The Hunger and the Anger

di LawrenceTwosomeTime
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Svegliarsi e scoprire... ***
Capitolo 2: *** Tutto ciò che ho sono questi occhiali... ***
Capitolo 3: *** Uno dei miei compositori preferiti ha scritto un brano che si intitola... ***



Capitolo 1
*** Svegliarsi e scoprire... ***


Giorgio Dunato si svegliò di soprassalto nella penombra del suo monolocale da quattro tatami e mezzo. Erica Boschi lo fissava, acquattata sotto le coperte, come un felino paziente che aspetti di incrociare lo sguardo della preda.

“Ti sei agitato per tutta la notte”
“Ho fatto un sogno. Un incubo”
Lei sorrise in modo lascivo.
“Un altro di quegli incubi speciali? Quelli che ti fanno rivivere delle sensazioni?”
“No, un incubo semplice”

Sudava freddo.

“Ho sognato… che mi dicevi di non amarmi. Che non mi amavi più”

Lei si fece di colpo seria.

“Ma Giorgio, è proprio così. Io non ti amo”, disse in tono conciliante.

Lui ebbe un tuffo al cuore e poi scoppiò a ridere. La mente possiede una capacità tutta particolare di mettere le cose in prospettiva.
Fare un incubo, svegliarsi e scoprire che quell’incubo era reale. Niente di più eccitante, in fondo.

Ma dovette ammettere che un po’ gli mancavano le loro conversazioni in chat, prima che si incontrassero per davvero. Erica ingozzava i suoi messaggi di emoticon, leggendo quelle missive era facile convincersi che fosse una ragazza solare e iperattiva; invece era un tipo monocorde, la stessa identica espressione sul viso per tutto il santo giorno.

“Di’ un po’, non ti pare di essere troppo magra?”
“Così all’improvviso?”
“Parlo sul serio. Se continui così diventerai anoressica, e non rifilarmi le tue cazzate sul metabolismo accelerato e compagnia bella”
“Questa mi è nuova. Ti preoccupi per me? Non è che stai cercando di instaurare una relazione?”

Sputò la parola come se fosse un insetto morto.

“Ci ho rinunciato qualche mese fa, in effetti”

Le solleticò le costole sporgenti e disse: “Forse è tutto un gioco perverso di cui non mi vuoi mettere a parte… Forse sei, diciamo, lesbica e ti diverti alle mie spalle”
“Sarei a dir poco entusiasta di scoprirmi lesbica”, dichiarò lei.
“Allora non lo sei”
“Perché?”, disse la ragazza in tono deluso.
“Perché le persone che discutono di omosessualità, lo fanno quasi sempre in termini esagerati: c’è chi la reputa disgustosa e chi la difende a spron battuto; mai qualcuno che trovi una mediazione tra la realtà di ciò che pensa e le bugie che racconta per adeguarsi a quello che dicono gli altri. La lesbica, invece, sostanzialmente se ne frega: è lesbica e basta, non ha niente da dichiarare”
“Ne hai conosciute molte?”
“No, ma quando le vedo per strada che passeggiano mano nella mano, non mi sembrano intimidite ma nemmeno orgogliose”
Lei sospirò.
“Avanti, lesbista, dormiamo un altro po’”

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Capitolo 2
*** Tutto ciò che ho sono questi occhiali... ***


Una volta gli capitò un episodio sgradevole. La paura persistette per qualche ora, e quando finalmente si calmò, rimase sorpreso nello scoprire quante cose avesse imparato. Su sé stesso.

Un tizio, un tipo di colore come se ne vedono tanti, gli si era fatto incontro chiedendogli dei soldi. Era smunto e sporco, si vedeva che aveva davvero fame. Di solito, Giorgio era piuttosto tirchio per quanto riguardava le offerte spontanee, ma quel giorno si sarebbe persuaso a donare qualche spicciolo, se solo non avesse dimenticato a casa il portafoglio.
Aveva mostrato i palmi in un gesto che comunicava buone intenzioni e assenza di liquidi, ma l’uomo, disperato, gli aveva ficcato le mani nelle tasche e aveva cominciato a frugare.
“Ho fame, signore, sto morendo di fame!”
Giorgio l’aveva preso per i polsi e gli aveva tirato un calcio nello stomaco. Distrutto dal dolore e dall’umiliazione, il senzatetto l’aveva attaccato. Giorgio si era difeso. L’aveva gonfiato di botte, ma senza odio, in modo metodico.
L’assalitore non era un nemico. Non c’era niente di personale, in realtà. Aveva solo fame.

A differenza di alcuni suoi amici, che se la prendevano con il primo che capitava per sfogare le frustrazioni causate da genitori, estranei, ragazza, lui non riusciva ad arrabbiarsi con una persona che non se lo meritava.
I suoi sentimenti di odio erano tutti rivolti al passato. In verità, covava una rabbia terribile che aveva sempre trattenuto a stento, sepolta nei recessi più reconditi del suo stomaco. Si sentiva impotente perché odiava dei ricordi, non degli individui in carne ed ossa. E non erano pochi.
Erano come tanti minuscoli frammenti d’osso sparsi qua e là nel suo corpo, conficcati nelle braccia e nelle gambe; un microcosmo di stelle morte che lo rodeva come un cancro.

“Hai cercato di portarmi via qualcosa che non avevo”, disse al nero che indietreggiava zoppicando.
“Voglio dire, tutto ciò che ho sono questi occhiali… e questi pugni”

Si chiamava Giorgio Dunato, un nome che possedeva una curiosa assonanza con ‘torto subìto’, e per una qualche ironia estemporanea i suoi nemici erano esclusivamente maschi; poteva disprezzare le donne per come lo manipolavano, perché lo schifavano o lo abbandonavano, ma quello era niente in confronto al sentimento distruttivo che provava per gli individui del suo stesso sesso.
Un giorno o l’altro, avrebbe trovato il modo di liberarsi del suo fardello.

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Capitolo 3
*** Uno dei miei compositori preferiti ha scritto un brano che si intitola... ***


”Sono rimasto di sasso quando mi hai telefonato!”
“Posso immaginarlo”
“Si, insomma, all’inizio non avevo riconosciuto la tua voce, poi mi hai detto chi eri e… bè, eccoci qui!”
“Si. Eccoci qui”
“Mi vuoi dire perché ti è venuto in mente di chiamarmi? Non mi pare che alle medie noi due fossimo grandi amici”
“È vero. Ma quando eravamo dei ragazzini, tutto aveva una tonalità più… nitida, diciamo. Ogni nuovo incontro era uno scontro, ogni promessa una preghiera”
“Me lo ricordavo questo tuo lato poetico… Eri un bambino molto tranquillo, e parlavi come un adulto”
“Chissà perché, la gente se lo ricorda sempre”
“Dove siamo?”
“Oh, volevo mostrarti un posto molto interessante. Vedi questa porta con i fiorellini e i pettirossi? Una volta, era l’ingresso di uno strip club”
“Ah. Figo”
“Già. Poi l’hanno chiuso ed è diventato un asilo nido. E infine, anche i bambini se ne sono andati. Innocenza e lascivia che convivono insieme, ciascun individuo finisce per lasciare una traccia dietro di sé… Mi ricorda la mia infanzia”
“Aha. Senti, ho sentito che è uscito un nuovo film di Peyton Reed, magari potremmo…”
“Quel film fa talmente cagare che se solo ne pronunci il titolo l’alito ti puzzerà di merda per una settimana”
“Se ho ben capito, non ti piace… Ehi, aspetta, che fai?”
“Entro dentro, naturalmente. Ci sono un sacco di cose affascinanti, in questo posto. Tutte le volte che ci vengo sento una musica particolare: sai, uno dei miei compositori preferiti ha scritto un brano che si intitola ‘Ordinaria Vanità’; in qualche modo calza a pennello con l’edificio abbandonato in cui ci troviamo. Siamo soli in mezzo alle spoglie di quella che un tempo chiamavamo civiltà
“Si, certo. Non per offendere, ma tra mezz’ora devo andare a messa e…”
“Non volevi vedere un film?”
“Si, volendo si poteva andare al cinema, anche se…”
“Non ti senti un emerito coglione a recitare quegli stupidi monologhi tutte le domeniche?”
“Non offendere, per favore”
“Al giorno d’oggi la religione è una materia talmente pasticciata che le credenze inventate l’altro ieri sono più sensate dei dogmi millenari: Pastafarianesimo, Culto di Cthulhu, Agnosticismo Mosconiano… ficcaci dentro Aldous Huxley e Timothy Leary, e diventa un ordine di tutto rispetto”
“Non so chi siano queste persone, so soltanto che esiste un’unica vera religione e che non hai il diritto di prendermi in giro solo perché vado in chiesa”
“Sono… mortificato di aver arrecato offesa a Vossignoria con il mio linguaggio inappropriato e le porgo le mie più sentite scuse”
“Hai un modo di parlare parecchio incasinato, sai?”
“Invece il tuo non lascia adito a fraintendimenti”
“Mi stai dando del coglione?”
“Se hai colto il sarcasmo sotteso nelle mie parole, significa che non sei poi così stupido”
“Ti credi tanto intelligente, ma in realtà sei solo un presuntuoso e un ignorante”
“Non si tratta di un dato statistico, ma di solito chi ha la faccia tosta di dare dell’ignorante agli altri è egli stesso un ignorante di prima categoria”
“Ci godi a fare il superiore, vero?”
“Se non altro, io me lo posso permettere”
“Cala le arie, cala le arie altrimenti…”
“Mi dispiace ma quassù c’è troppo vento, ho paura di non riuscire a sentirti”
“Se hai finito di provocare, io me ne vado”
“Provocare chi?”
“Vuoi proprio farmi incazzare, allora!”
“Ti porgo le mie scuse, ma dispongo di un cervello limitato e perciò fatico a serbare la memoria di tutti i deficienti con cui ho a che fare”
“Adesso ti do una lezione che ti ricorderai…”
“Cosa curiosa, in un luogo così interessante è possibile nascondere molti oggetti. Armi, se si è in vena di combinare qualche scherzo. Prendi questo manganello, per esempio”
“Aspetta un attimo, cosa stai…”

Scariche elettrostatiche

Interferenze

Silenzio


“Che… che cosa mi hai…”
“Niente di che. Ti ho solo colpito sulla testa finché non sei svenuto e poi ti ho legato a questa sedia”
“Perché mi hai…”
“Lo sai come si dice. Chi semina vento raccoglie tempesta. Le tue azioni ricadono su di te. È una legge che vale per tutti: anche per me”
“Non capisco…”
“Ti metterò a parte di un interessante dato statistico: se i videogiochi hentai – quelli con le ragazzine procaci che puoi spogliare un po’ per volta – vendono un esorbitante numero di copie, i giochi di guerra vendono venti volte tanto. Sai che significa?”
“Io…”
“Che a quanto pare, la gente preferisce impersonare un soldato che fa saltare le cervella ai suoi nemici, piuttosto che fingere di fare l’amore con una liceale. Inquietante, non è così?”
“Lasciami andare”
“Non te lo ricordi, vero? Ti piaceva prendere in giro i bambini gentili, quelli pacifici che non avrebbero fatto del male a una mosca. Il tempo è passato e il reato è caduto in prescrizione, è così che stanno le cose, giusto?”
“Se ti… se ti ho fatto del male, ti chiedo scusa”
“Molto bene, scuse accettate. Non ci sono più dissapori tra noi”
“Davvero?”
“Si. Ma non ti trovo comunque molto simpatico. Perciò non muoverò un dito per liberarti. Magari riuscirai a liberarti da solo. Magari qualcuno ti sentirà chiedere aiuto. Magari, tra un paio di giorni, qui inaugureranno un banco dei pegni e qualche buonanima ti troverà. Magari”
“Aspetta, non puoi lasciarmi qui!”
“Medita su quello che hai fatto, e se la fortuna non ti arride, muori espiando serenamente i tuoi peccati. Se la sorte ti è propizia, invece, vivi nella rettitudine. Addio, mio buon amico”

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