La Farfalla Blu - Morpho Helena

di _Sushi_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una Ragazza Ordinaria ***
Capitolo 2: *** La Certezza di Kim Heechul ***
Capitolo 3: *** Oceano Blu Zaffiro ***
Capitolo 4: *** Mai far arrabbiare una ELF ***
Capitolo 5: *** Una traumatica presentazione ***
Capitolo 6: *** Sole e Asfalto ***
Capitolo 7: *** Salmone ***
Capitolo 8: *** Se solo i soldi piovessero dal cielo! ***
Capitolo 9: *** Il cacciavite e il trinciapollo ***
Capitolo 10: *** Sola ***
Capitolo 11: *** I primi sospetti ***
Capitolo 12: *** Kim Ryeowook ***
Capitolo 13: *** La strana cena ***
Capitolo 14: *** Nascosta in bella vista ***
Capitolo 15: *** Lontano dagli occhi... lontano dagli artigli! ***
Capitolo 16: *** Henry e Zhou Mi ***
Capitolo 17: *** Lo struzzo fantasma ***
Capitolo 18: *** Bianco ***
Capitolo 19: *** Intrusione ***
Capitolo 20: *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 21: *** Il pericolo si nasconde dietro a un casco di banane ***
Capitolo 22: *** E se tutto ciò che credevamo impossibile fosse reale? ***
Capitolo 23: *** Il vero Siwon ***
Capitolo 24: *** Una notte insonne ***
Capitolo 25: *** Helena e il massacro delle tazze ***
Capitolo 26: *** Un giorno di ordinaria follia ***
Capitolo 27: *** La dura verità ***
Capitolo 28: *** Catene ***
Capitolo 29: *** Ferie anticipate ***
Capitolo 30: *** Chiamami amore ***



Capitolo 1
*** Una Ragazza Ordinaria ***


- Venticinque Ottobre, ore nove e mezza -


Era un'esperienza fuori dal comune, di quelle che nessuno sciocco uomo poteva immaginare. Lei sentiva, sentiva tutto, sentiva oltre ogni previsione. Ogni respiro, il più impercettibile movimento era il frutto della cooperazione di milioni di miliardi di cellule e di meccanismi finissimi, reazioni a catena che si sommavano perfettamente le une sulle altre senza mai sbagliare. Il tutto alla velocità del pensiero. Un solo corpo ma fatto di apparati a loro volta fatti di organi, di tessuti, di cellule, di proteine, lipidi, zuccheri. Mille, immensi, infiniti, giganteschi universi, composti da miliardi di unità perfettamente cooperanti tra loro, racchiuse l'una dentro l'altra, in stretta correlazione. Un solo corpo, sì, un solo piccolo corpo... eppure così grande all'interno! Era semplicemente troppo perché chiunque potesse immaginarlo.

A questo e ad altro stava pensando la strana ragazza affacciata a quella che sembrava una semplice e anonima vecchia porta blu. Per lei non era in effetti difficile pensare a più cose contemporaneamente, non aveva un'intelligenza comune, dopotutto, neppure per l'ambiente in cui era cresciuta. Infatti, proprio mentre quei pensieri di poco prima sfioravano la sua mente, una parte di lei ripensava agli eventi accaduti quel giorno e a ciò che stava accadendo proprio in quel momento davanti a lei. Solo fiamme, fuoco e furore sembravano riflettersi nei suoi grandi occhi. Con un profondo sospiro, la strana ragazza si morse il labbro inferiore e per un solo, microscopico istante sembrò immensamente triste, di una tristezza radicata e profonda, di quelle che ti scorticano l'anima. Fu solo per un momento perché, quando parlò, la sua voce uscì chiara e cristallina, limpida come un ruscello in primavera:
«Quando dicevi che non mi avrebbe fatto male stavi mentendo, non è così?» Doveva esserci qualcuno alle sue spalle perché lei si voltò a fronteggiarlo.
Di colpo tutto si fece confuso, annebbiato. Un dolore lancinante sembrava spaccarle la testa in due, sentiva solo la propria voce urlare, la gola bruciante, i polmoni in fiamme. Con gli occhi quasi rovesciati all'indietro per l'agonia riusciva ad intravedere solo strane forme: sembrava ci fosse un'enorme foresta di corallo di fronte a lei. Il dolore era troppo forte, sentiva solo le urla, tanto potenti, tanto lontane da non sembrare neanche più sue. Un fischio acuto le spaccava i timpani e uno dietro l'altro continuava a sentire quei numeri: dieci-zero-undici-zero-zero-zero-due... dieci-zero-undici-zero-...


«...ZERO-ZERO-DUE!» Saltò in piedi talmente in fretta che per poco non cadde. Dopotutto il suo equilibrio non era un granché, soprattutto se si trattava di stare ritta su un autobus. Attorno a lei tutti i passeggeri la stavano guardando come se avesse un terzo braccio che le usciva dalla fronte. Solo un coraggioso uomo d'affari dall'aria stanca si azzardò a farsi avanti per chiederle se era tutto a posto. Dopo aver fatto scorrere febbrilmente gli occhi tutt'intorno, la ragazza deglutì sonoramente, rendendosi conto di avere la bocca asciutta. Con voce impastata e il viso viola per l'imbarazzo ringraziò il signore per l'interessamento e chiese scusa agli altri passeggeri inchinandosi più e più volte, molto profondamente. Mentre tornava a sedersi, o meglio, a sprofondare nel suo sedile desiderando di sparire, le parve anche di sentire una vecchietta sibilare all'amica qualcosa tipo "questi occidentali megalomani non hanno rispetto!". Sbuffando, si accucciò e raccolse le gambe al petto appoggiando i talloni al bordo del sedile, poi affondò con il viso tra le mani: lo sentì bollente di vergogna. Non era la prima volta che le accadeva di fare quegli incubi. Era tutto talmente vivido nella sua testa che sentiva persino le tempie pulsare al ricordo del dolore. Non le era mai successo, però, tanto spesso come ultimamente. In quegli ultimi due mesi si era quasi abituata all'idea di non dormire la notte ma mai prima di allora quegli incubi l'avevano raggiunta anche durante le sue pennichelle diurne.

«Sei troppo stanca, Jin!» ripeté a sé stessa, premendo con i palmi sugli occhi e sulle guance.
«Devi rimanere concentrata. Questo è il tuo giorno, qui si decide tutto il tuo futuro: non hai aspettato altro nella tua miserabile vita!» esclamò annuendo con rinnovata determinazione, ignorando lo sguardo infastidito del suo vicino di posto. Passarono ancora pochi minuti e, quando le porte dell'autobus si aprirono, la ragazza di nome Jin scese trafelata assieme a un mucchio di altre persone, per il 90% ragazzine. Nonostante i suoi lineamenti palesemente occidentali non sembrava spiccare in mezzo alla folla. Non era alta, anzi, era bassa persino per la media orientale, e non poteva certo vantare una lunga chioma di capelli dorati. A dire il vero, non fosse stato per i grandi occhi di un verde talmente strano e brillante da tendere quasi al giallo, sarebbe stato facile confonderla con una qualunque ragazza coreana. Con aria crucciata Jin spinse in su gli occhiali che tendevano a scivolare lungo il nasino dritto e minuto, prendendo un bel respiro prima di iniziare a farsi largo attraverso la calca. Erano le nove e mezzo di mattina e fuori dallo Stadio Olimpico era già il delirio. Tutta la Corea attendeva quel momento, doveva aspettarselo. Abbassando lo sguardo sulla sua vecchia borsa di cuoio sdrucita, la ragazza si mise a rovistare alla ricerca del cellulare, quindi compose un numero a memoria e si mise in attesa di una risposta. Dall'altro capo del telefono giunse un urlo, subito riecheggiato dal grido infastidito di Jin stessa:
«YAH! Jungwon-ah, mi hai fatto prendere un infarto! Aspetta domani per assordarmi! Dove sei?» Con aria assorta si mise a far scorrere lo sguardo attorno a sé, grattandosi il capo con la mano libera.
«Vaaaaa bene, aspettami lì!»

Molte spinte dopo era sotto all'ingresso dello stadio. Un giovane e limpido sole stava illuminando i cinque grossi cerchi colorati, simbolo delle Olimpiadi, stagliati proprio sopra di lei, sulla facciata dello stadio. Con un mezzo sorriso Jin notò che stava scintillando proprio sul cerchio blu, in quel momento. Quando abbassò lo sguardo la vide.
La salutò con la mano, da brava occidentale. Jungwon, dall'alto del suo metro e settantatre, l'aveva notata già da un po' e la stava guardando stranamente accigliata.

«Dov'è il blu?» chiese non appena Jin fu a portata di voce.
«Mh? EH?!» con orrore Jin si guardò il vestito: aveva optato per indossare un abitino di pizzo bianco molto carino e innocente, dimenticando totalmente di aver deciso assieme all'amica di vestirsi entrambe di blu per l'occasione.
«Sei stata tu a proporlo!» esclamò Jungwon, incrociando le braccia tra loro come faceva sempre quando era arrabbiata. «Ora io sembro una deficiente mal vestita e tu la classica ragazza dolce e remissiva che qualunque uomo desidererebbe!» Jin deglutì imbarazzata. Bastava sentire l'amica parlare per capire che non era la classica ragazza coreana di buona famiglia. Aveva una spruzzata di sangue italiano nelle vene, infatti.
«Chi a differenza tua non può vantare uno stacco di coscia allucinante e un fisico da modella di intimo, deve puntare sulla tenerezza! Qualunque coreano sano di mente rivedrebbe subito le sue priorità alla vista di questi pantaloncini blu...» replicò Jin borbottando. I complimenti sembrarono sortire qualche effetto perché quando Jungwon parlò di nuovo la sua voce si era decisamente ammorbidita.
«Hai detto bene, sano di mente! I Super Junior sono tutto tranne questo...»
«I Super Junior? Punti davvero così in alto?» si ritrovarono entrambe a sorridere come due liceali alla prima cotta.
«Eonnie, non ci credo che siamo davvero qui!» ammise infine Jungwon e i sorrisi di entrambe si fecero se possibile più radiosi. Si abbracciarono. Jungwon aveva una presa stritolatrice. Quando Jin sentì di poter respirare di nuovo, si fece indietro e prese l'amica per mano, facendo un respiro profondo. Tutto qui: sembrava una ragazza come tante altre, ordinaria, con sogni ordinari, pensieri ordinari. Nulla in lei era fuori dal comune, almeno apparentemente. Una banale ragazza di 23 anni, in Corea per lavoro.
«Ok, oltre quelle porte c'è il concerto più importante della nostra vita, pronta?!» La risposta di Jungwon giunse senza la minima esitazione. Tuttavia la ragazza di nome Jin non poté concentrarsi su di essa a lungo perché venne strattonata. Una spinta violenta la scaraventò in avanti, sentì qualcosa aggrapparsi alla sua vecchia borsa e, per lo stupore, se la lasciò sfuggire di mano prima ancora che potesse accorgersene. Iniziò tutto così: con uno scippo di fronte allo Stadio Olimpico di Seul. Allora Jin non aveva idea di cosa quell'unico evento avrebbe portato con sé. Sembrava una ragazza come tante. Non poteva vedere, non poteva capire le cose nella loro interezza. Non seppe mai chi fu a derubarla di tutti i suoi averi, quel giorno. Se solo lo sapesse, di certo oggi, lo ringrazierebbe con tutto il cuore.

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Capitolo 2
*** La Certezza di Kim Heechul ***



Kim Heechul aveva una certezza: esistono due gruppi di persone. Uno calca il palcoscenico, fa della sua vita un'opera d'arte. Decide, vive, assapora ogni suo aspetto e ha il potere di catturare l'attenzione delle masse anche solo respirando. Dall'altro lato il secondo gruppo si limita ad osservare, si lascia trascinare da chi dirige il gioco. A loro va bene così, quindi perché rammaricarsene? Non tutti possono permettersi di reggere la pressione del palcoscenico, non tutti sono Kim Heechul.
«Lo so cosa stai pensando...» Heechul socchiuse gli occhi appena, scostando il viso lateralmente, per sottrarlo al tocco del pennello che una makeup artist piuttosto concentrata stava usando per stendere il suo fondotinta.
«Ti stai chiedendo perché tu che sei una ragazza non hai avuto la fortuna di ricevere in dono un viso e una pelle come la mia, non è così?» Finì la frase con uno dei suoi celebri sorrisi tentatori, sicuro di aver colto nel segno.
«Mia madre e mio padre mi hanno dato questo volto, non è colpa mia se sono così!» proseguì, con convinzione. La makeup artist dapprima sembrò confusa ma fortunatamente sembrava abituata ad avere a che fare con lui, perciò gli rispose con un sorriso, vagamente a disagio, riprendendo il suo lavoro senza lasciarsi distrarre.
«Tu sì che sai mettere a proprio agio una donna, Heechul!» una voce profonda giunse accanto a lui.
«Come mi hai chiamato?!» ringhiò quest'ultimo, voltandosi verso il suo interlocutore con aria oltraggiata. Difficile capire se stesse scherzando o meno. Fu quindi il turno di Cho Kyuhyun per sfoderare il suo sorriso maligno:
«Hyung!» replicò, fingendo innocenza. Entrambi sapevano che l'aveva chiamato senza onorifici di proposito. Il loro era un gioco di sguardi e provocazioni senza precedenti, andava avanti da sempre. Anche se a tutti sembrava conversassero amabilmente del più e del meno, c'era un intero mondo di sottintesi nascosto dietro ai loro sorrisi. Dopotutto erano tra le menti più brillanti dei Super Junior, si divertivano così.
«Agitato?» chiese infine Kyuhyun, dopo aver affiancato l'amico ancora intento a truccarsi. Il suo sguardo era fisso su un altro ragazzo, diretto verso di loro. Era stato definito, a detta della maggior parte della gente, "l'uomo più bello della Corea": un metro e ottantacinque di muscoli perfettamente delineati, inseriti in una figura snella e slanciata. A coronare il tutto un bel viso dai lineamenti delicati e un sorriso gentile da far perdere la testa. Si avvicinava salutando tutti con profondi inchini e facendo ampi gesti con le mani. A vederlo Heechul sorrise e scosse il capo, felice che l'arrivo di Siwon avesse distratto Kyuhyun dalla sua domanda. Era agitato ma non l'avrebbe mai ammesso.
«Pensavo che potremmo dire una preghiera insieme prima dell'inizio..» esordì l'uomo più bello della Corea.
«Aaah, davvero?! E perché sei venuto a parlarne con me? Sono appena tornato dal servizio militare, dammi un po' di tregua prima di ricominciare con la tua assurda campagna di conversione!» Kyuhyun scoppiò a ridere, senza però dire una parola. Heechul e Siwon erano come il diavolo e l'acqua santa: era sempre un piacere vederli battibeccare sulla fede. Quando uno dei manager li avvertì, dicendo che mancavano 3 minuti, Kyuhyun fece un respiro profondo, mordendosi il labbro inferiore e guardando con determinazione davanti a sé.
«Aaaah, gli anni passano eppure sono sempre così agitato!» la voce squillante di Sungmin giunse alle sue spalle come il tintinnio di un campanello. Sospirando e bevendo un lungo sorso dalla bottiglietta di acqua minerale stretta nella sua mano, Kyuhyun si voltò verso l'amico, avvitando il tappo su di essa. I due si scambiarono un semplice sguardo. Il Maknae non parlava molto ma Sungmin lo conosceva troppo bene per non capire che era emozionato quanto lui. La loro silenziosa conversazione finì con una pacca sulla spalla ed un "fighting!" sussurrato all'orecchio. Di lì a poco avrebbero fatto lo stesso assieme agli altri membri del gruppo, poi i Super Junior sarebbero saliti sul palco e avrebbero fatto il loro show di fronte a milioni di persone urlanti che sapevano a memoria i loro nomi e di cui loro ignoravano perfino l'esistenza. Tra quelle persone, le spettatrici, c'erano anche la ragazza di nome Jin e la sua amica, Jungwon: solo due piccole, insignificanti lucine sepolte in un mare di lightsticks blu. Esistevano due gruppi di persone e Kim Heechul ne aveva la certezza. Ad un gruppo appartenevano i Super Junior, all'altro il resto del mondo e nulla avrebbe mai potuto cambiare quella cosa...

... si sbagliava.

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Capitolo 3
*** Oceano Blu Zaffiro ***



Jin non riusciva a non pensare a quello che le era appena successo.
«La mia nocciola portafortuna!» erano ore che continuava ad elencare con aria sempre più depressa tutte le cose meravigliose che la sua borsa conteneva e che, ne era sicura, non avrebbe più rivisto.
«Ringrazia che il biglietto del concerto l'avevo io, piuttosto!» replicò Jungwon, spazientita. Grazie al loro tremendo anticipo erano riuscite ad entrare subito nello stadio e l'avevano guardato riempirsi lentamente di fan urlanti. Jin, però, non era ancora minimamente decisa a smettere di lamentarsi.
«Il cuscino, i panini... avevo pure preparato il Kimbap!»
«Sì, l'hai già' detto.»
«Doveva essere buonissimo!»
«E invece dovrai accontentarti dei miei ravioli!»
«Non per cattiveria, ma non mi fido delle cose cucinate da te!» Jungwon si accigliò e per protesta si mise un intero raviolo in bocca. Aveva esagerato con le dosi perciò era grosso quasi come una pallina da tennis. Per poco la sua cocciutaggine non la fece soffocare. Jin sorrise. «Ok, forse ne assaggio uno...» cominciò a dire allungando le bacchette verso il contenitore che Jungwon teneva posato in grembo. «Ashpetta!» biascicò l'amica, appena la mandibola dolorante glielo permise. «Mi sa che ho esagerato col peperoncino...» aveva gli occhi lucidi, infatti. Affranta Jin si appoggiò allo schienale con uno sbuffo, decisa a ignorare il proprio stomaco dolorante cercando di concentrarsi il più possibile su quello che sarebbe successo di lì a poco. Era appena tramontato il sole e i preparativi per il concerto erano quasi giunti al termine. Ancora poco e li avrebbe visti. Non si sarebbe fatta distrarre dal pensiero del cibo o dal fatto che i suoi documenti e tutti i suoi averi erano nelle mani di qualche rozzo disperato là fuori. Tutto stava nel vivere quella notte, poi la sua vita sarebbe cambiata e nessuno di quei problemi avrebbe più avuto senso. Quel concerto era d'importanza cruciale.
«Ok, ripassiamo il piano...» di colpo la sua voce si fece decisa, mentre lo sguardo fissava con determinazione il maxi schermo che si stagliava al centro del palcoscenico. Jungwon cercò di smettere di tossire e lacrimare e deglutì il boccone, guardando l'amica così seria con un sorriso sulle labbra. Con grande fatica e spendendo praticamente tutti i loro risparmi le due amiche erano riuscite ad accaparrarsi dei posti in prima fila: da lì sarebbe bastato allungare una mano per toccarli...
 
Poi di colpo si fece tutto buio. Come un fiume in piena la voce delle ELF irruppe nello stadio, assordante. Senza neanche accorgersene erano tutti in piedi a sventolare i lightsticks blu, non si vedeva altro che un fiume di luce che si agitava vorticoso come sul punto di straripare sul palco. Dalla loro posizione sembrava di osservare un enorme esercito pronto alla guerra, bloccato in quel momento precedente allo scontro, ben fermo, serrato nei ranghi eppure impaziente di assaporare la battaglia. I maxi schermi si accesero simultaneamente, su di essi presero forma le immagini di vortici d'acqua e di bolle che lentamente salivano in superficie borbottando. Tutto faceva pensare di essere nelle profondità del mare: il suono ovattato, la luce fredda che filtrava dalla superficie, il buio dello stadio e tutto quel blu. Non appena il suono delle percussioni iniziò a farsi sentire, i lightsticks indisciplinati si uniformarono al ritmo, battendo ai suoi rintocchi come le ali di una farfalla. Immersa nell'acqua s'intravide una mano, poi il profilo di un uomo: Eunhyuk. Uno a uno tutti i membri del gruppo sfilarono davanti ai loro occhi: il viso di Donghae accarezzato dai capelli preda dei flutti, Sungmin, Siwon, Heechul.. tutti sembravano come angeli congelati, bloccati in uno stato onirico permanente, nelle profondità dell'oceano. La voce di Yesung era quasi ipnotica, sovrastava le urla delle ELF e le ammansiva lentamente, come un incantatore di serpenti. Era solo un video di presentazione ma era bastato a far ammutolire totalmente Jin che era praticamente l'unica ferma, seduta composta con il lightstick tra le mani posate in grembo. Immobile, era rimasta senza fiato, con le labbra socchiuse e i grandi occhi sgranati in cui brillavano le immagini riflesse dei loro visi. L'unico movimento che fece fu quando vide il volto di Cho Kyuhyun. Si pietrificò con un sussulto.
L'effetto che le faceva vederlo non era normale e lei lo sapeva bene. Si era data della folle fin dall'inizio e non riusciva a spiegarsi il motivo di tale attrazione che l'aveva spinta a mollare l'Italia e tutta la sua vita per andare a vivere a Seul. La voce di lui era come miele per le api, ne era attratta a livello biochimico... E la colpa era di Jungwon. Era stata lei quella che per la prima volta le aveva mostrato uno dei loro video. Era bastato quello: ci aveva messo meno di un secondo ad additare Cho Kyuhyun sullo schermo del pc.
Di nuovo buio. La presentazione era finita, la folla era in delirio. Di nuovo la voce di Yesung: "Ladies and Gentleman, I give you ten Superman!" fluì come un veleno tra la folla che urlava più che poteva. Quattro rintocchi, poi le luci rosse del palco si accesero e la musica cominciò a risuonare in tutto lo stadio. Il carrello elevatore si alzò con una lentezza snervante e dieci figure longilinee si stagliarono davanti ad uno sfondo rosso sangue. Le sagome in controluce erano perfettamente riconoscibili per Jungwon e Jin che, finalmente, si alzò in piedi, senza però dire una parola. Lo spettacolo era iniziato!
 
Non tutti potevano reggere la pressione del palco, era vero. Kim Heechul non poteva che pensarci mentre l'ascensore si alzava, mostrandogli la quantità esorbitante di persone venute apposta da ogni angolo del pianeta solo per vederli. Era una sensazione indescrivibile: si sentiva un dio, capace di qualunque cosa e, al tempo stesso, il terrore più puro gli attanagliava le viscere, pulsando nelle vene. Il sangue ribolliva, ricco di adrenalina pronta a inondare tutto il corpo. Era molto meglio di qualunque droga potesse esistere, era perfino meglio dell'amore di una donna. Dio quanto gli era mancato tutto quello. Esibirsi fu facile come respirare, accanto ai suoi compagni si sentiva potente, la voce usciva da sola, il corpo si muoveva in automatico. Tutto quello che doveva fare era godersi quel momento ed essere l'unica cosa che nella vita gli era mai riuscito di essere: leggendario. La prima canzone, Superman, serviva a preparare gli animi. Gli scambi furono veloci, bastava uno sguardo, un sorriso, una pacca o anche lo sfiorarsi leggero delle mani per amplificare quella sensazione di onnipotenza e di fiducia. Erano come pesci che, costretti a vivere fuori dal mare per lungo tempo, avevano potuto finalmente tuffarsi tra le onde.
 
Il tempo sembrava fermo eppure Jin sperimentava la strana sensazione che stesse scorrendo due volte più in fretta. Ogni secondo era eterno eppure scivolava via troppo veloce perché lei potesse gustarselo come voleva. Si sentiva totalmente rintontita, quasi in un sogno. Dire che erano incredibili era poco: dopotutto i Super Junior non erano un gruppo come gli altri. In origine i membri erano tredici ma tra servizi militari e abbandoni ad esibirsi erano rimasti in dieci, dieci persone una più unica dell'altra: non erano i classici belloni infiocchettati capaci solo di muovere il bacino e sbraitare il verso di una canzone. Jin li amava quasi di più per i loro difetti e per le loro particolarità che per il talento che, di sicuro, era veramente tanto. Nel suo cuore, però, due membri spiccavano tra gli altri: Heechul e Kyuhyun.
Il primo aveva una personalità unica: vantava una bella voce che non aveva mai voglia di usare, amava recitare ed era un pessimo ballerino. Apparentemente non era talentuoso come i compagni ma aveva una testa niente male e un fascino magnetico. Come la maggior parte dei membri, esclusi Kyuhyun e Siwon, non era particolarmente alto e aveva un fisico piuttosto magrolino, anche se ben proporzionato. Il suo viso, però, era di una bellezza senza precedenti: con lineamenti molto delicati, labbra carnose, denti perfetti. Spesso Heechul aveva dichiarato che non esisteva nessuna donna al mondo con un viso bello quanto il suo.
Erano in tanti a dargli ragione.
A tutto quello andava aggiunto il suo temperamento irruento, il suo vivere al di fuori delle regole, un atteggiamento che più di una volta l'aveva visto protagonista di scandali. Era un diavolo tentatore col viso di un angelo, come resistere al suo fascino?
Infine c'era Kyuhyun, difficile da leggere e descrivere. Da una parte c'era il nerd amante dei videogames, vincitore delle Olimpiadi della Matematica in Corea e dall'altra il giovane Evil Maknae, un cantante dalla voce incredibile, ottimo ballerino, conversatore dalla lingua biforcuta e dall'atteggiamento irriverente. Amava approfittare della sua giovane età per maltrattare i suoi Hyung, utilizzando il linguaggio informale o facendo loro scherzi. Nonostante questo non mancava mai di rispetto a nessuno e dava sempre il massimo in tutto ciò che faceva, al punto che negli ultimi anni oltre ad occupare il ruolo di Main Vocalist si era guadagnato un posto tra i quattro ballerini principali e alcuni assoli di coreografia piuttosto interessanti. Viveva la sua vita come un gioco, seguiva silenziosamente lo sviluppo degli eventi e interveniva solo di rado ma lasciando sempre il segno. Era un genio e al tempo stesso era di bell'aspetto e votato per le arti. La sua era, a detta di molti, la voce più bella del gruppo, a detta di Jin, la voce più bella del mondo, anzi, dell'universo.
 
Non sapeva esattamente quanto tempo fosse passato. Era rimasta stordita da fuochi d'artificio, getti d'acqua, esplosioni, rintocchi, scenografie psichedeliche. Loro si muovevano sul palco come se fossero nati per quello, si confortavano, si prendevano in giro, si facevano degli scherzi. I Super Junior avevano insegnato a Jin e a Jungwon cosa fosse la vera amicizia e, dopo tanto tempo passato a osservarli, alle due sembrava quasi di conoscerli. Alcuni pezzi erano coreografati, altri davano libero sfogo al loro spirito d'intrattenimento. Non che dovessero fare molto per ipnotizzare gli spettatori: il più delle volte rimanere in piedi e cantare era abbastanza per far impazzire qualunque fan. Proprio in quel momento Cho Kyuhyun si stava preparando a esibirsi. Aveva una giacca grigio chiara e i capelli castani incorniciavano il suo splendido viso. Le labbra erano increspate in un mezzo sorriso, l'espressione era concentrata mentre sollevava gli spartiti davanti a lui e provava ad accendere la tastiera, senza successo. Gli sfuggì una risata leggera, sul suo volto si dipinse un'espressione furba e tenera al tempo stesso mentre si voltava alla ricerca dell'aiuto di un tecnico, prontamente giunto in suo soccorso. Rise ancora, facendo cenno alla folla di avere un attimo di pazienza. Stranamente Jin non riusciva a leggere nessuna agitazione sul suo volto, sembrava perfettamente a suo agio. La voce impaziente delle ELF risuonò per tutto lo stadio, lui incassò la testa tra le spalle e, non appena il tecnico si allontanò, prese a cantare.
Non uno strumento, non un suono a parte la sua voce.
A lui non serviva altro. La folla ammutolì seduta stante e rimase incantata ad ascoltare il cantante più giovane dei Super Junior, dotato di una voce melodiosa e profonda, con un timbro unico e pulito, morbido come il velluto, sinuoso e potente come una frusta. Non era solo la voce a ipnotizzare Jin, né semplicemente la facilità con cui toccava note umanamente impossibili, no, era il modo in cui muoveva le labbra che la atterriva ogni volta. Sentirlo era assieme una benedizione e una maledizione. L'agonia di quel momento finì però troppo presto perché non aveva cantato nemmeno la prima strofa che gli altri membri intervennero rimproverandolo per la scelta della canzone. Troppo triste a detta loro. Kyuhyun finse di essere offeso, sbuffò e si preparò ad iniziare il suo pezzo solista vero e proprio. Si umettò appena le labbra, quindi alzò le mani flessuose sulla tastiera e cominciò a suonare "Isn't she lovely", muovendo il capo a ritmo di musica. Era semplicemente troppo carino per contenersi. Ogni tanto gli sfuggiva un sorriso divertito e al tempo stesso emozionato mentre lanciava sguardi alla folla. La sua voce usciva con una facilità impressionante e riempiva lo stadio, contagiando tutti con la sua melodia. Jin era letteralmente svenuta sulla sedia, Jungwon, ridendo, la sventolava con una mano. Gli urli si moltiplicarono quando prese la fisarmonica e, dopo essersi leccato le labbra con noncuranza e averle passate sullo strumento per diminuire un po' l'attrito (lì Jin rischiò l'arresto cardiaco) cominciò a suonare come se non avesse fatto altro in tutta la sua vita.
«Non sapevo che la fisarmonica fosse uno strumento così intrigante...» si ritrovò a commentare assieme all'amica che annuì solennemente. Neppure lei era immune al fascino del Maknae. Lui suonò e poi sorrise come se sapesse benissimo di aver ucciso metà della popolazione femminile dello stadio, quindi riprese a cantare, coinvolgendo il pubblico. Jin era semplicemente tanto felice, si sentiva solo un'idiota felice.
 
Le ultime battute della canzone di Kyuhyun annunciarono la fine della sua performance. Heechul scostò con un cenno d'impazienza la mano di una makeup artist decisa forse a ritoccare il suo trucco prima che egli calcasse di nuovo la scena. A lui non importava. Lanciò un'occhiata tranquilla a Siwon, intento a rigirarsi le bacchette della batteria tra le mani. Accanto a lui Sungmin ripassava gli accordi alla chitarra elettrica. I due sarebbero stati al suo fianco durante la sua esibizione.
La canzone si chiamava "Crazy" e, come suggeriva il nome, quando Heechul la eseguiva succedevano sempre cose folli. Il testo ricordava la trama di un film e la cosa ispirava sempre al cantante qualche azione provocatoria, al limite della decenza. L'ultima volta che l'aveva cantata aveva afferrato Siwon dietro la nuca e dopo avergli spinto il capo indietro l'aveva baciato sulle labbra davanti a migliaia di fan urlanti. Per la Corea la cosa equivaleva a essere salito sul palco completamente nudo. Bastava poco per scaldare l'animo degli spettatori e a Heechul quella cosa riusciva benissimo.
Non che a lui piacessero gli uomini, tutt'altro, il suo era un semplice gesto provocatorio, tutto lì. Amava sapere di poter decidere degli stati d'animo altrui: a seconda di come si sarebbe comportato i fan sarebbero stati estasiati, indignati, arrabbiati ma sempre completamente e irrimediabilmente innamorati di lui. Tutti si chiedevano cosa avrebbe combinato quella volta. Se lo chiedeva anche lui.
 
Jin era ancora accasciata sul suo sedile nel tentativo di riprendersi da ciò che aveva appena visto quando un occhio di bue illuminò Siwon che attaccava a suonare la batteria. Aveva una canottiera nera a collo alto e, mentre colpiva con decisione lo strumento si vedevano i muscoli delle sue braccia contrarsi. Teneva le labbra nascoste dentro il collo alto e i suoi occhi a mandorla erano totalmente concentrati sullo strumento. Jin pensò che era semplicemente troppo bello per essere vero e non era l'unica a vederla in quel modo: fu infatti il suo turno di assistere e sventolare il volto di una Jungwon in iperventilazione. Heechul fece il suo ingresso da una pedana meccanica situata al centro del palcoscenico, era di spalle e portava i capelli piuttosto lunghi, raccolti in una mezza coda. Jin non poté che pensare che la giacca bianca che indossava gli stesse da dio. Dopo una breve intro fu il turno di Sungmin di entrare in scena. Gli occhi di Jungwon erano tutti per Siwon e Sungmin che, effettivamente, seppe catturare anche l'attenzione di Jin. Cercava di capire se stava suonando davvero oppure se era in playback perché non era possibile che fosse così veloce ed esperto. Sistemandosi gli occhiali sul naso socchiuse gli occhi ed allungò il collo verso di lui per vedere meglio.
 
Le parole scorrevano fuori dalle sue labbra come veleno e sembrava che la folla non attendesse altro che berlo. Sentiva voci di ragazza urlare il suo nome e l'inebriante aroma del successo lo spinse a dare il meglio di sé. Si girò verso il pubblico, le urla aumentarono e lui fece rapidamente scorrere lo sguardo sulle prime file. Le notò subito: erano le uniche due ragazze che non stavano guardando verso di lui. Seguendo il loro sguardo capì che erano ipnotizzate da Sungmin, perciò si avvicinò a quest'ultimo cantando. Il chitarrista alzò il capo verso di lui e per un attimo i due si fronteggiarono, le labbra a pochi centimetri le une dalle altre, quasi volessero sfiorarsi. La folla impazzì, le iridi scure di Heechul tornarono sulle due ragazze di prima, quasi in segno di sfida. Con sorpresa si accorse che una delle due era ancora intenta a fissare Sungmin con aria assorta mentre l'altra stava saltando sul posto, ballando. Jungwon aveva un corpo niente male ma il cantante non poteva lasciarsi distrarre: c'era in gioco il suo orgoglio.
Riprese a camminare sul palco, avvicinandosi al bordo per godersi un breve bagno di folla. Ovunque andasse le mani si allungavano verso di lui come i tentacoli di un'anemone luccicante. Camminò lungo il perimetro del palcoscenico fino agli spalti, proprio in direzione di quella ragazza tanto coraggiosa da non guardarlo durante il suo assolo. Senza smettere di cantare allungò con naturalezza la mano verso di lei e la indicò. La sua amica, evidentemente più sveglia di lei, le assestò una poderosa gomitata tra le coste, facendola ritornare alla realtà. Fu in quel momento che Jin si rese conto di essere ad un passo da Heechul e che, peggio, lui ce l'aveva con lei. Lo vide farle cenno di avvicinarsi, quindi spostò spaesata lo sguardo verso l'amica, che la sospinse in avanti tanto violentemente da farla quasi inciampare. Lui era appoggiato alla balaustra e cantava guardandola negli occhi a pochi centimetri da lei. Non sembrava vero, tanto era bello. Heechul sorrise: l'espressione di quella ragazza era decisamente divertente, sembrava un cucciolo spaventato. Non era coreana, aveva dei grandi occhi chiari ed un bel viso, doveva ammetterlo, perfettamente ovale, incorniciato da una folta chioma di capelli mossi, neri come la notte, lucidi come l'ossidiana e lunghi almeno fino alla vita. Lo guardava immobile e silenziosa, le labbra soffici socchiuse a disegnare una piccola "o" per lo stupore e le mani ricadevano inerti lungo i fianchi. Non poteva non cogliere l'occasione di cacciare una preda tanto facile: di certo la prossima volta lei non avrebbe avuto occhi che per lui. Si protese quindi verso la ragazza, con il microfono ancora davanti alle labbra, cantando con naturalezza davanti a lei. Senza mai perdere il contatto visivo appoggiò la propria fronte a quella di lei che, come previsto, rimase mansueta e immobile, forse ancora troppo stordita per rendersi conto di cosa le stava succedendo. Erano lì, vicini, vicinissimi, al punto che potevano sentire l'una il respiro dell'altro. La voce di lui era calma e sicura di sé, fluiva morbida da quelle labbra dannatamente perfette.
Attese di aver agganciato la preda, quindi di colpo smise di cantare, scostò il microfono e con il medio e l'anulare della stessa mano afferrò la ragazza per il mento affusolato e la baciò sulle labbra appassionatamente davanti a tutta una folla di ELF urlanti che muggivano come tori imbizzarriti.
Proprio in quel momento irrompeva come un tuono l'assolo di chitarra di Sungmin. Le telecamere erano puntate su di loro e lui lo sapeva bene.
 
Accadde tutto troppo velocemente perché lei potesse rendersene conto. Senza sapere come, dove o perché, si ritrovò con le labbra premute contro quelle di Kim Heechul, membro dei Super Junior, idol internazionale. La sua testa andò in reset completo. Qualunque pensiero logico si estinse lasciando spazio a un'immensa distesa di nulla. Per un attimo dimenticò il proprio nome, le proprie origini, dimenticò persino di respirare. Sentiva solo il cuore pulsarle forte in gola, le mani formicolare e una serie di potenti scariche elettriche che la percorrevano lungo tutta la spina dorsale fino ad inondarle l'encefalo. In mezzo alla confusione più totale non sentì nulla, non vide nulla e fece quindi l'unica cosa che una persona in una situazione simile farebbe: agì d'istinto.
«Ah!» si sentì spingere all'indietro con forza, le urla attorno a lei aumentarono, se possibile, ancora di più. Si sentì strattonare più e più volte dalle persone attorno a lei, per un attimo fu il delirio. Fu Jungwon a proteggerla, abbracciandola e spingendola verso di sé. Quando riuscì a guardare il palco si sentiva il viso in fiamme, poi vide Heechul che la stava fulminando con un'occhiata assassina.
Si pietrificò.
Ci mise un po' a capire cosa ci fosse che non andava. Lui si stava passando il dorso della mano sulle labbra, lei sentiva uno strano sapore ferroso in bocca. Fu solo quando vide le dita di lui sporche di sangue che riuscì a fare i collegamenti necessari. Panico.
«L'ho morso? L'HO MORSO!»
«Che non te ne sei accorta? Devi avergli fatto male!» esclamò Jungwon, sconvolta almeno quanto lei.
«Ho morso Kim Heechul!»
«Idiota.» fu la sentenza dell'amica, comprensiva come sempre.
«Non volevo... ho agito d'istinto!» tentò di discolparsi.
«D'istinto? Se avessi agito d'istinto adesso saresti avvinghiata a lui, o almeno così funzionerebbe per una persona sana di mente!» replicò stizzita Jungwon, guardandolo leccarsi le labbra e sorridere quasi colpito dall'affronto, per poi allontanarsi senza però dimenticar di lanciare un'ultima occhiata assassina alla ragazza che l'aveva morso. «Kim Jinhyun, 'sta volta l'hai combinata grossa.» continuò l'amica. A volte sembrava lei la più grande delle due. Jin si lasciò cadere sulla sedia in preda allo sconforto.
«Comunque aveva delle belle labbra...» borbottò infine, lanciando un'occhiata all'amica. Le sorrise e per un attimo anche Jungwon sembrò assecondarla, poi si ricredette e per tutta risposta le diede uno spintone.
«Tutte le ELF ti vorranno morta»
Jin si guardò intorno con aria preoccupata.
«Dici?»

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Capitolo 4
*** Mai far arrabbiare una ELF ***



«Mi manca il Leader...» commentò a un certo punto Jungwon. «Sicuramente qui avrebbe pianto!» aggiunse, lanciando un'occhiata a Jin persino più silenziosa e mansueta del solito. Questa ci mise un po' a risponderle, stava fissando il palco con aria assente. Solo dopo qualche secondo registrò le parole dell'amica e si voltò verso di lei.
«Mmh, hai ragione: Leeteuk piangerebbe sicuramente...» replicò con un sorriso e la vitalità di un robot. Stavano cantando “Hebaraki” che letteralmente significa “Girasole”. Quel concerto era la prima esibizione di Kim Heechul dopo il suo ritorno dal servizio militare di due anni. Al momento della sua partenza, in corrispondenza dell'uscita del quinto album, il gruppo dedicò lui una canzone, "Hebaraki" per l'appunto. Aveva una melodia allegra e descriveva piuttosto bene il temperamento giocoso e incostante del cantante. Chi più di lui meritava di essere paragonato ad un fiore sempre baciato dal sole? Sì, sicuramente Leeteuk avrebbe pianto di gioia nel poterla cantare assieme a lui di nuovo. Purtroppo, però, il Leader aveva ancora otto mesi di militare da affrontare.
Di lì a poco la canzone finì e tutti i membri si riunirono sul palco per i saluti. Furono accolti da uno scrosciare di applausi, la folla lanciò loro qualunque cosa, Shindong raccolse persino un reggiseno da terra e lo rilanciò divertito al pubblico. Jin e Jungwon non erano state le uniche a pensare al Leader perché anche Kangin lo nominò subito quando prese a parlare.
«Purtroppo oggi Leeteuk non può essere qui a stordirvi con i suoi discorsi infiniti...» esordì con un sorriso stemperato di amarezza. Lui più di tutti sapeva quant'era duro il servizio militare.
«Fortuna che abbiamo un degno sostituto!» Kyuhyun pensò bene di cominciare a correre prima ancora di finire la frase perché Kangin lo inseguì con i pugni alzati. Con un sorriso gentile sulle labbra Sungmin, Leader provvisorio, prese in mano la situazione ringraziando uno a uno tutti i presenti e tutte le persone che avevano dato loro supporto negli otto anni dal loro debutto. Jin ancora si stupiva di come sembrasse davvero convinto delle proprie parole: la sua non era una formalità. Se c'era una cosa che i Super Junior erano riusciti a fare con i loro fan era stata proprio farli sentire amati, veramente amati. In tanti anni di carriera non avevano mai dimenticato di ringraziarli o di dedicare loro parole d'affetto al punto che arrivavano a rivolgersi alle ELF quasi come alle loro amate. Nel mentre che Sungmin parlava, Kyuhyun trovava riparo dietro le spalle di Siwon e Kangin, scuotendo il capo con un sorriso sulle labbra, riprendeva il suo posto accanto a Ryeowook, che gli dava un'amichevole pacca sulla spalla. Heechul continuava a mordersi il labbro inferiore lievemente gonfio. In realtà il suo orgoglio aveva subito l'affronto più grave, perciò evitò accuratamente di guardare in direzione degli spalti che sapeva ospitavano la vipera che lo aveva morso. Yesung si avvicinò a lui per chiedergli come andava ma il cantante non fece in tempo a rispondergli perché Sungmin lo invitò a dire qualche parola in merito al suo ritorno sulla scena. Dovette quindi farsi avanti e salutare il pubblico che lo accolse con un boato assordante. Un breve scambio di battute, qualche altra piccola gag tra i membri e poi era il momento di salutarsi.
«A tutti grazie mille, Uri Super Juni-OEO!»
«Uri ELF-OEO!» furono le ultime parole a risuonare in quello stadio. Tutti avevano l'impressione che quel concerto fosse durato appena un battito di ciglia.

Jin non aveva nessuna fretta di andarsene. Finito lo spettacolo sarebbe dovuta tornare alla dura realtà: non aveva soldi, documenti, cellulare. In quel momento per la Repubblica di Corea lei non era nessuno.

«Sicura di riuscire a tornare da sola?» le chiese Jungwon poco convinta. L'idea di lasciarla andare in giro per la città alla sera senza nulla la convinceva poco.
«La fermata dei taxi è poco più avanti e i soldi me li hai prestati, no? Posso farcela.»
«Hai il senso dell'orientamento di un comodino»
«Minwon ha bisogno di te.» replicò Jin ignorando la frecciatina dell'amica pur sapendo che aveva ragione. Non che non sapesse orientarsi, semplicemente c'erano troppe cose interessanti da vedere o a cui pensare per dedicarsi a capire dove si trovava o dove stava andando.
«Posso farcela!» Ripeté prima che l'amica potesse provare a proferir parola. «Minwon morirà dalla voglia di sapere tutto sul suo Eunhyuk!» con un sospiro Jungwon dovette convenire. Era già stata una tragedia per sua sorella non poter essere presente al concerto: farla aspettare ulteriormente era puro sadismo.
Le due erano uscite dallo stadio e, senza dare troppo nell'occhio, erano sfilate attraverso la folla che si ammassava davanti all'ingresso speranzosa di vedere le Star uscire. Si trovavano sulla stradina che circondava il complesso, in una zona fiocamente illuminata dai lampioni, proprio accanto ad un piccolo parco. Era un luogo tranquillo e l'aria frizzante dell'autunno le face rabbrividire appena. L'umidità rendeva le gambe pesanti ma era un toccasana per la pelle accaldata a causa della calca e dell'emozione. Anche se il giubbotto di Jin forse scaldava le spalle a un vecchio barbone sdentato che l'aveva scambiato per un giornale e un tozzo di pane, il freddo non sembrava turbare la ragazza coperta dal solo vestitino a maniche lunghe. Era talmente agitata per ciò che era successo e preoccupata per ciò che doveva ancora affrontare che avrebbe potuto attraversare indenne una bufera. A dire il vero, nessuna di loro aveva intenzione di preoccuparsi del freddo dopo una serata come quella che avevano passato. Dopo un attimo di riflessione Jungwon fece per aprire bocca.
«Il proprietario ha una copia delle chiavi di casa.» replicò pronta Jin, indovinando i suoi pensieri. Le sorrise, poi l'abbracciò. «Saranghae.» le sussurrò piano.
Jungwon la strinse tanto forte da mozzarle il respiro.
«Domattina chiamami!» le intimò, prima di sciogliersi dall'abbraccio ed allontanarsi.
In un attimo Jin si trovò con la sola luna come compagna. Si stagliava sul cielo scuro come una madre rassicurante, rischiarando con la sua luce color latte il mondo sotto di sé. La ragazza si prese qualche attimo per metabolizzare la serata, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.
Subito le tornò alla mente il sapore del bacio di Heechul. Non sarebbe riuscita ad ammettere che si era pentita della propria reazione neanche con sé stessa ma era quella la verità. Heechul, quel dannato Heechul, ci sapeva fare. Al solo pensiero delle sue labbra, delle dita affusolate che la attiravano verso di lui, gentili e autoritarie al tempo stesso... scuotendo forte il capo cercò di scacciare quel pensiero. Sperava davvero che nessuno l'avrebbe riconosciuta, magari la telecamera l'aveva ripresa solo di spalle! lllusa. Sapeva bene che non era così. Maledetto istinto...
«Maledetto Heechul!» si ritrovò ad esclamare mentre si voltava di scatto, prendendo a calci un sassolino che non aveva fatto nulla di male. Fece per incamminarsi quando sentì lo scalpiccio di passi alle proprie spalle.
«E' lei!» esclamò una voce dall'aria eccitata. Jin sentì il sangue ghiacciarsi nelle sue vene. Fu un'altra voce a replicare e, a differenza della prima, aveva un tono fermo e risoluto, autoritario, freddo.
«Prendetela.»

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Capitolo 5
*** Una traumatica presentazione ***



- Ventisei Ottobre, ore una e quaranta -

Nessuno dei membri percepiva la stanchezza. Erano anzi tutti incredibilmente carichi ed euforici.
«Usciamo a festeggiare!»
«Io voto per un ristorante italiano!»
«Io voto per il vino italiano!» Ryeowook diede una pacca complice a Kyuhyun quando udì le sue parole: oltre a essere i membri più giovani, i due erano anche tra i più accaniti bevitori. Donghae, appena uscito a torso nudo dalla doccia, frizionandosi i capelli con un asciugamano, indicò Eunhyuk.
«Io ci sto solo se Hyukjae non viene!» esclamò evitando prontamente l'asciugamano fradicio che il primo ballerino aveva arrotolato e schioccato in sua direzione per tutta risposta.
«Offro io!» esordì Kangin.
«Impossibile.» Heechul aveva dovuto metter mano al portafogli svariate volte a causa della tirchieria del Panda.
«Piuttosto, Siwon-ah, offri tu!»
«Solo se domenica vieni a messa!» sorrise l'uomo più bello della Corea.
La mezz'ora successiva trascorse amabilmente nel camerino delle Star. Kyuhyun aveva già messo mano al suo laptop e scaricava la tensione giocando una partita a Starcraft. Con un orecchio, però, seguiva la conversazione, rimanendo comunque un pochino in disparte, come sempre. Mentre il battibecco tra Heechul e Siwon proseguiva, il Maknae fu l'unico ad accorgersi che avevano bussato alla porta. Dal momento che si trovava seduto su un divanetto proprio accanto all'entrata, gli bastò allungare la mano per aprirla.
Davanti a lui si presentò un uomo piuttosto strano. A prima vista sembrava inglese o americano, aveva gli occhi di un azzurro macchiato di verde, torbidi come l’acqua di uno stagno, e un viso veramente particolare, di quelli che rimangono impressi. Kyuhyun non l'aveva mai visto prima. Anche Sungmin lo notò e raggiunse subito l'ingresso del camerino per parlare con il nuovo venuto. S'inchinò in segno di saluto. Il suo interlocutore sembrò spaesato e rispose con un lieve cenno del capo e un’occhiata divertita alle proprie spalle.
«Sono della sicurezza...» prese a dire, mostrando un tesserino di riconoscimento.
«Quello è un pezzo di carta bianca.» replicò Kyuhyun, indicando la tessera. L'uomo più che sorpreso sembrò ammirato ma non disse niente e si limitò a riporla. Sungmin non capiva a cosa il Maknae si riferisse: quello che il nuovo giunto gli aveva mostrato era proprio uno dei badge della sicurezza! Decise di non indagare.
«La vostra auto vi attende fuori dall'ingresso laterale.» prese a dire il tipo. Parlava coreano perfettamente. «Con laterale intendo quello a sinistra cioè, la mia sinistra, quindi la vostra destra, a meno che non vi voltiate. In quel caso la mia sinistra è la vostra sinistra e la mia destra è la vos...»
«Abbiamo capito, grazie!» il Maknae era impaziente di ritornare alla sua battaglia. Gli chiuse praticamente la porta in faccia mentre Sungmin continuava rispettosamente ad inchinarsi e a ringraziare il pover'uomo per il duro lavoro.
Poco dopo erano tutti pronti per andare. Continuando a chiacchierare spensierati uscirono dal camerino e salutarono tutti i manager e i collaboratori, invitandoli educatamente con loro a bere qualcosa. Era il festival delle riverenze e Siwon era quello che s'inchinava più di tutti. Shindong prese a imitarlo facendo ampi gesti con le mani e chinando rispettosamente il capo anche quando non ce n'era bisogno. Prendere in giro Siwon per la sua eccessiva riverenza era una di quelle cose che non smetteva mai di divertire i membri. I primi ad uscire furono Donghae ed Eunhyuk, a chiudere la fila c'era Kyuhyun.
La luce del corridoio fece luccicare uno spicchio di asfalto davanti a loro. Dell'auto che doveva attenderli non c'era traccia. I membri, però, non fecero in tempo ad accorgersene perché la scena che si parò davanti ai loro occhi catturò totalmente la loro attenzione.
«Come hai osato ferire Heenim!?»
Una ragazza decisamente minuta stava indietreggiando lentamente con le mani protese in avanti. Le tremava la voce.
«Non l'ho fatto app...» non fece in tempo a finire la frase che venne colpita con forza dalla manata poderosa di un'altra ragazza, alta almeno il doppio e grossa il triplo. Alle sue spalle c'erano altre cinque ragazze, tutte altrettanto arrabbiate e minacciose. La colpì in pieno viso, scaraventandola lateralmente. Sfortunatamente Jin perse l'equilibrio e cadde. Nel silenzio della notte il rumore della sua testa che sbatteva contro il corrimano della palizzata in legno che circondava il piccolo parco di fronte all'uscita, risuonò orribilmente.
Successe tutto veramente troppo in fretta perché uno qualunque dei membri potesse fare qualcosa. Donghae fece appena in tempo a varcare la soglia e ad alzare lo sguardo che Jin già giaceva riversa sull'asfalto.
Per un attimo Super Junior e fan si guardarono entrambi paralizzati dallo stupore.
«Cosa avete fatto?!» la voce squillante e terrorizzata di Ryeowook, appena uscito, ruppe il silenzio di quella notte di luna piena. Corse subito verso la ragazza accasciata a terra nel tentativo di soccorrerla. Donghae ed Eunhyuk erano atterriti: la sorpresa e il loro buon cuore li tennero immobili per un secondo di troppo e le fan reagirono, voltandosi per scappare in direzione della folla ammassata davanti allo stadio.
«FERME!» Una frazione di secondo dopo i due partirono senza pensare al loro inseguimento: era uno scatto di pochi metri e quell'unico attimo di esitazione poteva valere molto ma dovevano tentare. Tutto successe nel giro di pochi istanti e quando Heechul uscì dallo stadio vide Ryeowook accucciarsi accanto al corpo di una ragazza tramortita e i due ballerini fiondarsi all’inseguimento di chissà chi, urlando di rabbia. Riconobbe il vestito di lei immediatamente: pizzo bianco.
«C-cosa?!» era troppo sveglio per non intuire immediatamente cosa fosse successo. La sua domanda echeggiò senza risposta, le braccia gli ricaddero lungo i fianchi.
Un attimo dopo tutti i membri erano usciti e osservavano la scena. Sungmin e Shindong si erano avvicinati al corpo con aria terrorizzata. Ryeowook piangeva tra le braccia di Yesung e Kangin parlava impaziente con la centralinista del pronto soccorso, descrivendo la situazione.
«Non lo so se è viva! Sungmin-ah, è viva?» non attese una risposta, si era già spazientito «Ascolta, ha battuto la testa contro una roba di legno ed è riversa in una pozza di sangue, io vi dico di correre qui SUBITO!» Kangin riattaccò con rabbia.
Sungmin aveva il fiato corto, l'unico rumore che sentiva era il singhiozzare di Ryeowook. Siwon lo raggiunse prontamente.
«Ho studiato un po' di pronto soccorso quando ho recitato in Poseidon.» la sua voce era pervasa dalla calma che solo un fervente religioso potrebbe avere in una situazione del genere. In realtà era terrorizzato ma dopotutto era Choi Siwon! Lui doveva rimanere calmo, era così che gli avevano insegnato. La ragazza giaceva su un fianco: agli occhi inesperti degli idol aveva perso molto sangue, al punto che non era possibile comprendere l'entità della ferita. Siwon si rese subito conto che non aveva idea di cosa fare ma non poteva mostrarsi debole di fronte agli altri membri: doveva evitare che andassero nel panico. Era un idol, era ricco e proveniva da una famiglia potente: lui più di tutti sapeva mantenere il sangue freddo. Allungò quindi indice e medio verso il collo della ragazza e premette con decisione sulla carotide, controllando il numero di battiti con l'aiuto del suo costoso orologio.
«E' viva.» sentenziò e tutti tirarono un sospiro di sollievo. Proprio in quel momento Donghae ed Eunhyuk li raggiunsero di corsa, sfiancati. Il primo non riusciva neanche a parlare e si piegò in avanti appoggiando le mani sulle ginocchia.
«Non siamo riusciti a prenderle, si sono confuse tra la folla...» esalò Hyukjae ansimante.
«Abbiamo avvertito i manager, tenteranno di tenere alla larga i giornali dalla faccenda.»
«Non resta che aspettare l'ambulanza.» concluse Kangin, passandosi una mano tra i capelli. Erano tutti pallidi e scossi. Siwon rimase accanto alla ragazza pregando silenziosamente, Shindong andò a confortare un Heechul completamente fuori di sé. Sungmin, aveva l'aria di un cucciolo smarrito ma cercò di essere forte e si alzò in piedi, sbattendo le mani tra loro per liberarle dai granelli dell'asfalto.
Solo una persona non aveva aperto bocca per tutto il tempo.
Kyuhyun, rimasto in disparte, aveva un'espressione indecifrabile in volto. Non si era mosso di un millimetro, era come una statua di freddo alabastro, lucido e levigato. Sungmin sapeva a cosa stava pensando, lo conosceva, dopotutto. Anche se lui non l'avrebbe mai dato a vedere, sapeva che il Maknae era rimasto scioccato da ciò che aveva visto più di tutti gli altri.

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Capitolo 6
*** Sole e Asfalto ***



- Ventisei Ottobre, ore quindici -

Era una mattina calda e luminosa. Il cielo era così terso e limpido che si potevano vedere chiaramente i confini della città dal dodicesimo piano. Il sole era fastidiosamente abbagliante, eppure Heechul non aveva nessuna intenzione di muoversi. Seduto a terra, di fianco alla finestra, aveva appoggiato il capo contro il vetro fresco e non si era spostato neanche quando il suo viso era stato abbagliato dalla luce. Teneva gli occhi pigramente socchiusi, come un gatto, e guardava la vita scorrere sotto di sé. L'unico rumore udibile era quello del suo respiro che appannava il vetro. La bianca mano affusolata pendeva inerte nel vuoto, il gomito appoggiato al ginocchio piegato. Era in quella posizione da ore, ormai. L'alba era passata da un pezzo, alcuni membri erano usciti per i loro impegni individuali. Il tempo sembrava scorresse per tutti tranne che per lui.
Vederlo in quello stato era preoccupante: nonostante Heechul fosse una persona molto sensibile, i membri sapevano che anche se si fosse sentito totalmente senza speranza non avrebbe mai perso il sorriso. Era abituato a convivere con un senso di vuoto e amarezza da troppi anni e aveva imparato a non lasciar trasparire nulla, anzi: più si sentiva senza scopo e più rideva, giocava, provocava, cantava. Era così da quando Hangeng se n'era andato, tutti lo sapevano e nessuno ne parlava. Era un tacito accordo, il loro.
«Quando sono andato a letto ieri era nella stessa posizione...» aveva detto quella mattina Kangin ad un Ryeowook preoccupato. «Quando pensi che...» la risposta dell'Eternal Maknae era stata una scrollata di spalle, non era necessario che il Panda continuasse. Avevano provato a parlargli ma quando avevano capito che non ci sarebbe stata alcuna reazione avevano convinto il manager a cancellare i suoi impegni per quella mattina, poi erano andati ognuno per la propria strada.
Heechul non era triste, né preoccupato. Non conosceva quella ragazza, non le importava nulla di lei o almeno così diceva a sé stesso. L'unica cosa che provava era rabbia, rabbia nei confronti di quelle folli Sasaeng che avevano voluto rovinare il suo gioco. A causa loro aveva avuto già troppi problemi in passato e sapeva che se avesse pensato a tutto quello la rabbia avrebbe preso il sopravvento. Anche allora la sentiva montare dentro di sé come la marea e doveva impegnarsi per ingoiare la bile, perciò si era immobilizzato davanti alla finestra: la sua era una precauzione. Un sospiro, poi avvertì la testolina soffice di Heebum, il suo gatto, sotto le dita. Sollevò il capo dal vetro e si voltò verso l'animale che stava strofinando il muso contro il palmo della sua mano alla ricerca di coccole. Con l'indice percorse l'animaletto dalla punta del naso alla punta della coda, poi prese ad accarezzarlo distrattamente, tornando a voltarsi verso la finestra. D'un tratto si bloccò. Sgranò gli occhi e si sollevò di scatto, appoggiando entrambe le mani sul vetro senza considerare le proteste dell'animale ancora desideroso di attenzioni.
«Quella...» aveva la gola secca e la voce gli uscì roca dalle labbra ma non poteva preoccuparsene. Era lei: era la ragazza che poche ore prima aveva personalmente scortato in ospedale! Non aveva senso: i medici l'avevano ricoverata e avevano assicurato che prima del mattino non ci sarebbero stati sviluppi sulle sue condizioni, eppure quella ragazza era lì, con il suo vestito di pizzo bianco e i lunghi capelli vaporosi, sembrava camminasse tranquilla a fianco ad un uomo piuttosto alto.
Senza neanche accorgersene stava correndo fuori dall'appartamento. All'ascensore incrociò la donna delle pulizie. Non aveva tempo di spiegarle perché era a piedi scalzi e in tuta, doveva muoversi o l'avrebbe persa. Si catapultò fuori dall'ascensore in preda all'euforia, schizzando davanti agli agenti di sicurezza che rimasero interdetti. Un attimo dopo sotto ai suoi piedi c'era il caldo asfalto del marciapiede di fronte al cancello d'ingresso. Si fermò trafelato, cercando con lo sguardo più avanti.
Di lei non c'era più traccia.
Era troppo lontana... o era stata solo frutto della sua immaginazione? In fondo poteva anche essersi confuso: il dodicesimo piano era parecchio in alto! Ancora ansimante, sbuffò profondamente, passandosi nervosamente una mano tra i capelli. Il cuore gli batteva all'impazzata.
«Kim Heechul-shi, tutto a posto? Posso fare qualcosa per lei?» la voce di un agente di sicurezza giunse alle sue spalle. Heechul si voltò verso di lui, alzò la mano, scosse la testa e fece per replicare quando sentì il proprio cellulare squillare dalla tasca della sua felpa.
«Pronto?» dall'altra parte della cornetta si sentì un forte rumore, come un'esplosione. La voce che udì era di un uomo, sembrava di fretta.
«Operazione Chiave Blu OPERATIVA!» urlò.
«Come?»
«Operazione operativa... mmmh, mi piace!» continuò la voce ignorandolo.
«Che diavolo...?» Heechul iniziava già a spazientirsi ma il tizio non sembrava più ascoltarlo: stava discutendo con qualcun altro, troppo lontano perché il cantante potesse intendere cosa si dicessero.
«Oh, davvero?» disse di colpo la voce. «Oh, ho sbagliato numero, mi scusi! Arrivederci... ah, non si dimentichi il salmone!»
«Salmone?» nulla da fare: aveva già attaccato.
Imprecando Heechul si ficcò il telefono violentemente in tasca, poi fece per rientrare.
«Come lo sai?» Cho Kyuhyun era appena sceso dalla sua auto. Aveva infilato le mani nelle tasche del suo trench verde militare e guardava l'amico scalzo e arrabbiato con aria vagamente divertita.
«Sembri un pazzo.» commentò con un sorrisino dei suoi. Aveva l'aria stanca.
«Come so cosa?» Heechul ignorò la sua frecciatina.
«Del salmone! Stavo giusto venendo a prenderti!»
«Che succede?»
«Si è svegliata, a quanto pare ha chiesto del salmone, ho pensato che t'interessasse farle visita.»
Heechul parve confuso, si prese un attimo di tempo, poi sospirò e si morse il labbro inferiore.
«Forse è meglio se mi vesto, prima...»
«Mmmh, sì, direi di sì.» 

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Capitolo 7
*** Salmone ***



Kyuhyun aveva un'espressione a metà tra il disgusto e l'ammirazione. Chinò il capo lateralmente, aggrottando la fronte davanti allo spettacolo che gli si parava davanti.
«Dottore, mi dica, è normale?» chiese serissimo, indicando il letto di fronte a sé e girando lo sguardo verso il medico imbarazzato.
«Non penso abbia a che fare col trauma, se è questo che intende...» replicò il suo interlocutore. Kyuhyun incrociò le braccia e tornò a guardare la scena incuriosito. 
Sembrava che la ragazza non vedesse cibo da un secolo: quando lui e Heechul erano entrati nella stanza lei non li aveva degnati neanche di uno sguardo: aveva annusato l'aria e allungato le mani verso la busta che il Maknae portava con sé. I minuti successivi erano passati in un silenzio imbarazzato di cui la ragazza non sembrò curarsi: i presenti l'avevano guardata estrarre il sashimi di salmone dal suo contenitore con meticolosità e cominciare a mangiare voracemente. Non aveva neanche considerato la ciotola di riso che le era stata offerta per accompagnare il pesce, né tantomeno le bacchette di metallo poste di fronte a lei: mangiava con le mani, leccandosi le dita con sonori risucchi. Era vorace eppure assaporava tutto con calma, il suo sembrava quasi un rituale. Kyuhyun non sapeva dire se la cosa lo divertiva o lo indignava, di certo non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Esercitava un fascino trash troppo forte. Si perse addirittura l'inizio della spiegazione del dottore, intento com'era a seguire un'enorme fetta di salmone che la ragazza si stava facendo calare tra le labbra con le dita unte. Nel suo modo di mangiare quella povera bestia c'era qualcosa di vagamente osceno.
Scosse il capo.
«Scusi, può ripetere?»
«Dicevo che abbiamo dovuto metterle una decina di punti. So che vi siete spaventati ma a dire il vero il colpo non è stato esageratamente forte. Se non fosse per gli occhiali non sarebbe stato necessario neanche ricucirla ma purtroppo il loro impatto contro la tempia ha causato una lesione.»
«Sì ma che danni ci sono stati internamente? La ferita sembrava davvero grave, c'era tantissimo sangue!» Esclamò Heechul.
«Il cranio è riccamente vascolarizzato, che ci sia una copiosa fuoriuscita di sangue è piuttosto normale...» il dottore mise le mani avanti, tornando a guardare la paziente con aria professionale. «Per fortuna non c'è nessuna frattura e per quanto riguarda i danni interni abbiamo fatto una tac ma non è possibile stimare l'entità del problema. Purtroppo si è formato un edema piuttosto esteso. Ad esso possono essere associati disturbi neurologici in genere transitori ma finché questo non si riassorbe sarà difficile comprendere la reale natura del danno.»
«Capisco.» annuì Kyuhyun, tornando a guardare la ragazza che, ormai, aveva divorato tutto il salmone ed era passata alla ciotola di riso scondita. Evidentemente non aveva intenzione di usare le bacchette neanche allora. Rimase a guardarla per qualche istante, poi le si avvicinò con passi lenti e cadenzati, portandosi accanto al suo letto.
Lei non sembrò notarlo, perciò lui si piegò in avanti fino a trovarvisi faccia a faccia. Solo allora la ragazza allontanò la ciotola dalle labbra. Alcuni chicchi di riso le si erano attaccati al volto. Lo guardò curiosa, come se lo vedesse per la prima volta. Lui ricambiò con un'occhiata altrettanto interessata: per lui era davvero la prima volta che la guardava in viso. Aveva degli occhi veramente incredibili.
«Tu non hai niente da dire?» chiese quindi con voce calma e un sorriso rassicurante sulle labbra. 
La ragazza continuò a fissarlo per qualche istante, poi deglutì sonoramente il boccone che stava masticando. L'aveva lasciata totalmente senza parole, era evidente! Dopotutto se lei era una ELF, trovarsi uno dei suoi idoli a distanza ravvicinata doveva comunque fare un certo effetto. Il Maknae amava lasciare le sue fan senza parole!
«Avrei una domanda...» d'un tratto la ragazza dagli occhi gialli parlò. La sua voce non era assolutamente come Kyuhyun se l'era aspettata.
«Prego...» la esortò.
Lei si morse il labbro inferiore, lanciandogli un'occhiata penetrante, poi spostò lo sguardo su Heechul, in piedi alle sue spalle.
«Voi chi siete?»
Heechul imprecò.
«Stavo per dirvelo...» esordì il dottore a disagio. «Abbiamo riscontrato un'amnesia retrograda nella paziente, oltre a una certa difficoltà ad esprimere concetti complessi.» Kyuhyun non disse niente e, anzi, si tirò su con un mezzo sorriso.
«Che hai da gongolare?» Heechul lo fissò sospettoso.
«Niente.» era come se il Maknae avesse piuttosto risposto “tutto” a giudicare dal ghigno sulle sue belle labbra.
Heechul fece per insistere ma il suo interlocutore fu più veloce e si rivolse nuovamente al medico. «Quanto è grave quest'amnesia, scusi? Non ricorda gli eventi accaduti precedentemente al trauma?» l'espressione del dottore non fu incoraggiante.
«Non ricorda niente. Nome, data di nascita, storia, famiglia, tutto cancellato. Ora come ora questa ragazza ha la maturità di un neonato.» il dottor Park stava lentamente abbandonando il linguaggio tecnico a favore di qualcosa di più immediato ed efficace. La paziente, così al centro dell'attenzione, aveva momentaneamente smesso di mangiare e faceva scivolare i grandi occhi chiari sui due giovani ragazzi al suo capezzale, con la testa piena di domande. Kyuhyun non smetteva di fissarla: sembrava che qualcosa non gli tornasse ma non disse niente a riguardo. Fece solo un respiro profondo.
«Capisco» commentò infine. Heechul stava nervosamente camminando avanti e indietro ai piedi del letto: la perdita della memoria era qualcosa che non aveva calcolato, se i parenti di lei avessero deciso di denunciarlo? Dopotutto era stato a causa del suo comportamento sconsiderato che lei era finita con la testa contro la staccionata.
«Ma si riprenderà, no? Ha parlato di disturbi neurologici transitori!»
«Al 90% delle probabilità sì...»
«Troppo poco...» esalò il cantante, passandosi nervosamente la mano tra i capelli. Kyuhyun invece non sembrava minimamente preoccupato.
«Non dovrebbe avere un mal di testa allucinante?» chiese di colpo, interrompendo le elucubrazioni di Heechul.
Il medico sorrise.
«Le abbiamo somministrato un potente analgesico.» spiegò. «Anche se non sembra reagire in modo convenzionale, in effetti, dovrebbe essere molto meno sveglia di così...» Jin aveva ripreso a mangiare, forse la conversazione aveva cessato di interessarle. Terminò la ciotola di riso e la schiaffò con malagrazia sul comodino, tirando un profondo sospiro di sollievo. Quindi arraffò la bottiglietta proprio lì accanto e, dopo averla stappata, cominciò a bere tanto avidamente che un rivolo d'acqua le colò dall'angolo della bocca lungo il mento.
Heechul si avvicinò nervosamente al dottore.
«Non siete riusciti a trovare qualche suo parente o amico? Come le sarà venuto in mente di venire al concerto senza borsa?» La guardò con aria di rimprovero.
«Purtroppo nessuno è venuto a cercarla, l'unico effetto personale che siamo riusciti a rinvenire è quello che vede sul suo comodino...» indicò quello che sembrava un grosso medaglione. Kyuhyun lo raccolse: era un orologio d'oro, da taschino, aveva un'aria piuttosto vecchia. Era infilato in una catenina d'oro, come un ciondolo e su di esso erano incisi dei disegni astratti, un intarsio piuttosto intricato. La cosa veramente strana era che più lo guardava e più quell'orologio dava lui un senso d'inquietudine, veniva voglia di distogliere lo sguardo.
«La ringrazio molto per il suo tempo, dobbiamo firmare qualcosa oppure possiamo andare?» Heechul aveva ritrovato la pace, doveva avere in mente qualcosa. Non ci sarebbero stati parenti o amici a chiedere di quella ragazza, il che significava che si sarebbero dovuti occupare loro delle sue dimissioni. Lei non era nessuno,  solo una ragazza delle tante che era venuta al loro concerto e aveva saltato al ritmo della loro musica. Lei sapeva a memoria i loro nomi, lui non aveva idea di quale fosse il suo. Forse non l'avrebbe saputo mai. Tra tutte le persone comuni, tra tutta la gente appartenente alla categoria di "spettatori" che avrebbe potuto entrare a contatto con lui, ecco la loro maggior esponente: una persona che non solo viveva una vita che nessuno avrebbe ricordato ma di cui ella stessa non sapeva più nulla! Due mondi così diversi non si sarebbero mai dovuti mescolare. 

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Capitolo 8
*** Se solo i soldi piovessero dal cielo! ***


«Ya, cosa avevi da ridere quando il dottore ha parlato dell'amnesia?» Heechul non aveva dimenticato l'espressione divertita del Maknae. Kyuhyun dapprima finse di non ricordare, poi si lasciò scappare di nuovo lo stesso sorriso.
«Niente...»
«YA!»
«...stavo pensando che avremmo dovuto capire subito che aveva perso la sua memoria. Hai visto che fame aveva? Se si fosse ricordata di te probabilmente ti avrebbe morso... di nuovo.» si beccò per tutta risposta una manata sulla testa, la incassò ridendo, poi fece un'espressione ferita.
«Che fai? Uno Hyung dovrebbe aver cura del suo Maknae!»
«Questo Hyung ha cura solo dei Maknae che hanno cura di lui!» replicò Heechul offeso.
In ogni caso non c'era altro tempo da perdere. Occorreva fingere gentilezza. Di man in mano che il piano si delineava nella sua mente, Heechul cominciava a rilassarsi. Mentre camminava per i corridoi dell'ospedale accelerò il passo per affiancare Kyuhyun e lasciare la smemorata indietro quel tanto perché non potesse udirlo. Lei era troppo concentrata a guardarsi intorno per badare a loro, in ogni caso.
«Ok, faremo così...» bisbigliò guardingo verso il Maknae. «...Usciremo da quest'ospedale e con enorme rammarico diremo alla ragazza di avere impegni di lavoro inderogabili. Quindi le daremo un passaggio all'hotel più vicino e un bel po' di soldi...»
«Tu le darai un bel po' di soldi.»
«Ok, io.» Non aveva tempo per farsi distrarre dai dettagli. Non poteva essere tirchio in una situazione come quella.
«Fatto questo la molleremo lì e andremo via il più velocemente possibile, senza lasciare recapiti, guai a te se dici come ti chiami!» esclamò, come se lei non potesse scoprirlo di lì a poco facendo semplicemente zapping alla tv.
«Se tutto va bene, non appena le tornerà la memoria lei si ricorderà della nostra generosità e forse non mi denuncerà!» esclamò annuendo. «In caso contrario chiederò ai manager di occuparsene.» Tirò un sospiro di sollievo: il piano poteva funzionare.
«Come pensi che farà a prendere le sue medicine e ad andare agli appuntamenti col dottore se la molli in un hotel da sola? Non penso sarebbe al sicuro!» l'obiezione di Kyuhyun fece storcere il naso al suo Hyung.
«Hai ragione, devo dare una buona mancia al proprietario dell'hotel in modo che si occupi anche di questo.» annuì con aria decisa.
«Non pensi...»
«Kyuhyun-ah, cosa dobbiamo fare? Non possiamo certo portarcela a casa, sai come la pensa la compagnia a riguardo! Tu non hai idea di che guaio questa ragazza potrebbe rappresentare per noi: forse non sono stato io a schiantarle la testa contro una ringhiera ma se non l'avessi baciata probabilmente non sarebbe successo nulla! Non è neanche coreana, potrebbe venir fuori uno scandalo diplomatico capace di far girare la testa agli avvocati per anni!» Il Maknae non aveva obiezioni, si limitò a sospirare e a voltarsi verso la ragazza. Lei stava camminando docile e silenziosa, facendo scivolare le dita della mano destra lungo la parete. Sentiva il muro ruvido sotto i polpastrelli, era una sensazione nuova, per lei. Aveva un'aria vagamente inquietante con il vestitino di pizzo bianco sporco di sangue e quell'enorme cerotto sulla tempia, per non parlare dell'occhio livido. Portava gli occhiali, nonostante la montatura fosse tutta incrinata: senza avevano visto che andava letteralmente a sbattere. Tutto sommato aveva un'aria tenera, se si guardava bene. Sembrava una vittima di violenza domestica, motivo per cui non potevano farsi vedere a lungo assieme a lei, lo sapeva.
Usciti dall'ospedale raggiunsero il parcheggio dove il Maknae aveva lasciato la sua Hyundai grigia, stava per disattivare l'allarme quando Heechul lo fermò con un gesto imperioso della mano.
«Guido io.» non sembrava ammettere repliche.
«Ma è la mia auto!»
«Sono quasi morto all'andata!» Kyuhyun fece una faccia indignata.
«Esagerato! Sono piuttosto bravo, dopotutto ho fatto molta pratica con i giochi di guida per l'X-box!» tentò un sorriso rassicurante. Heechul neanche rispose ed allungò la mano insistentemente verso di lui. Non sembrava ammettere repliche, al punto che alla fine, con uno sbuffo sonoro, Kyuhyun dovette arrendersi. Salirono in macchina e partirono di lì a poco.
Davanti alle strisce si fermarono per far passare un gruppo di pedoni. Tra questi una signora di mezza età stava portando a spasso il suo barboncino bianco. Il cagnolino girava a capo basso, annusando tutto ciò che gli passava davanti al nasino e, proprio in quel momento, si fermò a fiutare il buon odore di una ragazza appena giunta davanti all'ospedale. Era piuttosto alta ed aveva una figura invidiabile. Stava parlando al telefono e il suo bel viso era turbato da un'espressione preoccupata.
«Kyulee-shi, te l'ho detto! L'ho lasciata a pochi metri dalla fermata del taxi, mi aveva assicurato di non aver problemi a tornare a casa!» stava dicendo mentre si dirigeva verso l'ingresso. «Ho sporto denuncia alla polizia, sto facendo il giro degli ospedali ma per ora nessuno sa niente di Kim Jinhyun...»
 
Mezzora dopo Heechul e Kyuhyun erano di fronte al “I Love Dongdaemun”, un piccolo hotel dall'aria fatiscente. Accanto all'ingresso c'era addirittura un mendicante col suo vecchio cane. Heechul accostò con un sorriso sulle labbra, quindi si voltò verso la ragazza senza nome con il portafogli in mano.
«Ecco qui, ora tu prendi questi... non bastano? Ok, prendi anche questi.» un attimo di esitazione «Va bene, va bene, prendili tutti!» cedette, schiaffandole una mazzetta di banconote in mano. Da come lei le teneva sembrava che non avesse un'idea chiarissima di cosa fossero. Continuò a guardare Heechul con i grandi occhioni curiosi, ascoltando le sue istruzioni. Dal momento che non potevano rischiare di essere visti da nessuno in una zona del genere, per giunta in compagnia di una ragazza dalle vesti insanguinate e con un'ingente quantità di soldi in mano, si erano risolti per istruirla bene su cosa dire e mandarla dentro l'hotel da sola, senza neanche scendere dalla macchina. Il Maknae non aveva protestato ma si era adeguato sospirando alle disposizioni del suo Hyung.
«Tutto chiaro?» Heechul attese una risposta che non giunse mai. Lei non cambiò espressione, né si azzardò a muoversi. «Splendido!» esclamò quindi, deciso a togliersi da quella situazione allucinante il prima possibile. «E' stato un piacere aiutarti, allora, la vedi quella leva? Sì, quella... ecco, tirala. Visto, si è aperta la portiera, ora puoi scendere! L'hotel è quello lì, ricorda quello che ti ho detto, arrivederci!» non troppo convinta di ciò che stava facendo, la ragazza scese dall'auto, continuando a tenere in mano i soldi come se fossero un mazzolino di fiori. Una volta sul marciapiede chiuse la portiera con un po' troppa forza e rimase lì a guardare i due dentro il veicolo. Kyuhyun incrociò lo sguardo di lei solo un'ultima volta: aveva un'espressione totalmente neutra, era evidente che non aveva idea di cosa stesse facendo eppure, di nuovo, c'era qualcosa che a lui non tornava. L'aveva notato in ospedale e continuava ad avere quella sensazione allora. Non riusciva a capire esattamente cosa fosse, la sua era solo un’impressione. Si limitò a ricambiare lo sguardo di lei sollevando appena gli angoli delle belle labbra in un sorriso gentile, poi Heechul schizzò via prima che chiunque potesse cambiare idea. La vide farsi sempre più piccola di man in mano che si allontanavano. Continuò ad osservarla dallo specchietto retrovisore e, dal momento che lei rimase immobile a fissarli, tornò a guardare davanti a sé.
«Non ti senti incredibil... ATTENTO!» trasalì tanto in fretta che il cuore gli schizzò in gola. Dal nulla un pedone era apparso davanti a loro, così in fretta che le ruote dell'auto quasi slittarono a causa della frenata di Heechul. Il contraccolpo li spinse in avanti ma fortunatamente, essendo appena ripartiti, non avevano guadagnato sufficiente velocità per sbattere. Si fermarono in mezzo alla strada a riprendere fiato. Il pedone sprovveduto non si era quasi accorto di aver rischiato la vita e aveva continuato a correre attraverso la strada causando un bel po' di disordini, tanto che ben presto la via si riempì del suono dei clacson.
Kyuhyun tirò un vibrante sospiro, chiudendo gli occhi ed appoggiando il capo sul sedile, sentiva ancora il cuore battere forte nel suo petto. Non era la prima volta che gli capitava di provare quella sensazione. E pensare che si era augurato di non doverla avvertire più. Heechul, atterrito e arrabbiato, imprecava e si scusava contemporaneamente, senza neanche riprendere fiato. Il Maknae si limitò ad alzare una mano per tranquillizzarlo, poi sospirò ancora e, cercando di non lasciar trasparire il terrore che provato, riaprì gli occhi. Quando lo fece gettò distrattamente un'altra occhiata allo specchietto retrovisore.
Il suo sguardo si fece di colpo allibito e un secondo dopo il ragazzo si era sfilato la cintura ed era sceso dal veicolo ignorando le proteste sia di Heechul sia degli automobilisti bloccati dietro la sua auto ferma in mezzo alla strada. Salì sul marciapiede e prese a camminare con passo spedito verso l'hotel “I love Dongdaemun”.
 
«Wow, quanti soldi!» aveva detto lo strano signore seduto accanto all'entrata di quella che, evidentemente, era la sua futura casa. Quelle parole avevano distratto la ragazza senza nome dall'osservare la macchina in allontanamento, facendola voltare. Aveva sbattuto le lunghe ciglia un paio di volte e aveva abbassato lo sguardo sul denaro che stringeva tra le manine quasi lo vedesse per la prima volta. Il cane del signore intanto si era avvicinato e aveva iniziato a farle le feste. La ragazza sorrise e lo guardò con aria intenerita, allungando una mano verso la sua testolina per accarezzarlo.
Il mendicante era abituato a non ricevere risposta e non si indispose per la mancanza di attenzioni. Fece quello che faceva sempre in situazioni come quella, dopotutto la sua sopravvivenza dipendeva da quello: insistette.
«Che ci fai in mezzo alla strada con tutti quei soldi, non lo sai che potrebbero rubarteli?» chiese, avvicinandosi d'un passo alla ragazza intenta a coccolare il suo cane. «Sei così piccina, cos'hai fatto, hai sbattuto la testa? Sembri ferita...» rincarò la dose, dipingendo quello che secondo lui era un sorriso rassicurante sul proprio viso, anche se visto dall'esterno risultava tutt'altro. Fu allora che lei alzò lo sguardo verso di lui, ormai abbastanza vicino da catturare la sua attenzione. «Hai bisogno di una mano? Io ti posso aiutare, se mi dai un po' di soldi...»
«Sei tu il proprietario?» la ragazza senza nome parlò per la seconda volta in quella giornata.
«Certo!» esclamò fiero il vagabondo. Lui ovviamente si riferiva al cane, lei, invece, parlava dell'hotel alle loro spalle. Sul volto della ragazza si dipinse un'espressione raggiante, quindi allungò le mani verso il viandante, offrendogli tutti i soldi. L'uomo esitò un momento: cosa voleva quella strana tipa? Aveva forse intenzione di comprare il suo cane? Per tutti quei soldi probabilmente avrebbe venduto anche un rene. Quando lo stomaco brontola certe decisioni si prendono molto più facilmente, del resto. Fece quindi per allungare le mani nodose quando accadde qualcosa d'imprevisto...
…La ragazza sentì la presa forte di una mano sul suo polso, quindi venne strattonata all'indietro. I soldi che stringeva le sfuggirono e cominciarono a volare ovunque in mezzo alla strada. Voltò il capo di scatto e, con sorpresa, vide il ragazzo dalla bella voce tirarla verso di sé. Il suo volto sembrava scolpito nel marmo, la sua espressione era di puro furore eppure non si trattava di una rabbia cieca ed esplosiva: era fredda, controllata, determinata. La più pericolosa. Le mancò il respiro. Quando lui prese a trascinarla con sé lei non si accorse neanche di dove stavano andando: continuava a fissare il suo profilo quasi stupita della sua esistenza. Aveva un trench verde militare, portato sbottonato sopra a una semplice maglia nera, dal taglio morbido e lo scollo rotondo, e a un paio di pantaloni grigi dalla linea dritta e semplice. Disegnavano alla perfezione la sua figura longilinea. Nessuno dei due disse una parola, continuarono a camminare: lui procedeva a grandi falcate, grazie alle sue lunghe gambe, lei trotterellava alle sue spalle, trascinata dalla sua mano.

Kyuhyun non si curò del fatto che il suo gesto avesse suscitato l'attenzione di molta gente: per fortuna i soldi sparsi per tutta la via erano stati un buon diversivo. Anche se l'avessero riconosciuto, comunque, a lui non sarebbe importato. Heechul era di tutt'altro avviso, in compenso. Sceso dalla macchina, stava gesticolando come un forsennato e lo indicava con un'espressione esterrefatta e furibonda.
«Sei impazzito?! I MIEI SOLDI!» gli urlò contro non appena fu a portata d'orecchio. Attorno al denaro svolazzante ormai c'era un nugolo di persone intente a malmenarsi per accaparrarsene un po': recuperarlo era impossibile.
«Hyung, tanto sei ricco!»
«Giuro che ti ammazzo!» ringhiò furioso, quando il Maknae aprì la portiera posteriore dell'auto e aiutò la ragazza a entrare nuovamente al suo interno. Kyuhyun non fece una piega alle minacce: era abituato.
«Smetti di lamentarti e metti in moto.» la sua voce era talmente dura e l'aria talmente determinata che per un attimo Heechul rimase sbalordito e non si accorse neppure che il ragazzo non aveva usato il formale con lui. Piuttosto si ritrovò per un attimo a riflettere: forse avrebbe dovuto sforzarsi di capire di più Kyuhyun.
«Cosa facciamo?» quando parlò la sua voce era calma. Il Maknae fissava la strada di fronte a sé con un cipiglio deciso.
«Andiamo a fare shopping!»

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Capitolo 9
*** Il cacciavite e il trinciapollo ***



«Sì, tutto bene, ce ne stiamo occupando!» Heechul sussurrava, coprendosi il volto con la visiera di un cappellino, mentre parlava al telefono con Ryeowook. Stava cercando di passare inosservato. «Stasera tieniti libero, dobbiamo discutere di una cosa importante...» continuò. «...Ah, Sungmin-ah è con te? Assicurati che ci sia anche lui! Ora non posso parlare, a stasera!» chiuse la chiamata di lì a poco, sbuffando ed appoggiandosi ad uno scaffale stipato di confezioni di ramen. Erano in un supermercato di quelli enormi, dove si potrebbe tranquillamente vivere.
Con Ryeowook e Sungmin, Heechul aveva concluso le chiamate: tutti i membri erano stati avvertiti di tenersi liberi per quella sera. Kyuhyun lo raggiunse di lì a poco brandendo uno spazzolino. Anche lui indossava un paio di occhiali scuri ed un cappello, nella speranza di confondere eventuali fan.
«Dici che le piacerà?» chiese, mostrandolo all'amico. Era rosa, con piccole bollicine azzurre disegnate sopra.
«Perché uno spazzolino per bambini? Non ha mica dodici anni!» esclamò Heechul, restituendoglielo. Kyuhyun scrollò le spalle.
«Secondo te quanti anni ha?» chiese di colpo, infilando lo spazzolino nel cestello assieme a quello che sembrava un pigiamino azzurro con delle stelle bianche stampate sopra.
«Spero almeno diciotto.» ci mancava solo che fosse minorenne. Kyuhyun non replicò: era concentrato sul contenuto del carrello.
«Ok, di cosa avrà bisogno una donna?» ponderava tra sé e sé.
«Hai veramente intenzione di portarla al dormitorio?» Heechul non riusciva a credere di aver accettato di aiutarlo in un'impresa tanto folle.
«Solo finché non riacquisterà la memoria.» replicò distrattamente il Maknae, rovistando tra i suoi acquisti.
«Potrebbero volerci mesi, potrebbe non succedere mai!»
«Allora fino a che non sarà autosufficiente, questione di un paio di settimane al massimo, vuoi discuterne adesso? Dobbiamo muoverci, ci sta aspettando in macchina e Dio solo sa che cosa potrebbe combinare lì, da sola.» Kyuhyun sembrava deciso a non ammettere repliche. Heechul sospirò.
«Dobbiamo trovare dei vestiti da uomo... e un cappello.» si arrese.
Ancora qualche minuto e i due furono pronti a raggiungere la cassa. Kyuhyun aveva mollato il cesto della spesa al suo Hyung con la scusa della sua giovane età e camminava spedito davanti a lui.
«Ya, tu sei molto più alto e prestante di me, perché devo essere io a portare questi pesi? Dov'è il rispetto per la mia veneranda et..» Heechul si stava lamentando alle sue spalle quando attraversò il reparto “fai da te”. Aveva notato qualcosa con la coda dell'occhio, perciò si fermò di colpo e tornò indietro di qualche passo.
«Che diavolo ci fai qui!» sussurrò agitato, guardandosi intorno per controllare che nessuno li avesse riconosciuti. Kyuhyun lo raggiunse un secondo dopo.
«Oh!» evidentemente la ragazza si era stufata di aspettare in macchina e aveva deciso di raggiungerli all'interno del negozio. La sua presenza aveva già attirato l'attenzione, com'era inevitabile. Un signore passò e la guardò sorpreso, poi corse via. Non riconobbe i due idol ma forse, dato il loro abbigliamento, pensò che fossero due individui poco raccomandabili. Di lì a poco la situazione poteva degenerare, pensò Heechul.
«Andiamo!» deciso a chiuderla il prima possibile, afferrò la ragazza per la manica della felpa scura che lui stesso le aveva prestato e fece per spingerla via ma lei si oppose. A quanto pareva aveva trovato un utensile che le interessava in quel reparto perché stringeva tra le braccia qualcosa con la testardaggine di una bambina capricciosa.
«Che hai preso?» Heechul le sfilò l'oggetto dalle mani, lei assunse un'espressione implorante. Kyuhyun rimase per un momento a guardare il suo viso, poi abbassò lo sguardo su ciò che il suo Hyung teneva.
«Che diavolo ci fai con un cacciavite?» chiese sempre più sorpreso dal modo di fare della ragazza. Era uno di quei cacciaviti con le punte di varie dimensioni, intercambiabili, con tanto di astuccetto. Lei non rispose ma continuò a guardare entrambi con l'espressione di un gattino randagio. Il Maknae stava per aggiungere qualcosa ma si accorse che c'era una signora che guardava dalla sua parte con aria curiosa: il loro tempo era scaduto.
«Non importa, andiamo!» liquidò la questione afferrando il cacciavite e infilandolo nel cestello tra le mani di Heechul. Si avviò senza attenderli. Heechul fulminò la ragazza con un'occhiataccia, puntandole contro un dito ammonitore. Quando parlò la sua voce fu un sussurro.
«Stai ad almeno tre metri di distanza da noi...» le impose, poi si diresse verso la cassa assieme a Kyuhyun.
 
Ryeowook chiuse il telefono con aria confusa. Sungmin lo stava guardando.
«Ci sono notizie della ragazza?» chiese all'amico provando a decifrare la sua espressione.
«Nascondono qualcosa...» Wookie aggrottò la fronte. «...dicono che stasera dobbiamo tenerci liberi per discutere di un’importante questione. Dici che dovrei cucinare? E' tanto che non ci troviamo tutti insieme per una cena al dormitorio!» esclamò già contagiato dall'entusiasmo di preparare qualche manicaretto per gli altri membri. La preoccupazione per il tono di Heechul era già solo un ricordo, ormai. «Potrei preparare i miei tramezzini e magari studiare la ricetta di un buon dolce...» distratto dalle sue elucubrazioni non si accorse che Sungmin non lo stava ascoltando, guardava la tv.
«Comunque, Sungmin-shi, che ci fai qui, non eri impegnato tutta la mattina con le prove del musical?» chiese d'un tratto, seguendo il suo sguardo.
«Mh, sono in pausa pranzo, volevo solo vedere se avevano parlato di noi al telegiornale ma mi sa che la notizia è già passata.» replicò il Leader temporaneo con disappunto. Distolse l'attenzione dalla tv con una scrollata di spalle e si rivolse all'amico.
«Pranziamo insieme?» propose
«Volentieri! Ho voglia di Jjinppang!» Ryeowook era sempre entusiasta di poter pranzare con i suoi Hyung. Senza smettere di chiacchierare i due si diressero verso l'uscita. Alle loro spalle la televisione era rimasta accesa sul telegiornale locale.
«Continua il giallo della ragazza italiana scomparsa ieri notte nei pressi dello Stadio Olimpico, un'amica preoccupata ha sporto denuncia questa mattina dopo che la ragazza non si è presentata a lavoro....»
 
«Non se ne parla!» Kangin tuonò, colpendo il tavolo con forza tale che fece quasi saltare il cibo fuori dai piatti. I Super Junior erano come pietrificati. A parte Siwon, che stava tossendo per il boccone che gli era appena andato di traverso, e Yesung, che gli offriva un bicchiere d'acqua per riprendersi, il resto del gruppo era sprofondato nel più attonito mutismo. Eunhyuk aveva ancora appesi alla bocca una manciata di spaghetti, Shindong aveva addirittura posato le bacchette.
Era la quiete prima della tempesta, Kyuhyun lo sapeva. Non appena lo stupore avesse lasciato spazio all'indignazione, il caos sarebbe esploso. Heechul lo guardò male.
«Te l'avevo detto!» lo rimproverò, incrociando le braccia. Tra lui e il Maknae si trovava quello che sembrava un ragazzino dall'aria trasandata. Aveva indosso un'enorme felpa nera e un paio di jeans larghi dall'aria economica. I capelli erano nascosti da un cappellino calato fino alle sopracciglia per coprire il cerotto sulla tempia. La sua figura sottile spariva sotto i vestiti larghi, al punto che anche se avesse avuto delle curve, queste non si sarebbero mai notate. A prima vista sembrava un ragazzino appena uscito da un orfanotrofio, in realtà era una ragazza appena uscita da un ospedale.
Dopo un istante di panico, il gruppo sembrò riprendersi e cominciare con le domande.
«Come diavolo avete fatto a farla passare?»
«Siete impazziti?»
«Che succede se la scoprono? Dove dormirà? Io non posso ospitarla in camera mia!»
«I manager vengono spesso a trovarci! Cosa dirà l'Ajumma che viene qui a pulire? I giornalisti lo scopriranno di certo...» tutti parlavano contemporaneamente: Kangin gesticolava ed argomentava senza neanche respirare, Ryeowook stava esprimendo le proprie preoccupazioni a Donghae, che annuì guardando la ragazza immobile in piedi davanti a loro, con un astuccetto stretto tra le braccia.
Heechul si fece avanti e provò a spiegare.
«Non ha nessun posto dove andare, non potevamo lasciarla da sola in mezzo alla città!» come se tanta clemenza fosse stata una sua idea!
«Dovevate andare alla polizia!» replicò saggiamente Siwon. « Ci sarà sicuramente qualcuno che la sta cercando!»
«Riesci ad immaginare cosa le persone potrebbero costruire su questa storia? Come reagirebbe la stampa se ci vedesse entrare insieme ad una ragazza sporca di sangue in una centrale della polizia?!»
«E' colpa tua, una tua responsabilità!» aveva replicato Kangin. Yesung aveva scosso il capo.
«Se la sua reputazione si rovina ci andiamo di mezzo tutti.» replicò preoccupato.
La discussione durò ancora a lungo. Ognuno aveva da dire la sua ma nessuno sapeva proporre una soluzione che mettesse d'accordo tutti.
«Siwon, i tuoi genitori sono cattolici, non rifiuteranno di aiutare un'anima in difficoltà!»
«Sei impazzito? Non mi lasciano dormire con voi, credi mi lascerebbero vivere sotto lo stesso tetto di una ragazza?»
«Paghiamole un hotel, passeremo tutti i giorni a portarle da mangiare!»
«Sono felice che tu abbia tanto tempo libero a disposizione! Poi che fai, la chiudi in una stanza per impedire che scappi? E' come rapirla!»
«Non sembra neanche un ragazzo, si vede che sotto al cappello ha i capelli lunghi, nasconderla è impossibile!»
«Aaah, Leeteuk avrebbe saputo cosa fare!»
«Chi dice che lei sia una nostra responsabilità?»
«BASTA!» la voce di Kyuhyun rimbombò come un tuono e costrinse tutti al silenzio. Era furioso, il suo respiro era accelerato e sentiva il sangue pulsare nelle vene con il ritmo forsennato di un tamburo tribale. Eppure non si era mosso di un millimetro, continuava a stare accanto alla ragazza, cercando di trattenersi dall'esplodere.
«Avete dimenticato chi siamo? Avete dimenticato chi è lei?» la sua voce era come lo schiocco di una frusta.
«Noi siamo i Super Junior, siamo una cosa sola, e lei è un'ELF! Ha subito un incidente ed è responsabilità di tutti noi prendercene cura, così come lei farebbe con noi!» Kyuhyun parlava poco e stava sempre sulle sue ma sapeva attirare l'attenzione. I membri si acquietarono. Sapevano bene perché lui aveva tanto a cuore la sorte di quella ragazza e quando ripensavano a quell'incidente di tanti anni fa, tutti ancora ricordavano bene cosa avevano provato stando al capezzale del Maknae in fin di vita. Il pensiero di quegli eventi riportò per un attimo il silenzio.
Fu in quel momento che la ragazza si mosse. Con piccoli passi si diresse verso il tavolo e appoggiò con cautela l'astuccio che teneva in mano accanto a Yesung, che lo prese e lo aprì: dentro c'era il cacciavite comprato poco prima. Anche Siwon si sporse per sbirciare ed entrambi si guardarono confusi. Distratti a osservare la scena, non si accorsero subito che la ragazza era andata in cucina, la stanza adiacente, lo capirono solo quando sentirono il rumore dei cassetti che sbattevano e degli utensili che venivano spostati.
«Cosa fa?» Sungmin si alzò per primo, seguito da tutti gli altri membri che si diressero in cucina. Quando la videro, la ragazza stava in piedi di fronte al cassetto delle posate ancora aperto.
Stava estraendo un trinciapollo.
Nessuno disse niente: rimasero tutti affacciati di fronte all'ingresso della cucina. Chi si trovava dietro salì sulle punte per riuscire a vedere cosa la strana ragazza stesse facendo.
Lei si era appena sfilata il cappello di lana bianco e l'aveva lasciato cadere a terra. I capelli erano scivolati giù, ricadendo morbidamente attorno al suo volto. Non esitò neanche per un secondo quando afferrò una grossa ciocca e la tagliò con un secco colpo di forbici all'altezza dell'orecchio.
«Oddio, fermatela!»
«Sei impazzita?!» esclamò Sungmin, schizzando in avanti per tentare di disarmare la ragazza mentre i suoi capelli cadevano in lunghe ciocche sul pavimento. Le afferrò il polso sottile e le sfilò l'oggetto di mano.
«Potresti tagliarti!» L'ammonì, tenendo l'arma ben in alto, lontana dalla sua portata. Ormai il danno era fatto: escluse alcune ciocche, un sacco di capelli erano corti ormai. Sembrava appena uscita da un film dell'orrore e la sua espressione teneramente determinata, con lo sguardo serio e gli occhioni che fissavano con rabbia Sungmin, creava un contrasto decisamente buffo con il suo aspetto in stile “Bambola Assassina”.
Non c’era dunque da meravigliarsi quando Shindong scoppiò di colpo a ridere, seguito a ruota da Donghae ed Heechul. La scena era talmente assurda che ben presto la risata contagiò tutti. Si ritrovarono piegati in due a reggersi lo stomaco in preda alle convulsioni. La cosa peggiore era che più si sbellicavano e più veniva loro da ridere! Siwon aveva le lacrime, Ryeowook era accucciato a terra con le mani davanti al viso, Kyuhyun, il più contenuto, si limitava ad appoggiarsi al muro, abbandonando il capo all'indietro, ridendo di gusto.
Sungmin dapprima rimase bloccato, poi visualizzò sé stesso con il trinciapollo in una mano e il braccio esile di una ragazzina spelacchiata nell'altra. La guardò e cominciò a ridere a sua volta, contagiando pure lei.
«...con un trinciapollo!» cercando di riprendere fiato Shindong era riuscito a esalare solo quelle parole che erano bastate, però, a scatenare un'altra ondata di risate generali. L'atmosfera tanto tesa sembrava, di colpo, farsi rilassata e tutti erano troppo stanchi e troppo di buon umore per continuare a litigare. Pure Kangin si era arreso dopo che si era sganasciato per un'ora stramazzato sul divano. Dopo qualche minuto in cui i membri si tersero le lacrime e massaggiarono le guance, Yesung si offrì di sistemare i capelli alla ragazza, mentre gli altri si riunirono in sala. Fu Kangin a dar voce ai pensieri di tutti.
«Ok, alla fine si tratta di ospitarla al massimo per un paio di settimane...» considerò. «...cosa potrebbe mai succedere?»

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Capitolo 10
*** Sola ***


- Ventisette Ottobre, ore sette -

Quella mattina profumava di pioggia. Il sole filtrava freddo attraverso le persiane, illuminando il volto addormentato di Donghae che mugolò infastidito e si voltò dalla parte opposta grugnendo. Lasciando cadere il braccio pesantemente davanti a sé sentì il corpo esile di una persona addormentata accanto a lui. Nel sonno si lasciò scappare un sorriso angelico. Da quando Leeteuk si era arruolato spesso Eunhyuk rimaneva a dormire in camera sua, all'insaputa di tutti, per fargli compagnia. Sapere di poter stare accanto ai suoi amici lo faceva sentire incredibilmente calmo e felice. Nella penombra della stanza non si vedeva bene ma l’aria calda ed il profumo di casa fece venir voglia al ballerino di giocare un po’. Ecco perché prese uno dei numerosi cuscini che soleva avere sul suo letto e lo usò per soffocare il ragazzo ancora addormentato accanto a lui. L’altro reagì con una pedata ed una serie di mugolii soffocati ma non si svegliò. Hyukjae, il solito dormiglione! Ridacchiando appena decise di rincarare la dose facendogli il solletico sul fianco. Era solo questione di tempo prima che il primo ballerino si vendicasse, lo sapeva! Di lì a poco sarebbe comunque stata l'ora di alzarsi: dovevano filmare per un nuovo programma, quella mattina. Con un sorriso sornione sulle labbra, Donghae diede qualche pacca alla schiena dell'amico, che mugolò ancora  irritato, deciso a non svegliarsi. Aveva un corpo davvero caldo, sembrava una stufa! Aggrottò appena la fronte. Doveva invitarlo ad andare in palestra con lui: aveva veramente bisogno di metter su un po' di massa, sembrava pesasse 40 chili!
«Eunhyukie...» sussurrò piano, cominciando a scuoterlo perché si svegliasse...
 
Heechul stava aspettando il suo caffè sul divano, sbadigliando sonoramente.
«E' pronto?» chiese.
«Un attimo!» dalla cucina giunse la voce affannata di Shindong. Heechul sbuffò, abbandonando la testa all'indietro.
Shin Donghee giunse di lì a poco con due grosse tazze in mano e una fetta di pane tostato integrale in bocca. Siccome era a dieta, lui era l'unico membro del dodicesimo piano che faceva colazione al dormitorio. Quanto a Heechul, lui semplicemente non ingranava se prima non aveva bevuto il suo caffè.
«Hyung, dici che dovremmo svegliarla? Non dovrà mangiare qualcosa?» biascicò Shindong, appoggiando le tazze sul tavolino davanti a loro e sfilandosi la fetta di pane dalle labbra, dopo averle dato un morso.
«E' per questo che avevo proposto di farla dormire all'undicesimo piano! Ryeowook non vede l'ora di avere qualcuno a cui preparare da mangiare...» borbottò afferrando famelico la propria tazza e cominciando a bere. Dopo un primo lungo sorso, lasciò che la ceramica scaldasse le sue mani per un po'. «Piuttosto, che ci fa Donghae ancora a letto?» il campanello dell'appartamento interruppe la loro conversazione. Shindong andò ad aprire senza attendere. Figuriamoci se il grande Kim Heechul interrompeva il rituale mattutino del caffè per fare da portinaio. Se fosse stato da solo, probabilmente li avrebbe lasciati fuori a suonare tutta la mattina. Veloce come una saetta, Ryeowook entrò in casa tutto entusiasta, correndo verso il tavolo da pranzo con una specie di cestino da picnic in mano.
«E' tutta la mattina che cucina...» aveva spiegato Sungmin, entrato subito dopo di lui. Kyuhyun sorrise sarcastico, aveva l'aria assonnata.
«Tutta la notte, vorrai dire... il sole sarà sorto massimo da un'oretta!» guardò il cuoco in cagnesco. «Il suo spadellare mi ha tenuto sveglio!» borbottò.
«Se non avessi fatto le tre a giocare al tuo computer forse qualche ora di sonno in meno non ti avrebbe turbato!» Yesung, giunto subito dietro di lui, era sempre pronto a difendere il suo compagno di stanza.
«Ero nel bel mezzo di una sfida importante, quella WeasleyTwin è un vero osso duro!» si difese il Maknae. Shindong scosse il capo con un sorrisino. Fece per chiudere la porta quando qualcuno la bloccò con il piede calzato in un paio di mocassini leopardati. Inconfondibili. Con aria esterrefatta tutti i membri videro Eunhyuk entrare nell'appartamento, già vestito di tutto punto e pronto ad andare a lavoro.
«Eunhyukie, che ci fai già sveglio?» dopotutto era lui il membro più dormiglione del gruppo. Il ballerino, però, non fece in tempo a rispondere perché la voce di Donghae ruppe la quiete del dodicesimo piano.
«AAAAAAAAAAAAAAAAAH!»
 
Un attimo dopo tutti i membri si erano scapicollati nella stanza del secondo ballerino. La scena che si parò davanti a loro aveva un che di comico. Donghae era a terra ed indietreggiava con aria quasi spaventata. Nella furia di saltare giù dal letto aveva trascinato con sé parte della coperta che ora giaceva per metà sul pavimento e per metà sul letto dove sedeva la nostra eroina, intenta a stropicciarsi gli occhi, ancora assonnata. A quanto pareva aveva dormito con l’astuccetto del suo cacciavite in mano perché lo stringeva ancora con l’affetto con cui un bambino stringerebbe  un peluche durante le notti di pioggia. Heechul fu il primo a parlare.
«Ya, Donghae-ah.. cos'hai fatto al Pulcino?» il suo non era un soprannome dolce ed affettuoso, bensì un modo per sfotterla. Aveva cominciato a chiamarla così dopo la performance con il trinciapollo della sera prima. Se non le aveva affibbiato un bel “Tacchina” era solo perché quella parola cacofonica non meritava di uscire dalle sue bellissime labbra.
«E' entrata nel mio letto mentre stavo dormendo!» replicò il ragazzo arrabbiato. «La stavo... ero convinto che fosse Eunhyuk quando ho aperto gli occhi...»
Shindong aveva un'espressione serafica in volto.
«Hai dormito tutta la notte abbracciato ad una ragazza?» a quelle parole tutti si guardarono ammirati ed un coro di “Ooooooh” fece vibrare le pareti della stanza. In un attimo le battutine si sprecarono. Donghae si rese conto di ciò che aveva detto e diventò rosso come un fragolone, accucciandosi in modo da far sparire il volto tra le ginocchia. Shindong lo raggiunse ridendo, andando a scuoterlo e istigandolo a fornire dettagli con la sua voce squillante. Kyuhyun rideva divertito, Ryeowook sconvolto ed ammirato si copriva la bocca con le mani e Yesung protestava, colto dall'invidia.
«Aygoo che fortuna...» Sungmin era super emozionato ed aveva un'espressione di disappunto talmente tenera da sciogliere. I Super Junior erano davvero buffi quando si trovavano tutti insieme. Il più delle volte parlavano contemporaneamente, tanto che la ragazza senza nome si ritrovò a chiedersi come facessero a capirsi. Li guardava divertita, rimanendo esterna alla conversazione, quasi li osservasse da una vetrina. Heechul la raggiunse e si sedette accanto a lei che stava sbadigliando. Era buffa con quei capelli corti spettinati ed il pigiamino azzurro tutto stropicciato. Sembrava davvero un pulcino appena uscito dal guscio.
«Pulcino, non puoi entrare nei letti delle persone mentre dormono...» cominciò, con voce esageratamente gentile e comprensiva. «...A meno che non si tratti del mio!» proseguì con un sorriso divertito.
«Ohi!» Gli arrivò una ciabattata in testa quasi immediatamente. Si voltò infastidito: non vide chi fu a tirargliela ma Kyuhyun aveva un sorriso fin troppo gongolante per i suoi gusti. Certo, il fatto che avesse una sola pantofola al piede contribuiva a rendere i sospetti delle certezze.
«Vuoi morire?»
«L'ho fatto per te! Dovresti starle lontano: non ha ancora fatto colazione!» in un attimo Heechul era in piedi e rincorreva il Maknae, per tutta casa.
«Lui ha un buon odore» a quelle parole il caos cessò. Si voltarono tutti verso colei che aveva parlato. Stava indicando Donghae. Per la maggior parte di loro era la prima volta che la sentivano parlare, forse alcuni si erano convinti che fosse muta. La ragazza non si scoraggiò e proseguì. «Odora di calma e di sale.» annuì, serissima. «Ho pensato che sarebbe stato bello dormire con una persona così.»
Erano tutti ammutoliti, Donghae ancora accucciato a terra aveva tirato su la testa e la fissava a bocca aperta, se possibile ancora più rosso in viso. Non aveva mai fatto un discorso tanto lungo e, a parte l'insensatezza delle sue parole, la maggior parte delle persone si ritrovò a sorriderle. Tranne Eunhyuk.
«Odora di merluzzo, piuttosto!» esclamò con un sorriso.
«E' evidente che non sai qual è l'odore caldo e rassicurante di un vero uomo!» proseguì annuendo senza considerare l'occhiataccia di Donghae. Shindong rise.
«Se ti riferisci all'odore acre e pungente dei tuoi piedi, quello è inconfondibile, ha fatto bene a tenersi alla larga dalla tua stanza!» bastò quella frase, l'aria oltraggiata di Hyukjae, la pacca comprensiva di Ryeowook sulla sua spalla e le risate dei presenti perché il tempo dentro all'appartamento riprendesse a scorrere. Mezz'ora dopo erano tutti pronti per uscire. Accadeva di rado che potessero passare l'intera giornata insieme, perciò tutti i membri erano decisamente di buon umore. Siwon e Kangin, gli unici che non vivevano assieme agli altri nel dormitorio, li avrebbero raggiunti direttamente agli studi televisivi.
«Che c'è? Non ti piace?» l'espressione del Pulcino non era affatto convinta da ciò che si trovava davanti. Ryeowook, preoccupato, si era fatto incalzante, temendo che lei rifiutasse il cibo che con tanto amore aveva preparato. La ragazza fissò con aria vagamente confusa le pietanze che aveva abbondantemente distribuito sull’ampio tavolo da pranzo: salsicce fritte, wurstel, uova strapazzate, ramen con fagioli neri. Tutto estremamente invitante ma... deglutì sonoramente e poi si voltò verso Ryeowook.
«Questo è il pranzo?» chiese dubbiosa. Subito il cantante si rilassò.
«Aaaah... dici che è troppo abbondante? Scusami, mi sono lasciato prendere la mano... è la tua colazione! Mangia tutto, guarda come sei magra, ti farà bene! Il pranzo te l'ho lasciato nel frigo, puoi scaldarlo.» sfarfallò la mano e le mollò un paio di bacchette tra le mani. Intanto i compagni stavano scendendo nel parcheggio dove li aspettava la loro auto. La ragazza fece per aprir bocca ma Ryeowook, troppo impegnato a raccogliere le sue cose, non se ne accorse.
«Ora dobbiamo andare, non saltare i tuoi pasti e riposati, noi torniamo stasera!» esclamò. Fu salutata da un caloroso e allegro coro di “Ciao” da tutti i membri, poi la porta si chiuse.
Il contrasto tra l’atmosfera calda e rumorosa di pochi istanti prima e quella fredda e silenziosa di adesso era estremamente netto. Ora il Pulcino sentiva chiaramente il proprio respiro ed il rintocco dell’orologio in cucina.
La ragazza tornò a voltarsi verso la tavolata imbandita. Non sapeva perché ma l'idea di mangiare quella roba alle otto di mattina le dava il voltastomaco. Non c'entrava nulla l'abbondanza, come credeva Ryeowook. Sospirò profondamente, quindi si abbandonò contro lo schienale, chiudendo gli occhi per un attimo. Sapeva che si sarebbe annoiata, quel giorno. Per fortuna aveva l'intera casa dei Super Junior a disposizione per tentare di distrarsi.
 
A Kyuhyun non piaceva annoiarsi. Era una di quelle menti che necessitano di continui stimoli, un po' come un bambino viziato, si potrebbe dire. Seduto su un divano di pelle chiara, stava sorseggiando la sua bottiglietta di acqua minerale in attesa del pranzo. Si limitava ad osservare in silenzio i suoi Hyung aggirarsi tutti indaffarati attorno a lui. Dato che, come tutti i giorni, non si era risparmiato dall’infastidire un po’ tutti i presenti, il suo compito era finito e ora non gli restava che lamentarsi di essere stanco ed aspettare che uno qualunque dei membri gli servisse da mangiare. Sungmin discuteva con un Manager riguardo ad alcuni appuntamenti del gruppo. Aveva un'aria tanto tenera da strappargli un sorriso, nonostante l'espressione seria e concentrata. Si vedeva che cercava di metterci tutto sé stesso in ciò che faceva, sebbene non fosse minimamente tagliato per il ruolo di Leader, a differenza di Leeteuk. Era ormai abituato a vedere alcuni dei membri come Hyung e quindi faceva fatica a mettersi sopra di loro in qualità di capo. Un paio di inchini veloci e si diresse verso Kyuhyun stringendo in mano due porta pranzo. Si lasciò cadere esausto sul divano, chiudendo gli occhi e portando il capo all'indietro, con aria affranta.
«Aygoo, manca ancora un secolo al suo ritorno!» sospirò, arricciando le labbra in un broncio infantile. Proprio mentre stava lì a rimuginare, Kyuhyun gli soffiò entrambi i porta pranzo dal grembo.
«Questi me li mangio io!»
«Ehi, uno è per me!» protestò candidamente il sostituto Leader, cercando di afferrarli mentre il Maknae, ridendo, li teneva allungando il braccio lontano dalla sua portata.
«Ti faccio vedere io!» la replica di Sungmin giunse rapida e micidiale e, proprio mentre stava parlando, prese a fare il solletico sui fianchi di Kyuhyun che si accartocciò ululando ad una velocità impressionante, riportando il cibo a portata di braccio. Era bastato quel piccolo scherzo per allentare la tensione. Kyu era sempre così, del resto, prediligeva i fatti alle parole, a meno che non si trattasse di cantare. L'atmosfera si calmò ed il supplente Leader si preparò a servire il pranzo per entrambi, di nuovo col sorriso, estraendo le bacchette e stappando uno dei contenitori. Riso e pollo, che novità! Arricciò il nasino, sbuffando e, senza commentare, porse al Maknae un bocconcino di pollo con un po' di riso. Kyuhyun si stava giusto facendo avanti per mangiare, socchiudendo le labbra, quando un'ombra calò su di loro. Di colpo l'atmosfera si fece densa di tensione e pessimismo. Sungmin quasi si fece scappare le bacchette di mano quando vide Yesung trascinarsi davanti a loro. Sembrava uno spirito. Si lasciò cadere pesantemente seduto con un'espressione a metà tra l' “Urlo di Munch” e il “Fantasma dell'Opera”.
«Ya, che succede?» si azzardò a chiedere il Maknae, burbero. Per tutta risposta Yesung ruotò gli occhi scuri verso di lui e gli lanciò un'occhiata vacua, senza vita.
«Ha appena visto le riprese girate fin'ora...» Shindong apparve alle spalle del cantante e lo cinse col braccio in un gesto fraterno che aveva, però, un che di canzonatorio a giudicare dall'espressione di ilarità sul suo volto paffuto. Stava per scoppiare a ridere, si vedeva. Anche Kangin giunse poco dopo, dando una pacca sulla spalla all'amico in preda ad una crisi depressiva, per scuoterlo un po'.
«Anche se era intervistato il cameraman non l'ha inquadrato nemmeno una volta...» proseguì Shindong e, incapace di trattenersi oltre, scoppiò in una sonora risata, seguito da tutti gli altri membri presenti. Yesung, offesissimo, cominciò a borbottare qualche protesta. I due amici presero a scuoterlo e a dargli noia.
«Ti devi far notare di più se vuoi essere ripreso!»
«Non mi hanno inquadrato neanche mentre stavo cantando il mio assolo, continuavano a riprendere Heechul-hyung che si faceva bello invece di ballare!» piagnucolò, indicando proprio Heechul che stava facendo lo splendido con una delle assistenti. Quest'ultimo si voltò con un sorriso pieno di confidenza.
«Le telecamere mi adorano! Anche se non faccio nulla non riesco proprio a non attirare l'attenzione...» replicò, ballando sul posto in modo buffo. Siwon e Ryeowook giunsero di lì a poco, parlottando tra di loro.
«Avete pensato ad un nome da darle?» esordirono senza prestare attenzione a ciò che gli amici stavano dicendo. Tutti sapevano a cosa si riferivano e, subito, il panico prese il sopravvento su Kangin che si sporse in avanti con l'indice davanti alle labbra, guardandosi intorno.
«Shhhhh! Come potete parlarne così liberamente a lavoro!?» protestò, abbassando sensibilmente la voce.
«Parlare di cosa?» vociò Eunhyuk che, divorata la seconda confezione di noodle, si stava avvicinando alla ricerca di qualche altra pietanza da scroccare.
«Più t'impegni per non essere notato e più facilmente le persone ti guarderanno...» intervenne Kyuhyun di lì a poco, sventolando le bacchette con aria esperta prima di riprendere a mangiare. Yesung sgranò gli occhi:
«Allora è QUESTO il mio problema?!» esclamò ancora preoccupato per la propria situazione.
« Si parla della ragazza?»Donghae affiancò Eunhyuk, schiacciando una lattina di cocacola vuota sulla sua spalla.
«Ahia!»
«Shhhhh, non parlate così ad alta voce di lei!»
«Preoccupiamoci delle cose più gravi, ad esempio ME!» Yesung stava ancora cercando di elemosinare almeno un po’ d’attenzione ma la sua espressione grave e l’aria concitata vennero ignorate da tutti senza problemi.
«Dev'essere un nome veramente maschio... tipo Bob!» propose Ryeowook.
«Possiamo dire che è un tuo cugino alla lontana, Heenim, sei quello che le assomiglia di più!» propose Eunhyuk.
«Ma se non è neanche asiatica!» replicò giustamente Kyuhyun.
«Giusto... e allora di dov'è?» confuso, Sungmin si appoggiò contro lo schienale del divano.
«Come si fa a costruire una storia su qualcuno di cui non si sa niente?»obiettò Siwon. «Non possiamo dire che è spagnola se poi comincia di punto in bianco a parlare greco!» proseguì l'uomo più bello della Corea.
«Dalle sue abitudini forse potremmo capire di dov'è... ieri sera nessuno ha provato a chiederle cosa ricorda o a capire cosa le piace?»
Silenzio.
«Io avevo da aggiornare il mio Twitter...» borbottò Hyukjae.
«Io ho ripassato le battute del mio prossimo drama...» si discolpò Donghae.
Si scambiarono tutti occhiate colpevoli. Per un motivo o per un altro nessuno l'aveva considerata nelle ore che avevano avuto a disposizione per provare a conoscerla o ad aiutarla. Fondamentalmente, dopo la decisione di tenerla al dormitorio per un po', ognuno aveva ripreso a fare quello che faceva sempre. Kyuhyun sospirò, appoggiando le bacchette dentro al porta pranzo ormai quasi vuoto. Sospirò sonoramente, poi guardò l'orologio.
«E' ora di riprendere...» la sua voce profonda ruppe il silenzio della stanza.
«Cerchiamo di non fare tardi, ok?»
 
Erano circa le due e mezzo di notte quando il Suv dei Super Junior giunse in vista del dormitorio. La giornata di lavoro era stata lunga e stancante. Tutti sognavano solo di potersi sdraiare qualche ora prima di ritornare a lavoro il giorno dopo. Dentro al veicolo erano tutti tranquilli e silenziosi: Kyuhyun e Donghae dormivano, gli altri guardavano pigramente la strada sfilare veloce sotto di loro. Solo Heechul continuava a far rumore, sciacquandosi la bocca e facendo gargarismi continui con una bottiglietta di acqua.
«Che esagerato, per un bacetto!» replicò Yesung con un'espressione decisamente soddisfatta.
«Perchè, perché!?» lo aggredì il cantante in tutta risposta, brandendo pericolosamente la bottiglietta stappata davanti a lui.
«L'hai detto tu: le telecamere ti amano, no? Se volevo lasciare il segno dovevo comportarmi come avrebbe fatto il grande Kim Heechul!» replicò Yesung crucciato.
«E per te comportarsi come me significa baciare un tuo Hyung senza motivo di fronte a tutti?!»
«Tu lo fai sempre...»
«Oh, meno male che siamo arrivati!» Shindong spazientito, si precipitò per primo giù dall'auto.
Il dormitorio era silenzioso, a primo impatto sembrava deserto.
«Siamo a casa!» trillò gioiosamente Ryeowook quando, per primo, varcò la soglia del dodicesimo piano. Sebbene parte di loro vivesse al piano inferiore avevano pensato fosse carino salutare la loro inquilina. Con sorpresa di tutti, però, l'appartamento era buio e nessuno rispose alle parole del cantante.
«Mmmh.. si sarà già addormentata?» ipotizzò Wookie, muovendo i primi passi nell'oscurità più totale. Fu Eunhyuk ad accendere la luce, quando tutti furono nell'ingresso.
Non l'avesse mai fatto.

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Capitolo 11
*** I primi sospetti ***


Trovo doveroso fare una premessa, a 'sto giro.
Intanto mi scuso per non aver inserito la solita immagine iniziale. Fondamentalmente direte "chissenefrega" però, via, in caso a qualcuno fregasse, beh.. la inserirò quando avrò tempo. Volevo pubblicare, era veramente troppo che non lo facevo, per i miei standard!
Inoltre voglio avvertire chi non lo sapesse (e cioè nessuno, dato che le mie amate lettrici le conosco e le ho personalmente costrette a sorbirsi questo delirio) che da qui in poi le cose si fanno un filino allucinanti. Non pensate che io sia impazzita, ovviamente lo sono, ma con una certa logica. Tutto avrà perfettamente senso, alla fine! 
Sarò felice di leggere le possibili congetture, siate fantasiose! 


- Ventotto Ottobre, ore due e trenta -

Quando Eunhyuk accese la luce tutti s'immobilizzarono talmente in fretta da sembrare tramutati in marmo. Non un fiato percorse la sala. Per un attimo Kyuhyun pensò ad una rapina. Dal tavolo sotto alla libreria il televisore sembrava aver subito i danni peggiori. Giaceva a terra, riverso di faccia contro il pavimento. La maschera posteriore era stata completamente rimossa, lasciando tutti i circuiti esposti. Alcuni pezzi erano stati estratti, smontati, spaccati addirittura. Seminati come giocattoli da un bambino, vari oggetti elettronici erano stati distrutti e giacevano a terra: un frullino elettrico, una sveglia, persino una lampada, resi praticamente irriconoscibili dalla forza distruttiva di qualcosa... o qualcuno. Il panico prese il sopravvento sullo stupore.
«E' stata lei! Ci ha rapinato ed è scappata via!» esclamò il Maknae, lesto a far congetture.
Ryeowook aveva quasi le lacrime: raggiunse il centro della stanza e si lasciò cadere in ginocchio accanto ai resti degli elettrodomestici, cercando invano di raccogliere i vari pezzi. Erano tutti sconvolti.
«Ommioddio, e se sono entrati i ladri e le hanno fatto del male?» Sungmin aveva un'espressione preoccupata.
«YA! Pulcino!» Heechul fece per incamminarsi verso il corridoio alla ricerca della ragazza. Fu in quel momento che lei apparve. Aprì la porta del corridoio ed entrò in sala perfettamente tranquilla. Aveva il portatile di Eunhyuk stretto tra le braccia. Anch'esso era in parte smontato. Tra le labbra, invece, teneva il cacciavite che aveva comprato il giorno prima proprio grazie ai loro soldi. Heechul rimase bloccato a metà di un passo e la guardò con aria esterrefatta. Per un attimo i due si scambiarono uno sguardo incredulo.
«Sei stata tu?» chiese lui, con un filo di voce.
«Sì.» Rispose semplicemente la ragazza. Era il colmo. Colta sul fatto! I Super Junior reagirono in fretta. Donghae chiuse la porta dell'appartamento alle sue spalle, sbarrandole qualunque via di fuga, tutti gli altri tesero i muscoli, pronti a scattare non appena avesse accennato a fuggire. Eppure lei non si mosse, né assunse un'espressione sorpresa.
«N-non può essere!» la voce di Ryeowook era incrinata dalla delusione.
« Noi le abbiamo aperto la nostra casa, rischiando tutto pur di aiutarla e lei era solo...»
«...Un'approfittatrice.» sibilò Sungmin. C'erano poche cose che lo mandavano in bestia e il veder minacciata la sua quiete al dormitorio, vedere i frutti di tanti sforzi giacere a brandelli sul pavimento era una di quelle. Il suo viso perfetto era una maschera di rabbia, il che lo rendeva, se possibile, ancora più pazzescamente bello del solito. Teneva i pugni stretti.
«Chiamo la polizia...» propose Shindong ancora profondamente scosso, prendendo subito il cellulare, dimentico di qualunque stanchezza. La ragazza li guardò un attimo incerta, poi decise di ignorarli e si limitò a raggiungere il centro della sala e ad appoggiare il portatile mezzo smontato accanto agli altri oggetti distrutti, a pochi passi da Ryeowook. Quindi si sfilò il cacciavite dalla bocca e fece per afferrare uno dei pezzi spaccati. Eunhyuk realizzò solo in quel momento.
«Quello è il mio pc!» Esclamò sconvolto.
«Cosa hai fatto?» la meravigliosa voce di Yesung era incrinata dall’emozione.
«Credevi che ci avresti fregati così facilmente? Cosa pensavi di fare con tutti questi pezzi, ehn? Li avresti venduti al mercato nero? Pensavi davvero di passarla liscia?» l'aggredì Heechul, prendendola per un braccio e cominciando a tirarla nel tentativo, forse, di strapparle una confessione.
«Lasciami andare!» si difese lei, strattonando lo stesso braccio per cercare di sfuggirgli.
«Pagherai per quello che hai fatto!» l'additò Yesung furibondo.
«Shindong chiama la polizia, che aspetti?» Proseguì verso l'amico che si era bloccato ed era rimasto a guardare la scena. Nel frattempo la ragazza stava ancora lottando per divincolarsi dalla presa di Heechul: era più caparbia di quanto immaginasse perché riuscì a sfuggirgli tirandogli una pedata in pieno stomaco, facendolo accasciare a terra. Subito Ryeowook accorse in aiuto del suo Hyung dolorante, mentre la ragazza, tutta scomposta e spettinata, aveva il fiato corto, l'aria offesa e determinata al tempo stesso. Era tenera, pensò Kyuhyun, e questo pensiero lo mandò letteralmente in bestia. Con ampie falcate la raggiunse mentre stava avvitando nuovamente la maschera posteriore sul televisore ad una velocità impressionante. Provò a fermarla, afferrandola per il polso, ma con sorpresa di entrambi non vi riuscì perché, appena i suoi polpastrelli sfiorarono la pelle candida della ragazza, dovette ritrarsi immediatamente afferrandosi la mano dolorante. La guardò stupito. Si erano dati la scossa. Succede, ogni tanto, l'elettricità statica si accumula per qualche motivo e il corpo, in qualità di conduttore, la scarica su un altro conduttore non appena vi entra in contatto. Per un attimo si guardarono entrambi sorpresi: persino lei aveva smesso di avvitare forsennatamente il televisore e guardava il Maknae dritto negli occhi con i propri, grandi e profondi, così espressivi... di nuovo quella strana sensazione s'impossessò di Kyuhyun. C'era qualcosa che non gli tornava negli occhi di quella ragazza, qualcosa che non aveva mai avuto senso. Sebbene fosse stata colta sul fatto a rubare in casa loro, non c'era la minima traccia di paura nel suo sguardo ma solo una profonda determinazione, quasi testardaggine. Perché?
Non fece in tempo a darsi una risposta perché il loro contatto visivo venne interrotto da Donghae. Giunto alle spalle della ragazza, la sollevò di peso, immobilizzandole le braccia. A nulla valsero gli urli, le proteste, i calci lanciati incessantemente all'aria davanti a sé. Il ballerino era forte, molto più forte di quanto non potesse essere lei. Le teneva testa senza problemi, anche se si vedeva che non sapeva bene cosa stava facendo.
«D-dobbiamo legarla?» chiese incerto mentre lei si dimenava come un pesce fuor d’acqua.
«Certo, è il trattamento che una ladra merita!» replicò deciso Yesung. Lei continuava a divincolarsi, urlando.
«Aspetta, aspetta, riflettiamo..» dopo lo shock iniziale Sungmin non era certo di volerla condannare senza possibilità di difesa. «Lasciamo che ci spieghi! »
«Non sembra incline alle spiegazioni» Donghae iniziava ad accusare un po' di fatica.
«Fatela stare zitta, ho bisogno di pensare!» ringhiò Heechul. Intanto Eunhyuk si era accasciato accanto al proprio portatile e l'aveva invano aperto. Con aria sconsolata, sul punto di scoppiare in lacrime, aveva cominciato a tentare di accenderlo.
«Leghiamola ad una sedia e imbavagliamola fino all'arrivo della polizia..» propose Yesung, lanciandole un'occhiata micidiale. Aveva il potere di gelarti il sangue nelle vene. Wookie, Kyuhyun e Shindong lo guardarono male. Yeye era il tipo che si faceva prendere la mano, spesso. La ragazza sgranò gli occhi e mise tutta l’energia che il suo corpicino malandato le permetteva nel tentare di liberarsi dalla stretta di Donghae.
«Ok, non ce la faccio più, aiutatemi a farla sedere!» esclamò.
«No, no!» protestò lei, riuscendo a sfuggire al bel ballerino mentre lui tentava di avvicinarsi ad una sedia. Finalmente libera, fece per allontanarsi ma Yesung le si parò davanti, a braccia aperte.
«Dove pensi di andare?»
«A finire quello che ho cominciato!» annaspò lei, stravolta dalla stanchezza ma ancora fieramente determinata.
«Che faccia tosta! Pensi di poterci derubare ancora sotto i nostri occhi?» Sungmin era incredulo. Il Pulcino lo guardò sorpresa per un attimo. Fece per replicare quando sentì le mani di Donghae sulle proprie spalle. Erano tutti tanto presi dalla cattura che inizialmente le parole di Eunhyuk non vennero ascoltate.
«Ho detto FERMI!» esclamò infine, alzando la voce. Si bloccarono tutti, persino lei.
«Guardate!» esclamò sorpreso il primo ballerino. La sua espressione non era arrabbiata, né infelice, era tutt'altro: entusiasta. Si avvicinò loro con il portatile in mano. Era riuscito ad accenderlo.
«Cos'è?»
«Non lo so!»
Anche Kyuhyun si affacciò curioso e, non appena vide lo schermo, si voltò sorpreso verso la ragazza, ancora scomposta e ansimante.
«Che sistema operativo è questo?» le chiese. Lei non sembrava avere le energie per rispondere, continuava ad annaspare guardando tutti in cagnesco, un po' come una tigre con le spalle al muro, non ancora decisa a smettere di lottare.
«Non ho mai visto nulla del genere!» esclamò Shindong indicando lo schermo.
«Guarda che definizione!»
«E tutta la memoria è intatta...» continuò Hyukjae.
«E' possibile che lei l'abbia... migliorato?» si chiese quindi candidamente Ryeowook e, a quella domanda, tutti si voltarono verso di lei sorpresi.
«Stai per caso ipotizzando che questa ragazza col cervello spappolato sia in realtà un genio elettronico in grado di trasformare un normale computer in un pc ultra avanzato con il solo ausilio di un cacciavite ed un frullino elettrico?» suonava troppo strano perché lo stesso Heechul potesse credere alle sue stesse parole. Eppure quale altra era la spiegazione a ciò che stavano vedendo? Immediatamente tutti la lasciarono andare e la guardarono come se fosse un'aliena. Lei li guardò torvo, spostando i propri grandi occhi su ognuno di loro, diffidente. Quando fu sicura che nessuno l'avrebbe più aggredita, si liberò con uno strattone dalle mani di Donghae e mosse un primo passo con un’espressione fiera ed offesa al tempo stesso. A nulla valsero i tentativi di sistemarsi: il primo bottone del pigiamino era partito, fortunatamente, scoprendo appena la base del collo, nulla di più. Se lo sistemò con un secco movimento della spalla, quindi tirò i capelli indietro con una mano, avvicinandosi al televisore senza smettere di fulminare con occhiate assassine chiunque le si parasse davanti. Pazientemente tentò di sollevarlo per rimetterlo in posizione verticale. Sungmin fu il primo a riscuotersi dal torpore in cui quell'assurda rivelazione aveva gettato tutti i membri e si fece avanti per aiutarla. Eunhyuk si era isolato assieme al proprio portatile rimesso a nuovo, ogni tanto giungevano mugolii compiaciuti dalle sue parti. Donghae, invece, si appropriò svelto del telecomando e, non appena la ragazza ricollegò la tv alla corrente, l'accese.
 
«Come hai fatto?» le chiese Kyuhyun una mezz'ora dopo mentre lei si lavava le mani in cucina. L'aveva raggiunta non appena l'aveva vista allontanarsi e ora stava lì, con l'avambraccio appoggiato allo stipite della porta a guardarla. Dalla sala giungevano le esclamazioni dei ragazzi, intenti a guardare una partita dell'Inter alla tv. A quanto pareva la nuova televisione prendeva qualunque canale terrestre, non solo quelli coreani.
«Non lo so...» replicò lei senza alzare lo sguardo, limitandosi a fare spallucce e ad asciugarsi le mani. Kyuhyun socchiuse gli occhi.
«Chi sei...?» chiese più a sé stesso che ad ella. Nessuno dei due aveva una risposta a quella domanda.
«Io capisco...» replicò di punto in bianco la ragazza. Sorpreso, il Maknae alzò un sopracciglio.
«Sì, io capisco... vedo qualcosa di elettronico e lo capisco molto meglio di quanto non capisca te.» spiegò candidamente.
«Con un congegno sonico sarebbe certamente stato più facile ma temo che voi non possediate la tecnologia necessaria!» era evidente che Kyuhyun non era abituato all'idea di avere una conversazione con lei perché rimase appena spiazzato da tutta quella sequela di parole. D’altro canto la ragazza non attese risposta e, continuando a guardare il lavandino, cercò dentro di sé il coraggio di fare una domanda che le stava molto a cuore.
«In che anno siamo?» chiese, quindi al Maknae che sulle prime rimase in silenzio a fissarla. Solo dopo qualche secondo parlò:
«Ventinove diviso quindici?»
«Uno virgola nove, tre periodico.» la strana ragazza rispose di getto, quasi senza pensare.
«Sessantacinquemilanovecentottantatre per cinque?»
«Trecentoventinovemilanovecentoquindici.» Replicò sicura, guardandolo con un’occhiata interrogativa. Il Maknae dovette prendersi un momento per controllare che il calcolo fosse giusto, quindi la guardò ancora più esterrefatto.
«Incredibile, conosci le risposte alle domande più difficili e non sai neanche che anno è...» per quanto assurda l'idea era piuttosto divertente.
«E' evidente che in questo mondo esiste una certa giustizia...» replicò limpidamente lei.
«2013» fu la risposta di lui, come se ella avesse superato un test e fosse quindi degna di conoscerla.
Lei si fermò un attimo a riflettere, quindi annuì.
«Con questa arrivo a tre.»
«Tre cosa?»
«Tre cose che so su di me: sono un genio, mi trovo nel 2013, sulla Terra.» Kyuhyun si lasciò sfuggire uno dei suoi sorrisi.
«A Seul, per l'esattezza...» precisò. Lei annuì semplicemente, quindi alzò il capo verso di lui e per la prima volta da quando si erano dati la scossa a vicenda, lo guardò di nuovo negli occhi. Cho Kyuhyun aveva un viso pazzescamente bello, si ritrovò a pensare. Sembrava quasi che la sua pelle fosse trasparente, tanto era facile leggere su di esso qualunque emozione provasse. I cambiamenti delle sue espressioni erano impercettibili, eppure era facile indovinare cosa stesse provando. Molto più complesso, invece, era capire cosa stesse pensando, il che lo rendeva decisamente interessante.
«Aygoo.. sono le cinque!» la voce di Ryeowook interruppe i due che trasalirono appena lo videro entrare in cucina con aria esausta. Si avvicinò al frigorifero.
«Tanto vale non andare direttamente a dormire...» considerò prendendo il cartone del latte per versarsi un bicchiere.
«Vuoi che ti prepari qualcosa, cara?» chiese con voce gentile in direzione dell'ospite. Lei scosse il capo e s'inchinò brevemente. Eunhyuk, entrato in quel momento con una sciarpa dell'Inter legata attorno al capo, la indicò.
«Devi essere in Corea da un bel po' se ti viene istintivo inchinarti..» Considerò mentre si dirigeva anch'esso baldanzoso verso il frigo alla ricerca di uno spuntino. Kyuhyun tornò a guardarla.
«Mmh, è vero.. inoltre conosci la lingua molto bene!» replicò, avendo lui potuto parlarle più a lungo degli altri.
«Che altro sappiamo?» chiese Donghae giungendo con un braccio attorno alla spalla di Yesung. Li seguirono Shindong, Sungmin ed Heechul.
«Le piace armeggiare con le cose elettroniche...» considerò il Leader provvisorio.
«Sa fare calcoli molto complessi a mente.» aggiunse Kyuhyun.
«Davvero? Figo!» Shindong sembrava affascinato.
«Poi?» Incalzò Yesung.
«Ha un calcio micidiale.» Heechul, rubato il bicchiere di latte che Ryeowook si era preparato, le lanciò un'occhiata a metà tra il rimprovero e il divertimento prima di posare le belle labbra sul vetro.
«Non le piace dormire da sola...» Donghae arrossì e abbassò il capo. Qualcuno gli diede una pacca rassicurante sulla spalla, ridendo.
«Cosa siete per me?» chiese lei di colpo. Tutti la guardarono senza capire. «Intendo dire... voi mi state ospitando ma non avete idea di chi sia. Allora perché vi prendete cura di me e perché mi fate sentire come se fossi la persona più fortunata di questo mondo?»
«Ti senti così?» sorpreso Sungmin si avvicinò a lei, appoggiando le mani sul bancone di freddo marmo. Lei annuì.
«Mi sento incredibilmente felice quando vi vedo, come se vi conoscessi da sempre... se non ci siete divento ansiosa e provo costantemente il bisogno di fare qualcosa di speciale per voi.» Per lei quelle parole non avevano il minimo senso ma vide la consapevolezza emergere sul volto di ognuno di loro. Sorrisero, scossero il capo e tutti la guardarono con aria intenerita ma nessuno le spiegò nulla.
«Chiamiamola J.» l'idea folgorò Donghae su due piedi.
«Può essere l'abbreviazione di qualunque cosa, poi è facile da ricordare, non attira troppo l’attenzione ed oltretutto non stona troppo su di lei.»
«Mmh, perché no? J. ...» Sungmin aveva bisogno di sentirne il suono per convincersi. Kyuhyun la guardò con un sorriso sulle labbra che non assomigliava a nessuno dei sorrisi che lei gli aveva visto fare fin'ora. Era morbido, pulito e genuino. Se l'avesse conosciuto avrebbe capito che era una rarità.
«J ...» la ragazza ripetè il nome un paio di volte.
«...sembra il nome di un cane.» Si lamentò ma alla fine sorrise: le piaceva.

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Capitolo 12
*** Kim Ryeowook ***


Gente, ho il blocco del grafico (?)! Non riesco a trovare un'immagine decente da inserire nei capitoli! Mi sono scervellata per giorni e, alla fine, ho mandato affancuore Photoshop. Chissene, l'importante è il contenuto! Se mai mi riprenderò, tornerò a postarle! Intanto godiamoci l'irresistibile scioglievolezza di Wookie! Grazie a questo capitolo ho imparato a conoscerlo meglio e sono molto ammirata dalla persona che è! Penso sia un pochino sottovalutato dalle fan... voi che ne pensate? 

- Due Novembre, ore otto e quindici -
 
«Qualcuno mi spiega perché lui è qui?» Heechul stava indicando Kyuhyun, seduto sul divano. Non aveva idea di quale fosse il gioco a cui stava giocando ma una cosa era certa: faceva troppo rumore.
«Non mi distrarre, è una sfida importante!» la replica del Maknae era stata sbrigativa: non si era neanche girato a guardarlo. Erano appena le otto di mattina, al dodicesimo piano, eppure l’appartamento era già nel caos. Da un paio di giorni sembrava che tutti gli abitanti dell’undicesimo avessero deciso di trasferirsi di sopra, complice forse il fatto che la nuova, strana inquilina aveva apportato alcune interessanti migliorie all’impianto elettrico. In quel momento Kyuhyun, con lo sguardo concentratissimo, si stava piegando col busto da un lato, premendo i tasti del joystick in modo forsennato, nella speranza, forse, di assecondare i movimenti della sua interfaccia virtuale. J era seduta accanto a lui sul bordo del divano e lo guardava. Teneva la schiena dritta, il capo leggermente reclinato da un lato e le labbra socchiuse. Anche lei aveva un joystick in mano ma non sembrava minimamente presa dalla sfida col Maknae, anzi, invece di guardare lo schermo era assorta nella contemplazione del cantante intento a giocare, al punto che qualcuno avrebbe potuto pensare che ne fosse innamorata. Heechul, però, conosceva le donne. Per lui erano come libri aperti, talmente semplici da leggere da diventare quasi prevedibili! Non c’era né ammirazione, né amore nello sguardo della ragazza, anzi, lo osservava con la stessa fredda curiosità con cui si potrebbe osservare un qualunque utensile, qualcosa di estraneo, lontano dalla comprensione e, perciò, distante dal suscitare un qualsivoglia sentimento di empatia. Sembrava che agli occhi di J, Kyuhyun non fosse né più né meno che una difficile equazione. Metteva i brividi.
«Gli occhiali? Dove sono gli occhiali?» Ryeowook aveva percorso il salotto avanti e indietro almeno quindici volte in mezz’ora. Aveva l’indole della madre isterica quel mattino. Sungmin, seduto sul tavolo da pranzo, intento a sgranocchiare cereali a manciate direttamente dalla scatola, lo vide sparpagliare per l’ennesima volta tutto il contenuto del suo borsone in giro per casa. Stancamente e senza smettere di masticare, allungò la mano per picchiettare con l’indice sulla lente dei suoi Rayban, al sicuro sopra alla sua testa. Con sorpresa Ryeowook si ritrasse e cominciò a tastarsi il capo, trovando finalmente l’oggetto delle sue disperate ricerche.
«Ti devi rilassare»
«Sono calmissimo!»
«Seh, come no!?» strafottente, Sungmin scosse il capo, spostando lo sguardo su J. Kyuhyun la stava giusto rimproverando per spronarla a concentrarsi sul gioco, invece che su di lui. Sembrava che per il Maknae Babbo Natale fosse arrivato con qualche mese d’anticipo: non vedeva l’ora di mettere alla prova l’intelletto della ragazza. Nei giorni precedenti l’aveva sfidata a qualunque gioco da tavola, sottoposta ad intricatissimi problemi di logica, test di ammissione alle Università più prestigiose, cruciverba, memory, persino shanghai ed aveva perso ogni singola volta. Quella mattina si era deciso a volgere le sorti della guerra a suo favore: avrebbe giocato in casa. L’x-box, a detta sua, richiedeva grande esperienza ed abilità manuale. Era sicurissimo che l’avrebbe finalmente stracciata. In effetti c’era stata una svolta: sembrava che J non riuscisse proprio ad entrare in sintonia con i videogames.
«Che razza di supergenio sei se non sai neanche premere un tasto? E’ un tasto, UNO! Premi questa dannata “x” quando mi avvicino, così mi puoi colpire! Sei per caso una dissociata?»
«Io non capisco! Perché devo farlo?»
«Perché è così che si gioca!» Replicò il Maknae esasperato.
«Sì ma la matrice di calcolo su cui si basa questo strumento non è monoipertronica! E’ tetraipertronica…» e via con una serie di parole incomprensibili. Solo Kyu riusciva a starle minimamente dietro quando iniziava a parlare di elettronica. Sungmin, con un sorriso divertito sulle labbra, decise di smettere di ascoltarli e di dedicarsi nuovamente a Ryeowook, alla ricerca, ora, delle medicine.
«Sono sulla mensola!» borbottò, prima di imboccarsi un’altra manciata di cereali.
«Ho mal di testa…» Heechul, sbuffando, lo affiancò, sfilandogli l’intera scatola di Special K di mano. Sungmin lo guardò con disappunto ma non protestò.
«Non avevi detto di avere un appuntamento stamani?»
«Sì, alle undici! Avrei dormito decisamente volentieri se…» l’occhiata eloquente che lanciò verso il divano bastò a chiarire la situazione. Kyuhyun e J stavano battibeccando ancora. C’era quasi da rimpiangere i giorni in cui lei non parlava. Non che adesso fosse più facile capirla…
«E DILLO PRIMA, NO?!» sbottò furioso il Maknae, di colpo.
«Era così difficile dirlo con parole quantomeno assimilabili ad un qualsivoglia sistema comunicativo umano? Cosa ti costava chiedere semplicemente “A che servono gli altri tasti?” invece di impelagarti in discorsi su matrici tetraipertroniche!»
Offesa, J mise il broncio, quindi fulminò Kyuhyun con lo sguardo.
«Non mi veniva la parola…» borbottò infine, cominciando a fissare il joystick tra le sue piccole mani con insistenza.
«Non ti veniva “tasti” ma ti veniva “matrice di calcolo tetraipertronica”?»
«Lascia perdere, cominciamo!» tagliò corto la ragazza, alzando lo sguardo determinato sullo schermo del televisore. Il Maknae non riusciva a credere che potesse esistere una creatura tanto complicata. Più la guardava e più gli dava sui nervi, qualunque cosa facesse. Era davvero frustrante avere a che fare con una persona così imprevedibile. Sungmin, d’altro canto, non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.
«Hyungnim… quand’è la prima volta che hai visto Kyuhyunnie arrabbiato?» Chiese di colpo il sostituto Leader all’amico più grande. Heechul fu colto di sorpresa dalla domanda e dovette fermarsi un attimo a pensare. Intanto Ryeowook continuava a vagare per la stanza come un disperato.
«Uhm, non saprei… perché?» Si arrese Heenim infine.
«Ci penso da qualche giorno…» esordì l’amico. «L’ho visto ferito, disperato, offeso, indispettito, vendicativo… forse infastidito ma mai l’avevo visto arrabbiato, intendo davvero. Sicuramente gli sarà successo nella sua vita ma mai prima d’ora aveva reagito come se fosse incapace di controllarsi.»
Heechul tornò a guardare verso il divano: Kyu era di nuovo concentrato sul gioco, premeva tasti a velocità supersonica, mentre J continuava a guardare pigramente il joystick.
«In effetti, forse, la prima volta che l’ho visto davvero furioso è stato il giorno in cui lei è arrivata qui.» Con riluttanza la ragazza si era finalmente risolta a premere qualche bottone, a caso. Fortuna volle, però, che quella combinazione di tasti desse vita ad una mossa micidiale e, con un’enorme esplosione, il personaggio del Maknae si ritrovò a terra, K.O.
«Era esattamente ciò che pensavo: in qualche modo l’arrivo di J l’ha sbloccato… è come se non fosse più in grado di mantenere il controllo con lei.» fece Sungmin e, per l’appunto Kyuhyun, furibondo, stava scaraventando il joystick a terra, imprecando come un dannato, mentre J rideva. Sungmin e l’amico rimasero a guardare i due che litigavano, mentre Ryeowook correva alla porta: nel trambusto era pure suonato il campanello.
«Hyungnim, hai qualche spicciolo per la lavanderia?» ora Wookie stava correndo verso la porta con il vestito insanguinato di J in mano, pronto a consegnarlo ad un fattorino. Heechul, sbuffando, mise mano suo malgrado al portafogli e fece per sfilare una banconota quando il signore delle consegne si offrì di lavare il capo gratis. Così alle urla di Kyuhyun si aggiunsero anche i gorgoglii compiaciuti di Ryeowook. Erano solo le otto di mattina e già Heechul non capiva più niente. Una cosa, però, era certa: c’era veramente troppa confusione.
 
- Ore undici e sette -
 
Ryeowook sapeva essere davvero irritante, pensò J. Era seduto accanto a lei da mezz’ora e non aveva detto una parola, anzi, continuava a guardarla come se fosse una bomba inesplosa. Inizialmente forse le era sembrato divertente ma ora cominciava ad infastidirsi. Ecco perché decise di rompere il silenzio e di voltarsi verso di lui.
 «C’è qualcosa che vuoi chiedermi?» Accigliata, lo vide sussultare quando il suo sguardo incontrò quei dolci e spaventati occhi a mandorla.
«Sto aspettando…» replicò il ragazzo.
«Aspettando che?»
«Che tu faccia qualcosa di folle, completamente incomprensibile e potenzialmente pericoloso.»
«Perché dovrei?»Solo allora il cantante trovò il coraggio di lanciarle un’occhiata scettica. Bastò perché J capisse.
«Non mi sto comportando come una persona perfettamente normale?»
«Stamattina hai fatto colazione con bastoncini di pesce fritti, inzuppandoli nella crema pasticcera!» Era curioso come il ragazzo riuscisse a ricondurre tutto al cibo. Per Ryeowook valeva il detto “sei ciò che mangi”, forse. J si appoggiò contro lo schienale del divano, spostando lo sguardo sullo schermo della tv spenta, pensierosa.
«Non ricordo nulla di ciò che ero, come dovrei comportarmi se non agendo d’istinto?» Aveva ragione, pensò il cantante. Si ritrovò di colpo a chiedersi cosa avrebbe provato al suo posto. Cosa ne sarebbe stato di Kim Ryeowook senza neanche un ricordo? Sarebbe stato il ragazzo docile ed accomodante che conosceva? Avrebbe reagito allo stesso modo di fronte alle varie situazioni? Al solo pensiero si sentiva perso: l’intera identità di una persona dipendeva forse dai suoi ricordi? Bastarono questi pensieri a farlo finalmente rilassare.
A J non piaceva Ryeowook: era gentile ma disattento. Il suo bell’aspetto non la incantava, aveva capito che tipo era! Un vanitoso: indossava un gilet scuro, sbottonato sopra ad una t-shirt griffata ed un paio di aderenti pantaloni beige. Una persona normale sarebbe rimasta candidamente in tuta, ma lui no! Oltretutto aveva passato un’ora in bagno a pettinarsi e a truccarsi, pur sapendo che quel giorno non sarebbe uscito. La sera prima, infatti, i membri avevano deciso all’unanimità che, compatibilmente con gli impegni di ognuno, avrebbero cercato di passare un po’ di tempo con lei. In pratica avevano deciso i turni di babysitteraggio. A quanto pareva non si fidavano a lasciarla sola in casa, vai a capire perché! Wookie era stato il primo ad offrirsi entusiasta di occuparsi di lei, perché allora passare tutta la mattina a correre qua e là terrorizzato alla ricerca di chissà quali oggetti, come se l’avessero incaricato a forza di domare un orso? No, decisamente, a J lui non piaceva: le dava la classica sensazione di individuo losco ed untuoso, disposto ad umiliarsi pur di ottenere l’approvazione di qualcuno! Sbuffò. Si preannunciava una giornata noiosa.
Stava giusto escogitando un modo per evadere e sfuggire alle grinfie del suo aguzzino quando, di colpo, il cantante la afferrò per il polso e si alzò in piedi. Sorpresa, J lo guardò: aveva un’espressione forte e determinata che non gli aveva mai visto prima.
«Che c’è adesso?» Lui la costrinse ad alzarsi senza troppe cerimonie, quindi la trascinò in cucina ignorando le sue domande. Solo allora la lasciò andare e si voltò verso di lei con quella che, secondo la ragazza, era un’espressione arrabbiata.
«Sono stata di nuovo anormale?» J iniziava a preoccuparsi.
«Scopriremo chi sei!» Annunciò invece lui, spalancando il frigorifero con la stessa teatralità di un presentatore che annuncia l’apertura del sipario.
Silenzio.
J osservò con aria scettica i vari scomparti pieni zeppi di bevande energetiche, cibi precotti e poco più.
«Troverò me stessa leggendo i valori nutrizionali dei quattro salti in padella Findus?» oltre che fastidioso era anche svitato, evidentemente. Wookie sembrò confuso.
«Che sono i quattro salti in padella Findus?»
«Non lo so!»
«Beh.. forse sarà il caso di andare a comprare qualche ingrediente!» Tagliò corto il cantante. A quelle parole J s’illuminò.
«Cuciniamo?»
«Tu cucinerai! Forse dalle ricette che deciderai di fare capiremo almeno da dove vieni, potrebbe ritornarti la memoria.»
«Wookie sei un genio!» L’idea la entusiasmò. Non se lo fece ripetere due volte e corse subito alla ricerca del proprio cappello e della sciarpa. Forse dopotutto quel Ryeowook non era un completo decerebrato.
«Come mi hai chiamato?» Il Maknae si affacciò alla porta della cucina, sorpreso.
«Uhm, scusa… volevo dire Hyung!» Si affrettò a correggersi la ragazza, mentre s’infilava il cappellino di lana bianco in testa. Fortuna che in Corea i maschi si vestivano quasi come delle femmine! Non riusciva a credere che finalmente sarebbe potuta uscire, non vedeva l’ora di entrare ancora in un supermercato! ‘Sta volta avrebbe potuto godersi a pieno l’esperienza, se non altro. Non appena si fu vestita, senza indugiare oltre, corse alla porta seguita subito a ruota da Ryeowook.
«Hyung? Non puoi chiamarmi Hyung!» Stava replicando preoccupato lui mentre si sbrigava a raccattare le chiavi ed il portafoglio e a catapultarsi all’ingresso per infilare le scarpe.
«Hyung, muoviti!» se non altro avevano capito una cosa, di J: non era un tipo paziente.
 
«Sei sicura che ci vada tutta questa farina?» Ryeowook stava tossendo.
«No, così è solo più divertente!» A lei piaceva giocare, pensò Wookie accennando un sorriso mentre guardava J arricciare il nasino nel vano tentativo di sistemare gli occhiali dalla montatura contorta senza dover usare le mani. Con aria concentrata stava impastando una grossa quantità di qualcosa di non ben’identificato. La vide spostare indietro i capelli sporchi di farina con il dorso della mano impiastricciata, dato che le ciocche le andavano davanti agli occhi, quindi riprendere con energia ad affondare le dita nell’impasto. In realtà avrebbe potuto smettere già da un po’ ma a lei piaceva, aveva detto.
«Come hai detto che si chiama questa ricetta?»
«Gnocchi di patate»
«Oooh..» ammirato il ragazzo affondò l’indice nella pasta. Era tiepida adesso. Poco prima si erano scottati le dita insieme nel tentativo di sbucciare in fretta le patate appena bollite. Erano già le sette e mezzo, di lì a poco i membri e alcuni manager sarebbero rientrati per la cena, dovevano sbrigarsi.
«Quindi?» Chiese di colpo la ragazza mentre si decideva finalmente a dividere l’impasto e a cominciare a rotolarlo in modo da formare dei lunghi e sottili cordoni.
«Quindi che?»
«Di che nazione sono questi gnocchi?»
«Ah, non ne ho idea.. non ti viene in mente niente?» Replicò lui, premendo con l’indice sulla stanghetta centrale degli occhiali di lei per riportarli alla loro posizione. Fu un gesto spontaneo, il suo, neanche ci fece caso. Lei non poteva toccarsi il viso con le mani incrostate di pasta, dopotutto. J si fermò per un secondo e si voltò a guardare il cantante. Fu un’occhiata penetrante, con lo sguardo crucciato, tanto che per un attimo il Maknae si chiese se il suo gesto l’avesse infastidita. Incassò la testa tra le spalle e, con uno sguardo imbarazzato, tornò a torturare la pasta a riposo sul tagliere. Fu allora che lei sorrise appena, intenerita. Certo, lui non poté vederla, troppo concentrato ad evitare l’imbarazzo. A J non piaceva ammettere di aver sbagliato, anche se nel caso di Ryeowook era così. Per tutto il giorno si era dedicato a lei con estrema attenzione. Aveva coraggiosamente maneggiato le patate bollenti per evitare che si scottasse anche se era evidente che lui pativa quel calore più di quanto non lo patisse lei. L’aveva osservato mentre cercava di rimanere impassibile al dolore nonostante il suo viso diventasse sempre più rosso. Quel giorno poi le aveva comprato di tutto e di più per farla contenta e, quando lei l’aveva messo alla prova con i capricci più inutili, con una naturalezza ed una pazienza disumane, il cantante l’aveva sopportata e soddisfatta. Persino quando alcuni dei suoi esperimenti culinari avevano l’aria di scatenare potenti reazioni tossiche, l’aveva lasciata fare ed aveva assaggiato tutto col sorriso sulle labbra. Ma soprattutto, per quanto si fosse sforzata, il ragazzo era sempre rimasto totalmente autentico: non si prodigava tanto per lei al solo scopo di ottenere la sua approvazione, il motivo era un altro, anche se per ora rimaneva totalmente oscuro. Successe quando lei cominciò a tagliare i singoli gnocchi con un coltello dalla lama inumidita.
«Mia nonna mi ha insegnato questa ricetta…» disse di colpo. Ryeowook si bloccò e la guardò fisso. «Me lo ricordo. Stava alla mia destra, come te, ed aveva delle mani lunghe ed affusolate. Le sue unghie erano sempre curatissime...» Al pensiero le sfuggì un sorriso. «Ricordo che a me piaceva mangiare l’impasto crudo, la nonna mi dava sempre dei colpetti sulle mani quando provavo a fregare gli gnocchi dal tagliere! Allora io cercavo di prenderli di nascosto e lei, anche se mi vedeva, mi lasciava credere di essere riuscita a fargliela.»
Wookie non replicò alle parole di lei, rimase in silenzio, a guardarla.
«Ero l’unica persona che trattava con gentilezza…» aggiunse infine, quindi alzò il capo ed incrociò gli scuri occhi del Maknae. Erano diventati lucidi.
«Non mi viene in mente altro, però…» ammise delusa, ritornando a tagliare gli gnocchi.
Fu allora che Kim Ryeowook l’abbracciò.
Prima che potesse anche solo reagire si ritrovò con il volto appoggiato al suo petto, le braccia di lui che le avvolgevano il capo. Aveva un buon profumo.
«Grazie!» le disse lui e J potè chiaramente sentire la commozione nella sua voce. Rimase esterrefatta, non fece in tempo a replicare.
«Grazie di avermi permesso di darti una mano!» Proseguì il cantante. Ma come? Era lui a ringraziarla dopotutto ciò che aveva fatto per lei? Era stata un’odiosa palla al piede per tutto il giorno, si sentiva quasi in colpa per questo eppure lui le diceva così! Era talmente sorpresa da quel gesto, talmente scossa che sentì una stretta al petto.
«Hyung, ho un coltello e non ho paura di usarlo.»Replicò non appena fu sicura che la sua voce non sarebbe stata alterata dall’emozione. Non gli avrebbe mai fatto conoscere i suoi reali sentimenti, non gli avrebbe mai detto grazie, era troppo orgogliosa. Subito lui si ritrasse, stropicciandosi gli occhi con un vago sorriso sulle labbra. In quel momento J lo odiò: era troppo tenero, sembrava un bambino.
«Perché lo fai?»
«Fare cosa?»
«Dare tutto te stesso per gli altri! Cosa speri di ottenere in cambio?»
«Beh.. se rendo felice una persona, sono felice anch’io. Perché non farlo, allora?» J non seppe rispondere. Era talmente logico che si chiese come mai non ci fosse arrivata prima. D’un tratto le sembrò che non ci fosse modo più sensato di agire. Il proprio orgoglio le sembrò stupido. 
«Grazie, Ryeowook-shi» 

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Capitolo 13
*** La strana cena ***


Alò, mi sa che mi sono arresa all'idea che non pubblicherò più immagini a meno che non si renda necessario (o a meno che la mia voglia di photoshoppare non risorga come Fanny dalle ceneri). Basta, non ho altro da dire... se non: Siwon e Sungmin in versione comari ci piacciono un sacco! :P

- Due Novembre, ore ventuno e trenta -

Kangin continuava a fissare il piatto davanti a sé. Era una specie di sformato o budino, difficile a dirsi. Ad occhio e croce doveva avere un’elevata densità ed un peso specifico tendente all’infinito. Non riusciva neanche a capire se fosse dolce o salato.
«Ehm… questa delizia cos’è?» Non era un attore nato, Kangin. Mentre parlava conficcò lentamente una bacchetta nello strano pasticcio, per saggiarne la consistenza.
«Timballo di Aragosta, Ribes e Datteri Intinto in Salsa segreta!» Replicò Ryeowook cercando di mettercela tutta per farlo suonare invitante.
«E’ un piatto tipico del Paese di origine di J, non è così?» Lei annuì ed abbozzò un sorrisino, evidentemente a disagio. Aveva come l’impressione che più che cucina tipica quella cena fosse solo il frutto di una mente contorta dai ricordi parecchio confusi. Le era stato imposto di non parlare mai in presenza di estranei, perciò si limitò ad invitare tutti a servirsi con un gesto della mano. Kangin si guardò intorno: tutta la tavola era silenziosa, Siwon fissava il piatto di carne a pochi centimetri da lui, imbarazzato. Sapeva qual era il suo dilemma: quel cibo sembrava disgustoso ma lui era troppo educato per rifiutarlo e troppo sincero per mentire riguardo al suo sapore. La tensione era palpabile. Quello era il primo contatto di J con i manager, la prova del nove. Se fosse riuscita ad ingannare loro sarebbe filato tutto liscio… forse. Fin’ora la storia dell’amico di Sungmin trasferitosi per imparare la lingua dall’Inghilterra aveva retto, i Manager si erano bevuti senza troppi problemi anche la balla sull’incidente di golf che gli aveva fruttato un trauma cranico e qualche piccola stranezza ma poteva succedere di tutto, lo sapevano. Non era per questo, però, che tutti esitavano nel buttarsi sulle pietanze e mangiare con la foga di sempre. Più che una tavola sembrava un campo di battaglia. Non c’era nulla che si potesse ricondurre ad una qualsivoglia preparazione umana: la maggior parte dei piatti sfuggiva addirittura al concetto di materia, tanto era inclassificabile. Fu Yesung il primo a farsi coraggio e a servirsi un’abbondante cucchiaiata di… di… non si sa bene cosa, ma avrebbe potuto giurare che ci fossero delle uova. Sono sempre buone le uova, si era detto! Era deciso a premiare J per i suoi sforzi, dato che aveva cucinato tutto il giorno! Sarebbe stata una cena interessante, in fondo, una cena all’occidentale! Avevano anche comprato delle forchette di plastica per l’occasione!
La sbobba cadde con un inquietante SPLAT nel piatto del Main Vocalist. Deglutì sonoramente. Accanto a lui Kangin stava tentando di estrarre la propria bacchetta dal Timballo di Aragosta, invano.
«Beh, buon appetito!» Annunciò coraggiosamente il cantante, anche se aveva la gola secca. Senza esitare mise in bocca un’enorme forchettata di roba. La sala trattenne il respiro. Sungmin lo guardava come se potesse sputarla da un momento all’altro, Heechul preparava sé stesso a vederlo a terra in preda alle convulsioni e con la schiuma alla bocca, Siwon semplicemente non poteva credere che l’avesse fatto davvero. Il Main Vocalist masticò un paio di volte, poi di colpo sgranò gli occhi e si bloccò. La tensione crebbe a dismisura.
«Oh mio Dio…»
«Dategli dell’acqua!»
«E’ BUONISSIMO!» Esclamò. Fu uno shock per tutti, anche per J. Non stava mentendo, cielo, Yesung aveva le doti recitative di un cactus! A giudicare da come si fiondò sul piatto mangiando con voracità, non poteva che essere vero.
«Impossibile!» Heechul si sporse per assaggiare una forchettata dello stesso intruglio. Saggiamente scelse di farne una piccola: dopotutto se piaceva a Yesung c’erano ancora altissime probabilità che fosse incommestibile! Curioso assaggiò. Non sapeva che sapore fosse ma era…
«…niente male!» Si vide costretto ad ammettere. Fu come un segnale di “via”. Immediatamente tutti i membri e i manager, più scettici, cominciarono a servirsi grosse piattate. La tavolata si trasformò in un mercato tunisino, c’era chi si faceva passare un piatto, chi voleva la salsa, chi scherzava o chiedeva al vicino di sedia come fosse andata la sua giornata. Shindong sembrava un vigile urbano da quanto vociava per far sì che il traffico di portate confluisse tutto verso di lui. Eunhyuk, vorace e dispettoso, rubò un’oliva dal piatto di Donghae mentre questo era intento a parlare con Siwon, Ryeowook imboccò a Sungmin un po’ di quel Timballo dal nome altisonante. Ripresero a comportarsi naturalmente, come se nulla fosse. La cosa veramente sconvolgente era che, sebbene non sapessero dire cosa stavano mangiando, il cibo era decisamente delizioso! Sungmin trovava particolarmente speciale una strana zuppa verde con immersi una serie di scampi, comprensivi di corazza, code, teste ed altre parti coriacee non specificate. Scartate le varie antenne e zampette, il piatto aveva un gusto strepitoso! La stava giusto sorseggiando con soddisfazione quando Siwon gli diede una leggera gomitata.
«Hyung, mi sono perso qualcosa?» Ancora in brodo di giuggiole per il boccone, Sungmin non distolse lo sguardo dal suo piatto ma replicò.
«A che ti riferisci?»
«Kyuhyun-ah… ha discusso con qualcuno?» A quelle parole il sostituto Leader dovette alzare lo sguardo e, con aria teneramente sorpresa, si voltò verso l’attore.
«Perché, che è successo?»
«Non lo so, guardalo: è serissimo… non ha detto una parola da quando è arrivato e non ha ancora toccato cibo!» Sungmin si sorprese tanto che gli cadde il cucchiaio di mano. Kyuhyun aveva un’espressione indecifrabile in volto: sembrava totalmente apatico e indifferente ma il suo sguardo era come un dardo infuocato che puntava su J. Non le scollò gli occhi di dosso neanche per un istante, neppure quando Shindong, troppo preso dal cibo per accorgersene, gli chiese di passargli un piatto. Gliel’allungò senza battere ciglio.
«Oh… allora è come penso!»  Esclamò sconvolto il Leader sostituto, coprendosi la bocca con una mano e sgranando gli occhi da cerbiatto. Siwon lo guardò eloquente: moriva di curiosità.
«Forse è innamorato di J!»
«COSA?» Lo stupore dell’attore attirò l’attenzione di Heechul che accostò l’orecchio senza dire una parola.
«Ultimamente non fa altro che sfidarla a qualunque gioco e passa tutto il suo tempo a battibeccare con lei per ogni cosa, devi vedere come cambia quando è nei paraggi! Perde la pazienza con nulla, è totalmente instabile… penso che abbia preso una cotta per lei!»
«Per lei?!»
«Sì, lei!»
«Stiamo parlando della stessa persona?»
«Perché sei sorpreso? E’ carina!» Sungmin spostò lo sguardo sulla ragazza. Ok, il cerotto e gli occhiali tutti storti non le donavano e di certo il livido violaceo attorno all’occhio non contribuiva a migliorare la situazione, per non parlare dei capelli e del loro taglio irregolare che non erano riusciti in alcun modo a recuperare… Era anche disposto ad ammettere che fosse decisamente troppo magra ma forse con un bel vestitino rosa ed una pettinatura decente poteva essere carina! Siwon, d’altro canto, era troppo gentile per dire esattamente ciò che pensava. Fortunatamente per lui in questi casi le sue espressioni rendevano vana qualunque parola. Sungmin deglutì e fece un’alzatina di spalle.
«Beh, l’importante è che Kyuhyunnie sia felice!» Si risolse infine l’uomo più bello della Corea, tornando a guardare il Maknae con un sorriso. Lui ed il supplente Leader si scambiarono un’occhiata complice.
«C’è altro da mangiare?» Eunhyuk aveva spazzolato non si sa quanti piatti di gnocchi. Ben presto anche Shindong si unì a lui, mentre si massaggiava lo stomaco stravaccato sulla sedia.
«Ci vorrebbe un bel dolce all’inglese per concludere la serata!» J si alzò annuendo, seguita a ruota da Ryeowook, seduto accanto a lei. Anche Kyuhyun, però, si alzò, suscitando altre occhiatine eloquenti tra Sungmin e Siwon.
«Ryeowookie, potresti venire qui a spiegarmi la ricetta di questa zuppa?» Chiese l’attore ammiccando al suo complice. Wookie esitò.
«Kyuhyun-ah darà una mano a J per servire il dolce, non è vero!?» Proseguì Sungmin con un sorriso verso il Maknae che, senza dire niente, si avviò verso la cucina alle spalle di J.
La ragazza varcò la soglia grata di poter smettere di recitare la parte della persona normale con un passato e dei meravigliosi ricordi. Quasi istintivamente raddrizzò la schiena e si passò una mano tra i capelli. Il tiramisù di anguria, porri e mandorle era in frigo e, forse, sarebbe stato il caso di sporzionarlo prima di servirlo se non voleva che alcuni ospiti rimanessero senza.
«Hyung, prendi le coppett…» se non poté terminare la frase fu a causa di Cho Kyuhyun.
Arrivò alle sue spalle silenzioso, quindi posò la mano sinistra sul frigo e lo chiuse con facilità, sebbene J stesse tentando di aprirlo. Quasi in contemporanea ella sentì la presa forte di lui che si strinse sulla sua spalla e la costrinse a girarsi, spingendola verso lo sportello, schiacciandola contro di esso. Il cuore le schizzò in gola, battendo all’impazzata. In un attimo si era ritrovata faccia a faccia col Maknae, lui l’aveva messa in trappola con un’unica mossa, era stato talmente facile che J si maledì per non aver tenuto la guardia alta. Lui, senza mollare la presa sulla sua spalla, fece scorrere con voluta lentezza le lunghe dita affusolate dell’altra mano sulla superficie liscia del frigo, fino ad appoggiare il palmo contro di esso, accanto al viso di lei. In quel modo le bloccava qualunque via d’uscita, lo sapevano entrambi. Atterrita dalla sorpresa, J incrociò il suo sguardo. Non riusciva a capire il perché di quel comportamento, cosa voleva da lei? Lui si sporse in avanti per portare il proprio viso all’altezza del suo, vicino, molto, troppo vicino.
«Hyung…» la voce di lei fu un soffio leggerissimo, nei suoi occhi dorati si leggeva tutta la sua confusione. Sembrava un cucciolo innocente, pensò il Maknae, la cosa lo mandava in bestia ma non disse niente. Si limitò a sollevare l’angolo delle labbra in un mezzo sorriso dei suoi.
J era una ragazza intelligente eppure in quel momento Kyuhyun era indecifrabile. Non avrebbe potuto indovinare i suoi pensieri neanche con tutto l’impegno del mondo. Una cosa era certa: stava giocando al gatto col topo. Si muoveva piano, misurando ogni passo in modo volutamente snervante. Era sicuro di sé, tanto che la sua espressione aveva un che di spaventoso, quasi. Era evidente che voleva godersi fino all’ultima goccia quel momento. Dal canto suo, J non sapeva perché ma quegli occhi la paralizzavano. Non poteva muovere un muscolo.
«C-ci aspett…» non riuscì a finire neanche questa di frase perché, d’un tratto, tutta l’aria nei suoi polmoni le venne succhiata via dal corpo. Lui si avvicinò ancora. Vide chiaramente le sue labbra dischiudersi appena, quindi strizzò gli occhi in attesa dell’inevitabile.
Ma non successe nulla di ciò che pensava.
Se ne accorse quando sentì il respiro di lui sul proprio orecchio ed il profumo della sua pelle. Quando Kyuhyun parlò la sua voce era morbida e vellutata come il miele ma la colpì con la potenza di una coltellata.
«Smettila di recitare piccola, sporca, bugiarda.»

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Capitolo 14
*** Nascosta in bella vista ***


Deh, rieccoci! La votazione per i Mama mi ha un filo debilitato y.y... 
Comunque, care amatissime lettrici, eccomi qui! Astenersi deboli di cuore: in questo capitolo assisterete ad un Kyu totalmente out of character! Mi dispiace per chi non lo riconoscerà nella persona che ho descritto, ma è piuttosto difficile immaginarlo incacchiato nero come non si è mai mostrato in tv e saperlo quindi riprodurre fedelmente! Che dire... Kyu rabbioso mi serviva! E poi... beh... a me tira! Lascio giudicare a voi :P
Grazie dell'attenzione


- Due Novembre, ore diciotto e quindici -
 
Cho Kyuhyun aveva dei bellissimi occhi. Erano caratterizzati da un taglio molto affusolato e le iridi, scure e luccicanti come pietre di ossidiana, raccontavano, a chi le guardava, le sue continue macchinazioni. Erano occhi furbi, sempre attenti. Alcuni dei suoi Hyung affermavano che il 90% delle cose che Kyu comunicava, arrivava proprio dal suo sguardo. Quel pomeriggio anche un estraneo avrebbe capito che nella testa del Maknae si stava scatenando l’inferno. Seduto sulla poltrona girevole del parrucchiere, fissava senza vedere la propria immagine riflessa nello specchio, mentre mani morbide ed affusolate sistemavano le ciocche dei suoi folti capelli bruni. Quella mattina non aveva abbandonato quel cipiglio serio e concentrato neanche in presenza dei Sunbae più grandi e quando loro gli avevano chiesto cosa ci fosse che non andava, aveva risposto con un semplice e categorico “Sto progettando una trappola per topi”. Kyuhyun amava le risposte evasive come quelle e col tempo la gente aveva imparato che l’unico modo per ottenere chiarimenti in merito alle sue frasi, era che fosse lui a concederli.
«Cinque minuti alla messa in onda!» l’aveva avvertito il manager. La risposta del Maknae fu a malapena un grugnito. Con la mano prese a tamburellare sul ripiano di fronte allo specchio. C’era qualcosa di veramente strano in quella ragazza: come faceva ad avere nozioni simili senza sapere dove o quando le aveva acquisite? Possibile che non si ricordasse nulla? Dopotutto era un’ELF, a lei conveniva stare lì, servita e riverita dai suoi idoli. Forse sapeva tutto già da tempo e non aveva detto niente a nessuno. Certo, non si era mai tradita, fin’ora.. ma forse era solo questione di tempo!
Da quando l’aveva vista all’ospedale continuava ad avere una strana sensazione nei suoi confronti, come se ci fosse qualcosa di profondamente strano, innaturale, in lei. Sentiva chiaramente che era un dettaglio di enorme rilevanza, qualcosa di gigantesco eppure non riusciva a capire cosa fosse. La verità era nascosta in bella vista e il non poterla afferrare come aveva sempre così facilmente fatto fin’ora lo mandava in bestia.
La parrucchiera aveva finito il suo lavoro così il Maknae fece girare la sedia, pronto ad alzarsi. Fu in quel momento che vide il nuovo assistente correre verso di lui con un bicchierone di caffè in mano.
«Il suo Americano, Signor Cho!» Affermò il nuovo giunto con la voce trafelata, porgendolo diligentemente al cantante.
«Non bevo Americano» replicò glaciale quest’ultimo. Subito l’assistente si affrettò a rispondere.
«La prego, non mi prenda in giro: è stato lei a chiedermelo, proprio un momento fa!» Piagnucolò agitatissimo allungando la mano verso di lui con aria disperata. Fu allora che Kyuhyun sfoderò uno di quegli sguardi tanto roventi che ci si sarebbe potuto chiedere come mai il suo povero interlocutore non giacesse già a terra sotto forma di un mucchietto di cenere. Stava per sputargli addosso del veleno quando un tizio alto e maldestro che stava passando alle spalle dello stagista, lo strattonò e fece sì che il caffè si rovesciasse tutto sulla camicia color glicine del Maknae.
«Aaaaah!» Il liquido caldo gli scottò il torace e faceva un male cane ma non era nulla rispetto all’irritazione che Kyuhyun provò nei confronti dell’aiutante mortificato, impegnato ad urlare come un pazzo e a ricoprirlo di fazzoletti come se invece che un caffè gli avessero buttato addosso un litro di acido.
«Non importa, è tutto ok, lasciami andare…» sibilava a denti stretti: sebbene le parole mirassero a rassicurare il ragazzo, il tono sapeva parecchio di minaccia. Fu allora che il Maknae si voltò a cercare il tipo che l’aveva urtato.
«Dov’è quel cafone, non si è neanche fermato a chiedere scus…» si bloccò di colpo, sgranando gli occhi a mandorla. Quell’uomo era lì, incurante del danno che aveva provocato. Stava appoggiato al muro a nemmeno tre metri di distanza e non solo osservava la scena con aria divertita ma, Kyuhyun era disposto a giurarlo, lo stava guardando dritto in faccia con un sorriso di aperta sfida! Fu un’altra, però, la cosa che lasciò il Maknae totalmente di stucco. Lo riconobbe subito: era il sedicente addetto alla sicurezza che il giorno del concerto disse loro di prendere l’uscita laterale anziché la principale. Fu proprio a causa di questo che loro avevano incontrato J!
Quell’uomo sapeva qualcosa.
I suoi sospetti vennero subito confermati quando, non appena i due incrociarono gli sguardi, l’uomo misterioso si sollevò dal muro e fece per allontanarsi.
«FERMO!» Tuonò il cantante con tutta la potenza della sua giovane voce, alzandosi di scatto e mandando a terra l’assistente ancora intento a ripulirlo, in un turbinio di fazzoletti. Senza indugi partì all’inseguimento dell’uomo, zigzagando tra telecamere e tecnici, incurante dei Manager e dei colleghi che lo chiamavano sorpresi. Lo stava quasi perdendo di vista quando intravide un lembo della sua giacca blu sparire oltre la porta di sicurezza che conduceva fuori dallo studio. Corse a perdifiato in quella direzione e si fermò solo quando si ritrovò nel corridoio deserto. Dell’uomo misterioso non c’era più traccia. Deglutì e strizzò gli occhi: aveva i polmoni in fiamme. Il suo respiro era profondo ed affannoso, sentiva la camicia bagnata stringerlo, impedendogli di respirare. Con un gesto rabbioso l’aprì, tanto aveva comunque una canottiera sotto.
Alle sue spalle giunse una risata cristallina.
«Sia mai che Cho Kyuhyun metta in mostra i suoi addominali!» disse la voce. Il Maknae si bloccò di scatto con gli occhi sgranati per lo stupore. Conosceva quella voce.
«Ti conviene approfittare del tempo che ho a disposizione e cominciare subito con le domande.» Continuò J, comodamente appoggiata alla finestra a nemmeno un metro da lui. Kyuhyun si voltò molto lentamente, come se non credesse alle proprie orecchie. Era lei, la ragazza senza nome, quella che lui aveva soccorso, protetto, difeso. Quella che viveva con lui, sotto lo stesso tetto. Era diversa, però, Kyuhyun se ne rese conto subito. A differenza della J con cui aveva litigato quella mattina, questa sapeva esattamente chi era. Non c’era smarrimento nel suo sguardo, neanche una traccia. Per un lungo minuto il Maknae non riuscì a parlare, non riuscì neanche a respirare. Quando aprì bocca, la sua voce si era arrochita.
«Chi sei?»
«Lo sai chi sono.»
«Non prendermi per il culo! Hai detto che avresti risposto alle mie domande!»
«L’ho detto.»Prese a dire lei, muovendo un passo in sua direzione ed infilando le mani nelle tasche dei jeans blu scuri che indossava. Incassò la testa nelle spalle, quindi gli sorrise con malignità. «Non ho detto, però, che le mie risposte ti sarebbero piaciute. Devi fare le domande giuste.»
«Dimmi chi cazzo sei!» La voce del Maknae rimbombò per tutto il corridoio deserto.
«Tic toc…»fu la replica della ragazza mentre picchiettava con l’indice sul polso sinistro.
«Cos’hai in mente, perché sei qui?» si affrettò quindi lui.
«Sei stato tu a dirmi di venire qui.»
«SMETTILA!»
«E’ la verità…» proseguì lei con un sorrisino ironico, per nulla turbata dalle urla. «Dovevi sapere, è di fondamentale importanza che tu sia qui, ora.»
«Perché?»Incalzò il cantante, sempre più furibondo. Fu allora che l’espressione della ragazza cambiò: da calma e supponente, si fece triste, di una tristezza infinita. Questo bastò a far vacillare la sicurezza di lui: dopotutto lei era brava in questo genere di cose.
«Sono qui per chiederti di fidarti di me.» Proseguì quindi J, guardandolo con aria decisa.
«Hai capito? Fidati di me, Kyuhyun-ah… e andrà tutto bene. Se non lo farai…» le parole di lei vennero interrotte dalle porte dello studio che si aprivano. Il Manager si affacciò con aria allucinata e puntò lo sguardo dritto sul cantante.
«Sei impazzito? Dovevamo cominciare a girare cinque minuti fa, mi spieghi che ci fai qui tutto da solo?»
Già, da solo. Kyuhyun si guardò intorno. Di J non c’era più traccia.
 
Non c’era quindi da sorprendersi se, quella sera, il Maknae era stato tanto silenzioso e distante. Non aveva parlato a nessuno di ciò che aveva visto, sicuro che avrebbe affrontato l’argomento dopo cena, una volta che i Manager fossero rientrati a casa e lui fosse rimasto solo con i suoi Hyung al completo. Quando però si era visto accogliere da una tavola imbandita e da una J tutta infarinata e dall’aria totalmente innocente, era rimasto di sasso. Aveva davvero una tale faccia tosta da far finta di niente? Da quel momento in poi aveva passato ogni singolo istante a fissare la ragazza, deciso a coglierla in fallo anche solo per un attimo. Bastava un’occhiata, un gesto qualunque e lui avrebbe capito, doveva solo incrociare il suo sguardo! Non poteva prevedere che lei avrebbe mantenuto un tale sangue freddo: pur sapendo di esser stata smascherata, pur sapendo di avere gli occhi di lui addosso non si tradì neppure per un minuscolo istante. Se non fosse stato troppo arrabbiato anche solo per considerarla un essere umano, sarebbe rimasto ammirato da tale sicurezza, doveva ammetterlo. Era davvero furba, una degna avversaria. Avrebbe potuto smascherarla facilmente lì, davanti a tutti ma una parte di lui voleva proteggere i suoi Hyung: ne avrebbero sofferto troppo. Forse era la sua esitazione che dava tanta sicurezza alla ragazza, forse lei sapeva di poter far leva sulla vanità del Main Vocalist! Infatti l’istinto di protezione verso gli altri membri non era l’unico motivo per cui lui non aveva detto ancora niente: in cuor suo desiderava risolvere da solo il mistero celato dietro a quegli strani occhi gialloverdi. Ecco perché al momento del dolce non esitò a seguirla in cucina. Voleva vedere se, almeno con lui, avrebbe abbattuto il suo muro di menzogne. La tallonò con passo silenzioso, gli occhi puntati sulla sua schiena minuta sepolta sotto un’ampia felpa blu. Era così piccola, sembrava così fragile che si meravigliò. Quel pomeriggio non gli era sembrata così debole, forse per una questione di suggestione, chissà!
In ogni caso, il suo modo di fare lo costrinse a passare alle maniere forti: doveva metterla alle strette, coglierla di sorpresa se voleva ottenere qualcosa.
Quando infine le disse di finirla con quella farsa, lei non fece altro che dipingere un’espressione ancora più sorpresa sul suo faccino innocente. Kyuhyun si appellò all’ultima briciola di calma che gli era rimasta: quella ragazza aveva davvero il potere di fargli perdere la testa!
«Ti ho detto di smetterla.» Il sorrisino sarcastico del cantante si estinse come la fiamma di una candela sotto l’acquazzone, lasciando spazio solo alla desolante furia del suo sguardo. Eppure lei non si scompose neppure in quel momento: indossò l’espressione più basita e dolce che i suoi grandi occhi le permettevano.
La mano che poggiava sulla fredda superficie del frigo si serrò in un pugno, J la vide tremare mentre lui chiudeva gli occhi quasi per aggrapparsi all’ultima disperata molecola di pazienza rimasta. Lo sentì fare un profondo, vibrante respiro.
«Ok, la smetto..» più spaesata che convinta delle proprie parole, J si era finalmente risolta a replicare.
«Solo che… non è che mi diresti che ho fatto?» Dopotutto poteva anche essere che si era comportata male senza saperlo. Kyuhyun rise senza gioia a quella domanda, sollevandosi ed abbandonando il capo indietro. Era spaventoso e bellissimo al tempo stesso, pensò la ragazza, amava il modo in cui si muoveva, in cui la guardava, sebbene sembrasse deciso a sbranarla da un momento all’altro. Il suo sguardo famelico era… estremamente attraente.
«Va bene, vuoi giocare? Giochiamo!» Si arrese il Maknae. Ogni sua parola era secca come una frustata. «Cosa ci facevi agli studi oggi pomeriggio, cosa intendevi quando hai detto che mi sarei dovuto fidare di te? Pensi che io mi possa fidare di una persona del genere? Tu ricordi perfettamente chi sei, è inutile che fai la finta tonta, l’ho capito subito! Perché sei qui, cosa pensi di ottenere dalla convivenza con noi?» La sentiva. Era una sensazione del tutto nuova ed incontrollabile. La rabbia era come un parassita, affondava le radici sempre più a fondo nella sua carne, sprofondando fino alle viscere, fino alle ossa. Infettava il sangue, succhiava via la logica, il raziocinio, l’umanità, lasciando solo una cieca e bestiale sete di vendetta. Più parlava e più la sentiva montare fino quasi a mozzargli il respiro.
«Sei davvero così presuntuosa da presentarti davanti a me come se nulla fosse e credere che io rimarrò impassibile, che non farò niente per fermarti?!» di man in mano che parlava il tono si alzava sempre di più: non gli importava se i Manager avrebbero sentito tutto, a questo punto. Sapeva che, ormai, non sarebbe più riuscito a controllarsi. J era atterrita da ciò che vedevano i suoi occhi: tutta quella rabbia, quegli occhi neri come l’abisso, le belle labbra arricciate in un ringhio leggero che soffiavano aria come un drago maestoso e micidiale. Ora che si era allontanato poteva rilassarsi un poco, anche se rimase appoggiata al frigorifero, come se fosse il carisma del ragazzo a tenerla incollata lì. Poteva vederlo meglio adesso. La camicia bianca che indossava aderiva al suo petto che s’alzava e s’abbassava veloce, poteva chiaramente sentire il suo respiro affannoso. Lo vide stringere i pugni con forza, gli avambracci scoperti per via delle maniche arrotolate sopra al gomito, erano percorsi da sottili vene che irroravano i suoi muscoli. Eppure, nonostante lo spettacolo spaventoso davanti ai suoi occhi sembrava che le parole di lui non avessero alcuna logica, o almeno, così dava a vedere. Fu allora che Kyuhyun si accorse che lei non aveva paura. Era atterrita, sì, sconvolta, sorpresa ma non c’era paura nei suoi occhi. A pensarci bene, non l’aveva mai vista spaventata, mai. Non lo era stata all’idea di aver perso la memoria, né quando si ritrovò sola con due sconosciuti e neanche quando quei due sconosciuti la lasciarono in mezzo alla strada con un mucchietto di soldi e delle vaghe indicazioni. Nonostante la sorte l’avesse messa alla prova già svariate volte, J non aveva avuto paura neanche per un istante! Eccola, la prova che cercava!
Per Kyuhyun quella fu la goccia.
Come l’ondata di un mare in tempesta, si fece nuovamente in avanti e la investì. Lo vide alzare la mano destra e, sicura che l’avrebbe colpita, J trasalì, spalmandosi contro il frigorifero e strizzando forte gli occhi.
SLAM!
Sentì l’elettrodomestico vibrare e, quando riaprì gli occhi, vide che il ragazzo aveva colpito lo sportello ad un millimetro dalla sua testa. Si sentiva completamente scombussolata: aveva lo stomaco attorcigliato, il cuore in gola. Le sembrava di trovarsi in un sogno. Lui era di fronte a lei, col capo chino, talmente vicino che i suoi capelli le sfioravano il volto. Non riusciva a vedere i suoi occhi, coperti dalle ciocche, ma osservò le labbra carnose appena socchiuse che annaspavano per un po’ d’aria. Kyuhyun cercò di ritrovare un minimo di sangue freddo e, quando alzò lentamente il capo ed incrociò lo sguardo di lei, J si sentì trafitta dai suoi occhi come se fossero chiodi. Quell’occhiata le mozzò il respiro definitivamente. Per un attimo la ragazza pensò che sarebbe morta soffocata se il Maknae avesse deciso di non smettere più di guardarla.
«Dimmi subito chi sei, altrimenti…» ma non finì mai quella frase. Una mano lo arpionò per la spalla e lo spinse indietro. Dalla sua posizione J vide Heechul scambiarsi con Kyuhyun uno sguardo sorpreso.
«Che fai, ci provi con la mia donna?» le parole sembravano canzonatorie ma il tono era serio e lo sguardo duro che il cantante riservò al Maknae chiarì che quella frase nascondeva un’ammonizione che non ammetteva repliche.
«Non lo sai che le donne non si toccano neanche con un fiore?» Heenim aveva il mezzo sorriso di un demone sulle labbra.
«Pensavo andasse tutto bene finché si tratta di baciarle a tradimento durante un concerto!»
«Era questo che avevi intenzione di fare con lei?»
«Tu non hai idea di chi sia, questa donna. Non è chi dice di essere!»
Le parole di Kyuhyun colsero per un attimo il suo Hyung di sorpresa. Spostò lo sguardo vagamente spaesato su J.
«Che intendi?»
«Non so come, né a che scopo ma questa…»quando Kyuhyun la indicò non la degnò neanche di uno sguardo, il suo tono era disgustato. «persona… è venuta agli studi televisivi oggi e sapeva esattamente chi era!»
«Come lo sai?»
«Me l’ha fatto capire, senza ombra di dubbio. Ha un complice, in qualche modo deve aver inscenato tutto! Non so ancora come ma se mi lasci andare lo scoprirò!»
«Che hai da dire, tu?» Con un cenno del mento Heechul indicò colei che era stata zitta per tutto il tempo. Sembrava più sorpresa lei di chiunque altro in quella stanza.
«Io sono stata tutto il pomeriggio con Ryeowook-hyung…» replicò infastidita, per nulla intimorita dalle accuse. Ora che il Maknae era a distanza di sicurezza sembrava aver trovato la forza di parlare.
«Non hai nessun diritto di prendertela con me! Forse eri stanco, forse hai lavorato troppo o sei semplicemente impazzito! In ogni caso questo non ha nulla a che vedere con me, perciò non ti azzardare mai più a toccarmi in questo modo, a mancarmi di rispetto o anche solo ad infastidirmi!» L’alzata di testa della ragazza non piacque per niente al cantante. La guardò come se volesse di incenerirla con lo sguardo.
«Brutta…!»
«ORA…» Heechul prese parola, frenando ancora una volta l’impeto del Maknae.
«Io vado di là, anzi, andiamo!» Disse, afferrando J per il polso e trascinandola via dal cantuccio in cui si era rintanata.
«Così Kyuhyun-ah avrà la possibilità di calmarsi. Da solo!»
«E tu!» Heechul si fermò davanti alla porta e si voltò verso il Maknae che stava fissando il frigo.
«Ricordati che abbiamo ospiti, parleremo con Wookie dopo.» concluse minaccioso, per poi uscire dalla stanza trascinandosi dietro la ragazza.
Un attimo dopo l’unico rumore della cucina era il rintocco dell’orologio. Kyuhyun fece un profondo sospiro. Non riusciva neanche più a riconoscersi. Aveva bisogno della versione fredda e calcolatrice di sé stesso se voleva ribaltare la situazione a suo favore. Se avesse continuato a farsi trascinare così dalle emozioni non sarebbe mai venuto a capo di niente.
Nell’altra stanza J non seguiva la conversazione. Eunhyuk e Shindong continuavano a lamentarsi e a chiedere come mai ci avesse messo tanto se poi tornava a mani vuote. Heechul inventava di sana pianta qualche problema tecnico per cui giustificava il ritardo del dessert ma neanche questo dettaglio fu in grado di attirare l’attenzione di J. Profondamente scossa, la ragazza rivide nella sua mente l’immagine di Kyuhyun arrabbiato. Al pensiero sentì lo stomaco come stretto da una morsa. Che razza di persona può rimanere incantata dalla visione di un uomo tanto terrificante, in grado di spazzarla via con una semplice manata? Che razza di persona può innamorarsi così?
 
Kim Ryeowook non sopportava di sentirsi sotto pressione. Reagiva sempre male quando tra i membri c’erano discussioni e non poteva reggere quell’atmosfera di tensione e di distanza che s’instaurava in situazioni come quella. Per questo continuava a guardare con aria preoccupata Kyuhyun, in piedi davanti al tavolo, con l’indice puntato sulla loro ospite, J.
Lei, silenziosa, lo guardava dal basso verso l’alto con aria sia furiosa che incredula. Per Wookie il tempo sembrava scorresse alla metà della velocità. Vedeva una ad una le espressioni sconvolte di tutti i membri: lo sguardo atterrito di Siwon, l’aria scettica di Shindong, quella interdetta di Kangin… sembrava un film in slow motion. Persino i gesti rabbiosi di Kyuhyun, le sue parole, il modo in cui discuteva con Heechul o replicava seccamente alle domande degli altri pareva innaturalmente lento. Si sentiva come in una bolla: i suoni giungevano ovattati alle sue orecchie.
«Kim Ryeowook!»quelle parole sembrarono destarlo dalla sua trance. Si riscosse ed un brivido gli attraversò la schiena. Tornò bruscamente alla realtà, la bolla scoppiò ed il tempo riprese a scorrere normalmente. Solo allora si accorse che tutti lo stavano guardando. Heechul doveva appena avergli chiesto qualcosa.
«Come?»
«Ti ho chiesto se sei stato tutto il pomeriggio con lei!» lo Hyung stava evidentemente perdendo la pazienza di fronte a tanta esitazione. Heechul odiava quel genere di cose: era il più grande là dentro e, in assenza di Leeteuk, si sentiva responsabile, sebbene non fosse assolutamente adatto a prendersi cura dei suoi dongsaeng. Colto alla sprovvista da quella domanda, Ryeowook si prese un istante per raccogliere le idee, quindi si fece coraggio, scegliendo con cura le parole.
«Sì, certo.. mi sono occupato di lei per tutto il giorno!» esclamò. Tutti i presenti si voltarono verso Kyuhyun con aria ammonitrice. Il Maknae impallidì e si guardò attorno confuso. «…a parte quel momento in cui mi ha chiamato il Manager e sono dovuto scendere per parlargli!»
«AhAH! Ve l’avevo detto!» esclamò trionfante il Main Vocalist.
«Ma non mi sono allontanato per più di un’oretta e, comunque, se fosse uscita la sicurezza mi avrebbe avvertito!»si affrettò l’altro, mettendo subito le mani avanti. A quelle parole Kyuhyun si lasciò cadere seduto sulla sedia, abbandonandosi alle proprie elucubrazioni. Un’ora era un lasso di tempo molto ristretto per scappare di casa, raggiungere gli studi, fargli quella comparsata e tornare senza destare sospetti. Era molto improbabile ma non impossibile.
«Io non capisco…» esordì con aria crucciata Shindong. «non eri tu quello che parlava di responsabilità e di doveri fino ad un paio di giorni fa? Adesso mi stai dicendo che dobbiamo cacciarla di casa e che lei non è quello che sembra? Sono confuso, sinceramente…»
«Tu giochi troppo a quel computer, fattelo dire! Vedi complotti dappertutto!» aggiunse Yesung.
«Dovresti dormire un po’ di più… è da quando c’è stato l’incidente che non chiudi occhio!» Sungmin aveva l’aria preoccupata.
«Non sono pazzo! So quello che ho visto!» ringhiò di rimando il Maknae.
«Non sta né in cielo né in Terra! Pensi davvero che una persona arriverebbe a farsi del male gravemente solo per attirare la nostra attenzione? Come poteva sapere ciò che sarebbe successo?» le parole di Kangin riscossero un bel po’ di consensi. Con le spalle al muro Kyuhyun si guardò intorno confuso: quelle obiezioni erano assolutamente legittime. Lui stesso, se non avesse visto ciò che aveva visto, avrebbe fatto fatica a credere a quella storia.
«Heechul Hyung tu sai bene fino a che punto possono spingersi certe fan.» rincarò quindi il ragazzo, disperato. Quest’ultimo non disse niente, si limitò ad assumere un’espressione dura e a lanciare un’occhiata penetrante a J. Seguì un lungo istante di silenzio in cui tutti i presenti rimuginarono un po’ sull’accaduto.
«Beh… dato che non possiamo buttarla fuori di casa senza una prova decente, direi che possiamo anche chiuderla qui.» Eunhyuk aveva rimuginato in silenzio fino ad allora e si decise a parlare nel tentativo di acquietare gli animi. Era piuttosto irrequieto.
«Innocente fino a prova contraria.» decretò Siwon. «Sono sicuro che ci sia una spiegazione più che valida a tutto questo… presto lo scopriremo.»
«Hai troppa fede nella Provvidenza, tu!»
«Perché, tu no?»
«L’unica cosa in cui ho fede è me stesso.» replicò secco Heechul, con un sorrisino sulle labbra.
«Finché non toccherò con mano non crederò a nulla di ciò che è stato detto stasera.» concluse, alzandosi dal tavolo.
«Io vado a letto.» annunciò quindi, senza neanche pensare di dare una mano per sparecchiare. Fece per incamminarsi verso la sua camera ma si bloccò di colpo e tornò a voltarsi in direzione del tavolo. Posò gli occhi tal taglio ferino su J e le lanciò un’occhiata intensa: lei era lì, rannicchiata sulla sedia con un’espressione infastidita dipinta sul volto. Heechul scosse il capo e si allontanò: per un attimo gli era sembrato di vederla sorridere con la coda dell’occhio. Doveva essersi sbagliato.

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Capitolo 15
*** Lontano dagli occhi... lontano dagli artigli! ***


Ringrazio di cuore Minwon, una cara amica, per avermi ispirato un piccolo ma meraviglioso e determinante dettaglio riguardo a questo capitolo <3

- Tre Novembre, ore dieci -

Choi Siwon aveva il potere di trasformare in oro tutto ciò che toccava. Aveva un profilo mozzafiato, pensò J. Anzi, ad esser precisi, era mozzafiato, punto. Anche se indossava una semplice t-shirt azzurra dallo scollo rotondo ed una giacca nera, sembrava né più né meno che un dio. Da distanza così ravvicinata, poi, faceva ancora più impressione. J non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, continuava a guardare incredula il suo profilo perfetto mentre sedeva completamente a suo agio accanto a lei, sul sedile anteriore della sua auto. Quando si accorse che lo stava fissando fece un sorriso imbarazzato. Le sue fossette erano irresistibili.
«Ho qualcosa sulla faccia?» chiese, guardando fuori dal finestrino per evitare gli occhi di lei.
«Credi che esista una qualche forma di giustizia a questo mondo?» replicò lei, continuando a fissarlo senza nessuna remora. La domanda lo sorprese. Tornò a guardarla, quindi annuì con vigore.
«Dio è giusto.»
«Se Dio fosse giusto non avrebbe permesso l’esistenza di una persona non solo bella da impazzire ma anche dotata di un carattere amabile, di talento e pure di soldi! Se per te questa è giustizia…» quelle parole strapparono un sorriso alle belle labbra del cantante che inclinò la testa da un lato e la guardò con dolcezza.
«Voi occidentali vi complimentate con gli altri sempre in modo così contorto?»
«Non lo so. Voi orientali non potete proprio fare a meno di essere così diretti?» l'unica risposta dell’attore fu una lieve risata, quindi tornò a guardare dritto davanti a sé. Era mattina presto e J scaldava il sedile del passeggero sulla sua Audi bianca. Si sentiva fuori posto dentro quell’auto perfetta dalla linea elegante e sinuosa, lei, raggomitolata dentro un maglioncino grigio ed un paio di semplici jeans oversize. Arricciò il nasino e si sistemò il cappellino da baseball, fregato quel mattino ad Eunhyuk, sulla testa. Non aveva chiuso occhio quella notte perciò quel giorno risultava ancora meno avvenente del solito. Tra lei e l’attore c’era un abisso tale che si sentiva quasi in soggezione. Sbuffando sprofondò ancora più a fondo nel sedile, incrociando le  braccia.
«Quindi oggi vedrò il vero set di un drama!»
Il ragazzo annuì.
«Sì, ho chiesto agli altri se potevo portarti con me: ho bisogno di qualcuno che mi dia una mano, il mio assistente è malato.»
«Sei gentile a cercare una scusa plausibile quando la verità è che Sungmin-shi ti ha chiesto di tenermi alla larga dalla SM e da Cho Kyuhyun.» replicò lei con un sorriso. Esterrefatto il ragazzo si voltò di scatto verso di lei, distogliendo quindi lo sguardo dalla strada.
«Come lo sai?!»
«Io e Hyukjae-hyung abbiamo origl-ATTENTO!» L’Audi bianca inchiodò di colpo, sbalzando entrambi i passeggeri in avanti. Per lo stupore l’attore stava quasi per andare a sbattere contro la sbarra abbassata di un passaggio a livello. Il treno saettò un secondo dopo sferragliando ad un metro dal loro naso ma accadde dell’altro. I due sobbalzarono appena in avanti quando qualcosa urtò il paraurti posteriore dell’auto. Siwon alzò lo sguardo ma non vide nulla dallo specchietto retrovisore, quindi si voltò in direzione della passeggera.
«Vado a controllare, tu non scendere per nessun motivo dall’auto!» non attese risposta e, senza indugi, aprì la portiera.

«Non può essere scomparsa nel nulla, Unnie, lo capisci!?» Jungwon cominciava a pensare che sarebbe seriamente impazzita.
«Quell’idiota! Se quando la trovo è disgraziatamente viva, giuro che la ammazzo con le mie mani!» esclamò brandendo con furia omicida una serie di grucce che stava sistemando su un appendiabiti vuoto. Il negozio avrebbe aperto da un momento all’altro e loro dovevano organizzarsi se non volevano che le clienti assetate di shopping gettassero la boutique nel panico. In piedi al centro della stanza, Minwon si stava provando alcuni vestiti appoggiandoli semplicemente su di sé.
«Questo cos’ha a che vedere esattamente con la domanda “che vestito mi metto stasera?”» replicò neutra, senza smettere di guardarsi allo specchio.
«Te l’hanno mai detto che sei totalmente anaffettiva?» Jungwon aveva un’espressione disgustata.
La sorella sbuffò, quindi lasciò cadere le braccia con i vestiti lungo i fianchi e la guardò male.
«E’ una settimana che non parli d’altro. Abbiamo girato tutta la città, distribuito volantini, sporto denuncia, fornito identikit… ci manca solo di andare a bussare porta a porta e poi le abbiamo tentate tutte! Ora non possiamo far altro che aspettare che la polizia faccia il suo lavoro, nel frattempo sono sicura che Jinhyun sarebbe più felice se noi continuassimo a vivere la nostra vita!»
Esclusi i genitori, Minwon e Jungwon non avevano molto in comune. Avevano un modo di porsi nei confronti della vita diametralmente opposto, per questo, a volte, non riuscivano a capirsi. La più giovane si limitò a guardarla male, quindi appese con rabbia le ultime stampelle al guardaroba e si allontanò a grandi passi, grazie alle sue lunghe gambe. Minwon sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
«Guarda che se il direttore Park fa di nuovo un giro d’ispezione non ti copro!» le urlò dietro, mentre questa se ne andava dalla boutique, afferrando rabbiosa la sua borsa e sbattendo la porta.
Nel negozio calò il silenzio. Minwon abbassò lo sguardo verso il pavimento, turbata.
«Uff.. Jin Unnie, dove diavolo sei finita?» rimuginò tra sé e sé. Forse non l’avrebbe ammesso ad alta voce ma anche lei era preoccupata.
 
Jungwon si sentiva sola al mondo. Era arrabbiata con Jin per esser sparita dalla sua vita senza una parola, proprio ora che cominciava ad ammettere di volerle bene come ad una sorella! Ora come ora voleva trovarla solo per dirgliene di tutti i colori! Aveva trasformato la sua vita in un incubo, pensò mentre schiaffava la borsa nel sottosella del motorino e s’infilava con un gesto rabbioso il casco.
«Fare questo… A ME!» ringhiò, chiudendo la sella con un tonfo e montando sul veicolo, pronta a partire. Per quanto i genitori avessero voluto inculcarglielo, Jungwon non era riuscita a crescere come la tipica ragazza coreana morigerata e remissiva, anzi. Era una persona esplosiva, dotata di un’intelligenza invidiabile e di una lingua tagliente da cui era davvero difficile difendersi. Aveva il sangue caldo, non poteva proprio controllarsi. Non si accorse nemmeno che stava guidando il suo scooter un po’ troppo sportivamente mentre zigzagava alla velocità della luce tra il traffico di Seul. Sarebbe andata nell’unico posto in cui riusciva a darsi un po’ di pace: il Villaggio Inglese. Lì si sentiva a casa. Ricordava benissimo la prima volta che ci aveva portato Jinhyun. I primi giorni in Corea erano stati soffocanti per la ragazza, così l’aveva trascinata in una delle caffetterie del Villaggio ed avevano parlato per ore dei Super Junior, bevendo litri e litri di caffè, ridendo come delle deficienti per cose che, probabilmente, avrebbero trovato buffe solo loro ed elaborando mille ed uno piani diabolici per entrare in contatto con i loro beniamini. Alla fine erano talmente euforiche a causa della glicemia alle stelle e dell’alto tasso di caffeina nel sangue che avevano finito per passare tutta la notte a ridere e a folleggiare da sole come due pazze per la strada principale. A quel pensiero Jungwon si lasciò scappare un sorriso, quindi sospirò appena, tornando a guardare davanti a sé.
Vide troppo tardi quell’Audi bianca che inchiodava davanti al passaggio a livello…
Si ritrovò per terra nel giro di un istante. Rintontita e sorpresa, guardava le ruote del suo scooter girare a vuoto mentre, poco più in là, un tizio scendeva dall’auto e le veniva incontro. L’unica cosa che notò furono i mocassini di pelle dall’aria costosa che indossava. Si riscosse, strizzando gli occhi e provando ad alzarsi. Subito braccia forti accorsero in suo soccorso e la rimisero in piedi neanche pesasse 20 chili. Le girava la testa e barcollava appena ma, nonostante questo, trovò l’energia per parlare.
«Dico, sei impazzito ad inchiodare a quel modo? CRETINO! Chi ti ha insegnato a guidare!?» lo aggredì, liberandosi con uno strattone dalla sua presa per poi voltarsi a controllare i danni al suo motorino. Il parafango anteriore era a pezzi. Non ci vide più.
«Guarda che danno, razza di imbecille! Come pensi di ripagarmi, eh? Io ti denunciò, cogl…» le parole le si strozzarono in gola. Cominciò a tossire in modo incontrollabile. Davanti a lei c’era Choi Siwon con un’espressione estremamente preoccupata stampata sul volto.
«Ti sei fatta male?» chiese, come se lei non l’avesse appena maledetto in tutte le lingue del mondo. Ammutolita, Jungwon non seppe cosa rispondere ma continuò a fissarlo come se avesse appena visto un fantasma. L’unica cosa che riuscì a fare fu muovere un passo per indietreggiare ma inciampò nel suo stesso scooter e si ritrovò in un attimo di nuovo sorretta dalle braccia attente di lui, con il viso a pochi centimetri dal suo. L’istinto le suggerì di allontanarsi immediatamente se non voleva ritrovarsi stesa a terra in preda alle convulsioni.
«Sto benissimo!» esclamò incerta, cercando di sottrarsi alle sue mani e, soprattutto, di evitare qualunque tipo di contatto con il suo sguardo.
«Non mi sembra!»  
«Ho detto che non mi sono fatta niente!»
«Sei chiaramente instabile!»
«Sono sempre così!»
«Allora hai bisogno di uno psichiatra, uno bravo!»
«Come osi!?»si ribellò lei.
Siwon rise, quindi la lasciò andare, indietreggiando subito e mettendo le mani avanti con un sorriso divertito sulle labbra. Jungwon ne era sicura: doveva essere per forza morta e finita in Paradiso.
«Ti porto in ospedale, ok?»a quelle parole lei lo fulminò.
«Mai.»odiava gli ospedali.
«Ti prego! Fammi stare tranquillo!» era umanamente impossibile dirgli di no ma, nonostante questo, Jungwon non era il tipo di ragazza che rinunciava al suo orgoglio per un uomo, neanche per Choi Siwon.
«Solo se mi ripaghi il motorino.»
«Aggiudicato!»
 
Dal finestrino dell’Audi ammaccata J intravide la figura di un tizio altissimo. Siwon aveva appena accostato e stava scendendo dall’auto. Il tipo in questione, intento ad osservare lo schermo del suo iphone di ultima generazione, indossava un paio di pantaloni scuri da urlo, una camicia bianca dall’aria costosa ed una giacca grigia veramente bellissima. Uno stilosissimo borsalino in tinta con la giacca completava la sua mise all’ultima moda. Distolse lo sguardo dall’individuo solo quando l’uomo più bello della Corea le aprì la portiera e la invitò a scendere con un gesto principesco della mano. Molto alla Siwon, avrebbe detto la vecchia Jin.
«Nihaaaaaaao~» L’espressione allegra di Zhou Mi si estinse quando, alle spalle di Siwon, apparve lei.
«Cos’è quest’orrore stilistico!?» esclamò sconvolto mentre il cantante la spingeva verso di lui con una mano sulla sua schiena. Lei si fece avanti a capo basso, inciampando appena nei suoi stessi piedi.
«E’ un amico di Sungmin. Lo stiamo ospitando da qualche giorno…» il Cinese intanto si era abbassato e, con la mano, aveva sollevato appena la visiera del cappellino di J.
«Mmmh, capisco… e dimmi: non ti sei accorto che il tuo amico è una femmina?» chiese scettico, indicandola col pollice ed alzando un sopracciglio.
Siwon sbiancò, incapace di replicare.
«Che succede?» insistette Zhou Mi incrociando le braccia. Siwon sospirò, felice dopotutto di non dover mentire all’amico. Si avvicinò a lui e, controllando che non ci fosse nessun orecchio indiscreto nei dintorni, gli confidò tutto, parlando tatticamente in mandarino.  Non esagerò coi dettagli: non era il caso di discuterne così, in mezzo alla strada. Sul viso del Cinese si delineava, di man in mano che Siwon parlava, un’espressione sempre più sconvolta.
«SIETE IMPAZZITI?!» urlò nella sua lingua madre, indietreggiando e mettendosi le mani davanti alla bocca. Quando abbassò lo sguardo su J era quasi terrorizzato. Lei lo guardò male.
«Beh, nessuno ha chiesto il tuo parere, versione allungata di Bieber!» replicò secca, arricciando le labbra e facendo una lieve smorfia. Si vedeva che aveva la luna storta.
«Mi aiuti o no?» continuò, sbattendo il piedino calzato nella converse verde, quando notò che i due si erano immobilizzati e la stavano guardando come se fosse un’aliena.
«Che c’è?» grugnì. Si poteva aspettare quell’espressione inorridita da Zhou Mi, forse, ma non da Siwon.
«J, stai parlando in mandarino!» esclamò l’attore, additandola. La cosa sorprese anche lei.
«Davvero?» si chiese, guardandosi attorno spaesata.
«Che non te ne sei accorta?»
«No! A me sembra di parlare sempre la stessa lingua!»
«Chi diavolo vi siete messi in casa?!» non poté trattenersi il Cinese, mettendosi le mani tra i capelli. Per tutta risposta lei gli fece una linguaccia.
«Beh, forse sono brava nelle lingue!»
«Anche?!»  
«Allora? Non dovevi andare all’ospedale da quella pazza che hai fatto prelevare contro la sua volontà da un’ambulanza in tutta fretta poco fa? Fossi in te non la farei aspettare a lungo, penso stia meditando di ucciderti.» l’espressione preoccupata di Siwon le dimostrò che aveva colto nel segno. Sbuffò un sorrisino soddisfatto.
«Non ti preoccupare: mi prendo cura io di questo piccolo cowboy, tranquillo, è in buone mani!» proseguì, rinunciando all’idea di cingere le spalle di Zhou Mi, dal momento che queste si trovavano ad almeno 30 cm dalle sue. Si risolse dandogli una semplice pacca sulla schiena, forse un po’ troppo forte perché il cantante cinese si accasciò appena in avanti. Siwon non sembrava molto convinto dalla sua farsa: era un attore, sapeva bene quando qualcuno stava palesemente fingendo.
«Che hai in mente?» sibilò fulminandola con un’occhiata.
«E’ tutto ok!» replicò di colpo Zhou Mi, cingendo la testa della ragazza con il braccio e tirandola a sé. Lei lo incenerì con lo sguardo ma dovette reggergli il gioco o Siwon non se ne sarebbe andato più. Perciò non si ribellò e non mancò comunque di condire il tutto con un sorriso stirato. Odiava già quel Cinese. «Se succede qualcosa ti chiamo, ok?»
«Non perderla di vista per nessun motivo, chiaro? Non siamo sicuri di poterci fidare di lei.» lo ammonì l’attore.
«Sarò la sua ombra…» assicurò l’amico.
 All’idea di avere quel tizio alle calcagna tutto il giorno, J arricciò il labbro infastidita, ancora avvolta dall’abbraccio del cantante, tutta spettinata e col cappellino lì, lì per cadere. I tre si salutarono con più o meno convinzione, quindi J e Zhou Mi rimasero da soli sul marciapiede assolato gremito di persone.
«Uff… addio set di drama, benvenuto sconosciuto dall’aria appiccicosa.» borbottò lei, allontanandosi dal ragazzo quando la lasciò andare e correndo lesta a sistemarsi il cappellino in testa.
«Primo: mi chiamo Zhou Mi e secondo: attenta a come parli! Dopotutto sei una mia fan!» prese a dire, incamminandosi con naturalezza diretto chissà dove.
«Sì ma non me lo ricordo! E comunque sono sicura che non sei mai stato il mio preferito…» J, senza neanche pensarci si ritrovò a trotterellare alle sue spalle. Una falcata di lui equivaleva a tre passi di lei.
«Lamentati pure, intanto grazie a me ti sei ricordata una cosa fondamentale!»
«Cioè?»
«Conosci Justin Beiber…»
«Mmmh.. evviva!»

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Capitolo 16
*** Henry e Zhou Mi ***


«Ricordami perché lo stiamo facendo!» il camerino semibuio di quella boutique le dava una brutta sensazione. A J non piacevano gli spazi ristretti. Dall’esterno Zhou Mi continuava a lanciarle vestiti. Uno di questi la prese in testa, oscurandole totalmente la vista. Se lo sfilò dal capo con un gesto rabbioso e, più spettinata del solito, glielo lanciò di rimando.
«Perché sei orribile!»
«Tu sì che sai far perdere la testa ad una donna!» replicò ironica. Lo sentì ridere dall’altra parte.
«Sei coraggiosa a definirti donna!»
«EHI!» al solo scopo di incenerirlo con un’occhiata,  J si affacciò dalla tenda del camerino e lo guardò male.
«La gentilezza non era parte del vostro genoma da orientali? Non si parla così ad una ragazza!»
«Smettila di frignare e fammi vedere!» esclamò lui, strappando la tenda dalla sua mano e spalancando così il camerino. J trasalì, coprendosi il corpo istintivamente, quando si rese conto di essersi già vestita.
«Sei impazzito, se fossi stata nuda?»
«Tranquilla, ho lo stomaco forte, sono abituato a ben altri orrori!» replicò lui con un sorriso da schiaffi.
«Dai, fatti vedere…» aggiunse quindi, prendendola per il braccio, trascinandola alla luce ed ignorando l’occhiata assassina che lei gli riservò. J cercò di sottrarsi alla sua stretta ma non c’era nessuna speranza per la ragazza di prevalere sul cantante. La piazzò davanti ad uno specchio e le appoggiò entrambe le mani sulle spalle, un po’ per impedirle di scappare, un po’ per poterla vedere meglio.
«Oooh ippudaaaah~!»
J non era abituata alla visione di sé stessa allo specchio, soprattutto vestita da donna. Era stata costretta ad indossare uno di quegli abitini da diabete che gli orientali adoravano tanto. Si sentiva una bambola, complice anche il fatto che il ragazzo le stava sistemando i capelli con gesti esperti delle sue mani lunghe ed affusolate. Storse il naso: aveva addosso un vestitino di chiffon turchese pastello. Il tessuto cadeva morbidamente attorno al suo corpo magrolino. Era stretto in vita da una cinturina dorata sottilissima e la gonna arrivava un po’ sopra al ginocchio. La parte superiore rimaneva aderente, con tanto di manica a tre quarti e girocollo ma, posteriormente, l’abito si apriva in un ampio scollo a forma di cuore. J si era girata e stava giusto osservando con preoccupazione tutta quella pelle scoperta. Doveva essere sincera? Lo adorava. C’era una parte schifosamente romantica in lei ma era decisa a nasconderla molto in profondità.
«Vestito così anche Kangin-Hyung sembrerebbe una femmina!» commentò. «Quale parte della frase “devo fingere di essere un maschio” ti è sfuggita, esattamente?» chiese quindi mentre il ragazzo cominciava ad apporre sull’abito una serie di accessori tra cui una spilla, una mantellina ed una borsetta rosa confetto.
«Aaah, dai! Fammi divertire un po’: adoro i casi disperati…» J stava per replicare ma il ragazzo non le diede il tempo di dire nulla perché proseguì «Uhm, dobbiamo fare qualcosa per questa faccia, è spaventosa! Sembra che tu sia caduta dal seggiolone da piccola.. cosa sono queste occhiaie?! Conosci l’importanza del sonno di bellezza? E dire che vivi sotto lo stesso tetto di alcuni tra gli idol più amati della Nazione!» senza smettere di blaterale la spinse verso il bancone, forse alla ricerca di una commessa. In vista non c’era nessuno, così si sporse appena oltre al banco per sbirciare nei locali privati. Intanto J si liberò dalla sua stretta con uno strattone.
«Stai attento!» cominciò a dire, lisciandosi le pieghe dell’abitino. «Mi sgualcisci il vestito…» borbottò a voce bassissima e con un broncio decisamente tenero sulle labbra, sperando davvero che lui non l’avesse sentita. Fortunatamente l’arrivo di una bellissima commessa in tailleur color sabbia distrasse il cantante da qualunque replica.
«Scusi, esiste un reparto trucco adeguatamente fornito in questo centro commerciale? Sto cercando un correttore di ottima qualità, sa, quest’occhio nero fa molto “rissa da strada” e non ci piace!» disse, mimando delle virgolette con le dita. «Non che abbia nulla contro il look da morta di fame ma, insomma, è passato di moda, mi capisce?» sfoderò un sorriso tagliente e lo dedicò tutto a J. «Cioè, preferirei qualcosa di più polite, una pelle più flawless, se m’intende! Quest’aria da malata terminale stona con la mise che ho scelto per lei, non trova?» la commessa annuiva solennemente, lanciando di tanto in tanto un’occhiata all’oggetto di tante belle parole. La guardava con lo stesso garbo con cui si guarderebbe una vecchia giacca passata di moda e mangiata dalle tarme. Di man in mano che i due parlavano il viso di J si faceva sempre più rosso. Stava letteralmente facendo fiamme dalle narici, sarebbe esplosa di lì a poco, lo sapeva. Continuò a guardarli entrambi dal basso verso l’alto con uno sguardo da killer seriale, nella speranza forse che fossero tanto furbi da notarla e zittirsi prima di farle perdere definitivamente la pazienza.
«Sì, esattamente! Mi piaceva l’idea di esaltare un pochino gli occhi, visto che li ha grandi.. però non esageriamo che questa è occidentale, già ha la faccia strana di suo! Ah… qualche idea per questo cerotto? Un cappellino non arriva a coprirlo, potremmo escogitare una pettinatura decente, anche se sembra che abbia infilato la testa in un tagliaerb…»
«Se non ti zitti giuro che commetto un omicidio!» esplose di colpo quella che aveva infilato la testa nel tosaerba.
«Tesoro, l’unico omicidio che hai commesso oggi è quello contro la moda! Cocò, se mi stai sentendo.. perdonala!»
«Aaaah, poverina! Lasciala un po’ in pace!» una voce allegra giunse dall’ingresso del negozio. I presenti si voltarono verso Henry, in dirittura d’arrivo. Camminava con passo disinvolto, le mani infilate nelle tasche anteriori dei jeans skinny. Indossava una felpa verde oversize con la faccia di un buffo ranocchio stampata sopra ed un cappellino con la visiera portato storto sui capelli sparati. Zhou Mi si illuminò!
«Ci hai messo un secolo, abbiamo un sacco di lavoro da fare!» lo ammonì l’amico con un sorriso sulle labbra. Henry posò lo sguardo su J.
«Hi, baby… grazie per esserti occupata di lui fino al mio arrivo! Ha fatto tanti danni?» scherzò, sorridendole. Fu il turno di J di ghignare. Era evidente da che parte si sarebbe schierato il Maknae dei Super Junior M. Non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione tanto ghiotta per vendicarsi del modaiolo Zhou Mi!
«Oh, sei arrivato giusto in tempo…» trillò sfoderando l’espressione più innocente che riuscì a trovare. «Stavo giusto pensando di rinnovare un po’ il guardaroba di questo ragazzo, sai, il look da trampoliere del circo è passato di moda!» proseguì lanciando un’occhiata eloquente al nuovo giunto che colse immediatamente la palla al balzo. Purtroppo anche Zhou Mi si rese conto che si trovava, ormai, in svantaggio numerico. Sul suo volto si dipinse uno sguardo terrorizzato.
«Henry-ah, lo sai che ti voglio bene, vero?» cominciò a dire guardandosi attorno preoccupato mentre l’amico si portava alle sue spalle ed iniziava a spingerlo verso i camerini.
«Ceeerto, anch’io ti voglio bene, Hyung!» replicò con tono per nulla rassicurante il suo aguzzino, seguendo J che, nel frattempo, cominciava a raccogliere vestiti a caso dagli scaffali.
Dalla zona camerini cominciarono a giungere strani rumori: tonfi, urla, risate, qualche minaccia di morte e la voce piagnucolante di Zhou Mi che implorava pietà.
 
Il rumore della cannuccia di Henry che raschiava il fondo ormai vuoto del suo bicchierone di frappé fece coro al suono prodotto da J che, già da tempo, stava facendo le bolle soffiando nel proprio frullato invece di berlo. Uno accanto all’altra sembravano due fratellini, ad occhio e croce non avresti dato loro più di tredici anni. Entrambi indossavano un cappellino molto hip hop, storto sul capo: quello di J era azzurro con la visiera verde, mentre quello di Henry era a scacchi bianchi e neri. La felpa verde di lui faceva coppia con quella giallo limone di lei, quasi accecante e con disegnata al centro un’esplosione di stelle cicciotte di tutti i colori. Guardavano Zhou Mi con i grandi occhioni spalancati e l’aria soddisfatta, senza smettere di bere i frappé che quest’ultimo aveva, molto spontaneamente, offerto loro.
D’altro canto l’espressione del cantante cinese era di tutt’altro genere. Tamburellava con le dita sul tavolino del caffè a cui si erano seduti. Per essere fine ottobre faceva un freddo allucinante, stava pensando. Certo, l’enorme felpa fucsia che l’avevano costretto ad indossare, con tanto di graffiti ultra colorati disegnati sopra non contribuiva a migliorare la situazione. Pensare che era stato obbligato a sfilarsi la sua meravigliosa camicia di Armani e la caldissima giacca in pura lana per quella roba orrenda e pure di cattiva qualità, lo deprimeva. Si sentiva ridicolo, soprattutto perché avevano pensato di rincarare  la dose con un bel cappello alla Henry ed una pacchianissima catena di finto oro con tanto di teschio tempestato di brillanti (finti anch’essi) da appendere al suo collo. Insieme sembravano tre ragazzi gay che giocavano a fare gli occidentali, con un’idea poco chiara del concetto di “discrezione”. In realtà l’unico che stonava tremendamente con quell’abbigliamento era lui.
«Ok, se abbiamo finito io vado a cambiarmi!» esclamò, tentando di alzarsi. Subito Henry si sporse e lo afferrò per la spalla, costringendolo a tornare a cuccia.
«Guarda che non stai per niente male!» lo canzonò il mezzo canadese. J faceva fatica a rimanere seria mentre annuiva, giocherellando con la propria cannuccia.
«Hai un’aria… ehm… cool!» ridacchiò lei.
«Come osi aprire bocca tu, dopo tutto quello che ho fatto per te?»
«Offendere il mio orgoglio di donna non rientra nella categoria delle cose per cui dovrei essere grata a qualcuno!»
«Sarà, intanto il vestito te lo sei fatto comprare, eh?!» J ammutolì, lanciando un’occhiata alla busta accanto a lei.
«Ok, hai un innegabile gusto nel vestire, con questo? Dovresti trattare meglio la povera vittima di un incidente!» si lamentò, tornando a bere il suo bibitone. Si accorse allora che Henry la stava osservando. Lo guardò interrogativa di rimando.
«Niente, mi chiedevo da dove venissi…»
«Se lo scopri fammelo sapere!»
«Da quando sei al dormitorio non ti sei ricordata niente?» intervenne Zhou Mi. J rispose con un’alzatina di spalle.
«Nulla di fondamentale… ogni tanto sparo nomi di cose o persone che nessuno conosce ma non riesco a risalire mai ad uno Stato in particolare!» Henry aveva appena estratto il cellulare e stava scorrendo tra le applicazioni con aria concentrata.
«Dimmi qualcuno di questi nomi…» disse, aprendo la pagina di google.
«Gigi D’Alessio.»
«Che razza di nome è?» Zhou Mi aveva una smorfia inorridita sulla faccia.
«Mboh… ma penso sia un cantante o qualcosa del genere perché mi venne in mente quando Eunhyuk e Yesung parlavano di musica orrend…» proprio mentre parlavano dal cellulare di Henry partì una canzone.
«Cos’è questa roba?» J e Zhou Mi parlarono quasi all’unisono.
«Gigi D’Alessio…» il lamento gorgogliante del neomelodico riempì le orecchie dei presenti. J si alzò di scatto, indicando inorridita l’apparecchio.
«E’ lui, lo riconosco… ODIO quella voce!»
«Ok, ora puoi anche porre fine alla nostra agonia.» aggiunse Zhou Mi, tappandosi le orecchie.
«Il verdetto?» chiese la ragazza quando finalmente Henry ripose il telefono.
«Sei italiana!»
«Oh…» J non sapeva cosa pensare a riguardo. «Figo…»
«Che dici, ti senti italiana?» chiese il cantante cinese, sporgendosi curioso verso di lei.
«Mmmh, non lo so… potrei! Non mi da nessuna sensazione, in realtà.»
«Magari perché sei in Corea da tanto, forse! Comunque è già un passo avanti, no?» Henry, ottimista, le diede una pacca sulla spalla.
«Già… solo che è già passata una settimana e non mi torna alla mente nulla di importante! Solo dettagli di infima rilevanza…» si lamentò scoraggiata, torturando la cannuccia del frappé.
«Datti tempo!» la incoraggiò Zhou Mi, facendole l’occhiolino. J gli sorrise. Aveva passato una bella giornata grazie a loro due: era riuscita a distrarsi un po’ dalle sue preoccupazioni e ad evitare Kyuhyun. Non chiedeva di meglio! Se mai avesse incontrato la pazza che quella mattina aveva tamponato l’Audi di Siwon avrebbe dovuto ringraziarla!
 
Sul calar della sera Henry e Zhou Mi approfittarono del fatto che dovevano accompagnare J a casa per passare a salutare i ragazzi del dodicesimo piano. Fu Donghae ad aprire la porta.
«Oooh ma guarda chi c’è!» sorrise, abbracciando entrambi.
«Come ti hanno conciato?» Eunhyuk spuntò alle spalle del ballerino, guardando Zhou Mi divertito.
«Sei l’ultimo che dovrebbe sfottermi con indosso quella cosa!» replicò col sorriso il cantante. Eunhyuk abbassò lo sguardo sul proprio poncio a scacchi arlecchino con aria sorpresa.
«Che c’è di strano?»
«E’ orribile.» decretò lapidario Zhou Mi mentre J entrava in casa carica di borse piene di vestiti. Donghae rise e cinse con un braccio le spalle dell’amico offeso.
«Ciao, J, sono felice di vederti…» rimproverò imbronciato il primo ballerino a lei che si stava dirigendo verso le camere tutta ingobbita senza salutare.
«Uh, Hyung, scusa… sono stanca morta, vado in camera!» lo vide annuire, quindi non attese altro e si diresse verso la propria stanza mentre i due accoglievano gli ospiti nell’ampio salotto. Anche se ci viveva da poco, l’atmosfera calda dell’appartamento fece sentire J subito a casa. Una volta nella sua stanza chiuse la porta e, dopo aver abbandonato le borse a terra un po’ come capitava, si gettò stesa sul letto a pancia in su, con braccia e gambe aperte nella celebre quanto attraente posizione della stella marina. Guardò il soffitto e tirò un profondo sospiro, sfilandosi le scarpe una ad una con il solo ausilio dei piedi e lanciandole nella stanza. Si sorprese di essere così stanca, piano, piano socchiuse gli occhi, quindi si coprì il volto con l’avambraccio.
«Non avrai intenzione di addormentarti?!» la voce di Heechul la fece trasalire al punto che scattò a sedere alla velocità della luce. Se lo ritrovò accanto, comodamente seduto sul suo letto. Doveva essersi addormentata.
«Che ci fai qui?»
«Che ci faccio in camera mia?»
«E’ camera mia, adesso!»
«Certo, per mia gentile concessione… non ti senti terribilmente in debito nei miei confronti?» le chiese con un sorrisino divertito.
«Idiota.» fece lei di rimando, alzandosi per andare ad aprire la porta e cacciarlo fuori dalla stanza. Non fece in tempo a muovere un passo, però, perché lui l’afferrò per il polso. Si bloccò sul posto, quindi si voltò sorpresa verso di lui che la stava guardando serissimo. Aveva delle mani estremamente morbide. Senza dire niente, Kim Heechul si alzò in piedi e la fronteggiò senza lasciare il suo braccio. Per un istante che a J parve infinito, si limitò a guardarla con quell’espressione seria negli occhi, quasi stesse cercando di leggerle nel pensiero. Quindi sollevò con lentezza esasperante la mano libera e, delicatamente, tirò indietro i capelli di lei, scoprendo il cerotto che proteggeva la sua ferita. J sentì un brivido percorrerle tutta la spina dorsale. Non era la prima volta che si sentiva così a causa sua, ne aveva la netta sensazione. Si ritrovò quasi istintivamente a fissare le sue labbra: erano dannatamente perfette…
…STRA’!
«AHIA!» senza preavviso il cantante le aveva strappato il cerotto dalla testa, proprio mentre lei era troppo presa dalla contemplazione del suo volto. A giudicare dal sorriso soddisfatto sulle sue labbra era decisamente compiaciuto all’idea di essere riuscito ad ipnotizzarla.
«Sei qui per torturarmi?»
«Sono qui per cambiarti la medicazione, sai com’è, sono l’unico, oltre a Kyuhyun-ah, che è stato istruito dal dottore! Preferisci che chiami lui?» a quelle parole J scosse il capo con vigore. Sia mai! Doveva stare alla larga dal Maknae il più possibile o sarebbe morta. La risposta del cantante fu un semplice sorriso soddisfatto. Era il suo momento per torturarla un po’. Fece per allungare la mano nuovamente verso la sua fronte quando si bloccò.
«Ho il permesso di intervenire?»
«Che fai, ora, chiedi il permesso?»
«Direi di sì, dato che mi sono azzardato a toccarti due volte e mi sono beccato prima un morso e poi un calcio!» le fece, guardandola con aria di rimprovero.
«Quando, esattamente, ti avrei morso?» chiese giustamente lei, guardandolo sorpresa. Heechul aveva per un attimo dimenticato che lei non poteva ricordare quell’evento. Lo stupore fu, però, sostituito quasi immediatamente da un sorriso gongolante. Perché non approfittare della situazione?
«Quando ci siamo baciati la prima volta, ovviamente.» prese a dire, sfilandosi dai capelli una mollettina rosa che soleva usare in casa per tirarli indietro. Fece per appuntarla sui capelli di lei ma a quelle parole J si ritrasse sconvolta, sottraendosi al suo tocco.
«COSA?!»
Spazientito, Heechul ficcò la molletta nella sua testa con un po’ troppa forza.
«Sta buona! Non vedi che sto operando?»
«Non hai intenzione di spiegarmi nulla?»
«Sto ancora valutando se raccontarti tutto o meno.» sentenziò con un sorrisino dei suoi.
«Tu hai il dovere di raccontarmi tutto! Si tratta della mia vita, del mio passato dei miei ric…»
«Oddio quanto sei chiassosa, ti preferivo quando eri nella fase del mutismo.»
«Heechul!»
«Ya! Come mi hai chiamato?» la fulminò con un’occhiata di rimprovero che non ammetteva repliche. J capì subito che se non avesse rigato dritto lui non le avrebbe mai detto niente: aveva il coltello dalla parte del manico. Fece un respiro profondo e lasciò che sul suo volto si dipingesse il sorriso più amabile ed accomodante di questo mondo. Agli occhi di Heechul quello stesso sorriso sembrò più un “questa me la pagherai, prima o poi!” ma non vi diede peso. La guardò con l’espressione più strafottente di cui era capace, di rimando.
«Hyungnim, preferisci che mi sieda in modo da agevolarti il lavoro?» chiese quindi lei, dolce come il miele.
«Mmmh, adoro le ragazze ubbidienti!» cinguettò lui, facendosi da parte ed indicandole il letto, prima di andare a recuperare la cassetta del pronto soccorso che aveva portato con sé. J non disse nulla, non incalzò. Entrambi sapevano che la sua gentilezza era la moneta di scambio per le informazioni. L’unica cosa che poteva fare adesso era rimanere paziente, in attesa di ciò che desiderava.
Quando Heechul si sedette accanto a lei, le lanciò un’ultima occhiata divertita prima di aprire la cassetta con le sue lunghe e flessuose mani. Si muoveva ad una lentezza esasperante che J sapeva essere di proposito, ovviamente. Quando lui abbassò lo sguardo sul contenuto della scatola, lei non si risparmiò dal fargli una smorfia, che dovette subito tramutare in un sorriso stirato quando egli alzò il capo a tradimento e la guardò. I due si scambiarono un’ultima occhiata prima che il cantante cominciasse a stappare l’acqua ossigenata e, con essa, la bocca.
«In effetti sono sorpreso che nessuno dei membri te ne abbia parlato ancora. Wookie avrebbe potuto farlo, hai passato molto tempo con lui, ultimamente…» prese a dire, deciso a girarci intorno il più possibile, forse per mettere alla prova la pazienza di lei che lo guardava con occhi di brace, tanto stava impazzendo dalla curiosità. Non disse niente però, rimase immobile ad attendere.
«Vorrà dire che spetterà a me rivelarti che io e te ci eravamo già… conosciuti.» il tono dell’ultima parola era tutto un programma. Lui teneva il capo basso, gli occhi sul batuffolo di cotone che stava imbevendo di acqua ossigenata.
«Sarebbe meglio se la spruzzassi direttamente sulla ferita…» commentò lei. Lui la guardò infastidito per un attimo, poi decise di fidarsi e seguì le istruzioni, posando una mano sulla sua fronte e spingendole delicatamente il capo all’indietro, in modo da impedire all’acqua di colarle nell’occhio. J sentì il liquido bruciarle sulla ferita e scivolare freddo sull’orecchio ma non se ne lamentò.
«Fu quel giorno stesso, poche ore prima dell’incidente…» continuò lui. «Pensavo che almeno questo lo ricordassi, le mie labbra non si dimenticano facilmente…» considerò con un sorriso, mentre tappava la bottiglietta di disinfettante.
«Dovresti rimuovere la schiuma dalla ferita, è lì che…»
«YA! Sei tu il dottore o io?»
«Fino a prova contraria, nessuno dei due…» esclamò offesa dal suo repentino cambio di tono. Lo vide sbuffare. Dio quant’era bello!
«Vieni qui…» si arrese lui alla fine, posando una mano sulla sua testa per tenerla ferma e ripulire agevolmente la ferita con un batuffolo di cotone.
«Comunque puoi continuare…» lo esortò lei, guardando il volto di lui concentrato sul lavoro.
«Ho finito.» disse ritraendosi e andando a rovistare nella cassetta alla ricerca di una garza sterile.
«Intendo il racconto!»
«Sì, ho finito!»
«Ma non hai detto niente!»
«Certo che no, pensi che io sia così idiota da sprecare una simile occasione di vantaggio solo per farti stare buona cinque minuti? Ho intenzione di sfruttarla al meglio.»
J fece per aprire bocca e dar fiato a tutta la sua indignazione, poi decise di trattenere il turpiloquio che le raschiava la gola e si morse la lingua, guardandolo malissimo.
«Lo sai che appena uscirò di qui chiederò agli Hyung di raccontarmi tutto, vero?»
A questo Kim Heechul non aveva pensato. J lo vide chiaramente spaesato per un attimo ma fu solo per un secondo. Era uno che si riprendeva in fretta dagli shock.
«Gli altri non sanno bene com’è andata. Io… ho visto una persona che era con te.»
«Davvero, chi?» la speranza la riscosse, facendola protrarre in avanti. Forse era l’occasione per tornare a vivere la propria vita!
«Te lo dirò ad una condizione.»
«Qualunque cosa!»
«Dovrai baciarmi.»


Quant'è trolloso il nostro Zhou Mi? Vi giuro che a scriverlo mi so ammazzata dalle risate da sola, spero diverta anche voi quanto ha divertito me! Lui ed Henry sono membri poco conosciuti ma la gente non sa proprio che si perde! Quante risate mi sono fatta guardando i loro video!
Comunque scrivo qui perchè c'è una cosa che non ho mai fatto e che voglio fare subito! Ho preso ispirazione da una grandissima scrittice, ahimè, più Shawol che ELF, che mi sta dando un sacco di consigli meravigliosi: Ahrya! Andatevi a leggere i suoi lavori perchè meritano davvero! 
Ma passando al sodo, quello che voglio fare è ringraziarvi! Non mi riferisco solo a chi commenta ogni santa volta, più o meno spontaneamente xD, la mia storia, ma anche a chi l'ha inserita tra le preferite, come la meravigliosa Onewsmileislikeasun, con cui ho avuto modo di chiacchierare via messaggio sempre molto piacevolmente, e la già ampiamente citata Ahrya, che mi sta spalleggiando ed aiutando tanto a migliorare la mia storia! Sono persone come voi che mi fanno venir voglia di scrivere e di dare il meglio di me! 
Inoltre voglio ringraziare anche le mie carissime amiche InstantDayDream e angelteuk per il supporto, gli scleri, le risate e la pazienza che hanno avuto e che hanno sempre nel sopportare questo intruglio pieno di follia! La mia vita non sarebbe così bella senza di voi! Cari lettori, sappiate che sono due grandissime scrittrici, veramente divertenti e capaci, perciò non perdetevi le loro storie (pubblicità progresso xD).
In ultimo aggiungo alla lista di coloro che mi recensiscono amorevolmente fin dall'inizio Federica25, l'unica yaoista del mio cuore, le cui recensioni sono semplicemente capolavori che mi fanno ogni volta morire dalle risate! Solo per te oggi e mai più te lo dirò: EunHae is real! (quasi quanto la Fabata)
Grazie a tutte voi!
Non voglio mancare di citare però anche coloro che mi seguono in silenzio, primo fra tutti un certo Brazzo, povero, sventurato fidanzato costretto ad iscriversi al sito a causa della sottoscritta! So che sei fermo al quinto capitolo e che probabilmente non commenterai mai, nè tantomeno finirai di leggere il mio sclero! Io però sono qui per dirti che sei un ragazzo meraviglioso e che fai veramente tanto per me, ti amo! >___< 
Ok, basta sdolcinatezze! Grazie a tutti: ad Eli_Maknae, ad haven, HyukkieOppaJuliet, LeeJiMi, Val_Sunshine che hanno inserito la storia tra le seguite, ils95 e Kim Ems che invece l'hanno ricordata! Non so se leggerete questo commento, ma sappiate che io vi sono molto grata per l'attenzione che avete dato a questo piccolo delirio. Se poi volete dirmi cosa ne pensate, io accetto sempre di buon grado i consigli!
Grazie a tutti per l'attenzione, alla prossima <3

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Capitolo 17
*** Lo struzzo fantasma ***


J era rimasta immobile a fissare Heechul senza dire una parola. Lui la guardò in silenzio per un po’, poi l’impazienza ebbe il sopravventò e lo costrinse a sventolarle una mano davanti alla faccia.
«Ya! Cosa sei, un opossum, ti fingi morta di fronte al pericolo?» la battuta non poté che indurre J a fargli una smorfia.
«Sei veramente presuntuoso se credi di rappresentare un pericolo per me, Hyungnim!» fu il turno di Heechul di guardarla male.
«E’ inutile che usi gli onorifici se poi devi sputare veleno, Pulcino!» replicò, calcando l’ultima parola con voluto disprezzo.
«Mi sembra un’obiezione sensata, Heechul!» replicò prontamente lei con un sorrisino compiaciuto che si spense, però, quando lui la fulminò con un’occhiataccia. Ok, era insolente ma non tanto stupida da continuare a scherzare col fuoco. Si morse il labbro ed abbassò lo sguardo, rimanendo in silenzio per qualche minuto. Evitò volutamente di alzare il capo e si fissò sulle mani di lui che si stavano rigirando un pezzetto di garza non più tanto sterile da qualche tempo, ormai. Senza aggiungere nulla il ragazzo gliela spiaccicò in testa e la fermò con un po’ di nastro adesivo di seta. Il silenzio era totale, l’atmosfera vagamente imbarazzante. J non aveva idea di cosa lui stesse pensando in quel momento.
«Ok...» disse infine la ragazza quando il cantante ripose lo scotch nella cassetta e cominciò a richiuderla.
«Ok cosa?»
«Un bacio per le informazioni.» sussurrò lei, quasi non volesse udire le proprie parole per la vergogna. Alzò lo sguardo per controllare la sua espressione. Heechul aveva dipinto sul volto uno dei sorrisi più gongolanti e sornioni di questo mondo. La cosa veramente irritante era che quell’espressione da galletto, re del pollaio, gli stava da dio! Per un attimo J si pentì delle proprie parole ma, infine, sorrise di rimando, più incerta.
«Ok, affare fatto? Un bacio per le informazioni…» si affrettò quindi lei, porgendogli la mano per una stretta molto poco orientale. Lui la strinse senza pensarci e, quando lo fece, sul volto di lei si dipinse un sorriso ancora più grande.
«Ok, dimmi tutto…» lo esortò quindi, mettendosi seduta comoda. Heechul la guardò sospettoso.
«Eh no, tesoro… prima paghi, poi ritiri il premio! Certo, mi sembra un po’ impari questo scambio, tu hai solo di che guadagnarci!»
«Non credo proprio, se l’evento è stato così traumatico che ho voluto dimenticar…» ma si bloccò. Stufo di parlare, Heechul si era fatto avanti e l’aveva arpionata con uno sguardo dei suoi, piazzandosi col bel viso a pochi centimetri dal suo. Ma i coreani non erano persone poco avvezze a questo genere di cose? Che diavolo gli prendeva a questa gente? Tra lui, Kyuhyun e tutti gli altri non c’era mai un attimo di pace! Non si rendevano conto che già anche solo stare ad una normale distanza di sicurezza da loro senza svenire era un’enorme prova di resistenza? Dovevano per forza superare le barriere imposte per amore del quieto vivere e mozzarle il respiro ogni volta? Cominciava a pensare che il suo cuore non avrebbe retto a queste continue accelerazioni! Di man in mano che faceva questi pensieri sconnessi, alternati a qualche vago “saltagli addosso” che si affrettava, però, a scacciare bene in fondo alla sua coscienza, lui si faceva più avanti, appoggiando le mani sul letto attorno a lei, costringendola quindi ad indietreggiare sempre di più, fino quasi a sdraiarsi. Più lei si piegava all’indietro, più lui procedeva, sovrastandola con la grazia e la pazienza di un felino a caccia. Quando sentì il fresco e morbido copriletto contro la nuca, J capì che non sarebbe potuta indietreggiare più di così. Fu allora che le labbra di Heechul si schiusero nuovamente in un sorriso. Tutto accadde in una frazione di secondo…
«Ya, J-ah!» la porta si spalancò e Donghae irruppe nella stanza con aria allarmata. La scena che gli si parò davanti lo lasciò basito per un attimo. J vide i suoi occhi sgranarsi increduli. Per l’imbarazzo si alzò talmente in fretta che, dimenticando la vicinanza con Heechul, gli tirò senza volere una testata in pieno naso.
«AAAAAH!» lui si ritrasse, coprendosi il viso con entrambe le mani.
«Ommioddio, scusami!» guaì lei, facendosi avanti preoccupata nel vano tentativo di aiutarlo in qualche modo.
«Di nuovo!» lo sentì biascicare mentre tirava il capo all’indietro con un rivolo di sangue che gli colava giù dalla narice destra. J era vagamente nel panico.
«Scusami! Io…» poi si ricordò di Donghae. «Non è come sembra!» si affrettò a precisare verso di lui, con gli occhioni spalancati, per poi andare a cercare qualcosa con cui tamponare l’emorragia del cantante.
«E’ esattamente come sembra…» stava sibilando quest’ultimo ancora mezzo agonizzante e totalmente furioso, prima di strappare dalle mani di lei un pezzo di cotone e premerlo contro la narice sanguinante.
«Questa donna mi ucciderà…» borbottò fra sé.
«Che hai detto?» J non aveva sentito e si voltò preoccupata verso di lui.
«Lascia perdere…» ringhiò il cantante. «Tu, che vuoi?!» si rivolse quindi a Donghae con malagrazia: probabilmente lo riteneva in parte responsabile dell’accaduto. Ancora boccheggiante per lo shock, il secondo ballerino spostò un paio di volte lo sguardo su entrambi, quindi indicò col pollice alle proprie spalle.
«Ah… ehm… Hyukjae chiedeva consigli sul caramello…»
«Che state preparando?»
«Patate dolci caramellate!» J lo guardò in silenzio per un attimo: il fatto che lei fosse un genio non ne faceva un’esperta in ogni settore!
«Qual è il problema?» chiese infine suo malgrado, mentre Heechul guardava con disgusto il pezzetto di cotone inzuppato di sangue.
«Lui ed Henry si chiedevano se era normale che prendesse fuoco…»
«COSA? Digli di spegnere subito il fornello!» allarmata si alzò in piedi e si apprestò a seguire il ballerino che intanto stava già correndo in cucina a fermare i ragazzi. Ora che la porta era aperta, in effetti, si sentiva la voce allarmata di Zhou Mi, probabilmente intento a domare le fiamme. J stava quasi per lasciare la stanza quando si sentì afferrare il polso per la seconda volta in quella giornata. Si voltò verso Heechul.
«La casa va a fuoco.» gli disse.
«Sei in debito, ricordalo.» replicò lui, poi la lasciò andare. Lei fece per uscire ma si bloccò sull’uscio, di spalle. Tornò sui suoi passi e, di nuovo, fronteggiò il cantante, guardandolo dritto negli occhi. L’espressione di lei era serissima, nonostante il pezzetto di cotone infilato nella narice del cantante lo rendesse vagamente ridicolo. Heechul sentì la piccola e fresca mano di lei che afferrava la sua. D’istinto la strinse e, con un sorriso divertito, la lasciò fare quando lei la sollevò. Un attimo dopo J si era piegata in avanti e gli aveva dato un bacio frettoloso sul dorso, quindi aveva lasciato che la mano ricadesse inerte lungo il fianco.
Inutile dire che non era quello il bacio che Heechul si era aspettato. Era stato stupido, anzi, presuntuoso! Non aveva specificato che il bacio doveva essere sulle labbra quando avevano stipulato il patto!
«Idiota…» disse lei con un sorriso carico di sarcasmo, prima di voltarsi e lasciare la stanza. Quella dannata volpe dagli occhi gialli l’aveva fregato! Il grande Kim Heechul non sarebbe mai dovuto cadere in un tranello tanto stupido. La ragazza era sembrata così dubbiosa, così profondamente ingenua che semplicemente aveva accettato senza troppe domande. Pensare che era lui il primo che voleva raggirarla, dal momento che non sapeva nulla della ragazza che era con lei al concerto, non lo consolò affatto. Non era abituato ad uscire sconfitto da questo genere di giochetti! Rimase immobile a fissare il vuoto davanti a sé, esterrefatto. Dalla cucina giunse la voce di Henry.
«J, sei qui! Non so proprio come sia potuto accadere! Comunque ora ci spruzzo un po’ di questa, così spengo il fuoco…»
«NO, HENRY, LA BIRRA N…» il rumore di una vampata, qualcosa che si rompeva, l’urlo isterico di Zhou Mi. Donghae stava ridendo, Eunhyuk piangeva. Ordinaria amministrazione, insomma!

Due settimane dopo…
-Quattordici Novembre, ore ventidue -
 
«Yesung-shi, vuoi raccontarci la tua storia?»
Era sempre una scarica di adrenalina sentire le telecamere puntate su di sé, pensò Yesung mentre spostava lo sguardo serio su Seung Gi, MC di Strong Heart. Quella sera la trasmissione era stata particolarmente esilarante ed il cantante era molto soddisfatto della propria performance: aveva attirato l’attenzione brillantemente in più di un’occasione! Non c’era da sorprendersi, quindi, se rispose alla chiamata degli MC con un’occhiata tranquilla e piena di confidenza. Yesung, dopotutto, aveva la certezza che la propria storia avrebbe conquistato il primo posto a mani basse! Certo, c’era da dire che spesso la fiducia che il cantante riponeva in sé stesso era a sproposito! Pur impegnandosi al massimo per avere un’immagine forte ed intrigante, molte volte finiva per fallire, dimostrandosi teneramente impacciato e anche vagamente inquietante. Una cosa era certa: riscuoteva ancora più successo per questo! Ecco perché, col tempo, il Mai Vocalist aveva imparato ad accettare il lato pasticcione di sé .
«Volentieri!» rispose quindi serissimo, senza esitazione, guardando dritto negli occhi Seung Gi e condendo il tutto con un sorriso pieno di confidenza. Già solo questo bastò a strappare una leggera risata generale, mentre l’MC si voltava vagamente imbarazzato: non era un po’ troppo intensa come occhiata da dedicare ad un collega dello stesso sesso? Di certo Yesung non se ne accorse e si guardò attorno spaesato per un momento. Fu Ho Dong, collega più anziano di Seung Gi, ad intervenire, incalzando il Main Vocalist dei Super Junior.
«Lo struzzo fantasma?! E’ quello di cui parlavano sui giornali?» chiese sorpreso, leggendo la lavagnetta accanto al sedile del cantante, su cui egli aveva scritto il titolo della propria storia. Yesung annuì con vigore.
«Sì, esattamente! E’ una storia piuttosto recente, in effetti!»
«Ah, sì… ne hanno parlato anche al telegiornale! Questo struzzo ha seminato il panico in tutta la città, ricordo!»
«A tal proposito, Victoria l’ha incontrato!» esclamò Kristall delle f(x), indicando la Leader del suo gruppo che sorrise timidamente chinando il capo. Gli MC la incalzarono a raccontare la sua esperienza e lei fece una leggera alzatina di spalle, con i capelli dorati come spighe del grano che brillavano sotto la luce dei riflettori. Quando parlò la sua voce risuonò come il cinguettio di un usignolo.
«Sì, ha mangiato i miei orecchini di scena!» la sala venne attraversata da mormorii di sorpresa. «Ci sono rimasta malissimo: sono entrata nel mio camerino e c’era quest’enorme animale che razzolava sul tavolino! L’ho visto chiaramente ingoiare gli orecchini senza battere ciglio!» esclamò sconvolta! «La costumista non mi ha creduto quando gliel’ho raccontato… sono stata sgridata duramente!» aggiunse sconsolata tra le risate generali.
«Fortunatamente Yesung-shi è intervenuto in mia difesa…» concluse infine, voltandosi con un bel sorriso verso il cantante il cui sguardo brillava con la fierezza di un vero paladino della giustizia, un principe dalla lucente armatura!
«Esattamente, ho avuto più di un incontro con il volatile! Sapete… piaccio molto agli animali!» esclamò fiero. «In ogni caso, non so se avete mai visto uno struzzo dal vivo ma… wow, se sono grandi! Giuro che non me l’aspettavo! Ma cominciamo dal principio…
 
…Un paio di settimane fa stavo andando agli studi con un amico, J, per il servizio fotografico dei Super Junior K.R.Y. uscito sull’Officiel Hommes Magazine, proprio in questi giorni! A causa di alcune Sasaeng il nostro SUV aveva dovuto parcheggiare molto lontano dal set fotografico, così io, un Manager ed il mio amico, ci stavamo incamminando a piedi. Era una bella giornata piena di sole, non faceva molto freddo! Il mio amico saltellava entusiasta da tutte le parti. Faceva girare la testa! Ogni tre per due si fermava a sbirciare dentro ad un cestino o a parlare con tutti i passanti che incrociavano il suo sguardo… Aishhh! E’ stato un lungo percorso!
Comunque stava giusto raccontando di quanto interessante fosse stata la sua colazione quando vidi un’arancia che rotolava fuori da un vicolo proprio davanti ai miei piedi! Mi fermai: J ed il Manager non se ne accorsero, uno troppo preso dal suo racconto e l’altro troppo concentrato sul suo smartphone per notarmi. Raccolsi l’arancia, sembrava di ottima qualità! Ero sorpreso: le arance costano un sacco di soldi, di questi tempi, perché qualcuno doveva lasciarsi sfuggire una delizia simile? Pensai che magari una vecchia Ajumma era caduta cercando di trasportare la spesa troppo pesante, perciò mi addentrai nel vicolo per controllare! Nell’ombra di quella strettoia era difficile vedere e, nonostante indossassi un paio di occhiali da sole Y style (ora in promozione), mi ci volle un attimo per abituarmi alla penombra. Fu allora che vidi qualcosa muoversi accanto a delle cassette di frutta esposte fuori da un fruttivendolo ancora chiuso. In effetti la copertura di plastica che proteggeva la merce era stata strappata dai suoi ganci ed alcune casse giacevano a terra in parte rotte. C’erano tantissime arance che rotolavano sulla stradina scoscesa. Certo, non mi potei soffermare molto a chiedermi quale fosse l’entità del danno perché notai subito un’enorme creatura che razzolava là intorno, raschiando con la forza delle sue poderose zampe artigliate. Rimasi atterrito: dapprima non capivo cosa fosse, non avevo mai visto uno struzzo in vita mia e non me li immaginavo così grandi! Quando alzò il capo, allungando tutto il collo, mi accorsi che svettava su di me di mezzo metro abbondante. Lo vidi ingoiare un’arancia intera, con tutta la buccia, come se niente fosse e, mentre guardavo quella grossa palla scorrere per tutta la lunghezza della sua gola, lui si voltò verso di me. Per un attimo ci siamo guardati l’un l’altro negli occhi. E’ stato solo per un secondo ma lì per lì mi sembrò che la mia vista l’avesse parecchio irritato! Non potevo crederci, neanche mi accorsi che ero a bocca aperta e che gli occhiali (Y style) mi erano scivolati lungo il naso! Non feci in tempo a reagire in alcun modo, però, perché l’animale prese a raschiare con la zampa sull’asfalto. Capii subito cosa stava succedendo: era pronto a caricarmi! Ero paralizzato, così agii d’istinto:
“AAAAAAAH” cominciai ad urlare,
“SQUAAAAAAAAACK!” schiamazzò lo struzzo di rimando, prima di cominciare a correre verso di me! Solo allora le mie gambe partirono, quasi in automatico. Cominciai a correre più veloce che potevo, immettendomi nuovamente sul viale principale, senza smettere di urlare neanche per un istante. Penso che J ed il Manager mi abbiano preso per un pazzo quando hanno sentito che mi avvicinavo alle loro spalle con le sirene spiegate a quel modo!
“CORRETE!” dissi mentre li superavo. Purtroppo la paura nella mia voce non servì ad allarmarli. Si fermarono sorpresi a guardarmi mentre io continuavo a fuggire più lontano che potevo. Quando trovai il coraggio di voltarmi mi accorsi che non c’era più traccia né di loro, né dello struzzo. Mi fermai a prendere fiato: in un attimo avevo raggiunto il set ma ero stanco morto, mi ci volle parecchio per riprendermi! Svariati minuti dopo vidi il Manager e J raggiungermi freschi come due fiorellini di campo.
“Sapevo che eri un po’ strano ma non immaginavo che fossi addirittura pazzo!” mi disse quest’ultimo, mentre io ancora annaspavo per riprendere fiato.
“Che c’è, non l’hai visto quell’enorme struzzo che ci ha inseguito? Abbiamo rischiato la vita!” esclamai, ma non mi credette! Anzi, lui e tutti i presenti iniziarono a ridere!
“Struzzi? A Seul?”
“Kyuhyun-shi ti ha corretto il caffè con un po’ di vino?” e via con le battute. E’ stato così per tutto il giorno!»

Yesung prese a guardarsi intorno, tutti stavano ridendo. La sua storia era assurda, sapeva che avrebbe catturato l’attenzione! Non immaginava che la cosa più divertente di tutto il racconto fossero state le facce che aveva fatto mentre parlava! Ho Dong era aggrappato al suo posto tanto rideva, Seung Gi si copriva il volto con una mano. Eunhyuk e Shindong sorridevano dondolando sulla loro sedia, circondati dall’ilarità generale. Sapevano già la storia, loro.
«Quello non è stato il loro unico incontro però, diglielo Yesung-shi!» aggiunse Shin Donghee con la sua voce potente.
«Stavo alla radio quando mi ha chiamato, durante la diretta!» esclamò sgranando gli occhi a mandorla. «Mi stavi giusto raccontando dell’accaduto, ricordi?» disse dapprima rivolto verso l’amico, quindi riprese: «Ad un certo punto, mentre eravamo al telefono, Yesung-shi ha cominciato ad urlare con un pazzo… e ha riattaccato!»
«Durante la trasmissione?!» Seung Gi non credeva alle proprie orecchie.
«Giuro! Ha spaventato tutto l’audience! Mi sono arrivati un sacco di messaggi su quanto fosse inquietante o su come i suoi scherzi non fossero minimamente divertenti! Avevo la mail intasata di proteste! Addirittura una madre si lamentò che, mentre ascoltava il programma, le urla di Yesung-shi avevano svegliato il suo bambino!» l’accorata protesta del ballerino non fece altro che aumentare le risate. Alcuni degli ospiti avevano le lacrime agli occhi. Pure Yesung rideva divertito, ormai.
«Sì, quello è stato verso l’ora di pranzo! Avevamo appena concluso la prima sessione di scatti quando mi sono allontanato un po’ per sfogarmi con qualcuno che potesse capirmi. Sungmin-shi non rispondeva, perciò ho chiamato Shindong-shi!»
«Ah, ero pure la ruota di scorta!» esclamò divertito il ballerino, tra le risate, mentre Yesung, prendendolo sul serio, cercava di rimediare all’offesa borbottando qualcosa d’incomprensibile, tutto convinto.
«Comunque Kyuhyunnie mi aveva preso talmente tanto in giro che non vedevo l’ora di trovare qualcuno con cui parlarne! Dato che quel mattino anche tu avevi discusso con lui, ho pensato che mi avresti appoggiato!» aggiunse candidamente il Main Vocalist.
«Oh, ci sono problemi tra i membri?» Ho Dong colse subito la palla al balzo per tentare di indagare sulla vita privata dei ragazzi ma tutti glissarono abilmente sull’argomento.
«Insomma… mi sono allontanato verso il bagno con il cellulare e proprio mentre raccontavo le mie disavventure a Shindong-shi, ho aperto la porta e l’ho visto in uno dei cubicoli, intento a bere dalla tazza del water! Mi sono bloccato sul posto, come aveva fatto ad entrare nella SM?! Cercando di non farmi notare da lui, ho fatto marcia indietro ed ho chiuso la porta del bagno alle mie spalle.»
«Sì e mentre ti mettevi al riparo continuavi ad ignorare le mie domande, nonostante sapessi che fossimo in diretta radiofonica!» lo rimproverò Shindong.
«Ne andava della mia sopravvivenza!»
«Ah sì? Allora perché hai iniziato ad urlare dopo?»
«Ehm… perché ho sentito che si stava muovendo e ho pensato che si fosse accorto di me!» si difese il ragazzo. Tutti a ridere.
«Guardate che quello struzzo mi ha seriamente perseguitato!» si mise a protestare il Main Vocalist. «Per una settimana l’ho visto ovunque andassi: alla SM, agli studi! Non potevo mangiare senza ritrovarmelo davanti! La sua testolina minacciosa spuntava tra i vestiti appesi alle grucce o da dietro alle scenografie… ovunque! Inizialmente ho anche creduto di essere impazzito, ma poi anche altri hanno cominciato ad accorgersene!» fu Kristall ad intervenire in difesa del cantante.
«E’ vero, sono usciti molti articoli a riguardo!» affermò annuendo elegantemente col capo. Anche Seung Gi ed Ho Dong dovettero convenire.
«Anch’io ho sentito molte storie su questo struzzo fantasma che ha invaso la SM Entertainment!» Aggiunse uno degli ospiti.
«Changmin dei TVXQ mi ha detto che è stato addirittura interrogato dalla polizia a riguardo!»
«Sì, la sicurezza, esasperata, chiamò la polizia infatti! Abbiamo avuto agenti sparsi per i corridoi per una settimana, ogni pochino si vedevano correre in gruppi da una parte all’altra. E’ stato il panico!» aggiunse Eunhyuk.
«Assurdo!»
«Però, a quanto ho capito, tu sei quello che ha fatto più avvistamenti, giusto Yesung-shi?» puntualizzò Ho Dong.
«Esatto! In più di un’occasione ho condotto le squadre di ricerca…» replicò fiero il cantante.
«…sì, peccato che ogni volta era un buco nell’acqua! E dire che avevi preso la faccenda della cattura come una sfida personale, ne andava quasi del tuo onore!» lo canzonò Shindong, ignorando l’occhiata infastidita che l’amico gli riservò.
«Insomma? Com’è andata a finire, l’hai preso?» incalzò l’MC più anziano. Shindong ed Eunhyuk si guardarono per un attimo allarmati. La suspance nello studio diventò palpabile. Yesung sapeva come fare per accrescerla. Attese un attimo, quindi fece un respiro profondo e si preparò a parlare.
«No, è sparito!» esclamò lanciando un’occhiata penetrante alla telecamera.
«Nessuno sa che fine abbia fatto, semplicemente, di colpo, ha smesso di manifestarsi. Era un vero fantasma? Abbiamo avuto un’allucinazione di massa? Certo, di danni agli studi ce ne sono stati parecchi… ma qualcosa mi dice che non sapremo mai com’è andata! Di sicuro quello struzzo è qua, da qualche parte: potrebbe spuntare da un momento all’altro con l’unico desiderio di vendicarsi!» le parole del Main Vocalist avevano fatto prendere una piega piuttosto inquietante al discorso. Tutta la sala si guardò attorno vagamente a disagio, come se si aspettasse di veder apparire uno struzzo assetato di sangue da un momento all’altro!
«Insomma… non l’hai preso!» esclamò Shindong, tanto per sottolineare che quello di Yesung era stato un altro fallimento. Bastò quella frase a restituire l’atmosfera allegra ed ilare alla sala.
 
«Dovevo vincere io!» si lamentò quella sera il Main Vocalist, mentre tornava a casa assieme a Eunhyuk e Shindong. I tre erano in ascensore. Yesung sbuffava da ore, ormai, i ballerini si scambiarono un’occhiata esasperata.
«Non siete stati delle buone spalle, ecco!» continuava a lamentarsi l’amico!
«Non penso avresti dovuto parlarne, sai? Hai rischiato grosso a raccontare quella storia, poteva sfuggirti qualcosa…»
«Eunhyukie, pensaci, se non ne avesse parlato non sarebbe stato ancora più strano? Tutti i giornali hanno raccontato del famoso struzzo fantasma, era normale che un artista della SM ne avrebbe parlato prima o poi… la gente continuava a chiedersi come fosse andata!» replicò Shindong all’amico.
«Hai fatto bene a parlarne, Hyung…» aggiunse, posando una mano sulla spalla del cantante, che sorrise soddisfatto, prima d’incamminarsi coi tre fuori dall’ascensore, quando questo giunse al dodicesimo piano. Mentre camminavano nel corridoio semibuio poterono udire chiaramente delle voci schiamazzanti provenire dall’appartamento. Nessuno dei tre, però, sembrò sorpreso dai rumori, anzi, parevano piuttosto sconsolati.
Quando Shindong aprì la porta l’atmosfera calda ed ilare della casa li travolse. Tutti i membri erano ammassati sul divano davanti alla tv. Nell’aria c’era l’odore caldo e fragrante dei popcorn appena sfornati. Kyuhyun e J stavano cantando le canzoni di Nightmare Before Christmas, trasmesso alla tv, seduti l’uno accanto all’altra su un paio di grandi cuscini appoggiati a terra. Heechul occupava da solo la poltrona più grande, sdraiato come un principe, Donghae sedeva nel solito posto sul divano vicino ad un Ryeowook intento a tenere in grembo una grossa ciotola piena di popcorn che divorava voracemente assieme a Sungmin. Accanto al secondo ballerino c’era un posto vuoto, quello di Eunhyuk. Era riservato per lui. Hyukjae infatti si sfilò la sciarpa ed il cappello e, dopo aver mollato la giacca sull’appendiabiti, raggiunse l’amico e si sedette accanto a lui, cominciando una piccola lotta che in realtà sapeva tanto di abbraccio. L’adorabile coppietta però non riuscì a distogliere l’attenzione di Yesung da un dettaglio di enorme rilevanza: accanto al divano, su un grosso cuscino dall’aria martoriata, sedeva composto un enorme struzzo dal folto piumaggio. Acciambellati davanti a lui c’erano Heebum e Baegsin, i gatti di Heechul. Sembravano piuttosto soddisfatti dalla compagnia del pennuto. Il Main Vocalist sospirò, scuotendo il capo mentre s’avvicinava al divano. Qualcosa gli diceva che i guai sarebbero presto giunti a bussare alla loro porta. 

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Capitolo 18
*** Bianco ***


 -Cinque Novembre, ore sette -
 
Quel giorno cominciò con una luce nuova. J non sapeva bene cosa fosse, c’era un odore diverso nell’aria. La stanza era sempre la stessa: spoglia e bianca. Non sapeva perché ma aveva la netta sensazione di non essere abituata alle cose bianche e spoglie come quella. A riempire la cameretta, quel giorno, c’era la luce di un sole particolarmente caldo, non tanto come temperatura, quanto come colore. La luce che filtrava dalle persiane era quasi arancione, tanto era scoppiettante! Chissà, forse era solo una suggestione della sua strana testolina, ma perché lamentarsene quando le dava la giusta carica per affrontare la giornata? In un attimo era saltata giù dal letto ed affondava i piedi nelle morbide pantofole a forma di coniglietto che le aveva regalato Ryeowook, pronta a zampettare verso il bagno. Aprì la porta della propria stanza, facendo un cenno del capo ad un Donghae tutto spettinato, il quale si stava affacciando dalla sua stanza proprio in quel momento. Tirò dritto miagolando un tenero “Annyeong” quindi, senza attendere, si appoggiò col fianco alla porta del bagno ed iniziò pazientemente a bussare. Sapeva già che era occupato.
«Hyung, muoviti!» vociò con aria volutamente rude, al solo scopo d’infastidire l’occupante del bagno. Inaspettatamente, però, la porta si aprì immediatamente e, siccome vi era appoggiata, J perse l’equilibrio e barcollò in avanti, aggrappandosi al lavandino. Heechul teneva ancora una mano sulla maniglia e la guardava male. Aveva lo spazzolino in bocca e tutte le labbra sporche di dentifricio.
«Che vuoi, fedifraga?!» biascicò. Da quando lei l’aveva ingannato con la storia del bacio, lui si divertiva ad inventare un modo colorito per ricordarglielo ogni volta che le si rivolgeva. J sorrise, tirandosi su ed allungando il collo verso di lui, per poi fargli la linguaccia.
«Annyeoooong!» squittì in modo così deliziosamente tenero che per un attimo Heechul pensò che avrebbe avuto un conato. La cosa veramente fastidiosa era che sicuramente J l’aveva fatto apposta per dargli noia. L’aveva osservata attentamente da quando era scoppiato tutto il disastro con Kyuhyun e ormai era piuttosto convinto che il Maknae avesse preso un enorme abbaglio. Conosceva la pressione che subivano gli artisti della SM, Kyu lavorava troppo, ultimamente, soprattutto per un ragazzo con un carattere come il suo! Certo, era difficile immaginare che la persona che conosceva potesse aver avuto un crollo nervoso simile ma di fronte alla perfetta integrità di J non poteva che arrendersi all’evidenza. Lei non aveva assolutamente nulla che potesse anche solo far sospettare diversamente. Oltretutto i regolari appuntamenti con il dottore, gli esami e le tac continuavano a darle ragione! La osservò mentre saliva sulla punta dei piedi per cercare di guardarsi allo specchio. Con aria concentrata stava cercando di pettinarsi i capelli tutti struffati dal sonno. Una persona che conduce una doppia vita non dovrebbe come minimo essere logorata dal senso di colpa o dalla paura di essere scoperta? No, che J recitasse la parte della smemorata era impossibile, ne era certo.
Ad interrompere i suoi pensieri fu Donghae che entrò dalla porta ancora spalancata come se nulla fosse e si mise anch’egli davanti allo specchio a sistemare i propri capelli. La cosa buffa era che poteva stare tranquillamente in piedi dietro a J e continuare, comunque, a vedersi interamente riflesso. Sembrava che entrambi fossero di buon umore quel giorno. Heechul sbuffò. Perché tutta questa felicità e fiducia nell’universo non erano una malattia contagiosa? Avrebbe voluto vedere il mondo con lo stesso candore!
Senza smettere di sistemarsi Donghae si divertì a spettinare nuovamente la ragazza, che lo guardò male.
«Ya, Oppa!» esclamò, dandogli una leggera gomitata mentre lui rideva.
«Oppa? Come mai lui lo chiami Oppa?!» non sapeva perché ma per Heechul questa era una tremenda ingiustizia.
«Beh, abbiamo dormito abbracciati, chiamarlo Oppa è il minimo!» replicò la ragazza facendo di nuovo una smorfia al cantante ed uscendo dalla stanza seguita a ruota da Donghae, il quale non aveva evidentemente ancora superato l’imbarazzo di quell’incontro sotto le lenzuola, dato che era tutto rosso in volto.
Heechul fece un enorme respiro, sfilandosi lo spazzolino di bocca ed appoggiandosi con entrambe le mani sul lavandino. Scosse il capo, deliziandosi della propria immagine riflessa. Gli dava fastidio il fatto che lei stesse entrando in confidenza un po’ con tutti gli abitanti del dodicesimo piano tranne lui. La cosa più irritante, però, era che la ragazza lo sapeva e girava volutamente il coltello nella piaga. Lo faceva apposta! Era pronto a scommettere che non avrebbe mai chiamato Donghae “Oppa” se lui non fosse stato presente! In momenti come quelli, quando entrava in contatto con l’estrema furbizia di lei, iniziava a dubitare di qualunque cosa. Chi era quella ragazza?
Con quella domanda nella testa aprì il rubinetto e si sciacquo la bocca.

 
-Ore diciassette e qualcosa-
 
«Non riesco a trovare il mio portatile, qualcuno l’ha visto?» Eunhyuk stava rovistando lo zaino da un po’, ormai.
«L’avrà mangiato lo struzzo!» disse Yesung, incrociando le braccia.
«Ancora? Non c’è nessuno struzzo... poi sono io il pazzo, secondo voi!» replicò prontamente Kyuhyun, scambiandosi poi un’occhiata infastidita con il Main Vocalist.
«Ti dico che c’è!»
«E io ti dico che sei matto da legare!»
«Yah, Kyuhyun-ah… non parlare così ad un tuo Hyung.» lo rimproverò Shindong, i due avevano discusso riguardo al problema J proprio quella mattina. L’atmosfera non era rilassata tra loro.
«Sicuro di averlo preso stamattina? Non sarebbe la prima volta che lo dimentichi a casa, con la testa che hai!» Donghae pensò bene di sfottere un po’ Eunhyuk, giusto per calmare le acque. La meravigliosa figura del secondo ballerino si stagliava con un asciugamano attorno alle spalle in mezzo alla sala prove. Tenendo con la mano il gomito del braccio opposto, allungò bene i tricipiti, quindi lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, cominciando a compiere lenti movimenti circolari con la testa. La maglietta a maniche corte grigia che indossava aderiva perfettamente al suo corpo, la palestra aveva dato i suoi frutti.
«Dai, lo cerchi dopo… proviamo questa parte un’altra volta!» aggiunse Shindong che stava riprendendo il suo posto con un asciugamano sulla testa. Sungmin, sdraiato fino ad un attimo prima al margine della sala, assieme a Ryeowook, si rialzò ben presto, seguito da quest’ultimo.
«Kangin Hyung, ci sei?» si accertò Minnie mentre passava accanto all’amico stramazzato su una sedia. Il Panda sorrise stancamente ed alzò una mano per tranquillizzare il compagno, quindi si rimise faticosamente in piedi, pronto a ricominciare.
«E cinque, sei, sette e ot…»
«Un attimo di pausa!» esclamò Kyuhyun con un sorrisino.
«Yaaa! Abbiamo fatto pausa proprio adesso!» vociarono alcuni membri in coro.
«Bevo solo un altro sorso d’acqua… mi fa male la gola!» si lamentò il Maknae, toccandosi il collo, ben sapendo che gli Hyung più grandi non potevano permettere che il loro amato, piccolo Kyuhyunnie perdesse la voce. Erano estremamente protettivi con lui e, neanche ci fosse bisogno di dirlo, lui se ne approfittava deliziosamente ogni volta che poteva. Spesso gli amici si lamentavano del fatto che faceva il Maknae indifeso solo quando pareva a lui... in effetti avevano ragione, però che fare? Non potevano certo negargli un sorso d’acqua! Con quella consapevolezza stampata in volto, Kyuhyun sorrise agli amici guardandoli riflessi nello specchio davanti a loro, quindi andò a prendere la propria personalissima bottiglietta dal tavolo al margine della sala. Proprio allora, mentre le dava le spalle, la porta si aprì, annunciando l’ingresso di Siwon, in ritardo per via di altri impegni di lavoro. Salutò i compagni con un cenno del capo ed un sorriso abbagliante.
«Ya, Siwonnie!» lo salutò Kangin con la propria voce allegra.
«Ho saputo che hai fatto un incidente con una bella ragazza!» lo incalzò, desideroso di sapere i particolari. Siwon sgranò gli occhi mentre il suo sorriso spariva dal volto. Era talmente espressivo che il suo viso sembrava di gomma! La cosa veramente spaventosa, però, era che nonostante tutto rimaneva tanto bello da ferire gli occhi. I membri, comunque, erano abituati.
«Hyung, come lo sai?!» chiese sorpreso.
«Me l’ha detto Yesung-shi.» esclamò Kangin sbattendo le palpebre con aria innocente mentre indicava l’amico, che si stava stiracchiando.
«Non guardare me, è stato Ryeowookie a dirmelo.»
«Wookie?» non era da lui fare il pettegolo. Quando posò lo sguardo su di lui Siwon notò che si copriva le labbra con le mani, impaurito.
«Non sapevo che fosse un segreto, è stato Eunhyuk Hyung a dirmelo!»
«Donghae-ah...» si limitò a replicare il primo ballerino mentre provava una piroetta senza staccare gli occhi dallo spot.
«Bugiardo!» prese a dire l’accusato, lanciando il proprio asciugamano all’amico.
«E’ stato Zhou Mi a dirlo ad entrambi, quando lui ed Henry l’hanno riportata a casa l’altra sera…» proseguì «Ha detto solo che hai dovuto mollare a loro la patata bollente perché avevi fatto un incidente con una ragazza e dovevi raggiungerla in ospedale. Non era nulla di grave, giusto?» Siwon si ritrovò automaticamente a sorridere.
«No, no… stava bene, era solo per sicurezza!» cominciò col dire e, dato che tutti i membri attendevano di sapere altro, continuò «E’ stato un mezzo incubo, comunque…» ammise.
«Uoh, perché?» fece Shindong.
«Diciamo che è una persona difficile.»
«Esattamente come piacciono a te, Hyung…» replicò con un sorriso che la sapeva lunga il Maknae mentre riponeva la bottiglietta d’acqua. Sungmin approfittò della pausa per sedersi a terra. Sentiva le gambe tremare dalla stanchezza, erano tutti provati, del resto.
«Ya, che dici? A me piacciono le ragazze serie e composte!»
«No, quelle piacciono a tua madre…» fu la replica pungente di Heechul, fresco come una rosa, dal momento che aveva ballato appena.  Fu allora che Kyuhyun si guardò intorno: erano tutti lì, nessuno escluso.
«Hyung, lei dov’è?» sapevano tutti chi fosse lei. Kyuhyun non aveva più pronunciato il suo nome da quella famosa cena.
«Ah… al dormitorio, credo.» replicò l’uomo più bello della Corea con un’alzatina di spalle.
«Da sola?» 
«Uhm… sì…» si vedeva che Siwon era quasi spaventato all’idea di rispondere. Kyuhyun si pietrificò.
«L’hai lasciata da sola a casa nostra?» di nuovo la rabbia s’impossessò di lui. Fu talmente fulminea che gli sembrò quasi di sentirla risalire lungo l’esofago, premere contro le labbra per uscire. Era una sensazione fortissima, davvero perdeva il controllo per così poco?
«E’ stata lei a chiedermelo!» si difese Siwon, con un sorriso vagamente a disagio. Tutti i membri si stavano scambiando occhiate preoccupate.
«Kyuhyun-ah, lei sta bene… ormai sa cavarsela.» cercò di rassicurarlo con voce vagamente inquieta Sungmin. I membri sapevano che era il migliore per parlare con lui in momenti come quelli. In ogni caso era chiaro che non erano quelle le preoccupazioni del Main Vocalist. Non giunse alcuna risposta da lui. Aveva le labbra socchiuse, lo sguardo fisso davanti a sé, la fronte aggrottata. Respirava profondamente per mantenere la calma mentre le mani, abbandonate lungo i fianchi, si chiudevano a pugno. I membri lo videro chiaramente: stava prendendo una decisione.
Solo dopo un lungo istante il Maknae sollevò lo sguardo su quello di Sungmin, incrociando i suoi occhi preoccupati. Fu solo per un attimo ma il Leader sostituto capì subito che Kyuhyun aveva preso una decisione.
In silenzio i membri lo guardarono uscire a grandi passi dalla stanza.
 
Certo, doveva ammetterlo, i Super Junior sapevano essere davvero disattenti, pensò J mentre si appoggiava allo schienale del divano, stiracchiandosi appena con aria soddisfatta. Il sole era già tramontato da un pezzo e l’unica luce ad illuminare il suo volto era quella del pc di Eunhyuk, sapientemente soffiatogli quella mattina mentre erano tutti intenti a prepararsi. Sì, decisamente distratti… ed ingenui. Quando aveva chiesto a Siwon di permetterle di rimanere da sola al dormitorio lui aveva inizialmente storto il naso ma, non appena ella si era messa ad elencare una serie di necessità fisiologiche prettamente femminili, il Visual aveva accettato talmente in fretta da farle credere quasi che fosse lei a fargli un favore, rimanendo a casa. J scosse appena il capo mentre si portava alle labbra una tazza di cioccolata fumante. Bevve un bel sorso, poi la ripose nuovamente sul tavolino da caffè di fronte al divano, stando bene attenta ad appoggiarla sopra ad un sottobicchiere: Heechul ci teneva a non rovinare il legno. Con aria concentrata, tornò a leggere il display del computer. Senza accorgersene aveva preso il suo amato cacciavite in mano ed ora se lo stava rigirando abilmente tra le dita. Passò qualche minuto, quindi la ragazza si alzò, sfilandosi la copertina di pile rosa di dosso. Un regalo di Sungmin, ovviamente.
Infilò il cacciavite nella tasca della tuta bianca che indossava, quindi si passò una mano tra i capelli mentre entrava nel corridoio che dava sulle camere. Proseguì a passo spedito, senza esitazioni: sapeva esattamente dove andare. Si fermò, infatti, davanti alla stanza in fondo al corridoio, quella la cui porta era sempre stata chiusa da che ne aveva memoria. Sapeva bene cosa ci fosse oltre a quel sottile strato di legno.
Si accucciò davanti alla serratura, passando le belle dita sulla maniglia, quindi sfilò il cacciavite dalla tasca e svitò le viti con movimenti agili ed esperti. Un attimo dopo la porta si apriva con un cigolio. J respirò a pieni polmoni l’odore di chiuso di quella camera, quindi accese la luce. Il bianco di quella stanza era accecante: non solo le pareti ma anche i mobili, il copriletto, l’armadio, perfino il pianoforte e le sedie erano di un bianco tanto puro da far male agli occhi. Con un sospiro la ragazza si appoggiò allo stipite della porta.
Guardò tutto nel più totale silenzio: quella stanza sembrava congelata nel tempo, un po’ come era stato congelato l’amore per chi la possedeva, in attesa del suo ritorno. Certe cose, però, non si possono mettere semplicemente in pausa, pur congelandole continuano a bruciare. J aveva visto quel calore negli occhi di ognuno di loro. Non se ne rendevano neanche più conto ormai ma ogni volta che andavano a lavorare, discutevano col manager di un impegno o parlavano al pubblico, ogni volta che mangiavano un piatto di spaghetti o ridevano davanti alla tv, quando litigavano, quando piangevano, quando le giornate non finivano mai e quando le notti terminavano troppo presto… in ognuno di questi istanti avevano quel calore negli occhi. Era il calore di un affetto che la lontananza non permetteva di esprimere, il bruciore di una mancanza troppo grande. Avevano persino smesso di parlarne, forse nel vano tentativo di spegnere quella luce, metterla in pausa solo per poterla far brillare di nuovo, un giorno, il prima possibile.
«Oppa…» esalò la ragazza senza memoria, con un filo di voce. «Stai bene? I tuoi compagni ti stanno trattando come meriti? Lo sai che le tue ELF odiano vederti piangere, perciò sii forte, manca poco!» esclamò con un sorriso brillante quanto la stanza che stava guardando. Rimase in silenzio per un attimo, poi sbuffò una risata leggera. «E’ buffo, penso solo che vorrei riabbracciarti, come se l’avessi mai fatto in vita mia! E’ il tuo potere, Leader, ci tieni così vicine a te che ci sentiamo come se fossimo tue sorelle, tue figlie… tue mogli.» al pensiero scoppiò ancora a ridere. «Aaaah, immagino che faccia faresti se mi sentissi dire queste cose! Sei così sensibile… continueresti a sorridere fino a farti male alle guance e piangeresti come un bambino.» arricciò il naso, d’un tratto un dubbio le aveva attraversato la mente. «Piangerai ancora quando tornerai, vero? Il militare non ti avrà reso troppo duro? Oppa, ti prego… anche se tutti ti dicono il contrario, non crescere! Rimani bambino nell’animo, nessuno dovrebbe mai smettere di esserlo. E’ giusto che un Leader sia una guida ed un esempio ma, credimi, non hai bisogno di diventare duro come la roccia per riuscire in questo! Fin’ora sei stato semplicemente sensazionale… non l’hanno ancora inventata una parola per dire quanto sei incredibile! Tu li hai resi quello che sono, li hai guidati in modo diverso, senza mai metterti davanti a loro, dandogli le spalle e pretendendo che seguano il tuo esempio… li hai affiancati, presi per mano e camminato insieme a loro, osservandoli per dargli l’occasione di esprimere la parte migliore di sé stessi.» tirò su col naso.
«Oppa questo è un miracolo e tu…» sorrise, asciugando col dorso della mano la lacrima lungo la sua guancia. «...tu sei un vero angelo.»
Lasciò che a risponderle fosse solo il silenzio e tornò ad appoggiarsi allo stipite col fianco ed il capo, quasi come se fosse la spalla forte e rassicurante del Leader.
«Cosa stai facendo?» la voce di Kyuhyun la colse talmente tanto di sorpresa che fece un salto sul posto.
«OMMIODDIO, sei impazzito! Mi hai fatto prendere un infarto!» esclamò sconvolta, afferrandosi la maglia all’altezza del petto. Sentiva il cuore martellare all’impazzata. Kyuhyun era più indietro, la sua era solo una sagoma scura nella penombra del corridoio ma lei l’aveva riconosciuto benissimo, l’avrebbe riconosciuto tra mille.
«Era il mio turno di coglierti di sorpresa.» replicò calmo lui e J potè intravedere le sue belle labbra incurvarsi in uno di quei sorrisi maligni che la scioglievano. Abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore. Non si erano più visti da quando lui l’aveva attaccata al frigorifero e le aveva urlato contro tutto l’odio che provava. Quei giorni di distanza le erano sembrate settimane! Si maledì per averlo pensato.
«Da quanto sei qui?» chiese preoccupata che l’avesse sentita.
«Abbastanza.» fu la gelida replica. «Non avresti dovuto aprire questa stanza.» la voce di lui era estremamente dura, il suo volto pareva scolpito nella roccia. Si fece avanti per afferrare la maniglia penzolante e richiudere la porta. Così facendo la luce colpì il suo viso e lo rese finalmente visibile agli occhi di lei.
«Aspetta…» fece J d’istinto, posando una mano su quella di lui. Kyuhyun non si aspettava che entrasse in contatto con lui tanto facilmente ma la sorpresa non fu nulla paragonata alla sensazione che provò sentendo le dita gelide di lei sulla pelle. Non sapeva perché ma si affrettò a ritrarre la mano: era una sensazione troppo sgradevole per essere sopportata. Probabilmente anche lei aveva avvertito qualcosa di simile: intuì che quel contatto l’aveva infastidito e si afferrò la mano, abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore incerta.
«Che cosa sei?» chiese lui, guardandola con quegli occhi tanto acuti e penetranti.
«Ya, che intendi con “cosa”?!» replicò la ragazza, dandogli una spinta leggera che lo fece indietreggiare appena. «E’ evidente che non siamo due persone compatibili!» spiegò.
«Sì, direi proprio che questo posto è troppo piccolo per entrambi.»replicò pronto Kyuhyun, lanciandole un’occhiata ben eloquente.
«Beh, quella è la porta!» disse offesa J.
«Questa è casa mia, sto aspettando che tu te ne vada!»
«Tu abiti al piano di sotto!»
«Aishhh, sei veramente insopportabile! Rimonta immediatamente questa maniglia e chiudi subito la porta o giuro che ti faccio dormire per strada, stanotte!»
«Non lo faresti mai!»
«Non provocarmi.» i due si guardarono negli occhi per un momento. J s’imbronciò: non era il caso di andare oltre o l’avrebbe sollevata di peso e buttata fuori di casa per davvero. Sapevano entrambi che il Maknae non aspettava altro che quest’opportunità.
«Non voglio chiuderla.» pigolò allora la ragazza.
«Ascolta, puoi anche ingannarmi, prendermi in giro, farmi passare per pazzo… ma se ti azzardi a fare qualcosa a…»
«Io non ti ho mai fatto nulla di male, Hyung!» gridò lei di rimando spazientita, stringendo i pugni e sbattendo un piedino a terra. Non fece tanto rumore: era scalza ed i pantaloni troppo lunghi le avanzavano di svariati centimetri in fondo alla gamba, la stoffa aveva attutito il colpo. Lui non si scompose, continuò a guardarla con estrema durezza. Per J era impossibile sostenere quello sguardo, era troppo forte. Abbassò il capo.
«Perché la tenete chiusa? Credete che così potrete evitare di pensare che lui non c’è?»
«Tu che ne sai di lui?»
«Ho fatto delle ricerche su Internet…»
«Oooh, certo… immagino! E guarda caso ora sai tutto sui Super Junior!»
«So che lui è importante per voi e per me!»
«Nelle tue ricerche c’era scritto anche questo?»
«I sentimenti non si dimenticano mai del tutto! Io… sento che è così, ok?» sembrava davvero convinta delle proprie parole, pensò Kyuhyun, anche se lui non le credeva. Odiava vederla arrabbiata, la sua espressione teneramente determinata, quegli occhi così grandi ed espressivi gli davano sui nervi. In effetti odiava vederla, punto. Purtroppo, però, era stato costretto: non poteva permettere che rimanesse da sola nella loro casa, non si fidava di lei e più ci parlava, più aveva la sensazione di fare bene. Quando l’aveva vista davanti alla porta chiusa aveva pensato di fermarla ma poi, saggiamente, aveva deciso di rimanere in disparte, pronto a coglierla con le mani nel sacco non appena avesse fatto la sua mossa. Non avrebbe mai immaginato di sentire parole di affetto e devozione per il Leader uscire dalle sue labbra. Come faceva a sapere? Come poteva capire così perfettamente ciò che Leeteuk rappresentava per loro, il genere di guida che era? Era davvero così semplice prevedere il modo in cui lui avrebbe reagito alle sue parole? Sembrava quasi che lo conoscesse davvero… possibile che per lei i membri fossero così facili da leggere? All’improvviso si era sentito totalmente perso, quasi nudo di fronte a lei. Per un attimo aveva pensato che non c’era nulla che potesse nasconderle: comprendere ciò che la circondava per lei era facile quanto respirare, ingannarli doveva essere un gioco da ragazzi. Una parte di lui era profondamente terrorizzata da quella ragazza, ma solo una piccola parte perché un’altra grossa fetta era molto più spaventata da sé stesso. Nonostante tutto quello che era successo, sebbene odiarla fosse ciò che la logica gli imponeva di fare, si ritrovava ad ammirarla per il suo ingegno. Perché una persona così brillante doveva fare tutto questo, cosa mai poteva desiderare da loro, a cosa le servivano i Super Junior?
Kyuhyun chiuse gli occhi per un attimo, lei lo stava guardando. Non era il momento di farsi prendere dal panico, si era ripromesso che l’avrebbe ripagata con la stessa moneta: l’inganno. Perciò, dopo un momento di esitazione, tornò a guardarla calmo.
«Cosa pensi che cambierà se lasci aperta questa porta?»
«Beh, magari potremmo pulire la stanza! Guarda che polvere… se Leeteuk-shi dovesse tornare miracolosamente domani non potrebbe dormirci!»
«Infatti, dormirebbe in camera tua e tu finalmente spariresti dalla mia vista.»
«Hyung!» protestò lei.
«Capisci che quello che dici è completamente privo di logica? Non tornerà domani!»
«Non è questo…»
«E cos’è?» la incalzò lui, alzando un sopracciglio. La vide farsi un attimo pensierosa, come per trovare le parole adatte.
«Beh… stavo pensando: le persone intelligenti non sono mai ottimiste, perciò è ovvio!»
«Cosa?»
«Io non sono una persona!» esclamò e si allontanò verso lo stanzino, convinta di aver così brillantemente concluso la discussione. Kyuhyun rimase basito a guardarla. Avrebbe semplicemente potuto dire che voleva pulire quella camera perché la confortava la speranza che, se miracolosamente lui fosse tornato, avrebbe trovato tutto pronto ad accoglierlo. L’aveva capito: era esattamente questo che lei voleva dire ma, come al solito, J aveva espresso i suoi sentimenti nella maniera più contorta ed allucinante possibile. Si ritrovò suo malgrado a sorridere e a scuotere il capo mentre lei s’infilava nello stanzino.
«Hyung, che fai, ti muovi? Non ho mica i tentacoli, io…»
«Aishhh…» sbuffò infine, alzando gli occhi al soffitto. Mentre la raggiungeva si tolse il cappotto: non l’aveva ancora sfilato. «Ok, basta che non mi sporchi la maglietta, è di Shindong!»

 
-ore ventitre -
 
Finirono più o meno verso le undici. Gli altri membri sarebbero tornati a momenti. Kyuhyun sedeva esausto a terra, le lunghe gambe stese sul pavimento. Poggiava la schiena contro il bordo del letto ed aveva abbandonato il capo all’indietro sul copriletto fresco e pulito. Dalla sua posizione, accucciata sopra ad una sedia girevole davanti alla bianca scrivania del Leader, J poteva vedere il suo collo meravigliosamente disegnato, dalla mandibola ben marcata alle clavicole che sporgevano appena dallo scollo a V della sua t-shirt. Era semplicemente perfetto: i fasci muscolari si tendevano sotto la pelle chiara come la luna, fredda e luminosa come l’alabastro.
«Le fan non si chiederanno come ti sei fatto male a quel braccio?» Kyuhyun era caduto mentre toglieva le ragnatele dagli angoli del soffitto. Certo, il fatto che J fosse andata a sbattere con l’aspirapolvere contro la scaletta su cui si trovava aveva giocato un ruolo fondamentale nell’infortunio. Ora il suo braccio sinistro era tutto sbucciato dal gomito al polso. Con decisione il Maknae si era rifiutato di farsi medicare da lei.
«Dirò che sono caduto dalla sedia mentre ero al computer… le fan mi riempiranno di amore.»
«Sei tremendo.» J lo disse col sorriso. Kyuhyun alzò un attimo il capo per guardarla, poi tornò ad abbandonarlo all’indietro, sorridendo a sua volta. Si erano stranamente divertiti, avevano messo da parte le divergenze e si erano dedicati al Leader. Varcare la soglia di quella stanza era stata una specie di catarsi per il Maknae. Togliere la polvere dal suo pianoforte, cambiare le lenzuola, tornare a guardare le foto, i poster, tutte quelle piccole parti di lui l’avevano aiutato a farsi una ragione di quell’assenza. Credeva che pensando a lui avrebbe sofferto, invece i ricordi, pur non diminuendo la mancanza, ne addolcirono l’attesa. Per un attimo si ritrovò a chiedersi se lei l’avesse sempre saputo. Si tirò su e tornò a guardarla. Si era rannicchiata sulla sedia, tirando le gambe al petto ed appoggiando il mento sulle ginocchia. Dondolava senza pensare, giocando con le dita dei piedini scalzi. Forse doveva davvero fidarsi di lei, forse era davvero lì per proteggerli! Non era questo che gli aveva detto quel giorno agli studi? “Fidati di me, Kyuhyun-ah”. Forse non era lei il cattivo della situazione. Quando tornò a guardarla, si accorse che la sedia era vuota. Sparita! Controllò la stanza con aria spaesata.
«J… J?!»
«Ehi, sono qui, tranquillo!» esclamò la ragazza, rientrando nella camera con una teiera d’acqua bollente. Avevano deciso che il premio per il loro lavoro sarebbe stato una tisana calda.
«Non devi allontanarti senza il mio permesso!» la rimproverò lui.
«Non sono mica in carcere…» disse, inginocchiandosi per terra, in mezzo alla stanza. Sul pavimento c’erano già due tazze e numerose bustine di tisana, in svariati gusti, servite su un piattino. Quando lui la vide sedersi, si avvicinò, mettendosi a gambe incrociate per terra. Nessuno voleva più uscire da quella stanza.
Kyuhyun guardò J che versava con calma l’acqua bollente nelle tazze, aveva l’aria concentrata.
Il Maknae non si accorse nemmeno che stava sorridendo.
Fu allora che i due udirono le chiavi rigirare nella toppa: i membri erano tornati!
Li sentirono bisbigliare preoccupati, Eunhyuk borbottò qualcosa riguardo al suo pc. Kyuhyun e J si guardarono l’un l’altra, per un attimo divertiti.
«Siamo qua!» dissero, quasi insieme. I membri erano chiaramente preoccupati all’idea di ciò che avrebbero trovato tornando a casa: per quel che ne sapevano i due potevano essersi scannati a vicenda. Shindong, sorpreso, si esibì in una serie di “Oh”.
«Qua dove?» Evidentemente anche Kangin aveva deciso di fare un salto a casa. Kyuhyun si sentì in colpa: se erano passati tutti voleva dire che li aveva decisamente spaventati. Pochi istanti dopo videro Sungmin comparire davanti alla porta, alle sue spalle si avvicinavano gli altri Super Junior, come al solito rumorosi.
«Oh!» fu la sola parola che riuscì a dire in merito alla situazione. Probabilmente di tutti gli scenari possibili, quello era il più inimmaginabile: loro due amabilmente seduti a prendere una tisana nella stanza di Leeteuk, rimessa a nuovo. Ora quella camera brillava più di prima, sembrava che il Leader fosse assente solo da un giorno, anziché da un anno e mezzo! Ryeowook, giunto accanto al sostituto Leader proprio in quel momento, sorrise: era la gioia in terra.
In un attimo anche tutti gli altri membri erano alle sue spalle.
«Che avete combinato alla stanza di Teuk-teukie?» chiese Kangin, che aveva prepotentemente guadagnato la pole position davanti all’entrata della camera, mentre Minnie saliva sulla punta dei piedi per sbirciare oltre la sua spalla.
«Yaaaa… l’avete rimessa tutta in ordine!» esclamò Yesung.
«Kyuhyunnie hai pulito tutto tu?» Shindong sembrava sorpreso.
«Diciamo che...» J intervenne prima che il Maknae potesse replicare. Il ragazzo stava già annuendo, pronto a prendersi il merito di tutto il lavoro. I due si guardarono un attimo con diffidenza e, alla fine, lei si arrese.
«Diciamo che… ha diretto i lavori…» replicò diplomatica.
«E spolverato le mensole, dato che sennò tu…» scherzò lui, beccandosi una manata leggera sul capo da parte della ragazza. Entrambi finirono col ridere, forse più per l’espressione basita dei membri che li guardavano che per altro. Ad entrambi piaceva scioccare la gente.
Kyuhyun sospirò: l’approccio diretto non aveva funzionato con lei, forse se si fosse dimostrato gentile e disponibile lei avrebbe, prima o poi, abbassato la guardia e rivelato qualcosa. Oltretutto non era più totalmente sicuro che fosse J il problema. Forse c’era dell’altro, un burattinaio che muoveva i fili di quell’assurda commedia. Il vantaggio era doppio: in questo modo anche i membri non si sarebbero preoccupati e lui avrebbe potuto liberamente tenerla sotto controllo senza nessun ostacolo.
«Oooh, guarda qua!» Heechul fu il primo ad entrare nella stanza. Si avvicinò alla libreria e prese una foto incorniciata, su cui erano ritratti tutti loro, insieme.
«Quella me la ricordo, eravamo tutti e 15…» disse Donghae, entrando a sua volta.
«Yah, Siwon-ah… come fanno a dire che sei bello?! Guarda che faccia?» Eunhyuk, sfilato alle spalle di Heechul, stava sbirciando a sua volta la foto.
«Ma come, fa vedere?!» fu il turno di Siwon di entrare.
«Prendi lui…» disse Heechul indicando qualcuno nella foto. «Lui sì che è la creatura più bella di questo pianeta!» proseguì, sorridendo soddisfatto.
«Fatemi indovinare: ha indicato sé stesso!» commentò con acume Kyuhyun. Non c’era bisogno che qualcuno rispondesse.
«Ma se ti si vede a malapena!» esclamò Kangin, ormai seduto sul letto.
«Vi ricordate quando l’abbiamo scattata?» disse Sungmin con un sorriso.
«Hankyung era ancora convinto che mi chiamassi Woonbin!» esclamò Eunhyuk ridacchiando.
«Che dici, scemo! Non vedi che c’era già Kyuhyun-ah? Hankyung non è così stupido da crederti per tutto quel tempo…» Heechul diede una spallata all’amico.
«Ya, ce n’è ancora di acqua? Pur io voglio una tisana…» disse Shindong, sedendosi accanto a J.
«Vado a prendere altre tazze!» si offrì Ryeowook, seguito a ruota da Yesung.
Per tutto quel tempo guardare quella porta chiusa era stato estremamente difficile. Quel giorno varcare la soglia fu un gioco da ragazzi. Tutti sentivano la mancanza del Leader, ognuno aveva voglia di parlarne, solo che fino ad allora non avevano avuto il coraggio di farlo, forse per paura di soffrirne o di far soffrire gli altri. Trovarsi lì, sul suo letto, tra le sue cose, sepolti dai ricordi, li rassicurò. Leeteuk c’era ancora, presto sarebbe tornato e, come quella stanza non era cambiata negli anni, neanche lui sarebbe cambiato! Finalmente, tutto avrebbe ripreso a scorrere come prima. 

Scusate se pubblico così in fretta! Sono ispirata >_<...
Come va? Qui fa un freddo boia, cosa che mi porta a rannicchiarmi nel mio letto a scrivere piuttosto volentieri, invece di spingermi ad uscire e a vivere una vita da persona normale! Risultato? Un altro lungo capitolo pieno di deliri! No, dai...questo è abbastanza normale. Con questo capitolo si riparte con gli eventi narrati in ordine cronologico, quindi la puntata di Strong Heart con lo Struzzo Fantasma ed il conseguente rientro a casa con tanto di volatile appollaiato in soggiorno non sono ancora avvenuti. Nei capitoli inserirò una serie di piccole scenette per spiegare come sia possibile che questo beneamato pennuto sia finito ad abitare nel dormitorio dei Super Junior e, soprattutto, come abbiano fatto a portarlo al dodicesimo piano senza farsi vedere dalla security xD. 
Detto questo, sapete tutti a chi dedico questo capitolo. La sua partenza l'ho affrontata in modo strano... tipico di me... mentre tutti piangevano davanti alle lettere commoventi ed ai video strappacuore dei Membri in lacrime, io me ne andavo avanti nella più sordida apatia. Ho affrontato la cosa solo ora, scrivendo queste parole e devo dire che mi rispecchio un po' in quello che ha detto J. Basta, non dico altro >_< 
Ne approfitto per ringraziare chi ha preso a seguirmi, l'avevo scritto nell'altro post ma si è cancellato quindi... grazie Lightfire e Letina! Spero che la storia vi piaccia :) 
Rinnovo anche i ringraziamenti alle fedelissime commentatrici: Ahrya, Federica25, Onewsmileislikeasun, angelteuk, InstantDayDream E Kami_sshi! Nuova recensitrice *applauso* grazie grazie per il tuo commento, da Gamer m'interessa moltissimo la tua opinione riguardo al mio Kyuhyun, perciò STRONCAMI! 
Grazie ancora a chi continua a seguirmi e ha paura di scrivermi una recensione... fate bene: sono brutta e cattiva e mangio vivo chiunque osi disturbarmi! xD Scherzi a parte, i consigli sono sempre bene accetti... tanti bacini ciccini
_Sushi_

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Capitolo 19
*** Intrusione ***


-Otto Novembre, mezzanotte -
 
L’appartamento all’undicesimo piano era avvolto dall’oscurità più assoluta. Le prove per il prossimo album in uscita si erano protratte così a lungo che, negli ultimi giorni, i Super Junior non avevano praticamente mai dormito. Non c’era da sorprendersi quindi se quella sera persino Kyuhyun era già a letto. La calma era totale, le stanze vuote e silenziose sembravano ancora più ampie, solo la spia rossa della televisione illuminava a tratti l’oscurità, lampeggiando intermittente. Era chiaro quindi che il suono della serratura che veniva aperta lentamente avrebbe fatto più rumore del solito. Fortunatamente non era abbastanza per svegliare gli abitanti dell’appartamento.
Per un attimo un fascio di luce intensa proveniente dal pianerottolo illuminò parte della mobilia dal design moderno e occidentale, poi la porta si richiuse alle spalle di due figure, quella di un uomo ed una donna. I due rimasero per un attimo fermi, cercando di orientarsi nel buio più totale. Si guardarono intorno, poi la donna, che si trovava dietro, indicò davanti a sé la strada per le camere.
«Di qua!» sussurrò piano, prima d’incamminarsi con l’uomo sconosciuto verso il corridoio. Procedevano con lentezza esasperante: se qualcuno si fosse accorto di loro sarebbe stata la fine, non potevano sbagliare il colpo! L’uomo camminava sicuro di sé, sebbene quella non fosse la sua casa. Lei lo seguiva con qualche incertezza in più, inciampando a tratti e infatti, proprio mentre imboccava la strada per il corridoio, la donna prese male le misure ed andò a sbattere dritta contro lo stipite.
«Ouch!» fu il lamento soffocato.
Quell’unico rumore bastò. Nella stanza adiacente Kyuhyun, sdraiato composto nel suo letto, aprì gli occhi. Non stava dormendo: erano ormai settimane che non riusciva più a farlo. Era tremendamente stanco ma almeno questa volta non si sarebbe fatto cogliere impreparato. In un attimo si tirò su a sedere, spostando lo sguardo verso il letto di Sungmin che, invece, sembrava dormire beatamente. Sollevò le lenzuola ed infilò i piedi scalzi nelle pantofole, quindi si alzò, silenzioso come un gatto. La porta della sua stanza si aprì con un cigolio che sperò non avesse dato l’allarme alla ragazza. Fu allora che, affacciandosi sul corridoio, Kyuhyun si accorse che lei non era sola. Si bloccò, per un attimo dubbioso: chi era l’uomo con lei? Nell’oscurità  non poteva certo riconoscerlo ma avrebbe scommesso che fosse il tipo occidentale che gli aveva rovesciato il caffè addosso qualche giorno prima. La sua presenza lo poneva in svantaggio numerico: prevalere su J sarebbe stato fin troppo facile, con il tipo, invece, le cose non si mettevano bene. Dopo un attimo di esitazione si decise a seguirli comunque, per scoprire cosa avessero in mente. Scivolò nel corridoio come un’ombra, proprio mentre l’uomo apriva la porta della stanza di Eunhyuk e vi sfilava all’interno assieme alla propria complice. Kyuhyun vide la porta socchiudersi alle loro spalle. Di man in mano che si avvicinava poteva sentirli. Un tonfo, un lamento: J doveva aver sbattuto contro qualcosa. Si sporse in avanti, avvicinandosi alla porta socchiusa, quindi tese l’orecchio per cercare di carpire i loro discorsi, stavano sussurrando qualcosa, non poteva sentire tutto con esattezza.
«…fallo tu!» stava dicendo piano J. La voce di lui era troppo distante perché il Maknae potesse udirla. «…accetterà, volente o nolente, forza, fallo!» lo stava esortando. Kyuhyun rimase di stucco: volevano forse estorcere un favore al ballerino? Eunhyuk era in pericolo! Prima ancora che potesse fare qualunque cosa, sentì che si stava svegliando. Rimanse paralizzato dalla curiosità e dallo stupore. «Muoviti!» disse lei, spingendo in avanti l’uomo. Kyuhyun intravide chiaramente, da uno spiraglio della porta, una figura che si piegava in avanti sul letto del primo ballerino ancora mezzo addormentato. In un attimo i due ingaggiarono una piccola lotta. Doveva agire!
«Fermi!» esclamò, spalancando la porta ed accendendo la luce con una manata all’interruttore proprio accanto a lui. Per un attimo tutti rimasero accecati e, non appena poté tornare ad aprire gli occhi, Kyuhyun si accorse che la situazione non era esattamente come credeva. Con una mano sulle labbra di un Eunhyuk dagli occhi sbarrati, c’era Donghae. Era praticamente seduto a cavalcioni sull’amico, nel tentativo forse di bloccargli braccia e gambe. Mentre lo teneva fermo, spingendolo verso il letto con una mano, gli faceva segno di stare zitto tenendogli l’indice premuto contro le labbra. Accanto al letto c’era invece una ragazza in abito da sera che Kyuhyun non conosceva. Scosse il capo, sconvolto dalla scena: era convinto di aver sentito la voce di J, poteva essersi sbagliato?
Nel frattempo, Donghae, la ragazza e Hyukjae stesso si erano voltati sorpresi verso il Maknae che era rimasto immobile con una mano sulla maniglia e l’altra sull’interruttore della luce. Donghae fece scivolare l’indice dalle labbra dell’amico e guardò spaventato la ragazza accanto a lui come per chiederle di fare qualcosa. Eunhyuk probabilmente non aveva ancora capito se era sveglio oppure no. Fu il Maknae il primo a parlare:
«Che state facendo, chi è questa tizia, come hai fatto a farla en…» si bloccò di colpo, lei gli stava venendo incontro con un’espressione indecifrabile sul volto. I due si guardarono per un attimo negli occhi.
«Cavoli, proprio lui doveva scoprirci?!» fece J, sbuffando ed incrociando le braccia. Già, J. Kyuhyun non rispose, la stava fissando a bocca aperta. Quella di fronte a lui non poteva essere lei: della ragazza piccola e mingherlina, sempre spettinata non aveva nulla. Era al cospetto di una donna con delle belle gambe, una vita sottile, un corpo femminile, seppur filiforme. Non poté che fermarsi ad ammirarla dai piedi, scalzi, dal momento che la ragazza reggeva in mano i tacchi di vernice color carne, lungo tutto il profilo delle gambe, slanciate e di un candore quasi etereo. In perfetto contrasto con la carnagione, un abito turchese incorniciava leggero i fianchi, ricadendo con morbidi viluppi della stoffa velata attorno alle gambe. Per la prima volta si ritrovava ad osservare parti del corpo di lei che non aveva mai neanche potuto immaginare prima: non era il solito mucchio di vestiti con una testa e delle mani che spuntavano a caso tra la stoffa, ora aveva una bella schiena liscia e dritta, scoperta per via dell’abbondante scollatura posteriore e, sul davanti, il lieve girocollo metteva appena in evidenza le clavicole sporgenti, ridisegnando la forma delle spalle ed esaltando il collo nudo, per via dei capelli corti, spettinati ma con una logica, per la prima volta. Un paio di orecchini pendenti, composti da una filigrana di oro bianco e Swarosvki, valorizzavano la mandibola ed il viso perfettamente ovale. I suoi occhi sembravano ancora più grandi ora che una riga di eyeliner ed un po’ di mascara ne esaltavano il taglio ferino e, grazie ad un po’ di correttore e ad un accenno di blush, l’incarnato s’illuminava mentre occhiaie e lividi sparivano dal suo volto. Lo zampino di Zhou Mi era evidente come l’impronta di un triceratopo su un campo da golf.
Fu in quell’istante che, per la prima volta, Kyuhyun si accorse di avere a che fare con una femmina della sua stessa specie. Tutti, a parte forse Heechul, erano abituati a trattarla quasi come se fosse un maschio: era un meccanismo acquisito anche per mantenere le apparenze con i Manager e la donna delle pulizie che, pur tentando di far salire il meno possibile, si trovavano nel dormitorio abbastanza spesso. Solo dopo un lungo momento di contemplazione lo sguardo del Maknae si scontrò con gli occhi di lei: in essi riconobbe la J di sempre che, come sempre, lo stava guardando infastidita.
«Sei consapevole del fatto che mi stai profondamente offendendo, vero?» chiese la ragazza, reclinando appena il capo da un lato con aria supponente senza però nascondere un sorriso vagamente soddisfatto. Doveva essersi resa conto che la stava fissando e, probabilmente, aveva anche capito quali fossero i pensieri del Maknae ma, a differenza di lui, non doveva aver trovato nulla di lusinghiero nel fatto che il ragazzo si rendesse conto solo ora di quello che era davvero il suo aspetto. Del resto, come biasimarlo? «Non c’è niente da vedere, torna pure a letto.»
«Cosa ci fai vestita così?» fu la naturale reazione. Lei si morse il labbro inferiore: probabilmente sperava che lui fosse troppo assonnato o sconvolto per porla.
«Ehm… sto andando a dormire!»
«Davvero non riesci ad inventare una scusa migliore?» replicò sarcastico lui, guardandola vagamente sorpreso, seppur col solito maligno sorriso sulle labbra.
«Yaaaaa, J, sei bellissima!» Eunhyuk era finalmente riuscito a convincere Donghae a lasciarlo andare ed ora si era tirato sui gomiti e fissava la ragazza. Hae invece si era sdraiato accanto all’amico. J si voltò verso i due e Hyukjae la vide sorridere per la prima volta in modo totalmente diverso dal solito.
«Hyung, siamo venuti a svegliarti! Io e Donghae Hyung non riuscivamo a dormire perciò…»
«…Abbiamo pensato di non lasciar dormire neanche te. Usciamo!» concluse il secondo ballerino, scuotendo l’amico sdraiato accanto a lui. Eunhyuk aveva l’aria stanca, si voltò verso il ragazzo sbadigliando appena.
«Ho sonno! Sono tre giorni che non dormiamo, che vuoi fare?»
«Andiamo a ballare o… chessò, a bere qualcosa!» esclamò Donghae. «Saranno anche tre giorni che non dormiamo ma sono otto anni che non usciamo come si deve a divertirci come persone normali!»
«Noi non siamo persone normali, l’hai dimenticato, Hyung?» chiese Kyuhyun, affiancando la ragazza. Lei lo guardò male per un attimo: perché diavolo si sentiva in dovere di dire la sua? Era evidente che l’invito non era esteso a lui.
«Kangin Hyung ed Heenim sono di sotto che ci aspettano!» esclamò J, ignorando il Maknae e rivolgendosi ai due ragazzi nel letto.
«Oh, ci sono anche loro?» Eunhyuk si illuminò: era sempre bello far baldoria con quei i due, soprattutto perché a causa del servizio militare si erano potuti vedere meno negli ultimi anni!
«Mmh, volevamo invitare anche Shindong-shi ma lui è… occupato.» aggiunse Donghae con un’occhiata ammiccante all’amico. Eunhyuk sorrise per metà invidioso e per metà imbarazzato al pensiero, quindi, dato che ormai era totalmente sveglio ed entusiasta all’idea di passare una serata fuori con gli amici, saltò giù dal letto e si avvicinò prontamente al proprio gigantesco armadio a piedi scalzi. Lo aprì e cominciò ad osservare i vari capi, mentre si slacciava il sopra del pigiama. Si bloccò solo quando vide J riflessa nello specchio posto sull’anta dell’armadio, quindi si voltò verso di lei.
«Ehm… io mi cambio!» annunciò, dato che lei lo stava fissando. La ragazza si limitò ad annuire ma non spostò lo sguardo. Fu Donghae ad intervenire.
«J, voltati, si deve cambiare!»
«Eh, perché?»
«Si deve… togliere i vestiti.»
«Appunto per questo devo guardare!» Donghae rimase sconvolto.
«Ma che dici, non puoi guardarlo mentre si spoglia!»
«Come no, non sono mica scema, io! Se non lo guardo in queste occasioni perché dovrei…» s’interruppe solo perché gli altri la stavano fissando male. In realtà Kyuhyun sorrideva: quello scambio di battute si preannunciava esilarante.
«Che c’è? È un bellissimo ragazzo, non gli faccio mica male!»
«Ma non si fa!» disse allarmato il secondo ballerino, posando le mani sulle spalle di lei e costringendola a girarsi.
«Perché no?» protestò la ragazza, voltandosi suo malgrado, incapace di opporsi al volere di lui.
«E’ inappropriato!»
«Ma come, tu non la guardi una bella ragazza mentre si sta cambiando?» al solo pensiero il volto di Donghae attraversò tutti i colori dello spettro cromatico.
«Non ti piace vedere il corpo nudo di una bella ragazza?» aggiunse candidamente lei, mentre da giallofucsiaviolablu il secondo ballerino sbiancava totalmente.
«Certo che mi piace…» balbettò. «Ma non lo guardo!»
«Ma è stupido!» protestò la ragazza.
In disparte Kyuhyun osservava la scena ridacchiando divertito: il secondo ballerino era sempre più imbarazzato, lei sembrava candidamente sorpresa. J aveva nozioni di fisica, chimica e matematica forse al di là dell’umana concezione ma per quanto riguardava l’uso comune e le norme sociali era come una bambina. Il suo ragionamento era brutalmente logico, perfettamente lineare, privo di quei secoli di repressione e manierismo che imponevano ad una ragazza per bene di non guardare il corpo di un uomo mentre si stava spogliando. La perdita di memoria doveva averla cambiata parecchio. Per un attimo il Maknae si chiese come sarebbe stata quella ragazza una volta riacquistati i suoi ricordi, sempre ammettendo che non l’avesse già fatto e li stesse abilmente raggirando. Forse avrebbe perso la sua spontaneità, chissà! In ogni caso non intervenne nella conversazione che, comunque, continuò a lungo, tanto che alla fine Eunhyuk aveva fatto in tempo a provare un paio di outfit prima di decidersi.
Quando J poté voltarsi il primo ballerino indossava un paio di jeans skinny neri che gli ridisegnavano perfettamente le gambe ed i glutei, una maglia morbida e lunga grigio chiara con una stampa colorata ed una giacca talmente strana da essere impossibile da descrivere. La cosa veramente affascinante era che nonostante tutto riusciva ad essere un figo da paura. Infine non poteva mancare un borsalino grigio, portato storto sul capo. Compiaciuto, Eunhyuk si voltò verso i tre e, mordendosi il labbro inferiore, aprì le braccia pieno di confidenza, per farsi ammirare. Fu allora che un pensiero folgorò la sua testolina da acciuga, sgonfiando in un millisecondo la sua espressione allegra.
«Uhm, aspetta… ma come facciamo? Non possiamo andare in giro da soli con una ragazza, per giunta vestita così!» fu la sua giusta obiezione. J si guardò addosso. «Anzi, anche se lei non ci fosse, non possiamo certo andare in giro a bere e a spassarcela come se non fossimo nessuno, le persone ci noteranno!» aggiunse Hyukjae, subito rabbuiandosi al pensiero.
J si morse il labbro: sapeva che avrebbe dovuto vestirsi da maschio ma non riusciva più a reggere quella situazione, aveva bisogno di essere sé stessa o almeno quella che sentiva essere sé stessa. Sì, vestirsi e truccarsi era stato un piccolo atto di egoismo che forse avrebbe potuto metterli nei guai ma…
«…J ha creato un aggeggio, un feltro di coercizione!»
«Un filtro di percezione…» disse lei, correggendo le parole di Donghae, mentre estraeva dalla pochette che aveva con sé un mucchietto di catenine. «Ah, a Yesung Hyung servirà un nuovo mazzo di chiavi…> aggiunse, tendendo la mano in avanti per farle pendere a mezz’aria davanti agli occhi dei presenti.
Si trattava di cinque lunghe catenine d’argento, tutte diverse, evidentemente raccattate a caso per la casa, alle quali faceva da ciondolo una chiave. Nulla di che, a prima vista, ma guardando meglio si poteva notare che su ognuno dei ciondoli era saldato un piccolo cip. Kyuhyun, curioso, si fece avanti e prese una delle chiavi che la ragazza stava facendo penzolare a mezz’aria per osservarla meglio. Il cip era molto piccolo e ricoperto da un involucro che impediva di vedere al suo interno.
«Filtri di percezione?» chiese, curioso il Maknae.
«Esatto, una volta indossati sarete…» J ci riflettè un attimo. «…beh, usando parole per voi comprensibili: invisibili.»
«Invisibili?» Kyuhyun ed Eunhyuk risposero entrambi un po’ troppo ad alta voce, sconvolti.
«Shhhh!» fu la replica di Donghae e J, all’unisono.
«Non si può diventare invisibili!» esclamò Kyuhyun, abbassando drasticamente la voce. 
«Certo che no, sciocco! In realtà un nanogeneratore, unito ad un mucchio di altra roba per cui nessuno ha ancora inventato un nome, sfrutta il potere conduttore della catena per collegarsi al corpo astrale tramite il plesso solare, quindi l’interferenza con il campo magnetico generato da esso con quello emesso dal vostro corpo fa in modo che le onde elettromagnetiche subiscano una rifrazione R zero uguale a tre quarti N alpha primo. Nelle quattro dimensioni fa sì che la propagazione ortogonale dell’onda luminosa, che si rifrange sul vostro corpo nel’unità di tempo, subisca un leggero sfalsamento e raggiunga la retina con un lieve ritardo che il cervello umano non riesce a decodificare, finendo perciò per ignorare il soggetto.»
Silenzio.
«Oh che figo, saremo invisibili!» dopo aver sentito quello sproloquio incomprensibile su onde e rifrazione, accettare l’idea di diventare invisibili non era poi tanto difficile per Eunhyuk!
«In parole povere non vi rende invisibili, solo inosservati, chiaro? Se fate qualcosa di molto eclatante ovviamente il filtro non potrà proteggervi ma se mantenete un profilo basso e vi confondete tra la folla, nessuno vi noterà!> fu la spiegazione in termini umanamente concepibili.
«Oh…» Kyuhyun osservava l’oggetto con occhi nuovi. «Non posso credere che funzioni.»
«Fidati di me!» disse lei, sorridendogli gentile. Lui la guardò: non era la prima volta che la ragazza glielo diceva. Se quegli aggeggi avessero funzionato i Super Junior avrebbero avuto per le mani la scoperta del secolo: con uno di quelli al collo potevano condurre una vita quasi normale! Possibile che quella ragazza fosse lì proprio allo scopo di proteggerli, oppure doveva pensare che fosse una truffa? Non poteva fidarsi, non ancora.
«Vengo anch’io!»
«No, tu non vieni!»
«Invece sì!»
«Assolutamente no: ho solo cinque ciondoli!»
«Fanne un altro! Altrimenti vi seguirò comunque, non puoi impedirmelo.»
J fece per aprire bocca, quindi si bloccò e guardò male il Maknae. Odiava il modo in cui lui aveva sempre l’ultima parola. Lo osservò in silenzio con aria estremamente combattuta, riflettendo sulla propria decisione, tenendolo volutamente sulle spine, anche se sapeva benissimo di avere le mani legate. Solo alla fine sospirò.
«Mi servirà quella.» disse indicando la sveglia sul comodino di Eunhyuk. Donghae gliela passò prontamente.
«No, quella è un regalo delle fan!» esclamò il proprietario.
«Era.» disse J lapidaria, facendola cadere a terra. Donghae si chiese, a quel punto, come fosse possibile per gli abitanti dell’appartamento dormire ancora.
«Tu procurami un coltello affilato, una pinzetta, un temperino per matite, una catenina in argento, una chiave, un magnete, del cellophane ed un telecomando qualunque.» disse la ragazza autoritaria, indicando il secondo ballerino.
«E tu vatti a vestire, prima che cambi idea.» aggiunse, alzando lo sguardo per lanciare un’occhiataccia a Kyuhyun che ricambiò con uno sorriso vittorioso. Non aveva bisogno di replicare per difendere il proprio onore: quella battaglia l’aveva vinta lui.
 
«Che hai da guardare?» Kyuhyun si era accorto J che lo stava fissando. La ragazza abbassò lo sguardo frettolosamente, cercando un modo per salvarsi la faccia.
«Niente, ero ipnotizzata dalle tue orecchie! Non ho mai visto nulla di simile…» fu l’unica cosa che le venne in mente da dire. L’espressione che assunse il Maknae le fece capire di aver tergiversato alla grande. Tirò un sospiro di sollievo, quindi abbassò lo sguardo sulla propria pinta di birra lasciandosi ipnotizzare dalle bollicine che salivano lungo il liquido dorato, fino all’abbondante schiuma che in parte traboccava. Non era abituata a vedere il Main Vocalist in quei panni, dopotutto quella era la prima volta, da quando l’aveva portata al dormitorio, che metteva il naso fuori di casa assieme a lui. Forse non era neanche quello, forse semplicemente quel look gli donava in modo particolare: un maglioncino di morbida lana color burro risaltava il candore della sua pelle, dandole vita. Le maniche erano piuttosto lunghe, tanto da coprire in parte le mani, mentre superiormente risaltava la bellezza del suo collo marmoreo in cui la linea elegante dei muscoli s’inseriva perfettamente nelle clavicole appena sporgenti. Il contrasto con quegli occhi scuri e vivaci e con i capelli castani dai riflessi rame le aveva mozzato il fiato. Per non parlare delle gambe, fasciate da un paio di pantaloni beige chiaro che non lasciavano spazio all’immaginazione ma ne ridisegnavano la linea slanciata e tonica. Senza accorgersene era tornata a fissare il Maknae mentre egli faceva roteare con un gesto esperto ed elegante il vino rosso nel suo calice. Era stata lei ad ordinare da bere per tutti, dal momento che era l’unica a potersi mostrare pubblicamente. I membri non riuscivano a credere che nessuno avesse fatto domande o si fosse preoccupato di chiedersi dove sarebbero finite quelle cinque birre, una bottiglia di vino e quattro di Soju, ma era stato così. Non appena la ragazza aveva trasportato le bevande dal bancone al tavolo e si era seduta era come se quell’angolo del locale fosse totalmente scomparso. Le cameriere tiravano dritto senza neanche voltarsi. Certo, il fatto che il pub fosse strapieno di gente che ballava a ritmo di musica assordante doveva aver contribuito a tenere sguardi indiscreti lontani e, in ogni caso, qualunque fosse il motivo per cui nessuno aveva ancora iniziato ad urlare i loro nomi, beh, a loro andava bene così!
Eunhyuk stava proprio spiegando con aria esaltata tutte le cose fantastiche che avrebbe potuto fare con quella chiave al collo quando Kangin gli tirò una lieve spallata.
«Ya, Eunhyukie, stamani ho visto Zhou Mi dal parrucchiere! Mi ha detto che grazie a te si è dovuto tagliare i capelli…» tutti si zittirono. Kyuhyun, dopo aver bevuto un lieve sorso dal suo bicchiere, continuò a fissare la sfumatura intensamente rossa del vino mentre sulle sue labbra si dipingeva un sorriso divertito. Di tutt’altro avviso erano gli altri quattro presenti: Eunhyuk sembrava avere un’espressione colpevole mentre Donghae, J ed Heechul parevano addirittura vagamente alterati. Il Panda non si aspettava una simile reazione, perciò incalzò con la sua voce squillante e gioviale.
«Ya, allora, che è successo? Strano che abbia seguito i tuoi consigli in fatto di moda, quel taglio non gli donava affatto, sembrava un malato terminale.» Kyuhyun sbuffo una risata, incapace di trattenersi.
«Non era un consiglio di moda…» Donghae fu il primo a lasciarsi scappare qualcosa: gli altri sembravano voler mantenere omertà su tutta la linea.
«E’ stato un incidente, ok? E comunque impedirmi di entrare in cucina è una mossa decisamente avventata!»
«Mimi Hyung ha rischiato di rimanere calvo!» sbottò la ragazza di colpo.
«Calvo, Hyukjae, riesci ad immaginare cosa più orribile di Zhou Mi calvo?!» Heechul sembrava d’accordo con J. Kyuhyun ora stava decisamente ridendo. Il Maknae adorava stare in disparte fino all’ultimo, gettando un commento qua e là, solo quando c’era bisogno di dare una spinta alla conversazione perché prendesse la piega desiderata. Tirava i fili in disparte, come un esperto burattinaio, per poi godersi il naturale evolversi degli eventi. Kangin, invece, sembrava sempre più confuso.
«Su, spiegatemi! Che c’entra il divieto di entrare in cucina con la testa di Zhou Mi?»
«C’è stato un piccolo incidente con una birra e delle patate caramellate.» ammise Donghae.
«Per un attimo la testa di Zhou Mi-shi si è illuminata come un albero di Natale, dicono... peccato che me la sia persa!» il Maknae pensò di affogare il rammarico scolandosi il primo bicchiere.
«No, no, aspetta… gli hai dato fuoco ai capelli?»
«E’ stato Henry!»
«Sì, hai visto la macchia nera sul soffitto sopra ai fornelli?» Donghae ormai rideva.
«Quando sono uscito dalla mia stanza c’era Zhou Mi che correva con la testa in fiamme, Donghae che cercava di spegnere i fornelli e J che rincorreva il Cinese urlante con una bottiglia d’acqua in mano!» disse Heechul. In un attimo erano tutti piegati in due dalle risate.
«E’ colpa di tua, Hyung, sei il più grande! Invece di stare in camera a sbaciucchiarti con J saresti dovuto venire in cucina a controllarci!» sbottò Hyukjae cercando di difendersi.
«Che dici? Mica avete undici an… aspetta, che hai detto?» Kangin sgranò gli occhi.
J aveva sperato fino all’ultimo che l’informazione passasse inosservata, idem per Heechul. Quel dettaglio era evidentemente sfuggito pure all’Evil Maknae perché posò il bicchiere sul tavolo ed osservò la ragazza arrossire con un’espressione interrogativa sul volto.
«Come scusa?» chiese, alzando un sopracciglio.
Hyukjae pensò che cercare di annegarsi nella propria birra sarebbe stato un modo molto meno doloroso di andarsene rispetto a quanto gli sarebbe successo una volta affrontata l’ira di Kim Heechul.
«Mi sembrava di averti detto di stare zitto, Donghae-ah.» la voce del cantante era bassa e minacciosa.
«E’ stato Hyukjae ad estorcermelo!»
«Ma se non vedevi l’ora di dirmelo!» protestò l’amico accusato.
«Vi stavate baciando?!» Kangin, entusiasta, sembrava voler riportare la conversazione al punto cruciale.
«NO!»
«Sì.» furono le risposte discordanti di J ed Heechul.
«Li ho chiaramente visti sdraiati sul letto, lui sopra di lei!» alle parole di Donghae Kangin ululò, Kyuhyun sgranò gli occhi, incredulo.
«…che si baciavano!» puntualizzò il Panda.
«No, lei gli aveva appena tirato una testata sul naso.»
«Ah, allora si stavano picchiando!»
«No, cioè… sicuramente si erano appena baciati!»
«E poi avevano iniziato a picchiarsi…» Kangin sembrava confuso.
«Sì… NO! Quello è stato un incidente.» Lo stesso Donghae non doveva aver capito molto.
«Ci riesci a sollevarla?» Heechul sembrava disposto a tutto pur di cambiare argomento. Stava indicando J che, per la disperazione, aveva pensato di affogare i suoi dispiaceri nell’alcol. Con entrambe le piccole mani aveva sollevato l’enorme boccale di birra e se lo stava portando alla bocca.
«Certo che ci riesco.»
«Sembra più grande di te.» la voce di Kyuhyun non era né divertita né infastidita, anzi, sembrava totalmente apatica e risuonò vagamente dissonante, nonostante il Maknae si stesse semplicemente servendo del vino.
«Ci riesco, ho detto!» esclamò lei, punta nell’orgoglio, mentre la sollevava.
«Sicura che ti piaccia la birra?» agli occhi di Donghae la ragazza non sembrava esattamente una bevitrice.
«Certo, adoro la birra…» replicò con ostentata sicurezza, bevendo subito dopo un lungo sorso… che prontamente sputò a pioggia su Hyukjae, seduto davanti a lei. «Io odio la birra!» esclamò disgustata, posando con aria inorridita il boccale sul tavolo tra le risate generali, mentre Donghae tentava di asciugare Eunhyuk completamente fradicio ed appiccicoso.
«Guardati, sei peggio di una bambina.» Heechul le sfilò il boccale da sotto il naso, prima che potesse fare danni, quindi prese istintivamente a pulirle il viso con un tovagliolino.
«Guardateli, che piccioncini!» uggiolò Kangin, mentre J protestava cercando di allontanare le mani di Heechul. Fu in quel momento che i presenti udirono il rumore di una sedia che veniva scostata. Un attimo dopo la ragazza poté osservare l’ampia schiena di Kyuhyun che si dirigeva a grandi falcate verso l’uscita laterale del locale.
 
Una volta fuori il Maknae fece un profondo sospiro che si condensò in una bianca nuvoletta a contatto con l’aria fredda dei primi di Novembre. Aveva bisogno di uscire a prendere una boccata d’aria: tutto qui. Non c’era davvero nessun altro motivo, sul serio! Si morse il labbro mentre posava lo sguardo sul muro di mattoni che fronteggiava l’uscita laterale. Quello in cui si trovava non era nulla più di un vicolo e, fortunatamente, era deserto. Senza accorgersene strinse i denti e, con essi, i pugni, quindi tirò un calcio ad una bottiglia di Soju vuota che rotolò tintinnando lungo l’asfalto lucido di pioggia.
Già, stava piovendo. Se ne accorse solo quando alzò il capo verso il cielo nero e cupo in cui non si vedevano le stelle. Sentì l’acqua fredda dare sollievo alla propria pelle accaldata, quindi chiuse gli occhi, lasciando che la pioggia lavasse via ogni stupido pensiero. Rimase a lungo in quella posizione, con le gocce che bucavano il suo viso come minuscole spine, stillando dalla punta delle bianche nocche, i pugni erano ancora serrati. Si riscosse solo quando vide una luce alle sue spalle, probabilmente qualcun altro che usciva dal pub. Per un attimo il vicolo venne inondato dal chiasso dell’interno, poi la porta si richiuse cigolando, lasciando che l’unico rumore fosse quello dell’acqua che gocciolava dalle grondaie. Chiunque fosse uscito rimase fermo davanti alla porta, in silenzio.
«Kyuhyun-ah… mianhada.» conosceva fin troppo bene quella voce. Senza sapere perché ebbe un tuffo al cuore, si sentì sollevato, sebbene non avesse nessun motivo per esserlo. Si prese un secondo di tempo per riordinare i pensieri, quindi fece per girarsi.
«Di cosa ti…» si bloccò a metà frase perché in un attimo J aveva percorso i pochi metri che li separavano e l’aveva abbracciato. La sentì scontrarsi contro il suo petto, quindi scorrere con le mani fino a cingergli i fianchi ed appoggiare la guancia sul maglione di lana ormai fradicio. Non sembrava le importasse di bagnarsi: fortunatamente aveva avuto la buona idea di infilarsi il giubbotto prima di uscire sotto la gelida pioggia di quella notte. Kyuhyun la guardò dall’alto verso il basso: non riusciva a spiegarsi il perché di quel gesto o, forse, ci riusciva benissimo ma non era in grado di realizzarlo. La sola cosa certa era che in quel momento si sentiva bene, semplicemente bene. Era come se l’arrivo della ragazza gli avesse tolto un peso dal petto. Dopotutto un abbraccio era una cosa piacevole, indipendentemente dal suo eventuale significato! Nessun pensiero o macchinazione gli avrebbe rovinato quella che, ne era sicuro, era solo una soddisfazione fisica, il piacere di una coccola. Fu allora che, quindi, alzò la mano e la posò sulla testa umida di J, ancora intenta a tenere il volto ben piantato nel suo petto. La accarezzò per un momento, poi avvolse le braccia attorno al suo capo e chiuse gli occhi, ignorando le gocce gelate che gli scivolavano lungo la schiena. Concentrò tutta la propria sensibilità sulla percezione del corpo di lei così caldo, così sottile, pur infagottato dentro al giubbotto. Respirando profondamente, con il volto affondato tra i suoi capelli, poteva sentire il profumo di menta e di brezza marina, fresco e pungente che la caratterizzava. Era uno di quegli odori di cui non si sarebbe mai stancato, emanato dalla pelle stessa, non tanto da profumi o bagnoschiuma.
Quell’abbraccio durò ancora a lungo, in un silenzio pieno di domande che nessuno aveva voglia di affrontare.
Purtroppo a Kyuhyun era sfuggito un piccolo dettaglio, forse per via dell’irruenza con cui quel contatto era iniziato: stretta nel pugno di J, una chiave pendeva da una catenina le cui estremità erano state strappate. Senza quella al collo non fu difficile per una ragazza di passaggio notare l’idol piantato in mezzo al vicolo ed avvinghiato ad una sconosciuta.
La fan non poté trattenersi: doveva scattare una foto. 


Porca paletta, che lavoro! Allora, avete ampiamente espresso il vostro apprezzamento per la JChul, che ne pensate della KyuJ? Sembra moooooolto più incasinata, nevvero? Perdonate gli errorini di distrazione che potrei aver messo e, se ne trovate, vi prego di segnalarmeli! L'ho letto talmente tante volte che se anche ci fossero non penso li troverei, perciò, ecco... stroncatemi sulla grammatica! Ero incerta su alcune frasi... Insomma, fatemi sapere!
Per il resto, beh... perdonate se la descrizione dei filtri di percezione non è realistica. Purtroppo l'autrice non dispone delle stesse conoscenze fisicomatematiche di J, anzi, sono una capra in matematica, giuro! Ho buttato un po' di parole a caso sperando che avessero un senso però dai... se gente più intelligente di me non li ha ancora inventati ci sarà un motivo! Penso che, se non era chiaro fin'ora, lo sarà da adesso in poi: questa FanFiction non è adatta a chi non ama il genere fantascientifico! Certo, vedere i Super Junior alle prese con l'assurdo è abbastanza divertente, almeno per quanto riguarda me che ne scrivo! Spero che il capitolo vi piaccia... <3
A proposito di filtri di percezione, sembra che J abbia strappato quello di Kyu al momento dell'abbraccio, bastarda! Che avrà in mente? 
Scatenatevi 

Ah, facciamo un applauso a Vale Aj Kim per essersi unita/o alla nutrita schiera di lettori silenziosi! Un caloroso benvenuto in questo piccolo delirio, sentiti libera/o di scrivermi un commento, SOPRATTUTTO se è una critica! 


with love,
-Sushi-

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Capitolo 20
*** La quiete prima della tempesta ***


-Dieci Novembre, ore undici-
 
Il giorno dopo le strade ed i palazzi erano talmente lucidi di pioggia da scintillare sotto ai raggi del sole, alto in un cielo privo di nuvole. Si prospettava una bella giornata, sebbene il meteo annunciasse una vera e propria tempesta in arrivo per i giorni successivi.
Kyuhyun aveva la testa pesante. Avvolto nel torpore del risveglio, sentiva il proprio corpo come se si fosse tramutato in roccia. Il respiro, da profondo e regolare, venne trattenuto per un attimo e l’espirazione successiva sfuggì alle sue labbra come un mugolio infastidito. Si era svegliato, finalmente. Aprì gli occhi con fatica e si guardò intorno: la sua stanza era buia e fuori dal tempo, non aveva idea di che ore fossero. A pensarci bene non aveva neanche idea di come fosse finito lì. L’ultimo ricordo che aveva erano i capelli bagnati di J contro le proprie labbra, il suo profumo e le sue piccole mani, avvolte attorno ai propri fianchi. Quel pensiero strappò un sorriso al Main Vocalist che continuò a fissare il soffitto posandosi l’avambraccio sulla fronte. Di man in mano che i suoi occhi si abituavano alla penombra della stanza poteva osservare nuovi dettagli. Stranamente quella era la prima volta da tantissimo tempo che si svegliava con la sensazione di aver riposato a lungo e non perché l’allarme del telefono lo costringeva a correre al lavoro.
«Sungmin-ah?» Fu quando si voltò che si accorse che il letto del compagno di stanza era vuoto. Sbatté le palpebre sorpreso: avevano degli impegni comuni, quella mattina, dov’era andato?
Non appena tentò di sollevare il capo il Maknae venne trafitto da un dolore alle tempie che lo costrinse a ributtarsi sdraiato con un urlo. Chiuse gli occhi, stringendoli forte e posando le mani ghiacciate sul proprio volto. Lo sentì rovente, sotto le dita.
«Hyung, ti sei svegliato!» uno spiraglio di luce invase la stanza. Sbirciando attraverso le dita semiaperte Kyuhyun vide la sagoma di J stagliarsi in controluce davanti alla porta.
«Mmh…» mugolò appena. «Mi fa male la testa!» si lamentò, mentre lei entrava nella stanza. Era tornata la J di sempre, con la solita felpa enorme lunga fino a sopra il ginocchio ed i pantaloni abbondanti, i cui passi erano attutiti da quel paio di orrende ciabatte a forma di coniglio che Ryeowook aveva avuto la malaugurata idea di comprarle.
La ragazza affiancò il letto ed accese la luce della lampada sul comodino, quindi si sedette accanto a lui e lo fissò con un’espressione strana in volto. Muovendosi lentamente il Maknae riuscì a tirarsi su: gli girava la testa ma poteva sopportarlo.
«Come ti senti?» chiese J, allungando una mano verso la fronte di lui. Scostò i suoi capelli, quindi Kyuhyun sentì il suo palmo morbido e fresco sulla pelle. Quasi istintivamente la prese per il polso e scostò la sua mano, negandole un contatto più prolungato. Lei non disse niente, si limitò ad appoggiarla in grembo. Fu allora che il Maknae notò un inquietante scintillio tra le sue mani.
«Oh ma…» sul volto del ragazzo si dipinse un’espressione a metà tra la paura e la sorpresa. Indicò l’oggetto tra le mani di J, vagamente a disagio. «Cosa…» perché diavolo la ragazza aveva pensato di andare a sedersi al capezzale di un malato con una mannaia in mano?
«Ah… no, tranquillo!» si affrettò lei.
«Mi stai spaventando.» entrambi ridevano isterici: lui a disagio, lei imbarazzata.
«E’ che stavo cucinando quando ti ho sentito, non me ne sono accort… AH!»
«Uooooh, attenzione!» mentre la ragazza parlava aveva sollevato la mannaia che le era quasi scivolata di mano, rischiando di cadere sulla gamba del cantante. Entrambi si presero un colpo, Kyuhyun temette di finire mutilato per sempre!
«Sei qui per uccidermi?!»
«Scusascusascusa!» si affrettò lei, posando l’arma sul comodino con delicatezza. Non credeva di spaventarlo. La sua aria allarmata era decisamente dolce, così diversa da quella del solito, terrificante Evil Maknae.
«Ho la febbre?» chiese lui dopo poco, tastandosi la fronte.
«Se vedessi la tua faccia non avresti bisogno di chiedermelo.» commentò lei con un sorriso divertito. Seppur l’avesse colto nel vivo, il ragazzo non poté che sorridere a sua volta: era stranamente di buon umore.
«Quindi tu hai sempre avuto la febbre, da che ti conosco!»
«Vedo che stai meglio!» c’era una nota di ammonizione nella voce di lei: evidentemente la malattia non aveva fiaccato la lingua biforcuta del Main Vocalist. «Gli Hyung erano preoccupati…» proseguì. Non avrebbe mai ammesso che la prima ad essere preoccupata fosse lei. Era la prima volta che vedeva una persona crollare per la fatica e lo sforzo che le richiedeva il lavoro. Per come la vedeva lei non aveva alcun senso sacrificarsi al tal punto.
«Dove sono gli altri?» chiese stancamente il ragazzo dopo qualche attimo di silenzio.
«Agli studi.»
«Oh, sono in ritardo!» esclamò, tentando di alzarsi dal letto, cosa che gli procurò un’altra fitta alla testa. Ogni singolo muscolo del suo corpo era indolenzito perciò non fu difficile per J costringerlo a sdraiarsi di nuovo, spingendolo all’indietro.
«Tu non vai da nessuna parte, i tuoi impegni sono stati cancellati!»
«Cosa, per un po’ di febbre?» La SM non era diventata la casa discografica numero uno in Corea perché permetteva ai suoi cantanti di prendersi un giorno di riposo ogni volta che avevano il raffreddore!
«Un po’ di febbre? Sei svenuto in un vicolo! Eri totalmente esausto, non dormi bene da settimane, in più ultimamente stai lavorando tantissimo per l’imminente comeback! Se continui così finirai per ammazzarti!» Kyuhyun la guardò in silenzio: perché diavolo si stava arrabbiando? Non era mica lei quella che si era distrutta di lavoro in quel periodo! Sbuffò: le femmine erano creature contorte, senza dubbio. In ogni caso tornò a sdraiarsi ubbidiente, quindi chiuse gli occhi. J lo stava guardando in silenzio, felice che lui non potesse leggerle nel pensiero.
«Quindi mi hanno concesso un giorno di riposo…» la voce morbida e calma di lui interruppe i pensieri della ragazza.
«Un giorno è già passato, tornerai a lavoro quando starai meglio.»
«Oh, ho dormito un giorno intero?» sorpreso la vide annuire con un sorriso lieve.
Il silenzio calò di nuovo fra loro e più andava avanti, più si faceva vagamente imbarazzato. Alla fine J si alzò dal letto, riprendendo la mannaia con cautela.
«Io… torno in cucina, mh?!» Lo guardò immobile ad occhi chiusi sul letto, il suo viso bellissimo sembrava in pace: doveva essere contento di poter rimanere a casa, anche se era malato. «Hai bisogno di qualcosa?»
«Mmh, no… penso che mi riposerò un altro po’.» in realtà stava già progettando di giocare a Starcraft all’insaputa di tutti. Socchiuse un occhio e la vide annuire, quindi la osservò di nascosto mentre usciva dalla stanza con quel suo modo buffo di camminare.
 
Qualche minuto dopo Kyuhyun si stava già affacciando guardingo dalla porta della propria camera. Si sentiva decisamente meglio e soprattutto voleva controllare che J non facesse danni nella sua cucina. Appena mise piede nel corridoio la sentì muoversi indaffarata mentre sminestrava qua e là per la stanza. La spiò in silenzio per qualche attimo, nascosto oltre l’ingresso: lei gli dava le spalle, impegnata a versare del riso in una pentola.
«Ya, ho fame!» protestò lui di colpo con la sua voce potente, facendola letteralmente saltare sul posto.
«Oddio, Hyung, mi hai spaventato!» J era affannata.
«Preparami da mangiare!» replicò lui indolente come un bambino capriccioso. Adorava fare il prepotente. Certo, era solo per gioco ma era sempre un piacere approfittare della propria posizione.
«Se hai tanta energia allora dammi una mano!»
«Sono ancora molto stanco…» borbottò di rimando, di colpo senza forze.
«Prometto che non ti farò stancare, allora!» replicò con un sorriso giulivo la ragazza, mentre gli allungava la pentola piena di riso.
«Lava questo, sai come si fa, giusto?» senza neanche sapere perché, Kyuhyun stava ubbidendo. Prese la pentola e s’incamminò verso il lavandino.
«Lì?» chiese conferma. La vide annuire, quindi posò la pentola nel lavello di destra e si tirò su le maniche del pesante pigiama turchese.
Mentre l’acqua scorreva e lui lavorava concentrato, udì il rumore della mannaia che cozzava contro il tagliere. Si voltò guardingo a controllare cosa J stesse combinando, forse aspettandosi di veder saltare le sue dita. Stava tagliando dello zenzero e, senza accorgersene, aveva tirato fuori la lingua. Le sue piccole dita si muovevano velocemente, sebbene in modo disordinato. Una brava cuoca avrebbe tagliato il tutto a listarelle, poi a cubetti, lei no: sbatteva la mannaia a caso, maciullando tutto alla rinfusa. Fu allora che J si accorse che la stava guardando. Sollevò il capo in sua direzione e, non appena lui la vide, Kyuhyun tornò a darle le spalle e a lavare il riso in silenzio. La sentì ridere appena, quindi riprendere a tagliare. L’acqua fredda faceva male alle mani ma era un sollievo per la sua pelle febbricitante. Senza accorgersene la stava lasciando scorrere a vuoto mentre tornava a guardare la ragazza ora intenta a torturare un porro. Per un attimo si chiese cosa le avesse fatto di male quel vegetale per meritare un simile trattamento ma non poté trovare una risposta perché di nuovo la ragazza lo scoprì e scoppiò a ridere, costringendolo nuovamente a girarsi. Era meglio non contraddirla quando aveva una mannaia in mano, pensò, scuotendo il capo e riprendendo a massaggiare il riso.
«Già che ci sei potresti imparare a cucinare, mh?» stava dicendo la ragazza, mentre il Maknae affondava le dita nell’acqua, ricordando la sensazione che aveva provato la sera prima a stare sotto la pioggia assieme a lei. Era molto contento che J non si facesse illusioni tirando fuori l’argomento e cominciando a pretendere chissà cosa da lui. L’aveva abbracciata così, tanto perché in quel momento aveva voglia di farlo, fine. Era bene che lei non cominciasse ad ossessionarlo: lui non era il tipo di uomo che perdeva tempo con le donne, non era Kim Heechul. Preso da quel pensiero non si accorse che lei stava ancora parlando... «…Capito?»
«Mh?»
«Dicevo…» ...e poi perché mai aveva sentito l’esigenza di andare da lui a scusarsi?! Scusarsi di che, di aver baciato Heechul Hyung? Tutte finivano per baciarlo, prima o poi, non era certo una novità e non era certo la prima volta. Ok, per quel che ne sapeva la prima volta l’aveva rifiutato con un morso ed era comunque abbastanza sicuro che il bacio successivo le fosse stato estorto col ricatto dallo Hyung! In ogni caso non erano affari suoi, a lui non interessava minimamente quello che lei faceva con i ragazzi.
«…allora, hai capito?»
«Uhm? Ah… sì.» rispose random, annuendo.
«Ecco, devi imparare anche tu!»
«Eh sì…» non aveva idea di cosa stesse parlando, in ogni caso il riso era perfettamente lavato. Quel pranzo sarebbe stato un successo grazie ai suoi sforzi!
Dopo qualche minuto la pentola era sul fuoco ed il riso stava cuocendo. A quanto pareva la dilettante non era in grado di utilizzare un cuociriso e, per quanto riguardava lui, saper usare quell’arnese non rientrava nelle sue mansioni di Maknae.
«Sai come si tagliano questi?» oltre alla mannaia la ragazza stava brandendo un pomodoro, in quel momento. Se non l’avesse conosciuta non si sarebbe allarmato ma cominciava a credere che J fosse in grado di radere al suolo la città anche solo con un pomodoro in mano. «Te lo insegno…» disse senza che nessuno l’avesse autorizzata a farlo. Porse l’arma al ragazzo, dalla parte del manico.
«Io?» disse lui incerto, prendendo l’arnese ed avviandosi verso il tagliere.
«Prova!»
«Perché?»
«Ti sto insegnando a cucinare!» spiegò lei «Aspetta, ti faccio vedere…» aggiunse, dal momento che il ragazzo guardava quel pomodoro con la stessa disinvoltura di un artificiere alle prime armi davanti ad una bomba inesplosa. Kyuhyun sembrò felice di cederle la mannaia, così J tagliò la verdura prima a metà, poi in spicchi con movimenti veloci. Più di una volta andò vicina a tagliarsi le dita perciò il Main Vocalist fu quasi sollevato quando lei gli porse nuovamente il coltello.
«Capito?» chiese la ragazza.
«Mh..» annuì, afferrando l’arma ed un pomodoro per poi guardare J incerto.
«Vado?»
«Sì…» lei si sporse per vedere meglio. Lo assistette mentre affondava la lama nella polpa.
«Ah!» esclamò il ragazzo, come se la cosa gli costasse uno sforzo immenso. Lei rise. Il pomodoro era tagliato a metà, presto l’agonia del Maknae sarebbe finita.
«Ok, ora prendi una metà e la dividi in quattro spicchi…così…bravo!» Kyuhyun aveva delle mani bellissime, pensò J. Era dotato di una grazia inconsapevole: non era femminile, solo elegante in tutto ciò che faceva. Lo guardò in volto con un mezzo sorriso, quindi lo lasciò continuare da solo, andando ai fornelli a preparare altre pietanze.
Il rintocco della mannaia era lento e regolare, J si stava sciacquando le mani quando il Maknae fece l’ultimo taglio.
«Ah!» era stata una fatica immensa! J si voltò di scatto, convinta che quel piccolo urlo fosse dovuto al fatto che si era ferito. «Missione compiuta!» Fortunatamente Kyuhyun stava solo facendo il bambino.
«Mi hai spaventato!» ammise la ragazza, chiaramente sollevata. D’altro canto lui aveva semplicemente tagliato un pomodoro ma la sua espressione era quella di chi aveva appena scalato l’Everest.

La mattinata proseguì amabilmente senza troppi intoppi. I due rimasero tutto il tempo in cucina, lavorando insieme. Un momento esilarante era stato quando Kyuhyun aveva scoperto, con sommo orrore, che consistenza avessero le ali di pollo ancora crude. Aveva guaito impaurito, come un bambino, e se non aveva accettato di farsi sostituire da J nelle operazioni di lavaggio era solo per riacquistare il proprio onore, momentaneamente perduto.
Il Maknae aveva sorpreso la ragazza dimostrandosi una compagnia estremamente piacevole: era dolce, divertente, teneramente impacciato. Ogni volta che si spostava da una parte all’altra della cucina si muoveva cautela, come se fosse totalmente al di fuori del suo habitat. Nonostante questo s’impegnava davvero tanto: che fosse per soffriggere della cipolla o per tritare del prezzemolo. I risultati erano spesso fallimentari ma andava bene così.
Solo in un’occasione aveva rischiato di combinare un danno: quando lei gli aveva chiesto di aggiungere al tofu un po’ di salsa piccante. In quell’occasione il Maknae vi aveva quasi svuotato un’intera confezione ed il fatto che stesse per aggiungere al mix già micidiale anche del peperoncino ed una manciata di curry ultrapiccante fece pensare a J che l’intervento non fosse stato del tutto accidentale.
Era ovvio che quell’idilliaca convivenza dovesse finire, prima o poi.
«Perché tu cucini mentre io continuo a lavare?» chiese di colpo il Maknae, chiudendo il rubinetto. Si voltò verso di lei asciugandosi le mani.
«Ovviamente perché tu non sai cucinare!»
«Io so cucinare!» esclamò ferito Kyuhyun, abbandonando il lavello ed affrontandola. J aveva collezionato in una sola mattina almeno centoquattordici prove del contrario, ma l’espressione seria di lui la indusse a provocarlo.
«Benissimo… cucina pure!» disse, facendo un passo indietro dai fornelli ed allungandogli il cucchiaio di legno con cui stava mescolando le ali di pollo. Kyuhyun aveva il broncio.
«Questi sono i tuoi piatti, voglio cucinare qualcosa di mio!» borbottò, capriccioso. Il sorriso sulle labbra di J si fece ancora più sardonico.
«Bene, cucina quello che vuoi!»
«Davvero?» il Maknae non poteva crederci. Stranamente i suoi Hyung si opponevano con tutte le loro forze ad ogni suo tentativo di cucinare… solo perché una volta lui ed Eunhyuk avevano quasi assassinato Hangeng con del tofu. Non era mica colpa sua se il Cinese aveva una soglia del piccante diversa da quella di un coreano!
«Davvero. Facciamo una sfida!» propose la ragazza con sarcasmo.
«Stai a vedere!» Kyuhyun puntò il dito verso di lei pieno di confidenza, quindi andò ad aprire gli sportelli alla ricerca dell’occorrente. La sua ricetta segretissima gli avrebbe permesso di vincere a mani basse contro qualunque strano intruglio proposto dalla ragazza. Dopotutto non esisteva persona, in Corea, in grado di sbagliare una preparazione tanto semplice come i noodle istantanei.
 
Quando finalmente giunse l’ora di pranzare, Kyuhyun e J morivano letteralmente di fame. Dopo aver servito i piatti sul tavolo, si sedettero l’uno di fronte all’altra con la stessa serietà di due cowboy pronti ad affrontarsi a colpi di pistole in mezzo ad un villaggio del far west.
«Uhm, vediamo… uno, due, tre…»
«Quattro piatti preparati da me e solo uno cucinato da te. E ancora non sappiamo se sia commestibile.» J vide bene di calcare il numero tanto per ricordare al Maknae che su quel fronte aveva già vinto lei. C’era da chiedersi se quei due avrebbero davvero smesso di competere in qualunque cosa, un giorno.
«Beh… il mio vale più di tutti gli altri quattro messi insieme!» replicò fieramente il Main Vocalist. «Perché in questo piatto io ho messo tutto il mio cuore.» concluse limpidamente.
J rimase di sasso. Era una frase scontata ma la intenerì: non si sarebbe mai aspettata una replica simile da lui. Quel giorno aveva scoperto che Kyuhyun non era solo il ragazzo cattivo, che parlava poco e rispondeva sempre male, il Maknae capriccioso, sempre pronto a far dispetti ai suoi Hyung: era anche una persona straordinariamente forte e capace di mettere tutto sé stesso in ciò che faceva. Aveva dimostrato una dedizione tale che la sua ostentata indifferenza verso ogni cosa doveva essere solo una facciata, J ne era certa! In realtà Cho Kyuhyun era una persona capace di un affetto e di una devozione talmente forti da lasciare senza parole. Aveva solo un modo contorto di esprimerli.
«Bene…» prese a dire, sciolta in un sorriso che il Maknae non le aveva mai visto fare. «Allora sarò felice di assaggiare un piatto fatto con il cuore.» Kyuhyun storse il naso: detta così la faceva sembrare una cosa romantica! Forse l’aveva preso troppo sul serio.
«Forza, mangiamo!»
«Da quale vuoi iniziare?» chiese lei, afferrando le bacchette e guardando i vari piatti. Sapevano entrambi che, sebbene lasciasse a desiderare quanto a presentazione, la cucina di J era sempre molto invitante.
«Dal mio!» esclamò il Maknae, sicuro di sé, indicando il piatto centrale. I due annuirono ed allungarono entrambi le bacchette verso i noodle in brodo. J prese quello che doveva essere un pezzetto di carne, quindi lo portò alle labbra e, dopo aver soffiato appena, assaggiò. Kyuhyun fece un gesto quasi speculare ed entrambi si guardarono decisi a non lasciarsi sfuggire la reazione dell’altro.
Il silenzio fu interrotto solo da una lieve risata di Kyuhyun che incassava la testa tra le spalle e si copriva la bocca con il pugno. J si stava mordendo il labbro inferiore per evitare di ridere. Era una sua impressione o la carne sembrava un filino stopposa?
«Quindi questo è… il tuo piatto forte?» la ragazza vide il Main Vocalist annuire. «Il meglio che un coreano possa mai preparare?> Kyuhyun annuì nuovamente. Era il tipo di persona che negava l’evidenza fino alla morte.
«E’ il massimo della qualità!» disse lui infatti, ghignando, mentre si serviva un boccone di spaghetti aiutandosi con un piattino, seguito a ruota da J. Entrambi si guardarono negli occhi: era il momento della verità. Assaggiarono i noodle quasi contemporaneamente.
Silenzio.
Entrambi scoppiarono a ridere: erano immangiabili! Negare l’evidenza era impossibile, così Kyuhyun si limitò a spostare il piatto di lato, ammettendo la sconfitta a gesti ma non a parole.
«Aspetta! Perché lo sposti? E’ buono!» J non sapeva perché aveva detto quelle parole, il suo era stato un gesto istintivo. Ci teneva a non offenderlo. Forse perché si era impegnato davvero tanto a preparare i suoi noodle: l’aveva visto sbirciando oltre la sua schiena quando lui non se ne accorgeva. Si limitò ad allungarsi e ad avvicinare il piatto nuovamente agli altri.
A Kyuhyun non piaceva perdere ed apprezzava ancor meno essere compatito dopo un fallimento. Certo, quella piccola sfida era stata solo un gioco e lui non era certo tanto infantile da prendersela per un piatto di noodle scotti! Tutto sommato si era divertito quella mattina con J, era stata premurosa e divertente, a modo suo.
Il pranzo proseguì in un silenzio rilassato. J insisteva nel continuare a mangiare i noodle. Per quanto lui le avesse espressamente chiesto di non fare complimenti, lei continuava a sostenere che fossero buoni. Era veramente tenera nel suo essere contraddittoria: dopo averlo preso in giro riguardo alla sua incapacità ai fornelli aveva finito per insistere contro ogni evidenza e mangiare il frutto del suo lavoro nonostante fosse terribile. Fu proprio mentre stava soffiando sull’ennesimo boccone che Kyuhyun pensò di ringraziarla di tanta gentilezza.
«E’ buono?» le chiese.
«Mh, mh!» annuì lei, masticando.
«Allora…» il Maknae allungò la bella mano verso la ciotola di riso della ragazza che lo guardò interrogativa. Aveva ancora con le bacchette in bocca, mentre lui faceva spazio e finiva col piazzarle il piatto di noodle in brodo sotto al naso. «…Se ti piacciono tanto, mangiali tutti!» non era una proposta, non era una domanda: era un ordine, anzi, una chiara provocazione.
J si bloccò seduta stante, incredula. Aveva fatto lo sforzo di mangiare quello schifo fino a quel momento e lui la ripagava in quel modo? Cho Kyuhyun non doveva proprio sopportare le bugie.
«…t-tutti?» chiese lei, sicura che stesse scherzando.
«Certo, tanto sono deliziosi, no?» un sorriso pieno di sottintesi si allargò sulle labbra del cantante. Non solo era vergognosamente affascinante, non solo stava deliberatamente attentando alla sua vita con un piatto di noodle scotti, lo faceva anche col sorriso più intrigante di cui fosse capace! Il volto di J, invece, sembrava congelato, senza vita.
«Tu però allora devi mangiare tutti questi!» tentò di vendicarsi la ragazza, allungando verso di lui gli altri piatti, decisamente più saporiti, sebbene inclassificabili.
«Oh, non c’è problema!» replicò lui, gongolante. Guardò soddisfatto la ragazza mentre si apprestava a consumare il suo pasto in un silenzio sconsolato.
J era solo a metà della ciotola quando il telefono del Maknae squillò. Alzò lo sguardo con la vitalità di un fossile mentre lui rispondeva, tronfio e soddisfatto dal proprio pranzo. Non aveva smesso di ridacchiare un secondo.
«Hyung?» dall’altro capo del telefono sentì una risata sguaiata.
«Chi è il pazzo adesso, EH?! Chiedi scusa al tuo Hyung!» Yesung stava praticamente urlando.
«YA! Che diavolo stai dicendo?» La reazione del Maknae non fu quella educata e composta che ci si aspetterebbe da un bravo Hoobae. Yesung non aveva certo voglia di rimproverarlo, tanto si sarebbe mangiato le mani di lì a poco.
«Accendi la tv sul telegiornale!»
J stava guardando esasperata un bocconcino di pollo annegato nel brodo, quando la voce della giornalista locale irruppe nella stanza.
«…non si sa bene come o quando il volatile sia giunto qui, ancora nessuno è riuscito a scattare una foto all’animale! Da questa mattina sono stati numerosi gli avvistamenti, cosa che ha indotto le autorità ad evacuare l’edificio…»
Quando alzò il capo la ragazza vide che l’inviata era davanti all’ingresso della SM Entertainment. Era il delirio: idol, tecnici, manager e fan erano ammassati davanti all’ingresso del palazzo. Il perimetro era stato addirittura recintato! J, e soprattutto Kyuhyun, non credevano ai loro occhi! La storia dello struzzo era vera! Alle spalle dell’inviata c’erano persino alcuni membri dei Super Junior, comprese le f(x) tra cui Victoria, avvolta da una coperta e coccolata dalle sue Dongsaeng. Presto sarebbero stati intervistati.
«Hyung, ma tu dove sei?» chiese il Maknae, notando l’assenza dell’amico più grande.
«Io sono ancora nascosto nell’edificio, prenderò quella bestia!» J non poteva sentire cosa i due si stessero dicendo ma dall’espressione che fece il Main Vocalist, non doveva essere una buona notizia.
«Esci subito di lì!» esclamò, dimentico del formale.
«GIAMMAI! Piuttosto, sei con J? Passamela.»
La ragazza stava stancamente tentando di mandar giù un’altra mandata di noodles, reprimendo un conato, quando Kyuhyun le passò rabbiosamente il telefono.
«Mh?» rispose svogliata, prendendolo e portandoselo all’orecchio. Il ragazzo vide chiaramente l’espressione di lei cambiare e farsi di colpo profondamente preoccupata, quasi terrorizzata. Avrebbe pensato che la cosa fosse dovuta allo struzzo se non fosse che lei posò lo sguardo su di lui come se stesse guardando un condannato a morte.
«Sì.» disse solamente, finendo di masticare con rinnovato vigore e ripassando il telefono al Maknae.
«Che cosa le hai detto?» chiese quest’ultimo all’amico più grande, con la voce carica di sospetto.
«Niente. ComunqueAAAAAAAAAAAH!» un grido lacerante costrinse il Main Vocalist ad allontanare il cellulare dall’orecchio. Persino J poté sentire le urla.
«E’ LUI, E’ LUI, E’ LO STRRRRUZZOOOO, PRENDETELO!» la chiamata venne interrotta.
Kyuhyun era stordito ma ancora determinato a scoprire cosa si fossero detti di tanto sconvolgente Yesung e J. Lei aveva ripreso a mangiare come se il piatto davanti a lei fosse un manicaretto prelibato.
«Cosa ti ha detto?» il tono era duro come un macigno.
«Niente.» borbottò a bocca piena.
«Stavo pensando, dato che ti piacciono tanto: potrei prepararti questi noodle tutti i giorni, che ne dic…»
«Sungmin-shi e Kangin-shi stanno venendo qui a parlarti. Mi ha detto solo questo, aggiungendo di starti appiccicata fino ad allora, non so nulla, ti giuro! Ti prego non prepararmi mai più questa roba io…» Kyuhyun lasciò che la ragazza proseguisse nella predica accorata che le avrebbe permesso di salvarsi dall’atroce destino del dover mangiare quel piatto a vita. Smise di ascoltarla e cominciò a vagliare tutti i possibili motivi per cui Sungmin e Kangin avrebbero dovuto andare da lui a parlargli. Lo sapeva bene, la scelta dei membri non era casuale: Sungmin aveva il potere di calmarlo e Kangin di imporsi su di lui, anche con la forza, se necessario. Qualunque cosa i Super Junior avessero da dirgli, non sarebbe stata una buona notizia.

Yeah, ho pubblicato. A 'sto giro, purtroppo, ho tante cose da dire ma vi prometto che questo mio piccolo spazio non sarà lungo quanto il capitolo :P !
Questo è il primo capitolo in cui possiamo vedere J e Kyuhyun finalmente insieme, alle prese con una situazione di vita quotidiana e non con chissà quali assurdi intrighi. C'ho messo solo 20 capitoli per arrivare a scrivere di loro due, di questo passo i nuovi sviluppi ce li possiamo attendere verso il capitolo 283, via!
Scherzi a parte, ruolare Kyu è sempre una tragedia per me, perciò ditemi se è calzante! 
Parto col dire che mi sono liberamente ispirata ad una situazione realmente accaduta per scrivere queste parole: si tratta dei due episodi di We Got Married versione Taiwanese che vedono protagonista Kyuhyun ed un'attrice cinese dal nome non rinvenuto. In quel programma (vi consiglio di guardarlo perchè è meraviglioso) mi sono innamorata del ragazzo tenero e irriverente, impacciato e dalla lingua affilata che è il nostro amato Maknae. Un carattere come il suo sfugge a qualunque classificazione al punto che è difficile apprezzarlo per chi non lo conosce. Io ho sempre ammirato la grande forza, la determinazione, l'umiltà, la tenerezza ma anche la sagacia, l'intelligenza e la simpatia di questo ragazzo che non ha paura di essere sempre sé stesso in ogni occasione. Spero con tutta l'anima che uno stralcio della meravigliosa persona che è si riesca ad intravedere un minimo in questo capitolo, perchè conoscere Cho Kyuhyun è una di quelle esperienze che vale la pena di essere vissuta! 
Credevo che ispirarmi al vero Kyu per scrivere alcune scene di questo capitolo fosse facile, invece è stato molto complesso ed interessante: riadattare quelle stesse scene ed inserirle nel contesto della storia è stato bellissimo! Se guardate la puntata (in particolare la quarta e la quinta parte) lo noterete! Ci sono momenti in cui Kyu si fissa a guardare la ragazza che sembravano fatti apposta per inserire le sue riflessioni riguardo all'abbraccio di qualche sera prima! Inoltre inserirmi nel suo punto di vista mi ha permesso di mostrarvi il mondo visto dai suoi occhi: il modo in cui nega l'evidente coinvolgimento che ha con J, la sua ironia... beh... spero lo apprezziate!
In ogni caso, mi raccomando di non risparmiarmi consigli su qualunque cosa!
Vi amo <3

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Capitolo 21
*** Il pericolo si nasconde dietro a un casco di banane ***


Avete presente quando vi ho detto che per questo capitolo promettevo risposte?
Prima regola: Sushi mente. <3


-Dieci Novembre, ore diciassette-
 
Il cielo di Seul si era fatto grigio e denso di nubi temporalesche, quel pomeriggio. Le nuvole si addensavano sempre più scure e minacciose, chiudendo Seul in una cappa di umidità. L’aria era densa di elettricità statica, Kyuhyun aveva preso la scossa perfino toccando il telecomando della tv. Voleva distrarsi giocando alla Play Station ma dopo un paio di battaglie si era reso conto che non riusciva a concentrarsi, così aveva finito per fare zapping alla tv. Stava giusto osservando un servizio sullo sbarco del Primo Ministro Inglese in suolo coreano, tamburellando con le dita sul bracciolo del divano. Si muoveva senza pensare: quattro colpi ed una pausa, quattro colpi ed una pausa. Il ritmo dei suoi rintocchi era serrato come quello di un tamburo tribale e lo incantò, quasi ipnotizzandolo. Il Primo Ministro sembrava un tipo simpatico, ispirava fiducia, forse perché era così giovane e spigliato, chissà! Solitamente il Maknae non era interessato alle questioni internazionali ma a quanto pareva il Governo aveva allestito una grande cerimonia di benvenuto per l’arrivo del collega europeo e, nella speranza di diffondere la cultura coreana nel mondo, i Super Junior erano stati invitati al party, in quanto ambasciatori di Gangnam. Il Main Vocalist non capiva secondo quale criterio una nazione come la Gran Bretagna dovesse interessarsi ad uno stato piccolo, isolato e fuori dal mondo come la Corea. Qualunque fosse la ragione, in ogni caso, quell’alleanza era l’inizio di una nuova era e i Super Junior sarebbero stati i portavoce di tale cambiamento. Il party sarebbe stato l’evento più esclusivo dell’anno, trasmesso sulle televisioni di tutto il mondo e avrebbe contato la partecipazione dei pezzi grossi dell’industria e degli esponenti delle famiglie più in vista. Solo il fior fiore della Nazione aveva il lascia passare per la festa. Gli occhi di tutta la Corea sarebbero stati puntati su di loro, insomma: era l’occasione giusta per diventare davvero grandi!
I suoi pensieri s’interruppero quando Kangin gli sventolò una mano davanti alla faccia. Kyuhyun scosse il capo e ritornò bruscamente alla realtà.
«Hyung, non vi ho sentiti entrare!» esclamò, cercando subito con lo sguardo Sungmin per tentare di leggere la sua espressione: le loro conversazioni erano quanto di più simile alla telepatia, guardandolo in faccia avrebbe capito quanto fosse il caso di preoccuparsi. Deglutì: la cosa era seria. «Che succede?» incalzò, mettendosi seduto più composto per far spazio agli altri due, entrambi scuri in volto.
«Dov’è J?» chiese Sungmin, una volta seduto accanto all’amico più giovane.
«L’ho mandata al market qua sotto a comprare delle banane per Ryeowook-shi, perché?»
«Le avevamo chiesto di tenerti lontano da internet!» spiegò Kangin, contraddetto.
«Ah sì? Ecco perché il router è sparito ed ha insistito per farsi prestare il mio cellulare prima di scendere…» la ragazza era stata furba: non aveva destato sospetti quando aveva espresso l’esigenza di prendere in prestito il suo telefono. “Così se trovo qualcosa d’interessante ti chiamo a casa!” aveva detto. Kyuhyun sorrise, ancora una volta colpito dal suo ingegno. Era troppo agitato, però, per indugiare ancora sul pensiero di J.
«Allora, che è successo?» Sungmin stava a capo basso ed evitava il suo sguardo: sapeva quanto l’amico fosse in grado di leggergli dentro.
«Non è niente, davvero…» prese a dire, estraendo il telefono. «Abbiamo pensato però che è meglio se te ne parliamo noi, ecco.»
«Hyung, ti prego…» Kyuhyun era un tipo impaziente, lo sapevano tutti.
«Ti hanno visto.» sbottò bruscamente Kangin, serio in volto.
«Visto quando, chi e soprattutto come?»
«Fuori dal pub, l’altra notte.» proprio in quel momento Sungmin porse il telefono al ragazzo, sul display c’era una foto. Kyuhyun si paralizzò. «Gira su twitter da ieri mattina, fortunatamente è molto sfocata, anche per via della pioggia e, soprattutto, i vestiti non sono riconducibili a nulla di ciò che hai indossato davanti alle telecamere.» Sungmin cercava di ammorbidire i toni della faccenda: avevano sempre cercato di proteggerlo e lo stavano facendo anche allora, preparandolo ad affrontare una conversazione molto più dura, quella con i Manager della SM.
«E’ solo un rumor, la maggior parte delle fan ha deciso di non crederci, soprattutto perché la SM ha diffuso fin da ieri mattina la notizia che fossi a letto malato già da un paio di giorni!»
«Non ti rilassare, sei stato stupido.» intervenne Kangin. Da quando era tornato dal militare era diventato una persona molto più cauta e sgridava i suoi Dongsaeng molto duramente quando facevano qualcosa di rischioso. Il Panda sapeva fin troppo bene quale fosse la punizione in serbo per chi faceva una stupidaggine. «Sei fortunato che non ti si vede bene e che ti sei sempre comportato in modo irreprensibile da questo punto di vista ma ti rendi conto di cosa potevi fare? Ci avresti potuto mettere tutti in pericolo, proprio in un momento tanto importante per la nostra carriera! Quello che è successo agli altri non ti è bastato? Hai visto cosa ha dovuto passare Hyukjae-ah… che c’è, non sai imparare dagli errori altrui? Hai perso la testa, Kyuhyunnie, se non ti riprendi in fretta causerai la fine dei Super Junior!» la durezza delle parole di Kangin sorprese pure Minnie. Sgranò gli occhi e si voltò preoccupato verso lo Hyung, serio in volto.
«Ora non esageriamo, ok? Kyuhyun-ah ha sempre dato il massimo anche se ne ha passate tante. Fin’ora ce la siamo sempre cavata perché siamo rimasti uniti!» replicò con fermezza. Kangin si morse il labbro, scuro in volto. Spostò lo sguardo altrove.
Kyuhyun era rimasto immobile a fissare la foto che lo ritraeva assieme a J sotto la pioggia. Se lui non si riconosceva, lei era solo un fagotto di stoffa scura in un vicolo buio: la testa era protetta dalle braccia di lui, il corpo dal giubbotto. Si capiva che era una femmina solo per le gambe nude ed i tacchi a spillo. Quello che fino ad un attimo prima era un dolce ricordo si era appena trasformato in un incubo sotto il suo sguardo. La sua espressione era totalmente priva di vita.
Kangin reagiva sempre in modo esagerato quando si sentiva in pericolo, lanciava parole a caso come le zampate di un orso ansioso di proteggere i propri cuccioli, Kyuhyun lo sapeva. Eppure si sentiva arrabbiato, tradito, violato. Sungmin vide i muscoli del suo volto contrarsi mentre serrava la mandibola e stringeva i denti. Non disse niente e, per lungo tempo, l’unico rumore fu quello della televisione e di Kangin che sbuffava. Quando il sostituto Leader provò a posare una mano su quella di lui, il Maknae intrecciò le dita con le sue e la strinse forte.
«Il filtro di percezione…» disse di colpo, senza alzare lo sguardo. Kangin si sollevò dalla posizione spaparanzata in cui si trovava, sorpreso. Non c’aveva pensato!
«E’ vero!» esclamò sconvolto. «Che è successo, l’avevi tolto?»
«No, l’avevo al collo quando lei mi ha abbracciato. Forse si è rotto durante il contatto, per sbaglio…» ipotizzò lui, confuso. «Credevo davvero di essere… al sicuro.» quelle parole intenerirono Kangin: conosceva la pressione subita dal ragazzo, era brutto non potersi mai concedere il piacere di un semplice abbraccio. L’unico delitto che il Maknae aveva commesso era stato quello di ricercare conforto tra le braccia di una persona, davvero doveva vergognarsene? In fondo era stato burbero solo perché non sapeva come aiutarlo, sentirsi impotente lo spaventava a morte.
«Scusami…» ammise, a voce talmente bassa che il Maknae lo udì a malapena. «So che non dovrei essere tanto severo solo che io…»
«Lo so.» si limitò a replicare Kyuhyun, mentre Sungmin si voltava con un sorriso comprensivo verso il Panda. «Sono stanco…» sussurrò il Main Vocalist, abbandonando il capo sulla spalla dell’amico e chiudendo gli occhi. Dopotutto aveva qualche linea di febbre, ancora. «I Manager arriveranno oggi?» sapeva che doveva ancora affrontare la SM, quello non era niente.
«Non lo so, per ora sono tutti presi dal problema dello struzzo. Come ti ho detto, non è stato un vero scandalo, solo un rumor! La notizia è destinata a sgonfiarsi da sola, per fortuna, l’unica cosa è che i tuoi impegni fino a settimana prossima sono stati cancellati, in modo da giustificare la malattia.» dapprima Kyuhyun annuì rassegnato, poi di colpo si riscosse, tirandosi su e guardando gli altri due membri.
«COME? Ma tra tre giorni c’è la cerimonia per il Ministro Inglese, non ditemi…» Kangin e Sungmin sembravano mortificati mentre annuivano.
«No, no, noooooo!» disperato il Maknae affondò il viso tra le mani, facendole scorrere poi tra i capelli. Idiota, era solo un idiota! Si sarebbe perso l’occasione più importante della sua vita solo perché non aveva saputo tenere a bada gli ormoni!
«Dai, non ti perdi niente!» esclamò Kangin dandogli una pacca sulla schiena. «Una lunga e barbosa cerimonia piena di pomposi vecchiacci capaci solo di discutere di affari!» esclamò.
«Sarà il festival dei brindisi e dei sorrisi finti!» rincarò Sungmin.
«E nonostante l’alcol dovrò far finta di non essere ubriaco!» Kangin si batté il petto prima di tornare ad appoggiarsi allo schienale del divano, spaparanzato.
«Rubate una bottiglia di vino per me, allora…» esalò rassegnato Kyuhyun, strappando un sorriso ai due.
«Coooomunque, raccontaci un po’…» prese a dire Sungmin con un sorriso. «Com’è stato l’abbraccio, piacevole?»
«Pff, piacevole, se lo sapevo lo evitavo di certo!» sbuffò il Maknae.
«Vabbè, dai, è inutile pentirsene, ormai è andata! Allora, com’è stato?» al Main Vocalist non piaceva parlare di queste cose. Guardò i due amici pendere dalle sue labbra in attesa di una risposta.
«Com’è stato… è stato un abbraccio, punto!»
«Eddai, raccontaci di più! Lei era bella?»
«Beh… sì, certo…» ricordarla con quell’abitino gli strappò un sorriso. «…Cioè, per quanto possa essere bella J, insomma!» si corresse, tanto per evitare che i due si facessero strane idee su di loro. Si stava quasi abituando all’interrogatorio e, appoggiandosi di nuovo allo schienale, si preparò ad un’altra ondata di domande… che non giunse mai. Quando si voltò verso di loro si accorse che Kangin aveva l’aria di chi aveva appena visto un fantasma. Sungmin sembrava a disagio.
«Che c’è?» chiese sorpreso il Maknae.
«Hai detto che era J.» Kangin sembrava totalmente sconvolto dalla notizia.
«Sì, ok… non è certo BoA, però dai…»
«No, intendo dire… hai detto che è stata J ad abbracciarti!»
«Sì, perché?»
«Perché non è stata J.»
«Certo che sì, mi ha seguito fuori dal pub poco dopo…»
«Kyuhyun-ah, non capisci! J non ha mai abbandonato il tavolo da quando sei uscito, neanche per un istante!»
 
Sungmin credeva che sarebbe morto a breve. I suoi polmoni parevano in fiamme, l’aria gelida di quel pomeriggio di Novembre scorreva come acido lungo le sue narici. Stava correndo a perdifiato e alle sue spalle poteva sentire il respiro pesante di Kangin e Kyuhyun. La convivenza con J li aveva abituati a credere all’impossibile ma la storia stava prendendo una piega troppo assurda. Senza neanche sapere perché i tre ragazzi si erano alzati ed erano corsi giù in strada, verso il market dove la ragazza stava facendo i suoi acquisti, ammesso che così fosse. Quella corsa era quanto di più irrazionale ed insensato potessero fare: sapevano che non avrebbero trovato le risposte che cercavano. L’istinto suggeriva loro di fare quello che nella stessa situazione avrebbero fatto i loro antenati, fin dall’alba dei tempi: correre. Senza meta e senza sosta.
Trafelato, il sostituto Leader giunse in vista del piccolo negozio. L’insegna luminosa era visibile anche da grandi distanze e le ampie vetrate riflettevano le luci dei lampioni in strada. Poco dopo quelle stesse vetrate rimandarono anche l’immagine di tre ragazzi stravolti, di cui uno in pigiama, appena giunti a corsa davanti al piccolo market, sotto gli sguardi sorpresi dei passanti. Si fermarono solo un secondo a riprendere fiato. Sungmin strizzò gli occhi distrutto, piegandosi in avanti.
«Oh mio Dio!» la voce di Kyuhyun era chiaramente spaventata, sebbene fosse appena un sussurro tra i respiri affannati. Il Leader provvisorio alzò il capo e, oltre la vetrina, vide J ferma davanti al banco dell’ortofrutta con un cesto di banane in braccio. Di fronte a lei c’era un uomo e, proprio in quel momento, sembrava che la ragazza gli stesse porgendo un oggetto, qualcosa di luccicante. Kyuhyun sapeva chi era quel tipo: l’aveva visto in due occasioni e in entrambi i casi aveva portato guai. Era l’uomo dai tratti occidentali che si era spacciato per agente di sicurezza il giorno del concerto, lo stesso che gli aveva rovesciato il caffè addosso quando aveva cominciato a sospettare di lei.
«E’ lui!» esclamò, fiondandosi dentro al negozio seguito dai due amici. Lo strano individuo, però, si era già allontanato verso il reparto frigo e quando il Maknae girò l’angolo notò che era sparito. Non poteva essere uscito dal negozio, doveva essere lì, da qualche parte! Così prese a setacciare tutto il market, mentre Sungmin e Kangin raggiungevano J.
«Ehi…» Sungmin posò le mani sulle spalle della ragazza che continuava a reggere saldamente le banane. Sembrava caduta in una specie di trance e continuava a fissare il vuoto con un’espressione sconvolta. «J?!» fu solo quando il ragazzo chiamò il suo nome che lei si riscosse, guardandolo finalmente negli occhi.
«Hyung.» esalò, quasi si fosse appena destata da un sogno. Le sua labbra si allargarono in un morbido sorriso. «Ho preso delle banane per Ryeowook Hyung, secondo te le preferisce mature o…»
«Chi era quell’uomo, J?» Kangin intervenne, affiancando l’amico.
«Ah, quell’uomo…» lo sguardo di lei si perse nuovamente nel vuoto. «… non lo so.» concluse, guardandoli sinceramente dispiaciuta di non poter dare una mano.
«Come non lo sai, gli hai dato qualcosa, che cos’era?» Sungmin cercava di riportarla alla realtà: sembrava sotto shock.
«Il mio orologio.» replicò senza esitazione la ragazza.
«Quale orologio?»
«Quello da taschino, quello che ho sempre al collo e che ho sempre avuto…» Già, l’unico oggetto rinvenuto addosso alla ragazza al momento dell’incidente, l’antico orogolio d’oro su cui erano raffigurate quelle strane incisioni, se n’era dimenticato!
«Perché gliel’hai dato, era tuo! A cosa gli serviva?»
«Non lo so… lui me l’ha chiesto e io gliel’ho dato.» replicò con semplicità, alzando appena le spalle. Sembrava totalmente assente, quasi in un altro mondo. Continuava a rimanere aggrappata a quel casco di banane quasi fosse l’unica cosa importante nell’intero universo. Kangin non sapeva che fare.
«Cosa c’era di speciale in quell’orologio?» incalzò il Panda, dubbioso.
«Non lo so, era rotto.»
«Ah sì, perché, l’hai mai aperto?»
«In effetti… no.» replicò lei, ancora assente, fissando il pavimento. Anch’ella sembrava sorpresa dalle proprie parole. «Nonostante fosse l’unico oggetto appartenente al mio passato che avevo, non l’ho mai aperto…» continuò, crucciata. Fu Sungmin a intervenire.
«Perché no? Poteva essere importante!»
«Non lo so, tu perché non ci hai mai pensato?» Sungmin non sapeva rispondere. Quell’orologio aveva la strana attitudine a passare inosservato.
«Allora come fai a sapere che era rotto?» incalzò Kangin.
«Io…» sembrava confusa.
«Non c’è, è sparito!» ringhiò Kyuhyun riemergendo trafelato dal reparto dei noodle istantanei. «Cosa ti ha detto?» proseguì rivolto verso J, raggiungendola con grandi falcate delle sue lunghe gambe. Lei non rispose, fissava il pavimento.
«Ehi!» Il Maknae la afferrò per il mento e la costrinse a voltarsi, incrociando con il proprio sguardo quello di lei. Tutte le volte che sfiorava la pelle di lei gli sembrava di sentire una scarica elettrica lungo tutto il corpo.
Così grandi e sgranati per la sorpresa, gli occhi di quella strana ragazza sembravano due minuscole quanto infinite galassie in fiamme. Guardare il Main Vocalist sembrò restituirle immediatamente un minimo di lucidità: le iridi nere come l’inchiostro di lui erano spaventate e confuse ma la rassicurarono.
«Kyuhyun-shi…» gli sorrise.
«Stai bene?» le chiese il Maknae, tirandole indietro i capelli e tastandole la fronte con le mani ghiacciate. Sembrava tutto a posto.
«Sì, scusami… sto bene!» J era ritornata totalmente in sé. Kyuhyun si fece indietro per lasciarla respirare.
«Che è successo, conosci quell’uomo?»
«Non l’ho mai visto prima, anche se… ha un’aria familiare.» ammise lei. Il Maknae non ebbe nessun problema a crederle, ‘sta volta.
«Cosa ti ha detto?» a quel pensiero la ragazza arrossì ed abbassò lo sguardo. I tre non si erano aspettati una reazione simile: sembrava imbarazzata. Kyuhyun stava per insistere ma alla fine J prese coraggio e si decise a parlare.
«Ha detto che quando Yesung Hyung mi chiederà di passare la notte insieme a lui, non dovrò rifiutare.»

ATTENZIONE: contiene spoiler! (in caso venga la malsana idea di leggere la parte scritta da me prima di aver letto il capitolo, io lo faccio spesso xD)
Scherzi a parte: il progetto originario prevedeva un capitolo molto più lungo di questo, talmente lungo che mi son vista costretta a tagliarlo in due. Più precisamente, immaginate tre volte quello che vedete scritto qui e avrete una vaga idea di come avevo pensato questo capitolo. Ragionando con la meravigliosa Ahrya (che si ostina a non volersi far chiamare Sunbae, ma vabbè), ho pensato che fosse meglio spezzarlo o vi avrei mandato al manicomio. 
Risultato? Vi mando al manicomio lo stesso, sganciando due bombe a mano senza la minima protezione!
Dai, non vi lamentate: intanto ho spiegato un po' la questione della foto "scandalosa", no? Non vi accontentate neanche un pochino? Ok, ora come ora sembrerebbe che di J ce ne siano due, una che esce ed abbraccia Kyuhyun, strappandogli il filtro di percezione ed esponendolo allo sguardo delle fan ed una che invece non si è mai alzata dal suo tavolo. PER NON PARLARE dello strano incontro tra la ragazza e quest'uomo misterioso che scompare nel nulla. PER NON RIPARLARE dell'ultima affermazione di lei: che razza di zozzerie dovrebbe fare con Yesung, prego?
Avete il permesso di uccidermi! 
MA, prima che mi rincorriate con torce e picconi minacciando di dar fuoco a questo disastro narrativo, sappiate che, per farmi perdonare, pubblicherò il prossimo capitolo moooooolto presto, non appena le povere sei ragazze costrette a recensirmi mi avranno insultato a dovere! In quel capitolo... non dico che ci saranno proprio delle rispostone, ma almeno potrete vedere quali sono i ragionamenti e le conclusioni dei SuJu riguardo a tutta questa storia! Vedremo se le vostre congetture corrispondono alle loro e, soprattutto, potremo rilassarci un po' (e raccontare cosa ha combinato Yesung con lo struzzo xD). 
Anche la storia di Jungwon, prevista per questo capitolo, verrà trattata nel prossimo! Non temete, è tutto pronto... non vedo l'ora di pubblicarlo <3 
Grazie di tutto!
_Sushi_

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Capitolo 22
*** E se tutto ciò che credevamo impossibile fosse reale? ***


Choi Siwon si sentiva un idiota. Seduto sull’elegante sedile in pelle della sua Audi sportiva, teneva una mano appoggiata sul volante. Aveva parcheggiato già da dieci minuti ma non si era ancora deciso a scendere e continuava a fissare l’ingresso di una lussuosa boutique d’alta moda, pieno di dubbi. Proprio in quel momento due ragazze stavano chiudendo il negozio. Una di queste, la più alta, abbassava la saracinesca con facilità, nonostante si trovasse in bilico sopra ad un paio di Louboutin nere con la suola rossa fiammante, tempestate di borchie.
Jungwon doveva avere una personalità altrettanto graffiante e sicura di sé, non aveva nulla della ragazza gentile ed innocente che si era sempre immaginato accanto. Perché, allora, aveva sentito il bisogno di incontrarla di persona, invece di mandarle un semplice messaggio? Dopotutto dovevano solo mettersi d’accordo per andare a ritirare il suo motorino dal meccanico, non era un incontro galante! Stava semplicemente facendo quello che Choi Siwon faceva sempre: manteneva la sua promessa, tutto qui. D'altronde era stata lei a chiedergli di occuparsi delle riparazioni del suo mezzo, no?
Quei pensieri attraversavano la mente dell’attore imprimendosi sul suo volto, che si faceva sempre più combattuto. Si poteva leggere tutto il suo tormento su quel viso perfetto. Jungwon e sua sorella, Minwon, sembravano di buon umore e, stranamente, non litigavano. C’era un solo argomento al mondo che le vedeva d’accordo su tutti i fronti, o quasi: i Super Junior. Siwon le sentì cantare un pezzo del loro ultimo album “Butterfly”.
Così, in mezzo alla strada, guardate male dai passanti. Si lasciò sfuggire un sorriso: erano stonate come due campane. Più che disturbarlo la cosa lo divertì: in fondo odiava tutte quelle ragazze apparentemente perfette che sua madre continuava a presentargli, sapere che Jungwon non fosse naturalmente portata per il canto lo rilassava parecchio. Fu quel pensiero a convincerlo a scendere dalla macchina.
Aprì lo sportello e proprio mentre metteva piede sull’asfalto, il suo telefono squillò.
«Jesus Christ!» esclamò, recuperando il cellulare dal taschino. «Hyung!» la voce di Heechul sembrava preoccupata. Sul volto del Visual si dipinse un’espressione di pura incredulità. «Arrivo.»
Jungwon e Minwon si voltarono infastidite quando il potente rombo di un’Audi che sfrecciava a tutta velocità interruppe la loro canzone.
«Uhmpf… i soliti idioti tamarri che devono far gli splendidi con le ragazze! TANTO NON ATTACCA!» gridò la più giovane, disgustata.
 
J era rannicchiata sul divano, con le gambe tirate al petto ed una tazza di cioccolata fumante tra le mani. Avvolta nella coperta in pile di Sungmin, sembrava un bocciolo di rosa vagamente deforme. Quella sera l’ampia sala del dodicesimo piano sembrava una minuscola stanzetta, dal momento che era invasa da ben quattordici persone. Non mancava nessuno: persino Henry e Zhou Mi erano stati chiamati a rapporto. Una riunione di famiglia del genere non veniva fatta dai tempi in cui Hangeng aveva lasciato il gruppo. Sebbene il motivo di tale rimpatriata non fosse dei più sereni, i Super Junior erano felici di potersi rivedere e, siccome i posti a sedere non erano molti, considerando che Heechul non avrebbe mai diviso la propria comoda poltrona con nessuno, molti dei membri si erano accontentati di stare a terra, su cuscini o puff improvvisati. Zhou Mi aveva trascinato una sedia dalla cucina per evitare di stropicciare i suoi pantaloni in tweed all’ultimo grido.
Tra tisane, cioccolate calde, caffè e the era stato dato fondo a tutta la collezione di tazze, o recipienti di varia natura, dei due appartamenti. Yesung sorseggiava il suo the verde direttamente da una teiera.
Ai vicini era ben noto quanto i Super Junior sapessero essere silenziosi come una mandria di bufali durante la stagione degli amori ma, quel giorno, sembrava che alla mandria si fosse unita anche una banda di tromboni e tamburelli. Ad essere precisi il discorso era vero per tredici persone su quattordici: uno dei presenti non aveva detto nulla di più che “ciao” da quando era entrato. Era proprio a questa persona che si rivolse J.
«E tu chi sei?» Il ragazzo, seduto a gambe incrociate su un cuscino, appoggiò il suo caffè amaro sul basso tavolino di legno e fece un cenno del capo alla ragazza.
«Io sono Kibum, piacere.» rispose con la sua voce profonda e carismatica, quindi sorrise. In seguito J avrebbe raccontato quella storia giurando che una luce divina aveva illuminato il volto del ragazzo e che un coro d’angeli aveva accompagnato il dispiegarsi del sorriso più ipnotico e abbagliante della Terra. Bastò quello, unito alle quattro parole sfuggite alle sue labbra per assicurare l’anima della ragazza al Paradiso. Non le serviva sapere altro sul suo conto.
«Ciao Kibum-shi…» rispose sorridendo come un’ebete fino a che Heechul non le tirò un cuscino. Fu solo per grazia divina se riuscì a schivarlo senza rovesciarsi la cioccolata addosso e non mancò di lanciargli un’occhiataccia, dopo.
«Stai sbavando…» replicò lo Hyung divertito, passando indice e pollice sugli angoli delle proprie bellissime labbra. J rispose con una smorfia.
«Ya, Kibummie, è un secolo che non ci vediamo!» esclamò allegro Shindong, addentando uno dei biscotti che Eunhyuk aveva portato dalla panetteria di sua madre. «Stai lavorando ad un nuovo drama?» L’attore si limitò ad annuire e, siccome parlare non gli veniva naturale, a meno che non avesse un copione, non fece in tempo ad aggiungere altro perché Ryeowook intervenne.
«Gira voce che tu abbia perso la testa per una ballerina della SM!» spettegolò senza remore. «Com’è che si chiama?» Era talmente preso dal gossip che non si accorse che Henry e Kangin stavano aggiungendo un generoso cucchiaio di sale alla sua tisana. Kibum li vide ma non disse niente, era un buon complice quando si trattava di fare uno scherzo.
«Ka Hyo Rin.» rispose con un sorriso visibilmente a disagio. «Ma non ho…»
«Sì, giusto! Ho sentito il Manager Hyung dire che la società pensa di farla debuttare al posto di Hyoyeon nella Younique Unit a breve, dicono che è una vera bomba!» Ryeowook sembrava una macchina e per Kibum non c’era speranza di spiegargli che con Hyorin, detta Kai, le cose non erano esattamente come pensava: dopotutto quella ragazza sfuggiva a qualunque definizione le si potesse affibbiare, prevederla era impossibile. Ecco perché l’attore si limitò ad annuire e lasciare che i suoi Hyung si facessero l’idea che volevano.
«Balla da Dio ed è pure mezza italiana! Io ed Henry abbiamo votato a favore.» biascicò Eunhyuk con la bocca piena, prima di affogare in un lungo sorso di cioccolata.
«Pensavo ci aveste chiamato per un motivo!» Siwon non poteva nascondere il proprio rammarico per essere lì ma, fortunatamente, nessuno dei membri aveva il tempo di preoccuparsi dei suoi problemi.
Kyuhyun non aveva proferito parola da quando era arrivato. Rimaneva seduto accanto a J con lo sguardo perso a contemplare i rivoli di fumo della propria cioccolata, assorto nei suoi pensieri. Fu solo dopo che tutte le chiacchiere giunsero al termine che Sungmin posò la sua tazza ormai vuota.
«Kyuhyun-ah, vuoi spiegare tu ai ragazzi perché sono qui?» J sentì un fruscio accanto a sé e, quando si voltò, Kyuhyun si era alzato e aveva cominciato a raccontare tutta la storia.
Lo shock era visibile negli occhi di tutti, in particolare di quei membri che, non abitando al dormitorio, non potevano conoscere tutti i dettagli di quelle ultime settimane di puro delirio. A suffragare le parole del Maknae c’erano i numerosi oggetti elettronici modificati da J nel corso del tempo e dopo poche domande mirate a chiarire ogni dubbio, la storia, per quanto inverosimile, venne accettata come verità. Per la prima volta da ore il dodicesimo piano era avvolto da un silenzio di tomba. Solo Ryeowook stava tossendo: aveva bevuto la sua tisana. Kibum gli diede qualche pacca sulla schiena, con un sorriso amaro sulle labbra. Nessuno avrebbe riso di quello scherzo, ormai.
«Quindi qual è la vostra teoria?» chiese Eunhyuk che aveva persino smesso di mangiare, tanto era sconvolto.
«J non ha il dono dell’ubiquità, perciò…»
«A-aspetta, stai dicendo che c’è uno strano tizio occidentale che appare e poi sparisce nel nulla, i cui piani sono sconosciuti e che ha come complice una ragazza identica a J che sa tutto di noi e che ha più o meno deliberatamente fatto in modo che ti scattassero una foto abbracciato a lei in pubblico diffondendo uno scandalo?» Zhou Mi non sapeva se tutti i Super Junior fossero impazziti: stranamente dopo quel resoconto nessuno si mise a ridere ma molti dei ragazzi annuirono seri in volto. Kyuhyun tornò a sedere ed un lieve sospiro sfuggì alle sue labbra. Sungmin, accanto a lui, notò che la sua mano stava tremando. La strinse in silenzio.
«Kyuhyun-ah… magari ti sei solo confuso! Scottavi di febbre e forse hai creduto che la ragazza che ti veniva incontro fosse J, può succedere, non devi vergognartene!» Siwon aveva ancora qualche problema a credere a quella storia.
«Ero perfettamente in me, non ho preso un abbaglio! Era lei, d’altronde non c’era altra ragazza che potesse notarmi: avevo il filtro di percezione al collo. Lei deve avermelo strappato di proposito!» nel racconto aveva omesso alcuni dettagli riguardo su quell’incontro sotto la pioggia: non voleva che gli Hyung si facessero strane idee sul rapporto tra loro. Siwon si stava guardando intorno alla ricerca di qualcuno che gli desse man forte, il Maknae sembrava categorico.
«Siwon Hyung…» la voce di J era ferma e sicura ma cauta. «Per quanto improbabile…»
«No, non è improbabile, è impossibile! Cosa pensate che sia, una specie di gemella cattiva, un clone?»
«Potrebbe essere…» J si morse il labbro inferiore. «Quell’uomo non si è limitato a prendere il mio orologio, mi ha anche fatto delle domande e mi ha puntato una strana luce verde negli occhi, insomma… sembrava che mi stesse visitando.»
«Cos’ha detto?» Sungmin si fece avanti curioso.
«Beh, ha detto che non mancava molto e che tutto procedeva secondo i piani. Poi mi ha fatto delle domande…»
«Che domande?» la incalzarono curiosi alcuni membri.
«Niente di che, alcune domande di fisica elementare, via, via sempre più difficili…»
«E tu conoscevi le risposte.» quella di Kangin non era una domanda. J si limitò ad annuire.
«Quindi l’ipotesi è che abbiamo a che fare con un genio impazzito che ha clonato la nostra amica!» commentò Yesung. «In tutto questo noi che c’entriamo?»
«Forse…» J aveva paura di dire ciò che pensava. Si morse il labbro e cercò lo sguardo di Ryeowook per trovare il coraggio di parlare. «…forse sono io, il clone.»
La proposta venne accolta nel più totale silenzio. Era davvero così improbabile che una persona come J fosse un esperimento genetico? Fu solo quando i membri videro lo sconforto affacciarsi negli occhi di lei che si affrettarono a replicare.
«Ma che dici! Tu, un clone? Impossibile!» esclamò Donghae con convinzione, spettinando la ragazza seduta proprio accanto a lui.
«Hyung ma pensaci! Avrebbe senso: magari lui mi stava… testando quando voi mi avete trovato. Forse voleva vedere quanto fossi realistica! Forse si aspettava che mi aiutaste ma non che mi portaste con voi e, non avendolo previsto, adesso potrebbe cercare un modo per riportarmi a casa senza destare sospetti. Ecco perché mandare l’altra me da Kyuhyun-shi! Deve aver pensato che così mi avreste cacciato di casa.»
«Allora avrebbe potuto riprenderti con sé stasera stessa…» obiettò giustamente Shindong.
«Beh, magari voleva scoprire cosa sapete di me o persino assicurarsi di tapparvi la bocca, prima!» lo scenario proposto dalla ragazza sembrava spaventoso ma la cosa più terrificante era che, a suo modo, aveva un senso. Il silenzio che seguì alle parole di lei era pieno di significato.
«E la ragazza che era con te al concerto?» aggiunse quindi Heechul.
«Una semplice accompagnatrice. Non è strano che mi abbiate trovata da sola? Deve avermi abbandonata di proposito.» La teoria non spiegava come quell’uomo potesse sapere che J sarebbe stata baciata da Heechul, scatenando così l’ira delle sasaeng. In effetti erano tante le domande in sospeso, però era la versione dei fatti più verosimile che fosse stata proposta fino a quel momento.
«Se così fosse vuol dire che tu sei un...» Siwon stava cercando un modo delicato per dire “aberrazione”. La sua fede gli impediva di apprezzare chi giocava a creare la vita.
«Ehi…» Donghae cercò di sorridere rassicurante. «Non sei un clone, ok?»
«Che ne sai?» guaì la ragazza con aria infelice.
«Beh, abbiamo dormito insieme, o sbaglio? Se la mia esperienza è abbastanza, sono piuttosto sicuro di aver abbracciato un normalissimo essere umano!» il suo sorriso si allargò e J non poté far altro che sorridere a sua volta. Sapevano entrambi che non voleva dire niente ma anche solo il fatto che il secondo ballerino avesse superato il proprio imbarazzo solo per darle conforto fu una grande consolazione per la ragazza.
«In ogni caso devo lasciare questa casa.» disse dopo una lunga pausa in cui rimase appoggiata col capo sulla spalla del ballerino. «Non siete al sicuro con me…»
«Non se ne parla!» Heechul e Kangin esordirono all’unisono, categorici.
«Se te ne vai non potremo proteggerti!» spiegò Yesung.
«Ma…»
«Discorso chiuso.» anche Siwon sembrava non ammettere repliche.
«Che tu sia un clone o meno rimani una vittima in questa situazione, ok?» aggiunse Hyukjae, dando un lieve pugno a Donghae che stava ancora tenendo il braccio attorno alle spalle di lei. I due cominciarono quasi subito a punzecchiarsi. J voleva replicare ancora ma le veniva da piangere: quella era l’unica famiglia che conosceva e non voleva metterla in pericolo. Forse Kyuhyun le lesse nel pensiero perché cercò il suo sguardo e le parlò con gli scuri e profondi occhi neri puntati in quelli di lei.
«Ci fidiamo di te, non ci farai del male.» disse. Quelle parole valevano tanto per lui, gli Hyung lo sapevano, J lo sapeva. Per questo si coprì le labbra con la pallida mano e lasciò che le lacrime traboccassero dai suoi grandi occhi dorati. Ryeowook si alzò e andò ad abbracciare l’amica, tutti i Super Junior rimasero avvolti in un silenzio commosso, interrotto solo dai singhiozzi di lei.
Solo dopo alcuni lunghi istanti Kangin vide Shindong con la mano protesa a mezz’aria, verso i biscotti troppo lontani perché potesse raggiungerli.
«Che fai?» gli chiese divertito, allungandogli il piatto.
«Sto cercando di richiamare i biscotti con la Forza.» disse serio. «Se tutto questo è vero, allora vuol dire che se m’impegno riuscirò a far levitare gli oggetti!» i presenti risero: il ballerino faceva bene a sdrammatizzare la situazione. Continuare a parlarne e a piangere non aveva senso, non avevano ancora le risposte che cercavano ma, per ora, andava bene così. Avrebbero affrontato tutto un passo alla volta. Ecco perché Eunhyuk si alzò in piedi.
«Giusto, lo sapevo! Non sono un Babbano, è solo che la mia lettera per Hogwarts dev’essersi smarrita. Scommetto che l’hanno affidata ad un gufo idiota come Donghae!»
«YA! Gufo a chi?!» scherzò il secondo ballerino.
«Questo spiega perché ti vesti come un mago disadattato che non ha mai visto il nostro mondo!» fu l’acuto commento di Zhou Mi.
«Ma non perché i suoi piedi odorano di pasta di fagioli!» puntualizzò Shindong, serissimo.
«In effetti i suoi piedi assomigliano più a quelli di un Hobbit!» Yesung sembrava aver preso la questione sul serio.
«Anche l’altezza!» aggiunse Ryeowook ridendo.
«Da che pulpito!» Heechul non poteva non cogliere l’occasione.
«Non penso che nessuno di voi dovrebbe far commenti sull’altezza!» puntualizzò Siwon divertito.
«Zitto tu, Gandalf!> anche Kyuhyun si era unito al delirio. Una nuova ondata di risate investì la stanza.
La serata finì con un’improbabile serie di scenette: Shindong, Darth Vader, sfidò Sungmin in versione Yoda, Ryeowook stese tutti a suon di “Avada Kedavra” ed Henry tenne un lungo sermone sulla pronuncia dei nomi inglesi, finendo per ingaggiare un corpo a corpo contro Kibum quando lui gli abbassò i pantaloni proprio mentre stava parlando. Nessuno sapeva come avrebbe affrontato l’indomani. La cosa certa era che l’avrebbero fatto insieme.
 
Qualche ora dopo l’undicesimo piano s’apprestava a scivolare in un lungo e meritato sonno ristoratore. Certo, era difficile andare a dormire con tutti quei pensieri e quelle congetture nella testa. Come si faceva a riposare sapendo che, in pratica, quella sera avevano accettato il fatto che esistesse un clone di J che faceva parte di un grande piano cospirativo contro i Super Junior, di cui loro non erano ancora a conoscenza?! Era un po’ troppo perché i membri potessero dormirci su.
Ecco perché Ryeowook era salito al dodicesimo piano per cucinare qualcosa insieme alla ragazza: i due si rilassavano sempre molto a preparare deliziosi manicaretti fianco a fianco, anche se poi nessuno dei due li mangiava. Il loro rapporto diventava più fraterno e solido ogni giorno che passava!
Non era quello, però, il pensiero di Kyuhyun quando entrò nella stanza dell’Eternal Maknae, quella sera. Bussò un paio di volte e, senza attendere il permesso, aprì la porta, affacciandosi nella stanza semibuia. Yesung si stava giusto allacciando la parte superiore del pigiama e si voltò sorpreso verso l’amico.
«Kyuhyun-ah, guarda che se stai cercando il tuo pc non sono stato io a prenderlo!» esclamò, dal momento che era molto raro vedere il Maknae girare per il dormitorio a quell’ora, soprattutto se si avventurava nella camera dei due colleghi Main Vocalist.
«Hyungnim, perché oggi pomeriggio non hai più risposto alle mie chiamate? Avevo bisogno di parlare con te!» esordì il più giovane, arricciando appena le labbra in un leggero broncio. Yesung, dal canto suo, non poté che sorridere soddisfatto dalla formalità con cui l’amico gli aveva parlato. Forse l’aver scoperto che quello struzzo esisteva davvero aveva fatto sentire il Maknae in colpa, inducendolo ad avere maggior rispetto per lui, dato il suo enorme coraggio! Sì, doveva essere così.
Non c’era da sorprendersi, quindi, se le successive parole del Main Vocalist furono piene di gentilezza.
«Oh, avevi bisogno di me!» con un sorriso gongolante lo Hyung si fece avanti a braccia aperte verso il Maknae che, pur camminando in sua direzione, deviò all’ultimo per sfuggire ad un eventuale abbraccio. Yesung era troppo di buon umore per lamentarsi, perciò lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.
«Purtroppo non ho potuto seguire la vicenda, Hyungnim, sei riuscito a salvare la SM dallo struzzo fantasma?» chiese con voce melliflua il più giovane, voltandosi con un sorriso intriso di furbizia verso il più vecchio che, forse per i toni formali del suo discorso, non sembrò accorgersi del sarcasmo. Si voltò anzi verso l’armadio, guardando la propria immagine riflessa allo specchio, con un cipiglio determinato.
«E’ stato uno scontro tra titani! Ho ingaggiato una lotta sanguinaria con quel rapace, sono riuscito a trattenerlo… ma a caro prezzo!» prese a dire, pieno di confidenza «Ho dovuto sacrificare un fedele compagno per assicurarmi la vittoria!»
«Cioè?»
«Il mio cellulare…» tornò a voltarsi verso il Main Vocalist, vagamente imbarazzato. «Anzi, scusa se non ho risposto alle chiamate ma, beh, essendo il mio iphone nella pancia di quella bestia…» il tono, da forte e solenne, si sgonfiò di botto e il cantante sospirò, alzando gli occhi al soffitto. «Sono già sei ore che non mi scatto una selca! Le fan saranno preoccupate?»
«Non importa, l’importante è che tu sia riuscito a catturare quell’animale!» continuò Kyuhyun, dato che lo Hyung stava, come al solito, divagando.
«Non esattamente… è scappato.» Il Maknae arricciò il naso: aveva come l’impressione che il racconto dell’amico fosse molto meno epico di quanto egli non volesse fargli credere. Normalmente l’avrebbe deriso per il suo fallimento ma dovette ingoiare i commenti sarcastici che gli raschiavano la gola e sorridere. Non era quello il suo obiettivo.
«Oh, Hyungnim, mi dispiace! Sono sicuro che riuscirai a prenderlo la prossima volta!» gli disse quindi, con un sorriso d’incoraggiamento. Fu allora che spalancò le braccia e gli si avvicinò.
«Grazie, Kyuhyun-ah!» ringalluzzito da tutta quella fiducia e dall’affetto, il cantante più vecchio si fece avanti e si lasciò stringere in un abbraccio silenzioso. Solo allora, mentre posava il volto sulla spalla di Kyuhyun, si rese conto che quel gesto aveva qualcosa di strano.
Era vagamente innaturale e le vibrazioni emanate dal Maknae sembravano maligne, tutt’altro che confortanti come aveva immaginato. Fece per sciogliersi dall’abbraccio ma si rese conto che l’amico non aveva intenzione di lasciarlo andare, anzi, stringeva la presa delle sue forti braccia attorno alle sue spalle, sempre di più, come un serpente avvolge le spire attorno alla preda per stritolarla.
«Ya, ok, ora basta…» sussurrò, alzando il capo.
Fu allora che avvertì il respiro del Maknae all’altezza dell’orecchio.
«Non so cosa ti passa per la testa, Hyungnim, ma mi conosci…> prese a dire, con la sua voce morbida e crudele al tempo stesso. «Non sono il tipo di persona che conviene mettersi contro.> continuò a dire, mentre nel buio le sue labbra s’incurvavano appena in un morbido e micidiale sorriso. «Qualunque cosa tu abbia in mente di chiedere a J, qualunque strana idea tu ti sia fatto sul suo conto, accantona quel pensiero. Tieni le tue piccole mani lontane da lei, sono stato chiaro?» Solo dopo avergli detto quelle parole si scostò appena, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi. L’amico, sorpreso e sconvolto, continuava a fissarlo con la bocca aperta. I due si guardarono negli occhi per un attimo. Allo sguardo atterrito di Yesung, Kyuhyun rispose con un’espressione divertita e sicura di sé. Il mezzo sorriso sulle sue labbra non lasciava adito a dubbi: non andava contraddetto in momenti come quelli.
«C-come fai a sapere cosa avevo intenzione di chiederle?» ammise di colpo il ragazzo più grande, con gli occhi ancora sgranati. Lui e J non erano mai stati molto in confidenza, non si aspettava che qualcuno potesse indovinare cosa gli frullava per la testa da giorni.
«Non ha importanza, Hyungnim. Tu non ti azzardare a toccarla, lo dico perché ti voglio bene.» prese a dire. La sua voce era calma e rilassata, il tono era gentile e formale. In quel momento il Maknae dimostrò che qualunque imbellettatura o appellativo non valevano niente: poteva anche chiamarlo “Sua Maestà” ma le sue parole sarebbero state lo stesso intrise di sarcasmo e letali come il morso di un serpente. Era quello il potere della voce di Cho Kyuhyun. «Confido che sarai abbastanza furbo da non fare parola a nessuno di ciò che ti ho detto.» affermò quindi il ragazzo, dirigendosi verso la porta. Solo quando ebbe varcato la soglia, con la lunga mano affusolata che ancora scorreva sul legno dello stipite, si voltò ad osservare l’amico fermo in mezzo alla stanza. «Sogni d’oro!» sussurrò con dolcezza, lasciando la stanza nel più totale silenzio.

Bene, bene, bene! Dal momento che una certa signorina ha tardato a commentare (porina, almeno lei ha una vita, per fortuna!) ho dovuto pubblicare questo capitolo con un po' più di calma!
Che ne pensate? Io mi sono divertita un sacco a scrivere le possibili teorie. Ehi, non vi lamentate se non abbiamo scoperto chi è J, volete mica che la storia finisca adesso, vero? Ci son così taaante cose da spiegare! 
In ogni caso, almeno rifacciamo il punto della situazione: la storia dello scandalo è stata conclusa nel capitolo precedente. In questo ci aggiorniamo un po' sulla situazione Siwon/Jungwon, WonWon se preferite e sulla questione struzzo! Innanzitutto abbiamo visto che il motorino è pronto e Siwon, poverino, non è riuscito ad andare a parlarle di persona! Sarà costretto a mandarle un sms per chiederle di accordarsi per andare dal meccanico, dannato tempismo ;)! Per quanto riguarda lo struzzo ora sappiamo com'è andata tra lui e Yesung: non solo non l'ha preso ma il pennuto si è pure magnato il suo telefono! Addio selca D:
Poi abbiamo visto che Kyu ha voluto assicurarsi di tenere Yeye alla larga da J: geloso, protettivo? Lascio voi giudicare!
Spero che si sia capito qualcosina da quasto enorme nonsense, ditemi che è così, vi scongiuroH! Se ci sono errori, se è confusionario, se non è ben descritto... vi prego, DITEMELO! Io ne ho bisogno! Conosco la storia e potrei dare per scontato dei dettagli importanti!
Sarete senza pietà? 
Grazie mille in ogni caso, 

_Sushi_

p.s. Dimenticavo una cosa importanteH! Voglio ringraziare chi si è unito alla nutrita schiera di lettrici/lettori silenziose/i: Chippie (oddio come mi piace il suono di questo nick *-*), che ha aggiunto la storia alle seguite; Perlascent Blu Sky che l'ha addirittura messa tra le preferite! *stappa Champagne*
Rinnovo inoltre i ringraziamenti alle pazientissime ragazze che recensiscono ogni singolo capitolo! Non sapete quanto gratificante possa essere per una persona avere il riscontro diretto del lettore, vedere come questo ha recepito ciò che si vuole trasmettere e soprattutto, notare con gioia quanto ognuno, a modo suo, sia diverso e sappia cogliere determinati dettagli o si soffermi ed apprezzi determinate cose della tua scrittura. Mi diceste anche solo "Ehi, Pescecrudina, hai fatto un bel capitolo!" sarei già più che contenta... voi addirittura vi spingete oltre e mi dedicate tanto tempo!
Giuro che vi amo!
Grazie a voi mi sono accorta che la mia storia, tra le più popolari, ha raggiunto la quarta posizione tra le fanfiction con la media più alta di parole per recensione positiva, nella categoria delle multicapitolo lunghe. E' tutto merito vostro e non vi posso dire quanto sono felice di questa cosa, soprattutto considerando il fatto che questa è una Het (si sa che non è la categoria migliore se si vuole trilioni di recensioni) ed è anche un genere del cacchio, il fantascientifico! Grazie, grazie, grazie con tutta l'anima: InstantDayDream, angelteuk, Kami_Sshi, Federica_25, Ahrya, Onewsmileislikeasun e anche kateryna che ha recensito di recente il primo capitolo!
Vi amo alla follia, cominciare a scrivere questa storia è una delle cose migliori che abbia fatto, grazie a voi!

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Capitolo 23
*** Il vero Siwon ***


-Quattordici Novembre, ore dodici-
 
«Allora dov’è?»
«E’ questo!» Jungwon alzò il capo in direzione dell’uomo più bello della Corea, chiedendosi cosa le impediva di saltare ed urlare di gioia per tutta la stanza. Forse il fatto che lui l’avrebbe presa per pazza, sì, doveva essere quello il motivo. In ogni caso tentò di reprimere il sorriso a trentadue denti che le affiorava sulle labbra ogni singola volta che lo guardava e s’impegnò con tutta sé stessa per sembrare una persona seria e di classe.
«So riconoscere il mio motorino e questo non lo è!» disse indicando lo scooter blu fiammante di fronte a lei. Il suo motorino aveva la carena bianca, tanto per cominciare! Ok, era bianca originariamente, col tempo aveva finito per diventare d’argento a causa della generosa quantità di scotch in fibre d’alluminio che aveva dovuto usare per rimettere assieme i vari pezzi, scassati per via degli scontri subiti. Non era colpa sua se le macchine, gli scooter e persino i camioncini del latte continuavano a venirle addosso… e anche i muretti… e i lampioni!
Guidare un motorino a Seul era un’impresa degna di nota, dal momento che semafori rossi, stop e sensi unici venivano presi dai cittadini più come suggerimenti che come vere e proprie regole. Era naturale che una persona dall’indole sbrigativa e fiammeggiante come Jungwon si sarebbe trovata male a sfrecciare alla velocità della luce in quel traffico senza vincoli. In ogni caso quello davanti a lei non era il suo motorino, poco ma sicuro.
«Beh… dato che c’erano un po’ di problemi ho pensato di apportare qualche miglioria!» spiegò l’idol con un mezzo sorriso, stringendosi nelle spalle. Aveva un modo di muoversi veramente curioso: umile, elegante, autoironico, non aveva nulla a che vedere col ragazzo che ballava a torso nudo sul palco durante i Super Show.
«Ero abbastanza sicura che “apportare qualche miglioria” e “sostituire con un altro motorino” non fossero sinonimi.»
«Non l’ho sostituito, guarda: la sella è la stessa!» esclamò Siwon facendo un passo in avanti e battendo la bella mano sul sellino del veicolo. In effetti aveva ragione, quella era la sua sella. Jungwon era senza parole e per chi la conosceva era un’impresa impossibile: l’entusiasmo di quel ragazzo era qualcosa di scioccante.
«Beh… grazie, non c’era bisogno di fare tanto!» replicò quindi, con un mezzo sorriso, vagamente a disagio. Siwon non riusciva a staccarle gli occhi di dosso: credeva che lei avrebbe saltato di gioia, le femmine non facevano così quando si comprava loro un bel regalo?
«Non ti piace il blu? Dovevo scegliere il giallo…»
«No, no… il blu va benissimo!»
«Allora è il parabrezza! Il meccanico mi ha detto che quello in plastica distorce le luci e perciò ho pensato che potesse darti dei problemi quando guidavi di notte… questo nuovo materiale, importato dalla Scandinavia…»
«E’ bellissimo, davvero!» lo interruppe lei. Siwon mise il broncio e guardò il mezzo con aria crucciata.
«Lo sapevo, i copri manopole e la copertina sono un po’ esagerati! Solo che fa così freddo e io non volev…»
«Siwon-shi…» Jungwon gli afferrò il polso, costringendolo a girarsi verso di lei. Nessuno dei due se l’era aspettato: lei aveva agito d’istinto e lui non era abituato ad entrare in contatto con una ragazza a meno che non si trovassero sul set di un drama. Si guardarono per un attimo negli occhi, cosa che entrambi avevano accuratamente evitato fino a quel momento. Per Jungwon fu semplicemente sconvolgente vedere l’espressione sorpresa di lui che la fissava. La stava guardando, lei e nessun’altra. Era semplicemente troppo bello per essere vero. Solo dopo un lungo istante si accorse che aveva smesso di respirare. Lo lasciò andare quasi immediatamente, quindi piantò i suoi grandi occhi castani sul motorino, felice che la sua carnagione leggermente olivastra non le permettesse di arrossire con facilità. «Ti ringrazio infinitamente per la gentilezza, non dovevi davvero fare tanto per me!» ammise.
Siwon era vagamente nel panico: quella ragazza doveva odiarlo! Evitava il suo sguardo e continuava a troncare ogni suo maldestro tentativo di conversazione. Forse la metteva a disagio il fatto che lui continuasse a fissarla! Perché semplicemente non le aveva aggiustato il parafango? Aveva esagerato, ecco, Jungwon doveva averlo preso per un pazzo maniaco o peggio, per un riccone che non vedeva l’ora di sfoggiare il potere d’acquisto della sua carta di credito, anche con una semplice fan appena conosciuta!
«Bene… mi fa piacere, allora!»
«Già.»
Silenzio.
«Oh, giusto, il casco ho dovuto farlo sostituire perché dopo la botta…»
«Quelle che sono?» chiese la ragazza indicando delle strane protuberanze di pelo sopra il casco blu zaffiro che il cantante le stava giusto mostrando.
«Orecchie…»
«Orecchie.»
«Sì, volevo un paio di orecchie da cavallo ma il meccanico ha detto che erano troppo lunghe perciò ho pensato di mettere semplici orecchie da cane…» Jungwon non era il tipo da orecchie. Lei preferiva le borchie e la pelle, in linea di massima. Il suo stile, certo, non era quello di una darkettona da quattro soldi: in realtà sfoggiava i suoi accessori all’ultimo grido con una certa classe, sempre ben smitizzati in modo da risultare comunque elegante. Nonostante tutto guardando quel casco non poté che sfuggirle un sorriso.
«Jinhyun l’adorerebbe…» disse, pensando all’amica che aveva di certo un’inclinazione verso quella roba tenera e puffolosa. Pensare di indossare qualcosa del genere normalmente l’avrebbe inorridita ma in quel momento quel casco rappresentava due delle cose che amava di più: Choi Siwon e Kim Jinhyun.
«Chi?»
«Ah, niente, è solo un’amica!» Ecco, anche il casco era stato un buco nell’acqua, accidenti! Siwon era nel panico: non c’era proprio niente che andasse bene con quella ragazza, non aveva mai visto nulla del genere! Le sue ex sarebbero impazzite di fronte alla tenerezza di quelle orecchie!
Entrambi avevano lo sguardo fisso sul motorino che, nonostante le migliorie apportate dall’attore, non era ancora in grado di parlare e porre fine a quell’imbarazzante situazione. Sebbene entrambi morissero di vergogna, convinti com’erano di suscitare pietà e disprezzo nell’altro, nessuno dei due voleva andarsene. Solo quando si rese conto che prolungare quell’incontro era impossibile, Siwon chiamò il meccanico.
Dieci minuti dopo i due erano all’ingresso dell’officina. La ragazza sedeva sicura sulla sella del nuovo motorino e Siwon pensò che il suo corpo slanciato ne completava perfettamente la linea. Jungwon, d’altro canto, si chiedeva come mai il ragazzo la guardasse con quel sorriso: era davvero così ridicola con quel casco in testa?
«Permettimi di restituirti i soldi della riparazione: scherzavo l’altro giorno!» Jungwon era troppo orgogliosa per farsi offrire qualcosa da lui: non voleva che pensasse che era una morta di fame incapace di provvedere a sé stessa.
«No, davvero, Choi Siwon mantiene sempre le sue promesse!» sorrise lui di rimando. “Choi Siwon mantiene sempre le sue promesse?” che razza di idiota montato direbbe una frase del genere, pensò subito dopo, vedendo l’espressione di lei che si scioglieva in un sorriso. Probabilmente aveva fatto per l’ennesima volta la figura del bellone vuoto senza nulla da dire, leggeva benissimo la commiserazione dipinta sulla sua faccia!
«Accetta almeno una parte del denaro!» disse lei, porgendogli delle banconote che lui rifiutò categoricamente. Jungwon fece un sospiro, quindi ripose il portafogli e si allacciò il casco, pronta a partire. Solo dopo che il motorino si accese con un rombo pieno di vita la ragazza tornò a voltarsi verso l’idol. «Grazie di tutto, è stato un piacere conoscerti!» gli disse con un leggero inchino del capo, allungandogli la mano per un saluto all’occidentale. Divertito lui la strinse e s’inchinò a sua volta.
«Piacere mio!» disse e, quando Jungwon ritirò la sua mano, Siwon si accorse che gli aveva lasciato alcune banconote arrotolate: la ragazza aveva approfittato della stretta per restituirgli i soldi! Fece appena in tempo a sollevare il capo verso di lei che la vide immettersi sulla strada principale strombazzando e piegando come una pazza.
«Aaaah jinjja!» esclamò, scuotendo il capo ma con un sorriso sulle labbra.
«Fa un freddo cane! Perché non sei venuto a prendermi al dormitorio?!» una voce alle sue spalle lo distrasse. J era appena arrivata ed affondava le mani nel suo ampio giubbotto di pelle nera. Tutta ingobbita, lo guardava dal basso verso l’alto con un’espressione interrogativa. Siwon non poté che notare l’enorme differenza tra lei e Jungwon: la seconda apparteneva ad un’altra categoria.
«Scusami, avevo un appuntamento.» le disse con un vago sorriso. «Vogliamo andare?»
«Certo, muoio di fame!» borbottò la ragazza, incamminandosi assieme a lui verso la sua automobile.
 
Siwon non credeva fosse vero, eppure la prova era davanti ai suoi occhi. Gli avevano detto che vedere J mangiare era qualcosa di magnetico ma ne comprendeva pienamente il significato solo in quel momento. Aveva una voracità incredibile e mangiava ad una velocità allucinante, quasi senza respirare. Boccone dopo boccone non inghiottiva l’altro prima di fagocitare un’altra forchettata e perciò aveva sempre le guanciotte piene e l’aria serafica. Non era una visione particolarmente femminile e posata, ma neanche sguaiata tanto da disturbare, semplicemente dava l’impressione che il cibo fosse una soddisfazione tanto grande per lei da trascendere qualunque altro piacere nella vita. Sembrava che vivesse per i suoi tre pasti quotidiani, mangiava con gioia e gratitudine estreme rendendo, almeno per quanto riguardava lui, il pasto molto più gustoso anche ai suoi occhi.
Seduti a gambe incrociate davanti al basso tavolino di un ristorante dall’aria tradizionale, stipato di mille piatti, i due allungavano le bacchette e mangiavano più o meno in silenzio, più o meno perché J era un pochino rumorosa, dato che urtava tutte le ciotole e sbatteva ovunque con le bacchette, quasi non riuscisse a controllare la propria forza. Era incredibile come una ragazza così piccola potesse risultare tanto ingombrante. Il piatto del giorno era lo shabu shabu: carne di manzo tagliata finemente e cotta al momento in un delizioso brodo ricco di sapore, accompagnata da verdure fresce, riso, uova e noodle, il tutto da aggiungere al brodo una volta terminata la carne. Quando Siwon gliene aveva parlato la ragazza era andata talmente in estasi che aveva finito per invitarla a pranzo, sperando di poterne approfittare per conoscerla meglio e verificare che genere di creatura fosse davvero. Non era un segreto, dopotutto, che il Visual fosse uno dei più restii ad accettarla, sebbene fosse troppo buono e disponibile per metterla da parte.
«Ti piace?» le chiese, più per gentilezza che per reale interesse: dopotutto si vedeva lontano un miglio che era in estasi per quel cibo! Le sorrise, mettendo in mostra le belle fossette.
«Oh, lo adoro!» bofonchiò lei, prima di calarsi una grossa fetta di carne appena cotta in bocca, scottandosi irrimediabilmente la lingua. Siwon scosse il capo: le era successo praticamente con tutti i bocconi. «Mi spieghi una cosa?» chiese lei, deglutendo infine a fatica.
«Anche due…» la assecondò lui, mentre rigirava una fettina nel brodo bollente.
«Perché di metallo?»
«Cosa, le bacchette?»
«Eh! Nessuno ve l’ha mai spiegato che il metallo conduce il calore? Diventano incandescenti a contatto col cibo bollente!» esclamò quasi indignata. Siwon le sorrise morbidamente e J dimenticò per un attimo di cosa stavano parlando.
«Beh, forse è per imparare ad avere pazienza e a godere delle cose che abbiamo l’occasione di fare!» lei lo guardò crucciata per un momento, poi sembrò concordare ed annuì, riprendendo a mangiare.
«Non sei stupido come credevo.» commentò limpidamente, senza notare l’espressione esterrefatta che quella sentenza scatenò sul bel volto di lui.
«Ah no?» Siwon non sapeva come risponderle.
«Nah, però non capisco…» affermò, appoggiando il gomito sul tavolo e la guancia sul palmo della mano, indicandolo con le bacchette e squadrandolo oltre gli occhiali da vista. «Sei un tipo strano, perché non dici quello che pensi davvero?»
«Perché, cosa penserei davvero?»
«Che la tua bellezza a volte è un peso, altre è un ostacolo.»
Siwon rimase di sasso. Si bloccò con la mano protesa verso la pentola del brodo e la fettina di carne gli cadde dalle bacchette, schizzando appena qua e là. Fece per aprire bocca ma una voce lo distrasse.
«Ommioddio, quello è Choi Siwon!» fu l’urlo a stento trattenuto da una voce femminile, giunta dal nulla.
Sulle labbra di Siwon si dipinse un sorriso divertito: non doveva certo essere la prima volta che delle fan si avvicinavano a lui! J, invece, sembrava più sorpresa. Si zittì seduta stante, tanto per evitare che la gente capisse che non era un ragazzo e cominciò a guardarsi intorno per cercare la fonte di quelle parole, il tutto senza smettere di mangiare. Alle sue spalle, dietro il separé fatto da un intreccio di canne di bambù, intravide un paio di occhi a mandorla. Un attimo dopo il pannello sussultava e gli occhi sparivano alla vista.
La ragazza sapeva di essere stata scoperta, perciò seguirono attimi di silenzio in cui, probabilmente, ella decise il da farsi, mentre Siwon e J si scambiavano sguardi divertiti.
«E’ sempre così?» chiese la ragazza in un sussurro talmente flebile che il cantante stentò a sentirla. Lo vide arricciare appena il nasino, annuire e poi sorridere divertito, come un cucciolo di leone. Solo allora la fan spuntò con ostentata disinvoltura oltre il separé, camminando con calma verso il tavolo, nel tentativo di sembrare tranquilla e posata. Evidentemente si trattava di una cameriera del ristorante, dal momento che indossava la divisa e il grembiule. Era piuttosto alta per la media coreana, Siwon lo notò subito. Aveva un bel sorriso dolce e radioso ed i capelli castani, liscissimi, tagliati a caschetto. Siwon era abituato a vedere fan ovunque ma era raro che fossero così belle, del resto le cameriere avvenenti erano un vanto di quel locale!
«Siwon-shi, scusa, eh…» la ragazza aveva uno strano accento, piuttosto marcato. Doveva essersi trasferita a Seoul da poco. «No’ pe’ rompe’, cioè, non è nella politiha dell’azienda rompe’ le scathole ai hlienti… però mi hiedevo se potevi fammi un authografo!» chiese la ragazza un po’ titubante, avvicinandosi con un sorriso. «…se ti scasso me ne vo, eh! Non sopporto quelle fan che vi rompono hontinuamente!» si affrettò a proseguire, mettendo avanti le mani. Sembrava una ragazza forte e decisa ma aveva anche una certa dolcezza nei modi di fare, che cozzava incredibilmente con quell’accento, un po’ rude. J non poté che pensare, in ogni caso, che quella particolarità, unita alla bellezza del suo volto e ai modi gentili e spicci, rendesse quella ragazza estremamente affascinante.
«Sei di Mokpo?» chiese di colpo Siwon sorridendo a trentadue denti, con sorpresa sia di J che della cameriera stessa che si afflosciò affranta.
«Si sente, eh? Mi dispiace…» Siwon non si era aspettato una reazione simile, perciò si affrettò a proseguire.
«No, no, non ti dispiacere!» esclamò, gesticolando a più non posso, come ogni volta che era nervoso… o meglio: come ogni volta, punto. «Anche Donghae-shi è di Mokpo, lo dicevo per quello!» a quelle parole la cameriera tornò ad illuminarsi, fece un sorriso così raggiante che J ne rimase abbagliata per un attimo.
«Sì, il pesciolin…ehm…Donghae-shi abithava tipo nella mia stessa via, solo he non può rihordarsi di me, ero una bambina quando lui viveva lì!» spiegò tutta fiera. I due seduti al tavolo non potevano smettere di sorriderle, contagiati dal suo entusiasmo.
«Quindi Donghae-shi è il tuo preferito, tra i Super Junior?» le chiese Siwon, infilando la mano nel taschino della giacca per estrarre la propria penna a sfera. Vedendo quel gesto, subito la cameriera si affrettò a cercare qualcosa per scrivere, qualunque cosa! Dopo un tastarsi frettoloso, si risolse a passargli il taccuino su cui appuntava gli ordini dei clienti.
«In realtà io amo Lee Hyukjae.»
«A-ami?» sbottò J sorpresa: ancora non capiva questa cosa delle fan. Non poté trattenersi e, infatti, la cameriera la guardò a sua volta sorpresa dall’intervento. Fortunatamente l’imbarazzo per le proprie parole era troppo perché potesse concentrarsi sul fatto che la voce di J fosse vagamente femminile. Arrossì violentemente.
«No, cioè… mi garba, insomma, è quello he preferisco, de! Cioè, io li schifavo proprio i Super Junior, poi vidi il comeback stage di Mr. Simple, quello in cui ballarono anche Superman e boom…» la ragazza prese a raccontare la storia di come aveva conosciuto Hyukjae. Un fiume in piena inondò i due, mentre parole come “biondino” “EunHae” e “scimmia” venivano ripetute infinite volte. Intanto Siwon stava compilando il taccuino con un sorriso, la sua scrittura era ordinata e lineare, vergava le parole con eleganza ma anche con una certa fermezza. «…perché, capisci, una vera ELF vi ama nonostante thutto, cioè m’importa ‘na se…» J continuava a guardarla vagamente stordita mentre raccontava: possibile che Siwon ci mettesse tanto a firmare un cacchio di autografo? «…la su' testa sembrava un mirtillo tagliatho a methà però…» ancora e ancora: doveva avere una passione davvero sfegatata per quei quindici scemi. «…che poi il loro rapporto è davvero stupendo, de. So’ superiori sotto ogni punto di vista…» J stava guardando Siwon che l’ascoltava rapito, la mano sospesa sul block notes. Per un attimo lo vide profondamente felice ed arricciò il naso, pensierosa: era davvero così inspiegabile la passione di quella cameriera per un gruppo come i Super Junior? Una cosa era certa: non aveva mai visto tanta gratitudine e devozione negli occhi di Choi Siwon. Le ELF erano davvero fortunate. «…e io ero tutta “grazie Shisus”!» J non aveva ben chiaro di cosa la cameriera stesse parlando, in ogni caso sia lei che Siwon proruppero in grasse risate, perciò si trovò costretta a ridacchiare a sua volta, visibilmente a disagio, tanto per far capire che anche lei trovava tutto il discorso particolarmente divertente.
«Sei davvero simpatica, mi spiace che Hyukjae-shi non sia qui!» esclamò gentile l’uomo più bello della Corea.
«Va bene hosì, sono felice di pote’ conosce’ anche te, siete tutti delle persone stupende!» esclamò lei con entusiasmo, lusingando l’attore che le passò il taccuino con un gran sorriso. Lei s’inchinò, lo prese a testa bassa, quindi aggiunse: «Vi lascio mangia’ in pace, scusathe il disturbo, adieu!>» disse, per poi andarsene via saltellando di gioia.
J si lasciò cadere all’indietro, appoggiando la schiena contro il separé di bambù: aveva appena conosciuto una vera ELF, una bellissima ragazza di Mokpo dall’accento interessante e dall’entusiasmo contagioso. La cosa sembrava averla profondamente sconvolta. Siwon, ancora tutto contento per via dell’incontro, la vide posare le bacchette sul tavolo e la guardò con la sua classica espressione di pura sorpresa.
«Tutto ok?» chiese, facendosi avanti.
«Non so niente dei Super Junior!» esclamò piena di sconforto.
«Come no, vivi con noi, non sai quante ragazze darebbero via qualunque cosa per essere al tuo posto?» cercò di confortarla.
«Appunto! Ho quest’enorme fortuna e neanche ne sono consapevole. Tra l’altro a me non mi sembrate poi ‘sto granché: spesso siete un po’ idioti…» replicò crucciata. «Ma suppongo che faccia parte del vostro fascino.» concluse, scambiandosi un sorriso con l’attore. I Super Junior erano più importanti di quanto lei fosse disposta ad ammettere, Siwon lo capì guardandola negli occhi: aveva degli occhi troppo grandi ed espressivi perché a lui potesse sfuggire quel dettaglio.
«Comunque io non penso che tu sia un clone…» le disse di colpo, facendole andare una fetta di carne di traverso. Le passò un tovagliolino mentre lei tossiva, coprendosi le labbra con la mano. Quando J parlò aveva gli occhi lucidi ed il viso ancora contratto per la sofferenza.
«Perché?»
«Beh, un clone, non avendo avuto un normale concepimento, non può avere un’anima, giusto? Ti ho osservato a fondo, sono sicuro che tu ce l’abbia un’anima…» quelle parole fecero riflettere la ragazza.
«Cosa si prova ad avere un anima?» chiese quindi, incuriosita, appoggiando i gomiti sul tavolo.
«Uhm… non saprei dirti. L’anima non è solo la fiamma che ti riscalda e da la vita, è anche ciò che ti rende umana, ciò che ti aiuta a capire cosa è giusto e cosa è sbagliato.» J non era sicura di sapere cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato ma non volle dirlo a Siwon.
«Sembra una cosa piuttosto faticosa da portare» si limitò a considerare. Siwon sorrise.
«In effetti sì, a volte.» dovette ammettere. «Ma ho portato pesi peggiori, direi…»
«Tipo?» la ragazza si faceva incalzante. Era come una bambina: continuava a fare domande a cui un adulto non avrebbe saputo trovare risposta. Siwon si fermò a pensare, paziente come al solito.
«Beh… ogni tanto devo ammettere che la mia vita è stressante.» prese a dire e, senza sapere perché continuò: «Essere un idol ti pone sempre al centro dell’attenzione, non puoi sbagliare mai, non puoi essere stanco, non puoi ammalarti, né puoi desiderare di fare qualche follia, ogni tanto. Sei sempre osservato ed appartieni alla Compagnia sotto ogni punto di vista: loro decidono come ti devi vestire, comportare, pettinare, parlare, chi devi frequentare e come devi farlo» e in più c’è la famiglia ma questo Siwon non lo confessò. In effetti non sapeva perché si stava sfogando con J in quel momento: si sentiva turbato, non solo in quel momento ma da qualche giorno a questa parte, da quando aveva conosciuto Jungwon e tutta quella follia con J era cominciata… ecco, da allora!
«Dev’essere dura, in effetti…» replicò la ragazza comprensiva. Era un argomento delicato e lei non voleva rischiare di ferire l’attore, perciò si prese un secondo per scegliere con cura le parole. «Io non ti conosco bene, Siwon-shi, non viviamo sotto lo stesso tetto, perciò è più difficile capirti ma, nonostante questo, ho potuto osservarti un poco…» il ragazzo non disse niente, era curioso di vedere dove voleva andare a parare. «…e ho visto che sei un tipo distante, il che è strano, considerando quanto sei gentile e comprensivo. Sinceramente, sembri te stesso solo quando sei con gli altri membri, per loro si vede che daresti l’anima! Per il resto, invece, ho come l’impressione che il mondo non abbia idea di chi sia Choi Siwon. Vedo la naturalezza e la spontaneità solo in presenza dei membri, lì sei affettuoso, tenero, ti azzardi a mostrare il fianco, dici tutto quello che pensi, anche se si tratta di un’enorme idiozia! Quando sei altrove invece sei sempre serio e trattenuto al massimo. La cosa peggiore è che da quando sono in quella casa sembra che tu abbia smesso di lasciarti andare persino con loro.» A quelle parole seguì un lungo silenzio di entrambi. J aveva paura di aver approfittato un po’ troppo della pazienza di lui: temeva che si sarebbe chiuso a riccio e l’avrebbe allontanata ancora di più, perciò si morse il labbro e lo guardò con i grandi occhi dorati pieni di apprensione.
«Hai ragione.» ammise infine il cantante con la sua bella voce profonda. Le parole di lei erano vere perciò non c’era motivo di prendersela. «Sei incredibile!» la testa di quella ragazza funzionava davvero in modo strano: sembrava svampita ed assente la maggior parte del tempo, invece l’aveva osservato con tale attenzione da carpirne l’essenza.
«A che pensi?» disse lei, dopo un altro lungo momento di silenzio in cui i due avevano pure smesso di mangiare. Siwon stava fissando il brodo scoppiettare nel paiolo.
«Penso che mi sono fatto fin troppi problemi, che sono bloccato perché etichetto me stesso e continuo a sforzarmi di corrispondere all’ideale che hanno gli altri di me.»
«Quindi ora che farai?» J non aveva ancora finito di parlare che l’attore si alzò in piedi, guardandola serio e determinato. Solo dopo un istante si abbandonò ad un lieve mezzo sorriso, mettendo in mostra una fossetta.
«Lotterò per qualcosa che voglio anche se non ha senso, anche se sembra totalmente sbagliata e inadeguata. Farò una cosa che non faccio quasi mai…»
«…cioè?»
«Seguirò l’istinto. Forza, alzati, dobbiamo andare!»
 
Jungwon stava prezzando una pila enorme di vestiti con aria assente. Continuava a pensare al motorino che quella mattina aveva parcheggiato di fronte alla boutique, chiedendosi se quello sarebbe stato il suo unico ricordo dell’incontro con Siwon dei Super Junior. Perché una persona tanto diversa da lei doveva piacerle così tanto? Perché il mondo doveva essere così crudele?! Era evidente che a lui piacevano solo le ragazze con gli abitini di pizzo e gli occhioni dolci, quelle che dicono sempre di sì e…
«Ya, Wonnie che cavolo fai?» Minwon l’aveva appena sorpresa ad attaccare il cartellino da duemila won ad un vestito che ne valeva almeno sessantamila!
«Guarda che danno, dammi qua!» le disse, sottraendo il capo dalle sue grinfie prima che potesse fare di peggio. «Stai pensando ancora a lui?»
«Gli ho ridato i soldi, capisci? Sono stata un’idiota!»
«Un po’…» considerò in effetti la sorella. «Avevamo studiato un piano, non te lo ricordi? Dovevi ridere a tutte le sue battute, hai riso?»
«Uhm… credo di sì.»
«Mah, in ogni caso non ti sei attenuta alla parte fondamentale: alla fine avresti dovuto dire…» lasciò che a proseguire la frase fosse la più piccola, che condì il tutto con una vocina finto ingenua, le mani raccolte al petto e l’aria sognante.
«Siwon-shi, sei stato così generoso, come posso a sdebitarmi?»
«Potresti uscire con me.» una voce maschile interruppe le due sorelle che si bloccarono sul posto. A Minwon cadde la gruccia di mano. Choi Siwon era fermo in mezzo al negozio, meraviglioso nel dolcevita color panna e nei jeans scuri che ne delineavano perfettamente il fisico atletico e slanciato. Indossava pure un giubbotto di pelle nera e, proprio mentre parlava, si era sfilato gli occhiali da sole scuri. Aveva il fiatone. Jungwon si bloccò con gli occhi sgranati a fissare quello che, ne era certa, non era altro che un crudele miraggio. Fu per questo che non rispose alla domanda del cantante il quale, dopo lo slancio iniziale, iniziò a dubitare di sé, guardandosi intorno vagamente a disagio.
«Oppure no…» disse, imbarazzato, facendo un passo indietro. Fu allora che Minwon prese in mano la situazione e, con essa, una stampella, con cui diede un colpo alla sorella.
«Ya, Siwon-shi ti ha fatto una domanda.» sibilò a denti stretti. Grazie al suo intervento l’anima di Jungwon sembrò rientrare nel suo corpo, dandole la prontezza necessaria a replicare.
«Sì.» esalò flebile, per poi aggiungere: «Cazzo sì!» con energia. Si rese conto solo dopo che aveva imprecato di fronte a lui, perciò si affretto a correggersi. «Cioè, io…»
«Cazzo sì!» disse lui, ridendo. Cosa gliene importava di una parolaccia? Jungwon si sentì subito a suo agio e per la prima volta da quando era entrato, prese un respiro. I due si guardarono per un lungo istante entrambi increduli, emozionati ma soprattutto inspiegabilmente felici.
«Devo andare… ho una cerimonia a cui partecipare.» disse infine lui, facendo per indietreggiare.
«Ah sì, quella per il Primo Ministro inglese!» esclamò lei, annuendo. I due si sorrisero un’ultima volta, poi l’attore s’avviò verso l’uscita.
«Siwon-shi!»
«Uhm?» il ragazzo si bloccò proprio all’ingresso. La vide stringere il pugno ed arricciare appena il nasino.
«Fighting!» esclamò, tenera.
«Ti chiamo!» le disse lui, incapace di smettere di sorridere, quindi uscì dal negozio, diretto verso l’auto in cui lo aspettava pazientemente J, in attesa di essere riaccompagnata a casa. Per la prima volta dopo tanto tempo il ragazzo si sentiva in grado di fare qualunque cosa.

Non ci credo, ce l'ho fatta! Sono troppo felice di essere riuscita a pubblicare e di aver superato questo enorme periodo di blocco! Vi giuro che stavo impazzendo, mi perdonate?
Ebbene, ecco a voi la WonWon, che ne pensate? Jungwon è la persona giusta per uno come Siwon? Chissà, personalmente scrivere di loro due è stato troppo divertente e, soprattutto, mi piacciono tanto (mi sono pure emozionata, tiè!). Il personaggio di lei è liberamente ispirato alla migliore amica, anche se mi vergogno a definirla così lo dico... e addio! Ti adoro, Fab *-*
Ma basta con le dichiarazioni. Come potete vedere ho anche dedicato un piccolo siparietto ad un nuovo personaggio: la cameriera di Mokpo! Quant'è adorabile?! Io la amo follemente, sì! Ditemi se si capiscono i suoi discorsi: per distinguerla dal coreano doc ho pensato di darle un accento toscano, per l'esattezza livornese (Mokpo non è sul mare, del resto?). La maggior parte delle mie lettrici è toscana quindi dovrebbe capire, per le altre chiedetemi pure traduzioni, vedrò di aggiustare i discorsi per renderli accessibili a tutti senza perdere l'effetto! Anche questo personaggio è ispirato ad una cara amica ed ora la lascerò ad arrovellarsi sul perchè ho voluto inserirla in questa fanfiction e su cosa ne sarà di lei perchè una cosa è certa: questa è solo la prima volta che la vediamo!
Per il resto mi pare di non avere altro da dire se non: scusatemi ancora per il ritardo. 
Buona lettura 

-Sushi-

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Capitolo 24
*** Una notte insonne ***


Kyuhyun non poteva credere di essere lì, seduto per terra di fronte al divano, a sgranocchiar noccioline assieme a J. Il suo posto era accanto ai suoi Hyung, alla cerimonia di benvenuto per il primo Ministro inglese! Si morse il labbro, pieno di rammarico mentre guardava i suoi amici in smoking sfilare sul red carpet allestito per l’occasione.
Che gli prende a Siwon?» Sembrava avesse vinto alla lotteria: ogni volta che incrociava la telecamera sorrideva e ammiccava, facendo lo scemo. Era un sacco che non lo vedeva così spontaneo. Sorrise senza accorgersene.
«E’ andato a far compere in una boutique d’alta moda… deve aver trovato qualcosa che gli piace!» si limitò a replicare J, ignara di tutto, con un’alzatina di spalle.
«Hyukkie non si poteva proprio risparmiare dal farsi i capelli verdi, che figura ci farà fare?» disse Kyuhyun dopo un po’, lanciando una nocciolina in aria e facendola cadere in bocca. Era un autentico miracolo, vista l’inclinazione del Maknae per qualunque sport prevedesse di fare un canestro. In ogni caso non disse nulla: era molto meglio fingere che fosse ordinaria amministrazione.
«Uhm? Ah, già, i capelli… scusa, ero ipnotizzata dalle scarpe! Sbaglio o quelle sono cartine delle caramelle?» disse J. Entrambi reclinarono la testa lateralmente, assottigliando gli occhi. Solo dopo un lungo istante di riflessione Kyuhyun replicò.
«Caramelle mou, sembrerebbe…» J annuì solennemente e si appoggiò al divano con la piccola schiena. Senza accorgersene il suo sguardo era passato dal guardare lo schermo al fissare la mano di Kyuhyun che prendeva un’altra nocciolina. Fece lo stesso: la propria piccola e bianca manina spariva per metà dentro la manica dell’enorme felpa che le aveva prestato Shindong. Anche lei cercò di lanciare la nocciolina per far canestro in bocca ma finì irrimediabilmente per colpirsi sul naso e si ritirò imbronciata. Fortuna che lui non l’aveva vista!
I due erano seduti per terra, su due cuscini di fronte al divano, non tanto perché quest’ultimo fosse occupato, quanto per abitudine: era quello il loro posto, ormai. Considerando il loro rapporto fino ad un paio di settimane prima, era sorprendente che fossero finiti per ritrovarsi fianco a fianco a guardare la tv. Entrambi amavano fare commenti sagaci ed irriverenti su ciò che vedevano, spesso lo scambio di battute portava a battibecchi e piccole dispute, perciò gli altri membri avevano finito per isolarli e accaparrarsi il divano. Su una cosa, però, erano sempre d’accordo: il look di Lee Hyukjae era qualcosa di raccapricciante.
J non sapeva perché ma Kyuhyun aveva un atteggiamento strano con lei. La teneva a distanza, come se non gli importasse nulla di averla fra i piedi. Era insolito, soprattutto considerando il modo in cui si era esposto per ospitarla prima, l’aveva aggredita poi e infine soccorsa e protetta. Le aveva detto una delle cose che, ne era sicura, era più difficile sentirgli confessare: “mi fido di te”. Normalmente sarebbe bastato ad assicurare un buon grado d’intimità e complicità ad un rapporto ma non per Cho Kyuhyun. Anche allora J aveva la sensazione di sedere accanto ad un completo sconosciuto, un punto interrogativo. Spesso il suo silenzio e gli occasionali commenti sarcastici la facevano sentire un incomodo, così, sebbene fossero già un po’ di giorni che il Maknae rimaneva chiuso nel dormitorio fingendosi malato, non si erano calcolati minimamente fino a quel momento.
Mentre lei sorrideva, commentando lo strano cappellino con tanto di piume di Yesung, il ragazzo si arrischiò a sbirciare il suo profilo.
«Che c’è?» chiese lei, guardandolo sospettosa quando lo sorprese a fissarla.
«Uhm, niente, notavo che hai il colorito spento, non ti vergogni a farti vedere conciata in questo modo da un ragazzo?» divertito, la vide avvampare.
«I-io non ho nulla che non va!» mugolò, tastandosi il volto, insicura.
«Questo la dice lunga sullo stato della tua miopia!» replicò lui, incassando subito dopo la testa tra le spalle quando, per tutta risposta, la ragazza gli diede una manata in capo.
«Vuoi morire?!»
«Ahaaah, finalmente mostri la tua vera natura, altro che indifesa, sei una violenta!» quelle parole costrinsero J a trattenersi dal picchiarlo sul serio, perciò rimase lì a sbuffare, stringendo i piccoli pugni. Kyuhyun rise di gusto, guardandola.
«Guarda, il Primo Ministro!» la ragazza pensò bene di distogliere l’attenzione del Maknae dalla sua faccia, rimarcando il fatto che era costretto a stare lì, con lei, invece che alla cerimonia. Funzionò perché il sorriso divertito svanì dal volto di lui, non appena tornò a guardare la tv. «Sembra un tipo simpatico!» esclamò la ragazza, tanto per rincarare la dose. «Oh, guarda! Ha portato un regalo per i SuJu, che carino!»
«Cos’è, arte moderna?» chiese il Maknae, arricciando il naso più invidioso che altro, mentre una valletta consegnava il regalo del Primo Ministro inglese: una semplice sfera di metallo perfettamente liscia, grande più o meno come un pompelmo. «Che ce ne facciamo di quella roba?»
«Sei solo invidioso!» indovinò J. Kyuhyun sbuffò.
Gli attimi seguenti passarono in un silenzio assorto, interrotto solo dallo sgranocchiare delle noccioline che, per la precisione, erano pregiatissime noci di macadamia, fonte di vitamine e acidi grassi polinsaturi, fondamentali, secondo Heechul, per mantenere fresca e idratata la sua pelle. Sebbene non lo sapessero, nessuno dei due stava seguendo la cerimonia: piuttosto non riuscivano a distogliere l’attenzione dalla presenza dell’altro. Essere lì, in casa da soli, fianco a fianco, metteva stranamente a disagio entrambi e così non fu difficile per il Maknae tornare ad indugiare al pensiero di quell’abbraccio. Ripensarci lo infastidiva immensamente: a lui piaceva scherzare e prendere in giro, tutt’altro discorso era quando si trattava di ingannare e deridere lui, invece. Ma c’era di peggio: nonostante odiasse le bugie, non era arrabbiato tanto per il fatto che la persona che aveva stretto a sé gli aveva mentito, né tanto meno perché gli aveva strappato il filtro di percezione dal collo, esponendolo allo scandalo. Il problema era che, sebbene gli dolesse infinitamente ammetterlo, quell’abbraccio non era stata J a darglielo. Ciò che credeva un momento di avvicinamento tra i due era stata solo un’illusione: a lei non importava niente se il Maknae era rimasto ferito da ciò che aveva sentito riguardo Heechul.
Fu allora che decise categoricamente di accantonare quei pensieri.
Si convinse che era solo una questione di orgoglio personale, di certo a lui, di J, non importava affatto! Dopotutto bastava guardarla: era affascinante solo per la sua mente e, una volta risolto il mistero celato dietro a quel testolino arruffato, ogni interesse per lei sarebbe svanito. Era sempre stato così con le ragazze, del resto.
«Quindi… mi hai abbracciato.» disse di colpo lei.
Kyuhyun fu sorpreso dal fatto che anche J stesse pensando a quello. In ogni caso la guardò con aria di sufficienza.
«Veramente sei stata tu a saltarmi addosso.» replicò prontamente, sfoderando quel mezzo sorriso che fece saltare un battito al cuore di lei.
«Non sono stata io, è stata quell’altra!» si affrettò, con espressione crucciata.
«Siete identiche… e poi guardati, sei tutta rossa!» replicò ancora più divertito il Maknae, mentre lei arrossiva, se possibile, ancora di più, coprendosi il viso. A quel punto Kyuhyun cominciò a ridere. «Che c’è, invidi la tua gemella cattiva?» insinuò maligno, facendole un occhiolino da togliere il respiro.
«NO! Ho fatto bene a rimanere nel pub!» replicò ferita.
«Ah, giusto… tu stai insieme a Heechul Hyung.» Kyuhyun lo disse solo per vedere la faccia sconvolta di lei. Ok, forse non solo per quello.
«Non è vero!» ringhiò la ragazza.
«Non capisco perché te ne vergogni, non sei certo la prima, anzi, probabilmente non sei neanche l’unica, al momento!»
«Non è questo il punto: io e lui non stiamo insieme, ecco!»
«Oh, quindi tu sei il genere di ragazza che bacia la gente a caso.»
«Non ci siamo baciati, ok? Donghae-shi ha frainteso!» era troppo bello vederla controbattere così seriamente. Per il Maknae era facile trovare qualcosa da rispondere per gettarla ancora più nel panico.
«Giusto, perché in Italia è pratica comune lasciare che un ragazzo si sdrai sopra di te mentre ti parla!» fu la goccia. J era esasperata! Prese a colpirlo con uno dei cuscini sul divano. Kyuhyun voleva difendersi ma rideva talmente tanto che non riusciva neanche a guardarla, perciò si limitò a parare i fendenti di lei a caso. Fu solo dopo che lei lo colpì in testa che il ragazzo decise di reagire. Si fece avanti e le afferrò entrambi i polsi e, siccome lei si dimenava, finì per sbilanciarsi troppo …
… J si ritrovò un attimo dopo con la schiena a terra, i polsi bloccati contro il pavimento ed il viso a pochissimi millimetri da quello di Cho Kyuhyun.
Sentiva chiaramente il corpo di lui a contatto con il proprio, il suo calore...
Una scarica elettrica percorse la sua spina dorsale con una potenza devastante, mozzandole il respiro. Il viso del Maknae era di una bellezza sconvolgente: quegli occhi scuri e intelligenti sembravano leggerle nel pensiero, tanto erano penetranti. Perché J non riusciva a fare lo stesso? Lo vide socchiudere appena le labbra e ne rimase ipnotizzata: amava il modo in cui curvava gli angoli verso l’alto quando le sorrideva sarcastico. In quel momento, però, Kyuhyun non stava sorridendo.
Entrambi rimasero in silenzio per un attimo che durò un secolo. Studiarono l’uno il viso dell’altra, quasi come per leggere qualunque frammento di emozione trasparisse su quei volti. Lei se lo sentiva: era un libro aperto. Lui, invece, aveva un’espressione indecifrabile, era impossibile indovinare i suoi pensieri. Solo dopo un lungo istante Kyuhyun tornò a sorriderle sarcastico, interrompendo bruscamente il filo dei pensieri di lei.
«Allora?» le disse, con la sua bella voce profonda, senza accennare ad allontanarsi. J avvertiva chiaramente il suo respiro addosso. Aveva la gola secca.
«Allora cosa, t-ti puoi alzare?» balbettò: non riusciva a pensare con lui ad una simile vicinanza.
«Perché? Pensavo ti piacesse parlare così, l’uno sull’altra…» sghignazzò lui maligno. Si stava chiaramente prendendo gioco di lei, J non poteva credere che fosse tanto crudele da provocarla in una situazione simile!
«Non sei divertente!» guaì.
«Ah no? Io mi sto divertendo un sacco, a dire il vero!» J credeva che sarebbe impazzita. Deglutì sonoramente e lo guardò con un’espressione vagamente implorante.
L’idea di avere quel potere su di lei rilassò e divertì il Maknae, se possibile, ancora di più. Lasciò andare il suo polso, quindi usò le dita della mano destra per scostare lentamente alcune ciocche di capelli dal suo viso. La vide rabbrividire sotto il suo tocco gelido, la sua pelle sembrava porcellana. La guardò pensieroso.
«Mi chiedo perché a volte provo una tremenda repulsione all’idea di toccarti mentre altre…» disse, lasciando cadere volutamente il discorso. J fece un sospiro tremante, ipnotizzata da quelle labbra. Che intenzioni aveva? Non voleva mica…
«Hyung…» sussurrò piano.
«Shhh.» replicò lui. «Pensi troppo, lo sai?» le disse con un vago sorriso, quindi fece per avvicinarsi.
J chiuse gli occhi e trattenne il respiro, incapace di fare altro, sicura dell’inevitabile.
Fu allora che sentì la presa sul polso farsi meno ed il suo peso sparire. Si era alzato. Lo sentì ridere di gusto, quindi socchiuse gli occhi. Era di nuovo seduto e sì, rideva di lei.
«Appunto, pensi troppo!» continuò, scuotendo il capo. «Cosa credevi, che ti avrei baciato? Sciocca!»
J si alzò talmente in fretta che sentì la testa girare. Dire che aveva la faccia rossa dall’imbarazzo era usare un velato eufemismo.
«No, certo che no!» replicò, ancora visibilmente scossa. L’occhiata che lui le lanciò le fece capire che non era riuscita ad ingannarlo.
«Scelta saggia.» prese a dire lui. «Figuriamoci se uno come me si confonderebbe con una come te! Non ho mica tutto questo tempo da perdere io… per una così, poi!» J strinse i denti. Kyuhyun sapeva essere crudele. Un attimo prima era dolce e gentile, spontaneo e divertente, quello dopo la zittiva con una parola, gettandola nello sconforto. La sua incostanza la sconvolgeva ogni volta. Era lui a decidere se lei poteva trovarsi a proprio agio in sua compagnia, non dipendeva da nessun altro. Il fatto che fosse il solo a tenere i fili di quello spettacolo di marionette rendeva la ragazza tremendamente instabile.
«Si vede che sei molto impegnato, sì!» gli rispose dopo un po’, con l’aria imbronciata. «Mentre gli altri lavorano tu sei qui, a far scherzi ad una povera vittima d’incidente! E comunque, che ti piaccia o no, non ti puoi avvicinare così ad una ragazza, punto!» si affrettò ad accusarlo.
«No, il punto è un altro.» disse lui, mettendosi comodo mentre prendeva il telecomando ed alzava il volume, dal momento che i SuJu si stavano per esibire. J lo guardò confusa.
«Ah sì, quale?»
«Il punto è che ti ho dimostrato che avresti voluto esserci tu fuori da quel pub ad abbracciarmi.» quelle parole la lasciarono basita. Aveva davvero fatto tutto quello solo per dimostrarle che aveva ragione? Quell’uomo doveva detestare davvero tanto le bugie. J sbuffo, affondando la mano nella ciotola di noci ormai quasi vuota.
«Io ti detesto, Cho Kyuhyun.» gli disse aspra.
«Si vede.» replicò furbo lui, con un sorriso divertito, indisponendola ancora di più. In quelle due parole aveva detto più di quanto J fosse disposta a sopportare, perciò si alzò e lasciò la stanza sbuffando. Il Maknae la seguì con lo sguardo: non l’avrebbe mai rincorsa. Sospirò facendosi di colpo serio mentre osservava la coreografia dei suoi amici. Per un attimo aveva davvero creduto che l’avrebbe baciata, pensò, ringraziando mentalmente il proprio proverbiale sangue freddo. Non era mai stato tanto spavaldo con una ragazza. La cosa lo divertiva, doveva ammetterlo. Già che c’era fregò il cuscino di lei e si mise comodo, prendendo l’ultima nocciolina. Era sicuro che Heechul se la sarebbe presa a morte scoprendo che le sue scorte di noci di Macadamia, importate dall’Australia, erano finite. A quel pensiero un sorriso compiaciuto si fece strada sulle labbra del Maknae.
 

Venti Novembre – Ore ventidue
 
Il dodicesimo piano era in subbuglio. I membri avevano cenato tutti insieme ed era giunto il momento più temuto di tutti: sparecchiare e lavare i piatti. Si trattava ormai di una consuetudine, dal momento che avevano mandato la loro Ajumma in vacanza, giusto per evitare che scoprisse la vera identità della loro inquilina. Ecco perché l’appartamento dei Super Junior iniziava ad assomigliare più a una giungla inospitale che a una casa del Ventunesimo secolo. Non era disordinato, quello no, erano le regole ad essere cambiate: come nella savana, vigeva la legge del più forte e ogni giorno i membri si svegliavano con la certezza di dover prevalere sugli altri, se volevano evitare di lavare i piatti. Era incredibile quanto s’impegnassero per scampare la sorte, sembrava questione di vita o di morte, non si parlava d’altro! I Super Junior si erano trasformati in veri e propri strateghi del male pur di evitare di pulire, escogitando miliardi di sfide, giochi e competizioni per decidere chi fosse il più forte. Al tredicesimo giorno dall’inizio di quella strana guerra casalinga, Eunhyuk e Ryeowook si contendevano il trono come pulitori dell’anno. Dopo un’altra settimana venne addirittura tirato in ballo l’onore, al punto che chi perdeva il gioco era costretto ad indossare un cappellino di giornale con la scritta “Hat of Shame” vergata da Kim Heechul in persona. Quel giorno il cappellino era posato, per la prima volta, sulla testa di Kyuhyun, il quale stava affondando con orrore le mani nell’acqua unta del lavello.
«Mi prenderò un raffreddore.»
«Non attacca.»
«Sono stato malato di recente!»
«E’ stato una settimana fa!»
«Sono allergico a…»
«Ya, Kyuhyun-ah! Non morirai se lavi i piatti una volta.» finì per gridare Eunhyuk che si era seduto sul bancone per godersi la sua meritata vendetta, dopo una settimana che quel cappellino troneggiava sulla sua testa.
«Comunque non vale…» bofonchiò il Maknae. Considerava il gioco di quel giorno un colpo basso e aveva ragione: Hyuk e Wookie si erano messi d’impegno per escogitare un piano infallibile e vendicarsi del più giovane, da sempre il più incline a sfotterli quando perdevano alle competizioni. Avevano così proposto una sfida: tutti i presenti avrebbero dovuto cenare senza maglietta, con somma gioia di J. Quando la ragazza si era alzata da tavola con un sorriso raggiante, aveva annunciato che mai prima di allora una cena era stata tanto interessante e gustosa. Certo, il fisico scultoreo di Donghae, quello asciutto e ben definito di Eunhyuk, i sorprendenti addominali di Ryeowook, la figura mozzafiato di Sungmin e via discorrendo non potevano che aver influito sul suo giudizio, come biasimarla! Inutile dire che l’aver fatto lo sforzo di cenare addirittura in t-shirt non era stato considerato un sacrificio adeguato per Kyuhyun.
Nessuno disse nulla in risposta alla protesta del Maknae, Ryeowook si limitò a ridere appoggiato al frigorifero, mentre sbucciava una banana. Anche lui era lì per godersi la scena.
«Tu perché non mi aiuti? In questi giorni hai sempre dato una mano a Hyukjae quando indossava il cappello!»
«Tanto per cominciare è Hyukjae Hyung, per te, e poi sono sicuro che farai un ottimo lavoro.»
«Non ho mai caricato la lavastoviglie in vita mia, dov’è finita la femmina?» dov’era J quando c’era bisogno del suo aiuto?!
«Uhm, l’ho vista andare di là con Yesung Hyung.» le parole di Eunhyuk fecero suonare un campanello d’allarme nella testa del Maknae.
J e Yesung. Soli.
Subito il ragazzo strappò l’asciuga piatti dalle grinfie del Main Dancer e, tamponandosi le mani, si avviò verso il corridoio alla ricerca dei due, senza ascoltare le proteste degli altri.
«…Qui, adesso?» furono le parole che udì non appena vi mise piede. Perché non avevano acceso la luce, nascondevano qualcosa? Silenzioso come un gatto il Maknae si accostò ad un tavolino, fondendosi con l’ombra, sperando di carpire uno stralcio della loro conversazione. I due erano solo sagome scure che sussurravano ad una distanza fin troppo ravvicinata tra loro, per i suoi gusti.
«Più tardi, mentre tutti dormono!» stava dicendo il Main Vocalist.
«Ma ci sentiranno mentre…» Kyuhyun sgranò gli occhi e si fece più avanti. J non poté completare la frase perché venne interrotta dall’altro.
«Shhhhh…» le disse, guardandosi intorno ed abbassando ancora di più la voce, costringendo lo stalker a sporgersi ancora più in avanti. «…sbattere dappertutto!» stava dicendo Yesung.
«Grazie, potessi evitarlo lo farei.» replicò lei aspra.
«Basta stare attenti. In caso ti venga da urlare, tappati la bocca.» a Kyuhyun mancò il respiro. Quello schifoso pervertito di Yesung cosa diavolo aveva appena detto? Sbattere, urlare… lo stupore del Maknae fu tanto che non si accorse che il Cappello della Vergogna gli stava scivolando dalla testa, perciò non riuscì a fermarlo quando cadde sul tavolino con un lieve tonfo. Purtroppo per lui quello bastò a mettere i due sull’attenti.
«Arriva qualcuno!» esclamò Yesung, guardandosi intorno. I due si separarono di lì a poco bisbigliando qualcosa che Kyuhyun non poté cogliere, impegnato com’era a sgattaiolare verso la cucina senza farsi scoprire.
 
Qualche ora dopo il Maknae si stava rigirando nel letto senza pace e non era certo per via del fatto che aveva dovuto caricare i piatti sporchi in lavastoviglie: le parole di Yesung continuavano a frullargli in testa. Come poteva chiedere una cosa del genere a J e, soprattutto, come poteva quella scema accettare con tanta tranquillità? A pensarci bene J non era il tipo di ragazza che si faceva grandi problemi da quel punto di vista: tutti gli Hyung avevano assistito con stupore alla sua aria soddisfatta quella volta che aveva sorpreso Sungmin nudo sotto la doccia. Probabilmente a causa di quella botta in testa o forse solo perché era strana di suo, quella ragazza non sembrava farsi il minimo problema a lasciar trapelare quanto il corpo maschile le piacesse. Era un’ingenua, certo: sicuramente Yesung le aveva fatto la proposta indecente promettendole che si sarebbe divertita e lei, curiosa come al solito, aveva accettato senza chiedersi cosa ne sarebbe stato della propria purezza. A quel pensiero Kyuhyun si giro di scatto ed affondò il volto nel cuscino, sfogando un urlo silenzioso e tirando un pugno al materasso. Sgambettò violentemente fino a che non si sentì troppo esausto per muoversi ancora.
Fu allora che le sue orecchie udirono un rumore proveniente dall’esterno. La porta della stanza di Yesung doveva essersi aperta, ne era sicuro. Poté sentire distintamente i suoi passi felpati mentre passava davanti alla sua camera. In silenzio scivolò giù dal letto e, senza curarsi di infilare un paio di calzini, cominciò a camminare di soppiatto nella stanza buia, deciso a fermarlo.
«Non farlo.» una voce alle sue spalle lo bloccò sul posto. Sungmin doveva essere sveglio da tempo perché aveva un tono fermo e risoluto, non impastato dal sonno.
«Devo andare in bagno.» azzardò il Maknae, facendo per muovere un altro passo.
«Kyuhyun-ah, non farlo.» ripeté l’amico con voce quasi implorante. Con un sospiro Kyuhyun si voltò verso di lui. La luce della luna piena filtrava attraverso le tende ed illuminava solo una parte del viso di Sungmin, disegnando ombre nette e precise lungo il suo volto di una bellezza mozzafiato. Sembrava scolpito nel marmo più bianco: il naso dritto, le labbra pronunciate, la fronte lievemente aggrottata dalla preoccupazione.
«Fare cosa?»
«Rovinarti la vita per una ragazza di cui non conosci neanche il nome.» replicò prontamente l’amico, serissimo. C’erano momenti in cui Kyuhyun odiava la facilità con cui lo capiva. «Quanti giorni sono che non dormi?» Di nuovo il Main Vocalist non rispose, Sungmin sembrava abituato. Era talmente tanto che si conoscevano e dividevano la stanza che ormai non c’era neanche più bisogno che il Maknae replicasse. «Kyuhyun-ah, devi deciderti: non puoi reggere questa situazione ancora a lungo.»
«Ma lei e Yesung…»
«Non sono affari tuoi.»
«Come no, non t’importa di Heechul Hyung?!» lo incalzò, come se fosse quella la sua preoccupazione.
«Non importa a Heechul Hyung, perché dovrebbe importare a me?!»
«Che ne sai che non gl’importa?» replicò pronto il Maknae. Fu il turno di Sungmin di rispondere col silenzio: gli bastò alzare un sopracciglio in direzione dell’amico perché lui capisse. A Heechul Hyung era mai importato di una ragazza? Sapevano tutti che quello con J era solo un gioco. Solo dopo qualche istante in cui il Main Vocalist si fece pensieroso l’amico proseguì.
«Ripeto: non sono affari tuoi.» Kyuhyun sospirò: forse Sungmin aveva ragione. Aveva dimenticato chi era, i propri obiettivi nella vita. Lui non si era mai dedicato ad una vera relazione per un motivo: voleva diventare grande, un grande cantante, un grande ballerino, un grande intrattenitore e, soprattutto, un grande uomo. Non era per quello che aveva lottato fino ad allora? Non era per quello che aveva sputato sangue sulla pista da ballo, passato notti insonni ad imparare il testo di una canzone, rinunciato a vivere con la propria famiglia? Avrebbe davvero buttato all’aria il proprio sogno, la sua seconda occasione di vita, concentrandosi su una ragazza senza un passato e senza uno scopo? Come al solito il suo Hyung aveva ragione: doveva togliersi tutta quella faccenda dalla testa. J se ne sarebbe andata, un giorno, e tutto quel delirio sarebbe finito, lui sarebbe ritornato alla sua vita di sempre, fatta di appuntamenti, impegni, lavoro e fan. Doveva realizzarlo.
Sungmin vide l’amico bloccato in mezzo alla stanza buia e percepì chiaramente che stava prendendo una decisione, una di quelle che l’avrebbero fatto soffrire. Gli dispiaceva di essere stato duro ma proteggerlo era troppo importante. Si morse il labbro e con un sorriso pieno di comprensione si spostò di lato, sollevando le coperte del letto e invitandolo a sdraiarsi con lui.
Kyuhyun piantò i suoi occhi neri come la notte sul volto bello e rassicurante dell’altro, si ancorò a lui con tutte le proprie forze, trovandovi conforto. Non voleva vedere altro, pensare ad altro. Dopo qualche secondo di esitazione percorse la breve distanza che li separava e s’infilò nel suo letto, rannicchiandosi accanto al suo amico che l’abbracciò e lo strinse a sé.
Kyuhyun affondò il volto nel suo petto e respirò il suo odore caldo e rassicurante, chiudendo gli occhi.
Sungmin continuò ad accarezzare i capelli lisci e setosi dell’amico, monitorando il suo respiro fino a che questo non si fece calmo e regolare. Solo allora posò le labbra sul suo capo e respirò profondamente, sussurrando un lieve “ti voglio bene, Kyuhyun-ah”.

 
Ventuno Novembre - Ore quattro del mattino
 
J batteva i denti per il freddo.
«Vestiti.» le disse Yesung, allungandole il giubbotto che si era appena sfilato. Lei lo guardò con gratitudine e lo prese: era ancora caldo. «Dove pensi di vivere, in Australia? Come ti viene in mente di indossare solo una t-shirt e il giubbotto di pelle per uscire?»
Già, uscire.
Quella intorno a loro non era l’atmosfera calda e rassicurante dell’appartamento al dodicesimo piano, bensì quella gelida e inquietante degli studi televisivi della SM. J li trovava fin troppo dispersivi di giorno, quando i termosifoni erano accesi e la gente circolava liberamente per le sale illuminate, ma di notte era mille volte peggio.
«Non possiamo nemmeno accendere la luce?»
«Siamo in incognito!» esclamò il Main Vocalist, indignato dalla richiesta. Stava cercando di non rabbrividire, ora che indossava solo una felpa nera.
Come mai erano lì? Bella domanda. J non sapeva ancora perché aveva accettato di spalleggiarlo in quell’assurda follia, forse perché sapeva di non poterlo fermare e temeva che da solo si sarebbe fatto mangiare vivo dallo struzzo, il loro obiettivo. Yesung si era convinto che siccome J era la massima esperta in fatto di tecnologie e calcoli astronomici doveva essere la compagna ideale per la cattura dell’animale, inoltre sapeva che se si fosse fatto aiutare da lei non avrebbe dovuto spartire la gloria con nessuno dei Super Junior e per la prima volta i riflettori sarebbero stati puntati tutti su di lui. Ecco perché i due sedevano su un ampio tavolo di legno in mezzo alla sala in cui venivano allestite le scenografie degli show. Avevano vagato per ore lungo i corridoi della SM, con Yesung che starnazzava qua e là, convinto di saper riprodurre perfettamente il richiamo della femmina struzzo in calore.
«Non avrà freddo?» disse J rabbrividendo.
«Chi?»
«Lo struzzo. Non avrà freddo?»
«Perché?»
«Non sono animali abituati a vivere nel deserto?»
«Per quel che mi riguarda poteva anche rimanerci, nel deserto!» esclamò lui sbuffando.
«La prossima volta che lo vedi potresti mettergli una sciarpa e un cappellino, magari.»
«Sei impazzita? Quello mi vuole uccidere, mi staccherà una mano!» J fece per replicare ma uno strano rumore costrinse entrambi al silenzio. Si guardarono intorno allarmati.
«E-electric Shock?» J aveva riconosciuto la canzone, gli Hyung l’ascoltavano sempre fanboyeggiando sulle f(x). Yesung stava rovistando nel borsone stipato dei mille utensili a detta sua fondamentali per la cattura dei grandi volatili.
«Sì, è la mia suoneria, qualcuno mi starà chiamando.» affermò, iniziando a tastarsi addosso alla ricerca del cellulare.
«A quest’ora?»
«Sono un tipo richiesto… dove diavolo è?» di colpo entrambi si bloccarono. Con una lentezza esasperante J e Yesung incrociarono lo sguardo, l’uno vide il terrore negli occhi dell’altra. Il telefono continuava a squillare e il volume della canzone era sempre più alto.
«Hyung…» sussurrò J con voce tremante. «Ma il tuo telefono non l’aveva ingoiato…» lo sguardo di lei si spostò oltre le spalle di lui che si girò lentamente fino a che non si ritrovò di fronte alla sagoma gigantesca e minacciosa di un grosso uccello dal collo lungo e dal becco micidiale. Electric Shock era arrivata al ritornello.
«…LO STRUZZO!» urlò il Main Vocalist, causando la replica acuta e starnazzante del suo arcinemico. «Mettiti in salvo!» fu il suo grido di battaglia, mentre tirava uno spintone alla ragazza che cadeva dal tavolo. J atterrò su una delle scenografie, strappandosi i pantaloni e ferendosi le ginocchia. Urlò per la sorpresa e per il dolore. La cosa non dovette piacere all’animale perché scosse le possenti ali e graffiò il pavimento, puntando proprio la ragazza ancora in ginocchio.
«Non l’avrai!» gridò Yesung, immaginando forse l’animale in procinto di accanirsi su di lei e, saltato in piedi sul tavolo, si lanciò coraggiosamente sulla bestia, avvolgendo le braccia attorno al suo collo, nel maldestro tentativo di cavalcarla.
Lo struzzo impazzì, unendosi alle urla battagliere del Main Vocalist con il proprio starnazzare e cercando di scrollarselo di dosso con tutte le proprie forze.
«Hyung!» J era in piedi, con le ginocchia sanguinanti.
«NON ORA!» riuscì a replicare l’amico in lotta per la propria sopravvivenza, mentre lo struzzo continuava a correre da una parte all’altra della stanza urtando tutto ciò che incontrava sul suo cammino.
«Hyung!» continuò lei. Lo struzzo andò a sbattere contro un armadietto che si aprì sferragliando. «HYUNG!» Yesung non poté risponderle perché un barattolo di vernice fucsia, in bilico in cima all’armadietto si rovesciò totalmente, facendo colare il liquido viscoso sulla sua testa. Per lo stupore mollò la presa ed atterrò sul pavimento di sedere ma non si diede per vinto: subito si pulì gli occhi dalla vernice con la manica della felpa e stava giusto per avventarsi di nuovo sull’animale quando J esasperata gridò: «FEEEEERMIIIIIII!»
Non solo lui ma anche lo struzzo si bloccò, voltandosi verso colei che aveva urlato. Per un attimo tutti e tre si guardarono vicendevolmente negli occhi.
«Dov’è il tuo filtro di percezione?» chiese quindi la ragazza, serissima, tenendo il palmo della mano di fronte al muso dell’animale che, perciò, non si mosse ma rimase mansueto in attesa. Yesung non riusciva a credere che lei fosse in grado di ammansirlo.
«Il che?»
«Il ciondolo che ti ho dato, quello con la chiave!» proseguì J, spazientita, allungando sbrigativa la mano verso di lui. Yesung si tastò il collo, alla ricerca della catenina che giaceva al sicuro sotto ai suoi vestiti.
«E’ qui.»
«Dammelo!»
«Perché lo vuoi?» le chiese curioso, sfilandosi la collana ubbidiente e passandola alla ragazza. Quando J diventava così autoritaria era impossibile dirle di no.
«Perché io mi ricordo.»

Maremma cignala a tutti <3!
Allora, devo fare un par di discorsetti tendenzialmente veloci:
1- questo capitolo non l'ho riletto prima di postarlo, non avevo voglia D: *si sente in colpissima*. Potrebbe essere stracolmo di corbellerie, perciò vi prego di farmelo notare. Cicci, Ahrya, mi riferisco soprattutto a voi, voci della verità. Unnie vi si affida!
2- l'avevo chiesto ma ho dimenticato la risposta: secondo voi la lettera va messa maiuscola dopo le virgolette del discorso diretto? Per me suona così innaturale :( !
3- sono piena di complessi sulla parte KyuJ (che novità), è pesante, confusa, fa recere? Illuminatemi! 
4- Blin, Blinger si è unita alle ragazze che seguono la mia storia, GIUBILO! *-* Grazie per esserti interessata a 'sta cosetta, grazieissimo <3
5- APPLAUSI per cicci92 che NON SOLO ha inserito la storia alle seguite, NON SOLO scrive meravigliosissime fic su Harry Potter (andatevele a leggere) MA ha ANCHE recensito lo scorso capitolo in modo veramente tecnico e super motivante! Ragazze, questa scrive davvero, mica birisegoli y.y... perciò il suo giudizio è importante per me!
Per ringraziarla ecco una foto del suo bias che è ajfdiohnfdiaoefhaoedifho ---> 
http://th01.deviantart.net/fs70/PRE/i/2012/325/4/e/eunhyuk_boys_in_city_4_wallpaper_by_furytigresse-d5lqhkw.jpg (tanto lo so di aver accontentato anche Fede e Ahrya, umpf <3 )
Ed ecco, basta. Rinnovo il mio eterno amore per Federica_25 (che ha una het in cantiere, PUBBLICA!), Kami_Sshi (che scrive una cosa fighissima su quel friscone di Kibum :Q__, LEGGETELA!), angelteuk (che mi sta facendo innamorare della sua fic su Leeteuk), InstantDayDream (la regina dell'introspezione e la regina delle Siwonest <3), Ahrya che DEVE diventare una scrittrice affermata da grande! (andatevi a leggere la sua Obsession, ve lo dice Unnie!) e, per finire, Onewsmileislikeasun, principessa del mio cuore! Grazie per le recensioni, per l'amore e per il tempo! 
Vi amo follemente, 
_Sushi_

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Capitolo 25
*** Helena e il massacro delle tazze ***


Ventuno Novembre – Ore dieci e trenta
 
Quella mattina Donghae, Eunhyuk e Shindong furono sorpresi di ricevere ben quattro visite inaspettate dagli inquilini dell’undicesimo piano. Sungmin e Kyuhyun si presentarono sul presto, inneggiando all’amicizia e a quanto fosse importante fare una bella colazione tutti insieme quando ne avevano la possibilità. Shindong non disse niente ma la faccia funerea del Maknae non dava l’impressione di uno che non vedeva l’ora di passare una mattinata in armonia coi suoi Hyung.
Dieci minuti dopo l’arrivo di Ryeowook sorprese tutti i presenti. A quanto pareva Yesung non era rientrato la sera prima e perciò il cantante era preoccupato. Fu allora che Kyuhyun ruppe accidentalmente la prima tazza della giornata.
Prima di una lunga serie.
Tre minuti dopo il Maknae stava giusto versando dell’acqua bollente in una nuova tazza quando dal corridoio emerse Yesung, intento a trascinarsi verso la cucina. Alzò il capo e lo fissò con un’espressione indecifrabile in viso, mentre l’acqua continuava a riempire il recipiente fino all’orlo. Il Main Vocalist era in condizioni pietose: i capelli erano impastati di vernice fucsia, spettinati e sparati ovunque, aveva una faccia cadaverica, occhiaie violacee ed un livido sul fianco destro. Come lo sapeva? Semplice: era a torso nudo, con i soli pantaloni di felpa neri e i piedi scalzi. Tutti gli indizi sembravano condurre ad una sola, atroce certezza: aveva passato la notte in…
«Aaaah!
» Kyuhyun si riscosse dai suoi pensieri quando un dolore improvviso colpì la sua mano, appoggiata sul bancone fino a un momento prima. Abbassò lo sguardo e vide che l’acqua bollente era traboccata dalla tazza su tutto il ripiano, scottandogli le dita. Imprecò a bassa voce. Sungmin sospirò, andando a prendere una spugnetta per pulire. Eunhyuk, che faticava a tenere gli occhi aperti e ruminava stancamente i suoi cereali, si riscosse solo quando sentì l’urlo di sorpresa di Ryeowook.
«Dov’eri?
» disse quest’ultimo al compagno di stanza latitante.
«Di là.
» fu la risposta affettata di Yesung che si lasciò cadere su uno sgabello con malagrazia. «In camera di J.» aggiunse, fissando il ripiano con aria incantata senza accorgersi dell’espressione sconvolta di Wookie quando sentì quelle parole. Shindong, sorpreso e divertito, si mise comodo sulla sua sedia, Donghae bevve un sorso del suo caffè e si fece più avanti per sentire le novità. Sungmin sospirò di nuovo e Kyuhyun ruppe la seconda tazza della giornata.
«A-a torso nudo?
» balbettò Donghae con un sorriso imbarazzato.
«La felpa era sporca, perciò venendo di qua l’ho buttata in lavanderia…
» borbottò il cantante, appoggiando la tempia sul ripiano fresco e chiudendo gli occhi per il sollievo. «Ho bisogno di un caffè.» proseguì con un sospiro.
«E’ finito.
» fu la replica secca di Kyuhyun.
«Ma come, l’abbiamo comprato ieri…
» Shindong s’interruppe, fulminato da un’occhiata del Maknae che lo incuriosì ancora di più. «Aspetta, tu sai qualcosa!» esclamò additandolo. Fu il turno di Ryeowook di indicare Yesung.
«Le parole del tizio! Si sono avverate, non è così?
» il suo volto da folletto sembrava sconvolto dalla nuova consapevolezza. «Tu e J…»
«E va bene!» sbottò il Main Vocalist dai capelli fucsia. «L’abbiamo fatto, ok? So che voi non volevate ma io vi giuro che stavo impazzendo, dovevo prenderla, era una questione di onore ormai! J era l’unica che poteva capirmi, l’unica che…AHI!» s’interruppe perché gli arrivò una mestolata in testa da Kyuhyun che si trovava in piedi davanti a lui.
«Oh, scusami Hyung, ti ho fatto male?
» chiese il Maknae, con voce piena di rammarico. Yesung si tastò il capo confuso.
«Niente, niente, è tutto ok.
» borbottò di rimando, senza accorgersi che l’aveva fatto di proposito. Solo dopo qualche istante prese a fissarlo: c’era qualcosa che non gli tornava. «EHI!» esclamò quindi, alzandosi in piedi e indicandolo. «Che fai, cucini? Ci vuoi uccidere tutti?» sbottò, strappandogli il mestolo dalla mano.
Allarmati i Super Junior si mobilitarono.
«Ci penso io!
» esclamò Ryeowook, scansando il Maknae da davanti ai fornelli e facendosi passare il mestolo per cominciare a mescolare i noodle.
«Ti passo le salsicce!
» biascicò Shindong con una fetta di pane tostato in bocca, mentre apriva il frigo.
«Io mi occupo di Eunhyuk!
» aggiunse Donghae con un sorrisino divertito in direzione del primo ballerino che se ne stava quieto seduto, in stato semi incosciente. Quest’ultimo ebbe giusto la forza di guardarlo con aria offesa, prima di riprendere a ruminare. In un attimo Kyuhyun si trovò in un angolo senza nulla da fare. Molto male. Doveva tenersi impegnato! Gli altri tornarono a rilassarsi con un sospiro di sollievo, Yesung riprese a fissare il ripiano con aria agitata: nascondeva qualcosa.
«J dov’è?
» si azzardò a chiedere Donghae. «Sta bene?»
Non l’avesse mai detto.
Udite quelle parole il Main Vocalist scoppiò a frignare.
«Io non volevooooo!
» esclamò sbattendo i pugni sul bancone. Sungmin, che continuava a monitorare Kyuhyun, pieno di apprensione, parlò per la prima volta da quando era arrivato.
«Che è successo?
» chiese, con voce dura.
«Io… io... la situazione mi è sfuggita di mano, provavo solo questo desiderio immenso e non ho ragionato più! E’ COLPA MIA!
» disse picchiandosi il petto con il pugno. «J… l’ho trascinata con me nel vortice, incurante di quello che sarebbe potuto succederle, sono stato un incosciente, UN EGOISTA ma, VI GIURO, non credevo che sarebbe stato tutto così violento!»
«V-violento?» Ryeowook si paralizzò mentre rigirava le salsicce sfrigolanti sul fuoco e fissò il compagno di stanza sconvolto. Yesung non si rese conto delle espressioni esterrefatte dei propri amici, tanto era disperato. Solo Kyuhyun rimase una maschera di ghiaccio.
«Sì, l’ho buttata a terra!
»
«COSA?» Shindong non poté trattenersi. Eunhyuk stava tossendo: i cereali gli erano andati di traverso.
«Sì, mi dispiace! Ero troppo preso dalla foga.
» anche Donghae cominciò a tossire, dopo aver bevuto un sorso del suo caffè. Kyuhyun stava armeggiando con qualcosa davanti al lavandino, di spalle. «Poi, quando me ne sono accorto ormai non riuscivo più a fermarmi: quella bestia era impazzita e mi sbatteva dappertutto, sembrava posseduta!»
«Bestia? E’ davvero così violenta?» Eunhyuk aveva un sorrisino eccitato sul volto. Si beccò uno spintone da Donghae, per tutta risposta.
«Ci puoi giurare!
» proseguì senza sosta Yesung. «Non ho mai visto nulla di simile in tutta la mia vita: mai fatta tanta fatica prima d’ora. Comunque ora lei sta bene, eh… Giuro che non è niente di che, solo è un po’ provata, ok? Non si piegherà bene per qualche gior…»
«IO TI AMMAZZO!»
Accadde troppo velocemente perché qualcuno potesse reagire.
Yesung non aveva ancora finito la frase che Ryeowook gli era saltato addosso, con le mani strette attorno alla sua gola. Il cantante era un tipo pacifico normalmente ma poteva diventare davvero brutale se si toccava ciò che gli era più caro. Tutti sapevano quanto fosse fraterno il suo rapporto con J.
La cucina era nel delirio più totale. Per lo stupore Eunhyuk aveva fatto cadere la propria tazza di cereali ancora piena che era andata ad infrangersi a terra, spargendo tutto il suo contenuto. Shindong era saltato in piedi, seguito da Sungmin, nel tentativo di allontanare Ryeowook dalla gola di Yesung, di man in mano sempre più violaceo. Donghae aveva provato a muoversi ma era scivolato sul latte e cereali di Eunhyuk finendo aggrappato al bancone e rovesciando il caffè su di esso ma salvando, per fortuna, la tazza.
«Lei è un’innocente, non te ne rendi conto? Non sa nulla di queste cose e tu te ne approfitti, brutto porco schifoso, pervertito, mi fai schifo, TI STACCO LA TESTA!
» stava urlando Wookie, rosso di rabbia.
In tutto quel trambusto nessuno si accorse di Kyuhyun fino a che Sungmin non se lo vide passare alle spalle, diretto verso le camere.
Tutti si bloccarono.
Ryeowook in ginocchioni su Yesung, le mani ancora avvolte attorno alla sua gola.
Shindong con le braccia attorno alla vita di Wookie, intento a sollevarlo di peso.
Sungmin che, a sua volta, abbracciava Shindong da dietro e cercava di aiutarlo.
Donghae abbarbicato al bancone tutto sporco di latte e cereali.
Eunhyuk chino a raccogliere i cocci della propria ciotola.
Tutti si fermarono e si voltarono a guardare Kyuhyun che camminava a passo spedito verso la stanza di J.
«FERMATELO!
» fu l’urlo strozzato di Yesung. Sungmin mollò Shindong che lasciò andare Wookie che cadde su Yesung. Donghae si rimise in piedi, andando a sbattere contro Eunhyuk che si stava alzando proprio in quel momento. Tutti e sei arrancarono scivolando sul pavimento impastoiato come potevano: a gattoni, se necessario.
Fermare Kyuhyun era diventata la priorità.
Come una mandria di bufali si gettarono al suo inseguimento attraverso lo stretto corridoio ma era troppo tardi: il Maknae spalancò la porta con veemenza e tutti loro, incapaci di fermarsi, andarono a sbattere contro la sua schiena, ammassandosi all’entrata.
Lo spettacolo che gli si parò davanti aveva qualcosa di terrificante.
La stanza era in totale subbuglio: il letto era disfatto, le lenzuola strappate, il materasso storto, la testata in parte divelta. Il tappeto era arricciato, il comodino rovesciato, persino il vetro della plafoniera sul soffitto era crepato.
Per l’ennesima volta il rumore di cocci rotti risuonò per la casa: Donghae si era fatto sfuggire la tazza dalle mani.
In tutto quel caos un corpo giaceva profondamente addormentato sotto alle lenzuola. Al rumore della ceramica infranta venne scosso da un fremito.
«Che succede?
» la voce di J era impastata dal sonno, sembrava provenire proprio dal letto. Yesung aveva il terrore dipinto sul volto e continuava a tentare di coprire gli occhi dei membri, invano. Le lenzuola si mossero ancora: si stava svegliando.
«Ehi…
» disse la ragazza facendo capolino tutta spettinata da oltre il letto.
Oltre il letto, sì. Doveva aver dormito per terra, sul tappeto.
«J!
» esclamò Ryeowook con gli occhi pieni di lacrime. Le corse subito incontro mentre lei faticava a rialzarsi e la stritolò in un abbraccio, affondando il capo sulla sua spalla. «Stai bene?» chiese. La ragazza si guardò intorno spaesata.
«Certo che sto bene…
»
«Non per interrompere il vostro piccolo idillio ma…» Shindong si azzardò a fare un passo nella stanza. Tutti i presenti continuavano a fissare il fagotto di lenzuola sopra il letto. «…se J è lì allora quello chi è?» a quelle parole una scarica di puro terrore percorse la camera. Tutti trattennero il respiro mentre qualunque cosa ci fosse sotto a quelle lenzuola si sollevava. Yesung urlò e si nascose dietro a Kyuhyun, paralizzato dallo stupore. Lo sguardo di tutti saliva sempre più in alto, di man in mano che la creatura si ergeva in tutta la sua altezza. Ad un certo punto il lenzuolo scivolò via, scoprendo un collo lungo e una piccola testa che osservò tutti con i suoi grandi occhi dalle folte ciglia.
«Squeeeeeeck!
» fece lo struzzo.
Nessuno disse niente per un lungo istante. Sembravano tramutati in statue di sale. Solo J cercò di muoversi, provando a sciogliersi dall’abbraccio di Ryeowook che, per l’orrore, si era bloccato e non la lasciava più andare.
«Ragazzi…
» prese a dire con un sorriso agitato appena riacquistò la libertà. «Questa è Helena!»
Silenzio.
«Oh, qualcuno ha visto Heebu…?
» Heechul, appena sveglio, stava giusto passando di lì quando diede un’occhiata all’interno della stanza ed intravide lo struzzo appollaiato sopra al letto, oltre le spalle dei Super Junior. Si paralizzò a metà parola, sbattendo gli occhi più volte. «Ok, non è qui.» aggiunse riscuotendosi e voltandosi per andare verso la cucina, come se nulla fosse. Quell’evento sembrò riscuotere gli altri membri dallo stato di trance in cui erano piombati. J ormai li conosceva, sapeva benissimo che dopo la fase di mutismo sarebbero esplosi. Si morse il labbro e zoppicò davanti al letto, mettendo le mani in avanti.
«Vi posso spiegare.
» disse, vagamente terrorizzata, proprio mentre Shindong riacquisiva la mobilità mandibolare e prendeva fiato per parlare.
«Ommioddio.
» Heechul doveva essere tornato dalla cucina con una tazza di caffè in mano perché quando si ritrovò di nuovo di fronte alla stanza la lasciò cadere sul pavimento, rompendola. «Allora non era un’allucinazione!» esclamò sconvolto.
«Hyung…
» pigolò J.
«Checcazzo ci fa un fottutissimo struzzo in camera mia?
» sbottò lui, ignorandola ed entrando in gran carriera con l’indice puntato su Helena.
«Stavo giusto dicendo…
»
«Stavi dicendo un cazzo, cosa è successo qui? Voglio una spiegazione, ORA!» Heechul rientrava nella categoria di persone che impazzivano quando si arrabbiavano. Faceva sempre una confusione allucinante.
«E’ colpa mia…
» frignò Yesung, una volta trovato il coraggio di parlare.
«Che è successo?
» lo incalzò il più vecchio.
«Ieri notte siamo andati alla SM per catturare lo struzzo, pensavo che l’avrei semplicemente assicurato alla giustizia ma le cose non sono andate come credevo perché in realtà quella bestia…
»
«EHI!» sbottò J offesa, mentre Helena schioccava il becco minacciosa. «Non è una bestia, ok? Lei è la mia cucciola…» replicò rabbiosa, mentre lo struzzo sembrava annuire.
«La tua cucciola?
» Sungmin aveva riacquisito la facoltà di parola.
«Sì, io mi ricordo di lei, è il mio animaletto.
» a quelle parole Heechul impazzì.
«QUELLO non è un animaletto, J, è CHIARO? Un animaletto è Choco: lo infili nella borsetta, gli tingi la pelliccia di azzurro e lo umili strizzandolo in stupidi cappottini. QUELLA COSA è un fottuto volatile di due metri, con dei fottutissimi artigli ed un fottutissimo cervello di gallina, tre requisiti che lo rendono una creatura potenzialmente mortale!
»
«Ma è addestrato, non farebbe del male a una mosca! E’ lui il deficiente!» replicò lei, additando Yesung. Heechul fece un respiro profondo e stava per sbranarla viva quando Kyuhyun intervenne.
«Aspettate, aspettate. Prima di dire qualunque cosa lasciamola spiegare, ok? Raccontaci tutto, J. Dall’inizio alla fine.
» le disse, con un sorriso rassicurante. Era la prima volta che Sungmin lo vedeva sorridere quella mattina. J, con il solito, tenero cipiglio fiero e determinato, raccolse le idee, prima di cominciare a raccontare.
«Allora… vi ho già presentato. Helena, questi sono i Super Junior, non avere paura, non sono cattivi.
»
«Lei non deve avere paura?» esclamò Heechul.
«Esatto! Gli struzzi sono animali molto paurosi.> replicò secca. «Comunque: è con me da sempre, l’ho vista nascere e, come ben sapete, tutti i volatili subiscono il processo di imprinting…
»
«Io non ne so niente.» ammise candidamente Ryeowook.
«In pratica la prima persona che vedono quando escono dal loro uovo diventa la loro mamma e la seguiranno ovunque, per tutta la loro vita.
»
«Quindi tu sei madre di uno struzzo.»
«Sì.»
«Fantastico.» disse Heechul sarcastico.
«Fammi capire…
» fece Eunhyuk, con gli occhi ancora fissi sull’animale. «Questo è il tuo animaletto domestico, dove diavolo lo tieni?»
«Non lo so, io... ho ricordi molto confusi.» prese a dire, toccandosi la tempia. «So che c’è un grande cortile e che la mia è una casa di tipo tradizionale. Helena vive con me, so solo che c’è sempre stata, non ricordo né come l’ho trovata né quando.» spiegò. «Ma è già qualcosa, no?» cercò di aggiungere con un sorriso anche se tutti i Super Junior la stavano guardando male.
«Non dovrebbe essere un animale abituato a vivere in casa?
» chiese giustamente Sungmin.
«E’ così, infatti, lei è perfettamente addestrata: non è abituata a vivere fuori! Penso che sia per questo che si è rifugiata alla SM, sperava di trovarmi e intanto aveva un tetto sopra la testa.
» spiegò la ragazza.
«Addestrata? Guarda come ha ridotto la mia stanza!
» esclamò Heechul furibondo.
«Non è colpa sua, è stato Yesung Hyung che l’ha fatta arrabbiare, strappandole una piuma. Si è spaventata e allora ha cominciato ad agitarsi…
»
«Sembrava una furia…» esalò il ragazzo, traumatizzato.
«Normalmente Helena vive in casa, è pulita, ordinata e fa i suoi bisogni nel gabinetto come tutti.
»
«Non ci credo!» disse Shindong.
«Che figata!
» aggiunse Eunhyuk, entrambi si erano illuminati al pensiero.
«Dovevo aspettarmelo che una come te non avesse un animale normale.
» commentò Kyuhyun con un sorriso divertito sulle labbra.
«Non vorrai mica tenerlo qui!
»
«Tenerla, è una femmina.»
«E’ UGUALE!» sbottò Heechul, ancora furioso.
«Non capisci? Dev’essere scappata quando ha visto che non tornavo, lei sa dove vivo, potrebbe riportarmi a casa mia, potrebbe spiegare tutto!
»
«E se casa tua fosse in compagnia di quel tizio minaccioso? Sia tu che Helena potreste essere un esperimento genetico.» obiettò Kyuhyun.
«Allora prenderemo le precauzioni necessarie per non farci scoprire da lui: il punto è che potremmo trovare le risposte che cerchiamo!
» spiegò la ragazza.
«Come avete fatto a portarla in casa?
» Donghae non si capacitava.
«Abbiamo usato i filtri di percezione. Mentre Yesung distraeva la security, io ed Helena entravamo nell’ascensore, invisibili ai loro occhi.
» alcuni annuirono: aveva senso.
«Ieri che è successo, però?
» Kyuhyun sembrava di buon umore.
«Beh, io e Yesung Hyung siamo andati alla SM…
»
«Come siete entrati?»
«Il custode mi ha prestato le chiavi.» rispose Yesung, che da sempre aveva il potere di convincere qualunque custode a fargli duplicare le chiavi di ogni cosa, anche delle stanze dei membri.
«Quindi l’abbiamo cercata in lungo e in largo e proprio quando ci stavamo arrendendo lei è arrivata!
»
«Ma ti ha ferito?» chiese Wookie, lanciando un’occhiata preoccupata alle ginocchia di lei.
«No, è stato Yesung Hyung! Lui mi ha spinto per mettermi in salvo, io sono caduta ed Helena, spaventata, voleva correre da me per controllare che stessi bene ma lo Hyung le è saltato addosso, così i due hanno cominciato a lottare tra di loro. Nell’esatto istante in cui l’ho vista, mi sono ricordata di lei. Avrei voluto spiegarglielo ma non voleva ascoltarmi! Si sono fermati solo quando quel barattolo di vernice gli si è rovesciato addosso.
»
«Ah, ecco perché sei in queste condizioni!» esclamò Shindong.
«Non ti piace? Io credo che il capello fucsia mi doni.
» si pavoneggiò il Main Vocalist.
«Oh, quindi il famoso struzzo che ha infestato la SM fin’ora…
» finalmente anche Donghae c’era arrivato.
«Era lei!
» esclamò J, annuendo. «Stava cercando me.»
«Hanno detto tutti che era spaventoso!»
«E’ stato un fraintendimento! Yesung Hyung credeva di essere perseguitato ma non era vero. Gli struzzi non perseguitano la gente! Non essendo molto intelligente quando l’ha visto ha pensato che fosse una minaccia e perciò è scappato.»
«Ah ah, visto? Persino la tua padrona pensa che tu sia stupida!> rise Yesung, verso Helena.
«Non parlavo dello struzzo.
» replicò secca J, facendolo rimanere malissimo e scatenando
alcuni lievi accenni di risate. Le più fragorose furono quelle di Kyuhyun che subito si avvicinò a J, le posò una mano sulla spalla e la guardò con gentilezza.
«Siediti ora, sarai stanca dopo la notte che hai passato.
» le disse, aiutandola a sedersi mentre lei lo fissava come se fosse posseduto.
«N-non vorrete mica permetterle di restare, vero?
» chiese Heechul, allarmato.
«Perché no?
» replicò allegro Kyuhyun. «Si tratta di un paio di giorni, è addestrata a stare al coperto, no? Ci basta il tempo di organizzare un piano e poi potremo andare a cercare la casa di J e, con essa, le risposte.»
«Sei per caso impazzito?»
«Dai, per un paio di giorni!»
«Avevamo detto un paio di settimane quando J si è trasferita qui ed è passato un mese!» le parole di Heechul fecero storcere il naso a tutti. Si erano affezionati a J, ormai, anche se aveva creato un sacco di problemi. Nessuno voleva lasciarla andare, anche se era abbastanza indipendente per vivere da sola.
«Ho sempre desiderato avere un animale esotico!
» esclamò Eunhyuk allegro.
«No. No, no, no e no, io non l’accetto! Voi siete tutti impazziti, vi serve uno psichiatra BRAVO! Vado a chiamare Kangin-ah, lui mi darà manforte!
» esclamò Heechul allucinato, uscendo dalla stanza senza smettere di protestare.
 
Due ore dopo lo struzzo era appollaiato su un cuscino del soggiorno. Avevano scoperto che Heebum si era acciambellato tra le sue folte piume ed Helena lo covava di buon grado, tenendolo al caldo. I due erano già inseparabili.
Kangin, giunto assieme a Siwon da pochi minuti, era in soggiorno, seduto a gambe incrociate sul divano. Stava ascoltando tutta la storia da Shindong, Yesung, Donghae ed Eunhyuk, ridendo di gusto, per nulla turbato all’idea di ospitare l’animale.
Per quel motivo Heechul stava ancora facendo il matto, continuando a girare per la casa, sbraitando insulti e proteste di vario genere, inciampando sui cocci delle tazze e tirando
calci ai mobili. Siwon lo inseguiva tentando di calmarlo: non si sarebbe arreso fino a che lo Hyung non avesse accettato la situazione, era fatto così, non sopportava quando tra i membri non regnava la pace.
Ryeowook aveva appena finito di ripulire la cucina insieme a Sungmin mentre J si stava dedicando a sistemare la propria stanza.
Stava giusto rincalzando un nuovo lenzuolo sul materasso quando Kyuhyun entrò bussando.
«Posso?
» le chiese con un lieve sorriso. J, già sorpresa di sentirlo bussare, lo guardò male.
«Che ti prende?
» gli chiese, sospettosa. «Se è un favore che vuoi, scordatelo.» era ancora arrabbiata per il loro diverbio di qualche giorno prima.
«Non voglio niente!
» esclamò offeso lui. «Solo vedere se stai bene.»
«Da quando t’interessa come sto io?» sbottò acida. Lui non disse nulla, rimase a guardarla con un sorriso dolce sulle labbra. Era carina quando si arrabbiava.
«Ti fa male?
» le chiese dopo un po’, entrando finalmente nella stanza, mentre lei stava infilando un cuscino nella federa. «Lascia, faccio io.» aggiunse, togliendoglielo di mano. J era troppo sorpresa da quel gesto per opporvisi. Lo guardò mentre infilava la federa con quella sua espressione teneramente concentrata, piena di domande.
«Sei strano.
» gli disse.
«Anche tu.
» replicò lui, lanciando il cuscino sul letto e guardandola dritto negli occhi.
«Io sono strana normalmente, però.
» J dovette distogliere lo sguardo, incapace di sostenerlo.
«Non dovresti metterti a riordinare dopo quello che hai passato.
» la rimproverò lui, avvicinandosi. La fronteggiò per un attimo, guardandola serio dall’alto verso il basso e posandole entrambe le mani sulle spalle. Lei ammutolì e lo lasciò fare ubbidiente, quando premette verso il basso per farla sedere sul letto. Si sentiva una bambola. «Fammi vedere…» le disse, mentre si metteva in ginocchio davanti a lei.
«Non è niente!
»
«Shhh.» la zittì lui, mentre sollevava le gambe dei pantaloni strappati, stando ben attento a non farle male. J avvertì un po’ di dolore ma non era niente paragonato a ciò che provò sentendo le dita gelide di lui scorrere sulla pelle. «Guarda qua, ti rimarrà la cicatrice!» esclamò Kyuhyun, arricciando il naso di fronte alle ginocchia tagliate. Qualche anno prima non avrebbe sopportato la vista del sangue ma si era dovuto abituare.
«Non importa, le cicatrici sono belle.
» replicò lei con un sorriso.
Non sapeva cosa aveva detto.
Non sapeva perché Kyuhyun le lanciò un’occhiata tanto intensa e rimase a guardarla serio per un lungo istante.
«Davvero la pensi così?
» le chiese.
«Sì.
» rispose lei, senza esitazioni.
«Vado a prendere il kit di pronto soccorso, aspettami qui.» dopo un attimo di silenzio Kyuhyun si alzò per poi uscire dalla stanza.
J si sentiva come se fosse ubriaca. Era una strana sensazione: vertigini, gioia immotivata, voglia di ridere. Sapeva benissimo che le ferite sulle ginocchia non c’entravano niente.
Rimase in attesa cercando di controllare il proprio respiro ed il cuore che le martellava a mille nel petto. Era quella la sensazione che si provava quando Cho Kyuhyun si prendeva a cuore qualcuno? J non ne era sicura, non capiva il motivo di tanta gentilezza. Lui faceva sempre così quando lei era in pericolo: finché stava bene la trattava con sufficienza ma non appena le succedeva qualcosa era il primo ad arrivare per aiutarla. Qual era il significato del suo comportamento? J non lo sapeva.
Sapeva solo che le dava alla testa e si ritrovò inspiegabilmente a sorridere.
Non notò che, fuori dalla stanza, Heechul e Siwon avevano osservato in silenzio tutta la scena.

Ciao Spettacoli! E' stata una buona settimana? 
Eccoci qui con un nuovo strano capitolo. Oh cavoli, abbiamo uno struzzo in casa! xD
Intanto ho notato che le shippers della YeLena aumentano esponenzialmente. Peccato che però Yeye sia troppo spaventato e pieno di sensi di colpa per vantarsi come al suo solito, anzi! Ha decisamente tirato la coda tra le gambe.
Heechul invece impazzisce letteralmente, fa a pezzi la casa!
Di questo Kyu invece che ne pensate? Prima silenzioso, a tratti violento e soprattutto sbadato (si brucia, rompe due tazze... mmmmh!), non sembra molto contento vero? Poi, però, di colpo, diventa molto più gentile e disponibile, addirittura si offre di guardare le ferite di J! Che dite, le cose tra loro si sistemeranno? Il ragazzo sarà finalmente disposto a metter da parte il suo stupido orgoglio con lei? 
Lo scopriremo presto!
Grazie a RobbySuperElf, meravigliosissima ragazza con cui ho avuto l'onore di parlare, che ha inserito la mia storia tra le preferiteeeee! *urla scimmiesche alla Kangin* 
Un bacione e alla prossima :)

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Capitolo 26
*** Un giorno di ordinaria follia ***


Ventiquattro Dicembre – Ore undici
 
La convivenza con Helena procedeva più o meno bene. Certo c’erano stati un paio di episodi inquietanti come quella volta in cui Eunhyuk l’aveva sorpresa a ingollare le sue solette o quella in cui Donghae aveva dovuto farsi la doccia di fronte allo struzzo che si era piantato in bagno e non voleva sapersene di schiodarsi. Alla fine, però, tutto si era risolto con un paio di apparizioni in video da parte di un Lee Hyukjae decisamente più basso del solito e con J che inseguiva lo struzzo per tutta la casa sperando di carpire qualche informazione circa la visione di Donghae nudo che, da quel giorno, non mancò di arrossire violentemente ogni volta che incrociava i grandi occhi tondi di Helena.
Quel giorno Ryeowook e J stavano giusto rientrando in casa carichi di borse della spesa. Erano usciti solo per un paio d’ore ma quando la ragazza varcò la soglia del dodicesimo piano pensò per un attimo di aver sbagliato appartamento.
«Che è ‘sta roba?
» esclamò sorpresa, sbattendo gli occhi. Eunhyuk era in piedi su una sedia e stava mettendo un puntale al grosso abete addobbato che si trovava di fianco al divano. Kyuhyun, accanto a lui, sistemava le decorazioni tra le fronde, facendo tintinnare le palline di vetro mentre Siwon, con tanto di cappello di Babbo Natale in testa, stava attaccando le luci alla spina dietro alla televisione. Tutti e tre si voltarono sorpresi.
«Come che è?
» fu la domanda scioccata di Eunhyuk. J continuava a sbattere le ciglia perplessa.
«Non sai cos’è il Natale?
» chiese quindi Ryeowook.
Quando lei annuì vide il panico più totale farsi strada sul volto dell’amico. Per un attimo pensò di aver bestemmiato. Si voltò verso gli altri ma la stavano guardando tutti atterriti, tutti tranne Kyuhyun che, invece, fissava Siwon con preoccupazione.
«Hyung, non è necess…
» provo a dire, allungando la mano verso l’uomo più bello della Corea che in un attimo era in piedi e raggiungeva la ragazza.
«Il Natale è la festa che celebra la nascita di Gesù Cristo, nostro Signore! Tutto accadde circa duemila anni fa, durante l’Impero romano, sotto la guida di Cesare Augusto nella provincia…
» cominciò a dirle, sfilandole le borse di mano e appoggiandole a terra, galante. «…l’Arcangelo Gabriele apparve a Maria, annunciandole…» J lo seguiva stordita mentre lui la prendeva per entrambe le mani e la trascinava in sala, dove la ragazza notò Shindong intento ad appendere delle calze sul davanzale e Sungmin, con un paio di tenerissime orecchie da renna che decorava il televisore. «…partirono per Betlemme su un vecchio asino e proprio nella notte del loro arrivo Maria…» Siwon la fece sedere sul divano e lei rimase lì, stordita ma ubbidiente ad ascoltarlo. «…nacque in una mangiatoia, secondo le Sacre Scritture…» Yesung stava litigando con Helena che continuava a puntare una delle pecore del presepe. «…Gaspare, Melchiorre e Baldassarre…» mentre il Main Vocalist rovistava alla ricerca di alcune statuine Helena fagocitò una povera pecorella. «…Lanci la prima pietra…» Yesung si sollevò di scatto, convinto di cogliere lo struzzo in fallo. Helena lo fissò con aria innocente mentre lo sguardo del Main Vocalist si assottigliava sospettoso. «…il miracolo delle nozze di Cana in cui l’acqua…» Kyuhyun alzò il capo interessato quando sentì la parola:
«Vino!
» gongolò facendo sorridere Sungmin. Erano passati fin troppi giorni da quando avevano stappato l’ultima bottiglia. A entrambi mancavano le loro bevute.
«Vino?!
» esclamò preoccupato Ryeowook. «L’abbiamo comprato?» si chiese mentre cominciava a rovistare tra le borse sempre più allarmato. A quelle parole Kyuhyun s’indispettì.
«Non l’avete comprato? Una cosa dovevate prendere, UNA!
» si lamentò, sbuffando.
«Se non avete preso il vino allora cosa avete preso?
» chiese quindi Sungmin.
«Beh avevamo bisogno della carta igienica, i noodles e tazze. Abbiamo finito le tazze!
»
«Cos’è questa roba?» stava chiedendo Heechul appena giunto in pigiama dal corridoio. Aveva l’aria infastidita e il capo spettinato di chi si era appena alzato. Il Grinch della situazione. Disgustato si stava rigirando tra le mani una tazza con la tenera faccina di un coniglietto disegnata sopra.
«Visto che carina? E’ stata J a trovarla!
» esclamò fiero l’Eternal Maknae, riprendendo a rovistare tra le borse. «Ce n’è anche una a forma di gatto.» aggiunse. A quelle parole Heechul s’illuminò.
«Davvero?
» chiese, cominciando a rovistare a sua volta con slancio.
«…e Ponzio Pilato si lavò le mani, gesto che stava a significare che…
»
«Il vino c’è!» annunciò Heechul sollevando una bottiglia con la stessa fierezza di un tedoforo durante le Olimpiadi. Kyuhyun, Sungmin e Shindong fecero un balletto di festeggiamento.
«Ma allora chi porta da mangiare?
» chiese Eunhyuk, scendendo finalmente dalla sedia.
«I nostri genitori, ovviamente.
» replicò Donghae.
«Ah, li hai invitati?
» Yesung sorrise raggiante: era un mammone dopotutto.
«Certo, verranno tutti!
» era Donghae quello che intratteneva la più fitta corrispondenza con i genitori dei membri, in particolare con quelli di Eunhyuk.
«…così, finalmente l’imperatore Costantino riconobbe, nel…
»
«A-aspettate.» J, presa dal racconto avvincente di Siwon non aveva prestato attenzione ai discorsi degli altri membri fino a che non aveva sentito la parola “genitori”. «Chi è che viene stasera?» chiese, sbattendo le folte ciglia e guardando tutti vagamente allarmata.
«I nostri genitori.
» spiegò paziente Yesung. «Kangin Hyung ci sarà? No perché non me lo voglio perdere quando ci proverà con la sorella di Hyukjae…»
«Fermi, fermi, fermi!» J si era alzata in piedi, bloccando Eunhyuk che stava per strozzare Yesung con un festone, tra le risate generali. «Cosa vuol dire: io ed Helena dobbiamo nasconderci in camera?»
«Certo che no, mia madre non vede l’ora di conoscerti!» esclamò Hyukjae.
«COSA, sa tutto?
»
«Tutti sanno tutto.» Siwon non sembrava entusiasta di toccare quel preciso argomento.
«T-tutti?
» i membri annuirono quasi all’unisono.
«E’ colpa di Donghae.
» ammise infine Sungmin.
«Non riesce a stare zitto.
» aggiunse Ryeowook, guardando male il Pesce.
«Ogni volta è così: se succede qualcosa Donghae spiffera tutto ai genitori di Eunhyuk. Poi da lì ci pensano loro a far circolare la voce.
» spiegò Kyuhyun con un sorriso amaro.
«Ma con tutto… quanto intendete?
»
«Sanno che vivi con noi perché hai perso la memoria e non sai dove andare. Non sanno che sei la ragazza che mi ha abbracciato fuori dal pub…»
«Non ero io, infatti.»
«Vabbè, ci siamo capiti. Non sanno che probabilmente sei una creatura geneticamente modificata, creata in laboratorio da un tizio senza scrupoli con il solo scopo di conquistare il mondo e renderci tutti suoi schiavi e non sanno neanche di Helena.»
«Ah, ragazzi. A proposito di Helena…»
«No, Donghae, non dirmi che gliel’hai detto!»
«Scusate…»
 
Ore diciannove
 
«Ahia, Hyung, mi fai male!
»
«Scusa eh, ma più che capelli sembrano un nido!» esclamò Donghae mentre tentava di pettinare la testa della ragazza. Lui, Eunhyuk, Sungmin e Heechul erano incaricati di rendere J presentabile per la serata: ci tenevano a farle fare bella figura davanti ai loro genitori e, a giudicare dalle condizioni in cui si trovava la ragazza normalmente, uno squadrone di idol modaioli non sarebbe stato abbastanza. Ci voleva un miracolo.
«Fatela stare ferma!
» disse Eunhyuk quando, all’ennesima ribellione di lei al pettine, sbaffò lo smalto che le stava mettendo sulle unghie dei piedi.
«E’ proprio necessario?
» stava dicendo la ragazza, seduta davanti a una specchiera, con i piedi su uno sgabello per agevolare la pedicure del primo ballerino.  
«Non lo so, te che dici?
» le chiese Heechul, spostandole il mento e costringendola a guardarsi allo specchio. Già che c’era ne approfittò per darsi una riordinata. «Paragonata a me sei una donna inguardabile. E io sono un uomo.» J gli fece una smorfia per tutta risposta.
«Ahia, Hyung!
» Donghae le aveva di nuovo tirato i capelli troppo forte. La stava uccidendo con quella dannata spazzola.
«Lascia, faccio io!
» esclamò Heechul sfarfallando la mano sbrigativo, prendendo il posto del secondo ballerino. La ragazza sospirò, le mani del cantante erano estremamente morbide e delicate. Lo sbirciò attraverso il riflesso nello specchio, mentre la pettinava col bel viso serio e concentrato. Riuscì a staccargli di dosso solo quando Sungmin entrò nella stanza.
«Che ne dite?
» disse, mostrando i due abitini appesi alle stampelle che stringeva in mano. «Io sono per quello rosa!»
«Quello nero non è male!» ammise Donghae che da sempre aveva un debole per gli abiti aderenti.
«No, no e no, tutti sbagliati, via!
» disse Heechul con un gesto secco della mano. «Il rosa vi sembra un colore natalizio? Donghae-ah, J non deve andare a fare la cubista, deve conoscere i nostri genitori.» sbuffò. «E’ troppo chiedere un vestito che sia bello, di classe,  e che ne evidenzi la purezza? Voglio qualcosa che la faccia sembrare un angelo, non una prostituta d’alto borgo! Dov’è Zhou Mi quando serve?»
«In Cina.» borbottò Sungmin, offeso. «Vado a vedere se c’è dell’altro.» aggiunse sospirando, prima di lasciare la stanza.
«Stavo pensando all’orologio.
» Donghae fu il primo ad interrompere il silenzio che seguì l’uscita del Leader supplente.
«Quale orologio?
» J era in estasi per il tocco di Heechul, così delicato e piacevole. Unito al massaggio che Eunhyuk le stava facendo ai piedi, la ragazza si sentiva in Paradiso. Non si accorse neanche che il secondo ballerino si era seduto sul letto accanto a lei.
«Quello che hai dato al tizio occidentale!
»
«Oh, quello.»
«Perché gliel’hai dato, J? E se fosse stato importante?» proseguì Donghae.
«Io non lo so… è come se non fossi stata in grado di dirgli di no.
» spiegò la ragazza.
«Comunque, a pensarci bene quell’orologio era strano, l’avete notato?
» Eunhyuk finalmente si azzardò a dire quello che aveva provato dalla prima volta che aveva visto quell’aggeggio. Alternando lo sguardo sui presenti si rese conto che tutti e tre stavano annuendo solennemente.
«Dava una sensazione…
» cominciò Donghae.
«…d’inquietudine.
» proseguì Eunhyuk. «Quando lo osservavo mi sentivo come se dovessi guardare altrove.»
«Già.» concordò Heechul. «E poi appena distoglievi lo sguardo…»
«…era come se non fosse mai esistito.» concluse J. Tutti avevano provato quella sensazione.
Fu allora che Sungmin fece per entrare in stanza con un nuovo abito in mano.
«No.
» non fece in tempo neanche a varcare la soglia che Heechul lo liquidò, facendogli fare subito dietrofront.
J fece un’alzatina di spalle, prese il cellulare dalla tasca dei pantaloni e iniziò a scorrere le applicazioni con aria assente.
«Quello dove l’hai preso?
» la domanda di Donghae la riscosse dal suo torpore.
«Cosa, questo?
» chiese la ragazza, mostrando il suo Sumsung ultimo modello. «Ieri alla SM.»
«Vendono cellulari alla SM?» Donghae sapeva che non era così.
«Vendere, in che senso?
»
«L’hai comprato, giusto?» aggiunse Heechul, fessurizzando lo sguardo in sua direzione.
«Che intendi esattamente per comprato?
»
«J!» esclamarono entrambi in coro.
«Hai rubato un telefono!
» Eunhyuk era inorridito.
«Non l’ho rubato! Era lì, su un tavolo, non pensavo fosse di qualcuno!
»
«Quello è rubare, sciagurata!» esclamò Heechul.
«Rubare cosa?
» Yesung era giunto alle loro spalle, carico di borse. Aveva ancora il cappotto, doveva essere appena rientrato. Il suo arrivo di soppiatto fece prendere un infarto a tutti i presenti.
«Oddio, Hyung, mi hai fatto prendere un colpo!
» sussultò Eunhyuk, rialzandosi una volta terminata la pedicure.
«Non mi avete sentito?
» chiese affranto il nuovo giunto, posando una busta sulla specchiera. «Ho comprato quello che mi avete chiesto.» aggiunse, offeso.
«Certe volte sembra che tu sia nato con un peltro di concezione addosso.
» protestò Hyukjae, scuotendo la testa ed iniziando a tirare fuori gli acquisti.
«Un che?
»
«Voleva dire filtro di percez… Hyung, sei un genio!» esclamò J, con stupore di tutti i presenti. «Ecco cosa ci è sfuggito: aveva un filtro di percezione addosso!» proseguì la ragazza, saltando sulla sedia dall’entusiasmo.
«Chi, io? DOVE?
» Yesung cominciò a spogliarsi allarmato, tastandosi ovunque alla ricerca di quell’aggeggio infernale.
«Non tu, idiota: l’orologio!
» spiegò Heechul, scuotendo il capo. «Dici che è possibile?»
«Possibilissimo.» annuì con decisione la ragazza. «I filtri di percezione, con gli strumenti giusti, si possono fare in tanti modi: si può anche indirizzare il campo magnetico perché coinvolga oggetti molto più piccoli o molto più grandi di una persona.»
«Ma se davvero aveva un filtro di percezione significa che conteneva sicuramente qualcosa d’importante.» considerò Donghae.
«Esatto! Dobbiamo riprendercelo.
» replicò la ragazza.
«Ok ma come?
» chiese Yesung che si stava sedendo sul letto accanto a Donghae.
«Dobbiamo parlarne con gli altri.
» J fece per alzarsi ma Heechul la costrinse a rimanere seduta.
«Non ora, stasera abbiamo ospiti.
»
«Ma…»
«Non puoi andare di là e dire a tutti che dobbiamo escogitare un piano per riprenderci un orologio praticamente invisibile da un tizio spaventoso, ok? Stanno cucinando: hanno bisogno di concentrazione! Già Kyuhyunnie e Shindongie staranno facendo di tutto per boicottare i piatti e mangiarsi in anticipo tutta la cena, non è il momento!»
«Hai ragione.» considerò la ragazza, sospirando.
«Tu perché sei in ritardo?
» chiese di colpo Donghae a Yesung, dandogli una fraterna pacca sulla spalla.
«Ah, niente. Avevo un appuntamento di lavoro.
»
«Sì, lo so ma non dovevi essere qui alle cinque?»
«Abbiamo fatto tardi perché a quanto pare ieri sera hanno rubato il cellulare al mio Manager.» a quelle parole J si bloccò con gli occhi sgranati. Subito nascose il telefono in tasca.
«Ah sì?
» chiese Heechul, guardando male la ragazza. «Che telefono era, di grazia? Magari l’abbiamo visto.» aggiunse pieno di supponenza.
«Mah, un Galaxy non so che modello. Non è un grande danno, solo che il mio Manager aveva segnato lì tutti i miei appuntamenti. Il prossimo mese sarà un incubo!
» esclamò lo sfortunato ragazzo, infelice.
«J.> la ragazza incassò la testa tra le spalle quando Heechul la chiamò. Lo guardò male per un attimo e alla fine sbuffò.
«Guarda caso ieri ho trovato questo.
» disse, allungando il telefono a Yesung che s’illuminò come l’albero di Natale in salotto. «Oh, dove l’hai trovato?»
«Uhm… in giro…»
«J.»
«Ok, l’ho preso io! Non credevo fosse di qualcuno.» si giustificò.
«Ah.
» Yesung la guardò con aria di rimprovero e provò a prendere il cellulare.
«Gli ho aumentato la memoria.
» disse lei, ritraendo la mano un attimo prima che lui potesse toccare il congegno.
«Grazie.
» replicò secco il Main Vocalist, tentando di afferrarlo di nuovo.
«Ora ha un credito illimitato!
»
«J!»
«Ok, scusami!» sbuffò infine, lasciando il telefono a Yesung non prima di essersi presa una lieve manata di Heechul in testa.
«Aishhh… sei proprio una bambina.
» sussurrò a denti stretti. Fu allora che Sungmin entrò di nuovo nella stanza.
«Questo è l’ultimo.
»
«E’ perfetto!» Heechul s’illuminò.
 
Circa un’ora dopo tutto il dodicesimo piano era in subbuglio per i preparativi del cenone. Di lì a poco le loro famiglie sarebbero arrivate, perciò i membri si erano dati da fare per spostare i tavoli, le sedie e sistemare. Ryeowook ci teneva che fosse tutto perfetto: aveva studiato l’apparecchiatura nei minimi dettagli, comprato una tovaglia per l’occasione e scelto con cura una playlist di canzoni natalizie a cominciare da “Santa you are the one”, da far partire nell’esatto momento in cui le famiglie sarebbero arrivate.
Tutto era perfetto: Helena sfoggiava fieramente un fiocco rosso al collo mentre Heebum giocava con quello che doveva essere il suo cappellino da Babbo Natale. Anche i membri avevano trovato il tempo per lavarsi e vestirsi di tutto punto, dal momento che dopo la cena sarebbero andati a messa tutti insieme, come da tradizione. Heechul stava passando davanti alla stanza di J, diretto verso la propria per sistemarsi la giacca quando vide la ragazza seduta di fronte alla specchiera, intenta a fissare la propria immagine riflessa. Con un sorriso divertito entrò a vedere come stava.
«Non riesci a staccare gli occhi dallo specchio, eh?!
» le chiese, portandosi dietro di lei e cominciando a sistemarle i capelli con gesti esperti delle mani. Di nuovo il suo tocco fece fare le fusa alla ragazza. «In effetti ho fatto un miracolo.» considerò con un ghigno.
«Ehi!
» protestò lei con un sorriso stirato.
«Sei agitata?
»
«Si vede?» Heechul si limitò ad annuire, per poi andare a sedersi sul letto accanto a lei che tornava a guardarsi.
«Sei bellissima.
» ammise il ragazzo.
«Se non sapessi che il tuo complimento è in realtà un modo per compiacerti del tuo lavoro, penserei addirittura che sei sincero.
» replicò lei, sciogliendosi suo malgrado in un sorriso. I suoi capelli erano cresciuti e le incorniciavano il viso in un caschetto regolare. Gli Hyung le avevano impedito di tagliarli di nuovo: potevano farla passare per un ragazzo anche in quel modo.
Heechul la guardò fare un sospiro tremante.
«Cos’è che ti mette in ansia?
»
«Tutto, tutti! Hyung voi mi conoscete ormai ma all’inizio era difficile starmi accanto. E se…»
«E se cosa? Se non gli piacessi?» lui abbassò lo sguardo e sospirò. Attese un istante, quindi prese a parlere. «So cosa dovrei dire.» cominciò. «Dovrei dirti che andrà tutto bene, che non potrai che conquistarli tutti… ma questa non è la verità.» a quelle parole Heechul vide J irrigidirsi. «La verità è che alcuni ti odieranno. Alcuni di loro, forse, si ricrederanno col tempo, altri invece non ti accetteranno mai. E’ così che funziona là fuori: è bene che tu lo sappia.» le disse. «E non importa quanto buone siano le tue intenzioni, né quanto soffrirai: le cose andranno così, perciò mettiti il cuore in pace. Io ci ho fatto l’abitudine, tu sei anche più forte di me, riuscirai a superarlo.»
«Tu? Non penso esista nessuno, al mondo, che ti odi.»
«Stai scherzando? Sono etichettato come il Super Junior incapace sia nel canto che nel ballo. Metà dell’opinione pubblica pensa che sono nel gruppo solo perché sono bello, l’altra metà mi ritiene addirittura un montato, affetto da sindrome bipolare, il cui unico scopo nella vita è trovare qualcuno che scaldi il suo letto.» a quelle parole J si voltò verso di lui con lo sguardo allucinato. Non poteva credere che fosse così.
«Che bisogno c’è di trovare qualcuno che ti scaldi il letto quando puoi benissimo usare uno di quei materassini termici?
» Heechul non sapeva se ridere o piangere.
«Ricordami che più in là dovrò farti un discorsetto a riguardo.
» si limitò a dirle, scuotendo il capo. «Comunque, tu non hai memoria del tuo passato, è come se fossi nata qui, con noi, è come se fossimo la tua famiglia. Lo so che la maggior parte del tempo ti sembriamo degli idioti ma noi ti abbiamo protetto e ti proteggiamo ogni singolo giorno. Ognuno di noi, nessuno escluso.» sentire quelle parole le fece mancare il respiro. Sembrava che qualcuno le avesse chiuso il cuore in una tagliola. «Anche le nostre famiglie ti proteggeranno, pur non approvandoti e sai perché?»
«Perché?»
«Perché questo vuol dire essere una famiglia. Tu fai parte della nostra, quindi anche della loro. Non importa chi sei… o cosa.» J non seppe più cosa dire. Sapeva solo che le veniva da piangere. Heechul se ne accorse perché le afferrò il mento e la costrinse a sollevare il capo. «Eh no, eh! Non ti azzardare a rovinare il mio capolavoro!» esclamò, facendola ridere. La risata commossa di J non poté che scucirgli un raro, dolce sorriso.
«Grazie per essere stato sincero con me, Hyungnim. E’ raro che tu lo faccia.
» disse lei infine, quando riuscì a parlare.
«Di niente.
» replicò lui. «Anzi, siccome sono stato sincero con te, perché non mi ripaghi dicendomi la verità?»
«Cosa vuoi sapere?»
«Voglio sapere se lo ami.» di tutte le domande che si era immaginata mai e poi mai avrebbe pensato a quella. Fu talmente sorpresa che lo guardò senza capire.
«C-cosa?
»
«Hai capito. Sei innamorata di Kyuhyun-ah, non è così?» precisò, senza lasciar spazio a nessun fraintendimento.
«Assolutamente no!
» si affrettò a dire lei, vagamente nel panico. La replica di Heechul fu una sola, scettica occhiata, talmente intensa che la costrinse ad abbassare lo sguardo, imbarazzata. A lui sembrò bastare come risposta.
«Quando pensi di dirglielo?
»
«Dirglielo, ma sei impazzito?! Lui non lo saprà mai!» esclamò lei con veemenza.
«Devi dirglielo: hai intenzione di soffocare quello che provi? Hai idea di quanto sia stupido?
»
«Io… non sono affari tuoi, Hyung.» replicò secca.
Proprio in quel momento Kyuhyun stava attraversando il corridoio alla ricerca dell’amico più grande. Stava giusto per entrare nella stanza quando vide Heechul parlare fitto, fitto con J. Senza sapere perché si fermò ad ascoltare.
«Certo che sono affari miei.
» stava dicendo Heenim, mordendosi il labbro inferiore.
«Perché?
» replicò J scettica.
«Perché voglio che tu diventi la mia ragazza.
»

Ciao Family <3 
Allora, eccoci qua con un nuovo capitolo, ho pensato che fosse carino vivere l'atmosfera natalizia a casa dei SuJu! *-*
Il prossimo capitolo parlerà della cena vera e propria, qui vediamo solo la preparazione. Ho inserito un paio di riflessioni sull'orologio: filtri di percezione! Oh cavoli, come ho fatto a non pensarci prima, era ovvio che se J non aveva mai aperto nè considerato quell'orologio forse era proprio perchè c'era un filtro di percezione a proteggerlo! Non sono chiare molte cose, adesso? u.u
Di sicuro ora i SuJu e J dovranno escogitare un buon piano per andare a casa della ragazza e riprendere l'orologio, potrebbe essere la chiave di questo mistero, voi che dite?
In ogni caso la YeLena procede più o meno amorevolmente (la struzza ha scoperto le gioie della convivenza coi SuJu, insomma, guardarsi Donghae mentre fa la doccia non è una cattiva idea, ehn?! FURBETTA!)
Giungono anche rivelazioni cruciali dalla HeeJ... e Kyuhyun sente tuttoooooo! Ah, come sono cattiva *-*
Un grazie enorme a ChiyuBANANA (eletto nickname dell'anno adoifahfiauhfduigshiugs) per aver inseguito la storia tra le inserite xD 
Per te, e solo per te, una pioggia di baci (e banane)!
Ringrazio inoltre RobbySuperElf per aver commentato lo scorso capitolo, ti ho già risposto ma voglio rinnovare la gioia che mi ha dato ricevere due paroline scritte da te!
Spero tanto che il capitolo vi piaccia, ancora una volta menatemi con mazze chiodate se faccio errori stupidi. 
_Sushi_

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Capitolo 27
*** La dura verità ***


Ho resistito e non ho pubblicato per ben due settimane! *-*/ 
Il capitolo era già pronto, non pensate che vi stessi trascurando, solo voglio iniziare a pubblicare un pochino meno spesso: considerando che i capitoli sono lunghi e impegnativi, sarebbe stato davvero pesante per voi dover recensire un capitolo a settimana con la scuola, l'università e quant'altro da seguire! Scrivo qui perchè devo fare alcune importanti premesse sulle famiglie dei Super Junior. Non so quanto ne sappiate voi e perdonatemi se ho pubblicato inesattezze o errori, però gestire una trentina di personaggi non è assolutamente facile, credetemi! 
Per chi non li conoscesse vi pubblico qui una piccola lista di nomi con cui potete orientarvi per capire meglio le varie famiglie: 
Inyoung -> sorella maggiore di Leeteuk;
Heejin -> sorella maggiore di Heechul;
Jongjin -> fratello minore di Yesung, il cui vero nome è Jongwoon*; 
la sorellina di Shindong è presente alla serata, anche se non ne parlo;
Sungjin -> fratello minore di Sungmin, so che ora è al militare ma non lo sapevo quando ho scritto il capitolo e non avevo voglia di cambiarlo y.y, tanto 'sta fanfiction non ha senso;
Jiwon -> sorella di Siwon;
Donghwa -> fratello maggiore di Donghae, secondo alcune scuole di pensiero è un fico inenarrabile, secondo altre è un vecchiardo con la polo. Io ho preferito credere che fosse un fico;
Sora -> sorella maggiore di Eunhyuk;
sul parentame di Wookie non si sa molto, quindi boh;
Ahra -> sorella maggiore di Kyuhyun. 


«Sciò!
» Ryeowook picchiò con la manina sul becco di Helena che ritrasse il muso offesa. «Questi non sono per gli struzzi, ok?» le disse, sistemando velocemente le tartine sopra al vassoio, cercando di evitare gli occhioni feriti dell’animale che, da sempre, avevano il potere di commuoverlo. «Uff e va bene. Questa è uscita male, tiè!» stava giusto lanciando la tartina allo struzzo quando vide Kyuhyun entrare in gran carriera in cucina. Sembrava sconvolto.
«Tutto bene?
» gli chiese Shindong, appollaiato sopra al ripiano accanto al lavandino, intento a sgranocchiare una manciata di salatini.
«Mai stato meglio.» la risposta del Maknae fu così glaciale che per un attimo i presenti credettero di trovarsi in mezzo a una bufera. Lo videro avvicinarsi al bancone e prendere il cavatappi, cominciando a stappare con mani esperte una bottiglia di vino rosso in attesa di essere servita. Nel silenzio più totale il rumore del tappo risuonò con fragore.
Ryeowook e Shindong si guardarono preoccupati, senza sapere cosa fare.
«Kyuhyun-ah, sai quella partitella a Starcraft che mi avevi proposto prima dell’arrivo dei nostri…
»
«Lascia perdere, non ho voglia.» disse serio il ragazzo, versandosi un bicchiere di vino e riempiendolo quasi fino all’orlo.
Panico. Tragedia. Raccapriccio!
Shindong e Ryeowook si guardarono con orrore. Le cose erano due: o quello davanti a loro era un clone mal riuscito o Kyuhyun aveva qualcosa che non andava. I due amici si ritrovarono costretti a ricorrere alla conversazione telepatica, strumento utilizzato dai membri solo in casi disperati. Non che si potessero leggere davvero nel pensiero ma si conoscevano talmente bene che potevano capirsi a suon di occhiate allarmate e cenni del capo.
“Che facciamo?” stavano chiedendo i grandi occhioni imploranti di Ryeowook.
“Non lo so!” gesticolava allarmato Shindong, indicando poi le tartine.
«Kyuhyun-ah, vuoi una tartina da accompagnare al vino? Sei a stomaco vuoto…
» fece quindi Wookie, sveglio, allungandogli il vassoio mentre il Maknae tracannava l’intero bicchiere di vino senza battere ciglio, facendo impallidire i presenti.
«Aaah, molto meglio!
» prese a dire soddisfatto, versandosi subito dell’altro vino. «Non ho fame, grazie!» aggiunse, prima di scolarsi il secondo bicchiere di fila con sommo orrore dei due. «Vado di là a vedere che succede.» concluse, con un sorriso soddisfatto, afferrando la bottiglia per il collo prima che Shindong potesse provare a sottrargliela.
Il Maknae lasciò la cucina nel silenzio più attonito. I due superstiti rimasero a guardarsi allarmati.
«Parli tu con Sungmin?
» azzardò il più grande. Ryeowook annuì e uscì dalla stanza a cercare il Leader provvisorio. Non si accorse che Helena si era mangiata altre sei tartine, nel frattempo.
 
«Omma!
» Donghae si era praticamente abbarbicato alla mamma di Eunhyuk nel momento in cui aveva varcato la soglia di casa. Alle spalle della signora, che ricambiò l’abbraccio con slancio, sorrideva con dolcezza il marito, seguito da Sora, sorella del Main Dancer, al momento impegnata a farsi sollevare di peso dal fratello più giovane.
Quasi tutti i Super Junior erano riuniti in sala, accanto alla tavola imbandita. Di lì a poco si unì a loro Ryeowook che giunse dalla cucina assieme a Shindong per sistemare sul tavolo alcuni piatti e il vino.
«Omma! Che hai cucinato?
» chiese Yesung alla madre, fingendo distacco.
«Patate dolci, ometto!
»
«Ya, quante volte ti ho detto di non chiamarmi ometto?!» brontolò il figlio, mentre la mamma lo stritolava in un abbraccio a cui lui si abbandonò con gioia.
«Ah, vedo che ti sei portata appresso il mostro!
»
«Anch’io sono felice di vederti, Hyung!» esclamò il fratello minore del Main Vocalist, Jongjin, mentre si sistemava gli occhiali da vista Y style sugli occhi.
«Sungjin-ah è già arrivato?
» chiese non appena la madre diede un po’ di respiro al fratello maggiore.
«E’ di là con Sungmin-ah!
» gli rispose Yesung per poi guardarlo sparire di corsa in direzione delle camere.
«Com’è stato il viaggio, Appa?
» stava chiedendo Siwon al padre mentre la sorella Jiwon si allacciava al suo braccio e appoggiava la testa sulla sua spalla con un sorriso.
«Ya, chi è questa meraviglia?!
»
«Sei tu, Chullie!» rispose Heejin al fratello, Heechul. Insieme scoppiarono a ridere, abbracciandosi.
Kyuhyun stava prendendo in giro sua madre, suscitando le risate del padre e della sorella, Ahra. Ryeowook parlava con la sua piccola mamma, una signora dalla pelle olivastra, identica a lui. Sungmin rientrava dal corridoio proprio in quel momento assieme ai suoi genitori; seguivano suo fratello minore Sungjin e Jongjin che, spalla a spalla, si scattavano una foto sorridenti con un iphone ultimo modello. Shindong stava ridendo imbarazzato per i complimenti dei suoi riguardo alla dieta e Kangin, che aveva appena finito di stritolare la sorella di Leeteuk, tentò di abbracciare Sora non appena suo fratello la lasciò andare. Sfortunatamente per lui Eunhyuk aveva occhi ovunque quando c’era la sua Noona nei paraggi.
«Omma!
» stava gridando Donghae, alla vera madre però, che stava varcando la soglia col suo sorriso rubicondo proprio in quel momento, affiancata dal fratello maggiore del Pesce, Donghwa.
J se ne stava in un angolo, appoggiata al muro, nella speranza che il proprio abitino bianco fosse sufficiente a farla confondere con l’arredamento. Si sentiva morire tanto aveva l’impressione di essere totalmente fuori posto.
«Dov’è lei?
» stava chiedendo Inyoung, sorella maggiore di Leeteuk. A quelle parole J si sentì percorrere da un brivido ghiacciato. La voce si sparse per tutta la sala gremita di persone fino a che anche l’ultima conversazione non giunse al termine e tutti presero a guardarsi intorno curiosi. J aveva il cuore in gola.
«Ehi, che fai là? Vieni!
» la incitò Eunhyuk, facendole un cenno col capo e sorridendole rassicurante. La ragazza strinse i denti e cercò Ryeowook con lo sguardo. Non si mosse fino a che non lo vide annuire, quindi azzardò un passo e uscì dallo stato di mimesi con la parete.
Nessuno si azzardò a parlare e più il silenzio proseguiva, più a lei tremavano le gambe. Dopo una breve camminata che le richiese una quantità esorbitante di coraggio, J si fermò in mezzo alla sala, sotto gli occhi di tutti.
Deglutì sonoramente quando vide la mamma di Eunhyuk, serissima, che le si avvicinava sempre di più. Quando si fermò di fronte a lei il cuore di J aveva ufficialmente smesso di battere. Pur avendo i tacchi ed essendo qualche centimetro più alta della signora si sentiva come se fosse stata minuscola.
Non immaginava che la signora Lee l’avrebbe abbracciata.
In un attimo si ritrovò schiantata di forza contro il suo petto, con la sua mano affettuosa che le accarezzava il capo.
«Povero tesoro, quante ne hai passate!
» esclamò con voce commossa.
Quel gesto fece ripartire il tempo all’interno della sala.
Altre mamme si unirono a quella di Eunhyuk: J non avrebbe saputo dire chi fossero ma a turno la abbracciarono tutte, sussurrandole frasi d’incoraggiamento. Alcune le fecero i complimenti per l’abbigliamento, la pelle, persino i capelli e ogni volta la ragazza si ritrovò a ringraziare mentalmente Kim Heechul.
«Ehi, non me la spettinate! C’ho messo ore a prepararla, gradirei che l’impalcatura reggesse almeno fino a dopo cena.
» esclamò proprio il cantante dopo che la mamma di Yesung ebbe finito di stringerla.
«Ya, è così che ti ho insegnato come si parla a una ragazza?
» obiettò sua madre divertita, mentre le altre ridevano.
«Omma, credimi: quella non è una ragazza.
» replicò lui, godendosi l’occhiata incendiaria che J gli riservò.
«Ya, Chullie, che cosa dici?! Pagherei per non essere ragazza quanto lei!
» commentò Heejin, tirando una spintarella al fratello maggiore, mentre le mamme lasciavano andare l’intrusa e si dirigevano in cucina per scaldare e servire le portate del cenone. «Mi hanno parlato tanto di te!» aggiunse, avvicinandosi a J, rimasta sola.
«A me hanno detto solo cose belle!
» Aggiunse Inyoung, che la raggiunse con passo elegante e un sorriso intelligente sulle belle labbra. J non sapeva cosa dire perciò si limitò a guardarsi intorno spaesata.
«A me invece hanno detto che sei una specie di genio.
» aggiunse Sora, in avvicinamento assieme ad Ahra che la guardò sospettosa e reclinò la testa da un lato.
«Hai perso l’uso della parola?
» le chiese quindi.
«Tranquilla, Ahra-shi: questa parla fin troppo appena si sblocca un po’.
» le spiegò divertito Donghae, nel mezzo di una specie di lotta/abbraccio col fratello maggiore.
«L’abbiamo addestrata a non proferire parola in presenza di estranei.
» aggiunse Shindong, fiero.
«L’avete addestrata bene.
» considerò Ahra con un sorriso divertito.
«Ma noi non siamo estranee!
» Jiwon aveva appena lasciato andare il fratello che era rimasto a parlare con Kyuhyun e i rispettivi padri. J non poté che pensare che entrambe le loro famiglie avessero un’aura decisamente autoritaria. Le loro madri erano le uniche che non l’avevano considerata.
«Insomma, vivi sotto lo stesso tetto di mio fratello, no? E’ come se fossimo sorelle anche noi.
» Sora la riportò alla realtà.
«E’ vero che hai visto mio fratello nudo?
» chiese Sungjin, tutto emozionato. E lui come lo sapeva?
«Donghae!
» Sungmin si voltò verso il secondo ballerino completamente rosso per l’imbarazzo.
«Scusate…
» confessò l’accusato affranto: quando era a conoscenza di un segreto doveva per forza parlare, era più forte di lui.
«Veramente aveva un asciugamano intorno alla vita, purtroppo.
» furono quelle le prime parole che J disse quella sera. Le sorelle dei Super Junior ammutolirono.
Inyoung fu la prima a scoppiare a ridere.
«Purtroppo? Oddio, se ti sentissero i nostri genitori!
» commentò, facendo ridere tutte le altre, emozionate.
«Aygoo, vivere con dieci ragazzi non dev’essere stato il massimo per la tua femminilità.
» commentò Ahra, scuotendo la testa.
«E’ piuttosto divertente, invece.
» considerò J con un lieve sorriso.
«Beh, lo dici perché non sai quali sono le gioie dello stare tra femmine!
» Jiwon aveva una bella voce.
«Ah sì, tipo?
»
«Spettegolare!»
«Parlare di vestiti!»
«Parlare di cosmetici!»
«Parlare di ragazzi…» e mentre elencavano tutte le attività più interessanti da fare tra donne Heejin e Sora tiravano J verso il divano, seguite dal resto dello stormo. Si stavano giusto sedendo tutte insieme, in procinto di raccontarsi i dettagli più scottanti della convivenza con i Super Junior quando un urlo squarciò la quiete del dodicesimo piano.
La mamma di Siwon aveva appena conosciuto Helena.
 
«Ehi, cosa ti ha appena detto Unnie?
»
«Mh?» J si voltò verso Inyoung, seduta accanto a lei durante la cena. Aveva l’aria distratta.
«Prima regola…
»
«…non fissare i ragazzi!» cantilenò la più giovane. «Non sto fissando nessuno!» aggiunse con candore.
«Ah, no? Se non ti avessi chiamato avresti cominciato a sbavare sul piatto!
» la prese in giro la più grande. J, sorpresa, si fece più avanti con aria allarmata, sussurrando anche se, col chiasso là intorno, nessuno avrebbe potuto sentirla.
«Cavoli, era così evidente che lo stavo fissando?
» chiese, lanciando un’occhiata a Donghwa che mangiava in silenzio seduto di fronte a lei.
«Penso che se ne sia accorto anche il frigorifero.
»
«Oh…» J pensava di essere stata discreta. «…E’ che…»
«…Lo so, è davvero bellissimo.» Inyoung completò la frase per lei, sorridendole. «E’ questo il punto: se vuoi ottenere il cuore di qualcuno devi confonderlo un po’! Te l’ha spiegato Ahra-shi prima, giusto? I maschi…»
«I maschi sono creature meravigliose ma hanno dei limiti: hanno bisogno di sapere di essere loro a dirigere il gioco mentre, in realtà, è la donna a fare tutto il lavoro!» recitò J.
«Wow, hai una memoria formidabile!
» Inyoung le tirò una lieve gomitata, con complicità.
Le cene natalizie erano un totale delirio. Già era difficile gestire i Super Junior al completo (e uno struzzo), quando poi a loro si univano le rispettive famiglie il dodicesimo piano raggiungeva un livello di decibel da far invidia a un Night Club! Funzionava così: i genitori si riunivano a un tavolo, mentre i ragazzi sedevano a un altro, tutti insieme. Helena aveva preso dimora fissa accanto alla mamma di Siwon, che aveva il terrore di lei. Doveva essersi affezionata.
J sedeva assieme alle sorelle dei suoi amici e, siccome di fronte a lei Donghwa, Donghae, Siwon ed Eunhyuk non facevano altro che parlare di calcio, la ragazza aveva finito per passare un’intera serata stordita dalla compagnia femminile, a cui non era abituata. Le ragazze erano creature molto più psicologiche dei maschi: chiacchieravano di più, ragionavano di più e avevano mille strane regole da seguire. J era affascinata da quel mondo di sottintesi e psicologia inversa: voleva apprendere il più possibile da loro!
L’impresa non era facile: era già stata dura rassegnarsi al fatto che ragazze e ragazzi, pur sedendo allo stesso tavolo, dovevano occupare zone separate. Alla fine le Unnie avevano deciso di limitarle il trauma della separazione mettendola al confine tra la loro zona e quella dei suoi Hyung.
«J, mi passeresti un mandu?
» Yesung, seduto accanto alla ragazza, le tirò una lieve gomitata, ghignando. Subito J rise.
«Che c’è, vuoi fare una Mandusfida?
»
«Oggi sono in forma, ti straccerò!»
«L’hai detto anche le scorse undici volte!»
«Erano sei, bugiarda!»
«Oh, no, non vorrete fare la Mandusfida stasera!» Shindong sembrava più eccitato che preoccupato all’idea. Quando la sua voce potente si fece strada tra i Super Junior tutti s’illuminarono.
«Sì!
»
«Io punto su J!»
«Secondo me ‘sta volta Jongwoon-ah* la batte!» profetizzò Heechul.
«Chi perde beve!
» Kangin era al suo quinto bicchiere di vino e alzò in alto il calice per poi brindare con Kyuhyun che, pur avendo bevuto almeno il doppio dell’amico, non sembrava altrettanto di buon umore. Shindong lo vide scolarsi il tutto in un sorso, così tirò una gomitata a Sungmin, indicando il Maknae che rideva in modo inquietante.
«Cos’è una Mandusfida?
» Ahra sembrava curiosa.
«Ah, niente…
» disse J con la bocca piena. «…Solo un giochino che è venuto fuori con gli Hyung.»
«Oppa.» la corresse Jiwon con sorriso gentile.
«Giusto, Oppa!
» si corresse la ragazza. Anche quella era una regola da imparare.
«Che genere di giochino è?
» Heejin si fece più avanti per sentire meglio in tutto quel baccano.
«E’ una sfida a chi riesce a mangiare cinque mandu interi senza morderli o tagliarli nel minor tempo possibile.
» a quelle parole le Unnie si bloccarono come se si fossero tramutate in marmo.
«U-una gara di mangiate con dei ragazzi?
» Sora era eccitata da quella sfida audace. Mai si sarebbe sognata di fare una cosa del genere.
«Oh, sì, questa bestiaccia è un vero osso duro.
» s’intromise Yesung, cominciando a scambiarsi con J fraterne gomitate e pacche sulle spalle, manco fossero due muratori in pausa pranzo.
«Ti sporcherai il vestito!
» considerò Ara preoccupata.
«Ah già.
» J abbassò lo sguardo sul proprio abito bianco: il bustino la stringeva assottigliandole la vita e rendendola decisamente più femminile del normale. «Aspetta…» disse, aprendo il tovagliolo e incalzandolo nella scollatura a mo di bavaglio, in un gesto rude quanto vagamente osceno agli occhi di una qualunque ragazza cresciuta in Corea. «A posto!» evidentemente un bell’abitino non bastava a fare di J una ragazza normale.
Tutti i Super Junior guardavano dalla stessa parte con l’aria gasata. Yesung si sgranchiva le ossa, J si massaggiava le gance, aprendo e chiudendo la bocca con espressione determinata. Shindong si alzò per fare il giudice, ponendosi davanti ai due sfidanti con la mano a mo di paletta.
«Pronti?
» chiese. «Voglio un gioco pulito!» esclamò, assottigliando lo sguardo. «VIA!» urlò, alzando la mano di scatto.
La sfida era iniziata.
J e Yesung s’infilarono un mandu intero tra le fauci senza battere ciglio. Erano dei ravioloni molto grandi e i due masticavano a fatica, praticamente in apnea. Era difficile chiudere la bocca. Le Unnie osservavano la scena a metà tra l’ammirazione e l’orrore più puro. Da una parte trovavano la vista di una ragazza unta di olio di sesamo fin sulla punta del naso qualcosa di riprovevole, dall’altra ne erano attratte. Donghae, Eunhyuk, Kangin e Heechul erano in piedi e incitavano gli sfidanti con urla scimmiesche.
«J fighting!
» si azzardò Sora, arrossendo appena sotto lo sguardo delle altre, che pur tifando per la ragazza non osavano darlo a vedere.
«VAI J!
» esclamò Inyoung, mandando a quel paese l’etichetta. Ben presto il tavolo dei giovani venne percorso da urla d’incitamento, Sungjin e Jongjin presero a battere i pugni, Sungmin e Ryeowook facevano tintinnare le bacchette contro i bicchieri mentre i membri che erano in piedi scuotevano i pugni urlando “Go, go, go, go!” a ripetizione. Ovviamente Siwon si limitò a guardarli con un elegante sorriso.
Kyuhyun aveva bevuto troppo e ne era consapevole. Normalmente non alzava il gomito in presenza della famiglia e, soprattutto, non lo faceva il giorno della Vigilia di Natale.
«…Ma stasera è una serata speciale!
» considerò, alzando il calice. Tracannò il bicchiere e, siccome gli girava un pochino la testa, strizzò gli occhi per guardarsi intorno.
Quella dannata J stava attirando l’attenzione riproponendo la solita Mandusfida. Sbuffò. Lei e Heechul avevano fatto gli schifosi piccioncini tutta la sera, battibeccando come due novelli sposi. Quell’aria di gioia festosa gli dava il voltastomaco e poi faceva un caldo allucinante! Ecco perché si alzò di scatto, barcollando appena.
«Vado a prendere una boccata d’aria…
» annunciò, sollevando la bottiglia che, da fedele compagna, lo seguì sul terrazzo adiacente alla sala.
 
L’aria gelida della sera diede subito una sferzata di energia al ragazzo che la respirò a pieni polmoni, sentendola scorrere ghiacciata attraverso la trachea. Si sentì subito meglio e, riacquisita un minimo di lucidità, si appoggiò al davanzale con i gomiti, bevendo un altro sorso di vino delizioso. Sotto di lui la città era illuminata per le feste, qua e là poteva sentire i clacson delle auto e i cori natalizi. Bevve un altro sorso e poi soffiò guardando il proprio respiro condensarsi in una nuvoletta di vapore che andò disperdendosi in un cielo senza stelle e senza luna. Faceva caldo, pensò, chiudendo gli occhi pigramente.
Il chiasso proveniente da dentro l’appartamento era lievemente attutito dalle finestre chiuse, il che era un autentico sollievo. Si rilassò per un poco, poi si tirò su e si sfilò la giacca, appoggiandola sulla ringhiera. Allentò il nodo della cravatta, sbottonò i primi tre bottoni della camicia e con la mano libera si spettinò i capelli sulla fronte appena sudata. Fu allora che sentì delle urla provenire dall’interno: qualcuno doveva aver vinto la Mandusfida e, a giudicare dalle grida di giubilo di Heechul quel qualcuno doveva essere Yesung. Sulle belle labbra del Maknae si dipinse un sorriso amaro. Heechul vinceva sempre.
«Ehi, che caldo!
» la voce di J lo sorprese alle spalle. Non si era accorto del suo arrivo. La vide entrare con lo sguardo basso, tanto per evitare di inciampare sui tacchi vertiginosi che le avevano messo. Sembrava a suo agio con quel abitino cortissimo: il bustino ricamato che le stringeva la vita aveva lo scollo a cuore, poi l’abito si apriva in una gonna a campana, provvista di una sottogonna di tulle bianco che, sollevandola, scopriva ancora di più le sue belle gambe color latte. Sulle ginocchia erano ancora visibili i vecchi segni delle ferite che lui le aveva curato.
Non rispose al suo commento, decise di far finta che lei non esistesse.
J si appoggiò alla ringhiera e studiò il suo profilo stagliato contro la notte. Con i capelli spettinati e la camicia slacciata quel tanto che bastava per mettere in mostra un lembo di pelle era ancora più bello del solito. Si ritrovò inspiegabilmente a fissare le sue mani affusolate che ciondolavano oltre la ringhiera.
«Stasera sei strano, tutto bene?
» azzardò ancora la ragazza, reclinando appena il capo da un lato e spalancando i grandi occhi chiari. Lui non diede cenni di vita, sembrava deciso a ignorarla. «Hyung?»
«Che vuoi?» le rispose bruscamente.
«Scusami, volevo solo vedere se stavi bene.
» si affrettò lei, sorridendo come faceva ogni volta che lui la metteva a disagio.
«Non si vede?
» la provocò retorico, voltandosi finalmente a incrociare il suo volto sorpreso.
«A me sembri arrabbiato.
» Ingenua, era solo una piccola ragazzina ingenua.
«Oh, ma davvero? Complimenti per l’analisi, Freud!> replicò sarcastico, bevendo un sorso di vino dalla bottiglia. «Ora se hai finito di psicanalizzarmi puoi anche andartene!
»
«Hyung, che è successo? Non so chi sia questo Froid ma se ti ha fatto qualcosa io…»
«Ascolta, dobbiamo per forza?»
«Dobbiamo cosa?»
«Fingere che c’importi l’uno dell’altra.» a quelle parole J si bloccò. Kyuhyun vide chiaramente il suo volto sbiancare. Era evidente che non si aspettava una risposta del genere. Le lasciò il tempo di riprendersi dallo shock, tornando a guardare Seul di notte.
«Non capisco.
» ammise la ragazza con voce flebile, dopo un po’.
«Strano, pensavo fossi intelligente!
» fu la replica cattiva di lui che si voltò in sua direzione con tutto il corpo. «Ma siccome sono gentile, te lo spiego: il fatto che conviviamo insieme non significa che dobbiamo per forza piacerci, ok? Smettiamola con questa farsa dell’amicizia: io e te non ci siamo mai andati a genio.»
«Ma io veramente…»
«Tranquilla: non sono qui per renderti la vita impossibile. Manteniamo questa cosa sul livello di convivenza pacifica, ok? Io non creo problemi a te e tu non ne crei a me. Così siamo tutti felici.» le spiegò. Sapeva di averla ferita ma aveva deciso che non gli importava. Non era certo suo il compito di proteggerla: spettava al suo fidanzatino Heechul. J rimase in silenzio, colta impreparata da quel discorso. Da come si ostinava a guardare verso il basso Kyuhyun intuì che stava per piangere. Strinse i denti. No, non avrebbe accettato di vederla in lacrime, non poteva sopportarlo. Era molto meglio se l’avesse odiato. «Forse è il caso di fare una precisazione: quando dico di non crearmi problemi, intendo anche di non andare in giro a fare scandalo, chiaro?»
«Quale scandalo?»
«Mi riferisco alla relazione tra te e Heechul, vedi di non farti beccare mentre lo frequenti o tutti noi ci andremo di mezzo!»
«Ma io e lui non ci frequentiamo!» replicò la ragazza, a voce un po’ troppo alta, facendo un passo verso di lui. Quelle parole, invece di tranquillizzare il Maknae, lo fecero irritare ancora di più.
«Se c’è una cosa che non tollero è quando insulti la mia intelligenza. Credi che sia un idiota, pensi che non sappia come funziona? Non sarai mica così sciocca da credere di essere la prima, vero?!
» anche lui fece un passo avanti ed entrambi si fronteggiarono. J stava perdendo la pazienza, esattamente come voleva lui.
«Non sono la sua ragazza! Lui me l’ha chiesto ma io…
»
«Non m’interessa.»
«Hyung!»
«YA!» quando lui le urlò in faccia J si paralizzò. Tutta la sua rabbia svanì in un millesimo di secondo e rimase a guardarlo dal basso verso l’alto, vagamente spaventata. La voce di Kyuhyun aveva un potere troppo forte su di lei. Dal canto suo il Maknae non voleva atterrirla ma era troppo arrabbiato e ubriaco per controllarsi.
Quando parlò di nuovo la sua voce era tornata calma. Si fece fredda e tagliente e divenne, se possibile, ancora più micidiale.
«Ascoltami bene perché te lo dirò soltanto una volta. Questa è la dura verità ed è meglio che tu la accetti ora.
» le sussurrò talmente vicino che J poté sentire il suo respiro addosso. Gli occhi di lui erano come laghi d’inchiostro in cui, per un attimo, credette di annegare. «Tu sei solo di passaggio, sei un moscerino sul parabrezza del nostro minivan, nulla di più. Andrai via come sei arrivata e tutti si dimenticheranno di te. Pensi di essere tanto interessante solo perché sai fare quattro calcoli a mente e usare un cacciavite? Beh, sei solo un’idiota se credi che sia così: lo Hyung ti userà, si divertirà e poi ti getterà via come un calzino usato. Sai quante ragazze mille volte più belle ci sono là fuori? Sai quante persone con una famiglia, una storia, una reputazione darebbero l’anima per stare anche solo una notte con uno di noi? Credi che qualcuno di noi rischierebbe la propria carriera, il rapporto con la famiglia per stare insieme a una ragazzina senza radici, senza casa né dote che non è neanche minimamente avvenente come te? Forse t’illudi che, siccome le Noona ti hanno accolto, le Omma ti hanno abbracciato e gli Appa ti hanno dato un paio di pacche sulle spalle sei una di noi, beh, ti sbagli. Prova a dire alla madre di Heechul Hyung che esci con suo figlio e vedrai. Tu non sei come noi, non sei fatta per il nostro mondo, sei solo un giocattolo, un antistress per il dopo lavoro. Divertiti con lo Hyung finché puoi, questo è un consiglio.»
Le disse tutto guardandola dritto in faccia, senza pietà.
Lo disse osservando i suoi occhi sempre più lucidi, sempre più colmi di lacrime.
Notò le sue labbra schiuse che annaspavano per un po’ d’aria, le guance arrossate per la rabbia e continuò a guardarla anche quando lesse sul suo volto un dolore talmente grande da spaccarle il cuore.
J non disse niente, neanche una parola. Fece solo un passo indietro e rientrò in casa, più veloce che poté.
Kyuhyun rimase immobile a fissare il punto in cui lei si trovava fino a un attimo prima. Aveva il respiro affannato, gli tremavano le mani e sentiva le vene pulsare sulle tempie. Con un gesto rabbioso lanciò a terra la bottiglia, urlando con tutta la forza che aveva.
Tanto nessuno degli inquilini del dodicesimo piano l’avrebbe sentito.
 
J entrò nella sala come una furia e prese Heechul per il braccio, trascinandolo con sé in cucina.
«Ehi, che c’è? Stavo parlando con… che è successo?
» le chiese lui sorpreso quando la guardò in faccia. Lei non disse niente. «Ehi?!» insistette, prendendola per le spalle e scuotendola appena. La ragazza sembrava in stato di shock ma, inaspettatamente, si divincolò dalla sua presa.
«Chiedimelo di nuovo.
» disse quindi, con voce singhiozzante.
«Che è successo?
»
«Non quello, Hyung, l’altra cosa!> Heechul si prese un attimo per pensare, poi capì.
«J, non dire stupidaggini! Che ti prende, Kyuhyun ti ha detto qualcosa?
»
«Non ha importanza, ok? Rifammi la tua proposta!»
«Non posso farlo.»
«Allora lo farò io: voglio essere la tua ragazza, ci stai?»
«Non fare così...»
«Ho detto: ci stai?»
Sungmin, Shindong e Ryeowook non poterono sentire altro della conversazione tra i due perché la risposta di Heechul venne sussurrata a bassissima voce. Subito dopo, però, i due si abbracciarono e J proruppe in un pianto disperato.
Sungmin sospirò, guardando i due amici preoccupati.
«Qui si mette male.» esalò.

Cicci ti prego, non odiarmiH! Sì, lo so, ti avevo detto che in questo capitolo ci sarebbero state sensazionali scene amorose tra Kyuhyun e J... non potevo mentire di più, MUAHUAHUA! La prossima volta pensaci due volte prima di attentare alle mie ovaie e alla mia salute mentale parlandomi del mio amato Maknae *l'autrice è una persona orribile, sì*. 
Non odiarmi eccessivamente però, sennò poi mi deprimo... vedrai che un giorno ti accontenterò in modo più che soddisfacente! *-*/ 
Alle altre lettrici, grazie per aver letto questo capitolo, spero che vi sia piaciuto. Se non fosse così, se ci fossero errori o schifezze varie, fatemelo presente, VI SCONGIUROH! 
Un grazie ENORME a tutte le persone che mi seguono: Blinger, Brazzo, Chippie, ChiyuBANANA, Eli_Maknae, Haru_, haven, Letina, Lightfire, Vale Aj Kim, Val_Sunshine <3 <3 <3 per voi una foto random della YeHae (pairing assurdi ma sempre ben
accetti) http://superjunior.musicasia.net/wp-content/plugins/RSSPoster_PRO/cache/b4062_20110822_donghae_yesung_1.jpg ; 
un bacio con la lingua (?) a chi invece mi recensisce pazientemente ogni capitolo: Ahrya, angelteuk, cicci92 (perdonamiperdonamiperdonami), Federica25, InstantDayDream, Kami_Sshi, kateryna, Robby SuperElf e OnewsmileislikeaSun! Per voi un'immagine di Helena: http://i112.photobucket.com/albums/n185/saukerl/emu.jpg ;
Infine parte un urlo disumano per tutte le persone che hanno inserito la storia tra le preferite: Ahrya, Haru_, Mia Fernadez, OnewsmileislikeaSun, Perlascent Blue Sky, RachelB e RobbySuperElf... a voi regalo una delle selca di Kyu che preferisco... il suo sorriso malvagioahfnioeufhseifuhse http://3.bp.blogspot.com/-4ODGpQgMirg/TjUOJYZnItI/AAAAAAAAAOA/-nZkZe9J84Y/s1600/kyuckoo.jpg 
Grazie per l'attenzione, un bacione e alla prossima :D

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Capitolo 28
*** Catene ***


Annyeong! *-* Quanto tempo è passato?
Tanto, troppo. 
Mi spiace tantissimo per questa lunga assenza e mi scuso col cuore con tutte le lettrici che si aspettavano un minimo di serietà in più da parte mia! 
Non ho mai smesso di pensare a questo racconto, nonostante la lontananza, perciò ecco qui un nuovo capitolo, che spero riceva un po' di amore da voi! 


Diciotto Gennaio – Ore dieci e trenta
 
La Signora Kim gestiva il fruttivendolo “Garak Market”, nella zona di Songpa, da ben trent’anni e, nonostante fosse passato tanto tempo dalla prima volta che aveva esposto la sua merce sulla strada affollata, non aveva mai smesso di amare il proprio lavoro.
Ogni giorno s’inventava nuovi modi per rinnovare l’immagine del negozio, assicurando alla clientela frutta fresca a buon mercato.
Quel mattino la Signora Kim si trovava in strada a sistemare una cassetta di mele. Aveva deciso di impilarle le une sulle altre, a partire da una grossa e solida base circolare, fino a culminare con un’unica mela come vertice. Ci mise un’ora ad assicurare alla torre la dovuta stabilità ma, dopo tanta fatica, non poté che dirsi soddisfatta: la torre era alta e slanciata, l’avrebbero notata anche dall’altra parte della strada!
Stava giusto rimirando il proprio splendido lavoro con soddisfazione quando Park Inyoung svoltò l’angolo ed entrò in scena.
Camminava spensierata, con la lunga tracolla della borsa di cuoio in spalla e il montgomery bianco, nelle cui tasche affondava le mani guantate. Incassò la testa tra le spalle, facendo sparire metà del viso dentro la lunghissima sciarpa di lana, quando notò la bella piramide esposta davanti al Garak Market. La fermata dell’autobus era proprio davanti al fruttivendolo, perciò Inyoung decise d’ingannare l’attesa facendo un salutare spuntino.
«Ajumma, quanto vengono queste mele?
»
«Quattromila won al chilo, sono freschissime, arrivate proprio stamani!» esclamò con fierezza la Signora Kim, infilando le mani in tasca e raddrizzando la vecchia schiena. «Gliene prendo un paio?» chiese, infilando la mano in un guanto di plastica trasparente.
«Ne basta una.
» disse Inyoung, aprendo la borsa per estrarre il portafogli. La Signora Kim allungò la mano verso il vertice della piramide quando Inyoung proseguì. «Mi scusi, potrei avere questa?» chiese, indicando una mela rosso fuoco situata proprio al centro della piramide. La negoziante la guardò per un attimo preoccupata: se avesse estratto quella mela la piramide non sarebbe crollata? Con tutta la fatica che aveva fatto per impilarle così bene, doveva proprio prendere quella?
Park Inyoung non notò lo sguardo preoccupato della Signora, intenta com’era a cercare degli spiccioli nel proprio portafogli, così alla fine la fruttivendola si risolse per tentare la sorte. Con estrema delicatezza sorresse la piramide mentre estraeva la mela desiderata, pregando perché la struttura reggesse. Entrambe le donne osservarono con vaga apprensione la torre traballare pericolosamente. La Signora Kim trattenne il fiato per un attimo ma, per fortuna, la piramide si assestò, facendole tirare un sospiro di sollievo.
«Ecco a lei!> disse, con rinnovato slancio, mentre porgeva la mela rosso fuoco alla cliente. Il sorriso pieno di gratitudine che la ragazza le riservò ricordò alla vecchia signora perché amava il proprio lavoro.
Le due si salutarono con un inchino, poi Inyoung si voltò e, addentando la mela, corse verso la fermata. La Signora Kim la guardò allontanarsi in silenzio, quindi infilò le mani in tasca e si voltò diretta verso l’ingresso del negozio.
 
Fu allora che il vento si alzò.
La proprietaria del Garak Market non fece in tempo a voltarsi ma sentì chiaramente il rumore delle mele che rotolavano giù dalla bancarella in strada. Non fu per quel motivo, però, che si girò spaventata verso il marciapiede.
Un urlo di dolore si unì al fragore delle mele ruzzolanti: un uomo doveva esserci inciampato sopra.
 
A trentasei minuti di autobus da Songpa…
 
J aprì gli occhi. Per un attimo non vide niente, poi il profilo dei mobili della sua stanza emerse dall’oscurità e le fece tirare un sospiro. Le succedeva sempre così. Ogni notte impiegava ore e ore per addormentarsi. Quando finalmente ci riusciva aveva incubi ricorrenti di cui, però, non si ricordava mai e non appena riapriva gli occhi, per un solo, eterno secondo non riconosceva nulla di ciò che aveva intorno, come se fosse un’altra persona. Poi però si ricordava del giorno prima, di quello prima ancora e di tutti i giorni tragicamente uguali che aveva passato nell’ultimo mese e sospirava.
In quelle ultime due settimane era raro che uscisse dalla propria stanza, se non per sgattaiolare in cucina a prendere del cibo. I Super Junior non sospettavano minimamente cosa le stesse succedendo: dopo il Natale non avevano fatto che lavorare così ininterrottamente che rientravano a casa solo per le tre ore necessarie a farsi una doccia e dormire un poco, ammesso che tornassero. I concerti di fine anno, il comeback del gruppo principale, seguito da quello dei Super Junior T, uniti ai vari progetti personali, avevano tenuto tutto il gruppo talmente impegnato tra esibizioni all’estero, promozioni, programmi, riprese e interviste, che praticamente J non li aveva più visti se non sullo schermo del televisore.
Non era quello, però, il motivo della sua confusione.
Si rigirò nel letto un paio di volte, sbuffando. Infine allontanò la coperta scalciando e si alzò in piedi talmente in fretta da sentire la testa girare.
La stanza era totalmente buia ma i suoi occhi si erano abituati all’oscurità. Erano giorni che non alzava le persiane. Mosse i primi passi barcollanti e, dopo pochi secondi, si ritrovò sola nel corridoio scuro. Il pavimento era gelido sotto i suoi piedi scalzi. Scivolò silenziosa verso la cucina, accarezzando il muro con la mano. I capelli spettinati ricadevano in ciocche disordinate attorno al volto. Il respiro vagamente affannato spingeva quei fili di seta nera lontano dalle labbra.
Un attimo dopo J era in cucina, con la mano sulla maniglia del frigo. Alle sue spalle sentì il rumore delle zampe di Helena, segno che lo struzzo era dietro di lei. Non si voltò ma osservò l’animale riflesso sulla superficie dello sportello. Sembrava confusa anche lei: forse non l’aveva mai vista in quel modo.
Senza dire niente J abbassò lo sguardo e aprì il frigo. Afferrò un pomodoro e lo morse così com’era, sbrodolandosi del suo succo lungo il mento. Stava ancora masticando quando agguantò un panetto di burro e gli diede un grosso morso. Lo ripose con i segni dei suoi denti stampati sopra.
Continuò a mangiare in silenzio e, infine, rubò del pane dalla credenza, seguita passo dopo passo da Helena. Stava giusto per avviarsi in camera, quando sentì il campanello suonare. Sorpresa si voltò verso lo struzzo, come se all’animale fosse dato sapere chi fosse. Lasciò scivolare lo sguardo verso la porta, meditando sull’idea di lasciar perdere e fingere di non essere in casa.
Poi però pensò che potesse essere lui, Kyuhyun.
Corse alla porta.
«Chi è?
»
«Ya, mi hanno mandato a vedere come stavi!» quando J udì quella voce femminile si afflosciò: era solo Inyoung, la sorella di Leeteuk.
«Grazie, sto bene, Noona.
» replicò, nella speranza di mandarla via.
«J, fammi entrare.
»
Silenzio. Inyoung temette per un attimo che la ragazza se ne fosse andata ma, alla fine, la porta si socchiuse.
«J?
» quando la più grande entrò, fece appena in tempo a vedere la più piccola sparire in direzione delle camere. Arricciò il naso: la situazione era peggio di quanto lei e i Super Junior immaginassero. Si chiuse la porta alle spalle e la seguì in silenzio.
«Ew, che puzza!
» esclamò disgustata, quando si ritrovò nella sua stanza. «Da quant’è che non apri le finestre?»
«Mi sono abituata agli spazi ristretti.» replicò J, di nuovo infagottata sotto le coperte a sbriciolare il pezzetto di pane.
«Sciocchezze!
» borbottò l’amica più grande, andando alla finestra e spalancando le tende con un movimento secco.
«A-aspettAAAH!
» un attimo dopo la stanza venne inondata dalla fredda luce di quel mattino d’inverno, costringendo J a coprirsi gli occhi, abbagliata.
«Ti presento il mondo… Oh, guarda: nevica!
» Inyoung respirò l’aria fredda di fuori, quindi si appoggiò al davanzale osservando il cielo puntellato di giovani fiocchi di neve. Cadevano morbidamente, senza fretta di arrivare a destinazione. Un attimo dopo J era al suo fianco, con le mani, nascoste dalle ampie maniche del pigiama, serrate attorno al pezzetto di pane che rosicchiava con aria curiosa. Non aveva mai visto la neve.
«E’ stato un mese difficile per te.
» disse Inyoung.
«Non sono abituata a questo.
»
«Nessuno è abituato a stare da solo, tesoro.» replicò, tirandosi indietro per sfilarsi il cappotto.
«Non è la solitudine il problema.
»
«Giusto, c’è anche Cho Kyuhyun.» a J andò quasi il pane di traverso quando sentì quel nome.
Sì, quel nome.
L’aveva accompagnata ogni minuto, ogni secondo di quell’ultimo mese. L’aveva sentito urlare nella propria testa e aveva in tutti i modi cercato di estirparlo dai propri pensieri, fino ad anestetizzarsi completamente, fino quasi a dimenticarlo. Lui però era lì, era sempre stato lì: nascosto in attesa di riemergere. La confusione che Inyoung vide sul volto della ragazza sembrò bastarle come risposta.
«Non essere sorpresa, tutti lo sanno.
»
«T-tutti?»
«I ragazzi non fanno altro che parlarne, ogni volta che lui si allontana per più di cinque minuti. Sono molto preoccupati.»
«Davvero?!» Inyoung sospirò.
«Rischierebbero la carriera per ospitarti, se non si preoccupassero per te?
» J abbassò lo sguardo, tornando a osservare la neve. Tutte le volte che sentiva quella frase ripensava a ciò che Kyuhyun le aveva detto quella sera sulla terrazza. Dopo un mese passato a rimuginarci su aveva finalmente capito, era addirittura arrivata a ringraziare il Maknae: dirle la verità l’aveva aiutata a guardare le cose in modo diverso. Le aveva aperto gli occhi. «C’è dell’altro, però…» Inyoung aveva capito che J non avrebbe detto nulla di sua spontanea volontà. «Dicono che tu e Heechul-shi state insieme, è così?» la vide sorridere divertita a quelle parole.
«Non so ancora bene cosa voglia dire stare insieme.
»
«Significa che tu sei sua e lui è tuo.»
«Stanno insieme due persone che non si vedono da un mese?»
«Vi sentite spesso però, non è vero? Ryeowook-shi mi ha detto che Heechul-shi passa molto tempo al telefono ultimamente.» J annuì.
«Parliamo molto.
» non disse altro. Si limitò ad abbassare lo sguardo sulla strada brulicante di macchine. Passò un altro minuto di silenzio, poi Inyoung sospirò.
«Che ti succede, tesoro? Non ti riconosco.
» le disse preoccupata, facendo un passo verso di lei.
«Sono confusa.
» replicò la più piccola, chiudendo gli occhi per un attimo. «Che cos’è tutto questo?» cominciò a dire, voltandosi.
«Questo cosa?
»
«Non lo so, questo! Prima era diverso: non avevo nessun filtro, non mi chiedevo cosa fosse giusto e cosa sbagliato. Agivo e basta, naturalmente, come mi veniva. Se avevo voglia di dormire nell’armadio di Shindong lo facevo…»
«Hai dormito nell’armadio di Shindong?»
«Profumava di lavanda.» tagliò corto J. «Ora è tutto cambiato e non capisco perché. Mi faccio mille domande prima di agire: sarà la cosa giusta, sarà sbagliata, cosa succederà dopo e cosa penserà lui? Prima non m’importava neanche di sapere chi fossi, anzi, ero seriamente decisa a non scoprirlo perché stavo bene così, ora quella domanda mi assilla. Chi sono io? Ho una famiglia, una vita, un lavoro? Quanti anni ho, ho mai avuto un ragazzo? C’è qualcuno là fuori che piange per me?»
«E’ normale farsi queste domande.»
«E’ proprio questo il punto, Noona: è normale.»
«Non ti seguo.»
«Io non sono mai stata normale.» Inyoung non seppe replicare alle parole della ragazza. L’aveva vista qualche volta dopo la Vigilia ma non sentiva ancora di conoscerla a fondo. Fu J a proseguire «Mi chiedo se la persona che sono stata fin’ora ero davvero io, se ricordando il mio passato cambierò e diventerò qualcos’altro, una cosa che non riconoscerò, che i Super Junior non riconosceranno e che non riusciranno ad amare. Prima era tutto bianco e nero, ora le sfumature sono centinaia e non so più da che prospettiva guardarmi intorno. Amo Kyuhyun Hyung…» la sua voce s’incrinò appena a quelle parole. «…ma lui mi detesta. Disprezzo Heechul Hyung ma lui vuole stare con me e io…»
«Perché hai accettato se lo disprezzi?»
«Ero arrabbiata, furiosa per quello che Kyuhyun mi aveva detto. Lo Hyung si sta prendendo cura di me, dopotutto.» c’era dell’altro ma J non volle dire di più a proposito del rapporto tra lei e Heechul.
«Giusto, gli altri continuano a chiedersi che cosa sia successo su quella terrazza.
»
«Lui non ne ha parlato?»
«Lui non ti ha neanche più nominato. Si comporta come se non esistessi.» Inyoung pronunciò quelle parole con cautela ma, nonostante la sua voce si fosse fatta sottile e incerta verso la fine della frase, poté riconoscere il dolore sul volto di J. Tuttavia si sorprese della velocità con cui la ragazza indurì la propria espressione e la tramutò in ghiaccio. Aveva un controllo decisamente fuori dal comune. «Mi dispiace.» aggiunse.
«Non devi dispiacerti, in fondo lo sapevo già. Conosco Cho Kyuhyun.
» disse J con un sorriso amaro.
«E’ vero, il che ci riporta all’unica persona che devi ancora imparare a conoscere.
» la sorella di Leeteuk si avvicinò a J e le posò le mani sulle spalle, guardandola decisa negli occhi. J ricambiò lo sguardo curiosa per un attimo, poi capì. Il terrore si fece largo sul suo volto di bambola.
«No…
» sussurrò con un filo di voce.
«Oh, sì!
» replicò Inyoung, mentre stringeva la presa sulle spalle della ragazza. «Ora ci andiamo a lavare!»
«Nooooo, non voglio!» si lagnò J, mentre l’amica la tirava.
«Domani tornano i Super Junior, vuoi farti trovare in queste condizioni dal tuo ragazzo?
» tentò di convincerla la Unnie mentre l’altra si dimenava cercando di scappare.
«Non m'importa del mio ragaz...
» J si era aggrappata al davanzale mentre Inyoung la tirava per i fianchi. S’interruppe perché anche Helena si era unita alla lotta, tirandola per i pantaloni con il becco appuntito. Inutile dire che non fu difficile per le due avere la meglio sui quarantatre chili di ossa e pelle di J.
Neanche si accorse che il pezzetto di pane che stringeva nel pugno le sfuggì di mano e cadde dalla finestra.
 
Fu un volo veloce ma durò un’eternità. Cadde in mezzo ai fiocchi di neve, rotolando nell’aria fino a infrangersi in una pozzanghera, schizzando dappertutto.
Spike era uno dei pochi cani randagi della zona. Si vantava di essere sfuggito all’accalappiacani per ben quattordici volte e nessuno osava mettersi contro di lui.
Solo Spike sapeva la verità. Non era un campione di coraggio, non aveva affrontato nessun accalappiacani: era semplicemente un fifone che sapeva correre molto veloce.
Stava giusto camminando sul marciapiede, affondando le bianche zampe nella neve quando qualcosa si schiantò a terra davanti a lui, terrorizzandolo a morte. Con un guaito cambiò rotta e s’infilò in uno dei vicoli, deciso a correre più veloce che poteva, lontano dal pericolo.
Spike non seppe mai che si trattava solo di un pezzo di pane.
 
«Amore ma che dici?
» Lee Hyukjae alzò gli occhi al cielo, non credeva possibile che stesse succedendo di nuovo. «Quella è una ballerina della SM, è normale che balli insieme a me, chiaro?!» esclamò, urlando l’ultima parola nel microfono del cellulare. In quei momenti si pentiva di avere un debole per le belle ragazze. Perché dopo tanti anni si faceva ancora bistrattare da Jieun? Forse perché era dolce, bellissima, di successo, brava a letto, sì, però era così tremendamente gelosa! I membri continuavano a dirgli di lasciarla perdere, che non avrebbe dovuto perdonarla dopo che aveva pubblicato quella foto di loro insieme su Twitter, scatenando il panico in tutta la Nazione.
Lee Hyukjae, però, non era il tipo che portava rancore. Aveva finito addirittura per chiederle scusa, dal momento che quella ripicca era dovuta al fatto che lui si era lasciato baciare sulle labbra da una trainee in erba. In momenti come quelli, però, Eunhyuk aveva solo voglia di sbatterle il telefono in faccia.
«Ascolta, ne abbiamo già parlato, il lavoro è lav… di nuovo con questa storia della EunHae? Come sarebbe a dire che preferisco lui a te?
» il discorso durò ancora a lungo. L’autista del SUV era stato pagato profumatamente per non parlare a nessuno di quelle conversazioni. Nulla, però, gli vietava di godersi i battibecchi quotidiani tra Eunhyuk e la sua fidanzata, l’artista IU. Lo stava osservando dallo specchietto retrovisore quando una macchia di colore bianco attirò la sua attenzione.
 
Spike stava correndo veloce, il suo cuore martellava forte. Era talmente terrorizzato che attraversò la strada senza pensare e, quando sentì il clacson e lo stridio dei freni di un SUV nero che prese a sbandare nel tentativo di evitarlo, scappò via ancora più in fretta, sparendo alla vista.
 
«Eunhyuk-shi, sta bene?
» l’autista si voltò di scatto preoccupato. Era andato a sbattere contro un cassonetto e dal cofano del veicolo usciva del fumo bianco. Fortunatamente Lee Hyukjae era illeso ma terrorizzato. Si teneva una mano sul petto e respirava affannosamente. Il telefono doveva essergli caduto di mano ma lui non ci pensò.
«Sto bene.
» ansimò il ragazzo. «Tu?» aggiunse, troppo buono per non preoccuparsi del prossimo.
«Sto bene, signore, mi dispiace: un cagnolino ha attraversato all’improvviso e…
» Hyukjae tagliò corto sfarfallando la mano.
«L’hai investito?
» chiese già con le lacrime agli occhi cercando di guardare oltre il parabrezza. Quando l’autista scosse il capo il ragazzo sospirò e si abbandonò contro lo schienale del sedile. «Dove siamo? È tardi! Devo correre agli studi.» esclamò, guardandosi intorno.
«A dieci minuti d’auto dalla sua destinazione. Purtroppo però non penso che il veicolo ripartirà, signore!
» replicò affranto il guidatore, aprendo lo sportello. Eunhyuk fece lo stesso poco dopo, mentre un paio di auto si fermavano per prestare soccorso.
Il primo ballerino si guardò intorno: cominciavano ad arrivare troppe persone, era meglio per lui allontanarsi di lì.
«Kibum Hyung, ti spiace se mi avvio a piedi?
»
«No, signore, me ne occupo io!»
«Grazie, Hyung.» replicò Hyukjae con un lieve sorriso e, con il cuore ancora martellante per lo spavento, attraversò la strada di corsa.
Non si accorse che il suo telefono era rimasto sul sedile del minivan, né che lo schermo s’illuminò, segno che qualcuno lo stava chiamando.
 
Cinquecento metri più avanti…
 
«Boia deh, ch’è successo?
» una ragazza era ferma davanti a un camioncino bianco. Era rivolta a un signore che stava scaricando dal retro del furgone due enormi casse di fragole sul marciapiede.
«Eh, niente. il signor Jung ha avuto un incidente stamani. Pensa te: è inciampato su un cumulo di mele ruzzolanti e si è rotto un braccio, ti pare normale? Comunque non può venire ad aiutarti!
»
«Maremma ‘mpestata, oh come fo adesso?! Un ce la farò mai a porta’ queste du’ hasse fino alle hucine da sola!» e giù imprecazioni di varia natura. «Gnamo, dammi ‘na mano, via!»
«Su su, non ti lamentare, sono solo un centinaio di metri, lo sai che non posso arrivare fin là con il pulmino e poi ho un’ernia, non posso trasportare pesi. Mia moglie mi uccide se lo scopre!»
«Via, Ajusshi, non le hai appena scarihate le hasse?! E poi quando mai ci parlo con la tu’ moglie io?!»
«Mi dispiace, ok? Devo fare altre consegne, veditela un po’ da sola.» tagliò corto il signore, chiudendo con un tonfo il retro del furgone e saltando sul sedile del guidatore senza neanche salutarla.
«Accident’a te, popò di stron…
» La ragazza assottigliò lo sguardo verso il pulmino che si allontanava, mandando tuoni e fulmini dagli occhi, quando una voce giunse alle sue spalle.
«Oh, fragole!
» esclamò Eunhyuk fermandosi in prossimità delle casse con il viso illuminato dalla meraviglia. La ragazza si voltò crucciata, poi lo riconobbe.
«Cazzo maiale!
» esclamò, tappandosi la bocca subito dopo con le mani, mentre continuava a fissarlo con gli occhi castani sgranati. Per fortuna lui non l’aveva sentita: era troppo impegnato a guardare il contenuto delle casse.
«Posso averne una?
» continuò il ragazzo, felice come un bambino, allungando la mano verso il frutto più grosso che riuscì a vedere.
«No.
»
Fu a quella risposta che l’Acciuga alzò il capo.
«No?
» era un idol, non era abituato a sentirsi rispondere in quel modo. Proprio grazie a quella parola Eunhyuk guardò in faccia la ragazza di fronte a lui.
Aveva un viso regolare, un corpo slanciato e longilineo ma non lo colpì particolarmente fino a che non la vide sorridere. Quando lo fece il suo viso divenne talmente luminoso e dolce che per un attimo il primo ballerino pensò di trovarsi su una spiaggia delle Hawaii e non su un marciapiede innevato di Seoul.
«No.
» ripeté la ragazza, senza smettere di sorridere. «Ma te ne lascerò prende’ due se mi aiuti a porta’ queste hasse alle hucine.» proseguì, lasciando che il sorriso si allargasse. Non sapeva dove trovava la forza di rivolgersi così a un Super Junior, anzi, a quel Super Junior. Forse lo conosceva troppo bene per non sentirsi totalmente a proprio agio con lui.
«Ci sto.
» replicò senza esitazioni il ragazzo, per nulla dispiaciuto all’idea di mostrare la propria prestanza fisica a una bella ragazza e ricevere pure due fragole in regalo. In barba a Jieun e al suo rompere le scatole di continuo!
Con quel pensiero in testa, il ragazzo sollevò le maniche del felpone di dubbio gusto che indossava, scoprendo gli avambracci dalla pelle chiara e dalla muscolatura soda e definita, quindi si piegò in avanti e afferrò dai lati la cassa inferiore.
«No, guarda, so’ troppo pesanti, un penso che tu possa sollevalle entrambe!
»
«Pfff, sciocchezze, sono leggerissime!» replicò il ragazzo con la voce contratta per lo sforzo. Fece per tirarsi su ma una tremenda forza lo spinse nuovamente verso il basso. Ok, forse erano pesanti davvero.
Arrossì furiosamente quando sentì la ragazza in piedi accanto a lui ridere. Il fatto che avesse una risata meravigliosa non lo confortò affatto, perciò fece per sollevare le casse ancora quando improvvisamente il peso si dimezzò e il ragazzo si tirò su talmente in fretta che quasi non cadde.
Lei aveva afferrato la cassa superiore e stava già camminando verso il vicolo, senza smettere di ridere.
Eunhyuk scosse il capo imbarazzato, quindi accelerò per raggiungerla.
«Allora, sei di Mokpo?
» le chiese una volta che riuscì ad affiancarla. Ansimava appena: anche da sola la cassa era davvero pesante.
«Seh, vivevo nella stessa via di Lee Donghae-shi.
»
«Oh, davvero? Ah, quel Pesce maledetto si cucca sempre le fan migliori.» azzardò il primo ballerino con un sorrisino, lanciandole un’occhiata di nascosto.
«In realtà mi garbano parecchio di più le acciughe.
» ammise lei timidamente. Per lo stupore Eunhyuk si fermò e rimase indietro di qualche passo.
«D-davvero?!
» non sapeva perché ma era tremendamente felice all’idea. La fissò con un sorriso ebete.
«Seh…
» replicò la ragazza, senza osare guardarlo. Hyukjae non poté che notare che lei non faceva nessuna fatica a trasportare la cassa, mentre lui si sentiva come se le braccia fossero in procinto di staccarsi di netto dal tronco. Dal canto suo la ragazza era troppo impegnata a evitare il suo sguardo e a festeggiare interiormente quell’inaspettato incontro per pensare alle fragole che trasportava. Si voltò verso di lui solo quando lo sentì ridere.
«Che c’è?
» gli chiese sorpresa, sbattendo le folte ciglia.
«Niente, è che fa uno strano effetto sentire una ragazza parlare un dialetto così.
» quelle parole bastarono a farla morire d’imbarazzo.
«S-scusami, il mi’ Hapo lo dice sempre che un devo parla’ coi hlienti, però io so’ ‘na hiacchierona pe’ nathura e quindi…
»
«No, no, non me ne stavo lamentando!» si affrettò lui. «Lo adoro.» aggiunse, lasciandola letteralmente di stucco.
«Lo adori?
» la ragazza non riusciva a crederci. «Nel senso che ti garba proprio?!»
«Mi fa impazzire.»
Per poco lei non svenne. L’idea di far impazzire Lee Hyukjae… non aveva neanche la forza di pensarci, perciò ammutolì, tornando a fissare la strada.
«Come ti chiami?
» chiese quindi lui, dal momento che voleva distrarsi e non pensare alla pesantezza della cassa che stava trasportando.
«Cameriera di Mokpo.
»
«Come scusa?»
«Un scambiamoci i nomi, ok?»
«Ma tu sai benissimo come mi chiamo io!»
«Lo so… solo he chissà quante tue fan t’avranno detto il nome fin’ora! Te li rihordi?»
«Certo che me li ricordo!» replicò lui oltraggiato.
«Ah sì? Dimmene uno.
» fece lei, scettica.
«Ehm… Choi Yoona.
»
«Quella unnè ‘na fan, idiotha!» neanche lei sapeva come faceva a dirgli una cosa del genere, certo, il rapporto tra una Jewel e il suo bias era sempre stato qualcosa di unico e speciale. Per l’appunto Hyukjae non se la prese, ma rise.
«Allora non mi dirai il tuo nome?
»
«No, so’ sihura che mi rihorderai meglio se saprai solo he sono la hameriera di Mokpo.» il ragionamento di lei non faceva una piega, Eunhyuk dovette ammetterlo. Quella ragazza era solare e allegra, stare con lei era facile, piacevole. Oltretutto sembrava davvero forte, soprattutto considerando che era in grado di imporsi così sul suo idolo. Sentì un moto di ammirazione partire dalla bocca dello stomaco ma dovette reprimerlo: lui aveva Jieun.
Dopo pochi minuti di silenzio i due arrivarono davanti all’entrata di una cucina, sul retro di un locale dove lui non era mai stato.
«E’ qui.
» disse la ragazza, appoggiando la cassa a terra e preparandosi a salutarlo. Per la prima volta da quando aveva cominciato quel lavoro non aveva mai desiderato che il tragitto dalla strada al locale durasse tanto. Anche il primo ballerino appoggiò la cassa e sorrise: si sentiva come se un camion gli fosse passato sulle braccia.
«Scegli pure le fragole che vuoi…
» lo esortò quindi lei, riscuotendolo dai suoi pensieri. Aveva dimenticato di essere lì per le fragole. S’illuminò come un bambino al Lunapark e si sporse in avanti passando in rassegna le primizie. La ragazza lo guardò in silenzio mentre mangiava con soddisfazione: si sentì quasi mancare a quella vista ma tenne duro, mordendosi il labbro.
«Deh… se passi dal ristorante, fammi un fischio, ok?
» azzardò infine, quando lui finì di masticare. Persino quel tonto di Eunhyuk capì che quella di lei era una proposta, perciò le fece un sorriso amaro.
«Mi dispiace ma io…
»
«Sei impegnato?» gli occhi dispiaciuti di lei costrinsero il ragazzo ad abbassare lo sguardo: avrebbe potuto mentirle, eppure non volle farlo, con lei, anche se era rischioso. La cameriera si sentì come se le avessero riempito i polmoni d’acqua, così entrambi rimasero in silenzio ancora a lungo, incapaci di trovare un modo per allentare la tensione. Solo quando la ragazza sentì di poter tornare a respirare ricacciò indietro le lacrime e parlò. La sua voce suonò limpida e gentile.
«Ce l’hai una banconota da mille won?
» Hyukjae alzò il capo stupito.
«Vuoi che ti paghi?
» non poteva credere che lei gli chiedesse dei soldi in cambio delle fragole solo perché aveva già la ragazza.
«Allora, ce l’hai?
» insisté lei, allungando la mano in sua direzione, mentre con quella libera rovistava nella tasca del grembiule.
«S-sì…
» offeso e disorientato, il ragazzo non poté far altro che metter mano al portafogli e porgerle i soldi. Lei prese la banconota e, appoggiandosi al muro, disegnò su di essa un cuore, usando la penna rossa che aveva appena preso dalla tasca. Il primo ballerino la guardò sorpreso e lo stupore aumentò quando la ragazza gli rese indietro i soldi poco dopo. La guardò interrogativo.
«Credi nel destino, Lee Hyukjae-shi?
» furono le parole di lei in risposta alla sua domanda silenziosa.
«Sì.
»
«Allora vai e spendi ‘sti soldi, ovunque vuoi. Se un giorno, in tutta la tu’ vitha, rithroverai questa banconotha, allora vorrà di’ che è destino per noi due rivederci, ok?»
Eunhyuk non sapeva cosa dire ma si ritrovò inspiegabilmente a sorriderle. Per la ragazza quello era il sorriso in assoluto più radioso e spettacolare del mondo.
Non si dissero altro, lui annuì semplicemente e, facendo qualche passo indietro, strinse la banconota in mano, quindi si voltò e corse via, verso gli studi della SM.
La ragazza lo guardò in silenzio fino a che non lo vide sparire, poi si lasciò cadere seduta per terra, nella neve, in mezzo al vicolo. Non poteva credere a ciò che aveva appena fatto.

Siete riuscite a vedere la catena che percorre tutta la storia? Sono sicura di sì, siete più furbe di me, del resto! 
Non so voi ma a me il destino ha sempre affascinato. Pensare che una piccola azione trascurabile possa essere la causa di un grande stravolgimento, che ci sia qualcosa, o Qualcuno, lassù, che tira i fili della storia, è sempre stato un pensiero rassicurante e curioso. Ditemi che ne pensate,
un abbraccio sushioloso <3 

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Capitolo 29
*** Ferie anticipate ***


Gente, non ho idea di cosa ho scritto! xD
No, via, scherzo. Diciamo che ho scritto le varie parti ad una grande distanza di tempo l'una dall'altra e, siccome sono ancora un po' arrugginita, non sono proprio sicura sicura di cosa ne sia venuto fuori. Oltretutto non l'ho neanche riletto, ancora, perchè sono a casa del mio ragazzo. Insomma... dovevo pubblicare, perciò ecco qua. Se ci sono errori di distrazioni o errori atroci da inorridire, datemi una testata! 
Domani rileggerò u.u/
p.s. io sono una capra in inglese, perciò mi sono fatta aiutare da una mia amica nel discorso. Non è farina del mio sacco, insomma. <3


«Allora, che dice Kibum Hyung?
» chiese Sungmin, guardando Kangin con apprensione. 
«Niente, hanno avuto un piccolo incidente non molto distante da qui, nessuno si è fatto male. Hyukkie si è avviato a piedi. Ha dimenticato il cellulare in macchina, il deficiente.»
«A piedi? C’è una dannata bufera, là fuori!» esclamò Donghae, affacciandosi alla finestra della sala prove. Quella che fino a pochi minuti prima era una debole nevicata si era trasformata in una vera e propria tempesta di neve. Il vento ululava violento, deviando la traiettoria dei fiocchi che cadevano come proiettili verso il terreno. 
«Se non è molto lontano sono sicuro che sarà qui a momenti!» Sungmin annuì alle parole di Shindong, seduto per terra accanto a lui. Il ballerino aveva preso a stiracchiarsi e a sbadigliare sonoramente. Con un tonfo si lasciò cadere all’indietro, sdraiato. Accanto a lui Yesung cercava di dormire accucciato sulle gambe di Ryeowook, mentre Kyuhyun, appoggiato allo specchio accanto allo stereo, giocava con i cd e la luce delle lampade, indirizzando fastidiosi riflessi su Heechul, intento a provare una coreografia da solo. 
«Ya, smettila, mi accechi!» si lamentò il più grande, mentre il Maknae ridacchiava appena. 
«Te lo meriti, per come balli!»
«Che dici, questa coreografia mi riesce benissimo.» replicò lo Hyung, lanciando audaci occhiate a sé stesso attraverso lo specchio, senza smettere di muoversi canticchiando.
«Peccato che non sia una nostra coreografia!» esclamò Ryeowook, additandolo. «Se ballassi le nostre canzoni anche solo con la metà dell’impegno che ci metti per quelle delle f(x) saresti un fenomeno!» rise, scuotendo il capo. 
«Smettila di muoverti, sto cercando di dormire!» si lamentò Yesung, lanciando un’occhiata assonnata all’amico più piccolo. 
«Non riesci a dormire neanche nel tuo letto, pensi di riuscirci in mezzo alla sala prove?» lo rimbeccò l’Eternal Maknae. 
Intanto Donghae rimaneva con il viso schiacciato contro il vetro della finestra, nella speranza forse di vedere il suo amico in strada, attraverso la fitta coltre di neve. Siwon spiegava al coreografo il motivo del ritardo del primo ballerino, dal momento che era l’unico membro in grado di parlare inglese degnamente; Kangin continuava a blaterare in direzione del Visual riguardo al fatto che potevano iniziare a provare anche senza Eunhyuk.
«Non possiamo, io ho bisogno di lui per seguire i passi!» esclamò serio Kyuhyun.
«Siamo dei professionisti, possiamo ballare anche senza Hyukjae!» replicò serio Kangin.
«Oppure possiamo riposarci un po’ fino al suo arrivo.» propose Yesung. 
«Ottima idea, approvata.» tagliò corto il Maknae, appoggiando il capo contro lo specchio con un sorriso beffardo rivolto al Panda che, zittito, cominciò a borbottare una protesta sottovoce.
«Nick dice che possiamo prenderci una mezzoretta di pausa, fino all’arrivo di Hyukjae-ah.» tradusse Siwon, voltandosi verso i membri. «Lui va a prendersi un caffè al bar qui di fronte, qualcuno vuole andare con lui?» 
«Vuole uscire fuori con questo tempo?» chiese Sungmin sorpreso.
«Dice che il caffè del bar è più buono! Allora, qualcuno vuole andare?» continuò il Visual. I membri, svogliati e stanchi, scossero il capo e l’unico rumore che giunse in risposta alla domanda di Siwon fu il russare di Shindong che si era profondamente addormentato.  
 
Eunhyuk strizzava gli occhi, tirando il cappuccio della felpa in avanti il più possibile per proteggersi dalle intemperie. Gli sembrava di aver camminato per ore e, quando finalmente giunse in vista della SM, si lasciò sfuggire un mugolio di gioia. Accelerò quindi il passo, cominciando praticamente a correre verso l’entrata quando vide una figura uscire e avventurarsi sotto la bufera armata di ombrello. Solo quando fu abbastanza vicino per scorgere oltre i fiocchi di neve si accorse che era Nick Bass, il loro coreografo. Stava muovendo i primi passi verso il marciapiede, con lo sguardo basso e concentrato. 
«Ehi, Nick, ai em ier!» esclamò sfarfallando la mano in sua direzione. 
«Hey man, we were worried for you!» replicò il coreografo, fermandosi in mezzo alla neve e offrendo il proprio ombrello per riparare il ragazzo. «You’re soaked to the bones!» aggiunse, guardando il ragazzo rabbrividire. «C'mon, get in to dry yourself up, I'll be back in a minute.» Eunhyuk si limitò a sorridere e annuire, dal momento che non aveva capito una parola. Solo dai gesti del coreografo intuì che lo invitava a entrare perciò, con un sorriso ebete stampato sul volto, s’inchinò e corse oltre le porte della SM. 
Quando si ritrovò nell’ingresso caldo e asciutto della struttura sfilò il cappuccio e frizionò i capelli fradici. Alle sue spalle Nick Bass mise piede sul marciapiede innevato di Seoul. Fece per attraversare la strada quando un uomo lo chiamò, costringendolo a voltarsi.
 
Era passato un mese. Non era molto ma per Kyuhyun sembrava abbastanza. Lui non era come la maggior parte dei ragazzi della sua età: sapeva cosa voleva, l’aveva sempre saputo. La sua vita aveva avuto degli imprevisti, sì, ma con un impegno e una determinazione eccezionali il Maknae era sempre arrivato esattamente dove voleva. Le sorprese erano rare per una mente come la sua, abituata a calcolare abilmente ogni variabile. Ogni singolo evento veniva analizzato con una disarmante logica matematica, schiacciato dentro una griglia, incorniciato dalla razionalità. La vita aveva contorni netti e precisi, per lui. Non era facile sorprenderlo, pensò, appoggiando il capo contro il freddo specchio della sala prove. 
Le iridi scure osservavano con apparente menefreghismo gli Hyung intenti ad accogliere Eunhyuk nella sala. C’era chi gli metteva un asciugamano in testa, chi lo abbracciava, chi scherzava, chi si lamentava. Kyuhyun non ascoltava i loro discorsi, le loro parole giungevano distanti e ovattate alle sue orecchie. Dopo qualche istante chiuse gli occhi, facendo un profondo respiro. 
La sua vita era piena di certezze o almeno lo era stata fino a che non era arrivata lei.
Lei.
Quella dannata ragazza. 
Al solo pensiero strinse il pugno con forza. Bastava che quel volto attraversasse la sua mente, bastava incontrare quegli occhi dorati per fargli sentire delle sensazioni totalmente nuove. Panico, confusione, rabbia… emozioni talmente intense da mozzargli il respiro. Lui non era il tipo di uomo che perdeva la testa facilmente, era difficile prendere il controllo del suo cuore. Prima di allora aveva avuto le sue cotte da liceale, sì, qualche storiella più o meno impegnativa ma nulla di che. Dopotutto lui non cambiava idea facilmente e sapeva che, se si fosse innamorato davvero, sarebbe stato per sempre. 
Piegò una gamba, appoggiando il gomito sul ginocchio e il capo sul palmo della mano. Sentì le dita scivolare tra i capelli lisci, abbassò lo sguardo verso il pavimento e si morse il labbro sovrappensiero. 
Cosa c’era di male nell’innamorarsi di una come J, doveva davvero opporsi a ciò che provava? Poteva guardare al problema da qualunque angolazione, eppure la risposta rimaneva una e una soltanto:
Sì.
Quella ragazza era pericolosa. Troppo imprevedibile, troppo inclassificabile. Da quando la conosceva aveva la fastidiosa sensazione di avere qualcosa che gli sfuggiva tra le dita e lui non era abituato a provare nulla di simile. Perché non la capiva, perché non riusciva a prevederla e, soprattutto, perché non riusciva a smettere di pensare a quella ragazzina ingenua, piena di inquietanti abitudini e problemi? 
“Idiota, perché sei innamorato di lei!”, si rispose con un sorriso amareggiato. 
Sospirò, tornando ad appoggiare il capo allo specchio. 
Alla fine non era nulla di grave, nulla più che una malattia, una sbandata. Con un po’ d’impegno si sarebbe sicuramente levato dalla testa quella dannata ragazza. Quel mese di lontananza era stato fondamentale per aiutarlo a riprendere il controllo di sé stesso: non aveva permesso che la gelosia minasse il suo rapporto con Heechul Hyung, né che lo distraesse dal lavorare. Lui era un professionista, non un poppante frignone qualunque, dopotutto. Era un Super Junior e, diavolo, quel titolo se l’era meritato fino in fondo, no? 
Finalmente aveva ritrovato la determinazione e la freddezza necessarie per affrontare i mesi avvenire, per resistere almeno fino a che quella ragazza non fosse tornata alla propria vita, lasciando per sempre la sua. Più ci pensava e più non vedeva l’ora. A quel pensiero le belle labbra carnose si incurvarono in un mezzo sorriso e, in silenzio, il ragazzo si alzò, raggiungendo Eunhyuk e gli altri in mezzo alla sala. 
Il primo ballerino stava starnutendo mentre Siwon gli frizionava i capelli con un asciugamano. 
«Quanto ci mette Nick a prendere un dannato caffè?» stava chiedendo Kangin, con l’aria crucciata. «Voglio finire le prove in fretta, così, se Dio vuole, andremo finalmente in vacanza.» sbuffò. «Non ne posso più!» concluse. Molti dei membri annuirono, alcuni sorrisero stancamente. Era stato un mese estenuante per loro, del resto. 
«Più che altro è ora di pranzo, io ho fame!» esclamò Shindong.
«Tu hai sempre fame.» lo rimbeccò Kyuhyun, beccandosi uno spintone divertito da Sungmin. 
«Da che pulpito!» a quelle parole il Maknae si bloccò, non tanto perché era stato colto sul vivo ma perché aveva riconosciuto quella voce. Si girò lentamente, con un’espressione totalmente indifferente sul viso e i suoi occhi incontrarono quelli chiari di J, ferma sulla porta della sala. 
Lei ricambiò lo sguardo con il proprio: dolce, intenso e illeggibile. Dopo un istante di silenzio la ragazza si sciolse in un sorriso. 
«Annyeonghaseyo!» cinguettò, entrando nella stanza. 
«J!» 
«Che ci fai qui?! Sei fradicia!» esclamò Ryeowook facendosi avanti. 
«Hai lasciato Helena a casa da sola?» chiese Yesung. 
«Che c’è, sei preoccupato per lei?» ghignò la ragazza.
«Certo che no, voglio solo evitare che s’ingoi il mio Melo!» borbottò il Main Vocalist, crucciato.
«Tranquillo, quella palletta di pelo sa difendersi bene.» rise J.
«Allora, perché sei qui?» insistette Wookie, curioso.
«Che c’è, un’amica non può passare a trovarvi?» replicò la ragazza, facendo l’occhiolino a Ryeowook che, in un attimo, si gettò tra le sue braccia, stritolandola. Lei rise e appoggiò il capo sulla spalla dell’amico, grata e felice di poterlo rivedere. Donghae sfilò l’asciugamano dal capo di Eunhyuk e lo passò alla ragazza. Il primo ballerino lo guardò male ma poi rise e cominciò a frizionare il telo sulla testa di lei. I membri sorrisero, alcuni le spettinarono i capelli, altri le diedero fraterne pacche sulle spalle, insomma, tutti la salutarono a modo loro. Tutti… o quasi. 
«Ya, non mi pare di averti chiesto di venire qui, ragazzina.» sbuffò Heechul, prendendola per un braccio e sottraendola con uno strattone alla presa stritolatrice di Ryeowook che si era avvinghiato a lei per la seconda volta. Lanciò al ragazzo un’occhiata eloquente, quindi sorrise sicuro di sé. 
«Inyoung Noona mi ha accompagnato proprio fino all’ingresso, tranquillo, Hyung, ero al sicuro.» replicò divertita J, dandogli una leggera gomitata. Lui faceva il sostenuto ma in quell’ultimo mese d’intensa corrispondenza telefonica lei aveva imparato a capire quando Kim Heechul era preoccupato. Lo vide scuotere il capo. 
«Non m’interessa: il punto è che se sono a lavoro vorrei essere libero di flirtare con chi mi pare, senza dover rendere conto a nessuno.» continuò lui, facendole una smorfia. 
«Oh, tranquillo, non ho nulla in contrario se ti vesti da femmina e baci gli Hyung durante i concerti, fa pure!» 
«L’hai visto?!» a quelle parole Sungmin diventò istantaneamente rosso di vergogna. Siwon, invece, sembrava trovare le doghe del parquet di particolare interesse.
«Oh… l’ho visto eccome. Ho visto tutto.» 
«T-tutto?» 
«Hyung, è inutile che fai il timido adesso, non sembravi minimamente pentito quando lui ti ha afferrato e sbaciucchiato davanti a milioni di fan!»  
«Che c’entra, era per lo spettacolo!» tentò di difendersi il sostituto Leader. Lo sguardo supponente di J la diceva lunga, però. 
«Dai, ammettilo che ti è piaciuto!» continuò, ammiccando verso Sungmin. I due cominciarono a battibeccare, con lei che insisteva per rivedere il bacio dal vivo, Minnie che si nascondeva dietro Shindong, scuotendo il capo più forte che poteva, Eunhyuk e Donghae che strattonavano un Heechul riluttante e il resto dei membri che ridevano e facevano confusione. 
«Insomma, sei in forma, ragazzina!» puntualizzò Donghae col fiatone, dopo che i suoi tentativi da Cupido fallirono. J rispose con un sorriso. 
«Mi siete mancati.» borbottò piano con i grandi occhi pieni di tenerezza. Eunhyuk e Ryeowook stavano già per scoppiare a piangere. «Ya, non cominciate voi due… piuttosto, andiamo da qualche parte?»
«D-da qualche parte? Noi dobbiamo lavorare!» replicò Ryeowook, sbattendo le palpebre perplesso.
«Ah, non ve l’hanno detto? Le prove sono rimandate, il coreografo ha avuto un contrattempo.» spiegò la ragazza con un’alzatina di spalle. 
«Ah sì? Non ci è stato detto niente.» fece Yesung, guardando oltre la porta della sala, dubbioso. 
«Uhm, il Prince Manager mi aveva detto che sarebbe passato ad avvisarvi… vabbè, forse aveva da fare, no? Andiamo!» 
«Ohooh, ferie anticipate? Yeeeeeeei!» all’urlo di Kangin si scatenò il delirio. Lui, Shindong ed Eunhyuk ululavano di gioia mentre gli altri membri festeggiavano con un minimo di contegno in più. Giusto un minimo. 
«Aspettate, ma siamo sicuri? Aveva detto che sarebbe tornato in un attimo…» obiettò sospettoso Kyuhyun. «Tu, non farci scherzi!» “Tu” era il massimo dell’appellativo con cui poteva rivolgersi a lei. 
«Nessuno scherzo, Oppa, lo giuro!» esclamò, con la sua aria fintamente innocente. Si comportava in modo perfettamente naturale, come se tra loro non fosse mai successo niente. Kyuhyun sorrise sarcastico: forse aveva finalmente capito che non doveva creargli problemi. 
«Meglio così, in questo caso io vado al dormitorio, voi fate come vi pare.» tagliò corto il Maknae che non aveva nessuna voglia di passare un pomeriggio in giro con l’odiosa neocoppietta. 
«Eh no, tu vieni con noi!» esclamò Sungmin, afferrandolo per il cappuccio della felpa proprio mentre il più giovane cercava di sgattaiolare in direzione del suo portatile, riposto accuratamente su una sedia. 
«Non se ne parla!» ringhiò Kyuhyun, cercando di sottrarsi alla presa del terzo dan di taekwondo.
 
Ore diciassette
 
Per i Super Junior non era stato un problema anticipare le ferie di qualche ora. Dopo un mese di lavoro tanto intenso, persino la SM era disposta a concedere loro una vacanza e, complice il fatto che J non aveva un passaporto, per la prima volta il gruppo decise di non uscire dallo Stato. 
Certo, predisporre una struttura ad accogliere tutti i membri ed evitare che un’orda di fan rendesse la vacanza invivibile, non era facile ma neanche impossibile se si aveva papà Choi a fianco. Una sua telefonata e, per tutelare i suoi facoltosi clienti, lo “Yangji Pine Resort” aveva messo a disposizione tutti i propri impiegati, garantendo comfort e discrezione ai suoi ospiti. 
La struttura, situata a non più di quaranta minuti di macchina da Seoul, era un elegante impianto sciistico di discrete dimensioni. Vantava la presenza di svariate piste, sia per i più esperti che per i clienti alle prime armi, offriva paesaggi suggestivi e attirava turisti grazie alla sua posizione strategica: vicina alla Capitale ma anche ad alcune tra le più affascinanti mete turistiche dello Stato, tra cui il villaggio di Yongin, le sorgenti calde di Ichon ed Everland, il parco giochi più grande di tutta la Corea. 
I Super Junior erano decisi a fare una vacanza divertente e rilassante, lontano dalle luci della ribalta, cosa che gli era garantita, se non altro, anche dall’utilizzo dei filtri di percezione. 
Fu con la prospettiva di una vacanza in totale libertà che tutti i membri varcarono la soglia delle loro stanze allo “Yangjin Resort” col sorriso sulle labbra… 
…tutti tranne Kim Ryeowook. 
«Dobbiamo fare qualcosa, adesso!» stava giusto sbraitando, gesticolando da una parte all’altra della camera, in compagnia di un Sungmin preoccupato e di una J che, come al solito, sembrava troppo presa dalle novità per considerarli. 
«Ryeowook-ah, calmati! Dopotutto non è la prima volta che dividi l’alloggio con J!» Ebbene sì, con J. Dopotutto i membri non avevano certo il tempo di organizzarsi una vacanza, erano stati i Manager (sempre col supporto di papà Choi) a trovare la struttura adatta e a prenotare per loro. Convinti però che J fosse un ragazzo, avevano addirittura pensato di metterla in una doppia assieme a Ryeowook, dal momento che tutti sapevano quanto fraterno fosse il loro rapporto. Alla fine tutti i membri erano stati sistemati in camere doppie, tutti tranne uno…
«Immagino che chiedere a Heenim di cedermi la sua singola sia fuori discussione…» esordì la ragazza con un sorriso amareggiato che si tramutò in un sospiro quando entrambi i ragazzi la guardarono scoraggiati. 
«Hyung si diverte di più quando siamo a disagio, lo dice sempre.» replicò imbronciato Sungmin. Del resto Kim Heechul le aveva già stranamente ceduto la sua stanza una volta, le probabilità che accadesse ancora erano remote. «Credo proprio che dovrai rassegnarti Ryeo…» Sungmin non aveva ancora finito la frase quando si voltò sorpreso verso la porta della piccola stanza. Qualcuno aveva bussato. 
«Il servizio in camera è già arrivato, che prontezza!» trillò Ryeowook, saltellando verso la porta. Sungmin rise. 
«Hai anche avuto il tempo di chiamare il servizio in camera mentre ti lamentavi?» lo canzonò col sorriso mentre lo seguiva curioso verso l’ingresso. Dopotutto era ora di merenda! 
Kim Heechul si aspettava stupore ma fu disappunto quello che lesse sui visi dei suoi amici quando Ryeowook aprì la porta della stanza numero 603. 
«Hyungnim, sei tu…» borbottò infelice, facendo immediatamente dietrofront in direzione del letto. L’ospite storse il naso ed entrò senza una parola, trascinando il suo trolley con sé. Sungmin sgranò gli occhi sorpreso quando se ne accorse. 
«Hyung, HYUNG, meraviglioso Hyung!» Ryeowook scattò in piedi: aveva già le lacrime agli occhi. Heechul, che era abituato ad essere adorato, sorrise soddisfatto ma con sufficienza, sfarfallando la mano mentre il più piccolo tentava di abbracciarlo. 
«Suvvia, per così poco!» rise, rispondendo con una fredda pacca sulla spalla dell’Eternal Maknae. J era troppo impegnata a studiare il telefono sul comodino per considerare i presenti. 
«Prendo subito il bagaglio di J!» stava dicendo Sungmin con rinnovato entusiasmo, lanciandosi verso la finestra accanto alla quale era poggiato uno zainetto. Fu allora che Heechul lo guardò interdetto. 
«Perché la valigia di J, scusa?» a quelle parole i tutti si pietrificarono. Persino J ripose la cornetta del telefono e alzò lo sguardo. 
«Non oserai…» disse infine, guardandolo accigliata.
«Stai scherzando? Pensavi che avrei lasciato la mia ragazza a dormire con un altro uomo?»
«Ancora con questa storia della ragazza?» replicò esasperata lei, alzandosi. Heechul rispose solo ridendo sarcastico. Quella risata lo rendeva ancora più dannatamente bello, pensò con fastidio J. «Lasciami la singola se vuoi che stia lontano dagli altri ragazzi!» già mentre parlava si rese conto di quanto il suo fosse un tentativo disperato. Non riusciva ad averla vinta contro Cho Kyuhyun, figuriamoci con lui. Una battaglia verbale con Kim Heechul era persa in partenza. 
«Eh no, loro…» disse lo Hyung, indicando Ryeowook e Sungmin. «… devono starti lontano, mentre io…» non continuò la frase ma decise di chiarire bene le sue intenzioni accarezzando la guancia di lei con il dorso della sua mano. 
«Benissimo, credo che per noi sia ora di andare.» sbottò Ryeowook, con voce più acuta del solito. Sungmin era rigido come uno stoccafisso. Entrambi ignorarono l’occhiata implorante di J e, dopo aver raccolto i bagagli dell’Eternal Maknae volarono fuori dalla stanza senza voltarsi indietro. 
Solo quando la porta si chiuse con un tonfo Heechul lasciò cadere la mano lungo il fianco. Stava ridendo. 
«Ti diverti, eh?!» replicò infastidita la ragazza. 
«Lo sai, adoro essere frainteso.» 
«Non puoi farti fraintendere senza coinvolgere la sottoscritta?» sbottò lei, superandolo per andare alla finestra, imbronciata. 
«Se smetti di fare il broncio ti porto a noleggiare degli sci.» replicò lui, voltandosi con disinvoltura e mettendosi le mani in tasca. Vide il riflesso di J sulla finestra sorridere.
 
Kyuhyun non poteva essere più felice. Non solo lei era venuta in vacanza con loro ma Heechul Hyung si era pure trasferito nella sua stanza! Il Maknae moriva dalla voglia di sorbirsi le loro disgustose smancerie per tutta la settimana. 
Storse il naso mentre guardava il più grande allungare la mano verso la ragazza ridendo. La stava aiutando a rialzarsi da terra per la centesima volta. La scena procedeva quasi a rallentatore. J era a suo agio, spensierata, la sua risata limpida risuonava per tutta la valle. Kyuhyun la vide arricciare il nasino in quel modo tenero mentre lo Hyung le spazzolava la neve di dosso dopo che, per l’ennesima volta, era caduta dagli sci. 
A coronare quel quadretto idilliaco c’era lui, abbracciato al tronco di un pino, che lottava per la propria sopravvivenza. Chi aveva inventato quella diavoleria degli sci non solo era un criminale ma anche una persona totalmente priva di originalità! Sì, un po’ come quei due laggiù. Neanche nei drama di quart’ordine si vedevano scene tanto disgust… PAM!
«La smetti di fissarli?» Sungmin gli aveva appena tirato una palla di neve in piena testa. Kyuhyun sentì l’acqua ghiacciata scivolare lungo la nuca. 
«Ahi… Ya, Sungmin-ah!» ringhiò, senza però osare mollare il tronco. «Fa freddo, ripuliscimi!» Sungmin aveva quel sorriso beffardo che raramente mostrava a qualcuno, qualcuno che non fosse lui, almeno. 
«YA, non ti ho dato il permesso di chiamarmi Sungmin-ah!» lo provocò il più grande, scivolando con eleganza sullo snowboard per raggiungerlo e ripulirlo dalla neve. Kyuhyun sbuffò, non considerandolo evidentemente degno di risposta. Quasi istintivamente i suoi occhi tornarono su J e Heechul, impegnati a rispondere al fuoco di Donghae, Eunhyuk e Siwon che avevano preparato una decina di palle di neve per disturbare la coppietta. 
«Ero sicuro che ti fosse passata.» continuò Sungmin, seguendo il suo sguardo. 
«Mi è passata!» avvampò Kyuhyun, distogliendo lo sguardo. 
«Credi di amarla?» il più grande doveva avergli letto nel pensiero. Con un sospiro il Maknae si arrese. 
«Non lo so…» sbuffò, appoggiando la fronte protetta dal cappellino contro la corteccia del pino. Chiuse gli occhi con un’espressione sofferente che Sungmin gli aveva visto fare di rado. La cosa lo lasciò pensieroso per qualche secondo. 
«Perché non la baci?» sbottò di colpo poco dopo.
«C-cosa?» Kyuhyun tirò su il capo talmente in fretta che per poco non si sbilanciò all’indietro. «Sei impazzito?» Sungmin lo guardò con un’occhiata penetrante. Più ci pensava e più la cosa aveva senso. 
«No, ascolta, devi baciarla, ok?» replicò energico. «Ti stai massacrando per una ragazza che non sei sicuro di amare, no? Questo è il modo migliore per capirlo. La baci: se scatta qualcosa ti devi rassegnare, la ami. Altrimenti molto probabilmente dopo smetterà totalmente d’interessarti!» il più grande lo guardò con l’espressione entusiasta di chi ha appena scoperto la cura per il cancro. Kyuhyun aprì bocca per zittirlo ma, proprio in quel momento, si sentì chiamare. Kangin e Yesung li raggiunsero poco dopo, tenendosi per mano. Quella di non saper andare sugli sci doveva essere una caratteristica tipica dei Main Vocalist. 
«Noi scendiamo al bar, venite?» disse Yesung, aggrappandosi al braccio del Panda mentre barcollava appena durante la frenata. 
«Solo se mi offri una cioccolata calda.» 
 
Ore diciannove
 
Dopotutto forse qualcosa di buono in quella vacanza l’aveva ricavato: quella che Kyuhyun stava sorseggiando era sicuramente la cioccolata calda con panna più buona che avesse mai bevuto!
«Idiota, l’hai lasciato in macchina, non te ne sei accorto?» Donghae stava prendendo in giro Eunhyuk come al solito. 
«Mi sono… distratto.» replicò Hyukjae, con un sorriso sornione stampato sulle labbra, mentre appoggiava il suo frullato alla fragola sul tavolo e guardava verso il soffitto. In un attimo il suo sguardo si perse nel vuoto. 
«Che è successo?» chiese Donghae: conosceva troppo bene quel ragazzo per non capire che c’era sotto qualcosa. 
«Niente…»
«Yaaaa, perché non mi dici mai nulla?!» 
«Ti dirò una cosa: adoro le fragole!» 
«Quello lo dici sempre!» si lamentò ridendo l’amico, tirandogli una gomitata un po’ troppo potente per le spalle dell’acciuga che si sbilanciò di lato, urtando il caffè di Siwon. 
«Attento!» esclamò il Visual, afferrandolo al volo, con gli occhi sgranati per la sorpresa. «Se si rovescia è un dramma!»
«Certo, perché poi sei costretto a rimetterci un chilo di zucchero.» ghignò Kangin.
«Ma che zucchero, lo sai che bevo solo americano.» 
«Certo, americano…»
«Ancora con quella storia? Avevo un calo di zuccheri, quel giorno!» si difese con sincerità l’uomo più bello della Corea.
«Non capisco perché ti vergogni tanto ad ammettere che non bevi americano, io non ho problemi a dirlo.» replicò Ryeowook, sul punto di sorseggiare il suo cosmopolitan fucsia da un bicchiere con tanto di fettina di lime decorativa. Siwon rispose alla sua frase lanciandogli un’occhiata eloquente che, però, confuse ancora di più l’Eternal Maknae.
«Ti spiego: Siwon Oppa intende dire che infatti tu così sembri gay.» intervenne J, fiera, scatenando però il delirio tra i membri. Kangin e Yesung scoppiarono a ridere, gli occhi di Siwon andarono fuori dalle orbite e, come tutte le volte che era in imbarazzo, cominciò a balbettare.
«N-no, no, aspettate… non ridete! Non è questo che intendevo…» prese a scusarsi, gesticolando come un pazzo, mentre Wookie allontanava imbronciato il bicchiere. 
J non aspettava altro. Appena Ryeowook lo mise da parte lei agguantò il cosmopolitan e fece per scolarselo quando Sungmin la bloccò con un sorriso dolce.
«Non credo che ti piacciano gli alcolici.» 
«Ma è rosa!» replicò lei, come se fosse una giustificazione più che valida per trangugiare liquidi di dubbia provenienza. Per sua fortuna Sungmin era l’unico, lì dentro, sensibile alla tematica del rosa quanto lei. Doveva essere stato lui ad attaccarle quella mania. 
«Prova, se non ti piace passalo a me.» ecco dove voleva arrivare, insomma! Entrambi ridacchiarono complici mentre J si accingeva a bere il suo primo sorso. 
«Ti ho sentito, sai?» Heechul aveva appena alzato la testa dal cellulare che l’aveva tenuto stranamente impegnato per un bel po’. Non che fosse una novità: ultimamente lo Hyung passava tantissimo tempo al telefono ma, per quel che ne sapevano gli altri, tutto quel tempo lo trascorreva smessaggiando con J che, però, era lì con loro in quel momento.
«Che hai sentito?» replicò proprio la ragazza a cui le parole di Heechul erano state rivolte.
«L’hai chiamato Oppa.» 
«Eh?» 
«Siwon, l’hai chiamato Oppa.» continuò, con un’espressione inquietante stampata sul volto, appoggiandosi allo schienale della sua poltroncina in completo relax. 
«E con ciò?»
«Tu chiami sempre tutti Hyung o sbaglio?» insinuò il cantante, riducendo gli occhi a due fessure. 
«Ah… beh…» J rise a disagio. «Con tutto il tempo che ho passato con Inyoung Unnie ultimamente le cose sono cambiate.» replicò senza smettere di sorridere. Anche Heechul sorrise e fu proprio in quel momento che Kyuhyun si accorse che c’era qualcosa che non andava. Heenim sembrava teso, J sembrava tesa. 
«Sono stanca, mi avvio verso la stanza.» sospirò la ragazza, alzandosi di scatto. Il silenzio più totale scese tra i Super Junior quando anche Heechul si alzò di colpo dalla sedia. Kyuhyun non capiva quella reazione: perché era così agitato e perché continuava a fissare J accigliato? Persino lei sembrava a disagio di fronte a quello sguardo. Infatti accennò un inchino frettoloso e fece per tagliare la corda quando... 
«Fermatela!» sbottò Heechul, indicandola. A quel punto anche gli altri membri si alzarono, in totale confusione. 
«Hyungnim, che ti prende?» 
«Lei non è la nostra J.»

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Capitolo 30
*** Chiamami amore ***


La vera J quel pomeriggio era uscita insieme a Inyoung, diretta in un posto strano e sconosciuto.
I coreani lo chiamavano Jjimjilbang ed equivaleva, più o meno, ad un centro benessere. J, che non metteva il naso fuori di casa da settimane, era riluttante all’idea di uscire ma Inyoung, dopo svariate preghiere, era riuscita a convincerla raccontandole di come le sale comuni dei bagni pubblici fossero piene di televisioni, videogiochi, flipper e altre diavolerie tecnologiche con cui avrebbe potuto giocare. Non immaginava che il concetto di gioco di quella strana ragazza fosse molto diverso da quello di una persona normale: mentre Inyoung intendeva infilare una monetina in una delle consolle e premere qualche pulsante a caso, J era del tutto intenzionata a smontare ogni singola macchina del luogo per studiarla, riassemblarla, selezionare e rubare i pezzi utili al compimento di un piano segretissimo che portava avanti da un po' e di cui non aveva ancora parlato a nessuno. 
Una volta fatto il loro ingresso nella zona riservata alle donne, J aveva però scoperto che era vietato entrare vestite, il che le rendeva impossibile trovare un posto in cui nascondere il suo cacciavite per portare a termine il proprio piano.
«Ma io volevo costruire un manipolatore del vortice!» stava giusto piagnucolando mentre usciva dagli spogliatoi con l’amica più grande. Le sale erano ampie e spaziose, la luce calda delle lampade rilassava la vista e l’aria umida si appiccicava alla pelle in modo deliziosamente piacevole per chi veniva da fuori.
«Un che?
»
«Un manipolatore del vortice! In pratica ho teorizzato che sfruttando un tunnel quantico con fattore FTL di 36,7 periodico…» a quel punto Inyoung decise di smettere di ascoltarla. Quella ragazza aveva davvero bisogno di sperimentare cose fosse il mondo!
«Allora J…
» prese a dire, interrompendo le elucubrazioni astrofisiche dell’amica. «…quelle sono le saune, perché non ne provi una?»
«Oooh, sì, andiamo!» esclamò con entusiasmo la più piccola, illuminandosi e cominciando a correre verso una delle stanze, attirando l'attenzione delle persone che ciondolavano pigramente avanti e indietro per il luogo. Non si accorse che Inyoung aveva dipinto sul viso un sorriso maligno.
La giornata proseguì spensierata per le due ragazze, ignare del fatto che un’altra J in tutto e per tutto identica all’originale stesse passando il suo tempo con i Super Junior. Inyoung non aveva mai riso tanto: era sempre bello portare una straniera ai bagni pubblici! Mentre le Ajumma se ne stavano sedute tranquille come ravioli in una vaporiera, J correva da una parte all’altra urlando per il dolore. Più il calore si faceva forte e più la sua pelle da occidentale assumeva una sfumatura rosata. Alla fine della prima sauna J si poteva riconoscere anche da un chilometro di distanza: sembrava un’aragosta bollita. Inyoung aveva riso quando la prima Ajumma incartapecorita aveva chiesto a J se stava bene. La ragazza aveva annuito sorpresa, senza capire. Fu quando un’altra persona la indicò urlando “Oh, guarda quella ragazza, è tutta rossa!” che J iniziò a storcere il naso.
«Non sono ros… oddio, sono rossa!
» esclamò sconvolta osservando il colorito acceso della propria pelle. Non contenta, poi, Inyoung aveva deciso di farle sperimentare un’altra diavoleria.
«Vedi quella cordina laggiù? Prova, è veramente rilassante! La devi tirare. Ti arriverà un piacevolissimo getto d’acqua calda addosso. E’ un toccasana per i muscoli e le contratture.
» le disse, spingendola verso le docce. Certo, non aveva specificato che il piacevole getto d’acqua assomigliava più all’intera potenza idrica delle cascate del Niagara. Le Ajumma sembravano totalmente a proprio agio ma le urla inorridite di J si sparsero per tutta la struttura, echeggiando inquietanti sui muri umidi delle saune e dell’area comune.
Certo, le cascate non erano nulla paragonate a ciò che provò la povera ragazza quando Inyoung si offrì di farle uno scrub alla schiena con quello che in seguito J definì “il guanto della morte”.
«Che vuoi fare?!
»
«Uno scrub. Serve ad eliminare le cellule morte e a rinnovare la pelle.»
«Sei carina a preoccuparti ma tranquilla, la mia pelle è già fantastica così!»
Inutile dire che J si sbagliava.
Era una tortura che non avrebbe augurato a nessuno: quasi come se l’amica le stesse passando una grattugia incandescente sulla schiena. Era come il fuoco dell’Inferno, come la lava che ribolle sotto la crosta terrestre. I coreani dovevano essere dei masochisti idioti se avevano permesso a una simile invenzione di esistere.
Furono quelli i pensieri che la giovane donna si ritrovò a fare durante quegli interminabili minuti di tortura. Certo, subito dopo, doveva ammetterlo, J aveva la stessa pelle liscia e vellutata di una bambina appena nata.
Ed era rossa.
Molto rossa.
Come un’aragosta.
Dopo un pomeriggio di estenuanti avventure finalmente le due giunsero nell’area comune, dopo aver indossato i vestiti forniti in dotazione: un completo composto da pantaloncini e maglietta rosa quasi come la pelle di J. Dopo aver mangiato una quantità preoccupante di uova sode e bevuto talmente tanto Soju da spaventare i proprietari del 
Jjimjilbang, la ragazza era troppo stanca e ubriaca per pensare a giocare, perciò finì per stendersi a terra e schiacciare un pisolino accanto all’amica, stremata per via delle troppe risate.
Le due non si risvegliarono prima dell'ora di cena, ancora pesantemente ubriache. J, che aveva sviluppato una sorta di insensato amore per il Soju, si servì un bicchierino mentre cercava a tentoni il cellulare e inviò un messaggio a Heechul che, stranamente, non si era fatto sentire per tutto il giorno. Stava giusto bevendo quando lesse la risposta del Super Junior. 
Vaporizzò l'intero contenuto della propria bocca su una Inyoung ancora mezza addormentata. 

«YA, checca...» la più grande si bloccò solo perchè vide la faccia sconvolta di J. I suoi occhi da occidentale erano talmente grandi da far spavento. La vide boccheggiare per un breve istante, poi fissare il proprio sguardo determinato su di lei.
«Unnie, dobbiamo andare.»
 
Ore diciannove e quaranta
 
La luce del tramonto filtrava attraverso le persiane. Il sole aveva incendiato i profili delle nubi scure e filtrava con la sua luce arrossata sul pavimento di legno della stanza numero 603. Una ragazza era seduta su uno dei due letti. Stava composta, con la schiena dritta, le mani sulle ginocchia e il capo basso. I capelli, neri come l’inchiostro, scivolavano davanti al viso, oscurando il suo sguardo ma lasciando ben visibili le labbra carnose che s’incurvarono in un sorriso quando sentì la porta della camera aprirsi.
Uno a uno tutti i Super Junior entrarano nella stanza e fronteggiarono quella ragazza che assomigliava tanto alla loro amica ma che, però, non conoscevano minimamente. Avevano un’espressione dura dipinta sul volto, l’espressione ferita di chi si sente ingannato e quella colpevole di chi credeva che se ne sarebbe accorto.
«Non capisco…
» disse Ryeowook, lasciandosi cadere seduto sull’altro letto, proprio di fronte alla ragazza. Cercò di incrociare il suo sguardo ma lei non alzò il capo e rimase in silenzio. «…Come abbiamo fatto a non accorgercene?» continuò l’Eternal Maknae.
«Come potevamo capirlo? Lei è identica alla nostra J, non solo nell’aspetto ma anche nel modo di fare!
» esclamò Kangin.
«Sa tutto di noi, com’è possibile?
» aggiunse Siwon.
«Forse lei e J hanno una qualche connessione.
» ipotizzò Heechul, acuto.
«Giusto, se sono l’una il clone dell’altra forse lei può sentire e vedere ciò che J prova.
» teorizzò Yesung, accarezzandosi il mento e fissando la ragazza con un’occhiata penetrante delle sue iridi nerissime.
«Hai ragione, dev’essere così.
» annuì Shindong, in completo stato confusionale. Era un ragazzo troppo spensierato e materialista per accettare con freddezza una situazione come quella. Infatti, mentre gli altri mantenevano una certa calma, lui era l’unico che continuava a fare avanti e indietro per la stanza, borbottando.
Passarono alcuni lunghi istanti di silenzio, poi le elucubrazioni dei ragazzi vennero interrotte da una risata roca e senza gioia. Ryeowook si alzò in piedi: aveva la pelle d’oca.
Era lei.
La donna seduta sul letto continuò a ridere col capo basso. Quella risata sconvolse profondamente Kyuhyun, appoggiato al muro con le braccia incrociate. Non aveva mai sentito J ridere in quel modo. Lei era diversa: rideva con gli occhi e col cuore e, ogni volta che sorrideva si capiva che era profondamente felice. Dopotutto quella spensieratezza era una delle cose che più apprezzava di lei, il dono raro che solo una persona senza memoria poteva ricevere: sapeva godere di ogni cosa con un’intensità che lui non aveva mai conosciuto. La persona seduta su quel letto, invece, aveva riso come se non ci fosse nessuna speranza di felicità ma solo una profonda ed incolmabile tristezza. Quella risata aprì una voragine nel petto di Kyuhyun.
«Dì qualcosa.
» esordì di colpo, staccandosi dal muro e percorrendo con ampie falcate la distanza che lo separava da lei. La afferrò per il mento, la costrinse ad alzare il capo e a incrociare il suo sguardo.
Con stupore si accorse che lei stava piangendo.
Le lacrime rigavano il suo viso, luccicavano impigliate tra le sue folte ciglia scure. Quegli occhi, accesi come braci, lo fissavano senza paura. Kyuhyun si stupì di scorgere una profonda rabbia nel suo sguardo.
«Sono queste le vostre teorie?
» la voce della ragazza schioccò come una frusta. «Tutto qui quello che sapete fare?» provocò velenosa, alzandosi in piedi per fronteggiare il Maknae. «Mi avevano detto che eri un uomo intelligente.»
La pietà che aveva provato per il breve istante in cui l’aveva vista piangere evaporò via e Kyuhyun ricordò con una smorfia tutto l’odio che provava per quella persona e per il suo alterego. Prima che chiunque potesse fare qualcosa il Maknae strinse la presa attorno alla sua gola, veloce come l’attacco di un cobra.
«Kyuhyun-ah!
» esclamò Sungmin, scattando in avanti. Ci volle tutta la sua forza, unita a quella di Ryeowook e Siwon per staccare i due che erano come incollati l’uno all’altra. Non smisero di guardarsi negli occhi neanche per un secondo, neanche quando a lei mancò totalmente l’aria. Si lasciò cadere sul letto tossendo, subito soccorsa da Donghae ed Eunhyuk.
«Kyuhyun-ah, non perdere la testa!
» ringhiò Eunhyuk e, anche se respirava a fatica, la ragazza trovò la forza di ridere ancora.
«Lasciatemi sola con lui.
» disse sempre con quel sorriso stampato sulle labbra.
«Non sei tu a dettare le regole, tesoro.
» Heechul sapeva essere davvero spaventoso quando la sua voce era così calma e fredda. Il suo modo di fare era dolce in modo inquietante.
«Volete che vi dica tutto?
» insistette lei. «Fuori di qui. Tutti tranne Kyuhyun-ah.»
«Come mi hai chiamato?» il Maknae provò a divincolarsi dalla presa di Siwon e Sungmin senza successo. Ryeowook sospirò con aria sofferente. La persona di fronte a lui non aveva nulla a che vedere con la J che conosceva, non poteva farci niente.
«Non abbiamo scelta, usciamo.
» si rassegnò, alzandosi.
«Ma se Kyuhyun-ah…
» cominciò Siwon.
«Fidatevi di me.
» assicurò il Maknae, con lo sguardo fisso su di lei. Solo allora i due lo lasciarono andare e, insieme agli altri, uscirono dalla camera. Heechul, che chiudeva la fila, si trattenne solo un attimo ad osservare entrambi. Scambiò con Kyuhyun un’occhiata eloquente, quindi uscì chiudendosi la porta alle spalle.
I due rimasero soli, Kyuhyun, in piedi, guardava la ragazza dall’alto verso il basso senza la minima clemenza mentre lei lo fissava con aria di sfida.
«Fai pure le tue domande.
»
«Risponderai questa volta?»
«Se saranno le domande giuste…» sorrise lei, guardandolo irrigidire la mandibola e stringere i denti.
«Chi sei?
»
«Questa è vaga.»
«Allora, come ti chiami?»
«Dipende da come mi chiamano le persone!» Kyuhyun si trattenne dal picchiarla e chiuse gli occhi, respirando profondamente. Si vedeva che lei si stava divertendo. Se avesse perso la pazienza lei avrebbe vinto.
«Come devo chiamarti?
» a quel punto lei sorrise. Era la domanda giusta.
«Chiamami amore.
»
«Ti stai divertendo?» ringhiò lui in tutta risposta. Lei, però, non sorrideva più a quel punto. Forse era riuscito a spaventarla. Bastò quella piccola certezza a farlo rilassare quel tanto che gli serviva per passare all’offensiva. Si sporse in avanti, avvicinandosi pericolosamente al viso di lei. Quando parlò la sua voce era un sussurro. «Lo sai come mi chiamano, vero?> proseguì.
«Anche tu hai tanti nomi.
» replicò lei.
«Sparane uno.
»
«Evil Maknae.»
«Quello è uno dei tanti, sì. E t’invito a riflettere sul perché mi chiamano così.» la minacciò senza lasciar sfumare il sorriso maligno dalle proprie labbra. «Ne conosci altri?»
«GameKyu?» ipotizzò la ragazza, incerta. Quella vicinanza non sembrava metterla a disagio, anzi, continuava a fissare le labbra di lui.
«Esatto.
» sorrise lui. «GameKyu perché a me piace giocare, amore…» disse, calcando quella parola quasi volesse farne un’arma per ferirla. «…quindi gioca pure quanto vuoi. Non puoi scappare da questa stanza. Presto J sarà qui e…»
«Cosa?!» urlò di colpo la ragazza. Da sicuri e spavaldi i suoi occhi si ritrovarono di colpo ad affogare nel terrore più puro. «No, Kyuhyun-ah, ti prego! Lei non deve vedermi!» esclamò, afferrandolo per il maglione. Lui rise.
«Hai paura, eh?
»
«Certo che ho paura, idiota!»
«Come scusa?»
«Ascoltami bene: lei non deve mai incontrarmi, hai capito? Può sapere che esisto ma non dovrà mai, mai vedermi! Ti prego, t’imploro!» esclamò stringendo ancora di più la presa su di lui.
«Perché, se succede?
»
«Se succede sarà la fine di tutto. Non lo capisci proprio? Cosa ti avevo detto quella volta agli studi televisivi? Devi fidarti di me, razza di idiota!»
«Sarei idiota se mi fidassi di una persona di cui non so nulla!» ringhiò lui.
«Aishhh!
» gridò lei, esasperata, lasciandolo andare e cominciando a girare per la stanza passandosi la mano nervosamente tra i capelli. «PERCHE’ NON CAPISCI CHE STO CERCANDO DI PROTEGGERTI?!» urlò, frustrata, stringendo la presa tra i propri capelli.
«PERCHE’ TU NON MI SPIEGHI NIENTE!
» replicò lui con voce tonante, afferrandola per la spalla e costringendola a voltarsi.
L’esplosione di lui sembrò calmare la ragazza.
I due incrociarono gli sguardi: entrambi ansimavano per la stanchezza e l’esasperazione. Alla fine J abbassò lo sguardo pensierosa, mordendosi il labbro inferiore, dubbiosa sul da farsi. Solo dopo un interminabile minuto tornò a parlare.
«Ok, se ti provo che puoi fidarti di me allora farai come ti dico?
» chiese, guardandolo determinata.
«Te lo prometto.
» Cho Kyuhyun non prometteva nulla che non fosse sicuro di poter mantenere.
«Va bene. Ma devi promettere anche che non ne parlerai con gli altri.
»
«Promesso.»
 
Dopo quelle parole i nove Super Junior assiepati attorno alla porta della stanza numero 603 non sentirono più nulla. Per loro sfortuna, proprio in quel momento un rumore coprì qualunque parola. Probabilmente stavano facendo dei lavori alla struttura perché il motore di un macchinario sovrastò le voci dei due presenti. Alzarono il capo più confusi di prima e si scambiarono occhiate incerte. Ryeowook, appoggiato alla porta, strizzava gli occhi per provare ad osservare attraverso il buco della serratura e per poco non cadde in avanti quando Kyuhyun aprì la porta. Tutti i presenti trasalirono sorpresi e si allontanarono velocemente, fingendo di passare lì per caso. Kyuhyun sorrise appena ma si vedeva che era visibilmente scosso. Non si accorse degli sguardi interrogativi dei suoi amici: richiuse la porta alle proprie spalle e, con un sospiro pensieroso, fece per andarsene.
«Ehi!
» Kangin lo afferrò per la spalla, bloccandolo. «Che ti ha detto?»
«Niente.» replicò Kyuhyun con lo sguardo perso nel vuoto.
«Come niente? Ha detto che ti avrebbe dimostrato che puoi fidarti di lei, no? Deve averti detto qualcosa per forza!
»
«Ti giuro che non mi ha detto niente.» replicò Kyuhyun, incrociando il suo sguardo. «Dobbiamo lasciarla andare adesso.» continuò, voltandosi verso Heechul, stranamente silenzioso.
«Lasciarla andare? Non se ne parla!
» replicò deciso Eunhyuk.
«E’ la nostra unica occasione per avere qualche risposta.
» aggiunse Donghae. Kyuhyun sorrise appena a quelle parole.
«Non dirà niente, credetemi.
» disse con amarezza. «E poi, in ogni caso, se n’è già andata.» concluse, con un’alzatina di spalle.
«Andata? Ma se è chiusa qui…
» mentre parlava Ryeowook irruppe nella stanza e, con sorpresa, la ritrovò vuota. Anche gli altri membri corsero al suo interno e quando videro che J era scomparsa si voltarono tutti verso Kyuhyun come se avessero visto un fantasma.
Lui, più che sorpreso, sembrava rassegnato.
«Ve l’avevo detto che il suo amico sparisce nel nulla, no?
»
«Come cavolo ha fatto?!» esclamò Eunhyuk tra il meravigliato e l’invidioso.
«Non lo so ma non è la prima volta che sento quel rumore.
» ammise Kyuhyun. «Veniva dal balcone.»
«Oh, non era una specie di martello pneumatico?» chiese sorpreso Kangin.
«No, non credo… non ho visto niente, però appena è cominciato lei mi ha chiesto di uscire.
»
«E tu sei uscito senza dire niente?» Siwon era sconvolto.
«Dovevi guardare che cos’era, cavoli!
» esclamò Shindong con disappunto. «Non è da te ubbidire senza una parola.» il sorriso amaro che gli fece Kyuhyun fu la sua unica risposta.
«Quindi hai deciso di fidarti di lei?
» chiese Sungmin, senza distogliere lo sguardo dal volto dell’amico neanche per un secondo.
«Già.
»
«Cos’ha fatto per meritarsi la tua fiducia?» proseguì il sostituto Leader, scettico. Per quel che ne sapevano poteva anche avergli fatto il lavaggio del cervello.
«Non posso dirvelo ma devo chiedervi comunque di fidarvi di me.
» sospirò Kyuhyun, guardandoli. Era ovvio che non potevano fidarsi così, lui stesso non si sarebbe mai fidato ma non aveva scelta.
«Quindi finisce così?
» chiese Yesung dopo una lunga pausa di silenzio. «Ora cosa dovremmo fare, tornare a giocare a palle di neve e a scherzare come se niente fosse accaduto? E’ questo che vuoi?»
«Già…» replicò Kyuhyun, stringendo i denti.
Heechul, che non aveva più parlato, si voltò e lasciò la stanza in silenzio, tirando un calcio alla sedia con rabbia e facendola volare a terra con un tonfo assordante. 

Puff, ridendo e scherzando sono passati altri dieci giorni. Massì, pubblichiamo con calma, tanto qui non scappa nessuno!
Che mi dite, fanciulle? Tanti baci e coccoline dalla vostra Pescecrudina :D <3 
Che dire, questo capitolo è scritto in due registri completamente diversi: la prima parte è leggera e allegra, la seconda è piuttosto pesante. Mi serve staccare ogni tanto, altrimenti qui ci si spara in bocca! :P
Comunque, come vanno le congetture? Dai che avete capito, sussù, sorprendetemi! 
Per quel che mi riguarda io cercherò sempre di sorprendervi... vi amo <3 
Bbuing bbuing! *---*
p.s. capitolo 30, uiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!

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