruth adesso era visibilmente spaventata.
“Sherlock!” John uso’ il suo tono piu’ deciso, anche lui preoccupata dalla piega che stava prendendo la conversazione.
L’altro strinse le labbra e sembro’ rendersi conto della reazione che aveva provocato nella donna.
“Senta” disse a denti stretti, cercando di contenere l’urgenza “ho davvero bisogno che lei faccia questa cosa, potrebbe aiutarci a capire cosa e’ successo a suo fratello”
L’altra lo guardo’ per un attimo, poi fece un sospiro.
“Uscite subito da casa mia, o chiamo la polizia.”

***

“Si puo’ sapere che diavolo ti e’ successo?”
John affronto’ Sherlock al loro rientro a casa, dopo un viaggio in taxi estremamente teso. Era ancora arrabbiato per i modi che lui aveva usato con quella povera donna, per cui aveva evitato di porgli subito la domanda, nel timore di una furiosa lite.
Meglio aspettare di essere tra le mura di Baker Street, dove sarebbe stato l’unico testimone di un suo eccesso di rabbia.
Sherlock infatti sbatte’ il cappotto sulla poltrona e si giro’ a guardarlo, uno sguardo furioso negli occhi.
“Quell’idiota se ne sta li a piangere e non capisce che io ho bisogno di informazioni!”
“Quell’idiota ha appena perso una persona cara, ha tutto il diritto di essere sconvolta! E tu non hai di certo aiutato, con il tuo atteggiamento aggressivo!”
“Aggressivo? Non ho tempo di pensare al mio atteggiamento! Hai sentito? Anche suo padre faceva il rappresentante... ma per favore! Non e’ una coincidenza! Tutti e due con lo stesso tipo di lavoro! Entrambi con piu’ disponibilita’ economica di quanto normalmente si potrebbe pensare!”
John fece un sospiro.
“Sherlock, hai verificato. Andrew Stern vendeva davvero aspirapolveri e persino io ho visto la foto del padre di Ruth con quello spazzolone in mano, sul caminetto.”
La foto ritraeva il signor Roster con una serie di prodotti per la pulizia in una valigetta.
“NO! C’e’ qualcosa di sbagliato, lo so! IO non sbaglio! E se quell’idiota mi avesse permesso di verificare, avrei trovato la fotografia o per lo meno un indizio che Stern, Roster e Finnmore si conoscevano!”
John osservo’ stupito Sherlock.
Era davvero tanto tempo che non lo vedeva cosi noncurante delle emozioni altrui.
“Ha appena perso suo fratello, mentre tutto quello a cui tu riesci a pensare e’ che hai ragione. Smetti di fare lo stronzo, Sherlock”
L’altro non gli rispose.
“Sai qual e’ l’aspetto peggiore? Se tu ti fossi sforzato di essere piu’ comprensivo, lei ci avrebbe aiutato”
“Lei avra’ un sacco di tempo per elaborare il suo lutto. Io non posso concedermi il lusso di sprecarne, la fuori c’e’ qualcuno che spara alla gente. Ora dimmi, perche’ dovrei sforzarmi di essere comprensivo?”
John alzo’ le mani in segno di resa e scosse il capo.
Poi si giro’ e usci’ dall’appartamento.

***

Mary Morstan conosceva John da poco tempo, tuttavia le sembrava di conoscerlo da una vita.
Aveva letto dell’amore a prima vista soltanto in qualche romanzetto da adolescente, liquidandolo subito come qualcosa di impossibile e stupido, da gustarsi solo in qualche commedia romantica.
Era cresciuta dandosi degli obiettivi molto semplici: studiare, intraprendere un lavoro soddisfacente, avere una casa e degli amici e trovare un uomo con cui costruire un buon rapporto, basato sulla fiducia e sul rispetto. Il lato fisico assolutamente soddisfacente, ad ogni buon conto.
Aveva avuto due storie abbastanza importanti, ma le aveva chiuse entrambe senza troppi rimpianti.
Poi aveva conosciuto John e improvvisamente, tutte le sue convizioni erano andate a quel paese.
Lui era un uomo complicato, con una vita complicata.
E nonostante tutto, fin dall’inizio l’unica cosa a cui era riuscita a pensare era di dividere il resto della sua esistenza con lui.
Anche dopo aver conosciuto il leggendario e strano Sherlock Holmes e aver capito senza ombra di dubbio, che quell’uomo avrebbe sempre avuto una straordinaria influenza nella loro vita.
Quindi, non si stupi’ piu’ di tanto quando John arrivo’ nel suo appartamento e mostro’ tutti i segni di un forte nervosismo post lite. Lui le racconto’ cio’ che era successo.
“E’ la prima volta che ti vedo cosi arrabbiato nei suoi confronti”
John scosse la testa.
“Una volta succedeva piu’ spesso, ma era davvero tanto tempo che Sherlock non si comportava cosi”
Mary gli mise una mano sul ginocchio.
“Tuttavia tu continuerai ad aiutarlo. Per amore della giustizia e per amor suo.”
John sorrise suo malgrado.
“Gia’.”
Mary gli diede un bacio.
“Sei un uomo straordinario, John Watson”
Lui stava per replicarle quanto in verita’ fosse fortunato ad avere lei, quando il suo telefono squillo’.
“Pronto?”
“Signor Watson? Sono Ruth Roster.”
“Oh, salve”
“Mi scusi, lei mi aveva lasciato il suo bigliettino... io ho fatto delle ricerche, ho letto il suo blog. Ho visto cosa il signor Holmes riesce a fare. Sono andata da mia madre e le ho chiesto delle vecchie cose di papa’, ho trovato la fotografia... per la verita’ e’ un po’ diversa, c’e’ un altro uomo in piu’. Pero’ forse vi potra’ essere utile ugualmente?”
John cerco’ di contenere l’eccitazione.
“Ma certo, signorina Roster! Possiamo passare a prenderla subito!”
Ruth esito’ un attimo.
“Per favore, venga solo lei. Ho fiducia nel signor Holmes, ma non voglio rivederlo. Voglio solo che scopra chi ha ucciso William”

***

Un’ora dopo, John rientro’ a Baker Street, insicuro sullo scenario che avrebbe ritrovato.
Aveva mandato un messaggio a Sherlock spiegandogli cosa era successo, ma non aveva avuto risposta.
Per quanto ne sapeva, poteva benissimo non essere piu’ li.
Il suono del violino cancello’ il dubbio.
Gli si avvicino’ e lui smise di suonare.
Ancora indeciso su come iniziare la conversazione, John esito’ un attimo, ma Sherlock tese una mano.
“La fotografia”
John strinse gli occhi.
“Per favore”  aggiunse Sherlock.
John si rassegno’ al fatto che per ora, le scuse potevano aspettare.
Gli porse la busta e l’altro la apri’ con urgenza.
La fotografia era stata scattata nello stesso luogo della precedenti due, se si dava credito anche ai ricordi di Cindy Stern.
Tuttavia nel gruppo c’era un quinto uomo.
E John vide sul volto di Sherlock un’espressione di autentico stupore.
Subito dopo, era gia’ uscito dall’appartamento senza una parola.

***

Mycroft Holmes sedeva al club sorseggiando un bicchiere di whiskey d’annata.
Suo fratello gli si paro’ davanti e lui alzo’ un sopracciglio.
“Non si entra senza appuntamento. E non ricordo di averti invitato”
“Ho ancora la tessera che mi hai regalato per il mio diciottesimo compleanno. Non si sa mai quando le cose piu’ inutili possono invece improvvisamente aiutare.”
Mycroft sospiro’ esageratamente e gli fece segno di accomodarsi.
“Non intendo sedermi”
“Non fare l’idiota, questo e’ un club. La gente non sta in piedi e non si comporta in modo cafone. Siediti!”
L’espressione di Sherlock si fece beffarda.
“Vuoi costringermi, Mycroft? Qui davanti a tutti?”
Il maggiore dei fratelli Holmes si alzo’ e si diresse verso un angolo della stanza. Diverse teste si erano gia’ voltate a seguire la scena, per poi rituffarsi nella lettura dei loro giornali. La discrezione era uno dei punti di forza di quel luogo.
“Che cosa vuoi, Sherlock?”
Lui estrasse l’immagine che aveva in tasca e gliela fece vedere.
“Perche’ papa’ e’ con questa gente in questa fotografia?”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** capitolo 4 ***


Grazie di nuovo a SvaneH, Bored94 e miserere per i loro commenti positivi.
 

VENDETTE
CAPITOLO 4
 

John osservo’ Sherlock rientrare come una furia e dirigersi verso la sua stanza.
Lo segui’ preoccupato e lo vide, con sorpresa, prendere la sua borsa da viaggio e gettarci qualche indumento.
“Stiamo partendo?” gli chiese con tono incerto, cominciando mentalmente a fare la lista delle cose da prendere.
“No.”
La risposta laconica di Sherlock lo spiazzo’.
“Non capisco... perche’ stai preparando la borsa, allora?”
Sherlock continuo’ a cacciare alcune cose nella sacca con gesti veloci, fino a che non si diresse verso i cassetti del mobile vicino alla finestra, cominciando a rovistarci alla ricerca di qualcosa.
“Sherlock? Che succede?”
“Maledizione!” il consulente investigativo richiuse un cassetto sbattendolo e ne apri’ un altro, iniziando a tirarne fuori freneticamente il contenuto. La biancheria di Molly comincio’ a sparpagliarsi sul pavimento.
La preoccupazione di John crebbe a dismisura. Perche’ era cosi agitato?
Finalmente l’altro emise un suono soddisfatto e si giro’, cacciando nella borsa il paio di chiavi che aveva recuperato dal cassetto.
Poi la chiuse con un gesto secco.
“Ok, Sherlock. Adesso basta, dimmi che succede. Dove sei stato e perche’ sei cosi di fretta? Dove andiamo?”
“Tu, da nessuna parte. Io sto partendo. Vado fuori citta’”
“Che cosa? Nel bel mezzo di un caso? Aspetta... c’entra il caso? Stai seguendo un qualche indizio? Se e’ cosi, perche’ non mi vuoi con te?”
Sherlock scosse la testa.
“Vado da solo. Dovrei tornare domani o dopo domani. Devo fare... una cosa”
Una cosa? Perche’ tanto mistero?
Prima che John potesse replicare, la voce di Molly arrivo’ dall’ingresso.
“Ehi, ci siete? Muoio dalla fame ma non ho voglia di cucinare, che ne dite di ordinare cinese?” il sorriso sul suo volto si spense, non appena arrivo’ sulla soglia della camera.
Il suo sguardo passo’ dalla sua biancheria sparpagliata sul pavimento, alla borsa di Sherlock pronta sul letto.
“Siete in partenza?”
Sherlock evito’ di guardarla negli occhi.
“Io vado fuori citta’ per un paio di giorni, John resta.”
“Cosi, improvvisamente? E perche’ vai da solo? Qualcosa non va?”
Lui prese la borsa e le arrivo’ vicino.
“Va tutto bene. Ho solo bisogno di verificare una cosa, non serve che John venga con me.” Le diede un bacio in fronte. “Niente di cui preoccuparsi”
Molly lo osservo’ tornare in salotto e si volto’, molto preoccupata, invece. Non gli aveva creduto neanche per un attimo.
“John?”
Lui sospiro’.
“Lo so, lo so... mi spiace, tesoro,  ma davvero non ho idea di cosa stia succedendo. Pero’, qualunque cosa sia, lo sta agitando tremendamente.”
Molly si morse il labbro e poi si diresse decisa verso il soggiorno, dove Sherlock stava controllando al computer alcuni orari di treni.
“Dovrai prendere due biglietti” gli disse decisa.
“No.”
Molly strinse i pugni.
“Hai detto che non e’ una cosa pericolosa”
Sherlock richiuse il computer e si volto’ ad osservarla.
“E non ti ho mentito” le rispose, fissandola dritta negli occhi.
Lei annui’.
“Allora lascia che venga con te.” Se le aveva detto una bugia e quello che stava per andare a fare era pericoloso, lui non avrebbe acconsentito a portarla con se’, rivelando il suo inganno.
“Molly...” il suo tono si addolci’ al pensiero dello stratagemma, che sua moglie stava provando ad utilizzare.
“Niente Molly! Siamo sposati, ora. Non puoi fare come ti pare e piace. C’e’ qualcosa che non va e se anche non vuoi dirmelo, ho almeno il diritto di assicurarmi che tu stia bene!”
“Io sto bene!” le rispose lui.
Ma non era la verita’. Lei lo conosceva nel profondo, lo sapeva. Ed era cominciava a spaventarsi un po’.
“Sherlock,  per favore...” lo supplico’.
Lui prese la borsa dal divano.
“Tornero’ presto, te l’ho gia’ detto.” Le accarezzo’ una guancia e si chino’ a baciarla.
Molly scosse la testa e si diresse velocemente verso la camera da letto, sbattendo la porta.
Sherlock chiuse gli occhi e respiro’ a fondo, alla ricerca di controllo. Non poteva permettersi di andare da lei, non ora.
“Ne vale la pena?” la voce di John risuono’ carica di rabbia “qualunque cosa sia, vale la pena farla soffrire cosi?”
Sherlock non rispose e se ne ando’.

***

“Perche’ papa’ e’ con questa gente in questa fotografia?”
L’unica risposta di Mycroft era stato un impercettibile movimento della bocca, ma questo era bastato a Sherlock per rivelare quanto quella fotografia lo avesse sorpreso.
“Da dove arriva?” alzo’ una mano per afferrarla, ma suo fratello fu piu’ veloce e la rimise in tasca.
“Dimmi perche’ papa’ e’ con questi uomini. Chi sono? Perche’ li conosceva?”
Per un attimo, i due rimasero a fissarsi senza dire una parola.
“Non lo so.” Disse infine Mycroft, di nuovo sul volto una maschera neutra.
“Stai mentendo!” Sherlock alzo’ la voce, attirandosi diversi sguardi.
Mycroft gli ando’ vicino e gli parlo’ a denti stretti.
“E’ una vecchia fotografia. Magari significa qualcosa, magari non significa nulla... ma ti ricordo che io avevo dodici anni quando papa’ e’ morto, non sono tenuto ad essere a conoscenza di ogni suo piccolo o grande segreto. Ora, fratellino, a meno che tu non voglia bere qualcosa, o leggere il giornale, o fumarti un sigaro, ti consiglio di andartene a casa. Tua moglie rientrera’ tra poco, goditi la serata con lei.”
“Uno di quegli uomini e’ stato ucciso. E dopo quarant’anni, i figli degli altri due sono stati uccisi anche loro, dallo stesso fucile. Papa’ li conosceva. E’ evidente dalla loro postura e dal contenuto del tavolo, si evince che hanno appena finito di mangiare insieme. Non posso credere che tu non ne sappia niente”
“Va a casa, Sherlock, o giuro che ti faccio sbattere fuori” sul viso di Mycroft passo’ un’espressione decisa. Nessun dubbio che avrebbe messo in atto la sua minaccia. E che non avrebbe detto altro.
Sherlock gli lancio’ un’ultima occhiata e poi usci’ dal club.

La sirena del treno riporto’ Sherlock alla realta’, distogliendolo dal ricordo di cio’ che era successo con suo fratello poche ore prima.
Lu isapeva. O per lo meno aveva piu’ informazioni, che tuttavia non voleva condividere.
Questo aveva fatto imbestialire Sherlock.
Questo, e la probabilita’ che suo padre potesse essere coinvolto in qualcosa di poco chiaro, costringendolo a fare i conti con una parte del suo passato, che non gli interessava affatto rivangare.
Aveva davvero pochi ricordi di lui, quando era morto aveva solo cinque anni.
Ricordava il vestito nero che lo avevano costretto ad indossare per il funerale, lo sguardo triste della mamma e di Mycroft.
La sua tata che gli diceva di essere un bravo ometto, mentre gli spiegava che suo padre non sarebbe piu’ tornato a casa.
Per lui non avrebbe fatto una grossa differenza, aveva risposto, guadagnandosi lo sguardo preoccupato della sua bambinaia; in verita’, aveva semplicemente constatato il fatto che per lui, quella figura era sempre stata qualcosa di vago, un’ombra che ogni tanto si muoveva per casa e gli rivolgeva la parola, ancora piu’ assente di mamma, che ogni tanto partiva per qualche giorno per fare musica.
Col tempo, aveva scoperto alcune cose che lo riguardavano, ma non si era mai interessato piu’ di tanto a cio’ che Leonard Holmes era stato in vita.
Per lo meno, la sua presenza in quella fotografia spiegava il vero lavoro di Andrew Stern senior e di Roster, al servizio del governo di Sua Maesta’ la Regina, adeguatamente camuffato con le aspirapolveri e i prodotti delle pulizie.
False foto. Falsi riconoscimenti. Forse nemmeno le loro mogli ne erano a conoscenza, certamente non i loro figli.
Sherlock fece un sorriso beffardo. Questo, per lo meno, era uno dei segreti che la sua famiglia si era risparmiata.
La posizione di Leonard all’interno del governo era troppo in vista, per poter essere camuffata. Mycroft addirittura l’aveva probabilmente superata, anche se teneva un profilo minore.
Sherlock era stata la pecora nera, naturalmente.
“Ehi”
Alzo’ la testa di scatto al suono di quella voce.
“Che diavolo ci fai qui?”
Molly gli sorrise incerta.
“Non avrai davvero creduto a quella scena della porta sbattuta, vero? Sono andata a preparare la mia borsa, mentre John controllava la tua cronologia su Internet, per scoprire dove eri diretto. Ho preso il treno per un pelo ed e’ da venti minuti, che controllo ogni vagone alla tua ricerca. Il signore qui dietro ci ha provato con me”
Sherlock scosse la testa.
Stupido, era stato cosi preso da tutte le sensazioni che provava, che lei l’aveva fregato... tuttavia, un moto di orgoglio lo assali’ al pensiero dell’intraprendenza di sua moglie.
“Sherlock... “
Molly lo stava guardando ancora con titubanza, anche se nei suoi occhi brillava una chiara luce di risolutezza. Non sarebbe riuscito a rimandarla indietro. L’avrebbe rallentato, a meno che non avesse agito subito.
E poi il pensiero che lei era li per lui, unicamente per assicurararsi che stesse bene, lo invase.
Si alzo’ in piedi e la bacio’ con foga. Lei rispose con altrettanto entusiasmo.
“Non per lamentarmi” riusci’ a dire lei a corto di fiato, quando si staccarono “ma non ho ancora ben capito dove stiamo andando”
Sul viso di suo marito torno’ un’ombra.
“Alla residenza estiva della famiglia Holmes”

***

Molly osservo’ Sherlock recuperare le chiavi dalla borsa e aprire la porta di quella che si poteva definire, senza mezzi termini, una villa.
Residenza estivaricordo’ a se’ stessa.
A volte, ancora si domandava quante cose non sapesse della vita dell’uomo che aveva sposato.
Oh, era assolutamente sicura di sapere tutte le cose importanti, anche le piu’ brutte... e sapeva che proveniva senz’altro da una famiglia ricca.
Ma una residenza estiva di quelle proporzioni?
“Dovremo arrangiarci. I custodi la tengono in ordine e probabilmente c’e’ qualcosa in dispensa e comunque un letto pronto, vorrai riposare un po’.”
“Vuoi dire che pagate qualcuno per tenere pronta questa casa, anche se non ci venite mai?” Molly tento’ di contenere il suo stupore.
Sherlock alzo’ le spalle.
“Ogni tanto mamma ci viene con alcuni amici. Mycroft ci ha tenuto qualche riunione. Per il resto si, e’ sempre disabitata ma pronta. Ci venivamo da piccoli.”
“Oh” si volto’ all’esclamazione di Molly e la trovo’ con in mano una fotografia. Lui e Mycroft da bambini, l’anno prima che il loro padre morisse. Entrambi avevano una faccia concentrata e seria. E le ginocchia sporche di erba, perche’ avevano appena finito di rincorrersi sul prato.
Lei gli sorrise.
“Eri un bambino bellissimo”
Sherlock le ando’ vicino e le prese la foto dalle mani, rimettendola a posto. La vista di quell’immagine, gli fece rimontare il nervosismo nei confronti del fratello.
“Tu sei di parte, non fai testo” la abbraccio’ e per un attimo tutto sembro’ a posto, persino essere di nuovo in quel luogo.
“Sherlock, perche’ siamo qui?”
Lui si scosto’.
“Devo vedere lo studio di mio padre e verificare una cosa. Solo controllare dei documenti e poi ripartiremo. Te l’avevo detto che non ci avrei messo molto”
Molly lo guardo’ dubbiosa.
Tutta quella fretta per dei semplici documenti? Forse pero’ c’era qualche urgenza, forse sua madre gli aveva chiesto un favore. O persino Mycroft. Questo avrebbe giustificato il suo nervosismo.
“Andiamo, e’ tardi e tu sei stanca. Sono sicuro che troveremo qualcosa che tu possa mangiare”

***

Due ore dopo, Sherlock osservava sua moglie completamente addormentata e si disse che era il momento di agire.
La residenza estiva per lui era sempre stato un luogo magico, dove poter finalmente correre e trovare tante occasioni e materiali per i suoi esperimenti, senza aver paura degli sguardi irritati della governante o, piu’ tardi, al sicuro dalle regole rigide del collegio.
Suo padre ogni tanto li raggiungeva e si fermava per qualche giorno, ma di solito stava chiuso nel suo studio, oppure accoglieva personaggi strani e misteriosi, che sorridevano a Sherlock senza dire una parola. Raramente li raggiungeva per il pranzo o la cena, cosi non era molto diverso da quando erano a Londra e lui non c’era mai.
Il suo studio era sempre stata una stanza off limits, per i bambini. Un luogo in cui non entrare, non disturbare, non curiosare.
Pur non essendo stato fin da piccolo incline a seguire le regole, Sherlock Holmes aveva sempre rispettato questo divieto. E non perche’ non fosse incuriosito dal contenuto di quella stanza, ma per diversi motivi.
Inizialmente, ne era stato terrorizzato. Mycroft gli aveva piu’ volte raccontato che ci voleva un codice particolare, per entrare, e chi non lo conosceva cadeva in una profonda botola, oppure veniva afferrato da lunghi uncini appesi al soffitto. La stanza poteva sigillarsi e chi si trovava dentro, sarebbe rimasto senz’aria.
A quattro anni, Sherlock era ancora abbastanza suggestionabile e credeva ancora, a tutto quello che il suo super fratello maggiore gli raccontava. L’anno dopo era invece pronto a sfidarlo, ma papa’ era morto e ci era voluto qualche anno prima che ritornassero per l’estate.
Una volta cresciuto, Sherlock aveva ritenuto inutile entrare nello studio, non c’era nulla che potesse interessarlo.
Fino ad ora.
Sapeva che le cose di suo padre erano rimaste esattamente come le aveva lasciate. Era stato un assurdo gesto sentimentale da parte di sua madre. Aveva fatto svuotare lo studio della casa di Londra e riversato tutto il materiale li.
Si avvicino’ alla maniglia e senti’ il suo telefono squillare.
Incurante, Sherlock constato’ che la porta era chiusa a chiave e si appresto’ a forzarla.
Il telefono segnalo’ un sms.
Poi ricomincio’ a suonare.
Sherlock sospiro’ e lo estrasse dalla giacca.
RISPONDI SUBITO A QUESTO TELEFONO. MH
Fece una smorfia e aspetto’ il nuovo squillo, risolvendosi a rispondere.
“Mamma?”
“Bene, vedo che ti sei deciso”
“E io vedo che Mycroft non ha perso molto tempo.”
Senti’ sua madre sospirare piano.
“Sherlock, non so cosa stia succedendo, ma frugare tra le carte di tuo padre non ti aiutera’”
Lui si senti’ invadere dall’irritazione.
“Accade che sto lavorando a un caso, mamma! C’e’ la foto di papa’ con altri uomini coinvolti in un omicidio, c’e’ la possibilita’ di un nuovo omicidio! Voglio solo saperne di piu’!”
“Sherlock, di qualunque cosa si tratti, tuo padre e’ morto anni fa! Non vedo come dei vecchi documenti possano aiutarti!”
“Non lo sapro’ fino a che non li avro’ visti, maledizione! Lasciami fare il mio lavoro!”
Dall’altra parte, ci fu un attimo di silenzio molto teso, poi sua madre parlo’ di nuovo.
“Mycroft mi ha assicurato che non c’e’ niente che ti possa aiutare, li dentro.”
Sherlock strinse le labbra.
“Oh, certo... se lo dice Mycroft allora e’ cosi, vero?”
“Sherlock...”
“Tuo figlio ha piu’ dannati segreti di quanti tu possa immaginare! Sa qualcosa e non me lo vuole dire e ora ti ha convinta a chiamarmi, nella pallida speranza che tu mi convincessi a lasciar perdere. Di cosa ha paura, che scopra qualche sordida storia su papa’?”
“Adesso basta!” la voce di Madleine risuono’ forte “tuo padre era un uomo buono e onesto, Sherlock. Con un lavoro che gli richiedeva grossi compromessi, ma per il quale si e’ sempre impegnato e ha dato tutto quello che poteva, nella speranza di rendere il mondo un posto migliore. Tuo fratello sta cercando di fare altrettanto, non ti permetto di dubitare di loro!”
Sherlock respiro’ forte.
“Mentre invece io sono un incidente di percorso, vero? Il figlio strano che non doveva arrivare... beh, non mi importa, cara mamma. Io devo risolvere un caso, faccio questo, di lavoro. Mi spiace se ho disatteso le tue speranze!”
“Io non...”
“Adesso ho da fare” riattacco’ il telefono e lo spense.
Non capiva che lui doveva avere quelle informazioni?
Armeggio’ con la serratura per qualche secondo, finche’ non riusci’ ad avere la meglio.
Accese la luce all’interno dello studio e per un attimo rimase a contemplarlo. Niente botole, niente uncini.
Suo padre aveva invece una collezione ammirevole di vecchi volumi, alcuni dei quali molto rari.
La sua scrivania era libera e Sherlock si diresse verso i cassetti. Chiusi a chiave anche quelli.
Per un attimo, lo sguardo gli cadde sulle due fotografie appoggiate sul ripiano.
Una ritraeva sua madre.
L’altra era la stessa che Molly aveva tenuto in mano poco prima, quella di lui e Mycroft.
Le teneva qui, in bella vista. Senso di colpa per tutto il tempo che non ci dedicava... affetto?
Scaccio’ quel pensiero dalla mente.
Doveva concentrarsi per trovare cio’ che stava cercando, qualunque cosa fosse.

***

Molly si sveglio’ sobbalzando al rumore di qualcosa che veniva gettato per terra e per un attimo, si chiese dove fosse.
Poi ricordo’. La residenza estiva.
Sherlock.
Con passo incerto si diresse giu dalle scale verso i rumori, arrivando in un corridoio illuminato attraverso una  porta aperta.
Non aperta. Forzata.
Si fermo’ sulla soglia, osservando con stupore suo marito che buttava a terra i libri dagli scaffali, evidentemente alla ricerca di qualcosa.
“Sherlock?” lo chiamo’ con voce incerta.
Lui inizialmente non le rispose, poi si volto’.
“Torna a dormire.”
Lei scosse la testa.
Quale ricerca di un documento prevedeva la distruzione sistematica di una stanza?
“Sherlock, che succede? Perche’ stai buttando tutto all’aria?”
“Perche’ non trovo nulla! NULLA!”
Molly sobbalzo’ al suo tono arrabbiato.
“Se mi dici cosa stai cercando, forse posso aiutarti”
“Io non lo SO! Non so cosa diavolo cercare! Ma SO che sono nel posto giusto!” con un gesto violento, getto’ un libro attraverso la stanza.
Molly sobbalzo’ di nuovo.
“Sherlock, per favore. Mi stai spaventando”
Lui scosse la testa, senza dar segno di averla sentita.
“Le ha telefonato. L’ha chiamata per ordinarmi di non entrare qui dentro, come se non fosse anche un mio diritto!’
“Chi ha telefonato?”
“Mycroft! Spera sempre di controllare tutto, ma non ci riuscira’. Sta deliberatamente cercando di boicottare il MIO caso!” con una mano, spazzo’ dalla scrivania le fotografie.
Molly chiuse gli occhi e cercando di controllare le sue mani che tremavano, gli si avvicino’.
“Per favore, calmati. Sono sicura che c’e’ una spiegazione piu’ che valida al suo comportamento. Anche quando non sembrava, ti ha sempre aiutato.”
Sherlock si allontano’ dal suo tocco, uno sguardo freddo negli occhi.
“Non ho davvero bisogno che tu dia prova di grande stupidita’, ora”
Molly arretro’ stupita, troppo sconvolta dalle parole che lui aveva pronunciato.
Aspetto’ che lui se le rimangiasse, che le chiedesse scusa.
Ma lui rimase in silenzio, di nuovo concentrato sugli scaffali.
Combattendo contro le lacrime che cominciavano a inumidirle gli occhi, si rese conto di essere arrivata al punto che aveva sempre temuto. Quello in cui Sherlock, si sarebbe trovato di fronte a qualcosa di grosso e la sua frustrazione e il suo bisogno di risolvere un caso, sarebbero stati piu’ grandi di qualsiasi altra cosa, anche del loro rapporto. E lei sapeva di non potergli essere d’aiuto.
Lui aveva tentato di farglielo capire, non voleva che lo seguisse. E lei lo aveva fatto ugualmente. Era stato un enorme sbaglio.
“Voglio andare a casa.” Riusci’ a mormorare.
“Non ti ho chiesto io di venire. Io rimango, devo assolutamente scoprire se c’e’ qualcosa di importante, qui dentro.”
“Ok”
Molly si volto’ e se ne torno’ nella sua stanza.
Un’ora dopo, un taxi la stava riportando alla stazione.
Sherlock non era nemmeno venuto a salutarla.

***

Stava gia’ albeggiando, quando finalmente trovo’ la cassaforte ben nascosta dietro una doppia parete di cartongesso. Gli ci vollero altre quattro ore per riuscire ad aprirla.
Nella busta, trovo’ finalmente alcune delle risposte che cercava.
Si sedette sul pavimento e prese ad analizzare le nuove informazioni acquisite.
Era di nuovo il tramonto, quando si decise a ripartire e a riaccendere il telefono.
Il suono degli sms in entrata arrivo’ a rompere il silenzio nella stanza.

PER FAVORE, FIGLIO. NON INTENDEVO FARTI ARRABBIARE. MH

SPERO TUTTO BENE. SENTI, SE HAI BISOGNO, CHIAMA. SONO CONTENTO CHE MOLLY SIA CON TE. JW

MOLLY E’ RIENTRATA A CASA. CHE DIAVOLO E’ SUCCESSO? JW

PER FAVORE, FATTI SENTIRE. SONO PREOCCUPATO. PER ENTRAMBI. JW

SHERLOCK. CHIAMA! JW

MOLLY HA FINALMENTE SMESSO DI PIANGERE. SEI UN VERO IDIOTA. JW
 
 

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Capitolo 6
*** capitolo 5 ***


Grazie ai super commenti di miserere, SvaneH, Bored94 a cui si e’ aggiunta Ladymisteria.
Ciaoooo e buona lettura!
 

VENDETTE
CAPITOLO 5

 
“Ma io ho davvero bisogno di tovaglie nuove!”
Sherlock si fermo’ sulla soglia di casa sua, la borsa da viaggio penzolante in una mano.
Mary Morstan. Lei e John hanno cenato qui.
“E va bene, pomeriggio di shopping in programma. Sara’ divertente. Che ne dici, Molly?”
Tensione e troppa enfasi nella voce. John sta cercando di coinvolgerla nella conversazione, evidentemente lei e’ ...
“Non lo so ragazzi, magari un’altra volta” la risposta di Molly.
Tono di voce basso ed esitante. Voce roca per il pianto.
...Triste.
Sherlock chiuse gli occhi. Avrebbe di gran lunga preferito, che Molly fosse arrabbiata con lui per come l’aveva trattata. Poteva affrontare e gestire, una Molly arrabbiata. Potevano gridare. E discutere, ritrovandosi dopo un po’ a sorridersi.
A fare pace.
Molly che piangeva, era difficile.
E il fatto che piangesse per colpa sua, era ancora piu’ difficile.
Apri’ la porta ed entro’ in casa, interrompendo improvvisamente ogni tentativo di conversazione.
Mary fu la prima a reagire.
“Sherlock” lo accolse, un gesto secco del capo e un tono glaciale.
John Watson capi’ una volta di piu’, se mai ce ne fosse stato bisogno, che quella era la donna giusta per lui.
Lo sguardo che aveva rivolto a Sherlock era uno sguardo killer. E con quello, gli stava comunicando con grande superiorita’, cio’ che pensava del suo comportamento.
“Mary” la ricambio’ lui senza neanche guardarla, puntando invece subito gli occhi su Molly.
Era seduta sul divano con le gambe rannicchiate, un’espressione di totale sconforto sul viso.
“Credo proprio sia meglio che io vada a casa” Mary si alzo’ e rivolse uno sguardo allusivo a John, che si affretto’ ad imitarla.
“Chiamiamo un taxi e ti accompagno”
Sherlock fu loro silenziosamente grato.
Dopo che i due furono usciti dall’appartamento, per un attimo calo’ solo silenzio.
“Molly...”
Lei si alzo’ in piedi ed evitando il suo sguardo, si diresse in cucina.
“Ti faccio un caffe’”
Lui rimase per un attimo spiazzato.
“So che non mangerai nulla, sei nel bel mezzo di un caso. Comunque ci sono degli avanzi in frigorifero, se vuoi.”
Molly continuo’ ad armeggiare con il caffe’, dandogli le spalle.
“No, grazie. Il caffe’ e’ abbastanza”
“Ok. Come vuoi”
Sherlock strinse i pugni a quell’inutile, civile e sterile conversazione.
Dopo qualche attimo, lei ritorno’ e appoggio’ una tazza sul tavolino.
“Molly...” ritento’ di nuovo, toccandole il braccio.
Lei indietreggio’.
“No”
Sherlock fece ricadere la mano lungo il fianco.
“Ascolta, io”
“No” ripete’ lei con voce piu’ ferma “non voglio parlare, ora. Non... non ci riuscirei. Inizio molto presto, domani mattina, vado a dormire.”
Lui rimase ad osservarla dirigersi verso la loro camera, incapace di dire qualsiasi cosa per fermarla.
Lei si fermo’ e per un attimo, spero’ che avesse cambiato idea.
“Spero che tu abbia trovato quello che stavi cercando” gli disse invece, prima di entrare nella stanza e richiudere la porta dietro di se’.
Avrebbe voluto risponderle che si, aveva trovato qualcosa.
Ma evidentemente, il prezzo pagato era stato troppo alto.
Si mise a sedere in poltrona e inizio’ a sorseggiare il suo caffe’. Una parte di lui voleva disperatamente entrare in camera ad abbracciare sua moglie, scusarsi e farle ritrovare il sorriso, ma sapeva bene che era altrettanto importante verificare subito le sue informazioni. Prese il suo telefono e invio’ un messaggio.
HO BISOGNO CHE TU FACCIA UNA RICERCA PER ME. URGENTEMENTE. SH
La risposta arrivo’ subito dopo.
A CASA CON LA FEBBRE. VUOI CHE CHIEDA A QUALCUNO DEL DIPARTIMENTO? GL
Sherlock non si preoccupo’ neanche di rispondere a Lestrade. Se non poteva avere aiuto da lui, era inutile chiederlo a qualcun altro a Scotland Yard. I tre quarti del personale era assolutamente incompetente e il resto, lo odiava o aveva paura di lui.
Rischiava di dover aspettare secoli, per poter avere le sue risposte.
Riprese a digitare velocemente sui tasti.
HO BISOGNO CHE TORNI A CASA. SUBITO. SH

***

John si intrattenne nell’appartamento di Mary per un po’, per nulla desideroso di tornare a Baker Street. Sherlock poteva anche avere bisogno di lui, ma era ancora parecchio arrabbiato per come aveva trattato Molly e, ammise con sincerita’, per averlo escluso da quella che era stata, senza ombra di dubbio, una ricerca importante.
Perche’ lo sapeva, Sherlock era cambiato, e se aveva reagito cosi con sua moglie, la posta in gioco doveva essere molto alta e urgente. E a quanto pareva, includeva la sua famiglia.
Al diavolo Mycroft, che ce la metteva sempre tutta per contraddirlo. Quei due proprio non li capiva, a volte.
Dopo la terza tazza di the, si risolse a rientrare.
L’appartamento era quieto, fin troppo. Se quei due avevano fatto in qualche modo pace, si sarebbe fatto una bella dormita e poi l’indomani ne avrebbe scoperto di piu’.
Invece trovo’ Sherlock seduto in poltrona. E la sua borsa da viaggio ancora in mezzo alla stanza.
Ergo, Molly si era chiusa in camera. Da sola.
“Spero che tu ci abbia almeno provato, e che lei ti abbia mandato al diavolo”
Sherlock continuo’ a fissare il muro davanti a se’.
“Da quanto mi ha raccontato, ti sei comportato in maniera orribile. Cielo, Sherlock, e’ tua moglie!”
“Mio padre e’ in qualche modo coinvolto in questa storia. Conosceva Finnmore. Conosceva tutti i genitori delle vittime di questi giorni, lavorava con loro.”
John rimase a guardarlo a bocca aperta per un po’.
“Erano dei rappresentanti” si ritrovo’ a dire, rendendosi conto subito che era una gran sciocchezza. In fondo, Sherlock non ci aveva mai creduto.
“Erano al servizio del governo, con un’adeguata copertura” trasse dalla giacca la fotografia che Ruth Roster aveva fatto loro avere e gliela porse.
“Stern, Finnmore, Roster. E mio padre, qui sulla sinistra.”
John osservo’ a lungo l’immagine.
“Non capisco...”
Sherlock si alzo’ in piedi e comincio’ a passeggiare velocemente per la stanza.
“Finnmore in verita’ non faceva parte del governo, ma la sua banca era utilizzata per coprire e giustificare alcune missioni all’estero. Si era in piena guerra fredda, molte delle operazioni erano segrete e in caso di fallimento, non dovevano rimanere tracce del coinvolgimento del Regno. 
Stern e Roster erano incaricati di pianificare gli interventi ed erano sotto il diretto controllo di mio padre. Ecco perche’ erano spesso lontani da casa, ma mai piu’ di un certo periodo. Non andavano all’estero. Organizzavano tutto in qualche squallido ufficetto e tornavano a casa dalle loro famiglie, con la coscienza pulita.”
John scosse il capo.
“Come sai...”
“Ho trovato la cassaforte segreta di papa’, nel suo ufficio. Ci teneva la documentazione di questo gruppo di lavoro. Niente altro, solo di questo. Ed e’ strano, perche’ non credo proprio fosse autorizzato a trattenere quei documenti.”
“C’e’ un altro uomo, qui con loro nella fotografia”
Sherlock si fermo’ e annui’.
“Il tenente Stripe. Lui faceva il lavoro sporco, era un ufficiale dell’esercito.”
John non era sicuro di aver capito bene.
“Sherlock, il lavoro sporco? Di cosa stai parlando?”
“Era un cecchino, John. Il gruppo di lavoro di mio padre organizzava omicidi politici”
Per un attimo, nessuno dei due parlo’.
Fu Sherlock il primo a rompere il silenzio.
“Erano un’interessante ed efficiente sezione del dipartimento di Stato. Mio padre coordinava, Roster e Stern organizzavano, Finnmore si occupava della parte finanziaria e Stripe di quella pratica.”
John gli si fece vicino.
“So che e’ brutto da dire e non e’ una giustificazione, ma erano altri tempi. Il governo lavorava cosi. Diavolo, probabilmente lavora ancora cosi e tu lo sai. Tuo padre faceva il suo lavoro, Molly mi ha detto che Mycroft ha tentato in qualche modo di ostacolarti, forse non voleva che tu lo sapessi.”
Sherlock sorrise beffardo.
“NO! Lui lo sapeva fin dall’inizio e non ha voluto dirmelo, ma non perche’ pensava che ne sarei stato sconvolto, no... voleva solo tenere per se’ uno dei tanti segreti di questo governo. Questa e’ sempre la sua prima priorita’.
E per la cronaca, John... non sono sconvolto. Non mi interessa che cosa ha fatto mio padre, mi interessa sapere cosa e’ successo, perche’ Finnmore fu ucciso e perche’, a distanza di anni, i figli di Stern e Roster sono stati uccisi a loro volta. Non capisci? Tutto ci riporta a Stripe, e’ lui l’ultimo pezzo del puzzle. Il tipo di arma usata negli omicidi, e’ quella che lui amava utilizzare. Aveva inventato una modifica speciale per un vecchio fucile da caccia, era la sua firma. Nelle carte di mio padre ci sono gli schemi e le schede di quell’arma. Ma nient’altro. Dobbiamo trovarlo.”
John sospiro’.
“Ok, questo presupponendo che sia ancora vivo. E che sia ancora abbastanza in gamba da poter uccidere due persone da quella distanza, nonostante l’eta’. Non lo trovi un po’ impossibile?”
Sherlock scosse la testa.
“Era giovane, all’epoca. Dobbiamo per lo meno verificare. Tu hai ancora agganci nell’esercito, vedi se riesci a scoprire qualcosa su di lui”.
“Va bene. Ma domani mattina.”
John si diresse verso la sua camera, poi sembro’ ripensarci e si riavvicino’ a Sherlock, che aveva gia’ l’espressione concentrata, di nuovo immerso nei suoi pensieri. Lui faceva cosi. Fino a che non trovava cio’ che cercava, o non analizzava a fondo cio’ che aveva osservato, andava testardamente avanti. Non c’era da stupirsi che la complessita’ del caso, e i possibili collegamenti con la sua famiglia, l’avessero particolarmente disturbato.
Ma John non poteva permettere che tutto il resto precipitasse.
“Senti, posso darti un consiglio?”
Sherlock Holmes non rispose e non si mosse, ma lui decise di continuare lo stesso.
“Non permetterle di prendersi la colpa”
Due occhi chiari si puntarono su di lui.
“Molly e’ convinta che non avrebbe dovuto seguirti e che il tuo eccesso di rabbia, sia dovuto alla sua inadeguatezza nel supportarti nel tuo lavoro.”
Sherlock mosse impercettibilmente i muscoli della faccia e John capi’, di averlo in qualche modo stupito.
“Io e te sappiamo che non e’ cosi. Sei stato semplicemente un idiota per cui, te lo ripeto, non permetterle di prendersi la colpa, ok?”
Senza aspettare la risposta dell’altro, infilo’ la sua camera.
Sherlock rimase immobile ancora per un po’, poi prese il cappotto e usci’.
Quando rientro’ la mattina dopo, Molly era gia’ andata al lavoro.

***

John chiacchiero’ per piu’ di un’ora con il suo vecchio compagno d’armi, ricordando i vecchi tempi e rinforzando la sua idea, che non gli mancassero affatto.
Tuttavia, quella fu l’unica cosa positiva che riusci’ ad ottenere dalla conversazione.
“Niente. Non c’e’ traccia del tenente Stripe, in nessun archivio” comunico’ a Sherlock, che tuttavia non ne fu molto sorpreso.
“Era un tentativo. Niente di piu’. Andiamo al Bart’s, ora”
John decise di tacergli il fatto di aver richiesto l’aiuto di Scotland Yard in aggiunta alla sua ricerca. Poi, realizzo’ cio che Sherlock gli aveva appena detto.
“Al Bart’s? Tu e Molly non avete ancora fatto pace?”
“Far pace presupporebbe un litigio, cosa che non abbiamo avuto”
“E tu come lo chiameresti, allora?” John lo guardo’ stupito.
Sherlock esito’ un attimo.
“Un... fraintendimento. E comunque, se volessi chiarirmi con lei, non ti porterei con me. Mi saresti totalmente inutile. So gestire da solo le discussioni con mia moglie.”
John su questo avrebbe avuto qualcosa da obiettare, tuttavia se ne stette zitto. Evidentemente, il caso aveva ancora la priorita’ su tutto il resto.
A volte, Sherlock Holmes era il re degli idioti.

***

“Ho bisogno di vedere i due cadaveri di Andrew Stern e William Roster”
Molly cerco’ di rimanere impassibile al suono della voce di suo marito, ma le fu estremamente difficile, soprattutto dopo che lui le arrivo’ terribilmente vicino, invadendo il suo spazio e guardandola dritta negli occhi.
“Per favore” aggiunse lui, dopo un secondo.
Lavoro. Era chiaramente venuto per lavoro.
Per un attimo, aveva sperato che fosse venuto per parlare con lei.
“Ok” sussurro’, conducendolo alle celle frigorifere.
Sherlock osservo’ a lungo le ferite mortali delle due vittime, poi studio’ la fotografia del cadavere di Finnmore.
“John?”
“Si?”
“Cosa noti?”
Il dottor Watson rimase per un attimo pensieroso, poi scosse la testa.
“Il calibro e’ lo stesso. Ma le ferite sono diverse” la voce di Molly lo fece voltare.
Sherlock sorrise.
“Finnmore e’ stato ucciso da un colpo in fronte e anche Andrew Stern. William Roster da un colpo al torace, meno preciso, tra l’altro. Se i soccorsi fossero arrivati prima, forse sarebbe ancora vivo.”
“Il tiratore ha esitato, oppure ha sbagliato, il che puo’ confermare che non ha piu’ la mira di una volta. Ottima osservazione, dottoressa Holmes”
Suo malgrado, Molly sorrise a suo marito.
John gemette. Non era affatto giusto che Sherlock se la cavasse cosi. Era venuto al Bart’s solo per confermare una cosa che gia’ sapeva, e ne aveva approfittato per fare un complimento a Molly, facendola sciogliere. Poi si accorse dello sguardo del suo amico.
“Vado a fare una telefonata” si affretto’ a dire.
Molly risistemo’ i corpi e si avvio’ verso la sua postazione di lavoro, convinta che Sherlock se ne sarebbe presto andato.
 “Sei la cosa piu’ importante che ho.” le disse invece lui, bloccandola in mezzo alla stanza. “Non importa quanto lavoro, quanto corro, o quanto sono coinvolto in un caso... quanto a volte, sono dentro al mio mondo e alla mia mente. Voglio sempre e solo tornare da te. Tu, sei il motivo per cui torno sempre indietro, per cui e’ bello tornare indietro.”
Molly inspiro’ a fondo e si volto’ piano.
Sherlock si mosse velocemente e la raggiunse, stringendola in un abbraccio. Lei rimase rigida per un po’ e poi lo ricambio’, affondando il viso nel suo torace.
Poi gli sorrise tra le lacrime.
 “Mi dispiace. Non avrei dovuto seguirti.”
Lui scosse la testa.
“No, sono io che non avrei dovuto permettertelo, ma ero cosi preso da quello che dovevo fare, che non me ne sono accorto e poi, su quel treno, ero solo contento di averti li. Nello studio... non ce l’avevo con te, ma con me stesso, non riuscivo a capire cosa cercare. Questo caso... e’ diverso.”
“Lo so” Molly lo abbraccio’ di nuovo. Al momento giusto, le avrebbe raccontato tutto.
Sherlock le bacio’ la testa.
“Quando questa storia sara’ finita... potremmo andarcene per qualche giorno. Solo tu ed io.”
Lei alzo’ lo sguardo stupita e poi gli sorrise.
“Sarebbe bello”
“Mi piacerebbe ritornare alle residenza estiva... potrei mostrarti come ho fatto a far esplodere il capanno degli attrezzi, quando avevo nove anni. E portarti al fiume. Pescavo sempre un sacco di pesci in piu’ di Mycroft. E sono sicuro, che in soffitta c’e’ ancora qualche vecchia foto in cui potrai ammirarmi da piccolo. Anche in quelle piu’ imbarazzanti”
Lei fece una piccola risata.
“Affare fatto, signor Holmes.”
Lui la bacio’ piano e poi la lascio’ andare.

***

“Cosi avete fatto pace”
Sherlock roteo’ gli occhi all’affermazione di John.
“Non avevamo litigato”
“Questo, solo perche’ lei e’ davvero una donna straordinaria”
Il dottor Watson aveva un tono molto serio.
“Lo so.” Il tono di Sherlock fu altrettanto serio.
“Bene.” Concluse John, estremamente soddisfatto.
Il viaggio verso Baker Street si svolse in silenzio.
Una volta arrivati nell’appartamento, Sherlock prese il violino e comincio’ a suonare.
John aspetto’ pazientemente per circa due ore, poi quando smise, ma non diede segno di parlare, gli ando’ vicino.
“Ok. Suppongo che questo significhi che posso uscire per un po’. Sei nella tua fase pensante, ma che te lo dico a fare? Tanto non mi ascolti. Faro’ un controllo anche all’archivio dei veterani, giusto per sicurezza. Poi mi vedo con Mary. Davvero non capisco questa cosa delle tovaglie, tanto poi non le usera’ mai, e’ troppo affezionata a quelle di sua nonna. Le tiene ancora in quella vecchia valigia. Bhe, in effetti anche io tengo i miei ricordi dell’esercito in quella vecchia scatola di scarpe. Ci sono affezionato, ecco tutto.
Ma poi, che te lo dico a fare?”
Si giro’ e usci’ dall’appartamento.
Sherlock aveva invece ascoltato John.
Lo faceva sempre, solo che poi eliminava entro cinque secondi tutte le informazioni inutili raccolte nella conversazione.
Tuttavia, questa volta, trattenne una sola parola.
Utile e fondamentale.
Scatola.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** capitolo 6 ***


Di nuovo, grazie a SvaneH, Ladymisteria, Bored94 e miserere... e anche alla preoccupata Lady of the sea!
 

VENDETTE
CAPITOLO 6

 
Harry Finnmore apri’ la porta e sul suo viso, apparve un’espressione stupita.
“Signor Holmes! E’ ritornato!”
Sherlock si limito’ ad un cenno del capo e poi entro’ in casa.
“Avete scoperto qualcosa di nuovo?”
Harry lo guardava con curiosita’.
“Qualcosa di nuovo per noi, si. Ma dubito che siano informazioni, di cui lei non sia gia’ a conoscenza.”
L’altro assunse un’espressione stupita.
“Non capisco...”
Sherlock gli ando’ vicino.
“Ci ho messo un po’ a capirlo, lo ammetto... questo, perche’ mi mancava un elemento importante e solo dopo che ci ho ripensato, ho messo insieme i dati. Non riuscivo a comprendere perche’ lei stesse mentendo.”
“Io? Mentire? Ma cosa sta dicendo?”
“La scatola delle fotografie, Harry. E’ nuova, di un modello di scarpe uscito solo due anni fa. Si potrebbe obiettare che le ha spostate, ma per quale motivo travasarle in un contenitore diverso, se non le si guarda mai? Gli angoli delle foto sono ben conservati, senza nessuna traccia di impronte o pieghe. Come se fossero state maneggiate veramente poco. Ma d’altronde, lei non aveva nessun interesse a ricordare la sua infanzia. Nessuna foto esposta, nessun ricordo di suo padre in giro. Quando e’ morto, non avevate nessun rapporto... non le passava piu’ soldi da un bel po’, aveva capito che anche negli Stati Uniti continuava con il suo vizio. Il poker.”
Harry Finnmore sussulto’, tuttavia non nego’.
“Non si meravigli, le sue mani parlano chiaro” Sherlock lo fisso’, ma non aspetto’ la conferma per proseguire.
“Questa notte l’ho seguita, ha giocato in tre diversi locali e ha sempre perso. Nottata sfortunata, vero?
Per la verita’, non e’ mai stato un bravo giocatore. Bluffa molto male.
Quando ritorno’ dagli Stati Uniti dopo la morte di suo padre, continuo’ a giocare. E a perdere soldi. Per un po’ e’ riuscito a restare a galla, ma poi i debiti si sono moltiplicati, cosi ha frugato a lungo nelle su carte, l’ha detto l’altro giorno. Cercava disperatamente qualche rimasuglio di eredita’, ma invece ha trovato qualcosa. Qualche documento che suo padre aveva conservato, anche se avrebbe dovuto distruggerlo, vero?”
L’altro fece una smorfia.
“Non riuscivo a credere che mi avesse lasciato al verde e si fosse fatto uccidere, per delle scommesse sui cavalli, poi... Invece, quell’idiota si era impelagato in qualche servizio per il governo e per di piu’, non ci aveva neanche ricavato dei soldi. Ma c’era un diario, le ultime pagine erano piene di annotazioni preoccupate, aveva l’impressione che qualcuno lo seguisse”
Harry Finnmore si giro’ verso la finestra, a un tratto il suo sguardo si fece distante.
“Capi’ che presto lo avrebbero accusato di aver tradito, di aver passato informazioni oltre cortina. Questi sospetti lo distrussero, lui era un uomo onesto, che amava il suo paese. Nel suo diario, non faceva che proclamare la sua innocenza. Aveva paura dei metodi poco “convenzionali” del governo, arrivo’ a pensare di rivelare tutta la storia, sperando che agli occhi dell’opinione pubblica, il giudizio sarebbe stato piu’ equo, ma fu ucciso”
“Lei lesse il suo diario e capi’, che se fosse andato a fondo di questa storia, forse avrebbe potuto guadagnarci qualcosa.”
 “Era evidente che mi avevano tolto i soldi che mi spettavano! Sa... suo padre aveva lo stesso modo di fare, arrogante e dritto al punto. Pero’ sapeva anche, quando era il momento di stare zitto e pagare.”
Sherlock strinse gli occhi.
“Ha ricattato mio padre”
Ed ecco perche’ lui conservava quei documenti.
L’espressione di Harry ritorno’ ad essere glaciale.
“Avevano messo in scena la storia delle scommesse e dei debiti, per sviare le indagini e farlo passare come un regolamento di conti. Non ne ero sicuro, naturalmente, ma quando contattai Leonard Holmes” comincio’ lentamente a spiegare Harry “gli dissi che sapevo cio’ che era successo, che potevo far nascere uno scandalo. Un cittadino che era stato giustiziato, senza neanche il tempo di un giusto processo... ma poi lui mi disse una cosa strana.”
“Che cosa?”
“Alla fine, aveva trovato le prove che mio padre era innocente. Era un altro, quello che tradiva. Aveva ucciso mio padre ed era riuscito a scappare.”
Stripe.
“Avevano dovuto inscenare quella storia delle scommesse, per evitare che tutto il progetto venisse a galla e ne uscisse un gran pasticcio. Suo padre aveva sbagliato, non aveva capito in tempo quello che stava succedendo, Stripe era stato un suo protetto. Ne aveva gia’ pagato le conseguenza con un blocco alla sua carriera, ma non poteva permettere che la cosa divenisse di dominio pubblico. E non voleva coinvolgere gli altri suoi colleghi, cosi continuo’ a pagarmi perche’ me ne stessi buono buono, mentre in verita’ stava mettendo a tacere la sua coscienza. A me non interessava” ghigno’ Harry “l’unica cosa importante erano i soldi”.
 “Ma poi lui mori’”
“Oh si, davvero uno spiacevole inconveniente. Per un po’ me ne stetti tranquillo, sa... suo padre era stato molto generoso. Poi mi dissi che sarebbe stato un vero peccato, non continuare ad approfittare della situazione. E ora c’era anche la possibilita’, che la sua memoria venisse infangata... tutto quel progetto era stato un errore, lui ne era responsabile. Lo dissi chiaramente, a suo fratello Mycroft”
Sherlock si stupi’.
“Mio fratello non sarebbe mai stato cosi stupido, da cedere a un ricatto simile.”
Nessuno dei sensi di colpa che aveva provato papa’. Nessun problema con la sua posizione. Nessun amico da proteggere.
Harry sorrise.
“No, infatti. Mi liquido’ dicendo che mi avrebbe distrutto, se avessi provato a diffondere quelle informazioni... non volle neanche sapere i particolari.
Ma vostra madre, lei si. Lei non poteva sopportare che la memoria di suo marito fosse sporcata. Ed e’ davvero una fortuna, che nella vostra famiglia vi parliate cosi poco”
Sherlock strinse i pugni.
“Una donna davvero leale, non c’e’ che dire. E anche estremamente puntuale nei pagamenti.”
E brava mamma. Hai tenuto il segreto per tutti questi anni, probabilmente l’hai detto a Mycroft solo ieri sera, quando ti sei resa conto che stavo per scoprire qualcosa.
Sherlock decise che era arrivato il momento di mettere le carte in tavola.
“Pero’, alla fine, qualcuno ha deciso di pagarla di piu’. Qualcuno che l’ha convinta, o costretta a terminare questa storia. Per questo ha accettato di farmi avere la fotografia che mi ha messo sulla strada giusta. Chi e’ stato?”
Adesso, negli occhi di Finnmore passo’ un lampo di divertimento.
“Veramente arguto, signor Holmes. Alla fine l’ha capito”
Sherlock annui’.
“La fotografia. Quella che mi ha mostrato l’altro giorno, in cui ho riconosciuto il padre di Stern... e’ un falso. Cosi come quella di Ruth Roster, in cui c’e’ anche mio padre. Ho verificato con la signora Roster, non ricordava di averla mai vista, qualcuno l’ha inserita tra le carte di suo marito, affinche’ la ritrovasse per consegnarmela. Le ho appena analizzate, la carta e’ piu’ recente rispetto alla data in cui dovrebbero essere state scattate. Inoltre ha detto che la conservava insieme alle altre, ma non ne aveva l’aspetto ingiallito e la scatola che le conteneva, l’ho gia’ detto, era chiaramente nuova, come se si fosse premunito di tirarle insieme all’ultimo minuto. A lei non e’ mai interessato, conservare ricordi di famiglia.
Non mi tornava che Cindy Stern l’avesse riconosciuta, ma per la verita’, qualcuno ha pagato anche lei, vero? Solo per raccontare di averla vista in passato. Oppure l’ha ricattata. Il figlio che aspetta non e’ del marito, ma all’inizio questa cosa non mi aveva particolarmente colpito, non l’ho giudicata importante.
Qualcuno voleva che io vedessi le foto, che scoprissi cosa era successo a Clarence Finnmore e il coinvolgimento di mio padre. Perche’? Chi e’?”
Harry assunse di nuovo un sorrisetto soddisfatto.
“Credevo l’avesse capito, ormai. L’unico che aveva interesse a vendicarsi”
Sherlock respiro’ a fondo.
“Lei ha accettato soldi dall’uomo che ha ucciso suo padre. Deve essere veramente disperato”
L’altro si limito’ a scuotere le spalle.
“Stripe e’ tornato per vendicarsi, dopo la sua fuga fu costretto per molto tempo a vivere nell’ombra. Ma i suoi ex colleghi erano tutti morti... ha scelto di colpire i figli. I primogeniti, per la verita’.”
Mycroft.
Sherlock accantono’ l’idea che suo fratello fosse realmente in pericolo.
E’ inavvicinabile, troppo protetto dal ruolo che ricopre.
“Perche’ giocare con me, allora?”
“Non capisce?” Harry Finnmore gli si avvicino’ “suo padre era il capo. Mise insieme la squadra, seleziono’ Stripe e ne fece una macchina da guerra, poi quando lui sbaglio’ lo abbandono’, lo scarico’ come un vecchio oggetto inutile”
“Lui tradi’ il suo paese e uccise un innocente!” Sherlock si stupi’ della sua stessa reazione.
Stava difendendo suo padre?
“Era un arrogante, gliel’ho gia’ detto. Era cosi pieno di se’, cosi convinto di stare dalla parte giusta, cosi orgoglioso della sua famiglia e del suo buon nome!”
E quindi la sua vendetta sarebbe quella di rovinare la sua immagine ai miei occhi?
Troppo poco.
Non rilevante.
“So cosa si sta chiedendo, signor Holmes”
Sherlock si giro’ e si ritrovo’ a fissare il tenente Stripe.
Invecchiato, naturalmente, ma con la stessa espressione decisa della fotografia. E con un’arma in mano.
Negli occhi di Harry Finnmore passo’ un lampo di paura, la pistola era puntata direttamente su di lui.
Stripe fece fuoco e poi, la posiziono’ in direzione di Sherlock.
“Era ormai totalmente inutile, non crede?”
Sherlock lo guardo’ fisso.
“Stava dicendo di sapere, che cosa mi sto chiedendo”
Stripe fece una risata.
“Ah... cosi simile a suo padre! Ha una pistola puntata addosso, e l’unica cosa a cui riesce a pensare e’ che vuole sapere, vero?”
“Lei non vuole uccidermi” constato’ Sherlock.
L’altro annui’, tuttavia non abbasso’ l’arma.
“Vede, sarei stato contento di colpire suo fratello, ma e’ un’impresa impossibile. Suo padre sarebbe stato molto fiero, del ruolo che ricopre oggi e della posizione che ha raggiunto. E’ arrivato dove lui non e’ riuscito e questo, devo ammetterlo, probabilmente e’ anche un po’ colpa mia.
Tuttavia, colpire Mycroft non e’ mai stato veramente nei miei programmi. Ci si deve anche saper accontentare, non crede?”
Sherlock scosse la testa.
“No, non credo che lei sia un tipo che si accontenta.”
Stripe sorrise.
“Sto morendo” disse “una stupida malattia si e’ impossessata del mio corpo e quanto pare, vincera’ lei.
La mia vendetta e’ arrivata tardi, ma e’ arrivata... occhio per occhio, dente per dente. Le colpe dei padri ricadono sui figli.
Con lei, volevo giocare un po’, prima di andarmene... prendermi una soddisfazione piu’ “intellettuale”. Ero curioso di sapere, se il figlio di Leonard fosse tanto in gamba quanto si diceva.
Ci sono molti modi per colpire un uomo, signor Holmes. L’omicidio diretto e’ cosi scontato, addirittura sopravvalutato, non crede? Ho fatto quello che dovevo fare, ho ottenuto cio’ che dovevo ottenere, anzi... molto di piu’.
Addio, signor Holmes”
Prima che Sherlock potesse fare un passo, Stripe si sparo’.

***

NON CI POSSO CREDERE. QUELL’UOMO ERA DAVVERO PAZZO. DOVREI ESSERE ARRABBIATO PERCHE’ NON MI HAI CHIAMATO, MA SONO SOLO CONTENTO CHE QUESTA STORIA SIA FINITA. JW

Sherlock rimise il telefonino in tasca, dopo aver letto il messaggio di John.
Gli aveva mandato un sms, per spiegargli l’improvvisa evoluzione del caso. E lui aveva ragione, avrebbe dovuto chiamarlo prima di venire da Finnmore, ma questo caso riguardava la sua famiglia. Voleva essere solo, quando avesse scoperto la verita’.
E adesso, il caso era chiuso.
Avrebbe dovuto affrontarne i risvolti, prima o poi. Sua madre. Mycroft. Il confronto con la memoria di suo padre e cio’ che era stato.
Non ora, pero’.
Aveva promesso a Molly un viaggio insieme e sinceramente, non vedeva l’ora di partire. Solo loro due.
La polizia era arrivata e stava tendendo i nastri, per isolare la scena del crimine. Presto, avrebbe dovuto rispondere a un sacco di domande.
Non ne aveva davvero il tempo, ora.
In assenza di Lestrade, qualcun altro si sarebbe occupato del caso, facendo un gran macello e portandolo all’irritazione in men che non si dica.
Sherlock si incammino’ quindi per la strada, quando il suddetto ispettore fece invece capolino dall’angolo e lo blocco’.
“Fermo, tu! Possibile che dove succedono casini, c’entri sempre?”
Sherlock lo squadro’ per cinque secondi.
“Hai ancora la febbre”
Lestrade fece una smorfia.
Tutto e’ meglio che restare a casa con mia moglie, anche venire a lavorare malato. Sono rientrato questo pomeriggio e indovina? La prima chiamata che ricevo, riguarda te! Com’e’, che non sono sorpreso?”
Sherlock sbuffo’.
“Ho risolto il caso, guarda un po’. Non lamentarti”
“Lo so, lo so... quel pazzo e’ tornato dopo tutti questi anni per vendicarsi ed era in combutta, con il figlio della sua prima vittima. Pazzesco!”
“E’ quello che ha detto anche John. E non dimenticarti di Cindy Stern, anche se credo la sua colpa piu’ grande, possa essere quella di aver concepito un figlio senza suo marito”
L’ispettore gemette e poi lo studio’ per un attimo.
“Non sembri soddisfatto”
Sherlock non rispose. Le ultime parole di Stripe, ancora rimbalzavano nella sua testa.
Ci sono molti modi per colpire un uomo, signor Holmes.
Lestrade si convinse che non avrebbe avuto risposta, per cui alzo’ le spalle.
Poi sembro’ ricordarsi di qualcosa.
“Maledetta febbre! Mi fa perdere la concentrazione... senti, ho fatto quella ricerca che John mi aveva chiesto.”
Sherlock alzo’ un sopracciglio.
“Quella su Stripe! Mi ha detto che con il suo ex commilitone non aveva avuto fortuna, cosi mi aveva domandato di fare qualche controllo. Suppongo che sia la stessa cosa che volevi chiedermi tu, ma che poi non ti ha piu’ interessato, quando hai saputo che ero ancora malato. Sai, ci sono altre persone intelligenti e capaci, a Scotland Yard!”
Sherlock trattenne la sua risposta scortese.
“Lestrade, ormai Stripe e’ morto.” Disse invece “E dubito che tu possa aver trovato qualcosa di interessante, visto che e’ rimasto nascosto per tutto questo tempo!”
L’ispettore annui’.
“Infatti, l’unico dato che ho trovato e’ un certificato di nascita. Stripe ha avuto un figlio, prima di fuggire all’estero. Vediamo...” consulto’ il suo taccuino “Sebastian Moran, cognome della madre. Poche cose, su di lui. Nessuna notizia, dopo il congedo con disonore dall’esercito”
Sherlock si fermo’ in mezzo al marciapiede.
“Il calibro e’ lo stesso. Ma le ferite sono diverse.”
Molly aveva osservato la differenza tra i vari cadaveri e lui, aveva tratto una conclusione.
“Il tiratore ha esitato, oppure ha sbagliato, il che puo’ confermare che non ha piu’ la mira di una volta.”
Le ultime parole di Stripe cominciarono a rincorrersi nella sua testa.
 “Le colpe dei padri ricadono sui figli.”
Per lui e Mycroft, non era cosi importante sapere cosa avesse fatto il loro padre anni fa.
E Mycroft era inavvicinabile.
Ma Stripe voleva comunque vendetta. Aveva detto che si era dovuto accontentare.
 “Ho ottenuto cio’ che dovevo ottenere, anzi... molto di piu’”
Il figlio di Stripe era nell’esercito.
Non un tiratore. No.
DUE.
“Ci sono molti modi, per colpire un uomo, signor Holmes”
Improvvisamente, il sangue di Sherlock si gelo’.
Prese il cellulare dal cappotto e dopo aver composto una chiamata, lo ascolto’ rispondere che l’utente non era raggiungibile.
Con un gesto nervoso, comincio’ a comporre un sms.

DOVE SEI? SH

AL CENTRO COMMERCIALE. AMICO, NON HAI IDEA DI QUANTO SIA NOIOSO COMPRARE TOVAGLIE. JW

“Pomeriggio di shopping in programma. Sara’ divertente. Che ne dici, Molly?”
Sherlock scosse la testa e fece partire la chiamata.
“Wow, devo esserti sembrato proprio disperato, per chiamarmi. Ti prego, dimmi che hai urgente bisogno di me. Le signore capiranno!” John rispose con voce allegra.
“John. Ascoltami bene. Prendi Molly e andatevene di li, subito”
“Cosa?”
“Tieni Molly al coperto, siete troppo esposti, al centro commerciale. Tornate a Baker Street, io sto arrivando. Non uscite e state lontani dalle finestre. No, anzi, mando Lestrade a prendervi. Trova un angolo sicuro!”
Al suo tono concitato, l’ispettore stava gia’ convocando una macchina.
“Sherlock, ma cosa”
“Fa come ti ho detto!” con le mani strette sul telefono, Sherlock si senti’ prendere dall’ansia.
No. No. No.
In quel momento, attraverso il telefono, riecheggiarono le prime grida.
“John!”
“Sherlock, qualcuno sta sparando!” Sherlock udi’ distintamente le urla delle persone, in fuga per il panico.
“Molly, dov’e’ Molly?” chiese con voce disperata.
“Non lo so... non la vedo. Mary!” John smise di parlare al telefono.
Sherlock senti’ risuonare altre grida.
Poi la linea cadde e ci fu solo silenzio.
 

Ok ok... naturalmente non mi appartiene neanche il personaggio di Sebastian Moran, cattivo originale di Sir Doyle nella storia “The adventure of the Empty House” in cui per la verita’, e’ un colonnello e spara a... lasciamo stare. Spoiler, per chi non l’avesse ancora letta.
Beh, ci siamo. Credo sappiate bene, invece, a chi ha sparato nella mia storia.
Ed ora, devo dirvi che non  sono sicura di poter aggiornare in fretta il prossimo capitolo: questo, non perche’ sono sadica, ma perche’ sara’ un capitolo “delicato” e voglio lavorarci bene e inoltre, parto per Londra per qualche giorno... devo cercare il ponte giusto per l’ultima parte della storia! (naaaa... quella e’ gia’ scritta, piu’ o meno, pero’ finalmente ci vadoooo!)
Alla prossima!
 
 

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Capitolo 8
*** capitolo 7 ***


VENDETTE
CAPITOLO 7
 

“Molly, Molly Hooper Holmes. Dovrebbe essere arrivata con un’ambulanza circa quaranta minuti fa, e’ rimasta coinvolta in una sparatoria”
“Mi lasci controllare... ha detto signora Holmes”
“Dottoressa Holmes! Lei, lei lavora qui... e’ mia moglie. E’... ferita. Lei e’...”
Sherlock scosse la testa, cercando di elaborare un pensiero coerente.
“E’ sicuro? Se e’ arrivata cosi poco tempo fa, probabilmente non abbiamo ancora registrato l’accesso. Forse e’ ancora al triage del pronto soccorso” l’infermiera si mise ad osservare lo schermo del computer.
“NO! Maledizione, stia a sentire. Non ho tempo da perdere con la sua inefficienza, devo trovare mia moglie... c’e’ stata una sparatoria e mi hanno detto che e’ stata trasportata qui!”
“Mi spiace signore, ma deve avere pazienza. Ci sono stati diversi ricoveri, devo verificare...”
“Lei stava mangiando quando sono arrivati, il suo dannato sandwich al tonno e maionese e la sua lattina di diet coke l’avranno distratta. Mi faccia parlare con qualcuno che stava davvero lavorando!”
“Ma come fa a sapere... mi ascolti bene, non ha diritto di venire qui a gridare! E sono io l’addetta all’accoglienza”
“ALLORA TROVI MIA MOGLIE!” Sherlock appoggio’ pesantemente le mani al bancone dell’accettazione, facendo sussultare l’infermiera.
“Sherlock, calmati adesso” Greg Lestrade gli mise una mano sulla spalla e poi si giro’ verso la donna “Senta... Scotland Yard, ok? Mi rendo conto che ci deve essere stato un bel po’ di movimento, in questa ultima mezz’ora, ma ora le sarei veramente grato se potesse verificare in fretta le condizioni della dottoressa Holmes. Hanno detto che tutti i feriti sono stati trasportati qui al Bart’s... per favore”
L’infermiera esito’ un attimo e poi annui’.
“Molti sono solo contusi, che si sono feriti nella fuga presi dal panico. Puo’ darsi che la signora sia giu’ al pronto soccorso, ad aspettare di essere medicata”
Sherlock chiuse gli occhi.
Quella donna non capiva.
Molly era il bersaglio.
Moran voleva sparare a lei.
Lui e Lestrade erano arrivati al centro commerciale, ma non l’avevano trovata.
Non avevano trovato nessuno, solo un sacco di agenti e i primi giornalisti, che stavano cominciando a far rimbalzare la notizia sui media.
Lei, John e Mary l’avrebbero aspettato, se tutto fosse stato a posto.
L’avrebbero chiamato.
Se lei fosse stata bene, l’avrebbe chiamato.
Poi, era arrivato il messaggio.

AL BART’S. JW

Nient’altro.
Il viaggio verso l’ospedale era stato troppo lungo, aveva avuto tutto il tempo di immaginare troppi scenari e di temere il peggio.
 “Sherlock?”
La voce di John lo fece voltare d’improvviso.
La sua mente analitica ebbe il sopravvento e in un attimo, registro’ miriadi di dettagli.
Il sangue sulla sua camicia.
Colorito e respirazione normali, non e’ ferito. Il sangue non e’ suo.
Mary che piangeva silenziosamente vicino a lui.
Anche lei sta bene, sotto shock ma fisicamente incolume.
Per ultimo, lo sguardo di John.
Lo sguardo con cui stava accogliendo il suo migliore amico in una corsia d’ospedale, era uno sguardo dispiaciuto.
Disperato.
Sherlock gli si avvicino’.
“John...” non riusci’ a pronunciare nessuna domanda. Aveva troppa paura della risposta.
Lui scosse la testa.
“Mi dispiace. Io non l’ho piu’ vista e poi... poi gli spari sono cessati e lei era a terra, poco lontano da me... la ferita, era brutta... deve aver colpito un’arteria vicino al cuore. Perdeva molto sangue e abbiamo dovuto rianimarla, sul posto e anche in ambulanza” John stava cercando di contenere il dolore calandosi nel ruolo di medico, ma non funziono’. Abbasso’ lo sguardo e fece un respiro profondo, gli occhi lucidi “La stanno operando, ma la situazione e’ molto grave, Sherlock.”
Il singhiozzo strozzato di Mary risuono’ nel corridoio.
E Sherlock Holmes rimase a fissare il muro dietro a John.
Improvvisamente, non c’era piu’ nulla che lui volesse dire o sentire.

***

La sala d’aspetto era vuota e silenziosa.
Sherlock aveva finito per sedersi su una delle poltroncine. Piccola. Scomoda. Sporca.
Tre ore e quaranta minuti. Se l’operazione e’ ancora in corso, vuol dire che lei e’ viva.
Scosse il capo con rabbia, stringendo i pugni.
Maledizione.
Nessuno era venuto a dire niente, poteva solo aspettare e lui, stava odiando ogni singolo minuto di quell’attesa.
Voleva Molly.
Ora.
Sana e salva tra le sue braccia.
Molly che gli sorrideva. Molly che lo amava.
Molly che viveva.
Frustrato, si porto le mani al viso e se le passo’ sugli occhi stanchi.
“Caffe’?”
John gli stava tendendo un bicchiere e Sherlock lo prese, cominciando a sorseggiarlo e rimanendo poi a fissare il liquido scuro, senza parlare.
Il Dottor Watson si senti’ stringere il cuore: vederlo in quello stato era una pena immensa, non osava neanche pensare alle conseguenze, se avesse perduto Molly. Strinse gli occhi mentre le immagini vivide della sparatoria gli tornavano alla mente.
John si era tuffato a coprire Mary con il suo corpo, mentre tutto intorno la gente continuava a gridare e a scappare. Il cecchino stava ancora sparando e poi aveva centrato un vaso del negozio vicino a loro, che miracolosamente era rimasto in piedi fino a quel momento. Il cristallo si era infranto sul pavimento e poi, era di nuovo calato il silenzio. Sentiva Mary respirare forte sotto di lui, ma non era ancora pronto a lasciarla andare.
I suoi occhi avevano cominciato a vagare alla ricerca di Molly, ma non riusciva a vederla.
“Molly?” l’aveva chiamata piu’ di una volta, non poteva essere lontana. Lei e Mary stavano allegramente discutendo del colore dei tovaglioli, prima che tutto cominciasse. Era di ottimo umore, lei e Sherlock si erano chiariti e aveva accettato di venire a fare spese.
Poi, aveva visto una figura a pochi metri da loro. Era sdraiata, non si muoveva. Aveva dato un bacio sulla testa a Mary, poi si era messo a carponi e aveva strisciato  fino al punto in cui giaceva il corpo.
Era lei. Sul suo maglione, una larga macchia di sangue.
John aveva sbattuto gli occhi una volta, poi un’altra.
Non e’ possibile, era stato il suo unico pensiero per i primi tre secondi.
Poi si era riscosso e le si era avvicinato, cominciando a comprimerle il torace per tamponare l’emorragia.
“Ho bisogno di aiuto!”
John usci’ dal suo stato di trance e ritorno’ ad osservare Sherlock.
“Greg ha detto che a sparare e’ stato probabilmente il figlio di Stripe”
L’altro non gli rispose e continuo’ a fissare il caffe’.
John si ritrovo’ nel disperato bisogno di riempire quel silenzio.
“Mary e’ scesa al bar a prendere qualcosa da mangiare. Forse sarebbe meglio se anche tu mettessi qualcosa sotto i denti, non sappiamo quanto dovremo stare qui e”
Sherlock alzo’ finalmente gli occhi.
“Hai messo in salvo lei”
John ci mise un attimo a registrare le parole, che gli erano appena state dette. Fece un respiro profondo.
“Io...”
“Al telefono ti ho detto di portare via Molly, era lei il bersaglio. Quando gli spari sono cominciati, tu hai gridato il nome di Mary e hai messo in salvo lei” lo sguardo di Sherlock era di ghiaccio.
John scosse la testa.
“Non farlo, Sherlock, per favore... non rinfacciarmi questa cosa. Sono stati momenti concitati, io ho tentato... ma Molly era piu’ lontana. Non potevo muovermi, mentre quel pazzo sparava”
“Il suo telefono era spento. A corto di batteria, probabilmente... si dimentica sempre di metterlo in carica. Mi sono ricordato che avevate parlato di un pomeriggio di shopping, cosi ho chiamato te” Sherlock strinse con forza il bicchiere del caffe’ e un po’ di liquido fini’ sul pavimento “Mary non era un obiettivo, non conta nulla per me. Tu hai lasciato Molly da sola!”
John indietreggio’ al tono furioso di Sherlock.
Improvvisamente, lo stress prese il sopravvento anche su di lui.
“Smettila! Rifiuto di sentirmi in colpa, Mary e’ la donna che amo! Te l’ho detto, e’ successo tutto molto velocemente, non c’e’ stata molta scelta  e neanche il tempo di capire, che diavolo stesse succedendo! Non potevo certo immaginarlo e tu... tu hai tenuto un sacco di segreti su questa storia! Quando hai scoperto che i cecchini erano due?”
“Ti ho chiamato appena l’ho scoperto, ti ho chiamato perche’ tenessi in salvo Molly fino al mio arrivo!”
“IO NON”
“Ragazzi!”
La voce della signora Hudson arrivo’ ad interromperli.
“Smettetela subito! Siamo in un ospedale, per l’amor del cielo. Non ho idea di che cosa stiate discutendo, ma ora la piantate, tutti e due! Si puo’ sapere cosa vi succede? E’ il momento di stare uniti, questo, non di litigare... le famiglie fanno cosi e noi” la signora Hudson si porto’ improvvisamente la mano alla bocca e comincio’ a piangere silenziosamente.
John fece un altro respiro profondo e provo’ a calmarsi, poi ando’ vicino all’anziana signora e la abbraccio’.
“Mi dispiace, ha ragione.”
Sherlock si giro’ dall’altra parte e ando’ a buttare il bicchiere nel cestino dello sporco.
Improvvisamente, ricordo’ esattamente il sorriso impacciato di Molly la prima volta che gli aveva portato il caffe’.
Con un gesto improvviso e rabbioso, diede un calcio al cestino e ne rovescio’ tutto il contenuto.
“Signor Holmes?”
Ci siamo.
Sherlock strinse le labbra e si giro’ piano, incontrando lo sguardo stanco del chirurgo.
“Sono il Dottor Robinson. Sua moglie ha superato l’operazione. Ha avuto un’altra crisi cardiaca, ma l’abbiamo recuperata in tempo. Tuttavia, ha perso molto sangue e il danno interno e’ rilevante... mi dispiace, le prossime ore saranno cruciali ma saro’ sincero, lesioni di questo tipo sono molto gravi.
Credo che debba essere pronto al peggio.”
John strinse piu’ forte la signora Hudson e osservo’ Sherlock. Trattenne a stento l’impulso di raggiungerlo, anche solo per stargli vicino. Lo vide abbassare lo sguardo e poi rialzarlo, gli occhi ancora a fissare un punto lontano.
“Vorrei vederla”
Il dottore annui’ e gli fece cenno di seguirlo.
John fece sedere la signora Hudson e poi, si chino’ vicino al cestino dell’immondizia.
Con gesti calmi e precisi, raccolse tutte le cose rovesciate sul pavimento e le rimise a posto.

***

Avra’ bisogno di un fermaglio per i capelli. Forse, nella sua borsa ha uno di quei lacci che lascia sempre disseminati per casa.
Sherlock si guardo’ in giro, ma naturalmente la borsa doveva essere stata messa da qualche altra parte.
Devo mettere in carica il telefonino, il caricabatterie e’ a Baker Street, ovviamente. Non se lo porta mai dietro e poi finisce che il cellulare si scarica. Finische che
Sherlock chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.
Era sopraffatto da pensieri inutili, ma non riusciva ad evitarlo... continuavano a venirgli in mente cose stupide, cose che a Molly non sarebbero servite ma che, improvvisamente, si presentavano precise nella sua mente.
Dovevano cambiare l’abbonamento alla tv via cavo. La nuova serie di quel programma che le piaceva tanto, aveva cambiato collocazione.
C’era da comprare un altro forno a microonde, lei non era affatto contenta di come gli ultimi esperimenti che lui aveva condotto, avessero ridotto quello attuale.
Il  lettore mp3 di Molly non funzionava piu’ molto bene, insisteva nel farle ascoltare solo alcune canzoni.  Non aveva ancora avuto il tempo di acquistarne uno nuovo.
Doveva rinnovare il prestito del suo libro in biblioteca, lei insisteva sempre per prenderne piu’ di uno alla volta e poi, non aveva mai il tempo di finirli nel periodo giusto.
Sherlock scosse la testa, gli sembrava di impazzire. Il respiratore a cui Molly era collegata emetteva un suono regolare e si concentro’ su quello, per ritrovare un po’ di calma.
Non sapeva piu’ nemmeno da quanto tempo fosse li, probabilmente da un po’, visto che c’era stato il cambio del turno delle infermiere.
Lestrade era passato e si era fermato sulla soglia della stanza, solo per dire che la caccia a Moran stava continuando. Non era riuscito a guardare il letto in cui Molly lottava per la sua vita.
La signora Hudson era entrata e gli aveva posato una mano sulla spalla, piangendo silenziosamente. Poi si era avvicinata a Molly e le aveva dato un bacio in fronte. Sherlock era rimasto impassibile, anche se il gesto della loro affittuaria aveva un che di definitivo, di saluto finale.
Non aveva commentato nulla, anche quando lei gli aveva detto che John e Mary erano ancora nella sala d’aspetto.
Non ora.
“Mamma sta arrivando da New York, non e’ riuscita a trovare un volo prima”
Mycroft entro’ nella stanza e rimase per qualche momento ad osservare Molly, un’espressione concentrata sul viso.
Sherlock non diede segno di averlo sentito.
“Hanno degli ottimi medici, qui al Bart’s ma se preferisci, posso far venire qualcuno dall’esterno.”
Nessuna risposta, Mycroft si volto’ finalmente verso suo fratello.
“Mando una macchina a prenderti un cambio d’abiti, a quanto pare in questo momento tu e il Dottor Watson non state comunicando molto e davvero, Sherlock, mi sembra alquanto”
“Va via”
Mycroft chino’ per un momento il capo, poi ritorno’ a guardarlo, uno sguardo deciso sul volto.
“No”
Sherlock si alzo’ di colpo e gli ando’ pericolosamente vicino.
“Va via, Mycroft, o ti prendo a pugni”
Istintivamente, il maggiore dei fratelli Holmes fece un passo indietro, ma si ricompose subito.
“Non e’ il momento di fare i capricci, Sherlock. Molly e’ mia cognata e tu sei evidentemente al limite, hai bisogno di aiuto, per gestire questa cosa”
“Mi vuoi offrire il tuo aiuto? Ora mi vuoi offrire il tuo aiuto? Ora che mia moglie e’ in un dannatissimo letto di ospedale, tu mi vuoi aiutare? Ti ho chiesto di quella foto, Mycroft! Sono venuto da te e tu mi hai mentito, hai detto di non sapere chi fossero gli uomini con papa’, non hai accennato al fatto di conoscere Finnmore, che avesse provato a ricattarti anni fa! Hai cercato di fare in modo, che mamma mi convincesse a non cercare tra le carte di nostro padre! E’ pazzesco!” Sherlock si passo’ frustrato una mano tra i capelli “tu lo sapevi e non mi hai detto niente... il figlio di Stripe ha sparato a Molly!”
Mycroft lo osservo’ in silenzio per un attimo.
“Io non sapevo nulla, della storia di papa’ e del suo gruppo di lavoro. Non mi e’ mai interessato, sapere quello che aveva fatto e sicuramente, non mi interessavano le sue debolezze e i suoi errori. Quando Finnmore ha tentato di ricattarmi, ho semplicemente liquidato la faccenda.
E non sapevo che stesse ricattando mamma, altrimenti avrei posto fine alla questione molto tempo fa.”
Sherlock scosse la testa.
“O magari no. La tua carriera e il governo prima di tutto, giusto?”
“Le responsabilita’ richiedono scelte, fratello caro... papa’ ne ha fatte di sbagliate, non era affatto mia intenzione ripetere l’errore. O rendere pubbliche storie del passato, la qual cosa non avrebbe giovato a nessuno.”
“Soprattutto al caro, vecchio Regno Unito” Sherlock pronuncio’ la frase con un tono stanco. Torno’ a guardare Molly e il suo viso pallido, fu come un pugno nello stomaco.
“Fino a poco tempo fa, non ti importava nulla di cio’ succedeva intorno a te, bastava che tu avessi la possibilita’ di fare il tuo lavoro. O l’hai dimenticato?”
Sherlock scosse la testa. Quello era stato prima.
Prima di John. E prima di Molly.
“Non voglio nulla, da te. Grazie, Mycroft.”
L’altro rimase immobile, tornando ad osservare la piccola figura nel letto d’ospedale.
“Grazie, Mycroft”
Nella cucina dell’appartamento londinese di Madleine Holmes, Molly si alza sulle punte e da’ un bacio sulla guancia a suo cognato, cogliendolo totalmente di sorpresa.
Lei gli sorride.
“State sostenendo una conversazione altamente civile ed educata, lo so che per la maggior parte e’ merito tuo e non di mio marito... e’ davvero un bel Natale, significa molto per me”
Lui non puo’ fare a meno di contraccambiare il sorriso e stupirsi una volta di piu’, di quanto quella donna stia impercettibilmente cambiando le loro vite.
Erano anni, che non si trovavano insieme a tavola per una festa.
E’... piacevole.
Gli ricorda quando tutto era piu’ semplice, quando la sua famiglia si poteva considerare tale almeno nelle ricorrenze ufficiali.
Quando lui e Sherlock si punzecchiavano divertendosi, senza tutta l’animosita’ degli ultimi tempi.
“Grazie a te, Molly” si ritrova quindi a risponderle, guadagnandosi un altro sorriso.
Mycroft scosse il capo al ricordo che lo aveva appena colpito e senti’ un nodo alla gola.
Ricaccio’ subito indietro quella sensazione e usci’ piano dalla stanza.
I sentimenti erano una debolezza, lui non poteva permetterseli.

***

Sherlock rientro’ nella stanza dopo aver riempito l’ennesimo modulo.
John Watson sedeva vicino al letto, lo sguardo concentrato sul viso di Molly, come se stesse cercando di comunicarle qualcosa.
“Puoi anche prendermi a pugni, ma il mio posto e’ qua. Non me ne andro’. E’ mia amica, tu sei mio amico... io resto” gli disse, continuando a fissare il corpo che giaceva vicino a lui.
Sherlock gli si sedette in parte senza commentare.
Per un po’, nessuno dei due parlo’.
“Ho paura, John.” sussurro’ infine Sherlock.
L’altro annui’.
“Lo so. Mi dispiace, mi dispiace tanto”
“Se dovessi perderla, non sarei piu’ nulla... non potrei tornare ad essere quello di prima e non... non avrebbe senso, continuare a cercare di essere come sono adesso con lei. Ad essere felice. Lei e’...”
Il motivo per cui torno sempre indietro, per cui e’ bello tornare indietro.
Incapace di continuare, Sherlock abbasso’ il viso sulla mano di Molly e rimase in silenzio.
John gli appoggio’ la mano sulla spalla, cercando di trasmettergli tutto il conforto possibile, ma si senti’ totalmente inutile.
Non aveva mai visto Sherlock in quelle condizioni: quando l’aveva conosciuto, era rimasto totalmente affascinato dalla sua straordinarieta’, e non aveva problemi ad ammettere di essercisi attaccato disperatamente, per riuscire a superare tutto quello che la guerra gli aveva lasciato dentro. Ma ben presto, aveva sviluppato per lui stima e affetto e insieme, avevano costruito un rapporto strano ma onesto e reciproco, che aveva comportato non pochi compromessi, da parte di entrambi. Erano cambiati molto tutti e due ma adesso, non era sicuro di poter essere d’aiuto a Sherlock con tutte le emozioni che stava provando.
Sapeva che lo stavano sopraffacendo e che per la prima volta da quando lo conosceva, era davvero spaventato.
Aveva parlato con il Dottor Robinson, purtroppo Molly non stava rispondendo alle cure.
Molly stava morendo e John Watson aveva davvero paura, che questo avrebbe distrutto il suo migliore amico.
“Mi dispiace tanto, se solo fossi riuscito a raggiungerla prima che gli spari cominciassero...” si ritrovo’ a mormorare.
Sherlock alzo’ piano il viso e lo guardo’ per la prima volta.
“Lascia stare. Ho sbagliato ad arrabbiarmi, e’ stato ingiusto accusarti a quel modo”
John scosse la testa.
“Sembrava di essere sotto uno degli attacchi dei ribelli in Afghanistan, quando sparavano a casaccio solo per creare confusione e spaventare i civili”
Negli occhi di Sherlock passo’ un lampo.
“Che cosa?”
John si arresto’ di botto e un pensiero improvviso gli si formo’ nella mente.
“Ha voluto confonderci e dividerci” elaboro’ poi piano.
Sherlock strinse le labbra.
“Ha giocato. Ha fatto in modo che ci fosse il panico, che vi allontanaste e poi, ha colpito Molly. Era l’unica che voleva colpire sin dall’inizio, ma voleva che pensassimo che fosse una conseguenza del fatto che tu non fossi vicino a lei. Sapeva che io ti avrei biasimato, per questo. Ci stava mandando un messaggio.”
“Un messaggio?”
“Ci conosce bene, sapeva esattamente quello che sarebbe successo.”
John era perplesso.
“Perche’ avrebbe dovuto farlo? Che interesse aveva, visto che stava portando avanti la vendetta di suo padre?”
Sherlock non rispose subito, poi lo sguardo gli cadde sul tavolino in parte al letto.
“Chi ha portato questi fiori?”
Jonn si volto’, sempre piu’ confuso.
“I fiori? Non lo so. Non e’ entrato nessuno, da quando sono qui io. Suppongo fossero gia’ qui, li avranno portati mentre tu eri fuori... Sherlock?”
Lo osservo’ prendere il bigliettino attaccato al vaso.
“Non Moran, qualcun altro...” lo senti’ sussurrare.
“Sherlock?”
L’altro si riscosse.
“Devo andare”
John spalanco’ gli occhi.
“Andare? Dove? Sherlock, che succede?”
“A finire questa storia, in un modo o nell’altro”
Il suo amico gli afferro’ con forza il braccio.
“No, aspetta... di qualunque cosa si tratti, la affronteremo insieme”
Sherlock gli fece un mezzo sorriso.
“Si, certo. Per questo, tu rimarrai con Molly.”
John scosse la testa con energia.
“No! No, non andrai da solo, ovunque tu stia andando, avrai bisogno di me”
“Io ho bisogno che tu resti qui. Con lei. Se dovesse succederle qualcosa, ho bisogno di sapere che ci sarai tu, a fare le scelte giuste. Che avrai cura di lei... in un modo o nell’altro.
Lei ti ha indicato come seconda persona autorizzata alle decisioni sul suo trattamento medico. So che deciderai per il meglio”
Anche nel caso che meglio, significhi perderla per sempre.
“Non darmi questa responsabilita’...”
Sherlock gli sorrise di nuovo.
“Non c’e’ nessun altro, a cui vorrei chiederlo... nessun altro di cui mi fidi di piu’. Per favore, John.”
Il Dottor Watson osservo’ il suo migliore amico chinarsi su sua moglie e darle un bacio leggero.
Chiuse gli occhi e quando li riapri’, Sherlock Holmes era scomparso.

***

(dal prologo)
L’aria gelida di febbraio lo colpisce in pieno viso.
Il ponte dove si trova e’ deserto: nessuno con un po’ di buon senso, si avventurerebbe mai fuori con questo freddo, a meno di avere un motivo piu’ che valido.
Questo, e l’ora tarda, fanno di questo ponte un luogo perfetto per l’incontro che lo aspetta.
Mentre guarda le acque scure del Tamigi scorrere sotto di lui, riflette che questo e’  l’unico modo in cui tutto puo’ finire, in cui lui stesso vuole che tutto finisca.
La rabbia e l’angoscia sono cosi forti, che rischiano di prendere il sopravvento.
Non se lo puo’ permettere.
Per anni, non ha lasciato che i sentimenti entrassero nella sua vita, che lo condizionassero. Ha lasciato invece che la logica lo guidasse, gli permettesse di essere quello che la sua mente brillante gli chiedeva di essere.
Poi, tutto e’ cambiato.
No.
Tutto e’ migliorato.
Osserva la fede all’anulare sinistro. Da quando si e’ sposato, spesso si ritrova a giocherellarci mentre sta pensando, come se il semplice tocco di quell’anello lo aiutasse a concentrarsi. Per un attimo, ripensa a quando lei con sguardo timido gli ha detto che non era obbligato a portarlo, se non lo desiderava. Le ha risposto che era un’idea illogica, quell’anello suggellava la loro unione, l’aveva sposata perche’ gli piaceva l’idea che lei fosse sua.
Sua.
Il suo sorriso.
Il suo corpo.
La sua anima.
Di nuovo, le sensazioni e i ricordi sembrano travolgerlo, si aggrappa alle sbarre del ponte e chiude gli occhi, sentendoli bruciare forte.
Lui non piange mai, non lo fara’ neanche ora.
Piu’ tardi, quando tutto sara’ finito, si permettera’ di lasciarsi andare.
Sesara’ ancora vivo.
A un tratto, sente che lui e’ qui.
 “La vedovanza non ti si addice, Sherlock. Hai un aspetto orribile”
Sherlock Holmes fa un respiro profondo e si volta verso la figura nell’ombra che ha appena parlato.
 

Ok. Sono tornata.
Due cose:
grazie dei vostri bellissimi commenti.
Londra e’ meravigliosa.
 
 
 

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Capitolo 9
*** capitolo 8 ***


Ci siamo! Uff... peccato, questa fanfic e’ quasi finita, siamo finalmente sul ponte anche se questo non e’ l’ultimo capitolo!
Grazie mille ancora a chi ha recensito e a chi ha letto.
 

VENDETTE
CAPITOLO 8
 

“La vedovanza non ti dona, Sherlock. Hai un aspetto orribile.”
La figura emerse dal buio e arrivo’ sotto il lampione. Sul volto dell’uomo era stampato un ghigno soddisfatto.
Sherlock lo osservo’ per un attimo. Sapeva chi stava per incontrare, tuttavia una parte di lui non riusciva ad accettarlo.
“OOOpss, scusa e’ vero, non sei vedovo in tutto e per tutto... la graziosa signora Holmes e’ ancora viva. Suppongo che sia solo questione di ore, vero?”
“Moriarty” esclamo’ infine Sherlock.
L’altro amplio’ il suo sorriso, poi batte’ le mani eccitato.
“Siiii! In persona! Oh, caro Sherlock, che bello incontrarci di nuovo. Ti sono mancato?”
Lui scosse la testa, ancora incredulo “Tu sei morto”
“Anche tu” gli rispose Jim alzando le spalle.
“Ho visto, quando ti sei sparato”
Da vicino. In pieno viso.
Jim Moriarty sbuffo’.
“E John Watson ti ha visto buttarti da quel palazzo. Sul serio, Sherlock... dobbiamo recitare la fiera delle ovvieta’ per tutta la notte? Sappiamo entrambi che nessuno dei due riuscira’ mai a capire come l’altro ha fatto, anche se devi ammettere che io ho un piccolo vantaggio su di te. Sapevo fin da subito che era una farsa!”
Quando vide che l’altro non gli rispondeva, assunse un’aria offesa.
“Oh, ma non sei contento di rivedermi neanche un po’? Ma dai, ero cosi convinto che ti saresti tutto elettrizzato all’idea di scoprire che sono ancora vivo, che ho inscenato la mia morte esattamente come hai fatto tu! Che non ti ho mai veramente lasciato... hai fatto cosi tante cose in questi ultimi due anni! Sono cosi orgoglioso di te! Ti ho seguito, ti ho osservato.
Ho aspettato”
Sherlock contrasse la mascella.
“Hai aspettato?”
Moriarty sorrise di nuovo.
“Ma certo! Come, non avevi capito? Eppure te l’avevo detto” assunse un’aria pensosa, come se stesse davvero riflettendo “me la ricordo bene, quella sera alla piscina. Mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro, ma forse no. E poi, quando ci siamo ritrovati sul tetto, in effetti le cose sono state un po’ precipitose. Scusa, un po’ e’ colpa mia, se non hai compreso bene”
“Compreso cosa?”
“Ma che ti avrei bruciato il cuore, caro Sherlock!” sul suo volto torno’ un’espressione feroce “il cuore, quello che tu hai detto di non avere... ora lo senti bruciare, vero?”
Sul viso di Sherlock passo’ un lampo di comprensione, poi scosse la testa.
“No... no. Nemmeno tu saresti riuscito a prevedere tutto.”
“E invece SI!” grido’ Moriarty “credi che lo stupido giochetto di farti scegliere tra la vita di tre... amici” pronuncio’ la parola con tono disgustato “e la tua, fosse l’atto finale? Credi che non sapessi che saresti stato in grado di ideare una soluzione alternativa? Che mi sarei sparato? Oh, per favore... non insultare la mia intelligenza! Quello era il primo passo, la prima fase per studiare come avresti rivalutato le tue convinzioni, rivalutato le persone che ti stavano accanto, rivalutato lei... se l’avresti guardata con occhi diversi”
Fece un altro passo verso Sherlock.
“Perche’ pensi che ci sia uscito insieme? Potevo trovare mille modi per avvicinarti, non l’ho fatto per questo. Dovevo capire, verificare che Molly fosse pronta a rischiare tutto, quando tu gliel’avessi chiesto. La piccola, cara Molly Hooper, cosi innamorata di te, cosi ansiosa di aiutarti.
Ho fatto in modo che tu avessi solo lei, che pensassi che per me fosse inutile, ai fini del mio piano... invece lei era la parte principale! E’ diventata la tua ancora di salvezza e tu ti ci sei attaccato, anche piu’ di quanto avessi previsto. La ragazza che contava, e io lo sapevo ancora prima che lo scoprissi tu!
E il tuo cuore e’ cresciuto, Sherlock... per tutto questo tempo ho aspettato e osservato, e ti ho visto IMPARARE AD AMARE!”
Sherlock Holmes ascoltava impietrito le parole di Jim Moriarty.
Un grande gioco. Fin dall’inizio.
Quel bastardo aveva atteso nell’ombra, aspettando il momento giusto per colpirlo e fargli del male, per colpire Molly.
Per portargliela via.
Una grande rabbia lo invase e con un movimento veloce, estrasse la pistola dalla tasca e la punto’ contro il pazzo criminale che gli stava di fronte.
Jim scosse la testa.
“No, no, no... uffa. Che delusione e che mancanza di fantasia. Ma dai, una pistola, Sherlock? Non avrai per caso intenzione di spararmi davvero?”
“Non muoverti” gli intimo’ lui con voce glaciale.
Moriarty comincio’ invece ad avanzare.
“Non lo farai, per lo meno non subito. Prima sicuramente vorrai capire di piu’, giusto? Perche’ tu sei fatto cosi, Sherlock.
Vediamo, da dove posso cominciare? Oh, naturalmente dai complimenti per come hai inscenato la tua morte... veramente notevole. Il ciclista e’ stato un tocco da maestro, se permetti.”
Scosse la testa come se trovasse la cosa estremamente divertente.
“L’espressione di John Watson quando ha capito che ti saresti buttato! Impagabile!” si fermo’ portandosi le mani alle guance “e Parigi! Cosi romantica, per una riunificazione! Per un attimo ho davvero pensato che ti saresti lasciato Molly alle spalle, tanto eri contento di ritrovare il tuo migliore amico!”
Sherlock rafforzo’ la presa sulla pistola, incapace di commentare tutto quello che l’altro gli stava dicendo.
“Ma naturalmente NO!” esclamo’ Moriarty, buttando le mani per aria “quando sei tornato la volevi ancora, solo che hai dovuto imparare, Sherlock. E’ stato allora che ho avuto davvero la conferma che il mio piano avrebbe funzionato, quando tu ti sei buttato ai suoi piedi chiedendole di insegnarti, di fare quelle sue stupide liste!”
Sherlock chiuse per un attimo gli occhi al ricordo di quella sera.
Molly che piange pensando che tra di loro non possa funzionare. Lui che le chiede pazienza e fiducia.
“E poi Venezia, naturalmente!” Moriarty batte’ di nuovo le mani “cosi lontano da lei quando e’ stata aggredita! E la tua decisione di sposarla... quella sciocca e assurda proposta, sembrava la scena di un film. Onestamente, Sherlock... scomodare la regina?!”
Tutta la sua vita. Moriarty non si era perso un attimo di tutta la sua vita.
“E il matrimonio, che bel momento. Con il pericolo che tu non arrivassi in tempo. Quando quell’idiota di tua moglie ha interrotto la cerimonia, ho avuto voglia di saltarle al collo. Stava rovinando i miei piani!” il tono di Moriarty stava rasentando l’isteria, ora. Non riusciva a stare fermo.
“Adesso basta!” Sherlock fece un passo avanti, incapace di controllare il tremito che gli aveva preso le mani. Cerco’ di scacciare dalla mente il pensiero di Moriarty che osservava lui e Molly, che seguiva ogni loro passo.
“Oh, non sarai offeso, vero?” Moriarty improvvisamente si fermo’. “Ho sempre cercato di rispettare la vostra privacy, nel limite del possibile. Te lo assicuro.
Sai, non so davvero quale sia stato il mio momento preferito... il vostro primo bacio vicino alla vasca da bagno? Il litigio sull’abito da sposa? Il ballo al vostro matrimonio? Oh no... ci sono” fece un sorriso cattivo “la prima volta che avete fatto l’amore, Sherlock. Cosi impacciati, cosi teneri e appassionati. Molly non rideva cosi da molto tempo, vero?”
Era la notte prima della partenza di Sherlock e non sapevano quanto tempo sarebbe passato, prima di rivedersi. Lui non aveva programmato di farlo accadere, la trasformazione del suo rapporto con Molly era ancora recente e semplicemente, era spiazzato da tutte le sensazioni che stava provando. Ma anche rassicurato, come se in quel momento fossero l’unica cosa giusta nella sua vita... e lui voleva.
Voleva avere quel ricordo, quelle sensazioni da portare con se’, ovunque la sua caccia l’avrebbe portato.
Voleva Molly.
Erano cosi ansiosi di toccarsi ed esplorarsi, che erano caduti dal letto e lei aveva cominciato a ridere come una pazza. Aveva continuato a farlo anche mentre gli toglieva i vestiti, li sul pavimento, e lui per un attimo era rimasto ad osservarla affascinato, finche’ non aveva ricominciato a baciarla e lei aveva smesso definitivamente di ridere.
Non fu il pensiero di essere stato spiato in un momento tanto intimo, a far imbestialire Sherlock.
Fu il ricordo della risata di Molly, della pura gioia dipinta sul suo volto mentre era con lui, del totale abbandono che ne era seguito.
Non era giusto che  Moriarty avesse anche solo avuto un accenno di questo, che in qualche modo l’avesse colto.
Moriarty, che in quel momento aveva un’espressione assolutamente soddisfatta.
 “Ti ho battuto, Sherlock. Ho mantenuto fede a quello che ti avevo promesso. Il tuo cuore e’ bruciato. Hai perso tutto quello che avevi costruito. Il tuo migliore amico ti ha deluso e presto si accasera’ con la graziosa signorina Morstan, persino il tuo caro fratellino ha dimostrato di non tenere cosi tanto a te. E tua moglie...”
“Lei non e’ morta”
“Non ancora.” Moriarty alzo’ le spalle con noncuranza “ma e’ solo una questione di tempo, no? Forse sta morendo proprio in questo istante, mentre noi conversiamo amabilmente su questo ponte. Che cosa hanno detto i dottori? Ah si, speranze minime... condizioni disperate. E tu sei qui con me, la tua sete di vendetta e’ piu’ forte del desiderio di starle accanto!”
“Stripe e Moran hanno sempre ubbidito a te” considero’ amaramente Sherlock.
“Assolutamente si! Stripe voleva vendicarsi e io l’ho aiutato... conoscere il tuo nemico significa conoscere anche i segreti della sua famiglia, anche quelli che non conosce lui stesso! In cambio, gli ho chiesto il piccolo favore di non uccidere i fratelli Holmes... nessuno dei due. Avevo altri progetti, per te: perche’ porre fine alla tua vita quando invece, potevo renderla miserabile? Ancora piu’ miserabile di quando tutti ti credevano un impostore? Sono stato un po’ indeciso su chi toglierti, la graziosa moglie o il migliore amico? Avete un rapporto strano, voi tre, lasciatelo dire.
Sfortunatamente, Sebastian ha una mira peggiore di suo padre... sai, Stripe ha ucciso Stern ma poi aveva quei suoi piccoli problemucci di salute e suo figlio ha sparato a Roster, senza pero’ colpirlo alla testa. Per un attimo, ho creduto che avresti capito che i tiratori erano due, ma eri cosi preso dai tuoi problemi familiari che ci hai messo un po’, a venirne a capo. Proprio in tempo perche’ fosse colpita  Molly!
Ah, Sherlock... i sentimenti! CHE GROSSO IMPICCIO!” Moriarty termino’ il suo discorso urlando nel buio della notte.
“TI uccidero’”.
Sherlock pronuncio’ quelle parole senza nessuna emozione, improvvisamente svuotato di ogni forza. Moriarty era li, davanti a lui e per la prima volta da quando lo conosceva, non gli importava piu’ nulla di capire, di tracciare il folle percorso della sua mente e di stupirsi della sua intelligenza.
No.
L’unico pensiero in quel momento era quello di togliergli la vita. Ucciderlo, definitivamente. Privarlo di ogni possibilita’ di continuare a  pensare, manipolare, distruggere.
Respirare.
Occhio per occhio, dente per dente, in un unico gesto di giustizia sommaria. In che cosa quello l’avrebbe reso diverso da Stripe e da Moran?
Il fatto che Moriarty non fosse un innocente rendeva piu’ lecito il suo diritto alla vendetta?
Il suo assumersi i ruoli di giudice e carnefice?
L’altro uomo sembro’ cogliere i pensieri che lo attraversavano.
“Non lo farai” gli disse con tono beffardo.
Sherlock strinse ancora di piu’ la pistola e una serie di immagini nitide gli si presento’ alla mente.
“Di cosa hai bisogno?”
“Di te”
Molly che accetta di aiutarlo senza riserve.
Molly che gli stringe la mano quella notte e gli comunica che non e’ solo.
Molly che lo bacia. Che lo tocca. Che gli entra cosi in profondita’, lentamente e inesorabilmente, cambiando tutta la sua vita.
Molly che sorride all’altare.
Molly in quel letto d’ospedale.
“Ti sbagli” gli si avvicino’ di qualche passo.
Non solo l’avrebbe ucciso, ma avrebbe guardato i suoi occhi spegnersi, fino alla fine.
“Credo invece che abbia ragione. Non lo ucciderai”
Sherlock giro’ la testa di scatto.
Suo fratello Mycroft li aveva raggiunti silenziosamente sul ponte.
In mano aveva una pistola e la puntava dritta su di lui.
Sherlock e Moriarty lo osservarono sorpresi, poi il criminale riprese il solito ghigno maniacale.
“Oh, il fratello maggiore! Che bella sorpresa, ti sei unito alla festa. Sei venuto a spiegare al tuo fratellino le ragioni, per cui io ti sono piu’ utile vivo che morto? Le ragioni per le quali in passato, tu e il tuo governo avete largamente tollerato la mia presenza?”
Mycroft alzo’ l’angolo della bocca in un sorriso storto.
“Sono qui perche’ Sherlock non ti uccidera’, Jim”
“Gliel’ho detto anche io! E io non sbaglio mai!” Moriarty sorrise.
“Vattene, Mycroft.” Sherlock non poteva credere a cio’ che stava sentendo. Non poteva credere che suo fratello avesse intenzione di fermarlo puntandogli un’arma addosso.
No. Questa volta Mycroft non si sarebbe intromesso. A costo di minacciarlo di sparargli.
Voleva assolutamente Moriarty morto.
Mycroft continuava a tenere la pistola puntata su di lui, uno sguardo deciso sul viso. Per un lungo istante, sul ponte regno’ solo silenzio.
“Posso concordare solo a  meta’, Jim. Almeno per quanto riguarda la mia famiglia” disse infine il maggiore dei fratelli Holmes.
Moriarty gli rivolse uno sguardo perplesso.
“Credi di conoscerci cosi bene... ci hai persino dato dei soprannomi, vero? Il vergine... sbagliato.”scosse la testa, quasi divertito “Almeno se intendevi nel senso piu’ fisico del termine. Sherlock ha avuto le sue esperienze, in passato... solo non gli sono mai veramente interessate. Ha preferito coltivare la sua mente e proseguire nel suo ridicolo lavoro. Avrebbe potuto fare qualunque cosa, essere chiunque e invece, si e’ inventato un’occupazione futile e inutile. E nonostante quello che gli dissi un giorno, poi ha deciso di cambiare, di lasciare spazio ai sentimenti. Ma non si e’ indebolito, e’ ancora brillante e ha ancora abbastanza coscienza da esitare ad uccidere un uomo a sangue freddo, anche se quell’uomo e’ il diavolo in persona.”
“Io non ho nessun dubbio!” Sherlock fatico’ a trattenere la rabbia.
“Sta zitto!” urlo’ Mycroft e per un attimo, l’espressione dei suoi occhi fu in contrasto con il tono duro con cui aveva pronunciato quelle parole.
Sta zitto, fratellino. Ci penso io.
Poi, si giro’ di nuovo verso Moriarty, la pistola questa volta puntata verso di lui.
“Ma avevi ragione.” Ricomincio’, la voce bassa e gelida “Per quanto mi riguarda, per lo meno.
Io sono davvero l’uomo di ghiaccio. Torna all’inferno.”
Moriarty ci mise solo un attimo a capire le implicazioni di quell’affermazione, prima che il proiettile gli arrivasse dritto in fronte.
Ancora stupito per la piega degli eventi, Sherlock osservo’ suo fratello raggiungere l’uomo a terra e sparargli ancora, questa volta dritto al cuore.
“Nessuno tocchera’ piu’ la mia famiglia. Nessuno” lo senti’ mormorare, prima di rimettere la pistola in tasca. Lo vide rimanere per un attimo ad osservare cio’ che aveva fatto, poi scuotere la testa e girarsi, la solita espressione neutra sul volto.
“Perche?” riusci’ infine a chiedergli.
Mycroft si sistemo’ la giacca e prese il telefono dal taschino, cominciando a digitare sulla tastiera.
“Perche’ cosa?” chiese con tono indifferente, senza neancha alzare la testa.
Sherlock emise un gesto di impazienza alla risposta del fratello.
“Perche’ sei qui? Perche’ gli hai sparato? Tu non fai queste cose, gli altri si sporcano le mani al posto tuo!”
Mycroft rimise il telefonino nella giacca.
“Davvero, Sherlock. Tendete tutti a sopravvalutare il ruolo lavorativo minore che io ricopro.”
“L’avrei ucciso io!”
Mycroft lo sorprese di nuovo, avvicinandoglisi velocemente con un’espressione adirata.
“Lo so. E avresti fatto uno sbaglio enorme.” Sembro’ rendersi conto dello scatto di rabbia che aveva avuto e indietreggio’, facendo un profondo respiro.
Era davvero tanto tempo che Sherlock non lo vedeva veramente perdere le staffe.
“Sono io il maggiore. E sono io quello che puo’ convivere tranquillamente con questa cosa, che puo’ affrontarne le conseguenze. Tu hai altri obblighi. Torna da tua moglie, stalle vicino e aspetta che si rimetta.”
Sherlock strinse i pugni.
Molly.
Le parole dei dottori erano state chiare. Le speranze erano minime.
“E’ una Holmes.” Affermo’ Mycroft con sicurezza “Nutro forti speranze che non dia altro che il suo meglio, anche in questo caso. E tu dovrai essere li, quando si svegliera’: le potrai dire che questa storia e’ finita, guardandola negli occhi senza nasconderle nulla”
I due fratelli rimasero per un attimo a guardarsi.
Sherlock avrebbe potuto uccidere Moriarty, ma questo l’avrebbe fatto scendere al suo stesso livello. Avrebbe avuto la sua vendetta, ma non sarebbe stato molto diverso da tutti coloro che avevano agito in questa storia. Un tempo, per lui sarebbe stata una semplice equazione. Una vita per un’altra vita.
Il tempo in cui era solo e non gli importava, il tempo in cui essere bravo significava solo fare bene il suo lavoro.
Quando non c’erano legami di amicizia o di amore con cui confrontarsi e per i quali, valesse la pena impegnarsi e dare il meglio.
Mycroft lo osservo’ in silenzio ancora per qualche secondo e poi annui’ piano, sicuro che suo fratello avesse capito.
 “Adesso scusa, ma devo ripulire... e’ passato un po’ di tempo da quando mi occupavo direttamente di queste cose, ho bisogno di non avere nessuno intorno.” Disse infine, avvicinandosi di nuovo al corpo di Moriarty.
E’ venuto da solo. Non per il suo governo, ma per la sua famiglia.
Aveva ucciso Moriarty, quando invece erano ancora in molti a desiderarlo vivo. Quando il suo stesso governo, probabilmente si aspettava  una soluzione diversa.
Con stupore, Sherlock realizzo’ la portata di questa cosa.
Mycroft era andato contro tutte le sue regole, per essere li con lui stasera.
Suo fratello.
“Grazie” mormoro’ alla figura voltata.
L’altro non si giro’, ma le sue spalle si raddrizzarono e Sherlock immagino’ che stesse facendo il suo sorrisetto soddisfatto dei tempi migliori.

***

John Watson si mosse a disagio sulla poltrona, sentendo i muscoli del collo tirare come matti.
Nella stanza buia, gli unici rumori erano quelli del monitor e del respiratore collegati al corpo di Molly.
Forza, ragazza.
Non era la prima volta che quel pensiero arrivava chiaro nella sua testa e poi, cercava di uscire da lui con tutte le forze, spingendosi fino alla piccola figura nel letto, nella speranza di darle una scossa.
Svegliati, Molly. Torna da lui. Torna da noi.
“Non c’e’ stato nessun cambiamento”
La voce dietro lo fece sobbalzare e girandosi vide Sherlock.
La luce del corridoio filtrava nella stanze e fu in grado di vedere l’espressione stanca e sconfitta sul suo volto.
“Grazie al cielo, sei tornato! Dove sei stato? Cosa hai combinato?” John gli si avvicino’ ed ebbe voglia di abbracciarlo, tanto gli pareva perso e fragile.
Sherlock scosse la testa.
“Non ora, John. E’ finita, ti basti sapere questo. E’ finita”
Il suo sguardo si concentro’ su Molly.
Si avvicino’ al letto e si mise a sedere a lato, prendendole una mano.
“Molly? Svegliati. Adesso.”
Per un attimo, ebbe l’improvvisa sensazione che lei l’avrebbe davvero fatto, che avrebbe aperto gli occhi per lui, perche’ glielo stava chiedendo.
Sherlock rafforzo’ la presa.
“Per favore. Non lasciarmi. Non posso essere un uomo migliore, senza di te.”
E per la prima volta da quando lo conosceva, John lo vide piangere.
 
 

Nota: in molte fanfic in inglese che ho letto, Moriarty non e’ morto, anche se Andrew Scott l’ha appena confermato (io avevo abozzato questo capitolo piu’ di un mese faaaa!) e per me va benissimo. Ci saranno sicuramente nuovi bellissimi cattivi nella terza serie. Non riesco a immaginare come Sherlock abbia simulato la sua morte, figuriamoci immaginare anche quell’altro che fa la stessa cosa!
E brava SvaneH! Tu l’avevi detto...
Ciao a tutti, alla prossima!
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** capitolo 9 ***


Penultimo capitolo di questa storia.
Grazie di nuovo a SvaneH, miserere, Lady Mysteria e Bored94 per avere sempre, sempre commentato e a chi altro ha trovato il tempo di dire la sua (monipotty e EbeSposaDiErcole!), o semplicemente di leggere... e’ stato davvero gratificante e mi sono divertita parecchio.
Niente di quello che ho raccontato mi appartiene, proprio nulla (il che ha reso ancora piu’ divertente scrivere!)
 

VENDETTE
CAPITOLO 9

 
Sherlock osserva il paesaggio sotto di lui.  E’ la prima volta che sale sul London Eye e deve ammettere, che la vista e’ molto bella.
Lo trova un passatempo molto inutile, per la verita’... muoversi in cerchio lentamente all’interno di una cabina fino a salire, per poi ridiscendere altrettanto lentamente. Si interroga brevemente sul tipo di esperimenti che potrebbe compiere in quello spazio chiuso a quell’altezza.
Ne parlerebbe a Molly, se non fosse che lei sta al suo fianco con gli occhi serrati e i pugni lungo i fianchi, nel vano tentativo di dominare un panico che, evidentemente, si sta invece velocemente impossessando di lei.
Sherlock sospira forte e appoggia una mano sulla spalla di sua moglie.
“Non capisco.” Le dice infine.
Lei fa un respiro profondo, ma non apre gli occhi.
“Che cosa?” trova infine la forza di domandargli con voce debole.
“Stai chiaramente avendo un attacco di vertigini, perche’ hai voluto salire qui?”
E’ la verita’, e’ stata lei a chiedergli di salire, al suo ritorno da un caso fuori citta’ che lo ha tenuto impegnato per quasi una settimana... lui avrebbe preferito passare la serata a Baker Street, ma ha voluto accontentarla. Gli piace accontentarla, gli piace quando gli sorride felice e inoltre, lei non gli chiede mai cose impossibili, sembra sempre sapere quando e’ il momento di insistere e quando invece, e’ meglio lasciarlo stare.
Questa sua capacita’ lo affascina.
Torna a concentrarsi su di lei in tempo per cogliere una smorfia sul suo viso.
“Molly?”
Lei scuote la testa.
“Volevo... volevo stare sola con te” riesce infine a dire.
Sherlock inclina la testa perplesso.
“E per fare questo dovevamo salire su un’attrazione che ti mette chiaramente a disagio?”
Molly gli afferra la mano e la stringe forte.
“Non pensavo sarebbe andato cosi in alto”
Sherlock non riesce a trattenersi.
“Centotrentacinque metri”
Molly emette un gemito e gli si getta tra le braccia, nascondendogli il viso nel cappotto.
Lui la abbraccia forte, sempre piu’ confuso.
“E comunque, potevamo benissimo stare da soli a Baker Street” le dice.
Sente che lei scuote la testa in segno di diniego.
“Perche’ no?” ora e’ davvero curioso.
Molly borbotta qualcosa contro il suo torace  e lui e’ costretto a staccarsi da lei per alzarle il viso.
“Dovresti ripetere, per favore”
Lei si morde un labbro e tiene gli occhi bassi.
“Molly?”
“Non... non e’ proprio vero... c’e’ sempre qualcuno, a casa” mormora infine.
Sherlock riflette per un attimo.
“Beh, naturalmente c’e’ John e la signora Hudson abita sotto di noi.”
Lei annuisce piano.
“E poi spesso Lestrade e tuo fratello, nelle ore piu’ impensate... che sa sempre, sempre quello che stiamo facendo, o dove stiamo andando o” arrossisce leggermente “cosa stiamo per fare. E i tuoi potenziali clienti, a volte”
Sherlock comincia a comprendere.
“Hai desiderio di avere piu’ spazi  e momenti in privato con me?”
Dentro di se’, sente un moto di contentezza e il solito senso di stupore che ancora qualche volta lo coglie, quando realizza che questa donna ha deciso di passare tutta la sua vita con lui, nonostante a volte sia davvero difficile conciliare quello che lui e’, con quello di cui lei ha bisogno.
Molly intanto lo ha di nuovo abbracciato.
“A me piace vivere con John” comincia piano “sul serio. E adoro la signora Hudson, e’ sempre molto gentile e non e’ affatto invadente. So che ami il tuo lavoro e... per quanto tu possa dire, so che tuo fratello, in qualche modo strano, tiene a noi. Ma a volte, semplicemente, mi piace molto di piu’ stare sola con te. E pensavo che soprattutto oggi, avremmo potuto parlare e, non so... fare una specie di bilancio?”
Sherlock aggrotta la fronte. Che cosa ha oggi di speciale? Cosa ha dimenticato di segnarsi?
Lei sospira nel suo abbraccio.
“Lo so che stai aggrottando la fronte, ma stai tranquillo. E’ solo il nostro primo mese di anniversario”
Oh.
E’ vero. Oggi e’ un mese che si sono sposati.
Non era assolutamente segnato su nessuna lista, che anche i mesi contassero per gli anniversari.
“Sherlock? E’ ok, sul serio. Sono solo una sciocca sentimentale che e’ talmente felice del suo matrimonio, da cercare ogni scusa per poter festeggiare.
Non lo metteremo su nessuna lista.”
Sherlock rinforza un po’ il suo abbraccio e per un attimo, stanno in silenzio.
“Quindi e’ positivo” le dice infine, dandole un bacio sulla testa.
Lei alza il viso e gli sorride, finalmente incurante dell’altezza a cui sono saliti.
“Che cosa?”
“Il tuo bilancio, dopo un mese di matrimonio. E’ positivo”
Il suo sorriso si allarga e annuisce.
“Assolutamente si.”
“Nonostante l’esplosione di liquidi organici nel microonde la settimana scorsa?” Sa che quando e’ partito per il suo caso, lei era ancora un po’ arrabbiata per questa cosa.
Molly fa una smorfia, ma poi ride di nuovo.
“Si. E il tuo bilancio com’e’?”
Sherlock non esita neanche un attimo.
“Positivo su tutta la linea, signora Holmes” si china a baciarla e nel frattempo, si appunta di creare piu’ spazi solo per loro due, in futuro.
Alla fine, restano sulla ruota per un secondo giro.


Sherlock si sveglio’ di soprassalto e per un attimo, solo per un attimo, si chiese perche’ non fosse nel suo letto, con Molly a dormire abbracciata a lui.
Poi, la realta’ arrivo’ a colpirlo e si giro’ a guardare sua moglie nel letto d’ospedale.
I tubi, il respiratore, il monitor.
Fece un sospiro e si alzo’ dalla poltrona, controllando l’orologio.
Aveva dormito per quasi trenta minuti, la prima volta dopo piu’ di due giorni.
E aveva sognato.
No, non sognato, ricordato. La scena sul London Eye era successa veramente, in ottobre: da allora, aveva fatto in modo che ogni mese, alla data del loro matrimonio, lui e Molly avessero un momento da soli, anche se lei gli aveva detto che non era veramente importante.
Era diventato importante per lui.
Sulla porta della stanza comparve un’ombra.
“Mamma”
Madleine Holmes avanzo’ piano e gli arrivo’ vicino, indecisa sul da farsi. Alla fine, gli accarezzo’ piano una spalla.
“Ciao, Sherlock”
“Ciao”
Lei si giro’ verso il letto e una smorfia di dolore le comparve sul viso.
“Oh, caro... mi dispiace. Mi dispiace molto. Non... non posso fare a meno di pensare che sia anche colpa mia. Avrei dovuto dirvi del ricatto di quell’orribile uomo”
Sherlock serro’ le labbra.
“Si, avresti dovuto”
Madleine si aspettava il biasimo di suo figlio, tuttavia fu ugualmente un duro colpo.
“Volevo solo tutelare il buon nome di vostro padre” disse in tono dimesso.
“Perche’? ” La domanda di Sherlock fu sincera, era chiaramente incuriosito dalle azioni di sua madre.
Non riusciva a capire, il loro era stato chiaramente un matrimonio di convenienza.
Perche’ sua madre aveva voluto farsi carico del ricatto di Finnmore?
Lei si giro’ a guardarlo, un lampo negli occhi.
“Gli volevo bene! E’ sempre stato buono con me e non vi ha fatto mancare nulla... potra’ non essere stato un matrimonio d’amore folle, ma e’ stato un buon matrimonio! Non tutti possono essere fortunati come te, figlio mio!”
Sherlock aggrotto’ la fronte.
Fortunato?
Si sentiva molte cose in quel momento, una serie di sensazioni che faticava a tenere a bada: distrutto, spaventato, svuotato... ma non fortunato.
Sua madre gli fece un sorriso triste.
“Lo so.
So come ti senti, quanto debole pensi che quello che provi per lei ti abbia reso... ma dimmi, non ne e’ forse valsa la pena?”
Sherlock la fisso’ un attimo stupito, poi si ricordo’ di quello che aveva detto a Molly solo pochi mesi prima.
“Positivo su tutta la linea, signora Holmes”
Ed era stata un’affermazione assolutamente sincera.
“Si” rispose infine.
Madleine gli sorrise di nuovo, questa volta piu’ serena. I suoi figli erano cosi simili al loro padre, e nemmeno se ne rendevano conto o l’avrebbero mai saputo.
Anche lui pensava che prima di tutto venisse il lavoro, ma a volte lasciava che loro entrassero nella sua vita e dimostrava tutta la sua capacita’ di averli a cuore.
Un ricordo nitido le affioro’ alla mente.
Lei e suo marito stavano discutendo del suo prossimo viaggio a Roma ed erano entrati in salotto, Mycroft era seduto sul divano, la schiena dritta e lo sguardo determinato. Aveva dieci anni, ma tutta l’aria di un uomo deciso, che sa cosa vuole.
“Padre” aveva detto, bloccando Leonard in mezzo alla stanza “dobbiamo assolutamente prendere provvedimenti”
Aveva un’aria cosi seria, che suo padre si era incuriosito e gli era andato vicino, chiedendogli  in tono altrettanto serio quale fosse il problema.
Lui aveva stretto le labbra e aveva indicato con la testa oltre il divano, dove Sherlock era seduto sul pavimento e  stava smontando il telefono.
Leonard gli era andato vicino e si era accucciato vicino a lui.
“Che cosa stai facendo?” gli aveva chiesto e lui, senza neanche alzare quella sua testolina riccia aveva risposto “Esperimento, devo capire da dove viene la voce.”
Leonard era rimasto interdetto e poi, incredibilmente, era scoppiato a ridere. Non succedeva mai, ma evidentemente la risposta di Sherlock l’aveva stupito. Sherlock, che aveva tre anni.
In quel momento, Madleine si era sinceramente preoccupata di quello che il loro figlio minore avrebbe potuto combinare in futuro. Mycroft era un ometto, ma Sherlock... lui avrebbe dato  del filo da torcere. Era gia’ cosi curioso e osservava tutto... coglieva un sacco di cose intorno a lui.
Poi Mycroft aveva continuato il suo serio discorso.
“E’ gia’ la terza volta, questa settimana”
Leonard aveva  annuito, Madleine sapeva che aveva una riunione ed ero gia’ in ritardo, ma lui si era preso  comunque il tempo di rispondergli. Gli era stata immensamente grata, per questo.
“Per fortuna che ci sei tu, sei il suo fratello maggiore e baderai che non faccia disastri”
“Credevo pagassimo una tata, per questo” era stata la risposta di Mycroft e per un attimo, lei aveva avuto l’impressione che lui avrebbe riso di nuovo.
“Giusto, ma tu sarai sempre responsabile per lui. E’ cosi che funziona, nelle famiglie.” Aveva invece osservato suo marito con tono serio.
Mycroft non sembrava molto convinto di questa cosa, cosi Leonard aveva  aggiunto.
“E’ una grossa responsabilita’, ma so che nessuno meglio  di te potrebbe portarla a compimento.”
Il bambino ci aveva pensato ancora un attimo, poi aveva annuito ed era andato a sedersi vicino a suo fratello.
Mycroft e Sherlock avevano ereditato molto, dal loro padre: il suo senso dell’onesta’ e la sua lealta’, la sua intelligenza... tutte qualita’ che li avevano fatti diventare cio’ che erano. 
Anche quando Leonard aveva sbagliato, si era assunto le sue responsabilita’ e ne aveva accettato le conseguenze.
Sarebbe stato bello se avessero avuto coscienza del fatto che c’era stato un tempo, in cui Leonard Holmes li aveva considerati una speranza e dei soggetto interessanti.
Sarebbe stata per lo meno una sensazione piacevole, vista la loro avversita’ ai sentimentalismi, ma si rendeva conto che per loro non era importante. Forse era triste, ma avevano costruito le loro vite senza di lui, senza il suo ricordo o la sua immagine ad accompagnarli.
Almeno secondo loro.
Sorrise piano. Lei l’avrebbe sempre saputo.
Spero’ solo che Sherlock non dovesse soffrire per la perdita di Molly, quella ragazza aveva avuto un’influenza piu’ che positiva, su di lui. Non l’aveva certo trasformato, quello no... tuttavia, ne aveva smussato alcuni angoli e sicuramente, lo rendeva felice.
“Non restero’ oltre. Il viaggio e’ stato lungo e non sono piu’ tanto giovane... ma saro’ nel mio appartamento, se avrai bisogno di me. E piu’ tardi vorrei tornare, se per te va bene.”
Lui annui’ e la osservo’ dirigersi verso l’uscita della stanza.
“Mamma?”
Lei si fermo’ ma non si giro’.
“Si?”
“Finnmore ha detto che ha potuto ricattarti tranquillamente perche’ e’ una fortuna, che nella nostra famiglia si parli cosi poco. E’ cosi? Hai mai pensato, che avresti potuto parlarcene ma che noi non avremmo voluto ascoltare?”
Madleine raddrizzo’ le spalle e si volto’, uno sguardo deciso sul volto.
“Finnmore era un criminale e io ho sbagliato. Sono fiera, di come sono diventati i miei figli. Tutti e due
Sherlock non riusci’ a rispondere nulla, sua madre dispensava molto raramente giudizi di quel genere.
Lei gli sorrise un’ultima volta e poi usci’ nel corridoio.
“Signor Holmes?”
Il dottor Robinson entro’ nella stanza e Sherlock si irrigidi’. In un movimento inconscio, si avvicino’ ancora di piu’ al letto di Molly, quasi a volerla proteggere.
“Dottore”
Il chirurgo rimase per un attimo in silenzio, mentre riguardava la cartella che aveva in mano.
“Signor Holmes... toglieremo il respiratore artificiale a sua moglie. Vogliamo verificare la sua capacita’ di respirare autonomamente, i livelli di ossigeno e globuli rossi nel suo sangue sono aumentati, lo consideriamo un buon segno”
“Questo significa...”
Il dottore scosse la testa.
“Non posso dirle che e’ fuori pericolo, non ancora, mi spiace. Tuttavia c’e’ stato un miglioramento, dobbiamo sperare e pensare che prosegua su questa strada... non crede? Sua moglie e’ molto forte, una combattente”
E’ una Holmes.
Sherlock annui’ e per la prima volta dopo giorni, una piccola lieve speranza si impossesso’ di lui.

***

Dopo mezz’ora, avendo parlato con il dottore, anche John entro’ nella stanza con le stesse sensazioni, il suo passo un po’ piu’ leggero.
“La signora Hudson minaccia di farti nutrire a forza, se non mangi qualcosa subito” esordi’, guadagnandosi un’occhiataccia.
“Ehi, ambasciator non porta pena... dai, e’ un sandwich, hai bisogno di energie e di sostentamento.” Porse il sacchetto a Sherlock e si sedette su una sedia. Il monitor di Molly aveva continuato a emettere suoni regolare anche dopo che il respiratore era stato staccato. Un piccolo, buon segno.
“Ti ho anche portato un cambio e qualcosa per ripulirti, visto che di mandarti a casa non se ne parla, giusto? Credo di non averti mai visto con la barba cosi lunga, lasciati dire che”
“Non e’ detto che guarisca, vero?” il tono stanco di Sherlock lo interruppe.
John fece un sospiro. Non aveva nessun senso mentire.
“No. Il fatto che respiri autonomamente va bene, ma non e’ l’unica cosa. Tuttavia, e’ davvero una buona cosa, ok? Dobbiamo aspettare... so che e’ difficile, ma e’ cosi.”
Rimasero entrambi in silenzio per un po’, poi John non riusci’ piu’ a trattenersi.
“Sherlock, che cosa e’ successo l’altra notte?”
Invece di rispondergli, l’altro gli porse un bigliettino: John lo riconobbe come quello attaccato al vaso di fiori che avevano trovato accanto al letto.
Li aveva buttati subito dopo che Sherlock era uscito, dicendo che avrebbe terminato quella storia una volta per tutte.
La tua disfatta e’ il mio trionfo.
La tua sconfitta e’ la mia vittoria.
La tua pena e’ la mia gioia.
Tutti i grandi, prima o poi hanno la loro Waterloo, Sherlock.
Ti aspetto.
JM
John lesse e rilesse quelle parole, fino a quando non scosse la testa stupito.
“Hai incontrato...”
“Moriarty, sul Waterloo Bridge”
“Non e’ possibile, mi hai detto che lui si era ucciso, abbiamo cancellato la sua rete criminale insieme”
Sherlock alzo’ le spalle.
“Questo e’ quello che ha voluto farci credere, ma in tutto questo tempo e’ rimasto apposta nell’ombra e ha aspettato”
“Aspettato cosa?”
“Che io fossi pronto per essere distrutto definitivamente” Sherlock strinse la mano di Molly fra le sue e rimase a guardarla per un po’.
“Mi ha messo nella condizione di dover inscenare la mia morte e poi, si e’ divertito a osservarmi, a vedermi cambiare, a vedermi costruire una vita diversa. Sapeva che gia’ il solo fatto di aver riconosciuto di tenere a te, Greg e la signora Hudson per me avrebbe rappresentato un grosso cambiamento, ma in piu’...” si interruppe un attimo, facendo un respiro profondo.
“Molly” concluse John per lui, realizzando la follia e la malvagita’ di quell’uomo.
Sherlock annui’.
“Gia’. Ha usato Stripe e Moran per i suoi scopi, per portarmi esattamente su quel ponte. Per portarmi al limite.
Io... io volevo ucciderlo, John. Non mi interessava piu’ di nulla, volevo solo sparargli.”
“E l’hai fatto?” il suo amico lo guardo’ dritto negli occhi.
Rispondimi sinceramente e non ne parleremo piu.
Osservo’ con sollievo Sherlock scuotere la testa.
“No. Mycroft mi ha preceduto”
“Cosa??”
“Per favore, John... non essere cosi sorpreso. E’ quasi offensivo” la voce del maggiore dei fratelli Holmes arrivo’ dalla porta.
Entrambi si girarono a guardarlo, ma lui non fece segno di voler entrare nella stanza.
“Nient’altro che il meglio, giusto?” dissa a Sherlock, accennando alla figura di Molly nel letto.
“Nient’altro che il meglio” confermo’ lui, annuendo piano.
John li osservo’ a occhi spalancati per un attimo.
Che era successo a quei due? Sembravano quasi... civili.
“Abbiamo catturato Moran, stava per lasciare la Gran Bretagna a bordo di un peschereccio. Faro’ in modo che non ci dia piu’ fastidio”
“E che vecchie storie rimangano sepolte, giusto?” aggiunse Sherlock.
Mycroft fece un sorrisetto.
“Credo che in questo modo nessuno restera’ deluso. Buongiorno, signori”
Si volto’ e si avvio’ per il corridoio.
“Ma che diavolo...” John scosse la testa.
Quando si volto’ di nuovo ad osservare Sherlock, lo vide cominciare a mangiare il sandwich della signora Hudson.

***

L’infermiera del primo turno del mattino stava cercando di smettere di fumare, cosi aveva prestato a Sherlock qualche cerotto alla nicotina.
La signora Hudson continuava a mandargli o a portargli cibo, insistendo che quello dei distributori automatici o della mensa dell’ospedale non andavano affatto bene.
Come se lui, avesse qualche intenzione di verificare di persona.
John rimaneva il piu’ possibile, ma capiva anche che in certi momenti il suo desiderio di solitudine era piu’ forte: Sherlock si chiudeva in se’ stesso e rimaneva ad osservare Molly, cercando di recuperare ogni singolo dettaglio della loro vita insieme.
Li analizzava, elaborando dati per poter fare meglio, quando si fossero ritrovati nelle stesse situazioni.
Le aveva anche letto qualche articolo scientifico ed esposto qualche fatto che li smentiva clamorosamente. Era davvero una vergogna, che certa gente potesse pubblicare quella spazzatura.
“Sherlock?”
La voce che lo chiamava lo riscosse un po’ dai suoi pensieri.
“Mmmm?” mormoro’, ancora concentrato sull’inesattezza delle conclusioni di un trattato che aveva appena terminato di illustrarle.
“Sherlock?”
Lui alzo’ finalmente la testa.
Poi sorrise.

***

Non se ne accorgera’, ha molti altri pensieri per la testa.
John Watson si fermo’ un attimo sulla soglia della stanza d’ospedale, fece un respiro profondo ed entro’.
“Hai chiesto a Mary Morstan di sposarti”
Merda.
Sherlock Holmes lo osservo’ ancora per qualche secondo.
“Ti sei anche messo in ginocchio, ma non le hai dato un anello. Una dichiarazione alquanto improvvisata, direi”
John scosse la testa rassegnato.
“Senti, lo so che non e’ il momento migliore, pensavo di non dirtelo adesso, ma tu come al solito capisci tutto e non ti si puo’ nascondere nulla! Con quello che e’ successo, io ho capito che non solo voglio vivere con lei, voglio che sia mia moglie. Io la amo... questo non significa che ti abbandonero’, va bene? Saro’ sempre al tuo fianco, saro’ sempre tuo amico, qualunque cosa accada...”
Sherlock non rispose e continuo’ a fissarlo. John si senti’ il dovere di aggiungere ancora qualcosa.
“Ho agito d’impulso, ma non me ne pento. Forse non e’ il momento giusto, ma forse il momento giusto non esiste e dobbiamo cogliere l’attimo”
“Hai usato questa frase ridicola per chiederglielo, John? Hai giocato sull’onda dell’emozione del momento, per convincerla a dirti di si? Non credo sia un buon presupposto per un impegno serio”
“Per l’amor del cielo, Sherlock, non ho giocato sull’onda dell’emozione, io ho solo”
“Non dargli retta, John. Io trovo che sia una notizia fantastica”
John annui’.
“Grazie, Molly. Sul serio, a volte ancora non capisco come tu faccia a” si interruppe e i suoi occhi si spalancarono “Molly?”
Sherlock sorrise e si sposto’ dalla visuale del letto, rivelando un’altrettanto sorridente Molly.
“Ti sei svegliata” anche John sorrise e senti’ una forte emozione invaderlo.
Lei annui’ piano.
Lui si avvicino’ e le diede un bacio in fronte.
“Sei stata brava. Bentornata, tesoro”
“Grazie” chiuse gli occhi, evidentemente gia’ stanca.
John si rivolse a Sherlock.
“Tu...” si ritrovo’ senza parole per la felicita’ “tu sarai il mio testimone, naturalmente!”
Sherlock roteo’ gli occhi.
“Suppongo di dovertelo, visto che tu hai fatto lo stesso con me. Ma ti ho gia’ avvertito, niente discorsi sdolcinati...”
John scoppio’ a ridere.
“Non me lo aspetterei mai, da te. Non saresti Sherlock Holmes, giusto? Vado a chiamare Mary per dirle che Molly si e’ svegliata, sara’ felicissima!” usci’ dalla stanza con uno sguardo soddisfatto.
Sherlock torno’ a sedersi in parte al letto di sua moglie e le prese la mano.
Molly riapri’ gli occhi.
“Ciao”  
“Ciao” le rispose lui.
“Ti conviene raccontarmi del caso prima che inizino ad arrivare tutti quanti... John ci mettera’ poco ad avvertirli.”
Lui scosse la testa.
“Non ora”
“Si invece, ora. Per favore, voglio sapere che cosa e’ successo. Voglio che ne parliamo e poi andiamo avanti”
Lui rimase a fissarla per un lungo istante, poi fece un respiro profondo e comincio’.
“Molti anni fa mio padre ha fatto delle scelte...”
 



NOTA: Ho davvero pensato di farla morire, povera Molly, ma a me piace il lieto fineeee!
A presto con l’epilogo, molto piu’ tranquillo (o forse no, dipende un po’ dai punti di vista...)
 
 

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Capitolo 11
*** epilogo ***


VENDETTE
EPILOGO

 
“Non vedo l’ora di farmi un vero bagno caldo e di respirare un po’ di aria londinese!”
All’affermazione di sua moglie, Sherlock Holmes roteo’ gli occhi.
“Un grande programma. Che tuttavia non riuscirai a portare avanti, se non finisci di impacchettare la tua roba.”
Molly si giro’ verso di lui e per un attimo lo guardo’ storto, salvo poi sorridergli.
Sherlock si senti’ mancare il fiato. Aveva rischiato di perdere quel sorriso per sempre, era ancora un pensiero che riusciva a paralizzarlo. Non vedeva l’ora che lei fosse a casa per poter ricominciare con tutta la loro routine, tutte le cose normali della loro vita insieme.
Non aveva mai cosi tanto desiderato la normalita’, come in quelle ultime due settimane.
“Ho finito, ho finito... e’ un peccato non poter prendere tutti questi fiori” Molly fini’ di chiudere la sua borsa e si sedette sul letto, fingendo di controllare per l’ennesima volta il comodino e la stanza invasa da fiori e bigliettini con l’augurio di una pronta guarigione. In verita’, era ancora estremamente debole e faticava a compiere anche le piu’ minime azioni.
Non dubitava, che suo marito non avesse abboccato neanche per un secondo al suo tentativo di depistaggio.
“Vado a chiamare il Dottor Robinson, forse e’ il caso che ti visiti un’altra volta” disse infatti lui, dirigendosi verso l’uscita della stanza.
Molly fece una smorfia.
“Ah, per favore, no! Ce la faccio, ho solo bisogno di un momento. Non restero’ rinchiusa qui neanche un minuto di piu’”
“Molly... solo un ultimo controllo, sii brava e lascia che lo faccia venire”
 “Ti ho detto che sto bene! Non trattarmi come una bambina!”
Si penti’ subito delle sue parole quando lo vide irrigidirsi sulla porta.
Sherlock era stato messo a dura prova, da quel caso. Prima, con tutte le implicazioni della sua famiglia e poi, con la sparatoria e il suo ferimento. Molly riusciva solo a immaginare quanto fosse stato difficile per lui, gestire tutte quelle sensazioni ed emozioni, la paura di perderla e il senso di impotenza... e  Moriarty, con i suoi piani e la sua pazzia, l’aveva portato al limite. Era davvero grata a suo cognato Mycroft di averlo aiutato a “occuparsi” della faccenda... non dubitava che Sherlock le avesse taciuto qualche particolare, ma sapeva che tutti loro avevano bisogno di lasciarsi quella storia alle spalle.
 “Dovremmo averne una.”
Le sue parole la riscossero dai suoi pensieri.
“Una di cosa?” gli chiese, convinta di aver perso un passaggio fondamentale del percorso mentale di suo marito.
Sherlock si giro’ a guardarla.
“Una bambina. Una combinazione perfetta dei nostri geni che non porterebbe ad altro che a una persona brillante, gradevole d’aspetto e assolutamente intelligente.”
Molly lo osservo’ a bocca spalancata.
“Certo c’e’ sempre la probabilita’ di avere un maschio, inizialmente. In questo caso potremmo riprovare, dopo un ragionevole lasso di tempo. Non che se fosse subito una bambina, non vorrei avere comunque un maschio. E’ stimolante, avere un fratello o una sorella con cui confrontarsi. Sicuramente sarebbe altrettanto brillante e intelligente, sperando che non prenda il naso di Mycroft.
E nel caso fossero entrambi dello stesso sesso, sono alquanto convinto che un terzo tentativo sarebbe ancora fattibile, prima che il tuo orologio biologico cominci ad essere un problema.”
Molly continuo’ a guardarlo con assoluto stupore.
Un figlio. No, piu’ di uno.
“Adesso chi e’ che parla sull’onda dell’emozione del momento?” gli chiese, quando riusci’ a ritrovare la parola.
Lui scosse il capo.
“Molly, stai equiparando l’assurda proposta di matrimonio di John a Mary Morstan con la mia legittima richiesta di realizzare una famiglia con te? Credi che sia solo una conseguenza del fatto che ti hanno sparato?”
Lei comincio’ a sorridere.
“Pensavo piu’ al fatto che John si sposa, per la verita’...”
“Molly Hooper Holmes!” le si avvicino’ con un’aria offesa e si sedette sul letto con lei “credevo che almeno tu fossi pienamente convinta che il mio rapporto con John Watson non e’ cosi simbiotico... il fatto che si sposi non mi sconvolge affatto.”
“Questo solo perche’ trovi che Mary sia.. come l’hai definita? Ah si, accettabile
“Il che, per chi mi conosce, rappresenta un grosso complimento. Ora, stiamo uscendo dal discorso principale...”
Molly fece un grosso sospiro.
“Sherlock... lo vuoi davvero?”
Lui la fisso’ dritto negli occhi, poi sorrise.
“Si, lo voglio davvero.”
Sono un uomo fortunato, voglio esserlo fino in fondo.
Molly ricambio’ il sorriso e senti’ dentro di se’ una grande felicita’.
Una famiglia. La loro famiglia.
Magari un passo alla volta, pero’.
“Perche’ sai, credo che sia necessaria una contrattazione”
Gli occhi di Sherlock si illuminarono.
“Molly, stiamo per fare una lista?”
Lei scosse la testa, divertita dal suo entusiasmo.
“No, non ancora... sicuramente ce ne sara’ bisogno, piu’ avanti, se davvero decideremo di farlo... pero’ voglio che tu sia cosciente del fatto che ci sarebbero dei grossi cambiamenti. Delle cose che tu dovresti necessariamente fare e accettare.”
Lui annui’ serio.
“Ne sono consapevole”
Molly sospiro’.
“Sherlock, il bambino”
“I bambini” la corresse lui.
Lei sorrise di nuovo.
“Uno alla volta, magari... giusto? O ci sono casi di parti gemellari nella tua famiglia?” chiese sospettosa.
Lui fece segno di no con la testa.
“Non mi sembra proprio, e nella tua?”
“No... cielo, stiamo davvero parlando di avere un bambino?” si morse il labbro “sai, avro’ bisogno che tu ci sia, che tu sia pronto anche per tante cose ordinarie e banali”
“Io sono pronto” i suoi occhi chiari si fissarono su di lei e Molly vi lesse tanta determinazione e sicurezza.
“Dovrai davvero imparare a fare la spesa” gli disse con tono serio.
E tante, tantissime altre cose.
“Posso farcela” le assicuro’ lui e capi’ dal suo sguardo che l’aveva convinta.
Molly si chino’ verso di lui e lo bacio’ piano.
“Non ho intenzione di cambiare tutti i pannolini da sola.” Gli disse infine, sorridendo felice.
Sherlock le sorrise di rimando.
“Tranquilla, tanto John ha preso quel trilocale vicino a Baker Street, sara’ nei paraggi”

***

Tre mesi dopo
 
“Lestrade, tieni Anderson lontano dal cadavere.”
“Non fare l’antipatico, Sherlock.”
“Va bene, lascia che rovini tutte le prove importanti e ne collezioni altre altamente irrilevanti”
Sherlock si alzo’ in piedi e si sistemo’ il bavero del cappotto.
“L’assassino frequenta la sua stessa piscina. Buongiorno”
Lestrade spalanco’ gli occhi.
“Come sarebbe a dire, buongiorno? Sei appena arrivato e te ne stai gia’ andando?”
Sherlock gli rivolse una smorfia.
“Si, me ne sto gia’ andando. Ti ho detto tante volte di non chiamarmi per casi cosi semplici. Mi annoiano e sono un affronto alle mie capacita’. Inoltre, ho un impegno.”
“Un impegno?” l’ispettore non pote’ trattenersi “e il caso? Che significa la piscina?”
Sherlock sbuffo’ e roteo’ gli occhi.
“La sacca pronta vicino al divano, non e’ umida ed e’ in ordine, la donna stava per recarvisi. Contiene due paia di occhialini, il che significa che li prestava a qualcun altro, qualcuno che lei stava aspettando per accompagnarla. Non ha la macchina e non avrebbe usato la metropolitana, oggi piove ed e’ una giornata fredda, ma non indossava nessuna giacca e quindi pensava di non prendere troppo freddo, entrando direttamente nella vettura sotto casa. Ha chiaramente aperto al suo aggressore come se lo conoscesse, non ci sono segni di effrazione. Il cadavere e’ stato scoperto dalla vicina che aveva bisogno di zucchero, se chi doveva andare con lei in piscina fosse innocente, sarebbe arrivato e l’avrebbe trovata, invece e’ entrato, l’ha uccisa ed e’ fuggito. Una lite, probabilmente per gelosia, e’ chiaro che qui ha passato la notte un uomo che in piscina proprio non ci va, direi piuttosto che pratica qualche sport all’aperto, visto lo stato del calzino da uomo pieno di fango sotto il letto. Chiaramente dimenticato per la fretta, non ci sono altri indumenti maschili in bagno”
Lestrade stava prendendo appunti e quando alzo’ lo sguardo, vide che Sherlock era ormai sulla porta dell’appartamento.
“Gelosia. Piscina. Altro uomo.. ok. Mi dici perche’ hai tutta questa fretta?”
“Molly sta ovulando, quindi torno a casa a procedere con il tentativo di concepimento”
Detto questo si volto’ e spari’.
Lestrade era rimasto a bocca aperta.
“Non l’ha appena detto sul serio, vero?”
John Watson strinse la bocca e si mise a guardare intorno, evitando accuratamente di incontrare il suo sguardo.
“Detto cosa? Io non ho sentito niente”.

***

Sherlock entro’ a Baker Street come un ciclone e si diresse verso la camera da letto, salvo accorgersi a meta’ strada che Molly lo stava aspettando seduta sul divano.
Comincio’ a togliersi il cappotto e la sciarpa.
“Hai deciso di sperimentare luoghi diversi? Come medico, saprai certamente che non influisce affatto sulle probabilita’ di concepimento, tuttavia concordo che un cambio di scenario possa essere stimolante.”
Si sfilo’ le scarpe con due veloci movimenti e poi attacco’ i bottoni della camicia.
“Lestrade mi ha convocato per un caso assurdo, temo davvero che il livello dei crimini stia calando, ultimamente”  fini’ di slacciare i bottoni e stava per togliersi la camicia, quando si accorse che Molly lo stava ancora guardando.
Le braccia incrociate al petto e tutti i vestiti addosso.
“Molly?”
“Sherlock?”
“Perche’ non ti stai spogliando?”
Lei fece un profondo sospiro.
“Forse perche’ sono leggermente disturbata dal fatto che meta’ Scotland Yard sappia esattamente cosa dovremmo fare adesso? O forse, perche’ persone assolutamente sconosciute sono a conoscenza del fatto che io sto ovulando?”
Il suo sguardo era furioso.
Sherlock scosse la testa.
“Lestrade insisteva sul trattenermi, ho dovuto spiegargli che avevo gia’ un impegno”
“E questo significava entrare nei dettagli della nostra vita privata?”
“Non sono entrato nei dettagli! Non sarebbe stato rilevante, al fine di spiegare a Lestrade perche’ dovevo andarmene”
Lei continuo’ a fissarlo e lui sospiro’.
 “Siamo sposati, Molly. Credo che abbiano un’idea di quello che facciamo”
“Questo non significa che tu debba annunciarlo a voce alta in una stanza piena di gente”
Sherlock ricomincio’ a infilarsi la camicia nei pantaloni.
“Sei arrabbiata. Suppongo che questo significhi che la nostra sessione pomeridiana di tentativo di concepimento e’ cancellata.”
“Non essere sciocco. Certo che no. Vieni qui”
Lui le sorrise.
“Sissignora”
 
 
Nota: ok, prima che qualcuno si metta le mani nei capelli, la prossima storia, se arrivera’, non vedra’ nessun baby Holmes. Era solo una scena simpatica che mi ronzava per la testa (in verita’ forse riprende qualche altra vista in passato, ma non riesco a ricordare bene...). Voglio invece dedicare un po’ di spazio a un caso che veda coinvolto John con Sherlock, in uno stile tipo quello di questa fanfic.
Ora, ho davvero bisogno di aiuto perche’ vorrei finalmente riunire le storie in una serie prima di continuare, ma non ho idea di come intitolarla, si accettano tanti tanti consigli.
Grazie ancora a tutti!
 

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