La cura di La Matta (/viewuser.php?uid=40389)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piccola come una goccia d'acqua ***
Capitolo 2: *** Hiram Zane ***
Capitolo 3: *** Anima e Corpo ***
Capitolo 4: *** Le colpe dei padri ***
Capitolo 5: *** Il fardello del passato ***
Capitolo 6: *** Solipsismo ***
Capitolo 7: *** In viaggio ***
Capitolo 8: *** Le piogge di Kahje ***
Capitolo 9: *** Pentimento ***
Capitolo 10: *** Buon sangue non mente ***
Capitolo 11: *** Fede ***
Capitolo 12: *** La lunga mano del Destino ***
Capitolo 13: *** Cerberus ***
Capitolo 14: *** Redenzione - Epilogo ***
Capitolo 1 *** Piccola come una goccia d'acqua ***
dlc cura 1
Prologo
Cittadella, Huerta Memorial
Hospital
Lo
guarda, disteso un letto, immobile, la fronte imperlata di sudore e, ogni
tanto, il petto mosso da un flebile, faticoso, doloroso ansimo. La ferita
infertagli da Kai Leng, quella ferita che non
guarirà, ricucita e coperta da una benda. E nient’altro.
Thane
non ha accettato altra medicina. Né la maschera ad ossigeno, né degli
antidolorifici, né un sedativo che lo faccia riposare, che renda il trapasso
meno doloroso.
Konstantin
Shepard si morde un labbro, mentre sfiora la mano del drell.
Senza
di lui, non ha senso nemmeno combattere la guerra. Perché che ricompensa può
esserci, per lei, in un mondo dove Thane Krios non respira più?
Si
rigira fra le mani una siringa di liquido chiaro.
Non
si è mai presa una responsabilità così grande. Non ha mai tenuto in mano una vita, non una vita che aveva tanto a
cuore. E non ha mai avuto tanta paura, mai, in tutta la sua esistenza.
-
Se vuoi farlo, necessario agire ora.- le ricorda, dolcemente, la voce di
Mordin.
Shepard
si volta, incrociando i liquidi occhi neri dello scienziato.
-
Lui non lo vorrebbe.- sussurra poi, sfiorando il braccio di Thane
-
Forse non cosa etica, ma decisione ora è tua.-
La
comandante si morde il labbro, una brutta abitudine che credeva di aver perso
molti anni prima, poi guarda Mordin ed annuisce:- chiama il dottor Zane. Digli
di tenersi pronto.-
-
Tutto è preparato.- la rassicura il salarian
-
Va bene, allora.- Shepard prende un respiro profondo. Si china in avanti,
baciando Thane sulle labbra - ti amo tanto.- sussurra.
Lui
socchiude appena gli occhi e la guarda, confuso
- Siha…-
-
Non parlare.- dice lei, dolcemente - Andrà tutto bene.-
Dopo
di che fa scivolare l’ago della siringa sotto la sua pelle e preme a fondo lo
stantuffo.
Capitolo Primo
Piccola come una goccia
d’acqua
Quattro mesi prima, Apollo,
Cittadella.
Una
cameriera appoggia un vassoio sul tavolo di Shepard.
-
Ecco.- dice, con un sorriso radioso… che diventa una smorfia quando si accorge
di chi ha appena servito.
-
Ehm… prego?- azzarda la comandante
-
Sì, ecco, eh, io… devo andare.- si confonde la ragazza, prima di scappare verso
il bancone.
-
Ma… ho fatto qualcosa di male?- esclama Shepard, perplessa
Thane
sorride:- si è sparsa la voce che i Razziatori ti seguano ovunque tu vada.-
-
Beh, è una fesseria.- Konstantin scuote la testa - non ci riuscirebbero,
nemmeno volendo. L’ultima volta ci hanno quasi raggiunti, nel sistema Hades
Gamma. Ma che io sia maledetta se ho mai visto un pilota bravo come Joker.
Siamo praticamente scomparsi nel nulla. Eccezionale.-
-
Ecco una delle poche cose della Normandy di cui non sento la mancanza.- rileva il drell
Shepard
ride, una risata leggera, distratta:- Non ci credo.-
-
Certo…- Thane sospira - mi mancano tante altre cose, della vita a bordo. Per
quanto la nostalgia sia meno accentuata, quando si possono rivivere i propri
ricordi.-
-
A volte è una cosa che vi invidio.- ammette Konstantin - La nostalgia è… è come
la sensazione di star perdendo qualcosa, una parte di sé. Lentamente, ti
accorgi che quei dettagli che volevi preservare per sempre sono frammenti
sempre più piccoli, sempre più evanescenti. E alla fine li perdi e resta
soltanto una densa nebbia incolore, resta solo una sensazione di malinconia.-
Thane
annuisce, gravemente:- ma almeno così scompaiono anche i brutti ricordi.-
-
Si affievoliscono.- lo corregge Shepard. Poi prende un lungo sorso e cambia
tono di voce - Dio, perché cadiamo sempre in questi discorsi? Sono deprimenti
e, davvero, Thane, non posso andare in guerra depressa, altrimenti finisce che
mi faccio mangiare viva dai Razziatori.-
Parecchie
teste si voltano verso di lei
-
Scusate, ho esagerato. Enfasi retorica.- si difende la comandante.
Thane
nasconde un sorriso divertito dietro l’orlo del bicchiere
-
La tua delicatezza mi sorprende sempre, siha.-
dice, dolcemente - Piuttosto, come sta la vecchia squadra?-
-
Dopo il mio ritorno sulla Terra ci siamo un po’ dispersi. Ma c’è sempre Garrus,
a guardarmi le spalle e a farmi le calibrature. Dio lo benedica, io non avrei
idea di dove metter le mani.-
Thane
allunga una mano, a scostare una ciocca di capelli dal viso di Konstantin:- sei
molto meno perfetta di quanto faccia immaginare la propaganda.- dice,
scherzosamente
-
Se si sapesse in giro che ho preso a testate un krogan e che i pesci del mio
acquario puntualmente muoiono, probabilmente il Consiglio consegnerebbe ai
Razziatori le chiavi della galassia. A volte serve che qualcuno sia perfetto.
O, per lo meno, indistruttibile.-
-
E’ incredibile il modo in cui io e te ci ostiniamo a non morire. Tu sei
sopravvissuta a talmente tante cose che non provo nemmeno ad elencarle, di cui
le più notevoli l’esplosione della tua astronave e il portale di Omega 4 e io…
beh, secondo i medici avrei dovuto raggiungere l’oceano parecchi mesi fa.-
Konstantin
prende fra le proprie la mano di Thane:- sono felice che tu sia ancora qui.-
mormora
Si
guardano negli occhi, in silenzio.
- Siha… è stato bello. Ma sapevamo
entrambi che questa storia non era destinata a durare. Sapevamo che sarebbe
finita.- dice infine Thane.
Shepard
tentenna: sapeva che quel momento sarebbe arrivato, ma ora le sembra così
profondamente sbagliato. Come se una
conversazione potesse mettere fine al loro amore, cancellare un sentimento
sbocciato e cresciuto, che non è mai venuto meno, nemmeno nel momento più nero.
-
Perché?- chiede, semplicemente.
Thane
la guarda, confuso. Fra tutte le reazioni del mondo, quella non se l’aspettava.
Respira,
profondamente, faticosamente, stringe le mani di Shepard:- non voglio che tu soffra.-
-
E pensi che lasciarci adesso m’impedirà di soffrire in futuro?-
-
Stai combattendo una guerra, siha. E
io non posso essere al tuo fianco.-
-
Ma puoi scrivermi. Possiamo vederci quando scendo sulla Cittadella. Possiamo
olocomunicare. So che il sesso via factotum non è il massimo, però possiamo
attrezzarci.- ribatte Shepard, cercando di scherzare.
Thane
la guarda con un sorriso triste negli occhi:- sto morendo, siha. Non… non ha senso amare un uomo che sta morendo.-
-
Non è una cosa che posso o che voglio cambiare.- mormora lei, accarezzandogli
la guancia. Percorre il taglio delle sue labbra, poi si sporge in avanti e lo
bacia sulla bocca - ti amo, Thane.-
Dopo
aver lasciato l’Apollo, passeggiano per un po’ per le strade della Cittadella,
tenendosi per mano.
Per
un’ora la perfezione artificiale fa scomparire le brutture del mondo reale e
tutto sembra splendido e semplice, come il lago del Presidium che è limpido,
azzurro, che è senza pesci.
-
Vorrei conoscere il tuo medico.- dice ad un tratto Shepard
-
Cosa?- Thane le lancia uno sguardo perplesso - perché?-
-
Perché si fa così quando si ha una relazione seria.- ride - e poi Kolyat non ne
sembrava così entusiasta.-
-
Due cose: quando hai parlato con
Kolyat e perché avreste dovuto parlare del mio medico?-
Shepard
si liscia indietro i folti capelli castani:-
Quando Anderson è riuscito a
farmi pervenire qualcuna delle mail che mi avete mandato mentre ero in prigione
e perché sia io che Kolyat teniamo a
te.-
Thane
alza gli occhi al cielo:- E’ il dottor Gerald Francis. E’ un medico generale
piuttosto bravo e, comunque, non servono grandi competenze per il mio
trattamento. Credo che anche un krogan munito di siringa ci riuscirebbe.-
-
Ma Kolyat ha detto…-
-
Kolyat preferirebbe un medico dalle prospettive più… aperte. Uno di quelli che
cercano nuove vie, che testano nuovi protocolli farmacologici e sono
perennemente in cerca di una vera cura.-
-
Che brutte persone.- ironizza Shepard
-
Questo è uno dei cinque discorsi che non volevo affrontare proprio con te.-
sospira Thane
-
Perché? Perché sapevi che l’avrei pensata come Kolyat?- replica la donna,
alzando involontariamente la voce - E comunque nemmeno a me farebbe schifo che
tu fossi seguito da qualcuno vagamente più specializzato di un krogan munito di
siringa.-
Quando
finisce di parlare sta praticamente urlando.
- Siha…- Thane fa per baciarla, ma lei lo
respinge
-
Thane, perché vuoi morire?- sbotta,
dura
-
Non voglio morire, siha. Solo mi
sembra sciocco perdere tempo ad inseguire una speranza irrealizzabile.-
-
Perfetto. Allora io dovrei semplicemente smettere di combattere i Razziatori?-
-
No. Perché tu sei forte e la galassia ha ancora una speranza…-
-
C’è sempre una speranza.- mormora Shepard, accostando il viso a quello di Thane
- anche se a volte è piccola, come una goccia d’acqua. A volte è talmente
piccola che la gente dimentica che c’è.-
Il
drell prende il fiato, come se volesse replicare.
Ma
poi scuote il capo, sconfitto, e distoglie lo sguardo da Shepard, per
nascondere le lacrime.
-
Mi dispiace, siha.- sussurra - non
sono forte come te.-
Lei
lo abbraccia, parlandogli dolcemente:- Nessuno ti chiede di esserlo. Solo…
permettimi di aiutarti.-
-
Va bene, Shepard.- sospira Thane - ma non riesco a vederne il motivo.-
-
Vuol dire che dovrò vederlo io per tutti e due.-
-- La Coda!
Oddio
non ci credo sto davvero postando una long XD
Era
da un po’ che quest’idea mi frullava in mente, quindi eccomi qui e spero di
potervi divertire o emozionare o sbraitare contro lo schermo, a vostra scelta.
Alcune
note organizzative che volevo mettere all’inizio ma stavano malissimo dal punto
di vista grafico XD
Nota1:
l’equipaggio della Normandy è quello di ME3, ma ha anche i tecnici di Cerberus
(fra cui l’onnipotente sergente logistico Ruperd Gardner)
Nota2:
Mordin è sopravvissuto alla missione della cura per la genofagia. Mah, forse è
una storia che vi racconterò con un altro DLC XD
Nota3:
il titolo della fic è la cosa più banale dell’universo, non vogliatemene ma
sono negata con i titoli.
Nota4:
anche se dall’inizio può non sembrare, questa fic vuole avere anche degli
aspetti comici (già nel prossimo capitolo avremo i primi dialoghi con
l’equipaggio e con il nostro James Vega che non è un campione di lucidità ed
intelletto XD)
Nota5:
per gli aggiornamenti, cercherò di aggiornare settimanalmente, ma non prometto
nulla perché presto ricomincio università e ho scritto appena due capitoli!
Nota6:
se siete passati, non siate crudeli e recensite XD
Nota7:
cribbio, quante note.
Nota8:
la nota6 potevi anche risparmiartela ndKolyat
Nota9:
sta zitto, Kolyat ndAutrice
Nota
(finale) dell’Araldo: assumo il controllo diretto!!
Un
bacio a tutti
Char
--
|
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Capitolo 2 *** Hiram Zane ***
dlc cura2
Capitolo secondo
Hiram Zane
-
No, James, non puoi scaricare “quel maledetto turian” assieme ai rifiuti della
nave. James!-
La
voce del tenente esce distorta dal comunicatore - Cacchio, Lola, mi hai
sfondato i timpani!-
-
E tu aggiusta quel dannato comunicatore. Ti sento malissimo!-
-
Ah, dev’essere di nuovo la Allers. I
suoi dannati apparecchi disturbano la trasmissione.-
Shepard
alza gli occhi al cielo:- Vedete di farmi trovare la Normandy a posto, quando
torno. Altrimenti consideratevi tutti licenziati ed offerti come bersagli
mobili per i Razziatori.-
-
Beh, Lola… siamo già bersagli mobili
per i Razziatori.-
-
Intendevo… aspetta, ho un’altra chiamata.-
-
Perché adesso si dice “un’altra chiamata”,
eh?- dal suo tono di voce, Shepard deduce che James sta ammiccando
-
Tu pulirai il ponte per un mese,
appena torno sulla Normandy. E pelerai le patate per il sergente logistico
Garner. E laverai i piatti. E…-
-
Lola, non ti credo nemmeno se giuri. Senza contare che nessuna di quelle
mansioni si fa più manualmente.-
Shepard
si morde la lingua, cercando una rispostaccia adeguata:- va bene, James. Hai
vinto.- dice, fingendosi accondiscendente - ora potresti consegnare un
messaggio a Garrus, da parte mia?-
-
Certo, Lola.-
-
Bene. Digli che sei il suo schiavetto fino a nuovo ordine! Che ti faccia fare
qualunque cosa gli passi per la testa, possibilmente qualche mansione
umiliante. Contento, tenente?-
-
Oh, cacchio, questo NO!-
-
Buu, vuoi andare a piagnucolare dal maggiore Alenko? Oh no, io ho paura del maggiore Alenko!-
-
A volte capisco perché i Razziatori ti odino tanto, Lola.-
-
Dio, avessi solo metà della tua perspicacia, James. Ora devo scappare. Sai, ho davvero un’altra chiamata.-
Spegne
il comunicatore prima che il tenente abbia tempo per replicare.
Accetta
la seconda chiamata (visto? C’era sul serio!)
-
Ti fai aspettare, eh, Shep?- la saluta una morbida voce femminile
-
Ciao, Kasumi.- sorride - Hai fatto in fretta! Ti ho scritto solo ieri…-
-
Sai, dopo quel casino con gli hanar avevo ancora i miei vecchi contatti. Ti sto
mandando il numero di un eccellente medico, drell, laureato con lode alla
Primazia Illuminata di Kahje, specializzato nella sindrome di Kepral e… beh,
anche piuttosto carino, se ti piace il genere verde e squamoso.-
Shepard
trattiene una risata:- grazie, Kasumi. Ti devo un favore.-
-
Tu mi devi sempre un favore, Shep. Ti
ho seguita in quel portale distruggi-navi, no?-
-
E io mi sono infiltrata nel caveau di Donovan Hock. E ho indossato un vestito!-
- Mmh,
ok, sospendiamo le ostilità. Limitati a ringraziarmi, Shep.-
-
Grazie, Kasumi. E, un’ultima cosa…-
-
Dimmi? Sono di fretta, Shep, ho un’infinità di cose da rubare.-
-…
come mai c’è un medico drell fra i tuoi contatti? Sai, non è il tipo di persona
che ti aspetteresti di trovare nella rubrica lavorativa di una ladra
professionista…-
-
Mi sono imbattuta per caso in lui mentre gestiva una sperimentazione illegale.
Nulla di poco etico, sai, solo che la commissione hanar non aveva voluto dare
il via libera per non dover sovvenzionare il progetto. Sembrano eterei e
gentilissimi, ma sanno essere avidi come volus.-
Konstantin ride:- grazie, Kasumi. E’ proprio quello che
stavo cercando.-
Si
incontrano all’Apollo, mentre gli altoparlanti trasmettono una musica
rilassante e lo schermo è spento, per non mostrare le cronache della guerra,
che prosegue, per quanto tutti cerchino di ignorarla.
Shepard
arriva per prima. Si accomoda ad un tavolino separato, sulla terrazza e si
sistema il vestito. E’ andata a fare shopping, quella mattina, e si è accorta
che lei e Thane hanno due idee agli antipodi rispetto al modo in cui una
ragazza dovrebbe vestirsi.
Si
liscia una piega della gonna e sospira: mai più, mai più una gonna.
Sta
considerando seriamente di correre a cambiarsi da qualche parte, quando il suo
comunicatore inizia a suonare. Shepard preme un pulsante ed accetta la
chiamata.
-
Ciao, Kolyat.-
-
Ciao. Ho appena ricevuto il tuo messaggio. Sai… grazie, per quello che fai.-
tentenna. E’ grato a Shepard, per averlo salvato da una vita di crimini, eppure
ancora non riesce a parlarle come ad un’amica - io avevo perso da tempo le
speranze di far ragionare mio padre.-
-
Sai, Kolyat - replica lei, più sciolta - io posseggo delle arti che tu non
hai.- ride - E inoltre grido più forte.-
Il
drell ride a sua volta:- sono contento di non averti mai vista davvero
incazzata, Shepard.-
-
Sì, non è un’esperienza che consiglio a molti. Comunque ho contattato uno
specialista della sindrome di Kepral. Lo sto per incontrare. Pare sia il meglio
che la Primazia Illuminata
abbia da offrire.-
Sente
l’esitazione, nella voce di Kolyat:- davvero? Sai come si chiama?-
-
Zane. Hiram Zane.- riferisce Konstantin.
Dall’altro
capo del comunicatore, sente Kolyat trattenere il fiato
-
Kolyat, tutto bene? Qualche problema?-
-
No, no… niente…- risponde lui - solo… nah, lascia perdere.-
-
Lascio perdere? Non mi piace quando la gente mi dice di lasciar perdere.-
Il
drell annuisce:- non è nulla di importante, Shepard, davvero. Credo che
conoscesse mia madre.-
-
Oh.-
Irikah.
Irikah
è sempre stato un argomento delicato. Non ne ha mai davvero parlato, con Thane, a parte una volta. Ed è stato quando
ancora non stavano insieme, ma erano solo buoni amici. Konstantin non si è mai
veramente confrontata, col ricordo di Irikah. E non intende farlo.
Solo,
vorrebbe poter avere la certezza che Thane sia riuscito a dimenticare quel
primo e devastante amore, finito in tragedia molti anni prima. Non gliel’ha mai
chiesto, però. Dopotutto, si può davvero dimenticare una persona, quando si ha
una memoria perfetta?
E’
come Kasumi, che ogni tanto rispolvera la greybox di Keiji e si lascia
abbracciare dalla sua immagine olografica, rivedendo all’infinito i loro baci,
le loro carezze, rivivendo il tempo passato insieme.
-
Shepard?- la richiama Kolyat - ci sei ancora?-
-
Oh, cosa? Sì, sì, sono ancora in linea.-
-
Beh, allora sappimi dire com’è andata con il dottor Zane.-
-
Scriverò un rapporto conciso ma pieno di dettagli.- scherza Shepard, prima di
riattaccare.
Mentre
aspetta il dottor Hiram Zane, seleziona un solitario di carte sul factotum. Non
vuole assolutamente permettere alla sua mente di andare a zonzo, finendo
ovviamente a pensare ad Irikah.
Ha
visto una sua foto, una volta. Era in una delle mail di Thane.
La
bellezza della drell l’aveva subito colpita. Per molti versi somigliava a
Kolyat. La sua pelle aveva una sfumatura vagamente azzurra, le squame
rilucevano di un color verde acqua. Aveva grandi occhi neri ma nel buio si
intravedeva un sottile cerchio blu oltremare. Aveva lineamenti fieri ed
eleganti, proporzionati. Nella foto indossava un abito sottile, di stoffa
bianca, e sorrideva distrattamente.
Solo
in quel momento si era resa conto di quanto fossero simili, lei ed Irikah.
Certo,
le loro razze avevano delle differenze, nel credo, nella psicologia, nella
fisionomia, naturalmente. Ma, per il resto, erano simili. Occhi grandi, bocca
forte, carattere risoluto.
Shepard
sospira, facendo cenno alla cameriera di portarle una tazza di caffé.
E’
quasi riuscita ad allontanare il pensiero di Irikah, quando un drell si
avvicina al tavolo.
-
Caffeina?- esordisce, sorridendo – non vive una vita abbastanza eccitante,
comandante?-
-
Ho bisogno di qualcosa che mi tenga in piedi, quando non sto sparando ai
Razziatori.- replica Konstantin, alzandosi in piedi per accogliere l’ospite –
lei dev’essere il dottor Zane.-
Il
drell annuisce, allungando una mano:- e lei dev’essere la comandante Shepard.-
-
Può chiamarmi Konstantin, se vuole.- risponde lei, stringendola
-
E tu puoi chiamarmi Hiram.- sorride lui.
Si
siedono al tavolo. Conversano piacevolmente per alcuni minuti poi arriva il
momento dei discorsi seri.
-
Allora – esordisce il drell – la signorina Goto mi ha detto che hai bisogno di
aiuto con un malato di Kepral.-
-
Sì. E’ in una fase abbastanza progredita, ma è ancora piuttosto in forze.-
Hiram
prende nota mentalmente, sorseggiando lentamente un liquido ambrato:-
Metastasi?- chiede poi
- Sì,
allo stomaco. I danni al cuore invece sono trascurabili. O almeno così li ha
definiti il mio medico di bordo, durante l’ultimo esame.-
-
Il… medico di bordo?- indaga il drell, con aria scettica
-
Stavamo sparando ai Collettori, non avevamo mica tempo di fare gli ipercritici.
E comunque mi fido ciecamente della dottoressa Chakwas. Cosa che non posso dire
del dottor Francis.-
Hiram
fa una smorfia:- Gerald Francis?-
-
Ehm, sì. Lo conosci?-
-
E’ il tipo di medico che non va ai corsi di aggiornamento e che viene
puntualmente scansato dai colleghi. Finché deve fare la stessa cosa
all’infinito è perfetto, ma appena c’è da fare qualche cambiamento nella
terapia preferisce ritirarsi. E’ un codardo.-
-
Incoraggiante.- sbuffa Shepard. Ed è sempre più felice di essere scesa sulla
Cittadella, dopo aver ricevuto la mail di Thane. Non vuole immaginare come
Garrus e James ridurranno la
Normandy (e i nervi di Alenko), ma è una cosa che può
sopportare, pur di non lasciare Thane in mano ad un imbranato.
-
Avete fatto bene a chiamarmi.- sorride il dottor Zane, asciugandosi le labbra
col tovagliolo – allora, dovrò parlare con Gerald, cosa di cui non ho
minimamente voglia. A parte questo, quando posso incontrare il paziente? E avrò
bisogno delle cartelle cliniche…-
-
A questo proposito…- lo interrompe Konstantin -… lui… il paziente… non è molto sicuro di tentare una terapia
sperimentale. Convive con la
Kepral da anni e… si è abituato all’idea. Thane è…-
Ad
Hiram va per traverso quello che sta bevendo:- Thane?- tossisce
Shepard annuisce:- Thane, sì. Thane Krios.-
Il
drell prende un respiro profondo, scuotendo il capo:- io… conoscevo sua moglie,
Irikah.-
Konstantin
ringrazia silenziosamente quella conversazione del tutto casuale avuta con il
suo potenziale figliastro, solo mezz’ora prima. Si è risparmiata una
figuraccia:- Sì, Kolyat me l’ha accennato.-
-
Io e Thane non… lascia stare, è tutto a posto. Allora…- lascia sul tavolo una manciata
di crediti e si alza, lisciandosi i pantaloni – potresti darmi uno strappo
all’Huerta Memorial? Non vengo sulla Cittadella da qualche decennio e tutto
sembra dannatamente diverso.-
-
Sì, certo.- sorride Konstantin – prendiamo un taxi.-
-- La Coda!
Salvee!
Sono
appena tornata dal campeggio ed eccomi qui!
Passiamo
subito alle note importanti
Nota
importante1: ovviamente la descrizione di Irikah me la sono inventata di sana
pianta, così come Hiram Zane e il (malfamato) dottor Gerald Francis. Ogni
riferimento è puramente casuale XD
Nota
importante2: credo che nessuno abbia
davvero paura del maggiore Alenko XD
Nota
meno importante: non ce l’ho tanto con James, davvero, mi ci sono affezionata…
però di presta a passare per quello grosso e stupido, no? No?
Un
bacio e ci si sente in giro!
Char--
|
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Capitolo 3 *** Anima e Corpo ***
dlc cura cap3
Capitolo Terzo
Anima e corpo
Il
taxi li lascia a qualche metro dall’ospedale.
E
Konstantin Shepard vorrebbe essere discreta. Vorrebbe poter pensare a qualunque
altra cosa, che non sia Irikah e non vorrebbe chiedere, ma il pensiero di lei
la tormenta. Il tempo passato assieme, quello che lei ha condiviso con Thane, i
dettagli di una storia che non conosce e che, senza motivo, la angoscia.
-
Allora, come conoscevi Irikah?- chiede infine
Hiram
non risponde subito. Si adombra, inizia a torcersi le mani:- noi…- mormora
infine, scuotendo il capo -… ci conoscevamo quand’eravamo bambini. Eravamo…- si
morde il labbro inferiore e, per un attimo, sembra più giovane di vent’anni –
oh cazzo - geme poi – era mia sorella.-
-
Tua…- Shepard trasale -…tua sorella?-
-
Sì, sì. Mia sorella.- ripete lui – Siamo cresciuti insieme ma poi le nostre
vite hanno preso strade diverse. Lei si è sposata e, per quel che vale, mi è
parsa davvero felice. Finché…- i suoi occhi si fanno vitrei, la sua mente fugge
indietro, indietro nel tempo e lontano nello spazio: - E’ mattina. Una voce
metallica al comunicatore. Lei è morta, lei è stata uccisa. Perdo la presa
sulla provetta che ho in mano. Rumore di vetro che s’infrange. Vogliono sapere
se è mio desiderio vederla ancora una volta, prima che preparino il rituale
d’addio. Cado in ginocchio. Vetri nelle mani, angoscia. Mi manca il respiro…
Vado al tempio e… e lui nemmeno c’è.
Un hanar. Stringe un tentacolo attorno alle spalle di un bambino, che ha gli
occhi rossi per il pianto e le labbra che sanguinano per aver cercato di
trattenere le lacrime.-
Mentre
ricorda, sillabando lentamente quelle parole mai dette a voce alta, sente la
rabbia montargli nell’animo. Alla fine si ferma in mezzo alla strada e tira un
pugno al muro. Un segnale luminoso lampeggia a intermittenza e poi si spegne.
Un brivido gli scuote le spalle, si ripercuote lungo il braccio e sulle dita.
Dietro i profondi occhi neri, Shepard intravede l’ombra di un uomo fragile e
ferito, la cui anima ancora sanguina.
-
Mi dispiace.- mormora la comandante. Vorrebbe toccarlo, portargli almeno un
vago conforto, ma sa che non servirebbe a niente. Resta immobile, al suo
fianco, aspettando che si riprenda.
-
No, no, dispiace a me. Sono passati anni e ancora brucia come il primo giorno.
I ricordi mi perseguitano, s’infilano in ogni spazio di veglia, mi privano del
riposo. Ma è sciocco prendersela con te, comandante. Nessuno mi restituirà mia
sorella.-
Ogni
volta che pensa ad Irikah, Hiram sente una stretta gelida allo stomaco. Un
dolore sordo, improvviso, freddo e lancinante, che aveva finto di poter
dimenticare. Sua sorella era stata la sua miglior amica per tutta la
giovinezza. Era poco più grande di lui, eppure sembrava quasi adulta. Era
sicura, determinata, padrona della situazione. Era una guerriera. E quando
qualcosa la faceva infuriare, un fuoco le ardeva dalle vene e un bagliore le
illuminava lo sguardo. Hiram avrebbe giurato che nulla potesse fermarla.
Ma
qualcuno c’era riuscito, l’aveva fermata, qualcuno aveva preso la sua vita,
aveva cancellato ogni speranza futura, aveva spezzato il suo respiro. L’aveva
lasciata riversa in una pozza di sangue, con un foro in mezzo agli occhi. A
quei dolci occhi scuri, che lentamente avevano perso ogni luce.
L’ultima
volta che Hiram aveva visto Thane, era stato al rituale d’addio.
Mentre
il corpo di Irikah scompariva negli abissi del mare, Hiram aveva alzato lo
sguardo verso quell’uomo distante e triste, che stringeva al petto un bambino
in lacrime.
Improvvisamente,
non aveva più avuto voglia di litigare e se n’era andato senza dirgli niente.
Si era sentito svuotato di ogni energia, di ogni rabbia. Aveva realizzato che
tutto quello che gli restava di Irikah era in quel bambino. Un frammento di sua
sorella era ancora vivo. Una parte di lei sarebbe sopravvissuta a quel giorno,
sarebbe cresciuta, l’avrebbe fatto sorridere, e combattere, e sognare un
destino felice e il grande amore.
Sta
ancora recuperando il controllo su sé stesso, quando una scarica di proiettili
lo richiama al presente.
Un
dolore bruciante gli squarcia la spalla. La camicia s’impregna di sangue.
Poi
sente le mani di Shepard che gli afferrano la vita e lo trascinano giù, dietro
ad una panchina.
-
In un modo o nell’altro…- sospira la donna, estraendo la pistola – finisce
sempre che qualcuno mi spara.-
Vorrebbe
avere il suo fucile d’assalto, il prolungamento del suo braccio, con cui non
deve nemmeno più prendere la mira. Stringe la pistola e si sporge un po’ dal
riparo, per controllare la situazione
-
Cosa sta succedendo?- chiede Hiram, a mezza voce
-
Non ne ho idea, dottore.- ribatte Konstantin, allungando il braccio e sparando
un colpo.
Gli
aggressori sono quattro, di cui due ben visibili, esattamente di fronte alla
loro posizione.
Indossano
tute scure, di un materiale leggero ma resistente.
Shepard
si mette in ginocchio dietro all’improvvisato riparo, poi scatta di lato e fa
fuoco. Non può negare una certa soddisfazione, quando sente i gemiti di uno
degli aggressori. Ormai, quella lotta continua, senza quartiere, sta diventando
la sua routine. Più dei Razziatori, sembra che ogni organizzazione criminale
abbia almeno un motivo per odiarla e per volere la sua testa.
Sospira,
sporgendosi dal riparo per esplodere altri tre colpi. Un tempo, quando si
svegliava sull’astronave di sua madre e contemplava l’universo, oltre i
pannelli, era una bambina con gli occhi pieni di meraviglie. Aspettava
ansiosamente di diventare un soldato, ma non il genere in cui poi si era
trasformata. Immaginava di andare a sorvegliare sul pacifico sviluppo delle
colonie, di annientare la piaga dei pirati batarian, di essere un simbolo di
placida sicurezza, non di eterna guerra. Poi, un giorno, su Elysium, si era
resa conto che puoi distruggere un nemico, ma sempre un altro prenderà il suo
posto, in un ciclo estenuante, senza fine.
Colpisce
in piena fronte uno degli aggressori, che si accascia in avanti, agonizzando.
Sente
i suoi gemiti strozzati e, improvvisamente, sente tutta la stanchezza del mondo
gravarle sulle spalle. Vorrebbe tornare alla sua vita nello spazio, dove il suo
unico problema era compiacere sua madre e apprendere quanto più poteva da lei e
da chi l’accompagnava.
Lancia
appena uno sguardo ad Hiram. Il medico sta rannicchiato dietro al riparo
improvvisato, reggendosi il braccio ferito. E’ spaventato, ma non atterrito. C’è una strana lucidità nei
suoi occhi, quella che acquisti quando ogni giorno decine di vite passano sotto
le tue mani, a portata del tuo bisturi, quando basta un sobbalzo per
distruggere un’esistenza.
Shepard
sta per sparare di nuovo, quando due agenti dell’SSC irrompono nella via, con i
fucili spianati.
I
misteriosi aggressori esplodono ancora qualche colpo in aria, poi lanciano un
fumogeno e si dileguano nell’ombra, lasciandosi dietro il corpo del compagno.
-
Comandante Shepard.- la riconosce uno degli agenti, rivolgendole un rigido
saluto militare
-
Grazie, per l’aiuto.- sorride la donna, diplomaticamente. Non ha mai davvero
avuto bisogno dell’SSC per trarsi d’impaccio, ma è bello sapere che le autorità
stanno rendendo più efficiente il sistema di sicurezza della Cittadella.
-
Tutto bene, dottore?- chiede poi, voltandosi verso Hiram.
Il
drell si sta tamponando la ferita, che sembra superficiale e ha quasi smesso di
sanguinare.
-
Tutto bene, comandante.- abbozza un sorriso – Vita emozionante, la tua.-
-
Fin troppo.- ribatte Shepard
-
Comandante… avremmo bisogno di prendere la sua deposizione.- s’intromette
l’agente SSC.
Konstantin
annuisce. Si appoggia ad un cartello pubblicitario, respirando profondamente.
E’ quasi grata a quel gruppo di anonimi criminali, che le hanno dato un quarto
d’ora di riposo dalle sue angosce.
Il
rimorso del combattimento, l’amarezza che deriva dalla coscienza che non
esisterà mai un universo senza guerra, il tormento che si accompagna alla fine
di una vita… sono demoni con cui Shepard sa convivere. Sono i suoi veri
compagni. Discreti, eppure sempre presenti. Non abbastanza forti da fermarla,
ma sufficientemente oscuri da avvelenare i suoi pensieri. Oltre l’adrenalina,
oltre la sicurezza e l’eccitazione dello scontro, c’è sempre una punta di dolore.
Eppure,
Shepard è grata a quella fitta di agonia. E’ ciò che la mantiene umana.
Una
volta al Huerta Memorial, rintracciano in fretta il dottor Francis.
E’
un uomo basso e grassoccio, dai rossi capelli arruffati e dai modi bonari. Ha
le mani sudate e una stretta tremolante, poco sicura, quasi emotiva. Borbotta
semplicistiche formulazioni e sentenze sommarie. E sempre tentennando, sempre
esitando, come a voler chiedere conferma.
Mentre
lo ascolta parlare, Shepard sente un brivido di raccapriccio correrle lungo la
schiena.
Come
ha potuto Thane stimare così poco la sua vita, affidandola a un simile
fantoccio?
Hiram
ascolta il resoconto con distaccato interesse, annuendo e memorizzando. Tiene
la cartella clinica fra le mani, passando i polpastrelli sulla copertina.
Alla
fine, i due dottori si appartano per discussioni che lei non è sicura di poter
capire.
E
Konstantin s’intrufola nell’ambulatorio.
Thane
è in sala d’aspetto, che finge di leggere una noiosissima rivista con in copertina
una foto di Blasto.
-
Non pensavo t’interessassero i film d’azione.- ride la giovane, sedendosi
accanto a lui.
Il
drell sbatte le palpebre, risvegliandosi dal solipsismo
-
Stavo… ricordando.- si scusa. Poi sorride:- ricordavo te.-
-
Me mentre sparo ai vorcha o me mentre sono tutta nuda?-
Thane
le accarezza i capelli color rame, prima di baciarla teneramente sulle labbra.
Ama il modo in cui Konstantin sorride, ama le sue battute, ama quella piccola
cicatrice sulla guancia. – Pensavo… ad Horizon. A quando sei tornata da quella
missione.-
-
Fra tutti i nostri ricordi – mormora Shepard, posando il capo sulla sua spalla
– perché proprio questo?-
-
Perché quella sera, per la prima volta, ti ho visto umana. Fino a quel momento eri stata solo una corazza vuota, armata
di una ferrea volontà e di qualche dozzina di frasi fatte. E dopo Horizon ho
visto la donna che vive dentro al soldato. Ho visto l’anima, e non più solo il
corpo.-
Konstantin
sospira, intrecciando le dita a quelle di Thane:- volevo essere la migliore.-
-
Non puoi salvare tutti, siha.-
sussurra lui, gli occhi velati di malinconia.
-
Ma posso tentare.- ribatte lei, conscia che non stanno più parlando di Horizon,
né dei Razziatori, né della guerra – Posso combattere fino allo stremo, posso
non arrendermi mai. Posso tentare.- ripete
Thane
fa scivolare le dita fra i suoi capelli:- Non è compito tuo, siha. Ognuno affronterà la sua fine, un
giorno. Non c’è via di fuga. Ma si può morire in pace. Si può trovare riposo
nella consapevolezza di aver riparato ai propri torti, di aver costruito
qualcosa, che resisterà ben oltre la nostra vita terrena. Di aver trasceso i
limiti del corpo, liberando lo spirito dall’inganno della materia. Ma questo, siha, è un viaggio che ognuno compie da
solo. Tu affronterai il tuo e il tuo solamente.-
-
Questo lo capisco. Una parte di me può anche accettarlo. Ma voglio rinviare la
partenza più a lungo possibile. E, visto che siamo in tema, Kasumi mi ha messo
in contatto con un nuovo medico.-
Thane
scuote la testa, ma non parla. Shepard è una delle donne più cocciute e
determinate che abbia mai conosciuto. La guarda, semplicemente, imprimendosi il
suo viso nella memoria.
-
… si tratta di Hiram.- completa la donna, in quel momento – Hiram Zane.-
Thane
sente il respiro bloccarsi nei propri polmoni. Hiram. Quel nome rievoca in lui
una fitta di rimorso. Hiram è l’uomo a cui ha fatto crescere suo figlio. E’
stato tutto quello che avrebbe dovuto essere lui. Lentamente, la coscienza di
aver protetto Kolyat dal suo mondo riesce a placare il senso di colpa.
Lui
e Hiram non si erano mai conosciuti abbastanza da diventare amici, ma era pur
sempre il fratello di Irikah. Socchiude gli occhi e, inavvertitamente, ci
pensa.
“Profumo di cibo caldo. Lei
in piedi nella sala da pranzo, vestita di lino. Dalla finestra soffia una
brezza rovente. Kolyat a quattro zampe sul pavimento. Un uomo in camice bianco
a carponi accanto a lui. Lei sorride dolcemente. L’uomo si alza, le cinge la
vita con le braccia. “Ciao, mia splendida sorella”. La bacia sulla guancia.
Kolyat tira una palla contro il muro. Sua madre ride.”
Un
sospiro gli sfugge dalle labbra. L’unico sogno di Irikah era stato avere una
famiglia ma, quando lei non c’era stata più, quella famiglia si era
accartocciata su sé stessa, ed era morta.
--
La Coda!!
Buongiorno!
Anche questa settimana riesco ad aggiornare puntualmente! Non garantisco per le
prossime, perché sto rivedendo la parte che ho scritto e sto scrivendo quella
che non ho scritto… e prometto di non fare più battute come questa XDXD
Volevo
ringraziare infinitamente Hi Fis per i preziosi consigli, che hanno sicuramente
contribuito a far migliorare questa storia e darmi più soddisfazione! Grazie
anche a Marie16 che mi ha recensita! E grazie anche a voi, lettori silenziosi,
(sperando che ci siate e che non vi stia immaginando io XD)
Alla
prossima!
Char--
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Capitolo 4 *** Le colpe dei padri ***
dlc 4
Capitolo Quarto
Le colpe dei padri
Athira
osserva il giovane drell esalare gli ultimi, faticosi respiri.
Tossisce
quasi ininterrottamente, ma il Custode della Memoria è stato chiaro: la purezza
della morte non dev’ essere contaminata dalla medicina, la sofferenza deve
essere pura e acuta, così come gli Dei l’avevano immaginata, nell’affliggere al
popolo drell la sacra punizione.
Athira
è stata benedetta solo qualche mese fa e ci sono ancora tante cose, che la spaventano.
Cerca
di ripetersi che la sua anima non è davvero spaventata, che alla fine
accoglierà con gioia il fato che l’è spettato, cerca di dirsi che sono solo gli
inganni della materia a tenerla attaccata così spasmodicamente ad una vita che
non merita di vivere.
Eppure,
le riesce ancora difficile da accettare.
Interrompe
le proprie riflessioni. C’è qualcosa di diverso, nell’aria.
…
c’è silenzio.
Abbassa
lo sguardo, sul giovane drell.
E’
immobile, i grandi occhi neri spalancati sull’eternità, il volto rilassato nel
torpore della morte.
-
Grazie, Kalahira, per aver accolto un altro dei tuoi figli.- prega il Custode,
a voce alta.
Un
mormorio reverente si unisce a lui, ma Athira non ci riesce.
Non
riesce a pregare. Da quando ha scoperto di essere stata benedetta, sta
affrontando una crisi di fede. Può davvero accettare come una benedizione
qualcosa di terribile, come la sindrome di Kepral?
Come
può il Custode della Memoria essere così certo che la malattia sia la punizione
che gli Dei hanno destinato ai drell? Perché non può essere semplicemente una
reazione biologica, causata dalla difficoltà di adattarsi ad un nuovo pianeta e
ad un nuovo clima?
-
Hai delle perplessità, figlia mia?- le chiede il Custode, in quel momento,
posandole una mano sulla spalla.
- No.-
risponde Athira, troppo velocemente.
-
Figlia mia, non devi vergognarti dei tuoi timori. Ma ascolta: un popolo non
deve sopravvivere al pianeta che gli è stato concesso in dono. Noi dovevamo
assecondare la volontà degli Dei, e perire assieme a Rakhana. Invece… invece ci
siamo stupidamente aggrappati alla vita, cercando in ogni modo di rimandare
l’estinzione. Abbiamo dovuto scendere a compromessi con gli Hanar. Siamo
arrivati a ringraziarli, per il soccorso che ci hanno portato, per il posto che
ci hanno offerto sul loro pianeta… abbiamo accettato la loro cosiddetta grazia,
ci siamo piegati al Contratto stipulato dai nostri padri… e così facendo
abbiamo recato offesa agli Dei! Ci proteggiamo all’ombra di una razza sacrilega
che non venera i veri Dei ma una razza guerrafondaia estintasi secoli orsono!-
il Custode si sta scaldando, il sacro fervore illumina i suoi grandi occhi
scuri e le sue lunghe mani gesticolano animatamente - Però, ci è stato concesso
un modo per espiare! La
Sindrome di Kepral. Un modo per mondarci dagli errori del
passato, per morire come avremmo dovuto morire tempo addietro, per emulare la
sorte del nostro amato pianeta! Solo chi accetta la malattia come una punizione
divina, solo chi la festeggia come una benedizione, solo chi rifiuta le cure e
porta fra i suoi fratelli il nostro verbo, solo lui sarà infine considerato
giusto agli occhi degli Dei e, oltre l’Oceano, avrà finalmente la grazia!-
Il
piccolo gruppo di accoliti si è riunito attorno al Custode, per ascoltare le
sue parole.
E tutti
ne sembrava entusiasti, eppure Athira non riesce a scrollarsi di dosso la
sensazione che ci sia qualcosa di incredibilmente sbagliato, nelle cose che
dice, in quello che lei ha fatto nel nome della fede.
Tossisce,
mentre una vampa di dolore le dilaga nel petto.
-
E’ una benedizione.- sussurra, fra sé, guardando le gocce rosse che le
macchiano le dita.
-
Ciao, Thane.- sospira Hiram.
-
E’… è da parecchio.- risponde il drell, esitando.
Konstantin
gli prende una mano, intrecciando le dita con le sue. Non riesce a immaginare
come si sentirebbe lei, al suo posto. Si è sentita morire quando ha conosciuto
le sorelle di Ashley, quando l’hanno guardata negli occhi chiedendole degli
ultimi minuti della loro sorella maggiore. Quando ha dovuto parlare con voce fiera,
quando invece aveva voglia di piangere, quando si sentiva distrutta dai sensi
di colpa.
Hiram
si siede sulla poltroncina di plastica:- dov’è Kolyat?- chiede poi, secco.
Non
ci sono altri argomenti, che possono legarli. Niente, a parte quel bambino che
Thane non ha voluto e che lui, Hiram, ha cresciuto, nonostante il costante
dolore che gli attanagliava il petto, ogni volta che guardava suo nipote. Ma
c’era riuscito. Era rimasto, rimasto per il figlio di sua sorella, rimasto
nonostante l’amarezza e la tortura di vivere in un mondo solitario.
-
Dovrebbe arrivare a momenti.- risponde Konstantin.
-
Va bene.- Hiram prende un respiro profondo.
Non
sa come parlare, come esprimersi, come poter ignorare tutto il disprezzo che
gli corrode l’anima. L’odio sopito si ridesta, la voglia di litigare, di
imprecare, di recriminare. La voglia di prendere Thane per il collo e di fargli
rimpiangere ogni minuto di lontananza, ogni secondo di assenteismo, ogni notte
che Irikah ha passato da sola, in un letto gelido, a sognare una vita che non
avrebbe mai potuto avere.
-
Andiamo in ambulatorio.- riesce a dire, alla fine. Stringe il pugno così forte
che le unghie gli incidono un solco nella pelle azzurrina delle mani – Voglio
visitarti, poi parleremo della terapia.-
-
Hiram…- lo blocca Thane – non sei costretto ad aiutarmi. Anzi.-
-
Non lo faccio per te.- sibila l’altro drell
Ed
è vero. Lo fa per Kolyat, che ha appena ritrovato suo padre e non vuole
perderlo di nuovo. Per il giuramento che fa ogni medico, che lui ha sempre onorato
e che è l’unica cosa che va davvero bene, nella sua vita. Forse persino per
Shepard, per quella tenace ragazza armata, che gli ricorda sua sorella in
maniera devastante. E, sì, lo fa per Irikah. Perché lei sapeva vedere il bene
anche nell’animo più nero e avrebbe sempre voluto aiutare gli altri, in ogni
circostanza, non importa se l’avevano fatta soffrire.
Ma
non è facile onorare la sua memoria. Sembra semplice, agire come avrebbe fatto
lei, prendere le scelte su cui lei non avrebbe nemmeno dovuto riflettere.
Sembra automatico ma è estremamente difficile. Dimenticare il proprio ego, per
poter rievocare, anche solo per un po’, la purezza d’animo di Irikah.
-
Andiamo.- ripete, dirigendosi verso l’ambulatorio.
Shepard
si alza, per seguirli, ma Thane le fa cenno di restare indietro.
Konstantin
non sa se è perché vuole passare del tempo da solo con Hiram, o perché non
vuole che lei li senta litigare, o perché c’è un parte di lui che sta pensando
ad Irikah, in quel momento, e gli sembra di tradire la sua memoria, tenendo la
mano di un’altra donna.
Li
guarda sparire dietro ad una porta di plastica bianca.
Mentre
è da sola, pensa alle vie del destino. A come cento piccoli dettagli possano
cambiare, cambiando non solo loro stessi, ma anche il corso della storia. Se
Thane non fosse stato un assassino, se non avesse dovuto uccidere proprio
quell’uomo, quel giorno, in quel luogo. Se Irikah fosse rimasta a casa, quella
sera. Se non avesse avuto il coraggio di frapporsi fra la vittima e
l’assassino.
Per
qualche istante, sente di non poter più tollerare di essere chiamata “siha”, non convivendo con la
consapevolezza che quel soprannome è stato di un’altra persona, di un’altra
donna che probabilmente l’ha meritato più di lei.
Paradossalmente,
è più facile essere un eroe in guerra, piuttosto che in pace.
Perché
quando le cose a te tendono ad esplodere, sai che ogni minuto potrebbe essere
l’ultimo. In quest’atmosfera apocalittica, sai che non puoi fuggire alla
distruzione. E allora puoi affrontarla serenamente, prescindendo dalla tua
indole, dai tuoi sogni del cassetto, accantonando le piccole preoccupazioni che
durante la pace sembrano enormi e che la guerra semplicemente spazza via.
Non
puoi ignorare il nemico, in guerra.
Ma
in pace puoi passare oltre. Vedere che qualcuno sta per morire e decidere
quietamente di lavartene le mani, di continuare con la tua passeggiata serale,
di tornare a casa e guardare un film, distesa sul divano.
Ci
vuole un gran coraggio, per inclinare lo status quo.
Shepard
si guarda intorno: passi distratti l’hanno condotta fino al giardino interno
dell’ospedale.
C’è
una gran pace, il mondo sembra annullarsi, fra quelle quattro mura, coperte dai
rampicanti artificiali.
Si
siede su una panchina, di fronte al laghetto. L’acqua esce a fiotti, con un
quieto mormorio.
Qualche
minuto dopo, una voce la strappa al torpore.
-
Shepard?-
-
Kolyat!-
La
donna si alza in piedi, per stringere la mano al giovane drell.
E’
passato un lasso di tempo scandalosamente lungo, dall’ultima volta che l’ha
visto, o che si sono scritti. Shepard respinge l’istinto di autogiustificarsi,
di esigere clemenza con sé stessa: con l’intera galassia in guerra, sembra
legittimo trascurare un po’ i rapporti sociali, ma la comandante sa che non è
stata colpa dei Razziatori. E’ che lei e Kolyat hanno poco in comune, hanno i
loro pensieri, le loro vite, forse non hanno nemmeno un grande interesse a
conoscersi a vicenda. L’unica cosa che li unisce, è Thane, ed è un filo
sottile, che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro.
-
Sono venuto appena possibile.- dice il drell - come sta mio padre?-
-
E’ dentro con il medico.- spiega Shepard
-
Senti… per quanto riguarda il dottor Hiram… non sono stato del tutto sincero,
con te.-
Konstantin
sorride e Kolyat capisce che lei sa, e che ha capito il motivo del suo
silenzio, della sua esitazione.
-
Mi dispiace.- mormora, scuotendo il capo - E’ stato lui a crescermi, eppure…
credo di averlo deluso. Quand’ho scoperto la verità su mio padre, io ho… ho
perduto la mia strada. Lui non ne sa niente, non sa nemmeno come ho ottenuto il
mio attuale impiego all’SSC… non sa di Talid, né del mio primo omicidio. E
vorrei che le cose rimanessero così. Non ha senso dargli un altro dolore.-
Shepard
annuisce:- Sono certa che capirebbe.- dice poi - ma è giusto che tu ti prenda il
giusto tempo, prima di parlagliene. Adesso stai rigando dritto e conta solo
questo. Vedrai che Hiram sarà fiero di te, esattamente come lo è tuo padre.-
Non
è una frase retorica, detta a vuota per riempire il silenzio. E’ la pura
verità.
Lo
sguardo di Thane s’illumina, ogni volta che parla di suo figlio. Quando il
comandante Bailey gli inoltra qualche novità sul suo stato di servizio, quando
Kolyat gli scrive di qualche missione dall’esito particolarmente favorevole.
“Non
diresti nemmeno che è mio figlio” sussurra, accarezzando il datapad.
-
Grazie, Shepard.- dice Kolyat.
Konstantin
si stringe nelle spalle:- per cosa?-
-
Per tutto.- risponde il drell, semplicemente.
Non
sa con esattezza perché la stia ringraziando. Se per il lavoro che sta facendo
coi Razziatori, se è per la speranza che offre alla galassia, se è perché ha
rintracciato Hiram o per le parole che gli ha rivolto, riuscendo a rincuorarlo
anche se è quasi una perfetta estranea. Forse è un “grazie” per il tempo che
passa con suo padre, per il modo in cui gli fa trovare l’energia per
sopravvivere.
-
Vado a vedere se hanno finito.- riprende - Vieni con me?-
Li
fanno sedere fuori dall’ambulatorio e lì attendono per qualche minuto, immersi
nell’imbarazzante silenzio di chi sa che dovrebbe sentire un legame e invece
non lo sente.
Alla
fine, Shepard si rassegna, prende una rivista e la sfoglia, cercando di
ignorare le variopinte pubblicità che si animano appena vi posa lo sguardo.
No,
non vuole creme miracolose, né il nuovo modello di factotum con giochini
assortiti. Vuole solamente una vita normale, felice e - dannazione - non c’è alcuna pubblicità disposta ad offrirgliela.
E’
quasi un sollievo quando la porta della sala esami si apre e ne esce il dottor
Zane.
-
Kolyat!- sorride subito, andando ad abbracciare il nipote.
I
segni della stanchezza e del dolore mai sopito sembrano scomparsi dal suo
volto, ma Shepard sa che è solo un’abile travestimento, una maschera che quelli
come lei imparano presto ad utilizzare.
-
Grazie, per quello che fai.- dice Kolyat, bloccando Hiram prima che pronunci le
fatidiche parole “quanto sei cresciuto!” - So che non è facile, per te.-
-
Quando si tratta della tua felicità, non mi tiro mai indietro.- sorride l’altro
drell - ti voglio bene, Kolyat.-
-
Lo so, zio.- risponde il giovane, un po’ in imbarazzo - Allora, come sta mio
padre?-
Il
dottore si siede su una poltroncina, prendendo un respiro profondo per
riordinare le idee.
-
Mentire è inutile.- esordisce poi - La situazione è critica. Nonostante tuo
padre si sia sottoposto alla terapia giornaliera consigliata, non sono mai
stati tentati interventi più invasivi, per rallentare il decorso della
sindrome. Ad ogni buon conto, la mia opinione rimane la stessa: l’unica
possibilità che abbiamo, e vi devo avvertire che le probabilità ci remano
contro, è un intervento estremamente sperimentale. Del tipo di sperimentazione
che la Primazia Illuminata
si è rifiutata di autorizzare.-
-
Suona poco legale, zio.- rileva Kolyat, ma non sembra contrariato.
-
Sì, suona poco legale.- ammette Hiram - Eppure è la nostra migliore
opportunità. Probabilmente l’unica. Con un nuovo protocollo farmacologico posso
rallentare il decorso della sindrome o evitare l’insorgere di ulteriori
problemi, ma ormai il grosso del danno è fatto.-
-
Ci parli dell’intervento.- lo esorta Shepard.
-
Sì, l’intervento. Su Kahje, io e la mia equip stavamo studiando un metodo per
clonare i tessuti polmonari dei drell. Il progetto era ormai ad un punto tanto
avanzato che stavamo per venirne a capo, quando…- tentenna, poi scuote il capo
e prosegue - quando la Primazia Illuminata
ha scoperto il nostro laboratorio e ci ha costretti a chiudere. Gli Hanar hanno
promesso di revisionare i nostri protocolli per vedere se ci sono dei dati
recuperabili, ma fra i tempi burocratici e la guerra credo che abbiano
accantonato l’idea.-
-
E allora cosa propone, dottore?- incalza Shepard.
-
Con i giusti componenti ed attrezzature, dovrei essere in grado di completare
la sperimentazione anche qui, sulla Cittadella. Mi metterò in contatto con la mia
collega, la dottoressa Shoni e ci metteremo subito all’opera. Se la clonazione
e il trapianto dovessero andare a buon fine, poi potremmo occuparci delle
metastasi e dei danni collaterali e, con la dovuta terapia farmacologia, la Kepral dovrebbe essere… se
non “sconfitta”, almeno messa in condizioni di non nuocere.-
Shepard
annuisce. Anche se sembra un piano folle e rischioso, sente il sollievo
dilagarle nell’animo. Hanno un piano. Ed è più di quanto ha avuto lei, contro i
Collettori. Possono farcela. Hanno qualcosa su cui concentrare i propri sforzi
e le proprie speranze.
Dopo
aver lasciato l’ospedale, Hiram Zane si dirige all’appartamento che ha in
affitto, sulla Cittadella.
Infila
il tesserino nella fessura della porta, poi entra e richiude. Inserisce il
codice dell’allarme.
In
cucina, si versa un bicchiere di vino rosso e lo sorseggia, lentamente, seduto
al banco di plastica grigia.
I
suoi occhi si fanno vitrei, distanti.
“- I risultati delle ultime
analisi sono promettenti, dottor Zane.- riferisce la sua assistente. Ha un bel
sorriso, speranzoso. La pelle verde pallido. Occhi scuri, traboccanti di stima
e aspettative.
- Bene.- anche lui sorride.
Un sorriso diverso da quello di lei. Pensano entrambi di poter cambiare le
cose, ma per lei è una speranza, mentre per lui è un semplice diversivo, per
non pensare al passato.
- Inserisci le nuove
informazioni nel grafico e poi proseguiamo con l’esame di compatibilità.-
ordina la dottoressa Shoni.
Timala Shoni. Asari. Pelle
azzurra, le punte dello scalpo tinte di blu scuro. Professionale, seria.
Sorride solo fuori dal laboratorio, dentro non si concede distrazioni. Un
camice bianco, i guanti lunghi fino ai gomiti.
Si affaccendano fra
provette e monitor ronzanti. Preparano il futuro. Il sollievo di un’intera
razza.”
Il
bicchiere è vuoto.
Hiram
lo riempie di nuovo, studiando i riflessi del vino.
Ognuno
aveva avuto le sue motivazioni, in quel periodo entusiasmante, di ragionamenti
ed intuizioni, di conferme e di smentite, di notti insonni e di festeggiamenti
per ogni insignificante vittoria.
Lui
voleva fare qualcosa di buono, qualunque cosa. La dottoressa Shoni era la
figlia di un drell. La loro assistente - Dei, per quanto tentasse, Hiram non
riusciva a ricordare il suo nome!- aveva scoperto qualche mese prima di avere
la sindrome di Kepral.
Tutti
avevano delle ottime ragioni per infrangere la rigida proceduta per le
sperimentazioni scientifiche, ognuno non aveva tempo per aspettare le eterne
formalità della Primazia Illuminata.
Tutti
loro volevano tutto e lo volevano subito, senza aspettare, senza pause in cui
riflettere sulla vita e sugli enormi vuoti che ognuno aveva, nel cuore.
Dopo
che gli Hanar avevano scoperto il loro laboratorio, Hiram e la dottoressa Shoni
erano rimasti in contatto, mentre l’assistente era scomparsa.
Hiram
si strinse nelle spalle: forse era andata a concludere il suo dottorato con un
medico meno sperimentale, che le insegnasse quello che era normale sapere e che
la rendesse, un giorno, qualificata per la professione che aveva scelto. Una brava
ragazza, la sua assistente.
Hiram
sta bevendo l’ultimo sorso di vino, quando un ricordo emerge dal suo inconscio.
Athira. Ecco qual’era il suo
nome. Athira.
--- La Coda!
Chi
l’avrebbe mai detto? Chary è ancora viva! Sul serio?! Nah, forse sono voci di
corridoio…
No,
ragazzi, la mia astronave non è stata fatta a pezzi dai Collettori e Cerberus
non mi ha ricostruita, tuttavia c’è una possibilità sostanziale che mi sia
appena svegliata dal coma XD
Scherzi
a parte, pare sia destino che io non riesca mai a completare quello che inizio,
ma stavolta ce la metterò tutta. Voi metteteci la vostra dose di pazienza, se
credete che ne valga la pena.
Inutile
che accampi scuse per motivare la mia sparizione - tanto, ce n’è una sola
davvero valida: l’assenza totale di ispirazione -, quindi mi limito a chiedere
scusa per quella che non è la prima e che temo non sarà l’ultima volta. Abbia
pazienza!
Chary
vi vuole bene!!
Char---
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Capitolo 5 *** Il fardello del passato ***
dlc 5
Capitolo Quinto
Il fardello del passato
Timala
Shoni rientra tardi, dopo il turno in clinica.
Consultando
l’oloagenda, si rende conto che sta facendo troppi straordinari.
Dal
comodino, l’accoglie una fotografia.
Ritrae
lei e i suoi genitori, durante la loro vacanza su Ilium. Suo padre indossa una
maglietta buffa e sua madre si finge rassegnata, ma ha gli occhi pieni di
gioia.
Sono
passati tre anni, da quando suo padre si è spento. Le metastasi al cuore, unite
al quadro clinico generale e alla vecchiaia, l’hanno fatto morire nel sonno. Un
trapasso relativamente sereno, senza sofferenze che non fossero già state
attutite dagli antidolorifici.
Sua
madre non si è ancora ripresa dal lutto, ma adesso è su Thessia e chissà quando
Timala la rivedrà.
Potrebbe
chiamarla, ma non ne ha voglia, non ha voglia di riaccendere la propria
nostalgia ascoltando i racconti della mamma.
“Magari
domani” si ripete, combattendo i sensi di colpa “Domani la chiamo. Anzi, potrei
prendermi un periodo di aspettativa ed andare a trovarla.”. Ammucchia progetti,
progetti innocui, che riconosce come irrealizzabili.
La
triste verità è che domani sarà un giorno esattamente come gli altri. Si
sveglierà presto, farà la doccia, rifarà il letto, indosserà il camice, andrà
al lavoro. Al lavoro perderà la cognizione del tempo, trangugerà un pranzo
frettoloso al locale vicino, poi si immergerà di nuovo nelle tragedie altrui. E
poi anche domani sarà finito e lei si troverà di nuovo in quella stanza, di
fronte a quella foto, a ripromettersi di chiamare sua madre il giorno dopo.
Thane
ascolta Shepard sgridare qualcuno, attraverso il comunicatore.
E’
fuori dalla stanza, ma oltre le pareti opache la vede muoversi rapidamente su è
giù, come fa quando deve spiegare qualcosa a qualcuno e quel qualcuno non
sembra intenzionato ad ascoltarla.
-
James, non m’interessa se i Consiglieri sono una manica di idioti. Fino a prova
contraria lavoriamo per loro, quindi dà retta al maggiore Alenko e piantala di
lamentarti per gli incontri diplomatici!- sbotta alla fine, troncando di netto
la comunicazione.
Poi
sembra ripensarci e urla (inutilmente) al comunicatore già spento:- E dì a
Javik di fare altrettanto!-
Sarà
una precisazione stupida, ma il Prothean sa essere alquanto indisponente.
Quando
torna nella stanza, una ciocca di capelli ramati è sfuggita dalla coda alta e
le si arriccia in mezzo alla fronte.
E’
una donna incredibile, con un’energia incredibile.
Si
siede accanto al letto, accavallando le lunghe gambe. Guardandola in quel
momento, Thane ritrova tutti i dettagli che ricorda, di lei. La piccola
cicatrice sul sopracciglio, retaggio dell’addestramento, la fascia di cuoio sul
braccio, come un braccialetto. La medaglietta identificativa al collo, che le
si adagia sul petto, appena sopra ad un linea bianca, tutto quello che rimane
delle ferite riportate dopo lo scontro con la Soverein. Shepard
ha anche una cicatrice della base dei Collettori, sul polpaccio, dove un raggio
particellare ha aperto una falla nella corazza.
-
Thane?- lo chiama Shepard, dolcemente.
Lui
le sorride:- pensavo alle tue cicatrici.- confessa - mi sono distratto.-
- Alle
mie cicatrici? Non pensavo fosse un argomento in cui perdersi. Sono solo
ricordi.-
-
Sono ricordi delle battaglie che si attraversa e a cui si sopravvive.- la
corregge Thane - che siano visibili o interiori, saranno sempre parte di te,
saranno mementi delle tue esperienze. Ogni cosa che succede, nella vita, per
quanto piccola, per quanto insignificante, lascia un segno nell’anima.-
-
Anche le cose belle?- chiede Shepard, prendendo le mani di Thane nelle proprie
Lui
sorride:- per questo ho detto “segni” e non solo “cicatrici”.-
Sorride,
perché le piace vederla felice. In nome dell’amore che le porta, non dice
quello che davvero pensa. Che la loro storia può sembrarle un segno, adesso,
qualcosa da cullare nel proprio cuore, ma che presto - quando tutto sarà finito
- sarà diventato una cicatrice, di quelle profonde, che ti segnano per sempre.
-
Thane…- le dita di Shepard s’intrecciano alle sue - ti amo.-
Si
sporge in avanti, la bacia a fior di labbra:- ti amo anch’io, siha.-
Sente
che la donna s’irrigidisce, senza motivo.
-
Cosa succede, siha?- chiede,
accarezzandole il viso.
Lei
scuote la testa, apre bocca, le mancano le parole.
Non
è che le manchi il coraggio di parlare, le mancano proprio le parole. Non
riesce a trovare un modo per porre la questione, per non sembrare delusa, o
incerta del loro amore.
-…
Irikah.- riesce a pronunciare, alla fine
Thane
la guarda negli occhi, poi posa la fronte su quella di lei, accarezzandole
piano il dorso della mano.
-
Cosa vuoi sapere?- mormora
-
Voglio sapere tutto - ammette Shepard -… e non voglio saperne niente.-
Sente
le labbra di Thane sorridere, a pochi centimetri dalle proprie.
-
Era mia moglie - dice poi, lentamente - e sì, la amavo. Ma c’erano cose, di me,
di cui non potevo parlarle. Non solo del mio lavoro, della mia… missione, ma
c’era qualcosa, una parte delle nostre anime, che si rigettavano a vicenda. Ci
amavamo, ci accettavamo, volevamo stare uno accanto all’altra… ma…- tace,
cercando il modo di esprimere una sensazione, una stortura nella realtà, a cui
non sa dare un nome.
-
E noi, Thane?- sussurra Shepard
-
Noi ci apparteniamo, siha.- risponde
lui, senza esitazioni.
Vorrebbe
che non fosse così. Vorrebbe essere solo una relazione passeggera, qualcuno con
cui trascorrere piacevolmente del tempo. Vorrebbe essere certo che Konstantin
riuscirà a vivere ancora, dopo la sua morte. Eppure, guardandola negli occhi,
questa certezza non riesce ad averla.
-
E’ bellissimo, appartenere a qualcuno.- mormora lei, in quel momento, come
leggendo i suoi pensieri.
-
Ma può lasciarti un vuoto dentro.-
-
Vale la pena correre il rischio.- dice Shepard, ed è tornata Shepard, è tornata
dolce e risoluta, eloquente persino nel modo di esprimere i propri sentimenti.
Thane
le prende il viso fra le mani e la bacia sulle labbra, a lungo, finché non gli
manca il fiato.
-
Ehy, questo per cos’era?- scherza lei, divertita
-
Per te.- risponde il drell, e la bacia di nuovo.
(Una settimana dopo)
Hiram
Zane si drizza a sedere sul letto, bagnato di sudore freddo, il cuore che batte
freneticamente, come se volesse sfondargli il petto e fuggire via.
Respira
profondamente, cercando di calmarsi.
Si
prende la testa fra le mani, combattendo contro una fitta alle tempie.
“L’aria è stantia. I vetri
appannati. Un bip solitario rompe il silenzio.
Vetri rotti a terra.
Abbassa gli occhi. Il suo camice è macchiato di sangue.
Un corpo riverso a terra,
dita azzurrine distese sul pavimento, immobili.”
Perché
quel ricordo? Perché adesso?
Si
alza dal letto, raggiunge il cucinino e mette a scaldare dell’acqua.
Mentre
aspetta, cerca di capire perché il ricordo di quell’evento sia tornato ad
ossessionarlo, dopo tutto il tempo che aveva impiegato per tenerlo fuori dai
suoi pensieri.
Il
fardello di una memoria perfetta.
Controlla
di nuovo la segreteria telefonica - e sa che è stupido, che se la dottoressa
Shoni non ha risposto per sette giorni certamente non lo farà nel cuore della
notte-, sperando di trovare un messaggio.
L’acqua
bolle.
Hiram
estrae dalla credenza una miscela di foglie e fiori secchi, che lascia cadere
in una tazza.
Deve
calmarsi. Prima di fare qualunque cosa, prima di continuare a pensare, deve
assolutamente calmarsi.
Il
suo cuore continua a battere troppo velocemente, il suo respiro continua ad
essere rapido e leggero.
L’inquietudine
del ricordo gli è rimasta addosso, come un mantello umido, come l’aria di Kahje.
Si
siede sul divano, sorseggiando la tisana.
E
come sempre, quando si sente triste, quando si sente solo, quando si sente
perduto, estrae il portafoglio e contempla la piccola foto che tiene nello
scomparto laterale.
Irikah,
qualche giorno dopo la nascita di Kolyat.
Ha
un sorriso radioso - l’iride azzurra splende, nel buio del nero -, il bambino
avvolto in morbide fasce bianche. Era ancora in ospedale, quando la foto era
stata scattata, ma sembrava fresca come una rosa.
Quando
infine riesce a distogliere lo sguardo dal viso di sua sorella, l’angoscia si è
placata, ma in compenso il mondo sembra un luogo più buio.
Si
alza di nuovo, per riporre la tazza nel lavandino.
Sul
comunicatore, seleziona di nuovo il numero della dottoressa Shoni.
Mentre
si crea il collegamento, picchetta nervosamente le dita sul piano del tavolo.
-
Ti prego, Timala…- sussurra, quasi senza accorgersene - Rispondi…-
Dopo
qualche istante, si avvia la segreteria telefonica.
-
Sono Timala Shoni - annuncia una proiezione olografica - Al momento non sono
disponibile. Tenta ancora, oppure lascia un messaggio. Richiamerò al più
presto.-
Hiram
studia il volto della proiezione. I pixel sono sgranati, imprecisi, eppure la
sua collega sembra invecchiata di un secolo.
-
Timala, sono di nuovo io, Hiram Zane. Ti prego, contattami. E’ urgente.- dice,
pronunciando quelle parole per l’ennesima volta in una settimana. Sente che
probabilmente sarà di nuovo inutile, ma non si rassegna.
La
mattina seguente, va all’ospedale della Cittadella per visitare Thane e per
firmare alcuni moduli.
Si
sta occupando delle formalità, quando viene affiancato da un hanar.
-
Il sottoscritto ha il piacere di parlare con il dottor Hiram Zane, della
Primazia Illuminata di Kahje?- chiede, con l’immancabile cortesia tipica della
sua cultura
-
Sono io.- risponde il drell, riponendo i moduli - e lei chi sarebbe?-
-
Il sottoscritto risponde al nome di Shaalon. Ha l’onore di compiere alcune
indagini in nome dell’augusto consiglio di questa Cittadella. Esimio dottore,
potrebbe dedicare al sottoscritto un po’ del suo tempo?-
Hiram
annuisce:- di preciso, che tipo di indagini?-
-
Il sottoscritto teme che sia un argomento riservato.- risponde l’hanar, senza
mostrare alcuna emozione.
-
Non capisco come posso aiutare le indagini del Consiglio, se nemmeno so che
cosa stiano cercando.-
-
Tutto verrà rivelato al momento opportuno.- risponde Shaalon, criptico.
Hiram
lo segue, per nulla tranquillizzato.
Mentre
si dirigono al posto di guardia dell’SSC - “per
proseguire la conversazione in un luogo più appartato e che offre meno
distrazioni”-, il drell compone sul factotum un messaggio per Shepard.
Se
c’è qualcuno che possa scoprire cosa voglia il Consiglio da lui, è sicuramente
Shepard.
Shaalon
sembra non accorgersi di niente, oppure non vi da importanza.
Rivolge
di nuovo la sua attenzione ad Hiram solo quando arrivano a destinazione.
Un
agente dell’SSC li fa accomodare in una stanza per interrogatori vuota.
L’hanar
non perde tempo ad ammirare lo spartano arredamento.
-
Conosce quest’asari?- chiede, facendo un cenno all’agente.
Lui
estrae un dispositivo e lo aziona, facendo apparire una proiezione olografica.
-
Io…- Hiram esita - sì, naturalmente, la conosco.- risponde poi, sempre più
preoccupato - E’ la dottoressa Timala Shoni, una mia collega. Era
co-responsabile del mio programma sulla sindrome di Kepral. Ma perché me lo
chiedete? Cosa… le è successo qualcosa?-
L’hanar
non risponde, ma si volta verso l’agente ed annuisce.
Lui
disattiva la proiezione e ne riproduce una diversa.
Stavolta
compare l’immagine di una giovane drell: indossa un camice ed ha una cartella
clinica in mano.
-
Lo stimato dottore conosce anche questa ragazza?- gli chiede Shaalon
-
Sì.- Hiram annuisce con il capo, lentamente - E’ Athira Kane. Era la mia
assistente durante il progetto. Credo… credo che sia rimasta su Kajhe, dopo che
la Primazia Illuminata
ha sospeso le nostre ricerche.-
L’agente
dell’SSC annota qualcosa su un taccuino, poi spegne l’oloriproduttore.
-
La signorina Kane è scomparsa poco tempo dopo la chiusura del vostro progetto.-
spiega poi, sedendosi di fronte ad Hiram - Nessuno ne aveva denunciato la
scomparsa e le autorità non avevano ritenuto di dover indagare. Eppure ora
possiamo intuire un collegamento con i fatti recenti….-
-
Quali fatti recenti?!- sbotta Hiram, stringendo il bordo del tavolo fino a
ferirsi le mani - che diavolo è successo? Qualcuno intende degnarsi di
spiegarmelo?-
-
Alzare la voce è un espediente inutile, stimato dottore.- lo riprende l’hanar -
prima di aggiornarla sui dettagli, il sottoscritto e il rispettabile agente
Temnos devono essere certi che lei è completamente estraneo all’omicidio.-
- Omicidio?- ripete Hiram, incredulo
Temnos
annuisce, per poi estrarre dalla cartellina alcune fotografie.
Il
dottor Zane le vede appena per un istante, poi distoglie lo sguardo.
-
Oh Kalahira…- sussurra, colpito - cos’è successo?- insiste, con un filo di
voce.
-
La dottoressa Shoni è stata assassinata quattro giorni fa.-
Quando
il messaggio la raggiunge, Konstantin Shepard è sotto la doccia.
Ha
passato la notte al Huerta Memorial, assieme a Thane, a parlare del passato e
del futuro, a fare progetti, a improvvisare battute, a parlare di Kolyat e
degli argomenti che Konstantin non trova mai, quand’è con lui. Hanno giocato a
carte, ma erano entrambi troppo stanchi e hanno rinunciato a finire la partita.
Poi
ha sonnecchiato un po’, sulla sedia di plastica bianca.
E
ora è esausta, vuole solo finire di lavarsi e fare una bella dormita.
Rimane
qualche minuto sotto la carezza dell’acqua calda, poi esce dalla doccia e si
accorge della luce rossa che si accende a intermittenza, sul suo datapad.
-
Che diavolo…- indaga, accedendo al messaggio.
“Raggiungimi. Posto di
guardia SSC, zona dei mercati. Hiram”
L’istinto
di Shepard si risveglia, si scuote dal torpore dell’insonnia. Sono bastate
poche parole, per destare in lei una certa inquietudine. Il dottor Zane
potrebbe essere in pericolo.
Altrimenti
perché le avrebbe scritto un messaggio tanto spoglio, quasi privo di contesto?
Si
veste con la prima cosa che trova - una vecchia uniforme, un po’ scolorita - ed
esce.
Chiama
un taxi fino ai mercati e, mentre l’astroauto sfreccia nel cielo, si chiede
dove siano finiti i sicari che hanno cercato di ucciderla.
E’
sulla Cittadella da una settimana e, a parte quell’episodio, nessuno ha cercato
di farle niente, ad eccezione del predicatore pazzo, recentemente trasferitosi
da Omega, che la ricopriva d’insulti un giorno sì e l’altro pure.
“Forse
mi preoccupo per niente” si dice, stringendosi nelle spalle.
Dopotutto,
è stata addestrata ad immaginare sempre il peggio, e di certo i suoi nemici
l’hanno abitata ad un certo livello di tenacia e ad un certo numero di
tentativi, prima della resa.
“Forse i mercenari hanno
semplicemente gettato la spugna”, riflette, prima che un pensiero si faccia
prepotentemente largo nella sua mente.
“O forse il bersaglio non
ero io”
Hiram
si sente le mani bagnate di sudore freddo.
Timala
è morta.
Si
sforza di guardare le fotografie: la sua amica e collega indossa ancora il
camice, un’espressione confusa che la morte ha cristallizzato sui suoi
lineamenti.
“Un corpo riverso a terra,
dita azzurrine distese sul pavimento, immobili.”
Ha
già visto quella scena. Un brivido di paura e rimorso gli corre lungo la
schiena.
-
Se lo stimato dottore potesse dirgli quand’è stata l’ultima volta che ha avuto
notizie della sventurata dottoressa, il sottoscritto gliene sarebbe davvero
grato.- lo esorta Shaalon, inespressivo.
-
Io… ho cercato di chiamarla per tutta la settimana.- risponde Hiram - Uno dei
miei pazienti ha la sindrome di Kepral ad uno stadio molto evoluto e ho pensato
che un consulto avrebbe potuto essermi utile.-
E’
solo una mezza verità, ma Hiram preferisce non parlare del progetto
sperimentale.
Nonostante
tutto il rancore che prova verso Thane, la sua vita dipende dalla continuazione
del progetto e dal fatto che nessuno cerchi di sopprimerlo di nuovo, per
mancanza di permessi. E Hiram vuole salvarlo.
Shaalon
si avvicina, come studiando il drell.
Sta
per formulare un’altra domanda, quando la porta della stanza si apre, per far
entrare il comandante Bailey.
-
Agente Temnos, ci aggiorni.- ordina l’uomo.
-
Stiamo interrogando il dottor Zane in merito all’omicidio di Timala Shoni, su
Kahje.-
-
Il sottoscritto è certo di avere autorizzazioni più che sufficienti per operare
in questo capo, stimato capo dell’SSC.- s’intromette Shaalon.
Bailey
annuisce:- non sono venuto qui per controllare permessi o per sindacare sul suo
ambito di discrezionalità - dice poi - ma vorrei che il comandante Shepard
venisse inclusa nelle indagini.-
-
Il sottoscritto vorrebbe assecondare questa richiesta e di certo non mette in
dubbio l’abilità del comandante...- ribatte l’hanar - sventuratamente, temo che
la sua intromissione sia impossibile.-
- Ad
ogni caso - gli ricorda Bailey - le ricordo che si sta avvalendo dei servigi
della mia agenzia. Agente Temnos, da oggi ha il compito di riferire al
comandante Shepard ogni progresso su quest’indagine.-
L’agente
rimane interdetto, bloccato fra Shaalon e il proprio capo.
-
Grazie, Bailey.- dice una voce femminile.
Dalle
ombre del corridoio, emerge Shepard, con un sorriso soddisfatto sulle labbra.
-
Il sottoscritto è lieto di incontrarla di persona, comandante.- riprende
l’hanar, senza mostrarsi minimamente turbato - Il sottoscritto immagina che lei
voglia visionare i suoi ordini.-
-
Non mi farebbe schifo.- ammette Konstantin, ironica.
Shaalon
annuisce, facendo un cenno all’agente Temnos e il turian tende a Shepard un
datapad.
La
donna seleziona un’autorizzazione del Consiglio e la apre, per visionarla per
intero.
La
legge tutta - due volte - poi ripone il datapad e sospira.
-
Le cose si fanno complicate.- dice.
Il
documento qualifica Shaalon come uno Specialista Tattica e Ricognizione.
Perché
Shaalon è un nome manifesto, che corrisponde al nome di “Illuminazione nel
crepuscolo d’estate”, il secondo Spettro del popolo hanar. Ecco quello che c’è
scritto, su quel fottuto datapad.
-- La Coda!
Annuncio
di carattere amministrativo: ho cambiato nickname. Lo so che questo importa solo
a me e forse a qualche razziatore dall’aria confusa, ma tant’è, volevo
comunicarlo a tutti.
Ecco
un nuovo capitolo, che spero vi piacerà!
Beh,
c’è poco da aggiungere, quindi vi saluto e buona domenica!
- La
Matta -
(ex-Chary)
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Capitolo 6 *** Solipsismo ***
dlc la cura 6
Capitolo Sesto
Solipsismo
Alcune
razze sono più inclini di altre, alla guerra.
I
krogan hanno la forza bruta, i salarian le conoscenze scientifiche senza il
freno dell’etica, le asari l’intelligenza e l’energia biotica, i turian la
strategia… ma gli hanar?
Mentre
l’agente Temnos la ragguaglia sull’omicidio della dottoressa Shoni, Shepard non
riesce a distogliere la mente da quel pensiero. Perché un hanar? Lenti, rosei, oltremodo educati… senza mani!
Probabilmente
è la stanchezza che la fa un po’ straparlare, ma ad ogni modo la cosa è
inquietante.
-
Signori, qui sono l’unica ad essere vagamente confusa?- chiede alla fine del
resoconto – Il dottor Zane è stato sulla Cittadella per tutta l’ultima
settimana, non vedo come possiate sospettarlo di omicidio.-
-
Il sottoscritto non ha mai detto che ritiene lo stimato dottore direttamente
responsabile dell’omicidio.- precisa Shaalon, serafico
-
Per ora è solo un testimone, Shepard.- le spiega Bailey, meno indisponente –
Eppure ci scommetto un anno di stipendio, che lo vogliono accusare di
qualcosa.-
L’agente
Temnos annuisce gravemente:- Sospettiamo che il dottor Zane possa essere coinvolto
nella sparizione della sua assistente, Athira Kane. Inoltre c’è un precedente:
la signorina Lari Fell, una collaboratrice temporanea del dottor Zane,
scomparsa poco prima in circostanze misteriose.-
- Infine
il decesso della dottoressa Shoni potrebbe essere in qualche modo connesso con
l’attività di sperimentazione illegale che conduceva assieme allo stimato
professore. Il sottoscritto apprezzerebbe delucidazioni in merito. I dati
reperiti nel sopraluogo nell’appartamento della dottoressa erano parziali e
frammentati, ma era palese che non aveva abbandonato le ricerche.-
-
Non aveva… Timala non aveva abbandonato le ricerche?-
Hiram
era incredulo. Timala era stata la prima ad avanzare dei dubbi sul loro lavoro
– non sulla sua etica, più sulla sua utilità e sulle basse probabilità di
riuscita – e anche la prima a collaborare con il governo di Kahje per
smantellare il laboratorio e fare luce sulla vicenda.
-
Il sottoscritto ha ragione di credere che la dottoressa Shoni stesse proseguendo
le ricerche.-
- Ok,
qui la cosa sta diventando allucinante.- s’intromette Shepard - Shaalon, visto
che collaboreremo a questo caso, vorrei che tu mi aggiornassi, prima di
giungere a conclusioni affrettate.-
Shaalon
si prodiga nell’equivalente hanar di un sorriso di circostanza:- il
sottoscritto provvederà ad inoltrare un resoconto completo all’esimia collega.-
-
Grazie.- annuisce la donna - per il momento, vorrei anche che rilasciaste il
dottor Zane. Non avete alcuna prova che lo collega all’omicidio e, in ogni
caso, nessuna valida ragione per sottrarlo al suo lavoro.-
-
Il sottoscritto concorda assolutamente con le affermazioni dell’esimia collega.
Certamente anche lo stimato agente dell’SSC non avrà alcuna obiezione da
muovere.-
L’agente
Temnos conferma, con un rigido cenno del capo.
-
Il sottoscritto inoltre spera che l’abile comandante possa concedergli alcuni
minuti del suo tempo, per discutere del caso e condividere le informazioni ad
esso attinenti.- completa Shaalon.
Shepard
annuisce, ma non ci crede, che sarà così facile. Non è mai così facile.
Konstantin
Shepard ha trascorso molto tempo sulla Terra, ma i ricordi di un’estate sono
difficili da cancellare. Era una delle rare, rarissime licenze che Hanna
Shepard concedeva a sé stessa… e l’aveva portata sulla Terra, da Emeirin Stone,
la sua miglior amica. Aveva una casa immensa e desolatamente vuota, in mezzo
alla verde terra d’Irlanda. L’architettura era solenne e robusta, nella sua
semplicità, ma sembrava sempre che mancasse qualcosa. Konstantin adorava
dormire sulla grande terrazza di pietra, il vento a baciarle il viso, il freddo
a romperle le labbra, solo il cielo sopra di sé e nient’altro. Si era sentita
davvero libera, in quei giorni, come se nessuna via le fosse preclusa.
Emeirin
Stone era una donna stravagante, con dei grandi occhi nocciola, screziati di
lilla.
Preparava
un the fortissimo, che ti teneva al caldo per ore, dopo che avevi posato la
tazza. Diceva sempre che il the caldo rincuora e conforta.
Mentre
aspetta il trasporto rapido, Konstantin sorride: non sa nemmeno perché l’è
venuto in mente adesso, ma ha un’incredibile voglia di bere di nuovo quel the,
di tornare in Irlanda per vedere che ne è stato della grande casa vuota e della
pallida donna sulla sedia a dondolo e delle sue mani che profumavano sempre di
petali nell’acqua.
E
si ripromette di farlo davvero. Di tornare sulla Terra, quando la guerra sarà
finita, per mostrare a Thane quel paesaggio meraviglioso, che le è rimasto
nell’anima, per riprendere i fili della sua vita da dove li ha lasciati cadere,
per riprendere ad essere una persona vera, non solo un ideale.
“L’asari giace a terra. La
morte sembra aver cancellato gli affanni dal suo volto. Pare così giovane, così
piena di speranze. Pare all’inizio di tutto. Stringo la siringa in mano, poi improvvisamente
perdo la presa. Rimbalza sul pavimento, si perde fra i vetri rotti, scivola
sotto un divano. Le fotografie mi guardano dalle pareti, rimproverandomi.
Tossisco. Sangue sulle mie dita. Kalahira, cos’ho fatto? E’ davvero questa, la
tua volontà? E se stessimo tutti sbagliando? Il rimorso mi consuma più della
malattia. Volto le spalle all’asari. Mi dispiace. Non potevi salvarmi,
dottoressa. Nessuno può.”
Athira
chiude con forza la porta della camera. Si accascia sul letto, premendosi le
mani sul volto. I ricordi l’assalgono, cercano ininterrottamente una falla
nella sua mente. Le danno una breve tregua, poi ritornano, come la risacca.
“- Athira, cosa ci fai
qui?- dice l’asari, con un sorriso stanco – è un piacere rivederti. Come stai?-
Entro nell’appartamento.
Odore di cibo riscaldato, di incuria, di tristezza.
- Dottoressa, devo
parlarle.-
Mi fa accomodare nel
soggiorno. Sposta un cumulo di camici sporchi e una pila di riviste.
- Ma certo.- di nuovo, quel
sorriso stanco. E’ diversa dall’energica professionista di un tempo. Ha perso
quella forza, quella passione che la faceva apparire perfetta.
- Ha ancora i dati della
nostra ricerca?-
Annuisce. Un fitta
d’angoscia mi trafigge il petto. Dubito. Forse dovrei darle tempo. Forse c’è
un’altra via. Poi il volto del Custode sommerge ogni riflessione. “Non tremare”
dice “non esitare. Compi il tuo fato, il fato della nostra razza. Il lavoro di
quella donna ci allontana dalla redenzione. Non permetterlo, Athira.”.
- Vorrei vedere i dati, se
è possibile.-
- Ma certo.- la stessa
risposta. Riconosco i sintomi del dolore, oltre la maschera di quieta
cordialità.
L’asari si alza, va verso
un pannello. Mi avvicino, alle sue spalle. La mia mano impugna la siringa. Il
veleno scintilla alla luce della lampada.
- Grazie, dottoressa.-
mormoro, accarezzandole un braccio.
- E’ un piacere.- mi
assicura.
Affondo l’ago e premo lo
stantuffo.”
Athira
affonda il viso nel cuscino e scoppia a piangere. La tosse la soffoca, il mal
di testa non le dà requie.
Vuole
solo che tutto cessi al più presto. Il dolore, la tristezza, il senso di colpa,
la sensazione di esser stata nel posto sbagliato per il motivo sbagliato.
La
certezza di aver troncato la vita di qualcuno che soffriva, come lei e che
forse l’avrebbe potuta comprendere. La disperazione le serra la gola, le pare
di soffocare.
Si
alza dal letto, si precipita in cucina ed afferra il comunicatore.
Seleziona
un numero, attende appena una manciata di secondi.
-
Athira?- risponde una voce maschile, vibrante di un’autorità che sembra paterna
-
L’ho fatto.- mormora la giovane, singhiozzando.
-
Non soffrire per il tuo operato, figlia mia – dice il Custode della Memoria –
gioiscine. Stai percorrendo la giusta via, per il perdono degli Dei. Che
Kalahira possa vegliare sui tuoi sogni.-
-
Ho i dati.- prosegue la drell
-
Bene. Dobbiamo assicurarci che vengano distrutti. Torna su Kahje al più presto,
figlia mia e assieme completeremo questa sacra missione.-
La
comunicazione cade.
Athira
si rannicchia nell’angolo della cucina, stringendosi il comunicatore al petto.
Non
si è mai sentita tanto sola, tanto sperduta. Non si è mai sentita tanto sbagliata.
“La cabina di Shepard.
L’acquario vuoto, un libro sul comodino, il terminale per le comunicazioni
spento.
La raggiungo sotto la
doccia. Sorride. Ci divide solo un velo d’acqua.
Le cingo la vita con le
braccia. Pelle liscia, sotto le dita.
- Hai visto?- mormora,
sulla mia bocca – Alla fine non era davvero una missione suicida.-
Ci baciamo. Vapore che
appanna il vetro, labbra soffici e voraci.
- Parli sempre di lavoro.-
la schernisco.
Lei si stringe nelle
spalle, spegne il getto d’acqua.
- Perché?- ribatte,
scherzosa – Tu hai qualche argomento migliore? Prego, sono aperta ai
suggerimenti.-
Non mi viene in mente
niente. La bacio di nuovo, stringendola a me. Il profumo della sua pelle.
- Sono felice di averti
incontrata, siha.- sussurro, accarezzandole i capelli.”
Thane
alza lo sguardo e le sue labbra s’incurvano in un involontario sorriso.
Shepard
è lì, appoggiata allo stipite della porta, splendida di una bellezza che nessun
ricordo, per quanto perfetto, potrà mai eguagliare. E’ la bellezza della vita,
del vigore, della speranza.
-
Di nuovo i ricordi?- lo saluta la donna, sedendosi sul letto, accanto a lui.
Thane
annuisce, prendendo le mani di Konstantin nelle proprie.
Non
si stanca mai, dei ricordi di lei, dei loro momenti passati insieme. C’è stato
un lasso di tempo, fra la sconfitta dei collettori e il giorno in cui lei è
tornata sulla Terra, per il processo, in cui sono stati davvero felici. Giorni
in cui la Normandy
era il loro piccolo universo, in cui c’erano solo loro e il resto era un mare
sterminato di stelle e galassie, oltre i vetri.
Mentre
Konstantin gli racconta di Hiram, e della dottoressa Shoni e dell’hanar che
pretende di condurre le indagini sul caso, Thane le accarezza il viso,
portandolo dolcemente verso il proprio. La bacia sulle labbra, arginando quel
fiume di parole che potrà straripare in un altro momento.
La
bacia a lungo, lentamente, respirando il suo respiro.
-
Ti amo, siha.- dice, a bassa voce.
Shepard
risponde al bacio, poi posa la testa sul suo petto.
-
Ti amo anch’io.- mormora.
Thane
le accarezza il viso.
-
Quali sono i ricordi a cui tieni di più?- le chiede poi, dolcemente.
-
I nostri.- risponde lei, senza esitare.
Il
drell sorride, posandole un bacio fra i capelli.
-
A parte quelli.- precisa poi, divertito
-
Sai… ci pensavo venendo qui.- anche Shepard sembra divertita. O forse è solo
stanca.
Anche
se all’apparenza sembra indistruttibile, salda e irremovibile come una roccia,
Thane riesce a leggere i segni sul suo viso, i movimenti meno fluidi del suo
corpo. Riesce ad intuire la stanchezza che c’è dietro.
-
Una volta… mia madre mi ha portata in Irlanda. Non potevo avere più di undici
anni…- racconta la giovane, stendendosi accanto a lui – e c’era questa casa,
sulla collina e attorno niente, solo un mare d’erba, accarezzato dal vento…-
mentre gli occhi le si fanno pesanti, a Shepard pare di sentire di nuovo il
profumo che c’era nell’aria, il tepore del sole sulla pelle -… mi distendevo
sul prato e stavo ore, a fissare le nuvole. Potrà sembrarti banale ma… ma per
me era la perfezione… e un giorno, mia madre… mia madre…- diventa difficile
articolare le frasi, le parole le sfuggono dalle labbra e lei non è certa di averle
pronunciate.
Ad
un certo punto, Shepard si dimentica la storia che voleva raccontare.
Sente
la propria presa sulla realtà farsi sempre più flebile, ma la cosa non la
spaventa. Sa che lì, fra le braccia di Thane, nulla le può accadere. Che la
guerra rispetterà il suo momento di paradiso.
Si
allunga in avanti, per baciare il drell sulle labbra.
Sussurra:-
ti amo, Thane.- e poi si addormenta.
Sogna una bambina che corre
scalza sull’erba.
Lei e Thane la stanno a
guardare, mano nella mano.
Lui ha una catenina al
collo, il cui ciondolo è un anello di metallo argenteo, con incisa una data.
Konstantin non riesce a
leggerla, ma sa che è incisa anche sull’anello che lei porta al dito.
Il vento scompiglia i
capelli della bambina, mentre si dirige verso di loro.
- Piccola.- l’accoglie
Shepard, con un sorriso radioso.
Thane la prende fra le
braccia e la fa volteggiare in aria. La bambina ride, poi lo bacia sulle
guance.
E allora, all’improvviso,
il sogno diventa un incubo.
Il cielo diventa nero, una
tempesta si abbatte sul prato.
L’Araldo appare fra le
nuvole di piombo. Il suo laser si abbatte fra lei e Thane, creando un abisso
fra di loro. La bambina sparisce nella voragine. L’anello di Shepard prende
fuoco, si consuma in cenere bruciandole la pelle.
La donna si porta una mano
alla cintura, per estrarre la pistola, ma si rende conto di essere disarmata.
Non ha nemmeno la corazza, ma solo un abito di lino bianco.
- Thane!- grida, ma l’unica
risposta che ottiene è la lugubre risata dell’Araldo.
Si
sveglia all’improvviso, mentre qualcuno la scuote delicatamente per una spalla.
-
Cosa succede?- chiede, stropicciandosi gli occhi
- Shepard,
mi dispiace per brusco risveglio. Ad ogni modo, tuoi movimenti ed espressione
lasciavano desumere un sogno tutt’altro che gradevole. Mia supposizione.- la
saluta la voce di Mordin.
Il
dottore salarian è in piedi accanto a letto, con un datapad in mano.
-
Cosa ci fai qui, Mordin?- domanda la comandante, ancora un po’ intontita
-
Partito da Tuchanka quando signorina Goto mi ha informato di tua intenzione di
curare sindrome di Kepral. Dopo recente esperienza su pianeta natale krogan, ho
dedotto che avresti avuto bisogno del mio aiuto. Nel caso, dispongo anche di
non trascurabile potenza di fuoco.-
Konstantin
si prende la testa fra le mani:- potenza di fuoco?- ripete, confusa
-
Sì. Dottor Zane mi ha riferito di vostri dissidi con banda di mercenari armati
e poi con Spettro hanar. Detto lui di non preoccuparsi: problema radicalmente
inferiore rispetto a minaccia di Razziatori e certamente di più facile
soluzione. Basta pistola, non occorre flotta galattica.-
Shepard
si guarda intorno:- dov’è Thane?-
-
Terapia giornaliera.- risponde Mordin, allargando le braccia - presumo tu possa
comprendere le implicazioni di aggettivo “giornaliera”.-
-
Ok, Mordin.- annuisce Konstantin, alzandosi dal letto.
-
Felice che tu sveglia, Shepard - prosegue lui, tendendole il datapad - Dottor
Zane chiesto di vederti appena possibile, per discutere di evoluzioni di vostra
ricerca. Credo dobbiate ricalcolare mosse successive alla luce di recente
omicidio di sua collega asari.-
-
Sei stato informato di tutto, eh?- sorride Shepard.
-
Mi piace avere quadro più ampio, quando m’inserisco in missione. Felice che
natura di quest’ultima impresa sia potenzialmente meno letale di assalto a base
di Collettori.-
- La Coda!-
Buona
domenica a tutti (anche se la parola “tutti” presuppone una pluralità d’individui,
mentre credo che qui ci passi solo quella santa di andromedahawke…).
Santo
cielo, quanto mi è mancato Mordin!
Siccome
sono remoti in tempi in cui ho postato il primo capitolo, vi rammento che ho
evitato di spiegare il motivo per cui il professore salarian sia ancora vivo e
vegeto, nonostante la missione del Velo. Sinceramente? Non ne ho ancora idea,
ma un giorno ve lo dico, promesso. Volevo troppo bene a Mordin per lasciarlo
morire!
Signori
e signore, buona domenica.
E
siate fort… no, aspetta, questo è il saluto della Allers. Stupida Allers.
Vi
prego, ditemi che esiste qualcuno, nella galassia, che condivide il mio odio
per lei!
Un
bacio a tutti!
Ci
aggiorniamo!
- La Matta-
|
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Capitolo 7 *** In viaggio ***
la cura 6
Capitolo settimo
In viaggio
L’appartamento
di Hiram Zane è essenziale, quasi spoglio.
Oltre
al diploma ed ai certificati appesi alla parete non c’è altro, nemmeno una
foto, nemmeno un quadro a rompere la desolazione grigia dei muri.
Uno
specchio rotto è appoggiato dietro al divano, nascosto da uno straccio.
-
Dobbiamo parlare.- esordisce il drell.
Konstantin
si siede sul divano, di fronte a lui, sorseggiando distrattamente il vino
rosso. Ha un sapore estremamente forte: è il tipo di vino che si usa per
annegare le brutte sensazioni, per stordire la mente quanto basta per prendere
sonno.
-
Immagino che omicidio di dottoressa Shoni complichi progetti.- interloquisce
Mordin.
Hiram
scuote lentamente il capo:- non necessariamente.- dice poi - Se Timala aveva
proseguito le ricerche, di certo i dati si troveranno nel suo appartamento. Se
non posso avere la sua collaborazione, quei dati sono essenziali. Inoltre dovrò
reperire i materiali necessari alla clonazione e del tessuto polmonare intatto,
che servirà da base per il progetto. Su Kahje non sarebbe stato eccessivamente
difficile, ma immagino che qui sulla Cittadella le cose si complichino.-
-
Mi faccia capire.- s’intromette Shepard – A cosa le serve il tessuto polmonare?-
Hiram
beve un sorso di vino, lentamente. Una strana calma scende su di lui. Un tempo,
la scienza lo riempiva di gioia, di una gioia infinita, ma questo era prima che
Irikah morisse. Ora le cose sono diverse – il suo mondo è diverso – e la
scienza non rallegra più, semmai lo tranquillizza. E’ l’unica parte della sua
vita di cui lui sia completamente padrone, in cui non ci siano storpiature e
ricordi tormentati.
-
Clonare un organo è molto complicato, ma comporta anche numerosi vantaggi. Un
organo clonato è più forte, quasi indeteriorabile, inoltre è omnicompatibile,
quindi azzera i rischi di rigetto. Ora, comandante, può interpellare qualunque
specialista e lui le dirà che niente nasce dal nulla. Per avviare il
procedimento di clonazione è necessario tessuto polmonare intatto. Una sorta di
base, che poi verrà modificata da dei
trattamenti con sostanze chimiche.-
-
Se è così facile… perché non lo fanno tutti?- gli domanda Shepard, perplessa.
-
I tessuti dei drell sono molto delicati. Molti esperimenti di clonazione sono
falliti già alle prime fasi e la maggior parte degli scienziati hanno gettato
la spugna. Inoltre non siamo abbastanza numerosi perché gli hanar destinino
fondi e risorse a questa ricerca.-
-
Sensato.- commenta Mordin
-
Quindi… qual è la prossima mossa?-
-
Dobbiamo andare su Kahje, a prendere i dati di Timala. Ovviamente lo Spettro
hanar e l’agente Temnos vorranno accompagnarci per… sai… “tenermi d’occhio”.
Invece per quanto riguarda il tessuto polmonare, cercherò di contattare un
collega che mi deve un favore.-
-
Non farti arrestare di nuovo, dottor Zane.- lo schernisce Shepard, nascondendo
una raccomandazione dietro una battuta.
(Il giorno dopo)
Mentre
la Cittadella
diventa sempre più piccola e lontana, Konstantin Shepard si sente stranamente
colpevole. Si sente egoista, perché ha preso quella lunga pausa dalla sua
guerra ai Razziatori e sa che, ogni giorno, qualcuno sta morendo. Un padre, un
figlio, una figlia… un amante. Persone che dovrebbero avere le sue stesse
chance di essere felici e che invece moriranno, per il suo ritardo.
Il
senso di colpa l’assale quando si rende conto che, per lei, la vita di Thane è
più importante di qualunque altra cosa. Che se la missione su Kahje fallirà,
lei cercherà un’altra soluzione, dovesse abbandonare la galassia a sé stessa.
Accarezza
distrattamente il datapad: chissà cosa sta succedendo, sulla Normandy, chissà
se il maggiore Alenko riesce a tenere in riga il suo equipaggio, chissà se
Joker e IDA hanno finalmente capito che l’amore è l’unico vero motore
dell’universo.
-
Sembri pensierosa, Shepard. Posso aiutare?-
La
voce di Mordin allontana quelle riflessioni. La comandante si stringe nelle
spalle, mentre il salarian si siede accanto a lei
- Ho
lasciato i ragazzi a combattere i Razziatori da soli.- risponde, distante
-
Loro probabilità di sopravvivenza ottime. Dispongono di migliore addestramento
possibile e di notevole potenza di fuoco. Esplosioni. Salti a iperluce. Poteri
biotici. Convinto che se la caveranno anche senza di te.-
Konstantin
sorride:- hai ragione, Mordin.-
-
L’unica cosa che preoccupa è cucina di sergente logistico Gardner. Necessita
corso di un aggiornamento. Magari due.-
Shepard
scuote la testa e un’involontaria risata le forza le labbra.
Mordin
la mette di buonumore.
- Quali
sono tuoi programmi per dopo?- le chiede lo scienziato
-
Dopo di che?-
-
Dopo fine di guerra. Quando Razziatori distrutti e Uomo Misterioso segregato in
qualche prigione. Di massima sicurezza, consiglio, oppure fuori da portellone
di Normandy. Buona soluzione alternativa.-
Konstantin
si appoggia al sedile dell’astronave, intrecciando le dita delle mani.
-
Non lo so.- ammette - Mi piacerebbe… sistemarmi.- nell’attimo esatto in cui le
parole le escono dalle labbra, suonano così fittizie da farla sorridere.
-
Difficile immaginarlo.- rincara la dose Mordin
-
Probabilmente la vita da civile non fa per me.- ammette la comandante,
divertita.
Non
riesce ad inserire se stessa, in una galassia senza guerra, senza bande
mercenari, senza scontri a fuoco. Sarebbe perennemente fuori posto. E’ stata
addestrata per combattere, per essere la migliore, sul campo di battaglia. Da
bambina, si è addormentata con i racconti delle grandi guerre combattute
dall’umanità.
E
poi c’è stato Elysium.
Quando
ha salvato la sua squadra, quando le sue tattiche e il suo coraggio hanno fatto
la differenza. Quando ha resistito fino all’ultimo. Potranno passare secoli, ma
Konstantin non dimenticherà mai quel giorno. L’adrenalina che le pulsava nelle
vene, irrorando il suo corpo con continue ondate di energia. La sua presa che
ritornava salda, il dolore delle ferite che scompariva.
La
sua anima aveva gridato di gioia, di trionfo.
Ogni
parte del suo corpo aveva dato il meglio di sé e poi - quando alla fine i
rinforzi li avevano raggiunti - era rimasta in uno stato di beatitudine, dove
niente poteva scalfirla.
Si
era sentita immortale, invincibile.
Su
Elysium, aveva scoperto di essere una guerriera. E che tanto le bastava.
Poi
- naturalmente - le cose si erano evolute. Saren, la Soverein, la nomina di
Spettro, Cerberus… ogni esperienza andava ad incastrarsi assieme alle altre, in
un mosaico di cui non vedeva ancora il termine.
Ora,
Konstantin è qualcosa di più di una guerriera.
E’
un’amica, una comandante… una diplomatica, triste a dirsi.
Ed
è la siha di qualcuno, l’amore di
qualcuno. La speranza di qualcuno.
- Attraversiamo il portale
galattico fra tre… due… uno.- annuncia una voce metallica, così impersonale,
così priva di ironia, così diversa da quella di IDA.
Mentre
la nave viene proiettata nel buio cosmico, Shepard socchiude gli occhi e pensa
a come lei e Thane si siano salutati, solo poche ore prima.
“Ci
vediamo presto” ha detto lei, dolcemente, baciandolo sulle labbra
“Addio,
siha” ha risposto Thane,
accarezzandole il viso
“Lo
sai che detesto quella parola.”
La
odia davvero. Anche se sa che non sarà una parola ad alterare il corso degli
eventi, odia sentirla, odia pronunciarla, odia sapere che esiste. Odia sapere
che c’è la possibilità che quel saluto sia l’ultimo e che la sua stessa lingua
debba ricordarglielo.
“Non
dovremmo metterci molto” ha ribadito, prendendo la mano di Thane nella propria
“vuoi che ti porto qualcosa da Kahje?”
Ha
provato a sorridere ma c’era qualcosa che non andava, nei loro saluti.
Come
un presentimento, un’angoscia crescente. Una parte di Konstantin non riesce a
stare ferma, l’altra non vuole partire. Una sa che quel viaggio vuol dire
speranza, l’altra teme che non tornerà in tempo. Ed è una preoccupazione del
tutto infondata: le condizioni di Thane non sono affatto così critiche e c’è un
intero maledetto ospedale che si può prendere cura di lui.
C’è
la dottoressa Michelle, che una volta lavorava negli Agglomerati e che ha
meritato la fiducia di Shepard.
“Prenditi
cura di Kolyat.” ha detto Thane
“Farò
in modo che nessuno gli spari, ma per il resto non posso garantire.” ha
scherzato Konstantin.
“Buon
viaggio, siha.”
Si
sono baciati sulle labbra.
“Ti
amo, Thane.”
“Ti
amo anch’io”
Durante
il viaggio, Hiram cerca di riposare. Non sta dormendo troppo bene, ultimamente.
La
morte di Timala l’ha scosso ma, peggio ancora, ha ridestato vecchi spettri,
demoni che lui pensava di aver sconfitto e infine messo a tacere.
Eppure,
non appena socchiude gli occhi per cercare di dormire, quelli ritornano in
massa, ululando e sbraitando, costringendolo a rivivere le sue colpe, una volta
dopo l’altra, in una danza macabra che sembra poter durare per tutta
l’eternità.
“Un corpo riverso a terra,
dita azzurrine distese sul pavimento, immobili.”
E
ora sta tornando su Kahje, sta per riaprire le porte del suo vecchio
laboratorio, del cuore pulsante di tante vite, di tante speranze, che ora è
solo una carcassa vuota, in balia della risacca.
Ripercorrere
quel lungo corridoio, di un bianco macchiato, poco sterile.
Riaccendere
la vecchia IV - a cui non hanno mai dato un nome - per verificare gli ultimi
progressi delle ricerche ed impostare qualche simulazione.
“Eseguo, dottor Zane” dice
la voce metallica dell’IV “la simulazione sarà completa fra un’ora e dieci
minuti”
Sorrido. Do il comando di avvio.
E’ una giornata come tante.
Athira appare alle mie
spalle:- Che simulazione è?-
- E’ per verificare
l’impatto sui tessuti dell’ultima miscela di stimolanti.-
Spiegazioni ordinarie,
pacifiche. Materie su cui discutiamo da giorni. Discussioni placida, da
accademici. Il sorriso di Athira, la quiete di Timala.”
Hiram
emette un lieve sospiro, pesante di rimpianto.
Gli
sembra di non essere arrivato a niente, in tutta la sua vita. Stringe le mani,
affonda le unghie nel palmo. Una goccia di sangue stilla sulla pelle azzurrina.
“Estraggo la pistola.
- Mi dispiace, signorina
Lari. Non posso permetterglielo.-
Un gran vuoto, dentro al
petto. Non provo paura, né odio, né tristezza.
Solo un’esausta
determinazione. Deve finire, in un modo o nell’altro.
Athira grida il mio nome.
Cerca di fermarmi.
Esercito una lieve
pressione sul grilletto.
Un tuono sordo rimbalza
sulle pareti del laboratorio.
E Lari non esiste più. C’è
solo un corpo riverso a terra.
Dita azzurrine distese sul
pavimento, immobili.
- Dottor Zane…- mormora
Athira, con gli occhi pieni di lacrime.
Ripongo lentamente la
pistola. Sono malfermo sulle gambe, il braccio mi trema, il cuore mi scoppia.
Dolore. Confusione. Qual è il passo successivo?
- Falla sparire, Athira.-
pronuncio a fatica.”
La
voce metallica risuona nell’abitacolo, strappandolo ai ricordi.
Anche
se non lo dice, il medico è grato per quel momento di tregua.
- Abbiamo ancora due ore di
viaggio prima di giungere a destinazione.- annuncia la voce sintetica, priva di
qualsiasi inflessione.
Shepard
alza lo sguardo.
Kolyat
è in piedi, di fronte al pannello trasparente. I suoi occhi scrutano l’eterno
susseguirsi di stelle e galassie, minuscoli lumicini nel vuoto galattico.
Eppure ogni fiammella è un miliardo di vite, di esseri, di sensazioni. Ogni
luce nelle tenebre è un migliaio di mondi.
Si
alza, per raggiungere il giovane drell.
-
E’ uno spettacolo bellissimo - dice, per attirare la sua attenzione - ma sempre
un po’ spiazzante.-
Lui
annuisce, lentamente, con un cenno del capo.
Shepard
si tormenta le dita. Quanto sarà mai difficile trovare un argomento di
conversazione?
-
E’ tanto tempo che manchi da Kahje?-
- Da
qualche anno. Non ci sono tornato più dopo la… la faccenda di Talid.-
Konstantin
annuisce.
Non
dev’essere stato un momento facile, per Kolyat. La cosa davvero sorprendente è
che lei lo capisce. Probabilmente, se la vita non l’avesse addestrata in modo
così ferreo, lei avrebbe fatto lo stesso.
Suo
padre, Alexander Shepard, è scomparso quando lei era ancora piccola.
Congedato
con disonore dall’Alleanza, aveva continuato ad inseguire i suoi folli progetti
finché non era stato costretto a scomparire nel vuoto cosmico, per non essere
processato.
Da
adolescente, Konstantin aveva voluto sapere tutto, di lui.
Aveva
tempestato sua madre di domande, ma Hannah si era sempre chiusa in un ostinato
silenzio. Si era stretta nelle spalle, le aveva arruffato i corti capelli
castani, e le aveva detto di dimenticarlo e di passare oltre. Cercava di
camuffare lo sdegno dietro un’espressione indifferente, ma l’odio che provava
verso suo marito era palese, traspariva da ogni suo gesto, da ogni parola.
Non
solo l’aveva abbandonata, ma l’aveva fatto anche ricoprendosi di vergogna,
disonorando gli alti ideali per cui lei rischiava la sua vita, ogni giorno.
Durante
l’addestramento N7, Konstantin aveva trovato una traccia. Ed era stata ad un
passo dal seguirla, dall’inoltrarsi nel mondo buio e proibito in cui suo padre
si era fuso con le tenebre, ma alla fine una mano salda le si era serrata al
braccio e l’aveva tirata indietro dal baratro.
“Shepard”
aveva detto David Anderson, guardandola negli occhi “puoi decidere se
continuare il programma e lasciare il segno nella galassia, oppure se seguire
questa via e perderti per sempre. Ma devi decidere adesso, perché non intendo
addestrare qualcuno che disonorerà la propria uniforme.”.
Quella
frase l’aveva ferita eppure, quando la sofferenza e la vergogna si erano
diradate, le aveva aperto un mondo. Aveva fatto chiarezza.
-
Sono felice che tu abbia perdonato tuo padre.- dice, posando una mano sulla
spalla di Kolyat.
Lui
la guarda, come sorpreso dall’argomento, così Shepard si sente spinta a
continuare
-
Io ho un pessimo rapporto col mio.- gli spiega.
-
Perché?- chiede Kolyat, esitante, come temendo di chiedere troppo.
-
Era un criminale.- ribatte Konstantin - ma lui era convinto di non esserlo. Era
convinto che gli orizzonti dell’Alleanza fossero troppo… ristretti. Era un
genio incompreso - sbuffa una risata - ed un guerriero senza scrupoli.-
-
Ma era tuo padre.-
-
Sono passati vent’anni, dall’ultima volta che l’ho visto.-
Le
aveva posato un bacio sulla fronte, nel metterla a letto.
“Mi
racconti una storia, papà?” aveva chiesto lei, speranzosa
“Stasera
non posso, aquilotta” le aveva risposto lui, accarezzandole il profilo del
naso, che l’era valso quel soprannome “lo farò domani. Te lo prometto”.
E
ora Shepard può fingere di aver dimenticato, ma sa di non avergli mai perdonato
di aver infranto quella promessa, fatta ad una bambina.
-- La Coda!
Questo
è un capitolo strano, perché ancora non ho capito se lo amo o lo odio.
Specialmente
l’ultimo pezzo, quello sul padre di Shep, l’ho cancellato e rimesso per almeno
una mezza dozzina di volte, perché non c’entra molto col resto della trama, ma
mi sembrava sbagliato non metterlo. E’ un tassello importante dell’introspezione
della mia Shep, che prima o poi andava tirato fuori dal cappello. Perché non
ora? XP
Comunque
non stupitevi se il prossimo capitolo lo posto un po’ prima, ma questa storia
mi ha davvero presa (sono felice di aver finalmente ingranato J) e non vedo perché farvi
aspettare!
Chi
vivrà, vedrà.
Un
sentito ringraziamento a tutti coloro che sono giunti fino a qui! Grazie mille!
Alla
prossima!
- La Matta -
|
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Capitolo 8 *** Le piogge di Kahje ***
la cura 8
Capitolo Ottavo
Le piogge di Kahje
Visto
dall’alto, una volta oltrepassata la fascia di nuvole e nebbia, Kahje è
un’enorme sfera blu, di un blu profondo e luccicante.
-
Sembra bello.- commenta Shepard.
Kolyat
ridacchia:- è perché ancora non sei scesa a terra, comandante.-
Allo
spazioporto li accoglie una montagna di burocrazia assortita ed una pioggia
torrenziale.
Konstantin
sospira, mentre l’acqua le appesantisce i capelli e le scorre in rigagnoli sul
viso.
-
Cos’altro può andare storto?- si domanda, stringendosi nelle spalle.
E’
così, quello è Kahje, la salvezza e la condanna del popolo drell.
La
pioggia è fitta e densa, l’aria stessa che si respira sembra pesante.
Si
volta verso lo spazioporto, dove Shaalon e l’agente Temnos stanno facendo
valere i loro permessi. L’ufficiale della dogana, una giovane drell dalla pelle
verde pallido, sembra al contempo contrariata e dispiaciuta, mentre consulta
istericamente il terminale delle autorizzazioni.
Shepard
si stringe nelle spalle: potrebbe intervenire e cercare di convincerla, ma è
tempo che lo Spettro hanar si renda utile. Per il momento non ha fatto altro
che darle l’emicrania.
“Egregia
comandante, il sottoscritto vorrebbe discutere della sua recente interazione
con un Illuminato” le ha chiesto, durante il viaggio.
Lei
ha guardato dall’altra parte e ha infilato una menzogna dietro all’altra per
non dire che Javik è piuttosto lontano dall’idea che tutti hanno dei prothean e
che preferisce di gran lunga sparare ai mutanti piuttosto che pontificare
saggiamente sul destino della galassia.
Shepard
si ripara sotto una tettoia. Dio, che clima infame.
-
Comandante…- la chiama Kolyat, raggiungendola - abbiamo un problema.-
-
Sì. Abbiamo un problema.- scherza Konstantin - Piove.-
-
No, comandante - Kolyat scuote il capo, con aria preoccupata - un problema
peggiore. La dogana ci ha autorizzati a passare, ma Shaalon vuole tenere Hiram
in custodia. Ha paura che, se verrà con noi all’appartamento della dottoressa
Shoni, inquinerà la scena del crimine.-
-
Dannazione, è un medico, mica un
pericoloso delinquente!- prorompe Shepard
Si
stringe nella giacca, cercando di combattere l’umidità che le si insinua nelle
ossa, poi torna all’ufficio della dogana.
La
ragazza drell ora sembra confusa, mentre l’agente Temnos cerca di spiegarle la
situazione.
-
Il sottoscritto è spiacente - sta dicendo Shaalon, flemmaticamente - Ma non
possiamo correre il rischio che lo stimato dottore, nonché sospettato, ostacoli
le indagini. D’altro canto il cordiale agente dell’SSC ha fatto notare che,
qualora il qualificato professionista rimanesse senza custodia, potrebbe
facilmente fuggire e raggiungere l’altro capo della galassia, dove ci sarebbe
molto difficoltoso rintracciarlo.-
-
E quindi vorreste ammanettarlo qui?- sbotta Shepard, spazientita
-
L’intelligente comandante ha colto il punto.- annuisce Shaalon
-
Questo non ha senso!- ribatte la donna - eri d’accordo con questo viaggio, no?
Perché queste infinte precauzioni adesso?-
-
Il sottoscritto non ha mai detto di concordare con l’idea di portare il
sospettato in giro per la galassia.- precisa l’hanar - Ma il sottoscritto ha
anche accettato di collaborare con la stimata comandante, quindi spero sarà
possibile raggiungere un compromesso.-
Hiram
sospira:- Shepard, è inutile che cerchi di fargli cambiare idea.-
-
Il gentile sospettato ha indubbiamente ragione.- annuisce Shaalon - Il
sottoscritto consiglia che la stimata comandante vada a compiere il sopraluogo,
mentre l’agente Temnos e la cortese ufficiale della dogana rimangono qui
assieme al dottor Zane.-
Konstantin
sbuffa:- senza il dottor Zane, mi sarà impossibile capire…- si blocca.
Ovviamente
non può spiegare allo Spettro quali siano le vere ragioni che l’hanno condotta
su Kahje. Shaalon non ha mosso obiezioni al viaggio solo perché era convinto
che lei volesse ispezionare di persona la scena del crimine - e magari fare
qualche domanda in giro -. Se sapesse la vera ragione - cioè il prosieguo di
una sperimentazione non autorizzata - probabilmente si rivelerebbe molto meno
accomodante.
-…
Timala teneva la rubrica dei contatti con gli altri ricercatori nel dispositivo
in camera da letto.- spiega Hiram.
-
Va bene.- annuisce Shepard - agente Temnos, badi che al nostro specialista non
succeda niente.-
-
Approfitterò della pausa forzata per chiamare il mio vecchio collega della
Primazia Illuminata.-
Hiram
è quasi sollevato. Preferisce non tornare a casa di Timala. Preferisce
ricordarla com’era quando si sono salutati l’ultima volta, non come il corpo
senza vita che Shaalon gli ha mostrato.
L’appartamento
di Timala Shoni è grande, spoglio e caotico.
Nessuno
lo pulisce o lo riordina da un bel po’.
Konstantin
individua subito il dispositivo di cui le ha parlato Hiram ma, prima di
accenderlo, fa un cenno a Mordin. Non vuole assolutamente che lo Spettro hanar
la veda scaricare i dati.
Il
professore annuisce e prende Shaalon in disparte.
-
Ultimo incarico molto più impegnativo di questo.- esordisce, distraendo l’hanar
- Laboratorio segreto su Sur’Kesh, cura per genofagia. Ha esperienza in
genetica medica e anatomia krogan? No? Bene, allora io posso esporre per sommi
capi mia ricerca e conseguente soluzione…-
-
Il sottoscritto desidererebbe…-
-
Non bisogna mai tralasciare scienza! Allora… tutto cominciato con rivolta
krogan. Necessarie misure di protezione, per evitare riformarsi di orda….-
Shepard
si concede una smorfia divertita, poi accende il terminale della dottoressa
Shoni.
Mentre
il dispositivo si carica, proietta un’olografia: un drell tiene in braccio una
piccola asari, mostrandole un pupazzo variopinto. La bambina lo guarda,
estasiata, con un enorme sorriso.
Poi
il dispositivo è pronto e l’immagine svanisce.
Shepard
cerca i dati sulla sindrome di Kepral ma, a parte qualche progetto allo stato
embrionale e gli appunti per un saggio sulla genetica, non trova niente.
- Maledizione…- sussurra, voltandosi per
controllare Shaalon.
Il
chiacchiericcio di Mordin la rassicura che ha ancora tempo. Cerca più
approfonditamente fra le cartelle e i documenti di Timala.
-
A questo punto, ovvio quesito etico…- sta continuando il salarian.
Entra
nella cronologia delle attività. L’ultima risale al giorno in cui la dottoressa
è morta.
Konstantin
fa un cenno a Kolyat, che le si avvicina discretamente.
-
Li hai trovati?- chiede
Shepard
gli indica lo schermo:- pensi anche tu quello che penso io?-
Il
drell digita qualcosa sull’olotastiera, poi annuisce:- i dati sono stati
rimossi. La copia locale cancellata.-
-
Chi diavolo poteva sapere delle ricerche della dottoressa Shoni? E perché
dovrebbero prendere i dati?-
-
Non lo so.- ammette Kolyat, perplesso - ma ho trovato qualcosa. Vieni.-
Intanto,
Mordin sta elencando a Shaalon tutti gli esperimenti falliti e tutti gli altri
scienziati che hanno tentato - più o meno maldestramente - di curare la
genofagia o di sfruttarne gli effetti, partendo dalla strana teoria di Okeer e
del krogan perfetto per proseguire con la ricerca di Maelon.
Konstantin
sorride: ne avranno ancora per molto.
Segue
Kolyat fino alla camera da letto.
Vestiti
e camici sporchi sono ammucchiati in un angolo, le mensole e il tavolo sono
sommersi da fogli e appunti sparsi. La confusione regna sovrana, ad eccezione
del comodino, tenuto in un ordine quasi religioso.
Sul
comodino c’è solo una foto: lo stesso drell dell’olografia. E’ più anziano, gli
occhi più opachi, qualcosa di malato,
nell’aspetto. E’ accanto ad una splendida asari dall’aria scocciata e al
contempo divertita, che leva gli occhi al cielo. Indossa una maglietta bianca,
con una stupida scritta. Alle loro spalle, c’è il profilo elegante e
sofisticato di Illium.
Kolyat
lancia solo uno sguardo alla foto, poi indica l’armadio.
Oltre
alle grucce vuote c’è un piccolo dispositivo nero.
-
Cos’è?- chiede Shepard, sfiorandolo con un dito.
-
La dottoressa Shoni era diventata diffidente.- spiega il drell, estraendo il
dispositivo dalla nicchia - Questo è un impianto di sicurezza. Deve aver
nascosto delle microtelecamere in giro per l’appartamento, che inviano i loro
dati a questo congegno. Un assassino esperto l’avrebbe senza dubbio rilevato ma
pare che questa volta siamo stati fortunati. Abbiamo a che fare con un
principiante.-
Konstantin
annuisce, sorridendo.
Collaborare
con l’SSC ha reso Kolyat molto più sicuro di sé stesso. Ha sostituito la rabbia
con la competenza, il trauma dell’abbandono con il piacere di risolvere gli
enigmi.
-
Possiamo vedere le registrazioni?- chiede
-
In teoria no.- risponde il giovane drell, con una smorfia che sembra un sorriso
- Non senza la password. A meno che non si violi il firewall.-
Konstantin
alza gli occhi al cielo. Le mancano i bei tempi in cui con l’omnigel si faceva
praticamente qualunque cosa.
-
Immagino che sbatterlo ripetutamente per terra non servirebbe a molto.- scherza
Kolyat
la guarda, e stavolta sorride per davvero:- sarebbe uno spreco di tempo.
Soprattutto perché credo di poter violare i sistemi di sicurezza. Dammi un
minuto, comandante.-
Shepard
ammicca:- anche due.-
Dopo
aver controllato le registrazioni una prima volta, chiamano Shaalon per
renderlo edotto sulla scoperta.
La
microcamera del soggiorno ha ripreso tutto.
Timala
che apre la porta, la giovane drell che entra.
“Athira, cosa ci fai qui?”
dice la dottoressa “è un piacere rivederti. Come stai?”
Shaalon
ferma la riproduzione.
-
Quella è Athira Kane.- spiega - la seconda assistente scomparsa.-
-
La seconda?- lo interroga Shepard -
non avevo capito che ce ne fosse una prima.-
L’hanar
annuisce gravemente:- il sottoscritto ha solo accennato al caso, in quanto è
stato dichiarato irrisolto tempo addietro. La signorina Lari Fell era una
collaboratrice esterna dello stimato dottor Zane. La sorella ne ha denunciato
la scomparsa poco prima che il governo della Primazia Illuminata scoprisse la
sperimentazione illecita.-
Shepard
si passa una mano fra i capelli, ancora umidi.
Odia
le persone che non le raccontano tutto.
Perché
Hiram ha omesso un dettaglio così importante?
La
banda di mercenari che li ha aggrediti sulla Cittadella, la scomparsa di
Athira, la sua assistente, la morte della sua collega, la dottoressa Shoni… e
ora Konstantin scopre che un’altra delle sue collaboratrici si è dissolta nel
nulla, mentre lavorava al suo progetto.
Odia
le persone che le mentono.
-
Shaalon, direi che questa è una prova più che sufficiente a scagionare il
dottor Zane.- dice.
Sono
due, le cose di cui adesso è certa. Uno: Hiram non ha ucciso la sua collega.
Due: ha bisogno di un po’ di tempo per condurre le indagini da sola, senza lo
Spettro hanar e l’agente SSC.
-
Il sottoscritto non può che concordare con la saggia comandante.- annuisce
Shaalon
-
Bene, ma a questo punto dobbiamo dividerci.-
-
Il sottoscritto vorrebbe sapere per quale ragione.-
-
Perché non mi piace lavorare con il fiato sul collo.- ribatte Konsantin, ruvida
- e godo della stessa libertà di cui godi tu. Pertanto, che ne dici di andare a
liberare il dottor Zane, prima che maturino gli estremi perché faccia causa
all’SSC per sequestro di persona?-
-
Il sottoscritto non ha nulla in contrario.- cede Shaalon - presenterò le mie
scuse al dottor Zane per la momentanea limitazione della sua libertà di
movimento.-
-
Bene.- sbotta Shepard.
Una
volta fuori dall’appartamento di Timala, Konstantin Shepard cammina per un po’
sotto la pioggia.
Le
gocce esplodono a terra, pozzanghere grigie si allargano a vista d’occhio,
riflettendo il colore plumbeo del cielo.
Mordin
resta al suo fianco, assorto, seguendo ingarbugliati fili logici che solo lui
può vedere.
-
Dovremmo andare a laboratorio.- dice alla fine.
Shepard
scuote la testa:- hai ragione, Mordin.- ammette, anche se vorrebbe solo
tornarsene sulla Cittadella e lasciare ad altri l’imperativo morale di salvare
la galassia.
La
menzogna di Hiram l’ha colpita più di quanto immaginasse. E’ che si sta fidando
immensamente di lui - non ha altra scelta-, sta mettendo la vita di Thane nelle
sue mani… e lui trascura di raccontarle che probabilmente è il responsabile di
due, forse tre, omicidi?
-
Forse dottore aveva sue ragioni per tacere di episodio di signorina Fell.-
commenta Mordin, indovinando i pensieri della comandante - Forse preoccupato
per tua reazione.-
Un
trasporto rapido passa troppo vicino a Konstantin, schizzandola di pioggia
sporca.
- Odio questo pianeta.- borbotta la donna,
di pessimo umore.
Sì.
Odia Kahje. Ma non è per la pioggia.
Non
è per gli edifici grigi, per i vetri dai colori spenti, per il distaccato
silenzio nelle strade.
Non
è per l’oceano infinito, che rende l’aria pesante e gli animi irrequieti. Non è
per le rovine prothean che emergono dalle sabbie del tempo come ossa di antichi
giganti, a ricordare che l’impero più grande della galassia è stato spazzato
via e che tutto, ogni cosa, prima o poi incontra la sua fine.
Odia
Kahje perché è umido.
Perché
quell’aria irrespirabile ha fatto del male a Thane, perché loro potrebbero
vivere una normale storia d’amore, se quel maledetto pianeta avesse un clima decente.
Cala
il tacco dello stivale in una pozzanghera, schizzandosi i pantaloni.
-
Shepard?- la chiama Mordin, dolcemente - Sembri turbata.-
-
Odio questo pianeta.- replica la donna, stringendosi nelle spalle, come se
fosse una spiegazione.
Alza
lo sguardo, incrociando gli occhi di Kolyat.
-
Ne sai qualcosa della storia di Lari Fell?- chiede, per rompere il silenzio.
Il
giovane drell scuote la testa:- ero già partito da Kahje, quando lei è
scomparsa. Shepard… credi che mio zio le abbia fatto del male? Che sia…
responsabile, per quello che le è successo?-
-
Non lo so, Kolyat.- ammette Konstantin - ma presto lo scopriremo.-
- Shepard…
sono contento che te ne occupi tu.-
-
Comandante Shepard migliore nel suo campo.- concorda Mordin, annuendo con il
capo - forse tendenza eccessiva a far esplodere cose. Forse stesso fato
riservato ai Razziatori. Impossibile dirlo.-
L’ipotesi
strappa un sorriso a Konstantin: le piacerebbe, far saltare in aria i
Razziatori, come ha fatto con il laboratorio di Saren su Virmire. Un’esplosione
enorme di pura luce, in grado di vaporizzare ogni frammento di sporco rimasto
al mondo.
-
Non prometto niente.- scherza - ma m’impegnerò per un botto colossale.-
-
Prendo atto.- Mordin le sorride - poi ci diamo appuntamento su spiaggia. Per
esperimenti su conchiglie. Visita in laboratorio, magari. Io mostra nuove
scoperte, tu cade in coma profondo per noia.-
-
Sì - ammette Shepard, stringendosi nelle spalle - il rischio c’è.-
Kolyat
la guarda scherzare con il salarian e si rende conto di averla sempre
idealizzata. Lui conosce la comandante Shepard, il primo Spettro umano,
salvatrice della Cittadella. Non ha mai cercato di guardare oltre la sua fama,
non ha mai provato a conoscere “Konstantin”, un soldato eccezionale, certo, ma
anche un’amica divertente, una figlia abbandonata… una compagna devota.
Quando
tutto sarà finito… sarà strano
vederla assieme a suo padre.
Kolyat
non sa cosa pensare: se sopravvivranno a quella maledetta guerra, come
cambieranno le loro vite? Shepard e Thane resteranno insieme? E cercheranno un
posto dove vivere in pace oppure riprenderanno subito la loro crociata per
l’armonia della galassia? Lui li vedrà spesso? Come saranno i loro rapporti? E…
Mentre
cammina sotto la pioggia di Kahje, Kolyat si rende conto di una cosa, di
un’unica risposta che lo riempie di gioia, che gli fa vedere la vita sotto una
luce nuova.
Shepard
gli ha ridato la speranza. Il
desiderio di fare progetti. La possibilità di interrogarsi sul futuro, senza
dare per scontato che un futuro non ci sarà. Gli ha dato occhi per vedere una
luce, alla fine della guerra, alla fine della sofferenza, alla fine di tutto.
La certezza che la fine verrà e che la vera pace non è solo un miraggio, ma una
prospettiva.
Quando
raggiungono il laboratorio di Hiram e della sua equip, sono tutti e tre bagnati
fino al midollo.
Shepard
si appoggia al muro, riparandosi sotto un colonnato.
Borbotta
qualcosa che suona molto come “odio
questo pianeta”, anche se sa che ripeterlo è perfettamente inutile e non
cambierà le cose.
Il
servizio di sicurezza di Kahje ha bloccato l’accesso al laboratorio - le
indagini sulla sperimentazione illegale sono ancora aperte, dopotutto - ma gli
hanar sembrano essersi completamente dimenticati di lui. Non ci sono guardie,
né telecamere di sicurezza. Solo uno scarso sistema dall’allarme, che Shepard
potrebbe bypassare ad occhi chiusi.
Mentre
gli provoca un corto circuito, sente Mordin parlare con Kolyat.
-
Ricordo chiaramente. Di rientro da ennesima missione su Omega. Shepard e
dottoressa Chakwas completamente ubriache. Spettacolo notevole, cui non capita
frequentemente di assistere.-
Konstantin
scuote la testa. Termina il bypass, prima di voltarsi indietro e protestare.
-
Non eravamo così ubriache.-
-
Dipende da criterio di valutazione. Per standard di krogan maturo eravate molto
ubriache. Per standard di salarian eravate sull’orlo di coma etilico. Non posso
esprimermi su massimo quantitativo alcolico tollerabile da Razziatori, forse
per loro scala di valori voi eravate quasi sobrie.-
Kolyat
sorride: non riesce ad immaginare il comandante Shepard ubriaca.
Konstantin
non replica, ma mentre apre le porte del laboratorio cerca di convincersi che
non era davvero così ubriaca. Purtroppo, il fatto che abbia solo ricordi
sfocati di quella sera non depone a suo favore. Sa per certo di aver lasciato
la povera Karin a dormire sul lettino dell’infermeria e di essersi diretta a
passo malfermo fino all’ascensore.
Entrano
nel laboratorio. E’ polveroso, caotico, privo di alcuni macchinari.
Degli
olonastri arancioni delimitano l’area, ma per il resto il luogo sembra rimasto
intatto.
Kolyat
avanza fino ad un pannello, per controllare l’energia della stanza.
-
E’ tutto disattivato.- dice poi, scuotendo la testa.
-
Tutti i dati che c’erano in questi computer - riflette Shepard - devono essere
stati presi dalle autorità della Primazia Illuminata. Ma se Athira Kane si è
presa il disturbo di cancellare quelli della dottoressa Shoni, non mi
sorprenderebbe scoprire che anche qui è scomparso tutto.-
-
Shepard…- dall’altro capo della stanza, Kolyat la chiama.
La
donna lo raggiunge.
Il
giovane drell si è fermato davanti ad una grande scrivania grigia, asettica. Il
servizio di sicurezza di Kahje ha svuotato i cassetti e sequestrato i
documenti, ma non ha tolto un’olografia, che volteggia soavemente in aria non
appena Kolyat si avvicina.
Shepard
le lancia appena uno sguardo, poi vede una lacrima rigare la guancia del drell.
-…
mamma.- lo sente sussurrare, assorto.
Konstantin
si ferma, al suo fianco, guardando l’immagine. Ha visto una foto di Irikah solo
una volta - di sfuggita, quasi di nascosto - e non si è mai resa conto di
quanto fosse bella. I suoi occhi sono davvero del colore del tramonto, di
quella sfumatura eccezionale che il cielo riesce ad avere solo per pochi
momenti, ogni giorno, prima delle tenebre.
Istintivamente,
prende la mano di Kolyat nella propria.
Il
drell s’irrigidisce un attimo, ma poi la guarda con riconoscenza, asciugandosi
le lacrime.
-
Perdonami, comandante…- dice, con voce rotta - mi ha… preso alla sprovvista.
Non mi aspettavo di… vederla.-
-
Non c’è niente da perdonare.- lo rassicura Konstantin.
Kolyat
annuisce, poi prendere un respiro profondo e prende in mano il proiettore
dell’olografia. La base è grossa, di metallo argenteo ed emana uno strano
calore.
Se
ne rende conto lentamente, mentre soppesa l’oggetto in mano.
-…
c’è un dispositivo, qui dentro.- dice, mostrando a Shepard un pannello
rimuovibile. Una volta tolto, ne fuoriesce una lieve luce verde, che crea
un’olotastiera. Un piccolo schermo, nell’incavo, si anima, mostrando le parole
“Inserire password”.
-
Una parola di quattro lettere.- deduce Kolyat dopo un primo tentativo.
-
Hiram è tuo zio - riflette Konstantin - tu che ne dici?-
Il
drell riflette per qualche momento. Non ricorda amici particolarmente cari, né
una compagna, né un evento particolarmente significativo della vita di suo zio.
Prova ad inserire l’anno della sua laurea alla Primazia Illuminata, ma niente.
Prova con sequenze casuali di numeri, ma la scritta continua a pulsare davanti
ai suoi occhi, con aria di scherno.
Anche
l’olografia è rimasta di fronte a lui. Volteggia nell’aria, lentamente,
dolcemente, senza scatti.
Il
volto sereno di Irikah fissa il figlio senza vederlo, il suo sorriso non
vacilla.
Improvvisamente,
una strana calma scende su Kolyat.
Le
sue mani si muovono quasi automaticamente, sfiorando l’olotastiera.
Scrive,
soprappensiero. Hiram ha avuto una sola persona veramente cara, nella sua vita.
Un’unica donna che ha amato più di chiunque altro, più di qualunque amante, più
di qualunque amica.
Sospira,
ricacciando indietro un’altra lacrima, poi finisce di digitare la password.
R.I.K.A.
--La Coda!!
Quant’è
bella la primavera!
Signori
e signore sono lieta di annunciare che ho praticamente finito di scrivere
questa storia, quindi -accidenti a parte - sono ragionevolmente sicura che non
sparirò un’altra volta e che potrete tutti sapere come va a finire! Yeee
(scusate
se mi esalto per così poco, ma sono quasi certa di avervi già accennato al mio
problema cronico a concludere le cose che inizio, per quanto io vi sia
affezionata. Beh, La Cura
vedrà la parola “fine” e di questo sono davvero felice!).
Parlando
del capitolo… non avevo assolutamente idea di come descrivere Kahje. Se lo
digitate su google immagini vengono cose contorte o grosse palle azzurre. Ho
optato per la grossa palla azzurra.
Per
quanto riguarda Kolyat, devo essere sincera: come Shep, anch’io ho qualche
problema a relazionarmi con lui. Ma esattamente come Shep mi sto avviando ad
una soluzione, a piccoli passi.
Con
questa intelligente metafora vi saluto!
Un
grande bacio a tutti
- - La Matta - -
|
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Capitolo 9 *** Pentimento ***
dlc 7
Capitolo Nono
Pentimento
- Rika…- mormora Kolyat, assorto
La porta si chiude. Un
fischiettare allegro pervade l’ambiente.
Mi alzo dal tappeto, lancio
via la palla con cui sto giocando.
Mia madre si volta, poggia
le mani sui fianchi, ride.
- Tu non dovresti essere da
qualche parte a cercarti un lavoro?- scherza.
Hiram attraversa la stanza
in quattro lunghi passi.
Mi dirigo verso di loro.
Passo vacillante di bambino. Il pavimento freddo sotto i piedi scalzi.
La prende per i fianchi, la
solleva, la bacia sulle guance.
- Sempre a farmi la
paternale, sorellina?- chiede, dolcemente.
- Faccio le veci della
mamma, Hiram. Ormai ci sono abituata.-
Sorridono entrambi. Le mani
nelle mani.
- Ti voglio tanto bene,
fratellino.- mormora lei.
Lui le accarezza le guance
- Ti voglio bene anch’io, Rika.-
Un
flash di luce verde lo strappa ai ricordi. Il dispositivo si attiva, vomitando
sul piccolo schermo una quantità di dati tecnici, di filmati, di schemi e
proiezioni future.
E
poi c’è un singolo file, che attira l’attenzione di Shepard.
Appena
lo seleziona, dagli altoparlanti esce la voce di Hiram, che riproduce
automaticamente la registrazione più recente.
“Gli
esperimenti proseguono a rilento. Sento che siamo vicini a qualcosa - che la
clonazione da tessuti vitali è a un passo dal dare dei veri risultati - ma il
quadro generale ancora mi sfugge. Sono due giorni che Lari non si presenta.
Forse ha gettato la spugna. Timala sembra scoraggiata, mentre Athira è sempre
più distratta, come se… non le interessasse. O forse sono io. Forse sono io che
tengo troppo a questa ricerca e mi accanisco a vedere dei progressi dove invece
stiamo stazionando da mesi… non lo so, sono confuso. Ci sono giorni in cui
vorrei distruggere questo laboratorio dalla faccia del pianeta e ritirarmi da
qualche parte, dove piangere mia sorella e i miei fallimenti per il resto della
mia vita. Non so cosa mi trattenga. Ho perso l’entusiasmo di un tempo, ho perso
la gioia. Sento che siamo vicini a qualcosa, ma lo stesso qualcosa che adesso
sembra vicino scapperà lontanissimo appena tenterò di afferrarlo. E’ la
condanna dei ricercatori. La vita che mi sono scelto.”
-
Non suona bene.- commenta Shepard, scuotendo la testa
-
Mio zio non ha mai avuto troppa fiducia in sé stesso.- ammette Kolyat
Mordin
intanto ha analizzato più approfonditamente i dati:- in effetti. Evoluzione di
programmi di ricerca sempre lunga e difficoltosa. Spesso frustrante. Mente di
scienziato deve essere paziente, sopportare piccoli scherni della sorte. Poi si
arriva sempre a conclusione, basta essere pronti ad investire tempo e risorse
in quello in cui si crede. Questo ha sempre animato me, in mie ricerche, anche
quando si è trattato di disfare quello che io stesso avevo prodotto. Sempre
serenità, sempre pazienza. Vero segreto di scienza.-
Konstantin
annuisce, poi seleziona la registrazione antecedente.
Subito
si sorprende di come la voce di Hiram sia diversa, più energica, più
propositiva. Quasi eccitata.
“E’
un grande giorno! Le ultime simulazioni non danno adito ad ulteriori dubbi. Ce
l’abbiamo fatta! Abbiamo prodotto del tessuto organico drell omnicompatibile. E’ uno dei perni chiave
dello sviluppo della cura. Spero davvero di poter offrire alla mia gente
qualcosa di più che un blando palliativo. Eppure… eppure Lari non sembra
entusiasta quanto me. Si aggira per il laboratorio in uno strato stato di
agitazione. Prima mi ha preso in disparte. Pensa che questa ricerca non sia
etica. Etica? Solo perché dei
burocrati buffoni non ci hanno autorizzato a predisporlo, non significa che il
nostro lavoro sia moralmente sbagliato! Non facciamo del male a nessuno - a
parte un po’ ai nostri nervi -. Lei dice che è sbagliato il principio stesso.
Che forse noi drell non siamo nati per avere una cura, siamo nati per portare
avanti la sindrome di Kepral come un carattere della nostra razza. Follia.
Povera Lari, dev’essere stanca. Spero si prenda una vacanza. Per un po’,
possiamo fare a meno della sua collaborazione.”
-
Lari Fell aveva delle idee piuttosto estreme.- dice Shepard - è davvero
difficile condividere la sua posizione.-
-
Lari Fell aveva delle idee piuttosto estreme. E’ davvero difficile condividere
la sua posizione.-
Sente
Shepard parlare, a pochi metri da sé.
Athira
trattiene il respiro, cercando di concentrarsi.
La
pistola sembra improvvisamente pesantissima, nella sua mano. O forse è la sua
mano che ha perso del tutto la propria forza.
L’emicrania
continua a tormentarla, rende difficile pensare, rende ovattate tutte le immagini,
incomprensibili le emozioni. L’unica cosa chiara è il dolore - e quello è
lancinante, inevitabile.
Striscia
contro il muro. Il sangue ha uno strano sapore, in bocca.
Ha
uno strano colore quando le cola lungo il mento, così diverso dal colore che
aveva quand’era nelle provette, in laboratorio. Allora era solo uno strumento,
adesso è la vita stessa, che le scivola via.
Athira
allunga il braccio, puntando la pistola.
Il
suo dito indugia sul grilletto.
Da
quella distanza, sbagliare è praticamente impossibile.
La
drell tentenna. E se ci fosse un’altra via?
“Uccidili”
ha detto il Custode della Memoria, con voce tenace, un’espressione stoica sul
volto “Uccidi Shepard e uccidi il Blasfemo. Solo così salverai tanti nostri
fratelli dalla condanna eterna.”
Così,
ha detto. E sembrava convinto, sembrava sincero.
Ma
non è lui che sta morendo per la Kepral. E’
facile predicare di astenersi da qualunque trattamento quando i tuoi organi
interni sono ancora integri e funzionali e non sono appesantiti dalle metastasi
e lacerati dalle lesioni. Quando ancora riesci a mangiare senza rigettare
subito tutto, assieme a boccate di sangue, quando la mente riesce ancora a
pensare i propri pensieri, quando respirare non è uno strazio continuo.
Sembra
facile, seguire la filosofia della setta, quando si sta bene.
Il
dito di Athira esercita una lieve pressione sul grilletto, insufficiente a fare
fuoco.
“Forse
loro, loro fra tutti, possono ancora aiutarmi…” riflette, disperatamente, salvo
poi rendersi conto che non c’è redenzione, per quello che ha fatto.
Ha
ucciso la dottoressa Shoni.
Ha
rubato le prove di un’indagine del servizio di sicurezza.
Ha
tradito i suoi amici, i suoi colleghi.
E
ora sta per uccidere di nuovo.
Arrivata
a questo punto, sa di non poter tornare indietro. Eppure c’è un frammento della
sua coscienza che rigetta quella determinazione, il suo inconscio combatte
freneticamente per contrastare quell’idea.
Per
questo, ha mentito al Custode.
Abbassa
l’arma, mentre i ricordi la sommergono come un fiume in piena, torbido di
polvere e di dubbi.
“E’ seduto sul suo trono di
pietra, le mani ripiegate in grembo, il viso soffocato dal cappuccio.
Dalle ombre intravedo il
suo sorriso. E’ paterno, soddisfatto, eppure nasconde una punta di gelo.
- Hai i dati?- mi chiede,
per l’ennesima volta.
Annuisco, poco convinta. E’
solo un piccolo datapad, ma pesa immensamente nella tasca del mio mantello.
L’ultimo bivio. Il dolore mi angoscia. Voglio solo che cessi.
- Vieni qui, figlia mia.-
Obbedisco, salgo a fatica i
tre gradini che ci separano.
Allunga una mano. Dita
lunghe, eleganti, pelle verde come l’erba, un verde sano, pulito.
Sul suo palmo, scintilla un
piccolo dispositivo. So cos’è. E’ un cip di cancellazione. Dopo di questo, non
esisterà più alcun dato. Tutto quello che ho preso, che ho riportato
dall’appartamento di Timala… tutto sparirà. Senso di colpa.
Lei era l’unica che stava
ancora lavorando. Lei vedeva ancora la speranza.
Lei mi ha rimproverata per
aver abbandonato il programma medico, per essermi sottratta alle cure.
- Dammi il datapad.- dice
il Guardiano. Non è un invito. Non c’è gentilezza, nella sua voce.
E’ un comando. Obbedisco
docilmente. Lo guardo posare il cip sullo schermo.
Stringo i pugni. Sudore
freddo mi bagna la schiena.
- Forse dovremmo prima
analizzarli…- riesco a balbettare.
- Blasfemia!- impreca il
Custode. I suoi occhi neri mi fissano, brillano nel buio. Giudicano. Impongono.
Spaventano. Un battito di ciglia. So che la mia è la decisione giusta. Avrebbe
fatto ancora più male comportarsi diversamente. Pensieri caotici, si accalcano,
combattono, scompaiono.
Il cip finisce il suo
lavoro. Il Custode lascia cadere il datapad a terra. Schermo nero. Vuoto.
Desolato.
M’inchino e ridiscendo i
tre gradini. Sembrano infiniti.
Do le spalle al Custode.
Cammino lentamente, faticosamente.
Affondo le mani nelle
tasche del mantello. Le mie dita accarezzano un dispositivo. Plastica liscia,
senza temperatura, senza decori. Una copia dei dati.
Mi rallegro dell’inganno.
Una bella sensazione. Nascondo i dati, come un tesoro, come una promessa.”
Il
flusso di ricordi l’abbandona, lasciandola esausta, madida di sudore.
Rivivere
quei minuti carichi di tensione, carichi di simboli e di interrogativi la pone
di nuovo davanti allo stesso bivio. Sparare a Shepard e tornare dal Custode, per
morire in un letto di dolore, come è già successo, sperando che la sua fine sia
cosa gradita agli Dei? Oppure gettare la pistola e compiere un ultimo passo in
avanti, verso i suoi nemici, sperando che loro siano più magnanimi di chi l’ha
chiamata “figlia mia” e poi l’ha mandata a commettere un omicidio.
Athira
sospira. Sente il braccio tremare.
Vuole
solo che tutto finisca, che finisca al più presto in un limbo grigio, senza
dolore.
Il
tempo sembra rallentare, mentre la drell lascia andare la presa sulla pistola.
L’arma
cade e rimbalza a terra con un suono metallico, artificiale.
Shepard
si volta, sulla difensiva. L’energia biotica le danza sulle dita, simile ad
un’illusione azzurrina.
-
Vieni fuori!- grida, imperiosa - E niente scherzi.-
Anche
le due persone che sono con lei - un salarian ed un giovane drell, che Athira
aveva scambiato per il dottor Zane - si sono voltate. Puntano due pistole verso
il suo nascondiglio, aspettano solo l’ordine di fare fuoco.
Alza
le mani, indifesa, ed esce dalle ombre.
- Athira Kane?- esclama Shepard,
perplessa.
La
riconosce dal video della dottoressa Shoni.
Lascia
che l’energia biotica le si appassisca sulle dita. La giovane drell non è una
minaccia. Nessuno, in quello stato, potrebbe essere una minaccia.
La
sua pelle sudata è pallidissima, vira più verso il giallo che verso il verde.
Ha gli occhi opachi e le labbra rotte, piagate. Un rivolo di sangue secco le
macchia il mento. Ha altre macchie sui vestiti.
Mentre
cammina verso di lei, trema visibilmente. Sta in piedi a fatica.
-
Mi… mi dispiace…- mormora la giovane, prima di crollare in ginocchio.
Shepard
fa un cenno a Kolyat, che continui a puntare l’arma. Non si sa mai.
La
comandante invece si avvicina ad Athira, posandole una mano sulla spalla. La
sua pelle irradia un calore malsano.
-
Cominciamo dal principio.- le dice, con calma - Cosa ti sta succedendo?-
Athira
cerca di parlare, ma la tosse la soffoca. Si piega in avanti, coprendosi la
bocca con le mani.
-
E’ la sindrome di Kepral.- risponde Kolyat, in sua vece - ed è anche in uno
stadio molto avanzato.-
-
Noi non…- boccheggia la giovane -… noi non possiamo… prendere medicinali.-
-
Atteggiamento alquanto stupido. Percentuali di sopravvivenza lievemente
maggiori, con farmaci. E di sicuro decorso di malattia molto più lungo. Danni
ridotti e…-
-
Mordin, lasciala parlare.- lo interrompe Shepard
- Noi...
noi seguiamo la vera via degli Dei.- sussurra Athira, gli occhi fissi sul
pavimento - I drell muoiono per la sindrome di Kepral da quando hanno
abbandonato Rakhana al suo destino, sottraendosi così alla fine che gli Dei
avevano determinato…-
Sembra
che reciti una poesiola, una lezione imparata da tanto tempo e mai capita
veramente.
-…
non… non dovevamo sopravvivere a Rakhana…- sussurra Athira, mentre gli occhi le
si riempiono di lacrime -… ma noi… noi volevamo solo vivere! E’ una colpa così
grande? Perché gli Dei dovrebbero punirci per aver scelto la vita?-
-
Gli Dei non puniscono voi!- sbotta infine Mordin - Sindrome di Kepral frutto di
diversa atmosfera di Kahje. Troppo umida per organismo drell. Rakhana pianeta
caldo, arido, pianeta secco. Nessuna punizione divina, in vostra malattia,
semplice incapacità di adattamento! Umidità, pressione, danno a proteine
ossigenanti. Da qui, sindrome. Niente Dei, niente punizioni, niente destino!-
Athira
scuote il capo, fissando lo scienziato salarian.
-
Lo pensavo anch’io…- ammette, in un respiro - Poi mi sono ammalata. Ho cercato
rifugio nella scienza, ho studiato medicina alla Primazia Illuminata. Ho scelto
la mia specializzazione e… e ho contattato il dottor Zane… Ma le ricerche erano
lente, mentre il mio corpo deperiva così in fretta… Mi aspettavo di avere più
tempo.-
Mordin
annuisce:- sensato. Sindrome di Kepral ha diverse evoluzioni possibili.
Progressione lenta e danni a più organi vitali. O progressione più rapida e
danni concentrati in uno, massimo due punti. Ad ogni modo, terapia aiuta.
Terapia aiuta sempre.-
Shepard
si siede a terra. Non ha mai colto quanto sia terribile la sindrome di Kepral.
Per come ne parlava Thane, sembrava un fardello pesante, ma non così pesante da
schiacciare una persona.
Ma
non tutte le persone hanno la calma, la forza, la filosofia di Thane. Non tutti
riescono a trovare un ideale a cui aggrapparsi, per dare un senso alla loro
vita, dalla fine già segnata.
-
Poi… un giorno…- Athira trema, stringendosi nel mantello come colta da un gelo
improvviso. - “Sto riordinando il
laboratorio. E’ tardi, tutti sono andati a riposare. Sposto una centrifuga.
Rumore di vetri che si toccano. Melodia. Passi alle mie spalle. “Ciao, Athira”
dice Lari. Ha un sorriso incantevole. Si siede, fa un giro sulla sedia. Profumo
di frutta nell’aria. “Devo parlarti. Del nostro lavoro. Di quello che facciamo
qui.”- Athira scuote la testa, riuscendo ad allontanare il ricordo -… Lari
faceva parte di un congregazione. Era stata mandata nel nostro laboratorio per
studiare i progressi che stavamo compiendo. Fu lei a farmi… a farmi conoscere
la filosofia della setta, a farmi incontrare la nostra guida, che noi chiamiamo
solo… “il Custode della Memoria”, perché è l’unico a non aver dimenticato
l’imperativo morale che grava sulla nostra gente. Morire, morire com’è morto il
nostro pianeta natale.-
E’
un lungo discorso. A vederlo ora sembra una progressione di eventi stupida e
insensata, ma quando stava accadendo, parevano tutte decisioni sensate,
ragionamenti plausibili.
Athira
singhiozza, stringendosi le ginocchia al petto.
-
Da quel momento ho cessato di prendere le medicine, di sottopormi alla terapia
prevista… ho iniziato a fare quello che diceva lui, quando lo diceva lui. Ho
cercato di… di trovare consolazione, nell’idea della redenzione futura. Pensavo
di adempiere al volere degli Dei.-
-
Ma come potrebbero gli Dei volere questo?- esclama alla fine Kolyat, sconvolto
- Perché Arashu dovrebbe continuare a darci la vita, se il loro progetto è di
togliercela? Perché Amonkira dovrebbe continuare a darci forza, se il nostro
destino è solo di lasciarci morire?
Da
quando ha ritrovato suo padre, ha ritrovato anche un aspetto di sé che temeva
perduto per sempre.
Ha
ricominciato a pregare - e non solo a pregare, ma a credere, che è ben diverso - e si è sentito confortato.
Athira
scuote la testa, nascondendo il viso dietro alle mani.
-
Ho sbagliato ogni cosa…- ammette alla fine, piangendo - Quando abbiamo
intercettato le… le comunicazioni del dottor Zane… il Custode ha assoldato dei
sicari, per ucciderlo. Poi mi ha mandata da Timala, perché… perché la
convincessi a desistere nelle sue ricerche e… se non ci fossi riuscita…-
-…
uccidessi anche lei.- completa Shepard, annuendo.
E’
una storia assurda. Ha di fronte un’assassina, ma non riesce a provare vero
odio nei suoi confronti. Anche se la sua condotta ha umiliato tutto ciò per cui
Thane sta lottando, anche se ha rischiato di compromettere il lavoro che
potrebbe salvargli la vita, anche se ha tradito chi voleva solo salvarla…
Shepard non riesce a non vederla come una semplice ragazza, una studentessa che
si è trovata all’improvviso a guardare la morte negli occhi. C’è chi non
resiste alla pressione, c’è chi vede il baratro e preferisce lasciarsi cadere,
piuttosto che lottare ogni giorno per rimandare il definitivo addio.
Ancora
una volta, si sente infinitamente orgogliosa della forza di Thane e lo ama
ancora di più per quello che riesce a fare, ogni giorno, e che non fa pesare a
nessuno.
-…
mi dispiace tanto…- singhiozza Athira, accanto a lei.
Lentamente,
Shepard vede la propria mano posarsi sulla spalla della drell.
-
Hai fatto un errore.- dice, dolcemente - Può capitare. Ma ora devi aiutarmi a
porvi rimedio.-
La
giovane alza gli occhi. Nonostante tutto, per un attimo sembrano limpidi.
-
Qualunque cosa.-
La Coda!
Ve
lo dico, questo capitolo non mi piace particolarmente.
Non
fraintendetemi, mi piace abbastanza, ma oggi è un giorno speciale (il mio
compleanno!!! 22!!!) e, uffa, mi sarebbe piaciuto postare qualcosa di più… non
lo so.
Fatto
sta, che oggi fate voi un regalo a me e vi leggete questo (anche perché il
mistero andava svelato prima o poi, no?) e io domani faccio un regalo a voi e
vi posto il capitolo successivo (che mi piace molto di più!).
Che
ne dite?
Un
grande bacio
--
La Matta --
|
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Capitolo 10 *** Buon sangue non mente ***
la cura 10
Capitolo Decimo
Buon sangue non mente
Nessuno
entra nell’appartamento di Kolyat da quasi due anni, ma il giovane ancora non è
riuscito a venderlo. E’ spoglio e grigio, con gli stipiti delle porte rovinate
e una cucina paleozoica che sembra sul punto di esplodere da un momento
all’altro.
-
Apprezzo arredamento.- commenta Mordin, ironico - molto spartano. Essenziale.
Polvere prevista in modello originario oppure aggiunta ad arte in seguito?-
Shepard
alza gli occhi al cielo, mentre Kolyat soffoca una risata.
-
L’arredamento non è stato in cima alle mie priorità, di recente.- ammette
Fanno
sedere Athira nel diroccato cucinino. Con una coperta drappeggiata sulle spalle
sembra la superstite di un disastro naturale. Forse lo è. Forse il disastro
naturale è la sua vita.
-
Ok, Athira.- esordisce Shepard, sedendosi di fronte alla drell, per guardarla
negli occhi - Abbiamo bisogno di quei dati. Se non li hai consegnati al Custode
della Memoria, dove sono?-
-
Nella sede della congregazione.- risponde lei, timidamente - li ho… li ho
nascosti. Ogni adepto ha un suo spazio, dove può conservare i suoi effetti
personali. Ho… ho nascosto lì, i dati.-
Shepard
sospira. Era troppo, sperare che li avesse con sé.
-
Posso tornare lì a prenderli.- la rassicura Athira ma subito un eccesso di
tosse la contraddice.
-
Shep, non ce la farà mai.- bisbiglia Kolyat - Si regge in piedi a fatica.-
-
Non mi sembra che abbiamo tante altre possibilità.- ribatte Konstantin,
sottovoce.
Il
drell esita un attimo, ma poi replica:- in realtà abbiamo un’alternativa.-
Shepard
ancora non ha intuito l’idea del giovane, ma già non le piace.
-
Ho promesso a tuo padre di badare che non ti sparino. E oggi mi è mancato tanto
così per infrangere quell’impegno.-
-
Non sono un bambino, comandante.- sbotta Kolyat. Poi prende un respiro
profondo, si calma e riprende:- questa potrebbe essere la nostra ultima chance.
Se mandiamo là Athira e lei fallisce, di certo il Custode capirà che non ha
davvero distrutto i dati. Vogliamo davvero correre il rischio che li trovi
prima lui? Non abbiamo abbastanza tempo per ricominciare la ricerca daccapo.
Non c’è tempo.- lo ripete, calcando la voce sulla parola “tempo”.
E’
sempre il tempo, a mancare.
Tempo
per riflettere, per progettare, tempo per ricominciare daccapo. Manca il tempo
per prendere un respiro e guardarsi intorno. Non c’è tempo per fuggire da un
piano che non ti piace.
-
Va bene, Kolyat.- concede alla fine Shepard, a malincuore - a cosa pensavi?-
-
Voglio infiltrarmi nella congregazione.-
-
Questo è fuori discussione.-
Il
drell rimane spiazzato dalla risposta improvvisa
-
Ragiona, comandante.-
-
Non ho intenzione di mandarti là da solo, Kolyat.-
-
Shepard, tutta la galassia ti conosce. Non puoi venire con me.-
-
Devo appoggiare posizione di Kolyat.- si unisce Mordin - Di recente tua faccia
spunta fuori dappertutto, Shepard. Discrezione non è mai stata tuo punto di
forza.-
-
Non ci vorrà molto.- insiste il drell - Entro, ascolto qualche predica, poi
recupero i dati della dottoressa Shoni e scappiamo da questo pianeta. Ho già
lavorato sotto copertura.-
Shepard
tentenna, guardando il giovane che ha di fronte.
Ha
promesso a Thane di badare a lui… ma come può trattenere Kolyat dall’aiutare il
proprio padre? Contro ogni logica, contro ogni impegno, una parte di lei vuole
assecondarlo. Vuole dirgli che l’unica cosa importante è recuperare quei dati.
-
Non ho bisogno che tu mi protegga, Shepard.- dice il drell, alla fine, prendendo
le mani della comandante nelle proprie. La guarda negli occhi, con un flebile
sorriso.
Per
un attimo, nei lineamenti di Kolyat rivede il sorriso di Thane, rivede la sua
forza, quell’energia placida e resistente, quel controllo e quel distacco che
lo rendono un eccellente guerriero.
-
Va bene, Kolyat.- annuisce, alla fine, le labbra serrate in una linea
determinata.
-
Non ti deluderò, comandante.-
Konstantin
aumenta la stretta sulle mani del giovane.
-
Sono fiera di te.-
Mentre
Athira spiega a Kolyat cosa dire e cosa non dire ed elaborano insieme una
storia convincente per la confraternita, Shepard si apparta ed accende il
comunicatore. Cerca di collegarsi con la Cittadella, ma il segnale è troppo disturbato.
Dopo
tre tentativi falliti, decide di chiamare la Normandy.
Stavolta
la connessione va subito a buon fine.
-
Ehilà, Lola.- la saluta James.
-
James, perché l’Alleanza paga una specialista, se rispondi sempre tu al
comunicatore?-
-
Samantha è… non lo so, credo che stia facendo qualcosa di altamente tecnico
con…-
Shepard
alza gli occhi al cielo:- gioca a scacchi con Gabby.- deduce, scuotendo la
testa
-
Sì, Lola.- ammette James, sconfitto - Ma da quando non ci sei le comunicazioni
si sono fortemente ridotte. Per lo più rapporti militari, ma non serve nemmeno
leggerli tutti per capire che la situazione non sta migliorando.-
-
Tenete duro, ragazzi. Secondo i miei calcoli, qui presto avremo finito.-
Non
ne è veramente certa, ma James non può saperlo, quindi tanto vale essere
ottimista.
-
Tranquilla, Lola. L’unico problema è quel dannato turian che pretende di essere
più tosto di me. I Razziatori sono una nullità, in confronto alle chiacchiere
di Garrus.-
Konstantin
sorride: se non altro, i ragazzi si stanno divertendo.
-
Senti, quando finisce con la partita a scacchi, puoi chiedere alla specialista
Trainor di inoltrare un mio messaggio ad un comunicatore sulla Cittadella? Da
qui non ci riesco.-
-
Prima posso guardarlo, Lola?-
Shepard
finge di rifletterci su:- mmh… no.-
sbotta poi
-
Stai diventando noiosa, Lola.-
-
Credo sia questo pianeta. Piove sempre e sta avendo una cattiva influenza sul
mio carattere.-
-
Va bene, allora ti perdono.-
-
Ora sì che sono sollevata.- scherza Shepard - Adesso chiamami il maggiore
Alenko. Voglio essere aggiornata da qualcuno di vagamente più qualificato di te.-
-
Io sono il più qualificato di tutti, qui dentro!- protesta James
-…
e per “più qualificato” intendo qualcuno che non mi chiami Lola, che non cerchi
di leggere la mia corrispondenza e che faccia qualcosa di diverso dal
lamentarsi tutto il giorno di Garrus.-
-
Mi dispiace, Lola, ma il maggiore è sulla Cittadella, al momento.-
-
Sulla Cittadella?-
-
Sissignora. Il consigliere salarian ci ha inoltrato un messaggio. Ha dei…
dubbi, su Udina.-
Konstantin
alza gli occhi al cielo, incontrando una macchia di umido sul soffitto.
Non
può occuparsi anche di Udina, non adesso. Probabilmente sarà solo un falso
allarme. Oppure salterà fuori che Udina sta remando contro agli interessi della
galassia per perseguire quelli della razza umana. In questo, assomiglia un po’
all’Uomo Misterioso.
Shepard
sbuffa. Spera che non s’incontrino mai,
non ne verrebbe fuori niente di buono.
-
Cerca di non ammaccarti troppo, Lola.- la saluta James
-
E tu bada che i Razziatori non ci rovinino la Normandy.-
Un
paio d’ore passano pigre, lente, come strascichi di memorie.
La
pioggia continua a cadere, battendo aritmicamente sui vetri.
Kolyat
esce a prendere una boccata d’aria - quell’aria pesante, ma che è sempre l’aria
di casa sua, l’aria con cui è nato, l’aria che l’ha portato ad essere la
persona che è - mentre la pioggia ticchetta sul marciapiede.
“Sto giocando sul terrazzo.
Fa caldo. La pioggia è ridotta a un velo d’umidità, quasi vapore.
Mia madre è dentro casa.
Canticchia, mentre riordina. Voce allegra, distratta.
Un’ombra passa alle sue
spalle. Un riflesso fugace nello specchio.
Mani che mi afferrano.
Lascio cadere il giocattolo. Paura. Poi, un immenso sollievo…
- Ciao, piccolo.- dice mio
padre, baciandomi sulle guance
- Papa!!- esclamo, felice.
Lo abbraccio. Facciamo il ballo volante.
Aria profumata,
primaverile. Eccitazione. Amore.”
Senza
rendersene conto, Kolyat sorride.
Non
sa nemmeno perché ci ha pensato adesso - o forse ha paura di scoprirlo -, ma è
uno dei suoi ricordi più cari. Quand’era piccolo, Thane era il suo idolo, era
l’uomo che lui voleva diventare.
Per
questo l’abbandono era stato tanto straziante. Avrebbe tanto voluto averlo al
suo fianco, per superare assieme la morte di Irikah, per continuare ad essere
una famiglia, nonostante tutto.
Prima
di rivederlo, sulla Cittadella, pensava che se ne fosse andato per
indifferenza. Perché, dopotutto, avere una famiglia non gli interessava, perché
non voleva accollarsi un bambino che non riusciva a trattenere le lacrime. Ora
sa la verità: sa che suo padre ha cacciato gli assassini di Irikah, che ha
dimenticato ogni codice, ogni disciplina si fosse dato negli anni, che li ha
trovati e giustiziati, uno dopo l’altro.
Non
sa se quella consapevolezza lo faccia stare meglio, ma almeno ha dato un senso
all’abbandono.
Ne
hanno discusso, nella stanza per interrogatori dell’SSC, dopo il fatidico
scontro per la vita di Joram Talid.
“- Dopo averli uccisi…
avrei voluto cercarti. Parlare con te.-
Thane ha una voce morbida,
roca. Accenti di vergogna nelle parole, gli occhi tristi.
- Ma non l’hai fatto.-
replico. Voce aspra. Sale sulla ferita.
- Non eri più un bambino,
ormai. Ed io… io non sapevo come comportarmi.- abbassa lo sguardo - e poi mi
sono reso conto che non potevo trascinarti a fondo con me, non potevo portarti
nella mia vita. Senza tua madre, avresti seguito il mio esempio. Saresti
diventato un assassino.-
Assassino. Ha un suono strano, alle mie orecchie. Mio
padre. L’assassino.
- Non potevi saperlo.-
ribatto, gelido. Incrocio le braccia sul petto.
- Purtroppo, non c’erano
molte alternative.- allunga una mano. Tocca la mia. Lo lascio fare. Un contatto
che ho cercato per tanto tempo. Rimango guardingo. Non voglio essere ferito di
nuovo. - Mentre, tuo zio… Hiram poteva darti una scelta. Ho fatto l’unica cosa
che potevo fare, per essere un buon padre. Ti ho protetto.-
- Non ti avevo chiesto di
farlo.- lacrime che mi pungono gli occhi. Una scappa, cola sulla mia guancia.
Me l’asciuga con una
carezza. Un bagliore d’acqua anche sul suo viso.
- E’ stata la scelta
giusta.- sussurra - Me lo sono ripetuto ogni giorno e ogni notte. Ma ora ne
sono certo.-
Piango. Lui sorride.
Malinconia. Mi abbraccia.”
Quando
si scuote dai ricordi, c’è qualcosa di bagnato, sulla sua guancia. Non sa se
siano lacrime o pioggia.
-
Tutto bene?- gli chiede, dolcemente, la voce di Shepard.
-
Da quanto tempo eri qui, comandante?-
-
Prima di una missione importante, mi prendo sempre qualche minuto - non è una
risposta, ma dopotutto Kolyat non voleva una risposta -… per riordinare le idee.
Per ricordare tutti i motivi per cui combatto.-
Rimangono
uno affianco all’altra, in silenzio, per qualche minuto.
La
pioggia continua a cadere, creando un muro che li isola dal resto del mondo.
Non
è un silenzio imbarazzato, ma una muta sintonia.
-
Ce la faremo, Kolyat.- dice infine Shepard, sorridendo.
-
Sì, comandante.- risponde il drell, voltandosi per guardarla negli occhi - ce
la faremo.-
(La mattina seguente)
L’edificio
dove si riunisce la setta è enorme e grigio. Una macchia più scura che emerge
dal velo di pioggia, un gigante fra le altre case, più grosso e tozzo, che
spicca livido fra le tinte pastello.
La
porta è antica, decorata, di un materiale che riproduce l’aspetto del legno.
Kolyat
respira, buttando fuori le preoccupazioni assieme all’aria, poi bussa tre
volte.
Nel
muro si apre una nicchia, per mostrare uno schermo.
Avvolto
nella penombra c’è il volto di un drell, quasi bianco nella scarsa luce.
-
Chi sei?- chiede, con voce roca
- Sono
Kolyat Krios.- risponde. La sua sicurezza non vacilla. Mentire sulla propria
identità sarebbe inutile.
I
liquidi occhi neri lo scrutano per qualche istante, poi la voce riprende
-
Cosa vuoi qui, Kolyat Krios?-
-
Voglio vedere il Custode della Memoria.-
-
Antichi e segreti sono i nostri riti.- sibila l’altro drell - Come ne sei
giunto a conoscenza?-
-
So com’è morta Lari Fell. Ho visto il video. L’ho sentita declamare la sua
dottrina e i vostri alti ideali.-
Lo
ripugna, fingere rispetto. Odia quella setta con tutte le sue forze.
-
Nostra sorella Lari è morta compiendo il suo dovere.- replica il drell - gli
Dei ne terranno debito conto.-
-
Senza dubbio.-
Lo
sguardo dello sconosciuto è vigile, ma suo malgrado interessato.
-
Non hai ancora risposto, Kolyat Krios. Perché vuoi vedere il Custode?-
Kolyat
deglutisce. Spera che la voce non tradisca il suo disprezzo, spera di suonare
convincente.
-
Voglio abbracciare la vostra fede.- pronuncia infine, chinando il capo
-
Sei il nipote del Blasfemo. Dovremmo ucciderti a vista.-
“Per essere così desiderosi
del perdono divino, hanno il grilletto sorprendentemente facile”
-
Perché? Un mio parente offende gli Dei e a me non viene offerta nemmeno la
possibilità di fare ammenda?-
Per
l’ultima volta, l’altro drell lo fissa, come cercando di comprendere le sue
vere intenzioni.
Poi,
quasi a fatica, annuisce
-
Va bene. Puoi entrare, Kolyat Krios. E’ compito del Custode decidere in merito
ai nuovi adepti. Scruterà nella tua anima e comprenderà se il tuo desiderio di
redenzione è genuino.-
Kolyat
fa un cenno del capo, mentre la serratura del portone s’illumina di verde.
Non
parla, mentre entra nell’edificio e le tenebre lo avvolgono.
Il
drell dell’ingresso lo raggiunge. E’ davvero pallido come sembrava attraverso
lo schermo.
Le
sue squame hanno perso quasi del tutto il loro colore, a parte una lieve
sfumatura che un tempo, forse, è stata azzurra. Indossa una lunga tonaca nera,
pesante.
Il
suo respiro è greve, asmatico. Si muove verso di lui trascinando una gamba.
-
Seguimi.- gli dice. La voce sembra uscire a fatica dalla sua gola, ma il suo
viso non tradisce alcuna emozione o sensazione diversa da una formale
diffidenza.
Kolyat
annuisce, poi segue il drell nelle viscere dell’edificio.
L’ingresso
sfocia in una vasta camera comune. Fra le ombre, Kolyat intravede alcune figure
sedute a dei tavoli. Alcune parlano sottovoce, altre si muovono, altre
tossiscono.
Non
ci sono decorazioni, alle pareti, ma un enorme leggio regge un libro di
preghiere aperto.
L’altro
drell lo conduce fino ad una ripida scala, a malapena illuminata.
La
scala sembra percorrere tutto l’edificio. Un’estremità sale verso l’alto,
l’altra s’inabissa nel sottosuolo.
Kolyat
scende i gradini, seguendo il passo strascicato della sua guida.
Raggiungono
infine un’anticamera. Piccoli laser arancioni le conferiscono un aspetto
sinistro, mentre una leggera melodia risuona dal nulla. Il giovane reprime un
brivido d’inquietudine.
-
Aspetta qui.- gli comanda il drell, prima di oltrepassare una porta, nascosta
da pensanti tende nere.
Kolyat
scuote la testa: gli sembra di essere tornato indietro nel tempo, fino ad
un’era in cui la superstizione ha rimpiazzato la tecnologia, in cui
l’intelligenza è soffocata da presentimenti e scenografia.
Rabbrividisce
di nuovo, pensando alle figure che ha visto all’entrata.
Erano
tutti drell - alcuni apparentemente sani, altri già nelle condizioni di Athira,
altri sospesi in un limbo di mezzo, a pregare per un inatteso peggioramento-.
Il
suo odio per la setta aumenta: sta deviando l’anima stessa del suo popolo, sta
insegnando che lottare è sbagliato, che voler vivere è sbagliato. Sta uccidendo
decine di persone, le sta schiacciando sotto il peso della rassegnazione. E’
immorale. Ed è terribile.
Se
ne avesse il tempo, Kolyat vorrebbe radere al suolo quell’edificio, dalle
fondamenta, lasciando sotto le macerie il corpo spezzato dell’uomo che fomenta
quella follia.
Stringe
il pugno, frustrato. Gli sembra di tradire la sua gente, permettendo alla setta
di continuare la sua opera, non meno atroce dell’indottrinamento dei
Razziatori.
Ci
sta ancora pensando, quando il drell pallido ritorna.
-
Il Custode vuole vederti adesso.- dice, secco, senza nemmeno guardarlo -
Attenderò qui che l’udienza abbia termine.-
-
Va bene.- annuisce Kolyat.
Oltrepassa
il drell, scosta appena le tende, entra nella camera successiva.
E’
una stanza bassa e lunga. Dove le pareti si stringono ad abside, è stato eretto
un rudimentale trono. Una sedia in pietra, dallo schienale alto, su una
piattaforma rialzata da tre gradini.
Il
drell che vi è assiso - il Custode della Memoria - indossa una fluente tonaca
nera. Il cappuccio getta delle ombre sul suo viso, ma non lo nasconde del
tutto.
Ha
le squame verde brillante, gli occhi neri, lucidi, coscienti.
I
suoi movimenti sono fluidi, eleganti, la sua respirazione profonda e regolare.
-
Kolyat Krios.- lo accoglie. Nella sua voce il calore e la circospezione creano
una strana miscela, quasi stridente. Il sorriso del Custode non vacilla - Cosa
ti porta nella nostra casa?-
Dentro
di sé, Kolyat s’impone di mantenere la calma. Convincere il Custode della
propria buonafede è un punto cruciale del piano. Un punto in cui tutto potrebbe
andare storto.
-
Mio zio è Hiram Zane, il Blasfemo.- esordisce.
Nell’udire
quell’attributo, le labbra del Custode di inarcano in un sorriso soddisfatto.
Gli fa cenno di proseguire.
-
Mio padre convive da molto tempo con la sindrome di Kepral. Lui… lui ha
compiuto atti imperdonabili, nella sua vita, contro gli altri… e contro di me.
Ma ho sempre trovato consolazione nel sapere che la malattia che l’aveva
colpito era un modo… un modo per espiare. Andava tutto bene… finché il Blasfemo
non è rientrato nelle nostre vite.-
Il
Custode annuisce, lentamente, con il capo.
-
Desideri fermare il suo lavoro, dunque?- dice infine, con voce calda e profonda
-
Più di ogni altra cosa.- ribatte Kolyat, senza esitazioni.
-
Se ti chiedessi chi è la Dea
madre di tutti noi, cosa risponderesti?-
“Arashu” risponde la mente di Kolyat
-
Kalahira.- recita la sua bocca.
Il
Custode lo esorta a continuare:- e perché?-
-
Perché ci offre la possibilità di redimerci e di attraversare l’Oceano mondati
della nostra colpa primigenia.-
-
Qual è la nostra colpa primigenia?-
-
Non aver patito lo stesso fato della nostra terra natia. Sopravvivere a Rakhana
è il peccato più grande di cui ci siamo macchiati e per cui possiamo essere
perdonati solo attraverso il dolore e il sacrificio.-
-
Perché non il suicidio, allora?- incalza il Custode.
Kolyat
tentenna. Athira non l’ha preparato per quell’interrogatorio. Si prende un
momento per riflettere, cerca di calarsi nell’ideologia contorta e malata
dell’uomo che ha di fronte.
-
Non c’è espiazione in una morte rapida ed indolore.- risponde alla fine, in un
sussurro.
Il
Custode annuisce, soddisfatto.
-
E per lo stesso motivo - spiega, conciliante, con tono comprensivo - per cui
impedisco ai miei adepti di prendere medicinali o di sottoporsi a terapie,
durante il decorso della sindome di Kepral.- si alza dal trono, tendendo verso
Kolyat una mano dalle lunghe dita - La tua fede sembra davvero pura.-
sentenzia, alla fine, facendogli cenno di seguirlo - e se ti dimostrerai degno,
presto potrai far parte della nostra famiglia.-
“Tutto questo è assurdo.
Atroce”
grida la mente di Kolyat.
L’espressione
del giovane rimane risoluta, mentre s’incammina nel buio assieme al drell.
In
silenzio, ritornano nell’anticamera.
Il
drell dalla carnagione pallida li sta aspettando. Posa su Kolyat gli occhi
febbricitanti.
Il
Custode posa una lunga mano sulla spalla di Kolyat, sorridendogli.
-
Catet ti mostrerà le sale comuni e gli alloggi degli adepti. Molti dei tuoi
futuri fratelli e sorelle sono malati, quindi vivono qui, per evitare che
familiari e autorità intralcino il loro cammino verso la redenzione.- spiega,
indicandogli la scala - Mi perdonerai se non ti accompagno, ma ho alcune faccende
di cui occuparmi.-
-
Grazie, Custode.- risponde Kolyat, meccanicamente, anche se vorrebbe
strangolarlo.
-
No.- il drell sorride, ingannevolmente affabile - Grazie a te.-
La Coda!
Ecco
qui il capitolo successivo!
Non
sono eccessivamente sicura che questo capitolo sia tanto meglio dei precedenti,
però a me piace di più ;)
Inoltre,
non temete se non rispondo alle recensioni (giuro che lo farò al più presto!),
ma sono più o meno sommersa di cose da fare e quando potrei farlo me ne
dimentico puntualmente! Sono pessima, davvero, ma, come si dice? “Genio e
sregolatezza!”.
Un
grande bacio
-- La Matta --
|
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Capitolo 11 *** Fede ***
la cura 10
Capitolo Undicesimo
Fede
Konstantin
Shepard cammina avanti e indietro per la stanza, fissando il factotum.
-
Ci sta mettendo troppo tempo.-
-
Tuo andirivieni tipico modo umano per sfogare nervosismo? Risultati non mi
sembrano ottimali. Forse meglio se provi con altra metodologia. Meglio una che
non comprenda movimento fisico. Forse sonniferi.-
La
comandante si volta verso Mordin e, per una manciata di secondi, non riesce a
capire se sta scherzando.
Per
distrarsi, prova di nuovo ad inviare un messaggio sulla Cittadella, ma il
comunicatore fallisce nell’impresa.
-
Mordin… cosa potrebbe causare massicce interferenze nelle comunicazioni con la Cittadella?-
-
Mmh. Secondo mia opinione di non specialista, poche cause possibili. Guasto
contemporaneo di smistatori di energia e di generatori di riserva. Arrivo di
Razziatori su Cittadella e conseguentemente distruzione globale, ma sembra
troppo presto per questa eventualità. Forse provvedimento di emergenza preso da
Consiglio, per ragioni di sicurezza comune. Anche se sembra poco plausibile.-
-…
oppure?- lo esorta Shepard.
Il
salarian scuote il capo:- oppure sabotaggio.-
-
Maledizione.- impreca Konstantin.
Prende
un respiro profondo, cercando di non farsi travolgere dagli eventi. Riesce ad
emergere dal flusso costante di ipotesi nefaste e a riflettere con calma. Forse
il guasto è nel suo factotum. O forse è l’atmosfera di Kahje o qualche difesa
degli hanar, incompatibile coi suoi sistemi di comunicazione.
Forse
è solo una coincidenza.
Scuote
la testa: non è mai stata brava a raccontarsi menzogne. Con sé stessa è quasi
sempre schietta, dolorosamente diretta. Non si nasconde dietro un vuoto
ottimismo.
Si
prende il viso fra le mani, sentendo il respiro caldo sulle dita.
Forse
qualcuno ha attaccato la
Cittadella, il cuore pulsante della Galassia.
E
se perdono la Cittadella,
perdono ogni speranza di vincere la guerra, di unire le razze per far fronte
comune contro la minaccia dei Razziatori. Se il Consiglio muore - o viene preso
prigioniero - chi negozierà l’alleanza, chi impedirà ai governi di chiudersi a
riccio, per proteggere i propri pianeti natali?
Se
perde la Cittadella,
perde la possibilità di un sostegno da parte delle asari. E dei salarian.
-
Ma su Cittadella c’è maggiore Alenko - le ricorda Mordin, cercando di
confortarla - sua competenza è indiscussa. Se problema in atto su Cittadella,
può riunire squadra per affrontarlo.-
-
Dovrei essere lì.- realizza Shepard, in quel momento.
-
Comandante Shepard, tu sempre in occhio di ciclone, in cuore di tempesta.-
borbotta Mordin - eppure trova sempre tempo per aiutare tuo equipaggio.
Rintracciato mio assistente. Uccisa figlia malvagia di Samara. Protetto sorella
di signorina Lawson. Incontrato padre di signor Taylor. E altro. Tu sempre
aiuta e protegge.- le posa una mano sulla spalla, guardandola con un sorriso -
permetti, per una volta, che tuo equipaggio aiuti te, protegga te, metta tuoi
interessi prima di suoi.-
Konstantin
annuisce, sentendosi subito meglio:- grazie, Mordin.- mormora
-
Di niente. Fatto mio dovere. Consulente psicologico di squadra ad interim, fino
a ritorno di signorina Chambers.-
Shepard
ride e il presentimento che qualcosa di terribile sta per accadere, lentamente,
si allontana.
Sta
ancora ridendo, quando il suo factotum s’illumina. Kolyat sta stabilendo un
collegamento.
- Konstantin? - la sua voce esce un po’
distorta dal factotum - Ho i dati.
Incontriamoci al punto di randez vous. Dieci minuti.-
-
Bene. Arriviamo.-
- Grazie, Konstantin.-
-
Grazie a te.-
La
comunicazione cade. Shepard fissa il factotum per qualche istante, poi scuote
la testa e controlla le clip termiche della sua Carnifex.
-
Missione di recupero. Non contempla utilizzo di armi da fuoco. O sbaglio?- la
interroga Mordin.
-
C’è qualcosa che non va.- sospira Shepard, finendo di caricare la pisola
pensate
-
Da cosa lo deduci?-
La
donna si stringe nelle spalle:- mi ha chiamata “Konstantin”. Kolyat non mi
chiama mai “Konstantin”.-
Mordin
analizza brevemente la situazione, ipotesi e riflessioni si accavallano e si
evolvono nello spazio di una frase:- forse nervosismo per imminente conclusione
missione? No, improbabile, non genererebbe eccessivo senso di familiarità.
Legami stabilitisi durante viaggio? Non credo, momento inopportuno per
approfondire conoscenza, troppe preoccupazioni per pensare anche a socialità.-
infine perviene alla stessa conclusione di Shepard - linguaggio non coerente
con abitudini del soggetto. Messaggio sottointeso. Hai ragione, comandante.
Missione non ha avuto esiti sperati.-
Konstantin
accarezza la pistola, quasi teneramente.
-
Chiama Hiram. Che lui, Shaalon e Temnos preparino la navetta. Potremo aver
bisogno di una rapida uscita di scena.-
Una
fredda determinazione scende sui suoi sensi, spazzando via le ultime tracce di
nervosismo.
Stare
ferma la rende irrequieta. Entrare in azione la rimette nel suo habitat
naturale.
Che
provino solo a toccare Kolyat.
Scopriranno a loro spese che Konstantin Shepard mantiene la parola data.
Mentre
corre sull’umido lastricato di Kahje, Shepard si domanda cosa sia andato storto
e quanto grave sia la situazione. Gli stivali producono un suono soffocato,
sulla strada bagnata, ma qualunque rumore viene subito coperto dallo scrosciare
della pioggia.
Quando
in fondo alla strada appare l’edificio della setta, Shepard rallenta e si
avvicina a Mordin.
-
Qual è nostra linea d’azione, comandante?- chiede il salarian.
Konstantin
prende un respiro lieve, rapido:- non abbiamo tempo per piani complicati. Anche
se sanno del nostro arrivo, in quanti possono essere? E quanto bene armati?-
-
Spero che tua valutazione sia esatta, Shepard.- ribatte Mordin - altrimenti
rischiamo di alterare risultato di missione di soccorso, con conseguenze poco
gradevoli per noi e per signor Krios.-
La
comandante annuisce, estraendo la pistola.
Esce
dal riparo, correndo sotto la pioggia fino alla porta dell’edificio.
-
Bypass di serratura in corso.- accenna Mordin, armeggiando col factotum.
Una
volta violato il sistema, la porta si apre, facendo entrare nell’antro la luce
grigiastra di Kahje.
Fugacemente
un pensiero sfiora la mente di Konstantin: Kahje ha pochi colori.
Tutto
è freddo e bagnato, tutto è grigio, le tinte accese sono state lavate via.
Persino gli hanar devono sembrare meno rosa,
sul loro pianeta natale.
Dentro,
l’unica resistenza che incontrano è un drell dall’aria malaticcia, che li
ricopre di male parole.
Shepard
solleva la pistola, puntandogliela alla testa.
-
Non è così che vuoi morire.- gli intima, posando il dito sul grilletto.
-
Come osi irrompere qui, straniera? Questi non sono affari che la tua razza
possa comprendere.-
-
Oh, invece comprendo eccome.- la determinazione rende la voce di Shepard quasi
metallica, priva di qualunque inflessione. Avvicina la pistola, posando la
canna sulla fronte del drell.
-
Cosa vuoi?- geme alla fine lui, abbassando lo sguardo
-
Qualche ora fa un mio amico è entrato nella vostra costruzione. Un giovane
drell. Doveva parlare con il Custode della Memoria. L’hai visto?-
-
Non intrometterti.- ribadisce lui, scuotendo la testa - Le sue intenzioni non
erano pure. Il Custode prenderà i provvedimenti necessari per proteggere la
nostra confraternita e la purezza della nostra razz…- prima che riesca a
concludere la frase, Konstantin lo colpisce con il calcio della pistola.
Il
drell arretra, tenendosi la bocca
-
Dov’è adesso?- insiste Shepard
Lui
tentenna per qualche istante, poi la fissa con odio e risponde:- nel… nel
cortile esterno. E’ lì… è lì che i nostri fratelli riposano nell’Oceano.- fa un
cenno con il capo - segui quel corridoio fino alla fine.-
-
Pensi davvero che tutto questo abbia un senso?- sibila Shepard, alla fine,
riabbassando la pistola.
Prima
di scomparire oltre il portone, nell’umido paesaggio di Kahje, il drell la
guarda negli occhi e sospira
-
Penso che tutto questo dia senso ad una morte altrimenti insensata.-
Kolyat
è in ginocchio sulla pietra fredda. La pioggia rende il luogo circostante quasi
onirico, nebbioso.
Riesce
a intravedere delle sagome, attorno a lui, chiuse in un cerchio poco compatto.
Alle
sue spalle c’è il Custode. La sua veste nera gli sfiora la schiena, facendolo
rabbrividire.
Una
strana calma è discesa su Kolyat. La coscienza di essere a un passo dalla fine
lo rende straordinariamente lucido. I suoi occhi neri guizzano sugli elementi
del giardino, cercando una debolezza, una via di fuga.
Eppure,
inevitabilmente, finiscono per ricadere sulla voragine di fronte a sé.
Scavato
nella nuda roccia, come una ferita sul volto del pianeta, c’è un largo abisso.
Un giro di basse mattonelle decorate ne delimita i confini e, oltre, c’è solo
il nero più nero.
La
pioggia che vi cade dentro produce un rumore squillante, accentuata dall’eco e,
ogni tanto, dal fondo giunge lo sciabordio della risacca.
-
Quando uno dei nostri fratelli di spegne - spiega il Custode, quasi con diletto
- molto spesso ha reciso ogni contatto con la sua famiglia traditrice. A volte
con la stessa società, che cerca di imporci una via che non desideriamo, che
prolungherebbe la nostra vita, andando contro il volere degli Dei. Quando uno
dei nostri fratelli muore, vuole essere restituito all’Oceano nel luogo dove ha
trovato l’illuminazione, dove ha compreso il significato della sua fine.-
Dall’altro
lato della voragine c’è un piccolo altare. Sopra vi è adagiata una matassa di
viticci marini e, alla sua base, delle pesanti pietre nere, coperte di
salsedine.
-
Mi hai deluso, Kolyat Krios.- sussurra la voce del Custode, contro il lato del
suo viso.
-
Che ti aspettavi?- ribatte il giovane, brusco
-
Speravo che desiderassi davvero abbracciare la nostra fede. Che avessi compreso.-
-
La vostra “fede” va contro ogni precetto della mia, trasforma i nostri Dei in
carnefici insensibili che, per dispetto, ci privano persino della speranza.
Qual è l’amore di un Dio che non ammette il perdono? Quale Creatore disamorato
imporrebbe la sofferenza alle sue creature? Io so che Arashu mi ha fatto per
una ragione, che Amonkira mi ha dato delle qualità per uno scopo. E so anche
se, arrendendomi al destino, mostrerei disprezzo per i Loro doni. Questo, è
quello in cui credo.-
-
Blasfemia.- dice il Custode, con voce lugubre
Afferra
Kolyat per i polsi, saldamente legati, e con uno strattone lo costringe ad
alzarsi in piedi.
-
Guarda, il destino di tutti noi.- sibila, spingendolo verso l’abisso, a un
passo dallo strapiombo.
Le
onde, in lontananza, suonano una canzone macabra, inquietante.
Quando
vede Kolyat muoversi verso il pozzo senza fondo, Shepard emerge dal corridoio,
con la pistola spianata. E’ rimasta acquattata fra le ombre il tempo
sufficiente per studiare i nemici e il campo di battaglia. Alcuni dei drell
nemmeno si reggono bene in piedi, altri invece appaiono sani ma sono disarmati,
come se non si aspettassero un’aggressione esterna.
“Sono
convinti di essere nel giusto” considera Shepard “E sono convinti che la loro
confraternita non faccia del male a nessuno. Sia solo un modo per trovare
sollievo dalla loro condanna”.
Prova
una profonda compassione per ognuno di loro ma sa che non esiterà a ucciderli,
se tenteranno di far del male a Kolyat.
Per
quanto il loro rapporto sembri superficiale - un po’ imbarazzato, fatto di
lunghi silenzi e di frasi retoriche, quasi vuote
-, è più profondo di quanto sappiano. Li unisce l’amore per Thane, ma anche il
rispetto reciproco e, dopo gli ultimi avvenimenti, una tacita decisione a
considerarsi compagni di squadra.
-
Fermi tutti!- grida, irrompendo nel giardino con la pistola spianata.
Alle
sue spalle, Mordin annuisce, puntando la sua arma.
-
Comandante Shepard!- l’accoglie il Custode, voltandosi verso di lei con un
sorriso raggiante - quale onore avere qui l’eroina della galassia, colei che
più di ogni altro combatte per contrastare il destino ineluttabile.-
-
Non vogliamo fare del male a nessuno.- riprende Konstantin, ignorando il
predicatore - e opporre resistenza non è nel vostro interesse. Non sono venuta
qui per distruggere la vostra congregazione o imporvi regole di vita che non
sentite vostre.-
Mentre
parla, si guarda intorno. Oltre il velo della pioggia, le espressioni degli
astanti sono perplesse, alcuni hanno paura, altri sembrano sdegnati e si stanno
lentamente raggruppando attorno al Custode.
-
E così non vorresti macchiare la nostra fede?- incalza il drell,
fronteggiandola - Tu lavori con il Blasfemo! Non negarlo!-
-
Io lavoro con un uomo come voi, che ha deciso di non abbandonarsi all’inerzia,
di non permettere che la vita gli passi davanti senza nemmeno tentare di
fermarla. Io lavoro con un uomo che vuole aiutare le persone come voi e che
combatte strenuamente per trovare una cura per la sindrome di Kepral.-
-
Quanti di voi hanno smesso di credere che questo sia possibile?- si aggiunge
Kolyat, voltandosi verso gli adepti - Quante volte vi hanno ripetuto che
sperare è sbagliato? Quanto tempo ci hanno messo per estirpare del tutto il
vostro desiderio di sopravvivere?-
-
Non fatevi ingannare da questi traditori.-
sbotta il Custode, sovrastando il picchettare della pioggia ed il brusio di
coloro che un tempo gli erano fedeli.
Un
piccolo gruppo di drell si stacca dalla massa, per defluire verso l’uscita del
giardino.
Altri
rimangono paralizzati. Un giovane dalla carnagione verde-azzurra si affianca
alla comandante.
Il
Custode scruta con distacco la sua congregazione, poi le sue labbra si
dischiudono e ne fuoriesce una risata leggera e roca, sarcastica.
-
Voi, miseri codardi.- mormora
Shepard
gli si avvicina, sempre tenendolo sotto tiro, e strappa i lacci che
intrappolano Kolyat.
-
Vieni, ragazzo.- gli dice, sorridendo - torniamo a casa.-
Kolyat
sta per ribattere, quando una voce lo interrompe
-
Su questo punto, il sottoscritto è costretto a sollevare delle obiezioni.-
La Coda!
Oggi
davvero non c’è un granché da aggiungere…
Siamo
entrati nel vivo dell’azione e che diavolo starà mai succedendo sulla
Cittadella?
Ora
scappo che devo andare a pranzo, ma ci tenevo a postare il capitolo prima che
la linea mi abbandonasse definitivamente J
Alla
prossima!
-- La Matta --
|
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Capitolo 12 *** La lunga mano del Destino ***
dlc 10
Capitolo Dodicesimo
La lunga mano del Destino
Shepard
si volta lentamente.
L’hanar
avanza verso di lei. Non ha espressione, ma emana un senso di profonda
soddisfazione.
-
Il sottoscritto è dolente d’informarla, gentile comandante, che il suo viaggio
di ritorno è stato cancellato.-
- Shaalon.- ringhia Konstantin, puntando
la pistola contro lo Spettro
-
Il sottoscritto è sorpreso dalla sua perspicacia, comandante.-
Il
Custode sogghigna, poi si affianca all’hanar e lo sfiora, rispettosamente
-
Padrone.- mormora
-
Il sottoscritto è compiaciuto del tuo lavoro qui.-
-
Si può sapere che diavolo vuoi?- impreca Shepard - e perché ci hai mentito per
tutto questo tempo?-
Shaalon
s’illumina nell’equivalente hanar di un sorriso.
-
Il sottoscritto è lieto di dare spiegazioni. Il servo del sottoscritto, cui vi
riferite con l’appellativo di “Custode” è stato autorizzato a predicare la sua
dottrina sul suolo di Kahje, perché il sottoscritto la approva grandemente.
Quando il sottoscritto ha avuto la ventura di intercettare le comunicazioni del
blasfemo dottor Zane, si è reso conto che il progetto del suo servo era
minacciato.-
-
Come ti arroghi il diritto di giudicare cosa sia giusto o meno per il popolo
drell?- sbotta Kolyat e, anche se non lo sa, sta usando la stessa intonazione
di sua madre, quando, tanto tempo prima, ha affrontato un assassino, esclamando
“come ti permetti?”
-
Si da il caso che un avo del sottoscritto facesse parte della flotta hanar che
soccorse Rakhana.- spiega Shaalon, serafico, con quel tono distante e melodioso
che Shepard sta iniziando ad odiare - Quindi il sottoscritto si è sentito in
dovere di disfare l’errore del suo antenato.-
-
Tu credi a tutte queste stronzate,
vero?- esclama Konstantin
-
Il sottoscritto crede, sì.- annuisce Shaalon.
-
Dov’è mio zio?- lo interrompe Kolyat - Che gli hai fatto?-
-
Quando non è stato più utile per aggiornarlo sui vostri piani e spostamenti, il
sottoscritto ha dato ordine al solerte agente Temnos di porre fine alla vita
del dottor Zane.-
La
frase colpisce Kolyat come un pugno allo stomaco.
Ha
coinvolto lui Hiram nel progetto, è stato lui a chiedergli di aiutare suo
padre, di riesumare quella sperimentazione cui aveva rinunciato. E’ stato lui a
portarlo su Kahje.
E
ora suo zio - l’ultimo legame con la sua infanzia - è stato ucciso.
Hiram
aveva delle pecche, ma era davvero una brava persona. Era gentile, altruista,
aveva quello spirito di sacrificio ed abnegazione che lo rendevano un grande
medico. Kolyat sente le lacrime pungergli gli occhi, prova lo stesso accecante
dolore che ha provato per la morte di Irikah.
-
Addio, comandante Shepard.- dice Shaalon in quel momento, strappandolo dal
limbo della sofferenza.
Dalle
tenebre del corridoio emerge un suono metallico, prima distante, poi sempre più
forte man mano che s’avvicina. Alla fine sovrasta la pioggia e, oltre il velo
d’acqua, appare un compatto gruppo di mech.
-
Maledizione.- impreca Shepard.
Lei,
Kolyat e Mordin riescono ad aggirare l’abisso nero e si riparano dietro
l’altare.
Ad
un segnale del Custode, i mech aprono il fuoco.
-
Maledizione!- ripete Shepard - Avevo promesso che non ti avrebbero sparato.-
Nonostante
la situazione, la battuta strappa un sorriso a Kolyat
-
Qualche idea, comandante?-
-
Farne fuori il più possibile - si volta verso lo scienziato salarian - Mordin,
vedi una qualunque via di fuga?-
-
Negativo, Shepard. Unica opzione è saltare in abisso, in modo da incontrare
morte più rapida e meno umiliante di fuoco mech. A te scelta.-
Konstantin
non spreca nemmeno il tempo necessario a capire se sta scherzando:- Non se ne
parla nemmeno.-- Allora unica soluzione è continuare a sparare. Forse avremo
colpo di fortuna.-
-
Quante volte abbiamo avuto un colpo di fortuna, Mordin?- sospira Shepard
-
C’è sempre prima volta. Sarebbe interessante sperimentare impatto di fattore
“colpo di fortuna” su risultato di nostre missioni, Shepard.-
La
comandante di sporge dal riparo, mira e centra un mech in piena faccia. La
macchina emette un suono metallico, poi la sua testa esplode.
Mordin
dà fuoco ad un gruppo di nemici. Le scintille sprizzano ovunque mentre i mech
conflagrano.
Konstantin
lancia un’onda di energia biotica, che attira i mech e li trascina fino
all’abisso. Quatto di loro cadono nel pozzo e scompaiono nel buio.
Per
un lasso di tempo indefinibile, riescono a tener testa all’orda, che però si
avvicina progressivamente.
Poi,
all’improvviso, i mech si arrestano ed un rombo crescente si unisce allo
scrosciare della pioggia.
-
Ti prego, dimmi che non è quello che penso.- geme Kolyat, prendendosi la testa
fra le mani.
-
Temo che tua supposizione sia corretta.- sospira Mordin.
Poi
la cannoniera appare da oltre l’edificio vicino e volteggia sopra di loro,
tempestandoli con una granula di colpi.
-
Questo mi riporta alla mente tanti ricordi…- grida Shepard, scivolando sotto un
riparo di fortuna.
Mordin
sorride:- missione contro mercenari su Omega. Colpo di Donovan Hock. Altri
scontri. Tu raccontato.- risponde, mentre la comandante prova a sovraccaricare
gli scudi della cannoniera - Ma io mai espresso desiderio di sperimentare di
persona. Avevo fiducia in tuoi resoconti.-
-
Non puoi dire di aver vissuto davvero se non ti sei mai fatto sparare da una
cannoniera!- ribatte Shepard
-
Bello di nuovo lavorare con te, Shepard.-
Una
scarica di proiettili si abbatte sul rifugio della comandante, infrangendo i
suoi scudi.
Konstantin
riesce a riattivare la corazza olografica prima di subire gravi danni, poi si
guarda intorno, cercando un altro posto dove ripararsi.
-
Qui, Shepard!- la chiama Kolyat.
Il
giovane drell è rannicchiato dietro un cumulo di macerie, dove un colpo ha
fatto crollare parte del porticato. Mordin è al suo fianco e sta per lanciare
un’altra esplosione contro il nemico.
I
mech superstiti intanto si stanno avvicinando, incuranti della minaccia del
fuoco amico.
Shaalon
e il Custode, al sicuro nelle ombre del corridoio, li fissano, godendo di ogni
loro difficoltà.
-
Schifosi vigliacchi.- sibila Shepard, respingendo alcuni mech con un’onda
biotica.
Improvvisamente,
una luce rossa brilla sulla fronte del Custode della Memoria.
-
Richiama queste fottute macchine, Shaalon!- grida una voce, resa metallica e
tonante dagli amplificatori.
L’hanar
si guarda intorno, con circospezione, ma non gli riesce di trovare il cecchino.
-
Il sottoscritto - risponde poi, con calma glaciale - non può considerare
un’eventuale resa.-
-
Peggio per te.- ribatte la voce.
Il
puntino rosso sembra brillare più intensamente, poi un proiettile sibila nel
manto della pioggia, aprendo un buco in mezzo alla fronte del Custode.
Il
drell si accascia, con un’espressione confusa sul volto. Rimane immobile in una
pozza di acqua e sangue.
Shaalon
dice qualcosa - e il suo tono cortese ha un’inflessione quasi stridente -, ma
Shepard non riesce a sentire bene, perché la cannoniera riprendere a bombardare
il loro rifugio.
-
Shaalon!- grida la comandante, dopo aver fatto esplodere un altro mech - Non
deve finire così! Arrenditi!-
-
Il sottoscritto non ottempererà a questa richiesta.- replica lui
Di
nuovo, compare il puntino rosso, stavolta in mezzo al gelatinoso corpo
dell’hanar.
Shepard
riesce ad individuare il tiratore.
Mordin
intanto spara un paio di colpi contro la cannoniera, riuscendo finalmente a
penetrare il suo scudo.
- Il
sottoscritto può anche morire - considera Shaalon, a voce alta - ma le sue
macchine porteranno a termine l’opera. Shepard, a questo punto dovresti essere
tu a offrire la tua resa al sottoscritto.-
-
Questo non succederà!- ribatte la comandante.
Il
corridoio partorisce un altro gruppo di nemici, capeggiati da due mech pesanti.
La
cannoniera continua a volteggiare in aria, sparando con tutto quello che ha a
disposizione.
- Merda.- geme Shepard, quando un
proiettile le passa sibilando accanto alla guancia.
Si
abbassa e si rende conto, con un moto di sorpresa, che il suo factotum si sta
illuminando. Preme l’avvio e una voce maschile fuoriesce dal dispositivo
- Tieni duro, Lola! Sta
arrivando la cavalleria!!-
-…
James?-
Nell’attimo
in cui Konstantin realizza quello che sta accadendo, la navetta della Normandy
appare dal cielo, facendo esplodere due possenti colpi contro la cannoniera.
- Yeeeah!- grida James, attraverso il
comunicatore - Beccatevi questo, bastardi!-
- Vieni su, comandante. So quanto ami
combattere contro forze numericamente schiaccianti, ma noi vorremmo andarcene
al più presto da questo maledetto pianeta!- aggiunge la voce di Garrus
-
Va bene, ragazzi.- Shepard sorride, sollevata - Abbattete la cannoniera e poi
venite a prenderci.-
- Non preoccuparti, Lola.- la rassicura James - Il nostro Esteban non sta dando tregua a
quella dannata cosa! Stiamo facendo una strage!-
Shepard
lancia un’estesa onda di energia, spazzando via un gruppo di mech
pericolosamente vicino.
Kolyat
tempesta di colpi uno dei mech pesanti, finché quello non si accartoccia su sé
stesso ed esplode, danneggiando anche le unità vicine.
Non
sa se gli hanar possono impallidire, ma Shaalon gli sembra sempre meno roseo.
Finalmente,
la navetta della Normandy ha la meglio sulla cannoniera, che si ritira dallo
scontro prima di subire danni irreversibili.
Il
portellone si apre e Garrus si sporge per tendere una mano verso gli altri.
-
Vai Kolyat - ordina Shepard, alzandosi in piedi - ti copro io! Muoversi!-
Il
drell annuisce, poi abbassa l’arma e scatta verso la navetta. In un balzo è
oltre il portellone.
-
Tocca a te, Mordin.-
Il
salarian lancia l’ultima sfera esplosiva contro i nemici, mentre Cortes fa
fuoco per tenerli lontani, poi raggiunge anche lui la navetta.
Per
ultima, tocca a Shepard. Con la coda dell’occhio vede Shaalon avvicinarsi - con
la sua andatura lenta e buffa, non rappresenta nemmeno una minaccia - per poi
crollare a terra, in un convulso agitarsi di tentacoli.
Il
suo corpo roseo si muove ancora una volta, emanando luminescenze isteriche, poi
una seconda raffica di proiettili mette fine alla sua agonia.
Mentre
termina di issarsi sulla navetta, Konstantin sente la voce di Kolyat
-
Questo è per quello che hai fatto alla mia gente.-
Una
volta al sicuro sulla navetta, Konstantin si appoggia al sedile ed emette un
lungo sospiro.
-
Tempismo perfetto, ragazzi.- si congratula - Ottimo lavoro.-
Garrus
sorride e James ammicca, battendole una mano sulla spalla
-
Siamo qui per questo, Lola. Nessuno tocca il nostro comandante.-
-
Come facevate a sapere che avevamo bisogno di aiuto? Vi avevo detto che andava
tutto bene.- realizza poi, perplessa
-
Sono stati informati del contrario.- le risponde una voce maschile, affilata,
familiare.
Il
cecchino che li ha aiutati è appoggiato al muro e la guardia sorridendo.
-
Agente Temnos?- lo riconosce Kolyat, incredulo - tu… perché?-
Il
turian ripone il fucile di precisione e si prende qualche istante, prima di
rispondere.
-
Per tante ragioni - dice poi, in tono conciliante - non approvo che a un’intera
razza venga fatto il lavaggio del cervello da uno stupido mollusco. Sono un
agente SSC, quindi per principio diffido dell’operato degli Spettri. Il
comandante Bailey mi ha detto di rimanere con Shaalon finché non avessi avuto
delle prove tangibili della sua corruzione e immoralità. Ho atteso il momento
più opportuno e, quando se n’è andato, lasciandomi con l’ordine di uccidere il
dottor Zane, ho saputo che il momento era giunto. Non è stato difficile
contattare la Normandy
e coordinare la nostra azione.-
-
Hai corso un rischio terribile…- considera Kolyat, perplesso -… solo per la
devozione al tuo lavoro?-
Il
turian scuote la testa:- non solo.- ammette alla fine.
Si
volta verso il drell e gli posa una mano sulla spalla, con una lieve stretta:-
tu probabilmente non lo sai, ma ti dovevo un favore. Lo dovevo a te, a tuo
padre e al comandante Shepard.-
-…
che favore?- chiede Kolyat, a bassa voce.
L’agente
sorride:- prima, permettimi di presentarmi. Il mio nome è Temnos. Temnos
Talid.-
-
Talid, eh?- annuisce Shepard, con una smorfia divertita
-
Sono il fratello di Joram Talid, il politico turian che eri stato assoldato per
uccidere. Dopo quell’episodio… lui è cambiato. Ha smesso di impicciarsi di
politica antiumana, ha ritirato la sua candidatura alle elezioni
dell’agglomerato… ha smesso di essere uno stupido burocrate interessato solo al
proprio rendiconto personale… ed è tornato ad essere il mio fratellino. Adesso
gestisce un centro di accoglienza sulla Cittadella e sta aiutando le autorità
con i rifugiati. E lo deve a voi.-
Il
sorriso intenerisce i lineamenti aguzzi del turian. Mostra che, sotto la
divisa, il distintivo ed il fucile di precisione, c’è una persona vera. Un
amico, un fratello.
-
Una buona azione non resta mai impunita, eh?- scherza Garrus.
-
Mai.- sorride Shepard, mentre Kolyat e Temnos si stringono la mano - Mai.-
La Normandy li sta aspettando allo
spazio porto.
-
Spero che la tempistica elaborata per i rinforzi fosse corretta, Shepard.- li
accoglie IDA, non appena mettono piede sulla nave. Joker sta già riscaldando i
motori per la partenza.
-
Io stessa non avrei saputo fare di meglio.- sorride la comandante - Notizie
dalla Cittadella?-
-
Non ci è stato possibile creare una connessione stabile.- spiega IDA - a questo
punto, le probabilità che sia in atto un attacco alla Cittadella sono piuttosto
elevate.-
-
Maledizione.- impreca Konstantin.
Alla
fine, la guerra si è ricordata di lei. I Razziatori e Cerberus le hanno
concesso una lunga tregua, ma adesso pretendono di nuovo la sua più completa
attenzione.
Deve
ragionare in fretta, calcolare tanti fattori diversi, considerare dati che
nemmeno ha per intero.
-
Vado a cambiarmi. Dieci minuti, poi facciamo una riunione di sala briefing.
Joker, quanto tempo ci mettiamo a raggiungere la Cittadella?-
-
Per come guido io, comandante?- scherza il pilota - Spera solo che non ci
facciano una multa.-
-
Oggi una multa è l’ultimo dei nostri problemi.-
James,
dietro di lei, sorride e le allunga una pacca sulla spalla
-
Così si parla, Lola.-
Undici
minuti dopo, l’intero equipaggio è riunito nella sala briefing.
Shepard
si appoggia al tavolo e prende un lungo sospiro. Il tempo si dilata e, nel
tempo di quel respiro, la comandante focalizza la situazione, attira a sé gli
argomenti che rischiava di perdere, impone su sé stessa il freddo manto del
controllo e del distacco. Cerca di vedere il mondo come un enigma, un gioco.
Cerca di non pensare al peggio ma di non nascondersi alcuna eventualità.
Sa
che nel momento in cui sbarcheranno sulla Cittadella, non ci sarà più tempo per
pensare.
Che
ogni azione andrà svolta in modo professionale e frenetico.
-
Bene.- esordisce poi - Dottoressa Chakwas, ci aggiorni sulle condizioni della
signorina Kane.-
-
Le sue condizioni sono critiche.- sospira Karin, scuotendo la testa - la
sindrome ha avuto un decorso molto rapido e i danni causati sono eccessivi
perché una terapia farmacologica possa migliorare il quadro clinico. L’apparato
digerente ha quasi cessato di essere funzionale. I polmoni sono in uno stato
relativamente buono, ma anche collegandola ad una macchina non faremmo altro
che ritardare il decesso. I danni maggiori sono stati subiti dal cuore, lì le metastasi
sono molto estese, l’organo ormai è compromesso.-
-
Quanto tempo le rimane?- chiede Kolyat, in un sussurro
-
Se tutto va bene, qualche settimana.- risponde la dottoressa Chakwas.
L’equipaggio
tace. Molti di loro nemmeno sanno chi sia, Athira Kane, eppure parlare della
sua morte fa scendere un velo di tristezza nella sala.
-
Va bene.- Shepard s’impone di non pensare, di seguire la scaletta mentale che
ha preparato, per coordinare le mosse successive - siamo riusciti a contattare la Cittadella?-
Garrus
scuote la testa:- solo interferenze e scariche di statica. Non promette bene.-
-
Notizie dal maggiore Alenko?-
-
Nessuna, Lola.-
Sente
più forte che mai il desiderio di chiamare Thane, di sapere se sta bene e se è
al sicuro. Ma Konstantin e Shepard, pur essendo la stessa donna, hanno priorità
diverse e quelle della comandante devono prevalere su quelle della siha, altrimenti la galassia è
spacciata.
Siha. Un angelo guerriero, così
l’ha definita Thane. Un’instancabile protettrice.
Ed
è così. Lei non può fermarsi, non può stancarsi, non può esitare.
Ma
verrà un giorno in cui l’angelo potrà riposare le sue lunghe ali, in cui potrà
riporre spada e corazza. In cui potrà vigilare su un mondo in pace, in cui i
suoi occhi basteranno per vedere tutto. Verrà un giorno in cui la morte non
piomberà dall’alto, in cui gli edifici non crolleranno sotto laser di fuoco.
Shepard
sospira. Verrà un giorno.
-
Va bene - riprende, accantonando quelle riflessioni del tutto inopportune -
qualcuno ha qualche buona notizia?-
-
Io.- Kolyat sorride, posando sul tavolo un piccolo dispositivo argenteo - Ho
recuperato i dati.-
Hiram
annuisce, prendendo l’oggetto fra le mani:- appena tornati sulla Cittadella
avvierò le procedure di preparazione. Il mio vecchio collega della Primazia
Illuminata ha promesso di mandarmi prima possibile il tessuto polmonare di cui
ho bisogno per iniziare la clonazione.-
-
La nostra infermeria è dotata di alcuni dei macchinari più sofisticati in
circolazione, dottor Zane.- lo informa IDA, allargando le braccia - Suggerisco
di iniziare qui il suo lavoro, in quanto il laboratorio della Cittadella
potrebbe essere off-limits per qualche tempo, vista l’attuale situazione.-
-
Grazie, IDA.- annuisce il medico, stringendo la mano attorno al dispositivo.
Non
riesce a dare un nome all’emozione che prova. E’ una strana eccitazione,
un’energia che fruscia sotto la sua pelle, che s’insinua fra i suoi pensieri.
Ha
creduto di morire, su Kahje.
Ma
prima ancora, ha creduto che la sua vita non meritasse di essere vissuta.
Ha
sempre pensato di aver fallito nell’unico compito che fosse davvero importante:
rendere felice suo nipote, riuscire in qualche maniera a compensare la perdita
che aveva subito. Gli era stato accanto, ma non era riuscito a rendere meno
grave il fardello del lutto e dell’abbandono. Non aveva cercato di ammorbidire
il suo cuore, non gli aveva insegnato a perdonare… ma, in qualche strana e
assurda maniera, Kolyat l’aveva imparato comunque.
Lo
guarda, di fronte a sé e sa che, da qualche parte oltre l’Oceano, Irikah riesce
a vederli.
E
certamente sta sorridendo, per quello che sono, per quello che sono riusciti a
diventare, nonostante tutto.
- La Coda!!-
E
la prossima settimana… tutti sulla Cittadella!!
Alcune
annotazioni:
1)
Non so scrivere le scene di lotta. Proprio no. Facciamocene una ragione.
2)
Oltre a questo, rimangono solo altri due capitoli (tre, se contiamo l’epilogo)
quindi… rimarrete col fiato sospeso ancora per poco, nel bene o nel male J (speriamo nel bene)
3)…
ero sicura ci fosse anche un punto 3, ma probabilmente era irrilevante.
4)
I miei legali mi dicono che, a scanso d’equivoci, è meglio se inserisco nelle
note che “questo scritto non è minimamente teso a screditare la cultura hanar né
ad insinuare che siano tutti dei viscidi traditori pazzi e vagamente
estremisti. Io, -La Matta
- quivi dichiaro la mia stima ed il mio affetto per tutti gli hanar della
galassia.”
Alla
prossima!
-- La Matta --
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Capitolo 13 *** Cerberus ***
la cura 13
Capitolo Tredicesimo
Cerberus
Ormai
la Cittadella
è di fronte a loro. Un ponte fra il passato e il futuro, fra il presente e
l’oblio.
Joker
cerca di mettersi in contatto con il comando dell’Alleanza, ma ogni
comunicazione di perde in un vuoto elettrico, in cui frusciano scariche di
elettricità statica.
-
Niente, comandante.- sbuffa, appoggiandosi allo schienale del sedile
-
Prova con i canali d’emergenza. Magari riusciamo a contattare il maggiore
Alenko.-
Il
pilota preme qualche pulsante, sintonizza il comunicatore.
Dopo
qualche minuto di silenzio, gli occhi di Joker s’illuminano.
-
Comandante… c’è una comunicazione da parte di Thane.-
Shepard
si sporge in avanti, avviando la comunicazione.
-
Thane?-
- Siha… la Cittadella è sotto
accatto. I commando di Cerberus hanno fatto irruzione alla sede dell’SSC e da
lì bloccano l’intera rete di controllo. Le loro truppe stanno invadendo la
stazione.-
-
Tu sei al sicuro?-
-
Sono riuscito a evitare i commando all’ospedale. Non mi hanno visto e, tenendo
un basso profilo, dovrei riuscire ad evitarli. Adesso sono in un negozio del
Presidium.-
-
Non correre rischi inutili. Io e la squadra stiamo sbarcando. Da qui ci
pensiamo noi.-
- Siha…, ascoltami.-
Shepard
annuisce, anche se vorrebbe spegnergli il comunicatore in faccia perché sa già
quello che sta per dire e sa anche che lei non troverà motivazioni
sufficientemente forti da fargli cambiare idea.
-
Mi dirigo al quartier generale dell’SSC. Finché Cerberus lo controlla, la
resistenza è compromessa.-
-
Va bene.- accetta, di malavoglia
-
Ti amo, siha.- dice Thane. E la
comunicazione s’interrompe.
-
Ti amo anch’io.- mormora lei, distante, guardando il pannello dei comandi.
Joker
controlla per l’ultima volta le comunicazioni, poi porta la Normandy il più vicino
possibile alla sede dell’SSC. Sembra la fine del mondo. Piccoli combattimenti
infuriano ovunque. Un fuoco incessante scoppia nelle strade, sovrastando il
rimbombo dei passi dei mech pesanti.
Shepard
prende un respiro profondo, probabilmente l’ultimo prima che la battaglia la
inghiotta.
Si
controlla la corazza, aziona lo scudo, carica la pistola.
-
Hai un piano, comandante?- le chiede Joker
-
Io ho sempre un piano.- risponde lei, prima di sparire lungo il corridoio per
riunirsi al resto della squadra.
-
Quei bastardi.- mastica James, non appena la vede arrivare - Non vedo l’ora di
farli saltare in aria.-
-
Bene. Spezzeremo la difesa di Cerberus e ci apriremo una strada fino al
quartier generale dell’SSC. Una volta dentro, valuteremo la situazione e
cercheremo il Consiglio.-
Non
possono perdere il Consiglio. Anche se nessuno lo dice, tutti lo pensano.
Sanno
che la guerra si può vincere uniti o si può perdere separati. Sanno che
un’alleanza è possibile solo con il Consiglio e che, se davvero Udina li ha
traditi, anche quello potrebbe non essere sufficiente.
-
Perché tutti ci remano sempre contro?- scherza Garrus, caricando il fucile di
precisione.
Raggiungono
la navetta e prendono posto.
Shepard
si siede accanto a Kolyat e ammicca.
-
Stammi dietro, principiante. A te ci
penso io.-
-
E se “ci pensa lei”…- la schernisce
Garrus, dandole un colpo col calcio del fucile.
-
Cosa stai insinuando, Vakarian?-
-
Che l’ultima volta che “ci hai pensato tu” mi sono ritrovato con mezza faccia
spappolata.-
-
Non è colpa mia se non riesci nemmeno a schivare un raggio laser. Persino un elcor avrebbe visto quella dannata
cannoniera e sarebbe riuscito a spostarsi in tempo.-
James
ride:- ci sei mancata, comandante.-
Shepard
si appoggia indietro, mentre la navetta si avvicina alla zona d’atterraggio.
-
Mancato anche a me lavoro di squadra. Entrare, sparare, passare ad altra
stanza. Semplice e lineare. Niente sperimentazioni, niente calcoli, niente
tempi di attesa. Unica preoccupazione, evitare fuoco nemico.- concorda Mordin -
Inoltre, più divertente di Squadra Operazioni Speciali salarian. Più azione,
più motti di spirito, più simpatia fra compagni di missione. Ricorda missione
di portale Omega 4.-
-
Cacchio, quanto mi dispiace essermela persa.- esclama James - dev’essere stato
davvero forte, Lola.-
- Ci
avresti solo rallentato, Vega.- lo schernisce Garrus - quello era roba di un
altro livello.-
-
A crisi scongiurata te lo faccio vedere io, l’”altro livello”!- ribatte James
Shepard
li ascolta, divertita, ma una parte della sua mente è altrove.
Una
volta a terra eliminano un gruppo di Cerberus appena fuori dal quartier
generale dell’SSC.
Stanno
per entrare nell’edificio, quando s’imbattono nel comandante Bailey. E’ ferito,
ma non in modo grave e li ragguaglia sulla situazione.
-
Il consigliere salarian doveva incontrarsi con l’esecutore. Forse è ancora lì.-
-
Va bene.- Shepard ricarica la pistola - Pensa che siano in arrivo altri
nemici?-
-
Non ne sono sicuro - ammette Bailey - ma, una volta dentro, posso bloccare
l’ingresso e ripristinare in parte i sistemi di sicurezza. La minaccia dovrebbe
essere gestibile.-
La
comandante annuisce:- va bene. Kolyat, Temnos, rimanete qui con il comandante
Bailey, in caso arrivino rinforzi.
Rimaniamo in contatto via factotum e avvertitemi di qualsiasi novità.-
Temnos
fa un cenno del capo, poi tende una mano a Shepard:- è stato un piacere
lavorare con te, comandante. Buona fortuna.-
-
La fortuna non c’entra.- sorride la donna - Sono le nostre azioni, che dettano
la nostra sorte. Grazie, per tutto quanto. Non saremmo usciti vivi da Kahje,
senza il tuo aiuto.-
Si
stringono la mano, poi l’agente entra nel quartier generale, assieme a Bailey.
Kolyat
rimane fermo per qualche istante, guardando Shepard.
-
Sta attenta.- le dice, semplicemente.
-
Non preoccuparti.-
Si
guardano, imbarazzati, cercando le parole adatte.
Alla
fine, Konstantin appoggia una mano sulla spalla del giovane:- Andrà tutto
bene.- promette.
E’
l’unica cosa che abbia davvero senso, in quelle circostanze in cui tutto sembra
pronto a precipitare nel buio eterno. In cui la fine sembra a un passo.
-
Entro domattina, Lola!- chiama James
La
comandante non dice altro. Aumenta la presa per qualche secondo, poi sorride e
si allontana.
Kolyat
la segue con gli occhi, finché la sua sagoma non sparisce nei corridoi dell’SSC.
Poi
congiunge le mani e, in un sussurro, prega.
-
Amonkira, Signore dei Cacciatori, veglia su di lei, proteggila dai suoi nemici
e dalle la forza per adempiere al suo fato. E, qualora dovesse accadere il
peggio, concedile il tuo perdono.-
Shepard,
Mordin, Garrus e James attraversano i corridoi dell’SSC.
A
parte qualche soldato isolato, non incontrano una grande resistenza, ma sentono
i rumori degli scontri farsi sempre più vicini.
Rapidamente,
come un incendio, Cerberus sta dilagando nella Cittadella, infrangendo
quell’ultima illusione di pace. La guerra è giunta nel cuore stesso dalla
galassia. La pazzia di chi vuole che l’umanità, da sola, si erga a fronteggiare
un nemico troppo grande per qualunque esercito.
Shepard
si morde le labbra, rimproverandosi per essersi fidata dell’Uomo Misterioso.
Si
è sempre ripetuta di aver fatto la cosa giusta e che, in un modo o nell’altro,
la sua collaborazione con Cerberus si sia rivelata utile per proteggere la
galassia. Avevano un fine comune, un buon
fine.
Si
sporge dal riparo, piazzando due proiettili in testa ad un ingegnere, impegnato
con una torretta.
-
Bel colpo, Shepard.- si congratula Garrus, per poi fermarsi a spiegare:- Quello
laggiù dovrebbe essere l’ufficio dell’esecutore.-
Nella
sala che si frammezza fra il gruppo e la stanza, si è raccolto un nutrito
gruppo di Cerberus.
-
La solita strategia.- sussurra la comandante, voltandosi verso i suoi compagni
-
Al tuo segnale scateniamo l’inferno?- chiede James
-
Quella non sembra strategia.- realizza Mordin
-
Ma ha sempre funzionato alla grande!-
Shepard
sorride, poi fa un cenno del capo, si sporge dal riparo e lancia una
deformazione contro un nemico.
Il
frastuono familiare della battaglia la inghiotte.
Riesce
a distinguere ogni cosa, ogni frazione di istante si dilata e le appare chiara.
Sente
le scariche di proiettili di James e i colpi rapidi e precisi di Garrus.
Sente
il clic metallico che anticipa le esplosioni di Mordin e le urla dei Cerberus,
sollevati dal suo flusso di energia
biotica.
I
colpi della sua pistola pesante sono veloci e penetranti, esplodono contro il
nemico, spappolano arti, frantumano complessi aggeggi tecnologici. Un drone
nemico le viene addosso, ma Garrus riesce a farlo scoppiare prima che le
procuri danni.
Ci
sono scontri che sembrano durare ore ed altri che si esauriscono in pochi
minuti.
Questo
si esaurisce in pochi minuti e presto, nella sala ora silenziosa, rimangono
solo cadaveri fumanti.
-
Non c’è traccia del consigliere…- inizia Shepard, poi Mordin la richiama,
indicandole una stanza, sotto di loro. Accucciato dietro un tavolo, schermato
da una barriera che lo rende quasi invisibile, c’è il consigliere Valern,
miracolosamente scampato all’assalto.
-
Abbiamo trovato il consigliere.- comunica Shepard, al factotum - sembra sano e
salvo. La vostra situazione?-
-
Meno peggio di quanto immaginassimo.- la conforta la voce di Kolyat - Stiamo
controllando i sistemi difensivi e la maggior parte sono ancora integri. Quelli
compromessi si potranno riportare online in tempi brevi. Abbiamo ricevuto solo
un’ondata di nemici, ma siamo riusciti a neutralizzarli.-
-
Ottimo lavoro.- si congratula la comandante.
Una
volta raggiunto il consigliere, lo rassicura che la situazione è sotto
controllo.
… ma non è così.
In
un lampo nero, un giovane si materializza dietro al salarian, puntando un’arma
contro di lui.
Sembra
un umano, capelli scuri, tratti asiatici, un dispositivo che gli copre gli
occhi, come una maschera.
-
Abbassa l’arma!- grida Shepard, fronteggiando il nemico - Subito!-
-
Ci ucciderà tutti…- mormora il consigliere, madido di sudore
-
Questo è da vedere.- replica la comandante, senza perdere di vista lo
sconosciuto
-
Non lui… parlo di Udina. Si è alleato con questi pazzi… ha organizzato un colpo
di stato…-
-
Quel figlio di puttana!- impreca Garrus, dando voce al pensiero comune
-
Risolviamo un problema alla volta.- riprende Shepard.
Guarda
l’assassino, a lungo. Anche se non riesce a guardarlo negli occhi, le loro
volontà sembrano entrare in collisione. E’ una lotta equilibrata, che potrebbe
proseguire all’infinito.
Konstantin
realizza che, se fosse rimasta con Cerberus, se avesse assecondato i desideri
dell’Uomo Misterioso, se avesse permesso all’organizzazione di piegare la sua
volontà, sarebbe diventata come l’assassino che ha di fronte. Un burattino.
Armato delle migliori tecnologie, dalle capacità evolute e perfette… ma senza
un’anima. Senza un cuore, senza sentimenti. Senza un vero motivo per cui
lottare, solo per l’istinto di imporre la propria forza su quella degli altri.
Solo il cieco desiderio di veder scorrere il sangue.
Vede
una palla di energia concentrarsi sulle dita dell’assassino.
Il
consigliere Valern deglutisce, fissando la comandante con gli occhi sbarrati
dal terrore.
Il
mondo come lo conosceva gli sta crollando addosso e lui rischia di morire sotto
le macerie. Come ha potuto permettere che la galassia si ritrovasse a quel
punto? Così impreparata, di fronte alle minacce dei nemici?
Quando
la morte ti è vicina, la vita ti passa davanti agli occhi. Sembra comporre un
ultimo grande arazzo, per dirti addio. Valern ricorda l’emozione che ha
provato, quando è stato nominato consigliere. Ricorda gli ideali che l’hanno
animato e che, col passare degli anni, hanno perso fibra e vigore.
Gli
sembra strano ricordare il passato, ricordare quand’era un giovane salarian,
testardo ed idealista.
Credeva
davvero, in quello che faceva. Essere un consigliere non era un semplice
mestiere, era una missione.
Si
pente amaramente di aver perduto il coraggio di un tempo.
-
Arrenditi.- dice Shepard, ancora una volta.
L’assassino
ride una risata amara, di scherno.
Sta
per colpire il consigliere, quando lo scatto di una pistola riecheggia, a pochi
centimetri dalla sua fronte.
Il
cuore di Konstantin perde un battito, mentre l’assassino si volta, per
fronteggiare la minaccia. E’ Thane.
Combattono
a mani nude, in una danza rapida e aggraziata, letale. Incantevole, in un modo
inquietante.
Shepard
scatta in avanti, per fare scudo al consigliere.
-
Venga!- dice, afferrandolo per un braccio.
Valern
rimane fermo per qualche attimo, come paralizzato, poi segue la comandante.
-
Preoccupatevi di lui!- comanda la donna, dopo averlo portato dai suoi compagni.
Il
giorno in cui è entrato a far parte del Consiglio della Cittadella, ha giurato
di fare sempre del proprio meglio, per proteggere la galassia. Per renderla
ogni giorno un luogo migliore, per garantire la pace e la cooperazione fra le
varie razze.
Un
macigno gli piomba sul cuore, con la coscienza del proprio fallimento.
Assiste
impotente allo scontro. La sagoma dell’assassino è appena un’ombra nera, il
ricordo di un incubo, che sfreccia nel bianco della stanza. Eppure, ogni tanto
si ferma, si muove troppo lentamente e, in un battito di ciglia, viene colpito.
Poi la danza riprende, feroce, frenetica.
Shepard
spara qualche colpo, ma il salarian intuisce che le è impossibile prendere bene
la mira.
I
due guerrieri sono troppo veloci, non sono altro che ombre e chiaroscuri.
Quel
drell gli ha salvato la vita. Non sa nemmeno il suo nome, ma sa che non ha
esitato a scagliarsi contro l’assassino.
Shepard
spara di nuovo, poi abbassa la pistola, con un gemito di frustrazione.
Thane
si sta battendo splendidamente, ma lei riesce a leggere la sua fatica. I suoi
movimenti sembrano più pesanti, ogni secondo una frazione più lenti, meno
fluidi, meno perfetti.
Poi
l’assassino estrae una lama. Scintilla nell’aria immota, minacciosa.
Shepard
solleva l’arma, ma le sembra di muoversi in un mare di gelatina, si sente goffa
ed impacciata.
Una
gelida consapevolezza scende su di lei. Il presentimento che non farà in tempo.
Thane
si muove verso l’assassino, sparando contro la sua barriera.
S’incontrano.
I loro corpi si sfiorano, si toccano.
Poi
l’assassino passa oltre. E sboccia un fiore rosso.
Il
sangue di Thane gocciola per terra, il drell cade in ginocchio, trafitto dalla
spada.
- Thane!- grida Konstantin.
Corre
verso di lui, mentre gli altri sparano contro il nemico.
L'assassino
si volta e, per un lungo, interminabile secondo, fissa Shepard con aria di
scherno. Poi scompare.
-
Thane…- mormora Shepard, accarezzando il viso del drell.
Lui
si solleva, premendosi una mano sulla ferita.
-
Va’ a prenderlo, siha.- dice,
aggrappandosi alle spalle di lei.
-
Non ti lascio.- s’impunta lei - Dobbiamo… dobbiamo portarti all’ospedale…-
Thane
le sfiora la guancia, guardandola negli occhi.
-
Ho tempo, siha.- la rassicura, prima
di sfiorare le sue labbra con un bacio - Salva il Consiglio, amore mio.-
Shepard
fa appello a tutta la propria forza di volontà. Ognuno deve fare dei sacrifici,
per quella guerra.
-
Ti amo.- dice, combattendo contro il nodo che si sente in gola. Le sembra di
non avergli mai detto a sufficienza quanto lo ama, quanto è felice, quand’è con
lui, quanto bene lui riesca a farla sentire.
Thane
l’accarezza sui capelli:- ti amo anch’io, siha.-
-
Mordin.- chiama poi Shepard - resta con lui. Chiama i soccorsi e poi aggiorna
il comandante Bailey. James, Garrus, con me. Andiamo a salvare il Consiglio.-
Mentre
percorre le strade devastate della Cittadella, a malapena sente la voce del
comandante Bailey, al factotum. Spara meccanicamente, si muove sul campo di
battaglia, guidata dall’addestramento. La sua mente è lì, ma il suo cuore è
altrove.
- La Coda!!-
Non
so cosa dire di questo capitolo. Scriverlo è stato al contempo facile e
complicato. Odio le scene d’azione e non volevo che occupassero troppo posto,
ma sventuratamente non potevo solo abolirle (nonostante sia certa che la vostra
immaginazione di lettori e conoscitori di ME3 avrebbe compensato le lacune più
che degnamente XD)
Mettere
a un certo punto il POV del consigliere salarian è stato… divertente. Un po’
estraniante, ma divertente. In realtà, adesso sono TRE i salarian per cui provo
simpatia (uno è lui, l’altro Mordin, il terzo + il maggiore Kirrahe. L’elenco è
in continuo aggiornamento, ma per ora la vedo male…).
Un
bacio a tutti e ci vediamo la settimana prossima, con l’ultimo capitolo!!!
- La Matta-
|
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Capitolo 14 *** Redenzione - Epilogo ***
la cura finale
Questo
capitolo finale voglio dedicarlo ad andromedahawke,
che mi è sempre stata “vicina” durante la pubblicazione di tutta la storia,
nonostante la mia brutta abitudine di sparire dopo qualche capitolo XD Sei
stata eccezionale! Non ti ringrazierò mai abbastanza!
Capitolo Quattordicesimo
Redenzione
Il
comunicatore distorce un po’ la voce di Kolyat. La rende metallica, le
interferenze mascherano un po’ la preoccupazione e nascondono la tristezza.
Hiram
annuisce, lentamente, mentre il nipote gli spiega la situazione.
-
Siete al Huerta Memorial?- chiede
-
Sì.- risponde Kolyat - la dottoressa Michelle dice di poter intervenire per
suturare la ferita e ridurre in parte le lesioni interne. Ma dice anche che,
date le condizioni di salute di mio padre… l’operazione potrebbe essere
inutile. Zio…- la voce del drell trema, per un attimo sembra sul punto di
spegnersi -… non so cosa fare…-
Hiram
serra la mano a pugno, tanto forte da farsi male alle dita.
E’
ingiusto. Ingiusto che la speranza gli sia sottratta quando manca così poco.
-
Sarò lì appena possibile.- risponde,
cercando di sembrare rassicurante - che la dottoressa Michelle prosegua con
l’intervento. Per adesso, è l’unica cosa che possiamo fare. Notizie di
Shepard?-
-
Lei e il maggiore Alenko hanno salvato il Consiglio. Per il resto… credo stia
venendo qui.-
-
Va bene…- Hiram scaccia le lacrime, che gli offuscano la vista -… sarò lì
appena possibile.-
Spegne
il comunicatore. Poi resta immobile, a fissare il factotum, come in attesa di
una rivelazione.
All’improvviso,
una voce lo scuote dalle sue riflessioni. E’ flebile, roca, stanca.
-
Va male, vero?- chiede Athira Kane.
La
giovane drell lo osserva, dalla soglia della porta. Una coperta le cinge le
spalle, cercando inutilmente di proteggerla da un gelo che non viene
dall’esterno, ma che è annidato dentro il suo corpo. Cammina a stento,
appoggiandosi al muro. I suoi occhi sono opachi, offuscati dalla malattia.
-
Non si può sapere.- risponde Hiram
-
Dottore, sappiamo entrambi cosa succederà ora.- un colpo di tosse interrompe la
frase. Athira tace per qualche istante, riprendendo fiato, poi si siede, di
fronte all’altro drell.
Si
muove lentamente, maldestramente. Le gambe le tremano.
-
L’intervento forse gli darà qualche giorno di tempo. La sindrome di Kepral è ad
uno stadio troppo avanzato. Le proteine ossigenanti sono danneggiate o
distrutte.-
-
Non si può sapere.- replica Hiram, ostinato.
-
Cosa ti manca, per avviare la clonazione?-
-
Il tessuto polmonare. E’… è la base di tutto. La chiave di volta. Se ne avessi
abbastanza, potrei creare in tempo un organo nuovo. L’impianto sarebbe
rischioso, un azzardo… ma sarebbe una speranza.-
Un
pallido sorriso compare sulle labbra di Athira:- puoi avere il mio.- mormora
Hiram
la guarda, senza capire:- cosa?-
-
Se morissi oggi, potresti usare il mio tessuto polmonare per la
sperimentazione?-
Il
dottore si avvicina alla giovane, prendendo le sue mani fra le proprie.
-
Non morirai oggi, Athira.-
-
Ma se succedesse?-
-
In linea teorica, potrei… ma non succederà.
Athira… non succederà.-
La
ragazza sorride e, per un attimo, il suo viso sembra bello come un tempo, come
prima che la malattia lo stravolgesse. I suoi occhi sembrano di nuovo luminosi,
la sua bocca felice.
-
Finora…- sussurra, accarezzando le mani di Hiram -… ho sempre preso le scelte
sbagliate. Per come la vedo io, sono di fronte all’ultimo bivio. Posso
aspettare che la malattia faccia il suo corso, per morire in un letto
d’ospedale, imbottita di tutti i farmaci del mondo e, alla fine, sola con i
miei ricordi, con i miei rimpianti, con la coscienza di non aver mai fatto
nulla di buono, in tutta la mia vita. Posso morire così, sola, triste,
spaventata, accerchiata da medici sconosciuti e da agenti dell’SSC e della
Primazia Illuminata che mi guardano come si guarda un’assassina. Oppure…- si
ferma, riprende fiato, guarda Hiram negli occhi, con un misto di speranza e
disperazione -… oppure posso morire oggi, alle mie condizioni. E raggiungere
l’Oceano con la consapevolezza di aver aiutato qualcuno. Di aver dato una
speranza a chi la merita davvero. Tutti gli errori che ho commesso… li ho
commessi cercando la redenzione. Ora ho l’opportunità di fare ammenda per i
miei peccati. Di…- le lacrime iniziano a scorrerle sulle guance -… di dare un
senso alla mia morte.-
Hiram
arretra, crollando su una sedia.
Sente
un grande dolore nel cuore, una grande desolazione. Si sente schiacciato,
oppresso. Si sente un bambino davanti ad una questione troppo grande, ad un
dilemma senza soluzione.
Shepard
è seduta nella sala d’aspetto del Huerta Memorial. Non si è nemmeno cambiata.
Ha delle macchie, di sangue e di fuoco, che rompono il bianco asettico della
sua corazza. Ha ancora la pistola assicurata al fianco, il factotum s’illumina
di continuo, mentre il mondo cerca di parlare con lei.
Eppure,
lei lo ignora. Ignora la galassia, il Consiglio, l’Alleanza, ignora Cerberus e
i Razziatori.
La
comandante ha fatto il suo dovere. Ha salvato il Consiglio. Udina è morto.
Adesso
è il turno della donna e il suo unico compito, in quel momento, è stare seduta
in una sala d’attesa, torcendosi le mani in grembo e mordicchiandosi il labbro
inferiore. Sembrando una ragazzina.
-
Parlato con dottoressa Michelle.- annuncia Mordin, apparendo da una porta
laterale.
-
Allora?- lo incalza Shepard.
-
Intervento procede bene, ma scorte di sangue drell a disposizione molto
limitate. Kolyat sta venendo preparato per prelievo e verificheremo
compatibilità anche di dottor Zane, quando sarà qui. Prognosi però non buona.
Situazione di Thane peculiare. Stadio di sindrome molto avanzato.-
-
Cosa dice la dottoressa Michelle?- insiste la comandante
-
Dice intanto di pensare ad operazione attuale. Priorità è ridurre danni al
minimo. Controllare sanguinamento interno, richiudere ferita. Poi, pensare ad
altro. Chiamato dottor Zane, in arrivo.-
Si
siede accanto a Konstantin, appoggiandole una mano sulla spalla
-
Presto finito.- la rassicura, sorridendo.
(Un’ora dopo)
La
prima cosa che nota, entrando nella camera d’ospedale, è il silenzio.
Nessun
macchinario sibila istericamente, nessun monitor emette fastidiosi bip.
Kolyat
è accanto al letto di suo padre. Tiene fra le mani un libro di preghiere, nero,
sobrio, elegante.
- Siha.- sussurra Thane, vedendola
entrare.
Lei
annuisce, gli si avvicina come in un sogno.
La
realtà sembra un riflesso distorto in uno specchio. Sembra un vetro inclinato,
pronto a spezzarsi alla minima pressione. Anche Shepard si sente come un vetro.
Fragile.
-
Kolyat mi ha detto che hai salvato il Consiglio.-
-
No.- Konstantin scuote appena il capo, accarezzando la mano di Thane -… tu hai salvato il Consiglio.-
Il
drell sorride, prendendo la mano di lei nella propria.
-
E’ stato bello, siha.- sussurra,
guardandola negli occhi.
E
lei vorrebbe dire che continuerà ad
essere bello, ma le parole le s’impigliano in gola, rimangono bloccate.
Una
lacrima le riga la guancia.
-
Anche per me è stato bello.- riesce a pronunciare, alla fine - sei stata la
cosa migliore che mi sia mai capitata, in tutta la vita. E non scambierei per
niente al mondo il tempo che abbiamo passato insieme.-
Thane
le accarezza il viso, prima di baciarla dolcemente sulle labbra.
-
Ci rivedremo, siha.- mormora - te lo
prometto.-
Ogni
manuale di psicologia dice che ci sono delle fasi di accettazione del dolore.
Che si passa da un’emoziona all’altra, finché la sofferenza scema e rimane una
sensazione di malinconica pace.
Eppure,
Shepard sente solo il dolore. Il dolore puro, tagliente, affilato, il dolore
profondo che lacera qualunque cosa lei abbia nel petto. Il dolore che riduce il
suo cuore ad una poltiglia sanguinolenta che a stento ricorda cosa significhi
la parola “felicità”.
-
Hiram pensa che…-
Thane
la blocca, prima che possa parlare:- Kolyat me l’ha riferito. La mia risposta
non cambia, siha. Ho passato gli
ultimi anni a prepararmi per questo momento. Voi avete reso meravigliosi i miei
ultimi mesi, avete dato alla mia vita un significato che nemmeno io riuscivo a
comprendere.- li abbraccia con lo sguardo. Suo figlio e la sua compagna, le
persone che gli hanno dato un motivo per continuare a vivere - Prendetevi cura
uno dell’altra.-
-
Lo faremo.- lo assicura Kolyat, rispondendo per entrambi.
Shepard
annuisce, con il capo, senza parlare.
La
sua mente è rimasta bloccata indietro e non riesce a smettere di pensare alla
notte prima della missione suicida. Mentre la Normandy volava verso il
portale di Omega 4. Non riesce ad abbandonare il ricordo delle mani di Thane
sul proprio viso, del calore del suo corpo accanto al proprio, sotto le
lenzuola leggere.
Avrebbero
dovuto morire quel giorno, realizza. O in qualunque altro giorno.
Ma
avrebbero dovuto morire insieme.
Perché
come può uno vivere senza l’altra? Come si sopravvive alla rottura di un legame
tanto profondo?
Epilogo: due mesi dopo
C’è
una foto, sul comodino.
Davanti
ad essa, un mazzo di fiori bianchi.
Shepard
si guarda allo specchio.
L’abito
scuro le fascia il corpo, evidenziando le forme di un soldato, non di una
donna.
-
Sei pronta?- le chiede dolcemente la voce di Kolyat.
La
comandante stropiccia fra le mani un foglietto di carta
L’immagine
che lo specchio le restituisce è così strana, così diversa dall’idea che ha di
sé stessa.
Ha
i capelli sciolti. Sono appena lavati, eppure sembrano opachi, privi di luce.
Una ciocca le scivola in mezzo alla fronte. I suoi occhi sono un po’ arrossati,
le profonde occhiaie spiccano sulla carnagione pallida.
-
Sono pronta.- risponde, dopo un lungo silenzio.
-
Bene.- Hiram, alle sue spalle, annuisce - Ci stanno aspettando.-
Il
medico indossa un abito blu scuro, il colore del lutto secondo la tradizione
drell.
Kolyat
prende la foto e il mazzo di fiori e, insieme, escono dalla stanza.
Hanno
allestito la commemorazione nell’appartamento di Shepard. Sembrava inadatto ma,
in fondo, era il posto migliore. I membri dell’equipaggio sono già lì.
Shepard
prende un lungo respiro profondo ed inizia.
- Ho tentato.- dice - Per tutta la mia vita, ho sempre tentato di fare la cosa giusta. Ma a
volte fare la cosa giusta significa rendersi conto dei propri errori ed
affrontare la fine con serenità.- solleva il foglio di carta, leggendo le
parole della lettera - So che la mia fine
sembra brutta, sembra un dolore senza ragione, ma non è così. Per la prima
volta dopo tanti anni, non ho paura. E la serenità mi accompagnerà nell’ultimo
viaggio. Raggiungerò l’Oceano con la consapevolezza di aver fatto qualcosa di
buono. I miei pensieri vanno a coloro che rimangono, il mio affetto a chi ha
sempre lottato e ha saputo rimanere integro. A chi ha avuto il coraggio delle
proprie emozioni, a chi sa affrontare le sfide della vita. Morire non è mai la
scelta giusta. Era destino che lo capissi solo alla fine. Ma io ho scelto come morire, ho scelto il senso da dare alla mia
fine.-
Shepard
tace per qualche secondo, finché le eco della sua voce non si sono spente.
-
Così - dice poi - così scriveva Athira Kane, pochi minuti prima di togliersi la
vita. Chi l’ha conosciuta, sa che aveva fatto degli errori, errori da cui si
sentiva oppressa e per cui non sapeva darsi pace. Eppure, non dimentichiamo chi
lei era, prima della sindrome di Kepral, prima della setta, prima di tutto.
Athira Kane era una studentessa, una ragazza come tante, di quelle che potremmo
incrociare per strada…-
Mentre
Shepard parla, Hiram sente la commozione gonfiargli il petto e, inevitabilmente
un ricordo gli sale alla mente. Ma non è il ricordo che pensa. Non è l’immagine
di quando, entrando nell’infermeria della Normandy, l’ha vista distesa su una
barella, perfettamente immobile, con quella lettera fra le mani.
No,
è il ricordo di quando l’ha conosciuta.
“Un pomeriggio umido.
Kahje.
Attività di laboratorio.
Frenesia.
- Oggi viene la nuova
assistente.- dice Timala.
Sorride, mescola il caffè
tre volte, prima di berlo. Soffia sul bicchiere, spostando un nuvola di calore.
- Ripetimi perché abbiamo
bisogno di un’assistente?- chiedo, controllando una simulazione.
Il monitor ronza
leggermente, emana una luminescenza azzurrina.
Timala si siede su un
macchinario, accavallando le gambe. Inclina la testa. Le sfugge una risata.
- Perché siamo dei
pionieri, Hiram. Perché cureremo la
Sindrome di Kepral.- allarga le braccia. Un suono metallico.
Il campanello. Si alza e corre ad aprire.”
Hiram
sospira - non sa se di dolore per quello che ha perso o se di gioia per quello
che ha trovato -.
Alla
fine, il loro progetto è stato realizzato. Attraverso la morte, la distruzione,
il tradimento, ma anche grazie all’amore, alla tenacia, alla fiducia reciproca.
E ad Athira.
Ad
Athira che aveva studiato medicina e che sapeva bene come morire, lasciando
inalterati i propri organi interni. Ad Athira che ha voluto decidere e che ha
inseguito la redenzione fino all’ultimo battito di cuore.
Ad
Athira che, un tempo, è stata davvero
una ragazza come tante, per quanto retorico questo possa sembrare.
“- Salve.-
Mani lisce, una stretta
emotiva e un po’ incerta.
Ha un bel sorriso. Il
camice profuma di lavanderia.
- Sono Athira Kane. E’
davvero un piacere conoscerla, dottor Zane.-
- Il piacere è tutto mio.-
sorrido a mia volta, incoraggiante.
E’ giovane, è bella, è
solare.
Timala porta un bicchiere
di caffè. Calore. Profumo intenso. Plastica tiepida sotto le dita.
- Sarà un lavoro duro…-
esordisce, levando alto il caffè, come un augurio.
Entusiasmo, consapevolezza.
La imito. Il ricordo di Irikah sorride, nella mia memoria.
-… ma riusciremo dove altri
hanno fallito. E, in tutto ciò, troveremo anche il modo per divertirci!-
Rido. Brindiamo. Bevo il
caffè. Scotta.
E’ l’inizio di un nuovo
giorno. Speranza.”
Il
silenzio interrompe le riflessioni del medico.
L’elogio
funebre è terminato e, nell’aria, è rimasto solo il profumo dei fiori bianchi e
quella strana sensazione, di malinconia, di rimpianto, ma anche di profonda
gratitudine.
Terminata
la commemorazione, Shepard prende un trasporto rapido.
Mentre
la Cittadella
sfreccia oltre il piccolo finestrino, pensa a tutto e a niente.
Pensa
alla speranza, al dolore che si prova quando qualcosa che sembrava ad un punto
dal realizzarsi s’infrange come vetro al contatta con la realtà.
Ma
pensa anche alla gioia che si prova quando, raccogliendo i cocci, si scopre che
c’è ancora qualcosa da salvare, qualcosa da ricostruire.
Cerberus
sta ancora cercando di mandare all’aria i suoi piani. La galassia sta ancora
per essere distrutta.
Scende
dal trasporto rapido, attraversa la strada a passo rapido.
Entra
nella grande struttura. E’ bianca, asettica, ma non è mai stata così bella.
Saluta
l’infermiere all’accettazione. Oltrepassa un lungo corridoio pieno di porte
uguali e di sedie di plastica.
Ne
apre una, e sorride.
La Terra è ancora invasa da mostri
e mutanti. I Razziatori sono ancora lì, per sterminare la vita organica.
Ma
ogni piccola battaglia vinta è pur sempre una battaglia vinta.
-
Ciao, siha.-
-
Ciao, Thane.-
L’ultima Coda
Signori, è finita.
Ora,
per me è davvero epico riuscire a concludere un progetto più lungo di cinque
pagine e più articolato di una riflessione introspettiva, quindi sono davvero
entusiasta.
Guardando
la fic dal principio, non so, qualche riflessione viene spontanea: l’inizio non
mi piace più ma, ad ogni buon conto, sono soddisfatta della fine ed anche del
corpo centrale. Alla fine ha assunto un tono diverso da quello che era il mio
intento iniziale e le vicende hanno avuto un diverso sviluppo (non a caso nell’introduzione
c’è una citazione da un pezzo che - beh - semplicemente non ho inserito, quindi
mi sa che la cambierò, prima o poi XP).
Sto
lavorando sulla prossima avventura del comandante Shepard e del suo equipaggio,
quindi spero di rivedere presto tutti voi lettori, a cui va il mio più sentito
ringraziamento.
Un
grande bacio a tutti!!
- La Matta - passa e chiude.
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