L'Inizio

di Averyn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lettere Da Silente ***
Capitolo 2: *** Albus Percival Wulfric Brian Silente ***
Capitolo 3: *** Il Mistero Della Strega Orba ***
Capitolo 4: *** I Soliti Sospetti/parte 1 ***
Capitolo 5: *** I Soliti Sospetti/parte 2 ***
Capitolo 6: *** IL Ritorno Di Piton ***
Capitolo 7: *** La Foresta Proibita ***
Capitolo 8: *** Il Cane Nero ***
Capitolo 9: *** La Gita Ad Hogsmeade ***
Capitolo 10: *** Una Via Di Fuga ***
Capitolo 11: *** L'Inizio ***



Capitolo 1
*** Lettere Da Silente ***


 ECCOLA DI NUOVO QUIIII STO RIVISITANDO IL TERZO E PENSAVO INTANTO DI FARVI GUSTARE IL PRIMO CAPITOLO...QUANDO AVRO' TEMPO E AVRO' CORRETTO ANCHE GLI ALTRI LI PUBBLICHEROOOO' BUONA LETTURAAA (E GRAZIE AI TANTI LETTORI, CHI MI COMMENTA COME LUNADISTRUGGI E MARTY (MASTRO GIBBS) E TUTTI COLORO CHE MI HANNO MESSO IL PRESCELTO FRA LE RICORDATE E CHI LA SEGUE ANCORA ( DELLE TRE, E' QUELLA CHE MI DA ANCORA I BRIVIDI) SPERO CHE QUESTA VI PIACCIA... E ANCHE CHI MI HA MESSO FRA GLI AUTORI PREFERITI ( 5 PERSONE! WOOW! SONO CONTENTISSIMA E SPERO DI CONTIUNARE A SODDISFARVI COME AUTRICE...) PER IL RESTO, DITEMI COME TROVATE QUESTO NUOVO CAPITOLO. SI RIPARTE, CIURMA!
AVERYN

CAPITOLO 1

 

LETTERE DA SILENTE

 

La torta era buonissima, grazie mamma” ringraziò Harry, rilassandosi sullo schienale.

Erano in cucina con Remus, Louise, Frank e Sirius. Il piatto vuoto era stata presentata la torta ormai era sporco di briciole.

Era il tredicesimo compleanno di Harry e nell'arco della giornata aveva ricevuto molti regali dai suoi amici. Quella mattina, Hermione e Neville gli avevano inviato, insieme agli auguri, uno Spettrocolo e il libro il Quidditch attraverso i secoli. Louise e Frank gli avevano regalato rispettivamente un diario parlante (“non rimandare a domani quello che puoi fare oggi” continuava a ripetere ogni volta che lo si apriva) e un lumino mimetico, che dava una chiara visibilità notturna ampliando la luce della luna; infine, aveva ricevuto dai John e Richard dei recipienti colorati da cui uscivano uccelli esotici nel momento in cui c'era la necessità di inviare un gufo e non si aveva il proprio a portata di mano.

Remus si schiarì la voce dopo qualche attimo di silenzio generale. “Beh, penso di dover fare un annuncio”.

L'attenzione di tutti si concentrò su di lui, e le cicatrici che l'uomo aveva sul viso si distesero mentre sorrideva. “Sarò il nuovo professore di Difesa contro le Arti Oscure a Hogwarts” dichiarò.

A Louise e Frank sfuggirono delle esclamazioni d'approvazione e sorpresa.

Anche Harry era felice...Finalmente qualcuno che sarebbe stato all’altezza del suo compito! Con Remus come professore, era sicuro che l'anno non avrebbe presentato falle, diversamente dai due precedenti.

La reazione meravigliata di Louise fu subito sostituita da un'espressione impaurita. "Ma…ma…” balbettò, preoccupata. “Hai davvero accettato?”

Remus annuì. “Sì, beh, mi sembrava una buona occasione” rispose semplicemente.

Louise sbatté un pugno sul tavolo, inferocita. “Te lo proibisco! Tu…tu hai quel problema…”

Remus si concentrò sull’ultimo pezzo di torta rimasto nel piatto. Era evidente che cercava di rimanere calmo e pacato, nonostante l'irruenza della nipote.

"Non penso che una ragazzina mi debba ordinare quello che sia meglio per me. Pensi che Silente non abbia previsto tutto? Piton mi farà una pozione per colmare i miei…problemi, come li chiami tu…”

L'umore di Harry crollò immediatamente quando si ricordò di quanto fosse incisiva la licantropia di Remus. Passò in rassegna i volti dei suoi genitori e Sirius, che sembravano voler evitare lo sguardo del loro amico. Harry ebbe l'impressione che fossero stati messi a parte già tempo prima dell'inserimento di Remus nella scuola e che non condividessero questa prospettiva. Louise non aveva tutti i torti a preoccuparsi per lo zio, soprattutto se si metteva in mezzo l'odiato professore Piton.

Non mi fido di lui” gli sfuggì.

Remus incrociò il suo sguardo, ma non rispose.

"Suvvia” s'inserì Lily ragionevole, cominciando a sparecchiare la tavola.“ E' vero, Piton non è esattamente il tipo di cui ci si può fidare…ma ormai è sotto gli ordini di Silente, e non credo che voglia rischiare la pellaccia per mettersi nei guai, no?”

"No di certo” rise Sirius amaramente, scoccando un’occhiata di sbieco a Remus, “a meno che non lo si chiami Mocciosus”.

James, Remus e Sirius scoppiarono a ridere. Lily, invece, lanciò loro uno sguardo severo, ma preferì tacere.

Anche sul volto di Harry spuntò un lieve sorriso, ma la sua attenzione fu catturata dal gufo di casa, apparso sul ballatoio della finestra della cucina.

"Ecco Hancock!” esclamò Lily, e aprì l'anta per farlo entrare.

Il gufo lasciò cadere la lettera proprio accanto al lavandino, per poi planare sul tavolo davanti a James. “E bravo il nostro gufetto” ammise questo, per poi rivolgersi a Lily.

Che c’è scritto su quella lettera, tesoro?”

Un momento” borbottò nervosa lei, asciugandosi le mani e poi aprendo la lettera.

All’interno vi era una pergamena, che la madre di Harry srotolò e lesse lentamente. A ogni parola, i suoi occhi così simili a quelli del figlio, si ingrandirono sempre più dalla sorpresa e il compiacimento. Poi guardò Harry.

E' il professor Silente” informò con un filo di voce. “Vuole…vuole venirti a prendere il ventisei di agosto. Qui non dice altro…immagino che sia per insegnarti quello che ti aveva promesso a scuola…”

Harry annuì: c’erano due lettere che il preside aveva inviato la prima volta, una privata per lui e l'altra, più ufficiosa, ai suoi genitori. Li aveva rassicurati scrivendo un lungo elogio sul suo coraggio nella Camera dei Segreti, informandoli anche che gli avrebbe insegnato a combattere, e il segreto era rimasto in famiglia, inclusi ovviamente Sirius, Remus e i due amici Louise e Frank.

Gli occhi di Frank brillarono di ammirazione e un po’ di invidia.

Quindi imparerai a difendere davvero Neville, Harry? Vorrei poter essere al tuo posto…”

Io no” rispose subito Harry, rilassandosi. La copertura lo faceva sentire come se potesse parlare più liberamente. “Vuoi mettere? Io solo con gli insegnanti, senza nessun altro?”

Beh, se parli di anime vive…” fece una battuta Sirius, e Frank sghignazzò. “Io invece trovo che sia un’ottima cosa, Harry. insomma, se Silente ritiene che tu sia all’altezza, ne approfitterei subito!” concluse seriamente il padrino.

Harry scrollò le spalle; in tutta franchezza, non sapeva che pensare.

Se solo loro avessero saputo quello che stava per fare…e se solo l’avesse saputo lui!

Per sviare dal momentaneo imbarazzo optò per ritirarsi in camera sua.

"Sono molto stanco. Penso che andrò a letto” annunciò e s’alzò.

Buonanotte, Harry” salutarono i presenti. Prima che fosse uscito dalla cucina, la madre, gli diede la lettera. “Credo che appartenga a te, no?” sussurrò, per poi baciarlo lievemente sulla fronte.

Harry le rispose con un cenno e, attraversato il salotto, salì sulle scale di legno che portavano al piano di sopra e si chiuse in camera sua.

Il fatto che si sentisse stanco non era completamente una bugia: le gambe gli tremavano e la testa gli girava.

Ora che era da solo, si rese improvvisamente conto che gli strani sogni erano misteriosamente scomparsi. Si chiese se questo fosse un bene, visto che l’argomento principale cui avrebbe trattato con Silente era proprio quello delle visioni.

Posò la lettera sulla scrivania, dove già giacevano quelle di auguri da parte di Neville e Hermione, e prese la prima che Silente gli aveva mandato quell’estate.

L’aveva letta talmente tante volte che la pergamena si era quasi stropicciata, ma ogni volta che la prendeva fra le mani e le parole scorrevano sotto i suoi occhi, aveva come la necessità di scoprire se era tutto vero.

 

Caro Harry,

a seguire di quanto promesso, verrò a prenderti verso agosto, e presto manderò una lettera di conferma anche sull’orario.

Saluti, Silente.

 

Harry si alzò, le mani che ancora gli tremavano, e la ripose sulla scrivania piena di libri e fogli, per poi prendere quella che aveva appena ricevuto, che recitava:

 

caro Harry,

Inizio con l'augurarti buon compleanno.

A conferma di quanto promesso, sarò sotto casa tua alle sei di pomeriggio del giorno ventisei agosto, per portarti con me a Hogwarts.

mandami un gufo di risposta,

Silente.

 

Questo fece sentire Harry ancora più eccitato, e con una gomitata fece spazio sulla scrivania, tirando fuori dal mucchio piuma e calamaio e una pergamena fresca per rispondere a Silente.

Ma aveva appena aperto la boccetta d’inchiostro, che qualcuno bussò alla porta.

Posso? Sono Frank!” si svelò quello.

Harry sussultò, rimise il tappo alla boccetta e si precipitò come un fulmine sulla soglia di camera sua.

Sto andando via” fece lui, entrando a piccoli passi dentro. “Volevo salutarti”.

Harry rivolse un veloce sguardo all’inchiostro, alla piuma e alla pergamena, il cuore che batteva ancora forte per l’emozione. Poi tornò su Frank.

Certo” disse distrattamente.

Frank si sporse oltre lui con curiosità, l'espressione furba sul volto. “Che stavi facendo?”

Harry non poté fare a meno di nascondere un sorriso, e inconsciamente si parò davanti a lui.

Nulla...stavo solo...”

Rispondendo a Silente?” completò l'amico per lui.

Harry si sentì più rilassato e fece spallucce. “Beh...sì” rispose mesto, mentre rispondeva al sorriso di Frank. “Vuole che gli mando un gufo entro stasera...sai, giusto per sapere se ho lasciato perdere.”

Ma tu non lo farai, no? Insomma, non è da te” disse Frank, lanciandogli un'occhiata ammirata.

Immagino di no” confermò lui, rivolgendo anche lui alla scrivania uno sguardo.

Qualcun altro bussò alla porta: era Louise, che s'avvicinò loro in maniera felina.

Anche noi stamo andando via” disse velocemente, dando due baci a ciascuna guancia di Harry.

Zio è molto stanco, e io devo assolutamente andare a casa” .

Poi sembrò rivolgersi ai due con tono sommesso. “Sapete, la luna nuova non è mai facile per lui. In effetti, mi chiedo ancora come abbia potuto accettare il posto che gli ha dato Silente...ma chi sono io per contraddire zio Remus, giusto?”e tirò un sospiro, quasi di sollievo. Anche Harry, come lei, pensava che prendere la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure non fosse di buon auspicio date le condizioni del nuovo insegnante, anche contando il fatto che sembrava maledetta: il loro primo anno, Raptor era stato posseduto da Voldemort, ed era morto per mano di Neville; solo l'anno prima, Allock, quell'uomo megalomane e vanitoso, era morto sotto le macerie mentre lui, Neville e Ron andavano a salvare la sorella di quest'ultimo nella Camera dei Segreti, che poi si era rivelata essere lei il grande segreto...quindi, se Remus aveva scelto di accettare il lavoro, non doveva stupirsi se i suoi cari si preoccupavano per lui.

D'altro canto, credeva anche che se Silente l'aveva scelto, era all'altezza del suo compito.

Sarà un professore bravissimo, vedrai” la rassicurò Frank “insomma, è già un lupo mannaro, cosa può capitargli di peggio?”

Louise gli lanciò un'occhiata ansiosa, mentre si mordeva il labbro inferiore. “Non lo so, forse...essere picchiato dal Platano nei giardini di Hogwarts?”

Harry e Frank risero; non c'era verso di sollevare il morale di Louise, ma Harry doveva ammettere che la trovava piuttosto divertente in momenti come quelli.

Qualcuno chiamò Louise di sotto, e Harry vide la ragazza imbronciarsi mentre scoccava uno sguardo da dove veniva la voce. “Suppongo di dover andare” si rassegnò, prima di dare un altro bacio veloce alla guancia di Harry. “Ci vediamo a scuola” salutò con un sorriso, prima di trovarsi di fronte a Frank, contro il quale quasi sbatté. Louise esitò, così fece Frank, e rimasero immobili per un attimo; poi lei scosse il capo – Harry ebbe l'impressione che fosse arrossita violentemente, ma non ne ebbe la completa certezza- e disse semplicemente: “Beh, ehm...rimaniamo in contatto, no?”

Sicuro” sorrise dolcemente Frank,e Harry intravide un po' di delusione nel suo volto come la vide scendere le scale. Ma dopotutto, cosa si aspettava che accadesse?

Con un cenno del capo, i due ragazzi la seguirono lungo le scale, proprio dove, nell'ingresso, li attendevano Sirius e Remus.

Harry si diresse verso di loro con un sorriso, trovando in quel momento come si sentisse rassicurato nell'incrociare i loro sguardi.

Abbracciò Sirius stretto. “Stammi bene, eh? E ricorda: ce la puoi fare. Silente ha scelto te”.

Dici che sarò all'altezza?” chiese Harry, guardandolo, un groppo al cuore. Ma ancora una volta, Sirius lo risollevò con un sorriso.

Certo. Scommetto su di te, Harry” rispose.

Harry sapeva che ovviamente pensava a qualcos'altro, e non a quello che doveva realmente affrontare, che oltretutto era oscuro anche a lui, così si limitò ad annuire.

Poi il suo sguardo andò su Remus, che gli regalò delle pacche sulla spalla.

Mi raccomando, impegnati” disse lui, e Harry gli sorrise ancora una volta.

Ci proverò ” lo rassicurò Harry.

Ci vediamo a scuola” gli sorrise Remus, e con un pop lui e Louise si Smaterializzarono dalla stanza, succeduti subito dopo da Sirius e Frank.

Lily, James e Harry rimasero qualche secondo a fissare il punto in cui i quattro erano spariti.

Bene” sospirò James, “credo che sia ora di andare tutti a letto. Che ne dici se domani ti faccio allenare come Cercatore, eh, Harry?”

Harry sollevò lo sguardo su suo padre: i suoi occhi erano talmente fieri di lui! Da quando James aveva saputo che Oliver Baston l'aveva preso nella squadra, era diventato più orgoglioso che mai! Harry gli aveva prontamente scritto, e ovviamente lui non aveva fatto altro che tempestarlo di lettere tutte le volte che era in programma una partita di Quidditch per sapere se lui aveva vinto o meno.

Certo” rispose Harry, contento che James avesse avuto l'iniziativa.

Beh, è fatta allora” sbadigliò questo con un sorriso, raggiungendo la madre sulle scale.

Buona notte tesoro” fece Lily, e James lo salutò con un gesto della mano mentre saliva le scale dietro sua moglie.

Buonanotte” disse loro Harry, ma ebbe l'impressione che i suoi genitori non l'avessero sentito, perchè erano già sugli ultimi gradini che avrebbero portato al piano superiore.

Con un sospiro, Harry andò quindi nella sua stanza, ma non era ancora tempo di dormire: prima doveva risolvere una cosa.

Così si sedette alla sua scrivania, intinse la piuma nel calamaio e scrisse una veloce risposta al professor Silente. Una volta terminata, la rilesse per controllare che non ci fossero errori.

 

Caro professor Silente,

do la conferma che il ventisei agosto alle sei di sera lei potrà venire a casa mia per portarmi a Hogwarts.

Harry

 

Forse era un po' troppo breve, ma a Harry non venne di scrivere nient'altro.

Così, stretta la lettera a uno spago, andò alla gabbia di Arnold e gli intrecciò alla lettera alla zampina. Bastarono poche carezze per risvegliarlo.

Devi portare questa lettera al professor Silente, credi di potercela fare?” gli bisbigliò.

La civetta strizzò gli occhi, come se pensasse che era completamente impazzito, ma non poté opporre resistenza quando Harry gli legò con decisione la lettera con lo spago.

Così l'uccello, dopo avergli lanciato diverse occhiate minacciose, non poté fare altro che sbattere le ali e prendere il volo oltre la finestra, nel buio della notte, diventando un puntino sempre più lontano alla vista.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Albus Percival Wulfric Brian Silente ***


Capitolo 2

 ALBUS PERCIVAL WULFRIC BRIAN SILENTE

 
Harry aspettò con ansia quel ventisei di agosto, ma quando giunse, non poteva credere che fosse arrivato per davvero.

Quando si fermò sui gradini delle scale, vide Silente che era sulla soglia della porta, con quel fare elegante ma allo stesso tempo scattante.

Salve Silente!” lo accolse caldamente Lily. “Vuoi entrare? Posso offrirti qualcosa, come un tè? O forse qualcosa di più forte?”

Silente annuì, sorridendo con gentilezza. “Sei molto cara, Lily. Sì, forse un bicchierino di Whisky Incendiario non guasterebbe” rispose, alzando lo sguardo su Harry.

Salve Harry” sorrise serenamente.

Salve signore” rispose Harry.

E' tutto pronto, presumo?” chiese questo, lo sguardo immobile che faceva sentire Harry come se lo esaminasse fino in fondo.

Questo si sentì in imbarazzo; in effetti, fino a quel momento, aveva preparato poche cose.

Io...non proprio tutto, signore” rispose, sperando di non essere arrossito e che il professore non indovinasse i suoi sentimenti.

Lily gli lanciò un'occhiata severa, ma prima che potesse riprenderlo Silente posò su di lei una mano per calmarla. Harry provò un grande sollievo in questo gesto; ci mancava soltanto che dovesse sfigurare davanti al preside!

Se non sono maleducato, Lily, mi piacerebbe moltissimo bere quel bicchiere di Whiskey che ti avevo chiesto... “

Questo distrasse completamente Lily da qualsiasi rimprovero. “Certo! Farò in un attimo! Tu accomodati pure!” e scattò in cucina.

Silente sorrise complice a Harry, per poi accomodarsi sul divano e tirare un sospiro.

Io ti aspetto qui” disse, poggiandosi completamente sullo schienale dei divani.

Sì, signore” annuì il ragazzo, e salì sulle scale per poi tornare in camera sua.

Non aveva preso molte cose, ma non le considerava in effetti neanche necessarie.

Così si limitò a ficcare le scarpe da ginnastica nel sacco e scese giù velocemente con il baule che conteneva tutti i suoi effetti di scuola, fra cui il mantello dell'invisibilità.

Trovò sua madre e suo padre coinvolti in una fitta conversazione con Silente nel soggiorno.

James fu il primo ad accorgersi della sua presenza. “Harry! Hai preso tutto?”

Harry annuì.

Molto bene” fece Silente, alzandosi. “Presumo quindi che la nostra bella chiacchierata sia finita. Harry, mi passeresti il tuo baule per favore?”

Il ragazzo fece come detto, titubante e curioso al tempo stesso di sapere cosa dovesse farci.

Silente puntò la bacchetta su di esso e, senza una parola, il baule sparì.

Ho fatto in modo che appaia direttamente a Hogwarts” spiegò lui allo sguardo interrogativo di Harry, che aveva avuto una gran paura a vedere il suo baule scomparire così.

Poi Silente si rivolse a James e Lily.

Credo che sia ora per noi due di muoverci” disse loro, “potete scrivergli durante scuola, e vederlo a Natale”.

I suoi genitori tornarono su Harry, gli sguardi fra gli orgogliosi e i preoccupati.

Sappiamo che è in buone mani” disse James, cercando di stare sereno.

Sì” disse Lily “con te è al sicuro”.

Harry abbracciò tutti e due i genitori, e poi si staccò da loro e si unì a Silente.

Non fare danni, d'accordo?” gli raccomandò Lily, senza riuscire a smettere di emozionarsi all'idea di vedere il suo bambino lasciarli per la prima volta.

Ci proverò” rispose Harry, mentre Silente gli lanciava un'occhiata divertita.

Con un ultimo cenno di saluto, mago e ragazzo uscirono di casa.

Mentre s'allontanavano, Harry rivolse un ultimo sguardo nostalgico alla porta e al giardino, conscio che non sarebbe tornato prima delle vacanze di dicembre.

I due continuarono a camminare, finché Harry non s'accorse che stavano ancora percorrendo le strade di Godric's Hollow.

Signore” chiese timidamente a un Silente che sembrava sicuro di sé, “signore, non dovremmo essere a Hogwarts?”

Silente parve riprendersi in quel momento, come se fosse stato concentrato su tutt'altro.

Oh, sì, hai ragione, Harry, dovremmo” ammise, cadendo dalle nuvole.

E allora dove sono le scope? Oppure, non ci dovremmo Smaterializzare nei pressi, come il villaggio di Hogsmeade?” chiese velocemente Harry, usando tutto quello che sapeva sulla sicurezza della scuola per suggerire vie alternative al preside.

Sì, Harry” rispose calmo Silente, “ ma il fatto è che non stiamo andando a Hogwarts”.

Harry sbiancò velocemente, il cuore che gli batteva a mille.

Come...come sarebbe a dire che non andiamo a Hogwarts?” chiese lentamente.

Silente gli sorrise. “Oh sì, Harry; stiamo andando, infatti, a casa mia”.

Harry strabuzzò gli occhi, sconcertato e sorpreso.

A casa sua?” ripeté, sentendosi anche un po' stupido perché non faceva altro che ripetere le parole del preside.

Silente però non sembrò pensarla in questo modo, e annuì, come se stesse guidando Harry a un ragionamento. “Sì, pensavo fosse più comodo per entrambi. I tuoi bagagli sono già lì”.

Non si trovavano quindi, come Harry pensava, a Hogwarts, ma in questa casa, che doveva essere anche piuttosto vicina, dato che stavano percorrendo il villaggio a piedi.

Signore” chiese di nuovo timidamente il ragazzo, “lei abita qui vicino?”

Diciamo di sì” rispose il professore evasivo.

Dopo qualche metro, i due svoltarono in una stretta via dove vi erano molte case che all'epoca dovevano avere un certo prestigio, ma che ora erano abbandonate.

Harry si chiese per quale motivo Silente avesse voluto scegliere di vivere in un posto così antiquato, nel momento in cui si fermarono davanti al cancello di una di queste.

Silente spostò facilmente il cancelletto che dava sul giardino di casa e Harry lo seguì senza fiatare, curioso e spaventato al tempo stesso.

Come aveva aperto il cancello, Silente aprì la porta di casa con altrettanta facilità e presto mago e ragazzo furono dentro.

Un po' di luce, eh, Harry?” disse Silente, allegro, mentre la punta della bacchetta illuminava fiocamente ciò che c'era davanti a loro.

Harry ebbe modo così di curiosare un tantino sulla vita del professore; si trovavano nell'ingresso, fatto di un lungo corridoio di specchi e di comodini.

Mentre Silente lo precedeva, Harry si avvicinò ad alcuni di essi e vide che sopra vi erano sparse diverse foto che raffiguravano un Silente più giovane con sua madre, una piccola bimba e un ragazzo che doveva essere suo fratello; in un altro, Harry vide il volto di un giovane dalla chioma bionda e il volto furbo, che Harry presumette dovesse essere un suo vecchio amico.

Tutte quelle foto gli diedero una sensazione strana, ma una cosa lo fece più di tutte:

un libro, Vita e menzogne di Albus Silente.

Signore” chiese Harry, domandandosi perché conoscesse tutte quelle facce, e quel libro gli sembrasse così familiare, “chi sono queste persone nelle foto? E quel libro....”

Ma Silente sembrò non averlo sentito, e andò avanti senza dire una parola.

Confuso, Harry lo seguì fino alla fine del corridoio, dove il professore si fermò.

Bene, Harry, dovremmo essere nel salone” ragionò Silente, illuminando con la bacchetta i divani del soggiorno.

Ti faccio strada” gli disse, e Harry, trotterellò dietro di lui fino a una porta, che sembrava essere un armadietto delle scope, a cui il preside parve dare un immotivato interesse, secondo Harry.

Professor Silente” lo riprese, sorpreso dallo strano comportamento del mago, “professore, perché stiamo guardando un ripostiglio?”

Silente sfiorò con la mano destra il perno della porta con aria seria e concentrata.

Ah, Harry... Sai, certe semplici cose nascondono molti più misteri di quanto diano a vedere a occhio nudo...è per questo che sono il posto ideale per i segreti” sospirò questo, e con un solo clack la porta si aprì. Da essa uscì una curiosa luce bianca, che catturò sempre di più l'attenzione di Harry.

Silente gli sorrise. “Sei pronto?”

Harry, che sentiva l'adrenalina crescergli nel corpo per l'agitazione, annuì e, dopo che Silente ebbe oltrepassato la soglia per primo, fece lo stesso.

Si sarebbe aspettato di tutto, e per un primo momento credette di essere morto: ma non lo era, perché un'ondata di vento gli andò contro la faccia.

Davanti a lui, solo la luna illuminava il paesaggio, che era mozzafiato: era aperta campagna, e lui si trovava su una strada battuta che portava dritta a un grande cancello di una grande, maestosa villa nei pressi di un piccolo lago poco distante.

Harry sulle prime pensava che fosse Hogwarts, ma dovette sbagliarsi, poiché il castello dava sulla Foresta Proibita, e soprattutto non vi era quel giardino addomesticato di maestosi fiori giganti e siepi che si potevano intravedere oltre i cancelli neri della casa di Silente.

Harry si chiese quanto potesse essere famoso quel mago per permettersi una dimora del genere.

Il ragazzo si voltò indietro; sarebbe ancora valsa la pena di tornare in quella che sembrava essere la vecchia residenza del preside o, ora che ci pensava, il suo ripostiglio personale?

La porta del passaggio era ancora lì, aperta nell'oscurità.

Hai intenzione di seguirmi, Harry?” chiese Silente di lontano.

Con uno sguardo, il ragazzo notò che il preside era già a metà della via, capendo di non avere molta scelta; ad essere sinceri, il posto dove era appena stato gli metteva i brividi.

Così annuì e s'avviò per la stretta stradina di campagna.

Ben presto i due raggiunsero i cancelli neri. Harry vide Silente allungare di nuovo la mano destra verso l'apertura, e con un clack i due entrarono nei giardini.

Come Harry li vide, ebbe l'impressione che fossero molto più grandi di quanto li avesse percepiti: vi erano grandi siepi, e stradine, e ponti di erba, e grandi, grandi fiori che arrivavano quasi all'altezza umana; e tutto questo si estendeva oltre gli occhi di Harry, propagandosi in un paesaggio mozzafiato che fece andare al ragazzo il cuore in gola.

Dovresti vederli di giorno” disse Silente con tono estasiato, mentre passavano accanto a una siepe di fiori esotici, “sono un'esplosione di colori. Fanny si diverte molto a giocarci e a beccarli”.

Al nome Fanny il cuore di Harry batté all'impazzata, ricordandosi come lui, Neville e Ron gli dovessero la vita; era stato soprattutto merito suo se il Basilisco l'anno prima era morto, ed era lei che aveva portato il Cappello Parlante e la Spada di Grifondoro nella Camera dei Segreti.

Fu talmente immerso nei suoi ricordi che non si accorse di essere arrivato davanti alla porta di casa. “Ti mostro com'è dentro, Harry” gli disse Silente.

Harry si aspettava che il professore aprisse la porta come tutte le altre, invece il mago si limitò a spingerla verso l'interno, che sembrava essere accessibile.

Come i due entrarono nella stanza, tutte le luci si accesero: il lampadario nell'ingresso, le candele ai lati e anche quelle che illuminavano le scale che portavano ai piani superiori, il cui accesso era costituito da piccole porte ad arco. Al centro, vi era la scalinata principale.

Harry si chiese se avrebbe mai trovato la via d'uscita una volta arrivato in camera sua – e se sarebbe stato capace di ritrovarla una volta uscito da lì- perché ovviamente non vi erano solo le tre scale, ma c'erano altri due corridoi che precedevano i due muri ai lati della scala centrale, che portavano in due direzioni opposte ed ignote.

Harry capì che Silente aveva notato quanto la sua casa fosse grande oggetto d'interesse per lui, ma parve non volerlo assecondare.

Vieni Harry” lo invitò “ti mostro dov'è la tua stanza”.

Harry lo seguì senza fiatare per la scala principale. La strada era molto più semplice di quanto pensasse: bastava solo salire un paio di gradini e, girato a destra, si trovò una stanza piuttosto grande (quasi un appartamento, doveva essere sincero) dove campeggiava un grande letto matrimoniale di seta rosso, con tende rosso e oro che risaltavano con le pareti degli stessi colori.

Vi erano grandi finestre che di giorno facevano passare grande luce, ma ora riflettevano soltanto le ombre; ai lati di queste vi erano due lumi con tre candele ciascuno che rendevano chiara la visione della stanza. Accanto alla finestra alla destra di Harry vi era una scrivania con penna, inchiostro, calamaio e Arnold in una gabbia posato proprio a terra accanto ad essa.

Harry trovò il baule ai piedi del letto, già aperto ma intonso.

L'effetto era assolutamente fantastico: non avrebbe desiderato di meglio.

Ti piace?” chiese Silente, con il sorriso che gli si allargava sempre più.

Harry si voltò verso di lui, colmo di felicità. “E' magnifica, signore” disse.

Sono contento che ti piaccia” gli disse sereno Silente; poi si guardo l'orologio e l'espressione divenne seria. “Si è fatto tardi” disse “ci incontriamo domani per colazione. Buonanotte, Harry”.

Buonanotte, signore” disse Harry, buttandosi sul letto morbido.

Si rese conto in quel momento che non aveva concordato un orario per la mattina successiva, né sapeva dove accidenti si trovasse la sala da pranzo, ma poco importava; prima che se ne rendesse conto, era già immerso nel mondo dei sogni.

 

La mattina successiva, Harry si svegliò di soprassalto; si era addormentato sopra il letto, e si rese conto in quel momento di indossare ancora i vestiti della serata precedente.

Così ne tirò fuori un altro paio, chiedendosi dove si trovasse il bagno per lavarsi, e andò nel panico quando pensò che avrebbe dovuto girovagare per la villa – o meglio, labirinto, secondo il punto di vista di Harry- per trovarne uno.

Ma aveva appena finito di pensarlo che sentì un rumore venire dietro di lui e si voltò; proprio accanto alla finestra, era emerso un lavandino, un tazza da bagno e uno specchio, con tutte le lozioni e profumi che servivano a Harry per lavarsi.

La prima reazione del ragazzo fu di sorpresa: a quante cose aveva pensato Silente?

Poi si preparò, e solo quando fu pronto tutti gli accessori del bagno sparirono, risucchiati dalla parete.

Ora era pronto per la colazione, e questo secondo pensiero lo afflisse non meno del precedente; dove sarebbe andato? Doveva incontrarsi con Silente proprio lì, ma dove si trovava lui?

Credendo che probabilmente una qualche porta o camera segreta sarebbe uscita fuori come aveva fatto il bagno, decise di calmarsi e di tastare le pareti; tuttavia rimase deluso. Nessuna di queste portava a sale da pranzo o cucine segrete.

Così si rassegnò all'idea di doverla andare a cercare...ah, se solo Silente gli avesse dato le coordinate! Avrebbe potuto trovarla benissimo da solo, invece di risolvere ignoti rebus!

Andò alla porta, più scocciato che mai; ma non ebbe finito di pensarlo, che si trovò proprio sulla soglia di una elegantissima e raffinatissima sala da pranzo, con un bel tavolo in legno scuro allestito di tovaglia di pizzo e servizio color panna, circondata da mobili con libri e pergamene, illuminata a giorno da due grandi finestre velate solo da una tenda bianca.

A completare lo scenario, vi era il professor Silente che sorseggiava quella che doveva essere una tazza di tè.

Sul tavolo proprio accanto alla teiera, vi era piegato un giornale, che doveva essere la Gazzetta del Profeta di quel mattino.

Il preside sollevò gli occhi solo per fargli capire che l'aveva notato.

Buongiorno, Harry. Dormito bene?” chiese, affabile, come se il ragazzo vivesse lì tutti i giorni e fosse abituato a quel trambusto.

Harry strabuzzò gli occhi, sconcertato; come poteva vivere in una casa del genere? Senza un minimo di ordine, bastava solo che si pensasse quello che si desiderava e quello...appariva semplicemente. Così come era spuntato il bagno e la sala da tè di Silente, Harry si chiese se allo stesso modo il preside avesse ordinato il caffè, il tè e i dolci in tavola.

Io...sì” rispose Harry.

Silente gli sorrise. “Siediti. Qui c'è tutto quello che vuoi”.

Harry annuì e si sedette davanti al padrone di casa.

A giudicare dal tuo viso, sembra che tu abbia già scoperto la bellezza di questa casa.

Voglio rassicurarti, Harry; è esattamente come tutte le altre...solo che non hai la scomodità di doverti allontanare troppo. Ad esempio, se desideri trovarti nel bancone al piano di sopra, sarai lì non appena avrai aperto la porta di questa stanza” e sorseggiò un po' del suo tè. Harry annuì, perché aveva avuto esperienza delle parole di Silente, e prese a versarsi del caffè nero in una tazza, e il succo di zucca nel bicchiere di vetro alla sua sinistra.

Tuttavia, “ aggiunse il preside, “ci sono luoghi dove la casa non ti lascerà passare”.

Harry lasciò andare la brocca del suo latte un po' sulla tovaglia, mentre guardava sorpreso Silente.

Come sarebbe a dire, professore?” chiese, quasi in un fil di voce.

Beh, non so se hai presente quei due corridoi all'entrata” riferì tranquillo l'altro, rubando una delle ciambelle glassate da uno dei piatti al centro tavola, “ ho provato molte volte a entrare, ma è la casa che decide se è il momento di farti passare per certe vie. Ed evidentemente non vuole mostrarmela. Tante volte, non mi lascia neanche avvicinare a quei corridoi, se lo desidero”.

Potrei provarci io, signore” si propose Harry, che a dire il vero era molto curioso.

Non oggi, Harry” disse Silente, anche se sembrava contento che glielo avesse detto, “abbiamo molte cose da fare. Dobbiamo lavorare soprattutto su di te”.

Che cosa abbiamo in programma, allora?” domandò di nuovo Harry, avvicinandosi una coppa di cornflakes e la teira del latte e servendosi. Non poteva negare di essere affamato, e tutto quello che mangiava era squisito, per quanta inquietante fosse l'idea di vivere in una casa che decideva per te.

Prima di tutto, Harry, dobbiamo andare nei sotterranei” spiegò Silente, “lì ho tutta la mia attrezzatura. Una volta arrivati in laboratorio, ti spiegherò meglio”.

Improvvisamente, la finestra dietro Silente s'aprì con uno scatto, come spalancata dal vento, e fece il suo ingresso una lince fantasma. Harry sapeva cos'era: un Patronus.

Lo sapeva, perché i suoi genitori, così come Sirius e Remus e tutti quelli che avevano fatto parte dell'Ordine della Fenice ne avevano uno.

Pericolo. Pericolo. Pericolo sulla strada di London Street. C'è un'attentato. Minaccia” parlò il Patronus con una voce maschile che Harry non conosceva.

Sia Harry che Silente guardarono poi la lince svanire come fumo, e fu allora che il ragazzo guardò il preside, che non gli era mai sembrato così serio.

Dopo un attimo di silenzio, il mago balzò dalla sedia con uno scatto, uscì dalla stanza e ritornò nella sala da pranzo con indosso un mantello da viaggio. Poi si fermò, e studiò Harry con aria preoccupata e delusa al tempo stesso.

Signore, che succede?” chiese Harry, perché non gli erano piaciute per nulla le parole di quel Patronus.

Nulla, Harry, ma è una chiamata urgente, e devo assolutamente andare” fece sbrigativo il professore. Harry non voleva contraddirlo, ma sentì un leggero fastidio nel sentire che non era successo nulla, perché a lui sembrava che ci fosse un pericolo, e anche piuttosto grave.

Posso essere d'aiuto, professore?” chiese Harry, prima che il preside potesse lasciare la stanza.

Silente si voltò e lo guardò, un sorriso debole che gli compariva sul volto.

No, Harry. Tranquillo. Solo, credo che la nostra lezione sia saltata per oggi...quindi divertiti per i giardini, tornerò presto” e uscì, senza dare altre spiegazioni.

Harry era deluso del fatto che il preside se ne fosse andato: primo, perché sarebbe stato per la prima volta veramente solo con la casa, e secondo perchè sentiva che sarebbe potuto tornare veramente utile al preside, in qualche modo.

Invece decise di passeggiare per i giardini, e scrivere lettere a tutti i suoi amici in mezzo a quei meravigliosi prati.

Avrebbe passato l'intera giornata a passeggiare per le vie di quella immensa tenuta floreale, che risaltava più verde e colorata che mai sotto la luce; qua e là, lungo il giardino domestico, composto anche di panche in pietra, laghetti di pesci dai colori fosforescenti e irreali, vi era anche qualche scultura di maghi dalla cui bacchetta o bocca uscivano getti d'acqua per bere o perché facenti parti di fontane.

Mentre Harry attraversava un ponte d'erba e passava sotto a una volta di rami, si chiese se quello fosse il paradiso, e fosse morto per davvero.

Smise di girare per i giardini solo quando fu piuttosto tardi, e il sole già calava a est, così rientrò.

Si ritrovò nell'ingresso, dove tentò di passare per entrambi i corridoi – inutile dire che non ci riuscì – e così salì stanco in camera sua. Mentre si infilava il pigiama, realizzò che Silente non era ancora rientrato in casa. Forse aveva avuto qualche inghippo, Harry non lo sapeva, e si rese conto in quel momento che neanche gli importava; sapeva che sarebbe tornato, perché Silente riusciva sempre a districarsi dai guai. Così si infilò fra le coperte e s'addormentò, stanchissimo.

Si svegliò quello che lui percepì essere poco dopo, e quando aprì gli occhi capì di non trovarsi più in camera sua, ma in qualche ambiente segreto e oscuro che ricordava tanto l'aula di Pozioni.

Ben svegliato, Harry” lo salutò Silente, facendolo voltare nella sua direzione; il professore gli dava la schiena, e sembrava avere un gran daffare con fiale e fialette che prendeva da armadietti sopraelevati.

Dove sono?” chiese il ragazzo, confuso.

Nel mio laboratorio,” spiegò Silente, “ ti ho portato qui dalla tua stanza. Sembravi piuttosto assonnato, ma sapevo che prima o poi ti saresti svegliato”.

Harry guardò attentamente il preside; non sembrava che quello per cui era stato chiamato, così oscuro e pericoloso, lo avesse toccato particolarmente.

Decise di non pensarci. “Perchè mi ha portato qui? Che cosa dovremmo fare, esattamente?”

Oh, niente Harry” lo rassicurò svelto l'altro, avvicinando uno sgabello al lettino dove giaceva lui, “ solo estrarti qualche immagine. Poi potrai tornare a dormire. In teoria, potresti farlo anche adesso, se lo desideri”.

Harry annuì, e lasciò che Silente poggiasse la bacchetta sulla sua fronte.

Mille volti cominciarono apparirgli nella mente, mille luoghi anche a lui sconosciuti; vedeva lui, Ron e Hermione parlare fitto nella sala comune; lui che combatteva un serpente gigante, lui e Sirius che aveva un aspetto terribile, la porta che non riusciva ad aprire, lui e Silente nel suo ufficio...ma cosa volevano dire? Da dove venivano? Dal futuro, forse?

Silente pigiò la bacchetta ancora più forte contro la sua fronte, e Harry sentì come se tutte le cose che vedeva fossero risucchiate da essa, e più lo faceva, più le vedeva, più non capiva...finché ad un certo punto la fronte non gli bruciò; era doloroso e irreparabile. L'unica volta che gli aveva fatto male a quel modo era stato quando, due anni prima, era in compagnia di Neville e tutti e due, nello stesso istante, avevano percepito il bruciore alla fronte.

Silente tolse la bacchetta di scatto. “Harry, vai subito in camera tua e riposati. Credo che per oggi sia sufficiente. Vai a letto...continueremo domani”

Si avvicinò la fialetta, dove immerse la bacchetta e da cui uscì un liquido trasparente.

Il professore tappò la boccetta.

Ho detto vai a letto, Harry” insisté Silente.

Senza farselo ripetere un'altra volta, Harry aprì la porta dei sotterranei e si trovò in camera sua. Si gettò sul letto, stanchissimo, chiedendosi se anche il giorno dopo sarebbe stato così doloroso.

E il giorno successivo riprovarono, e Harry era sempre più stressato e stanco. Ogni volta che Silente gli puntava la bacchetta alla fronte con le immagini se ne andava, in qualche modo, anche un po' della sua energia, ma lui sapeva che era per il suo bene, e oltretutto era sempre più interessato alle boccette poste sul tavolo da laboratorio dove il mago inseriva le sue visioni.

In ogni caso, Harry ringraziò Silente per non averlo stressato quanto la prima volta; la fronte infatti gli faceva sempre meno dolore, come se il professore avesse trovato il modo di attutirlo.

Restarono a casa di Silente finché le tre boccette non furono piene, e il trentuno agosto furono costretti ad andarsene.

Quella sera, Harry raccattò tutto quello che aveva lasciato in camera sua e la chiuse nel baule.

Poi raggiunse Silente nell'ingresso e con un gesto della bacchetta il suo zaino e il suo baule svanirono come aveva fatto prima di partire.

Stavolta sono davvero al castello” lo rassicurò Silente, porgendogli il braccio.

Vieni qui, Harry” gli ordinò poi, e il ragazzo si avvicinò.

Dove ci smaterializziamo, signore?” chiese Harry, circondando il suo braccio attorno a quello del professore.

Da Madama Rosmerta” rispose il preside. “Sei pronto, Harry?”

Sì, signore” disse Harry, stringendosi al professore.

Strinse gli occhi, e presto sentì come se un gancio l'avesse afferrato all'ombelico che lo trascinava giù, sempre più giù in un tubo di scarico, che gli dava la sensazione di nausea, perché si sentiva stringersi e accartocciarsi, sperando che prima o poi finisse. Proprio quando non se l'aspettava, si sentì i piedi ben piantati a terra, il fresco tepore di Hogsmeade che gli attraversava le ossa.

Era la prima volta che Harry andava al villaggio, perché era permesso solo dal terzo anno in poi. E lui aveva l'autorizzazione dei suoi genitori, perciò non si sentiva di trasgredire nessuna regola.

Andiamo, Harry” gli disse Silente, entrando in un locale accanto a loro.

Harry lo seguì velocemente.

Era un locale piuttosto ampio e spazioso, che si chiamava i Tre Manici di Scopa.

Al bancone, Harry notò che serviva una bella donna bionda dall'aria indaffarata.

Buongiorno, Rosmerta” salutò cordiale Silente, e la donna chiamata Rosmerta sobbalzò.

Oh, Silente!” lo salutò. “Che piacevole sorpresa! E...cosa posso fare per te, e...”

Scoccò a Harry un'occhiata piuttosto curiosa.

Il professore battè una mano sulla sua spalla. “Rosmerta, questo è Harry Potter. Non sono venuto per una burrobirra” aggiunse, perchè lei stava già preparando i boccali.

Vogliamo solo due scope, per volare dritti a Hogwarts”.

Oh, ma certo, certo, ve le prendo subito” si riscosse lei, anche se sembrava dispiaciuta che non si fermassero, e trotterellò fino allo sgabuzzino.

I due rimasero da soli – i pochi clienti che occupavano il locale scoccarono loro degli sguardi stupiti, ma Silente non sembrò farci caso- e presto Rosmerta tornò con i due manici di scopa e ne porse uno a Harry e uno a Silente.

Harry si ricordò in quel momento che poteva avvalersi della Firebolt, ma Silente l'aveva spedita alla torre di Grifondoro, che era piuttosto irraggiungibile.

Grazie” le disse Silente, uscendo dal locale. “ Presto mi farò perdonare con una burrobirra...”

Ma si figuri, si figuri!” disse Madama Rosmerta, con un sorriso.

Silente montò sulla sua scopa, e Harry lo imitò.

Con uno sguardo, Harry si sollevò in aria nello stesso momento in cui lo fece Silente.

Fu solo quando sentì l'aria nei capelli che si sentì veramente al sicuro.

Sfrecciarono entrambi nella notte, sempre più in alto, verso quelle luci che risaltavano il castello di Hogwarts.


ECCOMI QUIIIIIIIII COME VAAA?  GRAZIE PER QUELLE PERSONE CHE MI HANO MESSO FRA LE SEGUITE....AVEVO CORRETTO IL SECONDO E QUINDI L'HO PUBBLICATO....ORA SOLO IL TEMPO DI CORREGGEERE IL TERZO E SCRIVERE IL QUARTO E POI VIA VIA LI PUBBLICHERò...NON SO SE COSì  VELOCEMENTE COME HO FATTO CON QUESTO... .PERò VABBè....MI POTRESTE LASCIARE UNA RECENSIONE SE NON VI SCOMODO PER SAPERE SE VI PIACE? POI SE NON VOLETE NON FA NIENTE....UN BACIONE A E ALLA PROSSIMA!
PS SE CI SONO ERRORI SEGNALATE E PERDONATEMI!

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Capitolo 3
*** Il Mistero Della Strega Orba ***


 

Capitolo 3

IL MISTERO DELLA STREGA ORBA

 Le scope atterrarono nei giardini davanti all' entrata di Hogwarts; i due smontarono e, lasciati i manici all'entrata, attraversarono la Sala d'Ingresso e cominciarono a salire le scale senza proferir parola.

Harry si chiese se Silente avesse in progetto un altro incontro.

“Professore” domandò Harry, “crede che dovrò presentarmi nel suo ufficio più tardi?”

Dall'espressione del preside capì che stava ancora decidendo.

“Credo di sì, Harry, ma te lo dirò soltanto dopo cena, sei d'accordo?”

Harry annuì, rendendosi conto alla parola 'cena' di essere affamato.

“Bene, ci si vede alle otto, allora” disse il preside, sereno. Senza pensarci, erano già arrivati all'altezza del quarto piano, sede dell'ufficio di Silente.

“A dopo, signore” salutò Harry con un cenno, proseguendo a salire le scale.

Durante il percorso, incontrò la professoressa McGrannitt che andava nella direzione opposta, le braccia piene di libri.

“Buonasera, professoressa” salutò il ragazzo,cordiale.

La McGrannitt sollevò lo sguardo su di lui, ma non sembrava sorpresa di trovarlo lì; evidentemente Silente l'aveva avvisata.

“Buonasera, Potter” rispose lei, e gli occhi da gatta le brillarono nella penombra del suo cappello a punta. “Spero che ti unirai a cena con noi, stasera”.

Harry si rese subito conto che avrebbe passato la serata in compagnia degli insegnanti; l'idea non lo entusiasmava, ma decise che non gli sarebbe importato, e tirò un sorriso.

“Ma certo, professoressa” rispose.

“Bene” sospirò la McGrannitt, sempre nel suo modo formale “ci si vede dopo, allora”

e scese in fretta la scalinata.

Harry prese di nuovo a salire e arrivò fino al settimo piano.

Camminò a passo svelto fino ad arrivare al quadro della Signora Grassa che, al contrario della McGrannitt, si stupì di trovarlo lì.

“Gatta Stre...Aspetta, qual è la parola d'ordine?” si bloccò lui; non si era fatto il problema del cambiamento annuale del lascia-passare.

La Signora Grassa lo guardò con dolcezza.

“Oh, tranquillo, caro, sei il primo studente che vedo, quest'anno! Spero che non ti seguano anche tutti gli altri!” commentò.

“Non fino a domani” la rassicurò Harry, e il dipinto rise.

“Oh, beh, allora di che ti preoccupi? La parola d'ordine è Fortuna Maior” gli sussurrò, con un sorriso stampato sulla faccia, spostandosi in modo che Harry potesse accedere alla sala comune.

Doveva essere sincero: non l'aveva mai vista così vuota, e gli dava la sensazione di un ambiente intimo.

Il camino era già acceso, le poltrone fin troppo comode; dopo essere salito nel dormitorio maschile, scese le scale e decise di aspettare l'ora della cena sfogliandosi il Quidditch attraverso i secoli che Hermione gli aveva regalato. Il tempo passava così lentamente che non s'accorse di essersi addormentato.

Fece sogni strani, delle situazioni molto veloci; una di queste consisteva in un Harry che si grattava il capo davanti alla pergamena,seduto al tavolo vicino al camino, Hermione che lavorava a maglia su una poltrona davanti al focolare e Ron, accanto al se stesso della scrivania, che stava aprendo un libro con tutta l'aria di volerlo buttare nel camino.

Però il ragazzo si osservava e osservava come se la scena fosse del tutto normale, così come le conversazioni che si scambiavano i tre protagonisti.

Dovresti smetterla con quei lavori, Hermione” le disse Ron, con uno sbuffo.

Hermione gli scoccò un'occhiata acida, ma non rispose alla provocazione.

Lascia stare, Ron” gli disse Harry, quello accanto a Ron, non lui. “Piuttosto, puoi inventarti un sogno da dirmi per la Cooman? Questo stupido diario mi sta facendo impazzire!”

Sarebbe bene che te ne ricordassi uno” lo riprese Hermione, mentre lavorava fra i ferri qualcosa che assomigliava vagamente a un calzino, “magari uno di questi ti dice come uscirne con l'uovo!”

Ah, se solo fosse così” sospirò Harry, il miglior amico di Ron e di Hermione, “non riesco neanche a ricordarmi cosa sogno con esattezza!”

Beh, sforzati, allora!” lo esortò lei.

Ron rise. “O altrimenti, fatti dare l'immunità divina dalla Cooman o simile...cosa diceva l'anno scorso, Harry? Che saresti morto per qualche catastrofe? Probabilmente si aspetta qualcosa del genere anche quest'anno...”

Harry aprì gli occhi di scatto e si guardò intorno: non era seduto accanto a nessuna Hermione che si lambiccava con orrendi lavoretti a maglia, né al tavolo più vicino al fuoco c'era un altro se stesso che s'inventava sogni assurdi con Ron Weasley...per fortuna, stava solo dormendo, ma Harry ebbe un'orrenda sensazione lungo tutto il percorso fino alla Sala Grande, e decise che doveva assolutamente parlarne al professor Silente.

Harry credeva di dover cenare da solo al tavolo di Grifondoro, invece trovò il corpo docenti seduto a uno delle tavolate delle quattro Case, quello più laterale,vicino al camino. Tutti i professori sembravano avvinti in conversazioni che cessarono come fece il suo ingresso in sala.

Con grande imbarazzo, si rese conto di essere davvero l'unico studente nell'intera scuola, cosa che prima aveva preteso non facesse la differenza.

“Harry!” esclamò una voce amica, e il ragazzo lanciò un'occhiata veloce a tutta la tavolata per capire da dove venisse.

Incrociò lo sguardo di Severus Piton, gelido come sempre; quello di Vitious, che tornò subito a parlottare con la professoressa Sprite; la McGrannitt, che era seduta accanto a Silente e aveva stretto le labbra nel sorriso più solare che potesse donare; il preside, che lo salutò con un cenno del capo e...Remus, accomodato proprio di fronte a questo, che agitava una mano segnalando un posto accanto a lui.

Harry, che fino a quel momento si era sentito isolato e fuori posto, si sentì più al sicuro e decise di seguire il suggerimento.

Remus!” salutò. “Quando sei arrivato?”

Stamattina” gli rispose quello, servendosi delle costolette di agnello che passò prontamente a Harry una volta che si fu accomodato.“Ho sistemato le cose nel mio ufficio e poi la professoressa McGrannitt mi ha illustrato tutti i miei doveri da professore...sai, d'ora in poi dovrai chiamarmi 'professor Lupin'”

Lo so” gli sorrise Harry, digerendo un boccone. “Ma non sarà facile, soprattutto per Louise. Lei è tua nipote”.

Sì, ma se è lei posso capirlo” disse l'altro, sereno.

Ho visto quasi tutta la scuola” aggiunse poi, “ma non sono tornato nel dormitorio di Grifondoro”.

Harry gli scoccò un'occhiata sorpresa; Remus era stato smistato a Grifondoro con suo padre e Sirius ai tempi della scuola; se fosse stato lui, l'avrebbe visitata appena messo piede a Hogwarts.

Perché non ci sei stato?” chiese, mentre si portava alle labbra un boccale d'acqua.

Beh, pensavo che me l'avresti mostrata tu” rispose Remus semplicemente.

Harry gli sorrise e annuì; se c'era una cosa che voleva assolutamente sapere, era su quale letto aveva dormito suo padre.

Avrebbe acconsentito anche subito, ma quando incrociò lo sguardo di Silente si ricordò dell'appuntamento.

Non stasera. Stasera ho...da fare”.

Oh, santo cielo!” sbraitò la McGrannitt, dando un pugno sul tavolo, le guance rosse, mentre la Sprite lanciava una risatina, “qualcuno passi a quel ragazzo un boccale di succo di zucca! O qualcosa di più forte! Domani inizia a lavorare anche lui!”

Harry rise; non aveva mai visto la professoressa in quello stato, e forse non ci sarebbe stata un'altra occasione; gli altri docenti cominciarono a cantare, un po' tocchi.

Dov'è Sibilla?” chiese poi Vitious, che sembrava mangiare qualsiasi cosa si ritrovasse nelle vicinanze.

L'ho sentita urlare nella torre, signore” disse Hagrid il mezzogigante, che da solo occupava due posti. “Sembra ci stia facendo un incantesimo contro la cattiva sorte”.

La Sprite scosse la testa sconsolata. “Come tutti gli anni. Meno male che abbiamo te come nuovo collega, Hagrid!”

Sì!” si alzò d'improvviso Madama Bumb, la professoressa di volo, gli occhi gialli lucidi per via dell'alcool. “Brindiamo ai nuovi arrivati!”

Harry vide che anche Silente e Remus, che erano gli unici a essere sobri, s'alzarono e brindarono con gli allegri insegnanti, che avevano abbandonato le formalità solo per quella sera.

Il ragazzo si rese conto che, dopotutto, non era poi così male stare in loro compagnia.

Più tardi, Harry si presentò all'ufficio del professor Silente.

Torta con zenzero salterino” disse al gargoyle, che prontamente si spostò, così da permettergli di accedere alle scale.

Dopo aver bussato alla porta dell'uffcio e aver ricevuto il lascia passare per entrare, Harry vide che Silente aveva predisposto quattro fiale sul tavolo, esattamente come aveva fatto nel suo laboratorio. Una comoda poltrona era stata posta davanti alla scrivania, e lo scranno dove di solito si sedeva il preside era stato spostato davanti a dove si sarebbe accomodato Harry.

Al ragazzo tremolavano ancora le mani; non sapeva se il lavoro sarebbe stato diverso da quello affrontato il giorno prima. La cosa lo spaventò ancor di più quando individuò parecchi quadri dei presidi svegli e in silenzio, curiosi e spioni.

Silente, come al solito, lo rassicurò con il suo volto sereno.

Siediti, Harry” invitò, calmo.

Harry obbedì, e in quel momento si ricordò di quello che doveva dirgli.

Quando ebbe finito di raccontare ciò che aveva sognato nella sala comune, Silente sembrò soddisfatto.

Molto bene” disse, “è esattamente quello che deve succedere. Se ti ricapitasse di nuovo, fammelo sapere”.

Harry non capiva, ma non ribatté, perché il professore sembrava più esperto.

Silente puntò di nuovo la bacchetta contro la sua fronte e, prima che Harry potesse accorgersene, passarono in carreggiata nella sua mente i visi di Sirius, Remus, molti di Hermione e Ron, una vecchia casa e di riunioni clandestine, labirinti, coppe, cimiteri, case rovinate e di una tavolata di capelli rossi, che Harry indovinò essere i Weasley, dato che riconosceva i gemelli, Ron, Ginny e anche Percy, che era il Prefetto di Grifondoro.

Quando ebbero terminato, sentì un leggero pizzico alla fronte, ma nulla più.

Doveva ammetterlo, era durato meno di quanto si fosse aspettato.

Benissimo, Harry” concluse Silente, mettendo il solito liquido trasparente nella prima fialetta, “direi che può bastare. Ti manderò un messaggio per il prossimo incontro”.

Harry capì di essere stato congedato, e si fece strada verso la scalinata principale.

Mentre saliva, decise che, per evitare brutti incontri, avrebbe preso al terzo piano la scorciatoia dell'arazzo, per giungere direttamente al settimo.

Ricordò come l'anno precedente l'avesse usata di rado; forse il motivo stava nel fatto che Gazza ormai conosceva il passaggio segreto. Malfoy, alla fine del primo anno, aveva seguito lui, Neville e Hermione e non aveva mancato di rivelarlo al custode.

Era a metà del corridoio, che vide qualcuno muoversi furtivamente, come un'ombra nera. Con il cuore che batteva all'impazzata, Harry tirò fuori dalla tasca il suo mantello dell'Invisibilità e se lo gettò addosso. Sperando di nascondersi bene, prese a inseguirla imitando i suoi movimenti, fino ad arrivare alla statua della strega con un occhio solo.

Mentre la figura si fermava a pochi passi distanti da lui, Harry si nascose dietro un'armatura, in attesa che uscisse. Regnava il silenzio, e il suo cuore pulsava d'adrenalina. C'era soltanto una torcia che illuminava fiocamente il piano, ma quando l'ombra scura si rivelò, Harry trattenne un respiro, perché era impossibile non riconoscere la sua identità:era il professor Piton, che s'avvicinò e sussurrò qualcosa alla strega di marmo, che si spostò, aprendo un passaggio. Sfruttando l'occasione, Harry prese a correre in quella direzione, ma non fece in tempo a entrare, perché la statua si rimise al suo posto.

Tirò un calcio, sbuffando; avrebbe veramente voluto sapere dove era andato il professore.

Senza mollare l'osso, provò a sussurrare qualche parola, sperando di indovinare quella che avrebbe funzionato, ma con sua delusione non successe niente.

Stava per riprovare, quando un'eco di un rumore lo fece sobbalzare.

Ci fu una pausa, e poi emerse da dietro l'angolo Remus.

“Sai, dovresti fare un po' meno rumore quando cerchi di aprire il passaggio della strega Orba” gli suggerì.

Harry si rasserenò; aveva paura che si trattasse di qualcun altro, molto più severo, come Gazza, e si tolse il mantello di dosso.

Ti stavo cercando” gli confessò Remus, “pensavo che fosse l'ora adatta per chiederti di farmi vedere la sala comune...sai, non credo che domani ci sarà la possibilità”.

Harry gli sorrise. “Certo” acconsentì.

Poi fissò la statua e realizzò che, se avesse guidato Remus su al dormitorio, non avrebbe mai scoperto i piani di Piton.

Harry, tutto bene?” gli chiese l'altro, vedendolo assorto.

Harry si riscosse, ripromettendosi che, se mai avesse beccato Piton in una situazione analoga, l'avrebbe colta meglio di quanto non avesse fatto con la prima.

Sì” rispose, “andiamo”.

Perchè parlavi alla strega Orba, comunque?” buttò lì Remus, mentre camminavano nel corridoio della Signora Grassa.

Harry esitò; Remus non avrebbe parlato, ora che era professore?

Nulla” decise di dire una mezza verità, “mi pareva di aver visto qualcosa nell'oscurità, e l'ho solo seguita”.

Remus gli lanciò un'occhiata ambigua. Harry non sapeva se in effetti gli credesse.

Non metterti nei guai” si limitò a consigliargli, serio.

Harry e Remus attraversarono il buco del ritratto e si trovarono nella sala comune.

Fu impossibile controllare il vecchio amico, a quel punto; volteggiò estasiato da parte a parte, e fu con gioia che accettò di salire nel dormitorio maschile.

Ma mentre quello indicava, perso nei ricordi infantili, che il letto dove dormiva Harry era esattamente quello di James e il letto di Neville era dove usava dormire lui, la testa del ragazzo era rimasta al terzo piano, davanti alla strega con un occhio solo, dove Piton era appena scomparso.

La mattina del primo settembre, fu strano per Harry svegliarsi nel suo letto a baldacchino senza compagni.

Non aveva particolare fretta di scendere in Sala Grande a fare colazione, né aveva a dire il vero molta fame.

Così restò a godersi per un po' il silenzio della sala comune, e solo quando avvertì un leggero appetito si preparò e scese in Sala Grande.

Inutile dire che, se la sera precedente l'aveva trovata vuota, alla luce del sole lo sembrava ancora di più.

Harry però si era abituato in fretta, e così si sedette a uno dei posti degli insegnanti – l'unico tavolo dove era stato messo il cibo, dato che il resto della scuola mancava- e consumò il pasto in silenzio.

Mentre mangiava, vide un bigliettino al posto dove sedeva Silente; incuriosito, s'avvicinò e lo lesse, scoprendo così che era diretto proprio a lui:

Harry, quando puoi raggiungimi nel mio ufficio.

Silente.

Harry tirò un sospirò; doveva ammetterlo, non impazziva all'idea di avere altre visioni.

Quando giunse dal preside, però, lavorò quel che bastò per riempire un'altra delle quattro fialette, e fu stanco come non mai che si appisolò su una delle poltrone della sala comune.

Si svegliò di soprassalto, ma stavolta non per via di qualche strano sogno: l'orologio indicava le sette, e Harry doveva assolutamente preparasi, perché presto il resto degli studenti sarebbe arrivato, o forse era già lì!

Come un fulmine, salì al dormitorio, si cambiò con la divisa di Hogwarts, una sobria veste nera con sopra l'etichetta del suo nome che ormai si stava disintegrando, si aggiustò il cappello a punta, sempre nero, sul capo, e scese le scale di fretta, in modo da potersi confondere con gli altri studenti.

Arrivò giusto in tempo: una valanga di adolescenti tutti uguali si stava facendo strada nella Sala d'Ingresso. Harry individuò fra quelli Frank, John, Richard e Louise e si unì a loro.

Frank sobbalzò quando lo vide apparire accanto a se, dal nulla.

Harry! Come hai fatto a...?”

Mi sono mischiato fra la folla” rivelò lui, incrociando lo sguardo di una Louise tutta occhioni.

Come sono andate le lezioni con il professor Silente?” gli bisbigliò lei, perchè John e Richard erano stati tenuti all'oscuro di tutto.

Bene” gli disse quello, “ma te lo racconto in un altro momento, eh?”

Louise annuì; ma del resto, notò Harry, la situazione era fin troppo segreta perché non capisse.

Fra i tanti, Harry vide anche Hermione insieme a Neville, che lo salutarono sventolando una mano e lui fece lo stesso. Solo con loro Harry era stato franco riguardo ai progetti di Silente: era stato proprio grazie alle visioni che Neville, Hermione e lui avevano battuto Voldemort nei due anni precedenti.

Il gruppo di amici rise e scherzò, e li raggiunsero anche Ron e Ginny, che si era messa a chiacchierare con Neville. Nel vederli così affiatati, Harry s'innervosì, ma non poteva farci nulla. Del resto, non aveva mai provato ad avvicinarla davvero.

Harry e Ron si ritrovarono seduti al tavolo di Grifondoro, l'uno di fronte all'altro.

Harry sentì una grande fitta di nostalgia quando i loro sguardi si incrociarono.

Avevano affrontato una grande avventura l'anno precedente: la Camera dei Segreti aveva dato fama anche ai Weasley, e si chiese se sarebbe mai ricapitato di vivere un'altra esperienza come quella assieme.

Ron aveva appena aperto la bocca per parlare, che i bambinetti del primo anno, capitanati dalla McGrannitt, fecero il loro ingresso in sala.

Harry li guardò; anche lui aveva avuto quel volto spaurito, il primo giorno a Hogwarts?

Più presto del solito, la Mcgrannitt cominciò a leggere la lista di nomi e via via quelli del primo anno si sottoposero alla prova del cappello parlante, che assegnò loro a ciascuna Casa.

Quando “ Zalansky, Aretha” fu mandata a Tassorosso, Silente si alzò per parlare.

Frank diede a Harry una gomitata. “Guarda la faccia di Louise”.

L'amico si voltò: Il viso di Louise si contorceva in mille smorfie mentre fissava suo zio Remus, seduto fra gli insegnanti. Qualche posto più in là Harry vide che anche Hermione aveva notato lo stato emozionale della compagna e si stava rotolando dalle risate.

Quando questa s'accorse che la stava guardando, per qualche ragione arrossì, forse vergognandosi un po' per essersi lasciata andare. Harry si sentì le guance calde, anche se non sapeva perché. Dopo averle sorriso brevemente, si girò giusto in tempo per unirsi agli applausi per Remus. Quelli di John, Richard e Frank, erano in assoluto i più rumorosi, e continuarono finché l'amico di famiglia non riprese posto.

Sarà strano chiamarlo 'professor Lupin' non vi pare?” commentò Frank rivolto agli amici.

Già, il professor Lupin. Chissà se Harry ci si sarebbe mai abituato.

Nel momento in cui però studiò l'intero tavolo dei docenti, notò con orrore che una sedia era vuota, ed era proprio quella di Piton.


Note dell'autrice: saaalve a tutti! eccomi con un nuovo capitolo....volevo ringraziare cfmartineco e camomilla17 per i loro commenti istruttivi! ricorsate che se orrete darmi altri suggerimenti o commenti (tutti voi) mi farà sempre piacere  sapere cosa pensate...per il resto, ringrazio  le undici persone che mi hanno messo fra le seguite (non faccio elenchi sennò vengono lunghi come una quaresima) e chi l'ha messa fra le preferite e seguite! spero di avervi divertito, un bacione a tutti voi lettori e alla prossima! Averyn

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Capitolo 4
*** I Soliti Sospetti/parte 1 ***


Capitolo 4- Parte 1

I SOLITI SOSPETTI
 
“AAAAAAAAAAAAAArgh!” urlò qualcuno, che svegliò bruscamente Harry.
Il ragazzo si mise seduto sul letto a baldacchino, accorgendosi di quanta confusione ci fosse quel mattino: Dean e Seamus sedevano sul pizzo del letto, aprendo i loro bauli, controllando qualcosa meticolosamente; Frank  era confuso quanto lui,  e John tentava di calmare Ron, che era quello che aveva urlato e sembrava fuori di sé.
Harry e Frank si scambiarono un'occhiata perplessa.
“Che succede, Ron?” chiese Frank, assonnato.
“Crosta!” gridò il compagno, grattandosi il capo. Harry notò che i suoi effetti giacevano sparsi ovunque nel loro dormitorio; doveva aver levato tutto quello che c'era nel baule, nella speranza di ritrovare il suo topo. “E' sparito” continuò, “ e non è da nessuna parte!”
“Hai provato a controllare in sala comune?” chiese Harry, pronto ad alzarsi dal letto; non era la prima volta che Crosta tentava di fuggire, e l'avevano sempre ritrovato lì.
Si sentiva ancora un po' confuso; di certo, non era il risveglio che si era immaginato, ma almeno non era tormentoso come i suoi incubi notturni.
“Certo che ho controllato anche in sala comune!” squittì Ron, e si lasciò andare sul suo letto, disperato.
Frank si alzò e andò verso di lui, dandogli una pacca sulla spalla, solidale.
“Credo che ci converrà lasciare un avviso sulla bacheca del Salone d'Ingresso” suggerì,  sorridendo all'amico, “così se mai qualcuno lo troverà, ce lo riporterà subito, che dici?”
“Tranquillo, Ron” disse Neville, già vestito, “anche io ho perso Oscar l'anno scorso. Credo che sia finito nello stagno vicino al lago. Per questo ho preso Edvige”.
Come pronunciò quel nome, Harry sentì una stretta allo stomaco; lo sentiva strettamente familiare...
“Sì” annuì Ron,  parendo ignorare le parole di Neville  e convinto invece da quelle di Frank, “credo che sarà la cosa migliore. Ci andiamo a ricreazione, va bene?”
“Assolutamente” acconsentì l’altro e, senza altri commenti, i ragazzi si vestirono e scesero in Sala Grande per  la colazione.
                                                                                        *
“Come sarebbe a dire?” esclamò Harry  rivolto a Hermione, a ricreazione. Era rimasto con lei, visto che  Frank e gli altri avevano deciso di aiutare Ron.
“Proprio così” disse Hermione, lanciandogli un'occhiata seria, “ Piton è assente”.
“Ma non è possibile!” sbraitò Harry. “Quando mai Piton è assente?”
Hermione fece spallucce. “In realtà, ne so quanto te. Certo che è strano”.
“E' più che strano!” esclamò Harry veemente. “Senti quello che mi è successo quando stavo da solo a Hogwarts...” e le riferì velocemente quello che aveva visto la sera del trentuno agosto.
Il viso di Hermione s'incupì mentre Harry raccontava, ma come al solito non proferì parola, neanche quando Harry  arrivò al punto in cui il professore entrava nella Statua della strega Orba.
“Allora, ci stai?” le chiese poi alla fine. Hermione corrugò la fronte, sorpresa.
“A fare cosa?” chiese, confusa.
“ Seguire Piton” puntualizzò lui, ma Hermione fece un'espressione sconsolata, che lo deluse un po'.
“Mi dispiace, Harry, ma non è nelle mie priorità, al momento. Sì, è vero, è sospetto il fatto che Piton se ne vada in giro per i corridoi della scuola” aggiunse, perchè Harry aveva aperto la bocca, offeso, per  parlare, “ma non credo che la faccenda sia così pericolosa da rischiare una punizione o, peggio...”
“Ma non credi che potrebbe essere un pericolo per Neville? Insomma, è stato al servizio di Voldemort per moltissimo tempo” - Hermione sobbalzò a quel nome- “ e anche il fatto che sia così...misterioso... era assente anche al Banchetto d'apertura!” tentò di convincerla lui.
Hermione abbassò lo sguardo, e sembrò calcolare tutte le possibilità, facendo sperare a Harry che si ricredesse; ma ciò non avvenne, perché tirò un sospiro simile a uno sbuffo. Era evidente che fosse piuttosto indecisa.
“Non ora” disse, anche se sembrava un po' dispiaciuta. Tuttavia si vedeva che considerava la sua iniziativa solo uno spreco di tempo. Per la prima, vera, volta, Harry si sentì male all'idea che Hermione non fosse convinta dalla sua proposta; avevano affrontato tante avventure insieme...insomma, era questo che li univa, giusto? Risolvere misteri...
Ci pensò qualcos'altro però a distrarlo: accanto a loro, infatti, si stavano facendo strada una ragazza dai capelli rossi del secondo anno e uno del terzo, con una cicatrice a forma di saetta sulla fronte. Ginny e Neville, giusto in tempo per gettarlo in un mare di tristezza.
“Sembrano essere molto uniti, non credi?” commentò Hermione, allegra, ma quando notò la faccia addolorata di Harry – che doveva essere piuttosto evidente- si ricompose.
Però lui non aveva nulla da rimproverarle. Piuttosto, malediceva se stesso per non aver avvicinato Ginny prima, non averle inviato gufo, non aver inventato qualche strategia per diventare almeno suo amico.
“Già” ammise a Hermione, notando quanto la sua voce si fosse abbassata di un'ottava.
“Da quando sono così amici?”
“Dall'inizio di quest'estate” rispose prontamente Hermione, “Ginny mi ha raccontato che si sono spediti moltissimi gufi, e questo li ha legati ancora di più”.
Harry non seppe perché, ma un'improvvisa rabbia gli ribollì dentro. Ebbe l'istinto di spiaccicare la faccia di Neville al muro e di prendere il suo posto, ma si trattenne, decidendo di confinarsi di nuovo in quel baratro di depressione che era nato come la coppia era passata loro davanti.
Hermione, che aveva intuito visibilmente i suoi sentimenti, stava per confortarlo, ma fu interrotta da Ron Weasley che si stava scapicollando verso di loro con un rotolo di pergamena in mano che, una volta fermatosi,  tese prontamente a Harry, le guance rosse per la corsa.
“Te...te lo manda il professor Silente” spiegò, affannato.
“Grazie Ron” disse Harry, aprendo il rotolo. “Vuole vedermi dopo le lezioni” lesse poi a Hermione, mentre arrotolava nuovamente il messaggio. L'amica annuì, mentre il ragazzo tornava su Ron. “Hai risolto la faccenda di Crosta?”
L'amico scosse il capo docilmente. “Purtroppo no. Ma ho messo l'annuncio in bacheca, spero proprio che prima o poi spunti fuori” informò, tristemente. Poi sembrò guardare Hermione con grande interesse. “Tu sei Hermione Granger, giusto?”
 “Sì, sono io” rispose lei, con l’aria interrogativa.
Ron sembrò più sollevato. “Allora è fatta! Ti stavo cercando per le ripetizioni di Pozioni, mi avevano detto in giro che potevo contare su di te” disse, come se fosse successo un miracolo.
Hermione alzò le sopracciglia, con fare quasi snob. “Pensavo facessi affidamento alla tua amica Lupin” commentò lei, sottolineando la parola amica con un certo peso.
“No, ci mette troppo a fare i compiti” rispose Ron, e dalla sua espressione si vedeva che sperava che Hermione accettasse di fargli da insegnante.
“E va bene” gli concesse lei, senza saper nascondere un sorriso vittorioso sul volto, forse ritenendo  che fare i compiti velocemente e bene fosse un punto a suo favore rispetto alla rivale, “io sono libera oggi dopo le lezioni. Ci si vede in biblioteca, va bene?”
Ron annuì e, raggiante, sparì saltellando nel corridoio.
Hermione, a quel punto, si voltò di nuovo verso Harry. “Non so come andrà,” sospirò, “ma ti andrebbe di farmi compagnia? Non me la sento di stare sola con Weasley”.
Harry si sgonfiò. “Non posso. Devo stare da Silente”.
La ragazza guardò la pergamena, un po' delusa. “Oh, beh...allora, più tardi? Così mi dici come è andata?” provò di nuovo quella.
“Beh...D'accordo”  assentì lui, con un sorriso.
Due ore dopo, Harry s'incontrò di nuovo con Hermione per scendere a Difesa contro le Arti Oscure. Era emozionatissimo: finalmente avrebbe visto Remus come professore!
Louise lo era molto più di lui e, pregandolo di farle compagnia insieme al resto dei loro amici, Harry fu costretto ad abbandonare Hermione per unirsi al gruppo.
Lui, Frank, John Richard e Louise si accomodarono proprio ai primi banchi, in attesa che Remus entrasse.
Harry, che era seduto accanto alla ragazza,  non aveva potuto scegliere compagna peggiore:  non faceva altro che saltellare sul posto, i perfetti boccoli biondi che le si muovevano attorno al viso tondo, così eccitata da non potersi contenere.
In quel momento rimpianse moltissimo la compagnia di Hermione, che con uno sguardo individuò poco distante, seduta accanto a Neville.
I due stavano bisbigliando qualcosa, e non lo notarono.
“Harry! Harry! Sta entrando!” esclamò Louise, tirandogli il braccio così tanto da stritolarlo.
Remus stava facendo il suo ingresso  in classe  con un sorriso, e gli alunni si alzarono per salutarlo.
“Seduti” ordinò lui, e  i ragazzi ripresero posto.
Remus si sedette sulla cattedra, e guardò gli studenti allegramente, apparentemente senza avere un briciolo di imbarazzo; se Harry non l'avesse conosciuto prima, non avrebbe mai detto che quello fosse il suo primo giorno di lavoro.
Accanto a lui, sentì Louise squittire.
“Io sono Remus Lupin, il vostro nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure” si presentò.
A qualcuno dalle ultime file sfuggì una risatina, e Remus allungò lo sguardo per vedere chi fosse. Si sporse una ragazza dai capelli biondi, Lavanda Brown, con accanto la sua amica del cuore Calì Patìl.
“Scusi professore” disse questa, con ancora una risatina nella voce, “ma, sa, non abbiamo mai avuto insegnati di questa materia che siano durati più di un anno”.
Remus avrebbe potuto offendersi, e invece rise, sistemando la borsa accanto a lui.
“Sì, è vero, conosco la vostra storia, e posso dire che non siete stati esattamente fortunati fino a oggi” rispose.
“Se solo sapessero qual è il suo, di segreto, durerebbe anche meno” commentò acida Louise a Harry; non si poteva nascondere che fosse ancora preoccupata per le sorti dello zio, e Harry si limitò ad annuire.
Qualcun altro alzò la mano.
“Nome?” chiese gentilmente Remus.
“Dean Thomas” si presentò quello. “Che tipo di parentela ha con Louise Lupin?”
Harry la vide avvampare in un solo istante, e sentì Frank, dietro di lui, soffocare una risatina: la ragazza fuori controllo era uno spettacolo imperdibile.
Harry guardò tutta la sala, e notò che tutte le teste dei compagni erano rivolte a loro o Remus.
“Non dovrei rispondere” sorrise quest’ultimo, “ ma è mia nipote”.
Seguì un mormorio concitato, che però il nuovo professore provvide immediatamente a spegnere.
“Posso chiedervi di portare con voi solo le bacchette, adesso, e di uscire dalla stanza?” ordinò questo, aprendo la porta dell’aula.
Molti studenti, compresi Harry e il resto dei suoi amici, si scambiarono occhiate perplesse. Nessuno aveva mai chiesto loro di uscire.
“Non sto scherzando” rise Remus, “seguitemi”.
Tutto il gruppo  fece come ordinato senza fiatare e, chi lanciando occhiate preoccupate agli zaini, chi ancora chiedendosi che cosa avesse in mente il nuovo professore, uscì dalla classe.
“Secondo voi che ha in progetto il vecchio Remus?” bisbigliò Frank a Harry. “Se lo conosco, è roba forte”.
“Il professor Lupin, Frank!” lo riprese Louise, seria.
“Sì, vabbè, come dici tu” le rispose quello, e Harry notò divertito che l’amica si dovette contenere per non esplodere.
Remus li portò poco lontano, all'interno di una stanza dalle medie dimensioni, dove al centro dominava un grosso armadio piuttosto vecchio e al cui interno doveva esserci qualcosa di molto grosso e rumoroso, perché traballava.
“Bene, ragazzi” disse Remus, affabile, “ dieci punti a chi indovina cosa c'è qui dentro”.
Harry sbatté gli occhi due volte; dove aveva già visto questa scena? Probabilmente si sbagliava.
Come al solito, la mano di Hermione scattò in aria prima delle altre, seguita solo un secondo dopo da quella di Louise. Remus avrebbe potuto scegliere di far parlare la nipote, invece fece cenno a Hermione.
Louise, accanto a Harry, tremò di rabbia.
“Come ti chiami?” chiese Remus all'interpellata.
“Hermione Granger, signore” si presentò lei, arrossendo un po'.
“Hermione, sapresti dirci cosa pensi che ci sia qui dentro?” domandò Remus, e indicò l'armadio, che sbatteva da una parte all'altra pericolosamente.
“Un molliccio” rispose lei tutta d’un fiato, “è una creatura magica che può trasformarsi in ciò che spaventa di più il mago che lo avvicina. Nessuno sa quale sia il vero aspetto di un molliccio quando è solo”-
Remus le sorrise, raggiante. “Sì, esattamente. Dieci punti a corvonero” esclamò.
Hermione rispose al sorriso, gli occhi che le brillavano; Harry, anche se non era della sua Casata, era contento del suo successo.
La ragazza incrociò il suo sguardo, e lui allargò il suo sorriso, scambiandosi un segno d’ intesa. Quando si concentrarono nuovamente sulla lezione, Harry s'accorse che il cuore gli batteva forte. L'attribuì all'emozione del momento.
“Sapete qual è il modo per sconfiggere un molliccio?” chiese Remus.
L'intera classe scosse la testa.
“Le risate” rispose l’insegnante. “Mentre agitate la bacchetta, e avete davanti a voi quello che vi fa più paura, pensate a qualcosa di divertente. E pronunciate l'incantesimo Riddikulus.”
“Riddikulus” ripeterono gli studenti, muovendo la bacchetta esattamente come aveva fatto Remus.
“Perfetto” disse lui, “ora, facciamo una prova... chi si offre come volontario?”
Tutti quanti indietreggiarono, lasciando solo...Frank, che sorrise timidamente a Remus.
Il vecchio amico di famiglia gli rivolse un sorriso incoraggiante, e lo avvicinò a se con una serie di pacche sulla spalla, mentre quello si girava e faceva la linguaccia al suo gruppo d'amici. Harry, John e Richard non risero solo perchè a tenere lezione era Remus.
“Molto bene, Frank. Cos'è che temi di più?” gli chiese, riuscendo a trattarlo benissimo come un alunno comune. Harry non sapeva come ci riuscisse; se fosse stato lui al suo posto, non avrebbe saputo dire se avrebbe mancato di fare delle differenze, e già in questo si vedeva quanto Remus fosse eccezionale.
Tuttavia, per quanto giocherellone e estroverso fosse Frank, Harry non sapeva se l'amico avrebbe avuto il coraggio di dire quello di cui aveva maggiormente paura, anche se avanti a sé aveva una persona che era quasi la sua famiglia.
“Io...dei vampiri” rispose Frank tutto insieme.
Harry tacque insieme agli amici, ma il resto della classe rise, perchè era una paura un po' insolita; infatti, anche se esistevano, non era facile vederli. Usavano abitare in vecchi castelli e si spostavano solo raramente…almeno questo era quello che sapeva lui, Harry.  
 Quando erano molto piccoli, Frank aveva evocato per sbaglio dalle pagine di un libro una di quelle creature, ed era scappato via spaventato rinchiudendosi in bagno. Per sua fortuna Sirius sentì le urla e fece tornare il personaggio a una pagina di carta, e da questo episodio si era generato il trauma.
“ Perfetto” disse affabile Remus che, come Harry e gli amici di Frank, sapeva tutta la storia, “ora proveremo a fargli fare la danza classica. Sei pronto?”
“Sì” rispose il ragazzo, ridendo, anche se tremava un po'. Quando Remus diede il segnale, la porta si aprì, ed uscì una figura umana e mostruosa, che si avvicinava aprendo il mantello verso il compagno. Harry vide questo indietreggiare, in preda al panico, ma Remus lo trattenne con la mano sulla spalla. “No, Frank! Non farlo! Non è veramente quello di cui hai paura...e ora concentrati”.
Frank lo guardò, deglutì e prese coraggio; poi, puntando la bacchetta contro il corpo morto, strizzò gli occhi e gridò: “Riddikulus!”
Fu un attimo: su quello che sembrava spaventoso e inquietante, apparve un meraviglioso tutù di pizzo con scarpe a punta, e il vampiro cominciò a ballare e a roteare meglio di una ballerina professionista.
Tutti risero, compreso Lupin, mentre il ragazzo si guardava la bacchetta, sbalordito, come se avesse fatto qualcosa di straordinario.
“Ottimo, Frank! Avanti il prossimo!” disse Remus raggiante, azionando un quarantacinque giri.
Dopo il successo del loro compagno, tutti ovviamente volevano provare, e si misero in fila.
Harry era l'ultimo dei suoi amici e precedeva di poco Hermione e Neville.
Non fece troppo caso alle paure degli altri, ma piuttosto, alle sue: cos'era realmente di cui aveva paura?
“Harry, tocca a te!” lo incitò Remus, e fu solo allora che questo realizzò di dover eseguire il compito.
Prima che potesse prendeere in mano la situazione, l'armadio si spalancò e uscì una figura che non prese esattamente forma: a dire il vero, all'inizio era la cosa più strana che avesse mai visto.
Era una persona – o meglio ancora, uno spettro, dato che non aveva i piedi ma fluttuava come un fantasma- completamente rivestita da un mantello nero, di cui si vedevano solo le mani scheletriche....poi abbassò il cappuccio, s'avvicinò a Harry...
Pensa a qualcosa di divertente, si diceva Harry, ma non ci riusciva... sentiva il gelo, una donna gridare, e poi...poi la figura si arrotolò su se stessa e divenne una palla di luce, piena di  voci, strilla e urla. L'intera classe urlò e s'abbassò, coprendosi le orecchie, Harry compreso.
Poi quella palla di luce e voci si sciolse come acqua, e prese forma una boccetta, dall'aspetto innocente, molto simile a quelle di Silente.
Harry s'avvicinò per sfiorarla, ma Remus lo parò e... Harry cadde a terra privo di sensi.
“E' svenuto!” Sentì l'eco di voci indistinguibili.
“ Harry! Harry, mi senti?” lo chiamò Remus, lontanissimo.
Qualcuno lo schiaffeggiò, e Harry tornò subito coscente. La prima cosa che vide fu tante teste attorno a lui,  e piegato su di lui c’era Remus, sollevato come lo vide risvegliarsi.
“Si è ripreso!” gioì, seguito dagli altri. “Come ti senti?”
Harry si grattò il capo, e si mise seduto lentamente sul pavimento freddo.
“Io...non...cosa è successo?” chiese, guardando incredulo tutti i suoi compagni.
“Sei svenuto” rispose Remus, studiandolo apprensivo, come se gli sarebbe capitato qualcos'altro nel giro di poco.  “Ti conviene andare in infermeria”.
“Ce lo accompagno io, professore” si propose Hermione, che Harry capì aveva intuito la situazione; non era la prima volta che Harry era svenuto a Difesa contro le Arti Oscure, ed era stato al loro primo anno, in una situazione analoga.
“No, io!” si fece avanti Louise, guardando torva la compagna di Casata.
“Penso che Harry debba avere una persona che lo capisce sul serio” insisté Hermione, e con la coda dell'occhio incrociò il volto dell'amico.
Louise stava diventando rossa di rabbia, quando Frank e Neville intervenirono per calmarle.
“Potremo accompagnarlo noi in Infermeria, professore” disse Neville, cercando un compromesso.
Remus scosse il capo. “E' una magnifica proposta, ma non credo che sia necessario...penso che Harry sappia arrivare da Madama Chips senza altri svenimenti, vero, Harry?”
“Sì,” rispose quello, perfettamente d'accordo con lui, “penso proprio di sì”.
“Molto bene. Vai allora...e stai attento!” raccomandò lui, e Harry con un cenno della mano si allontanò dall'aula e prese ad andare al quarto piano, dove sapeva che Silente lo stava aspettando. In realtà l’appuntamento era tre ore più tardi, ma Harry pensò che, se avessero anticipato, non sarebbe successo nulla di male.
Stava quasi arrivando davanti al gargoyle, che vide la statua spostarsi, e da lì uscì proprio il professor Piton. I due si guardarono per un lungo attimo, studiandosi a vicenda, come due predatori che stanno per attaccarsi. Harry sentì il desiderio selvaggio di sapere che cosa era venuto a fare nell'ufficio, e soprattutto, si chiese che cosa avrebbe fatto nelle tre ore successive.
Poi Piton lo superò, lasciando Harry a fissare le scale che scomparivano coperte dalla creatura di marmo. In lui era appena nato il desiderio di sapere dove sarebbe andato Piton, ed era un prurito sempre crescente.
Pensando che non era poi così importante anticipare l'incontro di Silente, e che in fondo si sarebbe perso solo Storia della Magia se fosse mancato per l'ora successiva, si sfilò dalla tasca il Mantello dell'Invisibilità e se lo mise addosso, per poi seguire di corsa Piton, cercando di non perderlo sulla via.
Il professore scese al piano inferiore, da dove Harry era venuto; se solo avesse considerato la possibilità di incontrarlo, sarebbe rimasto ad attenderlo alla strega Orba.
Così corse per tutto il piano, cercando di evitare la valanga di studenti che veniva verso di loro proprio in quel momento, mentre la campanella suonava.
Tra di loro, ovviamente, c'erano anche i suoi amici. Sentì Frank dire a John: “ penso che, se Harry è andato in Infermeria, lo andrò trovare nelle ore di Piton...”
Ma lui non era lì; stava seguendo il professore dietro l'armatura, cercando di trattenere il respiro per non farsi notare, il corpo affaticato.
Tutti i suoi amici, comunque, non notarono Piton, e fu quindi facile per lui e Harry uscire dal nascondiglio una volta che il corridoio fu deserto.
L'insegnante si mosse furtivamente, molto di più di quanto non mostrasse quotidianamente, fino ad arrivare con velocità alla strega Orba.
Harry era lì solo qualche secondo dopo, ed era così vicino che poteva toccarlo...quando qualcuno o qualcosa lo fece inciampare, giusto il tempo per sbattere contro l'armatura più vicina e far correre Piton dritto dentro la fessura del passaggio.
Harry imprecò, mentre altra rabbia montava dentro di lui, e poi si girò, per vedere chi era, e s'accorse di Luna Lovegood.
“Ciao Harry” salutò lei, come se l'avesse incrociato per caso nel corridoio fra una lezione e l'altra.
Tutto quello che ribolliva come un calderone nel petto di Harry svanì in un lampo. Non se la sentiva di inveire proprio contro di lei, nonostante l'avesse distratto.
“ Luna” salutò cordiale, alzandosi e pulendosi dalla polvere.
“Che cosa stavi facendo nascosto nel corridoio a fissare Piton?” chiese Luna, prendendo il mantello da terra e restituendoglielo come una coperta normalissima.
“Io...Cosa ti fa dire  che stessi guardando Piton?” deviò Harry, in difficoltà.
Lei gli donò uno dei suoi sguardi sognanti, e un sorriso si allargò sul suo volto.
“Oh, beh, sarebbe stato piuttosto strano se ti fossi fermato a studiare le armature, non ti pare?
Per quanto non si finisca mai d'imparare, credo che scoprire cosa fa Piton un giorno sì e uno no sia molto più interessante” rispose semplicemente lei.
Harry si sentì rinascere a nuova vita; la guardava con occhi completamente nuovi, adesso.
“Tu...trovi che sia interessante fissare Piton...l'altro giorno e.... come fai a sapere quando si muove?” chiese, estasiato e confuso assieme.
Luna fece spallucce. “Beh, molto semplice, girovago per la scuola e...lo sto spiando anche io” confessò, e sorrise timidamente.
Harry le prese le mani; forse aveva trovato quello che stava cercando, e l'eccitazione si accendeva in lui e prendeva possesso del suo corpo come una fiamma.
“Ma è fantastico! Quindi... quindi beh... stavo pensando, e se lo scoprissimo insieme?” chiese, senza riuscire a trattenersi.
“Mi farebbe piacere” rispose lei dolcemente, “ma perchè balbetti?”
“Io...beh, non importa” rise Harry, mentre nuovi piani e idee prendevano forma nella sua testa velocemente.
I due percorsero il corridoio del terzo piano fino ad arrivare al settimo, e Harry sfruttò quell'arco di tempo per spiegare a Luna il suo piano; se Hermione non voleva far parte del loro gruppo, si sarebbe servito di altri utili alleati.


Note dell'autrice: Alloooora come va???????' c'ho messo moltissimo a scrivere questo capitolo, ma il fatto è che fra una cosa e l'altra non ho avuto tempo di stare davanti al pc... e poi sono venute fuori dodici pagine e mezzo, e anche se nella versione layout non si notano molto succedono un cribbio di cose e ho trovato necessario dividerli...ma non vi preoccupate, devo solo rivedere qualche errorino nella seconda parte e lo posterò presto! comunque io qui ho corretto qualcosina, ma vi prego se ci sono degli errori anche cretini, uno perdonatemi, due contattatemi, perchè sono le due di notte e, anche se ho corretto qualcosa, ho paura che mi sia sfuggito qualcos'altro!
quindi ringrazio tutti pubblicamente di avermi seguito fin qui, in particolare la mia vecchia ciurma ( dove siete finiti?) e i nuovi dell'equipaggio che mi hanno commentato in queste ultime avventure, come camomilla17 e cfmartineco e ringrazio anche quelli che hanno messo Il Prescelto e l'Erede fra le preferite e ricordate, che sono sempre di più (come anselm e altri)!!!!
un bacione a tutti, e alla prossima! Averyn






 

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Capitolo 5
*** I Soliti Sospetti/parte 2 ***


 Capitolo 4 - Parte 2

I SOLITI SOSPETTI

“Oh, non lo so, Harry” disse Frank, davanti al camino, mentre sfogliavano il libro Mille erbe e funghi magici. Erano saliti nella sala comune  per via dell'ora di buco di Pozioni, e Harry aveva provato a convincere Frank, John e Richard ad unirsi a lui e a Luna per scoprire cosa tramava Piton.
Anche loro, però, non sembravano entusiasti della sua idea.
“Perchè no?” tentò ancora Harry, incrociando gli sguardi di tutti gli amici. “Insomma, è così...strano....e poi, non avete da sempre sospettato anche voi dei buoni propositi di Piton?”
“Dei cattivi, vorrai dire” lo corresse Richard, passando il suo tema di Storia della Magia a Frank, che lo ringraziò calorosamente imitando una specie di danza della pioggia.
“Sinceramente, lo preferisco ora che non c'è che quando c'è.”
“Anche io” annuì Harry, nervoso; i suoi amici non avevano capito qual'era il punto.
“E comunque, dovresti essere tu quello che protegge Neville, non noi” gli disse Frank come un dato di fatto, mentre la sua boccetta d'inchiostro gli macchiava tutta la pergamena.
John e Richard guardarono da lui a Harry, interrogativi, mentre Frank arrossiva di colpo.
“Nel senso metaforico, ovviamente” aggiunse in fretta questo, e gli altri tornarono ai loro libri.
“Mi serve comunque aiuto!” insisté Harry, risoluto. Avrebbe anche potuto affrontare il tutto da solo, ma gli sarebbe servita una mano da parte dei suoi amici.
“Perchè non lo chiedi alla Granger? State molto tempo insieme, e tu, lei e Neville sembrate tagliati per molti misteri simili a questo” propose John, mentre metteva da parte il libro di Trasfigurazione e tirava fuori dalla borsa una pergamena pulita per Frank.
Al nome di Hermione, Harry si accorse di non sentire più le gambe, e il cuore aveva preso a battere involontariamente.
“No” disse, “ gliel'ho già chiesto, e pensa che...sia una perdita di tempo”.
Lo stomaco gli si strinse; non credeva che un rifiuto da parte dell'amica lo facesse sentire così male ogni volta che ci pensava.
“Non so che dirti, Harry” disse Frank, facendo spallucce. “Neville?”
Harry deviò la risposta a quella domanda guardando l'orologio. “E' tardi, devo andare. Ci si vede dopo, eh?”
“Dove vai?” chiese Richard, rizzandosi a sedere.
“Da Hermione e Ron” mentì, perché ci sarebbe andato solo dopo Silente, “mi ha chiesto se le davo una mano con le ripetizioni”.
“Harry, aspetta!” lo chiamò Frank, e Harry si voltò di nuovo verso di lui.
Era una delle poche volte che lo vedeva così determinato.
“Penso di poterti aiutare, in qualche modo” gli disse, e gli fece cenno di seguirlo nel dormitorio.
Harry accettò di buon grado, e l'amico fece strada fino al suo baule, che aprì guardandosi le spalle.
Harry si chiedeva che cosa ci fosse di così  tanto speciale lì dentro, ma non ci volle molto a scoprirlo: ben presto,  Frank tirò fuori una pergamena piegata in quattro parti.
Per chi non sapeva cosa fosse, era un pezzo di carta normalissimo, ma Harry sapeva 
di cosa si trattava.
“E' proprio...?” chiese, mentre un sorriso si faceva spazio sul suo viso.
“Sì” mormorò Frank, annuendo vigorosamente e porgendogli la pergamena, “l'ho avuta quest'estate da papà...però, visto che adesso serve a te, è meglio che la tenga per un po' tu.”
Harry la prese fra le mani; l'aveva sentita nominare solo nei racconti di Remus, Sirius e suo padre, ma non l'aveva mai vista veramente, e gli sembrava incredibile che ora ne fosse entrato in possesso.
Con un brivido lungo la schiena, non esitò a puntare la bacchetta alla semplice pergamena gialla e sussurrare, come aveva sempre sognato di fare: “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni”.
Improvvisamente, sotto gli occhi dei due compagni, presero forma i nomi di Lunastorta, Codaliscia Felpato e Ramoso, che erano i soprannomi di Remus, di Sirius,  suo padre e Peter Minus, un loro vecchio amico che però, dopo aver tradito la fiducia dell'Ordine della Fenicie, non si era più visto; c'era chi diceva che fosse morto, chi che si fosse unito all'Oscuro Signore.
“Grazie” disse Harry, e Frank si limitò ad un cenno e ad un sorriso.
 
Harry scese le scale di marmo, avvertendo una minaccia in quello che il professor Piton stava macchinizzando, ma nessuno sembrava tenerci quanto lui. Ripensò alle parole di Frank, considerando se forse davvero fosse necessario chiamare Neville, che sarebbe stato l'unico ad appoggiarlo davvero; ma subito gli tornò in mente l'immagine di quella mattina, e si sentì così arrabbiato che si ripromise di non rivolgergli più la parola. Era grato a Frank, ad ogni modo, che gli avesse fatto dono della Mappa del Malandrino.
Dopo essere giunto nell'ufficio del preside, Harry si sedette al solito posto, ma stavolta Silente non lavorò sulle sue immagini, il che lo stupì. Il professore, infatti, andò velocemente all'armadietto, e gli porse una delle boccette che avevano riempito.
“Bevila” ordinò, affabile.
Harry associò solo in quel momento il molliccio alla boccetta, dal cui liquido fumante venivano sussurri e piccole risatine. Una cosa era certa: non era una pozione normale, e solo allora si accorse di quanta paura avesse...Non sapeva se in effetti confidare a Silente quello che aveva visto durante la lezione con il molliccio.
“Bevila, Harry” insité il preside, vedendolo indugiare.
“Signore...perché....perché devo?” chiese Harry, tremando.
“Fidati di me, Harry” lo rassicurò Silente, “dopo starai solo meglio, vedrai...avrà tutto un senso, dopo questo....” e gli tese sempre di più la boccetta.
“Ma perchè ha riempito anche le altre?” continuò l’altro, che in qualche modo voleva posticipare il più possibile l’ingerimento.
“Perché dovrai berle, Harry. Tutte e sette” gli spiegò il preside, senza perdere la pazienza, “e ora prendila, su!”
“Ma signore...” esitò ancora lui.
“Vuoi sapere la verità? La verità ha un prezzo, ed è questo” continuò Silente, sempre calmo, ma allo stesso tempo più deciso , la bottiglietta di vetro che brillava.
Harry guardò dalla fialetta a Silente e viceversa; in effetti, non capiva cosa stesse aspettando...
in fondo era solo uno stupido liquido, fatto delle sue stesse visioni.
Era terribile, ma alla fine si sentì forzato e, decidendo di non pensarci più, stappò la bottiglietta e buttò giù con un sorso la sostanza, scoprendo che era insapore.
Sbatté gli occhi più volte; non era successo nulla di strano: non era svenuto, non aveva avuto immagini...era semplicemente....se stesso.
“Bene, Harry. Credo che tu possa andare, adesso” disse Silente, chiudendo l'armadietto.
“Tutto qui?” non poté fare a meno di chiedere Harry, perplesso.
“Oh, sì” rispose il professore, calmo e solare come sempre, “tutto qui”.
Senza nient'altro d'aggiungere, Harry abbandonò l'ufficio e scese in biblioteca da Hermione.
La trovò seduta nei banchi centrali, circondata dalla sua solita massa di libri posati sul tavolo, e con espressione severa bacchettava Ron su quello che dovevano essere gli elementi base di Pozioni.
“No, no, no Ron! Quante volte devo ripetertelo?” lo rimproverò severamente, “ i funghi velenosi non vanno mischiati con le ali di fata!”
Ron le scoccò un'occhiataccia sarcastica e arrabbiata insieme; Harry non potè fare a meno di provare tenerezza per quella scena, come se i due fossero tornati a parlarsi dopo molto tempo e, cosa curiosa, Harry vedeva una certa quotidianità in quegli sguardi. Ma forse si sbagliava.
“Ti credi sempre quella più intelligente, vero? Solo perchè sei brava a scuola...” rimbeccò Ron, fissandola imbronciato.
Hermione lo fulminò con uno sguardo assassino.
“Beh, almeno, al contrario di te, so leggere” sottolineò lei, colpita nel vivo e, nervosa, tirò fuori dalla pila di torri che aveva ai suoi lati un libro dall'aria molto vecchia e pesante, aprendolo poi con un tonfo e con fare saccente davanti a Ron.
“Guarda qui!” lo richiamò all'attenzione Hermione, puntando il dito con forza alla riga interessata. Ron guardò dove indicato, senza risparmiarsi di scoccarle un'occhiataccia antipatica.
“Devi fare attenzione a quello che leggi!” lo continuò a sgridare la ragazza, guardandolo insistentemente,  “altrimenti come pensi che farai a esercitarti nel il laboratorio di Pozioni?”
“Piton apre un laboratorio?” sfuggì a Harry, curioso, prendendo parola solo in quell’istante.
Hermione e Ron si scambiarono la prima occhiata d'intesa da quando era arrivato; era evidente che non si erano accorti che era lì, seduto con loro, e quell'incrocio di sguardi era così  familiare a Harry, soprattutto se si trattava di loro due…e non poteva dire di esserne così stupito, alla fine. Dopotutto, aveva fatto moltissimi sogni in cui loro erano i suoi migliori amici, e forse era proprio questo che lo faceva confondere.
“Sì, Harry, non hai letto la bacheca nel Salone d'Ingresso?” gli chiese Ron, stupito.
“Dovrà mancare spesso, e ha lasciato aperta l'aula di Pozioni in modo che gli studenti possano accedervi liberamente”.
Harry s'accigliò e si rivolse a Hermione per una conferma, ma quando lei annuì, si incupì e si perse nei pensieri: insomma, non era da Piton lasciare predisposizioni su ripassi della materia o dispensare aiuti di questo genere; anzi, se qualcuno aveva una qualche sorta di problemi, generalmente cercava di fare di tutto per aggravarli, sopratutto se non si trattava di un membro della sua Casa o, come per lui, Neville e Ron, per pura antipatia.
“Beh, almeno ora vi state parlando, non lo facevate più da quando avevate litigato per Crosta!” esclamò, stranamente soddisfatto, la mente improvvisamente annebbiata. “Non avevi fatto altro che sgridare Grattastinchi tutto il tempo, Ron, anche se effettivamente quando hai trovato sul al dormitorio quella macchia di sangue...devo dire che è stata parecchio imbarazzante quella scena in sala comune, lo ammetto...”
Poi elaborò il significato di questa sentenza, uscitagli così, di getto, e non ci trovò nessun senso.
Come conferma di questo suo blaterare, i suoi due amici gli mandarono un'altra occhiata perplessa.
“Gratta...che?” chiese Hermione, un mezzo sorriso stampato sul volto, e si rivolse a Ron. “Non chiamerei mai un gatto Grattacoso, ti pare? E poi litigare per Crosta?”
Hermione e Ron si guardarono, e scoppiarono a ridere; e in quel momento Harry continuava a vedere una certa alchimia nei loro sguardi, ma non c'era nulla che potesse in qualche modo tenerli legati, tranne l'essere...semplicemente opposti.
“Nella sala comune, mia e di Harry, poi! Per una cosa che...era? Una macchia di sangue?” rise Ron, per poi sbiancare subito sotto le lentiggini, gli occhi azzurri spalancati; evidentemente non aveva ancora pensato a quella possibilità. “Hermione, tu hai gatti?” chiese, ceruleo.
“No” scosse il capo lei, “veramente ho un gufo, Alia, ma è sempre chiusa in Guferia.Quindi, sempre che qualcuno non ti abbia giocato un brutto tiro e le abbia portato il tuo topo Crosta...”
Quell'idea non era da scartare, e Ron se ne accorse, perchè si rabbuiò.
“Ron, stavo scherzando” lo tranquillizzò Hermione, ma il compagno si riprese solo parzialmente, e rimase bianchissimo. “Come Malfoy” boccheggiò, e Hermione dovette fingere immediatamente di rovistare qualcosa nella sua borsa per nascondere l'improvviso rossore comparso sulle sue guance. Per sua fortuna, Ron aveva lo sguardo perso nel vuoto, e non la notò affatto.
Quando la ragazza, leggermente rosata, decise di rivolgersi a Harry, questo si chiese se quella cotta fosse effettivamente passata o meno.
“Ti senti bene, Harry?” chiese, mascherando quel colore che via via scompariva.
“Sì” rispose Harry, ancora stupito delle parole di poco prima.
A sorpresa, Hermione allungò la mano sulla sua, facendolo tremare leggermente, e lo guardò intensamente. “Sul serio?”
Harry ci pensò pochi istanti, giusto il tempo di convincersi. “Sì”.
Anche Ron, come Hermione, non sembrava dissuaso dalle sue parole, e lo guardò come per capire se diceva la verità.
Più tardi, nella sala comune, Harry si guardava continuamente le spalle, aspettando che tutti andassero a letto. Quella sera, più delle altre, sembrava che i suoi compagni avessero qualcosa da fare, e gli dava molto fastidio.
Luna s'avvicinò, abbandonando il tavolo di Ginny che, per una volta, non era in compagnia di Neville. Harry si chiese dove fosse.
Luna si sedette vicino a lui, davanti al camino.
“Fai bene a stare al caldo” affermò serena, “il tepore del camino mi fa sentire sempre vicina a  casa”.
Harry le sorrise, pensando che fosse molto dolce quello che aveva appena detto.
“Hai ragione” concesse, ravvivando i ciocchi.
“E' tutto pronto per stasera?” gli bisbigliò l’amica, eccitata come una bambina.
“Certo” rispose semplicemente lui, “e ho ricevuto anche un ottimo aiuto da parte di un amico”.
Luna allargò i suoi occhioni sporgenti. “Oooooh, davvero?” esclamò, stupita. “E come?”
“Mi ha dato una cosa… simile al mantello che hai visto stamane” gli rispose prontamente Harry.
La compagna gli lanciò un'occhiata indecifrabile, per poi concentrarsi ancora sulle fiamme del camino.
“Beh, non posso dire di essermi stupita, quando l'ho visto,” riferì. “ Gli Stramboni Stracornuti possono rendersi invisibili di loro, e non mi sorpendo affatto se qualcuno ha voluto usare la loro stessa tecnica usando un mantello”.
Quella sentenza sembrava detta con un tono che non ammetteva repliche, e Harry non si sentì di contraddirla.
“Beh, sì, lasciando stare gli Stracorni...” cominciò a dire, essendogli venuto in mente quello che voleva chiederle.
“Stramboni Stracornuti!” lo aiutò Luna .
Harry annuì frettolosamente. “Sì, beh, comunque, hai visto il messaggio in bacheca di Piton?”
Luna annuì.
“Beh? Che ne pensi?” chiese lui, ansioso di sapere la risposta.
Lei fissò il fuoco con più determinazione, dandogli l'impressione che ci si volesse immergere.
“Penso che sia curioso questo suo modo di fare” disse, “e che ha aperto l'aula a tutti per cercare di farci pensare ad altro...probabilmente ha intuito che qualcuno lo segue e, se si tratta di studenti come lo siamo noi, si distrarrà in questo modo...”
Harry guardò Luna, colpito; non avrebbe mai creduto che fosse capace di pensare a simili strategie, ma ora che ci rifletteva, era l'unica cosa possibile.
“Ah, comunque” Luna si rivolse di nuovo a Harry, e indicò con il pollice indietro, “anche io ho ricevuto l'aiuto di un amico...”
Harry si voltò dietro di lui e notò che Neville gli sorrideva, un po’ in imbarazzo.


Note dell'autrice: eccoci di nuovo quiiiii!!!!!!! che avranno in mente i nostri eroi per pedinare Piton?????? lo scoprirete solo nel prossimo episodio (che cercherò di trascrivere e correggere a breve) per il resto vi auguro una buona lettura e mi raccomando, se trovate errori/non vi piace la storia/vi piace la storia/mi volete dire qualsiasi cosa/ cosa a vostro piacimento contattatemi!!!!!! e spero tanto che vi divertiate a leggere! alla prossima!!!!!!

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Capitolo 6
*** IL Ritorno Di Piton ***


Capitolo 5
 
Il RITORNO DI PITON
 
“Di qua” mormorò loro Harry, mentre lui, Neville e Luna s’avvicinavano all’arazzo che li avrebbe fatti accedere al terzo piano.
L’idea che Neville fosse con loro dava parecchio fastidio a Harry –  che, in effetti, avrebbe preferito rimanessero lui e Luna- ma cercò di non pensarci, perché quel pensiero portava automaticamente a Ginny.
I tre ragazzi, tutti stretti sotto al mantello dell’Invisibilità e Mappa del Malandrino a fare loro da guida, giunsero senza problemi al terzo piano.
Questa volta, Harry non aspettò che Piton comparisse, e li guidò direttamente alla statua della strega gobba.
I minuti passarono, ma Piton non sembrava farsi vivo. Eppure Harry era deciso a restare: sapeva che sarebbe venuto, doveva farlo!
Il solo rumore che percepiva attorno a lui, però, era il ritmo dei respiri nervosi di Luna e Neville e il battito del suo cuore, che pulsava forte come un tamburo.
“Harry… Sei sicuro che il professore venga ancora qui? O che, perlomeno, questo sia il giorno buono?” gli sussurrò Neville a un orecchio. Harry decise di non ascoltarlo, e continuarono ad aspettare.
Dopo parecchi minuti, Luna si schiarì la voce. “Harry…credo che Neville abbia ragione” convenne, con un tono insolitamente pratico, “forse dovremmo andare nei sotterranei”.
Harry attese ancora, finché non si rese conto che effettivamente Piton non sarebbe comparso, e non l’avrebbe fatto neanche quando se ne sarebbero andati.
“D’accordo” si arrese, “andiamo nei sotterranei. Se lo incrociamo venire qua su, allora lo seguiremo. Altrimenti…beh, ce ne torneremo al dormitorio”.
Così, senza fare fracasso, i ragazzi scesero la scalinata di marmo fino ad arrivare ai sotterranei.
Harry doveva ammettere che non era stato poi così difficile; sul percorso non avevano incrociato nessuno.
“L’ufficio di Piton è da questa parte” fece loro strada Neville, che, con grande sollievo di Harry, almeno si rendeva utile in qualcosa!
Lui, Luna e Neville si accoccolarono accanto alla porta di Piton..
I tre giacquero in silenzio, ma a Harry bastava la sua testa, che faceva anche troppo rumore: il ragazzo continuava a ritenere che fosse stato un errore aspettare il professore uscire di lì;molto probabilmente aveva già preso la scorciatoia per Hogsmeade, e loro avevano perso l’unica possibilità di pedinarlo.
Si stava quasi per addormentare, quando Luna con una spallata lo risvegliò; Piton stava uscendo dal suo ufficio. Forse si era assicurato che Hogwarts cadesse nel sonno pirma di agire.
Con un cenno, i compagni si alzarono e, facendo attenzione a non scoprirsi, gli andarono dietro passo passo, fino al Salone d’Ingresso.
Una volta arrivati lì, però, Harry vide che Piton non girava verso la scalinata di marmo, ma usciva dalla porta principale di Hogwarts.
Senza indugiare, i ragazzi fecero lo stesso.
Harry non riusciva quasi a respirare per l’emozione. Come si trovaò nei giardini della scuola,Harry sentì il profumo di fresco di campagna e la leggera brezza notturna che gli penetrava fino alle ossa.
La figura nera di Piton si stagliava netta nella notte, mentre correva verso quello che Harry notò essere il Platano Picchiatore.
Ricordava che suo padre gli aveva raccontato qualcosa riguardo quell’albero, e subito consultò la mappa.
Piton non aveva scelto il Platano Picchiatore per caso: quello era il passaggio che portava alla Stamberga Strillante, lo stesso posto dove suo padre James, Sirius e Peter Minus si nascondevano per fare compagnia a Remus nelle sue notti di luna piena, quando erano studenti.
Fu allora che a Harry venne un dubbio, e guardò il cielo; s’accorse però che non era una di quelle sere.
Allora, se Piton non stava andando ad aiutare Remus, dove si stava dirigendo? E soprattutto, perché proprio alla Stamberga Strillante?
Toccava scoprirlo. Vedendo che non c’era più bisogno di utilizzare la Mappa, pronunciò le parole “fatto il misfatto” e quella ritornò una pergamena normale, che Harry nascose prontamente in tasca. Poi si guardò intorno, ma non vide nessuno dietro di loro.
“Togliete il mantello dell’invisibilità” disse agli amici, “non siamo inseguiti”.
Sia Luna che Neville gli rivolsero delle occhiate dubbiose, ma Harry avrebbe dimostrato loro di avere ragione; infatti arrivarono piuttosto velocemente davanti al Platano Picchiatore.
“Fate piano” fece loro Harry, chinandosi a terra per grattare il ramo che avrebbe lasciato libero l’accesso.
Ma aveva appena allungato la mano, che sentì degli urli soffocati dietro di lui.
Con il cuore a mille, tirò fuori la bacchetta; si voltò, e stava per puntarla contro il nemico, quando qualcuno alle sue spalle assalì anche lui, gli tappò la bocca e lo trascinò via, mentre perdeva sempre più conoscenza.
Si ritrovò, non sapeva come, da Olivander, il fabbricatore di bacchette. Eppure lui ne aveva già comprata una, non aveva bisogno di acquistarne altre!
Il metro nastro gli stava misurando la distanza delle narici, quando Olivander disse: “può bastare così” e quello s’afflosciò sul pavimento. Il ragazzo si guardò intorno, credendo fosse un sogno mentre il mastro s’avvicinava e gli porgeva una bacchetta.
“Allora signor Potter, provi questa. Legno di faggio e corde di cuore di drago. Nove pollici. Bella flessibile. La prenda e la agiti in aria”.
Harry la prese e, sentendosi un po’ sciocco, la agitò debolmente, ma Olivander gliela strappò quasi subito dalle mani.
“No, assolutamente no! Ecco, questa: acero e piume di fenice. Sette pollici, molto flessibile. La provi”.
Harry provò e riprovò, ma nessuna sembrava adatta a lui; inoltre,  si chiedeva il motivo della sua presenza lì se era già in possesso di una bacchetta….ah, già, ricordò, era solo un sogno.
Le bacchette si stavano ammucchiando sempre più sulla sedia, e sembrava che Olivander gioisse nel tirarne fuori nuove dagli scaffali.
“Cliente difficile, eh? No, niente paura, troveremo quella adatta…ora mi chiedo…sì, perché no…combinazione insolita…agrifoglio e piume di fenice, undici pollici, bella flessibile”.
Se stava rivivendo il momento in cui aveva comprato la sua bacchetta, quella non era proprio la sua. Si chiese anche dove fossero i suoi genitori, che quel giorno erano con lui nel negozio.
Harry prese in mano quella che Olivander gli teneva. Avvertì un calore improvviso alle dita. La alzò sopra la testa, la abbassò sferzando l’aria polverosa e una scia di scintille rosse e d’oro si sprigionò dall’estremità come un fuoco d’artificio, proiettando sulle pareti riflessi danzanti di luce.
Qualcuno accanto a lui applaudì entusiasta, e Harry si voltò di scatto, accorgendosi che era Hagrid, il guardiacaccia. Ma che ci faceva lui lì? E ancora, dove erano i suoi genitori?
Olivander si avvicinò a lui, esclamando: “Bravo! Sì, proprio così, molto bene. Bene, bene, bene….che strano…ma che cosa davvero strana….”
Rimise la bacchetta di Harry in una scatola e la avvolse in carta da pacchi sempre borbottando: “Ma che strano…che cosa davvero insolita…”
Beh, sì, in effetti era davvero strano possedere due bacchette, e probabilmente Olivander se n’era appena ricordato. Tuttavia, Harry non era sicuro che si riferissero alla stessa cosa.
“Mi scusi,” fece, “ma che cosa c’è di strano?”
Olivander lo fissò con i suoi occhi sbiaditi.
“Ricordo una per una tutte le bacchette che ho venduto, signor Potter. Una per una. Si da il caso che la fenice dalla cui coda proviene la piuma della sua bacchetta abbia prodotto un’altra piuma, una sola. È veramente insolito che lei sia destinato a questa bacchetta, visto che la sua gemella….sì, la sua gemella le ha procurato quella ferita”.
Quale ferita? Per quanto ne sapeva, Harry non ne aveva, mai avute. Eppure, Olivander fissava quel punto con insistenza, come se fosse lì; ma non poteva esserci.
Harry fu però spinto a controllare, e come si girò il suo sguardo andò su una delle vetrine del negozio; prese ad avvicinarsi lentamente, mentre la paura era sempre crescente.
Anche se l’ombra di Hagrid occupava metà del riflesso, Harry vide benissimo quello che non poteva e non doveva esserci: la cicatrice a forma di saetta era lì, sottile e scintillante, come una ferita saldata nel tempo, in mezzo alla sua fronte. Il ragazzo fece una serie di passi indietro, andò a sbattere contro una sedia del negozio, e mente inciampava urlava, perché non poteva avere la cicatrice, non era lui il prescelto….
 
“Bene, signor Gazza, grazie per aver fatto come ho chiesto. Non c’è bisogno che porti via Harry, rimarrà con me per un po’” disse la voce lontana di Silente, determinata ma allo stesso tempo calma.
Harry lo udì sedersi placidamente al solito posto, aspettando che si svegliasse. Ma lui era già tornato in sè, e aprì gli occhi lentamente; la prima cosa che vide fu il soffitto ovale sopra di lui e poi notò i quadri dei presidi passati, che lo osservavano preoccupati. In quello stesso momento, sentì quanto fosse fredda la superficie del pavimento su cui era sdraiato.
“Ben svegliato, Harry” lo accolse Silente con un sorriso, non appena gli occhi del ragazzo trovarono i suoi.
Harry si alzò e si tolse la polvere dai vestiti, senza guardare in faccia Silente.
A quanto pareva, il preside capì i suoi sentimenti, la vergogna mista a paura di essere ripreso da lui, però continuò a guardarlo, come in attesa che Harry si decidesse a fare lo stesso.
“Prima di tutto” cominciò, “sono molto deluso da te. Pensavo che di me ti fidassi”.
Harry s’accigliò, non riuscendo proprio a capire dove volesse arrivare.
“Ma io mi fido di lei professore” affermò, perplesso.
“Non abbastanza” rispose Silente, “vedi, se ti fossi fidato veramente di me” e sottolineò la parola veramente con un certo peso, “probabilmente non ti saresti avventurato con i tuoi amici, stanotte, fuori dalla scuola”.
“Ma signore, io….” Cominciò lui, ma fu interrotto ancora dal preside.
“Credevi che non fossi al corrente della situazione? Che lasciassi uscire dalla scuola i miei colleghi così, senza il minimo controllo o sorveglianza?”
Fu allora che Harry ricordò: aveva visto Piton uscire dall’ufficio di Silente proprio lo stesso giorno che aveva incontrato Luna, e una nuova ondata di vergogna lo sovrastò, molto più forte della prima.
“Mi dispiace signore” disse Harry, rammaricato. “Ma sappia che, se avessi scoperto qualcosa di losco, gliel’avrei subito riferito” aggiunse.
“Non lo metto in dubbio” rispose Silente, e i suoi occhi scintillarono, “e so anche che probabilmente avresti delle altre cose da dirmi, ma me le riferirai tutte quando ci aggiorneremo al nostro prossimo incontro. Solo una cosa, Harry: mi prometti che non proverai più a seguire il professor Piton, in futuro?”
Harry esitò rendendosi conto che no, in fondo non poteva prometterlo veramente. E che se l’avesse fatto, probabilmente non avrebbe rispettato l’accordo, come gli era capitato spesso di fare.
“Sì signore” si sentì costretto a dire, e con un cenno del capo uscì di filato dall’aula, senza dire nient’altro.
Fece dei sogni piuttosto tormentati, quella notte: Piton entrava nel passaggio del Platano Picchiatore, che poi si rivelava essere della strega Orba. Harry pedinava Piton, per poi scoprire che era Albus Silente; inutile dire che si svegliò e non riuscì più a riprendere sonno.
La mattina seguente, Harry ascoltò a malapena i commenti dei suoi amici sull’orario scolastico, cui Louise partecipò, unendosi al loro tavolo, per via della presenza di Hermione vicino a lei.
Harry semplicemente si limitava a girare il suo porridge con aria annoiata, ripensando a quello che era successo la sera precedente. Mai, come quella volta, si era sentito più turbato.
Ora aveva fatto una promessa, e non sapeva se sarebbe riuscito a rispettarla.
“Uh-oh!” commentò Frank, con il capo rivolto verso il fondo della Sala Grande, “guarda chi arriva!”
L’attenzione di Harry si risvegliò d’un tratto, e quando seguì lo sguardo dell’amico, lo stomaco gli si strinse per il dolore, e un senso di nausea lo invase: Ginny e Neville stavano avanzando verso il tavolo dei Grifondoro, tenendosi per mano.
La rabbia di Harry raggiunse il suo culmine solo nel momento in cui, però, li vide baciarsi; non solo Neville si era ripreso dall’avventura della sera precedente – cosa che, per quanto ne sapeva, né lui né Luna avevano fatto, dato che la povera ragazza si trovava in infermeria- ma aveva anche il coraggio di…di baciarla lì, davanti a lui, come se non gli importasse.
Con suo grande sollievo, notò che anche Ron non aveva preso bene la cosa; lo vide impallidire sempre di più mentre i due si sedevano l’uno accanto all’altra, in quel modo così fastidiosamente appiccicoso, come se non esistesse nient’altro.
Louise doveva aver notato il suo malumore, perché la vide con la coda dell’occhio aprire la bocca e dargli fiato; ma lui non aveva bisogno dei suoi lagnosi consigli in quel momento.
“No” l’anticipò, “voglio che tu non dica nulla, soprattutto se viene da te, che non esisti”.
Non riuscì a capire esattamente la reazione dell’amica, perché fu veloce, molto più di lui, che si rese conto troppo tardi di aver detto qualcosa che non andava.
Avrebbe voluto fermarla, ma non trovò il coraggio quando questa si alzò e si allontanò frettolosamente per la prima lezione, i boccoli biondi che volteggiavano con lei.
Harry si voltò e vide che i suoi amici lo fissavano insistentemente, come se aspettassero che prendesse fuoco; Frank era il più arrabbiato di tutti.
“Ma che ti passa per la testa, eh?” gli gridò e, borsa in spalla, uscì dalla Sala Grande correndo dietro Louise.
Harry non aveva ancora fatto in tempo a capire cosa fosse successo che Oliver Baston si accomodò nel posto vuoto di Louise.
“Ehi Harry” disse allegro, come suo solito quando stava per parlare di Quidditch; lui era il capitano della squadra, ed era davvero ossessionato con quel gioco. Anche ad Harry piaceva, ma in quel momento avrebbe pagato oro per stare un po’ da solo.
“Ehi Oliver” fece, giù di tono. Come provò a incrociare gli occhi di John e Richard, questi allontanarono i loro dai suoi, l’uno immergendosi in un ripasso veloce di Incantesimi e l’altro avvicinando i gemelli Weasley, qualche posto avanti a lui.
“Senti, Harry” lo richiamò all’attenzione Baston, gioviale, apparentemente senza notare quanto fosse di cattivo umore, “Angelina ti ha parlato?”
“Cosa?” chiese Harry, cadendo dalle nuvole, “perché avrebbe dovuto?”
Baston allargò il suo sorriso. “Per gli allenamenti di Quidditch, ovviamente! Ho programmato una nuova strategia, tutta fatta per te e la tua meravigliosa scopa, così avremo la possibilità di vincere!”
Harry non era convintissimo delle parole di Baston, ma annuì senza dire nulla.
“Bene, allora, ci incontriamo giovedì pomeriggio dopo le lezioni” lo salutò cordiale, e lo lasciò appena in tempo per il suono della campana.
Harry si diresse a lezione senza i suoi amici, che sembravano svaniti nel nulla.
Avrebbe voluto spiegare loro che non voleva veramente dire quelle cose, gli era semplicemente sfuggito, così come era accaduto quando era tornato dall’ufficio di Silente, parlando di Crosta, così come quel sogno assurdo in cui aveva si era visto essere il prescelto.
Ora che ci pensava, non era la prima volta che gli succedeva: poteva contare il suo primo anno, in cui aveva visto un altro se stesso con la cicatrice, lui parlare con Hermione al sesto anno….e ora Olivander, con il guardiacaccia per giunta!
Doveva esserci una ragione per tutto questo. Forse era invidioso di Neville, e quel desiderio era così intrinseco da volerlo sfogare in questo modo? Era anche per questo che era geloso di lui e Ginny, perché avrebbe voluto la sua vita? E allora perché Silente gli aveva fatto bere quella pozione? C’era….c’era un motivo, collegato a questo?
Harry non poteva e non sapeva rispondersi a queste domande, né seppe farlo nelle ore successive, dove non ascoltò una parola dei professori; una cosa era certa, doveva parlarne con qualcuno…e l’unica persona con cui poteva farlo, ora che sembrava non avere più nessuno, era Hermione.
Aveva abbandonato i suoi amici a ricreazione, che ridevano e scherzavano senza degnarlo neanche di uno sguardo. Eppure lui aveva provato a infilarsi nella discussione, chiedere scusa a Louise, ma non aveva funzionato, così aveva rinunciato ed era andato nel cortile di pietra, dove sapeva che avrebbe trovato Hermione immersa in qualche pesante lettura.
“Oh, ciao Harry” lo salutò lei, cordiale, mentre lui s’avvicinava e si sedeva sulla panca di pietra. Il cortile era stranamente più vuoto del solito; generalmente, era pieno di studenti, ma Harry si disse che, in fondo, era meglio così.
“Che stai leggendo?” chiese, cercando di interessarsi all’attività della ragazza.
Lei sorrise, e poi sfiorò con la mano la copertina del grosso libro, poggiato sulle sue ginocchia. “Vecchi manoscritti, sai…su incantesimi segreti, magia avanzata…potrebbe tornare utile anche a te, sai?”
Nonostante sembrasse persa nei suoi pensieri, notò quanto Harry fosse giù di morale, e il leggero sorriso comparso sul suo viso scomparve immediatamente. “Hai visto Ginny e Neville, vero?”
Harry abbassò gli occhi. Non aveva il coraggio di guardarla, e l’unica cosa che sentiva in quel momento era il battito che aumentava e le guance che si scaldavano sempre più.
“Mi dispiace tanto, è tutto quello che posso dirti. So che ci tenevi molto a lei” gli disse, compassionevole.
“Come facevi a saperlo?” riuscì a chiederle Harry, la voce rotta.
Hermione lo guardò intensamente. “Beh, non ci vuole un genio, a giudicare da come si trasforma la tua faccia quando Ginny mette piede in una stanza o attraversa un corridoio”.
Harry non rispose. Le sue parole erano vere, purtroppo.
“Ha abbondato anche te, a quanto vedo” disse, lanciandole un’occhiata veloce.
“Non è che non siamo più amici ” spiegò Hermione con un sospiro, “ma da quando passa il suo tempo con Ginny, sta meno con me, ecco tutto. E’ solo un periodo, vedrai”.
Harry non la contraddisse, anche se non la pensava come lei: da come Neville si comportava, non credeva che l’avrebbe frequentata come prima.
“Beh, ad ogni modo non sono venuto qui con l’intenzione di parlare di Neville” cambiò argomento lui, “ma per aggiornarti sulle novità. Senti quello che è successo l’altra notte…”
Le raccontò tutto e lei ascoltò partecipando, questa volta, con una serie di “oooh”, “oddio” e “quindi cosa è successo?”
“Beh, per quanto mi riguarda, sai cosa ne penso” disse alla fine. “Non sono mai stata d’accordo sul seguire Piton, lo sai benissimo”.
“E del resto? Sui miei sogni?” chiese Harry, nervoso.
Dopo qualche momento di riflessione, Hermione disse: “Non lo so. Sono…strani. Eri da Olivander solo dopo aver ingerito la pozione, non è così?” chiese, con l’aria da investigatore.
“Sì” rispose Harry, annuendo vigorosamente, “è esattamente quello che è successo. E, come ti ho detto, il mio molliccio è proprio la boccetta che lui mi ha dato!”
“Uhmmm…” fece Hermione, pensando intensamente. “Non so, Harry…potrebbe essere che, magari, fai premonizioni anche sulle tue paure? Forse è talmente inconscia,” aggiunse lei, perché Harry era sempre più confuso, “che il tuo molliccio ha scelto una forma a caso per impersonare quella paura, e casualmente Silente ti ha dato proprio la boccetta”.
Casualmente?” ribatté Harry, scettico. “Forse non hai inteso bene quello che ti ho detto! Tu non ci sei quando parlo con lui….come mi guarda…in certi momenti è come se leggesse i miei pensieri… anche al nostro ultimo incontro, proprio ieri, ha indovinato che avrei avuto altre cose da comunicargli”.
Hermione si morse un labbro, dubbiosa. “Già, ma tu hai sempre qualcosa da dirgli, no? E comunque, non possiamo esserne certi! Io glielo direi lo stesso, Harry. Che lui riesca a leggere la mente o meno, sapere il suo parere ad alta voce ti chiarirà indubbiamente le idee” rispose lei, parlando in fretta come se inseguisse le sue parole.
Harry la guardò. “Forse hai ragione. Lo farò, quando…”
“Guarda chi c’è qui, il duo delle meraviglie” li interruppe una voce malevola, alle loro spalle.
Harry si guardò intorno, e con una spintarella di Hermione capì che Draco Malfoy e i suoi gorilla Tiger e Goyle erano apparsi proprio di fronte a loro; il viso di Malfoy, pallido e appuntito, li guardava con fare superiore e sbeffeggiante.
“Malfoy!” scattò Harry; si rese conto che l’aveva fatto per proteggere Hermione.
Malfoy rise in modo insopportabile. “Granger, possibile che sei così incapace da farti proteggere da uno di basso livello come lui? E poi, Paciock, dov’è andato? Ah già,” nei suoi occhi passò una strana luce sinistra, “ vi ha mollato per la Weasley, giusto? Certo che sta proprio precipitando, non credete? Ma del resto, non può di certo migliorare, se come amici aveva voi…il club degli Sfigati si sta proprio riducendo! Credo che presto dovrete unirvi alla comitiva di quei poveri idioti di Weasley, per stare dietro al vostro idolo…ma non so se avranno soldi per mantenervi, del resto mio padre crede che…”
Harry aveva tirato fuori la bacchetta, e sarebbe iniziato un duello se Hermione non fosse stata più abile di lui, puntando la bacchetta al collo di quello per cui aveva avuto una cotta per tre anni.
“Taci!” gridò lei, quasi squittendo, inferocita. Anche Malfoy sembrava sorpreso di quel capovolgimento di eventi, e alzò le mani, spaventato. “Non hai il diritto di parlare così di Neville e dei Weasley, perché tu non vali metà del loro valore e del loro coraggio! Mi sono spiegata?”  Continuava a urlare, il viso sempre più rosso; ma la sua espressione era irremovibile.
Malfoy continuò a indietreggiare fino a che non sbatté la schiena contro il muro, e Hermione tenne saldamente la presa della bacchetta sulla gola, pronta a scagliargli una fattura da un momento all’altro. Tiger e Goyle continuavano a scrocchiare le nocche delle dita, ma sembravano più presi alla sprovvista che inferociti.
Harry, che continuava a stringere la bacchetta in mano, era curioso di vedere cosa sarebbe successo.
“Granger…” provò a dire Malfoy, tornando all’attacco, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, Hermione abbassò la bacchetta e, fuori di sé, la sostituì velocemente con uno schiaffo.
Confuso e intimidito, Malfoy prese a correre via dall’interno della scuola, controllando di tanto in tanto che lei non gli scagliasse qualche altro incantesimo.
Harry ebbe un’improvvisa immagine di lei, che schiaffeggiava Malfoy, ma stavolta erano nel corridoio che portava all’uscita per i giardini di Hogwarts, e c’era anche Ron con lui.
“Ben fatto” commentò, colpito, “così Fierobecco avrà giustizia!”
Ancora una volta, Hermione gli lanciò un’occhiata sorpresa.
“Fierobecco, Harry?” chiese, confusa.
“Io…non importa” disse lui, ricordandosi di aver avuto di nuovo un’immersione nelle sue visioni. “Volevo dire…sono contento che tu abbia protetto Neville e i Weasley…”
“Oh, beh, Harry, devo dire che lo sono anche io” commentò lei, fissando ancora il punto dove era scomparso Malfoy, “mi sento…libera. Voglio dire, non che lui non mi piaccia più,” aggiunse, mentre rientravano anche loro dal cortile, “ma ci vuole mano ferma, e…beh, sembra impossibile andare dietro a qualcuno che ti odia”.
Harry avrebbe veramente voluto dire qualcosa per confortarla, ma non gli venne in mente niente.
“Sei stata molto coraggiosa” commentò poi, dopo una breve pausa. “Saresti stata bene in Grifondoro”.
Hermione gli donò un sorriso orgoglioso. “Oh, sì, beh, sai…in effetti, il Cappello Parlante ha perso molto tempo a decidere. Mi ha tenuto quello che sembravano ore, solo perché non sapeva se fosse meglio Corvonero o Grifondoro…e poi, beh, eccomi qui” confessò, con un’alzata di spalle.
I due amici presto arrivarono fino all’aula dove si sarebbero separati per la lezione successiva.
“Ah, Harry, comunque” disse lei, “io chiederei scusa a Louise. Inventati qualsiasi cosa. Te lo dico proprio io che non la sopporto, ma… non è bello sentirsi dire cose del genere…”.
“Se solo sapessi come” sospirò Harry.
Hermione ammiccò. “Troverai un modo. Alla prossima, Harry” ed entrò.
Harry vide la porta di Incantesimi chiudersi, e poi si diresse lentamente a lezione di Divinazione.
Per via del malinteso con i suoi amici, Harry si ritrovò a pranzare per la prima vera volta da solo; si sarebbe unito a Ron, Seamus e Dean, ma si sentiva così depresso che preferì non contagiare nessuno con il suo umore. Mentre si serviva una buona fetta di torta glassata, realizzò che Hermione aveva ragione, e che avrebbe sfruttato il pomeriggio dopo le lezioni per andare all’ufficio del professor Silente per informarlo su tutto.
Harry aveva immaginato che le ore di Pozioni fossero saltate come al solito, e invece sentì dire da Draco Malfoy al suo gruppo di amici serpeverde che Piton era tornato attivo nella scuola.
Fu così che, tornato nel dormitorio, riprese il suo materiale inutilizzato da ben due settimane e scese nei sotterranei del castello con gli altri grifondoro.
Era strano come si sentisse stranamente isolato e fuori dal mondo. Vedeva in lontananza i suoi amici, che chiacchieravano animatamente e si divertivano.
Harry provò ad attirare la loro attenzione,ma come passò loro accanto, sembrò che non l’avessero proprio notato.
“Harry” lo chiamò qualcuno, e si voltò verso la voce. Con suo grande dispiacere, vide che era Neville, e andò verso di lui per capire cosa volesse.
“Hermione mi ha detto come ti senti” disse amichevolmente. “Come stai?”
A Harry diede un grande fastidio questo interesse nei suoi confronti, nonostante lo facesse con delle buone intenzioni. E poi, come si era permessa Hermione di riferire a Neville le sue confidenze?
“Bene” rispose, duro. “Ora, scusa, devo andare…”
“C’entra Ginny?” lo fermò con un braccio l’altro, guardandolo negli occhi.
“Cosa?” chiese Harry, vago.
“Non fare lo stupido” disse Neville, tenendo ben salda la presa, perché Harry aveva tentato di liberarsene, “è da quando sto con lei che non mi parli più. Anche un gufo capirebbe che ti piace, sai?”
Harry avvampò, ma fece di tutto per nasconderlo. “Non capisco di cosa tu stia parlando…ma se è per quello, beh, tutti sanno che non passi più il tuo tempo con nessun altro. Anche i tuoi amici si lamentano…”
“Per Hermione non è un problema, con lei ho chiarito” ribatté Neville, determinato, “vorrei che non lo fosse anche per te. E soprattutto, desidererei non mi tenessi il broncio a quel modo. Potremmo essere tutti amici, sai?”
Harry riuscì a liberarsi dal suo braccio e lo guardò a lungo. Non disse nulla e, ad ogni modo, non ne ebbe neanche il tempo: Piton aprì la porta dell’aula e dopo un gelido: “Entrate” tutti gli studenti fecero il loro ingresso nella classe.
Harry si ritrovò, con suo grande sollievo, a condividere il tavolo con Ron, Dean e Seamus.
Per quanto fosse meno in imbarazzo di quanto potesse sentirsi con Frank, John e Richard, sapeva che quella che si prospettava non sarebbe stata una bella lezione: anche se gli dava le spalle mentre scriveva gli ingredienti alla lavagna per la Pozione Restringente, Piton lo osservava.
“Bene, avete all’incirca mezz’ora per preparare questa” spiegò fermo e severo l’insegnante, indicando con un gesto distratto la lista degli ingredienti, sedendosi alla scrivania. Ancora una volta, non lo guardava, ma Harry sentiva i suoi occhi puntati dritti su di lui.
“Poi, come sempre, riempirete una delle fiale posate su questo tavolo accanto a me” continuò Piton, e indicò un piccolo banco posto proprio davanti alla lavagna, “ quando avrete concluso, me lo consegnerete. Al lavoro!”
Per Harry non fu facile concentrarsi; sperava di star facendo un buon lavoro con la pozione, ma non ne era certo. Inoltre, la presenza di Piton lo agitava più di quanto pensasse.
Non si rese conto di essersi incantato, e fu solo quando Ron lo fece tornare alla realtà che si accorse che Piton stava passando fra i paioli. Harry guardò la sua pozione, e vide che era ancora a metà. Così si sbrigò a sbucciare il Grinzafico, cercando di non farsi vedere dal professore, e affettò il bruco….poi buttò insieme la milza di gatto e le radici di margherita, e versò il succo di sanguisuga nel calderone, pregando disperatamente che funzionasse.
Veloce come un fulmine, Piton si materializzò proprio al loro tavolo. Diede una mescolata alla pozione di Dean e Seamus senza commentare, per poi lanciare uno sguardo disgustato a quella di Ron. Harry capì in cosa aveva sbagliato il compagno: aveva tagliato male il bruco, e la pozione aveva raggiunto un verde smeraldino invece della tonalità acida originaria della pozione.
Ma nulla, nulla era comparabile all’espressione che fece quando vide quella di Harry.
“Di’, Potter” disse, con una punta di sarcasmo, “hai problemi di comprendonio, forse?”
“No signore” rispose Harry, allo stesso tono.
“Allora non sai leggere” disse ancora Piton.
“Certo che so leggere, signore” ribatté Harry infervorandosi, e incrociò lo sguardo fermo del professore.
“Dimmi allora cosa c’è scritto all’ultima riga sulla lavagna. Ad alta voce” aggiunse l’insegnante, e le sue labbra s’incurvarono in un sorriso maligno.
“Tagliare le radici di margherita, affettare il bruco, sbucciare il Grinzafico, aggiungere una milza di gatto, un litro di succo di sanguisuga…” lesse Harry, prima che il suo sangue si gelasse: non aveva mescolato la pozione.
“Ora hai capito, Potter?” sibilò Piton. “O forse dovrei cercare di fartelo apprendere meglio con quattro rotoli di pergamena sulla Pozione Restringente da consegnarmi per giovedì pomeriggio, solo per te…?”
“Ma non può farlo!” sbraitò Harry impulsivamente, e si rizzò di scatto sul posto; fu solo un attimo dopo che capì di aver commesso un errore, perché Piton sembrava non aspettare altro.
“Oh, molto bene, Potter, contesti le mie decisioni! Beh, ora saprai che posso. Punizione. Giovedì pomeriggio alle quattro. Niente scuse” Poi si chinò su di lui, il sorriso soddisfatto sulle labbra, facendo in modo che solo Harry potesse sentirlo mentre diceva: “Questo vale soprattutto per la tua piccola avventura di ieri notte. Complimenti per avermi seguito, Potter. La lezione è finita!” disse poi a tutta la classe, e la campanella in quell’esatto momento suonò.
Harry avrebbe voluto dirgli qualcosa, lanciargli un incantesimo; e invece si limitò a lavare mani e mestoli nell’acquaio di pietra nell’angolo. Era arrabbiato con lui più che mai: ora non avrebbe potuto più partecipare al primo incontro di Quidditch, e come avrebbe fatto a dirlo a Baston?
Rimandando quei brutti pensieri a quando sarebbe tornato su nel dormitorio, Harry si diresse all’ufficio del professor Silente, pronto a informarlo su tutto e, soprattutto, per avere lucidazioni su quello che gli stava capitando.
Ma quando pronunciò la parola d’ordine presso il gargoyle, quello non si animò.
Harry, già di cattivo umore per la brutta giornata, non si sentì sollevato; tutt’altro, ci volle poco che non imprecasse anche contro il preside.
Perché Silente non gli aveva detto che aveva sostituito ‘torta allo zenzero’ con un altro dolce?
Prima che potesse urlare a vuoto, la McGranntt uscì dall’aula accanto all’ufficio.
Immediatamente, Harry corse verso di lei. “Professoressa” la chiamò, con una certa fretta.
“Potter” lo salutò cordiale lei, stupita dell’ansia di Harry.
“Volevo incontrare il professor Silente, ma il gargoyle non risponde alla parola d’ordine! Forse il professor Silente si è dimenticato di passarmela, saprebbe dirmela lei?” chiese il ragazzo.
La professoressa strinse le labbra, prima di scoccare un’occhiata veloce alla statua.
“Hai fissato un appuntamento?” chiese poi a Harry.
“No” rispose lui, “ma ho bisogno di parlargli con una certa urgenza!”
La McGrannitt lo guardò intensamente, poi si aggiustò la veste e mosse qualche passo lungo il corridoio.
“Mi dispiace, Potter, ma il professore è assente” lo informò, e Harry non aveva dubbi che dicesse la verità.
“Non c’è?” esclamò stupefatto, dopo che ebbe metabolizzato la cosa.
“Esatto” assentì lei, “se n’è andato ieri sera. Ha ricevuto un gufo per un’urgenza, ed è partito immediatamente”.
Harry si sgonfiò; l’idea che Silente non fosse presente lo tirava sempre più giù di morale.
“Sa quando tornerà?” provò ancora, ma con sua delusione la McGrannitt scosse la testa.
“Purtroppo no, Potter” rispose la vicepreside.
“Oh, beh, non importa” scrollò le spalle lui. “Grazie comunque, professoressa” e detto questo si diresse al suo dormitorio, chiedendosi cos’altro sarebbe riuscito a farlo sentire peggio di così.
 
 Note dell'autrice: eccoci qui!! che ne pensate di piton??? perdonatemi se non aggiorno spesso...il fatto è che sono gli gli ultimi giorni di agosto e ho da fare -uff che fatica- anche con un'altra storia (in teoria sarebbero tre compresa questa, ma una è mia- mia e la lascerò per ultima, credo) e quindi si sa si va lenti...presto aggiornerò anche quell'altra...qui si tratta solo di trascrivere! scusatemi se il capitolo forse è un pò lungo, ma spero che vi piaccia lo stesso! un grazie a tutti i lettori che stanno aumentando vertiginosamente ( e spero continuino a farlo!) per il resto ci vediamo con il prossimo capitolo, e ditemi come trovate questo...
ps. grazie a camomilla17 che mi recensisce sempre! un bacione a tutti voi!P.S P.S ho visto che ci sono dei piccoli errori, ma vedrò di aggiustarli quanto prima! u
 
 
 

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Capitolo 7
*** La Foresta Proibita ***


Capitolo 6

La Foresta Proibita

“E’ vero che è pazzo, Ministro?” chiese Madama Rosmerta, dopo un lungo sospiro.
Harry aprì gli occhi e si guardò intorno. Se non avesse riconosciuto la voce della cameriera, probabilmente non avrebbe mai capito di trovarsi ai Tre Manici di Scopa; di fatti, si era risvegliato in una posizione assai bizzarra: era seduto sotto il tavolo, e aveva davanti a sé i rami di un albero di Natale che gli s’infilavano dritti nel naso.
Nel tavolo proprio di fronte al suo si stava svolgendo una conversazione assai interessante, e Harry intuì in qualche modo di dover rimanere dov’era ancora per un po’.
“Vorrei poterlo dire” esclamò quello che doveva essere il Ministro, lentamente. “Credo che certamente la sconfitta del suo maestro lo abbia messo fuori gioco per un po’. L’assassinio di Minus e di tutti quei Babbani fu l’atto di un uomo disperato, senza via di scampo; crudele e inutile. Ho incontrato Black nella sua ultima ispezione ad Azkaban. Sapete, gran parte dei prigionieri stanno seduti e borbottano tra sé nel buio, privi di senno…ma vedere come Black sembrava normale mi ha lasciato di stucco. M ha parlato come un essere ragionevole. È stato snervante. Sembrava solo annoiato; mi ha detto che gli mancavano i cruciverba. Sì, mi ha stupito lo scarso effetto che i Dissennatori sembrano avere su di lui…ed era uno dei prigionieri più sorvegliati, sapete. Dissennatori fuori dalla cella giorno e notte”.
Non appena venne pronunciato il nome dei Dissennatori, a Harry girò improvvisamente la testa; veloci immagini correvano nella sua mente, di qualcosa che usciva dall’armadio, da uno scompartimento, come se qualcuno avesse mandato avanti il rullino della sua vita…e poi tutto tornò normale.
“Ma perché crede che sia fuggito?” chiese ancora Madama Rosmerta. “Santo cielo, Ministro, non starà cercando di riunirsi a Lei-Sa- Chi, vero?”
 
“Harry, ma che fai, dormi?” Qualcuno lo scosse, e Harry si svegliò di soprassalto. Si trovava nella sala comune: si era appisolato sulla poltrona accanto al fuoco.
A svegliarlo era stato Oliver Baston, che aveva tutta l’aria ansiosa.
“Io…” rispose Harry, sentendosi in imbarazzo. “Scusami…che giorno è, oggi?”
Baston scosse il capo, mentre sollevava da terra Quidditch attraverso i secoli che era caduto a Harry nel momento in cui s’era addormentato.
“Giovedì, naturalmente” rispose, porgendogli il libro.
Harry sussultò sul posto. “Che cosa?”
“Giovedì” ripeté Baston, un po’ spazientito. “Ma per quanto hai dormito? Beh, in ogni caso, cerca di riprenderti in fretta: ti aspetto tra dieci minuti davanti al passaggio per scendere al campo”.
“Al campo? Oliver, che ore sono? Non posso scendere al campo!” gridò quasi l’altro, sobbalzando.
Vide Baston sbiancare ogni secondo di più. “Come…come sarebbe a dire…non puoi venire?” balbettò.
“Proprio così” spiegò Harry, sentendosi mortificato. Si lasciò andare contro il soffice schienale, e si massaggiò il viso per rilassarsi. “Non posso venire, perché Piton mi ha dato una punizione”.
Baston sembrò registrare in ritardo le sue parole. “Come…cosa…? Ma tu non puoi non venire! Il Quidditch è fondamentale! Che cosa hai fatto per prenderti…. Ah, non importa: parlerò al professor Piton, Harry, ti farò rimandare la punizione! Non è possibile che si possa annullare una cosa come il Quidditch, Harry! Dobbiamo vincere questo campionato! L’ho promesso alla McGrannitt!” e detto ciò uscì dal passaggio della Signora Grassa.
Harry sapeva che anche se Baston si fosse presentato con il cane a tre teste del primo anno non sarebbe riuscito a convincere Piton e anzi, il ragazzo credeva quasi che il professore sapesse del suo impegno: perché scegliere proprio il giovedì, altrimenti?
Dieci minuti prima che potesse alzarsi e andare personalmente a scontare la punizione, Baston si presentò di nuovo nella sala comune, l’aria afflitta.
“Non sono riuscito a risolvere niente, ma…credi di riuscire a raggiungermi, dopo che avrai fatto?” tentò, le sopracciglia che gli si muovevano incontrollate.
Harry non era sicuro di fare in tempo, ma annuì, e ripromise a se stesso di provarci. D
Dopodiché, scese in fretta e furia per arrivare il prima possibile ai sotterranei.
“Ah, Potter” lo accolse Piton, quando Harry ebbe fatto finalmente il suo ingresso nell’ufficio. Era la prima volta che vi entrava, ma non rimase stupito dalla tetra atmosfera che aleggiava : l’intera stanza era illuminata fiocamente da solo due candelabri ai lati, il che dava all’ufficio una profonda oscurità che doveva essere molto cara a Piton; dietro la scrivania, vi erano sospesi viscidi oggetti morti in posizioni colorate lungo le pareti.
Davanti alla scrivania dell’insegnante vi era un tavolo che Harry intuì essere destinato a lui, cui sopra vi erano accatastate grosse scatole piene di ragnatele, emanando l’alone di un lavoro lungo, tedioso e inutile.
“Il signor Gazza cercava qualcuno che rimettesse in ordine questi vecchi archivi” spiegò Piton, divertito. “Sono registri di vecchi malfattori di Hogwarts e le loro punizioni…a te il compito di classificarli in ordine alfabetico e ricalcare quelle parti che ormai stanno sbiadendo con il tempo. Non devi usare la magia”.
“Certamente professore” rispose Harry, con un nodo alla gola, e sperando che tutto il disprezzo che provava arrivasse tangibile al professore.
“Comincia dagli archivi millecinquantasei e millecinquantadodici. Troverai dei nomi familiari, che dovrebbero risvegliare in te l’interesse per il lavoro che ti spetta” disse Piton, soave.
Harry si sedette e si mise all’opera. Più i minuti passavano, più l’idea di rimanere in compagnia di Piton, che era certo lo sorvegliasse con la coda dell’occhio, lo metteva a disagio. Oltretutto, era un lavoro veramente inutile e, sicuramente per volere del professore, Harry s’accorse  ben presto che le punizioni che stava ricalcando rispondevano ai nomi di James Potter e Sirius Black, per la gran parte. Remus non compariva quasi mai…ogni tanto quel Peter Minus, di cui Harry aveva sentito parlare molto poco. O meglio, non l’aveva mai visto, non che lui ricordasse, almeno. Sentì una stretta allo stomaco; non era bello da parte di Piton fargli ricordare tutto quello che avevano fatto, come se si stesse vendicando delle malefatte di trent’anni prima o gli stesse dicendo che anche lui era un essere spregevole.
Le mani gli tremavano sempre più e non era sicuro di poter continuare.
Cominciò a credere ch Piton si fosse inventato la storia di Gazza e li avesse presi lui dall’archivio, giusto per fargli perdere un po’ di tempo.
“Bene Potter” disse Piton con un sorriso maligno, “credo che tu abbia fatto abbastanza per oggi. Potrai proseguire giovedì prossimo…”
“Giovedì prossimo?” trasalì Harry, cercando poi di mantenere un tono di sottomissione per non peggiorare le cose.
Piton lo guardò con soddisfazione; in quel momento Harry ebbe una gran voglia di saltargli addosso e strangolarlo. Per ovviare a questa tremenda tentazione, posò gli occhi sul suo orologio da polso, e si accorse che erano le sette; ancora più rabbia gli ribollì dentro. Quanto l’aveva tenuto Piton per spolverare le birichinate di suo padre?
 
Prima che fosse cacciato via dal professore, Harry uscì di filato dall’ufficio e salì i grandini della scala a chiocciola, deciso ad unirsi agli altri al campo di Quidditch. Sapeva che era tardi, ma d’altro canto Baston li teneva sotto allenamento anche per tre ore. Si stava appunto chiedendo se avesse trattenuto la squadra per aspettarlo, o fossero rimasti a provare qualche nuovo schema di gioco, quando qualcosa lo fermò, e improvvisamente non ebbe più voglia di raggiungere Baston.
Scese invece gli scalini a ritroso e si appostò accanto alla porta di Piton, il cuore che gli batteva a mille e la testa che sembrava esplodergli. Un’ondata di caloresi propagò per tutto il corpo mentre sfilava dalla tasca il Mantello dell’Invisibilità e se lo gettava addosso.
Avevi promesso che non avresti più seguito Piton, lo rimproverò una vocina molto simile a quella di Hermione dentro la sua testa. Lo so, le rispose Harry, mentre il senso di colpa lo invadeva. Era vero, aveva promesso al professor Silente che non avrebbe più pedinato Piton, ma qualcosa più forte di lui gli diceva di aspettare. Non sapeva quanto rimase accoccolato lì accanto allo stipite della porta. Stava di fatto che cominciava a sentire freddo, e percepiva sempre più buio attorno a lui, nonostante i sotterranei fossero sempre avvolti nell’oscurità. Doveva essere già notte, e mentre un brontolio allo stomaco gli segnalava la gran fame, si chiedeva se qualcuno si fosse domandato in Sala Grande il motivo della sua assenza.
In quel preciso istante gli vennero in mente i visi dei suoi amici, che ridevano e scherzavano senza di lui, e quella visione gli fece male al cuore per quanto vera non fosse, ma purtroppo strettamente simile alla realtà. A pensarci forse se lo sarebbe chiesto Hermione, ma potevano essere mille le ragioni per cui non era presente a cena, come ad esempio un semplice malanno.
L’unica cosa che lo consolava era il motivo per cui era lì: neanche Piton era uscito.
Dopo un po’ di tempo (quello che a Harry parvero ore, ma ne era passata solo una dato che erano le nove di sera) vide gli studenti di serpeverde scendere nei sotterranei del loro dormitorio, tra cui la faccia pallida e appuntita di Draco Malfoy che, dall’ultima volta che l’aveva visto umiliato, sembrava aver riacquistato tutta la sua arroganza.
Ignorando tutti i visi antipatici, tenne duro e attese ancora.
Si stava giusto chiedendo se stesse facendo la cosa giusta nel silenzio ritrovato del corridoio, che la porta dell’ufficio di Piton scricchiolò, e il naso adunco del professore si sporse guardingo a destra e a sinistra, per controllare che non ci fosse nessuno. Poi, avvolto dal solito mantello nero, chiuso furtivo la porta di legno e scappò frettolosamente su per le scale a chiocciola.
Era quello il momento adatto: non c’era nessuno a correre rischi per Harry. Era lui da solo con le sue scelte. Così, sopprimendo il senso di colpa che lo attanagliava riguardo a quello che aveva detto a Silente, decise di seguire Piton, a debita distanza e facendo sì che non si mettesse in pericolo.
Aveva, come suo solito, tutto con lui: per fortuna Gazza non gli aveva confiscato la Mappa del Malandrino l’ultima volta, e quindi fu facile capire quali erano le intenzioni di Piton.
Senza essere visto, e cercando di evitare qualche gruppo di studenti che si avviavano ritardatari verso i loro dormitori – a uno di questi volò il cappello nero dal capo, ma non era certo questo il momento di fare i gentili e raccoglierglielo- uscì dal Salone d’Ingresso e poi dritto, verso il Platano Picchiatore. Piton era quasi davanti all’albero, quando all’improvviso scomparì.
Harry rimase di sasso: dove era andato? L’aveva fatto per qualche precauzione?
Sapeva che sarebbe stato capace di pedinarlo ancora?

 
Prendendo un respiro profondo, e sempre cercando di ridurre al minimo il rumore dei suoi passi, Harry s’avvicinò al Platano Picchiatore, sempre mantenendo una debita distanza.
Si accorse che il professore non poteva essere entrato nel Platano, e la spiegazione era molto semplice: il ramo si sarebbe abbassato nello stesso momento in cui Harry gli era arrivato davanti, e questo li spaventava e allo stesso tempo lo entusiasmava. Dove era andato, quindi?
Ora il ragazzo era davvero solo….e se gli fosse capitato qualcosa?
Fece il giro dell’albero, quando udì qualcuno bisbigliare poco distante un controincantesimo, e un’ombra scura apparve nella notte, distinta dagli alberi della Foresta Proibita.
Harry non ebbe dubbi che quello fosse Piton, e senza esitare lo inseguì.
Era evidente che l’insegnante avesse intuito che qualcuno era dietro di lui; o quanto meno ci faceva più attenzione, dato che l’ultima volta aveva trovato addirittura tre ragazzi a pedinarlo.
Harry però non si fece scoraggiare e, quando lo ebbe raggiunto quanto bastava per controllarlo ma non per essere visto, fece un po’ di luce con la bacchetta, giusto per consultare di tanto in tanto la mappa e guardare dove metteva i piedi.
Notò come il professore avesse scelto percorsi ripidi, che avrebbero fatto svelare Harry in un batter d’occhio se solo si fosse fermato e girato verso di lui, mentre s’inoltravano sempre più dentro la Foresta.
Cos’era che Piton voleva nascondere? Dove si stava dirigendo?
Il cuore di Harry andava all’impazzata, accompagnato da quella sensazione di panico mista ad adrenalina che gli percorreva il corpo come acqua gassata.
Aveva molta paura, doveva ammetterlo, e puntava la bacchetta in modo agitato da una parte all’altra,  perché sapeva che la Foresta era proibita proprio per la presenza di mostri.
Harry  sapeva che quella era la prima volta che ci si addentrava, e quindi era più attento che mai; eppure via via che Piton avanzava, riconosceva certi punti, come se ci fosse già stato…con la coda dell’occhio vide qualcosa di bianco e bellissimo steso da qualche parte, che aveva tutta l’aria di essere un unicorno; ma quando si voltò per guardare meglio, notò che non c’era più. Pensò che probabilmente era suggestione.
Mentre continuava la sua avventura, notò come l’insegnante si muovesse abile ed esperto tra un fiumiciattolo e l’altro, un sasso e una zona d’erba, come se avesse tracciato un sentiero.
Gli alberi aumentavano, sempre più fitti, la cappa d’oscurità con loro.
Harry si chiese se sarebbe uscito vivo da quella foresta, o se qualche creatura l’avesse catturato prima.
Nonostante avesse intravisto qualche movimento fra gli alberi, non gli accadde proprio nulla; Piton avanzava incolume, e così anche lui, anche se era molto meno rilassato del professore.
E poi l’insegnante proseguì dritto fra due montarozzi d’erba, e da lì si aprì una zona piana da cui si scorgeva una piccola catapecchia. Harry notò che c’era solo una luce interna, visibile da una finestra. La casa era di legno, e sembrava alquanto instabile: se avesse spirato solo una ventata, probabilmente l’intera struttura sarebbe stata spazzata via come un castello di carta.
Tuttavia Piton non aveva nulla da temere: Harry lo vide avanzare con passo sicuro e deciso, così fece lui, sempre silenziosissimo.
Era incredibile come neanche i grilli cantassero fra l’erba, e quanto freddo sentisse il ragazzo via via che si avvicinavano al rifugio, proprio al centro della Foresta Proibita.
Harry si accostò dietro a un cespuglio, lasciando che il professore entrasse nella casa. Quando avrebbe visto la sua testa fare capolino dentro la stanza,  si sarebbe rannicchiato sotto la finestra per sentire quello che stava progettando. Ma stava proprio per scattare che…
“Ahia!” qualcuno andò a finire proprio contro di lui. Con orrore, Harry vide il mantello dell’invisibilità volare via qualche metro più in là, oltre il cespuglio. A malincuore si rese conto che avrebbe dovuto strisciare per recuperarlo.
“Te l’avevo detto che sarebbe stato pericoloso” lo riprese proprio la persona che era gli era venuto addosso, e scoprì che era Hermione, una ciocca dei capelli cespugliosi incastrati a un ramo. “Aiutami!” imprecò, coinvolta in un’ impossibile battaglia con i suoi capelli.
“Che ci fai qui?” chiese Harry, senza capire se era felice o meno di trovarla lì.
“Torna a Hogwarts! Non sai neanche in che guaio ti stai cacciando!”
Hermione grugnì, mentre Harry cercava di liberarla dal cespuglio.
“Senti chi parla!” si irritò lei, agitata. “E comunque, Harry, non potevo lasciarti da solo…insomma, ti ho visto avventurarti nel seguire Piton al Salone d’Ingresso, e ho visto molti sguardi che puntavano proprio nella tua direzione, dopo che ti sei scontrato con quel ragazzo …Non potevo permettere che ti scoprissero di nuovo, capisci, e quindi ho scagliato loro un incantesimo di memoria e li ho convinti tutti ad andare a letto e poi….Oh, Harry, ero così in pena per te!”
Alla luce della bacchetta, Harry vide che la ragazza sorrideva timidamente, come se avesse commesso una marachella e se ne vergognasse. Harry si sentì uno stupido; e se li avessero scoperti e Hermione fosse finita nei guai con lui? Ancora una volta, non sapeva se era triste o felice che fosse con lui.
“Io…beh, grazie…ma come hanno fatto ad accorgersi di me?” chiese, senza riuscire a sostenere gli occhi di Hermione.
“Beh, le tue scarpe Harry. il mantello si è sollevato leggermente, e le ha mostrate…nessun altro che conosca ha un Mantello dell’Invisibilità, e una voglia matta di scoprire i progetti di Piton e quindi…beh, ho dovuto provvedere” riferì Hermione con tono pratico, anche se la voce un po’ le tremava.
Le sue mani sfiorarono per un attimo le sue, e Harry sentì il soffio di un brivido, notando come anche lui tremasse in modo così insolito, così….i loro sguardi s’incrociarono, e prima che potesse prevederlo, prima che potesse rendersi conto delle sue azioni, la baciò.
O forse avevano avuto l’iniziativa tutti e due nello stesso momento, non sapeva neanche questo. L’unica cosa che aveva visto un attimo prima che ci fosse quello strano, umido, appiccicoso e dipendente gioco di labbra e lingua (che faceva piuttosto strano a Harry, dato che era il suo primo bacio), era che i loro occhi si erano trovati, e…era successo.
Non sapeva se, a dire la verità, quello che stavano condividendo poteva definirsi bello, piuttosto, nuovo. Ma non gli dispiacque e, veloce come un battito di ciglia – anche se Harry aveva l’impressione che fosse durato molto di più - i due si era ritrovati a studiarsi, come se non avessero davvero mai capito chi fosse l’altro veramente.
Il sorriso di Hermione, dapprima così timido, si allargò sulle sue labbra con soddisfazione.
Harry invece rimase imbambolato a fissarla, perché non aveva mai preso in considerazione che potesse accadere. Lei era sempre stata una sua amica…
“Ma a te non piaceva Malfoy?” chiese, confuso.
Hermione annuì, gli occhi che le brillavano, ma non sembrava un granché imbarazzata.
“Sì, beh….troppo dispendioso, non trovi?” esitò.
Spontaneamente, anche su Harry si formò un sorriso, liberatorio e rilassato, come se si fosse sfogato.
“Sì” fu tutto quello che disse,  e pensò automaticamente a Ginny. Non poteva evitare di sentirsi male quando pensava a lei, ma allo stesso tempo baciare Hermione era stata la cosa giusta da fare, perché le sofferenze per Ginny sembravano essersi attenuate….forse baciare la compagna un’altra volta avrebbe eliminato tutto il dolore per sempre?
I due si stavano lentamente riavvicinando, quando si sentirono dei rumori venire dalla catapecchia.
Hermione stava per urlare, ma Harry le tappò la bocca con la mano.
“Torna a Hogwarts” le ripeté, convinto. “Ormai io sono arrivato fin qui, devo finire questa storia una volta per tutte….”
Hermione allontanò la mano di Harry con violenza, per poi scoccargli uno sguardo combattivo.
“No” reagì, risoluta, “anche io sono qui. Non ti lascerò andare!”
Altre grida. Harry doveva decidere in fretta. “Va bene” acconsentì velocemente, “ma andiamoci piano, d’accordo?”
Harry e Hermione si avvicinarono lentamente alla catapecchia e s’affacciarono alla finestra sporca.
Era abbastanza appannata, ma fu sufficiente ai ragazzi per vedere chi c’era dentro: Piton puntava la bacchetta contro qualcuno, che sembrava legato a una sedia. Era un omino, basso e pelaticcio, e dei grandi denti davanti gli davano l’aria di un topo.
“Dimmi dov’è lui” ordinò Piton minaccioso all’omino spelacchiato. Questo emise un verso simile proprio a quello di un topo.
“ Severus….ti prego…siamo stati amici una volta….tutti dalla stessa parte, eh?” fece debolmente.
Piton grugnì, e puntò ancora più intensamente la bacchetta alla gola del prigioniero.
“Come al solito, Minus, ti dimostri peggio di quanto ti descrivano” commentò tagliente il professore. “Non mi stupisce che ti sia infilato sotto le sottane del Signore Oscuro…ora, dimmi lui dov’è?”
“Ma…S-Severus…” balbettò Minus. “Anche tu eri dalla mia parte, una volta…farò il bravo, Severus….ma tu devi aiutarmi…”
Harry sentì l’odio e la sorpresa colpire nello stesso momento nel petto come tante frecce: dunque era lui il vecchio amico di suo padre, Peter Minus!
Era lui che aveva giurato fedeltà all’intero Ordine della Fenicie, e poi li aveva traditi, rivelando il luogo segreto dove l’Ordine teneva le proprie riunioni. E poi era sgattaiolato via, così vigliaccamente….
Aiutarti? Non appena il Signore Oscuro è caduto, ti sei trasformato in un topo e te la sei svignata dai Weasley! E tu saresti una persona degna di coraggio e di essere aiutato? Non sei neanche in grado di tenere testa alle tue scelte” urlò quasi Piton.
Harry detestava il professore con tutto se stesso, ma quando scoprì che il topo Crosta era in realtà proprio il vecchio amico dei suoi genitori, i sentimenti contrastanti dentro di lui presero possesso, guidati dalla rabbia. I conti tornavano: Peter Minus era un animagus, e si trasformava in un topo…proprio come Crosta, sopravvissuto anche troppo a lungo per essere un semplice roditore: infatti, Ron l’aveva ereditato da Percy….
Subito si rizzò in piedi, bacchetta in pugno; si sarebbe vendicato, avrebbe…
Hermione lo tirò per un braccio freneticamente. “Harry no! E’ una follia! Non devono vederti!” continuava a bisbigliargli, parlando in fretta.
“Ma io non avevo scelta!” pianse Peter, in quel modo così fastidioso e viscido che diede a Harry la sensazione di scontrarsi con una coda di topo.
“Non mentire!” gridò Piton, facendo indietreggiare Peter sullo schienale. “So benissimo che appena il Signore Oscuro è tornato da te, tu hai avuto paura e sei tornato ad aiutarlo! Non stavi progettando questo a Hogsmeade? Non è per questo che sei fuggito da Hogwarts? Volevi andargli a riferire le notizie su Paciock su sua richiesta! È vero? E’ vero?”
“Severus…I-io sono stato costretto…” pianse di nuovo Peter Minus.
“Non ti ho inseguito per tutta Hogsmeade per farmi sentire questo! Non- mentire- a- me!”
tuonò il professore.
“Tu sei cambiato, Severus….” continuò Minus, “Fai quello che vuoi…portami da Silente…sarò bravo, diventerò di nuovo un bravo topino…”
“Per poi fuggire di nuovo? Mai!” s’impuntò deciso il professore.
“Silente…” esitò Minus. “Non capisco proprio….”
“Non dire quel nome come se gli avessi sempre mostrato lealtà! I motivi per cui ho deciso di stare sotto la sua ala sono affari che non ti riguardano. E ora, rispondi! Dove si trova Lord Voldemort? E quando ha intenzione di catturare il ragazzo?”  tuonò il professore, ma prima che potesse dire qualcos’altro l’insegnate si voltò verso Harry, che non fece in tempo ad abbassarsi: li aveva visti.
“Voi!” gridò la sua voce, fredda e impetuosa, come usciva dalla porta.
“Corri!” gridò Harry a Hermione con il cuore in gola e, presala per mano, si allontanarono svelti tra gli alberi, sicuri di avere Piton alle calcagna.
Harry e Hermione attraversarono la Foresta a ritroso a perdifiato, fino a che non giunsero quasi alla soglia degli alberi da cui si intravedeva il castello di Hogwarts.
“E’ dietro di noi?” chiese Harry, riprendendo fiato.
“Non più” rispose lei, guardandosi le spalle con attenzione.
Poi sembrò fissare un punto della foresta e alzò l'indice contro una parte ignota, scandalizzata.
“Harry, guarda!” disse con un filo di voce.
Harry seguì il suo sguardo, e vide chiaramente una sottile coda di topo che si muoveva nel prato.
“E’ fuggito!” balzò. Se quello era Minus, Piton non poteva essere tanto lontano.
Spinto da un impeto di rabbia e vendetta, stava per seguirlo.
Si sentiva responsabile della fuga di Minus…se solo non si fosse sporto dalla finestra, quell’essere non sarebbe fuggito….
“No Harry! No!” gridò Hermione, fermandolo per il petto e sbattendolo contro un tronco.
“E’ vero, Minus è riuscito a scappare, è colpa nostra…. Sopratttutto tua” ammise, perché Harry la guardava abbastanza eloquentemente, “però avrebbe potuto farlo lo stesso, prima o poi. Potrebbe anche essere che sia riuscito a liberarsi prima, e abbia approfittato della distrazione di Piton per darsela a gambe!”
“Ma non capisci?” disse Harry, sentendosi pieno di rabbia, “se non gli avessimo dato un motivo per distarlo, lui…”
“Già, ma ora se n’è andato, Harry, e inseguendo ancora qualcuno non riparerai le cose…oltretutto lui è un topo, adesso, e questo vuol dire che può nascondersi e correre molto più facilmente e velocemente di un essere umano” osservò ragionevole Hermione.
“Sì, ma se io….”
“Sai cosa dobbiamo fare adesso, Harry? Avvertire Neville, subito. Se ho capito il tipo, Minus tenterà di riunirsi a Tu-Sai-Chi…ovunque sia. In ogni caso, Neville è in pericolo sempre. Dobbiamo metterlo in guardia” insisté lei, cercando di coprire le imprecazioni piene di rancore che stavano uscendo dalla bocca di Harry.
 “Sì” si arrese alla fine questo, mentre cominciava a scendere una pioggerella leggera.
“Andiamo” disse Hermione e Harry , che le circondava le spalle con un braccio, si voltò indietro, notando come la codina di Minus s’allontanasse sempre più.

Note dell'Autrice: eccoci quiiiii come va?????? io bene, e spero che il capitolo vi piaccia....se ci sono ripetizioni o errori vari non vi preoccupate, provvederò a correggere tutto ^^ ora passiamo ai ringraziamenti:
1) prima di tutto volevo ringraziare di cuore tutte quelle persone che mi hanno messo fra le seguite, che sono diciassette persone (molte di più del Prescelto e dell'Erede messe insieme) e che dire, sono molto contenta!
2) Poi volevo ringraziare tutti i lettori silenziosi (leggete leggete leggete....se volete commentate, ma io voglio soprattutto che leggiate.... come state facendo poi!) lo so potevo metterlo nel punto uno, ma se non ci fosse stato un punto due non ci sarebbe stato neanche un punto uno...vabbè. spero che continuiate ad aumentare...
3) ringrazio per le recensioni di camomilla17 che sono molto contenta che sia interessata alla mia storia e spero che continui a seguirla fino alla fine... ma non mi sono dimenticata di lunadistruggi e Marty_chick_99 per avermi messo ancora fra gli autori preferiti e le preferite (ma  dove siete finite ragazze?) un bacione e alla prossima!

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Capitolo 8
*** Il Cane Nero ***


Capitolo 7
 
Il Cane Nero
 
 La pioggia scrosciava oltre le finestre del castello, ma Harry non si preoccupava del semplice rumore dei lampi mentre si dirigeva a lezione di Divinazione: come poteva dimenticare tutto quello che era avvenuto soltanto due giorni prima? Cosa ancora più strana, il peso di quella vicenda gli dava la sensazione che fosse accaduta mesi, anni prima, forse per cacciare via quel senso di responsabilità che si era innestato in lui come una puntura. Sentiva che era colpa sua se Minus era scappato, e neanche Hermione aveva potuto negarlo, nonostante avesse cercato di calmarlo. Eppure Harry non ci riusciva, la collera montava dentro di lui tutte le volte che il ricordo di quella codina di topo faceva capolino nella sua testa come tra i fili d’erba della Foresta Proibita. Era sempre di cattivo umore, e non riusciva a dormire di notte: aveva sognato persino se stesso seduto stretto in un sidecar di una motocicletta volante accanto a un essere gigantesco, mentre intorno a loro esplodeva una battaglia in aria; l’emozione lo coinvolgeva, stringeva gli occhi….e la volta successiva si era visto vivere dai suoi zii, e ricevere la lettera di Hogwarts, in quella condizione così disagiata, isolata…eppure lui agiva come se non ci fosse stato nulla di anormale, nonostante avesse visto la donna bionda dal collo lungo, l’omone con i baffi neri e senza collo e loro figlio Dudley, una copia di suo padre con la testa bionda (doveva avere all’incirca la sua età) solo in foto. Non aveva mai vissuto con loro, ma sentiva così familiare quel luogo, così vicino, così nostalgico…finché non si era svegliato nel suo letto a baldacchino, sudato, gli occhi di tutti i suoi compagni dall’aria stanca che puntavano su di lui, apprensivi.
“Tutto bene, Harry?” lo risvegliò una vocina soave nell’orecchio. Harry sobbalzò, e si trovò Luna accanto, sorridente e serena. Se solo avesse saputo tutto quello che gli era capitato…
“Io…ehm…sì” disse Harry aggiustandosi la veste nera. Luna però sembrava trovare molto più interessante quello che aveva in testa.
“Sei sicuro? Lo sai che hai metà del cappello fatta di piume di fagiano, vero?” chiese, con un tono che però, nonostante la domanda, lasciava intendere la curiosità.
Harry, imbarazzato, se lo tolse velocemente dal capo e la guardò giù di morale.
“Errore a Trasfigurazione. Dovevo trasformare un uccello in un cappello come questo, invece quello è uscito dalla gabbia e l’incantesimo ha rimbalzato. Ma credo che Hermione saprà rimettermelo a posto in fretta” spiegò, facendo spallucce.
Luna annuì, gli occhi più sporgenti che mai. “Beh, immagino di sì! Ho sentito dire che è una delle migliori del vostro anno!” osservò, colpita.
“Sì, lo è” ripose lui; poi vide che fra le braccia l’amica teneva dei libri dall’aria noiosissima e pesantissima.
“Dove ti stai dirigendo, con esattezza?” chiese poi, curioso.
“Oh…ad Artimanzia” rispose lei con semplicità.
Harry rimase quasi di stucco. “Ma non avevi Pozioni, a quest’ora?” domandò, mentre mille idee si affollavano nella sua testa; fu solo una delle sue peggiori conferme quando Luna scosse il capo, e Harry sentì il gelo infilarglisi fin dentro le ossa.
“No” disse lei sognante, “il professor Piton è di nuovo assente. In realtà, è da giovedì che non si fa vedere….alquanto insolito, non ti pare?”
“Sì…sì, molto” convenne lui, anche se non la stava ascoltando davvero.
Mente guardava Luna allontanarsi, Harry si rese conto di quante cose avesse definito ‘strane’ quell’anno; il solo pensiero di Piton gli faceva paura e allo stesso tempo lo faceva sentire in colpa ancora di più. Avrebbe scommesso la sua Firebolt che il professore stesse inseguendo Minus per la Foresta Proibita o per il villaggio vicino al castello.
 
La materia che più detestava dopo Pozioni era, ovviamente, Divinazione: la professoressa Cooman, dall’inizio dell’anno, non aveva fatto altro che predire oscuri presagi per tutti, persino per Harry. Continuava a sostenere che il ragazzo avesse l’aria stralunata e non facesse parte di quel mondo davanti all’intera classe; lo guardava malissimo, con la coda dell’occhio, coprendosi tutta e borbottando parole fra sé  e sé sia nelle sue ore sia quando Harry la incrociava per i corridoi. Nessuno si era mai preoccupato troppo di quel comportamento e tutti sostenevano che fosse un’impostora. Come se non bastasse, le sue lezioni facevano assopire chiunque: si svolgevano in un ambiente spazioso, arredato con bassi tavolini e pouf e poltrone molto comode, ma soprattutto aleggiava ovunque quell’odore inebriante d’ incenso che rilassava i sensi.
“Ragazzi miei” disse la Cooman con tono arioso e sommo, “oggi affineremo la Vista esercitandoci ancora con le foglie di the. Ora passerò con la teiera e verserò un po’ di the a tutti voi, in modo da potervi far vedere con l’Occhio cosa si cela oltre l’Apparenza!” e sembrò rivolgere la sua attenzione alla fronte di Harry, anche se lui non sapeva perché.
Poi la professoressa prese a fare il giro dei tavoli e, senza guardare Harry, versò anche a lui la bevanda. Harry insisté lo sguardo su di lei, aspettando che ricambiasse, e avrebbe anche voluto dire qualcosa; ma non gli uscì nulla da dire per attirare la sua attenzione e lei fuggì via alla sua postazione dietro la scrivania.
“Ora bevete, tutto d’un fiato!” li incitò.
La classe bevve in un sorso solo, e poi presero a esaminare i fondi delle proprie tazze.
Harry rimase incantato ancora a guardare la Cooman, chiedendosi perché mai ora gli importasse tanto che  lo temesse, finché Dean, con cui divideva il tavolo, non lo richiamò all’attenzione.
Allora Harry si dedicò tutto alle foglie di the. Ma quello che vide non gli piacque: un volto di cane molto familiare sembrava esaminarlo con aria minacciosa. In seguito non seppe cosa accadde: aveva incrociato lo sguardo di Dean Thomas, poi quello della Cooman, ingrossato per via delle enormi lenti a insetto, poi gli parve di individuare il profilo di Ron, e mentre gli veniva quasi voglia d’abbracciarlo, la tazzina cadeva a pezzi…
Nella sua mente presero forma delle immagini molto veloci, ma chiarissime: si trovava in un salotto che non conosceva di una casa babbana- quella dei suoi zii babbani- e tantissime lettere di Hogwarts, gufi; una catapecchia, Hagrid il mezzo gigante che spalancava la porta, lui a Diagon Alley con quello che si rivelava essere sempre Hagrid, lui e la sua prima bacchetta, lui e Draco Malfoy da Madame McClan, e poi Hagrid lo lasciava da solo a Londra, e lui si ritrovava con uno strano respiro corto per l’emozione a essere aiutato da una famiglia con i capelli rossi, e il binario, e i gemelli Weasley che lo aiutavano a sistemare i bagagli, una strana tarantola nera sulle spalle di Lee Jordan, lui e Ron a parlare di Quidditch nello scompartimento del treno, Hermione con l’aria da saccente e i suoi dentoni, e di nuovo un litigio con Draco Malfoy, che gli tendeva insolitamente la mano...e poi gli si parò davanti una di quelle figure, e tutta la felicità se ne andò…
“Qualche problema caro?” chiese la Cooman, rivolto a lui, il viso enorme per via degli occhiali.
Lo sguardo evitava di incontrare il suo direttamente, andando da una parte  all’altra dell’aula, ma lei era lì al suo tavolo, preoccupata come tutti gli altri.
Harry si domandò quanto fosse durata quella nuova visione, e si chiese se fosse stato il caso di raccontare quello che aveva visto se mai gliel’avessero chiesto.
“No io…sto benissimo, grazie” mentì, anche se non era vero, e a giudicare dai visi dei compagni anche loro lo sapevano benissimo.
 “Sarai stato scioccato dalla visione di qualche oscura presenza !” sussultò la Cooman. “Qual era la figura della tazza, caro?”
“Io…un cane” rispose lui, smarrito.
Vide Ron, dietro la schiena della Cooman, aprire il libro e controllare, così come altri studenti, ma il grido spaventato della professoressa non lo rese necessario.
Fece numerosi passi indietro, la mano sul cuore. “Tu…hai visto il Gramo!”
“Il Gramo?” trasalì Harry, che anche se non aveva la più pallida idea di  che cosa fosse avvertiva un alone di terrore.
“Il Gramo…detto anche ‘cane nero’….chiunque lo veda morirà poco dopo istanti. È un presagio…di morte” lesse a voce alta e tremolante Seamus, e tutti rivolsero a Harry degli sguardi apprensivi, probabilmente aspettandosi che morisse da un momento all’altro.
Quando la campanella suonò, Harry si ritrovò seduto sul suo pouf, la tazzina rotta ai piedi, mentre la classe usciva di filato dall’aula senza neanche guardarlo in faccia.
Solo, si chinò a raccogliere i cocci, quando la professoressa Cooman lo fermò per un polso, guardandolo in modo piuttosto inquietante: aveva gli occhi divaricati in due direzioni opposte, e dalla bocca gli usciva un rivolo di bava.
Il battito del cuore accellerò nel corpo di Harry, ora bloccato.
“Hai visto? Hai visto anche tu, non è così? Ora lo sai? Ora lo sai?” chiese quella, quasi urlando; con orrore, Harry s’accorse che non era la voce della professoressa: era bassa e roca, innaturale.
“Cosa? Cosa devo sapere?” tremolò lui, cercando di liberarsi dalla presa della Cooman.
Tutta d’un tratto, quella sembrò riprendersi dalla trance.
“Oh, scusa, caro…hai detto qualcosa?” e, nonostante le labbra le tremassero dalla paura per averlo vicino a lei, sembrava di nuovo se stessa.
Il cuore del ragazzo però pulsava dalla paura e, senza rispondere, corse via.
 
“Il Gramo, Harry?” esclamò Hermione; si trovavano in un’aula vuota, per avere un po’ di tranquillità dato che non avevano una sala comune dove poter svolgere i loro compiti assieme.
Harry le aveva appena raccontato tutto quello che aveva visto durante la lezione della Cooman, e non le aveva neanche risparmiato quelli delle sere precedenti. Aveva bisogno del suo aiuto più che mai.
Hermione, dopo essersi ripresa dalla notizia del Gramo, lo guardò con cipiglio severo. “Harry, lo sai cosa significa, vero?” gli sussurrò quasi, parlando in fretta.
“Ma non ha senso con tutto il resto…insomma…basta che mi si rompa una tazzina e immagino un’intera vita che non è neanche la mia…” osservò lui , anche se delle ultime parole non ne era più di tanto sicuro.
“Già, ma tu mi hai detto che questi sogni ti tormentano soprattutto di notte, e non ci sono fattori scatenanti che riportino al problema, no?” constatò Hermione ragionevole, e scrollando le spalle.
“E che ne pensi del fatto della Cooman? Può darsi che lei sappia qualcosa al riguardo? È tutto l’anno che mi guarda in tralice , e proprio quando siamo da soli entra in una specie di possessione!” chiese ancora Harry, di nuovo alla carica.
Hermione strinse le labbra, imbarazzata. Harry sapeva che la ragazza non credeva nei poteri della professoressa: aveva abbandonato la classe proprio perché si era sentita chiamare secchiona e zitella davanti a tutti i suoi compagni di corso.
“Non frequento più quella materia da un mese” disse lei. “Non so cosa pensare. Da come me la descrivi, però, sembra interessante. Sei sicuro che non fingesse?”
Nei suoi occhi brillò quasi la speranza che gli dicesse di sì.
“Non ne ho idea, so solo che sembrava reale” riferì lui, “sembrava quasi che fosse a conoscenza di quello che avevo visto in quella specie di trance…”
“Non lo so, Harry” lo interruppe Hermione infastidita; evidentemente non voleva affrontare la possibilità di ricredersi. L’aveva sempre ascoltato, ma era decisamente scettica su questo tipo di cose.
Pensò automaticamente ai suoi compagni Grifondoro, al modo in cui l’avevano guardato in classe e come facevano al dormitorio, confrontandolo con l’atteggiamento di Hermione.
“La cosa che mi preoccupa ancora di più sono quelle strane figure” cambiò argomento lui. “Insomma, prima mi appaiono come Molliccio, poi nei sogni…continuano a perseguitarmi!”
L’amica sembrò riflettere di nuovo, osservandolo attentamente.
“Sì, in effetti non posso contraddirti su questo punto. Tutti abbiamo visto quanto fosse inquietante quella creatura, e in effetti devo ammettere che lo era davvero. Ma, Harry” aggiunse, e s’avvicinò ancora di più a lui, come se si trovassero in biblioteca, “ricordi il suo nome? Voglio dire, l’avrai sentita nominare almeno una volta!”
Ci dovette pensare: non era così semplice, ricordare i dettagli di quelle visioni.
Scavò nella memoria, ripercorrendo tutti gli ultimi sogni in cui aveva avuto la presenza dei…
“Dissennatori!” esclamò, come tornò alla mente la conversazione del Ministro su qualcuno rinchiuso in cella ad Azkaban.
Hermione si picchiettò il dito sul labbro inferiore, pensante.
“Mi dispiace, mai sentita” rispose, delusa, “però provvederò a prendere qualche libro in biblioteca, sicuramente c’è qualcosa scritta al riguardo! Intanto dovresti aggiornare il professor Silente sugli ultimi eventi!”
“Ci ho provato!” reagì Harry veemente all’espressione seria dell’altra, ed era vero: era arrivato più volte davanti al gargoyle, e aveva pronunciato la parola d’ordine, ma quello non si decideva a spostarsi, quindi il preside doveva essere ancora via.
Hermione si morse il labbro inferiore, gli occhi perduti altrove. Per un momento sembrò concentrarsi sul suo tema di Erbologia, ma poi ci ripensò e si rivolse di nuovo a lui, esitante.
“Sai…non so se hai letto la bacheca nell’Ingresso, ma c’è la prima gita a Hogsmeade questo sabato” disse lentamente, gli occhi che le brillavano d’insicurezza, mentre si metteva una ciocca dietro l’orecchio. “Mi stavo chiedendo se ci saremmo andati insieme”.
Harry ebbe un fremito; non sapeva perché quella proposta lo mettesse più paura del solito.
Del resto era sempre in compagnia di Hermione, giusto?
“Beh…credo che non ci siano problemi” parlò prima che pensasse davvero a quello che doveva dirle, ma troppo tardi: Hermione gli aveva regalato un enorme sorriso felice, con l’aria di chi si è levata un grossissimo peso.
“Benissimo, allora…è fatta” balbettò, un po’ rossa.
Rimase con il sorriso stampato sulla faccia per tutto il resto dell’ora.
Harry si chiedeva cosa ci fosse di così difficile nell’invitare un amico alla gita al villaggio…o forse lei dava a Hogsmeade un significato che lui non capiva?
Quando si salutarono, Hermione gli diede un grosso bacio sulla guancia e scappò via nella direzione opposta alla sua. Harry si stava ancora strofinando la guancia quando nel corridoio fece capolino Remus.
“Re…professor Lupin!” esordì, cercando di non farsi notare dagli altri compagni, raggiungendolo . Poi, abbassando il tono della voce, gli chiese:
“Sei tornato?”
“Proprio ieri…devo ammettere che la Stamberga Strillante non è mai stata comoda” gli bisbigliò Remus in risposta, con un sorriso. L’amico dei suoi genitori era stato assente due giorni per via della luna piena. “A dire la verità, ti stavo proprio cercando” aggiunse.
“Davvero?” chiese Harry, curioso.
“Sì” rispose Remus, e si guardò le spalle con circospezione. “Ti dispiace se ti rubo cinque minuti?”
“No, figurati” rispose Harry allegramente.
“Bene…ci troviamo un’aula tutta nostra, eh?” disse l’amico, e quando s’affacciò alla prima libera la chiuse dietro di loro con un tonfo deciso.
Poi guardò Harry intensamente, e l’espressione mutò.
“Allora, non sono uno che perde tempo, quindi arriverò subito al punto” disse, serio.
“So che Piton ha perso Minus per causa tua”.
Harry non poté fare a meno di provare un leggero rimorso nell’averglielo ricordato.
“Sì” affermò, rancoroso.
Remus, nonostante avesse palesemente intuito i sentimenti di Harry, non s’addolci.
“Ti rendi conto che è gravissimo? Posso sapere cosa diavolo ti fosse saltato in quella testolina? Perché seguire Piton, eh? A cosa ti serviva? Sono molto, molto sorpreso dal tuo comportamento. Ero sicuro che fossi una persona equilibrata, visto che sei cresciuto con i tuoi genitori. E invece guarda” tirò fuori dalla cartella posata sul tavolo due rotoli di pergamena e li gettò davanti al ragazzo con un gesto brusco.
 “Queste sono le lettere dei tuoi genitori, Harry. Pensavi che non lo sarebbero venuti a sapere?” aggiunse, notando l’espressione ferita del ragazzo.
“Sono dei vecchi membri dell’Ordine, per queste cose tutti ci teniamo in contatto. E indovina un po’, mi hanno incaricato di tenerti d’occhio. Anche loro sono stupiti dal tuo comportamento”.
“Ma io volevo sapere…” tentò Harry, ma non funzionò.
“Cosa? Che cosa, precisamente? Cosa faceva Piton? Perché fuggiva di notte dal castello? Non ti è venuto in mente che poteva essere un’operazione segreta per Silente? Ma no, ovviamente no!” lo riproverò ancora Remus.
Harry si morse il labbro; stava per rispondere che aveva già parlato di questo con il preside, ma non lo fece.
“Dammela” esordì poi l’altro, sorprendendolo.
“Darti cosa?” chiese Harry, un po’ brusco.
“Non fare lo stupido” lo incalzò Remus, “la Mappa del Malandrino. Lo so che ce l’hai. Te l’ha data Frank, non è così? È in questo modo che sei uscito dalla scuola. Ora consegnamela”.
Harry, riluttante, la tirò fuori e gliela ficcò in mano violentemente.
“Molto bene” fece Remus, arrabbiato, dando delle bottarelle alla tasca dove aveva messo la Mappa al sicuro. “Ora vai. E ricordati che ti tengo d’occhio”.
 
 Note dell'Autrice: eccomiii dopo un periodo di silenzio...eh sì, purtroppo è riiniziata la scuola e prima di questa sono stata parecchio in giro, ed è stato veramente difficile sedersi davanti a un computer e trascrivere...ma ora eccomi qui! il capitolo mi sembra abbastanza corretto, quindi non dovreste riscontrare errori leggendo...e spero che vi sia piaciuto ;)
ora i ringraziamenti:
a camomilla17, lunadistruggi e anche a marty_chick_99 che da quello che ho capito abbandona momentaneamente efp per via della scuola... però provvederò a inviarle i capitoli per posta! e poi a tutti voi che mi seguite e aumentate...
un saluto va anche a Crystal eye che mi ha recensito tutti i capitoli del Prescelto, che fino ad adesso ha 8 preferite e 13 ricordate e 42 recensioni!!!! yeah! devo dire che quello è quello che è piaciuto di più...spero che anche questo, l'erede e i prossimi che scriverò saranno all'altezza.... salut e al prossimo capitolo!
 
 
 

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Capitolo 9
*** La Gita Ad Hogsmeade ***


Capitolo 8
 
 
LA GITA AD HOGSMEADE
 
 
Il sabato arrivò prima che Harry potesse aspettarselo. Si era svegliato presto e, dopo essersi lavato, vestito e aver fatto colazione, incontrò Hermione nel Salone d’Ingresso.
Si era vestita carina, i capelli cespugliosi legati in una treccia e un sorriso luminoso che si allargò ancora di più quando lo vide.
Harry deglutì: perché si sentiva così imbarazzato?
“Ciao Harry” fece lei, tentennante.
“Ehi là” esordì lui, cercando di restare calmo.
Hermione si guardò intorno, poi si rivolse di nuovo all’amico. “Beh…allora andiamo?”
“Sicuro” disse Harry, e i due uscirono di filato dal Salone d’Ingresso e attraversarono i giardini.
La brezza fresca di ottobre gli scompigliò ancora di più i capelli e gli appannò leggermente gli occhiali: per la via, Harry vide che le foglie  avevano preso un colorito dorato e rossiccio, decorando le chiome deli alberi e distendendosi sul prato dei confini di Hogwarts.
Lungo il sentiero che portava ai cancelli, tra i due amici regnò il silenzio; per la prima volta, Harry non riuscì a trovare qualcosa da dire. Non che non mancassero le argomentazioni: aveva provato per il resto della settimana a entrare nell’ufficio di Silente, senza successo; Piton non era tornato; e come se non bastasse, Harry continuava a sognare il suo primo anno a Hogwarts… forse avrebbe potuto dirle di Remus, ma si sentiva insicuro, perché questo sarebbe potuto sbucare da un momento all’altro perché lo teneva d’occhio.
Allora si disse che, se mai l’avesse fatto, sarebbe stato in luogo caldo e chiuso, lontano da occhi indiscreti.
Hermione si limitò per un pò a camminare accanto a lui. Sembrava in soggezione per qualche motivo.
I due oltrepassarono le porte di Hogwarts, percorrendo la strada che portava a Hogsmeade.
“Chissà com’è il villaggio” prese parola Hermione “non ho mai visto un’intera zona abitata dai maghi…solo a Diagon Alley”.
“Eppure sei stata anche in Francia” osservò Harry, contento che la ragazza avesse avuto l’iniziativa. “Non ci sono molto maghi, lì?”
Hermione fece un breve sorriso. “Oh, beh, sì” annuì lei, sciogliendosi un po’ di più, “ma sono stata con i miei genitori, sai, nella parte babbana. E da quello che ho potuto vedere, i maghi si nascondono un po’ meglio che qui”.
Sulle prime Hermione si era dimostrata più insicura del solito, forse perché non era abituata a trattare temi diversi dalla pietra filosofale o da un Basilisco che si agitava dentro il corpo di una ragazzina di undici anni.
E anche a Harry fece uno strano effetto: il fatto di parlare di altro lo faceva distrarre dalle sue preoccupazioni, e non pensò a Minus, Piton, e neanche alla possibilità di essere seguito nemmeno per un secondo, il che era un sollievo.
Presto girarono per i Tre Manici di Scopa. Harry aveva scelto quel pub perché era l’unico che in realtà conosceva; aveva appena allungato la mano sulla maniglia che Dean, Seamus e Colin Canon uscirono spalancando la porta.
Dopo un attimo di esitazione Harry e Hermione entrarono, e il ragazzo fu colpito come un fulmine.
Il locale non era grandissimo, ma era pienissimo, molto di più di quanto si fosse aspettato; notò che le persone che lo riempivano per la maggiore erano studenti che avevano unito più tavoli per stare vicini, così da stare tutti appiccicati e da mettere in difficoltà il resto della clientela che passava a fatica.
“Laggiù c’è un posto libero” disse Hermione e, afferratolo per mano, lo condusse a un tavolo tondo in fondo, si sedettero e ordinarono due burrobirre.
Per un lungo istante si guardarono, e Harry si rese conto solo allora di avere le palpitazioni. Non capiva il motivo per cui fosse così emozionato mentre si studiavano a vicenda, e sul viso dell’amica comparivano due chiazze rosse.
Poi la mano di lei prese la sua, e anche lui si sentì avvampare.
Harry era stato solo colto alla sprovvista, ma evidentemente Hermione aveva interpretato la sua resistenza in un altro modo, e la ritirò subito. Il suo volto divenne viola e abbassò lo sguardo dalla vergogna.
“Sai Harry stavo pensando” parlò in fretta, come se volesse cancellare quel momento d’imbarazzo, “che avrei una teoria per quelle nuove visioni”.
“Beh, spara” la invitò Harry, che si sentiva le guance bruciare.
“Credo che tu stia vedendo quelle cose per via dei ricordi che hai ingerito” rispose semplicemente lei.
Harry trasalì, e le lanciò uno sguardo tutto occhioni. “Vuoi dire che le cose sono strettamente collegate?”
“Sì” rispose Hermione, facendo spallucce. “Non c’è altra spiegazione. Onestamente, credo che Silente ti stia tormentando nel modo più fastidioso per fare in modo che tu capisca quello che vedi, come se… dovessi rimettere in ordine i pezzi. Anche se non capisco perché ti sogni all’età di undici anni”.
“Credo che tu abbia ragione” convenne Harry, e un moto di rabbia e delusione sorse di nuovo in lui; si costrinse a guardare altrove. “Silente non ha mai osato spiegarmi niente di quello che mi sta facendo; per giunta, con tutto quello che mi sta capitando, se n’è andato” e bevve un lungo sorso di burrobirra per cancellare l’astio di quel pensiero.
Vide con la coda dell’occhio Hermione fissarlo incantata, ma poi scosse il testone cespuglioso. 
“Neanche a me piace quello che sta facendo Silente” commentò con un sospiro, “ma continuo a credere che se non sta ritornando, vuol dire che si sta occupando di qualcosa di veramente importante” .
“Lo spero proprio” sbottò lui, con un punta di sarcasmo “perché se non lo è altri….”
Harry si bloccò; aveva visto una cosa che avrebbe preferito passasse inosservata ai suoi occhi.
Ginny e Neville erano entrati nella locanda e si erano accoccolati proprio a un tavolo lì vicino, ben visibili dalla postazione di Harry. Lo stomaco prese a fargli le fusa, ma ignorò il richiamo, e spaziò lo sguardo da un'altra parte, accorgendosi che quel giorno non erano le uniche  coppie in sala:poco distante, vi era una ragazza dai tratti orientali un po’ più grande di lui che stava amoreggiando con un ragazzo del suo stesso anno.
Hermione seguì lo sguardo di Harry, ma al contrario di lui quando si girò di nuovo non sembrò così tanto a disagio.
Piuttosto, la sua mano si tese ancora su quella di Harry e questa volta lui non la rifiutò, e la strinse. Non sapeva bene quali fossero i suoi sentimenti, ma di certo guardare Ginny e Neville era uno spettacolo raccapricciante; continuava ad avvertire una nota stonata in quel tipo di rapporto, ma evitò di farlo presente a Hermione.
“Quanto meno non è come da Madama Piediburro” grugnì lei, lo sguardo basso, prima di sorseggiare un po’ di burrobirra.
A Harry venne un sorriso spontaneo. “Allora non è vero che non sai com’è Hogsmeade” la rimbeccò, divertito.
Hermione gli rispose con un timido sorriso, e i suoi occhi incontrarono quelli di lui.
“Ho sfogliato solo qualche guida” protestò, con lo stesso tono di Harry.
Harry rise; sapeva ormai da tre anni che quel tipo di risposta valeva a dire che ne aveva lette almeno quindici.
“E comunque, quel posto è davvero orribile, con tanti tavolini tondi e dei coriandoli che ti sparano in faccia nel momento in cui si sta per…” cominciò a descrivere, ma prima che potesse terminare la frase Harry  le aveva rubato un bacio, approfittando dell’attimo in cui Neville si era guardato le spalle.
Hermione lo fissò, gli occhi spalancati e tutta rossa in viso, colta di sorpresa; intanto, Neville tornò di nuovo su Ginny.
“Harry, ma…?” provò a dire, scioccata.
 “Usciamo un po’, ti va?” chiese l’altro, che non avrebbe saputo come giustifarsi di quel gesto.
“Oh, beh…d’accordo” assentì Hermione, presa alla sprovvista dal comportamento di Harry.
I due pagarono al bancone e uscirono dal locale, e fecero un giro per High Street: visitarono l’Emporio di scherzi di Zonko, dove incontrarono Ron con i due gemelli e Lee Jordan, e poi per volere di Hermione, al negozio di piume Scrivenshaft, dove si vendeva tutto il materiale possibile e inimmaginabile per scrivere: Harry studiò con curiosità una boccetta d’inchiostro multicolore, ma la ragazza lo trascinò via prima che potesse anche pensare d’acquistarla.
Harry però non riusciva a togliersi dalla testa quello che aveva visto ai Tre Manici di Scopa: quelle persone, che si guardavano così intensamente….e lui, come aveva baciato Hermione non appena Neville si era girato verso di loro, così impegnato con Ginny….quel modo di stringersi le mani, la vicinanza dei corpi, l’avevano fatto riflettere su cosa voleva veramente, e se baciare Hermione implicasse una qualche sorta d’impegno.
Camminarono per tutta la via, e mentre passavano davanti a Mondomago Harry vide con la coda dell’occhio che la ragazza lo scrutava ogni tanto, in silenzio, la solita parlantina messa a tacere: era evidente che quello che aveva fatto nella taverna l’aveva spiazzata.
Harry continuava a chiedersi cosa fosse adesso il loro rapporto; perché notava di più i suoi occhi, le sue labbra, le sue movenze, mentre prima non aveva mai fatto caso a questi dettagli?
Giunsero fino alla Stamberga Strillante, dove rimasero per qualche momento senza sapere cosa dire.
“Sai che si dice che sia il posto più infestato di fantasmi della Gran Bretagna?” chiese lei, prendendo l’iniziativa.
Harry notò come lo osservasse, aspettando che gli rispondesse.
“Lo so” disse lui. Avrebbe voluto raccontarle della licantropia di Remus, ma era un segreto, che aveva nascosto anche a lei.
 E poi si sentiva esplodere, il dubbio che gli prudeva ferocemente, ma allo stesso tempo sentiva che non doveva chiederlo, per paura di ottenere un rifiuto, e perché si vergognava.
Ci voleva solo questo! Sentirsi in difficoltà davanti a Hermione, l’unica amica che aveva, ormai.
Hermione si strinse nella sua giacca leggera, come se stesse aspettando il quesito.
Harry attese, le gambe che gli tremavano. Non sapeva cosa fare, se aiutarsi prendendole la mano come aveva fatto al pub e domandarglielo, oppure se continuare a fissare la sbilenca struttura della Stamberga Strillante fingendo che gli interessasse davvero.
“Hermione, noi stiamo insieme?” le parole gli uscirono prima che potesse controllarle, esattamente come quando aveva accettato di andare a Hogsmeade insieme.
Era come se la ragazza non avesse aspettato altro: alzò gli occhi su di lui, e sul suo viso apparve un timido sorriso.
“Non ne ho idea….se tu lo desideri, sì” rispose, con tono sommesso.
Harry le sorrise, pieno di disagio. Non pensava che fosse così difficile: non aveva messo in conto quello che voleva realmente lui; se Hermione gli avesse semplicemente dato un responso positivo, non ci sarebbero stati problemi.
Ma lei era disponibile a fare coppia….cos’era quella che provava, allora, paura?
“Beh….va bene” deglutì, alla fine.
“Oh, d’accordo!” disse Hermione un po’ più allegra e sollevata. “Vuoi andare verso la Stamberga Strillante?”
“No” rispose Harry. “Torniamo al castello? Sono stanco di girovagare”.
Hermione fu d’accordissimo, e insieme risalirono la strada principale.
Quando la ragazza gli prese la mano la intrecciò nella sua, cercando di imitare il più possibile quello che aveva visto fare ai Tre Manici di Scopa.
I due ripresero a chiacchierare serenamente, indicando qua e là questo o quel negozio, promettendosi l’un l’altra che ci sarebbero tornati insieme il mese successivo.
E poi Harry sentì un pop venire dall’angolo, e le risate si frenarono.
“Harry, che succede?” gli bisbigliò Hermione, vedendolo in difficoltà.
“Io…nulla” mentì, anche se un’orribile sensazione gli si era insinuata nello stomaco. “Andiamo avanti”.
I ragazzi continuarono a camminare, quando mancarono per poco un incantesimo.
A Hermione sfuggì un grido, guardandosi intorno, spaesata.
“No ti prego! Ci lasci in pace…noi siamo solo maghi, non possiamo aiutarvi…non possiamo, vi dico! Aargh!” gridò una voce da dentro i Tre Manici di Scopa.
“Vieni, allontaniamoci da qui” gli disse lei, trascinandolo per un vicolo.
Il cuore di Harry prese a battere forte mentre si sporgeva per vedere quello che succedeva nella strada: c’era una vera e propria ribellione dentro i negozi. Harry poteva sentire le urla e intravedere i vari stralci di incantesimi che si riflettevano sul vetro dei locali; stava per andare in loro soccorso, quando la ragazza lo afferrò per la veste.
“No, Harry! Rimaniamo qui, è più sicuro!” gli gridò, allarmata.
Il panico prese  in pochissimo tempo possesso dell’intero villaggio: molti studenti uscivano gridando e strappandosi i capelli diretti verso Hogwarts, così come molti maghi e streghe correvano nascondendosi nelle proprie case.
Uno dei negozi all’angolo parallelo a loro prese fuoco, le vetrate si ruppero.
Harry era sicuro di aver intravisto un piede di qualcuno che stava per scappare dalla finestra, e che invece era stato portato di nuovo all’intero, mentre grida e risa malate si udivano nettamente sulla strada. Con il fiato mozzato, vide che la porta di uno dei locali – una grigia taverna in cui Harry non era entrato, chiamata Testa di Porco- si spalancò di botto e cadde a terra con un tonfo sommesso. Sulla soglia apparvero delle persone in maschera che tenevano per i capelli un uomo dalla barba lunga e bianca, alto e slanciato: assomigliava moltissimo a…
“Silente?” mormorò Hermione a Harry, trattenendo il respiro. Anche lui dovette sbattere le palpebre un paio di volte prima di accorgersi che non era possibile, anche se ci somigliava moltissimo. Aveva anche un’insolita aria familiare…
 “Che sta succedendo?” aggiunse poi, rivolto a nessuno in particolare. Stavano avanzando, lungo High Street, un altro gruppo di persone mascherate che, con un solo gesto della bacchetta, faceva saltare in aria chiunque fosse nei paraggi.
Harry  si stava giusto chiedendo chi fossero, quando Hermione si tappò la bocca, gli occhi sbarrati dall’orrore.
“No…non può essere….” Esclamò, alzando un po’ il tono di voce. Gli rivolse uno sguardo terrorizzato. “Harry….sono i Mangiamorte! I servi di Tu-sai-chi!”
Harry sussultò. “Ma come è possibile? Loro….”
Hermione trattenne un respiro, e poi Harry avvertì qualcosa pungergli la schiena.
“Eccovi qui, ragazzi! Vi stavate nascondendo, eh? Ma adesso abbiamo finito di giocare….”
Ringhiò una voce dietro di loro. “Ora camminate, lentamente, e non cercate di ribellarvi: chissà quali altre cose potrebbero accadere…”
Certamente aveva visto Harry tastarsi per tirare fuori la bacchetta, ma quella non c’era. Così guardò Hermione, e lesse riflessi negli occhi i suoi stessi pensieri: suppose che il Mangiamorte le avesse sfilate ad entrambi per poi attaccarli di soppiatto.
Harry e Hermione sbucarono sulla strada; c’era puzza di fumo e una nebbia fitta che rendeva i contorni degli altri adepti di Voldemort molto sfocati.
Una cosa però fu chiara ad Harry, e subito i peli gli si rizzarono lungo le braccia quando la vide: il simbolo del Marchio Nero era stato invocato sopra il castello di Hogwarts. Quanti altri danni avevano arrecato alla scuola?
Lungo la strada principale, tenuti bloccati dalle braccia dei Mangiamorte, oltre all’uomo simile a Silente, Harry notò con terrore crescente i capelli rosso fiamma di Ron, la figura esile di Luna e Ginny, oltre agli altri corpi svenuti o morti inutilmente, stesi ai piedi dei negozi.
Spaziò lo sguardo, ma con suo grande orrore si accorse di come i Mangiamorte avessero trasformato il villaggio: Hogsmeade sembrava l’inferno, e nessuno era stato in grado di porgli fine.
Harry, spinto dal Mangiamorte dietro la schiena, cadde a terra sulle ginocchia, così fece Hermione.
Incrociò gli sguardi pieni di paura di Ron, di Luna, per la prima volta realmente presente, e Ginny, tutti e tre senza capire quello che stava succedendo.
Uno dei Mangiamorte dietro i ragazzi avanzò verso Harry e Hermione, chinandosi e esaminandoli come se fossero topini da laboratorio.
“Ben fatto, Greyback” si complimentò quello che Harry riconobbe per Lucius Malfoy.
“Dove li hai trovati?”
“Oh, è stato facile, signor Malfoy” rispose l’altro, ridendo divertito in modo animalesco. “Si trovavano dietro il muretto a origliare….ma io li ho scovati, eh già….Sono piuttosto giovani, e…”
“Basta Greyback, dai freno alla tua fame!” lo interruppe qualcuno degli altri Mangiamorte.
“Loro ci servono, per il momento….se mai però diventassero un peso, allora potrai soddisfarti….”
Il cuore di Harry pulsava di sangue, mentre vedeva riflesse negli occhi degli amici puro terrore: nessuno di loro aveva l’intenzione di essere mangiato.
“Devo ammettere che Minus ha fatto un buon lavoro, indicandoci esattamente l’identità delle persone da prendere…peccato che Bellatrix abbia voluto distruggere mezza Hogsmeade e Hogwarts prima di rapirli!” beccò una voce fastidiosa e stridula, che Harry intuì provenire da una donna bassa e tozza non molto distante da Lucius Malfoy.
“Come osi? Il Signore Oscuro avrebbe voluto questo! Creare confusione affinché noi potessimo rapire il ragazzo!” ribatté una donna isterica, che era sicuramente Bellatrix.
“Non importa” mediò Lucius Malfoy, “nonostante alcuni…fuori programma, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo: rapire le persone più vicine a Paciock. Sono sicuro che Silente abbia architettato un piano di protezione, e ovviamente sono stati coinvolti anche i suoi stupidi amichetti”.
Prima che potesse continuare, fu spintonato da Bellatrix, che in modo folle puntò la bacchetta contro  Ron, Luna, Ginny e infine su Hermione e su Harry.
“Ora faremo a modo mio!” decise questa, prima di ridere senza motivo.
“Il Signore Oscuro sarà così fiero di me! Dove è Paciock, dov’è?” gridò, abbassando e alzando istericamente il tono di voce, mentre la bacchetta finiva contro il collo di Harry.
“Parla!” urlò lei, rivolta adesso direttamente al ragazzo. “Parla, o lo dirai direttamente al Signore Oscuro!”
Harry rimase immobile. Aveva paura e non aveva la bacchetta con lui, quindi non avrebbe potuto attaccarla.
Poi la donna scoccò la bacchetta, e lunghi serpenti fuoriuscirono, legandolo stretto alle braccia, le mani e il collo, così forte che Harry non riuscì a trattenere gemiti di dolore. “Dimmelo, ho detto!” insistè lei.
Harry sentì Hermione piangere, e non poteva sopportare anche i suoi singhiozzi.
Non vedeva l’espressione dietro la maschera di Bellatrix, ma era certo che avesse gli occhi fuori dalle orbite; poi la strega alzò la bacchetta, furiosa, mormorando:
“Avada…”
“Va bene, va bene, glielo diremo!” singhiozzò Hermione. “Ma vi prego, dopo ci lascerà in pace? Noi vogliamo solo tornare a casa!”
Tutti la guardarono, Harry compreso; aveva tentato un gesto disperato, ma sapeva che avrebbe mentito: nessuno di loro sapeva dove fosse scappato Neville, figuriamoci lei.
“Ragazzina!” gridò con forza Bellatrix, puntandole la bacchetta contro, e l’incantesimo che tratteneva le braccia di Harry si sciolse. Per compensare alla rottura del sortilegio, la Mangiamorte afferrò il collo del ragazzo come se fosse un pollo da sgozzare, probabilmente presupponendo che fosse una minaccia migliore.
A quella vista, Hermione pianse ancora di più, e non fu in grado di parlare.
“E’ nella Stamberga Strillante” l'aiutò Ron, e subito fu lasciato andare dal Mangiamorte.
Bellatrix sembrò confusa solo per un secondo, il suo sguardo che andava da Hermione a Ron.
In quel preciso momento sembrò perdere ogni interesse per Harry e lo fece cadere a terra come se fosse una bambola di pezza.
“Bene” dichiarò, ora rivolgendosi a Ron con un sogghigno. “Un Weasley, non è così? Eri il padroncino di Minus, non è vero? Chissà quante volte gli hai fatto le coccole” La voce scimmiottava follemente un tono dolce e pieno di compassione, scatenando l’ilarità fra i Mangiamorte. “Conducici lì. Adesso!”
“D’accordo” deglutì Ron, e si vedeva benissimo che cercava di mantenere il controllo: la bugia era fin troppo grande, e Harry sapeva che sarebbe finito presto nei guai.
“Allora…vi faccio strada…”
Nel buio, la bacchetta di Bellatrix volò via dalle mani della padrona. “Chi è che ha osato Disarmarmi? Si faccia avanti!” invitò minacciosamente lei, muovendo di scatto la testa a destra e a sinistra.
“Noi” gridò una voce che Harry ben conosceva: era Silente e, quando si girò per controllare, vide che non era solo: era sbucato esattamente dall’angolo dove lui e Hermione erano stati scoperti; il preside era venuto con metà dell’Ordine della Fenice, i suoi genitori, Remus e Sirius in prima fila.
Bellatrix rise follemente. “Voi? E come pensate di fermarci? Come pensate solo di ostacolare il Signore Oscuro….?”
“Taci!” gridò Silente stendendo a terra Bellatrix con un solo colpo di bacchetta, in modo autoritario e temibile. In quel momento Harry gli fu così grato che tutta l’ira che aveva provato in quei giorni sparì in un lampo.
“Lasciate in pace quei ragazzi!” intimò poi, determinato. “Fino a prova contraria, sono sotto la mia stretta sorveglianza!”
Lucius Malfoy rise, avanzando verso Silente. “Oh, beh, davvero? Peccato che tu non sappia controllarli a dovere, dato che ora sono qui!”
“Credo che abbiate preso un granchio” commentò il professore, tornando ai suoi modi gentili.
“Vedete, l’unico che sa dove si nasconde Paciock in questo momento, sono io”.
“Allora non c’è più bisogno che rimangano in vita!” disse uno dei Mangiamorte, quello grosso che teneva fermo Ron, riprendendo il prigioniero e puntandogli la bacchetta alla nuca.
“Non toccare mio figlio, imbecille!” si fece avanti una donna dal gruppo dell’Ordine, che doveva essere la madre dei Weasley. Prima che Harry potesse notare la sua figura grassoccia, l’incantesimo colpì il Mangiamorte che teneva fermo Ron, e cadde stecchito sulla strada.
Fu un attimo: quando Harry aveva afferrato il braccio di Hermione, le due fazioni cominciarono a duellare, confondendosi l’una con l’altra, e lui si trovò da solo.
Dalla gran confusione uscì Sirius, seguito da Ron e Hermione e, preso per le spalle Harry, lo mise da parte in un vicolo cieco.
“Prendi i tuoi amici e vattene” ordinò, senza tanti preamboli.
“No” rispose risoluto Harry, che stava osservando la situazione oltre la spalla del padrino: la battaglia infuriava fino all’ultimo sangue, e quando vide i suoi genitori e gli altri membri dell’Ordine della Fenice in difficoltà, aveva sempre meno voglia d’abbandonarli. “Io rimango qui”.
“Harry ti prego!” insisté Sirius. “Fallo per me. Per noi. Per tua madre e tuo padre. Loro desiderano quanto me che tu sia al sicuro.”
Harry posò gli occhi su di lui: il volto di Sirius era già segnato e stanco.
“Va bene” acconsentì, senza alternative. “Che devo fare?”
“C’è uno stivale alla fine della strada principale. È una passaporta, usala. Ti porterà al sicuro!” rispose Sirius, e dopo avergli fatto un cenno di saluto s’unì agli altri.
“Dove?” gridò Harry, disperato.
“Fidati di me” gli urlò Sirius, e poi fu irriconoscibile nella folla.
Ron e Hermione si scambiarono un’occhiata, esattamente come quella che vedeva nei sogni. “Harry, dobbiamo farlo. Cerchiamo Luna e Ginny” disse lei, nervosa.
Il ragazzo tastò la tasca, e poi s’illuminò.
I tre, coperti dal Mantello dell’Invisibilità, si fecero largo fra i Mangiamorte, e proprio quando sembrava che Ginny e Luna fossero sparite nel nulla, le trovarono che combattevano contro un Mangiamorte biondo.
Non appena passarono loro accanto, le trascinarono sotto il Mantello, mentre Ron le difendeva tirando all’assalitore un bel pugno sul naso.
Il gruppo allora fuggì dalla zuffa, e corsero a per di fiato lungo la via, sempre più lontani dalle grida.
Quando giunsero nel punto indicato, però, Harry s’accorse che lo stivale non c’era.
“Oh no!” si disperò Hermione. “E adesso che facciamo? L’avranno usato i Mangiamorte…”
“Io non credo” la corresse Luna, che si era affacciata su un tombino poco distante. “E’ quello laggiù, o sbaglio?”
Harry e gli altri si avvicinarono, e seguirono lo sguardo dell’amica: sotto il tombino, c’era proprio la passaporta che cercavano.
 
 Note dell'Autrice: ohiii eccomiiii come state??? un pò d'azione...ditelo non ve l'aspettavate XD xD le cose forse si sono succedute un pò velocemente, ma del resto l'intervento dei Mangiamorte è avvenuto di soppiatto...nessuno se lo aspettava! vabbè, mi aspetto che commentiate! come al solito ringrazio tutti voi e scusatemi se ci sono alcuni errori tipo ripetiizoni o frasi con rimasugli di frasi precedenti, provvederò a corregerli quando tornerò su efp se non l'ho fatto adesso...per il resto ringrazio sempre tutti i fedelissimi recensionari e i lettori nuovi (tipo LiliPotter) che hanno messo i due precedenti capitoli della saga e questo fra le preferite! un bacio...ci si vede nei prossimi giorni! :D
 
 

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Capitolo 10
*** Una Via Di Fuga ***


Capitolo 9

UNA VIA DI FUGA

 
“Accio!” gridò Hermione, la bacchetta puntata allo stivale. Nulla da fare; l’incantesimo colpì la passaporta, la sollevò leggermente, ma non fu sufficiente per farlo andare  a sbattere contro la ringhiera. I ragazzi si scambiarono un’occhiata sconsolata prima di volgere nuovamente i loro sguardi al loro problema.
“Dobbiamo trovare un modo per aprire il tombino” rifletté Ginny, il suo sguardo fisso sul  coperchio.
Harry si guardò intorno: nonostante fosse giorno, i Mangiamorte avevano diffuso talmente tanto terrore che nessuno aveva osato affacciarsi anche solo alla finestra.
Le serrande erano chiuse, i negozi distrutti, le porte delle taverne e i loro interni – visibili da fuori- davano l’aspetto di una città fantasma. E, cosa che rendeva il tutto più inquietante, sulla torre di Astronomia di Hogwarts torreggiava il Marchio Nero…
“Proverò io” disse Hermione monotono, tirando fuori la bacchetta dalla tasca e puntandola allo stivale, “ma qualcuno di voi dovrà calarsi dentro. Potrei farlo io, ma non credo di entrarci tutta!”.
Ron si sporse a guardare il fondo, forse pensando di poterci passare perfettamente.
“Niente da fare, Ron” parlò Harry, “sei troppo alto!”
“Ci andrò io” si propose Ginny, osservando il fondo attentamente studiandone le dimensioni. “Sono abbastanza piccola e magra… credo di potercela fare”.
“Molto bene, allora” assentì Harry. “Facciamolo”.
Hermione puntò la bacchetta al tombino con l’espressione risoluta sul volto.
“Alohomora” pronunciò. Con un click acuto, la ringhiera s’aprì e andò a sbattere sulla strada sassosa.
Dopo essersi scoccati un’altra occhiata, Harry e il gruppo si sporse a guardare meglio, pendendosene quasi subito: dal tombino veniva un alone  nauseante di umido, feci e sporco.
Automaticamente Harry si diresse verso Ginny, che non sembrava più così tanto convinta di voler recuperare lo stivale; ma si tappò il naso, e si calò di sotto.
I pensieri del giovane però erano rivolti a ben altro: i suoi occhi non si scollavano dalla scuola e dal Marchio Nero, presente proprio lì, verde, in mezzo a quel cielo che si faceva sempre più scuro sopra le loro teste. Chissà se la battaglia era già terminata a Hogwarts, e quando era cominciata, e se stava ancora continuando!
Sirius li voleva spedire in un luogo sicuro….Ma Harry trovava ingiusto ritirarsi quando qualcun altro era in difficoltà. Era vigliacc, e stupido.
Si rivolse ai suoi amici: tutti erano attenti agli incantesimi che Ginny stava compiendo di sotto, e nessuno avrebbe badato a lui….
Così l’istinto prese il sopravvento e, gettatosi il Mantello sul capo, prese ad allontanarsi velocemente.
Alle sue spalle, poteva ancora sentire i sussulti di gioia del successo della compagna.
“Ce l’abbiamo fatta, Harry! Harry, ma dove sei? Harry!” Hermione chiamò il suo nome a voce  alta, ma lui non avrebbe risposto, perché era sempre più distante.
Sperò con tutto se stesso che avrebbero usato la passaporta e sarebbero andati al sicuro. Dovevano farlo!
Continuò a correre per il grande vialone che separava Hogsmeade dalla scuola.
Mille immagini presero forma nella sua mente, tutti i modi possibili in cui i Mangiamorte erano potuti entrare nella scuola.
Quando giunse ai cancelli, vide che quelli erano spalancati: nei giardini, sembrava tutto normale.
Un senso di ansia cominciò a crescere dentro Harry, e il ragazzo si chiese in cuor suo se fossero già tutti morti, oppure se, come lui, si erano nascosti.
Pensò a Frank, Louise, John, Richard: se l’erano cavata? O erano morti prima di trovare riparo?
Con il fiato corto e il cuore pulsante, continuò ad avanzare verso la scuola.
La prima cosa che notò, e che lo buttò nello sconforto, fu che la casa di Hagrid era stata bruciata; il ragazzo sapeva che probabilmente il mezzogigante se l’era svignata, ma vedere la capanna in pezzi gli fece lo stesso effetto del Marchio Nero.
Giunse così all’entrata del Salone d’Ingresso.
Fu allora che, preso un respiro, mosse i passi all’interno, la bacchetta sempre pronta.
Ora che i suoi piedi toccavano il pavimento del Salone d'Ingresso, vide quanto era devastato: le quattro grandi clessidre che si ergevano ai lati delle porte dell’entrata, dove generalmente si controllavano i punti delle Case, erano state fatte esplodere; anche i gargoyle posti ai lati della scala di marmo erano stati decapitati, e molti arazzi squarciati; c'era qualche pozza di sangue che si allargava sotto molti cadaveri lungo le scale, davanti alle clessidre e all'entrata per i sotterranei; Harry, con un misto di disgusto, orrore e disperazione, notò che la maggior parte erano studenti,probabilmente mutilati prima di essere stati colpiti con la Maledizione senza Perdono. Solo due corpi ben visibili appartenevano a Vitious e alla professoressa Sinistra, che al contrario dei più giovani giacevano senza vita e senza un rivolo di sangue, l'uno accanto all'altra, con la bacchetta rigida in mano e lo sguardo aperto verso il cielo. Con la vista appannata dalle lacrime, Harry si chinò a chiudere loro gli occhi, prima di notare che un altro adulto si trovava dietro una delle statue all'angolo della scalinata, e accorse per vedere chi fosse.  Quando si sporse, riconobbe la professoressa Cooman, voltata di schiena.
Harry si guardò intorno, e poi s'abbassò e la girò verso di sé, e lei afferrò il polso fra le mani: il battito del cuore era sempre più lento, ma era ancora viva.
Mentre lasciava il braccio, s’accorse che sotto l’ascella teneva un borsello per le fiale di pozione. Incuriosito, lo sfilò dalla stretta dell’insegnante e lo esaminò e, aprendolo, vide che c’erano sette posti per ogni fiala…solo che quelle non c’erano. Che cosa ci faceva la Cooman con un astuccio per pozioni vuoto?
Poi udì dei passi, e restò immobilizzato dal terrore quando una coppia di Mangiamorte salì dai sotterranei. Ora, alla luce delle bacchette, i loro volti erano riconoscibili.
“Non è rimasto nulla” dichiarò quello più alto fra i due, dai sottili capelli grigi che gli scivolavano lungo i lati del viso, “non credo che qualcuno qui sia vivo”.
“Allora andiamo a riferirlo al Signore Oscuro, e poi daremo il segnale agli altri di rientrare” decise l’altro, con il cappuccio del mantello in testa e la voce roca.
Harry trattenne il respiro mentre i due si fermarono al centro della sala.
“Cosa c’è?” chiese il Mangiamorte dai capelli grigi al compagno.
Questo fiutò l’aria come un segugio. “Non lo so. Sento come se…se ci fosse qualcuno”.
“Intendi il cadavere dietro il gargoyle di pietra?” chiese il primo Mangiamorte.
“Può darsi” rispose l’altro, tetro.
La coppia s’avvicinò al punto esatto in cui giaceva Harry.  Nonostante fosse coperto, dovette tapparsi la bocca per non farsi sentire mentre l’uomo dai capelli grigi si chinava sul viso della Cooman.
“Interessante. Travers, ti ricordi se per caso questa qui era capovolta di schiena?” chiese, quasi divertito.
“No” rispose Travers con un grugnito, lo sguardo che spaziava per tutta la sala. “Bacchetta alla mano, Selwyn: credo ci toccherà fare un altro giro di perlustrazione”.
I due salirono le scale di marmo e sparirono alla vista.
Harry tirò un sospiro, poi lanciò uno sguardo alla professoressa: se era viva, doveva portarla fuori di lì, immediatamente, ma prima di farlo doveva vedere quello che si celava nella Sala Grande.
Si appostò proprio davanti alla fessura delle ante dorate. Da quello che riusciva a intravedere, niente era come prima: i banchi delle quattro  Case erano spariti, così come i vari stendardi appesi dietro il tavolo degli insegnanti, per lasciare spazio ad una lunga tavolata color ebano, attorno alla quale erano seduti un gruppo sostanzioso di Mangiamorte. Harry tremò all’idea che sarebbero potuti uscire da un momento all’altro per unirsi al gruppo di Hogsmeade, poiché la battaglia al castello sembrava terminata. I camini ai lati dell’ambiente illuminavano fiocamente i volti degli adepti senza maschera, donando loro ombre e luci e sottolineando contorni della loro figura che li facevano assomigliare ad esseri infernali.
Ma c’era un qualcosa, come un ronzio alle orecchie che si trasformava sempre più in una fitta,  che si era insinuata nella testa di Harry via via che girava sempre più lo sguardo su una poltrona rossa che gli dava le spalle, su cui doveva essere seduto qualcuno.
Non appena posò gli occhi sullo schienale, la fronte gli bruciò come se le avessero dato fuoco. Harry trattenne gemiti di dolore, lottando duramente per non contorcersi.
Stava quasi per urlare, quando inaspettatamente la porta del Salone d’Ingresso s’aprì.
Harry si tappò ancora la bocca, spostandosi il piùvelocemente possibile senza fare rumore.
Nonostante fosse quasi inciampato, il Mangiamorte sembrò non notarlo ed entrò dentro la Sala Grande.
Senza esitare, Harry si rimise nella posizione di prima, la fitta al cervello che continuava a martellarlo insistentemente. Quando seguì l’uomo avanzare verso la poltrona, non ebbe più dubbi su chi ci fosse appollaiato sopra: era Voldemort.
“Quali notizie, Macnair?” chiese la voce viscida al nuovo arrivato.
“Mio Signore” disse il Mangiamorte che rispondeva al nome di Macnair, “abbiamo attaccato Hogsmeade, ma l’Ordine della Fenice è intervenuto e i ragazzi ci sono scappati”.
Qualcosa sibilò da dietro la poltrona, e subito s’affacciò una testa di serpente che sembrò puntare dritta verso Harry.
“Non importa” disse Voldemort affabile, e Harry era sicuro che stesse carezzando il rettile allo stesso modo in cui si coccola un animale domestico.
“Sapevo che a Bellatrix sarebbe sfuggita di mano la situazione, rovinando il piano. E io, per quanto sia il mago più potente del mondo, sono stato uno sciocco a lasciarla andare con gli altri. Forse ho sbagliato persino ad attaccare Hogwarts così presto. Non capisco poi perché, vista l’esuberanza rinomata di Bellatrix, Codaliscia non l’abbia tenuta ad Azkaban”.
Qualcuno seduto al tavolo rise, e Harry vide per la prima volta una figura calva e tozza, davanti al camino, e fu così che notò la presenza di Peter Minus.
“Capisco però che doveva ristabilire il mio esercito,” continuò tranquillo Voldemort, “e si è dimostrato insolitamente bravo a trovarmi in Albania, in questa forma, prima di venire catturato da quel traditore di Severus Piton. Ammetto di aver passato quattro giorni nascosto nella Camera dei Segreti in attesa che mi portasse via di lì, usando il passaggio che si nascondeva ai piedi della Statua di Salazar Serpeverde. Comincio a essere stanco di stare in questo corpo, e speravo di affrettare la situazione stanotte. Ma, come sospettavo, coloro che mi servivano per arrivare a Paciock sono fuggiti dopo di lui”.
“Che cosa ha intenzione di fare, mio Signore?” chiese piano Minus, facendosi poi sempre più piccolo di fronte a Voldemort.
“Prenderemo comunque Neville Paciock” rispose tranquillo l’altro, mentre il fedele animale s’arrotolava sempre di più intorno alla poltrona e continuava a guardare minacciosamente Harry. “Dovremo passare direttamente all’altra parte del piano. Inutile dire che avevo calcolato la possibilità del fallimento, e quindi ho provveduto a intercettare il nostro contatto per fargli iniziare il suo compito. In questo modo, sapremo esattamente dove si trova e cosa fa Paciock, , prima di catturarlo e farmi risorgere”.
“Ma certo mio Signore….Come vuole mio Signore…” si chinò al suo cospetto Codalsicia.
“Crede che sia valido? Non potrebbe….fallire?” chiese qualcuno tra i Mangiamorte seduti al tavolo.
Voldemort fece una risata che somigliava molto alla lingua di un serpente a sonagli.
“Non ti fidi di me, Dolohov? Eppure sei proprio qui, al mio cospetto…credi che non abbia pensato a tutto, a ogni minimo, piccolissimo dettaglio?” chiese, ancora più viscido.
Harry vide alla luce fioca che Dolohov perse quel poco di colore che aveva sulle guance.
“Mio Signore…io ero solo….preoccupato che non fosse all’altezza, è troppo…” cominciò a dire, ma fu interrotto da Voldemort.
“No” lo fermò autoritario questo. “Ripeto, so esattamente quello che faccio. E smettiamola di parlare di questioni di lavoro. Nagini mi sta riferendo che ci sono ospiti ad attenderci proprio fuori la porta”.
Il sangue di Harry si gelò, e desiderò essere altrove. Si sentiva molto confuso e arrabbiato, e per giunta ora era spaventato a morte.
Il serpente riusciva a vederlo; questo lo sapeva, non l’aveva perso di vista un secondo.
E, neanche per un momento, Harry aveva avuto l’impulso di andarsene. Era stato rapito dal discorso di Voldemort, e molti interrogativi avevano trovato risposta, per poi essere sostituti da altre domande. In che modo, Voldemort avrebbe avuto bisogno di Neville?
E oltretutto, chi era il contatto? C’era qualche traditore nell’Ordine della Fenice? Potevano essere tutti, e nessuno.
“Macnair, vai ad aprire. Voglio proprio fare quattro chiacchiere con questo giovane amico, e parlare un po’ di Paciock, se possibile” ordinò docilmente Voldemort.
Harry s’allontanò dalla fessura velocemente, dirigendosi nuovamente dietro il gargoyle di pietra dove aveva abbandonato la Cooman inanime, ma prima che potesse farlo arrivò qualccun altro.
“Harry? Harry sei qui?” bisbigliò una voce familiare, che non avrebbe proprio voluto sentire in quelle condizioni. Si voltò, e vide i volti di Hermione e Roni alla porta d’Ingresso, voltandosi a destra e a sinistra. Avrebbe voluto avvertirli, ma prima che potesse farlo i due ragazzi entrarono, seguiti da Luna e  Ginny, e  in quello stesso istante Macnair aprì la porta e…
“Stupeficium!” gridò improvvisamente Luna alla faccia del Mangiamorte, e quello cadde indietro, senza rialzarsi.
I seguaci di Voldemort guardarono il loro compagno svenuto, e tirarono fuori le bacchette.
“Vedo che alla fine i pulcini sono tornati al nido….molto bene. Prendeteli e uccideteli!” ordinò loro Voldemort, e subito i Mangiamorte si lanciarono all’attacco.
Harry avrebbe voluto aiutare subito i suoi amici, ma prima di togliersi il mantello corse dalla Cooman.
Non ce l’avrebbero mai fatta da soli, e tentò in tutti i modi di risvegliarla, ma non c’era verso: era morta.
Con un gesto disperato, si rivelò ai Mangiamorte e si unì ai compagni.
“Harry!” sobbalzò Hermione, come schivarono un colpo abbassandosi. “Come…cosa…?”
“Ero sotto il mantello dell’invisibilità” spiegò in fretta Harry, riparando lui e  Ginny  con un Incantesimo Difensivo. “Dobbiamo prendere la Cooman, Hermione”.
“Che cosa?” domandò lei mentre con uno “Reducto!” allontanava Dolohov.
“Sì, immediatamente” rispose lui, “Expelliarmus! È ancora viva, e non possiamo…”
“Tu non toccherai quella ragazza!” disse una voce potente e autoritaria, alle spalle di Harry.
Il giovane si voltò e la vide avanzare con aria pomposa – per niente somigliante alla solita, che era sempre fra le nuvole- e pararsi davanti a una Luna che cadeva a terra inerme.
“Li tengo io fermi qui” disse la Cooman rivolta a Harry, Ginny, Hermione e Ron, seria. “Voi andate, andate!”
Aveva l’aria sconvolta: le grandi lenti che le ingigantivano gli occhi erano state spaccate in mille pezzi ma ancora pendenti sul naso, il volto pieno di graffi, i vestiti stropicciati e pieni di fori, e si reggeva a malapena in piedi.
“Venga con noi professoressa!” le gridò Harry, che aveva capito le sue intenzioni dal tono della sua voce.
“No!” insistè la Cooman. “Farete tardi! Forza, via da qui!”
“Che cosa pensi di fare, vecchia megera?” rise uno dei Mangiamorte, con un mezzo sorriso.
“Lo sai benissimo”  singhiozzò la Cooman, con risolutezza e un coraggio che Harry non avrebbe mai pensato potesse avere.
“Lasciala venire” invitò la voce di Lord Voldemort da dentro la Sala Grande, “sa molto di più di quanto non sospettiamo. E poi, può esserci davvero utile, con tutto quello che abbiamo escogitato”.
Harry non aspettò l’occhiata d’intesa con la professoressa per avvicinare sotto il mantello Hermione Ginny e, messo un braccio di Luna attorno alla sua spalla e l’altro intorno a quella di Ron, scapparono dal castello.
Si sentiva piangere il cuore: già vedeva la Cooman sottoposta a mille torture da parte di Lord Voldemort…tuttavia, sembrava avere un piano. Ma ammesso che l’avesse, in cosa consisteva?
I ragazzi corsero a per di fiato fino all’altezza del campo da Quidditch, sulla strada che portava ai cancelli di Hogwarts. Videro che il gruppo di Mangiamorte dal villagggio stava rientrando nella nuova base, e quindi si allontanarono dalla strada, facendo il giro largo.
Passati i cancelli, Harry si voltò a guardare Hogwarts, con la tentazione di tornare indietro.
“Andiamo” lo tirò per il colletto Hermione, con voce lacrimosa, “non possiamo fare più nulla per lei, se non andare dall’Ordine della Fenice e dire loro tutto quello che è avvenuto. Ora!”
“Ha ragione” convenne Ron. “Torniamo alla passaporta”.
Senza avere altra scelta, Harry camminò con loro fino al punto dove ricordava avevano lasciato lo stivale, ed eccolo lì, posto all’angolo della strada.
“L’abbiamo spostato noi” spiegò Ginny al viso interrogativo di Harry. “Così non avremmo avuto più problemi di tombini e…saremmo stati decisamente più comodi”.
I due si sorrisero, ricordando fin troppo bene quello che era stata costretta a fare la loro compagna essendo la più piccola e magra.
Hermione tolse loro il mantello di dosso un po’ più nervosa del solito.
“Sbrighiamoci” li esortò, e fissò Harry risentita, nonostante il ragazzo non avesse fatto, nella sua opinione, nulla di sbagliato.
Con grande cautela, lui e Ron posizionarono Luna per terra e le misero la mano sullo stivale, poi tutti la imitarono.
Ron lanciò a ognuno di loro uno sguardo deciso. “Tre….due…uno…”
E partirono. Senza prevederlo, Harry si sentì agganciare all’ombelico e tirare sempre più in basso, mentre i capelli già molto scompigliati gli andavano sul viso e sugli occhiali, e riusciva a distinguere poco il viso dei suoi amici, mentre teneva premuta una mano su quella di Luna e l'altra salda sull'indumento.
Poi si sentì strattonare, e tutti e cinquei finirono a terra. Harry si mise subito seduto e si guardò intorno. Il posto era molto familiare….
“Dove siamo?” chiese Ron, confuso, alzandosi in piedi e grattandosi il capo.
“A casa mia” rispose Harry, sollevato.

Note dell'autrice: allora ragaaazzi come state? pubblicato capitolo!!!!!!!! se c sono errori provvederò a correggerli non apppena l'avrò riletto cm sempre! un bacionissimo :D

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Capitolo 11
*** L'Inizio ***


Note dell'Autrice: a belliiii come state? eccomi qui con l'ultimo capitolo del tre finalmente conclusoooo cosa accadrà?? eh eh eh...questo è tutto da vedere.... solo piccola chicca: aspettatevi un pò di più di rilassamento nel quattro (ma manco tanto) però molte cose verranno risolte...orquindi...vi lascio ai vostri sospetti (chi voglia mi confidi il suo sospettato) e ovviamente ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito, mi seguiranno e hanno conosciuto la storia e gli è piaciuta e anche chi l'ha recensita (ovviamente lunadistruggi) ripeto per la 10000 volta che ricontrollerò gli errori per la 150 volta,..e... cia-ciao! Averyn


Capitolo 10
 
L'INIZIO

Harry guardò Luna, sdraiata accanto a lui, ignara e addormentata, per poi volgere lo sguardo su tutto il giardino; il cielo azzurro risplendeva come se non fosse capitato nulla.
Dopo che lui, Ron e Hermione e Ginny si furono alzati e si furono tolti la terra dai vestiti, Harry  coricò Luna sulle spalle sue e di Ron e si diressero verso casa.
Ma avevano appena mosso qualche passo che avvertirono dei mormorii dentro l’edificio e intravide qualcuno dalle finestre.
In un attimo, dalla porta emersero tre personaggi: la prima era una ragazza giovane dai corti capelli rosa acceso che non doveva avere molti anni in più di loro cinque, poi un uomo nero molto alto e dall’aria robusta e Remus, che venne in loro soccorso per ultimo.
Nel momento in cui notarono Luna, tutti e tre s’affrettarono ad aiutarli.
 “Dalla a noi ragazzo” disse l’uomo nero rivolto a Ron, e questo senza esitare troppo gli porse un braccio della ragazza.
Mentre faceva lo stesso, Harry ebbe come l’impressione di aver udito già il suono della voce di quel tipo, ma proprio non riusciva a ricordare dove.
“Che cosa le è successo?” chiese la ragazza dai capelli rosa, prendendo il viso di Luna fra le mani.
“E’ stato l’incantesimo di un Mangiamorte. L’ha colpita, e…e non si è più risvegliata” rispose automaticamente Hermione, avvilita; il viso sporco e ferito le evidenziava gli occhi lucidi, bisognosi di riposo.
Harry, dopo aver studiato i volti dei loro soccorritori e quelli dei maghi affacciati alla finestra, si rivolse Remus, sempre più confuso :“Che cosa sta succedendo?”
“Non c’è molto tempo. Te lo spiegherò più tardi, quando saremo arrivati a destinazione” rispose enigmatico lui. “Questi sono Ninfadora Tonks e Kingsley Shacklebolt, due Auror” e presentò la giovane dai capelli rosa e il nero che si apprestava a portare dentro Luna.
“Per gli amici rimango Tonks” lo corresse la giovane Auror, lanciando un’occhiataccia a Remus dietro di lei, mentre i capelli le diventavano rossi. “Odio il nome Ninfadora”.
Hermione la studiò curiosa. “Non sei un po’ troppo giovane per entrare nel Dipartimento?”
In tutta risposta, Tonks le sorrise gioiosa. “Oh, sì beh, sono riuscita a convincerli grazie a questi” e indicò i suoi capelli che tornavano di nuova di un rosa caramella, “sai, sono un Metamorfomagus. Posso cambiare aspetto. A quanto pare, hanno un estremo bisogno di gente del genere ”.
A Hermione brillarono gli occhi per un momento, poi annuì con vigore. “Ovviamente! Ho letto molti libri riguardo alla tua magia…Ma non avevo mai incontrato una persona che potesse davvero trasformarsi!”
“Sono difficili da trovare” finse di vantarsi Tonks mentre, indietreggiando i capelli con un gesto, il rosa lasciava il posto a una chioma castana e riccia.
I ragazzi entrarono, preceduti dagli Auror e Remus. Fu così che Harry ebbe modo di vedere l’interno. Nell’ingresso vi erano altri maghi e streghe, e Harry ne contò almeno una decina.
A giudicare da come aspettavano, non si sorprese di come balzarono in piedi quando li videro entrare.
“Quanti sono?” chiese un uomo dal capellino lungo e a punta.
“Solo loro quattro” rispose Kinglsley Shacklebolt con aria grave, e poi con un cenno della testa indicò la loro compagna, portata da lui e Tonks. “Più lei”.
La donna accanto all’uomo dal capello a punta si mise le mani sulla bocca, il volto deformato dall’orrore. “Oh santo cielo! Da quant’è che non si sveglia?” esclamò, rivolta ai ragazzi.
“Da molto” rispose subito Harry, prima che Hermione prendesse di nuovo parola. “Da quando abbiamo lasciato Hogsmeade”.
“E’ stata colpita da un incantesimo” fece loro presente Remus. “Dobbiamo intervenire subito”.
“D’accordo” annuì il mago che aveva parlato fino a quel momento. “Portatela di là. Voi intanto occupatevi degli altri ragazzi. Ci pensiamo noi, qui”.
Kingsley agitò la bacchetta su Luna e dopo aver pronunciato le parole “Wingardium Leviosa” seguì il resto degli Auror nel corridoio che conduceva alla stanza per gli ospiti.
Harry stava per andare loro dietro, per sapere cosa ne sarebbe stata della povera Luna, ma Remus lo fermò mettendogli una mano sulla spalla.
“Non preoccuparti” lo rassicurò, “sanno quello che fanno. Si riprenderà, vedrai!”
“Non è per questo” ribatté Harry, levando la mano dalla sua spalla, alquanto infastidito.
 “Che cosa sta capitando? Devo sapere! Prima i Mangiamorte attaccano, poi vedo Auror che infestano casa…”
Remus lo studiò per un momento. “A suo tempo le spiegazioni. Ora dobbiamo andare”.
“Per dove?” chiese Harry, sempre più irritato.
“Dai tuoi genitori. Sono in un posto più sicuro di questo, credimi” rispose l’altro, sicuro.
“Venite qui, ragazzi” gesticolò Tonks in direzione di Ron e Hermione, e i due , scambiatasi un’occhiata incerta, si unirono a lei. Ginny si strinse a Remus, che afferrò il braccio di Harry. “Ti sei mai Smaterializzato?” gli sussurrò a un orecchio.
“Solo una volta” rispose prontamente Harry. “Con Silente”.
“Non dovresti avere problemi allora” gli sorrise il mago, “tieniti forte”.
Harry strinse gli occhi e fece il possibile per non lasciare la presa. Un senso di nausea lo pervase, e proprio mentre stava pensando che avrebbe viaggiato molto più piacevolmente su un manico di scopa, apparve in una via di Londra.
“Dove siamo?” chiese Hermione, i capelli elettrici.
“A Grimmauld Place” rispose Remus.
Harry sorrise; conosceva quella dimora. Nonostante Sirius fosse andato ad abitare fuori città, aveva ereditato la casa in modo che i Malfoy o i Lestrange non ne prendessero possesso, e aveva evocato una serie d’ incantesimi di protezione in modo che non la trovassero.
“Molto bene!” esordì Remus dopo un attimo di silenzio, rivolgendosi a Tonks e a Kingsley.
 “Chi ha il lasciapassare?”
“Io dovrei avercelo da qualche parte” disse Tonks, tastandosi le tasche della giacca, per poi tirare fuori un pezzo di pergamena arrotolata.
Lo dispiegò e lesse velocemente: “Il Quartier Generale dell’Ordine della Fenice si può trovare al numero dodici di Grimmauld Place, Londra”.
“Il Quartie…?”
“Non ora Harry!” esclamò Remus. 
Harry stette ad assistere al fenomeno davanti ai suoi occhi; il numero undici e il numero tredici si allontanarono l’uno dall’altro, ma nessuno dei Babbani che abitava all’interno dei due edifici sembrò farci caso. La musica dalla radio al numero undici continuò a suonare, e anche gli inquilini al numero tredici rimasero incollati davanti al programma televisivo come se nulla fosse.
Tra i due palazzi, ecco emergerne un terzo, con sopra inciso numero dodici. La porta era rovinata, così come l’intera palazzina. Sembrava che nessuno avesse messo piede in quella casa da anni.
“Andiamo” li incitò Kinglsey, e Harry, seguito dagli altri, si mosse davanti alla porta, e bussò con l’anello a forma di serpente.
Pochi attimi dopo, la madre dei Weasley si fece viva sulla soglia.
“Molly” salutò con un cenno del capo Kinglsley, prima d’entrare.
“Ciao Remus” esordì poi la strega a Remus, mentre quello con un cenno del capo s’affrettava a seguire Kingsley.
Dopo che anche Remus fu passato, scrutò i rimasti, e i suoi occhi si ingrandirono moltissimo.
“Ron! Ginny!” esclamò, facendosi largo fra Harry e Hermione e raggiungendo la figlia, che strinse stretta a sé prima di abbracciare forte anche Ron. “Ero in pena per voi! Dove siete stati? Cosa avete fatto? Siete feriti? Vi hanno trovato? Cosa…?”
“Mamma, calmati…dai…non è successo niente!” provò a dire Ron, cercando di divincolarsi dalla morsa della madre.
Quando sembrò che la signora Weasley ne avesse abbastanza, salutò allegra Tonks, e poi si rivolse anche ai due ragazzi.
“ Vi mostro dove dormirete. I vostri amici vi attendono lì”.
“Va bene signora Weasley” ringraziò Harry e, condotti da lei, tutti e cinque i rimasti entrarono in casa. “E parlate piano nell’ingresso” ammonì la signora Weasley, mentre faceva loro strada lungo il corridoio d’entrata.
Il posto era tetro e buio, e sembrava appartenere al più oscuro dei maghi. Ora Harry capiva perché Sirius non aveva mai voluto mostrargli la casa delle sue origini. Dopo essere passati davanti a una sala chiusa, da cui il ragazzo udì un mormorio di voci sommesse, a una coppia di tende lunghe e tarmate, oltre la quale Harry supponeva ci fosse un’altra porta, e evitato un grande portaombrelli che sembrava la gamba amputata d’un troll,  la signora Wealsey li guidò lungo le scale buie, tempestate sulle pareti dalle teste di elfi domestici, che davano a tutto un gusto raccapricciante. Harry notò, inoltre, che avevano tutti lo stesso naso a grugno.
 Arrivati a metà delle scale, la signora Weasley indicò loro l’altra rampa di scale. “Bene, ora non dovete fare altro che salire e….”
Crash.
Voi, traditori del vostro sangue! Sozzura, feccia! Sottoprodotti di sudiciume e abiezione! Ibridi, mutanti, mostri….!”  Insultò sguaiata una voce che veniva dall’ingresso. Poco lontano, la coppia di tende si era aperta, rivelando una donna anziana con una cuffia nera che tirava fuori le mani e graffiava chiunque fosse nelle vicinanze; Harry capì solo dopo pochi momenti che era un quadro, e il più realistico che avesse mai visto. Gli occhi rotavano, la pelle ingiallita si tendeva e dalla bocca sbavava. Inoltre urlava come un’ossessa e gli altri ritratti, infastiditi, cominciarono a gridare anche loro.
“Tonks!” urlò la signora Weasley, severa, venendole in aiuto, cercando di raddrizzare il pesante portaombrelli.
“M-mi dispiace tanto, M-Molly…” si scusò Tonks, trotterellando via.
Una porta in fondo al corridoio s’aprì e uscì Sirius, che aiutò la signora Weasley a chiudere le tende.
Tuuuuu….traditore! non meriti di essere mio figlio! Brutto…” cominciò a inveire la vecchia da dentro la cornice, ma Sirius chiuse le tende così in fretta da zittirla sul nascere; dopo un momento, ritornò la quiete per il corridoio.
Poi il padrino si voltò verso Harry, Hermione, Ron e Ginny che avevano assistito alla scena orripilati.
“Simpatica, eh, mia madre?” disse, quasi divertito, tradendo il volto ombroso.
Poi, senza dire un’altra parola, sparì di nuovo da dove era venuto.
Dopo aver rimesso dritta la zampa di troll, la signora Weasley li scrutò ai piedi dei gradini.
“Salite tutte le scale, e poi troverete una porta. Lì vi dovrebbero attendere i vostri amici. Ci vediamo dopo!” e sparì anche lei.
Dopo essersi scoccati un’occhiata l’un l’altro, i ragazzi fecero come indicato dalla madre di Ron.
Harry bussò più volte alla porta, quando furono giunti dinanzi alla soglia.
Da dentro si potevano udire i mormorii distinguibili della voce acuta di Louise e quelli di Frank, e anche il bisbigliare nervoso di John.
Poi, tante mani colsero di sorpresa Harry, tirandolo dentro la stanza con tanta di quella fretta che sembrava che i gradini stessero per esplodere.
“Harry! O santo cielo!”
“Cosa è successo?”
“Perché avete fatto tardi?”
Harry si ritrovò a fronteggiare i visi di Frank, John, Richard e Louise, tutti e quattro apprensivi.
“E’ stata dura a Hogsmeade?” aggiunse Louise, stranamente rossa per qualche ragione.
“Io…sì” rispose Harry, ancora un po’ smarrito.  Si scambiò un’occhiata con Ron, Hermione e Ginny. Nessuno aveva voglia di raccontare loro quello che era accaduto al castello.
“Qualcuno si prende la briga di spiegarci cosa stanno combinando di sotto?” chiese, cambiando discorso.
“Papà ha deciso di stabilire qui il Quartier Generale” rispose Frank, facendo spallucce.
“L’Ordine della Fenice si è riattivato da quando i Mangiamorte hanno attaccato Hogwarts”.
“Si sa perché l’hanno fatto?” chiese Hermione.
Harry notò che evitava di guardare Louise.
“Beh, da quello che abbiamo sentito” rispose ancora Frank, “l’hanno fatto per prendere Neville. Proveranno in tutti i modi di catturarlo, ovviamente, e ora che la gran parte dei Mangiamorte è fuggita da Azkaban non s’arresteranno”.
Harry sapeva già tutto di quanto era stato rivelato, e anche qualcosa di più, ma sentì comunque una fitta allo stomaco.
“E Neville dov’è?” chiese, cercando di non pensare a quanto accaduto a Hogwarts.
“Da qualche parte in casa” rispose John evasivo. “Dice che ha bisogno di stare un po’ di tempo da solo.”
“Ma potrebbe farsi male! Insomma…con tutto quello che ha passato…non può andare in giro così!” balzò Hermione, scambiandosi occhiate nervose con Harry.
“Non c’è luogo più sicuro di qui” rispose Frank, calmo. “E poi, immagino che dovrà imparare a conoscere questo posto, visto che non ci muoveremo da qui per un bel pezzo”.
Gli occhi di Ron s’allargarono. “Quindi non torneremo ad Hogwarts?”
“No” rispose Louise, e con un sospiro si lasciò andare sul letto accanto a Frank con l’aria grave.
“Così come tutti gli altri”.
“E sapete qualcosa dei sopravvissuti?” chiese Hermione, le sopracciglia che le andavano su e giù mano mano che veniva a conoscenza dei fatti.
“Dovrebbero essere da qualche parte nascosti con gli altri professori. Vivono come profughi. Non si sa esattamente dove, ma sentiamo continuamente di un ‘luogo segreto’…quindi dovrebbero essere in salvo, giusto?” rispose Richard, che guardava fisso Hermione da un bel po’.
Harry si scoprì geloso di tutte quelle attenzioni verso di lei.
“E come sapete tutte queste informazioni? Insomma, con il vecchio Malocchio avrebbero dovuto scoprirvi subito!” osservò Ron, colpito. Harry ricordò che Malocchio Moody era stato un membro dell’Ordine nominato spesso dai suoi genitori essendo stato un grande mago, anche se non l’aveva mai incontrato di persona.
“Con queste” rispose Ginny, apparendo sulla soglia della porta e mostrando due  orecchie giganti molto allungate  da cui si diramava un lunghissimo filo color carne.
 “Da quando Fred e George sbandierano ai quattro venti i loro prodotti senza prima metterli in vendita?” Ron ghignò.
“Da stamane” rispose Richard per lui, “hanno capito che era un momento particolarmente delicato e quindi ci hanno fatto la gentilezza di darcele gratis subito dopo la sperimentazione”.
“O magari per la sperimentazione. Fred e George non offrono mai la loro merce senza un prezzo” lo informò Ginny, con un sorriso.
“Loro sono qui?” chiese Ron, con lo sguardo che passava da Richard a Louise.
“Oh, sì” rispose quest’ultima,  “sono in una delle stanze di sotto. Stanno cercando di ascoltare i piani dell’Ordine senza essere scoperti da Malocchio Moody” .
“Vado a cercare Neville” decise all’improvviso Harry, che stava ripensando a quello che aveva sentito da Voldemort e voleva assolutamente parlarne con Neville.
Senza prestare ascolto a eventuali risposte dei suoi compagni, Harry si avventurò di nuovo nell’ingresso, alla ricerca dell’amico. Forse non l’avrebbe fatto in altre circostanze visto che  non gli rivolgeva più la parola da quando girava con Ginny, ma d’altro canto era l’unico con cui potesse parlare, date le cose di cui era venuto a conoscenza.
Facendo attenzione a non inciampare nel portaombrelli, s’affacciò alla porta della cucina, ma non trovò nessuno.
Allora risalì al piano di sopra e, dopo essersi ritrovato in un paio di stanze vuote, sentì dei rumori da una camera, che era quella di Sirius.
L’aprì leggermente; la prima cosa che notò fu che era una stanza larga e spaziosa, con ancora il disordine giovanile dei tempi della scuola sulla scrivania. Attaccati ai muri vi erano poster di ragazze Babbane, poiché le foto erano immobili; un segno della grande trasgressione di Sirius rispetto al resto della famiglia, che Harry immaginava facesse per sfidarli. Tra un poster e l’altro, poi, vi erano attaccate un paio di foto che si muovevano dei giovani James, Sirius, Remus e Peter e molte bandierine e stendardi rosso e oro, i colori di Grifondoro. Un altro modo per contraddistinguersi: tutti i Black erano stati da sempre Serpeverde.  Neville era proprio lì, seduto a bordo letto, la testa fra le mani.
Harry non l’aveva mai visto così giù di morale da quando lo conosceva, neanche se si trattava di una lezione di Pozioni, materia in cui Neville non era decisamente portato.
“Se stai cercando di consolarmi, è meglio che tu te ne vada” ammonì, malinconico.
“Non voglio fare nulla del genere” ribatté Harry. “So che è dura quando sembra girare tutto intorno a te”.
“Ah, davvero?” chiese Neville, scettico. “Io non credo”.
“Invece è così, più di quanto tu creda” insisté Harry, e diceva il vero; si immergeva facilmente nei panni di Neville, soprattutto ora che vedeva quelle cose…quelle visioni.
“ Beh, allora saprai che non voglio parlare con nessuno. I-io non so cosa fare. Non mi sono mai sentito così smarrito in tutta la mia vita” confessò l’altro con tono melodrammatico.
Harry si lasciò andare sul letto di Sirius accanto a lui. Avrebbe voluto fargli capire che lui era lì per offrirgli il suo aiuto, ma quando aprì la bocca non uscì nulla.
“Mi dispiace, Neville. Ma sappi che secondo me tu sei una persona forte” balbettò, capendo che suonava più come un incoraggiamento che una cosa che pensava sul serio. “Hai combattuto Voldemort due volte, tutto da solo. Sei speciale, ed è per questo che tutte queste persone sono qui per te”.
Neville grugnì, e per la prima volta da quando Harry era arrivato gli scoccò una veloce occhiata dall’alto in basso.
“Odio sentirmi speciale. E per quanto riguarda le battaglie contro Tu-Sai- Chi…Non è totalmente vero. Senza di te e Hermione non sarei mai riuscito a superare le prove al primo anno. E l’anno scorso, se tu non avessi avuto la prontezza di colpire con la zanna il diario, Ginny sarebbe morta e ora il fantasma di Tom Riddle vagherebbe in giro libero”.
Harry si sentì rabbrividire al solo pensiero. “Tutti hanno bisogno di aiuto” disse, “e comunque in qualche modo Voldemort è libero, dentro un corpo che non ho capito quale sia…”
Neville ora gli riservava tutta la sua attenzione, e solo allora Harry capì di aver anticipato quello che avrebbe voluto dirgli.
“Come lo sai?” chiese l’amico rabbrividendo.
Harry tirò un sospiro, e fissò il compagno, scegliendo le parole giuste da dire.
Alla fine confessò: “Sono stato al castello”.
“Tu cosa…?” sobbalzò il compagno, scioccato.
“E’ per questo che sono qui” disse Harry. “Insomma…ho capito che sei l’unica persona di cui posso fidarmi, dato che sei il diretto interessato. Senti un po’ quello che ho scoperto…”
E gli riferì tutto, fino all’ultima parola. Ogni volta che Harry attaccava una frase, Neville diveniva sempre più ceruleo, l’espressione cupa. Harry sapeva che non sarebbe stato facile, ma doveva sapere, doveva essere messo in guardia.
“Sono tutti morti” fu la prima cosa che disse Neville. “E Luna…”
“Si riprenderà” lo rassicurò Harry. “Gli Auror a casa mia si stanno prendendo cura di lei”.
“Sono felice che almeno facciano il loro lavoro” disse Neville, un po’ più sollevato dalla notizia.
“Non so se lo sai, ma erano a casa tua perché aspettavano i ragazzi salvati da Hogsmeade. Ma non è venuto nessuno, a parte voi…”
L’idea di essere i pochi sopravvissuti su tutta quella gente fece tremare Harry.
“Probabilmente si sono uniti al gruppo di studenti e professori sopravvissuti” disse, e subito i ricordi di quanto accaduto alla scuola si rifecero vivi nella sua mente.
“E probabilmente saremmo morti anche noi, se la Cooman non fosse intervenuta”.
“E’ stata molto coraggiosa” commentò Neville, commosso.
“Mi chiedo se sia ancora viva” disse Harry, rivolto più a se stesso che al compagno, e si rese conto che si sentiva in debito con la professoressa, e sperò con tutto il cuore che resistesse a Voldemort.
“Non possiamo saperlo” disse Neville spaziando lo sguardo a tutta la stanza, per poi tornare su Harry. “Quello che mi preoccupa più di tutto, però è il traditore. Dobbiamo dirlo all’Ordine!”
“No!” scattò l’altro. “Non possiamo fidarci di loro; Voldemort ha detto di avere un contatto, ricordi? Stiamo parlando di una spia!”
“E credi che non dire quello che sappiamo migliori le cose? In ogni caso, per lui o lei scappare sarebbe come un modo per svelarsi!” incalzò Neville, il sudore sulla fronte.
“Io penso solo che il rivelarlo creerebbe una grande confusione” protestò Harry, “nessuno si fiderebbe più dell’altro, e questo è esattamente quello che Voldemort vorrebbe per distruggere la barriera per arrivare a te. E poi, se davvero c’è una spia fra di noi, deve averla scelta in modo intelligente. Sicuramente qualcuno di cui ti fidi o che ti starà accanto. E farà di tutto per nascondersi il meglio che può dai sospetti”.
Neville lo studiò per un po’, insospettito, prima di decidere che forse lui non era la spia.
Poi si sporse verso l’amico e mormorò: “Tu ti fidi dei nostri compagni?”
Harry deglutì. “Di Hermione sì” rispose risoluto. “E’ sempre stata con me. È vero, è nostra amica” fece un attimo una pausa, prima di pensare a che peso voleva dare alla parola amica, “ed è sempre stata una delle persone più vicine a te. E fino ad ora ci è stata sempre accanto, anche nel periodo in cui noi due non…”
“Non ci parlavamo per via di Ginny, sì” tagliò corto Neville. “Sì, sarebbe sciocco sospettare di lei. Ma degli altri, Harry? Dei tuoi amici? Degli altri membri dell’Ordine?”
Era una domanda cui il giovane non poteva dare risposta.
“Non lo so” s’arrese con sincerità. Si rese conto all’improvviso di sentirsi stanchissimo, e che aveva un gran bisogno di riposare. Poi s’alzò, e decise di uscire dalla stanza per lasciarlo un po’ da solo.
Aveva posato le dita sulla maniglia, che gli attraversò per la mente un pensiero, e si voltò verso di lui. “Solo…tieni gli occhi aperti, va bene?”
Neville lo guardò deciso, con lo stesso lampo d’orgoglio di quando aveva trapassato la testa del Basilisco da parte a parte con la spada di Grifondoro.
“Lo farò”.
 
Harry richiuse la porta dietro di sé, cercando un luogo in cui nessuno avrebbe potuto disturbarlo. Si sentiva così  spossato che sarebbe caduto addormentato sul pavimento se ne avesse avuto il coraggio.
Alla fine s’imbatté nella stanza di Regulus, non molto lontana da quella di Sirius.
Quando spalancò la porta, però, vi era già qualcuno all’interno. Hermione, che lo fissava a gambe e mani incrociate, in attesa.
“Oh, ciao” salutò Harry, sentendosi in qualche modo incastrato.
“Ciao” rispose Hermione, e dal tono il ragazzo capì.
“Hai origliato, vero?” chiese, senza mezzi termini.
Sul viso di Hermione comparve un leggero sorriso. “Come avrei potuto evitarlo? Ero così preoccupata per te…sembravi così fermo nel voler trovare Neville…e quando l’hai fatto, beh, ti avevo seguito, e quindi…Oh, Harry, è terribile!”
In quell’istante, mentre guardava la ragazza, a Harry parve di essere tornato indietro nel tempo, quando l’aveva trovata nella Foresta Proibita davanti alla catapecchia dove era rinchiuso Codaliscia, e dove loro si erano baciati.
Il senso di colpa riemerse: se solo non fossero stati lì, ora sarebbero stati ancora a Hogwarts…magari tranquilli davanti al camino a pensare, o loro due insieme a studiare in un’aula vuota.
Rimpianse quei momenti, e allo stesso si fece una domanda che non si era mai posto prima: se non avessero pedinato Piton, quello che era successo fra di loro sarebbe avvenuto comunque?
Preferendo non pensarci, si sedette sul letto davanti a lei.
“Sì, è terribile” fu tutto quello che riuscì a dire. “Spero solo che tu non stia recitando la parte della buona scandalizzandoti così”.
“Pensi davvero che io sia la talpa?” domandò l’altra, scioccata e ferita.
“No, non lo penso” le rispose franco Harry. “Ma non posso fidarmi più di nessuno”.
“Beh, di me puoi” rincarò Hermione. “Pensi che ti abbia seguito, che mi sia proposta di stare al tuo fianco, perché voglia arrivare a Neville? Non sarebbe stato più semplice lasciarti perdere e unirmi al gruppo di Ginny?”
“Forse” rispose lui. “Hai ragione. Scusami”.
“Scuse accettate” rispose Hermione, dopo che lo ebbe guardato a lungo.
Per un po’ seguì il silenzio.
“E’ stato il peggior primo appuntamento del mondo” osservò poi lei, arrossendo un po’.
Harry sentì le guance in fiamme; gli sembrava una vita fa la loro gita a Hogsmeade.
Poi ripensò alle parole di Hermione, e la guardò dritta in faccia. “Aspetta…era un appuntamento?”
Gli veniva la pelle d’oca al solo pensiero che potesse esserlo. Era molto più spaventato di questo che di tutti i Mangiamorte messi insieme.
“Tu che dici?” chiese Hermione, con un sorriso furbo e scrollando le spalle.
“Mi fido di te” lasciò perdere Harry, e sentì un’improvvisa fitta alla testa.
“Cos’hai?” domandò la compagna, notando il malore.
“Io…non lo so…mi fa male la fronte…penso…credo…”
Vide il seguito di quello che era accaduto a Hogwarts il suo primo anno, nella sua vita dei sogni…Aveva battuto Raptor….Silente aveva assegnato loro la Coppa delle Case…Avevano vinto, lui, Ron e Hermione, tutti e tre migliori amici….e si dirigeva con loro verso il treno, mentre Hagrid il guardiacaccia li salutava con affetto….
E Harry, in qualche modo, sapeva che quello era soltanto l’inizio.  
 

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