2137

di Anor
(/viewuser.php?uid=157724)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


2137 ~ capitolo 1

 
Anno 2137.
Italia, pianeta Terra.

 
Sono le 7.23 antimeridiane, e al tavolo di un caffè quattro ragazzi siedono ricurvi, inzuppando una brioche nello schiumoso cappuccino, inutilmente decorato con un cuore di cacao.
Ogni tavolo del bar è occupato, il bancone pieno di lavoratori in giacca e cravatta che trangugiano velocemente i loro caffè per correre a lavoro, ma nell’aria non vibra alcun suono a parte il metallico tintinnio dei cucchiaini che sbattono sulle tazze.
Ormai nemmeno le monete fanno rumore. Non esistono più.
Anche un caffè si paga con la carta di credito, leggera, piccola e soprattutto silenziosa.
Il silenzio. È lui il padrone del futuro.
Per le strade non si sente più alcun rumore: le macchine sono silenziose e persino i passi delle persone sono, col tempo, divenuti in pratica impossibili da udire.
La tecnologia avanza, e con essa anche l’uomo. Spirito d’adattamento, lo chiamerebbe qualcuno. Evoluzione, preferirebbe dire qualcun altro. Autodistruzione.
Fatto sta che i nostri quattro ragazzi siedono ormai da ventitré minuti in completo silenzio, chini sui loro smartphone attaccati alla rete Wi-Fi gratuita, ormai estesa in ogni luogo del pianeta.
Puoi trovarti nella bocca di un vulcano, con il metallo e la plastica del telefono che ti si sciolgono in mano, ma il Wi-Fi arriva lo stesso.
Puoi trovarti in una delle favelas brasiliane, senza nemmeno un centesimo virtuale rinchiuso in una carta di credito, ma puoi stare tranquillo che internet funziona.
Potresti anche finire nello stomaco di un pescecane come Geppetto, magari nel mezzo dell’Oceano Pacifico: il Wi-Fi riesce a raggiungere anche le profondità marine e a superare lo strato di grasso sottocutaneo vascolarizzato del pesce, per permetterti una navigazione veloce anche in situazioni di emergenza: non si sa mai quando puoi avere bisogno di una rapida controllata al tuo profilo Facebook.
Uno dei quattro, quello con la felpa blu, mette in tasca il telefono e si avvia alla cassa con gli avanzi della colazione. Li appoggia di fronte alla cassiera, che gli porge una macchinetta, sul quale display lampeggia l’importo totale (iva inclusa) del pasto.
La transizione è veloce e silenziosa: le 6450£ passano dal chip metallico alle casse del locale senza un bip. Basta premere sei tasti gommosi ed aspettare che l’aggeggio sputi lo scontrino, e hai finito. La transizione è avvenuta, senza il fastidioso suono delle monete sul banco e lo schiocco della cassa che si apre; senza che le banconote stropicciate frusciassero contro la pelle del portafogli.
Felpa blu torna al tavolo dagli altri, e già prima di sedersi ha estratto il telefonino dalla tasca.
Un altro dei ragazzi, sistematicamente, si alza e va a pagare. Non c’è coda, alla cassa. Ognuno sa esattamente qual è il suo turno. Nessuno protesta, nessuno litiga, nessuno fa rumore.
È semplice la politica del silenzio: dai alla gente ciò che vuole ed essa non sentirà più il bisogno di alzare la voce.
È per questo che, adesso, nessuno guarda più la televisione senza cuffie.
È per questo che, adesso, nei negozi non c’è più musica.
È per questo che, adesso, viene data a tutti la possibilità di crearsi una propria realtà perfetta ed isolata dal resto del mondo: per avere silenzio.

Quei quattro ragazzi non sanno di essere seduti allo stesso tavolo. Probabilmente non si conoscono neanche, ma tutte le mattine sono lì, al tavolo numero 23, a mangiare una brioche che sa di cartone. A sorseggiare quel cappuccino non molto diverso dall’acqua calda.
Si chiamano amici, ma non conoscono la voce l’uno dell’altro.
E probabilmente, se venisse chiesto loro il colore degli occhi o dei capelli di quello che gli è stato di fronte durante tutta la colazione, non saprebbero rispondere.
Si alzano ed escono dal locale. La porta non sbatte, non cigola, le suole di gomma non producono alcun suono. Camminano in silenzio, con gli auricolari nelle orecchie e il cellulare in mano, seguendo un percorso che potrebbero fare (e che in effetti fanno) ad occhi chiusi.
Non importa guardare dove metti i piedi, il percorso è prestabilito e le macchine non possono girare nel centro cittadino.
I quattro ragazzi entrano in uno dei grandi edifici storici della città senza nemmeno alzare lo sguardo. L’insegna di pietra sopra al portone reca la scritta “SCUOLA”, ma probabilmente nessuno l’ha mai notata. E nessuno ha mai notato la bidella, anzi, l’assistente scolastica, di guardia all’ingresso, grassa e ingrigita dal tempo trascorso a guardare la gente entrare ed uscire silenziosamente dall’edificio.
Felpa blu si divide dal gruppo ed entra in una delle aule. Sopra la porta è incisa la scritta: “IV ANNO -LICEO SCIENTIFICO”.
Funziona così, adesso. Ogni città ha la sua scuola, una sola scuola che istruisce i giovani dai cinque ai diciotto anni. Che tu voglia fare il cardiologo, il letterato o la porno star, frequenterai quella scuola. La divisione tra diversi indirizzi è solamente interna.
Felpa blu si siede al banco 4LS/B3, estrae il tablet dal cassetto e sostituisce i propri auricolari con quelli bluetooth posti sulla superficie.  Una voce metallica preregistrata comincia a parlare dopo il bip: “Tredici Novembre 2137. Matematica. Corso avanzato. Analisi delle funzioni”. Mentre la donna-metallo spiega la lezione del giorno, i ragazzi prendono appunti sui loro apparecchi, che automaticamente archivieranno ed invieranno le informazioni al computer dell’allievo. Non c’è comunicazione tra insegnante e allievo, non c’è possibilità di fare domande, perché il corso è completo di ogni informazione utile.
Lo scambio di opinioni è vietato dalla politica del silenzio.
È per questo che nelle scuole non s’insegna più filosofia.
Socrate ed il suo elogio al dialogo minerebbero la stabilità del Paese, aprendo la mente alle persone, istigandole ad uscire dal guscio, a mettersi in discussione.
È per questo che molti libri sono stati banditi dalla politica del silenzio.
I ragazzi ascoltano e sfiorano lo schermo del tablet con le dita senza ticchettare con le unghie, troppo corte per raggiungere il vetro e creare disturbo.
Ebbene sì, la società del silenzio controlla anche la lunghezza delle tue unghie.
La società del silenzio è puro controllo. Una muta e continua osservazione.
La voce metallica dice: “FINE LEZIONE” e con tre bip la registrazione si spegne, i dati vengono salvati e trasferiti. Nessuno si alza dalla propria postazione prima che siano terminate tre lezioni. Durante l’intervallo, l’allievo può recarsi ai bagni e al bar.
E persino in bagno, la società del silenzio riesce a controllarti.
Non puoi pisciare senza che la quantità di sali minerali nelle tue urine venga monitorata. Viene rilevata la presenza di sangue occulto nelle feci, al bisogno. Non hai più necessità di fare controlli medici, perché se c’è qualcosa che non va, il cesso se ne accorge prima del miglior dottore del mondo.
Sei quello che mangi, nella società del silenzio.
Nella società del silenzio, sei i tuoi scarti.
Felpa blu se ne sta seduto al proprio posto per tutte e sei le ore di lezione, poi si alza e torna a casa. La casa, nel mondo del domani, è l’unico posto dove puoi far sfoggio delle tue corde vocali. Puoi, ma sei così abituato a stare in silenzio che non ne senti il bisogno. Lasci atrofizzare quei muscoli, inutili al giorno d’oggi. Avvizziscono nella laringe come fiori in una cantina buia, fino a che di esse non resta che un velo sottile e viscido, formato da maglie di tendini ricoperti da umida mucosa.
Ma non è questo che importa alla società del silenzio.
In casa tua hai la libertà di parlare, per cui non protesterai.
Non alzerai la voce, perché quella membrana ormai floscia ti impedisce di produrre qualsiasi suono. Gli ultimi resti della tua voce saranno flebili e gracchianti. Stonati. Inadatti alla perfezione del mondo che ti circonda. Per cui non protesterai, non alzerai la voce.
Felpa blu esce dalla scuola e docile prosegue la sua strada verso casa.
Non è una decisione, è un gesto dettato dall’abitudine. Un passo dopo l’altro, un respiro dopo l’altro. Non è lui che decide.
Inspira. Espira. Inspira.
Sistole. Diastole. Sistole.
Destra. Sinistra. Destra.
Tutto è automatico.
Come un respiro, come un battito del cuore.
E tu lo fai, senza nemmeno accorgertene.
Espira. Inspira. Espira. E dieci secondi della tua vita sono fottuti.
Diastole. Sistole. Diastole. Sistole. E ti sei bruciato altri cinque secondi
Sinistra. Destra. Sinistra. Destra. Sinistra. E sei quattro metri più vicino al baratro.



Note dell'autrice
Questa storia trae ispirazione da un autore che io letteralmente ADORO: Chuck Palahniuk (una delle sue opere che quasi sicuramente conoscerete per sentito dire è "Fight Club").
Il fine ultimo, ovviamente, non è copiare o cambiare un suo racconto, ma quello di lasciarmi trasportare dalla sua folle genialità e di imparare qualcosa, magari.
E' una storia sperimentale, ovviamente non finita qui. Fatemi sapere le vostre opinioni!
Un bacione,
Anor

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. ***


2137 ~ capitolo 2


Il ragazzo si ferma di fronte ad un grande cancello che inizia a scivolare sulla rotaia a ghiaccio secco posta sotto di esso. Il sistema di riconoscimento è semplice: si basa su una piccola telecamera che controlla l’iride, la cadenza del passo e la temperatura corporea.
I dati incrociati verificano l’identità dell’inquilino con il 99,99% di successo, ed in perfetto silenzio il cancello si apre.
Nella vita reale nessuno può eludere questo sistema di sicurezza. Anche due fratelli gemelli omozigoti presentano delle caratteristiche peculiari che permettono al sistema di sicurezza di distinguerli e catalogarli.
Nella società del silenzio sei un codice.
Sei un codice alfanumerico di ventisette simboli, impersonale e funzionale, contenuto all’interno della memoria di un computer.
Nella società del silenzio non sei nient’altro che un impulso elettrico veloce, silenzioso, ed impalpabile.
Sei un’idea.
Un’idea come tante altre, confusa nel turbinio di una mente troppo impegnata per badare al singolo umano, stupido ed insignificante.
Felpa blu attraversa il cortile al centro del complesso degli edifici rossi in cui abita.
Tutto è deserto. Tutto è immobile. Tutto è silenzioso.
Tutto è perfetto.
Perché se ci pensiamo bene, tutto ciò che reputiamo perfetto è immobile, è silenzioso.
È vuoto.
Un video non potrà mai essere perfetto, per quanto bello.
Un suono, per quanto armonioso, non potrà mai essere perfetto come l’immagine di puro silenzio del niente.
Solo il niente, ed in sua contrapposizione il tutto, l’infinito, possono essere perfetti.
Immutabili nella loro silenziosa impeccabilità.
Felpa blu prende l’ascensore e sale fino al terzo piano, dove quattro porte nere si aprono su un pianerottolo spoglio e fiocamente illuminato.
Non è permesso tenere piante o animali negli appartamenti. Non è permesso dipingere le pareti interne di un colore diverso dal bianco. Non è permesso vivere la propria casa. Nell’alloggio di felpa blu non c’è nessuno.
Deserto. Immobile. Silenzioso.
Perfetto.
Felpa blu raggiunge la propria stanza ed avvia lo schermo interattivo, effettua il log-in tramite il suo codice e il computer verifica la compatibilità della retina e delle impronte digitali. I tuoi documenti saranno sempre al sicuro, al riparo da occhi indiscreti, nascosti al mondo.
Ma non a Loro.
Loro che sono tutto ciò che ti circonda, ciò che regola la tua miserabile vita umana.
Loro che hanno il controllo dell’universo intero, delle idee e della natura stessa.
Loro, loro che sono il tuo incubo hanno accesso alle tue cose più private.
La pagina utente di felpa blu contiene un calendario delle attività, una cartella con il programma scolastico svolto e gli esercizi assegnati ed una con film e musica dei tempi andati. L’ultima icona, la più bizzarra, è intitolata “CREAZIONE”.
Felpa blu controlla il calendario delle attività e svolge i compiti per casa in pochi minuti, poi sfiora l’icona in basso a destra.
Lo schermo di vetro trasparente sembra diventare opaco e nero. Al centro, troneggia bianca e perfetta un’unica inquietante scritta.
CREAZIONE.
La schermata inquadra un planisfero azzurro e verde, una classica ed imprecisa carta geografica muta.
“Buongiorno utente #P023” la scritta compare nella barra chiara in basso nello schermo.
“Vuole riprendere la partita dall’ultima modifica, datata Dodici Novembre 2137, ore 21.29?” Il ragazzo preme il SI luccicante comparso di fianco alla scritta, e la visuale cambia. Adesso è inquadrata una grande pianura verde punteggiata di piccole costruzioni non terminate. Allontanando le dita zooma su una costruzione che sembra un rudere di un castello. Con abili gesti, sfiorando delicatamente lo schermo, continua a costruire il grande maniero.
Un mattone alla volta. Un’asse alla volta.
Lo scopo del gioco? Creazione.
L’urto tra pietre non fa rumore nel mondo virtuale. Il legno non scricchiola.
Lo scopo del gioco? Creazione.
Le pietre non crollano. Nel mondo virtuale  il legno non marcisce.
Lo scopo del gioco? Creazione.
Se una cosa ti manca nel mondo reale, Loro te la danno nella realtà virtuale che vivi nel tempo libero. Tu sei uno schiavo, non puoi decidere la tua vita, non puoi costruire la tua dimora, ma puoi decidere la vita degli abitanti della realtà virtuale che Loro creano per te.
Puoi costruire le loro dimore.
Puoi distruggere le loro città, le loro famiglie.
Puoi colonizzare il pianeta, oppure lasciarlo allo sbando.
Puoi esercitare su quel Mondo lo stesso identico potere che Loro esercitano sul tuo.
Tu sei controllo. Tu sei osservazione. Tu sei Loro.
Tu sei perfezione, e non protesterai per l’ingiustizia della tua vita.
Non lo farai perché non hai voce.
Non lo farai perché la cosa non ti sembrerà poi così sbagliata.
Loro ti stanno fottendo il cervello, e tu non lo sai.
Le tue idee sono stimoli elettrici, proprio come quelli che in questo momento ti sta inviando il tuo computer, e anche il mondo esterno.
Ti stanno fottendo il cervello, un neurone alla volta, proprio nello stesso modo in cui tu stai costruendo quel castello. Un mattone alla volta.
Con infinita pazienza, la società del silenzio ti sta distruggendo.
Perché la società del silenzio è puro controllo. Una muta e continua osservazione.
E mentre un nuovo mondo si forma sotto i tuoi occhi, proprio mentre inizi a credere di essere un Dio o di poter gestire un’intera comunità, perdi la tua libertà.
Perdi il controllo di te stesso. Perdi la cognizione di ciò che sei.
Ti stanno fottendo il cervello, ma a questo punto non te ne puoi più rendere conto, perché le tue sinapsi sono ormai bruciate. Inutilizzabili.
E quindi continui a giocare, affondando sempre di più in queste sabbie mobili che mai ti lasceranno andare. Sbatti le ali inutilmente, come un uccellino invischiato in una rete. Ti dibatti come un pesce all’amo. Ma comunque il risultato che otterrai sarà quello di continuare a sprofondare, di intrappolarti definitivamente, di far penetrare l’uncino sempre più profondamente all’interno delle tenere carni della cavità orale.
Sei in trappola, ma non lo sai.
Una trappola che non ha barriere, ma che confina e devia la tua mente.
Felpa blu continua a creare pareti, finestre, porte e ponti levatoi. Costruisce una fortezza per abitanti virtuali, senza sapere che per ogni mattone che posa su quelle mura ne abbatte uno nelle difese della sua mente.
Ti stanno fottendo il cervello, e insieme ad esso ogni idea che credevi fosse tua.
Le tue idee, il tuo tempo, la tua vita non ti appartengono più.
E continui a restare lì, fisso davanti a quello schermo che bombarda i tuoi neuroni di informazioni inutili e distruttive, senza ribellarti.
Non protesterai per l’ingiustizia della tua vita.
Non lo farai perché non hai voce.
Non lo farai perché sono Loro ad avere il controllo della tua mente.

Felpa blu non sente i suoi genitori rientrare, ma all’ora esatta della cena si trova in sala da pranzo, telefono alla mano.
Ogni giorno è uguale al precedente.
Ogni azione è automatica.
Persino il cibo è sempre lo stesso, o meglio, ha sempre lo stesso sapore.
Non potrai più dire “questi fagiolini sanno di fieno”, visto che ormai tutto ha lo stesso sapore, lo stesso odore. Non ha senso affermare che “gli spinaci non ti piacciono”, poiché hanno lo stesso orribile sapore della pizza che hai sempre adorato.
Il cibo è un mezzo di sussistenza. È un carburante, esattamente come il GPL o il metano che utilizzano le automobili, e come tale va dosato.
Ognuno ha una quantità prestabilita di cibo che deve mangiare, di acqua che deve bere.
A parte la colazione, ogni pasto è monitorato.
57% di carboidrati, 29% di grassi, 14% di proteine; con un errore massimo tollerato di ±1,3%.
Non si sfugge alla società del Silenzio, perché Loro sono anche in casa tua.
Loro sono ciò che mangi, Loro sono ciò che vedi in televisione, Loro sono ciò che leggi.
Loro sono ciò che pensi.
Felpa blu ed i suoi genitori si siedono in silenzio intorno al tavolo rotondo, e cominciano a buttare giù quel pasto cartonato.
Il suono delle posate che cozzano contro la porcellana rimbomba nella sala vuota come un tuono.
Un suono.
Un’unica debole nota stonata e gracchiante riecheggia contro le pareti bianche, riempie la stanza.
Un suono.
L’unica cosa capace di dare vita ad una casa che sembra disabitata.


Note dell'autrice
Il nuovo capitolo vi è piaciuto?
Ringrazio di cuore Aven90 e Kiyara per aver lasciato una recensione al capitolo precedente, Fire Gloove e TensaZangetsu (e nuovamente a Kiyara) per averla inserita tra le seguite ed infine Valentine got a gun per averla inserita sia tra le preferite che tra le ricordate :) Non penso ci sia bisogno di specificare che è una grande soddisfazione per me!
Inoltre volevo ringraziare anche le persone che hanno letto questa storia fuori da EFP e hanno dato un loro parere, perché davvero, è veramente importante e gratificante per un autore leggere o ascoltare le opinioni altrui.
Spero di tornare al più presto con il nuovo capitolo, un bacione,
Anor

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. ***


2137 ~ capitolo 3
 
Finita la cena felpa blu raggiunge la propria camera, libero di leggere, giocare o dormire. Si lascia la stanza del suo computer alla sinistra, e raggiunge il locale di disinfezione, quarantena e protezione che divide la zona giorno dalla zona notte. Con lo stesso sistema di scansione retina dell’ingresso del condominio, la telecamera riconosce il codice del ragazzo ed apre uno dei pannelli di vetro opaco del locale. Felpa blu si toglie tutto ciò che indossa, e lo ripone nello sportello che si è aperto nel più completo silenzio appena la porta si è sigillata dietro di lui. Toglie anche le lenti scure che ricoprivano l’iride chiarissima, e con nient’altro che la pelle bianca tirata sulle ossa e sui muscoli, attende che il processo inizi.
La stanza si riempie di vapore bollente, ed il pavimento comincia a diventare viscido, così come le pareti ed il corpo del ragazzo rinchiuso tra di esse. I battiti del cuore aumentano, le ghiandole sudoripare eccrine cominciano a secernere sudore. Prima la fronte e la zona nasolabiale, poi il collo, le ascelle, la schiena ed il torace (e, alla fine, anche il dorso delle mani) si ricoprono di un sottile strato di secreto acquoso prevalentemente inodore che rende la pelle lucida e scivolosa. Una volta che quella sorta di acquario e la pelle sono tornati a temperatura ambiente, la macchina espelle una quantità standard di perossido di idrogeno che elimina ogni possibilità di contaminazione da batteri, spore, miceti e agenti virali che potrebbero essere stati contratti all’esterno.
Finito il processo di disinfezione il ragazzo indossa un accappatoio leggero che sembra fatto di carta, e si dirige verso le docce e poi alla camera. La temperatura della zona notte è quella ideale per stare nudi sotto un lenzuolo di cotone senza patire né caldo, né freddo.
Non sentirai il bisogno di lamentarti perché d’inverno fa freddo.
Non sentirai il bisogno di lamentarti perché d’estate fa caldo, o perché le zanzare ti stanno mangiando vivo.
Non ne sentirai il bisogno perché Loro pretendono silenzio, e ti faranno avere tutto ciò che vuoi pur di farti rimanere zitto. Tutto ciò che puoi desiderare, Loro te lo danno. Ma non desidererai nient’altro che quello che hai, perché non sai abbastanza. Non sai che non è vita quella che stai vivendo. Non sai che non sono tue le scelte che stai compiendo. Non sai che potrebbe esistere una vita differente dalla tua.
E per questo stai zitto, e ti godi la temperatura perfettamente mite della tua camera da letto, lo strusciare del lenzuolo grezzo sulla pelle resa delicata dai continui trattamenti.
Dopo aver riposato le ore necessarie a ripristinare le funzioni vitali, una voce metallica quasi asessuata sveglia il ragazzo. La sveglia è impostata in modo da scattare lontano dalla fase REM, ma nella fascia oraria desiderata, in modo da potersi svegliare sempre riposati.
Controllano il tuo sonno.
Controllano i tuoi sogni, e a volte, se sono reputati pericolosi, ne modificano il ricordo, perché non si sa mai che le cellule neurali abbiano un guizzo e ripristinino la loro funzione principale. Addirittura, nei rari casi nei quali il cervello del soggetto risulta particolarmente eccitato, il ricordo viene del tutto rimosso.
Non c’è una falla nel loro sistema, non c’è pericolo di evasione.
Quando la scansione delle urine e delle feci ha decretato che il corpo è sano e che il ha ingerito le dosi prefissate di nutrienti e liquidi, fatto movimento e sudato quanto previsto, il ragazzo può entrare nella zona di quarantena e disinfezione. L’acquario di vetro è un ostacolo invalicabile: ogni mattina ed ogni sera, per entrare ed uscire dalla zona notte, quella è una tappa obbligatoria.
La mattina il corpo del ragazzo non viene riscaldato dal vapore. Nuove lenti scure sono poste nell’apposito contenitore su un piccolo ripiano metallico, sotto uno specchio. Con la punta del dito il ragazzo pesca una delle due piccole calotte e, mantenendo l’occhio aperto con l’aiuto dell’altra mano, l’appoggia sulla superficie oculare umida e tremula. Per un momento l’iride artificiale resta storta nell’occhio, e lo sguardo del ragazzo è un orrido sogghigno nello specchio. L’altra lente viene messa con la stessa facilità: sono azioni che compie da anni, che ormai risultano automatizzate, rapide e precise. Subito dopo una macchina nebulizza su tutta la superficie cutanea un sottile strato di crema solare resistente all’acqua e con fattore di protezione altissimo. Biossido di titanio e ossido di zinco riflettono fisicamente i raggi ultravioletti, mentre oxibenzone, fenilbenzilimidazolo, acido sulfonico, butil metoxidibenzoilmetano ed etilexil metoxicinnamato assorbono chimicamente l’energia delle radiazioni rendendola in parte sotto forma di calore. Sui capelli chiarissimi, sottili come i fili di una ragnatela, viene spruzzato un olio protettivo diverso da quello della pelle.
Questa prassi è obbligatoria, ogni giorno: lenti, crema e olio proteggono gli occhi, la pelle ed i capelli di ogni persona dalla grande quantità di raggi UV-A e UV-B che oltrepassano la debole resistenza della sfera d’ozono che, tra i quindici ed i cinquanta kilometri sopra di noi, risulta una sottile e sbrindellata difesa, stiracchiata a malapena su tutto il globo.
Ogni casa è fornita di tutto il necessario per la sopravvivenza degli inquilini, perché la Società del Silenzio non vuole che i suoi cittadini muoiano sotto le radiazioni dovute alla Loro negligenza.
Vuole che siano tutti sani, ma soprattutto vuole che se ne stiano in silenzio: nessuna lamentela, nessuna scottatura e nessun errore.
L’Ozonosfera è decaduta secondo un degrado naturale.
Loro sono la tua unica salvezza.
Questo è la società del silenzio: censura, insabbiamento delle prove, capri espiatori.
La tua vita è una verità riveduta e corretta, il tuo mondo è adulterato dalla Loro mano.
Ma i tuoi occhi sono inesorabilmente coperti dai filtri che Loro possono importi.
Lo sportello con gli abiti puliti si riapre, e pochi secondi dopo il ragazzo torna ad essere felpa blu.
Esce di casa e raggiunge il solito bar. Si siede al solito posto, con la solita gente, e la colazione è sempre composta dalla solita brioche cartonata e dal caffelatte annacquato, ma sulla sua superficie spumosa c’è un sole di cacao, e non un cuore: questo significa che è domenica, che la scuola è chiusa e che ci si può recare al centro ricreativo.
La tua settimana è scandita dall’alternanza di simboli di polvere ottenuta essiccando, tostando e frantumando piccoli semi marroncini.
Se Loro volessero, i giorni lavorativi potrebbero essere trenta consecutivi, così come uno solo o trecentosessantacinque. E tu obbediresti al settecentoquarantatreesimo cuoricino consecutivo sul caffelatte e andresti a scuola o a lavorare, col capo chino, senza farti domande, completamente muto.
Perché non hai voce, perché Loro te l’hanno tolta.
Come al solito alla fine del pasto la transazione monetaria viene conclusa in completo silenzio, e felpa blu esce dal locale, dirigendosi verso uno dei numerosi centri di ricreazione.
L’edificio è isolato, ma del tutto simile agli altri. Il portone è pesante, i muri spessi. All’interno quattro ampie sale si affacciano sul corridoio d’ingresso. Delle scale salgono al secondo e poi al terzo piano, dove altre stanze accolgono studenti e lavoratori nel giorno di riposo. Al piano terra i cartigli sopra le porte indicano sala relax, sala poker, sala videogiochi e sala lettura. Al piano superiore ci sono gli attrezzi per far palestra e la sala da biliardo, l’ultimo piano è dedicato alla proiezione di film, ed è quindi completamente isolato acusticamente. Felpa blu entra nella seconda stanza a destra. L’austerità della stanza è raggelante, ed i banchi sui quali sono appoggiati schermi grandi e trasparenti non sono dissimili da quelli di un’aula scolastica: sono distanziati quanto basta per non avere contatto con le persone che ti circondano, e le cuffie ti confinano definitivamente nel tuo mondo virtuale. Accende lo schermo interattivo, effettua il log-in e tutti i controlli dell’identità, ed una vasta gamma di giochi si distende sotto i suoi occhi, suddivisa in categorie. Dopo aver risolto un paio di solitari e puzzle, cerca la strana icona dello stesso gioco presente sul computer di casa: Creazione.
La banca dati è condivisa da ogni schermo interattivo del mondo, e poiché felpa blu ha effettuato l’accesso i progressi di gioco sono quelli del pomeriggio precedente. L’utente #P023 continua la costruzione del cupo maniero, sfiorando con le dita lo schermo liscio come l’acqua.
Felpa blu non si rende conto delle persone che ha intorno, di ciò che fanno.
Felpa blu non è nemmeno più nella stanza videogiochi.
La sua mente è con quelle pietre. La sua mente è con quel maniero.
La sua mente è la Società del videogioco.
Controlla, costruisce, distrugge.
Lascia vivere o morire.
Protegge o mette in pericolo.
Una volta conclusa la parte di mura che ospiterà il ponte levatoio, diminuisce lo zoom e fa una rapida ispezione delle terre da lui già costruite.
In una delle vaste piazze cittadine gremite di mercanti e paesani che si muovono come formiche nei loro tunnel sotterranei, una macchiolina nera minuscola ma fuori contesto attrae inesorabilmente lo sguardo di Felpa Blu. Il ragazzo ingrandisce l’immagine, per controllare che non sia lo schermo ad avere dei difetti, ma la figura nera s’ingrandisce con l’ambiente. Si staglia contro di esso come un ritaglio di carta appiccicato su una foto, come un ritocco grossolano ed evidente su uno sbaglio da camuffare.
Quando il livello d’ingrandimento è sufficiente, felpa blu distingue la forma di un pipistrello, i cui contorni sono troppo netti, le ombre inesistenti.
È un errore.
La frequenza cardiaca aumenta, la salivazione è azzerata. Le dita tremano a pochi centimetri dallo schermo. Il sudore copre la sua pelle incendiata: ogni sistema bio-chimico del suo corpo è in stato di allerta. L’allarme rosso del nostro corpo è la nausea. Il mal di testa che ti trivella tempie, timpani e fondo oculare, la diarrea, a volte al contrario la stipsi: quelli sono i problemi successivi, che insorgono quando il pericolo è talmente grave da non potersi scatenare ed esaurire completamente nello stomaco.
L’impulso primario è quello di fuggire, ma il panico è una condizione inaccettabile per la comunità.
La Società non ammette il caos.
Tutto deve avere un ordine, tutto deve avere una collocazione, un inizio ed una fine.
Tutto tranne Loro, e la loro stessa Società.
Felpa blu, come un automa, riavvia il gioco e lo schermo, come decretato nelle procedure: il computer ed il gioco, riavviandosi, eliminano qualsiasi tipo di virus che potrebbe essere scivolato tra i meandri dei miliardi di codici presenti.
Riaprendo il gioco tutto sembra normale, ma zoomando, il pipistrello ritorna visibile.
Brillante ed evidente: una macchia nera su un foglio bianco. Un cancro del sistema, avvinghiato a qualche suo organo vitale.
Col cuore che pulsa a ritmo spasmodico, felpa blu sfiora la figura alata.
Sulla barra chiara in fondo allo schermo appare un’unica scritta:

>>>>#0001 : Benvenuto

Note dell'autrice
Un ringraziamento speciale va a Christian, che è riuscito a darmi l'input giusto per continuare questa storia, dopo così tanto tempo.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1270116