Benvenuta a Izu

di Nisi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Segretarie diaboliche vs fidanzate moleste ***
Capitolo 2: *** Così parlò Kuronuma ***
Capitolo 3: *** L'amore e le panzane corrono sul filo ***
Capitolo 4: *** Qualcuno crea, qualcuno distrugge e qualcun altro non sta a guardare ***
Capitolo 5: *** Benvenuta a Izu ***
Capitolo 6: *** Il satiro prende il sopravvento ***
Capitolo 7: *** Carte scoperte e segreti non più tali ***
Capitolo 8: *** Il cuore ha ragioni che Eisuke Hayami non comprende ***
Capitolo 9: *** Mizuki Saeko, donna perduta ***
Capitolo 10: *** Tagli netti ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Segretarie diaboliche vs fidanzate moleste ***


“Signor Hayami?”

“Signor Hayami?”
“Ah, Mizuki. Sì, mi ero distratto un attimo. Volevi dirmi qualcosa?”
La mia segretaria storce impercettibilmente la bocca. La mia imperturbabile segretaria Mizuki dall’aplomb leggendario, si é lasciata andare ad una semi espressione di disgusto. “La signorina Shiori…” e si interrompe.
Adesso tocca a me nascondere un’espressione di fastidio nell’udire il nome di colei che nel giro di poche settimane sarà mia moglie, la compagna della mia vita fino a che esalerò il mio ultimo respiro che, vista la situazione, spero arrivi al più presto.
“Sì, Mizuki, Shiori cosa?”
“E’ la terza volta che la chiama per sapere se passerete assieme le vacanze dell’O-bon. Fino ad ora ho temporeggiato e ho inventato delle scuse, ma se lei…” ancora una volta l’autocontrollo leggendario di Mizuki vacilla. “se lei volesse organizzarsi in modo diverso…”
La mia segretaria è mia complice e mi terrà bordone. Ho quasi il sospetto che detesti Shiori con tutto il suo essere.
“Sì, Mizuki. Da’ sfogo alla tua fantasia, inventa la scusa migliore della tua vita e tienimi lontana Shiori” rispondo brusco, senza neanche alzare gli occhi dalla lettera che avevo iniziato a scorrere.
Nemmeno io riesco a mantenere il mio altrettanto leggendario aplomb: dopo tutta la storia dell’assegno, dell’album stracciato e rimandato a Maya, dell’anello e di quel benedetto succo di mirtillo, ho evitato accuratamente di incontrare Shiori pensando nel frattempo a una maniera per rompere il nostro fidanzamento senza mettere a soqquadro la Daito. Shiori è diventata un pensiero fastidioso e costante, irritante come una zanzara. E come tale, sto cercando disperatamente un modo per togliermela di torno una volta per tutte. 
“Rimarrà a Tokyo, signor Hayami?”
“No, Mizuki. Andrò a Izu.”
Prima di inchinarsi profondamente, la mia segretaria si lascia scappare un enigmatico sorriso. Enigmatico ma non troppo. Questa donna ci ha sempre visto lungo, nonostante gli occhiali. Capisce sempre quel che penso senza che io le dica niente. Suppongo che insieme a Hijiri sia la persona che più si avvicina a un amico. Sa benissimo cosa mi stia passando per la testa. E lei sa che io so che lei sa. “Puoi andare Mizuki. Devo fare una telefonata importante.”
“Molto bene” E dopo un ultimo inchino, infila la porta e io rimango solo nel mio ufficio.
E’ da qualche giorno che voglio fare quella telefonata. Ho paura cheMaya abbia cambiato idea, che non voglia più venire da me, che io abbia capito male io e che lei non mi abbia mandato al diavolo – vecchio satiro che non sono altro – per buona educazione, ma questa ipotesi sembra quasi più folle delle altre. Sì, perché Maya Kitajima, mia dolce isola del nord, non si é mai fatta scrupolo di dirmi quello che pensa di me. Solo che… solo che quella crociera inaspettata tutto è cambiato. Mi ha risollevato dal baratro di infelicità nel quale stavo da un po’, da troppi anni, per precipitarmi in un altro baratro, quello delle persone che si rendono idioti per amore e che non si riconoscono più.
E’ perfettamente inutile che aspetti oltre, anche perché non posso pretendere che una ragazza giovane e piena di amici come Maya non abbia impegni per le vacanze e stia lì ad aspettare la mia chiamata.
Come mi sarei annunciato? “Sono Hayami” sembrava l’esordio di una telefonata d’affari. “Sono Masumi” torniamo al vecchio satiro del quale si diceva prima, penso mentre recupero il numero in rubrica e faccio partire la chiamata.
Risponde al secondo squillo.
Non mi rendo quasi conto delle parole che sto pronunciando: “Pronto? Maya? Sono io…”

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Capitolo 2
*** Così parlò Kuronuma ***


 
“Finalmente una pausa! Esco dalla sala e mi dirigo verso il mio posto preferito, qui al Kid’s Studio. E’ un divanetto un po’ appartato, nascosto dietro a una grossa colonna, qui si sta tranquilli. Mi lascio cadere sull’imbottitura morbida e sospiro.
Sono esausto, svuotato, esaurito. In una parola, non penso reggerò molto a lungo. E non mi riferisco alla mia gamba, la fisioterapia procede bene e anche le prove. Ecco, forse le prove vanno fin troppo bene.
Maya è… splendente. E’ entrata perfettamente nella parte di Akoya. Rende l’amore e la passione del suo personaggio in maniera totale. E’ cambiata. Non è più quella ragazzina dolce  e tenera che conoscevo e della quale mi sono innamorato tanti anni fa. E’ diventata una donna. Mentre recita le parole di Akoya è sensuale e conturbante, tanto che chiunque si trovi a passare di lì non può fare a meno di fermarsi e lasciarsi avviluppare da tutta quella magia. Un paio di volte mi è pure capitato di eccitarmi. Meno male che indossavo il kimono e non mi sono reso ridicolo.
Così com’è, ora, lei mi piace ancora di più, ma non posso, proprio non posso fare a meno di pensare che a farla diventare donna non sono stato io. Non sono mai riuscito a baciarla e ad accendere in lei quella passione, quello struggimento che le ho visto esprimere tra le braccia di Hayami. Credevo che lei lo odiasse. Con tutte le ragioni del mondo, del resto. Cosa è successo e come  è finita ad avere una relazione con quello che credevo fosse il suo peggiore nemico?
Appoggio la testa al muro e respiro profondamente.
Sento un rumore di passi avvicinarsi e la voce di Maya. Io sono dall’altra parte del muro e non mi può vedere, ma io riesco a sentire benissimo quello che sta dicendo. Non mi piace origliare, ma quando si tratta di Maya… E’ al telefono. Sta parlando col signor Hayami, sembra… deve andare a trovarlo a Izu, Evidentemente ha una casa da quelle parti. E non vede l’ora di vederlo.
La telefonata finisce, Maya si allontana e se mi era rimasta qualche illusione su quello che prova per Hayami, mi è passata qualche secondo fa. Mi sento come se mi avessero dato un pugno nello stomaco. E uno sui denti.
Sento ancora dei passi che si avvicinano, questa volta Akemi, l’assistente di produzione fa capolino e mi sorride: “Signor Sakurakoji? La pausa è finita, le prove riprendono. Se mi vuol seguire… “
Annuisco, riprendo le mie stampelle e la seguo.
Devo recitare una scena con Maya e dopo la telefonata alla quale ho assistito, non ne ho nessuna, voglia, come non ho nessuna voglia di parlare con lei. E’ rimasta ferita del mio distacco e non capisce perché io mi stia comportando così. Affari suoi.
Ritorno sul palco e Kuronuma ci fa segno di iniziare.
Non va, non va. Non riesco a calarmi nel ruolo di Isshin, sono ancora troppo turbato da quello che ho sentito pochi minuti fa. Maya va a Izu a trovare Hayami. Passerà la notte con lui? Lui… la porterà a letto, se già non l’ha fatto? Non è possibile, ha undici anni più di lei, è fidanzato e le farà solo del male! Non può…”
 “Sakurakoji!”
Mi riscuoto e sento la voce di Kuronuma che sbraita. “Sakurakoji, che ti prende! Mi sembra la recitazione di un manichino ingessato e non quella di un innamorato!”
“Sono spiacente. Mi scusi, signor Kuronuma. Scusatemi tutti”. Con la coda dell’occhio intravedo Maya che mi guarda con ansia. Evito il suo sguardo, non voglio la sua pietà o la sua preoccupazione.”
“Va bene, va bene. Non ti scusare, siamo tutti stanchi. E’ tardi, per oggi basta. Potete andare. Un’altra cosa! Per i quattro giorni della festa dell’O-bon non vi saranno prove. Approfittatane per riposare.”
Ho proprio voglia di tornarmene a casa e farmi una doccia. E rilassarmi e sgombrare la testa dal pensiero di Maya. Lei non se ne fa niente, della mia preoccupazione, tantomeno del mio amore.
Raccolgo le mie cose e appoggiandomi sulla stampella mi dirigo zoppicando verso l’uscita.
*
E’ l’ultimo giorno di prove prima delle vacanze. Abbiamo finito e ora ci stiamo preparando tutti a lasciare il teatro.
“Sakurakoji!”
“Sì, signor Kuronuma?”
“Sei libero per una mezz’oretta? Vorrei parlarti.”
So già di cosa mi vuole parlare. Chino la testa e annuisco, sospirando. “Certo.”
E’ da quando ho avuto l’incidente che Kuronuma mi tiene d’occhio. Capisco che mi sta osservando da giorni, senza dire niente. A quanto pare è arrivato il momento di parlare.
“Bene! Ma usciamo di qua, andiamo nel bar dall’altra parte della strada. Lontano da occhi e orecchie indiscrete.”
“Come vuole.”
Il regista mi lancia un’occhiata indagatrice, ma non dice più niente. Usciamo in strada e ci dirigiamo verso il bar, in perfetto silenzio, che non si interrompe fino a quando siamo seduti al nostro posto.
“Allora, signor Kuronuma, di cosa mi voleva parlare?”
“Penso che tu già lo sappia. Cosa ti prende in questi giorni? E perché tratti Maya in quel modo? Non mi interessa se avete litigato, ma la tua recitazione è molto peggiorata, mentre quella di Maya è ancora più coinvolgente, se possibile.”
Esito. Non ho parlato a nessuno della scena alla quale ho assistito laggiù nei docks, né tantomeno del legame che ha col mio incidente. Forse sfogarmi mi farà stare meglio…
“Parla, ragazzo. In questi giorni mi sembri un’anima in pena.”
“Signor Kuronuma, io…”
“Non ti voglio obbligare a confidarti con me, ma per la miseria, vedi di parlare con qualcuno che altrimenti ti riduci uno straccio, ché già sei sulla buona strada.”
Va bene, parliamo, anche perché non ci resisto più con questo peso sullo stomaco. “Signor Kuronuma” esordisco guardandolo in faccia. E’ seduto davanti a me, le braccia incrociate sul petto. “Si ricorda quando mi ha mandato al porto a prendere Maya di ritorno dalla crociera?”
“Mmmhhh.”
“Maya non è voluta venire con me. Mi ha detto di andarmene. E’ corsa dietro ad Hayami. E…” la mia voce si incrina. Mi passo la mano sul viso e riprendo. “Io le sono andato dietro. E l’ho trovata. Era tra le sue braccia. Lui la stringeva forte e lei…” Cerco di reprimere un singhiozzo, senza molto successo.
Kuronuma sembra in imbarazzo. Di certo i tormenti d’amore di uno dei suoi attori lo mettono solamente a disagio. Poi anche lui mi guarda dritto negli occhi. La sua espressione è stanca e malinconica.
“Ragazzo mio, davvero non ti sei mai accorto di quello che c’è tra Kitajima e Hayami?”
Cosa?
“Cosa intende dire, non capisco.”
“Sono mesi che quei due si girano intorno, forse anche anni. Può essere che si siano trovati. Final…”
Si morde la lingua per troncare quel finalmente. Ma l’ho sentito comunque.
“Io… non mi ero accorto di niente…”
“Niente di più facile, sono secoli che cerchi di conquistare Maya, non avresti potuto nemmeno volendo. E’ a causa di quello che hai visto che hai fatto quell’incidente?”
Kuronuma è bravo a fare due più due. “Sì. Ero sconvolto.”
“Ah, ci credo.”
“E poco prima di uscire ho sentito Maya parlare con Hayami. Andrà a trovarlo nella sua casa di Izu per la festa dell’O-Bon.”
Kuronuma sembra colpito da quell’ultima notizia, ma quando riprende a parlare non ne fa cenno.
“Ed è sempre a causa di quello che hai visto e sentito che stai trattando Maya in maniera così fredda?”
“Beh… sì.” “Non mi sembra ti abbia mai dato false speranze.”
"No, ma…”
“Niente ma. La vita di Kitajima riguarda solo lei, ma comunque lei ti vuole bene, te ne ha sempre voluto. Non è colpa sua se non è la donna per te e non ricambia i tuoi sentimenti. Lei ha solo in mente Hayami, da mesi. E anche lui ne è innamorato.”
“Ma lui è fidanzato e ha undici…”
“Sarà, ma non sono affari tuoi. Ora il tuo dovere è recitare la parte di Isshin meglio che puoi, ristabilirti in salute. Mettiti in testa che Maya ama un altro e prima accetti questo stato di cose, meglio è.”
Ha ragione. E’ vero, Maya non mi ha mai illuso. Ma mi ha sempre voluto bene. E’ colpa mia se dietro questo affetto ho voluto vederci dell’altro.
“Va bene, signor Kuronuma.”
“Fatti coraggio, ragazzo. Passerà.”
Non rispondo, mi alzo dalla sedia con l’intenzione di uscire dal bar con tutta la velocità che mi consentono le stampelle.
Ma mi trovo faccia a faccia con Shiori Takamiya.
 
 
* * *
Ta-dan! Non ve lo aspettavate, eh?
E ovviamente, la signorina ha sentito tutto, quindi succederà un bel casino.
Lo so, questo capitolo non è molto divertente, lo ammetto, ma questo e il prossimo sono molto importanti ai fini della storia.
Spero vi piacciano entrambi.
Detto ciò, ringrazio quella cara figliola di Loveis4ever che ha inserito questa fanfic tra le preferite (che sorpresa!) e quelle altrettanto care ragazze
 
arcadia5
a_lena
BrianneSixx
Hylenia
maura 77
Minerva
piermaia
sailorm
Saruccia
Talpera
Tetide
 
Che hanno inserito “benvenuta” tra le seguite. Grazie anche a Ninfea, per averla messa tra le ricordate. E grazie anche a chi legge solamente.
Buon sabato sera dalla Nisi

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Capitolo 3
*** L'amore e le panzane corrono sul filo ***


La prima cosa che ci hanno insegnato al corso di assistenti di alta direzione è stata: “Mai farsi prendere dal panico e, soprattutto, nel caso in cui ciò dovesse accadere, mai darlo a vedere.”
La regola di cui sopra ci è stata ricordata ogni singolo giorno del corso ed è solo logico che io e le mie compagne ne abbiamo fatto tesoro.
E’ esattamente per questa ragione che mi sono guadagnata parecchi soprannomi nel corso della mia onorata carriera di assistente personale di Masumi Hayami: “segretaria di ferro”, “cerbero occhialuto”, “cane da guardia” o amenità del genere. A volte ho sentito qualcuno fare commenti sulla legnosità della mia vagina. Però ci sono state delle situazioni in cui mantenere l’aplomb per il quale sono famosa è stato parecchio difficile.
Questa è una di quelle situazioni.
Devo coprire il signor Masumi e, nel frattempo, raccontare una panzana che sia credibile e che tenga buona la signorina Takamiya almeno per un po’. Il Led rosso della telefonata in attesa continua a lampeggiare minaccioso.
“E adesso cosa le racconto?”
Quando sono in difficoltà penso a nonna Kimiko, una donna saggia e arguta, dotata di un inusuale senso dell’umorismo. Mi viene aiuto ancora una volta e quasi mi sembra di vederla mentre mi ammonisce con uno dei suoi adagi preferiti, gli occhi brillanti di malizia: “Se devi dire una bugia, dilla bella grossa!”
Faccio un respiro profondo, mi accomodo alla postazione e sollevo la cornetta. “Signorina Takamiya? Sono molto spiacente, ma il signor Masumi non è in sede.”
“Come sarebbe a dire, non in sede! E’ la quarta volta che lo chiamo e ogni volta mi ha raccontato una cosa diversa! Esigo di parlargli, è il mio fidanzato…” e a questo punto stacco la cornetta dall’orecchio, la appoggio piano alla scrivania e intanto sistemo delle pratiche in ordine alfabetico. Il lato dolce (dovrei dire sdolcinato?) di Shiori è riservato unicamente al signor Masumi, ai suoi parenti e a alla crème de la crème. Essendo io una semplice segretaria, a me spettano gli strepiti. A proposito di strepiti, ora la signorina ha finito di inveirmi contro, oppure le si è semplicemente prosciugata la gola, quindi raccatto la cornetta, me l’appoggio alla spalla mentre continuo a smistare le carte e mormoro con voce contrita che spero risulti almeno l’uno per cento vera di quanto è in realtà falsa, come una moneta da centoventi yen. “Signorina, la comprendo perfettamente… ma svelarle dove si trova ora il signor Masumi mi metterebbe in una posizione oltremodo difficile e… Oh, senta… Se le dico tutto, lei promette di non riferire niente al suo fidanzato di quanto sto per dirle?”
Dall’altra parte la signorina risponde cinguettante: “Ma certo, Mizuki! Siamo entrambe donne, dobbiamo sostenerci a vicenda.”
A parte il fatto che non mi piacerebbe essere una donna come lei e che non ho nessuna intenzione di sostenerla, ora la cosa importante è proseguire nella Panzana e sperare che sia credibile.  Shiori tace mentre le propino una delle fandonie più assurde e inverosimili che mi siano mai passate per la testa. Dopo averla stordita per bene con quella raffica di bugie, concludo la scena madre implorandola di non dire al signor Hayami che le ho raccontato tutto.
“Ci conti, Mizuki, non la tradirò, non dopo che lei mi ha detto tutto questo. Avevo paura che lui fosse molto arrabbiato con me…”
Decido di rischiare il tutto per tutto: “Si riferisce alla faccenda dell’assegno che ha consegnato a Maya Kitajima, vero?”
Un silenzio imbarazzato dall’altro capo del telefono mi fa capire che ho indovinato. “Certo che era arrabbiato, ma per il semplice fatto che lei è troppo elegante e raffinata per abbassarsi a certi giochetti… con una ragazzina, per di più. Il signor Masumi è molto orgoglioso della sua ottima educazione, sa?”
“Sì, Mizuki, ha ragione, l’ho deluso…” Sento dei singhiozzi soffocati. Speriamo non mi svenga al telefono, non saprei cosa fare.
“Sta bene, signorina?” chiedo con la voce più dolce che riesco a tirare fuori.
“Sì, sì, grazie, Mizuki.”
“Molto bene, signorina. Allora la saluto.”
“Le sono molto grata, Mizuki, grazie infinite, è stata molto gentile, arrivederci.”
“Buona giornata.”
E finalmente riattacco dopo quella telefonata estenuante. Ringrazio mentalmente nonna Kimiko che è venuta a tirarmi fuori dai guai. E tiro il fiato.
Ho urgente bisogno di un caffè.
* * *  
E’ perfettamente inutile che aspetti oltre, anche perché non posso pretendere che una ragazza giovane e piena di amici come Maya non abbia impegni per le vacanze e stia lì ad aspettare la mia chiamata.
Come mi sarei annunciato? “Sono Hayami” sembrava l’esordio di una telefonata d’affari. “Sono Masumi” torniamo al vecchio satiro del quale si diceva prima, penso mentre recupero il numero in rubrica e faccio partire la chiamata.
Risponde al secondo squillo.
“Pronto? Maya? Sono io…”
 “Signor Hayami… buongiorno.” La voce le trema un po’ e mi sembra affannata.
“Hai corso? Mi sembra tu abbia il fiatone.”
“No, cioè sì. Quando ho visto che era lei a chiamarmi, mi sono spostata in un posto tranquillo”.
“Ah, bene. Come stai, Maya? E’ da un po’che non ci sentiamo.” Esattamente da quando ci siamo lasciati, al porto dove è attraccata l’Astoria. E nessuno dei due se ne è dimenticato.
“Io sto bene, signor Hayami. E lei?”
“Sto molto bene, grazie.” Sto menando il can per l’aia, cercando di arrivare al punto quasi per caso. “Le prove come procedono?”
“Bene… credo. Il signor Kuronuma dice che da qualche tempo sono molto migliorata, che riesco a entrare meglio nel personaggio di Akoya.”
“Mi fa piacere, Maya.” Se ha recitato nello stesso modo in cui ha recitato quella mattina, sulla nave, non stento a crederlo.
“Sì, anche a me fa molto piacere.”
Cade il silenzio tra noi due mentre la sento sospirare al telefono. Inutile aspettare ancora. “Maya, hai già dei progetti per le vacanze dell’O-bon?”
“No, non ne ho, perché?” risponde con voce un po’ strozzata. La domanda è puramente di circostanza, Maya sa benissimo cosa sto per chiederle.
“Che ne dici di venire a trovarmi a Izu? Ti ricordi, ne abbiamo parlato durante la crociera.” Esito. La paura di essere rifiutato da lei, di essermi illuso è sempre presente e reale. “Solo se ti va, ovviamente.”
Maya risponde subito, in fretta, quasi non mi fa finire di parlare. “Certo che mi va!” esclama.
Oh, ragazzina… anche tu non aspetti altro, come me?
 “Sono felice che tu venga a trovarmi…”
“Anche io sono felice di venire a Izu da lei. Non vedo l’or…” si interrompe, come se si fosse resa conto di aver detto troppo e di essersi compromessa. Mi sembra quasi di vederla arrossire. Le faccio eco: “Anche io non vedo l’ora di stare un po’ con te, Maya”
“Sì, però…”
“Cosa c’è?” domando, subito sul chi vive.
“Non so esattamente quando Kuronuma ci lascerà liberi e quanto potrò stare…” Sembra molto dispiaciuta.
“Non ti preoccupare, Maya. Io sarò a Izu a partire da venerdì pomeriggio. Sarò lì ad aspettarti. Vieni quando puoi.”
“Grazie, signor Hayami. Ci sarò.”
“Benissimo. Ti aspetto, allora. A presto.”
E chiudo la telefonata. Maya verrà da me a Izu. Se non fosse perché devo pensare a come chiudere con Shiori, mi lascerei andare alle fantasticherie su quello che potrebbe succedere quando lei verrà a trovarmi. A proposito di Shiori, chiamo Mizuki all’interfono: “Mizuki, tutto a posto con la signorina Takamiya?”
“Sì, tutto sotto controllo, signor Masumi.”
“Posso chiederti cosa le hai raccontato?”
Mizuki esita. “Io glielo dico, ma non le farà piacere.”
“Posso sopportare qualsiasi cosa, Mizuki. Dimmi pure.”
“Le ho detto che è volato a Parigi a sceglierle la biancheria intima per la notte di nozze e per il viaggio nel Mediterraneo.”
Solo il pensiero mi fa accapponare la pelle. Shiori sdraiata sul mio letto in tenuta sexy è qualcosa che non ho mai immaginato, nemmeno nei miei incubi peggiori. Diabolica, Mizuki è semplicemente diabolica. Questa è la balla più colossale che abbia mai sentito. E la più inverosimile perché non comprerò mai e poi mai della biancheria sexy a Shiori Takamiya. Né vorrò mai vedergliela addosso… e soprattutto togliergliela! Certi pensieri sono riservati unicamente a Maya.
“Signor Masumi? E’ ancora lì?”
Credo che Mizuki pensi che sono svenuto per l’orrore. “Sì, sì, ci sono. E Shiori ci ha creduto?”
“Sembra proprio di sì. Penso che la risentirà dopo le vacanze, mi regga il gioco.”
“Certo che sì, Mizuki. Grazie infinite.”
“E’ stato un vero piacere, signor Masumi.” Il suo tono mi fa capire che quella che ha appena pronunciato non è affatto una frase di circostanza.
 
* * *
Ed ecco il secondo capitolo!
E qui una precisazione doverosa: se state leggendo questo capitolo e se leggerete il prossimo, lo dovete a Minerva e alle sue parole. In realtà non intendevo soffermarmi sulla bugia che Mizuki architetta alle spalle della povera Shiori, tantomeno sulla conversazione telefonica tra Maya e Masumi. Devo ammettere che il suggerimento è stato assolutamente geniale perché mi ha permesso di coprire un buco narrativo del quale io – distratta come al solito – non mi ero accorta. Ora la storia ha più senso.
Vi avviso anche che la fan fiction è virtualmente terminata, per il momento viaggiamo sui dodici capitoli. Dico “virtualmente” e “per il momento” perché prendo molto sul serio le vostre impressioni e suggerimenti, per cui non escludo di ritoccare il plot secondo i suggerimenti che mi verranno da voi dati. In questo caso, grazie a Minerva, se non altro per quanto mi ha fatto divertire nella stesura di questo capitolo.
Buona lettura a tutti.
Matane.
Nisi
 

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Capitolo 4
*** Qualcuno crea, qualcuno distrugge e qualcun altro non sta a guardare ***


Stesso giorno, di prima mattina.
 

L’interfono vibra e un secondo dopo sento la voce del signor Masumi: “Mizuki, puoi venire?”
Premo il pulsante per aprire la comunicazione e rispondo brevemente con un: “Subito”. Mi alzo e busso alla porta.
“Avanti.”
Entro nella stanza. Masumi Hayami è seduto alla scrivania. “Mi dica”, lo incoraggio, poi resto in attesa di sue disposizioni. Esita, intreccia le mani e vi posa sopra il mento, i gomiti poggiati alla scrivania.
“Più tardi devo fare una telefonata e poi se tutto fila per il verso giusto, dovrei uscire. Non penso di metterci molto, ma vorrei che mi aspettassi. Lo so che domani cominciano le vacanze, ma ti chiedo di fermarti qui in ufficio fino a quando sarò di ritorno.”
“Certamente.”
“Ti vorrei parlare.” E questa uscita mi stupisce perché non è da lui dire così. E’ da tanti anni, Masumi Hayami e io, che collaboriamo e non ho mai conosciuto nessuno più preciso e metodico di lui. Prevedibile, quasi noioso, se non fosse così affascinante vederlo lavorare e seguire i ragionamenti del suo cervello. Non fa mai niente di strano e quando lo fa, c’è sempre un’ottima ragione dietro a ciò. Anzi, un nome e un cognome: Maya Kitajima.
Resto imperturbabile e mi inchino, come il mio ruolo di subalterna mi impone. “Ci sarò.”
“Grazie, Mizuki. Ovviamente, ti pagherò lo straordinario.”
Lo fa sempre, anche quando non me lo dice. Chiudo la porta alle mie spalle e ritorno alla mia postazione. Deve essere successo qualcosa di importante al signor Hayami e a Maya. Da quando è tornato da quella crociera è cambiato, anche se cerca di far finta di niente. Lo vedo perdersi nei suoi pensieri nei momenti più impensati e sorridere beato per non so cosa, mentre a volte si rabbuia. Reprimo un ghigno di soddisfazione al pensiero di Shiori bloccata nel traffico e del signor Hayami e di  Maya che si fanno quella crociera a spese sue.
Per quanto quell’idea sia divertente, mi chiedo cosa abbia intenzione di fare il mio principale. Mi ha fatto preparare quel dossier così insolito sul quale sta lavorando da giorni, per non parlare della valutazione di tutte le variabili che potrebbero verificarsi nel caso in cui il matrimonio venisse annullato. Non ci vuol molto a capire che sta facendo l’impossibile per sciogliere il fidanzamento con Shiori Takamiya e  per limitare i danni. Sono preoccupata per lui. E’ una brava persona, gli sono affezionata e vorrei fosse felice. Non mi resta altro che attendere di parlare con lui, al suo rientro. Elucubrare sulla vita amorosa del mio capo non mi aiuterà a evadere la pila di pratiche ammonticchiate sulla mia scrivania, quindi mettiamoci al lavoro.
* * *
Sono giorni che sto studiando il dossier e la valutazione che mi ha preparato Mizuki. Finalmente penso di avere le idee chiare.  Butto giù un paio di appunti al PC e poi rileggo velocemente quello che ho scritto, infine alzo la cornetta e compongo un numero di telefono.
“Buongiorno, sono Hayami della Daito Art Production.”

“Mi scusi se vengo subito al punto. Avrei necessità di incontrarla.”
….
“Oggi, se possibile.”

“Sì, è importante.”

“Bene, arrivo. A più tardi”.
Richiamo il file salvato nella mia cartella personale e lo stampo in duplice copia. Appongo il mio timbro e metto il tutto nelle foderine di plastica, accanto agli appunti. Non mi prendo nemmeno la briga di infilare i fogli in una busta e di far preparare una lettera di accompagnamento; questa volta non ho tempo per le formalità e penso che non ne abbia nemmeno la persona che vado a incontrare.
Afferro la giacca, le cartelline ed infilo la porta. Passo davanti alla scrivania di Mizuki e le rivolgo un secco. “Esco!”
Non prendo nemmeno una delle auto della Daito, ma chiamo un taxi. Meno gente sa dove sto andando e meglio è. Come al solito, Tokyo è caotica e ci metto cinque minuti buoni prima di trovarne uno libero. La mia destinazione è a circa una mezz’ora dal mio ufficio e visto che c’è molto traffico, ne approfitto per rilassarmi e riguardare i miei appunti. Sono a posto, quindi mi metto più comodo e cerco di concentrarmi sull’incontro.
Solitamente, in queste situazioni rimango impassibile, ma in questo caso c’è troppo in gioco. Il pensiero di Maya mi coglie all’improvviso. Mi manca, ho voglia di vederla e riesco a ricordarmi com’è tenerla fra le braccia, come sono lisce le sue guance e a sentire il suo calore. Mi costringo a ritornare al presente, all’incontro. “Scusami, ragazzina, se tutto andrà come spero, poi potrò permettermi di pensarti ancora di più e di chiamarti in un modo più dolce di questo.”
Il taxi si ferma, pago l’autista e gli dico di tenere il resto. L’auto parte e io mi ritrovo, solo sul marciapiede.
* * *
Fra un po’ Hayami verrà qui. Che potrà mai volere da me, da noi?  Non ho molto tempo da dedicargli, con tutte le preoccupazioni che ho, ma  forse staccarmi un momento da questa pila di fatture e di conti da pagare mi farà bene. Come, Hanako? Hayami è arrivato? Sì, due minuti che faccio sparire tutto nel cassetto e poi fallo entrare.
Dopo due minuti, Hayami entra. E’ elegantissimo. Penso che quel vestito possa costare gli stessi soldi che pago ad Hanako per due mesi di fila.
“Signor Mitamura, la ringrazio per avermi ricevuto con un preavviso così breve.”
E’ molto educato e per niente arrogante. Non so come faccia a sposare la nipote di Takamiya e un po’ mi fa pena. “Signor Hayami, prego, si sieda e mi dica cosa posso fare per lei.”. Niente, credo. Stiamo annegando nei debiti, dubito che noi possiamo fare qualcosa per chiunque.
“Bene, arrivo subito al dunque e non le farò perdere del tempo.” Prende dei fogli dalla valigetta e li appoggia sul tavolo. “Signor Mitamura, so che lei è in serie difficoltà finanziarie.”
“Un modo gentile per dire che stiamo fallendo.” Sospiro. “signor Hayami, purtroppo questo lo so bene.”
“Non la sto prendendo in giro. Mi lasci proseguire.” Mi guarda fisso negli occhi con quella sua espressione serissima, forse troppo per un giovane della sua età. “So che una buona parte dei suoi guai è stata causata dalla famiglia Takamiya. Hanno rilevato tutti i suoi scaduti e ora ne richiedono il pagamento immediato.”
 “Non mi sta dicendo niente che già non sappia, signor Hayami.” Rispondo, mesto.
“Io voglio aiutarla.”
Cosa sta dicendo quest’uomo? “Aiutarmi?”
“Esattamente. Desidero aiutarla a levarsi di impiccio.”
“La ringrazio, ma non mi posso permettere un altro prestito.  Yen dopo yen, lo vede anche lei come ci siamo ridotti.”
“Io non voglio farle nessun prestito. Se lei è d’accordo, entrerei nella società con una quota minima e gestirei la sua parte finanziaria. Lo ammetta, Mitamura, a lei non piace far girare i soldi, preferisce occuparsi dei suoi allestimenti teatrali. E fa bene, perché qui in Giappone sono i migliori. Io in materia di finanza ne so molto più di lei.”
 “Non ci vuole molto ad essere migliore di me, in questo. Ma lei cosa ci guadagna?”
“Diciamo che sarebbe un vero peccato se lei perdesse la direzione di questa Società”.
“Signor Hayami, non sono nato ieri e nemmeno ieri l’altro. Lei sta per sposare la nipote di Takamiya e mettersi contro l’Imperatore è da folli”. Mi sto innervosendo, non riesco a capire dove Hayami voglia andare a parare e perché.
Rimane in silenzio per un paio di minuti, tanto che ho paura che non mi abbia sentito. “Si tratta di una questione molto personale” ribatte. “Posso contare sulla sua riservatezza?”
Certo che può! Nel nostro ambiente sono famoso per non lasciarmi scappare niente e di essere discreto. “Ha la mia parola. Cosa mi vuole dire?” Sono perplesso, questo giovane e brillante uomo d’affari che ho appena conosciuto mi racconta cose private?
“Dunque…” esita “Non voglio sposare Shiori Takamiya, ma temo che quando romperò il fidanzamento, succederà di tutto. Voglio un’alternativa e soprattutto, non mi piace che i Takamiya l’abbiano vinta, è questione di principio. Rispetto la sua arte e credo che siano le persone come lei a fare grande il teatro qui in Giappone.”
Sono sempre più sbalordito, uno come Hayami che mi parla di principi?
“So cosa sta pensando, signor Mitamura: lo squalo Hayami che parla di etica. Sono uno squalo, è vero, ma non sono uno sciacallo e non mi nutro di carogne.”
Questo giovanotto sembra avere una fibra d’acciaio. “Tutto questo le fa onore, Hayami. Ma se dovesse venire qui a lavorare, non sarebbe un incarico di prestigio come quello al quale è abituato.” faccio notare gentilmente.
“E’ quel che cerco. Un lavoro che mi impegni, ma che non monopolizzi la mia vita.”
“Ha quindi altri interessi che assorbono la sua attenzione?”
Per la prima volta Hayami sorride. “Non esattamente. Un impegno molto più importante del lavoro.”
Una donna. Allora quello che si dice in giro di lui con la candidata al ruolo della Dea Scarlatta forse è vero. Non dico niente, non voglio sapere le cose ad ogni costo. Sono affari suoi.
“Vorrei essere un compagno presente, per dirgliela tutta.” Risponde alla domanda che non gli ho rivolto.
Lo capisco. Quando la sera torno a casa, mi piace stare ad ascoltare mia moglie e i miei figli e stare un po’ con loro. Mi aiuta a dimenticare le preoccupazioni. Annuisco.
“Signor Mitamura, potremmo fare veramente un buon lavoro.”
“Non posso pagarla tanto, Hayami.” Sono sempre più imbarazzato. Un lavoratore serio va retribuito il giusto e io per il momento non posso farlo.
“Non ho bisogno di soldi. Vivo nel lusso perché l’ambiente nel quale lavoro me lo impone, ma non lo amo. Preferisco le cose semplici.” Si alza e sposta la sedia. Poi mi porge le cartellette che fino a quel momento aveva tenuto in mano. “Ho abbozzato un contratto. Lo legga o, se preferisce, lo mostri al suo avvocato. Poi mi faccia sapere cosa ne pensa.” Si inchina e se ne va.
Sono passate tante ore da quando Hayami ha infilato la porta. Ho letto il contratto e ho chiesto un parere al legale. Sembra molto vantaggioso. Hayami ha detto che non gli interessano i soldi e qui sulla carta c’è la riprova che quel che dice è  vero. Se accettassi, mi tirerebbe fuori dai guai, mi libererei di Takamiya e tornerei a fare quel che mi interessa e nel quale sono bravo.
Il contratto è già siglato, nelle due copie. Una per me, l’altra da restituire alla controparte. Deve avere una gran fretta, quell’Hayami.
Anche io, se è per quello. Risolvere tutti i nostri problemi è diventato urgente.
Prendo il mio timbro, lo intingo nell’inchiostro e appongo il sigillo.
E’ fatta.  Io e Masumi Hayami siamo diventati soci.
Che strana coppia!
* * *
“Eccomi, Mizuki.” La voce del signor Hayami mi distoglie dal contratto che sto rivedendo. “Portami una tazza di caffè, prendine una anche per te e raggiungimi in ufficio quando sei pronta.” E scompare dietro la porta.
Mi offre una tazza del suo prezioso caffè? E’ sempre stato generoso, il signor Masumi, ma questa è la prima volta che fa una cosa del genere. In ogni caso, mi affretto a ubbidire  e, tenendo in bilico il vassoio con una mano, con l’altra busso alla porta chiusa.
“Avanti”.
Non è seduto alla scrivania, ma su una delle poltroncine poste sul lato sinistro dell’ufficio.
“Mizuki, vieni pure. Siediti.” E accenna con la mano alla poltroncina di fronte alla sua.
Sono perplessa. Oltre al caffè, ora mi invita ad accomodarmi nell’angolo delle riunioni. Non dovrei, ma sono incuriosita. Cosa mai mi vorrà dire?
Appoggio il vassoio al tavolinetto in cristallo e mi siedo di fronte a lui.
Si passa le mani tra i capelli. Poi sospira e mi guarda in faccia.
“Ho letto il tuo rapporto su cosa potrebbe succedere se io annullassi il matrimonio. Non c’è altra possibilità, vero?”
“Temo di no.” ribatto asciutta.
“Spero di non dover arrivare a certe misure estreme. In ogni caso, si vedrà. Sono stato da Mitamura, degli allestimenti teatrali.”
Non è mio compito fare commenti. Mi limito ad annuire.
“Gli ho chiesto di conferirmi l’incarico di  consulente finanziario e di farmi entrare nella sua compagnia come socio di minoranza.”
La sorpresa è talmente grande che balzo in piedi ed esclamo: “Cosa?”
Un sorriso gli stira impercettibilmente le labbra e mi fa cenno di risedermi. “Sono riuscito a sorprenderti, per una volta. Siediti, Mizuki. Non bevi il tuo caffè?”
Obbedisco e faccio entrambe le cose.
“Ti ho chiesto di preparami quella valutazione di tutti i rischi nei quali potrei incorrere se annullassi il matrimonio. Avrai capito che ho intenzione di rompere il mio fidanzamento con Shiori Takamiya.”
Sto zitta e attendo che continui a parlare.
“Non dici niente, Mizuki?” sorride un po’ sardonico.
“Col dovuto rispetto, non penso sarebbe molto felice con lei.” Rispondo molto diplomaticamente. Disprezzo le persone come la signorina Shiori e dubito che lei sarebbe in grado di far felice chiunque, di certo non il mio principale. Naturalmente, certi pensieri rimangono inespressi.
“Molto acuto. Tu lo sai che quando annuncerò la rottura del fidanzamento qui succederà il finimondo?”
“Lo immagino.”
“Mi sono cercato una via di uscita e l’ho trovata. Mizuki, ti chiedo se ti va di seguirmi e di continuare ad essere la mia assistente.”
“Non deve nemmeno domandarmelo.”
“Ti devo avvertire che il carico di lavoro e l’impegno saranno minori, ho scelto apposta un impiego del genere per essere più libero. Avrai più tempo per te stessa e…”
Rimango impassibile ancora una volta e attendo che mi dica quello che già ho capito da un bel po’.
“Tutto questo per dirti che ho ragione di credere che Maya Kitajima non mi odi più così tanto.”
Mi permetto un ghigno proprio davanti a lui. Quanto possono essere corti di vedute gli uomini, a volte!
“Sempre col dovuto rispetto, non credo l’abbia mai veramente odiata. In ogni caso, sono molto felice di saperlo. Se dovrò organizzare un altro matrimonio, me lo faccia sapere, che ormai ho acquisito una certa pratica.”
Beve un sorso di caffè. Poi si lascia andare contro il sedile della poltroncina e stende le gambe. “Andiamo, Mizuki, per una volta dimmi cosa pensi veramente. Il tuo parere mi interessa molto.”
“L’unica cosa che posso dire in coscienza  è: “era ora”.”
Per una volta non resisto alla tentazione di fare una uscita ad effetto. Mi alzo, mi inchino, ringrazio per l’ottimo caffè e me ne vado.
Hijiri sarà contento, ci potremo vedere un po’ di più penso mentre vedo il mio principale uscire dall’ufficio come una furia, ma con un’espressione felice in volto.
Gambatte kudasai, Hayami-san.
*  * *
 
La telefonata con Mizuki mi ha molto sollevata; forse l’ho giudicata male, non mi è sembrata più così altezzosa come ho sempre pensato. Sono così felice che Masumi voglia farmi un regalo tanto speciale per il nostro matrimonio. Chissà cosa mi porterà, da Parigi. Seta? Taffettà? Pizzo Valenciennes? Macramé?  Sono così curiosa! E chissà di quale colore. Ho fatto male a non dirgli che il pesca dona particolarmente alla mia carnagione. In realtà mi stanno bene quasi tutti i colori tranne il giallo. Ma non mi preoccupo molto, Masumi ha talmente tanto buon gusto che non mi porterà mai della lingerie di quella nuance.
Voglio che sia orgoglioso di me e Mizuki ha ragione, non mi sono comportata bene con quella ragazza, Maya Kitajima. Darle quei soldi è stato volgare e di cattivo gusto, devo ammetterlo, e al di sotto del mio standard. Anche nascondere l’anello di fidanzamento nella sua borsa non è stato un atto molto elegante.
Ho deciso, le porterò qualcuna delle mie orchidee per domandarle scusa per il mio comportamento. In realtà, non mi interessa per nulla riconciliarmi con lei, ma penso che Masumi apprezzerà un gesto del genere. Quindi, mi preparo, rinfresco il trucco e vado a cogliere personalmente nella mia serra un fascio di orchidee. Un nastro dello stesso colore dei fiori ed è fatto. Molto di buon gusto, anche se dubito che quella ragazzina possa apprezzare un mazzo di fiori tanto bello.
Salgo in macchina e mi faccio portare davanti al Kid’s Studio. Oggi fa caldo, è ancora presto e credo che le prove siano ancora in corso. Mi siedo al caffè per prendere qualcosa di fresco nel frattempo. Indosso un cappello a tesa larga e degli occhiali da sole, quindi posso stare tranquilla senza essere riconosciuta.
Un tè verde ghiacciato, grazie.
Le prove devono essere terminate perché vedo arrivare il regista e quel ragazzo che ha avuto l’incidente e che ora cammina con le stampelle. Fra poco dovrebbe uscire anche Maya. I due si siedono nel tavolo dietro a quello al quale sono seduta io e mio malgrado, capto dei nomi e il senso della conversazione tra i due e non posso fare a meno di ascoltare.
Man mano che i due parlano, comincio a comprendere. Mi cade il mondo addosso perché capisco di essere stata crudelmente ingannata.
Quello che mi ha detto Mizuki non è vero, è una bugia che Masumi sia andato a Parigi a comprarmi della biancheria per la nostra notte di nozze! Lui si trova qui a Tokyo e vuole andare a passare le vacanze con quella… quella… quella ragazzina nella sua villa di Izu, lasciandomi qui da sola. Non mi ha mai invitata nonostante sia io la sua fidanzata, la sua futura moglie, e avrei tutti i diritti per essere là. Mi sento così umiliata!
Masumi è sempre stato corretto con me, non può avermi fatto questo, non può essere vero! Non può avermi ingannata così crudelmente.
Mi alzo in piedi, barcollando come fossi ubriaca e afferrando il mazzo di orchidee come un’arma con la quale fare male. Mi trovo faccia a faccia col ragazzo che si fa pallidissimo perché si rende conto che ho sentito tutto; dietro a lui il regista, che mi guarda con odio. Caccio i fiori in mano al ragazzo e torno alla macchina senza badare all’eleganza del mio portamento, per una volta.
Che affronto, nessuno ha mai osato fare una cosa del genere a Shiori Takamiya!
L’auto procede veloce nel traffico di Tokyo. Arrivo a casa e le mie mani tremano ancora dalla rabbia. La borsa scivola per terra e non la raccolgo.
Ho bisogno di sfogarmi, devo fare qualcosa altrimenti impazzisco. Prendo la prima cosa che mi capita sottomano e la scaravento a terra con tutta la forza che ho. E’ un vaso di cristallo e le schegge schizzano dappertutto, anche addosso a me.
Non mi fermo, non sento dolore. Solo tanta, tantissima rabbia.
Le mie mani graffiate prendono a sanguinare e anche i polsi e i polpacci e le caviglie, ma non mi importa. Un altro vaso di cristallo per terra e frammenti dappertutto, ancora, forse anche tra i miei capelli. Ma  tutto questo mi serve, mi aiuta a sentire meno la furia che mi attanaglia lo stomaco.
Waterford, Boemia, Swaroski,  dopo qualche minuto non ne è rimasto più niente, solo pezzi di vetro che catturano la luce esplodendo in un arcobaleno di breve durata prima di ripiombare a terra, inerti.
Singhiozzo e piango mentre distruggo tutto perché nessuno, nessuno può portarmi via quello che è mio, penso alla fine, crollando in ginocchio e nascondendo il viso tra le mani.
E’arrivato qualcuno, ma non mi interessa chi sia. Mi aiutano a rialzarmi da terra e mi trascinano a sedere su un divanetto. Mi sembra di essere una bambola di pezza.
E’ tata Takigawa, che ora è vicino a me. “Signorina Shiori, cosa le è venuto in mente? Dobbiamo disinfettare questi tagli e subito! Masako!” chiama. La sua voce è stridula e mi dà fastidio alle orecchie. La testa mi scoppia, i tagli cominciano a bruciare. E’ entrata un’altra persona nella stanza.
“Masako, porta tutto il necessario per disinfettare questi graffi.”
Masako si deve essere spaventata, perché corre via. Non devo essere un bello spettacolo e non voglio del disinfettante. Voglio che qualcuno mi prometta che andrà tutto bene e che Masumi sarà solo mio.
“Signorina, cosa è successo?”
Tra un singhiozzo e l’altro racconto che ho scoperto che Masumi ha invitato quella ragazzina nella sua villa di Izu. Lei e non me. Rispetto a Maya Kitajima, io vengo sempre dopo, molto dopo ed è sempre stato così.
Nel frattempo, Masako è tornata e tata Takigawa ha iniziato a disinfettare i tagli che ho sulle gambe e sulle caviglie. “La smetta di piangere come una bambina sciocca!” mi intima all’improvviso.
Si alza e mi redarguisce severamente. “Signorina Shiori, lei lo sa che gli uomini hanno delle esigenze.”
La fisso, stupita. La sua voce è dura e non ammette repliche.
“Ha capito di cosa parlo.  Lei sarà la moglie di Masumi Hayami, il presidente della Daito Art Production. Indipendentemente dalla donna con chi Hayami-sama vorrà accompagnarsi di tanto in tanto, sarà Shiori Takamiya che darà un erede alle due famiglie, se lo ricordi bene. Pertanto, è suo preciso dovere assecondare suoi marito anche nei suoi piccoli capricci.”
Come fare a spiegare che vorrei Masumi solo per me e che ho paura che Maya Kitajima non sia solo un “piccolo capriccio”? Ho sentito queste parole per tutta la vita, fin da quando ero molto piccola e le conosco a memoria, quasi fossero una filastrocca, ma solo adesso ne capisco veramente il significato, che mi sembra ingiusto e profondamente sbagliato.
“Ma io…” balbetto.
“Non ho finito! Mi lasci parlare!”
Non riesco a ribattere, con lei non ci sono mai riuscita.
“Lo sa perfettamente che essere una moglie adatta a un uomo come il presidente della Daito è un compito gravoso e complesso e richiede un grande spirito di sacrificio e abnegazione; lei è stata allevata appositamente per ricoprire un ruolo del genere in maniera ineccepibile, qualsiasi cosa possa accadere. Per cui, si asciughi le lacrime e non badi a queste sciocchezze. Le donne che piangono sono brutte e sgradevoli ed essere bella in ogni occasione è uno dei suoi doveri e il suo dovere principale è quello di essere di sostegno a suo marito, indipendentemente da come lei si senta in quel momento. Sorrida, avanti!”
Più che un invito, questa mi sembra una minaccia e no, non ce la faccio a sorridere, anche se sono stata allevata per questo. Non ora. Ho sempre sognato un uomo solo mio e una vita serena e all’improvviso, mi sembra di chiedere troppo.
La voce della tata si addolcisce. “Non creda che non la capisca, signorina. E’ comprensibile che si senta così. Vedremo di usare questo suo piccolo incidente a nostro vantaggio. Masumi Hayami sarà suo marito al più presto. E con un po’ di fortuna, dimenticherà presto quell’attricetta da strapazzo. Dopotutto, è di estrazione sociale talmente bassa che non sarebbe adatta nemmeno come passatempo. Lasci fare a me.”
Ora, finalmente, riesco a sorridere.
 
*  *  *
Chiedo umilmente scusa per l’imperdonabile ritardo.
Quest’ultima parte nella quale Shiori devasta la cristalleria dei Takamiya al gran completo è stata scritta, riscritta, riveduta e riletta una marea di volte.
E’ stato molto difficile per me immaginare una reazione di Shiori che fosse credibile e allineata al suo carattere. Spero di essere riuscita a renderla al meglio.
In ogni caso, mie care (e cari, perché no?), ci rivediamo a Izu e il prossimo aggiornamento non tarderà molto.
 
Grazie mille per le vostre recensioni (nell’ultimo capitolo ben sei, ma wow!). Che lo crediate o meno, mi sono davvero utilissime, per cui se dovete dirmi qualcosa, non fatevi problemi.
 
Baci dalla Nisi

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Capitolo 5
*** Benvenuta a Izu ***


Ed eccomi qua, nella mia villa di Izu. Sono letteralmente fuggito dall’ufficio come se mi stessero inseguendo per farmi la pelle e mi sono precipitato qui. Non volevo che Maya arrivasse e non mi trovasse.
Lo so perfettamente che mi sono lasciato alle spalle delle situazioni che  dovrei risolvere al più presto, ma sono giorni, settimane che ho bisogno di vederla, di stare con lei, e queste vacanze sono un’occasione troppo bella per non approfittarne pienamente.
Non riesco a stare fermo, sento il cuore che mi batte in maniera scomposta e questo non è da me, visto che sono famoso per essere glaciale e irremovibile. Forse non sono quell’uomo di ghiaccio – o affarista senza scrupoli, come Maya mi chiamava una vita fa - che pensavo di essere. Magari i miei sentimenti erano andati in letargo per risvegliarsi nel momento più opportuno. O meno, dipende dai punti di vista. Continuo a girellare per casa come un’anima in pena.
Non so ancora quando Maya arriverà, ma io sono qui e  l’aspetto.
Fa caldo, stasera. Sono uscito sul terrazzo e le stelle delle quali le ho parlato ci sono tutte. Cassiopea, Andromeda, Altair, rimanete dove siete e fatemi fare bella figura con lei, se potete.
La casa è in ordine.
Il frigo è pieno di buon cibo. So che a Maya piace il parfait, ma non sapendo quale sia il suo gusto preferito, ho fatto contattare da Mizuki il miglior gelataio italiano di Tokyo per riempire il freezer di tutti i parfait possibili e immaginabili.
Niente fiori “sospetti”, ho deciso, ma quando sarà il momento, questa casa verrà riempita di rose scarlatte.
I letti sono stati rifatti di fresco, su al piano di sopra. Ci sono tre camere, oltre alla mia: una ha un letto all’occidentale, le altre due un futon e sono state arredate alla giapponese, con tatami e tutto il resto. Maya sceglierà dove stare.
Il satiro dentro di me fa sapere che troverebbe oltremodo piacevole se Maya condividesse il mio letto. Ricaccio indietro quel diavolo tentatore, anche se il fatto che lei abbia undici anni in meno di me e un’estrazione sociale completamente diversa dalla mia ha per me sempre meno senso.
Che pace, qui. Tokyo è abbastanza lontana perché i suoi rumori e le sue luci non raggiungano questo posto. Sento solo il rumore delle onde che si infrangono sugli scogli.
Ho infilato la cravatta nella tasca della giacca mentre ero fermo a un semaforo. A quello successivo la giacca me la sono tolta, e quando sono arrivato qui mi sono fatto una doccia, ho indossato un paio di jeans chiari e una camicia di stoffa leggera sbottonata fino al petto, quasi a voler lasciare indietro l’Hayami-sama, presidente della Daito Art Production per diventare solo Masumi che aspetta la ragazzina che gli ha rubato il cuore, tanto tempo fa.
Guardo l’orologio. Forse ho il tempo di sgranchirmi le gambe prima che lei arrivi, posto che arrivi oggi. Kuronuma di solito li fa lavorare fino a tardi. Le ho chiesto di non avvertirmi, voglio avere la sorpresa di trovarmela davanti. Quindi al diavolo cellulare, e-mail e tutto il resto. Vado a fare due passi in spiaggia. Camminare a piedi nudi sulla sabbia mi farà bene.
Infilo un paio di scarpe ed eccomi a percorrere quei pochi metri di giardino che portano al cancello della villa. Esco e richiudo la porta dietro di me, avviandomi a passi lenti, le mani sprofondate nelle tasche dei jeans. Il verso delle cicale che friniscono copre il rumore del mare. In strada ci sono solo io. Sto per imboccare la strada che porta alla spiaggia quando vedo da lontano una figuretta avvicinarsi piano piano, tirandosi dietro un trolley.
E’ Maya.
Le vado incontro a grandi passi e mi fermo a un metro da lei. Ho la gola secca, lo stomaco chiuso e riesco solo a sussurrare il suo nome.
“Maya!”
“Signor Hayami”, risponde lei a mo’ di saluto e rivolgendomi un bel sorriso.
“Non pensavo arrivassi così presto.”
“Kuronuma-san è rimasto soddisfatto delle prove e ha detto di goderci la vacanza, che al ritorno ci sarà da lavorare”. Maya ridacchia al pensiero di quello sbraitante regista, ma lo fa con un pizzico di orgoglio perché se le prove sono andate bene, è evidentemente merito suo.
“Allora hai fatto una corsa.”
“Sì. Ma mi ero portata dietro la borsa, così ho chiamato un taxi per arrivare in stazione e salire sul primo treno.”
“Non ti sei fermata un attimo. Avresti dovuto riposarti un po’.”
Esita.
Arrossisce e poi mormora ad occhi bassi: “Io… avevo tanta voglia di vederla, Hayami-san.”
Basta, mi arrendo. Come faccio a resistere quando mi dici queste cose? La prendo tra le braccia a la stringo a me. “Oh, Maya!”
E al diavolo il trolley!
Sto diventando un orco, nessuno mi ha mai insegnato a trattare le donne a questo modo, ghermendole come fossero bambole di pezza. Ma con lei non ce la faccio a controllarmi, soprattutto se la sento lasciarsi andare contro di  me e abbracciarmi come sta facendo adesso. Ormai ho capito come fa: una mano la appoggia sul mio petto, l’altra, sulla mia schiena ad afferrare la stoffa della camicia.
Per quanto mi riguarda, potremmo anche rimanere così per tutta la notte, ma siamo in mezzo alla strada e non mi piace particolarmente l’idea di essere disturbato da qualche (raro) passante. Da tanto tempo mi sono reso conto di essere piuttosto geloso di lei. Anche questo è un atteggiamento da cavernicolo, ma questa signorina qui che mi sta stringendo forte, mi sta facendo scoprire parecchie cose su me stesso, aspetti della mia personalità assolutamente insospettati.
Molto di malavoglia mi stacco da lei. Lentamente, per farla abituare alla mancanza del sostegno fornito dal mio petto.
“Questo lo prendo io”. Raccolgo il trolley che era planato a terra per colpa mia. Mi sono quasi riavuto e ricordo almeno un po’ della  mia costosa buona educazione.
“Lei non stava andando da qualche parte?” esita Maya.
“Volevo solo passare il tempo mentre ti aspettavo. Fare due passi sulla spiaggia. Se ti va, potremmo andarci assieme poi”.
“Sì, certo.” Accanto a me, Maya si fa più timida, le mani strette tra loro. Sarà stata la parola “assieme” a farla arrossire così?
“Hai già mangiato?”
“Sì, ho preso un o-bento in stazione.”
Arriviamo davanti al cancello, apro la serratura e la faccio passare per prima. “Prego”.
Si guarda in giro stupita, il giardino è ben curato e fresco e si ferma un attimo.
“Che ne dici?”
“Oh, signor Hayami, è meraviglioso, qui.” Sembra la ragazzina che è stata fino a poco tempo fa. Si china a osservare un fiore, si alza sulla punta dei piedi per inalare il profumo dei frangipane. Nel mio giardino non ci sono rose.
“Sono contento che ti piaccia.”
“Oh, sì! Certo che mi piace!”
Pochi passi e siamo entrambi dentro casa. “Allora è qui che viene  per essere se stesso?”
“Già” questa sera sono evidentemente di poche parole. In realtà, non mi sono ancora riavuto dall’abbraccio di poc’anzi.
Proprio come ha fatto nel giardino si guarda in giro deliziata, soffermandosi sui piccoli particolari di casa mia: una lampada, le poltrone, un tavolino in cristallo, i fiori in un vaso dalla forma affusolata.
“Ha una bellissima casa, signor Hayami.”
Non so perché ma non gradisco più che mi chiami così. Mi sembra così freddo ed impersonale, e mi ricorda troppo i tempi in cui i nostri rapporti erano tesi e complicati.
Se ne è accorta. Ha aggrottato le sopracciglia, preoccupata. “Ho detto qualcosa di sbagliato, signor Hayami?”
Ecco, ancora.
Ma non posso pretendere che mi legga nel pensiero. Dopotutto, le sue parole sono estremamente cortesi. Mi giro a guardarla ed è ancora una volta la mia educazione a venirmi in aiuto. Ha la faccia stanca, è accaldata. “No, sono io che sono un maleducato: non ti ho ancora fatto accomodare e chiesto se hai sete.”
“Oh, sì. Fa molto caldo stasera, vero?”
“Sì, davvero caldo.” E non so se sto parlando della temperatura atmosferica o quella che mi sento dentro. “Ho un buonissimo tè verde in frigo, ti andrebbe?”
“Proprio quel che ci vuole, grazie.”
“Mettiti comoda” la invito accennando alle poltrone davanti a lei. Esita.
“Cosa c’è, Maya?”
“E’ così elegante, qui.”
“Preferisci che prendiamo qualcosa in cucina?”
“Sì, è meglio. Non vorrei rovinare queste belle poltrone, sono talmente maldestra...”
La capisco, in fondo. Il soggiorno nel quale ci troviamo è arredato in maniera lussuosa, sebbene un po’ impersonale. Curiosamente, è la stanza di questa casa che mi piace di meno. Invece la cucina è molto più accogliente, è luminosa e comoda.
“Dai, allora vieni.”
Mi cammina a fianco e cerchiamo di passare entrambi dalla porta nello stesso momento. Ci voltiamo l’una verso l’altro e scoppiamo a ridere. “Prima le signore”. Maya non sembra dar segno di avere udito. Poi improvvisamente fa una smorfia birichina e ribatte: “Qui di signore non ne vedo. C’è solo una ragazzina!” e ride ancora, maliziosa.
Mi piace vederla così spensierata. E la voglia di stringerla a me mi assale ancora una volta a tradimento ed è sempre più difficile resisterle, visto che è sera e siamo soli in questa grande casa.
Io e lei.
Un uomo e una donna, per quanto giovane.
“Va bene, se insisti. Prima le ragazzine! Però non lamentarti se poi ti chiamo così!” e con un gesto teatrale, le tengo aperta la porta per farla passare. Si infila ridacchiando sotto al mio braccio e anche io le faccio eco.
La cucina è di legno chiaro, a penisola, attorno al quale sono disposti quattro sgabelli alti. “Siediti dove vuoi, che prendo da bere.”
Si arrampica a fatica per sedersi, lei è così minuta.
Preparo due bicchieri e mi siedo di fronte a lei. “Alla tua salute.”
“Alla sua!” risponde, prima di vuotare il contenuto in pochi sorsi. “Avevo sete.” dice in tono di scusa.
“Lo vedo. Ne vuoi ancora?”
“Ancora un po’, grazie.”
Questa volta beve un pochino più lentamente.
Quasi casualmente, cincischiando il bicchiere vuoto tra le mani, le pongo la domanda che ho in testa da quando è arrivata. “Maya, quanto puoi rimanere?”
Maldestro, maldestro. Ora penserà che la voglio mandare via.
La vedo arrossire fino alla radice dei capelli e abbassa lo sguardo. Devo avere i bicchieri più interessanti dell’universo, visto che li fissa con attenzione esagerata. “Le prove riprendono lunedì alle nove. Mi dica  quanto vuole che resti.”
Sono senza parole. Siamo a mercoledì sera, quindi ciò sta a significare che potremo passare quattro giorni assieme.
Io e lei, da soli.
Il satiro si frega le mani.
“Ti sta bene se torniamo assieme domenica verso sera? Ti riaccompagno io.”
Maya alza finalmente lo sguardo e sorride, timida: “Mi sembra una buona idea.”
E ora, i convenevoli di rito sono finiti, una parte delle carte in tavola è stata scoperta. Ora so che lei rimarrà qui con me, lo ha detto chiaramente. Siamo seduti l’uno di fronte all’altra, soli in questa grande casa con una lunga notte davanti, due bicchieri vuoti tra noi due e con un amore e un desiderio dentro di me che non so più come arginare.
 
* * *
Grazie mille a Tetide per la sua recensione.

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Capitolo 6
*** Il satiro prende il sopravvento ***


“Vuoi ancora del tè?”
“No, grazie, signor Hayami. Sto bene così.”
“Bene, allora lo rimetto in frigo. Ho anche dei parfait in freezer, so che ti piacciono. Te ne va uno?”
“Oh, sì. Io adoro i parfait, soprattutto alla fragola.” Mi alzo e sbircio in ghiacciaia. “Ho proprio qui davanti a me un parfait alla fragola.”
Mi viene da sorridere a guardarla mangiare il gelato tanto di gusto. Vorace, Maya, si vede che le piace proprio. Quando finisce, appoggia il cucchiaino al piatto, si lascia andare contro lo schienale dello sgabello e sospira con voluttà massaggiandosi lo stomaco. “Che buono…”
Trattengo una risata: “Se vuoi ne ho ancora.”
“Oh, no, uno basta. Cioè, ne mangerei un altro, ma se esagero mi viene mal di pancia.”
Sono sempre più stupito dalla naturalezza di questa ragazza. Ridacchio e mi alzo per mettere il piatto ormai vuoto nel lavandino.
Questa operazione non mi richiede più di qualche secondo. E sono di nuovo seduto davanti a Maya, che sembra molto in imbarazzo: suppongo che questo tipo di situazione sia una novità, per lei. E’ la prima volta che rimaniamo soli perché vogliamo esserlo e mi sento invadere dalla tenerezza.
“Ti faccio vedere la casa?”
“Sì, grazie.”
“Allora, lì c’è un bagno piccolo, in caso dovessi mangiare troppi parfait” indico una porta chiusa. “Il terrazzo te lo mostro dopo. Saliamo al piano di sopra”.
La sento camminare dietro a me, arriviamo sul pianerottolo e mi giro ad aspettarla.
Apro la prima porta. Una stanza grande e spaziosa, un grande letto matrimoniale, una scrivania con un PC, dei bei quadri e scrupolosamente ordinata e pulita. “Questa è camera mia” annuncio con voce indifferente.
Maya sbircia dentro: “E’ molto bella.”
“Mi ci trovo bene. Vieni che ti faccio vedere le altre stanze.”
La prima e la terza sono speculari, sono le due washitsu, le camere alla giapponese. La seconda è piccola e carina, con un letto all’occidentale. In fondo al corridoio c’è un bagno tradizionale, un o-furo, con tanto di vasca in cipresso. “Che meraviglia!” esclama Maya “Deve essere bellissimo fare il bagno qua!”.
“Molto piacevole, sì.” Sempre più laconico. E’ che sono colpito, come al solito, dalla sua freschezza, dalla sua gioia di vivere, dal suo entusiasmo. Mi ci potrei abituare.
“Signor Hayami…”
“Smettila!” scatto io, senza pensarci.
Maya mi guarda con un’espressione ferita e indietreggia di qualche passo.
“Maya, scusami, è colpa mia.”. E’ il minimo che possa fare, domandare perdono. Ci sono rimasto male anche io, il ricordo delle nostre discussioni che lasciavano entrambi svuotati è ancora troppo fresco. Mi passo una mano tra i capelli, nervosamente.
“Io non capisco.”
Sospiro: “Certo, come potresti? In questo caso non mi capisco nemmeno io.”
Inclina la testa da un lato e mi guarda: “Che cosa succede, signor Hayami?”
“Non chiamarmi più così, ti prego. E non darmi più del lei, non ha senso.”
“E’ per questo che si è arrabbiato?” domanda esitante.
“Non ero arrabbiato, ero frustrato.” Faccio una pausa, valutando e soppesando le parole. “Ti ricordi cosa ti ho detto sull’Astoria, quando stavamo per arrivare in porto?”
“Sì, mi ricordo tutto. Cosa intende di preciso?”
“Quando ti ho raccontato che sei la persona con la quale mi sento più a mio agio.”
Arrossisce, annuisce e: “Sì, me lo ricordo.”
“Allora non ti sembra inutile continuare a darmi del lei e chiamarmi “signor Hayami”?
“Beh, credo di sì. Ma mi ci vorrà un po’ per abituarmici, Masumi.” Arrossisce e sorride ancora. E’ in imbarazzo.
“Io dove dormo?” domanda all’improvviso.
“Dove vuoi” mentre mando mentalmente a quel paese il satiro che mi dà suggerimenti sconci. Non che non mi piacerebbe metterli in pratica, ma Maya ha bisogno di gentilezza e di dolcezza e anche io, per una volta. Le proposte del mio alter ego depravato non sono né gentili, né dolci. Non del tutto, per lo meno.   “Devi solo scegliere in quale camera stare.”
Il suo viso si illumina. “E posso scegliere anche all’ultimo momento?”
 “Certo! Puoi anche dormire ogni notte in una camera diversa.”
Il satiro comincia a sghignazzare perché se così fosse, vorrebbe dire che una notte la passerà nella mia, di camera. Anche Freud sghignazzerebbe come un matto, se fosse ancora vivo, soprattutto a causa della sua tendenza a buttare tutto sul sesso. “Cioè…”
Maya si fa di brace:”Sì, ho capito… non si… non preoccuparti”.
Rimaniamo un po’ a fissarci, imbambolati e poi entrambi scoppiamo a ridere. Mi piace stare con Maya, non ci si annoia mai, e adoro parlare con lei.
Come ha già fatto in quell’alba magica, appoggia per un attimo la testa al mio braccio. E’ troppo minuta per arrivare alla mia spalla. E io le arruffo i capelli. Mi piacciono molto, sono sempre puliti e lisci, con un buon profumo, di fiori e frutta estiva, credo. E questo è un gesto che posso fare liberamente, neutro. Lo fanno anche gli zii con le nipoti.
“Ti avevo promesso un bel cielo stellato: ti va di uscire sul terrazzo?”
La vedo illuminarsi e battere le mani nel suo gesto tipico. “Sì, certamente!”
Ricambio il sorriso. “Allora vieni.” Le tendo la mano e lei la prende. Non c’è pericolo che Maya cada perché le scale sono sicure e i gradini ampi, ma ogni scusa è buona per toccarla e non è la prima volta che le offro la mano col pretesto di essere gentile.
Mi trotterella dietro mentre torniamo al piano di sotto e sento il ticchettare delle ballerine che indossa. Apro completamente la porta finestra e usciamo sul terrazzo. E’ ampio e circondato da una siepe, formata dalle piante nei vasi di cemento che danno una certa privacy. Al centro del balcone un divanetto a due posti, di legno e ricoperto da morbidi cuscini color panna. E’ da poco che ce l’ho, l’ho comprato qualche giorno fa appena ho saputo che Maya sarebbe venuta. Di solito usavo una sedia sdraio che avevo scovato chissà dove e che non c’entrava niente con l’arredamento, alla faccia dell’eleganza.
“Accomodati pure, Maya.” Io rimango in piedi, accanto alla ringhiera di ferro battuto. Forse non è stata una buona idea comprare quel divanetto e non voglio imporle la mia vicinanza.
“Sig… Masumi, non ti siedi?”
La sua richiesta mi prende alla sprovvista. “Sì, sì, arrivo.”
Mi siedo accanto a lei. “Stai comoda?”
“Sì, questi cuscini sono molto morbidi. Fa fresco, ora.”
“Già, si sta molto bene.”
Restiamo in silenzio per qualche minuto. Le stelle risplendono piano sopra di noi. “Che ne dici?”
“Sono molto belle. Non pensavo che così vicino a Tokyo si potesse vedere un cielo stellato come questo. Si vede anche la via lattea.”
“E’ per questo che ho comprato questa villa. Non per la casa di per sé, ma per quello che c’è attorno.”
“Sì, hai ragione. Deve essere meraviglioso avere un posto così per rifugiarsi.” Maya è passata a darmi del tu con molta naturalezza. E la cosa mi fa molto piacere. Mano mano che la conversazione prosegue, sembra essere ancora di più a suo agio. Si è tolta le scarpe e ha ripiegato le gambe sotto di sé. E anche io mi sto rilassando. “E’ meraviglioso avere un posto nel quale rifugiarsi, se è bello, meglio. E tu, hai un posto speciale? Quando vuoi stare tranquilla e non mi riferisco all’altalena al parchetto.”
“Sì, lì mi trovi sempre. Non so come tu faccia, ma riesci sempre a sapere dove sono.”
Non lo so nemmeno io, ma è così e basta. “Si vede che sono un mago, chissà!”
“Forse”, e lei ride della sua risata squillante e io le faccio eco, fino a quando non la sento appoggiarsi alla mia spalla. 
Il suo peso mi è dolce e mi sento invadere dalla tenerezza. Non avrei mai pensato di poter provare una tale dolcezza e un desiderio così forte allo stesso tempo. Le circondo le spalle con un braccio.
“Non ho un posto particolare, ma a casa sto bene. Rei è molto discreta e spesso non c’è, quindi lì mi posso rifugiare quando mi sento triste.”
“Era a casa che scappavi quando ti facevo piangere?”
“A volte sì. Però ero spesso all’altalena.”
“Mi spiace.”
“Anche io devo chiederti scusa. Mi sono comportata male con te e ti ho frainteso. Spero di non averti fatto soffrire.”
“Mi ha fatto soffrire il fatto che mi odiassi.”
Maya si gira a fissarmi in volto, un’espressione incerta e perplessa dipinta in viso.
“Perché te ne stupisci? Ti sembra così strano?”
“Beh, sì. Io sono una ragazzina con poca esperienza e tu…”
“Sì,  io sono il Presidente Hayami della Daito Art Production, inutile che tu me lo ripeta. Però, credimi, è così, ci stavo male”.
“Mi spiace.”
“Non devi spiacertene. L’importante è che ora non mi odi più. Vero che non mi odi più?” la mia voce è un sussurro velato dall’incertezza, il tempo sembra fermarsi e Maya mormora. “No che non ti odio.” si fa tutta rossa in viso e bisbiglia appena: “Anzi.” e questa volta, prima che abbia il tempo di pormi un freno, attiro Maya tra le mie braccia. Ci ritroviamo in una strana posizione, io con la schiena contro il bracciolo del divano e Maya sopra di me, la testa sul mio petto.
La mia mente si svuota e mi mancano le parole. Non ho voglia di parlare, voglio stringerla, baciarla e amarla. E che il resto vada a farsi friggere, perché non c’è cosa che mi piaccia di più al mondo di averla vicina.
Neanche Maya parla. E’ tutta rannicchiata contro di me e ha il fiato corto. Sento il suo respiro irregolare e la stringo ancora più forte. La sua mano trema quando comincia ad accarezzarmi il petto. Lo fa sempre quando è tra le mie braccia. E poi si ferma, perché un bottone della camicia si è slacciato e la stoffa si è scostata. Continuare significherebbe toccarmi la pelle nuda. Respiro profondamente per un po’ e lei si è irrigidita tra le mie braccia.
Nessuno dei due parla.
Per parecchi, lunghissimi minuti.
E’ una tortura, questa, una terribile, meravigliosa, dolcissima tortura. E mi piacerebbe così tanto se Maya riprendesse a toccarmi, anche se già sto bruciando; credo che lei se ne sia accorta, visto che siamo così vicini.
Passa ancora del tempo, non saprei dire se secondi, minuti oppure ore, ma la mia carne è sempre più debole e per quanto insignificante, io resto sempre un uomo. Come se fosse dotata di volontà propria, la mia mano copre quella di lei e la guida sotto la stoffa, in una carezza che mi mozza il fiato e mi fa reclinare il capo all’indietro e socchiudere gli occhi.
Maya strappa letteralmente dalle mie braccia e mi guarda, le lacrime agli occhi. “Maya, cosa succede?”
“Cosa succede? E me lo chiedi? Io non ho il diritto di toccarti!” Suo malgrado, il suo sguardo indugia sull’apertura della camicia e  Maya sopprime un tremito.”Io non sono la tua fidanzata, non sono niente!”
E scappa via, lasciandomi interdetto e in fiamme.
Me lo sarei dovuto aspettare. Forse è arrivato il momento di parlare e di smettere di nascondersi, di scoprire le carte che ancora scoperte non sono.
Mi alzo e rientro in casa.
* * *
La trovo accanto alla finestra, che guarda fuori.
“Maya…”
Non risponde.
Le tocco una spalla e lei scrolla via la mano.
L’abbraccio da dietro, circondandole le spalle e lei lascia andare un singhiozzo.
“Cosa c’è, piccola?”
Si gira e si divincola dalle mie braccia, ma piano. “Non lo capisci, Masumi? Come puoi tenermi tra le tue braccia, farmi perdere la testa così e fare lo stesso con Shiori?”
Credo che la mia faccia abbia assunto un’espressione tra l’oltraggiato, l’inorridito e lo scandalizzato perché anche Maya mi guarda incerta.
“Non ho mai toccato Shiori, non l’ho sfiorata nemmeno con un dito.”
Ora l’espressione di Maya è sorpresa.
“Tra me e Shiori non c’è mai stato niente. Maya, io non provo desiderio per lei; che tu ci creda o no, ho avuto più contatti intimi con te che con lei, anche prima di stasera, o della crociera, o di quella notte al tempio. Quando ho capito cosa aveva in mente di fare sull’Astoria, volevo scappare al più presto possibile.” Mi fermo ed esito, ma poi riprendo a parlare. Tanto ormai ho detto quasi tutto. “E poi sei arrivata tu, per fortuna.”
Ora Maya sta piangendo e mi sento un verme. “E allora perché, perché ti sei fidanzato con lei, se non la ami e non la desideri?”
Va bene, è arrivato il momento di vuotare il sacco.
“Ero disperato.”
Il cuore sembra sfondarmi il petto da quanto mi batte forte, ma mi costringo a continuare. “Ero convinto che tu mi odiassi, lo sai. Non avevo nemmeno la tua stima, la tua amicizia, figuriamoci il tuo…”
Non ce la faccio a continuare, un nodo mi stringe la gola e deglutisco rumorosamente. Ma riesco a pronunciare quella benedetta parola.
“Il tuo amore, Maya”. Parlo talmente piano che dubito mi abbia sentito. Ma forse sì, perché Maya mi sta guardando attenta, gli occhi che brillano. “A quel punto, non mi importava più di niente, una donna valeva l’altra.”
“Voglio andare a casa.”
“Perché sei così sconvolta, Maya?” Ero stupito, oltre che addolorato. “Sapevi già che ero impegnato? Che cosa è successo, chibichan?”
Si morde forte le labbra fino quasi sanguinare. “Io non sapevo fosse così. Fino a ora, mi bastava stare tra le tue braccia. Ma adesso è cambiato tutto! Quando siamo così vicini, il mio corpo prova delle sensazioni così forti! Io vorrei… ma non ne ho il diritto, non è giusto. Voglio andare a casa, non penso di riuscire a trattenermi se resto qui”, ripete.
Mi sento morire, il sangue mi si gela nelle vene. Mi desidera, ma vuole andare via e non posso costringerla a rimanere. “Va bene, allora ti accompagno.”
“No! Prendo un taxi, i mezzi, quello che trovo.”
“Fai quello che ti pare, ma non ti lascio andare in giro da sola a quest’ora. Ora calmati. Ti fai una doccia e poi a dormire. E domattina te ne vai.”
Ritorno sul balcone a vedere le stelle mentre lei scappa al piano di sopra, il più possibile lontana da me.
La luna sembra guardarmi con un’espressione malinconica. Mi prendo la testa fra le mani, la mia mente che si riempie di una ridda di “Se avessi detto” “se avessi fatto” “se avessi potuto”, e invece mi ritrovo qui, come sempre da solo, e la piccola donna che io amo e che vorrei per me e con me  per tutta la vita, è rintanata in una cameretta, non vede l’ora di andarsene e forse sta piangendo.
Non so quanto tempo resto qua, ma ad un certo punto comincio ad avere sete e le membra intorpidite.
Mi trascino al piano di sopra e prima di entrare nella mia stanza, passo vicino alle altre camere. Non sento nessun rumore. Spero che Maya si sia addormentata e riesca almeno a dormire.
Dubito di riuscire a chiudere occhio, ma dopo essermi preparato per la notte mi sdraio sul letto. Prevedibilmente, di dormire non se ne parla, quindi rivedo nella mia mente gli eventi delle ultime ore. Penso di aver preteso molto da Maya e di averle chiesto di capire quello che è difficile comprendere anche per me. Dopotutto ha solo diciannove anni e non è molto normale per una fanciulla della sua età dover affrontare una situazione del genere. Nella sua semplicità, è anche riuscita a spiegare come le cose tra noi siano cambiate: quella notte al tempio io tenevo tra le braccia una ragazzina, per cui controllarmi è stato relativamente possibile, visto che era evidente che anche se provava desiderio per me, Maya non ne era ancora pienamente consapevole. Sull’Astoria, quando l’ho vista vestita da sera e ho ammirato le curve che non pensavo avesse, per la prima volta l’ho considerata una donna… e lei si è comportata di conseguenza. Non era più una ragazzina quella che tenevo tra le braccia sul ponte della nave, ma quegli abbracci che ci siamo scambiati erano alla luce del sole, per cui per forza di cose ad essi non ci sarebbe potuto essere un seguito. Qui a Izu, invece, siamo soli e Maya ora è consapevole che l’incontro tra due anime non è solo puro spirito, ma è anche inevitabilmente e profondamente carnale e coinvolge tutti i nostri sensi.
Spero di riuscire a dimostrarle che la amo immensamente e che il mio più grande desiderio in questa vita è di farla felice, anche se ciò vorrebbe dire lasciarla andare con un altro uomo, per esempio Sakurakoji. Al solo pensiero però mi sento rodere dalla gelosia e invadere di una rabbia cieca. Mi rendo conto che il mio è un sentimento che non è possibile ricacciare indietro. Il paragone con mio padre è fin troppo semplice: Eisuke Hayami si è incattivito e inacidito a causa di un sentimento forte e totalizzante che non ha potuto vivere. Mi chiedo, se il suo amore non fosse sfociato nell’ossessione, se col tempo la signora Tsukikage non avrebbe potuto amarlo.
Non voglio finire così.
Allungo il braccio verso la parete, quasi come a riuscire a raggiungerti.
Ti amo, Maya, cerca di riposare un po'.
 
* * *
Eh, purtroppo non poteva andare liscia, altrimenti la storia sarebbe finita subito. Abbiamo ancora un cinque o sei capitoli di patemi d’animo (di cui uno parecchio comico), abbiate pazienza. Anche perché c’è Shiori che ci metterà del suo.
 
Lo scorso capitolo ha avuto sei recensioni e mi sembra vi sia piaciuto; grazie davvero, ve ne sono grata. Per quanto mi riguarda, ogni tanto mi viene in mente Masumi con la camicia aperta, che sospira. C’è di che perdere la testa, no?
A presto!
Buona domenica dalla Nisi

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Capitolo 7
*** Carte scoperte e segreti non più tali ***


E’ molto presto, ma è già giorno.
Stanotte non ho chiuso occhio ed è improbabile che mi metta a dormire proprio ora, quindi scendo in cucina a fare colazione.
Anche se ieri ho piluccato solo un paio di maki, non ho molta fame, ma qualcosa la devo pur mangiare; più per abitudine che altro, controllo il cellulare e vedo cinque chiamate perse, tutte di mio padre e ad orari indecenti, e altre ancora prima da un numero che non conosco. “Al diavolo,” biascico ancora un po’ intontito dalla mancanza di sonno e dal malumore mentre getto il telefono in un angolo.
Normalmente potrei definirmi un caffeinomane, ma siccome non ho dormito per niente e il mal di testa mi martella le tempie, direi che per oggi il caffè lo salto. Faccio quindi scaldare l’acqua per il tè e mi preparo un po’ di bancha, in attesa che mi arrivi la consegna delle brioche della pasticceria francese poco lontano da qui. Suonano alla porta ed è proprio il fattorino che mi consegna un pacchettino caldo dal profumo fragrante.
Che fine ingloriosa per queste delizie: mi pregustavo una romantica colazione a letto in dolce compagnia, invece sono qui in cucina, solo come un cane, con un mal di testa che mi trapana il cervello e una notte insonne alle spalle, ma non per il motivo che speravo.
Mi siedo sullo sgabello e faccio appena in a tempo a versare del tè nella tazza che sento dei passi dietro di me.
E’lei, ovviamente. Lo sguardo ostinatamente verso il pavimento, sul viso i segni di una notte insonne. Ha gli occhi cerchiati e l’aria stanca.
“Buongiorno.” Mormora, le mani che si torcono in grembo.
“Buongiorno.” No, non le chiedo se ha dormito bene, il mio senso dell’umorismo non arriva a tanto. “Vuoi fare colazione? Ci sono le brioche calde. Se vuoi bere del tè, è già pronto, altrimenti dimmi cosa ti va.”
“Una tazza di latte caldo, se è possibile.”
“Certamente.” Che gelo, mi sembra di essere il cameriere di una caffetteria. Quasi quasi la preferivo quando mi chiamava “scarafaggio” o “affarista senza scrupoli”.
Il silenzio di quei momenti che impiega il latte a scaldarsi nel microonde si potrebbe tagliare col coltello affilato di un sushiman. Finalmente trovo qualcosa da fare di diverso dal fissare il portello del fornetto e le metto davanti un mug fumante, il barattolo dello zucchero e il cabaret di brioche.
“Prego, serviti pure.”
“Grazie.”
Poi mi chiederà quanto mi deve per la colazione?
Sono seduto dinnanzi a lei, che ha la testa bassa; la frangia le nasconde la faccia, ma vedo benissimo la lacrima che finisce nel latte.
“Maya…” sospiro, e viene da piangere pure a me.
“Ti prego, convincimi a non andare via.” Mormora con voce rotta.
Scendo dallo sgabello e, come il giorno prima, l’abbraccio da dietro. “Piccola, rimani qui con me, vedrai che sistemerò tutto.”
La sento fare di sì con la testa, mentre allunga il braccio per prendere un tovagliolo di carta per soffiarsi il naso.
La lascio andare e ritorno al mio posto. “Fai colazione che poi parliamo con calma, io e te. Va bene?”
Maya continua a piangere silenziosamente, ma fa ancora di sì con la testa. Temo che a questo punto il suo latte sarà parecchio diluito, ma almeno non parla più di andare via.
“Non hai un fazzoletto?”
Lei annuisce, si fruga in tasca e tira fuori un quadratino di stoffa a fiori che riconosco.
“E’ quello che ti ho ridato sulla nave?”
Arrossisce vistosamente e scuote il capo. “No, anche se è uguale. Erano in offerta da Isetan, ne ho comprata una scatola grande e li ho divisi con Rei.”
Le prendo il fazzoletto dalle mani e le asciugo gli occhi con cura.
Le avvicino il cabaret con le brioche ancora calde. Ne prende una grondante crema al cioccolato. Oziosamente osservo che pur essendo così piccola e minuta ha l’appetito di un portuale. Beh, in fondo viene da Yokohama.
Ho ancora lo stomaco chiuso e stretto in una morsa e non riuscirei a ingoiare niente di solido, quindi bevo il tè e la guardo servirsi della seconda brioche. Questa volta sceglie una sfoglia allo sciroppo d’acero e alle noci pecan*.
Quando finisce di mangiare, sembra più tranquilla e serena, anche se il suo sguardo è ostinatamente fisso al pavimento.
“Buone, le brioche?”
“Buonissime, grazie.”
“Pronta per parlare?”
“Sì.”
Finisco il mio tè e mi prendo qualche secondo per raccogliere le idee. Finalmente lei mi guarda e aspetta. Mi fa strano parlarle dei miei sentimenti seduti al tavolo della cucina, e anche non stringerla a me, ma perderei di lucidità e di autocontrollo.
“Maya, io sto cercando un modo per annullare il matrimonio con Shiori e forse ci sono riuscito. Così potrei essere libero.” Faccio una pausa perché le parole che sto per pronunciare spazzeranno via ogni dubbio sulle mie intenzioni. “Libero di stare con te, se anche tu lo vorrai.”
“Davvero? Sul serio?” si porta le mani alle guance, incredula. “Come è possibile che tu voglia stare con una come me? Shiori è così bella e affascinante.” Non è esattamente quel che mi aspettavo di sentire da lei. Anzi, sì, questa risposta è così “da Maya” che mi viene da sorridere. Quasi.
“Shiori è molto bella”, concedo “Ma non è lei la donna che voglio sposare.” Maya mi guarda e resta in silenzio. “Non la amo e non desidero condividere la mia vita con lei.” E il mio silenzio che segue fa intendere che è lei,  Maya, la persona con la quale intendo condividere vita, esperienze, amore e letto. Esito, mi sto mettendo totalmente a nudo ed è difficile, perché non ho mai considerato i sentimenti come qualcosa da esternare, ma una debolezza inevitabile dell’essere umano. Con Maya ho capito che invece fanno la differenza tra l’essere vivo e lasciarsi vivere. “Quando mi hai chiesto di aspettarti, io ti ho domandato di fare lo stesso con me. Mi riferivo a questo legame che non ho voluto. Ecco, ti ho detto tutto.”
“No, non è vero.” Mormora dopo qualche attimo di silenzio.”Non mi hai detto tutto.” Rimango fermo in attesa. Sembra esitare, cercando di trovare le parole giuste per dirmi qualcosa. Aggrotta le sopracciglia per lo sforzo. “Lo so che sei stato tu a mandarmi quelle rose per tutti questi anni, ma non posso credere che tu mi abbia rimandato le mie foto e il mio diploma strappato.”
Maya sa! Lei lo sa che sono l’ammiratore delle rose scarlatte. Incasso il colpo. Forse avrei dovuto aspettarmelo. Non ha nemmeno senso negare e forse è meglio così. “No, non sono stato io, non avrei mai fatto una cosa del genere. Credo sia stata Shiori. In qualche modo è riuscita a entrare qui e ha frugato dappertutto.” Cambio bruscamente argomento: “Da quanto lo sai?”
“Da quando mi hai mandato quel biglietto dopo la prima di Lande Dimenticate. Sai, quel foulard azzurro del quale parlavi è stato usato solo alla prima. E alla prima c’era un solo spettatore.”
“Che ero io.”
“Però…” Maya esita ancora. “Avevo già intuito qualcosa. A Nagano, ricordi? Ti ho abbracciato e anche tu mi hai stretta a te. Quando mi hai invitata a ballare alla premiazione, ho avuto la sensazione di essere già stata tra le tue braccia. E avevo ragione.”
Nagano, certo. Come potrei dimenticarmelo? E’ stata la prima volta che ho dovuto smettere di prendermi in giro e ammettere che sentimenti che provavo per te non erano esattamente quelli di un anziano signore amante del teatro che ti regalava delle rose a titolo di filantropia. Avevi ragione, sì. Anche tu, oltre a Shiori, hai capito che l’ammiratore sono io. E io che pensavo che l’identità del misterioso donatore di rose fosse, appunto, un mistero. “Quindi, tu hai cambiato idea su di me perché hai scoperto che ero il tuo ammiratore.” Questo pensiero mi dà fastidio, più di quanto dovrebbe.
Arrossisce. “Forse, all’inizio. L’ammiratore mi è servito per capirti, per vedere oltre quello che facevi. E’ da tanto tempo che vi considero una sola persona, anche se mi dispiace non averti mai potuto ringraziare per tutto quello che hai fatto per me.”
Le tendo la mano da sopra il tavolo e lei la prende nella sua. Mi chino a baciargliela. “Dimentichiamo quello che è successo ieri sera, vuoi? Ricominciamo da stamattina.”
“Sì, Masumi.” Risponde, la voce appena un po’ malferma.
“Che ne dici di andare a fare un giro in spiaggia? Oggi è una bella giornata, dovremmo anche riuscire a vedere i granchi.”
“Mi cambio le scarpe e arrivo, va bene?”
Incrocio le braccia e sorrido sollevato. “Ti aspetto.”
La spiaggia di Izu ha sempre avuto un effetto rasserenante su di me, spero che sia lo stesso anche per Maya.
Non ho molto da attendere e infatti ritorna dopo poco; contrariamente a Shiori, non ci ha messo un’eternità ad infilarsi quattro cose. Ora indossa un cappello lilla e dei sandaletti di cuoio. Ha la borsa a tracolla e gli occhiali da sole infilati nella scollatura della maglietta. E’ molto carina.
“Sono pronta!”
“Andiamo, allora.”
Usciamo da casa e camminiamo fianco a fianco verso la spiaggia. E’ una bella giornata, l’odore del mare riempie l’aria, un piacevole venticello scherza con la gonna di Maya e il cielo azzurro sembra uscito da un film di Miyazaki.
Ancora una volta le tendo la mano e lei la prende. Sembriamo una coppia di fidanzati. In realtà siamo una coppia di fidanzati in sospeso, ma per il momento mi va bene così. Sono troppo felice di averla vicino dopo che ho avuto così paura di perderla definitamene.
La spiaggia è a circa un quarto d’ora di cammino da casa mia.
La differenza tra me e Maya si vede anche nel modo in cui camminiamo: lei quasi saltella e balla, proprio come quando ha interpretato Puck, io faccio passi lunghi e decisi, quasi meditati. Mi giro a guardarla, sorridendo. Anche lei mi sorride. “Non vedo l’ora di vedere i granchi.”
“Li vedrai, ancora qualche min…”
Mi interrompo a metà della frase perché vedo avvicinarsi una macchina scura che temo di conoscere fin troppo bene. Mio padre. Mi tornano improvvisamente in mente quelle chiamate perse al mio cellulare. Stringo inavvertitamente la mano di Maya e lei capisce che qualcosa non va. “Masumi, cosa c’è?”
“Abbi solo un minuto di pazienza e lo scoprirai.” Commento amaro. Ho solo qualche istante per preparami allo scontro, perché uno scontro ci sarà. Lui non si è mai azzardato a venire qui, se lo ha fatto, deve essere successo qualcosa di grave.
La macchina si ferma davanti a noi, il finestrino viene fatto scendere silenziosamente ed Eisuke Hayami mette fuori la testa. Maya trasale al mio fianco e d’istinto me la tiro contro, quasi a volerla difendere da mio padre. Si agita tra le mie braccia ed esclama: “Ma lei è il signore dei parfait!”
Sono sorpreso, come può essere? “Maya! Conosci mio padre?”
“Signorina Kitajima, Masumi.” Il saluto è garbato, ma dalla sua espressione noto che si sta godendo la scena.
“Tuo padre? Non è vero! Questo è il vecchio signore che ama i parfait.” Mio padre trasale nel sentirsi definire “vecchio”.
“No, Maya. Padre, a te l’onore di confermare a Maya chi sei.”
“Signorina, quello che dice Masumi è vero, sono suo padre.”
“Il generale millepiedi?” Maya si porta le mani alla bocca, al colmo dello stupore.
“Non conosco nessun generale millepiedi,  signorina” risponde più gentilmente di quanto mi ricordi. Poi si gira verso di me: ”Masumi, ho urgentemente bisogno di parlarti. Non hai visto le chiamate sul telefono?”
“Sì, ma solamente poco fa. Cosa è successo?”
“Vorrei parlarti in privato” e guarda Maya con intenzione.
“Non ho segreti per Maya, parla pure.”
Eisuke Hayami inarca le sopracciglia. “Devi subito tornare a Tokyo,”
“Non vedo perché. La Daito è chiusa e siamo in vacanza.”
“Masumi, ieri sera Shiori ha avuto una grave crisi. Si è fatta del male e ora è in ospedale.
* * *
 
 
*La brioche alle noci pecan e sciroppo d’acero è un omaggio rispettoso al pasticcere che ha il negozio non tanto lontano da casa mia ed è tra le mie preferite. Io e Maya abbiamo in comune l’apprezzamento per le cose dolci. Ora sono a dieta, quindi a quelle adorabili leccornie posso solo andare col pensiero… e con la scrittura!

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Capitolo 8
*** Il cuore ha ragioni che Eisuke Hayami non comprende ***


“Masumi, ieri sera Shiori ha avuto una crisi nervosa. Devi tornare subito.” Insiste.
Mi sento invadere da una rabbia cieca e da un senso di tremenda impotenza e Maya accanto a me sta tremando come una foglia. Sto cominciando a odiare Shiori, mi sta rovinando la vita.
Mio padre sembra esitare per un momento, poi prosegue: “Mi hanno chiamato a notte inoltrata perché non riuscivano a raggiungerti.”
Chino la testa. Mi arrendo. “Va bene, andiamo”. Mi giro verso la mia ragazzina e le metto le mani sulle spalle. “Maya, io…”
“Non ti preoccupare, ho capito. Vai, Masumi.” Ha gli occhi lucidi e le tremano le labbra. “Torno a casa anche io.”
“Vieni con noi?”
“Forse è meglio di no.”
Ha ragione. Frugo in tasca e le metto in mano le chiavi della villa. “Io vado. Prendi le chiavi, ormai questa è anche casa tua. Ti chiamo non appena so qualcosa, ma non so quando. Tu stai tranquilla e abbi fiducia in me.”
Lei annuisce e mi guarda, le lacrime che rischiano di scendere in ogni momento. Ragazzina, mi dispiace tanto, ma ci rifaremo. Le rimetto le mani sulle spalle e d’impulso mi chino a baciarla sulla bocca. Il bacio è breve, casto, ma disperato e pieno di tutto quello che provo per lei; la sento rispondere, prima che io mi stacchi un attimo dopo. Non mi importa che mio padre sia dietro di me e che molto probabilmente ci stia fissando allibito, ma ha almeno il buon senso di tacere.
Come già avevo fatto a Nagano, le prendo la mano e sul palmo le traccio dei kanji; questa volta, il teatro non ha niente a che fare con quello che sto “scrivendo” sulla sua pelle: “aishiteru” (ti amo). Le faccio una carezza e la saluto l’ultima volta: “A presto, Maya.” E faccio per salire in macchina.
“Masumi!” mi chiama.
“Sì?”
“Watashi mo! (anche io)” sillaba con le labbra, in modo che solo io possa capire cosa mi sta dicendo. E’ tutta rossa in faccia, ma sorride e non abbassa gli occhi.
Le sorrido anche io, poi prendo posto accanto a mio padre. Dopo qualche secondo, la macchina riparte a tutta velocità alla volta di Tokyo.
Per molti secondi nell’abitacolo regna un silenzio teso. Io mi chiudo in un mutismo ostinato, a stento dominando la rabbia che provo verso Shiori e la sua incapacità di capire che non tutto il mondo gira intorno a lei. Stringo i pugni, ma per non fare a vedere a mio padre che le mie mani tremano dopo che ci siamo scambiati il nostro primo bacio e tu non mi hai respinto.
Si schiarisce la gola. “Mi sembra di capire che recentemente i rapporti tra te e Maja Kitajima siano migliorati di parecchio.” Cerca di essere diplomatico, ma mi fa solo pensare al classico elefante nel negozio di cristalleria. Solo qualche minuto più tardi mi sarei reso conto dell’ironia involontaria di questo pensiero.
“Ne sono innamorato. Sono perdutamente innamorato di lei, se vuoi saperlo.” Rispondo con voce gelida, senza guardarlo in faccia.
“Mi spiace. E’ una cara ragazza, ma tu devi sposare Shiori.”
“Ho intenzione di annullare il fidanzamento non appena Shiori starà meglio. A proposito, cosa è successo?” Non riesco a provare pietà per lei.
“Non lo so di preciso. L’hanno trovata piangente e coperta di sangue e in grave stato confusionale, continuava a chiamare il tuo nome. Ha distrutto i vasi preziosi di suo nonno e si è procurata delle ferite piuttosto serie. Mi hanno chiamato stanotte per cercare di rintracciarti perché al tuo telefono non rispondevi.” Sospira e poi prosegue. “In ogni caso, tu la sposerai. Non ti dico che devi smettere di vedere Maya,  basta che tu faccia le cose con discrezione. Ma devi sposare Shiori, il futuro della Daito dipende dalla vostra unione.”
Mi viene da ridere, ma ancora una volta è un riso amaro. “Ammesso e non concesso che io la sposi e che prenda Maya come amante, sia tu che suo nonno a un certo punto comincereste a spingere perché vi dia un erede. Shiori è una bella donna, ma la sola idea di toccarla mi fa orrore.”
“Andiamo, Masumi, siamo uomini. Il sesso e l’amore sono due cose diverse. Un po’ di astinenza renderà i tuoi gusti meno difficili.”
“Lo sai bene, tu, vero? Hai applicato lo stesso principio con mia madre.”
Mio padre fa finta di niente, come fa di solito quando non ha voglia di sentire parlare di certe cose. “Sia quel che sia. Mancano poche settimane al matrimonio, sarà bene che tu te ne faccia una ragione.”
“Vedremo.”
Non ha senso imbarcarmi una discussione con lui, non servirebbe a niente. E il viaggio prosegue nel silenzio più assoluto.
* * *
Shiori è ricoverata in una lussuosa clinica privata di proprietà di suo nonno. Qui non si sente nemmeno l’odore pungente dei farmaci tipico degli ospedali, ma un tenue profumo aleggia per le stanze e i corridoi.
La notizia della sua crisi nervosa è stata fatta passare sotto silenzio, naturalmente, anche perché i Takamiya hanno messo a tacere scandali ben più pesanti di quello: ne hanno i mezzi e li sanno usare con oculatezza. L’hanno medicata e sedata e le hanno attaccato una flebo. Ora sta abbastanza bene, mi ha detto un paramedico. Le ginocchia sono fasciate, mi informano, e così pure le mani e i piedi. La guardo dormire, seduto accanto al suo letto come un bravo fidanzato. Le guance hanno qualche escoriazione, ma niente che non possa guarire in qualche giorno. Mi sono procurato tagli peggiori facendomi la barba.
Sono furente, ma mantengo una calma apparente, mentre aspetto che Shiori si svegli. Mi metto le mani in tasca e noto, con sorpresa, che mi sono tenuto il fazzoletto di Maya. Me lo devo essere infilato nelle tasche senza accorgermene.
Attendo qualche ora prima che apra gli occhi e credo sia meglio così, non sarei stato molto civile; ho avuto il tempo di sbollire la rabbia e di recuperare un minimo di sangue freddo. “Masumi…” mormora con voce gracchiante. Tende la mano verso di me, ma io non la prendo e i suoi occhi prendono un’espressione indispettita.
La fisso senza dire niente e so che il mio sguardo è gelido.
“Non ti devi preoccupare per me, mi ristabilirò in tempo per il nostro matrimonio. Non vedo l’ora.”
Taccio.
“Ho anche fatto rifare l’abito, è bellissimo. Non vedo l’ora di fartelo vedere.”
La ignoro.
“Sono due settimane che non rispondi alle mie chiamate. Ero così triste.” Le sue lacrime non mi ispirano alcuna pietà, non da quanto ho scoperto quanto sia stata subdola e disonesta, accusando Maya ingiustamente di essere una ladra. A parte il sentimento che provo per Maya, non potrei mai sposare una donna della quale non mi fidi totalmente: ho già nemici in numero sufficiente per dovermi preoccupare anche della mia stessa moglie.
 “Hai molte spiegazioni da darmi, Shiori, ma parleremo non appena tu ti sarai rimessa. Vedo che stai meglio, ora se non ti spiace, vado a casa.”
Se è per questo, anche io le devo delle spiegazioni, ma non è il momento. Non la saluto, non dico più niente e lascio la stanza. C’è un bel parco che circonda la clinica. Mi siedo su una panchina a raccogliere le idee, a riflettere su quello che è avvenuto nelle ultime ore. Volutamente, tengo Maya lontana dai miei pensieri: ora ho bisogno di tutta la mia lucidità e di decidere le prossime mosse. Sospiro pesantemente, appoggio i gomiti alle ginocchia e nascondo per un momento il viso tra le mani.  Sono stanco, ma non posso permettermi di riposare, anche perché forse è giunto il momento di prendere misure estreme. Ho qualche telefonata da fare e devo muovermi in fretta. La prima è a Mitamura.
“Buongiorno, mi scuso per la chiamata inopportuna. Volevo chiederle se ha considerato l’accordo che le ho proposto.”

“Ottimo! Senta, se è a casa e se non disturbo passerei a ritirare il contratto.”

“Grazie, allora arrivo subito. Le sono molto grato.”

Riaggancio e il peso sul mio cuore si alleggerisce un po’.
Quando chiudo la chiamata mi rendo conto di aver trattenuto il respiro e ora il fiato scorre liberamente.
Chiamo Hijiri, ma la segreteria risponde che non è al momento raggiungibile. Poco male, lo chiamerò più tardi.
L’altra telefonata. Per ogni evenienza Mizuki, previdente come al solito, mi ha dato il suo numero di cellulare personale. Il telefono squilla per un po’ e alla fine Mizuki risponde ridendo, con una voce appannata. “Dai, smettila che devo rispondere.” Si irrigidisce, rimette la maschera di segretaria irreprensibile e cerca di darsi un contegno. “E’ lei, signor Hayami. Cosa posso fare per lei?”
“Ti prego di scusarmi. Noto che sei impegnata.”
“Non si preoccupi, mi dica.”
Respiro profondamente e rispondo piano. “Dobbiamo procedere con le misure drastiche, temo.”
Silenzio dall’altra parte del telefono. Alla fine Mizuki mormora. “Mi dispiace, ma temo sia l’unica cosa da fare. Mi attivo immediatamente. Le farò sapere quando tutto sarà sistemato.”
Dopo aver ritirato il contratto da Mitamura mi reco all’appartamento di Shinjuku, quello dietro all’edificio del Comune. E’ completamente attrezzato, il frigo è pieno e l’armadio contiene un guardaroba completo. Non tornerò alla casa di mio padre, mai più e d’altronde lì non c’è più niente che mi interessi. Ho deciso che la mia vita è con Maya, anche se questo mi costerà molto. All’università mi hanno insegnato che per ogni transazione bisogna soppesare costi e i benefici. Ed è esattamente quello che ho fatto: vivere senza Maya è un costo che non posso, non voglio permettermi di pagare. Qualsiasi cosa in confronto è accettabile.
Ora, non resta altro che aspettare che la macchina si metta in movimento e che gli eventi facciano il loro corso.
 

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Capitolo 9
*** Mizuki Saeko, donna perduta ***


 
E’ lunedì mattina e sono arrivata in ufficio di buon’ora. Il palazzo è ancora semideserto, quindi prendo un caffè con calma e mi dispongo ad organizzare la giornata, che sospetto sarà molto movimentata.
Infatti, non passa molto tempo che un Eisuke Hayami al colmo del furore fa il suo ingresso nel mio ufficio, la sedia a rotelle spinta da uno dei suoi uomini in nero.
“Buongiorno, signor Hayami. Suo figlio non è ancora arrivato. Posso fare io qualcosa per lei?”
“Maledizione, Mizuki! Sono tre giorni che lo cerco inutilmente! Non è tornato a casa, non risponde al cellulare. Ho cercato anche lei al telefono, ma non ho avuto risposta!”
“Mi rincresce, ma ero in vacanza e il cellulare aziendale l’ho lasciato a casa. Purtroppo non ho idea di dove sia il signor Masumi. Sono sicura che però sta bene.”
Si alza a fatica e si avvicina zoppicando alla mia scrivania. “Tu sai dov’è, vero? Dimmelo, ti ordino di dirmi dov’è!”
“Non glielo so proprio dire”, rispondo onestamente. Non so dove sia, ma l’ho sentito ieri sera per aggiornarlo con le ultime notizie, anche se ovviamente me ne guardo bene da riferirlo a suo padre. “Vuole attenderlo? Dovrebbe arrivare.”
Di malavoglia Eisuke Hayami si calma e sfoga il suo malumore sulla tazza di tè che gli ho preparato. Faccia pure, tanto Masumi Hayami non si farà vedere da queste parti fino a che tutto sarà sistemato. Sorrido tra me e me. E’ bello vedere vincere i buoni, per una volta. Ma non voglio vendere la pelle dell’orso prima di averlo catturato, quindi rimuovo questo pensiero e mi dedico al lavoro, mentre Eisuke Hayami diventa più nervoso ogni momento che passa e il telefono inizia a squillare senza sosta; la maggior parte delle persone chiama per sapere dove sia il giovane presidente. Comincio a divertirmi parecchio.
Arriva mezzogiorno e Masumi Hayami non si è visto né sentito e alla Daito Art Production non si fa altro che pensare dove si sia cacciato. Non si è mai assentato senza motivo, è venuto in ufficio anche con la febbre alta e ciò ha messo tutti in subbuglio, dal magazziniere all’alto dirigente.
Suo padre si contorce sulla sedia a rotelle e io sorrido tra me e me mentre continuo a indossare la maschera della segretaria perfetta ed efficiente.
Suona il telefono interno e rispondo: “Ufficio del signor Masumi Hayami. Sono Mizuki.”

“Molto bene, grazie”.
Appoggio con cura la cornetta e rilascio un po’ della tensione. Mi preparo una tisana, è meglio del caffè.
Non ci metto molto, in men che non si dica sono di ritorno alla scrivania, appena in tempo a ricevere il corriere che mi consegna una busta. Eisuke Hayami è ancora lì, e un rivolo di sudore gelido mi cola lungo la schiena. Ma lui sta borbottando tra sé e io devo mantenere il mio sangue freddo ancora per un po’. Apro la busta di cartoncino rigido e controllo il contenuto. Faccio passare una decina di minuti,  mi accerto che il presidente non mi stia guardando e faccio scivolare il tutto nella borsa.
Ancora una mezz’oretta, poi prendo il telefono e digito un numero che conosco bene. Il presidente è ancora qui, ma non posso più rimandare e non posso fare altro perché le istruzioni sono chiare: niente mail, SMS, messaggi scritti perché tracce non ne devono rimanere, solo telefonate stringate perché anche i muri hanno orecchie e non si sa mai. Per cui devo giocare d’astuzia. Nonna Kimiko, stammi vicina.
“Masumi Hayami, sei tu, Mizuki?”
“Ciao amore, sono io.” Parlo a voce bassa, ma non così bassa da non farmi sentire. Assumo un tono vagamente miagolante per essere più credibile mentre con la coda dell’occhio vedo Eisuke Hayami che mi fissa incuriosito. Mai pensato che questo Cerbero con gli occhiali avesse un fidanzato, eh?
Una risata soffocata: “C’è qualcuno lì?”
“Ma certo, caro. Mi manchi tanto. Sì, stasera ti darò quello che aspetti da tanto tempo”. Lo so, sto sconfinando nel pornografico, ma è per una buona, un’ottima causa. Eisuke Hayami è chiaramente scandalizzato e il signor Masumi comincia a cogliere il lato ironico della situazione: “Non vedo l’ora, mia cara.” Risponde ridacchiando e stando al gioco.
“Al solito posto, allora. Ciao amore, a più tardi” e chiudo la comunicazione. Mi giro verso l’anziano signore e gli sorrido dolcemente. “Desidera ancora del tè?”
Fa un cenno all’uomo in nero. “No! Me ne vado.”
 
 
* * *
 
La mia reputazione è definitivamente compromessa, me ne farò una ragione.
Mi accerto che il presidente se ne sia andato e mi appoggio contro lo schienale della poltrona.
Le mie mani stanno tremando.
Cerco di calmarmi e ci vuole un po’, ma quella lettera la devo scrivere. Stampo, rileggo, appongo il mio timbro e imbusto.
La busta va a fare compagnia ai documenti consegnati dal corriere.
Do uno sguardo all’orologio. E’ tardi, e l’ora dell’appuntamento si avvicina.
Spengo computer, fotocopiatrice, macchina del caffè e mi accerto che sia tutto chiuso. Prendo la borsa e per un’ultima cosa spengo la luce.
Fra un po’ questa storia sarà finita. Esco dal palazzo della Daito e mi dirigo, passo dopo passo, verso la fermata della Yamanote.
Timbro il biglietto e oltrepasso il tornello, quindi vado al binario.
Controllo il cartellone, il prossimo convoglio arriverà fra un paio di minuti.
Molto bene.
Spacca il secondo, e in un attimo mi trovo all’interno del vagone, che chiude le porte e silenziosamente riprende la sua corsa.
Scendo a Shinjuku e seguo la fiumana di gente. Prendo l’uscita che mi porta direttamente all’interno del centro commerciale Lumine Est ed entro nel grande magazzino.
Salgo sulla scala mobile e vado al reparto di biancheria per signora. Comincio a girellare per il piano e con calma comincio a dare un’occhiata alla merce esposta. Prendo un reggiseno di pizzo particolarmente provocante  dalla rastrelliera e me lo appoggio addosso.
“Non pensavo ti piacesse questo genere di cose, Mizuki.”
Mi giro e sorrido: “Signor Masumi!”
“Tutto a posto?”
“Tutto a posto.” Apro la borsa ed estraggo i documenti. Glieli porgo con un altro sorriso.
“Grazie infinite, Mizuki.”
“Non mi ringrazi, è stato un vero piacere.” Ripeto ancora una volta.
“Non ne dubito…” e prima che riesca a dire altro, una voce dietro di noi domanda: “Signor Hayami?”
E’ uno degli scagnozzi del presidente. Evidentemente, mi hanno seguita.
“Suo padre desidera vederla.”
Continuo a sorridere, serafica. Il signor Masumi si volta verso di me e mi stringe piano la mano. “Ci sentiamo dopo Mizuki, e grazie.” Poi si rivolge all’uomo in nero. “Bene, dove lo posso trovare?”
“C’è una macchina nel sotterraneo, il signor Hayami l’attende a casa.”
“Molto bene” annuisce il mio principale. “Faccia strada, la seguo.” Mi fa un cenno di saluto e sparisce dietro a quell’uomo.
 


* * *
Mie caVe lettVici, ci vediamo dopo le vacanze per un capitolo col botto!

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Capitolo 10
*** Tagli netti ***


 
Mi tengo ben stretti i documenti mentre l’auto macina chilometro su chilometro, avvicinandomi sempre più al momento del confronto diretto con mio padre.
L’adrenalina mi scorre in corpo, ma non posso impedirmi di provare un senso di rimpianto per quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Sentimento totalmente inutile, soprattutto in vista di ciò che mi appresto a fare.
Siamo arrivati. Prendo un respiro profondo ed entro in casa.
Il maggiordomo mi saluta e mi invita ad accomodarmi nello studio di mio padre. Busso alla porta e non aspetto il permesso di entrare.
Appena metto piede nella stanza, lo sento inveire: “Razza di disgraziato! Dove ti sei cacciato in questi giorni! Ti ho cercato dappertutto! Non sapevo più cosa dire ai Takamiya! Shiori è fuori di sé, c’è bisogno di te per completare i preparativi per il matrimonio!”
Sorrido mentre mi siedo con calma sulla poltrona e accavallo le gambe, i documenti sempre stretti tra le mani. Ormai i sentimenti non c’entrano più coi rapporti tra me ed Eisuke Hayami e io sono tornato a essere quell’uomo senza scrupoli e spregiudicato che ero prima.
Prima di Maya e di tutto il resto.
Questa è solamente un’altra transazione di affari, sebbene più sgradevole di molte altre, e infatti rimango freddo e composto davanti alla rabbia di colui il quale avrebbe dovuto essere per me un padre e un riferimento.
 “Ti ho già detto che non ho nessuna intenzione di sposare Shiori Takamiya.” Rispondo con la massima calma.
Qualcosa nel tono della mia voce lo fa sobbalzare. “Cosa stai combinando, Masuni?”
“Niente. Ti dico solo che non ho intenzione di prendere in moglie Shiori Takamiya. Se mai ci sarà una moglie, quella sarà Maya Kitajima.”
Quanto è vero.
“Smettila con questi vaneggiamenti. Shiori è stata dimessa ieri, si aspetta che tu vada a trovarla.”
“Ci andrò dopo aver finito di parlare con te.”
Esita ancora, il mio tono deve averlo allarmato ancora di più.. “Bene, cominciamo a ragionare. Bravo, sono orgoglioso di mio figlio.”
“E’ proprio di questo che vorrei parlarti. Ti ho portato qualcosa.” E gli porgo uno dei cinque originali che stringo tra le mani.
Lo cincischia tra le mani, poi si appresta a leggerlo. E dopo un attimo impallidisce.
“Cosa significa?”
“Lo hai letto. Ho fatto annullare l’adozione. Ora io non sono più tuo figlio, quindi non hai più nessuna voce in capitolo sulla mia vita e sulle mie decisioni. E questa…” frugo ancora tra i documenti e gli porgo una busta chiusa. “Questa è la lettera con le mie dimissioni.” La mia voce si fa sempre più sicura, mentre il colore lascia sempre più le guance di colui che fino a stamane era ancora mio padre. “Con effetto immediato.” Scartabello ancora una volta nel plico e gli consegno un’altra busta, anch’essa sigillata. “Inoltre,  ecco anche le dimissioni di Mizuki. Mi ha chiesto la cortesia di fartele avere.”
Non ho più timore della sua rabbia, mi sento libero e leggero. Per dirla nel gergo degli avvocati, il contratto è stato rescisso.
Finalmente!
Quello che farà d’ora in poi non mi riguarda, non più. Non mi ero mai reso conto fino a questo momento di quanto mi pesasse avere a che fare con un uomo come lui.
Eisuke Hayami per una volta è rimasto senza parole. E quando riesce ad aprire ancora bocca, lo fa in maniera stranamente misurata, a bassa voce. “E’ per quella ragazza che lo fai, vero? Dopotutto, la Dea Scarlatta ha stregato anche te.”
Sento pena per lui, ma non mi posso permettere di abbassare la guardia e taccio.
“Complimenti, mi hai giocato un bel tiro. Ti sei tirato fuori brillantemente da tutto questo.”
“Ti ho detto che amo Maya con tutto il cuore e che non avrei potuto sposare Shiori nemmeno per tutto l’oro del mondo. La Daito è importante, ma non vale un smile sacrificio, e poi sono stanco di combattere battaglie che non sono le mie.”
“Quella ragazza ti ha mandato in pappa il cervello, Masumi. Sei diventato un idealista?”
“Non saprei. Ma ricordati che sono figlio di Aya, prima di essere figlio tuo. Lei è morta per salvare ciò che più che ti era caro, te ne ricordi?”
Digrigna i denti e stringe i pugni. “Non dico che non devi amare la tua Maya, ma non puoi dimenticarti di tutto quello che ho fatto per te, accidenti!”
“Non me lo dimentico. Ma quello che hai fatto per me è convenuto a te per primo, non sei mai stato un filantropo e non lo sarai mai. Tu avevi bisogno di qualcuno che prendesse le redini della tua compagnia e la rendesse grande e potente e ora lo è. Se la Daito è diventata quel che è diventata è perché io ho fatto in modo che fosse così.”
 “Sì, questo te lo concedo, ma dimentichi una cosa! L’unione con la famiglia Takamiya è fondamentale per la Daito!”
“Per la miseria, ma quanti soldi vuoi ancora? Di quanto potere hai bisogno? Non ti bastano quelli che hai accumulato in una vita? Ne vuoi degli altri? Cosa vorresti comprarti che già non possiedi? Tutto il tuo denaro non ti è bastato ad avere l’unica cosa, l’unica persona che hai veramente desiderato. Chigusa Tsukikage non ti ha mai amato! Non ti ha mai nemmeno permesso di esserle amico! Sei arrivato al punto di invidiare Genzo che le ha fatto da servitore per tutta la vita!”
Quelle parole colgono nel segno. E’ palese che mio padre non sia mai stato un uomo felice, ora meno che mai, visto che è vecchio, stanco, ammalato e soprattutto solo. Ha tentato di distruggere la donna che non è riuscito ad avere, ma lei è sopravvissuta. Nonostante tutto, Chigusa Tsukikage è ancora viva, dritta come un fuso, altera e orgogliosa, e come una fenice è risorta ogni volta dalle sue ceneri. Con tutti i suoi mezzi, Eisuke Hayami non ha mai avuto la meglio su di lei, nemmeno una volta e quello che è finito col viso nella polvere è stato lui.
“Scacco matto.” Annuisce, ammettendo la sua sconfitta. “E’ buffo, però. Non me la sento nemmeno di biasimarti. Dopotutto, per Chigusa ho fatto di peggio, molto peggio.”
E’ un uomo vinto, quello che ho davanti a me e capisco ancora più chiaramente che farei qualunque cosa pur di non diventare come lui. Mi volto per uscire da quella stanza, da quella casa e dalla vita di Eisuke Hayami e per chiudere definitivamente una fase della mia esistenza che è durata fin troppo a lungo.
“Masumi!” mi chiama “lui”.
“Cosa c’è?”
“Non vuoi ripensarci?” la sua voce è tremante. Per la prima volta lo vedo davvero spaventato. “Intendo non per la Daito, ma per la questione dell’adozione?”
Sono incerto. “Non lo so, “ rispondo sinceramente. “Perché dovrei farlo?”
“Perché sei mio figlio.”
“Il fatto che io fossi tuo figlio non ti ha impedito di impormi il matrimonio con una donna che io amo.”
“Lo so, Masumi. Ho fatto degli errori con te, con tua madre. Ma ripensaci.”
Ah, Eisuke Hayami, re dei voltafaccia che cambi idea e casacca a seconda della tua convenienza. Dopo tanto tempo non sono nemmeno capace di comprendere se quel che dici corrisponde a verità oppure è uno dei tuoi tanti bluff.
Lo guardo, scuotendo la testa: “Ammetti i tuoi sbagli solamente quando hai paura di rimanere da solo, ma ci penserò.”
Me ne vado senza voltarmi indietro e mi sento incredibilmente sollevato. Chiedo al maggiordomo di chiamarmi un taxi e gli consegno le chiavi di quella che era casa mia. Salgo sulla vettura e nemmeno in questo caso mi guardo indietro. Non mi mancherà, Eisuke Hayami. Né lui, né quella parte oscura del mio carattere che ha così accuratamente coltivato per i suoi scopi come un fiore in un giardino.
Non credo nemmeno che si vendicherà. Conosco troppi segreti suoi e della Daito perché lui corra il rischio di un passo falso di questo genere, ma in ogni caso ho preso le mie precauzioni: anni di archivi riservati sotto forma di file in pdf che ripercorrono la non tanto onorevole carriera di Eisuke Hayami sono al sicuro salvati su un archivio elettronico, a sua  volta riposto in una cassetta di sicurezza nel caveau di una banca. Si potrebbe considerare tutto questo alla stregua di una assicurazione sulla vita.
Il taxi si ferma davanti a casa Takamiya. Pago l’autista e gli dico di tenere il resto, come faccio di solito. Mi faccio annunciare ed entro nel salottino di Shiori.
E’ seduta con eleganza su un divanetto, la stanza piena delle sue adorate orchidee e tiene un libro in grembo. La copertina è esattamente del colore del vestito che Shiori indossa.
Se non fosse che ha braccia e piedi fasciati, non vi sarebbe traccia del suo gesto di qualche giorno fa.
“Ciao Shiori.”
“Ciao Masumi.”
“Come stai?”
“Meglio, grazie.”
“Mi fa piacere. Posso sedermi?”
“Ma certamente. Prego, accomodati pure. Posso offrirti qualcosa?”
Mi siedo accanto a lei, ma a debita distanza. “No, grazie. Vengo subito al punto. Shiori, io non posso sposarti. Ritieniti libera, il nostro fidanzamento è rotto”
Il suo sorriso è educato e solo apparentemente comprensivo. “Andiamo, Masumi, non è il caso di arrivare a conclusioni affrettate. Capisco che i miei ultimi gesti siano stati poco… consoni e ti domando scusa, ma da qui a chiudere il nostro fidanzamento per simili sciocchezze mi sembra esagerato, non credi?” Il suo sorriso è fintamente angelico e quando parla con questo tono, Shiori è inquietante. Semplicemente si rifiuta di accettare una realtà che non le piace e questo suo atteggiamento mi indispone da morire. “Sei stata crudele e meschina, ma non voglio rompere il fidanzamento a causa di quel che hai fatto. Io non ti amo, Shiori, è per quello che non desidero sposarti.”
Ancora quel sorriso odioso. “Masumi, caro, mi rendo perfettamente conto che il nostro è un matrimonio combinato, ma ho fiducia che quando andremo a vivere insieme, tu mi amerai. Hai solo bisogno di tempo per conoscermi, è comprensibile.”
Scuoto il capo, mi sto scaldando. “Shiori, io amo un’altra donna!”
 “Intendi dire quella ragazzina? Suppongo che tu ti possa togliere lo sfizio, per qualche volta. Dopotutto, c’è ancora tempo prima del nostro matrimonio.” Questa volta, non riesce a nascondere la cattiveria nella sua voce.
“Non è uno sfizio. Io amo Maya!”
Ride educatamente, Shiori, il dorso della mano davanti alla bocca. “Masumi, come sei dolce. Ma Maya Kitajima è solo una ragazzina. Avete undici anni di differenza, quanto vuoi che ci metta a stancarsi di un uomo tanto più anziano e diverso da lei? Senza contare che la sua estrazione sociale è talmente bassa che ti farebbe sfigurare.”
Le afferro il polso con una mano: “Quindi la donna adatta a me saresti tu, Shiori?”
Credo di averle fatto male perché trasale, ma almeno ha smesso di sorridere. Il suo tono è gelido. “Certamente. E ti rimarrei sempre accanto, come quella sera, quando sei stato aggredito.”
La rabbia sta per avere la meglio su di me, ma riesco a fingere di essere calmo. Come fa a mentire in questo modo? “Quando sei rimasta al mio fianco mentre ero svenuto?”
Un lampo di trionfo nel suo sguardo scuro. “Esattamente, è così.”
La guardo negli occhi, infilo la mano in tasca e le mostro il fazzoletto di Maya. “E’ tuo?”
Shiori mi guarda inorridita. “Oh, no, certo che no. Non possiedo accessori tanto dozzinali.”
Sento un sorriso che mi aleggia sulle labbra. “Certo, scusa. Non avrei dovuto nemmeno chiedertelo. Ma si dà il caso che questo fazzoletto sia stato usato per pulirmi il sangue dalle ferite. E appartiene a Maya.”
Non ride più, Shiori, e impallidisce, capisce di essere stata smascherata. La sua pelle è ora ancora più diafana, ma riesce a riprendersi per rispondere a tono.
“Non discutiamo di fazzoletti. Tu hai bisogno di una vera donna, la signorina Kitajima è solo una ragazzina. E se fossi salita a tempo sulla nave, te lo avrei dimostrato.”
“Se Maya non fosse arrivata, da quella nave sarei sceso e anche di corsa.” Rispondo in tono piatto lasciandole il polso. “Non avresti potuto dimostrare un bel niente, Shiori.”
Si alza lentamente e comincia a sbottonarsi il davanti del vestito guardandomi con uno sguardo che vorrebbe essere sensuale e che mi farebbe ridere se tutto questo teatrino non fosse una tragedia. Mi alzo a mia volta, ma non mi sbottono affatto, anzi cerco di fermare Shiori che ora indossa solo la biancheria. L’afferro per le braccia e la scuoto violentemente, il suo sguardo sbalordito: “Smettila, così non arriverai a niente. Io non ti amo, Shiori, non ti desidero e non voglio fare l’amore con te. Non voglio che tu sia mia moglie, non voglio vederti tutti i giorni della mia vita, non sopporto le tue insulse orchidee, non voglio avere dei figli da te e detesto l’idea che tu mi sia accanto per il resto della mia esistenza! Lo capisci, questo?” Non mi rendo conto che man mano che le parole escono dalla mia bocca, il volume della mia voce si alza e ora sto urlando.
 
E quando Shiori cade a terra svenuta per l’ennesima volta, sento di non potere più controllare quella rabbia che ho in corpo. Mi inginocchio accanto a lei e sibilo. “Shiori, falla finita con questa pagliacciata! Per quanto io ti rispetti e capisca il tuo dolore, ti giuro che se non ti alzi in questo preciso momento ti prendo a calci!”
La minaccia fa effetto perché a quanto pare Shiori apre gli occhi, si tira su e si siede per terra, le ginocchia al petto. Indossa solo scarpe e biancheria e ci sono lacrime nei suoi occhi. “Masumi, mi dispiace…” Sembra sincera, questa volta e la mia rabbia scompare, sostituita da una pena infinita.
E’ bella, Shiori. Tanto bella, ma la sua bellezza su di me non ha alcun effetto e sarebbe solo un grande spreco
Mi volto, come farebbe qualsiasi gentiluomo. “Sistemati, che poi parliamo con calma.”
Qualche attimo dopo bisbiglia: “Sono pronta.”
E’ ancora seduta sul divano, gli occhi bassi. Le appoggio delicatamente le mani sulle spalle e la faccio girare verso di me: se si esclude lo scrollone e la stretta al polso di poco fa, per la prima volta in tanti mesi, la tocco volontariamente. Shiori si è sempre dimostrata devota nei miei confronti e credo che mi voglia bene, sebbene nel suo modo malsano, quindi le devo un discorso sincero. “Shiori, ascolta. Non lo dico solo per tirare acqua al mio mulino, ma come puoi accettare di sposare un uomo che non ti ama?” Mi guarda con un’espressione incerta, forse ha capito che non è più tempo di scene madri e di reazioni inconsulte, poi abbassa gli occhi. “Tu lo hai trovato l’amore, Masumi.” E lei evidentemente no e nonostante tutto mi dispiace. Sta piangendo piano e le asciugo la lacrima col pollice. Solleva ancora lo sguardo verso di me e sorride esitante.
“Hai sempre saputo che amavo Maya.” Dico a bassa voce. Inutile negare l’evidenza e non voglio prendere in giro la sua intelligenza.
“Sì. E’ vero.” Ammette con un sospiro, lo sguardo ancora puntato al pavimento. “Un uomo non manda rose a una ragazza per sette anni, sostenendola in ogni modo possibile se non c’è amore nel suo cuore. L’ho scoperto, sai, che tu sei il suo ammiratore.”
“Me ne sono accorto.” Rispondo pacato, soprassedendo sullo scherzetto di mandare a Maya quell’orribile biglietto.
Lei annuisce con un gesto nervoso del capo. “Non riesco però a capire cosa abbia lei più di me.”
Capisco cosa vuole dire, lei che è stata meticolosamente allevata per essere la moglie perfetta di un uomo importante. Ma la perfezione non è di questa terra e non interessa più molto a nessuno. Non più di un caldo sentimento, perlomeno.
“Maya niente più di te. Tu sei bella, colta e intelligente, ma io e te non siamo fatti l’uno per l’altra. Non saremmo felici, assieme. Nonostante la scena di prima, ammettilo, Shiori, non hai provato desiderio nei miei confronti, non hai mai nemmeno cercato un bacio da parte mia.”
Arrossisce e fa di sì con la testa. “Però ti avverto che mio nonno non la prenderà molto bene, potrebbe fartela pagare.”
 “Ho fatto annullare l’adozione. Io non sono più il figlio di Eisuke Hayami.” La informo in tono piatto. E a questo punto mi fissa, sorpresa.  “Non sono più così ricco, Shiori. E nemmeno potente, perdereste solo del gran tempo se voleste vendicarvi. Se diventassi mia moglie con tutta probabilità non potresti vivere nel lusso e magari dovresti pure cercarti un impiego.” Esagero, naturalmente, ma voglio fugare ogni dubbio, anche se l’idea che Shiori si metta a lavorare è surreale e quasi comica. “Con queste premesse, credo che tuo nonno non avrà niente da ridire sulla rottura del nostro fidanzamento e tu non avresti problemi. La colpa ricadrebbe interamente su di me.”
Esita, tira un respiro profondo e mormora. “La devi amare davvero molto se sei arrivato a tanto. Spero ne sia valsa la pena.”
“Sì, assolutamente. Buona fortuna, Shiori.” Mi chino a darle un bacio sulla guancia, grato che alla fine abbia capito. La saluto prima di uscire da quella stanza, da quella casa e dalla sua vita.
Sono felice di poter riappropriarmi di me stesso, dopo tanto tempo. Come respiro bene!
Ora posso fare quello che desideravo poter fare da qualche giorno. Tiro fuori il cellulare e chiamo. “Maya? Sono io. Sono libero, libero di stare con te. Raggiungimi a Izu, questo fine settimana. Quando vuoi, quando puoi, amore mio.”
 
* * *
Eccolo qui, spero che abbiate gradito, il prossimo sarà l’epilogo. Su questo capitolo ci ho rimuginato su parecchio anche mentre ero in vacanza, quindi davvero spero che un po’ vi sia piaciuto. Ho cercato di renderlo intenso, senza farlo pesare come un macigno, chissà se ci sono riuscita.
Non volevo scene esagerate o colpi di scena, mi interessava sottolineare il dolore e lo smarrimento di questi due che subiscono le decisioni e la determinazione di Masumi. E finalmente, sarebbe da dire. Anche il rimpianto di Masumi per quello che avrebbe potuto essere il suo rapporto con Eisuke era una questione della quale volevo parlare.
Ora dalle ferie sono tornata e ho ripreso a lavorare, insieme alle solite facce da c*** che durante le vacanze non sono cambiate di una virgola, quindi sono rimaste le solite facce da c***.
Quindi, dai, lasciatemi un commentino che mi tiri un po’ su il morale, anche se non dovete dirmi che questa storia vi piace se non è vero.
E fatemi anche gli auguri, che lunedì ho compiuto quarantadue anni: sono sempre più una vecchia babbiona (ma mio marito dice che sono carina lo stesso), potrei pure essere vostra madre (non di tutte, eh!) e fra due settimane nascerà la mia prima nipotina “vera”, si chiama Matilda, bella della zia Ni! <3. (ci tengo a precisare che non sono la nonna)
 
Baci baci
 
 

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


 
E sono ancora a Izu, sembra che sia passata un’eternità e non solamente pochi giorni.
Siccome sono tecnicamente senza lavoro fino all’inizio di settembre, questo venerdì mattina dopo essermi fatto una doccia, sbarbato come si deve e vestito, mi sono messo in macchina sul presto e sono qui.
L’estate volge al termine, oggi il cielo è nuvoloso e non promette niente di buono.
Ancora una volta mi trovo a girellare per casa come un’anima in pena, sono proprio un innamorato ansioso e geloso. Controllo che tutto sia perfetto per lei.
Anche in questo caso una nuova fornitura di parfait aspetta di essere mangiata, il frigo è pieno di cibo.
L’unica cosa che è cambiata rispetto all’altra volta è la pila di lingerie nell’armadio, biancheria che mi piacerebbe oltremodo vederle addosso. Ho reinterpretato l’idea di Mizuki a modo mio e dopo aver visto quei pizzi in mano alla mia segretaria sono tornato al Lumine Est per conto mio a fare qualche acquisto; devo ammettere che scegliere quei capi così delicati e allo stesso tempo stuzzicanti mi è piaciuto parecchio.
Completano il quadro le rose scarlatte, naturalmente.
Non c’è verso di leggere, sono troppo nervoso e non riesco a concentrarmi. E’ meglio che non beva perché vorrei poter avere un minimo di controllo e non voglio farla scappare a gambe levate. Ridi, satiro, ridi di me, non me ne importa. Mi lascio cadere sul divano, le gambe appoggiate al bracciolo.
Un tuono, comincia a piovere. E’ un acquazzone in piena regola, talmente forte che devo chiudere le imposte per non farmi allagare la casa. Immagino che Maya non si sia mossa con un tempo così brutto. Mi metto il cuore in pace, forse arriverà domani. Riprovo a leggere un libro che ho pescato a caso dalla libreria e mi rimetto sul divano.
Leggo, ma in realtà non capisco niente. Penso di aver letto la pagina numero tre almeno cinque volte, ma non mi ricordo nulla. Metto il libro da parte e sospiro.
Non posso far pulire dieci volte una casa che è già perfettamente a posto e il tempo sembra non passare mai. Mi sto appisolando, ma il suono del campanello mi fa sobbalzare.
Maya!
E’ arrivata.
Mi precipito ad aprire la porta e me la vedo davanti, grondante d’acqua. Non mi interessa niente se bagna dappertutto, la tiro dentro  e la stringo a me. “Maya, Maya, Maya” è l’unica cosa  che sembro in grado di dire, il mio viso nascosto nei suoi capelli fradici. Meno male che l’amore non ha sempre bisogno di parole e finalmente, finalmente dopo tanto tempo, unisco le mie labbra alle sue in un bacio. Non un bacio rubato, o affrettato, ma un bacio vero e incredibilmente caldo.
Per la prima volta, sto baciando la mia fidanzata.
Le mie labbra sono sui suoi occhi, sul naso, la bocca il collo e la fronte mentre lei ride felice e non fa niente per fermarmi o per liberarsi dalla mia stretta. E ritorno alle labbra… e ancora, e ancora, e ancora, mentre il sangue mi si incendia nelle vene e io mi sento vivo e tremendamente felice di esserlo.
Ora siamo l’una di fronte all’altra.
“Benvenuta a Izu, Maya. Benvenuta a casa.”
“Grazie, Masumi.”
E ci sorridiamo a vicenda, gli occhi negli occhi. Quanto sei bella quando sei felice, amore mio.
La voglia di baciarla fino a far  perdere i sensi a entrambi… e oltre, è tanta, ma la mia giovane fidanzata - adoro chiamarla così - è bagnata come un pulcino e non mi piacerebbe si ammalasse proprio adesso. Ci è capitato di tutto, ci mancherebbe solo che si prendesse la febbre la prima volta che riusciamo a stare assieme sul serio. Vado a prendere un asciugamano di spugna e glielo passo sui capelli, poi la spedisco in bagno senza troppi complimenti a togliersi quegli abiti bagnati e a mettere qualcosa di asciutto, possibilmente che la riscaldi.
Nel frattempo le preparo una tazza di tè, che le metto in mano non appena ricompare tutta infagottata in una tuta.
“Mmmmhhh, sexy.” commento ridendo.
“Sei impossibile!” sbotta e ride anche lei. Ora le nostre battute non ci fanno più male, non sono più artigli piantati nel cuore, ma carezze che lo placano e lo rilassano.
“Bevi un po’ di tè, ti farà bene.”
Per una volta, ubbidisce senza protestare.
Poi lei mi guarda in faccia e io ricambio il suo sguardo; entrambi capiamo al volo che non è più tempo di scherzare e il riso muore sulle nostre labbra.
Le tendo la mano e sussurro: “Ho bisogno di averti vicino, Maya.”
“Anche io,” Diventa rossa, ma mi tende la mano a sua volta, ci sediamo sul divano e la prendo tra le braccia, facendola stendere su di me, proprio come quella sera.
Trema un po’, la mia Maya, e anche le mie mani mentre comincio piano ad accarezzarle i capelli. Faccio finta di niente, ma ancora una volta sono molto, troppo consapevole delle sue forme contro il mio corpo, anche se penalizzate da quella tuta. Maya non dice niente, non si muove, ma sento il suo respiro accelerato.
Non voglio forzarla, non voglio rovinare tutto prima ancora che inizi, ma posso cercare di darle un piccolo… spunto.
La scosto delicatamente da me, prendendola per le braccia e la faccio sedere sulle mie cosce. “Solo un attimo, amore.” Mi guarda un po’ stranita, ma non dice niente. Mi fissa con attenzione e si fa di brace quando mi vede cominciare a slacciare lentamente la camicia, bottone dopo bottone, e invitandola silenziosamente a riprendere quello che avevamo lasciato in sospeso quella sera, sul terrazzo. “Fa molto caldo qui, non trovi, Maya?” e scosto i lembi di stoffa permettendole un’ottima visuale del mio petto nudo. Cerca di dire qualcosa, ma dalla sua bocca esce un suono gracchiante. Ma mi guarda, mi scruta, fissa la mia pelle con uno sguardo inequivocabile che da solo mi mozza il fiato. Maya, è proprio vero che sei diventata una donna. Attendo con pazienza, gli occhi nei suoi occhi e quando sento la sua mano fresca posarsi su di me, fremo e gemo piano. E’ curiosa, Maya, e le sue carezze sono così piacevoli ed eccitanti. Ma non mi è mai piaciuto essere passivo e stasera voglio dedicarmi a lei, quindi la fermo ancora una volta. “Maya” le sussurro all’orecchio “Apri la zip della felpa per me. Solo un pochino.”
Un brivido la percorre, ma fa quel che le chiedo. “Così va bene?” domanda esitante.
“Ancora un po’, ti prego.”
Apre la cerniera fino al petto. “Così va bene, amore mio.”
Le prendo il viso tra le mani e le do un bacio sulla guancia. Un bacio innocente, che però si sposta sul suo collo scoperto e innocente non è più, la mia mano scivola lungo la gola mentre noto che il reggiseno che Maya indossa sotto la felpa non è certo quello di una ragazzina.
La sento sospirare e accarezzarmi le spalle. La camicia è scivolata e io ne approfitto per togliermela e lanciarla da qualche parte perché sento davvero un gran caldo, visto che lei a ora è seduta su di me e siamo così intimamente vicini. Mi impossesso della sua bocca e la bacio a lungo, profondamente e senza fretta perché finalmente sono sicuro che nessuno arriverà a disturbare e io voglio godermi Maya il più possibile.
Il mio autocontrollo è ai minimi termini, fra qualche secondo pronuncerò la frase di rito: “Se vuoi che mi fermi, dillo ora perché se continuiamo così non sarò più in grado di farlo”, ma lei mi precede e si stacca da me. Lo sapevo, me lo aspettavo, l’avevo messo in conto.
E’ ancora giovane e per lei è troppo presto per pensare di arrivare fino in fondo ora.
Il suo volto è in fiamme, le sue labbra sono gonfie, i suoi occhi brillano di uno sguardo languido, tuttavia la sua timidezza c’è ancora, ma le parole che sento non sono proprio quelle che mi aspetto di udire: “Qui non è comodo… mi si stanno addormentando le gambe. Non possiamo andare in un posto più…”
Deglutisco rumorosamente, quasi quasi il satiro fa la hola e lo zittisco, almeno per il momento. Mi mordo le labbra mentre le mie mani le sfiorano la pelle morbida delle sue guance. Brucio, anzi, ardo. “C’è il mio letto, se vuoi…”
Paonazza fa di sì con la testa, anche se ora non osa guardarmi in viso. “Penso vada bene.”
Anche a me va benissimo, tesoro.
Senza attendere oltre, la prendo tra le braccia. Non le chiedo se è sicura, se ci vuole ripensare, che posso aspettare. E’ vero, posso aspettare, ma sembra che Maya non voglia farlo, a giudicare dalle parole che mi ha appena detto, e allora non voglio farlo nemmeno io.
Entro in camera mia e la faccio sdraiare delicatamente sul materasso, mi stendo accanto a lei; siamo girati sul fianco a guardarci e ci sorridiamo. Le accarezzo il viso e cerco di riprendere un po’ il fiato. “Ti amo” sillabo. “Lo so”, mi risponde “Lo vedo in ogni cosa che fai e lo sento in ogni parola che dici. E ti amo anche io.”
Lo so, Maya, lo so, e tu non hai idea di quanto questo mi renda felice.
Non abbiamo ammirato le stelle sul balcone, né siamo scesi in spiaggia.
E’ stata la notte più bella della mia vita. Ho amato Maya intensamente  mettendoci tutto l’amore che provo per lei e Maya mi ha ricambiato con naturalezza e passione. L’ho assaggiata e gustata, avevo fame di lei e sono sazio, per ora. Le nostre anime si sono unite, finalmente, dopo tanta sofferenza. Le ho dato il mio cuore, la mia mente, la mia anima, il mio corpo. Le ho affidato la mia vita e so che è in buone mani.
La notte è ormai lontana e lei dorme tranquilla: si è presa tutto il letto, oltre al mio cuore e a tutto il resto, e io sono confinato in un angolino.
Mi  sono alzato stamane per fare il bagno. Le ho lasciato un messaggio sul cuscino chiedendole di raggiungermi per provare assieme la vasca in cipresso, ma lei non si è svegliata. L’ho aspettata fino a quasi perdere i sensi in quel bagno bollente, poi dato che sapevo benissimo con chi avevo a che fare, ho indossato i boxer e mi sono infilato nel letto accanto a lei, che continuava beata a dormire.
Le accarezzo piano la pelle e le poso un bacio sulla spalla nuda. Abbiamo fatto tanta strada, io e Maya: quando ci siamo conosciuti tu eri un’adolescente acerba e io un affarista senza scrupoli che aveva perso ogni speranza. Ora siamo semplicemente… noi.
* * *
E’ passato un anno e mezzo da quella notte magica. Ah, se a qualcuno interessasse, i piccoli granchi della spiaggia di Izu Maya li ha visti solamente un paio di giorni dopo.
Di notti come quella ce ne sono tante altre e tante ce ne saranno. Ora Maya è mia moglie, ci siamo sposati con una cerimonia semplice e siamo andati a passare la nostra luna di miele nel paese della Dea Scarlatta, il luogo in cui il nostro amore ha cominciato a fiorire di un’eterna fioritura, proprio come i susini che crescono in quel luogo incantato e fuori dal tempo. Le parole pronunciate da Akoya ora hanno un significato sempre più profondo che si rinnova ogni volta che siamo insieme. Per esempio, la sera quando a Maya capita di bruciare la cena o quando lava le sue magliette rosse con la mia biancheria. Ci piace la vita semplice.
Al momento è impegnata nella rappresentazione della Dea Scarlatta. Si alterna con Ayumi Himekawa. Alla fine, infatti, la signora Tsukikage ha deciso che entrambe le interpretazioni erano molto valide, quindi tutt’e due sono diventate le Dea. Oppure che ognuna delle due rappresenta un diverso aspetto di quella divinità. Aveva ragione, la signora, come sempre. Entrambe le Dee sono conturbanti e affascinanti e trascinano gli spettatori con la loro magia.
Nei libri dicono sempre “non pensavo si potesse amare così”, io dico che dopo tanto tempo sono sempre più preso da lei e starle lontano non mi fa bene. Mizuki dice che quando lei non c’è, ritorno il vecchio Masumi Hayami che terrorizzava tutta la Daito. Tranne lei, ovvio.
Non è che sia cambiato, forse grazie a Maya mi sono rimpossessato di me stesso.
Eisuke Hayami lo sento, ogni tanto. I nostri rapporti sono ancora tesi, ma piano piano stanno migliorando. Ogni tanto lui mi chiede di riconsiderare quella questione, ma non insiste. Questa storia lo ha molto segnato e forse sta cambiando. Quel che è certo è che è sinceramente affezionato a mia moglie e ogni tanto si trovano a mangiare quei tremendi gelati che sembrano adorare entrambi. Strano che a nessuno dei due venga mai mal di pancia.
Comunque, si vedrà.
La notizia della rottura del mio fidanzamento con Shiori è passata in secondo piano, quasi fosse solo una conseguenza del fatto che io abbia dato le dimissioni sia da figlio di Eisuke Hayami che da Presidente della Daito Art Production.
Volete sapere cosa ne è stato di Shiori? A quanto mi ha fatto sapere l’autrice di questa storia, sta bene ed è felice. Vi racconterà lei come sono andate le cose per la signora Kawahara - ora Shiori si chiama così - ma so per certo che non ha più avuto svenimenti.
Quanto a me, ho cominciato a lavorare con Mitamura e la situazione finanziaria ora è stabilmente in attivo. Circa sei mesi fa Mitamura mi ha proposto di diventare suo socio alla pari e la ditta ha cambiato ragione sociale. Ora si chiama Mita&Fuji, Inc.
Mi chiamo Masumi Fujimura e sono un uomo felice.
 
 
Fine – owari – the end – fin
 
 
Ecco qua, ho scritto la fine anche di Benvenuta.
Spero vi sia piaciuta quanto a me è piaciuto scriverla (quindi un bel po’).
Grazie a chi ha letto (tanti!), a coloro che hanno inserito la fanfic tra le preferite, seguite o ricordate.
Un grazie ancora più sentito per chi ha buttato via del tempo per lasciarmi una recensione. Mi avete dato una grande mano con le vostre impressioni, ve ne sono davvero grata.

Ma me la spiegate una cosa, cari lettori miei? Perché il capitolo del satiro che prende il sopravvento è quello che è stato meno recensito, ma è il più letto? E' da un po' che ci penso a chiedervelo, ma non riesco a capire.  

Per la cronaca, la mia nipotina è nata dieci giorni fa, è molto carina e fa tutte quelle cose orribili che i bambini di quell’età devono fare per stare bene, quindi scoppia di salute.
 
Come avrete certamente capito ci sarà una terza storia a chiudere la serie e sarà su Shiori.
Ecco, la prenderò terribilmente in giro e gliene farò passare di ogni, finirà letteralmente nella melma, ma un cavaliere un po’ sui generis arriverà a salvarla. Ovviamente sarà la più irriverente e dissacratoria tra le tre fan fiction, ma spero che la cosa non vi spiaccia più di tanto.
 
Un po’ di capitoli sono già pronti, ma la pubblicazione comincerà quando tutta la storia sarà più o meno scritta, in modo da non fare passare tre secoli tra un aggiornamento e l’altro.
 
Eccovi il riassunto de “La rieducazione di Shiori Takamiya (ovvero l’oggettiva osservazione della realtà)”:
 
“E’ piuttosto improbabile che in questi boschi lei possa incontrare l’imperatore del Giappone e consorte, quindi l’abito da cerimonia non è richiesto.”
Shiori lo guardò male, agitandogli sotto il naso un maglione di pile. “Questo abbigliamento non mi dona affatto.”
Kenji si tolse gli occhiali e le diede una buona occhiata. “E’ bella lo stesso. E badi, questo non è un complimento, ma una oggettiva osservazione della realtà!”
 
 
Non è umanamente possibile che in una persona sola si concentrino tanti difetti: piattola, lagna, viziata, macigno, pallista, intrigante, nevrotica, cozza…
Ci ho pensato su e sono giunta alla conclusione che Shiori l’abbiano fatta diventare così.
Quindi quello che ci vuole è qualcuno che la rieduchi, nella fattispecie un serioso ingegnere con una spiccata tendenza alle gaffes.
 
 
 
Grazie ancora per il tempo che avete dedicato a “Benvenuta”.
Alla prossima!
Ni
 

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