Istinto animale

di tartufo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** capitolo due ***
Capitolo 3: *** capitolo tre ***
Capitolo 4: *** capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** capitolo sei ***
Capitolo 7: *** capitolo sette ***
Capitolo 8: *** capitolo otto ***
Capitolo 9: *** capitolo nove ***
Capitolo 10: *** capitolo dieci ***
Capitolo 11: *** capitolo undici ***
Capitolo 12: *** capitolo dodici ***
Capitolo 13: *** capitolo tredici ***
Capitolo 14: *** capitolo quattordici ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


C’erano giorni in cui poteva rimanere ore a contemplare la foresta, sentiva qualcosa, come se una forza misteriosa lo chiamasse, lo attirasse nei meandri di quel fitto e oscuro bosco, oscuro come i sentimenti che continuavano a scontrarsi dentro di lui, sapeva che non poteva, non doveva essere così affascinato da quel luogo, eppure non poteva farne a meno.

Quel giorno non era diverso dagli altri, le fronde degli alberi si tendevano, allungavano i forti e antichi rami verso di lui, il vento sussurrava una delicata preghiera che, non trovava risposta, era sempre così, il vento lo circondava, gli parlava per ore, ma quella lingua, lui non la conosceva, era inaccessibile, mai conosciuta? Dimenticata? O forse perduta.

Lui adorava quella sensazione, gli sembrava di essere accarezzato da quelle parole, se chiudeva gli occhi, sembrava così reale, come se niente fosse accaduto, come se non li avesse persi per sempre, come se la mano di sua madre fosse ancora poggiata sulla sua guancia per confortarlo, o quella di suo fratello sulla sua spalla per dargli coraggio.

Fu mentre il vento lo corteggiava e osservava attraverso il buio che qualcosa attirò la sua attenzione, la creatura si spostava leggera e silenziosa, tradita dai bassi cespugli che si muovevano al suo passaggio, dovette aguzzare la vista perché il suo manto si mimetizzava perfettamente con il paesaggio, candido come la neve che per tutto il giorno era caduta, rendendo quel luogo ancora più misterioso e mistico.

Blaine allungò il braccio cercando di fare meno rumore possibile, poteva essere silenzioso come la creatura se voleva, stare immobile per ore nell'attesa del momento perfetto, con la mano afferrò l’arco e la faretra che giacevano abbandonati al suo fianco, con un movimento fluido e veloce, dovuto agli assidui allenamenti, l’arco era teso e la freccia pronta per essere scagliata.

Mentre le orecchie si muovevano impercettibilmente per captare eventuali rumori, la creatura sollevò lentamente il capo, spavalda fissò i suoi profondi occhi azzurri in quelli dorati di Blaine, e senza paura iniziò ad avanzare.

Il cuore di Blaine prese a battere più veloce, non era la prima volta che si trovava così vicino a un membro del branco, non avrebbe mai scordato il fiero esemplare che aveva tolto la vita a David, i suoi occhi, non li avrebbe mai scordati, l'angoscia per essere stato circondato, o forse, chissà quale oscuro segreto nascondeva, ma Blaine sapeva cosa doveva fare, era stato addestrato per quello, doveva provare odio per le creature che avevano distrutto la sua famiglia, aveva perso sua madre e suo fratello, eppure quel pensiero non lo distolse dal fatto che l’animale che gli stava venendo incontro era la cosa più bella che avesse mai visto.

Rimase troppo tempo a contemplare quella splendida creatura, come al rallentatore la vide correre e balzare, pronta a morderlo, e anche in quel momento l’unica cosa che riusciva a pensare era come il suo corpo, i suoi movimenti fossero così sinuosi, eleganti, poteva vedere come i muscoli delle zampe posteriori si contraessero, accumulassero energia e distendendosi gli facevano acquistare forza e velocità, come le zampe anteriori, si posavano a terra con grazia, senza sollevare un solo fiocco di neve, come se nemmeno la sfiorasse, e nonostante stesse per sbranarlo, era stupendo, fu questo pensiero, a riscuoterlo dallo strano stato di torpore in cui era caduto, l’istinto di sopravvivenza che si faceva largo in quel vortice di pensieri malsani ebbe la meglio.

Blaine scocco la freccia, per la distrazione non era stato preciso come sapeva di poter essere, ma colpì comunque il bersaglio, la freccia penetrò la carne del bellissimo lupo all’altezza del fianco facendolo cadere rovinosamente a terra, un ululato si levò alto nel cielo, come un richiamo, una richiesta d’aiuto, poi come era iniziato l’ululato cessò di riecheggiare, sostituito da bassi guaiti.

Il manto dell’animale, ora era macchiato da un denso liquido rossastro che contrastava nettamente con il bianco splendente del suo fulgido pelo, Blaine si avvicinò cauto, non avrebbe dovuto, col passare delle ore, il freddo avrebbe completato la sua opera, mettendo fine alla vita di quell'essere, eppure sentiva di aver commesso un atto tremendo, si guardò attorno in cerca di un bastone, non voleva che soffrisse inutilmente, voleva porre fine alle sofferenze del lupo che continuava a scrutarlo, senza muoversi, senza ringhiare, senza provare a scappare o attaccarlo, era strano, non si comportava come sapeva facesse un normale lupo, si chiese se l’animale avesse voluto realmente sbranarlo, o fosse stato solamente frutto della sua immaginazione, alimentata per anni dai racconti del padre e del suo villaggio.

Trovato il bastone Blaine si mise in ginocchio di fronte all’animale, era pronto a colpirlo quando quest’ultimo cogliendolo di sorpresa, si sollevò e con un balzo gli si scagliò contro inchiodandolo al terreno, l’unica cosa che il giovane riuscì a pensare fu, “per favore, fa che sia veloce”.

Blaine rimase così, immobile ad occhi chiusi, serrati per la paura, in attesa di sentire le fauci del lupo divorargli la carne e togliergli la vita, lo sentiva respirare sopra di lui, e doveva aver perso la testa perché non sembrava affatto un respiro animale, i secondi passarono, così come i minuti senza che il lupo attaccasse, si chiese se non fosse morto a causa della ferita, sentiva il sangue caldo che gli imbrattava i pantaloni, ma era impossibile, percepiva ancora quello strano respiro che gli scaldava la pelle esposta del collo, poi capì, stava aspettando il branco, lo aveva chiamato poco prima e ora aspettava per dividere la preda.

Aprì gli occhi, le pupille dilatate per la paura, terrorizzato dall’idea di quello che gli avrebbero fatto, cosa sarebbe rimasto di lui, forse nulla, anche lui, come i suoi cari, persi per sempre, nessuno avrebbe pianto sulla sua tomba, solo un lontano ricordo custodito in fondo al cuore, ma quello che vide lo lasciò senza parole.

Il lupo che lo aveva attaccato era scomparso, lasciando il posto a un androgino essere che lo scrutava con i suoi meravigliosi occhi cerulei, occhi spaventati e indecisi, colmi di dolore, eppure occhi familiari che aveva incrociato solo pochi minuti prima, ma in un primo momento non ci fece caso.

Blaine arrossì appena sotto lo sguardo ipnotizzato di quella visione, era qualcosa che non aveva mai visto, la perfezione di quella pelle così candida, la sua morbidezza, la sua natura così incomprensibile, sgusciò velocemente da sotto il suo corpo con poca grazia facendolo rotolare a terra, quando si accorse che era un ragazzo e che era nudo, il suo volto assunse le meno conosciute sfumature di viola.

Un leggero gemito lo riscosse dal suo imbarazzo, il ragazzo tremava dal freddo, la mano che teneva sul fianco era imbrattata di sangue.

“Sei ferito …”.

Si levò la maglietta incurante della morsa del gelo, per tamponare la ferita e cercare di arrestare il flusso copioso quando un ringhio alle sue spalle lo costrinse a voltarsi.

Tre lupi, distanti una decina di metri lo fissavano minacciosi, quello al centro era una femmina, poteva dedurlo da come muoveva la coda, quasi a pavoneggiarsi, (e non aveva dubbi sul fatto che li stesse guidando, comandava in un certo senso quel gruppo ristretto, perché lo sapeva, c'era un unico capo) da come teneva sollevato il muso, fiero e senza timore, il suo manto nero e lucente accompagnato da due occhi come pietre d’onice avrebbero messo in soggezione l’animale o l’uomo più spavaldo.

Gli altri due erano maschi, le code dritte, il muso rivolto verso il terreno, immobili, in attesa di colpire, il primo aveva un manto inusuale, non tanto per il colore, un bellissimo marrone scuro identico alle foglie che cadono nel pieno dell’autunno, quanto per il pelo che sembrava rado ai lati e molto fitto al centro, come se avesse una specie di cresta, gli occhi potevano dire tante cose, ma in quelli Blaine scorse furbizia, subdola furbizia, il secondo teneva lo sguardo sul ragazzo ferito, il suo manto grigio mutava ogni volta che un raggio di sole gli si posava sopra, gli occhi di un delicato marrone chiaro simili al cuore di un antico albero sembravano tristi e preoccupati, ma anche colmi di rabbia.

Soggezione, furbizia, preoccupazione, rabbia?

Ora era davvero certo di aver perduto la testa, erano lupi dannazione, non provavano sentimenti, non erano umani non seguivano la ragione, agivano d’istinto, e quello li avrebbe portati ad attaccarli.

L’arco e le frecce erano fuori portata, li aveva abbandonati nel momento in cui aveva provato pietà per la creatura, l’unica arma che aveva a disposizione era il bastone trovato poco prima, forse non sarebbe servito a nulla, ma almeno avrebbe provato a difendere se stesso e il ragazzo uscito dal nulla. Non sarebbe morto senza combattere.

Quando il ringhio della femmina diede il comando e i due lupi iniziarono pericolosamente ad avanzare, Blaine si portò davanti al ragazzo ferito, in modo da fargli da scudo e proteggerlo per quanto fosse possibile con il suo corpo, poi si mise in posizione, pronto a colpire.

“No!”.

Con chi stava parlando il giovane? Voleva forse evitargli di colpire le creature?

“In qualche modo dobbiamo pur difenderci, posso capire che le trovi … bellissime … ma …”.

“Non stavo parlando con te …”, disse interrompendolo, “Ho detto no!!”, incuranti del comando ricevuto i lupi continuarono ad avanzare, senza alternative il ragazzo iniziò a ringhiare basso e minaccioso inchiodando le creature al suolo.

Non lo aveva mai fatto, soggiogare così i suoi amici, eppure in quel momento non aveva trovato altro modo che costringerli al suolo, i suoi poteri erano minimi, eppure abbastanza per fermarli, solo per il tempo necessario per farli desistere, li conosceva, conosceva i motivi che li spingevano a detestare gli umani, le loro vite, frantumate da quegli umani che avrebbero dovuto essere le loro speranze.

Il lupo grigio provò a divincolarsi con tutte le sue forze senza risultati, si agitava e digrignava i denti nello sforzo di liberarsi, era solo una cosa mentale, lo sapeva, se si concentrava poteva farcela, dopotutto non poteva essere già così forte, anche se era possibile, quando voleva una cosa, era quella e basta, forse, grazie alla sua testardaggine riusciva a controllarli.

Provò ancora e ancora, fino a sentire il tradimento nel cuore, bassi uggiolii riempirono l'aria.

“Mi dispiace, ma non è lui che deve pagare per quello che è successo... Io non posso lasciartelo fare... Perdonami...”.

“Si, penso tutti i giorni a lei... ma spargere sangue innocente non la porterà indietro, trasformerà solo te in un mostro... Non voglio perderti...”.

La femmina iniziò a latrare in modo concitato.

“… Ero sconvolto, deluso, arrabbiato e spaventato …”.

“E’ stata colpa mia, ha frainteso … ascoltami … no, non ci credo … ti sbagli …”.

A ogni frase del ragazzo seguiva un latrato della lupa, come se stessero dialogando.

“Ci ho provato, non riesco, credo a causa di questa”, disse indicando la ferita.

Il ragazzo sorrise dopo l’ennesima risposta sconosciuta della lupa.

“Come sempre … ora però andate …”.

A quelle parole i tre lupi indietreggiarono fino al limitare della foresta e poi scomparvero alla vista.

Blaine per l’intero scambio di battute era rimasto in silenzio, confuso guardava prima il ragazzo e poi la lupa, possibile che avesse realmente assistito a una conversazione tra i due?

Poi finalmente il suo cervello si mise in funzione, gli occhi erano identici e la ferita nel medesimo punto, possibile?

Blaine osservò per vari secondi il ragazzo che gli stava davanti, un unica domanda gli martellava nella testa.

“Cosa sei?” chiese guardandolo in volto.

Il ragazzo sorrise dolcemente, e prima di cadere al suolo svenuto, disse solamente una parola.

“Aiutami”.

 

“Quando credi che avverrà?” chiese pensieroso.

“Non lo so, non sapevo nemmeno fosse possibile, quando mi hai trovata... pensavo che ti avessero trasformato, non so come funziona, non sperare troppo nel suo arrivo, potresti rimanere deluso...”, disse pur desiderando con tutto il cuore che avvenisse il contrario.

“No, sono sicuro che ci troverà presto...”.

“Cosa ti fa essere così ottimista?” chiese, sperando di trovare conforto in quelle parole.

“Perché non mi ha mai deluso, e non lo farà nemmeno questa volta...”.

Chiuse gli occhi, lasciandosi accarezzare dal dolce tepore che quel riparo sotto la neve gli regalava, lei lo osservò ancora per un momento, si rese conto che si erano scambiati i ruoli, avrebbe dovuto essere lei a confortarlo, dirgli che sarebbe andato tutto bene, ma la sua vita le era scivolata di mano tanti anni prima, e adesso sentiva solo un enorme squarcio nel petto.

Gli mancavano così tanto, nonostante tutto.

 

“Come va la ferita?” chiese avvicinandosi con buone intenzioni, ma si fermò all'istante quando il cucciolo si frappose tra lui e la ragazza che si trovava rannicchiata nell'angolo della stanza.

“Non rispondi perché non vuoi o perché hai perso la voce? Ti avevo detto che era inutile urlare, quaggiù non ti sentirà nessuno...”.

Il cucciolo continuò a ringhiare finché la ragazza non lo attirò a se in un abbraccio, allora nascose il muso nel suo collo uggiolando piano.

“Lo so, stai tranquilla... andrà tutto bene...”.

“Perché ci tieni qui?” chiese all'uomo che le guardava in silenzio.

“Voglio fare del male alla tua specie, come ne è stato fatto a me...”.

“Perché non ci uccidi?”.

“Ci sto pensando...”.

“Potrei ucciderti, potrei trasformarmi e sbranarti...”, disse con una sicurezza che non possedeva.

“Vi conosco più di quanto immagini, non mentirmi...”.

Detto questo appoggio sul pavimento dei nuovi vestiti e del cibo, le voltò le spalle e prese a salire i gradini che portavano al piano superiore, la vide trasformarsi in quelle creature che tanto odiava, non sapeva perché le aveva risparmiate, e sinceramente non voleva pensarci.

 

“Oh andiamo, è davvero stupido, perché si dovrebbero trasformare con la luna piena?” chiese divertito.

“Per natura?Per istinto? Non lo so, va bene, basta, non ti permetterò più di rovinare i miei racconti preferiti... sei senza cuore...” disse girandogli le spalle offeso.

“Per istinto dici?” sussurro avvicinandosi pericolosamente al suo orecchio.

“Per natura io ho trovato te, e mi sono trasformato per te...” disse costringendolo a voltarsi e a guardarlo in volto.

“E per istinto...” non terminò nemmeno la frase che le sue labbra erano andate a catturare quelle dell'altro in un bacio prima delicato e gentile, lento, come se ci fosse stato tutto il tempo del mondo, poi l'aveva costretto ad aprire la bocca e con movimenti circolari aveva iniziato ad accarezzare la sua lingua, ottenendo come risposta un gemito di piacere.

“... faccio questo”.

“Credo che tu abbia ragione...” disse senza fiato.

“Le tue argomentazioni mi hanno convinto, quel racconto è davvero stupido...”.

Sollevò il muso e un triste ululato si diffuse per tutta la foresta, non avrebbe dovuto rivivere quei ricordi, avrebbe dovuto chiuderli in un angolo del suo cuore e gettare via la chiave, ma era così facile perdersi in essi, gli sembrava quasi di tornare a vivere in quei momenti.

 

“E' colpa mia... avrei dovuto cambiare queste stupide regole da tempo...”.

“Non dire così...” la interruppe la compagna con convinzione.

“Ma hai visto cos'è diventato lui, prima un lupo Omega, poi un Solitario... se accadesse anche a Kurt...”.

“Non è stata colpa tua, non era mai accaduto, non eravamo a conoscenza di questo, pensare che ci Abbia fatto questo, non accadrà di nuovo... faremo in modo che non succeda...”.

“Finché non si risolve questa situazione, i cuccioli non potranno più andare nella foresta, cambierò le regole, per noi, e per gli umani...”.

 

“Quando ti ho visto con lui, non puoi immaginare la gioia che ho provato... non puoi immaginare il primo pensiero che ha attraversato la mia mente, di nuovo insieme, io e te, e non avrei avuto paura di confessarti perché ti avevo lasciato, perché tu avresti capito, e avresti perdonato il mio gesto, perché non avevo alternative... Avresti saputo per certo, che non avevo avuto scelta, che il richiamo, mi aveva costretta a lasciarti andare... E quando ti ho visto con lui, non potevo immaginare...”.

Col muso coperto di terra e gli occhi colmi di lacrime, la lupa apriva il suo cuore al figlio, che di certo, in qualche modo, ascoltava.  

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Capitolo 2
*** capitolo due ***


L'unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento, era il branco, doveva avvertirlo che lo aveva trovato, era ferito, ma era sicuro, che l'umano non gli avrebbe fatto del male, e se c'era una cosa di cui lei si fidava, era l'istinto di Kurt, non sbagliava mai.

Mentre correva per la foresta, si sentiva libera, libera da quel dolore, da quell'incessante sensazione di rabbia che le avvelenava il sangue, le annebbiava la vista e tramutava il suo cuore in un gelido pezzo di ghiaccio, era una macchia inconsistente che si muoveva veloce come il vento, indefinita come un déjà vù.

Solitamente, quando i suoi pensieri non erano offuscati dalla preoccupazione, preferiva evitare di attraversare la radura, non perché avesse paura di essere troppo esposta, non protetta tra la folta vegetazione, ma per quello che quello spazio le ricordava, quel giorno però, i suoi sentimenti per il giovane lupo, erano talmente intensi, da offuscare tutto il resto.

Quando spiccò il salto, fu troppo tardi.

Con un balzo, attraversò i confini del luogo che si cibava dei suoi incubi, in quell'immenso spazio vuoto i ricordi riempirono la sua mente, trafiggendola come mille lame affilate, le sue zampe toccarono il terreno instabili facendole perdere l'equilibrio e ruzzolare in malo modo, nessuna cespuglio aveva attutito la caduta.

Mentre cercava di sollevarsi lo vide, il punto esatto, dove era successo, dove tutto era cambiato.

Le poteva sentire come se tutto stesse accadendo nuovamente, c'erano mani ovunque, mani che la toccavano, mani che la costringevano a terra, che esploravano il suo corpo contro la sua volonta, mani che le tenevano le gambe aperte.

Poi un corpo sudato che la schiacciava con il suo peso, un corpo che si muoveva sopra di lei, dentro di lei, spezzandola, nella semi coscienza aveva domandato perché le faceva quello, come una cantilena, perché non riusciva a capire, perché non c'erano altre domande che avrebbero avuto un significato più di quella.

Il Buio l'aveva raggiunta solo quando tutte quelle mani avevano abusato più volte del suo corpo, abbandonandola in una pozza di sangue.

Si era risvegliata in stato di trans quando aveva sentito nuove mani su di se, aveva iniziato a piangere perché non avrebbe resistito un altra volta e pianse ancora più disperatamente quando quelle mani la adagiarono delicatamente su un morbido manto,l' aveva riconosciuto subito , e sapeva che aveva gravato il cuore di quel lupo di un nuovo peso, di una nuova rabbia, pur non volendo, stava alimentando il fuoco che lo corrodeva da dentro.

Quei ricordi, erano così vividi, così reali, da annientarla, la sua fragile anima, ri-assemblata così faticosamente, si stava lentamente sbriciolando sotto il tocco di quelle avide mani.

“Come sei bella...”.

Se non avesse udito quelle parole, avrebbe continuato a sprofondare sempre più in basso, in profondità, dove la luce non arriva, la speranza non conosce la strada e avrebbe varcato la soglia, dove quello che ti riserva la vita, non riesci ad affrontarlo.

Risvegliata, la lupa iniziò a ringhiare sottraendosi a quel tocco, sottraendosi alla vicinanza dell'umana, perché lei li odiava, tutti, non avrebbe permesso a nessuno di farle del male. Mai più.

“Aspetta, non avere paura...”.

E per un attimo, il suo corpo, parve prendere il sopravvento, pronto a credere a quella promessa, ma lei lo sapeva, era solo una futura bugia.

Santana la fissò per un lungo istante, il suo volto era familiare, l'aveva già vista, quel giorno quando lo aveva scorto al fiume, quando si era trasformata per la prima volta, c'era anche lei.

Un moto di repulsione la invase fin dentro le ossa facendola sussultare e costringendola alla fuga.

La cascata quel giorno, era più irruenta del solito, carica della neve che si era riversata nelle sue anse, sembrava in grado di ribellarsi al suo naturale percorso e di distruggere ogni osa al suo passaggio.

Santana si era sempre paragonata a quell'acqua così piena di forza, inarrestabile, eppure in quel momento, lo sapeva, era più simile alla vegetazione che soccombe sotto di essa.

Impotente.

Attraversato il varco nascosto sotto il getto d'acqua e percorso il suo stretto tunnel, la lupa individuò immediatamente il Capo circondato dal branco quasi al completo, mancavano solo Finn e Puck e ovviamente i cuccioli.

“Burt...” Santana latrò per attirare l'attenzione su di se.

“Kurt sta bene?” non era stato Burt a parlare, bensì la sua compagna, l'unica a potersi permettere il lusso di parlare prima del Capo.

“E' ferito, ma sta bene...”.

Vide che le si riempivano gli occhi di paura.

“Perché non è tornato? E l'umano? E' ancora vivo?” l'ultima domanda l'aveva disorientata.

“L'umano è vivo, Kurt è con lui...”.

Il branco esplose.

“Dobbiamo proteggere l'umano!”.

“Dobbiamo evitare, che accada come l0ultima volta!”.

“Il ragazzo ci porterà nuovi guai, gli umani ci servono, non dobbiamo alimentare il loro odio...”.

“Avremmo dovuto istruire i cuccioli secondo quello che conosciamo, non secondo quello che reputiamo giusto conoscano!”.

“Perché Lei ci ha voltato le spalle?” chiese tristemente qualcuno.

Era scoppiata una discussione che Santana non riusciva a comprendere, quelle parole, non avevano senso per lei.

Proteggere l'umano? Lui aveva ferito Kurt, ,ma a nessuno sembrava importare.

Alimentare il loro odio? Dopo quello che le avevano fatto? Era lei che provava quel sentimento, non viceversa.

“Silenzio!!”.

A quel comando, tutto il branco tacque, ammutolito dal potere che solo il maschio dominante poteva esercitare.

“Santana, perché Kurt non è tornato?” chiese Burt, ignorando i rantoli di protesta del branco.

“Lui... lui non può trasformarsi, per via della ferita, non riesce a riprendere le sue sembianze animali...”.

“Bene, finché è così, l'umano non corre alcun pericolo...” disse ad alta voce.

“E anche lui è salvo” aggiunse sottovoce tra se, solo Santana riuscì a coglierle.

“Ora è arrabbiato, e non vorrà parlare con nessuno... ma di te si fida... Santana, devi dirgli di non morderlo, digli che prima deve sapere delle cose, che gli spiegherò tutto, ma non deve morderlo, per il bene di entrambi... ora va, più in fretta che puoi...”.

Senza attendere altre parole, Santana riprese la sua corsa, non sapeva cosa pensare, l'unica cosa che l'aveva messa così in agitazione, era stata quella frase sussurrata, quella frase piena di paura.

 

Sentiva come un ronzio, nella orecchie, prima era basso, non ci aveva fatto caso all'inizio, aveva cercato di ignorarlo quando aveva iniziato a diventare sempre più forte e insistente, e poi era sparito, all'improvviso, ma la verità è che non era sparito, era lui che non sentiva più, aveva perso l'udito.

“Aiutami” l'aveva pronunciata quella parola ma non era riuscito a sentirla.

E poi il suo corpo, inaspettatamente aveva toccato il suolo.

Un attimo, solo un attimo di totale black-out, perché con la testa adagiata sul terreno coperto si neve, sentiva le vibrazioni che i passi di Blaine producevano, le sentiva nella pelle, come le increspature che un sasso genera quando viene scagliato in acqua, ma le sentiva anche con le orecchie, sentiva il rumore dei piedi che sprofondavano di poco in quella neve leggera, sentiva il rumore della vita che vi si celava al di sotto.

Sentiva, ma non aveva le forze per muoversi. Cos'era la forza misteriosa che lo aveva costretto a terra?

L'unica cosa che poteva fare, era guardarlo con i suoi immensi occhi azzurri e aspettare.

 

Stava impazzendo, non era possibile, quel ragazzo, quel, non sapeva nemmeno che definizione dare a l'essere che gli stava davanti, gli stava chiedendo aiuto, e lui, nonostante fosse confuso, e smarrito, come poteva negarglielo, quando con quell'unica parola, la sua voce, si era caricata di dolore e dolcezza?

Blaine si mosse lentamente verso l'essere, lo osservava attento, aspettandosi chissà quale reazione inaspettata, ma il ragazzo rimase inerme, con gli occhi sgranati in attesa.

“Mi senti?” chiese, ma il ragazzo non sembrava in grado di parlare.

“Va bene...” anche se piuttosto imbarazzato, Blaine prese il giovane per le spalle e lo mise in posizione seduta, afferrò una piccola manciata di neve candida tra le mani e strofinandole tra loro la fece sciogliere, poi con molta delicatezza si mise a detergere il volto e la nuca del giovane, che a contatto con le mani bagnate di Blaine parve riscuotersi.

“Co'è successo?” chiese esitante.

“Sei svenuto per un attimo”.

“Svenuto? Cosa significa?”.

Blaine smise di rinfrescarlo, cercando le parole per spiegare cos'era successo.

“Significa che hai perso i sensi...”.

“Oh... si, i sensi, non sentivo più...” disse, ricordando con orrore, come il suo finissimo udito avesse cessato di funzionare.

“Riesci a camminare?”.

Il ragazzo si mise in piedi, guardò Blaine fiero di se, solo che Blaine stava girando, e non solo lui, tutta la foresta girava, sapeva cosa stava succedendo, stava per cadere nuovamente a terra, l'aveva appena pensato, che due forti braccia gli erano corse incontro per sostenerlo, non era caduto, non era solo.

“Ti porto io, però, non così... non così...” disse mentre lo faceva nuovamente sedere e cercava di evitare che il suo sguardo scendesse al di sotto del volto, se lo guardava solo in volto, era tutto più semplice.

“Così come?” chiese il giovane, mentre osservava Blaine che recuperava qualcosa da terra.

“Non è pulitissima, poi rimedierò, adesso indossala” disse porgendogli la maglietta che era rimasta abbandonata all'improvvisa apparizione dei lupi.

Il giovane la prese tra le mani non sapendo bene che fare, la porto al naso e la annuso, il suo olfatto era decisamente calato rispetto alla norma, ma poteva sentire il debole odore del suo sangue, e poi l'Essenza di Blaine, quell'oggetto, urlava BlaineBlaineBlaine.

“Indossala, forza...” disse Blaine distogliendolo dai suoi pensieri.

“Io non so come si fa...” disse con semplicità il ragazzo, continuando a scrutare quell'oggetto morbido che aveva tra le mani.

“Oh...” fu tutto quello che uscì dalle labbra di Blaine, poi si inginocchiò di fronte e con gentilezza lo aiutò ad indossarla, nel compiere quel gesto, si ritrovò ad annusare l'aria, e c'era odore di...

“E' per questo che sono riuscito a trovarti” gli disse ad un palmo dal naso, spezzandogli il respiro, e fissandolo negli occhi.

“Essenza...”.

Blaine abbassò lo sguardo imbarazzato, e come se nulla fosse, sollevò senza fatica il giovane, strappandogli un gemito di dolore.

“Mi dispiace... io, mi dispiace” disse facendolo aderire al suo corpo in modo che stesse più comodo.

“Dove andiamo? A casa tua?”.

“Non posso portarti a casa mia, forse sono impazzito, e forse non conosco la verità, ma penso che mio padre ti ucciderebbe, e poi ucciderebbe me, conosco un posto, non ci va mai nessuno, viene utilizzato solo quando...” e le parole gli morirono in gola.

“Io comunque mi chiamo Blaine” disse per cambiare argomento.

“Lo so... io sono Kurt...”.

Mentre attraversavano la foresta, Blaine continuava a sentirlo, come se si fosse insinuato nella sua pelle, ogni passo, ogni spostamento d'aria, lo colpiva in pieno, quell'odore gli riempiva i polmoni, annebbiandogli ogni facoltà cognitiva.

Ma non era l'aria circostante, era impossibile, si trovavano in una foresta, avrebbe dovuto sentire l'odore degli alberi, l'odore quasi inconsistente della neve nuova, invece.

“Sei tu... non è un odore, è il tuo profumo... sai di... terra bagnata, e erba appena tagliata, ed è così intenso...” disse quasi non credendo alle sue stesse parole.

“Si sente molto di più quando... beh ecco... tu sai di corteccia e resina, sai di casa... è davvero strano...”.

“Si, è strano... cosa è strano?” chiese, pensando che molto probabilmente erano due strani diversi.

“Che tu senta la mia essenza e che io senta la tua... con queste sembianze... però magari mi sbaglio, dopotutto non so quasi nulla...”.

Blaine aveva ragione, erano due strano completamente diversi.

 

“Certe volte, è come se sentissi la sua Essenza, sento l'adrenalina entrare in circolo, inizio a correre, anche se so che non è possibile, inizio a correre, e poi, sparisce, mi ritrovo solo e impotente, ancora una volta...” disse Finn guardando un punto lontano, senza vederlo.

“Succede anche a Quinn, credo, da quando non c'è più, non passa notte in cui mi sveglio e lei non è al mio fianco, la cerco per ore, e quando la trovo...”.

“Come sta?”.

Puck scosse la testa con un sorriso triste.

“La sto perdendo, non è più lei...”.

 

Lui avrebbe fatto la differenza, era certo, che non avesse bisogno di nessuno, non gli serviva un umano per essere felice, poteva vivere così, in solitudine, e sarebbe andata benissimo, non gli servivano le uscite nel bosco per trovare cosa? Una compagna, la sua parte mancante? No, lui stava bene così, e tanto bastava.

Ad ogni modo non aveva incontrato nessuno, e poteva benissimo tornare dal branco con quella scusa, in realtà aveva volutamente evitato le zone più frequentate dagli umani, ma questo, era un dettaglio.

Aveva appena deciso, che non gli sarebbe dispiaciuto addentare un bel coniglietto grasso, e la cosa che più gli interessava era che avrebbe cacciato da solo e sopratutto, che non avrebbe dovuto dividere la preda con nessuno. Aveva appena drizzato le orecchie per captare qualche piccolo, innocente e succulento passo falso, quando un singhiozzo ininterrotto attirò la sua attenzione.

Mosse qualche passo insicuro verso il rumore, fermandosi con una zampa a mezz'aria quando un campanello d'allarme suonò nella sua testa.

Non doveva avvicinarsi, altrimenti i suoi propositi dove li metteva?

Si voltò pronto ad andarsene, quando i singhiozzi si trasformarono in un pianto da spezzare il cuore.

Certo, non il suo ovviamente, cioè, poteva benissimo avvicinarsi e vedere che succedeva, in fondo quante probabilità c'erano di incontrare qualcuno fatto a posta per te?

Insomma, pochissime, forse una su un milione, o giù di li.

Riprese a muoversi verso quei lamenti, non era agitato, solo perché il suo cuore batteva leggermente più in fretta, non vuol dire che era agitato, era solo...

Niente, non era niente.

E poi lo vide.

Era a terra, le gambe raggomitolate all'altezza del petto, strette dalla morsa delle sue stesse braccia, si dondolava avanti e indietro, forse in modo inconsapevole, e piangeva, gli occhi gonfi e rossi pieni di lacrime che sgorgavano come un fiume in piena.

Gli si era stretto il cuore, cioè gli aveva fatto un po' di pena, ma questo era tutto, soddisfatta la sua curiosità, poteva benissimo tornare a cercare quel bel coniglietto, dopotutto, non erano affari suoi, e comunque non avrebbe potuto fare nulla.

Si lasciò quella vista alle spalle, pronto ad allontanarsi, quando una fitta all'altezza dello sterno lo fece sussultare.

Non è niente.

E poi dolore, dolore dappertutto, gli facevano male anche parti che non sapeva di possedere.

La pelle tirava e bruciava come se si fosse trovato a strisciare sui carboni ardenti, i muscoli si tendevano in spasmi incontrollabili, sentiva gli arti allungarsi, prendere una forma che lui voleva rinnegare, il muso accorciarsi la pelliccia diradarsi e venire sostituita da morbida pelle e da una peluria bionda.

Poi il dolore, com'era arrivato era sparito, lasciandolo steso a terra, ancora ansimante e sudato.

“Le ultime parole famose...” sussurrò esausto.  

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Capitolo 3
*** capitolo tre ***


La baita, era abbastanza lontana dal villaggio, per convincere Blaine che fosse un buon posto per nascondere Kurt, almeno finché la ferita non fosse guarita, e lui avesse estinto il suo senso di colpa.

Erano anni che nessuno metteva più piede li dentro, da quando David era stato attaccato e tutto il villaggio si era mobilitato, mettendo a ferro e fuoco la foresta per giorni e giorni.

C'erano notti, in cui il sonno tardava ad arrivare, e quando alla fine stremato, lo accoglieva, l'unica cosa che vedeva, era il corpo di David che veniva trascinato all'interno della foresta, il lupo che aveva posto fine alla sua vita, lo tirava con tutte le sue forze, come se fosse di vitale importanza, c'erano voluti cinque uomini armati per farlo desistere, quando finalmente aveva lasciato la presa e si era allontanato, il suo passo era meno sicuro e vitale, certo, era stato ferito, eppure un pensiero continuava ad ossessionarlo, era come se quel lupo, avesse perso qualcosa.

Quell'anno, l'inverno era stato particolarmente freddo e trovare selvaggina era stato davvero arduo, imputarono l'accaduto a quel fatto, i lupi avevano fame.

Eppure.

Il locale, era composto da un unica stanza piuttosto piccola, non era stata progettata per viverci, era un riparo temporaneo, in caso di bisogno era li, tutto il villaggio ne era a conoscenza.

Il letto, occupava il lato destro con a fianco un piccolo mobile di legno, che sembrava aver passato giorni migliori, un piccolo camino, era stato costruito al centro del lato sinistro, dal lavoro, si poteva notare che non era stato costruito insieme alla baita, ma era stato inserito successivamente, infine, in mezzo alla stanza, un tavolo con due sedie completavano il misero arredamento.

L'odore di chiuso, impregnava le quattro mura, rendendo l'aria calda e soffocante, Kurt arricciò il naso iniziando ad annusare.

“Non mi piace...”.

“Non posso fare altrimenti, te la caveresti fuori di qui? Senza aiuto?”.

“In queste condizioni immagino di no...”.

“La ferita non è grave, posso pensarci io, non preoccuparti...” disse Blaine adagiandolo delicatamente sul letto.

“Non parlavo della ferita, ma di questo corpo...” disse indicandosi dalla testa ai piedi.

“Credo che dovrai spiegarmi cosa sta succedendo, perché davvero, non posso che essere confuso...”.

Dopo vari minuti e non poche difficoltà, Blaine spalancò la finestra facendo entrare il dolce profumo degli alberi.

“Devo tornare al villaggio, a procurarmi delle bende, del cibo, e magari dei vestiti... tu non muoverti da qui...”.

Lo guardò un ultima volta, prima di chiudersi la porta alle spalle, chiedendosi se al suo ritorno, lo avrebbe trovato.

 

Pochi secondi dopo, il bellissimo lupo nero, attraversò la bassa finestra con un balzo e atterrò delicatamente di fronte a Kurt, il suo viso si aprì in un tenero sorriso.

“Ciao San...”.

La lupa si guardò attorno, e dopo un accurata ispezione di due minuti, date le dimensioni della stanza, inizio a latrare.

“Questo posto fa schifo!”.

Kurt non poté fare a meno che essere d'accordo.

“Lo so, non ho capito il perché, ma non poteva portarmi al villaggio...”.

“Gli umani ci odiano...” non poté fare a meno di sganciare la bomba.

“Non dire assurdità San, loro sono ammaliati dalla nostra natura, non possono fare a meno di trovarci stupendi, affascinanti, non possono fare a meno di amarci, in qualche modo...”.

“Un tempo forse era così, ma ora le cose sono cambiate... hai visto no? Il tuo umano ti ha ferito, il mio...”.

“San...”.

Kurt allungò la mano, ritrovandosi a stringere aria, santana si era allontanata per evitare il contatto.

“Sono io San... sono sempre il tuo Kurt...” disse sussurrando perché quel gesto lo aveva ferito profondamente.

“Mi dispiace, io... lo so, ma il tuo aspetto... è difficile per me... mi serve tempo...”.

Rimasero in silenzio per un po', ognuno perso nei propri pensieri.

“Kurt, perché sei scappato durante il passaggio?” chiese allora Santana per allentare il momento.

“Quando ho pronunciato il suo nome... ho avuto paura”.

“Paura di cosa? Ti hanno attaccato?”.

“Paura... di quello che ha detto mio padre...”.

Santana rimase in silenzio, in attesa che Kurt continuasse a parlare.

“Te lo proibisco...”.

“Kurt...”.

“Com'è possibile San? Dopotutto mi sono trasformato, quando mi ha detto quella frase, mi sono sentito così diverso... non volevo stare senza Blaine, tu lo sai vero? Cosa si sente quando si trova la tua parte mancante... anche tu ti sei trasformata...”.

No, la verità è che lei non lo sapeva, le avevano detto che una volta incontrato, il suo umano sarebbe diventato un po' come un ossessione, in positivo naturalmente, perché come lupi, erano restii a farsi avvicinare, ma sarebbe stato diverso con lui.

In realtà la voglia di fuggire ogni volta che lo incontrava, era davvero l'unica cosa a cui pensava, ma rimaneva li, con lui, perché forse era solo confusa, forse le ci voleva più tempo, forse era il suo carattere, forse, tanti forse che se non avesse ignorato, se avesse realmente dato ascolto al proprio istinto, non l'avrebbero cambiata.

“Credo che ci nascondano qualcosa... Kurt, il branco si comporta in modo strano, alcuni di loro, dicono delle cose, cose che non ho compreso... ho un messaggio per te comunque, da tuo padre...”.

Kurt ascoltava le parole di Santana, con gli occhi colmi di lacrime non ancora versate.

“Non morderlo...”.

“Ma io voglio...”.

“Senti, ragiona un attimo, tuo padre ha mai fatto qualcosa che ti ferisse o che non fosse per il tuo bene? Non parlare, sappiamo entrambi la risposta, ho visto i suoi occhi, quelli di tua madre, e ho percepito paura nelle loro parole, paura per te... quindi, finché non scopriamo cosa sta succedendo non fare nulla di avventato... in ogni caso con quel corpo non puoi fare niente... pensaci su...”.

Kurt annuì appena, poteva pensarci per un pò, ma non avrebbe rinunciato a Blaine tanto facilmente.

 

La caverna era buia, piccole carcasse erano ammucchiate in un angolo, mandando un leggero lezzo di morte, si guardò attorno mentre i suoi occhi si abituavano velocemente all'oscurità.

“Ti ho portato un regalo” disse individuando il suo interlocutore.

“Perché non mi lasci morire? Ci pensa il mio stupido istinto di sopravvivenza a me”.

“Dobbiamo parlare... si tratta di mio figlio...” disse posando a terra una lepre piuttosto grassa e dall'aria succulenta.

Sebastian voltò la testa in modo da non vedere e non sentire l'odore della preda, voleva lasciarsi morire di fame, sapeva che sarebbe stato inutile alla fine, ma soffrire per la fame, gli sgomberava la mente per un po', e lui faceva di tutto per non pensare.

Tranne quando i pensieri erano più forti di lui, allora si abbandonava a soffrire.

“Gli sta capitando quello che è successo a te...”.

“Davvero? E io che pensavo di essere uno scherzo della natura... interessante...”.

“Smettila!!” latrò con rabbia Burt.

“Non voglio che diventi come te!!”.

“Cosa? Un solitario? Un reietto?”.

“Mi dispiace, non volevo dire questo...”.

“Ma è la verità dopotutto, no?”.

“Se avessi saputo, giuro che non avrei lasciato che accadesse...”.

“La Dea ha un senso dell'umorismo molto sottile, ci crea, ci permette di trasformarci e ci lascia uccidere i nostri compagni... davvero divertente... è molto simile al loro Dio”.

“Non dire così... gli parlerai?”.

“Perché non me lo ordini?”.

“Solo pensaci... per favore...” disse mentre usciva dalla caverna lasciandolo solo.

 

“Smettila!! No, non voglio!!”.

“Andiamo, non agitarti, sono sicuro che ti piacerà”.

L'aveva sentita urlare, e aveva riconosciuto la voce di quel mostro, le aveva fatto del male, e adesso era pronto a farne ancora, ma lei non glielo avrebbe permesso.

Aveva paura mentre correva incontro a quelle urla, ma per superare le paure è necessario affrontarle, voleva solo riprendere in mano la sua vita, e avrebbe usato le unghie che la natura le aveva gentilmente concesso, non poteva ucciderlo, ma gli avrebbe fatto male, gli avrebbe restituito con gli interessi quello che lui aveva dato a lei.

Trovarli non fu difficile, la sua puzza si estendeva inquinando l'aria, perché si, Santana l'aveva memorizzata, involontariamente era entrata nella sua testa, ma poi aveva fatto in modo di non perderla, così lo poteva trovare, così lo poteva ferire, così sarebbe diventata il suo incubo.

Quella puzza era il contrario dell' Essenza, alimentata dall'odio, e le piaceva, le piaceva disperatamente.

La ragazza era immobile, bloccata al suolo, schiacciata dal peso di lui, cercava di divincolarsi, con poco successo, era la ragazza bionda che aveva incontrato alla radura, aveva detto di odiare tutti gli umani, nessuno escluso, eppure non voleva che lui le facesse del male.

Si avvicino ai due in modo silenzioso, cosa del tutto superflua date le urla di lei e le imprecazioni di lui, quando con uno schiaffo la colpì in volto la ragazza smise di urlare, e lui soddisfatto prese a sollevarle i vestiti, fu allora che la sua rabbia esplose.

Le bastò un unico balzo per colpirlo nella schiena con una zampata, sentì chiaramente il suo urlo di dolore, e a lei parve musica, quando poi vide il sangue che fuoriusciva dagli stappi della maglia, si sentì decisamente meglio, non vedeva l'ora di colpirlo nuovamente.

Si mise in posizione di attacco, il muso basso e le zampe pronte a scattare.

Voleva che lui la affrontasse, invece iniziò a correre verso il villaggio, era pronta a scattare, l'avrebbe raggiunto con facilità, lui non si sarebbe nemmeno accorto di essere spacciato, ma se non fosse riuscita a fermarsi, se accecata dalla rabbia ferirlo non fosse stato abbastanza?

Doveva riacquistare lucidità, perché per quel verme, non ne valeva la pena.

Rimase dov'era, ad osservarlo allontanarsi, certo non voleva dire che era finita li, solo che prima di trovarlo di nuovo, doveva imparare a gestire i suoi sentimenti.

 

Appena si decise a lasciarle sole, si trasformo, la botola che portava in superficie si chiuse con un tonfo, facendo entrare nella stanza un leggero odore di libertà, libertà che gli era stata negata, a lei e alla piccola che aveva accanto, che con la sua vicinanza, cercava di donarle un po' di calore, le era grata, ma il freddo che percepiva, non era fisico.

“Mi manca mamma... e papa... perché dobbiamo stare qui zia?”.

“Non lo so tesoro, non lo so...”.

Non si spiegava perchè quell'uomo le aveva rinchiuse e non capiva come potesse conoscere la loro natura, perchè non era possibile, come poteva sapere?

 

Quinn sollevò il muso e fiutò l'aria, le orecchie solevate, risvegliate dal torpore della malinconia.

“L'hai sentito?” chiese dando una zampata sul muso di Puck.

“Sentito cosa?”.

“Fiuta dannazione, sei diventato uno di quei cani che gli uomini usano per difendere le galline!”.

Puck fiutò l'aria, le sue parole non lo ferivano, sapeva che non venivano dalla Quinn di cui si era innamorato.

“Sto impazzendo...”.

“La senti vero?”.

Doveva restare calmo, se cadeva anche lui in quella trappola, si sarebbero persi entrambi, doveva salvaguardare quello che rimaneva della sua famiglia.

“Quinn, non è possibile, sai anche tu che non può essere vero...”.

Eppure l'odore era così forte.

“Hai visto il sangue quel giorno, non solo il suo...” disse titubante.

Quinn balzò in avanti facendo scattare la mascella, i denti esposti per la rabbia mentre digrignava, Puck fù sul punto di credere che di li a poco lo avrebbe attaccato.

“E' la sua, Essenza!!” disse con gli occhi sgranati.

Puck la fisso, voleva davvero credere che fosse vero, ma quella pozza di sangue lo tormentava, non fece in tempo a dire nulla, che Finn era al suo fianco, il petto che si alzava e abassava con velocità per la corsa.

“La loro Essenza... andiamo...”.

Si ritrovo a correre per la foresta, seguiva Quinn e Finn chiedendosi cosa stava accadendo a due dei membri più importanti del suo branco.

Arrivarono alle rive del fiume senza fiato, i due lupi andavano avanti e indietro, consci del fatto di aver perso le tracce.

 

Lo guardava piangere disperato e una piccola parte di lui voleva fuggire, l'altra parte lo sovrastava nettamente, spingendo per avvicinarsi, per confortarlo, dirgli che sarebbe andato tutto bene, era vero, si era trasformato da pochi minuti e l'umano si stava insinuando nella sua mente come una piccola ossessione.

Cosa sarebbe successo? Come avrebbe reagito l'umano? Cosa doveva aspettarsi e come doveva comportarsi?.

Tutte quelle domande lo tormentavano, rimpiangeva vagamente il momento prima della trasformazione, quando la solitudine era l'unica cosa che lo interessava, eppure era un rimpianto davvero vago, ogni secondo diventava un pensiero sempre più lontano, e poi puff, non c'era più.

Si era avvicinato lentamente, cercando di non fare rumore con il nuovo corpo che, nonostante non conoscesse, rispondeva perfettamente ai suoi comandi, come se non avesse cambiato sembianze, eppure il giovane che aveva a pochi passi, non sembrava essersi accorto della sua presenza.

“Perchè piangi?” e la domanda era uscita così, senza che lui potesse fermarla.

Il giovane sussultò per la sorpresa, distolse lo sguardo quando si rese conto di aver indugiato troppo sulla figura longilinea e mascolina che lo guardava preoccupato, e come un riflesso involontario, si portò la mano all'altezza della coscia desta, trattenendo un gemito.

“Perchè sono sbagliato, sono sporco...”, rispose tra i singhiozzi.

Sebastian annusò l'aria.

“Sporco? A me non sembra, odori... si, odori di buono, odori di muschio“.

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Capitolo 4
*** capitolo quattro ***


Blaine chiuse la porta.

Vi appoggio la sciena, lasciando uscire un piccolo sospiro, quel ragazzo non era un ragazzo, o quel lupo non era un lupo, non lo sapeva, sapeva solo che appena aveva lasciato la stanza, Kurt aveva iniziato a parlare, e alle sue parole non seguivano risposte umane.

Anche lui voleva delle risposte, voleva sapere perchè se ne andava per il bosco armato, pronto ad uccidere, proprio come gli era stato insegnato da suo padre, e lui sapeva a cosa davano la caccia, sapeva che quelle creature, non erano quello che sembravano? E se non avesse sbagliato il bersaglio uccidendo Kurt, cosa ne sarebbe stato di lui?

Avrebbe continuato a vivere all'oscuro di tutto? O un giorno avrebbe scoperto la verita, e guardandosi le mani, sarebbero state macchiate di sangue?

Attraversò il bosco sentendosi osservato, ma ogni volta che si fermava ad ascoltare, ogni volta che un movimento non gli sembrava naturale, non riusciva a scorgere nulla, forse era la sua immaginazione, dopotutto ora stava mettendo in discussione tutto il suo mondo.

Varcata la soglia di casa, si diresse immediatamente a cercare degli abiti da far indossare a Kurt, in modo da non essere distratto, cercare di capire qualcosa era già abbastanza difficoltoso, il fatto che fosse bellissimo, nudo, e ingenuo, complicava notevolmente la situazione.

Infilò diversi capi in una sacca di tela e poi passò in rassegna il mobile dove tenevano garze e unguenti per le ferite, mentre rovistava, la botola che portava al piano inferiore si aprì mostrando il volto pensieroso di suo padre, prima di rendersene conto, nascose nella sacca quello che aveva racimolato.

“Blaine, dov'eri finito? E' tutto il giorno che manchi da casa...”.

I suoi occhi si soffermarono sulla figura di Blaine, l'estesa macchia di sangue sui pantaloni attirò immediatamente la sua attenzione.

“Cos'è successo? Sei ferito?”.

“No, non ti preoccupare, non è mio”, disse avvicinandosi alla dispensa, dopo averla spalancata rimase a contemplare il suo interno, domandandosi se a Kurt sarebbe piaciuto qualcosa.

Non sapendo cosa rispondersi, mise diversi alimenti, se proprio non andava bene, avrebbe potuto cacciare.

“Vuoi spiegarmi?”, chiese il padre che lo osservava.

“Una creatura, l'ho ferita, ma è riuscita a sfuggirmi...”, disse senza guardarlo in viso.

“E ora che stai facendo?”.

“Ho paura che si avvicini al villaggio per cercare cibo facile, voglio cercarlo e toglierlo di mezzo...”.

Si era sempre fidato di suo padre, però in quel momento, sentiva che gli erano state nascoste molte cose, e mentire, anche se non lo aveva mai fatto, gli era riuscito piuttosto naturale.

“Per un momento, quando l'ho colpito, ho avuto come la sensazione, che ci fosse qualcosa di umano in quella creatura...”, questa volta guardò il padre dritto negli occhi, voleva vedere come reagiva a quel commento.

“Non dire assurdità Blaine, ti devo ricordare che le creature hanno ucciso tua madre e tuo fratello?”, non aveva vaccillato un secondo nel pronunciare quella frase.

“No, non me lo devi ricordare... non credo che tornerò questa notte”, disse lasciandosi la porta alle spalle.

Kurt era davvero in grado di uccidere come aveva sempre sostenuto il padre?

Voleva scoprire la verità, e se non fosse stato per le urla spaventate che arrivavano dal cimitero, sarebbe corso direttamente alla baita.

 

Non poteva credere che l'avesse abbandonata, no, lui non le avrebbe mai fatto una cosa del genere, eppure non era tornato, aveva aspettato per giorni, era arrivata una nuova luna piena eppure di lui nessuna traccia.

Ma se non voleva credere di essere stata lasciata, allora c'era un altro pensiero che si insinuava prontamente nella sua testa, lui non c'era più, e questo era ancora più straziante.

Continuò a cercarlo disperatamente, mentre la creatura che aveva in corpo, cresceva ogni giorno di più, sempre più forte, sempre più reale, si cibava di vita, dal suo corpo che di vivere, non ne voleva più sapere.

Mancava poco.

Le strade della foresta non le avevano rivelato nulla, nessulo lo aveva visto, la sua Essenza sparita, non c'erano tracce, nulla che la facesse sperare ancora, c'era solamente un ultimo posto in cui cercare.

Rubò riluttante dei vestiti, voleva informazioni, ed entrare al villaggio nuda, non l'avrebbe di certo aiutata, la trasformazione non sarebbe dovuta essere dolorosa, eppure soffrì le pene dell'inferno, mentre cercava di soffocare le urla, vide il suo corpo cambiare, non più longilineo e snello come un tempo, ora il suo ventre gonfio ospitava il suo cucciolo, il suo bambino, non ci aveva pensato, sperava che non avesse sofferto, che il dolore che l'aveva attanagliata, avesse risparmiato la sua creatura, perchè ora nel suo corpo non c'era più un lupo, ma un essere umano.

 

Camminò in fretta seguendo le urla che ora erano aumentate, un gruppetto di persone stava in piedi in circolo osservavano e oscuravano la scena, Blaine si avvicinò il più possibile riuscendo a scorgere la figura di Peter a terra, sanguinante.

Peter era il vecchio becchino del villaggio, era uno di quegli uomini a cui, inspiegabilmente piaceva il suo lavoro, e nei giorni in cui avveniva una perdita, segretamente lui gioiva, di questo Blaine era certo, per questo motivo quando lo scorgeva nei vicoli del villaggio, cambiava immediatamente strada, quell'uomo gli faceva accapponare la pelle.

“E' stato un maledetto lupo!! Guardate, è ancora la che mi fissa...”.

Blaine sollevò lo sguardo, era vero, la lupa guardava la scena da lontano, osservandola, si rese conto di una cosa, si spostava, dando la sensazione di essere spaesata, in reltà i suoi movimenti erano sempre gli stessi, si muoveva come in una danza, in circolo, e il punto centrale era una lastra coperta di edera, chissà a chi apparteneva.

Blaine non potè fare a meno di ridacchiare, dopotutto quel vecchio pazzo si meritava una bella lezione, era stato più lo spavento che altro perchè la ferita era davvero di poco conto.

Con la cosa dell'occhio Blaine vide qualcosa che gli fece gelare il sangue nelle vene, la punta di una freccia pronta per essere scoccata, si girò prontamente, trovandosi accanto al figlio del Pastore, il giovane tese il braccio e lasciò partire la freccia.

La freccia sferzò l'aria, il sibilo della sua corsa udibile grazie all'innaturale silenzio che si era formato di fronte alla scena, la lupa la vide arrivare, e la osservò mancarla di due metri buoni, andando a conficcarsi in un albero di pino carico di neve, l'impatto liberò i rami, la neve cadde al suolo con un sonoro tonfo.

“Spostati, spostati... Blaine, che combini, mi hai fatto sbagliare!!”.

“Mi dispiace...” disse Blaine, si sollevò da terra e tese la mano al ragazzino per aiutarlo ad alzarsi.

“... mi sono voltato a guardarti così in fretta che ho perso l'ecquilibrio...” stava diventando bravo con le menzogne, nulla di cui andare fiero certo.

“L'avrei colpito!!”.

“Questo è certo...” rispose con finto entusiasmo, "Timothy, tuo padre sa quello che stai combinando?”.

“Non mi importa...”.

Blaine si allontanò dal villaggio dopo essersi ripetutamente scusato, però qualcuno aveva notato che quel gesto da imbranato, non era stato per niente casuale.

 

Brittany si sollevò da terra, la mano fresca appoggiata alla guancia che pulsava per il dolore, la sentiva gonfia sotto i polpastrelli, l'aveva colpita con tutta la forza quel bastardo, ma non l'avrebbe passata liscia, gliel'avrebbe fatta pagare.

La testa le girava un po', doveva averla sbattuta al terreno per colpa dello schiaffo, e le si era appannata la vista, riusciva a scorgere una macchia scura che man mano diventava un immagine più definita, dopo alcuni secondi, mise a fuoco la figura del lupo.

Era immobile, guardava un punto fisso, come se non ci fosse stato nient'altro attorno, era davvero una bella immagine da contemplare.

 

Santana rimase immobile, nel punto in cui guardava, pochi istanti prima, era sparito il suo incubo personale, aveva deciso di aspettare, sentiva ii corpo intorpidito, bloccato in posizione di attacco, domato dalla sua mente, nello sforzo di non inseguirlo,

Accecata dall'odio, ma distratta dalla ragione, Santana non si accorse immediatamente della figura umana che la osservava in silenzio, quando captò il cambiamento del suo respiro, si voltò e incontrò i suoi occhi.

Nell'attimo in cui realizzò di aver abbassato la guardia, il suo corpo fù attraversato da una scossa, fece un passo indietro, le zampe posteriori pronte per la fuga.

“Grazie...”.

Le orecchie le si drizzarono, non era normale che un umano si sentisse così a proprio agio in presenza di un lupo, sopratutto ad una distanza così ravvicinata, eppure questa ragazza, non solo aveva avuto il coraggio di avvicinarsi e toccarla nella radura, ora le stava di fronte, come se fosse la cosa più naturale del mondo e la ringraziava.

 

Brittany allungo una mano verso la lupa, la mano tesa e aperta in segno di buone intenzioni, il lupo fece un ulteriore passo indietro, continuando a scrutarla.

“Non aver paura...” disse in un sussurro, rimase ferma in attesa che l'animale le si avvicinasse, ma questo sembrava indeciso, arretrava, eppure la guardava come se fosse quasi persuasa ad avvicinarsi.

Brittany abbasso la mano, non sconfitta, soltanto paziente.

“Non c'è fretta...” disse sempre con quella sua voce dolce e pacata.

“Tornerò domani... sempre qui... aspetto...” e sorrise.

La lupa fiutò l'aria e dopo un ultimo squardo si allontanò all'interno della foresta.

 

Max corse fuori dalla foresta con la schiena sanguinante, avrebbe dovuto agire come l'ultima volta, ma la voleva tutta per se, non voleva più dividerle con gli altri, c'era meno divertimento per lui, inoltre vederle soffrire per mano sua era molto più appagante e eccitante, ma era stato uno sprovveduto, era talmente preso dalla foga che non si era accorto dell'animale che le si avvicinava, aveva sentito solo l'inesorabile dolore, e anche se non capiva come, era riuscito a scappare.

Chissà che fine aveva fatto Brittany, sarebbe stato un vero spreco se fosse morta, l'avrebbe lasciato insoddisfatto, e a lui quella sensazione non piaceva.

Arrivò al villaggio mentre la folla si disperdeva, doveva essere successo qualcosa, ma non gli importava, aveva una buona occasione per attirare l'attenzione su di se e non l'avrebbe sprecata, con un grido si getto a terra, le poche persone rimaste si avvicinarono a soccorrerlo notando immediatamente i profondi segni sulla schiena.

“Cos'è successo?” domandò uno degli uomini più corpulenti che lo avevano aiutato a tirarsi su.

“I lupi...” rispose imitando una voce sofferente, quella voce che lui non si stancava mai di sentire dalle proprie vittime.

“Cosa facciamo?” sussurrarono due donne spaventate dalla scena.

“E' il secondo attacco oggi... possibile che si stiano avvicinando al villaggio?”

Chissà se poteva in qualche modo vendicarsi, si domandò tra se Max.

“E' stato orribile, mi ha attaccato brutalmente alle spalle, se non fossi riuscito a scappare a quest'ora sarei morto...”.

I mormorii cessarono quando la voce di un uomo propose la sua idea.

“Piazziamo le trappole...”.

Nessuno si oppose, dopotutto, nessuno sapeva, l'uomo tornò stancamente a casa, preparò del cibo e aprì lentamente la botola, doveva nutrire i suoi ospiti.

 

Santana era andata via, e Kurt tutto solo, non faceva che osservare la porta, Blaine sarebbe tornato? Se lo chiedeva da un po', e ancora, non aveva deciso che risposta darsi.

Aveva tentato di captare i rumori che lo circondavano, ma senza risultati, quelle orecchie che si ritrovava non volevano collaborare, era alquanto frustrante ritrovarsi con i sensi così offuscati, quel corpo non gli piaceva per niente, certo era facile da utilizzare, si adattava ai suoi comandi come se fosse nato in quelle sembianze, eppure si sentiva indifeso.

Mentre rifletteva, e trovava nuovi difetti per quel corpo, la porta si aprì leggermente cigolando piano, Kurt si immobilizzò non sapendo che fare, scappare o restare, non dovette pensarci a lungo, la testa riccioluta di Blaine fece capolino dallo spiraglio che era riuscito ad aprirsi prima che la porta si bloccasse.

La testa del giovane scomparve nuovamente, il silenzio fù brevemente sostituito da un tonfo e la porta si aprì completamente mostrando Blaine in tutto il suo splendore.

“Sei tornato...” chiese Kurt.

Blaine lo osservò un attimo e il suo viso si aprì in un caldo sorriso.

“Quando sono andato via ho lasciato un lupo, e ora, mi ritrovo un cucciolo di cane?”.

Kurt era seduto per terra, le gambe incrociate tra loro, e le braccia tese e poggiate sul pavimento, come in attesa del ritorno del padrone.

Kurt si guardò attorno, ma non vide nessun cane, tornò a guardare Blaine, che a sua volta ricambiava lo sguardo, ci mise qualche secondo a capire che il giovane stava parlando di lui.

Kurt cercò di reprimere un ringhio, si sentiva offeso.

“Mi stai dando del cane?” chiese con la voce alterata.

Il volto di Blaine non sorrideva più, ora era la personificazione dell'imbarazzo.

“... non volevo offenderti, sai, i cani sono carini, e dolci, e mi piacciono, mi piace come sono affettuosi e si lasciano coccolare... mi dispiace...”.

Blaine si portò la mano alla testa passandola titubante tra i ricci, aspettando che l'altro dicesse qualcosa.

Kurt ci pensò su un attimo, non gli piaceva essere paragonato ad un cane, però, se quello che Blaine aveva detto era vero, in un certo senso, poteva anche prendere il tutto per un complimento, alla lontana, molto lontana.

Leggendo tra le righe, gli aveva detto che gli piaceva, e a quella conclusione era arrivato anche Blaine, perchè improvvisamente era diventato rosso come un pomodoro e aveva distolto lo sguardo.

A sua volta Kurt si ritrovò a contemplare il pavimento, il suo corpo, e la sua mente umana erano davvero strani, se fosse stato sotto forma di lupo, non si sarebbe fatto problemi a mantenere il contato visivo con Blaine, si sentiva come intimidito, un futuro lupo Alfa intimorito.

Fantastico, pensò tra se.

Chissà quante belle risate si sarebbero fatti nel branco, se lo immaginava Puck che lo tormentava, e forse, avrebbe strappato una battuta anche da Finn, per gli altri poco male, non gli era mai importato veramente quello che potevano pensare gli altri.

“Vorrei vedere la ferita, non mi sembrava grave, ma meglio controllare...” disse Blaine riportandolo alla realtà.

“Certo...” Kurt si sollevò piano, una fitta gli percorse il fianco, ma quello non era dolore, aveva provato di peggio, un dolore che toglieva il fiato, che ti destabilizzava e lasciava inerme, quello che provava ora, a paragone, non era niente, più che altro era fastidioso, un'altra cosa da mettere nelle cose che non gli piacevano di quel corpo.

Blaine gli si materializzo immediatamente accanto, facendolo adagiare di fiando sul letto, con le spalle al muro, sollevò il minimo necessario la maglia che gli aveva prestato, e prese a toccare il fianco per capire l'entità del danno, i suoi movimenti erano leggeri e delicati, nessun gesto afrettato.

Kurt osservò il suo viso, gli occhi attenti, i denti che mordevano leggermente il labbro inferiore per la concentrazione, chissà se si rendeva conto di quanto poteva essere adorabile.

“Resterà una piccola cicatrice...” disse, mentre cospargeva con uno strano unguento la ferita.

Le sue mani erano calde e morbide, con i polpastrelli effettuava dei piccoli movimenti rotatori sulla ferita in modo da far assorbire l'unguento, Kurt si ritrovò a tremare sotto il tocco di quelle mani.

“Fà male?” chiese preoccupato Blaine.

Kurt sospirò senza rispondere, dopotutto, forse quel corpo non era poi tanto male.

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Capitolo 5
*** capitolo cinque ***


Kurt continuò a crogiolarsi nel tepore che il tocco di Blaine gli infondeva, il suo respiro lento e cadenzato si sposava perfettamente con i gesti dolci ma decisi che la sua pelle percepiva così chiaramente.

Le sue dita, le sentiva come se fossero state una parte di lui, leggermente ruvide, eppure scorrevano sul suo corpo come se non fossero state create che per fare quello.

Non si accorse in realtà che il giovane non faceva altro che prolungare quel contatto, certo curarlo era stato il suo primo pensiero, il fatto che poi a quello, fosse subentrato il desiderio di non smettere mai di sentire la sua morbida e invitante pelle sotto il suo tocco era un altro discorso.

Blaine sapeva cosa gli piaceva, solo che in quel momento, tutte le sue sensazioni erano amplificate, non aveva mai provato nulla del genere, la pelle di Kurt aveva la consistenza dei petali di un fiore, era liscia, morbida, senza imperfezioni, la sua carnagione, bianca come la neve, si tingeva di un innocente rosa al passaggio delle sue dita, innocente come lo sguardo che aveva catturato la sua attenzione fin dal primo istante, e il penetrante profumo che lo avvolgeva, il suo profumo, lo spingeva a volerlo sentire ancora più vicino, come se tutto il resto non bastasse, non fosse stato sufficiente per ghermirlo.

Mentre Blaine si accingeva a bendargli la ferita, Kurt lo osservò attentamente, era difficile, perchè nonostante cercasse di concentrarsi, ogni volta che veniva sfiorato, perdeva il filo dei pensieri, e se avesse saputo, che inconsciamente, Blaine cercava quel tocco, forse avrebbe smesso di pensare e avrebbe agito.

La pelle di Blaine era davvero bella, si ritrovò a pensare, era scura, come se il sole non avesse trovato altro modo di passare il tempo, se non baciarla costantemente con i suo raggi, i suoi occhi erano luminosi, un nucleo di verde, con pagliuzze castane tendenti all'oro, i capelli indomabili, che ricadevano in riccioli neri, tutto questo spettacolo in una sola persona, guardarlo così, gli toglieva il fiato.

La magia si spezzò quando il suono sordo di uno stomaco vuoto risuonò imbarazzante nel silenzio.

 

Blaine si sollevò dal letto e prese tra le mani lo zaino che aveva portato con se, estrasse i vestiti che aveva preso da casa e li porse a Kurt che li guardava disgustato.

“Che ne dici di indossare questi? Poi mangiamo...”.

Kurt li prese tra le mani, osservò attentamente ogni capo, riconoscendo solo uno dei tre, una maglia praticamente identica a quella che già indossava, gli altri indumenti lo incuriosivano, ma onestamente poteva farne a meno.

“Cosa...”.

“Quelli, vanno... ecco servono per... insomma...” Blaine balbettava confuso indicando dei pantalocini bianchi.

“Ti aiuto... non guardo va bene?”.

“Puoi guardare se vuoi...” Kurt lo guardò in viso senza ombra di imbarazzo mentre il volto di Blaine diventava scarlatto, lo vide deglutire a vuoto, senza capirne la ragione.

Il giovane afferrò l'intimo e lo fece scorrere fino alle ginocchia di Kurt, poi chiuse gli occhi e porto i pantaloncini a coprire il suo bacino.

“Devi fare la stessa cosa con i pantaloni, e la magietta sai come si indossa...”.

Kurt indossò i vestiti come gli era stato detto.

“Devo prorpio?” chiese Kurt guardando il risultato.

“Non mi sento a mio agio, sto scomodo, come fai a muoverti con questi, secondo me, staresti meglio anche tu senza nulla addosso...” disse mentre girava su se steso per osservare ogni dettaglio.

“Ti prego... per la mia sanità mentale... non toglierli...”.

La voce di Blaine tremò appena a quella richiesta, come se non fosse proprio convinto delle sue parole.

L'unica cosa che doveva fare, era non pensarci, non pensare alle parole che Kurt aveva appena pronunciato, nudi, entrambi, e poi?

Dio, perchè ogni volta che parlava, sembrava un invito a qualcos'altro?

Erano davvero parole innocenti o stava giocando con lui?

Kurt si avvicinò cauto alla finestra, non era il massimo ma poteva scorgere il proprio riflesso in quel vetro sporco, si portò le mani al volto osservando attentamente ciò che vedeva.

La sua carnagione non era il massimo, almeno, non in confronto a quella di Blaine, la trovava triste, quasi insignificante, le labbra erano fini e rosee, nulla a che vedere con quelle piene, carnose e deliziose che lo attiravano come una calamita.

L'unica cosa che sapeva potessero competere erano i suoi occhi, l'unica cosa che non cambiava con la trasformazione, l'unica cosa che trovava bella in tutto l'insieme,

“Capisco... insomma, guardami e guardati! E' logico che tu preferisca che indossi questi cosi...”.

“Cosa?” chiese Blaine sorpreso.

“Non sono abbastanza bello per voler essere guardato...” rispose Kurt mordendosi il labbro inferiore fin quasi a farlo sanguinare.

“Infatti non sei bello...” disse Blaine tutto d'un fiato.

“Sei bellissimo... ma non riesco a pensare, tu mi distrai, ho davvero bisogno di essere lucido...”.

Kurt sorrise, Blaine sospirò, era inutile, anche vestito, non c'era nulla da fare.

 

“Mangiamo? Poi magari mi spieghi...”.

Kurt sedette al tavolo, perchè aveva saltato il Passaggio? Era tutto così strano e difficile da capire, non sapeva come comportarsi, certe volte il suo corpo umano si faceva sentire prepotente, lo faceva sentire indifeso, timoroso, complessato, poi il lupo si svegliava dal torpore, voleva prendersi Blaine come quando l'aveva affrontato nel bosco, ma c'era un campanello che suonava, cos'aveva detto Santana? Gli umani ci odiano... le cose sono cambiate... il tuo umano ti ha ferito, il mio...

Blaine poteva fargli del male come Max ne aveva fatto a Santana?

“Non sapevo se queste cose potessero piacerti...” disse Blaine mettendogli sotto il naso del cibo.

“Pane, formaggio, uova, e della carne... non è un banchetto ma meglio di nulla”.

Kurt annusò l'aria, quelle cose non avevano un cattivo odore però... allungò la mano allontanando il cibo da se.

“Almeno assaggiale, non sono male, se proprio non ti piaccio posso andare a caccia...”.

“Non è questo il problema...”.

“E allora cosa?”.

“Eri a caccia questa mattina, come tutte le altre mattine, di cosa? Di lupi? San dice che ci odiate...”.

Blaine riflettè su quelle parole, ma non disse nulla.

Tagliò un pezzetto di formaggio e di pane e si mise a masticare senza staccare gli occhi da Kurt, poi anche se offeso, gli avvicinò nuovamente il cibo.

“Certo che da uno che ha cercato di sbranarmi, un accusa del genere non me la aspettavo...”.

Kurt assaggiò il cibo, non era male, batteva di sicuro il gusto della carne cruda.

“Non volevo sbranarti” disse con la bocca piena.

“Solo morderti...”.

“C'è differenza?” chiese Blaine tranquillo, come se discutere di una cosa del genere, fosse la cosa più normale del mondo.

“Non immagini quanto...”.

“Kurt?”.

“Si?” rispose il giovane continuando a masticare.

“Cosa sei?”.

Kurt smise di mangiare per prestare attenzione alle parole di Blaine, alle sue parole.

“ Ogni lupo potrebbe rispondere a questa domanda in modo diverso. Noi siamo figli della Dea, siamo lupi, ma anche umani”.

“Non capisco... non penso che tu abbia risposto...”.

“Allora ascolta...”.

 

“Un tempo esisteva solo la Dea, nient'altro... Non esisteva nulla di quello che conosciamo oggi, nè uomini, nè lupi, ma nemmeno le cose che possiamo ritenere banali, le pietre per esempio, il buio e la luce, c'era solo il nulla.

La Dea contemplava quel nulla infinito da sempre, finchè un giorno, stanca di essere sola, stanca di tutto quel potenziale inutilizzato che la circondava, creò quello che il suo cuore le dettava.

Tutto quello che ci circonda è stato creato dalla Dea, Madre Natura, così la chiamiamo.

La Dea era soddisfatta della sua opera, aveva creato la base, lasciando che questa, si modellasse nel tempo, plasmandosi secondo la sua natura, lasciava fare al tempo il suo corso ma senza mai abbandonare quello che aveva fatto, contemplava e osservava.

Anche l'uomo, da primitivo, qual'era, si era trasformato in un essere pensante, amava la sua dea, la rispettava e venerava, questo per molti anni.

Ma arrivò il giorno in cui l'uomo smise di credere, di rispettare ciò che gli era stato donato, la natura veniva violata, nessun riguardo per le foreste, i mari, gli animali, l'uomo creò regole tutte sue, regole che lo innalzavano a padrone, padrone di cose che non gli appartenevano, le donne che prima erano considerate come loro pari, ora erano relegate ad un gradino inferiore, l'enello debole della specie, i deboli, i malati, i diversi, venivano trattati come feccia.

La dea amava ancora i suoi figli, ma l'idea di abbandonarli attraversava spesso la sua mente.

Un giorno, nella foresta, mentre decideva per la loro sorte, la Dea incontrò un lupo.

Era un lupo Solitario, aveva abbandonato il suo branco.

La Dea ci mise giorni a conquistare la fiducia dell'animale, che giorno dopo giorno muoveva un passo in più verso la sua direzione.

Il lupo era una distrazione, ma la Dea aveva sempre in testa i suoi figli e un giorno, esasperata dal non riuscire a prendere una decisione diede forma umana al lupo per chiedergli consiglio.

Il lupo divenne suo confidente, suo amico e alla fine il suo amante”.

 

Blaine rimase in silenzio, non fece domande, ascoltò tutta la stroria senza interrompere fino alla fine.

 

“Fù il lupo a consigliare cosa fare alla Dea, e lei lo fece, perchè era la cosa giusta da fare, la risposta era sempre stata davanti a lei, doveva solo afferrarla.

La Dea aveva dato a cio che aveva creato tutto quello che gli serviva, gli animali avevano l'istinto e le armi per difendersi, gli uomini avevano l'intelligenza e il libero arbitrio, sarebbero potuti sopravvivere, oppure si sarebbero agnentati con le proprie mani.

La Dea contemplò per l'ultima volta il mondo come l'aveva sempre visto e poi si trasformò in lupa, e con il suo compagno diedero vita ad un nuovo branco”.

 

Blaine non potè fare a meno di sollevare un sopraciglio.

“Cos'è quella faccia?” chiese Kurt.

“Ecco, è piuttosto difficile credere a questa storia, non voglio offenderti, però...”.

“Davvero? E allora che ne dici di parlarmi di quello che credi tu? Del tuo Dio?”.

Blaine aprì la bocca per parlare, i pensieri arrivarono prima delle parole, poteva vedere chiaramente una figura creata nel fango in un immenso giardino, il soffio della vita, una compagna creata da una costola.

“Beh... in effetti...”.

Fù Kurt a sollevare un sopraciglio, e poi sorrise.

“Conosco il tuo Dio, mia madre è umana”.

 

“Posso chiederti una cosa io? San ha ragione? Ci odiate?”.

“Io non ti odio, solo... il lupo che è in te... forse...”.

“E non è lo stesso? Perchè io sono questo” disse indicandosi.

“Ma anche il lupo di questa mattina... sono sempre io...”.

“Io...”.

“Perchè?” chiese Kurt.

“Avete ucciso mia madre, mio fratello, e non scorderò mai la morte di David...” disse Blaine urlando.

“E' impossibile!! Noi non uccidiamo!!” urlò più forte Kurt.

“Eppure l'ho visto con i miei occhi!”.

“Ti sbagli... E' la prima cosa che mi hanno insegnato... uccidere un essere umano, comporta conseguenze, conseguenze che nessuno è in grado di affrontare...”.

“Ciò non significa che non è possibile per voi farlo...”.

“Ma non hai ascoltato il mio racconto? Praticamente sarebbe come uccidere un... fratello...”.

“Sei davvero ingenuo Kurt...”.

 

Mentre parlavano, la notte aveva preso il posto del giorno, seppur arrabbiato, Blaine aveva acceso il fuoco e preparato il letto, poi lo aveva ceduto a Kurt.

“Prendilo tu, sei ferito e starai più comodo, io posso stare sul pavimento...”.

Kurt annuì senza spiccicare parola, si stese sul letto e chiuse gli occhi.

La stanza divenne subito silenziosa ad eccezione dei loro respiri, Kurt rimase ad ascoltare quello di Blaine che diventava sempre più regolare ogni minuto che passava, lui non riusciva a dormire, il letto era scomodo, quanto gli mancava la terra ricoperta di soffice muschio, ma la verità era un altra, Kurt non aveva mai dormito da solo, si era sempre trovato un cantuccio caldo tra le zampe di Santana, da quando era nato, a quando lei si era trasformata aveva sempre dormito con lei, da allora, il sonno era qualcosa di agognato.

Kurt ci riflettè un attimo, il pavimento sembrava comodo? Più del materasso sicuramente, gli piaceva dormire solo? Decisamente no, era ancora arrabbiato con Blaine? Si, però...

Kurt si sollevò dal materasso che scricchiolo per il movimento, attraversò in silenzio la piccola stanza e si distese al fianco di Blaine usando il suo braccio per posarvi la testa, c'era un bel tepore, Kurt rimase ad osservare per minuti interi il volto sereno di Blaine, poi piano piano, il sonno lo avvolse.

 

Blaine sentiva un fastidioso raggio di luce colpirlo in volto, provò ad ignorarlo ma continuava a infastidirlo, decise di girarsi ma non ci riuscì, era come bloccato a terra.

Forse era rimasto intrappolato nella coperta, di notte si muoveva tanto e più di una volta, si era ritrovato sottosopra, aprì gli occhi irritato, trovandosi il viso di Kurt a pochi centimetri dal suo, poteva sentire il suo respiro caldo sulla pelle, sembrava così indifeso, la rabbia provata la sera prima, di fronte a quel volto, era improvvisamente sparita.

Kurt si mosse all'improvviso, forse cercava una posizione migliore dopo essere rimasto tanto immobile, si fece ancora più vicino, petto contro petto, labbra che sfioravano labbra.

Blaine rimase immobile, le labbra di Kurt erano poggiate dolcemente sulle sue.

La tentazione di prenderle, intrappolarle in un vero bacio, insomma, era li, non doveva fare altro che dischiudere appena le sue e premerle con un po' più di forza su quelle dell'altro.

Lo desiderava? Un po'... o andiamo, lo desiderava eccome.

Lo avrebbe fatto? No, non sarebbe stato giusto, dopotutto Kurt stava ancora dormendo, e se non avesse voluto, avrebbe fatto qualcosa che poteva ferirlo o spaventarlo, nonostante tutto, non voleva.

Spostò leggermente il viso, la tentazione c'era, ma poteva controllarla meglio con quella minima distanza e aspettò pazientemente che Kurt si svegliasse.

 

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Capitolo 6
*** capitolo sei ***


Aveva rubato dei vestiti, ma nulla per i piedi,le pietre aguzze che aveva incontrato nella strada, le avevano segnato le piante, e ora, dopo aver camminato per ore le sanguinavano, eppure non aveva intenzione di arrendersi, ci voleva ben altro per farla desistere.

Quando arrivò, il villaggio era stranamente silenzioso, non c'era nessuno in giro, come se il posto fosse stato abbandonato, si spinse al suo interno finchè non incrociò due uomini che discutevano animatamente.

“Qurl figlio di una buona donna c'è riuscito nuovamente...” disse il primo, accompagnando la frase con un imprecazione.

“Ogni anno la stessa storia...” rispose con rammarico il secondo.

“L'hai visto?”.

“Era preticamente impossibile non vederlo, l'ha portato in giro tutto tronfio per una settimana, poi ha messo la testa in bella mostra alla locanda...”.

Il cuore prese a batterle forte, come se la stesse mettendo in guardia, come un brutto presentimento.

“Sta facendo affari d'oro con quel coso appeso al muro...”.

“Non so come, a me fa venire i brividi, con quegli occhi che ti fissano... sembrano...”.

“Sembrano?”.

“Oh lascia perdere... forse sono paranoico...” disse chiudendo il discorso e allontanandosi.

Doveva trovare la locanda, si mise a camminare più velocemente di quanto avesse fatto fino a quel momento, più veloce di quanto il dolore ai piedi glielo permettessero, guardandosi attorno, in cerca di un segno, un qualcosa che le indicasse il posto giusto, poi finalmente dopo tanto scrutare, la sua attenzione venne attirata da un insegna malconcia, divelsa, appesa malamente ad una catena arruginita, “la bettola”, il nome era tutto un programma.

Alla porta c'erano persone che spingevano per entrare, tutti per vedere da vicino il grande trofeo, si fece strada a fatica, tra spinte e gomitate, l'aria era calda e viziata, l'odore di sudore si mischiava a quello dell'alcool stantio, respirare era difficile, e quando arrivata di fronte al bancone sollevò lo sguardo, divenne impossibile.

 

“Muschio? Davvero?”.

“Si...” rispose Sebastian mentre fiutava l'aria, quel profumo gli solleticava divinamente il naso facendoglielo arricciare.

“Io...”.

“Non piangere, non sei sporco, te lo assicuro” disse avvicinandosi pericolosamente al viso del giovane.

“Io, io... intendevo sporco dentro, perchè non sono normale...” sussurò distogliendo lo sguardo che fino a pochi secondi prima, era fisso sulle labbra di Sebastian.

“Normale? Perchè? Cos'hai di diverso? E rispetto a cosa?” chiese osservandolo dall'alto in basso cercando questa fantomatica anomalia.

Il giovane si ritrasse, come se avesse messo le mani nel fuoco, o come se fosse stato colpito, si coprì il viso con le dita, nascosto, sembrava costretto dietro delle sbarre, come in prigione.

“Mi... mi piacciono i ragazzi” disse tutto d'un fiato, come quando si strappa un cerotto, in fretta e all'improvviso, così fa meno male, sapendo che quel bel ragazzo si sarebbe allontanato schifato da lui.

“Davvero? Anche a me!!” disse Sebastian con un sorriso allusivo, mentre con finta sbadatagine poggiava la mano sulla coscia dell'altro.

Il giovane sobbalzo, non riuscendo a trattenere un grido di dolore, Sebastian allontanò la mano, qulacosa di freddo e duro si nascondeva sotto i vestiti, e dal volto dolorante dell'altro, non sembrava nulla di buono.

“Cos'hai li sotto?”.

“Niente...” rispose il giovane con la voce alterata dall'imbarazzo.

Sebastian lo guardò in volto per nulla convinto, era più magro e sicuramente pesava meno, ma da come si comportava, poteva benissimo avere la meglio su di lui.

Con un gesto rapido, gli prese i polsi con una sola mano, esercitando tanta forza era necessaria per evitare che si dimenasse, poi senza tanti complimenti sollevò la gamba del pantalone fino a scoprire un affare di metallo che gli stava letteralmente divorando la gamba.

“Cosa...”.

“E' per punirmi... costantemente...il dolore aiuta a non essere sporco...”.

“Non sei sporco!!” disse Sebastian lasciandogli andare i polsi e cercando di levargli l'oggetto dalla gamba.

“Perchè pensi questo?” chiese mentre osservava i profondi tagli che si era procurato.

“Il Pastore me lo ripete... ogni giorno... dice che lo fa per me...”.

“Questo tizio è un idiota... per favore, non metterlo più... non hai nulla che non vada...”.

Il giovane prese l'oggetto mettalico tra le mani, lo osservò a lungo in silenzio, poi lo scagliò lontano con forza.

“Vorrei vederti ancora... se tu vuoi...” disse Sebastian.

Il giovane rimase immobile, spaventato, forse la richiesta era stata eccessiva, un passo alla volta si disse Sebastian, poi annuì, fù una cosa quasi impercettibile eppure aveva visto il gesto.

“Vieni nella foresta, quando vuoi, sarò io a trovarti...” disse Sebastian allontanandosi ancora in forma umana, mettendo in mostra un delizioso lato B che avrebba fatto fermare il cuore di chiunque.

“Aspetta... tu, tu odori di carta... mi piace la carta...”.

Sebastian sorrise e la giornata divenne migliore.

 

“Ricordi la prima volta che ci siamo visti?” chiese Quinn.

“Come potrei dimenticarlo?” chiese a sua volta Puck.

Quinn rimase in silenzio, in attesa che continuasse.

“Ero nel bosco, con... beh sai con una ragazza...” disse Puck spavaldo.

Quinn roteò gli occhi per nulla infastidita, sapeva tutto di lui, tutto quello che aveva combinato, e per questo che lo amava, perchè alla fine aveva comunque scelto lei.

“Ero in gran forma ed ero pronto a darmi da fare... quando un bellissimo lupo è sbucato dal nulla sorprendendoci mezzi nudi... ti ho odiata per un millesimo di secondo perchè la ragazza, che oltretutto giurava di amarmi come mai aveva fatto, era scappata a gambe levate abbandonandomi al mio triste destino...” Quinn sorrise al raccondo romanzato che Puck le raccontava ogni volta, non cambiava mai una virgola, eppure non si stufava di ripetere la storia.

“Aspettavo che il lupo facesse la sua mossa, non avevo paura, sai che sono forte e coraggioso... credevo che da un momento all'altro sarebbe balzato per attaccarmi e invece... l'ho vista trasformarsi davanti hai miei occhi, la creatura più meravigliosa che avessi mai visto, senza pari... i lunghi capelli biondi le scendevano morbidi nascondendo tutta la sua grazia... eri bellissima, e non riuscivo a distogliere lo sguardo da l tuo viso... sei ancora bellissima, credo non smetterai mai di esserlo...”.

“Puck... sai che ti amo vero?”.

“Lo spero...”.

“Sai che ho bisogno di te... perchè non sto diventando pazza... lo sai? L'hai sentita l'Essenza...”.

“Si...”.

“Quindi?” chiese lei con la voce incrinata dalle lacrime.

“Quindi non smettiamo di credere... seguiamo la pista ogni volta che la sentiremo...”:

Quinn avvicinò il muso a quello di Puck guaendo piano, non si sentiva più così sola.

 

Burt si avvicinò piano ad Elizabeth, sfiorando delicatamente il suo manto.

“Che fai?” chiese bisbigliando per paura di interromperla.

“Prego...”.

“Chi?” chiese conoscendone già la risposta, ma le piaceva come pensava, le piaceva sentire i suoi discorsi e i suoi ragionamenti.

“Entrambi...” disse dopo aver finito.

“Gli hai parlato? Burt dimmi che andrà tutto bene...”.

“Gli ho chiesto se poteva fare qualcosa... ma sinceramente non credo... è arrabbiato con tutto e tutti, non capisce, e sinceramente, faccio fatica anche io...”.

“Deve esserci qualcosa che ci sfugge, non voglio credere... non voglio perdere la fede...”.

“E' colpa mia... se non glielo avessi proibito, le parole mi sono uscite così rapidamente che non ho fatto in tempo a frenarle...”.

“Non dire così... non è colpa tua... eri spaventato ed è comprensibile... Kurt ha un carattere impulsivo e lo sappiamo... vedrai che il tuo messaggio lo farà riflettere...”.

“Lo spero, perchè se dovesse succedergli qualcosa...”.

Elizabeth guardò verso il cielo, non voleva pensare a quell'evenienza, no, sarebbe andato tutto bene.

 

Aveva fatto le faccende di casa bene e in fretta, sorprendendo la madre che la guardava stranita.

“Tesoro tutto bene?” le chiese vedendola prepararsi per uscire.

“Mai stata meglio”, rispose con un enorme sorriso uscendo di casa.

Brittany corse come non aveva mai fatto, era elettrizzata, non vedeva l'ora di incontrare la lupa, aveva detto che si sarebbe trovata nello stesso posto, e lei manteneva le promesse, sopratutto quelle che erano così importanti per lei, anche se non né conosceva il motivo, dopotutto se si è felici non ci si ferma a pensare al perchè, ci si gode solamente l'attimo.

Arrivò nel luogo senza fiato, ma non c'era nessuno, rimase delusa per un momento, poi si mise seduta, avrebbe aspettato, ne valeva senz'altro la pena per una creatura così bella.

Santana la osservava da lontano, nascosta dalla vegetazione, mentre costruiva piccoli pupazzi di neve e canticchiava tra se.

Non sapeva perchè si era lasciata convincere dalle parole della ragazza, ma sapeva che aveva sbagliato una volta a non seguire il suo istinto, e non aveva intenzione di commettere nuovamente quell'errore.

Camminò lentamente verso la biondina, il suo manto nero luccicava in contrasto alla neve bianca che in quel momento aveva ripreso a cadere dolcemente.

Sembrava una favola, Brittany osservò la lupa fermarsi a metà strada e sedersi sulle zampe posteriori, chissà se si sarebbe avvicinata di più, si chiese, ma andava bene anche così, almeno poteva bearsi di quella visione.

Si fece da parte, mostrando alla lupa le sue creazioni, due pupazzi di neve, rappresentavano lei, che giocava con la lupa.

Santana osservò la creazione meravigliata, era la cosa più dolce che avesse mai visto.

Santana mosse un passo avanti e poi un altro, talmente concentrata a guardare le sculture di neve, che quando il dolore la investì, era troppo tardi.

 

Dobbiamo fare qualcosa per uscire da qui...”.

Ma cosa zia? Ci ha chiuse a chiave...”.

Possiamo riuscirci...” disse.

O almeno cercerò di far uscire te pensò.

Ho un piano, ma devi dirmi se ricordi le regole...” chiese ansiosa, l'aveva sottratta alla sua famiglia, se qualcosa fosse andato storto, non se lo sarebbe perdonata, doveva assolutamente rimediare a quello che era successo.

Certo... Non uccidere, non mordere un umano che non sia il tuo umano, non mordere i tuoi simili”.

Bene, promettimi che qualunque cosa succeda, non infrangerai le regole...”.

Te lo prometto, ma...”.

Niente ma, adesso ascolta, faremo così...”.

 

Kurt si mosse lentamente, consapevole di aver dormito come non gli capitava più da molto tempo, allungò le braccia e le gambe, sentendole distendersi pigramente, sentendo la sensazione di essere completamente riposato e rilassato, rimase immobile quando improvvisamente ricordò in che situazione si trovava.

Se era fortunato, poteva alzarsi silenziosamente, tornare a letto, e fare come se niente fosse accaduto, certo, era semplice, bastava non svegliare Blaine.

Aprì gli occhi senza pensarci, perchè pensare significava indigiare, e se avesse indugiato, allora non sarebbe stato in grado di muoversi.

I suoi occhi furono subito catturati dallo sguardo di Blaine, era sveglio e lo stava fissando, ed erano così vicini che il sangue prese a scorrergli talmente veloce da fargli espodere il cuore.

Kurt si mosse talmente in fretta da non accogersi del tavolo dietro di lui, finì per sbattera la schiena e la testa e lasciarsi sfuggire un piccolo grido di dolore sentendo la ferita che lanciava fitte di protesta.

“Mi dispiace...” disse con gli occhi sgranati colmi di qualcosa di molto simile a paura.

“Non volevo darti un'altra ragione per essere in collera con me...”.

“Non sono arrabbiato con te... io... ho sbagliato ad urlare ieri... questa notte, mentre ti guardavo, ci ho pensato, non posso pretendere di avere la certezza di quello che ho detto, mia madre e mio fratello, so quello che mi è stato raccontato, ma non l'ho visto con i miei occhi, però è innegabile che ho visto David morire... morso da un lupo... ero li quel giorno, nonlo scorderò mai... ero pronto ad ucciderti e mene vergogno, non so se mio padre sia a conoscenza di quello che siete, se lo è, devo davvero rimettere in discussione tutto quello in cui ho sempre creduto... e non mi ci vorrebbe molto continuando a... passare del tempo con te...”.

“Anche io devo chiederti scusa... forse c'è qualcuno così disperato, a cui non importano le conseguenze e può arrivare ad uccidere, io... non preoccuparti comunque, è impossibile che tuo padre sappia qualcosa di noi... aspetta, hai detto morso?”.

“Si, ricordo tutto, sono stato il primo a vedere la scena, anche se...”.

“Raccontami com'è andata... per favore...”.

“Ero andato nel bosco quel giorno, non avrei dovuto, perchè ero spaventato a morte, erano passati pochi mesi da quando Mamma e Coop erano stati... erano scomparsi...” si corresse.

“Vai avanti...”.

“Stavo camminando, tremavo spaventato dalla mia stessa ombra e i suoni che produceva la foresta mi facevano sussultare ad ogni passo... ho imparato ad amare quei suoni a poco a poco... All'improvviso, poco distante da me, c'era David, feci per salutarlo quando di fronte a lui, comparve un enorme lupo, era davvero qualcosa di indescrivibile, nella mia vita, ho visto solamente un altro lupo che può essere all'altezza di tanta bellezza...” disse Blaine contemplando il volto di Kurt che rimase senza fiato.

“Ero affascinato e spaventato allo stesso tempo, eppure non leggevo paura nello sguardo di David, solo non so, aspettativa quasi... mi nascosi dietro un albero, avevo paura che mi vedessero e c'era questa sensazione di intimità che sentivo aleggiare nell'aria, come se stessi interferendo in qualcosa di esclusivo, qualcosa che non dovevo vedere... continuai a sbirciare, erano uno di fronte all'altro, si fissavano e non capivo che stava succedendo... finchè David allungò la mano, forse per toccarlo, ammetto che avrei avuto anche io la tentazione di toccare quel manto soffice... tenne la mano a mezz'aria e il lupo lo morse... vidi la scena al rallentatore mentre i denti si conficcavno nella tenera carne...”.

Kurt non disse nulla, la storia non era ancora finita, e non voleva interromperlo perchè Blaine si stava sforzando di ricordare tutto.

“Quando ha iniziato a urlare, mi si è gelato il sangue nelle vene, perchè non erano urla... normali, era qualcosa di disumano, l'aveva morso e si, poteva fare male, ma era come se... come se non fosse stato un morso, ma centinaia tutti insieme... il lupo lasciò la presa all'istante, poi iniziarono ad arrivare gli uomini con gli archi, non eravamo lontani dal villaggio, immagino che le urla fossero arrivate fin li, il lupo cercava di allontanare il corpo di David, di trascinarlo via, c'era sangue ovunque, più lo scacciavano, più tentava di resistere... alla fine sono riusciti ad allontanarlo, ma c'era qualcosa in quegli occhi... mi hanno trovato accasciato a terra, gli occhi coperti per non vedere più...”.

Blaine non si accorse di star piangendo, finchè non sentì il corpo di Kurt premere contro il suo nel disperato tentativo di calmarlo.

“Blaine, calmati, è passato, ci sono io con te...” sussurò al suo orecchio Kurt.

Non aveva mai raccontato a nessuno tutto quello che aveva visto, e in quel momento, era come essersi levato un peso dal cuore.

Blaine ricambiò l'abbraccio di Kurt, erano anni che non ne riceveva uno, gli erano mancati.

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** capitolo sette ***


Un passo.

Era bastato un passo, per farla cadere di nuovo.

Era bastato un passo per farla finire in trappola.

Era questo, che le passava per la mente mentre il freddo metallo della tagliola, le trapassava la morbida carne.

Un lungo ululato, un grido d'aiuto, mentre cercava di liberare la zampa, costretta nella morsa di una trappola per lupi.

Ancora, ni nuovo, cosa c'era di sbagliato in lei?

Più si divincolava, più i denti aguzzi calavano in profondità, e allora le avrebbe certamente spezzato l'arto.

Santana vide Brittany avvicinarsi in fretta, come avrebbe fatto a difendersi? Non poteva muoversi, abbatterla sarebbe stato semplice, un colpo ben assestato all'altezza del cranio, e loa sua vita avrebbe cessato di esistere.

Sentiva la rabbia montarle addosso, voleva ferirla, voleva farle del male per averla tratta in inganno, per averla illusa con facilità.

Iniziò a ringhiare mentre la vedeva allungare le braccia verso di lei, ma non glielo avrebbe permesso senza lottare.

Aveva ceduto una volta, ma non questa.

Quando fù abbastanza vicina, con la zampa libera, fendette l'aria, fino a sentire la carne sotto le sue unghie lacerarsi, l'aveva ferita, e poteva esserne certa dall'odore del suo sangue che si spargeva nell'aria.

 

Brittany allungò le braccia verso la lupa che non esitò a colpirla.

Gli occhi le si riempirono di quelle lacrime che aveva cercato di non versare, non per il dolore della ferita, ma per la pena che l'animale le sucitava.

Quanto poteva essere spaventata in quel momento? Chissa quali orribili pensieri le passavano per la mente, era comprensibile che avesse cercato di difendersi.

Al diavolo se avesse cercato di ferirla ancora, senza esitazione Brittany afferrò i denti metallici e iniziò a fare forza per liberare la zampa, ma la morsa era troppo forte e i denti taglienti come lame, e più lei si impegnava, più le mani le si riempivano di tagli e sangue.

Era inutile, era troppo debole, lasciò andare la presa singhiozzando rumorosamente, ma non voleva dire che si stava arrendendo.

Si sollevò da terra, guardandosi attorno alla ricerca di qualcosa, magari un ramo con cui poter far leva, nella ricerca, non si allontanò mai dal campo visivo della lupa, non voleva pensasse che la stava abbandonando.

 

Si era sbagliata, voleva aiutarla e lei l'aveva colpita.

Se avesse saputo la verità, forse l'avrebbe compreso, ma non poteva parlarle, non era pronta.

La vide alzarsi e allontanarsi, se l'avesse lasciata li cosa avrebbe fatto? Quanto ci avrebbe messo gli umani a trovarla, avrebbe fatto in tempo a chiamare aiuto?

Tante domanda affollarono la sua mente, quando la vide tornare con un lungo ramo, inginocchiarsi di fronte alla trappola e con difficoltà inserirlo attraverso la morsa.

La osservò mentre faceca leva e il sudore le imperlava il volto per lo sforzo, e quasi non si accorse che a poco a poco la trappola si schiudeva, permettendole di liberarsi.

“Avanti, dovresti essere libera...” disse Brittany trattenendo il respiro per non perdere la presa sul ramo.

Santana si riscosse sentendo i denti aguzzi lasciarla andare, cercò di allontanarsi in fretta, ma guardando dietro di sé, vide Brittany accasciarsi a terra stremata.

“Tutto bene?” le stava parlando, non era la prima volta, eppure era come se si aspettasse una risposta.

Santana si accucciò a terra, quella ragazza, le aveva dimostrato qualcosa dopotutto, prese a leccarsi la ferita senza mai distogliere lo sguardo dalla biondina.

 

“Aspetta, non avere paura... voglio solo aiutarti, va bene?” Brittany si avvicinò piano a Santana, strappo senza pensarci un pezzo del suo vestito, il suo preferito, l'aveva messo proprio per quell'incontro, ottenendo una lunga striscia di tessuto.

Prese con lentezza la zampa ferita tra le sue mani, senza fretta, con calma, iniziò a fasciare la ferita, cercando di essere il più delicata possibile quando sentiva i bassi ugiolii di sofferenza della lupa, quando ebbe finito fece un fiocco e senza pensarci diede un piccolo bacio.

“Adesso farà meno male” disse sorridendo.

Santana si avvicinò piano a Brittany, più vicino di quanto avrebbe mai pensato di essere in grado di fare per sua scelta, abbassò il capo permettendole di farle un grattino tra le orecchie.

Non ci aveva pensato, era la seconda volta che riceveva una carezza da quella ragazza, forse era destino, forse anche lei poteva essere... non amata come una compagna di vita, ma almeno come essere vivente si, era triste pensare che sarebbe rimasta sola, senza nessuno al suo fianco, era triste pensare che la sua opportunità era sfumata, che si era già trasformata, era triste pensare che non sarebbe stato male avere qualcuno come quella strana ragazzina bionda al suo fianco.

Era davvero triste.

 

Come ci si sente a soffocare?

Cosa prova il tuo corpo quando il bisogno dell'aria è talmente intenso, da sentire i polmoni scoppiarti nel petto, da sentire il cuore pompare disperatamente sangue per tenerti in vita? Perchè l'unico che lotta in quel momento è solo lui, il cuore, nonostante sia ferito, nonostante una parte di lui sia morto, continua imperterrito a battere.

Quando sollevò la testa, vedendolo li, appeso, un trofeo di caccia, era diventato solo questo, quando invece per lei, era stato tutto.

Fù in quel preciso momento che scoprì cosa si prova a soffocare, perchè lei non ce la faceva, non riusciva a respirare, non riusciva a pensare, non riusciva a credere che potesse esserci qualcosa senza di lui.

“No... mia Dea, perchè?” sussurrò mentre si accasciava a terra, non poteva sopportare di guardare oltre, non poteva sopportare che in quella stanza, tutti vedessero il suo dolore senza comprenderlo e le facessero terra bruciata intorno, era davvero così imbarazzante per quella gente vederla soffrire?

“Andrà tutto bene mia cara...” le disse qualcuno, e mentre delle mani delicate ma forti la sollevavano, l'aveva sentito, un licquido vischioso e caldo che le colava tra le cosce.

Le mani la acoompagnarono in una stanza pulita e la fecero distendere su una coperta candida, fù allora, che finalmente, diede un volto a quelle mani tanto gentili che l'avevano sorretta.

“Facciamo nascere questa creatura...”.

Immaginava che avrebbe dovuto sentire qualcosa, continuava a osservare quel viso che le parlava, ma nient'altro, non sentiva nulla, finchè un potente schiaffo non la catapultò nella realtà dalla quale era fuggita.

“Avanti, reagisci, se non vuoi che il tuo bambino muoia...” le disse la donna scuotendola con forza.

Avrebbe perso il suo bambino, non voleva, il suo compagno era morto, ma le aveva lasciato un pezzo di sé, un pezzo di loro.

Iniziò a spingere.

 

“Cos'hai deciso?”.

Sebastian sollevò le orecchie di scatto guardandosi attorno, non c'era nessuno, eppure quella voce, l'avrebbe riconosciuta ovunque, anche se erano anni che non la sentiva.

“Sebastian, gli parlerai?”.

“Non basta che popoli i miei sogni e i miei ricordi? Adesso appari anche quando sono vigile? Cosa sei diventato? La mia coscienza?”.

Lo sentì ridere, lo faceva spesso negli ultimi tempi, da quando gli aveva confessato che se era li, che se si era preso cura di lui, era solo perchè non aveva potuto fare a meno di innamorarsene, che se avesse accettato di diventare il suo compagno, l'avrebbe reso felice, molto felice.

Chiuse gli occhi, non l'aveva mai visto sotto forma di lupo, purtroppo non ne aveva avuto occasione, il fato non era stato magnanimo con loro, ma l'aveva immaginato, molto spesso, in realtà, non faceca che immaginare momenti che non avrebbero mai vissuto.

Vide due occhi verdi, cristallini, limpidi e puri, contornata da morbina pelliccia marrone, tendente al rossiccio, un corpo ben piazzato, ma allo stesso tempo, aggraziato nei movimenti come solo un lupo poteva essere.

“Sai, potrebbero avere quello che noi non abbiamo avuto...”.

“Lo so...” disse Sebastian sbuffando.

“E' per questo che sei indeciso? Gelosia?”.

“Può darsi... dopotutto, per noi non c'era nessuno...”.

“Eppure, il poco tempo che abbiamo avuto insieme, è stato stanto per me, hai cambiato la mia vita, ero merce avariata Sebastian, tu mi hai salvato, e sono morto felice...”.

“forse se fossi morto io, e tu fossi rimasto a soffrire, la penseresti in modo diverso...”.

“... Ti amo, e sono sicuro che farai la scelta giusta...” disse mentre la sua immagine iniziava lentamente a sparire.

“Tornerai?”.

“Sono sempre con te, non vado da nessuna parte...” disse mentre Sebastian riapriva gli occhi.

 

“Gli ha offerto il polso e l'ha morso? Sei sicuro? Perchè se così non fosse, cambierebbe tutto... magari hai ragione su tua madre e tuo fratello, ma in modo diverso, non ci avevo pensato, dopotutto non li frequentiamo!” disse Kurt separandosi, anche se di mala voglia, dall'abbraccio.

“Cosa stai dicendo?”.

“Sto dicendo, che devi essere certo di quello che ti ricordi, perchè può fare la differenza!”.

“Kurt, ero un bambino, spaventato a morte, io...” Blaine si interruppe vedendo quanta speranza c'era nel volto di Kurt.

“... Io potrei cercare di ricordare meglio...” finì la frase per non deluderlo.

“Però spiegami per favore...”.

“I tuoi e David, potrebbero essere stati attaccati da dei lupi “veri”...” disse mimando le virgolette con le dita.

Blaine sollevò un sopraciglio, sinceramente continuava a non capire.

“Ma si, lupi che non si trasformano” continuò Kurt non notando la pelplessità nello sguardo dell'altro.

“Perchè esistono lupi che non sono... lupi? Cioè umani? Cioè sono un po' confuso”.

“Blaine, l'hai ascoltata la storia? Il primo lupo che si è trasformato, era un solitario, si separò dal branco originale e poi incontrò la Dea, che lo scelse come suo compagno...”.

“Ok... e questi lupi, sono normali, hanno un istinto da animale, quindi possono attaccare tranquillamente gli umani...giusto?”.

“Esatto...”.

“E voi questi “veri” lupi non li frequentate”.

“Esatto!!” disse Kurt felice.

“Kurt, come faccio a sapere che tipo di lupo era?”.

“Devi ricordare Blaine, il lupo ha morso David per attaccarlo? O David ha offerto il polso come dicevi? La risposta è nascosta nei tuoi ricordi... anche se... insomma tu ricordi il braccio teso, come un invito, eppure lui è morto... forse voglio solo trovare il modo per non farmi odiare da te...”.

“C'è davvero differenza?”.

“Tanta...”.

“Ma... se voi non frequentate questi lupi, come portate avanti la specie?”.

“Ogni lupo come me, sceglie, o è scelto, dipende dai punti di vista non è semplice da spiegare, un umano che diventerà il suo compagno, o compagna per la vita, sai, siamo molto fedeli...”.

“Come? Cioè l'umano come... insomma si trasforma, o voi rimanete così” chiese indicandolo.

“No, noi prendiamo questa forma solo per trovare il nostro compagno, poi... lo mordiamo... è per questo che devi ricordare esattamente cos'è successo...”.

“Forse il lupo voleva trasformarlo, non ucciderlo, è questo che stai cercando di dirmi? E mia madre e mio fratello invece sono stati attaccati?”.

Kurt fece segno di si con la testa.

Blaine rimase in silenzio talmente a lungo, che Kurt credette di averlo definitivamente scioccato.

“Kurt?”.

“Si Blaine...” rispose timoroso.

“Tu... tu hai detto... di volermi mordere... nel bosco intendo, non volevi attaccarmi...”.

“Si...”.

“Io dovrei essere il tuo compagno? Tu, tu mi hai scelto?”.

“Non avere paura...” disse nel vederlo tremare.

“Io... non ho completato il Passaggio... non penso dovesse andare così...”.

Blaine prese un lungo respiro, gli serviva tempo, non sapeva cosa pensare, non sapeva cosa dire, osservva Kurt che lo guardava a sua volta avvilito, voleva diventare il suo compagno? Un lupo?

 

Con un balzo Santana entrò dalla finestra spezzando l'indescrivibile situazione.

“Ho origliato, digli che non è obbligato...” latrò in collera.

“Obbligato a fare cosa?” chiese Kurt.

“A diventare il tuo compagno se non vuole, però sarebbe un bell'idiota...”.

“Santana dice che non devi stare con me se non vuoi...” disse con gli occhi bassi.

“E lei come...”.

“Lei ha fatto il Passaggio, non come me... si è trasformata per un... non sempre le cose vanno bene...”.

Santana interruppe il dialogo continuando a latrare.

“Mi servono dei vestiti...”.

“Vestiti?”.

“Si, chiedi a lui di procurarmeli, non ho intenzione di avvicinarmi al villaggio...”.

“ E come dovrebbe fare Blaine a procurarteli?”.

“Procurare cosa?” chiese sentendosi chiamato in causa.

“A Santana servono dei vestiti”.

“Beh, ci sono dei vecchi abiti di mia madre in casa... mia padre ha difficoltà a buttarli via, magari possono andare...”

“Allora muovi il culo perchè mi servono al più presto... forza!!” disse Santana vedendolo immobile.

“Guarda che non ti capisce!!”.

“Che dice?” chiese Blaine.

“... dice... se puoi essere così gentile da procurarglieli presto...” disse Kurt guardandola male.

“Certo, io potrei andare subito...”.

“Ecco bravo, sloggia...”.

“Dice che saresti gentilissimo...” disse Kurt precedendo la domanda di Blaine.

“Bene, allora vado...” disse prendendo il suo zainetto e lasciando i due lupi soli.

Santana rimase in attesa sentendo i passi di Blaine che mano a mano si allontanavano, finchè non divenne un suono leggero e poi non lo udì più.

“Mi hai mentito, a me, la tua migliore amica, quella che non giudica, quella che prende sempre le tue difese, anche quando sbagli... puoi trasformarti, lo sò” gli disse mostrandogli la fascia sulla zampa.

“Cosa ti è successo?”.

“Non provare a cambiare argomento, si può sapere cosa diavolo stai combinando?”.

“Sai, credo che potrei chiederti la stessa cosa... comunque è molto semplice, non voglio tornare nel branco, voglio stare con Blaine”.

“Potresti farlo ugualmente...”.

“Certo... se torno non mi permetteranno di vederlo San... lo sai vero?”.

“Va bene... però non...”.

“Tranquilla, non ho intenzione di morderlo, non dopo quello che mi ha raccontato e non dopo aver visto la sua faccia...”

“Dagli tempo... vedrai...”.

“San... devo raccontarti una cosa...”.   

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Capitolo 8
*** capitolo otto ***


“Papà?”.

Blaine entròchiamando a gran voce il padre, senza ottenere alcuna risposta.

Fece il giro di tutte le camere per accertarsi che non fosse in casa e poi si diresse velocemente in cantina.

Sollevò la botola di legno, discese i primi gradini cercando con le mani la piccola rientranza dove era sempre stata riposta la lanterna e dopo aver illuminato la stanza si diresse velocemente al vecchio baule di famiglia.

Stranamente era stato spostato, le impronte delle mani di suo padre erano evidenti in contrasto con lo spesso strato di polvere che vi si era posata con il passare del tempo.

Era evidente che era stato solo spostato, non aperto, chissa che combinava suo padre, Blaine ci pensò un secondo, poi mise da parte le domande che si stavano formando nella sua testa, dedicandosi a ciò per cui era tornato a casa.

Sollevò il pesante coperchio liberando un antico profumo che non sentiva da anni, il profumo di sua madre, era debole, ma persisteva ancora, Blaine estrasse il primo vestito, lo ricordava, era il preferito della madre, lo portò al viso, inspirando a pieno la fragranza, mentre lo faceva, si chiese se non fosse più giusto conservarli, ci pensò a lungo, arrivando alla conclusione che non servivano oggetti per riportare alla mente i ricordi, se li voleva, doveva solo guardare dentro se stesso.

Mise il vestito a terra, poi decise che tanto valeva portarli tutti, magari quella lupa, aveva gusti difficili, infilò le mani fino in fondo, ritraendole velocemente quando sentì una lama tagliargli il polpastrello.

Blaine portò il dito alla bocca per succhiare il sangue e non macchiare gli abiti, poi, con molta cautela, sposto il resto degli indumenti, trovando sul fondo i suoi vecchi pattini insieme a quelli di Cooper.

Li prese in mano, la pelle si era macchiata a causa dell'umidità, ma le lame, visto il profondo taglio che si era procurato, erano ancora ottime.

I suoi ormai non gli entravano più, però quelli del fratello sembravano della misura giusta.

Da li a pochi giorni, la temperatura avrebbe iniziato piano piano a salire e aveva poche possibilità di provarli, decise che avrebbe trovato il tempo di andare allo stagno e divertirsi fino a sentire le ossa congelate.

Blaine infilò tutto nello zainetto e con un gesto secco lasciò andare il coperchio.

Il colpo a causa del peso, fece spostare di qualche centimetro il baule, rivelando sotto di esso una tavola di legno che non aveva mai visto, una seconda botola di cui non era a conoscenza, che portava ancora più in basso.

“Blaine che fai?” chiese il padre.

“Niente, io...” perchè gli era sembrato che in quella minuscola frase fosse contenuto tanto di quel panico da fargli tremare la voce?

Chiedigli cosa c'è li sotto, gli disse l'istinto, avanti chiediglielo.

“Io... cercavo i miei vecchi pattini” disse tirandoli fuori e mostrandoglieli.

“Ah bene... torniamo su...”.

Aveva troppa fretta, si stava immaginando le cose? Oppure gli stava sfuggendo qualcosa? Pensò mentre tornava al piano superiore seguendo suo padre.

“Allora, che fine ha fatto il lupo?”.

“Come?” chiese Blaine non capendo.

“Il lupo ferito che volevi sopprimere... quello che temevi si avvicinasse al villaggio...”.

Blaine sentì un brivido lungo la schiena alla parola sopprimere, c'era andato davvero vicino.

“Ci ha pensato il freddo, non è sopravvissuto con quella ferita...”.

“Bene... ottimo lavoro” disse dandogli una pacca sulla spalla che lo fece irritare.

“Già...” rispose scosatndosi da quel tocco.

“Vado a caccia...” disse mettendo lo zaino in spalla e uscendo dalla porta.

“Ma sei appena tornato...”.

Blaine continuò a camminare ignorando il commento.

 

“Adesso?” chiese Beth.

“No. Aspetta, ascolta...”.

Beth tese le orecchie rimanendo in ascolto.

“Non è lui, i passi sono diversi... che facciamo?”.

“Aspettiamo”.

“Zia... mi dispiace, è tutta colpa mia...”.

“Non dirlo nemmeno per scherzo... avrei dovuto prestare più attenzione, invece mi sono distratta”.

“Ma se non mi fossi fermata...”.

“Hai provato pietà pe rquell'uomo, non ti devi scusare per questo... se solo non avessi accettato, ci sarebbe stato qualcuno più adatto...”.

Stettero in silenzio, mentre i ricordi di quel giorno, si fondevano in uno solo.

 

Elizabeth le si avvicinò con le lacrime agli occhi.

“E' morta...” disse.

“Mi dispiace molto, posso immaginare che foste tutti molto legati a lei... posso fare qualcosa?”.

“Si, puoi... ti ho osservata allungo Rachel... non è una cosa che accade tutti i giorni, anzi, non è mai capitato ad essere onesta... ma credo che saresti in grado di prendere il suo posto”

“Ma io... le altre non saranno contente, un umana che segue i cuccioli...”.

“Ho già parlato con il branco... e adesso sei un lupo, come se fossi nata con questa pelle, non scordarlo... dipende solo da quello che vuoi tu...”.

“Io... sarei davvero onorata...”.

“Saresti la prima, quidi, fai del tuo meglio, al massimo delle tue possibilita...”.

Quello fù il momento che segno l'inizio della fine.

 

Un giorno come un altro, un uscita come un'altra, avevano appena superato il varco della caverna.

 

Mentre li contava, Rachel si guardò attorno e il panico iniziò a stringerle una morsa intorno al collo, guardò ancora, chiamò il suo nome, ma non c'era, si era allontanata senza che se ne accorgesse, e ora era fuori, lontana dal branco, da sola.

Doveva tornare indietro, cercarla e trovarla a tutti i costi.

“Kurt, portali al sicuro...” disse fermando il cucciolo di cui sapeva potesse fidarsi.

“Avvisa Quinn e Puck, hai capito?”.

“Rachel, che succede?” chiese lui vedendola così agitata.

“L'ho persa, ho perso Beth...”.

Kurt non se lo fece ripetere due volte, allontanò i cuccioli dall'entrata e corse a chiamare gli altri.

Rachel percorse a ritroso il tunnel, seguendo i sentieri che avevano asplorato, erano stati a distanza da i luoghi frequentati dall'uomo, eppure sentiva la paura che le paralizzava il sangue nelle vene.

 

Beth non voleva allontanarsi dal gruppo, si sarebbe messa nei guai, eppure come poteva ignorare quel debole pianto che le arrivava dritto nelle orecchie?

Mosse qualche passo incerto verso quella specie di richiamo, guardò il gruppo allontanarsi mentre l'ultima coda spariva dietro una curva.

Avrebbe fatto presto, avrebbe controllato che non fosse nulla di grave, e poi sarebbe tornata indietro, insieme al gruppo, sperando che nessuno si accorgesse della sua assenza.

Si mise a correre veloce, talmente velòce che in pochi secondi il lamento le giunse chiaro, come se glielo avessero bisbigliato.

L'uomo non solo piangeva disperatamente, ma continuava a ripetere un nome.

Mary.

Sembrava ferito, non fisicamente, era qualcosa di più profondo, come un cuore spezzato, non lo vedi, ma è li.

Fù quell'immagine a spingerla ad avvicinarsi.

 

“La senti?” chiese come se fosse una prova a suo favore.

“Certo, ma non significa nulla, la sentivo anche prima” disse lei osservandolo.

“Perchè non andiamo semplicemente li e glielo diciamo?” chiese esasperato.

“Non sarebbe giusto, se le cose non cambiano, gli spezzeremo il cuore, e noi non possimo rimanere...”.

“Ma mi manca...” disee con un basso guaito.

“Lo so, manca anche a me...”.

 

“Spingi!!” continuava a ripeterle la donna.

Ricordava la sua prima trasformazione, era stata dolorosa, anche quando si era trasformata per cercarlo aveva provato dolore, ma quello, quello non era dolore, quello era l'inferno, era mille volte peggio della trasformazione.

Quello durava attimi, questo sembrava senza fine.

Più spingeva, e più le sembrava di sentire il corpo dilaniarsi, come schiacciato da un enorme pressa, il il sudore le ricopriva il corpo, sentiva talmente caldo, che era come bruciare viva, come se l'avessero immersa in una pentola di acqua bollente.

Voleva solo che finisse, e mentre spingeva ancora più forte, con più determinazione, il suo desiderio fù esaurito.

Come se non fosse accaduto nulla il suo corpo si rilasso, era stanca, distrutta, eppure stava bene.

Non lo vide, senti solo il suo pianto disperato mentre compiva il primo respiro della sua vita, non riusciva a muoversi, volava solo vederlo e stringerlo, e quando finalmente gli fù adagiato tra le braccia, riuscì nuovamente a respirare.

Respirare davvero.

Il bambino mosse le manine, le piccole dita adagiate sulla guancia arrossata della madre, aprì gli occhi, mostrandole quanto avesse preso da lei, era come guardarsi allo specchio, avevano la stessa tonalità di verde cristallino.

“Il signore amerà questo bellissimo bambino” disse la donna che l'aveva accudita con voce emozionata.

“Hai già in mente come chiamarlo?”.

Lei continuò a scrutarlo, era perfetto, con l'indice traccio il suo dolce profilo, prendendo sul serio le parole di quella donna.

“Amato da Dio.” ripetè.

“Amato dalla Dea...”.

 

Burt entrò nella caverna senza nessuna preda questa volta.

Individuò Sebastian, sembrava non essersi mosso dall'ultima volta che lo aveva visto, gli fece pietà.

“Sebastian, perchè non torni col branco?” chiese senza alcun secondo fine.

“Se lo fai per tuo figlio, non c'è bisogno, gli parlerò... ma non credere che sia perchè mi importi...”.

“Potresti anche non parlargli, io e il branco ti accoglieremo comunque a braccia aperte...”.

Sebastian lo osservò, sapeva che non mentiva, era sincero, e questo lo disturbava, che gli altri provassero pena per lui, lo disturbava.

“Non ho bisogno del branco... per me, era un peso anche prima...”.

“Per noi, per me, invece sei importante, tengo a te, come se fossi mio figlio, non scordarlo...” poi andò via senza attendere risposta.

 

Santana lo guardò in attesa che continuasse a parlare.

“Penso di aver notato una cosa, vorrei che tu ascoltassi, che analizzassi quello che ti dico, e magari vediamo se arriviamo allo stesso risultato” disse Kurt tristemente.

Lei annui, pronta ad ascoltare.

“Blaine mi ha raccontato una storia... in realtà, non sono sicuro di quello che penso... hai mai sentito che una trasformazione possa andare male? Uccidendo magari?”.

“No, Kurt è impossibile, è il modo che abbiamo per stare con la nostra “anima gemella”, se vuoi vederla così...” disse scettica dato quello che le era accaduto.

Kurt le raccontò brevemente della madre e del fratello di Blaine e poi di David.

Santana ascoltò con molta attenzione, e quando la storia terminò, elencò le sue congetture.

“penso che tu possa avere ragione, la madre e il fratello sono scomparsi insieme giusto? Quindi l'attacco di qualche pulcioso può essere plausibile, oppure la moglie l'ha lasciato portando via il figlio, chi lo sa, lo sai che l'uomo, non ha difficoltà a cambiare o tradire il proprio compagno, è nella loro natura, come nella nostra rimanere con il nostro compagno per sempre, non sono come noi, per tutta la vita... magari ha cercato di portare via anche Blaine, me non c'è riuscita, e il padre gli ha raccontato un mucchio di bugie...”.

Kurt ascoltava in silenzio, perchè se c'era qualcuno che poteva aiutarlo a venire a capo di quella situazione, era proprio Santana, in fondo in quel momento, non aveva nessun'altro.

“Sei sicuro che gli abbia offerto il polso?”.

“Lui ricorda così... e dice che c'era come attesa nel suo volto, come se fosse consapevole, e che si sentiva in imbarazzo, come se stesse assistendo a qualcosa di intimo, qualcosa che non doveva vedere, di privato...” disse Kurt per rispondere nel modo più esauriente possibile.

“Cosa non quadra? Cosa c'è di strano?”.

“Non lo so, mi sembra tutto normale, quello che mi hanno detto durante il Passaggio... se c'era attesa, l'umano era consapevole, sicuramente sapeva cosa sarebbe successo, il lupo aveva ottenuto il consenso... aspetta però...”.

“Cosa?”.

“Se l'umano sceglie di diventare il tuo compagno, potrai contribuire alla crescita del branco... e se fosse questo il problema? La procreazione? Lo sai che senza umani non possiamo procreare... erano entrambi maschi... può essere per questo Kurt? Non era mai successo!!” disse Santana euforica per la scoperta, accorgendosi troppo tardi di quello che significava.

“Siamo arrivati alla stessa conclusione... mio padre lo sa, per questo voleva proibirmelo San...” disse Kurt.

A Santana tornarono in mente le parole del branco.

“Dobbiamo proteggere l'umano”.

“Dobbiamo evitare che accada come l'ultima volta”.

Tutto aveva un senso ora.

“Che farai Kurt?”.

“Possiamo... possiamo fare finta di non sapere? Solo per un po' San? Voglio stare con Blaine... solo un altro po'... per favore...” chiese con la voce spezzata.

Santana non rispose, non gli avrebbe potuto negare nulla.   

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Capitolo 9
*** capitolo nove ***


Camminava rapidamente, era come se a ogni passo si sentisse meglio, si era reso conto che ne sentiva la mancanza, solo quando aveva deciso di tornare.

E lo sapeva, che non si trattava più di senso di colpa, c'era come un filo invisibile, un legame, e non ne comprendeva il motivo, eppure, era più semplice seguire quella sensazione che ragionarci su.

Se non fosse stato così smanioso di tornare, forse le avrebbe uditi, forse non si sarebbe fatto sorprendere, forse se le circostanze fossero state diverse avrebbe scoperto tante cose, cose che lo avevano fatto soffrire, cose che lo avrebbero fatto soffrire.

Il rumore dei rami spezzati e delle foglie morte sotto i suoi piedi, coprivano quelli di zampe animali.

Il lupo gli si parò di fronte e per un attimo Blaine sorrise, ma quando lo guardò negli occhi, non trovò nulla di umano, e pensò che era vicino alla fine, perchè non poteva essere fortunato una seconda volta.

L'animale si mosse avanti e indietro, valutando come agire, come attaccare, come non far fuggire la preda, il corpo era scarno, mettendoin risalto le ossa sporgenti, la pelle pendeva tristemente da esse.

Entrambi valutavano le possibilità, entrambi volevano vivere, chissa forse per lo stesso motivo, forse non erano tanto diversi.

Blaine lo sapeva, non sarebbe mai riuscito a scappare, in quel lupo, c'era la determinazione innata dell'istinto di sopravvivenza e sicuramente, anche se avesse corso con tutte le sue forze, contro di essa, avrebbe perso miseramente.

Poteva provarci, ma a cosa sarebbe servito? Solo a prolungare l'agonia.

Lo vide avanzare, poi balzare, era come rivivere un momento della sua vita, solo che portavano due cose diverse, e dopo di questo, non ce ne sarebbero stati altri.

Lo vide lentamente fendere l'aria, finchè un enorme ombra nera, investì il suo campo visivo e gli fù addosso scaraventandolo a terra.

Vide l'animale contorcersi sul terreno, mentre uno scuarcio gli dilaniava il muso inzuppando la neve di sangue, si rimise prontamente sulle zampe, ancora determinato, accecato dalla fame fece un passo avanti, non distogliendo lo sguardo dalla sua preda dando occasione al suo avversario di colpirlo nuovamente, questa volta alla giugulare.

Il morso fù preciso, recidendo la vena come una lama, Blaine potè sentire chiaramente il gorgoglio dell'aria che cercava di raggiungere i polmoni senza riuscirci, i lamenti del lupo che cercava disperatamente di non soccombere, mentre si arrendeva e accasciava tristemente a terra, potè notare, come i suoi occhi, fossero ancora minacciosamente puntati su di lui, finchè l'ultimo barlume di luce non si spense definitivamente.

Ancora scombussolato, Blaine distolse lo sguardo dal lupo, era sempre stato cacciatore, ma ora sapeva, cosa significava essere una preda.

Osservò il lupo che gli aveva salvato la vita, questo rimase immobile a ricambiare le attenzioni, finchè Blaine mosse un passo in avanti mettendolo in fuga.

Avrebbe voluto ringraziarlo, non lo conosceva, eppure c'era qualcosa di familiare che lo aveva sospinto ad avvicinarlo, qualcosa che non riusciva a mettere a fuoco ma che picchiettava insistentemente nella sua memoria.

Chissà, forse faceva parte del branco di kurt e per questo, era corso in suo aiuto si disse.

 

Arrivò alla baita trovandola silenziosa, Kurt e la lupa si guardavano senza in realtà vedersi, ognuno immerso nei propri pensieri.

Quando Kurt lo vide, gli sorrise calorosamente e mentre il cuore di Blaine faceva le fusa, la sua mente pensava: “Che male ci sarebbe?”.

“Hai avuto problemi? Hai impiegato un po' a tornare... forse non volevi?” chiese Kurt.

“No!! No... Solo un incontro ravvicinato con un lupo affamato” rispose senza pensarci Bliane.

Kurt si avvicinò prontamente, prendendogli il volto tra le mani.

“Stai bene? Sei ferito?” domandò scrutandolo attentamente, gli sollevò poi le maniche della maglia per controllare le braccia e, se non lo avesse fermato, accorgendosi che gli tremavano le mani, Blaine era certo che avrebbe continuato a denudarlo e al diavolo auto controllo, buoni propositi e quant'altro.

“Tranquillo, è tutto ok, nemmeno un graffio” disse accarezzandogli una guancia, che sembrava adattarsi perfettamente alla grandezza della sua mano, o forse era il contrario.

“Uno dei vostri è corso in mio aiuto...”.

“Chi?” chiese Kurt e latrò Santana insieme.

“Non lo so, non era uno di quelli che erano con lei il giorno che ci siamo conosciuti” disse indicando Santana.

“Era un enorme lupo nero però...” continuò Blaine.

“Allora non era dei nostri” latrò Santana.

“San è l'unico lupo nero del branco...” disse Kurt.

“Cosa ne pensi?” chiese ancora guardando l'amica.

“Che non fossero Puck e Finn era scontato, dopo tutto quello che hanno passato, posso sembrare cattiva, ma posso capire come pensano, e aiutare un umano... forse... ma non al cento per cento...”.

“Spero che su questo ti sbagli...” le rispose Kurt.

“Forse un solitario... chi pùo dirlo...” disse infine lei.

“L'importante è che tu stia bene...” disse Kurt, ancora adagiato a quel contatto fisico che fece arrossire Blaine quando i loro sguardi si intrecciarono.

“Comunque, ti ho portato questi” disse Blaine avvicinandosi a Santana.

Tutto poteva aspettarsi, che si avvicinasse, o magari che tramite Kurt lo ringraziasse, tranne quello di ritrovarsi a terra, con la lupo sul petto che le toglieva il respiro, e che le ringhiava a pochi centimetri dal viso.

“San no!!” urlo Kurt.

Santana si ritrovò contro la sua volontà sbalzata al lato opposto della stanza, si rimise sulle zampe scuotendo la testa intontita dal colpo.

“Kurt, mi dispiace... io non volevo” disse pentita.

“Lo sò” rispose lui senza guardarla, aiutando Blaine a riprendersi dallo spavento.

“Te lo giuro... non gli avrei fatto del male...”.

“Lo so San, andrà meglio... mi dispiace averti colpita” disse prendendo i vestiti, adagiandoli al centro della stanza e allontanandosi nuovamente.

Santan prese gli indumenti fra le fauci e con un ultimo sguardo desolato balzò fuori dalla finestra lasciandoli soli.

Kurt osservò il punto dove era sparita finchè lo schiarirsi della gola di Blaine non lo fece voltare.

“Questa proprio non è la mia giornata” disse per sdrammatizzare.

“Senti, se vuoi che prenda in considerazione l'idea di diventare il tuo... cioè di diventare lupo, mi devi spiegare molte cose...” disse marcando maggiormente sulla parola molte.

Kurt lo guardò con un sorriso triste sul volto.

“Cosa vuoi sapere?” chiese.

“Tutto?”.

“Da dove inizio?”.

“Beh, per esempio... perchè santana mi ha attaccato? E come hai fatto a togliermela di dosso senza toccarla? Non è la prima volta che te lo vedo fare”.

“Non dovrei raccontartelo, è una cosa... però voglio davvero che tu capisca, che non faremmo mai del male agli esseri umani... e se ci comportiamo in un certo modo, è perchè qualcosa ci ha cambiati, anche se sembra ironico, non siamo animali”.

Kurt prese un respiro profondo e continuò a parlare.

“Quando ci trasformiamo, è perchè troviamo la nostra anima gemella... c'è questa specie di legame automatico, che si forma tra il lupo e l'umano, una sorta di fiducia reciproca, e ci sentiamo attratti... a mia madre, è sempre piaciuto pensare che si trattasse di colpo di fulmine, come lo chiamate voi, un sentimento che nasce praticamente dal nulla, inspiegabile.

Per Santana non è stato così, non sentiva nulla di tutto ciò, ma imputava questo al suo carattere freddo e schivo, come lo definiva lei... continuò a frequentare questo umano che stranamente, non si comportava nel modo che conosciamo, non era affascinato da lei, o mostrava interesse... sentimentale diciamo... era interessato ad altro... finchè un giorno con un gruppo di altri ragazzi l'hanno violentata... da allora non si fa avvicinare da nessuno, nemmeno da me se sono in forma umana... per lei è difficile... non voleva farti del male, sicuramente aveva più paura lei di te...”.

“Mi dispiace... se avessi saputo, non mi sarei avvicinato... che fine ha fatto l'umano?” chiese Blaine in un soffio.

Kurt continuò a parlare, non voleva ricordare in che condizioni Puck e Finn l'avevano riportata a casa.

“Santana non le ha mai rivelato la sua vera natura, non gli è stato tolto un capello se è questo che ti domandi” disse Kurt.

“Forse dovreste cambiare le regole allora...”.

“Non sarebbe quello che vuole la Dea... voi siete gli umani, ma noi conosciamo molto bene la differenza tra giusto e sbagliato, e la vendetta non è mai la soluzione... pensaci, volevi a tutti i costi vendicare i tuoi, uccidendomi, o uccidendo un altro membro del branco, cosa avresti ottenuto? Giustizia? Ti saresti sentito meglio? Se cambiassimo le regole e un tuo caro, tuo padre per esempio, le infrangesse, cosa faresti? Ora il tuo pensiero è questo, ma in futuro, chissà... cerchiamo di agire sempre nel migliore dei modi perchè non ci è dato sapere cosa succederà poi...”.

Blaine rimase in silenzio, quelle parole, lo avevano sorpreso.

“Come ho fatto a togliertela di dosso? Semplice... sono destinato a diventare un maschio Alfa, significa che diventerò il capo del branco un giorno, anche se ora al comando c'è mio padre, non è una cosa che si eredita, dipende dal tuo carattere, da come vei le cose diciamo, è un dono, una cosa strettamente mentale.

Puoi ordinare ad un membro del branco di fare una cosa e lui la fa, solo perchè riconosce in te le qualità di leader, sa che se agisci in una certa maniera è per il suo bene, o per quello del branco, io per il momento, riesco a farlo solo con i miei amici, non è il massimo...”.

“Wow, forte, quindi se divento un lupo, puoi ordinarmi di fare ciò che vuoi? chiese interessato.

Le orecchie di Kurt diventarono improvvisamente scarlatte, mentre coglievano un doppio senso imbarazzante.

Perchè in questo corpo, l'accoppiamento gli sembrava un argomento tanto spinoso? Si chiese se era il caso di indagare.

“No!! No, funziona solo per riportare il lupo nella giusta direzione...”.

Blaine riflette un attimo e pose una nuova domanda.

“Come funziona il rivelare la propria natura?”.

“Ho saltato il passaggio quindi so davvero poco, solo quello che mi ha spiegato San mentre non c'eri... In pratica all'inizio devi conoscere il tuo umano da umano, per questo ci trasformiamo, per non spaventarvi, quando sei pronto allora gli spieghi la tua vera natura, e sta all'umano decidere se vuole diventare il tuo compagno o no... non è mai capitato che rifiutassero, sai il legame...”.

“Per questo mio padre non può essere a conoscenza di quello che siete?”.

“Si, solo i compagni conoscono la nostra vera natura, non possiamo interagire con voi altrimenti”.

“Ma tu non hai seguito la prassi con me... perchè?”.

Poteva dire la verità e tutto sarebbe finito li, ma voleva solo un altro po' di tempo.

“Ero talmente felice di aver finalmente trovato il mio compagno che ho saltato alcuni passaggi...” disse poco convinto ma senza destare sospetti.

“Quindi adesso che so, in realtà non ho scelta...”.

“Puoi scegliere, mi sono fidato e ti ho raccontato quello che sono, perchè so che se non dovessi scegliermi, non racconteresti a nessuno il nostro segreto, mi fido di te, come ti ho detto... e poi, pensi che qualcuno ti crederebbe?”.

Blaine sorrise.

“Finirei al manicomio?”.

“Esatto.”

“Hai parlato di lupo Alfa e Solitario, mi spieghi? E ci sono altre distinzioni?”.

“Come ti ho già detto, il lupo Alfa, è il capo, mantre il suo opposto, il lupo Omega, è all'ultimo gradino della scala sociale... quello che gli viene fatto, può sembrare crudele, viene continuamente attaccato, viene maltrattato, ed è sempre l'ultimo a mangiare, però è come se ristabilisse l'ordine, placa gli animi e anche se si ciba per ultimo, l'alfa fa in modo che gli spettino i pezzi più prelibati, è difficile da capire, faccio difficoltà anche io. I solitari sono quelli che abbandonano il branco, solitamente perchè non trovano un compagno, quindi si allontanano e se sono fortunati, torneranno al branco con l'anima gemella, oppure ne formeranno uno nuovo.

Si può dire, che sia una situazione di passaggio.

Mentre il suo opposto è il Reietto, abbandona il branco, perchè sente di non volerne fare parte, vuole stare da solo... ma sono davvero rari... non è propriamente nella nostra natura stare soli...”.

“Hai altre domande” chiese.

“Solo un' infinità...” disse Blaine sorridendo.

“Però prima, vado a procurare del cibo...”.

 

Blaine tornò mezz'ora più tardi, con un coniglietto tremante tra le mani, le zampe legate con un laccio per impedirgli di scappare.

“Tienilo mentre preparo il fuoco, tu continua a raccontare... avete delle regole nel branco? E cos'è l'Essenza?”.

Kurt prese il coniglio che iniziò a muoversi convulsamente in cerca della libertà, era terrorizzato e poteva sentire il suo piccolo cuore battere all'impazzata.

“Mi riconosci non è vero?” chiese all'animale che squittiva istericamente.

“Abbiamo tre regole fondamentali...” disse mentre accarezzava distrattamente la morbida pelliccia dell'animale.

“Uno... non uccidere gli umani, e non c'è bisogno che ti spieghi che è sbagliato, infrangerla, significa diventare un mostro, né lupo, ne umano, senza istinto, senza ragione, senza controllo, non ti rimane nulla, nessuna delle due specie ti vuole con se... sei un pericolo per te stesso e per gli altri entrambe cercheranno di abbatterti, in un modo o nell'altro.

Due... non mordere un umano, che non sia il tuo umano, abbiamo solo una possibilità per farlo e sbagliare significa diventare Omega o Reietto, inoltre con la trasformazione si genera un vincolo, starò con te per sempre, non esisterà nessun altro dopo... durante il morso, c'è uno scambio reciproco, dai una perte di te, in modo da completare l'altro.

Tre... non mordere un tuo simile, siamo, come posso spiegartelo, incompatibili, il nostro compagno non può essere un lupo, come per la Dea non poteva essere un umano... Siamo... velenosi? Tra di noi, non possiamo portare avanti la specie... abbiamo sempre bisogno di voi...” disse mentre osservava la schiena di Blaine.

“Continua per favore...”

“L'Essenza è un particolare odore, il suo profumo, cambia al passaggio da cucciolo all'età adulta.

Quando sei un cucciolo, cioè quando ancora non hai trovato la tua anima gemella, è percepita solo dai tuoi genitori, quando diventi adulto, è solo il tuo compagno a percepirla, è un modo per avere sempre qualcuno che vegli su di te... anche l'umano acquisisce l'Essenza... però su questo punto ho dei dubbi, a causa tua, ricordavo diversamente, ma è una cosa che mi è stata spiegata molto tempo fa e sicuramente qualcosa mi sfugge... ”.

“Sono cose davvero incredibili, hai ragione, è davvero difficile crederci, eppure è reale...” disse Blaine meravigliato.

“Adesso però, fammi occupare del pranzo...”.

Kurt strinse il coniglietto al petto, senza la minima intenzione di mollare la presa.

“Blaine, perchè non finiamo gli avanzi? Non riuscirei a mangiarlo...” disse indicando l'animale.

“Ma sei un lupo! Pensavo ti piacesse, non sei carnivoro?” chiese Blaine triste.

“Si, ma guardalo... non è un amore?” disse avvicinandoglielo al viso.

“In effetti è carino” rispose, notando il nasino umido che si muoveva facendo vibrare i baffetti.

“Allora lo lasciamo andare? Per favore?”.

“Credo proprio di si...” disse infine Blaine, nonostante la fatica che aveva fatto per catturarlo.

Kurt aprì la porta facendo entrare un po' di neve che appena toccava il suolo, si scioglieva, si inginocchiò e prima di lasciarlo libero disse:

“Spero di non incontrarti quando avrò le mie normali sembianze...” mollando la presa e osservandolo zigzagare fino a scomparire.

“Sei molto dolce...” disse Blaine alle sue spalle.

“Colpa o merito di questo corpo...” rispose sincero.

“Kurt... ti andrebbe di fare una cosa con me dopo pranzo?”.

 

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Capitolo 10
*** capitolo dieci ***


“Dove andiamo?” chiese Kurt portando le mani sotto il mento attendendo una risposta.

“Sorpresa...” disse Blaine con tono misterioso, mettendo lo zaino in spalla e uscendo sotto la neve.

Toccava il suolo e si scioglieva, non c'era molto tempo.

Percorsero la strada per arrivare allo stagno in silenzio, Kurt continuava a domandarsi se non era il caso di lasciar perdere, se il suo ragionamento era giusto, non c'era soluzione, se avesse continuato a stare con Blaine, al momento opportuno, non sarebbe riuscito ad andare via, allontanarsi, lasciarlo.

Più andava avanti, e più avrebbe fatto male, poteva sparire subito e sarebbe stato difficile, si, ma sarebbe stato impossibile rimanere ad un certo punto.

La natura lo avrebbe richiamato a se, non poteva contrastarla, non poteva perchè era parte di lui.

Suo padre tutto questo lo sapeva, aveva solo cercato di risparmiargli il dolore, la delusione, se solo non avesse fatto di testa sua, se solo si fosse fermato ad ascoltare, se solo non fosse entrato nella vita di Blaine sconvolgendola e facendo lo stesso con la propria.

Un basso ringhio fuoriuscì dalle sue labbra, il suo vero io non era d'accordo con quei pensieri.

Blaine continuava ad osservarlo sperando di non essere scoperto, aveva visto i molti volti di Kurt, disorientato, imbarazzato, anche ferito nell'orgoglio, e in quel momento, c'era un ombra di tristezza nella sua espressione.

C'era qualcosa che non andava, ma non era disposto a condividerla con lui, e questo pensiero lo turbava..

Anche se non aveva quasi parlato, aveva ascoltato con molta attenzione le spiegazioni che Kurt gli aveva fornito, non c'erano dubbi sul fatto che sentisse un forte legame con lui, era qualcosa nato dal nulla, si era insediato in lui, ed era cresciuto in modo esponenziale senza che lui potesse fare qualcosa.

C'era solo una domanda che gli martellava nel cervello.

Quello che provavano era reale? O era solo la conseguenza della vera natura di Kurt? Se fosse stato umano, si sarebbe comunque accorto di Blaine? E lui avrebbe ricambiato spontaneamente i suoi sentimenti?

Blaine voleva davvero saperlo, non voleva essere una maronetta, l'unica cosa che lo faceva sperare, era che sapeva di poter scegliere alla fine.

Camminarono per qualche altro minuto finchè Blaine non scorse il riflesso dei raggi del sole che si tuffavano nella superficie ghiacciata, creando inimmaginabili giochi di luce.

Prese per mano Kurt senza nemmeno accorgersene, ed iniziarono a correre a perdifiato finchè non si trovarono sulle sponde dello stagno, trasformato per la sua gioia, in un enorme pista di pattinaggio naturale.

“Stai scherzando vero?” chiese Kurt.

“Perchè?” rispose Blaine sorpreso.

“Io non so nuotare Blaine...”.

“Kurt, non devi nuotare, solo pattinare, e poi i cani nuotano...” disse per provocarlo.

“Te lo ripeto un' altra volta con gentilezza, poi potrei decidere di divorarti per la tua insolenza. Primo, non sono un cane, secondo, i cani non nuotano, si tengono a galla finchè non gli si stancano troppo le zampe o non gli viene un colpo al cuore... e tutto perchè si fidano di voi... che tristezza”.

“Ti prego...” disse Blaine sbattendo le ciglia e assumendo un musetto triste.

Kurt sbuffo.

“Quanto è profondo lo stagno nei mesi caldi?”.

“Più o meno tocca i quindici metri... in inverno qualcosa in più...”.

“Blaine, non credo sia una buona idea... la temperatura è salita, potrebbe essere pericoloso...”.

“Hai ragione, devo scusarmi, non dovevo darti del cane... pollo...” disse emettendo il tipico verso del pennuto.

Kurt ringhiò, mostrando una fila di denti bianchi e perfetti.

Troppo facile pensò Blaine, aveva notato quanto poteva essere orgoglioso Kurt da subito, e ne aveva aprofittato.

Si mise seduto, battendo la mano a terra per richiamare l'attenzione di Kurt che gli si affiancò poco convinto.

“Questi...” disse mentre estraeva i pattini dallo zaino.

“Erano miei... mi sono stati regalati quando ho compiuto dieci anni, non li ho più usati da quando Cooper e la mamma non ci sono più, mi rendevano triste... però da un po'... ti entrano per un soffio” disse mentre aiutava Kurt ad indossarli.

“Mi ricordavano una giornata felice, ed io non lo ero più...” continuò mentre infilava quelli più grandi del fratello.

“Racconta... per favore...” chiese Kurt addolcendo la voce, dimentico dell'insulto.

Blaine voltò la testa incontrando lo sguardo di Kurt.

“... Erano mesi che supplicavo i miei per ricevere dei pattini per il compleanno, andavo per casa dicendo che avrei fatto il bravo, che non avrei chiesto più nulla per tutta la vita, che li varei usati talmente tanto che non se ne sarebbero pentiti, non era un capriccio, volevo andare anche io insieme a Cooper e agli altri bambini a scivolare e piroettare allo satgno.

Il giorno del mio compleanno mi sveglio, e davanti al mio letto trovo un enorme pacco sormontato da un fiocco, con tutti che mi guardano e aspettano che lo apra.

Avrei voluto piangere, puoi capire anche tu che avevo visto il mio desiserio sfumare, dopotutto quella scatola era più grande di me, io invece mi aspettavo un pacchetto.

Sorrisi comunque, non volevo dispiacerli, e cacciai indietro le lacrime, a quel punto, date le dimensioni, mi aspettavo uno slittino, mio padre vi aveva accennato più volte ma non ci avevo fatto veramente caso.

Aprii il pacco e dentro non trovai nulla.

Rimasi senza parole, finchè non vidi mio padre e mia madre sorridere e Coop venire avanti con un pacchetto che aveva tenuto per tutto il tempo nascosto dietro la schiena, e questa volta er4a delle dimensioni giuste.

Quando lo aprii, vidi il mio volto riflesso nelle lame, ero il bambino più fortunato del mondo.

Mezz'ora più tardi, ero talmente imbacuccato da non riuscire a muovermi, mentre mio fratello mi tracinava lungo il sentiero che portava allo stagno.

Quel giorno caddì talmente tante volte, che ad un certo punto smisi di contarle, restammo tutto il giorno, tanto che quando scese il buio avevamo entrambi le ossa congelate.

Tornai a casa felice e passai la settimana successiva a letto con la febbre, ma ne era valsa la pena...” concluse Blaine con gli occhi che brillavano.

“E ora...” disse sollevandosi e porgendo le mani a kurt.

“Divertiamoci...”.

Kurt afferrò le mani di Blaine con una smorfia mentre si faceva guidare nel ghiaccio.

“Cosa devo fare?”.

“lasciati andare, è più facile di quello che sembra, datti una leggera spinta, mantieni l'equilibrio, non agitarti e non finirai col sedere sul ghiaccio...”

“Facile... va bene, ma non lasciarmi...” disse Kurt muovendo il primo passo e stringendo la presa sulle mani di Blaine.

Iniziarono a pattinare con le dita intrecciate, mano a mano che si muovevano, le gote di Kurt si tinsero deliziosamente di rosa e il suo respiro caldo si trasformava in nuvolette di vapore facendolo sorridere incantato.

Anche Blaine era incantato, concentrarsi su quello che faceva mentre Kurt letteralmente risplendeva, non era per niente semplice, si fermò ad ammirarlo, lasciando la presa, osservandolo mentre scivolava da solo, insicuro, fece qualche metro con lo sguardo smarrito, anche se lontano, si protese in cerca disostegno, Blaine lo vide perdere l'equilibrio, muovere convulsamente le braccia per rimanere in piedi epoi, cadere rovinosamente a terra.

Blaine trattenne la risata quando avvicinandosi vide il broncio dipinto sulle labbra di Kurt.

“Non è nulla, è normale cadere...” disse mentre gli porgeva la mano per rialzarsi.

Kurt l'afferrò prontamente e con uno strattone se lo ritrovò completamente addosso.

“Hai ragione Blaine, tutto nella norma...” disse sarcastico.

“Come sei vendicativo...” rispose Blaine sollevandosi sui gomiti, ma senza accennare a spostarsi dal corpo di Kurt.

“Ti avevo chiesto di non lasciarmi...”.

“Scusa... eri talmente adorabile mentre pattinavi, che mi sono distratto...” disse Blaine spostando un ciuffo ribelle che era sfuggito al controllo di kurt.

Con quel gesto, le sue dita sfiorarono la fronte e senza che se ne rendesse conto, scesero a tracciare il percorso dalla tempia, fino a raggiungere dolcemente il mento, mentre lo faceva, i loro occhi, rimasero incatenati, finchè lo sguardo di Blaine non si posò sulle labbra rosee e dischiuse di Kurt.

Molto lentamente, quasi per dargli il tempo di allontanarsi se voleva, Blaine avvicinò il viso a quello dell'altro, sentendo il suo respiro caldo e lento diventare improvvisamente più veloce.

Solo qualche millimetro e finalmente, ne avrebbe sentito la consistenza sotto le sue.

Era sdraiato sul ghiaccio, avrebbe dovuto sentire freddo, invece l'unica cosa che percepiva, era la striscia infuocata che il tocco di blaine lasciava sulla sua pelle.

Era immobile, eppure era come se tutto il suo corpo cercasse di tendersi verso le dita di Blaine, verso le sue labbra che si avvicinavano troppo lentamente per i suoi gusti.

Così poco, mancava così poco.

Il sinistro scricchiolio del ghiaccio li riportò alla realtà un secondo prima di essere inghiottiti dalle acque gelide.

Sapeva che quel bacio gli avrebbe tolto il respiro, invece fù l'impatto a farlo, e mentre venivano avvolti dal gelo, la sensazione di calore scomparve, la pelle, prima deliziata dal quel minimo tocco, ora urlava e bramava di essere stretta, strofinata fino a prendere fuoco.

Blaine afferrò Kurt per un braccio, e insieme riemersero infrangendo la superficie, prendendo grandi boccate d'aria che erano come spilli conficcati nei polmoni.

Kurt prese ad agitarsi, più si muoveva, più il ghiaccio si spezzava impedendogli di trovare un appiglio, e il peso dei pattini lo trascinava a fondo costringendolo ad ingurgitare acqua.

“Kurt, calmati!!” disse Blaine tentando di restare a galla, cercando con le mani il punto dove il ghiaccio era più spesso.

Trovatolo, vi sospinse Kurt immobilizzandolo.

“Ascoltami...” disse in modo pacato per tranquillizzarlo.

“Adesso usciamo... ti aiuto, devi muoverti in fretta e occupare più spazio possibile, quindi striscia, non sollevarti finchè non sei lontano da qui, io ti seguo... pronto?”.

Non gli diede il tempo di rispondere, sapeva che ogni secondo era prezioso, che il gelo lo stava paralizzando, Blaine gli mise le mani sui fianchi sollevandolo e riuscendo a farlo adagiare col busto sul ghiaccio e Kurt vece quello che gli era stato detto, strisciò sulla lastra spostandosi usando la forza delle braccia per non gravare col suo peso sulla superficie, quando sentì di essere al sicuro si fermò ad attendere Blaine, la guancia adagiata sul ghiaccio, bruciava dolorosamente in attesa del passaggio del sangue caldo.

Quel corpo percepiva due cose così differenti in maniera così simile.

Quanti secondi erano passati? Kurt si rese conto di esserso estraniato da tutto, era solo, blaine non c'era, Blaine non l'aveva seguito, Blaine...

Blaine.

Dopo quel giorno, si chiese più volte dove avesse trovato il coraggio do tornare indietro e tuffarsi nuovamente in acqua.

Forse si poteva vivere senza Blaine, ma non in un mondo in cui si era consapevoli che lui non c'era.

Il secondo tuffo, fù anche peggio del primo, l'unica differenza era che il dolore passò in secondo piano quando intercettò il corpo di Blaine.

Lo raggiunse con facilità, ma quando cercò di portarli intrambi in superficie, falli miseramente, nonostante tutti i suoi sforzi, nonostante muovesse le gambe con tutte le sue forze, i pattini si erano tramutati in pesanti ancore.

Kurt lo sapeva, erano condannati, guardò per l'ultima volta il suo viso, e smise di lottare.

E la risposta era sempre stata la stessa.

Forse non sapeva nuotare, ma dimenticava che c'era qualcosa che era più forte delle sue paure, delle sue debolezze, delle sue convinzioni, delle sue mancanze, l'istinto di sopravvivenza.

Il lupo aveva trovato Blaine, il lupo, non solo lui, voleva farsi amare da Blaine, il lupo amava Blaine, avrebbe fatto qualunque cosa per Blaine.

Mentre si trasformava, sentì il corpo risvegliarsi, il sangue schizzare veloce, irrorando ogni parte di lui, gli indumenti lacerarsi e perdersi nel fondo, anche il bel ricordo di blaine finì in fondo al lago.

Anche soffrire se era necessario.

Il lupo portò blaine fuori dall'acqua e fù la parte più semplice, trascinarlo nel ghiaccio continuando a scivolare fù molto più difficile, e anche se sentirlo sputacchiare e ridere dei suoi scivoloni era di conforto, quando finalmente raggiunse la riva si scosse con tanta energia, da ibnzupparlo nuovamente.

“Cagnaccio...” disse blaine.

Kurt lo osservò decidendo cosa fare, dovevano muoversi, e in fretta, trasportarlo da umano era fuori discussione, ci avrebbe impiegato troppo tempo, e le labbra viola, il tremore e i denti che battevano senza sosta non erano un buon segno, si mise prono, facendo segno col muso di salire.

Si stava realmente trasformando in un cane da trasporto.

Blaine lo guardò perplesso per alcuni attimi e quando capì, le sue labbra formarono una O perfetta.

“No, non ti devi umiliare così, posso camminare benissimo da solo...” disse cercando di assumere la posizione eretta, il fatto che non sentisse gli arti, era un fatto secondario.

Kurt gli si avvicinò dandogli un colpetto col muso sulla spallla e guardandolo in modo supplichevole.

 

Quella fù l'esperienza più strana, particolare e piacevole che avesse mai provato.

Il manto di Kurt era caldo, soffice, emanava l'Essenza da tutti i pori e gli solleticava la pelle.

Poteva sentire i suoi muscoli contrarsi e rilassarsi ad ogni movimento, ad ogni balzo, ad ogni respiro.

Era come essere adagiati su una nuvola.

Era come essere nel posto che chiami casa.

Era come unirsi ad un'altra persona.

Era come essere con la persona giusta.

Kurt era questo.

Kurt era tutto.

 

La baita era fredda e il buio stava calando velocemente, del fuoco del mattino non era rimasta che brace morente.

Kurt adagiò Blaine sul pavimento ma non sapeva come scaldarlo, cosa doveva fare?

Tornò alle sue sembianze umane, gli tolse velocemente i vestiti fradici e si stese con lui sotto le coperte, gli si strinse addosso trasmettendogli il suo calore, massaggiandolo con le mani in modo che il sangue riprendesse a scorrere normalmente.

A poco a poco smise di tremare, le labbra tornarono lentamente ad un sano colorito e la temperatura del suo corpo prese a salire.

Blaine aprì gli occhi e si strinse maggiormente al corpo di Kurt, mosse le dita che ancora pizzicavano tracciando una stiscia sul braccio di Kurt.

“Cos'è? “chiese Kurt guardando la pelle che si era stranamente increspata.

“Pelle d'oca... viene quando si ha freddo... avvicinati, starai gelando...” disse Blaine.

“In realtà sto bruciando...”.

Kurt sollevò lo sguardo su Blaine, ancora intento a osservare il braccio, vi passò nuovamente le dita ricreando quel meraviglioso effetto.

Non era pelle d'oca.

Blaine si sporse, e questa volta non aspettò nulla.

Posò delicatamente le sue labbra su quelle dell'altro, erano davvero come le aveva immaginate, calde, morbide, sapevano di quello che di più bello c'è al mondo.

Kurt si spinse contro di lui, mise la mano dietro la sua nuca per invitarlo a continuare, ed era come se le sue labbra fossero state fatte per baciarlo e viceversa, si incastravano perfettamente come i pezzi di un puzle, si muovevano come se stessero danzando, e la melodia era la loro, conoscevano i passi a memoria.

Kurt sospirò tra le labbra dell'altro, che non desiderava altro che andare avanti così all'infinitò, Blaine dischiuse leggermente la bocca intrappolando quella di Kurt, mordicchiandone gentilmente il labbro superiore.

Continuarono così finchè entrambi non ebbero le labbra gonfie e arrossate e dormire non fù un atto dovuto alla stanchezza, ma all'appagamento.

Si addormentarono abbracciati, le mani intrecciate all'altezza dei loro cuori.

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Capitolo 11
*** capitolo undici ***


Mancava poco meno di un'ora al sorgere del sole, lo poteva intuire da come il velo della notte a poco a poco si stesse diradando, aveva dormito poco, ma mai così bene, aveva pensato e pensato, mentre lo fissava dormire beatamente, era arrivato ad un'unica conclusione, ed ora non voleva aspettare più, era agitato, emozionato, eccitato per quello che lo aspettava, voleva condividere la sua decisione, voleva vedere il suo volto illuminarsi.

“Kurt...” sussurrò dolcemente al suo orecchio tracciandone il contorno con la lingua, perchè adesso, si, poteva.

Aveva le orecchie più carine che avesse mai visto, con quella forma un po' allungata e a punta, proprio come quelle di un lupo... in realtà, Kurt era perfetto, ogni centimetro del suo corpo lo era, se anche avesse avuto un difetto, Blaine lo avrebbe trovato comunque bellissimo.

“... sei sveglio?” chiese continuando ad infastidirlo, se accarezzarlo e baciare ogni porzione del suo viso potesse essere definito così.

Kurt si mosse mugugnando qualcosa di incomprensibile, nascondendo la testa nell incavo tra collo e spalla di Blaine e crogiolandosi nel tepore del dormi veglia.

Blaine rise, Kurt poteva essere tante cose, ma quando abbassava la guardia, diventava un cucciolo bisognoso in cerca di coccole.

Prese a far scivolare la mano sulla sua schiena nuda, dall'alto verso il basso per alcuni minuti finchè non la sentì tendersi sotto le sue dita, il respiro di Kurt si era trasformato in sospiri che arrivavano direttamente al suo cervello, e la sua mano stringeva il polso di Blaine, come se avesse paura, che lasciandola libera, non sarebbe più stato in grado di fermarla.

“Kurt, ascoltami...” disse scostandosi leggermente e incontrando i suoi occhi che si erano fatti improvvisamente più scuri.

“Ho pensato così tanto questa notte, a te... a noi...”.

Kurt trattenne il respiro.

“Avevo paura... anche se sentivo questo legame, questo sentimento che mi spingeva verso di te... avevo paura che non fosse una cosa reale, una cosa che desideravo, ma solo una cosa dovuta a quello che sei... a quello che il tuo branco deve fare per portare avanti la specie... invece ho capito.

Tu mi completi Kurt... tu mi fai provare cose, tu mi rendi felice quando pensavo di non poterlo più essere... e ti basta così poco, non devi fare nulla di eccezionale... solo sorridere, o provocarmi, o lasciarti baciare...” disse annullando la distanza tra loro.

“Ho paura che se ti perdo, non potrò mai più essere felice, non potrò mai più provare quello che sento ora, perchè tusei quello giusto Kurt... tu sei la mia anima gemella... e il fatto che pur essendo lupo, ti sia trasformato per me, significa che era destino... siamo destinati a stare insieme Kurt...” continuò osservando gli occhi umidi dell'altro.

“Quindi... fa di me il tuo compagno... trasformami, perchè non posso stare senza di te...”.

Kurt avrebbe voluto stare calmo, avrebbe voluto reagire da adulto, ma faceva così male, forse, se l'avesse rifiutato, avrebbe sofferto meno.

E mentre cercava le parole, scoppiò a piangere, lacrime senza controllo gli mozzarono il fiato in gola.

“Sono di gioia queste?” chiese Blaine nel dubbio, raccogliendone una con l'indice e portandola alla bocca.

Non era salata, era amara, rispecchiava a pieno i sentimenti che provava Kurt.

“Kurt?” disse Blaine spaventato, abbracciandolo come se non avesse più avuto la possibilità di farlo, come se fosse stata l'ultima volta.

“Blaine...” disse Kurt allontanandolo.

“Io... io ti ho voluto con tutto me stesso, dal primo momento che ti ho visto... so che se ci fossimo incontrati in circostanze diverse, avreo provato le stesse cose... e allora saremmo potuti stare insieme... ma non possiamo... non possiamo Blaine...” disse cercando di calmarsi.

“perchè? Hai detto che ti sei trasformato per me” disse strattonandolo con il panico nella voce.

“E' così...”.

“Allora fallo!! Trasformami... non è più cuiò che vuoi?” chiese sollevandosi e porgendogli il polso.

Kurt lo allontanò gentilmente sussurrando:

“No, non è più ciò che voglio...”.

Blaine non era una persona violenta, eppure quella stesa mano con cui pochi secondi prima lo aveva accarezzato, si era mossa senza controllo schiaffeggiandolo, lasciandogli un enorme segno rosso sulla guancia.

Kurt non si mosse, nemmeno quando blaine gli afferrò il volto con entrambe le mani, scusandosi tra le sue labbra, potè sentire anche lui quanto potessero essere amare le lacrime.

“Farò qualunque cosa, ma non lasciarmi...” piagnucolò Blaine continuando a baciarlo, e quando Kurt rispose, non era per niente simile alle effusioni che si erano scambiati poche ore prima.

Blaine si ritrovò incastrato tra il letto ed il corpo tremante di Kurt adagiato deliziosamente sul suo, era bello, e spaventoso allo stesso tempo.

Kurt passò la lingua sulle labbra di Blaine che si dischiusero insicure permettendogli di entrare, di catturare la sua lingua e di succiarla con forza, facendo fremere il suo corpo.

“Kurt... ti prego rallenta...” ansimò Blaine quando con un movimento sentì il membro di Kurt sfiorare il suo, erano nelle stesse condizioni.

Per tutta risposta Kurt afferrò entrambi i polsi di Blaine portandoli sopra la testa e immobilizzandolo con una mano mentre con l'altra bloccava il suo bacino e iniziava a strusciarsi per alleviare il dolore pulsante.

Kurt affondò nuovamente le labbra in quelle dell'altro e gemendovi all'interno prese poi a morderle fino a sentire il sapore del sangue in bocca.

“Fermati... mi fai male...” sentì supplicare Blaine, e guardandolo in volto, vide gli occhi sgranati dalla paura e colmi di lacrime.

 

Due occhi che non erano quelli du blaine comparvero nella sua mente, la cosa si ripeteva, solo che quaets avolta, era lui il mostro.

 

Kurt allentò la presa fino a lasciarlo, voleva scusarsi, ma quali parole potevano rimediare a quello che gli aveva fatto?

Uscì di corsa dalla baita, non si fermò nemmeno quando lo sentì chiamare il suo nome, corse senza fermarsi anche se il suo corpo umano protestava per il dolore, corse perchè doveva tornare a casa e quando raggiunse l'entrata l'entrata della grotta si inginocchiò a riprese a piangere, perchè quella non era più casa, Blaine lo era, Blaine che adesso aveva paura di lui, lo odiava.

Si rannicchiò in posizione fetale tra le foglie morte e la neve non sapendo che direzione prendere.

Poi la vide.

Non la voleva li, non proprio lei, non voleva raccontarle quello che aveva fatto per vedere la delusione nei suoi occhi.

Qualunque persona, ma non lei.

 

Era spaventata, ma come poteva lasciarlo in quelle condizioni? Era l'incarnazione della disperazione e i suoi lamenti le facevano sanguinare il cuore.

Gli si avvicinò lentamente per non farsi prendere dal panicopogiandogli una zampa sulla spalla, ma Kurt non si mosse, rimase immobile continuando a disperarsi.

Terrorizzata da quel comportamento accosto il muso al suo viso notando la chiazza rossa sulla guancia, creando nella sua mente, scenari che aveva vissuto nella sua pelle, e guaendo preoccupata.

“Kurt, cos'è...”.

“San... vai via... ti prego...”.

Anche lei aveva pianto, si era disperata, aveva cercato di allontanare tutti, e Kurt era rimasto al suo fianco, tutti quei giorni in silenzio, immobile, privandosi del cibo e dell'acqua per non lasciarla sola.

Tutti quei giorni aveva sofferto per lei, con lei, e adesso era giunto il momento di pagare il debito.

Era quasi un anno che non si trasformava, eppure era come un processo naturale, quasicome respirare.

Il muso lasciò il posto ad un viso perfetto dall'aspetto esotico, occhi neri come la notte, labbra rosse come il sangue, le zampe divennero braccia forti e gambe toniche e chilometriche.

Il manto tramutò in una lunga chioma corvina che nascose tutta la sua selvaggia bellezza.

Senza esitazione, Santana sollevò Kurt dal terreno abbracciandolo, e quando lui ricambiò stringendola a se, il suo corpo tremò infastidito per il contatto, lei non voleva essere toccata.

Solo che Kurt non la stava toccando, stava cercando conforto, stava cercando qualcosa o qualcuno a cui aggrapparsi per non cadere, lui non le avrebbe fatto del male.

“Kurt, la tua guancia... Blaine ti ha fatto del male?” domandò gentilmente.

“Mi ha colpito...”.

Santana sussultò.

“Non fraintendere... l'ho ferito... e poi io... io...” disse scoppiando nuovamente in un pianto a dirotto.

“Calmati...” disse cullandolo e accarezzandogli dolcemente la nuca.

“Ha detto che vuole essere il mio compagno, che ha capito cosa significo per lui... mi ha chiesto di trasformarlo...”.

Santana poteva ben immaginare perchè l'avesse schiaffeggiato, non doveva essere semplice capire di aver trovato la persona giusta e perderla poco dopo, non lo giustificava certo, ma poteva capire.

“Gli ho fatto quello che hanno fatto a te San...” disse Kurt in un bisbiglio, pronunciarlo così era doloroso, ad alta voce, sarebbe stato devastante.

“Non ti credo... non ne saresti capace...” disse lei afferrandogli il viso e guardandolo negli occhi, erano limpidi come la sua anima.

“L'ho immobilizzato e toccato... e costretto a baciarmi fino a farlo sanguinare... se non mi avesse chiesto di fermarmi in lacrime...”.

“Tu... ti sei fermato...”.

“Si, ma...”.

“Niente ma Kurt, ti sei fermato!! Capisci la differenza? Per quanto io li abbia supplicati, loro... tu non hai fatto nulla... hai solo agito da... ragazzo preso dal momento...” disse sorridendo.

“Adesso mi odia San...”.

“No, non ti odia...”.

“Come fai a dirlo?”.

“E' cinque minuti che ci osserva con lo sguardo più triste che abbia mai visto, batte perfino il tuo, che è così adorabile... se ti odiasse, non ti avrebbe seguito... no?”.

Santana gli diede un'ultima carezza sulla testa e prima di trasformarsi, disse semplicemente:

“Grazie”.

“Grazie di cosa San?”.

“... di avermi fatto reagire...” disse roprendendo le sue sembianze animali e lasciandoli soli.

 

Blaine si avvicinò portando la mano sulla guancia gonfia di kurt.

“Fà male?”.

Kurt scosse la testa, sospirando quando le braccia di Blaine lo circondarono.

“Ti chiedo scusa... per prima... non volevo farti costringerti...”.

“In realtà...” disse Blaine imbarazzato.

“E' stato piuttosto piacevole all'inizio... sono entrato in panico perchè io... non ho mai... non ho... non farmi terminare la frase, ti prego...”. Disse stringendolo più forte.

“Comunque, i tuoi gesti... non vanno di pari passo con le parole Kurt...”.

“Ti devo delle spiegazioni Blaine...”.

 

Sebastian mosse le dita, toccando il punto dove sotto la stoffa, i profondi solchi avevano lasciato il segno, un giorno, in quel punto, ci sarebbe stata una vistosa cicatrice, come poteva essersi procurato quelle ferite di sua spontanea volontà? Si chiese mentre lo osservava.

Non sapeva che molto presto, avrebbe scoperto come era possibile farsi del male quando si soffre.

“Perchè l'hai fatto?” chiese distogliendo il giovane dalle sue letture.

Lo faceva spesso, leggere, e lui lo guardava mentre gli occhi gli si illuminavano ed in un battito di ciglia era in un altro mondo, con il sorriso sulle labbra, lontano da quei problemi che sembravano divorarlo.

Certe volte quel sorriso lo disturbava, voleva essere l'unico a farlo sentire bene, allora lo baciava, lo toccava, lo stuzzicava finchè quel libro non finiva a terra, dimenticato almeno per un po', e allora era lui a farlo stare bene, con il suo corpo, la sua mente, la sua anima, con tutto quello che gli chiedeva.

“Lui mi diceva che ero sbagliato, che ero malato, per questo ero stato abbandonato, mia madre non poteva amare un mostro, nessuno poteva amarmi, nemmeno il Signore poteva amare gli scherzi della natura, ma lui mi avrebbe aiutato a guarire... All'inizio non ci credevo, avevo questa...” disse togliendo dalla tasca un foglio consunto, ingiallito, piegato in quattro parti.

“Poi le mie convinzioni hanno iniziato a sbiadire, proprio come le parole scritte in questo biglietto... vuoi leggerlo?” chiese porgendoglielo.

Il foglio sembrava cos' fragile, come se potesse sgretolarsi da un momento all'altro tra le sue dita, proprio come il cuore del giovane che aveva davanti.

 

Amore mio,

anche se non sono con te fisicamente, ricorda che non sei solo.

Non pensare che ti abbia lasciato perchè non ti amavo abbastanza, perchè ti amo talmente tanto, che lasciarti mi distrugge, e non poterti spiegare il perchè, amplifica le mie paure, che quando diventerai un uomo, odierai il ricordo della donna che ti ha messo al mondo.

La mia speranza, è che un giorno tu possa capire.

Sei la mia vita.

Mamma.

 

Sebastian lesse quelle poche righe, notando le macchie che erano rimaste impresse, e che avevano sbavato qua e le l'inchostro.

“Sai, non ho mai saputo nemmeno il suo nome...”.

“Non ha importanza... ti ha lasciato l'unica cosa che conta davvero... il suo amore...” disse Sebastian baciandogli la punta del naso.

“E adesso...” disse con la voce sensuale e lo sguardo malizioso, trascinandolo sotto il suo corpo.

“... lascia che ti dimostri il mio di amore...”. Sussurrò prima di mordicchiargli l'orecchio.

“Aspetta...” disse l'altro scostandosi appena.

“... lascia che ti dimostri prima io il mio...” disse porgendogli il polso.

Sebastian lo prese gentilmente e lo portò al viso, dischiuse le labbra, poggiando i denti sulla morbida carne, facendo una lieve pressione.

Il giovane chiuse gli occhi in attesa, Sebastian intrecciò le dita con le sue e diede un sonoro bacio prima di allontanarlo stupendolo.

“Non vuoi salutare nessuno prima? Poi non potrai più farlo...”

“Non c'è nessuno che tenga a me...” disse.

“E qualcuno a cui tu tieni invece?”.

“... Timmy? Non mi ricorderà nemmeno...”.

“Salutalo comunque...”.

“Non lo dici perchè hai cambiato idea vero?” chiese con ansia.

“Mai... domani sarai mio...”.

Sebastian non si mosse, riconoscendo il passo leggero delle zampe di Burt.

Parlò senza che gli fosse posta domanda.

“Gli parlerò, ma deve essere lui a venire, non mi muoverò da qui...”.

 

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Capitolo 12
*** capitolo dodici ***


La trovava bellissima, e certo, lo era fisicamente, ma non intendeva in quel senso, quello che Santana vedeva, andava oltre le apparenze, andava oltre l'aspetto, erano le sue parole gentili, i suoi gesti incondizionati, le sue carezze senza pretese a renderla bella, bella dentro, e certi gesti, certe premure, non potevano essere create dal nulla, non poteva essere tutta una finzione.

Santana aveva conosciuto la finzione, non poteva sbagliare, non poteva confonderla ancora, Brittany era vera, dolce, sincera.

Smise di spiarla e si siresse con passo sicuro verso di lei, una piccola ruga le corrucciava il viso e aveva una strana espressione, ansia, mista a dubbio forse, ma appena la vide, la ruga scomparve lasciando il posto ad un enorme e raggiante sorriso.

“Mi sei mancata così tanto...” disse gattonando verso la lupa e grattandole dietro l'orecchio quando fù abbastanza vicina.

“quando non ci sei, mi sento abbandonata, proprio come la prima volta...” disse, e per un secondo, il suo sorriso si rattristò.

Le orecchie di Santana si sollevarono alla frase “come la prima volta” come se in quelle quattro parole, ci fosse qualcosa di nascosto, da decifrare.

“Sai, ogni volta che ti vedo...” disse, passando la mano tra la folta pelliccia lungo la schiena.

“... E' come se mi esplodesse il cuore nel petto, provo sempre questa sensazione di confusione e... calore, è successo anche al lago... quando ti ho vista, li ho sentiti,,, i fuochi d'artificio...”.

Brittany continuò a parlare sognante mentre a Santana venivano meno le forze mano a mano che la biondina andava avanti con il suo racconto.

“Ma per te non era lo stesso...” disse triste.

“... ogni volta che ci incontravamo, sembravi pronta a farmi del male... io invece non facevo che pensarti, stavo impazzendo... ed era strano, è strano, ma “l'amore” non ha limiti, e adesso tu sei qui...” disse, come se parlare di sentimenti con un lupo, fosse la cosa più naturale del mondo.

Santana represse un ululato.

Era così chiaro.

Aveva fatto un casino, un enorme casino.

Se lo ricordava bene quel giorno, era caldo e afoso, il lago era affollato e lei aveva seguito gli schiamazzi indistinti, coperti dal rumore della caduta dell'acqua della cascata.

Avevo rivolto lo sguardo su ogni esemplare maschio presente, poi per meno del tempo di un battito di ciglia, si era posato su di lei.

Al suo fianco Max.

Si era trasformata.

Era stato automatico credere che quell'umano, fosse il suo umano.

Come avrebbe potuto pensare diversamente?

Come il dubbio, avrebbe potuto, dovuto insinuarsi, se una cosa del genere non era mai accaduta?

No, si sbagliava, era accaduta eccome, ma nessuno ne era a conoscenza.

Non era per colpa sua, del suo carattere, che non provava nulla per quell'essere, era perchè non era quello giusto, era andata troppo oltre, con lo sguardo, eppure il suo istinto, il suo cuore, glielo dicevano costantemente.

Era per questo, che seppur ferita e spaventata, tendeva sempre a fidarsi di lei, anche se non sapeva che si era trasformata per lei con la mente, lo sapeva il suo cuore.

Era per questo che Brittany si avvicinava a lei, incurante delle unghie sfoderate, incurante dei suoi tentativi di ferirla, era lei, era sempre stata lei.

La natura stava cambiando.

Le sarebbe piaciuto essere felice in quel momento, anche lei aveva trovato la persona giusta, niente era sbagliato in lei.

Ma non avrebbero potuto stare insieme.

Santana pensò a Blaine, aveva potuto capire cosa provava in minima parte, ora lo sentiva sulla sua pelle, dentro l'anima, molto probabilmente, in quel momento, Kurt cercava le parole per spiegargli perchè non potevano stare insieme.

Avrebbe dovuto anche lei affrontate la verità?

O era meglio agire da codarda?

Lasciarla, nononcontrarla mai più, magari avrebbe sofferto, pianto tutte le sue lacrime, ma poi sarebbe stata bene, col tempo, avrebbe trovato qualcuno che sarebbe rimasto perchè poteva farlo.

No, non poteva davvero agire in quel modo, le doveva molto di più.

Santana mutò forma sotto gli occhi meravigliati di Brittany e attese in silenzio una qualunque reazione.

“Oh... sapevo che eri speciale...” disse gettandole le braccia al collo.

“Così sarà molto più facile stare insieme...” continuò posandole un bacio sulla guancia.

Santana le prese le mani tra le sue.

“Devo spiegarti delle cose...” disse mentre Brittany allungava una mano per giocare con una lunga ciocca di capelli.

“Sei così bella... lo eri anche prima...” disse sporgendosi e posando le labbra su quelle della mora.

“Ma adesso, posso fare questo...” sospirò allontanandosi.

Santana poggio automaticamente le dita dove pochi secondi prima Brittany l'aveva sfiorata.

Formicolavano.

Il suo primo bacio.

Le serviva aiuto, perchè dopo quel gesto, da sola non sarebbe mai riuscita a lasciarla.

Le serviva Kurt, e magari anche Blaine, che era a conoscenza di tutto, si sarebbero fatti forza insieme.

“Vorrei... vorrei farti conoscere qualcuno” disse Santana poco convinta.

“Tutto quello che vuoi...”rispose Brittany.

 

 

L'aveva vista attraversare il villaggio, e non poteva credere che fosse ancora viva, questo fù il suo primo pensiero, il secondo fù quello di terminare il lavoro che aveva iniziato dato che si diregeva da sola verso la foresta.

Evidentemente era stupida se non aveva imparato la lezione, ma questa volta non l'avrebbe dimenticata, si disse mentre l'eccitazione gli spingeva tutto il sangue verso un'unica direzione, rendendogli i pantaloni stretti e fastidiosi, ma non importava, da li a poco li avrebbe tolti, e si sarebbe divertito più volte dopo tanto tempo di inattività.

Si era salvata dalla lupa, ma non si sarebbe salvata dall'animale che era in lui, non questa volta.

Le avrebbe fatto male il doppio.

La vide sedersi e guardarsi attorno, gli rendeva le cose fin troppo semplici, non avrebbe avuto nemmeno il tempo di scappare, l'avrebbe schiacciata al suolo con il suo peso, colpendola allo stomaco per non farla urlare, avrebbe slacciato i pantaloni e l'avrebbe costretta a prenderlo in bocca, tutto, fino in gola, poi... le sue fantasie sfumarono quando la lupa comparve sul suo campo visivo, era così mansueta da farsi toccare.

Brittany parlava, ma non era abbastanza vicino da comprenderne le parole, e poi, come se il natale fosse arrivato in anticipo, la lupa si era trasformata, e l'avrebbe riconosciuta ovunque, anche se l'aveva dovuta condividere, si era divertito parecchio con lei, un po' meno dopo che era svenuta, ma ehi, non era il tipo da fare il difficile.

Per come l'avevano lasciata, non pensava che l'avrebbe rivista, ripensò al suo corpo nudo, coperto di sangue, e un brivido gli percorse la schiena.

Comunque qualcuno lo amava, non importava chi, forse il diavolo, perchè al Signore non credeva, una scoperta de genere valeva oro, le femmine di lupo si trasformavano in bellissime, ingenue e manovrabili ragazze, non lo avrebbe detto a nessuno andando subito a caccia, aveva un amichetto da soddisfare.

 

Era così triste, come poteva ignorarlo, si era avvicinata e quando l'uomo aveva sollevato lo sguardo, aveva lanciato un urlo e l'aveva colpita, la lama del coltello che aveva tra le mani, aveva lacerato la pelle con una lunga striscia superficiale, non era nulla, anche se il sangue aveva iniziato a scorrere.

L'aveva afferrata per la collotola e guardandola negli occhi, di rimando, lei aveva scorto in quelli dell'altro comprensione, e un improvviso lampo di follia.

Poi tutto era successo così in fretta, in modo inspiegabile.

La zia che l'aveva finalmente raggiunta, l'uomo che parlava, consapevole di essere capito, la pressione delle dita che le stringevano la gola a quella richiesta, e poi altro sangue.

Non avevano più visto la foresta da allora, non avevano più visto i loro cari, solo freddo cemento e il viso di quell'uomo.

Da quanto erano rinchiuse?

Giorni?

Settimane?

Mesi?

Non lo sapevano, avevano perso la cognizione del tempo.

Ma stava arrivando, avevano imparato a riconoscerne i passi, e il rumore di un pesante oggetto che veniva spostato, era il segnale, che di li a poco, la botola si sarebbe aperta.

“Sei pronta?” chiese Rachel alla piccola.

“Zia... ho paura...” rispose Beth latrando piano.

“Andrà tutto bene... ricorda quello che ti ho detto... vai, e non voltarti indietro...”.

La botola si aprì con un colpo secco, permettendo all'aria pulita di entrare, sapeva di neve fresca.

L'uomo discese le scale reggendo in un vassoio con cibo e acqua, quando si ritrovò a terra, con la ragazza addosso, che lo immobilizzava, non si rese immediatamente conto di quello che stava accadendo, finchè non vide la coda del cucciolo sparire al piano superiore.

Rachel si sollevò velocemente in piedi, sperando di aproffittare della sorpresa e fece per seguirla, bloccandosi quando lo senti parlare, era rimasto a terra, non cercava di fermarla, gli occhi che la guardavano, in realtà non la vedevano.

“Mary...” chiamò allungando un braccio.

“Non lasciarmi... siamo una famiglia ricordi? Una famiglia...” biascicò iniziando a piangere debolmente.

“Io non sono...” fece per rispondergli Rachel, venendo immediatamente interrotta dalla parole senza senso dell'uomo.

“Mary, ho sbagliato... perdonami... portami con te...”.

Cosa doveva fare? Si chiese.

Il segreto che tanto doveva rimanere nascosto, non sembrava poi tanto tale.

Quell'uomo, in fondo, le aveva nutrite, vestite, non gli aveva fatto mancare nulla, nonostante le avesse rapite e segregate, nonostante avesse minacciato di farlo, non le aveva mai sfiorate, non gli aveva mai fatto del male.

Ci avrebbe pensato Burt, perchè lei non aveva la forza di abbandonarlo li, sopratutto guardandolo in quelle condizioni, e vedendo solo un guscio vuoto.

Lei afferrò la sua mano, e lui sorrise, trascinandola in un abbraccio.

“Mary, mi siete mancati così tanto...” disse accarezzandole i capelli.

Non sapeva con chi stava parlando, eppure...

“Anche tu a noi...” disse tranquillizzandolo, mentre si direggevano fuori, verso la luce del sole, sulle tracce fresche di Beth.

 

Mentre controllava le sue frecce, il piccolo Timothy la vide, un ombra familiare che popolava i suoi sogni da molto tempo, sfrecciava tra le case facendo meno attenzione del dovuto, e con un balzo raggiungeva il limite della foresta.

Questa volta, non ci sarebbe stato nessuno ad intralciare il suo tiro.

Ancora non era il suo lupo, (non lo aveva mai visto, ma l'avrebbe riconosciuto per quante volte glielo avevano descritto) ma era sicuramente un inizio.

Si sollevò bruscamente facendo cadere la faretra a terra, mosse un passo, spezzando con il piede due delle quattro frecce che erano fuoriuscite.

Non imprecò, l'unico insegnamento del padre che non aveva mai infranto.

Raccolse le due frecce sane rimaste e partì all'inseguimento sperando di raggiungerlo, per una preda, due frecce erano più che sufficienti.

 

 

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Capitolo 13
*** capitolo tredici ***


Le due lupe si guardavano senza proferire parola, poi finalmente il silenzio fù spezzato.

"Perchè lo racconti a me?".

"Per salvarlo, per fare quello che io non ho potuto...".

"Non possiamo intervenire, ci sono delle regole..." disse abbassando lo sguardo ma continuando a parlare "... regole che possono essere aggirate".

"Come?".

"Devi parlare con lui...".

"Io non... non voglio che mi odi, è l'unico legame che mi resta...".

"Io credo che invece, ti sarà grato...".

Tanto simili, eppure così diverse.

"Ci proverò, spero solo che mi ascolti...", disse allontanandosi e inoltrandosi nella foresta.

"È un errore, lui non lo sa, stiamo rischiando troppo..." disse l'enorme lupo nero, che fino a quel momento si era limitato ad ascoltare.

"Andrà tutto bene, tienilo d'occhio, e se dovesse... bloccalo...".

"D'accordo...".

 

Certe volte, quando gli poneva delle domande, aveva paura che non fosse realmente interessato a lui, piuttosto a quello che a poco a poco, scopriva di poter ottenere, quello che da tutta una vita bramava.

"Com'è stare in un branco?".

Sebastian storse la bocca mentre una fitta percorreva il suo corpo.

"È come avere un enorme famiglia, tanti fratelli e sorelle che rompono continuamente e genitori che ti dicono cosa fare, come e quando farla... ma anche qualcuno che ti copre costantemente le spalle".

Quando smise di parlare, si accorse della meraviglia negli occhi dell'altro, una meraviglia che lo rendeva estremamente geloso e insicuro.

"... una famiglia... sarebbe bello avere una famiglia...".

Poi invece.

"E te... potrei avere tutto quello che ho sempre desiderato, un compagno, e persone accanto che mi accettano per quello che sono... davvero?".

E allora Sebastian si rilassava, anche se una domanda aleggiava sempre nei suoi pensieri, se avesse conosciuto l'amore di sua madre, se non fosse stato allevato nel disprezzo di se stesso, come sarebbe andata?

Era quello che pensava anche in quel momento, in quel momento in cui attendeva di raccontare la sua storia a un completo sconosciuto di cui non gli importava nulla.

Nonostante fosse morto, riusciva ancora a convincerlo a fare qualcosa, non sapeva se nel bene o nel male, ma l'aveva cambiato.

 

 

Kurt non aveva ancora trovato le parole per spiegare a Blaine che stare insieme non era possibile, forse perchè sperava che da un momento all'altro arrivasse suo padre a dirgli che era tutto un malinteso, che non c'era nessun problema, che il loro futuro era insieme.

Quando la porta scricchiolò, per un solo istante, Kurt pensò che in qualche modo, per quanto ci avesse sperato, il suo desiderio si fosse realizzato.

La porta si aprì completamente, rivelando il volto di Santana e quello di una biondina che la fissava incantata, ai loro piedi, Burt li guardava con un espressione grave.

 

 

Sebastian si sollevò malfermo sulle zampe posteriori, si sentiva debole e stanco, da quanti giorni non usciva dal buco in cui si era relegato? Da quanti giorni non vedeva la piena luce del giorno?

In realtà poco gli importava, nella sua vita erano scese le tenebre, dove si era rinchiuso la luce non arrivava, la sua luce si era spenta, Lui l'aveva portata via.

Passi sconosciuti risuonarono improvvisamente alle sue orecchie, due, tre, quattro umani, e poi l'inconfondibile passo delle zampe di Burt, c'erano troppe persone, non capiva, cosa stava succedendo?

Mosse dei passi incerti, avvicinandosi al cono di tenue luce che rischiarava l'entrata della caverna, era come se la luce, nascondesse un altro mondo, era il mondo in cui aveva rifiutato di vivere, che senso avrebbe avuto farlo da solo.

Restio, mise il muso oltre l'uscio, le pupille si dilatarono lasciandolo momentaneamente senza vista, ma senti chiaramente il respiro mozzato di uno degli sconosciuti.

Molto probabilmente il suo aspetto, lo aveva colto di sorpresa.

Blaine trattenne il respiro e mentre retrocedeva, allargò le braccia in modo da allontanare Kurt, Santana e Brittany.

La prima volta che lo aveva visto, era ancora profondamente impressa nella sua memoria.

Il suo corpo era quasi irriconoscibile, non c'era un punto che non fosse solcato da profonde cicatrici, era stato bellissimo e nonostante quei segni, lo era ancora, perchè indicavano quello che aveva dovuto sopportare, il suo dolore, la sua perdita.

"Blaine, che succede?".

"Lui...".

"Non avere paura del suo aspetto, ricordi quando ti ho parlato dei lupi omega?" chiese Kurt con le guance arrossate dalla vergogna.

E Blaine lo ricordava, era stato attento a tutto quello che gli era stato rivelato.

"... è all'ultimo gradino della scala sociale... quello che gli viene fatto può sembrare crudele, viene attaccato continuamente, maltrattato..."

Era questo che intendeva? Ma non era quello che lo aveva scosso, non il suo apetto, ma la sua stessa persona.

"Kurt, lui... lui ha... ucciso Dave...?".

Kurt guardò il lupo che aveva davanti, si aspettava molte cose, ma non quella, gli incubi di Blaine, le sue paure, tutte cose messe a nudo da chi conosceva realmente la verità.

 

Sebastian osservò il giovane che aveva pronunciato il Suo nome, a passo lento si allontanò dalla caverna girando intorno ai quattro giovani che lo osservavano tanto incuriositi quanto lo era lui.

Lo sguardo di Sebastian corse dalle mani unite delle due ragazze, agli occhi preoccupati dei due ragazzi, anche se non si toccavano, c'era una sorta di elettricità che scorreva tra loro, l'aveva provata anche lui un tempo.

Pensava di essere l'unico, e invece.

"Non ricordavo di aver dato il consenso a questo... pubblico?".

"Le cose hanno preso una piega davvero inaspettata... ma raccontare ad una o più persone non cambia, no?".

"No, no davvero... tuo figlio, non ti assomiglia per niente...".

"Beh grazie, ma ti sbagli..." rispose senza scomporsi, lui e Kurt erano più simili di quanto potesse sembrare.

"Davvero?" chiese, mostrando i denti e ringhiando in modo poco amichevole verso Blaine, che rimase paralizzato di fronte al suo avanzare.

Sempre più vicino, poteva balzare e avventarsi su di lui in qualsiasi momento, quando decise di farlo, si ritrovò col corpo completamente schiacciato a terra.

"Stai giù!" Kurt lo guardava dall'alto in basso, rivendicando il suo umano.

"Hai ragione, ti assomiglia, e non poco" disse ammirato.

"Devi sempre scoprire le cose a modo tuo... vedo che non impari mai" disse Burt arrabbiato, non con Sebastian, ma più con se stesso per aver infierito con quella frase spiacevole.

"Kurt, lascialo...".

" Ma papà, ha visto la paura negli occhi di Blaine e ha continuato a...".

"Kurt, per favore...".

Kurt lo lasciò di mala voglia, tenendolo comunque d'occhio.

"Adesso voglio che ascoltiate con molta attenzione ciò che Sebastian ha da dire...".

Il lupo cominciò a latrare, voleva finire al più presto quella storia, e che poi facessero quello che volevano, sperava solo di non ritrovarsi dei compagni di caverna.

"Così non serve a nulla" la voce cristallina di Kurt interruppe i latrati di Sebastian.

"Blaine e..." scoccò un'occhiata a Santana.

"Brittany... lei è Brittany" soffiò dolcemente.

"Blaine e Brittany non capiscono, potresti trasformarti? Per favore?" chiese riluttante, e sapeva che quella richiesta era da codardi perchè voleva dire non dover ripetere quelle parole, voleva dire non essere il responsabile del loro allontanamento.

Santana intercettò lo sguardo di Kurt, mimando un triste e silenzioso "grazie" con le labbra, anche lei, non era pronta a dar voce alla verità.

Sebastian sbuffo sonoramente mentre una vocina insistente gli martellava nella testa,

"Per favore..." diceva, "Non vedi quanto sono innamorati?".

Mentre si trasformava fisicamente, si malediceva per la sua trasformazione interiore.

"Tu conoscevi il mio Dave?" chiese Sebastian puntando i suoi profondi occhi su Blaine.

"Si, io... ero li il giorno che...".

"Il giorno che l'ho morso, il giorno in cui ho messo fine alla sua vita?".

Blaine fece un debole accenno con la testa.

"Se avessi saputo, se... non avrei mai permesso che... ma posso impedire che capiti a voi...".

Sebastian prese un profondo respiro, perdendosi nei ricordi di come tutto era cominciato.

 

Forse era arrivata tardi, lo vide di sfuggita.

 

 

"Ero un cucciolo, eppure pensavo di conoscere la verità assoluta, pensavo che tutte quelle storie sulle anime gemelle, fossero enormi stronzate, ero un lupo, non avevo bisogno di nulla e di nessuno, figuriamoci un essere umano come compagno per tutta la vita.

Meditavo da tempo di abbandonare il branco, aspettavo solamente il momento adatto.

Durante le uscite per la foresta, mi allontanavo dai tratti prettamente praticati dall'uomo, se c'era anche un minimo rischio che quelle storie fossero vere, di sicuro io non l'avrei corso, e forse questo mio atteggiamento mi tradì, perchè anche Lui scappava dall'uomo, ma per ragioni completamente opposte dalle mie.

Quando l'ho trovato, o forse lui ha trovato me, o forse ci siamo incontrati a metà strada, chi può dirlo, era... distrutto, spezzato, disgustato dal proprio essere, la sua mente, manipolata dall'idea di essere uno scherzo della natura, talmente convinto di questo, da auto-infliggersi punizioni corporali.

Ho impiegato mesi a convincerlo che non c'era nulla di sbagliato in lui, che l'unico errore era nei pensieri di quelle persone che lo deridevano e evitavano, più passava il tempo, e più mi rendevo conto che la libertà che avevo desiderato prima di incontrarlo, era stata sostituita dal desiderio di renderlo felice, lui voleva ciò che non aveva mai avuto, qualcuno che lo amasse e una famiglia che lo accettasse per quello che era, e io gli promisi tutto questo il giorno che gli chiesi di diventare il mio compagno".

Sebastian parve tornare alla realtà.

"Non ho mai voluto rievocare quel momento...".

Blaine poteva capirlo, ogni volta che ci aveva pensato, era stato come vivere un incubo, per Sebastian la sofferenza doveva essere qualcosa che andava al di là della sua immaginazione, vedere continuamante la morte del proprio compagno, sapendo di esserne la causa. 

"Aveva acconsentito alla mia richiesta..." un sorriso amaro comparve sul suo volto.

"Il giorno che ci incontrammo, ero talmente impaziente, che mentre lo aspettavo, non mi accorsi di avvicinarmi sempre più imprudentemente verso il villaggio.

Tutto quello che desideravo era davanti a me, è davvero strano, come un gesto, un attimo, possa modificare tutta la tua vita, volevamo entrambi la stessa cosa, lo vedevo nei suoi occhi e non avevo bisogno di altre conferme, affondai i denti nel suo polso teso...".

Sebastian smise di parlare dopraffatto dall'emozione, la mano di Blaine cercò impaziente quella di Kurt mentre vedeva distintamente quello che era accaduto.

"... credevo si sarebbe trasformato... invece quelle urla, Dea posso sentirle così chiaramente nella mia testa... ho cercato di trascinare il suo corpo nella foresta, ma non mi è stato permesso, le urla hanno allertato il villaggio... me lo hanno portato via... gli umani hanno messo a ferro e fuoco la foresta, sono tornato nel branco e finalmente ho capito come si sentiva Lui tra la sua gente, ero diverso, l'avevo ucciso e meritavo le ferite che mi venivano inferte, ma dopo poco tempo non bastava più, le ferite, il dolore fisico non erano abbastanza per lenire il senso di colpa... ho cercato di raggiungerlo, senza risultati...".

La foresta era silenziosa, tutto taceva in attesa di conoscere il finale della storia.

"Lui è morto, e se volete delle rassicurazioni sul fatto che non accadrà più, non posso darvele, se volete sapere perchè, ci sono solo supposizioni, niente di certo, niente di concreto.

Non era mai successo prima.

Forse la Dea ha voluto punirmi per la mia poca fede, prima disprezzo le usanze del branco e poi come se nulla fosse l'unica cosa che voglio è quella che ho sempre rinnegato, mi ha dato un compagno e poi me lo ha levato per punirmi.

Forse è perchè non potevamo riprodurci, dopotutto l'umano, ci serve proprio per questo, o forse aveva ragione lui, entrambi eravamo sbagliati, sporchi, nei mostri e siamo stati puniti per questo, forse il suo Dio e la nostra Dea, sono la stessa persona.

"Non ne siamo certi, ma lasciate perdere, per il vostro bene, farà male... ma mai come il dolore che proverete per aver ucciso la vostra parte mancante, e ora... fuori dai piedi..." disse lasciandoli ammutoliti e tornando all'interno del suo tetro rifugio.

 

Prima di andare via, Burt guardò i quattro giovani, un futuro incerto li attendeva, si chiese se mettendoli di fronte ai fatti, li avesse in qualche modo messi in salvo.

 

 

"È per questo che..." , la voce gli tremava talmente tanto, che alle sue stesse orecchie risultava patetico.

"... che non vuoi più trasformarmi? Da quanto lo sai?".

"Io non ne ero certo, ma parlando con San... avevamo dei dubbi..."

Aveva ascoltato molto attentamente, eppure la soluzione era li, a portata di mano, perchè nessuno la vedeva?

"Possiamo stare comunque insieme, così, da umani, no?" esordì Brittany elargendo a tutti un caldo e rassicurante sorriso.

Kurt e Santanana non diedero risposta evitando entrambi il contatto visivo con il loro partner.

"Che altro ci nascondete adesso?" chise Blaine prima che un urlo disumano si insinuasse nelle loro vene, facendogli accapponare la pelle.

Lasciarono quel luogo e spaventati si diressero verso le urla, che ad ogni passo diventavano sempre più deboli e supplichevoli.

 

 

La lupa rimase sola con il suo compito, non lo aveva salvato, sperava solo che con quel gesto, altri non si facessero male.

Entrò nella caverna trovandolo raggomitolato su se stesso, la sua figura immobile e arresa, le ricordò ancora una volta quanto aveva sbagliato, quante vite era riuscita a rovinare.

Mosse un altro passo affinchè lui percepisse la sua presenza.

Sebastian si mosse come se le sue ultime forze fossero state risucchiate.

" Chi... chi sei?" chiese, mentre l'oscurita creava scherzi di cattivo gusto alla sua vista, per un secondo li aveva visti, quella tonalità, che stesse definitivmente impazzendo?

"Prima, ti chiedo di ascoltarmi, una volta scoperto chi sono, non mi darai modo di spiegarmi, e io ho bisogno di raccontarlo, perchè il peso diventa ogni giorno più difficile da portare...".

Sebastian non disse nulla, la stava ad osservare, cercando nuovamente quel particolare che gli aveva fatto battere frenetico il cuore.

 

 

Non poteva credere che l'avesse abbandonata, no, lui non le avrebbe mai fatto una cosa del genere, eppure non era tornato, aveva aspettato per giorni, era arrivata una nuova luna piena eppure di lui nessuna traccia.

Ma se non voleva credere di essere stata lasciata, allora c'era un altro pensiero che si insinuava prontamente nella sua testa, lui non c'era più, e questo era ancora più straziante.

Continuò a cercarlo disperatamente, mentre la creatura che aveva in corpo, cresceva ogni giorno di più, sempre più forte, sempre più reale, si cibava di vita, dal suo corpo che di vivere, non ne voleva più sapere.

Mancava poco.

Le strade della foresta non le avevano rivelato nulla, nessulo lo aveva visto, la sua Essenza sparita, non c'erano tracce, nulla che la facesse sperare ancora, c'era solamente un ultimo posto in cui cercare.

Rubò riluttante dei vestiti, voleva informazioni, ed entrare al villaggio nuda, non l'avrebbe di certo aiutata, la trasformazione non sarebbe dovuta essere dolorosa, eppure soffrì le pene dell'inferno, mentre cercava di soffocare le urla, vide il suo corpo cambiare, non più longilineo e snello come un tempo, ora il suo ventre gonfio ospitava il suo cucciolo, il suo bambino, non ci aveva pensato, sperava che non avesse sofferto, che il dolore che l'aveva attanagliata, avesse risparmiato la sua creatura, perchè ora nel suo corpo non c'era più un lupo, ma un essere umano.

Aveva rubato dei vestiti, ma nulla per i piedi,le pietre aguzze che aveva incontrato nella strada, le avevano segnato le piante, e ora, dopo aver camminato per ore le sanguinavano, eppure non aveva intenzione di arrendersi, ci voleva ben altro per farla desistere.

Quando arrivò, il villaggio era stranamente silenzioso, non c'era nessuno in giro, come se il posto fosse stato abbandonato, si spinse al suo interno finchè non incrociò due uomini che discutevano animatamente.

Qurl figlio di una buona donna c'è riuscito nuovamente...” disse il primo, accompagnando la frase con un imprecazione.

Ogni anno la stessa storia...” rispose con rammarico il secondo.

L'hai visto?”.

Era preticamente impossibile non vederlo, l'ha portato in giro tutto tronfio per una settimana, poi ha messo la testa in bella mostra alla locanda...”.

Il cuore prese a batterle forte, come se la stesse mettendo in guardia, come un brutto presentimento.

Sta facendo affari d'oro con quel coso appeso al muro...”.

Non so come, a me fa venire i brividi, con quegli occhi che ti fissano... sembrano...”.

Sembrano?”.

Oh lascia perdere... forse sono paranoico...” disse chiudendo il discorso e allontanandosi.

Doveva trovare la locanda, si mise a camminare più velocemente di quanto avesse fatto fino a quel momento, più veloce di quanto il dolore ai piedi glielo permettessero, guardandosi attorno, in cerca di un segno, un qualcosa che le indicasse il posto giusto, poi finalmente dopo tanto scrutare, la sua attenzione venne attirata da un insegna malconcia, divelsa, appesa malamente ad una catena arruginita, “la bettola”, il nome era tutto un programma.

Alla porta c'erano persone che spingevano per entrare, tutti per vedere da vicino il grande trofeo, si fece strada a fatica, tra spinte e gomitate, l'aria era calda e viziata, l'odore di sudore si mischiava a quello dell'alcool stantio, respirare era difficile, e quando arrivata di fronte al bancone sollevò lo sguardo, divenne impossibile.

Come ci si sente a soffocare?

Cosa prova il tuo corpo quando il bisogno dell'aria è talmente intenso, da sentire i polmoni scoppiarti nel petto, da sentire il cuore pompare disperatamente sangue per tenerti in vita? Perchè l'unico che lotta in quel momento è solo lui, il cuore, nonostante sia ferito, nonostante una parte di lui sia morto, continua imperterrito a battere.

Quando sollevò la testa, vedendolo li, appeso, un trofeo di caccia, era diventato solo questo, quando invece per lei, era stato tutto.

Fù in quel preciso momento che scoprì cosa si prova a soffocare, perchè lei non ce la faceva, non riusciva a respirare, non riusciva a pensare, non riusciva a credere che potesse esserci qualcosa senza di lui.

No... mia Dea, perchè?” sussurrò mentre si accasciava a terra, non poteva sopportare di guardare oltre, non poteva sopportare che in quella stanza, tutti vedessero il suo dolore senza comprenderlo e le facessero terra bruciata intorno, era davvero così imbarazzante per quella gente vederla soffrire?

Andrà tutto bene mia cara...” le disse qualcuno, e mentre delle mani delicate ma forti la sollevavano, l'aveva sentito, un licquido vischioso e caldo che le colava tra le cosce.

Le mani la acoompagnarono in una stanza pulita e la fecero distendere su una coperta candida, fù allora, che finalmente, diede un volto a quelle mani tanto gentili che l'avevano sorretta.

Facciamo nascere questa creatura...”.

Immaginava che avrebbe dovuto sentire qualcosa, continuava a osservare quel viso che le parlava, ma nient'altro, non sentiva nulla, finchè un potente schiaffo non la catapultò nella realtà dalla quale era fuggita.

Avanti, reagisci, se non vuoi che il tuo bambino muoia...” le disse la donna scuotendola con forza.

Avrebbe perso il suo bambino, non voleva, il suo compagno era morto, ma le aveva lasciato un pezzo di sé, un pezzo di loro.

Iniziò a spingere.

 

Spingi!!” continuava a ripeterle la donna.

Ricordava la sua prima trasformazione, era stata dolorosa, anche quando si era trasformata per cercarlo aveva provato dolore, ma quello, quello non era dolore, quello era l'inferno, era mille volte peggio della trasformazione.

Quello durava attimi, questo sembrava senza fine.

Più spingeva, e più le sembrava di sentire il corpo dilaniarsi, come schiacciato da un enorme pressa, il il sudore le ricopriva il corpo, sentiva talmente caldo, che era come bruciare viva, come se l'avessero immersa in una pentola di acqua bollente.

Voleva solo che finisse, e mentre spingeva ancora più forte, con più determinazione, il suo desiderio fù esaurito.

Come se non fosse accaduto nulla il suo corpo si rilasso, era stanca, distrutta, eppure stava bene.

Non lo vide, senti solo il suo pianto disperato mentre compiva il primo respiro della sua vita, non riusciva a muoversi, volava solo vederlo e stringerlo, e quando finalmente gli fù adagiato tra le braccia, riuscì nuovamente a respirare.

Respirare davvero.

Il bambino mosse le manine, le piccole dita adagiate sulla guancia arrossata della madre, aprì gli occhi, mostrandole quanto avesse preso da lei, era come guardarsi allo specchio, avevano la stessa tonalità di verde cristallino.

Il signore amerà questo bellissimo bambino” disse la donna che l'aveva accudita con voce emozionata.

Hai già in mente come chiamarlo?”.

Lei continuò a scrutarlo, era perfetto, con l'indice traccio il suo dolce profilo, prendendo sul serio le parole di quella donna.

Amato da Dio.” ripetè.

Amato dalla Dea...”.

 

Il vento soffiava arrabbiato, era da troppo tempo che la chiamava, lei aveva resistito, ma era arrivata l'ora di smettere di combattere, non aveva più forze, pensava di poter essere forte per lui per molto più tempo, ma doveva tornare a casa, alla sua vera natura.

Mentre lo cullava, il piccolo aprì gli occhi ancora assonnati e sorrise, allungò le manine verso quelle strane gocce che scivolavano sul viso della sua mamma.

Baciò ogni singolo perfetto e roseo ditino, prima di stringerlo bene nelle piccola coperta ed adagiarlo dinnanzi al portone della chiesa.

Sperava solo che quella decisione fosse giusta, che quel Dio di cui tutti parlavano, che sembrava tanto buono e generoso, fosse come la sua mata Dea, chiedeva solo questo.

Il giorno sarebbe arrivato presto, e lei doveva sparire prima di allora, si chinò un ultima volta adagiando tra le coperte una piccola busta e sussurrando un perdonami che si perse nei meandri della memoria.

Quando le campane iniziarono a suonare, era ormai solo, iniziò a piangere con tutte le sue forze finchè il portone della chiesa non si spalancò, rivelandogli il volto di quello, che da quel momento sarebbe diventato suo padre, suo padrone, il suo incubo.

 

Che cosa diavolo gli stava racvontando? 

Per quanto tempo si era punito non conoscendo la verità?

Era possibile una cosa del genere?

 

La lupa si sposto verso la luce.

"Sembra impossibile, ma guardami negli occhi, e dimmi che non ci credi...".

Erano loro, quante volte vi si era specchiato perdendovisi?

"Non è stata colpa tua, ma mia... io sono la madre di Dave, e lui... lui era un lupo...".

"Corri!!" la parola esplose nella sua testa come un fulmine in piena tempesta, Sebastian si mise in piedi e dopo un ultima occhiata alla lupa, si mise alla loro ricerca.

 

 

Chiedo scusa a tutte le persone che seguono ancora questa storia, non sto qui a dirvi quanti problemi ho avuto col pc, non sò come potrà uscire il testo dato che questo nuovo programma che ho procurato mi ha fatto più impazzire che altro.

Spero di riuscire a pubblicare l'ultimo capitolo presto, io odio la tecnologia.

Grazie per la pazienza.

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Capitolo 14
*** capitolo quattordici ***


Dovevo aggiornare prima di Pasqua, ma rileggendo, mi sono accorta che non mi piaceva quindi ci ho rimesso mano cambiando un po' di cose.

La storia è tra le seguite, preferite, ricordate da tantissime persone, un record per me, che vi ringrazio tantissimo e sopratutto alle persone che hanno lasciato un commento utilizzando un po' del loro tempo.

Domani inizio una nuova avventura lavorativa quindi spero di tornare presto, se non mi trattano come un mulo da soma.

Ancora grazie mille e a presto.

Tartufo.

 

 

 

 

La neve cominciava inevitabilmente a sciogliersi, le strane sculture formate dal ghiaccio, perdevano lentamente la loro forma, goccia dopo goccia gli alberi si liberavano dalla morsa del freddo, e nonostante il timido sole alto nel cielo, all'interno della foresta sembrava un altro mondo, un altro tempo.

Max camminava lentamente, non c'era fretta, i suoi passi non erano più attutiti dalla candida neve, ma risuonavano ogni qualvolta che incontrava nel suo cammino una piccola pozza d'acqua, non c'era bisogno di fare silenzio.

Mentre imboccava un sentiero che non conosceva, con la mente offuscata da pensieri malsani ma tremendamente bisognoso di realizzarli, si rese conto di aver camminato per lungo tempo, di essersi allontanato dal villaggio come mai gli era capitato prima, era quasi tentato di tornare su i suoi passi, qundo la vide.

Era uno splendido esemplare si disse, nonostante la magrezza dovuta alla scarsità di cibo, che in realtà, era un punto a suo favore, sarebbe stata troppo debole per riuscire a fuggire, il ragazzo si leccò avidamente le labbra, pregustando il momento in cui avrebbe sottomesso la ragazza con sembianze animali, davanti ai suoi occhi, si aprivano milioni di possibilità, miliardi di momenti di puro piacere per lui, e immenso dolore per le sue vittime.

Max percorse il tratto che lo separava dalla lupa senza esitazione, l'animale, per niente sorpreso del suo arrivo lo osservava, aveva avvertito la sua presenza molti minuti prima, quando ancora era lontano, protetto dalla vicinanza del villaggio, quando ancora poteva tornare indietro, quando ancora era al sicuro, cosa che ormai non era più.

Lei non si sarebbe mai avvicinata a quella preda, il rischio era troppo grande, e anche se erano giorni che non mangiava, doveva fare attenzione, perchè in ballo non c'era solo la sua vita, adesso che era sola, doveva prendersi cura dei cuccioli.

"Sò cosa sei..." esordì Max con un sorriso sinistro sulle labbra.

"Ho visto cosa puoi diventare, e se farai tutto ciò che ti chiedo, il vostro segreto rimarrà tale... prometto..." disse, portandosi una mano sul cuore.

La lupa drizzò le orecchiè piuttosto sorpresa, era abbastanza intelligente da capire a cosa si stesse riferendo l'umano, peccato che l'aveva scambiata per qualcosa che decisamente non era, peccato per lui ovviamente, lo scrutò per un momento catalogandolo nella sezione umani stupidi, immaginava cosa doveva aver scoperto, il problema era che non sapeva di cosa era all'oscuro.

L'animale non si prese nemmeno la briga di mettere insieme una strategia, era troppo semplice, gli andò incontro lentamente, con calma, continuando ad osservare quel sorrisetto idiota che molto presto si sarebbe trasformato in una maschera immobile di dolore e terrore.

"Brava..." disse inginocchiandosi nel terreno.

Fù l'ultima parola che pronunciò.

La lupa gli fù addosso senza esitazione, con un unico morso gli perforò il collo, tranciando un enorme pezzo di carne, si sentì un unico e agghiacciante grido, poi il suo corpo crollo disteso in avanti.

 

Quando i ragazzi arrivarono, la lupa si stava ancora occupando del suo corpo, mordeva e lacerava la carne come un animale che non mangiava da tempo, Santana si avvicinò a Brittany distogliendola da quello spettacolo, fiutò l'aria riconoscendone la puzza immonda e il suo cuore si fece più leggero, ringraziò mentalmente la Dea, non per la fine che aveva fatto Max, ma per non aver avuto l'occasione di trasformarsi in un mostro, perchè se le cose fossero andate diversamente, forse lei stessa l'avrebbe ucciso.

"Se lo meritava..." erano uscite come un pigolio e nessuno se lo aspettava, eppure quelle parole erano state pronunciate da Brittany.

I quattro ragazzi si guardarono a turno negli occhi, tutti, chi più chi meno, conoscevano Max, un silenzioso cenno d' assenso circolò tra di loro.

 

 

In quel momento correva come se all'improvviso, dopo un lungo letargo, le sue energie fossero finalmente ricomparse, forse perchè l'aveva sentito dentro la sua testa, con quel suo modo tenero di chiedere le cose, o forse perchè aveva perso qualcosa, si, il senso di colpa che lo consumava come un cancro, si sentiva strano, meglio, per non essere stato direttamente la causa della sua morte, meglio perchè nessuno dei due era un mostro, meglio perchè solo in quell'istante aveva capito che si erano trovati per un motivo, era stato un attimo, eppure si erano trovati per completarsi, e stava maglio, davvero, rimaneva solo quella sensazione di solitudine e perdita, ma anche rabbia e ingiustizia che arrivavano ad intermittenza.

Non ci mise molto a raggiungerli, le sue zampe quasi non avevano toccato terra, era sfrecciato nella vegetazione come un fantasma, e lo era, il fantasma di ciò che era stato un tempo.

Sebastian se li trovò di fronte e mentre riprendeva fiato, venne quasi distratto dallo spettacolo macabro che si stava consumando a pochi metri da loro, si riscosse con un brivido e ancora trafelato latrò:

"Era un lupo... lui era un lupo...".

Kurt e Santana lo osservarono interdetti cercando di afferrare il senso di quelle parole.

"Ti prendi gioco di noi? Vuoi che ci accada quello che è successo a voi?" Kurt sputò quelle parole con rabbia, pentendosi all'istante della sua reazione meschina, vedendo come lo sguardo di Sebastian era finito a terra, mortificato.

"Mi dispiace... io... ho solo... non voglio illudermi... non voglio vedere Blaine, Santana e Brittany sperare in qualcosa che in realtà non è possibile...".

"Che succede?" Blaine si avvicinò a Sebastian guardandolo dritto negli occhi, posandogli una mano sul muso, cercando di trasmettergli quanto fosse dispiaciuto per lui, quanto capisse il suo dolore, come una sorta di empatia.

Sebastian si immerse senza volere in quegli occhi, ritrovandosi a pensare che fossero davvero dolci, dolci come quelli di David, come quelli della lupa, no, decisamente non poteva essete un illusione, troppi pezzi combaciavano.

"Lei è venuta da me..." Sebastian riprese a latrare.

"I suoi occhi, per un attimo è stato come averlo davanti, e tu lo sai... i tuoi occhi, li hai ereditati da Elizabeth, è un legame che ci portiamo tutti dietro...".

Sebastian non ci pensava da tempo.

Eppure Burt gli aveva detto quelle parole solo pochi giorni prima.

"... per me, invece sei importante, tengo a te, come se fossi mio figlio, non scordarlo..."

Sebastian tremava, il musetto sporco di sangue affondato nella morbida pelliccia, il suo corpo diventava sempre più freddo e lui aveva paura in quel bosco così grande.

L'aveva trovata così, addormentata in mezzo agli alberi, e continuava a ripetersi: "Quando la mamma si sveglia, andrà tutto bene...".

Quello fù il giorno in cui incontrò per la prima volta Burt, il giorno in cui entrò nel branco, il giorno in cui gli venne detto che la mamma era sempre con lui, l'avrebbe trovata guardando in qualunque specchio d'acqua, Burt era stato davvero un padre per lui.

Sembrava passato tanto tempo da quando si era immerso in quel ricordo, invece era solo un attimo.

"Ha partorito da umana e poi l'ha lasciato... Pensava di non essere amato, invece era il Richiamo, non lo avrebbe mai abbandonato altrimenti... È una cosa senza precedenti... così chiara, Kurt... non mordere i tuoi simili...".

Siamo velenosi, velenosi, velenosi... Le regole, Kurt le conosceva bene.

"Kurt, se fosse vero...", la voce di Santana tremò al pensiero di poter essere felice, Brittany la prese per mano avvertendo il calore in quelle parole.

"Kurt?", Blaine attendeva di conoscere i nuovi sviluppi.

"Sebastian dice... che David, era... un lupo...".

E mentre Kurt continuava a parlare, Blaine spalancò gli occhi, poteva crederci, ormai poteva credere a qualunque cosa, dopotutto non sapevano nulla dei genitori di David, era stato trovato davanti alle porte della chiesa, poi una curiosità che aveva attraversato velocemente la sua mente si materializzò come un piccolo pezzo mancante.

La lupa che qualche giorno prima aveva salvato, quella che sembrava persa ma in realtà girava sempre intorno alla stessa lapide, quella lapide che aveva scatenato l'ira del piccolo Timmy, la lapide di David.

"Combacia tutto..." disse in un soffio.

Blaine prese il volto di Kurt tra le mani, costringendo i loro sguardi ad incatenarsi.

"Kurt, tutti i pezzi sono al loro posto, possiamo... possiamo stare insieme ora..." disse, mentre grosse lacrime rigavano il viso di entrambi.

"Dio, la Dea... non c'è niente di sbagliato in noi...".

"Ho paura di perderti..." rispose Kurt singhiozzando.

"Ti prego, fidati di quello che sento, noi... siamo destinati a stare insieme..." disse Blaine lasciando la presa sul suo viso e porgendogli il polso.

Era arrivato il momento, Kurt vide il proprio braccio muoversi, le dita tendersi, pronte a stringere il polso di Blaine, ancora una volta la sua natura da lupo, prendeva il sopravvento sulle sue paure da umano.

Era così vicino, eppure il suo corpo non toccò Blaine, l'impatto con il terreno fù del tutto inaspettato, mentre un enorme lupo nero lo sovrastava tenendolo inchiodato al suolo, ringhiava: "Non toccarlo!!", ma non sembrava intenzionato ad attaccare, Kurt non aveva paura, rimase solamente scioccato mentre l'animale lo fissava negli occhi trasmettendogli l'unico messaggio che non avrebbe voluto sentire.

Kurt non aveva bisogno d'aiuto, eppure Blaine non riuscì a non intervenire cercando di allontanare l'animale, che sotto il suo tocco divenne immediatamente mansueto, Sebastian e Santana osservarono la scena senza sapere cosa fare.

"Eri tu l'altro giorno?" , domandò Blaine.

Per tutta risposta l'animale afferrò con i denti la stoffa dei pantaloni e si mise a tirare, come se avesse voluto trascinarlo o quantomeno intimargli di muoversi.

"Vuole che lo segui..." spiegò Kurt notando l'incomprensione sul volto del giovane.

Il lupo mollò la presa sulla stoffa, sollevò la coda e attese che Blaine l'afferrasse, poi iniziò a camminare.

"Avete visto?" chiese Kurt sperando di non ottenere una risposta.

Sebastian non disse nulla, sfuggendo al contatto visivo, Santana pronunciò un debole incredulo si.

 

 

La lupa era veloce, se non si fosse fermata varie volte per annusate, come se non fosse sicura della strada percorsa, Timothy l'avrebbe sicuramente persa di vista, oltretutto era distratto, era come se in quell'animale, scorgesse qualcosa che non aveva mai notato.

 

 

Beth era stanca, senza fiato, essere rinchiusa in quel modo aveva reso i suoi arti deboli, pigri, come se avessero scordato il significato di libertà.

Correva quasi per inerzia, il suo corpo voleva mollare, mentre la sua mente urlava, doveva arrivare a casa, doveva aiutare zia Rachel.

Poi si fermò, solo un attimo, solo per riprendere fiato, mentre il fiato svanì del tutto per la gioia.

 

Quin scattò immediatamente riconoscendo l'Essenza, in quei giorni l'avevano sentita più volte, eppure ne avevano sempre perso le tracce, questo non l'aveva scoraggiata, anzi, l'aveva spinta a continuare, cercare ancora e ancora, perchè la rabbia che la possedeva durante le ricerche la rendeva lucida, non si sarebbe mai arresa, sopratutto perchè sapeva di poter contare su Puck, che in quel momento correva al suo fianco, e Finn, che sentiva l'Essenza di Rachel come se fosse stata legata a quella della loro bambina.

Quel giorno però era diverso, perchè mentre correvano, l'Essenza non svaniva, era a ogni passo, sempre piu intensa, sempre più reale, sempre più vicina e quando finalmente svoltarono per lo stretto sentiero, lei era li.

Quin si fermò a vari metri di distanza, come se avesse avuto paura di andare avanti e distruggere quella visione, Puck si fiondò sulla piccola Beth come se non ci fosse stato un domani, Finn osservò la scena commossò, con una speranza in più nel cuore e l' Essenza di Rachel che sembrava abbattersi contro il suo corpo.

Beth si divincolò dalla stretta affettuosa del padre e con lentezza si avvicinò alla madre.

"Mamma..." chiamò fermandosi a pochi centimetri di distanza, Quin avvicinò titubante il muso a quello della figlia, concedendo ad entrambe una carezza che mancava da troppo tempo.

Una di fronte all'altra, sembravano immagini che riflettevano il passato ed il futuro.

" Adesso va tutto bene... piccola mia... torniamo a casa".

Beth si allontanò da quel gesto, sapendo che avrebbe avuto tutto il tempo di recuperare l'affetto che aveva perso.

"Dobbiamo aiutare zia Rachel..." disse mentre si rimetteva in viaggio per la strada inversa e racontava loro quello che era avvenuto in tutto quel tempo.

 

 

Quando il grande lupo nero si fermò, si trovarono di fronte uno spettacolo al di fuori dell'ordinario, umani e lupi insieme, come se non ci fossero state differnze, segreti, bugie, sentimenti repressi, tutto stava per essere svelato e le verità rivelate.

 

"Finn ti prego, ascoltami... Puck, no!!".

"Rachel, papà!!" Urlarono contemporaneamente Kurt e Blaine.

Rachel con le braccia tese, difendeva l'uomo che l'aveva imprigionata, mentre quest'ultimo, indifeso e tremante guardava un punto indefinito attraverso gli alberi.

Beth fermò con una supplica suo padre, anche se le aveva imprigionate, sapeva che c'era qualcosa dietro, aveva visto due tipi di sguardo in quell'uomo.

Il lupo nero si frappose tra Rachel e Finn, una calma innaturale lo attraversava mentre Finn lo trapassava con lo sguardo e continuava a latrare minaccioso.

Una freccia sibilò nell'aria conficcandosi nel terreno, a pochi passi dal corpo di Finn.

 

 

Li aveva seguiti, ma non avrebbe mai immaginato di incontrarlo, certo non lo aveva mai visto, e poteva essere anche un altro gli diceva la testa, eppure appena era apparso, il suo cuore aveva iniziato a battere furioso nel petto, come poteva ignorare quel segno.

Era li, l'assassino di suo fratello.

Timothy scocco una delle due frecce per mettere in fuga il lupo che minacciava la ragazza, e il padre di Blaine, senza successo.

"Timmy, no, metti giù l'arco, non capisci!!" sentì urlare da Blaine, ma la sua concentrazione era tutta sul mostro che si era portato via David.

"Ha ucciso mio fratello!"

Era accaduto tanto tempo prima.

" Timmy, perchè piangi?" Timothy tirò su col naso, voltandosi per nascondere le lacrime, perchè quelle parole l'avevano ferito e nel profondo, sapeva che avevano detto la verità.

"Ehi..." disse David sollevandogli il mento per asciugargli il viso.

"Perchè ti importa, noi non siamo niente, lo sanno tutti, la gente parla...".

"Non importa quello che dice la gente, e non importa se non abbiamo un legame di sangue, per me, sei il mio fratellino, e sarà sempre così..." disse spettinandogli affettuosamente i capelli.

"Dicono che papà non mi vuole bene, e fà male perchè è la verità, nessuno mi vuole bene...".

"Io te ne voglio, non dimenticarlo mai..." disse, mentre lo stringeva in un abbraccio.

Quel mostro si era portato via l'unica persona che gli avesse dimostrato afetto.

Tese l'arco con tutte le sue forze, gli rimaneva solo una possibilità e non avrebbe sbagliato.

"No!!" più di una voce aveva urlato e l'aria si era riepita di latrati, ma erano in sottofondo, lui sentiva solo il sibilo rilassante della freccia che gli veniva incontro.

 

Se non fosse stato per il nome, non lo avrebbe mai riconosciuto, e non avrebbe riconosciuto nemmeno la sua via di fuga.

Aveva provato ad annientare se stesso, privarsi del cibo e dell'acqua non era servito, l'istinto di sopravvivenza lo aveva sempre soprafatto, ed ora eccola li, la soluzione era sempre stata davanti a lui, non doveva uccidersi, solo lasciarlo fare a qualcun altro.

La vide arrivare, e sorrise mentre si conficcava nella sua carne.

Mentre cadeva al suolo, un intenso odore di muschio lo avvolse, Lui era venuto a prenderlo.

"Kurt...", doveva assolutamente chiedere due cose prima di ricongiungersi al suo Dave.

"Non... non raccontate la ve... verita a Timothy... e ti prego..." chiese mentre le sue parole diventavano sempre più deboli: "Vorrei stare... affianco a lui..." disse chiudendo gli occhi.

Tutto era immobile, tutti erano paralizzati, una figura si mosse rapida tra gli alberi senza essere vista, Brittany piangeva in silenzio e Timothy si sentiva vuoto, aveva aspettato anni per quel momento, e non sentiva nulla.

Avrebbe voluto sentire qualcosa, aveva passato gli anni ad odiare, e ora non aveva più nemmeno questo, solo la consapevolezza che nessuno lo amava.

Si inginocchiò al suolo mentre le lacrime scorrevano copiose, senza rendersene conto, Beth si avvicinò al corpo del giovane e guardandolo negli occhi, si rese conto di quanto fosse solo, di quanto soffrisse e sentì quel dolore propagarsi nel proprio corpo, togliendole il respiro.

Quando aprì gli occhi, lei aveva un corpo nuovo, e lui la osservava come se non avesse mai visto nulla di più bello in tutta la sua vita.

Tese le dita, sentendo l'insano desiderio di sfiorarla, di annullare quella strana magia avvenuta sotto i suoi occhi.

Kurt la vide, era bellissima come la madre, e con un cuore grande, come quello di Puck, anche se non lo dava a vedere, nonostante quello che aveva fatto, la piccola Beth non lo aveva respinto, com'era sorprendente la natura.

"San, portali via, prima che Puck faccia qualche sciocchezza..." senza rendersene conto, diventava più consapevole della posizione che un giorno avrebbe occupato.

Santana prese Brittany per mano, e con quella libera, accarezzò l'insolito manto dell'amico che era rimasto scioccato, l'avevano ritrovata da così poco, non erano pronti a vederla crescere, a separarsene nuovamente.

Mentre si allontanavano, Santana l'anciò un ultimo sguardo al povero Sebastian riverso a terra, e iniziò a pregare con tutte le sue forze la Dea, di proteggere Kurt e Blaine.

 

"Kurt...", Rachel lo guardava emozionata.

"Non sei più un cucciolo, sapevo saresti stato bellissimo da umano, e il tuo compagno non è da meno...", disse sorridendo.

"Rachel, pensavamo fossi morta, tu e la piccola Beth...".

"Mary?", sussurrò l'uomo facendosi più vicino, mentre dalle labbra di Blaine si udì un gemito colmo di pena.

"Non toccarla!" latrò minaccioso Finn.

"Rachel?".

"Lui ci ha... costrette a seguirlo, abbiamo lasciato delle tracce di sangue, per farvi credere di essere state uccise, e ci ha richiuse in casa, c'era un passaggio sotto la cantina...".

Blaine sgranò gli occhi, al ricordo di quella botola di cui non aveva mai saputo nulla, era stato così vicino ad aprirla.

"E stato... gentile... non ci ha mai fatto del male... nei momenti di lucidità, è come se sapesse cosa siamo, sono certa che lo sappia, me lo ha detto, ma come? Poi cambia, come ora, continua a chiamarmi Mary, ma non so chi sia...".

"Mary era mia madre..." disse Blaine osservando il volto perso di suo padre, che a quelle parole parve riscuotersi e notarlo.

"Blaine hai visto, la mamma e Cooper sono tornati, saremo di nuovo una famiglia felice...".

Il grosso lupo nero nascose il muso sotto le zampe uggiolando piano.

Blaine osservò la ragazza che aveva di fronte, in effetti, se la si guardava attentamente, qualche tratto poteva ricordare vagamente sua madre.

"Papà la mamma e Coop sono morti, ricordi?" disse piano per non spaventarlo.

L'uomo scosse la testa, come per smentire quelle parole.

Finn guardò Blaine e poi l'uomo che doveva essere suo padre, sentì piano piano la rabbia scemare, sapeva che Rachel aveva un enorme cuore e un infinito amore da dare, non per niente si occupava dei cuccioli, ma solo in quel momento si rese conto, che grazie a lei, lui diventava migliore.

"Cosa facciamo? Conosce il nostro segreto, ma non è questo che mi preoccupa, ma il fatto di lasciarlo in queste condizioni, ho paura di ferirlo lasciandolo... e Blaine non potrà prendersi cura di lui una volta trasformato." disse Rachel.

"Portiamolo da mio padre, lui saprà certamente cosa fare...", propose Kurt, cercando l'approvazione di Blaine.

"Tesoro, sei molto carino, ma mi occuperò io di lui..." disse una dolce voce femminile attraverso la vegetazione, Blaine sentì come una scossa lungo la schiena, mentre il lupo nero si metteva in piedi in attesa.

Quando la vide uscire dalla vegetazione, Blaine seppe che era stato tutto un sogno, si sarebbe svegliato e come ogni giorno sarebbe andato a caccia, magari con occhi diversi, ma sempre con lo stesso intento.

"Caro..." disse avvicinandosi a Richard, suo marito, il padre dei suoi figli.

L'uomo spalancò gli occhi, guardando entrambe le donne che gli stavano vicino, finchè un lampo non attraversò i suoi occhi, lasciò la presa su Rachel, che con un balzo in aria si trasformò liberandosi degli indumenti, finendo finalmente addosso al suo Finn, e tendendo le braccia abbracciò la sua vera Mary.

"Mamma?", fù l'unica parola che Blaine riuscì a pronunciare.

"Blaine... perdonami, io... io ho dovuto lasciarvi...".

"Perchè?".

"Cooper aveva bisogno di me...".

"Coop?".

Il lupo nero si avvicino sollevandosi sulle zampe posteriori, poggiando quelle anteriori sulle spalle di Blaine, poi, come un enorme cagnolone gli leccò affettuosamente una guancia, solo allora Blaine si accorse di quanto fossero familiari quegli occhi.

"Coop...", disse meravigliato, mentre quest'ultimo scodinzolava felice.

"Credevo foste morti!! Papà mi ha fatto credere... Dio!!".

"Tuo padre era arrabbiato Blaine...".

"Spiegami allora, perchè?".

"Io e tuo padre ci amavamo così tanto tesoro, ma quando scoprì quello che ero, rimase terrorizzato, mi disse che era spaventato, non era facile accettare un cambiamento così, e io lo capiì immediatamente che era sincero, così decisi di lasciare il branco, rimanere umana, sapevo che non sarebbe durata, che il Richiamo prima o poi si sarebbe fatto sentire, ma contavo sul fatto, che con il tempo, tuo padre si convincesse a fare il grande passo.

Il tempo passava e quando sentii per la prima volta il Richiamo, fù facile ignorarlo, avevo scoperto da poco di essere in dolce attesa, il mio piccolo Cooper stava arrivando e non avevo nessuna intenzione di allevarlo senza padre, la stessa cosa accadde con te tesoro.

Sentii altre volte il Richiamo, ma ogni volta, c'era un ginocchio sbucciato, una brutta febbre da curare, un aiuto con i compiti, la vostra voce copriva il suono del vento, ero così felice, la mia vita da umana era perfetta.

Ero convinta di poter vivere così per sempre, ma mi sbagliavo.

Il giorno che avvenne, tu non eri in casa, avevo mandato Cooper al mercato del villaggio vicino, ed ero in apprensione perchè stava impiegando troppo tempo a tornare, uscii fuori ad aspettarlo, quando lo vidi, sotto forma di lupo, l'aria che fino a poco prima era stata immobile si trasformò in un gelido venticello".

Mary sospirò piano prima di continuare.

"Aveva vinto alla fine... Non potevo lasciare Cooper, così spaventato, così smarrito, ignaro di quello che stava accadendo... ma sapevo, di poterti affidare alle cure di tuo padre...".

"Mi ha cresciuto con una bugia, ero arrabbiato, avrei potuto commettere l'errore più grande di tutta la mia vita se non fosse stato per Kurt..." disse, intrecciando le dita con lui.

"Non potevo tradire il segreto del branco Blaine, e tuo padre l'ha mantenuto per me, se potessi tornare indietro, non cambierei nulla di quello che ho fatto, perchè siamo qui, alla fine, e anche se non sappiamo cosa accadrà, siamo insieme, siamo una famiglia, ed è tutto ciò che conta..." disse avvicinandosi e poggiando la sua mano a quelle già unite dei ragazzi.

"Cosa mi accadrà ora? Cosa sono?".

"Non lo sò tesoro, fino a ieri pensavo di essere unica, invece c'era un altra giovane lupa, Cooper si è trasformato, non nel modo che conosco, mentre David non si è mai trasformato, eppure ha incontrato la sua anima gemella, forse se si fossero incontrati più tardi, anche lui si sarebbe trasformato come è accaduto a tuo fratello... Sò solo una cosa, dobbiamo aspettare, perchè non voglio rischiare di perderti... lo capisci?" chiese rivolgendosi a Kurt.

"Lo capisco, e non tornerò al branco, se non con Blaine...".

"Ma il Richiamo?" chiese Blaine.

"Tua madre ha resistito anni...".

"Si è quella di David invece? Era un neonato quando l'ha lasciato... non sono sicuro Kurt, non voglio vederti soffrire..." disse interrompendolo.

"Andrà tutto bene... te lo prometto...".

 

(un mese dopo)

La baita era ancora spoglia ed impersonale, eppure non era un problema, il solo stare insieme, rendeva quel luogo la loro casa, non avrebbero preferito nient'altro.

Kurt osservava ogni gesto, ogni movimento di Blaine, notava ogni sopiro infastidito, come cercasse di distrarsi dai mille dubbi che lo tormentavano, come attendesse impaziente di trasformarsi, come avesse paura che magari non sarebbe accaduto.

Tutta la sua famiglia lo aspettava, e lui penava all'idea di deluderli.

Mentre un innaturale silenzio li circondava, la porta venne aperta, rivelando sulla soglia Santana e Brittany.

Blaine sorrise nel vederle, le due ragazze riempivano le loro giornate impedendogli di pensare, impedendogli di deprimersi ancora di più.

"Come vanno le cose?" chiese Kurt.

"Il ragazzino è sveglio, gli abbiamo mentito riguardo a Sebastian, ma penso che nel profondo, una vocina gli dica la verità... Puck non se ne fà una ragione, li segue ovunque, dice che sono troppo giovani e deve controllare che il ragazzo tenga le mani al loro posto..." disse trattenendo una risata.

"Comunque è troppo spaventato e confuso per provare anche solo a sfiorarla, non fanno che guardarsi... arrossire e abbassare lo sguardo... sono così..." interruppe la frase per cercare un qualche termine melenso e allo stesso tempo offensivo.

"Sono così dolci..." concluse Brittany sospirando e appoggiando la testa sulla spalla della sua compagna, Santana ci pensò per un attimo, poi sorrise, alla fine era proprio il termine giusto.

"Voi guando avete intenzione di fare il "grande passo"?" chiese Blaine, vedendole così affiatate, sperando che nella sua domanda, non trasparisse quella piccola nota di gelosia che non riusciva proprio a scacciare.

"Oh, noi abbiamo deciso di aspettare ancora..." dissero spensierate.

"Aspettare cosa?" chiese lui sbalordito.

"Aspettare che anche tu e Kurt possiate stare insieme".

Blaine si alzò in piedi, facendo cadere la sedia a terra.

"Siete due stupide, sprecare tutto questo tempo... potrei non trasformarmi mai!! disse lasciando la baita in malo modo.

Santana fece per seguirlo, forse per consolarlo, forse per dargli una scrollata e urlargli di reagire, Kurt la fermò, dicendogli che aveva solo bisogno di stare con i propri pensieri.

Avrebbe comunque saputo dove trovarlo.

 

 

Blaine aveva preso a recarsi sempre li quando era arrabbiato, era come se il posto gli infondesse calma, anche se a volte, pensava potesse essere lo scenario del loro futuro.

Era in piedi, contemplava le due lapidi vicine, l'ultimo desiderio di Sebastian era stato esaudito, lui stesso aveva scavato la fossa durante la notte, si era sentito così vuoto e impotente in quel momento.

La notizia delle due giovani lo avevano completamente sopraffatto, non sapeva se poteva sopportare anche questo, la felicità di altre due persone era sulle sue spalle, e lui era così spaventato.

Si sedette al suolo e portando le ginocchia al petto si mise silenziosamente a piangere.

 

 

Era tardi quando finalmente tornò alla baita, nonostante l'ora, Kurt lo aspettava sveglio, seduto con la schiena contro le assi di legno, in modo da non addormentarsi.

Blaine gli si inginocchiò di fronte prendendo il suo viso tra le mani.

"Mi dispiace... vorrei non farti preoccupare così..." disse poggiando le labbra sulle sue.

"Blaine, in un modo o nell'altro, noi staremo insieme, non c'è nulla che potrà dividerci, devi solo crederci...".

Gli occhi di Kurt erano così sinceri, che in quel momento fù facile per un attimo, allontanare i brutti pensieri, anche se sapeva sarebbero ricomparsi, mentre le mani di Kurt accarezzavano il suo viso, c'era una sorta di pace nella sua testa.

Kurt aveva il potere di fargli vedere solo le cose positive, e lo faceva con le mani, con gli occhi, con le labbra.

Blaine si ritrovò completamente disteso su Kurt nel pavimento gelido, mentre accarezzava con la lingua le sue labbra, sentì le mani di Kurt insinuarsi tra i suoi ricci e spingerlo con gentilezza ancora più vicino, insinuò la lingua attraverso le sue labbra dischiuse fino a rimanere intrappolato, mentre Kurt la succhiava timidamente Blaine gemette leggermente, perche oltre ai baci e alle carezze casti non erano mai andati, era come se Kurt si stesse concedendo a lui, per dirgli "sono tuo, mentalmente, ma anche fisicamente".

Blaine tracciò una lunga striscia di baci dall'orecchio al collo mentre le dita del suo compagno vagavano sulla sua schiena liscia, lasciando tracce bollenti, fino a stringere le sue natiche e spingerlo contro il suo bacino, facendolo sussultare per il piacere.

Blaine si sentiva così insicuro, mentre Kurt sembrava essere completamente a suo agio e sicuro di quello che faceva.

"Kurt, io..." Blaine non sembrava trovare le parole.

"Qualcosa non va? Tu non... vuoi?" chiese Kurt, mente il suo lato umano tremava a disagio.

"No!! Io... Dio, ti desidero da morire... ma, non sò cosa... e tu sembri così...".

Kurt sembrò capire perfettamente cosa cercava di dirgli.

"Blaine, lasciati andare, ascolta l'istinto, è facile, dopotutto, siamo entrambi animali..." disse mentre i suoi occhi diventavano di un blu intenso.

"Io... potresti... insomma...".

In un secondo Blaine si ritrovò schiacciato dal peso del corpo di Kurt che strusciava deliziosamente sul suo.

"Meglio?" sibilò Kurt al suo orecchio, prima di torturare il suo lobo con baci e piccoli morsi.

Blaine sospirò deliziato da tutto quel calore.

In poco tempo si ritrovarono senza vestiti, finalmente liberi e decisamente più ricettivi in ogni senso, la pelle di entrambi formicolava ad ogni tocco, le sensazioni amplificate dovute all'attesa, all'aspettativa di ciò che sarebbe accaduto.

Kurt baciò ogni punto del corpo di Blaine, dalle falangi, ai palmi delle mani, i polsi, le braccia, e le spalle possenti, tracciò il suo petto con graffi e baci umidi e frettolosi di scoprire altro, ma anche scrupolosi come se ogni punto fosse importante come quello precendente e quello successivo.

Blaine iniziò a gemere piano, sentendosi sempre più accaldato e desideroso, si mise a spingere il bacino contro quello di Kurt per sentire di più e darsi solievo, senza sapere che Kurt aspettava solamente che gli desse un segno di come si sentiva a suo agio immerso in tutte quelle emozioni nuove.

Entrambi erano elettrizzati, mentre i loro membri si sfioravano e man mano sfregavano con più forza.

Kurt si allontanò scendendo a baciare lo stomaco di Blaine lasciandolo senza fiato per la perdita di contatto, stuzzicò la pelle morbida con i denti, passando la lingua sul suo ombellico, finchè con un movimento veloce accolse la sua erezione in bocca.

Blaine gemette, mordendosi la mano per evitare di urlare per il piacere, mentre Kurt succhiava e leccava, si muoveva con la testa su e giù, tenendo un andamento lento e cadenzato che stava facendo impazzire il suo compagno.

"Kurt, ti prego..." disse Blaine supplicandolo.

Kurt allontanò la bocca continuando però a massaggiare gentilmente con la mano, allargò le gambe di Blaine e diede una leccata alla sua apertura facendolo sobbalzare e aprire gli occhi di scatto, per la scossa di piacere, continuò a concentrarsi su quel punto finchè non sentì il membro di Blaine diventare ancora più duro e il ragazzo gemere parole senza senso.

Si stese nuovamente sopra di lui, spostandogli i capelli umidi di sudore dal viso con una leggera carezza e mentre lo guardava negli occhi, ci vide all'interno amore e lussuria insieme, tanto da farlo ringhiare.

"Non fermarti... voglio sentire tutto, voglio essere un unica cosa con te..." chiese Blaine, sapendo che non avrebbe ricevuto un no come risposta.

Kurt si sollevò leggermente, non volendo allontanarsi troppo, si posizionò meglio tra le sue gambe, poggiando il suo membro nell'apertura di Blaine e facendo una leggera pressione, scivolando lentamente all'interno, si muoveva piano, si bloccava quando le mani di Blaine stringevano più forte i suoi bicipiti fino a rilassarsi, allora riprendeva a muoversi, sentendo Blaine stretto tutto intorno a lui, sentendo il piacere che lo avvolgeva lasciandolo stordito.

Quando fù tutto dentro, Blaine ansimava e quella visione era qualcosa di spettacolare, le sue mani scesero sul fondoschiena di Kurt intimandogli di spingere, da prima piano, mentre si baciavano e respiravano l'uno nella bocca dell'altro per calmarsi, poi Blaine chiese timidamente: "Di più...".

Kurt prese un ritmo sempre più veloce e deciso, facilitato dal leggero strato di sudore che si era formato, quando sentì di essere vicino a raggiungere il piacere, spinse ancora assecondando il movimento del bacino con i tocci sul membro di Blaine, finchè entrambi non esplosero.

Ancora abbracciati e ansanti si guardarono negli occhi.

"Ti amo così tanto..." dissero entrambi, notando come fossero in perfetta sintonia, si alzarono dal pavimento stringendosi dolcemente nel loro piccolo letto, si addormentarono felici, ancora per un pò, ancora per poco.

 

 

Blaine aprì gli occhi con un sospiro tremolante, si portò una mano al viso, per allontanare quel senso di colpa che gli faceva attorcigliare lo stomaco, senza risultati, solo in quel momento si accorse di come la sua pelle fosse invecchiata, le mani che un tempo erano state giovani, ora erano solcate dai segni del tempo e stanche, il tempo era passato, e lui aveva rovinato tutto, la sua vita e quella di Kurt, la vita delle persone che avevano creduto che fosse possibile, avrebbe dovuto mollare.

Le coperte erano gelide, c'era troppo spazio attorno a lui, mosse il braccio per cercare quel corpo che ormai era diventato solo quello, un corpo vuoto che si era spezzato, soprafatto dalle decisioni che era arrivato a prendere solo per lui, aveva scelto di stare con lui per non perderlo, eppure si erano persi ugualmente, forse nel modo peggiore.

Piegò la testa di lato e lo vide.

Kurt era li, come tutte le mattine, seduto accanto alla finistra, contemplava con un sorriso triste e sguardo vuoto, qualcosa che molto probabilmente nemmeno vedeva, Blaine pensava, che si fosse creato un mondo tutto suo dove era finalmente felice, e in quel mondo erano insieme.

Ma era anche convinto, che il suo Kurt fosse ancora dentro quel corpo che non rispondeva più, perchè ogni volta che lo allontanava, cercando di ri portarlo al luogo a cui apparteneva, immancabilmente tornava indietro, tornava da lui.

"Kurt..." sussurò mentre accarezzava lentamente il suo viso, avrebbe dato qualsiasi cosa per vedere brillare ancora quegli occhi, e quelle guance tingersi timidamente di rosa.

Qualunque cosa.

 

Blaine si svegliò madido di sudore, lo sentì scorrere lento lungo la schiena, come unghie affilate che scavano la pelle, era solo nel letto, e questo lo fece tremare dalla paura mentre il cuore martellava nel petto colto dall'improvviso panico.

Osservò le sue mani ed erano ancora lisce, senza macchie ne imperfezioni, era ancora giovane, aveva ancora tempo, e Kurt era li.

La finestra spalancata, le mani giunte, poggiate delicatamente sotto il mento, che osservava avido la prima neve caduta, un vento leggero soffiava invadendo la piccola stanza e dalle sue labbra fuoriuscivano piccole nuvolette calde.

Blaine si sollevò svelto dalle coperte, afferrò saldamente Kurt per le spalle e finalmente la vide, quella luce nei suoi innocenti e bellissimi occhi, quella luce che aveva avuto il terrore di non scorgere mai più. 

Kurt sorrise dolcemente anche se la stretta era un pò dolorosa.

"Voglio che te ne vada...".

Furono le ultime parole che Kurt sentì pronunciare a Blaine e fù l'ultima volta che sorrise.

 

(5 anni dopo)

La prima neve, Kurt la odiava e la amava, poi la odiava nuovamente, non era riuscito a mettersi alla prova con il Richiamo, Blaine lo aveva allontanato prima, e anche se sapeva che l'aveva fatto per non farlo soffrire, questo non significava che non lo faceva ugualmente, tutti i giorni, in ogni momento, sopratutto quando andava davanti alla baita, e aspettava per ore che lui uscisse, ma non lo faceva mai.

Certo che soffriva, ma questo non gli aveva impedito ogni santo giorno di recarsi li e aspettare, in cinque anni, non aveva saltato un giorno, era come avere un appuntamento e ogni giorno portava lo stesso messaggio.

"Non mi arrendo, non farlo nemmeno tu".

 

Ogni giorno, alla stessa ora, il suo cuore accellerava i battiti, perchè lui era a così pochi passi di distanza, sarebbe stato così semplice colmare quella distanza, ma lui non poteva uscire, non poteva permettersi di averlo così vicino, non poteva permettersi di veder realizzate le proprie paure, allora si appoggiava alla porta, chiudeva gli occhi e rimaneva immobile ad ascoltare il suo ululato.

 

Kurt si muoveva leggero per raggiungere Blaine, non doveva arrivare in ritardo, sapeva che lui lo stava aspettando, mentre avanzava, nuovi passi si unirono ai suoi, era diventata quasi un abitudine, all'inizio stavano a distanza, quasi per non disturbare il suo dolore, poi, mano a mano che i giorni passavano e le stagioni si susseguivano, gli si erano affiancati per lenirlo quel dolore.

Il non sapere, rendeva l'agonia ancora più intensa, non poteva fare nulla, solo aspettare, e aspettare, per Kurt, era come essere incatenato, avrebbe voluto solo poter agire.

Quel giorno erano in tanti, si sentiva amato, anche se l'Amore con la A maiuscola, era nascosto dietro quelle quattro mura.

C'era una strana sensazione nell'aria ed era certo che non era l'unico ad avvertirla, vedeva i suoi compagni, i suoi amici, la sua famiglia, fiutare l'aria, qualcosa era mutato, il vento aveva cambiato direzione.

Kurt si posizionò in attesa, come al solito, le zampe anteriori rigide, pronte a sopportare la nuova sconfitta di quel giorno e quelle posteriori pronte a supportare innumerevoli ore immobile.

Al suo fianco Cooper osservava a momenti alterni, prima la baita, poi Kurt, forse non erano partiti con la zampa giusta, ma avevano trovato una cosa in comune, l'amore per Blaine, ed era una cosa che non li avrebbe mai divisi.

Poi c'erano Mary e Richard, dopo tanti anni, finalmente, anche lui aveva deciso di fare un sacrificio, di ripagare quello che aveva fatto lei per tanto tempo, l'amore trova sempre la sua strada, e Kurt ne era certo, a costo di aspettare anni, anche lui avrebbe avuto il suo lieto fine.

Suo padre e sua madre dietro di lui, erano il suo sostegno, il sorriso e le espressioni fiduciose che ogni giorno lo accompagnavano, non lo abbandonavano mai.

Poi c'era Santana, la sua migliore amica, non doveva dimostrarlo eppure l'aveva fatto per molto tempo, dopo anni di testardagine supportata, e di suppliche, era rinsavita, e finalmente al suo fianco camminava la sua compagna, lui stesso aveva assistito alla trasformazione, Brittany era una ragazza splendida ed era diventata una splendida lupa.

Brittany si avvicinò felice, sfregando il suo muso contro quello di Kurt, le piaceva la sua nuova vita, aveva passato pomeriggi interi a descrivergli minuziosamente tutti gli aspetti amplificati che il suo nuovo essere gli aveva regalato e Kurt aveva un buon odore, e questo le dava il diritto di strofinarsi, lui la trovava adorabile e lo faceva sentire meno solo.

Santana si avvicinò a Kurt, imitando il gesto d'affetto di Brittany e lanciando una lunga occhiata a Cooper, c'era molta curiosità nei suoi confronti, era tutto un mistero e non avevano modo di verificare nulla, lui non aveva manifestato nessun dubbio nessuna incertezza, attendeva quello che il destino aveva in serbo per lui.

 

"Avanti, chiamalo..." Santana glielo chiedeva tutti i giorni e Kurt rispondeva sempre nello stesso modo.

"San, mi sente solo ululare...".

"Sente che ci sei, meglio che non fare nulla no?"

Kurt sospirava, perchè avevano ragione entrambi.

Sebbene nel suo cervello quel "Blaine..." risultasse più una supplica sussurrata, il suo essere lupo gridava quel nome con tutta la forza che aveva.

 

Blaine spalancò gli occhi incredulo, la finestra si aprì improvvisamente spinta da quella calma brezza prepotente.

 

La porta si aprì cigolando piano, senza rendersene conto, Kurt si mosse in avanti, come attrattò da un forte magnete.

Blaine comparve alla porta stordito, l'aveva sentito, aveva capito, il vento accarezzò il suo viso scompigliandogli i capelli e Kurt lo vide, il suo immenso e splendido sorriso accecarlo.

Poi il corpo di Blaine, fù scosso dai tremiti.

 

Fine.

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